Skip to main content

Full text of "Vocabolario nomenclatore illustrato (spiega e suggerisce parole, sinonimi, frasi)"

See other formats


¥  ■■■■'  'm'm^<-^m 


VOCABOLARIO  NOMENCLATORE 

I. 


DEL    MEDESIMO    AUTORE! 


//  Nomenclatore  scolastico  o   Vocabolario  delle  idee,  lu-8,  di 
oltre  2300  pagine,  legato  in  tutta  tela L.  45  — 


IL  TESORO  DELLA  LINGUA  ITALIANA 


VOCABOLARIO 
NOMENCLATORE 

ILLUSTRATO 

(spiega  e  suggerisce  parole,  sinonimi,  frasi) 


COMPILATO    DA 


PALMIRO  PREMOLI 


VOLUME   PRIMO 


TREVES-TRECCANI-TUMMINELLI 

EDIZIONI    FRATELLI    TREVES   —  MILANO-ROMA 


PROPRIETÀ    LETTERARIA    ED    ARTISTICA. 


■wr 


(Printed  in  Italy.) 

62-5 

LlBR Ai?p^.^^   07 


Milano  -  Tip.  Treves-Treccani-Tumminelli. 


AL  CORTESE  LETTORE. 


Come  e  perchè  il  Vocabolario  Nomenclatore  differisca  essenzial- 
mente da  tutti  i  vocabolari  della  lingua  italiana  fin  qui  pubblicati,  grandi 
e  piccoli,  si  comprende  facilmente  e  subito  dando  una  sbirciata  appena 
alle  voci  che  occupano  più  d'una  colonna,  piìi  d'una  pagina:  per  esempio, 
alle  voci  acqua,  affare,  agricoltura,  amore,  anatomia,  andare,  anima, 
animo,  aria,  araldica,  armatura,  arene,  artiglieria,  assicurazione,  astro- 
nomia, automobile;  baco  da  seta,  bambino,  banca,  barbiere,  battaglia, 
bello,  bene,  bicicletta,  bottega,  buono;  caccia,  calzatura,  cambiale,  cap- 
pello, carne,  carta,  carte  da  giuoco,  casa,  cattivo,  cavallo,  cervelletto, 
cervello,  chiesa,  chimica,  chirurgia,  commercio,  corsa,  corse  ippiche,  co- 
tone, credito,  cucina,  cucinare,  cucire;  dare,  debito,  delitto,  diffìcile.  Dio, 
diritto,  discorso,  divinità,  dolore,  donna,  dovere,  dramma,  drammatica 
(arte),  dubbio  ;  eccitazione,  edificare,  edificio,  educazione,  elettricità, 
elezione,  epidemia,  epilessia,  epoca,  erba,  errore,  esercito,  e/^....  è  mol- 
tissime altre  voci. 

Alle  quali  dando  un'occhiata,  sia  pure  rapidissima,  ci  si  persuade 
tosto  che  il  Vocabolario  Nomenclatore,  dopo  spiegata  la  parola  (lìnica 
funzione  specifica  di  tutti  gli  altri  vocabolari),  mette  intorno  ad  essa  iioii 
solo  i  sinonimi,  le  frasi,  le  locuzioni,  i  proverbi  —  utile  scorta  per  la  ric- 
chezza e  la  vivacità  dell'eloquio  —  ma  tutta  una  legione,  una  pleiade  dì 


VI  AL    CORTESE    LETTORE 


altre  parole,  che,  con  quelle  avendo  relazione,  affinità,  analogia,  concor- 
rono a  completare  il  corredo  linguistico  necessario,  tanto  per  ben  cono- 
scere una  cosa  nel  suo  complesso  e  nelle  sue  parti,  quanto  per  esprimere 
in  vari  modi  —  nelle  loro  gradazioni,  nelle  loro  sfumature  —  affetti, 
idee,  sentimenti,  ecc. 

Dunque,  un  metodo,  e  procedente  per  mezzo  dell'analogismo. 

Certo,  ma  ben  diversamente  da  quanto  è  nell'essenza  e  nella  forma 
dei  vocabolari  detti  appunto  metodici  finora  comparsi,  da  quello  del  Ca- 
rena a  quella  dei  signori  Fanfani  e  Frizzi,  del  Palma,  ecc,  :  i  quali  trat- 
tano solo  una  piccola  parte  della  materia  linguistica  (la  parte  riguardante 
l'economia  domestica,  le  arti  e  i  mestieri,  poco  più)  e  anche  questa  di- 
stribuiscono in  poche  grandi  categorie,  zeppe  di  parole  a  migliaia,  sicché 
a  grande  stento,  se  pure  riesce,  vi  si  può  trovare  quel  che  si  cerca. 

Non  solo:  ma,  anche  essendo  in  possesso  di  tali  vocabolari  metodici, 
lo  studioso  avrà  tuttavia  bisogno  del  vocabolario  di  vecchio  stile,  per  dir 
COSI,  ogni  qualvolta  non  conosca  il  significato,  il  valore  di  un  qualunque 
vocabolo. 

Ad  ogni  modo  :  in  tutti  gli  antecessori  di  questo  libro  le  parole  stanno 
—  non  è  iperbole,  né  irriverenza  —  come  sentinelle  morte,  in  attesa  di 
essere  conosciute  da  chi  abbia  il  tempo  e  il  coraggio  di  percorrere  la 
interminabile,  la  infinita  via  lungo  la  quale  sono  scaglionate.  E  non  è 
mancanza  di  rispetto  alla  verità  di  fatto  il  dire  che  nei  precedenti  voca- 
bolari le  parole  stanno  in  sonno,  immobili  e  fredde,  come  le  pietre  se- 
polcrali d'un  camposanto,  sicché,  non  sapendo  altro,  bisogna  vagare  a 
lungo,  e  non  lietamente,  in  tutta  la  necropoli,  finché  ci  si  presenti  alloo- 
chio  quella  che  è  oggetto  della  nostra  ricerca.  E  allora  soltanto  essa  si 
rianima  per  risponderci. 

Nel  Vocabolario  Nomenclatore,  invece,  non  appena  fissato  un  punto, 
un  concetto;  non  appena  precisato  un  termine  facile,  generalmente  noto, 
come  centro  e  come  compendio  d'un  vario  ordine  di  cose  o  di  idee,  le 
parole  saltano  fuori  da  sé,  vivaci,  garrule,  e  volano  in  giro,  sotto  gli 
occhi  di  chi  ha  il  libro  in  mano,  e  —  quasi  òome  rondinelle  che,  ro- 
teando nell'aria,  si  bisbigliano  a  vicenda  il  nome  dei  lontani  lidi,  ai  quali 
migrare  e  l'ora  della  partenza   —    dicono    al    lettore    le    tappe    del    breve 


AL   CORTESE    LETTORE  V,l 


viaggio  che  egli  deve  compiere  attraverso  le  pagine  per  rintracciare  quel 
che  desidera,  per  trovare  la  messe  che  gli  occorre. 

Già  sulla  soglia  di  questo  primo  volume,  l'autore  avrebbe  potuto 
esporre  il  concetto  fondamentale  da  cui  l'opera  trae  origine,  mettendo  in 
evidenza  anche  il  meccanismo,  i  congegni,  i  metodi  adottati  nelle  succes- 
sive fasi  del  lavoro  ;  ossia,  presentando  come  in  uno  specchio,  per  dir 
meglio  in  una  vivisezione,  la  struttura  interna  della  compilazione.  Ma 
egli  ha  voluto  —  ragionevolmente,  dobbiamo  riconoscere  —  corroborare 
la  sua  lezione  dimostrativa  col  mezzo  efficace  di  opportuni  esempi,  da 
prendere  in  tutte  le  varie  parti  del  libro. 

E  perciò,' invece  di  avere  qui  una  monca  prefazione,  il  lettore  cor- 
tese troverà  alla  fine  delTopera  una  spiegazione  completa,  un  chiarimento 
esplicito  e  del  concetto  e  del  metodo,  in  guisa  che  il  Vocabolario  No- 
menclatore possa,  nel  miglior  modo  possibile,  servire  allo  scopo  per  cui 
fu  ideato  e  pubblicato. 

Gli  Editori. 


AVVERTENZE. 

Per  essere  più  facilmente  in  grado  di  rintracciare  le  parole,  le  frasi,  ecc., 
che  cerca,  il  lettore  troverà  alla  fine  dell'opera  la  spiegazione,  il  prospetto,  il 
quadro  del  meccanismo,  per  dir  così,  ossia  del  metodo  che  l'autore  ha  adottato 
nella  sua  compilazione. 

Le  parole  in  carattere  aldino  corsivo  portano  con  sé  un  rimando,  un  rife- 
rimento, come  fossero  accompagnate  da  un  V.  (vedi);  hanno  cioè  un  articolo 
proprio. 


A.  Prima  lettera  dell'a?/Vi6efo.  (*)  —  Indicazione 
di  ])fincipio. 

Abaco.  Membro  architettonico,  nel  quale  ter- 
mina il  capitello  della  colonna. 

Ab  antico  (ab  antiquo).  Fino  àzW antico,  os- 
sia da  tempo  lontano. 

A  bardosso.  Modo  di  cavalcare. 

Abate.  Superiore  o  titolare  di  un'abazia  (abba- 
zia). Titolo  anche  di  un  chierico,  non  sacerdote,  o 
di  un    sacerdote    che    non    esercita    cura   d'anime. 

-  Abate  mitrato,  (\\xq\\o  che,  in  certe  solennità,  ponti- 
fica come  i  vescovi.  -  Si  distinguono  abati  secolari, 
regolari,  laici,  militari,  abati  conti,  abati  del  campo, 
ecc.  -  Abatino,  abalucolo,  dimin.  e  spreg.  -  Abato- 
ne,  abate  grasso,  fresco  e  anche  ricco.  —  Priore,  chi 
ha  la  prima  dignità  dopo  l'abate.  —  Abbaziale,  atte- 
nente ad  abate. 

Abbadia,  badia  (abazia),  chiesa  retta  da  un  abate 
o  da  un'abbadessa;  cliiesa  abbaziale,  priorale.  — 
Abbazia,  beneficio  che  gode  l'abate,  e  anche  la  sua 
dignità  gerarcliica. 

Bastone  pastorale,  mazza  portata  dagli  abati  in 
Inerte  cerimonie,  come  insegna  del  loro  ufficio. 

A  battiscarpa.  Modo  di  mangiare  in  fretta. 

Abazia.  Detto  in  abate. 

Abbacare  (abbacato).  Vagare  con  la  fantasia. 

Abbaccliiare  fabbacrhiamento,  abbacchiato,  ab- 
bacchiatura). Abbattere  le  frutta  dalla  pianta  con 
la  pertica  (bacchio).  Bacchiare;  bacchiata. 

Abbacchio.  Leggasi  in  agnello. 

Abbachista.  Conteggiatore,  contabile. 

Abbacinare  (abbacinamento,  abbacinato).  Offu- 
scare la  vista;  rendere  cieco.  —  Antico  modo  di 
pena.  —  Abbacinato,  detto  di  occhio  illanguidito. 

Abbaco.  Libercolo  che  insegna  i  principi  del- 
V aritmetica.  Abbachino,  librettino.  —  Arte  di 
fare  i  conti. 

Abbacone.  Chi  si  abbandona  al  fantasticare. 

Abbadare  (abbadato).  Leggasi  a  badare. 

Abbadessa.    Superiora  di    un    cotivento. 

Abbadia.  La  chiesa  retta  da  un   abate. 

Abbagliare  (abbagliaggine,  abbagliamento,  ab- 
bagliante, abbagliato,  abbaglio).  Impedire  momenta- 
neamente la  vista  per  troppa  luce:  indurre  in 
errore,  in  inganno;  produrre  fascino. 

Abbàglio.  Sbaglio,  errore. 

Abbaiare  (abbaiamento,  abbaiata,  abbaiato,  ab- 
baiatore). Il  mandar  fuori  la  voce  che  fa   il  cane. 

—  Figuratamente,  gridare  o  minacciare,  per 
lo  più  invano. 


Abbaino.  Apertura  sul  tetto  di  una  casa.. 
Piccola  stanza. 

Abbàio,    abbaio.  Vociare  del  cane. 

Abbaione  (baióne).  Chi  è  facile  a  gridare. 

Abballare  (abballato,  abballatore).  Modo  di  av- 
volgere, i 

Abballinare  (abballinato).  Modo  di  sfare  il  letto* 

Abballottare  (abballottato,  abhatlottio).  Abbal- 
lare, avvolgere. 

Abbambinare  (abbambinato).  La  spiegazione 
a  pietra. 

Abbancare  fabbancatura).  Operazione  che  fa 
il  conciatore  di  pelli. 

Abbancàto.  Che  ha  banchi:  detto  di  naviglio, 
di  nave. 

Abbandonare  (abbandonato,  abbandono),  La- 
sciare allatto,  con  animo  o  di  non  ripigliare  o  di 
non  ritornare  più  alle  cose,  alle  persone,  al  luogo 
che  si  lascia;  non  avere  più  cura  di  cosa  o  per- 
sona; lasciar  da  parte  ;  spiccarsi;  lasciare  senza  aiu- 
to, senza  custodia,  senza  difesa;  lasciare  met- 
tere, porre  in  abbandono. 

Detto  di  carica,  impiego,  ufficio,  indica  dimis^ 
sione;  della  patria,  emigrazione,  esilio;  della 
milizia,  disertare. 

Abbandóno,  l'abbandonare,  o,  più  spesso,  l'essere 
abbandonato  :  abbandonamento,   abbandonatezza. 

A^/wHf/oHrtto:  derelitto,  negletto,  trascurato,  insoc- 
corso. —  Non  trovare  né  can  né  gatto  che  abbai  per 
lui,  di  chi  è  abbandonato  da  tutti.  —  Ci  crescon  k 
ortiche:  di  luogo  abbandonato. 

Locuzioni  indicanti  abbandonare:  dar  la  benedi- 
zione ad  una  cosa;  dire  o  dare  l'addio  a  qualcuno; 
piantare,  dare  un  piantone;  far  la  croce,  il  crocione 
su  checchessia;  desèrere  (poet.),  vedovare,  rinun- 
ciare, volgere  le  spalle,  le  reni;  voltare  il  bel  di 
Roma;  riiìutare,  ripudiare  (di  moglie);'  battere  in 
ritirata;  battere,  suonare  a  raccolta. 

Abbandonare  improvvisamente:  piantare  in  tronco, 
sui  due  piedi,  di  punto  in  bianco. 

Abbandonare  completamente,  per  sempre:  lasciar 
solo,  derelitto,  solo  come  un  cane;  fregare  il  piede 
all'uscio  d'una  casa;  non  voler  più  sapere  di  cosa 
0  di  persona,  rinunciarvi;  lasciare  il  banco  e  il 
beneficio;  lasciar  bollire  alcuno  nella  sua  acqua 
come  gli  spinaci. 

Abbandonare  in  difficoltà:  lasciare  alcuno  nelle 
peste,  senza  prestargli  aiuto  ;  lasciare  in  secco,  in  as- 
so, in  malora;  lavarsi  le  mani,  di  cosa  o  persona. 

Abbandonare  con  disprezzo:  dare  un  calcio    a 

(cosa  0  persona). 


(')  —  Le  parole  in  carattere  aldino  corsivo  portano  con  sé  un  rnnando,  un  riferimento,   come  fossero 

accompagnate  da  un  V.  (vedi). 


ABIÌA.M^ONAHSI 


ADBONA.MEMU 


Abbandonarsi.  Modo  di  rare  o  di  darsi  com- 
pletamente ad  una  cosa,  sia  lavoro,  piacere,  vi- 
zio, speranza,  ecc.  Applicarsi  con  ardore,  con 
passione.  —  Perdersi  d'animo,  di  coraggio. 
Perdere  la  forza. 

Abbandono.  Atto  ed  effetto  deWabbando- 
nare  e  deW abbandonarsi. 

Abbarbafrliarc,  abbarbag-lio  f abbarbaglia- 
mento,  ahbarbcighatoj.  Più  che  abbagliare,  ecc.,  detto 
della  luce  e  della  vista. 

Abbarbare,  abbarbicare  (abbarbarst,  abbar- 
bicarsi). L'appiccarsi,  l'allignare  della  pianta.  — 
Con  nitro  significato,  attaccare. 

Abbarcare  (abbarrato).  Ammontare,  far  muc- 
chio. 

Abbarrare  (abbarrato).  Sbarrare,  chiudere, 
fortificare  con  barricata. 

Abbaruffare,  siblìSiT-aSio  (abbaruffato).  II  met- 
tere in  disordine. 

Abbaruffarsi  fa bbaruff amento).  Far  rissa. 

Abbassamento.  Atto  ed  efl'etto  deWabbas- 
sare. 

Abbassare  (abbassato).  Portare  o  piegare  in 
6ffi«so/  diminuire  V  altezza;  chinare,  inchinare 
la  faccia,  la  testa,  la  persona ,  smorzare  la  voce; 
rinviliare,  detto  di  prezzo  o  del  valore  d'una 
merce;  scemare,  umiliare  l'autorità,  l'orgoglio, 
la  potenza  di  qualcuno.  Bassare,  sbassare,  di- 
bassare; rabbassare,  riabbassare  (abÌ3assare  nuova- 
mente), calare, tirar  giù;  chinare,  dechinare,  decli- 
nare, inclinare,  richinare;  abbattere,  atterrare,  de- 
primere; ad  imare,  avvallare;  degradare  —  Abbassare, 
violentemente,  abbattere. 

Per    altri    significati,  veggasi  arme,  bandiera. 

Abbassamento:  bassamente,  dibassamento,  sbas- 
«amento;  avvallamento,  calamento,  dechinamento, 
rabbassamento  ;  abbassazione ,  abbassatura,  avval- 
latura, dibassatura;  declinazione,  depressione,  di- 
gradazione. —  Scesa,  discesa,  l'atto  dell'abbassare 
0  dell'abbassarsi.  —  China,  pendio,  declivio,  ter- 
reno 0  luogo  dell'abbassamento. 

Abbassarsi  (abbassato).  Calare,  scendere;  di- 
minuire d'  altezza.  —  Avvilirsi,  umiliarsi,  fare  atto 
di  umiliazione. 

Abbassatore.  Qualifica  e  funzione  di  muscolo. 

Abbasso.  Nella  parte  inferiore,  al  basso. 

Abbastanza.  Avverbio  indicante  quantità 
«ufficiente,  bastante,  bastevole —  Essere  o  avere  a 
oastanza:  a  sufficienza;  bastantemente,  baslevolmente; 
il  convenevole,  al  compimento;  a  petizione,  a  bocca; 
5n  che  se  ne  vuole;  soddisfacentemente,  bisognan- 
lemente,  a  sobrietà;  né  poco,  né  troppo;  quel  tanto 
«he  occorre;  alla  necessità,  assai. 

Bastare,  soprabbastare  ;  avere  o  sapere  una  cosa 
per  proprio  consumo,  non  più. 

Non  abbastanza:  insufficiente,  insufficienza;  in- 
congruo, incongruità;  mancanza,  scarsezza,  difetto, 
relativamente  al  bisogno.  —  Altro  che  biacca  e  ce- 
rotto I,  di  mezzi  insufficienti  a  uno  scopo. 

Abbatacchiare  (abbatacchiato).  Lo  stesso  che 
abbacchiare. 

Abbàttere  (abbattimento,  abbattuto).  Gettar  giù, 
mettere  a  basso,  demolire,  atterrare;  porre,  man- 
dare, cacciare,  stendere  a  terra;  radere  al  suolo, 
rasare,  spianare;  rovesciale,  scoscendere,  diroccare, 
«mantellare;  sfasciare,  profondare,  romwarc.  Ri- 
petiz.,  riabbattere. 

Figuratamente,  prostrare  (prostrazione),  dar  lo 
abalzo,  mandare  a  gambe  all'aria,  far  saltare  -   Do- 


mare, vincere  -  Confutare,  oppugnare  un  discor- 
so, una  ragione,  ecc. 

Abbattersi.  Fare  incontro.  -  Il  verificarsi  di 
un  avveninìento. 

Abbattifieno.  Detto  a  stalla. 

Abbattimento.  Atto  ed  effetto  A&W abbattette; 
prostrazione  di  forza;  debolezza,  anche  di  atti- 
ngo; senso  di  sbigottimento,  di  paura,  di  coster- 
nazione. -  Rappresentazione  di  battaglia. 

Abbattuta.  Abbattimento  d'alberi  per  fortifi- 
cazione. 

Abbatuffolare ,  àbbatufolare  (abbaltvf\o- 
lato).  Ridurre  in  batuffolo,  avvòlgere. 

Abbatuffolarsi.  Mettersi  in  rissa. 

Abbazia  (abbaziale).  La  chiesa  dell'  abate. 

Abbecedàrio  (abecedario).  Libro  per  imi)arare 
a  leggere. 

Abbellare  (abbellato).  Far  belìo. 

Abbellire  (abbellimento,  ahbcllilo).  Far  bello; 
rappresentare  una  cosa  più  bella  che  non  sia;  or- 
nare, ornarsi. 

Abbeverare  (abbeverato).  Dar  da  bere  al  be- 
stiame; acquare,  iieverare,  condurre  a  bere;  con- 
durre sAVabbeverafoio. 

Abbeveratoio  (beveratoio).  Vaso  nel  quale  be- 
vono 0  si  fanno  bere,  conducendoveli,  gli  ani- 
mali; più  propriani'.,  quello  degli  uccelli.  Volgami., 
beverino,  belinolo.  -  Truogclo,  trogolo,  Irogolettu. 
trogolino;  vaso,  vaschetto,  vascone,  bif:ori^ciuoIn. 
guazzatoio,  acquaio.  -  Vedesi  anche  a  cavallo  e  ?■ 
pollo. 

Abbiadare  (abbiadato).  Pascere  di  biada  it 
bestiame. 

Abbicare  (abbicato).  Far  mucchio.  -  Lavoro 
di  agricoltura. 

Abbicci.  Piccolo  libro  per  imparare  a  leggere. 

Abbiente.  Chi  possiede,  chi  ha  qualche  ric- 
chezza. 

Abbietto.  Di  nessun  valore  morale,  vile. 

Abbig-llamento.  Atto,  effetto,  modo  di  «66^- 
gliare  o  di  abbigliarsi;  anche  il  complesso  degli 
oggetti  che  si  adoperano  all'uopo. 

Abbigliare,  abbigliarsi  (abbigliato,  abbi- 
gliatura). Il  vestire  o  il  vestirsi  con  ornamento, 
con  ricercatezza,  con  eleganza,  con  lusso. 

Abbinare  (abbinamento,  abbinato).  Accoppiare, 
appaiare,  unire. 

Abbindolare  (abbindolato,  abbindolatura).  Rag- 
girare con  inganno. 

Abbiosciare  (abbiosciarsi,  abbiosciato).  Lasciarsi 
cader  d'  animo,  accasciarsi  ;  appassire. 

Abbisognare  (abbisognato).  Avere,  far  di  bi- 
sogno, di  necessità. 

Abbisognèvole.  Che  è  di  bisogno. 

Abboccainento.  Abboccarsi,  venire  a  col- 
loquio. 

Abboccare  (abboccato).  Prendere  in  bocca  o 
con  la  bocca.  -  Empire  una  botte,  un  vaso.  - 
Di  persona,  ntangiare  assai. 

Abboccarsi.  Parlare,  aver  colloquio. 

Abboccato.  Detto  di  vino  tendente  al  dolce  e 
di  fiasco  pieno. 

Abboccatóio.  Bocca  della  fornace. 

Abboccatura.  L'orlo  di  un  vaso  da  bere.  • 
Parte  mal  cotta  di  pane.  •  Avanzo  di  farina 
nella  macina. . 

Abbonacciare  f^aòftonacctato^.  Detto  aco?»ware. 

Abbonamento,  òallicismo  corrispondente  alle 
voci  associazione,  convenzione,  quota,  meno  speci- 
fiche. Indica  il  patto,  l'accordo  per  cui  si  ha  ridu- 


ABBONARE 


ABBOTTINAnSl 


zione  di  pagamento  su  un  giornale  o  altra  pub 
blicazione,  sulF  entrata  a  teatro,  sui  viaggi  in 
t'errovia,  ecc. 

Abbonare  qualcuno,  prendere  abbonamento  per 
hii,  associarlo.  -  Abbonarsi,  prendere  abbonamento 
per  sé,  associarsi.  Meglio  detto:  dare  il  nome,  scri- 
versi, inscriversi,  sottoscriversi,  firmarsi;  in  senso  me- 
no commerciale,  accedere,  aderire;  affittarsi,  ap- 
paltarsi. 

Abbonato,  chi  gode  abbonamento,  associato,  socio, 
appaltato. 

Abbonare,  abbonarsi  (abbonato).  Detto  in 
abbonamento. 

Abbonare  (abbonato).  Render  buono,  in  senso 
materiale;  menar  buono  un  conto  non  li(iuido; 
detrarre  una  parte  del  debito. 

Abbondante  (abbondantemente).  Che  è  in  ab- 
bondanza. 

Abbondanza.  Grande  quantità,  gran  copia, 
molto  di  qualsiasi  cosa,  specialmente  dei  prodotti 
del  suolo  e  delle  cose  necessarie  a  vivere:  abbon- 
devolezza,  abbondezza,  abondanza,  abondanzia,  co- 
piosilà;  gran  sufficienza,  più  che  a  bastanza,  d'a- 
vanzo; larghezza  (specialmente  di  mezzi),  numerosità, 
ampiezza,  dovizia,  lautezza,  foltezza,  ricchezza; 
iffliionza;  sfarzo,  tesoro;  nugolo;  brusio. 

Magona,  inondazione,  ubertosità,  ubertà,  esube- 
ranza. 

Cornucopia,  corno  simboleggiante  l'abbondanza. 
-  Eldorado,  paese  d'abbondanza  e  di  delizie. 

Abbondante:  più  che  sufficiente,  abbondevole,  ab- 
liondoso,  copioso,  pieno,  di  buona  misura,  molte- 
plice, moltiplice,  numeroso,  opimo,  ricco,  profuso, 
uberifero,  ubertoso. 

Abbondantemente:  essere  o  avere  largamente,  gran- 
demente, profusamente,  a  piene  mani;  a  barelle,  a 
bizzeffe,  a  bottacciate,  a  cappellate;  a  carra,  a  car- 
rate, a  balle,  a  cestoni,  a  staia,  a  colme  stala;  a 
l)Usso,  a  cataste,  a  ciocche,  a  distesa;  a  barche,  a 
isonne,  a  josa;  a  masse,  a  moggia,  a  sacca,  a  some; 
a  sbacco,  a  manate,  a  manciate,  a  grembiale  ;  a 
hraccia,  a  bracciate,  a  braccia  quadre;  a  ceste,  a 
carrettate,  a  secchie,  a  cataste;  a  cafisso,  a  cafusse; 
a  misura  di  crusca  e  di  carbone;  a  bacchio,  a  ba- 
rili, a  corbelli,  a  Corbellini,  a  giumelle;  a  fonte,  a 
macco,  a  micco,  a  bacchio;  a  moggia,  a  sciami,  a 
fiumi,  a  monti;  a  boccali,  a  palate,  a  tonnellate, 
a  nembi;  infino  al  collo,  all'infinito;  a  petizione,  a 
bocca,  a  bocca  cosa  vuoi;  più  che  maggio  foglie. 

Abbondare:  trabastare;  essercene  da  dare  e  da  ser- 
bare; da  benedire  e  da  santificare;  piovere,  fioc- 
care, fare  il  fiocco;  avere  la  cava,  la  conserva  d'una 
cosa;  essercene  per  la  toppa  e  per  il  magnano; 
(juante  (uova  o  altro)  ne  può  benedire  prete;  da 
fare  il  Ietto  ai  cavalli;  per  la  mestola  e  per  il  ma- 
nico; quanto  può  chieder  bocca;  tanto  da  bastare  a 
un  convento;  più  che  le  stelle'  e  la  rena;  tanto  da 
vendere;  fino  al  collo,  fin  sopra  i  capelli;  a  busso  e 
a   fusone. 

Grande  abbondanza:  esuberanza,  ridondanza, 
esuperanza;  sovrabbondanza,  soprabbondanza;  so- 
vrabbondevolezza;  eccedenza,  eccesso,  sopraccedenza, 
soverchiezza,  soperchiezza,  soprappienezza,  sover- 
chianza;  traboccaménto,  straboccamento,  ribocco, 
strabocco;  rimboccamento,  rimbocco;  rigurgitamento; 
travasamento,  stravasamento,  travaso;  profluvio,  pro- 
fusione; colluvie,  diluvio,  rovescio;  abisso,  troppo; 
subisso  ;  visibilio.  Superfluità,  superfluo  ;  caterva 
valanga;  sproposito.  Un  buscherio,  un  mondo,  un 
.lavello,  uno  sterminio. 


Detto  di  liquidi:  a  catinelle,  a  bigoncie,  a  gronde, 
a  sgorgo,  a  onde,  a  bocca  di  barile. 

Abbondare  soverchiamente:  ridondare,  esube- 
rare, diluviare;  riboccare,  traboccare,  straboccare; 
sovrah)bondare,  soprabbondare,  soprammontare;  stra- 
ninggiaro;  eccedere,  esuberare;  sopreccedere;  sover- 
chiare, soperchiare;  rigurgitare.  Essere  riboccante, 
straboccante,  strabocchevole,  trabocchevole,  soprap- 
pieno,  esuberante;  colmo,  ricolmo;  colmo  e  caricato. 

Abbondanza  varia  -  Abbondanza  svariata,  di  cose 
diverse.  -  A  rifascio,  grande  e  disordinata  quantità  di 
cose  0  di  una  cosa-  Ballaccia,  quantilà  di  roba-sciu- 
pata. -  Condire,  fornire  in  grande  abbondanza.  -  Cuc- 
cagna, grande  abbondanza  e  luogo  (paese)  di  grande 
abbondanza  e  di  lieto  vivere  per  gii  sfaccendati.  - 
Diavolio,  gran  quantità  di  persone o  di  cose,  che  fanno 
strepito  (un  diavolio  di  mosche  e  di  zanzare.  Un  diavo- 
lio di  beceri,  di  ciane).-  Fitta,  gran  quantità  di  persone 
0  cose  cattive,  noiose.  -  ijirghezza  di  grazie,  di  co- 
modi, abbondanza  in  generale.  -  Miniera  di  fatti,  di 
aneddoti,  ecc.  -  Ogni  ben  di  Dio  (fam.),  abbondanza 
d'ogni  cosa.  -  Pasciona,  abbondanza  di  guadagni  e 
di  viveri,  cuccagna.  -  Precepizio,  abbondanza  strana. 
-Profluvio,  sovrabbondanza  di  liquido  traboccante. 
-  Un  rovescio  di  lodi,  di  ingiurie  e  simili.  -  Scossa, 
quantità  improvvisa:  una  scossa  di  funghi.  -  Sfoggio, 
abbondanza,  per  lo  più  di  ornamenti.  -Vivaio  di  impie- 
gati, di  maestre,  d'artisti,  ecc.,  in  gran  numero.  - 
Zavorra,  abbondanza  di  roba  ordinaria. 

Locvziom.  -  Andar  col  corbello  in  un  ;90sto  ;  esserci 
molta  roba  da  raccogliere.  -  Avere  le  sette  peste  d'una 
cosa,  un'abbondanza  noiosa.  -  Levar  cento  lire  a  loro 
é  come  levar  un  pelo  a  un  bue  :  di  cose  dove  ce  n'è 
in  quantità  enorme.  -  Nuotar  nelle  lasagne,  avere  ab- 
bondanza d'agi,  di  prosperità.  -  Scialare,  spendere 
assai,  potendo  vivere  nell'abbondanza  di.  tutto.  -  Por- 
tare acqua  al  mare,  vasi  a  Samo,  nòttole  ad  Atene, 
frasconi  a  Vallombrosa,  indulgenze  a  Roma,  tavole 
a  Fiumalbo,  portare  una  cosa  dove  ce  n'è  abbon- 
danza. -  Se  ne  può  fare  alla  palla:  di  persone  o  di 
cose,  essercene  gran  quantità;  di  denari,  spènderne 
senza  criterio. 

Proverbio  :  L'abbondanza  e  la  dovizia  fa  o  genera 
la  carestia,  perchè  quanto  più  abbiamo  tanto  più 
consumiamo. 

Abbondanziere.  Ufficiale  delVa/nnona. 

Abbondare,  abbondevolezza  (abbondevole). 
Detto  in  abbondanza, 

Abbondóne.  Presuntuoso,  .saccente,  millan- 
tatore. 

Abbonire,  abbuono  {abbonito,  abbono).  Il  ren- 
dere buono;  il  render  fertile.  —  Indurre  in  cal- 
ma. —  Defalcare  una  parte  del  debito;  rinun- 
ciare a  una  parte  del  credito. 

Abbordare,  abbórdo  (abbordaggio).  L'acco- 
starsi ad  una  nave  per  combatterla;  approdare - 
Incontrare,  fermare  per  via.  —  Appiccar  di- 
scorso. 

Abbordóne.  Detto  a  contegno. 

Abborracciare  (abborracciamento,  abborrac- 
ciato, abborracciatura,  abborraccio,  abborraccione).  - 
Rafforzare,  fare  qualche  cosa  alla  peggio,  in  fretta, 

Abborrire  (abborrimento,  abborrito).  Avere  in 
odio. 

Abbottarsi  (abbottato).  Fare  una  corpacciata, 
mangiare  molto. 

Abbottinare  (abbottinato).  Mettere  a  sacco,  fare 
saccheggio. 

Abbottinarsi  (abbottinato).  Mettersi  (di  soldati) 
in  ribellione. 


ABBOTTONARE 


Abbottonare  (abhouonato,  abbottonatura).  Fer- 
mare con  bottone  u  bottoni.  —  Abbottonatura, 
parte  del  vestito.  —  Abbottonato,  di  persona  che 
tiene  il  segreto. 

Abbozzacchlare  (abbozzacchiatoj.  Peggiorativo 
di  abbozzare. 

Abbozzare,  abbozzo  (abbozzato,  abbozzaticcio, 
abbozzatura).  Il  dare  la  prima  forma  o  fare  il  primo 
disegno  d'un'opera  d'arie,  o  d'altro  lavoro,  la  trac- 
cia, la  minuta  d'uno  scritto,  qcc;  sbozzare,  schiz- 
zare, dare  un'abbozzata;  tracciare,  ordire,  imbastire; 
delineare,  disegnare;  smodellare,  digrossare  (dello 
scultore),  dirozzare,  —  Abbozzicchiare,  fare  abbozzi  di 
piccolo  conto. 

Abbozzo,  abbozzamento,  sbozzo,  schizzetto,  schizzo, 
traccia,  tracciato;  embrione,  idea;  abbozzatura,  abboz- 
zetto,  bozzetto,  bozzo;  bozzaccia;  sbozzatura;  im- 
brattatura, imbratto;  traccia  (d'un  dramma  e  si- 
mili), tracciamento,  delineamento,  delineatura;  mo- 
dello, studio,  saggio;  prima  facitura;  dirozzamento, 
sconciatura,  sconciaturella. 

Abbozzaticcio,  poco  più  che  abbozzato;  abbozzic- 
chiato,  meno  che  abbozzato. 

Abbozzare,  manovra  di  nave. 

Abbozzato,  di  persona  che  ha  brutta  corporatura. 

Al)I)ozzolare  f abbozzolato) .  Lavoro  del  baco 
da  seta. 

Al)bozzolarsi.  Agglomerarsi,  di  farina. 

Abbracciaboschi  (abbracciabosco).  Madreselva, 
pianta  rampicante. 

Abbracciare,  abbraccio  (abbracciamento,  ab- 
bracciata, abbracciato).  Il  circondare,  lo  stringere  con 
le  braccia,  per  lo  più  in  segno  d'affetto  :  afferrare 
con  le  braccia,  prendere  con  ambe  le  braccia,  av- 
vincere con  le  braccia;  gettare,  buttare  le  braccia 
al  collo;  stringere,  avvincere,  avvinghiare  il  collo; 
avvinghiarsi,  buttarsi  al  collo  ;  amplettere  ;  dar  di 
piglio  ;  recarsi  in  braccio  ;  stringere  in  braccio,  nelle 
braccia,  al  seno,  al  cuore,  ecc.;  dare  un  abbraccio, 
un  amplesso. 

Abbracciare  stretto  stretto,  forte  forte;  abbrac- 
ctMcc/iiar'e,abbracciare  spesso,  a  dimostrazione  d'affetto 
lezioso  ;  avventarsi,  abbracciare  con  impeto  ;  avvitic- 
chiare, abbracciare  stretto  per  commozione  —  Ab- 
bracciata, vicendevole  abbracciamento  ;  anche  ab- 
braccio alla  lesta. 

Per  altri  significati,  leggere  a  misura,  pianta, 
professione,  stomaco. 

Abbracciata.  Detto  a  cavaliere. 

Abbracciatutto,  Factotum,  faccendiere. 

Abbrancare  (abbrancato).  Afferrare,  preti- 
dere  ;  mettere  bestiame  in  branco.  -  Abbrancarsi, 
afferrarsi,  attaccarsi. 

Abbrevianiento.  Accorciamento,  compendio. 

Abbreviare,  abbreviazione  {abbreviamento, 
abbreviativo,  abbreviato,  abbreviatura).  \\  fare,  rendere 
breve,  sincopare  ;  rendere  corto,  detto  di  discorso 
e  simili.  -  Abbreviarsi,  divenir  breve.  -  Abbreviatura, 
abbreviazione,  troncamento  di  parola.  —  Opera- 
zione di  algebra. 

Abbrevlatore.  Segretario  della  cancelleria  pa- 
pale ;  funzionario  della  Caria  Bomana. 

Abbrezzare  (abbrezzato).  Patir  freddo. 

Abbriccàgrnolo.  Uccello  rampicante. 

Abbrlccare,  abbriccarsi,  (abbriccato).  Modo 
di  i-ampicare  o  di  assestare  un  colpo. 

Abbrivare  (abbrivato).  Detto  a  nave  (movi- 
menti), corsa,  salto. 

Abbrlvldlre  (  abbrividito).  Rabbrividire  per 
freddo  o  per  paura. 


Abbrivo.  V.  a  «at^e  (movimenti),  salto. 

Abbronclare  (a bbr ondato).  Fare  il  broncio. 

Abbronzare,  abbronzii'e  (abbronzamento, 
abbronzato,  abbronzatura,  abbronzo).  Dar  la  tinta  del 
bronzo;  render  bruno,  riferito  a  pelle  —  Pri- 
mo effetto  del  bruciare. 

Abbruciacchiare.  V.  a  bruciare,  fuoco. 

Abbruciare,  abbruciarsi  (abbruciamento, 
abbruciante,  abbruciaticcio\  abbruciatura).  Ardere, 
bruciare;  rendere,  diventare  arido,  detto  di  ter- 
reno. 

Abbrunare,  abbrunarsi  (abbrunato).  Far 
bruno  ;  mettere,  mettersi  a  lutto. 

Abbrunire  (abbrunito).  Rendere  o  diventar 
bruno. 

Abbruschino.  Fornellino  da  cucina. 

Abbrustiare  (ahbrustiato ^.Detto  a  bruciare^ 
e  a  caffé. 

Abbrustire  (abbrustito).  Mettere  a  fuoco. 

Abbrustolire  (abbrustolito).  Mettere  a  fuoco  - 
Cuocere  arrosto. 

Abbrutire,  abbrutirsi  (abbrutimento,  abbru- 
tito). Ridurre  o  ridursi  come  bestia. 

Abbruttire  (abbruttito).  Rendere  brutto. 

Abbuiare,  abbuiarsi  (abbuiamento,  abbuiato). 
'Rendere  o  diventar  buio,  oscuro:  detto  anche  del 
temno. 

Abbuonare.  Lo  stesso  che  abbonare. 

Abburattare  (abburattata,  abburattatura).  Stac- 
ciare la  farina.  -  Fig.,  discutere. 

Abbuzzire,  abbuzzirsi  (abbuzzito).  Sentirsi 
troppo  pieno  per  soverchio  mangiare. 

Abdicare,  abdicazione  (abdicativo,  abdicato). 
Il  rinunciare  al  trono,  al  potere  sovrano  ;  anche 
a  un  diritto,  a  una  volontà,  ecc. 

Abdoiue.  Leggasi  a  ventre. 

Abduttore,  abduzione.  Qualifica  e  funzione 
di  muscolo. 

Abecedario  (abbecedario).  Libro  per  imparare 
a  leggere. 

Abelmosco.  Pianta  malvacea,  usata  già  come 
medicinale,  ora  solo  in  profumeria. 

Aberrare  (aberrazione,  aberrato).  Detto  a  er- 
rore, luce,  ottica. 

Abetaia.  Detto  in  abete. 

Abete.  Albero  conifero  d'alto  fusto'  lai,  picea. 
Usato  nell'industria  per  fare  travi,  casse,  tavole, 
ecc.  -  Abete  rosso,  il  larice,  una  delle  specie  prin- 
cipali come  il  bianco  e  il  nero  -  Abetella  o  stile, 
abete  reciso  dal  suolo,  lungo,  sottile  ;  antenna  per  i 
ponti  delle  fabbriche.  -  Abetina,  abetaia,  foresta 
d'abeti.  -  Abetino,  di  abete,  simile  ad  abete  —  Ragia, 
materia  resinosa  degli  abeti  e  dei  pini.  —  Abietino, 
vino  0  birra,  con  infusione  di  foglie  d'abete. 

Gli  abeti  svettan  le  messi  :  allungano  la  vetta,  di- 
ventano molto  alti. 

Ab  eterno.  Sempre,  nel  passato. 

Ab  experto.  Per  esperienza. 

Ablàda.  V.  a  diarrèa,  a  tonici. 

Abiettezza,  abiezione.  Disposizione  d'animo 
e  condizione  de\Vabbietto. 

Abietto.  Degno  del  massimo  disprezzo;  vile. 

Abigeato  (abigeo).  Furto  di  bestiame. 

Abile.  Chi  è  dotato  di  abilita.  —  Per  altro 
significato,  a  leva  militare. 

Abilità.  Capacità  di  riuscire  in  cose  non  facili  : 
attitudine,  idoneità  ;  sufficienza;  accortezza,,  destrezza, 
ingegno,  talento;  perizia,  bravura,  validità,  valore  ; 
magistero,  magisterio,  magistralità,  maestria;  sagacia, 
tattica.  —  Abilmente,    con   abilità. 


ABILITA     —    ABITARK 


Avere  abilità:  essere  atto,  idoneo,  capace,  valente, 
valido  nel  fare  una  cosa  qualunque  ;  bravo,  destro, 
esperto,  sperto  nella  propria  arte,  nel  proprio  me- 
stiere, nella  propria  professione  ;  accorto,  lesto  ; 
ingegnoso,  valoroso  virtuoso,  Avere  le  cose  su  per 
le  dita,  sulle  dita  ;  avere  la  mano  del  cielo,  la  ma- 
no di  Dio,  la  mano  benedetta  ;  aA'ere  le  mani,  le 
dita  d'oro;  saper  levare  le  pecore  dal  sole;  saper 
uscire  da  un  fondo  senza  zucca  ;  avere  gamba  a  far 
le  cose  ;  aver  cimiero  ad  ogni  elmetto  ;  navigare  a 
tutti  i  venti  ;  aver  mantello  ad  ogni  acqua.  -  A  chi 
abbia  abilità  suole  «  affarsi  la  scesa  e  la  salita  ;  a 
chi    ha  testa   non  manca  cappello.  » 

Diavolo,  di  persone  di  gran  bravura,  alla  quale 
riesce  ogni  cosa.  -  Maestro,  abilissimo.  -  Riuscire, 
esser  abile,  saper  fare,  potere.  -  Sapercela,  essere 
capace,  avere  l'arte.  -  Tatticone,  abile  nel  trattare, 
nel   destreggiarsi. 

Essere  motto  abile:  essere  persona  di  grande  affa- 
re, di  gran  valuta,  di  molti  numeri,  di  peso,  di 
polso;  eccellente,  a  tutta  botta,  di  prima  portata,  di 
gran  ricapito,  di  cartello,  coi  fiocchi,  un   portento. 

-  Valere  tant'oro. 

Essere  abile  a  più  cose  :  essere  versatile,  a  tutte 
mani  ;  a  bottega  ad  ogni  cosa  ;  da  basto  e  da  sella; 
da  bosco  e  da  riviera;  di  nidio  e  navicello  ;  atto  a 
ricucir  telline.  Avere  ad  ogni  piaga  unguento. 

Trovarsi  a  far  cosa  in  cui  si  è  abili  :  essere  in 
casa  propria,  nella  propria  provincia,  nella  propria 
piscina,  nella  propria  beva,  nel  proprio  centro  ; 
essere  invitato  al  proprio  giuoco. 

Rendere  abile:  abilitare,  insegnare;  mettere  in 
condizione  di  fare  alcunché;  dar  modo,  mezzo,  via, 
ecc.  Rendere  o  dichiarare  uno  abile  a  un  esercizio; 
dichiararlo   idoneo  ;   dare   il    diploma,    matricolare. 

-  Abilitarsi,  mettersi  nella  possibilità  e  nella  capa- 
cità di  fare,  di  esercitarvi  una  professione,  ecc.  — 
Abilitazione,  atto  ed  effetto  dell'abilitare  ;  anche  il 
relativo  documento.  Avere,  ottenere,  conseguire  l'abi- 
lit.'izione. 

Locuzioni.  -  Avere  della  politica,  nell'uso  co- 
mune ,  avere  astuzia,  usare  prudenza,  accorgimento, 
per  giungere  ad  un  fine,  per  ottenere  un  dato  ri- 
sultato. -  Avere  le  mani  in  pasta,  locuzione  fami- 
liare che  significa  avere  ingerenza  pratica  in  qualche 
faccenda.  —  Rarba  d'uomo  (uomo  di  valori),  locuzione 
viva  nella  frase  familiare  non  c'è  barba  d'uomo  che... 
per  dire  :  non  c'è  alcuno,  per  quanto  forte,  che...  ecc. 

-  Chi  fa  il  carro  lo  sa  disfare,  di  chi  è  capace,  abile. 

-  Esser  muso  da  ciò,  essere  uomo  atto  a  fare  una  tal 
cosa  che  richieda  coraggio  o  abilità.  -  Mano  esperta, 
in  operazioni  manuali  o  chirurgiche  ;  industri 
mani,  detto  specialmente  di  artefici,  di  cucitrici, 
ecc.  ;  mani  ingegnose,  quelle  che  compiono  felice- 
mente lavori  difficili  e  delicati  ;  mani  benedette, 
quelle  che  si  adattano  ad  ogni  lavoro,  riuscendo 
sempre  bene.  -  Sapere  il  fatto  suo,  essere  capaci  in 
quel  che  si  vuol  a  fare. 

Inabilita'  :  mancanza,  negazione  di  abilità  ;  inca- 
pacità, inettitudine,  incompetenza,  inesperienza,  im- 
perizia, dappoccagine,  impotenza.  -  Essere  inabile, 
inetto,  incompetente,  incapace,  imperito,  dappoco, 
barbino,  sciattino,  malaccorto,  mal  pratico,  malde- 
stro, guastamestieri  ;  impolitico  ;  cen.ipenna,  cem- 
penno, sbercia,  schiappino;  ciampichino,  biascin- 
tingoli  (buono  a  nulla);  zuccone,  testacela,  minchione, 
zugo  ;  buono  a  far  cencio.  —  Essere  buono  alla  festa 
dei  magi;  affogare  o  essere  affogato  ne'  moccichi; 
non  saper  tenere  l'ago  in  mano  ;  non  saper  levare 
un  ragno  da  ìin  buco;  esser  tale  da   morir  di  fame 


m  una  madia  di  pane.  —  Contrario  ad  abilitare: 
inabilitare,  inabilitazione,  inabilitato. 

Abilitare,  abilitarsi  (abilitazione}.  Detto  in 
ù,bilità. 

Ab  taimemorabill.  Da  tempo  immensamente 
antico. 

Ab  incarnazione.  V.  a  cristianesimo. 

Ab  inizio.  Da  principio. 

Ab  intestato.  Condizione  di  eredità,  secondo 
testamento. 

A  bisdosso  (a  bardosso).  Modo  di  cavalcare. 

Abisso.  Luogo  profondo  e,  per  lo  più,  oscuro; 
voragine  (poet.,  vorago),  baratro,  viscere  della  Terra, 
latebre,  inferno  ;  anche  immensa  profondità  di 
acque.  -  Figuratamente  :  perdizione,  rovina.  -  Gettare 
0  cadere  in  un  abisso:  profondare  (profoudamento, 
profondato),  inabissare  (inabissamento,  inabissato); 
precipitare.  Inabissarsi,  precipitarsi,  essere  travolto, 
scomparire  in  un  abisso  ;  sprofondarsi. 

Abitàbile.  Da  potersi  abitare. 

Abitàcolo.  Luogo  in  cui  abitare^  meschina 
casa. 

Abitante.  Verbale  di  abitare. 

Abitare  (abitabile,  abitante,  abitato,  abitazione). 
Stare  in  un  luogo,  vivendovi  più  o  meno  in  per- 
manenza, detto  tanto  di  casa  quanto  di  paese  :  di- 
morare, soggiornare  (con  dimora  non  fissa),  star  di 
casa  ;  avere,  tenere  soggiorno,  soggiornamènto,  sede, 
stanza  ;  stanziare,  risiedere,  permanere,  tener  piede, 
essere  stabilito,  acquartierato;  albergare  (per  breve 
tempo),  alloggiare. 

L'uomo,  prima  di  riuscire  a  fabbricarsi  una  casa, 
un  palazzo,  si  rifugiò  entro  ripari  naturali  (an- 
tro, caverna,  grotta)  ;  poi  si  piantò  la  tenda 
e  SI  costruì  la  capanna,  usate  tuttora  da  popo- 
lazioni non  incivilite  ;  edificò  anche  abitazioni  su 
palafitte,  in  riva  ai  laghi.  Già  nell'evo  antico  costruì 
la  villa;  nel  medio  evo,  il  castello  e  la  torre. 
Oggi  ancora  alcuni  popoli  vivono  in  abitazioni 
galleggianti,  sopra  varie  sorta  di  barche. 

Si  abita  in  casa  propria  o  a  pigiotie,  a  doz- 
zina ;  temporaneamente,  in  un  albergo,  in  un'o- 
steria, con  alloggio,  o  presso  qualcuno  per  osjn- 
talità. 

Accasarsi,  fissare  l'abitazione,  stabilirsi  in  un 
luogo,  0  tornare  ad  abitarvi  ;  stare  a  uscio  e 
bottega,  abitare  vicinissimo  ad  altri;  tornare  a 
pigione,  andar  ad  abitare  in  una  casa  d'affitto.  - 
Coabitare,  abitare  insieme,  esser  coabitanti,  avere 
coabitazione  (detto  anche  dell'uomo  e  della  donna 
che  vivono  insieme  senza  essere  legittimamente 
marito  e  moglie)  ;  riabitare,  abitare  nuovamente. 
-  Coìifinare,  mandare  persona  ad  abitare  forzata- 
mente in  un  luogo. 

Abitàbile,  da.  potersi  abitare  (luogo,  casa,  paese), 
abitévole  (disusato)  ;  contrapposto,  inabitabile.  -  Abi- 
tato, luogo  in  cui  sono  abitazioni  (aggettivamente, 
dicesi  di  paese  o  di  casa  con  abitatori).  -  Aperto, 
luogo  abitato  (comune,  borgo,  città),  non  cinto  da 
mura  o  anche  senza  cinta  daziaria;  luogo  calcato, 
gremito  di  case,  con  molte  abitazioni;  vicinato,  in- 
sieme di  abitazioni  vicine.  -  Terra,  denominazione 
generica  di  un  luogo  abitalo  e  murato  (  ina  ora 
fuso  di  chiamar  cosi  un  paese  abitato  va  scompa- 
rendo). Dimin.,  terretta,  terricciuola, 

Contrapposto:  inabitato,  «Zeserfo,  disabitato  ;  luo- 
go nel  quale  nasce  la  gramigna. 

Abitante  (abitatore,  abitatrice):  chi  abita,  sta  per- 
manentemente in  un  luogo;  si  riferisce  più  a  cillà 
0  paese,  che  a  casa,  mentre  la  voce  abitatore  indica 


AlJlTAUt;    —    ABITUDINE 


»  ,lo  il  fatto  diiir  abitare.  Residente,  avendo  sede, 
(1  I  Qora,  doni  icUio ;  incolo.  —  L'insieme  degli  abitanti 
d  una  città,  d'un  paese  costituisce  h  popolazione; 
e  s'usa  dire  tutta  la  Terra  per  indicare  tutti  gii 
abitanti  di  questa.  -  Si  chiamano  poi:  antipodicoh 
gli  abitanti  d'  un  luogo  della  Terra  diametralmente 
opposto  (antipodo)  nd  un  altro;  antassoni,  antiassoni, 
quelli  che  stanno  nell'asse  opposto;  antizoni,  se  in 
zone  opposte;  anticloni,  se  in  opposti  emisferi  della 
Terra. 
BorghiLjiano ,    abitatore    di    borgo;   carnpagnuolo, 

chi  abita  in  campagna  e  si  è.  addetto  ctW agricoltu- 
ra; castellano,  terrazzano,  terriero,  abitatore  di 
castello;  cittadino,  abitante  di  città;  colligiano,  abi- 
tante dei  colli;  compaesano,  dello  stesso  paese  (vil- 
;a;gio  per  lo  più)  abitato  da  altri,  conterrazzano, 
conterraneo;  forese  (voce  disusata),  uomo  di  con- 
tado, che  sta  fuori  di  città;  foresto,  forestiero; 
indigeno,  nativo  del  paese  in  cui  abita;  paesano, 
del  paese,  contrapposto  a  straniero;  residente,  di- 
morante (per  lo  più,  con  carattere  ufficiale). 

Trogloditi,  abitatori  di  caverne,,  di   sotterranei. 

Anagrafe,  registro  municipale  deo;li  abitanti  d'  una 
città,  d'  un  comune  -  Censimento,  iscrizione  del  nu- 
mero e  della  condizione  degli  abitanti  d'uno  Stato. 

-  Colonia,  r  insieme  di  molte  persone  dello  stesso 
paese  stabilito  in  un  altro.  -  Incoiato,  la  condizione 
di  chi  dimori  in  un  paese  che  non  è  il  suo. 

Abitazione,  lungo  da  abitare  o  dove  si  abita: 
casa;  residenza,  sede,  abitagione  (disusato);  nido, 
ricetto,  rifugio,  ricovero.  •  Gli  aggregati  di  abita- 
zioni, a  misura  che  queste  diventano  numerose, 
formano  il  villaggio,  il  borgo,  la  città,  ciascun 
gruppo  costituendo  (amministrativamente)  un  co- 
ìnune  0  frazione  di  comune. 

Abitazioncella,  abitazione  piccola  e,  più  o  meno, 
graziosa.  -  Abitàcolo,  abitazione  da  poco.  -  Antipodi, 
luogo  d'abitazione  diametralmente  opposto  a  un  altro. 

-  Abituro,,  abitazione  umile,  meschina.  -  Alloggio, 
luogo  dove  si  stia  per  un  tempo  più  o  meno  lungo 
per  amicizia  o  per  pagamento.  -  Baracca,  specie  di 
capanna  odi  riposo  fatto  per  dimorarvi  temporanea- 
mente. -  Casale,  piccolo  aggregato  di  abitazioni.  - 
Dimora,  permanenza,  lo  stare  più  o  meno  tempo  in 
un  luogo;  il  luogo  slesso  del  dimorare  (ma  é  fraii- 
cesimo):  far  dimora;  prendere,  fissar  dimora;  fis- 
sarsi, star  fissi,  abitare  sempre  o  molto  a  lungo;  di- 
moranza,  stanza;  dimoragione,  dimorazione,  dimorar 
mento,  l'atto  del  dimorare.  -  Domicilio,  il  luogo  in 
cui  si  abita,  si  ha  l'esercizio  legale  dei  diritti  civili. 

-  Isola  galleggiante,  dimora  degli  uomini  preistorici 
e  di  selvaggi  moderni  (  est  e  sud  d'  America)  ;  super- 
ficie galleggiante  a  uso  zattera.  —  Magione,  abitazione, 
luogo  di  dimora  in  grande.  -  Residenza,  luogo  di 
stabUe  permanenza,  indipendentemente  dall'esercizio 
degli  altari;  anche  il  luogo  dove  un  principe  o  un 
alto  funzionario  abitualmente  dimora.  -  Romitaggio, 
abituro  appartato,    nel   quale  alcuno  passa  i  giorni, 

fier  lo  più  con  intendimenti  religiosi.  -  Romitorio, 
uogo  in  cui  abitano  romiti  o  anche  uno  solo.  - 
Sede,  luogo  dove,  abitando,  esercitano  il  loro  ufficio 
magistrati,  principi,  ecc.  ■  Stanza  (poet),  alloggio, 
albergo,  dimora  -  Tugurio,  abitazione  povera  e 
angusta. 

Diritto  dt  abitazione,  facoltà  di  abitare  in  una 
casa  con  la  famiglia.  -  Indirizzo,  ricapito,  indi- 
cazione del  luogo  in  cui  si  abita.  -  *  Cambia- 
mento di  abitazione:  traslocamento  (traslocare),  tra- 
sferimento (trasferire),  tramutamento  (rasmutamento. 


tramuta,  tramutazione,  traslazione.  Traslocare,  slog- 
giare, sgomberere  di  casa. 

Abitino,  amuleto  che  si  porta  al  collo,  per  pra- 
tica di  culto. 

Abito.  Genericamente,  vejste,  parte  del  vestia- 
rio, modo  di  vestire;  con  significato  particolare. 
giubba.  -  Vestimento  o  distintivo  del  clero,  dei 
religiosi,  della  milizia  ecc. 

Abito  fisico.  Complessione,  temperamento. 

Abituale.  Di  abitudine. 

Abitualità.  Consuetudine  al  delitto. 

Abituare,  abituarsi  (abituato).  Far  prendere 
0  prendere   abitudine. 

Abituccio.  Vestitino  da  bimbo. 

Abitudinario.  Di  abitudine. 

Abitudine  (abituale,  abituare,  abituarsi,  abi- 
tuato). Il  fare  ripetutamente  e  .metodicamente  una 
determinata  cosa;  facilità  che  si  acquista  nel- com- 
piere certi  atti  col  ripeterli  frequentemente:  abi- 
tuatezza,  abituazione,  abito;  avvezzamento,  assue- 
fazione, consuetudine,  assuetudine,  usanza;  piega; 
seconda  natura;  metodo.  —  L'abitudine  può  essere 
buona  o  cattiva  (malusanza,  mal  costume),  recente 
o  vecchia  (inveterata),  comune  o  strana;  temperata 
il  eccessiva,  ecc.  -  Abitudinario,  chi  va  dietro  alle 
abitudini. 

Andazzo,  abitudine,  usanza  di  parecchi,  ma  per 
lo  più  momentanea,  di  poca  durata.  -  Diriz- 
zone, abitudine,  piega  capricciosa,  ostinata,  a  una 
certa  cosa.  -  Esercizio,  uso,  detto  specialmente  di 
azioni  •  materiali  (es.,  perdere,  riprendere  l' abitu- 
dine di  battere;  perdere,  riprendere  l' uso  delle 
gambe,  e  simili).  -  Metodico,  chi  non  esce  dalle 
proprie  abitudini.  -  Pratica,  abitudine  a  un  lavoro, 
a  un'arte.  -  Solere,  essere  solito,  avere  un'abitudine. 

-  Vezzo,  abitudine  di  carattere  leggero  e  piacevole 
0  no  (mal  vezzo).  -  Fùw,'^abitudine  difettosa,  cattiva. 

Contrapposto  di  abitudine:  dissuetùdine,  disusan- 
za, disuso,  non  uso. 

Abituale:  abituale,  consueto,  comune,  ordinario, 
usitato,  usuale;  abitudinale;  solito,  arcisolito  ;  di 
rubrica,  di  prammatica  (specialmente  di  certe  ceri- 
monie),  all'ordine  del  giorno    (facile  e  frequente). 

-  Abitudinario,  chi  va  dietro  alle  abitudini.  - 
Contrario    di  abituale:    insolito,    smesso,  dismesso. 

.\bituare:  assuefare,  avvezzare,  accostumare;  far 
piendere,  dare  l'abitudine;  dar  costume;  adde- 
strare, esercitare;  ausare,  suefare  (volg-);  dirómpere 
(ad  un  lavoro,  ad  una  fatica).  -  Contrapposto:  di- 
sabituare, disawezzare,  disassuefare  (disassuefatto), 
divezzare,  svezzare,  estirpare  (di  cattiva  abitudini). 

Abituarsi  :  prendere  l'abitudine,  far  l'abito,  pren- 
dere in  uso,  divenire  abituato,  assuefarsi,  accostu- 
marsi, ecc.;  adusarsi,  usarsi,  addomesticarsi;  far  la 
mano,  far  l' occhio,  far  il  cuore,  far  la  bocca,  lo 
stomaco;  prendere  la  piega,  il  dirizzone;  incaro- 
gnirsi in  un'abitudine  (per  lo  più  non  buona  e  osti- 
nato). -  Abituato,  avvezzo,  assueto,  usato,  uso,  av- 
viato; benavvezzo  o  malavvezzo.  -  Contrario:  disa- 
bituato, disassuefatto,  divezzato,  divezzo.  -  Contrap- 
posto: disavvezzarsi,  ecc. 

Locuzioni.  -  Cavallo  vecchio  non  muta  andatura: 
è  difficile  perdere  le  vecchie  abitudini.  -  Dirom- 
persi a  checchessia:  assuefarvisi  con  lungo  e  continuo 
esercizio.  -  Duro  a  vecchia  licenza  nuova  legge:  le 
abitudini  invecchiate  si  correggono  male.  -  Essere 
schiavo  dell'abitudine.  -  Incallire  (incallito),  indurare 
in  un'abitudine,  tanto  da  poter  difficilmente  spo- 
gliarsene. -  Fare  il  callo,  far  l'orecchio,  far  l'osso, 
abituarsi  a  cose  non  piacevoli.  -  L'  uomo  vecchio  si 


ACCADEMIA 


trovò  col  mwvo:  cioè  con  le  sue  abitudini  di  prima 
(o  in  cozzo  con  le  ultime). 

Proverbi:  ('hi  ha  portalo  la  tonaca  puzza  sem- 
pre di  prete;  la  catena  n  n\  teme  il  fumo  (perchè  ci 
sta  sempre);  nessuna  meraviglia  dura  più  di  tre 
giorni. 

Abiura  [abiurare,  abiurato,  abiur azione).  Ri- 
nunzia ad  una  religione  o  ad  errori  religiosi. 

A  bizzèffe.  Tn  abbondanza. 

Ablativo.  Detto  a  declinazione. 

Abluente.  Qualità  di  medicamento. 

Abluzione.  Lavamento,  bagno.  —  Particolare 
della  messa. 

Abneg'are,  abneg-azione  (abnegato).  Il  rinun- 
ziare a  un  2>i^cere;  il  lare  sacrificio  di  affetti, 
di  sentimenti. 

Abolire ,  abolizione  (  abolitivo ,  abolito  ) . 
VanniUlare,  il  sopprimere,  il  toglier  via,  special- 
mente un  culto,  una  legge,  un  uso,  la  schiavi- 
ni, ecc. 

Abolizionismo,  abolizionista.  Detto  a 
schiavitù. 

Abólla.  Parte  di  veste  (militare). 

Abomaso.  Uno  dei  ventricoli  del  ruminante. 

Abominare,  abominazione  (abominabile,  abo- 
minevole, abominando,  abominato).  L'avere  in  or- 
roì'e. 

Abominio  (abominioso).  Abominazione,  vitupe- 
rio, infamia. 

Àborig-ene  (aborigeno).  Primitivo:  detto  di  abi- 
tante, di  popolo. 

Aborrire  (aborrevole,  aborrente,  aborrimento,  a- 
borrito).  Avere  in  odio,  in  orrore,  a  repa- 
giianza. 

Abortire  (abortivo,  abortito).  Fare  aborto. 

Aborto  (abortivo).  Interruzione  della  gravi- 
danza entro  le  prime  ventotto  settimane;  disperdi- 
mento; il  partorire  anzi  tempo.  -  Abortire:  buttare 
a  male  il  figliuolo,  sconciarsi;  sperdersi  la  creatura; 
disperdersi.  -  Aborto  artificiale,  interruzione  della  gra- 
vidanza, determinata  ad  arte  per  sottrarre  la  madre 
ad  un  pericolo  grave  dovuto  alla  gravidanza  stessa 
e  ad  essa  soltanto.  -  Aborto  forzalo,  sconciatura.  - 
Aborto  procurato,  espulsione  del  feto  ottenuta  per 
iscopi  criminosi. 

Alogandromelia,  aborto  di  bestia,  con  membra 
simili  alle  umane. 

Abortivi,  i  mezzi  e  i  rimedi  alti  a  provocare  l'a- 
borto, distinti  in  meccanici  (puntura  delle  membrane, 
urto  violento,  faradizzazione  dell'addome,  ecc.)  e  in- 
terni (segale  coi'nula,  sabina,  cantaridi,  trementina, 
ecc.).  -  Abortivo,  fatto  per  via  di  aborto. 

Aborto.  Opera,  lavoro  mal  riuscito.  -  Persona 
di  bruttissima  corporatura. 

Abósino.  Sorta  di  sasino. 

Ab  òvo.  Dalla  prima  origine. 

A  braca,  a  bracaióla,  a  bracaloni.  Di 
calza  0  ili  calzoni  ricadenti  limgo  le  gambe. 

Abràdere,  abrasióne  (abraso).  Il  toglier  via 
nel  radere:  pel  lo  più,  riferito  a  pelle. 

Abrogare,  abrogazione  (abrogato).  L'annul- 
lare, l'abolire  specialmente  una  legge. 

Abròstine   (abròstino).  Specie  di  uva. 

Abròtano.  Erba  medicinale,  un  tempo  usata 
contro  i  vermi. 

A  bruciapelo.  Modo  di  spallare  da  vicinis- 
simo un'arme  da  fuoco. 

A  brùzzolo  (a  brùzzico,  a  bruzzo).  V.  ad  alba. 

Abside.  Parte  della  chiesa.  —  Punto  dell'orbita 
d'un  astro. 


Absintina.  Detto  ih  assenzio. 
Absolina.  Veggasi  a  fuliggine. 

Abusare   (abusato).  Commettere  abuso. 

Abuso  (abusivo,  abusione).  Cattivo  o  eccessive 
uso  di  checchessia;  cosa  contraria  alle  leggi,  alle 
regole,  alle  consuetudini:  abusamento,  abusazione, 
abusione  (trista  usanza),  vizio;   misuso;    scandalo. 

—  Stravizio,  disordine,  abuso  di  cibo,  di  vino  e  si- 
mili. — /16«sflCfio,  abuso  enorme,  a  dismisura.  Sarà 
sempre  bene  proibire,  togliere,  sopprimere,  sradicare 
un  abuso;  non  bene  il  doverlo  sopportare,  tollerare, 
subire. 

Abusare:  usare  malamente,  malusare,  misusare; 
far  camera  di   checchessia,  prevaricare. 

.Abusivo:  dicesi  di  tutto  ciò  che  ha  carattere  di 
abuso,  ma  particolarmente  delle  misure  e  delle  mo- 
nete. 

Locuzioni.  -  A  dargli  un  dito  prende  tutta  la  mano: 
di  chi  abusa  della  confidenza.  —  Chi  si  abusa  poco 
usa.  —  Esser  la  vigna  di  Cristo,  di  cosa  o  persona  di 
cui  tutti  abusano. 

Acacia.  Albero  spinoso,  di  varie  specie:  hnearei 
di  legno  nero,  di  foglie  azzurre,  odorosa  (arboscello 
ornamentale);  volg.,  gaggia,  ecc.  Se  ne  usa  il  legno 
in  ebanisteria.  —  Simboleggia  l'affetto  puro  e 
l'amor  platonico.  —  Falsa  acacia,  robinia. 

Acagiù.  Legno  adoperato  nell'  ebanisteria, 
dallo  stipettaio. 

Acalèfi.  Detto  a  zoofito. 

Acanto.  Pianta  erbacea  (detta  anche  branca  or- 
sina), di  foglie  grandi,  accestite,  intagliate,  che  ser- 
virono per  ornamento  del  capitello  corinzio.  -  Usata 
in  farnìacia. 

A  capriccio.  Indicazione  per  chi  deve  eseguire 
un, pezzo  di  musica. 

Acaro.  .\rtròpodo  parassita:  citato  di  formag- 
gio e  a  rogna. 

A  caso.  Per  caso. 

A  catafascio.  Stato  di  confusione. 

Acatalèttico.  Specie  di  verso  ereco  e   latino. 

AcattòLco.  Non  cattòlico. 

A  cavalcione.  Modo  di  j^ositura,  stando  ad- 
dosso ad  altra  persona. 

Acàzio.  Sorta  di  antica  nave» 

Acca.  Lettera  àoiValfabeto  —  Figur.,  niente. 

Accadèmia.  In  origine,  scuola  di  filosofi  (pla- 
tonici). Poi,  società  di  persone  riunentisi  per  In 
studio  0  l'incremento  di  un'arte,  di  una  scienza, 
delle  lettere,  ecc.  :  ateneo,  università,  collegio,  gabi- 
netto. Anche  società  costituita  per  diletto,  circolo, 
club  (neologismo  inglese).  Cosi  pure:  corpo  dei 
professori  delle  arti  del  disegno;  studio  della  figura 
umana  nuda;  trattenimento  pubblico  di  canto,  di 
musica,  di  scherma,  ecc.. 

Celebrile  accademie  (letterarie  e  scientifiche)  dette 
degli  Arcadi,  dei  Lincei,  del  Cimento,  dei  Gra- 
nelleschi,    ecc. 

Accademia  si  dice  anche  la  residenza  degli  accade- 
mici e  la  loro  adunanza.  -  Accademicamente,  secondo 
l'uso  delle  accademie.  -  Accademico,  chi  appartiene 
ad  un'accademia,  collegiano,  collegiato;  consiglio  acca- 
demico, l'ufficio  direttivo  dell'  accademia.  -  Accademi- 
ci residenti,  coloro  che  prendono  parte  ai  lavori  e 
ai  compensi,  se  ce  ne  sono.  Contr.  di  corrispondenti. 

—  Arcadia,  nell'uso,  accademia  privata.  -  Atti, 
memorie,  i  verbali  e  gli  altri  documenti  delle  acca 
demie,  ecc. 

Aula,  sala  delle  adunanze.  -  Bigoncia,  la  cattedra. 
Censore,  chi  rivede  ed  approva   gli  scritti  che  deb 
bone  essere  letti  in    pubblico.  -  Consolato,  (itolo  di 


ACCADERE    —    ACCARNARE 


qualche  accademia.  -  Console,  capo  di  qualche  acca- 
demia. -  Disputazione  graduale,  quella  sostenuta  per 
conseguire  un  grado  accademico.  -  Immortali  (scherz.), 
ì  quaranta  membri  dell'Accademia  di  Francia.  - 
Nome  accademico,  quello  finto  che  prendono  o  pren- 
devano ffli  accademici.  -  Nomina,  biglietto  d'ingresso 
ad  un'accademia,  col  nome  della   persona   invitata. 

-  Segretario,  chi  mette  in  carta  le  discussioni  di 
qualche  adunanza  o  accademia.  -  Tornata,  adu- 
nanza periodica  di  accademici. 

AdiADEMiA  DELLA  Crusca:  fu  fondata  a  Firenze 
(1582)  per  la  purificazione  de'la  lingua  italiana.  - 
Arciconsolo,  il  presidente  {arciconsolato  il  suo  uffi- 
cio). -  Cicalata,  le  lezioni  scherzevoli.  —  Cruscante, 
inferigno,  soprannomi  dell'  accademico.  -  Frullone, 
impresa  dell'accademia,  col  motto:  «  Il  più  bel 
fior  ne  coglie».  -  Gerle,  i  sedili  degli  accadèmici, 
fatti  in  forma  di  gerle.  -  Incruscanti,  gli  ammessi 
ad  essa  accademia.  -  Massaio,  uno  degli  ufficiali.  - 
Stravizzo,  convitto  che  dava  l'accademia  della  Cru- 
sca nelle  sue  cicalate. 

Accadere  {accadimento,  accaduto).  Avvenire,  sop- 
pravvenire;  prodursi  di  un  fatto,  di  un  avveni- 
mento. 

Accagionare  {accagionamento,  accagionato).  Im- 
putare, accusare);  attribuire  a  colpa. 

Accagliare,  accagliarsi  {accagliamento,  ac- 
cagliato). Farsi  denso:  del  latte  e  del  sangue. 

Accalappiacani.  V.  a  cane. 

Accalappiare  {accalappiato,  accalappiatura). 
Prendere  con  la  caccia,  trarre  in  iìiganno,  iu  in- 
sidia. 

Accalcare,  accalcarsi  {accalcato).  V.  a  folla. 

Accaldare,  accaldarsi  {accaldato).  Far  pren- 
dere, prendersi  caldo,  riscaldamento. 

Accalorare,  accalorare  {accalorato,  accalor ito). 
Infervorare,  eccitare  V animo  o  In  mente. 

Accampamento.  Luogo  nel  quale  le  milizie  si 
stanziano  provvisoriamente,  piantando  tende;  il  fer- 
marsi del  generale  col  suo  esercito  :  alloggiamento, 
alloggiamenti,  attendamento;  accasermamento,  cam- 
peggiamento, campo,  campo  attendato;  vallo.  -  Da 
non  confondersi  con   V accantonamento. 

Le  truppe  'stanno  ad  arcampamnito  di  marcia, 
quando  fanno  solo  un  riposo  o  pernottano.  -  Ac- 
campamento di  posizione,  quello  stabilito  lungo  il 
fronte  di  battaglia.  -  Addiaccio,  accampamento  di 
soldati,  senza  tende,  pronti  a  combattere.  -  Allog- 
giamento, denominazione  generica  data  agli  accan- 
tonamenti e  agli  accampamenti  militari.  -  Attenda- 
mento, l'atto  di  impiantare  le  tende  e  anche  il  luo- 
go in  cui  esse   sorgono  e  il    loro  complesso. 

Baraccamento,  m  ;;eme  di  più  tende  o  baracche,  co- 
stituenti, di  solito,  il  ricovero  delle  truppe  in  un 
campo  stabile  di  istruzione.  -  Bivacco,  riposo  di 
soldati  sul  campo;  anche  guardia  che  si  fa  di  notte 
per  la  sicurezza   del  campo   prossimo   al  nemico. 

Campo  aperto,  libero,  senza  difesa,  senza  trincee.  - 
Campo  d'esercizio,  il  luogo  dove  si  addestrano  le 
milizie.  -  Campo  di  osservazione,  quello  impiantato 
per  lo  studio  d'una  posizione  strategica  o  delle 
mosse  del  nemico.  -  Campo  fortificato,  trincerato, 
chiuso  da  difese. 

Castrametazione,  parte  dell'arte  militare  che  in- 
segna a  disporre  un  campo.   -   Castrense,  di  campo. 

-  Grotta,  riparo  di  tèrra  posticcia  intorno  ad  un 
campo  militare.  -  Guardia  del  campo,  drappello  di 
soldati  che,  con  un  ufTiciale  e  un  trombettiere,  si 
mette  a  certa  distanza  dall'accampamento,  per  vigi- 
lanza. -  Guardia  delle  linee,  i  corpi  di  guardia  lungo 


i  confini  di  un  accampamento.  -  Picchetto,  drappello 
di  soldati  che  formano  la  guardia  o  che,  in  tempo 
di  guerra,  stanno  disposti  su  vari  punti  del  campo, 
pronti  a  combattere. 

Accampare,  accamparsi:  mettere,  piantare,  porre 
l'accampamento;  accasermare,  accasermarsi;  acquar- 
tierarsi, attendarsi;  campeggiare;  baraccare,  attrabac- 
care,  attrabaccarsi;  fermare,  formare,  pigliare  i  quar- 
tieri; mettersi  alla  campagna;  porsi,  stare  a  campo; 
tener  campo;  appadiglionare,  rizzare  i  padiglioni; 
piantare  il  picchetto;  vallare;  essere,  stare  accam- 
pato. ■  Parcare,  disporre  i  carri  o  le  artiglierie  di 
una  colonna  su  una  o  più  file  bene  ordinate,  le  une 
vicine  alle  altre,  in  un  campo,  in  una  piazza  o  lungo 
una  strada.  -  Serenare,  stare,  accampare  a  cielo  sco- 
perto. -  Trincerare  un  campo,  fortificarlo. 

T'/gliere  l'accampamento:  levare,  disfare,  spiantare 
gli  alloggiamenti,  le  tende;  levare  il  picchetto,  il 
campo;  ritirare  le  tende,  ritirarsi  dal  campo;  dilog- 
giare,  disloggiare;  disalloggiare,  sloggiare.  (Juindi  di- 
sloggiamento,  jsloggiamento,  ecc.,  levata  di  campo, 
decampamento. 

Accampanare  {accampanato).  Leggasi  a  cani-' 
pana. 

Accampare,  accamparsi  {accampato).  Pian- 
tare V  accampamento. 

Accampionare  {accampionamento,  accampiona- 
to). Registrare  al  libro  del  pubblico  censimento. 

Accanalare  {accanalato).  Scanalare,  incavare  le- 
gno, pietica  e  simili. 

Accanare,  accaneggiare  {accanato,  accaneg- 
giato).  Detto  a  caccia  e  ad  ira. 

Accanimento,  accanire  {accanito).  Detto  a 
ira,  lavoro,  studio. 

Accannatóio.  Strumento  per  la  tessitura. 

Accannellare  {accannellato).  Lavoro  di  tessi- 
tura. 

Accanto.  Allato,  vicino. 

Accantonamento  {accantonare,  accantonato).  Il 
fermarsi  e  il  ricoverarsi  che  fa  un  corpo  di  milizie, 
in  tempo  di  guerra  o  di  manovre,  nei  villaggi,  nei 
borghi,  nelle  città;  sosta  di  truppa  in  marcia;  il  luo- 
go stesso  in  cui  si  fa  accantonare  la  milizia. 

Accantonato.  Fatto  ad  angolo. 

Accapacciare  {accapacciamento,  accapacciato, 
accapacciatura).  Aver  male  di  testa. 

Accaparrare  {accaparramento,  accaparrato).  Il 
dar  caparra,  per  lo  più  nel  comperare. 

Accapezzare  {accapezzato).  Modo  di  lavorare 
la  pietra. 

Accapigliare,  accapigliarsi  {accapigliamen- 
to, accapigliato).  Venire  a  rissa,  pigliandosi  pei 
capelli. 

Accapitellare.  Lavoro  da  legatore  di  libri. 
,    Accappatoio.  Indumento   adoperato  dal  bar- 
biere e  per    pettinare. 

Accappiare,  accappiatura  (accappiato).  Fare 
un  nodo. 

Accappiettare  {accappiettato).  Operazione  del 
bucato. 

Accapponare  {accapponatura,  accapponato).  Det- 
to a  pollo. 

Accaprettare  {accaprettato).  Modo  di  legare 
un  animale. 

Accapricciare  (accapricciato).  Provare,  sentire 
raccapriccio. 

Accarezzare  {accarezzamento,  accarezzato).  Far 
carezze,  carezzare.  -  Trattare  con  cortesia. 

Accarnare  {accarnato).  Penetrare,  ferire  ad- 
dentro nella  carne. 


AOCAHPIONARE 


ACCESSORIO 


Accarpionare  (accarpionato).  Modo  di  cuci- 
nare, specialmente  il  pesce. 

Accartocciare  {accartocciamento,  accartocciato, 
accartocciatura).  Modo  di  avvolgere. 

Accasare,  accasarsi  {accasamento,  accasato). 
aprir  casa;  maritare,  contrarre  matrimonio. 

Accasciare,  accasciarsi  {accasciamento,  acca'- 
sciato).  Abbattere  o  abbattersi  d'animo;  provocare 
0  subire  debolezza  di  forze  tisiche. 

Accasermare  {accasermato).  Mettere,  mettersi 
a  caserma. 

Accastellare,  accastellinare  {accastellato, 
accaslellinato).  Ammonticcliuire  frutta. 

Accatatrare  {accatarramento).  Detto  scatarro. 

Accatarratura.  Ell'elto  di  raffreddore. 

Accatastare  {accatastamento,  accatastato).  Am- 
massare, far  catasta,  far  mucchio.  •  V.  a  catasto. 

Accattabrigrhe.  Chi  va  in  cerca  di  questioni,  di 
litigio. 

Accattamori  {accatta  amori).  Chi  si  dà  alla- 
moreggiare. 

Accattapane,  Accattatòzzi.  Chi  suole  men- 
dicare. 

Accattare,  accatto  {accattato).  Il  limosmare, 
il  mendicare.  ■  Prendere  a  prestito. 

Accatterìa.  Alto  del  mendicare. 

Accattino.  Chi  accatta  in  chiesa,  o  fuori,  per 
qualche  opera  pia  o  religiosa.  • 

Accattonagrglo,  accattone.  V.  tnendicare. 

Accavalcare  {accavalcalo).  Maniera  di  pas- 
sare. 

Accavalciare  {accavalciato;  a  cavalcione,  a  cor 
valcioni).  Modo  di  mettersi  con  le  gambe. 

Accavallare,  accavallarsi  {accavallamento). 
V.  a  sopra    e  a  tessitura. 

Accavallatura.  V.  a  tela. 

Accavigliare  (accavigliato).  V.  ad  avvolgere, 
stendere. 

Accecare,  accecarsi  {accecamento,  accecato, 
accecatura).  Rendere  o  divenir  cieco.  •  Turare  una 
apeì'tura.  -  Guastare  le  gemme  della  vite  o  d'al- 
tra pianta.  -  Modo  di  coprire  nn^L  pittura,  una  scrit- 
tura, ecc.  —  Per  altri  significati,  leggasi  ad  ani- 
mo, mente. 

Accecatoio.  V.  a  chiodo,  vite. 

Accecatura.  Atto  ed  eifelto  AqW accecare. 

Accèdere  {acceduto).  Accostarsi,  avvicinarsi, 
assentire,  dar  consenso. 

AcceflFare  {accecato).  Modo  di  prendere,  pro- 
prio di  qualche  animale. 

Acceleramento,  accelerazione.  Leggasi  a 
velocità. 

Accelerando.  Eseguire  un  movimento  più  le- 
sto, in  musica. 

Accelerare  {accelerante,  accelerativo,  accele- 
rato). L'aumentare  di  velocità. 

Accèndere,  accèndersi  {accendibile,  accensi- 
bile, acceso).  Dare  o  prender  fuoco.  ■  Suscitare  o 
sentire  fortemente  affetto,  amore,  passione.  - 
Ravvivare  un  colore,  ■  V.,  inoltre,  a  contabilità, 
lume. 

Accendifuoco,  accendiglielo.  Arnese  per 
accendere  il  fuoco. 

Accendigas.  Arnese  per  accendere  il  gajs. 

Accendilume.  Arnese  per  l'accendimento  d'un 
lume. 

Accendimento.  L'atto  e  l'effetto  deU'acceìi- 
den'e  e  dell'accendersi.. 

Accenditóio.  Arnese  per  accendere  candela, 
lume,  ecc. 


Accennare  {accennamento,  accennato,  accenno). 
Far  cenno;  indicare,  dare  indizio;  far  menzio- 
ne; far  finta  di  colpire.  •  Accennare  li  nuovo. 
riaccennare;  accennare  a  cosa  precedente,  soprac- 
cennare {riaccennato,  sopraccennato).  —  V.  ad  ar- 
gentiere, cantare,  2>ittura. 

Accensa  (accensatore).  La  rivendita  del  tabac- 
caio. 

Accensibile.  Che  si  può  accendere. 
Accensione.  Atto  ed  effetto  deWaccendere  o 

dell'accendersi. 

Accentare  (accentato,  accentatura,  accentazione). 
Segnare  con  accento.  —  Mod  o  di  pronunzia. 

Accento.  Posa  della  voc  che  si  fa,  pronun- 
ziando, più  su  una  sillaba  che  sull'altra  della  pa- 
rola. -  Segno  grammaticale,  piccolo,  che  designa  il 
valore  della  sillaba,  sovrapposto  alla  vocale  su  cui 
l'accento  cade.  -  Modo  di  pronunzia.  -  Accento  acuto, 

Snello  che  alza  la  sillaba  e  indica  un  suono  più  stretto 
el  grave:  scende  da  destra  a  sinistra  di  chi  legge 
0  scrive  (');  circonflesso  misto  di  acuto  e  di  grave, 
formato  di  questi  due  accenti  riuniti  angolarmente 
nella  loro  estremità  superiore  C);  grave,  contrario 
di  acuto  e  scendente  da  sinistra  a  destra  ('):  nell'e 
e  nell'o  indica  suono  aperto  e  il  minimo  inalza- 
mento della  voce  sopra  una  vocale.  —  Accento  finale, 
quello  sull'ultima  sillaba;  grammaticale,  quello  che 
designa  il  valore  della  sillaba;  tònico,  quello  che  in- 
dica su  quale  sillaba  si  deve  fare  la  posa  della  voce. 

Accentuale,  di  accento;  accentato,  con  l'accento.  — 
Ritmo,  seguito  di  sillabe  accentate  o  non  accentate 
a  intervalli  regolari. 

Accentare,  porre  l'accento,  e  anche  pronunziare 
col  dovuto  accento:  accentazione;  accentuare,  far  sentire 
l'accento-  accentuazione.  -  Ortotonia,  corretta  accentua- 
zione. -  Ossttonare,  far  sentire  l'accento  sulla  sillaba 
finale  di  una  parola.  -  Togliere  l'accento,  disaccentare, 
disaccentuare;   disaccenlatura,  disaccentuazione. 

Accento.  Tono  di  voce  esperimente  i  vari  af- 
fetti dell'animo.  •  Poeticamente, paroto.  -  Espressio- 
ne di  frase,  nella  musica. 

Accentramento.  L'atto  e  l'effetto  dell'accera- 
trare. 

Accentrare  {accentrato).  Concentrare,  racco- 
gliere nel  centro:  detto  specialmente  di  un  siste- 
ma di  governo. 

Accentuare  {accentuato,  accentuazione).  Detto 
ad  accento  e  a  parlare. 

Accerchiare  {accerchiamento,  accerchiato).  Met- 
tere, mettersi  intorno,  circondare. 

Accercinato.  Fatto  a  guisa  di  cercine. 

Accerito.  Acceso  in  faccia. 

Accertamento.  L'alto  e  l'effetto  dell'accerta- 
re. -  Verifica  e  conferma  di  un  bilancio.  ■  Atto  del- 
l'agente d'elle  tasse. 

Accertare  {accertabile,  accertato).  Rendere  cer- 
to; affermare,  stabilire  la  verità  di  una  cosa;  to- 
gliere ogni  dubbio.  ■  Toglierselo,  accertarsi. 

Accèso.  Che  è  in  fuoco. 

Accessìbile.  Che  si  può  accedere,  praticabile. 
—   Carattere  di  persona. 

Accessióne.  Alto  deW accedere  ;  dell'acco- 
starsi ad  un  opinione,  ad  un  partito  politico. 

Accèssit.  Detto  a  scuola. 

Accèsso.  Adito  pel  quale ew^rare  in  un  luogo; 
anche,  la  facoltà  di  entrare.  -  11  sopravvenire  della 
febbre  o  d'altro  male,  per  lo  più  periodico.  -  Ir.i- 
pelo  di  passione.  —  Termine  legale. 

Accessorio.  Cesa  da  aggiungere,  o  aggiunta. 


lU 


ad  altra  principale  ;  cosa  secondaria,  senza  imiìor- 
tanza. 

Accestire  [accestito).  Dì  pianta  che  fa  cesto. 

Accètta.  Specie  di  scure. 

Accettare,  accettazione  {accettabile,  accet- 
tante, accettato).  L'acconsentire  a  prendere  cosa  of- 
ferta :  accogliere,  amméttere  ;  gradire,  aggradire, 
prendere  in^  buon  grado  (accettare  con  soddisfa- 
zione, con  piacere).  Accettazione,  accettamento,  am- 
messione.  — Accettare  una  cosa  con  benefìzio  d'inven- 
tario, cioè  salvo  rinunciarvi  se  non  conveniente  (per 
Io  j;iù  di  eredità).  -  A^on /ar  cerimonie,  a  chi  esita  ad 
accettare  quel  che  gli  s'offre.  -  iVon  farselo  dire  due 
volle,  di  chi  accetta  subito.  —  Riaccettare,  ripete 
accettare'.  —  Oltrazione  (lat.),  il  far  accettare  alcuna 
cosa  per  forza. 

.accettàbile,  da  essere  accettato  (ammesso),  accette- 
voli-,  ammessibile;  accetto,  caro,  gradito  -  Non  accet- 
tare :  respingere,  far  repulsa,  rifiuto.  —  Da  non 
accettare  :  inaccettabile,  inammissiJjile,  inattendibile. 

Accezióne.  Detto  a  parola. 

-acchetare,  acchetarsi  (acchetato).  Mettere, 
nietlersi  in  calma;  smettere  di  parlare  in  una 
viv.tce  discussione. 

Acchiappacani.  Veggasi  a  cane. 

Acchiappare  {acchiappato).  Modo  di  pren- 
dere. 

Acchiapparello  {chiapparello).  Artifizio  di 
discorso. 

Acchiapparsi.  Far  rissa. 

Acchiocciolare  {acchiocciolato).  Modo  di  av- 
volgere. -  Acchiocciolarsi,  maniera   di  positura. 

Acchetare  {accheto)  V.  a  biliardo. 

Acchiudere  {acchiuso).  Detto  a  chiudere. 

Accia.  Veggasi  a  canapa,  lino. 

Acciabattare  {acciabattato,  acciabattio,  accia- 
hatlnne).  Modo  frettoloso  e  trascurato  di  lavorare. 

Acciaccare  {acciaccata,  acciaccato,  acciaccatura). 
Ammaccare,  pestare.  —  Produrre  debolezza. 

Acciaccinare  {acnacinato).  V.  a  faccenda. 

Acciacco  {acciacco f.o).  Danno,  disturbo  di  sa- 
lute; infermità,  malattia  persistente  e  non  grave. 

Acciaiare  {acciaiato).  Ridurre  in  acciaio. 

Acciaio.  Ferro  temperato  con  una  certa  combi- 
nazione chimica  che  gli  conferisce  proprietà  nuove, 
specialmente  la  durezza.  -  Si  ottiene  Vacciaio  natu- 
rale trattando  il  minerale  con  il  carbone  di  legno; 
X acciaio  di  alfinamento  ,  sospendendo  l'affinamento 
della  ghisa  al  punto  preciso  in  cui  la  quantità  di 
carbonio  richiesta  si  trova  sola  in  combinazione  col 
metallo;  Vacciaio  di  cementazione  {o  cementalo),  scal- 
dando in  vaso  chiuso  ferro  in  verghe  con  carbone 
di  legno  in  polvere  per  una  settimana  ;  Vacciaio  tutta 
tempera,  tuffando  l'acciaio  assolutamente  nell'  acqua 
diaccia.  Altre  qualità  di  acciaio  sono  dette  puddle, 
wootz  (durissimo),  Bessemer  (in  questo  la  ghisa  è 
spofTJiata  dell'eccesso  di  carbonio  e  di  silicio  per  mezzo 
d"una  corrente  d'aria  fredda),  ecc. 

Acciaiare,  ridurre  il  ferro  ad  acciaio;  tempe- 
rare, dar  la  tèmpera  ;  inacciaiare,  inacciarire  ;  rinac- 
ciarire  (acciaiare  di  nuovo).  —  Disacciaiare,  ridurre, 
l'acciaio  in  ferro  dolce. 

Acciaiatura,  V,  incisione.  -  Acciaieria,  grande 
stabilimento  metallurgico  in  cui  si  lavora  l'ac- 
ciaio. -  Brunire,  dare  il  lustro  all'acciaio  con  lo 
smeriglio.  -  Calda,  l'operazione  del  tenere  il  ferro 
0  l'acciaio  nella  fornace  quanto  occorre  per  lavo- 
rarlo. -  Damaschinare,  incastrare  i  filuzzi  d'oro  o 
d'argento  nell'acciaio  o  nel  ferro  preparati  per  ri- 
cevere l'intarsiatura;   e    damaschino   l'acciaio    tem- 


piM-ato  come  le  lame  di  Damasco.  -  Tempera,  grado 
di  durezza  che  si  dà  all'acciaio  tuffandolo  acceso  in 
qualche  liquido  freddo  :  e  l'operazione  all'uopo. 

Acciaio  {acciaro)  Detto  a  spada. 

Acciaiòlo  {acciaiolino)  V.  a  coltello. 

Acciambellare  {acciambellato).  Dar  forma  di 
ciambella. 

Acciappihare  {acciappinato).  V.  a  faccenda. 

Acciarino.  Piccolo  strumento  d'acciaio,  tasca- 
bile, che,  battuto  per  taglio  su  pietra  focaia,  serve 
ad  accendere  l'esca  :  acciaiuolo,  acciarolo,  appicca- 
fuoco,  battifuoco,  focile.  Da  tempo  in  disuso  e  so- 
stituito dal  fiammifero.  —  Macchinetta  di  ferro  e 
d'acciaio  incastrata,  allo  stesso  scopo,  alla  base  del 
fusto  della  cassa  dei  vecchi  archibugi,  contro  la 
parte  laterale  della  culatta. 

Parti  dell'  acciarino.  Cane,  parte  esteriore  del- 
lo strumento  nella  quale  è  stretta  la  pietra  ;  collo 
del  cane,  la  parte  di  esso  che  è  immediatamente 
sotto  alle  mascelle,  fra  esse  e  il  corpo  ;  corpo  del 
cane,  la  parte  inferiore  e  ingrossata  nella  quale  il 
quadrante  della  noce  è  incastrato  per  mezzo  di 
corta  vite,  con  capocchia  detta  bottone;  mascelle, 
ganasce,  le  due  parti  del  cane,  fra  le  quali  è  fer- 
mata la  pietra  (mascella  superiore,  mascella  infe- 
riore) ;  cresta,  prolungamento  verticale  della  parte 
posteriore  della  mascella  inferiore  (serve  di  ritegno 
al  gambetto  e  d'appoggio  al  pollice  della  mano  nel 
tirare  il  cane  al  mezzo  punto,  o  al  tutto  punto)  ; 
gambetto,  dentello  nella  parte  posteriore  della  ma- 
scella superiore,  il  quale  scorre  verticalmente  entro 
una  intaccatura  a  canale  della  cresta;  vite  del  cane, 
quella  che  entra  verticalmente  nelle  due  mascelle, 
e  le   serra   contro   la  pietra. 

Cartella,  piastra  di  ferro,  incastrata  con  viti  nella 
cassa  dell'archibugio,  parallelamente  alla  culatta 
della  canna  (sostiene  gli  altri  pezzi)  ;  scodellino,  pezzo 
feimato  alla  parte  esteriore  della  cartella,  di  contro 
al  focone,  tra  il  cane  e  la  martellina,  alquanto  con- 
cavo, per  riporvi  l'innescatura,  coperta  poi  dalla 
tavola  della  martellina.  -  Cojetto,  pezzo  di  cuoio  o 
di  pelle,  0  di  pannolano,  o  anche  di  lamina  di 
piombo,  nella  cui  piegatura  è  presa  la  pietra  fra  la 
mascelle  del  cane. 

Martellina,  piastrella  d'acciaio,*  ripiegata  a  squa- 
dra, la  quale,  allo  scattar  del  cane,  percossa  dalla 
pietra  focaia,  produce  scintille,  e,  nello  stesso  tempo, 
rovesciandosi,  scopre  l'innescatura,  che  si  accende 
e  comunica  il  fuoco  alla  carica;  dosso  della  mar- 
tellina, la  parte  di  essa  che  è  opposta  alla  faccia  ; 
faccia  della  martellina,  quella  parte  di  essa  contro 
la  quale  urta  la  pietra  focaia;  gambetta  o  pedina 
della  martellina,  prolungamento  della  tavola,  il 
quale  nel  suo  rotare  è  premuto  da  una  molla 
elle  gli  sta  sotto  ;  tavola  della  martellina,  la  parte 
inferiore  di  essa,  la  quale  copre  orizzontalmente 
l'innescatura  che  è  nello  scodellino. 

Molla  maestra  {mollone),  molla  ripiegata  in  due, 
posta  di  coltello  contro  la  parte  interiore  della  car- 
tella, fermatavi  in  una  delle  estremità  con  vite  e  pizzo, 
mentre  l'altra  estremità,  che  è  libera  e  curvata  in 
arco,  preme  contro  la  parte  concava  del  corno 
anteriore   della  noce. 

Noce,  pezzo  interno  dell'acciarino,  fatto  a  fog- 
gia di  mezzaluna,  sul  cui  corno  anteriore  e  sulla 
parte  concava  di  esso  preme  la  molla  maestra 
(sulla  parte  convessa  del  corno  posteriore  sono  le 
tacche)  ;  quadrante,  prolungamento,  o  gambo  qua- 
drangolare della  noce,  perpendicolare  al  piano  di 
essa   e  attraversante  la  cartella  per  entrare  nel  foro 


ACCO.MAM"  I  .M:!'. 


11 


quadro  che  è  nel  corpo  del  cane  ;  tacche,  o  punti 
della  noce,  due  risalti,  o  denti  curvi,  che  solcano 
trasversalmente  la  grossezza  delia  noce  sulla  parte 
convessa  del  corno  posteriore  della  medesima  (in 
esse  imbocca  lo  scatto  quando  al  cane  si  fa  pren- 
dere 0  l'una  o  l'altra  delle  due  posizioni,  che  si 
chiamano  rispettivamente  di  riposo  e  di  scatto)  ; 
tacca  di  riposo,  o  mezzo  punto,  la  prima  delle  due 
tacche  suddette,  nella  quale  imbocca  lo  sbatto 
quando  il  cane  è  verticale. 

Scatto,  piastretta  di  ferro,  alquanto  curva,  im- 
perniata con  vite  verso  il  mezzo  :  la  sua  estremità 
anteriore,  assottigliata,  imbocca  nelle  tacche  della 
noce,  e  la  estremità  posteriore,  foggiata  in_  cadalo, 
che  dicesi  gambetto,  ripiegata  a  squadra,  riceve  la 
pressione  del  sottoscatto,  quando  si  spara  l'arma. 
-  Sottoscatto,  piastretta  di  ferro  a  squadra,  imper- 
niata a  modo  di  leva  curva,  la  cui  parte  anteriore 
preme  contro  il  gambetto  dello  scatto  quando  la 
posteriore,  cioè  il  sgrilletto,  è  compressa  dal  dito; 
grilletto,  la  codetta  del  sottoscatto,  la  quale  esce 
ìfuori  della  cassa,  e  vien  toccata  con  l'indice  della 
mano   di   chi   spara. 

Tiramolle,  piccolo  strumento  di  ferro,  col  quale, 
mediante  una  vite  di  pressione,  si  comprimono  e  si 
[tengono  ravvicinate  le  due  branche  del  mollone 
che  si  voglia  torre  e  riporre  a  posto,  quando  oc- 
corra smontare  l'acciarino. 

Esca,  materia  vegetale  (del  fungo  detto  Boletus 
ignarius)  che  s'accende  battendo  un  ferro  a  una 
selce,  0  la  pietra  focaia  con  l'acciarino.  -  Pietra 
focaia  (selce),  scheggia  di  particolare  pietra  selciosa 
e  dura,  la  quale,  percossa  con  l'acciarino  {battere  l'ac- 
ciarino), fa  spiccare  scintille  ;  filo  della  pietra,  la 
parte  assottigliata  di  essa  che  percuote  la  martellina; 
tallone  o  dosso,  la  parte  più  grossa  della  pietra,  op- 
posta al  filo.  -  Piromaca,  varietà  di  selce  che  serve 
da  pietra  focaia.  —  Battere  il  foco,  battere  con  l'accia- 
rino sulla  pietra  focaia  per  accender  l'esca. 

Acciaro.  Arme,  spada. 

Acciarpare  {acciarpamento,  acciarpato,  acciar- 
pio,  acciarpone).  Modo  di  fare  (male). 

Accidentale,  accidentalità.  Detto  a  caso, 
contratto,  musica,  orizzonte. 

Accidentato.  V.  ad  apoplessia,  paralisi. 

Accidente.  Caso,  avvenimento.  —  Apoples- 
sia. ■  Segno  annesso  alle  note.  -  Eifetto  di  pittura. 

Accidia  {accidioso).  Avversione  all'operare  ;  pi- 
grizia, accompagnata  da  tedio. 

Acclgllare,  accigliarsi  {accigliamento,  acci- 
gliato, accigliatura).  Far  broncio,  dar  segno  di 
cruccio,  di  ira. 

Accigrllonare  {accig lionato).  Detto  a  canijio. 

Accileccare  (accileccato).  Allettare  con  Iti- 
si nga. 

Accincigliare  {accincigliato).  Leggasi  a  vestia- 
rio (ornamenti). 

Accincignare  {accincignato).  Malamente  pie- 
gare. 

Accingere,  accingersi  {accinto).  Prepararsi, 
essere  sul  punto  di  fare. 

Accintolare  {accintolato).  Lavoro  di  tintore. 

AccioccMre,  acciocchirsi  {acciocchito).  Detto 
a  dormire. 

Acciottolare  {acciottolato).  Modo  di  selciare 
una  strada. 

Acciottolio.  Rumore  continuato  di   stoviglie. 

Acclucchire,  acciucctdrsi  {acciucchitó).  V. 
a  sbalordire. 


Acciuffare  {acciulfato).  Modo  di  prendere. 

Acciuga.  Pesciolino  di  mare,  che  si  sala,  si 
mette  in  barili  e  si  mangia,  per  lo  più  crudo,  o 
])er  condimento:  alice.  -  Acciugaio,  salaccaio,  ven- 
ditore di  acciughe.  -  Acciugata,  sorta  di  savore,  o 
salsa,  fatto  principalmente  con  acciughe  sminuz- 
zate. -  Acciughero,  régamo,  origano,  erba  odorosa 
che  si  suol  mangiare  con  le  acciughe.  -  Scapare,  le- 
vare la  testa  alle  acciughe  prima  ai  salarle. 

Accivettare  (accivettato).  Maniera  di  caccia 
con  la  civetta.  -  Allettare  con  lusinga.  -  Dare 
ìualizia. 

Acclamare,  acclamazione  {acclamato).  Modo 
di  applauso,  di  elezione,  di  votazione.  -  Ce- 
lebrare, lodare. 

Acclimare,|acclimarsi  {acclimato). N .  a  clima. 
Accline  {acclino).  Declive,  in  pendìo. 
Acclive,  acclività.  In  salita. 
Accludere  {accluso)    V.  a  chiudere,  lettera. 

Accoccare  {accoccato).  Caricar  l' o/rco  (arma); 
(lare  un  colpo;  fare  danno  o  scherzo.  —  La- 
voro del  filare. 

Accoccolare,  accoccolarsi  {accoccolato).  V, 
;i  positura. 

Accodare  {accodato,  accodatura).  Legare  lo  zim- 
bello a  caccia.  -  Modo  di  disporre  la  bestia  da 
soma  0  da  tiro. 

Accodarsi  (accodato).  Andar  dietro,  seguire. 

Accoglienza.  Il  ricevere,  l'accogliere  (accòrre) 
alcuno  che  venga  a  noi:  accoglimento,  trattamento, 
riscontro.  -  Agrodolce,  di  accoglienza  né  gentile,  né 
sgarbata.  -  Buona,  bella  accoglienza:  far  buon  viso; 
accogliere  con  festa,  con  onore  ;  far  buona  cera; 
ricevere  a  braccia  aperte,  a  grande  onore;  fare 
accoglienze  oneste  e  liete.  -  Cattiva,  brutta  acco- 
glienza: far  cattivo  viso,  il  viso  dell'  arme,  mal 
sembiante,  brutto  piglio;  ricevere,  accogliere  bru- 
scamente. Malaccolto,  accolto  con  freddezza  o  peggio. 

Locuzioni  :  Ben  venga  maggio  co'  suoi  fiori,  di 
persona  o  cosa  gradita.  -  Essere  come  il  matto  nei 
tarocchi:  ben  accetto  per  tutto  .  -  Essere  il  sale  delle 
vivande  d'  altri,  esserne  ben  accetto.  -  Fare  un  mot- 
lezzo,  una  rimbaldera,  una  festoccia,  accogliere  con 
allegrezza  di  parole.  Metter  la  casa  in  corpo,  fare 
grandi  accoglienze.  —  Avere  il  malanno  e  la  mala 
pasqua,  di  chi  è  male  accolto  e  poi  scacciato. 

Accogliere  (accòlto).  Fare  accoglienza.  -  Rac- 
cogliere, co?^<e?^ere  -  Acconsentire;  acce^iore  con 
gradimento  -  Mettere  insieme,  unire. 

Accogliticcio.  Detto  a  soldato. 

Accolitato,  accòlito.  V.  a  chierico. 

Accollare  (accollato,  accollatura).  Mettere  sul 
collo  -  Assumersi  un  lavoro.  -  V.  a  veste. 

Accollatario.  Assuntore  di  un  lavoro. 

Accollettare.  Leggasi  a  telaio. 

Accòllo.  Il  dare  o  il  prendere  un  lavoro  • 
Carico  su  bestia  da  tiro  -  Parte  di  edificio. 

Accòlta.  Brigata,  adunanza  -  Insieme  di  cose, 
raccolta. 

Accoltellare  (accoltellarsi,  accoltellato).  Ferire 
di  coltello. 

Accoltellato.  V.  a  muro,  strada. 

Accomandare.  Detto  a  raccomandare. 

Accomandigia.  V.  a  chiesa,  comune,  pro^ 
tezione. 

Accomàndita  (accomandante,  accomandatario). 
V.  a  società  (di  commercio  e  di  industria). 

Accomandolare  (accomandolato).  Lavoro  di 
tessitore* 


12 


ACCOMIATARE    —    ACCORDO 


Accomiatare,     accomiatarsi    (accomiatato) 

are,  prendere  commiato. 
Accomodamento.  L' accomodare;    il   mettersi 
d'  accordo. 

Accomodare  {accomodabile,  accomodato,  acco- 
modatura). Disporre  in  modo  conveniente,  como- 
dare, aggiustare,  ordinare,  acconciare,  comporre; 
mettere  ''o  ridurre  in  buono  stato,  addirizzare,  adat- 
tare^ assestare,  assettare,  rassettare,  riassettare; 
mettere  in  ordine^  in  regola,  ìw  assetto,  in  sesto; 
raccomodare,  applicare  giustamente,  far  corrispon- 
dere, conformare,  sistemare,  rimaneggiare.  Riat- 
tare, rabberciare,  togliere  un  guasto;  rappez- 
zare, rattoppare,  raggiustare,  ripezzare.  —  Per  altri 
significati,  V.  ad  accordo,   comodo,   lite,  sede. 

Accomodaticcio,  di  cosa  accomodata  in  fretta  e 
cpiindi  male.  -  Raccomoducchiare,  raccomodare  alla 
meglio.  -  Mahne&su,  mal  accomodato,  addobbato.  - 
Rappiccicottare,  accomodare,  acconciare  alla  peggio. 

-  Rimpiaccicare,  accomodare  male. 

Accomodamento:  rabberciamento,  racconciamento, 
raggiustanjento,  riattamento,  rassettamento,  ecc.  - 
Accomodativo,  atto  o  facile  ad  accomodarsi.  -  Acco- 
modatura, atto  ed  ell'etto  dell'accomodare:  rabber- 
ciatura, racconciatura,  aggiustatura;  raggiustatura, 
rappezzatura,  rappezzo. 

Accomodarsi  (accomodato).  Mettersi  d'accordo 

—  Acquietarsi,  adattarsi  ad  una  cosa. 
Accomignolato.  V.  a  carte  (da  giuoco). 
Accompagnaménto.    L'  accompagìiare   - 

Onoranza  in  funerale  -  Suono  sussidiario  di 
istrumento  musicale. 

Accompagnanome.  V.  ad  articolo. 

Accompagnare  (accompagnamento,  accompa- 
gnato). Andare  insieme  con  persona;  tener  coìn- 
pagnia  nell'andare;  condurre;  far  corteggio,  scor- 
ta, seguito  (accompagnamento  d'onore)  ;scortare. 

Accompagnare  di  nuovo:  raccompagnare,  riaccompa- 
gnare. -  Accompagnare  conversando,  piacevolmente, 
alleggerendo  la  noia  del  viaggio.  -  Dar  braccio,  il 
braccio,  di  braccio,  porgere  il  braccio,  offrire  il 
braccio  a  qualcuno  per  accompagnarlo.  -  Fare  da 
scorta,  da  guida. 

Accompagnamento,  accompagnatura,  l'atto  di  accom- 
pagnare: compagnatura,  accompagno.  -  Corteggio, 
corteo,  le  persone  che  fanno  accompagnamento  a 
un  principe  o  in  una  cerimonia:  traino,  treno.  - 
Accompagnante ,  accompagnatore,  accompagnatrice, 
chi  accompagna. 

Accompagnarsi,  abbrancarsi,  mettersi  nel  branco, 
imbrancarsi,  farsi  terzo,  farsi  sesto,  farsi  compagno  ; 
unirsi,  accozzarsi. 

Accompagnatura.  Alto  di  accompagnare 
f  corrispondenza  di  colore,  di  forma,  ecc. 

Accompagnaverbo.  Detto  a  verbo. 

Accomunare  (  accomunarne nto,  accomunato). 
Rendere  comune,  mettere  in  comune. 

Acconcezza,  acconciamento.  V.  a  oppor- 
tunità. 

Acconciare  (acconciato).  Rassettare,  accomo- 
dare. -  Abbigliare,  vestire  con  ornamento  -  Modo 
di  preparare  la  frutta  -  Annuannire  una  vivanda. 

Acconciarsi  (acconciatura).  11  vestire  jier 
bene  -  Accomodarsi,  adattarsi.  •  Mettersi  d'  ac- 
cordo. 

Acconciatura.  Disposizione  od  ornamento  di 
capelli.  -  Modo  ed  effetto  di  vestire. 

Acconcime.  Restauro  di  edificio. 

Accóncio.  Comodo,  adatto  -  Sostantivamente, 
destro,  opportunità,  vantaggio. 


Accondiscendere  (accondisceso).  Cedere  ad  una 
domanda,  ad  un  desiderio  d'altri. 

Acconigliare  (acconigliato)  V.  a  remo. 

Acconsentire  (acconsentimento ,  acconsentito). 
Dare  il  proprio  consenso;  ammettere,  approvare,^ 
cedere,  concedere  alla  volontà  o  all'  opinione 
d'  altri.  Permettere,  accondiscendere. 

Acconsenzlente.  Chi  dà  consenso. 

Acconto.  V.  a  debito    e  a  pagare. 

Accoppare  (accoppato).  Detto  a  uccidere. 

Accoppiare,  accoppiarsi  (accoppiamento,  ac- 
coppiato, accoppiatura).  Mettere  o  mettersi  insieme, 
due  a  due,  di  persone  o  di  cose;  fare  il  jyaio  ■ 
Unire,  unirsi  in  matrimonio  — V.  anche  ad  archi- 
tettura, botanica,  verso. 

Accorare,  accorarsi  (accoramento,  accorante, 
accorato).  (Colpire  o  essere  colpito  da  dolore. 

Accoratòio.  Y.  a  maiale. 

Accorciare,  accorciarsi  (accorciamento,  ac- 
corciativo, accorciato,  accorciatura).  Fiendere  o  divenir 
corto,  o  più  corto,  breve:  accorcire. 

Accorciatoia.  V.  a  strada,  via. 

Accordare,  accordarsi  (accordabile,  accor- 
dato, accordatura).   Mettere,    mettersi    d'  accordo. 

-  Permettere,  concedere,  acconsentire,  accondiscen- 
dere. -  Armonizzare  di  tnusicaH  istrumenti,  di 
voci  nel  canto,  di  colori  in  jHttura. 

Accordato.  Animale  in  istato  di  gravidanza. 

Accordatore  (  accordatura  ).  V.  a  musicali 
istrumenti. 

Accordellare  (accordellato).  V.  a  torcere. 

Accordellatino,  accordellato.  V.  ?i2Hinno. 

Accordellinarsi  (accordeHmato).\  .9.  tessitura. 

Accòrdo.  Tra  persone,  eguaglianza  e  incontro  di 
sentimenti,  di  pensieri,  (ììvolmità:  consentimento, 
consenso.  -  Combinazione  per  un  determinato  in- 
tento: concordato,  convenzione,  patto;  intesa,  trat- 
tato, unione,  accordamento  ;  concerto,  concertamento, 
concertazione.  -  Aggiustamento,  accomodamento,  com- 
ponimento di  una  lite.  -  L'accordo  duraturo  forma 
la  concordia. 

Fare,  comporre,  concludere,  lìrmare,  osservare, 
pattuire,  preparare,  rinnovare,  rispettare,  stabilire 
un  accordo.  -  Agire  concordemente,  di  comune  cjn- 
senso. 

Accordellato,  accordo  per  riuscire  a  un  fine,  per 
lo  più  in  mala  parte.  -  Accordo  fittizio,  non  sincero 
0  che  non  può  durare.  -  Collusione,  intelligenza  se- 
greta fra  due  o  più  persone  per   danneggiare    altri. 

-  Compromesso,  alto  pel  quale  le  parti  si  rimettono 
alla  deliberazione  di  uno  o  più  arbitri.  -  Confarsi, 
di  cosa  che  si  conviene,  s'accorda  con  un'altra.  - 
Intesa,  accordo  segreto  fra  persone.  -  Pateracchio, 
accordo  tra  due  persone.  -  Patto,  accordo,  più  che 
altro  pacifico,  per  fare  o  non  fare  una  cosa.  -  Tacita 
convenzione,  accordo  non  dichiarato. 

Essere  o  mettersi  d'accordo[:  accordarsi,  armoniz- 
zarsi, combinare,  combinarsi;  convenire,  convenirsi; 
intendersi,  indettarsi;  affiatarsi,  annusarsi;  concordare' 
concordarsi;  stare  d'accordo,  venire  ad  un  accordo, 
collimare,  conciliare,  conciliarsi  (trovar  l'accordo  con 
mezzi  conciliativi):  darsi  la  mano;  dirsela,  intender- 
sela, farsela  (di  persone  che  hanno  intenzioni  e  gusti 
comuni);  essere  d'intesa  od  intesi;  essere  concorde, 
consenziente,  d'una  volontà,  d'uno  stesso  partilo; 
andar  di  bello,  ballare  ad  un  suono  ;  andare,  essere, 
mettersi  di  ballo;  tirar  lutti  ad  una  fune.  -  Affia- 
tare, fare  che  due  persone  si  avvicinino  e  si  inten- 
dano. 

Reggere,   tenere    il    sacco,    essere   d' accordo    con 


ACCORDO 


13 


qualcuno,  per  lo  più  in  cattivo  senso.  -  Essere  di 
valuta,  d'accordo  segreto.  -  Tenerla  da  uno,  esser 
dalla  sua,  d'accordo  e  d'aiuto;  fare,  tener   bordone. 

-  Esser  pane  e  cacio  con  qualcuno,  stare  con  lui  in 
gran    diinesticiiezza    e    confidenza. 

Completamente  d'accordo:  essere  d'amore  e  d'accor- 
do ;  di  pieno  accordo;  tutti  all'unisono,  ad  una 
voce;  passeri  e  colombi;  due  anime  in  un  noc- 
ciuolo;  carne  e  unghia,  culo  e  camicia  con  uno; 
essere  o    mostrarsi  tutti  fiori  e  baccelli. 

Contrapposto  di  accordo  :  la  discordia. 

Accordo.  Consonanza,  concordanza,  armonia. 

-  Corrispondenza,  convenienza  di  cose. 

Accordonato.  Sorta  di  ornato. 

Accorgersi  {accorgimento,  accorto).  Avere  sen- 
tore d'una  cosa  alla  quale  prima  non  si  era  badato; 
avvertire,  avvisarsi,  subodorare,  odorare,  addarsi, 
addivedersi.  -  Far  attenzione;  avvedersi,  capire; 
venire  in  cognizione.  —  Conoscere  i  proprii  polli, 
accorgersi,  cominciare  a  conoscere  la  verità,  senza 
illusioni  sugli  uomini  e  sulle  cose.  -  Lasciare  liscio,  in 
significato  di  non  curare,  di  non  fare  atto  d'accor- 
gersi. 

.4ccorg(mento:  capacità  di  accorgersi,  di  compren- 
dere, di  capire  ;  accortezza,  avvedutezza,  sagacità,  prov- 
vedimento accorto;  divisamento  ingegnoso;  strata- 
gemma. 

Accòrre.   Accogliere,  fare  accoglienza. 

Accórrere  {accorrente,  accorso).  Correre  in  a- 
iiito  0  con  altro  scopo. 

Accorr' uomo.  Grido  di  chi  chiama  aiuto. 

Accortézza.  Qualità  confinante  con  la  furberia, 
["astuzia,  la  sagacia. 

Accortlglanare  {accortigianato).  V.  a  corti- 
giano. 

Accòrto.  Che  ha  accortezza. 

Accosciare  {accosciato)  Piegarsi  sulle  cosce. 
V.  a  positura. 

Accostare,  accostarsi  {accostamento,  accostato). 
Mettere,  mettersi   vicino.  -    Avere   soniigliatiza. 

-  Aderire  a  un'opinione,  a  un  partito.  Rinfor- 
zare lo  stomaco. 

Accostatore.  V.  ad  agricoltore. 

Accostévole.  V.  a  contegno,  aratro. 

Accòsto.  Molto  appresso,  vicino. 

Accostolatura.  Piega  di  panno. 

Accostumare,  accostumarsi  {accostumato). 
V.  ad  abitudine,  costwine. 

Accotonare,  accotonatura  {accotonato,  acco- 
tonatore).  Detto  a  panno. 

Accovacciare,  accovacciolare  {accovacciato). 
il  giacere  di  un  anitìiale. 

Accovonare  {accovonato).  Lavoro  di  agricol- 
tura: raccogliere  le  biade  in  covoni. 

Accozzaglia.  V.  a  folla. 

Accozzare,  accozzarsi  {accozzamento,  accoz- 
zato, accozzo).  Mettere,    mettersi    insieme;    unire. 

-  Concludere  un  affare. 

Accreditare  {accreditalo).  Porre  a  credito,  - 
Conferire  riputazione,  stitna.  -  Modo  di  presentare 
un  ambasciatore. 

Accreditarsi  (accreditato).  Acquistare   stima. 

Accrescenza,  accrescimento.  V.  amnento. 

Accréscere  {accrescitivo,  accresciuto).  Crescere, 
acquistare  o  conferire  aumento. 

Accrespare  {accrespato).  Far  crespa,  piega: 
specialmente  di  veste. 

Accrezlone.  Malanno  degli  intestini. 

Accubitalla.  V.  a  lettor 

Accùbo.  Lo  sdraiarsi  degli  antichi  a  mensa. 


Accucciarsi  {accucciato).  Mettersi  a  cuccia: 
del  cane. 

Accudire  {accudito).  Dare  opera  ad  una  cosa; 
attendere  a  un  lavoro. 

Accularsi  {acculato).  Modo  di  positura  di  al- 
cun i  animali. 

Acculattare  (  acculattato  ).  V.  a  deretano, 
ozio. 

Accumulare  {accumulamento,  accumulato,  ac- 
cumulazione). Ammassare,  far  mucchio:  detto  di 
denaro,  di  ricchezze  e  d'  altro. 

Accumulatore.  Apparecchio  destinato  a  im- 
magazzinare r  energia  elettrica  sotto  forma  di  ener- 
gia chimica,  per  poi  restituirla,  quando  occorra, 
sotto  la  primitiva  forma.  Normalmente,  in  un  ac- 
cumulatore si  distinguono  le  piastre  di  piombo 
(negative  e  positive),  1'  elettrolito,  il  recipiente  (per 
lo  più  di  forma  parallelepipeda),  gli  isolatori  (ctie 
servono  a  tener  distanziate  le  piastre).  -  Batteria 
di  accumulatori,  insieme  di  due  o  più  elementi 
accoppiati  in  serie  o  in  quantità,  oppure  riuniti 
con  accoppiamento  misto.  -  Carica,  operazione 
consistente  nell'  immagazzinare  1'  energia  elettrica. 
•  Costanti,  la  forza  elettromotrice  e  la  resistenza 
interna.  -  Scarica,  operazione  consistente  nell'  uti- 
lizzare l'energia  elettrica  precedentemente  immagaz- 
zinata. 

Rendimento  in  energia,  il  rapporto  fra  1'  energia 
svolta  dall'  accumulatore  durante  la  scarica  e  1'  e- 
nergia  occorsa  per  caricarlo.  -  Rendimento  in  quan- 
tità, il  rapporto  fra  la  quantità  di  elettricità  svilup- 
pata durante  la  carica  e  la  quantità  occorsa  nella 
carica.  -  Vita  di  un  accumulatore,  la  sua  durata. 

Accuratezza  {accurato,  accuratamente).  Cura 
assidua,  diligenza. 

Accusa  {accusatorio,  accusazione).  Imputazione  di 
una  colpa,  di  un  delitto:  incolpazione,  taccia,  ad- 
débito, aggravio,  carico,  incolpamento,  accusazione; 
quanto  s\  dice  per  incolpare  altri.  -  Quanto  si  dice 
0  si  scrive  dall  accusatore  davanti  al  giudice:  que- 
rela (accusa  legale),  incriminazione.  -  Accusa  dove- 
rosa, fondata,  giusta,  legittima,  lieve,  sensata;  av- 
ventata, balorda,  cieca,  enorme,  falsa  (calunnia); 
grave,  ingiuriosa,  ingiusta,  insussistente,  pazza,  pre- 
cipitata, ridicola,  turpe,  vana,  ridicola. 

Formulare,  lanciare,  appiccare,  appioppare,  affib- 
biare, appiccicare,  appettare,  fulminare,  scaraventare 
un'accusa;  criminare,  porre  addosso,  gettare  sulle  spal- 
le, appuntare,  rovesciare.-  Esagerare,  gravare  l'accusa. 
-Provare,  comprovare, sostenere; prevenire,  confutare, 
ribattere,  smettere,  ritorcere  un'accusa. 

Accusàbile:  imputabile,  incriminabile,  passibile  di 
accusa. 

Accusato:  colpito  da  accusa;  imputato,  prevenuto,  in 
confronto  alla  giustizia.  -  A  piede  libero,  accusato  che, 
per  cauzione,  é  lasciato  libero,  dal  carcere  preven- 
tivo. -  Coaccusato,  chi  è  sottoposto  ad  accusa  insie- 
me ad  altri.  -  Contumace,  imputato  che,  chiamato  in 
giudizio,  non  si  presenta. 

Accusatore  è  chi  accusa:  denunciatore,  delatore 
(con  significato  di  s_pia). -Stco/'fm/e,  chi,  nell'antica 
Grecia,  si  affaccendava  per  presentare  accuse  e  in- 
formazioni contro  coloro  che  rubavano  i  fichi  ai 
proprietari  o  frodavano,  ingannando  gli  ufficiali  dei 
porli,  ecc.  •  Accusatorio,  che  contiene  accusa:  tòno, 
piglio  accusatorio. 

Accusare;  attribuire  colpa;  dare  accusa,  incol- 
pare, accagionare,  addebitare,  apporre,  imputare,  tac- 
ciare; dare,  far  carico;  ascrivere  a  delitto;  appic- 


ACCL'SAI'.E    —    AULO 


ar  ferro  addosso;  attaccar  cunipanella,  attaccare  so- 
nagli (dire  che  uno  sia  cattivo,  l'accia  male,  ecc.),  in 
significato  anche  di  divulgare  l'accusa;  rinfacciare, 
gettare  l'accusa  in  faccia.  -  Preaccusare,  accusare 
avanti;  riaccusare,  accusare  nuovamente.  -  Purgarsi 
da  un'accusa,  giustificarsi.  -  Ritirare  un'accusa,  rece- 
derne, abbandonarla,  riconoscerla  erronea. 

Modi  e  sedi  d'  accusa.  —  Atto  d' accusa,  atto  del 
Pubblico  Ministero  per  promuovere  un  giudizio  pe- 
nale. -  Assoluzione  (da  assolvere),  proscioglimento  da 
un'accusa;  asso/?<tona,  sentenza  che  manda  assolto. 

-  Capo  0  capi  d'accusa,  i  fatti  imputati  e  specificati 
nell  atto  d' accusa  al  tribunale.  -  Contraccusa, 
accusa  data  dall'  accusato  all'accusatore.  -  Denuncia, 
rivelazione  di  un  reato,  verbale  o  scritta;  confessio- 
ne di  una  propria  colpa. 

Diatriba,  discorso  pieno  di  accuse.  -  Giudizio  teme' 
vario,  il  credere  o  l'accusare  altri  per  reo  di  una 
colpa  senza  averne  indizio  veruno  o  lievissimo.  - 
Insinuazione,  accusa  maligna  e  non  sempre  con 
fondamento.  -  Recriminazione,  istanza  fatta  dall'accu- 
sato perché  si  condanni  per  calunnia  chi  lo  accusò 
di  delitto;  accusa  opposta  ad  un'altra. 

Camera,  sezione  d'  accusa,  V.  a  tribunale.  ■ 
Giurisdizione  sussidiaria,  quella  della  dimora  del- 
l' imputato  0  del  luogo   in    cui   avvenne   1'  arresto. 

-  Ordinanza  di  non  farsi  luogo  a  procedere,  or- 
dinanza con  la  quale  il  giudice  dichiara  che  una 
accusa  non  ha  fondamento. 

Accusare  altri  delle  proprie  colpe  •  buttar  la 
broda  addosso  ad  altri;  giuocar  a  scaricabarili,  a  sca- 
ricalasino. -  Aver  più  fasci  che  nitri  ritortole,  di  chi  ha 
sempre  risposte  pronte  alle  accuse.  -  Buttare  in  fac- 
cia ad  uno  un'accusa,  dei  vituperi.  •  Chiamare  a  faccia, 
a  confronto:  prova  che  si  offre  a  persona  che  ci  ac- 
cusi, perchè  dimostri  il  suo  asserto.  -  Chiamarsi  in 
colpa,  accusarsi. 

Detti  e  proverbi  :  chi  si  scusa  s'accusa,  di  chi 
si  discolpa  senza  esserne  richiesto.  -  Da  che  puU 
pilo  "'ien  la  predicai;  di  chi  accusa  altri  essendo  a 
sua  volta  in  colpa.  Anche:  il  diavolo  predica ,  come 
disse  la  padella  al  pamolo:  fatti  m  là,  che  mi  tingi. 

-  Il  ciuco  dà  del  bue  all'asino  o  dà  dell'asino  al  bue, 
accusare  altri  di  colpe  o  di  difetti  propri.  -  Nettati 
i  piedi;  medice,  cura  le  ipsuvi,  a  chi  merita  le  stesse 
accuse  che  fa. 

Accusare  (accusato).  Termine  del  giuoco  delle 
carte. 

Accusata.  Termine  del  giuoco  di  carte. 

AccusatìTO.  Accidente  del  nome. 

Accusatorio,  accusazione.  V,  ad  accusa. 

Acefalo.  Senza  testa.  -  Specie  di  mollusco. 

Acerbezza,  acerbità  [acerbo,  acerbamente). 
L'essere  acerbo,  aver  qualità  di  acerbo,  cioè  non  es- 
sere a  maturazione:  immaturo,  di  frutta,  ecc.; 
agro,  aspro,  rispetto  al  gusto;  dell'età  e  del  tempo, 
giovane,  prematuro;  figur.,  acre  (superi., acerrimo), 
austero,  ingrato,  spiacevole.  -  Del  carattere,  del  con- 
tegno di  persona:  fierezza,  rigore,  severità  (acer- 
bezza); dìxrezza,  crudeìtài  (acerbità).  Acu\ezz3i,  —  vio- 
lenza, di  dolore. 

Disacerbare,  disacerbarsi,  rendere  e  rendersi  meno 
acerbo. 

Acerbo.  V.  ad  acerbezza. 
Aceréta,  aceréto.  V.  ad  acero. 

Acero.  Albero  d'alto  fuslo,  ricercalo  per  la  bel- 
lezza del  suo  legno  (bianco,  a  onde),  usalo  in  eba- 
nisteria, e  per  lo  zucchero  che  alcune  specie  con- 
fengono  nel  sugo:  volgarm., stucchio.  -  Loppo,  loppa, 


specie  d'acero  di  media  altezza,  sul  quale  in  alcuni 
paesi  si  mandano  le  viti.  -  Sicomoro,  sorta  d'acero. 
-  Acereta,  acereto,  luogo  piantato  d'aceri. 
Aceira.  Detto  a  incenso. 
A.cèrrimo.  Superlativo  di  acre;  con  particolare 
significato  in  nemico. 
Acèrro.  Cumulo,  mucchio. 
Acertèllo.   Gheppio,   uccello  (di  rapina). 
Acescente,  acescenza.  Detto  ad  acido. 
Acetabolo.  Riferito  a  coscia,  messa,  spalla. 
Acetalo.  V.  ad  aceto. 

Acetato.  Che  ha  preso  odore  di  aceto.  -  Di  be- 
vanda temperata  con  aceto.  -  In  chimica,  genere  di 
sali. 
Acetèlla.  V.  ad  aceto. 
Acètico.  V.  ad  aceto,  etere. 
Acetlflcazlone.  V.  ad  aceto. 
Acetilene.  Qualità  di  gas. 
Acetino.  Specie  di  granato.  -  Lavoro  di  vetro.. 
Aceto.  Vino  d'uva  [iinagro)  o  di  fnitla   diven- 
tato acido,  per  elfetto  di  particolare  fenneiilazione, 
spontanea  0  provocata  ad  arte.  Si  ottiene  anche  dalla 
birra,  dall'acquavite,  dal  sidro,  ecc.  Serve  per  con- 
dimento e  per  conservazione  di  certi  alimenti;  cuoce 
vari   legumi  e  verdure  (cetriuolini,  peperoni,  ecc., 
acconci  in  acelo  o  sotto  aceto).  Si  usa  in  medicina 
e  in  profumeria:  aceto  aromatico,  cosmetico;  aceto 
verginale,  per  la  pelle;  aceto  de'  sette  ladri  (di  forte 
odore),  ecc.  -  Acescente,  che  sta  per  diventare  aceto: 
acidulo,  acidetto,  acrigno,  agretto;  che  ha  una  punta, 
un  po'  di  punta. 

Acciaio,  fabbricatore  o  venditore  d'aceto.  -  Acelata, 
bevanda  con  aceto.  -  Acetato,  acetoso,  che  ha  preso 
l'odore  dell'aceto.  -  Acetèlla,  acqua  con  aceto.  -  Acètico, 
aggiunto  dell'  acido  che  si  produce  principalmente 
dalla  fermentazione  dell'aceto.  -  Acetificazione,  trasfor- 
mazione d'un  liquido  in  aceto. 

Acetino,  che  ha  sapore  e  odore  di  aceto.  -  Acetosità, 
l'essere  acetoso.  -  Acetume,  tutto  ciò  che  si  condisce, 
si  concia  con  aceto.  -  Acidulare,  rendere  alquanto 
acetoso.  -  Forte,  la  qualità  e  il  sapore  acre  proprio 
dell'aceto.  -  Inacetire,  diventare  aceto;  aver  d'acido, 
aver  la  punta:  acefare,  acetire;  inacetare,  inacetire; 
pizzicare,  pungere.  -  Inacidire,  rendere  aceto.  -  Infor- 
zare, del  vino  e  dell'aceto,  prendere  il  forte. 

Madre  dell'aceto,  fondigliolo  dell'aceto,  che  serve 
a  mantenerlo  e  rinforzarlo. 

Acconciare  peperoni,  fagiuolini,  ecc.,  metterli  nel- 
l'aceto. •   Utello,  vasetto  di  terracotta   per   tenervi 
aceto  e  simili. 
Acetóne.  Malattia  epidemica  per  certi  animali. 
Acetósa.  Erba  da  salsa.  -  Sorta  di  bevanda. 
Acetosèlla.  Pianta  erbacea,  erfia  (medicinale), 
usata  come  bevanda  e  altrimenti. 
Acetosità,  acetóso,  acetume.  V.  ad  aceto. 
Achillèa.  Millefoglie,  erba  (medicinale),  usata 
anche  per  fabbricare  mialche  liquQre. 
Achillèa.  Specie  ai  spugna. 
Aciculare.  A  foggia  di  ago.  ■  Detto  di  foglia. 
Acidezza,  acidità.  V.  ad  acido. 
Acidificare,  acidificazione  (acidificato).  V 
ad  acido  e  a  stomaco. 

Acido.  Che  ha  sapore  più  o  meno  acre,  come 
di  aceto:  brusco,  agresto,  agro,  acidulo,  forte;  ace- 
talo, acetoso;  aspro.  -Acescenza,  tendenza  all'acidità. 
-  Addetto,  addino,  poco  acido.  -  Acidezza,  acidità, 
qualità  di  ciò  che  è  acido;  acidume,  acetume,  aceto- 
sità; agreslezza,  agrezza,  asprezza  ;  fortezza,  fortume, 
forière;  agrezza,  agrore,  agrume;  bruschezza;  punta, 
puntura.  -  Acidulare,  rendere  di  sapore  addetto.  -  Al'- 


ACQUA 


15 


lappare,  allappolure,  asprejrgiare,  astringere:  eflelto 
delle  sostanze  acide,  odi  sapore  acido,  sulla  lingua. 
'Inacidire,  inagreMire,  diventare  acido  (inacetito, 
inagrcstito):  inforzare,  infortire,  inacetire. 

Acido.  Sostanza  solida,  li([uida  o  gassosa,  di  sa- 
pore più  0  meno  acre,  la  quale,  combinata  con  al- 
tre, forma  un  «aie.  Gli  acidi  SI  distinguono  dai  chi- 
mici in  organici  e  inorganici.  Tra  i  più  importanti, 
sono  gli  acidi  cloridrico  (o  muriatico),  solforico 
(volgarm.,  olio  di  vetriolo),  azòtico  o  nitrico  (vol- 
gami., acquaforte),  ecc.,  citati  qua  e  là,  secondo 
gli  USI  a  cui  principalmente  servono. 

Acidimclria,  metodo  per  conoscere  il  grado  di  con- 
centrazione di  un  acido.  •  Acidulare,  chimicamente, 
infondere  in  un  liquido  alquanto  di  acido.  -  Alcalino, 
corpo  che  neutralizza  gli  acidi.  •  Idracido,  acido 
composto  di  un  corpo  semplice,  o  composto  con 
l'idrogeno. 

Acidulare  {acidnlato).  Rendere  un  po'  acido. 

Acidulo,  acidume.  V.  ad  acido. 

Acinesia.  Sinonimo  di  debolezza.    V.  a  cuore. 

Acino.  Il  chicco  dell'tiva. 

Aeinotico.  Qualità  di  vi7ìo  che  si  fabbricava 
un  tempo. 

Acne.  Malattia  della  j)elle. 

Acolìa.  Detto  a  bile. 

Acònito.  Sorta  di  erba  (\elenosa). 

Acontisti.  Vepgasi  a  laficia. 

Acore  (acoro).  Siecie  di  piccolo  iuniore. 

Acctilèdone.  Tein.me  di  botanica. 

Acqua.  Liquido  naturale,  coniposlo  di  idrogeno 
e  di  ossigeno,  trasparente,  .senza  colore,  né  odore, 
né  sapore.  Più  o  meno  poeticamente,  détta  il  liquido 
demento,  il  liqvtdo  ghiaccio,  il  tremulo  cristallo,  il 
mobile.  Tumido  eteri  enlu,  il  vino  della  fonte,  Konta 
Chiara,  vivo  ghiaccio.  -  Primo  tra  i  liquidi,  come  il 
più  necessario  alla  vita  animale  e  vegetale,  all'  in- 
tera economia  della  natura.  Si  presenta  in  tre  stati  : 
.«o/t'rfo  (ghiaccio),  liquido,  aeriforme,  o  stato  di 
vapore.  Dall'  oceano  al  cielo,  dal  cielo  alla  Terra, 
compie  senza  tregua  un  immenso  e  meraviglioso 
lavorio:  allo  stato  di  vapore  sale  nell'atmosfera, 
si  eleva  in  fluido  invisibile  per  effetto  di  conden- 
sazione 0  di  congelazione.  Ricade  come  pioggia 
(e,  quando  questa  è  in  quantità  straordinaria,  enorme, 
si  ha  il  diluvio),  come  neve  (che  sugli  alti  monti 
forma  il  ghiacciaio),  come  grandine;  vicino 
a  terra,  diventa  rugiada  o  brina  (rugiada  solidi- 
ficata) e,  impregnando  dei  suoi  vapori  raffreddati  i 
bassi  strati  dell'atmosfera,  forma  la  nebbia,  mentre 
negli  strati  alti  concorre  a  formare  la  nuvola; 
partecipa  all'  uragano,  brilla  nell'  arcobaleno. 
Caduta  come  pioggia,  filtra  entro  la  superficie  del 
globo,  scorre  sugli  strati  d' argilla  impermeabile, 
zampilla  in  fonte,  scende  dal  ruscello  nel  tor- 
rente e  cade  nel  fiume,  che  la  riporta  al  mare, 
all'  oceano,  talvolta  dopo  aver  traversato  un  lago 
0  una  ^agrMwa.jjIncontrando  una  forte  depressione 
del  suolo,  forma  cascata;  spandendosi  fuori  dal 
letto  dei  torrenti,  dei  fiumi,  stagna  e  forma  pa^ 
lude;  straripando  in  quantità  e  con  violenza,  dà 
luogo  all'  inondazione. 

E'  la  principale  bevanda  dell'uomo  e  degli  ani- 
mali; serve  a  molteplici  usi:  nella  cucina,  nelle 
arti,  xìqIY  industria ,  t^^v  irrigazione  xv&\Y agri- 
coltura, per  mettere  in  azione  un  mulino,  per 
produrre  energia  elettrica;  serve  alfaresi  per  bagno, 
^er lavare  e  lavarsi;  contro  Y incendio;  in  farma^ 
eia,  per  molte  preparazioni  ;  in  vari  modi  per  cura 


di  malattie  (idroterapia);  in  pratiche  religiose 
(battesimo),   come  acqua  benedetta,  ecc. 

Un  corpo  impregnato  d' acqua  è  in  istato  di 
umidità;    in   caso   contrario,  è  asciutto,  secco; 

e  la  mancanza  o  la  scarsezza  dall'  acqua,  riferibil- 
mente all'agricoltura  e  alla  stagione,  si  dice  siccità. 

Acquaiòlo,  acquatico  (acquatile),  che  nasce  e  vive 
neir  acqua,  che  frequenta  1'  acqua  o  sta  intorno  ad 
essa. -i4cqueo,  acquoso,  che  ha  la  natura  o  le  qualità 
dell'acqua.  -Acquidoso,  acquitoso,  che  ha  in  sé  del- 
l'acqua. -  Aquilego,  cercatore  d'acqua,  scavatore  di 
sorgenti.  -  Acquosità,  V  essere  acquoso.  -  Acquoso, 
contenente  acqua,  impregnato  d'acqua;  luogo  ac- 
cruitrinoso,  paludoso,  copioso  d'  acqua.  Apporìatore 
d'acqua  (vento,  tempo,  ecc.)  -  Sottacqueo,  da  sottac- 
qua. •  Subacqueo,  quel  che  é,  vive  o  si  fa  sottacqua. 

Idro,  prefìsso  che  indica  acqua.  -  Idraulica  (V. 
questa  voce),  parte  dell'  ingegneria  che  si  occupa 
del  governo  delle  acque  correnti,  per  rifornirne  città, 
irrigare,  produrre  forza  motrice.  Parte  della  fìsica 
che  delle  acque  studia  1'  equilibrio  e  il  movimento. 
-  Idrografia,  descrizione  delle  acque  sparse  sul 
globo;  e,  in  particolare,  scienza  del  mare,  che  traila 
dei  liumi  e  relativamente  alla  navigazione.  Idrografo, 
chi  attende  all'idrografia.  Agg.,  idrografico.  -  Idrologia, 
trattato  delle  acque  relativamente  alle  loro  pro- 
prietà, specie  e  uso.  Idrologo,  chi  tratta  di  idrolo- 
gia. Agg.,  idrologico.  -  Idrometria,  scienza  dei  liquidi 
e  specialmente  delle  acque  in  movimento.  Idrò- 
metra, chi  se  ne  occupa  ;  professore  di  questa  scienza. 
Agg.,  idromètrico. 

Ondine,  pei  popoli  del  nord,  i  geni  tutelari  delle 
acque.  , 

Qualità'  e  condizioni  dell'  acqua. 

Acqtiaccia,  acqua  cattiva  (detto  anche  d'acqua  bevu- 
ta in  quantità  soverchia  o  per  opposto  a  vino);  aerata, 
quella  lasciata  all'aria  perchè  sciolga  quel  tanto  che 
di  questa  le  occorre  perché  diventi  potabile;  alba 
0  albula,  acqua  torbida,  motosa;  alta,  quando  cresce 
dal  livello  ordinario  ed  ha  quindi  molto  fondo, 
acquetta,  piccola  acqua  corrente;  acqua  bassa,  poco 
profonda;  bollente,  acqua  che,  per  mezzo  delle  cagio- 
ni naturali  o  artificiali,  sia  portata  al  grado  di  le- 
vare il  bollore;  buona,  sottinteso  da  bere;  calda, 
acqua  che,  per  essere  stata  vicino  al  fuoco,  esposta 
al  sole,  ecc.,  ha  preso   un   certo   grado   di   calore. 

Acqua  cheta,  che  non  corre,  stagnante;  corrente,  che 
va,corre,  come  quella  di  rivo,  di  torrente,  di  fiume; 
corrotta,  guasta,  inquinata;  cotta,  acqua  bollita; 
crassa,  grassa,  densa,  pantanosa,  carica  di  sostanze 
corrotte;  cristallina,  trasparente  e  pura  ;  cruda, 
molto  fredda  naturalmente,  non  buona  per  l'irriga- 
zione, né  per  cuocere  legumi,  né  per  sciogliere 
bene  il  sapone  (crudezza,  la  sua  qualità). 

Acqua  del  cielo,  che  vien  dal  cielo,  piovana;  depu- 
rata, acqua  per  mezzo  del  riposo  e  della  filtrazione  fatta 
chiarissima  e  potabile;  diacciata  o  ghiacciata,  portata 
all'estremo  grado  di  freddo  dalla  natura  o  artificial- 
mente; di  cisterna,  pura  acqua  piovana  che  si  raccoglie 
dai  tetti,  e  si  conduce,  col  mezzo  di  doccie  e  di  cannoni, 
dentro  serbatoi  cavati  nel  terreno,  a  tenuta  d'acqua, 
con  «abbia  e  ghiaietta  in  fondo;  di  cristallizza- 
zione, quella  che  rimane  combinata  nei  sali  e  in 
altri  corpi  cristallizzati;  di  pozzo,  quella  che  si 
trae  da  questo  serbatoio;  di  fonte,  di  sorgente,  di 
polla,  di  vena  :  sorgiva,  scaturente  dal  suolo,  per 
lo  più  pura,  fresca;  di  fusione,  quella  contenuta  in 
combinazione   da  certi  corpi  solidi,   la  quale  se  ne 


i6 


Al^QfJl. 


separa  e  torna  liquida,  e  serve  loro  di  solvente; 
dolce,  quella  di  fiume,  di  lago,  non  di  mare,  la 
quale  è  salsa. 

Acqua  effervescente,  quella  che,  per  ebollizione  o  mo- 
vimento interiore,  manda  alla  superficie  del  suolo  bol- 
licine .gassose;  ferma,  il  contrario  di  corrente, 
meno  che  stagnante;  fluente,  facilmente  scorrevole; 
fredda,  al  grado  della  temperatura  naturale,  non 
aumentata  da  alcun  calore  fina,  leggera;  fresca, 
naturalmente  fredda  e  acconcia  a  poter  essere  bevuta 
per  estinguere  la  sete. 

Acqua  gelata,  agghiacciata,  diacciata;  grassa, 
crassa;  greve,  lo  stesso  che  acqua  pesante,  pesa, 
grossa;  grommosa,  che  ha  gromma,  cioè  posatu- 
ra; impantanata,  torbida  per  pantano;  irruente, 
che  sbocca    con  violenza. 

Acqua  lapidescentc,  che  genera  tufi  o  simili  pietre, 
oppure  inci'ostazioni  ;  lavorata,  acqua  consacrata, 
lustrale,  espiatoria;  leggera,  quella  che,  bevuta,  non 
aggrava  lo  stomaco,  ma  passa  facilmente;  limpida, 
pura,  trasparente  (acqua  che  vince  il  cristallo, 
limpidissima);  marina,  del  mare;  mediterranea, 
che  è  in  mezzo  alle  terre;  meteòrica,  la  pioggia 
colorata,  nella  quale  l'acqua  è  mista  a  sostanze  por- 
tate dai  venti  o  da  altre  cause;  morto,  stagnante; 
nera,  torba,  sudicia. 

Acqua  odorosa,  usata  nella  profumeria;  par 
lustre,  di  palude  ;  pazza  o  tinta,  che  contiene  un  po'  di 
vino  0  simili;  perenne,  che  scaturisce  sempre, 
non  si  esaurisce  mai;  pesante,  quella  che,  per 
eiletto  di  sali  calcari  e  di  altri  sali  terrosi 
che  tiene  in  soluzione,  produce  una  sensazione  di 
peso  nello  stomaco  a  chi  1'  ha  bevuta  ;  petrosa  o 
pietrosa,  quella  che  scorre  per  luoghi  sassosi  ; 
piovana,  di  pioggia. 

Acqua  potabile,  potulenta,  buona  a  bersi,  sa- 
lubre (del  pozzo,  del  fonte,  eccetera,  ma  nell'uso 
specialmente  quella  portata  alle  case  per  mezzo  di 
condotti);  jrrim'  acqua,  quella  che  ha  servito  la  prima 
volta  a  certi  usi  e  die  si  butta  via;  pubblica,  quella 
della  quale  il  governo  concede  l'uso  per  derivazione, 
contro  pagamento  d'  un  dato  canone  ;  pura,  non 
mista  ad  alcuna  sostanza  die  la  guasti;  rampollante, 
scaturente  dalla  terra. 

Acqua  salata,  che  ha  sapore  di  sale,  perché 
contiene,  in  soluzione,  una  certa  quantità  ai  sale 
(quella  di  mare);  salmastra  o  salmastrosa,  me- 
scolata di  acqua  salsa  e  dolce,  che  sia  salsa  alquanto 
e  che  abbia  piuttosto  un  cattivo  sapore;  scrudAita, 
scrudita,  che  ha  perduto  la  crudezza  di  prima  ed  è 
poco  meno  che  tiepida;  scussa  o  pura,  senza  vino 
o  liquore;  sorgente,  che  sorge  dal  terreno,  special- 
mente dal  sasso,  e  il  luogo  stesso;  sorgiva,  di  sor- 
gente; stagnante,  acqua  ferma,  che  non  ha  modo  di 
scaturigine,  né  di  corso,  né  d'  esito,  cosi  che  sta- 
gna e  si  corrompe;  stiepidita,  resa  quasi  tiepida; 
termale,  calda  naturalmente. 

Territoriale,  l'acqua  del  mare  considerata  come 
parte  integrante  del  territorio  d'uno  Stato;  tiepida 
o  tepida,  che,  per  alquanto  calore  ricevuto,  è  quasi 
calda;  tórba,  tórbida,  che  ha  perduto  la  sua  chia- 
rezza, per  terra  o  altro  (anche  acqua  con  un  po'  di 
vino);  tranquilla,  calma,  liscia,  che  non  s'increspa 
{acqua  tranquilla  die  sembra  uno  specchio);  vergine, 
acqua  da  far  bella  la  faccia  (non  comune)  ;  viva,  di 
sorgente. 

Aspetti,  forme,  ecc.,  che  presenta  l'acqua. 

Acquata,  provvista  d'acqua  dolce,  e  anche  il  luogo 
dove  le  navi  mandano  a  prender  l'acqua.   -  Acque- 


rùgiola, pochissima  acqua  che  appena  si  vede.  - 
Acquetta,  piccola  quantità  d'acqua.  -  Acquitrino,  ac- 
qua gemente  dalla  terra,  e  il  luogo  dove  essa  è 
[acquitrinoso,  di  acquitrino).  -  Affluente,  corso  d'ac- 
qua, fiume  che  sbocca  in  un  altro  fiume,  bene 
spesso  dopo  avere,  a  sua  volta,  ricevuto  dei  tribu- 
tari, ossia  dai  sub-affluenti.  -  Alluvione,  inonda- 
zione. 

Altezza,  profondità  delle  acque;  e  si  dice  viva 
0  morta  secondo  che  l' acqua  è  corrente  o  fer- 
ma. -  Alveo,  spazio  fra  due  sponde,  entro  il 
quale  scorrono  le  acque  ;  altrimenti,  letto  o  canale, 
quando  praticato  artificialmente.  -  Aves,  in  Lom- 
bardia, diconsi  i  diversi  piani  a  cui  si  trovano  le 
acque  sorgive  o  freatiche.  -  Avulsione,  dicesi  quando 
in  un  corso  d'acqua  un  pezzo  di  terreno  si  stacca 
dalla  sponda,  di  cui  faceva  parte,  per  la  forza  di 
erosione  delle  acque. 

Belletto,  posatura  che  fa  l'acqua  torbida,  special- 
mente dei  fiumi;  mota,  melma,  belletta.  -  Boccie,  bolle 
che  fa  l'acqua  agitata,  specialmente  con  sapone.  - 
Borro,  luogo  incavato  e  profondo,  dove  scorre  acqua. 

-  Bòzzo,  lagunella  d'acqua.  -  Buca,  di  gran  quantità  di 
acqua  allagata.  -  Bulicame,  insieme  di  vene  d'acqua 
che  scaturiscono  bollendo. 

Capo  dell'acqua,  l'origine,  l'a  sorgente.  -  Colonna 
d'acqua,  quantità  che  ha  un'altezza  e  una  base  deter- 
minata. -  Corpo  d'acqua,  quantità  d'acqua  che  si 
rappresenta  con  volumi  empiti  in  un  secondo.  - 
Corrosione,  damio  che  le  acque  fanno  a  un  terreno, 
a  una  riva,  ecc. 

Effumazione,  esalazione  naturale  di  vapori  o  di  fumo 
dalla  superficie  d'alcune  acque  o  dall'interno  d'al- 
cuni monti.  -  Fanghiglia,  deposito  terroso  che  fa 
l'acqua  in  un  recipiente  murato.  -  Fascio  d'acqua, 
più  zampilli.  -  Filo  dell'acqua,  la  corrente  ;  filo 
d'acqua,  quantità  d'acqua  piccolissima,  ma  corrente. 

-  Fontanile,  l' acqua  che,  filtrala  attraverso  uno 
strato  permeabile  Imo  alla  superficie  del  suolo,  ne 
scaturisce  in  polle. 

Geyser,  sorgente  d'acqua  bollente.  -  Gromma,  la 
posatura  dell'acqua.  -  Incr istallazione,  il  diacciare  che 
fa  l'adqua,  rendendosi  simile  a  cristallo.  -  Nettunico, 
sedimento  dovuto  alle  acque. 

Paclule,  piccola  j>alude.  -  Pèlago,  profondo  ri- 
dotto d'acqua.  -  Pelo  dell'acqua,  la  superficie  del- 
l'acqua, in  un  liume,  in  un  lago.  -  Piena,  aumento 
d'acqua  nei  fiumi  o  simili,  solitamente  cagionato  da 
pioggie  0  nevi  di  molate.  -  Polla,  vena  d'acqua  sor- 
giva. -  Polvere  d'acqua,  spruzzo  finissimo  {polverio 
d'acqua  che  spruzza  da  una  cascata).  -  Pozza,  pic- 
cola cavità  del  terreno  in  cui  l'acqua  si  ferma,  e 
l'acqua  stessa. 

fìampollo,  piccola  vena  d'acqua  sorgente  dalla  terra. 

-  Rigagnolo,  piccolo  corso  d'acqua,  specialmente  nelle 
vie,  nelle  strade,  o  sim.  -  Bincollo,  il  fermarsi  delle 
acque  in  un  posto,  senza  poter  proseguire.  -  Rivo, 
acqua  corrente,  ruscello;  poet,  rio.  -  Ruscello  (V. 
questa  voce),  piccolo  corso  d'acqua.  -  Bistagno,  di 
acqua  che  si  ferma.  -  Biviera,  corso  d'acqua. 

Scoli,  le  acque  che  si  possono  raccogliere  dai 
terreni.  -  Sedimento,  deposito  fatto  dalle  alluvio- 
ni. -  Soldo  d'acqua,  quantità  che  esce  da  un  foro 
d'un  soldo  di  diametro.  -  Sonaglio,  bolla  che  fa 
l'acqua  qxiando  piove.  -  Spartiacque,  linea  di  alture 
che  divide  le  acque  cadenti  sopra  una  regione  e  le 
fa  discendere  per  diversi  lati  :  versante.  -  Stagno, 
acqua  ferma;  ricetl;  olo  d'acqua  ferma.  -  Stroscia, 
la  riga  che  fa  l'acqua  correndo  in  terra.  -  Stufa, 
sorgente  d'acqua  calda  e  vapori,  -  Torrente,  piccolo 


ACQUA 


17 


corso  d'acqua,  non  perenne,  scendente  dai  monti,  con 
rapido  corso.  -  Vena,  scorrimento  sotterraneo  d'ac- 
qua che  va  discendendo  e  serpeggiando  in  meati 
o  canali  naturali  della  terra  a  vane  profondità, 
anche  polla,  sorgente,  filone.  -  Vescica,  la  bolla 
chti  fa  l'acqua  sbattuta.  -  Vòrtice,  luogo  ove  le  ac- 
que si  muovono  agitatissime  e  circolarmente. 

Che  bozzo  I,  di  gran  quantità  d'acqua  allagata.  -  Im- 
mensa superficie  di  acqua  sUtgnanle.  ■  Acque  spa- 
gliate per  la  campagna..  •  Acque  che  si  stendono  nella 
vallata.  -  Vasto  e  variato  specchio  d'acqua. 

Tenere  in  collo,  d'acque  che  non  hanno  libero 
corso  per  qualche  impedimento. 

Movimenti,  rumori,  ecc.,  dell'acqua. 

Acquitrino,  gemizio  lento  d'acqua  di  polla  che 
penetra  nel  terreno  e  lo  mantiene  umido.  -  Affluire. 
concorrere  di  acque  in  un  luogo.  -  AZ/aj/are  (V  questa 
voce),  dilagare,  espandersi  dell'acqua,  tanto  che  sem- 
bri lago.  -  Ammulinare,  girare  vorticosamente. 
Appozzare,  formare  delle  pozze  ;  fermarsi  dell'acqua, 
non  avendo  sfogo.  Rimpozzare. 

Bagnare  (V.  questa  voce),  aderire  dell'acqua  alla 
superficie  di  un  corpo. 

Caduta,  cascata,  volume  d'acqua  che  viene  da  una 
certa  altezza  e  può  servire  di  forza  motrice.-  Catacli- 
sma, grande  mondazione  d'acque.  -  Confluire,  il  riunir- 
si di  due  acque  correnti.  -  Congmngersi,  unirsi  delle 
acque  correnti.  -  Corrente,  corpo  d'acqua  che  si 
muove  in  una  data  direzione.  •  Correre,  il  muo- 
versi dell'acqua,  scorrere,  delluire;  essa  scorre  lenta, 
rapida,  precipitosa,  liscia,  increspata,  agitata,  som- 
mossa, ecc.  •  Corso,  lo  scorrimento  dell'acqua,  spe- 
cialmente d'un  fiume ,  equilibrato,  di  corso  che  re- 
sti in  media  alle  medesime  altezze. 

Decrescenza,  l'abbassarsi  delle  acque.  Defluire, 
scórrere  dall'alto  al  ba.sso.  -  Dirómpersi,  sbattersi, 
agitarsi.  -  Fiottare,  d'acqua  che,  scendendo  da  un'a- 
pertura, gorgoglia;  fiotto,  gonfiamento,  ondeggia- 
mento. 

Getto  d'acqua,  quanta  ne  esce  da  un'apertura  qua- 
lunque. -  Gora,  acqua  che  corre  per  terra ,  gorata,  la 
quantità.  Gorgo,  vortice,  abisso.  -  Grondare,  dell'a- 
cqua che  cade  a  gocciole  fitte  dalle  gronde  o  dai  corpi 
molto  inzuppati.  •  Gorgogliare,  il  leggiero  rumore  del- 
l'acqua che  bolle,  o  che  [lassa  un  varco  e  sulla  ghiaia: 
gorgogliamento,  gorgóglio.  -  Gorgoglio,  un  gorgo- 
gliare continuato.  -Sgrondare,  lo  scolare  dell'acqua 
all'ingiù. 

Illucione,  inondazione,  piena.  -  Incavernarsi,  delle 
acque  che  si  gettano  e  scorrono  in  luoghi  sotterra- 
nei. -  Increspare,  della  superdcie  dell'acqua  legger- 
mente scossa  dall'aria.  -  Inalbare,  diventare  bian- 
chiccia. -  Ingrossare,  d'acque  che  crescono  o  diven- 
tano furiose.  -  Inondare,  delle  acque  che  straripano, 
fanno  inondazione.  -  Irrigazione,  V.  questa  voce. 

-  Lambire,  sfiorare  dell'acqua  toccando  leggermente. 

-  Morire,  di  acqua  che  s  impaluda.  -  Mormorare, 
mormoreggiare,  il  far  lieve  rumore,  proprio  dell'acqua 
corrente  :  mormorio,  mùrmure.  -  Ondeggiare,  far 
onda. 

Pettata,  il  luogo  in  cui  le  acque  trovano  maggiore 
resistenza  al  moto.  -  Pollare,  pullare,  pullulare,  sca- 
turire, rampollare,  specialmente  da  polla,  dal  basso 
all'alto  senza  getto-  pullulamento,  pullulazione,  ram- 
pollo, ecc.;  rampollante,  rampollato.  -  Portata,  il 
volume  d'acqua  che  esce  in  un  minuto  secondo  da 
un  canale,  da  una  bocca. 

Prbmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore 


Remolino,  il  rimescolamento  dell'acqua  sul  solco  della 
scia.  -  fìe^roso,' moto  vorticoso  d'acque  che  vann  )  e 
tornano.  -  Reflusso,  riflusso,  V.  a  mare.  -  Rigurgi- 
tare, ringorgare,  affluire  in  gran  copia  :  rigurgito, 
rigorgo;  anche  il  ritorno  vorticoso  e  posteriore 
delle  acque  arrestate  nel  loro  corso  da  qualche 
ostacolo.  -  Rocchio,  getto  non  piccolo  e  rotondo.  - 
liugliare,  dell'acqua  che  scoscende  e  rode. 

Sbattimento,  agitazione  dell'acqua.  -  Sboccare,  metter 
foce(di  fiume),  uscire  da  un  canale.  -  Scaturire, 
spicciare  da  una  sorgente.  -  Scolo,  lo  scolare,  l'atto 
e  il  luogo  pendente  atto  a  scolare,  e  la  materia.  - 
Scrosciare,  del  rumore  fatto  cadendo  dall'alto  o  bol- 
lendo. -  Sgorgata,  quanta  acqua  sposta  lo  stantuffo 
ddh  tromba-  Sgorgo,  uscire  dell'acqua  dalla  bocca 
di  efflusso,  praticata  nelle  pareti  di  un  serbatoio  o 
di  un  canale.  -  Spagliare,  sparpagliarsi  nelle  pia- 
nure e  impaludare:  spaglio.  -  Spiovere,  scorrere, 
scolare.  -  Sprizzare,  meno  di  spruzzare:  sprizzo, 
getto,  schizzo  minuto.  -  Spruzzaglia,  spruzzo,  d'ac- 
qua in  piccolissime  bollicine,  cosi  che  bagna  legger- 
mente ,  spruzzolo,  lungo  spruzzo  (una  nebbia  di 
spruzzi  minutissimi).  -  Spruzzare,  bagnare  legger- 
mente, schizzando  :  spruzzolare  (non  comune).  • 
Stagnare,  formare  stagno.  -  Stillare,  uscire  a  goccie. 

-  Stillicidio,  il  cadere  dell'acqua  a  stille  da  un  tetto. 

-  Strosciare,  rumoreggiare  d'acqua   abbondante,   ca- 
dendo: trosciare;  stroscia,  troscia,  il  rumore. 

Velarsi,  gelare  leggermente.  -  Zaffata,  spruzzo,  schiz- 
zo. -  Zampillo,  piccolo  getto;  zampillio,  continuità  di 
zampilli. 

Voci  imitative  :  dà,  di  rumore  fatto  in  acqua  da 
cose  molli.  -  Cicche  ciacche,  di  rumore  nell'acqua,  o 
simile  (anche  di  mani  battute  insieme  o  su  parte  del 
corpo)"  -  Pflun,  di  qualche  cosa  che  cade  nell'acqua. 

EoiFia,   OPERAZIONI,   ISTRUMENTI,   ECC., 

relativi  all'acqua. 

Acquaio,  vaschetta,  pila,  per  ricevere  le  ac- 
que che  si  gettano  via,  -  Acquario,  locale,  edifi- 
cio nel  quale  si  tengono  piante  o  animali  acquatici 
a  scopo  di  studio.  -  Acquedotto,  acquidotto,  canale 
in  muratura  pel  quale  si  conduce  l'acqua  da  luogo 
a  luogo. 

Bargagno,  macchina  adoperata  per  estrarre  dall'ac- 
qua sassi,  réna  e  altre  materie  ingombranti.  -  Berma, 
banchina  che  si  costruisce  lungo  il  piede  delle  di- 
ghe, fra  esso  e  il  ciglio  della  sponda  del  corso 
d'acqua,  per  evitare  le  escavazioni  e  le  erosioni 
che  avvengono  in  causa  della  battuta  delle  acque.  - 
Bindolo,  sorta  di  macchina,  con  una  ruota  a  tim- 
pano, adoperata  per  attingere  acqua,  per  inaffiare, 
vuotar  fossi  e  canali.  -  Bottaccio,  bacino  d'acqua 
per  mandar  mulini  o  altri  opifici. 

Calla,  grande  apertura,  munita  di  cateratta,  per  dare 
il  passo  alle  acque,  per  lo  più  a  fine  di  colmare  o  di  pro- 
sciugare. -  Cano/e,  apertura  scavataartificialmente  per 
il  passaggio  di  acqua  servibile  a  navigazione  o  ad 
incfustrie.  E  l'acqua  stessa  (se  è  piccola,  per  mu- 
lini, ferriere,  o  sim.,  piuttosto  gora).  Anche  tubo  o 
conduttore  dell'acqua  che  si  introduce  per  gli  usi 
della  casa,  e  più  particolarmente  di  quella  che  piove 
sui  tetti.  -  Canna,  canale  chiuso  o  tubo  di  piombo, 
di  ferro,  o  di  terracotta,  per  cui  scorrono  fluidi, 
e  specialmente  l'acqua  nei  condotti.  -  Cannella,  tubo 
non  grande  di  terracotta  o  di  ferro  o  di  piombo, 
per  il  quale  passa  l'acqua  dei  condotti.  -  Chiave 
della  cannella,  la  gruccetta  che  si  gira  per  mandar 
l'acqua. 


18 


ACQUA 


Cannoncini,  tubi   di   latta   o   d'altro   metallo,    i 

Suali,  fermati  contro  il  muro,  comunicano  con  la 
occia,  e  ne  portano  l'acqua  fin  presso  al  suo- 
lo 0  anche  sotto  di  esso,  in  un  condotto  sotter- 
raneo. -  Cannone,  doccione  di  terra,  canale  di 
piombo  o  d'altra  materia  da  fare  condotti.  -  Cata- 
aupa,  luogo  nel  quale  sono  fragorose  cascate  d'a- 
cque. -  Cateratta,  apertura  fatta  per  trattenere  o  rac- 
cogliere le  acque  e  smaltirle,  la  quale  si  apre  e  si 
ehmde  alzando  o  abbassando  una  tavola  di  legno 
incastrata  nei  Iati.  -  Cateratte,  cascate,  balzi,  salti, 
formati  da  banchi  o  scogli:  chiuse  naturali. 

Cavamento,  cavo  o  diversivo,  escavazione  artificiale 
fatta  nel  terreno,  per  raccogliere  e  trasportare  le 
acque  da  un  punto  ad  un  altro  della  superfìcie  ter- 
restre. -  Chiàvica,  fogna.  -  Chiusa,  ostacolo  che  si 
opponga  al  libero  corso  dell'acqua  in  un  fiume,  in 
un  canale,  in  un  torrente.  -  Cisterna,  serbatoio  di 
acqua  piovana  costruito  dove  c'è  difetto  d'acqua  di 
polla. 

Collettore,  raccoglitore  d'acqua.  -  Colpo  d'ariete, 
quell'urto  che,  si  produce  nelle  condutture  d'a- 
cqua quando  si  arresta  il  moto  istantaneamente 
e  violentemente.  -  Conca,  tronco  di  canale  chiuso 
dalle  cateratte  e  dai  sostegni  amovibili  fatti  per 
agevolare  la  salita  e  la  discesa  delle  barche.  -  Con- 
dotta delle  acque,  il  condurle  da  un  luogo  a  un  al- 
tro, regolandone  il  corso.  -  Condotto,  piccolo  acque- 
dotto, muratura  o  tubo  metallico  o  di  terracotta 
per  portare  le  acque  da  un  luogo  all'altro.  -  Con- 
serva d'acque,  serbatoio,  per  lo  più  sotterraneo.  Se 
d'acqua  piovana,  dicesi  cisterna. 

Dare  l'acqua,  aprire  le  valvole  per  mandare  opificio 
irrigare.  -  Depuratorio.  serbatoio  per  depurare  l'acqua. 
-  Dicco  manufatto,  costruzione  per  trattenere  le  acque  e 
costringerle  a  un  regolato  sistema-  chiusa  artifi- 
ciale. -  Diversivo,  canale  che  serve  a  deviare  le 
acque.  ■  Doccia,  cannone  di  terracotta  o  d'altro  per 
raccogliere  acque  di  scolo;  canaletto  artificiale  pel 
quale  le  si  fanno  scorrere.  -  Doccionata,  condotto 
formato  di  doccioni.  •  Doccione,  cannone  più  grosso 
della  doccia. 

Emissario,  scaricatore  d'acque  di  lago  o  di  pa- 
lude o  deviatore  di  quelle  di  fiume.  Fogna,  con- 
dotto sotterraneo  per  ricevere  e  sgorgare  acque.  - 
Fognatura,  fondo  delle  fosse  per  gli  scoli  delle 
acque.  Fontana,  V.  questa  voce.  •  Fosso,  fossa 
condotta  per  lungo  tratto  di  terreno  allo  scopo 
di  ricevere  e  trasportare  le  acque  dei  campi;  za- 
nella. 

Giuochi,  fughe,  scherzi  d'acqua.  -  Gora,  canale  sca- 
vato artificialmente  nel  terreno  per  condurre  acqua 
per  l'irrigazione  o  per  mulini  o  per  altri  simili 
edifici.  ■  Guttazzo,  in  Calabria,  serbatoio  d'acqua.  - 

Idranti,  le  bocche  praticate,  a  determinate  distanze 
(60  -  100  m.),  negli  acquedotti,  alle  quali  si  avvi- 
tano docce  o  trombe  per  spegnere  gli  incendi  o 
maffiare  le  vie.  -  Idrofono,  apparecchio  che  serve 
per  ricercare  le  fughe  nelle  condotte  d'acqua.  - 
Idrometro,  asta  idrometrica,  strumento  per  misurare 
la  velocità  e  la  portata  della  corrente.  ■  Incile,  ta- 
glio 0  apertura  per  derivare  l'acqua  di  un  fiume, 
d' un  lago,  ecc.  ■  Immissario,  apertura  per  cui  le 
acque  entrano  in  un  lago  o  simile. 

iMma,  zona  depressa,  concava  e  bassa  in  cui  slagna- 
no le  acque,  però  in  poca  profondità.  ■  Meato,  canale 
sotto  terra,  apertura  d'acque  vive.  -  Moduli  o  bocche 
magistrali,  edifici  coi  quali  si  misura  l'acqua  che  si 
deriva  da   un  fiume  o  da  un  canale.  -   Mulino   dt 


Wolmann,  strumento  per  misurare  la  velocità  d'un 
corso  d'acqua. 

Palàncola,  tavolone  o  pancone  e  anche  trave 
spianata  di  sopra,  posta  a  traverso  una  gora  o  al- 
tro canale,  per  passarvi.  -  Partitore,  manufatto  spe- 
ciale col  quale  si  ottiene  la  suddivisione  di  un 
corso  d'acqua,  in  determinate  proporzioni.  -  Pescaia, 
specie  di  argine.  -  Pompa,  tromba.  -Ponte,  co- 
struzione in  muratura  o  in  ferro  fatta  per  valicare 
un  corso    d'acqua.  -  Pozzino,  ricettacolo    di    scoli. 

-  Pozzo,  luogo  scavato  a  fondo  finché  si  trova 
l'acqua  di  polla.  -  Presa,  dove  una  parte  d'ac- 
qua corrente  in  un  fiume  è  sviata  per  essere 
condotta  a  un  mulino  o  ad  altro  consimile  edificio. 

-  Purgatòio,  luogo  o  ricetto  in  cui  si  raccolgono  le 
acque,  perchè  si  spoglino  delle  impurità. 

Raccolta,  riunione  d'acqua  fatta  a  vari  scopi.  -  Ratte- 
nuta, raccolta  d'acqua  stagnante  uscita  da  un  fiume  o 
sim.  -  Regolatoio,  fosso  principale  che  regola  le 
acque  degli  acquedotti.  -  Repellente  (o  pennello), 
diaframma  che,  partendo  dalla  riva  d' un  corso  d'ac- 
qua, si  protende  più  o  meno  verso  1'  alveo,  allo 
scopo  di  mantenere  il  filone  della  corrente  sull'asse 
ed  impedire  la  corrosione  delle  sponde.  -  Ridotto, 
luogo  nel  quale  si  conduce  1'  acqua  da  più  parti.  - 

Scannafosso,  condotto  che  dà  scolo  alle  acque  d'  un 
fosso.  -  Scaricatoio,  luogo  di  scarico,  specialmente 
delle  acque.  -  Scaturigine,  sorgente,  polla.  -  Scherzi 
e  giochi  d'acqua,  zampilli  che  si  mandano  in  vari 
punti,  specialmente  a  sorpresa  e  nei  giardini.  - 
Scolo,  alveo  che  serve  a  far  defluire  le  acque.  - 
Serbatoio,  qualunque  costruzione  destinata  a  conte- 
nere acqua,  per  estrarla  poi  a  misura  che  se  ne  ha 
bisogno,  per  l' irrigazione  o  l' alimentazione  dei 
canali.  Serrata,  riparo  contro  1'  acqua  corrente.  - 
Smaltitoio,  dicesi  di  tutti  i  mezzi  impiegati  per 
scaricare  le  acque  di  un  canale,  di  un  lago,  ecc., 
quando  si  trovano  in  abbondanza.  -  Spartitoio,  edi- 
ficio che  spartisce  le  acque.  -  Sperdimento,  detto  di 
acque  che  non  si  utilizzano.  * 

Timpano,  apparato  idraulico  pel  sollevamento  del- 
l'acqua, d'antica  coslruzione,  oggi  usato  soltanto  in 
alcune  applicazioni  agricole.  -  Tro»w.6a,  strumento 
idraulico  per  alzar  acqua  mediante  il  moto  di  su 
e  giù,  impresso  allo  stantuffo  o  da  braccio  d'uomo, 
o  da  acqua  corrente  o  cadente,  ovvero  dal  vapore. 

Vasca,  ricetto  murato,  dove,  specialmente  ne'  giardi- 
ni, si  raccoglie  acqua,  spesso  con  zampillo:  vaschet- 
tina,  vaschetta,  vascona.  ■  Vena,  canaletto  naturale 
sotterraneo  ove  corre  l'acqua. 

Operazioni,  lavori.  —  Allacciare,  raccogliere  le 
acque  (mediante  convenienti  lavori)  di  una  o  più 
scaturigini  per  ridurle  in  un  solo  canale  o  con- 
dotto. Allacciatura,  l'atto  e  l'effetto.  -  Conduzione 
delle  acque,  il  condurle  da  un  luogo  all'altro  per 
mezzo  di  canali,  tubi  o  sim.  Dar  la  tratta  all'a- 
cqua, darle  la  via.  -  Derivazione  (derivare),  trarre 
acqua  da  riva,  da  sorgente.  -  Deviare  (deviazio- 
ne), il  far  prendere  all'  acqua  un  corso  diverso  dal 
naturale.  •  Diversione,  deviazione  dell'  acqua,  spe- 
cialmente per  diminuire  il  volume  del  corso  mag- 
giore. 

Incanalare  l'acqua,  porre  in  luoghi  acconci  dei 
tubi  0  canali  di  piombo,  o  d'altro,  affinchè  in  essi 
si  introducano  e  scorrano  le  acque.  -  Irrigazione: 
V.  questa  voce. 

Livellazione  delle  acque,  il  ridurle  allo  stesso  li- 
vello. -  Prosciugamento,  il  prosciugare,  e  dicesi  prin- 
cipalmente dei  terreni  coperti  dalle  acque,  alle  quali 
vogliasi  dare  uno  scolo:  lavoro  di  bonifica.  -  Smalr 


ACQUA 


19 


tire,  d'acqua  e  sim.,  dar  buona  uscita.  -  Tagliare 
Ficqua,  i  condotti,  a  un  paese,  privarlo  d'acqua.  - 
Voltare,  deviare  le  acque. 

jVlcune  cose  che  si  fanno  nell'acqua 
E  con  l'acqua 

Acquare,  far  provvista  d'acq^ua.  -  Essere,  stare  a  fior 
dell'acqua,  a  fior  d'acqua,  a  livello  dell'acqua,  in  sul 
fil  dell'acqua,  al  sommo  dell'acqua,  a  galla  (galleg- 
giare): essere  alla  superfìcie  dell'acqua,  emergere. 
Contrario  di  sott'  acqua.  -  A  mezz'acqua,  tra  due  acque. 
-  Contr'acqua,  contro  corrente.  -  L'uomo  e  gli  animali 
8i  tengono  a  galla  mediante  il  nuoto.  -  Affogare, 
uccidere  sommergendo  nell'acqua;  annegare. 

Annacquare,  mettere  acqua  in  un  liquore,  per  tempe- 
rarlo. -  Annaffiare,  spargere  l'acqua  con  l'annaffiatoio; 
leggermente  bagnare,  inaffiare.  -  Attingere,  tirar 
l'acqua  da  fonte,  da  pozzo  e  simili.  -  Bagnare,  spar- 
gere acqua  sopra  una  cosa;  irrorare,  irrigare  (V. 
a  irrigazione);  aspergere,  spruzzare,  spruzzolare, 
bagnare  leggermente. 

Battezzare,  mettere  dell'acqua  in  altre  sostanze.  - 
Bere,  quando,  tuffati  nell'acqua,  siamo  costretti  a 
ingollarla.  -  Diguazzare,  dibattere  l'acqua  nei  vasi, 
sciaguattare.  -  Immergere,  affondare;  attuffare,  coprir 
d'acqua;  affondarsi,  ecc.  -  Intorbidare,  far  diventar 
l'acqua  torbida,  non  chiara,  non  limpida.  -  Mettere 
in  molle,  a  rinvenire  nell'acqua. 

l'escare,  cavar  dall'acqua;  ripescare,  eavare  al- 
cuna cosa  che  vi  sia  caduta.  -  Pompare,  tirar  l'acqua 
con  la  pompa.  -  Sciacquare,  ripulire  con  l'acqua,  nel- 
l'acqua. -  Scrudtre,  scrudelire  l'acqua,  far  che  l'acqua 
al  foco  perda  la  rigidezza  invernale.  -  Sommergere, 
(sommerso),  sprofondare  nell'acqua.  -  Tonfare,  fare 
un  tonfo,  cadere  nell'acqua.  -  Trombare,  cavar  l'acqua 
con  la  tromba.  •  Tuffare,  immergere  checchessia 
nell'acqua,  per  lo  più  cavandolo  subitamente. 

Acquaiuolo,  acquarolo,  portator  d'acqua,  port'ac- 
qua:  chi  porta  o  attinge  acqua  per  prezzo.  -  V., 
inoltre,  a  bagno,  bucato,  incendio,  lavare. 

Acque  medicinali,  preparate,  minerali,  ecc. 

Aequa  acciaiata,  quella  che,  avendo  tenuto  ferro 
od  acciaio  in  infusione,  acquistò  sapore  o  virtù  di 
medicamento  ferruginoso;  acidula,  quella  impregnata 
di  acido  carbonico  o  naturale  o  artificiale;  acuta, 
acqua  corrosiva  dei  vecchi  chimici;  aerata,  quella 
che  contiene  gas  acido  carbonico,  ossia  l'acqua  aci- 
dula ;  alcalina,  acqua  contenente  bicarbonato  di  soda. 
-Alloppiata,  acqua  cavata  per  distillazione  dall'op- 
pio; amara,  quella  mineralizzata  dal  solfato  di  ma- 
gnesia {sai  amaro)  e  purgativa.  -  Aromatica,  acqua 
che  acquistò  aroina  od  odore  gradevole  per  infu- 
sione di  piante  aromatiche  o  distillazione  con  esse, 
0  in  altro  modo;  artifiziata,  acqua  nella  quale  sono 
sciolte  sostanze  medicinali. 

Acqua  bianca,  acqua  in  cui  sia  slata  sciolta  farina 
o  semola;  borra,  acquaborra,  specie  di  acqua  mi- 
nerale. 

Acqua  calda,  lo  stesso  che  termale;  carbonata, 
lo  stesso  che  gasosa,  celeste,  acqua  medicata,  che 
si  prepara  con  sale  ammoniaco,  solfato  di  rame  e 
calce;  concia,  acqua  artificiata  per  qualche  uso  par- 
ticolare, e  che  serve  specialmente  come  profumo  o 
come  liscio  per  donne;  cosmetica,  acqua  che  si  adopera 
per  abbellire  la  pelle. 

Acqua  di  sedlitz,  acqua  che  si  rende  gasosa  e  medica- 
ta per  lo  sciogliere  che  vi  si  fa  di  qualche  sale  rinfre- 


scante e  purgativo,  e  di  una  certa  dose  di  acido  carbo- 
nico; rft  seltz,  acqua  nella  quale  fu  sciolta  una  cer  a 
dose  di  acido  carbonico  per  mezzo  di  opportune  macch- 
ne,  chiudendola  poi  in  bottiglie,  dalle  quali,  per  mez- 
zo di  un  congegno,  esce  spumeggiando  con  forza; 
distillata,  quella  spogliata  a'aria  per  azione  chimica; 
di  calce,  di  calcina,  acqua  satura  di  calce  viva  in 
dissoluzione. 

Acqua  emostatica,  quella  usata  nelle  emottisi  e 
nelle  emorragie;  epatica,  acqua  che  possiede  odore 
putrii'o  di  acido  solfidrico  (più  modernamente, 
acqua  solforosa). 

Acqua  fagedenica,  acqua  artificiata  che  si  ado- 
pera contro  le  ulcere  e  le  escrescenze  carnose, 
come  detersiva  e  corrosiva;  ferrata,  lo  stesso  che 
marziale,  acqua  contenente  bicarbonato  di  ferro 
e  altro  sale  dello  stesso  metallo,  in  modo  da  rice- 
vere da  esso  le  precipue  qualità  medicinali  che  pos- 
siede (anche  acqua  in  cui  fu  tuffato  un  ferro  roven- 
te); ferruginosa  o  ferruginea,  che  contiene  ferio 
in  mescolanza  o  in  combinazione;  forte,  l'acido  ni- 
trico del  commercio,  cosi  chiamato  dai  vecchi  chi- 
mici perchè  fluido  come  l'acqua  e  di  azione  corro- 
siva forte  sui  metalli  e  sugli  altri  corpi:  detta  anche 
acqua  da  partire  o  da  partitori;  adoperata  dall'Mi- 
cisore,  daìVorefice,  ecc. 

Acqua  gassosa,  gazzosa,  o  carbonica,  quella  carica  di 
più  volte  il  suo  volume  di  gas  acido  carbonico;  grassa, 
che  contiene  sali  di  calce;  incrostante,  quella  (mine- 
rale) che  lentamente  depone  il  suo  carbonato  di  calce 
e  di  magnesia  in  masse  compatte  cristalline  {pisoliti, 
s  ferule  in  forma  di  piselli  prodotte  dal  rivestimento 
a  strati  concentrici  di  corpuscoli  tenuti  in  sospen- 
sione dalle  acque  incrostanti). 

Acqua  lustrale,  acqua  purificante,  usata  dagli  an- 
tichi per  aspergere  le  vittime:  acqua  benedetta. 

Acqua  madre,  V  acqua  da  cui  cristallizzò  un 
sale,  e  che  contiene,  oltre  ad  una  certa  quantità 
del  sale  medesimo,  le  materie  solubili,  le  quali  erano 
con  esso  in  mischianza,  e  lo  rendevano  impuro; 
marziale,  una  delle  acque  minerali  che  contiene 
ferro  in  dissoluzione.  Si  dice  anche  di  acque  che 
contengono  questo  metallo  disciolto  per  arte. 

Acqua  medicata,  qualunque  acqua  in  cui  siano  state 
sciolte  sostanze  medicinali;  medicinale,  usata  in  medi- 
cina (sia  per  bagno  o  per  bevanda);  mercuriale, 
contenente  sali  di  mercurio;  acqiui  minerale,  quella 
in  cui  sono  in  dissoluzione  materie  saline  o  gas,  e 
serve  per  uso  medicinale  (queste  acque  sono  larga- 
mente usate  per  bagno,  per  bevanda,  ecc.).  ^ 

Acqua  ossigenata,  biossido  di  idrogeno,  che  si 
ottiene  trattando  il  biossido  di  bario  stemperato 
nell'acqua  distillata;  panata,  resa  tale  con  un  po'  di 
pane  arrostito  per  togliere  il  crudo  e  darla  ai  malati 
che  hanno  sete. 

Acqua  ragia,  prodotto  di  distillazione  della  tre- 
mentina: serve  ad  usi  industriali  e  specialmente 
nella  fabbricazione  delle  vernici  (è  antisettica  contro 
le  pulci,  le  cimici,  ecc.);  regia,  mistura  acida  che  si 
forma  con  la  mischianza  di  due  acidi,  nitrico  e  clori- 
drico, oppure  di  acido  nitrico  con  sale  ammoniaco 
0  di  acido  cloridrico  col  nitrico  (scioglie  l'oro  e  il 
platino). 

Acqua  salina,  acqua  minerale  di  cui  elementi 
predominanti  sono  i  cloruri  di  sodio,  di  calcio 
e  magnesio,  i  solfati  di  soda,  calce  e  magnesia; 
saponata,  acqua  nella  quale  sia  sciolto  del  sapone; 
si  dice  anche  semplicemente  saponata;  feconda,  so- 
luzione di  carbonato  di  potassa,  usata  dai  pittori 
e  dagli  incisori;  seknitosa  {dura),  quella  che  alla 


20 


ACQUA   —   ACQUOLINA 


analisi  chimica  dà  un  per  cento  molto  elevato 
in  sostanze  minerali,  principalmente  in  carbonati  e 
solfati  alcalini;  solforosa  o  self  urea,  acqua  minerale 
contenente  gas  acido  solfidrico  o  qualche  solfuro 
alcalino  in  soluzione  {fanghi,  i  depositi  di  questa 
acqua). 

Acqua  termale,  naturale,  specialmente  minerale,  la 
cui  temperatura  è  manifestamente  maggiore  di  quella 
dell'atmosfera  (sorgente  termale,  che  risale  dopo  avere 
preso  la  temperatura  delle  zone  che  attraversa;  sta- 
zione td-male,  stabilimento  pubblico  vicino  a  sor- 
genti termali);  termominerale,  calda  e  minerale  (ter- 
mologia, trattato  delle  acque  termali);  tofana,  specie 
di  veleno  (acquetta  di  Napoli,  acqua  di  Perugia). 

Acqua  vegeto-minerale  (o  di  Goulard),  estratto  di 
saturno,  anche  sottoacetalo  di  piombo,  diluito  nel 
l'acqua  (serve  in  caso  di  contusioni,  lussazioni, 
ecc.);  vitriola,  contenente  qualche  solfato  metallico,  ed 
in  ispecie  quello  di  rame,  o  di  ferro,  o  di  zinco;  vul- 
neraria, acqua  medicata  contenente  la  parte  volatile 
delle  specie  vulnerarie,  sorta  di  piante  aromatiche; 
zolfa,  IO  stesso  che  acqua  epatica-  o  solforosa. 

Acqua.  Qualità  più  o  meno  limpida  della 
gemma. 

Acqua  alle  gambe.  Malattia  del  cavallo. 

Acqua  battesimale.   Quella  pel  battesitno. 

Acqua  benedetta.  Quella  usata  nelle  pratiche 
del  culto  cattolico:  acqua  santa,  acqua  lustrale.  Se 
ne  serve  il  prete  per  benedire  persone  e  cose;  i 
fedeli  vi  tuffano  le  dita  per  farsi  il  segno  della 
croce,  ecc.  -  Acquasantino,  pila,  vaschetta  che  la 
contiene;  piletta,  pdozza.  -  Aspersòrio,  arnese, 
quasi  a  forma  di  pennello,  adoperato  dal  sacerdote 
per  aspergere  con  l'acqua  santa  :  asperges,  sperges. 

Acquacedrataio.  Chi  vende  qualche  be- 
vanda  (per  lo  più  acqua  limonata)  per  via:  ac- 
qua frescaio,  acquaiolo. 

Acquadernare  (acquadernato).  Disporre  la 
carta  in  quaderni. 

Acquàio.  Pila,  per  lo  più  di  pietra,  con  rela- 
tivo condotto,  praticata  nelle  case  per  ricevere  le 
acque  che  sì  gettano  via  ;  vaschetta  a  sponde  basse 
che  sta  in  cucina  e  serve  alla  rigovernatura  delle 
stoviglie.  -  Buco,  il  foro  della  pila  per  cui  esce 
l'acqua.  -  Cannello,  tubo  d'ottone  sopra  la  pila  - 
Cannone,  canale,  condotto,  doccione.  -  Gola,  il  con- 
dotto, il  tubo,  i  doccioni  pei  quali  l'acqua  passa.  - 
Pila,  il  vaso  contenente  l'acqua.  -  Retino,  rete  me- 
tallica sul  buco  dell'acquaio.  Il  condotto  è  tappato, 
intasato,  quando,  per .  introduzione  d'altre  materie, 
per  lo  più  solide,  l'acqua  non  vi  può  scorrere. 

Acquaiòlo.  Chi  porta  acqua  per  mestiere. 
—  V.,  inoltre,  a  pianta^  vaiaolo. 

Acquamare.  Varietà  di  colore. 

Acquamarina.  Pietra  preziosa,  gemma. 

Acquapendente  (acquapéndere).  Detto  a  morir 
te,  a  pendio. 

Acquare  (acquato).  Far  provvista  d'acqua. 

Acquàrio.  Serbatoio  d'acqua  (leggasi  dove  si 
parla  di  edifici,  operazioni,  ecc.  relativi  all'acqua) 

Acquartierare  (acquartierato).  L'alloggiare  di 
an  esercito. 

Acquarzente.  L'acquavite,  Valcool. 

Acquasantino.  Pila  per  l acqua  benedetta. 

Acquastrino.  Di  terreno  inzuppato  d'acqua. 

Acquatinta.  Liquido  per  Vincisione. 

Acquattare  (acquattato).  Modo  di  nascon- 
dersi. 

Acquavite.  La  parte  spiritosa  del  vino,  o  d'al- 
tro liquore  vinoso,  estratta  per  prima  distillazione, 


senza  rettificarla.  Con  l'invecchiamento  o  con  spe- 
ciali manipolazioni,  dà  il  cognac.  -  Anaci,  acquavite 
anaciata,  acquavite  d'anici.  -  Anisetta,  acquavite 
leggera  con  sapore  d'anici.  —  Acquavitaio,  chi  vende 
acquavite  e  altri  liquori,  per  le  strade  o  in  una 
piccola  bottega.  -  Cicchettare,  prendere  un  cicchetto, 
bere  un  bicchierino  d'acquavite. 

Acquazzone.  Rovescio  di  pioggia. 

Acquedotto  (acquidotto,  acquidutto).  Canale,  per 
lo  più  in  muratura  e  ad  archi  quando  sopra  suolo, 
per  il  quale  si  conduce  l'acqua  da  luogo  a  luogo: 
condotto  dell'acqua,  acquidoccio,  doccionata.  -  Trin- 
carello,  piccolo  acquedotto  ;  piccola  doccia  o  cas- 
setto che  conduce  l'acqua.  -  Fossa,  per  lo  più  mu- 
rata, che  riceve  l'acqua  dei  campi.  -  Cappa,  coper- 
tura 0  tegumento  ai  smalto  che  si  stende  sulle 
vòlte  per  impedire  che  le  acque  vi  producano  de- 
terioramento. -  Sifone,  canale  o  tubo,  id. 

Acqueo.  Di  acqua,  —  Umore  dell'occhio. 

Acquereccia.  Specie  di  vaso  da  acqua. 

Acquerella.  Piccola  pioggia. 

Acquerello.  Colore  stemperato  con  acqua  e 
adoperato  per  adombrare  un  disegno;  il  disegno 
stesso  toccato  in  tal  modo;  modo  di  pittura:  ac- 
querella, acquerelletto.  -  Acquerellista,  chi  si  ap- 
plica ad  acquerellare,  ossia  ad  adombrare  disegni 
con  acquerello.  -  Neutro,  colore  grigio-giallastro  de- 
gli acquerellisti. 

Acquerùgiola.  Minutissima  pioggia. 

Acquetare,  acquietare  (acquiescente,  acquie- 
scenza, acquièscere).  Indurre  in  calma;  rendere 
contento  ;  soddisfare  un  creditore. 

Acquetta.  Ingrediente  di  belletto;  sorta  di 
bevanda  ;  picola  pioggia  ;  forte  veleno. 

Acquicella.  Piccola  pioggia. 

Acquiescènza.  Il  mettersi  alla  volontà  d'al- 
tri; adattarsi. 

Acquirente  (acquisitore).  Chi  fa  atto  di  com- 
perare. 

Acquisire  (acquisitivo,  acquisitizio,  acquisito, 
acquisizione).  Lo  stesso  che  acquistare. 

Acquistare  (acquistabile,  acquistamento,  acqui- 
stato, acquisto).  Acquisire,  venire  in  possesso  di 
alcuna  cosa,  impadronirsene,  farne  acquisto;  ri- 
trarre, arrecarsi  ;  comperare,  procurarsi,  procac- 
ciarsi ;  aumentare,  guadagnare,  ottenere; 
attirarsi,  beccarsi,  buscarsi,  accaparrarsi,  raccogliere 
(affetto,  onori,  stima,  ecc.)  ;  avvantaggiare,  progre- 
dire, migliorare,  profittare  ;  apprendere,  imparare, 
acquistar  cognizioni  ;  riavere,  ripigliare,  ricuperare. 
Prosperare,  detto  di  pianta  o  d'animale:  mi- 
gliorare. 

Acquisitizio,  acquistato  d'altronde,  non  proprio.  - 
Acquisito,  non  naturale,  ma  in  qualsiasi  modo 
acquistato.  -  Acquistabile,  che  si  può  acquistare  :  ac- 
quisibile, ricuperabile,  ecc.  -  Acquisto,  acquista- 
mento, acquirenza,  acqpiisizione,  guadagno,  otteni- 
mento, incremento.  —  Roba  di  buono  o  di  mul'cu> 
quisto,  acquistata  bene  o  male,  onestamente  o  no. 

Diritto  di  prelazione,  quello  che  compete  ad  alcuno 
di  acquistare  una  determinata  cosa  allo  stesso 
prezzo  e  alle  stesse  condizioni  che  possono  essere 
state  fatte  per  la  stessa  cosa  ad  un  altro.  -  Usuca- 
pione, acquisto  della  proprietà  per  lungo,  pacifico 
possesso.  —  Riacquistare. 

Acquistò.  L'acquistare.  Acquistare  di  nuovo. 

Acquitrina.  Umore  dell'  occhio. 

Acquitrino  (acquitrinoso).  Movimento  dall'ac- 
qua  ;  terreno  a  palude. 

Acquolina.  Minuta  pioggia.  -  Y.  a  desiderio. 


ACQUOSITÀ     —    ADATTARSI 


21 


Acquosità  (acquoso).  V.  ad  acqua,  umidità. 

Acre.  Di  sapore:  agro,  piccante,  pungente, 
aspro,  brusco,  acido,  acerbo,  afro;  acrimonia  (acrimo- 
nioso), asprezza,  acerbezza,  acerbità,  acrèdine,  agrez- 
za, crudezza. -Di  odore  e  dì  suono:  acuto,  forte, 
penetrante.  -  Di  dolore,  rimprovero  e  simili: 
acerbo,  acerrimo,  acuto,  crudo,  duro,  fiero,  forte, 
intenso,  vivace,  vivo,  violento.  -  Acremente,  agra- 
mente, acerbamente,  acerrimamente,  aspramente, 
crudamente.  —  ^laniera  di  avere  contegno,  dì  par- 
lare. —  Rabbruscare,  rabbruscarsi  :  Tendere,  diventar 
brusco,  acre. 

Acrèdine,  acrimonia.  Qualità  di  ciò  che  è 
ticre. 

A  crepacorpo  (o  crepapelle,  a  crepapancia). 
Dicesi  del  mangiare  eccessivamente. 

Acro.  Sorta  di  misura  (agricola). 

Acroamatico.  Detto  a  filosofia  e  a  libro. 

Acròbata.  Chi  balla,  danza  sulla  corda; 
ballerino,  ballatore  di  corda.  -  Acrobdiico,  dì 
acròbata.  -  Acrobatismo,  funambolismo,  condotta 
equivoca,  specialmente  m  politica. 

Acrodinia.  Male  delle  dita. 

Acrolexna.  Medicamento  antisettico. 

Acromàtico.  Senza  colore:  di  lente  da  can- 
nocchiale, ecc.  -  Acromatismo,  l'essere  acromatico. 

Acròpoli.  Particolare  fortezza. 

Acròstico.  Componimento  in  poesia. 

Acrotèrio.  Piedistallo  di  statua  o  d' altro  in 
qualche  edificio. 

Acuire,  acuminare  [acuità,  acutezza).  Fare 
acuto,  aguzzo,  a  putita.  -  Lavoro  de  11  arrogi/io. 

Acùleo  (aculeato).  Pungiglione  di  insetto» 

Acume.  Acutezza  d'  ingegno. 

Acùstica  {acustico).  Scienza  che  tratta  del 
suono  e  dell'  udito,  -  Otacustica,  V  acustica  appli- 
cata alla  medicina, 

Acutàngolo.  Detto  in  angolo. 

Acutezza  {acuità).  L'  essere  acuto. 

Acuto.  Naturalmente  appuntato  o  assotiigliaio 
in  punta:  aguzzo,  puntato,  puniaguto,  pinzuto, 
pizzuto,  stilettato,  aculeato,  rostrato,  pungente,  pe- 
netrante (di  cosa  che  fa  impressione);  trafittivo. 
—  Detto  di  dolore,  di  malattia:  forte,  intenso, 
violento,  precipitoso,  di  non  lunga  durata.  •  Con 
particolari  significati  riferito  ad  accento,  angolo, 
suono,  voce. 

Rendere,  fare  acuto:  acuire,  aculire,  inacutire 
(inacutito);  affusare,  afTusolare,  affusellare,  raffuso- 
lare.  Rappuntare,  rassottigliare,  aguzzare. 

Adacquare  {adacquato,  adncquatvra).  Adope- 
rare acqua  per  bagnare,  per  irrigazione. 

Adagiare,  adagiarsi  {adagiamento,  adagiato). 
Posare,  fare  adagio;  acquistare  agiatezza;  inet- 
lersi  a  sedere  o  sdraiarsi. 

Adagio.  Lentamente,  per  lo  più  detto  deiraw~ 
dare,  del  camminare:  passin  passino,  passo 
passo,  a  pian  passo,  a  passo  naturale;  adagino; 
cheto  cheto,  lemme  lemme,  lonzo  lonzo,  bel  bello; 
a  calate,  a  calette  di  chéppie  (del  venir  giù);  con 
tutto  comodo,  a  tutto  agio,  a  rilento,  adagio  adagio, 
poco  a  poco;  adagino,  piano  piano,  un  passo  alla 
volta,  un  passo  dietro  l'altro,  a  passo  di  processione, 
con  passi  radi,  con  soave  passo;  piede  innanzi 
piede,  a  passi  tardi  e  lenti,  con  picciol  passo,  ca- 
tellon, catelloni;  grondone,  grondoni.  Famigliami., 
chianna  chianna,  giò  giò. 

Far  passo  di  picca;  muoversi  come  una  gatta  di 
pietra.  -  Flemma  e  tempo:  raccomandando  di  andar 
piano.  -  Adagio,  adagio,  perché  ho  fretta,  cosi  i  ge- 


suiti ai  loro  allievi,  nello  scrivere,  nel  lavorare,  ecc. 
—  V.  a  parlare. 

Andare  più  adagio  :  rallentare  il  corso.  -  Più  o  meno 
adagio:  ora  a  maggiore   e  ora  a  minor  passo. 

Adagio.  In  musica,  il  tempo  della  battuta 
più  lento  dell'ordinario. 

Adagio.  Lo  stesso  che  massima,  sentenza,  ^ro- 
verlno. 

Adamante  {adamantino).  Il  diamante. 

Adamantino.  Duro,  forte,  indomàbile  (di 
carattere  d'  una  persona). 

Adàmico,  adamitico*  Di  o  come  Adamo. 

Adamo  {adamitico,  adamico).  Il  primo  parente, 
il  primo  0  antico  padre,  genitore;  il  primo  uomo; 
il  primo  genitore,  il  progenitore,  il  maggior  padre 
di  famiglia.  Protoparente,  protoplasto,  primo  for- 
mato. -  L'uom  che  non  nacque;  il  seminatore;  l'a- 
nima prima. 

Adamo  ed  Eva:  i  primi  parenti,  i  primi  progenitori, 
la  prima  coppia  ;  1  umana  radice.  —  V.  a  fico. 

Adattare  {adattabile,  adattamento,  adattezza, 
adatto).  Propriamente,  accomodare  una  cosa  con 
un'altra;  proporzionare;  agguagliare,  conformare, 
coordinare;  acconciare,  racconciare;  assestare,  ordi- 
nare; far  che  una  cosa  destinata  ad  un  uso  possa 
convenientemente  servire,  prestarsi  per  un  altro; 
rimbastare. 

Agguagliare  la  terra  e  condizionarla  alla  natura 
dell'albero. 

Adattezza,  l'essere  adatto:  adaltanza,  acconcezza. 
Adattamento,  V  adattare  e  1'  adattarsi,  atto  ed  etletto. 
Adattamente,  in  modo  adattato,  convenientemente.  - 
Adattato,  reso  atto,  conveniente,  ecc.  -  Adattabile, 
che  si  può  adattare.  —  Contrario,  inadattabile. 

Adattaccliiare,  adatticchiare,  adattare  alla  meglio,  in 
qualche  modo.  -  Appropriare,  adattare  con  proprie- 
tà, convenientemente.  -  Rabberciare,  accomodare, 
adattare  alla  meglio  o  alla  peggio.  —  Riadattare,  ri- 
pete adattare. 

Adattarsi  {essere  adatto).  Avere  (cosa  o  persona) 
le  qualità  richieste  per  un  determinato  scopo;  es- 
sere acconcio,  atto,  convenevole,  conveniente,  con- 
facente, conforme,  consono,  da  ciò,  ad  hoc,  a  pro- 
posito, a  propositissimo,  congruo,  proporzionato, 
adeguato.  Acconvenire,  convenire,  convenirsi;  accoz- 
zarsi, affarsi,  fare  al  caso,  confarsi;  attagliarsi;  star 
bene,  garbare;  essere  o  parere  fatto  a  posta,  fatto  a 
proprio  dosso,  ad  hoc;  essere  da  ciò;  buono  per  una 
cosa,  abile;  essere,  fare,  venire  al  caso,  al  punto; 
addirsi;  esser  dicevole,  esser  quel  che  ci  vuole;  an- 
dare come  il  fodero  alla  spada. 

Tornare,  calzare;  tornare  a  pennello,  a  capello;  far 
per  una  cosa,  una  persona;  essere  il  desso;  starci 
dipinto;  quadrare,  quadrare  a  capello,  al  verso;  star 
bene  più  che  il  basto  all'asino;  tornare  in  chiave; 
rispondere  a  battuta.  -  Attagliare,  venire  in  taglio, 
in  acconcio,  affarsi;  essere  tagliato  ad  una  cosa,  es- 
serci atto,  avere  natura  da  ciò. 

Frutto  di  stagione,  cosa  accomodata  ai  tempi.  - 
Idoneo,  che  ha  la  qualità  e  i  requisiti  necessari 
a  un  dato  ufficio.  -  Luogo  e  tempo  competente,  adat- 
tato, opportuno.  -  Tagliato  al  dosso  di  tutti,  adatto  per 
chicchessia.  -  A  chiederlo  a  lingua,  a  farselo  fare 
espressamente,  non  poteva  riuscire  più  adatto. 

Adattarsi  {adattamento,  adattato).  Acconsentire, 
acconciarsi  a  certe  condizioni;  conformarsi,  rasse- 
gnarsi ad  esse,  sopportarle,  subirle;  sottostare;  acco- 
modarsi alla  meglio;  tagliare  secondo  il  panno. 

Adattarsi  alle  circostanze;  ballare  secondo  ti  verso 
$uona;  prendere  il  mondo  come  viene;  lasciar  cor  reret 


22 


ADATTO 


l'acqua  per  la  china;  lasciar  andare  l'acqua  aWingiù; 
usare  filosofia;  secondare  l'onda  corrente;  lasciar 
correre  due  soldi  per  ventiquattro  denari;  legar 
rasino  dove  vuole  il  padrone;  non  la  volere  né  più 
cotta,  né  più  cruda;  essere  come  l'asino  del  mugnaio, 
ehe  altrui  porta  pane  e  orzo. 

Conformarsi,  contentarsi,  fare  il  filosofo;  stare  a 
patti,  sottomettersi,  asservirsi;  avere  acquiescenza. 
Rispondere  a  battuta 

Adattamento,  atto  ed  effetto  dell'adattarsi.  -  Adat- 
tarsi a  tutto,  a  ogni  circostanza:  saper  andare  al- 
l'erta e  alla  china;  esser  da  bosco  e  da  riviera;  aver 
mantello  ad  ogni  acqua;  darsi  vinto  alla  fortuna.  - 
Chi  non  può  portar  la  seta  porti  la  lana,  bisogna 
adattarsi  alle  condizioni. 

Non  adatto.  -  Disadatto,  inadatto,  disacconcio,  di- 
sconveniente, malproprio,  inconveniente,  inapplica- 
bile. Disadataggine,  disconvenienza,  inconvenienza.  - 
Ha  fatto  il  suo  tempo,  di  persona  che  ormai  non  è  più 
conveniente  alla  situazione,  ai  tempi,  alle  esigenze 
»  alla  moda.  E  si  può  ben  dire  anche  di  cose. 

Adatto.  Che  può  adattarsi  (essere  adatto);  che 
è  acconcio,  atto,  abile. 

Addanaiato.  Termine  di  araldica. 

Addare,  addarsi.  V  accorgersi,  l'avvedersi, 
il  capire. 

Addaziare  {addaziato).  Sottoporre  a  dazio. 

Addebbiare»  addebbiamento  {addebbiato, 
addebbio).  Lavoro  di  agricoltura. 

Addebitare  {addébito)^  Far  accusa,  colpa; 
dar  debito. 

Addecimare  {addecimato,  addecimazione).  Ri- 
ferito a  comime,  a  tassa. 

Addensare  {addensq,mento,  addensato).  Far  den- 
so; stringere  insieme;  unire. 

Addentare  {addentato,  addentatura).  Prendere 
COI  denti.  Figur.,  biasimare.  -  Lavoro  di  fale- 
gname. 

Addentellare  {addentellato,  addentellatura).  La- 
voro di  muratore. 

Addentrare,  addentrarsi  {addentramento,  ad- 
dentrato, addentro).  Introdurre,  introdursi  nell'i»*- 
temOf  penetrare. 

Addestrare,  addestrarsi  (addestramento,  ad- 
destrato). Rendere,  farsi  abile  in  un  mestiere,  in 
un  esercizio:  ammaestrare. 

Addetto.  Chi  appartiene  ad  un  determinato  uf- 
ficio 0  impiego  o  lavoro. 

Addì.  Detto  a  giorno. 

Addiacciare  {addiacciato).  Diventare  ghiaccio. 

Addiaccio  {addiacciato).  Campo  nel  quale  sta  il 
gregge  (leggasi  a  pastorizia).  -  Di  soldati,  modo 
di  stare  neìVaccampatnento. 

Addietro.  Di  luogo,  dietro;  di  tempo,  pas- 
sato. 

Addimandare  (addomandare).  V.  a  dima/n- 
dare. 

Addimesticare  {addimesticamento,  addimestir 
cato).  Rendere  domestico  un  animale,  impianta. 

Addimostrare  {addimostrato).  V.  a  dimo- 
strare. 

Addio.  Parola  di  saluto.  ■  V.  ad  abbandonare. 

Addipanare  {addipanato).  Detto  a  filo,  gomi- 
tolo. 

Addire,  addirsi  (addetto).  Assegnare,  dedicarsi  ad 
un  lavoro,  ad  un  ufficio.  -  Affarsi,  essere  adatto. 

Addirlmpetto.  Lo  stesso  che  dirimpetto. 

Addìrìtto  {addritto,  a  diritto,  a  dritto).  Proce- 
dimento di  una  linea. 

Addirittura.  Y.  a  diritto,  a  subito. 


Addirizzare  {addrizzare,  addirizzatura).  Ridurre 
0  far  tornare  diritto  ciò  che  è  storto. 

Addirizzatolo.  Istrumento  da  spartire  i  ca- 
pelli, per  pettinare. 

Addlscipllnare  (addisciplinato).  V.  a  disci- 
plina. 

Additare  {additamento,  additato).  Indicare  col 
dito;  accennare,  mostrare. 

Addivenire  {addivenuto).  Venire  a  checchessia 
in  discorso,  per  affare,  ecc.  —  Diventare. 

Addizione  {addizionare,  addizionale).  V.  ad  ag- 
giungere, a  somma. 

Addobbare  {addobbamento,  addobbo).  Il  guer- 
nire  ornatamente  una  stanza,  una  casa,  un  teatro, 
una  via,  ecc.,  per  festa,  per  spettacolo;  ornare, 
decorare;  parare  (detto  specialmente  di  chiesa); 
addrappare,  pavesare. 

Addobbato,  guernito,  parato  ;  di  stanza  le  cui 
pareti  siano  ricoperte  di  stoffe,  ecc.  -  Addobbatore, 
decoratore,  apparatore,  paratore  (di  chiesa).  Asset- 
tino, chi  fa  il  mestiere  di  addobbare;  anche  chi  fa 
il  tappezziere. 

Addobbo,  complesso  di  ornamenti  e  modo  di  di- 
sporli ;  addobbamento,  apparamento,  apparatura,  pa- 
ramento, paratino,  parato  ;  apparecchio,  assetto  ;  ador- 
namento; fornimento;  decorazione.  -  Ap/jorato,  il 
complesso  di  tutto  ciò  che  serve  ad  addobbare  un 
luogo  0  che  si  raccoglie  e  si  mette  in  mostra.  -  Fe- 
stone, fronde  d'alloro,  mortella  e  simili,  con  fiori, 
messe  in  catena  (o  con  pezzi  di  stoffa  smerlati)  e 
appese  per  festa.  -  Grillotti,  le  frange  dei  parati.  - 
Pènejro,  guarnizione  tessuta  apposta,  ad  anse,  con 
nappa,  che  si  mette  lungo  gli  orli  delle  tende,  dei 
parati  e  simili.  —  Addobbo,  truogolo  da  conciatore. 

Addocclare  {addocciato).  Fare  un  incavo  nel 
legno. 

Addocilire  (addocilire).  Rendere  cedevole  al 
tatto,  sia  panno  o  pelle. 

Addog-are  (addogato).  Termine  di  araldica. 

Addolcare  (addolcato)  Farsi  dolce:  del  tempo. 

Addolcire  (addolcimento,  addolcitivo,  addolcito). 
Rendere  dolce.  -  Temperare,  mitigare:  di  dolore, 
di  passione. 

Addolorare,  addolorarsi  (addoloramento,  ad- 
dolorato). Dare,  sentir  dolore. 

Addolorata.  La  Madonna. 

Addome.  La  maggiore  delle  cavità  splancniche  : 
parte  del  ventre. 

Addomesticare,  addomesticarsi  (addome- 
sticamento,  addomesticato,  addomesticatore).  Rendere 
domestico  un  animale,  una  piamta,  -  Prendere 
familiarità,  diventare  amico. 

Addominale.  DoiVaddome. 

Addopparsi  (addoppato).  Mettersi  dietro  odopo. 

Addoppiare  (addoppiamento,  addoppiato,  ad- 
doppiatura,  addoppio).  Far  doppio;  mettere  in- 
sieme filo  di  seta,  di  cotone,  ecc. 

Addoppiatolo.  Arnese  da  setaiuolo. 

Addormentare,  addormentarsi  (addormeiv- 
tato).  Far  dormire,  prendere;«onwo. —  Ridurre  o  ri- 
dursi in  inerzia. 

Addormire,  addormirsi  (addormito).  Far 
dormire,  addormentare;  addormentarsi. 

Addossare,  addossarsi  (addossamento,  addos- 
sato). Porre,  porsi  addosso.  -  Dare,  prendere  un 
incarico,  Una  colpa,  una  responsabilità,  un 
lavoro. 

Addossata.  Detto  a  sarto. 

Addosso.  A  dosso,  indosso,  sopra  il  dosso,  so- 
pra la  persona  :  sopra  di  sé;  a  collo,  in  collo. 


ADDOTTORARE 


23 


A  ridosso,  a  dosso,  ma  con  la  differenza  che  a 
ridosso  si  usa  parlando  di  cosa  che  colpisca  repen- 
tinamente. 

Addottorare»  addottorarsi  (addoilor amento, 
addottorato).  Fare,  diventar  dottore;  conferire, 
prendere  la  laurea.  -  Ammaestrare,  istruire, 
istruirsi. 

Addottrinare,  addottrinarsi  (addottrinato). 
V.  a  istruire. 

Addrappare  (addrappato).  Ornare  di  drappo, 
parare,  addobbare. 

Addrappellare  {nddr appellato).  Modo  di  unirCf 
specialmente  riferito  al  soldato. 

Addurlre,  addurirsi  [addurito).  Rendere,  di- 
ventar duro. 

Addurre  (addotto).  ArTecase,  portare.  •  Fig.,  ci- 
tare, presentare  (di  argomento  in  una  discus- 
sione, di  prova  in  un  fatto  e  simili). 

Adeguare  (adeguatamente,  adeguato).  Rendere 
eguale,  pari.  -  Appianare,  render  jnano. 

Adémpiere,  adempire  (adempimento,  adem- 
piuto, adempito).  Far  cosa  rispondente  a  un  do- 
vere, a  un  obbligo,  a  una  promessa,  a  un 
ordine. 

Adenite  (adenoso).  Detto  a  ghiandola. 

Aderenza.  Adesione,  atto  deWaderire. 

Adèrgere,  adergersi.  Inalzare,  inalzarsi; 
porre,  porsi  in  alto. 

Aderire  (aderente,  aderito,  adeso).  Stare  attac- 
cato, attaccarsi;  essere  in  unione  stretta,  avere 
contatto.  -  Condiscendere,  acconsentire.  Seguire 
un'opinione,  una  dottrina,  an  partito  :  esserne 
partigiano.  -  Aderente,  attenente,  connesso,  at- 
taccato, seguace.  -  Aderenza,  attaccamento,  corri- 
spondenza di  pensiero,  vincolo  di  amicizia. 

Adescare  (adescamento,  adescato).  Allettare  con 
lusinga;  trarre  in  inganno. 

Adesióne  (adesivo).  L'aderire:  attaccamento, 
consenso.  -  Attrazione  fra  corpi  a  contatto. 

Adesivo.  Agente,  sostanza,  che  si  attacca,  adopera- 
ta in  farmacia,  nell'industria,  ecc.:  agglutinante. 

Adèspoto.  Senza  padrone,  -  Anonimo,  detto 
di  libro,  di  scrittura. 

Adèsso.  Ora,  attualmente,  del  presente. 

Adiacente,  adiacenza.  V.  a  vicino. 

Adianto.  Erba  medicinale,  specie  di  felce. 

Adiettivo  (adieltivaré).  Lo  slesso  che  agget- 
tivo. 

Adimare  (adimató).  Volgere  a  basso. 

Adinamia.  Esaurimento  di  forza. 

Adipe  (adiposo).  Grasso,  pinguedine. 

Adipsfa.  V.  a  sete. 

Adirare,  adirarsi  (adiramento,  adirato,  adi- 
roso).  Muovere,  muoversi  ad  ira. 

Adire,  adizione.  Y.  a  eredità,  giudice, 
tribunale. 

Adito.  Luogo  nel  quale  poter  entrare. 

Adiuvare  (adiuvato).  Porgere  aiuto. 

Ad  Libitum.  A  piacere,  a  capriccio,  in  musica. 

Ad  litterani.  Parola  per  parola,  letteral- 
iiiente. 

Adnàta.  Membrana  dell'occ/j-io. 

Adocchiare  (aocchiare,  adocchiato).  Modo  di 
guardare. 

Adolescenza  (adolescente).  L'età  fra  la  pue- 
rizia e  la  gioventii  :  adoJescenzia,  prima  gioventù, 
età  dello  sviluppo,  della  cresciuta;  età  pubescente, 
pubescenza,  pubertà ,  età  primaticcia,  critica,  fiorita. 
—  Adolescente,  pubescente,  pubere,  pubero,  adole- 
scentulo;   giovinetto,   giovincello,   garzoncello;  im- 


berbe, sbarbatello,  non  pupillo.  Bruco  che  diventa 
farfalla.  —  Infibulazione,  costume  praticato  dagli  an- 
tichi per  conservare  il  vigore  all'  adolescenza  : 
r infibulazione  si  pratica  oggi  qualche  volta  sulle 
giumente. 

Adombrare  (adombramento,  adombrato,  adonì- 
brazione).  Coprire  d'ombra.  -  Far  conoscere  imper- 
fettamente, dissimulare,  fingere.  -  Mettere  in  so- 
spetto. -  Celare,  nascondere.  -  Prender  paura:  del 
cavallo.  —  Adombramento,  imperfetta  nozione  d'una 
cosa  ;  parvenza,  ombreggiamento  ;  idea  incerta, 
ombra,  sfumatura. 

Adone.  V.  a  bello,  a  galante. 
Adonestare  (adonestatO).¥siT  sembrare  onesto; 
darsene  l'apparenza. 

Adònide  (adonidina).  Medicinale  che  agisce 
come  cardiaco  e  diurètico. 

Adonina.  Polvere  che  si  sparge  nella  calza  e 
nella  scarpa. 

Adònio.  Piede  di  verso. 

Adontare,  adontarsi  (adontabile,  adontato). 
Muovere,  muoversi  a  sdegno;  aversela  a  male, 
impennarsi. 

Adoperare  (adoperabile,  adoperato,,  adoprare, 
aoperare,  aoperare).  Far  uso,  usare,  impiegare, 
mettere  in  opera;  usufruire,  usufruttare,  grodere. 

Adoperarsi  (adoperarsi).  Operare,  a^ire,  fare 
opera  per  ottenere  checchessia. 

Adorare,  adorazione  (adorabile,  adorabilitd, 
adorando,  adorato,  adoratore,  adorazione).  In  mate- 
ria di  religione,  il  venerare  Dio,  questo  o  quel 
santo,  un  oggetto  sacro;  prestare  venerazione, 
divozione;  avere,  tenere  in  gran  devozione;  prestar 
culto.  -  In  ogni  caso,  amare  grandemente,  uno  al- 
l'eccesso;  altamente  onorare:  riverire,  prestar 
ossequio. 

Adorante,  chi  adora,  venera  :  adoratore,  vene- 
rante, veneratore.  -  Adorazione,  atto  ed  effetto 
dell'adorare:  venerazione;  ossequio  profondo  e  de- 
voto ;  devozione,  reverenza.  —  Autolatra,  adoratore 
di  sé  slesso  -  Autolatria,  neologismo  dal  greco,  che 
significa  adorazione  di  sé  stesso. 

Adorezzare  (adorezzato).  Far  ombra. 

Adornare,  adornarsi  (adomdbile,  adorna- 
mento,  adornatura,  adornatamente).  Fare,  farsi 
bello;  abbellire,   abbellirsi;   ornare,  ornarsi. 

Adornezza.  Leggiadria,  ornamento.  -  Ador- 
nanza,  eleganza. 

Adórno.  Fatto  bello,  ornato. 

Adottare,  adozione  (adottabile,  adottante, 
adottato,  adottivo).  Prendere  per  figlio.  -  Ammet- 
tere, accettare.  -  Eleggere  a  qualche  mso. 

Adottivo.  Riferito  a  figlio. 

Adragante.  Qualità  di  gomma. 

Adug-giare  (aduggiamento,  aduggiato).  Fare  om- 
bra. -  Dare  inquietezza  d'  animo,  irritare. 

Adugnare  (adugnato).  Afferrare  con  l'unghia. 

Adulare,  adulazione  (adulato,  adulatore, 
adulatorio).  Il  lodare  alcuno  esageratamente,  più  per 
interesse  o  altro  basso  sentimento  che  per  ammira- 
zione; lodare  per  servilismo.  Lusingare,  far  la  corte, 
far  coda,  far  codazzo;  lisciare,  incensare,  menare  il 
*  turibolo;  inghirlandare,  piaggiare,  piaggellare;  assen- 
tare,  blandire,  solleticare,  insaponare,  dar  del  sa- 
pone; imburreggiare,  rimbuneggiare;  solleticare, 
grattar  eli  orecchi;  dar  del  burro,  dell'unguen- 
to; dar  l'allòdola;  dar  caccabàldoli,  moine,  rosel- 
line; lustrare,  dar  la  lustra;  ungere,  strisciare; 
vender  fumo;  cantare  placebo,  andare  a  placebo; 
dar  la  quadra,  la  trave,  la  soia,  la  sapa.  Leccar  le 


ADLLTEKARE    —    ADUNANZA 


zampe,  lisciar  la  coda:  strisciare  uno;  unger  le 
carrucole,  gli  stivali;  grattar  la  rogna- 

Lisciato,  adulato.  -Mangiar  la  carne  deU allòdola, 
essere  adulato. 

Adulatore:  caudatario,  cortigiano,  ftiragrazie,  im- 
burreggiatore ;  leccazampe,  lecchino,  leccone:  as- 
sentatore,  lustrascarpe,  lustrastivali,  incensatore; 
panegirista,  pappagallo,  lusingatore,  insaponatore, 
piageiatore,  piaggiante,  piacentiere,  piallone,  sputa- 
zuccìiero,  sicofante:  capo  inchino,  lingua  piacente, 
striscione,  untore.  -  Adulatorio,  di  parole,  modi,  ecc., 
da    adulatore.    -    Far  Cave  rabbi,    essere  adulatore, 

-  Gela  degli  adulatori,  sepolcro  aperto.  -  Anche  il  cane 
col  dimenare  la  coda  si  guadagna  le  spese,  di  adu- 
latori. 

Adulazione:  lode  impropria,  indebita,  lusinga, 
lodarne,  cortigianeria,  corteggiamento,  elogio  sper- 
ticato, piaggiamento,  piaggiéria,  piacenteria,  gon- 
fiatura, incensata,  sopraesaltazione,  assenlazione; 
dinoccolato,  molle  ossequio;  plauso  infido;  imbur- 
reggiatura,  incensamento,  incensazione,  incensata; 
fregagione,  lustratina,  saponata,  soia,  untatura,  in- 
sapwnatura;  lisciamento,  lisciatura;  parola  confettata 
di  lode,  parola  di  mele.  -  Adulazwncella,  diminui- 
tivo  di  adulazione.  -  L'adulazione  è  sorella  carnale 
deir  impostura. 

Proverbi-  ad  ogni  santo  la  sua  candela,  chi  ti  loda 
in  presenza  ti  biasima  in  assenza,  la  lingua  unge  e 
il  (lente  punge;   chi  ti  vuol  Tnale  ti  liscia  il    pelo. 

-  Simbolo  deir adulazione:  il  baccaro  (asero,  spec- 
chio di  Venere),  erba  con  fiore  celestino,  e  l' e- 
lianto,  pianta  a  fiori,  della  famiglia  delle  rag- 
giate. 

Adulterare ,  adulterazione  { adulterabile, 
adulterante).  Alterare,  falsificare,  sofisticare.  — 
Commettere  adulterio. 

Adulterio  {adulterino,  adùltero).  Violazione  della 
lede  coniugale;  infrazione  dei  doveri  inerenti  al 
matrimonio;  amore  illegittimo,  amore  colpevole. 
Commettere  adulterio:  adulterare,  andare  a  moglie 
altrui,  mietere  nel  campo  altrui;  fare,  porre  le  corna, 
il  cimiero;  far  torto,  cornificare,  fare  le  fusa  torte, 
incornare,  render  cornuto,  coronare,  incoi  onare,  far 
becco;  porre  in  cornice  (scherz.):  correr  per  suo  il 
letto  d'altri.  -  Adulterino,  nato  di  adulterio,  spurio, 
illegittimo.  -  Adùltero,  chi  commette  adulterio:  fig., 
trionfator  di  talami. 

Adulto.  Cresciuto:  detto  di  uomo,  di  animale, 
di  pianta,  -  Chi  é  nello  stadio  della  vita  che  segue 
alla  giovinez7a  e  va  fino  all'  inizio  della  vecchiaia. 
Giovane  giunto  al  perfetto  sviluppo;  giovane  di  com- 
piuta età;  giovane  fatto,  spupillato,  fuor  di  fanciullo; 
Barbuto,  fuor  di  bambolino,  dislattato,  spoppato 
(scherz.);  uscito  di  puerizia,  fuor  de'  dentini;  uscito 
dal  carrucolo  del  babbo. 

Adunanza.  Riunione  di  più  persone  ad  uno 
scopo  qualsiasi,  per  discuiere,  per  trattare  una 
questione  qualunque,  per  prepararsi  di  comune  ac- 
cordo ad  un'impresa  e  simili:  adunamento,  aduna- 
ta, adunazione;  raunanza,  radunanza,  radunata,  ra- 
gunata;  accolta,  assembramento,  congregamento,  rac- 
colta. Un'adunanza  riesce  fredda,  meschina,  scarsa, 
deserta;  numerosa,  vivace,  solenne;  tranquilla,  or- 
dinata; clamorosa,  tempestosa,  tumultuante,  tumul- 
tuosa. 

AulOf  sala  di  solenni  adunanze,  di  magistrati,  di 
accademie,  di  istituti  d'istruzione.  -  Stanze  (le),  l'ag- 
gregato di  più  stanze  dove  si  radunano,  a  conver- 
sare, a  giocare  e  simili,  alcune  parsone. 

Chiariare  ad  adunatiza  :  adunare,  convocare,  con- 


gregare, radunare,  ragunare,  raunare.  raccogliere, 
riunire,  far  gente.  Prima,  seconda,  terza  convocazio- 
ne, il  rinnovarsi  della  chiamata.  -  Indire  un'adunanza, 
fissare  l'epoca  e  darne  annuncio  (indetta;  indizione). 

-  Riadunare,  ripete  adunare. 

Tenere  adunanza:  adunarsi,  assembrarsi,  conve- 
nire, raccogliersi,  radunarsi,  ragunarsi,  raunarsi;  es- 
sere, stare  a  consiglio;  far  sessione,  venire  a  parla- 
mento; far  concilio,  concistoro;  stringersi  a  concilio, 
a  conciliabolo  (adunanza  segreta). 

PROCEDtME.vrr  d' un'adunanza.  —  Appello,  ì\  chia- 
mare a  nome  per  conoscere  chi  e  quanti  siano  pre- 
senti: chiama.  -  Aprire  la  seduta,  incominciare  il 
lavoro  dell'adunanza,  per  invito  e  dichiarazione  di 
chi  deve  o  é  chiamato  a  presiederla  {Apertura 
della  seduta,  dei  lavori,  della  discussione,  ecc.)  - 
Chiudere,  levare,  togliere  la  seduta,  dichiarare  finita 
l'adunanza,  scioglierla,  discioglierla.  Chiusura,  la  fine 
d'una  discussione  (domandare,  mettere  ai  voti  la 
chiusura).- Con/rap/)e//o,  secondo  appello  (anche,  e 
meno  comunemente,  controchiama)  in  cui  sono  chia- 
mati per  la  seconda  volta  quelli  che  non  risposero 
la  prima. 

Discutere,  il  parlare  che  si  fa  sopra  un  determi- 
nato argomento  {discussione).  -  Esaurire  la  discus- 
sione, dar  fondo  all'argomento.  -  Domandare  la  pa- 
rota  (nell'uso),  chiedere  facoltà  di  parlare.  Il  presi- 
dente può  concederla  o  negarla.  -  Emendamento, 
correzione  o  aggiunta  a  un  ordine  del  giorno.  -  In- 
terrogazione,  interpellanza,  V.  ad  assemblea. 

Interruzione,  l'interrompere,  ossia  il  rimbeccare 
mentre  altri  parla.  •  Mozione  (voce  d'  origine  parla- 
mentare inglese),  proposta  avanzata  da  un  oratore  del- 
l'adunanza; mozione  d'ordine,  nchìzmo  fatto  quando 
la  discussione  non  proceda  regolarmente. 

Ordine  del  gjomo,  listino,  programma  degli  argomenti 
e  degli  oggetti  di  cui  trattare.  Anche  risoluzione,  pro- 
posta scritta  che  si  presenta  durante  o  alla  fine  di 
una  discussione  (formulare  un  ordine  del  giorno, 
compilarlo,  scriverlo);  la  deliberazione  con  la  qua- 
le finisce  una  discussione.  -  Passare  all'ordine  del 
giorno,  non  tener  conto  d'una  proposta,  non  fare 
discussione  sopra  un  argomento. 

Prejtudizia/^,  opposizione, per  motivi  di  opportunità, 
a  che  si  discuta,  si  tratti  d'un  argomento  (presen. are, 
sollevare  una  pregiudiziale)  -  Presidente,  chi,  per  di- 
ritto di  carica,  o  perché  chiamato  al  momento  dall'a- 
dunanza, ne  tiene  la  presidenza,  cioè  ne  dirige  la 
discussione  {tenere  il  seggio,  avere  la  presidenza). 

Processo  verbale  (e  anche  semplicemente  verbale), 
resoconto  esatto  di  ciò  che  fu  detto  nella  discussione 
(leggere,  approvare  il  verbale).  -  Proposta,  disegno, 
progetto  che  si  sottopone  all'adunanza  perché  lo  ac- 
colga (imbiancare  una  proposta,  il  non  approvarla), 

-  Questione  personale,  quella  sollevata  da  chi  si  sente 
o  si  crede  leso  dalla  parola  d'altri.  -  Relatore,  chi  è 
incaricato  di  esporre  ad  una  commissione,  ad  un'a- 
dunanza qualsiasi,  lo  stato  di  una  data  questione^ 
che  si  presenta  da  risolvere. 

Seduta,  l'adunanza  stessa,  il  tempo  che  dura  e  il 
lavoro  che  fa.  •  Segretario,  chi  reaige  il  verbale  e 
coadiuva  il  presidente.  -  Sessione,  serie  determinata  di 
adunanze.  -  Sospensiva,  domanda  diretta  a  ottenere  :1 
rinvio  di  una  discussione  o  di  una  votazione.  -  Udi- 
torio, i  componenti  un'adunanza  rispetto  a  chi  pro- 
nuncia un  discorso.  -  Votazione,  voto,  mezzo  col 
quale  un'adunanza  delibera  intomo  ad  una  propo- 
sta, a  una  questione,  ecc. 

Adunanze  varie.  —  Assemblea  (V.  questa  voce), 
adunanza  di  oersone  investite  d'un  ufficio,  d  un». 


Tavola  I. 


AERONAUTICA 


25 


1,  2,  mongolfiere  —  3,  aeròstato  dirigibile  —  4,  prima  mongolflara  per  viaggiatori  -  5,  pallone  del  1784  -  6,  aeiòstal  o 
Tissandier  -  7,  palloae  Giffard,  del  1852  -  8,  valvola  aperta  -  9,  valvola  chiusa  -  10,  carro  per  cilindri  di  idrogeno  com- 
presso -  11,  àncora  -  12,  aeròstato  del  1784  -  13,  statoscopio  -  14,  pallone  a  gas,  del  1783  -  15,  pallone  marittimo  fre- 
nato -  16,  valvola  inferiore  -  17,  molla  di  valvola  inferiore  -  18,  guida  a  modo  di  valvola  inferiore  -  19,  sezione  di  ge- 
neratore d'idrogeno  -  20,  navicella  -  21,  altra  àncora  -  22,  navicella  -  23,-  maccliina  per  aeròstati  militari  -  24,  valvola 
ordinaria  -  25,  carro  a  tubi  pel  gonfiamento  d'un  aeròstato  -  26,  àncora  piegata  -  27,  gonfiamento  di  un  aeròstato. 


26 


ADUNARE    —   AEROSTATO 


carica,  dei  membri  d'una  società,  ecc.  -  Branco, 
riunione  di  persone.  —  Camarilla,  camorra,  cricca, 
combriccola,  mafia,  V.  a  malfattore. 

Capìtolo,  adunanza  di  canonici,  di  frati,  ecc.,  e  il 
luogo  in  cui  si  radunano,  per  dire  gli  ufBci  divini,  o 
per  consultarsi  sulle  comuni  faccende.  -  Circolo,  asso- 
ciazione 0  adunanza  di  persone  che  trattano  di  poli- 
tica, di  arte,  di  letteratura,  di  commercio  o  d'industria: 
la  stessa  loro  sede.  Anche  crocchio,  capannello,  picco- 
lo groppo  di  persone.  -  Club,  parola  inglese  che  signi- 
fica società  ai  persone  ricche,  eleganti,  aristocrati- 
che. -  Combriccola,  oltrecchè  indicare  unione  di  poca 
gente  per  fine  occulto,  significa  anche  piccola  radu- 
nanza interessata.  -  Comizio  (V.  questa  voce),  dimo- 
strazione, manifestazione  della  put)blica  opinione:  in 
inglese,  meeting. 

.  Conciliàbolo,  un'adunanza  qualunque  a  scopo  per 
lo  più  non  buono.  Anche  adunanza  tenuta  non 
secondo  la  forma  voluta  dalla  Chiesa  e  che  si  ar- 
roga autorità  di  concilio.  -  Concilio  (V.  questa 
voce),  adunanza  generale  dei  prelati  della  Chie- 
sa -  Tener  concilio,  d' un'  adunanza  da  poco  te- 
nuta con  grande  apparato.  -  Concistoro,  di  gente  adu- 
nata che  raccia  grandi  discorsi. 

Conclave,  adunanza  dei  cardinali  per  la  elezione  del 
papa.  -  Congrèga,  buon  numero  dj  persone  insieme 
raccolte  per  un  fine,  per  lo  più,  non  nuono.  -Congre- 
gazione, compagnia  ai  persone  religiose  o  secolari. 
—  Adunanza  di  prelati  della  Curia  Romana. 

Congresso,  riunione  di  rappresentanti  di  nazioni 
per  trattare  affari  di  comune  interesse;  adunanza  di 
scienziati,  di  letterati,  di  professionisti,  di  persone 
d'una  determinata  classe,  ecc.,  per  trattare  dei  loro 
interessi  economici,  politici,  ecc.  {Congresso  medico, 
chirurgico,  geografico,  operaio,  artistico,  repubblicano, 
socialista,  ecc.,  ecc.). 

Conferenza,  riunione  di  più  persone  a  ragionare  di 
politica,  di  religione  o  d'altro,  per  definire  qualcosa 
d'importante.  -  Termine  scolastico:  esercizi  tra  maestro 
e  discepoli  per  ripetizioni,  interrogazioni.  Lezioni 
libere  e  staccate  sopra  qualche  argomento. 

Consesso,  riunione  di  persone  eminenti  e  autorevoli. 

Consiglio,  adunanza,  collegio  di  persone  deputate  a 
eurare  o  a  reggere  l'amministrazione  d'una  associa- 
zione, d'un  comune,  d'una  provincia,  d'un  go- 
verno, ecc. 

Convegno,  riunione  di   più   persone  in  un  luogo- 

Conventicola,  adunanza  segreta  e  con  intenti  non 
buoni.  -  Coro,  adunanza  d'uomini,  specialmente  reli- 
giosi, congiunti  insieme  ad  orare  e  salmeggiare. 

Fraternità,  adunanza  spirituale,  compagnia  creata 
a  scopi  religiosi  o  pii.  -  mitinghe  {meeting),  adunanza 
popolare  per  discutere  cose  sociali  o  politiche.  -  Mi- 
tingaio, chi  fa  parte  d'un  mitinghe  o  lo  promuove 
o  vi  si  presenta  oratore. 

Parlamento,  adunanza  dei  rappresentanti  d'  una 
nazione,  deputati  o  senatori.  -  Hitrovato,  unione  di 
convitati  per  stare  allegramente.  Ritrovati  geniali.  - 
Riunione,  persone  riunite  a  caso  o  a  convegno. 

Sinèdrio,    antica    adunanza   di   giudici   presso  il 

fiopolo  ebreo.  -  Sinodo,  adunanza  di  sacerdoti  sotto 
a  presidenza  del  diocesano.  -  Tornata,  adunanza 
d'accademie,  magistrati,  ecc.  -  Tornatella,  adunanza 
di  compagnia  o  simile. 

Adunare,  adunarsi  {adunamento,  adunanza, 
«dunata).  Il  riunire  o  il  riunirsi  di  più  persone  in 
un  dato  luogo,  per  determinati  scopi  ;  radunare 
aunare  (raccogliere,  radunarsi,  raccogliersi  insieme)! 
tenere,    fare    adunanza  ;    tar    turba,    concorso' 


folla,  moltitudine,  popolo.   -   Assembrare,  assem- 
brarsi (assembramento). 

Convenire,  andare  a  stare  insieme,  adunarsi  in  un 
luogo  medesimo.  -  Radunatura,  le  persone  o  le  cose 
radunate  a  caso  o  apposta.  -  Raggranellare,  radu- 
nare insieme  le  granelle  sparse.  -  Ragmiaticcio,  di  cose 
0  persone  radunate  qua  e  là,  senza  ordine:  rauna- 
ticcio,  raccogliticcio. 

Aduncare  {aduncalo).  Rendere  adunco,  a 
ptiìita. 

Ad  unguem.  Appunto,  con  precisione. 

Adusare  {adusato).  Assuefare,  abituare. 

Adustióne  {adusto).  Stato  di  aridità.  -  Atto 
del  bruciare.  -  Figiu'.,  condizione  di  chi  è  magro. 

Aerato.  Detto  a  carbonico  (acido). 

Aere  {aèreo).  Lo  stesso  che  aria. 

Aereàto.  Di  luogo  in  cui  circoli  bene  Varia, 

Aeremoto.  Tempesta  di  vento. 

Aèreo.  D'aria,  appartenente  all'aria,  vivente  in 
essa,  ecc.  -  V.  a  prospettiva. 

Aeriforme.  In  forma  o  in  qualità  d'aria. 

Aerodinàmica.  Studio  dei  moti  dell'aria. 

Aerografia.  Ramo  della  fisica  che  tratta  del- 
l'aria e  de'  suoi  uffici. 

Aerollto.  Meteorite,  pietra  che  cade  dall'ai- 
mosfet^a. 

Aeronàuta.  Chi  attende  aìl'aeronàutica. 

Aeronàutica  {aereonautica,  areonautica).  Navi- 
gazione aerea,  navigazione  celeste,  arte  e  modo  di 
percorrere  gli  spazi  aerei  mediante  V aerostato: 
aviazione,  cosi  detta  perchè  a  imitazione  del  volo 
degli  uccelli.  -  Aeronauta,  aereonàuta,  areonauta, 
chi  attende  all'  aeronautica,  per  studio,  per  di- 
letto, per  mestiere  :  aerostiere,  aerostatiere  ;  viaggia- 
tore aereo  ;  argonauta.  -  Aerostazione,  scienza  ed  arte 
degli  aerostati  ;  aerostatico,  ciò  che  le  si  riferisce. 

Aeroplano.  Macchina  per  sollevarsi  nell'aria 
(come  con  Vaerostato),  mediante  il  movimento  di 
elici  0  di  ali. 

Aeropòsta.  Sistema  di  posta. 

Aeròstato.  Aereostato,  areòstato,  pallone  vo- 
lante, aereonave,  globo  aerostatico:  involucro  di 
seta  di  forma  sferica,  che,  riempito  di  gas  più  leg- 
giero dell'aria,  si  eleva  nell'atmosfera  {libero  o  fre- 
nato, cioè  trattenuto  da  corde)  sollevando  una  na- 
vicella a  forma  di  cesta,  nella  quale  stanno  gli  aero- 
nauti. -  Dirigibile,  pallone  che  obnedisce  alle  manovre 
dell'aeronauta.-  Pallone  in  quota,  aeròstato  in  equili- 
brio, così  che  non  sale  e  non  scende.  -  Aeronave,  pal- 
lone dirigibile  di  Renard  e  Krehs.  -  Avviatore,  m'Acchi- 
na  per  volare,  di  Trouvé.  -  Mongolfiera,  globo  aerosta- 
tico pieno  d'aria  riscaldata,  invenzione  dei  fratelli 
Montgolfier.  -  Pallone  meteorologico,  inventato  dagli 
aeronauti  Hermite  e  Besancon  (i897),  destinato  a 
registrare  le  indicazioni  meteorologiche  delle  aite 
regioni  atmosferiche. 

In  un  pallone  si  considerano  la  lunghezza,  il  dior 
metro  massimo,  la  portata,  il  peso  e  la  forza  del 
motore,  il  diametro  e  i  giri  dell'  èlica,  la  velocità 
presunta  e  il  carico. 

Viaggiare  in  aeròstato:  solcare  le  nuvole,  solcare 
il  mar  dell'aere,  varcare  il  regno  delle  tempeste, 
volare.  -  Ascensione,  il  salire  in  aeròstato;  discesa, 
il  calare  a  terra  con  l'aeròstato. 

Parti  dell'  aeròstato. 

Appendice,  nome  dato  alla  parte  inferiore  del 
pallone,  specialmente  in  quelli  dell'  antica  forma 
a  pera.  •  Ballonet,  piccolo   pallone   interno   che  va 


AKllOSTATO 


riempito  d'aria  e  che  serve  per  compensare  la  per- 
dila del  gas. 

Carrucola  a  staffa  girevole,  carrucola  attaccata 
a  terra  con  nodo  cardanico  e  che  serve  a  tenere 
legato  il  cavo  metallico  del  pallone.  -  Cavalletto, 
sostegno  di  legno  al  quale  sono  attaccate  le  mol- 
le di  valvola.  -  Cerchio  di  appendice,  quello  che 
trovasi  nel  foro  inferiore  del  pallone  ;  cerchio  di  so- 
spensione, quello  al  quale  si  attaccano  tutte  le  so- 
spensioni dirette  e  le  sospensioni  di  cesta.  -  Cesta, 
specie  di  canestra  di  vimini  o  di  giunchi  nella  quale 
stanno  gli  aeronauti  ;  sospensioni  di  cesta,  funi  colle 
quali  si  attacca  la  cesta  al  cerchio.  -  Copertone  da 
gonfiamento,  copertone  sul  quale  si  distende  il  pal- 
lone prima  di  gonfiarlo.  -  Crocerà,  funi  disposte 
in  modo  particolare  e  per  impedire  al  cerchio  di 
sformarsi. 

Elementi,  quadrati  di  stoffa  riuniti  per  mezzo  di 
cuciture  e  costituenti  l'involucro.  -  Equatore,  parte 
mediana  del  pallone;  la  sua  sezione  orizzontale 
massima. 

Fasce  per  gonfiamento,  strisce  di  tessuto  di  ca- 
napa che  servono  a  fasciare  il  pallone,  perché 
il  gas  corra  verso  l'estremità  libera  di  esso.  - 
Fibbia,  estremità  di  una  corda  ripiegata  e  impiom- 
bata. -  Foro  di  spina,  foro  chiuso  da  un  vetro: 
che  serve  per  guardare  dentro  al  pallone.  -  Foro  di 
valvola  superiore,  foro  circolare  praticato  nel  polo 
superiore  del  pallone  destinato  a  fissarvi  il  telaio 
circolare  della  valvola  superiore.  -  Foro  di  valvola 
inferiore,  foro  circolare  praticato  nella  parte  infe- 
riore dell'involucro  destinato  a  fissarvi  il  telaio  della 
valvola  inferiore. 

Fune  di  appendice,  fune  che  si  attacca  al  cer- 
chio di  appendice  per  impedire  che  l' appendice 
del  pallone  possa  essere  sbattuta  dal  vento  quan- 
do il  pallone  non  è  completamente  pieno  di  gas  ; 
fune  dt  manovra,  quella  che  si  attacca  al  cerchio 
prima  che  il  pallone  parta,  allo  scopo  di  tratte- 
nerlo 0  manovrarlo  ;  fune  di  strappamento,  corda 
attaccata  al  vertice  della  cucitura,  a  forma  di  angolo 
dello  strappamento;  fune  di  valvola,  fune  che 
serve  a  manovrare  la  valvola. 

Galletti,  dadi  a  vite,  di  forma  speciale,  che  si  av- 
vitano sui  mastioli.  -  Grande  corona,  canapo  circo- 
lare che  forma  l'orlo  del  foro  centrale  della  rete 
nel  quale  passa  e  si  attacca  la  valvola  superiore.  - 
Grossi  piedi  d'oca,  la  riunione  di  alcune  funicelle 
di  medii  piedi  che  terminano  con  la  sospensione  di 
rete  ;  medii  piedi  d'oca,  riunione  di  una  o  più  fu- 
nicelle dei  piccoli  piedi  d'oca;  piccoli  piedi  d'oca, 
riunione  di  alcune  maglie  che  terminano  in  una 
funicella  unica. 

Guarnizione,  orlatura  di  gomma  o  di  feltro  che 
serve  a  chiudere  ermeticamente  lo  sportello  della 
valvola.  -  Guiderosp,  fune  lunga  normalmente  100 
metri,  attaccata  al  cerchio  di  sospensione  e  lasciata 
pendere  per  attutire  l' urto  e  per  togliere  peso 
all'  aerostato  quando  la  fune  tocca  a  terra,  permet- 
tendogli ancora  di  galleggiare. 

Impiombatura,  intrecciatura  di  corda  che  serve  per 
formare  la  fibbia  o  a  riunire  delle  corde.  -  involu- 
cro, stoffa  di  seta,  intonacata  di  guttaperca,  costi- 
tuente il  pallone  propriamente  detto. 

Manica,  tubo  ai  stoffa  che  pende  dall'estremità 
inferiore  del  pallone  e  serve  per  il  gonfiamento; 
manica  di  appendice,  corta  e  larga  manica  che  pende 
dal  cerchio  di  appendice  e  serve  per  aumentare  al- 
quanto la  pressione  interna  del  gas.  -  Manicotto, 
piccolo   tubo   di   legno   o   di   metallo  che  serve  di 


raccordo  ai  tubi  di  gonfiamento.  -  Mastioli,  piccoli 
perni  a  vite  che  servono  a  riunire  i  cerchi  di  val- 
vola. -  Molle  di  valvola,  tiranti  di  acciaio  o  di 
gomma  che  servono  a  tener  chiusa  la  valvola  su- 
periore. -  Navicella,  la  cesta. 

Nodi,^  legature  speciali  che  formano  le  madie. 
Occhioli,  piccoli  fori  che  circondano  il  foro  di  valvola, 
dentro  i  quali  passano  i  mastioli  delle  valvole. 

Rete:  è  composta  di  cordicelle  di  canapa,  avvolge 
il  pallone  e  tiene  sospesa  all'estremità  mferiore  la 
navicella.  -  Ripiegamento  a  pieghe  regolari,  disposi- 
zione che  si  dà  alla  stoffa  del  pallone  per  facili- 
tarne il  gonfiamento;  ripiegamento  a  piccole  pieghe, 
disposizione  che  si  dà  all'involucBO  per  custodirlo  ; 
ripiegamento  a  focaccia,  modo  di  distendere  il  pal- 
lone in  forma  circolare,  cosi  che  la  valvola  segni  il 
centro. 

Sacchetti  da  gonfiamento,  sacchetti  che  tengono 
legato  il  pallone  a  terra  durante  il  suo  gonfiamento; 
sacchetti  da  manovra,  sacchetti  pieni  di  sabbia  che 
si  collocano  nella  cesta.  -  Sospensioni  di  rete,  tratti 
di  grossa  fune  che  viene  dai  grossi  piedi  d'oca  e 
termina  con  una  Ubbia  nella  quale  passano  i  tra- 
versini del  cerchio.  -  Sospensioni  per  ascensioni  fre- 
nate, congegni  speciali  per  attaccare  la  cesta  al  pal- 
lone, guando  deve  funzionare  da  frenato.  -  Spicchi, 
parti  (lell'involucro  comprese  fra  le  cuciture  fatte 
nel  senso  dei  meridiani. 

Sportello,  chiusura  di  legno,  a  forma  di  semidisco  o 
di  piatto,  che  chiude  ermeticamente  la  valvola  per 
azione  di  molle  e  che  può  essere  aperta  a  volontà  del 
pilota.  -  Strappamento,  cucitura  che  si  fa  sul  pallone  in 
forma  di  angolo  all'estremità  superiore  di  esso  e  che 
serve  per  aprire,  a  volontà  del  pilota,  una  gran  falla 
nel  pallone.  -  Stroppi,  anelli  di  corda  che  terminano 
con  due  fibbie  e  che  servono  per  attaccare  al  cerchio 
le  funi  di  manovra. 

Traversino,  pezzo  di  legno  cilindrico  che  serve  a 
riunire  le  varie  funi.  -  Tubo  di  gonfiamento,  tubo 
di  stoffa  impermeabile  col  quale  si  porta  il  gas 
della  presa  al  pallone. 

Valvola  inferiore,  congegno  destinato  ad  impedire 
la  rottura  del  pallone,  quando  la  pressione  di  esso, 
per  azione  del  calore  solare  o  altro,  divenga  ecces- 
siva; valvola  superiore,  congegno  destinato  a  lasciar 
sfuggire  a  volontà  il  gas  ael  pallone.  -  Verricello 
portatile  per  cavo,  tamburo  con  manubrio  che  serve 
a  svolgere  il  cavo   che  trattiene  il  paljone  frenato. 

Zavorra,  carico  di  sabbia  o  di  acqua  che  serve 
ad  equilibrare  il  pallone.  -  Zone,  parti  dell'  involu- 
cro comprese  fra  cuciture  parallele. 

Edifici,  istrumenti,  manovre,  ecc. 

Aeròdromo,  luogo  fornito  degli  opportuni  apparec- 
chi e  nel  quale  si  fa  il  gonfiamento  dei  palloni.  - 
Altazimuth,  apparecchio  che  serve  a  rilevare  gli 
oggetti  lontani  e  inaccessibili.  -  Altimetrìco  com- 
pensato a  grandi  altezze,  barometro  speciale  per 
misurare  le  grandi  altezze.  -  Barografo,  appareccnie 
che  segna  le  altezze  e  che  fa  il  diagramma  verti- 
cale del  cammino.  -  Deviatori,  apparecchi  che 
servono  per  far  deviare  il  pallone  dalla  rotta  dei 
vento:  sono  sempre  immersi  nell'acqua.  -  Disormeg- 
gio, manovra  per  togliere  gli  ormeggi.  -  Gazogeno, 
officina  per  la  produzione  dell'idrogeno. 

Hangar  {aeroscolo),  il  luogo  apposito  nel  quale  si 
tiene  la  navicella  dell'areostato  e  si  fanno  i  prepa- 
rativi per  la  partenza  di  questo.  -  Ormeggio,  mar 
novra  per  assicurare   il   pallone  a  terra.  -  Sistema 


28 


aereostatica 


di  ormeggi,  funicelle  attaccate  esternamente  a  un 
giro  di  maglia  della  rete,  le  quali  finiscono  in  lunghe 
funi  di  ormeggio  e  servono  per  tenere  il  pal- 
lone a  terra,  quando  tira  molto  vento.  -  Paracadute, 
apparecchio,  specie  di  ombrello,  del  quale  si  serve 
l'aeronauta  quando  deve  abbandonare  il  pallone.  - 
Parco  aerostatico,  recinto  nel  quale  si  custodiscono 
e  si  fanno  le  operazioni  necessarie  per  la  partenza 
degli  aerostati.  -  Stabilizzatore,  apparecchio  che 
serv'e  a  mantenere  il  pallone  sempre  alla  stessa 
distanza  dall'  acqua.  -  Statoscopio,  strumento  che, 
insieme  al  cronometro,  indica  la  velocità  di  ascesa 
o  di  discesa. 

Pilota,  chi  governa  e  dirige  un  aerostato. 

Lasciate  I,  voce  adottata  dai  piloti  per  far  si  che 
tutti  abbandonino  il  pallone  atfìnchè  parta.  -  Mol- 
late t,  termine  adottato  dai  piloti  per  ordinare  di 
allentare  le  corde.  -  ?iavigare  in  falsa  quota,  quando 
si  tiene  il  pallone  in  equilibrio,  non  del  tutto  gonlìo. 

Aereostatica.  Studio  dei  gas. 

Aeroterapia  (aeroterapéutico).  Cura  delle  ma- 
lattie mediante  1'  aria. 

Aescàto.  Spazio  che  si  predispone  per  la  caccia 
agli  uccelli. 

Afa  (afosità,  afom).  Aria  senza  moto;  aria 
calda,  greve,  sofTocante;  aria  grassa,  ataccia,  aia 
morta;  tempo  afoso. 

Afagia.  Disturbo  dell'  inghiottire. 

Afasia.^Perdita  della  facoltà  di  parlare  o  della 
memoria. 

Afàto.  Di  frutta  che  non  maturano,  per  neb- 
bia 0  soverchio  caldo. 

Afelio.  Punto  dell'orbita  d'un  pianeta. 

Afèresi.  Figura  di  grammatica. 

Affàbile  [affabilità).  Di  chi  tratta  con  amorevo- 
lezza, con  garbo,  anche  con  gli  inferiori;  uomo 
cortese,  accessibile,  accostevole,  alla  mano,  alla 
buona,  amichevole,  famigliare,  Urbano,  buono;  di 
piacevole,  di  buona  compagnia;  di  grande,  di  molto 
abbordo;  di  buon'aria;  manieroso,  entrante,  accon- 
tevole,  degnevole,  socievole,  unianissnuo,  tutto  zuc- 
chero e  mièle;  facilone,  piacevolaccio,  usante;  che 
dà  orecchio  a  tutti. 

Affabilità .  r  essere  affabile,  urbanità,  comuni- 
cabilità; trattabilità  nei  costumi,  familiarità,  uma- 
nità. Talvolta,  anche  cortesia.  ■  Affabilmente,  dol- 
cemente, con  le  belle  e  con  le  buone,  familiarmente, 
degnevolmente,  piacevolmente. 

Alla  mano,  persona  all'abile  con  tutti-  ■  Degnare 
alcuno,  trattare  con  lui,  non  guardando  alla  sua 
bassa  condizione. 

Affaccendarsi  {affaccendato).  Darsi  faccenda, 
darsi  mollo  da  fare,  occuparsi  attivamente  d'un 
affare.  „ 

Affaccettare  (affaccettato,  affaccettatura).  La- 
voro di  gioielliere.  Modo  di  tagliare  un  dia- 
mante. 

Affacchinare,  affacchinarsi  (affacchinamen- 
to,  affacchinato).  Durar  fatica. 

Affacciare,  affacciarsi  (affacciato).  Mettere 
innanzi  la  faccia.  Mettere,  mettersi  alla  finestra 
Farsi  innanzi  per  guardare.  Presentare,  mostra- 
re, mostrarsi. 

Affagottare  (affagoltarnento,  affagottato).  Modo 
di  ai'volgere,  di  fare  un  involto. 

Affaldare  (affaldato).  Il  mettere  una  cosa 
sopra  l'altra. 

Affaldellare  (affaldellato).  Operazione  dal  clii- 
vurgo  e  del  setaiuolo. 


Affamare  (affamato).  Avere  fame,  ridurre  alla 
fame, 

Affang-are,  affannarsi  (aflangató).  V.  a  fango. 

Affannare,  affannarsi  (affannato,  affannone). 
Dare  o  darsi  affanno,  -  Far  molta  fatica.  •  Inten- 
samente affacendarsi. 

Affanno  (affannoso).  Frequenza  e  difficoltà  di 
respiro.  -  Angustia  d'animo,  dolore  :  briga,  pena, 
pensiero,  stretta  di  cuore.  -  Elfetto  di  soverchia 
fatica.  -  Affannóne,  affannóna,  chi  esagera  nel  modo 
di  fare,  di  darsi  faccenda.  -  Affannoso,  che  ca- 
giona affanno;  che  é  pieno  di  affanni.  -  Disaffau' 
nare.  togliere  l'affanno. 

Affantocciare  (affan(occiato).  Modo  di  legare 
i  rami  d' una  piatita,  specialmente  i  tralci  delia 
vite. 

Affardellare  (affardellamento,  affardellato).  Mo- 
do di  avvolgere,  di  fare  fardello,  involto. 

Affare.  Voce  corrente  e  di  complesso  significato, 
indicante  molte  cose;  contratto  fatto  o  da  farsi, 
bisogna,  negoziato,  negozio;  lavoro,  impresa,  inte- 
resse; patto,  trattato,  ufficio;  maneggio,  incombenza, 
occorronza.  Anche:  briga,  carico,  cura.  Nell'uso  più 
comune,  cosa  da  fare  o  da  risolvere,  faccenda  da 
sbrigare  e  d'una  certa  importanza,  anche  soggetta  a 
pericoli,  a  rischi. 

Affari,  in  senso  ristretto,  i  privati  interessi  di  un 
cittadino,  le  faccende  di  chi  ha  una  bottega,  tratta 
un  ramo  di  comm^^cio,  attende  a  mx\' industria, 
e.sercita  una  professione,  ecc.  Più  generalmente. 
j  ili  senso  politico  e  commerciale,  le  transazioni,  i 
contratti,  le  speculazioni  di  una  certa  importanza,  ecc. 

Affaraccio,  peggiorativo  di  aflare ;  o/Z'are^to,  piccolo 
affare  -  Affarettucciaccio,  Y  affare  cattivo  e  meschi- 
no; affarino,  minuscolo  affare  (ironico,  di  cosa  che 
non  finisce  più)  ;  affarone,  affare  grosso,  lucros' 
negozione,  ajfaruccio,  affare  meschino  o  trascurabile, 
affarucciaccio,  peggiorativo,  affarucolo,  afi'are,  da 
nulla,  meno  anche  d' afl'aruccio. 

Affare  d'impegno,  grave,  serio,  di  premura,  da 
sbrigare  senza  indugio;  urgente;  indifferibile,  che 
non  si  può  differire,  dilazionare;  intricato,  non  fac»  a 
trattarsi,  a  sbrigare:  bigatta,  viluppo,  imbroglio, 
negoziabile,   trattabile,  da  potersi  negoziare,  trattare. 

Baragozzo,  affare  di  poca  importanza,  bazzecola  - 
Barca,  affare,  impresa,  negozio  fatto  in  società  con 
altri.  -  Negozio  (spreg.,),  qualunque  oggetto,  qualun- 
que cosa. 

Avviare,  trattare,  concludere  affari. 

Avviare,  incommciare,  iniziare,  intavolare,  inte- 
laiare, indirizzare,  proporre,  aprire  un  affare  (apertura, 
inizio  di  affari,  di  trattative,  mosse,  i  principi  d'un 
affare).  -  Trattare,  contrattare,  negoziare  (negozialo, 
negoziazione),  discutere  (discorrerne),  stipulare  (met- 
tersi d'accordo  sulle  condizioni);  stringere,  stabilire 
(condizioni,  cifre);  accozzare,  sbrigare,  schiacciare, 
stiacciare,  concludere  (concludere,  (conclusione)  un 
affare,  venirne  a  capo,  addivenire,  finire,  trarre  a 
fine,  ad  effetto;  conciliare;  strozzare  (concludere  in 
fretta  e  malamente) 

Accordarsi  in  un  contratto  o  in  un  affare,  conve- 
nire, restar  d'accordo,  venire  a  patti.  Agevolezza, 
facilitazione,  concessione  fatta  per  concludere  un 
affare.  •  Belle  falla  la  minestra,  di  affare  bell'e  con- 
cluso, di  cosa  finita.  -  Bollire  in  pentola,  di  affare 
che  si  tratti  con  segretezza.  •  Correre  parola,  lasciar 
correre  parola,  inizio  nelle  trattative  con  qualche  par 
rola,  senza  formale  promessa. 


29 


Dar  carta  bianca  ad  uno,  dargli  facoltà  di  dire  o 
di  fare  quello  che  meglio  gli  sembri:  include  però 
l'idea  di  mandato,  ed  equivale  ad  un  mandalo  libero. 

-  Dare  una  toccalina,  un2i  toccata  su  un  aliare,  trat- 
tarne. -  Dare,  prestare,  fare  cauzione,  rendersi  malle- 
vadore, dare  assicurazione,  garanzia.  -  Darsi  attorno, 
affaccendarsi,  procurarsi  affari.  - D('/ì?nVe,  di  cause,  af- 
fari, rimetterne  l'esame,  la  decisione.  -  Diciotto  di 
vino,  quando  sopra  una  cosa  non  si  vuol  transigere, 
sia  con  sé  stessi,  sia  con  altri.  -  Disfare  la  soccia, 
concludere  un  affare  con  altri,  -  Essere,  mettere  a 
parte  degli  affari,  chiamare  altri  a  parteciparne. 

Fare,  dare  un  taccio,  tagliar  corto,  far  un  affare 
in  blocco.  -  Fare  un  contratto  od  affari  sottomano, 
farli  segretamente,  all'insaputa  di  altre  persone  che 
potrebbero  aver  interesse  in  quell'operazione.  -  Fare 
ova,  far  affari,  ma  nel  senso  di  imbrogliare.  -  Infor- 
mare, dar  un  indirizzo  o  notizia  intorno  ad  azienda 
o  persona  d'affari.  -  Levarsi  presto,  tardi,  arrivar 
presto  0  tardi  a  concludere  un  affare.  -  Mantenere 
il  filo,  sospendere  un  affare,  una  trattativa,  ma  te- 
nere i'addenlellato  per  riattaccare  il  filo  a  tempo  op- 
portuno. -  Mettere  un  affare  in  discorso,  cominciare 
a  trattarne.  -  Parlare,  trattare  la  cose  in  famiglia, 
privatamente.  -  Proporre  un  negozio,  un  affare  in- 
gordo, di  m.olto  lucro.  -  Restare  o  rimanere  all'uscio, 
escluso  da  un  affare  o  simili. 

Studiare  un  affare,  applicare  la  mente  acciò  rie- 
sca secondo  le  intenzioni.  -  Trattare  con  uno,  discor- 
rerci, bazzicare  per  far  affari.  -  Trattare  alla  lesta, 
alla  spiccia,  in  fretta,  -  Trattare  un  affare  in  via 
amministrativa,  risolverlo  senza  ricorrere  ai  tribu- 
nali. -  Vendere  il  nome,  di  chi  sottoscrive  per  altri 
venalmente. 

Andamento,  condiziont,  ecc.,  degli  affari.  — 
Andantezza.  correntezza,  di  affari  (andanti,  correnti) 
che  procedono  regolarmente,  con  facilità  e  corret- 
tezza. -  Andar  bene,  andar  male,  crescere,  scemare. 
alterna  vicenda  d'affari.  -  Affari  che  si  estendono,  si 
sviluppano,  fioriscono,  procedono  bene,  attecchiscono, 
oppure  no  (V.  più  innanzi).  -  Andar  giù,  scapitare 
di  interessi.  -  Arrenare,  non  andare  più  avanti  o  non 
dare  quel  che  promettevano.  -  Attecchire,  andar  bene. 

-  Avviamento,  indirizzamento  a  qualsivoglia  affare. 

Benefìcio,  abbuono,  guadagno,  utile  che  si  ha  in 
un  affare.  -  Benuscita,  buon'uscita,  quella  somma  di 
danaro  che  si  dà  ad  altri  perché  consenta  a  rinunziare 
a  un  suo  diritto,  ritirandosi  da  un  affare. 

Comporto,  quel  tempo  relativo  che  si  concede  per 
cortesia,  aspettando  dopo  il  momento,  l'ora,  il  giorno 
fissato.  -  Concorrenza,  il  concorrere,  il  gareggiare  con 
altri  in  un  determinato  affare  [Rubare  il  guadagno, 
facendo  concorrenza  indiscreta).  -  Dormire,  di  affare 
troppo  trascurato.  -  Farragine,  ressa,  affollamento  di 
affari.  -  Giro,  movimento  degli  affari.  -  Interesse,  l'u- 
tile proprio  negli  affari.  -  Lungheria,  affare  che  va 
malamente  per  le  lunghe.  -  Partecipazione,  interesse 
comune  con  altri  in  qualche  operazione  d'affari.  - 
Pratica,  competenza,  esperienza  in  materia  d'affari. 

Rallentarsi,  poltrire,  stagnare  (ristagno),  di  affari 
che  hanno  poco  esito,  camminano,  si  trascinano  o 
sono  trascinati  a  stento:  fermare,  ristare,  ecc.  •  Ri- 
dosso, cosa  che  minaccia  pencolo  e  specialmente 
concorrenza.  -  Situazione  incerta,  turbata,  di  ailari 
il  cui  esito  è  dubbio.  -  Terminazione,  esito  d'un  af- 
fare. -  Termine  perentorio,  limite  imprescindibile  di 
tempo  per  la'  conclusione  d'un  affare.  -  Tramenio, 
maneggio  occulto. 

Locuzioni:  etsere  in  aria,  per  aria,  essere  in  ponte, 
affare  non  risoluto,  appena  messo  fuoii.  -  Nel  mondo  è 


tutt'un  andare  evenire,  un  dare  e  un  avere,  un  intrec- 
ciamenlo  d'affari.  •'Quel  che  per  gli  altri  è  difficile 
è  strumento  per  lui:  è  SiffSire.  -  Restare  in  aria,  non 
venire  ad  una  conclusione.  -  Stare  a  conto  d'uno, 
appartenere  a  lui  l'utile  o  il  danno.  -  Come  vanno 
gli  affari?  Ci  si  di  fende,  ^per  dire  che  vanno  discre- 
tamente. 

Diversi  modi  di  condurre  gli  affari. 

Accudire,  tener  dietro  ad  un  affare,  per  lo  più  con 
una  certa  cura  ;  governare,  reggere,  portare  innanzi; 
sbrigare,  disbrigare  (disbrigo),  dar  corso.  -  Accomo- 
dar un  affare  sotto  banco,  senza  la  dovuta  pubbli- 
cità. -  Accomodare  le  uova  nel  paniere,  assestare  una 
faccenda  che  pareva  volgere  malamente:  accomo- 
darsi, mettere,  mettersi  a  posto;  arrangiare,  arran- 
giarsi (francesismo),  -  Aiutare  la  barca,  mandar  bene 
un  affare  con  un  po'  d'ingegno.  -  Andare  in  accor- 
dature: trattare  a  lungo  di  alcuna  cosa,  senza  venire 
a  capo  di  nulla.  -  Andare  pei  fatti  suoi,  avviarsi  a 
fare  i  propri  affari;  andare  a  sua  posta,  per  i  suoi 
versi,  per  i  propri  venti.  -  Avere  a  fare,  da  fare, 
essere  occupato  in  affari,  in  faccende,  in  brighe.  - 
Avervi  che  fare,  di  affari  lunghi,  difficoltosi.  -  Avere, 
il  filo  d'un  affare,  conoscere  come  va. 

Condurre  con  arte  gli  affari,  trattarli  bene.  -  Con- 
tribuire, entrare  a  far  parte  d'un  affare  e  aiutare 
a  mandarlo  bene.  -  Dar  sesto,  ordine.  -Dare  sfogo  a 
un  affare,  farlo  procedere.  -  Dimenare,  dimenarsi, 
per  parer  vivo,  di  chi  s'intromette  nelle  faccende 
senza  saper  quel  che  si  dica  o  si  faccia. 

Entrare  nel  mazzo  o  mettersi  in  mazzo,  intromet- 
tersi in  qualche  faccenda.  -  Essere  di  comune  accordo, 
essere  inlesi,  agire  come  si  è  convenuto.  -  Essere 
dentro  a  un  affare,  occuparsene,  intendersene,  -  Es- 
sere immerso,  affogato,  ingolfato,  sprofondato,  ina- 
bissato negli  affari:  averne  molti  o  tali  che  occu- 
pino assiduamente,  -  Essere  in  fazione,  sottosopra,  in 
gran  faccende,  -  Exploiler  (frane),  impiegare  a  frutto. 
Far  produrre,  sfruttare  una  situazione  favorevole. 

Far  patti  avanti,  intendersi  nell'esordio  delle  trat- 
tative. -  Far  patti  chiari,  intendersi  bene.  -  Far  pror 
tiche,  maneggiar  un  affare,  cercar  di  riuscire  in  un 
intento.  -  Ficcare,  metter  mano  o  le  mani  in  pasta, 
ingerirsi  negli  affari  altrui.  -  Ficcarsi  in  un  affare, 
entrarci  imprudentemente  o  per  forza. 

Gettarsi  nelle  speculazioni,  ingolfarsi  in  grossi  af- 
fari. -  Giuocar  d'astuzia,  trattargli  affari  con  furberia, 
più  che  con  mezzi  leali,  onesti.  -  Giuocar  d'azzardo, 
risicare,  fare  a  fidanza  con  la  fortuna.  -  Giuocare 
l'ultima  carta,  arrischiare  tutto.  -  Guidare,  dirigere 
con  avvedutezza. 

Impegnarsi,  vincolarsi  a  un'impresa,  da  cui  non 
SI  possa  poi  sciogliersi  senza  scapito  d'interessi  o  di 
reputazione.  -  Inframettersi,  di  chi  si  immischia  vo- 
lontieri  negli  altari  altrui.  -  Instaurare,  iniziare  un 
movimento  felice  di  cose  che  portino  a  buon  suc- 
cesso. -  Istruire  un  affare,  raccogliere  documenti  e 
informazioni  necessari  prima  che  passi  all'autorità 
conipelente.  -  Levar  le  mani  da  un  affare,  sbrigarlo. 
-  Mettersi  in  un  pelago,  tentar  affari  in  grande.  -  Non 
avere  un  giorno  spiccio,  cioè  senza  aflari,  disimpe- 
gnato, libero. 

Prevenire,  provvedere,  fare  avanti  o  venire  prima 
0  garantirsi  in  antipazione.  -  Rientrarci,  uscire  da 
un  affare  con  un  njodesto  e  onesto  guadagno  o  per 
lo  meno  alla  pari.  -  Rigirare,  rigirarsi,  cercare  di 
cavarsela,  di  sbrigarsela  in  un  affare.  -  Rivalersi, 
rifarsi,  riparai-e   un   danno   subito  o  minacciato.  - 


Sii 


Rubare  il  mestiere  a  uno,  entrare  in  un  campo  che 
non  è  il  proprio. 

Stare,  rimettersi  a  quel  che  altri  fanno,  lasciare  e 
acconsentire  che  altri  facciano.  -  Stiracchiare  il  quattri- 
no, fare  a  tira  tira  sui  prezzi,  discutere  fino  alla  mi- 
nima differenza.  -  Tenere  le  mani  in  pasta,  non  de- 
sistere dall'  occuparsi  d'un  affare.  -  Tenere  un  affare 
a  cuore,  averne  molta  cura.  -  Tirar  dritto,  condurre 
an  affare  bene  e  in  modo  spiccio.  -  Transigere 
(transazione),  non  insistere  sulle  proprie  domande 
0  pretese,  ma  acconciarsi  a  un  qualsiasi  accordo.  - 
Venire  ad  un  accomodamento,  trovare  un  accordo 
dopo  discussione  o  dissidio. 

GONDUR  MALE  O  ABBANDONARE  AFFARI. 

Ammainare  le  vele,  far  fagotto,  ritirarsi.  -  Chia- 
marsi fuori,  dichiarare  di  non  voler  più  occuparsi 
d'un  affare.  -  Compromettere,  mettere  a  repentaglio 
il  buon  esito  d'  un  affare.  -  Dormire  su  un  affare, 
non  averne  cura,  pensiero,  sollecitudine.  -  Guastare, 
rovinare,  sciupare  un  affare,  far  si  che  riesca  male. 

-  Guastare,  rompere  le  uova  nel  paniere,  disturbare 
un  affare  combinato. 

Lasciare  in  tronco  un  affare,  lasciarlo  a  mezzo, 
non  combinato,  non  concluso,  non  definito.  -  Man^ 
dare  a  monte,  recedere  dalla  conclusione  d'  un  af- 
fare, far  si  che  non  si  combini  o  non  abbia 
effetto.  Rompere,  sventare,  gettar  ali'  aria,  stornare. 

-  Mandare,  rimandare  persona  o  cosa  dia  Erode  a 
Pilato,  quando  un  affare  si  manda  da  una  persona 
air  altra,  da  un  uflScio  all'  altro,  e  non  se  ne  vede 
la  conclusione.  -  Mettere  sotto  il  banco  un  affare, 
mandarlo  a  chi  sa  quando.  -  Non  cavare,  non  levare 
le  mani  di  nulla,  non  sbrigare  un  affare. 

Ritirare  il  nome,  la  firma,  la  garanzia  o  simile, 
recedere  da  un  affare.  •  Scombinare,  contrario  di 
combinare,  mandare  a  monte,  sconcludere.  -  Tenere 
un  affare  a  frollare,  non  curarsi  di  sbrigarlo.  - 
Tergiversare,  non  essere  deciso,  franco,  sincero  nel 
disbrigo  0  nella  trattazione  d'un  affare.  -  Tirarsi 
indietro  da  un  affare,  non  occcuparsene  più,  rinun- 
ciarvi. -  Traccheggiare,  temporeggiare,  mandare,  ti- 
rare in  lungo  un  affare.  -  Zoppicare,  non  procedere 
bene,  non  rigar  dritto,  ma  senza  ordine,  senza  cor- 
rettezza. 

Di   buoni  AFFARI. 

Affare  buono,  proficuo,  rimuneratore,  produttivo, 
vantaggioso,  utile,  eccellente,  ottimo,  d'oro,  coi  fiocchi; 
garantito,  sicuro.  -  Un  boccone  con  lo  zucchero,  di 
affare  eccellente.  -  Carrozzone,  grosso  guadagno 
fatto  sopra  un  dato  affare. 

Aver  la  chiave  d'un  affare,  d'un  negozio,  conoscere 
il  modo  di  portarlo  a  capo  bene.  -  Avere,  mettere, 
ficcare  lo  zampino,  uno  zampino,  in  una  cosa,  infe- 
rirsene con  vantaggio,  con  esito.  -  Comprare  la  ricoìta 
in  erba,  cruando  si  rischia  una  cosa  presente  nella 
speranza  ai  futuro  vantaggio.  -  Dare  un  ago  per 
avere  un  pai  di  fmro,  dare  poco  per  molto. 

Fare  il  ponte  d'oro  o  d'argento,  condizioni  favo- 
revoli, patti  vantaggiosi.  -  Fare  un  viaggio  e  due 
servizi,  due  affari  o  benefizi  in  una  volta  •  Lavo- 
rare a  colonna  ritta,  a  peso  ritto,  di  affari  buoni, 
sicuri,  senza  rischi.  -  L'occhio  del  padrone  ingrassa 
il  cavallo:  agli  affari  bisogna  che  ci  stia  attento  il 
capo;  se  no,  vanno  male.  -  Pigliar  due  piccioni  a 
una  fava,  far  due  affari  in  una  volta.  -  Pigliar  la 
lepre  al  carro,  far  gli  affari  o  un  affare  con  tanta 


prudenza  e  cautela  da  arrivare  al  fine  con  tutti  i 
vantaggi.  -  Saper  vendere  la  sua  merce,  far  bene  le 
proprie  faccende.  Nello  stesso  senso:  saper  rigirar 
bene  le  cose.  —  Proverbio:  Chi  ha  carri  e  buoi  fa 
bene  i  fatti  suoi. 

Di  affari  non  buoni  o  trascurati  o  abbandonati. 

Affare  cattivo,  balordo,  magro,  disastroso,  rovi- 
noso, sballato,  spallato,  disperato;  che  precipita,  va 
a  rotoli,  a  rotoloni,  a  rotta  di  collo,  a  fiaccacoUo; 
a  rovescio,  di  traverso,  con  le  gambe  all'aria,  alia 
maledetta,  alla  giuraddiana,  a  cazzotti.  Brutto  affare, 
sconveniente,  sgradevole,  disonesto,  losco,  sospetto. 

-  Batosta,  grave  scossa  negli  interessi.  -  Crisi,  tur- 
bamento, arrenamento  dannoso  d' affari  di  commercio, 
con  fallimenti,  ecc.  -  Crollo,  rovina,  tracollo.  -  Fac- 
cendaccta,  di  cattivo  affare.  -  Fiera  rotta,  di  affare 
finito,  rovinato. 

Insuccesso,  cattivo  esito  d'un'impresa,  d'un  tenta- 
tivo, d'un  progetto.  -  Intruglio,  affare  non  delicato  o 
non  chiaro.  -  Laberinto,  di  affare  molto  imbrogliato. 

-  Porcaio,  affare  sporco.  -  Rigiro,  d'affari  misteriosi, 
sospetti. 

Abbuiare,  far  si  che  una  bricconata  o  un  affare 
poco  pulito  non  si  venga  a  conoscere   dalla   gente. 

-  Cavare  il  dente,  uscire  da  un  affare  rovinoso  o 
tristo.  -  Dare  il  traballone,  decadere,  fallire,  met- 
tersi in  fallimento.  ■  Esporsi,  compromettersi  nel- 
l'esecuzione di  qualche  affare.  -  Esserci  nelle  spese, 
cioè  in  una  impresa  tutta  di  scapito.  -  Essere  più 
la  spesa  che  l'impresa,  d'un  magro  affare.  -  Far  bot- 
teghino, trafficare  illecitamente.  -  Far  dei  lunari, 
perdersi  in  vane  speculazioni.  -  Il  diavolo  ci  ha 
messo  le  corna,  o  la  coda,  o  lo  zampino,  di  un  af- 
fare che,  cominciato  bene,  finisce  male. 

Mangiar  le  pesche  per  vendere  i  nòccioli,  di  chi 
fa  affari,  traffici  sconclusionati.  -  Mettere  una  toppa, 
detto  per  indicare  che  allo  stato  di  salute  o  agli 
affari  di  alcuno  si  potrà  mettere  un  qualche  rimedio, 
ma  non  tornarli  al  primitivo  fiore.  -  Non  c'è  com- 
pensazione, quando  la  perdita  è  sproporzionata  alla 
ripresa,  il  danno  al  compenso.  -  Non  è  terreno  da 
porci,  0  da  piantar  vigne:  non  c'è  da  far  bene,  non 
c'è  speranza.  -  Oste  sull'uscio,  magri  affari.  -  Perdere 
il  frutto  e  il  capitale,  mdica  l'inutilità,  l'inefficacia 
d'un'opera,  d'un'impresa  qualunque  -  Reggersi  su 
fuscelli  (o  stecchi),  a  stento,  d'impresa,  di  affari.  - 
Sbalestrarsi,  sbilanciarsi,  ridursi  in  perdita. 

Tempo  di  male  colte,  di  fiacca,  di  pochi  affari.  - 
Triste  a  quel  soldo  che  peggiora  la  lira,  di  chi,  per 
guadagnare  inezie,  perde  il  sostanziale.  -  Vender 
l'osso  e  il  nodo  del  collo,  di  chi  tira  a  vender  roba 
per  dissesti,  per  far  denaro.  -  Zero  via  zero  fa  zero, 
ai  affari  che  non  concludono. 

Di  persone  d'affari. 

Affarista:  si  dice,  in  generale,  di  chi  si  occupa  di 
qualsiasi  affare  onesto  o  disonesto  (più  spesso)  senza 
alcuno  scrupolo  e  soltanto  guidato  dall'interesse: 
faccendiere,  procacciante,  cavalocchio,  mozzorecchi; 
appaitene,  brigatore,  praticone  {affarismo,  faccende- 
ria,  smania  di  far  affari  senza  troppi  scrupoli).  - 
Agente,  mandatario,  ossia  colui  che  opera  in  nome 
e  per  conto  altrui,  in  affari  di  commercio  o  altri- 
menti; chi  tratta  gli  affari  privati  nelle  case  dei 
ricchi.  -  Fattore,  agente  d' affari,  chi,  per  professione, 
tratta  gli  affari  degli  altri,  gli  interessi  degli  altri; 
chi   ha   una   qualunque   agenzia:    di  assicurazione. 


AFFARE    —    AFFETTAKE 


31 


di   pubblicità,    di    commercio,  di    informazioni,  ecc. 

•  Appaltatore,  chi  prende  o  dà  in  appalto.  -  Ce- 
dente, chi  cede  qualche  ragione  altrui,  e  questi 
è  il  cessionario.  •  Commesso,  persona  alla  quale  sia 
dato  incarico  di  fare  cosa  alcuna  in  vece  di  altra 
persona.  -  Im,prenditore,  chi  opera  per  conto  altrui, 
ma  conducendosi  liberamente  nel  maneggio  della 
cosa,  come  fosse  propria.  -  Impresario,  chi  si  inca- 
rica, mediant*  compenso,  di  procurare  una  cosa  a 
tenor  di  domanda.  -  Intermediario,  chi  entra  in 
mezzo,  mediatore. 

Mallevadore,  chi  presta  malleveria,  sardLnzì&  per 
altri  (^  più  debole  la  frasca  del  pisello,  quando 
viene  presentato  un  mallevadore  più  debole  del 
pacante).  -  Mandatario,  la  persona  incaricata  da 
un  altra  di  trattare  una  propria  faccenda.  -  Mediar 
tare,  persona  che  s'interpone  per  accomodare  cause 
tra  le  due  parti.  -  Ministro,  nei  negozi,  quello  che 
fa  gli  altari  per  il  padrone,  tiene  i  registri,  ecc.  - 
Negoziante,  chi  conduce  o  tratta  affari,  maneggi 
pubblici  0  privati.  -  Plenipotenziario,  persona  cne 
ha  piena  facoltà  in  qualche  affare.  -  Procuratore, 
chi  agisce  per  procura. 

Rappresentante,  la  persona  che  tratta  gli  affari  di 
una  ditta  o  d'una  società  commerciale,  fuori  dalla 
sede  di  questa.  •  Rigirone,  di  persona  piena  di  ri- 
giri, di  intrighi  m  affari.  •  Rilevatario,  chi  compera 
un  fondaco  ai  merci  o  simile  e  subentra  nell'eser- 
cizio al  cedente.  -  Sensale,  quegli  che  s'intromette 
fra  i  contraenti  per  concludere  affari,  negozi;  me- 
diatore. ■  Uomo  d'affari,  chi  se  ne  occupa  attiva- 
mente e  costantemente.  -  Uomo  di  paglia,  chi  finge 
di  contrattare  per  sé  e  fa  per  un  altro. 

Anfizionia,  antico  consesso  dei  deputati  greci 
che  si  radunavano  a  Delfo  in  primavera,  alle  Ter- 
mopili  d'autunno,  per  trattare  aegli  affari  pubblici. 

Luoghi,  uffici,  atti,  ecc.,  relativi  ad  affari. 

Agenda,  registrino  per  notarvi  gli  affari,  giorno  per 
giorno.  -  Agenzia,  impresa,  ufficio  che  tratta  fac- 
cende altrui,  mediante  un  compenso.  Il  luogo  ove 
risiede  l'agente.  -  Amministrazionef  gestione  degli 
affari  propri  o  altrui,  specialmente  dei  servizi  pub- 
blici. -  Appalto,  impresa  assunta  per  provvedere  un 
dato  genere  di  merci  o  prodotti,  pagando  all'  auto- 
rità un  canone  convenuto,  cioè  una  somma  deter- 
minata. -  Associazione,  l'atto  di  associare  o  asso- 
ciarsi, formando  una  compagnia  o  una  società,  un 
contratto  o  un  trattato  di  società,  per  cui  più  per- 
sone si  uniscono  allo  scopo  di  operare  di  concerto. 

•  Azienda,  governo  economico  di  affari  pubblici  o 
privati:  zimda,  faccenda,  negozio,  agenzia,  ammini- 
strazione. -  Botteghino,  luogo  dove  si  traffica  ille- 
citamente. 

Comprome$so,  atto  col  quale  due  o  più  persone 
si  rimettono  alla  deliberazione  di  uno  o  più  arbi- 
tri per  comporre  qualche  differenza,  oppure  si  ob- 
bligano, sotto  certe  condizioni,  di  stipulare  un  dato 
contratto.  Compromissario,  chi  fa  un  compromesso. 

•  Contratto,  V.  questa  voce.  -  Impresa,  compagnia 
che  si  obbliga  di  fornire,  mediante  una  somma  sta- 
bilita, merci,  derrate,  ecc.,  entro  un  tempo  fissato. 
-  Informatore,  chi  dà  informazioni,  notizie  relative 
ad  affari  e  a  persone  d'affari.  -  Mediazione,  mancia 
della  mediazione  o  senseria;  anche  l'azione  del  me- 
diatore. 

Noleggio,  contratto  col  quale  taluno  si  assume 
l'obbligo  di  trasportare  persone  o  cose  da  un  luogo 
all'altro,  per  via  d'acqua,   contro  il  pagamento  di 


un  corrispettivo.-  Nolo,  pagamento  di  roba  che  si 
prende  a  usare  temporaneamente,  per  restituirla  ; 
la  somma,  il  prezzo  che  si  paga  per  un  noleggio 
0  per  la  locazione  di  alcuna  cosa. 

Fatto  risolutivo,  che  scioglie  dall'obbligazione.  - 
Politica,  il  complesso  degli  affari  pubblici  e  degli 
avvenimenti  che  interessano  tutta  la  società.  -  Pra- 
tica, negozio,  trattato,  maneggio  segreto.  -  Pegn», 
cosa  di  valore  che  si  lascia  per  garanzia.  -  Percen- 
tuale, tasso  d'interesse  per  cento  o  di  provvigione. 
-  Prestito,  atto  o  contratto  col  quale  si  dà  ad  altri 
alcuna  cosa,  con  obbligo  di  restituzione,  e  ciò  gra- 
tuitamente o  a  titolo  lucrativo  (con  frutto  o  inte- 
resse). -  Procura,  atto  scritto,  col  quale  si  conferi- 
sce a  taluno  incarico  di  operare  in  suo  nome;  può 
essere  generale  e  speciale,  fatta  per  atto  pubblico  e 
privato.  Anche  ruffic'o  di  procuratore. 

Rappresentanza,  uflicio  di  chi  rappresenta  altri 
per  affari  o  per  qualsiasi  titolo.  -  Senseria,  l'opera  del 
sensale  e  la  mercede  a  lui  dovuta  per  le  sue  presta- 
zioni. -  Società,  V.  questa  voce.  -  Trattativa,  nego- 
ziato, trattazione  d'affari.  -  Ufficio,  luogo  dove  qual- 
che impiegato  pubblico  sbriga  gli  affari.-  Vacazione, 
il  tempo  impiegato  in  qualche  affare  pubblico. 

Affare,  affarsi.  Adibirsi,  convenire,  essere 
adatto. 

Affarismo»  affarista.  Detto  in  affare  (per 
sone  d'affari). 

Affascinare  {affascinamento,  affascinato,  affasci- 
natore, affascinazione).  Ammaliare,  esercitare  fa' 
scino.  -  Raccogliere  legna. 

Affastellare  {affastellamento,  affastellati).  Met- 
tere insieme,  far  mucchio  alla  rinfusa. 

Affaticare,  affaticarsi  {affaticamento,  affati- 
cante, affaticato).  Imporre,  fare  fatica. 

Affatto.  Interamente,  del  tutto. 

Affatturare  {affattur amento,  affatturato,  affai- 
turazione).  Ammaliare,  stregare,  anche  falsi- 
ficare. 

Affazzonare  {affazzonato,  affazzonatura).  Far 
bello,  adornare,  ornare. 

Affé.  Maniera  di  esclamazione,  di  giura- 
mento. 

Affermare,  affermazione  {affermativa,  affer 
motivo,  affermato),  lì  dare  per  certo,  per  vero  ; 
dichiarare,  asserire;  accertare  (accertamento). 

Affermarsi.  Segnalarsi,  distinguersi. 

Afferrare  {afferrato).  Modo  di  prendei'e  e 
tenere  con  forza. 

Afferratolo.  Arnese  per  attaccare,  per 
prendere. 

Affertilire  {affertilito).  Rendere  fertile. 

Affettare,  affettazione  {affettato).  Mostrare, 
ostentare  qualità  che  non  si  nanno  o  in  grad® 
minore  di  quanto  si  pretende  osi  vorrebbe  far 
credere;  dire  o  fare  cosa  alcuna  in  modo  non  na- 
turale, ma  artificioso,  ricercato,  con  soverchio  stu- 
dio. Far  lustra,  far  mostra,  far  gala,  far  profes- 
sione, piccarsi. 

Affettato,  ammanierato,  manierato,  artificioso,  ar- 
tificiato, caricato,  esagerato,  ricercato,  studiato,  sti- 
racchiato; sdolcinato,  lezioso,  moinardo;  dinoccolato, 
smaccato,  tutto  zerbineria,  cascante  di  smancerie,  di 
vezzi,  sdilinquito,  smorfioso;  stirato  con  le  tanaglie, 
gestroso,  smanceroso  ;  abbondone,  ciaccione,  saccente, 
che  ricopre  di  parole,  che  sa  far  tutto,  a  sentir  lui, 
e  conosce  tutto,  affeitatuzzo,  di  chi  ha  meschine 
maniere  affettate,  affettazioncelle  ;  affetto  da  snobi- 
smo, affettato  e  pretenzioso  (dall'inglese  snob,  cia- 
battino,   villan    risalito)  ;    arcifànfano,    di    chi    si 


;i2 


AFFETTARE   —    AFFEZIOXK 


dà  aria  di  gran  baccalare,  rivelandosi  per  uno 
scempio. 

Cacasòdo,  chi  procede  con  gravità  esageratamente 
superiore  al  proprio  st;Uo.  -  Caricone,  molto  cari- 
cato. -  Ceccosùda,  afjannnne,  chi  ostenta  di  darsi 
molto  da  fare.  -  Cerimonioso,  lezioso,  esagerato  nel  far 
complimento;  formalista,  affettato,  pedante;  mo- 
scardino, per  analogia,  l' individuo  attillato  con  af- 
fettazione, profumato,  assettatuzzo,  ecc.;  pateticone, 
affettalaniente  noioso;  re  di  picche,  chi,  non  avendo 
alcuna  autorità,  se  ne  dà  l'aria;  rigorista,  afTettatore 
di  severità;  sòr  preciso,  chi  alFetta  precisione;  stinco 
unto,  uomo  senza  cuore  che  affetta  tenerezza;  so*- 
nevole,  affettato,  lezioso  negli  atti  e  nelle  parole. 

Affettazione,  essere  affettato:  affettamento,  affetta^ 
tezza,  affettatura,  ammanieramento,  impostatura, 
caricatura;  leccume,  posa,  ricercatezza,  manierismo; 
squisitudine,  smanceria,  sgocciolatura,  lezio.  -  Aria 
di  protezione,  una  certa  tal  quale  gravità  che  alcuno 
mostra  in  vista.  -  Ddddolo,  smorha,  leziosaggine; 
idillio,  affettazione  di  semplicità;  rigorismo,  alletta- 
zione  di  severità;  sussiego,  gravità  affettata. 

Modi  di  affettazione:  avere  qualche  cosa  di 
studiato,  di  ricercato;  far  le  cose  in  cadenza;  fare 
troppi  sfoggi,  troppe  cerimonie,  troppe  invenie; 
stare,  andare  in  contegno,  in  caricatura,  in  sussie- 
go, sui  convenevoli;  stare  sull'onorevole,  sul  grande, 
sul  grave,  sul  severo,  in  sul  mille;  in  bruco  e  in 
farfalla,  sul  coramvòbis,  in  sul  quanquam;  tornare 
sul  coramvòbis;  star  su  bello;  fare  lo  sdolcinato. 

Anfanare,  far  l'affannone,  mostrare  di  darsi  gran 
briga  (anfanamento,  anfanato).  -  Fare  dello  spinto, 
affettare  o  far  pompa  d'arguzie,  dismvoltura  e  sim.; 
fare  il  filosofo  (iron.),  affettare  serenità,  wmplicilà, 
fortezza  d'animo;  fare  il  /'ranco,  affettare  sicurezza, 
non  paura;  fare  il  san  Luigi,  il  casto,  il  devoto; 
far  aspirato,  di  chi  si  atteggia,  ne!  tono  e  nella 
voce,  a  persona  che  abbia  grande  ispirazione  poe- 
tica, soprannaturale  -  Pausare,  far  pausa,  di  per- 
sona che  affetta  gravità;  parere  vn  san  Luigi,  osten- 
tare docilità,  mansuetudine;  posare,  sdraiarsi  in 
umili  salamelecchi,  lasciarsi  andare  ad  umili  reve- 
renze. -  Trinciare,  trinciarla  da  liberaloni,  da  sa- 
pienti, ecc.,  ostentarsi  tali. 

Affettatamente:  leziosamente,  caricatamente,  ricer- 
catamente, in  cadenza,  leccatamente. 

Affettare  {alj'ettamento,  affettato).  Maniera  di 
tagliare. 

Affetto  {affettivo,  affettuoso).  Impulso,  movi- 
mento (ìeW  animo;  sentimento,  facoltà  di  sentire; 
ciò  che  si  prova,  si  sente  verso  altri  e  per  altri, 
sia  amore,  odio,  pietà,  ira,  ecc.:  però  detto 
specialmente  in  senso  di  benevolenza,  di  affezione. 
Anche,  talvolta,  in  significato  di  desiderio,  voglia, 
cura,  sollecitudine,  speranza.  -  Affetto  ardente,  caldo 
(e  allora  è  jntssione),  continuo;  fervente,  fervido, 
fervoroso;  affetto  di  madre,  di  padre,  di  fratello; 
forte,  gagliardo,  grande,  intenso,  imperioso;  costante; 
inconcusso  (fermo,  slabile);  inlimo,  lungamente  nu- 
drito;  tenero,  sublime,  sviscerato  (straordinario); 
cordiale,  sincero;  debole,  tiepido. 

Affettivo,  di  affetto,  che  procede  da  affetto;  atto 
a  muovere  affetto.  -  Affettuoso,  che  ha  molto  affetto 
e  lo  dimostra  (parole  affettuose;  poesia  affettuosa). 
-Animato,  esprimente  molto  affetto:  di  volto,  di- 
scorso, stile.  -  Attaccato,  di  persona  affezionata  e 
riconoscente.  -  Patetico,  atto  a  muovere  l' affetto  e 
le  passioni. 

Abbondanza,  pienezza  di  cuore,  esuberanza  d'  af- 
fetto. -  Aspirazione,  affettuoso  movimento  dell'anima 


verso  alcun  oggetto.  -  Carezza,  dimostrazione  d"  af- 
fetto. -  Cordialità,  amabile  dimostrazione  d'  affetto. 

-  Contrasto  d' affetto,  antagonismo,  cozzo,  urto,  tra 
un  affetto  e  un  altro  opposto  e  di  natura  diversa. 

-  Espressione  d' affetto,  il  rivelarlo,  manifestarlo  con 
parole. 

Insurrezione,  ribellione:  di  affetti  che  ci  spingono, 
ci  trasportano  a  contrastare,  a  far  protesta  e  si- 
mili. -  Interiezione,  parte  indeclinabile  del  discorso 
esprimente  qualche  affetto  dell'animo.  -  Mancanza 
d'affetto:  apatìa.  -  Mozione  d'affetti,  il  suscitarli, 
il  metterli  in  gioco:  detto  specialmente  di  oratore 
che  ecciti  l'animo  di  chi  ascolta.  -  Fervore,  fervenza, 
vivacità  d'affetto.  -  Fuoco,  veemenza  d'affetto. 

Inclinazione,  tendenza  d'affetto,  verso  cosa  o  per- 
sona. -  Raffreddamento,  il  decadere,  l'affievolirsi  di 
un  afTetto. 

Scintilla  d"  affetto,  manifestazione  viva,  guizzo, 
sprazzo.  -  Simòo/o  dell'affetto:  l'acacia.  -  So//ect7M(/iw«, 
di  affetto  che  è  vigile,  pieno  di  attenzione.  -  SollC' 
vazione  d'affetti,  irrompere  gagliardo  e  improvviso. 

-  Svisceratezza,  gran  fervore  d'  affetto.  -  Soolyimento 
degli  affetti,  il  loro  modo  di  manifestarsi,  di  pro- 
dursi. -  Testimonianza,  prova,  pegno.  -  Zelo,  affetto, 
stimolo  dell'  altrui  e  del  proprio  bene.  _ 

Movimento  degli  affetti.  —  Abnegare  (abnegà"- 
zione),  resistere  agli  impulsi  d'un  affetto,  astenersi 
dal  secondarlo.  •  Accendere,  accendersi,  suscitare, 
destare  un  all'etto  ©  esserne  presi.  -  Acuire,  rendere 
più  vivo,  più  penetrante,  più  fervido.  -  Agitare, 
muovere  gli  affetti.  -  Alterare,  modihcare,  in  peggio. 

-  Ardere  (ardente,  ardenza,  ardore),  di  affetto  calo- 
roso, veemente,  del  quale  ci  si  sente  compresi,  com- 
penetrati. -  Attestare  (attestazione),  dimostrazione, 
prova.  -  Avere,  stare  a  cuore,  a  petto,  prendere  a 
cuore  cosa,  o  persona,  occuparsene  con  solerte  affetto. 

Concepire,  sentire,  pórre,  riporre,  dimostrare,  por- 
tare affetto;  suscitare,  desiare,  inspirare;  frenare 
reprimere,  sfogare  l'affetto:  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Fervere,  di  affetto  vivace,  che  perdura 
calorosamente.  -  Intenerirsi,  commuoversi,  sentire 
profondamente  un  affetto,  per  lo  più  di  pietà.  - 
Intiepidire,  intiepidirsi,  perdere  di  fervore,  ai  inten- 
sità. -  Sfogare,  dimostrare  vivacemente  l'affetto  che 
si  sente.  -  Soffocare,  reprimere,  far  tacere,  estinguere 
spegnere  un  affetto. 

Locuzioni.  —  Baciar  coi  denti,  dar  prova  di 
affetto  in  apparenza  e  offendere  in  sostanza. 
Cuore  p\eno  di  gioia,  di  dolore,  ecc.,  vivamente 
compreso  di  questi  e  d'allri  affetti.  -  Dire,  fare  con 
teneìtzza  mesta  e  rabbiosa,  per  contrasto  d'affetti.  - 
Non  avere  viscere  (fig),  cioè  non  affetti,  non  senti- 
menti. -  Restar  li  strozzato  a  mezza  gola,  dell'affetto 
che  non  può  esprimersi;  impedito,  soll'ocato.  -  Te- 
sori della  mente  e  del  cuore,  gli  affetti  buoni. 
Uscire,  venire  dal  cuore,  di  manifestazione  d'affetto 
sincera,  spontanea. 

Affètto  (participio  passalo  del  latino  af^cere^. 
Dicesi  di  chi  sia  preso  da  una  passione  o,  più 
specialmente,  da  una  malattia. 

Affezionare,  affezionarsi  (affezionato).  Ren- 
dere affezionato,  prendere  affezione. 

Affezione.  Sciiliniento  di  benevolenza  per  altri: 
affetto,  amore  in  senso  generico;  amorevolezza,  af- 
fettuosità, facoltà  di  «?><rtj"e;  apponimento,  apposi- 
zione di  cuore;  dolce  moto,  amazione,  legamo  del 
cuore.  L'  affezione  può  essere  antica,  recente,  spe- 
ciale; certa,  grande,  inconcussa;  dolce,  soave,  ecc., 
ecc.  Si  concepisce,  si  sente,  si  dimostra,  si  mani- 
festa con  parole  o  con  fatti,  e  simili;  si  inspira,  si 


33 


infonde,  si  suscita  nell'aninio  d'altri,  ecc.  -  Affettno- 
saiiiente,  aniorovohnente,  cordialnicnto,  di  vero 
cuoi'e. 

Affezioncelln  (diminutivo),  aiTezione  poco  inten- 
sa, superficiale,  di  ragazzi,  eco.  -  Atlorramento,  atre- 
zioiie  verso  persona  che  ci  fa  del  bene.  -  Bene- 
ro/fjisfl,  disposizione  d'animo  alfettuoso,  o,  per  lo 
meno,  non  avverso.  -  Cvlfn,  di  affezione  vivissima, 
accom])agnata  da  gran  deferenza.  -  Devozione,  sen- 
timento di  deferenza,  d'affetto  e  di  servitù  verso 
una  persona.  -  Dilezione,  all'etto,  cura  diletta,  spiri- 
tuale. -  Feticismo,  afl'ezione,  adorazione  cieca,  ecces- 
siva. -  Grazia,  affetto  benevolo  da  superiore  a 
inferiore  (essere  nelle  grazie  di....  ).  -  Idolatria, 
affezione  esagerata,  fanatica.  -  Simpatia:  veggasi 
questa  voce.  -  Tenerezza,  affezione  con  un  misto  di 
compassione  o  di  spedate  preferenza  o  predilezione. 

Proverbi:  Affezione  accieca  ragione.  -  Cosa  pei- 
forza  non  vale  ima  scorza.  -  La  Ungila  batte  dove  il 
dinie  duole. 

Affezionare,  ispirare  atfezione,  farsi  voler  bene; 
riaffezionare,  far  riprendere  o  riprendere   affezione. 

Affezionarsi,  prendere,  collocare,  mettere,  porre 
atfezione;  rivolgere  1'  animo;  prendere  a  grado,  in 
grado,  a  buon  grado;  appiccicarsi,  attaccarsi;  inco- 
minciar ad  amare.  -  Accarezzare,  aver  caro  alcu- 
no, essergli  affezionato. 

Affezionato  :  attaccalo,  amico,  ben  affetto,  atte- 
nente, benevolente,  dedicato,  dedito;  devoto,  devo- 
tissimo, sviscerato;  tutto  di  qualcuno  o  per  qualche 
cosa;  pieno  di  qualcuno,  anima  e  corpo  di  un  tale. 
Caro,  di  persona  o  cosa  a  cui  abbiamo  grande 
affezione  e  stima.  -  Devoto,  chi  ha  e  professa  devo- 
zione. -  Tenero,  molto  curante,  affezionatissimo.  - 
Contrario:  disamorato,  indevoto,  disaffezionato;  di- 
samorevole. -  Disaffezionare,  disaffezionarsi,  far 
perdere  o  perdere  1'  affezione.  -  Disaffezione,  diminu- 
zione 0  cessazione  d'affetto;  disamorevolezza. 

Locuziojsi.  —  Avere  il  capo  a  una  persona,  averle 
affezione,  cura.  -  Conciliarsi  l'  affezione,  cattivarsela, 
procurarsela,  guadagnarsela.  -  /H^ra-i'aj-s?,  entrare  nel- 
le buone  grazie  di  qu.\\c\ino;  ingrazionirsi,  lo  stesso 
che  ingraziarsi,  ma  più  intensivo  e  con  un  certo 
significato  di  leziosaggine.  -  Dare,  ricevere  un  con- 
trassegno d'affetto,  cioè  un  segno,  una  prova.  -  Da 
questo  lato  non  ci  sente:  di  persona  che  non  s'affe- 
ziona che  all'interesse,  o  accennando  dalla  parte  del 
cuore.  -  E'^pandcrji,  essere  espansivo,  avere  espan- 
sioni, di  chi  è  facile  a  dimostrazioni  affettuose.  - 
E  sere  persona  del  nostro  cuore,  di  chi  ha  la  nostra 
affezione.  -  /  nomi  di  babbo  e  mamma  s' attaccano 
alle  labbia:  dimostrano  per  natura  affetto.  -  In  vi- 
sceribus,  con  tutto  1'  affetto,  con  tutte  le  viscere.  - 
Morire  su  una  persona  o  su  una  cosa,  mostrarne  un 
affetto,  una  voglia  straordinaria.  -  Tenerci  a  una 
£osa,  esserci  attaccato,  affezionato. 

Affezione.  Stato  morboso  del  corpo,  malattia. 

Affiatare,  affiatarsi  {affiatamento,  affiatato). 
Mettersi  d  accordo  con  qualcuno;  prendere  dime- 
s' cliezza,  f'amiliai'ità. 

Affibbiare  (affìbbiamento,  affibbiato,  affibbiatura). 
Congiungere,  unire  con  fibbia:  detto  di  veste,  di 
calzatura,  ecc.  -  Figur.,  attribuire  una  colpa. 

Affidare  [affidamento,  afjiclato).  Rimettere,  dare 
cosa  0  incarico  a  qualcuno,  con  fiducia.  -  Dare 
in  custodia. 

Affidarsi.  Aver  fede,  fiducia. 

Affida\i.t.  V.  a  credito  (titoli). 

Affienare,  affienire  [affienare,  affienito).  Veg- 
gasi a  bestiame  e  a  fieno. 

Prkmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


Affievolire  [affievolimento,  affievolito).  Render 
funoie,  debole. 

Affìggrere  [affisso).  Fissare,  attaccare.  -  Appic- 
eieare  ai  muri  un  avviso.  -  Dare  con  tal  me;  zo  pub- 
blirifà  ad  una  legge  o  ad  altro. 

Affig-liolarsi.  Prendersi  per  figlio, 

AffijjTurare  (affigurato).  Vedere  a  figura. 

Affilare  [affilato,  affilatura).  Lavoro  di  arro- 
tino. —  Porre  in  fila. 

Affilato.  Di  naso  line  e  regolare;  di  viso  m,a- 
gro  :  di  lingua  maldicente. 

Affilettare  [affilettntn).  Lavoro  che  si  fa  ad 
una  rete.  -  Detto  anche  a  ragno. 

Affiliare,  affiliazione  [affiliarsi,  affiliato). 
L'ascrivere  o  l'ascriversi  ad  una  associazione. 

Affinare,  affinamento  [affinato,  affinatura). 
Ridurre  fine  (di  metalli,  ecc.),  sottile.  —  Portare 
a  perfezione. 

Affìnatòio,  Vaso  o  forno  per  affinare. 

Affinchè,  affine  [a  pne  di.,.).  Veggasi  a  scopo. 

Affine.  Avente  affinità. 

Affinità.  (Jrado  di  parentela.  —  Conformità, 
analogìa,  relazione,  somiglianza. 

Affiocare,  affiochire  [affiocato,  affiochito). 
Render  fioco,  debole,  ottuso;  di  lume,  di  suono, 
di  voce. 

Affioramento.  Apparire  d'uno  strato  di  me- 
tallo a  fior  di  terra. 

Affissare,  affissione  [affissato,  affisso).  L'af- 
figgere: di  avviso  e  d'altro. 

Affissi.  Parti  deWannadio  a  muro,  della  fi- 
nestra, dell' «scio. 

Affìsso.  Bando,  avviso.  —  Voce  che  serve  di 
legame  al  di.-  corso, 

"^Affìttacàiiiere.  Chi  fa  il  mestiere  di  dare  in  af- 
fitto camere. 

Affittacavalli.  Chi  dà  a  nolo  un  cavallo,  o 
più  cavalli,  con  la  carrozza. 

Affittaiuòlo.  Clii  prende  in  affitto. 

Affittare  [affittamento,  affittato,  afflttatore).  Dare 
0  prendere  in  affitto. 

Affittire,  affittirsi  [affittito).  Rendere,  diventa- 
re folto. 

Affitto.  Cessione,  concessione  dell'uso  di  una 
casa,  di  un  podere  e  simili,  a  tempo  determinato  e 
contro  compenso  in  danaro.  Anche  la  somma,  la 
quota  che  ratealmente  si  paga  per  ciò:  fitto,  fittanza, 
prestazione,  pigione  (solo  di  casa),  nolo,  noleggio 
(di  cose  mobili),  locazione  (il  patto  dell'appigionare 
un  quartiere);  conduzione  (specialmente  di  poderi). 

-  Affìtterello,  affitto  di  poco  conto.  -  Appigionasi,  il 
cartello  che,  alla  porta  d'una  casa,  indica  i  locali 
da  affittare.  Est  locanda.  —  Canone,  la  quota  di  de- 
naro dovuta  per  un  affìtto.  -  Conferma,  rinnovazione 
dell'affitto.  -  Contratto,  la  locazione,  il  patto  col  quale 
si  stipula  l'affitto:  esso  dura,  scade,  si  rinnova,  ecc. 

-  Disdetta  (dal  verbo  disdire),  l'intimazione  formale 
data  da  un  padrone  all'affittuario  perchè  sgombri, 
entro  un  determinato  limite  di  tempo,  la  casa,  il 
podere,  ecc.  (Dare,  mandare,  intimare  la  disdetta, 
spigionare).  -  Dozzina,  l'affitto  di  stanze  amraobigliate 
fornite  però  di  servizio  e  biancheria.  Mezza  o  tutta 
dozzina,  quando  si  ha  anche  il  mangiare;  ma  in  tal 
caso  più  comunemente  e  meglio  si  dice:  stare  a  retta, 
a  pensione.  -  Inquilino,  chi  prende  in  affitto  un  ap- 
partamento in  una  casa:  pigionale.  -  Pigione,  il  prez- 
zo che  si  paga  per  l'affitto  d'una  casa.  Abbassare, 
diminuire  la  pigione  ;  rincarare,  aumentarla.  -  Sublo- 
cazione, locazione,  affitto  di  secondo  ordine,  quello 
cioè  che  il  conduttore,  a  sua  volta,  concede  ad  un 

3 


34 


AFFLARE   —   AGATA 


terzo  sulla  stessa  cosa  a  lui  locata.  -  Terratico,  af- 
fitto che  si  ricava  dalla  terra. 

A/jftWamento;  l'affittare;  il  contratto  e  il  tempo  per 
cui  si  affitta,  affittanza;  allocazione,  allocagione; 
allogamento,  appigionamento.  -  Locativo,  ìocatizio,  di 
affittamento. 

Affittare:  dare  a  fitto,  ad  affitto;  in  affitto;  locare 
(locazione),  allogare;  appigionare  (la  casa,  la  villa,  ecc.), 
aare  a  pigione,  a  pensione.  Dicesi  anche  nel  senso  di 
prendere  in  affitto,  tenere  a  prezzo,  tenere  a  pigione; 
prendere,  pigliare,  torre  a  nolo,  di  cose  mobili,  pren- 
dere a  costo,  fermare.  —  Contrario  di  affittare:  sfittare 
(sfittato,  non  dato  in  affitto).  —  Riaffittare,  ripete  af- 
fittare. Anche  subaffittare,  raffittare,  riallogare,  sub- 
locare, sullogare ;  fare,  prendere  un  subaffitto;  riap-. 
pigionare.  Rifermare  là  casa,   rinnovarne  l'affitto.  - 

Appigionatile,  da  appigionare,  affittare.  Appigionato, 
affittato,  locato,  ecc.  -  Affittuario,  chi  prende  in  af- 
fitto; affittaiuolo,  fittabile  (per  affitto  di  poderi), 
Attuario;  affittale,  affittuale,  fittùale;  conducente, 
conduttore,  locatario.  Salacco,  affittuario  quasi  per- 
petuo. Condurre  (conduzione),  il  tenere  in  affitto. 

Affittatore:  chidàafitto:  affittante;  appigionante, 
appigionatore;  allogatore,  locatore  ;  noleggino  (di  cose 
mobili). 

Afflare,  afflato.  Veggasi  a  fiato. 

Affliggere,  afflizione  {affliggente,  affliggersi; 
afflittivo,  afflizione).  Il  cagionare  tristezza,  dolore, 
tribolo,  travaglio. 

Affloscire  {affloscilo).  Diventar  floscio,  debole. 

Affluente.  Il  fiume  che  sbocca  in  un  altro. 

Affluenza,  afflusso.  Concorso  di  un  fluido, 
di  un  liquido  in  un  luogo,  in  un  punto.  -  L'accorrere 
di  folla. 

Affluire  {afflmnte,  affluito).  L'avere  affluenza. 

Affocare,  affocarsi  {affocato).  Appiccare,  pren- 
der fi'i'OCO,  arroventando. 

Affogare  {affogamento,  affogato).  Soffocare,  far 
morire  sommergendo  nell'acqua  o  in  altro  liquido: 
anuejare.  -Rovinarsi  in  un  cattivo  affare,  e  spe- 
cialmente in  un  cattivo  matrimonio. 

Affogato.  Senza  luce. 

Affogatolo.  Di  luogo  basso,  chiuso,  caldo,  nel 
quale  non  si  può  respirare  bene. 

Affogliare  {affogliato).  Far  la  foglia  per  il 
bestiame. 

Affollare,  affollarsi  {affollamento,  affollato). 
Concorrere  in  folla, 

Affoltare,  affoltarsi  {affollato).  Accalcarsi, 
far  folla. 

Affondare  {affondamento,  affondato,  affondatura). 
Sommergere  neWacqua  o  in  altro  liquido:  spro- 
fondare, subissare.  -  Andare  a  fondo:  di  nave,  -  In- 
conveniente del  cam,minare  su  terreno  molle,  pan- 
tanoso. 

Afforcare  {afforcato).  Manovra  di  nave, 

Afforestierare  {afforeslierato).  Rendere  fore- 
stiero. 

Affortiflcare  {affortificato).  Rendere  forte; 
fare  un  lavoro  di  fortificazione. 

Affortunato.  Che  ha  fortuna. 

Afforzare  {affo7-zamento,  afforzato).  Rendere 
forte. 

Affossare  {affossamento,  affossato,  affossatura). 
Scavare  fossa  o  fosse,  in  un  campo,  in  un  ter- 
reno qualsiasi.  Affondare. 

Affralire  {affralimento,  affralito).  Rendere  o  di- 
ventare fragile. 

Affrancare,  affrancazione  (affrancamento, 
affrancato,  affrancatura).  Il  far  libero  uno  schiavo. 


•  Pagare  il  porto  d'una  lettera  mediante  franco- 
bollo, -  Liberarsi  da  un  cànone. 

Affranto.  Rotto  da  fatica,  preso  da  forte  stan- 
chezza. -  Di  animo  in  gran  dolore. 

Affratellare,  affratellarsi  {affratellamento, 
affratellato).  Stringere,  stringersi  in  unione  d'affetto, 
come  da  fratello  a  fratello. 

Af frenare  {aff renato).  Mettere  in  freno;  repri- 
mere, moderare. 

Affresco  {fresco,  affrescare,  frescare)  Genere  di 
pittura. 

Affrettare,  affrettarsi  {affrettamento,  affret- 
tato, affrettatamente).  Stimolare  a  far  presto;  fare 
in  fretta. 

Affrittellare  {affrittellato).  Modo  di  friggere 
l'uovo. 

Affrontare  {affrontamento,  affrontato).  Movere 
arditamente  contro  alcuno;  assalire.  -  Esporsi  a 
qualche  pericolo.  -  Mettere  a  confronto. 

Affrónto.  Ingiuria,  offesa, 

Affumare,  affumicare  {affumamento,  affu- 
malo,  affumatura,  affumicamento,  affumicazione).  Sot- 
toporre all'azione  del  fumo,  •  Processo  per  la  con- 
servazione della  carne.  -  Figur.,  oscurare. 

Affusare,  affusellare,  affusolare  {affusar 
mento,  ecc.,  affusato,  ecc.).  Rendere  sottile  in  punta, 
a  guisa  di  fuso.  -  Affusellato,  sottile  e  diritto  :  dicesi 
di  colonna,  di  dita,  ecc. 

Affusto.  Il  carro,  il  letto  del  cannone. 

Afidi.  Piccoli  insetti  che  vivono  in  numero  ster- 
minato in  varie  specie  di  piante,  succhiandone  gli 
umori. 

Afillo.  Vegetale  che  non  ha  foglia. 

Afonia.  Privazione,  mancanza  della  voce. 

Afono.  Senza  voce. 

Aforisma,  aforismo.  Massima,  sentenza,  detto 
memorabile. 

A  forzieri.  Modo  di  argomentazione. 

Afoso.  Che  cagiona  afa. 

Aframetro.  Citato  a  bottiglia. 

Africanista,  africanismo.  Leggasi  a  con- 
quista. 

Africano.  Detto  a  vento. 

Afro.  Lo  stesso  che  acre,  aspro. 

Afrodisia.  Appetito  venereo,  istinto  sessuale. 

Afrodisiaco.  Medicamento  a  cui  si  attribuisce 
la  virtù  di  eccitare  gli  stimoli  dell'istinto  sessuale: 
tali  la  cantaride,  il  fosforo,  il  muschio,  lo  zenze^ 
ro,  ecc. 

Afrodite.  Soprannome  di  Venere. 

Afrodito.  Inaividuo  senza  organi  genitali. 

Afrore.  Forte  e  grave  odore. 

Afta.  Male  della  bocca. 

A  galla.  Sulla  superficie  dell'acgua  o  d'altro 
liquido. 

Agape.  Convito,  banchetto,  specialmente  degli  ^ 
antichi  cristiani  e  della  Massoneria. 

A  gara.  A  concorrenza:  del  gareggiare. 

Agar  agar.  Specie  di  alga. 

A  garganella.  Modo  di  bere,  tracannando 
senza  riprender  fiato. 

Agàrico.  Qualità  di  fungo,  rappresentato  da 
parecchie  specie:  il  bianco,  che  è  medicinale  (pur- 
gante) e  fa  spumare  i  liquori  amari;  il  campestre, 
ai  carne  bianca  e  saporosa  ;  quello  da  esca,  o  dei 
chirurghi,  atto  a  servire  da  emostatico  ;  l'agarico 
di  pie  nero,  commestibile,  con  gambo  nero,  vellu- 
tato ;  il  mortifero,  velenoso,  conmne  nei  boschi  ;  il 
moscario,  pure  impiegato  come  medicinale,  ecc. 

Agata.  Cristallo  di   ròcca,   semitrasparente,   mi- 


AfiATODEMOI^ 


A6GIUN6EBE 


33 


cuglio  del  quarzo  e  dell'opale,  con  materie  argil- 
lose, ferrifere  e  manganesifere  ;  pietra  dura  e  di 
vari  colori,  da  ornamento.  Di  varie  qualità  :  oc- 
chiuta, screziata,  macchiata  o  figurata,  muscosa, 
orientale,  cristallina,  punteggiata,  lenticolare  (o  che- 
lidonia),  arborizzata,  o  pietra  di  Mosca,  d'Islanda 
(ossidiana),  ecc.  Si  hanno  àgate  lineate,  ondate,  po- 
mellate, marezzate,  reticolate,  dentate,  dragate,  ad 
occhi,  ecc.  -  Varietà  di  agata:  calcedonia,  corniòla, 
diaspro,  eliotropio,  grisopazio,  onice,  sardonica,  sar- 
dagata. 

Ag-atodèmone.  Nella  mitologia,  spirito  buono. 

Àgave.  Pianta  amarillidacea,  origmaria  dell'A- 
merica, naturalizzata  nel  bacino  del  Mediterraneo: 
dà  fibre  tessili,  buone  per  far  cappelli,  corde,  reti, 
stuoie,  impagliare  sedie,  ecc.  -  Lino  d'America,  l'a- 
gave americana.  -  Canapa  di  San  Domingo,  fibre 
tessili  di  varie  specie  di  agave.  -  Pita,  fibre  di 
agave. 

Agèmina  (ageminato).  Lavoro  di  gioielliere. 

Agenda.  Registrino,  libercolo  per  annotarvi 
questo  0  qaeW affaire:  diario,  taccuino. 

Agènte.  Tutto  quanto  può  agire,  influire. 
-  Persona  che  tratta  questo  o  quell'alare  per  conto 
d'altri;  chi  cura  gli  interessi  d'una  famiglia  (agente 
domestico),  o  si  assume  incombenze  di  commercio 
(rappresentante),  o  è  amministratore  di  beni  rurali 
(fattore).  -  teTmwe  dì  chimica  e  dì  fisica.  -  Agente 
della  forza  pubblica,  funzionario  di  polizia;  agente 
provocatore,  tristo  arnese  della  stessa.  -  Agente  di 
cambio,  cambiavalute,  banchiere.  -  Agente  diploma- 
tico, funzionario,  a  servizio  della  diplomazia. 

Agenzìa.  L'ufficio  di  chi  si  occupa  di  affari 
altrui.  -Circoscrizione  amministrativa  per  la  riscos- 
sione di  qualche  tassa.  -  Agenzia  d'affari,  ufiicio 
che  tratta  imprestiti,  vendite  ed  altro.  -  Agenzia 
d'avvisi,  quella  nella  quale,  pagando  un  tanto  si 
ottiene  la  pubblicazione  di  avvisi  di  vendita,  di 
compra,  di  pubblicazione  d'opere  ed  altro.  -  Agenzia 
d'indicazioni,  quella  che  dà  indirizzi  di  quartieri, 
mobiliati  e  smobiliati,  con  tutti  gli  schiarimenti 
utili.  -  Agenzia  di  trasporti,  quella  che  provvede  a 
trasportare  merci,  masserizie,  ecc.  -  Agenzia  tea- 
trale, quella  che  attende  ad  alcuni  bisogni  di  un 
teatro. 

Agevolare,  agevolamento  (agevole,  agevo- 
lato, agevolezza).  Il  rendere  comodo,  facile.  -  D  pro- 
curare vantaggio. 

Aggallàto.  Detto  di  terreno  torboso,  pa- 
ludoso. 

Agganciare  (agganciato,  agganciatoio).  Modo 
di  attaccare  e  di  prendere. 

Aggangherare  (aggangherato).  Fermare  con 
gànghero. 

Aggarzonare,  aggarzonarsi  (aggarzonató). 
Vedasi  a  contadino. 

Aggattigliarsi  (aggattigliato).  Fare  rissa  o 
pettegolezzo  per  cose  da  poco. 

Aggavignare  (aggavignato).  Modo  di  pren- 
dere. 

Agge!?s:lare,  aggéggio  (aggeggiato,  aggeg- 
gioiu).  Gingillare,  fare  sconclusionatamente. 

Aggentilire  (aggentilirsi,  aggeìitilito).  Diventare 
0  rendei  e  gentile. 

Asrgere.  Rialto  di  terreno. 

aggettare,  aggetto  (aggettato).  Termine  di 
arcuitettn/ray  riferentesi  a  muro,  a  edificio. 

Aggettivo  (addiettivo,  adiettivo,  aggiuntivo). 
Uno  degli  elementi  essenziali  del  discorso,  che 
serve  a  qualificare  un  sostantivo  o  ad  indicarne  le 


qualità  e  il  modo  di  essere  : ,  afiBsso,  aggiunto,  epi- 
teto; talvolta,  soprannome.  È  maschile  (buono)  o 
femminile  (buona)  ;  deve  accordare  col  suo  sostan- 
tivo in  genere  e  numero.  -  Positivo,  l'aggettivo  ado- 
perato semplicemente  ;  comparativo,  quello  che 
esprime  eguaglianza  o  maggioranza  o  difetto  di  cose 
paragonate  insieme  ;  superlativo,  quello  che  indica 
il  terzo  e  supremo  grado  della  comparazione. 

Numerale,  l'aggettivo  esprimente  numero,  ed  è: 
cardinale,  se  esprime  numero  semplice  ;  ordinativo, 
quando  significa  numero  con  ordine  (es.,  primo,  se- 
condo, ecc.);  distributivo,  quando  indica  un  deter- 
minato numero  considerato  come  un  solo  gruppo. 
Si  distingue  anche  l'aggettivo  concreto  (che  si  unisce 
al  nome),  il  determinativo  (che  dà  termini  precisi); 
possessivo  (mio,  tuo,  ecc.). 

Aggettivazione,  aggettivare  (neologismo),  arte  e  fa- 
coltà di  apporre  aggettivi.  -  Regime  degli  aggettivi 
dicesi  quando,  per  le  varie  relazioni  che  esprimono, 
determinano  il  caso  in  cui  deve  essere  il  so- 
stantivo. 

Aggètto.  Termine  di  architettura;  sporto  di 
un  edificio. 

Agghiacciare,  agghiacciarsi  (agghiaccia- 
mento, agghiacciato).  Ridurre,  diventar  ghiaccio. 

Agghiaccio.  Movimento  per  far  girare  il  ti- 
mone di  una  nave. 

Agghiadare,  agghiadarsi  (agghiadato).  Lo 
stesso  che  agghiacciare. 

Agghiaiare  (agghiaiato).  Coprir  di  ghiaia 
una  strada. 

Agghindare  agghindarsi  (agghindato).  Ac- 
conciare, ornare,  ornarsi  :  specialmente  del  ve- 
stii^e. 

Aggiardinare  (aggiardinato).  Ridurre  un  ter- 
reno a  giardino. 

Aggina.  Porzioni  di  pàscolo  pel  bestiame. 

Aggio  (aggiotaggio,  aggiotatore).  Vantaggio  sul 
cambio  della  moneta.  -  Interesse  di  capitale. 

Aggiogare  (aggiogamento,  aggiogato).  Imporre 
giogo  al  bestiame.  -  Tenere,  mettere  in  condizioni 
di  schiavitù. 

Aggiornare  (aggiornamento,  aggiornato).  Farsi 
giorno,  -  Rimandare,  prorograre.  -  Rinviare  una 
causa. 

Aggiotaggio  (aggiotatore).  Speculazione  di 
borsa. 

Aggirare,  aggirarsi  (aggiramento,  aggirato, 
aggiratore).  Muovere,  percorrere  in  giro;  andare, 
girare  intorno;  tendere  un  inganno,  preparare 
un  imbroglio. 

Aggiudicare,  aggiudicazione  (aggiudicata- 
rio, aggiudicato).  Il  dare,  l'assegnare:  detto  di 
asta,  di  concorso,  di  prem>io,  dì  atto  giudi- 
ziario. 

Aggiungere,  aggiunta  (aggiungimento,  ag- 
giuntivo, aggiunto,  aggiunzione).  L'unire  cosa  a  cosa, 
mettere  qualche  cosa  di  più  :  accrescere,  aggregare, 
completare,  crescere,  giuntare,  raggiuntare.  Appicci- 
care, attaccare,  accoppiare;  accordare,  aggregare  (ag- 
giungere al  numero),  posporre,  annestare,  ingrop- 
pare una  cosa  a  un'altra;  arrògere  (poco  usatoj, 
annèttere.  -  Abborrare,  aggiungere  cosa  a  cosa  di 
poco  momento.  -  Allegare,  dì  documenti,  aggiungerli 
ad  atti  0  memorie,  per  suffragarne  le  considera- 
zioni. -  Apporre,  mettere  in  aggiunta  e  accosto, 
vicino.  -  Incastrare,  includere  fra  mezzo  ;  nel  senso 
generico,  unire  una   cosa  ad  un'altra  per  artifizio. 

-  Rincappeltare,  aggiungere  cosa  a  cosa,  di  vario  genere. 

-  Soggiungere,  aggiungere  parole  (soggiunzione)   nel 


36 


AGGIUIVTARE   —   AGIATEZZA 


dire  0  nello  scrivere  :  soggiugnere.  -  Sopraggiungere, 
aggiungere  per  soprappiù. 

Aggiunta,  aggiungimento,  aggiuntura,  aggiunzione; 
accessione,  accrescimento;  addizione,  adiezione,  ag 
gregazione,  aggregamento;  appendice  (cosa  accesso' 
ria),  complemento,  corollario,  giunta,  sopraggiunta; 
soprassello,  supplemento,  soprappiù  ;  annessione, 
coda,  stràscico  ;  prostesi.  -  Di  scrittura,  postilla.  -  Af- 
filiazione, di  persona  che  si  aggiunga  agli  ascritti  di 
una  corporazione,  di  una  congregazione,  di  una 
società  (affiliarsi). 

Aggiuntivo,  atto  ad  aggiungere  e  aggiungersi  :  ad- 
diettivo,  soggiuntivo. 

Aggiunto,  unito,  aggregato,  annesso,  associato  ;  ad- 
dizionale, addizionato,  complementare,  supplemen- 
tare (che  serve  di  complemento,  di  supplemento)  ; 
subalterno,  subordinato  ;  arroto  (poco  usato).  -  Ac- 
cessorio, quanto,  essendo  pure  cosa  a  sé,  si  riferisce 
ad  altra  cosa  principale.  —  Anche,  particella  copu- 
lativa che  significa  aggiunta  a  quanto  si  è  detto: 
ancora,  altresì,  eziandio,  pure. 

Aggrluntare  {aggiuntato).  Mettere  per  giunta, 
aggiungere,  congiungere,  unire. 

As-givintlvo,  aggiunzione.  Vedasi  in  ag- 
giungere. 

Aggiustare  {aggiustabile,  aggiustamento,  aggiu- 
stato, aggiustatura).  ÌRidurre  al  giusto;  accoìno- 
dare,  mettere  in  ordine;  riparare  a  qualche 
gtmsto,  -  Assestar  bene  un  colpo. 

Aggiustatezza.  Modo  conveniente  di  con^ 
dotta.  -  Convenienza,  precisione. 

Aggiogare  {agglobato).  Ridurre  a  forma  di 
globo. 

Agglomerare,  agglomerarsi  {agglomerar 
mento,  agglomerato,  agglomerazione).  Unire,  unirsi 
di  molte  cose.  -  Far  mucchio,  riunirsi  in  folla. 

Agglutinante.  Sostanza  usata  in  chirurgia 
e  altrimenti,  per  agglutinare. 

Agglutinare  {agglutinamento,  agglutinato,  ag- 
glutinazione). Attaccare,  unire  per  mezzo  di  glu- 
tine. -  Agglutinanti,  adesivi,  cioè  sostanze  che  ade- 
riscono, si  attaccano  :  così  il  caucciù,  il  coUodion, 
la  destrina,  la  guttaperca,  lo  sparadrappi. 

Aggobbire  {aggobbito).  Diventar  gobbo. 

Aggomitolare,  aggomitolarsi  (  aggomito- 
lato). Ridurre,  avvolgere  il  filo  in  gomitolo. 
-Modo  di  positura. 

Aggottare  {aggottato).  Cavar  l'acqua  entrata  in 
una  nave,  in  una  barca. 

Aggradare  {aggradato).  Essere  a  grado,  pia^ 
cere. 

Aggradire  {aggradevole,  aggradimento,  aggra- 
dito). Essere  a  grado,  piacere. 

Aggradulre  {aggraduito).  Destare,  acquistarsi 
gratitudine. 

Aggraffare  {aggraffato).  Modo  di  prendere. 

Aggraffignare  {aggraffignato).  Aggraffiare,  »^a- 
bare. 

Aggrampare  {aggrampato).  Modo  dì  prendere. 

Aggranchire,  aggrancliirsi  {aggranchimento, 
aggranchito).  Aggranchiare  (meno  comune),  intiriz- 
zire per  freddo. 

Aggrandire,  aggrandirsi  {aggrandimento, 
aggrandito).  Fare  o  divenire  grande  o  più  grande. 
-  Aumentare  di  potenza,  di  ricchezza. 

Aggranfiare  {aggranfiato).  Modo  di  prendere. 

Aggranfignare  {aggranfìgnató).  Prendere,  rw- 
bare  destramente. 

Aggrappare,  aggrapparsi  (aggrappato).  Mo- 
do di  pi^endere,  di  attaccarsi,  di  annodare. 


Aggraticciare  {aggraticciato).  Intrecciare  a 
modo  di  graticcio. 

Aggravare,  aggravarsi  (aggravamento,  ag- 
gravante, aggravato,  aggravazione).  Rendere  o  ren- 
dersi più  grave,  in  fatto  di  malattia,  di  di 'fi- 
colf  à,  di  pericolo.  -Volgere  al  peggio  -  Accrescere 
il  biasim.o,  la  colpa.  -  Aumentare  il  peso,  pre- 
mere con  peso. 

Aggravezzare  {aggravezzato).  Sottoporre  a 
tassa,  a  imposta,  a  dazio. 

Aggravio.  Incomodo,  danno,  colpa,  dazio, 
imposta. 

Aggraziare,  aggraziarsi  (aggraziato).  Dare, 
acquistar  grazia,  -  Rendere  grato,  acquistarsi  gra- 
titudine. 

Aggredire,  aggressione  {ag  redimento,  ag- 
gredito, aggressore).  Assaltare,  assalire. 

Aggregare  {aggregato,  aggregazione).  Ascrivere 
ad  un  corpo.  -  Aggiungere  al  numero. 

Aggressióne,  aggressóre.  L'atto  di  assalire 
e  chi  lo  compie. 

Aggrezzire  (aggrezzito).  Intirizzire  per  freddo. 

Aggrinzare,  aggrinzire  {aggrinzamento,  ag- 
grinzimento,  aggrinzato,  aggrinzilo,  aggrinzirsi). 
Rendere  o  divenire  grinzoso,  rugoso  :  delia  pelle 
che  fa  ruga. 

Aggrottare  (aggrottamento,  aggrottato).  Incre- 
spare le  ciglia,  -  Lavoro  di  agricoltura. 

Aggrottescare  (aggrottescato).  Maniera  di  pit- 
tura. 

Aggrovigliare,  aggrovigliolare  {aggravi- 
gliamento,  aggrovigliato  ;  aggrovigliolamento,  agyrovi- 
gliolato).  Ritorcersi  in  sé:  detto  specialmente  del 
filo.  -  L'accartocciarsi  delle  pelli. 

Aggrumare,  aggrumarsi  (aggrumato).  Il  coa- 
gularsi del  latte  e  del  sangue. 

Aggrumolare,  aggrumolarsi  (ag gramolato) . 
Il  far  grùmolo:  di  qualche  erba. 

Aggruppare,  aggrupparsi  (aggruppamento, 
aggruppato).  Formar  gruppo,  insieme,  unione 
di  più  cose  0  di  persone. 

Agguagliare   (agguagliato).    Rendere  eguale. 

-  Lavoro   di   cappellaio.   ■   Mettere   a  confronto, 
paragonare. 

Agguagliatóra.  Donna  che  lavora  pel  cap- 
pellaio. 

Agguàglio.  Confronto,  paragone  (poco  usato). 

Agguantare  (agguantato).  Modo  di  prendere, 
stringendo. 

Agguato.  Tranello,  insidia. 

Agguerrire,  agguerrirsi  (agguerrito).  Ren- 
dere, rendersi  atto  alla  guerra,  -  Far  Y abitudine 
a  una  fatica,  a  un  disagio. 

Agguindolare  (agguindolato).  Far  la  matassa 
sul  guindolo.  -  Figur.,  trarre  in  inganno. 

Aghétto.  Cordoncino,  passamano,  che  serve 
come  fibbia. 

Aghi.  Plurale  di  ago. 

Agiatezza  (agiato).  Stato  di  chi  è  provve- 
duto del  necessario  per  vivere  comodamente.  Primo 
grado  della  ricchezza.  Ruono  stato,  comodità  di 
vita,  comodezza,  comodo,  agio,  prosperità.  -  Vita  cor 
nonicale,  vita  agiata.  -  Delicatezze,   gli  agi  raffinati. 

-  Contrapposto  :  disagio,  mancanza  d'  agi   o  d'  agio, 
e  specialmente  di  posizione  incomoda. 

Agiato:  abbiente,  benestante,  uomo  comodo,  signo- 
retto,  signore. 

Mettere,  mettersi  in  agiatezza:  adagiare,  adagiarsi; 
vivere  agiatamente,   star   bene,   star  comodo;   aver 


AGIBILK 


AGLIO 


37 


da  viver  bene,  passarsela  bene;  vivere  senza  lavorare, 
vivere  di  rendita,  vivere  del  proprio;  avere  del 
hei  di  Dio;  avere  sempre  ago  e  filo  (di  persona 
ben  provvista);  far  buona  vita,  fare  il  signore;  es- 
sere in  tenuta;  mangiar  col  capo  nel  sacco;  stare 
nel  cotone,  nella  bambagia,  in  panciolle;  godersi  il 
papato,  tutti  gli  agi;  stara  pie  pari;  poter  cantare, 
poter  infischiarsi;  non  essere  uso  ai  disagi,  alle 
male  notti. 

Essere  nel  latte  e  miele;  essere  in  un  letto  di 
rose,  in  buone  acque;  nuotare  nell'agio,  negli  agi; 
non  friggere  con  l'acqua  (di  persona  molto  agiata); 
star  come  un  canonico  o  da  canonico  ;  serbare  la 
trippa  ai  fichi;  non  lasciarsi  patire  (di  chi  si  pro- 
cura tutti  gli  agi  senza  risparmio);  stare  in  barba 
di  micio  (agiatamente  e  con  lieto  animo);  tenersi 
come  un  pascià,  come  un  signore,  come  un  papa; 
aver  da  mangiare  senza  mettere  un  dito  nell'acqua 
calda.  —  Pane  nella  madia  non  gliene  manca,  di  chi 
vive  agiatamente. 

Ag-ibile.  Che  si  può  fare. 

Ag-ile.  Chi  sia  sciolto  di  membra  e  abbia 
agilità. 

Agilità.  Scioltezza  di  membra,  facilità  nei  mo- 
vimenti della  persona:  destrezza,  prestezza,  snel- 
lezza, sveltezza;  discioltura,  disinvoltura;  leggerezza, 
lestezza  ;  prontezza,  speditezza  ;  spigliatezza,  vi- 
spezza. 

Agile,  destro,  disciolto,  disinvolto,  leggero,  lesto, 
pronto,  snello,  sciolto,  scarrucolato,  spigliato,  vi- 
vace, vispo.-  Persona  ag'i7e,  folletto,  silfide,  silfo;  an- 
guilla. 

Agilità.  Esecuzione  rapida  di  un  pezzo  di 
musica. 

Agio.  Comodità,  comodo,  agiatezza.  ■  Spazio 
di  tempo  sufficiente  a  fare  una  determinata  cosa. 

Agiografo.  Aggiunto  di  libro  della  Bibbia, 
•  Lo  scrittore  di  cose  sacre. 

Agire  (agito).  Operare,  fare;  iniziare  V azione, 
passare  dalle  parole  ai  fatti.  -  Fare  opera,  adoperarsi, 
adoprarsi  per  ottenere  alcunché  :  far  pratiche,  accu- 
dire; procacciare,  procacciarsi;  procurare,  procurarsi; 
darsi  attorno,  far  ufficio;  sollecitarsi,  affannarsi.  — 
Muoversi,  funzionare,  di  macchina,  di  7'uota  e 
simili.  -  Modo  di  comportarsi,  di  avere  contegno 
con  altri  o  condotta  per  sé  stessi.  -  Fare  gli  atti 
occorrenti  a  una  causa.  —  Agire  contro:  reagire. 

Agitare,  agitarsi  [agitante,  agitato).  Veggasi 
in  agitazione. 

Agitatore  (agitatrice).  Chi  agita  più  o  meno  in 
materia  di  politica. 

Agitazione.  Movimento  in  qualsiasi  direzione, 
frequente  e  disordinato,  fatto  con  maggiore  o  minor 
forza:  agitamento,  dibattimento,  dimenamento,  di- 
menio, dirompimento;  menamento,  menata;  rime- 
nata, rimenio;  rimestamento  ;  ribattimento,  sbatti- 
mento, sbàttito,  sbattuta  ;  rovigliamento  ;  sciacquatta- 
mento  (di  liquidi);  scombussolamento,  scombussolio  ; 
scossa,  scossata,  scossone;  subbùglio,  turbolenza  (di 
persone);  tempellamento,  tentennamento,  tentennata, 
tentennio  ;  trambusto,  tramenio. 

Figuratamente,  commovimento  dell'animo,  dello 
spirito;  forte  inquietudine,  ansia  (cagionata  da 
incertezza  o  vivo  desiderio  di  una  cosai;  ansietà 
(per  paura  o  speranza),  bollore,  commozione,  conci- 
tazione, crisi,  fermento  (per  ira,  per  odio,  ecc.); 
smania  (agitazione  molesta,  che  non  lascia  star 
fermo),  scompiglio,  turbamento,  turbazione;  tumulto 
dell'animo;  riagitazione,  rimescolio,  rimescolo. 


Agitare:  muovere  in  qua  e  là;  dibattere,  dime- 
nare ;  concitare  (agitare  con  violenza)  ;  esagitare, 
far  ondeggiare,  menare,  rimovere,  scòtere,  scuotere  ; 
sbatacchiare,  sbattere,  scombussolare,  scommòvere, 
scossare;  rimenare,  rimestare  ;  tramenare  (agitare, 
rovistando);  traballare,  trabalzare;  tramescolare,  vi- 
brare; sventolare  (di  bandiera).  —  In  altro  signi- 
ficato, sollevare  una  questione;  suscitare  un  af- 
fetto, una  passione,  incjuietare,  turbare. 

Agitante,  atto  ad  agitare,  concitativo,  eccitante.  - 
Agitato,  concitato,  inquieto,  smanioso;  energùmeno 
(chi  nell'agitazione  non  sa  più  padroneggiarsi), 
esagitato. 

Agitarsi,  arruffarsi,  mettersi  in  agitazione,  conci- 
tarsi, dibattersi,  sbattersi,  contorcersi,  dimenai  si, 
palpitare,  smaniare,  tremare,  turbarsi;  infjuietaisi, 
sconvolgersi;  pestare  i  piedi,  sbattacchiarsi,  scalciare; 
dare  nelle  smanie,  in  tutte  le  smanie  ;  avere  il 
diavolo  addosso  o  in  corpo  (di  grande  agitazione 
che  fa  dire  insolenze,  prorómpere  in  laménti  e  si- 
mili) ;  lasciarsi  prendere  da  furia,  da  ira. 

Locuzioni.  —  Aggiungere  fiamma  al  fuoco,  cre- 
scere l'agitazione  -  Avere  il  cuore,  la  mente  in  tem- 
pesta, in  tumulto.  Avere  le  spine,  stare  sulle  spine, 
inquieto,  in  angustia.  -  Avere  nel  sangue  il  veleno, 
detto  a  chi  non  stia  fermo.  -  Cavar  dei  gangheri, 
esser  fuori  dei  gangheri,  esser  fuori  di  sé,  non  esser 
più  in  cervello,  -  Diavolo  in  carne,  o  in  carne  e  in 
ossa,  di  persona  che  non  si  dà  pace.  -  La  mi  bolle, 
o  mi  ribolle,  detto  da  chi  si  senta  agitare,  rimesco- 
lare, tornar  la  bile.  •  Non  avere,  non  trovar  fer- 
mezza, di  chi  non  può  star  fermo.  -  Non  trovare 
terreno  che  ci  sostenga,  non  trovar  requie.  -  Non 
trovar  terra  che  ci  regga,  non  stare  mai  fermi .  -  Venir 
budella  in  bocca  (volgarm.),  venire  il  cuore  in  bocca, 
per  scombussolìo. 

Agliaio.  Leggasi  ad  aglio. 

Agliaro.  Leggasi  ad  aglio. 

Agliata.  Sorta  di  salsa. 

Aglio.  Pianta  da  orto,  gigliacea,  bulbosa,  di 
odore  acuto,  con  un  ingrossamento  presso  la  radice 
(come  la  cipolla),  usata  per  condimento  (inin.sa- 
lata  e  in  più  d'una  vivanda)  e  in  farmacia,  for- 
mando un  olio  etèreo  anteltnintico.  -  Aglietto, 
agliettino,  tamburino:  l'aglio  fresco  e  giovane,  o  in 
erba,  cioè  non  ancora  spicchiato,  col  capo  tutto 
d'un  pezzo  ;  dai  toscani  detto  aglio  maschio.  -  Aglio 
capituto,  con  capo  ben  formato  e  granito.  -  Aglio 
spicchiiito,  con  spicchi  ben  distinti  anche  di  sopra 
alla  buccia.  -  Aglio  domestico,  usato  per  condimento 
e  per  varie  applicazioni  farmaceutiche.  -  Agliporro, 
pianta  che  ha  le  foglie  del  porro  e  il  capo  del- 
l'aglio. 

Agliaio,  luogo  piantato  d'agli  (proverbio:  Chi 
vuol  un  buon  agliaio  lo  metta  di  gennaio);  anche,  ven 
ditore  d'aglio,  agliaro.  —  Agliata,  specie  di  savo- 
retto,  di  salsa.  —  Capo  d'aglio,  quando  é  divelto  e 
secco .  -  Mazzo,  filza  d'agli,  insieme  di  parecchi. 

Parti  dell'aglio.  Bidbo,  la  radice  di  forma  ro- 
tonda 0  bislunga,  che  sta  fitta  nel  terreno:  ad  esso 
sono  attaccate  le  barbe,  ossia  le  radichette  in  ciutfo. 
-  Code,  le  foglie.  -  Spicchio,  ciascuno  dei  bulbetti 
che  formano  il  capo  dell'aglio,  ciascuno  coperto  da 
una  membrana  bianchiccia  e  tutti  insieme  da  un 
comune  invoglio  fogliaceo.  -  Resta,  membrana  lunga 
e  sottile  che  ricopre  gli  agli  e  con  la  quale  li  si 
legano  insieme.  Anche  gli  agli  così  legati.  -  Fune 
di  resta,  quella  specie  di  treccia  o  cordone,  che  ri- 
mane della  resta,  dopo  spiccatine  i  capi  d'aglio.  - 
Mettere  in  resta,   disporre  in  resta  per  più  comodo 


38 


AGLOSSIA   —  AGO 


trasporto,  e  più  facile  conservazione.   -  Spoglia,  la 
buccia. 

.à^lossia.  Mancanza  della  lingua. 

Agrna.  La  femmina  delVagnello. 

Agnazione  {agnatizio,  agnato).  Legame  di  pa- 
fentela. 

Agnellatura.  Detto  a  pecora. 

Agnello.  Prodotto  della  pecora,  quando  non 
abbia  ancora  compiuto  l'anno.  Agnelletto,  agnel- 
lino, agnelluccio  ;  bassetto,  pecorino,  lanosetto, 
agno  (poet.).  -  Agna  (poet.),  agnella,  agnellina,  la 
femmina.  -  Agnino,  di  agnello. 

Abbacchio,  agnello  giovane  vissuto  libero,  in  pa- 
sture aperte.  -  Agnello  gordesco,  quello  che  nasce 
nel  febbraio;  vernereccio,  nelle  provincie  meridio- 
nali, quello  che  nasce  da  ottobre  a  dicembre.  -  Boz- 
zone, agnello  castrato,  che  ha  più  d'un  anno  ;  man- 
nen'no,'^  castrato  giovane.  -  Castrato,  agnello  privato 
degli  organi  genitali;  castroncino,  castroncello; 
castratine,  castrone  ;  agnellaccio,  agnelletto.  In  lin- 
guaggio furbesco,  pasquin  peloso. 

Belare,  belato,  il  grido  dell'agnello;  dell'agnellino, 
anche  vagire.  -  Doppiare,  dare  ad  un  agnello  due 
madri,  quando  una  non  abbia  latte  sufficiente. 

Aliosso,  osso  del  tallone  della  zampa  di  dietro  del- 
l'agnello: i  fanciulli  ne  usano  per  giuocare.  —  Basetta, 
la  pelle  dell'agnello.  -  Ventncino,  ventruccio,  ventri- 
colo di  vitello  o  simili,  contenente  caglio. 

Parti  dell'agnello  macellato.  —  Caravella,  fe- 
gato, rigaglia.  -  Coscètto,  più  comune  di  cosciotto, 
parte  separata  per  essere  cotta  arrosto.  Volgarmente, 
gigotto.  '  Matta  (dicesi  volgarmente  a  Firenze),  la 
testicciuola  d'agnello  alla  quale  sia  stato  cavato  il 
cervello.  -  Peduccio,  tutta  la  parte  dal  ginocchio  in 
giù.  -  Sèlla,  la  parte  che  si  leva  dai  due  quarti  da- 
vanti per  farne  le  costolette.  -  Testicciuola,  la  testa 
staccata  dal  collo  :  si  indora  e  si  frigge.  -  Zampetto, 
zampuccio,  la  zampa  macellata  dal  ginocchio  in  giù. 

L'agnello  si  cucina  in  vari  modi  :  allo  spiedo,  ar- 
rosto, in  teglia;  in  frittura  (il  fegato),  alla  gratella 
(le  costolette),  ecc. 

Agnello  di  Dio.  Il  Verbo  incarnato,  secondo 
il  catfolicismo.  -  Agnusdei,  immagine,  per  lo  più 
di  cera,  che  lo  rappresenta. 

Agnello  pasquale.  Citato  a  pasqua. 

Agnellòtti.  Pasta  da  minesti'a,  ripiena  di 
carne  o  di  erbe  condite:  cappelletti,  cappellotti; 
panzerotti,  ravioli,  raviuoli  ;  tortelletti,  tortelli. 

Ag^iizione.  Detto  a  riconoscimento, 

Agnocasto.  Citato  a  castità. 

Ago.  Sottilissima  asticciuola,  quasi  filo,  d'acciaio, 
acuminata  da  un  capo  e  con  un  foro  (cruna)  dal- 
l'altro, adoperata  per  cucire.  -  Ago  scrunato,  con 
la  cruna  rotta.  -  Ago  spuntato,  quello  che  non  ha 
punta,  0  l'ha  smussa,  ritorta,  o  altrimenti  guasta. 
—  Cruna,  foro  per  lo  più  bislungo,  in  cui  s'infila 
la  gugliata  per  cucire.  -  Cuscinetto  per  srugginire 
gli  agni,  arnese  foggiato  a  pera:  posa  su  fondo  ovale 
rivestito  di  lana  muschio.  -  Gugliata,  quel  tanto  di 
filo  che  occorre  volta  per  volta  per  infilare  nell'ago. 
Per  fermarlo  da  un  capo  alla  stoffa  si  fa  il  nodo 
o  cappio. 

Agucchiare,  lavorucchiare  con  l'ago:  detto  di  chi  sa 
poco  0  non  ne  ha  voglia.  -  Incrunare,  infilare  (in- 
crunato,  incrunatura;  infilato,  infilatura),  passare  il 
filo  nella  cruna  dell'ago,  iìm/iiare,  di  nuovo  infilare 
Sftlare,  togliere  il  filo.  -  Sci'unare,  rompere  la  cruna. 

Aciculare,  a  forma  d'ago. 

Fabbricazione  degli  aghi.   —   Aqolante,  agoraio. 


agucchiamolo  agoraiuolo,  aghiaio  :  il  fabbricante  di 
aghi.  -  Aguzzamento  o  digrossamento,  il  fare  la  punta 
con  mola,  che  fa  arroventare  quasi  istanta  neamente 
i  fili  (l'operaio  deve  tuffarli  più  volte  nell'acqua 
rdurante  il  periodo  del  lavoro).  -  Appuntatura  l'ope- 
razione fatta  per  l'aguzzamento  degli  aghi.  -  Bron- 
atura,  applicazione  di  una  sprangh  etta  di  ferroro- 
vente  sulle  capocchie  degli  aghi.  -  Brunitura  ope- 
razione che  subiscono  gli  aghi  prima  dell'impa  cchet- 
tamento. 

Filatoio,  la  macchina  sopra  la  quale  si  dipana 
il  filo  per  fare  aghi.  -  Filo  d'acciaio,  l' asticciuola 
che  serve  alla  fabbricazione  degli  aghi:  arriva  al- 
l'officina in  grossi  mazzi.  -  Forbice  meccanica,  l'ar- 
nese adoperato  per  taglia  re  i  fasci  di  filo  lunghi 
circa  un  metro.  -  Ghigliot  ina,  macchina  che  taglia 
in  piccoli  pezzi  quadrati  proporzionati  agli  aghi,  la 
carta  di  particolare  composizione  adoperata  per 
Timpacchettamento,  cioè  per  l'introduzione  degli  aghi 
nelle  cartine.  -  Mastello  semicilindrico,  (arnese  nel 
quale  si  collocano  fili  e  li  si  tagliano  in  piccoli  fasci 
della  lunghezza  di  due  aghi. 

Pulitura,  operazione  alquanto  complessa,  che  ne 
comprende  parecchie  altre,  mediante  le  quali  si 
fanno  pacchetti  o  fascette  di  aghi  (sopra  una  tavola 
guarnita  da  un  mastello  o  forma),  li  si  collocano 
sulle  tavole  del  lisciatoio,  o  mulino  da  pulire,  e  li 
si  introducono  a  purgare  nella  botticella  (mobile  in- 
torno al  proprio  asse). 

Begolo  a  trafori,  o  raspa,  con  anelli  sporgenti  che 
servono  a  mantenere  i  fili  riuniti  e  ben  stretti,  e  a 
dare  al  pacco  la  forma  cilindrica.  -  Bicottura,  ope- 
razione per  rendere  gli  aghi  più  morbidi  e  più  fles- 
sibili, col  mezzo  d'un'alta  temperatura.  -  Biga  a 
leva,  macchina  che  opera  la  raddrizzatura  dei  fili 
d'acciaio. 

Schiacciamento,  operazione  per  la  quale,  sopra  un 
battipalo  a  pedale  o  a  staffa,  si  portano  i  fili  a  dop- 
pie punte,  in  guisa  che,  ricadendo  nel  mezzo,  il  ma- 
glio del  battipalo  li  schiaccia,  formando  inoltre  una 
piccola  scannellatura  longitudinale  in  cui  con  lo 
stesso  colpo  viene  segnato  il  posto  della  cruna.  - 
Tempera,  lo  scaldare  al  rosso  i  pacchi  d'aghi  in  un 
forno,  in  lastre  di  latta,  indi  tuffarli  vivamente 
nell'olio.  -  Trapanamento,  compimento  o  arroton- 
damento àoiVocchio,  del  buco,   ossia   della   cruna. 

Altre  operazioni  sono  V asciugamento,  V ordinamento, 
lo  sventolamento,  e  si  comprende  in  che  consistano. 

AccESSORÌ,  ECC.    —   Agoraio,    agaiòlo,  gniana»na, 

t»orta-aghi,  piccolo  astuccio  tondo  o  stiacciato,  di 
egno,  di  osso,  o  di  metallo,  d'avorio,  eoe,  nel 
quale  si  tengono  gli  aghi  :  boccinoli,  o  boccioli,  le 
due  parti  di  esso  ;  battente,  quel  pezzo  d'una  di  esse 
che  entra  nell'altra.  -  Aghi  in  sorte,  quelli  di  tutti 
i  numeri,  dall'uno  al  dieci  e  oltre,  cioè  di  tutte  le 
grossezze,  dai  più  sottili  ai  maggiori,  posti  promi- 
scuamente in  una  medesima  cartina. 

Cartina  d' aghi,  involtino  quadrangolare  di  carta,  per 
lo  più  turchina,  nella  quale  il  fabbricante  pone  qualche 
centinaio  o  altro  determinato  numero  d'aghi.-  Tor- 
sello, guancialino  nel  quale  si  infilano  aghi  e  spilli. 
Altre  sorta  d'aghi.  —  Ago  a  uncinetto,  quadrato 
da  una  estremità  e  terminalo  a  uncinetto  per  ag- 
grappare la  seta  e  il  refe  e  fare  le  trine.  -  Ago  da 
calze,  ferretto,  ferro,  agucchia,  gucchia,  agucchione, 
agucchiaruolo.  -  Ago  da  ricamare,  grosso  ago  con 
punta  ottusissiraa,  a  uso  di  ricamare.  -  Ago  da 
scriminatura,  o  divisa,  istrumento  d'acciaio  usato 
per  pettinarsi.  -  Ago  di  saltaleone,  filo  sottile  di 
metallo  per  infilare  margheritine  e  simili. 


AGRICOLTORE 


39 


Ago  grosso:  aguglia,  punzoncino,  punzonetto,  pun- 
zone; punteruoletto,  punteruolo;  quadrello;  ago  da 
stuoie,  da  fiaschi,  da  materassaio,  da  materasse,  da 
tende,  da  vela;  agucchiotto,  aguglione.  Scherzi, 
ago  da  sòcere.  -  Infiacappi,  infilaguaine,  ago  grosso 
e  stiacciato  con  punta  ottusa  e  cruna  larga  e  bi- 
slunga che  serve  a  infilare  nastri  o  simili  nelle 
guaine. 

Spillo  (V.  cfuesta  voce),  specie  di  ago  che,  invece 
éi  cruna,  ha  m  cima  un  pomello  di  metallo  o  di 
vetro  e  serve  nel  cucire  a  fissare  il  tessuto  sul 
guancialino. 

Ago.  Piccolo  ferro  della  bussola,  -  Ferro  della 
bilancia,  della  stadera,  della  meridiana,  del 
telaio  Jacquard.  -  Ferro  che  entra  nel  cannello  della 
chiave.  •  Asticciuola   di   legno  per  fare  una  rete. 

-  Ferro  A&W  arpione.  -Arnese  di  stamperia,  il  piede 
della  molletta  che  serve  a  mettere  a  posto  e  a  le- 
vare i  caratteri.  -  Ferro  adoperato  in  chirurgia. 
Il  pungiglione  dell'ape,  della  vespa  e  di  altri 
insetti. 

Agognare  (agognamento,  agognante,  agognato). 
Avere  intenso  desiderio. 

Agóne  {agonale,  agonistico).  Luogo  {anfiteor- 
tro,  ecc.)  nel  quale  si  *'areggia  di  forza,  a  pubblico 
spettacolo,  o  si  fanno  gare  in  giuochi  di  ginr- 
nastica,  o  d'altro. 

Agonia.  Angoscia  che  per  lo  più  precer'c  il 
moHre;  e  chi  trovasi  in  agonia   è  moribondo. 

-  Figur.,  grande  affanno,  incertezza  penosa. 
Agonistica.  Parte  della  ginnastica. 
Agonizzare  {agonizzante,  agonizzato).  Essere  in 

ngonìa. 

Agopuntura  {acopuntura).  Operazione  di  chi- 
rurgia, introdotta  specialmente  per  la  cura  del- 
VaneuiHsma. 

Agoraio.  Astuccio  per  Vago. 

Agostaro.  Antica  moneta. 

Agostiniano.  Religioso,  monaco  dell'ordine 
di  Sant'Agostino. 

Agostino.  Nato  in  agosto. 

Agosto  (lat.  Augustns).  Ottavo  mese  dell'anno; 
in  origine  sextilis.  -  Ferragosto,  il  primo  giorno  del 
mese  d'agosto.  -  Proverbi  :  D'agosto  l'uva  fa  il  mo- 
sto, matura.  -  La  prim'ac^ua  d'agosto,  poveruomo  ti 
conosco,  perchè  incomincia  il  freddo. 

Agrafia.  Impossibilità  di  scrivere. 

Agraria  {agrario).  La  scienza  e  l'arte  dell'a- 
gricoltura:  altrimenti  detta. agronomia.  -Agro 
iHo,  attenente  all'agricoltura,  agricolo  :  legge  agrcLia, 
consorzio  agrario,  giornale  agrario,  ecc. 

Agreste.  Campestre,  di  GO/mpagnr,  di  villa. 

Agresto  (agrestino).  Qualità  di  wvu>  che  non 
matura,  e  il  sugo  che  se  ne  cava. 

Agrezza  {agretto).  L'essere  agro,  acre. 

Agricolo.  DelV agricoltura,  della  campagna. 

Agricoltore.  Chi  esercita  Yagricoltura,  col- 
tivando terre  proprie  o  d'altri  :  agricolo,  coltivatore, 
coltore,  cultore.  Variamente  denominato  poi,  secondo 
il  lavoro  che  fa,  o  l'opera  che  presta;  agronow.0, 
quando  dedito  a.ìV agronomia,  cioè  alla  scienza 
agraria.  L'agricoltore  tiene  la  propria  aiaministra- 
zione  con  una  speciale  contabilità  (contabilità 
agricola).-  Fare  l'agricoltore,  eserciiare  l'agricoltura; 
far  l'arte  del  campo;  sostenere  ia  corba  e  il  vaglio. 

-  Famiglia  colonica,  la  classe  degli  agricoltori.  — 
Proverbio:    Avaro   agriadtor  non   fu   mai  ricco. 

Vacuna  0  Vacana,  deità  presso  i  Romani  che 
presiedeva  al  riposo  delle  persone  di  campagna. 


Del  colttvatore  e  delle  sue  diverse  condiziom. 

-  Propriamente  coltivatore  dicesi  chi  attende  all'a- 
gricoltura senza  eseguire  manualmente  e  material- 
mente i  lavori  della  terra.  -  Afjìttaiuolo,  chi  prende 
in  affitto  poderi  0  tenute.  -  Camporaiolo,  chi  coltiva 
a  mezzeria  uno  0  più  campi  che  non  formano  po- 
dere. -  Colono,  chi  divide  col  padrone  le  rendite  delia 
terra;  detto  anche  mezzajuolo,  mezzadro.  -  Condut- 
tore, affittuario.  -  Direttario,  chi  ha  il  dominio  di- 
retto d'un  fondo;  contrapposto  all'utilista,  cioè  a  chi 
no  ha  il  dominio  utile.  -  Fattore,  o  agente,  chi  è  po- 
sto dal  padrone  a  soprawedere  e  dirigere  l'anda- 
mento economico-agrario  di  una  fattoria  0  agenzia; 
in  alcuni  luoghi  d'Italia  detto  anche  castaido  {fai- 
toruccio,  fattore  meschino;  fattorone,  fattore  ricco  e 
grasso).  -  Fattoressa,  la  modie  del  fattore  0  la  donna 
incaricata  delle  faccende  clomestiche  nelle  fattorie. 

Fittaiolo,  fittabile,  chi  tiene  a  fitto  dei  terreni.  • 
Latifondista,  chi  ha  vasti  possedimenti  di  terreni. 

-  Massaio,  massaro,  chi  ha  in  possesso  0  in  custodia  un 
podere  con  casa  di  lavoratori,  0  anche  una  certa  quan- 
tità di  bestiame.  -  Mezzadro,  mezzaiuolo,  chi  lavora  a 
mezzeria  (V.  più  innanzi).  -  Padrone,  il  proprietario 
del  podere  del  fondo  e  simili.  -  Piantatore,  proprie- 
tario di  piantagioni  nelle  colonie  (coltura  ai  canna 
da  zucchero,  caffè,  tabacco).  -  Foderaio  (in  Toscana), 
chi  lavora  il  podere  e  ne  divide  i  frutti  col  pa- 
drone, come  nel  sistema  della  mezzeria  poderante. 

-  Fattoria,  l'amministrazione  d'un  dato  numero  di 
poderi. 

OprOAZIONI,    CONTRATTI,    ECC.  DEL    COLTIVATORE.   — 

Affittare,  prendere  (anche  dare)  in  affitto  un  podere 
per  un  determinato  tempo  e  per  un  dato  prezzo.  - 
Affitto,  locazione  di  un  fondo,  e  anche  ciò  che  il 
proprietario  ne  ricava.  -  Cogno  0  conio,  la  quantità 
a'olio  che  si  dà  al  padrone  per  l'uso  del  frantoio. 
•  Colonia,  contratto  che  un  colono  fa  col  padrone, 
di  lavorarne  le  terre  sotto  determinati  patti  (casa 
colonica,  famiglie  coloniche,  patto  colonico).  -  Parte  co- 
lonica, la  parte  della  raccolta  del  frutto  del  podere 
che  spetta  al  colono.  -  Colonie  agricole,  le  persone 
{coloni)  mandate  a  coltivare  un  terreno  in  un  altro 
paese. 

Disdetta,  la  intimazione  di  lasciar  libero  il  po- 
dere dopo  un  dato  tempo.  -  Divisa,  le  parti  tra 
padrone  e  colono.  -  Far  le  divise,  far  le  parti,  tra 
padrone  e  contadino.  -  Enfitèusi,  contratto  pel  quale, 
contro  un  determinato  ?cànone,  si  cede  ad  altri  il 
dominio  utile  di  un  fondo  in  perpetuo  0  a  tempo, 
{abbandono  delF enfitèusi,  rinuncia  al  fondo  «ifiteu- 
tico  per  sottrarsi  al  canone  che  lo  aggrava:  sub-en- 
fitèusi, cessione  della  prepria  i«fitèusi).  -  Faccende, 
complesso  dei  lavori  di  campagna.  -  Frutti  civili: 
interessi  di  capitali, proventi  delle  enfitèusi,  dei  censi, 
dei  vitalizi,  fitti  dei  fondi,  ecc.  -  Giogatico.  quanto 
si  paga  ai  contadini  che  vanno  coi  propri  buoi  per 
opra  ad  ^e^r  la  terra. 

Giornata  di  teirf.io,  spazio  da  lavorare  o  che 
si  può  lavorare  in  una  giornata.  -  Locativo,  che  si 
riferisce  alla  locazione  d'un  fondo,  0  che  è  da  dare  in 
locazione,  in  affitto.  -  Masseria,  sistema  colonico  per 
cui  il  padrone  del  podere  fa  (col  colono,  col  loca- 
tore) a  mezzo  sui  prodotti;  anche,  e  più  com.:  mez- 
zeria^ mezzadria,  masserizia,  colonia  (nel  Portogallo, 
parceria).  •  Onoranze  {appendici),  nel  Veneto,  i  polli, 
le  uova,  il  cacio  e  simili  che  il  fittaiuolo  deve  dare, 
di  tanto  in  tanto,  al  proprietario  del  fondo. 

Parasporo  (gr.),  un  soprappiù  da  pagarsi  al  colono 
oltre  la  parte  convenuta.  -  Parte  colonica  :  nei  saldi 
delle  possessioni  rurali,  quella  che  spetta  al  lavoratore  ; 


40 


AGHICOLTCRA 


parte  dominicale,  quella  che  spetta  al  padrone 
del  fondo;  parte  padronale,  quella  spettante  al  pro- 
prietario. -  Pensioìmtico,  servitù  di  pascolo  invernale^ 
anticamente  invalsa  in  alcune  parti  d' Italia.  -  Par- 
titura, il  partire,  il  dividere  che  si  fa  del  grano,  tra 
padrone  e  il  colono.  Anche  il  tempo  di  tale  opera- 
zione. -  Piantagioni,  valore  del  ceduo,  valutazione 
dei  terreni,  valutazioni   diverse  imposte  al  fittabile. 

Portata,  la  nota  del  raccolto  che  si  dà  al  magi- 
strato; 0  la  nota  dei  capi  di  bestie  e  delle  posses- 
sioni, per  impervi  il  dazio.  -  Quarterio,  in  pro- 
vincia di  Chieti.  prestito  di  grano  da  restituirsi  al 
tempo  del  raccolto  in  ragione  di  oltre  un  quarto  di 
più.  -  Regalia,  onoranza  fatta  dal  colono  al  padrone, 
con  uova,  polli,  frutti  e  simili. 

Servitù  di  passaggio  temporanea,  quando  si  impone 
al  proprietario  il  passaggio  nel  suo  fondo.  -  Servitù 
prediali,  quelle  stabilite  per  le  utilità  di  un  fondo-  di 
altro  propriecario:  servente,  il  fondo  sul  quale  è 
stabilita  la  servitù.  -  Stime  ?worte (scorte),  l'insieme 
delle  cose  (arnesi,  concimi,  ecc.)  conteggiate  tra  il 
contadino  e  il  padrone,  'considerandone  anche  i 
vantaggi  e  gli  scapiti.  Anche  le  assicurazioni  contro 
l'incendio,  la  grandine,  ecc.  -  Scorte  vive,  il  bestia- 
me, i  gelsi,  gli  alberi  da  frutto. 

Terratico,  sistema  di  coltura  per  cui  uno  (terra- 
tirante,  terratifhiere)  prende  a  coltivare  terre  a  un 
dato  prezzo.  Anche  il  prezzo  che  paga  (dare  a  ter- 
ratico: pagare  il  terratico).-  Terre  a  terzo:  quelle 
delle  quali  il  padrone  prende  due  parti  dei  prodotti, 
una  chi  li  raccoglie.  -  Terzadria,  contratto  colonico 
ohe  stabilisce  la  divisione  dei  prodotti  per  due  terzi 
al  proprietario  (che  fornisce  il  fondo  e  il  capitale 
per  lavorarlo)  e  un  terzo  al  colono. 

Appoderare,  prendere  a  lavorare  un  podere.  - 
Comprare,  vendere  in  erba,  le  granaglie  prima  della 
raccolta;  pagare,  vendere  a  raccolta,  cioè  dopo  rac- 
colte le  messi.  -  Fare  a  lascia  pcdere,  trascurare  il 
podere,  quando  si  ebbe  la  disdetta.  -  Far  lavorare 
sul  suo:  in  terre  proprie.  -  Frugolare  (per  similitu- 
dine), di  chi  lavora  debolmente  la  terra.  -  Lavorare 
a  mano,  a  sua  mano,  di  chi  lavora  da  sé,  per  conto 
suo  le  sue  terre.  -  Lavorare  a  mezzo,  chi  fa  il  mez- 
zaiolo.  -  Stare  su  un  podere,  averlo  in  affitto. 

Agricoltore  salaruto,  servo.  —  Lavoratore  della 
terra,  campagnuolo,  contadino,  chi  materialmente 
fa  uno  0  Faltro  dei  molteplici  lavori  deiVagricol- 
tu/ra.  Spregiativi:  servo  della  gleba,  rompizolle, 
segastoppia,  stipamacchie,  zappaterra  -  Accosiatore, 
chi,  in  tempo  di  trebbiatura,  accosta  ai  covoni  le 
bestie.  -  Chi  accosta  la  terra  all'aratro  nella  se- 
conda aratura,  -  Acquaiolo,  chi  dà  l'acqua  ai  prati. 
-  Arante,  aratore,  chi  guida  Yarati'o.  -  Battitore, 
colui  che  batte  il  grano.  -  Bifolco,  chi  ara  la  terra 
e  ha  in  cura  i  buoi:  boaro.  -  Buttero,  chi  attende 
al  governo    del   bestiame. 

Campajo,  camparo,  chi  è  preposto  alla  custodia 
dri  campi  -  Mietitore,  chi  attende  alla  mietitura,  ossia 
al  taglio  delle  biade.  -  Pigionale,  chi,  per  non  essere 
a  podere,  né  avere  impiego  fisso,  offre  il  proprio 
lavoro  ora  a  questo,  ora  a  quello.  -  Sementatore, 
seminatore,  chi  attende  alla  seminagione.  -  Vangatore, 
zappatore,  chi  lavora  di  vanga,  di  zappa.  -  Vendem- 
miatore, chi  coglie  r  uva  per  la  vendemmia.  - 
Vignaiuolo,  vigniòlo,  vigniarolo,  chi  lavora  intorno 
alla  vite  e  custodisce  la  vigna. 

Agricoltura.  Coltivazione,  coltura  dei  campi; 
industria  agricola,  industria  dei  campi,  industria  del- 
l' agricoltore  :  arte  d'  Adamo  ;  arte  prima  ;  arte 
che  insegna  a  coltivare,  per  averne  i  prodotti  ne- 


cessari 0  utili,  il  campo  e  il  x^'i'ato  (praticoltura), 
nonché  l' m-to  (orticoltura),  il  giardino  (giardi- 
naggio); e  insegna  pure  a  tenere  e  tagliare  il  bo- 
sco (selvicoltura),  comprendendo  inoltre  le  nozioni 
e  le  pratiche  relative  alla  coltivazione  delie /»•«««, 
dell'  idivo,  della  vite  (frutticoltura,  ulivicoltura, 
viticoltura),  l' allevamento  del  bestiame  e  l' alleva- 
mento del  baco  da  seta,  dell'ape,  ecc.  Il  com- 
plesso delle  nozioni,  delle  teorie  agricole  costitui- 
sce r  agronomia.  -  Agenti  naturali  necessari  all'  a- 
gricoltura:  Varia,  V acqua,  il  calore,  la  luce, 
r  umido. 

Principali  elementi  del  terreno:  la  silice  (sotto 
forma  di  quarzo  o  combinata  con  altre  materie),  il 
feldispato  (silicato  di  alluminio  e  di  potassa),  l'ar- 
gilla (silicato  d'allumina),  il  calcare  (carbonato  di 
calce),  la  marga,  o  margone  (miscuglio  d'argilla  e 
di  carbonato  di  calce),  il  gesso  (pietra  calcarea  o 
gessosa),  la  potassa,  la  soda  e  i  fosfati  (alcalini  o 
terricci),  i  nitrati  e  l'ammoniaca  (veicoli  dell'azoto 
fissato  dalle  piante),  l' humus,  o  terriccio.  Queste  so- 
stanze sono  agenti  della  produzione,  che  si  rinforza 
con  ingrassi  azotati  (deiezioni  animali,  poudrette 
dei  francesi,  guano,  colombina,  feccie,  sanse  o  pan- 
nelli, residui  di  frutti),  con  ingrassi  mineralizzatori 
(soda,  potassa,  gesso,  marga,  fosfati,  nero  animale, 
o  carbone  di  ossa,  ecc.). 

Gli  animali  (il  bestiame)  addetti  all'agricoltura, 
come  pure  gli  istrumenti  agricoli,  le  sementi,  ecc., 
sono  tieni  immobili  per  destinazione. 

All'agricoltura  giovano  molti  uccèlli  perchè  in- 
settivori, ossia  divoratori  degli  insetti  che  recano 
danno  alle  messi  e  ai  frutti  degli  alberi.  Sono:  l  al- 
lodola, la  cincallegra,  il  capinero,  il  passero, 
il  merlo,  il  tordo,  la  rondine  e  il  rondone, 
l' usignuolo,  \\  formicaio,  il  rigogolo,  \o  stor- 
nello, l'airone,  il  cuculo,  il  picchio  e  altri. 
Giovano  anche  in  parte  la  lucertola,  il  càrabo 
dorato,  la  mosca  dei  bruchi,  ecc.  Nocivissimi  sono 
invece  alla  campagna  la  locusta,  o  cavalletta,  l'acri- 
dio, la  mosca  delle  olive,  la  tignuola  del  grano;  la  fi- 
lossera, V  oidio,  la  piralite,  la  procride  della  vite,  il 
puntiruolo,  divoratore  del  frumento,  la  farfalla  di- 
spari, il  melòfago,  parecchie  specie  di  formica,  di 
farfalla  e  altri  insetti. 

Voci  inerenti  o  derivate  e  cose  varie.  —  Agra- 
ria, r  arte  di  coltivare  la  terra,  e,  insieme,  la  scienza 
che  fornisce  i  precetti  e  le  regole  all'  uopo,  più  pra- 
ticamente detta  agronomia.  -  Agrario,  che  concerne, 
riguarda  l' agricoltura  (leggi  agrarie,  strumenti,  gior- 
nali agrari,  ecc.).  -  Agricolo,  d'  agricoltura  e  di  agri- 
coltore; agrario,  campereccio,  campestre;  campa- 
gnuolo, colonico. 

Climi  &  regioni  agricole:  spazio  di  terra,  paese  per 
rispetto  all'aria  che  vi  si  respira  e  alla  temperatura 
che  vi  è.  -  Fondiario,  aggiunto  di  cosa  che  riferiscasi  a 
fondi  (cosi  dicesi  proprietà  fondiaria,  credito  fon- 
diario). -  Georgico,  che  riguarda  1'  agricoltura,  più 
specialmente  in  cose  letterarie.  -  Georgofilo,  che  si 
occupa  di  scienza  agraria.  -  Rurale,  agrario,  di  cam- 
pagna, attinente  all'agricoltura. 

Agitazione  agraria,  movimento,  complesso  d'uo- 
mini, di  associazioni,  ecc.,  che,  con  le  adunanze,  gli 
scritti,  0  altro,  tendono  ad  ottenere  dal  governo 
leggi  che  migliorino  le  condizioni  dell'  agricoltura.  - 
Comizio  agrario,  associazione  agricola  per  studiare, 
migliorare,  provvedere  all'agricoltura.-  Leggi  agra/- 
rie,  quelle  aventi  per  oggetto  il  riparto  dei  terreni 
(demaniali  o  privati)  fra  i  cittadini  nullatenenti,  o 
anche  il  migliore  ordmameuto  della  proprietà  teiii- 


Tavola  IT. 


AGRICOLTURA  (Ai'iiesi  e  Placchine) 


41 


8,arfe(^c;'^""^"^-^''--"""^-"--,i;'^.'''I=':;^'^^^  -  ^'  coltello  da  fieno  -  5,  6,  zappa  e  suo  arpiona  -  7.  lal.-o  - 

cone  da  dii .,     .,,, ^^ ^.,^^,  ^„j...ì„v,ì„ 

id.  falciatrice  -21,  seminatrice  a  cavallo  -  23,  motóre  a  vento  -  24,  falce  meccanTca"-'25,  v"a«lìo  -  26  locomofìilo  con 
trebbiatrice  -  27,  seminatrice  a  bretelle  -  28,  maneggio  da  cavallo  -  29,  uncino  -  30  battitrice -31   falciatrice -3''  lo- 

^"Ta'ne^tì^^'^SQ  \Tn5  ff^  '^'^'^''''^'^''  '^  l'^^^'}  ^''  ??"^^^*«"-"'>  "  35.  battitrice -36,  forca  dà  fieno  -  37!  van"ga - 
38,  canestio  -  39,  vanga-forca  -  40,  rampone  da  patate  -  41,  zappettino  -  42,  locomobile  a  petrolio  -  43,  bidente. 


AGRICOLTURA 


toriale.  -  Monte  fi-umentario,  fondaco  per  la  sementa^ 

-  Protezionismo,  il  sistema  di  difendere  i  prodotti 
dell'agricoltura  di  un  paese,  imponendo  dazi  pe- 
santi sui  prodotti  esteri  alla  loro  entrata  nello  Stato. 

-  Rogazioni,  funzioni  che  si  fanno  ne'  tre  giorni  an- 
teriori all'Ascensione  per  implorare  la  buona  rac- 
colta. -  Scuole  poderi,  quelle  nelle  quali  si  insegnano 
i'  applicazione  delle  teorie  d'  agricoltura.  Oggidì  si 
Danno  anche  cattedre  ambulanti  di  agricoltura. 

Ambarvali,  sacrifizi  in  onore  di  Cerere,  celebrati 
dal  popolo  girando  intorno  alle  biade  prima  delle 
messe.  -  Arvali,  unione  di  dodici  uomini  (detti  fra- 
telli) che  presiedevano  ai  sacrifici  di  Cerere  per  im- 
plorare una  messe  abbondante.  -  Cereali,  feste  in 
onore  di  Cerere.  -  Cerere,  figlia  di  Saturno  e  di  Ci- 
bele,  e  dea  dell'agricoltura:  viaggiò  con  Bacco,  in- 
segnando agricoltui'a  agli  uomini.  -  Fauno,  dio  cam- 
pestre, figlio  di  Mercurio  e  della  Notte:  da  lui  di- 
scendevarìo  le  altre  deità  campestri  :  i  satiri,  i  sil- 
vani, i  fauni  e  le  ninfe. 

Feste  Eleusine,  quelle  che  si  celebravano  in  Eleusi, 
in  onore  di  Cerere,  la  dea  delle  messi. 

La  terra. 

Ubicazione  qualità',  naturali.  -  La  terra,  o  ter- 
reno, che  si  coltiva  è  di  j^if^t^ura,  o  di  coUe,  di 
poggio,  di  monte,  di  valle;  a  pendio,  a  sgrondo, 
se  non  in  piano  e  se  le  acque  le  passano  sopra, 
senza  fermarvisi;  alta  o  bassa  (sul  livello  delle  ac- 
que) ;  solatia,  o  a  solatio,  bene  esposta  al  sole,  aprica, 
a  bacio;  oppure,  esposta  male,  senza  sole  o  bruciata 
dal  sole;  sterile  (hnproduttiva),  arida,  infeconda,  o 
feì'tUe,  ferace,  feconda,  opima,  che  dà  prodotti  ab- 
bondanti e  buoni;  grassa  o  magra,  secondo  che  è 
ricca  0  difetta  o  manca  di  sostanze  fecondanti  ; 
asciutta,  secca,  alida,  oppure  fresca,  umida,  acqui- 
trinosa, paludosa,  secondo  che  non  è  o  è  molto  im- 
pregnata di  umore  acqueo.  Secondo  gli  elementi 
minerali,  è  argillosa,  "alcarea  (o  dolce),  sabbiosa,  renosa, 
silicea,  ecc.;  grossa  o  ciottolosa,  oppure  gentile,  fine. 
E  inoltre  :  agevole,  che  si  lavora  bene  ;  arabile,  arar 
Uva,  aratoria,  cioè  da  lavorare  con  Varàtro;  arida, 
riarsa,  secchissima:  avvetrata,  quella  leggermente 
agghiacciata  che,  nel  romperla,  si  stritola  e  scric- 
chiola come  il  vetro.  -  Brulla,  spoglia  di  vegeta- 
zione -  Colta,  coltivata,  domestica  -  Coltivabile,  da 
potersi  coltivare  (messa  a  coltura,  coltivata;  lavora- 
tiva, atta  alla  coltura);  con  caccheri  del  diavolo, 
terra  calcareo  -  argillosa,  con  etiti  di  ferro  (si  trova 
nell'Italia  meridionale). 

Terra  erbata,  coperta  d'erba;  forte,  quella  nelle 
quali  predomina  1'  argilla;  fredda,  piuttosto  umida 
e  che  non  lascia  penetrare  il  sole;  frigida,  troppo 
umida  e  sterile;  generosa,  molto  fertile;  gentile,  che 
si  lavora  bene;  granellosa,  sabbiosa. 

Terra  indocile,  non  coltivabile;  ingrata,  che  non 
rende  il  frutto  delle  fatiche;  insofferente  della  col- 
tura, che  si  presta  male  alla  coltivazione;  leg- 
giera, quella  in  cui  abbonda  la  sabbia  ;  leggiera  mo- 
bile, che  risente  la  siccità;  massiccia,  argillosa,  te- 
nace; morbida,  facile  a  lavorare;  morta,  sterile. 

Terra  nova,  non  ancora  coltivata;  povera,  sterile; 
produttiva,  fertile;  salmastraia,  terra  salmastrosa; 
sativa.  che  può  essere  seminata:  seminabile,  semen- 
tabile; scopino,  sttpina,  coperta  di  minuti  arbusti 
(stipa);  saolta,  facilmente  penetrabile  all'aria  e  al- 
l'acqua; selvatica,  non  coltivata;  sottile,  magra,  molto 
leggiera,  terriola;  tegnente,  tenace,  non  sciolta;  uber- 
tosa, rigogliosa  di  produzioni,  in  rigoglio;  vegetale, 
schietta,  che  è  alla  superficie  dei  campi. 


Grassezza,  la  bontà  nutritiva  (fertilità,  feracità), 
il  grasso  del  terreno,  che  produce  ubertd,  ubertosità, 
rigoglio,  cioè  abbondanza  di  produzioni.  -  Uligine, 
umore  naturale  della  terra:  la  rende  molle. 

Strati  e  proprietà'  fisiche.  —  Strato  attivo,  la 
prima  terra  che  si  smuove,  perchè  1'  aria  vi  penetri 
e  vi  circoli  ;  così  detto  perchè  vi  si  elaborano  i  sali 
nutritivi  della  vegetazione  :  è  di  colore  nerastro  - 
Terra  vergine,  la  seconda  terra,  cioè  quella  sotto  lo 
strato  attivo  :  è  più  dura,  più  magra  e  bianchiccia,  - 
Terriccio  (humus),  sostanza  bruna  o  nerastra  me- 
scolata ai  principi  minerali  del  suolo  (fornisce  alle 
piante  l'azoto,  l'acido  carbonico,  condensa  i  gas 
dell'atmosfera  e  li  restituisce  secondo  le  circostanze). 
Detto  anche  :  fiore  della  terra,  terra  sugosa.  —  Ade- 
renza, proprietà  che  le  terre  hanno  di  attaccarsi 
agli  strumenti  di  lavoro.  -  Capillarità,  proprietà  del 
suolo  che  permette  all'acqua  degli  strati  sotterranei 
di  salire  alla  superficie.  —  Igrometricitd,  facoltà 
che  hanno  le  terre  di  assorbire  il  vapore  acqueo. 

Igroscopicità,  facoltà  che  hanno  le  terre  di  tratte- 
nere l'acqua  che  prima  avessero  assorbita. 

Strati  e  cambiamenti.  —  Arrabbiare,  della  terra 
che  sente  forte  l' àlido,  l' asciutto,  la  siccità.  -  Dino- 
iare,  della  terra  che  nelle  belle  giornate  si  scioglie 
dal  gelo.  -  Erbire,  coprirsi  d' erba.  -  Inalidire,  di- 
ventare alido,  secco.  -  Inaridire,  diventare  arido,  ste- 
rile. -  Infrigidire,  isterilire    per  eccesso  d'umidità. 

-  Inselvatichire,  perdere  le  attitudini  alla  coltiva- 
zione, esaurirsi  nella  produzione.  -  Panificazione, 
metamorfosi  che  gli  elementi  inerti  del  suolo  subi- 
scono sotto  r  azione  degli  agenti  fisiologici  per  ren- 
dersi idonei  all'alimentazione  dei  vegetali.  -  Sfelr 
trirsi,  perdere  il  feltro  erboso.  -  Spolpare  il  terreno, 
l'azione  prodotta  dalle  male  erbe:  anche  dissugare. 

Aspetti  e  condizioni  particolari.  -  Aggallato,  ter- 
reno torboso  dei  paduli  che  pare  prateria  galleggiante. 

-  Alluvione,  unione  di  terre  o  incremento  che  si  forma 
nei  fondi  posti  lungo  il  corso  di  fiumi  o  torrenti.  -  Po- 
staticcio,  terreno  d'alluvione.  -  Alternanti,  i  terreni 
di  diversa  natura  e  sovrapposti  gli  uni  agli  altri.  - 
Appezzamento,  pezzo  o  porzione  di  terreno,  per  lo 

Eiù  separato  dal  podere;  pezzo  di  terreno  coltiva- 
ile,  circoscritto  in  determinati  confini  ;  campo,  pezza, 
presa  di  terra.  -  Avulsione:  quando  per  la  forza  di 
erosione  delle  acque  un  pezzo  di  terreno  si  stacca 
tutto  in  una  volta  e  viene  depositato  sull'  altra 
sponda. 

Brughiera,  terreno  ciottoloso,  con  macchie  d'erbe 
selvatiche,  di  origine  morenica.  -  Lalestro,  terreno 
sassoso,  magro,  ottimo  per  la  coltivazione  della  vite. 

-  Campagna  (V.  questa  voce),  paese  aperto  e  colti- 
vato. -  Cottaia,  terreno  bollito,  dove  la  vegetazione 
è  stentata. 

Deserto  (Y.  questa  voce),  immensa  estensione  di 
terreno,  specialmente  nella  zona  torrida,  quasi  del 
tutto  priva  di  vita  vegetale,  tranne  in  pochi  punti 
(òasi).  -  Cranocchiaio,  terreno  paludoso,  da  ranoc- 
chi -  Grascetta,  luogo  grasso  di  pastura.  -  Grillaia, 
piccolo  terreno  che  dà  poca  rendita.  -  Lama,  tratto 
di  campagna  allagato  per  mancanza  di  sfogo  delle 
acque.  -  Landa,  gran  prateria;  vasto  terreno  incolto, 
sterile.  -  Logaccio,  di  terreno  che  non  rende  nulla. 
Pegg.,  loghettaccio.  -  Lembi  o  spigoli,  i  rialzi  pro- 
dotti nel  terreno  dall'azione  della  costeggiatura. 

Maremma,  vasto  terreno  paludoso,  proprinmente 
lungo  il  littòrale  del  Tirreno.  -  Marga  o  inargo .'«, 
terreno  mescolato  di  argilla  e  di  carbonato  di  calce. 

-  Marna  o  fanghiglia,  terra  calcarea  di  color  grigio 
giallastro.  Adoperasi  per  fertilizzare  i  terreni  :  della 


AGRICOLTURA 


43 


anche  terra  di  purgo.  -  Masseto,  pezzo  di  terra  non 
coltivato,  sodaglia.  -  Matlaione,  terreno  asciutto  e 
sterile  composto  di  creta  e  di  nicchi  marini  quasi 
calcinati. 

Orticaio,  terreno  incolto-  -  Pancone,  terreno  forte, 
resistente,  infruttifero:  si  trova  sotterra,  a  qualche 
profondità.  -  Piota,  zolla  di  terra  erbosa:  pelliccia. 
-  Razzalo,  striscia  di  terreno  riarsa.  -  RufoUna, 
terra  infestata  dalle  rufole. 

Sabbione  (sabbioniccio),  sorta  di  terra,  quasi 
sabbia,  ma  capace  di  coltivazione.  -  Sasso,  lo  stesso 
che  pancone  -  Sciava,  sodo,  sodaglia,  dove  solo  cre- 
scono arbusti  selvatici.  -  Seccatolo,  terreno  secco,  sec- 
cato, inaridito:  in  istalo  di  asciuttore  o  (se  asciutto 
re  maggior  grado)  di  seccore.  -  Seccia,  stoppia,  ter- 
inno  dove  furono  segati  i  cereali  invernali.  -  Soda- 
glia, terra  non  dissodata  (sodaglia  sparsa  di  felci  e 
di  scope). 

Steppa,  vasta  estensione  di  terreno  (nell'  Europa 
orientale  e  nell'  Asia  boreale),  tavolta  senz'  acqua  e 
sterile,  tal'  altra  solcata  da  acqua  e  coperta  ai  pa- 
scoli. -  Terra  di  foglie,  il  risultato  della  decompo- 
sizione di  foglie  miste  ad  un  terzo  di  concime; 
questo  terriccio  è  molto  addatto  per  le  seminagioni 
e  moltiplicazioni  mescolato  ad  una  parte  di  sabbia 
fina.  -  Terra  stracca,  spossata  da  soverchio  lavoro 
di  produzione.  -  Tundra  (steppa  di  muschio),  zona 
di  deserto  gelato  (per  lo  più,  nove  mesi)  e  quasi 
senza  vegetazione,  proprio  della  Russia  del  Nord 
e  della  Siberia  settentrionale. 

La  terra  coltivata. 

Secondo  i  diversi  modi  di  coltivazione  si  ha 
la  terra  ortiva  (ad  orto),  prativa  (a  prato),  albe- 
rata (piantata  d'  alberi),  gelsata  (piantata  di  gelsi), 
boschiva  (a  bosco),  a  campo,  a  granturco,  a  fru- 
mento, a  segale,  a  vigna,  ecc.;  terra  da  lavoro, 
lavorata,  vangata,  zappata,  e  altrimenti  trattata  coi 
diversi    istrumenti    agricoli.   -   Terra  arrabbiaticcia, 

a  nella  diventata  sterile,  perchè  lavorata  male  e  fuori 
i  tempo;  divelta,  quella  buttata  all'aria,  vangata  a 
fondo;  granifera,  produttrice  di  molto  grano;  guasta, 
quella  lavorata  quand'  era  ancora  molle,  sicché  le 
sementi  non  vengon  avanti,  massime  il  grano;  ladina, 
(cosi  detta  in  Lombardia),  quella  resa  arrendevole, 
poco  tenace,  mediante  acconcia  preparazione  di 
creta  e  di  silice;  pascolativa,  la  terra  a  pascolo; 
riposata,  la  terra  nella  quale  non  si  è  gettata  se- 
mente, per  una  o  più  stagioni,  perchè  riprenda 
forze  produttive;  seminativa,  lavorata  con  l'aratro  o 
con  la  vanga  o  con  la  zappa:  seminativa  irrigua, 
se  vi  si  può  mandare  l'acqua;  mista  a  colture  ar- 
boree, arboreo-irrigua,  ecc  ;  spolpata,  esaurita  dalla 
soverchia  coltivazione;  zotica,  intrattabile,  di  lavo- 
razione molto  difficile. 

Agrumeto,  frutteto,  gelseto,  uliveto,  vigneto,  terreno 
coltivato  ad  agrumi,  a  piante  da  frutta,  a  gelsi,  a 
ulivi,  a  vite.  -  Albereta,  albereto,  terreno  piantato 
d'alberi,  arborato.  -  Chiuso,  spazio  cinto  di  palizzata 
ove  tener  raccolte  le  pecore  in  mandria  ben  serrata 
perchè  scaldino  il  terreno.  Spazio  d'un  podere  che 
serve  per  ortaglia.  -Fetta,  porzione  di  terra,  chela 
vanga  o  l'aratro  alza.  -  Fida,  terreno  venduto  e  as- 
sicurato per  pascolo  del  bestiame. 

Fondo  (terra,  podere,  campo  e  simile),  bene  sta- 
bile qualunque  ;  fondo  rustico ,  quello  destinato 
alla  coltura;  fondo  amministrato  direttamente,  me- 
diante affitto  a  denaro  e  a  generi;  foìido  ammini- 
strato enfìtèuticamente,  mediante  colonia   parziaria. 


-  Dominante,  il  fondo  al  cui  vantaggio  è  costituita 
la  servitù  -  Latifondo,  fondo  di  considerevole  esten- 
sione e  coltivato. 

Maggesato,  il  terreno  a  cui  si  sono  fatti  i  maggesi. 
Maggese,  terreno  lasciato  per  qualche  tempo  in  ri- 
poso dalle  sementi,  svoltolandolo  ogni  tanto  per  dar- 
gli aria,  aiutare  la  decomposizione  di  vegetali,  levar 
le  erbaccie,  ecc.  -  Maggese  completo,  che  dura  un  anno; 
maggese  semestrale,  d' estate,  d' autunno,  invernale, 
primaverile,    secondo    la  stagione  in  cui  è  praticato. 

Marcita,  marcitoia,  terra  irrigata  d' inverno  per 
avere  sempre  erba  fresca.  -  Mazzolo,  in  maremma, 
strisele  seminative  di  terreno  paludoso  colmate  per 
salvarle  dall'umidità  e  separate  da  fossoni.  -  Novale, 
terreno  nuovamente  posto  in  coltivazione,  dopo  es- 
sere rimasto  incolto  per  molti  <Lnni.  -  Piantonaia,  pian- 
tonanio,  tratto  di  terreno,  buono,  umoroso,  purificato, 
tra  il  grasso  e  1'  asciutto,  alquanto  smosso  e  bene 
esposto,  atto  per  trapiantare  dal  semenzaio  le  piante 
quando  sono  grandicelle. 

Podere,  possesso  campestre  che,  generalmente,  con- 
siste in  un  corpo,  di  campi,  prati,  boschi,  case,  ecc., 
riuniti  in  una  stessa  proprietà  e  in  una  sola  azienda 
agraria.  Fruttato,  aggiunto  di  podere  con  alberi  da 
frutta,  piantati  tra  i  filari  delle  viti,  o  interposti  ad 
altre  piante,  o  da  soli  occupanti  un  certo  spazio. 
Prediale,  appartenente  a  podere;  di  tassa  che  col- 
pisce un  podere.  Stare  a  podere,  abitarvi  per  colti- 
varlo. Fattoria,  riunione  di  più  poderi  appartenenti 
ad  un  solo  proprietario.  -  Postime,  terreno  nel  quale 
sia  piantata  qualunque  pianta  si  voglia. 

Prateria,  prato,  superficie  di  terreno  coperta  di 
erbe.  -  Presèlla,  appezzamento  di  terreno,  messo  di 
recente  a  coltura.  -  Saccata,  terreno  per  un  sacco  a 
seme.  -  Semenzaio,  il  luogo  dove  si  seminano  le 
piante  per  le  piantonaie. 

Sopprassuolo,  tutto  ciò  che  vegeta  e  fruttifica  so- 
pra il  suolo  d' un  podere.  -  Spianata  di  coltura, 
distesa  di  terreno  coltivato.  -  Spiazzo,  spiazzata, 
spazio  lasciato  vuoto  d'alberi,  in  un  bosco  e  simili. 

-  Staiòro,  tanto  terreno  che  vi  si  semini  entro  uno 
staio  di  grano.  -  Strebiàccio,  terreno  sodo  e  incolto  da 
molto  tempo.  -  Talleta,  talleto,  terreno  piantato  a  talli 
(la  messa  delle  erbe  quando  sono  per  semenzire).  - 
Tenuta,  considerevole  estensione  di  terreno  ripartito 
in  poderi  o  in  boschi,  sodaglie  e  simili:  possedi- 
mento, teniraento.  -  Terriciola,  terra  coltivabile  o 
paese.  -  Zolla,  gleba  (zollettina,  zolletta,  zollone), 
fetta  0  pezzo  di  terra  unito,  che  si  smove  con  ar- 
nesi agricoli,  e  si  trova  cosi  anche  alla  superficie 
dei  campi  lavorati. 

Edifici  agricoli,  costruzioni  e  annessi. 

Abbeveratoio,  pila,  vasca,  gran  vaso  per  lo  più  di 
pietra,  collocato  presso  il  pozzo,  ovvero  sotto  la 
cannella  della  tromba,  a  uso  di  abbeverarvi  il  be- 
stiame. -  Guazzatoio,  specie  di  grande  abbeveratoio, 
scavato  in  terra,  fuori  della  casa  rustica,  affinchè  i 
cavalli,  oltre  il  bere,  si  sguazzino.  -  Aia  (V.  questa 
voce),  spazio  presso  le  case  coloniche,  fatto  per 
stendere,  battere  granaglie  -  Apiario,  il  luogo  e  il 
complesso  degli  arnesi  per  l'allevamento  dell'  ape. 

-  Arca,  luogo  sotterraneo  nel  quale  si  conserva  il 
grano.  -  Buca,  luogo  sotterraneo  da  conservar  grano 
e  altre  biade;  anche  la  buca  dietro  le  case  dei 
contadini  per  i  loro  bisogni.  -  Canale  o  fosso  di 
ripresa,  costruzione,  opera  per  1'  irrigazione.  - 
Cantina  (V.  questa  voce),  luogo  sotterraneo  per 
custodirvi  il   vino,    tenere    al    fresco    commestibili. 


44 


AGRICOLTURA 


ecc.  -  Capanna,  stanza  rustica  (o  tettoia  presso  la 
casa  colonica)  fatta  di  paglia,  frasche,  ecc.,  con  ar- 
matura di  legno,  o  anche  tutta  di  materiale,  dove  i 
contadini  ripongono  lo  strame  per  le  bestie.  Stanza 
coperta  di  canne  o  di  paglia,  o  anche  fatta  di  le- 
gname, dove  si  ricovera  la  più  povera  gente  delle 
campagne. 

Casa  colonica  {poderale,  ìnirale,  rustica),  quella  di 
abitazione  del  colono  o  del  contadino  :  in  essa  sono 
anche  editici,  o  luoghi  per  tenere  il  bestiame 
(stalla),  riporre  il  fieno  (fienile),  le  macchine  e 
gli  arnesi  agricoli.  -  Cascina,  luogo  destinato  a  ri- 
coverare, nutrire  e  governare  bestiame  bovino, 
specialmente  vacche,  con  appositi  locali  {caseificio) 
per  depovi  il  latte,  ridurlo  in  crema  e  fabbricarne 
burro,  formaggio,  ecc.  Neil'  uso  comune,  ogni 
casa  rurale.  -  Chiàvica,  costruzione  in  muratura  o 
in  legno  per  l' irrigazione.  -  Colatore,  il  maggior 
cavo  di  una  bonificazione  destinato  a  raccogliere 
e  trasportare  in  un  dato  recipiente  le  acque  di 
pioggia  che,  altrimenti  ristagnando,  recherebbero  dan- 
no all'agricoltura  e  all'igiene:  collettore, raccoglitore. 

-  Collettore,  cavo  per  i  lavori  di  bonificazione.  - 
Concimaia,  buca  o  luogo  appartato  presso  la  casa 
del  contadino,  ove  si  raccoglie  e  si  ammonta  il  con- 
cime di  mano  in  mano  che  si  leva  dalla  stalla.  - 
Dogata,  fossa  di  scolo  o  di  scarico  d'acqua,  per  lo 
più  allo  scopo  di  asciugare  terreni  bassi,  umidi, 
acquitrinosi:  scolatóio.  -  Drenaggio  (dall'inglese), 
sene  di  tubi  per  Virrigazione. 

Fattoria,  lo  stanile  nel  quale  risiede  il  fattore, 
con  annessi  e  connessi;  /attoriona,  grossa  e  ricca 
fattoria;  fattoriuccia,  piccola  o  meschina  fattoria.  - 
Formella,  buca  che  si  fa  in  terra  per  piantarvi  gli 
nlberi.  -  Fornelli,  capannelli  di  frasche  coperti  di 
teira  a  cui  si  dà  fuoco  nelle  montagne  per  purgarle, 
ingrassarle.  Anche,  rasiccia,  -  Forno,  costruzione  in 
muro  per  la  cottura  del  pane.  -  Fossa,  buca  sca- 
vata nel  tufo  per  rimetterci  il  grano. 

Frantóio  (V.  questa  voce),  locale  per  la  spremi- 
tura degli  ulivi  e  la  fabbricazione  dell'odio.  -  Gora, 
canale  di  irrigazione.  -  Granaio,  stanza  o  luogo 
in  cui  si  ripongono  il  grano  e  le  altre  biade.  Dal 
latino,  orreo.  -  Impalancato,  chiusura  di  panconi  e 
di  assi,  fatta  in  alcun  luogo,  per  impedire  che  gli 
animali  vi  passino.  -  Lattaia,  nelle  grandi  cascine, 
stanza  a  terreno  nella  quale  si  custodisce  il  latte 
dal  momento  che  si  è  munto  fino  al  momento  che 
si  spanna.  -  Letamaio,  buca  o  luogo  per  ammon- 
tarvi il  letame. 

Masseria,  fattoria  di  più  poderi  e  molto  bestiame. 

-  Maceratoio,  fossa  piena  di  acqua  nella  quale  si 
mette  a  macerare  la  canapa,  il  lino,  e  simili.  - 
Moduli  0  bocche  magistrali,  edifici  coi  quali  si  mi- 
sura l'acqua  derivata  per  l'irrigazione.  -  Ovile, 
piccola  stalla  per  le  pecore.  -  Pagliaio,  massa 
grande  di  paglia  in  covoni  fatta  a  guisa  di  cu- 
pola e  nel  mezzo  sorretta  da  un  grande  stile.  - 
Partitori,  edifici  destinati  a  ripartire  1'  acqua  di  ir- 
rigazione, -  Pescaiolo,  sorta  di  fossetta  praticata 
nei  terreni  di  poggio  per  salvare  il  fiore  della 
terra  dalle  acquate  che  lo  porterebbero  via.  -  Pin- 
ciara,  casa  colonica,  costruita  con  paglia  e  mota 
secca,  nella  parte  marittima  della  provmcia  di  Te- 
ramo. -  Pollaio,  l'edificio  fatto  per  dar  ricetto  ai 
polli.  -  Porcile,  la  piccola  stalla  del  maiale. 

Possessione,  villa  a  cui  sono  aggregati  più  poderi.  - 
Rattenuta,  arginetto  traverso  nelle  fosse  per  ratte- 
nere  la. terra  buona  o  il  sugo  che  si  manda  poi  nei 
campi.  "  Rimessa,  locale  per  mettervi    al    riparo  le 


carrozze  e  altri  veicoli.  -  Rosta,  fossa  a  ventaglio,  a 
pie  degli  alberi  per  raccogliervi  acqua  o  materiale 
da  ingrasso.  Anche  riparo  di  fittoni  e  rami  sottili 
fatti  qaa  e  là  per  riparo  delle  castagne. 

Scorticatoio,  laboratorio  dove  vengon  presi  e 
utilizzati  all'  agricoltura  e  all'  industria  gli  animali 
morti.  -  Seccatoio,  luogo  fatto  per  seccarvi  frutti  o 
simili;  luogo  dove  si  pongono  le  castagne  per  pro- 
sciugarle: metato.  -  Silo  {silos),  recipiente  in  mura- 
tura per  conservare  le  erbe  fresche  e  le  foglie.  - 
Stalla  (V.  questa  voce),  il  ricovero  del  bestiame.  - 
Stufa,  locale  per  l'allevamento  del  baco  da  seta, 
essiccatoio  per  cereali.  -  Tinaia  (V.  questa  voce),  il 
locale  in  cui  si  tengono  i  tini  e  gli  altri  arnesi  per 
fare  il  vino.  -  Trinciatoio,  la  stanza  dov'è  il  trin- 
ciaradici -  Viottola,  la  stradicciuola  che  si  fa  per  i 
poderi  con  filari  di  viti  o  spalliere  d'altra  verzura, 
da  una  parte  e  dall'altra. 

Arnesi,  veicoli,  ecc.,  agricoli. 

Noti  utensili  adoperati  per  l'agricoltura  (e  de- 
scritti alle  rispettive  voci)  sono  :  Varatro,  il  ba- 
dile, Yerpice,  la  falce,  la  scare,  il    vaglio,  la 

vanga,  la  zappa.  -  Accetta,  specie  di  scure,  ma 
più  piccola,  adoperata  per  tagliare  di  colpo  i  rami 
grossi.  -  Ascia,  strumento  di  ferro  col  manico  di 
legno,  fatto  come  una  zappa,  ma  più  largo  e  più 
corto.  -  Attrezzi,  gli  utensili,  comprese  le  macchine, 
che  servono  all'agricoltore  per  il  lavoro  dei  campi 
non  solo,  ma  anche  per  l'immediata  lavorazione  dei 
prodotti. 
Bacchio,  lungo  bastone  che  serve  per  abbacchiare. 

-  Bidente,  forca  di  ferro  a  due  rebbi,  con  boccinolo 
per  inserirvi  un  lungo  manico  di  legno.  Se  i  rebbi 
sono  tre,  dicesi  tridente.  -  Bindolo,  macchina  con 
ruote  e  timpano,  intorno  ai  quali  sono  congegnati 
piccoli  bigonciuoli,  che,  girando  le  ruote,  attìngono 
acqua  e  poi  la  riversano.  Serve  ad  annacquare 
prati,  orti,  ecc.  -  Bùgnola,  vaso  formato  per  lo  più 
di  cordoni  di  paglia,  legati  con  vinchi  o  rovi,  per 
tenervi  biade,  crusca  o  altro. 

Cannicci  o  cannicchiate,  stuoie,  cannucce  legate 
insieme,  per  lo  più,  con  erba  palustre  (sala)  o  in 
forma  di  un  quadrato  bislungo,  sul  quale  si  pon- 
gono frutte  ecf  uva  a  seccare,  e  si  allevano  i  ba- 
chi. -  Carriola,  carretto  con  una  ruota  sola  e  due 
braccia,  trascinato  a  mano  d'uomo.  -  Carro  (V. 
questa  voce),  veicolo  trascinato  da  buoi  o  da  ca- 
valli, per  trasportare  erba,  fieno,  cereali,  legna,  ecc. 

-  Cesia,  arnese  a  modo  di  gran  paniere  da  tenervi 
e  da  portarvi  entro  robe.  Cesta  alla  campigiana, 
specie  di  cesta  da  fattori.  -  Cicogna,  ordigno  (detto 
anche  altalena  o  mazzacavallo)  usato  nelle  campa- 
gne per  trarre  acqua  da  pozzi,  cisterne  e  fosse  pro- 
fonde, costituito  da  un  secchio  che  penzola  dall'e- 
stremità di  una  leva,  posta  a  modo  ai  altalena.  - 
Civea,  arnese,  recipiente  intessuto  di  vinchi.  -  Co- 
lettocolo,  specie  di  vaglio  (V.  più  innanzi).  -  Cóltro, 
una  delle  parti  essenziali  dell  aratro. 

Corbello,  vaso  tondo,  più  o  meno  grande,  tessuto  di 
stecche  di  faggio,  con  fondo  piano,  usato  per  trasportare 
erba.  ecc.  -  Coreggiato,  correggiato,  verga  con  bat- 
tente snodato,  strumento  più  usitato  per  far  sbuc- 
ciare il  grano  dalla  spica  e  dividerlo  cosi  dalla 
paglia:  consta  di  due  bastoni,  uno  più  lungo  e 
l'altro  più  corto,  ambedue  attaccati  insieme  me- 
diante una  piccola  striscia  di  sugatto,  detta  gómbina. 
L'asta  del  coreggiato  dicesi  manfano,  manfanile.  - 
Vetta,  il  pezzo  ael   coreggiato  che  serve  a  battere. 


AGRICOLTUKA 


45 


.  Crivello,  vaglio.  -  Cucchiaia,  specie  di  gran  rama- 
olo  che  serve  a  levar  l'olio  dalle  fondate. 

Essiccatoio,  meccsLnìsmo  trasportabile  usato  per  far 
asciugare  il  grano,  rendendolo  cosi  alimento  più 
sano. 

talcione,  grossa  ronca  fermata  su  una  panca, 
per  trinciare  il  foraggio  alle  bestie.  -  hantoccio, 
fagotto  di  cenci  simulante  un  uomo,  che  i  conta- 
dini mettono  ne'  campi  per  far  paura  alle  passere. 
-  Ferrareccie,  nome  collettivo  che  si  dà  ai  vari  ar- 
nesi grossi  di  ferro  usati  dagli  agricoltori  (scure, 
vanga,  zappa,  ecc.)  -  Fiocina,  arnese  fatto  per  rac- 
cogliere le  frutta  senza  montar  sugli  alberi  e  senza 
farle  cascare  in  terra.  -  Forca,  arnese  di  legno, 
ramo  rimondo,  lungo  circa  tre  braccia,  che  in  cima 
si  divide,  naturalmente  o  per  arte,  in  due,  o  tre 
altri  minori,  mozzi,  appuntati  e  leggermente  curvi, 
perché  ritengano  ciò  che  s'inforca,  paglia,  fieno  o 
altro  {Inforcala,  quanta  roba  si  prende  con  la 
forca  in  una  volta).  -  Forca  fi,enaia,  quella  per 
prendere  il  fieno.  -  Forchetto,  asta  che  abbia  aue 
rebbi  in  cima.  -  Forcone,  arnese  di  stalla  fatto  co- 
me una  forca,  ma  coi  rebbi  di  ferro.  -  Forconata, 
colpo  dato  col  forcone.  Quanta  roba  si  può  pren- 
dere col  forcone  in  una  volta.  -  Rebbi,  le  punte 
(di  ferro  o  di  legno)  della  forca,  del  forchetto,  del 
forchettone,  ecc.  -  Frullone,  arnese  per  cernere  la 
crusca  dalla  farina.  -  Garba,  specie  di  vaglio.  - 
Graccia,  strumento  per  lavorare  la  vite. 

Macina  o  macine,  nome  collettivo  di  due  grossi 
e  larghi  dischi  di  pietra,  uno  sovrapposto  all'al- 
tro, 1  inferiore  fermo,  il  superiore  girevole:  fram- 
mezzo ad  essi  viene  macinato  il  grano  o  altra 
biada.  -  Maglio,  pestone.  Maglio  a  zappa,  specie  di 
martello  col  quale  si  batte  sulta  parte  grossa  dei 
cunei  perchè  entrino  nei  ceppi  da  spaccare.  -  Marra, 
specie  di  zappa,  strumento  col  quale  in  settembre 
si  mette  la  terra  a  seme.  Sue  parti  :  il  taglio,  che  é 
la  parte  tagliente  del  pezzo  metallico,  e  Vocchio,  la 
parte  forata  del  pezzo  metallico  in  cui  s'infila  il 
bastone.  -  Marrancio,  bastone  con  in  cima  due 
punte  di  ferro  piegate  come  due  corni:  serve  a  pe- 
lare, cioè  a  tirar  giù  la  paglia  e  il  fieno  dal  pa- 
gliaio. -  Marrone,  specie  di  marra,  ma  più  stretto  e 
più  lungo.  -  Mastello,  specie  di  bigonciuolo  di  le- 
gno, con  manico  :  vi  si  munge  il  latte.  -  Mazzola 
da  terra,  arnese  per  schiacciare  le  zolle.  -  Mescino, 
specie  di  secchio  di  legno  raccomandato  a  una  per- 
tica, usato  per  levare  dalle  conserve  il  concime  li- 
quido. -  Mestola,  strumento  per  battere  le  piote  del 
campo. 

Orecchia,  utensile  elementare  di  tutti  gli  strumenti 
che  devono  restituire  le  zolle  di  terra  sopra  la 
terra  medesima. 

Pala,  arnese  di  ferro  o  di  legno,  di  varie  mate- 
rie, allargato  in  cima  e  con  lungo  manico:  serve  a 
prendere  e  tramutare  minute  cose.  -  Pala  di  ferro, 
il  badile.  -  Pennatella,  pennato,  istrumenti  per  po- 
tare la  vite,  usato  anche  per  tagliare  rami  grossi, 
pulire  siepi,  ecc.  :  sono  coltelli  grandi  e  ricurvi  al- 
l'estremità, taglienti  nella  parte  concava,  con  un 
gancino  nel  manico  per  attaccarli  alla  cintola.  Loro 
parti  :  il  manico,  la  costola,  la  penna,  la  cresta.  - 
Pestone,  maglio,  grosso  cilindro  di  legno  che  nelle 
parti  di  sopra  ha  fisse,  in  faccia  l'una  all'altra,  due 
mazze  o  cavigli  e  che  serve  per  assodare  e  per 
correggere  a  colpi  le  aie  sterrate.  -  Piantatoio, 
sorta  5i  grosso  cavicchio  che  fa  un  buco  in  terra 
e  lascia  cadere  il  seme  nello  stesso  tempo.  -  Pic- 
cone, strumento  rusticale  in  forma  di  zappa,  ma  più 


grosso  e  col  ferro  lungo  ed  appuntato  (picconata, 
colpo  di  piccone).  -  Piolo,  cavicchio  per  bucare  il 
terreno  e  far  seminagioni  o  piantagioni.  -  Potatoio, 
potaiòlo,  róncola:  strumento  di  ferro  a  uso  di 
potare. 

Raffio  (graffio,  raspo),  sorta  di  tridente,  coi 
rebbi  ripiegati  a  squadra,  per  sfaldare  le  masse  di 
letame,  cavar  le  vinacce  dallo  sportello  del  vino, 
ecc.  -  Rampino,  arnese  da  sbronconare.  -  Raschia- 
toio, arnese  di  ferro  per  raschiar  le  aie  e  i  viali 
quando  si  voglion  pulire  dalle  erbacce.  -  Raspa,  ra- 
spo, il  raffio.  Raspino,  piccola  raspa.  -  Rastellina, 
piccolo  rastrello  di  ferro  o  di  legno,  usato  per  rac- 
cogliere foglie  0  fieno  nelle  selve.  -  Rastrello,  ar- 
nese con  lungo  manico  e  regolo  traverso,  con  denti 
verticali,  usato  per  tirar  via  sassi,  separarli  da  una 
terra  smossa,  agguagliare  il  terreno,  coprir  la  se- 
mente, raccattar  fieno  o  simili.  -  Rovagliatore,  ordi- 
gno simile  all'aratro  :  passando  entro  il  solco  aperto 
trae  su  la  terra  vergine.  -  Rigatore,  arnese  simile  a 
un  gran  rastrello,  per  rigare  il  terreno  a  scopo  di 
piantagioni.  -  Rillo,  specie  di  erpice,  ma  senza  denti. 

Ronchi,  strumenti  di  ferro  ritorto  a  guisa  di  falci 
e  con  manico  di  legno,  ad  uso  di  potare:  ronca, 
róncola  (ferro  adunco  come  il  pennato,  ma  senza  la 
penna  a  tergo),  ranchetto,  róncolo,  ronchio,  ronchione. 

La  lama  della  róncola.  -  Roncone,  istrumento  di 
ferro  maggiore  della  ronca  e  senza  asta.  -  Rullo,  o 
ròtolo,  cilindro  di  legno  duro  e  pesante,  di  pietra 
0  ferraccia,  attraversato  da  un  asse  di  ferro  girante 
dentro  l'estremità  di  due  pezzi  di  legno,  congiunti 
per  via  di  due  traverse,  che  si  fa  condurre  da  ani- 
mali sopra  terre  lavorate  o  seminate  di  recente,  per 
rompere  le  zolle  o  assodare  il  terreno.  -  Ruspa,  ar- 
nese per  trasportare  terra  nei  campi  da  livellare  o 
colmare,  tirato  da  bovi,  simile  a  una  cassetta  da 
spazzatura:  aratro-ruspa. 

Sarchio,  sorta  di  zappetto,  anche  forcuto  da  una 
parte,  per  smuovere  la  terra  intorno  alle  piante 
(perchè  piglino  aria  le  barbe),  ecc.  -  Scarificatore, 
insieme  di  più  coltri.  -  Seminatore,  seminatoio,  ar- 
nese per  spargere  la  semente  a  distanze  eguali.  - 
Sgorbia,  arnese  che  da  una  parte  e  dall'altra  ha  il 
taglio  a  lunetta  e  serve  a  levare  il  legno  cariato 
dagli  alberi.  -  Sgorbietla,  piccola  sgorbia.  -  Spianar 
poggi,  arnese  che  serve  da  aratro  e  da  ruspa.  - 
Spianuccio,  strumento  usato  per  pianare,  fatto  quasi 
come  l'erpice,  ma  senza  denti  e  molto  più  stretto, 
con  due  sole  traverse  invece  di  tre.  -  Spolverino, 
polverino,  arnese  per  pulire  il  grano  dalla  polvere. 
-  Staccio,  tessuto  di  crine,  di  seta,  ecc.,  fisso  in 
mezzo  a  due  cerchi  rientranti  di  un  legno  pie- 
ghevole: serve  a  passare  la  farina  e  altre  cose.  - 
Stella,  rotolo  la  cui  circonferenza  è  armata  di  punte 
di  ferro  o  di  legno  :  lo  si  fa  passare  sui  campi  la- 
vorati per  frangerne  le  glebe  prima  della  semina.  - 
Strascino,  erpice  fatto  di  fascine. 

Tagliazolle,  istrumento  che  serve  a  tagliare  la  co- 
tica erbosa  de'  prati.  -  Tondello,  rocchio  di  paglia 
che  si  mette  alla  bigoncia  perchè  non  versi.  -  Trar 
moggia,  vasello  del  macinino  dove  via  via  si  met- 
ton  i  chicchi  da  macinare.  -  Trapiantoio,  specie  di 
zappa  ricurva  per  levare  dal  terreno  le  piantine 
piccole  senza  danneggiarle  nelle  radici.  -  Trebbia, 
arnese  usato  per  battere  il  grano  sull'aia.  -  Treggia, 
veicolo  intessuto  di  vimini  e  senza  ruote,  trascinato 
da  buoi  :  serve  per  luoghi  nei  quali  sarebbe  impos- 
sibile passare  con  veicoli  a  ruote.  Treggiata,  tutto 
ciò  che  strascina  in  una  volta  la  treggia.  -  Tre- 
spolo, arnese  fatto  di    tre    pali   piantati   in  terra  e 


46 


AGRICOLTURA 


rumiti  in  alto  a  cui  si  sospende  il  vaglio  mediante 
tre  corde  riunite  in  una.  -  Tribbio,  arnese  per  trib- 
biare 0  trebbiare,  cioè  battere  il  grano.  -  Tridente, 
forcone,  strumento  a  forma  di  una  forchetta  a  tre 
rebbi,  cioè  denti.  -  Trinciapaglia,  falcione.  •  Trivella 
gallica  o  modenese,  speciale  succhiello  col  quale  si 
effettuano  le  terebrazioni  ne!  terreno,  allo  scopo  di 
esaminarne  le  qualità.  -  Trogolo,  truogolo,  vaso  di 
pietra  o  di  muraglia,  per  lo  più  quadrangolare,  che 
serve  a  tenervi  entro  il  mangiare  pei  polli,  pei 
maiali,  anche  per  tenerci  acqua. 

Vaglio,  utensile  di  vetrici,  di  pelle  o  di  latta, 
adoperato    per    scuotere    e    far    saltare    il    grano. 

-  Coletto,  colo,  specie  di  vaglio  per  nettare  il  grano. 
•  Vassoia,  specie  di  gran  vassoio,  per  lo  più  di  le- 
gno, fatto  come  una  finestra  a  tramoggia,  usato  per 
ventolare  le  granaglie  o  le  castagne  secche  ;  altrove 
lo  si  usa  per  il  cacao.  Vassoiare,  il  pulire  con  la 
vassoia.  -  Ventilabro,  vaglio.  -  Vergone,  panione.  - 
Vòmere,  parte  deiVaratro.  -  Zappone,  zappona, 
sorta  di  zappa  grossa,  col  ferro  più  lungo  e  più 
stretto. 

Per  le  diverse  misure  (lineari,  di  capacità,  ecc.) 
adoperate  dagli  agricoltori,  veggasi  a  misura.  Per 
gli  arnesi  e  pei  metodi  di  misurare  la  terra,  vedere 
ad  agrimensura. 

Macchine  agricole.  —  Sono  parecchie,  e  il  sem- 
plice loro  nome  indica,  per  lo  più,  1'  uso  a  cui  ser- 
vono. Cosi  Yaratro  a  vapore,  il  voltafieno,  il  trin- 
ciaforaggi, il  cuociforaggi,  lo  schiacciagrani,  il  ra- 
strello meccanico,  ecc.  -  Attorcigliatore,  V  organo  delle 
macchine  agricole,  destinate  alla  mietitura  e  alla  in- 
coronatura,  che  serve  ad  attorcigliare  il  filo  intorno 
al  covone.  -  Centrifuga,  nome  di  varie  macchine 
(a  forza  centrifuga),  utilizzate  come  ventilatori  del 
grano,  per  rinnovare  l'aria,  per  inalzare  l'acqua.  - 
Estirpatore,  macchina  per  strappare  le  male  erbe, 
tagliandole  alle  radici.  -  Falciatrice,  macchina,  ora 
per  lo  più  a  vapore,  che  fa  l'ufficio  del  falciare, 
ossia  tagliare  le  erbe  da  foraggio  e  i  cereali. 

Locomobile,  macchina  agricola  a  vapore,  che  al 
bisogno  si  può  cambiare  di  posto  e  applicare 
quindi  a  una  quantità  di  operazioni  diverse.  Si 
compone  di  un  cilindro,  nel  quale  il  pistone  è  messo 
in  movimento  dal  vapore  che  fornisce  la  caldaia. 
Per  mezzo  di  un  albero  e  di  una  manovella,  il  pi- 
stone imprime  un  movimento  rotatorio  all'albero 
orizzontale,  che  è  collocato  attraverso  la  macchina 
e  fa  girare  una  larga  ruota,  con  un  volante  che  vi 
è  fissato.  Una  coreggia,  che  si  aggira  intorno  al  vo- 
lante, e  si  adatta  alla  macchina  agricola  che  si  vuol 
far  lavorare,  eseguisce  con  la  percussione  lo  sgror 
namento  (se  applicata  a  battere  il  grano),  fa  mano- 
vrare le  pompe  idrauliche  (se  trattasi  di  prosciu- 
gamento) 0  esercita  forza  di  trazione  (se  attaccata  ad 
un  verricello  che  trascina  l'aratro). 

Macchina  per  drenaggio,  specie  di  aratro  senza 
orecchie.  -  Mietitrice,  macchina  per  segare  in  grande 
le  biade.  -  Raccattafieno,  specie  di  rastrello  mec- 
canico   a   cavalli  per  ravviare  il  fieno  d'in  sul  prato. 

Seminatrice,  macchina  che  serve  a  spargere  la 
semente  a  distanze  eguali  e  a  una  determinata 
profondità.  -  Sgranatrice,  sgranatore,  macchina  per 
cavare  i  chicchi  dal  guscio,  dal  torsolo,  dalla  spiga. 

-  Spandiconcime,  per  distribuire  equamente  il  con- 
cime al  terreno.-  Spandifieno,  macchina  per  disten- 
dere l'erba  e  il  fieno  ad  asciugare,  a  prendere  aria 
e  luce.  -  Svecciatoio,  macchina  per  separare  il  grano 
dalle  materie  eterogenee  e  per  scegliere  i  grani  più 
gros.*a  da  seminare. 


Trebbiatojo,  trebbiatrice,  macchina  per  battere 
grano,  riso,  e  simili  :  trebbiatore.  È  messa  in  azione 
da  un  motore  a  vapore  o  elettrico.  -  Trinciapa- 
glia,  meccanismo  per  tagliare  rapidamente  la  paglia 
e  altro.  -  Ventilatore:  sostituisce  l' antico  vaglio 
col  beneficio   di   una  graiide  economia  di  lavoro. 

-  Zappa  a  cavallo,  zappa  meccanicamente  congegna- 
ta e  trascinata  da  un  cavallo. 

Lavori  agricoli. 

Abbarcare,  ammassare  covoni,  fieno  ed  altro. 
Abbicare,  fare  le  biche  dell'  erba,  del  grano,  del 
fieno;  accovonare,  far  covoni.  -  Abbonire,  render 
produttivo,  fertile  un  terreno  (abbonito).  -  Addeb- 
biamento,  o  debbio,  l'abbruciatura  delle  cótiche  er- 
bose fatta  in  autunno,  lasciandole  sul  posto  tutto 
l'inverno:  addebbiare  (addebbiato),  fare  il  debbio.  - 
Addolcire  la  terra,  renderla  più  lavorabile.  -  Addo- 
mesticare un  terreno,  renderlo  meglio  atto  alla  col- 
tivazione: es.,  «  era  un  pruneto  ;  l'ha  addomesticato 
a  vigna».  -  Affaticare  un  terreno,  smagrirlo,  intri- 
stirlo. -  Affinare  la  terra,  renderla  fina  con  molte 
arature.  -  Affossare,  fare  fosse  per  piantagioni, 
scolo  delle  acque.  -  Aggrottare,  fare  il  ciglione  in  un 
campo.  -  Alberare,  piantar  alberi  in  un  terreno 
{alberato).  -  Ammannare  (ammannato),  far  manna  e 
mannelli  di  biade. 

Ammendare,  ammendamento,  lavoro  che  si  fa  per  mi- 
gliorare un  terreno,  mescolandolo  con  altri  o  fornen- 
dogli concimi  animali  o  chimici.  -  Ammendamenti  chi- 
mici: mezzi  che  tendono  a  correggere  la  composi- 
zione delle  sostanze  necessarie  allo  sviluppo  clelle 
piante.  -  Ammendamenti  meccanici,  tutte  le  opera- 
zioni atte  a  correggere  le  proprietà  fisiche  del 
suolo  ed  a  promuovere  l'azione  degli  agenti  panifi- 
catori. —  Ammulinare,  del  grano  quando  lo  si  batte 
e  si  separa  dalla  pula.  -  Annoccare,  piegare  uno 
stelo  0  un  tralcio  (come  si  fa  con  la  nocca  delle 
dita)  per  trapiantarlo.  -  Appoderare,  ridurre  a  po- 
dere un  terreno.  -  Appratire,  ridurre  a  jìrato  il 
terreno,  quando,  avendo  messo  bene,  verdeggia.  - 
Appresellare,  ridurre  un  terreno  in  presella,  in  ap- 
pezzamenti -  Approdare,  fare  i  ciglioni  in  un  cam- 
po. -  Arare,  aratura,  il  lavoro  più  importante, 
fatto  con  r  aratro,  esponendo  al  sole  i  grossi 
massi  di  terra.  -  Arricchire,  migliorare  un  terreno. 

-  Assolcare,  fare  solchi  con  1'  aratro.  -  Attaccatura, 
l'opra  d'un  contadino  fatta  coi  bovi.  -  Atterramento, 
l'operazione  di  abbattere  gli  alberi  d'  alto  fusto. 

Avvicendamento,  o  rotazione,  operazione  fatta  per 
alternare  le  piante  nel  terreno  allo  scopo  di  utiliz- 
zare nel  raccolto  successivo  i  detriti  di  una  prece- 
dente coltivazione,  e  per  far  riposare  il  terreno: 
rota,  ruota,  rota  agraria,  vicenda. 

Battitura,  V  operazione  del  battere  le  biade  ed 
anche  il  tempo  in  cui  si  battono.  -  Bonificare,  fer- 
tilizzare il  terreno  per  mezzo  della  coltura  e  dei 
lavori  idraulici:  lavoro  di  bonifica.  -Brillare,  brillar 
tare,  lo  spogliare  dei  guscio  il  riso,  il  miglio  e 
altre  biade.  -  Brucare,  levare  foglie  fresche  dagli 
alberi  nell'estate,  per  farne  pasto  alle  bestie. 

Calcinare,  spargere  calce  sui  terreni  per  miglio- 
rarli 0  correggerli.  -  Ciglionare,  munire  di  ciglioni 
un  campo,  -  Colmare  le  campagne,  alzarle  intro- 
ducendovi le  acque  torbide  dei  fiumi,  perchè  vi 
depongano.  -  Coltivare,  coltivazione,  l' esercitare  1'  a- 
gricoltura,  lavorare  il  terreno  e  farlo  fruttare,  ren- 
dendolo coltivato.  -  Coltivazione  a  terrazzino:  nelle 
colline  alte,  per  sostenere  il  terreno.   -   Cultura  in- 


AGRICOLTURA 


47 


tensiva,  modo  di  coltivazione  per  cui  si  trae  da 
una  data  misura  di  terra  il  magt;iur  profitto;  grande 
coltura,  la  coltivazione  dei  latit'ondi  fatta  dal  pa- 
drone, da  sé,  coir  aiuto  di  grandi  macchine  o  del 
vapore,  contrapp.  di  mezzeria  o  colonia;  media  coL 
<Mra,  fetta  per  mezzo  dell'uomo  e  delle  macchine; 
piccola  altura,  dell'  uomo  solo,  come  negli  orti, 
nei  piccoli  poderi. 

Coltrare:  dicesi  del  lavorare  il  terreno  col  col- 
tro (V.  aratro).  -  Concimare,  concimazione,  X  o- 
perazione  dello  spargere  il  concime,  arricchendo 
il  terreno  dei  sali  nutritivi.  -  Costeggiare,  il  muove- 
re nuovamente  la  terra  con  l' aratro  dopo  l' er- 
picatura. 

Dilollare,  separare  la  lolla  dal  grano.  -  Diradare 
il  grano,  pulirlo  dalla  zizzania.  -  Dissaldare,  rom- 
pere terreni  e  lavorarli  {Dissodamento,  dissodati)).  - 

-  Diveltare,  zappare  molto  a  fondo  un  terreno,  a 
striscia  o  a  fosse,  là  dove  si  vogliono  fare  pianta- 
gioni. -  Divelto,  il  lavoro  del  diveltare,  e  il  terreno 
diveltato. 

Emendare,  emendamento,  il  modificare  gli  elementi 
in  un  terreno  per  migliorarlo.  -  Drenaggio  (dal- 
l'ingl..),  fognatura,  lavoro  consistente  nell'  aprire 
fosse  larghe  e  profonde,  collocando  in  esse  dei  tubi 
pertugiati  a  fori  di  terracotta,  nei  quali  penetra 
l'acqua  del  suolo,  la  quale,  in  tal  modo,  viene  con- 
dotta fuori  dal  campo.  -  Erpicare,  il  passare  e  ri- 
passare dell'erpice  sul  terreno  già  solcato  dall'  ara- 
tro per  appianarlo.  -  Estenuare  un  terreno,  sottoporlo 
a  una  coltura  che  ne  esaurisce  le  forze  produttive. 

-  Estirpare,  estirpatura,  lo  strappare  le  male  erbe, 
prima  della  seminagione. 

halciare,  tagliare  il  fieno,  o  1'  erba  con  la  falce.  - 
Falciatura,  l'atto  e  anche  il  tempo  del  falciare.  . 
har  caloria,  seminare  a  biade  un  terreno  vecchieto: 
le  biade,  invece  di  sgrassare,  ossia  indebolire  il 
terreno,  gli  danno  forza.  Noveto,  dicesi  il  terreno 
così  rinforzato.  -  Fare  erba,  raccoglierla,  tagliarla 
per  darla  alle  bestie.  -  l'are  il  solletico  alla  terra, 
lavorarla  superficialmente.  -  Far  le  vangate,  lavoro 
di  vangatura  fatto  al  podere  d'un  colono  amico  o 
d'un  vicino.  -  har  l'apparato,  cioè  un  inviluppo  per 
coprir  dall'aria  le  piaghe  degli  alberi.  -  tar  mon- 
darella,  sarchiare  una  seconda  volta  il  grano  nell'a- 
prile o  nel  maggio  per  mondarlo  dell'erbacce.  -  Fer- 
tilizzare, render  fertile  un  terreno.  -  Fondare  o 
imporre  il  seme,  ricoprire  il  seme  sparso  nei  solchi 
con  la  terra  che  gli  orecchi  del  fondatolo  gli  get- 
tano addosso.  -  Fossare,  fare  delle  fosse  per  pianta- 
gioni, per  scoli.  -  Fare,  dare  le  fumate,  scorrere  con 
paglia  0  fascine  accese  per  impedire  la  brinata: 
anche  bruciare  paglia  o  s  m.  nelle  bigattiere  per 
rinnovare  1'  aria  o  riscaldare.  -  Grufolare  la  terra, 
zapparla  debolmente. 

Inaiare,  mettere  il   grano   suU'  aia  per  batterlo. 

-  Incinerare,  incinerazione,  governo  fatto  con  la 
cenere  e  il  calore  di  rol)a  bruciata  sul  campo.  - 
Infrascare,  infrascatwa,  il  mettere  frasche  a  sostegno 
di  piante  gracili.  -  Ingentilire  un  terreno  con  la  col- 
tura, metterlo  in  condizione  di  dare  prodotti  mi- 
gliori. -  Innestare,  fare  1  innesto t  congiungere 
massa  o  buccia  d'una  pianta  in  altra,  percnè  le  si 
alligni.  -  Inquartare,  inquartazione,  l'arare  e  seminare 
un  campo  per  la  quarta  volta.  Anche  rinquartare. 
■  Intasare  la  fogne,  riempirle,  sicché  alla  materia  che 
in  essa  scorre  resti  chiuso  il  passaggio.  -  Interrare 
un  campo,  mettervi  nuova  terra.  -  Interzare,  di  avvi- 
cendamenti che  si  rinnovano  ogni  tre  volte  ima.  - 
Irrigare,  provvedere   all'  irrigazione,  ossia  man- 


dare ai  terreni  l'acqua  in  appositi  canaletti  o  fossi, 
per  la  relativa  coltura.  Irriguo,  che  irriga.  -  LavO' 
ratura,  il  lavorare  il  terreno   non  ancora  seminato. 

Macerare,  macerazione,  trattamento  che  si  fa  alla 
canapa,  al  lino  e  altre  piante  tessili,  tenendole  in 
acqua,  raccolta  nel  maceratoio,  perché  si  addol- 
ciscano e  diventino  più  trattabili.  -  Maggesare;  lare 
i  maggesi,  zappare  o  vangare  nel  maggio  terreni  che 
si  erano  lasciati  riposare.  -  Marnare,  somministrare 
la  marna  (miscela  di  calce  o  di  argilla,  con  aggiunta 
di  sabbia,  ferro,  magnesia,  potassa,  soda,  ecc.)  a  un 
tefì-eno  per  correggerlo.  Marnatura,  l'effetto  e  anche  il 
tempo  dell'operazione  ;  marnazione,  l'azione  del  mar- 
nare. -  Mettere  a  erba  (più  comun.,o  fieno  o  a  prato), 
di  terreni  ove  si  lascia  venir  l'erba  o  ci  si  semma  per 
pascolo.  -  Mettere  a  fieno,  di  campi  o  altre  terre, 
non  seminarci  ;  farle  fruttare  col  fieno.  -  Mettere  un 
campo  a  grano,  a  frumentone,  ecc.,  coltivarlo  in  quel 
genere. 

Mietere,  falciare,  tagliare  le  biade  alla  metà  dell'al- 
tezza 0  poco  sotto  la  spiga;  mietitura,  l'operazione 
e  il  tempo:  anche  la  raccolta,  la  «tesse.  -  Mg' Koria, 
lavoro  0  complesso  di  lavori  che  rendono  migliori 
le  condizioni  d'un  podere  e  maggiori  quindi  i  suoi 
prodotti.  -  Minutare,  fare  i  solchi  serrati  e  addossati 
bene  uno  all'altro.  -  Mondare,  mondamento,  il  ripu- 
lire terreno  e  vegetali  dalle  sostanze  eterogènee,  o 
dalle  erbe  nocive:  detto  particolarmente  del  riso. 
Mondatura,  l'azione  e  il  tempo  di  questa. 

Pettinare  la  terra,  tritarla  e  pulirla  bene  dalla 
zizzania. 

Piantare,  fare  la  piantagione,  ossia,  porre  entro 
alla  terra  i  primi  rampolli,  o  ramoscelli  di  pianta 
o  albero  già  cresciuto,  perchè  vi  barbichino,  ger- 
moglino e  fruttifichino.  Trapiantare,  sbaj-bare  una 
pianta  da  un  luogo  per  piantarla  in  un  altro.  Di- 
verse maniere  per  piantare:  a  gruccia,  a  buche,  a 
formelle,  a  fossa,  a  filari,  a  file,  a  ricamo  ;  in  terzo, 
in  triangolo;  a  vite,  a  vigna,  a  siepe,  a  boschetto.  • 
Piantagione,  l'atto  del  piantare  e  anche  la  quantità 
di  alberi  piantati  in  un  luogo.  -  Piantatura,  il  tempo 
della  piantagione.  -  Piantimi,  varie  sorte  di  pian- 
tagioni. 

Piantonare,  trapiantare  i  piantoni  da  un  pianto- 
naio all'  altro.  -  Piotare,  piotatura,  il  coprire  di  piota 
(  zolla  di  terra  con  l' erba).  -  Potare  (V.  questa  voce), 
potatura,  il  tagliare  alle  piante  i  rami  superflui  o 
nocivi:  potagione.  -  Presa,  modo,  a  campetti,  di 
spianeggiar  la  terra  coltivabile  in  poggio,  o  a  sparti- 
menti  quadri  e  regolari  di  terra  coltivabile  in  piano. 
-  Propagare,  propagazione,  il  moltiplicare  le  piante 
per  via  di  generazione  e  di  coltura.  -  Propagginare, 
sotterrare  a  propaggine  margotto,  ramo,  tralcio,  che 
si  piega  dalla  sua  pianta,  senza  romperlo,  e  si  sot- 
terra perchè  ributti.  -  Propaggine  a  lacciolo,  quella 
che  si  fa  spogliando  tutte  le  gemme,  meno  una.  - 
Ricoricare,  voce  meno  comune,  significa  pure  pro- 
pagginare. -  Puntare  la  fetta,  dare  due  o  tre  tadi 
alla  fetta  di  terra  con  la  punta  della  vanga  per  di- 
viderla e  perfezionare  il  lavoro. 

Quarteria,  sistema  di  rotazione  agraria:  un  anno 
a  sementa  e  tre  a  sodo.  -  Quinteria,  \  avvicendarsi 
d'una  cintura  o  semente  ogni  cinque  anni. 

Rasicela,  lavoro  che  consiste  nello  sbucciare  il 
terreno  duro,  ammontare  degli  sterpi,  ricoprirli  con 
quel  terreno,  bruciarli  (sinché  il  terreno  còcia  e  in- 
grassi), spargerò  e  seminare.  -  Rastellinare,  adope- 
rare la  rastellina.  -  Rastrellare,  rastrellatura,  il  rac- 
cogliere fieno  0  altro  col  rastrello:  rastremare,  rar 
stremazione.  -  Rastrellata,  quanta  roba  si  piglia  col 


48 


AGRICOLTURA 


rastrello.  -  Ravagliare,  mettere  alla  superficie  la 
terra  vergine  dopo  Taratura.  -  Ribàttere,  affinare  il 
taglio  degli  istrumenti  rurali  (ribattuta,  ribattitura). 

-  Ricolmare  le  campagne,  ripete  colmare.  -  Rifossare 
il  podere,  aprire  altre  fosse  in  un  terreno  vitato.  - 
Rimazzolare,  battere  e  scotere  il  grano  col  mazzolo. 

-  Rincalzare,  rammontare  la  terra  intorno  agli  steli 
delle  piante  coltivate,  perchè  si  rafforzino  e  mettano 
meglio.  -  Ringiovanire,  ricominciare  la  cultura  del 
prato  dopo  averlo  disfatto  e  adoperato  per  altre 
culture.  -  Ringranare,  far  succedere  senza  riposo  un 
cereale  a  un  altro  nel  medesimo  campo.  -  Rinsani- 
care,  rinsanichire,  liberare  un  terreno  dalle  erbe  no- 
cive che  lo  infestano.  -  Rinselrare,  far  ritornare 
selva. 

Rinterrare,  colmare  di  terra  un  fondo  semi- 
nabile (rinterramento,  rinterrato,  rinterro).  -  Ripia- 
nare, rimettere  in  piano  per  mezzo  delle  marre  e 
dei  rastrelli  il  terreno  smosso  dall'  aratro  -  Rischia- 
rare, diradare  potando.  -  Ristoppiare,  lo  stesso  che 
ringranare  (ristoppia,  ristoppio).  -  Rivangare,  ri- 
petere il  lavoro  della  vanga,  -  Rompere,  smuovere 
la  terra  arando,  vangando,  zappando.  -  Roncare, 
roncatura,  il  recidere  con  uno  zappetto  le  erbe  inu- 
tili al  piede  delle  piante.  -  Rovesciare,  mettere  sot- 
tosopra le  zolle  con  la  vanga.  -  Rullare,  sminuzzare 
col  rullo  dentato  un  terreno  zolloso,  o  comprimerne 
uno  troppo  sciolto  col  rullo  senza  denti.  -  Ruspare, 
trasportar  terra  con  la  ruspa. 

Sarchiare,  zappettare  e  col  sarchio  pulire  le  se- 
menti (grano,  fave,  ceci,  patate,  ecc.)  dalle  erbe  sel- 
vatiche (sarchiamento,  sarchiazione).  -  Sarchiata,  il 
sarchiare  una  volta.  -  Sarchiatura,  V  operazione,  il 
tempo,  i!  costo  {pungente,  nelle  Puglie,  si  chiama 
la  sarchiatura  che  si  fa  in  marzo)  -  Sarchiellare, 
sarchiare  piuttosto  leggermente.  -  Sbicare,  disfare 
le  biche. 

Sbronconare,  ripulire  il  terreno  dai  bronconi,  cioè 
dai  grossi  sterpi.  -  Scarificare,  rompere  la  cotica  del 
suolo  dopo  il  taglio  del  grano,  per  renderla  soffice, 
fresca  e  facile  ad  arare.  -  Scassare,  zappare  molto  a 
fondo;  scasso  da  viti,  da  ulivi,  da  gelsi;  scasso  reale 
0  andante,  a  forza  di  fosse  consecutive;  scasso  a 
fossa  aperta  o  chiusa,  lasciando  la  terra  levata  espo- 
sta alle  intemperie,  o  no.  -  Sconocchiare,  sgranellare 
le  pannocchie  del  granturco.  -  Scotennare,  lavoro 
che  si  fa  abbruciando  le  erbe  e  le  stoppie  che  co- 
prono il  campo;  ha  per  elfetto  di  far  deporre  le 
ceneri  sul  suolo  e  quindi  di  restituirgli  degli  alcali. 

-  Segare,  mietere  il  grano,  tagliare  l' erba.  -  Selezione, 
la  scelta  fatta  dei  riproduttori  di  specie  domestiche, 
vegetali  o  animali,  olfrenti  qualità  riconosciute  mi- 
gliori, e  ciò  allo  scopo  di  ottenere,  per  evoluzione 
ereditaria,  uno  sviluppo  ancora  superiore.  -  Setni- 
nare,    gettare  il  seme  alla    terra. 

Sfienare,  pulire  i  covoni  dal  fieno.  -  Sjittonare,  ster- 
pare i  littoni  nel  divellere  la  terra,  per  ripulirla  da 
tutto  ciò  che  può  nuocere  alle  arature:  scassare, 
divediare.  -  Sgranare,  cavare  il  grano  dalla  buccia 
e  i  legumi  dal  guscio  (sgranamento,  sgranatura): 
sgranare   a  correggiato,  a  lama,  a  macchina,  a  mano. 

-  Smarra  re,  ripulire  le  ceppaie  con  la  marra,  levando 
il  marcio  o  morto.  -  Solcare,  far  solchi  con  1'  ara- 
tro. -  Solcheggiare,  far  solchi  e  fondi.  -  Soleggiare, 
porre  il  grano  o  qualsiasi  altra  cosa  al  sole,  per 
asciugarlo. 

Sovesciare,  far  sovescio,  cioè  l' operazione  con- 
sistente nel  sotterrare  alcune  piante  (dette  legumi- 
nose) che  migliorino  il  suolo,  come  il  trifoglio,  l'erba 
medica,   la   lupinella,   ecc.:   la  terra   viene   in   tal 


modo  ingrassata  e  mantenuta  soffice.  Le  piante  de- 
vono essere  sovesciate  appena  giunte  alla  fioritura.  - 
Spalare,  togliere  i  pali  che  sostengono  i  frutti.  - 
Spianare,  ridurre  in  piano,  nei  poderi^di  terra  sciolta 
e  sottile,  i  lembi  o  spigoli  alzati  dall'  aratro  nella 
costeggiatura.  -  Spigolare,  raccogliere  le  spighe  o  al- 
tro rimasto  nel  campo.  -  Statare,  lasciar  stagionare 
la  terra  tra  un'  aratura  e  l' altra  perchè  prenda 
aria. 

Terzeria,  in  Sicilia,  rotazione  agraria  che  si  fa 
alternando  il  grano  con  due  riposi.  -^Tirare  il  grano, 

V  orzo,  il  farro  :  mondarlo.  -  Trapiantare,  togliere 
un  vegetale,  munito  della  massima  parte  delle  ra- 
dici, dal  posto  ove  si  trova  e  trasportarlo  in  altro 
luogo.  -  Trebbiare,  tribbiare,  battere  il  a;rano  con  la 
trebbia  o  col  coreggiato,  o  farlo  pestare  (ìai  cavalli  o 
sim.  Ora,  per  lo  più,  si  trebbia  con  apposita  mac- 
china (trebbiatrice).  -  Trebbiatura,  V  azione  e  il 
tempo.  -  Trinciare  la  foglia,  la  paglia,  le  rape,  i  ra- 
dicchi, tagliuzzarli   minutamente. 

Vagliare,  vagliatura,  il  pulire  col  vaglio  il  grano, 
i  ceci,  le  lenti,  l'avena,  -  Vagliatura,  il  vagliare,  la 
mondiglia  vagliata  e  la  spesa.  -  Vangare,  lavorare 
la  terra  con  la  vanga  :  frugare  la  terra,  scavare  in 
terra.  -  Ventolare,  ventilare,  agitare  grano,  castagne, 
ecc.,  per  spogliare  il  frutto  dall'  involucro.  -  Vigliare, 
separare  i  vigliacci,  cioè  le  spighe  sfuggite  alla  bat- 
titura. Vigliatura,  l'azione  -  Zappare,  lavorare  il 
terreno  con  la  zappa.  -  Zappettai^,  lavorare  la  terra 
leggermente  o  con  piccole  zappe.  -  Zapponare,  la- 
vorarla con  lo  zappone. 

Prodotti  agricoli  e  voci  relative. 

Molteplici  sono  i  prodotti  agricoli  e,  in  prima  li- 
nea, figurano  le  biade,  ossia  i  cereali,  e  cioè  :  il  friu- 
niento  (di  varie  specie),  la  set/ala,  V  orzo,  V  a- 
vena,  il  riso,  il  granturco  o  formentone,  il  mi- 
glio, il  sorgo,  il  panico,  il  grano  saraceno.  Si 
hanno  poi:  civaie,  nome  generico  d'ogni  legume,  e 
le  radici  alimentari  :  la  2>(^f(ita,  la  barbabietola, 
la  carota,   la   rapa,    il   finocchio,    la  cijìolla, 

V  aglio,  la  cicoria  e  altri  vegetali  citati  in  oi'to. 
-Piante  oleose,  che  danno  grani  o  chicchi,  dai 
quali  si  estrae  olio,  e  sono  :  l' olivo,  il  sesamo, 
il  lino,  il  ravizzone,  V  alisso.  Piante  tintorie, 
utilizzate    cioè  nella  tintoria:  la  robbia,  il  guado, 

V  indaco,  lo.  zafferano  bastardo.  Piante  tessili 
industriali,  ossia  quelle  che  forniscono  fibre  per  far 
tele,  panni,  o  per  altre  industrie,  e  sono  :  la  canapa 
e  il  lino  già  detto,  specie  principali  ;  il  somniacco, 
usato  dal  conciatore  di  pelli,  ecc.  -  Piante  fo- 
raggere, che  forniscono  un  buon  alimento  al  be- 
stiame e  servono  di  sovescio  per  migliorare  il  ter 
reno:  comprendono  ogni  sostanza  d' origine  vegetale 
destinata  alla  nutrizione  degli  animali,  quindi  le 
erbe,  le  piante  graminacee,  le  leguminose, 
le  crocifere  e  vegetali  d'  altre  famiglie.  Infine,  le 
radici-foraggi,  ossia  ogni  foraggio  carnoso.  -  Piante 
fruttifere,  ricca  schiera  di  alberi  che  forniscono  ogni 
sorta  di  frutta  da  tavola  :  il  ciliegio,  il  fico,  il 
melo,  il  pero,  il  pesco,  il  prugno,  il  susino, 
la  vite,  il  gelso,  che  dà  la  foglia  per  1'  alimenta- 
zione del  baco  da  seta.  Importante  anche  il  ta- 
bacco. -  Piante  industriali:  le  oleose,  le  tessili,  le  tin- 
torie, più  la  canna  comune,  la  canna  da  zucchero. 

Altri  notevoli  rami  dell'  agricoltura  sono  l' al- 
levamento del  bestiame,  che  compie  il  triplice 
ufficio  di  prestare  lavoro,  fornire  concime  e  dare 
il  latte  per  la    produzione  del   burro,   del   /©»•- 


AGRICOLTUnA 


AGRUIENSUUA 


49 


winggiOf  dello  stracchino,  ecc.;  1'  ailevamcnlo 
4e\\' ape  e  l'arboricoltura,  cioè  la  coltivazione 
delle  piante  da  frutto  e  di  quelle  ornamentali.  - 
Alidore,  inaridimento  delle  piante.  •  Allettare,  di 
biade,  abbattersi  e  cadere  a  terra  ;  abbattere  o  far 
cadere  a  terra. 

Bica,  mucchio  di  erba,  di  fieno,  di  arano  in  forma 
circolare.  -  Comignolo,  il  rialto  della  bica  del  grano 
ricadente  da  più  parti.  -  Covone,  ciascuno  dei  fasci 
di  grano  o  di  fieno,  dopo  falciati  :  manna,  man- 
nelio.  -  Derrate,  le  sostanze  vegetali  per  alimenti  ; 
tutto  ciò  che  si  ricava  dalle  possessioni,  dai  po- 
deri; i  prodotti  del  suolo  in  natura.  -  Erba,  Quella 
che  nasce  senza  coltura  o  che  si  semina  per  le  be- 
stie. -  Erba  nastro,  erba  a  strisce,  usata  per  fare  i 
mazzi.  •  Fare,  il  modo  di  produzione  del  terreno 
(Quesf  anno  il  grano  ha  fatto  bene).  -  Far  lo  stocco, 
lo  spijjhire  o  fallire  delle  biade. 

Ferrano,  miscuglio  d'  alcune  biade  seminate  per 
mietersi  in  erba  e^  pasturare  il  bestiame.  -  Fruttato, 
rendita  di  terreno.  -  Frutti  naturali,  quelli  che  pro- 
vengono direttamente  dalla  terra,  come  le  biade,  il 
fieno,  la  legna,  il  vino,  ecc.  -  Maggese,  di  alcuni 
prodotti  di  maggio. 

Mèsse  (V.  questa  voce),  la  raccolta  delle  biade, 
specialmente  del  grano.  Mietitura,  le  biade  stesse 
ancora  da  mietere.  -  Primizie,  i  primi  frutti  della 
raccolta  dell'anno  d'una  terra  dissodata  di  fresco,  di 
un  albero  novello:  dicesi  anche  dei  primi  parti 
degli  animali. 

Prodotto,  quanto  si  ricava  dall'agricoltura.  -  Pro- 
vare, della  pianta  che  vien  bene. 

Raccòlta,  raccòlto,  ricòlto,  lo  scopo  di  ogni  colti- 
vazione, il  risultato,  il  frutto  dei  lavori  agricoli: 
ricolta.  Raccattare,  far  raccolta.  -  Prime  raccolte,  i 
cereali  d'inverno,  specie  il  grano;  seconde  raccolte, 
quanto  si  semina  dopo  il  grano.  Fallire  il  raccolto, 
non  corrispondere  alle  speranze.  -  Invidioso,  detto 
di  raccolto,  scarso  per  alcuni  e  abbondante  per 
altri.  -  Annata  scarsa,  di  poco  raccolto.  -  La  campagna 
promette  bene,  promette  poco,  parlandosi  di  quel  che 
può  rendere.  La  campagna  trionfa,  è  lussureggiante, 
promette  rendere  molto. 

Spiga,  la  piccola  pannocchia  nella  quale  sono 
racchiusi,  come  in  cellette,  i  chicchi  del  grano, 
dell'orzo  e  d'altri  cereali.  -  Spicxdato,  della  spiga 
composta  di  più  spighette.  -  Vigliaccio,  dicesi  delle 
spighe  sfuggite  alla  battitura.  -  Stoppia,  la  jìaglia 
che  rimane' nel  campo,  dopo  segate  le  biade.  Nel- 
l'Italia meridionale,  nocchiarica.  -  Strame,  la  paglia 
bassa  ririiasta  sul  campo,  falcialo  il  grano,  risegata 
per  foraggio.  1  foraggi  in  genere.  -  Tallo,  la  messa 
delle  erbe,  quando  sono  per  semenzire. 

Massime  b  proverbi. 

A  Natale  mezzo  pane,  a  Pasqua  mezzo  vino  (si- 
gnifica che  il  contadino  deve  provvedere  perchè 
abbia  in  casa  a  Natale  la  metà  del  pane  necessario 
all'uso  comune  e  a  Pa«qua  mezzo  vino,  per  iinmi- 
nenii  faccende).  Nello  slesso  senso  dicesi:  a  mezzo 
gennaio,  mezzo  pane  e  mezzo  pagliaio.  -  Anno  ghian' 
doso,  anno  oincheroso:  molte  ghiande,  annata  cattiva. 
-  Anno  nevoso,  anno  fruttuoso,  abbondante  di  rac- 
colto. •  A  San  Martino  meglio  il  grano  al  campo 
che  al  mulino.  -  .4  San  Simone  colla  pertica  e  col 
bastone,  le  castagne  cascano.  -  Chi  affitta  sconficca, 
sugli  affitti  le  terre  non  ci  guadagnano.  -  Chi  non 
suga  non  sega,  chi  non  bonifica  il  terreno  ne  ri- 
cava poco.   -    Chi  semina  con   l'acqua   raccoglie  col 

.Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclalore. 


paniere,  magra  raccolta.  --  Chi  semina  nella  pblnrr^ 
(a  tempo  asciutto)  faccia  i  granai  di  rovere,  [)tìf 
la  ^ran  raccolta. 

Fango  di  maggio,  spighe  d'agosto.  -  Gennaio  poi- 
veniio  empie  il  granaio  -  Gennaio  ingenera,  febbraio 
intènera,  marzo  indmccia,  nprile  sboccia.  -  Gennaio 
secco,  villano  ricco.  -  So  gennaio  sta  in  camicia, 
marzo  scoppia  dalle  risa,  nev(!  in  gennaio,  annata 
buona.  -  Giugno  la  falce  in  pngno  (per  mietere),  e, 
se  non  è  in  pugno  bene,  luglio  ne  viene  (in  luglio  è 
lardi  per  segare  il  grano).  -  Gran  fecondità  non 
viene  a  maturità. 

Il  caldo  dì  settembre  toglie  e  non  rende,  perchè  le 
frutta  vogliono  acqua  e  sole.  -  La  vanga  ha  la 
punta  d'oro,  la  zappa  d' argento,  V  aratro  di  ferro, 
relativamente  all'  efietto  utile  di  questi  arnesi.  - 
Lavora  o  abborraccia,  ma  sémina  finché  non  diavria. 

-  0  molle  0  asciutto,  per  San  Luca  (18  ott.)  semina 
tutto.  '  Le  sono  terras  dèi:  a  seminar  otto,  ci  si 
raccoglie  sei:   di  terre  che  non  rendono. 

Maggio  giardinaio  non  empie  il  granaio,  le  piogge 
che  fanno  crescere  i  fiori  non  giovano  al  grano.  - 
Maggio  molle.  Un  per  le  donne:  l'acqua  di  maggio 
giova  al  lino,  non  al  grano.  -  Maggio  ortolano,  molta 
paglia  e  poco  grano. 

Quando  il  grano  è  nei  campi,  è  di  Dio  e  de' 
santi,  alla  ventura.  -  Quando  il  mandorlo  non  fmttii, 
la  semente  si  perde  tutta.  -  Quando  marzo  va  serro, 
il  grano  fa  cesto  e  il  vin  capecchio.  •  Quando  ven to- 
tano il  grano  con  la  vassoia,  i  chicchi  rimangono,  $ 
la  loppa  parie:  si  ha  buon  raccolto. 

Sbarbato  l'albero,  terreno  sgombro.  -  Secca  anna'a 
non  è  affannata:  la  produzione  non  difetta.  -  ^> 
marzo  non  marzeggia,  giugno  non  festeggia.  -  Sotto 
la  neve  pane,  sotto  l' acqua  fame,  la  molta  pioggia 
invernale   rovina   la   semente,   la  neve   la  aiuta.  • 

Terra  bianca,  presto  stanca. 

Agrifoglio.  Arboscello  spinoso,  sempre  verde: 
dal  frutto  si  ritrae  un  energico  purgante. 

Agrimensore.  Chi  conosce  ed  esercita  l' agri- 
mensura: geòmetra,  perito.  -  Perticatore,  l'aiutante 
dell'agrimensore:  la  persona  che  tien  ritte  le  bifie 
e  con  pertica  fa  l' immediato  misuramento  lineare 
di  terreno  o  d' altro,  in  aiuto  dell'  agrimensore.  - 
Canneggiatore,  colui  che  con  la  canna  dà  opera  al 
[nisuramento  lineare  in  aiuto  dell'  agrimensore,  del- 
l'mgegnere,  ecc.  -  Livellatore,  chi  dà  opera  a  una 
livellazione,   sia  egli  agrimensore,  ingegnere,  o  altri. 

-  Tavolare,  l'operazione  dell'agrimensore. 
Agrimensura.  L'arte   che   insegna  a  misurar 

terreni,  levare  piante,  formare  mappe,  calcolare  le 
superficie,  con  le  loro  inclinazioni  ed  elevazioni 
e  riprodurle  col  disegno  geometrico  e  topografico: 
richiede  la  conoscenza  dell'aritmetica,  della  geome- 
tria, della  trigonometria  rettilinea,  nonché  degli 
istrumenti  destinati  a  rilevare  le  dimensioni  e  la 
forma  del  terreno.  -  Comprende:  la  planimetria, 
che  insegna  i  metodi  per  fare  le  proiezioni  su  piani 
orizzontali  con  rette  verticali,  mediante  il  piombino, 
la  livelletta,  le  paline,  i  mezzi  di  misura,  ecc.  ;  la 
stereometria,  che  tratta  la  misura  del  volume  dei 
corpi  di  forma  geometrica,  quali  il  cubo,  il  prisma, 
il  cilindro,  la  piramide,  il  cono,  la  sfera,  ecc.;  la 
livellazione,  o  altimetria,  che  insegna  i  metodi  per 
conoscere  le  distanze  che  hanno  i  diversi  punti 
della  superficie  terrestre  dal  piano  orizzontale  di 
riferimento,  mediante  i  livelli.  Il  terreno  che  l'agri- 
mensore deve  misurare  e  descrivere  è  in  tutto  o  in 
parte  accessibile,  se  permette    il   rilievo  del  suo  \n- 


50 


AGRMENSXmA 


terno,  o  inaccessibile  in  caso  contrario,  e  allora  bi- 
sogna ricorrere  a  mezzi  indiretti  dall'esterno. 

ISTRCMENTI  PER   l' AGRIMENSURA. 

Agrometro,  arnese  per  rilievi  rapidi  senza  squadro  e 
senza  catena  metrica.  -  Alidada,  parte  del  goniotiietro. 
-  Archipenzolo ,  istrumento  un  po'  grossolano,  che 
ser\e  a  determinare  rette  orizzontali  ;  è  costituito 
da  due  aste  tenute  in  posto  da  una  terza,  e  al  ver- 
tice dell'angolo  è  applicato  un  piombino.  -  Biffa,  lo 
stesso  che  palina  {biffare,  segnare,  piantare  biffe). 
Bolla,  lo  stesso  che  livelletta.  -  Bussola,  scatola 
rotonda  di  metallo,  non  però  di  ferro,  nel  fondo 
della  quale,  su  un  perno  appuntati  ssimo  d'ottone,  è 
sostenuto  in  bilico  Vago  calamitato,  la  cui  direzione 
naturale  verso  tramontana  serve  all'agrimensore  per 
orientare  il  disegno  fatto;  bussola  topografica,  bus- 
sola alla  quale  sono  aggiunti  una  livelletta  e  un 
mezzo  per  dirigere  le  visuali.  Vi  sono  bussole  conr 
centriche  ed  eccentriche,  a  seconda  che  {ìortano  il 
cannocchiale  sul  centro  o  fuori  della  circonferenza 
graduata;  ve  ne  sono  poi  altre,  che,  invece  del 
cannocchiale,  hanno  una  diottra  a  traguardi,  per 
dirigere  le  visuali. 

Calandro,  calandrino,  strumento  non  dissimile  dalla 
squadra  mobile  zoppa,  ma  formato  di  tre  stecche, 
e  perciò  acconcio  a  prendere  a  un  tratto  tre  lati 
e  i  due  angoli  interposti. 

Canna,  istrumento  per  la  misura  degli  allinea- 
menti, generalmente  di  sezione  circolare  e  della 
lunghezza  di  3  metri;  la  graduazione  è  fatta  me- 
diante borchie  di  ottone  ed  è  limitata  ai  5  centi- 
metri: per  le  misure,  si  dispone  di  una  coppia  di 
canne  {canneggiare,  misurare  il  terreno  con  la  can- 
1  a).  -  Cannocchiale  topografico,  piccolo  cannocchiale 
astronomico  con  micrometro,  adattato  agli  istrumenti 
topografici. 

Catena,  per  misurare  lunghezze  sul  terreno,  invece 
della  canna  o  della  pertica:  è  formata  di  semplici 
bacchettine  di  ferro,  concatenate  a  occhio,  una  in  capo 
all'altra,  segnate  in  parti  eguali  di  una  misura  le- 
gale, e  formanti,  tra  tutte  e  ben  distese,  una  deter- 
minata lunghezza.  Ripiegata  su  di  sé  tante  volte 
quante  sono  le  mastiettature  a  occhio,  la  catena  si 
riduce  in  uh  fascctto,  di  poca  mole,  e  riesce  di 
comodo  trasporto  più  che  non  è  la  pertica,  o  la  canna. 

Diottra,  riga  movibile  regolarmente  intorno  al 
centro  di  uno  strumento:  serve  a  facilitare  la 
direzione  delle  visuali.  Alle  estremità  di  essa  riga, 
metallica,  sono  disposte  ad  angolo  retto  due  pia- 
strine, in  una  delle  quali  è  segnata  una  fessura  e 
nell'altra  una  finestra,  nel  cui  mezzo  è  teso  un 
crine.  Mettendo  l'occhio  davanti  alla  fessura  e  guar- 
dando il  crine,  si  determina  un  piano  di  traguardo, 
che  sarà  verticale  quando  sia  verticale  il  crine,  cioè 
quando  sarà  centrata  la  livelletta  disposta  sulla 
riga.  -  Filo  a  piombo,  il  piombino. 

Goniometro,  ogni  istrumento  che  serve,  come  lo 
squadro  graduato,  per  misurare  l'angolo  di  due  al- 
lineamenti: consiste  essenzialmente  di  una  circonfe- 
renza graduata,  sostenuta  da  tre  vii*  di  livello,  chia- 
mata circolo  azimutale,  e  dell'alidada,  costituita  dai 
supporti  e  dal  cannocchiale.  -  Goniometro  da  tavolino, 
il  rapportatore. 

Livelletta,  o  bolla,  istrumento  che  serve  per  ri- 
durre orizzontali  rette  e  piani:  consta  essenzialmente 
di  un  tubo  di  vetro  leggermente  incurvato  e  riem- 
pio Quasi  completamente  di  alcool  o  di  ètere.  Detto 
tubo  è  racchiuso    poi    in    una    montatura  metallica 


munita  di  viti  di  rettifica.  Si  hanno  livellette  ci/ui- 
driche,   sferiche,  a  compensazione,  a   serbatoio,  ecc. 

Livello,  istrumento  che  serve  per  la]  determinazione 
della  differenza  di  livello  fra  due  punti  della  super- 
ficie terrestre;  si  hanno  livelli  su  di  una  linea  e 
livelli  su  di  un  piano,  a  seconda  che  determinano 
una  linea  d'orizzonte  od  un  piano.  Livelli  più  in 
uso:  quelli  ad  acqua,  a  collimatore  pendente,  con  li- 
velleità,  a  cannocchiale,  ecc.,  dotati  di  biffa,  a  scopo 
o  parlante. 

Mensola  pretoriana,  strumento  agrimensorio  che 
serve  per  l'immediato  trasporto  di  angoli  orizzontali 
del  campo  sul  piano  di  disegno.  -  Nastro,  mezzo  di 
misura  in  sostituzione  della  catena,  costituito  da 
una  lastrina  d'acciaio,  della  lunghezza  di  20  metri, 
sulla  quale  è  segnata  una  graduazione  di  10  in  10 
centimetri  ;  a  questo  nastro  metallico  si  sono  poi  so- 
stituiti nastri  di  tela,  portanti  la  graduazione  in  cen- 
timetri, e  più  comodi.  -  Nocella,  sorta  di  mastietta- 
tura  del  piede  con  la  tavoletta,  onde  questa  pòssa 
aggiustarsi  in  piano  orizzontale,  e  non  deviare  da 
esso,  anche  quando  occorre  muoverla  circolarmente 
su  di  sé. 

Nonio,  0  verniero,  semplice  istrumento  che  divi- 
de una  graduazione  in  altre  piccole  parti;  può  es- 
sere tanto  rettilineo  che  curvilineo;  lo  si  applica  ai 
circoli  graduati  degli  istrumenti  di  rilievo. 

Paletti,  le  verghette  che  piantaasi  sui  vari  punti 
di  una  livellazione,  mano  mano  che  ne  sono  tra- 
sportate le  bitfe  per  successive  stazioni.  In  uno  spac- 
co, fatto  sulla  testa  dei  paletti,  si  pone  un  pezzuolo  di 
foglio,  per  renderli  visibili  anche  da  un  po'  lontano. 

Palina,  nella  sua  forma  più  semplice,  è  un 
bastone  ben  diritto,  appuntito  da  una  parte  e  che 
porta  dall'altra  una  fessura,  nella  quale  si  può  in- 
trodurre un  rettangoletto  di  carta,  detto  scopo;  è 
tinta  di  rosso  e  bianco  alternati,  e  serve  per  deter- 
minare l'allineamento  (cioè  la  retta  secondo  la  quale 
il  terreno  è  tagliato  dal  piano  verticale  passante]  per 
due  suoi  punti)  sul  terreno:  preferibile  però  la  pa- 
lina senza  scopo.  -  Pantometro,  istrumento  impiegato 
per  misurare  angoli,  altezze,  distanze. 

Pertica,  una  mazza  rigida,  diritta,  lunga  cinque 
braccia,  o  altra  determinata  misura:  serve  allo  stes- 
so uso  che  la  canna.  -  Picchetto,  pinolo,  grosso  pez- 
zo di  legno  aj)puntito  da  una  parte  e  piano  dall'al- 
tra, che  si  infigge  nel  terreno  per  fissare  i  punti 
degli  allineamenti  quando  questi  devono  rimanere 
per  molto  tempo.    ^, 

Piombino,  istrumento  che  serve  a  dare  la  direzio- 
ne della  verticale  ed  a  determinare  l'intersezione 
della  medesima  con  la  superfìcie  del  terreno;  è  co- 
stituito da  un  peso  in  forma  di  solido  di  rotazione, 
che  termina  in  punta,  attaccato  ad  un  filo  sul  pro- 
lungamento del  suo  asse:  lasciandolo  cadere  senza 
accompagnarlo,  la  punta  segna  sul  terreno  l'estremo 
della  verticale.  -  Planimetro  (polare),  istrumento  che 
serve  alla  misura  meccanica  delle  superficie  piane; 
consta  essenzialmente  di  due  aste,  una  delle  quali 

Sorta  una  rotella  graduata,  la  cui  semplice  lettura 
à  l'area  cercata,  -  Rapportatore,  istrumento  che 
serve  a  disegnare  gli  angoli  dei  quali  si  conoscono 
i  gradi:  è  un  semicerchio  che  porta  al  lembo  una 
graduazione  estesa  da  0  a  180  gradi. 

Scopo,  mira,  pezzo  quadrangolare  di  foglio,  o  me- 
glio ai  cartoncino,  o  di  latta,  bianco,  scorrevole 
lungo  la  biffa,  e  sul  quale  é  segnata  orizzoiitalumate 
una  grossa  linea  nera,  che  deve  servire  di  mira 
al  livellatore. 
Squadro,   istrumento    col   quale    sì  possono'   prò» 


AGRIMENSURA   —    AGRONOMIA 


Di 


lungare  linee  retto  sul  terreno  e  costmirvi  o  ri- 
conoscervi angoli  retti  o  seiiiiretti:  è  un  cilindro  di 
ottone,  0  anche  un  prisma  ottangolare,  vacuo,  alto 
un  decimetro  e  mezzo  circa,  largo  un  po'  meno: 
con  4,  ovvero  8  traguardi,  ossia  ferri  rettilinei,  ver- 
ticali, nella  sua  fascia,  e  talora  altrettanti  orizzon- 
tali nel  coperchio,  tutti  sottilissimi,  equidistanti.  Al 
fondo  della  squadra  e  nel  centro  di  esso  è  saldato 
un  bocciolo  da  incastrare  lo  strumento  in  cima  di 
un  bastone,  e  questo  da  basso  è  guernito  di  una 
gabbia,  o  calzuolo  conico,  e  di  un  puntale  di  ferro, 
mediante  cui  piantare  in  terra  lo  strumento,  e  di- 
sporlo  in  direzione  verticale.  Lo  squadro  graduato 
serve  per  misurare  gli  angoli  formati  da  due  alli- 
neamenti qualsiasi;  consta  essenzialmente  di  due  ci- 
lindri sovrapposti  ruotanti  concentricamente  e  sepa- 
rati da  una  circonferenza  graduata:  due  piani  di 
traguardo  poi  li  attraversano  ortogonalmente.  Lo 
squadro  graduato  con  cannocchiale  porta  superior- 
mente un  cannocchiale,  che  serve  a  collimare  a  di- 
stanze maggiori. 

Tavoletta  pretoriana,  si  usa  per  il  rilevamento 
grafico  e  speditivo  del  terreno,  ecf  è  costituita,  essen- 
zialmente, da  un  treppiede  ordinario,  dallo  specchio 
0  tavoletta  propriamente  detta  e  dal  sostegno,  che 
lega  il  treppiede  allo  specchio;  nonché  da  accessori, 
quali    il  triangolo,  la  diottra  e  la  bussola. 

Piede  della  tavoletta,  il  sostegno  di  essa,  compo- 
sto di  tre  gambe  che  si  allargano  in  triangolo, 
quando  la  tavoletta  è  bene  in  punto  per  operarvi 
sopra,  e  possono  poi  riunirsi  in  una  sola  nel  tra- 
spòrto. 

Disegni,  operazioni,  termini,  carte  di  agrimensitra. 

Area,  o  superfìcie,  la  misura  dello  spazio  occu- 
pato da  una  figura  piana;  si  può  calcolare  in  diversi 
modi,  con  metodi  aritmetici  e  con  metodi  geometri- 
ci {poligono  integratore,  costruzione  geometrica  per 
calcolare  l'area  di  una  figura  qualsiasi).  -  Battuta  di 
livello,  l'appuntare,  che  si  fa,  dello  scopo,  in  ciascu- 
na delle  due  contrarie  direzioni  della  stazione.  - 
Delle  botti  si  misura,  approssimativamente,  la  capa- 
cità con  la  formola  relativa  al  volume  del  cono  tronco. 
Come  si  misuri  il  volume  del  cilindro,  del  cono, 
del  cubo,  della  piramide,  ecc.,  si  dirà  a  geometria. 
-  Alle  voci  fieno,  ghiaia,  ecc.,  è  detto  come  si 
procede  per  la  loro  misura. 

Coltellazionc  {misuramento  a  canna  piombata), 
operazione  con  la  quale  si  misura  un  terreno  curvo, 
molto  inclinato  all'orizzonte,  riducendone  la  super- 
ficie a  quella  del  piano  orizzontale  che  gli  serve  di 
base.  -  Cubatura,  dicesi  il  volume  del  tronco  degli 
alberi,  con  la  scorza  o  squadrati.  -  Dividente,  la 
linea  fissata  quale  confine  fra  due  proprietà  con- 
tigue. 

Livellare,  livellazione,  il  misurare  col  livello,  cioè 
riconoscere  con  esso  se  una  serie  di  punti,  una 
linea  o  un  piano  sono  orizzontali,  o  quanta  ne  sia 
l'inclinazione.  Particolarmente,  confrontare  col  li- 
vello la  relativa  altezza  di  due  o  più  punti  sul  ter- 
reno, per  riconoscere  in  quale  direzione  scorrerà  su 
di  essi  l'acqua.  -  Punti  della  livellazione,  tutti  quei 
del  terreno  sui  quali  sono  successivamente  rizzate 
le  biffe.  -  Termini  della  livellazione,  il  primo  e  l'ul- 
timo punto  di  una  livellazione,  talora  composta  di 
più  stazioni. 

Mappa  (V.  questa  voce),  la  rappresentazione,  col 
disegno,  della  proiezione  di  una  parte  della  super- 
ficie terrestre  sopra  un  piano  orizzontale. 


//  metodo  delle  ascisse  (misure  contate  sull'allinea- 
mento fondamentale)  e  delle  ordinale  (distanze  dei 
punti  del  terreno  dal  detto  allineamento)  è  usato 
nel  rilievo  dei  dettagli  di  un  appezzamento.  —  /  me- 
todi di  rilievo  sono  le  varie  operazioni  necessarie 
al  rilevamento  di  una  porzione  della  superficie  terre- 
stre, basantisi  sulle  proiezioni.  I  rilievi  si  possono 
l'are,  a  vista,  con  paline  e  mezzi  di  misura,  con  l'uso 
dello  squadro  semplice  e  graduato,  coi  goniometri  e 
con  la  tavoletta  pretoriana.  -  Le  tabelleite  di  rilievo 
servono  a  raccogliere  in  modo  chiaro  tutte  le  misure 
rif'erentisi  ad  un  dato  rilievo,  invece  di  inserirle 
nello  schizzo. 

Perticazione,  il  perticare  o  misurare  un  terreno.  - 
Piano  di  traguardo,  il  piano  determinato  in  un  istru- 
mento  di  rilievo  per  facilitare  la  direzione  delle  vi- 
suali. -  Poligonale,  l'insieme  dei  punti  che  si  segna- 
no sul  contorno  del  terreno  da  rilevarsi,  mediante 
paline  o  picchetti.  -  Profilo,  sezione  verticale  lungo 
un  allineamento,  che  dà  i  diversi  punti  determinati 
planimetricamente  ed  altimetricamente:  può  essere 
longitudinale  e  trasversale. 

Rettifica,  operazione  di  verifica  necessaria  prima 
di  usare  qualsiasi  istrumento  di  rilievo:  serve  a  ri- 
scontrare tutti  i  requisiti  necessari  e  sufficienti  per 
l'esattezza  degli  istrumenti  stessi. 

Scala  di  un  disegno,  il  rapporto  esistente  fra  le 
dimensioni  del  disegno  e  quelle  dell'oggetto  reale 
che  rappresenta.  -  Scala  ticonica  :  serve  per  rendere 
sensibili  le  ultime  divisioni  di  una  scala  grafica  or- 
dinaria. -  Schizzo  a  vista,  quello  che  si  fa  prima  di 
procedere  alla  misura  diretta  dell'appezzamento  di 
terreno  da  rilevarsi.  -  Stazione,  il  tratto  di  livella- 
zione che  si  compie  in  due  battute  di  livello,  cioè 
col  mirare  successivamente  lo  scopo  di  ciascuna 
delle  due  biffe  in  contraria  direzione  e  senza  tra- 
sportare il  livello. 

AgTÌòtta.  Specie  di  ciliegia. 

Agripnia.  Insonnia,  mancanza  di  sonno. 

Agro.  Aspro:  di  sapore  contrario  al  dolce, 
come  quello  del  limone.  -  Sugo  di  qualche  agru- 
me. —  Detto  anche  di  avaro  e  di  jìittura  che 
offenda  la  vista. 

Agro.  Estensione  di  suolo,  teiintorio. 

Agrodolce.  Di  sapore  tra  l'agro  e  il  dolce. 

Agronomìa  {agronòmico).  Scienza  che  tratta 
deìV  agricoltura;  teoria  agricola;  scienza  agraria; 
anche,  semplicemente,  agraria.  E'  il  complesso  delle 
norme,  delle  leggi,  delle  conoscenze  necessarie  per 
la  coltivazione  dei  campi,  quindi  dei  principi  diret- 
tivi, teorici  e  tecnici,  atti  a  far  ottenere,  nel  mini- 
mo tempo  e  con  la  minima  spesa,  il  massimo  pro- 
dotto. I  gradi  di  attività  di  coltura  si  possono  divi- 
dere in  tre  gruppi:  i  sistemi  fisici,  cioè  quelli  pei 
quali  l'uomo  si  limita  a  raccogliere  i  prodotti  della 
terra  ;  i  sistemi  androfisici,  pei  quali  1  uomo  lavora, 
semina,  coltiva,  raccoglie,  senza  curarsi  dell'esauri- 
mento della  fertilità  naturale  della  terra;  i  sistemi 
androttici,  quelli  pei  quali  l'uomo  costringe  la  terra 
a  produrre  continuamente,  senza  mai  lasciarla  in 
riposo,  e  provvede  all'esaurimento  mediante  il  con- 
cime. Nel  primo  gruppo  sono  compresi  la  pasto- 
rizia, il  sistema  forestale,  quello  della  coltura  a 
stagni,  sistemi  esplicantisi  col  solo  concorso  delle 
forze  naturali.  Il  secondo  gruppo  è  caratterizzato 
dalla  coltura  del  maggese  e  dalla  coltura  alternante 
(V.  ad  agricoltura).  Nel  terzo  gruppo  sono  compre- 
si il  sistema  eterositico,  che  reintegra  la  fertilità  con 
materie  concimanti  naturali,  raccattate  qua  e  là  nei 
boschi;  il  sistema  autositico,  per  cui  si  provvede  allo 


52 


AGRONOMO 


AIUTO 


esaurimento  prodotto  dalla  coltura  continua  mediante 
il  coni  im 3  (stallatico),  ricavato  dall'allevamento  del 
bestiame  e  da  apposite  culture  foraggere.  Altri  sistemi 
recentemente  proposti  :  la  siderazione,  che  consiste  nel 
rovesciare  una  pianta  foraggera  a  vantaggio  della  col- 
tivazione successiva;  e  l'induzione,  che  consiste  nel- 
l'anticipare  alle  leguminose  il  concime  necessario 
alla  produzione  successiva,  risparmiando  cosi  il  so- 
vescio. -  Agronòmico  di  agronomia.  -  Georgófilo,  aman- 
te dell'agraria. 

Agrònomo.  Chi  sa  o  professa  agronomia; 
scienziato  o  scrittore  di  cose  agrarie.  -  Licenza  in 
agraria:  abilità  all'esercizio  di  perito  agronomo, 
di  geometra,  ecc. 

Agrume.  Nome  generico  deWarancio,  del  ber- 
gamotto, del  cedro,  del  limone,  della  meldn- 
gola  (frutto  dell'arbusto  detto  melàngolo),  ecc.  - 
Agrumi  si  chiamavano  un  tempo  anche  gli  ortaggi 
che  hanno  odore  forte  e  sapore  molto  acre  e  mor- 
dente (aglio,  cipolla,  peperone,  porro,  ecc.). 
Dagli  agrumi  si  estraggono  esseìize  per  la  profu- 
ìneria,  acque,  siroppi  medicinali,  ecc.  -  Agro,  sugo 
che  si  spreme  dagli  agrumi.  -  Agrumeto,  luogo  pian- 
tato di  agrumi.  -  Aranciera,  stanzone,  ambiente  de- 
stinato a  riparare  le  piante  di  agrumi  nei  climi  ove 
la  temperatura  non  discende,  d'ordinario,  sotto  zero. 

-  Molletta  da  agrumi,  forbici  da  potatore.  -  Pasto, 
l'interno  dei  limoni,  degli  aranci  e  d'altri  agrumi. 
■  Scorza,  la  buccia.  Sbucciare  un  arancio,  un  limone, 
ecc.,  toglierne  la  scorza. 

Cagna,  malattia  che  si  apprende  agli  agrumi.  - 
Rizoctonia,  malattia  che  attacca  e  fa  morire  le  ra- 
dici delle  piante  d'agrumi. 

Agiicctda.  Ago  per  lavori  di  maglia.  — 
Arnese  per  far  la  mina. 

Agrucchiare.  Lavorucchiare  a  stento  nel  cu- 
cire. 

Agng-lla.  V".  a  guglia.  —  Nome  di  un  pic- 
colo pesce. 

Ag-ugliata.  Misura  di  refe  o  d'altro  infilato  nel- 
l'agro per  cucire. 

Agùto.  Sorta  di  chiodo^ 

Aguzzare^  aguzzai'si  {aguzzamento,  aguzzala, 
aguzzatura).   Rendere   o   farsi    acuto,  più    acuto. 

-  Arrotare,  lavoro  di  ari'otino  ;  appuntare,  far  la 
putita;  acuire,  acutire,  auzzare,  inacutire;  affu- 
sare, affusellare,  affusolare;  assottigliare,  rendere 
sottile.  -  Aguzzata,  auzzata,  aguzzatura  alla  lesta. 

Aguzzino.  Custode  di  prigione,  di  galera, 
di  schiavi. 

Aguzzo.  Appuntato,  acuto;  che  si  è  potuto 
aguzzare:  auzzo. 

Ah,  ahi,  ohimè!  Esclamazioni  di  dolore. 

Aliimè!  Interiezione  di  dolore,  di  compas- 
sione, di  rimpianto  (ironico)  d'un  er-t'are. 

Aia.  Spazio  di  terreno  attiguo  alle  case  coloni- 
che, predisposto  per  battervi  le  biade  o  stendervele 
perchè  asciughino  sotto  il  sole  :  spianato,  spiazzo.  - 
Aiata,  tanta  quantità  di  biade  in  paglia  quanto  ba- 
sta a  riempir  l'aia.  -  Imboinare,  imbovinare,  spal- 
mare l'aia  con  lo  sterco  di  bue,  prima  della  batti- 
tura, perchè  si  rassodi  e  vi  si  batta  bene.  -  Mettere 
in  aia,  stendervi  i  covoni  per  batterli.  -  Inaiare, 
mettere  il  grano  sull'aia  per  batterlo.  -  Rompere 
l'aiata,  essere  il  primo  a  battere. 

Ala,  aio.  Chi,  donna  o  uomo,  ha  in  custodia 
fanciulli  0  fanciulle  e  ne  cura  l'educazione. 

Aiòne,  aiòni.  Detto  in  andare.  • 

A  iosa.  In  abbondanza. 

Airone.  Uccello  di  palude  :   difende   gli    ani- 


mali in  pastura,  cibandosi  di  mosche  e  tafani.  È  di 
varie  specie,  con  -  piume  d' un  bruno  grigiastro 
(airone  nostrano),  con  piume  nere  (airone  fino),  (di 
gran  prezzo,  o  bianche  (airone  pennacchino),  finis- 
sime, usate  a  guarnir  baldacchini,  cappelli  di 
donna,  ecc.  -  Garza,  genere  di  uccelli  della  fami- 
glia degli  aironi.  -  Ranocchiaia,  specie  di  airone.  - 
Tarabuso,  uccello  trampoliere,  affine  agli  aironi, 
giallo  rossiccio,  con  macchie  brune,  vivente  nei 
canneti. 

A  isonne.  In  abbondanza,  senza  spesa. 

Aita.  Soccorso,  aiuto. 

Aitante.  Alto  e  forte  di  corporatura,  agilu  e 
robusto. 

Aitare  {aitato).  Prestare  aiuto. 

Aiuola.  Piccolo  spazio  nel  giardino  e  nel- 
l'orbo: aietta,  aiolà,  compartimento,  scomparto.  - 
Spazio  rilevato  tra  solco  e  solco  in  un  campo  : 
porca. 

Aiuòlo.  Sorta  di  rete  per  pigliare  uccelli. 

Aiutante.  Titolo  di  varie  cariche  nella  w*i- 
lizia. 

Aiutare,  aiutarsi  {aiutamento,  aiutante;  aiu- 
tarsi, aiutato,  aiutatore).  Dare  aiuto,  renderselo  re- 
ciprocamente. 

-Aiuto.  Aiutamento,  aita,  soccorso,  sussidio,  as- 
sistenza, sostegno,  appoggio.  Adiutamenlo,  adiuto, 
ausilio;  sollievo,  rincalzo,  rinfranco,  rinforzo,  rin- 
forzata; conforto,  sollievo;  modo,2  mezzo;  braccio, 
braccioforte,  man  forte  (aiuto  opportuno  e  forte  per 
vincere  difficoltà),  spinta.  -  Assistenza,  spalla,  presi- 
dio; favore,  favoreggiamento,  puntello,  sostegno, 
fondamento,  colonna,  pietra  fondamentale;  coope- 
razione, salvamento.  -  Aiuti,  soccorsi  che  in  modo 
qualunque  si  prestano  ad  alcuno.  -  Aiuto  I,  grido  di 
chi  invoca  soccorso.  -  Aiuto  di  costa,  sowenimento, 
per  lo  più  di  denaro;  soccorso  uiaspettato;  soc- 
corso di  Pisa,  aiuto  che  arriva  in  ritardo,  o  inu- 
tile. -  Sovvenzione,  sussidio  in  denaro  o  in  generi. 
-  Trapelo,  per  similitudine,  ogni  specie  di  aiuto. 

Àncora  di  salvezza,  di  persona  che  aiuti  nei 
casi  estremi  ;  persona  calata  dal  cielo,  di  aiuto  in 
momento  di  gran  bisogno.  -  Deus  ex  machina,  d'a- 
iuto superiore  venuto  inaspettatamente. 

Aiutabile:  ausiliabile,  soccorribile,  sussidiabile. 

Aiutante,  aiutatore:  soccorrevole,  assistente,  ausi- 
liario, sussidiario,  che  dà  aiuto  ;  atto,  pronto,  fa- 
cile a  soccorrere,  aiutativo.  Adiuvante,  adiutore, 
ausiliante;  ausiliare,  ausiliatore,  coadiuvante,  coa- 
diutore, cooperatore.  Angelo  custode,  chi  aiuta  e 
difende.  -  Sostantiv.,  aiutante,  persona  che,  in  un 
impiego,  in  una  professione,  in  un  lavoro,  coopera 
col   principale. 

Aititare,  dare,  prestare,  porgere,  portare  aiuto;  adiu- 
vare,  assistere,  sostenere,  appoggiare,  coadiuvare; 
stare,  levarsi  in  aiuto,  in  soccorso  ;  accorrere,  correre 
in  aiuto;  soccorrere,  sovvenire,  sorreggere,  sussidiare  ; 
dare  mano,  dar  man  forte  ;  dare,  prestar  braccio  e 
braccio  forte  ;  dar  di  collo,  di  spalla,  porger  mano 
al  bisogno;  dar  favore,  fare  spalla,  spalliera,  ala  ; 
fiancheggiare  in  un'  impresa,  rinfrancare,  rincalzare, 
rinfiancare,  rinfiancheggiare,  spalleggiare;  rompere 
una  lancia  per...  Trarre  persona  da  imbarazzo  o  da 
pericolo,  salvare;  sollevare  da  miseria,  da  op- 
pressione; far  del  bene,  prestarsi  in  aiuto,  prestarsi 
per  qualcuno,  procurare  qualche  risorsa.  Aiutare  di 
sottomano,  aiutare  in  segreto.  -  Appuntellarsi  mi 
alcuno,  cercare  il  suo  appoggio.  -  Dar  una  mano, 
aiutare.   -   Favoreggiare  (favoreggiatore),  dare  aiul:» 


AIZZARE    —   ALBA 


53 


l'avore\ole  per  riuscire  a  uno  scopo,  specialmente 
illecito. 

Aiutarsi:  rendersi  reciproco  aiuto,  sostenersi  a 
vicenda,  prestarsi  uno  per  l' altro;  fare  a  giova 
giova  da  buoni  amici,  cooperare.  Anche  darsi  aiuto 
da  sé  ;  aiutarsi  con  le  mani  e  coi  piedi,  con  ogni 
sforzo.  -  Giovarsi,  fare  a  giovarsi,  darsi  scambievoli 
aiuti. 

Chiedere  aiuto:  fare  appello,  chiamare  a  soccorso, 
implorare,  gridar  misericordia,  chiamare  in  aiuto  ; 
gridar  mercè,  domandare  aita;  strillar  soccorso;  sten- 
der le  mani;  ricorrere,  far  ricorso,  i-acCoinandarsi. 
•  Invocare,  invocazione,  il  chiamar  persona,  per  chie- 
dere aiuto,  grazia,  con  fervida  preghiera;  suppli- 
care. -  Una  mano  lava  l'altra  e  tutt'e  due  lavano  il 
viso,  bisogna  darsi  aiuto  l'un  coU'altro. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Acqua  lontana  non  spe- 
gne il  fuoco,  gli  aiuti  non  pronti  non  giovano.  - 
Acqua  alle  ruote,  alle  funi,  soccorso  dove  c'è  biso- 
gno. -  Aguzzare  il  palo  sulle  ginocchia,  prepararsi  un 
male  aiutando  persona  che  poi  ci  nuoccia.  -  .4  se 
l'aiuto  nega  chi  ad  altri  il  nega.  -  Aspettare  un  pa- 
nierino dal  cielo,  aiuti  miracolosi.  -  Bussare  alla 
porta  di  uno,  ricorrere  per  aiuto.  -  Accorr'uomo, 
esclamazione  per  chiedere   pronto  soccorso. 

Chi  s'aiuta  Dio  l'aiuta.  -  Consiglio  di  vecchio  e  aiuto 
di  giovane.  •  Chi  davvero  aiutar  vuole  abbia  2)iù  fatti 
che  parole. 

Essere  il  braccio  destro,  la  mano  dritta  d'uno,  di 
persona  che  a  questi  è  di  grande  aiuto.  -  Far  da 
comodino,  prestarsi  per  aiutare  altri  in  cosa  che  non 
possa  fare  da  solo.  -  Far  come  quello  che  pisciò  in 
mare,  portare*  un  sussidio  meschino.  -  Fortuna  i 
forti  aiuta  e  i  timidi  rifiuta.  -  La  dritta  è  serva 
della  mancina,  aiuta  chi  più  può. 

Laus  deo,  disse  suor  Chiara,  (e  ci  s'aggiunge  quando 
fu  morta):  locuzione  allusiva  ad  aiuti  che  vengono 
dopo  aversi  aspettati  molto,  se  pur  non  è  tardi.  - 
Meglio  un  aiuto  che  cinquanta  consigli.  -  Più  debole 
il  puntello  della  trave,  chi,  volendo  aiutare,  è  più 
debole.  -  Porgere  la  mano  generosa,  soccorrere 
validamente.  -  Senza  la  vela  la  barca  non  va,  senza 
gli  aiuti  principali  non  si  fa  nulla.  -  Stare,  at- 
taccarsi alle  falde  d'uno,  stargli  d'attorno  per  averne 
aiuto,  ricompensa.  -  Tener  bordone  a  uno,  aiutarlo  a 
fare  cosa  non  buona. 

Aizzare  {aizzamento,  aizzato).  Eccitare,  ttrovo- 
care  ad  ira,  ad  offesa;  incitare  il  cci".ic  o  al- 
tro animale .  -  Ravvivare  il  fuoco. 

Ala.  Appendice,  parte  de!  coipo..  espansione  di 
varia  fcrii;r..  ir.cr.Jjro  proprio  di  molti  animali  : 
sf^fve  per  volare  (uccelli,  insetti)  o  per  rendere 
più  rapida  la  corsa  (struzzo),  ecc.  Le  eli  sono  prov- 
viste di  penne.  -  Alato,  fornito  d'ali  (poec,  ali- 
gero). -  Aletta,  alletta,  aluccia,  alffccia.  —  Alata, 
colpo  d'ala.  -  brullo,  rumor  d'ali. 

Elitre,  le  ali  coriacee.  -  Vanni  (poet.),  grandi  ali; 
anche  penne.  -  Remiganti,  le  maggiori  penne  delie 
ali.  -  Sommalo,  puma  dell'ala. 

Aliare,  movere  le  ali.  -  Aleggiare,  moverle  leg- 
germente. -  Alzare,  abbassare,  stendere,  aprire,  bat- 
tere le  ali.  -  Spuntare  le  ali,  tagliarle  un  poco.  - 
Tarparle,  tagliarle  molto.  -  Drizzar  l'ali,  indiriz- 
zare il  volo.  -  Frullare,  frullo,  rumoreggiare,  ru- 
more che  fanno  i  volatili  con  l'ali,  Icvàiidosi  da, 
terra.  -  Mettei-  l'ali,  lo  spuntare  e  il  crescere  delle 
ali  ai  volatili.  -  Raccoglier  l'ali,  posarsi,  fermarsi.  - 
Remeggiare,  baiter  dell'ali  ;  remeggio,  un  remeggiare 
continuato.  -  Spiegare  le  ali,  aprirle  al  volo.  -  Un 
lieve  Irtniolio,  d'ali  leggermente  mosse. 


Ala.  Lato,  parte  laterale  di  un  edificio.  -  Nu- 
mero di  cose  messe  infila,  ordinatamente.  -  Estre- 
mità di  una  riga  (riunione  di  più  uomini,  uno  di 
fianco  all'altro).  -  l'arte  di  esercito.  -  Parte  del 
cuore,  dd  fegato,  ih'A  polmone.-  L'orecchia  del- 
V aratro.  -Muro  di  ponte.-  Vela,  pala  dì  niulino 
a  \ento. 

Alabarda,  labarda  (alahardala,  alabardiere). 
Arme  antica  in  asta,  tempestala  di  chiodi,,  con  in 
cima  una  lama  e  sotto  una  specie  di  scure  e  tre 
punte  dall'altra  parte,  quindi  atta  a  ferire  di  punta 
e  di  taglio  :  mezza  picca,  giannetta,  roncone,  parti- 
giana, ser^'entina,  zagaglia.  -  Corsesca,  picca  con  la 
punta,  a  torma  quasi  di  giglio  piatto.  -  Drappella, 
fei'ro  ritorto  che  sporge  all'in  fuori  dal  ferro  dell'a- 
labarda. -  Alabardata,  colpo  di  alabarda,  zagagliata, 
labardata,  piccata. 

Alabardiere.  Soldato  armato  d'alabarda. 

Alabastro  {alabastraio,  alabastrino).  Piytra  cal- 
care, per  lo  più  bianca,  più  tenera  e  più  traspa- 
rente del  marmo:  abbonda  nel  territorici  di  Vol- 
terra; tirato  a  perfezione,  trasparisce.  Usato  come 
pietra  d'ornamento  e  per  fare  statuette.  -  Alaba- 
strino, d'ixhhiìsivo,  bianco  come  l'alabastro.  -  Ala- 
bastro cipollato,  formato  a  sfoglie  sottili  e  parallele 
come  quelle  della  cipolla.  -  Alabastro  occhiuto,  pie- 
tra del  Lazio,  di  buona  pulitura,  sparsa  di  macchie 
vaghe,  come  occhi,  -  Alabastro  venato,  con  striscio- 
line  di  colore  sul  biancu. 

Alabastraio,  chi  fa  o  vende  lavori  d'alaliastro.  • 
Gessoni,  cave  d'alabastro  nel  Volterrano.  -  Rampino, 
strumento  per  lavorare  l'alabastro:  raffice.  -  Shron- 
conare  l'alabastro,  digrossarlo  con  un  rampino. 

Alabastrite  {alabastro  orientale),  varietà  di  carbo- 
nato calcare.  -  Saccaroide,  venato,  colorato,  alabastri 
comuni. 

Alacre.  Chi  nel  fare  è  2>ro/i«o,  svelto  e  di  buo- 
na volontà. 

Alacrità.  L'essere  àlacre:  vivezza,  prontezza, 
brio. 

Alamaro.  Allacciatura  da  veste.  ■  Passamano  di 
varia  forma  che  adorna  le  unifcrmi  della  milizia, 
-  Aghetto  ;  bruco. 

Alambicco.  Apparecchio  per  la  distillazione: 
lambicco. 

Alano.  Specie  di  catte. 

Alare.  Arnese  del  camino. 

Alato.  Fornito  d'ala. 

Alba  {alhenninrA.  iMùmenio  in  cui  incomincia  il 
passaggio  daìì'oscurit?.  della  notte  alla  luce  del  gior- 
no: pri~.a  izW aurora.  .Vvemaria,  mattutina,  niat- 
tuiino;  nova  aurora,  gallicinio;  prima  luce,  squilla 
della  mattina;  levare  del  sole,  primo  crepuscolo; 
nuovo,  nascente  raggio;  giorno  infante;  primo  bacio 
del  sole  nascente.  -  La  bianca  amica,  la  concubina 
di  Tifone.  —  Albicante,  albeggiante. 

All'alba,  in  sul  far  dell'alba,  del  giorno;  a  giorno, 
alia  punta  dei  giorno,  schiarando  il  giorno;  col  cantar 
del  gallo,  alla  levata  del  sole,  nel  cominciar  del 
giorno;  in  sul  di,  nell'apparente  del  di,  nel  tempo 
del  dilùculo;  anzi  di,  rasente  il  di;  aprendo  l'alba, 
sul  rompere  del  giorno;  alla  stella  levata,  all'uscir 
del  nuovo  raggio;  al  fuggir  delle  ombre  della  notte; 
quando  taccion  le  stelle  ;  al  primo  spuntar  del  giorno. 

Albore,  quello  splendore  bianco  che  si  diffonde  nel 
cielo,  ai  iiiGin'i'uto  in  cui  sorge  l'alba.  -  Antelucano, 
dicesi  di  ciò  che  avviene  prima  di  giorno  o  sul  far 
del  giorno.  -  A  bruzzolo,  a  brùzzico,  a  bruzzicolo, 
a  bruzzo,  vicino  a  giorno.-  Diana,  Toi'a  dell'alba, 
in  cui  si  levano  i  soldati. 


ALBAGU   —  ALBERO 


Albeggiare:  apparire,  suigere,  spuntare  dell'alba; 
far  giorno,  nascere  il  giorno  o  del  giorno,  spuntare 
il  di;  sorgere  del  dì,  del  sole;  affacciarsi  il  sole  al- 
l'orizzonte; inalbarsi  del  di;  perdersi,  svanire  delle 
stelle  in  Oriente;  balzare  il  sole  dall'Oriente  Far 
cuccolino  il  novo  di  risorto.  -  L'alba  nascente  in  mezzo 
al  ciel  sfavilla  col  suo  son^iso.  -  La  notte,  già  fosca 
nel  cielo,  apre  il  velo  al  sorriso  del  di.  •  Imbiancare, 
dell'alba  che  fa  più  chiaro  l'orizzonte. 

Albagia  {albagioso).  Boria,  superbia  vanitosa. 

Albarello,  albaro.  Il  jnopj^o  bianco. 

Albatro.  Il  corbezzolo.  -  Albatro,  il  fruito. 

Albèdine.  Di  colore  tendente  al  bianco. 

Albeggiare  (albeggialo).  Sorgere  delValba.  - 
Tendere  al  bianco. 

Alberare  (albei-ato).  Piantare  alberi  in  un  ter- 
reno; lavoro  di  agricoltura,  -  Munire  d'alberi  una 
nave. 

Alberatura.  Complesso  degli  alberi  d'una  nave. 

Alberello.  Specie  di  fungo.  •  Piccolo  vaso. 

Alberése.  Pietra  da  calciala. 

Alberéta,  albereto.  Detto  ad  albero. 

Alberg'are  {albergato,  albergatore,  albergairice). 
Ricevere  ad  albergo,  prendere  albergo. 

Albergo  (frane,  ìiótel).  Casa,  luogo  in  cui  si  al- 
loggia e,  talvolta,  anche  si  mangia  (se  v'è  annesso 
il  ristorante),  a  prezzo.  Anticamente,  si  diceva  al- 
berghesia,  aìbergazia.  Ogni  albergo  ha  una  denomi- 
nazione e,  spesso,  un'insegna.  Le  persone  che  lo 
frequentano  sono,  per  lo  più,  forestieri.  Il  servizio 
ò  disimpegnato  da  camerieri  {tavoleggiante,  il  came- 
riere che  serve  a  tavola;  scalco  quello  che  trincia 
le  vivande;,  da  cameriere,  da  un  custode,  che  spesso 
fa  da  interprete,  da  qualche  valletto  (groom),  da 
fattorini,  ecc.,  da  facchini,  da  lustrastivali  e  da  al- 
tre persone,  agli  ordini  di  un  maggiordomo.  Ad  un 
albergo  si  arriva,  si  scende,  si  smonta,  per  mezzo, 
o  no,  di  un  omnibus,  veicolo  dell'albergo  stesso  che 
prende  i  viaggiatori  alla  stazione  ferroviaria  e  ve  li 
riconduce  quando  oartono.  I  ricchi  alberghi  moderni 
sono  quasi  tutti  piFowisti  di  ascensore,  che  trasporta 
ai  piani  superiori.  Vi  sono  pure  sale  di  lettura,  di 
conversazione,  da  fumare,  da  concerto;  locali  ed 
apparecchi  per  bagni,  per  idroterapia,  ecc.  Le  ca- 
mere sono  contrassegnate  da  numeri,  corrispondenti, 
per  le  chiamate  col  campanello  elettrico,  a  quelli 
segnati  in  quadri  indicatori,  collocati  sui  pianerottoli 
0  nel  vestibolo  dell'albergo.  Un  ufficio  {bureau)  tiene 
i  conti,  registra  i  nomi  dei  viaggiatori,  distribuisce 
le  corrispondenze  che  a  questi  pervengono,  ecc. 

Succursale,  casa  annessa  (frane,  dépéndance). 

Tavola  rotonda  {table  dlióte),  pranzo  che  si  prepara, 
ad  una  data  ora  del  giorno,  negli  alberghi,  e  a  un 
dato  prezzo.  -  Il  ferestiero  mangia  anche  alla  carta, 
scegliendo,  come  vuole,  le  vivande  indicate  nella 
lista  che  l'albergatore  prepara,  o  fa  preparare,  giorno 
per  giorno. 

Alberghetto,  alberguccio,  albergo  piccolo,  meschino. 

Nell'uso,  hotel  gami,  hotel  meublé  (dal  frane),  in- 
sieme di  camere  ammobigliate  da  aflìttare. 

Albergaccio,  albergo  brutto  o  mal  tenuto,  e  nel  quale 
non  si  stia  bene.  In  un  albergo  si  può  avere  di- 
<!creto,  buono,  ottimo,  o  cattivo,  pessimo  traitamento- 

Albergare,  propriamente  dare  albergo,  alloggio. 
Anche  stare  ad  albergo,  alloggiare,  prendere  stanza, 
prender  quartiere,  alloggiamento;  vivere  sull'albergo; 
far  la  vita  dell'albergo.  Alloggiarsi  a  discrezione,  al- 
bergare gratuitamente.  -  Albergante,  alloggiante,  al- 
'oggiatore,  c|ii  Sta  all'albergo.  -  Albergatore,  albergar 


trice,  la  persona,  uomo  o  donna,  che  ha  la  proprietà 
o  l'esercizio  d'un  albergo. 

Locanda,  un  tempo  albergo  signorile;  ora,  albergo 
modesto,  casa  nella  quale  si  dà  alloggio  e  vitto,  a 
pagamento:  ostello  (voce  fuori  d'uso).  Anche  aggiunto 
ai  camera  allogata  a  pigione.  -  Locandiere,  locandiera, 
chi,  uomo  0  donna,  tiene  locanda:  ostelliei-e  (voce 
fuori  d'uso). 

Osteria  (V.  questa  voce),  albergo  per  viaggiatori  di 
basso  stato;  luogo  nel  quale  si  vende  vino. 

Àlbero.  Nome  generico  d'ogn;  2>i««frt  che  ha 
fusto  di  legno  lungo,  grosso,  non  ramoso  nella 
parte  inferiore,  come  è  A&W arbusto  :  àrbore,  viva 
trave.  Si  hanno  alberi  di  varie  sorta:  da  frutto, 
da  oHo,  dà  ombra;  da  tagliare,  da  taglio,  da  tra- 
piantare, da  segare,  da  far  tnobili,  da  lavoro.  L'al- 
tero inoltre  può  essere  :  giovane  o  annoso,  vecchio; 
domestico,  innestato,  selvatico  (salvatico).  L'albero 
fiorisce  0  secca;  cresce  o  muore;  butta,  mette,  si  svi- 
luppa, 0  intristisce,  non  ha  più  rigoglio,    più    vita. 

-  L'insieme  di  più  alberi,  sopra  una  certa  esten- 
sione di  terreno,  forma  il  bosco,  che  si  chiama  selva 
quando  molto  vaslo  e  molto  folto.  —  Nel  paradiso 
terrestre  figura  Valbero  della  vita,  della  scienza.  — 
Pulci  d'acqua  o  podure  acquaiole,  insetti  che  vivono 
nelle  acque  stagnanti  e  nelle  pozzanghere  sotto  la 
corteccia  degli  alberi  putrefatti,  sul  ghiaccio,  ecc. 

Alberino,  minuscolo  albero.  -  Albeì-oltoi  albero  mez- 
zano. -  Alberane,  grosso  albero.  -  Alberuccio,  spregia- 
tivo d'albero.  -  Arborato,  terreno  piantato  ad  alberi. 

-  Arbòreo,  d'albero,  appartenente  ad  àlbero.  -  Arbo- 
ricoltura, coltivazione  degli  alberi.  -  Arborifero,  ter- 
reno ferace  d'alberi. 

Calofillo,  albero  che  ha  un  bel  fogliame.  -  Posatoio, 
l'albero  o  ramo  sul  quale  gli  uccelli  si  posano  vo- 
lentieri. 

Alben  di  legno  forte  o  duro  :  il  larice,  la  quer- 
cia, il  rovere,  il  castagno,  V  olino,  il  noce,  il 
frassiìio,  la  robinia,  V  aborniello,  o  avorniello, 
il  campeggio,  il  carpino,  il  cipresso  —  Alberi 
di  legno  tenero,  dolce  :  la  betulla,  V  abete,  V  ci- 
cero, V  ontano,  il  pkitano,  il  pioppo,  il  salice, 
il  tiglio.  Questi  sono  altresì  alberi  di  allo  fusto, 
come  r  ailanto  (coi  rami  disposti  a  guisa  d'  om- 
brello), il  sicomoro  (simile  al  fico),  il  tasso,  ecc.  — 
Albei'i  sempre  verdi:  V alloro,  il  cipresso,  ì\  lec- 
cio, il  lentischio,  il  pistacclào.  —  Degli  alberi  da 
frutto  è  detto  a  frutta  e  a  piatita. 

Albereta,  albereto,  luogo,  terreno,  piantato  d' al- 
beri. -  Arboreggiato,  luogo  piantato  d  alberi. 

Albero  affilato,  quello  alto  e  sottile;  da  cima, 
quello  al  quale  si  lascia  la  cima  intatta.  -  Antenna., 
albero  diritto,  lungo,  spoglio  dei  rami  e  della  scorza. 

-  Arboì^escente,  di  frutici,  d'erbe  e  di  qualunque  cosa 
che,  arrampicandosi  all'  albero,  ne  prendono  la  forma. 

-  Arboscello,  arbuscello,  arbusto,  piccolo  albero.  -  Co- 
nifera, degli  alberi  che  fanno  i  frutti  in  forma  co- 
nica. -  Corteccioso,  che  ha  grossa,  molta  corteccia.  - 
D'  alto  fusto,  che  s'  alza  molto.  -  Diacciola,  albero 
(quercia  o  altro)  che  si  schianta.  -  firondaso,  fron- 
zuto, che  ha  molta  fronda.  -  Nano,  pochissimo  ele- 
vato da  terra,  per  natura  o  per  arte.  -  Nocchioso, 
nocchiuto,  nocchieruto,  nodoso,  con  molto  nocchio.  • 
Potato,  albero  al  quale  l'agricoltore  tagliò  i  rami 
per  farlo  crescere  a  modo  suo.  -  Pulito,  d'alberi  po- 
tati del  superfluo,  de'polloni  e  mazze  inutili.  -  Ro- 
tolo, l'albero  segonato  e  squadrato.  -  Sperticato,  esage- 
ratamente alto.  -  Sterpagnolo,  di  albero  stentato. 

Carie  degli  albei-i.  alterazjone  progressiva  della 
sostanza  legnosa  di   quellL  —  Cubatura,  dicesi  il 


ALBERO   —   AX,BO 


55 


volume  del  tronco  degli  alberi  con  scorza  o  squa- 
drati. -  Ingemmare,  degli  alb(!ri  e  delle  piante  sul 
principio  della  primavera,  quando  ineltoiio  le  geninie. 

-  Imporrare,  imporrire,  il  ribollire  clie  fanno  i;li  al- 
beri e  i  legni  per  l'umidità;  mandar  fuori  delle  bolle, 
principio  di  marcimento. 

Dendoi/rafiii,  dendrologia,  descrizione  degli  alberi. 

-  Dendròmdro,  istrunento  per  misurare  l'altezza  o 
il  tronco  di  un  albero.  -  Dendrite,  pietra  che  assomi- 
glia a  un  piccolo  albero.  -  Driaae,  ninfa^  degli  al- 
beri. -  Amadriade,  ninfa  che  umore  con  l'albero. 

Edera,  pianta  sarmentosa  che  si  abbarbica  agli 
aligeri,  salendo.  Su  questi  si  arrampica  pure  Vab- 
bracciaboschi,  detto  anche  madreselva. 

PARTI   dell'albero,   GRUPPI  d'aLBERI,  ECa 

Antenna,  il  fusto  d'un  albero  grosso,  rimondo,  che 
serve  a  vari  usi,  ma  più  specialmente  a  fabbricare. 

-  Bacca,  còccola,  nome  generico  di  semi  d'alberi  o 
frùtici  col  loro  involucro  (bacche  di  lauro,  di  gi- 
nepro, ecc.)  -  Barba,  la  radice  {scoprir  le  barbe, 
mettere  le  barbe  al  sole,  d'alberi  che  si  devono  ta- 
gliare). -  Barbata,  rampollo  d'albero.  -  Barbicaia, 
gruppo  0  ceppo  di  certi  alberi,  portato  a  fior  di 
terra.  •  Brocco,  rampollo  d'albero.  -  Buccia,  l'epi- 
dermide della  scorza  d'alberi  giovani. 

Capitòzza,  albero  al  quale  sia  stato  tagliato  il 
tronco  ad  una  certa  altezza.  -  Ceppa,  la  parte  sot- 
terrata dell'albero.  Tronco  del  castagno  o  d'altra 
pianta  vuoto  naturalmente.  -  Ceppaia,  la  ceppa  a 
fior  di  terra.  Gli  alberi  d'un  bosco  ceduo  tagliati 
periodicamente  alla  ceppa.  -  Ceppata,  gruppo  d'al- 
beri 0  di  tronchi  d'alberi.  -  Ceppo,  il  pedale  del- 
l'albero, specialmente  quello  tagliato  per  bruciare; 
cepperello,  tronco  sottile,  tagliato.  -  Chioma,  le  fron- 
de degli  alberi.  -  Còccola,  frutto  d'alcuni  alberi.  - 
Corona  dell'albero,  il  punto  in  cui  il  fusto  allarga 
i  suoi  rami. 

Fittone,  barba,  o  radice  maestra  dell'albero.  - 
Foglia  (vedi  questa  voce),  parte  che  adorna  l'al- 
bero e  gli  serve  per  attrarre  dall'atmosfera  i  prin- 
cipi vegetativi:  anche  fronda.  Poet.,  la  veste  degli 
alberi  (d'autunno  l'albero  rende  alla  terra  le  sue 
spoglie,  perde  le  foglie).  -  Forcella,  la  parte  del- 
l'albero dove  si  biforca .  Anche  mazza  d' albero 
tagliata  poco  più  su  del  punto  dove  si  biforcava.  - 
Fusto,  pedale,  il  tronco,  lo  stipite  dell'albero. 

Galla,  gallozza  che  nasce  sugli  alberi  ghiandiferi. 

-  Glaba  o  tàlea,  ramicello  d'albero  da  piantare.  - 
Impalcatura,  il  punto  in  cui  gli  alberi  si  diramano, 
fanno  il  palco.  -  Occhio,  la  parte  per  la  quale  l'al- 
bero rampolla:  gemma.  Anche,  rigonfiamento  delle 
radici  tuberose. 

Palco,  l'ordine  dei  rami  negli  alberi.  -  Pedagnolo, 
il  fusto  dell'albero  ancora  giovane.  -  Piantone,  ramo 
d'albero  che  si  trapianta  per  riproduzione.  -  Pollone, 
ramicello  tenero  cacciato  fuori  dagli  alberi. 

Badice  (V.  questa  voce),  la  parte  per  mezzo  della 
quale  l'albero  (e  le  altre  piante)  si  appiglia  {attecchisce) 
alla  terra.  -  Bamo  (V.  questa  voce),  parte  dell'  al- 
bero che  deriva  dal  pedale  e  si  dilata  a  guisa  di 
braccio.  -  Rampollo,  pollone  nato  sul  fusto  vecchio 
dell'albero.  -  Scorza,  lo  stesso  che  buccia  degli  al- 
beri. -  Seccume,  tutto  ciò  che  v'  ha  di  secco  sugli 
alberi.  -  Sterpo,  ramoscello  secco,  residuo  di  barne 
d'albero  tagliato.  -  Tàlea,  ramoscello  reciso  dal  suo 
ceppo  per  trapiantarlo.  -  Tòppo,  grosso  pezzo  di 
pedale.  -  Tronco,  pedale,  fusto:  troncone. 

Vetta,    la  cima.   -    Vettone,   pollone.   -    Vitidglio, 


fastella  di  frasche  d'  albero  o  di  pioppo.  -  Zincane 
e  zingone,  mozzicone  che  si  lascia  al  ramo  per  non 
tagliarlo  troppo  rasente  al  fusto. 

Luoghi  albkrati.  —  Andana,  sentiero  largo  e  di- 
ritto tra  due  lìle  d'alberi.  -  Controspalliera,  filare 
d'alberi,  da  frutta  o  da  fiore,  di  fronte  a  una  spal- 
liera 0  lun^^o  un  viale.  -  Filare,  quantità  di  alberi 
0  di  viti  disposti  in  lunga  fila.  -  Formella,  buca 
grande  e  non  fonda  per  piantarci  alberi.  -  Sabàtico, 
selvatico,  luogo  pieno  d'allx-.ri  da  far  ombra.  -  Spiaz- 
zata, spiazzo,  luogo  s_::ombro  d'alberi,  disalberato. 

Lavori,  operazioni  che  si  kanno  agu  m.buri 

Abbattuta,  atterramento,  abbattimento  d'alberi.  • 
Ahlaquare,  scalzare,  scavare  la  terra  appiè  degli 
alberi,  tagliando  le  radici  inutili.  -  Dibrucare,  net- 
tare gli  alberi  dai  rami  inutili  e  secchi.  -  Dimoz- 
zare, tagliare  l'albero  al  pedale  un  po'  alto  da  terra. 

Innestare,  fare  l'innesto.  -  Potare  { V.  questa 
voce),  tagliare  agli  alberi  i  rami    inutili  e  dannosi. 

Sbarbare,  svellere,  strappare  dalle  barbe.  -  Scoro- 
nare, tagliare  gli  allìeri  a  corona  {scorzoni,  i  resi- 
dui della  regolare  segatura  degli  alberi).  -  Scalzare, 
levare  la  terra  intorno  alle  barbe.  -  Scapezzare,  ta- 
gliare i  rami  agli  alberi  fino  al  tronco.  -  Scapitoz- 
zare, far  capitozza.  -  Scorzare,  scorzatura,  il  levare 
la  scorza.  -  Sgemmatura,  potatura  verde  degli  alberi 
da  frutto.  -  Sperticare,  dell'albero  che  va  troppo  in 
alto.  -  Svecchiare,  togliere  all'albero  quel  che  na  di 
vecchio,  di  secco. 

Albero.  Antenna  di  nave.  -  Asse  di  legno  o  di 
ferro,  ordigno  di  tnacchina;  anche  del  mulino. 

-  Quadro  (albero  genealogico)  indicante  la  discen- 
denza di  una  famiglia. 

Albicante.  V.  ad  alba  e  a  bianco, 

Albiccio.  Detto  a  bianco. 

Albicòcca.  Frutto  delV albicocco. 

Albicocco.  Pianta  da  frutto  {prunus  armeniar 
ca  dei  botanici);  serve  nella  preparazione  di  qual- 
che liquore,  specialmente  del  ratafià,  e  a  solisti- 
care  l'olio  di  mandorle.  -  Meliaco,  varietà  d'albicocco. 

-  Il  frutto,  albicòcca,  albercocca,  appariscente  e 
delicato,  di  forma  globosa,  talvolta  un  po'  com- 
pressa, con  buccia  finemente  vellutata,  ha  nòcciolo 
ora  aderente  alla  polpa,  ora  no,  e  màndorla  amara 

-  Meliaca,  albicòcca  nostrale,  gialla.  -  Albicòcca  di 
Germania,  una  delle  più  grosse,  rotonda,  allungata- 
di  polpa  sugosa,  ma  poco  saporita.  -  Albicòcca  pé. 
sca,  varietà  coperta  di  una  lanugine  più  abbondante 
e  più  fina  che  nelle  altre:  ha  sapore  che  s'accosta 
a  quello  delle  pesche  e  nòcciolo  bucato  alle  due 
estremità.  -  Spaccarella.  vari  tà  d'albicòcca  —  Al- 
tre specie  :  albicòcca  trancio  (assai  bella),  nera 
(piccola),  di  Provenza  (a  majiuorla  dolce),  susina,  ecc. 

Albiglio.  Qualità  di  vite. 

Al'oinag'g'io.  Un  tempo,  il  diritto  del  fisco,  o 
del  sovrano  di  succedere  in  una  eredità. 

Albinismo.  Malattia  caratterizzata  da  mancanza 
di  pigmento  cutaneo:  nictopia,  ecc.  V.  a  pelle. 

Albino.  V.  a  razze  umane. 

Albis  (in).  Detto  a  sabato  e  a  domenica. 

Albo.  Lo  stesso  che  bianco.  -  Sorta  di  fico. 

Albo  {album).  Cartolaro  rilegato  sul  quale  scri- 
vere o  far  disegno.  -  Libro  nel  quale  si  registrano 
i  nomi  degli  appartenenti  ad  un'  accademia,  ad 
una  società,  ecc.:  ruolo.  —  In  un  comune,  il  luogo, 
o  anche  il  quadro,  in  cui  si  affiggono  le  pubblica- 
zioni di  matrimonio,   gli   avvisi,  i  concorsi,  eco 


—  Presso  i  Romani,  tavoletta  bianca  sulla  quale  si 
registravano  i  nomi  dei  magistrati  e  altro.  -  Albo 
pretorio,  detto  a  pretore.  -  Cartolare  per  riporvi 
fotografie,  cartoline  illustrate  e  altro. 

Albóre.  Lo  splendore  dell'  alba  ;  il  colore  che 
accenna  1'  alba. 

Album.  V.  ad  albo. 

Albume.  La  chiara  dell'  uovo  :  materia  semili- 
quida.  trasparente,  viscosa,  bianco-gialliccia;  involge 
il  (uorlo  ;  cocendo,  diventa  soda,  opaca,  bianchissi- 
ma :  bianco  d'  uovo,  albumine. 

Albumina.  Materia  coagulabile,  principio  ele- 
mentare di  più  d'una  sostanza  animale  e  vegetale: 
entra  nella  composizione  del  sangue  e  ù&Wuovo. 
Serve  a  chiarificare  il  vino  e  altri  succhi;  in  foto- 
grafia, in  medicina,   ecc.    Eccellente  antidoto, 

-  Albuminati,  combinazione  dell'albumina  con  l;1ì 
acidi  metallici.  —  Albuminoidi,  le  sostanze  che  hanno 
composizione  analoga  all'  albumina  :  la  fibrina,  la 
caseina,  la  paraglobulina  (o  fibrinoplastica),  esistente 
nel  sangue'  ecc.  Loro  principio  essenziale  si  crede 
sia  la  proteina,  sostanza  azotata.  —  Zimasi,  materie 
albuminoidi,  non  azotate,  scerete  dai  vegetali  e  da- 
gli animali. 

Albuminómetro,  apparecchio  che  permette  di  sta- 
bilire la  quantità  di  albumina  contenuta  in  un  li- 
quido. 

Albuminùria.  Passaggio  di  albumina  nell'  o- 
rina. 

Alca.  Pinguino,  uccello  palmipede. 

Alcaico.  Aggiunto  di  verso.  -  Alraica,  di  ode. 

Àlcali  {aleatico,  alcalino).  Sale  liscivoso,  di  sapore 
acre,  che  si  estrae  da  varie  piante  e  saponifica  gli 
oli  e  le  sostanze  in  genere.  —  Gruppo  di  sostanze 
chimiche  del  tipo  della  potassa  e  della  soda;  ossidi 
neri  metallici  {terre  alcaline),  di  sapore  amaro  e 
molto  càustici.  Alcali  sono  la  barite,  la  cenere,  la 
gomma  ammoniaca,  1'  halinatron  (alcali  naturale),  il 
Kali  (pianta  marina),  la  litina,  il  natron,  lo  stron- 
ziana,  ecc.  -  L'  alcali  volatile  forma  il  sale  ammo- 
niacale. —  Alcalescente  {alcalescenza),  che  diventa  un 
alcali.  -  Alcalicitd,  stato  d'  alcali.  -  Alcaligeno,  che 
produce  alcali.  -  Alcalinitd,  prevalenza  di  alcali  in 
un  liquido  o  in  un  tessuto  organico.  -  Alcalizzazione, 
cambiamento  in  alcali.  -  Alcdlico,  alcalino,  di  alcali. 

Alcalimetria,  modo  di  determinare  la  quantità  di 
un  alcali  mediante  soluzioni  acide  concentrate.  ' 
Reattivo,  materia  chimica  che  si  impiega  per  valutare 
la  l'orza  degli    alcali  (cosi  il  tornasole,  ecc.). 

Alcaloide.  Corpo  che  neutralizza  gli  acidi.  So- 
stanza azotata  estratta  dai  vegetali  o  dai  corpi  ani- 
mali, fabbricata  anche  artificialmente  (es.:  propila- 
mina).  Gli  alcaloidi  sono  quasi  tutti  impiegati  in 
medicina.  Noti  gli  alcaloidi  delle  slricnee  (stricnina), 
dell'oppio  (meconidina,  tebaina),  dei  semi  di  senapa 
(senapina),  ecc. 

Alce.  Mammifero  più  grosso  del  cervo,  detto 
anche  gran  bestia,  granbestia.  Vive  nel  Nord. 

Alchechóngi.  Pianta  solanacea,  fisalide. 

Alchermes.  Liquore,  specie  di  rosolio. 

Alcbimia  {alchimico,  alchimistico).  La  chimica 
degli  antichi;  più  precisamente,  la  pretesa  scienza 
con  la  quale  si  credeva,  un  tempo,  di  fabbricare 
l'oro  o  la  pietra  jilosofale,  che  trasformasse  i  me- 
talli ignobili  in  oro.  Archimia.  archimagia,  arcima- 
gia,  chimica  ermetica;  arte  sacra,  arte  sacerdotale 
degli  Egiziani,  filosofia  ermetica.  -  Ad  ogni  metallo 
gli  alchimisti  davano  il  nome  di  un  pianeta  -  Eser- 
citare, adoperare  l'alchimia,  alchimiare,  archimiare. 


alchimizzare.  —  Adepti,  coloro  che  venivano  ini 
ziati  ai  misteri  degli  alchimisti. 

Nel  linguaggio  degli  alchimisti.  -  Absemir,  prin- 
cipio, quintessenza  -  Acidum  pingue  (acido  grasso),, 
principio,  che,  combinato  alla  pietra  calcare,  for- 
mava la  calce  caustica  -  Alcaest  o  alcahest,  mestruo, 
dissolvente  universale.  -  Alembroth,  sale  di  saggezza 
(mercurio  e  ammoniaca).  -  Arcano,  mistero,  segreto, 
-  Archéo,  principio  della  vita,  agente  universale.  - 
Argirogonia,  o  argiropéa,  arte  di  produrre  argento. 

-  Brumazar,   spirito  dei    metalli. 

Crisopèa,  arte  di  fabbricare  dell'oro.  -:  Crogiuoli, 
ì  fornelli,  gli  alambicchi,  le  storte  e  altri  vasi.  -  Drijf, 
antidoto,  contravveleno.  —  Elisir  d'oro,  la  pietra 
lilosofale:  detta  anche  arca  arcanorum.  -  Elisir  uni- 
oersale,  elisir  di  lunga  vita.  -  Ens  primum,  sostanza 
purissima  che  doveva  trasformare  i  metalli. 

Gelbum  o  gelfum,  pietra  filosofale.  —  Grande 
opera:  cosi  dissero  gli  alchimisti  il  loro  lavoro  e 
lo  scopo  che  si  proponevano.  -  Magistero,  prepara- 
zione segreta.  -  Magnale,  s\m-\to  deWsicqnai.- Mestruo, 
dissolvente.  -  Mercurio  aniìiuUo,  mercurio  dei  filo- 
sofi,  semenza  argentifica.  -  Oro  potabile,  oro  reso  li- 
quido per  servire  da  panacea.  -  Palingènesi,  riprodu- 
zione d'un  fiore,  ecc.  -  Panacèa,  rimedio  universale. 

-  Polvere  argentifica,  quella  che  trasformava  in  ar- 
gento. -  Polvere  di  proiezione,  quella  che  doveva 
operare  la  trasformazione.  -  Quintessenza,  quinta 
essenza  di  una  cosa,  in  aggiunta  ai  quattro  elementi 
di  Aristotile,  ritenuti  come  i  componenti  dei  corpi. 

-  Regula,  metallo  al  fondo  del  crogiuolo.  -  Simbo- 
lizzare (azione  di  simbolizzazione),  essere  in  rela- 
zione con  un  pianeta:  detto  di  ciascun  metallo.  • 
Spagiria,  analisi  e  ricomposizione  dei  metalli.  -  Yé- 
lion,  il  bicchiere. 

AlcMmista.  Chi  si  occupava  di  alchimia: 
archimista,  alchimizzatore  ;  cercatore  della  pietra 
lilosofale. 

Alcióne.  Uccello,  volgarmente  gabbiano.  — 
Nido  d'alcione,  sostanza  glutinosa  che  trovasi  negli 
scogli  della  costa  di  (]oromandel,  depostavi  dagli 
alcióni  ed  alquanto  somigliante  all'ambra,  prodotto- 
di  un  polipaio  sarcoide.  —  Todo.  uccello  cantore, 
afhne  all'alcione  e  alla  muscicapa. 

Alcool,  alcoole  {alcoolico).  Il  prodotto  che  si 
ha  dalla  fermentazione  vinosa:  è  lo  spirito  di  inno 
(alcool  etilico);  che  l'industria  trae  non  solo  dal 
vino,  ma  anche  da  altri  vegetali,  per  mezzo  della 
distillazione,  impiegandolo  specialmente  nella  fab- 
bricazione dei  liquori.  Si  ha  cosi:  l'alcool  amilico, 
0  spirilo  di  patate,  prodotto  ottenuto  dalla  patata, 
nocivo  alla  salute;  l'alcool  metilico  o  pirolegnoso, 
spirito  che  si  ha  dalla  distillazione  secca  del  legno, 
insieme  ad  altri  prodotti:  usato  nella  preparazione 
delle  vernici. 

Dagli  alcooli,  per  ossidazione,  derivano  le.aldeidi, 
liquidi  incolori  e  di  odor  d'aceto.  -  Akoolalo,  solu- 
zióne alcoolica  di  vegetali  ottenuta  per  distillazione; 
?nche  preparato  che  si  ottiene  distillando  alcool 
sopra  droghe,  sopra  sostanze  medicamentose.  -  Al- 
coolatura,  soluzione  alcoolica  di  principi  solubili 
delle  parti  fresche  dei  vegetali  ottenuta  per  mace- 
razione. -  A/coo/ico,  di  alcool,  della  nati:ra  dell'alcool; 
liquoroso;  spiritoso.  -  Akoolimetria,  alcooiu:vetria, 
operazione  per  calcolare  la  quantità  di  alcool  asso- 
luto contenuta  nei  liquidi  spiritosi  :  si  fa  con  l'aiuto 
degli  areometri.  -  Alcooliti,  le  semplici  soluzioni 
alcooliche  di  sostanze  medicamentose.  -  Alcootizzare, 
ridurre  allo  stato  di  spinto  di  vino,  di  alcool  (al- 
coolizzato)  —  V.  ad  afcoolisnio. 


ALCOOLISMO 


o7 


Acefale,  prodotto  di  ossidazione  dell'alcool.  -  Flevi- 
me,  gli  avanzi  della  fabbricazione  dell'alcool  tatto 
con  granaglie  -  Melasse,  residuo  della  fabbricazione 
degli  zuccheri  e  della  distillazione  degli  alcool:  ser- 
vono come  alimento  del  bestiame  bovino.  -  Spiriti 
di  vino,  gli  alcooli  che  hanno  gradi  sopra  il  55°  - 
Vinacce,  residui  di  certi  tuberi  avanzati  alla  fab- 
bricazione dell'alcool.  -  Vaporimetro,  strumento  con 
cui  si  determina  la  ricchezza  alcoolica  di  un  li- 
quido dalla  tensione  del  vapore  che  se  ne  svolge  du- 
rante l'ebollizione.  -  Zcoscopio,  apparecchio  per  de- 
terminare coll'eboUizione  la  quantità  di  alcool  con- 
tenuta in  un  liquido:  è  a  quadrante,  a  stelo  di- 
ritto, ecc. 

Alcoolisnio.  Stato  di  avvelenamento  del  ricam- 
bio organico,  dovuto  ad  abuso  di  alcool:  si  mani- 
festa in  forma  acuta  o  cronica;  ha  per  conseguenza 
Vebetlsmo  alcoolica  e  può  condurre  al  delirium  tre- 
mens.  alla  pazzia.  -  Alcoolizzare,  alcoolizzazione,  il 
produrre  alcoolismo. 

Alcoolista.  Chi  si  dà  all'alcoolismo:  alcooliz- 
zato,  la  sua  condizione. 

Alcorano.  Codice  del  niaonietfdstno. 

Alcòva.  Parte  di  una  camera  da  letto. 

Alcunché.  Qualche  picco'      osa:  un  tnininio. 

Alcuno.  V.  a  persona,  ;    luantità. 

Aldino.  Degli  Aldi:  detto  ai  edizione,  di  ca- 
rattere per  la  stamperia, 

>\lé.  Detto  a  indovinello. 

Àlea  (aleatorio).  Sorta  di  giuoco  (d'azzardo).  - 
Figur.,  rischio.  —  Aleatòrio,  detto  a  contratto. 

Aleatico.  Sorta  (Vuva  e  il  vino  che  se  ne  fa. 

Alegrg-iare  (aleggiato).  Detto  ad  ala. 

Alere.  Verbo  latino  che  significa  alim,entare. 

•Vlessandrino.  Qualità  di  verso. 

Alessifàrmaco.  In  genere,  tnedicaìnento.  - 
Anche,  contravveleno.       ^ 

Alètta.  Spranghetta  da  muro.  -  La  pinna  del 
pe.sce. 

Alfa.  Detto  ad  alfabeto  (greco). 

Alfabeto  (alfabetico).  La  serie  delle  lettere, 
ossia  dei  segni  rappresentanti  le  parole,  i  suoni  di 
una  lingua:  abbecedario,  abecè,  abbicci,  abbici,  a 
bi  ci  -  Rudimento  di  scienza,  principi  di  chec- 
chessia. —  Allabetare,  porre,  disporre,  registrare 
in  ordine  alfabetico,  alfabeticamente.  —  Alfabetari. 
nome  col  quale  il  naturalista  Linneo  chiama  tutti 
quegli  autori  i  quali,  nelle  loro  opere,  non  hanno 
usato  alti'o  ordine  che  quello  delle  lettere  dell'alfa- 
beto. —  Alfabetico,  che  è  secondo  l'ordine  dell'  alfa- 
beto (segni  alfabetici,  ordine  alfabetico).  —  Abbici, 
abbecedario,  dicesi  anche  il  libretto  col  quale  s'insegna 
l'alfabeto  e  le   prime  regole  del  leggere. 

Alfabeto  arabico:  deriva  dall'alfabeto  fenicio  e  serve 
per  scrivere  una  delle  più  ricche  e  più  meravigliose 
lingue  del  mondo;  fu  accettato  dai  popoli  che  ab- 
bracciarono l'islamismo,  fra  i  quali  i  Turchi,  i  Malaj, 
gli  Indiani,  i  Persiani  (Caratteri  cufxi,  quelli  che 
usavano  gli  Arabi  prima  degli  attuali,  cioè  i  carat- 
teri neskhi).  -  Alfabeto  cuneiforme,  caratteri  babilonesi 
cosi  chiamati  perchè  i  tratti  che  li  compongono  sem- 
brano altrettanti  cunei  o  eh. odi.  -  Alfabeto  ebraico 
antico:  greco  e  italiano  antico,  etrusco,  birmano, 
gotico,  anglo-sassone,  russo.  -  Alfabeto  fenicie,  quello 
dal  quale  derivano  tutte  le  foggio  di  scrittura  in  uso 
presso  le  popolazioni  europee,  unitamente  Ji  quelle 
dei  rami  semitici  :  arabi,  ebrei,  siri,  etiopi. 

Alfabeto  greco:  composto  del!*^  lettere  alfa,  beta, 
gamma,  delta,  epsilon  o  essilon,  zeta,  età,  theta,  jota, 
kappa,  lambda,  my,  ny,  xi,    omikron,  pi,  rho,   sig- 


ma, tau,  epsiluii,  phi,  chi,  psi,  omèga.  -  Alfabeto  in- 
dicano, uno  (lei  gruppi  in  cui  si  possono  dividere  gli 
alfabeti  dai  (piali  {ferivai'ouo  le  vocali  e  i  segni  di 
scultura  che  servono  di  base  alle  diverse  lingue, 
antiche  e  moderne,  della  Terra.  —  Alfabeto,  itor 
liano:  a.  bi,  ci,  di,  e,  effe,  gi,  acca,  i,  i  lungo, 
elle,  emme,  enne,  o,  pi,  qu,  erre,  esse,  ti,  u,  vu,  zeta. 
-  L' alfabeto  latino  ha  venticinqui;  lettere  (sei  vocali 
a,  e,  i,  0,  u,  y,  il  resto  consonanti),  la  pronuncia 
delle  quali  è  come  in  italiano;  però  il  ti  (quando 
i  sia  breve)  innanzi  ad  altra  vocale  si  pronunzia  zi 
(olium,  ozium),  conservando  invece  la  sua  pronun- 
zia davanti  sex  (mixtio,  ostimn).  -  Iccase,  la  con- 
sonante doppia  equivalente  acs:  è  scritta  x. 

Alfabeto  nagarico,  il  più  importante  dei  quattro 
alfabeti  del  sanscrito.  -  Alfabeto  sahelico,  uno  dei  più 
antichi  italici.  -  Alfabeto  semitico,  come  l'indiano. 

Consonanti,  quelle  lettere  dell'alfabeto  che  sono 
fuori  del  numero  delle  vocali:  consonanti  labiaH, 
gutturali,  liquide,  ecc.  —  Dittongo,  unione  di  due  let- 
tere vocali  in  uno  stesso  accento,  facendo  però  il 
suono  di  ambedue.  -  Gambo,  l'asta  della  lettera  — 
Geroglifici,  segni  o  figure  simboliche  delle  quali  gli 
antichi  Egiziani  si  servivano,  invece  delle  lettere.  — 
Lettera,  ciascuno  dei  segni  che  formano  l'alfabeto, 
rappresentante  un  suono;  ed  è  elemento  de\hparola. 
Lettera  maiuscola,  minuscola,  grande,  piccola;  lettere 
di  scatola,  lettere  grandissime;  lettere  aspirate,  den- 
tali (da  dente),  gutturali  (da  gola),  labiali  (da  lab- 
bro), labiodentali,  sibilanti,  secondo  gli  organi  per 
mezzo  dei  quali  si  pronunciano.  -  Lettere  runiche: 
erano  le  lettere  degli  alfabeti  usati  dagli  antichi  po- 
poli teutonici,  formate  quasi  sempre  da  linee  rette 
semplici  0  combinate.  —  Minuscoletto,  di  carattere 
0  lettera  d'alfabeto.  —  Nundinale,  le  prime  otto  let- 
tere dell'alfabeto  che  servivano  a  indicare  le  nun- 
dine.  —  Sillaba  (V.  questa  voce),  aggregato  di  due 
0  più  lettere,  con  vocale  (lettera  che  si  pronuncia 
mandando  fuori  un  suono  inarticolato)  inclusa. 

Alfabeto  musicale,  si  intende  la  serie  delle  lettere 
e,  d,  e,  f,  g,  a,  h,  in  uso  per  designare  i  sette  toni 
principali.  Nei  paesi  di  Europa,  in  generale,  invece 
si  usano  le  sillabe:  do,  re,  mi,  fa,  sol,  la,  si,  dette 
note. 

Alfabeto  telegrafico.  Detto  a  telegrafo. 

Alfàna.  Sorta  di  cavalla  araba.  V.  a  cavallo. 

Alfiere.  L'ufficiale  a  cui  era  affidata  la  bandie- 
ra; ora  portabandiera.  Antesignano,  banderaio,  ban- 
derese,  confaloniere,  dragonario  o  draconario,  dra- 
goniere,  gonfaloniere,  gonfaloniero,  portinsegna,  por 
tatore,  signifero,  stendardiere,  vessillifero. 

Alfiere.  Pezzo  degli  scacchi. 

Alfine.  Finalmente,  alla  fine. 

Alg'a  (àliga).  Pianta  acotilédone,  tallofita;  erba  vi- 
vente nei  luoghi  umidi,  massime  nelle  acque  mari- 
ne 0  dolci,  e  dotata  di  proprietà  medicinali  :  il  mare 
la  rigetta  continuamente  a  riva.  -  Algina,  sostanza 
organica  estratta  dalle  alghe  marine. 

Agar  -  agar,  alga  proveniente  dai  mari  asiatici, 
usata  nella  preparazione  di  gelatina  per  la  coltura 
dei  bacterì.  -  Alarla,  alga  marina  che  contiene  iodio 
e  soda.  -  Corallina,  specie  d'alga  marina  medicinale. 
-  Fico,  sorta  d'alga  marina  a  spore  non  motili;  quer- 
cia marina,  specie  di  fuco.  -  Nostocacee.  alghe  di  strut- 
tura semplicissima:  occupano  l'ultimo  grado  delle 
serie  dei  vegetali  e  vivono  in  colonie  filamentose, 
formando  masse  gelatinose.  -  Oscillaria,  alga  micro- 
scopica filamentosa  delle  acque  dolci.  -  Protococco, 
alga  le  cui  specie  formano  coperte  verdi  sopra  il 
suolo  umido,  e  tingotio  di  rosso  l'acqua  e  la  neve. 


58 


ALGEBRA    —    ALIMENTARE 


•  Sargasso,  alga  marina  (fuco),  che  in  certi  tratti  del- 
l'oceano abbonda  tanto  da  tingere  il  mare  di  co- 
lor verde.  -  Tricodesmo,  alga  microscopica  dai  fili 
semplici,  natanti  alla  superficie  dei  mari,  che  colora 
spesso  in  rosso,  per  grandi  tratti.  -  Ulva,  genere  di 
alghe  commestibili. 

Oogonio,  cellula  del  tallo  (in  certe  alghe  e  in  certi 
funghi)  il  cui  protoplasma  si  contrae  in  una  o  più 
sfere  di  fecondazione  (oosfere),  che,  dopo  avvenuta 
la  fecondazione,  diventano  spore  foospore).  -  Sinspo- 
rea.  alga  che  si  riproduce  per  coniugazione.  -  Talas- 
sioniti,  le  alghe  crescenti  nel  mare.  -  Zoospora  o 
zooxporea,  di  alga  che  ha  spore  fornite  di  movimenti 
spontanei.  -  Zoospora,  il  corpuscolo  riproduttore  di 
certe  alghe  inferiori. 

Algebra.  Propriamente,  la  parte  della  tnate- 
m-afica  che  ha  per  oggetto  Io  studio  delle  equa- 
zioni e  delle  loro  proprietà  e  la  loro  risoluzione. 
Nell'uso  comune,  la  parte  della  matematica  che  ha 
per  oggetto  di  generalizzare  le  operazioni  dell'aria 
mefica,  rappresentando  le  qucmtità  con  lettere. 
In  questo  senso  si  divide  in  due  parti:  il  calcolo 
letterale  e  l'algebra  propriamente  detta.  -  Algèbrico, 
di  algebra.  -  Algebrista,  che  sa  di  algebra  e  ne  fa 
uso.  —  Cifre,  lettere  alfabetiche  sostituite  ai  numeri 
nell'algebra. 

Abbreviazione,  operazione  di  ridurre  a  forma  più 
semplice  i  risultati  dei  calcoli  algebrici.  -  Algoritmo. 
ogni  parte  speciale  dell'  algebra  e  dell'  aritmetica 
considerate  nella  loro  pratica  applicazione;  anche  la 
formola  adottata  per  ogni  specie  di  calcolo.  -  Apòlo- 
me,  deferenza  fra  due  quantità  algebriche,  incom- 
mensurabili. -  Argomento,  il  numero  col  quale  si  en- 
tra, nelle  tavole  logaritmiche  trigonometriche,  a  cer- 
care altri  numeri  da  esso  dipendenti. 

Calcolo  algebrico,  l'insieme  delle  indicazioni  e  delle 
operazioni  in  cui  le  quantità  sono  indicate  da  let- 
tele -  Calcolo  integrale,  che  tratta  delle  integrazioni 
(contrario  di  differeìizialé).  —  Coefficiente,  fattore  nu- 
merico, o  che  si  suppone  tale,  di  una  quantità  al- 
gebrica   (termine,    o    monomio)  (Es.  3a,  SA^bc 

— -  a*,  Cx....).  —  Equazione  (V.  questa  voce),  egua' 

glianza  contenente  quantità  note  o  considerate  come 
note  e  quantità  incognite.  Equazione  algebrica,  equa- 
zione a  coefficienti  letterali  ( ~  =    i  \ 

y    e  X  /• 

Espressione  algebrica,  riunione  di  lettere,  o  di  let- 
tere e  numeri,  indicanti  operazioni.  -  Espressione 
razimiale,  espressione  non  contenente  alcun  radi- 
caie.  -  Formula,  espressione  algebrica  che  serve  a  ri- 
solvere tutti  i  problemi  non  dilìerenti  che  per  il  va- 
lore dei  dati. 

Monomio:  si  chiama  cosi  l'espressione  algebrica 
di  un  solo  termine,  ossia  quella  nella  quale  non  é 
indicata  né  l'addizione,  né  la  sottrazione.  Ciascun 
termine  di  un  polinomio.  -  Grado  d'i  un  monoiiiio, 
di  un  polinomio;  il  monomio  o  il  polinoiiiio  conside- 
rali riguardo  agli  esponenti  (monomio  polinomio 
di  i",  di  2°,  di  ;■!"  grado  ecc.).  -  PoHnomia.  espres- 
sione algebrica  di  più  termini  o  parti  srparate  dai 
segni  -|-  0  —  {binomio,  quando  non  vi  .sono  che 
due  termini;  Irinmnio,  quando  ve  ne  sono  tre,  ecc). 

•  Polinomio  omogeneo,  quello  in  cui  tutti  i  termini 
hanno  lo  stesso  grado.  -  Ordinare  un  polinomio,  l'o- 
perazione di  disporlo  secondo  una  data  letteia  {li'i- 
tera  ordinatrice)  in  modo  che  nei  termini  susseiiuen- 
tisi  gli  esponenti  della  medesima  siano  in  online  di- 
scendente o  ascendente.  -  Frazione  algebrica,  il  quo- 


ziente di  due  quantità  quali  si  vogliano,  intere  o 
frazionarie,  positive  o  negative.  —  Forme  algebriche, 
le  frazioni  intere  omogenee  di  due  o  più  quantità 
indeterminate. 

Lettera,  i  segni  delle  quantità  indeterminate.  -  Po- 
tenza, quantità  algebrica:  di  primo  grado,  di  secondo 
grado,  ecc. 

Segni  algebrici,  i  segni  stessi  dell'aritmetica,  più 
le  lettere  dell'alfabeto  minuscolo  che  rappresentano 
i  numeri.  Le  prime  lettere  (a.  b,  e,  d,)  si  usano  per 
indicare  le  qiiantità  note:  le  ultime  (w,  x,y,  z,), 
quelle  incognite.  -  Permanenza,  uguaglianza  di  segno 
dei  termini  successivi  dell'equazione.  —  -Seì-ie,  suc- 
cessione indefinita  di  numeri  o  di  simboli  algebrici 
derivanti  gli  uni  dagli  altri  secondo  una  legge  de- 
terminata e  riuniti  con  segni  algebrici.  -  Somma  air 
gebrica,  successione  di  più  termini  coi  rispettivi 
segni. 

Termine  algebrico,  ogni  espressione,  o  parte  di 
espressione  algebrica,  che  non  contenga  i  segni  -j- 
e  — .  -  Termini  simili,  i  termini  che  non  differiscono 
che  nel  segno  (-j-  o  — )  o  nel  cofficiente.  -  Riduzione 
dei  termini  simili,  sostituzione  d'un  termine  solo  a 
più  termini  simili,  che  entrano  in  un  polinomio.  - 
Termine  negativo,  quello  preceduto  dal  segno  — .  - 
Termine  positivo,  termine  preceduto  dal  segno  -\-, 
indicato  o  sottinteso. 

Àlg-ere,  àlgido,  algóre.  Leggasi  a  colèra  e 
a  freddo. 

Algoritmo.  Detto  ad  algebra. 

Ali.  Plurale  di  ala. 

Aliare  {aliato).  Movere  Xala;  mettersi  a  volo. 
-  Aggirarsi,  andare  attorno. 

Alias.  Altrimenti  detto,  con  altro  nome. 

Alibi.  Detto  ad  assenza. 

Alice.  Specie  di  accinga. 

Alidada.  V.  ad  agrimensura. 

Alido,  alidóre.  Di  ter^'eno  arido;  di  tempo 
(e  di  stagione)  asciutto. 

Allenare,  alienazione  {aliet abile,  alananfe, 
alienatario,  alienalo)  11  dare  via,  il  trasferire  il 
possesso,  la  proprietà  di  beni  mobili  e  immo- 
bili. -  Essere  alienato,  privo  di  senno,  affetto  da 
pazzia.  -  Alienazione,  clemenza,  delirio. 

Alienista.  11  medico  specialista  per  le  malat- 
tie di  mente,  per  le  varie  forme  di  pazzia:  fre- 
nòlogo, freniàtra. 

Alièno.  Detto  ad  appartenere  e  a  contra'rio. 

Aliga.  Lo  stesso  che  alga. 

Aligero.  Detto  ad  ala. 

Alij;usta.  il  gàtnbero  di  mare. 

Alimentare,  alimentarsi  {alimentario,  ali- 
mentato, alimentazione,  alimentizio).  Dare,  porgere, 
prendere,  ricevere  alimenti,  alimento:  ciÈare,  ci- 
barsi; nutrire,  nodrire,  nodricare,  notricare,  nutri- 
care (nutrirsi,  nutricarsi).  Nel  significato  proprio  e 
nel  senso  neutro,  é  il  convertirsi  die  fa  il  cibo  in 
sostanza  dell'animale,  o  l'alimento  in  quella  delle 
piante.  Dar  da  mangiare,  dar  nutrimento,  pasto,  pa- 
stura; nutrificare;  pascere,  pascolare;  refiziare;  sof- 
folcere,  sostenere,  sostentare;  satollare  (alimentare 
abbondantemente),  sfamare.  Nutrirsi,  sostentarsi,  sfa- 
marsi, ecc. 

Alimentamenlo,  azione  ed  etfetto  dell'alimentare; 
anche  il  modo  dell'alimentare  e  dell'alimentarsi  (non 
comune)  :  sostenimento,  mantenimento;  nutritura;  so- 
stentazione. —  Alimentalo,  nutrito.  —  AlimentaJore, 
chi  alimenta:  attore,  attrice  (poet.):  nudritore.  no- 
dritore,  nutricatore;  noditrice.    nuditrice,  mulrica- 


59 


trice,  nutrice.  -  AUore,  allrice  (poet.),  chi  alimenta, 
nutre. 

Alimentare,  sostanza  che  dà  nutrimento  al  corpo, 
riparando  alle  perdite  che  l'oriranismo  subisce  per 
il  movimento  bio-chiniico.  -  Alibile,  ciò  che  ha  la 
proprietà  di  nutrire:  nutriente,  nutritivo,  sostentativo, 
aliraentoso,  sostanzioso;  nutricante,  nutrichevole,  nu- 
tritizio, nutritorio;  nutrimentoso;  sostanzievole,  so- 
stentativo. -  Alimentario,  aggiunto  di  cose  spettanti 
ad  alimento;  anche  colui  che  ha  diritto  agli  alimenti 
e  li  riceve.  -  Alimentizio,  che  serve  all'  alimento.  - 
Sottile,  tenue,  poco  nutritivo  (specialmente  di  brodo). 

Alimentazione,  nutrizione,  complesso  dei  processi 
fisici  e  chimici  per  cui  si  effettua,  nedi  organismi 
animali  e  vegetali,  la  trasformazione  delle  sostanze 
ingerite  in  elementi  atti  a  conservare  la  vita  ;  azione 
di  prendere  o  somministrare  gli  alimenti:  nutri- 
mento, nutritura;  nutricamento,  nutricazione,  nutri- 
ficazione;  cibamento,  cibazione;  satollamento,  sazia- 
mento,  sfamatura. 

Per  altro  significato,  veggasi  a  fisiologia. 

Alimentivitd,  nome  dato  dai  frenologi  all'istinto 
della  nutrizione.  -  Atrofia,  deperimento  del  corpo 
0  di  parte  del  corpo,  per  mancanza  o  insufficienza 
di  nutrizione.  Atrofizzare,  rendere  atròfico,  atrofiz- 
zato, denutrito.  -  Cacotrofia,  alterazione  della  nutri- 
eione  -  Ipotrofia,  nutrizione  insufficiente.  -  Para- 
tropa,  nutrizione  anormale. 

Alimento.  Voce  di  significato  generale,  com- 
prendente tutte  le  sostanze  solide  e  liquide  neces- 
sarie al  mangiare,  alla  nutrizione  (alimentazione) 
del  corpo:  quanto  serve  all'animale  per  nutrirsi; 
detto  anche  delle  piante  Cibo,  nutrimento,  pasci- 
mento;  dape,  pàbulo,  pasto,  vettovaglia,  vivan- 
da, sostanza  alimentare;  vitto,  viveri,  complesso  degli 
alimenti.  —  Alimento  artefatto,  quello  (aetto,  però, 
più  spesso  di  bevanda)  non  naturale,  ma  fatto  ad 
arte,  con  sostanze  diver^se;  grasso  (o  di  grasso),  di 
carne  o  latticini;  leggero,  di  facile  digestione  {pe- 
sante, grosso,  il  contrario);  legittimo,  genuino,  non 
adulterato;  magro  (o  di  magro),  non  di  carne  o 
latticini. 

Cibaria,  le  varie  cose  che  servono  di  cibo,  di 
alimento.  —  Trofico,  ciò  che  degli  alimenti  serve 
alla  nutrizione,  per  opposizione  alla  parte  rigettata 
come  secrezione.  —  Amido,  ingrediente  inorganico 
del  corpo  e  dell'alimento.  —  Calce,  ingrediente  mi- 
nerale più  importante  dell'  alimento.  —  Conserve 
alimentari,  cibi  conservati  per  lo  più  in  scatole  di 
latta  chiuse  ermeticamente.  —  Leccornia,  cibo,  boc- 
concino ghiotto. 

Tornaguslo  :  dicesi  di  ogni  cibo  che,  per  il  suo 
sa]iore  piacevole  o  per  la  sua  azione  simpatica 
sullo  stomaco,  giova  a  risvegliare  l'appedito  e  a 
procurare  una  buona  digestione. 

Assodare  le  cicce,  di  alimento  che  riesce  molto 
nutritivo.  —  Far  prò,  del  cibo,  andare  in  sugo  e 
in  sangue.  —  Carne  fa  carne,  pane  fa  sangue;  vino 
sostiene,  pesce  fa  vesce  (gonfia)  e  erba  fa...  il  resto. 
—  Alimenti  che  restringono  il  corpo,  lo  rendono 
stitico. 

Annona,  i  viveri  della  città;  vettovaglia,  pro- 
vianda. Abbondanza,  larghezza,  difficoltà,  strettezza 
dell'annona.  Annonario,  relativo  all'annona.  -  Care- 
stia, scarsità  delle  derrate,  specialmente  delle  sostan- 
ze alimentari. 

Dieta,  regola  di  vitto:  e  specialmente  astinenza 
dal  cibo  per  salute  :  dieta  stretta,  tutta  dieta,  mezza 
dieta.  —  Dietetica,  parte  della  medicina  che  riguarda 
gli  alimenti  rispetto  all'igiene.  -  Grascia,  un  tempo. 


nome  generico  di  tutte  le  cose  necessarie   al   vitto. 

Regime  o  reggime,  l'uso  metodico  degli  alimenti 
e  delle  altre  cose  necessarie  alla  vita.  —  Vitto  pi- 
tagorico, senza  carne,  frugale. 

Aposizia,  aborrimento  o  fastidio  degli  alimenti. 
-  Atrofia,  deperimento  di  un  organo  per  difetto  di 
alimento.  —  Bromatografìa,  descrizione  degli  ali- 
menti. —  Bromatologia,  trattato  degli  alimenti.  — 
Bromatometria,  misura  della  quantità  degli  alimenti 
necessari  al  sostentamento  degli  animali  in  certe 
condizioni  {bromatómetro,  lo  strumento  all'uopo).  — 
Cacosizia  o  cacositia,  disgusto,  avversione  per  gli 
alimenti.  —  Sitiologia,  studio  delle  materie  alimen- 
tari 

Alterazioni  degli  alimenti.  —  Acescente,  sostanza 
alimentare  liquida  che  sia  stata  soggetta  ad  un 
principio  di  fermentazione  acida.  -  Invietire  {invie- 
tito),  aegli  alimenti  (massime  il  burro,  1'  olio,  i  sa- 
lumi) che  prendono  cattivo  odore  per  essere  stati 
a  lungo  esposti  all'aria  -  Irrancidire  (irrancidito), 
degli  alimenti  grassi  che  si  alterano  per  azione  del- 
l'aria e  dell'  umidità  insieme,  sicché  ingialliscono, 
subiscono  reazione  acida,  prendono  odore  spiacevole 
{ràncido)  e  sapore  acre. 

Alimenti  anlmali  o  di  origine  animale.  —  La 
carne  di  più  specie  e  qpianio  è  fornito  dal  wto- 
cellaio;  il  salame,  il  burro,  il  f'ortnaggio, 
altri  latticini  e  quanto  fornisce  il  pizzicagnolo; 
il  brodo,  il  latte,  il  pollame  e  gli  animali  da 
cortile,  l'uovo,  il  pesce,  la  selvaggina,  ecc. 

Alimenti  vegetali  o  di  origina;  veget.\le  —  La 
farina,  il  pane,  la  pasta,  V  orzo,  il  riso,  il 
frumento,  le  civaie  (  legumi  ),  le  piante  e  le 
erbe  da  orto  (per  bestiame  l' avena,  V  erba,  il 
fieno,  ecc.),  le  innumerevoli  frutta,  il  ciocco- 
lata, quanto  danno  il  fornaio,  il  pasticciere, 
ecc.,  ecc. 

Aximenti  medicinali.  —  Varrow-root,  specie  di  ami- 
do che  si  estrae  dalle  radici  di  alcune  piante  tube- 
rose delle  Antille  e  delle  indie;  la  farina,  lattea;  il 
pane  e  la  pasta  di  glutine;  la  revalenta  (composto 
di  farina  di  lenti),  la  tapioca,  i  peptoni  (estratti  di 
carne),  la  fosfatina,  Y  ocomaltina,  la  galactina,  il 
kefir,  il  plasmon,  il  kufeke,  il  mellins-food,  ecc. 

Ambrosia.  Il  cibo  degli  dèi,  nella  mitologia:  man- 
giandone, si  acquistava  l'immortalità. 

Aliòsso.  Osso  dell'  agnello  e  d'  altri  animali, 
adoperato  dai  fanciulli  pei  loro  giuochi. 

Aliótico.  Bastimento  da  pesca. 

Alipede.  Detto  ad  ala  e  a  veloce. 

Aliquota  (aligiioto).  Parte  di  una  quantità: 
veggasi  ad  aritmetica. 

Àlisèo.  Detto  a  vento. 

Alisso.  Pianta  da  olio,  come  l'olivo,  il  sesamo, 
ecc. 

Alitare,  àlito.  V.  a  respirare,  respirazione, 
respiro. 

Alla  carlona.  Modo  di  fare,  alla  buona;  al- 
l' antica. 

Allacciare  {allacciamento,  allacciante,  allacciato, 
allacciatura).  Stringere,  legare  -  Fasciare  una  vena 
(operazione  di  chirurgia).  -  Raccogliere  acqua 
mediante  convenienti  lavori. 

Alla  cheticbella.  Chetamente,  in  modo  di 
nascondere. 

Alla  fine.  Di  cosa  che  sta  per  finire. 

Allagare  {allagamento,  allagato).  L'  espandersi 
di  acqua  che  esca  dal  suo  letto  naturale,  per  ri- 
versarsi sui  terreni  circostanti;  anche  di  luogo  che 
diventi  come  un  lago.  Inondare,  fare  inondazio- 


60 


ALLA    LARGA  I    —   ALLATTAMENTO 


ne,  riboccare,  rigurgitare,  slagare;  traboccare,  trari- 
pare,  straripare;  diluviare,  sgorgare,  slagare;  spa- 
gliare, spandersi. 

Allagamento  :  allagazione,  dilagamento,  illagazione, 
inondazione;  alluvione,  illuvione;  incursione,  ir- 
ruzione delie  acque;  piena,  rótta;  regùrgito,  rimboc- 
camento;  straripamento,  traripamento,  trascendimen- 
to ;  acquagione,  acquazione;  cataclisma,  diluvio, 
rincollo. 

Alla  larg'a  !.  Espressione  di  disprezzo,  di 
odio. 

Alla  mente.  Antica  improvvisazione  di  canto. 

Allampanare  (allampanato).  Diventare  molto 
niayè'o,  smunto. 

A  [lampare  (allampato).  Avere  gran  sete. 

Allantóide.  Sacco  che  avvolge  Vembrione. 

Alla  pari.  Termine  di  borsa. 

Alla  peg-g-io.  Nella  peggiore  ipòtesi;  a  peggio 
andare. 

Ali*  aperto.  In  luogo  non  chiuso,  all'  aria 
aperta. 

Allappare,  allappolare  {allappato,  allap- 
volato).  Effetto  (sulla  lingua)  delle  sostanze  che 
hanno  sapore   acre,  aspro,  acido. 

Ali*  apparenza.  Apparentemente,  in  appa- 
renza. 

AJlargrare,  allargarsi  {allargamento,  allar- 
gato, allargata,  allargatura).  Rendere,  diventare 
largo,  o  più  largo.  -  Distendere,  distendersi  in 
n)a;jgiore  spazio.  -  Il  rasserenarsi  del  tempo. 

Allargatolo.  Istrumento  per  allargare,  special- 
mente un  buco  fatto  col  tràpano  e  simili. 

Allarmare,  allarmarsi  {allarmato).  Mettere, 
mettersi  in  gran  paura. 

Allarme.  Grido  di  guerra  -  Falso  assalto  - 
Subitànea  paura. 

All'armi  !.  Grido  della  sentiìieUa, 

Alla  romana.  Modo  di  pagare  un  tanto  a 
testa. 

Alla  rovescia.  A  rovescio. 

Alla  sordina.  Di  soppiatto,  in  modo  di  na- 
$cdndere. 

Alla  tèmpera.  Antico  sistema  di  pittura. 

Allato,  a  lato.  Di  fianco,  accosto,  vicino. 

Allattamento.  L'  allattare,  il  nutrire  col  pro- 
prio latte:  processo  di  nutrimento  dei  bambini  e 
dei  neonati  degli  animali  col  latte  della  madre. 
L'atto  e  l'ufficio  dell'allattare,  e  anche  il  periodo  di 
tempo  impiegato  in  tale  funzione.    Alìatlatura. 

Si  ha  Yallattanunio  materno  {naturale,  negli  animali) 
quando  i  neonati  poppano  dalia  madre;  V  allat- 
tamento mercenario  (o  per  adozione,  negli  ani- 
mali), qijando  il  latte  è  preso  da  altra  femmina; 
V allattamento  misto,  quando  il  natiirale  e  i'  artifi- 
ciale sono  corileniporanei.  -  Vollcttainentn  arlifir.iale 
consiste  nel  porgere,  in  appositi  poppat;,;,  a)  bam- 
bino latte  di  vacca,  di  cavalla,  d'asina,  ecc. 

Baliàtico,   allattamento    fatto    dalla    balia,  e  il 

S rezzo  dell'allattamento.    —   Febbre  del  latte,   delle 
enne  partorienti  per  la  venuta  prossima  del  latte. 

Allattare  e  slattare 

Nutrire  col  proprio  latte  un  bambino  (detto  anche 
degli  animali    mammiferi),  facendolo  succhiare  dalla 

E3ppa,  dalla  maìnmeU<i.  Balire  (voce  anliquata).  - 
are  la  poppa.  la  marr.rnelia ;  avere,  tenere  al  petto; 
lattare,  nutricare. 

Dare  il  latte  indica  specialmente  il  tenipo  e  lo 
6tato  della  madre  che  allatta.  Far  attaccare  al  seno. 


alla  poppa;  nieller  sotto  (volgare).  -  Allattando,  du- 
rante l'allattamento,  nella  funzione  dell'allattare.  — 
Cacitd.  malore  che  viene  nelle  poppe  delle  donne, 
prodotto  dal  rapprendersi  del  latte.  -  Causare  il 
latte,  deviarlo  dalle  mammelle,  si  che  non  se  ne 
produca  più;  mandarlo  indietro.  Cansarsi  il  latte, 
quando  questo  non  viene  più  naturalmente.  —  Galat- 
tòforo, dicesi  di  ciascuno  dei  condotti  che  hanno  le 
donne  nelle  mammelle,  pei  quali  il  latte  si  separa 
e  viene  fino  al  capézzolo.  —  Latte  sparso  per  la 
vita,  secondo  una  volgare  credenza,  malattia  delle 
donne  che  allattano. 

Mezzo  latte,  sussidio  dato  alle  donne  povere  che 
non  possono  allattare,  consistente  nel  mezzo  salano 
da  darsi  alla  balia.  -  Nutrice,  la  donna  che  allatta 
il  proprio  bambino  -  Petto  asciutto,  succhialo  invano, 
che  non  dà  latte.  -  Petto  ceco,  quello  delle  donne 
che  hanno  poco  capezzolo  o  niente,  per  allattare.  - 
Porte  del  latte,  le  vene  che  conducono  il  latte  alle 
mammelle. 

Cappelletto,  piccolo  arnese  di  legno  o  di  gomma 
elastica,  tondo,  in  forma  di  piccolo  segmento  di 
grande  sfera,  con  in  mezzo  una  prominenza  vuota, 
per  ricevervi  il  capezzolo,  a  cui  serve  di  riparo 
quando,  per  setole  (ràgadi),  fosse  dolente.  -  Fascia, 
striscia  di  maglia  o  di  tessuto  lunga,  per  avvolgere 
i  lattanti. 

Poppaiola,  semplice  e  noto  istrumento  (boccetta) 
per  l'allattamento  artificiale:  poppatóio,  succhiatóio: 
biberone  (frane,  biberon).  -  Poppatoio,  strumento  per 
trarre  il  latte  dalle  poppe  delle  donne  che  ne  hanno 
in  soverchia  abbondanza  o  non  hanno  capezzolo: 
è  un  vaso  tondo  di  vetro,  lateralmente  e  verso  il 
fondo  prolungantesi  in  un  cannello  curvo,  come  di 
pipa,  col  quale  la  donna  fa  il  vuoto,  suggendo.  Allo 
stesso  uso  serve  una  pallottola  di  gomma  elastica 
concia,  munita  di  un  cannello  che  le  è  inserito  a 
chiusura  ermetica,  e  che  si  applica  al  capezzolo 
dopo  compressa  fra  le  dita  la  pallottola  per  farne 
uscire  l'aria;  la  sferetta  distendendosi  quindi  da  sé, 
il  vuoto  che  vi  fu  fatto  vi  aspira  il  latte  dalla 
mammella. 

Balia,  donna  che  per  mercede  allatta  i  bambini 
altrui,  tanto  in  casa  propria  che  presso  la  madre: 
i  in  istile  nobile  o  affettato,  detta  anche  nuirics 
(meno  comuuem.,  nodrice,  nodritrice);  allattatrice, 
allattante,  lattante,  lattatrice,  nutricatrice.  Anti- 
camente, baila;  e  balire,  per  allevare  -  Baliac' 
eia,  cattiva  bàlia;  balióna,  balia  grossa  e  molto 
popputa.  -  Dare,  mettere,  mandare  a  balia;  prendere, 
teiì?re  a  balia;  prendere  un  bambino  da  allevare, 
da  rilavare.  —  Allievo,  bambino  dalla  balia  allevato 
o  quasi.  —  Baliatico  (anche  baliaggio)  il  compenso 
che  si  dà  alla  balia,  e  il  bambino  da  essa  allattato; 
anche  la  durata  dell'  allattamento  e  il  complesso 
delle  cure  che  questo  richisua.  -  Balio,  marito  della 
baila:  allevatore,  notricio,  nutrizio  (voci  disusate). 

Figliuol  di  latte,  rispetto  alla  balia,  si  chiama  il 
bambino  che  essa  ha  allattato.  -  Fratelli  di  lailc, 
i   ragazzi  allevati  dalla  stessa  balia  {sorelle  di  latte). 

Riportare  il  bambino,  il  restituirlo  die  fa  la  balia 
ai  genitori,  ad  allattamento  finito.  -  Riprendere,  levare 
da  balia  il  bambino,  per  tenerselo  a  casa.  —  Ga- 
lattite,  pietra  a  cui  si  attribuiva  la  virtù  di  au- 
mentrT':*  il  latte    alle  balie. 

Slattare,  slattamento.  —  Atto  per  cui  si  toglie 
al  br.riibino  1'  uso  del  latte  materno,  per  sommini- 
strargli un  alimento  più  solido  (in  generale,  si  pra- 
tica dai  dieci  ai  dodici  mesi)  :  spoppare,  svezzare, 
disvezzare;  dislattare,  levare  il  latte;  tór  la  popi)a, 


ALLATTARE 


ALLEGREZZA 


61 


levar  dalla  poppa;  levare,  disusare  dal  latte,  dalla 
poppa.  Spoppamento,  divezzamento,  svezzamento, 
slattatura.  Spoppato,  divezzalo,  divezzo,  ecc.  -  Apo- 
galailismo,  slattamento,  svezzamento,  ossia  l'atto  di 
spoppare  un  bambino. 

Del   LATTE  E  DEL   SUCCHIARLO 

E'  il  liquore  che  si  forma  nelle  poppe  delle 
donne.  -  Calostra ,  calostro,  il  primo  l;itte  sie- 
roso che  dovrebbe  poppare  dalla  mammella  della 
madre  il  bambino  appena  nato,  ma  che  gli  è  giu- 
dicato nocivo;  fresco,  il  latte  della  donna  che  ha 
partorito  da  poco;  bilioso,  quello  di  do'ina  incol.le- 
rita;  caloroso,  di  donna  con  sangue  incalorito; 
stanco,  stracco,  della  donna  che  allatta  da  un  pezzo. 

•  Agalassia  0  agalaclia,  mancanza  di  secrezione  lattea 
dopo  il  parto.  -  Farina  lattea,  latte  puro  concentrato 
nel  vuoto  a  bassa  temperatura,  con  pane  sottoposto 
a  un  altissimo  calore  e  con  zucchero  che  danno  una 
farina  molto  nutritiva:  si  tiene  chiusa  in  scatole; 
e  serve  ai  lattanti  e  agli  stomachi  deboli.  -  Galatto- 
metro, strum:ento  che  serve  a  determinare  approssi- 
mativamente il  grado  di  ricchezza  e  di  purezza  del 
latte.  -  Lattifugo,  di  rimedio  che  mandi  via  il  latte, 

-  Protogala  (gr.),  il  primo  latte  di  madre.  -  Tornata, 
l'affluenza  magdore  del  latte  che  di  tempo  in  tempo 
sopraggiunge  alle  donne  che  allattano.  —  Andar 
via,  andare  addietro,  tornare  addietro,  perdere  il 
latte,  quando  si  svia. 

SuccHURE  IL  LATTE.  —  Poppare,  zinnare,  suggere 
il  latte  dalla  poppa,  o  mammella:  cioppare,  lattare, 
pocciare;  ciocciare,  mammare,  tirare  il  latte.  -  Bere 
ti  pupo,  espressione  infantile.  —  Ammammellato 
(usato  dal  Chiabrera),   di   un   bambino  che  poppa. 

-  Sostantivamente,  dicesi  lattante  tanto  il  bambino 
che  poppa  il  latte,  quanto  la  donna  che  dà  a 
poppare.  -  Poppante,  che  poppa.  -  Puppevole,  accon- 
cio a  popparsi,  a  suggersi.  -  dóccia,  nel  linguaggio 
infantile,  la  poppa,  cioè  il  latte  che  il  bamÉino 
succhia  dalla  mammella. 

Lattime,  crosta  lattea,  malattia  dei  bambini  che 
poppano,  e  consiste  in  croste  alla  testa  e  alla  fac- 
cia. -  Tirémesi,  vomito  caseoso  dei  lattanti.  -  Ti- 
rèusi,  cofigulamento  del  latte  nello  stomaco. 

Allattare  {allattato).  Dare  V allattamento. 

Alleanza  (allearsi,  alleato).  Unione,  lega  fra  due 
opiù  Stati:  colleganza,  accordo,  coalizione;  amistà, 
aiìratellamento;  lega  fra  partiti  e  persone  per  qual- 
che fine  comune.  Combinare,  concertare,  concludf3re, 
fare,  stringere  un'alleanza;  allegarsi,  collegarsi  (colle- 
ganza), confederarsi  ;  fare,  stringere  lega;  accostarsi, 
accozzarsi,  raccozzarsi.  Rinnovare,  rifare  alleanza, 
ricollegarsi.  / 

Confederazione,  alleanza  permanente;  lega,  invece, 
alleanza  temporanea.  -  Alleanza  duplice,  triplice, 
qmdruplice,  ecc.,  quando  fra  due,  tre,  quattro,  ecc., 
aderenti  (alleati).  -  Alleanza  difensiva,  allo  scopo  di 
difendersi  contro  un  nemico  comune;  allenza  Difen- 
siva, allo  scopo  di  rompere  guerra  a  un  altro  Slato; 
alleanza  difensiva  e  offensiva,  per  l'una  e  per  l'altra 
cosa  insieme  (gr.,  simmachia;  neologismo,  coalizione). 

•  Unione,  alleanza  di  più  Stali,  temporaria  per  una 
azione  comune,  oppure  perpetua  (Federazione). 

/i/Zm^o,  ausiliario,  federato,  confederato,  collegato.- 
Aiuto,  esercito  alleato.  —  AntitripHstico,  voce  effimera 
e  di  arbitraria  formazione,  usata  talora  nel  linguag- 
gio giornalistico  per  significare  avversione  alla  tri- 
plice alleanza  (Italia,  Germania,  Au.strin>. 

Alleccornire  (alleccoìnito).  Far  gola. 


Allegare  (allegamento,  allegato,  allegazione).  Ag- 
giungere, unire  documento  a  documento;  addurre 
pì'ova,  ragione,  davanti  ad  nn' autoìntà. 

Allegrare  (allegamento,  allegato).  Del  dente: 
produrre  sensazione  molesta  per  cosa  agra;  del 
j rutto,  l'uscire  dallo  stato  di  fiore;  deWa. pianta, 
ritenere  il  frutto  nuovo  quando  cade  il  fiore;  dei 
metalli,  far  la    lega. 

Alleggerire,  alleggerimento  (alleggerito). 
Il  rendere  leggiero;  scemare,  diminuire  il  peso; 
togliersi  una  veste  o  metterne  una  più  leggiera; 
procurare  conforto,  sollievo  in  caso  di  noia  o  si- 
mili. -  Alleggerire,  in  senso  scherzevole,  ruòare.  - 
Alleggerire  un  cavallo,  renderlo  più  agile.  -  Ren- 
dere meno  grave  una  tassa,  un  castigo,  ecc. 

Alleggiare  (alleggialo).  Alleviare,  sollevare. 

Alléggio.  Pontone,  barca. 

Allegoria  (allegorico,  allegorista;  allegorizzart, 
allegoricamente).  Continuazione  di  metafora,  con- 
cetto nascosto  sotto  figure  o  parole  che  hanno  altro 
significato:  figura,  ombreggiamento,  rassembramento, 
prefigurazione,  iponea  (senso  nascosto);  simholeg- 
giamento,  simbolo,  tropologia,  velame,  geroglifico, 
velo.  -  Alleyoridggine,  allegoria  insulsa.  -  Allegòrico, 
di  allegoria:  emblematico,  figurativo,  fittivo  (poet.); 
parola  mistica,  figurata;  polisenso,  simbolico,  tropo- 
logico. 

Allegorista,  simbolista,  chicchessia  faccia  uso  di  alle- 
gorie. -  Allegorizzare,  usare  allegorie,  allegoreg^iare, 
simboleggiare,  esprimersi  allegoricamente,  ombrare 
il  vero,  adombrare,  ombreggiare;  geroglificare,  pre- 
figurare. 

Iconologia,  spiegazione  delle  figure  allegoriche; 
iconologico,  che  riguarda  l'iconologia;  iconologista, 
chi  professa  o  fa  lavori  iconologici.  —  Parabola,  al- 
legoria, paragone,  comparazione,  racconto  fittizio, 
fatto  per  trarne  una  sentenza,  una  lezione,  ecc.  — 
Futura  allegorica,  cioè  dipinto  nel  quale  ciò  che 
è  rappresentato  dà  ad  intendere  un'altra  cosa.  — 
Tropologia,  per  gli  ecclesiastici,  la  significazione 
morale  delle  sacre  scritture,  della  bibbia. 

Allegrezza  (allegrare,  allegramento ,  allegro). 
Stato  di  chi  é  allegro,  ossia  lieto,  contento,  allegranza, 
gaiezza,  giocondità,  ilarità,  lietezza;  esultanza,  esul- 
tazione; festevolezza,  giulività,  letizia;  festa,  giuo- 
co, gallòria;  tripudiamento,  tripudio;  buonumoì'e, 
rallegramento;  biHo,  giubilo;  2:>tace»*e,  sollazzo; 
gaudio;  gazzarra.  Allegrezza  chiassosa,  grande,  estre- 
ma, somma,  viva;  improvvisa,  breve;  raccolta,  tran- 
quilla; naturale,  spontanea  ;  artificiosa,  forzata,  simu- 
lala; eccessiva,  smodata,  esagerata.  -  Sentire,  pro- 
vare allegrezza;  saltare  dall'allegrezza,  esserne  vi- 
vamente preso.  -  Oh,  allegrezza  mia!,  detto  a  per- 
sona che  ci  dia  allegrezza.  Gongolare  d'allegrezza. 

Alleluia,  voce  d'allegrezza  (significa:  sia  lodatoli 
Signore).  —  Simbolo  dell'allegrezza,  l'agrifoglio. 

Allegria,  contentezza  piuttosto  chiassosa  e  di  più 
persone.  -  Baldòria,  lo  stare  allegri  mangiando.  De- 
vendo, giuocando,  scherzando.  -  Buscherio,  chiasso, 
sia  per  allegria,  sia  per  diverbio.  -  Chiranzana,  al- 
legria rumorosa,  bombanza.  -  Facezia,  detto  arguto 
e  piacevole,  che  mette  allegria.  -  Gaiezza,  allegrezza, 
che  si  scorge  nelle  persone  liete  e  contente.  -  Gaz- 
zarra, gran  gioia  rumorosa  di  persone  riunite,  spe- 
cialmente di  combriccole  che  se  la  godono,  senza 
vergogna,  a  danno  dei  terzi. 

G-ioia,  contentezza  che  si  manifesta  con  atti  este- 
riori; allegrezza  grande,  estremo  giubilo.  -  Giocoli- 
dita,  letizia,  contentezza  di  cuore;  qualità  di  ciò  che 
rallegra  o  arreca  diletto  o  contento.  -  Giovialità,  qua- 


62 


ALLEGREZZA 


lità  di  chi  è  gioviale,  riesce  piacevole,  desta  alle- 
grezza. -  Giubilo,  viva  dimostrazione  esterna  di  forte 
allegrezza;  manifestazione  di  gran  piacere  con  atti,  pa- 
role, risa,  ecc.  -  Giulività,  allegrezza,  festeggiamento, 
giovialità.  -  Godimento,  soddisfazione  provata  da  chi 
sente  allegrezza.  -  Gozzoviglia,  bagordo:  lo  spingere 
l'allegria,  mangiando,  bevendo  e  godendo  altri  pia- 
ceri, fino  allo  stravizio. 

Ilarità,  allegrezza,  giocondità,  manifestantesi  con 
facilità  al  ridere.  -  Lepidezza,  di  motto  lepido  o  di 
atto  allegro.  -  Letizia,  contento  mostrato  con  atti 
esteriori  che  deriva  per  lo  più  dal  godere  cose  che 
danno  buon  gusto,  allegrezza,  gioia.  -  Scacciapen- 
sieri, cosa  che  toglie  la  preoccupazione  e  permette 
di  star  allegro.  -  Sciabd,  giorno,  momento  di  fosta 
e  d'allegria.  -  Sollazzo,  allegria  data  da  un  trastullo, 
dal  giuoco.  •  Tripudio,  festa,  allegrezza  grande; 
quafunque  festa  in  cui  si  mostri  allegrezza  con  mo- 
vimenti del  corpo,  ballando,  saltando,  ecc.  Anche, 
forte  e  intenso  godimento. 

Allegramente,  con  allegrezza,  lietamente,  festevol- 
mente, festosamente,  gaiamente,  giocosamente;  con 
buona  cera,  esilarantemente,  gaudiosamente,  piace- 
volmente, giulivamente;  facetamente,  lepidamente, 
sollazzevolmente;  all'allegra, 

ALLEGRO 

Allegro:  che  ha  allegrezza  nell'animo  e  la  mani- 
festa con  alti  esteriori,  specialmente  nella  giocondità 
dell'aspetto:  festante,  festevole,  festivo,  festoso,  eb- 
bri festoso;  gioviale,  giovialaccio,  giovialone  (abitual- 
mente allegro,  di  carattere  allegro),  giovialissimo; 
sereno,  esultante,  letiziante,  contento  come  una  pa- 
squa. Anche  la  persona  o  la  cosa  che  infonda  al- 
legrezza, e  che  sia  un  po'  presa  dal  vino,  però  non 
ancora  in  istato  di  ubbriachezza  ;  allegro  come 
una  cincimpòtola.  -  Aspetto,  faccia,  parole,  grida, 
atti  allegri;  giornata,  passeggiata  allegra,  ecc.  -  AU 
/egroccio,  assai  allegro,  -Allegrone,  di  persona  solita- 
mente allegra,  che  ride  di  nulla,  che  ha  «un  granellino 
di  bue  addosso,  o  di  sciocco»,  benché  non  cattivo; 
allegronaccio,  allegrone  piuttosto  sguaiato,  -  AUe- 
gruccio,  un  po'  allegro,  specialmente  per  effetto  del- 
l'aver bevuto.  -  Ameno,  allegro  e  sollazzevole. 

Bellumore,  dicesi  di  uomo  allegro,  faceto,  grazioso, 
che  ha  fantasie  graziose.  -  Bontempone,  uomo  alle- 
gro che  ha  buon  tempo  da  perdere,  e  si  dà  all'ozio, 
agli  spassi.  -  Brioso,  che  ha  brio,  è  pieno  di  brio,  di 
allegria. 

Capamene,  capo  ameno,  persona  allegra,  vivace, 
singolare,  piena  di  bizzarrie:   capo  scarico. 

Esilarante,  di  chi  o  di  ciò  che  dà  allegria,  •  Fa- 
ceto, che  è  piacevole  nel  dire,  -  Gaio,  che  manifesta 
gaiezza,  è  gioviale,  allegro,  lieto,  festevole,  -  Gau- 
dioso, pieno  di  gaudio,  di  esultanza.  -  Giocoso,  che 
si  diletta  di  scherzi,  di  motti,  -  Gioioso,  molto  lieto 
e  contento,  -  Gioviale,  che  ha  insieme  allegria  e  ila- 
rità; giovialone.  -  Giulivo,  tutto  contento,  festoso, 
lieto.  -  Goliardo,  giovane  allegro,  scapato. 

Ilare,  che  in  volto  si  mostra  giocoso,  contento, 
allegro.  -  Lieto,  che  ha  letizia  e  la  dimostra  dal 
volto,  dagli  atti,  -  Lèpido,  di  persona  gaia  e  con 
espressioni  che  hanno  dello  scnerzevole  e  dell'in- 
}.egnoso:  uomo  piacevole, giocondo, moti rggiatore.  - 
Matlaccio,  bizzarro,  allegro:  mattacchione,  abitual- 
mente bizzarro  (mattacinata,  atto  giocoso,  burlesco/ 

Raggiante,  di  persona  mollo  lieta,  molto  allegra,  - 
Bidente,  sorridente,  gioioso,  persona  o  cosa  che  fa 
allegrezza,  -  Ridicolo,  che  muove  a  ridere,   che   fa 


ridere.  -  Scapato,  uomo  allegro,  vivace,  poco  ri- 
flessivo, poco  serio  nella  condotta.  -  Sollazzevole, 
amante  di  sollazzi  ;  che  dà  sollazzi,  -  Svagato,  di  chi 
si  perde  qua  e  là  allegramente. 

tlìi  bel   mattone  (scherz.),   di   persona   allegra. 
Uomo,  donna  di  sboccio,  allegri.  -   Uomo   di  ''conia, 
che  sta  alla  conia:  che   non  si   ritira   dalle  allegre 
brigate.  —  Uno  dei  più  graziosi  matti  del  mondo: 
(scherz.),  di  persona  allegra  che   ride   volentieri. 

Essere,  stare,  diventare,   rendere  allegro. 

Essere  di  buonumore  o  senza  luna  ;  gioire,  aprire 
l'animo  alla  gioia;  rallegrarsi,  godere,  darsi  buon 
tempo,  pigliar  piacere;  letiziarsi,  rallegrarsi,  spas- 
sarsi, sollazzarsi,  svagarsi;  far  tripudio,  tripudiare 
(tripudiatore,  tripudiatrice)  ;  essere  in  vena,  esultare, 
avere  un'  allegrezza  a  cielo,  balzare  tant'alto  (per 
molta  allegrezza);  brillar  l'anima,  rider  l'occhio; 
bàttere  ogni  ala;  parere  un  sol  di  maggio;  gongo- 
lare, gongolacchiare,  riboccare  d'allegrezza  ;  far  gran 
gallòria;  parere  un'alleluia;  andare,  stare  in  zurlo; 
andare  in  broda,  in  brodo  di  giuggiole,  o  di  sùc- 
ciole; andare  in  brodetto;  essere  in  uzzo;  far  ga- 
vazzo; giocondarsi,  rimbaldire  ;  ingalluzzire,  ingar- 
zullire; ringalluzzare,  ringarzullire,  ringalluzzire.  • 
Allegro,  allegri!,  modo  di  eccitare  all'allegrezza. 

Sbirbarsela,  far  vita  allegra  e  oziosa.  -  Cantare 
alleluia,  rallegrarsi  per  cosa  andata  bene.  -  Essere 
felice  di  poco,  rallegrarsi  di  inezie.  -  Far  baldoria, 
stare  allegri  in  cene  e  feste  amichevoli.  -  Fare  un 
cancan,  il  cancan,  menar  tripudio  quando  meno  si 
dovrebbe;  mostrare  vergognosamente  allegria.  -  Far 
ribotta,  far  allegria  di  mangiare,  bere  (per  lo  più, 
eccessivamente).  -  Rallegratura,  aria  d'amabile  al- 
legrezza. 

Guastafeste,  chi  interviene  a  turbare  l'allegria.  - 
Mortorio,  riunione  senza  allegria,  nella  quale  la  gente 
è  triste,  ingioconda,  come  se  assistesse  ad  un  uf- 
fìzio da  morti.  -  Scomunicare  l'umore  giocondo,  di- 
sperderlo, fugarlo. 

Rendere  allegro.  -  Rallegrare,  dar  letizia,  alle- 
gria, piacere;  allietare,  render  lieto;  disattristare, 
far  passar  l'umore;  esilarare,  rendere  ilare  (special- 
mente di  letture  piacevoli,  di  atti  e  motti  giocosi);- 
mettere,  infondere  allegria;  sollazzare,  letificare,  le 
tìz'mre.-  Allegrante,  alU'gratore,  che  allegra:  rallegra- 
tore, rallegratrice;  largitor  di  letizia;  caccialTanni, 
cacciapensieri,  gabbapensieri.  -  Allegrare,  lo  stesso 
che  rallegrare:  ma  ha  più  brio  in  poesia  e  nello 
stile  sostenuto.  -  Allegrativo,  rallegralivo,  atto  a 
rallegrare;  rallegratorio;  esilarante,  letificante. 

Locuzioni  e  proverbi 

Allegrezza  fa  bel  viso,  dà  piacevole  aspetto.  • 
Allegria  segreta,  candela  spenta.  -  Animo  e  cera,  vi- 
vanda vera  (buon  animo  e  buon  viso,  pietanze  che 
fanno  prò').  -  Gente  allegra  il  del  l'aiuta.  -  L'animo 
allegro  fa  la  vita  fiorita  e  gioconda:  felice,  fortunata, 

-  La  tavola  é  una  mezza  confessione,  in  mezzo  all'al- 
legria è  facile  dire  le  cose  che  si  vorrebbero  celare. 

-  Non  capire  in  se  dall'allegrezza,  non  potersi  tenere 
nei  panni,  non  poter  slare  nella  pelle,  nelle  cuoia. 
essere  molto  allegro  e  contento.  -  Non  c'è  sabato  senza 
sole:  ognuno  '  ha  il  suo  tempo  d'allegrezza.  - iVbn 
avere  terreno  che  lo  regga,  di  chi  fa  salti  per  alle- 
grezza, -  Non  toccar  terra  dall'allegria,  averne,  sen- 
ti rne  molta,  -  Ogni  risata  leva  un  chiodo  aila  bara, 
l'allegrezza  aiuta  a  vivere,  giova  alla  salute.  •  Pan 


ALLOGGIO 


6;ì 


di  nozze,  di  allegrezza  che  dura  poco.  ••  Sei-vire  ni 
Signore  in  letizia:  lavorare  e  stare  allegri.  -  Slare 
in  cimbali,  fare  allegria,  essere  in  bernecche.  -  Stare 
in  gavdearnus:  allegrainente  e  godendo.  -  Suonare  un 
doppio,  far  grande  allegrezza. 

Allegoria.  Manifestazione  di  allegrezza.  Il  tri- 
pudio di  molti  insieme. 
Allégro.  Che  sente  e  dimostra  allegrezza» 
Allegro.  Movimento  della  musica  vivace, brioso, 
rapido. 
Allelùia.  V.  ad  allegrezza,  lode. 
Allenare  (allenamento,  allenatore,  allenato,  alle- 
narsi). Far  prendere  o  prendere  vigore,  forza,  per 
resistere   alla   fatica.    Termine,    specialmente,    di , 
sport.  -Allenamento,  esercizio. 

AjUenire  {allenimento,  allenire).  Rendere  lene, 
meno  grave  un  dolore,  un  male. 

Allentare,  allentarsi  (allentamento,  allentato). 
Rendere,  diventare  lento,  o  più  lento:  di  corpo  pie- 
no, teso,  tirato,  stretto;  cosi  di  veste,  di  corda, 
e  simili.  —  Fare  un  salasso,  —  Produrre  o  prodursi 
nriemia. 

Allentatura.  Rottura  del  peritonèo,  per  cui  si 
forma  Vernia. 

All'erta.  Avviso,  grido,  per  lo  più  della  seìi- 
finella. 

Allessare,  allesso  (allessamento,  allessato,  ai- 
lessatura).  Modo  di  cuocere  la  carne,  ecc ,  che  fa 
il  cuoco  in  elidila:  lessare,  fare  allesso.  -  Lessato, 
lessatura,  allessamento,  atto  del  lessare;  lessatina,  les- 
sata breve,  leggiera.  -  Allessato,  lessato:  cotto  allesso, 
a  lesso.  -  Lessato,  lesso,  allesso,  vivanda  di  carne  o 
di  pesce  cotti  semplicemente  nell'acqua,  in  brodo. 
All'estero.  V.  ad  estero. 
Allestire,  allestimento  (allestito).  Il  mettere 
in  pronto,  preparare. 

Allettare,  allettamento  (allettato).  Essere 
costretto  a  letto,  per  malattia.  —  Di  cereale: 
abbattersi,  cadere  a  terra. 

Allettare,  allettatiTa  (allettante,  allettato,  al- 
lettatore). L'attirare  alcuno  con  lusinga.  -  Di  cosa 
che  procura  o  promette  divertimento,  godimento, 
piacere. 

Allevare,  allevamento  (allevato,  allevatura). 
L'aver  cura  del  bambino  (per  ['allattamento), 
del  fanciullo  (per  provvederlo  di  quanto  gli  oc- 
corre e  vigilarlo,  rispetto  dAVeducazione  fìsica  e 
morale).  Cosi  anche  degli  animali.  —  Allevata,  alle- 
vare, detto  del  bestiame.  —  Allevatore,  allevatrice, 
chi  provvede  all'allevamento.  -  Allevatura,  allevamen- 
to, atto  ed  effetto  dell'allevare. 

Alleviare  (alleviamento,  alleviato).  Rendere  lieve, 
leggiero,  meno  grave  un  dolore,  una  fatica, 
un  male.  -  Dare  sollievo,  conforto. 

Allevime.  Quantità  di  allievi:  detto  di  be- 
stiame. 

Allezzare  (allezzato).  Avere  cattivo  odore,  puz- 
zare. 

Allibire  (allibbire,  allibbito,  allibito).  Impallidire 
per  paura,  per  spavento. 

Allibrare,  allibramento  (allibrato).  Scrivere 
Il  libro:  operazione  di  contabilità. 

Allicciare  (allicciato).  Lavoro  di  tessitura.  - 
Modo  di  ripiegare  i  denti  della  sega. 

Allietare  (allietamento,  allietalo).  Rendere  lieto, 
allegro. 

Allieva,  allievo.  Discepolo,  o  chi  riceve  educa- 
zione, istì'uzione  da  maestro,  anche  in  arte; 
alunna,   alunno,   discepolo,   scolaro.  -  Tirocinante, 


apprendista  (in  un  mestiere,  in  un  impiego,  ecc.). 
—  Parto,  redo,  del  bestiame  domestico. 

Alligato.  Allegato:  di  docum^ento  che  si  ag- 
giunge, si  unisce  ad  un  altro. 

Alligatore.  Specie  di  coccodrillo. 

Alligazióne.  Regola  di  aritmetica. 

Allignare  (allignnmenlo,  allignato).  Mettere,  get- 
tar radice,  crescere,  specialmente  di  pianta. 

Allineare  (allineamento,  allineato).  Mettere  a 
filo  sulla  stessa  linea.  -  Manovra  della  m,ilizia. 

Alliquidiro  (alliquidito).  Diventar  liquido. 

Allitterazióne.  Figura  di  grammatica:  ana- 
gramma. 

Allivellare  (allivellamento.  allivellato).  Ridurre 
a  livello.  —  Operazione  di  agrimensura. 

Allividire  (alliridimento,  allividito).  Render  li- 
vido, nericcio:  della  pelle. 

Allocca.  V.  a  balordo. 

Allòcco.  Uccello  notturno:  gufo.  —  Uomo  bor 
lordo,  golfo:  alloccàccio,  alloccone. 

Allocuzione  (allocutore).  Arringa,  discorso  a 
più  persone  in  pubblica  o  privata  adunanza.  -  .4//o- 
ciUore,c\\\  pronuncia  l'allocuzione. 

Allòdio  (allodiale).  Vàv[Qi\\  6e>u  immobili,  rela- 
tivaznente  al  principe  e  allo  Stato,  non  soggetti  a 
feudo. 

Allòdola  0  lòdola.  Piccolo  uccello,  specie  di 
passero,  di  buona  carne:  lòdola,  codirosso,  codilun- 
go;  pispola,  pispoletta  con  l'ali  dipinte.  Allodoletta, 
allodoluzza;  lodoiettina,  lodoletta.  spippol(3tta.  Allo- 
dolino,  il  pulcino.  -  Calandra,  specie  con  penne  brune 
al  disopra  e  bianchiccie  al  disotto,  becco  allungato.  - 
Calcindrella  o  calandrino,  specie  di  color  grigio-isa- 
bellino.  -  Lòdola  cappellaccia,  cosidetta  dal  ciuffetto 
che  ha  sul  capo.  -  Mattnlina,  altra  specie  di  lòdola. 
-  Pispola,  lòdola  prataiuola;  allodola  di  mare  -  Pan- 
terana,  specie  di  allodola  che  ha  carni  assai  apprez- 
zate; migra  a  stuoli  in  autunno.  —  L'allòdola  carato 
il  suo  trio  mattutino. 

Allogare,  allogamento  (allogato).  Il  porre, 
Vaccomodare  in  un  luogo  ;  il  collocare.  —  Dare  in 
affitto.  -  Assegnare  un  lavoro.  —  Trovare  colloca- 
mento ad  un  servo,  o  anche  a  persona  che  cerchi 
impiego.  —  Mettere  a  frutto  il  denaro. 

Alloggiamento.  Quartiere,  accampamento 
militale.  -  Fermata  di  un  esercito  in  marcia  (usato 
di  preferenza  al  plurale). 

Alloggiare  (alloggiante,  alloggiato,  alloggiatore). 
Il  dare  o  il  prendere  alloggio. 

Alloggio  {alloggiante,  alloggiato,  alloggiatore). 
Luogo  nel  quale  si  alloggia,  si  ha  albergo,  rico- 
vero, ospitalità  per  breve  tempo:  alloggiamento, 
stanza,  ostello;  ricettamento,  ricettazione;  ricetto, 
ricettacolo;  ospizio,  rifugio  (termine  particolare  del- 
Valpinismo).  -  Ospitalità,  liberalità  nell'accogliere 
e  trattare  i  forestieri.  -  Ospite,  tanto  chi  alloggia  il 
forastiero,  come  il  forastiero  alloggiato.  Chi  usa 
ospitalità,  per  lo  più  esercitandola  gratuitamente,  — 
Alloggiante,  alloggiatore,  chi  dà  alloggio  piìr  mer- 
cede 0  senza. 

Dare  alloggio:  alloggiare,  ospitare,  accogliere,  ri- 
cettare, ricevere,  ricoverare  ;  tener  a  dormire,  tenere 
presso  di  sé;  dare  ospitalità;  ricevere,  tenere  ad 
albèrgo;  raccettare,  ricettare;  dar  quartiere.  -  Dar 
tavola  e  quartiere,  dar  vitto  e  alloggio.  —  Sloggiare, 
diloggiare,  cacciare  dall'alloggiamento. 

Prendere  allogoio,  quartiere,  stanza;  stanziare; 
stare,  fermarsi  ad  albergo;  prendere  ospizio;  chie- 
der quartiere.  —  Stare  ad  alloggio,  alloggiare,  stan- 
ziare, stanziarsi,  acquartierarsi,  ecc.  -  Alloggiare  all'ai- 


64 


ALLOMBATO 


ALMANACCO 


bergo  della  luna  o  della  frasca,  a  ciel  sereno.  -  Allog- 
giarsi a  discrezione,  gratuitamente.  -  Avei-e  ono  detto 
il  paternostro  di  San  Giuliano,  alloggiare  bene  o  male. 
•  Avere  il  diritto  d'alloggio,  l'alloggio  gratis  o  pagato. 

—  Sloggiare,  abbandonare  l'alloggio;  cambiare  d'al- 
ìoggio,  di  casa;  recarsi  ad  abitare  altrove;  traslo- 
carsi, tramutare,  permutare. 

Allombàto.  Di  cavallo  con  buoni  lombi. 

Alloniorfia.  Mutazione  di  forma. 

Allontanare,  allontanarsi  [allontanammlo, 
allontanato).  Mandare,  dinA^r  lontano  :  rimovere,  ri- 
moversi (rimosso,  rimozione);  scansare  [Ai  pericolo 
e  simili).  —  Ispirare  antipatia. 

Allopatia  (allopàtico).  Sistema  particolare  di 
medicina.  -  Allopàtico,  il  medico  che  la  tratta. 

Alloppiare  [alloppiato).  Acconciare  bevande  con 
l'oppio.  Figur.,  lusiiigare. 

Allòppio.  Lo  stesso  che  oppio. 

Allora  (allotta).  In  quel  momento,  in  quell'ora, 
in  quel  tempo. -J)' allora,  allora  allora. 

Allòro.  Il  lauro.  •  Sorta  di  pero.  •  Alloro  spi- 
noso, X'agrifoglio,  —  V.  a  corona. 

Allotropia  {allotròpico).  Particolare  stato  della 
m,ateria. 

Allottare  (allottato).  Modo  di  dare  un  premio. 

Allucciare  (allucciato).  Modo  di  guardare. 

Allucicìare  (allucidato).  Rendere  lucido:  detto 
specialmente  di  pelle. 

Alluci gnolare  (allucignolato).  Modo  di  avvol- 
gere. 

Allucinare,  allucinazione  (allucin amento, 
allucinato).  Il  prendere  errore,  abbàglio.  -  Amma- 
liare, produrre  fàscino.  -  Allucinazione,  illusione 
del  senso. 

Allùda.  Pelle  di  pecot^a,  di  castrato,  di  cre- 
jM'a,  lavorata  dal  conciatore. 

Alludere,  allusione  [alludente,  allusivo,  al- 
luso). L'accennare  col  discorso. -Figura,  di  retorica. 

—  Alhisivo,  che  allude. 

Allumacare,  allumacatura  (allumacato). 
Detto  a  lumaca. 

Allumare  [allumato).  Dar  lume,  accendere,  il- 
Itiminare,  —  Termine  di  artiglieria.  —  Impre- 
gnare di  allume. 

Allume.  Sale  minerale,  di  sapóre  astringente: 
solfato  di  allumina;  allume  di  rócca,  di  Roma,  sol- 
fato d'allumina  ammoniacale.  -  Allume  naturale,  co- 
mune, cubico;  allume  bruciato,  calcinato,  usto:  de- 
acquificato  al  fuoco.-  Allume  artificiale,  allume  cali- 
na,  allume  di  feccia,  sai  alcali,  sai  vetro;  sottocar- 
bonato di   potassa   impuro. 

Allumiera,  deposito,  miniera  di  allume.  -  Burro 
di   montagna,    pietra    d'allume. 

Carbonino,  nelle  allumiere,  operaio  che  esercita 
il  mestiere  di  pulire,  mano  mano  che  occorre,  le 
fornaci  dai  carboni  e  dalla  cenere.  -  Soprallumiera, 

S lastra.  -  Randa,  sorta  di  sponda  che  regge  la  cai- 
aia  nelle  allumiere.  -  Zanfone,  zanfoncino,  botte 
nella  quale  cristallizza  l'allume.  -  Zanfoniere,  chi  tira 
su  dallo  zanfoncino  le  liscive  chiarite. 

Allumina.  Ossido  di  cdluminio,  corpo  solido 
composto  di  ossigeno  e  di  alluminio:  si  impiega  per 
la  preparazione  di  vari  sali  di  alluminio  puri  e  delle 
lacche  colorate;  in  medicina,  per  uso  esterno,  sotto 
forma  di  cataplasmi;  per  uso  interno,  contro  la  diar- 
rea e  la  disseuteria. 

Alluminati,  composti  solubili,  prodotti  dalla  com- 
binazione ilell'aliumina  con  vari  ossidi  melallici. 
Es.,  l'alluminalo  di  soda,  che  si  usa  in  tintoria,  per 
mordenzare  i  tessuti  e  le  fibre;   nella  proporzione 


delle  lacche  colorate,  per  incollare  la  pasta  della 
carta  e  indurire  le  pietre  artificiali,  per  rendere  pe- 
santi e  bianchi  i  saponi,  per  preparare  il  vetro 
opaco,  ecc.  -  Agafite,  varietà  concoide  di  turchesia, 
fosfato  idrato  di  allumina  con  rame  -  Alluminite, 
allumite,  allumina  solfata  e  idrata.  -  Attinoto,  sili- 
cato doppio  di  allumina.  -  Finite,  silicato  di  allu- 
mina e  di  ferro  con  potassa  magnesia  e  calce,  in 
cristalli  disseminati  nei  graniti,  nelle  euriti,  nelle 
dioriti,  ecc  -  Smeriglio,  varietà  naturale  di  allumina 
mista  ad  ossido  di  ferro;  ridotta  in  polvere,  serve 
a  segare  e  pulire  le  pietre  dure  e  a  brunire  Vac- 
ciaio,  '  Tormalina,  silicato  di  allumina,  di  magnesia, 
di  ferro  o  di  manganese,  con  anidride  borica.  -  Web- 
sterile,  minerale  composto  di  allumina,  acido  solfo- 
rico e  acqua. 

Alluminare  CalluminatoJ.  Dar  luce,  iUuuii- 
nare.  -  Il  lavoro  artistico  del  miniare. 

Alluminatura.  Operazione  del  tintore. 

Alluminio.  La  base,  il  metallo  dell'allumina: 
metallo  bianco  come  argento  velato,  inalterabile  al- 
l'aria, a  freddo  inattaccabile  dadi  acidi  solforico  e 
nitrico:  si  estrae  àaWargilla.  Si  usa  nella  fabbri- 
cazione d'una  quantità  innumerevole  di  oggetti  di 
minuteria,  di  utensili  domestici,  chirurgici,  ortope- 
dici, per  costruzioni  navali  e  meccaniche,  nella  me- 
tallurgia, ecc.  -  Alluniinile,  solfato  d'alluminio  esi- 
stente in  natura.  -  Scandio,  metallo  del  gruppo  del- 
l'alluminio. 

Allunato.  (>urvo,  a  foggia  di  mezza  luna. 

Allungare,  allung'arsi  (allungamento,  alluri- 
oato,  allungatura).  Rendere  o  diventar  lungo  o  più 
lungo,  -  Prolungare  la  durata  di  checchessia,  - 
Ritardare  un  lavoro.  -  Aumentare  la  quantità  di 
un  liquido,  indebolendolo.  -  Modo  di  pronunzia, 
-  Allungatura,  aggiunta  a  veste. 

Allungo.  Fascia  usata  dal  calzolaio. 

Allupare  f allupato).  Avere  gran  fame. 

Allupatnra.  Rosicchiatura  di  pelle  mess;i  a 
seccare. 

Alluslngare  (allusingalo) .  Attirare  con  lu- 
singa. 

Allusióne  (allusivo),  h' allùdere  e  la  cosa  che 
allude.  -  Allusivo,  che  allude,  nel  discorso  o  altri- 
menti. 

Alluvióne  (alluvionale).  Inondazione  di  fiume; 
deposito  di  terra  e  d'altre  materie  lasciate  dai  fiumi 
e  dal  mare:  deposizione  di  sabbia,  insabbiamento; 
interramento,  interro;  interrimento,  rinterrimento, 
rinterro;  aggestione;  colmata,  ricolmo;  greto,  rialto, 
ridosso;  banco  di  sabbia,  barra,  postime,  delta.  - 
Terreno  d'alluvione:  aggallato,  aggestivo,  retratto. 

Alma.  Poeticamente,  l'anima. 

Almagesto.  Libro  contenente  il  sistema  del 
mondo. 

Almanaccare  (almanaccato).  Lavorare  di  fan 
tasia. 

Almanacco.  Libro,  quadro,  tabella,  diario,  in 
cui  sono  indicati  i  giorni,  i  mesi,  le  feste  dell'anno, 
le  fasi  della  luna,  le  eclissi,  l'ora  della  levata  e  ilei 
tramonto  del  sole,  il  principio  e  la  fine  delle  sta- 
gioni, i  tempi  dei  vari  fenomeni  astronomici,  ecc  : 
calendario,  effemèride,  lunario.  Vecchi  e  rinomati 
calendari:  11  Bunclli,  il  Barbanera,  il  Pescatore  di 
Chiaravallr,  la  Sibilla,  il  Vesta  Verde.  -  Calendario, 
propriamente,  il  quadro,  che  dà  l'ordine  e  la  divi- 
sione dei  tempi,  regolati  snl  moto  degli  astri  per 
gli  usi  civili  (calendariograjìa,  l'arte  di  comporre  al- 
manacchi, calendari).  -  Lunarino,    piccolo    lunario. 


ALMENO 


65 


quello  che  si  tiene  in  tasca  o  nel  portafoglio.  -  Al- 
manacchista,  lunarista,  compilatore  di  calendari. 

Appartenenze  dell'anno,  nei  lunari,  le  feste  mo- 
bili e  gli  altri  accidenti  dell'anno.  -  Festa  alta  o 
bassa,  nell'almanacco,  più  vicina  o  più  lontana  dal- 
l'ordinario. -  Lettera  domenicale,  quella  che  indica 
negli  almanacchi  le  domeniche  dell'anno,  -  Novo 
stile,  computo  del  tempo  secondo  il  calendario  gre- 
goriano. —  Stile  comune,  nel  computo  degli  anni, 
per  distinguerlo  da  quello  speciale  di  alcuni  po- 
poli, ebrei,  maomettani,  ecc. 

Annuario  dell'Ufficio  delle  longitudini,  calendario 
astronomico. 

Calendario  di  Flora,  quello  che  dà  il  nome  dei 
fiori  sb(fccianti  in  ciascun  mese,  nelle  varie  stagioni  e 
per  un  dato  paese.  -  Calendario  giuliano,  quello 
tracciato  da  Giulio  Cesare  con  l'aiuto  dell'astronomo 
Sosigene.  —  Calendario  greco,  in  uso  presso  i  Greci, 
i  Russi  e  tutti  gli  appartenenti  alla  Chiesa  Orientale 
divisa  dalla  latina. 

Calendario  gregoriano,  quello  che  fu  compilato 
per  ordine  del  papa  Gregorio  XIII,  sopra  pro- 
getto di  Luigi  Lilio,  medico  calabrese.  —  Calendario 
romano,  quello  corretto  prima  da  Numa,  poi  da 
Giulio  Cesare,  e  i  cui  principi  reggono  sostanzial- 
mente il  nostro. 

Calendario  perpetuo,  tavola,  di  varia  forma,  con 
la  quale  si  può  trovare,  per  una  lunga  serie  d'anni, 
la  corrispondenza  fra  la  data  del  mese  e  il  giorno 
della  settimana,  l'epoca  della  Pasqua  e  delle  feste 
mobili,  i  cicli  cronologici,  ecc. 

Caleyidario  repubblicano,  quello  stabilito  dalla  Ri- 
voluzione francese  :  fissava  il  principio  dell'anno  a 
mezzanotte  del  giorno  in  cui  cadeva  l'equinozio  di 
autunno,  stabilendo  i  mesi  di  trenta  giorni  ciascuno  e 
aggiungendo    cinque   o  sei  giorni  complementari. 

Emerologia,   arte  di  fare  i  calendari. 

Menologio,  calendario  della  Chiesa  greca. 

Yezdedgerdico,  calendario  dei  Persiani. 

Alméno.  Il  meno  che  possa  essere. 

Al  minuto.  V.  a  conuìiercio,  e  a  vendere. 

Almo.  Che  dà  anima,  vita. 

Alno.  Detto  a  ontano. 

Aloe.  Pianta  gigliacea,  perenne,  con  sostanza  fi- 
brosa (canapa  d'aloe)  e  legno  odoroso  (agalloco).  Spe- 
cie :  l'aloe  di  Barbada,  cuba llino,  soccotrino;  Vagare, 
la  carata,  il  garo  di  Malacca,  ecc.  -  Aloina,  il  prin- 
cipio amaro  dell'aloe,  usato  per  bocca  e  per  inie- 
zioni 

Alolito.  La  pianta  salina. 

Alomanzia.  Divinazione  per  mezzo   del   sale. 

Alóne.  Specie  di  ghirlanda  intorno  alla  luna  o 
ad  altro  jnaneta.  -  Zona  rossa,  iperemica,  sulla 
pelle  irritata. 

Alopecia.  Caduta  dei  capelli  per  malattia; 
anche,  tigna. 

Alpaca.  Specie  di  lama,  animale  ruminante: 
fornisce  lana. 

Alpe.  Qualunque  montagna.  -  Alpi,  in  par- 
ticolare, catena  di  montagne  che  fa  corona  all'Italia 
settentrionale.  —  Alpestre,  di  alpe.  -  Alpigiano,  al- 
pino, d'alpe,  posto  in  alpe,  abitante  delle  Alpi;  al- 
pigno,  montano,  montaniero,  montagnolo,  montanaro. 
—  Cisalpino,  al  di  qua  delle  Alpi;  transalpino,  di 
là  delle  Alpi  -  Subalpino,  si  dice  per  piemontese. 

Alpini.  Speciale  milizia  italiana.  —  Serra, 
gola  alpina. 

Alpinismo  (alpinista).  L'esercizio  delle  passeg- 
giate, delle  escursioni,  delle  salite  in  montagna; 
anche  l'insieme  degli  studi  e  dei  lavori  riguardanti 

Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


l'esplorazione  delle  Alpi.  Gusto  e  occupazione  di  chi 
si  diletta  nel  salii-e  qua  e  là  sui  monti,  nel  fare 
gite,  ascensioni  alpine.  -  Alpinista,  escursionista, 
ascensionista.  -  Per  ricovero,  in  più  luoghi  furono  co- 
struiti edifici  sotto  i  vari  nomi  (secondo  l'impor- 
tanza) di  capanna,  capanno,  rifugio,  ospizio,  dove 
l'alpinista  trova  alloggio  e  vitto  o  modo  di  risto- 
rarsi. —  Alpcnstock,  bastone  da  alpinista,  con  punta 
ferrata. 

Al  più.  Il  più  che  sia  possibile. 
Al  postutto.  In  tutto  e  per  tutto,  in  conciti- 
sione. 

Alquanto.  Né  molto,  né  tanto  poco. 

Al  seprno.  Espressione  che  richiama  l'esecutore 
d'un  pezzo  di  musica  a  ripetere. 
Alsòlo.  Rimedio  antisettico. 

Altalena  faUalenare,  altalenato).  Uno  dei  giuo- 
chi ginnastici;  l'apparecchio  (bicidncola,  dòndoloj, 
all'uopo,  tavola  sospesa  tra  due  funi  pendenti  dal- 
l'alto, su  cui  ci  si  libra  facendo  ondeggiare.  Anche 
tavola  bilicata  sopra  un  cavalletto,  sulla  quale  le 
persone  siedono  all'estremità,  facendola  a  vicenda 
alzare  e  abbassare.  Canapiendola  (Fanfani),  anci- 
scòcolo  (a  Pisa),  balsico  (Genova),  lidoca  (Milano), 
prendifendola  (Roma),  salimpendola  (Napoli).  -  Al- 
talenare, andare,  giuocare,  montare,  stare  sull'alta- 
lena ;  esercitarsi  all'altalena,  fare  all'altalena. 

Altaleno.  Macchina  da  assedio. 

Altalèvo.  Mazzacavallo,  istrumento  per  attin- 
gere acqua  dal  pozzo. 

Altana.  Loggia  sopra  una  casa. 

Altare.  Tavola  sulla  quale  gli  antichi  offrivano 
sacrifici  agli  dèi,  come  ora  i  sacerdoti  celebrano  la 
messa  e  gli  altri  offici  religiosi  in  chiesa:  mensa 
mistica,  mensa  Domini,  mensa  sacra,  tribuna  del 
sacramento.  -  Altarino,  altarello,  altaretto,  altaruzzo. 

-  Altare  acceso,  con  candele  accese;  spento,  il  con- 
trario. —  Dedicare,  consacrare  un  altare.  —  Scoprire, 
spogliare  gli  altari,  cerimonie  cattoliche  della  set- 
timana santa.  —  Intronizzazione  della  mensa,  ricon- 
sacrazione d'un  altare  stato  profanato.  -  Ministro 
dell'altare,  il  sacerdote.  —  Sacrificio  dell'altare,  la 
messa.  —  Santuario,  altare,  chiesa,  tempio,  luogo 
dove  si  custodiscono  reliquie. 

Altare  basso,  quello  laterale,  in  contrapposto  al- 
l'aitar maggiore.  —  Altare  di  famiglia,  quello  co- 
struito e  mantenuto  da  qualche  famiglia.  -  Aitar 
maggiore,  maestro  altare  d'una  chiesa,  quello  cir- 
condato dal  coro.  -  Altare  pingue  (lett.),  bagnato 
dal  sangue  delle  vittime.  -  Altare  portatile,  quello 
al  quale,  portandolo  con  sé,  si  può  dire  messo  in 
ogni  luogo.  -  Altare  privilegiato,  quello  nel  quale 
è  conceduto  dir  la  messa  pei  morti  nei  giorni  in 
cui  non  si  può  celebrarla  agli  altri  altari:  talvolta 
anche  privilegiato  di  speciali  indulgenze.  -  Altare 
votivo,  quello  eretto  in  adempimento  di  qualche  voto; 
0  quello  davanti  al  quale  i  fedeli  fanno  voti. 

Parti,  arredi,  ecc.,  dell'altare 

Ancona,  quadro  o  tavola  grande,  (con  soggetti 
dipinti)  che  spesso  fa  parte  dell'altare.  -  Ciborio,  sorta 
di  tabernacolo,  per  lo  più  sull'  aitar  maggiore  delle 
chiese  e  nel  quale  si  .custodisce  l'ostia  consacrata. 

-  Credenza,  il  ripostiglio  in  cui  si  mettono  le  am- 
polle della  messa,  accanto  all'  altare.  -  Dossale,  la 
parte  davanti  della  mensa  dell'altare.  -  diradi,    grò- 


66 


ALTARE      —    ALTEREGO 


dini  di  pietra  o  di  legno  sopra   1'  altare  per  soste- 
nere candelieri,  ecc. 

In  cornu  epistoke  (corno  dell'epistola),  dicesi  il 
lato  dell'altare  dove  sta  il  suddiacono  a  cantare 
l'epistola:  il  lato  sinistro  di  chi  guarda  dall'altare. 
-  In  cornu  Evangelii  (corno  del  Vangelo),  la  parte 
dell'altare  dalla  quale  il  sacerdote  legge  il  Vangelo: 
il  diai  ono  vi  canta  il  Vangelo,  -  Lavabo,  cartella  al 
corno  sinistro  dell'altare,  con  le  preci  da  recitarsi 
quando  il  sacerdote  si  lava  le  mani.  Anche  l' ac- 
quario della  sagrestia. 

Mensa,  il  pian  -  dell'  altare,  e  anche  tutto  l'al- 
tare. -  PalioUo,  In  parte  anteriore  dell'altare  (an- 
che frontale,  pallio).  •  Pietra  consacrata,  quella 
dell'altare.  -  Predella,  lo  scalino  dell'altare  dove  il 
prete   sta   durante  la  messa. 

Reconditorio,  chiusino  di  marmo  in  mezzo  alla 
mensa  dell'altare,  sotto  al  quale  stanno  le  reliquie 
dei  santi.  -  Residenza,  specie  di  baldacchino  del 
sacramento   sull'  altare. 

Sancta  sanctorum,  nelle  chiese  cattoliche,  il  posto 
dell'aitar  maggiore,  per  lo  più  cinto  da  balaustrata: 
detto  anche  presbiterio.  -  Cosi  pure,  in  alcuni  altari, 
il  tempietto  in  cui  si  mette  il  sacramento.  -  Taber- 
nàcolo, cappelletta  nella  quale  si  conservano  o  si 
dipingono  immagini  sacre. 

Arredi  e  istrumenti  da  altare.  -  Accenditóio, 
canna,  mazza,  in  cima  alla  quale  si  attortiglia  uno 
stoppino  per  accendere  le  candele.  -  Ampolle  o  am- 
polline, due  piccole  boccettine  con  beccuccio  a  can- 
nello, che  servono  per  la  messa,  contenenti  una 
l'acqua  e  l'altra  il  vino.  -Ammetta,  o  palla  del  ca- 
lice, quadrello  di  finissima  tela  di  lino,  ben  insal- 
data o  retta  da  un  cartone,  ad  uso  di  coprire  il 
calice  nel  tempo  della  messa,  dall'  offertorio  alla 
comunione:  pala  da  altare,  pala  del  calice. 

Baldacchino,  specie  di  tenda,  di  soffitta  che  so- 
vrasta all'altare. 

Càlice,  vaso    a    guisa    di   coppa   di  metallo  pre- 
zioso,  del  quale  si  serve  il  sacerdote  nel  sacrilizio 
della  messa.    -    Cartagloria,    cartella,    che    si    pone 
sull'altare  e  nella  quale  è  scritto  il  Gloria  in  excel- 
sis  Dea.  Sono  generalmente  tre:  una  nel  mezzo;  le 
altre  a  ciascun  corno  dell'altare.  -  Cero,  candela  che, 
col  relativo  candeliere,  si  mette  suU'  altare  e  viene 
accesa  in  determinate  occasioni.    Una  muta  di  can- 
delieri, quanti  ne  occorrono  per  un  altare.  -  Ciocche, 
i  liori  artificiali,  in  figura  di  mazzo  smezzato,    che 
si  mettono  sugli  altari.  -  Conopèo,  il  velo  del  cibo- 
rio e  quello   che  copre   la   pisside   delle   particole 
consacrate.  -  Corporale,  pannolino  bianco  nel  quale 
il  sacerdote,  nel  dir  messa,  posa  l'ostia  e  il  calice. 
Lampada,  lume  fatto  a  orcio  e  sospeso  con  cate- 
nelle in  alto  davanti  agli  altari.   -   Mappula,  la  to- 
vaglia dell'altare.  -    Ostensorio,   vaso   sacro    (d' oro, 
di  cristallo,  d'ottone),  in  cui  si  espone  l'ostia  con- 
sacrata: gruppo,  la  parte  dell'ostensorio  formato  di 
nuvole  inargentate;  toeWa,  la  parte  dell'ostensorio  in 
cui  si  adatta  l'ostia  consacrata;  ostia  magna,  quel- 
la dell'ostensorio;    raggiera,    parte    dell'  ostensorio 
fatta  a  raggi.  -  Ostia,  il  sacrifizio  dell'altare,  e  più 
specialmente  stiacciatina  tonda  di  farina  bianca  che 
il  sacerdote  offre  nella  messa.  -  Paliotto,  arnese  per 
lo  più  di  stoffa  messo  davanti  all'altare  {paliotto  d'oro, 
d'argentoj.  -  Pannilino  sacro,  la  tovaglia  dell'altare. 
Patena,    arredo  sacro,  a  somiglianza  di    piattello, 
che  si  pone  sul  calice  e  serve  a  raccogliere  i  fram- 
menti dell'ostia,  nonché  ad  altri  usi.  -  Parati,  i  drappi 
con  cui    si  ornano  a  festa   gli  altari  e  le  chiese.  - 
I*ala,  dipmto  da  altare.  -  Perellina,  oggetto  in  forma 


di  pera,   nel  quale  si   infilano  le  ciocche   dei    fiori 
secchi  che  mettono  sui  gradini  dell'altare. 

Pisside,  vaso  contenente  l'ostia,  ossia  la  particola 
consacrata:  somiglia  al  calice,  ma  ha  la  coppa  più 
larga  e  meno  profonda.  -  Purificatoio,  pannicello 
per  purificare  il  calice.  -  Rappa,  ciocca  di  fiori 
secchi  0  artificiali  che  si  mettono  sugli  altari  per 
ornamento.  ' 

Altari  antichi 

Acerra,  ara  che  i  Romani  inalzavano  accanto 
al  letto  mortuario  dei  loro  cari  e  sulla  quale  bru- 
ciavano incensi;  turibilo.  —  Anclabrt,  piccola  ta- 
vola adoperata  come  altare,  sulla  quale  si  colloca- 
vano gli  utensili  del  sacrifizio  e  le  viscere  della 
vittima,  per  le   ispezioni  degli  indovini. 

Antimensa,  tovaglia  consacrata  che  si  metteva  so- 
pra un  oggetto  qualunque  e  lo  trasformava  in  altare. 

Ara,  particolarmente,  piccolo  altare  dei  pagani;  qua- 
lunque costruzione  alzata  al  di  sopra  del  suolo,  di 
zolla,  di  pietra,  di  mattoni  o  di  marmo  scolpito, 
sopra  la  quale  le  offerte  fatte  agli  Dei  erano  collo- 
cate 0  bruciate.  -  Fóculo,  la  cavità  in  cima  ad  una 
ara  destinata  a  offerte  da  bruciare,  entro  la  quale  si 
accendeva  il  fuoco.  -  Patera,  vaso  circolare  incavato, 
con  dentro  vino,  che  si  versava  sull'  ara  o  sulla 
vittima.  —  Ara  luricrema,  altare  su  cui  si  spargeva 
e  si  bruciava  incenso.  -  Ara  sepulcri,  o  ara  funeris, 
il  rogo  funebre,  su  cui  era  bruciato  un  cadavere. 

Dittico,  sorta  d'  altarini,  ancone. 

Sacrario,  altare  domestico  presso  i  pagani. 

Sancta  sanctorum,  la  parte  del  tabernacolo  della 
Legge  antica  nella  quale  entrava  soltanto  il  sommo 
sacerdote,  e  non  più  di  una  volta  all'anno.  —  Serto, 
festone  o  lunga  treccia  di  più  fiori,  legati  insieme  & 
adoperati-  anticamente  per  ornar  altari. —  Tauròbolo,. 
altare  che  i  sacerdoti  facevano  erigere  per  cele- 
brare un  servizio  solenne,  quasi  sempre  in  onore 
di  Cibele. 

Altarino.  Inginocchiatoio,  mobile  di  camera 
da  letto. 

Altèa.  Pianta  malvacea,  con  radici  medicinali: 
serve  a  fare  pastiglie  ed  è  la  base  di  tutti  i  cata- 
plasmi. Simboleggia  la  dolcezza  di  carattere.  Nomi 
volgari:  aleca  rosea,  bastone  di  Giacobbe,  bastone 
di  san  Giacomo,  malvone,  nialvarosa,  passa  rosa, 
rosa  a  bastone,  rosa  di  Damasco,  rosa  di  mare, 
rosa  d'oltremare. 

Varietà  :  altea  a  fiamma,  a  pennacchio,  marginata, 
orlata,  unicolore;  con  pètali  a  frangia,  increspati, 
gualciti,  ondulati,  piegati.  Alcee  bianche,  canaide, 
gialle;  porporine,  rosse,  rosee,  violette,  ecc.  Altea 
canapina,  con  tiglio  tessile;  officinale,  o  comune;, 
altea  rosea. 

Alterabilità  ^alterabile).  V.  a  falsificare. 

Alteramente  faltieramente).  Con  superbia. 

Alterare,  alterazione  (alterabile,  alterante^ 
alterativo,  alterato).  Il  cambiare,  il  mutare,  lo- 
storpiare  una  cosa.  -  Adulterare,  falsificare,  sofi- 
sticare. -  Di  persona,  commuovere,  per  lo  più  ad 
ira.  -  Di  stomaco,  eccitare  al  vomito,  —  Alterato 
dal  vino,  in  istato  di  ahbriachezza. 

Altercare,  altèrco  (altercante,  altercato).  Con- 
tendere con  la  parola,  per  lo  più  con  ingiuria;- 
venire  a  litigio^  a  rissa. 

Alteregro  [alter-ego,  un  altro  io).  Di  persona 
che  ne  rappresenta  un'  altra,  o  pensa  o  agisce  del 
pari.  -  Intimo  amico.  -  Specialmente,  chi  fa  le  veci 
d'  un'  autorità,  per  qualche  tempo. 


ALTEREZZA    —    ALZAHE 


67 


Alterezza,  alterig-ia  (altero,  alliero).  Ecces- 
siva estimazione  di  sé:  sitpet'bUf. 

Alternare,  alternazione  {altmw mento,  alter- 
nativo,  alternato,  alterno),  lì  succedere  di  un 
arveniìnento  ad  un  altro,  per  l'iceiula,  per  vece, 
per  l'ortnna.  -  Di  canto,  ripetere  alternatamente, 

-  Scambiare,  reciprocare  (reciprocazione). 

Alternata.  V.  a  corrente  elettrica. 

Alternativa  {alternativo).  Ìj' alte  ma  re.  -  Con- 
dizione o  facoltà  per  la  quale  eleggere,  scegliere 
fra  due  cose. 

Alternativo   (moto).   Il  movitnento  di  va  e 
vieni. 
Alternatore.  Detto  a  diitanio. 
Altèrno.  Avvicendalo,  soggetto  ad  alternare. 

-  Qualità  di  angolo. 

Altèro,  altiero.  Clii  ha  superbia. 

Altezza.  Comunemente,  la  distanza  dal  basso 
air  alto  :  altitudine,  elevazione,  elevatezza,,  eleva- 
tura; proiettura.  proietto.  Una  delle  dimensioni  dei 
corpi,  dai  tisici  detta  profoìidità.  -  Elevazione 
di  un  astro  sull'  orizzonte.  -  Luogo  alto,  cinta.  - 
Grandezza  di  slato,  di  condizione.  -  Termine  di 
scultura.  -  Generosità,  nobiltà  d'animo;  eleva- 
tezza, eccellenza  d' ingegno.  —  Altezza  grande, 
somma,  sublime,  vertiginosa.  -  Abbassare,  dimi- 
nuire di  altezza.  -  Digradare,  di  altezze,  abbassarsi 
a  poco  a  poco.  -  Sommità,  il  sommo    d'  un'  altezza. 

Altimetria,  parte  della  geometria  pratica,  die  in- 
segna a  misurare  le  altezze  accessibili  e  inaccessibili. 

-  Altitudine,  la  terza  coordinala  necessaria  per  la 
identilicazione  di  un  punto  terrestre,  ossia  l'altezza 
di  un  oggetto  al  di  sopra  del  livello  medio  dell'o- 
ceano. —  Olometro,  disco  misuratore  di  altezze  o 
distanze.  —  Orizzonte  artificiale,  strumento  a  mer- 
curio per  misurare  le  altezze. 

Altezza.  Titolo  di  j^rincijte. 

Altezzoso  (altezzosamente).  Chi  ha  superbia. 

Alticcio  [alletto).  Alterato  dal  vino,  AdXV ub- 
briachezza. 

Altiiuetria.  Misura  deìValtezza. 

Altipiano,  altopiano  [altopiano).  La  pianti- 
ra,  molto  elevata,  in  monte. 

Altisonante.  Che  dà  gran  suono,  fa  ru- 
•more. 

Altissimo.  Sostantivamente,  Dio. 

Altitonante.  Che  ha  o  é  di  suono  alto. 

Altitudine.  Valtezza.  di  un  luogo. 

Alto.  Elevato  dal  piano,  a  maggiore  o  minore 
altezza:  eminente,  prominente.  Con  diversi  signi- 
ficati riferito  al  sole,  al  suono,  alla  voce  e  alla 
corporatura  dell'uomo.  -  Fondo,  profondo.  - 
Caro,  di  molto  jrrezzo.  -  Di  mare,  lontano  dal  lido. 

-  Di  paese,  più  vicino  alle  sorgenti  d'un  corso  di 
acqua.  -  Nel  giuoco  di  borsa,  rialzo.  -  Figuratam., 
il  cielo. 

Altoccio,  altuccio,  poco  alto.  -  Eminente,  di  note- 
vole altezza  (eminenza):  prominente   (prominenza). 

-  Eccelso,  altissimo,  sublime,  di  molta,  di  grande  al- 
tezza; sommo,  supremo,  il  più  alto;  superno,  super- 
bo.—  Di  luogo:  altura,  luogo  alto,  eminente;  ele- 
vazione di  terreno,  terreno  rialzato;  eminenza, 
prominenza;  rialto,  rialzamento,  rialzo;  rilievo,  som- 
mità; erta,  tumulo. 

Acclive,  che  è  a  salita,  va  in  alto.  -  A  monte,  di  ciò 
che  si  trova  a  un  livello  più  elevato  del  luogo  in 
cui  si  è  0  di  cui  si  parla.  -  Colmo,  culmine,  il  punto 
più  alto,  Isi  cima,  la  vetta  (di  monte),  il  fastigio 
(di  edificio).  -  Cnlminante,  che  sta  al  culmine.  -  Rial- 
to, luogo  un  po'  alto,  rilevato  dal  piano. 


E'  tantino  cosi:  alto  poco.  -  In  unge,  molto  in  alto 
(per  lo  più  di  fortuna).  -  In  paradiso,  in  luogo  al- 
tissimo (di  abitazione  e  simili).  -  Monte  o  altro  che 
tocca,  feìide  le  nuvole,  tocca  il  cielo,  molto  alto.  -  Pare 
il  monte  Sinai,  di  cosa  alta. 

Lassù,  di  luogo,    in    quel    luogo   alto,    di  sopra. 
Lassù  lassù,  mollo  in  alto.  -  Quassù,  nel  luogo  alto 
in  cui  ci  troviamo. 

Portare  in  alto:  alzare,  inalzare,  elevare.  -  Por- 
tarsi in  alto,  adergersi,  salire.  -  Essere  in  alto:  do- 
minare, giganteggiare,  soprastare,  sovrastare,  sopras- 
sedere. 

Alto.  Fermata.  -  Far  alto,  fermarsi,  special- 
mente detto  di  milizia  in  marcia. 

Altolocato.  Di  condizione,  di  grado  supe- 
riore. 

Altere,  altrice.  Chi  dà  alimento. 

Altrettale.  Lo  stesso  che  simile,  uguale. 

Altrettanto.  Né  pia  né  meno. 

Altri.  Altra  jìcrsona.  •  Nei  casi  obliqui,  ah- 
trui. 

Altrimenti.  In  modo  diverso. 

Altro.  Che  non  è  lo  stesso,  ma  ha  differenza, 
diversità.  -  Aggiunto,  nuovo.  -  Senz'altro,  senza 
dubbio. 

Altronde,  altrove.  Da  altro  luogo;  in  altro 
luogo.  -  Alibi,  assenza  da  un  luogo  provata  con 
la  presenza  in  un  altro. 

Altrui.  Ciò  che  è  d'altra  persona. 

Altruismo.  Amore  ad  altri,  filantropia. 

Altura.  Luogo  elevato,  alto.  -  Figur.,  superbia. 

Alunno  [alunna).  Discepolo. scolaro;  chi  studia 
in  una  scuola,  in  un  collegio,  in  un  semina- 
rio. -  Alunnato,  il  tempo  che  uno  è  stato  alunno. 

Alveare.  L'arnia  dell'ape  quando  é  popolata. 

Alveare  [alveo to).  Inalveare:  di  fiume. 

Alveo.  Letto  di  fiume.  —  Recipiente,  cavità. 

Alvèolo  [alveolare).  Cavità  nella  quale  stanno 
le  radici  del  dente.  -  Cellula  nella  quale  Yape  de- 
pone il  miele.  -  Parie  del  fiore. 

Alvo  (alvino).  Basso  ventre.  •  Anche,  utero. 
.Alzàia.  Corda  da  barca. 

Alzana.  Cavo  da  tonneggio  e  da  ormeggio:  V. 
a  nave. 

Alzare  [alzamento,  alzata,  alzato,  alzatura).  Man- 
dare, mettere,  portare  alto,  in  alto,  verso  Yalto: 
di  peso  0  d'altro;  inalzare,  sollevare;  adergere,  er- 
gere; addrizzare,  drizzare,  rizzare;  addirizzare, 
estollere,  rialzare,  rinnalzare.  -  Far  sorgere  persona  o 
cosa  caduta.  -  Edificare,  costruire  una  casa,  un  edi- 
ficio qualsiasi.  -  Per  alzare  servono  la  corda,  la 
carrùcola,  la  bùrbera,  la  gru,  varie  sorta  di 
argano,  di  verricello,  Vàscensore,  ecc.  -  Alzare 
ÌB,  veste,  tirarla  su.  -  Alzare  la  voce,\l  jyarlare  in 
tono  alto.  -  Accréscere  di  prezzo,  di  valore.  -  Al- 
zare, manovra  delle  carte  (giuoco)  -  Termine  di 
biliardo.  -  Termine  del  giuoco  del  pallone.  — 
In  senso  morale,  elevare. 

Alzare  di  soppeso:  levare  di  terra  una  persona 
con  la  sola  forza  delle  braccia.  -  Assumere  (assunto), 
alzare  a  dignità,  a  grandezza.  -  Inalberare  (inalbe- 
rato), alzare  in  aria,  piantare  in  un  luogo  ban- 
diera, insegna  e  simili.  -  Issare  [issato),  alzare: 
d'oggetti  tirati  su  con  funi  e  carrucole.  -  Levare, 
sollevare,  volgere  in  su,  specialmente  della  faccia 
e  deWoccJiio;  levar  di  peso,  di  persona  o  cosa,  al- 
zarla interamente  in  modo  che  non  tocchi  terra.  - 
Sollevare,  alzare  scoprendo.  -  Soprinnalzare,  inal- 
zare sopra.  -  Sventolare,  alzare  spandendo  al  vento. 


68 


ALZARSI   —    AMARE 


Ripetizione  di  alzare:  rialzare,  riergere,  rilevare, 
rinnaizare,  risollevare. 

Alzalo,  l'atto  dell'alzare,  inalzamento,  elevamento, 
levamento,  rizzamento,  elevazione,  elevatura;  rialzar 
mento,  il  rialzare  (di  strada,  di  superficie),  sol- 
levamento. -  Protuberante,  che  alza  in  protuberanza. 

-  Rialzo,  rialto,  cosa  rialzata. 

Alzarsi  (alzato).  Inalzarsi;  andare,  levarsi,  mon- 
tare in  alto;  andar  su,  su  su;  salire,  sorgere;  su- 
blimarsi, incielarsi,  inariarsi;  assùrgere,  poggiare  in 
alto.  -  Rialzarsi,  risorgere.  -  Il  sorgere  del  sole.  - 
Incominciar  a  soffiare:  del  vento.  -  Scendere  da 
letto.  -  Arzillare,  alzarsi  a  un  tratto  o  da  giacere, 
0  da  sedere.-  Assórgere,  assùrgere  (assorto),  levarsi 
in  piedi.  -  Sollevatura,  effetto,  segno  del  sollevarsi, 
su  certe  materie. 

Alzata.  L'atto  dell'alzare.  —  Opera  di  foi'ti- 
ficaxione  —  Artificio  delVingegno.  —  Modo  di 
votare. 

Alzato.  Il  disegno  della  parte  esterna  di  un 
edificio. 

Alzatore.  Chi  manda  il  pallone  al  battitore. 

Alzavola.  Specie  di  anitra. 

Alzo.  Arnese  da  calzolaio.  -  Congegno  del  fur 
Cile  e  del  cannone.  -  Termine  di  fonderia  (di 
caratteri  da  stampa)  e  di  stamperia. 

Amabile  (amabilità).  Detto  ad  amare  e  a  sa- 
pore. -  Di  bevanda  piuttosto  dolce.  -  In  musìQa, 
movimento  fra  l'adagio  e  l'andante. 

Amaca.  Branda,  letto  sospeso,  specialmente  u- 
sato  su  una  nave,  in  un  giardino,  ecc. 

Amadriade.  V.  a  bosco  e  a  ìiinfa.  •  Specie 
di  scimmia. 

Amàlg-ama.  Soluzione  di  metallo  solido  nel 
mercurio.  -  Mescolanza. 

Amalg-amare  (amalgamato).  .Mescolare,  unire 
metalli  al  mercurio.  -  Fare  una  mescolanza. 

A  malincorpo,  a  malincuore.  Contro  vo- 
lontà. 

Amàndorlo.  V.  a  mandorlo. 

Amanita,  amanitina.  V.  a  fungo. 

Amante.  Colui  o  colei  che  ama  d'<xw?.ore  ;  ama- 
dore,  amatore,  amatrice;  adoratore;  amoroso,  amo- 
rosa; amasio,  amasia;  innamorato;  bertone  (voce  non 
pura);  bello;  damo  (il  giovane  amato  da  una  fan- 
ciulla col  proposito  di  diventare  sua  sposa),  dama 
(amante  in  senso  nobile);  moroso,  morosa  (volgarm.); 
cascamorto,  cicisbeo,  damerino,  galante,  ganimede, 
vagheggino,  zerbino  (più  in  significato  di  corteggia- 
tore che  di  amante);  sospirante,  spasimante  (amante 
affettato);  anima  gemella:  lo  sviscerato,  il  patito.  - 
Amante  onesto,  costante,  fedele,  appassionato,  tene- 
ro, ardente,  sviscerato;  gentile,  nobile;  brutale,  ge- 
loso, forsennato,  lascivo;  perfido,  infido,  ecc.;  corri- 
sposto, non  corrisposto,  cioè  riamato  o  no.  -  Gli  a- 
manti  sono  non  di  rado  tormentati  dalla  gelosia. 

Amante  platonico,  chi  ama  senza  desiderio  sensua- 
le. —  Drudo,  ganzo,  amante  disonesto;  druda,  con- 
cubina, ganza,  amica,  in  mal  senso,  però  non  odioso. 

—  Favorita,  l'amante  d'un  principe.  —  Florindo, 
l'amante  (dall'omonimo  personaggio  delle  commedie 
di  Goldoni).  —  Servente  d'amore,  titolo  storico. 

Donna  amata:  la  bella,  la  dea,  la  diva,  la  dulcinèa, 
la  ^ammetta  (per  similitudine),  la  fiamma;  la  ninfa 
(poet.). 

Glori,  Filli,  Fillide,  Nice,  figure  mitologiche  di 
amante.  —  Donna  che  ha  l'amante,  piazza  occupata. 

Donna  senza  l'arante:  attaccabile,  disponibile,  in 
disponibilità,    liber/t    possibile,   spigionata,  vedova. 

Amantes,  amentes  (lat.):    gli    amanti    sono   senza 


mente,  senza  giudizio.  -  Anima  mia,  mio  bene,  mio 
diletto,  mio  idolo,  mio  riposo,  mio  sole,  mia  speran- 
za, mio  tesoro,  mia  vita:  appellativi  che  si  scambia- 
no gli  amanti.  Anche:  caro  bene,  dolce  mio  fuoco, 
mia  luce,  fontana  di  mia  vita,  dolce  mia  pena;  lume, 
sole  degli  occhi  miei,  mio  nume;  mio  colombino,  mia 
speranzina. 

Mattinata,  il  cantare  o  sonare  che  fanno  gli  amanti 
sotto  le  finestre  della  bella:  contrapposto  a  serenata. 

—  Reggere  il  candeliere,  di  chi  aiuta  tresche  d'a- 
manti. —  Ripesco,   segreto   intrigo  amoroso. 

//  salto  di  Leucade  (da  dove  Saffo  si  gettò  in  mare), 
per  similitudine,  la  disperazione  di  un'  amante. 

Amanuense.  Chi  lavora  a  scrivere,  copiando; 
scrivano. 

Amaràcciola.  Sorta  di  ginestra. 

Amàraco  (amaracino).  Sorta  di  erba  odorosa: 
origano,  maiorana. 

Amaranto  (amarantino).  Pianta  erbacea,  con 
belle  spighe  di  fiori  rossi  e  porporini,  annua  o  bien- 
ne, famiglia  delle  amarantacee.  Simbolo  dell'emmor- 
talitd.  Quello  giallo  è  simbolo  del  dolore.  Se  ne  usa 
il  legno  in  sostituzione  del  mògano.  Specie:  l'a- 
maranto poligamo  (fior  di  amore),  il  tricolore  (fior 
di  gelosia),  il  giallo,  il  viridis,  ecc. 

AmarascMno.  Qualità  di  rosolio. 

Amarasco  (amarasca).  Sorta  di  ciliegio,  ■ 

Amare  (amabile,  amato).  Voler  bene,  per  affe- 
zione in  genere;  avere  affetto,  sentire  amore, 
essere  amante.  Aver  caro,  tener  caro.  Benevolere, 
diligere,  vedere  di  buon  occhio,  veder  volontieri; 
aver  caro,  tener  caro;  aver  cura,  aver  a  cura;  ave- 
re, tenere  a  cuore,  in  cuore,  nel  cuore;  aver  a  petto; 
dare,  donare  il  cuore;  avere  nelle  maniche;  tenere 
come  il  bicchiere  in  tavola  (detto  abruzzese);  a- 
vere  amicizia. 

Cesto,  cinto  di  Venere,  nel  quale  sono  racchiuse  le 
grazie,  i  desideri  e  l'amabilità. 

Amare  in  ispirilo,  spiritualmente,  platonicamente. 

-  Esser  tulli  fiori  e  baccelli  con  uno,  trattarlo  con 
benevolenza.  -  Prediligere,  amare  con  preferenza.  - 
Riamare,  amare  chi  ci  ama;  corrispondere  nell'af- 
fetto (Riamare,  altresì,  ripete  amare).  -  Rubare  il 
cuore,  costringere  ad  amare.  -  Venerare,  amare  con 
grande  rispetto. 

Amorevolezza,  naturale  disposizione  ad  amare; 
affettuosa  benignità.  -  Autolatria,  adorazione  di  sé 
stesso.  -  Renevolenza,  disposizione  d'animo  special- 
mente verso  persone  riguardate  come  inferiori,  e  che 
spinge  a  compatirle  ed  amarle  (Esser  benevolo;  trat- 
tare benevolmente).  -  Renignitd,  l'essere  benigno,  be- 
nevolo, per  natura  disposto  a  far  bene.  -  Carezza, 
affettuosa  dimostrazione  di  amorevolezza,  che  si  fa 
ad  altri  con  atti  o  con  parole.  -  Cordialità,  affetto 
sincero,  che  proprio  viene  dal  cuore  (essere  cordiar 
le,  di  chi  parla  ed  opera  con  amorevolezza  e  sin- 
cerità; cordialone,  familiarmente,  chi  tratta  con  af- 
fetto e  alla  buona).  -  Fiamma,  la  passione  amorosa 
0  la  persona  stessa  che  si  ama  accesamente.  -  Pre- 
dilezione, affetto  parziale  per  una  persona  o  cosa; 
inclinazione  dell'animo  che  si  ha  per  una  cosa  o 
una  persona  più  che  per  l'altra.  -  Svisceratezza,  amo- 
revolezza grande,  fervorosa.  -  Venerazione,  l'affezio- 
ne accompagnata  da  un  grande  rispetto. 

Amare  molto.  —  Amare  con  ardore,  alla  follia, 
di  gran  cuore;  adorare  (adorabile,  adorato,  adora- 
tore, adorazione),  volere  un  benaccione  da  balia,  un 
ben  matto;  amare  con  tutto  il  cuore,  con  tutta  l'a- 
nima, quanto  e  più  della  luce,  più  dei  propri  oc- 
chi (o  più  della  pupilla  dei  propri  occhi),  più  della 


AMARE   —    AMBASCIATORE 


69 


propria  vita,  più  di  sé  medesimo  ;  essere  infervorato, 
ardere  d'amore;  volere  il  meglio  del  mondo;  avere  in 
delizia,  avere  per  un  tesoro;  tenere  come  un  tesoro; 
manjiiare  o  bere  uno  con  gli  occhi;  voler  bene  a 
sacca;  andar  matti  (d'una  cosa  o  per  una  persona); 
essere  briaco,  infatuato  (di  persona  o  cosa);  volere 
un  bene  dell'anima,  un  ben  di  vita,  il  più  gran 
bene  del  mondo;  amare  cordialmente,  calorosa- 
mente. —  Non  veder  lume  che  per  gli  occhi  d'uno, 
amarlo  ciecamente.  -  Paiono  due  innamorati,  di  due 
persone  che  si  vogliono  un  gran  bene. 

Ajiare  troppo.  —  Amare  perdutamente,  idola- 
trare, trasamare.  -  Idolatra,  clii  esagera  l'alletto  per 
qualche  cosa;  idolatria,  smoderato  all'etto  verso  cosa 
amata.  —  Infatuarsi,  divenir  fatuo  da  tanto  che  si 
è  presi  d'una  cosa  che  piace.  —  //  troppo  bene 
rompe  le  panchette  o  sfonda  le  cassette:  delle  affe- 
zioni esagerate,  cieciie;  o  de'  bacchettoni  che,  con 
la  scusa  di  fare  il  bene,  mandano  a  male  molte  cose. 

Amarsi.  —  Essere  corpo  ed  anima,  pane  e  cacio, 
anima  e  cuore,  un'anima  in  due  corpi,  fiori  e  bac- 
celli; di  fede  e  d'amore  incollati  e  vestiti;  essere 
presi  di  reciproca  affezione;  essere  la  stessa  broda. 
-Affratellarsi,  amarsi  come  fratelli:  fraternizzare. - 
Essere  tin  cuore  e  un'anima  sola,  di  due  persone  che 
si  amano  molto.  — Narciso,  nella  mitologia,  giovane 
pieno  d'amore  per  sé  stesso. 

Farsi  amare  —  Affezionare,  affezionarsi  qualcuno, 
farsi  voler  bene  da  lui:  indurre  amore,  alìezione; 
acquistar  l'amore,  la  grazia.  -  Cattivare,  cattivarsi, 
rendersi  amico,  benevolo;  acquistarsi  amorevolezza. 

-  Rubacori,  colui  o  colei  che,  per  bellezza  e  per 
garbo,  si  fa  amare  da  tutti. 

Non  amare.  —  Contrario  di  amare,  disamare  (di- 
samabile, disamante,  disamato;  inamabile,  inamato). 

-  Agnocasto,  sindDolo  della  ft-eddezza,  di  chi  vive 
senza  amare. 

Amabile:  degno  d'essere  amato;  grazioso,  attraente, 
piacevole;  tale  che  ispira  amore,  simpatia,  sa 
farsi  amare  o  è  atto  ad  essere  amato.  Pigliator  di 
animi.  -  Adorabile,  amabile  in  alto  grado. 

Amato:  accetto,  benaccetto;  benamato;  beneviso, 
ben  veduto,  benvisto,  benvoluto;  caro  (di persona  o 
cosa  che,  per  i  suoi  meriti,  le  sue  qualità,  il  suo  modo 
di  fare,  l'utilità,  sia  simpatica  e  ricercata  da  tutti)  ; 
diletto,  prediletto  (amato  a  preferenza)  ;  corrisposto, 
riamato,  ricambiato  d'affetto.  —  Molto  amato:  arci- 
amato,  amatissimo,  arciamatissimo;  arcicaro,  carissi- 
mo, stracaro.  Essere  come  il  matto  nei  tarocchi. 

Adoi-azione,  la  cosa,  la  persona  adorata.  -  Idolo,  qua-- 
lunque  persona  o  cosa  nella  quale  si  ponga  smode- 
rato affetto,  e  s'abbia  sovercaia  venerazione;  vale 
anche  la  donna  amata.  —  La  metà  dell'animo  mio, 
d'una  persona  oltremodo  cara.  —  Essere  la  luce  de- 
gli occhi  d'imo:  non  veder  luce  che  per  i  suoi  occhi: 
di  persona  amatissima  da  un'altra.  -  Essere  l'occhio 
destro  o  diritto  di  qualcuno,  la  persona  più  cara, 
più  ricercata. 

Luce  degli  occhi,  passione  dell'anima,  gioia  del 
cuore,  cura  e  diletto,  delizia  e  cura,  detto  della  per- 
sona amata. 

Amare.  Grandemente  desiderare.  -  Compia- 
cersi, valere,  pì'efeì-ire.  -  Riferito  Ripianta  e  ri- 
spetto al  terreno,  allignarvi  bene. 

Amareg-giare  {amareggiamento,  amareggiato). 
Render  aìnaro;  dare  amarezza,  cagionare  affli- 
iione,  dolore. 

Amarella.  Qualità  di  erba  amara. 

Amareno  (amarena).  Sorta  Ai  ciliegio.  Ama- 
rasca, raarinella,  il  fi-utto. 


Amarétto.  Sorta  di  pasta  dolce,  preparazione 
del  pasticciere. 

Amarezza  {amaritudine).  L'essere  amaro.  - 
Dispiacere,  dolore. 

Amaricante.  Che  ha  dell'  amaro;  medica- 
mento amaro. 

Amarillide.  Nome  di  una  ninfa.  -  Bella 
pianta  ornamentale,  con  fiori  grandi,  di  un  bei 
colore  rosa,  screziato  di  bianco.  Di  varie  specie,  tra 
cui  la  formosissima,  vuluarm.  belladonna. 

Amarina.  Principio  amaro  della  quassia. 

Amaro.  Contrario  di  dolce:  di  sapore  acre,  per  lo 
più  spiacevole;  di  cosa  che  cagiona  dispiacere,  do- 
lore. AmaiVO  come  l'aloe,  il  fiele;  acre,  come  il  veleno.  - 
Amarezza,  amaritudine,  amarore  ;  qualità  di  ciò  che 
è  amaro.  -  Amarume,  quantità  di  cose  amare.  -  Di- 
ventare amaro,  inamarire,  inamarirsi;  saper  d'aglio, 
di  sale.  Rendere  amaro  :  amareggiare.  -  Amaricante, 
che  ha  dell'amaro;  amarogno,  amarognolo,  amaretto, 
amariccio,  alquanto  amaro,  amarulento,  pieno  di  ama- 
rezza. Molto  amaro:  amarissimo,  amaro  come  il  liele, 
più  del  liele,  come  l'aloe,  come  l'assenzio,  come  ra- 
barbaro, come  il  tossico,  come  il  veleno.  —  Pare  la 
bevanda  che  diedero  a  Cristo:  di  vino  o  bevanda 
amara. 

Amaro  {sostanza  amara).  Sostzaan  medicamen- 
tosa, di  origine  vegetale,  di  sapore  forte,  usata  come 
stomachica.  -  xlman'a romanici;  matricaria,  luppolo, 
cascarilla,  camomilla,  ecc.  -  Amari  puri:  quassie, 
genziana,  assenzio,  ecc.  -  Amari  slittici:  angustura, 
china-china,  ecc. 

Amarra  {amarrare).  Fune  con  la  quale  si  ferma 
una  nave,  senza  ricorrere  M'ancora. 

Amàsia,  amàsio.  Detto  ad  amante. 

Amata,  amato.  La  donna,  l'uomo  che  sono 
oggetto  d'amore. 

Amatista  {ametista).  Sorta  di  gemma. 

Amatita  (ematite).  Ferro  ossidato,  che  si  usa 
per  il  disegno. 

Amatore.  Chi  si  occupa  di  un'  arte,  ec\c. 

Amatòrio.  Di  amore,  appartenente  ad  amore. 

Amauròsi.  Malattia  dell'occ/iio. 

Amàzzone.  Tipo  di  donna  guerriera. 

Amba.  Nome  di  montagna,  in  Abissinia. 

Ambage.  A^'v^olgimento,  circonlocuzione  del  di- 
scorso, che  generi  dubbio. 

Ambarrali.  Anticamente,  feste  dell"  agricol- 
tura. 

Ambasceria.  La  carica  AelV ambasciatore. 

Ambàscia  (ambasciare).  Angoscia,  intenso  do- 
lore. 

Ambasciata.  Detto  ad  ambasciatore. 

Ambasciatore  (ambasciatrice).  In  significato 
letterale,  colui  che  porta  un'ambasciata,  il  messag- 
gio di  un  sovrano  a  un  altro  :  messaggiero,  delegato, 
deputato,  referendario,  nunzio;  oratore  (del  re,  della 
repubblica,  ecc.).  Ambasciatore  ordinario,  straordi- 
nario. Politicamente  parlando,  il  rappresentante  di 
una  grande  potenza  presso  la  corte  e  il  governo  di 
un'altra,  per  trattare  le  faccende  politiche  e  le  que- 
stioni di  interesse  comune:  in  questo  senso,  anche 
incaricato  d'affari,  inviato,  ministro,  agente  diplo- 
matico, ambasciatore  residente,  o  anche  solo  resi- 
dente;  console.  Gli  ambasciatori  appartengono  alla 
diplomazia.  •  Ambasciatore  in  seconda  linea  :  sot- 
to-ambasciatore, vicelegato,  prolegato,  sublegato,  reg- 
gente d'ambasciata. 

Araldo,  chi  un  tempo  recava  le  sfide  di  batta- 
glia e  le  conclusioni  di  pace,  secondo  la  volontà 
dei  principi  e  dei  magistrati.  -  Attaché  (dal  frane). 


70 


AMBEDUE    —    AMENTO 


addetto  ad  un'  ambasciata,  ufficiale  d'ambasciata  *  _ 
Feciale,  nell'antichità,  ambasciatore  con  carattere 
sacro  e  speciale.  -  Legato,  ambasciatore  nell'anfi- 
chità  romana  e  nel  medio  evo  (inviato  dei  comuni); 
ora,  messo  o  i-appresentante  del  papa  (hgato  a  la- 
terej,  per  lo  più  un  cardinale.  -  Nunzio  apostolico, 
prela'to,  vescovo,  arcivescovo  o  patriarca,  che  viene 
inviato  dal  papa  in  qualità  di  ambasciatore  presso 
imperatori,  re,  principi,  repubbliche,  con  delei.'a- 
zione  ordinaria  ed  anche  straordinaria  e  conmne- 
mente  coi  poteri  di  legato  apostolico. 

Parlamentario,  chi  porta  ambasciata  o  si  reca 
a  intavolare  trattative  fra  due  corpi  di  milizia  in 
guerra.  -  Plenipotenziario,  ambasciatore  munito  dal 
suo  governo  di  pieni  poteri.  -  Segretario  d'amba- 
sciata, funzionario  pul^blico  che  gode  gli  stessi  di- 
ritti ed  ha  gli  stessi  obblighi  dell'ambasciatore.  — 
Ambasciatrice,  moglie  dell'ambasciatore;  messaggera. 

Ambasciata,  ambasceria,  ambascieria,  imbasciata, 
commissione,  legazione,  messaggio,  annunzio,  no- 
vella :  ciò  che  si  manda  a  dire  per  interposta  per- 
sona. Anche  la  carica  dell'ambasciatore:  ambascia- 
toria,  rappresentanza,  deputazione,  legazione,  nunzia- 
tura, nunziaria.  -  La  residenza  stessa  dell'ambasciatore. 

Esporre   un'ambasciata,   riferirla  solennemente.  — 

Credenziale,  lettera  o  documento  che  presentano  gli 
ambasciatori,  gli  inviati,  gli  agenti  diplomatici  per 
essere  ufficialmente  riconosciuti.  -  Conferenza,  riu- 
nione di  ambasciatori  allo  scopo  di  studiare  la  ri- 
soluzione di  una  data  questione  di  interesse  generale. 

Legazione,  la  carica,  l'ufficio  di  legato,  di  amba- 
sciatore. Anche  il  palazzo  nel  quale  risiede  un  am- 
basciatore, con  gli  uffici  dipendenti  da  lui.  -  Nun- 
ziatura, la  dignità  del  nunzio.  -  Accreditare  un  am- 
basciatore, dargli  lettere  di  credenza  che  attestino 
la  sua  qualità.  -  Chiedere  il  passaporto,  di  un  am- 
basciatore che  lascia  un  paese  :  segno  di  prossima 
rottura  nelle  relazioni  fra  due  potenze.  -  Richia- 
mare, togliere  l'ambasciatore  da  un  ufficio,  per  man- 
darlo altrove  o  per  rotture  diplomatiche.  -  Udienza 
di  congedo,  quella  in  cui  si  fanno  i  congedi,  spe- 
cialmente degli  ambasciatori. 

Ambedue,  ambidue.  Tutt'  e  due;  uno  e 
l'altro. 

Ambiare  f ambiatura).    Andatura  del  cavallo. 

Ambidestro.  Chi  adopera  egualmente  una  mano 
e  l'altra.  -  Anche,  furbo. 

Ambiente.  Dicesi  deWaria  che  circonda  al- 
cuna cosa.  -  Impropriamente,  non  nell'uso,  red- 
piente,  vano,  stanza. 

Ambiguità.  L'essere  ambiguo  ;  condizione  di 
cosa  che  si  può  diversamente  capire,  che  può  dar 
luogo  ad  equivoco;  di  discorso  non  chiaro;  di 
condotta  non  onesta  o  poco  onesta;  di  contegno 
non  sincero;  di  persona  o  cosa  che  lasci  in  dub- 
bio e  anche  susciti  sosj)etto. 

Ambig'uo.  Detto  ad  ambiguità. 

Ambio.  Andatura  difettosa  del  cavallo. 

Ambiopia.  Diplopia,  vista  doppia. 

Ambire  fambitoj.  Cercare  con  gran  desiderio, 
avere  ambizione. 

Ambito.  Giro,  circuito,  cerchio.  -  Briga,  bro- 
glio per  ottenere  un  ufficio. 

Ambizióne  (ambizioso,  ambiziosamente).  Vivo 
desiderio  di  cose  che  solleticano  l'amor  proprio  e 
lo  esaltino;  smania,  sovercliia  cupidigia  di  onori  e 
di  grandezze:  vista  superba,  alta  mira.  Ambizione 
giusta,  modesta,  tranquilla,  ragionevole,  sensata;  ec- 
cessiva, esorbitante,  indemoniata,  indiavolata,  irre- 
frenabile, sfrenata,  smodata.  -  Ambizioncella.   ambi- 


zioncina,  ambizione  meschina.  -  Briga,  maneggio  a 
scopo  ambizioso.  -  Fumo,  vanagloria,  ambizione,  ecc. 

-  Arrabbiare  d'ambizione,  esserne  preso  furiosamente. 

-  Avere  il  verme  dell'  ambizione,  esserne  dominati  e 
turbati.  -  Brogliare,  broglio,  pratica  ambiziosa  per 
ottenere  pubblici  uffici. 

Ambire,  avere  ambizione;  desiderare,  ricercare 
avidamente  cariche,  onori,  uffici;  aspirarvi  con  foga. 

Ambizioso,  acceso  d'ambizione:  vanaglorioso,  vani- 
toso;   ambizioncello,    amlDiziosetto;  amlDiziosaccio.  — 

Slare,  tenersi  in  disparte:  trattandosi  di  cariche,  di 
onori,  di  uffici,  non  ambirli,  non  curarli. 

Ambo.  Combinazione  di  due  numeri,  special- 
mente nel  giuoco  del  lotto  e  della  tombola. 

Ambóne.  Nelle  chiese,  il  lìulpito. 

Ambi-a.  Materia  bituminosa,  di  colore  più  o 
meno  giallo,  trasparente  conie  cristallo.  Fregata,  ha 
la  proprietà  di  attirare  i  corpi  leggieri.  _  Distillata, 
dà  acido  succinico.  Serve  a  fare  bocchini  di  pipa, 
portasigari,  collane,  ecc.;  con  i  cascami  e  con  la 
raschiatura  si  fanno  lacche  e  vernici.  -  In  ambra, 
secondo  la  mitologia,  furono  dagli  dèi  cambiate  le 
lagrime  delle  Eliadi,  figlie  del  sole  e  di  Climene, 
sorelle  di  Fetonte,  addoloratissime  per  la  morte  di 
questi.  -  Varietà:  bianca,  nera  o  bruciata  (come 
il  jais  d'Irlanda,  detto  anche  lustrino),  grigia  (usata 
in  profumeria),  gialla  (succino,  carabe,  elettro). 

Ambrojfetta.  V.  a  mattone  e  2.  jictv intento. 

Ajnbroide.  Preparazione  che  si  fa  con  avanzi 
di  ambra  e  con  una  lega  speciale. 

Ambrosia.  Nella  mitologia,  alimento  e  be- 
vanda degli  dei. 

Ambrosino.  Antica  moneta  milanese. 

Ambulacro  (ambulatorio).  Andito,  corridoio. 
•  Il  cassero  in  un'antica  nave. 

Ambulante.  Vagante  ;  che  va  da  luogo  a  luogo: 
da  ambulare,  andare.  -  Di  posta  viaggiante.; 

Ambulanza,  f^arro,  t^eicolo  per  il  trasporto 
di  feriti  0  di  malati,  massime  della  milizia:  anche 
il  complesso  di  quanto  occorra  all'uopo,  per  le  me-, 
dicazioni,  ecc.  -  Specie  di  ospedale  ambulante, 
recentemente  allogato  anche  in  carrozzoni  di  ferro- 
via. -  Luogo,  locale  dove  il  medico  riceve  e  visita 
ammalati,  bene  spesso  a  titolo  di  beneficenza  e  dove, 
per  lo  più,  l'assistenza  è  specializzata,  per  alcune 
malattie  :  ambulatorio  clviico,  medicheria. 

Ambulare  (ambulante).  Andare,  camminare. 

Ambulatorio  (ambulacro).  Andito,  corridoio. 

-  Ambulatorio  clinico  detto  ad  Ambidanza. 

Ambulo.  V.  ad  andare  e  a  licenziare. 

Améba  (amiba).  Specie  di  tHzòjjodo. 

Ameboide  (amiboide).  Movimento  di  contra- 
zione del  protoplasma:  veggasi  ad  anatomia. 

Amen  (ammen).  Voce  ebraica  che  significa  cosi 
sia  e  si  usa  per  confermare  un  detto  (come  dicesi 
in  verità)  e  anche  per  indicare  acconsentimento, 
includendovi  però  l'idea  di  noncuranza  0  di  rasse- 
gnazione. 

A  menadito.  In  modo  facile,  sicuro. 

Amenità.  Bellezza  di  luogo;  l'essere  ameno. 
Vaghezza,  giocondità. 

Amèno.  Dicesi  di  luogo  bello,  piacevole,  ri- 
dente, gaio;  dilettoso,  vago,  giocondo,  sollazzevole,  de- 
lizioso. Luogo  paradisiaco,  eden.  -  Di  persona  pia- 
cevole, lieta,  faceta,  nel  dire,  nel  conversare; 
vivace,  festevole,  piena  di  brio.  -  Anche  (capo  ameno) 
di  uomo  bizzarro.  —  Romantico,  dicesi  di  luogo 
ameno  e  solitario. 

Amento.  Modo  particolare  di  infiorescenza: 
leggasi  a  fiore. 


AMETISTA    —    AMICO 


71 


Ametista  (amatista).  Sorta  di  getnnia:  corin- 
done, pietra  di  vescovo. 

Anietistino.  Di  colore  violaceo. 
Amianto.  Varietà  fibrosa  di  treniolite,  che  si 
trova  in  abbondanza  associata  all'asbesto:  è  sostan- 
za biancastra,  lìlamentosa,  flessibile,  atta  ad  essere 
filata  e  tessuta,  assolutamente  incombustibile  e 
infusibile:  detta  anche  seta  fossile,  seta  di  montagna. 
Usato  dagli  antichi  nella  cremazione  per  racco- 
gliere le  ceneri  dei  cadaveri.  Serve  ora  per  fare 
telefoni  da  teatro,  fdtri  per  acidi,  corde,  tessuti, 
cartoni  per  conduttori  a  vapore,  congiunzioni  di 
macchine,    ecc. 

Amicarsi  (amicato).  Cattivarsi,  procurarsi  ami- 
cizia. 

Amichevole  (amichevolmente).  Da   amico,  se- 
condo amicizia:  atto,  maniera,  ecc. 

Amicizia.  Sentimento,  afTetto  che  attrae  l'uomo 
verso  l'uomo  (poet.,  amistà),  rendendolo  recipro- 
camente amico:  amichevolezza,  amistanza,  cono- 
scenza, dimestichezza,  amichevole  corrispondenza; 
affratellamento,  alTratellanza,  fratellanza,  fraternità; 
siìnpatia;  fratellevole,  affratellevole  animo,  fratel- 
levole  usanza;  familiarità,  intrinsichezza.  Amicizia 
buona,  costante,  fedele,  provata,  salda,  schietta,  sin- 
cera, tenera;  debole,  fiacca,  incerta,  fredda,  dubbia, 
ostentata;  breve,  lunga;  fresca,  recente,  improvvisata; 
salda,  vecchia,  stretta,  intima,  profonda  ;  affettata,  ap- 
parente, appiccaticela,  superficiale,  simulata.  -  Ami- 
cizia di  cappello  o  di  saluto,  non  intima.  -  Persona 
comunicativa,  che  facilmente  si  confida,  fa  amicizie. 
Prova,  testimonianza,  tributo  d'amicizia,  le  parole, 
gli  atti,  i  fatti  che  la  dimostrano.  -  Stretta  di  mano, 
segno  d'amicizia. 

Contrarre  amicizia  :  appiccare ,  attaccare,  fare, 
stringere  amicizia;  legarsi;  stringersi  in  amicizia, 
o  di  amicizia;  incontrare  amicizia;  famigliarizzarsi, 
intrinsecarsi,  pigliare  dimestichezza,  prendere  ami- 
stà. -  Aderenza,  relazione,  amicizia,  massime  quella 
autorevole  -  Alleanza,  relazione  d'amicizia;  per  il 
conseguimento  di  uno  scopo  condiviso  da  altri.  - 
Attinenze,  amicizie,  relazioni  di  amicizia.  -  Dimesti- 
chezza, domestichezza,  amicizia  tra  persone  che  si 
trattano  famigliarmente  :  essere,  farsi  domestico 
con  qualcuno.  -  Pratica,  amicizia,  persona  che  si 
pratica.  Anche  di  donna.  -  Relazione,  legame  di 
amicizia  o  di  corrispondenza. 

Accaparrarsi  l'amicizia,  acquistarsela,  procurarsela, 
guadagnarsela,  meritarsela  :  cattivarsi ,  conciliarsi, 
propiziarsi;  gratificarsi,  gratuirsi;  aggraziarzi,  ingra- 
ziarsi ;  rendersi  propizio,  tirar  dalla  sua  ;  farsi,  ren- 
dersi bene  accetto  ;  legar  l'animo  di  qualcuno  ;  in- 
trodursi, insinuarsi  nell'  animo,  nelle  grazie,  nelle 
simpatie  di  qualcuno.  -  Amicarsi,  farsi  amico  o 
meno  nemico.  -  Avere  stretti,  strettissimi  legami,  di 
amicizia,  essere  intimi,  intimissimi  amici.  -  Corri- 
spondere, ricambiare  1'  amicizia.  -  Fraternizzare, 
sentire  nell'amicizia  un  affetto  fraterno.  -  Coltivare 
l'amicizia  di  qualcuno,  mantenerla  con  cura  assidua. 
Guastare  l'amicizia,  renderla  meno  buona  e  pro- 
fittevole; anche  sciuparla,  romperla.  -  Levare  uno 
da  un'amicizia:  fargliela  perdere.  -  Mancare  all'ami- 
cizia,cioè  ai  doveri  dell'amicizia.  -  Mendicare  V  ami- 
cizia, cercarla  a  chi  abbia  poca  volontà  di  conce- 
derla 0  non  la  conceda  spontaneamente.  -  Raffreddarsi 
{raffreddamento),  dell'  amicizia  che  perde  della  pro- 
pria intensità,  si  affievolisce.  -  jRoj/iperel' amicizia; 
romperla,  rompersi  con  uno,  troncare  le  buone  re- 
lazioni, andare  in  rotta,  mettersi  in  rottura,  venire 
a  rottura;   sciogliere,   troncare  l'amicizia. 


Celebri  per  la  loro  amicizia,  nella  storia  o  nella 
leggenda:  Castore  e  Polluce  (i  Dioscuri),  Damone  e 
Pizia,  Niso  ed  Eurialo,  Oreste  e  Pilade. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Colla  che  non  fa  presa, 
d'amicizie,  passioni  che  non  possono  durare.  -  Dir- 
sela molto,  esser  molto  amici.  -  Due  anime  in  un 
nocciolo,  di  due  persone  legate  da  grande  amicizia. 
•  Far  razza,  accomunarsi,  stringere  amicizia.  -  Le 
amicizie  si  devono  sdruscire  e  non  stracciare,  non 
bisogna  abusarne. -L^  amicizie  vuotano  la  borsa,  fi- 
niscono col  riuscire  costose.  -  Più  vale  il  cuore  che 
il  sangue,  più  l'amicizia  che  la  parentela. 

Contrario  di  amicizia:  V  inimicizia,  1'  essere  ne- 
mico. 

Amico  {amica).  Chi  sente,  prova,  manifesta 
amicizia,  e  chi  ne  è  l'oggetto.  Amico  buono,  cor- 
diale, fido,  schietto,  sincero,  sviscerato,  tenero;  bu- 
giardo, finto,  infido,  dubbio  (che  non  si  presta  al- 
l'occorrenza); amico  del  cuore,  intimo,  stretto,  stret- 
tissimo; alter -ego;  incomparabile  (un  vero  tesoro  di 
amico),  insuperabile  (che  non  si  stanca  mai).  - 
Amicissimo,  superlativo:  molto  amico,  confidentis- 
simo, intimissimo,  devotissimo. 

Una  coppia,  un  branco  di  amici,  due  o  più  amici 
insieme:  nello  stesso  senso,  consorzio,  corona,  stuolo 
d' amici.  -  Amica,  la  donna  per  la  quale  si  ha 
amicizia:   ma  vale  anche  in  significato   di  amante. 

Tipi  storici  0  leggendari  di  amici,  V.  ad  amicizia. 

Amico  a  fior  d' acqua,  di  superficiale  affetto.  • 
Amico  a  pargole,  chi  coi  fatti  vien  meno  all'amicizia. 
-  Amico  Ciliegia,  lo  stesso,  ma  con  più  ironia,  o 
betfa  0  confidenza,  che  amico  Cesare:  amico  buono 
a  nulla,  ohe  non  si  sacrificherebbe  (si  dice  anche 
l'amico  Cesare,  1'  amico  Ciliegia,  alludendo,  per  lo 
più  sfavorevolmente,  a  persona  che  non  si  nomina). 

Amico  da  bonaccia,  amico  interessato.  -  Amico  di 
cappello,  quello  che  si  conosce  appena  per  uno 
scambio  di  saluti,  ma  col  quale  non  si  ha  confi- 
denza e  neppure  la  si  desidera.  -  Amico  di  casa,  che 
frequenta  la  famiglia.  •  Amico  di  celia,  d'apparenza. 

Amico  da  tavola,  chi  si  trova  spesso  a  mangiare  alla 
locanda  con  noi.  -  Amico  di  vetro,   inutile,  disutile. 

Amico  per  lettera,  di  chi  contrae  amicizia  con 
altri  scambiando  lettere,  senza  conoscersi  personal- 
mente. -  Amico  politico,   dello   stesso  partito.   — 

Amicone,  grande  amico,  ma  piuttosto  allegro  e 
chiassoso.  -  Bellin  bellino,  finto  amico.  -  Cassiere, 
in  una  società  d'amici,  quello  che  spende  per  tutti, 
e  poi  fa  il  conto  per  ciascuno.  -  Compare,  chi  par- 
tecipa ad  intrighi  dell'amico.  -  Famigliare,  più  che 
amico,  fjuasi  persona  di  famiglia.  -  Fido  Acate  (scherz. 
lett.),  chi  non  lascia  mai  la  compagnia  d'  un  altro 
per  amicizia  o  per  ossequio. 

Acquistare,  conquistare  una  persona,  rendersela 
amica.  -  Amicare,  amicarsi,  rendere,  diventare  ami- 
co. -  Coltivare,  conservare  un  amico,  stargli  al 
fianco,  averne  cura,  sollecitudine,  per  non  perderne 
l'affetto.  -  Rappattumare,  rappattumarsi  far  torna- 
re, ridiventare  amici  dopo  uno  screzio,  una  rottura: 
riamicare,  riamicarsi,  toi'nare  amico.  -  Spalancare  il 
cuore  all'amico,  confidargli  tutto,  anche  i  più  intimi 
sentimenti,  i  più  segreti  affetti.  -  Sostenere  la  parte 
di   amico,    agire  da  amico,  in  qualità  di  amico. 

Staccarsi  da  un  amico,  lasciarlo,  abbandonarlo. 
Tenere  per  amico,  considerare  come  tale  e  trattare 
in  conformità.  -  Spararsi  per  un  amico,  fare  sacri- 
fici per  soccorrerlo,per  sovvenirlo. 

Locuziixi  e  proverbi.  —  Aver  le  budella  legate 
insieme,  essere  amici  intimi.  -  Essere  come  carne  e 
ugna,  di  due  persone  in  grande  intimità:   essere 


72 


AMMELMARE 


chiave  e  materózzolo,  culo  e  camicia;  essere  anima 
e  cuore,  essere  l'anima  di  qualcuno.  -Essere  come 
pane  e  cacio  esser  pane  e  cacio,  amici  intimi.  -  Far  un 
letto  nell'animo  altrui,  predisporre  altri  in  proprio 
favore.  -  L'  amico  accenna  e  non  balestra,  corregge, 
ma  non  nuoce.  -  Non  si  staccherebbero  neanche  col- 
l'acqua  calda  0  bollita,  di  amici  molto  stretti.  -  Sotto 
il  titolo  d'amico,  quanti  nemici  I....  fintamente,  con 
quello.  -  Un  vero  amico  è  un  gran  tesoro.  —  Amici 
cari,  ma  patti  chiari  e  borsa  del  pari.  -  Amici  da 
starnuti,  il  più  che  ne  cavi  è  un  «  Dio  f  aiuti  /  »  di 
amici  inutili.  -  Amici  di  buon  giorno  sono  da  met- 
tere in  forno.  -  Amico  certo  si  conosce  nell'incerto. 

Amico  di  tutti  e  di  nessuno  è  tutt'  uno.  -  Amico  di 
ventura  molto  briga  e  poco  dura.  -  Conti  chiari, 
amici  cari;  conti  lunghi,  amicizia  corta;  conti  spenti, 
amicizia  lunga.  -  Dagli  amici  mi  difenda  (o  mi 
guardi)  Iddio,  che  dai  nemici  mi  difendo  (o  mi 
guardo)  io,  -  Non  e'  è  miglior  specchio  che  V  amico 
vecchio,  il  quale  può  dirci  la  verità.  -  Per  fare  un 
amico  basta  un  bicchier  di  vino;  per  conservarlo,  è 
poco  una  botte.  -  Un  nemico  è  troppo  e  cento  amici 
non  bastano. 

Amido.  Materia  estratta .  dal  grano  e  da  altre 
piante  farinacee.  Sciolta  nell'  acqua  calda,  forma 
come  una  gelatina,  detta  salda  d'amido,  usata  dalla 
stiratrice  per  la  hianclieria.  Serve  anche  per 
dare  il  lucido  alla  carta,  per  bozzime  e  appretta- 
tura di  tessuti;  e  lo  si  considera  come  materia 
prima  nella  preparazione  del  glucosio,  dell'  alcool, 
ecc. 

Amidina,  principio  chimico  dell'amido.  -  Destrina, 
sostanza  che  si  può  estrarre  dall'amido.  -  Diastasi, 
sostanza  che  trasforma  l'amido  in  destrina.  -  Fecola, 
sostanza  che  è  la  base  dell'amido  come  della  farina.  - 
Glùtine,  ciò  che  resta  della  parte  interna  del  grano, 
dopo  toltone  1'  amido. 

Amilacei,  termine  generico  delle  sostanze  alimen- 
tari e  medicinali  contenenti  amido.  -  Amiloidi,  lo 
stesso  che  sostanze  amidacee.  —  Salda,  colla  d'  a- 
mido. 

Amig'dale.  Le  tonsille. 

Amigfdallna.  Detto  a  mandorla. 

Amili  co  (alcool).  Principale  componente  dell'olio 
di  patata:  adoperato  come  solvente  in  chimica. 

Amine»  V.  ad  ammoniaca. 

Ainiotrofia.  Detto  a  muscolo. 

Amistà.  Sinonimo  (usato  poeticamente,  per  lo  più) 
di  amicizia.. 

Amitto.  Pannolino  usato  dal  sacerdote  nelle 
funzioni  sacre. 

Ammaccare  (ammaccamento,  ammaccato,  am- 
maccatura). Acciaccare,  contundere,  pestare.  -  Ter- 
mine di  pittura  e  di  scultura. 

Ammaestrare  {ammaestramento,  ammaestrato, 
ammaestratore).  Fare  da  maestro  ad  altri;  istruire, 
insegnare;  rendere  abile  in  vnìarte,  in  un  me- 
stiere. -Detto di  ammate,  addestrarlo  a  qualche 
esercizio. 

Ammagliare  {ammagliato,  ammagliante).  Modo 
di  legare  stretto. 

Ammagrire  {ammagrimento,  ammagrito).  Di- 
ventar magro. 

Amxaaiare  {ammaiato,  ammaiatura).  Modo  di 
ornare,  con  fiori  e  verdura. 

Ammainare  {ammainato).  Raccogliere  la  vela. 
Figur.,  tirarsi  indietro,  ritirarsi  da  un  affare, 
da  wvì  impresta. 


Ammalare,  ammalarsi.  Divenir  malato^ 
essere  preso  da  malattia. 

Ammaliare  {ammaliamento,  ammialiatura,  am- 
maliato).  Esercitare  malìa;  far  subire  fascino. 

Ammalizzire  (  ammalizzito  ).  Far  prendere 
malizia.  -  Di  uccello  che  non  si  lascia  prendere 
alla  caccia  con  la  civetta. 

Ammammolarsi  {ammammolato).  Modo  di 
mettersi  a  dormire. 

Ammandorlato  {mandorlato).  A  forma  di 
mandorla.  -  Di  muro  a  mattoni  inclinati. 

Ammandriare  {ammandriato).  Ridurre  il  be- 
stiame  in  mandria. 

Ammanettare  {ammanettato).  Mettere  le  ma- 
nette ad  alcuno:  operazione  degli  agenti  di  poli- 
zia e  della  forza  pubblica. 

Ammanierare  {ammanieramento,  ammanierato). 
Atteggiare  o  foggiare  con  affettazione,  con  ar- 
tificio. '  Termine  di  pittura,  di  scultura  e 
simili. 

Ammannare  {ammannato).  Lavoro  di  agri- 
coltura: far  manna,  mannello,  covone,  del  grano 
o  d'altro. 

Ammannire  {ammaìinimento,  ammannito).  Al- 
lestire, preparare,  mettere  all'  ordine.  -  Lavoro 
di  muratore  e  di  tintore. 

Ammansare,  anuiiansire  {ammansato,  amr 
mansito).  Placare,  calmare,  specialmente  chi  sia 
agitato  da  ira.  -  Rendere  domestico  un  animale. 
-  Ammansarsi,  divenire  mansueto,  tranquillo. 

Ammantare,  ammantarsi  {ammantato).  Co- 
prire, coprirsi  di  manto  o  con  altra  veste. 

Ammantellare,  ammantellarsi  {amman- 
tellato). Coprire,  coprirsi  di  mantello. 

Axómarezzatura.  Difetto  dei  manufatti  di 
panno. 

Ammarginare,  ammarginarsi  {aìnmargi- 
nato).  Rimarginarsi,  far  cicatrice. 

Ajmjiiassare  {ammassamento,  ammassato).  Met- 
tere insieme,  unire;  far  massa,  mucchio;  racco- 
gliere in  abbondanza. 

Ammassicciare  {ammassicciato).  Fare  la  mas- 
sicciata a  una  strada.  -  Rendere  molto  solido. 

Ammasso.  Adunamento,  mucchio.  -  Deposito 
di  sostanza  minerale  tra  roccie  d'altra  natura. 

Ammatassare  {ammatassato).  Ridurre  in  ma- 
tassa 0  avvolgere  a  guisa  di  matassa.  -  Fig.,  fare 
imbroglio. 

Ammattire  {ammattimento,  ammattito).  Diventar 
matto,  esser  preso  da  jtazzia.  -  Agitarsi  assai  per 
cruccio^  per  ira,  o  per  altra  passione. 

Ammattonare  {ammaltonamento,  ammattonato). 
Fare  un  jjavimento  di  semplici  mattoni. 

Ammazzare,  ammazzarsi  {ammazzamento, 
ammazzato).  Togliere,  togliersi  la  vita;  uccidere, 
uccidersi.  —  Figur..  far  subire  eccessiva  fatica 
0  sottostarvi.  -  Anche  far  passare  il  tempo,  scan- 
sare r  ozio.  -  Termine  del  giuoco  di  carte. 

Ammazzasette.  Rravaccio,  millantatore. 

Ammazzatoio.  Luogo  dove  il  macellaio  am- 
mazza le  bestie:  macello,  mattatoio. 

Ammazzerare  {ammazzerato).  Percuotei-e,  bat- 
tere col  màzzero,  specialmente  pane  e  pasta. 

Ammazzocchiare  {ammazzocchiato).  Riunire 
in  mazzocchi:  del  granturco  e  del  radicchio. 

Ammazzolare  {ammazzolato).  Raccogliere  in 
mazzo  (erbe,  fiori  e  simili):  modo  qualsiasi  di 
unire. 

Ammelmare  {ammelmato].  Profondarsi  nella 
melma,  nel  fango. 


AJIMEN    —    AMMINISTRAZIONE 


73 


Amiuen.  Lo  stesso  che  amen, 

Animoncire  {ammencito).  Diventare  floscio, 
debole, 

Auiiuenda,  amnientlare  {nmmendabile,  am- 
mendamento,  ammendato).  Hi  Taci  mento,  rifare; 
risarcire  un  danno;  espiare  una  coljìa,  un'in- 
frazione alla  legge;  pagare  una  multa.  •  Com- 
pensare, supplire;  espiare  un />ecca<o,  correggere 
un  errore.  —  Lavoro  di  agricoltura.  -  Ammenda 
onorevole,  riparazione  A' nn  offesa. 

Ammennicolare,  ( ammenicolo ,  ammennico- 
lato). Lo  stesso  che  amminicolare. 

Ammensare  {ammi'nxalo).  Leggasi  a  vescovo» 

Ammettere  {ammessibile,  ammessone,  ammesso). 
Lasciar  entrare  (di  persona);  accogliere  in  una 
riunione,  in  un'  adunanza,  in  casa,  in  una  so- 
cietà. -  Accettare,  acconsentire,  approvare; 
abbonare,  menar  buono;  riconoscere  per  giusto, 
per  legale.  -  Ammessibile.  ammissibile,  che  si  può 
ammettere;  probabile,  plausibile.  -  Ammessione, 
ammissione,  accettazione,  ricevimento,  entratura,  ri- 
cezione. -  Ammesso,  ricevuto.  -  Conceduto,  dato,  sta- 
bilito. 

Ammezzare  {ammezzati).  Partire  per  mezzo, 
dividere  a  metà;  emjìire  fino  a  mezzo  a  un  t>aso; 
fare  la  metà  di  un  lavoro. 

Ammezzato.  Parte  di  una  casa:  meglio  detto 
mezzanino. 

Ammezzire  {ammezzito).  Divenir  mezzo:  detto 
di  frutta. 

Ammiccare  (ammiccamento,  ammiccato,  am- 
micco). Far  cenno,  far  segno  di  soppiatto  per  lo 
più,  con  r  occhio,  col  viso,  con  la  testa.  -  An- 
che avvertire  col  gomito  e  simili.  -  Movimento 
della  palpebra. 

Amminicolare  (amminicolato).  Sostenere,  dare 
aiuto  con  cavilli,  con  artificio.  -  Amminìcolone, 
chi  è  artiiìcioso,  cavilloso  nel  parlare. 

Ammlnicolo.  Cavillo,  artificio.  -  Rinforzo  di 
autorità. 

Amministrare  {amministmtivo,  amministrato, 
amministratore).  Tenere  un'  ainministrazione, 
dirigere  un'  azienda  propria  o  d'altri,  d'  una  casa^ 
d'una  ditta,  d'  uno  stabilimento  d'industria  o  di 
commercio,  di  un  giornale,  ecc.;  reggere,  go- 
vernare gli  affari  pubblici,  siano  del  comune, 
della  provincia,  dello  Stato,  d'nn' opera  jna, 
d'un  istituto  di  qualsivoglia  natura  e  anche  d'un 
esercito:  condurre  gli  affari,  tenere  l'amministra- 
zione; ministrare,  far  da  ministro;  aver  cura,  far 
andare,  guidare  ;  curare  gli  interessi  d'una  chiesa, 
d'un  convento,  ecc. 

Amministratore.  Chi  amministra,  è  chiamato 
ad  amministrare,  variamente  denominato  secon- 
do i  suoi  diversi  uffici:  fattore,  se  attende  ad  una 
azienda  di  agricoltura,  di  campagna;  agente, 
se  incaricato  d'affari  in  genere;  gerente,  il  manda- 
tario, il  dirigente  di  una  società  (commerciale, 
industriale,  ecc.);  dispensiere,  economo,  intendente, 
l'amministratore  degli  interessi  d'una  famiglia,  d'un 
privato; /a òbriozere,  l'amministratore  d'una  chiesa; 
cellerario,  -procuratore,  provveditore,  spenditore,  prov- 
visoniere,  provvisoniero,  camarlingo,  chi  maneggia 
il  denaro,  i  beni  di  un  convento  e  simili.  -  Ge- 
store (neologismo),  il  gerente  di  qualche  speciale  am- 
ministrazione. -  Ministro,  neiubro  del  governo 
d'uno  Stato. 

Amministrazione.  L'atto  e  l'effetto  dell' awt- 
ministrare;  l'insieme  delle  persone  che  accu- 
discono ad  una  azienda,  dirigendone  1'  andamento; 


anche  il  complesso  dei  loro  uffici  e  la  loro  sede. 
Nel  primo  significato:  governo  degli  affari,  maneg- 
gio degli  interessi;  cura,  agenda,  azienda;  ministra- 
ziont;  direzione,  gerenza,  governo.  Voci  di  poco  o 
nessun  uso  :  attoria,  istitorla,  procureria.  -  Ammini- 
strazioni proprie  e  variamente  costituite  hanno  lo 
Stato  (suddivise  in  alti-i  particolari:  della  posta 
e  del  telegrafo,  dell'  istruzione,  della  finan- 
za, della  giustizia,  della  xjolizia,  della  guer- 
ra, dei  lavori  j^ubblici,  ecc.),  la  provincia,  il 
comune  e  ogni  istituto. 

Ogni  amministrazione  tiene  una  propria  conta- 
bilità, che  ha  per  capisaldi  il  bilancio  (conto 
delle  entrate  e  aelle  spese)  e  1'  inventario,  nota 
di  tutto  quanto  (merci,  mobili,  ecc.)  è  posseduto 
da  un'azienda.  Principali  uffici,  nelle  diverse  am- 
ministrazioni, sono  quelli  del  direttore,  del  ragio- 
niere (o  contabile),  del  segretario,  del  cassiere,  del- 
l'economo,  del  procuratore.  Un  Consiglio  d'ammi- 
nistrazione sovrintende  all'  azienda,  quando  questa 
è  propria  di  una  società,  di  un  istituto,  ili  un  ente 
morale,  di  un  corpo  qualsiasi  (anche  d'un  reggi- 
mento della  milizia).  -  Gestione,  la  cura  di  una 
amministrazione,  e  l'amministrazione  stessa;  periodo 
di  gestione,  la  durata.  -  Amministrativo,  di  ammi- 
nistrazione: atto,  anno,  documento,  provvedimento, 
ecc.,  ecc.  -  Anno  amministrativo,  V.  ad  anno.  - 
Agenzia,  complesso  delle  cose  poste  sotto  il  go- 
verno d'un  agente. 

Persone,  ufficì 

Addetto,  chi  partecipa  alle  funzioni  d'un'ammini- 
strazione  come  impiegato,  come  operaio,  coms 
inserviente,  ecc.  -  Attorney,  voce  inglese  che  si- 
gnifica, press'  a  poco,  come  procuratore  presso  di  noi. 
-  Cancelleria,  1'  ufficio  che  raccoglie  e  trascrive  gli 
atti  del  magistrato  ;  cancellierato,  la  carica  del  caìv- 
celliere;  cancelleresco,  di  cancelleria,  attenente  a 
cancelleria.  Cancelliere,  chi  ha  l'ufficio  amministra- 
tivo di  scrivere  e  registrare  gli  atti  del  magistrato. 
•  Cassiere,  chi  ha  la  gestione  della  cassa  e  attende 
quindi  agli  incassi  e  ai  pagamenti.  —  Castaldo  (ti- 
tolo storico),  colui  che  amministrava  i  beni  patri- 
moniali del  principe.  -  Conirollo,  ufficio  di  verifica, 
di  ispezione.  -  Direttore,  chi  dirige  provvedendo  al 
buon  andamento  di  un'azienda.  -  Economo,  ammini- 
stratore delle  cose  proprie  o  delle  altrui.  Buono. 
bravo,  cattivo  economo.  —  Facitore,  agente  di  case 
signorili  in  città;  anche  l'amministratore  spesso  con 
mandato  di  procura  o  con  autorizzazione  del  tribu- 
nale, -  Ispettore  {ispettrice),  chi  é  delegato  a  sorve- 
gliare l'andamento  di  qualsiasi  ufficio  e  la  persona 
che  lo  disimpegna  {ispettorato,  la  sua  mansione  o 
il  corpo  di  più  ispettori,  nelle  grandi  amministra- 
zioni). -  Procuratore,  chi  è  investito  del  mandato 
di  procura  (V.  più  innanzi).  -  Ragioniere,  chi  è 
perito  in  materia  di  conti,  di  amministrazioni,  di 
liquidazioni,  di  atti  commerciali.  -  Riscontratore,  lo 
stesso  che  revisore,  sindaco.  -  Segretario,  in  gene- 
rale, chi  aiuta  alcuno  nel  disbrigo  dei  propri  af- 
fari e  della  propria  corrispondenza.  -  Sindaco,  man 
datario  incaricato  di  sindacare  gli  interessi  d'una 
società  0  di  altri.  -  Ufficio,  luogo  dove  ha  sede 
un'  amministrazione,  specialmente  se  pubblica.  - 
Bureau,  francesismo  spesso   e  senza  ragione  usato. 

Carte,  likri,  ecc.,  d'un'amministrazione 
Appunto,  nota,  memoria.  -  Brogliasso,   brogliazzo. 


74 


AMMINISTRAZIONE 


fi 


quaderno  che  si  tiene  sotto  mano  per  prendere  nota 
delle  varie  operazioni,  riportando  poi  sui  registri 
dei  conti:  quadernaccio,  scartafaccio,  sfogliazzo, 
stracciafogli.  -  Campione,  libro  maestro  o  registro 
principale  del  pubblico  censimento,  delle  gabelle, 
dei  mercanti,  ecc.  -  Catàlogo,  registro  nel  quale,  in 
ordine  alfobetico  e  per  distinzione  di  materie,  sono 
descritti  i  nomi  di  più  cose  congeneri.  -  Copiafatture, 
libro  su  cui  si  copiano  le  fatture,  i  conti. 

Fattura,  nota  o  lista  di  vendita.  -  Giornale,  libro- 
giornale,  registro,  scartabello,  sul  quale  si  scrive  di 
seguito  ciò  cbe  si  è  comperalo,  venduto  o  pagato; 
il  libro  insomma  sul  quale  il  commerciante  deve  re- 
gistrare giornalmente  tutte  le  sue  operazioni.  -  Indice, 
rubrica  (V.  più  innanzi).  -  Inventario,  nota  di  tutti 
gli  oggetti  che  si  trovano  in  un  luogo,  fatta  per  ricordo 
utile,  per  consegne,  ecc.;  stato  dimostrativo  di  tutto 
quanto  possiede  e  deve  un'amministrazione  (il  libro- 
giornale,  il  copia-lettere  e  il  lihro-inrentario  sono  dal 
codice  dichiarati  indispensabili  ai  commercianti). 

Libro  di  magazzino,  quello  sul  quale  si  nota  il 
carico  e  scarico  delle  merci  e  delle  derrate.  -  Libri 
mercantili  e  commerciali,  i  registri  sui  quali  i  ne- 
gozianti, i  banchieri  e  simili  scrivono  regolarmente 
tutte  le  loro  operazioni.  -  Lista,  conto,  nota,  fattura. 

-  Mastro    (libro),  quello  sul  quale    si    raccolgono  le 
rincipali  partite  contenute  specificatamente  in  altri 

ibri  ;  anche  quel  registro  stabilito  in  una  tesoreria 
(e  in  una  Bcdico)  per  iscrivervi  le  rendite  liqui- 
date a  nome  del  loro  proprietario.  -  Matrice,  quel 
che  rimane  d'un  foglio,  dopo  averne  distaccato  un 
documento  qualunque.  -  Memorandum,  promemoria, 
avviso,  sollecitazione. 

Nota,  sunto,  estratto  di  conto  esposto  con  brevità 
e  chiarezza.  -  Numero  rosso,  quello  che  sul  libro 
deve  denotare  V interesse  negativo;  numero  nero, 
quello  che  denota  l'interesse  positivo. 

Organico,  tutto  il  personale  di  una  amministra- 
zione, nella  sua  graduatoria,  cioè  l'ispetto  ai  vari 
gradi,  come  sono  disposti  e  regolati  per  legge  (V. 
più  innanzi,  a  ruolo  organico).  -  Organismo  ammini- 
strativo, l'insieme  dei  beni,  delle  persone  e  delle 
funzioni  di  un'azienda.  -  Passaggio,  trasporto  d'una 
partita  da  un  libro  ad  un  altro.  -  Perforatrice,  mac- 
chinetta che  serve  per  i^ucherellare  la  matrice  delle 
ricevute  o  dei  mandati,  quando  si  debbono  staccare 
da  un  registro.  -  Pezze  giustificative,  documenti  che 
comprovano  riscossioni  o  pagaa:enti  in  un  rendi- 
conto amministrativo. 

Polizza,  piccola  carta  contenente  una  breve  scrit- 
tura: polizzetta,  polizzino  (polizza  di  prestito,  di 
pagamento,  di  assicurazione,  ecc.).  -  Polizzario,  re- 
gistro polizze.  -  Prima  nota,  libro  sul  quale  si  pren- 
de nota  di  qualunque  operazione.  -  Prospetto,  tavola 
che  è  come  uno  specchietto  di  cifre  e  numeri;  per 
qualche  dimostrazione,  anche  accompagnato  da  rela- 
tivo scritto.  -  Protocollo,  libro  da  registrarvi  sopra 
ciiecchessia  brevemente,  per  poi  distendersi  più  lun- 
gaiiiento  e  autenticamente.  -  Quìtanza,  ricevuta:  di- 
chiarazione in  iscritto  pel  saldo  o  per  un  acconto 
ricevuto  da  un  debitore. 

Registro,  quaderno  o  libro  sul  quale  si  segnano 
gli  affari  quotidiani,  si  scrivono  cose  di  cui  si  deb- 
ba 0  si  voglia  conservare  memoria.  -  Registro-cassa, 
libro  nel  quale  si  registrano  le  entrate  quotidiane. 

-  Rendiconto,  esposizione  letta  o  scritta;  la  scrittura 
fatta  all'uopo.  -  Repertorio,  indice  o  tavola  de'  libri 
0  delle  scritture,  per  mezzo  delle  quali  si  possono 
trovare  le  cose  in  esso  indice  contenute.  -Resoconto, 


lo  stesso  che  rendiconto,  rapporto,  narrazione.  -  Re- 
versale, ordine  scritto  di  riscossione. 

Rubrica,  libro  repertorio,  o  il  catalogo  di  tutti 
i  nomi  delle  persone  con  le  quali  il  commerciante  ha 
pratiche  d'affari:  se  relativo  ad  un  libro,  ad  un  ma- 
stro, presenta  in  ordine  alfabetico  le  singole  partite 
ed  a  qual  pagina  siano   in   quel    libro    registrate. 

Anche  indice  per  sé  stesso,  repertorio,  catalogo,  in 
ordine  alfabetico,  dei  nomi  e  degli  indirizzi  delle 
persone  con  le  quali  1'  amministrazione  ha  pra- 
tiche d'affari.  -  Ruolo-organico,  pianta,  quadro  (que- 
sta voce  specialmente  applicata  all'esercito):  l'elen- 
co nel  quale  sono  indicati  gli  uffici  di  un'ammini- 
strazione e  gli  impiegati  che  le  sono  addetti  in  modo 
permanente. 

Scadenzario,  scadenziere,  registro  nel  quale  si  no- 
tano le  scadenze  delle  cambiali  accettate  o  girate.  - 
Scartafaccio,  libro  nel  quale  si  fanno  le  prime  an- 
notazioni degli  alìari  relativi  al  proprio  commercio. 

-  Stato  nominativo,  prospetto  dei  nomi  degli  addetti 
ad  un'amministrazione.  -  Stracciafoglio,  il  brogliasso. 

Tabella,  specchietto,  prospetto:  tabella  degli  obbli- 
ghi, dei  conti,  delle  varie  entrate  e  spese;  tabella 
orario,  ecc..  -  Testata,  serie  di  titoli  sovrapposti  alle 
colonne  componenti  una  tabella.  -  Titolo,  capitolo, 
suddivisione  {sommare  le  varie  spese  d"  un  ammini- 
strazione, titolo  per  titolo).  -  Vacchetta,  quaderno  sul 
quale  si  scrivono  le  spese  minute  giornaliere:  bro- 
gliasso. 

Operazioni,   scrittub azioni. 

Accudire  ai  propri  negozi,  amministrarli.  -  Alfch 
belare,  mettere  o  registrare  per  alfabeto  o  secondo 
l'ordine  alfabetico.  -  Andare  alla  firma,  il  recare  cor- 
rispondenze al  capo  ufficio,  perchè  le  firmi.  -  Atter- 
gare una  circolare,  un'istanza,  scrivere  a  tergo,  in- 
dicando alcuna  cosa  relativa  all'istanza,  alla  circo- 
lare. 

Condurre  l'amministrazione,  farla  procedere,  te- 
nerla al  corrente.  -  Dissestare,  ridurre  un'ammini- 
strazione in  condizioni  non  buone,  con  un  bilancio 
in  dissesto,  non  sostenibile.  -  Fare  il  corriere,  pre- 
parare le  lettere  da  spedire  in  giornata.  -  Fogliet- 
tare,  numerare  i  fogli  d'un  registro.  -  Inventariare, 
compilare  un  inventario,   registrare   nell'inventario. 

Mettere  al  corrente,  mettere  alla  giornata,  non  la- 
sciare in  arretrato  la  corrispondenza,  le  partite,  ecc. 

-  Ministrare,  amministrare,  somministrare.  -  Pre- 
ventivare, prestabilire  o  notare  preventivamente  una 
somma  da  spendersi.  -  Protocollare,  mettere  a  pro- 
tocollo, registrare  sul  libro,  specialmente  delle  let- 
tere che  si  spediscono  o  si  ricevono.  Protocollista, 
chi  attende  a  questo  ufficio. 

Registrare,  mettere,  notare  a  registro;  anche  ri- 
scontrare in  un  libro  se  sta  bene  il  numero  dei  fo- 
glietti. -  Regolare  i  libri,  ordinarli,  assestarli. 

Render  conto  o  il  conto,  presentare  i  conti  d'una 
gestione.  -  Rimettere  il  conto,  render  ragione  d'un'am- 
ministrazione.  -  Riscontrare,  verificare. 

Segnare,  registrare.  -  Tenere,  di  certe  aziende  e 
uffici,  condurli.  -  Tenere  i  libri,  fare  su  essi  le  ne- 
cessarie registrazioni;  tenerli  in  giorno,  al  corrente; 
tenerli  in  regola,  con  le  dovute  norme  amministra- 
tive. 

Atti,  condizioni,  funzioni 
E  altri  particolari  amministrativi. 

Accentrare,  accentramento  (accentrato,  accentra- 
tore):  il  fare  che,  al  centro,  alla  capitale,  si  portino 


AMMINISTRAZIONE 


75 


tutte  le  amministrazioni  più  importanti  e  di  là  si 
dirigano  tutte  quelle  dello  Stato.  -  Atli  di  jjrevidenza: 
mezzi  per  rendere  meno  tristi  le  conseguenze  di 
una  disL'razia  patita.  -  Attivo,  tutto  V avere  di  una 
aniininislr;tzione:  capitali,  beni  stabili,  merci,  cre- 
diti esigibili,  mobili,  ecc.  -  Autonomia,  governo  pro- 
prio, indipendente,  cbe  non  riceve  leggi  dal  di  fuori: 
ai  due  specie,  amministrativa  e  politica.  -  Azienda, 
complesso  di  un'amministrazione  complicata  di  fac- 
cende economiche,  pubblica  o  privata. 

Bilancio.  —  Equilibrio  della  spesa  con  l'entrata  di 
una  amministrazione  privata  o  pubblica.  Prospetto 
del  dare  e  dell'avere.  -  Burocrazia  (dal  francese 
bureau,  uiìicio,  e  dal  greco  kratox,  governo),  il  com- 
plesso delle  amministrazioni  governative,  nel  loro 
complicatissimo  meccanismo,  con  le  loro  formule,  i 
loro  regolamenti  e  le  loro  pedanterie. 

Centrale,  l'ufficio  principale  d'un'amministrazione. 

Circolare,  lettera  a  stampa,  oppure  scritta,  in  molte 
copie,  che  si  manda  ai  negozianti  della  propria  piazza 
ed  estei'i,  annunziando  un  nuovo  stabilimento  di 
commercio,  oppure  qualche  innovazione  in  alcuno 
di  essi  stabilimenti  già  conosciuti.  -  Circondario, 
estensione  di  paese  cbe  forma  una  divisione  ammi- 
nistrativa. -  Circoscrizione,  divisione  di  territorio  con 
determinati  confini.  -  Computisteria,  tutta  l'ammini- 
strazione commerciale. 

Comune,  l'ente  amministrativo  d'un  borgo,  d'una 
città,  ecc.  Più  comuni  entro  una  stessa  circoscri- 
zione territoriale  formano,  in  Italia,  il  circondario. 
■  Concordato,  convenzione  che  i  creditori  stabili- 
scono col  fallito  secondo  le  formalità  di  legge.  - 
Conflitti  d'attribuzione,  le  questioni  che  sorgono  fra 
più  autorità  che  credono  d'avere  spettanza  in  un  af- 
fare. -  Consegna,  il  dare,  con  qualche  formalità,  una 
cosa:  documento,  merce,  edifici,  ecc.;  anche  il  ras- 
segnare ad  altri  un  ufficio.  -  Consegnatario,  chi  ri- 
ceve in  consegna  una  cosa.  -  Consiglio,  collegio  di 
persone  che  esercitano  azione  direttiva  in  una  am- 
ministrazione. 

Contenzioso,  materia  sulla  quale  si  spiega  la  giu- 
risdizione: contenzioso  amministrativo,  civile,  commer- 
ciale, ecc.  -  Conto,  calcolo,  computo,  ragione  di  dare 
0  di  avere,  di  debito  o  di  credito;  anche  la  di- 
mostrazione di  esso  computo  e  la  carta  sulla  quale 
la  dimostrazione  è  scritta  o  stampata.  Conto  cor- 
rente, quello  non  chiuso  e  al  quale  giornalmente  si 
possono  aggiungere  nuove  scritturazioni;  fermo,  in- 
corsi in  sospeso  ;  generale,  di  tutto  il  dare  e  l'avere; 
simulato,  faltui'a  supposta  che  si  manda  ad  alcun 
corrispondente  per  fargli  conoscere  le  spese  occor- 
renti per  la  vendita  o  la  compera  di  qualche  mer- 
canzia. 

Compartimento,  divisione  amministrativa:  riparto, 
sezione,  divisione.  -  Corrispondenza,  carteggio,  co- 
municazione, aperta  e  in  corso,  per  via  di  let- 
tera, tra  un'amministrazione  e  un'altra  o  verso  i 
clienti,  ecc. 

Decentramento  amministrativo,  una  indipendente 
manifestazione  delle  autonomie  locali.  -  Deficit, 
quanto  manca  a  bilanciare  la  spesa.  -  Dipartimento, 
la  più  grande  delle  divisioni  territoriali  dello  Stato 
francese  (corrisponde  alla  nostra  provincia):  divi- 
sione anche  di  qualche  grande  amministrazione  no- 
stra. -  Direzione,  titolo  e  sede  di  ufficio  a  capo  di 
alcune  amministrazioni,  specialmente  pubbliche.  - 
Distretto,  il  territorio  sul  quale  si  estende  una  spe- 
ciale giurisdizione  amministrativa,  giudiziaria  o  mi- 
litare. -  Dividendo,  benefizio  di  un  esercizio  sociale 
da  ripartirsi  fra  gli  azionisti  e  soci.  -  Divisione,  ramo 


di  pubblica  amministrazione.  -  Dotazione,  provvedi- 
mento e  assegnamento  di  fondi  in  conio  di  dote  o 
per  il  mantenimento  di  una  istituzione. 

Economia,  scienza  di  bene  amministrare  la  cosa 
pubblica  0  privata.  -  Effetti  pubblicA,  le  rendite  sullo 
Stato,  i  titoli  de'  prestiti  fatti  dallo  Stato  oda!  Mu- 
nicipi. -  Esercizio,  il  periodo  durante  il  quale  si 
fanno  la  spese  e  si  eseguiscono  i  pagamenti,  si 
esigono  i  crediti  di  una  azienda. 

Fattura,  nota  coniprondente  pesi,  numeri,  misure  e 
altre  distinzioni  delle  cose  che  i  mercanti  mandano  o 
ricevono,  coi  loro  prezzi.  -  Fondi,  sinonimo  di  da- 
naro, di  contanti.  -  Fondo  d'estinzione,  somma  as- 
segnata per  estinguere  un  debito.  -  Governo,  la  cura 
di  un'amministrazione  privata.  -  Introito,  incasso, 
riscossione  di  denaro. 

Lettera  di  vettura:  prova  il  contratto  di  trasporto 
e  può  essere  un  titolo  negoziabile  per  girata.  -  Let- 
tera d'avviso,  quella  che  si  manda  per  avvertire  la 
spedizione  di  una  merce.  -  Nulla  osta,  formola  con- 
cessiva nelle  amministrazioni  pubbliche. 

Partita,  notazione  di  operazioni  commerciali  (par- 
tite, ipoteche,  crediti  accesi,  cioè  registrati    e  vivi). 

Paraguanto,  mancia  o  donativo  che  i  capi  di  sta- 
bilimenti 0  d'ufficio  danno  ai  loro  impiegali,  com- 
messi, ecc.,  per  le  feste  di  Natale.  -  Passività,  pas- 
sivo :  perdita,  scapito,  debito;  tutto  quanto  costi- 
tuisce le  spese,  le  perdite  e  tutto  ciò  che  si    deve. 

Perdile  e  profitti,    partita  del    mastro    che    com- 

§  rende  anche  le  spese  generali.  -  Personale,  più  persone 
'uno  stesso  ufficio. 

Procura,  atto  scritto  col  quale  si  conferisce  ad 
altri  una,  più,  o  tutte  le  autorizzazioni  di  cui  può 
valersi  il  mandante.  Procura  collettiva,  quella  con 
la  quale  il  mandante  costituisce  a  rappresentarlo 
due  o  più  individui,  la  cui  firma  non  lia  valore  se 
tutti  i  mandatari  non  concorrono  a  firmare  lo  stesso 
atto;  ad  lites,  quella  per  rappresentare  il  mandato 
avanti  le  autorità  giudiziarie;  ad  negotia,  quella  per 
rappresentare  il  mandante  nelle  operazioni  com- 
merciali 0  finanziarie;  generale,  quella  per  la  quale 
il  mandante  costituisce  un  altro  sé  stesso  nel  man- 
datario. 

Prelevamento,  distrazione  d'una  somma  per  far 
fronte  a  spese  speciali.  -  Previsione,  delle  spese  che 
si  calcolano  anticipatamente  nell'anno  che  viene.  - 
Provìncia,  circoscrizione  amministrativa  in  Italia, 
per  lo  più  costituita  dall'insieme  di  alcuni  circon- 
dari. -  Provvisorio,  provv^edimento  rappresentato  o 
da  persona,  o  da  un  atto  finché  non  si  pronunciano 
più  stabili  deliberazioni. 

Hagioneria,  scienza  delle  funzioni  dell'ammi- 
nistrazione economica.  -  Rata,  versamento  di  somma 
determinata,  da  farsi  a  diverse  scadenze.  -  Ricapito, 
carta  qualunque  di  credito.  -  Riscossione,  esazione: 
l'atto  di  ricevere  il  pagamento  di  una  somma  do- 
vuta. -  Risultato  negativo  di  un'azienda,  se  il  pas- 
sivo supera  l'attivo. 

Sopravvenienze,  le  attività  o  le  passività  patrimo- 
niali che  si  accertano  dopo  formato  lo  stato  patri- 
moniale. -  Spese  anticipate,  quelle  che  si  fanno  per 
conto  di  altri  e  che  ci  verranno  poi    rimborsate. 

Spese  generali,  quelle 'per  lettere,  francobolli,  carico 
e  scarico  di  merci,  oggetti  di  cancelleria,  mancie, 
ecc.,  ecc.  -  Spese  d'impianto,  quelle  che  hanno  ser- 
vito per  creare,  fondare  una  Casa  commerciale,  in- 
dustriale, ecc.  -  Spese  minute,  sborsi  in  porti  di  let- 
tere, francobolli,  oggetti  di  cancelleria,  mancie,  ca- 
richi e  scarichi  di  merci,  ecc. 

Stanziamento,  i  fondi  assegnati  per   le   spese   oo- 


76 


AMMIRABILE    —   AMMOZZARE 


correnti.  -  Stato,  l'amministrazione  generale  e  cen- 
trale di  una  nazione,  di  un  paese,  retto  con  una 
qualsiasi  forma  ài  governo,  -  Stralcio,  \\f:^\(Ì2iZìonQ. 
•  Verificazione,  accertamento  di  conti,  dello  stato 
di  qualsiasi  cosa. 

Ammiràbile.  Degno  di  ammirazione. 

Animi  rag-I  lato.  Grado  ed  ufficio  di  ammi- 
raglio. -  L'amministrazione  suprema  delle  cose  di 
marina  e  la  sua  sede. 

Ammirag-lio.  Capitano  d'armata,  alto  graduato 
di  marina,  capo  supremo  delle  forze  navali;  co- 
mandante generale  della  flotta;  amiraglio;  grande 
ammiraglio  ;  generale  di  mare.  -  Vice-ammiraglio, 
contr' ammiraglio,  chi  fa  le  veci  di  ammiraglio:  im- 
barcandosi, il  vice-ammiraglio  inalbera  la  propria 
bandiera  al  trinchetto.  -  Ammiraglia,  la  nave  del- 
l'ammiraglio; galera  reale;  nave  capitana.  Antica- 
mente, nave  pretoria. 

Ammirare  (ammirabile,  ammirando,  ammirato). 
Guardare,  considerare  con  meraviglia,  con  am- 
tnirazione. 

Ammirativo  {•punto).  Segno  ortografico  che  si 
mette  dopo  qualche  interiezione  di  meraviglia. 

Ajnmirazione.  Sentimento  destato  in  noi  da 
persone,  da  gesta,  da  opere  d'arte,  ecc.,  che  sono 
0  ci  sembrano  degne  in  alto  grado  di  stima,  di  lode, 
di  venerazione,  di  affetto  :  grande  meraviglia,  edi- 
ficazione. Crescendo  di  grado,  l'ammirazione  diventa 
entusiasmo,  fanatismo.  •  Ammirabile,  ammi- 
rando, ammirevole,  da  ammirarsi,  mirabile  ;  sopram- 
mirabile, sovrammirabile,  ammirabile  in  grado  su- 
perlativo, più  che  ammirabile;  ammirabilissimo,  mi- 
rabilissimo, arcimirando,  oltramirabile.  -  Ammira- 
bilitd,  l'essere  ammirabile,  -  Edificante,  di  cosa  atta 
a  suscitare  ammirazione. 

Ammirare,  avere,  provare,  sentire  ammirazione, 
e  anche  il  dimostrarla  ;  prendere  ammirazione,  pren- 
dere in  ammirazione;  maravigliare,   meravigliare. 

Ammiratore,  ammiratrice,  chi  è  preso  da  ammira- 
zione, la  sente  e,  ad  occasione,  la  dimostra;  chi  è 
pieno  di  meraviglia.  -  Infatuarsi  di  ima  cosa  o  pei'- 
sona,  ammirarla  sino  alla  follia.  -  Tenere  uno  per 
meraviglia,  ammirarlo  assai.' 

Ammirarsi,  meravigliarsi  di  sé  stesso.  -  Dare  nel- 
l'occhio, farsi  ammirare.  -  Mettersi  in  mostra,  pavo- 
neggiarsi, farsi  avanti  con  intenzione  di  farsi  guar- 
dare, ammirare.  -  Vagheggiarsi,  compiacersi  di  sé 
stessi  (specialmente  di  donne  che  si  guardino  nello 
specchio). 

Ammissibile.  Che  si  può  ammettere. 

Ammissióne.  L'  ammettere. 

Ammistione.  Mescolamento,  mescolanza. 

Ammitto.  Lo  stesso  che  amitto. 

Ammobiliare  (ammobiliamento,  ammobiliato). 
Fornire  di  mobilio  un  appartamento,  una  casa. 

Ammodernare  (ammodernamento,  ammoder- 
nato). Ridurre  al  modo  moderno. 

Ammòdo.  Avverbio  che  significa  con  garbo,  per 
bene,  piano. 

Ammos-liare ,  ammog-liarsi  (ammogliato). 
Dar  moglie,  prender  moglie. 

Ammollare  {ammollato).  Render  molle;  al- 
lentare una  corda,  un  canapo  e  simili. 

Ammolliente.  Detto  a  medicamento. 

Ammollire  (ammolliente ,  ammollimento,  am- 
mollito). Render  molle,  togliere  la  durezza. 

Ammoniaca  (ammoniacale).  Gas  incoloro,  al- 
cali volatile,  di  sapore  caustico,  di  odore  vivo  e 
penetrante,  la  cui  soluzione  prende  lo  stesso  nome 
e  come  tale  si  usa  in  farmacia.  A   goccie,   interna- 


mente, serve  come  eccitante,  difTusorio,  e  per  com- 
battere l'ebbrezza,  l'efletto  del  morso  della  vipera, 
ecc.;  serve  anche  per  appareccliì  frigoriferi,  per 
estinguere  incendi;  in  soluzione,  per  fabbricare 
ghiaccio  artificiale,  per  preparare  materie  coloranti 
da  tintoria,  depilare  pelli,  imbianchire  carta,  estrarre 
argento  e  rame  da  alcuni  minerali,  ecc.  -  Il  carbo- 
nato di  ammoniaca  si  usa  in  farmacia,  in  chimica, 
e  come  succedaneo  del  lievito  nella  preparazione  di 
paste  dolci.  Si  usa  pure  nella  lavatura  delle  lance 
in  molti  altri  casi. 

Alcalammìdi,  corpi  derivati  dall'ammoniaca.  - 
Amine,  ammoniache  composte  in  cui  l'idrogeno  è 
sostituito  da  uno  o  più  radicali,  anche  eterogenei. 
Sono  basi  gagliarde.' 

Ammoniaco.  Specie  di  gomma  e  di  un  sale 
bianco. 

Ammonire  (ammonimento,  ammonito).  Avvi- 
sare, avvertire  bonariamente  di  errore,  di  pe- 
ricolo,  ecc.:  è  più  di  consiglio  e  meno  di  rim- 
provero. -  Anche  avvertire  con  una  certa  autorità, 
da  parte  di  magistrati  o  di  funzionari.  Nel  primo 
significato,  corrisponde,  tanto  o  poco,  secondo  i  casi, 
all'espressione  :  dare  una  lezione. 

Ammonite.  Composto  esplosivo. 

Ammonito.  Persona  soggetta  a  pena,  consi- 
stente nella  sorveglianza  da  parte  della  2>olizia: 
precettato. 

Ammonizióne.  Atto  ed  effetto  &&\Vammo- 
nire. 

Ammontare  (ammontato).  Ammassare,  mettere 
insieme,  in  mucchio.  —  La  somma  d'un  conto 
di  più  partite. 

Ammonticchiare  {ammonticchiato).  Mettere 
insieme  varie  cose,  anche  facendo  più  d'un  piccolo 
mucchio. 

Ammonticellare  (ammonticellató).  Far  monti- 
cello,  mucchio  di  checchessia.  ' 

Ammorbare  (ammorbato).  Comunicare  un  mor- 
bo, infettare.  —  Puzzare  grandemente. 

Ammorbidire  (ammorbidimento,  ammorbidito). 
Rendere,  diventare  morbido. 

Ammorsare  (ammorsato).  Stringere  con  «torsa. 
-  Lasciare  morse  per  il  collegamento  di  un  muro 
con  un  altro,  nuovo. 

Ammorsellato.  Sorta  di  manicaretto. 

Ammortare  {ammortamento,  ammortato).  Am- 
morzare, spegnere:  detto  specialmente  di  debito, 
di  spesa  anticipata. 

Ajnmortire  (ammortimento,  ammortito).  To- 
gliere la  forza. 

Ammortizzai'e,  ammortizzazione  {ammor- 
tamento, ammortato).  Pagare  un  debito,  a  poco  por 
volta:  termini  legali. 

Ammorbidii'e  {ammorbidito).  Rendere  mòrbido, 
morbido. 

Ammorzare  (ammorzamento,  ammorzato).  Estin- 
guere, spegnere:  di  fuoco,  di  luce,  di  vista. 

Ammoscire  (ammoscito).  Diventar  moscio,  flo- 
scio. 

Ammosfèra.  Lo  stesso  che  atmosfera. 

Ammostare  (ammostato,  ammostatura).  Far 
uscire  il  mosto  (.MVuva  ;  il  dar  mosto  che  fa  que- 
sta. Anche  l'affondare  la  vinaccia  nel  tino  con 
Vammostatòio. 

Ammostatóio.  Detto  ad  ammostare. 

Ammottare  (ammottato).  Smottare  :  di  terreno 
che  fa  frana. 

Ammozzare  (ammazzato).  Far  mòzzo,  tagliarCf 
recidere,  troncare. 


AMMOZZOLARE 


77 


Ammozzolare  (ammozzolato).  Modo  d'unione 
di  parti  disgregate. 

Ammucchiare  {ammucchiamento,  ammucchiato). 
Ridurre  in  muccliio,  far  mucchio.  -  Raccogliersi  in- 
sienie. 

Aucunuciclire  {avimucidito).'De\ÌAcaìme:  pren- 
dere cattivo  odore. 

Ammuffire  (ammuffito).  Il  prendere  la  muffa. 

Ajnmiulinare  (ammulinato).  Far  mulinello  o 
giro  vorticoso:  di  acqua  edìveìito,  specialmente. 
Anche  del  grano,  quando  lo  si  batte  e  lo  si  se- 
para dalla  pula. 

Ammusare  (ammusato).  Riscontrarsi  muso  con 
muso. 

Ammutinare,  ammutinamento  (ammuti- 
narsi, ammutinato).  Rivoltarsi,  far  ribellione,  per 
lo  più  dei  soldati. 

Ammutire,  ammutolire  (ammutito,  ammu- 
tolito). Diventar  muto. 

Amnesia.  Perdita  della  memoria. 

Amnio  (annio).  Membrana  dell'  utero. 

Amnistia.  Grazia,  perdono  di  delitto,  di 
pena.  -  Prerogativa  di  sovrano  o  di  governo. 

Amnistiare  (amnistiato).  Concedere,  accordare 
amnistia. 

Amo.  Piccolo  istrumento  per  la  pesca:  specie 
di  uncino,  ad  uno  o  più  bracci,  a  guisa  di  àncora, 
con  punta  a  mo'  di  freccia,  con  gambo  appiattito  e 
con  un  forellino,  per  legarvi  la  lenza.  Plurale,  ami, 
amora.  -  Si  hanno  ami  semplici  e  ami  doppi,  cioè  con 
una  sola  ripiegatura  o  con  due,  una  contraria  al- 
l'altra. 

Si  fabbricano  gli  ami  su  un  banco  di  lavoro 
al  quale  è  fissato  un  tasso,  ossia  una  piccola  in- 
cudine, traforata  nella  sua  parte  superiore  da  tre 
buchi  ugualmente  distanti  uno  dall'altro  e  di  una 
eguale  profondità;  sopra  uno  dei  lati  dell'incudine 
è  un  bottone  mobile,  facile  a  manovrarsi  ed  al 
quale  si  può  adattare  uno  strumento  tagliente.  Nei 
buchi  dell'incudine  l'operaio  pianta  i  fili  d'acciaio 
da  fare  ami  e  prosegue  con  operazioni  quasi  ana- 
loghe a  quelle  adottate  per  la  fabbricazione  degli  aghi. 

Amo  a  molla,  fatto  in  guisa  che,  appena  il  pesce 
l'abbocca,  gli  uncini  s'aprono  ed  il  pesce  è  tenuto  a 
bocca  aperta.  -  Amo  elettrico,  congegno,  di  recente 
invenzione,  per  la  pesca.  -  Amo  ingollatore  o  ade- 
scante, quello  che  serve  ad  adescare  il  pesce  con  un 
insetto  artificiale.  —  Canna,  lunga  pertica  alla  quale 
si  attacca,  col  concorso  di  una  cordicella  o  di  ui 
filo,  l'amo  dalla  parte  piatta. 

Prendere  con  l'amo:  inamare.  .  Mettere  l'amo  alla 
lenza:  inamarla. 

Amo.  In  senso  figurato:  lusinga,  trappola,  in- 
ganno. 

Amoèrre.    Sorta  di  drappo   di  seta,  a  onde. 

Amorazzo.  Dicesi  di  amore  leggiero  o  sen- 
suale. 

Amóre.  Parola  di  vario  significato:  più  comu- 
nemente, designa  il  sentimento,  l'attrazione  fisico- 
morale che  spinge  la  persona  d'un  sesso  verso 
persona  dell'altro.  In  questo  senso  equivalgono  parec- 
chie dizioni,  più  0  meno  appropriate  o  tali  che  me- 
ritano di  essere  adottate:  passione  0  voglia  amorosa; 
idolati'amento,  idolatria;  simpatica  forza;  forte  o  vee- 
mente desio;  fiamma,  ardenza,  ardore;  foco,  fuoco,  vivo 
fuoco;  amorosa  lima;  dolce,  segreto  veleno;  amoro- 
so desio,  amoroso  morbo,  ecc.  L'amore  desta  spesso 
e  facilmente  sospetto,  gelosia.  —  Amorazzo,  amore 
passeggero,  disonesto  -  Amoraccio,  amore  disonesto 
e  vile.  -  Amoretto,  amore  di  poca   durata,    di   poca 


entità:  anche  incidentale,'  occasionale,  passeggi  ero. 
-  Amorettaccio,  peggiorativo  di  amoretto. 

Nella  mitologia.  Amore  é  una  divinità,  un  piccolo 
dio,  detto  anclie  Cupido  (il  cieco  nume,  il  cieco  dio), 
figlio  di  Giove  e  di  Venere,  rappresentato  in  sem- 
bianza di  fanciullo  bendato,  armato  di  faretra  e  di 
arco,  per  ferire  i  cuori  d'amorosa  passione.  E  Amori 
si  chiamavani)  i  fratelli  di  lui,  anch'essi  figli  di  Ve- 
nere. —  Amorino,  piccolo  Cupido,  dipinto  o  scol- 
pito. -  Anche  genietto  che  accompagna  Venere,  le 
Grazie  e  Cupido.  —  Erato,  la  musa  dell'amore.  — 
La  gaia  scienza,  la  scienza  d'amore. 

Madrigale,  poesia  lirica,  breve  e  libera,  per  lo  più 
intorno  a  cose  d'amore. 

Venere,  madre  dell'amore  e  simbolo  della  bellezza. 

L'amore  può  essere:  ardente,  caldo,  forte,  vee- 
mente, appassionato  (chiaro  foco,  amore  nobile;  onesto 
foco,  amore  puro,  senza  lascivia);  cieco,  da  non  la- 
sciar vedere  ostacoli  o  non  conoscere  i  difetti  della 
persona  amata;  contrastato,  cioè  non  voluto  dai  pa- 
renti, dalla  famiglia,  sicché  si  cerchi  di  impedirlo; 
corrisposto,  condiviso  dalla  persona  amata;  eterno, 
non  estinguibile,  che  non  cesserà  mai;  frivolo,  super- 
ficiale, 0  effimero,  passeggiero;  intenso,  gagliardo, 
profondamente  sentito;  mal  corrisposto,  non  corri- 
sposto allatto  0  in  modo  non  soddisfacente;  il  pri- 
mo amore,  cioè  quello,  essenzialmente,  d'un  giovane 
che  non  ha  precedentemente  amato;  profondo,  che 
ha  messo  forti  radici  nell'animo;  puro,  senza  sen- 
sualità, come  senza  interesse;  rovente,  vivo,  ardente; 
schietto,  sincero,  aperto,  senza  secondi  fini;  serotino, 
tardivo,  di  persona  innanzi  con  gli  anni;  spento, 
cessato,  finito  (foco  spento);  stracco,  languido,  debole; 
sviscerato,  in  alto  grado,  quasi  senza  limiti,  vivis- 
simo; tacito,  occulto,  segreto,  tenuto  nascosto. 

Simboli  dell'amore  (nel  primo  significato).  — 
L'acacia,  che  simboleggia  l'alletto  puro,  l'amor  pla- 
tonico; l'acònito,  simbolo  di  amore  colpevole,  di  ri- 
morso, di  vendetta;  Vìignocasto,  emblema  della  tred- 
dezza,  di  chi  vive  senza  amare;  l'assenzio  che  sim- 
boleggia le  tribolazioni,  i  tormenti  dell'amore;  la 
rosa,  emblema,  ad  un  tempo,  dell'amore,  della  bel- 
lezza, del  piacere  e  dell'orgoglio;  il  garofano,  emble- 
ma di  amore  vivo  e  puro;  il  tulipano,  simbolo  di 
amore  violento;  la  viola  tricolore,  o  del  pensiero, 
che  per   gli   innamorati  significa:  «pensa  a  me!». 

Amoroso.  —  D'amore,  relativo  ad  amore  (lettera 
amorosa,  sguardo  amoroso,  ecc.),  che  sente  amore, 
pieno  d'amore,  ispirato  da  amore,  amante:  amo- 
rosino,  amorosello;  amorevole,  amorevolaccio,  amo- 
revolone  (di  chi  fa  atti  amorosi  piuttosto  goffi);  te- 
nero di  cuore.  —  Amatorio,  d'amore,  appartenente 
ad  amore,  in  senso  di  passione  amorosa.  -  Amoroso, 
amorosa,  chi  fa  all'amore;  l'amato  (quando  corri- 
sposto); l'amata,  la  bella  (figur.,  la  traditora),  la 
stella,  il  sole  dei  propri  occhi,  la  propria  delizia, 
l'anima  della  propria  anima,  la  sovrana  del  cuore.  - 
Più  caro  della  vita,  degli  occhi,  della  luce,  stracaro, 
arcicaro,  di  persona  o  cosa  che  si  ami  molto.  -  Erò- 
tico (dal  greco  èros,  amore),  amoroso,  amatorio,  ap- 
partenente ad  amore:  poema  eròtico,  libro  eròtico, 
genere  eròtico.  Cibo  eròtico,  che  eccita  i  sensi.  -  Fo- 
coso, di  persona  d'animo  ardente,  facile  all'amore. 

Cascamorto,  chi  esagera  svenevolmente  una  pas- 
sione amorosa  per  una  donna;  spasimante,  vagheg- 
gino, zerbino,  cicisbeo.  —  Dulcinea  del  Toboso,  dal 
nopie  proprio  della  dama  di  don  Chisciotte;  per 
celia  e  quasi  per  despregio,  si  chiama  cosi  la  dama 
di  qualcuno  —  Galante,  chi  sta  negli  amori,  come 


/8 


occupazione  principale.  Ganimede,  zerbinotto,  cici- 
sbeo   profumato. 

Innamorato,  chi  è  preso  d'  amore ,  invaghito  ; 
innamorata,  lo  stesso,  e  anche  la  fanciulla  che  si 
ama.  —  Pretendente,  chi  fa  il  galante  e  pretende 
alla  mano  d'una  donna.  -  Rapitore,  chi  porta  via 
una  fanciulla,  o  la  induce  ad  abbandonare  la  pro- 
pria casa,  la  propria  famiglia,  per  seguirlo. 

JUvalCf  chi  concorre  con  le  stesse  pretensioni 
d'altri  allo  stesso  amore.  -  Rondone  (figur.),  chi  va 
qua  e  là  girando  per  amoreggiare  -  Ronzone,  giovi- 
notto  che  gira  intorno  a  una  ragazza.  -  Rubacori  e 
■rubacuori,  donna  amabile.  —  Scaldaseggiole,  di  gio- 
vinetto che  va  da  una  ragazza  per  discorrere  sola- 
mente. 

Modo  di  concepire,  di  ispirare, 

DI   SENTIRE   l'amore,    ECC. 


Abbandoìiarsi  all'amore,  darsi  in  braccio,  cedere, 
concedersi  senza  ritegno.  -  Accèndere,  accendersi,  su- 
scitare amore  nel  cuore  d'altri  o  sentirsene  preso: 
ardere,  avvampare,  bruciare,  divampare,  essere 
acceso  d'amore.  -  Amare  con  tutto  il  cuore,  per- 
dutamente, alla  follia,  più  del  pane,  più  dei  propri 
occhi.  -  Ammaliare,  ispirare  amore  quasi  con  malia; 
sedurre,  stregare,  affascinare.  -  Amoreggiare  {amo- 
reggiamento),  fare  all'  amore,  però  più  per  passa- 
tempo che  per  sentimento  vero.  -  Andare  a  donne, 
andare  a  far  all'amore.  •  Andare  a  veglia:  de'  gio- 
vanotti di  campagna  che  vanno  la  sera  a  discorrere 
con  qualche  ragazza,  -  Avere  il  cuore  libero,  non 
essere  legato  d'amore.  -  Avere  il  cuore  nello  zucchero, 
essere  nella  luna  di  miele,  pago  dell'amore. 

Chiedere,  richiedere,  invocare,  pregar  d'amore,  dare, 
ricambiare  l'amore:  espressioni  di  chiaro  significato. 
Concepire  amore,  aprirgli  1'  animo,  incominciar  a 
sentirlo.  -  Còcere  (cotto,  cottura),  innamorare  forte. 
Conquistare  una  donna,  averne  i  favori.  -  Corri- 
spondere (corrisposto),  contraccambiare  amore  a  chi 
ci  porta  amore. 

Disamare,  non  amar  più:  disamàbile,  da  non 
amarsi;  disamato,  non  più  amato.  -  Disamorare,  far 
perdere  l'amore:  disamor  amento,  disamorare,  atto  ed 
effetto;  disamorevole,  che  mostra  disamore;  disamo- 
rato, che  non  dimostra  amore  a  chi  dovrebbe.  - 
Non  aver  sangue  con  uno,  non  amarlo.  -  Perdere 
l'amore,  cessar  di  amare. 

Discorrere,  parlare,  nell'uso  volgare,  fare  all'amo- 
re. -  Esserci  del  buono,  fra  uomo  e  donna  che  si 
guardano  con  occhio  tenero.  -  Essere  tutto  amore 
per  alcuno,  volere  un  gran  bene  e  dimostrarglielo. 
Fare  all'amore,  avere  pratica  amorosa:  si  dice 
anche  dell'onesto  praticarsi  che  fanno  i  fidanzati.  - 
Fare  all'amore  per  celia,  senza  intenzione  di  spo- 
sarsi. -  Far  l' agnusdei,  guardarsi  amorosamente.  - 
Fare  l'innamorato,  fìngere  amore.  -  Far  l'occhio  pio, 
guardare  con  intenzioni  amorose.  -  Ferire  il  cuore, 
nel  cuore,  al  cuore,  l'anima:  d'impressioni  di  amo- 
re (o,  anche,  di  dolore). 

Idolatrare,  amare  perdutamente.  -  Idoleggiare, 
amare  smoderatamente  persona  o  cosa.  -  Imbertonire, 
prendere  un  forte  passione  amorosa  (modo  volgare). 
-  Imbriacarsi,  ubbriacarsi  d'  una  persona,  innamo- 
rarsene esageratamente  o  ciecamente.  -  Impaniarsi, 
rimaner  nella  pania,  essere  preso  da  amore,  quasi  a 
insaputa  o  contro  voglia;  anche  invescarsi,  intri- 
garsi in  una  relazione  amorosa   (impaniarsi   dietro 


una  gonnella,  ecc.).  -  Impazzare  per  una  persona, 
amarla  focosamente.  -  Incapricciarsi,  hicapricciare, 
innamorarsi,  invaghirsi  con  una  certa  suptrfluità  e 
per  poC'>  tempo:  incapriccirsi.  -  Infatuare,  infatuar- 
si, far  innamorare,  innamorarsi  perdutamente  cie- 
camente, e  con  una  certa  smania,  non  meno  che 
con  una  certa  leggerezza. 

Innamorare,  far  nascere  amore,  render  inna- 
morato.  Innamorarsi,  accendere  d'  amore.  -  Inta- 
baccare, intabaccarsi,  accendersi  d'amore.  -  Inten- 
dersela, essere  in  reciproca  corrispondenza  d'amore. 

-  Invaghire,  invaghirsi,  accendere,  accendersi  d'  amo- 
re. -  Inzuccarsi,  innamorarsi,  con  un  significato  di 
ostinazione. 

Languire,  di  chi  si  consuma  in  un  amore  insod- 
disfatto 0  per  hmga  attesa  ai  compimento  dei  pro- 
pri desideri.  -  Lasciare  una  ragazza  (o  un  giovane), 
rompere  le  relazioni  amorose  con  essa  (o  con  lui): 
espressione  volgaruccia.  -  Levar  l'amore,  non  voler 
più  bene. 

Madrigaleggiare,  comporre  madrigali  amorosi. 
Maggio,  piantar  maggio,  albero  o  frasca  che  i  con- 
tadini piantavano  la  prima  mattina  di  maggio  da- 
vanti all'uscio  (Ielle  innamorate,  condoni  appesi  ai 
rami.  -  Mettere  l'esca  accanto  al  fuoco,  di  cimenti 
d'amore,  specialmente  tra  persone  giovani:  incitare, 
stimolare,  dar  fòmite,  incentivo  alla  passione  di 
qualcuno. 

Perdere  il  lume  degli  occhi,  non  veder  più  lume: 
di  chi  per  amore  perde,  tanto  o  poco,  la  ragione. - 
Perdersi  dietro  una  persona,  confondercisi,  compia- 
cersene troppo,  esserne  innamorato  pazzo.  -  Pigliar 
fuoco,  ardere  d'amore.  -  Prendere  una  passione,  an- 
che detto  cosi,  senz'  altro,  indica  bene  spesso  una 
passione  amorosa.  -  Rapire,  attirare  a  sé  per  amore, 
ammirazione:  rapire,  rubare  il  cuore. 

Ridestare,  ridestarsi,  far  rinascere  un  amore  so- 
pito 0  spento;  il  rinascere  di  esso.  -  Riscaldarsi, 
scaldarsi  il  capo,  la  testa,  eccitarsi  per  amore  o 
altra  passione.  -  Rivaleggiare,  far  da  rivale.  -  Ruz- 
zare, far  capricci  amorosi  ;  scherzar  d'  amore. 

Spasimare,  essere  in  angustie  per  amore  che 
punge,  sovreccita,  tormenta,  dà  spasimo.  -  Spendere 
male  il  proprio  amore,  farne  oggetto  persona  non 
degna  o,  anche,  che  non  corrisponda.  -  Spogliarsi 
d' un  amore,  liberarsene,  toglierselo  dal  cuore.  - 
Struggersi  d'amore  per  qualcuno,  soffrirne  :  perderci 
la  pace  dell'animo  e  risentirne  perfino  nella  salute. 

-  Suggere  il  veleno,  il  tossico,  procurarsi  gravi  sof- 
ferenze per  effetto  d'amore.  -  Susurrare  una  parola 
d'amore:  osare  una  dichiarazione. 

Tradire,  abbandonare  una  persona  dopo  averla 
amata  ;  anche  amoreggiare  contemporaneamente  con 
altra  persona.  -  Tubare,  di  chi  fa  all'  amore  quasi 
come  i  colombi,  cioè  con  molte  moine:  tortoreg- 
giare. -  Vivere  d' amore,  esserne  tanto  preso  da  non 
pensare  ad  altro 

Espressioni,  effetti,  vicende,  ecc.  dell'  amore. 

Avventura,  fortuna,  caso  d' amore,  per  lo  più 
fortunato.  -  Bruciore,  la  pena  che  dà  l' amore.  - 
Capriccetto,  di  piccoli  amori  e  di  poca  durata.  -  Ca- 
priccio, amore  leggero  e  incostante;  anche  la  donna 
in  tal  modo  amata.  -  Catena,  amorosa  catena,  legame 
d'amore.  -  Contrasto,  dissidio  o  difficoltà  tra  due 
che'si  amano,  da  parte  di  loro  stessi  o  d'altri.  Anche 
d'amore  combattuto  tra  due  sentimenti  contrari.  - 
Croce  dell'amore,  o  d'amore,  i  patimenti  che  esso 
cagiona;  dannazione,  il  colmo  di  tali  patimenti. 


79 


Dichiarazione  amorosa  o  d'amore,  insieme  delle 
parole  con  le  quali  il  giovane  manifesta  la  prima 
volta  a  una  ra!j;azza  il  desiderio  di  volerla  sposare; 
anche,  semplicemente,  rivelazione  del  proprio  amo-  . 
re.  -  Disperazione,  somma  agitazione  suscitata  nel- 
l'animo da  un  tribolo  amoroso;  anche  la  persona 
che  ne  è  la  causa.  -  Dolcezze  dell'amore,  i  piaceri,  i 
godimenti  che  ne  deriv;mo.  -  Ebbrezza  dell'  amore, 
ì\  godimento  ad  alto  grado  di  intensità.  -  Estate  di 
San  Martino,  amoretto  versola  vecchiaia,  o  simile. 

Fuoco  di  paglia,  che  dura  poco,  d'amore  leggero. 

Ft/fj-o,  malia,  fatta  per  bevanda  o  altrimenti,  nel- 
l' ipotesi  che  possa  indurre  ad  amare.  -  Fiamma, 
fuoco  d'amore,  l'amore  stesso,  la  sua  essenza.  -  Gara 
d'  amore,  concorrenza.  -  Impeto  d'  amore,  impulso, 
sfogo,  slancio,  trasporto,  alto  vivacissimo  al  quale 
l'amore  spinge. 

Intrigo,  d'  amori  illeciti.  -  Mal  (T  amoì^e,  V  essere 
presi  da  amore,  per  lo  più  non  corrisposto  (Pro- 
verbio :  mai  d'amore  non  si  medica,  cioè  non  si  può 
cui'are,  guarire).  -  ^odo  amoroso,  abbraccciamento; 
anche  relazione  amorosa. 

Palestra  d'  amore,  quel  die  si  fa,  e  i  modi  e  i 
mezzi,  per  riuscire  in  amore.  -  Parossismo,  morbosa 
esaltazione.  -  Passione  d'  amore,  affetto  vivissimo.  - 
Pegno,  la  prova  che  si  dà  del  proprio  amore:  vin- 
colo di  fedeltà.  -  Ruzzo  (figur.),  capriccio,  voglia 
amorosa,  voglia  di  amoreggiare  o  simili. 

Scintilla  d'  amore,  il  principio  di  questo,  o  una 
sua  manifestazione  effimera.  -  Sete  d'amore,  deside- 
rio ardente  di  essere  amato  e  anche  di  amare.  - 
Telo  d'  amore,  secondo  la  mitologia,  ciascuna  delle 
freccie  di  Cupido.  -  Tenemme,  tenerezza,  dimostra- 
zione d'amore  piuttosto  affettata,  leziosa,  poco  seria. 

Tirannia  d' amore,  l' impero  che  esso  esercita, 
rendendo  l' animo  schiavo.  -  Vaghezza,  desiderio, 
quasi  capriccio  d'amore.  -  Veleno  d'amore,  l'insieme 
delle  angosce  che  procura. 

Locuzioni  e  proverbì. 

Locuzioni:  Amare  in  prosa,  senza  poeticherie.  • 
Avere  altra  paglia  in  becco,  altro  amore.  -  Avere  la 
gambata,  essere  supplantato  in  una  relazione  amo- 
rosa. Dare  la  gambata,  prendere  il  posto  di  un 
altro;  prendere  in  moglie  o  per  marito  la  dama  o 
il  damo  d'  altri.  -  Chiodo  scaccia  chiodo  o  tin  dia- 
volo caccia  l'altro,  un  amore  nuovo  ne  fa  scordare 
uno  vecchio. 

Dare  le  pere,  abbandonare  una  ragazza.  -  Pigliare 
le  pere,  essere  abbandonato. 

Entrare,  rientrare,  tornare  in  grazia  di  qualcuno, 
uscirgli  di  grazia,  acquistare,  riacquistare,  o  per- 
derne l'amore.  -  E'  passata  la  stagione  dell'  amore, 
per  chi  sia  invecchiato.-  Essere  piccioni  della  stessa 
piccionaia,  d'accordo  in  amore. 

Far  r  occhio  di  triglia,  l'  occhiolino,  guardare  da 
innamorato.  -  //  cuore  delle  donne  è  fatto  a  spicchi, 
esse  cioè  amano  facilmente  più  d'uno.  -  Leccare  i 
barattoli  come  i  topi  degli  speziali,  stare  attorno 
inutilmente  ad  una  donna.  -  Mangiar  «no  con  gli 
occhi,  per  desiderio  d'  amore. 

Render  l'armi  a  Giove,  non  avere  più  pretese  di 
combattere,  specialmente  uel  campo  amoroso;  non 
^stare  più  sulle   galanterie   amorose,   data   1'  età. 

Tirare  nella  pania,    tendere   un'insidia  amorosa. 

Unger  la  mamma  per  amor  della  figliola,  ingra- 
ziarsela. -  Voler  bene  al  bambino  per  amor  della  balia, 
ì'mgere   amore    a    una   persona   per    ingraziarsene 


un'altra.  -  Volersi  un  bene  dell'anima,  un  benaccione 
da  balia,  amarsi  molto. 

Proverbì:  Amore  e  signoria  non  soffron  compagnia, 
ad  amare  una  persona  si  vuol  essere  soli.  -  Amore 
e  tosse  non  si  nascondono.  -  Amore  è  una  pillola 
inzuccherata.  Anohe:  amore  non  è  senza  amaro.  - 
Amore  non  si  trova  al  mercato,  non  si  compra.  - 
Amore  nuovo  va  e  viene,  e  il  vecchio  si  mantiene. 

Cosa  die  punge  amor  disgiunge.  -  Detto  d'  amore 
disarma  rig'tre.  -  Dove  e!  è  slato  il  fuoco  ci  rimane 
la  cenere  calda  o  ci  riman  sempre  la  cenere  :  di 
passioni  amorose  che  non  si  spengono  facilmente 
del  tutto. 

L'amore  si  trova  tanto  sotto  la  lana  quanto  sotto 
la  seta.  -  Nella  guerra  d'amor  vince  chi  fugge,  per- 
chè (come  dice  un  altro  proverbio)  alla  forza  d'a- 
more soggiace  ogni  volere.  -  Non  è  più  beli'  amor 
die  la  vicina:  la  si  vede  da  sera  e  da  mattina.  - 
Scalda  più  amore  che  mille  fuochi.  -  Vecchio  in 
amore,  inverno  in  fiore.  -  Non  e'  è  peggior  cosa  che, 
in  vecchie  membra  pizzicar  d'amore. 

Amore  di  varia  natura. 

La  voce  amore  indica  anche:  la  naturale  inclina- 
zione che  spinge  l'uomo  ad  amare;  quel  sentimento, 
queW  affetto,  qneW  affezione  che  induce  a  voler 
bene  e  a  procurare  il  bene  de'  parenti  o  d'altri, 
avendosi  cosi  l'amore  paterno,  materno,  fraterno,  fi- 
liale, coniugale;  l'amore  di  compagno,  di  collega, 
l'amor  di  patria,  del  luogo  natio,  della  casa,  del 
focolare,  ecc.  Inoltre,  1'  attaccamento  a  cosa  che  si 
desideri,  si  voglia  conquistare,  usare,  ecc.  (amore 
di  denaro,  di  giustizia,  di  gloria;  amore  dell'arte, 
della  sapienza,  della  verità;  amore  al  divertimento, 
al  giuoco,  allo  studio,  ecc.),  il  desiderio  ardente,  la 
brama  intensa  d'  una  cosa;  il  principio  stesso  del- 
l'amore, come  forza  operante  (  «  La  somma  sapienza 
e  il  primo  amore  »  );  la  persona  e  la  cosa  che  è 
l'oggetto  dell'  amore  (quindi  le  espressioni  :  amor 
mio,  amor  dell'anima  mia,  amore  caro,  ecc.),  e,  in- 
fine, di  cosa  eccellente  per  grazia,  molto  bella. 

Amore  di  sé  stesso,  V  egoismo,  -  Amor  platonico, 
affetto  che  stringe  due  persone  di  sesso  diverso, 
senza  che  vi  entri  ombra  di  sensualità  -  Amor 
proprio,  sentimento  di  persona  verso  sé  stessa* 
oì^goglio,  cpiando  eccessivo. 

Carità,  grande  affetto,  commiserazione,  amore  del 
prossimo.  —  Castità,  la  ripugnanza  o  il  freno  agli 
impulsi  0  agli  eccessi  dell'  amore  carnale.  —  Filan- 
tropia {filàntropo,  filantròpico),  l'amore,  il  desiderio 
operoso  ed  efficace  per  tutti  gli  uomini  in  generale 
col  fine  non  solo  di  alleggerire  loro  la  miseria,  ma 
di  farli  anche  migliori. -Fi'a>i<ro;}2smo,  la  filantropia, 
ma  ridotta  a  sistema  e  in  senso  un  po'  spreg. 

Grazia,  amore,  benevolenza  del  superiore  verso 
r  inferiore.  —  Idolatria,  smodato  affetto  verso  cosa 
0  persona  amata  {idolo,  qualunque  persona  o  cosa 
nella  quale  si  ponga  smodato  affetto  e  si  abbia  in 
troppa  venerazione).  —  Pietà,  personificazione  umana 
dell'  amor  filiale.  —  Umanità,  benevolenza  verso  gli 
uomini.  -  Zelo,  affetto,  stimolo,  dell'altrui  e  del  pro- 
prio bene. 

Amore  carnale  o  sensuale. 

È  il  desiderio,  la  tendenza  naturale  al  contatto 
fra  i  due  sessi,  quindi  espressione  dell'istinto  ses- 
suale (proprio  anche  degli  animali),  bene  spesso 
associato  alla  volontà  di  generare:   appetito  car- 


80 


AMORE   —   AMOREGGIARE 


naie,  sensualità  ;  (figur.,  carne,  vènere)  ;  tendenza  ero- 
tica, stimolo  erotico;  da  Giusti  detto  «  la  scintil- 
lacela che  madre  natura  pianta  perfino  in  corpo 
alla  natura  »  —  Nel  mito  pagano,  rappresentato  sotto 
forma  di  un  bellissimo  fanciullo.  —  Dicesi  lussu- 
rittf  concupiscenza,  libidine,  foia,  in  cattivo  senso, 
per  la  sua   intemperanza,  e  per  la  sua  n)continenza. 

Afì'odisia,  appetito  venereo,  appetito  sessuale,  ten- 
denza sessuale:  naturale  condizione  che  porta  con 
sé  la  pubertà,  e  l'età  stessa  della  pubertà.  —  Afro- 
disiaci, i  principi  eccitanti  l'appetito  sessuale  (aromi, 
spezie,  cantaridi,  alcool,  ecc.). 

Anafrodisia,  anafroditismo,  diminuzione  dell'ap- 
petito sessuale  e  della  sensiliilità  genitale.  -  Anti- 
afrodisiaci,  rimedi  che  abbassano  lo  stimolo  ses- 
suale, quali    la  morfina,  i  bromuri,  la  canfora,  ecc. 

Adulterio^  violazione  della  fede  coniugale  per 
istinto  0  per  voglia  carnale.  -  Amore  lèsbico,  pas- 
sione pervertita  di  donna  verso  donna.  -  Amore  li- 
bero, non  subordinato,  specialmente  ne'  suoi  effetti, 
alle  leggi  o  alle  consuetudini.  -  Andromania,  sino- 
nimo eli  ninfomania. 

Concubinato,  lo  stato  di  chi  vive  con  una  concu- 
bina, e  di  colei  che  sta  per  concubina.  -  Concùbito, 
il  giacere  insieme  delluomo  e  della  donna.  -  Con- 
cepimento, l'atto,  l'effetto  e  il  prodotto  del  conce- 
pire, ossia  della  funzione  che  compie  la  donna  atta 
a  procreare.  -  Concupiscenza  fconcupiscere,  concupi- 
scente, concupiscibile),  desiderio  intenso  di  sensua- 
lità. -  Covo  (figur.),  il  luogo  che  è  teatro  ad  amori 
sensuali. 

Dissolutezza,  sfrenatezza  nei  piaceri  venerei  e  nel 
mal  costume  in  generale.  -  x"c-2fl,  prurito,  voglia  amoro- 
sa, libidine,  eccitamento  a  lussuria.  -  Frega,  frégola, 
innamoramento,  in  mal  senso.  -  Fornicazione,  l'atto 
del  fornicare    (V.  più  innanzi). 

Incesto,  turpitudine  che  si  commette  fra  stretti 
congiunti.  -  Incontinenza,  abito  ó  atto  di  chi  non  sa 
tenere  a  freno  la  concupiscenza  con  la  ragione.  -  Lai- 
dezza (figur.),  disonestà,  bruttura  :  di  amori  sozzi. 
-  Lascivia,  stato  di  corpo  e  d'animo  dissoluto  pro- 
cedente da  intemperanza  carnale  {illascivire,  darsi 
alla  lascivia).  -  Lenocinlo,  arte  da  mezzano. 

Libertinaggio,  sregolatezza,  mal  costume,  special- 
mente nelle  pratiche  amorose.  -  Libidine,  appe- 
tito disordinato  di  lussuria,  lascivia.  -  Lussuria, 
ardente  e  sfrenato  appetito  nella  concupiscenza  car- 
nale, senza  osservanza  di  leggi  di  natura.  -  Mira 
bassa,  voglia  bassa  d'amore,  di  vendetta,  ecc. 

Ninfomania,  ardore  morboso,  nella  donna,  pei 
piaceri  venerei.  -  Orgasmo,  il  più  alto  grado  di  ap- 
petenza e  di  eccitazione,  sopratutto  dell'istinto  ses- 
suale. -  Pania,  passione  amorosa  in  senso   triviale. 

Passione,  concupiscenza,  amore.  -  Rigiro,  pratica 
amorosa,  in  senso  poco  buono.  -  Ripesco,  amorazzo, 
segreto  intrigo  amoroso. 

''Satiriasi,  esaltazione  morbosa  delle  funzioni  ge- 
nitali, caratterizzata  da  una  tendenza  continua  al 
coito,  con  la  forza  di    rinnovarlo    molte    volte. 

Sensualità,  tendenza  ai  piaceri  dei  sensi.  L'abuso 
dei  medesimi:  sensuale,  dei  piaceri  dei  sensi.  -  Sen- 
sualismo, dottrina  dell'amor  sensuale.  -  Sensualista, 
chi  è  per  l'amore  sensuale.  -  Stupro,  atto  di  vio- 
lenza per  il  possesso  della  femmina. 

Tresca,  pratica  amorosa  e  disonesta  :  tresca  oscena, 
senza  ombra  di  pudore,  e  peggio.  -  Tribadismo,  il 
vizio  della  tribade,  cioè  della  femmina  impudica  che 
ha  il  senso  dell'amore  pervertito.  Lo  stesso  che 
saffismo  ed  amor  lesbico.  -  \  olutld,  diletto  sensuale. 
Figure  di  persone.    -   Avventurieia,   donna   che 


cerca  relazioni  interessate  con  gli  uommi.  -  Rai- 
dracca,  donna  di  mala  vita,  mala  femmina,  ìne^'e- 
trice.  -  Recco,  chi  ha  moglie  infedele;  marito 
cornuto,  baron  cornuto.  -  Calabrone,  donnaiolo  im- 
portuno. -  Concabina,  donna,  amante  che  convive 
con  un  uomo,  non  essendogli  moglie.  Concubinario, 
che  vive  con  una  concubina.  -  Donna  di  molte  av- 
venture, che  ha  fatto  parlare  di  sé  per  le  sue  pas- 
sioncelle  amorose.  -  Donnaiolo,  chi  tiene  dietro  ad 
amòri  non  onesti  con  donne.  -  Dissoluto,  licenzioso, 
disonesto,  sciolto  da  ogni  freno  di  legge  o  di  pu- 
dore. 

Falco,  d'uomo  che  attenta  alle  donne.  -  Femmi- 
nacciòlo,  chi  è  vago  di  femmine  e  sta  volontieri  con 
loro.  Effeminato.  -  Frugnolo  (figur.),  di  chi  va  di 
notte  in  cerca  d'avventure  amorose.  -  Ganza,  la 
donna  amata,  Vamanfe,  nello  stesso  senso.  -  Lice- 
stuoso,  chi  ha  commesso  incesto.  -  Incontinente,  di 
persona  sfrenata,  licenziosa,  che  non  ha  continenza. 
-  Insatirito,  inuzzolito,  preso  da  satiriasi.  -  Laido, 
brutto  di  bruttura  morale,  di  oscenità.  -  Lascivo, 
chi  ha  lascivia,  lussuria. 

Lenone,  lenona,  mezzano,  mezzana.  -  Libertino 
uomo  sregolato,  sfrenato  nei  piaceri  erotici.  -  Libi 
dinoso,  che  ha  libidine,  che  mostra  libidine.  -  Lus- 
surioso, che  ha  lussuria  ;  lascivo.  -  Ruffiano,  lenone, 
mezzano. 

Locuzioni  e  proverbi,  —  Andare  in  frega,  in  fre' 
gola,  essere  in  appetito  carnale.  -  Andare  alle  fem- 
mine, andare  con  male  femmine;  per  usarne.  -  Ar- 
ruffianare, far  da  mezzano.  -  Avere  il  ciondolo, 
andar  fuori  col  ciondolo,  di  donna  che  va  fuori  col 
ganzo  accanto,  con  un  d"amo  uggioso.  -  Aver  fatto 
molte  vetture  o  molte  campagne,  aver  avuto  molte 
avventure  amorose.  Detto  di  donna,  ha  pessimo  si- 
gnificato. -  Calcio  di  stallone  non  fa  male  a  ca- 
valla, per  dire  che  dalle  persone  amate  si  soppor- 
tano anche  le  cose  dure. 

Covare  nel  nido  degli  altri  come  il  cuculo,  d'a- 
mante di  donna  d'altri.  -  E  il  gallo  di  monna  Fiora 
0  (più  comune)  il  gallo  della  Checca,  di  chi  è  o 
cerca  di  esser  in  grazia  di  tutte  le  donne.  -  Forni- 
care, illecito  congiungersi  dell'uomo  con  la  donna  non 
legati  in  matrimonio.  -  Ganzare,  fare  all'amore  non 
onestamente.  -  L'uomo  è  cacciatore,  frase  che  si  ri- 
pete a  scusa  degli  uomini  seduttori.  -  Pregare  una 
donna  d'amore,  sollecitarla  contro  la  castità. 

Quando  il  becco  è  vecchio,  tutte  le  capre  lo  coz- 
zano, di  amante  vecchio  maltrattato.  -  Tener  bri- 
gata, di  donna  che  fa  all'amore  con  parecchi.  -  Trat- 
tare una  donna,  amarla  segretamente;  averci  prati- 
che illecite.  -  Vivere  d'amore  (iron.),  di  donna  che 
si  dà  per  mestiere. 

Amoreg'g'lare  (amoreggiaménto,  amoreggiato). 
Fare  all'amore,  più  per  passatempo  o  per  spasso 
che  per  sentimento;  complesso  degli  atti,  delle  ma- 
novre che  fa  l'amante  o  l'innamorato.  Fare 
all'amore  o  l'amore;  fare  agli  occhi;  discorrere,  par- 
lare ad  una  ragazza;  vagheggiare.  —  Amoreggiaménto, 
l'amoreggiare:  amoretto,  avventura,  chiodo,  galante- 
ria, idillio,  rigiretto.  -  Tresca,  in  cattivo  senso;  tre- 
scherella,  amoreggiaménto  non  troppo  onesto,  ma 
non  tutto  riprovevole. 

Ralzellare,  aspettare  persona  che  è  solita  passare 
da  un  luogo,  per  lo  più  a  fine  di  amoreggiaménto, 
-  Cicisbeare,  vagheggiar  donne;  fare  il  galante.-  Cor- 
teggiare, far  la  corte,  specialmente  a  signore  (fare 
una  corte  spietata,  insistente  e  perfino  noiosa).  -  Far 
la  ronda,  far  la  ruota,  far  la  rosta  intorno  ad  una 


AMOREVOLE    —    AMPUTARE 


81 


fanciulla,  ad  un3  donna,  corteggiarla.  -  Galanteggia- 
re, fare  il  galante;  stare  sulla  galanteria,  negli  amori 
(non  molto  comune).  -  Ganzare,  fare  all'amore,  amo- 
reggiare non  onestamente.  -  Fare  il  galante,  far  la 
corte,  fare  il  bello,  lo  zeri)ino.  -  Ricevere,  accettare 
come  suo  cavaliere,  di  signora  che  accetta  promessa 
d'amore.  -  Servir  da  galoppino ,  portare  biglietti  amo- 
rosi. -  Star  sull'amore,  sugli  amori,  sull'amorosa  vita, 
fare  il  galante.  -  Tenere  brigata,  di  donna  che  amo- 
reggia con  parecchi. 

Accatta  amori,  accattam&ri,  dicesi  di  donna  che 
va  in  cerca  di  amoreggiamenti.  -  Cascamorto,  va- 
gheggino svenevole:  voce  usata  più  comunemente  nella 
maniera.  Fare  il  cascamorto  con  una  donna,  per  di- 
mostrarle amore  con  modi  di  svenevole  tenerezza. 
-  Lavalier  servente:  dicevasi  sino  al  principio  del  se- 
colo scorso  l'amico  d'una  signora,  il  quale,  secondo 
gli  usi  di  allora,  la  corteggiava  pubblicamente,  l'ac- 
compagnava al  passeggio,  al  teatro.  Oggi  si  dice,  solo 
per  ischerzo,  di  chi  si  mostra  ossequioso  con  una  si- 
mora.  -  Cicisbeo,  nel  secolo  XVIII  e  al  principio 
del  XIX,  il  cavalier  servente,  l'amante  di  donna  mari- 
tata. Ora,  corteggiatore  vano.  -  Civetta,  domia  che 
vagheggia  gli  uomini,  fa  all'amore  con  leggerezza  o  un 
pò  con  tutti.  -  Civettino,  chi  alletta  donne  per  vanità. 

•  Civettone,  amante  fatuo  che  si  gloria  delle  proprie  av- 
venture. -  Damerino,  clii  ha  la  smania  di  vagheggiar 
donne  e  si  veste  e  si  presta  in  modo  da  entrare 
nelle  loro  grazie.  -  Frusonaccio,  corteggiatore  sciocco. 

•  Frusone,  volgarmente,  chi  svolazza  importunamente 
attorno  ad  una  donna,  facendo  con  essa  lo  spasi- 
mante. 

Amorévole.  Che  ha  e  dimostra  amorevo- 
lezza. 

Amorevolezza.  L'essere  amorevole,  pieno  di 
affetto,  di  benignità:  amorosità,  cordialità,  fratel- 
lanza. -  Affabile,  che  tratta  con  amorevolezza  spe- 
cialmente gli  inferiori.  -  Amorevole,  affettuoso,  bene- 
vogliente,  benivogliente,  benevolo,  benigno;  carez- 
zante, carezzevole  (disposto  a  carezzare),  cordiale, 
cortese,  umano.  -  Amorevolone,  d'atti  amorevoli  e 
piuttosto  goffi. 

Amorevolmente,  con  affetto,  con  amore;  affettuo- 
samente, amorosamente,  affezionatamente,  benevol- 
mente, benignamente,  fratellevolmente,  piacevol- 
mente, soavemente,  umanamente. 

Amorfo.  Senza  fortna,  o  di  forma  indeter- 
minata. 

Amorino.  Detto  ad  amore.  —  Pianticella  pre- 
giata per  il  grato  profumo  de'  suoi  fiori. 

Amoroso  [amorosa,  amorosità).  Di  amore;  che 
«ente  amore.  —  Personaggio  della  commedia,  — 
Indicazione   all'esecutore  di  musica. 

Amor  proprio.  Il  sentimento  della  propria  di- 
gnità: desiderio  dell'approvazione  da  parte  d'altri; 
sentimento  lodevole,  ma  che,  esagerato,  diventa  di- 
fetto di  presunzione,  di  vanità,  d'orgoglio.  In 
senso  buono:  alterezza,  fierezza  d'animo;  giusto, 
nobile  orgoglio;  punto  d'onore;  spillo  dell'onore. 

Amòscìna,  amòscino.  Veggasi  a  susino. 

Amostante.  Detto  a  governatore. 

Amovibile  (amovibilità).  Che  si  può  tnuovere, 
■  Di  impiegato,  di  magistrato,  qcc,  che  può 
essere  rimosso  dal  proprio  ufficio. 

Ampelidèe.  Famiglia  *di  piante  a  cui  appar- 
tengono la  vite  e  altre  specie. 

Ampelografla  {ampelografico).  Parte  della 
scienza  agraria  che  tratta  delia  vite  e  dcWuva. 

Ampeloterapia.  Cura  fatta  per  mezzo  dell' uva. 

Premoli  —  VocabolaHo  Nomenclatore 


Ampère,  amperòmetro  {amper-giri,  amper- 
ora). Leggasi  a  corrente  elettrica. 

Ampiare,  ampliare.  Rendere  grande,  lar- 
go. Accrescere,  aumentare. 

Ampiezza  {ampiamente,  ampio).  Grande  esteu" 
sione  in  largo;  vasto  spazio;  spaziosità,  vastità, 
capacità..  -  Figur.,  abbondanza. 

Ampio.  Grande,  vasto,  spazioso,  spazievole 
largo:  capace,  disteso,  grandioso.  Molto  ampio: 
badiale,  sperticato. 

Ample.sso.  Lo  stesso  che  abbraccio. 

Ampliare,  ampliarsi  {ampliamento,  ampliO' 
tivo,  ampliato,  ampliazione).  Uendere,  diventare 
largo  o  più  largo. 

Amplificare,  amplificazione  (amplificativo, 
amplificato).  L'ingrandire  col  discorso,  allungarsi, 
dilungarsi;  esagerare. 

Amplitùdine.  Misura  di  un  angolo.  —  Arco 
deW  orizzonte. 

Ampolla.  Piccolo  vaso  di  vetr©  per  tenervi  li- 
quori, aceto,  olio,  od  altro:  piccola  e  leggiera 
bottiglia;  ampolletta,  ampollina,  ampolluccia,  ampol- 
luzza.  Boccetta,  bottiglietta,  bottiglina;  bottigliuccia, 
bottigliuzza.  Caralfella,  caraffetta;  caralfina;  baràttolo, 
fiala;  alberello,  oricanno,  pisside.  -  Ampollina,  pic- 
cola ampolla,  e  segnatamente  quelle  boccette  che 
usano  i  preti  nel  dir  messa,  e  quelle  che  si  tengono 
nell'oliera.  -Beccuccio,  cannelletto  delle  ampolle 
Nassa,  sorta  d'ampolle  tutte  chiuse,  tranne  un  bec 
cuccio  sottile. 

Ampolliera,  arnese  che  sostiene  due  ampolle,  una 
per  l'olio,  l'altra  per  l'aceto:  portampolle  (toscano), 
portolio;  oliera,  acetabolo;  le  ampolle. 

Ampollina.  Sorta  di  orologio. 

Ampollosità  (ampolloso).  Maniera  di  stile  gon- 
fio, prevalso  specialmente  nella  letteratura  del 
seicento  (detto  anche  di  parola  e  di  discorso; 
maniera  piena  di  metafore  e  di  concetti  bizzarri, 
stravaganti,  ridicoli:  secentismo);  archivio  del  seicento; 
turgidezza,  declamazione,  retòrica;  tessuto  di  tra- 
slati, di  metafore;  giochetto  rumoroso  di  immagini; 
oricalco  declamatorio,  orpello  retorico;  gargagliata; 
vescica;  infilzata  di  parole  pregnanti,  di  parolone 
sconcertate,  di  fiabe  sbombardate,  di  iperboloni;  lo- 
cuzione flegetontea  e  gorgheggiante;  parola  bolsa; 
grandiloquenza,  stragomìezza. 

Ampolloso:  secentista,  arcispanto,  declamatorio,  re- 
tòrico, achillineo;  gonfio,  loglioso,  parapanoso,  tur- 
gido; pomposo;  grandisonante,  grandisono;  reboante 
rimbombante. 

Usare  ampollosità:  gonfiare,  stragonfiare;  dirom- 
pere, strepiteggiare,  toneggiare,  trasoneggiare;  suonar 
la  campana  maggiore. 

Amputare,  amputazione  (amputdbile,  ampur 
tato).  Operazione  di  chirurgia,  per  la  quale,  con 
istrumenti  adatti,  per  lo  più  taglienti,  si  separa  dal 
corpo  un  arto,  un  organo,  o  parte  di  esso,  ecc.  Ap- 
plicata alle  parti  molli,  dicesi  esdsione,  estirpazione; 
alle  ossa,  rescissione. 

Amputare:  secare,  segare,  tagliare,  troncare; 
moncare,  render  monco;  mutilare.  -  Amputazione, 
amputamento,  asportazione;  mutilamento,  mutila- 
zione; secamento,  secatura,  secazione;  troncamento. 
-  Ablazione,  amputazione  di  una  parte  qualsiasi  del 
corpo,  ma  più  specialmente  l' estirpazione  dei  tu- 
mori. -  Afèresi,  parola  usata  in  significato  di  abla- 
zione e  di  amputazione.  -  Mozzicone,  troncone,  la 
parte  di  membro  che  resta  dopo  1'  auiputazione. 

Anaplastia  o  anaplasia,  dicesi  l'arte  di  ristabilire 


82 


la  forma  normale  alle  parti  mutilate.  -  Con  1'  ana- 
plerosi  0  protesi  si  supplisce  ad  un  organo  amputato 
0  mancante. 

Amuléto.  Cosa  creduta  efficace,  e  applicata, 
portandola  indosso,  contro  la  malta,  contro  even- 
tuali disgrazie;  altro  dei  prodotti  dell'antica  sii- 
perstiziorie  :  talismano,  consistente  in  cornetti  di 
corallo,  mazzetti  di  pelo  di  tasso,  immaginette,  re- 
liquie, ecc.  -  Ahrac,  abracadabra,  parole  magiche 
che  si  scrivevano  o  si  incidevano  sugli  amuleti.  - 
Abrasaxas,  pietra  sulla  quale  si  incidevano  le  pa- 
role magiche  (amuleto  dei  Gnostici).  -  Bezoardo, 
pietra  o  concrezione  animale  a  cui  si  attribuivano 
virtù  magiche.  -  Filattero,  amuleto  degli  antichi 
ebrei.  -  Lapis  alectorius,  amuleto  degli  antichi  Ro- 
mani. -  Periapto,  amuleto  che  si  portava  al  collo. 
-  Pietra  basilidiana,  quella  con  impressa  la  parola 
ah'axas.  —  L'amuleto  diccsi  anche  abitino,  scapolare. 

Ana.  Abbreviazione  usata  in  farmacia. 

Anabattista.  Un  tempo,  eretico  rispetto  al 
battesimo:  appartenente  ad  una  setta  prote- 
stante, i  seguaci  della  quale  si  chiamarono  con  i 
vari  nomi  di  Catabattisti,  Cataristi,  Davidici,  Entu- 
siasti, Indipendenti,  Liberini,  Monasteriani,  Monce- 
riani,  Monsteriani,  Silenziari. 

Ànace,  ànacio.  Lo  stesso  che  anice. 

Anacloridria  (adoridria).  Condizione  morbosa 
dello  stomaco. 

Anacoluto.  Detto  a  grammatica  (figure). 

Anacoreta  {anacoretico).  Chi  vive  solitario, 
in  penitenza;  eremita. 

Anacreòntica  {anacreóntico).  Genere  di  poesia, 
a  imitazione  di  quelle  di  Anacreonte:  canzone, 
ode. 

Anacreóntico.  Qualità  di  verso. 

Anacronismo  {anacronistico).  Errore  di  data, 
di  tempo. 

Anaeròbio.  Nome  generico  di  micròbio,  che 
vive  senz'aria. 

Anàfora.  Figura  di  retorica:  ripetizione  di 
parola. 

Anafrodisia,  anafroditismo  {anafrodisiaco, 
antafrodisiaco).  Detto  ad  amore  (carnale  o  ses- 
suale). 

Anafrodito.  L'essere  incapace  di  generare. 

Anaglifo  {anaglifico).  Lavoro  d' intaglio,  di 
bassoì'ilievo. 

Anaglipto.  Lavoro  di  bassorilievo. 

Anagnoste.  Neil'  antica  Roma,  servo,  schiavo, 
che  doveva  leggere,  mentre  il  padrone  sedeva  a 
mensa. 

Anagogia  {anagògico).  Detto  a  Bibbia.  -  Ele- 
vazione dell'  anima  alle  cose  celesti. 

Anagrafe  {anagrafico).  Il  registro  della  poj>o- 
lozione,  tenuto  dal  Comn/ne. 

Anagramma  {anagrammàtico,  anagrammatiz- 
zare;  ana  grammatista).  Cambiamento,  travestimento 
di  nome,  di  parola.  -  Anagrammàtico,  di  ana- 
gramma. -  Anagrammatista,  chi  fa  anagrammi. 

Analèmma.  Veggasi  a  sole,  a  zodiaco. 

Analèpsi  o  analessia.  Detto  a  malattia. 

Analèttico.  Di  sostanza,  di  medicamento  atto  a 
ristabilire,  ristorare  le  forze  fisiche.  Tali:  la  stric- 
nina, la  noce  vomica,  la  canfora,  il  castoro,  l' alcool, 
l'ètere  solfor.,  l'ammoniaca,  il  muschio,  il  cafl'é,  ecc. 

Analfabeta  {analfabelo).  Chi  non  sa  né  leg- 
gere, nèscì^ivere:  illetterato,  ignorante;  senza  gram- 
matica; ignaro  di  lettere;  idiota.  -  Gli  danno  noia 
le  parole  nere:  non  aver  avuto  mai  che  fare  col  sil- 
labario; avere  le  lettere    dove  le   hanno  i  cavalli  re- 


gnicoli; non  sapeva  fare  un  0  con  la  cannucaa,. 
essere  analfabeta,  ignorante  di  scrittura. 

Analfièsico.  Di  sostanza,  di  medicamento  che  mi- 
tiga 0  toglie  il  dolore  (come  la  morfina)  e  ne  attuti- 
sce la  sensibilità  localmente  (come  la  cocaina).  Anal- 
gesici, con  varia  azione,  sono:  l'acetol,  l'acetopirina, 
r  antinervina,  l' antipirina  (detta  anche  analgesina), 
V  aristochina,  la  chinafenina,  la  trigenina,  ecc. 

Anàlisi  {analista,  analitico;  analizzare).  Ramo 
di  scienza  chimica,  matematica;  processo  di 
filosofia;  riassunto  di  un'  opera,  di  un  discor- 
so, ecc.;  esame,  studio,  osservazione,  indagine,  ri- 
cerca; scomponimento,  spartimento,  scomposizione; 
risoluzione  di  un  tutto  nelle  sue  parti,  a  fine  di 
conoscerne  gli  elementi.  Maniera  di  procedere  nello 
studio  e  nella  dimostrazione  della  verità,  mettendo 
in  rapporto  (contrariamente  alla  sintesi)  ciò  che 
non  si  conosce  con  ciò  che  si  conosce,  trattando  cosi 
l'ignoto  come  il  noto,  per  riuscire  a  scoprirlo.  - 
L'  algebra  e  il  calcolo  differenziale, 

Analista,  dotto  in  analisi;  analizzatore,  che  sa 
analizzare.  -  Analitica;  scienza  dell'  analisi  matema- 
tica. -  Idea  analitica,  quella  ricavata  da  un'  altra 
in  cui  è  contenuta.  -  Analitico,  di  analisi,  apparte- 
nente ad  analisi;  che  serve  all'analisi  chimica:  rea- 
gente, reattivo,  risolutivo.  —  Veggasi  anche  a 
giudizio  e  a  metodo.-  Metodo  regressivo,  metodo 
analitico.  -  Zetetica,  metodo  analitico  di  ricerca. 

L' analisi  chimica  ha  per  iscopo  di  determinare 
gli  elementi  di  un  corpo:  è  qualitativa  o  quanti- 
tativa a  seconda  che  separa  i  corpi  o  ne  determina 
le  loro  proporzioni;  minerale  o  inorganica,  quando  la 
materia  da  analizzare  appartiene  al  regno  minerale  : 
organica,  se  appartiene  al  regno  vegetale  o  animale. 

—  Con  r  analisi  elettrolitica  si  procede  alla  separa- 
zione quantitativa  degli  elementi  di  una  combina- 
zione chimica  opportunamente  disciolta,  traendo 
profitto  dal  lavoro  chimico  che  può  compiere  la 
corrente  elettrica.  —  Per  1'  analisi  grammaticale  e 
per  r  analisi  logica,  veggasi  a  grarmnatica. 

Analizzare,  risolvere  un  composto  nei  suoi  prin- 
cipi 0  elementi;  anatomizzare,  fare  V  anatomia; 
esaminare  parte  a  parte;  spartire  un  metallo  da 
un  altro;  provare,  cimentare,  decomporre. 

Analogia  (analogico).  Relazione  di  somìglia/n- 
za  parziale:  affinità,  propinquità;  parentado,  pa- 
rentela; comunanza;  conformità;  correlatività; 
simboleità,  simbolità;  confacimento.  -  Grammatical- 
mente, relazione  che  le  parole  d'una  lingua  hanno, 
0  pare  clie  abbiano,  con  le  parole  di  un'  altra.  -  In 
geometria,  projjorzione.  •  Analogico,  che  procede 
per  analogia.  •  Analogicamente,    in  modo  analogico, 

-  Anàlogo,  che  ha  analogia,  conformità;  simile, 
correlativo,  rassomigliante.  Figur.,  parente,  fratello; 
nato  a  un  parto,  nato  da  un  guscio. 

Analogismo.  Modo  di  argomentazione» 

Anàlogo.  Che  ha  analogia. 

Anamnesi.  Storia  della  malattia. 

Anamorfosi.  Svolgimento  anormale  di  un  or- 
gano vegetale. 

Ananasso.  Piaiita  originaria  delle  Antille  (scien- 
tif.  bromeliaj,  il  cui  frutto,  dolce  e  di  color  giallo, 
ha  la  figura  di  una  pina,  con  un  ciuffetto  di  foglie 
in  cima:  lo  si  mangia  fresco  o  conservato;  se  ne 
trae  un'essenza;  serve  a  profumare  bevande,  dolci 
e  gelati.  Le  foglie  danno  fibre  da  cui  si  ottiene 
tessuti  più  fini  della  batista  di  lino;  miste  con  seta, 
danno  tessuti  detti  paliqué. 

Anandria.  Mancanza  di  virilità. 

Anapèsto  fanapèsticoj  Piede  di  verso» 


ANAPNOGnAFO, —   ANATOM»A 


8;ì 


Anapnòjp:afo.  Istruraento  per  misurare  la  re- 
spirazione. 
Anapnòico.  Detto  a  catarro. 
An archi.  Veggasi  ad  anno. 
Anai'cliia  (anarchico).   Mancanza  di  governo. 
Teorìa 2)oliHca,  che  proclama  la  distruzione  della 
proprietà,  della  patria,  della  famiglia,  di  Dio.  -  An- 
che in  significato   di    mal   governo,   confusione   di 
governo,    sgoverno.  -   Anarchico,   anarchista,    chi 
professa   anarchia.   -  Anarcoide    (neologismo),    chi, 
pur   non   professando   le   rigide   e   assolute   teorie 
anarchiche,  è  per  sua   natura   insofferénte   di   qua^ 
lunque   foruìa    di    legge,   ordine,    autorità,   discir 
piina. 

Nichilismo,  nikilìsmo  (dal  lat.  nihil.  niente),  forma, 
essenzialmente  slava,   di  rivoluzione  socialista   tra- 
scendente all'anarchia. 
Anasàrca.  Specie,  di  idropisìa. 
Anastàlticù.  Rimedio  astringente  ed  emo- 
statico. 

Anastomosi  fanoMomóticoJ.  Termine  di  ana- 
tomia: imboccatura  di .  un  vaso  sanguigno  o  lin^ 
fatico  ncir  altro. 

Anàstrofe.  Figura  dì  gratmnatica.. 
Anastrofia.  Veggasi  a  viscere. 
Anatema  (analemizzare,  unaiemizzatoj.  Lo  stesso 
die  scoìnunica:  letterariamente,  anatema;  nell'uso 
anatèma. 

Anatemìzzare  fanatemizzatoj.  Dare,  scagliare 
la  scomunica, 
Anateorismo.  Antica  forma  di  usura» 
A  nativitate.  Dalla  nascita  di  Cristo. 
Anatomia.  Scienza  che,  .per  mezzo  della  dis- 
seziono, studia  la  forma    e  la  struttura  dei  •  corpi 
organizzati  e  delle  parti  che  li  costituiscono:  quindi, 
si   può  dire   scienza    dell'organizzazione,    ramo   di 
scienza  naturale;  somatologia.  -  Etimologicamente, 
dissezione  di  un  corpo;  arte  di  tagliare  con  lo  scopo 
di  conoscere  la  struttura  o  la- composizione  di  un 
dato  corpo:  volgarm.   notomig,;    scientif.,  somalo- 
tomia. 

Distinzioni'  Y anatomia  •■'antropologica  studia  le 
diverse  razze  umànQ;]' anatomia  chirurgica,  o  topo- 
grafica, e  l'anatomia  medica  trattano  del -corpo,  con- 
siderando in  modo  speciale  le  parti  più  direttamente 
interessate  nelle  varie  malattie  chirurgiche  e  mediche. 
-  Anatomia  comparata,  quella  che  studia,  nel  corpo 
umano,  rispetto  a  quelli  di  altri  èsseri  vivi,  non 
solo  le  differenze  morfològiche,  ma-anche  quelle  di 
sviluppo,  di  struttura,  di  trasformazione,  di  propa- 
gazione, ecc..-  Anatomia  descrittiva,  o  sistematica, 
quella  che"  studiala  situazione,  la  forma,  le  relazioni 
degli  organi .«  Ja  disposizione,  dei  differenti  tessuti 
che  li  compongono.. .  -  Anatomia  fetale,  o  embriolo' 
<jfica,  studio  (di  anatomia  e  di  fisiologia)  dei  feno- 
meni e  dei  processi  relativi  allo  sviluppo  dell'orga- 
nismo, dal  momento  della  .formazione  della  cellula 
ovavica  fino  alla  nascita  del  prodotto  del  concepi- 
mento. 

Anatomia  filosofica  o  trascendentale,  quella  «che 
studia  le  leggi  dell'organizzazione  ed  è  un  ramo 
della  fisiologia  generale.  -  Anatomia  generale,  quella. 
che  studia  le  varie- specie  di  parti  che  sono  comuni 
a  tutte  le  regioni  del  corpo,- per  conoscere  lastrut- 
tura,  la  composizione,  lo  sviluppo  e  le  proprietà  dei 
te.ssuti  animali: -isió/o^ta  generale.  •  Anatomia  micro- 
scòpica, lo  studio  relativo  alla  struttura,  allo  sviluppo 
e  alle  proprietà  dei  tessuti  e  degli  elementi  anato- 
mici: istologia. 
Ajìotomia  patologica:  tratta  le- modificazioni  di  po- 


sizione e  di  struttura  che  subiscono  gli-  organi  "am- 
malali; ricorrendo,  per  mezzo  della  dissezione,  al- 
l'esame d'un  cadavere,  dicesi  anche  autopsia,  autos- 
sia,  necroscopia,  taglio  cadaverico,  taglio  anatomico; 
sezione,  dissecazione.  .-  Anatomia  pittorica,  studio 
fatto,  da  pitlori  e  da  scultori,  delle  forme  esterne  e 
delle  funzioni  dei  muscoli. 

L'anulom'ia  sistematica  o  descrittiva  comprende  vari 
rami  e  assume  diverse  denominazioni,  trattando  delle 
ossa  {osteologia),  delle  articolazioni  e  dei  lefamenti 
(sindesmologia),  dei  muscoli  {miolunid),  dei  vasi  san- 
guigni (a'ngiologia),  dei  nervi  {ni'urùloijitj,  nevrologia), 
degli  organi. dei  sensi  {estesiologia),  dei  visceri  {spiati- 
enologia),  delle  cartilagini  (condrologia),  della  pelle 
{dermatologia),  delle  ghiandole  (adenologia),  dei  tes- 
suti {istologia). 

Lo  studio  particolare  dell'  artrologia  compren- 
de la  articolazione  in  generale  e  la  classifi- 
cazione delle  articolazioni;  la  miologia  studia  i) 
muscolo  in  generale,  partitamente  i  muscoli  della 
tèsta,  del  froiwco,.  d'ogni  arto;  l'angiologia  fa  l'è-' 
sam'e  del  cuore  e  d'ogni  vaso^  linfatico  o  sangui- 
gno, d'ogni  arteria  quindi  e  d'ogni  vena;  l'ostoo- 
logia_,  oltre  le  ossa  in  generale,  ossia  lo  scheletro, 
considera  singolarmente  quelle  del  cranio,  della 
faeciaf  il  dente,  la  colonna  vertelyrale,  il  ba- 
cino, il  torace,  le  mèmbra,  ossia  le  estremità 
del  .corpo  ;  la  nevrologia  rivolge  la  sua  attenzione 
all''éwce/a?o  (insieme  del  cervello,  del  cervelletto 
e  dell'istoio  encefalico),  al  gran  simpatico  e  ad  ogni 
7ie«'vo  cranico  e  spinale;  l'estesiologia  .  studia,  ri- 
petiamo, gli  organi  diversi  del  senso,  e  la  splan- 
cnologia  riguarda  gli  ■  organi  della  digestione,  della 
respirazione,  della  secrezione  propria  all'orina 
e  delldi,geìier azione. 

Anatomia  to^jo^ra^ca:  dà  la 'descrizione  delle  parti 
che  si  trovano  in  una  determinata  regione  dalla 
superficie  al  centro.  -  Anatomia  vegetale,  studio 
della  struttura  e  dell'organizzazione  d'ogn^  2>tan<a.* 
fitotomia.  -  Anatomia  veterinaria,  quella  limitata 
allo  studio  dell'organizzazione  degli  animali  dome- 
stici (cavallo,  bue,  cane,  eapra,  pecora,  volalili^ecc). 

yliiiro2josowa<o%ìa,  descrizione  anatomica  del  corpo 
umano. 

Andranatomìa,  anatomia  dell'uomo  o  dissezione 
del  corpo  umano,  -  Angioscopia,  studio  dei  vasi  ca- 
pillari. -  il?i(/w«omia,  dissezione -dei  vasi,  cioè  ana- 
tomia del  sistema  vascolare.  -  Antropochimica,  parte 
dell' anatomia  avente  per  oggetto  l'analisi -degli 
umori-  e  dei .  tessuti  umani.  •  Antropotomia,  disse- 
zione del  corpo  umano.  -  Sareologia,  trattato  delle 
parti  molli  del  corpo. 

Teriotomia,  anatomia  delle  bestie.  —  Zootomia, 
anatomia  degli  animali. 

Anatomico,  che  ha  rapporto  con  l'anatomia.  -Ana- 
tomista, chi  "opera  l'anatomia  o  si  dedica  allo  studio 
di.que^ta:.  nel  primo  caso,  dissettore;  anatomico, 
notomista.  -  Anfiteatro  anatomico,  la.  sala  di  disse- 
zione ò  quella  in.  cui  si  fanno  lezioni  e  dimostra- 
zioni anatomiche:  anche  teatro  anatomico.  -  Coltello 
anatomico,  quello  cheserve  per  le  pratiche- d'ana- 
tomia: scalpello.  Per  il  complesso  degli  arnesi  al- 
l'uopo, veggasi  a  chirurgia  (istrumenti).  -  Scolopo- 
machérion,  scalpello  a  becco  di  beccaccia  usalo  da- 
gli antichi. 

Gabinetto  anatomico,  il  luogo  in  cui  si  conservano  i 
pezzi  d'anatomia.  -  Preparazioni  anatomiche,  prepa- 
rati anatomici,  complesso  dei  mezzi  (dissezione;  ma- 
cerazione, iniezioni,  soffiamento,  agenti  chimici,  es- 
siccazione, imbalsamazione."  ecc.)  che  gli  anatomici 


84 


impiegano  allo  scopo  di  meglio  studiare  la  situazione, 
i  rapporti,  l'or^L'anizzazione,  tutto  quanto  insomma 
concerne  le  varie  parti  dei  corpi  animali  {galvaniz- 
zazione dei  pezzi  anatomici,  processo  per  conservare 
i  preparati  anatomici  senza  aiterarne  la  forma).  An- 
che, i  pezzi  preparati.  -  Prosettore,  il  preparatore  dei 
pezzi  anatomici  per  le  lezioni. 

Scorliihino  (sclierz  ),  studente  d'anatomia. 

Tavole  anatomiche,  i  disegni,  le  tabelle,  i  quadri 
che  riproducono  pezzi  anatomici. 

Anatomizzare:  fare  l'anatomia;  notomizzare,  dis- 
secare, sezionare,  tagliare,  sparare.  —  Vivisezione, 
operazione  eseguita  col  coltello  sopra  animali  vivi, 
con  lo  scopo  di  accrescere  la  conoscenza  dei  feno- 
meni fisiologici  e  di  addestrarsi  nella  chirurgia  ope- 
rativa. 

Parti,  sostanze,  tessuti  anatomici. 

Acquedotto,  vecchio  nome  usato  per  indicare  pic- 
coli canali  scavati  entro  parti  molli  o  dure,  per- 
corsi da  umore  sieroso  ò  anche  da  organi  solidi. 
Si  annoverano  però  ancora  l'acquedotto  della  chioc- 
ciola e  quello  di  Falloppio  (veggasi  a  orecchio), 
l'acquedotto  di  Silvio  (v.  a  encefalo),  ecc.  -  Alvo 
(sinonimo  di  addome,  di  ventre),  voce  adoperata 
dagli  antichi  per  indicare  ora  tutto  il  tubo  alimen- 
tare, ora  tutto  il  basso  ventre,  compreso  l'utero,  ed 
ora  anche  i  soli  intestini  {alvino,  dell'alvo,  ap- 
partenente al  basso  ventre).  -  Amnios,  amnion,  sacco 
membranoso,  di  tessuto  connettivo,  trasparente,  senza 
vasi  e  senza  nervi,  contenente  il  liquido  amniotico, 
che  circonda  il  feto,  -  Anca,  regione  costituita  dalla 
parte  laterale  del  bacino  che  si  continua  con  la  coscia. 
Apparecchio:  è  l'insieme  coordinato  di  organi, 
anche  disparati,  che  hanno  per  iscopo  una  deter- 
minata funzione.  Si  hanno:  gli  apparecchi  di  loco- 
mozione (ossa,  articolazioni,  muscoli,  ecc.),  Yappa- 
recchio  di  circolazione  (arterie,  vene,  vasi  linfatici), 
^apparecchio  di  innervazione  (parte  centrale,  parte 
periferica),  gli  apparecchi  sensori  (senso  del  tatto, 
della  vista,  diQ\['udito,  AoWodorato,  del  gusto), 
gli  apparecchi  della  digestione,  della  respira- 
zione, della  secrezione  dell'orma  e  della  gene- 
razione. 

Bacino,  grande  cavità,  di  figura  assai  irregolare, 
aperta  in  alto  e  in  basso,  destinata  a  contenere  una 
porzione  degli  apparecchi  digestivo  ed  urinario,  e 
gli  organi  interni  della  generazione;  vasta  sezione 
del  tronco,  formata  dalla  riunione  delle  ossa  iliache, 
del  sacro  e  del  coccige  e  rivestita  di  parti  molli. 

Cartilagine,  sostanza  solida  del  corpo  animale, 
costituita  da  tessuto  cartilagineo,  di  vario  colore  (dal 
bianco-latteo  opalino  al  grigio  sbiadito  giallastro), 
alquanto  consistente,  più  o  meno  llessibile  ed  ela- 
stica: fa  parte  di  organi,  o  si  trova,  in  forma  di 
organi,  insieme  con  altri  tessuti;  serve  a  neutra- 
lizzare le  scosse  e  gli  urti.  -  Connettivo,  tessuto  af- 
fine alla  cartilagine:  comprende  la  sostanza  cellu- 
lare, 0  porosa,  e  unisce  insieme  i  vari  organi  e 
tessuti  dell'  organismo  animale.  -  Cuoio,  dicesi 
della  pelle  del  capo  {cuoio  capelluto). 

Cute,  sacco  membranoso  che  riveste  tutte  le 
parti  del  corpo  e  loro  si  adatta;  è  costituito  dalla 
epidermide  e  dal  derma,  strati  fondamentali. 

Derma,  strato  che,  insieme  all'epidermide,  costi- 
tuisce la  cute:  consta  d'un  ammasso  di  connettivo 
e  di  fibre  elastiche. 

Emisfero,  ciascuna  delle  due  metà  laterali  del 
cervello  e  del  cervelletto.  -  Endotèlio,  tessuto  pa- 
rablastico  che  riveste  la  superficie  interna  dei  vasi. 


del  cuore  e  delle  sierose.  •  Epidermide,  membra- 
nella  costituita  da  tre  strati  (corpo  mucoso  di  Mal- 
pighi,  strato  lucido,  strato  corneo)  e  ricoprente  il 
derma.  -  Epitèlio,  tessuto    costituito  di   cellule    più 

0  meno  diverse  e  rivestente  le  superficie  interne  od 
esterne  del  corpo  in  contatto  diretto  o  indiretto  con 
r  esterno;  rivestente  cosi  il  derma  della  cute  e  il 
derma  mucoso. 

Fascia,  aponeurosi  di  inviluppo,  cioè  membrana 
di  tessuto  connettivo  rivestente  la  massa  muscolare 
di  un  membro  o  di  una  regione. 

Ganglio,  nome  dei  piccoli  corpi,  rossastri  o  gri- 
giastri, che  si  trovano  lungo  il  decorso  dei  filetti 
nervosi,  caratterizzati  perciò  come  sensitivi  e  costi- 
tuiti da  cumuli  di  cellule  nervose.  -  Granulo,  gra- 
nulazione, dicesi  dei  piccoli  corpi  clie  si  trovano 
nel  protoplasma  degli  elementi  anatomici. 

Intònaco,  strato  di  materia,  più  o  meno  tenace, 
che  riveste  la  superficie  di  certi  organi.  -  Involucro, 
quanto  serve  a  ricoprire  un  organo.  -  Istmo,  deno- 
minazione di  alcune  parti,  ^uasi  ne!  medesimo  si- 
gnificato che  ha  nel  linguaggio  comune. 

Lembo,  la  porzione  dei  tessuti  molli  staccata  solo 
in  parte  dal  corpo  e  aderente  a  questo  per  una 
base  più  o  meno  estesa.  -  Linfa,  umore  biancastro 
che  circola  nel  corpo  animale. 

Midolla,  0  midollo,  il  tessuto  molle,  oleaginoso,  in- 
fiammabile, che  riempie  tutte  le  cavità  ossee.  Midolla 
allungata,  V.  a  encefalo.  Midolla  spinale,  a  co-, 
lonna  vertebrale.  -  Nodo  vitale,  piccola  massa  di 
sostanza  grigia  del  bulbo,  origine  del  pneumogastrico. 
•  Osteoide,  tessuto  animale,  morfologicamente  iden- 
tico all'osseo,  ma  non  provveduto  di  sali  di  calce, 
e  quindi  rassomigliante  alla  cartilagine. 

Parenchima,  tessuto  proprio  degli  organi  ghiando- 
losi  negli  animali;  sostanza  dei  visceri  formata  da 
una  massa  solida.  -  Pericòndrio,  strato  di  tessuto  con- 
nettivo vascolare,  analogo  al  periostio,  che  involge 
le  cartilagini  non  articolari.  -  Pigmento,  sostanza  or- 
ganica e  colorante,  che  esiste,  normalmente  e  pato- 
logicamente, nel  corpo.  -  Protoplasma,  liquido  conte- 
nuto nella  cavità  delle  cellule  embrionali  animali: 
è  suscettibile,  come  il  plasma  del  sangue,  di  som- 
ministrare materiali  per  l'evoluzione  di  altri  ele- 
menti anatomici  {ameboide  o  amiboide,  movimento 
di  contrazione  del  protoplasma). 

Regioni,  le  varie  zone  del  corpo  distinte  dall'ana- 
tomia topografica,  per  comodità  di  studio.  Nel  corpo 
umano  si  distinguono  le  seguenti  grandi  regioni: 
testa,  tronco  (torace  e  addome),  arti  (braccio  e  avam- 
braccio, gamlja  e  coscia). 

Seme,  sostanza  nella  quale  è  virtù  di  generare: 
sperma.  -  Sistema,  ciascuna  delle  parti  costituenti 
del  corpo,  rappresentata  da  un  tessuto  considerato 
nel  suo  insieme  come  formante  un  tutto  (sistema 
arterioso,  linfatico,  nervoso,  osseo,  venoso,  ecc.). 

Tessuto,  riunione  delle  diverse  parti  elementari 
del  corpo  animale  {tessuti  adiposi,  ossei,  ecc.).  -  Umo- 
re, nome  generico  dato  a  tutti  i  liquidi  dei  corpi 
organizzati. 

Elementi,  organi  e  accessori  anatomici. 

Ali,  le  espansioni  disposte  simmetricamente  ai 
lati  di  alcuni  organi  impari.  -  Allantoide.  vescica 
annessa  all'embrione,  in  cui  si  riversa  la  sua  secre- 
zione liquida  {liquido  allantoideo,  V  equivalente  del 
l'urina  nell'embrione).  -  Amigdale,  nome  dato  dagli- 
antichi  anatomici  ad  organi  e  a  parte  di  organi 
per   forma  rassomiglianti   ad  una  mandorla.     Cosi 

1  quelle  che  ora  si  chiamano  tonsille. 


Tavola  III 


ANATOMI\ 


1,  corpo  umano  -  2,  scheletro  umano  -  3,  capo  osseaio^^^ 

d,  occipitale;  < 
estensori  dell' 
figura  umana 
cL,  bronco   destr(  , 

e,  peduncolo  cerebrale; 
neale;  gr,  talami  ottici;  '" 
eiprincipali  organi 
Distro  del  polmone 

ì"^^'  i:  ^^òl}^hn^^:^io^'^&^  );r';^- c^T^f^ì^i i:  ^nlrì^olo^éViror^rVehtricolo  sinistro) 
Setto.  -  13.  Apparato  della  circolazione. 


86 


ANATOMIA 


Aponeurosi,  ogni  membrana  fibrosa,  più  o  meno 
espansa  e  densa,  bianco-perlacea,  resistente,  pieghe- 
vole e  poco  estensibile,  che  avviluppa  i  muscoli  (a 
guisa  di  nastro  di  cintura,  di  guaina,  ecc.)  e  loro  fa 
seguito,  servendo  come  mezzo  di  inserzione  o  di 
contenzione. 

Appendice,  ogni  organo  o  porzione  di  organo 
accessorio,  in  continuazione  o  in  contiguità  con 
l'organo  principale.  -  Articolazione,  connessione 
delle  ossa,  superficie  incrostata  da  cartilagine,  che 
permette  loro  movimenti  abbastanza  liberi.  -  Arto, 
nome  delle  appendici  del  tronco,  articolate  e  di- 
sposte a  paia,  le  quali  servono  ai  grandi  movimenti 
e  alla  locomozione. 

Blastocisti,  vescicula  germinativa.  -  Blastoderma, 
la  vescica  concentrica  formata  dalle  cellule  dopo  il 
processo  di  segmentazione  nell'interno  della  zona 
pellucida  dell'uovo,  associandosi  in  forma  di  strato 
semplice  {blastochilo,  umore  che  riempie  la  vesci- 
cula blastodermica).  -  Borsa,  sacchetto  variamente 
conformato.  -  Briglia,  neoformazione  che  si  sviluppa, 
a  forma  di  cordone  o  di  membrana,  da  un  punto 
all'altro  di  una  cavità  normale,  o  patologica,  o  an- 
che alla  superficie  del  corpo,  producendo  adesioni 
morbose  o  av\MCÌnamenti  anormali  e  successive  de- 
formazioni. -  Bulbi,  diconsi  alcune  parti  tondeggianti 
di  un  organo,  macroscopiche  o  microscopiche,  che 
hanno  qualche  rassomiglianza  con  la  forma  della 
cipolla.  Cosi  bulbo  olfattorio,  bulbo  del  dente,  bulbo 
del  pelo,  ecc. 

Calice,  veggasi  a  rene.  -  Canale,  condotto  o  tubo 
stretto  e  allungato,  o?seo  o  membranoso,  per  cui 
passano  liquidi  od  organi  (nervi,  arterie,  ecc.):  cosi 
il  canale  alimentare,  l'arterioso,  l'inguinale,  ecc.  Ca- 
nalicolo, piccolo  canale.  -  Capsula,  l'inviluppo  fibro- 
so di  un  organo,  ora  piccola  cavità  nell'organo  sotto 
la  cute,  ora  un  organo  stesso.  -  Carùncola,  piccola 
prominenza  normale,  di  colore  e  di  consistenza  gros- 
solanamente simili  alla  carne. 

Cellula,  organo  fondamentale,  rappresentante  il 
più  piccolo  elemento,  la  cui  aggregazione  costituisce 
i  tessuti:  consta  di  protoplasma  indifferenziale,  nelle 
forme  evolute,  esternamente  ricoperto  di  pellicola 
solida  (detta  membrana  cellulare);  completa,  presenta 
un  nucleo  e  un  liquido  intracellulare.  -  Ciglia,  nome 
che  si  dà  a  varie  specie  di  prolungamenti  di  cui 
sono  forniti  alcuni  elementi  anatomici,  e  che  si  di- 
stinguono in  mobili,  o  vibratili,  e  immobili,  o  rigidi. 
Collo,  ciascuna  di  quelle  parti  che  sono  più 
ristrette  a  confronto  col  resto  dell'organo  a  cui  appar- 
tengono (collo  della  vescica,  dell'utero,  ecc.).  -  Colon- 
na, organo  o  porzione  di  organo  di  forma  allungata, 
cilindrica,  somigliante  in  qualche  modo  ad  una  co- 
lonna. -  Colouìta  vertebrale,  fusto  osseo  che  reg- 
ge tutto  l'edilizio  del  tronco  nei  vertebrati. 

Condotto,  sinonimo  di  canale,  però  limitatamente 
ad  alcune  parti  (condotto  auricolare,  cistico,  cole- 
doco, epatico,  pancreatico,  toracico,  lagrimale,  latti- 
fero, midollare,  ecc.).  -  Confluente,  punto  o  luogo  di 
riunione  di  più  condotti.  -  Corda,  organo  più  o  me- 
no a  forma  di  .corda  (corda  dorsale,  del  garretto, 
del  timpano,  conia  vocale,  ecc.).  -  Cordone,  parte 
anatomica  avente  somiglianza  con  una  piccola  corda 
(cordone  ombelicale,  cordone  spermatico,  cordone 
nervoso,  ecc.).  -  Corna,  nome  di  vari  organi  o  parte 
di  organi  che,  nella  forma,  hanno  somiglianza  con 
le  omonime  appendici  di  parecchi  animali.  -  Cornetto, 
piccola  lamina  ossea  contornata  su  sé  stessa:  sino- 
nimo di  turbinato.  -  Corpuscolo,  cellula  o  elemento 
anatomico;  corpo  molto  piccolo,  microscopico,  orga- 


nico 0  inorganico   (corpuscoli   calcari,   cartilaginei, 
della  linfa,  del  latte,  ecc.). 

Elemento,  la  prima  unità  anatomica  e  fisiologica 
dei  tessuti:  cellula;  parte  costitutiva  di  un  corpo 
qualunque;  corpuscolo,  parte  elementare.  -  Embrione, 
il  prodotto  del  concepimento  dall'istante  della  for- 
mazione dell'area  germinativa  fin  che  acquisti  un 
certo  sviluppo  nell'utero  materno. 

Fibra,  elemento  anatomico  speciale  che  entra  nella 
struttura  del  tessuto  muscolare,  nervoso  ed  elastico, 
sotto  una  forma  ben  diversa  secondo  ciascuno  di 
questi  tessuti.  Fibrilla,  fibra  più  semplice.  -  Fila- 
mento, organo  o  frammento  di  organo,  a  forma  di 
fibra.  -  Filetto,  nome  delle  ultime  ramificazioni  dei 
nervi  e  dei  frenuli  della  lingua  e  del  prepuzio;  le- 
gamento che  congiunge  una  parte  con  l'altra  del 
corpo.  -  Follicolo,  vescicola  chiusa,  di  varia  forma 
e  struttura,  destinata  ad  uffici  diversi;  glandola  sem- 
plice. -  Frèmilo,  frenello,  plica  membranosa  che  ser- 
ve come  freno  per  diverse  parti  del  corpo.  -  Funicolo, 
sinonimo  di  cordone. 

Genitali,  gli  organi  che  servono  a  generare.  - 
Giuntura,  sinonimo  di  articolazione.  -  Glandola,  o 
ghiandola,  nome  d'ogni  organo,  semplice  o  compo- 
sto, nel  quale  si  elaborano  certi  umori.  -  Globulo, 
corpuscolo  che  si  trova  in  molti  tessuti  animali.  - 
Guaina,  ciò  che  avviluppa  o  circonda  altre  parti, 
grossolane  o,  anche,  microscopiche. 
Intestino,  tubo  o  canale  intestinale. 
Legamento,  ligamento,  fascetto  di  tessuto  bianco 
argentino,  che  serve  di  legame  nelle  articolazioni  e 
simili.  -  Lobo,  porzione  arrotondata  e  sporgente  di 
un  organo.  -  Lòbulo,  piccolo  lobo;  gruppo  di  acini 
ghiandolari. 

Membrana,  tessuto  per  lo  più  sottile,  elastico, 
che  serve  a  contenere  certi  organi  o  certi  fluidi,  ser- 
bandoli 0  segregandoli  {duplicatura,  rovesciamento 
su  sé  stessa  che  fa  una  membrana.  -  Membro,  appen- 
dice mobile  del  tronco  d'un  animale.  L'uomo  ne  ha 
quattro,  detti  arti  superiori  (braccia  e  avambraccio), 
arti  inferiori,  o  pelvici,  o  addominali  (gambe  e  co- 
scie).  -  Molècola,  piccola  particella  di  un  corpo, 
composta  di  un  àtomo  o  di  un  sistema  di  atomi 
riuniti  fra  loro  per  affinità  o  attrazione.  -  Mucosa, 
membrana  in  genere  che  riveste  l'interno  d'organi 
cavi  e  comunica  con  l'esterno  per  vari  orifizi. 

Opercolo,  copei'chio .  -  Organo,  nome  generico 
delle  parti  circoscritte  che  hanno  una  conforma- 
zione speciale  e  servono  per  sé  stesse  all'adempi- 
mento di  qualche  funzione,  come  sarebbero  l'occhio, 
l'orecchio,  il  cuore,  il  fegato,  la  milza,  ecc. 

Ooblasta,  l'uovo  primordiale;  la  cellula  che,  divi- 
dendosi in  segmenti,  dà  origine  agli  ovuli  propria- 
mente detti.  •  Otricolo,  piccolo  invoglio  che  forma 
come  un  utero:  otricello,  otrello.  -  Ovidotto,  ovidutto, 
canale  membranoso  che  si  riscontra  in  molti  animali 
e  nelle  cavità  del  quale  cadono  le  uova  che  dal- 
l'ovaia si  staccano  e  per  esso  si  portano  all'utero 
0  fuori  del  corpo.  Nella  donna,  detto  tuba  falloppiana. 
-  Ovisacco,  involucro  delle  uova,  l'epitelio  che  rac- 
chiude r  ovulo.  -  Ovo,  specie  di  gianduia  che  si 
stacca  ed  esce  dall'ovario.  -  Ovulo,  prodotto  degli 
organi  genitali  femminili,  dal  quale  deriva  diretta- 
mente 1  embrione,  dopo  la  fecondazione. 

Pannicolo,  per  similitudine,  membrana.  -  Panno, 
vecchia  denominazione  delle  membrane  del  feto  e 
delle  meningi  cerebrali.  -  Pellicola,  mendjrana  estre- 
mamente sottile  di  qualsiasi  natura.  -  Protoblasta, 
cellula  primordiale. 


87 


Rudimento,  primo  principio  di  un  organo. 

Sacco,  cavità  o  involucro  a  pareti  membranose.  - 
Segmento,  porzione  di  un  organo,  sebbene  questo  sia 
continuo.  -  Sierosa,  membrana  cbiusa  da  ogni  parte, 
composta  di  tessuto  connettivo  con  pocbe  fibre  ela- 
slicbe,  con  la  superficie  libera  liscia  e  brillante.  - 
Sjnna,  il  filo  delle  reni  e  la  maggior  parte  delle 
eminenze  allungate,  quali  la  spina  nasale,  la  ma- 
scellare, la  palatina,  ecc. 

Tendine,  cordone  o  fascicolo  legamentoso,  di  va- 
rio volume  e  forma,  all'estremità  dei  muscoli,  che 
serve  a  fissare.  -  Tubo,  condotto,  canale  (digestivo, 
intestinale,  ecc.).  Tubo  capillare,  quello  che  non  su- 
pera il  millimetro.  -  Tunica,  o  tonaca,  membrana 
sottile  che  avvolge  le  parti  interne  del  corpo. 

Valvola,  piccola  membrana,  collocata  in  alcuni 
meati  del  corpo,  in  modo  che  facilmente  consente 
ai  fluidi  il  passaggio,  ma  non  il  ritorno.  -  Vaso,  qua- 
lunque canale  o  condotto  ramoso  formato  da  varie 
membrane  sovrapposte,  che  serva  al  corso  dei  li- 
quidi nutritivi  {arteria,  vena,'  vaso  linfatico,  V. 
linfa).  '  T  ertebra,  ciascuno  degli  anelli  ossei 
della  spina  dorsale.  -  Vescica,  ricettàcolo  muscolo- 
membranoso  situato  nella  cavità  pelvica.  -  Vescicole, 
alcune  parti  di  organi  che  risultano  d'una  membrana 
conformata  a  sacco.  -  Viscere,  nome  generico  degli 
organi  contenuti  nelle  tre  grandi  cavità  del  corpo, 
indispensabili  alla  vita. 

Figure  anatomiche 

Alvèolo,  leggasi  a  dente.  -  Ampolla,  dilatazione 
esistente  lungo  il  corso  o  nel  fondo  di  canali  con 
pareti  rigide  e  molli.  -  Anastomòsi,  imboccatura  e 
comunicazione  per  imboccatura  di  organi  canaliformi, 
e  propriamente  dei  vasi  sanguigni  e  linfatici;  dicesi 
anche  di  nervi  che  si  attaccano  ad  altri. 

Anello,  fascio  circolare  di  fibre,  capace  per  lo  più 
di  contrarsi.  -  Angoli,  le  sporgenze  o  i  rientramenti 
nella  superficie  o  nei  contorni  degli  organi,  delle  aper- 
ture, delle  regioni  del  corpo  {angolare,  ogni  parte  che 
contribuisce  alla  formazione  degli  angoli).-  Antro, 
cavità  nella  massa  di  organi  solidi,  o  esuberanza  e  in- 
fossamento nella  parete  di  organi  cavi  e  membranosi. 

Apójisi,  ogni  sporgenza  normale  situata  sulla 
continuità  di  un  osso.  -  Arborizzazione,  nome  che, 
per  similitudine,  si  dà  alla  disposizione  delle  arterie, 
delle  vene  e  dei  nervi,  che  assumono  forme  somi- 
glianti alle  ramincazioni  di  un  albero. 

i4rcato,disposizione,  a  mo'  di  segmento  di  cerchio, 
regolare  o  no,  di  alcune  parti  del  corpo  (es.,  arcata 
crurale,  o  femorale,  ctrccita.  palmare,  ecc.).  -  Arctazione, 
restringimento  di  un  orificio  o  di  un  condotto  or- 
ganico. -  Aréola,  piccola  superficie  piana,  varia  di 
figura  e  di  colorito,  che  circonda,  a  mo'  di  cerchio, 
un  capézzolo  o  un  punto  infiammato. 

Branca,  divisione  dei  vasi  e  dei  nervi,  o  anche  il 

{)rolungamento  di  certe  ossa  o  di  un  organo  qua- 
unque. 

Callo,  nome  che  si  dà  ad  ogni  ispessimento  in- 
durito, più  0  meno  limitato  o  prominente,  di  uno 
degli  strati  dell'epidermide,  formantesi  in  qualche 
punto  della  cute  per  continua  pressione  esercitatavi. 
taverna,  cavità  di  varia  forma  e  grandezza,  che 
si  forma,  patologicamente,  negli  organi parenchimatosi. 
-  Cavità,  nome  usato,  in  anatomia,  per  indicare  tutto 
ciò  che  è  cavo  (cavità  cranica,  toracica,  addominale, 
pelvica,  del  cuore,  ecc.).  E  alcune  cavità  prendono 
nomi  speciali':  antro,  cellula,  seno  {diaframma,  la 
divisione  di  ogni  cavità).  -  Cellula,  interstizio  o  pic- 


cola cavità  che  si  osserva  nel  tessuto  spongioso 
delle  ossa,  nel  tessuto  erettile,  nei  seni  cavernosi,  ecc. 
{cellulare,  che  risulta  di  cellule,  nel  senso  di  ele- 
menti anatomici  o  di  piccole  cavità).  -  Circonvolu- 
zione, nome  che  si  dà  tanto  alle  ripiegature  degli 
intestini  dell'  addome  (comunemente,  anse  intesti- 
nali), quanto  alle  sporgenze  sinuose  della  superficie 
del  cervello. 

Colletto:  dicesi  di  ogni  restringimento  che  abbia 
qualche  analogia  col  collo.  -  Corona,  ciò  che  ha 
forma  circolare  (corona  del  dente,  del  ghiande, 
del  timpano,  ecc.).  -  Coartazione,  restringimento 
di  una  cavità,  di  un  canale,  di  un  condotto.  -  Com- 
messura, punto  in  cui  due  parti  si  riuniscono  (com- 
messura delle  labbra,  delle  palpebre,  ecc.).  -  Conca- 
mer  azione,  di  cesi  di  cavità  a  più  scompartimenti  e 
comunicanti  fra  loro. 

Conformazione,  naturale  disposizione  delle  va- 
rie parti  del  corpo.  -  Connessione,  unione  mediata  e 
immediata  di  due  parti  del  corpo  (di  un  osso  con 
un  altro  per  mezzo  dei  legamenti,  ecc.).  -  Cresta,  ogni 
sporgenza  ossea  stretta  e  allungata. 

Deformità,  stato  degli  organi  o  delle  parti  fuori 
dalla  consueta  e  debita  forma.  -  Depressione,  infos- 
samento. -  Doccia,  incavatura,  o  semicanale  o  solco, 
che  si  trova  alla  superficie  delle  ossa. 

Eminenza,  nome  generico  di  ogni  rigonfiamento 
0  rialzo. 

Fascetta,  gruppo  o  ammasso  regolare  di  fibre  mu- 
scolari o  nervose.  -  Fessura,  ogni  apertura  profonda 
e  stretta;  ogni  arresto  di  sviluppo  che  dà  luogo  ad 
una  discontinuità.  -  Forame,  dicesi  di  depressioni  e 
di  orifici  che  presentano  certi  organi  e  certe  ossa, 

-  Fossa,  ogni  escavazione,  nelle  ossa  o  nei  tessuti, 
larga  e  più  o  meno  profonda,  con  entrata  sempre 
più  svasata  del  fondo.  Fossetta,  nome  dato  in  par- 
ticolare a  qualche  fossa. 

Incisura,  fenditura  o  doccia,  più  o  meno  superfi- 
ciale, delle  ossa,  con  o  senza  dentellatura. 

Maglia,  spazio  circoscritto  da  capillari  e  da  altri 
elementi  anatomici,  ramificati  e  anastomizzati  o  in- 
crociati fra  loro.  -  Meandro,  giro,  avvolgimento  intri- 
cato dei  vasi  sanguigni,  o  delle  fistole  nelle  carni,  ecc. 

-  Meato,  apertura  che  conduce  ad  un  canale,  ad  un 
condotto,  ad  una  cavità. 

Mostro,  ogni  corpo  organico  che  presenti  un  vi- 
zio di  conformazione  congenito  nella  totalità  delle 
sue  parti  o  solo  in  alcuna. 

I  Nucleo,  la  parte  che  entra  nella  struttura  degli 
elementi  anatomici  che  hanno  forma  di  cellula; 
corpuscolo  sferico  di  questa. 

Orificio,  apertura  che  fa  comunicare  una  cavità 
con  un'altra  o  con  l'esterno,  e  che  serve  tanto  di 
entrata  quanto  di  uscita. 

Papilla,  piccola  eminenza  conica  alla  superficie 
della  pelle.  -  Parete,  ciascuna  delle  parti  che  costi- 
tuiscono i  limiti  di  una  cavità  e  servono  a  circo- 
scriverla. -  Peduncolo,  specie  di  prolungamento  in  al- 
cune parti  del  corpo  animale.  -  Pilastro,  per  simili- 
tudine, dicesi  di  certe  partì  del  corpo  (es.,  del  dia- 
framma). -  Plesso,  il  complicato  intrecciamento,  in  un 
punto  determinato,  di  vasi  sanguigni,  di  nervi,  di 
filamenti.  -  Propaggine,  diramazione.  -  Protuberanza, 
escrescenza,  prominenza,  bernoccolo. 

Reticolo,  intrecciamento  di  vasi  sanguigni,  special- 
mente venosi,  di  piccolissimo  diametro, ,  anastomiz- 
zantisi  spesso  fra  loro. 

Seno,  cavità  nello  spessore  di  alcune  ossa  del 
cranio  e  della  faccia;  anche  canale  venoso  diiferente 
dalla  vena.  -  Setto,  tramezzo  membranoso  o  carnoso. 


che  separa  due  cavità.  -  Solco,  doccia.  -  Sutura, 
modo  di  articolazione  propria  delle  ossa  del  cranio 
e  riftlla  faccia. 

Trapezio,  nome  di  parecchi  muscoli  e  di  ossa 
(trapezoide).  -  Triangolo,  figura  di  vari  organi  triango- 
lari -  Tubercolo,  sporgenza  naturale  poco  notevole. 

Vacuolo,  piccola  cavità  di  un  organo,  di  un  tes- 
suto, di  un  elemento  anatomico,  pieno  di  gas  o  di 
liquido.  -  Vascolaritd,  jpresenza  dei  vasi  sanguigni  o 
linfatici  in  quantità  più  o  meno  grande.  -  Ventri- 
colo, cavità  in  qualche  viscere  del  corpo  animale.  - 
Via,  insieme  di  condotti  o  seri'e  di  organi,  percorsi 
da  un  fluido  o  da  una  materia  qualunque  (vie  bi- 
liari, aeree,  ecc.). 

Termini  di  anatomia. 

Accessorie,  delle  parti  dell'  organismo,  che  sem- 
brano avere  un'esistenza  secondaria.  -  Aggregazione, 
insieme  di  parti  unite  fra  loro  senza  intimo  legame; 
proprietà  che  hanno  le  molecole  dei  corpi  di  atti- 
rarsi e  di  mantenersi    vicendevolmente    avvicinate. 

-  Albugineo  :  dicesi  degli  umori,  dei  tessuti,  delle 
membrane  che  siano  molto  bianchi  e   consistenti.  - 

-  Amorfo,  elemento  anatomico  senza  forma. 
Analogia,  la  rassomiglianza  tra  loro  di   alcune 

parti  dell'organismo.  -  Anfrattuosita,  termine  usato 
per  indicare  particolarmente  i  solchi  sinuosi  che  se- 
parano le  circonvoluzioni  cerebrali.  -  Antagonismo, 
particolare  azione  muscolare:  quando,  cioè,  due  mu- 
scoli possono  impartire  ad  una  parte  a  cui  si  at- 
taccano due  movimenti,  uno  contrario  all'altro  (fles- 
sori ed  estensori,  abduttori  e  adduttori,  ecc.),  sono 
tra  loro  antagonisti,  ossia  in  antagonismo. 

Anteflessione,  flessione  in  avanti,  specialmente  del 
tronco  e  della  colonna  vertebrale.  -  Archetipo  (anato- 
mia generale  e  comparata),  la  nozione  astratta  di  uno 
scheletro  o  di  un  altro  sistema  di  parti  similari 
(nervose,  muscolari,  ecc.),  considerato  come  un  tipo 
immutabile,  a  cui  si  potrebbero  riferire  le  forme  di 
ciascun  sistema  appartenente  a  tutte  le  specie  e  a 
tutte  le  età  di  ciascun  individuo.  -  Ascendente,  ciò 
che  si  porta  in  alto,  in  direzione  più  o  meno  ver- 
ticale aal  punto  dal  quale  ha  origine. 

Capillare,  dicesi  dei  vasi  di  piccolissimo  diame- 
tro. -  Cavernoso,  corpo  nel  quale  si  vedono  molti 
spazi  vuoti.  -  Caudato,  di  organo  o  di  elemento  ana- 
tomico fornito  di  coda.  -  Corpo,  la  parte  principale 
di  un  osso  0  di  un  muscolo  (corpo  del  fèmore,  del 
bicipite,  ecc.);  anche,  organo  o  parte  di  organo,  la 
denominazione  del  quale  non  si  potè  derivare  dalla 
sua  forma  o  struttura  particolare  (corpo  frangiato, 
corpo  mucoso,  ecc.).  -  Consistenza,  grado  di  ravvi- 
cinamento 0  di  unione  delle  molecole  di  un  tessuto 
0  di  un  organo,  per  cui  può  opporre  resistenza. 

Disorganizzazione,  alterazione  profonda  nella  strut- 
tura di  un  organo  o  d'una  parte  di  organo. 

Emulgente,  di  vasi  sanguigni  che    vanno  ai  reni. 

Ensiforme,  delle  cartilagini  dello  sterno  in  forma 
di  spada.  -  Ermafroditismo,  riunione  in  un  mede- 
simo individuo  di  entrambi  i  falli. 

Gangliforme,  a  forma  di  ganglio.  -  Gemello,  detto 
di  arterie,  di  muscoli  accollati  l'uno  all'altro. 

Ilo.  il  punto  depresso  degli  organi  parenchima- 
tosi,  attraverso  il  quale  entrano  i  vasi  sanguigni 
(ilo  del  fegato,  della  milza,  del  rene,  ecc.).  -  Inte- 
rosseo,  quanto  si  trova  fra  due  ossi  (arterie  e  vene, 
muscoli).  -  inserzione,  l'aderenza  intima  di  una  parte 
con  l'altra.  -   Intersezione,   interrompi  mento   di   un 


muscolo  per  la  presenza  di  fibre  tendinose  aponeu- 
rotiche,  che  lo  dividono  quasi  in  due.  -  Iperplasia, 
aumento  numerico  degli  elementi  anatomici  di  un 
tessuto.  -  Irradiazione,  per  analogia,  la  disposizione 
dei  vasi  e  dei  nervi  che,  sotto  forma  di  raggi,  par- 
tono da  un  centro  comune  verso  una  parte  perife- 
rica più  0  meno  estesa. 

Lacuna,  in  anatomia  comparata,  dicesi  degli  spazi 
rotondi  comunicanti  fra  loro  e  situati  fra  le  cellule 
in  cui  scorre  il  sangue.  -  Lamina,  parola  indicante 
varie  parti:  la  parte  cribrosa  dell'etmoide  (lamina 
cribrata),  la  porzione  del  foglietto  fibrointestinale 
che  solleva  l'endoderma  per  formare  l'intestino  (la- 
mina intestinale),  ì  sollevamenti  del  foglietto  del 
blastoderma,  che  circoscrivono  le  cavità  del  corpo 
dell'embrione,  ecc.  -  Limite,  estensione  delle  varietà 
e  modificazioni  che  possono  avere  gli  individui  d'o- 
gni razza.  -  Linea,  in  anatomia,  estensione  in  lun- 
ghezza. 

Mediano  (anat.  med.),  che  è  in  mezzo  (arteria, 
vena,  linea,  operazione  mediana;  arco,  nervo  me- 
diano). -  Moltiplicativo,  atto  a  moltiplicare. 

Nisus  formativus,  facoltà  inerente  agli  elementi 
anatomici  e  ai  tessuti  di  nascere  e  rigenerarsi. 

Organismo,  complesso  degli  organi  vitali.  -  Omo- 
logia,  studio  e  dottrina  delle  identità  anatomiche 
degli  organi  e  delle  loro  relazioni  nel  corpo  ani- 
male. -  Organologia,  sinonimo  di  anatomia.  -  Otturar 
tori,  i  legamenti,  i  muscoli,  i  nervi  e  i  vasi  che 
occupano  il  foro  sottopubico  (foro  otturatorio). 

Omotipia,  identità  di  tipo. 

Radice,  l'origine  di  una  parte  qualunque  (dente;^ 
unghia,  ecc.).  -  Retto,  qualunque  parte  posta  d'alto 
in  basso,  o  diritta  o  in  linea  retta,  rispetto  a  un'altra 
principale;  ultima  porzione  dell'intestino,  che  si  apre 
all'esterno  con  Vano. 

Riproduzione,  azione  per  la  quale  i  corpi  orga- 
nici producono  simili  a  sé;  e  dicesi  così  degli  ele- 
menti anatomici,  come  dei  corpi  organizzati  -  Rur 
dimentale,  di  organo  qualsiasi  incompiuto  e  del  quale 
esiste  solo  un  primo  rudimento. 

Sagittale,  a  forma  di  freccia  (es.,  la  doccia  o> 
fossa  nella  parte  media  della  vòlta  del  cranio,  nella 
faccia  interna).  -  Secrezione,  separazione  d' umori. 
Secretorio,  vaso  atto  alla  secrezione.  -  Semilunare, 
nome  dato  a  varie  parti  che  presentano  la  forma 
di  una  mezzaluna.  -  Seminifero,  di  condotto  del 
seme  animale.  -  Sfintère^  nome  dei  muscoli,  a  forma 
di  anello,  che  servono  a  chiudere  contemporanea- 
mente, a  seconda  delle  leggi  fisiologiche  o  di  al- 
cune sensazioni  speciali,  certe  aperture.  -  Similari, 
gli  elementi  primitivi  o  primari,  la  cui  riunione 
forma  i  sistemi. 

Simmetria,  regolarità  della  forma  degli  organi  im- 
pari dell'economia  animale  e  la  perfetta  rassomi- 
glianza che  presentano   tra   loro   gli   organi  pari. 

Sintassi,  congiunzione,  ordine,  composizione,  co- 
struzione delle  ossa.  -  Solido,  le  ossa,  le  cartilagini, 
i  muscoli,  i  tendini,  ecc.  -  Stroma,  trama  di  tessuto 
connettivo. 

Unitario,  degli  esseri  che  presentano  i  caratteri 
dell'unità. 

Vascolare,  dei  vasi  del  corpo.  -  Vascoloso,  sparso 
di  molti  piccoli  vasi  e  canaletti.  -  Vascolarizzazione, 
produzione  dì  vasi  in  un  tessuto  che  non  ne  conteneva. 

Vertebrale,  di  vertebra  (arteria,  colonna,  ecc.).  - 
Vertebrato,  provvisto  di  vertebre.  -  Volontario,  di 
muscoli  e  di  nervi  che  agiscono  sotto  l'influenza  della, 
volontà. 


ANATOMIA    ARTIFiaALE   —    ANCORA 


89 


Anatomia  artificiale.  Arte  di  modellare,  in 
cera  o  in  cartone,  le  varie  parti  del  corpo  umano 
0  i  vari  organi,  normali  o  patologici:  anatomia  pla- 
stica. 

Anatomico.  Di  anatomia. 

Anatomista.  Chi  studia  o  pratica  anatomia. 

Anatomizzare  (anatomizzato).  Fare  Vana- 
tomia. 

Anatra.  Più  comunemente,  ànitra. 

Anatrino,  anatròccolo.  Veggasi  ad  anitra. 

Anca.  Ciascuna  di  quelle  due  parti  ossee  e  la- 
terali del  tronco  del  corpo  umano,  là  dove  termina 
superiormente  e  l'una  e  l'altra  coscia,  considerata 
con  0  senza  carne;  e  si  dice  anche  della  sola 
parte  carnosa  e  tondeggiante.  Vale  anche  coscia.  - 
Anca  non  dicesi  che  dell'uomo.  -  ilncone,  il  grosso 
dell'anca.  -  Ancacciuto,  che  ha  le  anche  grosse  e  pin- 
gui. -  Anchettata,  colpo  nell'anca  o  con  l'anca.  -  An- 
dare ancajone,  aggravarsi  più  sull'una  che  sull'altra 
anca.  -  Sciancato,  che  ha  rotta  o  guasta  l'anca. 
-  Veggasi  a  fianco. 

Ancella.  Servente,  serva. 

Anche.  Particella  copulativa  che  significa  ag- 
giunta:  anco,  altresì,  eziandio,  pure. 

Anchilosi.  Difetto  di  articolazione. 

Anchina.  Specie  di  tela  di  cotone. 

Ancia.  V.  a  musicali  istrumenti  (da  fiato). 

Ancidere  /^anctso/ Voce  poetica,  per  uccidere. 

Ancìle.  Piccolo  scudo. 

Ancipite.   Di  ciò  che  sia  incerto,  in  dubbio. 

Ancóna.  Tavola,  lavoro  di  pittura. 

Àncora.  Noto. arnese  di  ferro  che,  calato  nel 
mare  mediante  una  catena,  pure  di  ferro,  o  una 
gomena,  si  aggrappa  al  fondo  e  serve  cosi  a  tener 
ferma  la  nave.  -  Ancora  a  due  marre,  a  quattro 
marre,  di  servizio  o  di  posta,  di  tonneggio:  diverse 
specie  d'ancora.  -  rincora  di  rispetto,  di  salvezza,  di 
speranza,  quelle  che  si  adoperano  in  casi  straordi- 
nari. -  Ancora  rostrata  (lat.),  àncora  a  becco.  -  An- 
cora tridmtata,   armata  di  tridente. 

Afforco,  la  feconda  àncora  che  si  getta  per  or- 
meggiarsi. -  Ancoressa,  àncora  vecchia  e  non  buona. 

Ancorotto,  ancoretta,  piccola  àncora  per  tonneg- 
giare 0  per  attraversarsi.  -  Andrivello,  àncora  pic- 
cola per  ormeggiarsi.  -  Corpo  morto,  grossa  àncora, 
0  più  pali  piantati  nel  fondo  del  mare,  riuniti  fra 
loro  con  cerchi  di  ferro,  per  servire  di  ormeggio 
nei  porti  esposti  al  vento  e  il  cui  fondo  è  di  poca 
tenuta.  -  Grappino,  àncora  a  quattro  marre  per  uso 
dei  battelli.  -  Guardiano,  terza  àncora  che  si  ado- 
pera in  caso  di  burrasca.  -  Pennello  (àncora  da  pen- 
nello), piccola  àncora  che  si  getta  in  mare  davanti 
a  una  più  grossa,  affinchè  la  nave  sia  in  grado 
di  resistere  al  vento,  e  la  grossa  àncora  sia  meno 
in  pericolo  di  sfiancarsi.  -  Rampicone,  ancorotto  a 
quattro  marre. 

Parti  dell'  àncora.  —  Amo,  una  delle  punte  o 
rafR  dell'ancora.  -  Asta,  verga  dell'ancora:  parte  forte 
e  diritta.  -  Branche,  le  estremità,  che  servono  ad  af- 
ferrare. -  Catena  dell'ancora,  l'arnese  che  le  si  attacca 
per  calarla  ed  alzarla.  -  Ceppo,  unione  di  due  pezzi 
di  legno  della  medesima  forma  e  grossezza,  stretta- 
mente congegnati  insieme  mediante  due  pezzi  di 
ferro  o  caviglie  di  legno  e  delle  fasciature  di  ferro, 
che  rinchiude  e  incassa  il  fuso  dell'ancora,  appunto 
sotto  l'occhio  della  cicala.  -  Ciabatta,  calzuolo  di 
faggio,  col  quale  si  copre  l'unghia  e  la  marra  del- 
l'ancora. -  Cicala,  grosso  anello  stabilito  nell'occhio 
dell'ancora,  che  si  arma  di  una  fasciatura  di  cavi, 
detta  grillanda,  a  cui  si  ormeggia  la  gomena. 


Denti,  le  due  estremità  superiori  dell'ancora.  -  Dia- 
mante, la  congiunzione  dei  due  bracci  e  della  verga. 
Fuso,  la  parte  dell'ancora  tra  il  diamante  e  il  ceppo. 

Fusto,  la  parte  retta  dell'ancora  compresa  fra  la 
cicala  e  la  croce  o  congiunzione  dei  bracci.  -  Incro- 
ciatura, parte  dell'  àncora,  curvata  in  arco,  a  ciascuna 
delle  CUI  estretiiita  sono  le  zampe,  e  che  s'incrocia 
all'estremità  del  fusto.  -  Marre,  le  estremità  dei  bracci, 
le  quali  sono  destinate  ad  entrare  nel  fondo  del 
mare  e  sono  fatte  a  forma  di  triangolo:  diconsi 
orecchie  le  parti  più  larghe  di  dette  marre,  aven- 
done due  ciascuna  di  queste.  Diconsi  anche  prese. 
A  ciascuna  estremità  delle  marre  é  annesso  un 
pezzo  di  grossa  lamina  di  ferro,  di  figura  triango- 
lare, che  dicesi  patta.  -  Morso  delT àncora,  gli  uncini. 

Occhio,  apertura,  foro.  -  Orecchie,  le  due  parti  la- 
terali allargate  nella  marra  dell'ancora.  -  Scarpa,  pezzo 
di  legno  tagliato  a  cuneo,  con  un  buco  nell'estre- 
mità più  acuta,  onde  passarvi  una  corda,  per  mezzo 
della  quale  resta  sospeso  fuori  del  bordo  verso  prua. 
Serve  a  ricevere  il  becco  dell'  àncora,  affinchè  non 
danneggi  il  bordo  con  lo  sfregamento  quando  è 
al  suo  posto,  pei  moti  che  può  ricevere,  o  quando 
si  dà  fondo. 

Manovre,  movimenti  dell'Ancora 

E  ARNESI     all'uopo. 

Alzar  l'ancora,  salpare.  -  Arare:  lo  strisciare 
dell'àncnra  sul  fondo  del  mare  quando  non  vi  fac- 
cia buona  presa  o  non  regga  allo  sforzo  della  ca- 
tena. -  Beccare,  dicesi  dell'ancora  quando  morde  il 
fondo,  e  del  bastimento  quando  dà  nel  mare  con 
la  prua  e  ingozza  l'acqua.  -  Capponare  l'ancora,  af- 
ferrarla con  gancio  e  issarla  presso  la  prua.  -  Dar 
fondo,  pigliar  fondo,  di  nave  che  si  ferma  sull'an- 
cora. -  In  pennello,  si  dice  dell'ancora  quando  è 
capponata  o  sospesa  alla  grua  di  cappone,  e  le 
marre  pendono  in  mare,  né  sono  per  anco  pescate. 

Mordere,  dell'ancora,  quando  una  delle  due  marre 
entra  nel  fondo  e  vi  si  afferra.  -  Ormeggiare,  ormeg- 
gio, dar  fondo  a  un'ancora.  -  Salpare,  levar  l'anco- 
ra. -  Sferrare,  azione  del  togliere  le  àncore;  anche 
1'  azione  delle  àncore  che  lasciano  il  fondo  per 
l'impeto  del  vento  o  per  la  cattiva  qualità  dell'an- 
coraggio. -  Sorgere,  gettar  l'ancora  {sorgitore,  luogo 
aperto  nel  mare,  di  buon  fondo,  dove  si  può  stare 
all'ancora).  -  Spedare,  levare  l'ancora  in  modo  che 
la  marra  si  levi  dal  fondo. 

Calumo,  tratto  di  una  catena  o  di  un'ancora  com- 
preso fra  l'ancora  e  l'occhio  di  prua.  -  Canbelizza, 
manovra  a  paranco,  la  quale  serve  a  sollevare  l'an- 
cora, quando,  nel  salparla,  comparisce  fuori  del- 
l'acqua, e  a  collocarla  nel  suo  posto  contro  il  bordo. 

Capelli  dell'  àncora,  cànapi  che  si  legano  all'an- 
cora, come  le  grippie  e  i  bracotti.  ■  Capone,  grosso 
paranco,  che  serve  a  sollevare  l'ancora  dall'acqua 
alla  grua.  -  Cavo  della  speranza,  quello  più  grosso 
che  serve  a  gettar  l'ancora  in  caso  di  pericolo. 

Cubie,  occhi  delle  gomene,  ossia  quei  fori  dall'una 
e  dall'altra  parte  della  ruota  di  prua,  aperti  più  in 
alto  del  primo  ponte,  pei  quali  si  fa  passare  il 
cavo  dell'ancora  quando  si  dà  fondo.  -  Gavitello, 
pezzo  di  legno  o  di  sughero,  o  piccolo  barile  vuoto 
che  si  attacca  all'estremità  della  grippia  di  un'an- 
cora, onde  galleggi  sull'acqua  e  mostri  il  punto  ove 
esso  è  a  fondo.  -  Gomena,  cavo  dell'ancora,  il  ca- 
napo ad  essa  attaccato;  anche  misura  dei  marinari 
della  lunghezza  del  canapo  dell'ancora.  -  Grippia, 
in  marina,  quella  corda  che.  legata  da  un  capo  alla 


90 


marra  dell'ancora  e  dall'altro  al  gavitello,  indica 
dove  l'ancora  è  sommersa. 

Minotto,  lungo  pezzo  di  legno,  in  cima  al  quale 
è  un  rampino  di  l'erro,  di  cui  servonsi  i  marinari 
per  tener  l'ancora  dilungata  dal  bordo  della  nave 
quando  la  si  tira  su.  -  Pescatore,  grosso  gancio  col 
quale,  nel  salpare,  si  afferra  la  massa  dell'ancora  per 
traversarla.  -  Piccaressa,  la  bozza  di  canapo  o  di 
catena,  che  tiene  appiccata  l'ancora  per  la  cicala 
sotto  la  grua.  -  Serrabbozze,  cavo  o  catena  per  fer- 
mare l'ancora  attraversata.  -  Spia,  pezzi  di  legno  che 
ondeggiano  alle  corde  dell'ancora.  -  Tornaoira,  cavo 
piano  le  cui  estremità  sono  piombate  insieme: 
avvolto  all'argano,  esso  scorre  in  coperta  lungo  i 
due  lati  del  vascello  e  serve  a  salpare  l'ancora, 
legando  ad  esso  la  gomena  con  salmastre  e  paterne. 

Ancora.  Raffio  da  macellaio. 

Ancóra.  Detto  a  tempo  e  a  ripetere. 

Ancoràg-gio.  Luogo  ove  si  getta  V àncora. 

Ancorare  (ancorato).  Gettar  l'ancora. 

Ancoròtto.  Piccola  àncora. 

Ancùdine.  Più  comunemente,  incùdine. 

Andamento.  Atto  àeìYandare.  -  Modo  di 
operare.  -  Modo  di  procedere  d'un  affare,  di 
una  malattia,  della  salute,  della  stagione,  ecc. 
-  Piega,  sviluppo,  svolgimento. 

Andana.  Luogo  dove  lavora  il  cordaio,  il  fu- 
naio. -  Sentiero,  fra  due  file  di  alberi. 

Andante.  Senza  interruzione,  continuo.  -  Movi- 
mento, nella  musica,  fra  Vallegro  e  Vadagio.  An- 
dantino, se  un  po'  più  mosso,  più  accelerato.  -  Di 
persona  che  ha  un  contegno  alla  buona.  -  Di  cosa 
che  ha  del  grossolano.  -  Dì  prezzo  corrente,  non 
«levato.  -  Di  colore,  uguale;  di  lavoro  d'arie,  non 
troppo  studiato. 

Andantezza.  L'essere  andante:  facilità,  cor- 
rettezza in  un  affare,  ecc. 

Andantino.  Di  andante,  un  po'  più  lesto. 

Andare  {andamento,  andata,  andato,  andatura). 
Muoversi  da  luogo  a  luogo,  movendo  il  j}i^de  in- 
nanzi, aggiungendo  passo  a  passo  :  avviarsi,  cam- 
minare, far  cammino  ;  condursi,  portarsi,  trasfe- 
rirsi, trasmutarsi,  trasportarsi;  trarre  a  un  luogo. 
Lai,  ire.  —  Anche  il  modo  e  l'effetto  dell'andare. 

Andata,  l'andare  o  l'essere  andato.  —  Andando, 
si  percorre  una  strada,  una  via,  si  attraversa 
una  piazza,  un  j^onte  gettato  attraverso  un  fiume; 
si  cammina  in  pianura,  in  colle,  in  monte.  — 
Si  va  a  piedi  o  con  qualche  mezzo  di  trasporto, 
sia  una  carrozza  o  un  altro  f[ualsiasi  veicolo, 
un'  automobile,  una  bicicletta,  la  tramvia, 
la  ferrovia,  Vaerostato.  —  Si  va  avanti,  o 
indietro,  o  di  traverso,  o  con  rigiri,  tortuosa- 
mente (a  spinapesce,  a  zig-zag).  —  Secondo  la  du- 
rata e  lo  scopo  e  il  modo  dell'andare,  si  fa  una 
passeggiata,  una  corsa,  un  viaggio. 

Ogni  luogo  nel  quale  si  possa  andare  si  dice 
aperto,  accessibile,  pervio,  praticabile.  •  Ambulacro, 
luogo  di  passeggio. 

Accompagnato  da  un  aggettivo  o  da  un  avverbio 
<;jualificativo,  andare  indica  il  procedere  nel  modo, 
1  essere  nella  condizione  che  l'avverbio  o  l'agiiet- 
tivo  determinano:  e  dicesi  di  affare,  di  malat- 
tia, di  salute,  di  stagione,  di  un  lavoro  o  di 
un'operazione  qualsiasi. 

Sinonimi  e  voci  affini   o    relative 
con  variazioni  di  lignificato. 

Accennare,  far  comprendere;  dimostrare   con  l'at- 


teggiamento che  si  vuole  o  si  sta  per  andare.  -  Ac 
codarsi,  andare  dietro   immediatamente  ad   alcuno. 

Accorrere,  l'andare  di  più  persone  in  fretta  verso 
un  punto  determinato.  -  Acquistare  terreno,  guada- 
gnar terreno,  spazio,  andare  innanzi.  -  Addivenire, 
procedere.  -  Aggirarsi  (aggiramento,  aggirato),  l'an- 
dare intorno,  in  giro,  arare;  andare,  essere  at- 
torno; andare  e  venire,  andare  in  su  e  in  giù.  Per 
lo  più,  di  gente  che  girella  con  intenzioni  tristi  in- 
torno a  un  luogo.  -  Aliare,  alleggiare,  andare  at- 
torno, aggirarsi,  più  che  di  solito,  intorno  a  chec- 
chessia. -  Allontanarsi,  andar  lontano.  •  Ambulare, 
andarsene;  pigliare  l'ambio  o  l'ambulo. 

Andare  incontro  :  andare  all'incontro,  incontrare, 
rincontrare  ;  affrontare,  affrontarsi  ;  muovere  alla 
volta;  portarsi  innanzi;  pararsi  innanzi. 

Anfanare,  andar  qua  e  là  senza  saper  dove,  come 
gli  scioperati:  aggirarsi  e  non  saper  né  perchè,  né 
dove  0  per  dove.  -  Asolare,  rigirare  intorno  ad  un 
luogo  frequentemente.  •  Assentarsi,  farsi  assente, 
allontanarsi  dal  luogo  ove  ci  ritiene  l'ufficio  o  un 
qualsiasi  impegno.  -  Avanzare,  andare  avanti.  -  Av- 
vantaggiarsi in  una  strada,  andar  più  avanti  degli 
altri.  -  Avviarsi,  cominciare  ad  andare  con  lo  scopo 
di  giungere  a  un  dato  luogo  per  la  via  che  vi  ci 
mena. 

Bazzicare,  praticare,  andare  d'abitudine  in  un 
luogo  0  presso  persona,  per  lo  più  in  cattivo  senso. 

Bighellonare,  andare  in  giro,  qua  e  là,  perdendo 
il  tempo,  senza  far  nulla.  -  Brancolare,  andare  al 
tasto,  con  le  mani  avanti. 

Ciondolare,  l'andar  fiacco  di  persona  debole;  an- 
che girovagare  senza  scopo  per  le  vie.  -  Circolare, 
circulare,  volgersi  intorno,  girare  attorno.  -  Con- 
vèrgere, andar  a  finire  in  un  medesimo  punto,  par- 
tendo da  punti  diversi.  -  Correre,  andare  con  gran 
velocità.  -  Costeggiare,  andar  rasente,  vicino;  pro- 
priamente, andar  per  mare,  lungo  e  presso  le 
coste. 

Difilare,  muoversi  per  andare  con  gran  prestezza 
e  quasi  a  filo  verso  alcuno  o  verso  checchessia. 

Dipartirsi,  andar  via  con  relazione  al  luogo  o 
persona  da  cui  altri  si  distacca.  -  Dirigersi,  indi- 
rizzarsi, inviarsi  ad  un  luogo,  andare  in  direzione 
di  quello.  -  Disertare,  andar  via  da  luogo  nel 
quale  si  dovrebbe  restare. 

Emigrare,  migrare,  darsi  &ÌV emigrazione;  nel- 
l'uso, abbandonare  il  proprio  paese  natio,  per  an- 
dare in  cerca  di  lavoro  e  di  guadagno  altrove:  per 
lo  più,  di  contadini  e  di  operai.  -  Errare,  andare 
senza  una  meta  fissa.  -  Esentarsi,  assentarsi.  -  Es- 
sere in  cammino,  far  cammino,  andare  avanti  in 
una  cosa,  farsi  strada. 

Filare,  scappare,  andar  via  lesto.  -  Frequentare, 
andare  spesso  in  un  luogo.  -  Fumarsela,  andar  via 
all'improvviso  e  di  soppiatto  da  un  posto. 

Giostrare,  andar  girando  e  passeggiando  senza 
saper  dove.  -  Girandolare,  girare  in  qua  e  in  là, 
senza  scopo  determinato  :  girellare,  girottolare,  gi- 
ronzare.  -  Girare,  rigirare,  andare  da  un  posto  al- 
l'altro; andare  attorno  a  un  luogo,  andare  in  giro, 
percorrere  in  giro.  -  Gire,  andare.  -  Girellonare,  il 
girellare  per  abito  di  oziosità,  e  in  più  spazio,  e 
per  più  tempo.  -  Gironzolare,  andare  attorno  con 
una  certa  precauzione  e  con  sospetto.  -  Girovagare, 
andare  in  giro.  -  Guizzare,  andar  via  con  gran  le- 
stezza. 

Incamminarsi,  mettersi  in  moto,  incominciar  a 
camminare.  -  Incedere,  andare  avanti.  -  Incon- 
trare, andare  apposta  incontro.  -  Indirizzarsi,   nio- 


91 


vere  verso  un  dato  punto,  dirigersi  -  Inoltrarsi,  an- 
dare più  oltre,  più  innanzi  ;  spingersi  avanti.  -  In- 
tervenire, andar  a  mettersi  di  mezzo  fra  qualcuno 
o  in  qualche  cosa.  -  Involarsi,  andar  via,  per  lo  più 
improvvisamente  e  di  nascosto.  -  Istradarsi,  andare 
per  la  strada,  per  la  via  che  si  cerca.  -  Levarsi, 
togliersi  dinanzi  a  uno,  andarsene  a  un  tratto. 

Migrare,  emigrare,  trasmigrare,  partire  da  un  luo- 
go per  andare  a  stare  in  un  altro.  -  Passare,  an- 
dare da  luogo  a  luogo.  -  Passeggiare,  andare  per 
diporto.  -  Pedinare,  codiare,  andar  dietro  pedina  pe- 
dina, seguitare  altrui  a  passi  corti  e  ratti.  -  Percac- 
ciare,  andar  dietro,  fare  la  caccia,  stare  attorno  a 
chicchessia  con  intenzione.  -  Percorrere,  muoversi 
entro  un  dato  luogo.  -  Peregrinare,  pellegrinare,  an- 
dar di  paese  in  paese,  viaggiare,  e  andar  vagando. 

Pigliar  l'abbrivo,  cominciar  a  moversi,  ad  andare, 
detto  specialmente  di  barca,  di  nave.  -  Pigliar 
rdmbulo,  mettersi  sulle  mosse.  -  Praticare,  bazzicare. 

Precedere,  andare  avanti.  -  Procedere,  progredire, 
andare  avanti,  camminare,  continuare,  seguitare. 

Rallentare,  andare  più  lento.  -  Ramingare,  andare 
ramingo,  errare.  -  Randeggiare,  andare  terra  terra. 

Raiolare,  girellare,  vagolare.  -  Ravviarsi,  rimet- 
tersi in  via,  riprendere  l'andare.  -  Recarsi,  andare 
da  un  luogo  all'altro.  -  Retrocèdere,  andare  indietro. 

Riandare,  ripete  andare.  -  Rigirare,  andare  in 
giro,  intorno:  aggirarsi.  -  Rigire,  di  nuovo  gire  o 
andare  in  un  luogo,  ritornarvi.  -  Rinculare,  andare 
0  spingere  a  ritroso.  -  Ritirarsi,  andare,  tirarsi  in- 
dietro. -  Ritornare,  far  ritorno,  tornare.  -  Rondare, 
andare  in  volta,  andar  girone.  -  Ronzare,  aggirarsi 
misteriosamente. 

Saltabeccare,  andare  saltellando,  come  una  salta- 
becca. -  Sbiecare,  andar  di  sbieco.  -  Sbrattare  (figur.), 
andarsene,  liberando  qualcuno  e  qualche  luogo  dalla 
propria  presenza:  sgombrare.  -  Scantonare,  voltar 
cantonata,  andarsene  voltando  una  cantonata.  -  Scap- 
polare,  svignarsela  in  tretta;  scampare  da  un  jteri- 
colo.  -  Scappare,  andarsene  frettolosamente  e  in 
fuga.  '  Scarrozzare,  andare  in  carrozza;  anche,  an- 
dare di  tanto  in  tanto  in  un  luogo  e  per  lo  più  di 
nascosto.-  Schiassolare,  andar  fuori  pei  chiassi;  per 
le  vie,  per  lo  più  a  far  ciarle  e.  pettegolezzi.  -  Scor- 
rere, vagare.  -  Sculettare,  andare,  camminare  dime- 
"nandosi.  -  Sdondolare,  andare  a  sdondoloni.  -  Sdon- 
zellarsela, andare  attorno  per  puro  diporto  e  pas- 
satempo, senza  proposito  e  senza  pensiero. 

Seguire,  seguitare,  andare  o  venire  dietro.  -  Segui- 
tare le  orme,  le  pedate  d'alcuno,  andargli  sempre 
dietro,  come  a  guida  o  per  spiare  o  per  altro. 

Sfrattare,  andar  via  con  prestezza.  -  Sgombrare, 
andar  via  da  una  casa,  da  un  luogo.  -  Sguisciare, 
andar  via  lesto.  -  Sparabicchiare,  andare  attorno  a 
zonzo  in  ore  e  luoghi  sospetti.  -  Spulezzare,  pigliare 
il  cappello  e  andarsene.  -  Sqiiinciare  e  squindare, 
andar  ora  per  un  verso,  ora  per  un  altro.  -  Strasci- 
carsi per  le  strade,  andare  svogliatamente  od  ozio- 
samente. -  Svignare,  andarsene  lesti  e  nascostamente. 

Svicolare,  svignarsela  per  qualche  vicolo. 
lafanare,    girare,    ritrustare.   -   Trabalzare,  stra- 
balzare, andare  in  qua  e  in  là  con  molta  violenza. 
Tragittare  (tragitto),   traghettare,  passare  da  un 
luogo  a  un    altro.  -  Trapiantarsi,    traspiantarsi,  del 
trasferirsi  altrove:  di  popoli,  colonie,  famiglie,  ecc. 

Trapassare,  passare  da  un  punto   all'altro.  -  Tra- 
scórrere, lasciarsi   andar   oltre.  -  Trasferirsi,  tramu- 
tarsi, traslatarsi,  andare  da  un  luogo  ad  un  altro. 
^'agare,  vagabondare,  vagolare,    andare    qua  e  là 
•a  caso  od  uscendo  dalla  via  che  ci  condurrebbe  allo 


scopo.  -  Venire,  andare  d'altri  al  luogo  in  cui  ci  tro- 
viamo •  Visitare,  andar  a  far  visita.  -  Volare, 
(figur.),  andare  con  grande  volocità.  -  Voltare  i  passi 
verso  un  luogo,  dirigersi  a  quella  volta. 

Zazzeare,  girare  come  smemorato  e  senza  propo- 
sito. -  Zinganare,  vagabondare. 

Diversi  modi  di  andare. 

Andar  a  braccetto,  dar  di  braccio  ad  alcuno,  cioè 
col  braccio  in  quello  d'un  altro,  famigliarmente: 
prendere,  camminare  a  braccetto.  -  Andare  a  cavallo, 
cavalcare;  anclie  del  maneggiare  il  cavallOf  se- 
condo le  regole  -  Andare  sul  ghiaccio,  pattinare. 

Andare  adagio,  lentamente;  a  dóndolo,  dondo- 
loni, bighellonando,  oziosamente;  o  frugnolo,  in  qua 
e  in  là  di  notte.  -  Andare  a  girone  e  a  gironi,  gi- 
rando senza  saper  dove;  a  gran  galoppo,  velocissi- 
mamente; ancajone,  ancajoni,  gravati  più  sull'una 
che  sull'altra  coscia;  aióne  e  aióni,  in  giro,  per- 
dendo il  tempo;  a  ondate,  barcolloni. 

Andare  alla  pedona,  a.  i>ìe(i'v,  alla  ventura,  in  vento, 
in  vela,  senza  disegno;  a  pie  zoppo,  con  un  piede 
solo;  a  rimorchio,  tirato  da  altri;  a  spron  battuto, 
a  tutta  corsa,  di  corsa  velocissima;  attorno,  qua  e 
là;  a  tutta  briglia,  a  briglia  sciolta,  a  tutto  corso, 
precipitosamente;  a  tutto  striscio,  a  tutt'andare. 

Andare  a  zonzo,  attorno  qua  e  là  e  non  sapere 
dove,  gir^^llando  senza  scopo  e  più  del  bisogno. 

Andarsene  chianna  chianna,  adagio.  -  Andare  e  tor- 
nare col  cavallo  di  san  Francesco,  andare  e  tornare 
a  piedi,  come  usano  i  frati  Francescani. 

Andare  come  i  granchi,  come  i  gamberi,  indietro; 
col  naso  all'aria,  a  testa  ritta,  da  spensierati  o  bal- 
danzosi 0  impertinenti.  -  Andare  da  qualcuno,  alia 
casa  per  una  visita,  per  un  affare  e  altro.  -  An- 
dar deviato,  diritto;  di  buona  gamba  lesto;  di  burina, 
di  chi,  andando  in  fretta,  pende  per  una  parte;  di 
carriera,  correndo  velocemente;  di  conserva,  insieme; 
difilato,  diritto,  senza  fermarsi  o  distrarsi;  di  passo, 
passo  passo,  con  andatura  normale;  di  o  per  isbieco, 
storto;  diretto,  senza  fermarsi  e  senza  deviare:  lo 
stesso  che  diviato,  diviatamente,  difilato  ;  dondoloni, 
bighellonando. 

Andare  franco  e  libero,  senza  impedimento;  gam- 
ba gamba,  a  piedi,  ma  di  gita  lunga  e  forse  anche 
lesta:  scherz.,  andare  pedetenlim.  -  Grondone,  grondon, 
grondoni,  g'm  giù,  0  là  là,  lento,  curvo  o  dondoloni, 
in  processione,  in  compagnia,  in  comitiva,  insieme 
con  altri;  insalutato  hospite,  senza  prendere  com- 
miato. 

Andare  in  volta,  attorno,  in  cerca,  verso;  lemme 
lemme,  a  passo  lento  e  mal  reggendosi  sulla  persona; 
passo  passo,  a  piedi  con  tutta  calma;  pedoni  o  pe- 
done, pedestre,  a  piedi;  precipitoso,  precipitevole,  a 
furia,  disordinatamente;  quatto,  quatto,  mogio  mogio, 
stretto  nella  persona,  per  non  farsi  scorgere. 

Andare  tentone  o  tentoni,  adagio  e  leggiero,  ta- 
stando il  terreno;  unto  unto,  liscio  liscio;  zoppo,  con 
andatura  difettosa. 

Figure  di  persone  che  vanno. 

Ambulante,  che  va,  si  move,  procede.  -  Anda- 
vino,  di  chi  è  vago  dell'andare,  del  viaggiare.  -  Bi- 
ghellone, chi  perde  oziosamente  il  tempo,  andando 
in  qua  e  in  là  senza  scopo.  -  Brancolone  (branco- 
lante), chi  va  al  tasto,  con  le  mani  avanti.  -  Cem- 
pénna, ciampicone,  chi  va  lento  come  una  lumaca. 

Errante,  errabondo,  di  chi  va  sempre  in  giro: 
girovago. 


Giramondo,  chi,  non  potendo  star  bene  a  casa 
propria,  va  attorno  per  il  mondo,  cercando  con 
ogni  arte  di  campare  a  spese  della  dabbenaggine  al- 
trui, ecc.  -  Girandolone,  chi  non  fa  che  girandolare. 

Girovago,  vagabondo 

Impettito,  chi^  va  con  la  testa  avanti  e  il  petto 
in  fuori.  -  Infusito,  di  chi  cammina  impettito,  di- 
ritto come  un  fuso.  -  Migratorio,  che  migra,  passa 
da  luogo  a  luogo.  -  Nomade,  errante  ;  per  esten- 
sione, di  chi  non  ha  domicilio  fisso. 

Paxxavolante,  uomo  che  scorra  fuori  del  suo  paese. 

Pellegrino,  ramingo.  -  Ramingo,  chi  va  per  il 
mondo  errando;  di  persona  o  cosa  che  va  errando 
senza  direzione.  -  Randagio,  vagante.  -  Randellone, 
chi  va  qua  e  là  adagio  e  pesante,  senza   far  nulla. 

Retrògrado,  chi  va  indietro,  detto  specialmente 
:n  senso  politico. 

Solivago,  chi  va  vagando  da  solo,  o  meglio  vago 
di  andar  solo.  -  Strascicone,  strascicona,  persona  che, 
per  malattia  o  vecchiezza,  strascica;  anche,  chi  va 
sempre  a  zonzo.  -  Vagabondo,  vagante,  randagio, 
nomade.  -  Viandante,  viatore,  chi  fa  viaggio. 

Zingaro,  zinghero,  Zingano,  per  similitudine,  chi 
va  girando  il  mondo  per  imbrogliare  sotto  il  pre- 
testo di  predire  buona  ventura. 

Andata,  andatura. 

Andata,  l'andare  o  l'essere  andato.  •  Andatura, 
modo  vario  di  progressione  eseguito  dagli  animali 
con  movimenti  combinati  e  più  o  meno  rapidi  de- 
gli arti:  anda,  andata,  moto,  movimento,  marcia 
(di  milizia);  passo,  il  modo  di  camminare.  An- 
datura naturale,  semplice,  dimessa,  umile;  altera, 
maestosa,  solenne;  allettata,  ostentata,  boriosa;  com- 
posta, grave,  seria  ;  disordinata,  scomposta,  trascu- 
rata. 

Andirivieni,  l'andata  e  il  ritorno;  un  via  vai,  un 
andare  e  venire  continuo. 

Carriera,  andatura  di  corsa  rapida:  specialmente 
del  cavallo.  -  Di  galop^yo,  a  galoppo,  andatura 
veloce.  -  Dirittura,  l'andata  diritto  (quasi  esclusi- 
vamente in  senso  metaforico).  -  Dirizzone,  direzione 
in  un  luo,'o  con  un  certo  impeto  e  poca  avvedu- 
tezza. 

Flusso  e  riflusso,  andare  e  venire  di  gente.  -  Gi- 
rata, fare  un  giro,  un  giretto,  per  diporto  o  per 
viaggio.  Diniinut.,  giratina.  -  Girellio,  un  girellare 
continuato. 

Cirio,  un  girare  continuato.  -  Gita,  l'andare  in 
un  luogo  per  trattenersi  poco.  -  Gitaccia,  gita  lunga 
e  faticosa;  gitarella,  gita  breve  e  piacevole. 

Migrazione,  emigrazione,  trasmigrazione,  trasmi- 
(jramcnto,  il  migrare.  -  Passaggio,  il  passare  da  un 
luogo  ad  un  altro,  da  una  parte  ad  un'altra,  da 
una  cosa  detta  ad  un'altra  da  dirsi. 

Passeggiata,  dice  più  l'atto  che  il  luogo  per  pas- 
seggiare. -  Passeggio,  più  il  luogo  che  l'atto  di 
passeggiare.  -  Passo,  moto]  del|  piede  che  si  fa  nel- 
l'andare, posando  un  piede  al  levare  dell'altro. 

Peregrinazione,  l'andar  peregrinando. 

Procedimento,  il  procedere,  l'andare  innanzi. 

Regresso,  ritorno  indietro.  -  Riandamento,  il  rian- 
dare. -  Ricapito,  indirizzo,  la  norma  e  il  luogo  dove 
andare.  -  Rigirio,  dell'andare  e  venire  continuo  di 
più  persone  in  un  dato  luogo,  con  sospetto  d'in- 
tenzioni men  che  oneste. 

Scantonamento,  scantonaturn,  lo  scantonare,  l'an- 
data alla  sfuggita  e  alla  lesta.  -  Seguenza,  di  gran 
numero  di  cose  che  vanno  una  dopo  l'altra.  -  Segui- 


mento,]] seguire.  -  Serpeggio,  un  serpeggiare  conti- 
nuato, l'andata  a  zig-zag.  -  Trantran  (familiare,  dal 
frane),  andatura  abituale.  -  Trasmigrazione,  l'andata 
da  un  luogo  ad  un  altro. 

TrottOf  andatura  del  cavallo  o  di  altri  animali 
da  soma  fra  il  passo  e  il  galoppo.  -  Trottata,  trot- 
tatina,  anche  una  passeggiatina  che  si  faccia  lesti 
lesti  ;  una  scarrozzata  per  diporto. 

Viaggio,  l'andata  da  un  luogo  ad  un  altro 
lontano. 

Locuzioni. 

Andare  a  Roma  per  Mugello,  per  una  strada  af- 
fatto contraria  -  Andar  via  con  le  stelle  e  tornare 
con  la  lima,  la  mattina  e  tornare  la  sera.  -  Aver 
un  palo  in  corpo,  andare  esageratamente  diritti. 

Baciare  il  chiavistello,  di  chi  va  via  da  una  casa  col 
proposito  di  non  tornarvi  più.  -  Battere  il  calcagno, 
battere  il  tacco,  andarsene:  alzare  il  tacco.  -Batter^ 
sela,  andare,  spesso  per  paura. 

Calcar  la  terra,  battere  la  strada.  -  Camminai, 
a  qualcuno  perchè  ci  si  tolga  d'  attorno,  non  solo 
ma  faccia  presto  e  seguiti  ad  andare.  -  Camminare 
a  mulo  di  ritorno,  con  andatura  a  strattoni  e  stanca. 

Cercar  l'uscio:  avviarsi  per  andarsene. 

Dare  una  capata,  dare  una  corsa,  andare  in  qual 
che  luogo,  per  trattenervisi  poco;  arrivare,  capitare 
alla  sfuggita.  -  Dare,  prendere  V  aire,  prendere  la 
corsa;  andar  o  far  andar  presto.  -  Dar  le  spalle, 
fuggire,  andarsene. 

Essere  come  gli  uccelli,  ora  qua  ora  là:  far  vita 
errante.  -  Essere,  mettere,  o  sim.  per  la  buona  strada, 
0  sulla  buona  strada,  far  andar  bene.  -  Essere,  stare 
a  zonzo,  essere  giostroni,  a  giostrone:  giostrare,  gi- 
rare. 

Far  fagotto,  andarsene  da  un  posto.  -  Far  tela, 
andar  via  lesto,  svignarsela.  E,  mandando  via: 
«  la  tela  I  »  -  Fare  un  volo  in  un  luogo,  farci  una 
scappata.  -  Flemma,  flemma  I,  raccomandando  di 
andar  piano;  adagio  Biagio  (prov.:  Cìn  va  piano  va 
sano  e  va  lontano). 

Levare  a  tmo  il  disturbo:  andare  via  per  non 
incomodarlo. E  congedandosi:  «gli  leverò  il  disturbo  t> . 

Mettere  sulla  via  giusta,  avviare,  indirizzare,  far. 
andar  bene.  -  Mettersi  il  capo  fra  le  gambe,  per 
vergogna,  andarsene.  -  Mettersi  la  via  fra  le  gambe, 
andare,  partir  lesto. 

Perdere  la  via,  disorientarsi.  -  Pigliar  il  dirizzone, 
incamminarsi  a  un  luogo,  andarvi  per  subita  risolu- 
zione e  con  velocità.  -  Pigliar  carabattole,  prendere 
le  sue  robe,  partendo  da  un  luogo,  mandati  via; 
anche  andarsene,  semplicemente.  -  Prendere  com- 
miato, licenziarsi,  prendere  congedo  da  persone, 

Prendere  di  qui,  di  là,  da  questa  o  quella  parie, 
avviarsi,  indirizzarsi.  -  Prendere  il  bordone,  andare 
d'uno  in  un  altro  paese.  -  Prendere  il  trentuno: 
andarsene.  -  Prender  V  a  ire,  V  aire,  prender  l'an- 
dare. -  Prender  l'uscio:  andarsene  in  iretta  e  con 
dispetto.  -  Prendere,  pigliare  il  cappello,  andarsene. 

Prender  la  volta  verso  un  luogo,  indirizzarsi  a 
quello. 

Strappare  le  tende  da  un  luogo,  andarsene.  -  Ta- 
stare il  polso  al  chiaristello,  cercare    d'  andarsene.  - 

Tirare  a.  ire,  andar  via  lesti  lesti.  -  Tira  di  lungo 
per  la  sua  strada:  difilato,  senza  voltarsi  o  fermarsi. 
-  Tirar  di  striscio:   non  fermarsi,  andare  di  lungo. 

Andatura.  Il  modo  dell'  andare,  del  cam- 
minare. 

Andazzo.  Consuetudine,  usanza. 


ANDIRIVIENI 


ANENCEFALIA 


93 


AndiriA-leni.   L'andare  e  il  venire  di  gente. 

Àndito.  Piccolo  corridoio.  -  Ripiano  al  piede 
d'una  scala. 

Andricnne.  Sorta  di  lunga  veste  da  donna; 
scherz.,  vestito  qualunque,  vecchio  e  che  balli  ad- 
dosso. 

Andriólo.  Specie  di  grano,  duro. 

Andrìvello.  Dc'lto  ad  àncora. 

Andròeco.  Ye..'gasi  a  fiore. 

Androfobia.  Avversione  all'  nomo. 

Androg-enia.  Riproduzione  dell' ttoMio. 

Andróg-ino.  Detto  a  sesso  e  a  zoologia:  si- 
noinino  di  er'.ìia frodila. 

Andróne.  Àndito,  corridoio,  —  Viale  tra 
vite  e  vite,  montata  ad  alberi. 

Anèddoto  (aneddòtico).  Avvenimento,  fatto, 
incidente,  piccola  .storia. 

Anelare,  anelito  (anelante,  anelato).  Il  re- 
spirare con  alfanno.  -  L'  essere  in  forte  deside- 
rio: agognare. 

Anèllide.  Animale  articolato,  verme  con  il 
corpo  composto  di  numerosi  anelli. 

Anello.  Comunemente,  cerchietto  d'oro  o  d'altra 
materia,  gioiello  ciie  si  porta  in  dito  (spesso  come 
simbolo  di  matrimonio),  per  uso  antichissimo, 
praticato  da  moltissimi  popoli,  anche  per  segno  di 
grado,  di  dignità:  oggi  ancora  dal  vescovo,  dal 
pajìft,  da  autorità  presso  qualche  popolo  selvaggio, 
ecc.  È  d'oro,  d'argento,  con  brillanti,  con  pietie, 
cammèi,  ecc.  -  Anellino,  anelletto,  anelluzzo,  anel- 
luccio;  anellucciaccio.  anellaccio.  -  Anello  a  glohetto, 
sorta  di  anello  antico.  -  Anello  alla  cavaliera,  fatto 
di  due  piastre  lavorate  a  stampo  riunite  e  saldate; 
più  0  meno  grosse,  adorne  di  disegni  ottenuti  me- 
diante lavoro  a  stampo.  -  Anello  a  serpe,  fatto  a 
spirale,  a  forma  di  serpe.  -  Anello  benedetto  (popo- 
larmente), l'anello  matrimoniale.  -  Anello  di  ricordo, 
ricordino.  -  Cerchietto,  anello  andante  e  uniforme 
nell'intero  suo  giro,  cioè  senza  castone,  o  altro  :  è 
di  un  solo  filo,  sodo,  liscio  o  sfaccettato,  talora 
piatto  e  variamente  traforato.  Alcuni  cerchietti  si 
fanno  rifessi  spiralmente  nel  loro  contorno,  per  co- 
modo di  farvi  passare  un  altro  cerchietto  o  chec- 
chessia, chiamato  cerchietto  da  aprire. 

Cerchio,  anello  liscio  in  genere.  -  Còndulo  e  con- 
dalio,  specie  di  anelli  degli  antichi  Romani.  -  Con- 
trannello,  secondo  anello,  anzi  un  cerchietto,  che 
va  giusto  al  dito  in  cui  s*  infila  contro  un  anello 
propriamente  dello,  il  quale,  se  di  grave  castone  e 
scorrente  con  facilità  nel  dito,  potrebbe  uscirne,  e 
smarrirsi:  il  che  viene  impedito  dal  contrannello. 

Corniola,  un  anello  con  quella  pietra. 

Fede  (o  mani  in  fede),  specie  d'  anellino  figurante 
una  mano  che  ne  stringe  un'altra:  simbolo  di  unione 
coniugale  o,  anche,  di  amicizia.  -  Orbicolare,  anello 
che  un  tempo  serviva  da  sigillo.  -  Solitario,  anello 
con  un  brillante. 

Vera,  anello  da  sposi.  -  Verga,  anello  di  più  dia- 
manti, 0  di  altre  gemme,  disposte  in  fila,  lungo  la 
parte  superiore.  In  esso  la  pietra  di  mezzo  suoie 
essere  la  maggiore  e  le  altre  disposte  dall'  una  e 
dall'altra  parte  in  serie  decrescente. 

Ad  anelli,  fatto  ad  anelli,  alla  maniera  di  anelli, 
a  guisa  di  anelli,  a  catena,  a  maglia,  a  cerchietti. 

Anellato,  guernito  di  anelli  ;  inanellato.  -  Anelloso, 
fatto  ad  anelli,  a  foggia  di  anelli.  -  Anulare,  con- 
formato ad  anello,  o  m  relazione  con  l'anello. 

Anulare  (annulare),  quarto  dito,  nel  quale  si 
porta  l'anello.  -  Anulare,  pietra  incastrata  nell'anello. 


Dare,  prendere  l' anello,  sposare,  sposarsi,  farsi 
sposo:  inanellare. 

Dactilioylifo,  dattilioglifo,  incisore  d'anelli.  •  Dac- 
tiliografia,  dattiliografia,  descrizione  di  anelli  incisi. 

-  Dactiliologia,  conoscenza  degli  anelli  antichi;  dac- 
tilioteca,  collezione  di  anelli  incisi. 

Parti  dell'anello  ed  altro.  —  Castone,  cavità, 
negli  anelli,  dove  è  incastrata  la  gemma.  -  Fascia 
dei  castone,  la  parte  laterale  di  esso,  la  quale 
stringe  la  pietra  dell'anello.  -  Fondo  del  castone,  la 
sua  parte  inferiore,  quando  non  è  aperta,  ossia 
qunnilo  la  legatura  non  è  a  giorno. 

Collare  da  cane,  lamina  metallica  trattata  nella 
guisa  medesima,  adorna  di  disegni  incisi,  di  smalti 
0  di  {)ielre  fisse  incastrate  in  piano,  diversamente 
dis])oste:  un  diamante,  una  perla  od  una  piastra  di 
suggello  ne  ricopre  la  parte  saldata. 

Foglia,  pezzo  di  faldellina  metallica,  sottilissima 
e  lucentissima,  che  si  mette  in  fondo  del  castone 
per  far  meglio  brillare  la  pietra  sovrapposta. 

Gambo,  la  parte  inferiore  del  cerchietto  dell'  a- 
nello,  quando  questo  ha  un  castone.  -  Pala,  parte 
d' un  anello,  più  larga  e  rilevata,  che  un  tempo 
serviva  all'impressione,  come  sigillo. 

Incastonatura,  Y  operazione  dell'  incastonare,  cioè 
legare  la  pietra  nel  castone;  e  anche  il  lavoro  che 
ne  risulta,  -  Legatura  a  giorno,  quella  in  cui  il  ca- 
stone è  formato  di  un  solo  cerchietto  senza  fondo. 

Rosetta,  disposizione  di  più  pietre  in  un  anello, 
incastonate  in  tondo,  a  foggia  di  rosa. 

Anelli   divehsi 

Anello,  cerchietto  di  metallo  o  d' altra  materia, 
fabbricato  e  adoperato  per  molteplici  usi,  da  solo 
0  in  serie,  come  in  una  catena:  anellino,  anelletto; 
campanellino  ;  cerchiellino,  cerchiettino.  Si  hanno 
gli  anelli  dell'ara*»'©,  delle  forbici,  della  chiave, 
del  chiavistello,  A&Warpione,  dei  capelli,  della 
porta,  ecc. 

Anello,  inoltre,  modo  di  innesto.  -Termine  di 
anatomia,  di  metallurgia  e  di  storia   naturale, 

-  Segno  intorno  al  corpo  di  un  insetto.  -  Can- 
nello della  cerniera.  -  Specie  di  chiodo.  -  In 
elettricità,  1'  indotto  di  certe  dinam,o. 

Anello  da  cucire,  simile  al  ditale,  ma  non  co- 
perto. -  Anello  di  Saturno,  cerchio  luminoso  di 
questo  jnaneta.  -  Anello  oculare,  immagine  reale 
del  contorno  d'una  lente  di  cannocchiale. 

Anello  orario,  piccola  meridiana  portatile. 

Anemia  (anemico).  Povertà  di  sangue. 

Anemo-cinemògrafo.  Misuratore  della  velo- 
cità del  vento. 

Anemometro.  Indicatore  del  vento. 

Anemone  (anèmolo).  Pianta  perenne:  il  fiore, 
avente  forma  di  una  coppa  aperta,  è  per  lo  più  pao- 
nazzo, ma  anche  bianco  e  rosso:  fiorisce  in  marzo. 
Simboleggia  l' abbandono  nel  senso  di  darsi  in 
balia  ad  un  affetto. 

Varietà  :  occhio  di  pavGTve,  anemone  di  bosco,  delle 
montagne,  a  foglie  palmate;  coronaria,  senza  rivali 
per  la  beltà  e  vivacità  dei  fiori.  -  V  anéinone  del 
Giappone:  a  fiori  di  un  rosso  roseo  carminato,  fio- 
risce in  ottobre.  —  Anemonina,  veleno  che  dà  Vane- 
mone  pulsatilla  e  che  paralizza  i  centri  di  respira- 
zione. 

Anemoscopio.  Indicatore  delle  variazioni  del 
tempo. 

Anencefalia.  Mancanza  di  cervello  o  di  mi- 
dollo spinale. 


94 


Aneroide.  Sorta  di  barometro. 

Anestesia  {anestetico,  anestetizzare).  Privazione 
della  sensibilità,  del  dolore  ;  abolizione  del  senso 
nei  tessuti  del  corpo:  mezzo  usato  in  chirurgia. 
Detta  anche  estupefazione,  stupefazione  (voci  fuori 
d'uso);  cloro formizzazione,  eterizzazione,  secondo  il 
mezzo  adoperato  a  procurarla.  All'uopo  serve  anche 
l'elettricità. 

Anestetici,  le  sostanze  che  provocano  l'anestesia 
(anche  analgesici,  analgesiaci,  narcotici,  soporiferi, 
stupefattivi ,  stupefacenti.  Tali  sono  :  1'  ètere ,  il 
cloretone,  l'anemorenina  (derivato  delle  ghiandole 
surrenali),  l'acetol,  il  bromoformio,  la  cocaina,  il 
sonnoformio,  il  cloruro  di  etile,  la  tropococaina,  l'a- 
conitina,  l'anesina,  l'alipina,  ecc. 

Anestetizzare,  provocare,  produrre  l'anestesia,  ren- 
dere insensibile  un  corpo  o  parte  di  esso:  aoppiare, 
alloppiare  (voci  non  usate)  ;  cloroformizzare,  eteriz- 
zare; sopire,  stupefare;  volgarm.,  addormentare,  in- 
dormentire. 

Aneto.  Pianta  quasi  simile  al  finocchio:  fo- 
glie, semi  e  radici  hanno  proprietà  aromatiche. 

Anètolo.  Etere  aromatico,  attivo   stimolante. 

Aneurìa.  Anevria,  paralisi. 

Aneurisma  {aneurismatico).  Dilatazione  delle 
arterie  o  delle  cavità  del  cuore:  modernamente 
curato  per  mezzo  dell'agopuntura,  metodo  (semplice 
0  associato  all'elettricità  o  al  calore)  che  facilita 
l'assorbimento  dei  tessuti  morbosi. 

Anfanare  {anfanamento,  anfanato).  JVIaniera  di 
affettazione,  di  ostentazione;  modo  di  fare, 
cioè  di  darsi  gran  briga. 

Anfesibena.  Genere  di  serpente  favoloso. 

Anfibio.  Ogni  animale  che  viva  in  acqua  e  in 
terra,  dai  latini  detto  ambiguo,  ancipite.  Es.,  i  ba- 
traci  {rana,  ecc.),  il  coccodrillo,  il  castoro,  i 
girini,  Vippojìotamo,  gli  ofìomorfi  {apodi,  ginno- 
fioni),  ordine  di  anfibi  aventi  corpo  vermiforme, 
senza  arti  ;  le  pleurodole  (della  famiglia  degli  uro- 
deli), i  pròtei  (genere  di  vertebrati),  la  raganella, 
affine  alla  rana  (depone  le  uova  nell'acqua,  poi  vive 
sugli  alberi;  è  bellissima  di  forme  e  di  colore;  ha 
un  grido  particolare),  il  rosjyo,  la  salamandra, 
la  sirena,  gli  urodeli  (vertebrati),  la  tartaruga, 
la  lontra,  ecc. 

Anfibiologia,  parte  delle  scienze  naturali  riguar- 
dante gli  anfibi. 

Anfibologia  {anfibologico).  Circonlocuzione  di 
parole,  discorso  anibiguo. 

Anfiteatro  {anfiteatrale).  Circo,  doppio  teatro, 
edificio  di  figura  ovale,  nell'interno  a  scaglioni,  a 
gradini,  con  in  mezzo  uno  spazio  piano  {arena), 
destinato  ad  uso  di  spettacolo  pubblico:  combat- 
timenti di  gladiatori,  naumachie  (battaglie  navali), 
caccia  d'animali,  giuochi  ginnici,  corse  di  cavalli 
(circo  equestre),  fuochi  d'  artificio,  ecc.  Agone,  pa- 
lestra, ginnasio,  liceo  (anticamente  cosi  detti  i  luoghi 
di  corse,  di  combattimenti,  ecc.).  -  Arena,  presso  i 
Romani,  nome  equivalente  tanto  allo  spazio  coperto 
di  rena,  nel  quale  combattevano  i  gladiatori,  quan- 
to all'anfiteatro  stesso.  -  Colosseo,  celebre  anfi- 
teatro di  Roma:  quindi  un  tempo,  poi)olarm.  pa- 
rola usata  anche  in  significato  di  anfiteatro.  -  Ip- 
podromo, anfiteatro  destinato  agli  spettacoli  equestri: 
circo  ippico.  -  Naumachia,  edificio  costruito  per 
rappresentarvi  una  battaglia  navale.  -  Parlaselo, 
perlascio,  parlagio,  nomi  dati  all'anfiteatro,  nel  medio- 
evo, m  alcune  città  d'Italia.  -  Stadio,  specie  di  circo 
nel  quale  gli  atleti  facevano  le  gare  delle  corse. 

Agonale,  agonistico,  dell'agone,  dell'anfiteatro. 


Agonarca,  chi  presiedeva  ai  combattimenti  negli 
anfiteatri.  -  Agonoteta,  magistrato  greco  che  presie- 
deva ai  giuochi  sacri.  -  Bestiari,  coloro  che,  per  ca- 
stigo di  alcuni  delitti,  erano  obbligati  a  combattere 
contro  le  bestie  feroci  nell'anfiteatro.  Alcuni  si  pre- 
stavano spontaneamente.  -  Catervari,  i  gladiatori 
che  combattevano  a  schiere  e  mescolavansi  venendo 
alle  mani  gli  uni  cogli  altri.  -  Gladiatore,  chi 
combatteva  nel  circo  e  negli  anfiteatri  romani  con- 
tro le  fiere  o  contro  altri  gladiatori.  -  Mastigòfori, 
coloro  che  accompagnavano  gli  agonoteti  e  che  con 
le  verghe  tenevano  a  freno  tanto  i  combattenti  quanto 
gli  spettatori. 

Parti  dell'anfiteatro.  —  Burella,  sotterraneo  di 
anfiteatro.  -  Carceri  {carceres),  rimesse,  stalli,  nei 
quali  si  collocavano  i  carri,  i  cavalli,  ecc.  Dalla 
parte  opposta,  era  la  porta  trionfale,  per  la  quale, 
tra  gli  applausi  del  popolo,  uscivano  i  vincitori. 

Coclea,  la  porta  della  càvea  (grotta)  da  cui  si  fa- 
cevano uscire  le  bestie  feroci  nell'anfiteatro.  -  Edì- 
toris  tribunal,  specie  di  pulpito,  o  tribuna,  nel  quale 
sedeva  il  direttore  dello  spettacolo.  -  Euripo,  spazio^ 
che  si  riempiva  d'acqua,  fra  gli  spettatori  e  l'arena. 

Méta,  la  guglia  che  era  nei  circhi  dei  Romani, 
e  intorno  alla  quale  dovevano  voltare  le  bighe 
correnti.  -  Podio,  nei  circhi  romani,  piano  circolare 
interno  che  conteneva  i  sedili  per  i  senatori,  i  ma- 
gistrati che  assistevano  agli  spettacoli.  -  Precinzione, 
divisione  segnata  da  una  fila  di  gradini  più  larghi 

Meniano  {moenianum),  la  divisione  dei  gradini  : 
il  primo  meniano  (quattordici  gradini)  era  pei  ca- 
valieri ;  il  secondo,  pei  popolari;  il  terzo  per  i  po/- 
luti  0  plebei;  nel  quarto,  coperto  da  un  portico, 
erano  i  posti  per  le  donne  e  per  altri.  -  Pulvinare, 
luogo  nei  circhi  occupato  dall'imperatore;  anche  la 
sedia  di  questi  nell'anfiteatro.  Essa  e  tutte  le  altre 
sedie,  destinate  agli  alti  funzionari,  ai  sacerdoti,  ecc., 
erano  di  marmo.  Il  posto  occupato  dall'imperatore 
detto  anche  suggesto  o  cubicolo.  -  Spina,  massiccio 
di  muratura  che  divideva  l'arepa  eu  era  terminato 
da  due  mete:  detto  anche  ayger.  -  Spogliano  {spo- 
liarium),  luogo  pi  esso  l'anfiteatro  nel  quale  si  tra- 
scinavano e  si  spogliavano  i  gladiatori  feriti  mor- 
talmente. -  Selva  {sylca),  si  diceva  il  circo  quando 
trasformato  in  foresta,  dove  il  popolo  uccideva  de- 
gli animali.  -  Velario  {velarium),  gran  tela,  per  lo 
più  insieme  di  vele,  che  si  stendeva  all'alto  per 
riparare  gli  spettatori  dai  raggi  del  sole.  -  Vomi- 
torio,  le  porte  d'entrata  dei  corridoi  interni,  che 
mettevano  agli  scompartimenti  dei  gradini. 

Anfiteatro  anatomico.  Veggasi  ad  anor 
tomia. 

Anfiteatro  morenico.  Detto  a  ghiacciaio. 

Anfitrione.  Chi  invita  a  pranzo;  capo  di  un 
convito. 

Anfizióne,  anfizionia  {anfiziònalo,  anfizio- 
nicn).  Veggasi  a  magistrato  (greco). 

Anfora.  Sorta  di  vaso  a  due  manichi.  -  Orca, 
antica  specie  di  anfora. 

Anfòrica.  Veggasi  a  l'espirazione. 

Anfratto  {anfrattuosita,  anfrattuoso).  Andiri- 
vieni, giravolta  ;  precipizio. 

Angaria,  ang-heria.  Nell'uso,  imposta  ec- 
cessiva, vessatoria;  oppressione  del  fisco. 

Angariare  {angariato).  L'imporre  eccessiva  im- 
posta; spennare,  spogliare,  squattrinare;  usare  an- 
garia. Genericamente,  opprimere,  vessare,  tor- 
mentare. 

Angela,  ànglola.  Di  donna  che,  per  bellezza 
e  per  virtù,  sia  paragonabile  ad  un  angelo. 


ANGELICA    —    ANGOLO 


Ang'èlica.  Pianta  oinbrellifera,  aromatica,  da 
bosco  e  da  giardino:  ha  radici  e  semi  eccitanti 
e  stomatici.  Simboleggia  una  vaga  tristezza. 

Angelico.  Di  angelo,  appartenente  ad  angelo. 
'  Sommamente  bello.  •  Qualità  di  pero  e  del  suo 
fruito. 

Ang-elo  (angelico).  Essere  immaginario,  fanta- 
stico, favoloso:  spirito  mistico,  creatura  incorpò- 
rea, intellettuale  ;  secondo  gli  ecclesiastici  catto- 
lici, il  primo,  in  ordine  e  in  dignità,  fra  gli  enti 
creati  da  Dio:  angiolo,  àgnolo,  chérubo,  sérafo; 
messo  del  cielo,  spirito  celeste,  spirito  tutelare  ; 
ministro  del  paradiso  ;  astor  celestiale,  uccel  divino, 
alato  corriere,  guerrier  del  cielo;  angelico  splendore, 

{(lenitudine  volante;  figlio  del  cielo,  dolce  genio; 
uminoso  abitator  del  paradiso;  sempiterna  su- 
stanzia;  amore  angelico,  eterno  amore;  messaggier 
di  vita  eterna;  creatura  bella;  alta  prima  creatura. 

Angioletto,  angiolino,  angioluccio,  angioluzzo,  an- 
giolello.  -  Anfiiolesco,  vale  angelico.  -  Angelico,  a 
guisa  e  similitudine  d'angiolo.  •  Angelicamente,  in 
modo  angelico.  —  Insieme  di  angeli:  santo  gregge, 
schiera  celeste,  squadra  celestiale,  milizia  del  cele- 
ste regno  ;  legione  d'angeli  ;  la  corte  celeste,  la  corte 
del  paradiso  (angeli  e  santi  insieme).  -  Coro  degli 
angeli  e  dei  beati,  insieme  cantanti  le  lodi  del  Si- 
gnore. 

Si  distinsero  tre  gerarchie  di  angeli,  ciascuna 
delle  quali  divisa  in  altrettante  categorie:  nella  prima 
gerarchia  furono  compresi  i  serafini  (amanti),  i  che- 
rubini (meditanti),  i  troni  (sui  quali  poggia  la  mae- 
stà divina);  nella  seconda,  le  dominazioni,  le  virtù, 
le  potestà;  nella  terza,  i  principati,  gli  arcangeli  e 
gli  angeli  (esecutori  dei  voleri  e  degli  ordini  di  Dio). 

Si  distinsero  anche:  angeli  buoni,  cattivi,  mali- 
gni; angeli  di  luce  (rimasti  fedeli),  angeli  delle  te- 
nebre [Lucifero,  il  più  bello,  fatto  demonio);  angeli 
custodi  (secondo  le  credenze  religiose,  deputati  alla 
tutela  di  ciascun  uomo),  angeli  tutelari,  angeli  ster- 
minatori (ministri  della  vendetta  di  Dio);  angeli 
beati,  eletti;  angeli  ribelli,  ecc. 

Angelo  nero,  volgarmente  atigelo  con  le  corna,  il 
diavolo.  -  Arcangelo,  spirito  celeste  superiore  agli 
angeli  ;  nella  leggenda  semitico-cristiana,  l'angelo  che 
porta  i  messaggi  di  Dio.  -  Cherubino,  voce  deri- 
vata dall'ebraico  che  significa  plenitudine  di  scienza, 
ed  è  il  nome  che  si  dà  al  secondo  ordine  degli 
angeli  della  suprema  gerarchia,  ai  quali  è  appro- 
priata la  sapienza  {cherùbico,  di  o  da  cherubino). 

Gabriele,  l'arcangelo  che  annunziò  a  Maria  l'In- 
carnazione. -  Nero  cherubino,  in  Dante,  il  demonio. 

Serafino,  angelo  della  prima  gerarchia  {seràfico, 
di  0  da  serafino). 

Coro,  ciascuno  dei  nove  ordini  degli  angeli.  -  Do- 
minazione, ordine  della  seconda  gerarchia  degli  an- 
geli, come  spiriti  che  hanno  dominio  sugli  uomini 
e  sugli  angeli  inferiori,  che  loro  ubbidiscono.  -  Ge- 
rarchia, ordine  dei  diversi  cori  angelici.  -  Potestà  o 
potenza,  la  quarta  gerarchia  degli  angeli,  nemici  dei 
demoni.  -  Principati,  la  gerarchia  degli  angeli  ve- 
glianti  sopra  le  nazioni.  -  Troni,  uno  degli  ordini 
degli  angeli,  sopra  i  quali  la  maestà  divma  imme- 
diatamente siede  come  giudice.  -  Virtù,  il  quinto 
degli  ordini  angelici,  spiriti  eccellenti  in  fortezza  per 
operare  cose  meravigliose,  e  che  invigoriscono  gli 
spiriti  interiori,  affinchè  possano  eseguire  le  com- 
missioni avute  da   Dio. 

Angelofania,  apparizione  degli  angeli.  -  Angelogo- 
nia,  trattato  della  origine  e  della  natura  degli  an- 
geli. -  Angelolatria,  adorazione  degli  angeli,  che  venne 


Sroibita,  come  indebita  idolatria,  dal  concilio  di  Lao- 
icea  nel  IV  secolo  e  poi  nuo\  amente  permessa  dal 
Concilio  di  Nicea  nel  787. 

Angelologia,  dottrina  relativa  agli  angeli.  -  Caduta 
degli  angeli,  la  loro  rivolta  e  la  loro  punizione. 

Dulia,  culto  che  si  presta  agli  angeli  e  ai  santi, 

Elohim,  nome  ebraico  degli  angeli.  -  Intelligenze, 
spiriti  celesti,  angeli.  -  Psicopompi,  gli  angeli  tra- 
sportanti le  anime  dopo  morte.  -  Regina  degli  an- 
gioli, la  Madoìtna.  -  Salutazione  angelica,  le  pa- 
role dell'angiolo  Gabriele  a  Maria;  anche  tutta  1*^4^- 
Maria,  e  V Angelus  Dei.  -  Satana,  già  capo  degli  an- 
geli, poi  dei  domonì.  -  Teofania,  manifestazione  di 
Dio  per  un  angelo. 

Angelo,  putto  scolpito,  in  una  chiesa,  per  sostenere 
qualche  viticcio  o  simili.  -  Filatteri,  fettucce  o  na- 
stri, generalmente  svolazzanti,  che  si  pongono  in 
mano  alle  figure  d'angeli,  od  altre,  sulle  quali  è 
il  nome  o  un  detto  allegorico  al  personaggio  che 
lo  tiene  in  mano.  -  Color  d'angelo,  il  rosa  chiaro. 

Pane  degli  angeli,  la  comunione. 

Ang-elo.  Dicesi  di  persona  che  abbia  suprema 
bontà  0  straordinaria  bellezza  o  qualche  altra 
peregrina  virtù. 

Àngere.  Dare  angoscia,  dolore:  dicesi  solo  in 
poesia. 

Ang-heria.  V.  ad  angaria. 

Angina.  Disturbo  funzionale  delle  prime  vie 
digerenti,  cioè  disturbo  nella  deglutizione;  sensazione 
morbosa  nella  retrobocca  e  nella  faringe,  ecc.  In- 
fiammazione della  mucosa  della  gola.  -  Sinonimi  : 
cinanche,  cinancina,  scheranzia,  schinanzia,  'schie- 
nanzia,  squinanzia,  strangolo.  -  Varietà  di  angina: 
carbonchiosa,  cotennosa,  difterica,  flemmonosa,  ma- 
ligna, membranacea,  poliposa,  tonsillare.  —  Anginoso, 
affetto  da  angina.  -  Angina  pectoris,  male  del  cuore. 

Anglografla.  Termine  di  anatotnia:  descri- 
zione dei  vasi  sanguigni. 

Angioite.  Infiammazione  dei  vasi  o  d'un  vaso 
del  corpo  umano.  * 

Angiolino.  Diminutivo  e  vezzeggiativo  di  an- 
gelo. -  Dicesi  di  bambino,  morto. 

Angiolo.  Lo  stesso  che  angelo,  ma  più  po- 
polare. 

Angiporto.  Strada  stretta,  vicolo. 

Anglicanismo,  anglicano.  V.  religione. 

Angolare.  Detto  ad  angolo.  -  Di  pietra  fon- 
damentale d'un  edificio. 

Angolarità.  V.  ad  angolo. 

Angolo  {angolare,  angoloso).  Figura  di  geo- 
metria, formata  da  due  linee  che  partono  da  un 
medesimo  punto  (angolo  lineare),  o  da  due  piani 
che  partono  da  una  medesima  linea  comune  (angolo 
diedro),  o  da  più  piani  che  si  incontrano  in  un 
punto  (angolo  solido).  -  Lo  spazio  compreso  fra  le 
dette  linee  o  i  detti  piani.  -  Apertura:  si  può  dire 
per  angolo. 

Angoli  adiacenti,  due  angoli  che  hanno  il  ver- 
tice e  un  lato  comune  e  gli  altri  due  posti  uno 
da  una  parte  e  l'altro  dall'altra  del  lato  comune. 

Angoli  alterni,  due  angoli  non  coniugati  formati 
da  una  trasversale  a  due  rette  che  non  sono  né 
conseguenti,  né  opposti  al  vertice:  si  dicono  alterni, 
intemi,  alterni-este'mi,  secondo  sono  interni  o  esterni 
rispetto  alle  rette  attraversate.  -  Conseguenti,  due  an- 
goli adiacenti  i  cui  lati  non  comuni  sono  per  diritto. 

Comj)lementari,  due  o  più  angoli  la  cui  somma  è 
uguale  ad  un  angolo  retto.  -  Coniugati,  quelli  fra  gli 
angoli  formati  da  una  retta  trasversale  o  due  altre 
che  cadono  da  un  medesimo    lato    della    trasver- 


96 


ANGOLO   —   ANICE 


sale.  -  Consecutivi,  due  angoli  di  un  poligono  situati 
all'estremità  di  un  medesimo  lato.  -  Opposti  al  ver- 
tice, due  angoli  i  cui  lati  sono  rispettivamente  i 
prolungamenti  dei  lati  dell'altro  oltre  il  vertice. 

Repiementart  (neologismo),  angoli  la  cui  somma  è 
uguale  a  un  angolo  giro.  -  Supplementari,  due  o  più 
angoli  la  cui  somma  è  uguale  a  due  angoli  retti. 

Angolo  acuto,  angolo  salto  squadra,  angolo  minore 
del  retto.  -  Angolo  al  centro,  che  ha  il  vertice  nel 
centro  di  un  circolo.  -  Curvilineo,  angolo  formato  da 
due  linee  curve.  -  Angolo  di  contingenza,  formato  da 
una  linea  che  tocca  una  curva.  -  Angolo  diedro,  for- 
mato da  due  superficie.  ■  Angolo  di  incidenza,  for- 
mato dal  raggio  che  cade  su  un  corpo.  -  Angolo  di 
rifrazione,  formato  da  un  raggio  rifratto.  -  Angolo 
giro,  angolo  di  360.°  -  Inscrìtto,  angolo  che  ha  il 
vertice  sulla  circonlerenza  di  un  circolo  e  i  cui  lati 
corrispondono  a  due  corde.  -  Mistilineo,  angolo  for- 
mato da  una  retta  e  da  una  curva. 

Angolo  ottuso,  maggiore  del  retto.  -  Pentaedro,  an- 
golo formato  da  cinque  pisim.  -  Piatto,  un  angolo  i 
cui  lati  sono  per  diritto,  angolo  di  180".  -  Poliedro, 
0  solido,  angolo  formato  da  più  di  due  piani.  -  Ret- 
tilineo, formato  da  linee  rette  (più  propriamente  se- 
mirette). -  Retto,  angolo  formato  da  due  rette  per- 
pendicolari Ira  loro;  angolo  di  90".  -  Rientrante,  col 
vertice  volto  verso  l'interno  della  figura.  -  Saliente, 
col  vertice  volto  al  difuori  della  figura.  -  Sferico, 
formato  da  circonferenza  sopra  una  sfera.  -  Tedrae- 
dro,  angolo  formato  da  quattro  piani.  -  Triedro,  for- 
mato da  tre  piani. 

Angolo  paralldtico,  veggasi  ad  astro. 

Angolare,  angoloso,  fatto  ad  angolo,  che  ha  an. 
soli  :  angolato.  -  Acutàngolo  (  agutangolare  ),  che 
forma  uno  o  più  angoli  acuti.  -  Ambligono,  che 
forma  un  angolo  o  angoli  ottusi.  -  Equiangolo,  che 
ha  angoli  eguali.  -  Isàgono,  isagono,  che  ha  degli 
angoli  uguali.  -  Multangolare,    che  ha  molti  angoli. 

Obliquàngolo,  con  angoli  non  retti.  -  Ortogonale, 
ortógono,  che  ha  uno  o  più  angoli  retti.  -  Ossigono, 
oxigono,  che  forma  uno  o  parecchi  angoli  acuti. 

Eptangolo,  settangolo  (eptangolare,  settangolare), 
figura  di  sette  angoli.  -  Esàgono  (esagonale),  figura 
di  sei  angoli.  -  Ottàgono  (ottagonale),  figura  di  otto 
lati.  -  Pentagono  (pentagonale),  figura  di  cinque 
angoli.  -  Poligono  (poligonale),  figura  che  ha  pa- 
recchi angoli:  cosi  il  quadrilatero,  il  pentagono, 
l'esagono,  l  eptagono,  ecc.  -  Quadràngolo  (quadran- 
golare), di  quattro  angoli  e  quattro  lati:  tetragono. 

•  Quinquangolo  (quinquangolare),    di  cinque  angoli. 

•  Rettangolo  (rettangolare),  figura  a  quattro  an- 
goli retti.  -  Triangolo  (triangolare),  figura  a  tre 
angoli  e  tre  Iati. 

Amplitudine,  ampiezza  dì  un  angolo:  l'estensione, 
la  misura  di  un  angolo.  -  Bisettore,  quel  piano  che 
divide  un  angolo  diedro  in  due  parti  eguali.  -  Bi- 
settrice, ìa  retta  che  divide  un  angolo  jn  due  parti 
uguali.  -  Cateti,  i  due  lati  che  comprendono  r  an- 
golo retto  di  un  triangolo  rettangolo,  rettillineo  o 
sferico.  -  Coseno,  seno  del  complemento  di  un  an- 
golo. -  Diagonale,  linea  che  divide  un  angolo  in 
due  parti.  -  Gradi,  parti  che  misurano  gli  angoli  e 
gli  archi.  -  Ipotenusa,  il  lato  opposto  all'angolo  retto 
in  un  triangolo  rettangolo.  -  Lembo,  il  circolo  gra- 
duato degli  istrumenti  per  misura  degli  angoli.  -  Lati, 
le  linee  formanti  l'angolo.  -  Supplemento  d'un  an- 
golo, ciò  che  gli  manca  per  formare  due  angoli 
retti.  -  Trisezione  dell'  angolo, .  la  sua  divisione  in 
tre  parti  eguali  (problema  graficamente  impossibile). 
ìertice,  punto  in  cui  si  congiungono  i  lati. 


Goniometria,  dottrina  della  misurazione  e  del 
calcolo  degli  angoli  per  mezzo  di  funzioni  d'angolo. 
E'  parte  della  trigonometria  e  dell'  analisi  matema- 
tica. -  Grafòmetro,  istrumento  per  misurare  e  co- 
piare gli  angoli  d' un  terreno.  -  Pantometro,  stru- 
mento per  misurare  tutti  gli  angoli.  -  Rapportatore, 
semicerchio  giaduato  per  tracciare  o  misurare  gli 
angoli.  -  Squadra,  istrumento  per  tracciare  angoli 
retti. 

Ang"olo  (angolare,  angoloso).  Canto,  cantonata, 
di  via,  di  strada.  -  Cantuccio  di  casa,  di  stan- 
za. -  Anche  luogo  appartato,  remoto.  -  Gómito.  - 
Di  solido,  spigolo.  -  Angolo  della  Terra,  angolo 
della  città,  luogo  riposto,  eccentrico,  fuori  di  mano. 
Accantonato,  fatto  ad  angoli.  -  Angolare,  angoloso, 
angolato  (angoluto,  poco  conmne),  fatto  ad  angoli, 
cantonato,  cantoluto,  cantonuto,  canteruto,  cantoru- 
to;  posto  ad  angolo;  appartenente  agli  angoli. 

Smussare,  tagliare  o  toglier  l'angolo,  l'angolosità, 
la  punta.  -  Smussamento,  lo  smussare.  -  Smussatura, 
lo  smussare  e  l'efletto:  smusso  (sostantiv.)  -  Smusso 
(aggett.),  l'angolo  smussato. 

Ang-oscla  {angosciare,  angosciato,  angoscioso). 
Speciale  sensazione  di  costrizione  nella  regione  epi- 
gastrica, accompagnata  da  somma  difficoltà  di  re- 
spiro (dispnea),'',  da  un  senso  di  malessere  generale, 
da  agitazione,  da  tristezza.  Figur.,  tristezza,  affanno, 
dolore,  forte  turbamento,  ansietà. 
Angue.  Poeticamente,  serpe. 
Angulchiomato,  anguicrinito.  Detto  a  ca- 
pello e  a  serpente. 

Anguilla.  Genere  di  pesci  malacotteri,  apodi, 
di  forma  cilindrica  e  allungatissima,  senza  pinne 
ventrali,  con  pelle  viscida,  verde  scura  superior- 
mente, bianco-verdiccia  al  disotto.  Si  mangia  fresca, 
salata,  afìuinicata  e  specialmente  marinata. 

Capitone,  sorta  di  anguilla  assai  grossa.  -  Ceca, 
anguillina  che  si  pesca  a  bocca  d'Arno;  cecolina, 
anguilla  giovane.  -  Ciriola,  piccola  anguilla.  -  Ga- 
vonchio,  anguilla  marina.  -  Grongo,  specie  d'anguil- 
la. -  Paglietana,  razza  d'anguilla  dei  paglieti. 

Anguillaia,  vivaio  nel  quale  si  tengono  le  an- 
guille -  Mazzàcchera,  istrumento  per  pigliare  an- 
guille e  ranocchi. .-  Murèna,  genere  di  pesci  com- 
prendente r  anguilla  e  altri  pesci  simili.  -  Ròcchio, 
pezzo  di  anguilla. 

Anguillare.  Lungo  filare  di  viti. 
Anguillula.  Nome  di  nn  verme  parassita. 
Anguinàia.  L'  inguine. 
Anguria.  Pianta  cucurbitàcea:  cocòmero. 
Angùstia.  Strettezza  di  mezzi,  povertà.  -  Di- 
sagio dell'animo,  dolore. 

Angustiare,  angustiarsi  {angustiato,  angvr 
stiow).  Procurare,  procurarsi  affanno,  travaglio, 
dolore. 
Angusto.  Molto  stretto. 
Ànice  (ànace,  ànacioj.  Piarita  aromatica,  con 
stelo  ramoso,  foglie  d' un  verde  biancastro,  fiori 
piccoli  e  bianchi,  semi  usati  per  condimento  di 
vivande,  per  dare  odore  e  sapore  a  carte  paste 
dolci  a  cei'ti  liquori.  Frutti  dotati  di  proprietà  car- 
minative e  stimolanti.  -  Anice  acre,  altrimenti, 
chiamato  da  alcuni  cornino  officinale.  -  Anice  in 
camicia,  l'anice  confettato.  Anaciato,  che  ha  odore 
e  sapore  d'anice.  -  Anesone,  voce  dialettale  per  indicale 
un  liquore,  fatto  con  1'  essenza  dell'  anice,  speciale 
di  Brescia.  -  Anelalo,  il  principio  attivo  degli  anici. 
Anisetta  (anisetta),  rosolio  forte  preparato  con 
Yavice  slelùito,  detto  anche  badiana,  anice  della 
Cina. 


ANUJiUDiì 


ANIMALA 


Anidride.  Combinazione  chimica.  -  Anidride 
cai  honica,  acido  carbonico,  esistente  ueìVatniosferaf 
in  qualche  sorgente,  in  un  vulcano  seniispento, 
ecc. 

Anidrite.  Minerale  utilizzato  come  pietra  da 
oriiaiuento. 

Anidro.  Senza  acqua,. 

Anidròsi.  Mancanza  di  sttfJore. 

Anile.  Di  vecchia,  da  vecchia. 

Anilina.  Base  organica  azotata,  che  si  trova, 
in  non  grande  quantità,  nei  fatranie  di  carbon  fos- 
sile: serve  alla  preparazione  d'  una  lunghissima 
serie  di  materie  coloranti.  Si  ha  l'anilina  pura 
e  lu  greygla,  detta  anche  olio  di  anilina. 

Anima.  Parte  immateriale  dell'uomo,  sostanza  non 
ancora  ben  definita  e  vivificatrice,  si  suppone,  del 
corpo  umano;  principio  per  cui  l'uomo  sente,  pen- 
sa, opera.  Poet,  alriìa,  psiche  (il  principio  della 
vita  spirituale).  Nel  suo  principio  volitivo  ed  effet- 
tivo si  dice  animo.  —  Biologicamente,  l'insieme 
delle  facoltà  intellettuali  e  morali,  considerate  nel 
loro  complesso  e  consistenti:  nella  percezione  degli 
oggetti  esterni  e  nelle  sensazioni  interne;  nella 
somma  dei  bisogni  e  delle  .tendenze  che  servono  alla 
conservazione  dell'  individuo  e  della  specie  e  in 
rapporto  cogli  altri  esseri;  nelle  attitudini  che  co- 
stituiscono l'immaginazione,  il  linguaggio,  1'  espres- 
sione; nelle  facoltà  che  costituiscono  l' intelligenza; 
nella  volontà  e,  infine,  nella  facoltà  di  mettere  in 
azione  il|  sistema  nmscolare  e  di  agire  perciò  nel 
mondo  esterno. 

Anima  si  dice  anche  per  indicare:  il  principio 
della  vita  d'ogni  creatura  vivente;  il  principio  della 
coscienza,  rispetto  alla  morale  e  alla  religione; 
la  persona,  nel  fare  il  computo  d'una  2^opolazio- 
t»e  {stato  d'anime,  il  registro  degli  abitanti,  tenuto 
già  dai  parroci).  Nello  stesso  senso,  si  dice  non  es- 
serci in  un  luogo  un'anima,  un'anima  nata,  un'ani- 
ma  viva,  per  dire  che  non  v'  é  nessuno. 

Voci  e  definizioni  indicanti  anima  :  angelica  far- 
falla; aura,  virtù  vitale;  spirito,  spirto,  spiro  im- 
mortale; principio  della  vita  e  del  sentiìnento; 
sostanza  incorporea;  divhia  scintilla;  invisibil  for- 
ma; altero  spirto;  fiato,  soffio,  mente,  vita;  uomo 
interiore;  raggio  della  vita  e  del  pensiero;  spiritua- 
lità; emanazione  celeste,  divina. 

Anagogia,  elevazione  dell'anima  alle  cose  celesti 
(eternità,  vita  futura,  ecc.). 

Einpsicósi,  unione  dell'anima  a  un  corpo.  -  Ente- 
lechìa, essenza  stessa  dell'  anima.  -  Eutimia,  calma 
dell'anima. 

Metafisica,  scienza  degli  enti  considerati  nelle 
loro  relazioni  più  generali,  del  mondo  in  astratto, 
dell'anima  e  di  Dio.  -  Noologia,  scienza  dell'anima. 

Psicologia,  scienza  dell'  anima  umana,  parte 
della  filosofia. 

Anima  si  chiama  inoltre  il  principio  della  vita  e 
del  sentimento  negli  animali  bruti  (detta  anche 
anima  sensitiva);  il  principio  per  cui  si  nutrono, 
crescono  e  vivono  le  piante  (anima  vegetale  e  ve- 
getativaj. 

Anima,  altresì,  è  voce  usata  neologicamente  per 
indicare  il  complesso  dei  sentimenti  e  delle  aspira- 
zioni da  cui  é  mosso  talora  un  popolo,  una  molti- 
tudine. 

Anima  del  mondo,  o  anima  universale,  quel  prin- 
cipio di  vita,  d'  ordine,  d'  armonia,  che  è  diffuso  in 
tutto  il  mondo.  -  Anima  ragionevole,  il  principio 
della  vita,  dell'intendimento,  o  pensiero,  e  degli  atti 
della  volontà  dell'uomo. 


Essere,  facoltà',  stati  e  mutamenti  dell'anima. 

Contemplazione,  stato  dell'anima  assorta  nella  vi- 
sione di  innnagini  spirituali  (contemplazione  con- 
tinua, intensa,  profonda,  serena,  sublime,  tranquilla, 
ecc).  -  Dannazione,  secondo  le  credenze  religiose, 
danno,  rovina,  perdita  dell'  anima,  condannata  alle 
pene  tìeW inferno.  Anche,  morte  eterna.  •  Estasi, 
stalo  dell'  anima  alienata  dai  sensi.  -  Fondo,  pro- 
fondo dell'ainiiia,  la  parte  più  intima,    più  riposta. 

Potenza  dell'anima,  la  facoltà  d'operare.  -  Perdi- 
zione, il  perdere  r  anima:  secondo  le  credenze  reli- 
giose, di  chi  cade  in  peccato.  -  Principio  razionale, 
l'anima  umana,  in  quanto  ha  due  termini,  1'  essere 
ideale  e  un  corpo  organico. 

Psiche,  nella  scienza  moderna,  parola  adoperata 
a  preferenza  quando,  invece  che  la  sostanza  spirii 
tuale,  si  vuole  indicare  il  complesso  di  fatti  la  cu- 
caratteristica  è  la  coscienza.  Un  tempo,'  la  rappre, 
sentaziqjie  simbolica  dell'aniina.  -  Salute  dell'anima. 
la  sua  salvazione,  contrapposta  a  quella  del  corpo- 

Spirito,  potenza,  virtù  invisibile,  anima  deil'i'o- 
nio,  ma  spesso  con  relazione  alle  cose  della  reli- 
gione, -  Sospiro  dell'  anima,  la  sua  viva  attrazione 
ad  alcunché.  -  Tabernacolo,  tempio  dell'  anima  (figur.), 
il  corpo  umano,  come  sede  di  essa.  -  Transani- 
mazione, passaggio  dell'anima  in  diversi  corpi. 

Trasmigrazione  delle    anime,    la   metempsicosi. 

Suffragare,  suffragio,  pratica  di  culto  (caltolico)- 
Uccider  l'anima,  degradarla,  bruttarla,  perderla. 

Senza  anima.  —  Esànime,  esanimato,  inanimato, 
privo  di  vita,  in  istato  di  morte.  Figur.,  essere 
senza  vita,  senza  coraggio,  senza  sentimento. 

Anima.  La  parte  interna  d'una  pianta,  d'  un 
bottone;  il  seme  d'un  frutto  chiuso  nel  nocciuòlo; 
il  principio  della  castagna:  il  ripieno  di  una 
sca'/*?>a,' l'intelaiatura  A' mvìtì  imposta;  piastra  del 
ferro  da  stirare;  ab  cozzo  di  modello  da  fonde- 
ria; vuoto  in  nn' arme  (da  fuoco);  legnetto  di 
violino;  tavoletta  di  organo;  cartoncino  usato 
dal  legatore  di  libri;  armatura  che  usa  lo  scul- 
tore; parte  centrale  di  un  cordone  elettrico. 

Animale.  Essere  che  vive,  sente,  si  muove  spon- 
taneamente; individuo  dotato  di  organismo  e  di 
anima  sensitiva.  Una  delle  grandi  categorie  del  re- 
gno organico.  Negli  animali,  come  nella  specie  uma- 
na, si  distingue  il  sesso,  l'anormalità  del  quale  co- 
stituisce Vibridismo;  e  molti  animali,  nei  rapporti 
deìVanatomia,  hanno  somiglianze  col  corpo  umano: 
hanno  cioè  parecchi  organi  designati  con  lo  stesso 
nome  ed  esercitanti  le  stesse  funzioni.  —  Regno 
animale,  od  organico,  parte  della  natura  compren- 
dente gli  animali;  il  complesso  di  tutti  gli  animali. 

Sanf Antonio,  protettore  degli  animali. 

JBestia,  animale  considerato  come  privo  di  ra- 
gione; nome  generico  di  tutti  gli  animali  bruti,  e 
specialmente  dei  quadrupedi  più  grossi.  -  Bestiame, 
gli  animali  che  si  riuniscono  talvolta  in  armenti, 
in  greggi,  in  mandre;  gli  animali  che  si  adoperano 
per  i  lavori  agricoli  o  si  destinano  al  macello. 

Animaletto,  animalino,  animalicolo,  animalùcolo; 
animaluccio,  animaluzzo;  animalettaccio,  animaluc- 
ciaccio;  animalaccio,  animalone.  —  Animalesco,  di 
animale,  da  animale,  appartenente  ad  animale.  -  Ani- 
malescamente, a  mo'  di  animale. 

Animalità,  natura  d'animale,  insieme  delle  qualità 
o  facoltà  che  sono  gli  attributi  degli  esseri  compo- 
nenti il  regno  animale.  —  Animalizzazione,  trasfor- 
mazione nella  sostanza  d'un  animale;  conferimentu 


Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


98 


ANIMALE 


di  carattere  animale.  —  Istinto,  ciò  che  sostituisce 
la  ragione  negli  animali. 

Divisioni,  classificazioni,  gruppi. 

Immenso  e,  si  può  ben  dire,  quasi  infinito  é  il 
numero  degli  animali,  tanto  che  fin  dagli  antichi 
tempi  si  trovò  la  necessità  di  classificarli  in  gruppi, 
di  differente  grado,  dando  a  ciascun  gruppo  una 
speciale  denominazione.  Molte  e  varie  furono  le 
classificazioni,  prima  e  dopo  Linneo,  in  generale 
stabilendosi,  in  ordini  decrescenti,  i  tipi,  o  le  divisioni, 
le  classi,  gli  ordini,  le  famiglie,  i  generi,  le  specie, 
gli  individui,  distinguendosi  altresì  la  sotto-classe, 
il  sott'ordine,  la  sottofamiglia,  il  sottogenere,  ecc.  Con 
una  molto  semplice,  elementare  classificazione,  gli 
animali  si  possono  considerare  divisi  in  grandi 
gruppi,  partitamente  rappresentati  dal  mammife- 
ro, AM' uccello,  dal  rettile,  AàW anfibio,  dal 
pesce,  dai  mollusco,  dsAVinsetto,  dal  miria- 
podo,  daWaracnide,  dal  crostaceo,  daìVechi- 
noderm,o,    dal  celenterato,  dal  protozoo. 

Praticamente,  si  distinguono  gli  animali  da  cor- 
tile (il  pollo,  il  gallo,  la  gallina,  il  tacchino, 
Y anitra,  V  oca,  il  colombo,  il  coniglio,  da 
alcuni  escluso),  gli  animali  domestici  {cavallo, 
bue,  asino,  gatto,  cane,  agnello,  capra,  ma- 
iale), gli  animali  selvatici  (tutti  quelli  che  vivono 
allo  stato  libero),  ^li  animali  favolosi  (anfesibena, 
grifone,  ippogrifo,  irescervo,  orco,  pègaso,  salaman- 
dra, ecc.),  immaginati  dalla  mitologia  e  dalla  fa- 
vola. 

Avifauna,  la  parte  della  fauna  che  comprende  gli 
uccelli.  -  Fauna,  gli  animali  di  una  data  regione;  la 
loro  descrizione.  -  Fauna  nivale,  quella  che  vive 
sulle  vette  alpine  e  nelle  regioni  artiche. 

Primati,  classe  comprendente  Viiomo.  -  Samopsidi, 
i  rettili  e  gli  uccelli.  -  Selvaggina,  salvaggina,  le 
specie  di  mammiferi  e  di  uccelli  viventi  allo  stato 
di  natura.  -  Spettro,  nome  di  certi  insetti  e  d'un 
vampiro. 

Armento,  branco  d'animali  grossi  domestici. 

Branco,  moltitudine  d' animali  della  medesima 
specie  {sbrancare,  togliere,  uscire  dal  branco):  schie- 
ra. Bardotto,  la  bestia  che  il  mulattiere  monta  se- 
guendo il  branco.  -  Ch-égge,  bestiame  minuto  (pe- 
cora, capra,  ecc.),  adunato  e  pasciuto  insieme.  —  Man- 
dra,  congregarnento  di  bestiame.  -  Tribù,  i  gruppi 
di  cui  si  compone  una  famiglia  di  animali. 

Denominazioni  vards 
relative  alla  struttura,  alle  attitudini,  ecc. 

Acefalo,  animale  mancante  d'una  testa  distinta  dal 
tronco.  -  Acquàtico,  che  vi\c  nell'acqua,  va  sull'acqua 
0  sta  presso  l'acqua:  acquàtile.  -  Aeròbo,  di  micro- 
organismo che  ha  bisogno   dell'ossigeno   per  vivere. 

Agriòfugo,  che  vive  di  bestie  feroci.  -  Ammodite, 
che  vive  nelle  sabbie.  -  Andrògino,  di  animale  che 
possiede  i  due  òrgani  riproduttori  -  Antidiluviano, 
esistito  prima  di  ogni  tradizione  storica,  rispetto 
alla  cosmogonia  biblica. -ylnwro,  che  non  ha  coda. 
-  Articolato,  quello  che  ha  articolazioni. 

Bacillo,  nome  generico  di  varie  sorta  d' animali 
microscopici,  delti  anche  bacteri,  cocchi,  microbi,  mi- 
crococchi, spinili,  vibrioni,  e  così  pure  dei  micro- 
zoi,  recentemente  considerati  come  specifici  di  va- 
rie malattie.  -  Barbuto,  di  animali  con  pelo  al  viso 
come  gli  uomini.  -  Bastardo,  nato  per  incrociamento 
di  razza.  -  Bimane,  con  due  mani.  -  Bipede,  che  cam- 
mina e  si  sostiene  con  due  piedi.  -  Bisulco,  che  ha 


l'unghia  divisa,  fessa  (bue,  pecora,  cupra).  -  BrutOy 
sostantivamente,  l'animale  sfornito  di  riigioiie  ri- 
spetto all'uomo,  che  ne  è  fornito:  animale  stupido. 

Carnivoro,  che  vive  di  carne,  che  mangia  altri 
animali.  -  Caudato,  l'animale  fornito  di  coda.  -  Cau- 
dimano,  quello  al  quale  la  coda  serve  di  mano. 

Cefalobranco,  con  branchie  sul  capo.  -  Cetaceo, 
grosso  animale  di  mare.  -  Cheiróttero,  a  cui  le  mani 
servono  da  ali.-  Lomipede,  con  piedi  cornei. 

Dasiuro,  con  la  coda  molto  pelosa,  -  Da  soma, 
adoperato    per    portar    carichi:    somiere,  somiero. 

Da  tiro,  per  trascinare  veicoli:  da  traino.  -  Diddttilo, 
con  due  dita  a  ciascun  piede.  -  Didelfo,  con  una 
tasca  sotto  il  ventre;  che  ha  come  due  matrici. 

Digitigrado,  che  cammina  sulle  dita.  -  Di  sangue 
freddo  o  frigido,  i  pesci  e  i  rettili.  -  Diurno,  che  sta 
sveglio,  che  vive  di  giorno:  emeralopo. 

Elettrico,  l'animale  che,  toccato,  comunica  come 
una  piccola  scossa  elettrica  (es.,  il  gimnoto,  la  tor- 
pedine, ecc.).  -  Erbivoro,  che  mangia  erba.  -  Eteró- 
gino,  che  ha  dei  neutri  e  femmine  'molto  diverse  per 
le  forme. 

Felino,  appartenente  ai  mammiferi  carnivori,  di 
cui  è  tipo  il  gatto.  -  Fiera,  animale  selvatico 

Fissipede,  che  ha  piedi  fessi.  -  Frugivoro,  che 
mangia  irutti. 

Fossile,  avanzo  organico  conservato  nella  crosta 
solida  del  globo;  corpo  o  vestigio  di  corpi  orga- 
nizzati che  SI  cava  dal  seno  della  Terra. 

Gregario,  che  va  a  gruppi,  che  vive  in  società. 

Ibernante,  epiteto  dato  agli  animali  che  passano 
parte  dell'  autunno  e  l'inverno  in  istato  di  intorpidi- 
mento e  di  letargia,  da  cui  non  escono  che  al 
principiare  della  primavera.  -  Ibrido,  prodotto  del- 
l'accoppiamento sessuale  di  animali  eterogenei. 

Immondo,  aggiunto  di  animale  che  sta  nella  spor- 
cizia, specialmente  del  maiale.  -  Inantópede  o  inan- 
tópodo,  che  ha  gambe  lunghe,  a  mezzo  nude. 

Infusorio,  piccolo  animale  appena  organizzato, 
che  il  microscopio  fa  scoprire  nei  liquidi.  -  Insetti- 
voro, che  vive  a'  insetti.  -  Invertebrato,  che  non  ha 
colonna  vertebrale  o  scheletro  interno.  -  Ittiòfago, 
che  vive  di  pesci. 

Lubrico  (poet.),  d'animali  che  strisciano  al  suolo. 

Macrocèfalo,  di  animale  antidiluviano  caratteriz- 
zato da  grossa  cervice.  -  Marsupiale,  che  ha 
una  borsa  sotto  il  ventre.  -  Masticatore,  animale 
con  apparato  masticatorio.  -  Meticcio,  nato  da  due 
specie  differenti.  -  Mondo,  il  ruminante  con  l'unghia 
fessa.  -  Monocero,  con  un  corno  solo  (molluschi, 
gasteropodi).  -  Monogamo,  che  si  accoppia  una  volta 
sola.  -  Monoico,  che  ha  i  due  sessi  distinti.  -  Mo- 
notremo,  che  ha  un'  unica  apertura  per  I'  orina,  lo 
sperma  e  gli  escrementi.  -  MuslelUno  o  vermiforme, 
avente  corpo  molto  lungo  e  piedi  cortissimi. 

Nictalopo,  che  vive  la  notte.  -  Notturno,  che  ta 
vita  attiva  di  notte. 

Onnivoro,  che  mangia  di  tutto.  -  Orittero,  che  fruga 
nella  terra.  -  Osteozoario,  vertebrato  avente  delle 
ossa  {osteozoi,  gli  animali  vertebrati).  -  Oviparo,  che 
si  riproduce  mediante  ova,  deposte  in  epoche  fisse 
e  nelle  quali  il  germe,  per  opera  dei  materiali  che 
lo  circondano,  viene  sviluppato.  Vi  sono  ovipari  a 
sangue  caldo  e  ovipari  a  sangue  freddo.  -  Ovoviparo, 
V  animale  le  cui  uova  si  schiudono  nel  seno  stesso 
delle  femmine,  senza  contrarre  aderenza  intima  con 
le  pareti  degli  organi  della  generazione. 

Pachiderme,  che  ha  la  pelle  spessa.  -  Palmato, 
avente  una  membrana  che  collega  le  dita  fra  loro. 

Parassita,   che   vive   sopra  o  in  un  altro  ani 


99 


male.  -  Pedimane,  quello  al  quale  i  piedi  posteriori 
servono  da  mani.  -  Plantigrado,  che,  tanto  nel  cam- 
minare quanto  nello  star  termo,  appogda  sul  suolo 
tutta  la  pianta  del  piede,  che  é  quindi  sprovvista 
di  peli.  -  Polipo,  animale  cclenlenito,  di  forma  ci- 
lindrica o  imbutiforme,  perlopiù  munito  di  un  so- 
stegno calcareo  o  corneo  (polipaio).  •  Polmobron- 
ctiiato,  che  ha  polmoni  e  branchie,  come  gli  axo- 
loti,  i  pesci  dipncì.  -Polmonatp,  provvisto  di  polmoni, 
come  1  gasteropodi. 

Quadrisutco,  coi  piede  fesso  in  quattro.  -  Quadru- 
mane, con  quattro  piedi  che  servono  da  mani. 

Quadrupede,  con  quattro  piedi. 

Radiato  {raggiato),  avente  intorno  alla  bocca  or- 
gani disposti  a  guisa  di  raggi.  -  Rizòfago,  che  vive 
di  radici.  -  Rizópodo,  protozoo  generalmente  libero, 
vivente  nelle  acque  e  dal  corpo  del  quale,  nudo  o 
munito  d'una  piccola  conchiglietta  calcarea,  partono 
numerose  appendici  filiformi,  organi  di  locomozione 
e  di  presa.  -  Moditore,  che  ha  due  denti  incisivi 
sul  davanti.  -  Rotifero,  animaletto,  per  lo  più  sfor- 
nito di  zampe,  a  corpo  trasparente,  fusiforme,  lungo 
da  m.  0,0002  a  0,  oooso.  col  capo  munito  di  due  or- 
gani estremamente  mobili,  in  forma  di  ruota,  detti 
cirri.  -  Ruminante,  che  fa  passare  gli  elementi 
per  parecchi  stomachi. 

Schizomiceto,  il  più  piccolo  essere  vivente  su  orga- 
nismi morti  0  in  soluzioni  organiche,  oppure  su 
corpi  vivi,  causa  di  malattie  infettive.  -  Sdentato, 
senza  denti  incisivi.  -  Setigero,  l'animale  suino. 

Solìpede,  con  piede  formato  d' un  solo  zoccolo, 
non  fesso  :  solidùngolo.  -  Spongiaro,  zoofito,  spu- 
gna. -  Stallio  e  stallivo,  d'animale  tenuto  o  alle- 
vato specialmente  in  istalla. 

Tardigrafo,  che  cammina  lentamente.  -  Testa- 
ceo, che  ha  un  inviluppo  duro.  -  Tetraddttilo,  tri- 
dàttilo, che  ha  tre  e  quattro  dita;  pentadàttilo,  che 
ne  ha  cinque. 

Uniparo,  che  partorisce  un  solo  vivente  per 
volta. 

Vertebrato,  provvisto  di  vèi'tebre.  -  Viviparo,  l'a- 
nimale i  cui  piccoli  escono  vivi  dalla  madre:  con- 
trario di  oviparo.  •  Volatile,  atto  a  volare  :  uccello, 
farfalla,  mosca,  ecc. 

Zoocarpo,    che  è  dapprima  vegetale,  poi  animale. 

Zoofito,  animale  che,  per  la  sua  semplicità  di 
organizzazione,  si  avvicina  alla  pianta. 

Alcune  parti  e  alcune  sostanze 

DEL   CORPO   animale. 

Parecchie  voci  già  presentate  in  anatomia:  al 
tre  figurano  qua  e  là  dove  si  parla  del  mammi- 
fero, deìVuccello  e  degli  altri  grandi  gruppi  pre- 
cedentemente mentovati. 

Parti.  —  Animella,  una  delle  parti  anteriori  di 
alcuni  animali.  -  Arnione,  le  reni  degli  animali  da 
macello.  -  Artiglio,  le  unghie  adunche  delle  fiere 
e  d' ogni   animale  rapace:    granfia. 

Becco,  parte  ossea  della  bocca  degli  uccelli,  dei 
polli,  ecc.  -  Branchie,  gli  organi  respiratori  di  tutti 
gli  animali  che  vivono  nell'acqua  e  che  prendono 
in  questo  liquido  l'aria  necessaria  pel  mantenimento 
della  loro  vita,  -  Buccio,  parte  esterna  della  pelle 
degli  animali. 

Carne,  in  senso  generico,  dicesi  di  tutte  le  parti 
molli'  degli  animali.  -  Carniccio,  la  parte  di  dentro 
della  pelle  degli  animali.  -  Cellula,  organo  fondamen- 
tale, prima  unità  anatomica  e  fisiologica,  che  rap- 
presenta il  più  piccolo  e  il  più  semplice  apparato 


organico.  -  Cenlopelle,  omaso,  libro,  il  terzo  stomaco 
dei  ruminanti.  -  Cingolo  scapolare  e  cingolo  pelvico, 
gli  ossi  che  formano  le  estremità  anteriori  o  poste- 
riori negli  animali  vertebrati.  -  Liuffo,  parte  ante- 
riore della  criniera:  mazzo  di  crini  posti  sulla  parte 
sporgente  della  nuca  e  cadenti  sulla  fronte. 

Coda,  organo  più  o  meno  allungato,  che  ha  per 
base  le  ossa  cocclgee  e  termina  il  tronco  di  un  gran 
numero  di  animali.  -  Collare,  cerchietto  di  peli  o 
penne  differenti  che  alcuni  animali  hanno  nel  collo. 

Corno  (più  comunemcmle  al  plurale,  corna),  osso 
acuto  e  ritorto  che  spunta  dalla  testa  di  alcuni  quadru- 
pedi. -  Corporatura,  ìa.  complessione  dell'animale. 

Corata,  visceri  e  interiori  del  petto.  -  Crosta,  in- 
viluppo duro  d'alcuni  animali,  che  per  ciò  si  chia- 
mano crostacei. 

Gamba,  in  veterinaria,  la  parte  del  membro  po- 
steriore che  è  formata  dalla  riunione  delL  ossa  ti- 
bia e  peroneo  e  si  articola  per  disopra  con  l'osso 
della  coscia,  in  basso  con  quello  del  garretto.  -  Glati^ 
dola,  corpo  molle  e  granelloso  che  si  trova  in  più 
parti  degli  animali.  -  Groppone,  la  parte  fra  le  na- 
tiche e  le  reni,  in  tutti  gli  animali,  tanto  quadru- 
pedi quanto  bipedi.  -  Grugno,  il  muso  dell'animale, 
e  più  specialmente  del  maiale.  -  Guscio,  la  veste 
cornea  di  alcuni  animali  (chiocciole,  ostriche,  tarta- 
rughe, ecc.). 

Muso,  la  faccia  degli  animali:  grugno,  ceffo. 

Natatoia,  membrana  che  serve  per  movimento  agli 
animali  acquatici.  -  iVodo  vitale:  regione  del  bulbo 
0  midollo  allungato. 

Ooaia,  organo  in  cui  sono  rinchiuse  le  uova  nella 
femmina  dei,di  animali  ovipari.  -  Paracore,  polmone 
degli  animali,  e,  scherz.,  dell' uomo.  -  PeMe,  membrana 
che  avviluppa  e  copre  esteriormente  tutte  le  parti 
degli  animali  (nel  maiale,  cotenna).  Conciata,  dicesi 
cuoio.  -  Pelo,  ciascuno  dei  sottilissimi  filamenti  che 
crescono  sulla  pelle  di  moltissimi  animali;  tutti  i  peli 
di  un  animale  {macchia,  certi  segni  naturali  sul  pelo 
degli  animali).  -  Increspatura,  ondulazione  che  pre- 
senta sempre  il  pelo  degli  animali  ovini.  -  Penna, 
produzione  epidermica  che  copre  il  corpo  dei  vo- 
latili; piuma,  la  penna  più  corta  e  più  fine.  -  Piede 
forcuto,  quello  del  bue,  della  capra,  della  pecora,  ecc. 

Polpa,  muscolo  dell'animale  senz'osso,  né  grasso. 

Quadratura,  tutto  il  dorso  dell'animale  dalle"  spalle 
alla  groppa. 

Rampa,  zampa  dinanzi  di  animali  con  le  unghie. 

Rete,  l'omento  o  zirbo,  specie  di  pannicolo,  sparso 
(jua  e  là  come  di  nodi  e  vene  di  grasso,  involgente 
gli  intestini  degli  animali.  -  Rivellino,  parte  estrema 
rivoltata  della  coscia. 

Schèletro,  le  ossa  d'un  animale  morto,  tenute 
insieme  dai  legamenti  naturali  o  artificialmente  con 
fili  metallici.  -  Spina,  appendice  puntata  di  certi 
animali.  -  Sugna,  sugnaccio,  detto  a  maiale. 

larso,  negli  articolati,  la  parte  terminale  del  piede. 

Tentacoli,  appendici  mobili,  non  articolate,  di  cui 
molti  animali,  specialmente  molluschi  e  pesci,  sono 
provveduti  sul  capo:  servono  da  organi  del  tatto. 

Tronco,  la  parte  degli  animali  vertebrati  sulla 
quale  si  articolano  il  capo  e  le  membra. 

Unghia:,  parte  o  regione  che  termina  il  piede  dei 
solipedi  e  dei  bifidi  (bovini,  ovini,  ecc.). 

Ventresca  o  trippa,  ampia  borsa  situata  a  sinistra 
dell'addome  nei  ruminanti,  e  in  comunicazione  con 
altra  borsa  più  piccola,  detta  digrumale,  favo  o  rvr 
mine. 

Zampa,  nei  quadrupedi,  ciascuno  dei  piedi  ante- 
riori; negli   uccelli,   ciascun   piede:   zampino,  zam- 


100 


petto,  zampuccio.  -  Zanna,  dente  curvo  che,  in  parte, 
esce  dalle  labbra  di  alcuni  animali  (cinghiale,  ma- 
iale, ecc.).  -  Zoonito,  ciascuno  dei  vari  articoli  o  anelli 
del  tronco  animale. 

Sostanze.  —  Albumine:  sostanze  proteiche,  com- 
poste di  carbonio,  idrogeno,  ossisienn,  azoto  e  solfo, 
che  formano  i  principi  essenziali  del  protoplasma, 
sia  animale  che  vegetale.  -  Caglio  o  presame,  diastasi 
secreta  dalla  mucosa  gastrica  di  vari  animali.  -  Ci- 
toblastema,  la  sostanza  germinativa  del  corpo  ani- 
male da  cui  si  sviluppa  il  tessuto  cellulare.  -  Colla. 
materia  viscosa  e  tenace  composta  di  varie  sostanze 
animali  e  vegetali.  -  Còrnea,  sostanza  di  cui  constano 
l'epidermide,  le  unghie,  i  peli,  le  corna,  la  lana, 
la  seta,  le  squame,  ecc. 

Protagono,  principio  immediato,  fosforato,  dell'or- 
ganismo animale,  secondo  Liebrich. 

Latte,  noto  liquido,  bianco  e  nutriente,  che  si 
forma  nelle  mammelle  delle  femmine  dei  mammi- 
feri. 

Madreperla,  sostanza  calcare,  dura,  brillante,  a 
riflessi  madreporici,  estratta  principalmente  dal- 
'avicula  perlifera. 

Sarcina,  sostanza  (detta  anche  merismopedia)  che 
accompagna  quasi  sempre  la  xantina  nell'organismo 
animale.  -  Seme,  l'umore  che  serve  alla  generazione 
animale:  sperma.  -  Spuma,  bava  animale.  -  Succhi, 
i  prodotti  liquidi  che  si  estraggono  da  materie  ani- 
mali. 

Tartaruga,  sostanza  di  struttura  fibrosa  a  lamine, 
che  ha  molta  analogia  col  corno,,  ma  è  più  fragile: 
è  altresì  assai  più  bella  e  naturalmente  translucida. 

litello  nutritivo,  il  giallo  del  vitello  nell'ovolo  de- 
gli ovipari. 

limasi,  la  sostanza  attiva,  non  azotata,  che  s 
espande  dagli  animali  e  dai  vegetali.  -  Zoogommitoi 
dicesi  di  sostanze  mucose  e  gelatinose  d'animali. 

Indole  e  figure  di  animali 

Indole.  —  Animale  agevole,  mansueto,  che  si  la- 
scia governare  facilmente.  Contrario  di  rustico.  -  Do- 
cile, d'animale  che  potrebbe  essere  restìo  e  che  in- 
vece è  obbediente.  -  Domestico,  addomesticato,  che 
vive  in  consorzio  con  l'uomo. 

Fallace,  tale  da  non  potersene  fidare.  -Feroce,  appel- 
lativo generico  dei  maggiori  carnivori  (leone,  tigre, 
•  ecc.):    fiera.  -  Focoso,    impetuoso.  -  Indomabile,    che 
non  si  può  far  servire;  indòmito,  non  domato;  che  non 
si  è  potuto  domare,  rendere  mansueto,  agevole. 
Predatore,  animale  di  rapina:  rapace. 
Restio,  dell'animale  da  soma,  da  tiro,   da   caval- 
care, quando  non  vuol  andare.  -  Ringhioso,  che  mo- 
stra i  denti  e  accenna  a  voler  mordere. 
Timido,  pauroso,  come  la  lepre,  il  coniglio,  ecc. 
Vorace,  che  mangia  molto. 

Non  gli  manca  che  la  parola:  di  animale  molto 
intelligente,  di  statura  o  figura  molto  animata. 

Figure.  —  Accorpato:  pregno,  detto  di  pecore, 
capre,  cavalle,  ecc.  -  Carico  di  spalle,  l'animale 
in  cui  la  regolarità  della  conformazione  concorre 
efficacemente  alla  libertà  e  airele<:anza  dei  movi- 
menti. -  Carogna,  bestia  (specialmente  cavallo,  mulo, 
ciuco)  mal  ridotta  e  buona  a  nulla:  brénna,  rozza. 
Forte  di  spalle,  di  animale  con  buone  spalle.  - 
Quartato,  animale  grasso  e  membruto.  -  Raggiunto, 
con  gli  arnioni  ricoperti  di  molto  grasso.  -  Reale, 
che  è  di  ottima  razza.  -  Riproduttore,  animale  de- 
stinato alla  riproduzione:  le  leggi  dell'eredità  e 
della  cernita   debbono  regolarne  la  scelta.  -  Salta- 


tore, che   si    move   a   salti.  -  Sterpagnolo,   ài   ani- 
male stentato. 

Atti,  funzioni,  movimenti,  voci,  stati, 
cambiamenti,  ecc. 

Atti.—  Adombrare,  pigliare  ombra,  spavento:  detto 
di  parecchi  animali,  specialmente  del  cavallo.  -  Ar- 
rull'are  il  pelo,  dell'animale  quando  si  inquieta. 

Avere  il  chiasso,  avere  molto  brio.  -  Azzannare, 
prendere  con  le  zanne  {azzannata,  zannata,  l'atto 
e  l'effetto).  -  Rizzare  il  pelo,  di  certi  animali  per 
ira.  -  Sdegnare,  degli  animali,  quando  non  vogliono 
più  tornare  in  un  posto,  e  non  vanno  più  in  amore. 

Sentire,  riconoscere  al  fiato,  all'odore;  degli  ani- 
mali che  riconoscono  il  sesso. 

Funzioni.  —  Accoppiarsi,  accoppiamento,  l'unirsi 
dell'animale  maschio  alla  femmina  per  la  còpula, 
ossia  per  l'atto  iniziale  della  generazione:  congiun- 
gersi, fare  la  congiunzione;  coprire  (del  maschio 
rispetto  alla  femmina).  -  Andare,  entrare,  essere  in 
amore,  detto  degli  animali,  nel  tempo  del  loro  ac- 
coppiamento: andare  in  frégola,  andare,  essere,  en- 
trare in  caldo. 

Brucare,  il  mangiare  le  foglie,  l'erba  (beccatura). 

Covare,  di  uccelli,  galline,  piccioni,  ecc,  :  stare 
sull'uovo  0  sulle  uova,  finché  siano  nati  i  pulcini. 
Covatura,  V  atto  del  covare  e  anche  il  tempo  della 
cova  (Incubazione,  la  covatura  degli  uccelli  o  d'altri 
animali,  come  qualche  specie  di  serpenti.  Prima, 
seconda,  terza  covata.  Mandar  a  male  la  covata, 
non  far  schiudere  l'uovo). 

l'ar  razza,  figliare,  partorire,  generare.  Figliata, 
delle  bestie,  quante  ne  nasce  in  un  sol  parto;  degli 
nccelli,  nidiata  -  Figliatura,  il  figliare,  d'uno  o  più 
parti,  0  il  tempo  nel  quale  gli  animali  usano  fi- 
gliare. -  Funzione,  l'attività  e  l'ufficio  degli  organi 
animali  viventi. 

Montare,  atto  dell'animale  maschio  che  compie  l'ac- 
coppiamento :  monta.  -  Mudare,  degli  uccelli  quando 
rimutano  le  penne;  e  d'animali  che  cambiano  11 
pelo. 

Movimenti.  —  Accovacciarsi,  accovacciolarsi,  degli 
animali  quando  si  mettono  nel  covo  e  anche  quando 
si  mettono  a  giacere  rannicchiando  le  gambe  e  po- 
sando il  ventre  a  terra.  -  Accovaccio  tarsi,  vale  an- 
che mettersi  nel  covacciolo:  detto  di  animali  piccoli, 
uccelli,  polli  e  simili.  -  Accularsi,  mettersi  in  po- 
sizione di  sedere:  detto  delle  lepri  e  d'altri  animali. 

Ambutalnrio,  movimento  che  fanno  alcuni  animali 
sui  corpi  solidi  (serventi  come  punti  di  appoggio), 
ordinariamente  per  mezzo  delle  zampe,  e  qualche 
volta  per  mezzo  di  organi  speciaU. 

Appettare,  degli  animali  da  tiro,  quando,  attac- 
cati, tirano  o  fanno  forza  col  petto.  -  Appoggio, 
momento  dell'andatura  degli  animali  in  cui  il  mem- 
bro, toccando  il  suolo,  sopporta  il  peso  del   corpo. 

Fermarsi  in  quattro,  l'arrestarsi  di  botto  della 
bestia  restia.  -  Impuntare,  impuntarsi,  fermarsi, 
ostinandosi  a  non  voler  andar  avanti.  -  Impennarsi, 
alzare  le  giuiihe  davanti,  reggendosi  su  quelle  po- 
steriori: inalberare,  inalberarsi  (inalberato,  impen- 
nato). ■  Inarcare  (inarcatura),  il  piegare  ad  arco,  che 
fa  qualche  animale,  della  schiena,  flessibile. 

Schiacciarsi,  di  certi  animali,  stendersi  quasi  con 
la  pancia, a  terra.  -  Sculettare,  degli  animali,  alzare 
il  di  dietro.  -  Sguisdare,  sguiscio,  il  guizzare  che 
fanno  di  mano  i  pesci  e  altri  animali  di  pelle  vi- 
scida. -  Trabucarsi,  degli  animali  che  hanno  i  loro 
covi  sotto  terra,  ed  escono  da  una  buca  per  entrare 
in  un'altra. 


lOi 


Voci.  —  Abbaiare  del  cane,  della  volpe,  e  ta- 
lora anche  del  lupo.  •  Barrire,  dell'elefante.  -  Be- 
lare, della  j)ecora  e  della  capra. 

Cantare,  di  molti  uccelli  e  del  gallo.  -  Chiocciare, 
tchiamazzare,  della  gallina  -  CiìK/vetlare,  della 
gazza,  della  ghiandaia, del  ]japj)ft gallo.-  Chiur- 
lare, dell' assiuolo  e  di  molti  altri  uccelli  notturni. 

Garrire,  degli  uccelli  di  rapina.  -  Gemere,  della 
tortora.  -  Ginocchia  re,  gracidare,  del  corvo.  -  Gra- 
cidare, della  rana,  del  rospo.  •  Grugnire,  del 
inaiale  e  del  cinghiale. 

Latrare,  del  cane. 

Miagolare,  (jiiu alare,  del  gatto.  -  Muggire,  wug- 
gìnare,  del  6tte,  della  vacca,  del  fo»"0.  -  Nitrire, 
annitrire,  del  cavallo. 

Ragliare,  ragghiare,  dell'asino.  -  Ringhiare,  rin- 
ghio, di  animale  e  specialmente  di  cane  che  urla 
digrignando  i  denti.  -.Ruggire,  del  leone.  -  Ru- 
gliare,  fremere  cupo  che  fanno  alcuni  animali. 

Sibilare,  fischiare,  del  serpente.  -  Squittire,  schiat- 
tire, della  volpe.  -  Stridere,  della  cicala,  della  ci- 
vetta, del  grillo,  del  pipistrello, 

lubare,  del  colombo.  -  Ululare,  del  lupo.  -  Ur- 
lare 0  jremere,  dell'oyvso. 

Zirlare,  trutilare,  fischiare  del  tordo  e  d' altri 
uccelli. 

Veggasi,  inoltre,  ai  nominativi  di  ogni  singolo 
animale. 

Stati,  caiiIbiamenti.  —  Anamorfosi,  cambiamento 
ideale  di  forma  o  di  svUuppo  nelle  specie  di  un 
gruppo  animale.  -  Cernita,  serie  di  modificazioni 
organiche,  per  le  quali  le  specie  viventi  si  trasfor- 
mano, danno  origine  a  varietà  e  a  specie  nuove. 

Gastrula,  stato  dello  sviluppo  di  un^animale  in 
cui  il  blastoderma  è  ancora  didermico,  con  una  ca- 
vità centrale. 

Acquistare,  crescere,  venir  su  bene.  -  Entrare,  il 
passare  in  una  condizione  nuova,  transitoria  (en- 
trare in  amore,  ecc.)  -  Imbastardire,  imbastardimento, 
d'animale  e  razze  che  guastano,  confondono  il  tipo. 

Letargo,  sopore  profondo  in  cui  vivono,  per  un 
periodo  vario  di  tempo,  alcuni  animali. 

Metamorfosi,  i  cambiamenti  di  forma  e  di  strut- 
tura che  fanno  nel  loro  sviluppo  alcuni  aniuiali. 

Putrefazione,  corrompimento  per  putredine. 

Rigenerazione,  riproduzione  di  una  parte  del 
corpo  animale  stata  troncata  o  altrimenti  perduta: 
gli  animali  inferiori,  come  i  protozoi,  godono  di 
questa  facoltà  in  grado  eminente.  -  Rivivtscenza,  fa- 
coltà che  hanno  certi  animali  di  rivivere  dopo  es- 
sere stati  disseccati:  riposti  in  luogo  umido,  ripren- 
dono le  funzioni  vitali  sospese.  -  Sessualità,  sesso, 
la  distinzione  fisica  tra  il  maschio  e  la  /ewi- 
tnina. 

Varie.  —  Cacherello,  sterco  di  topo  e  di  altri 
animali  (capre,  pecore,  lepri,  uccelli  granivori,  ecc.), 
che  lo  mandano  fuori  a  piccoli  pezzi  sodi,  tondi  o 
d'altra  figura.  -  Calcio,  colpo  dato  col  piede  o  eòi 
piedi  posteriori.  -  Zampata,  l'impronta  che  lascia 
l'animale  in  terra  con  la  zampa. 

Di  alcuni  mali  e  malanni  degli  animau. 

Afta  epizootica  {febbre  aftosa),  malattia  miasma- 
ti co-contagiosa,  che  affetta  i  ruminanti,  il  maiale,  il 
cavallo  e  anche  la  selvaggina  e  i  volatili:  si  mani- 
festa sotto  forma  di  eruzione  vescicolare  febbrile 
nella  bocca  o  nei  piedi,  o  in  entrambe  le  parti 
contemporaneamente.  -  Antrace,  carbónchio,  car- 
bóne, diconsi  certi   tumori,  di   diversa  forma   e  di 


'ndole  assai  maligna,  che  si  sviluppano  sopra  varie 
parti  del  corpo  degli  animali,  aumentano  con  rapi- 
dità, sono  accompagnati  da  febbre  e  passano  facil- 
mente in  cangrerta.  Antrace,  chiamasi  più  preci- 
samente il  carbonchio  benigno.  — Assillo,  insetto  che 
tormenta  gli  animali.  -  Attinture,  le  contusioni  o 
soluzioni  di  continuità  che  si  torniano  nei  solipedi, 
sul  lato  interno  della  corona  del  piede,  del  nodello, 
dello  stinco  e  periino  del  ginocchio. 

Bolsaggine,  difficoltà  di  respirazione  degli  animali 
domestici. 

Calcolo,  corpo  solido,  più  o  meno  duro,  di  varia 
dimensione,  che  si  forma  in  diversi  organi  degli 
animali.  -  Cimurro,  malattia  inlettiva  degli  equini, 
dei  cani  e,  talvolta,  d'altri  animali  (gatti,  lupi,  ecc.), 
trasmissibile  all' uomo  e  caratterizzata  da  scolo  na- 
sale {moccio).  Incimurrire,  prender  il  cimurro.  -  Cól- 
po, cascata,  la  perdita  del  moto  spontaneo  e  del 
senso,  per  cui  l'animale  cade  come  colpito  da  ful- 
mine, e  il  più  delle  volte  senza  più  rialzarsi:  apo- 
plessia. •  Costipazione  (febbre  infiammatoria),  ma- 
lattia frequentissima  ne'  solipedi,  sopratutto  nel 
cavallo,  più  comune  nei  bovini  che  nelle  pecore: 
è  un  febbrile  sconcerto  di  tutto  il  corpo,  accom- 
pagnato da  lungo  sopore,  da  respiro  difBcile,  da 
celere  battimento  di  fianchi  e,  non  di  rado,  anche 
da  tremori  e  da  gemiti. 

Enzoozia,  qualunque  malattia  che  regni  costante- 
mente, 0  a  certe  èpoche  pei-iodiche,  tra  una  o  più 
specie  di  animali,  in  qualche  contrada.  -  Epizoozia, 
malattia  generale,  epidemica  negli  animali  domestici 
d'  un  paese. 

Malattia  del  taglione  {cancro  volante),  il  distacco 
delle  unghie  negli  animali  di  unghia  fessa.  -  Mal 
caduco,  perdita  intermittente  dei  sensi  e  dei  moti 
volontari,  per  cui  1'  animale  stramazza  a  terra,  di- 
battendosi :  convulsione,  epilessia.  -  Mal  d' arnióne, 
il  guidalesco  che  formasi  sulle  spine  delle  ultime 
vertebre  dorsali  e  delle  lombari.  -  Mal  del  cervo, 
tiro  secco,  contrazione  spasmodica  dei  muscoli,  la 
quale  ora  prende  la  testn,  ora  il  collo,  ora  la  co- 
lonna vertebrale,  le  gambe  davanti  o  quelle  di  die- 
tro e  qualche  volta  tutto  il  corpo,  impedendo  ogni 
movimento;  ha  spesso  esito  tatale.  -  Mal  del  fico, 
escrescenza  fibrosa,  putrida,  che  a  guisa  di  fico 
pende  fuori  dalla  suola  del  piede,  e  vi  si  genera 
per  mali  umori,  o  per  non  essersi  data  libera  uscita 
al  sangue  o  alla  marcia  nelle  sproccature  e  simili. 

Mal  della  fioretta,  mal  renino,  V  impossibilità  di 
muoversi  dell'  animale,  essendo  assalito  da  paralisi 
nelle  gambe  di  dietro.  -  Mal  del  ròspo  {mal  della 
formica,  pinzanése,  tarlo,  tignuola),  ulcera  cancrenosa 
che  corrode  a  poco  a  poco  il  fettone  e  le  parti 
vive  che  stanno  di  sopra,  mandando  un  umore  fe- 
tentissimo,  e  riducendo  il  piede  alletto  ad  una 
massa  grigiastra  e  schifosa. 

Quarti,  le  fessure,  le  fenditure,  le  screpolature  o 
soluzioni  di  continuità  che  sopravvengono  alla  parete 
dell'unghia  dei  solipedi  o  monodattili. 

Riprensione,  rinfondimenlo,  congestione  di  umori 
che,  per  troppa  fatica  o  riscaldamento,  si  fa  nei  vasi 
che  stanno  sotto  l'unghia,  specialmente  del  cavallo, 
con  infiammazione  di  essa  e  delle  vicine  parti  del 
piede,  sicché  l'animale  si  muove  a  stento.  -  Riscal- 
daménto, infiammazione  della  cute,  che  si  manifesta 
con  una  eruzione  di  tumoretti  più  o  meno  grossi, 
più  0  meno  numerosi  ed  approssimati,  ora  su  tutta 
la  superficie  del  corpo,  e  ora,  più  particolarmente, 
alla  testa,  alle  spalle,  al  collo,  al  costato  e  alla 
groppa. 


Siìioca,  la  costipazione,  specialmente  del  cavallo: 
è  frequente   nei  solipedi. 

Spallare,  spallarsi,  guastare,  guastarsi  la  spalla: 
di  animale  da  tiro.  -  Spavenio  osseo  fspinellaj,  nei 
solipedi,  esostosi  alla  pianta  interna  e  superiore 
del  garetto.  -  Sproccahira,  lesione  della  suola  o  del 
fettone  dei  solipedi,  cagionata  da  puntura  o  da  urto 
violento  dei  corpi  acuti  e  taglienti. 

Tafanato,  l'animale  punto  dal  tafano. 

Tiro,  ticchio,  viziosa  abitudine,  e  talvolta  anche 
morbosa,  di  alcuni  cavalli,  per  la  quale  essi  si 
danno  interrottamente  in  preda  a  movimenti  anor- 
mali e  disordinati.  -  Tubercolosi^  malattia  molto 
diffusa  negli  animali  bovini. 

Azioni  dkll'uomo  sugli  animali. 
ahnesi  relatfvi 

Abbàttere,  abbattimento,  l'atto  di  coricare  e  tratte- 
nere gli  animali  sopra  un  letto  di  paglia,  quando 
si  devono  fare  operazioni  chirurgiche;  anche  1'  uc- 
cisione di  animali  in  casi  di  malattie  incurabili  o  con- 
tagiose, per  misure  sanitarie.  -  Abbeverare,  dar  da 
bere  ad  animali,  condurli  aìV  abbeveratoio:  mas- 
sime i  solipedi  e  i  ruminanti.  -  Abbiadare,  pascere 
di  biada.  Abbiadato,  l'animale  cosi  pasciuto.  -  Acca- 
prettare,  legare  un  animale  per  le  quattro  zampe: 

Acclimare,  acclimatare,  far  vivere  e  prosperare 
alcuni  animali  fuori  dal  loro  paese,  ossia  in  un 
paese  che  non  sia  quello  di  loro  origine.  -  Accli- 
mazione,  atto  ed  eifetto  dell'  acclimare.  -  Accodare 
(accodatura),  disporre  bestie  da  soma  o  da  tiro,  una 
immediatamente  dietro  1'  altra.  -  Accollare,  mettere 
sul  collo ,  e  accòllo  il  gravitare  che  fa  sul  collo  della 
bestia  da  tiro  la  parte  del  carico  che  è  sul  davanti 
di  un  carro. 

Addomesticare,  addimesticare,  rendere  domestico 
un  animale;  addomesticamento,  addimesticamento, 
Y  atto  e  r  efletto.  -  Affrenare,  governare  col  freno  : 
specialmente  di  animali  da  sella  e  da  tiro.  -  Aggio- 
gare, aggiogamento,  il  mettere  al  giogo.  -  Allevare, 
allevamento:  di  animali  che  non  si  vendono  e  non 
si  ammazzano,  ma  si  fanno  crescere  per  profitto; 
anche  parte  della  zootecnica  diretta  allo  scopo  di 
moltiplicare  gli  animali  domestici,  renderli  tali  che 
rispondano  a  determinati  bisogni  economici  e  com- 
merciali e  mantenerli  in  queste  condizioni. 

Ammaestrare,  rendere  un  animale  qualunque  atto 
ad  eseguire  certi  esercizi,  per  lo  più  a  scopo  di 
pubblico  spettacolo,  da  cavallerizzi,  da  acrobati,  da 
saltiml)anchi,  ecc.  Aìnmaestrabile,  di  animale  che 
può  essere  ammaestrato  ;  ammaestratore,  ammaestra- 
trice,  la  persona  che  ammaestra.  -  Ammansare,  man- 
suefare, addomesticare.  -  AmmeWere,  me/tere,  di  cani 
e  d' altri  grossi  animali  domestici  :  secondarne  il 
congiungimento  a  scopo  di  generazione.  -  Appari- 
gliare, apparigliameìito,  lo  scegliere,  la  scelta  razio- 
nale di  due  animali  domestici  riproduttori,  della 
medesima  razza  o  di  razza  differente,  che  si  fanno 
accoppiare  nell'intento  di  ottenere  dei  prodotti,  se- 
conoo  un  determinato  scopo  propostosi  nell'  alleva- 
mento. -  Assoggettare,  il  limitare  0  annientare  i 
mezzi  di  difesa  degli  animali. 

Bardare,  mettere  la  bardatura,  il  finimento  o  for- 
nimento, ossia  gli  arnesi  che  servono  per  il  governo 
di  un  animale  da  tiro  o  da  sella,  ecc. 

Castrare,  il  togliere  completamente  i  due  testicoli 
ad  un  animale:  volgarm.,  fare  la  funzione.  Castra- 
zione, atto  ed  effetto.  -  .Castracani,  chi  fa  il  mestiere 
di  castrare  i  cani  e  altri  animali. 


Domare,  specialmente  degli  animali  da  lavoro  re- 
stii per  natura,  renderli  ubbidienti,  adatti,  mansueti. 
Domatore,  chi  compie  tale  ufficio,  ma  più  special- 
mente chi  ammaestra  bestie  feroci.  -  Fare  a  confi- 
denza   con    animali,    starci  intorno  senza  riguardi 

Ferrare,  conficcare  i  ferri  ai  piedi  del  cavallo 
del  mulo  e  d'altri  animali:  lavoio  del  maniscal- 
co. -  Governare,  dar  da  mangiare. 
Imbalsamare,  imbalsamazione,  il  conservare  corpi 
di  animali  morti  per  mezzo  di  sostanze  che  impedi- 
scono la  putrefazione  e  induriscono  i  tessuti.  -  Tas- 
sidermia, arte  di  preparare  e  conservare  i  corpi 
degli  animali,  per  disporli  in  collezioni  zoologiche. 

Impagliare,  di  animali  morti,  imbottirne  la  pelle 
di  paglia  in  modo  che  figurino  vivi.  -  Incrociare, 
accoppiare  animali  di  specie  o  razze  diverse.  -  In- 
grassare, nutrire  animali,  lasciandoli  in  riposo,  per 
destinarli  al  macello  (animali  grossi)  o  alla  cucina 
(polli,  ecc.) 

Metter  sotto:  attaccare,  degli  animali  da  tiro.  - 
Mungere,  spremere  il  latte  dalle  mammelle  degli 
animali. 

Stanare,  far  uscire,  togliere  dalla  tana.  -  Tosare, 
tagliare  la  lana  alle  pecore,  il  pelo  ai  cani,  ai  ca- 
valli e  simili.  -  Tosatura,  V  atto,  1'  efletto  e  la  ma- 
teria tagliata. 

Capestro,  collare,  comunemente  di  vimini,  che  si 
lega  intorno  al  collo  o  al  capo  degli  animali,  per 
tenerli  fermi  durante  la  cura  veterinaria  o  per  le- 
garli nella  sialla.  -  Filamento,  tutto  ciò  che  serve 
per  attaccare  gli  animali  da  tiro,  da  sella,  ecc.:  for- 
nimento^ bardatura.  -  Frenèllo,  ordigno  di  ferro  o 
di  cuoio,  composto  di  uno  o  più  cerchi,  nel  quale, 
messo  il  muso  dell'animale,  gli  si  impedisce  di  morde- 
re: museruoìa.  -  Frusta,  arnese  per  incitare  gli  ani- 
mali da  tiro.  -  Torciglione,  ordigno  per  ridurre  al- 
l' immobilità  o  all'  obbedienza  un  animale  ricalci- 
trante: usato  nella  ferratura,  nelle  operazini  vete- 
rinarie, ecc.  -  Trapiìola,  ordigno  per  oprendere 
animali  :  tagliuola. 

Luoghi  in  cui  stanno  o  si  tengono  gli  animali 

Gli  animali  liberi  stanno,  secondo  la  loro  natura, 
pressoché  in  ogni  luogo:  sulla  terra  e  dentro  la 
terra,  nell'acqua,  sugli  alberi,  nell'aria,  negli  edifici, 
nei  mobili,  nei  vegetali  e  (i  parassiti)  sugli  stessi 
animali. 

Covile,  luogo  dove  l'animale  dorme  o  riposa: 
cuccia  {Ai  animale  domestico);  covo,  specialmente  di 
fiera. 

Nido,  piccolo  covacciolo  che  si  costruiscono  gli 
uccelli.  -  Tana,  caverna  di  bestie. 

Acquario,  grande  vasca  nella  quale  si  tengono 
animali  acquatici  vivi,  a  scopo  di  osservazione  o 
per  darne  spettacolo.  -  Aggina,  parte  di  pascolo 
assegnato  ad  un  branco  di  bestiame.  •  Alveare,  l'ai'- 
nia  dell'ape,  popolata.  -  Gabbia,  ordigno  di  varie 
foggie  per  uso  tli  rinchiudervi  uccelli  vivi  o  altri 
animali.  -  Giardino  zoologico,  raccolta  d'animali  vi- 
venti, per  studio  o  diletto. 

Ovile,  luogo  nel  quale  si  rinchiudono  le   pecore. 

Piccionaia,  colombaia,  piccola  stanza  sopra  il  tetto, 
0  cassa  di  legno  con  apertura,  nella  quale  si  dà 
ricetto  ai  colombi.  -  Pollaio,  luogo  di  ricetto  perii 
pollame.  -  Porcile,  la  piccola  stalla  del  maiale. 

Serraglio,  collezione  di  bestie  esotiche  e  rare,  che, 
chiuse  in  gabbia,  si  trasportano  da  luogo  a  luogo 
per  darne  spettacolo.  -  Slabuhirio,  stanza,  luogo  nel 
quale  dall'autorità  comunale  si  tengono   per   alcun 


ANIMALE    —    ANIMO 


103 


tempo  gli  animali  tolti  dalie  stiade.  -  Stalla,  stanza, 
locale  a  pianterreno,  per  ricetto  di  animali,  per  io 
più  quadrupedi.  -  Vivaio,  consor\a  d'animali  vivi, 
specialmente  di  pesci  {piscina). 

Gabinetto  di  storia  natniale,  collezione  di  animali 
impagliati,  di  scheletri,  ecc. 

Scienze  e  termini  vari  urlativi  agli    animali. 

Chimica  animale,  o  zoochimica,  la  scienza  che 
tratta  della  composizione  chimica  dei  corpi  animali. 

Fisioloiiia  animale,  scienza  delle  funzioni  vitali 
negli  animali.  -  Geografia  animale  o  zoogeografìa, 
scienza  che  insegna  come  siano  distribuiti  gli  ani- 
mali nelle  diverse  parti  o  regioni  della  Terra. 

Ippiatria,  ippiatrica,  medicina  dei  cavalli;  ma- 
scalcia. -  Mecca:,  j-a  animale,  l'applicazione  della 
meccanica  allo  studio  dei  movimenti  degli  animali. 

Paleontologia,  parte  della  storia  naturale  che  tratta 
degli  esseri  organizzati,  dei  quali  le  specie  sono 
estinte.  -  Psicologia  animale  (legge  darwiniana), 
studio  delle  manifestazioni  dell'anima   nelle  bestie. 

Tauratria,  medicina  degli  animali  bovini.  -  Terio- 
tomia,  anatomia  delle  bestie  feroci. 

Zootjrafia,  descrizione  degli  animali.  -  Zooiatria, 
zoiatria,  complesso  di  scienze  comprendente  tutte 
le  dottrine  che  hanno  per  oggetto  la  conoscenza 
della  struttura  anatomica,  macroscopica  e  micro- 
scopica, del  corpo  degli  animali,  le  funzioni  nor- 
mali degli  stessi,  il  pervertimento  anatomico  e  fun- 
zionale dell'organismo,  la  nozione  dei  mezzi  me- 
dico-chirurgici, atti  a  curare  le  malattie  stesse  :  ve- 
terinaria. -  Zoologia,  scienza  degli  animali  che  ne 
esamina  le  forme  esterne  e  l'organismo,  il  modo  di 
vivere,  i  rapporti,  classilicandoli.  Zoografia,  non  co- 
mune. Zoologico  da  zoologia:  studio,  collezione,  so- 
cietà, ecc.;  zoologo,  studioso,  cultore,  professore  di 
zoologia.  -  Zoonomia,  ramo  della  fisiologia  che  si 
occupa  delle  leggi  dell'organismo  animale.  -  Zoo- 
tossia,  classificazione  degli  animali.  -  Zootecnia, 
zootècnica,  la  dottrina  dell'  applicazione  delle  leggi 
fisiologiche  e  agricole  per  far  prosperare  e  molti- 
plicare gli  animali  domestici.  -  Zootomia,  anatomia 
degli  animali.  Zootómico,  zootomista. 

Animaleolismo,  sistema  che  ammette  l'esistenza 
di  piccoli  animali  nello  sperma.  -  Bromatrometria, 
misura  degli  alimenti  necessari  agli  animali  in  certe 
condizioni. 

Magnetismo  animale,  teoria  di  coloro  che  cre- 
dono all'esistenza  d'un  fluido  comunicantesi  da  un 
animale  all'altro.  -  Metempsicòsi,  sistema  che  am- 
mette la  trasmigrazione  dell'anima  nei  diversi  ani- 
mali. 

Metamorfosi,  i  cambiamenti  di  forma  e  di  struttura 
che  fanno  nel  loro  sviluppo  alcuni  animali,  alcune 
piante.  -  Mezzo,  V  elemento  in  cui  vive  un  organi- 
smo. -  Microcosmo,  corpo  animale.  -  Mimetismo,  fa- 
coltà di  imitare.  -  Monogenesi,  modo  unico  di  ripro- 
duzione degli  animali. 

Naturalista,  che  si  occupa  di  storia  naturale, 
quindi  anche  dello  studio  e  della  descrizione  degli 
animali.  -  Organo,  parte  d'un  corpo  animale,  atto  a 
compiere  una  funzione;  membro. 

Protezione  degli  animali,  sistema  di  provvedi- 
menti per  impedire  il  maltrattamento  delle  bestie. 

Zoismo,  complesso  di  fenomeni  della  vita  ani- 
male, il  processo  di  questa.  -  Zooforo,  fregio  con 
fiatira  d'animali.  -  Zooglifìto,  pietra  presentante  im- 
pronte animali.  -  Zoófììo,  amico,  protettore  delle 
bestie  (società  zoòfila).  -  Zoolatria,  culto  degli  animali. 


Zoolito,  animale  o  parte  d'animale  impietrito,  pie- 
trificato. -  Zoomorfilo,  pietra  avente   la  forma  d'un 
animale.  -  Zootipolito,  pietra  portante  l'impronta  di 
una  parte  d'  animale.  -  Zootrofico,    quanto  ha  rela- 
zione con  la  nutrizione  degli  animali.  —  Zooepica, 
le  guerre  degli  animali,  e  specialmente  della  volpe 
e  del  lupo,  cantate  epicamente. 
Animali  velenosi.  —  Detto  a  velenoso. 
Animare  {animato,  animatore,  animazionej.Dare, 
infondere  anima.  -  Incorare,    ispirare    coraggio 
o  volontà  di  fare  quale! le  cosa.  -  Animalo,  espri- 
mente affetto,  sia  di  volto  come  di  discorso,  di 
stile,  ecc.  -  Animatore,  animatrice,  la  persona  o  la- 
causa  che  anima.  -  Animazione,  atto  ed  eil'etto  del- 
l'animare. 
Animella.  Una  parte  interiore  di  qualche  ani- 
aie.  -  Rotella  di  legno  nel  bottone. 
Animo.  L'anima  umana  considerata  come  prin- 
cipio attivo  della  volontà  e  degli  afietti.  Parola,  del 
resto,  \ariamente  usata,  per  indicare:   carattere, 
indole,  niente,  pensiero,    spirito;    ardimento 
coraggio,  forza  morale;   disposizione,  inclina- 
zione a  checchessia;  effetto  di  ragionamento;  p»'^- 
sentintento;  intendimento;    intenzione,    propo- 
sito; attenzione;  parere,  opinione. 

L'animo  è.  o  si  considera,  la  sede  d'ogni  affetto, 
d'ogni  passione,  d'ogni  sentimento.  Di  sua  na- 
tura, l'animo  può  essere  buono  o  cattivo,  forte 
0  debole,  gentile  o  rozzo,  benevolo  o  crudele, 
umile  0  superbo,  nobile  o  vile,  generoso  o 
avaro,  prudente  o  temerario,  sincero  o  fa- 
cile a  fingere,  delicato  o  volgare,  indulgente 
0  severo,  ecc.  Molto  vari,  poi,  gli  stati,  le  condi- 
zioni in  cui  l'animo  può  trovarsi,  secondo  che  in 
calma,  in  pace,  o  in  preda  ad  agitazione;  do- 
minato daira»«o»"e,  o  dall'ira,  dall'odio,  dalla 
gelosia;  rallegrato  dalla  spei-anza  o  turbato  dal 
dubbio,  dal  sospetto;  pieno  di  felicità  o  invaso 
dalla  disperazione;  colmo  di  gioia  o  di  do- 
lore; di  buonitfnore  o  di  malumore;  facile 
nWamicizia  o  ?i\\  indifferenza;  nW allegrezza 
0  nlÌA  rnelanconia  ;  soddisfatto,  contento,  op- 
pure vinto  da  cruccio,  da  dispiacere;  incline 
alla  virtù  o  al  vizio;  schiuso  alla  generosità  o 
stretto  daW egoismo;  animato  da  benevolenza, 
lieto  della  fortuna  d'altri,  o  róso  dall'  invidia. 

Inoltre,  l'animo  può  essere  affranto,  spossato, vinto 
dal  dolore  ;  sgombro,  dicesi  di  animo  senza  preoc- 
cupazioni, sereno  ;  stanco,  quando  spossato  da  con- 
trasto d'affetti;  superiore,  se  dotato  di  alti  senti- 
menti ;  turbolento ,  quasi  in  continua  perturba- 
zione, ecc. 

Facoltà',  qualità'  dell'animo. 

Abnegazione,  atto  dell'abnegare,  ossia  del  distac- 
carsi dell'animo  dai  piaceri  e  dagli  affetti  terreni; 
rinuncia,  non  senza  sacrifìcio  di  sé,  o  d'alcun  sen- 
timento, a  prò  d'altri.  -  Accidia,  rilassatezza  delle 
forze  psichiche,  noncuranza,  pigrizia,  tedio  del  ben 
fare.  -  Disposizione,  naturale  inclinazione,  tendenza, 
attitudine  a  checchessia:  propensione,  buona  o 
cattiva,  verso  cosa  o  persona.  Disporre'  preparare 
l'animo.  Essere  bene  o  mal  disposti,  avere  animo  in- 
clinato, oppure  avverso  a  concedere  cosa  doman- 
data, a  favorire,  ecc. 

Educazione,  atto  ed  effetto  dell'abituare  l'a- 
nimo ad  amare  il  bello  e  il  bone.  -  Energia,  vi- 
gore dell'animo  nell'operare;  fortezza,  forza. 


104 


Entusiasmo,  notevole  disposizione  o  fervore 
occasionalmente  suscitato,  per  cui  l'animo  sente  ed 
opera  con  insolita  energia. 

Facoltà,  la  potenza  dell'eseguire  una  cosa.  -  Fer- 
mezza, coslcmza  di  propositi,  saldezza  di  volontà. 

Forza  viorale,  complesso  delle  energie  dell'animo. 

Generosild,  nobiltà  e  grandezza  d'animo,  libera- 
lità (generoso).  -  Indulgenza,  disposizione  mite 
dell'animo  verso  gli  altrui  difetti,  specialmente  da 
parte  di  chi  potrebbe  punire  severamente  -  In- 
tenzióne, pensiero,  proposito,  volontà  di  fare  chec- 
chessia. -  Intimo,  l'interno  dell'animo:  fondo,  pro- 
fondo; i  penetrali.  -  Intrinseco,  il  segrelo  dell'a- 
nimo. -  Ispirazione,  di  idea,  di  sentimento  che  si 
desti  spontaneamente  o  sia  suggerito,  e,  per  lo  più, 
con  movimento  opportuno,  in  buon  punto,  util- 
mente. 

Longanimità,  tolleranza,  sofferenza,  pazienza, 
verso  gli  altri.  -  Magnanimità,  grandezza  d'animo, 
enerosità.  -  Moto,  impulso  istintivo  dell'  a- 
nimo.  Irrefrenabile,  quando  non  lo  si  può  repri- 
mere. -  Pudore,  avversione  alle  cose  disoneste. 

Sincerità  (sincero,  sinceramente),  schiettezza  di 
animo.  -  Soavità,  dolcezza,  benignità,  delicatezza, 
squisitezza. 

Telepatia  (neologismo),  comunicazione  spirituale 
tra  persone  lontane  senza  alcun  parvente  mezzo  dei 
sensi:  fenomeno  non  ancora  ben  chiarito. 

Virilità,  vigore,  robustezza  d'animo.  -  Virtù, 
abituale  disposizione  che  induce  l'axiirao  a  fare  il 
bene  e  a  fuggire  il  male.  -  Vocazione,  il  sentirsi 
chiamato,  inclinato  a  una  cosa.  -  Voce  interna,  (orzai. 
interna  dell'  animo,  della  coscienza. 

Stati  e  moti  dell'animo. 
Locuzioni. 

Abbandono,  perdita  delle  forze,  decadimento  del 
l'animo,  del  coraggio:  abbattimento,  abbiosciameiito, 
accasciamento;  amevolimento,  indebolimento,  infiac- 
chimento; scoramento  (abbattersi,  abbiosciarsi,  acca- 
sciarsi, affievolirsi,  indebolirsi,  infiacchirsi;  scorarsi, 
abbattuto,  abbiosciato,  accasciato,  affievolito,  indebo- 
lito, infiacchito;  scorato).  Quando  sia  intenso,  l'abban- 
dono è  avvilimento.  -  Accecamento,  stato  d'animo  in  cui 
non  si  sa,  non  si  può  distinguere  il  vero  o  il  giusto, 
per  effetto  di  passione,  di  prevenzione,  di  pregiu- 
dizio e  simili  (accecare,  accecarsi,  accecato)  -  Acciacco 
pubblico,  pubblica  miseria,  prostrazione  dell'animo 
dei  più,  ecc. 

Agitazione,  commovimento,  inquietudine  (agita- 
bile, che  si  può  agitare;  agitante,  che  agita;  agitato, 
in  agitazione;  agitare,  agitarsi,  provocare  agitazione, 
esserne  preso).  -  Animosità,  stato  dell'animo  inspirato 
ad  odio.  -  Aspirazione,  affettuoso  desiderio  del- 
l'animo per  qualche  oggetto  {aspirare,  aspirante,  che 
aspira).  -  AviKrsione,  cattiva  disposizione  dell'animo 
verso  altri  (avversare,  avversarsi,  avversato):  quando 
forte  e  quasi  invincibile,  dicesi  ripugnanza;  se 
duratura,  nemicizia.  -  Avvilimento,  abbandono 
e,  insieme,  utniliazione  dell'  animo  (avvilire,  av- 
vilirsi, avvilito). 

Bollore,  riscaldamento,  eccitamento  d'animo  pro- 
dotto da  una  passione  (bollire,  ribollire). 

Commozione,  Io  stato  dell'animo  tocco  da  diverse 
passioni  od  affetti,  ma  più  specialmente  da  quello 
della  pietà  o  deWa.  tneraviglia  (commovente, 
commosso;  commòvere,  commóversi,  ecc.).  -  Confu- 
sione, stato  dell'animo  agitato  per  vergogna,  penti- 
mento, rimorso  (confondere,  confondersi,  confuso). 


Costernazione,  grande  sbigottimento;  grande  acca- 
sciamento per  elfetto  di  grave  sventura  o  simili 
(costernare,  costernarsi;  costernato).  -  Cruccio,  aftli- 
zione  d'animo;  tormento,  scorruccio,  travaglio  (cruc- 
ciare, crucciarsi;  crucciato). 

Demoralizzazione,  accasciamento  (demoralizzare, 
demoralizzarsi,  ecu.).-  Depressione,  avvilimento,  con 
senso  di  umiliazione  (deprimere,  depresso).  -  Eccita- 
zione, stato  di  eccitamento,  di  esaltazione,  di  turba- 
mento. -  Fastidio,  stato  di  noia,  di  tedio,  di  nausea, 
di  ripugnanza  (infastidire,  infastidirsi;  infastidimento, 
in  fastidilo). 

lìnitressione,  effetto  che  una  cosa  qualsiasi 
produce  sull'animo  (impressionare,  impressionarsi; 
impressionàbile,  impressionato).  -  Incentivo,  stimolo, 
incitamento  a  fare  alcunché.  -  Indisposizione,  di  ani- 
mo, malumore  (indif.porre,  indisporsi;  indisposto). 

Infatuazione,  condizione  dell'animo  che  ama,  am- 
mira, ecc.,  ciecamente  e  con  fatuità  o  follemente 
(infatuare,  infatuarsi;  infatuato).  -  Irritazione,  ina- 
sprimento d'animo,  sdegno.  -  Malcontento,  stato  in- 
quieto dell'animo  per  cose  che  non  vanno  a  modo- 
nostro.  -  Malànimo,  animosità,  malevolenza,  senti- 
mento per  il  quale  si  vede  di  malocchio  il  bene 
altrui;  mal  talento,  mal  zelo.  -  Malavoglia,  cattiva 
disposizione  d'animo. 

Òligopsichia,  fiacchezza  di  spirito,  d'animo.  -  Or- 
rore, spavento,  abominazione. 

Pace,  stato  di  intima  tranquillità  (pacificare,  pa- 
cificarsi; pacifirato).  -  Paratimia  (gr.),  malumore. 

Patèma,  affezione  d'  animo  penosa.  -  Preoccupar 
zioiie,  in  qualche  caso,  lieve  timore  preventivo. 

Raccoglimento,  stato  dell'animo  assorto  in  un  senti- 
mento (raccogliersi,  raccolto).  -  mbellione,  il  riliuto 
che  l'animo  oppone  a  qualche  atto:  sollevazione  in- 
terna (ribellarsi,  ribellalo,  ribelle).  -  Ribrezzo,  repul- 
sione dell'animo  con  subito  tremore,  quasi  orrore.  - 
Risentimento,  leggiero  impeto  d'  ira  { (risentirsi, 
risentito). 

Scatto,  impeto,  moto  improvviso  dell'animo;  an- 
che, ispirazione  (scattare,  scattato).  -  Sconvolgimento, 
forte  perturbazione,  disordine  completo  (sconvolgere, 
sconvolgersi;  sconvolto).  -  Sospensione,  stato  di  incer- 
tezza, di  dubbio,  di  indecisione  (sospendere,  sospeso). 

Turbamento,  alterazione  d'animo,  commosso 
per  qualche  cosa  spiacevole:  conturbamento  (turbare, 
turbarsi,  turbato).  -  Vergogna,  perturbazione  d'a- 
nimo intorno  a  cose  che  reputiamo  lesive  dell'onore. 

Animare,  rianimare,  dare,  rinnovare  impulso,  ener- 
gia all'animo.  Animato,  disposto  d'animo  (animarsi, 
rianimarsi).  -  Aprirsi  (aperto),  dell'  animo  che  ma- 
nifesta, confida,  rivela  un  affetto,  un  sentimento; 
espandersi  (espansione,  espansivo).  -  Destare,  ridesta- 
re, suscitare  nell'animo  afletti,  impressioni,  ecc. 

Inasprire,  inasprirsi,  provocare  o  subire  inaspri- 
mento, irritazione.  -  Impermalirsi,  essere  pernia- 
loao,  aver  a  male  ogni  cosa.  -  Inclinare,  piegare, 
propendere  per  checchessia:  tanto  dell'animo  che 
della  mente  (incliucroh').  -  Indirizzare,  indirizzarsi, 
far  volgere  o  volgere  l'animo  ad  uno  scopo,  ad  uno 
studio,  ad  una  maniera  di  vivere,  e  simili:  dare 
indirizzo.  -  Infastidire,  infastidirsi,  provocare,  inflig- 
gere, sentire,  subire  fastidio,  noia  (infastidimento, 
infastidito).  -  Ingalluzzare,  ingalluzzire,  ringalluzzare, 
ringalluzzire'  (ingalluzzirsi,  ingalluzzito,  ecc  ),  essere 
preso  da  allegrezza  e  dimostrarla.  -  Interessare, 
cattivarsi  l'animo,  commuovere  (interessamento,  inte- 
ressato). -  Interessarsi,  partecipare  con  attenzione  di 
animo  alle  sorti  d'altri.  -  Invasare,  occupare  strana- 
mente l'animo,  escludendo  ogni  altro  sentimento. 


ANIMOSITÀ 


ANNO 


105 


Ispirare,  infondere,  destare  nell'animo  (o  nella 
mente)  un  affetto,  un  pensiero,  un  desiderio,  ecc. 

Ricreare,  ricrearsi,  dare,  prendersi  qualche  con- 
forto, qualche  sollievo  {ricreato,  ricreazione);  procu- 
rare, procurarsi  divertimetito.  -  Rincorare,  rinco- 
rarsi, fare  o  farsi  animo,  specialmente  dopo  un  do- 
lore. -  Smarrirsi,  sbigottirsi,  perdersi  d'animo. 

Locuzioni.  —  Alienar  l'animo,  da  cosa  o  persona, 
distoglierlo.  -  Allargarsi  il  respiro,  sentirsi  riavere, 
rianimare,  sollevare.  -  Aprir  l'animo,  manifestarne  i 
sentimenti. 

Ave)  e  in  animo  di  fare  una  cosa,  proporsi  di 
farla. 

Essere  d'acciaio,  essere  forti  d'animo,  di  carat- 
tere. -  Essere  il  proprio  credo,  di  cosa  da  cui  si  tolga 
ispirazione,  règola  costante.  -  Essere  in  lotta  con  sé 
stessi,  in  contrasto  col  proprio  animo.  -  Essere  la 
biascia,  irresoluto.  -  Essere  un  hiasciasorbacerbe,  dis- 
gustato. -  Essere  nell'altro  mondo,  sconvolti  d'animo. 

Legare  l'animo  di  una  persona,  gratificarsela. 

Leggere  nell'animo  ad  alcuno,  scoprirne  i  segreti 
pensieri  e  ciò  che  cova  nell'animo. 

Ad  animo  scarico,  senza  preoccupazioni.  -  A  san- 
gue caldo,  con  animo  commosso,  eccitato,  special- 
mente dall'ira.  -  Dentro  di  sé,  nell'intimo  dell'ani- 
mo. -  In  fondo,  nell'interno  dell'animo.  -  Marina 
chiara  o  torba  (figur.),  d'animo  sereno  od  agitato. 
-  Sul  caldo,  quando  siamo  eccitati  dall'ira,  dal  vino, 
dalla  discussione.  -  Motivi  e  ispirazioni  superiori:  di 
superiorità  d'animo. 

Animosità,  animoso.  Veggasi  a  coraggio 
e  a  nemico. 

Anióne.  Detto  a  elettrolisi. 

Anisetta.  Nome  di  liquore  (leggiera  acquavite), 
con  sapore  d'anice. 

Ajtiitra  {anatraj.  Noto  uccello  acquatico,  di  va- 
rie specie,  anche  domestico,  grosso  come  una  gal- 
lina e  più,  con  becco  diritto,  largo  e  più  o  meno 
depresso.  -  Anitrella,  anatrella,  anitrina,  anatrina, 
piccola  anitra.  -  Anitroccolo,  pulcino  dell'anitra:  ana- 
trino, anitrino.  -  Anitrotto,  anatrotto,  anatra  gio- 
vane. 

Anitraia,  anatrata,  luogo  dove  si  tengono  le  anitre 
domestiche  o  dove  si  pigliano  le  selvatiche  -  Qua, 
Qua,  Qua,  voce  onomatopeica  del  grido  dell'anitra. 

Anitrare,  anatrare,  tetrinare  (latin.),  lo  schiamaz- 
zare dell'anitra.  -  Ani,  ani,  o  ane,  ane  [nane,  nane; 
nani,  nani),  voci  con  le  quali  si  chiamano  le  anitre. 

Anitre  selvatiche:  Valzavola  o  arzavola,  bianca  e 
nera  di  sopra,  a  strisele,  col  petto  bianco,  punteg- 
giato di  nero,  il  ventre  biancastro  e  il  becco  nera- 
stro, detta  anche  baruzzola,  bozzolo,  bozzarecchio; 
la  germana  (tipo  delle  selvatiche),  o  reale,  o  collo 
verde;  il  fischione,  o  fistione,  detto  anche  bibbio, 
btbbo,  caporosso;  la  marzaiuola,  detta  pure  carrucola, 
granaiuola,  grecarella;  il  mestolone,  o  palettone;  il 
codone,  o  germano  marino,  o  campigiana;  la  mori- 
giana,  o  canapiglia,  o  cicalone;  il  canone,  specie 
detta  anche  cagnaccio,  cagnolo,  moretto,  quattr'occhi, 
domenicano;  il  p,stione  col  ciuffo,  o  fistione  turco,  al- 
trimenti detto  germano  turco,  caporosso  maggiore;  la 
rossina,  o  rossella,  morella  tabaccata,  colletto. 

Annacquare  {annacquamento,  annacquato).  Met- 
tere acqua  in  un  liquore,  o  nel  vino,  ecc.,  per 
temperarlo:  volgarm.,  allungare,  tagliare. 

Annaffiare  {annaffiamento,  annaffiatoio,  annaf- 
fiaiura).  Leggermente  bagnare,  dare  acqua,  inaf- 
fiare. 

Annaffiatoio.  Arnese  per  in  afflare. 

Annali,  annalista,  leggasi  a  storia. 


Annasare  {annasato).  Aspirare  col  naso  ta- 
bacco 0  altre  polveri.  -  Aspirare  qualche  odore, 
annasare,  fiutare. 

Annaspare  {annaspato).  Avvolgere  il  filo  sul 
naspo  per  fare  matassa.  •  Modo  di  agitare  brac- 
cia e  gambe.  -  Far  confusione  con  la  mente. 
Annaspicare,  annaspare  frequenteinente;  annaspio. 

Annaspo.  Detto  a  matassa. 

Annaspóne.  Lo  stesso  che  faccendone  disor- 
dinato. 

•  Annata.  Il  periodo  di  un  anno.  •  Importo 
ai  renaifa,  di  stipendio  e  simili  per  la  durata  di 
dodici  mesi,  senza  jiguardo  al  tempo  in  cui  inco- 
mincia e  a  quello  in  cui  finisce.  Cosi  anche  rispetto 
ai  prodotti  del  suolo  e  allo  stato  àdV atmosfera. 

Annebbiare,  annebbiarsi  {annebbiamento). 
Coprire,  coprirsi  di  nebbia.  -  Offuscarsi  della  vista. 
-  Intristire  di  frutta,  di  biade. 

Annegare  {annegarsi,  annegamento;  annegato). 
Dar  morte  sommergendo;  perdere,  togliersi  la  vita 
nell'acqua;  morire  per  sommersione,  che  produce 
asfissia;  affogare,  affogarsi.  Di  chi  cade  accidental- 
mente nell'acqua  o  vi  entra  per  bagno  o  per  darsi 
a  nuoto.  Altra  causa  di  annegamento  può  essere 
un  naufragio.  -  Dicesi  salvataggio  ogni  tentativo 
diretto  alla  salvezza  di  chi  sta  per  annegare.  -  An- 
dare a  far  la  cena  alle  ranocchie.  Mettersi  un  sasso 
al  collo.  -  Affogamento,  affogatura  (non  comune). 

Anneghittire,  anneghittirsi  {anncghitti- 
mento,  anneghittito).  Lasciarsi  prendere  dalla,  jyi- 
grizia. 

Annerire  (annerimento,  annerirsi,  annerito). 
Rendere,  diventar  nero. 

Annessi,  annesso.  Veggasi  ad  annettere, 
appartenere,  unire.  -  Annessi  e  connessi,  diconsi 
quelle  cose  che  necessariamente  appartengono  ad 
alcun'altra.  -  In  anatomìa,  annesso  è  tutto  ciò  che 
dipende  da  un  organo  principale.  Cosi  gli  annessi 
dell'occ/iio  sono  le  palpebre  e  le  sopraciglia;  gli 
annessi  dell'utero,  i  ligamenti,  le  trombe  e  le  ovaie; 
gli  annessi  del  feto  sono  il  liquido  amniotico,  la 
placenta  e  gli  involucri  fetali,  ecc. 

Annessione.  Atto  ed  effetto  dell'annettere. 
Aggiunta  di  nuovo  territorio  ad  uno  Stato. 

Annestare  {annestato,  annesto,  annestatura). 
Fare  1'  innesto.  -  Inoculare  il  vaiòlo. 

Annèttere  {annessione,  annesso).  Aggregare,  ag- 
giungere, attaccare,  unire.  •  Annessione,  atto 
ed  effetto  dell'aggregare,  dell'aggiungere,  ecc.  -Annesso, 
aggiunto,  congiunto,  connesso,  attaccato,  vincolato. 

Annichilare,  annichilire  {annichilato,  anni- 
chilito; annichilazione,  annichilimento).  Ridurre  al 
nulla;  distruggere,  umiliare. 

Annidare,  annidarsi  {annidato).  Farsi  il 
nido. 

Annientare  {annientamento,  annientato).  Ridur- 
re a  nuUa,  annullare;  distruggere.  Figur.,  umi- 
liare. 

Annitrire.  Nitrire:  emettere  la  voce  che  fa  il 
cavallo. 

Anniversario.  Che  si  rinnova  ogni  anno. 

Anno.  Periodo  di  femvo  che  la  Terra  impiega 
a  fare  il  giro  intorno  al  sole:  è  suddiviso  in  pe- 
riodi minori,  con  la  denominazione  di  stagione, 
mese,  settimana,  giorno.  Una  serie  più  o  meno 
lunga  di  anni  e  degli  avvenimenti  relativi  costi- 
tuisce un'era,  un'epoca,  nella  storia  e  nella  cro- 
nologia. -  Annoso,  che  ha  molti  anni. 

Annerello,  diminutivo  d'anno.  -  Annetto,  un  anno 
approssimativo,  su  per  giù,  anno  scarso.  -  Annuccio, 


106 


ANNO    —   ANNOBILIRE 


anno  trascorso  senza  importanti  avvenimenti;  anche 
l'anno  che  sembra  passato  in  fretta.  -  Annuale,  annuo, 
di  ogni  anno;  che  si  ripete,  si  rinnova  ogni  anno. 

Annata,  il  tempo  d'un  annoj  l'anno  relativo  ai 
frutti  e  alle  stagioni  (annatina,  in  quest'ultimo  si- 
gnificato, annata  di  poche  risorse  ;  annatona,  annata 
abbondante,  fortunata).  -  Anniversario,  ricorrenza 
annua  di  qualche  avvenimento.  -  Annualità,  provvi- 
sione, salario,  o  pagamento  annuo  di  rendite  vitalizie 
e  simili. 

Anno  andante,  corrente,  che  corre,  in  corso,  pre- 
sente, stante;  volgente,  vertente;  quest'anno,"  un- 
guanno.  -  Anno  avanti,  precedente,  innanzi,  prima; 
bisbetico,  irregolare  nel  tempo  o  negli  avvenimenti; 
cadente,  che  sta  per  finire;  caduto,  decorso,  scorso, 
passato,  finito,  l'ultimo  finito,  compiuto;  climaterico, 
ogni  settimo  anno  della  vita,  nel  quale  si  crede 
succedano  mutazioni  e  non  felici;  comune,  non  bi- 
sestile; entrante,  che  incomincia  o  sta  per  incomin- 
ciare ;  spirante,  sul  finire  ;  prossimo,  vegnente,  futu- 
ro, venturo;  successivo,  anno  di  poi,  anno  dopo; 
tondo,  tondo  tondo,  anno  intero,  vertente. 

Distinzioni  scientifiche,  storiche,  ecc. 
Periodi  di  anni. 

Anno  ah  incarnatione,  contando,  secondo  l'anti- 
co calendario  fiorentino,  dal  25  marzo.  -  Anno 
accademico,  il  periodo  dall'apertura  alla  chiusura 
dei  corsi  annui  nelle  accademie  letterarie,  artistiche, 
nelle  scuole  superiori,  ecc.  -  Anno  amministrativo, 
dal  giorno  in  cui  si  aprono  i  conti  fino  a  quello  in 
cui  si  chiudono,  l'anno  dopo.  -  Anno  anomalistico, 
l'intervallo  fra  due  passaggi  consecutivi  della  Terra 
alla  sua  massima  vicinanza  al  sole,  cioè  al  suo  pe- 
rielio, risultandone  una  durata  un  po'  maggiore  di 
quella  dell'anno  comune.  -  Anno  astrale,  sidereo. 

Anno  bisestile,  quello  che  ogni  quattro  ha  un 
giorno  di  più  in  febbraio,  cioè  366  {bisestare,  essere 
bisestile).  -  Anno  civile,  misura  di  tempo  conven- 
zionalmente adottata. 

Anno  del  giubileo,  o  giubilare,  quello  che  si  ri- 
pete ogni  cinquant'anni,  presso  gli  Ebrei.  Pei  cat- 
tolici, anno  d'indulgenza,  ogni  venticinque  anni. 

Anno  dell'  alleluia,  il  1223,  che  fu  di  gran  fervore 
religioso  in  tutta  Italia.  -  Anno  o  anni  di  grazia, 
del  Signore,  di  Cristo,  della  salute,  della  riparata 
salute,  ecc.,  gli  anni  dell'era  cristiana,  cioè  dalla 
nascita  di  Cristo.  -  Anno  ecclesiastico,  dalla  prima 
domenica  dell'Avvento  all'altra,  l'anno  dopo. 

Embolismico,  anno  che  aveva  tredici  mesi,  presso 
i  Greci.  -  Anno  emergente,  quello  da  cui  incomincia 
un'era.  -  Anno  finanziario,  periodo  annuo  della  ge- 
stione della  contahilità  di  Stato. 

Anno  giuliano,  quello  riformato  da  Giulio  Cesare. 

Anno  giuridico,  periodo  annuale  della  gestione 
giudiziaria.  -  Anno  gregoriano,  l'anno  rettificato  da 
Gregorio  XIII:  l'anno  attuale. 

Anno  lunare,  o  solare,  il  tempo  che  viene  calco- 
lato dalla  rivoluzione  della  luna  o  del  sole  fepatia, 
i  giorni  che  si  aggiungono  all'  anno  lunare  per  pa- 
reggiarlo col  solare).  -  Anno  platonico,  rivoluzione 
di  quindicimila  o  di  trentamila  anni,  dopo  la  quale 
si  pretese  da  alcuni  che  i  pianeti  e  le  stelle  ritor- 
nassero nel  medesimo  punto  in  cui  erano  prima  di 
detto  periodo.  Anche  il  periodo  di  26000  anni,  im- 
piegato dagli  equinozi  a  percorrere  l'eclittica:  anno 
grande. 

Sabbàtico,  quello  ricorrente  ogni  sette  anni,  presso 
gli  Ebrei,  e  quello  nel  quale  essi,  secondo  la  legge 


mosaica,  lasciavano  riposare  la  terra.  -  Anno  santo, 
pei  cattolici,  quello  nel  quale  si  fa  1'  apertura  del 
gran  giubileo  universale.  -  Anno  scolastico,  la  durata 
annuale  dell'insegnamento.  -  Anno  secolare,  quello 
che  compie  il  secolo. 

Anno  sidereo,  o  astrale,  o  siderale,  periodo  im- 
piegato dal  sole  nel  percorrere  apparentemente  tutte 
le  costellazioni  dello  zodiaco:  il  tempo  della  rivo- 
luzione della  Terra.  -  Anno  tròpico  o  solare,  com- 
prendente una  intiera  rivoluzione  del  sole:  periodo 
di  tempo  che  trascorre  fra  due  successive  appari- 
zioni della  medesima  stagione. 

Periodi  li  anni.  —  Biennio,  periodo  di  due  anni 
{biennale,  che  dura  due  anni  o  viene  ogni  due 
anni);  triennio  (triennale),  di  tre  anni;  quadriennio 
(quadriennale),  di  quattro;  quinquennio  (quinquen- 
nale), di  cinque;  sessennio  (sessennale),  di  sei;  set- 
tennio (settennale),  di  sette  ;  ottennio  (ottennale),  ottan- 
nata,  di  otto;  novennio  (novennale),  di  nove;  decen- 
nio (decennale),  di  dieci.  Poi:  ventennio  (ventennale), 
vicennio  (vicennale),  periodo  di  venti  anni;  venti- 
cinquennio, un  quarto  di  secolo;  trentennio,  qua- 
rantennio, cinquantennio  (mezzo  secolo),  eec.  Cen- 
tennio (centennalé),  un  secolo;'  millennio  (millen- 
ne), mille  anni  :   millesimo. 

Ciclo  solare,  periodo  di  ventotto  anni.  -  Lustro 
(lustrale),  spazio  di  cinque  anni,  alla  fine  dei  quali 
ricorreva  un  sacrifizio  espiatorio.  Bilustre,  trilustre, 
quadrilustre,  ecc.  -  Ottaeride,  ciclo  di  otto  anni, 
anticamente  usato  dai  Greci  per  accordare  il  calen 
darlo  al  corso  del  sole.  -  Settimana  mosaica,  periodo 
di  sette  anni.  -  Trieterico,  che  succede  ogni  tre  anni. 

Cose  varie  relative  all'  anno 

Almanacco,  libro  che  contiene  molte  e  varie 
notizie  concernenti  1'  anno.  -  Annuario,  libro  nel 
quale  si  registrano  i  fatti  e  le  osservazioni  dell'anno. 

Appartenenze,  feste  mobili  o  altri  avvenimenti 
dell'anno.  -  Anarchi,  i  quattro  giorni  complementari 
drll'anno  greco,  durante  i  quali  si  procedeva  alla 
nomina  dei  magistrati. 

Calendario,  libretto  o  tabella  in  cui  sono  indicati, 
mese  per  mese,  tutti  i  giorni  dell'  anno,  le  acciden- 
talità della  stagione,  ecc.  -  Capo  d'  anno,  il  prim© 
giorno  dell'anno.  -  Compleanno,  il  giorno  in  cui  si 
compiono  gli  anni. 

Equinozio,  ciascuno  dei  due  tempi  dell'  anno 
quando  il  giorno  è  uguale  alla  notte:  equinozio  di 
primavera  (20  o  21  marzo)  e  (/'  autunno  (20  o  21 
settembre).  -  Indizione,  periodo  di  qii  ndici  anni. 

Stile  fiorentino,  modo ,  metodo  di  cominciare 
l'anno  il  25  di  marzo.  -  Strenna,  regalo  del 
primo  giorno  dell'  anno.  Strenia,  dea  delle  strenne. 

D'anno  in  anno,  un  anno  dopo  l'altro.  -  Intercor 
lare,  aggiungere  giorni  al  mese  o  mesi  all'anno  per 
ragguagliare  l'anno  civile  alle  stagioni. 

Volgere,  dell'anno  che  fa  il  suo  corso  e  va  com 
piendosi. 

Ad  multos  annos,  per  molti  anni,  formula  augurale 
per  anniversari,  celebrazioni,  ecc.  Anni  dòmini: 
tamil.,  quantità,  gran  numero  d' anni.  -  Anni  che 
passano  come  il  vento,  che  volano,  passano  a  volo, 
rapidamente.  -  Anni  fa,  anni  sono,  nel  tempo  tra- 
scorso. -  Anno  fungato,  anno  tribolato,  anno  ghian- 
doso,  anno  cancrenoso,  V  anno  in  cui  vi  sono  molti 
funghi  e  molte  ghiande  è  povero  nel  resto,  "  porta 
malanni.  -  Sono  passate  venti  prininvere,  venti  anni. 

Annobilire  (annobilimento,  annobilito).  Conferire 
nobiltà. 


ANNOCCARE  —  ANTECEDERE 


107 


Annoccare  (annoccato).  Modo  di  piega/re. 

Annodare  (annodamento,  annodato,  annodaturaj. 
Far  nodo,  per  legare,  per  stringere. 

Annoiare,  annoiarsi  {annoiato,  annoiatore). 
Procurare,  sentir  noia. 

Annonilnazione.  Figura  di  retorica. 

Annona.  Quanto  serve  al  vitto  di  un  paese: 
pubblica  assistenza;  vettovaglia.  -  Antica  dèa. 

Abbondanziere,  un  tenìpo.  ufficiale  preposto  alla 
pubblica  annona. 

Annoso.  Che  ha  molti  anni,  vecchio. 

Annotare  f annotato J.  Dichiarare  con  note; 
prendere  nota;  registrare,  scrivere. 

Annotariare  (annotariato).  Farsi  notaio. 

Annotazione.  Chiosa,  nota.  -  Considerazione, 
osservazione. 

Annottare  (annottato).  Farsi  notte. 

Annoverare  {annoreramento,  annoverato).  Nu- 
merare, contare,  ascrivei'e,  porre  nel  numero. 

Annuale.  Tutto  il  corso  dell'  attuo;  prodotto 
di  un  anno;  ciò  che  si  fa  o  si  rinnova  in  un  anno. 

Annuario.  Detto  ad  anno  (voxe  varie...). 

Annuire,  annuenza  {annuente,  annuito).  Il 
far  cenno  di  si  col  capo  ;  l'acconsentire,  il  dar  con- 
senso;   accettare,    aj)provare. 

Annullamento.  Ij  annullare. 

Annullare  {annullato,  annullamento,  annulla- 
zione). Pudurre  al  nulla;  toglier  via,  sopprimere, 
distruggere.  -  Abolire,  revocare  una  legge,  un 
decreto,  un  regolamento.  -  Dare  nullità,  can- 
cellare, cassare  un  conto,  un  documento,  una 
sentenza.  -  Infirmare,  invalidare,  togliere,  parzial- 
mente 0  totalmente,  efficacia.  -  Annullamento,  annul- 
lazione, atto  ed  etìetto  dell'annullare:  abolizione, 
cassazione,  distruzione,  soppre^sione.  -  Abolitivo, 
atto  0  diretto  ad  abolire  (leggi  abolitive);  rivocati- 
vo, rivocatorio.  -  Abrogazione,  abolizione,  riferito 
solo  a  leggi;  rivocazione. 

Annullarsi,  diminuire,  scemare,  fino  a  non  essere 
più  nulla. 

Annunciare,  annunziare  (annunciato,  an- 
nunziato, annunciatore,  annunziatorej.  Dare  avviso, 
notizia.  ~  Di  persona:  far  sapere  che  viene  per 
visita. 

Annunziata,  annunziazlone.  Detto  a  Ma- 
donna. 

Annunzio,  annuncio.  Novella,  avviso,  no- 
tizia. 

Annuo.  Detto  ad  anno. 

Annusare  (annusato).  Attrarre  col  naso  Vodo- 
re  delle  cose:  fiutare. 

Annuvolare,  annuvolarsi  (annuvolamento, 
annuvolato).  Detto  a  nuvola  e  a  faccia. 

Ano.  Apertura  all'esterno  del  tubo  intestinale; 
orifizio  formato  dall'estremità  dell'intestino  retto; 
la  parte  del  deretano  che  serve  agli  animali 
per  defecare,  ossia  gettar  fuori  gli  escremen- 
ti .  Detto  anche  forame ,  orifizio ,  ■podice  (  lat.  ) . 
Volgarm.,  buco  del  culo.  Per  similitudine,  anello, 
cataratta,  cocchiume,  chiasso,  centopelo,  cucchiaio, 
fondamento,  natura  di  dietro,  zero  ;  dove  si  trulla  ; 
doccion  delle  loffe. 

Ano  contro  natura,  apertura  artificiale  e  comuni- 
cazione all'esterno  di  un  punto  intestinale.  -  Anale, 
che  ha  rapporto  con  l'ano  ;   situato  vicino  all'  ano. 

Perianale,  circostante  all'ano.  -  Sventare,  far  vento, 
con  l'ano,  far  coreggia. 

Cresta,  escrescenza  carnosa  emorroidale  -  Muscoli 
del  perineo,  muscoli  disposti  intorno  alle  regioni 
anali  e  genitali.  -  Muscolo  elevatore  dell'ano,  ìuuscolo 


ischio-coccigeo,  muscoli  che  stanno  intorno   all'  ano. 

Perineo,  quella  parte  dei  tegumenti  comuni  che  è  tra 
l'ano  e  le  parti  genitali.  -  Sfintere,  muscolo  che 
chiude  l'ano  all'estremità  dell'intestino  retto,  accioc- 
ché non  escano  le  feci. 

Allochezia,  uscita  delle  materie  fecali  da  un  ano 
artificiale  o  da  un'  altra  apertura  anormale  dell'  in- 
testino. -  Aproctia,  mancanza  dell'ano,  imperfezione 
dell'ano.  •  Arcosiringa,  fistola  all'  ano.  -  Atretocisia, 
imperforazione  dell'ano. 

Emorroidi  (popolarm.,  moroidtj,  le  vene  del- 
l' ano,  specialmente  quando  sono  ingorgate  di  san- 
gue. -  Pistola,  piccolo  e  spesso  lungo  condotto 
morboso,  mantenuto  da  un'  alterazione  locale  o  ge- 
nerale che  lascia  fluire  pus,  secrezione,  ecc. 

Ràgade,  ulcera  allungata,  stretta,  di  fondo  grigio, 
con  orli  duri,  callosi  e  infiammati,  avente  sede  nelle 
vicinanze  dell'ano,  sui  genitali  o  ai  capezzoli. 

Tenesmo,  senso  doloroso  di  tensione  e  di  stringi- 
mento alla  regione  dell'  ano,  accompagnato  da  una 
voglia  continua  e  quasi  inutile  di  espellere  le  feci. 

Anodino.  Mitigativo  del  dolore:  antispasmo- 
dico. Sono  anodini,  in  generale,  i  narcotici  e  gli 
anestesici,  il  freddo,  le  sottrazioni  sanguigne.  - 
Liquore  anodiìio  dell'  Hoffmann,  miscuglio  di  etere 
solforico  e  di  alcool,  a   parti   eguali. 

Ànodo.  Detto  ad  elettrolisi. 

Anomalia,  anòmalo.  Fuori  di  regola.  -  Veg- 
gasi  a  fiore  e  a  tnuscolo. 

Anònimo  (anònima).  Senza  nome.  •  Veggasi 
ad  arteria  e  a  società. 

Anopsia.  Privazione  della  vista. 

Anorchia.  Detto  a  testicolo. 

Anormale,  anormalità.  Fuori  di  norma,  di 
regola. 

Anosmia.  Diminuzione  o  mancanza  dell'  odo- 
rato. 

Ansa.  Il  manico  di  qualche  vaso,  •  Figur., 
appicco,  pretesto,  occasione,  motivo.  •  In  anato- 
mia, circonvoluzione  intestinale.  -  Ansato,  fornito 
di  ansa. 

Ansare,  ansiare  (ansamento,  ansare).  H  re- 
spirare con  difficoltà:  ansimare. 

Anseàtico.  Detto  a  città. 

Ansia  (ansioso).  Bramosia,  desiderio  inquieto. 

Ansietà.  Intenso  desiderio;  stato  di  pertur- 
bamento e  di  agitazione  generale,  con  sensazione 
penosa  di  stringimento  ai  precordi.  Gradi  diversi 
dello  stesso  fenomeno:  V inquietudine  %  l'angoscia. 

Ansima.  Quasi  asma,  o,  piuttosto,  accidentalp 
difficoltà  di  respiro.  Ansimare,  avere  ansima,  ansare. 

Ansio  (ansioso).  Pieno  d'  ansia,  d'  angoscia, 
d' ansietà. 

Ànsola.  Arnese  per  attaccare  alcuna  cosa. 

Antagronismo  (antagonistico).  Azione  di  una 
forza  verso  un'altra,  alla  quale  sia  opposta:  con- 
trasto. -  Termine  di  anatomia  (pag.  88),  relativo, 
per  lo  più,  a  muscolo.  -  Figur.,  emulazione, 
contesa,  gara.  —  Veggasi  anche  a  medicamento. 

Antagonista.  Chi  è  in  antagonismo. 

Antanaclasi.  Figura  di  retorica. 

Antàrtico.  Un  polo  della  Terra.  -  Il  mare 
intorno  al  polo  omonimo. 

Antéambolo.  Anticamente,  schiavo  che  pre- 
cedeva la  lettiga. 

Antecedente,  antecedenza.  Veggasi  a  p^'e- 
cedere  e  a  prima. 

Antecèdere  (anteceduto).  Andare  e  venire  pì*i- 
ma,  precedere.  Figur.,  avvantaggiare,  vincere. 


108 


ANTECESSÓRE   —   ANTICHITÀ' 


Antecessóre.  Chi  ha  preceduto  altri  in  un 
grado,  in  un  ufficio,  o  simili.  -  Chi  ha  vissuto 
prima  di  noi;  avo. 

Antedetto.  Detto  prima. 

Antefatto.  Fatto  accaduto  prim,a. 

Antefissa.  Veggasi  a  tetto. 

Antèlice.  Parte  deWorecchio  esterno. 

Antelmintico.  Vermifugo  :  detto  a  verme. 

Antelucano.  Precedente  1'  aurora. 

Antelunare.  Innanzi  il  far  della  lana. 

Antemètico  {antiemètico).  Rimedio  contro  il 
vomito. 

Antemurale.  Riparo,  fortificazione. 

Antenati,  antenato.  Veggasi  ad  avo,  fa- 
miglia, genitore,  parentela. 

Anténna.  Stile  nell'albero  d'una  nave.  -  Legno 
lungo  e  diritto,  2><i^O'  -  Corno  di  farfalla  e  di 
ogni  sorta  d' insetti.  -  Abetella,  abete,  reciso.  — 
Parte  del  telegrafo  senza  fili. 

Antennale.  Detto  a  vela. 

Antepassato.  Già  passato. 

Antepenùltimo.  Prima  del  penultimo,  a  sua 
volta  precedente  V  ultimo. 

Anteporre  {anteposto,  anteposizione).  Preporre, 
mettere  prima  o  innanzi;  preferire. 

Antera.  Parte  dello  stame  del  fiore. 

Anteriore,  anteriorità.  Veggasi  a  prece- 
dere, 2^^'i'nia,  tempo. 

Antesignano.  Detto  a  legione  (romana),  a 
precedere,  a  precursore.  -  11  capo  di  nn  par- 
tito politico.  -  Voce  qualche  volta  usata  in  signi- 
ficato di  alfiere. 

Antestatura.  Antica  fortificazione. 

Antestèrie.  Detto  a  Bacco. 

Anteversione.  Anomalia  dell'  utero. 

Antiacido.  Di  sostanza  che  neutralizzi  un 
acido. 

Antlasmàtico.  Detto  ad  asma. 

AntibaccMo  oantlbacchico.  Piede  di  verso. 

Antibagno.  Stanza  precedente  quella  del  bagno. 

Antibiliòso,  antibiliare.  Detto  a  bile. 

Antibraccio.  Detto  a  braccio. 

Anticaglia.  Nome  generico  di  cose  antiche,  di 
antichità.  -  Di  lingua,  arcaismo. 

Anticamente.  Neil'  antichità,  lontano  nel 
t,empo. 

Anticamera.  Stanza  di  un  appartamento, 
all'ingresso  in  questo  o  precedente  la  camera  in 
cui  si  riceve:  antisala,  avanti  camera,  sala  per 
aspettare  ;  stanza  d'  aspetto,  stanza  d' ingresso,  en- 
trata. -  Anticameretta,  anticameruccia  ;  anticame- 
raccia,  anticamerone.  -   Far  anticamera,  aspettare. 

Nell'anticamera  si  notano  mobili  e  arnesi  partico- 
lari, come  il  pulisciptedi ;  Y attaccapanni,  al  quale 
si  attaccano  anche  i  cappelli;  il  portaombrelli,  nel 
quale,  oltreché  1'  ombrello,  si  mette  anche  il 
bastone;  una  cassapanca  (cassa  fatta  in  modo  che 
serva  anche  da  panca),  ed  eventualmente  altre  cose: 
qualche  tavolo,  qualche  sedia,  qualche  quadro, 
qualche  vaso  da  fiori,  ecc. 

Anticardio.  Cavità  del  petto. 

Anticatarrale.  Contro  il  cata,irro. 

Anticheggiare  {anticheggiato).  Seguire  la  ma- 
nuora  antica,  il  modo  antico. 

Antichità.  L'essere  antico,  qualità  di  ciò  che 
è  antico.  -  Anche  il  mondo  antico  e  il  tempo 
che  fu  da  molto,  il  passato  da  un  pezzo,  ossia  il 
passato  più  o  meno  remoto:  antichezza,  anticàg- 
gine;  antiquità,  primerità,  vecchiezza,  vetustà;  tem- 
po alto,    tèmpo  barbogio;   i   primi   anni;    i   secoli 


decorsi,  remoti;  la  vecchia  età  dei  secoli;  oscurità 
dei  tempi  e  dei  secoli,  —  Antichità  classica,  il  pe- 
riodo della  storia  e  della  coltura  greco-romana,  al 
quale  segui  il  medioevo.  -  L'ultima  antichità,,  la 
più  remota. 

Delle  varie  cose  antiche  è  detto  alle  singole  e 
relative  voci:  architettura,  armatura,  arme, 
calzatura,  libro,  medaglia,  moneta,  monu- 
mento, veste,  ecc.;  milizia,  nave,  e  via  via. 

All'  antica,  secondo  i  costumi  antichi.  —  Anti-_ 
cheggiare  (anticheggiato),  seguitare  la  maniera  antica. 

Truccare,  il  dare  ad  oggetti  moderni  un'  aria  di 
antichità. 

Antiquaria,  la  scienza  di  chi  studia  e  illustra 
cose  antiche,  monumenti  o  altro.  -  Antiquario,  chi 
attende  a  raccolte  di  antichità,  per  mestiere  piuttosto 
che  per  fine  scientifico,  nel  qual  caso  1'  antiquario 
é  detto  archeologo.  -  Archeografia,  descrizione  dei 
monumenti  antichi,  lo  studio  e  la  conoscenza  dei 
quali  sono  oggetto  dell'archeologia  {archeògrafo,  ar- 
cheografico).  -  Archeologia,  scienza  dell'  antichità, 
avente  per  oggetto  lo  studio  di  quanto  riguarda  gli 
antichi,  nella  storia,  nell'arte,  ecc.  Archeologo,  chi 
si  occupa  di  cose  antiche,  e  ne  parla,  ne  scrive; 
Scherz.,  frugascanelli,  sciupasolai,  fiutasepolcri,  pap- 
pamillesimi,  rastiarchivi,  sartor  d'immagini;  dissep- 
pellitore. -  Archeologico,  dell'archeologia  (studio,  colle- 
zione, raccolta,  museo,  trattato,  eec). 

Cimeliarca,  capo  d'  un  gabinetto  di  medaglie  an- 
tiche 0  di  oggetti  preziosi.  -  Collettore,  chi  ta 
raccolta  d'oggetti  d'arte,  d'antichità,  ecc. 

Ermeneutica,  arte  d' interpretare  i  monumenti,  i 
discorsi,  i  libri  antichi,  massime  la  Sacra  Scrittura. 

Paleo,  prefisso  scientifico  che  vale  antico.  -  Paleo- 
etnologia, parte  dell'  archeologia  che  intende  a  rin- 
tracciare le  prime  origini,  i  primi  costumi,  le  prime 
industrie,  i  primi  passi  dei  popoli  nella  via  dell'in- 
civilimento. -  Paleografia,  parte  dell'archeologia  che 
tratta  principalmente  dei  diversi  modi  di  scrivere 
dell'  antichità  e  del  medio  evo  su  carta,  su  pietre, 
su  metalli  (medaglie,  monete,  ecc.),  o  comunque.  - 
Paleografo,  dotto  in  paleografia. 

Paleontografia ,  descrizione  degli  antichi  esseri 
organizzati  e  dei  quali  non  si  trovano  che  ossami 
allo  stato  fossile.  -  Paleontologia,  parte  della  storia 
naturale  che  tratta  degli  esseri  organizzati,  a  specie 
estinte.  -  Paleozoologia,   studio  degli  animali  fossili. 

Scavo,  la  ricerca  di  oggetti  antichi,  nascosti  sotto 
terra:  escavazione,  esplorazione;  perlustrazione;  dis- 
seppellimento, scoprimento.  -  Tradizione,  memoria 
di  fatti  0  cose  antiche,  tramandata  non  da  scrittura, 
ma  da  racconto  dei  vecchi  ai  giovani,  e  così  pas- 
sata, man  mano,  dagli  antenati  ai  posteri. 

Anticamente:  nel  tempo  antico,  in  antico,  ab  an- 
tico; in  altri  tempi;  al  tempo  de'  tempi,  a'  tempi 
dei  tempi  ;  ai  tempi  andati  ;  tempo  già,  al  tempo  di 
già;  fu  già  tempo;  al  tempo  delle  martingalle;  anni 
domini  e  quarantene;  al  mille  o  nel  mille  e  uno 
(scherz.).  -  Alias,  avverbio  latino,  che  significa  in 
altro  tempo;  ma  nell'uso  odierno  vi  si  annette  ta- 
iora  un  lieve  senso  ironico,  per  significare  persona 
che  mutò  pensiero,  condizione,  posizione  sociale  o 
politica.  -  In  diebus  illis,  in  temporibus  illis,  di  epoca 
molto  addietro;  al  tempo  che  si  tiravan  su  le  calze 
con  le  carrucole. 

Antichissimamente:  originalmente,  originariamente; 
primieriamen^e ,  primitivamente,  priscamente;  nel 
principio  principio;  in  tempi  preadamitici.  -  Ab 
immemorabili,  fmo  ddA  tempo  più  remoto;  dal  tempo 
più  lontano;    da    tempo    immemorabile.  -  Al   tempo 


ANTICIPABE   —   ANTIPASTO 


109 


della  regina  Berta.  •  Quando  Berta  filava;  quando 
il  mondo  vagiva  ancora  in  culla. 

Anticipare,  anticipazione  {anticipato).  Il 
fare  una  cosa  qualunque ^w'inta  del  tempo;  avvan- 
taggiare nel  tempo.  -  Pagare,  versar  denaro 
prima  del  tempo  debito. 

Anticlericale.  Chi  è  contro  il  clericalismo, 

Anticlinale.  Veggasi  a  geologia. 

Antico.  Chi  fu  od  è  da  gran  tempo;  che  è  da 
molto  tempo  passato;  opposto  a  moderno:  an- 
ticale, anti(|uato,  anziano;  vecchio,  remoto,  vetusto, 
vieto;  patriarcale,  avito;  primo  primo;  prisco,  pri- 
stino; vetere,  adamitico;  venerando;  stropicciato 
dal  tempo;  róso  dalle  tignuole;  cariato,  tarlato;  ar- 
rugginito; con  la  harba,  con  tanto  di  barba;  con 
la  coda,  con  tanto  di  coda;  barbogio;  muffito,  ran- 
cido, rancio.  -  Anlichetlo,  piuttosto  antico.  -  Anli- 
cuccio,  diminutivo  e  spregiativo  di  antico.  -  Arcaico, 
dicesi  di  ciò  che  abbia  carattere  primitivo.  —  Avere 
la  zazzera;  aver  la  barba  lunga  come  il  cantico  dei 
cantici,  essere  antico.  -  Essere  del  vecchio  credo. 
attaccato  alle  antiche  idee,  non  a  quelle  politiche 
recenti. 

Molto  antico:  antichissimo,  anzianissimo,  vetustis- 
simo. -  Antico  quanto  il  dies  irce,  quiinto  il  brodetto, 
quanto  il  primo  topo.  -  Antidata,  scherz.,  molto  an- 
tico e  disusato.  -  Antidiluviano  (scherz.),  prima  del 
diluvio,  molto  antico  e  disusato.  -  Immemorabile, 
d'epoca  tanto  antica  che  non  si  ricorda  più. 

Vieto,  per  traslato,  si  dice  di  cose  e  di  idee  anti- 
quate e  non  più  in  uso. 

Anticaglia,  cosa  antica  qualunque  e  fuori  d'  uso  : 
anticàggine.  roba  da  ferravecchio;  cianfrusaglia, 
cianfruscaglia;  ciarpa,  ciarpame;  rancidume;  calia, 
cerotto,  ciabatta  ;  tàttera,  vecchiume;  roba  da  museo. 

Arcaism,o,  di  vocabolo  o  modo  di  dire  caduto  in 
disuso:  cariato,  dismesso,  disusato:  rancido,  ranci- 
dume. -  Cimelio,  cosa  per  lo  più  antica,  di  grande 
rarità  o  di  pregio  artistico.  -  Mummia,  corpo  imbal- 
samato antico,  specialmente  degli  Egizi;  mummificare, 
ridurre  un  cadavere  a  munmiia.  -  Palinsesto,  co- 
dice antico,  in  cui  fu  cancellato  il  primo  scritto  per 
scriverci  il  novo. 

Anticolèrico.  Contro  il  colèra. 

Anticonoscenza,  anticonòscere  {anticono- 
tciuto).  Detto  a  conoscere. 

Auticorrero  {anticorso).  Precorrere,  correre 
innanzi. 

Anticorte.  Vestibolo,  atrio. 

Anticostituzionale.  Contrario  allo  spirito  della 
costituzione,  al  governo  costituzionale. 

Anticresi.  Sorta  di  contratto.     . 

Anticristiano.  Contrario  alla  dottrina  del 
cristianesimo. 

Anticristo.  Detto  a  Cristo. 

Anticritico.  Fenomeno  contrastante  la  crisi  di 
una  malattia. 

Antidata.  Veggasi  ad  antichità  e  a  data. 

Antidiabetico.  Farmaco  contro  il  diabete. 

Antidiarroico.  Medicinale  contro  la  diarrèa, 

Antidiftei'ico.  Genericamente,  rimedio  per  la 
difterite. 

AntidlliiTiano.  Prima  del  diluvio. 

Antidogmatismo.  Detto  a  positivism,o. 

Antidotario.  Libro  di  rimedi  contro  questa  o 
quella  malattia. 

Antidoto.  Rimedio  contro  il  veleno. 

Antiemètico.  Contro  il  vomito. 

Antiemorragico.  Rimedio  per  Vemorragia: 
lo  stesso  che  emostatico. 


Antlfato.  Veggasi  a  dote. 

Antifebbrile.  Genericamente,  rimedio  contro 
la  febbre. 

Antifermentativo.  Contro  la  ferm^ntti- 
zione.  ' 

Antiferna.  Doni  dello  sposo  alla  sposa. 

Antiflogistico.  Rimedio  per  la  cura  dell'Mi- 
fiamnutzione. 

Antifona,  antifonario.  Detto  a  salmo. 

Antifonia.  Veggasi  a  canto. 

Antifosso.  Detto  a  fosso. 

Antifrasi   {anti frastico).  Figura  di  retorica, 

Antilegómenl.  Detto  a  Bibbia. 

Antilogia  {antilogico).  Detto  a  contraddi- 
zione. 

Antilog-o.  Detto  a  polo  (elettrico). 

Antilope.  Quadrupede  ruminante,  a  corna  cave 
e  non  caduche,  nativo  dell'Asia  e  dell'Africa.  Varie 
specie:  camoscio,  simile  alla  capra.  -Gazzella, 
graziosa  e  docile,  di  colore  falbo,  grossa  come  una 
capra.  -  Goral,  specie  asiatica,  fornito  di  corna, 
grosso  come  una  capra,  agilissimo  (la  sua  pelle  éuna 
rarità,  cbe  pochi  musei  posseggono).  -  Nilgan,  specie 
delle  Indie  Orientali.  -  Orice,  di  mole  piuttosto 
grande.  -  Pronghucl:,  vivente  nelle  pianura  dell'Ame- 
rica Settentrionale,  in  stuoli  numerosissimi.  -  Sat^a, 
unica  specie  di  vera  gazzella  che  si  trova  in  alcune 
parti  d'Europa  (ricercate  le  corna  del  maschio,  tra- 
sparenti, di  un  giallo  leggero,  per  farne  pettini, 
lanterne,  ecc.).  -  Sallarupe,  specie  dagli  Abissini 
detta  sasso,  (le  si  dà  gran  caccia  per  la  carne  sapo- 
rita). -  Tedal,  grosso,  simile  al  cervo. 

Antimalarico.  Contro  la  malaria. 

Antimeridiano.  Detto  a  giorno. 

Antimetàtesi.  Figura  di  retorica. 

Antimettere  {antimesso).  Premettere,  mettere 
avanti. 

Antimonarchico.  Contrario  alla  monarchiaf 
repubblicano. 

Antimonio  {antimoniale,  antimoniali).  Metallo 
solido,  bianco-bluastro,  traente  all'azzurro,  fragile, 
lucente. 

Usato  come  medicamento  e  in  lega  con  altri  me- 
talli (piombo,  zinco,  stagno,  ecc.)  per  preparare 
caratteri  di  stamperia,  placche  di  stereotipia, 
vasellame  di  uso  domestico,  ruote  per  veicoli  ferro- 
viari ed  altro.  Il  più  importante  de'  suoi  minerali 
é  la  stibina.  -  Antimoniale,  unito  all'antimonio  o 
contenente  antimonio.  -  Antimoniali,  sali  formati 
dall'acido  antimonico  con  le  basi.  -  Regolo  d'antimo- 
nio, antimonio  metallico.  -  Valentinite,  sesquiossido 
di  antimonio,  a  cristallizzazione  prismatica:  puro, 
si  usa  direttamente  in  pittura. 

Antimuro.  Muro  davanti  ad  altro  muro. 

Antinato.  Detto  a  nascere. 

Antinazionale.  Contrario  agli  ordinamenti  della 
7iazione. 

Antinefritico.  Detto  a  rene. 

Antinevràlg-ico,  antinevròtico  {antinervi- 
no). Rimedi  contro  la  nevralgia,  le  malattie  nervose. 
Veggasi  a  nervo. 

Antinome.  Detto  a  nome:  cognome. 

Antinomia  {antinomico).  Contraddizione  tra 
legge  e  legge;  contrarietà  fra  due  principi. 

Antiodontàlg'ico.  Detto  a  dente. 

Antipapa.  Papa  eletto  contro  papa, 

Antiparastasi.  Figura  di  retòrica. 

Antiparte.  Detto  a  matrimonio. 

Antipassato.  Detto  a  passato. 

Antipa.'^to.  La  vivanda  che  si  serve  prima 
della  minestra  o  del  lesso:    principio,  loiiiagusto. 


no 


Antipatia.  Opposto  di  simpatia:  contrarietà, 
avversione,  ripugnanza  naturale  per  qualche  persona 
0  cosa:  fenomeno  psichico  più  che  organico.  Con- 
traggenio, intolleranza;  disgenio,  ripugnanza  (quan- 
do molto  forte  e  invincibile);  rifuggimento,  schifiltà: 
In  grado  elevatissimo,  odio,  aborrimento,  ribrez- 
zo, orrore.  -  Avere,  provare,  sentire  antipatia; 
destare,  provocare,  suscitare  antipatia;  combatterla, 
vincerla,  ecc. 

Antipatico:  spiacevole,  ripugnante,  agresto,  fasti- 
dioso, uggioso,  esoso;  persona  che  non  rifinisce; 
ghigna,  tipo  che  non  entra,  non  quadra,  non  sod- 
disfa, non  capacita,  non  persuade;  non  va  a  genio, 
a  fagiuolo,  a  verso.  -  Cornacchia,  di  persona  antipa- 
tica che  ci  predice  cose  dispiacenti.  -  Figuro,  brutto 
lìguro,  uomo  antipatico.  -  Inviso,  malvisto.  -  Tincone, 
persona  antipatica,  uggiosa.  -  Più  antipatico  della  feb- 
bre terzana,  antipaticissimo 

Allontanare  alcuno,  rendersigli,  diventargli  anti- 
patico. -  Avei'e  in  tasca  alcuno,  non  poterlo  soffrire. 

Non  avere  uno  nel  calendario,  essere  mal  preve- 
nuto, avere  un  po'  uggia,  antipatia,  poca  stima, 
qualcosa  che  non  si  sa  o  non  si  vuol  definire  verso 
una  persona.  -  Aon  dirsela,  tra  due  o  più,  esserci 
antipatia,  inimicizia.  -  Aon  é  nel  mio  libro,  di  per- 
sona che  non  ci  va  a  genio. 

Non  voler  uno  al  giuoco  dei  nocciuoli,  averlo  in 
antipatia,  non  poter  vederlo.  •  Siamo  in  due:  di  due 
persone  che,  per  diversi  gusti,  riescono  alla  stessa 
antipatia  (quasi  per  dire:  «  Siamo  in  due  a  far  la 
partita,  la  battaglia»). 

Antipenùltimo.  Detto  ad  ultimo. 

Antiperistaltico.  Movimento  dello  stomaco. 

Antipirètico.  Che  abbassa  la  temperatura  del 
corpo. 

Antipirina.  Medicinale  antitermico,  analgesico, 
agalattico,  e  all'esterno  emostatico.  Usato  in  casi  di 
emicrania,  nevralgia,  reumatismo  subacuto,  corea, 
tosse  asinina,  influenza,  poliuria,  diabete,  febbre  tuber- 
colare e  tifoidea,  coliche  uterine  (clisteri).  Contro- 
indicato nelle  lesioni  renali. 

Antiplàstico.  Detto  a  ceramica. 

Antlpnòtlco.  Rimedio  contro  il  sonno  ecces- 
sivo. 

Antipode  (antipodo).  Chi  si  trova  ad  abitare 
in  un  luogo  della  Terra  diametralmente  opposto  ad 
un  altro:  antipodicolo;  antàssone,  antiassone  (perché 
sull'asse  opposto). 

Antipodo.  Luogo  della  Terra  diametralmente 
opposto  a  un  altro:  il  contrapposto,  Yaltra  faccia 
paese  anlipodico.  Più  usato  al  plurale:  gli  antìpodi. 

Antipoètico.  Contro  la  poesia. 

Antipolitico.  Veggasi  a  politica. 

Antiporta.  Opera  di  fortificazione. 

Antiporto.  Costruzione  qualsiasi  davanti  ad  una 
porta,  per  ornamento. 

Antipròtasi.  Figura  di  retoì^a. 

Antipsòrico.  Rimedio  contro  la  rogna. 

Antiptósi.  Figura  di  retorica. 

Antiquaria,  antiquario.  Detto  ad  anti- 
chità. 

Antiquato.  Vecchio,  antico;  non  più  in  m»o. 

Antlràbico.  Contro  Yidrofobìa. 

Antireligioso.  Contro  la  religione. 

Antireuniàtico.  Contro  il  reutna. 

Antiscialagòg-o.  Detto  a  saliva. 

Antiscorbùtico.  Contro  lo  scòrbùto. 

Antiscrofoloso.  (Contro  la  scrofola. 

Antisemita,  antisemitismo.  Detto  ad  ebreo. 


Antisèttico.  Rimedio,  sostanza  disinfettante, 
cioè  contro  la  putrefazione ,  l'infezione,  la  fer- 
mentazione, servendo  quindi  a  distruggere  o  a 
rendere  innocui  prodotti  nocivi  alla  salute  e  capaci 
di  generare  malattie. 
Antisifllitico.  Contro  la  sifilide. 

Antisociale.  Contro  l'ordine  sociale. 

Antispàlto.  Veggasi  a  fortificazione. 

Antispasmòdico.  Contro  la  convulsione  e 
gli  spasimi  di  indole  nervosa. 

Antistérico.  Contro  Visterismo. 

Antistrofe.  Strofa  contrapposta  ad  altra  strofa. 
Parte  della  canzone  o  d'altra  poesia  ;  stanza  del 
coro  greco. 

Antitérmico.  Che  sottrae  calore  all'organismo. 

Antitesi.  Figura  di  retorica. 

Antitetànico.  Contro  il  tètano» 
Antitóssico.  Contro  il  veleno. 

Antitrag-o.  Detto  a  orecchio. 

Antitubercolare.  Contro  la  tubercolosi. 

Antivedere,  antiveifgrenza.  Detto  a  pre- 
vedere. 

Antiveleno.  Antidoto;  contro  il  veleno. 

Antivenereo.  Rimedio  per  malattia  venerea. 

Antivenire  (antivenuto).  Venire  innanzi,  ve- 
nire prima;  precedere  persona  o  cosa;  impe- 
dire. 

Antiverminoso.  Detto  a  verme. 

Antivig-ilia.  Detto  a  giorno. 

Antizimico.  (Contro  la  fermentazione. 

Antolog-ia.  Raccolta,  ttfer-o,  contenente  brani  di 
diversi  autori,  in  prosa  o  in  poesia:  collezione, 
crestomazia,  florilegio,  spicilegio;  mescolanza,  mi- 
scellanea, di  tutto  un  po';  analecti,  analetti;  selva- 
selvaccia;  indice,  poliantèo;  rapsodia.  -  Zibaldone, 
raccolta  di  più  cose  cavate  da  più  libri  e  poste  in- 
sieme alla  rinfusa:  centone,  insalata  di  mescolanze; 
bòzzima  tassellatura,  zihaldonaccio  ;  grottesche. 

Antonomasia  (antonomàstico).  Figura  di  re- 
torica.    ' 

Antossantina.  Materia  colorante, 

Antracene.  Detto  a  carbone  fossile 

Antracite.  Veggasi  a  carbone  e  a  combu- 
stibile. 

Antro.  Grotta,  caverna,  spelonca. 

Antropochimlca.  Studio  dei  fenomeni  psichi- 
ci della  vita  umana. 

Antropofaghi  a  (antropofago).  Chi  si  induce  a 
inangiare  c?iine  umana:  uso  di  popolo  .selvaggio. 

Antropoflsiologia  e  antropogenia.  Detto 
a  uomo. 

Antropognosia.  Veggasi  ad  uomo. 

Antropolatria.  Culto  divino  SiWuonio. 

Antropologia  {antropologico,  antropòlogo).  Trat- 
ato, studio  intorno  alla  natura  deWuomo. 

Antropomagnetismo.  Veggasi  a  m^agne- 
tismo. 

Antropometria.  Misura  del  corpo  ugnano. 

Antropomorfismo,  antropomorfitia.  Veg- 
gasi a  Dio. 

Antroposofìa.  Detto  a  uomo. 

Antroposomatologìa.  Detto  a  corpoumano. 

Anulare  {annulare).  Detto  ad  anello  e  a  dito. 

Anurèsi,  anuria.  Veggasi  ad  orina. 

Anzi.  Innanzi,  avanti.  ■  invece,  all'opposto,  al 
ontrairio.  Particella  congiuntiva  e  avversativa. 

Anzianatico,  anzianato.  Detto  ad  anziano. 

Anzianità.  L'essere  anziano. 

Anziano.  Chi  è  maggiore  di  età,  primero;  chi  ha 


AOCCHIARE 


IH 


priorità  di  grado  in  un  ordine,  irl  Qji  ufficio,  ecc.; 
decano;  anche,  semplicemente,  vecchio,  antico 
veterano.  Dicesi  pure  per  provello,  pratico»  -  An- 
ziandlico,  anzianato,  uificio  Aq^W  anziani. 

Aocchiare  {aocchiato).  Adocchiare,  guardare. 

Per  altro  signilicato,  a  inaftone. 

Aoliàto.  Che  ha  in  sé  olio.  -  Vaso  nel  quale 
sia  stato  dell'olio. 

A  oltranza.  Modo  di  coìuhattcre. 

Aombrare  {aombrato).  Fare,  prendere  omlyra. 

Aonestare  {aonestato).  Dare  apparenza  di 
onestù,  di  giustizia,  ecc. 

Aoppìare  {aoppiatn).  Dar  l'oppio. 

Àoristo.  Forma  del  verbo  greco 

Aorta.  Principale  arteria  del  nostro  corpo  ^  na- 
sce dal  ventricolo  sinistro  del  cuore.  Dall'arco  del- 
l'aorta si  staccano  il  ùroiico  innominato  a  destra  (di- 


stribuente il  sangue  al  braccio  e  a  una  metà  del 
capo)  e  la  caròtide  a  sinistra  (portante  il  sa'ngue  alle 
medesime  regioni, dell'altro  lato). 

Aorta  ascendente,  il  tratto  compreso  fra  l'origine 
e  il  punto  di  emergenza' del.  pericardio.- ilorto  dt- 
scendente,  il  tratto  che  comprende  l'aorta  toracica 
(lato  sinistro  dal  corpo,  dalla  terza  vertebra  lom- 
bare al  foro  aortico  del  diaframma).  -  Aorta  addo- 
minale, il  tratto  dal  foro  aortico  alla  quarta  vertebre 
lombare. 

Apertura  aortica,  il  foro  del  diafrafinoa  per  cui 
passa  l'aorta.  -  Arterie  renali,  due  rami  dell'aorta 
addominale.  -  Curvatura  .  dell'aorta,  il  grande  arco 
che  essa  descrive.  -  Opistogaslrico,  tronco  celiaco: 
nasce  dall'aorta  discendente,  dietro  la  parte  supe- 
riore dello  stomaco.  '  S^i  aortici,  le  piccole  dilata- 
zioni  coriMspondenti  alle  tre  valvole  sigmoidee.. 


Tavola  V. 


Af>E  -  apicoltura 


I,  uova  -  2.  larve  -  3,  ninfe  -  4,  ape  jUiaschio  -  6,  ape  regina  -  6,  ape  operaia  -  7.  tromba  dell'operaia  -  8,  organo 
riproduttore  del  maschio     9,  zampa  posteriore  destra  dell'operaia  (a,  faccia  interna;  b,  faccia  esterna)  -  10,  ali 

II,  pungiglione  e  sue  ghiandole  velenifere  -  12,  api  raccoglienti  il  pòlline  e  ape  carica  di  pòlline  - 13,  ricetta- 
colo del  polline  -  14,  pezzo  di  favo  con  celle  reali  -  15,  16,  insetti  nocivi  alle  api  -  17,  18,  coltello  per  api'ire 
gli  opercoli  -  19,  soffietto  -  20,  affumicatore  Dubini  -  21,  estrattore  -  22,  torchio  per  la  cera  -  23,  arnia  Berrà  - 
24.  arnia  Sartori,  aperta  posteriormente,  con  diaframmi,  -  25,  arnia  comune  -  26,  raccolta  d'uno  sciame. 


Valvole  aòrtiche,  lembi  semilunosi  alla  radice  del- 
l'aorta. -  Ectasia  aortica,  dilatazione  dell'aorta. 

Aovàto.  Ovato,  a  figura  d'uovo,  a  figura  elit- 
tica;  spazio  ovale. 

Apag-og-ia.  Veggasi  a  ragionatnento. 

Apatia  {apàtico,  apatista).  Mancanza  di  affetto, 
ài  f'oi'za,  di  passione,  di  sentimento,  di  vo- 
lontà: impassibilità,  indifferenza,  torpore,  pigrizia, 
accidia;  catalessi.  -  Azotico:  apatista,  impassibile; 
vuoto  d'affetti,  spropriato  di  passioni;  di  natura  ri- 
messa, fredda,  tiepida,  rilassata,  dimessa;  pigro,  ri- 
lassato; catalèttico.  Beato,  pacifico;  insensibile;  ani- 
mo addormentato  e  sonnacchioso.  -  ApcUista,  persona 
vuota  d'aifetti,  ineccitabile.  -  Apatisiico,  di  apatia. 

Gelo,  persona  che  sente  nulla,  fredda.  -  Impassibile, 


che  sente  nulla,  non  si  scuote  per  dolori  o  minacce, 
0  preghiere.  -  Tanto  è  suonargli,  un  corno  che  im 
violino,  di  persona  apatica. 

Ape.  Insetto  imenottero,  alato,  che  sugge  i  fiori 
e  produce  la  cera  e  il  mièle:  pecchia..  Detta  in- 
dustriosa,  perché  laboriosa  e,  per  la  natura  del  lavoro 
che  fa,  anche  architettrice,  o  geometra,  ministra  del- 
l'aereo miele;  dagli  antichi  naturalisti,  apis  melli- 
fica. Altre  specie  o  varietà:  l'ape  dell'Asia  meridio- 
nale {apis  indica);  Yape  bombice  selvatica,  che  ndÌA 
celletta,  prima  di  farsi  ninfa,  si  fabbrica  un  boz- 
zolo non  molto  dissimile  da  quello  del  bombice  o 
baco  da  seta  ;  la  grande  ape  asiatica  (apis  dorsata); 
l'ape  d'America,  o  melipone,  piccola,  di  forme  tozze 
e  ai  corpo  villoso;  Vape  germanica,  l'ape  egiziana. 


H2 


(con  lo  scudetto  rosso  e  il  pelo  bianco)  l'ape  ita- 
liana  (con  la  base  dell'addome  di  color  rosso  cupo). 

Apiari,  tribù  d'insetti  imenotteri  mellileri,  cosi 
detti  perchè  hanno  per  tipo  il  genere  ape.  -  Api- 
sina,  il  veleno  dell'ape.  Cura:  compresse  fredde  e 
un  po'  di  ammoniaca.  -  Apistica,  che  si  riferisce 
alle  api,  alla  coltura  di  quelle.  -  Gomitolo,  gruppo 
di  api  ammucchiate.  -  Pinzare,  appinzare,  il  mor- 
dere, il  pungere  dell'ape.  -  Ronzare,  ronzio,  rumore 
che  fa  l'ape,  movendosi  nell'aria. 

Api  ceraie,  le  operaie  che  producono,  coi  seg- 
menti della  parte  inferiore  dell'addome,  lacera  che 
serve  a  costruire  le  celle  nelle  quali  si  depositano 
le  uova.  -  Api  nutrici,  quelle  clie  lianno  per  prin- 
cipale ufficio  di  preparare,  col  polline  dei  fiori,  un 
nutrimento  particolare  per  le  giovani  api.  -  Api 
operaie,  o  mule,  neutre,  le  femmine  infeconde  che 
lavorano  instancabilmente  ai  bisogni  della  famiglia. 
Sono  divise  in  due  classi  :'  quelle  che  fabbricano  la 
cera  e  le  nutrici.  -  Fuco,  maschio  delle  api  melli- 
fere,  più  grosso  dell'operaia  e  più  grosso  pure,  ma 
alquanto  più  corto,  della  regina  :  non  ha  pungiglione 
e  non  fa  miele. 

Larve,  specie  di  bacolini  bianchi,  senza  ali,  e  col 
corpo  diviso  in  tanti  segmenti  anellari,  posti  l'uno 
dopo  l'altro  e  che  nascono  dalle  uova  deposte  nelle 
celle.  -  Ninfa,  trasformazione  che  subisce  la  larva 
dopo  sei  giorni  circa  e  prima  di  divenire  insetto 
perfetto.  -  Pecchiolino,  ape  piccola. 

Pecchione,  ape  grossa  e  selvatica.  -  Principesse- 
api  femmine  che  si  allevano  in  apposite  celle,  in  un 
numero  da  sedici  a  venti:  destinate  a  divenire  re- 
gine in  colonie  emigranti.  -  Regina,  l'unica  fem- 
mina perfetta,  quindi  atta  alla  fecondazione:  essa 
sola  depone  le  uova  da  cui  nascono  tutti  gli  indi- 
vidui della  sua  famiglia. 

Organi,  parti  dell'ape.  —  Parti  esteme  :  l'ape  ha 
un  capo  cuoriforme,  con  due  grandi  occhi  reticolati, 
uno  per  lato,  superiormente,  più  altri  tre  occhi  sem- 
plici, bottoncini  lucenti,  alla  sommità  del  capo.  - 
Sotto  questi,  le  antenne,  due  corpi  filiformi,  snodati, 
vibratili,  con  articolazioni.  -  Con  le  mandibole  (in 
fondo  al  capo,  di  materia  cornea)  organi  del  tatto 
e,  si  crede,  dell'udito,  l'ape  prende,  trascina,  co- 
struisce il  favo,  fa  tutto;  dalle  mandibole  restano 
nascoste  le  mascelle,  circondanti,  a  guisa  di  fodero^ 
i  polpi  mascellari  e  labbiali,  fra  cui  si  trova  la 
lingua,  tubicino  cilindrico  a  piccoli  anelli,  coperto 
di  finissimi  peli.  -  Il  petto,  o  torace  (che  tiene 
uniti  il  capo  e  il  ventre),  consiste  in  tre  segmenti, 
di  cui  quello  di  mezzo  porta  lo  scudo  e,  a  ciascun 
lato,  un  paio  d'ali;  sotto  il  petto,  ad  ogni  anello,  è 
inserto  un  paio  di  zampe,  e  la  prima  articolazione 
del  piede,  dalla  base  verso  l'apice,  del  terzo  paio  è 
contraddistinta  dalla  spazzola,  che  é  formata  di  peli 
setolosi  e  serve  all'ape  per  trattenere  e  spazzolare 
i  granelli  del  polline.  -  Il  ventre,  o  addome,  è  coni 
posto  di  dodici  mezzi  anelli  o  .s(/Mo/?ie  (sei  superiori 
o  doì'sali,  sei  inferiori,  o  addominali)  cornee,  con 
sei  stigmi,  0  piccoli  fori,  a  ciascun  lato  per  la  re- 
spirazione, e  altri  due  nel  petto;  le  ultime  quattro 
squame  addominali  formano  gli  organi  secretori  della 
cera.  Ogni  parte  del  corpo  è  coperta  di  peli,  alcuni 
semplici  e  rigidi,  altri  piumati. 

Parti  interne.  —  La  più  appariscente  di  queste 
è  l'apparato  digerente,  canale  esofageo  che  dall'aper- 
tura della  bocca  si  prolunga  fino  all'addome.  -  La 
circolazione  del  sangue  si  opera  per  mezzo  di  un 
vaso  dorsale  che  fa  ufficio  di  cuore  e  di  ai-teria;  e 
organi  della  respirazione  sono  dei  tubicini  (trachee)  di 


sottilissima  membrana  elastica,  ramificati  in  tutto  il 
corpo  e  nei  quali  circola  l'aria  entrata  dai  forellini 
posti  fra  i  segmenti  del  corsaletto  e  dell'addome.  Da 
otto  centri  si  diramano  i  nervi  :  due  nel  capo,  due 
nel  petto  e  quattro  nell'addome  ;  trasmettono  le  im- 
pressioni ricevute  dai  sensi  e  mettono  in  movimento 
i  muscoli.  L'apparato  velenifero,  proprio  delle  fem- 
mine, è  una  glandola  periforine  che  distilla  il  ve- 
leno e  lo  tramanda  per  due  sottilissimi  canaletti  ad 
una  piccola  vescichetta  comunicante  con  una  va- 
gina. 

Borsetta  del  miele,  o  melarla  :  dilatazione  dell'eso- 
fago, che  raccoglie  il  miele  succhiato.  -  Sacchi  della 
cera,  sacchi  membranosi  nei  quali  giunge  una  so- 
stanza estratta  dai  cibi  dello  stomaco,  la  quale  poi, 
alquanto  trasformata,  esce  in  esili  lamine   di  cera. 

Succhiatoi,  piccole  coppe  flessibili,  poste  nel  mezzo 
delle  gambe,  le  quali  servono  a  togliere  l'aria  fra 
esse  e  una  superficie  qualunque,  sicché  le  api  pos- 
sono camminare  col  dorso  in  giù  sulle  superficie 
più  levigate.  -  Succhiatoio,  ti'omba  con  la  quale  l'ape 
sugge  il  miele.  * 

Sciame,  sostanze  utilizzate,  malattie, 
nemici  delle  api. 

Sciame,  stuolo  d'api,  colonia,  famiglia  che  ogni 
anno  abbandona  l'arnia,  con  l'ape  madre,  o  regina, 
per  cercarsi  una  nuova  abitazione:  all'uopo  si  ra- 
duna e  si  sospende  a  qualche  sporgenza,  formando 
come  un  grappolo.  Il  modo  meno  faticoso,  più  sem- 
plice e  naturale  di  moltiplicazione  è  lo  sciamare,  la 
sciamatura,  cioè  la  divisione  spontanea  della  fami- 
glia apistica.  -  Sciame,  anche  il  complesso  delle  api 
d'un'arnia.  -  Sciame  artificiale,  mezzo  di  moltiplica- 
zione degli  alveari,  consistente  nella  ripartizione 
delle  api  vecchie  e  giovani  tra  l'alveare -ceppo  e 
lo  sciame,  conforme  al  benessere  d'entrambi. 

Sciame  canoro,  quello  che  si  annunzia  con  gridi. 

Sciame  primo,  prima  colonia  emigrante  che  esce 
dall'alveare  con  la  vecchia  regina,  la  maggior  parte 
delle  api  vecchie  e  qualche  centinaio  di  maschi, 
allorquando  le  larve  delle  future  regine  stanno  per 
divenire  insetti  perfetti.  -  Sciami  secondari,  quelli 
che  escono  dall'alveare  dopo  lo  sciame  primo,  con 
regina  non  ancora  fecondata. 

Sostanze.  —  Nettare,  sugo  speciale,  dolciastro,  che 
si  trova  in  molti  fiori  col  quale  le  api  preparano 
il  miele  e  la  cera.  -  Polline,  materia  azotata  per  ec- 
cellenza, nutrimento  indispensabile  alle  api.  Trovasi 
sotto  forma  di  fine  pulviscolo  nelle  antere  o  ca- 
pocchie degli  stami  e  rappresenta  l'elemento  ma- 
schile dei  fiori:  polvere  fecondatrice.  -  Pròpoli  (pé- 
gola), sostanza  resinosa,  rossastra  e  odorosa,  di  cui 
le  api  si  servono  principalmente  per  chiudere  i  loro 
favi:  la  attingono  sugli  alberi  verdi. 

Malattie,  nemici.  —  Diarrea,  indebolimento  dei 
muscoli  costrittori  all'ano.  -  Pedonatura,  malattia 
per  cui  le  api  perdono  la  facoltà  di  volare.  -  Peste 
delle  covate,  unica  malattia  temibile  delle  api:  si  co- 
nosce dagli  opercoli,  che,  invece  di  essere  piani  o 
leggermente  convessi,  sono  concavi,  e  in  una  parte 
di  essi  e  nel  bel  mezzo  si  scorge  un  piccolo  iorellino. 

Braula,  pidocchio  delle  api. 

Nemici  delle  api:  le  rondini,  il  vespiere,  il  cala- 
brone, la  vespa  mangia-peccliie,  la  cetonia  morio,  la 
tarma  della  cera,  quest'ultima  il  più  formidabile. 

Piralite  della  cera,  dannosissima  all'agricoltura,  è 
un  bruco  che  vive  negli  alveari,  nutrendosi  di  cera. 
Questa  farfallina  è  detta   anche    ceratella    o  alvea- 


APERIODICO 


113 


rella.  ■  Tarma  della  cera,  farfalla  noUurna,  lunga 
un  centimetro  e  mezzo  o  due:  vive  di  cera  e,  per 
la  rapida  sua  moltiplicazione  e  la  grande  voracità, 
riesce  dannosissima  alla  costruzione  cerea  degli  al- 
veari. 

Alveare,  apicoltura. 

Alveare  dicesi  l'arnia,  quando  popolata:  è  una 
cassetta  foggiata,  nel  suo  interno,  in  un  modo 
speciale,  onde  possa  comodamente  servire  di  abita- 
zione alle  api:  buyno  (specialmente  l'arnia  di  forma 
rotonda,  fatta  di  scorza  di  sughero),  cassetta  da 
pecchie,  copiglia,  compiglio,  coviglio;  alveario,  alveo, 
alvèolo;  barile,  buzzo,  melare,  melario,  cùpola. 

Arnia  verticale,  orizzontale,  villica,  a  favo  mobile. 

Alveolo,  la  cellula  dove  le  api  depongono  il  miele. 

Cella,  ciascuno  dei  piccoli  buchi  dei  fiali  delle 
pecchie.  -  Celle  da  sciame,  o  reali,  celle  costruite 
sui  canti  dei  favi,  dove  la  regina  deposita  le  uova 
fecondate  e  dalle  quali  nasceranno  le  future  regine. 

Favo,  0  fiale,  pezzo  di  cera  lavorata  dalle  api  a 
•cellette,  nelle  quali  essi  ripongono  le  loro  uova  e 
i!  miele:  fatamele.  -  Opercoli,  chiusini  di  cera  che 
le  api  stesse  appongono  ai  favi  quando  le  celle 
sono  riempite  di  cera. 

Apiario,  cassetta  a  torre,  o  tonda o  quadra;  an- 
che più  cassette  da  sovrapporsi  sotto  un  tetto  co- 
mune, per  poter  di  mano  in  mano  staccare  quella 
in  cui  la  celletta,  ossia  il  foro,  è  già  pieno  di  miele: 
amalo,  arniario;  bugnereccia,  bugnereccio. 

Apicoltura:  allevamento,  coltura,  governo  delle 
api,  allo  scope  di  ottenerne  i  prodotti  (miele  e  cera): 
industria  delle  api.  Apicoltore,  chi  se  ne  occupa.  - 
Apiaria,  l'arte  e  le  cure  necessarie  intorno  alle  api. 

Affumicare  le  api,  farle  uscire  dall'  alveare  col 
fumo.  -  Nutrizione  per  bisogno,  fatta  quando  le 
provviste  degli  alveari  non  bastino  sino  al  jprincipio 
della  fioritura.  -  Smelare,  smelatura,  il  levare  il 
miele  dalle  arnie:  a  mano,  a  macchina. 

Abnesi  per  l'  apicoltura  :  affumicatore,  per  cal- 
mare all'  occorrenza  le  api  irate.  -  Cavalletto,  sul 
quale  appoggiare  i  telaini  estratti.  -  Coltello,  per  le- 
vare i  coperchi  dai  favi  da  smelare.  -  Gabbietta,  per 
imprigionare,  al  bisogno,  la  regina.  -  Penne  d'  ala, 
di  tacchino,  o  di  pavone,  per  spazzare  le  api  dai 
favi.  -  Pigliasciame,  per  raccogliere  gli  sciami  usciti. 

Raschiatoio,  per  nettare  l'interno  dell'arnia.  -  Sme- 
latore, strumento  per  estrarre  il  miele  dall'arnia. 

Tanaglia,  per  l'estrazione  dei  telaini.  -  Torchio,  per 
spremere  la  cera  dai  bozzoletti  dei  favi  fusi.  -  Trac- 
ciatoio,  per  formare  le  piccole  tendine  ceree  sotto 
il  portafavo,  allo  scopo  di  avviare  le  api  a  costruire 
i  favi  entro  i  telaini.  -  Velo,  a  difesa  della  faccia. 

Apiculario,  ufficiale  della  casa  di  Augusto,  incari- 
cato della  cura  delle  api. 

Aperiòdico.  Istrumento  di  misura. 

Aperitivo.  Detto  ad  eapèptico. 

Aperto  {aperta).  Luogo,  spazio  scoperto,  non 
chiuso,  accessibile,  disserrato,  libero.  Detto  di  bot- 
tega, di  fàbbrica,  quando  vi  si  traffica,  vi  si  la- 
vora; di  città,  non  cinta  di  mura;  di  lettera,  non 
sigillata;   di  cielo,   scoperto,   senza  nubi  o  poche. 

Modo  di  pronunzia.  -  Figur.,  s^'hietto,  sincero; 
intelligente,' d' mgref/wo.  -  All'aperto:  all'aria  libera; 
all'aria  aperta  e  sfogata  ;  nella  campagna  spiegata. 

Apertura.  Vano,  o  vacuo,  vuoto,  foro^  in  un 
luogo,  in  una  cosa  qualsiasi;  varc(>,  passo;  adito, 
passaggio  ;  forame,  toro  ;  passamento  ;  pertugio,  spi- 
raglio. Del  praticare  un'apertura  é  detto  ad  aprire. 

Prsmoli  —  Vooabolario  Nomenclatore. 


A  chiudere,  ossia  a  mettere  un  riparo  ad  un'  a- 
pertura,  servono  le  imposte,  le  vetriate,  le  ferriate, 
ecc.  Accecare,  dicesi  il  turarla.  -  Bifora,  trifora, 
wadriforo,  con  due,  tre,  quattro  aperture.  -  Trige- 
mina, qualsiasi  apertura  che  è  cfivisa  nel  senso 
dell'altezza  in  sei  parti,  mediante  colonnette,  pila- 
strini od  altro. 

i^l/^ssi,  nelle  case,  diconsi  gli  usci,  le  finestre,  tutto 
ciò  che  è  fisso  alle  pareti,  e  che  si  può  aprire  e 
chiudere.  -  Barca,  apertura  di  molte  cose  :  vaso,  pozzo, 
forno,  sacco,  porto,  ecc.  Bocchetta,  piccola  bocca.  -Ba- 
dala, bòtola,  apertura  nel  soffitto  della  sfalla,  per  la 
quale  dal  fienile  soprastante  si  cala  giù  il  fieno;  aper- 
tura fra  una  stanza  e  un'  altra,   sotto   o   sopra. 

Breccia,  apertura  fatta  in  una  muraglia,  con  l'artiglie- 
ria 0  altro,  per  entrare:  per  lo  più,  operazione  di 
guerra  e  durante  un  assedio.  -  Buca,  apertura 
nel  terreno  in  checchessia,  comunemente  più  pro- 
fonda che  larga  o  lunga.  -  Buco,  apertura  rotonda 
e  non  molto  larga.  -  Bussala,  specie  di  usciale: 
veggasi  a  uscio. 

Calla,  grande  apertura  per  passaggio  d'acqua: 
veggasi  a  idraulica.  -  Callaia,  apertura,  per  lo 
più,  in  una  siepe.  -  Crepa,  crepaccio,  crepatura,  fen- 
ditura in  muri,  in  intonachi  e  simili. 

Fenditura,  spacco,  apertura,  fessura.  -  Feritoia, 
apertura  per  dar  luce.  -  Fessura,  screpolo,  screpo- 
latura, apertura,  strettafesso,  fessolino,  fessorino,  l'es- 
surina.  -  Finestra,  apertura  nei  muri  delle  case 
e  d'altri  edifici;  anche  apertura  non  delerniinata. 

Face,  bocca,  apertura,  per  la  quale  si  possa  en- 
trare ed  uscire;  propriamente,  la  bocca  per  cui  un 
fiume  sbocca  in  mare  o  in  altro  fiume.  -  Forame, 
apertura,  spiraglio. 

Orifizio,  orificio,  apertura,  foro,  per  cui  effluisce 
od  affluisce  un  fluido.  -  Porta,  apertura  di  casa  e 
d'altri  edifici.  -  Riscontro,  apertura  dirimpetto  ad 
un'  altra. 

Sdrucio,  apertura  per  effetto  di  rottura.  -  Sfiatatoio, 
apertura  per  cui  passi  aria,  gas,  ecc.  -  Termine  di 
fonderia.  -  Sfogatoio,  apertura  fatta  per  dare  esito 
a  checchessia.  -  Spaccatura,  spacco,  fessura,  crepatura. 

Spia,  piccola  apertura  in  un  uscio. 

Spiraglio,  breve  apertura  per  la  quale  l'aria  o  il 
lume  trapelano,  oper  la  quale  si  può  vedere,  udire,  ecc. 

Sportello,  apertura  di  carrozza,  -  Stanferna,  apw- 
tura  grande  e  brutta. 

Uscio,  apertura  di  case  e  d'altri  edifici.  -  Uscita, 
apertura  per  uscire. 

Vano,  apertura  di  nmro:  p.  e.,  quella  degli  uscì 
e  delle  finestre.  -  Ventarola,  disco  a  ventaglio  che  si 
mette  a  certe  aperture  perché  entri  l'aria.  -  Ventiéra, 
pigliavento,  ventilatore,  sfiatatoio,  aperture  fatte  nel 
soffitto  0  nei  muri  delle  case,  delle  chiese,  dei  tea- 
tri, delle  carceri,  ecc.,  perché  l'aria  vi  si  rinnovi.  - 
Voragine,  apertura  protonda,  in  terra  o  in  acqua,  che 
divora  quasi  tutto  quello  che  vi  Jcade;  abisso, 
-  Vuoto,  voto,  vano,  lesso,  apertura  in  genere. 

Apertura.  Figuratamente,  parola  di  vario  signi- 
ficato: apertura  di  mente,  intelligenza  pronta,  vi- 
vace. —  Il  cominciare  degli  studi,  dei  lavori  in  una 
accadeìnia,  in  una  scuola;  inizio  di  una  espo- 
sizione, di  nn' adunanza,  delle  sedute  del  Par- 
lamento, dell'esercizio  d'una  ferrovia,  ecc. 

Apètalo.  Di  fioì'e  che  non  ha  pètali.  Nome  di 
piante. 

A  petizione.  Secondo  volontà;  finché  si  vuole 
0  si  può  domandare;  suificientemente,  (abba- 
stanza, 0,  anche,  in  abbondanza. 

Api,  apiario.  Veggasi  ad  ape. 


114 


APPALTO 


Àpice.  La  cima^  l'estrema  punta,  il  colmo. 

Aplcilare.  Termine  di  botanica. 

Apicoltore,  apicoltura  {apicultore,  apicultura). 
Veggasi  ad  ape. 

Apiressia,  apirètieo.  Detto  a  febbre» 

Apiro.  Che  non  può  bruciare;  non  combu- 
stibibile. 

Aplanetismo.  Proprietà  della  lente  e  degli 
apparecchi  diottrici. 

Aplustre.  Ornamento  di  antica  nave. 

Apnèa.  Sospensione  della  respirazione. 

Apobatèrio.  Anticamente,  discorso  o  poema  di 
commiato. 

Apocalisse  {apocalittico).  Veggasi  a  Bibbia  e 
a   Cristo. 

Apocatastasi.  Veggasi  a  Bibbia  e  ad  equi- 
nozio. 

A  poco  a  poco.  Detto  a  poco. 

Apocope.  Figura  di  grammatica. 

Apocrifo.  Non  autentico,  falso,  fittizio,  sup- 
posto: sia  documento    o  libro,  ecc. 

Apodia.  Detto  a  piede. 

Apoditerio.  Camera  di  antico  bagno,  per  ispo- 
gliarsi. 

Apodittica.  Detto  a  dialettica. 

Apodittico.  In  filosofìa:  dimostrativo,  evidente. 

Apodo.  Il  pesce   mancante  di  pinne  ventrali. 

Apòfige.  Termine  di  architettura. 

Apòflsi.  Protuberanza  delle  ossa. 

Apoftegma.  Breve  ed  arguto  motto:  aforisma. 

Apogèo.  Detto  a  pianeta  e  a  sole. 

Apògrrafo.  Tratto  da  un  manoscritto. 

Apolline  ( stare  in).  H  mangiare  lauta- 
mente. 

Apollineo.  Di  Apollo  o  del  sole. 

Apollo.  Dio  del  sole,  della  musica,  della 
poesia,  della  medicina.  -  Apollo  Musagete,  con- 
duttore di  Muse. 

Apologia  {apologetica,  apologetico,  apologista). 
Scritto  0  discorso  in  difesa. 

Apologizzare  {apologizzato).    Fare  apologia. 

Apòlogo.  Lo  stesso  che  fàvola. 

Aponeurosi.  Veggasi  a  membrana. 

Apoplessia  {apoplettico).  Malore  che  consiste 
per  lo  più  in  una  emorragia  sanguigna  nel  cervello: 
e  si  manifesta  per  una  repentina  sospensione  dei 
movimenti  volontari;  de)  senso,  delle  facoltà  intel- 
lettuali, sussistendo  la  respirazione  e  la  circolazione: 
accidente,  colpo,  insulto,  tòcco  apoplettico,  colpo  di 
sangue:  congestione  cerebrale;  goccia,  gócciola;  acci- 
dente ai  gocciola;  accidente  a  secco,  a  ferraiuolo, 
a  campana,  coccolone;  tiro  secco.  -  Colpeitino,  leggiero 
colpo  apoplettico.  -  Ritocco,  ripetizione  di  colpo  apo- 
plettico. -  Apoplessia  sanguigna,  sierosa,  embolica,  ner- 
vosa, se  è  prodotta  da  apandimento  di  sangue,  da 
accumulamento  di  siero,  da  embolismo,  da  nessuna 
causa  apprezzabile.  -  Apoplessia  fulminante,  se  ca- 
giona la  morte  in  pocne  ore.  -  Apoplessia  meningea, 
quando  avviene  nelle  meningi;  polmonare,  quando  si 
na  un'emorragia  nel  parenchima  polmonare,  con 
formazione  di  focolai  emorragici  più  o  meno  estesi 
(emorragia  interstiziale  del  volmonej. 

Apoplèttico,  accidentato,  cui  fu  colpito  da  apo- 
plessia, -  Morire  in  compendio,  morire  di  morte 
improvvisa,  per  apoplessia. 

Abito  apoplettico,  struttura  del  corpo,  temperamento 
fisico  tendente  all'apoplessia.  -  Cataplessia,  apo- 
plessia fulminante. 

Focolaio  apoplettico,  cavità  accidentale,  prodotta 
nel  cervello,  nel  polmone,   nel  fegato,    nella  milza. 


ecc.,  da  uno  spanci  imento  di  sangue  circoscritto.  - 
Paraplessia  e  paraplegia,  paralisi  contemporanea  di 
qualche  parte  delle  estremità  inferiori  dell'uno  e 
dell'altro  lato  del  corpo,  per  apoplessia.  -  Parapo- 
plessia,  torpore  simulante  l'apoplessia.  -  Perdere, 
quando  alcuno,  per  colpo  di  apoplessia,  rimane  pa- 
ralizzato in  qualche  membro  o  in  una  parte  del 
corpo.  -  Perso  nella  persona,  mezzo  perso,  d'acciden- 
tati. 

Aposiopesi.  Figura  di  retorica. 

Apostasia.  Rinnegamento  della  fede,  della 
religione. 

Apòstata.  Chi  cade  in  apostasia. 

Apostatare  {apostatato).  Il  fare  apostasia. 

Apostèma.  Piccolo  ascesso:  voce  disusata. 

A  posteriori.  Termine  di  filosofia  e  di  teo- 
logia. 

Apostolato,  apostòlico.  Detto  alla  voce  apò- 
stolo. 

Apòstolo.  Seguace  di  Cristo  e  diffonditore  del 
cristianesimo.  -  Anche  chi  fa  propaganda 
di  religione,  di  politica,  ecc.:  banditore,  predicatore, 
pr emulgatore .  -  Apostolato,  dignità  e  ufficio  di 
apostolo,  cioè  di  chi  si  consacra  allo  svolgimento 
di  alcune  idee  buone.  -  Apostolico,  di  apostolo.  -  Di 
bolla  o  d'altro  che  venga  dal  papa.  -  Di  chiesa 
fondata  da  un  apostolo. 

Apostolo  delle  genti,  delle  nazioni,  del  cristianesimo, 
san  Paolo:  anche  semplicemente,  l'apostolo.  -  Il 
principe  degli  apostoli,  san  Pietro.  -Atti  degli  apo- 
stoli, l'antica  storia  che  fu  scritta  da  loro.  -  Credo, 
il  simbolo  degli  apostoli.  -  Pentecoste,  solennità  della 
venuta,  secondo  le  credenze  cattoliche,  dello  Spirito 
Santo  sugli  apostoli. 

Apostrofare  {apostrofato).  Discorrere,  parlare 
a  qualcuno  con  passione  e  con  forza.  -  Segnare 
con  apostrofe. 

Apòstrofe.  Figura  di  retorica:  invettiva. 

Apòstrofo.  Segno  di  ortografia. 

Apotèca.  Luogo  superiore  della  casa  (romana),^ 

Apoteosi.  Deificazione,  glorificazione  :  modo  su- 
perlativo di  onorare. 

Apòtome.  Differenza  fra  due  quantità  alge- 
briche. -  Eccesso  di  una  linea  sopra  un'altra.  - 
Termine  di  musica. 

Appaccare,  appaccliettare  {appaccato,  ap- 
pacchettato). Far  pacco. 

Appaciare,  appacificare  {appaciato,  appa- 
cificato). Indurre  in  pace. 

Appadiglionare  {appadiglionato).  Disporre  a 
modo  di  padiglione. 

Appagare  {appagato).  Render  contento,  pago, 
soddisfatto. 

Appagllare  {appagliato) .  Ammassare  paglia. 

Appaiare  {appaiamento,  appaiatura,  appaiato). 
Mettere  a  paio,  formare  un  paio,  una  coppia  :  di 
cose,  di  animali,  ecc. 

Appaiatolo.  Detto  a  colombo. 

Appalesare,  appalesarsi  {appalesato).  Fare, 
'  farsi  conoscere. 

Appallare,  r^ppallarsl  {appallato).  Fare,  di- 
ventare una  pcdliu  -  Conglobarsi  del  sangue* 

Appallottare,  appallottolare  {appallot tarsi, 
appallottolarsi,  appallottato,  appallottolato).  Ridurre 
o  ridursi  a  fortna  di  palla. 

Appaltare  {appaltato).  Detto  ad  appalto. 

Appaltatore.  Detto  ad  appalto. 

Appalto.  Impresa  assunta  per  contratto,  e  con 
privativa,  sia  pagando  una  somma  determinata  per 


Al'PAI.TONE    —    APPARENZA 


115 


esercitare  un  diritto,  sia  ricevendola  per  soddisfare 
a  un  obbligo.  Atto  col  quale  lo  Stato  o  la  pro- 
vincia 0  il  comune  conferiscono  un  dato  servizio, 
come  1  esazione  di  una  imjìosta,  il  dazio  con- 
sumo, ecc.,  al  miglior  offerente:  appaltazione,  mo- 
nopolio, privativa,  regìa;  arrenda,  arrendamento 
(voce  spagn.);  iscandiglio.  -  Appalto,  il  luogo  ove  é 
V amministrazione  o  la  vendita  delle  cose  del- 
l'appalto. —  Bottega  nella  quale  si  vende  sale  e 
tabacco.  -  Appaltare,  dare  in  appalto,  concedere 
ad  alcuno  dazi,  monopoli  o  altre  pubbliche  en- 
trate, perchè,  pagando  somma  determinata  di  danaro, 
li  riscuota  a  proprio  rischio  e  pericolo.  Anche 
prendere,  torre  in  appalto,  in  accollo    (di  lavoro). 

Riappaltare,  ripete  appaltare.  -  Abbonarsi,  far  V ab- 
bonamento, appaltarsi  ad  un  teatro,  ad  un  gabinetto 
di  lettura,  a  viaggi  in  ferrovia,  ecc.,  pagando  un 
dato  prezzo  onde  fruire  per  un  dato  periodo  di 
tempo.  -  Appaltatore,  chi  assume  o  dà  in  appalto, 
impresario,  arrendatore,  concessionario,  conducente, 
monopolista.  In  Sicilia,  partilario.  -  Pubblicano, 
appalt'itore  di  gabelle  o  entrate  pubbliche. 

Capitolato,  I  atto  contenente  gli  obblighi  e  i  diritti 
Inerenti  all'appalto.  -  Impresa,  di  aziende  commerciali, 
iiidubtiiali  0  appalti  di  pubblico  servizio.  -  Subap- 
palto (  subappaltare  ),  appalto  di  secondo  grado, 
cioè  quella  speciale  locazione  d'opere  che  l'assun- 
tore, a  sua  volta,  cede  a  terzi,  surrogandoli  in  sua 
\ece.  •  Subappaltino,  chi  prende  il  subappalto:  sub- 
appaltatore. 

Appaltone.  Chi  sopraffa  nel  parlare. 

Appalugare  (appalugato).  Prender  sonno  leg- 
germente. 

Appanettare  (appanettato).  Ridurre  in  panetti: 
di  burro,  di  cioccolata,  ecc. 

Appanicare  {appanicato).  Avvezzarsi  a  man- 
giar panico:  di  uccello. 

Appannaggio.  Detto  a  nobiltà  e  a  prin- 
cipe. 

Appannare,  appannarsi  {appannamento,  ap- 
pannato). Togliere,  perdere  il  lucido,  la  chiarezza: 
dicesi  di  metallo,  di  vetro,  ecc.  -  Inappannabile, 
che  non  si  può  appannare. 

Appannato.  Grande,  grosso,  massiccio. 

Appannatóio.  Panno  per  dar  1'  ultima  pulita 
al  cavallo. 

Appannatótto.  Bene  in  carne,  un  po'  grasso. 

Apparare  {apparato,  apparatore,  apparatura). 
Apparecchiare,  preparare.  -  Anche  addobbare 
e  imparare. 

Apparato.  Quanto  serve  all'  addobbare  per 
una  festa,  uno  spettacolo,  ecc. 

AppareccMare  (  apparecchiamento ,  apparec- 
chiato). Allestire,  preparare,  specialmente  la 
mensa.  •  Mettere  in  ordine.  -  Apparecchiarsi,  met- 
tersi in  pronto. 

Apparécchio.  Atto  ed  effetto  del  preparare: 
apprestamento,  apparecchiamento.  -  11  disporre  la 
mensa.  -  Insieme  di  più  d'  un  ist/runiento  per 
vari  usi,  cosi  da  costituire  quasi  una  maccliina. 
-  Fiorente  aspetto  della  campagna.  -  Preparativo  di 
guerra,  -  Termine  di  inttura. 

Apparentare  {apparentato).  Contrarre  paren- 
tela. 

Apparente  {apparentemente).  Di  apparenza, 

App.xrónza  {apparente).  Quel  che  pare  e  forse 
non  è.  Aspetto  visibile,  superficiale  di  checchessia: 
apparita,  aria,  aspetto,  esteriore,  esteriorità,  orpello; 
figura,  forma,  parere,  paruta,  parvenza  ;  faccia,  sem- 


biante, sembianza,   vista,   volto;   bandiera,   manto, 
veste;  corteccia,  etichetta,  scorza. 

Appariscenza,  bella  presenza  :  di  bellezza  più 
ristosa  che  nerfetta;  compariscenza,  freschezza,  vi- 
stosità. -  Bolla,  cosa  di  apparenza  e  non  di  sostanza. 

Falsa  apparenza,  cosa  che  tragga  in  inganno, 
0  che  sia  travisata.  -  Fantasma,  cosa  o  personaggio 
che  ha  il  nome,  non  la  sostanza  d'una  cosa. 

Inorpellatura,  inorpellamento,  l' inorpellare,  il  co- 
prire con  arte  checchessia,  affinchè  apparisca  più 
vago  che  non  sia.  -  Intonaco,  ciò  che  nasconde  la 
sostanza  d'un  oggetto.  -  Lustra,  dimostrazione  d'af- 
fetto, ecc.,  più  di  apparenza  che  di  sostanza.  -  Mostra, 
ostentazione,  apparenza  più  o  meno  falsa.  -  Parata, 
figura,  spicco,  sfoggio,  ornamento,  bella  apparenza 
(abito,  cavallo,  carrozza  di  parata,  ecc.) 

Risalto,  spicco,  bella  apparenza.  -  Speciosità,  arti- 
ficiosità illusoria.  -  Spolvero,  di  cose  di  poca  so- 
stanza, ma  da  far  effetto;  di  mera  apparenza.  -  Velo, 
ombra  (es.,  tradire  sotto  il  velo  dell'  ospitalità).  - 
Vernice,  belletto  (per  simil.  e  ironico),  apparenza 
vana,  lustro;  vernice  farisaica. 

Apparente,  ciò  che  risulta  dall'  impressione  dei 
nostri  sensi,  non  corrispoiidente  alla  realtà  dell'og- 
getto da  cui  viene  l'impressione:  parvente.  —  Veg- 
gasi  a  moto  e  ad  orizzonte.  -  Appariscente,  di 
bella  appariscenza:  vistoso,  che  dà  nell'occhio; 
arioso,  avvenente,  avvistato.  -  Indiziario,  che  non 
è  appoggiato  a  fatti,  ma  su  indizi.  -  Specioso,  ap- 
parenza di  bellezza  e  bontà,  ma  non  vera.  -  Uomo 
di  paglia,  prestanome,  chi  figura  per  altri. 

Apparentemente  :  in  apparenza,  non  in  realtà,  non 
sostanzialmente;  per  cerimonia,  per  formalità;  per 
amor  di  lettera;  per  rispetto  umano  ;  per  sembiante; 
putativamente;  all'infinta,  per /ìwsione;  Tper  figura, 
per  forma,  prò  forma;  sotto  specie,  sotto  veste 
(es.,  sotto  le  specie  del  pane  e  del  vino;  sotto  veste 
d'agnello,  sotto  veste  d' umiltà,  ecc.);  al  vedere,  a 
prima  vista,  alla  prima  faccia;  per  quanto  sembra, 
a  quanto  pare;  a  occhio,  esteriormciite;  a  primo 
aspetto,  al  viso,  alla  cera. 

Adonestare,  aonestare,  dare  colore,  apparenza  di 
onestà,  di  giustizia.  -  Alzare  i  tacchi,  di  chi 
vuol  apparire  più  di  quello  che  è.  -  Appestare  di 
vernice,  di  chi  mentisce  sé  stesso  agli  occhi  altrui 
con  la  vernice  di  false  apparenze.  -  Armffianare, 
accomodare  una  cosa  per  darle  molta  apparenza  e 
coprirne  le  magagne.  -  Aver  l'  aria,  aver  l'aspetto, 
r  apparenza  (aver  l'aria  di  superbo,  di  umile,  ecc.). 

Dare  apparenza:  di  indizio,  in  cosa  o  persona, 
tale  da  porgerne  ad  altri  una  determinata  opinione; 
far  apparire,  far  credere,  far  sembrare;  indicare, 
mostrare,  manifestare,  palesare.  -  Darsi  l'aria  di 
ttomo  politico,  d'artista,  di  letterato:  voler  parere, 
voler  passare  come  tale.  -  Far  la  figura  di...,  ap- 
parire, parere.  -  Figurare,  di  cose  non  vere,  o  che 
uno  creda  tali. 

Inorpellare,  ricoprire  d'orpello.  -  Presentare,  avere 
apparenza.  -  Risaltare,  fare  spicco.  -  Stare  alle  ap- 
parenze, a  quel  che  sembra,  a  quel  che  appare, 
senza  procedere  ad  esame,  a  indagine.  -  Spacciare, 
spacciarsi,  far  figurare,  ostentare  qualità  che  non  si 
hanno  o  si  hanno  in  grado  minore  di  quello  che 
si  vuol  far  credere.  -  Travisare,  far  apparire,  in- 
gannando, una  cosa  diversa  da  quella  che  è. 

Locuzioni  e  pp.oveubì.  —  Assai  rumore^  e  poca 
lana:  molta  apparenza  e  poca  sostanza.  -  È  più  la 
giunta  che  la  derrata  :  più  l'accessorio  che  il  prin- 
cipale, più  l'apparenza  che  la  sostanza.  -  In  ma- 
schera di  cavaliere,  di  dottore  e  simili,  di  chi  se  ne 


H6 


APPARIGLIARE 


APPETENZA 


dà  l'aria  senza  essere.  -  In  riga:  sotto  colore,  in 
aspetto.  -  Molto  fumo  e  poco  arrosto  :  più  apparenza 
che  sostanza.  -  Molte  penne  e  poca  carne:  più  fumo 
che  arrosto. 

A  lume  di  candela  il  canevaccio  sembra  tela,  di 
sera  anche-  le  cose  meno  belle  fanno  figura. 
Anche  le  mucche  nere  •■  danno  il  latte  bianco,  l'ap- 
paren2a  non  muta.  l'intrinsectr.  -  Freno  indorato  non 
fa  cavai  migliore.  •■  Il  diavolo  non  è  brutto  come 
si  dipinge:  uomini,  cose  e  aTV'enimenti  spesso  smen- 
tiscono le  brutte  previsioni  -fatte  su  loro.  -  In.  guai- 
na d'oro,  coltelb  ai  piombo,  di  falsa  apparenza. 

L'abito  non  fa  il  monaco,  la  croce  non-  fa  il  ca- 
valiere, la  veste  non  fa  il  dottore,  la  barba  non  fa 
il  filosofo:  la  veste,  l'apparenza  non  è  la  sostanza. 
-  Non  tutto  quel  che  luccica  risplende:  anche  di  per- 
sona rivestita  a  festa  e  di  novo.  -Ogni  lucciola  non 
é  fuoco  :  non  credete  alle  apparenze.  -  Parere  e  non 
essere  é  filare  e  non  tessette.  -  Vesti  un  ciocco,  pare 
un  .fiocco  ;  vesti  un  legno,  pare  un  regno,  della  falsa 
apparenza  che  danno  gli  ornamenti,  le  esteriorità. 

Apparigliare  (apparigliato).  Far  pariglia,  met- 
tere a  paio:  detto  di  ca/vaUo. 

Apparire  {apparimento ,  apparente,  apparita, 
apparso,  apparizione).  Avere  appareìiza,  presen- 
tarsi, »w.os«ra»*si;  farsi  vedere;  vedersi,  manife- 
starsi ;  venir  fuori  ;  trapelare,  trasparire.  -  Apparente, 
che  appare.  -  Apparita,  apparimento,  il  primo  mo- 
strarsi di  checchessia.  -  Apparizione,  il  manifestarsi 
di  cosa  inaspettata,  nascosta,  soprannaturale.  —  In 
astronomia,  il  mostrarsi  improvviso  di  una  stella. 

Baluginare,  apparire  -  e  scomparire  velocemente, 
cosi  da  poter  essere  difficilmente  distinto.  -  Far 
capolino,  affacciarsi  e  scomparire,  come  fa  chi  vuol 
vedere  senz'esser  visto.  -  Pare  spiccò,  fare  bella 
mostra  di  sé.  -  Spuntare,  incominciar  ad  apparire. 

Lasciar  apparire:  indicare,  mostrare;  rivelare, 
manifestare,  lasciar  scorgere,  lasciar  vedere. 

Appariscente ,  appariscenza .  Detto  ad 
aitparenza. 

Apparita.  Detto  ad  apparire, 

Apparitori.  Detto  a  magistrato. 

Apparitorlo.  Detto  a  sepolcro. 

Appartamento.  Aggregato  di  più  stanze  che 
formi  abitazione  libera  e  appartata  dal  resto  della 
casa:  alloggio;  quartiere,  quartierino;  appartamen- 
tino, quartierotto,  quartieruccio.  -  Stanze  infilate, 
disposte  in  modo  da  dover  passale  da  una  nell'altra: 
contrario  di  libere.  -  Aminobiliare  {ammobiliamento), 
provvedere,  fornire  di  mobilio. 

Appartare»  appartarsi  (appartato).  Segregare, 
separare;  mettersi  in  disparte,  lontano  o  soli- 
tario. 

Appartato,  iso\3ito,  TìtÌTàlo,  riposto,  recondito,  re- 
moto, rimoto,  ermo,  romito,  disviato,  fuori  di  stra- 
da; rimpiattato  (nascosto). 

Appartenenza.  Ciò  che  appartiene  a  qualche 
cosa:  attinenza,  relazione,  attributo,  qualità, 
pertinenza,  spettanza,  proprietà;  incombenza, 
incarico;  ragione,  rftri^to. 

Appartenere  [appartenente,  appartenuto).  Es- 
sere di  pertinenza,  di  spettanza,  di  attinenza,  di 
proprietà  di  alcuno  ;  far  parte  di  una  società; 
avere  relazione;  spettare  di  diritto;  essere  di 
dovere.  Addire,  addirsi;  concernere,'  tiguardare, 
convenire.  -  Pertinenza,  ciò  che  si  appartiene  per 
ufticio,  per  legge.  -  Addetto,  che  appartiene  per  ele- 
zione a  per  forza  a  un  dato  corpo,  essere  ascritto 
o  dovuto.  -  Proprio,  appartenenza  esclusiva  di  per- 
sona o  cosa.  -  Il  nostro,  quel  che  ci  appartiene. 


Ab  pstnnseco.  che  non  appartiene  direttamente 
alla  cosa -di  cui  si  parla.  Contrario  di  intrinseco. 

Alieno,  non  appartenente. 

Appassimento.  L'appassire, 

Appassionare,  appas^sionarsi  (appassionato, 
appassionatezza,  appassionatamente):  Suscitare  pas- 
sione, esserne  preso.  —  Comm/uovere,  commo- 
versi, addolorare,  provar  dolore.  -  Avere-  anwre, 
zelo  ad  una  cosa.' 

Appassire  {appassimento,  appassito,  appassitura). 
Diventar  passo,  vizzo,  quasi  secco:  detto  special- 
mente di  erba,  di  fiore,  ecc.,  e,  ligur.,  della  bel" 
lezza.  Av'vizzire,  avvizzirsi,  inipassire,  inflaccidire, 
illanguidire,  ingiallire;  abbronzire  di  secchezza,  soni- 
mosciare  al  sole,  seccare,  rinfichire;  abbiosciare.  ab- 
biosciarsi; soppassare',  soppassire;  perdere  il  verde, 
sverdire.  -  Appassito:  passiccio,  passo,  passetto,  vizzo, 
secco,  moscio,  sommoscio;  soppasso,  alido,  stopposo; 
inaridito,  aret'afto,  vieto;  abbiosciato,  soppassato, 
soppassito;  pallente,  smorto;  avvizzito,  floscio.  Frane, 
fané. -, Far' appassire:  abbronzare,  ammostare,  ardere, 
arrostire,  seccare,  far  -diventar  secco. 

Appastare  (appastato).  Detto  a  confondere, 
a  enipiastro,  a  imbroglio. 

Appellare  (appellabile,  appellazione,  appellato, 
appellazione).  Chiamare  per  nome  ;  nominare,  chia- 
mare; chiedere,  domandare.  -  Ricorrere  in  ajt- 
pello,  cioè  domandare  che  una  causa  risolta  in 
prima  istanza  sia  sottoposta  a  nuovo  giudizio.  Ri- 
chiamarsi da  nndijseìdenza. 

Appellativo.  Atto  a  chiamare.  -  Il  nome 
comune  a  più- cose  dello  stesso  genere. 

Appello  (appellabile,  appellante,  appellato).  Do- 
manda di  nuovo  giudizio  davanti  al  iW&MnoZe  di 
giurisdizione  superiore:  appellagione,  richiamo  in 
appello,  ricorso  in  appello;  seconda  istanza.  -  Fare, 
interporre,  presentare,  introdurre  appello;  richia- 
marsi da  una;  sentenza;  ricorrere  in  seconda  istan- 
,  za;  chiedere  un  nuovo  giudizio;  riconvenire  in 
giudizio.  -.  Veggasi  a  giudice  e  à  tribunale. 

Appellàbile,  che  ammette  appellazione,  appello; 
che  .si  può  appellare.  Gontr.,  inappellabile.  —  Ap- 
pfillabilild,  qualità  di  ciò  ohe  è  appellabile.  -  Ap- 
pellatorio, di  appello. 

Appello  al  popolo,  quello  fatto  per  mezzo  di  ele- 
zione generale  o  di  plebiscito.  -  Corte  d'appello. 
magistratura  che  giudica  in  seconda  istanza.  -  Mo- 
tivo d'appello,  la  ragione  su  cui  l'appello  si  basa. 

Appello.  Chiamata  per  nome  in  una-  scuola, 
nella  milizia,,  ecc.:  chiama.  -  Appello  nominale,  chìs- 
itìditaL  Tper  nome  nei  Parlamento  o  in  qualsiasi 
adunanza,  per- la  votazione. 

Appena.  A  fatica,  con  difficoltà,  con  stentò. 
-  Foco  ;  tutt'al  più. 

Appenare-  (àppenato).  Dare,  darsi  pena. 

Appèndere  (appeso).  Appiccare,  attaccare, 
sospendere,  sostenere.  -  Impèndere,  impiccare. 

Appendice.  Cosa  aggiunta  o  che  si  può  ag- 
giungere:  pai'te  accessoria  di  giornale:^  supple- 
mento di  Ic^voro,  di  opera,  di  scritto,  ecc.  - 
l'arte  del  corpo  umano:  detto  ad  anatomia, 
.  Appendicista.  Scrittore  di  appendici  in  un 
giornale:  giornalista. 

Appendicite.  Infiammazione  dell'appendice,  pic- 
colo'organo  annesso  ^iVintestino. 

Appestare  (ap|)^s/ato).  Infettare,  produrre  iw/c- 
zione.  -  Mandare  gran  puzzo.  -  Appestarsi. 
prendere  la  peste. 

Appetenza  (appetente).  Voglia  di  mangiare; 
meno  di  'appetito. 


APPETIRE    —    APPICCINIHE 


117 


Appetire  (appetibile,  appetibilitdj  appetitoso). 
Avere  desiderio  fortemente.  -  Andar  a  genio, 
piacere. 

Appetito  (appetente, appetitoso).  Voglia,  desiderio., 
bisogno,  piacere  di  mangiare,  di  soddisfare  la 
fame,  di  prendere  alimento  :  appetenza,  farnuc- 
cia;  amore,  talento  di  mangiare.  Sclierz.,  salsa  di 
san  Bernardo.  ■  Appetenza,  propriamente,  disposi- 
zione abituale  a  mangiare,  e  il  suo  contrario  disap- 
petenza, inappetenza.  -  Appetitino,  vezzeggiativo,  più 
che  diminutivo,  di  appetito. 

Appetito  depravato,  di  chi  vuole  mangiare  cose 
non  buone  o  nocive.  -  Appetito  eroico,  omerico, 
grande,  forte,  da  formidabile  mangiatore;  signorile, 
straordinario  (pop.);  solennissimo,  al  massimo  grado, 
insaziabile. 

Appetente,  di  cibi  che  destano  appetito:  meno  co- 
mune di  appetitoso,  che  dice  anche  di  più  (super- 
lativo, appetentissimo).  -  Appetibile,  appetevole,  appe- 
titevole,  cosa  da  essere  appetita,  che  desta  l'appe- 
tito: appetitivo  (non  comune).  -  Appetitoso,  che 
appetisce  e  desta  appetito  (superlativo  .appetito' 
sissimo).  -  Appetitomménte,  con  appetito. 

Allotriofagia,  depravazione  dell'appetito,  per  la 
quale  si  é  indotti  a  mangiare  sostanze  non  alimen- 
tari. -  Appetito  canino,  malattia  che  dà  origine  a 
frequenti  vomiti,  accompagnati  da  flussi  coliaci. 

Bulimia,  malattia  che  produce  fame  insaziabile 
e  appetito  d'ogni  più  strana  cosa. 

Lacchézzo  e  lacchezzino,  familiarmente,  di  cibo 
appetitoso,  che  solletica  la  gola.  -  Malacia,  appetito, 
desiderio  ardente  di  qualche  cibo  particolare.  -  Pica, 
fame,  o  piuttosto  appetito  depravato,  che  spinge  l'am- 
malato a  desiderare  cose  aspre  e  non  commesti- 
bili, come  la  calcina,  il  carbone  e  simili.  -  Torna- 
gusto, cosa  che  mette  appetito,  eccita  il  gusto. 

Uzzolo,  frégola,  appetito  intenso. 

Locuzioni. 

Aguzzare  i  denti  o  V appetito,  stuzzicarlo,  eccitarlo: 
accendere,  provocare  l'appetito,  mordere,  toccare 
l'ugola.  Dicesi  tanto  di  cibo  che  lo  desti,  lo  ecciti, 
quanto  del  mangiare  qualcosa  a  questo  intento. 

Alleccomire  (voce  antiquata),  far  risvegliare  l'ap- 
petito e,  più,  la  golosità.  -  Appetire,  avere  appetito; 
anche  di  cosa  che  ci  vada  a  gusto,  di  cui  sentiamo 
una  certa  voglierella. 

Avere  appetito:  aver  voglia  di  cibo;  sentir  suonare 
la  lunga;  sentirsi  venire  l'acquolina  in  bocca;  far 
la  gola  come  un  saliscendi;  avere  lo  stomaco  lungo; 
avere  una  discreta  dose  di  appetito. 

Chetare  l'appetito,  soddisfarlo,  farlo  tacere,  di- 
scredere l'appetito,  spegnerlo;  saziare,  saziarsi. 

Confortare  l'appetito,  stuzzicarlo.  -  Dare  l'appe- 
tito, farlo  venire.  -  Dire  mangiami  mangiami,  di  cibo 
quando  eccita,  a  vederlo,  desiderio  di  sé,  o  quando 
è  molto  appetitoso. 

Esser  di  buona  fama  (scherz.),  di  chi  ha  buon 
appetito,  che  è  sempre  pronto  a  mangiare.  Il  giuoco 
intero  di  parola  suona:  «  E'  di  cattivo  parentado, 
ma  di  buona  fama.  »  -  Essere  di  buon  pasto,  di  chi 
mangia  molto  e  di  tutto.  -  Essere  in  filo,  esser  di- 
sposto a  mangiare,  e,  più  specialmente,  di  chi  si 
trovi  quasi  sempre  in  questa  disposizione. 

Inuzzolire,  destar  intenso  appetito  o  desiderio  di 
checchessia:  far  venire  in  uzzolo.  -  L'appetito  non 
vuol  salsa  (prov.):  quando  si  ha  fame,  non  si  guarda 
tanto  pel   sottile  a  quello  che  si  mangia.  Oppure: 


l'appetito  è  la  miglior  salsa,  quando  uno  ha  fame, 
qualunque  cibo  gli  viene  ^rsidìto.  -  L' apjìetito  viene 
mangiando,  modo  di  stimolare  uno  a  mangiare,  an- 
che se  non  si  sente  molto  appetito. 

Par  che  venga  dall'assedio:  a  chi  ha  un  grande 
appetito.  -  Servir  bene  1'  appetito,  quando  la  voglia 
di  mangiare  non  manca.  -  Stuzzicare  i  denti  (figur.), 
cominciar  a  mangiare  qualche  cosa,  per  destare 
r  appetito.  -  Venir  il  mordente  (scherz.),  1'  appetito. 

^«0)1  appetito,  augurio  che  si  fa,  di  solito,  a  chi 
s'appresta  a  mangiare  o  sta  mangiando. 

Mancanza  d'appetito:  disappetenza,  inappetenza; 
perdita  o  privazione  di  appetito.  -  l']ssere  inappe- 
tente, inappetire;  far  afa,  far  nausea  il  cibo.  -  ^no- 
ressia,  mancanza  d'  appetito,  o  piuttosto  nausea  del 
cibo.  -  Non  poter  accostare  nulla  alla  bocca,  di  chi 
ha  disappetenza,  e  ogni  cibo  non  lo  induce  a 
mangiare. 

Appetito.  Inclinazione  o  facoltà  naturale  per 
la  quale  1'  animale  è  spinto  a  desiderare  chec- 
chessia a  soddisfazione  dei  sensi.  -  Detto  dell'uomo, 
vale  solo  incUnazione  :  perciò  possono  essere  in 
lui  appetiti  buoni  o  appetiti  cattivi,  secondo  è  buona 
0  cattiva  la  cosa  alla  quale  si  sente  inclinato. 

Appettare  (appettato).  Dicesi  dell'  animale 
quando,  attaccato  ad  un  carro  od  altro,  tira  o  fa 
forza  col  petto. 

Appètto,  a  petto.  A  confronto,  o  di  contro, 
dirinrpetto. 

Appezzamento.  Porzione  di  terreno. 

Appezzare  (appczzato,  appczzatura).  Congiun- 
gere, unire  pezzo  con  pezzo. 

Appiacevolire  (appiacevolito).  Rendere  piace- 
vole (veggasi  a  piacere),  o  meno  grave,  meno 
difficile. 

Appianare  (appianamento,  appianato).  Rendere 
piaìto,  aiicvole,  facile. 

Appianatoia.  Strumento  da  ìnuratore. 

Appianatoio.  Rullo  per  ispianare  una  strada, 
un  terreno. 

Appiastrare  (appiastrato).-  Modo  di  stendere, 
a  guisa  di  jnasfra.  -  Appiastrarsi,  appiccicarsi, 
attaccarsi. 

Appiastricciarsi  (  oppia stricciamento,  appich 
stricciato).  Applicare,  mettere  una  cosa  appicca- 
ticela sopra  un'  altra.  -  Far  confusione  e,  anche, 
imbroglio. 

Appiattare  (appiattato).  Occultare,  nascon- 
dere. 

Appiccàgnolo.  Arnese  per  appendervi  vesti  ed 
altro;  attaccapanni.  •  Appiglio,  pretesto. 

Appiccare  (appiccamento,  appiccaticcio,  appic- 
cato, appiccatura).  Congiungere,  attaccare.  -  So- 
spendere, sostenere.  -  Comunicare  :  di  malattia 
contagiosa,  di  vizio,  ecc.  -  Appendere,  impiccare. 

-  Dare  un  colpo.  -  Appiccaticcio,  contagioso,  che 
ha  contagio.  -  Appiccarsi,  aggrapparsi,  attaccarsi, 
stringersi  vicino. 

Appicciare  (appicciala,  appicciaticelo,  appiccia- 
tina).  Far  piccia,  ossia  mettere  insieme  pezzi  di 
pane,  alcune  frutta  e  simili.  Veggasi  ad  unire. 

-  Accendere   candela,   torcetta,  lume,  fuoco. 
Appiccicare  (appiccicante,   appiccicaticcio,   ap- 
piccaticcio, appiccicatura).  Unire,  inserire,  attacca- 
re, di  cose  viscose,  tenaci,  per  lo  più.  -  Menare  un 
colpo.  -  Far  prendere  quasi  per  forza. 

Appiccichino.    Di  persona  che  non  esce  mai 
di  torno  e  dà  noia. 
Appiccinire  (appiccinito).  Far  piccolo. 


118 


Appicco.  Appiccàgnolo,  per  attaccare.  -  Ca- 
villo, pretesto. 

Appiccolire  (appiccolito).  Far  piccolo. 

Appiè,  a  pie',  a  piedi.  Modo  di  andare.  - 
Di  milizia  non  a  cavallo.  -  Che  è  basso,  nella 
parte  inferiore,  sotto. 

Appiedare  (appiedato).  Detto  a  cavalleria. 

Appieghettare  (appieghettato).  Detto  a  piega. 

Appieno.  In  modo  completo. 

Appigionare  (appigionamento).  Dare  o  prendere 
a  pigione,  in  affitto. 

Applgriònasi.  Cartello  che  si  espone  a  casa 
da  appigionare. 

Ap pigliare,  appigliarsi  (appigliato,  appiglio). 
Aggrapparsi,  attaccarsi.  -  Prendere  un  partito,  una 
decisione,  un  pretesto.  •  Del  fuoco,  investire 
materie  combustibili. 

Appiglio.  Appicco,  pretesto. 

Appinzare  {appinzato,  appinzatura).  Il  mordere 
di  qualche  insetto  (vespa,  zanzara,  ecc.). 

Appinzo  (appinzino).  L'atto  deW appinzare. 

Appiolo.  Specie  di  melo  ^del  suo  frutto. 

Appiomtoo.  La  direzione  della  verticale.  - 
Veggasi  a  quadrupede. 

Appioppare  (appioppato).  Far  prendere  quasi 
per  forza;  ingannare;  dare  un  colpo.  -  Accop- 
piare la  vite  al  pioppo. 

Appisolarsi  (appisolato).  Mettersi  a  dormire; 
pigliar  sonno  leggermente 

Applacidire,  applacidirsi  (applacidito).  Detto 
a  calma. 

Applaudire  (applaudito).  Applàudere,  dare 
applauso. 

Applauso.  Tributo  di  ammirazione,  segno  di 
approvazione,  che  si  fa  battendo  le  mani,  per  lo  più, 
o  con  un'altra  festosa  dimostrazione:  applaudimento, 
plauso  (meno  comune  nel  senso  proprio  di  applauso 
che  in  quello  di  lode);  approvazione,  battimano, 
battimani,  battio,  battuta  di  mani,  smanacciata. 

Applauso  clamoroso,  fragoroso,  scrosciante,  vivo, 
generale,  universale;  contrastato,  non  unanime;  de- 
bole, freddo,  stentato.  -  Applauso  di  sortita,  in  tea- 
tro, r  applauso  tributato  ali  'artista  al  suo  primo 
presentarsi  sulla  scena.  -  Ciclone,  furia,  scoppio, 
scròscio,  stròscia,  subisso,  tempesta,  tumulto,  uragano 
d'applausi,  quando  generali  e  clamorosi. 

Acclamazione  (acclamatore,  acclamante,  acclamato), 
l'atto  e  l'effetto  dell'acclamare. 

Bis,  motto  per  applaudire  e  domandare  la  replica 
d'una  cosa,  a  teatro  o  in  qTialunque  spettacolo. 

Bravo,  evviva,  viva,  voci  di  acclamazione. 

Cldque,  V  insieme  di  coloro  che  sono  pagati  per 
applaudire  in  un  teatro,  o  lo  fanno  per  omaggio 
incondizionato  ad  un  artista.  -  Conclamazione,  ap» 
plauso  a  viva  voce.  -  Euge  I,  motto  latino  di  accla- 
mazione, e  significa  coraggio  !  -  Hoc,  hoc,  acclama- 
mazione  dei  tedeschi.  -  Io  triumphe,  grido  plaudente 
degli  antichi  romani  quando  celebravano  le  vittorie 
di  qualche  capitano. 

Osanna,  voce  che  significa  salve,  evviva  !  -  Ova- 
zione, acclamazione,  specialmente  per  entusiasmo 
politico  e  patriottico.  -  Urrd,  grido  d'acclamazione, 
per  lo  più  della  milizia. 

Applaudire:  fare  applauso,  dar  segno  di  appro- 
vazione, di  testa,  per  lo  più  battendo  le  mani  ;  an- 
che, agitando  il  fazzoletto,  ecc.:  applàudere,  plaude- 
re;  gridar  viva;  battere  palma  a  palma;  schioccare 
le  mani,  la  mano.  -  Acclamare,  dìcesi  delia  moltitu- 
dine, allorché  manda  voci  di  allegrezza,  d'applauso, 
di  approvazione,  in  onore  di  alcuno.  -  Battere  l'un- 


ghia, applaudire  per  celia.  —  Cantare,  gridare 
osanna,  portare  a  cielo  con  grandi  evviva:  osan- 
nare, -  Salutare,  acclamare,  applaudire.  -  Smanac- 
ciare, agitar  le  mani  applaudendo  ironicamente,  o 
facendo  chiasso. 

Applaudente:  plaudente,  applauditore,  applauso- 
re,  plausore. 

Applausibile,  plausibile,  degno  di  essere  applau- 
dito; lodevole. 

Applausivo,  atto  ad  applaudire. 

Faì^si  applaudire:  riscuotere  applausi;  strappare 
un  bravo,  un  evviva,  un'acclamazione,  un'ovazione. 

-  Far  furore,  essere  applaudito  con  grande  entu- 
siasmo. 

Applicabilità  (applicabile).  Qualità  di  ciò  che 
è  da  applicare. 

Applicare  (applicabile,  applicato,  applicazione). 
Porre,  opporre,  mettere  una  cosa  sopra  l'altra,  s 
vicino;  aggiungere.  -  Attivare,  mettere  in  ese- 
ruzione una  legge,  nn  invenzione.  -  Detto  di 
animo,  di  mente,  attendere  ad  un  lavoro,  allo 
studio,  a  checchessia.  -  Mettere  in  opera  un  ri- 
medio, attuare  un  progetto  e  simili.  -  Mettere 
in  pratica. 

Applicarsi  (applicato,  applicazione).  Mettersi  a 
qualche  cosa  con  attenzione  e  con  assiduità.  -  A- 
doperarsi ,  agire,  dedicarsi,  fare  alcunché  ad 
uno  scopo. 

Applicazione.  Termine  d'arte  e  mestieri  :  fio- 
re, fregio,  ricamo,  o  altro,  che  si  sovrappone  ad 
una  stoffa. 

Appo.  Appresso,  vicino. 

Appoderare,  appoderarsi  (appoderato).  Ter- 
mini di  agricoltura:  veggasi  a  podere. 

Appoggiacapo.  Arnese  da  fotografia. 

Appoggiare,  appoggio  (appoggiarsi,  appog- 
gialo). Mettere  accosto,  vicino  cosa  a  cosa  ;  pog- 
giare. -  Dare  appoggio,  sostegno,  rinforzo,  aiuto. 

-  Addossare  un  edificio  a  un  altro.  -  Concedere 
favore.  -  Appoggiarsi,  far  sostegno  di  qualche  cosa 
alla  persona;  poggiarsi. 

Appoggiatóio.  Cosa  per  appoggio,  per  so- 
stegno. 

Appoggiatura.  Unione  di  una  nota  musicale 
con  un'altra. 

Appollaiare,  appollaiarsi  (  appollaiato  ) . 
Prendere  una  certa  positura.  -  Veggasi  a  gallina , 
a  pollo. 

Apporre  (apponimento,  appósto).  Mettere  vi- 
cino, accanto.  -  Aggiungere  cosa  ad  altra.  -  Met- 
tei-e  la  data,  la  firm,a,  il  nome.  -  Attribuire  a 
torto,  far  accusa.  -  Trovar  difetto,  dire  contro, 
ridire. 

Apporsi  (apposto).  Cogliere  nel  segno,  indo- 
vinare. 

Apportare  (apportamento,  apportato,  apporta- 
tore). Cagionare,  causare;  avere  per  effetto;  ar- 
recare, portare. 

Appositamente.  Con  deliberato  proposito,  con 
determinata  intenzione,  per  un  preciso  scopo: 
espressamente. 

Appositivo,  apposltizio.  K%g\nnio,  posticcio. 

Appòsito.  Fatto  per  un  determinato  scopo. 

Apposizione.  Atto  ed  effetto  d^W aggiungere, 
dQÌV  apporre. 

Apposolare  (apposolato).  Dare  la  pòsola,  cioè 
il  peso. 

Apposta,  a  posta.  Di  proposito,  di  volonià, 
con  intenzione  di  riuscire.  Frane,  exprés. 


API'OSTARE    —   APPUNTARE 


119 


Appostare  {appostamento,  appostarsi,  appostato). 
Tener  d'occhio»  guardare,  inettentlosi  in  •  luogo 
opportuno.  -  Mirare  ove  colpire,  prender  di  mira. 
-  Aspettare  con  insidia,  e  appostarsi  iL  mettersi 
in  un  luogo  a  questo  scopo. 
Appozzare  {appozzalo):  Far  pozza,  ridurre  a 
pozza  (concavità  piena  d'  acqua  ferma). 

Appratire.  Ridurre  a   pi-ato,  diventar  prato.. 

Apprendere  {apprendimento,  apprendente,  ap- 
prensione, apprensivo,  appreso).  Venire  a  cotio- 
scere,  a  sapere  una  notizia  ori  altro.  -  Impa^ 
rare,  istruirsi,  abilitarsi  in  wrxarte,  in  un  me- 
stiere e  simili.  ,„ 

Apprendersi  {appreso).  Di  fuoco  che  si  ap- 
picca, si  accende.  -Aggrapparsi,  attaccarsi. 

Apprendista.  Apprendente:  chi  la  tirocinio 
in  \ix\arte,  in  un  mestiere,  in  un  itnjnego: 
allievo,  tii-ocinanté,  novizio,  volontario;  praticante; 
bardotto. 

Apprensione.  IS imparare.  ■  Anche,  inquie- 
tudine, jKiura. 

Apprensionirsi  {apprensionito).  Entrare,  stare 
in  apprensione,  in  patirà. 

Apprensiva,  apprensivo.  Detto  a  impa- 
rare. 

Appresellare  {appr esellato).  Detto  ,àd  agri- 
coltura (lavori)^ 

Appre^entare  {appr esentato).  Veggasi  a  pre-^ 
sentare. 

Appressare ,    appressarsi    {appressamento, 
appressato).    Accostare,  mettersi,    farsi    vicino. 
Essere  poco  meno  di   una  data    quantità,  dì  una 
data  somma. 

Appresso,  Accanto,  vicino.  -  A  confronto, 
in  comparazione.  -  J}ietro-  o  dopo,  in  seguito. 

Apprestare  {apprestamento,  apprestato)*  Appa- 
recchi are,  prepQvare. 

Appretto  {apprettatura).  Francesismo  usato  spes- 
so per  indicare  la  colla  o  -apparecchio  che  si  dà  ai 
tessuti  perché  abbiano  bellezza  e  consistenza.^  Ap- 
prettattira,  la  relativa  operazione,  che  si  fa  anche 
per  la  carta,  il  cuoio,  ecc. 

Apprezzare»  apprezzamento  (apprezzabile, 
apprezzato).  Avere,  tenere  in  pregio;  considerare 
con  stima;  ritenere  buono;  attribuire  valore. 

Appròccio  fapprocederej.  Lavoro  di  assedio, 
trincea. 

Approdare,  appròdo  {approdato).  L'acco- 
starsi a  riva:  di  barca,  dì  nave  -Figur.,  ar-ri- 
vare;  prosperare,  riuscire,  fare  o  trovar  profitto, 
vaììtaggio.  -  Fare-i  ciglioni  a  un  campo.  -  Met- 
tere la  vite  lungo  le  prode. 

Approfittare,  approfittarsi  (  approftllato). 
Protìttare,  trar  guadagno,  giovamento,  vantag- 
gio. '  Prevalere,  ctbusare. 

Approfondare,  approfondire  {approfondato, 
approfondito).  Scavare  a  fondo:  far  più  pi'ofondo  .- 
Cercar  di  conoscere  ben  bene  una  cosa,  una  que- 
stione; farne  un  profondo  studio. 

Approntare  {approntamento,  approntato).  Ap- 
prestare, preparare,  mettere  in  pronto. 

A  proposito.  Conveniente,  adatto. 

Appropriare,  appropriarsi  {appropriato,  ap- 
propriazione). Fare,  rendere  proprio  ;  rendersi  pa- 
drone. -  Assegnare,  applicare,  adattare. 

Appropriato.  Dì  vocabolo  rispondente  alla  pro- 
prietà della  lingua. 

Appropriazione.  Atto  di  chi  si  fa  padrone 
d'una  cosa.  -  Appropriazione  indebita,  illecita. 
Approssimare,  approssimarsi  /'approssima- 


to, approssimativo,  approssimativamente,  approssinui- 
zionie).  Appressare,  appressarsi;  mettere,  farsi  vi- 
<rino.  -  Av,ere  qualche  sonitgliafiza.  -  Approssima- 
Uvamente,  all'incirca,  circa.  -  Approssimativo,  che 
ha  analogia;  che  é  tanto  o  quanto  prossimo  al 
vero:  di  quantità,  di'  vcdore,  qcc.  -  Approssima- 
zione, termine  di  matematica. 

Approvare,  approvazione  (approvabile,  »/>- 
provalo).  Trovare^  considerare,  giudicare  una  cosa 
come  buona,  ben  fritta,  lodevole,  ecc.:  rapprovare , 
commendare,  lodare;  prendere,  tener  perbene;  ac- 
consentire, assentire,  dar  consenso  ad  una  proposta 
0  simili.  Figur.,  sottoscrivere;  mettere  il  visto,  met- 
tere la  firma,  la  Scàbbia,  il  suggello. 

Acclamare,  approvare  in  più  d'uno  con  esclama- 
zioni {acclamato,  approvato  all'unanimità).  ■  Ammet- 
tere (ammessibile,  ammessione.  ammesso),  di  cosa 
che  si  dichiara  accettabile,  approvabile.  -  Annuire 
(annuenza),  acconsentire,  approvare,  dar   consenso. 

Canonizzare,  approvare  solennemente  da  un'auto- 
rità. -  Collaudare  {collaudo),  approvare  con  autorità, 
specialmente  di  un  lavoro  fatto,  di  un  edificio  co- 
struito, di  un'opera  pubblica,.  -  Confermare,  appro- 
vare lina  deliberazione,  uri  giudizio  d^to  :  ralJermare, 
riconfermare;  appoggiare,  confortare.-^  Far  plauso, 
approvare  pienamente.  -  Far  l'eco,  acconsentire,, 
ripetendo  le  paróle  altrui  {avere  un'eco  nel  cuore' 
d'alcuno,  trovare  approvazione,  corrispondeza). 

Firmarsi  a  una  cosa,  approvare,  acconsentire. 

Menar  buono,  approvare,  dare  il  benestare,  dire 
sta  bene.  -  Omologare,  ratificar^.  -  Ratificare,  sanziona- 
re, confermare,'riconosceVe  per  giusto,  per  esatto,  ecc. 

Acclamazione,  approvazione,  o  ammirazione  mani- 
festata a  viva  voce  dal  popolo  o  da  un'adunanza 
di  persone,  con  applauso:  approbazione,  appro- 
vamento  ;  bene  stare,  consenso,  plauso.  ■  Assenso,  as- 
sentimento, approvazione.  -  Beneplacito,  approvazio- 
ne, consenso  intero;  beneplacito,  placet  (per  lo  più 
di  autorità  sovrana),  placito.  -  Benestare,  approva- 
zione che  si  dà  a  conti,  disegni,  ecc.  -  Favore,  ap- 
provazione ad  atti,  a  progetti  di  alcuno. 

Omologazione,  ratifica.  -  Ratifica,  ratificazione,  ap- 
provazione da  parte  ,  del  governo  d'un  trattato  con- 
cluso da'  suoi  plenipotenziari.  Anche  approvazione 
degli  atti  di  un'amministrazione.  -  Ratificamento,  il 
ratificare.  -  Sanatoria,  atto  col  quale  si  corregge  e  si 
legittima  cosa  latta  contro  la  legge  e  contro  le  re- 
gole legali. 

Esclamazioni  Bravo f  Sia  bene,  mi  rallegro,  di 
approvazione  lieta.  Penh!,  dipo^a  approvazione.  P"/i*, 
di  nausea,  schifo,  disapprovazione. 

Disapprovare,  disapprovazione:  il  dissentire,  il  dar 
biasimo  a  persona  o  a  cosa;  l'essere  contrario: 
riprovare,  reprobare;  giudicare  severamente,  con- 
dannare; riprendere.  -  Arricciare  il  naso,  le  labbra, 
il  muso;  torcere  il  grifo.  -  Fischiare  (figur.),  disap- 
provare chiassosamente.  -  Messo  all'indice,  vale  ripro- 
vato, come  un  libro  nell'indice  dei  proibiti 

Approvvigionare ,  approwisionare  {ap- 
provvigionanìento,  approvvigionato).  Fornire  di  prov- 
vigioni, di  vettovaglia.  . 

Appuntamento.  Posta,  convegno.  -  Anche 
paga  ad  impiegati. 

Appjuntare  {appuntato,  appuntatura,  appunto). 
Congiungere,  attaccare  con  punti  nel  cucire  o 
con  uno  spillo  e  simili.  -  Far  la  punta  a  chec- 
chessia, aguzzare.  -  Dirigere  a  un  punto  di  mira.  - 
Prendere  appunto,  ricordo,  nota.  -  Movere  biqsinio, 
fare  una  oi'ifica.  -  Riferito  a  scuola,  ad  ufficio, 
veggasi  a  mancare.  -  Appuntai-   gii   occhi:  'fissare, 


120 


APPUNTATO   —   AKA 


modo  di  guardare,  -  Appuntare  i  panni,  detto  a 
bucato.  -  Appuntare,  o,  meglio,  puntare  i  piedi,  met- 
tersi in  ostinazione. 

Appuntato.  Aggiunto  di  naso,  di  faccia. 
'  Grado  nella  rnilisia  italiana. 

Appuntatore.  Operaio  che  lavora  nella  fabbri- 
cazione del  vetro. 

Appuntellare  {appuntellato).  Puntellare,  so- 
stenere con  puntelli  ciò  che  stia  per  cadere. 

Appantino.  In  modo  preciso.  •  Ser  appuntino, 
chi  vuol  fare  critica  di  ogni  cosa 

Appunto.  Ricordo,  nota,  •  Leggiero  biasimo. 

Appunto.  Esattamente,  in  modo  preciso,  ef- 
fettivo, proprio,  espresso.  -  Avverbio  affermativo. 

Appurare  (  appurato).  Far  puro.  -  Mettere  in 
chiaro  una  cosa,  separando  il  vero  dal  falso. 

Appuzzare  {appuzzato).  Empire  di  puzzo. 

A  predelline.  Modo  di  portare. 

Aprico.  Di  luogo  aperto,  esposto  al  sole,  a 
solatio:  veggasi  aperto  in  ajrrire. 

Aprile.  Quarto  mese  dell'anno  civile,  secondo 
dell'anno  aslronomico,  all'inizio  della  primavera; 
mese  dei  fiori,  mese  di  Venere  o  citeréo. 

Proverbi  :  marzo  imboccia,  aprile  sboccia.  -  Quan- 
do mignola  d'aprile  amìnannisci  un  buon  barile,  per 
buona  raccolta  d'olio.  -  Terzo  aprilante  quaianta 
di  durante,  come  il  terzo  d'aprile  cosi  per  quaranta 
giorni  di  seguito:  del  tempo. 

A  prioi'i.  Termine  di  scolastica.  •  Modo  di  di- 
mostrazione. 

Aprioristico.  Di  principio  stabilito  o  priori; 
di  ragionamento  fatto  in  tal  modo. 

Aprire  {aperto).  Fare  un'apertura  in  un  muro, 
nel  terreno  e  simili.  Disgiungere  imposta  da  im- 
posta; spingere  un  uscio  o  altro,  in  modo  che  si 
possa  entrare,  o  vedere,  o  dar  passaggio  all'aria. 
Allargare  (aprire  le  braccia).  Rendere  libero  Vddito 
a  un  luogo.  Distendere,  dilatare,  render  largo. 
Schiudere  un  armadio,  una  cassa,  un  vaso. 
Stappare  una  bottiglia  .  Dissuggellare  una  lettera, 
un  pacco,  ecc.  Praticare  una  -  strada,  una  via. 
Dar  principio,  incominciare  alcuna  cosa;  bandire 
un  concorso.  Riprendere  il  corso  delle  lezioni, 
degli  studi  in  nn  accademia,  in  una  scuola,  le 
rappresentazioni  in  un  teatro,  ecc. 

Iniziare  un  traffico,  un  commercio;  mettere  in 
esercizio  una  bottega,  intavolare  un  affare  e  si- 
mili. Di  animo  o  di  mente,  palesare,  manifestare 
il  proprio  pensiero,  il  proprio  sentimento.  Avrire, 
adaprire;  dischiudere,  schiudere;  disserrare  (special- 
mente, aprire  una  serratura);  dischiavare,  schia- 
vare (aprire  con  chiave). 

Aperto:  dischiuso,  schiuso.  Di  luogo:  libero,  sco- 
perto, all'aperto,  all'aria  aperta;  a  spazzavento;  alla 
scoperta,  allo  scoverto;  a  cielo  aperto,  scoperto;  a 
ciel  sereno;  alla  stella,  alla  bella  stella;  sub  Jave. 

Apritore,  apritrice,  chi  apre. 

Aprire  gli  occhi  a  qualcuno,  fargli  conoscere  il 
vero.  -  Aprire  il  fuoco,  incominciare  la  battaglia. 

Aprire  la  marcia,  mettersi  capofila,  primo  in  canìr- 
tn/ino.  -  Aprire  una  vena,  fare  un  salasso.  -  Fèn- 
dere, aprire  dividendo,  tagliando,  spaccando. 

Forzare,  sforzare,  aprire  con  violenza,  rompere. 

Pertugiare,  fare  un  pertugio,  un  baco:  forare. 

Sbarattare,  di  imposte,  di  usci,  aprire  rumorosa- 
mente e  del  tutto.  -  Sbarrare,  spalancare,  aprire 
molto,  sgangherare,  squarciare.  -  Sbuzzare,  aprire  il 
ventre  ad  un  pollo,  ad  un  pesce  e  simili.  -  Scas- 
sare, scasso,  l'aprire  una  cassa,  un  baule  o  altro, 
senza  il  concorso  della  chiave.  -  Schiavacciare,  apri- 


re, togliere  il  chiavaccio  a  un  uscio,  a  una  porta, 
-  Schiodare  (schiodatura) ,  aprire  levando  il  chiodo 
0  i  chiedi.  -  Sciorinare,  aprire  panni,  tele  e  simili, 
per  distenderli.  -  Semiaprire,  aprire  a  metà.  Semi- 
aperto, socchiuso.  -  Spaccare,  aprire,  fendere  di  ta- 
glio 0  in  altro  modo  (del  guscio  di  certe  frutta). 

Squarciare,  aprire  lacerando.  -  Sturare,  aprire  to- 
gliendo il  turo  0  turacciolo. 

Figur.,  aprire  un  testamento,  prenderne  e  dar- 
ne visione,  conoscenza. 

Aprirsi  (aperto).  Essere,  stare  aperto:  allargarsi, 
schiudersi,  fendersi  (fenditura,  fenduto,  fesso),  spac- 
carsi, rompersi.  -  Di  veste,  che,  non  soprammetten- 
dosi 0  non  chiudendo  bene,  lascia  scoperta  qualche 
parte  del  corpo.  -  Figur.,  aprirsi  con  alcuno,  manife- 
stare il  proprio  pensiero,  il  proprio  sentimento; 
fare  una  confidenza,  una  confessione,  una  ri- 
velazione. 

Crepare  (crepatura),  di  corpo  che  fa  crepa,  si 
apre  alla  superficie.  -  Incrinare,  incrinarsi,  legger- 
mente screpolarsi:  far  pelo.  -  Incrinatura,  il  pelo,  il 
fesso,  specialmente  di  vasi  di  terra  e  simili.  -  Sboc- 
ciare, l'aprirsi  di  un  fiore,  di  un  germoglio. 

Schiantarsi,  fendersi  con  violenza. 

Scoppiare,  aprirsi  rompendosi  e  facendo  stre- 
pito. -  Screpolare,  screpolarsi,  incominciar  a  crepare, 
ad  aprirsi,  mostrando  il  principio  di  una  fenditura: 
crepacciare,  crepolare,  fendersi;  crettare,  spaccarsi, 
schiantarsi.  -  Screpolatura,  crepacela,  crepaccio,  cre- 
pacciolo;  cretto,  fesso,  rotto;  fessolino,  fessuolo;  fen- 
ditura, fessura,  spaccatura;  incrinatura,  pelo,  rot- 
tura. 

Apro.  Il  cinghiale. 

A  prò*.  In  favore,  in  vantaggio, 

A  propòsito.  In  modo  conveniente,  opportu- 
no  :  di  ragionamento,  discorso,  lavoro,  ecc.  -  A 
proposito  di....,  relativamente,  in  relazione. 

Apside.  Veggasi  ad  abside,  a  luna  e  a  pia^ 
neta. 

Aptero.  Vinsetto  che  non  ha  ali.  -  Veggasi  a 
tempio. 

Aquario.  Segno  dello  zodiaco.  -  Grande  vasca 
da  acqua:  acquario. 

Aquàtico  [acquàtico;  aquàtile).  Di  animale 
che  vive  nQÌVacqua. 

A  quattro.  Composizione  di  musica. 

Aquila.  (Crosso  e  forte  uccello  rapace,  dal  volo 
potente,  dal  becco  adunco  e  dalla  vista  acutissima; 
uccello  di  Giove  (dedicato  a  questa  divinità  e  cu- 
stode del  fulmime),  armigero  di  Giove;  uccel  di 
Dio;  re  dell'aria,  re  degli  uccelli.  -  Piccola  aquila, 
aquila  giovine:  aquilino,  aquilotto,  aquilastro  -  Aquila 
bicipite,  da  due  teste,  figura  chimerica.  -  Aquilino, 
pulcino  dell'aquila. 

Specie:  aquila  imperiale,  reale,  di  Bonelli,  fra  le 
cacciatrici.  -  Aquila  albicilla  o  pipargo,  aquila  leu- 
cocefala,  fra  le  pescatrici. 

Aquila.  Antica  insegna  romana.  -  Nome  di  una 
costellazione. 

Aquileg-la.  Pianta  da  giardino.  Simbolo  della 
follia  e  della  pazzia. 

Aquilifero.  Chi  portava  Vinsegna  nella  le- 
gione romana. 

Aquilino.  Di  aquila.  -  Aggiunto  di  naso. 

Aquilone  {aquilonare).  Tramontana,  vento  di 
tramontana.  -  Cervo  volante,  trastullo  da  ragazzi:  veg- 
gasi a  giuochi.  —  Veggasi  anche  a  naufragio. 

Aquilotto.  Detto  aia  aquila. 

Ara.  Specie  di  altare.  -  Spiccie  di  pappagallo, 
■  Una  misura  di  superficie. 


ARABESCO    —    ARALDICA 


121 


Arabesco  o  rabesco  {arabescare,  arabescato). 
Fregio,  ornaììiento  bizzarro  in  intaglio^  in  pit- 
tura, in  vicarilo.  -  Anclie  scrittura  mal  fatta. 

Ai'àbico.  Detto  a  nurnet^o,  a  gomma. 

Aràbile.  Che  si  può  arare. 

Aràchide.  Pianta  leguminosa  da  olio,  con 
frutto  detto  volgarin.  spagnoletta. 

Aracnidi.  Classe  di  animali  artropodi,  aventi  il 
corpo  per  lo  più  distinto  in  cefalotorace  e  addome, 
ma  talora  indiviso;  mancanti  di  antenne,  con  occhi 
semplici  (che  possono  mancare),  bocca  munita  di 
due  paia  di  appendici,  mascelle  con  palpi,  zampe 
articolate  e  sempre  in  numero  di  quattro  paia.  Più 
importanti  aracnidi:  il  ragno,  lo  scorpione,  qual- 
che specie  di  acaro,  la  zecca.  Aracnidi  anche:  la 
simonea,  parassita  dell'uomo,  in  certi  tumoretti  della 
faccia;  la  tarantola,  vivente  entro  buche  del  suolo. 

Aracnologla.  Detto  a  ragno. 

Aragna,  aragno  (poet.).  Il  ragno. 

Aragosta.  Arigusta,  aligusta,  palinuro,  gambero 
marino:  crostaceo  della  figura  del  gambero,  e 
del  pari  fornente  ottimo  cibo. 

Aràldica.  Scienza  del  blasone,  ossia  di  ciò  che 
appartiene  alle  armi  gentilizie  (un  tempo,  scienza 
degli  araldi,  poi  dei  re  d'anni);  applicazione  del 
blasone  alla  composizione  e  alla  descrizione  degli 
stemmi  gentilizi;  cognizione  di  questi. 

D  colore,  in  araldica,  è  indicato  con  linee  trac- 
ciate in  vario  modo,  come  si  vede  nella  tavola  V. 

Le  figure  araldiche  sono  di  tre  specie:  jiezze  onore- 
voli; pezze  meno  onorevoli;  partizioni  e  convenevoli 
partizioni. 

Aspilogia,  trattato  intorno  agli  scudi. 

Blasone,  studio  dei  colori,  dei  metalli,  delle  fi- 
gure, degli  ornamenti,  dei  motti  usati  nelle  armi  e 
nelle   insegne   gentilizie. 

Consulta  araldica,  ufficio  che  dà  pareri  su  distin- 
zioni, onorificenze,  titoli  nobiliari,  stemmi,  divise, 
insegne,  ecc. 

Akmi,  insegne,  smaoLi  e  loro  parti. 

Abisso,  il  centro  dello  scudo.  -  Alberi  accettati  nel 
blasone:  castagno,  ciliegio,  cipresso,  faggio,  fico,  fras- 
BÌno,  mandorlo,  melo,  moro,  noce,  olivo,  olmo,  pal- 
mizio, pero,  pino,  pioppo,  ròvere,  salice,  sòrbo,  ecc. 

Alleanza,  dicesi  degli  scudi  partiti,  interzati,  in- 
quartati, che  portano  nei  loro  campi  i  blasoni  di 
altre  famiglie,  unite  per  matrimrnio,  ecc.  -  Arnaldi, 
fasce  scorciate,  che  perciò  non  toccano  i  lati  dello 
scudo.  -  Ancile,  scudo  di  forma  ovale. 

Ancora,  simbolo  di  costanza,  di  fermezza:  la  sua 
posizione  normale  nello  scudo  è  in  palo.  -  Ancudine: 
indica  resistenza  prolungata  in  battaglia  o  contro 
la  violenza  d'altri  -  Anelletto,  figura  in  forma  di  cer- 
chio. -  Anello,  emblema  cavalleresco,  o  episcopale, 
0  coniugale.  -  Angoli,  le  quattro  estremità  laterali 
dello  scudo. 

Animali,  le  figure  più  nobili  del  blasone,  divise 
in  varie  classi  (quadrupedi,  volatili,  figure  chime- 
riche, rettili,  insetti,  molluschi).  Si  rappresentano, 
per  lo  più,  nelle  loro  posizioni  naturali  {passanti, 
rampanti,  correnti,  sedenti,  dormienti,  pascenti,  sa- 
lienti, ecc.).  Il  gatto  e  il  leopardo  si  rappresentano 
con  la  testa  di  fronte.  -  Appannaggio,  arme  dei  prin- 
cipi del  sangue  del  ramo  cadetto,  che  ha  nel  suo 
campo  un  segno  indicante  il  loro  grado  rispetto 
al  ramo  principale.  -  Aquilone,  vento,  rappresentato 
con  viso  uscente  da  una  nube  e  con  le  gote  gonfie, 
in  atto  di  soffiare. 

Aratro,  nello  scudo,   segno   di   esercizio   utile  e 


nobile.  -  Arcobaleno,  arco  celeste,  fascia  o  banda  po- 
sta ad  arco,  per  lo  più  di  quattro  colori  (oro,  rosso, 
argento,  verde).  -  Argento  o  bianco,  fondo  dell'arme: 
simboleggia  la  purità. 

Arme  di  pretensione,  diritto  vantato  su  feudi  o 
domini  che  non  si  posseggono  effettivamente. 

Arme,  lo  scudo  insieme  alle  pezze  araldiche  e  agli 
smalti.  -  Arme  di  comunità,  quella  di  comuni,  Pro- 
vincie, corporazioni,  società,  ecc.  -  Arme  di  dignità, 
quella  inerente  alla  carica  e  all'ufficio  che  ebbe  il 
proprietario.  -  Arme  di  dominio,  arme  del  regno  o 
dell'impero  portata  dal  principe.  -  Arme  d'inchiesta 
o  dimandante,  quella  scostantesi  dalla  regola  prin- 
cipale del  blasone. 

Arme  di  successione,  cjuella  ricevuta  per  successione, 
in  mancanza  dell'erede  del  sangue. 

Armi  agalmoniche  o  parlanti,  le  armi  simboliche 
assunte  per  un'impresa  gloriosa,  o  quelle  che  spie- 
gano semplicemente  il  cognome.  -  Armi  arbitrarie, 
quelle  assunte  da  una  famiglia  senza  alcun  di- 
ritto di  portarle.  -  Armi  assuntive,  o  di  assunzione, 
quelle  che  si  prendono  per  la  prima  voi  la,  in  me- 
moria di  q'ualche  onorevole  impresa.  -  Ama  di  ado- 
zione, quelle  ereditate  da  un  figlio  adottivo,  in 
mancanza  di  eredi  del  sangue.  -  Armi  di  origine, 
tutte  le  armi  dal  giorno  in  cui  furono  assunte. 

Armi  di  padronanza,  quelle  che  si  aggiungono 
alle  proprie  per  contrassegno  di  dipendenza.  -  Armi 
di  sostituzione,  quelle  di  chi  è  obbligato  ad  assu- 
mere il  nome  e  l'arma  d'una  famiglia  estinta.  -  Armi 
enigmatiche,  quelle  irregolari,  delle  quali  non  si 
spiega  il  significato.  -  Armi  gentilizie,  quelle  appar- 
tenenti a  famiglie  nobili. 

Armi  guarnite,  quelle  che  hanno  l'impugnatura 
di  smalto  diverso.  -  Armi  impugnate,  quelle  incro- 
ciate insieme  con  lo  scudo  e  legate  nel  mezzo.  -  Armi 
simboliche,  quelle  alludenti  ad  un  fatto  importante 
pel  quale  furono  assunte;  sono  le  più  nobili.  -  Armi 
sociali,  quelle  proprie  delle  confraternite,  delle  re- 
ligioni, ecc.  -  Armi  squartate,  divise  in  quattro  campi. 

Armi,  i  denti,  i  becchi,  gli  artigli  degli  animali. 

Azzurro,  indicato  nell'arme  con  tratti  orizzontali. 

Balzana,  il  campo  di  un'arme  tagliato  attraverso 
per  piano,  sopra  d'un  colore,  sotto  di  un  altro. 

Banda,  striscia  che  atti'aversa  obliquamente  un'ar- 
me: pezza  di  primo  ordine.  -  Barra,  sbarra.  -  Belli- 
co, il  terzo  del  centro  inferiore  dello  scudo.  -  Bi- 
lancia, simbolo  della  giustizia,  dell'equità  -  Bisante, 
figura  tonda  d'oro  e  d'argento,  somigliante  a  mo- 
nete, ma  senza  impronta.  -  Bisante  torta,  figura  ro- 
tonda, metà  di  metallo  e  metà  di  colore. 

Bastone,  banda  scorciata  da  entrambe  le  parti  e 
avente  il  terzo  di  larghezza  della  figura  normale. 

Bandiera,  nome  generico  di  insegne  {gonfalone, 
orifìamma,  pennone,    stendardo,  vessillo). 

Bordone,  bastone  di  pellegrino,  simbolo  di  pelle- 
grinaggio in  Terra  Santa.  -  Bordura,  pezza  onorifica 
di  prim'ordine:  circonda  lo  scudo  ed  occupa  la 
sesta  parte  del  campo.  -  Bòrea,  vento,  figura  consi- 
stente in  una  testa  con  le  gote  gonfie,  in  atto  di 
soffiare.  -  Bottoniere,  figura  di  mezza  luna  dentata 
e  scannellata  nella  parte  concava,  con  un  bottone 
nella  parte  inferiore. 

Branca,  zampa  recisa  di  leone.  -  Brisura,  pezza 
indicante  i  rami  cadetti  di  una  famiglia.  -  Burelle, 
fasce  (sei,  otto,  dieci)  alternate  col  colore  del  cam- 
po e  parallele  nello  scudo;  dette  trangle  quando 
sono  cinque,  sette,  nove. 

Caduceo,  bastone  con  attorcigliati  due  serpenti, 
simbolo  di  pace  e  di  amistà. 


122 


\_ 

Camrìullo,  simbolo  dell'ùiuiUà,  della  temperanza, 
della:  prudenza.  -  Campana,  embleiiia  di  chiara  fama 
e  vocazione  allo  stato  ecclesiastico  -  Campanile, 
segiio  di  giurisdizione  ecclesiastica. 

Campo,  il  fondo  dello  scudo,  sul  quale  stanno  le 
pezze  e  le  figure  blasoniche.  -  Candela  e  torcia,  em- 
blemi di  imprese  preclari.  -  Cannone,  simbolo  di 
forza  d'animo.  -  Cantone,  meno  d'un  sesto  del  cam- 
po verso  gli  angoli  superiori  dello  scudo. 

Capo,  pezza  onorevole  di  prim!(irdine,  occupante 
la  terza  parte  superiore  dello  scudo.  -  Lappa  rove- 
scia, figura  dello  scudo  cappeggiato,  quando  si  api-e 
dalla  punta  dello  scudo  fii^o  agli  angoli  del  capo. 

Cappello,  emblema  ecclesiastico. 

Carnagione,  il  colore  per  le  figure  tratte  dal  corpo 
umano,  -  Castello,  contrassegno  di  nobiltà  antica  e 
di  podestà  feudale.  -  Catena,  emblema  di  alto  do- 
minio su  terre  e  vassalli.  -  Centro,  il  punto  d' 
mezzo  dello  scudo.  -  Cercine,  rotolo  di  .stolTa  colo- 
rata degli  smalti  dello  scudo  :  tiene  fermo  il  ci- 
miero sugl'elmo. 

Clviam,  segno  di  potenza.  -  Ciclamoro,  grande 
anello,  sempre  solo  nello  scudo. 

Cimiero,  tutto  quanto  è  sopralo  scudo,  e  distin- 
gue i  gradi  di  nobiltà  e  dignità  -  Cinghiale,  sim- 
bolo dell'audacia  e,  insieme,  della  ferocia.  -  Cinta, 
fascetta  che  lega  le  figure  degli  animali  a  mezzo  il 
corpo.  -  Circoli,  grandi  anelli  (due  o  tre,  uno  den- 
tro l'altro)  nell'arme. 

Clava,  emblema  del  principe  severo,   ma   giusto. 

Colmo,  pezzo- onorifico  (capo  alzato).  -Colonna, 
emblema  di  costanza,  di  prudenza,  di  forza. 

Colari  principali:  il  rosso,  l'azzurro,  il  nero,  il 
verde.  Secondari:  il  violaceo  (porpora),  la  carna- 
gione e  il  colore  naturale.  -  Compasso,  segno  di 
prudenza,  di  senno,  di  esperienza.  -  Cometa,  sim- 
bolo di  fama  acquistata  per  illustri  fatti.  -  Conchi- 
glia, emblema  delle  crociate  e  dei  pellegrinaggi  in 
Terra  Santa. 

Contracomposta,  si  ha  quando  lo  scudo  é  fasciato 
e  bordato  e  gli  smalti  della  bordatura  alternano  con 
quelli  delle  wsce.  -  Contralloppio  merlato,  l'insieme 
delle  bande,  delle  fasce,  dei  pali,  ecc.,  merlati  da 
entrambi  i  lati.  Detto  noderoso  o  nodoso,  se  da  ambo 
1  lati  ci  sono  nodi.  -  Contrafiletto,  o  contrabastone, 
sbarra  ridotta  alla  quinta  parte  della  sua  larghezza. 
-  Contravaio,  foderatura  del  vaio,  i  cui  pezzi  non 
sono  alternati  con  l'azzurro,  ma  riuniti   nelle  basi. 

Convenevoli  partizioni,  pezze  riempienti  lo  scudo 
a  eguali  intervalli. 

Corazza,  simbolo  di  forza  e  di  difesa.  -  Cor-na, 
simbolo  di  forza  e  tenacia.  -  Cornò,  simbolo  delle 
caccle  signorili.  -  Corona,  figura  indicante  il  grado 
di  nobiltà,  isolata  sullo  scudo  o  sulla  cima  del- 
l'elmo. -  Cotissa,  pezza  di  brisnra,  la  metà  di  una 
banda. 

Croce,  insieme  di  un  palo  e  di  una  fascia  uniti. 
Crocetta,  piccola  croce,  figura  secondaria,  -  Croce 
patente,  q[uando  le 'due  estremità  della  croce  si  al- 
largano ai  lati  dello  scudo.  -'  Cuore,  il  centro  dello 
scudo. 

Dado,  figura  indicante  variamente:  liberalità,  for- 
tuna, vittoria,  inganno,  pericolo,  ecc.  -  Dardo,  em- 
blema della  prontezza;  anche,  di  pensiero  giusto. 

Divisa,  della  fascia  e  della  banda,  quando  hanno 
solo  due  terzi  della  loro  larghezza  rispettiva.  Di- 
visa sbarrala,  con  la  sbarra.  -  Elmo,  contrassegno 
del  grado  nobiliare  del  cavaliere.  -  Emblema,  figura 
o  complesso  di  figure  aventi  un  significato  speciale. 


ARALDICA 


-  Erpice,  emblema  della  giustizia.  -  Estrez,  croce 
ridotta  alla  metà  della  sua  normale  larghezza. 

Falce,  simbolo  dei  lavori  campestri. 

Fascia,  pezza  onorevole  di  primo  ordine,  occu- 
pante il  terzo  di  mezzo  dello  scudo.  -  Fascia  banda 
e  sbarra,  fascia  con  una  banda  o  una  sbarra  occu- 
panti la  metà  inferiore  dello  scudo,  entrambe  dello 
stesso  smalto.  -  Fascia  nebulosa,  o  nuvolata,  ondata, 
a  curve.  -  Fascia  palo,  capo  palo  abbassato. 

Fede,  due  mani  unite  e  strette:  simbolo  di  fede 
giurala,  di  salda  amicizia,  di  assistenza,  di  u- 
nione,  ecc. 

Ferro,  altro  dei  colori  araldici.  -  Ferro  di  co' 
vallo,  emblema  di  ferma  risoluzione  nel  seguire  l'e- 
sempio degli  antenati.  -  Fiaccola,  siinbolo  dell'a- 
more intenso,  della  passione,  e,  anche,  di  chiara 
fama. 

Fiamma,  lingua  di  fuoco  terminante  in  ire  punte  : 
indica  candore,  purezza,  illustre  fama,  insigni  natali. 

Figure:  le  pezze  di  primo  ordine;  quelle  di  se- 
condo ordine;  le  figure  araldiche  ordinarie  e  le  con- 
venevoli partizioni.  -  File,  gli  ordini  di  scacchi  '  e 
d'altre  simili  figure  (losanghe,  fusi,'  ecc.).  -  Filetto, 
pezza  che  è,  in  larghezza,  una  quinta  parte  della 
Vanda.  -  Filiera,  orlo,  la  bordura  ristretta  alla  metà 
del  suo  normale  spessore.  -  Fioro^ie,  foglia  d'oppio, 
d'oro,  che  si  mette  sulla  corona  di  principi,  di  du- 
chi, di  marchesi. 

Flauto,  simbolo  dell'adulazione.  -  Fuso,  losanga 
allungata,  simbolo  di  sapienza  e  di  lavori  dome- 
stici. 

■Galèa,  piccolo  bastimento  a  vele  Ialine.  -  Ghe- 
rone, l'intervallo  ripieno  dei  due  bracci  formati 
dalla  banda  e  dalla  sbarra  scendenti  dai  cartoni 
ripieni  dello  scudo.  -  (giallo,  colore  indicante  no- 
biltà,  ricchezza,  splendore,  forza,  potere,  gloria. 

Globo  imperiale,  palla  cimata  in  una  croce. 

Grembo,  l'ottava  parte  del  gremlnalo,  cioè  dello 
scudo  coperto  di  otto  angoli  eguali  fra  di.  loro  e 
aventi  la  base  sui  fianchi  dello  scudo  6'  il"  vertice 
nel  centro,  tutti  di  smalto  alternato.  -'  Guidone,  ban- 
deruola formata  da  una  lunga  lista  di  stojla,  nel 
fondo  divisa  in  due  punte. 

Immortalità,  dicesi  il  rogo  sul  quale  sta  la  fe- 
nice. -Impresa,  figura  simbolica  {impresa  di  corpo) 
posta  in  cimiero  e  sostenente  un  m.otto  o  una 
sentenza;  anche,  una  sentenza  o  una  frase  allego- 
rica {impresa  d'animo), .  posta  in  fascia,  sotto  lo 
scudo. 

Laccio  d'amore,  ornamento  esteriore  dello  scudo 
intorno  all'arme  a  losanga  delle  dame:  consta  di 
due  cordoni  di  seta  attorcigliati  e  intrecciati. 

Lambelh,  pezza  fojiuata  come  una  trangla, scor- 
ciata, munita  di  pezzi  pendenti.  -  Lambrecchini, 
pezzi  di  stoffa  a  fogliami  frastagliati  e  eadenti  come 
pennacchi  sull'elmo:  ornamento  dello  scudo. 

Lista,  segno,  linea  in  colore.  -  Liuto,  simbolo  di 
lavoro  soave  e  di  virtuoso  piacere. 

Losanga,  figura  geometrica  di  quattro  angoli,  il 
superiore  e  l'inferiore  acuto,  i  laterali  ottusi.  La 
lonsanga:  vuota    rappresenta   la  maglia  di  giaco. 

Manto,  insegha  regale.  -  Martello,  simbolo  della 
fatica,  del  lavoro  assiduo,  dell'ingegno,  e  della  per- 
severanza, ecc.  -  Massacro,  testa  di  Due  o  di  ceryo, 
scarnita,  trofeo  di  cacciatore  valente.  -  Afazza,  arma 
offensiva  a  spunzoni. 

Mercurio,  simbolo  della  prudenza  conciliatrice. 

Mitica,  emblema. di  dignità  ecclesiastica.  -  Mola, 
0  macina,    emblema  del  diritto  feudale  sui    mulini. 


ARALDICA 


423 


Mondo,  globo  circondato  da  una  fascia  centrata  e. 
cimato  da  una  croce. 

Montagna,  «imbolo  di  grandezza,  di  sapienza,  di 
nabiità,  di  fermezza,  3cc.  -  Monte,  emblema  di  pos- 
sedimenti alpestri.  -  Motto,  parola  o  breve  detto  in 
fascia  sotto -lo  scudo  o  in  cimiero.  -  'Nero,  simbolo 
di  fortezza,  di  costanza;  anche,  di  tristezza,  di  do- 
lore. 

Neve,  simbolo  di  lucidità  di  mente.  -  Xóbiltà, 
titolo  conferito  per  decreto  reale  (nobiltà  ereditaria) 
o  da  qualche  ordine  equestre  (personale).  -  Nu- 
vola, emblema  di  pensiero  torbido  (se  unite  con 
bracci  armati),  o  di  grazia  divina  (se  unite  con 
mani  benedicenti). 

Occhio,  emblema  di  retto  giudizio  e  di  avvedutez- 
za. -  Ombra,  i  contorni  riflessi  nel  campo  dell'  ira- - 
magine  di  un  corpo,  che  resta  invisibile.  -  Opinico, 
figura  con  testa  e  collo  d'aquila,  corpo  di  lione,   e 


con  una  coda  breve  comedi  cammello;  era  lo  scudo 
dei  barhicri-chirurg'oi  dì  Londra.  -  Ordine  eque- 
stre, dicchi  di  titoli  e  di  insegne  conferiti  da  so- 
vrani. •  Orlo,  la  bordura  ristretta  alla  metà  del  suo 
spessore  normale. 

Ornamento',  ciò  che  non  è  parte  integrante  deli© 
stemma.  Di  due  specie:  ereditario  o  personale. 

Oro,  il  più  nobile  dei  metalli,  rappresentato  con 
punteggiatura  del  campo  o  delle  ligure  aventi  tale 
smalto. 

Padiglione,  figura  composta  di  due  parti  :  il  colme 
(che  é  il  suo  cappello)  e  ]e. cortine  (che  ne  formano 
il  mantello).  -  Palle,  simbolo  assai  nobile.  -  Palo, 
pezza  onorevole  di  prim'ordine,  occupante  vertical- 
mente la  terza  parte  di  mezzo  dello  scudo.  -  Pal- 
vese,  0  pavese,  riome  datò  allo  scudo  verso  la  fine 
del  secolo  XII. 

Partito,,  scudo  diviso  per  metà  da  una  lima  veil- 


Tavola   V. 


Araldica 


a 

b 

e 

•i 

<- 

f 

L    e 

h 

_J 

1-  10  Segni  convenzionali  (oro,  argento,  rosso,  porpora,  azzurro,  verde,  nero,  arancio,  ermellino,  vaio).  — 
11-30.  Pezzi  e  figure  più  comunemente  usate  (fiordaliso,  aquila,  aquila  bicipite,  corvo,  leone,  leone  nascente, 
leopardo,  dragone,  grifo,  barbio,  torre,  castello,  ponte,  spada,,  sole,  mezzaluna,  stella,  mani,  testa  di  moro, 
.cuore  .  —  31-38.  Forme  diverse  dello  scudo  (francese  antico,  francese,  spagnuolo,  portoghese,  fiammingo,-  ita- 
liano, svizzero,  inglese,  tedesco,  polacco  .  —  39-4&  Divisioni  e  ripartizio7ii  dello  scudo  (tagliato,  terzato  in 
palo,  interzato  in  fascia,  in  4  inquartati  o  contro-inquartati  e  inquartati  in  traverso;  6,  8,  16,  32  quarti).  —  7.  Bi- 
dello seudù  (  A  capo,  B  destra,  C  sinistra,  D  punta,  a,  cantone  del  capo  destro;  b,  punta  di  4testa;  e,  can- 
l  capo  sinistro;  d,  fianco  destro^  e,  centro,  cuore  o  abisso;  f,  fianco  sinistro;  g,  cantone  dellapunta 


visione 

tone  del 

destra;,  h,  p'unta;  i,  cantóne  duella  punta  sinistra) 

ticale  passante  pel  centro.  Può  essere  un'arma  pri- 
mitiva o  l'unione  di  due  armi 'congiunte  in  un 
medesimo  scudo,  ma  distinte  una.  dall'  altra.  -  Par- 
tizioni, i  vari  campi  in  cui  può  essere  diviso  lo 
scudo-,  mediante  una  o  più-  linee.  -  Pastorale,  orna- 
mento dello  scudo,  posto  in  palo  o  dietro,  accollato. 

Pelliccie,  y  armellino  e  il  vaio.  -  Pelta,  specie  di 
scudo  rotondo. 

Pennone,  insegna,  bandiera,  ecc.  Pennone  genealo- 
gico, scudo  comprendente  vari  quarti  di  alleanze. 

Pergola,  combinazione  del  paio  ritirato  col  ca- 
priolo rovesciato. 


Pezze  onorevoli,  divise  in  tre  classi,  dette  di  pri- 
mo, di  secondo  e  di  terzo  ordine.  Pezze  di  primo 
ordine:  capo,  palo,  fascia,  banda,  sbarra,  croce,  per- 
gola, croce  traversa  o  di  Sant'  Andrea,  gherone,  ca- 
priolo, bordura,  quarto  franco,  campagna.  Di  secondo 
ordine:  girone,  o  grembo,  scudo  nel  cuòre,  punta 
bassa,  pila,  capo  palo,  cantune,  lainbello,  orlo,  amaidi, 
cinta,  piano,  ecc.  Di  terzo  ordine:  losanga,  fuso,  bi- 
sonte, torta,  torta  bisunte,  losanga  vuota,  losanga 
forata,  triangolò;  ecc. 

Piano,  campagna  diminuita  della  metà  altezza.  - 
Pila,  pezza  onorevole,  triangolo  cort  la  base  all'orlo 


124 


superiore  e  il  vertice  alla  punta  dello   scudo.  -  Pi- 
ramide, simbolo  di  virtù,  di  costanza,  di  gloria. 

Plinto,  figura  quadrilatera,  più  lunga  che  larga. 

Ponte,  segno  indicante  diritto  di  pedaggio  o  feudi 

Sresso  i  corsi  d'  acqua.  -  Pórpora,  contrassegno  di 
ignita  regia.  -  Porta,  emblema  di  fedele  custodia 
(se  chiusa)  o  di  liberalità  (se  aperta).  -  Potenza, 
figura  simile  a  un  T  greco.  -  Pozzo,  simbolo  di  sa- 
pienza, acquistata  con  fatica,  di  grandezza  e  di 
ricchezza  conseguite  con  difficoltà. 

Punta,  pezzo  onorifico  fatto  a  triangolo,  diretto 
dagli  angoli  inferiori  dello  scudo  al  disotto  del  centro. 
Punta  dello  scudo,  o  campagna,  la  terza  parte  di 
esso.  -  Puntale,  o  bottoniera,  figura  rappresentante 
la  punta  del  fodero  della  spada.  -  Punti  di  scac- 
chiera, partito  di  due  e  scaccato  di  quattro:  scudo 
a  quindici  scacchi,  otto  di  uno  smalto  e  sette  di 
un  altro.  -  Punti  equijjollenti,  simbolo  di  vittoria: 
scudo  a  nove  scacchi,  cioè  partito  di  due,  spaccato 
di  due,  cinque  d'uno  smalto  e  quattro  di  un  altro. 
-  Punto  d'onore,  il  punto  centrale  immediato  sotto 
la  linea  del  capo. 

Quarto,  la  quarta  parte  dell'  inquartato;  quarti, 
tutte  le  posizioni  dello  scudo,  divise  da  linee  per- 
pendicolari, orizzontali  od  oblique.  -  Quarto  d'  al- 
leanza, quello  nel  quale  sono  descritte  le  armi 
delia  famiglia  alleata  per  matrimonio  o  per  altro. 

Quarto  franco,  pezza  onorevole  di  primo  ordine 
occupante  uno  spazio  quadrato  nella  parte  destra 
del  capo. 

Raggio,  o  gioia  raggiante,  figura  di  otto  raggi,  a 
foggia  di  ruota  con  una  gemma  nel  centro;  croce 
regolare  sovrapposta  ad  una  croce  traversa.  -  Ra- 
dice, di  albero,  emblema  di  antica  nobiltà.  -  Rami 
degli  alberi  :  hanno  la  stessa  simbolica  di  questi. 

Rampa,  branca  d'animale,  nelle  armi.  -  Rastello, 
una  delle  più  nobili  figure:  lambello. 

Riduzioni,  pezze  onorevoli  ridotte  o  diminuite, 
tranne  il  quadro  e  la  pergola.  -  Riga,  fascia  dimi- 
nuita d' un  terzo  :  divisa.  -  Rincontro,  testa  d'  ani- 
male posta  in  faccia  e  di  cui  si  vedono  ambedue 
gli  occhi.  -  Riviera,  fiume  scorrente  sopra  un  ponte: 
indica  diritto  di  pesca,  di  pedaggio,  o  feudo  in  riva 
a  un  fiume. 

Rocco,  torre  simile  a  quella  degli  scacchi,  -  Rom- 
bo, losanga  affusata.  -  Róndine,  emblema  di  viaggio 
transmarino  o  di  lunghe  peregrinazioni;  anche, 
dell'affezione  alla  propria  terra.  -  Rosso,  rappresen- 
tato con  linee  perpendicolari:  indica  spargimento  di 
sangue,   audacia,    valore,   ecc.  -  Rotella,   Io   scudo 

Seriettamente  rotondo.  -  Rotella  di  sperone,  specie 
i  stella  a  sei  punte,  forata  nel  mezzo. 

Rux)ta,  simbolo  di  fortuna.  -  Rupe,  segno  di  ani- 
mo intrepido  e  costante. 

Saracinesca,  insieme  di  sei  pali  aguzzati  in  fondo, 
con  cinque  traverse  inchiodate  e  un  anello  nel 
mezzo  della  traversa  superiore.  -  Sbanca,  figura 
stendentesi  dall'angolo  superiore  sinistro  alla  parte 
inferiore  destra  dello  scudo  :  distintivo    ghibellino. 

Scacchi,  il  giuoco  anticamente  prediletto  dai  ca- 
valieri. -  Scettro,  emblema  di  comando,  di  dominio, 
di  grandezza.  -  Scimitarra,  sciabola  turca  rappre- 
sentante un  trofeo  tolto  al  nemico.  -  Scoglio,  em- 
blema di  fede  e  di  resistenza. 

Scudetto,  piccolo  scudo  che  si  pone  nell'arme 
lome  qualunque  altra  figura.  -  Scudo,  il  fondo  o  il 
campo  sul  quale  sono  disegnate  le  figure  e  le  pezze. 

Scudo  medio,  scudetto  che  ne  porta  nel  suo  centro 
un  altro  {scudo  del  cuore).  Gli  ornamenti  dello  scudo 
sono  distinti   in  ereditari    (corone,  elmi,    sostegni. 


tenenti,  divise,  mantello,  padiglione,  ecc.)  e  perso- 
nali (àncore,  bandiere,  cannoni,  trofei,  pei  militari; 
cappelli,  mitre,  pastorali,  tiara,  ecc.,  pei  prelati). 

Cimiero,  corona,  grido  di  guerra,  motto,  padiglioni: 
accessori  dello  scudo.  -  Scala,  eniblema  di  impresa 
riuscita,  di  onori  acquistati  con  difficoltà,  con 
fatica. 

Sega,  fascia,  banda,  sbarra,  ecc.,  dentata  solo 
nella  parte  inferiore.  -  Semivolo,  un'ala  sola  spie- 
gata, metà  volo. 

Smalto,  nome  generico  comprendente  i  metalli,  i 
colori  e  le  pelli.  -  Sole,  simbolo  di  grandezza,  di 
potenza,  di  illustre  nobiltà,  ecc.:  rappresentato  con 
volto  umano  avente  intorno  sedici  raggi  d'oro,  metà 
diritti,  metà  serpeggianti.-  Sostegni,  o  supporti,  tutto 
ciò  che  si  pone  esteriormente  ad  uno  o  ad  entrambi 
i  lati  dello  scudo  per  sostenerlo. 

Spada,  simbolo  di  origine  guerriera.  -  Siella,  con- 
trassegno rappresentato,  per  lo  più,  con  cinque 
punte,  una  rivolta  al  capo  dello  scudo.  -  Stemma^ 
arme  o  insegna  gentilizia,  distintivo  onorifico,  adot- 
tato da  principi,  da  famiglie,  da  corpi  religiosi  e 
morali.  -  Stendardo,  insegna,  bandiera. 

Targa,  scudo  incavato.  -  lavola  d'aspettazione, 
scudo  pieno  di  un  solo  smalto.  -  lavola  rotonda, 
antico  ordine  equestre.  -  Tan,  specie  di  croce 
patente. 

Tenenti,  sostegni,  supporti.  -  Terrazzo,  piano 
orizzontale,  occupante  il  terzo  inferiore  dello  scudo. 

Terze,  le  fasce,  le  bande  simili,  quando  disposte 
nello  scudo  tre  per  tre  e  occupanti  lo  stesso  spazio 
della  fascia,  della  banda,  ecc.  -  Testa  di  moro:  in- 
dica i  mori  fatti  prigionieri  al  tempo  delle  crociate, 
0  dalle  galee  di  Rodi,  ecc. 

Teutònica,  croce  patente  leggermente  incavata  alle 
estremità  e  col  braccio  inferiore  più  lungo  degli 
altri.  -  Tiara  o  triregno,  la  corona  papale.  -  Torcia, 
simbolo  di  generosità  d'animo.  -  Torre,  contrasse- 
gno d'antica  e  cospicua  nobiltà.  -  Torta,  pezza  ro- 
tonda di  colore  pieno,  poco  diversa  dalla  torma  del 
Usante.  -  lorta  Usante,  pezza  rotonda,  metà  colore 
e  metà  metallo.  -  Tortiglio,  benda  di  moro. 

Trangle,  cinque,  sette  o  nove  fasce   nello  scudo. 

Traversa,  sbarra  diminuita  di  un  terzo  della  sua 
larghezza.  -  Triangolo,  contrassegno  di  eguaglianza. 

Tribolo,  strumento  di  ferro  con  quatti'o  punte  : 
serviva  anticamente  ad  impacciare  la  cavalleria. 

Triquètra  (tre  gambe),  simbolo  rappresentante  la 
Sicilia. 

Vaio,  pelliccia  composta  di  pezzi  d'argento  della 
forma  di  campanelli  rovesciati  sopra  un  campo  di 
azzurro.  -  Vascello,  nave,  rappresentazione  di  animo 
forte,  resistente  ai  pericoli  e  alle  avversità. 

Vepre,  figura  rappresentante  un  ciliegio  selvatico 
0  un  pruno  di  sette  rami.  -  Verde,  simbolo  di  vit- 
loila,  di  onore,  di  cortesia,  di  amicizia,  ecc. 

Ver  ghetta,  palo  ristretto  a  un  terzo  della  sua  lar- 
ghezza normale.  -  Vigilanza,  sasso  o  ciottolo  tenuto 
sulla  zampa  dalla  gru.  -  Vite:  si  rappresenta,  per 
lo  più,  accollata  ad  un  palo,  ad  un  albero,  ad  una 
torre.  -  Volo,  due  ali  di  volatile  unite  insieme. 

Vulcano,  simbolo  di  passioni  ardenti. 

Zolla,  piccola  terrazza,  occupante  solo  la  punta 
bassa  dello  scudo. 

Gli  animali  nell'araldica 

Agnello,  simbolo  di  mansuetudine  e  di  innocenza. 

Agnello  pasquale,  quello  che  nella   zampa   destra 

stringe  una  croce,  dalla    quale  pende   una   bande- 


ARALDICA 


l:*5 


ruola  caricala  di  una  croce  rossa.  -  Airone,  piccola 
aquila  senza  rostro  e  senza  artigli.  -  Alcione,  sim- 
bolo della  tranquillit^i  e  della  dolcezza  :  raffigurato 
simile  a  un  cigno  natante  sulle  onde. 

Ape,  emblema  dell'industria  e  della    parsimonia. 

Aquila,  simbolo  della  potenza  e  della  vittoria 
(l'aquila  araldica  é  molto  diversa  dalla  naturale). 

Armellino  (la  pelle  bianca,  con  la  coda  pera), 
emblema  di  alta  dignità.  -  Avoltoio,  simbolo  dell'ar- 
dimento e,  insieme,  della  cupidigia. 

Buìhto,  uno  dei  più  araldici  fra  i  pesci. 

Becco  0  montone,  simbolo  del!'ar_dimento  in  bat- 
taglia, 0,  anche,  di  vasti  pascoli.  -  Biscia,  serpente 
posto  ondeggiante  in  palo,  col  capo  in  fascia  e  di 
profilo  a  destra.  -Bue,  simbolo  dei  lavori  campe- 
stri. -  Bufalo,  emblema  della  forza  brutale. 

Cammello,  simbolo  dell'umiltà,  della  temperanza, 
della  prudenza.  -  Cane,  simbolo  di  fedeltà  e  di  vi^ 
gilanza:  si  rappresenta  nero  o  d'  argento.  -  Capra: 
simboleggia  i  luoghi  montuosi,  i  feudi  alpestri. 

Capriolo,  pezza  onorevole  di  primo  ordine,  for- 
mata da  una  banda'  e  da  una  sbarra  dello  stesso 
Smalto,  che  si  incontrano.  Si  dislingue,  poi,  il  Ca- 
priolo in  banda  (se  il  suo  vertice  tocca  l'angolo 
destro  superiore  dello  scudo),  in  fascia  (se  tocca 
sulla  metà  del  fianco  destro),  in  sbarra  (se  all'op- 
posto del  capriolo  in  banda). 

Castoro,  simbolo  di  pace  e  tranquillità.  -  Cavallo, 
segno  di  valore  e  di  intrepidezza.  -  Cervo,  segno  di 
noniltà  antica  e  generosa,  o  di  caccie  signorili,. 

Cicogna,  simbolo  di  riconoscenza. 

Cigno,  simbolo  di  purità  dell'anima  -  Cinghiale, 
siniholo  dell'audacia  e,  insieme,  della  ferocia.  -  Ci- 
ciìita,  segno  di  asfalto  notturno  o  di  altra  notturna 
impresa. 

Cotómòa,  emblema  dell'amore  e  dell'affetto  coniti» 
galg.  -  Cev'bo,  simbolo  di  augurio  glorioso,  di  per- 
spicacia dell'ingegno. 

Daino,  emblema  di  caccia;  anche,  dell'uomo  ac- 
corto e  pronto  nelle  imprese.  -  Delfino,  emblema  di 
pesca  abbondante:  indica  anche  protezione  efficace 
e  sincera.  -  Elefante,  sìmbolo  di  fortezza  e  grandezza 
d'animo. 

Falco,  lalcone,  emblema  delle  caccie  signorili  e 
della  carica  di  falconiere.  -  Farfalla,  figura  indicante 
il  virtuoso  che  cerca  il  lume  della  virtù. 

Gallo,  emblema  del  guerriero  valoroso  e  pronto 
alle  armi.  -  Gatto,  emblema  di  indipendenza,  di  vi- 
gilanza e  di  destrezza.  <■  Gru,  simbolo  di  vigilanza. 

Leone,  il  più  nobile  animale  del  blasone.- Leó- 
pardo,  nell'arme,  il  leone  passante.  -  Lepre,  simbolo 
di  mitezza  d'animo,  d'amore  alla  tranquillità  e  alla 
solitudine.  -  Levriere,  emblema  di  caccia;  anche,  di 
animo  pronto,  vivace,  costante.  -  Lupo,  simbolo  di 
capitano  ardito. 

Oca,  simbolo  di  vigilanza,  di  fedeltà.  -  Orso,  em- 
blema di  guerriero  prode  e  forte  in  battaglia. 

Pavone,  simbolo  di  ricchezza  e  di  lusso.  -  Pecora, 
simbolo  di  dolcezza  e  di  mansuetudine.  -  Pellicano, 
volatile  simile  al  cigno:  indica  pietà,  amor  del  pros- 
simo. -  Pesce,  simbolo  del  silenzio,  della  verità,  o 
di  fedele  segretezza.  -  Picchio,  simbolo  dell'uomo 
forte  e  perseverante. 

Ramarro,  simbolo  di  affezione. 

Scoiàttolo,  simbolo  dell'uomo  saggio  e  prudente. 

Scorpione,  simbolo  dell'uomo  vendicativo.  -  Ser- 
pente, emblema  di  prudenza  o  di  grave  fatica:  rap- 
presentato attortigliato,  ondeggiante,  piegalo  in  giro 
o  in  doppio  giro,  affrontato  in  fascia,  linguato,  alato, 
coronato.  -  S/jftrtìero,  simbolo  di    origine  guerriera 


o  di  vittoria.  -  Struzzo^  emblema  del   suddito  obbe- 
diente; anche,  simbolo  di  giustizia. 

Tigre,  emblema  dell'uomo  di  gran  coraggio  e  del- 
l'impeto nel  combattere.  -  Toro,  gejìeralmente  rap- 
presentato furioso,  ossia  rampante.  -  Volpe,  simbolo 
di  astuzia,  di  sagacità. 

Animali  chlmerici. 

Alerione,  specie  di  aquila  senza  rostro  e  senza 
artigli.  -  Anatrella;  anitra  senza  becco  esenza  zampe. 

Arpia,  figura  strana,  con  volto  e  busto  di  don- 
na, corpo  pinnato,  ali,  coda  e  artigli  di  avoltoio, 
orecchie  d'orso:  simbolo  di  rapa'cità. 

Basilisco,  simbolo  della  calunnia. 

Centauìv,  figura  mitologica,  metà  uomo  e  metà 
cavallo,  con  la  testa  e  il  dorso  rivoltati.-  Cèrbero. 
animale  con  tre  gole.  -  Chimera,  animale  favoloso 
con  testa  di  donna,  gambe  anteriori  di  leone,  pello 
e  gambe  posteriori  d'aquila,  coda  di  serpente. 

Drago,'  figura  molto  usata,  simbolo  di  vigilanza, 
di  prudenza,  di  custodia,  di  fedeltà. 

Fenice,  emblema  di  longevità,  di  lama  imperitura, 
di  nome  senza  màcchia.  -  Gn/b,  jn/bne,  animale 
metà  aquila  e  metà  leone:  simbolo,  per  quanto  ere? 
desi,  della  vigilanza,  della  custodia,  ecc.  -  Idra,  mo- 
stro favoloso  a  tre  teste; 

Liocorno,  animale  raffigurato  a  fórma  di  cavallo, 
barba  di  capra,  zoccoli  di  bùè,  coda  di  leoi\p  eun 
corno  in  fronte.  -  Melusina,  la  sirena  uscente  da  un 
tino.  -  Merlotto,  uccello  senza  becco  e  senza  artigli. 

Pantera,  animale  con  capo  di  drago,  corpo,  JJam- 
pe  posteriori  é  coda  di  leone,  zaippè  anteriori  di 
aquila.  -  Pègaso,  cavallo  alato. 

Salamandra,  a  figura  dj  ramarro,  simbolo  di,  co- 
stanza e  di  giustizi^  '  S/ìnje,'  mostro  con^  volto  e 
busto  di  donna,  capo  di  cane,  zampe  di' leone  e 
coda  di  dragò.  ^  Sirena,  simbolo  di  beltà  seducente 
e  fallace:  ha  corpo  di  giovane  donoa  fino  all'ombe- 
lico, il  resto  a  forma  di  pesce. 

'PuNTEy  FIQRI,  ECC.,   NELL'aRALDICA. 

Abete,  sinibbio  fli  animo  iiobile  ed  elevato,  di 
retto  pensiero,  di  alte. aspirazioni.  -  Alloro,  simbolo 
della  virtù,  dèlriptrepidezza,  dèlia  vittoria.  -  Casta- 
gno, simbolo  di  Virtù  nascósta  e  di  resistenza. 

Ciliegio,  emblema  di  dolcezza  imparziale,  di  fra- 
tellanza e  di  concordia.  -  Cipresso,  segno  di  nome 
senza  macchia. 

Ederai  simbolo  di  amicizia  sempre  viva  (se  ac- 
collata ad  un  tronco  d'^filbero),  o  di  crescente  desi- 
derio di  dominio  (se  accollata  ad  una  torrC;,  ad  un 
castello). 

Faggio,  emblema  della  resistenza  alle  passioni, 
di  vita  sobria  e  riguardósa.  -  Ficiì,  emblema  della 
dolcezza  e  della  fragilità.  -  Fiordaliso,  il  giglio. 

Frassino,  simbolo  di  fedeltà. 

Garòfano,  emblema  della  virtù  che  procura'onore. 

Gelso,  simbolo  di  prudenza.  -  Gelsomino,  simbolo 
di  pandore,  di  purezza.  -  Giglio,  in  araldica,  diverso 
dal  naturale:  il  più  nobile  dei  fiori.  -  Girasole,  sim- 
bolo di  volontà  propensa  al  bene. 

Mandorlo,  simbolo  di  grande  ardire,  o  di  gioventù, 
0  di  speranza  incerta.  -  Melagrano,  sinibolo  di  sin- 
cerità, di  concordia,  di  magnanimità.  -  Meliga  (Spiga 
di  granturco),  simbolo  di  persona  del  vojgo,  deside- 
rosa di  rendersi  cospicua  col.  ìavorp  e  con  la  vittù. 

i/e/o,  simbolo  del  principe  bérefico,'del  padre  di 


126 


famiglia;  o  delia  beltà  pericolosa  o  d'amore.  -  Mirlo, 
simbolo  della  gloria  del  poeta. 

Nèspolo,  sixràolo  di  sapienza,  di  politica  sagace; 
anche,  di  verace  amore.  -  Noce,  simoolo  dell'inno- 
cenza 0  della  virtù  perseguitata.  -  Olivo,  simbolo  di 
pace  e  di  vittoria.  -  Olmo,  simbolo  di  carità,  d'unio- 
ne coniugale,  di  amicizia,  di  protezione.  -  Ortica, 
emblema  di  curiosità. 

Palma,  emblema  di  vittoria  e  di  pace.  -  Pero,  em- 
blema di  principe  benefico,  di  buon  padre  di  fami- 
glia. -  Pesco,  simbolo  di  silenzio  e  di  veri^;  anche 
di  fedele  segretezza.  -  Pino,  simbolo  di  antica  e  ge- 
nerosa nobiltà. 

Quattro  foglie,  fiore  araldico  con  quattro  foglie, 
senza  bottone.  -  Qwrcia.  simbolo  di  forza,  di  antico 
dominio   di  forte  animo,  ecc. 

Rapa,  simbolo  della  beneficenza.  -  Rosa,  emblema 
della  bellezza,  dell'onore  puro,  del  jnerito  ricono- 
sciuto, ecc.  -  Rutai  emblema  di  castità  e  di  felicità 
campestre.  -  Salice,  simbolo  di  caistità  -  Spiga,  sim- 
bolo di  abbondanza  e  di  frugalità;  di  famiglia  no- 
bile e  numerosa.  -  Spino,  emblema  di  valore  ricono- 
sciuto e  di  giusto  risentimento.  -  Trifoglio:  indica 
efficacia -nelle  lettere. 

Qualifiche  e  particolarità'  varie  delle  armi 

E    DETvLE    figure   ARALmCHE. 

Abbassato,  dicesi  del  capo  dello  scudo,  quando, 
invece  di  occupare  la  terza  parte  superiore^  é  col- 
locato più  in  basso.  -  Abbraccialo  (delio  scudo), 
specie  di  incappato  traverso,  formato  da  una  pila 
allargata,  che  parte  da  un  fianco  e  converge  le  due 
ineé  nel  centro  del  fianco  opposto.  -  AccanUmala, 
la  croce,  quando  accompagnata,  negli  angoli,  da 
altre  figure,  per  lo  più  simili  e  brevi.  -  Acca/rtocciato, 
lo  scudo,  allorquando  i  suoi  lembi  sono  arrotolati 
a  guisa  di  cartoccio. 

Acceso,  di  face,  torcia,  rogo,  quando  la  fiamma  è 
di  colore  difierente.  -  Accollato,  dell'animale  che 
porta  una  corona  intorno  al  collo  o  qualsiasi  altra 
figura  araldica.  Anche  serpente  attorcigliato  ad  una 
colonna.  -  Accompagnato,  di  figura  o  pezza  princi- 
pale dello  scudo,  avvicinata  da  altre  secondarie, 
proporzionatamente  disposte.  -  Acco/)/)io<o,  degli  ani- 
mali legati  due  a  due  (specialmente  cani  da  caccia). 

Accostalo,  delle  pezze  (bande,  fasce,  pali,  sbarre, 
ecc.),  di  forma  allungata  e  aventi  altre  figure  ai  lati, 
per  lo  più  della  stessa  natura. 

Addanaiata,  l'arme  sparsa  di  piccoli  tondi  a  guisa 
di  danari.  -  Addestrata,  della  figura  che  ne  ha 
un'altra  alla  destra.  -  Addossati,  gli  animali  o  le 
figure  che  stiano  dorso  a  dorso.  -  Afferrante,  del- 
l'animale che  stringe  nelle  branche  o  negli  artigli 
qualche  figura.  -  Affrontati,  Y  opposto  di  addossati. 

Aguzzato,  della  pezza,  per  lo  più  lunga,  che  ter- 
mina in  punta  aguzza. 

Alato,  dell'animale  che  ha  ali  contro  sua  natura 
e  di  smalto  differente  da  quello  del  corpo.  -  Aiet- 
tato, il  pesce  quando  ha  le  ali  di  smalto.  -  Allegro, 
il  cavallo  libero  e  senza  alcun  finimento.  -  Allu- 
mato, 0  illuminato,  dell'animale  con  occhi  di  colore 
difierente  dal  jeslo  del  corpo.  -  Alta,  la  spada 
posta  in  alto.  -  Alzato,  della  pezza  posta  più  in 
alto  della  sua  posizione  normale. 

Ancorata,  la  croce  o  la  pezza  che,  non  toccando 
i  bordi  dello  scudo,  termina  rivoltata  in  punta,  a 
guisa  di  àncora.  -  Angolata,  la  croce  accompagnata, 
negli  angoli,  da  quattro  figure  per  lo  più  allungate. 


Animalo,  di  cavallo  in  atto  di  correre  e  con  gli 
occhi  di  smalto  diverso  da  quello  del  corpo. 

Annuvolale,  o  nuvolate,  di  fasce,  bande,  ecc.,  on- 
date come  nuvole. 

Aperto,  qualsiasi  fabbricata  che  generalmente  ha 
la  porta  di  smalto  diverso,  o  dalla  quale  si  scorge 
il  colore  del  campo.  -  Appuntate,  due  spade  o  due 
lancie  che  si  toccano  con  la  punta.  -  Ardito,  del 
gatto  con  la  zampa  destra  alzata.  -  Argento,  o  Man- 
co, fondo  dell'arme. 

Armati,  i  soldati  vestiti  di  corazza.  -  Armalo. 
termine  indicante  le  lancie,  le  picche,  1^  freccie  e 
simili,  aventi  colore  diverso  da  quello  dell'  asta. 
Dicèsi  anche  dell'animale  con  le  unghie  e  gli  artigli 
di  colore  differente  dal  resto.  -  Armellinato,  titolo 
applicato  allo  scudo  composto  di  due  smalti,  oltre 
che  l'argento  e  il  nero.  -  Arrestato,  di  animale  (bue, 
elefante,  cavallo)  fermo  sulle  quattro  zampe.  -  Ar- 
ricciato, del  gatto  col  pelo  irto  e  arruffato,  e  col 
dorso  inarcato. 

Assicellato,  lo  scudo  scaccato  a  rettangoli  nel 
senso  dell'altezza.  -  Attorcigliato,  attortigliato,  attri- 
buto e  posizione  del  serpente.  -  Attraversante,  la 
figura  o  la  pezza  onorevole  cbe  attraversa  la  parti- 
zione, r  inquartatura  o  il  campo  dello  scudo.  -  At- 
traversamento, della  figura  sulla  quale  sono  poste 
bande,  fasce,  lambelli,  ecc. 

Baglionato,  di  animale  con  in  bocca  un  bastone 
0  un  osso.  -  Balzana,  di  arme  o  insegna  del  campo 
tagliato  per  traverso  d' un  colore  di  sopra  e  un 
altro  di  sotto.  -  Bandaio,  lo  scudo  coperto  di  sei 
bande  alternate,  ciascuna  di  smalto  differente  fra 
loro.  Si  distingue  poi:  il  bandato  ondato,  indentato, 
centrato,  merlato,  ecc.  -  Barbato,  del  gallo  con 
bargiglio  e  del  delfino  con  barbe,  di  smalto  dissi- 
mile dal  resto.  -  Battagliata,  la  campana  con  bat- 
. tàglio  di  smalto  diverso. 

Bicipite,  aquila  a  due  teste.  -  Biforcata,  la  croce 
patente  con  ciascun  braccio  terminante  in  due  punte 

Bisantato,  lo  scudo  seminato  di  bisanti.  -  Boc- 
cheggiante, pesce  con  la  bocca  aperta.  -  Bocciolato, 
provveduto  di  bocci  come  il  giglio  di  Firenze. 

Bordato,  di  pezza  con  bordi  di  smalto  diverso.  - 
Bordonata,  la  croce  coi  bracci  arrotondati  alle  estre- 
mità. -  Bottonaio,  nel  fiore,  il  bottone  non  ancora 
dischiuso.  -  Braccante,  posizione  del  cane,  rappre- 
sentato di  nero  o  d'argento.  -  Burellato.  lo  scudo 
coperto  di  burelle. 

Cadente^  la  stella  di  cinque  raggi,  con  l'inferiore 
rivolto  verso  la  punta;  anche,  la  freccia,  la  lancia, 
la  spada,  rivolte  con  la  punta  verso  il  lato  infe- 
riore dello  scudo.  -Calzato,  formato  da  due  linee 
che,  partendo  dagli  angoli  superiori  dello  scudo, 
convergono  nella  punta.  -  Cancellato,  lo  scudo  ca- 
ricato di  tre  o  più  cotisse  in  banda,  di  tre  o  più 
cotisse  in  sbarra,  intrecciate  e  sovrapposte.  -  Cap- 
peggiato, lo  scudo  che  ha  una  figura  simile  a  cappa, 
mantello  o  padiglione  alzato,  -  Capriolato,  dello 
scudo  o  della  pezza  se  ricoperti  di  sei  caprioli  di 
smalti  alternati.  Capriolato  riverso,  quando  i  ca- 
prioli sono  rivoltati  verso  la  punta  dello  scudo. 

Carica,  Y  arme  varia  di  figure,  di  colori  e  di 
metalli.  -  Caricalo,  dicesi  delle  pezze  e  delle  fi- 
gure sulle  quali  stanno  altre  figure.  -  Centrala, 
Ja  fascia  o  la  banda  posta  in  arco.  -  Cimato, 
il  cervo  con  le  corna  di  smalto  diverso;  di  pezza 
con  altra  figura  alla  sua  estremità.  -  Cinghiato,  ani- 
male con  una  cintura,  a  mezzo  il  corpo,  di  colore 
differente. 


127 


Collarinato,  di  animale  con  un  collare  di  smalto 
differente  dal  resto,  -  Composta,  di  arme,  quando 
lo  scudo  è  diviso  in  vari  campi.  -  Composte,  le  fa- 
sce, le  croci,  le  bande,  le  bordure,  i  pali  formati 
da  scacchi  di  vario  colore.  -  Contrabandato,  quando 
le  bande  sembrano  tagliate,  una  metà  avendo 
smalto  differente  dall'altra:  opposto,  contrasbarrato. 
Contrapposta,  quando  si  ha  lo  scudo  fasciato  e 
bordato  insieme.  -  Conlrainchiavato,  lìs^'ura  di  scudo 
inquartato  a  punta  di  pettine.  -  Contrainnestato,  fi- 
gura di  scuno  inquartato  a  trifoglio.  -  Contrain- 
quartato,  quarto  nuovamente  inquartato.  -  Contra- 
merlato, di  banda,  di  fascia,  ecc.,  merlata  solo  nella 
parte  inferiore.  -  Contrapassanti,  due  animali  posti 
uno  su  l'altro  e  oppostamente  incamminati.  -  Contra- 
rampanti, due  animali  rampanti  uno  contro  l'altro. 
•  Contra  scaccato,  fasciato  con  bordura  doppia 
scaccata  di  smalti  alternati. 

Cordato,  arco  con  la  corda  di  smalto  differente. 
-  Cordonata,  o  mulinata,  la  croce  avente  nel  centro 
un  foro  quadrato.  -  Cornato,  di  quadrupede  con 
corna  di  smalto  diverso.  -  Cotissato,  scudo  coperto 
da  dieci  cotisse,  o  più,  di  due  smalti  alternati. 

Crestato,  di  gallo,  di  drago,  di  serpente,  ecc.,  con 
cresta  di  smalto  diverso.  -  Crinita,  testa  con  ca- 
pelli di  smalto  differente.  -  Cucito,  dicesi  del  capo, 
della  banda,  della  fascia,  ecc ,  aventi  metallo  su 
metallo,  colore  su  colore. 

Del  campo,  dicesi  la  figura  quando  è  dello  stesso 
smalto  del  campo.  -  Dentata,  la  banda,  la  bordura, 
la  fascia,  ecc.,  terminante  in  punta;  e  dentellata,  se 
dentata  finemente  e,  per  lo  più,  con  denti  da  ambe 
le  parti.  -  Diademata,  figura  con  piccolo  cerchio 
sulla  testa.  -  Difeso,  del  cinghiale,  dell'  elefante  e 
del  liocorno,  che  abbiano  denti  e  corna  di  smalto 
diverso.  -  Diffamato,  dicesi  dell'animale  sprovvisto 
di  coda;  dello  scudo  riversato;  dell'arma  mancante 
di  qualche  pezza. 

Diradicato,  di  albero,  di  pianta,  che  lasci  vedere 
le  radici.  -  Diramato,  di  albero  con  rami  troncati. 

Dragonaio,  di  animale  terminante  in  coda  di 
drago. 

làbbricato,  quando  le  torri,  le  case,  i  castelli, 
ecc.   hanno  le  pietre  diverse,  ma  uniformi  fra  loro. 

Falcata,  la  croce  con  quattro  mezze  lune  all'estre- 
mità dei  bracci.  -  Fasciato,  lo  scudo  ricoperto  in 
tre  fasce   alternate  con  altre  tre  di  colore  diverso. 

Hancato,  lo  scudo  con  ai  lati  due  pali  di  smalto 
diverso  dal  campo  e  diminuiti  di  un  terzo  della 
loro  larghezza  normale.  -  Fiancheggiata,  di  figura 
con  altre  figure  o  altre  pezze  onorevoli  ai  fianchi. 

Figtirato,  del  sole,  della  luna  e  delle  monete, 
quando  in  sembianza  umana.  -  Finestrata,  di  edi- 
ficio con  finestre  di  smalto  diverso.  -  Fiordalisato  o 
gigliato,  di  pezza  terminante  in  fiordaliso  o  in 
giglio. 

Fiorente,  la  croce  o  la  pezza  con  estremità  ter- 
minante in  giglio.  -  Fiorito,  d'albero  carico  di  fiori 
di  smalto  diverso.  -  Fogliato,  d'  albero,  di  pianta, 
con  foglie  di  smalto  diverso.  -  Forcata,  la  coda 
dall'animale  divisa  in  due.  -  Franco,  il  cantone  o 
il  quarto  quando  soli  nel  campo.  -  Fruttifero, 
l'albero  con  frutti  di  smalto  diverso  dalle  foglie. 

Frisato,  lo  scudo  diviso  in  un  certo  numero  di 
fusi  0  rombi.  -  Fustato,  albero  con  tronco  di 
smalto  differente. 

Gambuto,  il  fiore  con  gambo  di  smalto  diverso.  - 
Gemella,  di  due  bande,  Sue  fasce,  ecc.,  occupanti 
lo  spazio  di  una.  -  Grembiato,  lo  scudo  coperto  di 
otto  triangoli    eguali    fra   loro    e  vertice  nel  cen- 


tro, tutti  di  smalto  alternato.  -  Gironné,  il  campo 
diviso  in  sei,  otto  o  più  porzioni  triangolari  di 
varia  tinta,  i  vertici  dei  quali  si  riuniscono  tutti 
nel  centro  dello  scudo. 

GiHdo  di  guerra,  accessorio  dello  scudo.  -  Guar- 
nita, una  spada  a  guardia  e  manico  di  smalto  di- 
verso. 

Illeonito,  il  leopardo  rampante.  -  Illuminato,  V  a- 
nimale  con  occhi  di  smalto  diverso.  -  Imbeccato,  il 
volatile  con  becco  di  smalto  diverso.  •  Impennata, 
la  freccia  con  le  nenne  di  smalto  diverso.  -  Impu- 
gnante, di  mano,  branca,  zampa  che  stringa  qualche 
figura.  -  Inalberato,  il  cavallo  o  il  liocorno  ram- 
panti. 

In  banda,  la  disposizione  delle  figure  poste  nel 
senso  della  banda.  -  Incassato,  o  incastrato,  scudo 
partito  di  due  diversi  smalti,  uno  entro  1'  altro  in 
fascia.  -  Incavato,  scudo  con  intaglio  circolare  nel 
cantone  superiore  destro.  -  Inchiatato,  scudo  diviso 
in  due  diversi  smalti  innestantisi  uno  nell'  altro, 
con  lunghi  denti.  -  In  cinta,  di  pezze  disposte  e 
allineate  verso  i  bordi  dello  scudo. 

Increspato,  di  pezza  o  partizione  a  crespe.  -  In- 
dentato, figura  con  Senti  aguzzi  ai  bordi.  -  Infilato 
0  infilzato,  Y  anello,  il  cerchietto,  la  corona,  ecc., 
infilato  da  spade,  da  laneie,  ecc.  -  Ingolante,  del 
serpe  o  ilella  biscia  con  un  animale  in  bocca.  -  In 
maestà,  di  aniinale  o  di  elmi  posti  di  faccia.  -  In- 
nestato, il  campo  introdotto  in  una  partizione  o 
inquartatura. 

In  palo,  posizione  delle  figure  messe  una  sul- 
l'altra, verticalmente;  in  pergola,  in  pila,  nella  po- 
sizione di  queste;  in  punta,  nella  parte  inferiore 
dello  scado.  -  Inquartato,  lo  scudo  diviso  in  quat- 
tro parti  eguali  da  due  linee,  entrambe  passanti 
pel  centro. 

Interzato,  lo  scudo  diviso  in  tre  parti  eguali,  da 
due  linee  perpendicolari,  orizzontali  od  obblique. 
E  distinguesi  poi  1'  interzato  incappato,  l' interzato 
in.  calza,  in  capriolo,  in  gherone,  in  pergola,  ecc.. 
ecc.,  a  smalti  diversi.  -  Intraversato,  di  cosa  che  nel- 
l'arme è  messa  a  traverso. 

Lampassato.  quadrupede  con  lingua  sventolante 
e  di  smalto  diverso.  -  Levato,  l'orso  nella  posizione 
di  rampante.  -  Linguaio,  di  volatile  con  la  lingua 
di  smalto  diverso.  -  Lomngalo,  dello  scudo  e  delle 
pezze  interamente  coperte  di  losanghe  a  due  smalti 
alternati. 

Manicato,  di  arma  con  manico  di  smalto  diverso. 

ManteUato,  lo  scudo  aprentesi  come  manto  dalla 
metà  della  linea  del  capo  e  scendente  in  due  linee 
rotonde  agli  angoli  inferiori.  -  Marinato,  l'animale 
terrestre  terminato  in  coda  di  pesce.  -  Membrato,  di 
volatile  con  le  zampe  e  gli  artigli  di  smalto  diverso.  - 
Mei-lato,  il  castello,  la  torre,  la  banda,  ecc.  muniti 
di  merli.  -  Merlettato,  delle  pezze  ricamate  ai  bordi. 

Montante,  il  crescente  quando  ha  le  corna  rivolte 
verso  il  capo  dello  scudo.  -  Moscature,  le  codette 
nere  dell'armellino.  -  Mostruoso,  animale  che  abbia 
testa  umana.  -  Movente,  la  figura  introdotta  nel 
campo  da  uno  dei  lati  dello  scudo  o  degli  angoli. 

Mulinata,  la  croce  con  un'apertura  quadrata  o  a 
forma  di  losanga,  nel  centro,  attraverso  la  quale  si 
vede  il  colore  del  campo.  -  Muragliato  o  murato, 
lo  scudo  ricoperto  da  uno  smalto  che  raffiguri  uno 
muraglia. 

Nascente,  dell'animale  che  mostra,  oltre  la  testa 
e  il  collo,  le  zampe  anteriori  e  la  cima  della  coda 
(quadrupede)  o  delle  ali  (volatile).  •  Nascosta,  la 
testa  degli  animali  racchiusa  in  un  elmo.    -   Nato 


128 


morto,  il  leone  a  cui  mancano  denti,  unghie,  lingua, 
coda. 

Nodoso  o  noderosu,  dell'albero  e  de'  suoi  rami: 
simbolo  di  impresa  difficile  {riuscita,  se  il  ramo  è 
reciso).  -  Nuvolate,  le  figure  fatte  in  forma  di  nu- 
vole. 

Ombelicato,  lo  scudo  recante  nel  mezzo  un  cer- 
chiello. -  Ondate,  le  figure  imitanti  le  ondulazioni 
del  mare.  -  Ondeggiante,  della  fiamma,  dei  pesci  e 
dei  rettili  in  palo  uniformemente  ondulato.  -  Osceno, 
l'animale  che  ha  il  sesso  di  smalto  diverso  dal 
corpo.  -  Ottuse  o  cortesi,  le  armi  spuntate  (da  gio- 
stra, da  tornei). 

Palato,  lo  scudo  coperto  di  sei  pali  di  smalto  al- 
ternati fra  loro.  -  Fallato,  di  animale  che  ha  sul 
manto  macchie  tonde.  -  Partito,  lo  scudo  diviso  da 
una  linea  verticale  passante  pel  centro.  -  Passante, 
l'animale  in  atto  di  camminare,  di  passare  da  una 
parte  all'altra  dello  scudo.  -  Patente,  la  croce  con 
quattro  bracci  allargantisi  dal  centro  ai  lati  dello 
scudo.  -  Patriarcale,  la  croce  del  Calvario  :  insegna 
di  arcivescovo. 

Perale,  scudo  ovale  appuntato  in  fondo.  -  Piane, 
le  armi  completamente  coperte  da  un  solo  colore 
o  da  un  solo  smalto.  -  Piantato,  di  albero  le  cui 
radici  non  si  vedono.  -  Pieno,  lo  scudo  interamente 
ricoperto  di  un  metallo  o  di  un  colore,  senza  altra 
figura.  -  Pomellato,  del  bastone,  della  croce,  del 
raggio,  ecc.,  ornati  all'  estremità  di  tre  piccole  palle 
o  globi. 

Ramoso,  del  cervo  e  del  daino  con  le  corna  di 
smalto  diverso.  -  Rampante,  l'animale  in  atto  di 
arrampicarsi,  dritto  sulle  zampe  posteriori  o  di  pro- 
filo. -  Rapace,  il  lupo  quando  ha  un  agnello  tra  le 
fauci,  0  quando  è  rampante.  -  Rastellate,  le  bande, 
le  fasce,  ecc,  merlate  da  ambe  le  parti. 

Rialzata,  la  corona  sulla  quale  poggino  gigli, 
croci,  foglie,  punte,  perle,  ecc.;  anche  la  coda  de- 
gli animali  passata  sotto  la  coscia  e  rialzata  sulla 
schiena.  -  Ricrociata,  la  croce  con  bracci  formanti 
alla  estremità  altre  piccole  croci.  -  Ripartito,  lo 
scudo  partito  e  di  nuovo  ripartito. 

Ritratta  o  ritirata,  di  pezza  onorevole  toccante  i 
bordi  dello  scudo  solo  da  una  parte.  -  Ritrinciata, 
la  croce  allargata  alle  estremità  e  terminante  in 
punta.  -  Riversato  o  rovesciato,  lo  scudo  capovolto, 
in  segno  di  dilTamazione.  -  Rivoltato  o  rivolto,  del- 
l'animale voltato  verso  il  fianco  sinistro  dello 
scudo. 

Roteante,  attributo  del  pavone.  -  Rotto,  del  ca- 
priolo spezzato  nel  vertice  e  diviso.  -  Rovesciato, 
di  figura  volta  all'ingiù. 

Saliente,  del  cervo,  del  montone  e  della  capra  in 
posizione  di  rampanti.  -  Sarchiato,  della  croce  o 
della  pezza  caricata  d'un  filetto  di  smalto   diverso. 

Sbarrato,  lo  scudo  e  la  pezza  con  sei  sbarre  di 
smalto  alternate.  -  Schietta,  arma  senza  rastrello, 
senza  orlo  e  simili. 

Scaccato.  scudo  a  scacchi  di  smalto  alternati. 

Scanalato,  di  pezza  con  scannellature.  -  Scorticato, 
di  lupo,  di  leone  o  di  cavallo,  rosseggiante  dal 
mezzo  in  giù.  -  Scorciato,  di  pezza  non  toccante  i 
lati  dello  scudo. 

Sedente,  dell'animale  posato  sulle  zampe  poste- 
riori. -  Seminato,  lo  scudo  o  la  pezza,  quando  sparsi 
di  gigli,  di  stelie,  di  api,  ecc.  -  Semipartito,  della 
banda,  della  fascia,  del  palo,  degli  scudi,  ecc.,  quando 
g.à  spaccati.  -  Sinistrato,  di  figura  o  di  pezza  con 
un'altra  alla  sinistra;  e  dello  scudo,  se  diviso  da  una 
linea  perpendicolare,  formante  a  sinistra  uno  spazio 


largo  un  terzo  del  campo.  -  Sorante,  attributo  del- 
l'uccello in  atto  di  prendere  il  volo.  -  Sormontato, 
della  figura  che  ne  ha  un'altra  sopra,  a  breve  di- 
stanza. -  Sostenuta,  la  figura  che  ne  ha  un'altra 
sotto  di  sé  ed  è  da  essa  sorretta. 

Spaccato,  scudo  diviso  in  due  parti  eguali  da  una 
linea  orizzontale.  -  Spasimato,  dei  pesci  quando  hanno 
la  bocca  aperta.  -  Spezzate,  le  figure  divise  in  più 
parti.  -  Spiegato,  del  volatile  in  atto  di  volare,  con 
ali  aperte  e  rivolte  verso  il  lato  superiore  dello 
scudo.  -  Spinata,  pezza  onorevole  con  bordi  termi- 
nanti in  punte  minute  e  aguzze.  -  Squamato,  o  sca- 
gliato, del  pesce  e  del  serpente  coperto  di  squame 
di  smalto  diverso. 

Sradicato,  dell'albero  che  mostra  le  radici.  -  Ste- 
lato, di  fiore,  di  pianta,  ecc.,  avente  stelo  di  smalto 
diverso.  -  Stolato,  d'animale  che  ha  intorno  al  corpo 
una  fascia  di  smalto  diverso.  -  Sul  tutto,  scudetto  o 
altra  figura  sopra  un'inquartatura  o  altra  partizione. 

Tagliato,  lo  scudo  diviso  diagonalmente  da  una 
linea,  che  scende  dall'angolo  superiore  sinistro  al- 
l'inferiore destro.  -  Tegolato,  di  tetto  con  smalto  di- 
verso. -  Terrazzato,  di  albero,  castello,  torre,  ecc., 
sostenuti  da  terrazzo,  indicante  il  suolo.  -  Triango- 
lare, scudo  di  questa  forma.  -  Trifogliata,  di  croce 
terminante  a  mo'  di  trifoglio.  -  Trinciato,  lo  scudo 
diviso  diagonalmente  in  due  parti  eguali,  dall'angolo 
superiore  destro  all'inferiore  sinistro.  -  Troncata,  la 
banda,  la  croce,  la  l'ascia  che,  con  le  loro  estremità, 
non  tocchino  i  bordi  dello  scudo. 

Uncinata,  la  croce  con  bracci  ritorti  a  mo'  di  un- 
cini. -  Uscente,  di  animale  o  figura  che  sembri  uscire 
da  una  partizione  o  da  una  pezza,  mostrando  la 
testa  e  una  parte  del  corpo.  -  Verghettato,  lo  scudo 
palato  di  dieci  o  dodici  verghette.  -  Vólto,  il  crescente 
con  le  corna  rivolte  verso  il  fianco  destro  dello 
scudo.  -  Vuota,  la  figura  aperta  in  lunghezza  e  in 
larghezza  secondo  il  senso  della  figura  stessa,  mo- 
strando il  colore  del  campo. 

Addogare  ,  scompartire  a  strisce,  a  similitudine 
di  doghe.  -  Èlasonare,  il  descrivere  le  armi  secondo 
i  principi  dell'araldica.  -  Inquartare,  inserire  nei 
quarti:  di  stemmi.  -  Rinterzare,  foggiare  a  tre  pia- 
stre, a  tre  falde:  di  scudi,  di  elmi,  di   loriche,   ecc. 

Timbrare,  porre  corone,  elmi,  cappelli  e  tocchi 
sullo  scudo. 

Araldo.  Banditore,  messaggiero,  -  Chi  portava 
una  sfida,  intimava  guerra,  faceva  proposte  di 
pace,  ecc. 

Aramento.  Il  lavoro  che  si  fa  con  l'arafro. 

Arancia.  Il  frutto  dell'arawcio. 

Aranciaio,  aranciata.  Detto  ad  a/rancio. 

Aranciato.  Veggasi  a  colore. 

Aranciera.  Detto  ad  arancio. 

Arancina,  arancino.  Veggasi  ad  arancio. 

Arancino.  Uccelletto,  detto  anche  fiorran- 
cino. 

Arancio  {melarancio).  Agrume,  pianta  da  giar- 
dino, una  delle  specie  più  note  del  genere  cedro: 
dà  un  frutto  {arancia,  melarancia)  saporito,  giallo- 
dorato,  con  corteccia  esterna  aromatica,  l'interna 
spongiosa,  insipida,  bianca,  e  polpa  vascolare,  divisa 
in  parecchi  spicchi  e  contenente  molto  sugo,  di  sa- 
pore agrodolce.  Simboleggia  la  verginità.  Detto  anche 
Portogallo,  pomarancio,  pomo  arancio.  La  corteccia 
e  i  fiori  danno  olio  essenziale,  usato  in  farmacia 
e  in  profumeria,  in  preparazioni  da  confettie- 
re, per  fabbricare  qualche  liquore,  ecc. 

Arancina,  piccola  arancia  in  genere;  particolar- 
mente, l'arancia  forte,  che  si  condisce  con  lo  zuc- 


ARANCIONE    —    ARATRO 


129 


chcro.  •  Arancino,    di    arancio.  -  Aranctcnia,   arancia 
grossa.  -  Arancione,  che  ha  sapore  d'arancio. 

Arancia  della  China,  aranciiia  forte,  piccolissima, 
che  si  mangia  solo  confettata:  chinotto.  -  Arantia  di 
Malta,  con  polpa  o  tutta  rossa  come  il  sangue,  o 
con  macchie  di  codesto  colore,  chtì  talvolta  si  vedono 
anche  al  di  fuori,  sulla  scorza.  -  Arancia  di  Porto- 
yallo,  dolce,  dalla  buccia  liscia,  lucente  e  tanto 
sottile  che  a  stento  si  stacca  dalla  polpa.  -  Arancia 
dolce  0  da  mangiare,  l'arancia  comune  che  ha  la 
polpa  molto  sugosa,  zuccherina  e  delicatamente  pro- 
fumata. •  Arancia  forte,  o  amara,  con  la  corteccia 
giallo-rossiccia,  contenente  molto  olio  volatile,  cau- 
stico ed  amaro,  ricercato  per  le  tinture  stomàtiche, 
per  il  vermouth  e  simili.  -  Arancia  lutea,  con  la 
corteccia  screziata  di  giallo  e  di  verde,  e  polpa  con 
sugo  forte  e  amaro. 

Arancino:  dicesi  propriamente  di  alcuni  aranci 
con  piccole  foglie  e  piccolo  frutto,  originari  della 
Cina.  -  Grancina,  piccola  arancia  forte;  si  coglie 
non  ancora  matura,  per  condirla.  -  Mandarino,  spe- 
cie d'arancia  piccola,  molto  profumata  e  dolce,  dalla 
buccia  ora  grossa,  ora  sottile,  secondo  le  varietà,  e 
che  si  distacca  facilmente  dalla  polpa:  fiorisce  nel 
mezzogiorno  d'Italia.  -  Me/ang'o/o,  albero  che  produce 
l'arancia  forte.  -  Pomo  d'Adamo,  specie  d'arancia 
grossissima  con  la  buccia  gialla  come  il  limone. 

Ranciato,  arancio  candito. 

Corteccia,  buccia,  involucro  esterno  delle  arancie, 
dei  cedri,  dei  limoni.  Scorza,  quella  del  Unione 
(  scortecciare  ,  sbucciare  ,  togliere  la  corteccia  ,  la 
buccia). 

granello,  ciascuno  dei  semi.  -  Pasto,  l'interno  del- 
l'arancio. -  Polpa,  la  parte  carnosa,  di  sapore  zuc- 
cherino, 0  agrodolce,  che  si  succhia.  -  Spicchio,  una 
delle  parti  nelle  quali  si  taglia,  pel  lungo,  l'arancio 
(spicchiare,  spicchiato). 

Aranciato,  chi  vende  arance.  —  Aranciata,  be- 
vanda fatta  col  sugo  dell'arancia.  -  Anche,  colp  )  dato 
con  lo  scagliare  un'arancia:  ranciata.  -  Aranciera, 
luogo  dove  .si  custodiscono  gli  aranci  e  altri  agru- 
mi :  citroniera. 

Essenza  di  portogallo,  olio  etèreo   di  corteccia  di 
arancia.  -  Pelitgrain  (fr.),  essenza  di  arance  non  ma- 
ture. -  Lanfa,  acqua  distillata  di  fiori  d'arancio. 
V  Arancione.  x\ggiunto  di  colore. 

Arare  {arato,  arazione).  Lavorare  la  terra  con 
l'aratro. 

Ai'ariba.  Albero  il  cui  legno  é  usato  in  e6a- 
nisteria. 

Aratio,  arativo  (aratorio).  Detto  ad  anratro 
(arare,  aratura). 

Aratro.  La  principale  e  ben  nota  macchina 
agricola:  aratolo;  in  origine,  istruinento  di  stiuttura 
all'atto  semplice  e  consistente  solo  m  un  pezzo  di 
legno  lungo  e  curvato  in  modo  da  solcare  la  terra 
con  una  estremità.  Ora,  di  legno  e  ferro,  o  d'  ac- 
ciaio, e  di  svariate  forme,  avendosi  aratri  a  bilan- 
cia, a  vapore,  aratri  Brabant,  Howards,  Bertone, 
Ferrari,  aratri  di  tipo  americano  e  di  tipo  tedesco, 
ecc.,  pili  o  meno  perfezionati.  Si  fanno  e  si  ado- 
perano aratri  con  iscopi  specialissimi,  oppure  si  so- 
stituisoiio,  secondo  i  lavori  speciali,  i  singoli  pezzi 
della  macchina.  Si  hanno  pertanto  aratri  scalzaton, 
rincalzatori,  ripuntatori,  ravagliatori,  ecc.,  e  anche 
aratri  a  due  vomeri  per  eseguire  più  rapidamente 
lavori  poco  profondi. 

Aratro  ruspa,  spianapoggi.  -  Coltro,  specie  d'ara- 
tro perfezionato  che  va  più  al  fondo  dell'aratro  co- 
mune, e  butta  la  terra  da  una  parte  sola,  da  quella 

Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore 


del  campo  lavorato.  -  Coltro  diritto,  mancino,  secon- 
do che  ha  l'orecchio  a  destra  o  a  sinistra. 

Fondatolo  o  aratro  da  seme:  diverso  dal  comune, 
perché  fatto  a  schiena  d'asino,  invece  che  piano  dalla 
parte  di  sotto,  più  appuntato  dinanzi  e  con  orecchie 
più  lunghe  e  alquanto  rovesciate  in  fuori:  serve  ad 
aprire  i  solchi  che  dovranno  accogliere  i  semi.  -  Mac- 
china pel  drenaggio,  specie  di  aratro  senza  orecchie 
che  mette  innanzi  un'  coltro  potentissimo  per  la  cui 
azione  si  fende  la  terra  ad  una  grande  profondità. 

liiricalzatore,  specie  d'aratro  a  vomere  lungo  e 
stretto. 

Scarificatore .  più  coltri  riuniti  che,  tagliando  il 
tirreno  in  linee  parallele,  lo  rompono  e- lo  rendono 
soffice..-  Sementino,  aratro  da  semente. 

Pezzi  oell'ar.^tko.  —  Ab,ìo  stesso  che  orecchia. 

-  Asta,  il  timone:  nei  nuovi  modelli,  cambiato  in  due 
sbarre  a  cui  si  applicano  le  mani  del  bifolco. 

Bure,  l'estremità  della  stanga  dell'aratro,  che  si 
attacca  all'anello  del  giogo  (che  è  lo  strumento  di 
legno  co!  quale  si  accoppiano  insieme  i  buoi  all'a- 
ratro 0  al  carro).  -  Cavicchia,  pezzo  che  serve  ad 
attaccare  la  bure  alla  campanella  del  giogo.  -  Ceppo, 
pezzo  di  legno  massiccio  che  serve  di  base  all'ara- 
tro. -■  Coltellaccio,  ferro  tagliente  unito  alla  bure, 
specialmente  del  coltro,  per  tagliar  la  terra  e  le 
erbacce  del  campo  arando. 

Coltro,  parte  essenziale  dell'  aratro:  coltello  di 
ferro  diritto  e  sporgente  in  avanti;  taglia  da  una 
parte,  dall'altra  divide  la  terra  e  la  rivolta.  Si 
hanno  coltri  a  bure  corto  (toscani),  altri  a  bure 
lunga,  coltri  americani,  inglesi,  coltri  a  ruota,    ecc. 

Dentale,  la  parte  dell'  aratro  a  cui  si  attacca  il 
vòmere.  -  Freccia,  legno  più  o  meno  lungo  che 
serve  a  dare  il  moto  all'  aratro.  -  Guance,  le  due 
parti  laterali  del  ceppo. 

Linguetta,  tavoletta  sporgente  in  avanti  e  sulla 
quale  posa  la  vangheggia.  -  Manecchia,  uno  dei 
legni  dell'aratro.  -  Mazzuolo,  o  maglietta,  pezzo  in- 
filato nella  stegola,  che  si  usa  per  inconiare  o  sco- 
niare la  vangheggia,  o  per  imbiettare  o  sbiettare  il 
profime. 

Orecchie,  le  ali  ai  fianchi  del  ceppo,  che  rovescia- 
no la  terra  sollevata  dal  vòmere.  -  Profime,  ran- 
delletto  che  tiene  unita  la  bure  all'aratro.  -  Registro, 
0  regolatore,  cavicchio  per  abbassare  o  alzare  la 
bure. 

Stegola,  il  manico  dell'aratro:  pertica  ricurva  in- 
castrata fra  un'  orecchia  e  l'altra.  Con  essa  il  bi- 
folco dirige  l'aratro.  -  Stiva,  il  manico  dell'aratro. 

-  Tallone,  la  parte  posteriore  del  ceppo. 

Vomeraià,  la  parte  davanti  e  più  acuminata  del 
ceppo,  che  riceve  il  collo  del  vòmere.  -  Vòmere  o 
vomero,  la  punta  di  ferro  che  serve  a  fendere  la 
terra:  vangheggia,  vangheggiuolo,  secondo  la  gran- 
dezza fraschiatoio,  strumento  per  raschiare  il  vò- 
mere). 

Arare,  aratura 

Arare,  lavorare  la  terra  con  l'aratro:  propria 
mente,  fendere,  rompere,  costeggiare,  minutare  la 
terra:  assolcare,  imporcare.  insolcare,  lavorare  a 
solchi;  alTondare  i  solchi,  aprire,  scassare  la  terra; 
coltrare,  lavorare  col  coltro.  Col  progresso  moderno 
si  impiegano  anche»  macchine  aratrici  mosse  per  for- 
za di  vapore  o  di  elettricità:  l'aratro- e  tirato  da 
un  cavo  avvolto  intorno  a  un  vevncello  mosso 
elettricamente.  -  Arare  nuovamente:  riarare,  nfcn- 
dere  rinsolcare,  risolcare. 


130 


ARAZZEftlA 


ARBOSCELLO 


Aratio,  arativo,  atto  ad  essere  arato;  terreno  da 
lavorare  con  l'aratro.  -  Aratoì'e,  che  ara,  detto  spe- 
cialmente dei  bue.  -  Aratorio,  da  arare  (terreno),  o 
che  .serve  ad  arare  (istrumento);  -  Inaràbile,  che 
che  non  si  può  arare.  -  Inarato,  non  arato. 

Aramento,  atto  ed  effetto  dell'  arare;  ciascuna 
delle  quattro  arature:  arazioìie,  fenditura,  risolca- 
tura, snkala,  solcatura-  (primo'  aramento);  recisura 
(secondo  aramento);  térzamento  (terzo  aramento); 
inquartazione,  rinquartaturh  (quarto  aramento). 

.4ra<Mra,  l'atto  e  l'effetto  dell'arare;  o,  anche,  la 
stagione,  il  tempo  dell'arare. 

Costeggiare,  ripassai'e  con  l'aratro  sugli  spigoli  delle 
porche  per  ispianarle,  dopò  fatti  i  solchi. 

Jnciliare,  fare  la  seconda  aratura.  -  Inquartare, 
arare  e  seminare,  un  canapo  per^  la  quarta  volta.  - 
Intraversare,  o  minutare,  arare  di  traverso,  in  certi 
casi,  in  un  campo  già  rotto  e  costeggjatOi  per 
ismuavere  bene  tutta  la  terra  e  sbarbarne  le  erbe 
cattive. 

Maggesare,  arare  più  volte  in  maggio.  -  Recidere 
il  terreno,  fare  il  secondo  solco,  arare  la  seconda 
volta.  -  Rimettere  i  solchi,  ripassare  1'  aratro  sulla 
stessa  tracciai  lasciata  nel  rompere  i  solchi,  perchè 
'ia  tèrra  resti  smossa  quanto  basta.  -  Rinterzare,  far 
il  terzo  solco.  -  Rinfrescare  la  maggese,  dare-  la 
quinta  ar-atura  alla  t(^rra.  -  fìinquartare,  arare  per 
la  quarta  volta.  -  Ripianare,  abbassare  i  cigli  sol- 
levati dall'aratro. 

•  Rompere,  il  lavoro  che  fa  il  contadino  passando 
con  r  aratro  nel  mezzo  ideile  porche  e  aprendovi 
un  solco  (rompere  le  stoppie,  i  trifogli,  ecc.). 

Sfiorare,  arare  superficialmente  o  con  un  arati'o 
leggiero.  -  Spor»hettare,  rompere  il  terreno  tra  un 
porchetto  e  l'altro.  -  Temperare  l'aratilo,  far  pene- 
trare pili  0  meno  la  punta  del  vòmere  nella  terra. 

Ter  zar  e,  arare  per  la  terza  volta. 

VARrE  —  Caloreggiare,  l'azione  del  sole  sui  sol- 
chi tracciati  dall'aratro.  -  Piegaia,  lo  spazio  lasciato 
vuoto  dietro  l'aratro.  -  Porca,  striscia  di  terra  fra 
solcò  e  solco:  a,  ripianarla  e  ritondeggiarla  serve  il 
rastrello,  arnese,  di  legno  o  d'altro,  con  piùoli  pa- 
r'alleli  equidistanti,  infissi  perpendicolarmente  in  una 
sbarra  orizzontale.  -  Rompone,  terra  lavorata  la 
prima  volta  con  l'aratro.  ■  Solco,  fenditura  pili  o 
meno  larga  e  profonda,  aperta  con  l'aratro,  diritta 
o  storta.  -  Solcata,  il  corso  d'uTi  solco.-  Sólco  mae- 
stro, quello  che  divide  porca  da  porca. 

Giogàtico,  mer-cede  che  si  paga  ai  contadini  quando 
vanno,  col  proprio  aratro,  a  lavorare  la  terra  d'altri. 

Proverbio  :  Chi  ara  il  campo  innanzi  la  vernata 
avanza  di  ricolta  la  brigata. 

Aratura.  Detto  ad  aratro. 

Arazzerla.  Detto  ad  arazzo. 

Arazzo  {arazzerla,  arazziere).  Stoffa  tessuta  a 
figure,  per  uso  di  paramento,  di  addobljo;  tappeto 
con  ricamo;  ^orta  di  tappezzeria,  tutta,  o  quasi, 
di  lana,  tessuta  ad  alto  liccio,  cioè  a  ordito  verti- 
cale, e  che  imita  una  pittura.  Panno  il'arazzo, 
arazza.  -  Zooti,  in  greio,  tappeti  in  cui  erano  tes- 
sute figure. 

Arazzerla,  quantità  (razzarne),  commercio,  fab- 
brica di  arazzi:  razzeria.  - .4ras3<ere,  fabbricante  di 
arazzi,  celonaio,  tappezziere, 

Arbitraggrio  (frarrc.)  Operazioiie  di  borsa,  per 
la  quale  il  giudizio  pende  in  favore  di  un  titolo 
piuttosto  che  di  un  altro;  operazione  di  banca  per 
cui  si  lucra  acquistando  valori  ove  sono  deprezzati 
per  venderli  ove  harmo  più  pregio.  Inoltre,  equi- 
vale ad  arbitralo. 


Arbitrale.  Detto  ad  arbitro. 

Arbitrare  {arbitrato).  Il  giudicare  e  il  seri- 
tenziare  in  qualità  di  arbitro,  o  anche  ad  ar- 
bitrio, e  il  prendersi  arbitrio  nel  modo  di  operare. 

Arbitrario  (arbitrariamente J.  Fatto  ad  ar^ 
bitrio. 

Arbitrato.  Giudizio  e  ufficio  di  arbitro. 

Arbitrio.  Facoltà,  potenza  di  operare   secondo,, 
la  propria  volontà:  la  volontà  stessa  in  modo  as- 
soluto: libero  arbitrio;    autorità,   balia;  libertà,  pò-» 
testa,  ragione,  signoria.  -  Anche  abuso,  licenza;  di- 
spotismo. 

Arbitrario,  fatto  ad  arbitrio,  di  proprio  arbitrio, 
a  volontà,  senza  riguardo  a  r-egole  o  simili:  irrego- 
lare, libero,  licenzioso;  non  per  disposizione  di 
legge  ;  dispotico. 

Arbitrariamente,  ad  arbitrio,  di  arbitrio,  in  modo 
arbitrario,  dispoticamente;  di  propria  volontà,  di 
propria  autorità,  ad  libitum;  a  capriccio,  senza  fon* 
danienk)  di  ragione.  -  Facoltatvoo,  in  potere,  in  fa- 
coltà, ad  arbitrio,  ecc. 

Essere  alla  mercè  altrui,  all'arbitrio  d'altri. 

Fare,  dire  di  sno  capo,  di  proprio  arbitrio. 

Àrbitro.  Chi  giudica  e  dispone  a  proprio  ta- 
lento. -  Giudice  eletto  dalle  parti  litiganti,  per 
dirim.ere  equamente  una  questione  .  compromissario, 
comprotnessario.  -  Arbiln^amento,  la  giurisdizione  con- 
ferita agli  arbitri. 

Arbitrato,  il  giudizio  e  l'ufficio  dell'arbitro  e  de- 
gli arbitri;  arbitraggio,  compromesso.  Si  invoca  an- 
che in  caso  di  sciopero  o  di  contesa  fra  due 
Stati,  costituendoci  allora  il  Tribunale  intemazio- 
nale di  arbilramento,  o  di  arbitrato.  -  Clausola 
compromissoria,  patto  stabilito  tra  le  parti  di  affi- 
dare ad  arbitri  la  decisione  di  qualunque  questione 
fosse  per  insorgere  fr-a  loro.  -  Lodo,  sentenza  degli 
ai'bitri.  -  Periziare,  terzo  perito  chiamato  arbitro 
tra  due  periti  discordi. 

Probiviri,  arbitri  nelle  questioni  fra  operai  e  prin- 
cipali, per  lo  più  coiitituiti  in  collegio,  le  cui  ori- 
gini risalgono  alle  antiche  corporazioni.  -  Soprdrbi-^ 
tra,  terzo  arbitro. 

Arborato.  Luogo,  terreno  con  molti  alberr. 

Arboreo.  Di  albero,  appartenente  ad  albero. 

Arborescente.    Di  qualità  e  forma  d'albero. 

Arboricoltura.  Arte  di  coltivare  la  pianta 
d'alto  fusto. 

Arboscello,  arbusto.  Piccolo,  albero  che 
fa  cesto,  vegetale  che  sta  di  mezzo  tra  l'albero  e 
l'erba  e  dalle  radici  mette  rampolli  legnosi  molto 
resistenti:  alberello,  alberetto,  alberino,  arbuscello; 
frutice,  suffrutice;  arbusco,  àrbuscolo. 

Arboscelli  varì:  agnocasto,  sempre  verde,  ernble- 
ma  della  freddezza,  simbolo  di  chi  vive  senza  amore. 

Agrifoglio  (allòro  spinoso),  con  foglie  sempre  verdi 
e  contornate  di  spine  (usato  per  lavori  di  tarsia, 
per  fare  pezzi  di  scacchi  e  altro).  -  Avellino,  ca-*- 
munissimo  nei  boschetti  e  nei  giardini. 

Riancospino,  spinoso,  con  fiori  bianchi,  disposti'^ 
corimbi  e  di  grato  odore,  ricercati  dagli  uccelli. 

Bosso  0  béssolq,  sempre  verde,  allignante  nei  luò-^ 
ghi  montuosi:  serve  a  fare  siepi  nei  giardini;  ha' 
un  legno  che  si  utilizza  in  lavori  di  tornio  -»  RuU^ 
macola,  che  cresce  sulle  montagne  e  nei  terreni  iiit'^ 
colti. 

Calicanto  precoce,  che  fiorisce  in  dicembri},  lie'gfl 
inverni  non  rigidi  ed  ha  fiori  profumatissimi. 

Caprifoglio,  detto  anche  abbracciabosco,  madre  seh 
va.  -  Coca,  della  famiglia  delle  malpighiacee.  -  Cor- 
bezzolo, arbulo,  albatro,  encacca  crescente  spontanea; 


ARCA   —   ARCHITETTARE 


131 


nelle  regioni  più  calde  d'Italia,  coltivata  pe'  suoi 
frutti  verrucosi,  eduli,  di  color  rosso. 

Gaggio,  con  foglioline  piccole,  strette,  di  un  verde 
cupo  e  con  fiore  {gaggìa)  giallo,  a  forma  di  pallot- 
tolina, di  soavissimo  odore  -  Gelsomino,  sarmentoso, 
con  fiore  detto  pure  gelsomino,  bianco,  di  grato 
odore.  -  Ginepro,  che  dà  un  frutto  piccolo  e  aro- 
matico. -  Gnafdlio  (tignamina),  dei  monti  e  dei  luoghi 
sterili:  è  medicinale.  -  Gonoloho,  asclepiadea  del- 
l' America  Tropicale. 

Lilla,  che  fiorisce  in  primavera:  ha  fiori  turchini 
violetti.  -  Mirto  o  mortella,  sempre  verde,  con  fiori 
piccoli,  bianchi,  e  di  grato  odore.  -  Oleandro  {lean- 
dro, lauro,  rosa),  con  foglie  verticillate  e  fiori  rossi; 
dotato  di  proprietà  velenose. 

Pado,  con  tiori  bianchi,  in  lunghi  grappoli  pen- 
denti. -  Parkinsonìa,  arbusto  americano,  spinoso,  a 
foglie  geminate  e  pennate.  -  Paternostri,  con  fiori 
bianchi  e  semi  contenenti  olio.  -  Potalia,  dell'Ame- 
rica Tropicale:  dà  una  resina  dell'odore  di  benzoino. 

Pruno  (questo  è  nome  generico  di  arbusti,  di 
frutici  che  servono  a  fare  siepi),  spinoso,  simbolo 
di  difficoltà.  -  Pugnitopo,  minuscolo,  asparagaceo,  a 
rametti  fogliformi:  cresce  spontaneo  tra  i  cespugli. 

Rovo,  specie  di  pruno  irto  di  pungiglioni  assai 
uncinati,  con  fiori  bianchi  e  rossi,  che  smaltano  di 
vivaci  colori  le  siepi  vive. 

Sanguine,  di  buccia  liscia  e  sanguigna,  adoperato 
a  far  gabbie,  panieri  e  simili.  -  Scopa,  molto  piccolo, 
quasi  somigliante  al  ginepro.  -  Sèna,  con  foglie  molto 
purgative,  ecc.  -  Spigo,  odoroso,  spigato,  montano, 
con  fiori  violetti  o  cerulei. 

Spin  cervino,  armato  di  spine  e  di  pungiglioni. 

Tamerice,  tamarisco,  arbusto  ornamentale,  con  lo 
stelo,  e  la  cui  scorza  ha  proprietà  astringenti  e  feb- 
brifughe. -  Vainiglia,  con  baccelletti  di  odore  gra- 
tissimo  (che  si  conservano  nello  zucchero).  -  Viburno, 
{pallone  di  maggio,  palla  di  neve),  coltivato  nei  giar- 
dini   e  grazioso.  -  Vitalba,  delle  siepi  e  dei  boschi. 

Varie.  —  Brughiera,  arboscello  dei  terreni  in- 
colti :  serve  specialmente  per  fare  il  bosco  al  baco 
da  seta.  -  Gardenia,  fiore  soavissimo  di  arbusto 
dei  climi  piuttosto  freddi.  -  Grani  d'Avignone  (mo- 
sca di  Persia,  di  Spagna,  di  Turchia),  le  bacche 
non  mature  ed  essiccate  di  varie  specie  d'arbusti, 
usate  in  tintoria  come  color  giallo.  -  Macchione, 
grosso  cespo  di  macchia  fitta  di  spine  e  d'arbo- 
scelli. -  Sotto  arboscello,  pianta  a  fusto  legnoso,  ma 
di  piccole  dimensioni.  -  Tutore,  il  palo  o  la  canna 
a  cui  si  legano  gli  arboscelli  per  tenerli  diritti. 

Arca.  Madia,  cassa.  -  Arca  arcanorum,  detto  ad 
alchirnia.  -  Arca  di  Noè,  detto  a  diluvio. 

Arcada,  Arcàdia  (arcàdico).  Detto  ad  ac- 
cademia. 

Arcaismo.  Vocabolo,  modo  di  dire,  elemento 
di  una  lingua   caduto  in  disuso. 

Arcale.  Arco  di  porta.  -  Parte  d'  una  vòlta. 

Arcàngelo  {arcangèlico).  Veggasi  ad  angelo. 

Arcanista.  Detto  a  porcellana. 

Arcano.  Detto  a  mistero. 

Arcare,  archeggiare  {arcalo,  archeggiato). 
Piegare  a  forma  d'  ai^co. 

Arcata.  Apertura  a  forma  d'  arco^  voltone.  - 
Spazio  quanto  tira  un  arco  (arme).  -  Passata  d'ar- 
chetto sul  violino.  -  Parabola  di  proiettile.  — 
Termine  di  anatomia. 

Arcatura.  Deviazione  delle  ginocchia  del  ca- 
vallo. 

Arcàvolo.  Veggasi  ad  avo. 

Archebiòsi.  Detto  a  generazione. 


Archebùlico.  Sorta  di  verso. 

Archéggio.  Modo  di  archeggiare,  ossia  di  pas- 
sar l'arco  sugli  istrumenti  «iwsicaii  ;  arcata,  ca- 
vata, toccata,  toccata  d'arco. 

Archeolitico.  L' uomo  che  viveva  nell'  età 
della  pietra.  -  Periodo  di  età,  in  geologia. 

Archeologia,  archeòlogo  {archeologico).  Veg- 
gasi ad  antichità. 

Archètipo.  Prima  forma,  esemplare,  mo- 
dello, -  Nozione  astratta  di  uno  scheletro. 

Archétto.  Istrumento  di  crini  tesi  sopra  una 
asticciuola  di  legno  per  suonare  il  violino  e  altri 
istrumenti  musicali.  -  Arnese  da  caccia.  -  Ar- 
nese a  forma  di  lima,  su  manico  ad  arco,  usato  dal 
magnano  (per  attaccar  chiavi)  e  da  altri  artefici. 

Archiacuto.  Lo  stile  gòtico,  in  architettura. 
—  Veggasi,  inoltre,  a  letto. 

Archiàtro.  Il  primo  medico  di  un  principe. 

Archlhugio,  archibuso  (archihugiata,  archi- 
busata ;  archibusiere).  Schioppo,  fucile:  vecchia 
arme  portatile,  da  fuoco,  detta  anche  arcobuso. 
Fu  la  prima  artiglieria  minuta  che  subentrò  al- 
l'arcobalestro;  da  prima  gittata  in  bronzo,  poi  in 
ferro,  e  collocata  sul  pendio  delle  muraglie,  poi 
portata  a  braccia  e  infine  accomodata  al  maneggio 
di  un  sol  uomo.  -  Archihugiata,  colpo  d'  archibugio. 

Archibugio  a  corda,  o  a  fuoco,  quello  antico,  al 
quale  si  dava  fuoco  con  la  corda  accesa.  -  Archibugio 
a  doppio  fuoco,  quello  alla  carica  del  quale  si  co- 
municava il  fuoco  con  la  ruota  e  col  serpentino,  o 
col  focile  e  col  serpentino.  -  Archibugio  a  focile, 
quello  che,  invece  della  ruota  o  del  serpentino, 
aveva  una  macchina  con  la  quale  si  comunicava 
fuoco  alla  carica.  -  Archibugio  a  forcella,  grosso, 
non  maneggiabile,  e  che  perciò  si  poggiava  sopra 
una  forcella  o  forca,  portata  con  sé  dall'archibusiere. 

Archibugio  a  miccia,  o  da  miccia:  si  componeva 
d'una  canna  di  ferro,  che  si  caricava  con  polvere 
e  con  pallottola  di  ferro,  a  preferenza  di  piombo, 
aggiustato  sopra  una  cassa  di  legno,  munita  di  una 
macchinetta  per  dar  fuoco  alla  carica.  -  Archibugio 
a  percussione,  provvisto  d'una  piastra  con  percuo- 
titoio  :  invenzione  d'  un  armaiuolo  scozzese  (1807). 

Archibugio  a  ruota,  del  XV  e  del  XVII  sec,  guar- 
nito, al  fondo  della  canna,  di  una  ruota  d'  acciaio, 
che,  caricata  con  una  chiave,  girava  sulla  pietra 
del  cane,  suscitando  scintille  che  davano  fuoco  al 
l'innescatura. 

Archibugio  da  muro,  o  da  porta:  si  adoperava 
nella  difesa  della  piazza,  come  una  piccola  artiglie- 
ria. -  Archibugio  rigato,  con  la  canna  di  dentro  ri- 
gata: si  caricava  spingendovi  la  palla  a  forza  in 
tondo  con  un  mazzuolo. 

Archibugione,  archibusone,  grosso  archibugio:  ar- 
chibugio da  porta,  da  cavalletto,  da  muro,  adope- 
rato per  la  difesa  degli  spalti,  delle  mura,  dei  ca- 
stelli. 

Archibugiere,  archibusiere,  soldato  armato  di  ar- 
chibugio. 

Archicénibalo.  Detto  a  cèmbalo. 

Archiepiscopale.  Detto  a  vescovo. 

Archiginnasio.  Primo  ginnasio. 

Archigonia.  Detto  a  generazione. 

Archimandrita.  Capo  di  ordine  religioso, 
specialmente  presso  i  Greci. 

Archimede.  Dicesi  di  chi  si  crede  un  grande 
inventore. 

Archipénzolo  {archipendolo).  Istrumento  da 
muratore:  piombino. 

Architettare  {architettato).  Disegnare  le  forme 


132 


ARCHITETTO 


ARCHITETTURA 


di  un  edificio  secondo  le  regole  àoiV architettura: 
lavoro  di  architetto. 

Architetto.  Chi  esercita  Y architettura,  ossia- 
fa  il  disegno  degli  edifici  e  ne  dirige  la  costruzione. 
Neil'  uso  dicesi  anche  ingegnere,  ingegnere  architetto. 

Per  designare  un  architetto  eccellente  si  può  dire 
un  Michelangelo,  un  Brunelleschi,  un  Palladio,  un 
Vignola,  ecc.  Secondo  il  genere  di  architettura  che 
tratta,  dicesi  architetto  civile,  militare,  navale,  idrau- 
lico. 

L'architetto  ricorre  al  disegno,  per  fare  la 
pianta  degli  edifici  da  costruire,  all'uopo  impiegando 
Vacquerello,  l'inchiostro  di  China,  la  mati- 
ta, ecc. 

IsTRUMENTi  DELL'ARCHITETTO  1  il  compasso,  0  Se- 
sta; la  riga,  stecca  diritta,  con  la  quale  si  tirano 
linee  rette;  la  riga  è  fissa  o  mobile,  cioè  a  squadra 
rigida  0  per  linee  di  diversa  inclinazione;  il  paral- 
lelo, formato  di  due  righe  unite  insieme  mediante 
due  spranghette  d'  ottone  e  adoperato  allo  stesso 
uflBcio;  la  squadra,  di  metallo  o  anche  di  legno: 
con  essa  nelle  varie  parti  del  disegno  si  possono 
delineare  o  riconoscere  angoli  retti;  il  tiralinee, 
arnesetto  d'acciaio  col  quale,  menato  contro  la  riga, 
si  segnano  linee  d' inchiostro  sulla  carta  :  consta 
di  due  laminette  elastiche  parallele,  con  vite  di 
pressione  e  fermate  in  cima  da  un'  asticciuola  a 
uso  manico. 

Ciclografo,  strumento  per  tracciare  archi  di  cer- 
chio senza  centri,  o  anche  cerchi  interi.  -  Regolo 
lesbio,  regolo  di  piombo  usato  dagli  antichi  archi- 
tetti per  prendere  il  contorno  delle  pietre.  -  Tavo- 
letta, assicella  quadrangolare,  piana,  grossa  circa  un 
dito,  su  cui  gli  architetti  distendono  il  foglio  per 
disegnare,  applicando  i  margini  con  colla  di  pesce 
0  con  altro,  e  inumidendolo  prima  con  la  spugna', 
affinchè  sia  poi  ben  teso. 

Assistente,  chi  coadiuva  l'architetto  sorvegliando 
i  lavori. 

Architettònico  f architettonicamente).  Di  ar- 
chitettura, appartenente  ad  architettura. 

ATChltett\iT&  {architettònico).  L'arte  e  la  scienza, 
in  generale,  di  costruire  e  di  ornare  un  edificio, 
relativamente  alla  sua  destinazione:  l'arte  dell' ar- 
chitetto,  improntatasi  a  diverso  stile,  ossia  a  di- 
versità, a  varietà  di  forma,  di  carattere,  di  figura. 
L'architettura  è  variamente  denominata,  secondo 
lo  scopo  a  cui  mira,  e  cioè:  civile,  se  intende  a 
costruire  e  ordinare  edifici  ad  uso  di  casa,  di  pa- 
lazzo, di  teatro,  di  scuola,  di  museo,  di  uffi- 
cio, ecc.;  funeraria,  se  dedicata  a  costruire  un 
cimitero,  un  crematoio,  un  ossario,  o  qualche 
monumento;  militare,  se  provvede  a  costruire  un 
bastione,  una  fortezza,  una  caserma,  una 
qualsiasi  opera  di  fortificazione;  religiosa,  se 
intesa  alla  costruzione  di  una  cappella,  di  una 
chiesa,  di  un  chiostro,  di  un  oratorio,  di  un 
santuario,  di  un  qualsiasi  edificio  per  il  culto; 
idraulica,  quando  provvede  a  creare  un  acque- 
dotto, un  canale,  un  argine,  una  diga,  una 
fontana,  un  pozzo,  ecc.;  navale,  o  mariltima,  se 
attende  alla  costruzione  d'una  nave,  d'  un  arse- 
nale, d'un  bacino,  d*  un  faro,  d' un  molo, 
d'un  porto  e  simili. 

Si  distingue  altresì  l' architettura  artistica,  se 
studia  r  estetica  degli  edifici,  sia  per  opere  nuove, 
sia  investigando  le  antiche;  e  l'architettura  feciu'ca, 
se  si  occupa  della  parte  puramente  costruttrice. 

In  ordine  di  tempo,  le  prime  manifestazioni  fu- 
rono date  dall'  architettura  asiatica  e,   secondo  re- 


centi scoperte,  dall'  americana.  Seguirono  le  archi- 
tetture egiziana,  babilonese,  assira,  ebraica,  persiana, 
indiana,  fenicia,  druidica;  inoltre,  la  pelasgica 
(dalle  costruzioni  ciclopiche),  seguita  dall'  etrusca, 
che  influenzò  la  romana,  e  dalla  greca,  che  influì 
su  tutte  le  altre  venute  dopo.  Alla  romana,  proce- 
dente dall'  etrusca  e  dalla  greca,  succedettero  1'  ar- 
chitettura lombarda,  la  lombardo-greco-moderna  e 
le  varie  modificazioni  locali:  architetture  bisantina, 
araba,  moresca;  quindi  la  gotica,  o  archiacuta,  la 
gotico-toscana  (in  Italia),  1'  architettura  del  risorgi- 
mento, infine  quella  manifestatasi  con  metodi  ed 
esemplari  sotto  i  vari  nomi  di  rococò,  neo-greco, 
neo-latino,  stile-impero,  ecc. 

Architettura  moderna,  quella  dopo  il  medio  evo. 
-  Architettura  sotterranea,  quella  che  insegna  i  modi 
di  ben  condurre  ogni  sorta  di  lavori  sotterranei. 

Archiacuto,  il  genere  d' architettura  malamente 
detto  gotico.  •  Barocco,  stile  architettonico  capric- 
cioso e  biasimevole,  svoltosi  largamente  in  Italia 
nel  secolo  XVII.  -  Bramantesco,  stile  cosi  chiamato 
dal  nome  del  Bramante  che  lo  introdusse.  -  Rococò, 
la  migliore  espressione  dello  stile  barocco,  caratte- 
rizzata da  membrature  leggiere,  quasi  sempre  di- 
sposte in  curva  ed  eleganti,  massime  nelle  decora- 
zioni interne.  -  Stile  romancio,  tra  il  basilicale  (di 
basilica,  senza  cùspide  nella  facciata)  e  l'archiacuto: 
fiorito  nel  secolo  XIII.  -  Stile  rustico,  quello  che 
esclude  ogni  lusso,  ogni  ornato.  -  Stile  semigotico, 
che  si  avvicina  al  gotico. 

Architettònica,  la  scienza  che  prescrive  le  regole 
dell'  architettura.  -  Felloplastica,  arte  che  ha  per 
oggetto  di  far  modelli  di  costruzioni  antiche,  im- 
piegando il  sughero,  che,  pel  colore,  per  la  buche- 
rellatura  e  per  la  facilità  di  tagliarlo,  si  presta  più 
che  altra  materia  per  tali  modelli. 

Architettònico,  appartenente,  attinente,  riterentesi 
all'architettura,  o,  anche,  che  è  secondo  le  regole 
dell'architettura. 

Ordini  di  architettura 


Ordine  dicesi  un  tipo  speciale,  avente  carattere 
storico,  costruttivo  ed  estetico,  del  complesso  ori;a- 
nico  dei  colonnati  classici,  comprendente  in  special 
modo  la  colonna  e  la  trabeazione;  è,  pertanto,  una 
consentita  quantità,  qualità,  disposizione  di  membri 
e  di  ornati. 

Cinque  sono  gli  ordini  —  dorico,  ionico,  corin- 
zio, toscano,  compòsito  —  e  ciascuno  distinto  dagli 
altri  per  una  propria  impronta,  per  il  numero  delle 
parti,  delle  membrature  minori,  per  la  forma,  le 
proporzioni  di  esse  parti,  ecc.  -  11  dorico  ha  la 
colonna  che  misura  otto  diametri  dell'  altezza,  i 
triglifi  e  le  metope  nel  fregio  del  capitello  :  è  meno 
massiccio  del  toscano,  con  capitello  per  lo  più  liscio 
e  poco  ornato.  -  Nello  ionico,  alla  colonna,  che  è 
alta  nove  diametri,  si  aggiungono  le  volute,  o  spi- 
rali, del  capitello.  -  Il  corinzio,  o  corintio,  ha  la 
colonna  di  dieci  diametri  d'  altezza,  con  i  caulicoli 
e  le  foglie  a  due  o  tre  ordini  nel  capitello  e  con 
viticci:  è  il  più  svelto,  più  gentile  degli  ordini.  - 
Il  toscano,  AòWa  colonna  alta  sette  diametri,  è  il  più 
massiccio,  il  più  robusto  degli  ordini.  -  Il  composito 
ha  la  colonna  alta  dieci  diametri,  più  le  volute  nel 
capitello.  Detto  anche  romano:  è  un  misto  di  due 
0  più  altri  ordini. 

Ionico  moderno,  l'antico  ordine  ionico,  modificato 
dallo  Scamozzi. 


AnCTlITETTURA 


133 


Membri  di  ordini  architettonici 

Si  dicono  viembri,  in  generale,  le  parti  varia- 
mente figurate,  che  formano  l' insieme  di  un'ordine 
architettonico.  -  Membri  prinrApali,  quelli  assoluta- 
mente necessari,  indispensahili  in  un  grande  edifi- 
cio. -  Membri  secondari,  o  memhrelti,  o  modanature, 
quelli  minori,  atti  a'  dare  ai  principali  un  rinforzo, 
vero  0  apparente,  contemporaneamente  producendo 
varietà  e  bellezza. 

Membri  principali,  —  Sono  la  trabeazione,  la 
colouìia  e  il  piedistallo.  Neil'  ordine  dorico,  la 
massa  della  trabeazione  comprende  la  cornice,  il 
fregio  e  Y  architrace.  -  Parti  della  cornice:  li- 
stello 0  pianetto,  gola  diritta  o  sima,  gola  rovescia 
(onda),  gocciolatoio  o  corona,  goletta  rovescia,  fa- 
scia dei  modiglioni,  òvolo,  regoletto,  fascia  dei  ca- 
pitelli (modiglione  in  profilo,  modiglione  di  faccia, 
capitello  del  triglifo).  -  Parti  del  fregio:  triglifo  e 
suoi  cavetti;  mètopa.  -  Parti  dell'architrave:  pia- 
netto  o  lista,  fascia  superiore,  fascia  inferiore  (li- 
stello delle  gócciole  e  gócciole  o  campanelle). 

La  massa  della  colonna  comprende  il  capitello, 
il  fusto  e  la  base.  Parti  del  capitello:  pianetto, 
gola  rovescia,  gocciolatoio,  òvolo  o  echino,  anuletti 
0  intaccature,  fregio  del  capitello.  -  Parti  del  fusto: 
astràgalo  o  tondino,  sommoscapo,  ratta  superiore, 
ratta  inferiore.  -  Parti  della  base:  imoscapo,  tondino 
0  bastoncino,  toro,  plinto. 

La  massa  del  piedistallo  comprende  la  cimasa, 
il  tronco,  il  basamento.  -  Parti  della  cimasa: 
pianetto,  òvolo,  listello  o  filetto,  gocciolatoio  o 
corona,  gola  rovescia.  -  Parti  del  tronco:  listello 
superiore,  listello  inferiore  (propri  dell'ordine  ionico 
e  del  corinzio).  -  Parti  del  basamento:  listello,  ton- 
dino, gola  diritta,  plinto  o  dado,  zòccolo.  Oltre  i 
precedenti,  in  tutto  o  in  parte,  altri  vocaboli  ricor- 
rono nella  designazione  dei  componenti  i  tre  prin- 
cipali ordini  di  architettura.  Cioè,  neiyordine  ionico: 
voluta,  imoscapo,  scozia;  nell'ordine  corinzio:  mu- 
tilo 0  mensola,  caulicolo  o  viticcio,  foglia,  fiore, 
becco  di  civetta,  campana. 

Ufficio  di  colonna  fa  il  pilastro,  per  la  sua 
forma  detto  anche  colonna  quadrata,  parallelepipedo 
rettangolare  costituito  di  mattoni  o  di  pietra  con- 
cia. -  Cariatide  (più  generalmente,  cariatidi),  statua 
che  si  mette,  invece  di  colonna  o  di  pilastroj  per 
servire  da  sostegno.  -  Canefore,  figure  muliebri  che 
portano  in  capo  canestri  pieni  di  frutta,  di  fiori  e  di 
altre  cose  spettanti  ai  sacrifici,  usate  moltissimo  quali 
cariatidi.  -  Colonna  e  statua  persiana,  membri  usati 
come  cariatidi.  -  Atlante,  o  telamóne,  statua,  per  lo 
più  colossale,  che,  all'esterno  d'un  edificio  sontuoso, 
fa  l'ufficio  di  colonna,  di  pilastro  e  di  modiglione. 

Trabeazione,  denominazione  collettiva  di  tre  gran- 
di membri  sovrapposti  nelle  parti  superiori  d'un  ordi- 
ne od  edificio:  sono  Y  architrave,  il  fregio  e  la  cor- 
nice. -  Gocciolatoio,  0  corona,  membro  che  ricorre  sotto 
la  cornice,  con  maggiore  aggetto,  perchè  l'acqua 
sgoccioli  e  cada  bastantemente  lontano  dal  piede 
dell'edificio  (sottogrondale,  parte  di  sotto  del  goc- 
ciolatoio). 

Frontespizio,  cornice  o  altro  consimile  membro 
(in  forma  di  triangolo  o  di  arco;  detto  cùspide  se 
forma  in  alto  un  angolo  acuto),  che  costituisce  il 
finimento  alla  parte  più  alta  della  fronte  dell'edifi- 
cio, oppure  serve  di  ornamento  ad  una  porta,  ad 
una  finestra,  ad  una  nicchia,  ecc.  -  Timpano,  lo 
spazio  della  facciata  superiormente  limitato   dalla 


cornice,  angolosa  o  curva,  e  formante  con  essa  il 
frontespizio.  -  Cimasa,  nome  generico  d'ogni  membro 
d'architettura  posto  sopra  più  altri,  ai  quali  faccia 
finimento. 

Membui  secondari.  —  Ogni  modanatura  (com- 
binazione e  sovrapposizione  di  figure,  dalle  quali 
risultano  i  motivi  architettonici),  sia  curva  o 
l'ctta.  -  Lisia,  o  pianetto,  piccolo  membro  piano, 
rettangolare,  sottile,  stretto,  di  lunghezza  indeter- 
minata. -  Fascia,  superficie  piana,  molto  più  alta 
del  listello  :  serve  spesso  per  dividere  all'  estemo 
un  piano  dall'altro  o  anche  un  partito  decorativo 
dall'altro.  Si  applica  ai  modiglioni  e  ai  capitelli, 
principalmente. 

Plinto,  0  zòccolo,  specie  di  grossa  tavola  quadrata, 
sulla  quale,  come  sopra  un  piedistallo,  posano  sta- 
tue, vasi,  trofei,  ecc  .-Den?^'.o,membretto  par  allele- 
pipedo,  rappresentante  in  certo  modo  una  denta- 
tura: speciale  agli  ordini  ionico  e  corinzio  (Mela- 
tone, lo  spazio  fra  dentello  e  dentello).  -  Modiglioni, 
mensole,  mutili,  beccatelli,  membri,  per  io  più  a 
forma  di  gola,  posti  a  sostegno  del  gocciolatoio  o 
del  cornicione. 

Astràgalo,  o  tondino,  membro  rotondo,  a  guisa 
di  bacchetta  o  bastone:  la  sua  sezione  retta  è  una 
semicirconferenza.  Detto  anche  fusarolo,  bastoncino. 

Cordone,  grosso  tondino  che  si  adopera  per  di- 
videre orizzontalmente  grandi  masse  di  muro.  -  lo- 
ro, grosso  tondino,  che  si  adopera  in  pianta  retti- 
linea 0  circolare  (in  quest'  ultima  forma  nelle  basi 
delle  colonneyi, 

Bastone,  membro  che  serve  ad  ornare  l'estremità 
delle  colonne  e  delle  cornici,  le  mura  delle  fortez- 
ze, il  fusto  delle  artiglierie,  ecc.  -  Cavetto,  o  guscio, 
stretta  incavatura  longitudinale,  a  forma  di  canale: 
il  suo  profilo,  0  sezione,  è  un  quarto  di  circolo. 

Scozia,  di  forma  concava,  usata  per  lo  più  fra  i 
due  lislelli  della  base  nelle  colonne,  specialmente 
negli  ordini  ionico  e  corinzio:  distinta  in  superiore 
e  inferiore. 

Gola,  modanatura  concavo-convessa,  formata  da 
archi  di  cerchio  accordati  {gola  diritta  o  sima, 
gola  in  cui  la  parte  concava  é  al  disopra  della 
parte  convessa;  gola  rovescia,  o  onda,  gola  in  cui  la 
parte  concava  è  al  disotto  della  parte  convessa).  - 
Falso  attico,  sorta  di  gola  rovescia  od  altra  mo- 
danatura, con  la  quale  si  usa  alzare  la  impostatura 
delle  vòlte,  quando  sorgono  al  disopra  di  una  cor- 
nice molto  aggettante. 

Membri  o  parti  di  membri  con  particolari  deno- 
minazioni. —  Fuso,  fusto,  corpo,  scapo,  ventre,  en- 
fasi, rastremazione,  collarino:  veggasi  a  colonna» 

Zòccolo,  dado,  cimasa,  detto  a  2>ie<^*«^f«^^o. 

Abaco,  collo,  vaso,  campana,  corpo:  veggasi  a 
capitello. 

Ornati 

Gli  ornati,  o  gli  ornamenti,  sono  modanature  di 
varia  foggia,  applicate  ai  membri  principali  o  inca- 
vate in  essi,  per  dar  loro  e  a  tutto  1'  edificio,  se- 
condo i  diversi  ordini,  maggiore  varietà  e  va- 
ghezza. 

Voluta,  attorcigliatura  spirale  sotto  1'  àbaco,  spe- 
cialmente del  capitello  ionico  e  del  composito.  - 
Listello,  ciò  che  fa  la  grossezza  delle  spire  della 
vòlta  vedute  di  fronte  (femore,  listello  che  separa 
un  canaletto  dall'altro  nel  diglifo  e  nel  triglifo). 

Occhio,  il  circoletto  centrale,  nella  cui  periferia 
termina  la  più  interna  spira  della  voluta. 


134 


ARCHITETTURA 


Foglie,  ornamenti  che  traggono  il  nome  dalla 
Joro  stessa  figura  e  sono  scolpiti  intorno  al  capi- 
tello; arabeschi,  foglie  e  frutti  scolpiti.-  Caulicoli,  o 
cavicoli,  steli  che  sembrano  sostenere  le  volute  del 
capitello  corinzio:  cartocci  o  viticci  che  escono 
dalle  foglie  e  si  curvano  sotto  le  volute.  -  Viticci. 
ornamenti  in  forma  di  fili,  di  steli,  di  striscioline 
sorgenti  dalle  foglie  superiori  del  capitello  corinzio 
e   congiungentisi  o  incartocciantisi  sotto  l' àbaco. 

Glifo,  solco  0  canaletto  verticale  ad  angolo  retto 
nel  fregio  ionico.  -  Diglifo,  ornamento  formato  di 
due  glifi,  vicini  o  paralleli.  -  Triglifo,  o  corrente, 
ornamento  formato  di  tre  glifi,  o  solchi  fmétopa,  spa- 
zio tra  l'uno  e  l'altro  triglifo,  tra  1'  uno  e  1'  altro 
diglifo). 

Gócciole,  0  goccie,  o  campanelle,  piccole  piramidi 
quadrangolari  tronche,  o  piccoli  coni  tronchi  scol- 
piti in  rilievo  sotto  ai  triglifi.  -  Ovolo,  uòvolo,  or- 
namento convesso,  a  forma  d'uovo,  formato  da  un 
quarto  di  circolo  che  scorre  lungo  una  retta.  In- 
taglio fatto  in  una  modanatura,  a  forma  d' uovo 
contenuto  in  un  cartoccio  aperto.  -  Mezzòvolo,  mo- 
donatura,  la  cui  sezione  è  un  quarto  di  circolo,  con 
la  convessità  all'infuori. 

Fusaiuola,  bastoncino  o  altro  membretto  simile, 
tondo  e  lungo,  nel  quale  siano  intagliati  globetti, 
girellini,  olive,  ecc. 

Altri  ornamenti.  —  Accartocciamento,  di  alcuni 
ornati  architettonici  che  girano  intorno  a  sé,  come 
nelle  volute  e  nei  caulicoli  dei  capitelli.  -  Armilla, 
ornamento  a  forma  di  cerchio  odi  anello.  -  Arroto- 
iamenlo,  ornato  costituito  da  cartocci  o  rami  arro- 
tolati sopra  sé  stessi  in  vari  sensi,  specialmente 
nei  capitelli  d'ordine  ionico  e  corinzio,  nelle  men- 
sole, nei  fregi,  nei  pilastri,  ecc.  -  Baccelletto,  orna- 
mento a  torma  di  baccelli  o  di  fave.  -  Baccello,  or- 
namento architettonico,  fatto  in  rilievo  in  una  mo- 
danatura (baccelliera,  gruppo  architettonico  di  bac- 
celli, che,  di  solito,  orna  la  sommità  e  i  lati  di 
certe  porte  caratteristiche  dello  stile  Rinascimento). 

Bacchettine,  ornamenti  analoghi  alle  bacchette  usate 
nei  lavori  da  stipettaio,  tagliati  sopra  un  ovolo 
(bacchettine  a  fiori,   a  foglie  cave,  in  rilievo,  ecc.). 

Becco  di  civetta,  modanatura  risultante  da  due  o 
più  archi  uniti.  -  Bisanti,  dischi  o  medaglioni 
figurati,  posti  dagli  architetti  romani  a  decorazione 
degli  archivolti.  -  Bozze,  o  bugne,  pietre  naturali  o 
composte,  rettangolari,  con  maggiore  o  minore  ag- 
getto, rivestenti  le  parti  esteriori  di  edifici,  special- 
mente di  stile  rustico  {bozze  a  guancialetto,  che 
sporgono  sul  davanti  della  facciata).  -  Bucranio, 
ornamento  architettonico  simile  a  una  testa  di  bue. 

Cane  corrente,  ornamento  seguito  che  si  ripete  e, 
per  tale  ragione,  non  ha  una  lunghezza  determinata, 
né  principio,  né  fine.  -  Cartella,  ornamento  di  scul- 
tura 0  di  stucco,  composto  di  alcuni  membri  d'ar- 
chitettura, con  in  mezzo  uno  spazio,  di  forma  re- 
golare 0  irregolare.  -  Cassettoni,  ornamenti  delle 
vòlte  e  dei  soffitti  delle  stanze:  anche  lacunari, 
formelle.  -  Cimasa,  ornamento  che  si  mette  sulle 
porte  e  sulle  finestre,  talvolta  con  una  targa  o 
scudo  nel  centro.  -  Collana  di  perle,  fila  di  globetii 
che  si  intromette  per  ornamento  fra  le  fasce  e 
sotto  le  modanature.  -  Conchiglia,  riproduzione  più 
o  meno  esatta  delle  conchiglie  naturali,  usata  per 
decorare  la  parte  semisferica  delle  nicchie  e  delle 
absidi. 

Encarpo,  o  festone,  ornamento  rappresentante  un 
serto  intessuto  di  fiori,  di  fronde  e  di  trutta. 

Finale,  ornamento  di  vario  stile  e  forma,  che  va 


assottigliandosi  in  alto,  col  quale  si  usa  terminare  la 
facciata  di  un  edificio  o  una  parte  di  essa.  -  Fio- 
rame, ornamento  scultorio,  proprio  dell'architettura 
gotica,  col  quale  si  suole  terminare,  generalmente, 
le  cuspidi  ed  i  pinacoli.  -  Formella,  superficie  più 
0  meno  grande,  avente  una  figura  qualunque  ret- 
tilinea, curvilinea  o  mistilinea. 

Greca,  ornamento  composto  di  linee  dirette  che 
ritornano  su  sé  stesse  ad  angoli  retti. 

Mandorla,  ornamento  ad  angolo  acuto,  messo  sulle 
porte,  sulle  finestre,  e  sopra  nicchie,  tabernacoli  e 
simili.  -  Medaglione,  ornamento  in  mezzo  rilievo, 
fatto  come  un  quadro  ovale  o  tondo,  con  l'effige  di 
qualche  personaggio. 

Nastro,  ornamento  dipinto  o  scolpito  o  intagliato, 
che  rappresenta  un  nastro  svolazzante  o  avvolto 
a  spira:  se  ne  adornano  i  festoni,  le  corone,  le 
targhe,  ecc. 

Pendone,  ornamento  a  cascata,  che  si  fa  per  lo 
più  in  legno  o  in  lamiera  metallica,  che  a  guisa 
di  frangia  decora  le  gronde  delle  tettoie  e  delle 
verande.  -  Pennacchio,  il  timpano.  -  Penlalobo  o  cin- 
quefoglie, ornamento  usato  nelle  decorazioni  del 
Medio  Evo,  consistente  in  cinque  foglie  o  altret- 
tanti lobi  fatti  a  traforo  o  in  rilievo.  -  Periato, 
ornamento  usitatissimo  nell'  architettura  classica, 
consistente  in  una  fila  di  pallottole  rotonde,  che  si 
collocano  sotto  le  sporgenze  delle  modanature  piane. 

Pigna,  o  pina,  ornamento  che  si  usa  porre  agli 
angoli  fra  i  dentelli  delle  cornici.  Rappresenta  il 
frutto  del  pino.  -  Pira,  ornamento  che  consiste  in 
un  vaso  dal  quale  escono  fiamme  simulate.  -  Qua- 
drilobo,  0  qiiadrifìllo,  ornamento  composto  di  quattro 
foglie  0  altrettanti  lobi  a  porzione  di  circolo,  tanto 
pieni  che  a  traforo:  molto  usato  nell'  architettura 
medioevale  e  specialmente  nel  periodo  gotico. 

Besta  ornamentale,  filo  intessuto  di  fiori  e  di 
foglie  appeso  come  festone  alle  corna  del  bucranio, 
quando  questo  é  adoperato  quale  ornamento  archi- 
tettonico nelle  metope  del  fregio  dorico,  ecc.  -  Rosa, 
0  ruota,  ornamento  a  raggi  o  a  cordoni  che  riempie 
il  vano  della  grande  finestra  circolare,  per  lo  più 
di  mezzo,  nella  facciata  delle  chiese  di  stile  lom- 
bardo 0  in  quelle  di  stile  gotico.  -  Rosone,  orna- 
mento composto  di  foglie  disposte  attorno  ad  un 
bottone  centrale,  che  nelle  decorazioni  architetto- 
niche viene  spesso  usato  quale  riempitivo  di  lacu- 
nari, formelle,  riquadri,  ecc.,  e  frammisto  ad  altri 
fogliami,  caulicoli  od  altro,  nei  fregi  e  in  parti  con- 
simili. 

Scartoccio,  ornamento  avente  forma  simile  a  car- 
toccio. -  Sottogola,  ornamento  che  differisce  dalle 
altre  gole  rovesce  della  cornice  e  sta  sotto  il  den- 
tello 0  altro  membro.  -  Trilobo,  ornato,  per  lo  più 
a  traforo,  ottenuto  mediante  tre  archi  di  circolo  o 
lobo  che  s' incrociano  o  sono  tangenti  fra  loro.  - 
Zooforo,  fregio  caricato  di  figure  di  animali. 

Disegni,  modelli,  ecc. 
aspetti  diversi 

Alzata,  la  rappresentazione  verticale  dell'edificio, 
la  quale  ne  fa  scorgere  1'  altezza,  sia  del  tutto,  sia 
nelle  singole  parli.  -  Corda,  linea  retta  che  si 
intende  tirata  dall'una  all'altra  estremità  di  un 
arco,  che  non  sia  un  semicerchio  e  di  cui  rappre- 
senta come  la  base.  -  Disegno,  rappresentazione  di 
un  edificio  o  d'altra  cosa  sopra  un  foglio  o  su  altra 
superficie,  per  lo  più  con  semplici  linee,  talora  con 
qualche  ombreggiamento  (augnare  un  disegno,  per 


Tavola  VII 


ARCHITETTURA 


135 


(Veggasi  la  spiegazione  a  pagina  137) 


13tì 


ARCHITETTURA 


indicarvi  le  bugne  o  bozze).  -  Bozzato,  l'ordine  e  il 
disegno  di  tutte  le  bozze. 

Modello,  0  archetipo,  la  rappresentazione  in  ri- 
lievo, e  per  lo  più  in  piccolo,  di  un'  opera  da  ese- 
guirsi ;  si  fa  di  metallo,  di  legno,  di  creta,  di  cera, 
di  gesso,  ecc.  •  Modello  regolare  o  in  iscala,  quello  le 
cui  parti  sono  in  dimensioni  proporzionali  alle  cor- 
rispondenti parti  dell'  opera  da  costruirsi.  •  Modello 
dimostrativo,  quello  che  rappresenta  il  vero,  cioè 
l'opera  da  costruirsi,  non  nelle  rigorose  relative  di- 
mensioni delle  singole  parti,  ma  solamente  nel  loro 
numero  e  nella  rispettiva  loro  posizione.  ■  Modulo 
0  modano,  convenuta  unità  di  misura  regolatrice 
delle  grandezze  di  tutti  i  membri  di  architettura. 

Ortografia,  disegno  geometrico  dell'  alzato  di  un 
edificio.  •  Ortografia  esterna,  quella  che  rappresenta 
verticalmente  una  parte  esteriore  dell'edificio.  -  Or- 
tografia interna  (detta  anche  spaccato,  o  sciografia),  la 
rappresentazione  verticale  di  una  parte  interna 
dell'edificio  sopra  la  corrispondente  parte  della  sua 
pianta. 

Piani,  i  disegni  geometrici  dei  progetti  architet- 
tonici. -  Pianta,  la  proiezione  orizzontale  d'un  edi- 
ficio 0  d'  una  parte  di  esso,  d'  un  particolare  deco- 
rativo 0  d'altra  cosa.  -  Profilo,  linea  che  rappresenta 
in  alzata  il  contorno  della  sezione  di  un  membro 
di  architettura,  o  di  un  altro  corpo  qualunque,  gia- 
cente in  un  piano  verticale. 

Prospettiva,  scenografia,  la  rappresentazione  di  un 
edificio  0  d'altro  corpo  qualunque,  in  un  piano  o 
in  una  superficie,  figurato  con  le  sue  tre  dimen- 
sioni,   come  esse  appariscono  alla  vista. 

Scala,  determinata  misura  per  comprendere,  fis- 
sata la  proporzione,  le  distanze  e  siniili.  -  Sezione, 
la  nuova  superficie  che  si  mostrerebbe  in  un  edi- 
ficio supposto  tagliato  da  un  piano  orizzontale  o 
verticale. 

Aspetti  diversi.  —  Bellezza,  in  un  edificio,  ri- 
sultato che  si  ha  quando  la  forma  e  la  disposizione 
dei  membri  e  degli  ornati  producono  un  gradevole 
effetto  e  una  durevole  ammirazione.  -  Decoro,  qua- 
lità di  opera  architettonica  che  per  nulla  offenda 
la  verosimiglianza,  relativamente  al  luogo,  al  tempo, 
alle  persone  e  alle  distinzioni.  -  Euritmia,  giusta 
proporzione  nella  forma  e  nelle  dimensioni  di  cia- 
scuna parte  dell'  edificio,  e  un  conveniente  ordina- 
mento di  esse  parti,  rispetto  al  tutto. 

Luce,  il  vano  di  un'  apertura,  d' un  arco.  -  Mem- 
bratura, distinzione  e  disposizione  delle  parti  prin- 
cipali. 

Rialzamento,  in  architettura  navale,  la  forma  che 
prendono  i  madieri  nell'allontanarsi  dalla  linea  più 
piana  e  continua  del  fondo  e  nel  levarsi  a  forme 
acute  e  stellate  a  prua  e  a  poppa.  -  Rigóglio,  lo  sfogo 
delle  vòlte,  degli  archi  o  simili  -  Risega,  nell'  archi- 
tettura gotica,  quella  rientranza  che  hanno  i  con- 
trafforti esterni,  man  mano  che  raggiungono  una 
certa  altezza.  La  risega  ha  sempre  un  piano  incli- 
nato per  lo  smaltimento  delle  acque. 

Sesto,  lo  stesso  che  centinatura,  ma  riteribile  al 
modo  grafico  di  farla:  veggasi  a  vòlta,  -  Simme- 
tria, proporzione  di  misure  che  le  parti  debbono 
avere  tra  loro,  non  meno  che  con  l'opera  intera.  -  So- 
dezza, condizione  per  la  quale  un  edificio  non  corra 
pericolo  di  rovinare,  o  facilmente  deteriorare,  ma 
anzi  possa  durare  a  lungo. 

Austero,  dicesi  dello  stile  di  un'opera  poco  carica 
si  ornamenti.  -  Falso,  dicesi  di  rnuro,  di  arco  o 
nimili,  che  non  posano  bene.  -  Grave,  troppo  carico 


d'ornamenti.  -  Smensolato,  di  un  pezzo  sottile  in 
cima  e  grosso  alla  base. 

A  botte,  a  mezza  botte;  a  crociera,  in  crociera, 
ecc.:  veggasi  a  vòlta.  -  Accoppiare,  unire  colonne,  eec 

Aggettare,  fare  aggetto,  lo  sporgere  in  fuori  dalla 
dirittura  o  sodo  del  muro,  come  fanno  gli  archi- 
travi, le  cornici,  ecc.:  a  collo,  accollo;  risalto,  sporto. 

Gravitare,  premere  col  proprio  peso.  -  Posare  in 
falso,  dei  membri  d'architettura  che  stanno  fuori 
della  parte  destinata  a  reggerli.  •  Ricorrere,  circon- 
dare che  fa  una  cornice,  o  altro  membro  di  archi- 
tettura, tutto  un  edificio  o  parte.  -  Risaltare,  far 
risalto,  aggettare. 

Termini  vari  di  architettura 

Acroteri,  piedistalli  nelle  balaustrate,  alla  som- 
mità dei  frontoni,  ecc. 

Aiuti,  i  pezzi  di  rinforzo  d'un'armatura.  -  Archi- 
volto, fascia  larga,  che  fa  aggetto  sopra  il  muro,, 
che  va  da  una  impostatura  all'  altra.  -  Ancona,  pic- 
colo membro  che  sostiene  una  cornice. 

Apòfige,  linea  curva  o  parte  di  cerchio,  tagliata  a 
guisa  di  cavetto  sopra  la  linea  dell'imoscapo  della 
colonna. 

Arco,  curvatura  dei  vani,  formata  a  guisa  di 
qualsivoglia  parte  di  cerchio.  -  Attico,  parte  che  sta 
sopra  al  cornicione  di  coronamento  di  una  fabbrica 
e,  per  lo  più,  allo  scopo  di  nascondere  il  tetto.  -  Attri- 
buti, emblemi  che  si  mettono  nei  fregi  o  nelle  parti 
ornamentali,  per  caratterizzare  acconciamente  gli 
edifici  senza  ricorrere  al  sussidio  di  fredde  iscrizioni» 

Balaustrata,  parapetto  di  ballatoi,  terrazze,  scale, 
altari,  ecc.,  formato  di  balaustri,  ossia  di  colonnini, 
lavorati  in  varie  forme,  tenuti  da  basi  e  da  cimase 
in  ordine  più  o  meno  lungo.  -  Baldacchino,  coro- 
namento delle  nicchie  con  dentro  statue,  massime 
nello  stile  archiacuto.  -  Basamento,  qualunque  cosa 
che  serva  di  sostegno  o  di  appoggio  ad  altra  cosa. 

Bertesche,  i  casotti  sporgenti,  che  si  costruiscono 
sugli  angoli  degli  edifici,  per  comodo,  ornamento  o 
per  difesa  dei  luoghi  isolati. 

Caditoia,  bocca  o  fessura  lasciata  ad  arte  nelle 
vòlte  delle  costruzioni  in  aggetto  lungo  le  strade 
coperte,  o  in  piombo  alle  porte  d' ingresso  delle 
fortezze  e  dei  palazzi  antichi,  per  gettar  pietre,  olio- 
bollente  e  simili  contro  gli  assalitori,  -  Centina, 
legno  arcato  col  quale  si  arma  e  si  sostiene  una 
vòlta.  -  Cùpola,  vòlta  che,  rigirando  per  lo  più 
intorno  a  un  medesimo  centro,  si  regge  su  sé  stessa. 
-  Cùspide,  la  parte  superiore  di  un  edificio,  e  spe- 
cialmente di  una  facciata  di  chiesa,  che  termina 
in  punta  fmonocùspide,  bicuspide,  ecc.). 

Monocuspidale,  di  edificio  terminante  in  una  sola 
cuspide.  -  Dentellatura,  la  fila  dei  dentelli.  -  Ecfora, 
aggetto,  ossia  sporto  di  un  membro  architettonico, 
di  una  modanatura  o  di  una  parte  qualunque  dal 
vivo  di  una  parete. 

Faccia,  facciata,  la  parie  esterna  di  un  edificio,. 

Freccia,  costruzione  architettonica,  di  torma  pira- 
midale molto  allungata,  in  cui  sono  terminati  i  pin- 
nacoli nell'architettura  gotica. 

Imposta,  pietra  che  corona  uno  stipite,  un  pilo-, 
stro,  0  simili,  e  sostiene  la  fascia.  -  Inquadratura^ 
fascia  liscia  od  ornata,  spesso  anche  racchiusa  fro 
modanature,  la  quale  circonda  il  campo  dipinta 
d'una  parete.  -  Intavolato,  in  architettura  classico 
quella  parte  essenziale  di  un  ordine  la  quale  tr,- 
vasi  al  disopra  del  capitello  della  colonna. 

Intercolonnio,  intercolunnio,  lo  spazio  tra  una  co- 


IHCHITETTURA 


AKCHITKAVE 


137 


lonna  e  l'altra  e  nel  colonnato.  -  Isodomo,  disposi- 
zione delle  pietre  rettangolari,  per  la  quale,  alla 
faccia  esterna  del  muro,  esse  presentano  tanti  filari  di 
pietre  tutti  eguali,  in  modo  che  le  connessure  del 
lilare  inferiore  corrispondono  alla  metà  del  filare 
superiore. 

Lanterna,  il  piccolo  edificio  posto  alla  sommità 
d'una  cupola.  -  Lemnisci,  ì  nastri  che  si  avvolgono 
intorno  alle  corone  o  ghirlande  o  festoni  di  foglie 
e  di  fiori:  molto  usali  nelle  decorazioni  architetto- 
niche. 

Mènsola,  sostegno  di  trave,  di  cornice  o  d'altro, 
che  esca  dalla  direttrice  del  piano  retto,  ove  è 
afiQsso.  -  Mossa,  il  principio  della  vòlta.  •  Nascimento, 
il  principio  di  un  membro  o  di  una  parte  impor- 
tante della  costruzione.  -  Nervatura,  le  costole  o 
linee  delle  foglie  dell'ornato. 

Nicchia,  vuoto  o  incavatura  che  si  fa  nelle  mu- 
raglie, nelle  colonne  o  altrove,  per  mettervi  statue 
e  simili.  -  Nodo,  le  fasciature  corrispondenti  alle 
impalcature. 

Occhio,  apertura  o  finestra  rotonda,  che  si  pratica 
per  lo  più  nei  comignoli,  negli  attici  o  nei  fianchi 
d'  una  vòlta.  -  Ogiva,  arco  acuto.  -  Opera,  de- 
nominazione generica  di  ogni  costruzione  architet- 
tonica, sia  essa  un'intera  fabbrica  (tempio,  palaz- 
zo, teatro,  ecc.),  o  una  parte  di  essa  (porta,  terrazzo, 
loggia,  ecc.),  0  un  monumento  (obelisco,  tomba  e 
simili).  -  Ossame,  pilastri,  colonne  e  simili,  che  so- 
stengono le  travature  e  gli  archi. 

Peribolo,  galleria,  spazio  coperto  o  recinto,  che 
serve  di  passeggiata  in  un  edificio.  -  Pinnacolo, 
sommità  di  un  edificio. 

Profilo,  il  contorno  o  l'estremità  di  un  corpo 
sopra  il  piano  verticale,  come  la  base  di  una  cor- 
nice. -  Ralla  o  rallino,  pezzetto  di  pietra  o  di  me- 
tallo, per  lo  più  di  forma  cubica,  affinchè  presenti 
degli  spigoli  che  lo  tengano  fermo  nello  stucco 
nel  quale  si  colloca.  -  Riquadri,  scompartimenti  che 
si  fanno  nelle  pareti ,  nei  soffitti,  nei  pavimenti, 
nelle  fasce,  ecc.,  ora  rilevati,  ora  ad  incavo,  o 
anche  semplicemente  dipinti  o  segnati  con  mate- 
riale diverso,  a  solo  scopo  di  decorazione.  -  Rosa, 
finestra  grande,  circolare  e  ornata,  nelle  facciate 
delle  chiese  medioevali. 

Soprafj^lo,  specie  di  sopraggitto.  -  Sopraornato,  la 
parte  superiore  d'un  ordine:  architrave,  fregio  e 
cornice.  -  Sotto  base,  base  di  sotto.  -  Stipite,  detto 
a  porta.  -  Stria,  scanalatura.  -  Tamburo,  muratura 
sopra  la  cornice  da  cui  spicca  la  vòlta  della  cupola. 

Terminale,  ogni  membro  od  ornamento  in  pietra, 
in  muratura,  in  ferro,  o  in  legno,  che  termina  il 
complesso,  oppure  una  sola  parte,  di  un  edificio 
qualsiasi.  -  Tribuna,  abside.  -  Ugnatura,  attacco 
angolare.  -  Vani,  le  aperture  che  sono  in  tutto 
r  edificio.  -  Zana,  specie  di  nicchia  per  una  statua. 

Spiegazione  della  tavola  VII 

Fig.  1:  prospetto  o  facciata  di  tempio,  d'ordine 
dorico  di  tipo  exastilo,  nella  sua  ortografia,  ossia 
alzato:  a,  asse;  b,  acroterio  (fig.  13);  e,  intercolon- 
nio; d,  colonna;  e,  gradinata  (sopraelevazione).  — 
Fig.  2:  a,  attico;  b,  cornicione;  e,  modiglioni  (fig.  35); 
d,  dentelli  (fig.  58);  e,  fregio  (fig.  51);  f,  epistilio 
0  architrave  con  fi  cornice  e  con  f2  fascie;  g,  capi- 
tello (gì  abaco);  h,  fusto  della  colonna  o  scapo  o 
tronco;  i,  base  (particolari  di  ordine  corintio);  m,  col- 
larino, astragalo.  —  Fig.  3:  o,  cippo;  p,  piedistallo 
0  stilobate;  m,  capitello  del  piedistallo,  mi  cimasa 


del  piedistallo;    q,  dado;  n,  basamento.  —  Fig.  4: 

a,  profilo;  b,  pilastro  o  anta. 

Fig.  5:  a,  frontone;  6,  cimasa  con  gocciolatoio  o 
corona  o  sottogrondale  (fig.  15);  e,  cornice;  d,  fre- 
gio con  triglifi  (fig.  34);  métope  II;  e,  architrave  a 
epistilio  con  gocciole,  ossia  campanelle,  ossia  chiodi 
(fig.  34);  f,  capitello,  fi  abaco,  f 2  echino  o  mez- 
z'ovolo, ù  gradetti  o  armille  o  anelli;  g,  fusto  scan- 
nellato (III  sezione  del  fusto);  /),  gradini.  —  Fig.  6: 
capitello  medioevale,  con  a',  pulvino;  6,  abaco;  m, 
monogramma.  —  Fig.  7:  antefissa.  —  Fig.  8:  ca- 
riatide. 

Fig.  9,  10,  11:  colonna  jonica;  a,  rastremata;  b, 
parte  cilindrica,  fusolata;  a-b,  rastremazione;  e,  en- 
tasi,  spirale  o  torsa,  con  a,  anello  (ghiera)  e  b,  al- 
torilievi. 

Fig.  12:  atlante  o  talamone.  —  Fig.  13:  acroterio 
(vedi  fig.  1).  —  Fig.  14:  capitello  gemmato:  a,  abaco; 

b,  collarino;  e,  collo  del   capitello.  —  Fig.  15:  goc- 
ciolatoio. —  Fig.  16:  mutilo. 

Fig.  17:  base  romanica  con  a,  foglia  d'angolo,  b, 
plinto,  —  Fig.  18:  stile  classico,  —  Fig.  19:  pilo  a 
fascio  (gotico)  con  capitello  corrispondente:  a  e  b, 
nervature;  e,  sezione,  —  Fig.  20:  fusto  quadrilobato; 
6,  capitello  di  colonna  con  forma  a  fiore  di  loto  chiu- 
so; a,  abaco;  e,  anelli;  d,  sezione.  —  Fig  21:  som- 
moscapo, parte  alta  del  fusto.  —  Fig.  22  A:  imo- 
scapo, estremità  inferiore  della  colonna  nella  base 
opposta  all'altra  detta  sommoscapo  (fig.  21),  sotto 
al  collarino. 

Fig.  22  B  e  23:  toro,  semplice  scannellato  e  anel- 
lato;  e,  apofige,  cimbia  o  cembra.  —  Fig.  24:  ovolo, 
echino  ed  uovolo  semplice  e  ornato  (fig.  32).  — 
Fig.  25:  scozia  o  trochilo.  —  Fig.  26:  covetto  con 
a,  pianetto.  —  Fig.  27:  listello  o  pianetto  o  qua- 
dretto. 

Fig.  28:  tondino,  fusaiolo.  —  Fig.  29:  gola  di- 
ritta. —  Fig.  30:  gola  rovescia  o  talone.  —  Fig.  31; 
caulicolo  0  cavicolo  a,  con  volute  b,  h\  —  Fig.  32: 
cimasa  a,  con  ovoli;  b,  6i  dardi  o  freccie  o  lingue; 
e,  foglia  angolare;  d,  perle,  o  paternostri. 

Fig.  33:  bucranio.  —  Fig.  34:  triglifo  (fig.  5  I); 
a,  capitello  del  triglifo;  e,  canaletti;  e,  campanelle, 
goccie,  gocciole,  se  hanno  forma  conica,  chiodi  se 
hanno  forma  piramidale.  —  Fig.  .35:  modiglione 
ornato.  —  Fig.  36:  mensola  o  mensolone  con  vo- 
lute. —  Fig.  37:  cirri  ornamentati.  —  Fig.  38:  vi- 
ticcio o  spire  (vedi  fig.  51)  a  volute. 

Fig.  39:  cane  corrente,  ossia  voluta  di  Vitruvio.  — 
Fig.  40:  A,  doccia  medioevale:  B,  doccia  greca, 
C,  comune;  a,  canale.  —  Fig.  41:  cimase  d,  greca; 
e,  moderna.  —  Fig.  42:  meandro  o  greca.  — 
Fig.  43:  medaglione.  —  Fig.  44:  pàtera.  —  Fig.  45: 
smussi. 

Fig.  46:  becco  di  civetta  (sagoma).  —  Fig.  47: 
cassettoni  semplici  e  con  rosoni  (lacunare). 

Fig.  48:  sagoma  gotica  ottenuta  con  l'operazione 
della  qiiadrangolatura.  —  Fig.  49:  abbozzo  di  fra- 
staglio con  triangolatura.  —  Fig,  50:  voluta  a,  oc- 
chio; b,  canaletto;  e,  listello, 

Fig.  51:  ornamento  (rinascimento),  —  Fig.  52: 
grottesca,  —  Fig.  53:  arabesco.  —  Fig.  54:  A,  gu- 
sci; B,  specchio  della  riquadratura,  canaletti,  cana- 
lature,  cavità,  strie. 

Fig,  55:  baccelli.  —  Fig,  56:  la  punta  d'una 
foglia  di  acanto.  —  Fig.  57:  rosone  (cinquefoglie), 
—  Fig.  58:  dentelli. 

Modanature;  fig.  21  a  30,  48,  46,  45,  32. 

Architrave  (architravato,  architravaturaj .  Mem- 
bro di  architettura,  parte  di  edificio,  di  muro  e  si- 


13S 


ARCHIVIARE 


mile:  poggia  su  colonne,  su  pilastri,  su  stipiti,  so- 
vrastando a  un  vano  e  sostenendo,  a  stia  volta,  la 
parte  superiore  ad  esso.  Consta,  per  lo  più,  d'un 
pezzo  riquadrato  di  pietra  o  di  legno.  Fu  detto  an- 
che; Calzuolo,  cardinale,  cardinaletto;  sopracolonnio, 
soprapposto,  sovrapposto,  sovrassoglio.  Dal  greco, 
epistilio.  E'  la  parte  inferiore  della  trabeazione. 
Comprende  :  nell'ordine  dorico,  il  pianetio,  la  fascia 
superiore,  la  fascia  inferiore,  con  le  goccie,  o  cam- 
panelle, e  il  listello  di  queste  ;  nell'ordine  ionico,  il 
pianetto,  \3l gola  rovescia,  le  fasce  superiore,  di  mezzo 
e  inferiore;  nell'ordine  corinzio,  il  pianetto,  la  gola 
rovescia/  il  tondino,  le  tre  fasce  e  la  gola  rove- 
scia (Tutte  le  voci  qui  citate  hanno  la  loro  spie- 
gazione nell'articolo  architettura). 

Architravata,  disposizione  degli  architravi:  archi- 
travatura;  in  una  fabbrica,  o  in  parte  di  essa,  il 
succedersi  di  più  architravi  di  sostegno  deiredillcio, 
poggianti  su  colonne  o  pilastri.  -  Architravato  (ag- 
giunto di  cornici),  speciale  cornicione  privo  del 
fregio.  -  Battente,  parte  dell'architrave,  degli  stipiti 
e  anche  della  soglia  (se  intavolata),  la  quale  é  bat- 
tuta dall'imposta,  quando  si  chiude.  -Fascia,  fregio 
■dell'architrave.  -  Stipite,  veggasi  a  porta. 

Archiviare  {archiviato).  Veggasi  ad  ar elùvio. 

Archivio  (archivista).  Ufficio  nel  quale  si  rac- 
colgono e  si  conservano  gli  atti  e  i  documenti  pub 
blici.  Aiichè  il  luogo  stesso:  tabularlo,  sacrario. 

Di  varie  sorta,  secondo  la  natura  dei  documenti 
che  vi- si  custodiscono:  aróhivio  amministrativo,  di- 
plomatico, storico,  di  famiglia,  del  comune,  della 
provincia,  dello  Slato.  Ciascun  ufficio  pubblico, 
inoltre,  ha  il  proprio  archivio,  nel  quale  sono  or- 
dinatamente raccolti  gli  atti. 

In  Italia,  ha  sede,  presso  il  ministero  dell'interno, 
un  Consiglio  per  gli  archivi  del  regno,  con  a  capo 
una  Giunta.  Il  servizio  archivistico  è  esercitato  da 
Dilezioni  di  Archivio  (diciannove  nel  regno).  Gli 
impiegati  degli  Archivi  di  Stato  sono  distinti  in  tre 
cate'gorie  :  eopt,  archivisti,  primi  archivisti,  archivi- 
sti e  sotto  archivisti  ;  assistenti  e  sotto  'assistenti; 
commessi  d'ordine.  Si  aggiunge  un  economo  ;  e  vi 
sono  infine  custodi  e  usceri.  In  alcuni  archivi  sono 
aperte  scuole  perTinsegnamento  dellajoaieoflrra/ìa 
e  ùqWz.  dottrina  irr.hivislica.  ^^W archivio  del  regìio, 
unico,  si  raccolgono  g.i  atti  dei  dicasteri  centrali  ; 
nell'Archivio  di  Siato  esistente  .nel  capoluogo  di 
provincia,  gli- atti  della  magistratura  giudiziaria  e 
delle  amministrazioni  non  centrali.  Degli  atti  con- 
servati alcuni  sono  pubblici,  altri  confidenziali  o 
segreti.  In. certi  casi,  per  consultazioni  e  trascri- 
zion©,  di  atti,  si  pagano  diritti  d'archivio. 

Archiviabile,  dà  archiviarsi,  che  si  può  archiviare. 

Archiviare,  registrare  e  custodire  in  archivio;  au- 
tenticare una  copia  cori  l'originale  d'archivio  (non 
comune):  arcliiviato.  -  Arcliivisla,  titolo  dell'impie- 
gato che  sopraintende  ad  un  archivio.  -  Cancelleria, 
archivio  nel  quale  gli  atti  pubblici  sono  conser- 
vati, e  dove  si  suggellano  o  si  bollano,  certi  atti  e 
certe  lettere  per  renderli  autentici.  Ufficio  d'i  pre- 
tura,  di  tribunale. 

Archivlola»  Veggasi  a  rnusicali  istrumenfi. 

Archivòlto.  Fascia  che  sporge  dalla  parete  e. 
gira  sulla  curva  dell'arco,  dall'una  all'altra  impo- 
statura di  questo:  voltone< 

Arci.  Parola,  prefisso  che  accenna  à  superio- 
rità, a  primato. 

Arciconfratèrnita.  Detto  a  confraternita. 

Arciconsolato,  arcicònsolo.  Detto  ad  A.c- 
cariemta  (della  Crusca). 


Arcidiàcono.  Gra*do  ecclesiastico  tra  il  cano- 
nico e  il  cardinale. 

Arcidiócesi.  Detto  a  vescovo. 

Arciduca  (arciducale,  arciducato,  arciduchessa). 
Titolo  di  principe  di  casa  d'Austria 

Arcière.  Tiratore  d'arco  nell'antica  milizia. 

Arcifànfano-  Chi,  con  affettazione,  con  osten- 
tazione, si  da  aria  di  grande  importanza,  rivelan- 
dosi per  sciocco. 

Arcig-no.  Di  sapore  acerbo,  astringente.  -  Di 
faccia  accigliata,  che  rivela  broncio  o  nuilitr 
more. 

Arcile.  Grossa  cassa  per  biade,  farine  e  si- 
mili. 

Arcilluto.  Colossale  liuto. 

Arcimag-ia.  Parte  dell'alchimia  :  insegnava 
l'arte  di  far  l'oro. 

Arcione.  Parte  della  sella. 

Arciparafonista.  Detto  a  cantante. 

Arcipèlago.  Detto  a  isola,  e  a  mare. 

Arciprete  (arciprelale,  arcipretura).  Veggasi  a 
elevo. 

Arcispedale.  Primo  ospedale. 

Arciscrinario.  Detto  a  tesoriere. 

Arcitriclino.  Il  direttore  della  mensa  presso 
gli  antichi  Romani. 

Arcivescovado.  Veggasi  a  vescovo. 

Arcivescovo  (arcivescovile).  Detto    a  vescovo. 

Arco.  Parte  o  segmento  qualunque  di  una 
curva:  ad  esempio,  di  un  circolo,  di  un'ellisse,  di 
un'iperbole,  ecc.  -  Cosecante,  secante  del  comple- 
mento di  un  arco  -  Coséno,  seno  del  complemento 
di  un  arco  o  di  un  angolo.  -  Raggio,  linea  che, 
partendo  dal  ceritro  della  curva,  arriva  fino  alla 
circonferenza.  -  Saétta,  fréccia,  linea  retta  che  di- 
vide l'arco  e  la  corda  in  due  parti    eguali. 

Secante,  linea  retta  o  curva  che  tagli  una  curva 
in  due  o  più  punti.  -  Seno,  linea  perpendicolare, 
condotta  dalrestremità  di  un  arco  ad.  un-  raggio 
tirato  all'altra,  estremità.  -  Tangente,  linea  retta  che 
tocca  la  curva. 

complementari,  due  archi  (di  cui  uno  può  essere 
negativo)  la  cui  somma  algebrica  vale  un  qua- 
drante (90");  supplementari,  se  la  loro  somma  vale 
^ue  quadranti  (180°). 

Arco.  Costruzione  architettonica  fatta  a  curva 
sopra  due  sostegni  o  piedritti,  praticata  nella  gros- 
sezza di  un  muro  0  al  disopra  di  un  vuoto,  ecc.  Di 
varie  forme:  circolare,  ehttica,  ovale,  parabolica,  iper- 
bolica, catenaria,  policentrica,  ecc.  Attraversa  il  vano 
tra  due  Hiuri  paralleli  o  tra  due  colonne  o  pilastri,  o 
i  due  stipiti  di  una  finestra,  di  una  porta,  le  due 
pile  contigue  di  un  ponte,  ecc.  I  materiali  di  cui 
un  arco  è  costruito  'sono  inclinali  gli  uni  sugli  al- 
tri e  si  reggono  a  vicenda,  verticalmente  sostenuti 
sull'impostatura.  -  Archettino,  archetto,  arcuccio. 

Arcale,  arco  di  porta  o  simile.  -  Arcata,  aper- 
tura in  forma  d'arco  :  vo'.tone.  -  Archivolto,  fascia 
larga,  rappresentante  la  fronte  esterna  dell'arco  ed 
estendentesi  da  un'  impostatura  all'altra  del    muro. 

Arcualo,  piegato  a  forma  di  arco. 

Arco  acuto  o  a  sesto  acutoi  quello  formato  da  due 
archi"  di  cerchio  che  si  tagliano,  formando  il  ver- 
tice d'un  triangolo,  la  cui  base  sarebbe  la  linea  di 
imposta  dellnrco  stesso:  ogiva.  -  Arco  o  quarto 
acuto,  costruito  come  quello  a  sesto  acuto,,  ma  con 
raggio  che  supera  di  un  quarto  la  metà  della  corda. 

Arco  a  terzo  acuto,  costruito  come  quello  a  quarto 
acuto  e  quello  a  sesto  acuto,  ma  con  raggio  che 
supera  di  un  terzo  la  metà  della  corda.  -    Arco  a 


AUCO  —   ARCOLAIO 


139 


lutto  sesto,  quello  che  ha  per  curva  un  semicerchio 
e  il  cui  rigoglio,  o  la  saetta,  è  eguale  al  raggio: 
arco  di  mezzo  tondo,  di  pieno  centro,  a  tutta 
monta. 

Arco  rialzato,  quello  nel  quale  il  rigoglio  è  mag- 
giore che  nell'arco  a  tutto  sesto.  -  Arco  scemo,  arco 
schiacciato,  quello  il  cui  rigoglio  è  minore  che  non 
nell'arco  a  tutto  sesto.  -  Arco  sfogato,  allungato,  se 
l'altezza  è  maggiore  della  metà  larghezza.  -  Arco 
tondo,  a  sesto  tondo,  quando  l'arco  è  una  porzione 
■di  circonferenza. 

Arco  angolare,  di  due  archi  che   si    intersecano. 

Arco  a  rottura,  quello  che  si  fa  rompendo  un 
muro  per  farci  porte,  finestre,  ecc.  -  Arco  diritto, 
arco  ordinario,  per  opposizione  a  quello  che  volta 
la  sua  convessità  in  giù. 

Arco  di  scarico,  quello  che  si  costruisce  a  sgra- 
vio dell'altro  arco  sottoposto  odi  architravi:  usato 
al  disopra  delle  finestre  per  scaricare  il  cappello 
di  queste,  quando  è  rettilineo,  dal  peso  sovrapposto. 

Arco  morto,  incastrato  nel  muro. 

Arco  rovescio  o  supino,  volto  all'insù,  come  si  fa 
per  fortezza  di  fondamenti.  -  Arco  zoppo,  che  poggia 
su  pilastri  ineguali  d'altezza. 

Arco  arabo,  moresco,  maomettano,  quello  a  ferro 
di  cavallo,  ecc.  -  Arco  di  ponte,  quella  sezione  di 
cerchio  di  fabbrica  che  si  tira  da  pilone  in  pilone, 
per  dar  passaggio  ad  uomini  e  animali. -ilrco  fnon- 
fale,  sontuoso  edificio  in  forma  di  gran  porta  ad 
arco:  usato  specialmente  dagli  antichi  per  passarvi 
sotto  i  trionfatori. 

Alette,  parti  piane,  o  specie  di  ante  che  si  col- 
locano fra  gli  intercolonni,  quando  questi  racchiu- 
dono un'arcata,  e  destinate  appunto  a  sostenere  ed  a 
far  da  piedritto  all'arco.  -  Brachettone,  tutto  ciò  che 
fascia  un  arco.  -  Chiave,  pietra  posta  al  sommo  di 
un  arco  o  di  una  vòlta:  è  più  acuta  nella  parte 
superiore  che  nell'inferiore;  serve  a  stringere  e  te- 
ner ferme  le  altre  parti.  Spesso  adorna  di  teste, 
•di  emblemi,  ecc.  Detta  anche  serraglia,  proliride. 

Colmatura,  lo  spazio  tra  la  corda  e  la  curvatura 
di  un  arco. 

Estradosso,  superficie  superiore  d'un  arco  o  di 
una  vòlta.  -  Fianchetto,  la  parte  laterale  degli  archi. 

Freccia,  linea  perpendicolare  alla  corda,  che  di- 
vide l'arco  in  due  parti  eguali. 

Imbotte,  intradosso  di  archi  e  di  vòlte;  con  maggior 
esattezza,  quella  parte,  per  lo  più  in  isbieco,  che 
contorna  il  vano  d'una  porta  o  d'una  finestra. 

Impostatura,  la  prima  pietra  degli  archi  e  delle 
vòlte;  il  punto  della  muraglia  su  cui  posa  1'  arco. 

Luce  dell'arco,  il  vano,  l'apertura  di  esso.  -  Lunetta, 
l'arco  separato  dall'apertura  rettangolare,  o  lo  spa- 
zio tra  un  peduccio  e  un  altro  delle  vòlte. 

Maschera,  viso  umano  intagliato  nella  chiave  di 
un  arco.  -  Nervatura,  risalto  che  si  forma  quasi  in 
corniciatura  d'  un  arco.  -  Padiglione,  figura  messa  per 
ornamento  ai  cornicioni  degli  archi,  specialmente 
nelle  chiese. 

Rigoglio,  sfogo  o  massima  altezza  d'un  arco  al 
di  sopra  della  corda. 

Sesto,  lo  stesso  che  centinatura,  ma  riferibile  al 
modo  grafico  di  formarla  (dicesi  arco  di  sesto  scemo, 
affogato,  schiacciato,  depresso,  se  l'altezza  é  mmore 
della  metà  larghezza):  arco  di  grande  o  di  piccolo 
sesto,  ecc. 

Soprarco,  arco  sopra  un  altro  per  maggior  soli- 
dità o  per  ornamento.  -  Sottarco,  il  di  sotto  d'un 
arco.  -  Vòlta,  la  pietra  dell'arco  nel  punto  che  dà 
volta. 


Fiancare,  rinforzare  i  fianchi  degli  archi  e  delle 
vòlte.  -  Serrare  l'arco,  le  vòlte,  chiuderle  colla  chiave, 
l'ultimo  cuneo. 

Arco.  Arme  antichissima  formata  da  un'asta 
flessibile  (di  legno,  di  corno,  ecc.)  e  da  una  corda 
tesa  e  adoperata  a  lanciar  freccie  o  palle;  metodo 
che  servi  anche  alla  costruzione  di  poderose  mac- 
chine, come  la  balestra.  Archetto,  archicello,  ar- 
concello,  arcuccio.  -  Palintono,  arme  dei  Greci  anti- 
chi: arco  a  doppia  curvatura. 

Cocca,  la  tacca  della  freccia  dove  entrava  la  cor- 
da: impennatura.  -  Freccia,  bacchettina  di  legno  con 
un  ferro  appuntato  da  una  parte  e  la  cocca  dall'al- 
tra, che  si  adattava  alla  corda  dell'arco  per  sca- 
gliarla: saetta,  dardo,  strale;  quadrello,  telo;  calamo; 
spiculo.  -  Grossa  saetta,  lancione,  partigiana,  verretta, 
verrettone.  -  Quantità  di  freccie:  saettame,  saettume, 
saettamento.  -  Arcata,  spazio  quanto  tira  un  arco: 
portata  dell'arco.  -  Accoccare,  aprire,  empiere,  in- 
tassare, intendere,  tendere,  tirare,  coccare,  incoccare, 
incordare  l'arco:  caricarlo,  mettere  la  cocca  della 
freccia  alla  corda  per  tendere  e  prendere  la  mira. 

Arcare,  tirar  l'arco.  -  Saettare  (saettamento),  sca- 
gliare, tirar  saette:  colpire  con  saetta,  frecciare, 
scoccare,  dardeggiare,  quadrellare,  lanciar  qua- 
drella.  -  Scoccare,  far  partire  la  freccia. 

Stender  l'arco,  allentarlo,  scaricarlo. 

Arciere,  tiratore  d'arco:  arciere,  arcatore;  bale- 
striere, balestratore;  saettiere,  saettatore;  scagliator 
di  saette,  di  freccie;  «  trattor  d'arco  e  di  freccie  »; 
sagittario,  sagittifero. 

Arco.  Arnese,  fornito  di  crini,  col  quale  si  suona 
il  violino,  il  violoncello,  il  contrabasso  e  altri 
istrumenti  musicali.  -  Una  passata  d'arco  sul  violino, 
il  farlo  scorrere  innanzi  e  indietro  sulle  corde. 

Bacchetta,  la  parte  legnosa  dell'arco.  -Archeggio, 
nell'uso,  colpo  d'arco. 

Arco.  Termine  di  astronomia  e  di  anato- 
mia (arcata). 

Arco  senile.  Alterazione  della  cornea. 

Arco  voltaico.  L'arco  luminoso  che  si  pro- 
duce fra  due  carboni  collegati  coi  poli  di  un  po- 
tente generatore  di  elettricità,  allorché,  dopo  di 
averli  messi  a  contatto,  si  scostano  di  una  piccola 
quantità.  Applicato  non  solo  nella  illuminazione, 
ma  anche  nei  forni  elettrici,  data  la  elevata  tem- 
peratura che  con  esso  si  può  raggiungere. 

Arcobaleno.  Fenomeno  deli' atìnosfera,  for- 
mato dalla  combinazione  della  pioggia  col  sole  e 
che  mostra  in  alto  i  colori  dell'iride:  arco  celeste, 
celeste  arco;  archi,  cerchi  paralleli  e  con  colori; 
iri;  color  del  nembo.  -  Iridescente,  che  presenta  i  co- 
lori dell'iride. 

Iride,  nella  mitologia,  messaggera  di  Giunone, 
la  quale  cangiolla  in  arco,  collocandola  in  cielo  in 
ricompensa  dei  servigi  che  da  lei  le  furono  resi. 
Chiamata  poi  Arcobaleno.  -  iridio,  metallo  raro 
che  dà  soluzioni  con  tutti  i  colori  dell'arcobaleno. 

Arcobalestro.  Detto  a  balestra. 

Arcolaio.  Strumento,  per  lo  più  di  cannucce 
e  stecche  (grétole),  sul  quale  si  adatta  la  matassa 
per  dipanarla  o  incannarla:  bindolo,  guindolo,  in- 
cannatoio (specie  di  arcolaio  per  avvolgere  il  filo 
sui  cannelli  o  rocchetti),  panatolo.  -  Costole  dell'ar- 
colaio: le  stecche  che  sostengono  la  matassa.  -  Croce, 
le  stecche  che  reggono  le  grétole  dove  si  mettono 
le  matasse.  -  Aaso,  la  parte  superiore  dell'arcolaio. 

Aspata,  tutta  la  seta  che  resta  avvolta  nell'arco- 
laio 0  aspo.  -  Sbrocco,  quella  seta  che  si  leva  dal 
guindolo  per  ripulirla  dopo  che  è  tratta.  -  Zig-zag, 


140 


A ECOLOGIA    —    ARGEXTO 


sistema  articolato  in  legno  e  in  ferro,  impiegato  nel' 
l'arcolaio;  serve  a  tendere  le  matasse  di  filo  da  ri- 
dursi a  gomitoli. 

Arcologia.  La  prima  parte  della  filosofia. 

Arconte.  Il  primo  magistrato  della  repubblica 
ateniese. 

Arcuato.  Piegato  a  forma  di  arco. 

Arcuccio.  Arnese  che  si  applica  alla  culla  o 
al  letto  d'un  bambino. 

Ardente.  Caldo  di  passione;  focoso,  bollente; 
cocente,  veemente;  flagrante,  igneo;  affiammato,  in- 
fiammato ;  forte,  fiero,  grande,  intenso  (di  affetto  e 
simili);  fremente,  fi-emebondo. 

Ardentemente.  Con  intensità  di  affatto,  di 
amore,  di  desiderio,  di  qualsiasi  passione. 

Ardenza.  Ardore  d'animo,  veemenza  di  af- 
fetto. 

Ardere  {ardente,  arso).  Essere  in  fuoco;  ab- 
bruciare, bruciare.  -Essere  acceso:  di  candela, 
di  lume.  Figur.,  essere  fortemente  preso  da  ira, 
da  sdegno,  da  una  qualsiasi  jìassione.  -  Infierire 
della  guerra;  imperversare  di  altre  calamità  pub- 
bliche. 

Ardèsia.  Nota  jnetra  lamellata,  detta  anche 
lavagna:  schisto  argilloso,  usato  a  coprir  tetti,  di- 
fendere muri  da  intemperie,  fare  lastre  e  tavolette 
sulle  quali  scrivere  col  gesso.  -  Grafolite,  l'ardesia 
che  si  presta  allo  scrivere.  -  Cimosa,  girella  fatta 
di  cimosa,  che  s'adopra  per  cancellare  lo  scritto 
sulle  lavagne.  -  Lilofito,  verme  che  rode  l'ardesia. 
-  Si  hanno  anche  ardesie  artificiali. 

Ardiglione.  Ferruzzo  della  fibbia. 

Ardire,  ardimento  {ardimentoso,  ardito).  Detto 
a  coraggio.  -  Ardilo  dicesi  anche  in  senso  di  ri- 
pido (erta,  salita)  e  di  vantaggiato  {peso,  mi- 
sura). 

Arditezza.  L'essere  ardito;  atto  di  coraggio, 
per  cui  si  sa  osare.  -  L'arditezza  a  tutta  oltranza, 
esagerata,  è  temerità. 

Ardore.  Calore,  veemenza  di  passione,  inten- 
sità, vivacità  di  ajfetto,  di  sentimento.  -  Intenso 
caldo.  -  Forza,  impeto. 

Arduità,  arduo.  Detto  a  difficile  e  a  sa- 
lita. 

Area.  Lo  spazio  di  terreno  circoscritto,  di 
suolo,  occupato  da  un  edificio.  —  Termine  di  geo- 
metria.  —  Campo  della  medaglia  e  del  si- 
gillo. 

Areca,  arecolina.  Detto  a  noce. 

Arem.  Veggasi  ad  harem. 

Arena  {arenàceo).  Qualità  di  terra,  rena.  -  Poet.j 
spiaggia.  -  Luogo  per  pubblici  spettacoli,  anfi- 
teatro. 

Arenare,  arenarsi  {arenamento,  arenato).  Di 
nai?e,  incagliare,  dare  in  secco.  -  Figur.,  essere  preso 
in  mezzo  da  difficoltà;  subire  ozio  forzato. 

Arenaria  {arenario).  Qualità  di  pietra. 

Arenazione.  Detto  a  rena. 

Arenga.  Specie  di  palma. 

Arengo.  Detto  ad  assemblea. 

Arenoso.  Pieno  di  rena. 

Arcola.  Aiuola  di  giardino.  —  Termine  di 
patologia:  detto  a  pelle. 

Areòmetro.  Istrumento  per  determinare  la 
densità,  il  peso  specifico  di  un  liquido  :  pesa- 
acidi,  pesa-sali,  pesa-siroppi,  pesa-liquori. 

Areonàuta,  areonautica.  Veggasi  ad  aero- 
nàutica. 
Areopagita  {areopagitico).  Detto  a  giudice. 


Areopago.  Antico  e  celebre  tribunale  ate- 
niese. 

Areòstato  {ar eustàtico).   Detto  ad   aeròstato, 

Areóstilo.  Leggasi  a  colonna. 

Areotectònlca.  Detto  a  fortificazione, 

Aretàlogo.  Veggasi  a  banchetto. 

Arfasatto.  Uomo  da  poco,  ineschino  o  tri- 
viale: anche,  imbroglione. 

Argali.  Detto  a  pecora. 

Arganello.  Sorta  di  rete  da  pesca. 

Arganetto  {arganello).  Strumento  per  caricare 
una  balestra  -  Sorta  di  croce  all'ingresso  di  una 
via.  -  Parte  di  veicolo  a  due  o  a   quattro  ruote. 

Arganetto  elettrico,  apparecchio  formato  da  raggi 
metallici  fissi  a  un  cappelletto  girevole  sopra  un 
perno,  con  gli  estremi  appuntiti  e  piegati  nello 
stesso  senso  :  carico  di  elettricità,  gira  in  senso  in- 
verso delle  punte  per  la  reazione  esercitata  dal 
flusso  d'aria  elettrizzata  che  da  esso  viene  respinta» 

Arganetto  idraulico:  veggasi  a  idraulica. 

Argano.  Istrumento  per  alzare  un  peso  :  bùr- 
bera, ulivello,  verricello,  verrocchio.  Consiste  in  un 
grosso  cilindro  o  in  un  cono  di  legno,  girevole 
verticalmente  sopra  due  perni  robusti,  attraversato 
in  cima  da  due  stanghe  in  croce  che  formano  quat- 
tro leve  mosse  in  giro  da  uomini.  -  Fuso,  il  pezzo 
dell'argano  intorno  a  cui  si  avvolge  il  canapo  (la 
corda).  -  Stella,  il  manubrio. 

Si  hanno  potenti  argani  di  più  complicata  strut- 
tura e  anche  argani  elettrici,  cioè  comandati  da  un 
motore  elettrico.  -  Arganello,  piccolo  argano,  bur- 
berino.  -  Castagna,  denominazione  d'officina  dell'ar 
gano  meccanico  più  correttamente  detto  nottolina 
d'arresto.  -  Martinello,  argano  a  colonnette.  -  Mvr 
tinello,  argano  orizzontale,  come  il   verricello. 

Argèmone.  Veggasi  a  papavero. 

Argentana.  Lega  simile  àiV argentone. 

Argentare,  argentatura  {argentato).  Il  co- 
prire con  foglia  d'a»'sre?i*o  una  materia  qualunque. 

Argentarlo.  Il  banchiere  nel  medio  evo. 

Argenterìa.  Veggasi  ad  argento. 

Argentiere,  argentiera.  Detto  ad  argento. 

Argentlmetria,  argentimetro.  Veggasi  ad 
argento. 

Argentino.  Detto  a  perla. 

Argento  {argènteo).  Metallo  bianco,  duttile,  fu- 
sibile, poco  ossidabile,  non  alterabile  né  dall'aria, 
né  dal  fuoco,  non  attaccabile  dagli  acidi  vegetali, 
(quindi  prezioso  nelle  applicazioni  domestiche),  fu- 
sibile a  1000°.  Combinandosi  con  gli  acidi,  forma 
sali  cristallizzabili  ;  il  più  potente  de'  suoi  compo- 
sti è  il  nitrato  d'argento,  usato  come  caustico  e  come 
astringente,  nonché  neUsi  fotografia,  neW  incisio- 
ne e  nella  preparazione  di  inchiostro. 

Argento  dicesi  anche,  senz'altro,  per  moneta 
d'argento  e  per  denaro. 

1  minerali  d'argento  che  si  scavano  sono  il  sol- 
furo, il  solfo  antimoniaco,  il  cloruro,  ecc.;  si  estrae 
anche  notevole  quantità  di  piombo  argentifero,  di 
argento  misto  ai  minerali  di  rame,  ecc.  Dai  mine- 
rali si  estrae  l'argento  per  amalgamazione  o  per 
fusione.  -  Si  fanno  leghe  d'argento  col  rame,  tal- 
volta con  un  po'  di  zinco,  per  trasformarlo  in  mo- 
neta ,  in  medaglia ,  in  gioiello ,  in  stovi- 
glia, ecc. 

Filargiria,  amore  dell'argento.  -  In  alchimiat 
argirogonia,  produzione  dell'argento;  argiropéa,  arte 
di  fare  l'argento;  Luna  o  Diana,  l'argento. 

Argènteo,  di  argento,  simile  all'argento,  massime 
pel  colore:  argentale.  -   Argentifero,   argentorifero. 


ARGENTO 


141 


contenente  argento  (montagna,  terreno,  ecc.)  -  Ar- 
gentino, di  argento,  simile  ad  argento. 

Argento  colloidale,  nuovo  antisettico,  usato  nella 
cura  della  risijìola.  -  Argento  corneo,  o  cherar- 
girio,  cloruro  d'argento  nativo.  -  Argento  di  cop- 
pella, puro,  solidificato,  dopo  la  fusione  del  me- 
tallo, nel  forno  a  coppelia.  -  Argento  falso,  costi- 
tuito da  leghe  variabili,  per  lo  più  a  base  di  rame, 
zinco,  stagno,  niclielio,  ecc.  -  Argento  fuhìinante, 
ammoniuro  d'argento,  polvere  nera  facile  a  esplo- 
dere. -  Argento  in  concìwjlia,  usato  dai  pittori. 

Argento  galvanizzato,  quello  ricoperto  di  uno 
strato  oscuro  di  solfuro  d' argento  :  detto  anche 
ossidato. 

Argento  musivo,  in  lega  col  bismuto.  -  Argento 
nativo,  di  rado  puro;  il  più  delle  volte,  unito  all'oro, 
al  rame,  al  ferro,  al  piombo.  -  Argento  nero,  argento 
solforato  fragile,  solfuro  d'argento  e  antimonio:  ste- 
fanite.  -  Argento  rosso,  o  antimoniale,  argiritrose, 
pirargìrite,  aerosile,  minerale  d'argento  combinato 
con  solfo  e  antimonio.  -  Argento  smorto,  appannato, 
non  lucido. -Arg;  nto  vecchio:  nome  che  si  dà  agli 
oggetti  d'argento  luori  d'uso,  da  fondere.  -  Argento 
vivo,  il  mercurio:  idralgirio,  idrargirio.  -  Biglione, 
argento  di  bassa  lega:  metà  argento  e  il  resto  rame. 

Bromuro  d'argento,  sostanza  che  si  presenta  in 
piccoli  cristalli  cubici  di  colore  verdastro.  -  Christofle, 
lega  di  rame,  zinco  e  nichelio  la  quale  assomiglia 
alPargento  e  serve  per  fabbricare  varie  specie  di 
utensili  domestici:  argentana,  argentano.  -  Cloruro 
d'argento:  in  natura  costituisce  il  metallo  detto 
«argento  corneo».  Sotto  l'azione  della  luce  diviene 
prima  violetto,  poi  nero.  -  Doppiato  d'argento,  rame 
coperto  da  un  sottil  velo  d'argento:  argento  placche. 

Galena  argentifera,  piombo  solforato  che  contiene 
sovente  una  certa  quantità  d'argento.  -  Joduro  d'ar- 
gento, sostanza  che  si  trova  in  alcuni  minerali  ar- 
gentiferi. 

Petzite,  tellururo  d'argento  che  si  trova  unito 
ad  oro:  assai  raro. 

Pirovato  d'argento,  acido  piruvico  e  ossido  d'ar- 
gento. -  Vermiglio,  argento  dorato  con  l'intermezzo 
del  mercurio:  vermeil. 

Amalgama,  lega  d'argento  e  di  mercurio.  -  Argi- 
ride,  minerale  che  contiene  argento.  -  Argirolito, 
pietra  argentata. 

Calla,  minutissime  particelle  d'argento  che  si  stac- 
cano da  esso  nel  lavorarlo.  -  Cannutiglia,  canutiglia, 
piccole  strisce  d'argento  e  d'oro  battuto,  attorcigliate 
a  foggia  di  tubetti:  servono  pel  ricamo.  -  Granel- 
lette,  pai'ticelle  minime  d'argento.  -  Paglietta,  pa- 
gliuzza, dicesi  d'ogni  sottile  scaglia  d'argento  o  di 
altro  metallo. 

Tritoli,  minuzzoli  d'argento  o  altro  ridotti  in  pezzi 
finissimi.  -  Verga,  pezzo  a  forma  di  bastoncello  sot- 
tile. 

Argirose,  argirosio,  argento  solforato,  minerale 
importante,  per  lo  più  amorfo  e  associato  alla 
galena. 

Argenteria,  argentiere,  ecc. 

Argenteria,  quantità  di  argento  lavorato:  posate, 
vasellame,  ecc.,  escluse  le  monete  e  le  medaglie: 
argenti.  -  Argento,  argenteria,  per  lo  più  artistica. 

Argentiera,  cava  d'argento. 

Argentiere,  artefice  che  fa  lavori  in  argento  di 
getto,  di  metallo,  con  saldature,  come  posate,  vasel- 
lame, altri  oggetti  d'uso  domestico  o  di  lusso;  anche 
chi  vende  oggetti  d'argento.  -  L'argentiere  riduce  il 


metallo  in  verga,  lavorato,  battuto  in  libretti,  in 
foglia,  filato,  ecc.  -  Filaloro,  filatore  d'  oro  e  d'  ar- 
gento. -  Saggiatore,  persona  incaricata  di  determi- 
nare esattamente  il  titolo  delle  materie  d'  oro  e  di 
argento. 

Argentimetria,  la  determinazione  del  peso  dell'ar- 
gento mediante  un  apparecchio  fargentimetroj  cono- 
sciuto in  commercio  sotto  il  nome  di  bilancia  me- 
tallometrica. 

Brunitoio,  strumento  d'acciaio,  di  denti  d'animali, 
0  d'  agata,  che  si  adopera  per  1'  argentatura.  -  Cop- 
pella, piccolo  vaso  a  modo  di  un  disco  incavato  a 
coppa,  tatto  per  lo  più  di  cenere  di  corna,  o  di 
ossa  d' animali  calcinate,  per  cimentarvi  l' oro  o 
r  argento.  -  Crogiuolo,  vaso  in  cui  i  corpi  si  sot- 
topongono a  un  fuoco  gagliardo  nella  fucina:  lo  si 
adopera  specialmente  per  fondervi  i  metalli.  -  For- 
ma, massa  arrotondata  di  terra,  di  gesso,  da  far 
prese,  ossia  scagliuola  o  altro,  composta  divari 
pezzi  per  lo  più  dissimili,  ma  bene  combaciantisi 
uno  con  1'  altro.  -  Fucina,  retro-bottega  dell'  argen- 
tiere, dove  egli  lavora. 

Grumata,  mistura  di  gruma,  sale  e  acqua  per  im- 
bianchire l'argento.  -  Mordente,  impasto  di  colori  e 
olio,  0  sostanza  atta  a  fissare  il  colore  sui  tessuti 
0  l'argentatura  sulle  cose  che  devono  averla.  -  Muf- 
fola, semicilindro  in  terra  refrattaria  che  trovasi 
nel  mezzo  d'un  forno  a  riverbero  da  argentiere. 

Raspino,  strumento  di  ferro  rotondo  e  alquanto 
piegato  neir  estremità,  del  quale  si  servono  gli  ar- 
gentieri, i  cesellatori,  ecc. 

Tesoro,  quantità  d'  oro  o  d'  argento  coniato  o  di 
gioie  e  cose  simili  preziose.  -  Titolo,  lega,  grado  di 
finezza  dell'oro,  dell'argento. 

Lavori,  operazioni  dell'argentiere 

Affinaggio,  metodo  impiegato  per  separare  1'  oro 
dall'  argento.  -  Affinamento  elettrolitico  :  si  applica  al 
rame  col  vantaggio  di  ottenerlo  puro  e  dotato  di 
alta  conducibilità,  e  di  estrarre  completamente 
l'  oro  e  r  argento. 

Argentatura,  inargentatura,  applicazione  di  un 
sottile  strato  d'argento  sulla  superficie  di  un  metallo 
di  rame,  d'ottone,  ecc.:  viene  eseguita  per  immer- 
sione, a  caldo,  a  freddo,  fatta  su  carta,  su  tappez- 
zerie, sul  legno,  sull'avorio,  ecc. 

Si  praticò  r  argentatura  al  mercurio,  mediante 
l'amalgama  d'argento,  col  quale  si  ricopriva  il  pezzo, 
facendo  poi  evaporare  il  mercurio  al  calore;  l'ar- 
gentatura al  pollice,  consistente  nell'  applicare,  me- 
diante questo  dito,  ravvolto  in  un  cencio,  o  per 
mezzo  d'un  pennello,  una  pasta  contenente  il  me- 
tallo precipitato  d'una  soluzione  di  nitrato;  l'ar- 
gentatura alla  foglia,  applicando  "un  numero  più  o 
meno  grande  di  foglie  d'argento  battuto  sopra  una 
superficie  di  rame,  d'ottone,  ecc.,  a  caldo,  con  l'aiuto 
del  brunitoio  d'acciaio,  e  ottenendo  una  specie  di 
placche;  Y  argentatura  a  tempei^a,  detta  anche  bian- 
chimento. Ma  prevalse  su  tutti  i  metodi  {'argentatura 
galvanica,  elettrodeposizione  di  un  leggero  strato  di 
argento  sopra  oggetti  d' altro  metallo  :  veggasi  a 
galvanoplastica. 

Bianchimento,  imbianchimento,  operazione  per  la 
quale  ai  lavori  di  lega  si  dà  la  bianchezza  del  me- 
tallo puro;  argentatura  a  tempera,  per  immersione. 

Coppellazione,  operazione  che  si  eseguisce  dentro 
una  specie  di  grande  bacino,  o  coppa,  formata  di 
marna  o  di  argilla  mista  con  calcare,  di  un  tale 
impasto    che  non    sofTra   corrosione   dalle   materie 


142 


ARGENTOLO   —    ARGINE 


fusevi  dentro.  -  Innuartazione,  la  formazione  della 
lega  d'oro  o  d'argento  per  sottoporla  all'azione  del- 
l' acido  nitrico  per  separarne  i  metalli  estranei. 

Lavori  di  grosseria,  opere  dell'  argentiere  e  del- 
\ orefice  intorno  ai  vasellami,"- ai  bacini,  alle  piastre, 
alle  statue  in  lastra,  ecc.  -  Liquazione,  separazione 
dell'argento  e  dell'oro  per  mezzo  del  piombo. 

Massello,  lavoro  di  tutto  argento  sodo. 

Accennare,  fare  un  disegno  sul  metallo  col  pun- 
tellino per  accennare.  -  Bianchire  l'argento,  forbirlo 
di  quella  specie  di  ruggine  di  cui  si  copre  nel- 
r  inforcarlo.  -  Caratare,  esaminare  il  peso  dell'  oro 
e  dell'  argento.  -  Damaschinare,  incrostrare  di  filetti 
d'  argento  o  d'  oro.  -  Disargentare,  levar  1'  argento 
da  una  superficie,  specialmente  metallica. 

Granaghare,  ridurre  l' argento  in  granaglie.  -  Inar- 
gentare, coprire  un  oggetto  con  foglia  d'  argento,  at- 
taccatavi sopra  con  fuoco,  bolo  o  mordente  o  altra 
materia  tenace.  •  Insolcare  V  rrgento,  fargli  sulla 
superficie  un  solco  o  più  solchi,  quasi  sempre  per 
incastrarvi  un  altro  metallo.  -  Massellare,  battere  e 
ribattere  l'argento  per  ridurlo  compatto,  uniforme  e 
purgato. 

Gaffinare  l'argento,  fonderlo  per  purificarlo.  -  Rim- 
buttare,  aggiungere  nuova  quantità  d'argento  a  quella 
già  fusa  nel  crogiuolo.  -  Svirare,  separare  dai 
metalli  l'argento  vivo.  -  Tirare  l'argento,  filarlo. 

Per  altre  voci,  veggasi  a  gioielliere. 

Arg-entolo.  Succedaneo  deìY  iodoformio.  - 
Veggasi  a  èscara  e  a  piaga. 

Argentone.  Lega  di  rame  e  nichelio,  comune- 
mente detta  paìifong  o  pacfond,  parola  cinese  che 
significa  ((  rame  bianco  ».  il//i?'dme,  lega  appariscente, 
ma    meno    durevole    dell'  antico   argentone. 

Argilla  (argilloso).  Terra  composta  di  silice  e 
d'allumina,  tenace  e  densa,  che  s'impasta  con  1'  ac- 
quale screpola  al  sole:  serve  a  fare  stoviglie  e  altri 
lavori  di  ceramica;  dallo  scultore  usata  per 
modellare.  Detta  anche  :  barro,  bricchero,  creta,  terra 
creta.  Si  ha  l'argilla  comune,  la  refrattaria,  ecc. 

Argilloide,  che  somiglia  all'  argilla.  -  Argilloso, 
che  contiene  argilla,  della  natura  dell'argilla:  ar- 
gillaceo, argillifero;  cretaceo,  cretoso.  -  Fittile,  di 
terracotta,  d'argilla.  -  Siderolitico,  terreno  argilloso, 
ricco  di  ferro  limonitico,  in  masse  e  grani,  con 
gesso,  piriti,  diaspri. 

Argilla  abissale,  quella  che  copre  le  grandi  pro- 
fondità dell'  oceano.  -  Argilla  bianca,  varietà  impie- 
gata per  fare  pipe,  maioliche,  porcellane  e  oggetti 
refrattari.  -  Argilla  figulina,  o  argilla  'plastica,  quella 
specialmente  adatta  per  la  fabbricazione  dei  vasi 
e  altri  lavori  plastici.  -  Argilla  follonica,  o  terra 
da  folloni,  quella  che  serve  per  digrassare  i  panni: 
argilla  smectica,  smectite. 

Bolo,  terra  argillosa  con  ossido  di  ferro.  -  Caoli- 
no, argilla  al  massimo  grado  di  purezza.  -  Cimolile, 
specie  d'argilla.  -  La  creta,  impastata  con  1'  acqua, 
fa  un  cemento  poco  tenace,  ma  pure  sufficiente  in 
taluni  lavori  di  muratore.  -  Galestro,  specie  d'  ar- 
gilla con  carbonato  di  calce:  terreno  giallastro 
grigio,  eccellente  perle  viti;  si  disfà  prontamente 
(galestrino,  galestroso,  composto  di  frantumi  di  ga- 
lestro). -  Grès,  arenaria,  roccia  conglomerata,  com- 
posta di  quarzo,  mica,  talco,  argilla,  ecc. 

Marna,  terra  formsta  da  una  mescolanza  di  ar- 
gilla calcare  e  anche  quarzo:  la  marna  argillosa 
serve  alla  ceramica  e  all'  arte  vetraria.  -  Mota,  ar- 
gilla impastata  coi  piedi,  con  la  zappa,  ecc.  -  Ocra, 
materia  terrosa,  colorata  di  giallo  più  o  mene»  ?icco, 
o  anche  di  rosso,   e   avente  per  case  di  sua  com- 


posizione il  sesquiossido  di  ferro  e  l'argilla.  -  Schisto 
argilloso,  o  argilla  schistosa,  terra  che  serve  a  pu- 
lire metalli  o  fare  matite.  -  Sinopia,  argilla  ocra- 
cea, di  color  rosso:  cinabrese.  -  Terra  di  Vicenza, 
specie  di  argilla  bianca.  -  Terra  sigillata,  altra  sorta 
d'argilla.  -  Tufarina,  terra  siliceo-argillosa.  -  Vier- 
zonite,  varietà  di  argilla,  nota  anche  col  nome  di 
melinite. 

Argilloschisto.  Roccia  stratificata,  assai  dif- 
fusa sulla  crosta  della  Terra. 

Arginare,  arginatura  {arginamento,  argina- 
zione).  Detto  ad  argine. 

Argine  {arginare,  arginato,  arginatura).  Riparo, 
ostacolo  creato  per  impedire  gli  straripamenti,  l'e- 
rosione delle  acque  d'un  fiume,  o  anche  per  te- 
nerne regolate  e  riunite  le  acque  stesse,  a  vantag- 
gio della  navigazione  :  àggere,  arginale,  arginatura, 
arginazione;  inferriata,  terrapieno,  terraglio.  ferrato; 
parata,  parato  dei  campi;  ripa,  riparo;  dicco,  diga;  get- 
tata; parapetto,  spalletta;  graticciata,  rattegno,  rite- 
nifoio;  palata,  palato,  palizzata,  palafitta,  palizzo; 
caprata,  cordonata,  lavoro  a  salvaripa;  pancone  di 
rena,  panzeruola,  sabbione,  scogliera;  spalla,  spalleg- 
giamento; serra,  traversa,  tura,  vallo.  -  Si  fanno  ar- 
gini continui  e  paralleli,  argini  discontinui,  ortogo- 
nali; argini  a  scarpa,  cioè  in  pendio,  ecc.  -  Argi- 
netto,  arginino,  arginuccio,  arginone. 

Arginello,  piccolo  argine  che  si  fa  nelle  risaie,, 
nelle  saline,  nei  campi  e  Simili  per  regolare  le  ac- 
que e  procurare  un  modo  di  passaggio. 

Arginare,  fare  argini,  riparare  con  argini;  far  ri- 
pari alle  acque,  far  le  viminate,  le  palafitte  ;  invi- 
minare,  palare,  palafittare,  palificare,  terrapienare. 
Arginato,  palafittato,  ecc.  -  Mazzapicchio,  arnese  del 
quale  si  servono  i  lavoratori  per  assodare  la  ferra 
nell'alzare  argini  e  terrapieni.  —  Disarginare,  le- 
vare, togliere  l'argine. 

Accigliatura,  o  cigliatura,  striscia  di  zolle  erbose 
con  la  quale  si  fortifica  il  ciglio  degli  argini,  perchè 
le  pioggie  non  solchino  e  guastino  la  scarpa.  -  Ban- 
che, solidi  di  terra  che  si  costruiscono  contro  gli 
argini.  -  Banchina,  tratto  non  molto  esteso  di  ter- 
reno tra  la  ripa  di  un  fiume,  di  un  fosso,  di  un 
canale,  e  l'argine. 

Caprata,  travata  di  legnami  fatta  per  appoggio 
di  arginature.  -  Cimagene,  sistema  speciale  di  difesa 
che  sì  fa  alle  rive  dei  torrenti,  dei  fiumi  e  degli 
argini  in  froldo  per  difenderli  dalle  corrosioni  che 
vi  producono  le  acque  correnti.  -  Contrargine,  ar- 
gine a  rinforzo  d'un  altro,  nel  caso  che  il  primo- 
si  rompa.  -  Diga,  argine,  o  muraglione,  che  si  co- 
struisce per  contenere  la  marea. 

Gozzi,  specie  di  armatura  ad  argini.  -  Grisola, 
{arella),  sorta  di  rivestimento  che  si  applica  alla 
fronte  minacciata  di  un  argine.  -  Mantellatura,  opera 
di  difesa  di  un  argine  o  di  qualunque  altro  rialzo 
di  terra  esposto  all'acqua  corrente. 

Palafitta,  propriamente,  riparo  fatto  di  pali  con- 
ficcati in  terra  per  stabilire  e  assicurare  argini  ed 
altro:  palafittata.  -  Partiacqua,  argine  tra  due  la- 
gune. -  Pedagna,  sentiero  d'argine.  -  Pescaia,  specie 
di  argine,  retto  o  curvo,  col  quale  si  attraversa  obli- 
quamente un  fiume,  affinché  l'acqua,  rialzandosi,  si 
possa  rivolgere  a  mulini  o  altri  simili  edifici  col 
mezzo  di  cataratte  che  la  mettano  in  una  gora. 
Rattenuta,  arginetto  che  si  fa  attraverso  le  fosse 
per  trattenere  la  terra  buona  che  poi  si  getta  nei 
campi.  -  Saldata,  siepe  molto  bassa,  formata  per 
lo  più  con  piccoli  salci  intrecciati,  allo  scopo  di  ri- 
parare argini  o  rive  di  fiumi.  -   Scarpe,   i   fianchi 


ARfilRIA    —    ARGOMENTO 


IW 


inclinati  degli  argini  e  delle  strade  in  rialzo,  non 
fiancheggiate  da  fabbricati. 

Vallo,  argine  fortificato.  -  Viminata,  riparo  di 
argini  fatto  con  vimini  intrecciati.  -  Volpara,  solido 
artefatto  col  quale  si  riempiono  le  paratie  per  ar- 
ginare le  acque  correnti. 

Argiria,  argirosi,  argirisnio  (argiriasij. 
Detto  a  pelle.  -  Argirisnio,  avvelenamento  acuto 
per  sali  d'argento. 

Arginoreta.  Veggasi  a  ragno. 

Argo.  Detto  a  vigilanza. 

Argomentare  (argomentato).  Addurre  argo- 
mento 0  argomenti;  procedere  per  via  di  argo- 
mentazione, in  un  discorso  o  simili. 

Argomentazione.  L'argomentare,  il  ragio- 
nare per  via  di  argomenti;  la  forma  e  la  serie 
degli  argomenti;  ragionamento,  raziocinamento,  ra- 
ziocinazione;  dimostrazione,  esposizione  di  ragioni; 
rimostranza.  Parte  del  discorso.  -  Può  essere  buona 
0  cattiva,  vera  o  falsa,  chiara  o  confusa,  semplice 
0  cavillosa,  spontanea  o  contorta,  stiracchiata,  evi- 
dente 0  dubbia,  ecc.  Quindi,  argomentazione  che 
cammina,  corre,  sta,  si  regge,  entra,  persuade;  op- 
pure che  non  sta,  non  si  regge,  barella,  strascica, 
zoppica,  ecc.  Nella  filosofia  si  distingue  l'argomen- 
tazione verbale,  concettuale,  obiettiva,  in  forma,  extra 
forwam,  ecc. 

Ad  absurdo,  o  reductio  ad  absurdum,  argomenta- 
zione con  la  quale  si  prova  una  verità,  dimostrando 
l'assurdo  di  quanto  la  contraddice.  -  Abduzione,  ar- 
gomentazione Ingica  nella  quale  le  proposizioni  sono 
disposte  in  modo  che  ciascuna  derivi  necessaria- 
mente da  quella  che  la  precede.  -  A  fortiori,  a  for- 
zieri (a  più  forte  ragione),  l'argomentazione  col  rap- 
porto di  quantità  fra  due  termini,  dal  maggiore  al 
minore,  ossia  dal  più  forte  al  più  debole;  anche  in 
senso  inverso.  -  Ad  hominem,  argomentazione  .  ri- 
guardante esclusivamente  la  condizione  della  per- 
sona della  quale  o  alla  quale  si  parla. 

Ammennicolo,  rinforzo  d'argomentazioni,  di  con- 
getture, atto  a  convalidare  una  prova,  una  ragione, 
però  più  in  apparenza  che  in  realtà. 

Analogismo,  argomentazione  che  si  fa'  proce- 
dendo per  somiglianza,  per  analogia  (metodo  analo- 
gico). -  Apagogia,  dimostrazione  per  mezzo  dell'as- 
surdo. -  A  priori,  argomentazione  che  si  trae  da 
ciò  che  é  anteriore.  -  A  posteriori,  argomentazione 
dedotta  da  ciò  che  è  posteriore. 

Deduzione,  il  dedurre,  cioè  il  trarre  o  ricavare 
dal  discorso  o  dai  fatti  d'altri,  per  verosimiglianza, 
alcuna  considerazione,  alcuna  conseguenza  (dechdti- 
vo,  dedotto).  -  Dialèttica,  parte  della  logica  ri- 
guardante il  modo  di  ordinare  le  idee  e  quindi  il 
modo  di  ragionare,  di  argomentare.  -  Dissertazione, 
argomentazione,  discussione.  -  Ex-abrupto,  argo- 
mentazione fatta  d'improvviso  ed  entrando  in  piena 
discussione. 

Illazione,  conseguenza  che  si  deduce  da  un  argo- 
mento [illativo,  che  serve  a  illazione).  -  Induzione, 
argomentazione  consistente  nel  dedurre  una  serie  di 
cose  le  une  dalle  altre,  come  faceva  Socrate.  -  Ipò- 
tesi, argomentazione  per  sujìposizione. 

Luoghi  comuni,  tipici:  tratti,  considerazioni  ge- 
nerali, passi  d'  autori  che  si  possono  applicare  a 
qualunque  soggetto  come  prova,  dimostrazione.  - 
Paralogismo,  cattiva  argomentazione  fatta  in  buona 
fede.  -  Porismo,  proporzione  la  cui  dimostrazione  è 
utile  per  dimostrarne  un'altra.  -  Ritorsione,  modo  di 
argomentazione  per  cui  si  combatte  l'avversario  con 
le  stesse  ragioni  da  lui  addotte. 


Sillogismo,  argomentazione,  nella  quale  da  due 
proporzioni,  di  cui  una  dicesi  \a.  maggiore  e  l'altra 
la  minore,  si  deduce  una  terza,  che  si  chiama  con- 
seguenza 0  conclusione.  -  Sofisma,  argomentazione 
piena  di  sottigliezze  e,  per  lo  più,  fallace:  circolo 
vizioso,  diallelo  (sofisma  dei  pirronisti).  -  Sorite, 
serie  di  proposizioni  che  formano  un'argomentazione. 

Tema,  soggetto,  materia  di  argomentazione,  di 
ragionamento,  ecc.  -  Tesi,  atto  pubblico  col  quale 
si  sostiene  un  punto  di  dottrina  con  opportuna  ar- 
gomentazione. -  Viziosità,  complesso  dei  difetti  che 
viziano  un'argomentazione,  indebolendola  o  renden- 
dola oziosa. 

Argomentare.  —  Esporre,  dedurre  argomenti 
intorno  a  ciò  che  si  vuol  dimostrare;  spiegare,  so- 
stenere con  forza  di  ragioni;  provare  con  dimostra- 
zioni; tessere  ragionamenti  ;  sillogizzare  ;  discutere; 
fare,  prendere,  ritrarre,  trarre  argomento;  arguire, 
congetturare,  pensare,  presumere;  inferire,  rile- 
vare ;  attingere,  ridurre  in  conseguenza.  Anche,  sup- 
porre, fare  supposizione. 

Argomentabile,  che  si  può  argomentare.  -  Argo- 
mentatore,  argomentatrice,  chi  o  che  argomenta. 

Accennare,  toccare  un  argomento,  senza  svolgerlo; 
anche,  far  argomentare.  -  Addurre,  mettere  innanzi 
qualche  fatto,  qualche  particolare  in  sostegno  di 
un'argomentazione  (adduttivo,  addotto).  -  Avvalorare 
un  argomento,  dargli  forza. 

Battere  sul  medesimo  tasto,  insistere  su  un  punto 
deirjargomentazione.  -  Desumere,  ricavare  un  fatto, 
un  argomento,  una  conclusione  (desuntivo,  desunto). 

-  Incalzare  Y  argomento,  insistere  nel  dire.  -  Infir- 
mare, negare  la  verità  d'  un'  argomentazione  ;  pre- 
sentare qualche  prova  che  le  tolga  eflQcacia,  in  tutto 
0  in  parte. 

Scivolare  sopra  un  argomento,  trattarlo  appena  o 
di  volo,  per  non  potere  o  volere.  -  Stringere,  stri- 
gnere  sempre  più   l'  argomento,  ragionare  con  forza. 

-  Sviluppare  un  argomento,  trattarlo  con  ampiezza 
di  discorso. 

Stare  in  chiave,  non  uscire  dall'argomento.  -  Te- 
nersi a  fior  d'  acqua,  trattare  un  argomento  senza 
approfondirlo,  anche  deliberatamente.  -  Toccare  di 
fuga  un  argomento,  accennarlo  come  di  passaggio, 
appena.  -  Toccare  un  brutto  tasto,  argomentare  su 
cose  spiacevoli,  non  gradite. 

Argomento.  Ragione  o  prova  addotta  a  soste- 
gno di  qualcne  asserto  ;  ragione  che  vuol  acquistar 
fede  a  cosa  dubbia  o  confermare  laverà:  argomen- 
tazione, motivo,  prova,  fatto  fondamento,  riscon- 
tro. L'  argomento  può  essere  acuto,  ardito,  arguto, 
solido;  barocco,  cattivo,  debole,  falso,  spallato,  strano, 
vano,  ecc.  -  Adducibile,  argomento  da  potersi  ad- 
durre. -  Apodittico,  argomento  evidente,  persuasivo; 
sillogismo,  prova  di  un  ragionamento,  annunziato 
come  un  aforisma.  -  fecondo,  che  lascia  dire  molte 
cose  e  nuove. 

Argomento  forte:  attendibile,  astringente,  strin- 
gente; sussistente;  argomento  principe,  WTpnncÌTpaAe,  il 
pili  forte  ;  ['Achille  degli  argomenti:  decisivo. 

Argomento  concludente:  quello  inconcusso,  supremo, 
che  fa  da  suggello,  che  non  teme  eccezioni.  -  Ar- 
gomento cornuto,  in  filosofia,  il  dilemma.  -  Argomento 
probabile,  quello  che  prova  come  una  cosa,  senza 
essere  certa,  sia  verisimile.  —  Argomenti  che  si  ta- 
gliano le  gambe  da  sé,  argomenti  che  sono  armi 
spuntate,  quelli  che  non  reggono,  sono  e  si  palesano 
senza  fondamento. 

Assioma,  verità  posata  come  evidente.  -  Assunto, 
l'argomento  preso  a  trattare:  ciò  che  lo  costituisce. 


I4'i 


ARGOMENTO 


Cavallo  di  battaglia,  argomento  che  si  ripete 
spesso.  -  Cavillo,  argomento  che  ha  in  sé  qualche 
apparenza  di  verità,  ma  è  fallace  e  adoperato  a 
scopo  d'ingannare.  -  Dilemma,  argomento  nel  quale, 
premessa  una  proposizione  disgiuntiva,  si  trae  da 
ciascuno  dei  suoi  membri  una  conclusione  contraria 
all'avversario,  non  lasciandogli  scampo;  argomento 
che  pone  un'alternativa.  -  Medium,  argomento  pro- 
posto contro  una  tesi,  per  dar  materia  alla  discus- 
sione. -  Propòsito,  argomento,  intenzione,  risoluzione. 

Di  qui  0  di  li  non  si  scappa,  d'  argomento  strin- 
gente. -  Tagliar  la  testa  al  toro,  di  argomento  che 
decide. 

Argomento.  Segno,  indizio,  riprova.  -  Mate- 
ria, soggetto  del  parlare  e  dello  scriv&ì^e.  -  Som- 
mario di  un'opera  di  letteratura. 

Argon.  Corpo  semplice  gassoso,  scoperto  nel 
1894  neir«ì'ta  atmosferica. 

Arguire  (arguito).  Dedurre,  indurre,  per  via  di 
argonieiitazione,  un  giudizio,  un'  opinione  su 
un  fatto,  un  principio,  ecc.,  che  si  sia  esaminato. 

Arguttezza.  L'  essere  arguto. 

Arguto.  Chi,  per  fine  ingegno,  è  pronto  a 
cogliere  il  vero  meno  apparente,  il  senso  più  fine, 
più  riposto,  e  sa  dimostrarlo  con  parola,  con  motto 
brioso,  sagace,  a  sua  volta  designabile  come  arguto. 

Di  cesi  anche  di  persona  o  discorso  che  riveli 
il  cosi  detto  spirito. 

Arguzia.  Concetto  arguto,  motto  salato,  sa- 
porito, di  spirito;  frizzo,  lepore,  fine  ironia; 
gustosa  e  pungente  facezia,  lepidezza,  sale  attico; 
motteggio,  piacevolezza. 

Aria.  Aere,  aura:  miscela  di  gas  che  forma  X at- 
mosfera e  avvolge,  per  uno  spessore  di  circa  ot- 
tanta chilometri,  il  globo  terracqueo.  Insieme  all'ac- 
qua,  al  fuoco  e  alla  terra,  formava  i  quattro 
elementi  degli  antichi;  i  quali  davano  il  nome  di 
aria  anche  agli  altri  gas,  non  conoscendone  la 
vera  natura.  '^  Detta  anche  ètere,  etera,  etra,  ele- 
mento vitale,  serbatoio  di  vita,  ecc.;  gr,;  pneuma, 
spirito,  vento.  E'  un  fluido  invisibile,  incoloro,  ino- 
doro, senza  sapore,  tipo  dei  corpi  gasosi  o  aeri- 
formi; diatermica,  cattivissima  conduttrice  del  ca- 
lore e  de\Y elettricità.  Ha  un  peso  di  gr.  1.293 
per  litro,  alla  temperatura  di  0",  sotto  pressione 
d.  760  mm.;  e  la  pressione  da  essa  esercitata  si 
misura  col  barometro.  Si  compone  di  ossigeno 
{ventuna  parti)  e  di  azoto  (settantanove  parti  in 
volume,  circa),  con  una  piccola  quantità  di  acido 
carbonico  e  traccie  di  ammoniaca  e  di  altri  gas, 
più  una  quantità  variabile  di  vapore  d'acqua  (che 
le  conferisce  il  grado  di  umidità).  Ai  gas  recen- 
temente scoperti  furono  dati  i  nomi  di  argon,  crip- 
ton, elio,  neon  xenon.  Contiene  inoltre  un  numero 
immenso  di  minutissimi  corpuscoli  (ciascuno  detto 
àtomo),  alcuni  organici,  altri  inorganici,  costituenti 
eiò  che  si  chiama  lino  atmosferico. 

L'aria  serve  alla  respirazione,  alla  vita  del- 
Yanimale  e  della  pianta,  e  la  sua  azione  viene 
modificata  dalle  condizioni  della  luce  e  del  calore, 
dal  vento,  dalla  pioggia,  dalla  neve,  ecc.,  ele- 
menti tutti  "Me  concorrono  è  forma  il  clima  di  un 
paese.  Sccoiido  le  sue  diverse  condizioni,  ha  diret- 
tissima influenza  sulla  salute  dell'uomo  e  degli 
animali  e  sullo  sviluppo  dei  vegetali:  può  quindi 
riuscire  di  danno  o  servire  per  cura  {aeroterapia), 
allo  stato  naturale  {aria  di  mare,  aria  di  monte)  o 
medicata.  Per  etTetto  della  pressione,  l'aria  entra 
prepotente  dovunque  ci  sia  un  vuoto,  attraverso 
ia  più  impercettibile  apertura.  Una  grande  rare- 


fazione dell'aria  si  produce  sotto  una  campana,  o 
in  un  vaso  ermeticamente  chiuso,  per  mezzo  della 
macchina  pneumatica.  Rarefacendo  l'aria  entro  un 
tubo,  messo  a  pescare  con  una  delle  sue  estremità 
nell'acqua,  questa  si  inalza:  da  ciò  l'azione  della 
tromba,  o  pompa,  del  sifone,  ecc. 

Nell'aria  vola  V uccello  e  sale  Y aeròstato;  per 
essa  si  trasmette  il  suono;  di  essa,  come  forza 
motrice,  si  trasse  profitto  per  la  navigazione  a 
vela,  per  far  girare  le  ruote  d'un  mulino  (a  vento), 
per  mettere  in  azione  macchine  perforatrici  (aria 
compressa),  ecc. 

Nella  mitologia:  Giove,  dio  dell'aria.  -  bilfide,  silfo, 
spiriti  dell'aria. 

Aèreo,  aèrio,  di  aria,  appartenente  all'aria;  che 
sta  nell'aria,  vive  nell'aria;  di  edificio  o  luogo 
molto  alto;  di  prospettiva  che  fa  conoscere  le 
distanze  per  la  varietà  dell'aria,  -  Vieaéree,  il  comples- 
so degli  organi  che  conducono  l'aria  dall'esterno  nslle 
profondità  del  corpo.  L'aria,  per  penetrare  nelle  vie 
aèree,  deve  attraversare  la  bocca  e  la  faringe, 
ovvero  le  fosse  del  7iaso. 

Aeriforme,  non  solido,  né  liquido,  ma  somigliante 
all'aria  (essere  allo  stato  aeriforme,  dei  fluidi  che 
si  trovano  nella  condizione  dell'aria).  -  Aerotèrmico, 
di  forno,  o  d'altro,  riscaldato  mediante  la  cii'cola- 
zione  d'aria  calda.  -  Etèreo,  dell'etere,  dell'aria. 

A7-ia  atmosferica:  è  trasparente,  invisibile,  senza 
odore  e  sapore,  compressibile  ed  elastica. 

Aria  compressa:  fu  utilizzata  come  forza  motrice, 
nei  luoghi  in  cui  (pozzi,  gallerie,  miniere)  non  era 
possibile  installare  macchine  a  vapore,  trasmetten- 
dola agli  apparecchi  motori  mediante  tubi.  Fu  an- 
che, in  alcune  città,  utilizzata  per  il  servizio  della 
posta  pneumatica. 

Aria  ixata,  quella  attraversata  da  raggi  X  e  per- 
ciò dotata  di  curiose  proprietà  elettriche. 

Aria  liquida,  l'aria  liquefatta  sotto  forte  pressione 
e  a  bassa  temperatura:  si  ottiene  in  grande  quan- 
tità (metodo  Pictet  e  apparecchio  Linde)  per  usi 
industriali  o  scientifici.  L'aria  fu  anche  solidificata, 
congelandosi  a  190°. 

Ètere,  propriamente,  materia  sottile  che  si  sup- 
pone riempia  lo  spazio  al  disopra  dell'aria. 

Qualifiche,  condizioni,  eco.*,  dell'aria. 

Qualifiche.  —  Afosa,  l'aria  greve  (veggasi  più 
innanzi:  afa)  -Asciutta,  l'aria  priva  di  umidità  (veggasi 
ad  asciutto),  -  Buona,  quella  in  condizioni  tali  da 
non  nuocere  alla  salute:  salubre,  sana;  al  contrario, 
cattiva,  insalubre,  malsana.  -  Calma,  tranquilla,  im- 
mota, non  mossa,  non  agitata.  -  Cruda,  fredda,  non 
riscaldata  dal  sole. 

Diafana,  trasparente,  che  lascia  passare  libera- 
mente la  luce.  -  Di  sotterraneo,  grave,  chiusa,  mal- 
sana. -  Dolce,  non  troppo  calda,  né  troppo  fredda. 

Elastica,  mossa,  leggera. 

Frizzante,  fresca,  pungente,  ossia  che  sembra 
pizzicare  la  pelle.  -  Fumicosa,  che  esala  vapori. 

Grave,  opprimente.  -  Grossa,  non  fine,  non  pura; 
l'aria  dei  bassopiani.  -  Libera,  quella  che  si  respira 
all'aperto. 

Malsana,  che  provoca  malattie,  infezioni,  mala- 
ria: aria  malefica,  perniciosa.  -  Mefitica,  fetida  o 
inquinata  da  gas  che  la  rendano  irrespirabile. 

Molle,  con  un  certo  grado  di  umidità:  contrario, 
tesa.  -  Nativa,  l'aria  del  paese  in  cui  si  è  nati. 

Plumbea,  del  colore  del  piombo:    grigia,  uggiosa. 

Polverosa,  densa  di  polvere. 


145 


Rarefatta,  l'aria  dilatata,  che,  senza  crescere  di 
massa,  occupa  uno  spazio  niag5};iore:  si  respira  male. 
-  Rinserrata,  che  ha  del  rinchiuso:  colata  (quando 
viene  da  strade  strette  o  simile).  -  Salwa  di  ema- 
nazioni, di  miasmi,  di  vapori,  inquinata  da  odori, 
da  germi  infettivi,  da  gas,  da  emanazioni  diverse: 
pregna.    -    Sottile,    fine,    purificata,   penetrativa. 

Serena,  limpida,  calma,  tranquilla.  -  Tempestosa, 
quando  annuncia  Vuragano  o  ne  è  agitata.  -  Tra- 
sparente, limpida,  non  opaca.  -  Viva,  pura  e  fresca. 

Vivificatrice,  che  ci  desta  nell'organismo  un  senso 
di  vittore.  -  Viziata,  guasta,  non  pura. 

Condizioni,  ecc.  —  .Afa,  l'aria  calda,  greve,  sof- 
focante, che  opprime:  afosità.  -  Ambiente,  l'aria  din- 
torno. -  Calma,  lo  stato  dell'aria  immota,  quando 
non  c'è  vento  (frasi  per  esprimere  calma:  non  alita 
foglia,  non  move  uno  stelo).  •  Clima,  condizione 
dell'aria  in  un  dato  paese.  -  Chiuso,  odore  disgu- 
stoso che  si  sente  dove  manchi  l'aria. 

Colonna  d'aria,  porzione  d'aria  più  o  meno  ele- 
vata 0  pesante.  -  Elasticità,  proprietà  che  ha  l'aria 
di  estendersi,  di  dilatarsi,  di  resistere  alla  pressio- 
ne, ecc.  -  Impressione,  l'effetto  sulla  nostra  pelle  per 
qualche  mutamento  d'aria. 

Malaria,  aria  cattiva  di  maremme  o  luoghi  pa- 
ludosi.-Jl/e/iie,  aria  non  respirabile  e  malsana  per 
cagione  di  esalazioni  putride,  ecc.  -  3Iiastna, 
quanto  di  corrotto  e  contagioso  emana  nell'aria. 

Offuscamento,  l'oscurarsi  dell'aria. 

Rarefazione,  maggiore  sviluppo  dell'aria  per  lo 
scostarsi   delle   sue   molecole,   senza   aumentare  di 

Seso  e  di  materia.  -  Regioni  dell'aria,  gli  strati  alle 
iverse  altezze:  regione  bassa,  media,  superiore, 
delle  nubi,  del  tuono,  dell'uragano,  ecc.  -  Sfiatatoio, 
sfiato,  piccola  apertura  fatta  in  qualche  cosa  per 
dare  aria,  perchè  sfiati. 

Stato  igrometrico ,  grado  d'  umidità  dell'  aria.  - 
Temperatura,  stato  sensibile  dell'aria  e  di  calore 
nei  corpi.  -  Vasistas,  parte  di  finestra,  intelaiatura 
che  si  può  aprire  per  lasciar  passare  l'aria. 

Movimenti  dell'aria  naturali  o  provocati. 

Aerazione,  atto  o  arte  di  dare  aria  a  luogo  chiu- 
so. -  Alito,  soffio  leggiero  d'aria.  -  Atomo,  particella 
d'aria  e  d'altra  materia  considerata  come  indivi- 
sibile. -  Bava,  filo  d'aria. 

Boccata  d'aria,  propriamente,  quanto  si  può  in- 
trodurne nella  bocca  con  un'aspirazione;  ma  si  dice 
sempre  in  significato  molto  più  largo  e  diverso  {an- 
dar a  prendere  una  boccata  d'aria,  andare  a  pas- 
seggio). -  Bolla  d'aria,  bolla  o  globulo  che  si  eleva 
sopra  un  liquido. 

Brezza,  brezzolina,  vento  leggiero  e  fresco.  -  Ci- 
clone, moto  rotatorio  e  traslatorio  di  masse  d'aria: 
vegg  asi  ad  uragano.  •  Circolazione,  il  movimento 
a  spirale  dell'aria,  dell'atmosfera  intorno  al  globo. 

Colpo  d'aria,  un  soffio  impetuoso,  specialmente 
quando  si  accenni  a  qualche  malanno  che  procura. 

Corrente,  l'aria  che  viene  da  un'apertura  e  può  es- 
sere pericolosa.  -  Aria  di  finestra,  colpo  di  balestra. 

Flabellazione,  azione  di  flabellare,  sventolare,  far 
vento.  -  Filo  d'aria,  un  soffio  lieve,  sottile.  -  Folata, 
un  gran  soffio  del  vento. 

Riscontro,  di  due  correnti  d'aria  da  parte  opposta. 

Soffio,  il  soffiare  e  l'aria  emessa  soffiando. 

Spiffero,  soffio  che  viene  da  un  buco,  da  una  fessura 
o  apertura.  -  Spiro  d'aria,  filo,  soffio  sottilissimo. 

Sventolio,  l'agitarsi  dell'aria  per  il  muoversi  di 
cosa  che  fa  vento. 

Premou  —  Vocabolario  JVomcnvlatore, 


Tromba,  movimento  vorticoso  dell'aria;  dotto  a 
vento. 

Uzza,  aria  fresca  e  pungente  che  si  sente  la  sera 
e  la  mattina  presto. 

Ventilatore,  impianto  per  rimutare  1'  aria  in 
un  ambiente.  •  Fenfo,  moto  dell'aria  da  un  luogo 
all'altro  con  più  u  meno  impeto.  -  Ventilazione,  il 
ventilare,  lo  spirar  dell'aria,  del  vento. 

Asolare  (àsolo),  alitare,  spirare.  Anche,  mettere 
qualche  cosa  spiegato  all'aria.  -  Aspirare  (aspira- 
zione), inspirare,  tirare  a  sé  l'aria:  movimento  ini- 
ziale della  respirazione.  •  Cambiare,  purgare,  rin- 
novare l'aria,  in  un  luogo,  aprirne  gli  usci,  le 
finestre  perchè  nuove  correnti  d'aria  entrino  da 
fuori.  Cambiare  aria,  anche  in  senso  di  trasportarsi 
in  altro  paese. 

Insufflare,  far  che  entin  aria  o  altro  gas  in  qual- 
che cavità  del  corpo.  -  Rabbruscare,  minacciar  piog- 
gia. -  Soffiare,  l'alitare,  lo  spirare  dell'aria.  -  Turbi- 
nare, avvolgersi  come  turbine.  -  Ventilare,  dare  aria 
a  un  ambiente.  Dell'aria,  moversi,  agitarsi. 

Designazione  di  cose  varie  inerenti  all'aria. 

Aeròbio,  microrganismo  che  si  sviluppa  in  pre- 
senza dell'aria  atmosferica.  -  Aeropiosoterapia,  nome 
dato  alla  cura  dell'aria  compressa.  -  Aerodinamica, 
parte  della  meccanica  che  studia  le  leggi  dei  moti 
dei  corpi  aeriformi.  -  Aerofagia,  la  deglutizione  (Bou- 
veret)  di  aria,  che,  in  alcuni  individui,  si  verifica 
0  volontariamente,  per  simulare  una  malattia  ga- 
stro-intestinale, o  involontariamente,  per  un  feno- 
meno spasmodico  proprio  di  molti  stati  nevropatici 
e  gastropatici. 

Aerofito,  la  pianta  che  vive  nell'aria.  -  Aerolito, 
pietra  meteorica,  materia  cosmica  che,  attratta  dalla 
Terra,  attraversa  l'atmosfera  e,  per  la  violenta  con- 
fricazione, si  rende  incandescente:  bòlide,  litoside- 
rile,  meteorite,  pietra  celeste,  ecc. 

Aerografia,  ramo  della  fisica  che  tratta  dell'aria 
e  de'  suoi  effetti  nell'economia  della  natura.  -  Aero- 
fobia, timore  morboso  dell'aria,  per  malattie  che  si 
teme  possano  prodursi,  esponendosi  anche  alle  eor- 
renti  più  leggiere  nell'interno  di  una  camera. 

Aeromanzia,  divinazione  per  mezzo  dell'aria  (aero- 
mante  chi  la  fa). 

Aerometria,  detto  a  jìneumatica. 

Aeremoctonia,  morte  per  penetrazione  di  aria  nelle 
vene.  -  Aerosi,  produzione  dell'aria  nel  corpo  umano. 

Aerotorace,  raccolta  di  aria  o  di  gas  nel  cavo 
toracico. 

Atmosfera,  in  meccanica,  peso  d'una  colonna  di 
aria.  -  Pressione  di  un'  atmosfera,  il  peso  del  mer- 
curio inalzato  nel  tubo  fino  all'altezza  di  76  cen- 
timetri. -  Barimetria,  dal  greco,  misurazione  delia 
gravità  dell'aria.  -  Pneumatica,  parte  che  tratta 
delle  proprietà  dell'aria  e  dei  gas:  aerodinamica, 
aeromeccanica. 

Apparecchi,  ecc.,  per  lo   studio  e  le  applicazioni 
dell'aria,  ecc. 

Aeròmetro,  istrumento  che  fa  conoscere  la  densità 
o  la  rarefazione  dell'aria  e  degli  altri  gas.  -  Aerodia- 
fanómetro,  istrumento  per  misurare  il  grado  di  ti'a- 
sparenza  dell'aria. 

Aeroscòpio,  istrumento  per  verificare  se  e  quali 
sostanze  siano  presenti  nell'aria.  -  barometro, 
noto  e  già  citato  istrumento  per  misurare  la  pres- 
sione detl'aria.  -  Baroscopio,  piccolo  istrumento  usato 


10 


146 


ARIA    —    ARISTOCRAZIA 


per  dimostrare  la  spinta  verticale  dell'aria  e  l'ap- 
plicazione del  principio  d'Archimede  ai  fluidi  gas- 
sosi. 

Cianometro,  istrumento  per  misurare  l'intensità 
doiVazzurro  nell'aria. 

Condensatore,  apparecchio  che  fa  parte  della 
macchina  a  vapore.  •  Eudiometro,  istrumento  per 
misurare  la  purezza  dell'aria  {eudiometria,  la  mi- 
sura). 

Macchina  ad  aria  calda,  veggasi  a  locomotiva 
e  a  motore.  •  Macchina  di  compressione:  per  conden- 
sare l'aria  o  i  gas.  -  Macchina  pneumatica,  già  citata, 
per  rarefare  l'aria.  -  Manometro,  sorta  di  barometro 
annesso  alla  macchina  pneumatica,  che  indica  il 
grado  di  rarefazione  dell'aria. 

Ozonometro,  apparecchio  per  misurare  la  quan- 
tità di  ozono  (ossigeno  elettrizzato)  nell'aria. 

Psicometro,  apparecchio  che  misura  l'umidità  re- 
lativa dell'aria,  cioè  l'umidità  in  rapporto  alla  tem- 
peratura ambiente.  -  Spirometro,  strumento  a  cui  è 
unito  un  pneumometro  ad  ago:  registra  le  correnti 
di  aria  inspirata  ed  espirata. 

Paravento,  arnese  che  si  mette  nelle  stanze  per 
interrompere  il  corso  dell'aria  entrante  da  usci  e 
da  finestre. 

Ventarola,  disco  a  ventaglio  che  si  mette  a  certe 
apertm'e  perchè  entri  l'aria.  -  Ventiera,  piigliavento, 
ventola,  sfiatatoio,  denominazione  di  certe  apei*- 
ture  fatte  nel  soffitto  o  nei  muri  delle  case,  delle 
chiese,  dei  teatri,  delle  carceri,  ecc.,  perchè  1'  aria 
vi  si  rinnovi.  Cosi,  anche,  un  artifizio  poco  dissi- 
mile, con  cui  si  dà  aria  ad  un  caminetto,  per 
ravvivarne  il  fuoco,  e  anche  per  impedire  che  il 
fumo  si  spanda  nella  stanza.  -  Ventilatore,  appa- 
recchio per  produrre  una  corrente  d' aria. 

Cuba  delle  malattie  mediante  l'  aria 

Ae^'oterapia,  anemoterapia,  applicazione  dell'  aria, 
semplice  o  medicata,  rarefatta  o  compressa,  alla 
cura  delle  malattie.  In  senso  larghissimo,  abbracce- 
rebbe la  climatoterapia,  la  terapia  d'inalazione  e 
la  pneiimoterapia ,  propriamente  detta.  Tanto  la 
prima  che  la  seconda  di  queste  modalità  si  consi- 
derano oggidì  separatamente. 

Dicesi  bagno  pneumatico  il  tipo  della  cosidetta 
pneumoterapia  passiva,  in  cui  viene  modificata 
la  pressione  e  la  composizione  chimica  dell'  aria 
di  un  ambiente  più  o  meno  confinato,  nel  quale 
sta,  completamente  immerso,  l' ammalato.  Questi 
bagni  sono  usati  con  vantaggio  nelle  malattie 
del  ricambio,  sopratutto  in  quelle  conti'assegnate 
da  un  rallentamento  degli  scambi  organici,  come 
le  anemie,  il  diabete,  la  gotta,  ì'artritismo,  ecc.  Usati 
pure  nelle  autointossicazioni,  di  varia  origine,  nella 
cachessia,  nella  prostrazione,  nella  debolezza  conge- 
nita 0(1  acquisita. 

Pneumoterapia  attiva:  in  essa  la  modificazione 
fondamentale  che  subisce  1'  ambiente  aereo  è, 
come  uel  bagno  pneumatico  (pneumoterapia  pas- 
siva), ancora  quella  della  pressione;  ma  questa 
modificazione  non  è  più  applicata  su  tutto  1'  am- 
malato, bensì  soltanto  suU'  apparato  respiratorio. 
Comprende  una]  serie  di  melodi,  dalla  ginna- 
stica polmonare  senza  apparati  agli  apparati  più 
semplici  e  più  complicati,  sia  sul  tipo  del  gassome- 
tro che  su  quello  dei  ventilatori  a  ruota,  in  cui 
le  variazioni  di  pressione  avvengono  senza  inter- 
vento delle  forze  dell'ammalato.  Si  fonda  essenzial- 
zialmente  sugli  efletti  meccanici  che  si  possono  ot- 


tenere, in  modo  particolare,  svdV apparato  respiratorio, 
variando  la  pressione  dell'  ambiente  in  cui  si  re- 
spira. 

La  pneumoterapia  attiva  è  rappresentata  dal- 
Vapparato  pneumatico  trasportabile  di  Waldenburg: 
ad  essa  si  rannoda  una  gran  parte  della  tera^ 
pia  d'inalazione,  sia  di  vapori,  sia,  sopratutto,  di 
nebbie  medicamentose.  -  La  pneumoterapia  attiva  si 
usa,  con  profitto,  nelle  più  svariate  malattie  del- 
l' apparato  respiratorio,  tanto  actite  che  croniche, 
anche  nelle  malattie  del  circolo.  Usati  pure  questi 
metodi  in  laringoiatria,  otoiatria  e  rinoiatria. 

Ventosa  (coppetta)  di  Junod:  comprende  tutti  i 
metodi  di  cura  in  cui  si  usano  le  variazioni  di 
pressione  atmosferica  su  qualche  distretto  limitato 
del  corpo,  gli  arti  ad  esempio.  L'azione  è  puramente 
meccanica  e  si  indirizza,  in  modo  particolare,  agli 
squilibri  di  circolo. 

Aria.  Sembiante,  aspetto,  figura,  flsionomiaf 
apparenza,  somiglianza.  -  Anche  il  canto  che 
si  adatta  ad  una  piccola  poesia:  arietta,  breve 
canzone.  -  In  pittura,  effetto  di  colore  e  di 
prospettiva,  dal  quale  è  bene  rappresentata  la  di- 
stanza delle  figure. 

Arianesimo  (arianismo).  Veggasi  a  religione 
e  ad  eresia. 

Ariballo.  Antico  vaso  romano. 

A  ricorsòio.  Modo  di  bollire. 

Aridezza,  aridità.  L'essere  arido:  sdustio- 
ne.  -  Mancanza  d'  affetto.  -  Povertà  di  pensiero. 

Arido.  Mancante  d'umore,  adusto,  asciutto,  sec- 
co: dì  terreno  specialmente.  -  Figur.,  di  stile  debole, 
insipido,  povero,  o,  anche,  improntato  a  soverchia 
e  affettata  diligenza.  -  In  generale,  di  ciò  che  è 
improduttivo,  sterile. 

Arieg-giare  (arieggiato).  Dare  aria,  far  si  che 
l'aria  circoli  liberamente  in  un  luogo.  -  Rendere 
immagine,  somiglianza.^ 

Ariète.  Il  maschio  della  pecora.  •  Antica  ar- 
me (macchina  da  guerra).  -  Nome  di  una  costei-^ 
Iasione.   -  Macchina  idraulica. 

Arietino.  Detto  a  cece. 

Ariétta.  Breve  canzone  per  musica. 

Arigusta.  Detto  ad  aragosta. 

Ariraanno.  Antico  soldato, 

Arimmètica.  Veggasi  ad  aritunetica. 

Aringa.  Pesce  di  mare,  lungo  due  o  tre  deci- 
metri: ci  arriva  dal  Nord  secco,  salato  e  affumi- 
cato e  stivato  in  buzzi;  si  mangia  anche  fresco  o 
marinato.  -  Una  certa  somiglianza  con  l'aringa  ha 
il  pesciolino  di  mare  detto  rèmora.  -  Aringa  di  latte, 
il  maschio.  Aringa  d'ova,  la  femmina.  -  Pickling, 
aringa  affumicata.  -  Salacca,  specie  di  aringa  affu- 
micata. -  Sarde Wo,  sardma,  ffl/ice,  pesci  della  famiglia 
delle  aringhe. 

Caratelhinte,  l'operaio  che  prepara  le  aringhe,  le 
sala  e  le  dispone  nei  barili. 

Arióso.  Di  luogo  aperto,  aerato,  aeroso,  arieg- 
giato, nel  quale  si  gode  molta  aria.  —  Termine 
di  musica. 

Arista.  La  schiena  del  maiale,  che  si  cucina 
arrosto  o  in  torno. 

Ai'istarco.  Dicesi  di  critico  molto  severo. 

Aristide.  Diresi  di  un  uomo  giusto,  anche  per 
ischerzo. 

Aristòcrate  (aristocratico).  Chi  appartiene  al- 
V  aristocrazia. 

Aristocrazia.  Forma  di  reggimento  politico, 
di  governo  esclusivamente  nelle  mani  di  ottimati, 
di  nobili.  Contrario  di  democrazia.  —  L'ordine 


ARISTOLO    —   AniTJlETICA 


147 


dei  cittadini  nobili,  la  nobiltà.  —  Figur.,  alteri- 
gia, superbia.  •  Anche  eccellenza  di  ingegno,  di 
viì'lù  e  le  persone  che  ne  sono  dotate.  -  Arhta- 
cì-ate,  membro  dell'aristocrazia. 

Arislocratico,  dio  da  aristocrazia.  -  Aristodemo" 
o'azia,  governo  composto  di  nobili  e  di  plebei. 

Aristolo.  Succedaneo  al  iodoformio. 

Ariston.  Detto  a  pasto. 

Aritenoidi.  Parti  del'o  scheletro  della  laringe. 

Aritmetica  {arimmclica).  La  scienza  che  inse- 
gna le  diverse  operazioni  die  si  fanno  intorno  ai 
numeri,  indicandone  le  proprietà  elementari  e  il 
modo  esatto  di  computarle.  Brevemente,  è  la  scienza 
dei  numeri,  e  il  vumero  è  l'insieme  di  unità 
della  stessa  specie  riunite  in  un  tutto.  Unità  è  l'og- 
getto che  si  prende  come  termine  di  paragone  per 
parecchi  oggetti  della  stessa  specie,  come  unità  di 
misura  di  una  quantità  (o  grandezza),  ossia  di 
'utto  ciò  che  é  suscettivo  à'aumento  e  di  dimi- 
nuzione. 

Aritmetica  binaria,  quella  che  si  serve  di  due  ci- 
fre per  esprimere  tutte  le  altre;  tetrattoria,  quella 
nella  quale  si  impiegano  quattro  segni  o  cifre,  ecc. 

Aritmetica  commerciale,  applicazione  delle  regole 
aritmetiche  ai  bisogni  del  traffico.  -  Aritmetica  istru- 
mentale,  quella  fatta  per  mezzo  di  istrumenti  {mac- 
chine aritmetiche). 

Aritmetica  politica  e  sociale,  scienza  moderna  che 
ha  di  mira  la  determinazione  degli  elementi  nume- 
rici relativi  a  qualunque  ordine  di  fatti  o  di  feno- 
meni che  possono  essere  utili  all'uomo  nello  stato 
di  società.  -  Aritmetica  teorica  o  pratica,  secondo 
che  si  occupa  delle  proprietà  e  dei  rapporti  dei 
numeri,  o  semplicemente  dei  processi  coi  quali  si 
eseguiscono  più  semplicemente  certi  calcoli. 

Particolari. 

Aliquota,  parte  di  una  quantitài  o  grandezza, 
che,  presa  più  volte,  riproduce  esattamente  l'intero. 

Assioma,  proposizione  la  cui  verità  é  cosi  evi- 
dente che  non  ha  bisogno  d'essere  dimostrata  (ve- 
rità assiomatica,  principi  assiomatici). 

Corollario,  conseguenza  di  un  assioma  o  di  un 
teorema  già  dimostrato. 

Binomio,  somma  o  differenza  di  due  termini  arit- 
metici (termine  d'algebra).  -  Calcolo,  il  mecca- 
nismo delle  operazioni  elementari.  Calcolo  decimale, 
avente  per  base  il  numero  dieci.  -  Cifra,  carattere 
col  quale  si  rappresenta  ciascun  numero. 

Conteggio,  operazione  aritmetica  di  contabilità. 

Conto,  computo  di  quanto  qualcuno  deve  avere 
o  dare  -  Cubo,  o  terza  potenza,  il  prodotto  di  ti'e 
fattori  eguali. 

Eguaglianza,  scrittura  che  serve  ad  indicare  che 
due  espressioni  aritmetiche  hanno  lo  stesso  valore. 

Espressione  aritmetica,  complesso  di  numeri  coi 
relativi  segni  delle  operazioni. 

Fattore,  ciascuna  delle  quantità  di  cui  si  forma 
un  prodotto.  -  Formola,  qualunque  espressione  ana- 
litica. Il  risultato  di  un  calcolo  nel  quale  si  devono 
vedere  le  operazioni  da  farsi  con  le  quantità  note 
per  trovare  le  ignote.  -  Frazione,  espressione  che 
indica  la  scomposizione  dell'unità  in  parti  uguali. 
Di  queste,  il  denominatore  indica  la  specie,  il  nvr 
meratore  indica  il  numero.  -  Frazione  di  caratura, 
espressione  aritmetica,  di  cui  il  numeratore  rappre- 
senta l'interessamento  parziale,  e  il  denominatore 
rappresenta  V interessamento    totale  dei  condividenti. 

Inserzione  dei  medi  aritmetici,  o  per  quozienti,  il 


formare  una  progressione  di  quattro  termini  in  cui 
i  due  di  mezzo  siano  appunto  1  numeri  dati. -/pofest, 
cosa  supposta,  o  ammessa,  dalla  quale  si  deduce  la 
conseguenza,  o  la  tesi  die  si  vuol  dimostrare. 

Lemma,  teorema  che  serve  alla  dimostrazione  di 
un  altro  al  quale  si  premette. 

Media  proporzionale,  quantità  media  fra  due  altre; 
aritmetica,  se  corrisponde  alla  metà  della  somma 
di  esse;  geometrica,  la  radice  quadrata  del  lavoro 
prodotto.  -  Terza  proporzionale,  fra  due  numeri,  il 
numero  che  si  ottiene  facendo  il  quadrato  del  se- 
condo numero  dato  e  dividendolo  per  il  primo. 

Quarta  proporzionale,  fra  tre  numeri  dati,  è  il  nu- 
mero che  si  ottiene  moltiplicando  fra  loro  il  secon- 
do e  il  terzo  numero  e  dividendo  il  prodotto  per 
il  primo. 

Medi  di  una  proporzione,  il  conseguente  del  primo 
rapporto  e  l'antecedente  del  secondo.  -  Estremi,  l'an- 
tecedente del  primo  rapporto  e  il  conseguente  del 
secondo. 

Numerazione,  complesso  delle  regole  con  le  quali 
si  formano  e  si  enunciano  i  numeri. 

Operazione,  il  calcolo  che  si  fa  col  sommare,  sot- 
trarre, moltiplicare  o  dividere.  Principali  operazioni: 
Vaddizione  o  somma,  la  sottrazione,  la  molti 
plicazione,  la  divisione,  l'elevamento  a  poten 
za,  l'estrazione  di  radice,  tanto  applicate  anu 
meri  interi  che  alle  frazioni. 

Operazioni  d'aumento,  l'addizione,  la  moltiplica 
zione,  l'elevamento  a  potenza.  -  Operazioìii  di  dimi- 
nuzione, la  sottrazione,  la  divisione,  l'estrazione  di 
radice. 

Parti  aliquote,  quei  numeri  che  dividono  comple- 
tamente il  numero  delle  parti  in  cui  si  suddivide 
l'unità  principale.  Parti  aliquante,  i  numeri  che 
non  sono  parti  aliquote.  -Polinomio,  espressione  com- 
posta di  più  termini,  su  cui  si  devono  eseguire  le 
operazioni  di  somma  e  di  sottrazione.  -  Potenza,  il 
risultato  della  moltiplicazione  successiva  dun  nu- 
mero per  sé  stesso;  prodotto  di  fattori  eguali. 

Problema,  o  quesito,  operazione  da  eseguire, 
questione  da  risolvere.  -  Prodotto,  il  numero  che 
nasce  dal  moltiplicare  una  quantità  per  un'altra. 

Progressione,  serie  di  termini  crescenti  o  decre- 
scenti di  valore,  secondo  una  quantità  costante.  È 
aritmetica  se  cresce  o  decresce  per  somme  o  per 
differenze;  geometrica,  se  per  prodotti  o  per  quo- 
zienti. —  Termine  musicale.  -  Progressione  ascendente 
0  crescente,  quella  in  cui  i  termini  vanno  crescendo; 
discendente  o  decrescente,  quella  in  cui  i  termini 
diminuiscono  di  calore. 

Proporzione,  l'eguaglianza  di  due  rapporti.  E  an- 
ch'essa aritmetica  o  geometrica:  è  continua,  quando 
i  due  medi  sono  eguali.  -  Permutare  i  medi  o  gli 
estremi:  mettere  al  posto  di  un  medio  o  di  un  estre- 
mo l'altro  termine  corrispondente.  -  Invertire  i  ter- 
mini: mettere  al  posto  dei  medi  gli  estremi,  e  vi- 
ceversa. 

Quadrato,  il  risultato  della  moltiplicazione  d'un 
numero  per  sé  stesso.  -  Quoziente,  o  quoto,  il  risul- 
tato della  divisione  di  una  quantità  per  un'altra. 

Radicale  aritmetico,  espressione  rappresentante  una 
radice  di  un  numero  che  non  è  potenza  esatta. 

Radice,  la  quantità  che,  moltiplicata  una  o  più 
volte  per  sé  stessa,  ne  produce  un'altra  (potenza). 

Ragione,  relazione  scambievole  per  due  grandezze 
omogenee  riguardo  alla  loro  quantità:  rapporto,  pro- 
porzione. 

Rapporto,  il  risultato  del  confronto  fra  due  nu- 
meri: è  diretto  o  inverso,  semplice  o  composto.  Rap- 


148 


ARITMETICA 


porto  aritmetico,  la  differenza  fra  due  numeri;  geo- 
metrico, il  quoziente  di  due  numeri.  -  Antecedente, 
primo  termine  del  rapporto;  conseguente,  secondo 
termine.  -  Regola,  complesso  di  calcoli  per  giun- 
gere a  un  risultato  determinato;  più  specialmente 
dicesi  di  certi  problemi  che  si  risolvono  con  l'aiuto 
delle  proporzioni  o  col  metodo  chiamato  riduzione 
all'unità. 

Biparto,  calcolo  che  si  fa  per  dividere  un  ente  in 
pai'ti  proporzionali  o  inversamente  proporzionali  a 
numeri  dati.  -  Riprova,  operazione  con  la  quale  si 
verifica  l'esattezza  d'una  operazione  già  MU.  -  Ri- 
soluzione,  scioglimento  d'un  iprohlema..  ■  Scomposizione 
in  fattori,  di  un  numero,  l'operazione  che  ha  per 
iscopo  ai  trovare  dueo  più  numeri  che,  moltiplicati 
fra  di  loro,  diano  per  prodotto  quel  numero, 

Segni  aritmetici:  per  l'addizione  -|-,  che  si  legge 
€  più  »;  perla  sottrazione  —,  che  si  legge  ameno  »; 
X  per  la  moltiplicazione,  e  si  legge  «  moltijìlicato 
per  »;  due  punti  (:)  per  la  divisione  {diviso per);  se- 
gno di  eguaglianza  =:  si  legge  «  eguale  a  » .  Segno 
di  disuguaglianza:  >,  n  maggiore  di  »,  <,  minore 
di  y>  e  zlZjChe  si  legge  «.diverso  da». 

Lo  zero  per  sé  solo  non  significa  numero,  ma, 
unito  alle  note  numerali,  le  alza  a  gradi  superiori 
di  diecine,  centinaia,  migliaia,  ecc. 

Teorema,  proposizione  che  ha  bisogno  di  essere 
dimostrata  mediante  uno  speciale  ragionamento,  da 
cui  si  deducono  poi  altre  proposizioni  (corollari). 
•  Termini  di  un'operazione  i  numeri  coi  quali  si 
deve  operare.  -  Tesi,  asserzione,  parte  di  un  teo- 
rei.ia,  che  richiede  di   essere  dimostrata. 

Principali  regole. 

Regola  del  tre  semplice,  regola  aurea:  insegna  a 
risolvere  quesiti  nei  quali,  date  tre  quantità,  fra 
loro  direttamente  o  inversamente  proporzionali,  si 
cerca  il  valore  di  una  di  esse  quando  si  danno  dei 
valori  alle  altre  due.  -  Regola  del  tre  composta,  ana- 
loga alla  regola  del  tre  semplice,  ma  che  serve 
quando  sono  date  più  di  tre  quantità.  -  Metodo  di 
riduzione  all'unità,  per  la  soluzione  dei  quesiti  di 
redola  del  tre  semplice  o  composta:  consiste  nel 
calcolare  ciò  che  diventerebbe  la  quantità  data  se 
tutti  i  dati  della  questione  divenissero  l'unità.  -  Va- 
lori primitivi,  quelli  che  costituiscono  l'ipotesi;  va- 
lori nuovi,  quelli  che  costituiscono  la  tesi. 

Regola  di  alligazione,  o  di  miscuglio:  serve  a  de- 
terminare il  valore  di  un  miscuglio,  in  base  alle 
quantità  e  ai  valori  noti  dei  componenti;  o,  anche, 
in  senso  inverso,  per  determinare  la  quantità  delle 
materie  che  compongono  il  miscuglio,  quando  si 
conosca  la  quantità  di  esso  e  il  valore  dei  compo- 
nenti. 

Regola  d'interesse,  calcolo  mediante  il  quale  si 
ottiene  il  frutto  che  produce  un  capitale,  cioè  la 
somma  impiegata  per  un  dato  tempo  e  ad  un  dato 
tasso.  -  Mutuante,  chi  impiega  il  capitale  ed  ha 
diritto  di  ricevere  l'interesse.  -  Mutuatario,  chi  ri- 
ceve il  capitale  e  si  obbliga  a  nagare  l'interesse. 

Interesse,  rendita,  il  frutto  prodotto  dal  capi- 
tale. -  Divisore  fisso,  espressione  che  rappresenta  il 
capitale  che  dà  in  un  giorno  il  frutto  di  una  lira, 
e  che  serve  per  abbreviare  i  calcoli  d'interesse. 

Saggio,  tasso,  ragione,  l'interesse  prodotto  da  cento 
lire  in  un  anno  :  percentuale.  -  Tempo,  il  periodo 
pel  quale  il  capitale  resta  impiegato. 

Regola  di  sconto,  calcolo  mediante  il  quale  si  ot- 
tiene il  tanto  da  trattenere  sopra   una  somma  che 


si  paga  prima  del  tempo  stabilito.  -  Sconto,  la 
somma  totale  trattenuta.  -  Somma  da  scontare,  queiia 
da  cui  va  levato  lo  sconto.  -  Tasso,  il  tanto  che 
trattiene  chi  paga  prima  del  tempo  su  ogni  cento 
lire  della  somma  da  scontare.  -  Tempo,  il  tempo  pel 
quale  si  anticipa  il  pagamento. 

Regola  di  società,  o  di  partizione:  ha  per  oggetto 
di  dividere  il  guadagno  o  la  perdita  di  una  società 
commerciale  per  le  persone  che  vi  hanno  preso 
parte  e  proporzionalmente  ai  loro  respettivi  diritti. 

Regola  congiunta:  ha  per  iscopo  di  trovare  il  rap- 
porto di  due  quantità,  le  quali  non  sono  parago- 
nate immediatamente  fra  loro,  ma  hanno  relazioni 
conosciute  con  altre  quantità  intermedie,  di  modo 
che  il  rapporto  cercato  risulta  dalla  composizione 
di  più  rapporti  dati;  si  applica  specialmente  al 
cambio  delle  monete,  per  cui  si  dice  anche  regola 
di  cambio.  —  Condividenti,  coloro  che  partecipano  ad 
un  riparto:  il  grado  del  loro  interessamento  si  chiama 
ragione  dividente.  -  Quota,  la  competenza  definitiva 
di  ciascun  condividente. 

Macchine,  arnesi,  ecc. 

Una  prima  macchina  aritmetica  fu  inventata  da 
Biagio  Pascal  nel  1642,  e  per  mezzo  di  essa  si  può 
fare  automaticamente  qualunque  sorta  di  calcoli  coi 
numeri:  ruota  pascalina.  -  Macchine  aritmetiche 
automatiche:  il  contatore  di  Roth,  Yaritmometro  di 
Thomas,  ecc. 

Aritmografo,  strumento  che  serve  per  fare  spe- 
ditameiìte  le  quattro  prime  operazioni:  tali  il  com- 
passo di  proporzione,  i  regoli  calcolatori,  il  plani- 
metro, ecc.  -  Aritmo-planimetro,  macchina  nella  quale 
è  combinato  il  planimetro  col  regolo  logaritmico, 
allo  scopo  di  risolvere  con  speditezza  le  più  com- 
plicate formole  esponenziali  con  semplice  scorrimento 
di  regolo.  -  Bastoncini  di  Neper,  bacchette  per  fa- 
cilitare le  grandi  moltiplicazioni. 

Compasso  di  proporzione,  istrumento  composto  di 
due  righe  congegnate  ad  una  delle  loro  estremità  in 
modo  da  potersi  aprire,  sul  piano  delle  quali  sono 
tracciate  linee  convergenti  divise  in  gradi.  -  Pallot- 
toliere, arnese  con  pallottole  di  vario  colore,  scor- 
renti in  fdi  di  ferro,  per  lo  studio  delle  prime  ope- 
razioni aritmetiche. 

Quadrati  magici,  tavola  di  numeri  a  scacchiera 
e  tali  che,  per  qualunque  verso  si  sommino,  torna 
la  stessa  somma.  -  Regolo  calcolatore,  strumento 
composto  di  due  regoli  scorrevoli  uno  dentro  l'altro 
per  eseguire  rapidamente  computi  aritmetici.  -  Re- 
golo fisso,  il  maggiore;  scorrevole  il  minore. 

Tavola  pitagorica,  piccolo  quadro,  specchietto  in 
cui  i  numeri  semplici  sono  disposti  in  modo  che 
facilmente  si  ottengono  i  prodotti  della  moltipli- 
cazione. 

Apparecchio  aritmotecnico  si  può  dire  l'abaco,  o 
abbaco,  libro  elementare  per  l'insegnamento  delle 
prime  operazioni  e  dei  principi  aritmetici:  si  chiama 
con  lo  stesso  nome  di  abbaco  l'arte  di  fare  i  conti, 
ossia  l'aritmetica,  e  il  conto  stesso.  -  Far  gli  abba- 
chini,  fare  le  prime  operazioni  dell'abbaco. 

;  Voci  e  cose  varie. 

Abgoritmo,  arte  del  calcolo, 

Aritmologia,  dottrina  delle  supposte  qualità  mi- 
racolose dei  numeri.  -  Aritmomanzia,  arte  di  indo- 
vinare per  mezzo  di  numeri:  spacciata,  in  origine, 
fra  le  dottrine  dei  pitagorici.  -   Dactilonomia,  arte 


AHITMETICO   —   ARMAIUOLO 


149 


di  contare  con  le  dita.  -  Isopséfo,  che  produce  lo 
stesso  numero.  -  Psefoforìa,  antica  arte  di  calcolare 
con  piccole  pietre.  -  Quipos,  nodo  di  corde  usato 
al  Perù  per  conteggiare.  -  Sistema  metrico,  metodo 
di  ììiisura  che  ha  per  base  il  metro  o  derivati 
dal  metro.  -  Supputazione,  azione  di  calcolare  con 
la  mente.  -  Swan-jìan,  l'abaco  dei  Cinesi. 

Aritmètico.  Di  aritmetica,  appartenente  ad 
aritmetica.  -  Chi  é  versato  in  questa  scienza. 

Aritmia.  Irregolarità  di  2>ofso. 

Aritmògrafo.  Veggasi  ad  aritmetica  (mac- 
chine aritmetiche). 

Aritmologla  e  arituiomania.  Detto  a  mi'- 
mero. 

Arlecchino,  o  Zanni  (arlecchinata).  Dello  a 
maschera. 

Arlòtto.  Uomo  gaglioffo,  fannullone  e  sciocco. 

Arma.  Lo  stesso  che  arnie.  -  Dicesi,  per  lo 
più,  di  speciali  corpi  di  milizia:  arma  di  arti- 
gìieria,  di  cavalleria,  di  fanteria,  del  genio, 
dei  carabinieri,  ecc.  -  Segno  convenzionale  im- 
presso su  qualche  og-etto  per  distinzione  di  corpo, 
di  esercito,  di  nazione,  di  città. 

Armi  terrestri  o  marittime,  forze  militari  di  terra 
.e  di  myre,  esercito  o  marina  da  guerra.  -  .Armi 
dotte,  gli  ordini  della  milizia  die  più  si  occupano 
di  scienza   (artiglieria,   genio,  ecc.). 

Armacollo.  Detto  a  tracolla. 

Ariìiadillo.  Notevole  ìnamniifero. 

Armadio  (armario).  Mobile  di  legno,  che  si 
apre  o  si  chiude  a  guisa  d' uscio  e  nel  quale  si 
ripongono  abiti,  oggetti  di  biancheria  e  simili: 
guardaroba,  guardarobe;  salvaroba,  cassa  madia, 
repositorio ;  stipetto;  vestiario.  -  Dispensa,  quando 
serva  per  riporvi  commestibili  e  altre  cose  della 
cucina.  -  L  armadio  é  semplicemente  accostato  al 
muro,  oppure  affisso.  -  Armadino,  armadietto,  arma- 
diòlo,  armadione,  armadiaccio. 

Armadino,  piccolo  armadio,  generalmente  a  una 
sola  imposta,  e  dicesi  più  spesso  di  quelli  a  muro. 
•  Armadio  a  muro,  fatto  nel  vano  d'una  porta  mu- 
rata 0  simile,  adattandovi  orizzontalmente  delle  as- 
sicelle e  chiudendolo  con  una  sola  imposta,  avente 
per  lo  più,  all'esterno,  lo  stesso  colore  delle  pareti 
della  stanza.  -  Armadio  a  specchio,  quello  che  ha 
uno  specchio  sull'imposta.  -  Armadio  farmaceutico, 
veggasi  a  farmacia.  -  'Armadio  scorniciato,  quello 
sul  quale  siano  fatti  lavori  a  similitudine  di 
cornice. 

Abaco,  antico  buffet.  -  Siblioteca,  armadio  da 
libri.  -  Buffet,  armadio  per  vasellami  e  servizio  da 
tavola. 

Cantoniera,  secondo  il  Carena,  piccolo  armadio,  il 
cui  fondo  di  dietro  è  rappresentato  da  due  steccate 
riunite  ad  angolo  retto  per  poterlo  adattare  agli 
angoli  della  stanza.  -  Casellario,  armadio  con  molte 
caselle  per  collocarvi  carte  ed  altro.  -  Medagliere, 
armadio,  stipo  per  custodirvi  medaglie. 

Secrétaire  (frane),  mobile  nel  quale  si  rinchiudono 
carte  e  avente  una  tavola  che  si  può  abbassare, 
per  scrivervi  sopra.  -  Stipo,  armadietto  elegante  di 
legno  fino,  con  molti  cassettini  e  sportellini,-  per 
riporvi  cose  minute,  preziose,  importanti:  talora, 
senza  piedi  propri,  lo  si  colloca  su  una  tavola, 
appoggiato  al  muro.  -  Studiolo,  armadino,  con  ti- 
retto, che  si  mette  sopra  una  scrivania. 

Vetrina,  scansia  o  specie  di  armadino  da  bot- 
tega. 

Stanza  degli  armadi,  quella  dove  si  tengono  gli 
armadi  della  biancheria  :  detta  pure  guardaroba. 


Parti  deli.'  armadio  e  annessi.  —  L'armadio  è  di- 
viso orizzontalmente  da  Siìcuni  palchetti  o  piani  ed  ha 
anche,  di  solito,  una  rassetta,  talora  due,  una  accanto 
all'altra,  nella  stessa  linea  orizzontale.  Le  altri  parti 
sono:  i  due  fondi  (fondo  di  dietro,  fondo  da  piede), 
le  due  fiancale  (parti  laterali),  il  coperchio  e  i  piedi, 
come  nel  cassettone.  Ha  sul  davanti  uno  o  due 
sportelli  0  imposte.  -  Affìssi,  le  imposte  e  i  telai 
degli  armadi  a  muro,  degli  usci  e  delle  lìnestre. 

Bandella,  spranga  di  ferro  dov'è  infilato  l'arpione, 
su  cui  gira  la  parte  mobile  d'un  aflisso.  -  Chiusino, 
ripostiglio  in  un  armadio:  segreto,  segretino. 

Ferro,  lungo  bastoncello  di  ferro,  con  una  ripie- 
gatura a  ciascuna  estremità:  lo  si  india  in  due 
anelletti  fermati  a  vite  per  la  sua  lunghezza;  gli  si 
appiccano  per  il  loro  uncino  le  gruccie,  sulle  quali  si 
adattano  i  panni.  Se  è  di  legno,  dicesi  asta.  •  Fan- 
go, 0  trabiccolino,  bastoncello  imperniato  in  una 
specie  di  zoccolo  quadro,  e  sormontato  da  altro 
pezzo  di  legno:  serve  negli  armadi  per  mettervi 
sopra  i  cappelli  da  donna,  che,  posando  sul  piano, 
si  gualcirebbero. 

Gànghero,  ferro  che  unisce  l' imposta  al  telaio.  - 
Gl'uccia,  arnese  a  forma  di  T,  di  legno,  con  un 
gancio  di  ferro  in  cima  all'  asta  di  mezzo,  col 
quale  si  appende  al  l'erro:  serve  per  attaccarvi  i 
panni.  -  Imposte,   gli  sportelli  quando  sono  grandi. 

Nottolino,  arnese  per  serrare  gli  sportelli,  spe- 
cialmente nella  parte  inferiore,  quando  ciò  non  si 
fa  con  paletto:  è  una  spranghetta  di  terrò,  e  tal- 
volta di  legno,  girevolmente  conficcata  nel  telaio, 
e  che,  volgendola  sullo  sportello,  lo  tiene  chiuso  per 
semplice  legamento.  -  Palchetto,  ciascuna  asse  che 
si  mette  attraverso  nesli  armadi,  negli  scaffali  e 
simili.  -  Scompartimento,  ciascuna  delle  parti  nelle 
quali  è  diviso  l' armadio.  -  Sportello,  piccola  imposta 
degli  armadi. 

Armaiuòlo.  Chi  fabbrica  ogni  sorta  d'arme: 
anticamente,  anche  armataro  ;  ora  l' artefice  che 
fabbrica,  vende,  raccomoda  armi  da  taglio  e  da 
fuoco,  portatili  (fucile,  rivoltella,  pistola,  spada, 
ecc.):  armaiòlo,  armaruolo;  archi busiere,  spadaio, 
spadaro. 

La  sua  fu  un  tempo  arte  difficile,  trattandosi  di 
foggiare  a  colpi  di  martello  (martellare)  il  ferro, 
si  perfezionò  e  si  ingentili,  pervenendo  a  damascare; 
0  damaschinare  (temperare,  lavorare  alla  maniera 
d'  un  damasco,  drappo  di  seta  a  fiori  e  a  disegni 
diversi),  a  niellare  (coprire  d'  oro,  d'  argento  o  di 
altro  metallo  con  un  bulino,  i  cui  tratti  si  lasciano 
vuoti,  oppure  si  riempiono  d'una  mistura  d'argento, 
rame  o  piombo  a  piacere),  a  incastonare  le  armi  di 
pietre  preziose,  a  incrostarle  di  costosi  metalli,  ecc. 

L'armaiuolo  pro^^ede  anche  a  brunire  le  armi,  cioè 
a  dar  loro  il  lustro,  a  bronzarle,  con  ematite  rossa, 
a  renderle  terse,  nonché  a  pulire  le  stesse  con 
polvei^e  finissima  di  mattone,  con  petrolio  o  benzina 
(per  togliere  la  ruggine),  a  lubrificare  alcune  loro 
parti  con  glicerina,  sego  o  grasso  di  montone,  cera 
vergine,  olio  d' oliva,  ecc.  L'  armaiuolo  odierno  fab- 
brica e  vende  anche  accessori  e  guarnizioni  delle 
armi  (levacapsule,  levaluminelli,  misurini  per  pol- 
vere, cartucciere,  carnieri,  astucci,  buste  di  cuoio, 
cassette;  calcioli,  paramani,  ecc.). 

Principali  istrumenti  adoperati  dall'  armaiuolo 
sono  :  r  accecatoio  (saetta  da  trapano  adoperata  per 
fare  in  cima  a  un  foro  una  ceca,  per  potervi  adat- 
tare la  testa  del  chiodo  o  della  vite,  sicché  non 
risalti  alla  superficie),  il  bulino  o  botino  (piccolo 
istrumento  d'acciaio  loggiato  a  scalpelletto,  per  sca- 


150 


ARMAMASSA   —   ARMATURA 


vare  metalli,  fare  rabeschi,  ecc.),  la  bottoniera  (dado 
d'acciaio  incavato  per  dar  rilievo  alle  piastre  di 
metallo),  il  cacciavite  (piccolo  arnese  di  ferro,  che, 
con  la  estremità,  simile  a  quella  dello  scalpello, 
entrando  nella  tacca  della  vite,  serve,  girando,  a 
stringerla  o  ad  allentarla),  la  doccetta  (specie  di 
scalpello  largo  al  principio,  poi  restringentesi,  torto 
a  guisa  di  doccia,  con  l'estremità  dei  lati  taglienti; 
serve  per  allargare  buchi,  tori  e  renderli  puliti),  lo 
sbozzo,  lo  svitacanne,  Vallargaioio  (per  dare  l'ultimo 
diametro  all'anma  delle  armi  da  fuoco),  ecc. 

A  grano  d'orzo,  la  ribaditura  degli  anellini  com- 
ponenti le  antiche  maglie.  -  Cesello,  lavoro  fatto  su 
piastra  di  metallo  con  istrumenti  d'acciaio,  battendo 
sui  quali  con  martello,  l'armaiuolo  fa  rigonfiare  la 
piastra,  messa  in  secco  più  o  meno  secondo  il  bisogno, 
poi  nettando  il  lavoro  con  ciappole,  bulini  e  li- 
muzze.  -  Montare  una  lama,  armarla  dei  suoi  forni- 
menti. -  Ringranare,  mettere  i  grani  nei  buchi  per 
restringerli. 

Anuamassa.    Sorta    di    carrozza. 

Armamentario.  In  un  ospedale,  la  stanza 
nella  quale  sono  raccolti  gli  istrumenti  di  cliirur- 
gia.  Anche,  l'insieme  di  questi. 

Armamento.  L'armare  e  ogni  provvedimento 
di  guerra.  -  Insieme  dei^li  attrezzi  di  una  nave. 
L'allestimento  di  una  fortezza. 

Armare,  armarsi  (armato).  Provvedere,  prov- 
vedersi di  arme  o  d'armi.  Preparare,  prepararsi 
alla  guerra.  Munire  una  fortezza  dei  mezzi  di 
offesa  e  di  difesa.  -  Provvedere  una  nave  dei  ne- 
cessari attrezzi,  anche  da  guerra.  -  Mettere  cen- 
tine, puntelli  e  fare  altri  lavori  da  costruttore. 
-  Rivestire  di  ferro  dolce  i  poli  della  calamita. 

Armata.  Tutte  le  forze  militari  d'un  paese, 
Vesercito;  particolarmente,  l'insieme  delle  navi  da 
guerra,  la  fiotta. 

Armato.  Fornito  d'arm^e.  -  Termine  d'araldi- 
ca. -  Armato  alla  leggera,  titolo  storico  di  soldato 
romano;  ora  cavalleggiero,  bersagliere. 

Armatore.  Chi  arma  o  noleggia  una  nave  o 
più  navi  mercantili  o  da  corsa. 

Armatura.  L'insieme  delle  armi  che  coprono 
il  corpo  dell'uomo  e  del  cavallo  (in  questo  secondo 
caso,  propriamente,  barda):  armadura;  arnese,  guer- 
riero arnese;  piastra,  maglia.  Dapprima  fu  di  pelle, 
poi  di  cuoio,  infine  di  metallo.  -  L'armatura  completa 
da  uomo  comprendeva  pezze  d'arme  dette:  celata 
da  incastro  (coppo,  barriera,  visiera,  ventaglia,  fron- 
tale 0  vista,  pennacchiera),  gorgiera  o  goletta,  co- 
razza, resta,  panciera,  falda  o  guardareni,  spallacci, 
guardagoletta,  bracciali,  cubitiera,  fiancali,  cosciali, 
ginocchiere  o  ginocchietti. 

Armatura  a  botte,  l'armatura  antica  che  era  pro- 
vata con  due  o  tre  colpi  dell'arme  contro  la  quale 
doveva  servire  di  difesa.  -  Armatura  all'antica,  quella 
che,  in  qualche  parte,  somigliava  alle  armature  ro- 
mane. -  Armatura  a  tonello,  quella  dell'uomo  che  dai 
fianchi  sino  al  ginocchio  aveva  una  veste  fatta  a 
campana,  con  bande  somiglianti  a  doghe  rigide,  op- 
pure articolate.  -  Armatura  bianca,  quella  che  aveva 
il  colore  naturale  del  ferro  forbito  e  anche  brunito. 

Armatura  da  lande:  si  componeva  di  celata,  di 
corazza  a  prova,  di  spallacci,  di  bracciali  con  ma- 
nopole, di  guardareni  e  di  fiancali.  -  Armatura  da 
uomo  d'armi,  quella  completa  che  vestiva  di  tutto 
punto  il  cavaliere  o  soldato  di  cavalleria.  -  Arma- 
tura difensiva  del  capo,  nome  genei'ico  delle  pezze 
d'arme  a  difesa  del  capo  (borgognotta,  caschetto, 
casco,  celata,  elmo,  morione,  ecc.).  -  Armatura  spi- 


golata, quella  fatta  a  scanalature  e  a  spigoli:  detta 
anche  Milanese;  fu  di  moda  dalla  fine  del  secolo  XV 
al  secolo  XVIL 

Singole  armature  dell'uomo. 

Bacinetto,  specie  di  celata,  che  fu  di  varie  foggie, 
chiusa  0  no.  -  Barbuta,  sorta  d'elmo.  Veggasi  anche 
a  corazza.  -  Bocroliere  o  rotellino  da  pugno,  rotella 
di  minori  dimensioni  delle  ordinarie:  si  impugnava, 
non  s'imbracciava.  -  Borgognotta,  specie  di  celata, 
ma  con  visiera  saliente  all'infuori  e  guanciali  mo- 
bili. -  Bracciaiuola,  rotella  da  pugno  con  un  brocco 
di  ferro  nel  mezzo  e  cerchi  spezzaspade  intorno. 

Bracciali,  .due  pezze  tronco-coniche,  una  delle 
quali  serviva  a  riparare  il  braccio,  l'altra  l'avam- 
braccio: unite  insieme  da  una  terza  pezza  detta  cu- 
bitiera. -  Mezzi  bracciali,  le  due  pezze  che  armavano 
solamente  la  parte  esteriore  del  braccio  sino  al  go- 
mito. -  Brigantina,  corsaletto  di  lamelle  di  ferro  o 
d'acciaio,  sovrapposte  come  i  tegoli  d'un  tetto,  ri- 
badite sopra  un  giubboncino  di  grossa  tela  o  pelle, 
ricoperto  di  velluto  o  di  seta,  sulla  quale  spicca- 
vano le  teste  delle  ribaditure  dorate  o  cesellate. 

Brocchiere  o  brocchiero,  detto  a  scudo. 

Cappelletto,  copertura  del  capo,  per  lo  più  di 
cuoio,  usata  anticamente  dagli  uomini  d'arme. 

Cappello  di  ferro,  armatura  difensiva  del  capo: 
aveva  la  tesa  orizzontale  a  fascia  cilindrica  o  a  cono 
tronco  che  terminava  a  porzione  di  sfera.  Aveva  il 
nasale  scorrevole.  -  Caschetto,  armatura  del  capo,  ge- 
neralmente a  camaglio,  con  o  senza  nasale  mobile 
0  a  cerniera,  o  fisso.  -  Catafratta,  armatura  del  petto 
e  della  testa,  e  talvolta  l'intera  armatura  grave. 

Celata,  armatura  del  capo  che,  nel  secolo  XV, 
suiTogò  i  bacinetti:  somigliava,  per  la  forma,  al 
cappello  di  ferro  {baviera  o  bavera,  parte  della  ce- 
lata da  incastro  che  copriva  la  faccia;  buffa,  la  vi- 
siera propria  della  celata;  anche  la  pezza  d'arme 
che  serviva  a  coprire  la  faccia  ed  era  acconciata 
alla  borgognotta,  che  cosi  diventava  una  celata 
chiusa).  -  Celata  a  becco  di  passero,  aguzza  come  un 
becco  d'uccello,  con  il  coppo  simile  a  uno  zucchetto 
emisferico,  posteriormente  rinforzato  da  una  cresta 
bassissima  e  da  una  lamina  prolungantesi  fino  al 
collo.  -  Celata  alla  borgognona,  o  borgognotta,  specie 
di  celata  distinta  dalle  altre  per  la  cresta,  il  fron- 
tale, i  guanciali,  la  gronda.  -  Celata  alla  viscontea, 
con  visiera  composta  di  due  parti,  come  la  comune, 
ma  foggiata  in  modo  diverso  (la  ventaglia  aveva 
parecchie  fessure  verticali).  -  Celata  aperta,  quella 
che  copriva  solo  il  capo  e  una  parte  del  viso  sino 
al  naso;  oltre  il  coppo,  aveva  la  gronda  e  la  vift  a. 
Celata  con  goletta,  differente  da  quella  da  incastro 
per  la  goletta,  composta  di  quattro  lame  articolate 
e  unita  alla  celata.  -  Celata  con  visiera  a  mantice, 
complemento  dall'armatura  spigolata.  -  Celata  da 
incastro,  quella  tutta  chiusa,  da  giostra  (principali 
sue  parti:  il  coppo,  la  baviera,  la  visiera,  la  ven- 
taglia). 

Cervelliera,  specie  di  cuffia  di  ferro.  -  Cesto,  arma- 
tura della  mano  usata  dagli  antichi  nel  pugilato. 
Il  gioco  stesso.  -  Clipeum,  specie  di  scudo.  -  Corac- 
cie,  0  lamiere,  armatura,  corazza,  usbergo  di  lamina 
di  ferro.  -  Corazza,  armatura  difensiva  del  busto. 

Coretto,  0  panziera,  armatura  per  difendere  il 
cuore  0  la  pancia.  -  Corsaletto,  il  corpo  della  co- 
razza. 

Cosciali,  armatura  per  la  difesa  delle  cosce;  tal- 
volta avevano  i   ginocchietti,    tal'altra  erano   uniti 


ARMATURA 


<5i 


allo  schiniere.  -  A  coda  di  gambero,  si  chiamano  i 
cosciali,  detti  pure  arnesi,  che  sulla  fine  del  se- 
colo XVII  lurono  fatti  a  lame  articolate.  Coscia- 
roni,  0  cosciaroli,  armatura  e  vestimento  che  copriva 
la  coscia  dei  cavalieri. 

Cotta  d'arme,  la  sopravveste  che  i  cavalieri  e  gli 
araldi  portavano  sopra  Farmatura  •  Cotta  di  ma- 
glia, specie  di  giaco  :  fu  di  varie  forme,  quasi  sem- 
pre cogaposta  di  anelli  di  ferro;  anche,  di  cuoio,  di 
stoffa  imbottita,  di  lamelle,  di  piastre,  ecc.  •  Egida 
faegis),  pelle  che  portavano  gli  antichi  greci  per 
difenaere  e  coprire  il  loro  corpo.  -  Elmo,  arnia 
tura  difensiva  del  capo. 

Falda,  pezza  d'armi  in  continuazione  della  schiena, 
a  lame  articolate.  -  Fiancali,  o  scarseUoni,  pezze 
d'arme  composte  di  una  sola  piastra  o  di  alcune  lame 


articolate  che  si  attaccavano  alla  panztera,  per  mezzo 
di  cinghie.  -  Galèa,  veggasi  ad  elmo.  •  Gambale, 
la  parte  dell'armatura  che  vestiva  la  gamba:  gam- 
biera, -  Ghiazarino  o  ghiazzerino,  giaco  fatto  a  ma- 
glia gazzarina,  ovvero  maglia  piatta. 

Giaco,  saio  di  maglie  d'acciaio,  o  filo  d'ottone  o 
di  ferro,  che  resisteva  ai  colpi  di  pugnale.  Se  ne 
facevano  di  due  sorta:  gìuiazzerini  e  piastrini. 

Ginoccìiietii,  ginocchielli,  pezze  che  coprivano  il 
ginocchio  e  riunivano  il  cosciale  allo  schiniere. 

Coletta,  l'armatura  del  collo,  che  scendeva  sulle 
spalle  e  sul  petto.  -  Gorgiera,  armatura  a  difesa 
della  gola:  era  d'acciaio,  d'ottone  o  di  rame,  e  i 
guerrieri  più  stimati  la  portavano  finemente  lavo- 
rata. 

Guanti  (li  ferro,  le  manopole  (veggasi  più  innanzi). 


Tavola  Vili 


Armatuba 


i,  elmo  gl'eco  -  2,  elmo  romano  -  3,  casco  -  4,  celata  (a,  cresta;  6,  frontale;  e,  vista;  d,  ventaglia;  e,  baviei-a; 
/,  goletta;  g,  pennacchiera;  h,  coppo)  -  5,  celata  -  g,  armatura  da  torneo  (a,  testiera;  b,  morso;  e,  pettiera; 
tì.  fiancaJi;  e,  groppa;  f,  arcioni;  g,  sella;  h,  staffai  7,  manopola  -  9,  armatura  da  cavaliere  (a.  celata;  &,  spallac- 
cio; 0,  bracciale;  d,  cubitiera;  e,  manopola;  /",  corazza;  g,  targa;  h,  panziera;  t,  cotta  di  maglia;  l,  cosciale; 
'iwi,  ginocchietto;  n,  gambiera;  o,  scarpa  a  punta  articolata^-  9-10,  speroni  -  U,  rotella  -  12  scudo  -  13,  morione 
-  14,  bacinetto. 


Guardareni,  pei  soldati  del  see.  XVI,  lascia  di 
feltro  imbottito  a  riparo  dei  fianchi.  -  Guarnaccio, 
di  ferro,  specie  d'armatura  o  veste  di  ferro,  che 
finiva  in  una  specie  di  sottanella,  giungente  quasi 
al  ginocchio. 

Jjyrica,  pezza  d'arme  che  copriva  il  petto,  il  ven- 
tre, i  fianchi  e  la  schiena  fino  alla  cintura:  eom- 
iprendeva  it  corsaletto  e  la  giacchetta  a  sacco  {lori- 
icato.  armato  di  lorica).  -  Maglia,  l'armatura  fatta  a 
inaglie,  ossia  a  piccoli  cerchietti  o  anelli  di  ferro 
i)  d'altro  metallo  concatenati.  -  Maglia  gazzartna, 
quella  formata  di  Anelli  schiacciati  o  piatti,  dett<i 
i^nche  maglia  piatta.  -  Manica,  armatura  di  maglia 
((Li  ferro  a  difesa  delle  braccia. 


Manopole  o  gitanti,  armatura  che  copriva  e  di 
fendeva  le  mani,  prolungandosi  anche  oltre  il  corpO; 
con  una  parte  a  cono  tronco  {manichini).  -  Mezzatesta 
armatura  che  copriva  mezza  la  testa.  -  Mignone 
armatura  difensiva  del  braccio  introdotta  dagli  spa- 
gnuoli  sul  finire  del  secolo  XVI.  -  Mittene,  guanti, 
manopole,  senza  separazione  delle  dita,  tranne  il 
pollice,  composti  di  lamine  articolate  nel  senso 
delle  principali  divisioni  della  mano.  •  Morione,  ar- 
matura del  capo  con  tesa  rialzata  davanti  e  di  die- 
tro e  cresta  molto  alta:  si  ebbero  morioni  a  cresta 
e  a  punta. 

Panoplia,  armatura  da  oplita.  -  Paniziem  o  pan- 
ciera, armatura  che  difendeva  la  pancia:  continua- 


152 


ARMATURA 


zione  de]  petto,  a  lame  nrticolate.  Parma,  veggasi 
a  scudo.  •  Forese  o  palocse,  arme  che  s'imbrac- 
ciava come-  scudo,  di  forma  quadra,  larga  ed  alta, 
in  modo  da  coprire  jiiteramente  il  soldato  a  piedi 
che  la  portava  :  detto,  qualche  volta,  tavolaccio,  tar- 
gane. ■  Peitabbotta,  corazza  che  resisteva  al  pugnale 
e  alla  pistola. 

Rotella,  specie  di  scudo.  -  Saio,  cotta  d'arme  nel 
medio  evo.  -  Sca/rpa,  .armatura  che  copriva  il  piede 
ed  era  attaccata  allo  schiniere,  se  fatta  di  lamine 
(li  ferro  (era  anche  di  maglia).  -  Scarpa  a  pie  d'orso, 
scarpa  di  ferro  a  punta  quadrata,  somigliante  ad 
altra  detta  a  becco  d'anitra.  -  Appuntate,  scarpe  con 
punta  lunghissima  e  acuta. 

Schiniere,  parte  di  armatura  che  copriva  la  gamba, 
dal  malleolo  al  ginocchio  :  gambali,  gambiere,  gam- 
beruoli,  stinieri.  -  Schiniere,  mozze,  quelle  che  non 
avevano  unita  la  scarpa  di  piastra.  -  Scudo,  arma 
difensiva  da  imbracciare.  -  Sj5a//acdo,  armatura- dell  a 
spalla,  unentesi  a  incastro  col  cannone  del  brac- 
ciale, ove  si  trovava  il  corrispondente  cordone. 

Ta/r-ga  o  fargia,  specie  di  scudo.  -  Targhetta,  pic- 
colo scudo.  -  Testiera,  la  parte  della  barda  che  riu- 
niva il  frontale  al  collo;  generalmente,  l'intiera  ar- 
matura che  copriva  la  testa  e  spesso  anche  le  guance 
del  cavallo.  Era  a  vista  o  cieca,  secondo  che  aveva, 
o  no,  i  fori  per  gli  occhi.  -  Trabiccolo,  armatura  di 
stecche. 

Usbergo,  armatura  del  busto,  di  ferro  o  d'altro 
metallo,  fatta  a  lame  o  a  scaglie,  propria  dei  ca- 
valieri del  medio  evo,  detta  pure  toriea.  -  Zucchetto, 
armatura  difensiva  del  capo:  a\'eva  orecchie,  nasale 
mobile,  visiera  e  gronda. 

Pahti.  accessorì,  ecc. 

Ala,  parte  dello  spallaccio  destro  per  facilitare  il 
movimento  del  braccio.  -  Dalleo,  o  budriere,  striscia 
di  cuoio  0  d'altra  materia  che  si  metteva  ad  arma- 
collo e  si  riuniva  sul  lìanco:  gli  si  appendeva  la 
spada.  -  Barbotto,  baviera  che  si  aggiungeva  alle 
celate  apertelo  si  sovrapponeva  a  quella  della  celata 
chiusa,  come  pezzo  di  rinforzo.  -  Baviera  o  bavera, 
parte,  già  citata,  dell'elmo  o  della  celata  da  incastro: 
la  si  fissava  ai  lati  del  coppo  per  mezzo  di  gancetti 
0  di  una  lamnetta  maschiettata  con  un  occhiello,  nel 
quale  entrava  un  chiodo  da  voltare. 

Braghetta,  quella  parte  dell'armatura  che  copriva 
le  parti  basse  anteriori  del  corpo.  -  Brocco  o  spun- 
tone, punta  di  ferxo  sporgente  dal  mezzo  del  fron- 
tale della  testiera. 

Camaglio,  parte  del  giaco  o  d  altra  armatura  in- 
torno al  collo  e  fatta  di  ma,glia  più  fitta  e  più  doppia. 

Cervelliera,  rinforzo  in  ferro  che  si  poneva  nel 
fondo  dei  coppelli,  per  difesa  interiore. -C/aorfo  da 
voltare,  perno  girevole  con  testa  a  nasello. 

Cimiero,  la  parte  superiore  del  caschetto  con  cri- 
niera, 0  di  cresta  sormontata  per  lo  più  da  pennac- 
chio/- Cinctorium,  cintura  portata  alla  vita,  a  fine 
di  sospendervi  la  spada.  •  Cingulum,  cintura  di  me- 
tallo 0  di  cuoio  rivestito  di  metallo,  portata  attorno 
ai  lombi,  per  tener  fermo  il  fondo  della  corazza. 

Coppo,  parte  concava  deWehno,-  parte  semisferica 
della  celata  da  incastro. 

Cordone,  canale  a  mezzo  cercl^io  nella  celata  da 
incastro,  corrispondente  a  xmjtondiho  {cordone)  spor- 
gente nella  parte  superiore  della  goletta.  -  Cresta, 
parte  della  celata  d'incastro  sormontante  il  coppo, 
con  un  tondino  lavorato  a  spirale  {tortiglione,  cor- 
ione).  -  Cnbitiera,  gomitiera,  pezza  d'arme  che  univa 


le  due  parti  del  bracciale,  permettendo  il  piegarsii 
del  braccio. 

Dorso,  la  parte  della  manopola  ©on  tre  o  quattro 
lamfere  a  cui  erano  unite  \edita.  •  Falsata,  farsata, 
veggasi  ad  elmo.  -  Fiuncak,  o  scarselloni,  due  pezze 
d'arme  composte  di  una  sola  piastra,  che  si  attac» 
cavano  alla  panziera  per  mezzo  di  cinghie  o  cor- 
regge. -  Frontale,  parte  della  celata  alla  borgognona, 

Gancio,  ganci,  pezzi  che  servivano  a  riunire  sui 
fianchi  il  petto  e  la  schiena  della  corazza  e  sosti- 
tuiva le  lanielle  di  ferro  e  i  chiodi  da  voltare. 

Ginocchietti,  0  ginocchielli,  le  pezze  che  coprivano 
il  ginocchio   e  riunivano  il  cosciale  allo  schiniere. 

Gronda  e  gvanciale,  veggasi  ad  elmo.  -  Guanoiali^ 
patte  della  celata  alla  borgognona. 

Guardacuore,  pezza  d'arme  di  rinforzo,  in  piastra 
d'acciaio,  che  si  sovrapponeva  alla  parte  sinistra 
del  petto,  flssandovela  con.  viti.  -  Guardagoletta, 
guafdacollo,  risalto  sopra  ciascuna  spalla  per  ripa- 
rare il  collo.  -  Giiardascella,  lama  oblunga,  mobile, 
che  si  metteva  sul  bracciale.  -  Guardastanca,  pezza 
di  rinfoi'zo  che  copriva  la  metà  del  petto  e  una 
parte  del  bracciale  di  sinistra. 

Manica,  bracciale  o  pezzo  d'armatura  che  si  por- 
tava sul  braccio  destro,  dalla  spalla  al  pugno. 

ManicMno,  parte  della  manopola  che  copriva  par- 
zialmente l'avambraccio.  -  Musacchino,  spallaccio  che. 
{\veva  scolpito  a  bassorilievo  un-  muso  di  leone  o 
di  altro  animale. 

iVasate,  parte-  déìVelmo.  •  Ocrealus,  pezzo  d'arma- 
tura che  copriva  lo  stinco,  dal  malleolo  fin  poco 
sopra  il  ginocchio.  -Orecchie,  orecchioni,  due  strisce 
di  cuoio  coperte  di  squame  di  metallo,  lavorate  come 
il  caschetto,  o  di  altra  copertura  del  capo,  alla  quale 
erano  unite  nella  parte  più  larg?  coprivano  le 
orecchie,  pendendo  sino  sotto  la  gola,  ove  sì  affib- 
biavano 0  si  agganciavano! 

Padiglione!  quella  parte  della  goletta  che,  allar- 
gandosi sotto  il  collo,  scendeva  sul  petto,  sulle  spalle 
e  sulla  schiena.  -  Pennaccìdera,  arnesetto  che  nella 
celata  serviva  per  mettervi  il  pennacchio.  -  Petto, 
parte  anteriore  della  corazza.  -  Piastra,  lamina  di 
ferro,  o  di  altro  metallo,  di  cui  si  tacevano  le  an- 
tiche armature  e  ora  si  corazzano  le  navi. 

Resta,  ferretto  appiccato  all'armatura  del  petto  dei 
cavaliere,  ìiel  quale  si  accomodava  il  calcio  della 
lancia  nel  porsi  in  atto  di  ferire.  -  Rbtéllina  da,  brac- 
ciale, parte  dell'armatura  che  serviva  a  difendere  il 
braccio  destro,  presso  alla  spalla  scoperto  per  di- 
fetto dello  spallaccio.  -  Schienp,,  schienale,  parte  poste- 
riore della  corazza.  -  Schiniera,  il  pezzo  dell'  ar- 
matura che  copriva  lo  stinco; 

Soleretla,  arnese  di  ferro  che  difendeva  le  piante 
de'  piedi  dei  cavalieri  armati.  -  Sopra-barbotto,  pezza 
aggiunta  alla  celata  da  incastro:  faceva  le  veci  della 
ventaglia.  -  Soprappetto,  parte  d'armatura,  dei  secoli 
XV  e  XVI,  che  si  metteva  per  rinforzo  sopra  il 
petto  della  corazza.  -  Sottobanda,  piastrone  di  rite- 
gno. -  Tabolaccio,  pezzo  d'armatura  di  ferro  che 
copriva  il  braccit). 

Tesa,  parte  della  celata  alla  borgognona:  frontale. 

Ventaglia,  parte  della  visiera  per  cui  passava  l'a* 
ria  nella  bocca  -  Visieì:a,,  parte  della  celata  da  inca- 
stro ricoprente  la  faccia,  dalla  fronte  alla  bocca.  Era 
quasi  sempre  divisa  in  due  parti:  la  ventaglia,  che 
riposìfva  sulla  baviera,  e  Ja  vista,  nella  parte  supe- 
riore, che  si  appoggiava  sulla  ventaglia.  -  Visiera  a 
becco  di  passero,  aguzza;  visiera  a  mantice,  quella 
che  nelle  sue  forme  imitava  le  pieghe,  della  pelle 
di  un    mantice.  -  Vista,    lamina   con    due   aperture 


AHME 


153 


bislan;;lie,  posic  orizzontalmente  all'altezza  degli  oc- 
chi: rinforza\a  la  fronte  del  coppo. 

AbMATC̻A    e   BAHDATl-RA   DE),   CAVALLO. 

Arcioni^  due  parti  della  seìla  d'arnie,  o  da  ar- 
mare, inalzahtisi  dinanzi  e  didietro.  Ira  le  quali  il 
cavaliere  sta\a  corno  incassalo:  erano  coperte  di  la- 
mine di  ferro,  forbite  o  Ì3runite,  talvolta  ornate  di 
ligure  o  ageminate.  -  Barhazzale,  parte  del  morso 
della  briglia.  -  Barila,  armatura  di  ferro  o  di  cuoio 
cotto,  o  di  filo  di  metallo  a  ma^jlia,  o  a  maglia  e 
:i  lamelle,  o  a  piastre,  usata  a  dilesa  della  {];roppa, 
del  collo  e  del  petto  dei  cavalli  (/^art/arf,  ?)an/«<Mr«). 

Borchie,'  parti  del  morso,  coprenti  nell'asto  l'in- 
castro aeW  imboccai  lira. 

Branche,  le  due  parti  a  semicerchio  dello  sperone. 

Jiriglia,  arnese  per  guernire  la.  testa  del  cavallo, 
frenarlo  e  guidarlo.  Composto  di  tre  parti:  testiera, 
morso,  redini. 

Calcar,  sperone  cosi  detto  perchè  si  adattava  alle 
calcagna  del  cavaliere.  -  Cato/ra«o,  cavallo  e  cava- 
liere ricoperti,  da  capo  a  piedi,  da  un'armatura  fatta 
a  modo  di  squame  di  coccodrillo.  -  Còllo,  armatura 
che  copriva  tutto  il  collo-  del  cavallo  sin  dove  si 
attacca  alle  spalle:  talvolta  copriva  solo  la  criniera. 

Finmali,  le  due  pezze  d'arme  che  riunivano  la 
peltiera  alla  schiena  o  groppa  e  coprivano  il  corpo 
del  cavallo  dalle  spalle  alle  cosce.  -  Fronte/e,  l'ar- 
matura' che  copriva  solo  anteriormente  la  testa  del 
cavallo. 

Groppa,  armatura  della  groppa  del  cavallo  quasi 
sempre  d'un  solo  pezzo,  o  «  tonello;  talvolta  aperta 
sotto  la  coda.  Detta  anche,  ma  impropriamente, 
schiena.-  Groppiera,  striscia  di,  cuoio,  affibbiata  alla 
])arte  posteriore  della  sella.  -  Gualdrappa,  coperta 
.stesa  sulla  sella  o- sulla  schiena  del  cavallo,  per 
riparo  e  ocnamento:.'Usata  già  dai  romani. 

Gùardacoda,  pezzo  dèlia  barda  messo  sopra  la 'còda, 
all'attaccatura. di  essa  con  la  groppa:  di  solito,  òr- 
nata  di  un.  mascherone,  di  una  testa  di  leone,  di 
drago,  ecc.. 

Morso,  parte  della  briglia,  arnese  di  metallo,  quasi 
sempre  di  ferro,  attaccato  alla  testiera.  -  Musoliera  o 
museruola,  ornamento  della  testa  del  cavallo  (parte 
inferiore),  usato  non  per  difesa,  ina  nelle  giornate 
di  pompa. 

Pettiera,  parte  della  barda,  che  copriva  il  petto 
del  cavallo  sino  alla  fine  della  spSiUa..  •  Pettorale, 
striscia  di  cuoio  attaccata  ila  una  parte  e  affibbiata 
dall'altra  alla  sella,  e  posta  innanzi  al  petto  del 
cavallo.  -  Rèdini,  strisce  di  cuoio,  che  si  attacca- 
vano al  morso:  erano,  per  lo  più,  coperte  di  vel- 
luto fion  guarnizioni,  d'oro  o  d'argento,  in  lamina  o 
in  ricamo.  Talvolta  formate  da  lamelle  di  ferro  unite 
con  maglie,  o  niastiettate. 

Scudeìlotto,  incavo  fatto  nella  parte  destra  del- 
l'arcione anteriore,V nella  sella  .d'arme:  serviva  a 
poggiarvi' la  lancia.-  Sguance,  una  delle  parti  della 
testiera  della  briglia.  -  Soggolo,  altra  parte  della 
testiera  deWà.  briglia.  •  SeUa  d'arme,  quella  usata 
per  combattere,  coh.  due  arcioni  molto  alti..-<Spe- 
rone,  o  sprone,  arnese- di  metallo  che  si  attacca  al 
tallone  della  s.carpa  o  che  si  attaccava  al  tallone 
dello  .sisliiniere,  per  stimolare  il  cavallo:  aveva  le 
hranche  curve,  con  un  occhio  alle  estremità,  nel 
quale  passava  ìa  correggia  che  serviva  ad  affibbiare 
gli  speroni  alpiiede,  e  il  collo  cortissimo  è  cilindrico 
terminalo  da  una  punta  conici  ej^tfììèe va  T ufficio  di 
sproij^ellu  o  stella. 


■Staffe,  due  arnesi  di  metallo,  pendentr  da  ciascun 
lato  della  sella,  attaccati  a  corregge  dette  stalfiU. 
Si  componevano  del  predellino  (parte  inferiore  piana), 
di  due  braccia  (inatzantisi  alla  estremità  del  pre- 
dellino) e  ùcW  occhio  (fòro  rettangolare  per.  larvi 
pas.sare  Io  stadi  le). 

Si  ebbero  staile  n  gabbia-  (con  vari  ricurvi  nella 
parte  anteriore»  partenti  dalle  braccia,  prèsso  I' oc- 
cho,  per  riunirsi  al  predellino];  stalTe  alla  ginelta 
(coi  predellino  convesso  nella  lunghezza);  te  scarpa 
, (da  torneo  e  facenti  parte  dell'armatura  bianca); 
?«i^fte}rsc/!e  (somiglianti  alle- staffe  arabe,  di  tipo 
alla  ginetta). 

Voltóio,  parte  delle  guardie,  del  morso,  portanti 
le  campanelle,  alle  quali  si  attaccavano  le  redini 

Amiatnra.  Veggasi  a  costicuttùre  e  a  (W- 
natno. 

Arme  (arma).  Nome  generico  d*ognt  arnese  o 
struaiento,  per-  lo  più  di  ferro  o  d'  acciaio,  per  of- 
fendere 0  per  difendersi:  in  questo  secondo  caso, 
particolarmente,  avìnatara.  L'arme,  fatta  per  coni- 
batteref  si  generalizzò  con  l'istituzione  della  nvi- 
UziUf  moltiplicandosi  di  forme  e  di  dimensioni 
secondo  i  bisogni  della  guerra;  adoperata  inoltre 
per  il  duello,  per  il  torneo,  per  la  caccia,  ecc., 
in  ogni  caso  allo  scopo  di  ferire,  di  uccidere; 
adoperata  anche  per  il  giuoco  della  scltertna  e 
per  il  tiro  al  bersaglio. 

Le  armi  furono  e  sono  in  gran  numero,  e  si  pos- 
sono raggruppare  in  tre  grandi  classi:  leanni/^rpi- 
storiche  e  antiche,  quelle  del  medioevo  e  \q  moderne. 
La  prima  classe  comprende  le  armi  proprie  al  /jp- 
riodo  della  pietra  scheggiata  (coltello,  freccia,  lama, 
scure, ,  mezza  scure)  e  al  periodo  della  pieira  levi- 
gata {l&  stesse,  ma  più  lavoi-ate);  inoltre,  le  .  armi 
proprie  all'  età  del  bronzo  (le  anzidette,  più  la  lan- 
cia, la  scure  d'arme,  h  spada)  e  quelle  dell'età  del 
ferro,  (alle  precedenti  aggiungendosi  lo  spiedo).  Alla 
seconda  classe  (armi  del  medioevo)  appartengono: 
\&  armi  bianche  lunghe  (spada,  spadone^  striscia, 
sciabola);  le  armi  bianche,  corte  (dagone,  daga,  lin- 
gua di  bue,  storta,  pugnale,  sfondagiaco  o  smagl la- 
tore, coltellaccio,  stile);  le  anni  immanicate  da  bott(b 
(bipenne,- scure  d' arme,  •  martello  scure,  martello 
d'arme,  mazza  ferrata,  mazza  d'arme,  mazzafrusto); 
le  armi  da,  asta  (alabarda,  falcione,  roncone,  parti- 
giana, corsesca,.- spiedo,  spuntone,  forca,  picca,  lan- 
cia); le  armi  do,  (;o'"rfà  e  lanciatoie  (arcò,  balestra); 
1°  armi  da  fuoco  lunglie  (archibugio  o  archibuso^ 
archibusone,  terzarùoio,  moschetto,  fucile);  le  armi 
da  fuoco  corte  (trombone,  pistone,  pistolone,  pistola 
pistoletto,  terzarùoio,  terzetta,  rriazzagatto).  La  classe 
ultima  (armi  moderne)  comprende  pure  un  gran 
numero  di  armi  da  offesa,  dal  pugnale,  dalla  spada, 
dalla  sciabola  al  fucile,  al  cannone,  alla  torpè- 
dine, e.cc.  (veggasi  più  innanzi). 

C1aT£G0RIE  n'AKMI  E  DISTINZIONI  CENERICUB 

Armi  bianche,  quelle  da  impugnare,  tanto  da 
punta  quanto  da  taglio,  lunghe  (spadoni  a  due  mani 
o  ad  una  mano  e  mezza,  spade.  Stocchi,  spiedi, 
strisce,  spadini,  -costolleri.  sciabole,  scimitarre)  o 
corte  (pugnali,  storte,  lingue  di  bue,  coltelli,  coltel- 
lacci, daghe,  ecc.) 

Armi  d'asta  (da  asta^  in-  asta,  o  inastate),  quelle 
che,  invece  di  un  manico  poco  lungo  (quindi  solo 
atte  a  ferire  da  vicino),,  ne  hanno  uno  lungo  da 
due  a  più  metri,  detto  asta:  tali  lo  spuntone,  h 
lancia  o  picca,  il  coìiMi  dei  Sarmati,  la.  sarissa  dei 
Macedoni,  ir  dardo,  la  chiaverina^  la  roncola,  i'for- 


154 


coni,  l'alabarda,  la  partigiana,  la  corsesca.  Tre  parti 
principalmente  le  componevano:  il  ferro,  Y  astile  o 
asta,  e  il  calzuolo  o  puntale. 

Armi  da  corda  e  lanciatoie,  genericamente  tutte 
le  armi  e  gli  strumenti  adoperati  per  lanciare, 
nonché  le  armi  od  altro  oggetto  lanciabile,  atto  ad 
offendere.  In  origine,  arme  lanciatoia  fu  il  braccio; 
poi  si  idearono,  mano  mano,  la  fionda  (fromba, 
Irombola),  l'arco,  la  balestra,  la  cerbottana,  ecc. 

Armi  da  fuoco,  quelle  da  caricare  con  polvere  e 
pallottola,  qualunque  fosse  o  sia  il  genere,  la  torma, 
le  dimensioni  di  esse,  manesche,  da  braccio  o  da 
cavalletto.  Armi  da  fuoco  lunghe:  V  archibusone, 
r  archibuso,  il  moschetto,  la  carabina,  di  diverse 
specie;  corte  (escluse  le  odierne  tascabili:  pistola, 
rivoltella),  il  terzaruolo,  il  trombone,  gli  archibu- 
setti  e  una  forma  di  moschetto  diversa  da  quella 
del  lungo.  -  Armi  a  ;jjercitssione,  quelle  nelle  quali  la 
polvere  prende  fuoco  per  mezzo  d'una  capsula  ful- 
minante, fatta  esplodere  dallo  scatto  d'una  specie 
di  martello  percussore. 

Armi  iìimianicate  da  botta,  tutte  le  armi  da  offesa., 
con  manico  più  o  meno  lungo,  atte  a  ferire  o  ad 
ammaccare  o  a  contundere,  mediante  percossa  di 
sopranimano.  Tali  le  clave,  le  mazze,  la  scure,  il 
mazzafrusto  o  flagello. 

Armi  cappate,  armi  scelte,  tenute  in  serbo  pei 
maggiori  bisogni.  -  Aì^mi  carahinate,  quelle  a  palla 
forzata,  nelle  quali  cioè  si  costringe  la  palla  a  colpi 
di  magliuolo  sulla  bacchetta.  -  Armi  da  piede,  per 
fanteria.  -  Armi  da  punta,  strette  e  lunghe  lamine 
d'acciaio  in  cui  la  punta  è  la  sola  e  principale 
parte  destinata  a  ferire.  -  Armi  da  taglio,  quelle 
destinate  a  ferire  percotendo  col  filo  tagliente.  • 
Armi  da  tiro,  quelle  che  si  sca.icliavano,  le  lancia- 
toie; ora,  il  cannone,  il  fucile,  ecc. 

Armi  di  precisione,  quelle  di  grande  esattezza 
balistica,  eseguite  da  artefici  abilissimi  e  di  assai 
maggior  costo  delle  altre  usuali.  -  Armi  inarcale, 
s' intende  del  fucile  o  moschetto  o  carabina,  o  si- 
mili, di  cui  si  abbassa  la  bocca  per  metterla  in 
mira  all'  oggetto  che  si  vuol  colpire,  quasi  che  si 
piegasse  l'arme  in  arco.  -  Armi  leggere,  quelle  armi 
difensive  e  offensive  che  sono  di  minor  peso  al 
soldato.  -  Armi  portatili,  quelle  che  si  potevano  e 
si  possono  reggere  a  mano,  a  differenza  delle  altre, 
dette,  particolarmente,  macchine  da  guerra.  -  Armi 
spuntate,  armi  senza  punta  che  non  feriscono,  che 
non  offendono  (figur.  soldati  inojjerosij. 

Altre  listinzkini.  —  Armi  collettive,  oggetti  che 
servono  a  proteggere  parecchie  persone  ad  un  tempo. 
-  Al  mi  contundenti,  quelle  da  botta,  come  il  bastone, 
la  mazza,  ecc.  -  Armi  ad  oltranza,  un  tempo  quelle 
delle  quali  si  faceva  uso  nei  combattimenti  a  morte. 
-Armi  a  vapore,  a  vento,  quelle  nelle  quali  il  sa- 
pore 0  l'aria  compressa  serve  per  lanciare  i  pro- 
iettili. -  Armi  insidiose,  le  corte. 

AV.MI    ANTICHE,   MEDIOEVALI   E   POSTERIORI 

I  -  Armi  bianche 


Accetta,  scure  d'  arme, 
basso  latino.  -  Acinaces, 
proprio  dei  Persiani,  dei 
tava  alla  vita,  sospeso  a 
pendere  contro  la  coscia 
spada  corta,  o  di  pugna 
un  uncino  tagliente,  a 
hamus,  sporgente  dalla 
punta. 


cosi  dette  con  parola  del 

pugnale   corto   e   diritto. 

Medi,  degli  Sciti:  si  por- 

un  cinturino,  in  modo  da 

destra.  -  Arpa,  specie   di 

e,   a  un  filo  e  mezzo,  con 

modo  di  una  spina,   detto 

ama  a  poca  distanza  dalla 


Barci,  parola  indiana  indicante  un  pugnale  a  duo* 
lame  separate  sullo  stesso  tallone.  -  Bipenne  (bt- 
pennisj,  scure  a  due  tagli. 

Candjar,  pugnale  turco  leggermente  curvo  verso 
la  punta  e  col  fodero  spesso  d'argento.  -  Cerhess, 
pugnale  circasso  con  lama  a  sezione  di  rombo. 

Cluden,  spada  usata  dagli  attori  della  scena  ro- 
mana, con  lama  rientrante  appena  incontrasse  re- 
sistenza, facendo  cosi  l'effetto  di  dare  il  colpo  senza 
pericolo.  -  Clunaculum,  piccola  spada,  quasi  pugnale, 
a  lama  larga,  dagli  antichi  portata  a  tergo,  sopra 
le  natiche. 

Coltellaccio,  specie  di  arme  co)ta  con  la  lama 
diritta  e  curva,  ma  sempre  a  filo  e  costola:  detto 
anche  storta,  quando  fosse  curva.  -  Coltello  ge- 
novese fcultellus  januensisj,  arme  ritenuta  insidiosa 
e  proibita  dai  bandi  della  repubblica  di  Genova. 

Copis,  scimitarra,  spada  col  filo  della  lama  con- 
vesso. -  Costoliere,  specie  di  spada  a  filo  e  costa. 

Daga,  specie  di  spada  corta  e  larga  a  due  tagli: 
fu  in  uso  presso  tutti  i  popoli  di  tutte  le  epoche: 
somigliava  al  gladio  dei  Greci  e  dei  Romani.  -  Da- 
ghetta,  piccola  daga,  arma  da  duello,  con  lama 
molto  forte,  a  due  fili,  ed  atta  a  ferire  solamente 
di  punta.  -  Dagoìie,  daga  più  lunga  o  più  larga 
dell'ordinaria.  -  Dirck,  pugnale  scozzese,  quasi  sem- 
pre con  manico  di  corno  e  con  ornamenti  di  pietre 
trasparenti,  o  in  pietre  simili  al  diaspro.  Sempre 
con  un'impressione  a  forma  di  ghianda. 

Ensis,  specie  di  spada  piuttosto  corta,  in  con- 
fronto  di  quella  comune. 

Falcione,  spada  con  l' estremità  superiore  della 
sua  lama  molto  ricurva,  in  modo  da  rassomigliare 
ad  una  falce.  -  Falx  (supina),  coltello  con  un  taglio 
ricurvo  e  con  la  lama  acuminata,  del  quale  si 
servivano  alcuni  gladiatori,  -  Flamberga,  spada 
svizzera,  a  biscia,  in  uso  durante  il  secolo  XVI,  da 
non  confondersi  con  la  spada  a  due  mani,  che  ave- 
va la  lama  a  biscia.  -  Flissach,  arme  propria  degli 
Arabi,  la  quale  partecipa  tanto  della  spada  quanto 
della  sciabola.  La  lama  è  in  ferro  e  a  circa  due 
terzi  si  rigonfia  alquanto^ 

Francesca,  scure  d'arme  che  fu  propria  dei  Fran- 
chi: era  a  manico  corto.  Aveva  un  taglio  solo  e 
somigliava  molto  alle  scuri  ordinarie  de'  nostri 
giorni,  con  Y  occhio  per  immanicare.  -  Frantopino, 
0  fratopino,  specie  di  spada  usata  dai  Franchi  ve- 
nuti in  Italia  al  tempo  di  Francesco  I:  aveva  la 
lama  a  metà,  o  per  un  terzo,  di  forma  comune, 
poi  quadrangolare,  come  un  lungo  e  acuto  stile. 

Fusello,  genere  di  pugnale,  considerato  arme  in- 
sidiosa; il  fusetto  dei  bombardieri  veneti  era  dal 
popolo  chiamato  centmenli. 

Gladius,  squadrone  diritto  a  due  fili,  dei  soldati 
greci  e  romani.  -  Goorka  coocra,  coltello  de'  Ma- 
rati  per  tagliare  i  garetti  a'  cavalli  dei  loro  nemi- 
ci: a  lama  curva,  col  taglio  dalla  parte  concava. 

Ichlì-Kilicc,  sciabola  turca,  bipartita  per  la  lun- 
ghezza di  ti'entun  centimetri  e  formante  due  punte. 
-  Johur  de  rajah,  sciabola  indiana  portata  special- 
mente dai  principi. 

Kama,  genere  di  pugnae  particolare  al  Karabach 
(Transcaucasia)  e  che  ha,lgeneralmente,  il  manico  e 
gli  ornamenti  del  fodero  niellati.  -  Kandjar.  scia- 
bola turca  senza  guardia,  somigliante  al  yaaynn  e 
al  flissach.  -  Kantscher,  specie  di  pugnali  turclii  con 
lama  lunga  mezzo  metro  circa  e  larga  tra  50  e  60 
millimetri.  -  Kathar,  pugnale  indiano  con  manico  e 
forma  di  H,  avi^nte  l'asta  di  traverso  doppia. 

Kilicc,  sciabo'.i  turca,  lunga  50   centimetri  circa. 


AMIE 


lo5 


e  larga  intorno  a  36  millimetri.  -  Klevang,  sciabola 
particolare  degli  abitanti  di  qualche  isola  al  sud 
delle  Celebes  :  quasi  sempre  con  manico  di  legno  e 
L'iunchi  intrecciati  e  pomo  con  ciocche  di  capelli 
dei  nemici  uccisi.  -  Koukri-Kora,  sciabola  indiana 
del  Nepal  (Népaul),  generalmente  a  lama  ricurva, 
con  costola  robusta  dalla  parte  convessa,  e  filo  dalla 
concava,  -  Kriss,  arma  indiana,  specie  di  daga, 
spesso  a  lama  fiammeggiante,  a  manico  di  ebano  o 
d'altri  legni  preziosi. 

Lingua  di  bue,  specie  di  daga  che  aveva  la  lama 
e  il  fornimento  di  forma  diversa  dalle  daghe  co- 
muni. -  Lingula,  piccola  spada  in  forma  di  lingua 
o  di  foglia. 

Machaera,  spada  ad  un  solo  taglio,  dai  greci  di 
Omero  specialmente  adoperata  per  immolare  le  vit- 
time. -  Mancina,  sorta  di  daghetta,  cosi  chiamata 
perchè  s'impugnava  con  la  mano  sinistra  nel  duello 
di  spada.  -  Mannaia,  coltello  grande,  per  lo  più  con 
due  manichi,  e  principalmente  quello  che  usava  il 
-boia  a  tagliar  la  testa.  -  Misericordia,  pugnale  che 
•i  cavalieri  portavano  alla  cintura  dalla  parte  dritta: 
cosi  detto  perché  serviva  a  dare  il  colpo  di  grazia 
ai  nemici  atterrati  e  feriti. 

Paloscio,  spada  corta  a  un  taglio.  -  Parazonio, 
sorta  di  spadina  portata  a  cintola,  per  ornamento, 
da  ufficiali  romani.  -  Pennato,  strumento  di  ferro 
adunco  e  tagliente,  detto  cosi  dalia  cresta  o  penna 
tagliente  che  ha  al  di  fuori.  •  Praepilatus,  arme  che 
aveva  una  pallottola  in  cima,  come  i  nostri  fioretti. 
Pugio,  piccolo  pugnale  a  due  tagli,  aguzzo,- por- 
tato, senza  fodero,  sul  fianco  sinistro,  dagli  impe- 
ratori romani,  come  simbolo  di  diritto  di  vita  e  di 
morte.  -  Pugnale,  arme  corta  da  ferire  di  punta, 
con  impugnatura  a  croce,  -  Punteruolo,  sorta  di 
stiletto. 

Quadrello,  arme  a  foggia  di  pugnale  o  altro  ferro 
quadrangolare. 

Schemscir,  sciabola  persiana  lunga  poco  più  di  70 
centimetri  e  larga  30  millimetri.  -  Sciabola,  o 
sciabla,  arme  di  difesa  più  lunga  della  spada  e  leg- 
germente piegata  in  fuori.  -  'Sciasca,  sciabola  co- 
sacca, arme  adoperata  dagli  abitanti  del  Don  e  delle 
steppe  russe.  -  Scimitarra,  sciabola  orientale,  di 
dama  corta  e  larga,  con  taglio  e  costola  a  guisa  di 
coltello,  ma  con  la  punta  rivolta  verso  la  costola. 
Scramasax,  arma  manesca  d'origine  germanica, 
somigliante  alla  storta.  -  Scare,  accetta  adoperata 
come  azza  da  guerra.  -  L'arme  intromessa  nel  fa- 
scio di  verghe  (fasces),  portato  dai  littori  romani, 
e  con  la  quale  un  reo  veniva  decapitato  dopo  essere 
stato  battuto  con  le  verghe. 
Semtspatha,  spada  di  metà  della  grandezza  usuale. 
Sfondagiaco  e  smagliatore,  sorta  di  pugnali  de- 
stinati a  penetrare  attraverso  il  giaco  e  le  maglie 
per  ferire  l'avversario  munito  di  tali  armi  difensive. 
Sten,  specie  di  coltello  o  pugnale  con  punta 
aguzza  e  lama  ricurva:  era  l'arma  nazionale  dei 
Traci.  -  Sióbookatana,  sciabola  giapponese,  corta,  con 
robusta  lama,  lunga  circa  metri  0,50,  e  larga  O.Uol, 
con  costola  ad  angolo  ottuso,  due  piani  paralleli  e 
due  "a  cuneo  formanti  il  piatto  e  il  filo. 

Spada,  arme  offensiva  di  vana  lunghezza,  per 
Jo  più  come  la  sciabola,  ma  dritta.  -  Spada  nera, 
arme  che  fu  in.  uso  verso  la  metà  del  secolo  XVII: 
serviva  per  apprendere  la  scherma.  -  Spada  pa- 
pale, quella  che  i  papi  mandavano  ai  principi  cri- 
stiani. -  Spada  schiavona,  usata  nel  secolo  XVI  e 
di  origine  veneziana,  credesi.  -  Spadino,  sorta  di 
spada  di  cerimonia:  spadino  da  carte,  di  minori  di- 


mensioni delle  comuni.  -  5pac/oHa,  spada  che  gli  uo- 
mini d'arme  impugnavano  con  la  mano  armata  del 
guanto  di  terrò:  era  l'arme  preferita  dai  tedeschi,  e 
dagli  spagnuùli.  -  Spadone,  spada  più  grossa  delle 
ordinarie,  usata  per  lo  più  dai  militi  a  cavallo. 
Spadone  a  due  mani,  la  spadona  più  grossa  delle 
ordinarie,  con  la  lama  a  due  fili,  diritta  o  foggiata 
a  fiamma. 

Squarcinn,  sorta  di  coltellaccio  a  lama  curva, 
larga  in  punta,  con  elsa  a  S.  -  Stiletto,  stile, ,  stilo, 
specie  di  pugnale,  con  lama  triangolare  o  quadran- 
golarev  -  Stocco,  arme  bianca  manesca,  di  varie 
sorte  e  vari  usi,  e  solifamente  per  ferire  di  punta. 
Pilwii  ed  eusem  fu  chiamato  lo  stocco  benedetto  che 
i  papi  mandavano, 'insieme  col  berretto  (pilum),  ai 
principi  cristiani.  -  Storta,  arme  da  taglio  che  aveva 
la  lama  curva,  più  larga  all'estremità,  ov'era  ta- 
gliata a  sghembo,  che  al  tallone.  -  Striscia,  sorta  di 
spada  di  lama  stretta  e  lunga  assai  più  delle  ordi- 
nane. 

Trafiere,  pugnale  acutissimo  che  portavano  i.  ca- 
valieri. 

Vallone,  spada  alla  tedesca,  con  lama  larga  e 
lunga'di  Solingen.  con  l'impugnatura  larga  e  liscia, 
con  una  guardia  sola  e  piatta,  con  porno  rotondo, 
liscio.  -  Veddong,  coltello  di  Corte  negli  Stati  dei 
principi  di  Solo  (provincia  di  Soura  Kirta),  nel- 
l'isola di  Giava.  -  Yatagan,  sciabola-pugnale  in  uso 
presso  i  turchi  e  gli  arabi. 

Parti,  accessori.  —  Borchie,  specie  di  disco  me 
tallico  col  quale  si  fissa  la  lama  nella  impugnatura. 

Cappetta,  guarnizione  metallica  all'imboccatura  del 
fodero  di  un'arme  da  taglio. 

Filo,  la  parte  più  sottile  del  taglio. 

Fodero,  guaina  di  cuoio,  di  ferro  o  d'ottone,  en- 
tro la  quale  si  ripone  la  lama  della  spada,  della 
sciabola  e  della  baionetta  {bocca  del  fodero,  l'en- 
trata della  lama;  bottoncino  del  puntale,  la  pallina 
posta  esternamente  alla  punta  ael  fodero]. 

Guaina,  arnese  di  cuoio  per  tenervi  infilata  la 
spada.  -  Guardia,  guardamano,  parte  dell'elsa  ch»^ 
difende  la  mano  con  funicelle  di  acciaio,  che  dal 
pomo  scendono  alla  croce,  longitudinalmente,  nel 
senso  della  lama.  -  Impugnatura,  la  parte  per  cui 
s'impugna  un'arme.  -  Lama,  la  parte  della  spada 
che  è  fuor  dell'elsa  o  del  pomo.  Sue  parti:  il  ta- 
glio, la  punta,  il  filo,  la  costola,  il  piatto,  iìcodolo. 
Celebri  le  lame  di  Toledo.  -  Lama  a  biscia,  quella 
imitante  una  biscia  strisciante  a  terra.  -  Linguetta. 
specie  di  molla  per  tenere  stretta  un'arme  bianca 
dentro  il  fodero. 

Manico,  pezzo  di  legno  o  d'osso,  di  torma  quasi 
cilindrica,  pel  cui  centro  passa  il  codolo  o  spica, 
era  ricoperto  di  pelle  di  pesce,  di  piccola  corda 
0  di  filo  metallico.  -  Paramano,  la  manopola  di 
•qualunque  arme  da  taglio.'-  Pomo,  parte  del  forni- 
mento della  spada.  -  Punta,  l'estremità  acuminala 
delle  armi  da  taglio.  -  Puntale,  fornimento  metal- 
lico collocato  alla  punta  della  fodera  del  pugnale 
0  della  spada.  -  Taglio,  la  parte  tagliente  della 
lama. 


II 


.A.KMI    D  ASTA    O    IN    aSTa. 


Alabarda,  labarda,  arme  tempestata  di  chiodi, 
con  in  cima  una  lama  e  sotto  una  specie  di  scure 
e  tre  punte  dall'altra  parte.  -  Asia  {hasia),  lancia 
usata  a  modo  di  picca  o  di  proiettile  da  scagliare 
con  la  mano:  aveva  la  testa  di  ferro  o  di  bronzo, 
l'asta  di  legno  e  un  puntale  di  metallo  all'estremità 


'  156 


ARME 


inferiore.  -  Asta  praepilata,  lancia  con  la  punta  av- 
viluppata 0  con  un  bottone  in  cima,  come  i  nostri 
fioretti:  serviva  a  fare  gli  esercizi.  -  Ansata 
hasta,  0  amatimi  teìum,  lancia  o  giavellotto  degli 
antichi  romani,  fornito  di  un  appoggio  semicirco- 
lare (per  la  mano)  che  si  attaccava  verso  la  metà 
dell'asta  o  del  giavellotto.  -  Azza,  sorta  d'arme  in 
asta,  con  ferro  in  cima  e  a  traverso,  appuntato  da 
una  parte  e  dall'altra  a  martello. 

Brandistocco,  arme  che  aveva  tre  lame:  una  lunga 
simile-  a  una  spada  nel  mezzo,  e  due  corte  ai  lati 
di  questa.  Le  lame  erano  nascoste  entro  un  tubo 
di  lamiera  di  ferro,  e  si  facevano  uscire  con  un 
movimento  orizzontale  dall'innanzi  all'indietro. 

Cestrosphendone ,  arme  antichissima,  consistente 
in  una  corta  freccia  infissa  ad  un  bastone,  con  due 
corte  ali  di    legno. 

Chiaverina,  arme  inastata,  lunga  circa  un  metro 
e  sottile,  da  lanciar  con  mano.  Aveva  il  ferro  largo, 
corto  e  tagliente;  era  detta  anche  partigiana.  -  Con- 
tus,  picca  per  soldati  di  cavalleria,  di  gran  peso  e 
lunghezza.  -  Corsesca,  arme  con  ferro  in  cima  a 
foggia  di  mandorla.  -  Curio,  lancia  sabina. 

Falcione,  arme  in  asta,  che  aveva  un  lungo  ferro 
a  un  filo  e  mezzo,  onde  si  potesse  adoperare  tanto 
di  punta  che  di  taglio:  fu  arme  ordinaria  dalle  mi- 
lizie a  piedi  dei  Comuni  italiani.  -  Forcone,  quel- 
l'arme astata  la  cui  cima  era  fornita  di  due  o  di 
Ire  rebbi.  -  Framea,  asta  usata  dai  germani,  a  punta 
corta  ed  acutissima.  -  Fuscina,  gran  forca  a  tre  o 
più  rebbi,  adoperata  dai  gladiatori  retiarì. 

Cialda,  arme  della  quale  non  si  sa  precisare  la 
forma  :  forse,  una  specie  di  lancia.  -  Giannetta,  specie 
d'arme  in  asta.  -  Lancia  [lancea),  lunga  asta  leg- 
gera, con  una  larga  testa  piatta,  che  serviva  da 
picca  e  da  proiettile.  -  Lancia  ferrata,  da  pie  e  da 
cavallo,  asta  di  forte  legno,  frassino  o  quercia,  alla 
cui  estremità  più  sottile  stava  una  cuspide  di  ferro 
in  forma  di  foglia  d'olivo  o  di  saetta.  -  Lancia 
cortese,  quella  senza  taglio,  usata  dai  cavalieri  della 
Tavola  rotonda. 

Partigiana,  arme  d'asta  col  ferro  a  due  fili  e 
acuto:  la  si  poteva  adoperare  tanto  da  taglio  quanto 
da  ])untà;  partigianetta,  partigianone,  piccola  e  grossa 
partigiana.  -  Picca,  asta  grossa  e  forte,  più  o  meno 
lunga,  con  picca  acuta  di  ferro  adoperata  dalle 
fanterie:  per  la  lunghezza  dell'asta,  somigliava  al 
contus  e  alla  sarissa.  -  Filetto,  piccola  lancia. 

Pilum,  arme  della  fanteria  romana:  si  usava  come 
picca  e  come  proiettile. 

Ronca,  roncolo,  arme  adunca  e  tagliente,  e  in 
forma  di  mezzaluna.  -  Roncone,  ronca  di  dimen- 
sioni assai  maggiori  di  quella  ordinaria:  era  infissa 
in  un  lungo  manico,  e  la  si  adoperava  a  due  mani 

Ronphaea,  lunga  lancia  dei  Traci.  -  Runa,  arme 
del  genere  del  pilum. 

Sarissa,  picca  speciale  per  la  fanteria  della  fa- 
lange macedonica,  lunga  sei  o  sette  metri.  -  Ser- 
gentina,  arme  a  guisa  di  alabarda.  -  Sibina,  lancia 
da  caccia  :  adoperata  per  l'assalto  alle  fiere. 

Sparuni,  lancia  che  aveva  un'  asta  di  legno  e 
una  testa  di  ferro  con  una  lama  ricurva  saldata 
sopra  di  essa.  -  Spiede  o  spiedo,  arme  alla  foggia 
dell'arnese  dello  stesso  nome:  usata  specialmente 
dalle  milizie  dei  Comuni  italiani.  Detto  anche  schei- 
tro;  servi  pure  per  la  caccia  al  cinghiale.  Si  eb- 
bero spiedi  a  forbice,  a  due  orecchie,  ecc.  -  Spranga, 
arme  composta  di  diverse  ghiere,  infisse  in  cima  a 
un'asta,  nelle  quali  erano  attaccate  varie  punte  acu- 
minate. -  Spuntone,  asta  con  lungo  ferro   quadrato 


0  tondo,  non  grosso,  ma  acuto.  -  SpunionceUo.  spe- 
cie di  piccolo  schidione  che  serviva  come  arme  di 
offesa. 

Venabulitm,  lancia  da  cacciatore  con  un  lungo  e 
largo  ferro  in  cima  a  forma  di  romboide.  -  Verruto, 
sorta  di  dardo.  -  Vonge  (frane),  arme,  ora  assai  rara, 
montata  all'estremità  di  una  lunga  asta,  somigliante 
al  falcione:  sulla  sua  costola  sporgeva  un  gancio  ri- 
volto verso  il  basso,  di  forma  sovente  rettangolare. 

Zagaglia,  bastone  che  serviva  da  arme  in  asta, 
da  mano  e  da  tiro. 

Parti,  accessorì.  —  Astile,  la  parte  di  legno  del- 
l'arme d'asta.  -  Bandelle,  il  prolungamento  della 
gorbia,  o  del  ferro  nelle  anni  d'asta,  aventi  (le  ban- 
delle) la  forma  <li  due  verghette  con  parecchi  fori 
alternati,  perchè  non  s'incontrassero,  e  pei  quali  con 
chiodi  si  fissavano  sull'fls/a.  -  Calcio,  il  piede  della 
lancia.  -  Ciispis,  punta  di  lancia. 

Ferro,  una  delle  parti  di  cui  si  componeva,  e  si 
compone  anche  oggi,  ogni  sorta  d'arme  d'asta:  nelle 
antiche  armi  aveva  sempre  la  gorbia  (cono  vuoto 
0  piramide  a  sei  faccie),  la  quale  dalla  punta  della 
lama,  sulla  quale  formava  la  costola,  si  prolungava 
oltre  di  essa  per  circa  un  terzo  della  sua  lunghezza. 
Anche  le  armi  del  medio  evo  ebbero  pure  la  gorbia, 
però  prolungata  da  due  verghette  {bandelle).  La  gor- 
bia ebbe  anche  forma  di  piramide  vuota  e  talvolta 
otto  facce. 

Hastile,  il  fusto  d'una  lancia. 

Mora,  dente  o  sbaira  sporgente  da  cia«;cun  lato 
d'una  lancia.  -  Resta,  l'impugnatura  della  lancia. 

SicUis,  lesta  di  lancia  a  larga  lama.  -  Spiculum, 
una  delle  tre  parti  di  cui  si  componeva  l'arme  di 
asta,  e  più  propriamente:  la  punta  in  cui  termi- 
nava il  calcio  di  una  lancia  o  giavellotto,  e  che 
serviva  a  infiggerla  nel  terreno,  e  poteva  essere 
usata  ad  offesa,  se  la  punta  (cuspis)  si  guastava  o 
si  spezzava. 

IIL  -  Armi  da  corda  e  lanc[atoie. 

Arco,  arme  antichissima,  usata  anche  dai  greci 
nell'età  omerica  e  degli  ausiliari  romani.  -  Archi 
ballatoi,  strumenti  composti  di  arco  e  di  corda,  che 
servirono  a  lanciare  proiettili,  più  o  meno  sferici,  di 
terra  rassodata  o  ai  piombo. -^h-MHc/o,  freccie  di 
canna  adoperate  dagli  Egizi  e  dai  popoli  orientali. 

Balestra,  arme  da  corda:  balestro,  balistra;  di 
varie  grandezze  secondo  l'uso  al  quale  doveva  ser- 
vire. -  Bale.^trina,  arme  da  corda  di  piccole  dimen- 
sioni, da  potersi  portare  nascosta.  -  Boomerang,  arme 
australiana  tagliata  in  un  pezzo  di  legno  duro  e 
compatto:  ha  la  forma  di  un  arco.  -  Bidcaones, 
freccia  con  grave  capocchia  in  luogo  di  punta:  la 
si  tirava  con  la  balestra  grossa. 

Cateia,  giavellotto  lungo  e  sottile,  con  una  corda 
attaccata  per  poterlo  ritirare  dopo  averlo  lanciato: 
usato  dai  Germani,  dai  Galli,  dagli  Irpini,  ecc. 

Cerbottana,  mazza  lunga  quasi  due  metri,  vuota, 
per  la  quale  col  fiato  si  cacciavano  pallottole  e  sael 
tuzze  sottilissime,  che,  al  posto  della  cocca  o  del- 
l'impennatura, avevano  un  involucro  di  bambagia: 
dagli  abitanti  delle  provincie  meridionali  del  Bra- 
sile fu  detta  gravatana.  -  Cianfrona,  martinetto,  strevo, 
veggasi  a  balestra.  -  Cornu,  arco  fatto  con  le  corna 
di  animali. 

Dardo,  arme  da  lanciare,  d'uso  antichissimo;  spe- 
cie di  freccia.  -  Fa/arjca,  giavellotto  con  punta  di 
ferro  quadra,  alla  quale  si  attaccava  carta  o  stoppa 
a  cui  appiccar  fuoco  e  lanciare  cosi  il  tutto  contro 


ii  nemico.  •  fionda^  arme  con  la  quale  si  lancia- 
vano pietre  e  granate.  -  Freccili,  arme  lanciatoia 
con  astrcciuola  di  leo;no,  di  cannuccia  o  di  bambù, 
e  con  ferro  di  varie  torme.  •  Funda,  froniba  per  sca- 
gliar pietra  o  palla  di  piombo,  chiamate  pliimbum  o 
glans,  quando. era  grossa.  -  Fustibaìm,  palo  lungo 
n\\  metro  e  uii  terzo,  che  aveva  nel  centro  attac- 
cata una  Tromba,  e  che,  fatto  girare  con  ambe  le 
mani,  lanciava  sassi  con  gran  violenza.. 

Gaesum,  forte  e  pesante  giavellotto  tutto  di  ferro 
massiccio.  •  Giavellotto,  arme  da  trarre  a  mano, 
molto  più  corta  del   lanciotto. 

Jaculo,  dardo,  saetta.  -  Lanciotto,  lancia  corta  da 
trarre  a  mano. 

Mìirex  (errus  o  tribulus,\  istruniento  composto  di 
una  palla  con  quattro  punte  dj  ferro,-  che  si  lan- 
ciava per  impedire  l'  avanzarsi  della  cavalleria. 

Materis,  sorta  di  ^giavellotto  adoperate  dai  Belgi. 

Moschette,  sorta  di  piccole  frecce  usate  nel  se- 
colo XIV. 

Sagitta,  presso  i  Greci  e  i  Rojnani,  saetta  di 
bronzo,  liscia.  -  Sagitta  ramata  o  adunca,  saetta  con 
testa  armata,  delle  nazioni  asiatiche  e  settentrionali. 

Sanno,  dardo  degli  antichi  Galli :.i  Lusitani  l'usa- 
\ano  ùeùttilQ.  •  Scorpioìie.  sorta  d'arme  flagellatoria: 
consisteva  in  un  bastoncello  con  varie  ■  palle  attac- 
cate con  catenelle. 

Soliferì'um,  sorta  di  giavellotto  tutto  di  ferro, 
tanto  la  testa  come  «1  fusto.  -  Slambecchina,  sorta 
di  balestra  dei  soldati  a  cavallo.  •  Strale,  freccia, 
saetta,  dardo  a  bacchetta  tonda. 

Telearme  da  lanciare:  specie  di  giavellotto,  ma 
più  pesante  assai.  •  Tròxjula,  sorta  d'asta" 'dì  gettare. 

Tiifax,  giavellotto  che  era  lanciato  dalla  cata- 
pulta. »  Verretta,  sorta  di  freccia.  •  Verrettone, 
grossa  verretta.  -  Veru,  arme  missile,  che  i  Romani 
adottarono  dai  Sanniti  per  la  loro  fanteria  leggiera. 
.Weva  una  punta  di  ferro  aguzza  e  arrotondata 
come  uno  spiedo.  -  Veruculum,  piccolo  giavellotto. 

^'cf/a^Zi'a,  sorta  di  giavellotto  spesso  dentalo,  usato 
dai  selvaggi  del  Senegal  e  delle  isole  dell'Oceania. 

Pakti,  aggessokì.  —  Bacalo,  freccia  della  balestri- 
^lia.  •  Corda,  parte  della  balestra.  -  Corytas,  astuc- 
cio per  arco. 

Farreira,  astuccio,  guaina  per  le  frecce:  si  portava 
ad  armacollo:  tui easso,  carcasso:  -Penna,  la  parte 
della  freccia,  contrapposta  alla  punta.  -  Spiculum, 
h  testa  barbuta  d'una  freccia  o  giavellot-to,  che,  ra- 
taccata  nella  base,  tei'mina  in  più  pujite. 

IV  -  Armi  da  bqtt.\ 

Clava,  mazza  o  clava  da  guerra^  che  aveva  una 
testa  di  ferro,  guarnita  di  fìtti  chiodi  aguzzi,  in- 
fìssa in  un  manico  di  legno.  •  Flagrimi,  antico 
struménto  di  punizione  formato  da  parecchie  cate- 
ne con  palle  di  metallo  alle  loro  estremità,  sospese 
ad  un  corto  manico:  fu  pure  adoperato  come  aFine 
da  guerra.  -  Gpdendardo,  mazza  ferrata,  usata  dagli 
antichi  soldati  di  ventura  liamminghi. 

Martello  d'arme,  martello  /erraio,__  arme  immani- 
cata e  da  botta  per  ammaccare:  si  componeva 
del  l'erro  e  del  manico,  che  talvolta  era  anch'  esso 
di  ferro:  aveva  sempre  la  bocca  e  la  penna.  •  Mazza 
di  ferro,  arme  da  botta,  di  varia  forma,  destinata 
ad  ammaccare:  composta  di  testa  e  di  momco,  con 
varie  coste  (piastre  triangolali):  mazza  d'arme, 'mazza 
ferrata.  Nel  medio  evo  la  sì  adoperava  spesso  dagli 
uomini  a  cavallo,   tanto  nelle  zulfe  che  nei  tome.. 


<5? 


Mazzafrusto,  arnie  da  botta  molto  somigliante 
al  tUtgmm,  del  quale  si  e  già  detto. 

V   -   ARMt   IJA   FUOCO 

Archibugio,  o  arclnbuso,    arme  portatile,    eoa 
canna  di  ferro,  che  sì  caricava    a  polvere  e  a  pai 
lottola  di  ferro,  ma  a  preferenza  di  piombo.  ■  Asjji' 
do,  nome  antico  d'una  specie  di  artiglieria. 

Basilisro,  altro  nome  antico  di  un'  artiglieria, 
che  pote^a  essere  portata  solo  dalle  .grosse  galee.  - 
Bombarda,  mortaio  da  gettar  bombe. 

Cannone,  nota^  arme  da  fuoco  cilindrica,  usata 
per  la.  prima  volta,  si  crede,  a  Crecv,  nel  1346.  ^ 
Cannone  a  pezzo,  antico:  lo  si  smontava  a  molti 
pezzi,  per  renderlo  portatile.  •  Cannone  corrtae, 
quello  per  mezzo  del  quale,  un  tempo,  si  lanciavano, 
in  una  piazza  assediata  o  in  campo  ristretto  dal 
nemico,  i  messaggi  degli  scorritori;  erano  questi 
messaggi  chiusi  entro  una  palla  di  pioinlio  vuot;\, 
preceduta  <la  un  segnale  di  convenzione.  -  Cannona 
da  batteria,  antica  denominazione  di  tutta  1'  aiti- 
glieria  gro.ssa  che  serviva  a  battere  le  mura.  -  Can- 
none di  corsìa,  grosso,  proprio  delle  galee,  postato 
sopra  la  corsia  di  prua.  -  Cannone  petriere:  si  ca- 
ricava con  palle  di  pietra.  -  Cannone  seguentfij  quello 
che  aveva  raniiua  uguale  dal  fbndo  alla  cima,  ciò? 
senza  rinfor-jso  di  camera  o  di  campana. 

Ciirabina,  o  carubino,  arme  portatile,  con  la 
canna  rigata  e  più  corta  di  quella  dell'  archibugio. 
-  Colubrina,  prima  arme  da  fuoco  portatile,  j>oi 
sorta  dì  archibusone  da  muro,  infine  piccolo 
cannono.  Nome  anche  d' un'  artiglieria  più  lunga 
e  più  grossa  dei  cannoni  ordinari  e  di  maggior 
portata. 

Ferlina,  specie  di  bombarda  stata  in  uso,  verso 
la  line  del  secolo  XV,  in  Lombardia.  -  FordrBoroduh, 
arcbibuso  a  serpentino,  o  schioppo  a  miccia,  indiano. 

Fucile,  arme  che  succedette  all'archibugio  e  fit 
detto  dapprima  archibuso  a  focile:  aveva  1'  accia- 
rino invece  del  serpentino  o  della  ruota,;  fu  vario 
per  foggia,  dimensioni,  ornamentazione.  -  Fucile  ad 
aria,  inventato  nel  1560,  usato  come  arme  da 
guerra  dall'Austria  alla  line  del  secolo  XVII:  l'e- 
splosione era  in  esso  prodotta  dall'improvvisa  diia- 
ta.zione  dell'  aria  compressa  mediante  pompa  pni'U- 
matica.  -  Fucile  a  percussione,  io  stesso  che  archi^ 
bugio  «  percussione. 

Lozzarme,  nome  dato  alle  celebri  armi  fabbricate 
dai  Cominazzo  a  Gardone. 

Mazzagatto,  sorta  di  pistola  corta.  •  Mezzana, 
specie  di  antica  bombarda.  •  Mortaio,  specie  di  can- 
none corto,  assai  largo,  postato  su  due  orecchioni, 
pCK  lanciare  bombe,  ossia  grosse  palle  di  ferro  li- 
piene  dì  scheggie  di  ferro. 

Moschetto,  arine  da  fuoco  a  miccia,  usata  prima 
del  fucile,  più  grossa,  di  maggior  portata  dell'archi- 
bui-'io  e  adoperata  colla  forcina.  -  Moschetto  a  hrvya, 
arme  che  si  caricava  dalla  parte  posteriore  e  chiu- 
sa mediante  una  staffa.  -  Moschettone,  dal  secolo  K  Vf 
in  poi,  fu  lo  stesso  che  l'archibugione.  •  Peltrinale. 
sorta  di  grosso  trombone^  che  si  sparava  a  brucia- 
pelo nel  petto  dei  nemici. 

Pistola,  arme  'simile  al  fucile,  ma  minore  assai; 
nel  secolo  XVI  e  nel  XVII,  era  di  mezao  tra  l'ar- 
chibugio da  miccia  o  da  ruota  e  il  pistoletto  o 
l'arcliibusetto.  -  Pistoletto  o  archibusetto,  pistola  corta, 
a  ruota,  a  focile,  ecc.  -  Pistolone,  arme  con  canna 
di  ferro  o  di  ottone  (sec.  XVI):  grossa  e  lunga, 
malgrado  il  nome,  la  meta  della  pistola.  -  Pistone, 


158 


sorta  di  archibuso  eorlo.  e<m  eaima  di  faoco  o  di 
bronzo,  più  ricca  di  metallo  cbe  non  le  ordinarie, 
spesso  rinforzata  aDe  estremità.  -  ProttU-j,  piccola 
pistola  senza  canni  che  serviva  a  provare  la  qualità 
e  la  potenzjalits  iella  polvere. 

Sc^arezzo,  arnie  portatile,  con  canna  in  due  pezzi, 
maschir^ata  all'impugnatura:  era  proibita.  -  Schiop- 
petto, arme  adoperata  da  quasi  tatti  gli  eserciti  di 
Europa  sui  finire  del  secolo  XVI  e  del  XMI:  pù 
loDja  della  pistola,  più  corta  del  moschetto.  -  Schiop- 
po, nome  dato  ad  una  delie  prime  armi  da  fuoco: 
era  arme  da  posta.  Si  chiamò  poi  afrhibnsonf,  ecc. 

Scopeti,  scmoppetti  usati  nel  secolo  XV:  si  cari- 
cavana  con  pallottoline  {baìU^inéì  del  peso  di  dieci 
grammi  ciascuna.  -  Scopetta,  specie  di  carabina  a 
facile  (pietra)  che  aveva  la  canna  leggermente  in- 
campanata,  col  vertice  del  tronco  di  cono  verso  la 
eolatta,  neUa  lunghézza  della  canna,  che  invece  si 
allargava  molto  presso  la  bocca. 

Spazzocompagna,  il  trombone  an  tempo  usato 
nelle  provincie  romane  e  meridionali.  -  Spingarda, 
in  origine  congegno  da  lanciar  pietre,  poi  una  delle 
più  grosse  artiglierie:  erano  inteppate  e  si  bilica- 
vano per  metterle  in  opera  su  un  cavalletto;  ave- 
vano la  coda.  •  Ten-amolo,  sorta  di  pistolone  a 
ruota  del  secolo  XVII,  arme  tra  l'archiboso  lungo 
e  il  pistoletto. 

Terzftia,  specie  di  pistola  con  canna  lunga  circa 
un  terzo  di  quello  del  ajoschetto  ordinario  -  Tri- 
falco,  specie  di  antica  artiglieria,  come  Taspido,  il 
corlaldo,  lo  smerigli»,  ecc.  -  Trombom,  arme  più 
grossa  dell'archibuso,  e  allargantesi  vorso  la  bocca.- 
Altra  arme  simile  ^tta  di  corame,  invece  che  di 
metallo,  all'antica. 

Pasti,  accsssobì,  ecc.  f'pareeehie  delle  voà  che  se* 
guono  fono  ancora  applicabili  ad  armi  moderne). 

Acciarino,  maceri! netta  sostituita  alla  miccia  e 
alla  moia  nel  secolo  XVIL  aggiustata  alla  cassa  di 
ogni  arme  portatile  accanto  al  focone  della  canna, 
serviva  ad  accendere  la  polvere.  Fa  ancora  parte 
di  fucili  modemL  -  Affuso,  la  cassa  o  cassetta  del 
cannone  leeppo,  affusto  del  mortaio».  -  Anello,  oc- 
chio di  ferro  saldato  nella  parte  inferiore  della  canna 
d' un'arme  da  fuoco.  •  Anima,  canale  vuoto  in  mezze 
all'arme. 

Bacchetta,  Terga  d'acciaio,  di  tempra  addolcita, 
lan°a  quanto  la  canna  del  fucile  o  della  carabina, 
osata  per  calcare  la  carica.  -  Bietta,  spranghetta  di 
ferro  messa  nell'anello  per  tenere  ferma  la  canna. 

Bocca,  la  larghezza  dell'apertura  delle  armi  da 
fuoco.  -  Boetatura,  apertura  della  bocca  nelle  armi 
da  fuoco,  presa  pel  diametro  come  calibro  della  me- 
desinia. 

CaUio,  parte  estrema  della  cassa,  schiacciata,  e 
di  fifUra  quasi  triangolare.-  Calibro,  il  Tano  dell'a- 
pertura di  tutte  le  armi  da  fuoca  -  Camera,  fondo 
della  canna,  dove  introdurre  la  polvere.  -  Cane,  parte 
deU'aeciarino.  -  Canna,  parte  cilindrica  delle  armi 
da  facce,  per  cui  r^issa  il  proiettile  {ffrechetU,  o 
grecord,  si  chiamaru^io  le  canne,  quasi  sempre  bre- 
sciane, con  testa  detta  grecane). 

Ca  7ic/"!.  corti  tubi  di  metallo,  fermati  lungo  la 
:assà  in  punti  distanti,  per  dare  passaggio  e  far  so- 
sterà o  à\.\  bacc^^etta  riposta  nel  canale. -CoppcWftto 
fubùina'-.tì.  0  --rt'.na  cilindrica  d'una  sottile  lamina 
di  rame,  coi  fondo  spalmato  d'una  comptosìzione  chi- 
mica esplodente  per  effetto  di  percussione. 

CasM,  parte  dell'arme  da  fuoco  portatile,  con 
adattati  e  tenuti  fermi  la  canna  e  gli  accessori  re- 
lati>i:  comprendente  il  fusto  (parte  anteriore  soste- 


nente la  canna,  incastrata  per  tutta  la  lunghezza), 
la  siranalatura  (scavo  semicilindrico  lungo  il  fusto, 
superioroiente,  ov"é  fissata  la  canna  per  mezzo  di 
p?riìi  o  di  fasreite),  la  nocca  (finimento  del  fusto), 
il  calcio  (parte  estrema  e  schiacciata,  di  figura  quasi 
triangolare).  V impugnatìira  (parte  tra  la  nocca  e  il 
calciò),  il  $ottocaìcìo  (estrema  parte  posta-iore  del 
calcio,  quasi  sempre  coperta  da  una  piastra  metal- 
lica), il  canak  (foro  parallelo  aliasse  del  fusto,  de- 
stinato a  ricevere  la  bombetta),  l'incasso  (parte  alla 
quale  acconciare  la  piastra  per  comunicar  fuoco 
alla  carica).  -  Cnlatìa,  parte  rafforzata,  destinata  a 
ricevere  la  carica  e  a  sopportare  lo  sforzo  dell'esplo- 
sione. -  Colonnino,  il  prolungamento  della  culatta. 

Fas^'-ette,  lastrettine  d'ottone  o  d'altro  metallo,  latte 
per  tenere  congiunta  la  canna  alla  cassa  dellarehi- 
buso.  -  Fermaglio,  specie  di  borchia  o  scudetto  me- 
tallico per  afdbbiare  Tarme  alla  cintura.  -  Focone, 
il  foro  della  canna  nei  vecchi  fucili,  neli:  spin- 
garde, ecc. 

Grilletto,  ferretto  nelle  armi  da  fuoco,  toccato  il 
quale,  scatta  il  fucile.  -  Guardamano,  fornitura  in 
metallo  neUe  armi  da  fuoco  portatili  a  riparo  del 
congegno  di  scatto.  -  LamtneUo,  cannellino  d'acciaio 
avvitato  nelle  armi  da  fuoco  ad  avan^rica,  per 
mettervi  la  capsula  o  il  cappelletto. 

ila  ghette,  campanelle  tenenti  le  due  estraniti 
della  cinghia  dellarchibGSo.  -  Maniglie,  parti  dd 
canìWìie.  -  Marteiìina,  piastretta  acciaiata  che  co- 
priva lo  scodellino  dell'archibugio  e  su  cui  batteva 
la  pietra  focaia,  -  Mira,  pezzetto  di  ferro  sporgente 
sopra  l'estremità  della  canna:  fetto  per  dirigere 
l'occhio  e  aggiustare  il  colpo.  -  Mellone,  il  pezzo 
movente  il  cane  del  fucile  e  del  pistolone.  -  Moschet- 
tone, gancio  che  regg^eva  il  moschetto. 

Ora»/jwm,  pezzi  d'appoggio  d"  un'artiglieria. 

Passo,  inclinazione  deil'elica  nelle  armi  da  fuoco 
rigate.  -  Punto,  nelle  armi  portatili,  sacca  da  fermare 
il  cane  alzato. 

Riga  a  elira,  scanalatura  praticata  nella  canna 
del  fucile  o  del  pezzo  d'artiglieria.  -  Rotino.  dis<  hetto 
d'acciaio  nelle  armi  da  fuoco  a  ruota.  -  Scatta,  l'atto 
delle  armi  da  fuoco  portatili,  quando  la  m  •  a  del 
cane,  messa  in  moto  dal  grilletto,  scappa  da  .a  sua 
tenitura  e  pressione,  j>er  cui  il  cane  batte  eoa  forza 
contro  la  feccia  della  martellina  e  acc*"nde  la  pol- 
vere. -  Scavezzo,  aggiunto  di  fuc"  e,  trom- 
bone, pistola,  ecc.,  con  calcio  r:                 ^lì  fusto. 

Scodellino,  pezzo  di  ferro  incavai _•  e.  :':'^'ìi  archi- 
bugi a  miccia,  fissato  alla  canna:  serviva  a  eonte- 
nere  la  polvere  da  innescatura:  aveva  un  '•operchietto 
girevole  di  lamina  di  ferro.  -  Scudetto,  yarte  dei  fu- 
cili a  pietra  dove  mettevasi  la  polvere  che  doveva 
essere  accesa  dalla  pietra  stessa. 

Serpentino,  macchinetta  composta  d'una  piastra  di 
ferro  rettangolare,  sulla  quale  era  imperniato  un 
piccolo  arnese,  pure  di  ferro,  a  semicerchio,  e  ter- 
minante in  forma  di  testa  di  serpe  bipartita^  entro 
la  quale  si  metteva  la  miccia.  -  Sifoni,  congegni 
per  gettare  il  fuoco  greco.  -  Tacca,  nelle  armi  a 
cane,  ciascuno  dei  solchi  traversi  alla  noce,  nei 
quali  imboccava  il  mellone.  -  Traguardo,  arnese  fisso 
alla  culatta,  attraversato  da  una  lastretta  con  foro 
per  il  quale  guardare  alla  mira. 

Vite  di  mira,  quella  per  elevare  o  abbassare  la 
culatta  di  un  pezzo  d'artiglieria.  -  Vitone,  pezzo  fatto 
a  vite  e  chiudente  il  fondo  della  canna  terminan- 
done la  culatta.  -  Codetta  del  vitone,  allungamento 
posteriore  di  esso,  in  forma  di  coda  piatta,  inca- 
strantdsi  nella  cassa.  -  Dente  del  vitone,  finimento 


Tavola  IX. 


159 


1,  arco  -  2,  freccia  -  3.  4.  fionda  -  5,  colteUo  da  gladiatore  trace  -  6.  arpa  ■  /,  pagio  -  t<  iingiUa  -  y,  ma^ba- 
era  -  10  11  mazzafrusto  -  12,  mazza  di  le-no  -  13.  U,  mazza  darme  -  15,  16  17.  martello  d  arme  18.  brandi- 
stCco  -lH:-butrafa-co  -  20.  21.  .2.  score  d'arme  -  •^,  spada  24,  striscia  -  '25.  liBpa  di  bue  -  Sb,  stocco  d  arme 
-  27.  daga  -  2S.  spada  alla  svizzera  -  29.  spadone  a  due  mani  -  spada  dei  Galb  -  ^V?-  ,\^Ìi',n^  ^f  rnn- 
33.  pagn^e  -  34,  35  lance  -  33.  7.  picca  -  38,  3^,  corsesche  -  40,  41.  42  alabarde  -  43^  «.  4o.  earti^iane  "  ^.  ron^ 
cone  -  47  48  forohe  -  4''  iO  falcioni  -51,  52,  spiedi  -  5"^,  pugnale  indiano  -  ;4,  fustibale  -  oo,  06,  o/.  baJestre - 
5?.  pistolk  %  archibusò  6  ■.  archibnsetto  -  6K  moschetto  -  62,  rivoltella  -  63.  fucUe  a  baionetta  -  64.  fucile 
da  caccia  -  65,  fucile  moderno  -  65,  67,  68,  polverini. 


IGO 


ARME 


per  feimare  il  vitone  nel  contravvitone.  -  Contrav- 
vilone,  pezzo  di  ferro  fermato  nella  cassa,  nel  quale 
entra  il  dente  del  vitone. 

Annessi,  munizioni,  ecc.  —  Bandoliera  striscia  di 
cuoio  alla  quale  erano  attaccati  dodici  bossoletti  di 
legno  0  di  t'erro  stagnato  (muniti  di  coperchio  e 
ricoperti  di  pelle),  contenenti  la  carica  della  polvere 
Anche,  ti'aversa  di  cuoio,  o  d'altro,  messa  ad  ar- 
macollo e  alla  quale  si  appendeva  la  giherna  o  la 
cartucciera.  -  Buttafuoco  o  lancetta,  strumento  che 
serviva  a  comunicare  il  fuoco  alla  carica  del  can- 
none mediante  la  corda,  o  miccia,  che  si  avvolgeva 
alla  sua  estremità. 

Calate,  due  cinturini  affibbiati  a  due  fascette, 
uno  più  lungo  dell'altro,  ai  quali  si  appendeva  l'ar- 
me che  restava  così  inclinata.  -  Calibratoio,  stru- 
mento per  calibrare,  ossia  misurare  il  diametro  delle 
bocche  da  fuoco,  o  anche  ridurre  alla  misura  pre- 
scritta il  diametro  stesso:  calibro.  •  Lanca,  parte  di 
munizione  da  mettere  nelle  armi  da  fuoco,  per  poi 
spararle.  A  doppia  palla,  carica  di  fucile  o  di  pi- 
stola con  due  palle.  -  Caricatoio,  congegno  di  varie 
forme,  che  serve  a  caricare  cartucce,  capsule,  tacchi 
e  dischi  d'innesto,  palle,  pallette,  ecc.  -  Cartuccia, 
cartoccetto  contenente  la  carica:  ora  di  metallo,  ma 
un  tempo  con  involucro  di  carta  o  di  cartone. 

Camtii  fulminante,  capsula,  boccinolo  di  sottilis- 
sima lamina  di  rame,  a  forma  di  cappelletto,  messo 
sul  luminello  e  internamente  spalmato  di  polvere 
fulminante.  -  Cavastracci,  strumento  che  serviva  e 
serve  per  levare  lo  stoppaccio  e  la  intiera  carica 
dal  fucile  o  dalla  pistola:  arnese  che,  mediante  una 
vite,  si  aggiunge  alla  bacchetta  del  fucile  o  della 
pistola,  e  che,  essendo  formato  di -ganci,  afferra  lo 
stoppaccio  e  lo  fa  estrarre  con  la  massima  facilità. 

Vado,  munizione  di  piombo  tagliata  in  quadro, 
quasi  a  forma  di  dado,  usata  talvolta  per  tromboni 
«  schioppi. 

Esca,  materia  secca  che,  tenuta  sulla  pietra  fo- 
caia, si  accendeva  con  le  scintille  prodotte  dal  fu- 
cile e  sostituiva  la  corda-miccia. 

Fiasca  da  polvere,  recipiente  di  legno,  di  cuoio 
bollito,  di  corno,  d'avorio,  di  lamina  metallica,  che 
aveva  l'ufficio  di  contenere  la  polvere,  prima  che 
fosse  introdotto  l'uso  delle  cartuccie  preparate  e  delle 
bandoliere.  -Fiaschino,  fiaschetta,  piccola  fiasca,  di  va- 
rie forme,  specialmente  destinata  a  contenere  il  poi- 
verino.  -  fonda,  tasca  di  cuoio  per  custodia  e  so- 
stegno d'ogni  arme  da  fuoco  dei  soldati  a  cavallo. 

Forchetta,  strumento  a  guisa  di  forca,  sul  quale, 
piantato  in  terra,  si  posava  lo  schioppo  per  prender 
bene  la  mira.  -  Forcina,  strumento  biforcato  all'e- 
stremità superiore  e  puntato  a  quella  inferiore:  ser- 
viva a  reggere  il  moschetto  al  momento  d'impostarlo 
e  di  sparare. 

Lapis  vivus,  la  pietra  focaia.  -  Malleolus,  proiettile 
adoperato  per  incendiare:  fusto  di  legno  guernito 
in  cima  di  una  gabbia  in  filo  di  ferro,  pieno  di 
materie  infiammabili,  con  una  freccia  infissa  in  cima 
affinchè  si  conficcasse  sull'oggetto  che  si  voleva  in- 
cendiare. -  Miccia,  o  miccio,  cordicella  poco  torta, 
di  lino  0  di  canapa,  con  la  quale,  accesa  da  un 
capo,  si  comunicava  il  fuoco  agli  schioppetti,  agli 
archibugi  o  (se  acconciata  sul  serpentino)  alle  arti- 
glierie; e  cosi  serve  ancora. 

Palla,  piccolo  globo  di  piombo  che  si  sovrappo- 
neva alla  polvere  nel  caricare  il  fucile  e  altre  armi 
da  fuoco:  pallòttola.  -  Palla  incatenata,  congiunta  ad 
un'altra  come  le  ramate;  messaggera,  quella  cava, 
che,  anticamente,  si  adoperava  per  inviare  notizie  e 


munizioni  nelle  fortezze  assediate  o  nei  campi;  ra- 
mala, quella  congiunta  ad  un'altra  con  un  braccio 
di  ferro;  fumifera,  soffocante  o  puzzolente,  bomlia  o 
granata  piena  d'una  materia  atta  a  produrre  den- 
sissimo fumo  0  vapore  sotfocante  e  mortifero. 

Pietra  focaia,  la  silice  piromaca,  dalla  quale,  bat- 
tendola con  l'acciarino,  esce  il  fuoco:  tagliata  a  pic- 
cole scheggie,  fu  accomodata  all'uso  delle  armi  da 
fuoco.  Filo  della  pietra,  la  parte  anteriore,  scontran- 
tesi  con  la  martellina;  tallone,  la  parte  opposta. 

Piombo,  munizione  in  genere.  -  Polvere  pirica,  o, 
anche,  semplicemente,  polvere,  composizione  di  sal- 
nitro, solfo  e  carbone  mescolati  insieme  e  ridotti  in 
minutissimi  granellini  (pallini):  secondo  la  sua  mani- 
polazione, detta  polvere  da  guerra,  da  caccia,  da 
schioppo,  da  mina. 

Proietto,  proiettile,  ogni  cosa  lanciata  o  da  lan- 
ciare. -  Soffione,  strumento  per  accendere  lo  stoppino 
delle  bocche  da  fuoco.  -  Stoppaccio,  stoppa,  o  simile, 
che  si  metteva  nella  carica  delle  armi  da  fuoco. 

Zilnder,  innescatura  composta  d'un  tubetto  di 
rame  pieno  di  polvere  fulminante:  usata  in  Austria 
(1837-1854),  poi  surrogata  dalla  cassula. 

Macchine  da  guerra. 

Cosi,  genericamente,  si  chiamò  ogni  sorta  di  mec- 
canismo, ogni  ordigno  atto  a  colpire  il  nemico  o 
a  nuocergli;  più  specialmente,  i  vari  ordigni  al- 
l'uopo adoperati  dagli  antichi  e  nel  medio  evo, 
prima  che  si  inventassero  le  artiglierie.  Tali  le  ba- 
liste, gli  arieti,  le  catapulte,  le  torri,  ecc. 

Altaleno,  altalena,  macchina  per  introdurre  gli 
uomini  entro  le  piazze  assediate. 

Arcubalista,  istrumento  per  lanciar  fuoco.  -  Ariete, 
poderosa  trave  di  legno,  che  ad  una  delle  sue  estre- 
mità aveva  una  testa  d'ariete  di  terrò,  la  quale  era 
spinta  con  violenza  contro  le  mura  di  una  piazza 
fortificata,  per  praticarvi  una  breccia.  -  Asser,  trave 
con  testa  ferrata,  vibrata  sulle  navi  nemiche  per 
danneggiarle.  Asser  falcatus,  lungo  palo  a  testa  di 
ferro  ricurva,  per  mietere  la  guarnigione  nemica 
sulle  mura. 

Balista,  macchina  di  cui  si  servivano  gli  antichi  per 
gettare  pietre  ed  altri  corpi  duri  e  pesanti.  Balista 
fulminale,  macchina  per  la  difesa  delle  mura.  -  Bol- 
cione,  antico  istrumento  da  guerra  col  quale  rompe- 
vansi  muraglie.  -  Briccole,  macchina  per  lanciar 
pietre. 

Carro  falcato,  carro  armato  sui  fianchi  da  lame 
taglienti:  lo  si  spingeva  dai  barbari  contro  il  ne- 
mico. -  Currodrepano,  carro  falcato  a  due  ruote,  a 
uno  o  a  due  cavalli.  -  Catapulta,  macchina  per 
lanciare  saette  ed  aste  di  gran  peso  e  corpo.  -  Corax, 
macchina  militare  adoperata  all'attacco  delle  piazze 
forti.  -  Corvo  {corvus),  scala  con  parapetto,  uncini 
e  peso  di  ferro  aguzzo  all'estremità,  con  la  quale  si 
aff"errava  la  nave  nemica  e  vi  si  faceva   da   ponte. 

Elepoli,  ordigno  per  assediare  le  città  fortificate 
consisteva  di  una  torre  quadra  (a  nove  piani,  col 
locata  su  ruote)  che  scagliava  proiettili  di  enorme 
dimensione  e  peso.  -  Fala,  torre  di  legno  a  pili 
piani,  adoperata  negli  assedi,  a  un  dipresso  nel  modo 
istesso  come  l' elepoli.  -  Falce  murale  (falxmuralis), 
palo  cori  testa  di  ferro  fatta  a  falce,  adoperato  con- 
tro le  navi  e  contro  i  difensori  delle  mura  nemi- 
che. -  Fundibalus,  macchina  del  genere  della  balista, 
adoperata  anch'essa  per  lanciare  grosse  pietre  contro 
le  mura. 

L^'Apo  di  ferro  {lupus  ferreus),  arnese  in  forma  d» 


Itjl 


forbici,  per  ghermire  la  trave  dell'ariete   e  sviarne 
i  colpi. 

Manganella,  macchina  per  lanciare  grossissime 
pietre.  -  Mantelli  e  mantelletli,  macchine  per  met- 
tervi dentro  o  sotto  i  soldati  al  coperto  dal  nemico. 
Forse,  l'antica  testuggine.  -  Mazzacavallo,  antica 
macchina  militare. 

Montone,  ariete,  arnese  militare  :  era  una  gran 
trave  ferrata  alle  sue  estremità  e  che,  messa  su  ruote 
e  fatta  andare  innanzi  e  indietro  con  velocità,  ser- 
viva a  battere  le  nmra  di  una  fortezza.  -  Musculus, 
congegno  adoperato  negli  assedi  per  proteggere  gli 
assedianti. 

Onagro,  potente  macchina  da  guerra  per  lanciare 
proiettili  e  sassi  di  gran  peso,  detta  anche  scor- 
pione e  tormento.  -  Passavolante,  macchina  da  sca- 
gliare sassi  0  altri  minuti  proietti.-  Petriliera.  mac- 
china per  lanciar  pietre.  -  Petrìere,  specie  di  mor- 
taio di  grande  calibro:  lo  si  caricava  con  polvere 
e  cestelli  in  lamiera  carichi  di  pietre.  -  Pluteo  {più- 
teus),  torre  mobile  che  si  avvicinava  alle  mura 
delle  città  assediate.  -  Ponte  (pons),  ponte  levatoio, 
•calato  dal  piano  superiore  d'una  torre,  per  arrivare 
ai  l)astioni  senz'aiuto  di  scale. 

Sambuca,  macchina  adoperata  per  scalare  le  mura, 
specie  di  scala  con  ringhiera  laterale  e  pianerottolo 
con  balcone  in  cima.  -  Schermaglia,  macchina  che 
si  poneva  a  difesa  intorno  alle  mura  d'una  città. 

Scorpio,  scorpione,  arme  da  lanciar  pietre,  palle 
di  piombo  e  freccie,  maneggiata  da  un  solo  uomo. 

lestiera,  macchina  per  far  crollare  le  mura:  spe- 
dile di  ariete  o  montone.  -  Testuggine  {testudoj,  ba- 
raccone formato  di  tavole,  coperto  di  pelli  non  con- 
ciate, posto  su  ruote,  per  proteggere  gli  uomini  che 
«cavavano  trincee  e  avvicinavansi  alle  mura.  Anche 
una  specie  di  tetto  che  i  soldati  formavano  sopra 
la  loro  testa  con  i  propri  scudi,  quando  si  avanzavano 
fin  sotto  le  mura  nemiche  per  dare  la  scalata,  l'as- 
salto. -  Ticodifro,  carro  con  due  ruote,  il  cui  asse 
era  armato  di  grosse  e  solide  lancie. 

Tormentum,  termine  generale  per  qualunque  specie 
di  macchine  militari  che  lanciavano  proiettili. 

Torre  mobile,  macchina  con  finestre  e  feritoie  per 
aggredire  i  difensori  delle  mura  e  a  queste  acce- 
dere con  ponte  levatoio.  -  Trabucco,  antica  specie 
di  balista,  t  Trabuccar  pietre  »,  lanciar  pietre.  -  Tri- 
bolo, sorta  di  ferri  con  punte  che  si  mettevano  nelle 
strade,  allo  scopo  di  fermare  la  cavalleria  nemica.  - 
Troia,  macchina  per  abbattere  le  mura. 

Vigna  (vinea),  una  baracca  per  riparare  i  soldati 
dai  proiettili  del  nemico,  mentre  attendevano  a  mi- 
nare le  mura  d'una  fortezza,  o  a  farvi  breccia. 

Per  altre  voci,  altri  particolari,  veggasi  a  innesco, 
a  spoletta,  a  sottomarino. 

Armi  moderne. 

Molte  di  queste  conservarono  il  nome  antico,  e 
di  esse  è  detto  alle  relative  voci:  così  di  altre.  Veg- 
gasi quindi  a  baionetta,  a  bomba,  a  cannone, 
a  carabina,  a  fafile,  a  lancia,  a  mortaio,  a 
pistola,  a  pugnale,  a  rivoltella,  a  sciabola, 
a  spada,  ecc.  Veggasi  inoltre  a  &om.&a,  a  tnitra- 
gliatrice,  a  torpedine.  Lf>  più  importanti  mo- 
dificazioni furono  apportate  alle  armi  da  fuoco,  spe- 
cialmente a  quanto  forma  il  corredo  &q\V artiglieria. 

Le  armi  bianche  attualmente  in  uso  negli  eserciti 
sono  da  punta  e  da  punta  e  taglio,  essendo  escluse 
oramai  quelle  semplicemente  da  taglio.  Armi  da 
punta  :  la  lancia  d%  cavalleria,  con  punta  a  sezione 

Premoli  —  Vocabolario  Nomenclator'tt 


quadrangolare;  la  baionetta,  sostituita  dal  coltello  a 
baionetta  o  ^pad'a  a  baionetta,  ecc.  Armi  da  punta 
e  da  taglio:  la  sciabola  di  cavallerìa,  lunga  e  poco 
curva;  la  sciabola  di  fanteria,  più  corta;  la  daga, 
diritta  e  bitagliente;  la  sciabola  a  baionetta,  a  se- 
zione trian''olare;  la  sciabola  a  sega,  portata  dai 
militi  che  fanno  il  servizio  di  ambulanza. 

Le  armi  da  fuoco  si  dividono  ancora  in  portatili 
(fucile,  moschetto,  carabina,  rivoltella)  e  in  armi  a 
grosso  calibro,  non  portatili  (cannoni,  mortai,  mi- 
tragliere). Le  portatili  si  distinguono  in  rigate  o 
lisce,  ad  arancanca  o  a  retrocarica,  ad  uh  colpo  o 
a  ripetizione  ;  a  grosso,  medio,  piccolo,  minimo 
calibro.  Sono  ora  quasi  tutte  a  retrocarica  e  si  con- 
traddistinguono per  la  piccolezza  nel  diametro  e 
per  la  carica  a  ripetizione. 

Nei  vari  perfezionamenti  delle  moderne  armi  da 
fuoco  si  mirò  ad  ottenere,  in  particolar  modo,  lun- 
ghezza e  precisione  di  tiro,  radenza  della  traiettoria, 
penetrazione  e  rapidità  dei  colpi. 

Designazioni  varie  {alcune  delle  voci  che  seguono 
sono  ancora  riferibili  ad  armi  antiche),  —  Accia- 
ro: si  disse  e  si  dice  del  pugnale,  della  lancia  e 
di  qualunque  altra  arme  bianca.  -  Affilata,  l'arme 
da  taglio  alla  quale  fu  dato  il  filo.  -  Avancarica, 
arme  da  fuoco  che  si  carica  per  la  bocca,  mediante 
la  bacchetta,  se  si  tratta  di  fucili,  carabine,  ecce 
con  lo  scovolo  per  i  pezzi  d'artiglieria. 

Bocca  nera,  la  pistola,  il  fucile,  il  revolver.  -  Ca- 
pagiito,  dicesi  di  un'arme  che   termini   con   punta. 

Damaschinata,  di  arme  temperata  nella  sua  parte 
metallica,  lavorata  alla  maniera  di  Damasco  (inca- 
strando nell'acciaio  o  nel  ferro  fregi  d'oro  o  d'ar- 
gento). 

Ferro  (poet.),  arme  da  taglio  o  da  punta.  -  Ferri 
ignudi,  di  armi  fuori  dal  fodero.  -  Fuori  di  misura, 
di  pistola  0  di  rivoltella  più  corta  che  non  sia  per- 
messa; di  coltelli,  più  lunghi,  proibiti. 

Guainato,  di  arme  che  ha  la  guaina.  -  Piatto,  la 
parte  piana  delle  armi  oflensive.  -  Prepilato  (lat.), 
di  arme  munita  di  bottone  o  palla  alla  punta. 

Retrocarica,  nelle  armi  da  fuoco,  carica  per  la 
culatta.  Quindi,  cannone,  fucile,  ecc.,  a  retrocarica. 

Rugginoso,  un  fucile,  uno  stocco,  un  fioretto,  un 
pezzo  d'arme  a  fuoco  o  bianca,  qualunque,  coperto 
di  ruggine.  -  Sfoconato,  di  arme  da  fuoco  con  fo- 
cone guasto.  -  Tiro,  per  carica,  quel  tanto  di  mu- 
nizione che  serve  a  caricare  le  armi  da  fuoco. 

Parti.  —  Alzo,  pezzo  mobile  e  graduato  che  si 
mette  sulle  canne  delle  armi  da  fuoco,  per  puntarle, 
a  diversi  gradi  di  elevazione,  secondo  la  distanza 
del  bersaglio.  -  Anima,  calcio,  canna,  guardamano, 
ecc.,  detto  già  (V  -  Armi  da  fuoco).  -  Bocca,  la  lar- 
ghezza dell'  apertura  dell'  arme  da  fuoco.  -  Cane, 
parte  dell'  acciarino:  ordigno  che,  nelle  armi 
portatili,  scattando,  batte  sulla  capsula  contenente 
la  materia  tul minante  e  produce  lo  sparo.  -  Collo 
del  cane,  la  parte  del  cane  che  sta  tra  le  mascelle 
e  il  corpo.  -  Corpo  del  cane,  la  parte  inferiore  più 
grossa,  nella  quale  è  incastrato  il  quadrante  della 
noce. 

Otturatore,  ordigno  che  chiude  ermeticamente  la 
culatta  nelle  armi  da  fuoco  a  retrocarica.-  Calotta, 
molla  spirale,  ecc.,  parti  dell'  otturatore  di  alcuni 
fucili.  -  Percotitóio,  asticciuola  d'acciaio  che,  nelle 
armi  a  retrocarica,  batte  (al  momento  dello  scatto) 
il  tondello  della  cartuccia  ove  è  incastrata  la  cap- 
sula, producendo  lo  sparo:  percussore. 

Arnesi,  munizioni,  proiettili.  —  Calibratoio,  ca- 
libro, strumento  per  misurare  la  portatji  delle  arti- 


II 


162 


glierie.  -  Cartuccia,  cilindretto  o  in\olucro  metallico 
contenente  la  carica  di  un'  arme  da  fuoco  {cartuc- 
ciera, tracolla  o  cintura  contenente  le  cartuccie  di- 
vise in  piccoli  scompartimenti).  -  FeUrini,  dischi  di 
teltro  0  anche  di  cartone  tagliati  allo  stesso  calibro 
della  canna  e  adoperati  a  modo  di  stoppacciolo. 

Giberna,  tasca  di  legno  coperta  di  cuoio,  nella 
quale  i  soldati  tengono  le  cartucce,  portandole  con 
sé.  -  Granata,  palla  di  ferro  riempita  di  polvere  e 
munita  di  una  spoletta,  che  serve  a  dar  fuoco. 

Misurino,  piccolo  boccinolo  che  serve  di  misura 
nella  carica  delle  munizioni  da  schioppo.  Anche,  la 
carica  in  esso  contenuta. 

Piombo,  munizione  per  lucile,  specialmente  da 
caccia,  ridotta  in  pallini  di  varie  grossezze  dette 
«  numeri  » ,  secondo  i  quali  si  tira  su  questo  o  quel 
genere  di  selvaggina.  -  Polvere,  composizione  di 
salnitro,  solfo  e  carbone  mescolati  insieme  e  ridotti 
in  minutissimi  granellini.  -  Polvere  di  munizione, 
quella  dei  soldati;  da  caccia,  più  fina  e  di  maggior 
costo;  polvere  granellosa,  grossa,  mezzana;  che  piglia 
0  non  piglia  (fuoco).  -  Balistite,  polvere  da  guerra 
senza  fumo.  -  Granino,  polvere  pirica  finissima. 

Proiettile,  tutto  ciò  che  si  lancia  colle  armi  da 
fuoco.  -  Alette,  rigonfiamenti  di  metallo  alla  base 
dei  proiettili  perchè  entrino  forzati  nella  canna. 

Pallottole,  i  proiettili  delle  armi  da  fuoco  porta- 
tili. -  Razzo  alla  Congrève,  fuoco  lavorato,  fornito 
di  una  miccia  inestinguibile:  lancia  altri  razzi;  riesce 
assai  micidiale. 

Shrapiiel,  cartuccia  di  granata,  ripiena  di  pallot- 
tole e  di  una  piccola  carica  di  scoppio,  e  tornita 
di  spoletta.  -.  Siluro,  esplodente  sottomarino,  specie 
di  torjyèdine.  -  Spoletta,  ordigno  di  artiglieria. 

Terzaruola,  o  terzarola,  munizione  da  schioppo 
assai  grossa,  quasi  un  terzo  della  palla.  -  Torpèdine, 
macchina  esplosiva  per  difesa  di  porti,  di  foci,  ecc., 
portata  da  una  torpediniera. 

Uso,  MANEGGIO,  ECO  ,  DELLE  ARMI  IN  GENERE 

Appuntare,  volgere  la  punta,  puntare  un'  arme, 
prendendo  la  mira  per  cogliere  nel  segno.  -  Arma- 
mento, l'armarsi.  Anche,  un  complesso  d'armi  e  di 
munizioni  di  guerra,  fabbricate  in  gran  parte  negli 
arsenali  e  nelle  altre  officine  da  guerra,  e  conser- 
vate pel  bisogno  negli  arsenali  stessi,  nelle  arme- 
rie, nelle  polveriere,  nei  magazzini,  in  una  for- 
tezza, ecc.  -  Ai'mare,  un  tempo,  vestire  altri  del- 
l'armatura; ora,  fornire  d'armi  molta  gente,  in  modo 
da  apparecchiarla  a  combattere. 

Armarsi,  provvedersi  di  armi  per  ditesa  o  per 
offesa:  cinger  armi,  correre  alle  armi,  dar  di  piglio 
alle  armi;  metter  mani  alle  armi;  levarsi  in  armi, 
prender  l'armi  ;  ricorrere  alle  armi.  -  Essere  armato  : 
a  mano  armata,  armata  mano;  con  le  armi  in  pu- 
gno ;  armato  fino  ai  denti,  provvisto  di  molte  armi, 
armato  di  tutto  punto.  -  Armigero,  chi  porta  armi; 
un  tempo  chi  faceva  il  mestiere  del  soldato  di 
ventura.  -  Armipotente,  potente  in  armi. 

Armeggiare,  fare  spettacoli  d'  arme,  come  tornei, 
giostre;  giocar  d'arme,  in  occasione  di  feste  pubbli- 
che. -  Assaltare,  investire  un  nemico,  o  una  for- 
tezza, ecc.  -  Bailire  le  armi,  addestrarsi  negli  esercizi 
militari.  -  Brandire  un'arme,  impugnarla  e  agitarla 
per  combattere. 

Caricare,  introdurre  la  carica  in  un'arme  da 
fuoco,  metterla  in  pronto  per  lo  sparo.  -  Civare, 
innescare  le  armi  (la  fuoco.  -  Coìnbattere,  soste- 
nere battaglia;  entrare  in  lotta  armata  con  qual- 


cuno. -  Dardeggiare,  scagliare  dardi,  frecce.  -  Dar 
di  mano,  dar  di  piglio  alle  armi,  prenderle,  impu- 
gnarle. -  Deporre  le  armi,  arrendersi. 

Espugnare,  vincere  per  forza  d' armi  un  luogo 
forte  e  munito.  -  Fucilare,  dar  morte  col  fucile  ai 
condannati  a  tal  pena,  -  Giuocar  d' armi,  fare  gli 
esercizi  militari,  e  più  specialmente  si  dice  dell'arte 
della  scherma.  -  Immèrgere,  cacciare  fino  all'  elsa 
nel  corpo  di  qualcuno  la  lama  d'un'arme  da  taglio. 

Impugnare,  strmgere  un'  arme  col  pugno,  per 
usarla.  -  Inguainare,  introduiTe  nella  guaina  una 
spada,  un  pugnale.  -  Ringuainare,  rinfoderare,  ri- 
tere  nella  guaina,  nel  fodero. 

Innescare,  mettere  nello  scodellino  dell'  arme  da 
fuoco  un  poco  di  polvere,  la  quale,  accesa  dalle 
scintille  dell'acciarino,  comunica  il  fuoco  alla  ca- 
rica. -  Mettere  a  fil  di  spada,  uccidere  a  colpi  di 
spada:  si  dice  di  una  guarnigione  vinta,  o  della 
popolazione  d'un  borgo  presa  d'  assalto,  senza  una 
capitolazione.  -  Mettere  a  tutto  punto,  mettere  il 
cane  in  posizione  da  potere  scattare  appena  si  toc- 
chi il  grilletto;  a  mezzo  punto,  ricondurre  il  cane 
dalla  posizione  di  tutto  punto  a  quella  di  mezzo 
punto,  assecondandone  il  movimento  fino  alla  tacca 
del  mezzo  punto.  -  Metter  mano  alla  spada,  alla 
sciabola,  al  coltello,  ecc.:  sfoderare  codeste  armi, 
impugnarle.  -  Mettersi  in  {scherma,  in  guardia,  in 
parata,  in  atto  di  offendere  e  di  difendersi. 

Passare  per  l'armi,  fucilare,  moschettare,  uccide- 
re a  colpi  di  fucile.  -  Portare  armi,  andare  armato. 

Riarmare  (riarmamento),  ripete  e  rinforza  arma- 
re. -  Ricaricare,  ripete  caricare.  -  Rigare,  fare  delle 
scanalature  nell'anima  delle  armi  da  fuoco.  -  Rispon- 
dere, lar  testa,  rendere  colpo  per  colpo. 

Saccheggiare,  far  saccheggio,  porre,  mettere  il 
il  sacco  0  a  sacco,  far  preda  e  bottino,  rubare  e 
mandar  a  male  tutte  le  i-obe  d'  una  città,  vinta  o 
presa.  -  Schermire,  difendersi,  ripararsi  da  colpi, 
cercando  di  darne.  -  Sfiondare,  lanciare,  scagliare 
con  la  fionda,  sfrombolare.  -  Sgrillettare,  far  scoc- 
care lo  scatto  del  grilletto  di  un'  arme  da  fuoco, 
come  fucile,  pistola  e  simili.  -  Smontare,  scomporre 
un'  arme.  -  Snudare,  sfoderare,  tirar  fuori  un'  arme 
dal  fodero. 

Sparare,  scaricare  l' arme  da  fuoco.  Sparare  a 
bruciapelo,   a  poca  distanza  da  chi  si  vuol  colpire. 

Spianare,  drizzare,  distendere  l'arme  contro  il  ne- 
mico 0  contro  il  bersaglio.  -  lirare  a  polvere,  senza 
palle  0  pallini.  -  Trattare  le  armi,  maneggiarle,  es- 
serne pratici.  -  Venire  alle  armi,  incominciare  la 
guerra,  combattere.  -  Venire  alla  baionetta,  a  com- 
battimento corpo  a  corpo.   • 

Disarmare,  togliere  le  armi,  far  posare  o  cadere 
l'arme;  togliere  l'arme  di  mano.  -  Disarmato,  pri- 
vato, spogliato  delle  armi.  -  Inerme,  senza  armi. 

Assalto,  l'attacco  d'un  campo,  d'un  trincera- 
mento, d'un  forte,  ecc.,  per  impadronirsene.  -  ^s- 
sedio,  l'accamparsi  d'armi  nemiche  intorno  a  luogo 
munito  per  prenderlo.  -  Battaglia,  fatto  d'arme, 
combattimento;  afTrontamento  d'eserciti  nemici  o  di 
parte  di  essi.  -  Bersaglio,  segno  nel  quale  i  sol- 
dati 0  altri  tiratori  drizzano  la  mira  per  aggiustare 
il  tiro  e  per  esercitarsi.  Anche  il  luogo  dove  si 
mira,  il  campo  ove  si  tira. 

Botta,  sparo  d'arme  da  fuoco.  -  Colpo,  rimbom- 
bo che  fa  un'arme  da  fuoco  scaricata,  e  anche 
l'atto  pel  quale  Tarme  agisce  o  spinge  la  carica. 
Nelle  armi  bianche  il  colpo  può  essere  di  piatto, 
di  costola,  di  punta,  di  taglio,  di  traverso,  o  tra- 
versone, secondo  la  posizione   dell'arme  in  mano  a 


ARWE 


iG3 


thi  la  tiene.  ^  Coppiola,  dtìe  colpi  d'arme  da  fuoco  spa- 
rati subito  uno  dietro  l'altro.  -  Detonaiìowe,  rumore 
d'uno  scoppio,  d'una  esplosio'ne.  -  Duello,  com- 
ÌDattimcnto  tra  due,  a  corpo  a  corpo,  con  armi^  del 
pari,  fatto  per  sfida,  -  Duello  giudiziario,  sinp[0- 
lare  CQmbaftimcnto  ordinato  anticamente  dàlia  giu- 
stizia e  aminc^^o  come  prova  gluridfta  nelle  Que- 
stioni dubbtó. 

Fuoco,  l'esjplosione  delle  arrh!  dafuoeo:  fuoco  di 
fila,  fatto  da  una  fila  di  soldati  insieme;  fuoco  a 
salve,  detto  più  innanzi,  a  salva;  l%oco  niitrito,  vivp, 
a  colpi  frequenti,  continuati.  -  Soito  il  fuoco,  sotto 
l'olìesa  delle  'armi  da  fuoco.  -  Giostra,  fazìoiie,  sca- 
raniucqia:  torneo.  -  Impresa  a  mano  armala,  ar- 
mata mano,  facendo  uso  d'armi:  detto,  per  lo  più, 
di  incursioni  improvvise,  di  assalti. 

^anegj)io  d'anni,  ^\i  esercizi   militari  col   fucile. 

Mandlritto,  colpo  d'arme  tagliente  dato  da  mano 
diiitta  verso  la  manca.  -  Manrovescio,  il  contrario 
di  mandiritto.  -  Parata,  azione  del  pararsi,  Mei  di- 
fendersi dai  colpi  dell'avversario. -FiaWonató,  colpo 
dato  col  piatto  della   spads^  o   d'altra  arpie  simile. 

Prova  dell'armi,  r\^\  medio  evQ,  singolare  certame, 
dall'esito  del  quale  dipendeva  l'aver  torto  o  ragione, 
in  una  questione. 

Ricambio,  surro2;azione  di  un'arme  o  arnese  buono 
a  un  altro  inservi|jile.  -  Salva,  salve,  sparo  contem- 
poraneo d'anni  da  fuoco,  Jier  festa,  per  rendere 
onori,  ecc.  -  Scarica,  sparo  di  più  armi  da  fuoco 
ad  uh  tempo.  -  Scherriutx  schermaglia,  l'arte  dello 
schermire,  che  consiste  nel  conoscere  il  modo  di 
parare  i  colpi  di  ^ad%  o  di  scia])oJa  e  di  vibrarne 
con  maestria  in  modo  da  ferire  o  uccidere  l'avver- 
sario.' . 

Spnratà,  scarica  di  pit}  armi  da  fuoco  contem- 
poraneamente. -  Sparo,  lo  sparare  d'artiglierie  e 
siniilt  :  tiri  rpolteplici  per  festa.  Sparo  a  polvere, 
^  salve:  ■  Stemma,  in  araldica,  arqie,  insegna.  -  Tiro, 
l'azione  del  tlrafe  con  arr^ii  da  fuo^o  contro  un 
punto  determinato;  anche,  ij  colpo'  che  si  fa  tirando. 

Jìyrnepf  festa  o  spettacolo  d'armi  nel  quale 
i  cavalieri,  rinchiusi  In  largo  steccato,  assaltandosi 
a  squadre  o  a  coppie,  cercavano  di  rimaner  pa- 
droni del    campo,  abbattendo  l'avversario. 

Persone,  cose,  termini  VAitl  relativi  alle  armi. 

Ad  armacollo,  i]ianiera  di  portare  un'arme,  spe- 
cialmente il  fucile,  mettendola  dietro  le  spalle,  at- 
taccata alle  due  estremità  di  una  cinghia,  la-  quale 
passa,  sul  petto,  scendendo  da  Una  spajla  al  fianco 
■opposto.  -  J{ll'arm,e,  o  allarme,  segnale  che  si  dà 
con  1^  voce  e  co»  istruraenti  bellici  per  chiamare 
aliarrrii  una  truppa.  L'allarme  può  esser  vero  o  finto 
0  dato  per  errare  {falso  allarme). 

Araldica,  cognizione  delle  armi  gentilizie.  - 
Araldi  d'armi,  ufficiale  di  un  principe  di  uno  Stato 
sovrano,  che  era  incaricato  di  fare  certe  pubblica- 
zioni solenni.  Re  d'armi,  il  capo  di  tali  araldi.  • 
ArmaiiiolQ,  chi  fabbrica,  vende,  rassetta,  ripuli- 
sce armi  e  armature.  -  Arme  proibita,  ogni  sorta 
d'armi  di  cui  sia  proibito  il  porto,  o  la  fabbrica- 
zione-e  la  vendita. 

Armeria,  locale  in  cui  si  ripongono  e  conservano 
le  armi,  specialmente  le  antiche;  anche  fabbrica 
delle  armi  stesse.  -  Arsenale,  il  luogo  nel  quale 
si  fabbricano  o  si 'custodiscono  le  armi  per  l'esercito. 

Arte  di  guerra  o  arte  militare,  la  scienza  di  vin- 
cere pugnando.  -  Artiglieria,  denominazione  gene- 
rica comprendente  tutte  le  armi  da  fuoco  non  por- 


tatili: caiindni,  mortai,  obici.  •  Balislida,  sciènza  che» 
tratta  del  ihoto  e  della,  direzione  dei  proiettili  lan- 
ciati dalle  artiglierie.  -  Campo,  luogo  aperto  dbye 
si  combatte  in  duello  o  in  giostra,  e  anche  quello 
elove  i\  fó  giornata  o  accampa  l' esercito  •  Campo 
dell'armi,  luogo  nel  quale  si  esercitano  la  milizia  o 
si  fa  guerra.  Caserma,  edificio  per  alloggiarvi 
i  soldati,  con  le  loro  arnìi. 

Cavalleria,  bravura  in  armi  e  cortesia.  -  Deteiì' 
zjone  d' armi,  il  portar  addosso  contro  la  legge  armi. 
Nei  combattimenti  fra  due  cavalieri, o  fra  pfù  cop- 
pie di  questi,  nessuno  dei  medesimi  doveva  celare, 
gotto  le  armi .  permesse  e  accettate  da  'ambe  le 
parti  e  dai  giudici  del  campo,  qualsiasi  altro  mezzo 
di  offesa  o  di  difesa. 

Eribannatori,  coloro  che  raccoglievano  le  multe 
imposte  a  quelli  che  non  erano  cofsi  aUe  armi. 

Eribanno  (bando  di  guerra  o  bando  regio J, 
bapdo  col  quale  si  chiamavano  alle  arpni  i  sudditi, 
sotto  i  loro  domini  diretti.  L'obbligo  dell'  eribanno 
terminava  XL  notti  dopo  il  ritorno. 

Fraternità  d' armi,  vengasi  a  cavaliere.  -  Fuci- 
liera, feritoia  dalla  quale  si  sparano  i  fucili.  -  In- 
guainatore,  chi  inguaina,  chi  fa  le  guaine  per  le 
le  spade,  le  daghe,  i  pugnali,  ecc.  -Masnada,  com- 
pagnia di  "ente  armata. 

Opera  dTarme,  atto  o  fatto  d'arme:  battaglia,  sca- 
ramuccia, torneo  e  altra  azione  militare.  -  Opletica 
(gr.),  scienza  degli  armamenti. 

Padrino,  chi  mette  in  campo  ir  cavaliere;  net 
duello  e  simili,  chi  assiste.  -  Panoplia  (gr.),  colle- 
zione di  armi.  -  Piazza  d' armi,  luogo  nel  quale  si 
raccolgono  i  soldati  in  caso  di  attacco,  o  per  eser- 
citarsi nelle  armi.  -  Portata,  il  peso, della  palla  e 
la  distanza  che  percorre. 

Porto  d'arme,  permesso  dalla  legge  di  portar  armi 
da  fuoco,  da  caccia  o  per  difesa.  Anche,  il  relativa 
certificato  che  si  rilascia  dall'autorità  contro  paga- 
mento d'una  determinata  tassa.  Per  la  caccia,  anche 
licenza.  -  Levare  la  licenza  di  caccia,  il  porto  d! ar- 
me: farseli  rilasciare  dall'autorità  competente. 

Prova,  in  arte  militai-e,  esperimento  delle  armi  e 
delle  munizioni. 

Rastrelliera,  rastrello,  arnese  attaccato  al  muro  e 
guernito  di  caviglie,  su  cui  poggiano  orizzontalmente 
fucili,  moschetti,  ecc.  -  Sala  d'armi,  sala  o  galleria 
che  racchiuda  una  collezione  d' armi  ;  sala  nella 
quale  si  fanno  esercizi  di  scherma. 

Sfi,da,  disfida,  chiamata  dell'arversario  a  battaglia 
od  a  duello  (spedire  le  armi,    accettare   la    sfida  e 
fissare  il  giorno   per  il  combattimento   singolare  e 
generale).  -  Spadaccino,^  dicesi   per   ischerno  di  eh 
porta  la  spada,   e   anche   di   chi  facilmente   mett 
mano  alla  spada  e  volentieri  si  batte  in  duello. 

Trofeo,  in  origine,  semplice  fascio  d'armi  tolto  ai 
nemico  e  iChe  Si  collooava  sopra  un  tronco  d'al- 
bero. In  seguito,,  si  costruirono  trofei  di  bronzo  e 
di  marmo.  -  Veglia  d'armi,  veggasi  a  cavaliere,- 
Zabario,  ripostiglio  d'anni,  armeria. 

Locuzioni.  —  Arrischiare  altrui  l'  armi  e  le  ban- 
diere, consegnarle  ad  altri  con  pericolo.  -  Cedan 
l'armi  alla  toga:  le  armi  diano  la  prevalenza  alle 
arti  pacifiche.  -  Lampeggiar  d'armi  rilucenti,  il  luc- 
cicare delle  armi  ben  pulite,  che  assomiglia  al  ba- 
lenar del  lampo.  -  L' vMma  ragione  (ultima  ratto),. 
il  cannone  o  simile:  cosi  si  diceva  e  si  dice  delle 
questioni  politiche,  nelle  quali  prevalga  il  più  forte 
e  che,  fra  Stato  e  Stato,  si  decidono  a  colpi  di 
cannone. 

Giil  le  arm^  U   comanda  di  deporre  Je  armi/  di 


161 


ARMEGGIARE    —    ARPA 


non  più  usarne.  -  Presentate  le  armi  fpresentaf  armj, 
comando  militare  per  farle  presentare  a  un  superiore 
e  in  segno  d'  onore. 

Armeg'g'iare  {armeggiamento,  urmeggiatore,  ar- 
meggio). Fare  spettacoli  e  mostre  (Tartne  per  trat- 
tenimento festivo,  -  Esercitarsi  nelle  armi,  far  -ìna- 
novra.  •  ]\Iodo  di  dire,  di  fare  disordinatamente 
o  a  caso.  AfTacendarsi,  fare  il  faccendone.  -  Ar- 
meggìo, un  grande  armeggiare. 

Armeggione.  Il  faccendone  confusionario. 

Armellino  {ermeUino).  Specie  di  donnola, 
con  pelo  che  si  confeziona  per  pelliccia. 

Armento.  Quantità  di  grossi  animali  domestici 
(bue,  cavallo,  asino,  ecc.);  insieme  di  bestiame 
domestico;  branco,  mandra,  mandria;  gruzzo,  pròcoio; 
torma,  turma.  Se  di  pecore,  gregge  •  Ammandriare, 
comporre  l'armento.  -  Armentario,  di  armento.  - 
Campano,  campanello,  piuttosto  grosso,  da  mettere 
al  collo  alla  bestia  che  guida  l'armento.  -  Guida- 
tolo, della  bestia  clie  guida  l'armento. 

Armeria.  Luogo  nel  quale  si  tiene  ogni  sorta 
d'arme:  galleria  d'armi,  sala  d'armi;  armentario; 
armatofilacio;  zabaglio. 

Armigero.  Portatore  d'arme;  bellicoso,  incli- 
nato alle  armi,  guerriero. 

Armilla.  Veggasi  a  braccialetto. 

Armillare  (sfera).  Detto  a  pianeta. 

Armilustre.  Antica  festa  romana. 

Armistizio.  Sospensione  d'armi,  di  ostilità: 
tregua. 

Armonia  faìmonico,  armonioso).  Consonanza, 
<iccordo  di  voci  o  di  istrumenti  musicali,  o  di 
(■uesti  e  quelli  insieme:  concento,  concer lamento, 
concerto,  concertazione  ;  unisono;  affinità  di  toni; 
ronsonanza;  suono  carezzevole.  Contrario  di  asin- 
fonia.  Parte  importante  della  musica.  •  Anche, 
L,iusta  proporzione  di  parti  fra  loro;  accordo  di 
colori  e  di  varie  cose  tra  loro.  -  Letterariamente,  il 
suono  risultante  da  opportuna  disposizione  di  pa- 
role, specialmente  nel  vet^so.  -  Tra  persone  con- 
cordia.  -  Armonia  imitativa,  figura  di  poesia  per 
la  quale  si  combinano  le  parole  e  i  versi  in  modo 
da  rendere  il  suono  di  ciò  che  si  descrive.  Suono 
imitativo,  onomatopeico;  onomatopèa,  onomatopeia. 

Armonicamente,  accordevolmente,  con  armonia, 
armoniosamente,  armonizzatamente,  melodicamente, 
melodiosamente.  -  Armonico,  d'armonia,  melodico, 
melodioso, cònsono,  eufònico,  euritmico.  Contrario: 
inarmonico,  disarmonico,  disarmonizzato.  Inacustico. 

Armonioso,  ciò  che,  in  qualunque  senso,  risponde 
alle  leggi  dell'armonia. 

Armonista,  maestro  d'armonia.  -  Armonizzare, 
armoneggiare,  rendere,  fare  armonia  :  armonizza- 
mento, armonizzazione.  Contrario:  distonare,  stonare. 
-  Armonizzarsi,  affarsi,  accordarsi,  concordarsi, 
adattarsi,  unirsi:  di  colori,  di  tinte,  ecc. 

Eufonia,  armonica 2>»'o»t<*»*s««  della  parola. -£m- 
ritmia,  bellezza  che  risulta  dalla  disposizione  di 
tutte  le  parti  d'un'  opera  d'arte.  -  Ordine,  con- 
veniente disposizione  di  parti  riguardo  ad  un  fatto, 
oppure  di  mezzi  riguardo  ad  un  fine. 

Armònica.  Nome  generico  di  istrumenti  mu- 
j^icali,  formati  di  globi  o  lame  di  vetro,  di  verghe 
<\ì  legno  0  metalliche,  in  voga  nella  seconda  metà 
del  secolo  XVIII.  -  Armonica  cembalo,  armonica  con 
tastiera.  -  Armonica  doppia,  invenzione  dell'abate 
^Mazzucchi  -  Armonica  verginale,  imitante  la  voce 
umana. 

Armonico  (armonica).  Il  suono  che  accom- 
pagna la  nota  emessa  da  uno  strumento.  -  Armo- 


nica chimica  e  termica,  veggasi  a  suono.  -  Propor- 
zione armonica,  termine  di  matematica.  •  Tavola 
armonica,  detto  a  pianoforte. 

Armonio  ('piano  armonico).  Strumento  a  ta- 
stiera e  a  vento,  quasi  piccolo  organo,  organo  da 
sala.  Organetto  a  tavolino,  claviorgano  -  Armoni- 
sta, meccanismo  che,  applicato  alla  tastiera  di  un 
armonio,  serve  ad  accompagnare  il  canto  fermo 
anche  per  chi  non  ne  conosce  le  regole. 

Armonizzare,  armonizzarsi  (armonizzalo). 
Detto  ad  armonia. 

Armonometro.  Istrumento  per  dimostrare  le 
relazioni  armoniche  del  suono,  le  leggi  delle  corde 
armoniche  negli  strumenti  musicali. 

Arnesaccio.  Dicesi  di  uomo  cattivo,  di  pessi- 
ma condotta. 

Arnese.  Ordigno,  istrumento  che  si  adopera 
a  checchessia.  -  Oggetto,  attrezzo,  utensile.  -  Mas- 
s-^rizia,  arredo;  guernimento,  fornimento,  accessoria 
della  mobilia  d'una  casa  e  simili.  -  Abito,  veste. 

Arnia,  arniaio.  Veggasi  ad  ape. 

Arnica.  Pianta  (erba)  vivace,  che  cresce  sulle 
alte  mnntagne.  Le  foglie  provocano  lo  stai^nuto 
(tabacco  di  montagna,  tabacco  dei  savoiardi i.  -  Arni- 
cina,  principio  attivo  che  si  trae  dai  fiori  di  arnica: 
stimolante  del  sistema  nervoso.  Si  ritenne  anche 
febbrifuga  e  le  fu  dato  il  nome  di  chinino  dei  poveri. 
•  Spirito  0  tintura  d'arnica,  si  fa  con  le  foglie  e  coi 
fiori:  usato  nelle  contusioni,  nelle  contorsioni  degli 
arti  e  contro  gli  effetti  dipendenti  da  commozione 
di   cervello,  in  conseguenza  di  caduta,  ecc. 

Arnióne.  Il  rene  degli  animali;  organo  secre- 
tore  dell'orma. 

Aro.  Detto  a  misura  (di  superficie)  e  a  gi- 
chero. 

Aròma.  Il  principio  odorante,  il  profumo  che 
emana  da  ogni  pianta  aromatica.  -  Nome  generico 
di  ogni  sorta  di  spezieria,  di  droga.  -  Il  sapore 
di  qualche  bevanda  e  di  qualche  vivanda.  -  Spre- 
mendo le  sostanze  che  sono  impregnate  di  aromi, 
oppure  ricorrendo  a  speciali  solventi  o  alla  distilla- 
zione, col  vapore  d'acc^ua,  si  ottengono  le  cosi  dette 
essenze.  •  Aromi  che  si  ottengono  artificialmente:  la 
nitrobenzina,  l'ètere  amilacetico,  l'ètere  tormamilico, 
l'ètere  valeroamilico,  ecc.  ecc. 

Aromatico,  che  ha  odore  e  sapore  di  aroma,  di 
droga.  -  Dicesi  anche  (specialmente  di  qualche 
erba)  per  odoroso,  profumato.  -  Si  sono  distinti  gli 
aromi  in  animali,  come  il  muschio,  lo  zibetto, 
Yambra  grigia,  e  in  vegetali.  Di  questi  ultimi  si 
son  fatte  varie  classi,  secondo  che  l'aroma  è  pro- 
dotto da  oli  essenziali,  come  Wtimo,  \ìlavanda, 
il  caieput,  la  camomilla,  il  ginepro,  il  san- 
tolo, ecc.;  da  una  canfora,  negli  aromi  canforati; 
da  una  sostanza  amara  [assenzio,  tanaceto).  Aromi 
resinosi,  o  cinnamici,  sono:  il  belzuino,  la  tremen- 
tina, Volibano,  lo  stirace.  Aromi  pirogenati: 
il  catrame,  la  naftalina,  il  creosoto,  ecc. 

Corpi  aromatici:  tutti  i  composti  del  carbonio, 
che  si  possono  derivare  dal  benzolo,  ecc. 

Aromaticild,  astratto  di  aromatico.  -  Aromatizzare, 
aggiungere  ad  una  tisana,  ad  una  pozione  e  simile, 
qualche  sostanza  aromatica  per  mascherarne  il  sa- 
pore e  per  renderla  più  piacevole.  In  termine  di 
cucina,  lo.  stesso  che  drogare. 

Acque  aromatiche,  quelle  che  si  ottengono  dalla 
distillazione  di  sostanze  aromatiche. 

A  rovescio.  All'incontrarlo,  al  contrario;  alla 
rovescia,  a  rovescio. 

Arpa.  Strumento  musicale,  che  ha  forma  di  trian- 


ARPAGONE   —   ARRESTARE 


165 


golo  verticale,  fra  i  cui  lati,  e  parallelamente  ad 
uno  di  essi,  sono  tese  più  corde  di  minugia,  le  une 
semplici,  le  altre  fasciate.  -  Arpeggiare,  suonar  l'arpa 
e  altri  musicali  istrutnenti.  Arpeggio,  arpeggia- 
mento.  -  Arpista,  chi  sa  suonare  l'arpa. 

Arpa  d'Eolo,  o  eolia,  strumento  a  corde  che  ri- 
suona  per  una  corrente  d'ariache  gli  passa  sopra. 
Anche,  pneumatocordo.  •  Arpa  Erard,  che  ha  il  mec- 
canismo nell'interno  della  colonna.  -  Arpanetla,  an- 
tica arpa  con  due  file  di  corde  separate  da  doppia 
cassa  armonica.  -  Arpa  semplice,  a  pedali;  arpa  dop- 
pia, usata  nel  secolo  XVÌI. 

Armonica  meteorologica,  specie  di  arpa  eolia,  in- 
ventata nel  1765.  -  Kin,  sorta  d'arpa  cinese  con 
cassa  sonora  a  forma  di  battello,  il  cui  ponte 
serve  di  tavola  armonica:  ha  21  corde  di  budella. 

Pectis  (pettide),  specie  di  antica  arpa.  -  Trigonio, 
specie  d'arpa  triangolare. 

Parti  dell'arpa.  —  Arco,  terzo  lato  dell'arpa, 
vuoto,  a  doppia  curvatura,  incastrata  alle  estremità 
superiori  del  corpo  e  della  colonna.  -  Bottoni,  quelli 
a  cui  è  fermato  il  capo  inferiore  di  ciascuna  corda, 
mediante  un  nodo.  -  Colonna,  asta  completamente 
vuota  che  sorge  verticale  da  una  base,  e  alla  quale 
sono  parallele  tutte  le  corde  dello  strumento. 

Corpo,  uno  dei  tre  lati  dell'arpa;  specie  di  cassa 
vuota,  sonora,,  piramidale.  -  Pedali  (pedaliera),  ro- 
buste spranghette  di  ferro,  sporgenti  dalla  parte  in- 
feriore del  piede,  le  quali,  calcate  dal  suonatore, 
fanno  crescere  di  mezza  voce  il  suono  della  corda 
corrispondente.  -  Piede,  specie  di  panchettino,  sul 
cui  piano  superiore  sono  fermati  la  colonna  e  il 
corpo:  ne  sporgono  i  pedali. 

Arpagóne.  Detto  ad  avaro. 

Arpeggio.  Abbellimento  proprio  di  quegli 
istrinnenti  musicali  che  soli  possono  produrre 
più  suoni  ad  un  tempo. 

Arpento.  Antica  misura. 

Arpia.  Animale  favoloso,  creazione  mitologica, 
introdotto  anche  in  araldica.  Le  Arpie,  figlie  di 
Nettuno  e  della  Terra,  avevano  viso  di  donna,  corpo 
d'avoltoio,  con  ali,  unghioni  a'  piedi  e  alle  mani, 
orecchie  d'orso:  le  principali  erano  Aello,  Occipite 
e  Celeno. 

Arpicordo.  Detto  a  cembalo. 

Arpione.  Ferro  ricurvo  sul  quale  girano  le  im- 
poste di  usci,  di  porte,  di  finestre:  càrdine,  gàn- 
ghero. -  Arnese  per.  attaccare  o  sospendere  chec- 
chessia. -  Arpione  da  conficcare,  quello  la  cui  coda 
termina  in  punta  per  essere  piantata  nel  legno  a 
colpi  di  martello.  -  Arpione  da  impiombare,  quello 
da  fermare,  con  piombo  fuso,  nella  pietra.  -  Arpione 
da  ingessare,  quello  che  ha  la  coda  piatta  ripiegata 
in  cima,  affinchè  con  l'ingessatura  stia  ferma  nello 
stipite,  se  è  di  muro.  -  Ago  (pernio),  l'esteriore  estre- 
mità cilindrica  dell'arpione,  rialzata  a  squadra, 
nella  quale,  come  in  un  perno,  gira  l'imposta,  in- 
sieme con  la  bandella.  -  Anello  della  bandella,  la  parte 
forata  dove  entra  l'ago  dell'arpione.  -  Bandella,  spran- 
ga di  ferro  dov'è  infilato  l'arpione.  -  Coda,  tutta  la 
parte  orizzontale  di  esso,  la  quale  è  variamente 
terminata:  è  fatta  acconcia  ad  ingessare,  o  ad  im- 
piombare l'arpione,  ovvero  a  conficcarlo.  -  Femmi- 
nella, gangherella,  maglietta  di  ferro  negli  sportelli 
che  entra  nell'arpioncello,  nel  ganghero.  -  Ralla,  ago 
0  pezzo  di  ferro  su  cui  girano  gli  usci. 

Arpista.  Suonatore  d'arpa. 

Arra.  Ciò  che  si  dà  per  caparra,  per  guaren- 
tigia d'un  contratto,  d'una  promessa:  pegno. 


Arrabattare,  arrabattarsi  (arrabattalo). 
lìarsi  molto  da  fare. 

Arrabbiare,  arrabbiarsi  (arrabbiamento, 
arrabbialo,  arrabbiatura).  Esser  preso  da  ira.  -  Di 
cane  e  d'altri  animali:  essere  colto  da  idrofobia, 
•  Figur.:  avere  gran  fame,  gran  sete. 

Arraffare  (arraf]'amento,  arraffalo).  Afferrare, 
prendere  con  violenza. 

Arraniacciaro  (arramacciato).  Malo  modo  di 
fare  una  cosa,  alla  peggio. 

Arrampicare,  arrampicarsi  (arrampicato). 
Modo  di  salire  con  mani  e  piedi:  rampare,  ram- 
parsi, ecc. 

Arrancare  (arrancato).  Modo  di  camminare, 
di  adoperare  il  remo. 

Arrandellare  (arrandellato).  Modo  di  gettare, 
di  stringere. 

Arrangolare  (arrangolalo).  Arrovellarsi,  pren- 
dere gran  rabbia. 

Arrapinare  (arrapinato).  Darsi  molta  pena  nel 
fare  una  cosa. 

Arrappare  (arrappato).  All'errare,  jtrendere. 

Arrecare  (arrecalo).  Recare,  portare. 

Arredare,  arredamento  (arredalo).  Mobilia- 
re, fornire  di  arredi,  di  mobilia. 

Arredo.  Suppellettile,  mobilia,  masserizia  di 
casa,  compresi  il  tappeto,  la  tenda  e  altre  cose 
d'ornamento.  Arredo  sacro,  fornimento   di  chiesa. 

Arrembaggio.  Detto  a  battaglia  (navale). 

Arrembare  (arrembato).  Stentato  modo  di  cam- 
minare,  specialmente  del  cavallo. 

Arrenare  (arrenamento,  arrenarsi,  arrenato). 
Dare  in  secco,  incagliare:  di  nave.  -  Pulire  stro- 
finando con  rena.  -  Di  affare  che  non  proceda, 
incontri  impedimento,  non  abbia  esito. 

Arrendersi  (arreso).  Rendersi,  darsi  al  ne- 
mico come  prigioniero  di  guerra,  per  lo  più  dopo 
una  battaglia  perduta:  chiamarsi,  confessarsi,  darsi 
vinto;  abbassare,  cedere,  deporre  le  armi;  gettare, 
rendere  le  armi;  accettare,  domandare,  subire  la 
resa;  far  dedizione;  venire  a  dedizione;  chiedere, 
domandar  quartiere,  la  vita;  mettersi,  ridursi  a  ub- 
bidienza, in  soggezione,  in  balia,  alla  mercè  del  ne- 
mico. -  Arrendersi  a  discrezione,  rimettendo  la  piazza 
e  le  soldatesche  all'arbitrio  del  vincitore. 

Arrendévole.  Facile  a  piegare  o  a  piegarsi 
alla  volontà,  al  desiderio  d'altri;  che  agevol- 
mente si  può  conciliare;  conciliante,  condiscen- 
dente, docile,  agevole,  trattabile,  benigno,  mansueto, 
facile,  pieghevole,  bonario,  di  natura  dolce.  Avere 
arrendevolezza,  arrendibilità,  accondiscendenza,  con- 
discendimento;  cedevolezza,  pieghevolezza,  docilità, 
duttilità,  morbidezza.  -  Anche,  di  corpo  o  materia 
che,   tirata,  non  resiste:  elastico. 

Arrendevolezza.  L'essere  arrendevole. 

Arrestare,  arresto  (arrestato).  Fennare  un 
movimento.  -Yar  prigioniero,  prendere,  acchiap- 
pare, acciuffare,  catturare,  ammanettare:  cattura  per 
lo  più  operata  dalla  pubblica  forza,  da  agenti 
di  polizia,  ecc.  Ammanettare,  mettere  le  mani  ad- 
dosso; pigliare,  sequestrare  la  persona;  mettere  in 
arresto;  portare  in  questura;  ritenere,  rattenere;  im- 
prigionare, portare  in  prigione:  incatenare,  incep- 
pare, vincolare;  staggire;  porre  i  ceppi,  mettere  ai 
ceppi;  incarcerare,  carcerare,  tradurre  in  carcere; 
mettere  le  manette;  mettere  in  buona  guardia;  met- 
tere in  carbonaia,  in  gattabuia,  in  gabbia,  al  buio. 

Essere  arrestalo,  andar  in  prigione,  cadere  in  ar- 
resto; andare  al  Bargello;  andare   agli  Otto  (si  di- 


1G6 


ARRESTO    —    ARROSTIRE 


ceva  un  tempo);  rimanere  alla  stiaccia;  essere  catto; 
inzampagliato  nei  ferri;  ingavinato  in  catena. 

Arresio,  atto  dell'arrestare  o  dell'essere  arrestato: 
cattura,  imprigionamento;  presa,  presura  (non  co- 
mune); sequestro  personale;  carcerazione,  incarcera- 
zione, incarceramento  (per  la  durata  del  carcere,  veg- 
gasi  ;i  i^rif/io/ie).  -  Pena,  nella  disciplina  militare. 

Arresto  coUeltivo,  giacchiata,  razzia,  retata. 

Cattura,  arresto  e  sequestro  che  fa  la  torza  pub- 
blica in  nome  della  legge.  Mandato  di  cattura,  or- 
dine d'arresto.  -  CostòmVsi  in  arresto,  presentarsi 
spontaneamente  alla  forza  pubblica  o  all'autorità, 
per  essere  trattenuto  prigione.  -  Manette,  arnese 
usato  dagli  agenti  di  jyolizia. 

Arresto.  Detto  ad  arrestare. 

Arrotare,  arreticare  {arretato,  arreticato). 
Irretire,  prendere  con  la  refe. 

Arretrare,  arretrarsi  {arretramento,  arre- 
trato). Mandare  indietro,  tirarsi  indietro. 

Arretrato.  Non  pagato  a  tempo:  detto  di  conto, 
di  debito,  anche  di  affare  non  sbrigato  a  tempo. 

Arri  (arri  là).  Voce  di  incitamento  aWasino. 

Arriccliire,  arricchirsi  (arricchimento,  ar- 
ricchito). Far  ricco,  diventarlo. 

Arricciare,  arricciamento  {arricciato,  arric- 
ciatura). Il  far  ricciuto,  a  riccio;  inanellare  (di 
capelli,  di  baffi);  accotonare  (di  panno).  -  Dare 
la  seconda  calcinatura  a  un  muro.  -  Raggrinzare 
il  naso. 

Arricciarsi  (di  pelo),  sollevarsi  per  ira;  di  ca- 
pelli, rizzarsi  per  improvviso  spavento. 

Arricciato.  Broccato:  sorta  di  drappo.  -  Il 
muro  preparato  a  ricevere  l'intonaco. 

Arriccio.  Lavoro  di  muratore. 

Arricciolare  (arricciolato).  Formare  in  riccioli 
i  capelli. 

Arridere  {arridente,  arriso).  Essere  favore- 
vole, propizio:  di  fortuna  o  d'altro. 

Arringa.  Sermone,  discorso  fatto  in  pubblico 
da  persona  che  abbia  certe  qualità  di  oratore. 

Arringare  {arringato).  Fare,  pronunziare  una 
arringa. 

Arringo.  Luogo,  campo  chiuso  da  giostra, 
da  torneo. 

Arrischiare,  arrischiarsi  {arrischiato,  arri- 
schio, rischio).  Porre,  porsi  a  rischio,  a  pericolo; 
cimentarsi  in  qualche  avventura.  Avere  corag- 
gio di  tentare. 

Arristiare  (arristiato).  Volgarmente,  per  ar- 
rischiare. 

Arrivare  (arrivato,  arrivo).  Giungere  al  punto 
verso  il  quale  si  andava;  approdare,  accostarsi  alla 
riva.  Figur.,  riuscire  allo  scopo  determinato;  di 
cosa,  estendersi  a  un  dato  segno;  di  avvenimento, 
succedere.  -  Agguagliare,  pareggiare,  rendere  o  riuscir 
pari,  eguale.  -  Colpire;  acchiappare,  jìrendere. 

Giungere,  giugnere;  venire,  pervenire;  capitare; 
raggiungere,  sopraggiungere;  condursi,  rendersi;  toc- 
care un  luogo,  la  méta,  la  cima;  sbarcare,  sboccare 
(di  fiume  che  arriva  ad  un  altro  o  al  mare,  ecc.). 

Arrivabile,  che  si  può  arrivare.  -  Inarrivàbile,  il 
contrario. 

Approdare,  arrivare  a  proda,  a  riva  (di  barca, 
nave  e  anche  di  chi  esce  dall'acqua  e  mette  piede 
a  terra);  arripare;  venire,  trarre  a  porto,  entrare 
in  porlo;  afferrare,  guadagnare  la  riva.  -  Arrivare 
alle-  frutta,  tardi.  -  Arrivare  a  proposito,  di  persona 
o  di  cosa,  mentre  se  ne  parla  (cosa  ragionata,  per 
via  va;  cosa  ricordata,  per  via  va;  lupus  in  fabula, 
in  sermone).  Proverbio:  tChi  ha  il  lupo  in  bocca 


Io  ha  sulla  coppa  ».- Amiiar  sopra,  il  sopraggiun- 
gere improvviso  e  veemente. 

Capitare,  arrivare,  giungere,  fare  capo  a  un  luogo, 
e  si  dice  per  lo  più  del  giungere  accidentalmente  o 
inaspettatamente.  -  Capitar  fra  le  gambe  (più  co- 
munemente, fra  piedi),  arrivare,  per  lo  più,  inop- 
portunamente. -  Dare  una  capata  in  un  luogo,  arri- 
varci per  un  momento  e  poi  andarsene.  -  Far  tardi 
nel  correre,  arrivare  troppo  tardi. 

Legar  le  vele  in  porto,  essere  arrivati  alla  meta. 

Pervenire,  arrivare,  far  capo.  -  Prevenire,  giun- 
gere prima.  -  Raggiungere,  arrivare  chi  è  avanti.  - 
Rimettere,  far  pervenire. 

Soprarrivare,  sopraggiungere,  arrivare  inaspetta- 
tamente, all'  improvviso:  sopravvenire,  sopraggiun- 
gere, soprapprendere,  sorprendere.  -  Sopraggiunta, 
il  sopraggiungere,  il  soprarrivare.  -  Traballare,  ca- 
pitare, giugnere. 

Arrivo,  l'atto,  il  momento  e,  in  certi  casi,  anche 
il  luogo  dell'arrivare  :  arrivamento,  arrivata  ;  giunta, 
pervenimento,  sopraggiungimento,  sopraggiunta;  so- 
pravvenienza, sopravvenuta;  avvenimento,  avvento. 

Corriere,  di  persona  che  ci  figuriamo  ne  preceda 
un'altra  aspettata.  Anche,  di  cane  che  arrivi  prima 
del  padrone.  -  Gambacorta  (scherz.),  di  chi  arriva 
ultimo  (l'ultimo  ad  arrivar  fu  Gambacorta).  -  Méta, 
punto  d'arrivo. 

Dare  il  benvenuto,  rallegramento,  felicitazione  a 
chi  arriva.  -  Malvenuto,  an'ivato  male,  accolto  male. 

Adeona,  divinità  romana  che  presiedeva  all'arrivo. 

Arrivatura.  Termine  di  tipografia. 

Arrivo.  Detto  ad  arrivare. 

Arrizzare  (arrizzato).  Lo  stesso  che  rizzare. 

Arrobata.  Costruzione  alla  prua  di  antica  ga- 
lera. 

Arrocare  (arrocato).  Affiocare,  rendere,  divenir 
rauco:  di  voce. 

Arroccare  (arroccato).  Termine  del  giuoco  de- 
gli scacchi. 

Arrocchiare  (arrocchialo).  Ridurre  in  rocchio 
legno  o  pietra.  -  Modo  di  fare  alla  peggio. 

Arrochire  (arrochito).  Divenir  rauco:  di  voce. 

Arrogante.  Chi  pecca  di  arroganza,  ossia  è 
prepotente,  petulante  coi  deboli,  ha  presun- 
zione a  confronto  d'altri,  usa  insolenza  nel  ri- 
spondere; arrogantello,  arrogantone,  arrogantaccio. 

Arroganza.  L'essere  arrogante. 

Arrogare,  arrogazione  (arrogato,  arroga- 
torej.  Detto  a  figlio. 

Arrogarsi  (arrogato).  Indebitamente  attri- 
buire, attribuirsi  qualche  cosa.  -  Fretendere, 
usurpare. 

Arrogere  (arroto).  Veggasi  ad  aggiungere. 

Arrolare,  arrolarsi  (arrolamento,  arrolato). 
Lo  stesso  che  arruolare. 

Arroncigliare  (arroncigliato).  Modo  di  preti- 
dere. 

Arroncigliarsl  (arroncigliato).  Contorcersi  della 
jiersona. 

Arronzarsi  (arronzato).  Far  molta  fatica. 

Arrossare  {arrossamento,  arrossimento  :  arros- 
sato). Divenir  rosso.  -  Farsi  rosso  in  viso  per 
vergogna. 

Arrossire  (arrossimento,  arrossilo) .  Diventar 
rosso,  per  vergogna,  per  ira  e  simili.  -  Tingere 
in  rosso. 

Arrostare  (arrostato).  Veggasi  a  mosca. 

Arro.stire  (arrostimento,  arrostito,  arrostitura). 
Il  cuocere  carne,  pesce,  o  altro,  nello  schidione 
0  sulla  gratella,  sullo  spiedo,  sulla  brace,  con  nes- 


ARUÒSTO    —   ARROTINO 


ili7 


suno    0    poco    condimento   liquido:    cuocere,   fare 
arrosto;  abbrustire,  arrossellare,  arrossellire. 

In  Lombardia  e  in  altri  paesi  si  arrostisce  anche 
nel  tegame  o  nella  cazzaruola.  Le  vivande  cosi 
arrostite  e  il  modo  del  cuocerle  si  dicono  arrosto 
morto. 

Arrostito,  cotto  arrosto.  -  Arrostitura,  arrosti- 
mento, atto  ed  effetto  dell'  arrostire.  -  Bruciaticcio, 
parte  di  vivanda  quasi  bruciata  per  troppa  arrosti- 
tura, il  resto  di  cosa  bruciala. 

Abbrustire,  abbrustolire,  arrostire  sulla  gratella; 
porre  una  vivanda  al  fuoco  in  modo  che,  senza 
umido,  ne  sia  più  che  abbronzata;  abbrustiare,  ab- 
brostire,  arrosellare;  abbrostolire,  abbrusticare;  ab- 
brustolare, brustolare;  abbruscare,  bruscare;  arsic- 
ciare; tostare,  tosticchiare  (di  caffè);  abbronzare, 
abbronzire,  adustare;  abbronzacchiare;  allazzerire, 
crostare. 

Pillottare,  riversare,  di  tempo  in  tempo,  sull'  arro- 
sto girante  sullo  spiede,  Y  unto  caduto  nella  sotto- 
posta ghiotta,  raccogliendolo  col  ramaiolino.  •  Ro- 
solare, ìat  prendere  alla  vivanda  una  tinta  rossiccia: 
arrosolare,  arrosolire  (non  comuni). 

Ghiotta,  sorta  di  vaso  di  rame  bislungo,  che  si 
mette  sotto  lo  spiede  per  raccogliere  il  sugo  che 
cola  dall'arrosto.  -  Girarròsto  a  peso,  macchinetta  a 
ruote,  la  quale,  per  mezzo  d'  un  peso,  che  pende 
dall'alto  e  discende  lentamente,  fa  girare  su  di  sé 
lo  spiede  e  con  esso  la  carne  che  vi  è  infilzata, 
per  cuocerla  arrosto.  -  Girarròsto  portàtile,  detto 
anche  a  orologio,  a  molla,  cassetta  di  lamiera,  nella 
quale  le  ruote  si  muovono  per  forza  di  molla,  da 
caricarsi  con  chiave,  o  manico  girevole. 

Rosticceria,  bottega  nella  quale  si  cuociono  e  si 
vendono  vivande  arrosto.  -  Rosticciere,  chi  ha  una 
simile  bottega. 

Arròsto.  Vivanda  che  si  è  fatta  arrostire, 
ossia  cuocere  senza  umido.  -  Participio  passivo  e 
aggettivo  contratto  da  arrostito.  -  Si  cuoce  arrosto 
al  forno,  allo  spiede,  in  cazzaruola,  alla  gratella: 
di  vitello,  di  pollame,  di  uccelli,  d'  agnello,  di  ca- 
priolo, di  daino,  di  pesce,  ecc.  -  Arrostino,  diminu- 
tivo e  quasi  vezzeggiativo  di  arrosto.  -  Arroslicino, 
quasi  sottodiminutivo  e  vezzeggiativo  di  arrostino: 
ben  tatto  secondo  tutte  le  regole  dell'arte,  delicato 
e  leggiero. 

Arrosticiana,  o  carbonata,  pezzetti  di  carne  (per 
lo  più  di  maiale)  arrostiti.  -  Arrosto  morto,  di 
agnello  o  simili  nel  tegame,  senza  umido.  -  Arrosto 
panato  fritto,  alla  graticola.  -  Bistecca,  una  larga 
fetta  di  carne,  tagliata  dalla  polpa  del  bue,  poco 
arrostita  sulla  gratella,  o  altrimenti.  -  Cosciotto, 
coscia  d'agnello,  o  di  castrato,  separata  dall'animale 
per  essere  cotta  arrosto,  tutta  d'un  pezzo.  -  Costo- 
letta, pezzo  piano  di  carne  aderente  a  una  parte 
della  costola  dell'animale  e  arrostito  sulla  gratella 
o  in  padella.  -  Girato,  dicesi  di  qualunque  vivanda 
cotta  arrosto.  -  Roast  beef  (rosbifìe),  arrosto  di  bue 
allo  spiede.  -  Rostbraten,  arrosto  alla  tedesca.  - 
Roast  hare,  arrosto  di  lepre  all'inglese. 

Proverbio:  e  Luglio  e  agosto,  piccioni  arròsto  •». 

Arrotare,  arrotarsi  (arrotato).  Di  carro,  di 
carrozza,  di  qualsiasi  veicolo  che  ne  investa  un 
altro,  urtando  con  le  ruote;  anche,  quando  investa 
persona. 

Arrotare,  arrotatura  farrotato).  Assottigliare 
il  taglio  e  acuire  la  punta  del  coltello  e  di^  altri 
ferri:  ciò  che  fa  Vaì^-otino. 

Arrotino  (arruotino).  Chi  fa  il  mestiere  di  ar- 


rotare, affilare  i  ferri  da  taglio:  arrotatore,  arruo- 
tator-:,  arruotacoltelli,  arruotaforbici. 

Affilare,  propriamente,  assottigliare  non  con  la 
ruota,  ma  con  la  cote,  sulla  pietra  a  olio  e  a  mano: 
raUilare.  -  Aguzzare,  acuire,  acuminare,  rendere 
acuto,  acuminato,  pungente,  appuntato,  aguzzo. 
(aguzzamento,  aguzzatura).  -  Aguzzata,  un'  aguzza- 
tura alla  lesta. 

Arrotare,  assottigliare  il  taglio  dei  ferri  sulla 
ruota  0  su  qualunque  gemere  di  mola;  anche,  acuir- 
ne in  tal  modo  la  punta:  arruolare,  dare  il  taglio, 
dare  il  filo;  raffilare,  rimettere  il  taglio;  dare  una 
affilata,  rimettere  in  filo.  -  Arrotdbile,  atto  ad  es- 
sere arrotato.  -  Arrotalo,  afiDIato,  acuito,  atto  a  ta- 
gliare, a  pungere:  acuto,  tagliente,  trinciante,  di 
ruota.  -  Arrotatrice,  macchina  per  arrotare  metalli. 

Arrotatura,  l'arrotare:  arrotamento,  affilamento, 
affilatura,  affilata;  assottigliamento,  assottigliatura. 
-  Arrolio,  l'arrotare  continuato. 

Strumenti  dell'arrotino 
e  accessorì. 

Acciaiolo,  strumento  d'acciaio  per  arrotare  col- 
telli 0  trincetti.  -  Acciaiolino,  piccolo  acciaiolo,  per 
mantenere  il  filo  rovesciato  ad  alcuni  ferri  ta- 
glienti. -  Affilatoio,  strumento  atto  a  togliere  il  filo 
morto  dai  ferri  già  arrotati. 

Botticella,  vaso  di  legno,  dal  quale,  per  mezzo  di 
una  cannella  e  di  uno'^zipolo,  non  fortemente  ser- 
ralo, l'acqua  cade  a  goccie  su  uno  degli  spigoli 
della  ruota.  Si  ha  lo  stesso  effetlo  anche  tappando 
il  foro  del  botticello  con  un  cencio,  a  cui  è  adat- 
tata una  stecchetta,  che  fa  l'ufficio  di  doccia,  dalla 
quale  l'acqua  stilla  sulla  grossezza  della  ruota.  Ta- 
lora al  botticello  viene  sostituito  un  vaso  di  terra, 
detto  catino.  -  Bninitoio,  ruota  di  legno  per  bru- 
nire i  ferri  dopo  arrotati,  forbirli,  ossia  toglier  loro 
le  traccie,  i  segni  lasciativi  dalla  ruota,  e  rendere  il 
taglio  vie  più  squisito  (il  brunitolio  si  adopera 
con  olio  e  smeriglio). 

Cariota,  carriola,  carretto  a  una  ruota  sola  che 
si  tirano  dietro  gli  arrotini  ambulanti.  -  Castello, 
forte  telaio  orizzontale  (stabile  nelle  botteghe),  che 
regge  la  ruota,  il  frullone  e  alcuni  altri  accessori  a 
uso  di  arrotare  i  ferri  da  taglio.  Castello  a  car- 
riuola,  quello  che  poggia  in  terra  con  una  ruota 
sul  davanti,  e,  nel  riposo,  anche  su  due  gambe  della 
parte  posteriore  e  ivi  si  prolunga  in  due  corte 
stanghe,  che  l'arrotino  ambulante  prende  con  le 
mani  per  spingere  il  castello  innanzi  a  sé,  a  modo 
appunto  di  una  carriuola.  -  Corda  senza  capi,  corda 
di  canapa  o  di  minugia,  con  i  capi  intrecciati,  lunga 
quanto  basta  per  avvolgere  a  un  tempo  la  gola  del 
frullone  e  quella  del  girelletto. 

Cote,  lo  stesso  che  pietra  (v.  più  innanzi).- Frwi- 
loìie,  grande  girella  con  razze  e  mozzo,  e  una  gola, 
0  scanalatura  nella  grossezza  intorno  alla  periferia, 
per  ricevere  la  corda  perpetua.  -  Ferro  del  frullone, 
l'asse  di  esso  che  gira  sui  due  guancialetti;  da 
una  delle  due  estremità  si  prolunga  e  si  ripiega 
in  manovella  da  volgere  quando  il  frullone  è  fatto 
girare  a  mano  da  un  garzone;  ovvero  termina  in 
un  corto  bracciolo  con  pallino,  se  il  frullone  è  fatto 
girare  dall'arrotino  stesso  col  piede,  mediante  la 
stanga. 

Fuso,  l'asse  quadrangolare  di  ferro  in  cui  sono 
infilati  la  ruota,  o  il  brunitoio,  e  il  girelletto.  Le 
sue  estremità,  tonde  o  quasi  appuntate,  girano  sui 
guancialetti.   -   Girelletto,    controcilindro   di   legno. 


i68 


ARROTOT-ABE   —   ARSRN4T,B 


la  cui  superficie  è  circolarmente  solcata  da  una 
gola,  0  due,  o  più,  ed  è  fermamente  infilzato  nel  fuso 
quadro  della  ruota.  Su  una  gola  passa  la  corda 
perpetua,  vegnente  dal  frullone.  Talora  il  girello  è 
conico.  -  Guancialetti,  piumaccioli,  due  pezzi  di  le- 
gno duro  fermati  sul  castello  e  sui  quali,  acconcia- 
mente incavati  in  tondo,  posano  e  girano  le  due 
estremità  del  fuso,  o  asse  della  ruota,  e  del  bruni- 
toio. Su  due  altri  simili  piumaccioli  gira  pure  il 
fuso  del  frullone. 

Mola,  cilindro  di  grès,  di  varie  grandezze,  o, 
propriamente,  disco  attraversato  al  centro  da  un 
asse  o  spina  di  ferro  su  cui  esso  gira:  serve  per 
arrotare  i  ferri.  -  Nervo,  striscia  di  cuoio  o  fune, 
0  altro,  che  pende  dal  bracciolo  del  ferro,  vi  è  ri- 
tenuta dal  pallino  e  scende  ad  attaccarsi  all'estre- 
mità della  stanga.  Come  cosa  di  maggior  durata,  si 
suole  adoperare  il  cosidetto  nervo  di  bue. 

Parapetto,  assicella  fermata  sul  davanti  del  ca- 
stello: serve  d'appoggio  al  petto  dell'arrotino,  lo  di- 
fende dagli  spruzzi  e  fa  sponda  al  truogolo. 

Pietra  o  cote,  specie  di  pietra  arenaria,  o  selce 
dura  e  levigata,  che  serve  a  dare  il  filo  agli  istru- 
raenti  da  taglio.  -  Con  la  pietra  ad  acqua,  di  color 
cenerognolo,  si  rimettono  in  taglio  i  grossi  ferri, 
come  accette,  falci,  pennati,  e  anche  coltelli,  fregan- 
done la  lama  presso  al  taglio,  con  moto  obliquo 
strisciante  e  alternato,  or  su  una,  ora  sull'altra  parte. 

Pietra  a  olio,  arenaria,  piana  o  liscia,  non  molto 
dura,  a  grana  finissima  e  di  color  gialliccio,  sulla 
quale,  sparsevi  poche  gocce  d'olio,  si  passa  la  lama 
del  temperino  e  del  rasoio,  avanti  e  indietro,  in 
modo  però  che  il  filo  non  urti  mai  pel  suo  verso 
contro  la  pietra.  Si  usa  incastrarla  in  una  specie 
di  cassetta  di  legno  a  bassissime  sponde,  tutta  d'un 
pezzo,  con  un  corto  manico.  -  Pietra  di  levante: 
serve  per  rendere  più  efficace  l'arrotatura  dopo  la 
mola. 

Raffilatoio,  arnese  in  genere  da  raffilare.  -Ruota, 
rota,  disco  di  una  particolare  pietra  arenaria,  che 
gira  su  di  sé  verticalmente,  e  sulla  cui  grossezza, 
tagliata  leggermente  a  campana,  ossia  alquanto  a 
sghembo,  si  arrota  la  lama.  Sulla  periferia  della  ruota 
girante  si  fa  cadere  l'acqua,  goccia  a  goccia,  per 
mezzo  del  botticellos 

Stagnata,  specie  di  cassetta  di  latta  il  cui  piano 
superiore  (sul  quale  posa  la  pietra  da  raffilare  i  rasoi), 
è  lutto  sforacchiato,  acciò  l'olio  non  si  spanda  in- 
torno e  imbratti.  -  Stanga,  asta  di  legno  che  l'ar- 
rotino calca  col  piede,  con  moto  alternato,  per  far 
girare  il  frullone,  e  cosi  con  esso,  per  mezzo  della 
corda,  la  ruota  e  il  brunitoio.  L'un  dei  capi  della 
stanga  è  posato  in  una  corta  forcella  di  legno  pian- 
tata in  terra  presso  il  piede  destro  dell'arrotino; 
l'altro  capo,  alquanto  rialzato,  è  annodato  al  nervo. 

Striscia,  lista  soda  di  pelle  concia,  sottilmente 
spalmata  di  una  pasta  terrosa  e  untuosa,  distesa, 
incollata  in  un  piano  su  una  stecca  di  legno.  Sulla 
striscia  si  passa  e  si  ripassa  il  rasoio,  meno  per  as- 
sottigliare il  taglio  che  per  raddrizzarne  e  ammor- 
bidirne il  filo.  -  Striscia  pendente,  lista  di  pelle, 
per  un  de'  capi  attaccata,  con  occhiello  o  maglia, 
ad  un  appiccagnolo  qualunque,  dall'altro  capo  tenuta 
tesa  con  la  mano,  per  passarvi  il  rasoio.  A  questa 
striscia,  frequentemente,  il  barbiere  supplisce  col 
palmo  della  mano,  specialmente  da  quel  lato  piano 
e  polposo  di  essa  che  corrisponde  al  mignolo. 

Fanghiglia  o  logoratura,  deposito  terroso  che 
fa  l'acqua  nel  truogolo  (specie  di  cassetta  a  cui  fa 
sfondo  lo  stesso  parapetto)  e  sulla  ruota.   -  Ralla, 


specie  d'augnatura  curva  e  a  mandorla,  dalle  due 
parti  del  taglio  d'una  lama  di  coltello  o  di  qualsi- 
voglia istrumento.  -  Tagliente,  dicesi  di  ferro  arro- 
tato, di  sottil  taglio,  bene  affilato,  atto  a  tagliare. 

Arrotolare  (arrotolato).  Ridurre  in  forma  di 
rotolo.  Modo  di  avvolgere. 

Arrotondare  (arrotondato).  Detto  ^rotondo. 

Arrovellare,  arrovellarsi  {arrovellamento, 
arrovellato).  Essere  preso  da  ira  furiosa,  da  ràbbia. 

Arroventare,  arroventlre  {arroventamento, 
arroventimento;  arroventato,  arroventilo).  Scattare, 
far  diventare  rovente,  a  fuoco:  massime  dì  ferro 
e  d'altro  metallo.  -  Arroventarsi,  diventare  ro- 
vente. 

Arrovesciare  {arrovesciato).  Capovolgere,  ro- 
vesciare. 

Arrovescio,  a  rovescio.  Al  contrario, 

Arrow  root.  Veggasi  a  farina. 

Arrozzire  {arrozzito).  Diventare  o  rendere 
rozzo. 

Arrubinare  {arrubinato).  Dare  colore  di  ru- 
bino, rosso. 

Arruflfamatasse.  Detto  a  imbroglione  e  a 
m,ezzano. 

ArrufiFapòpoli.  Demagogo,  agitatore  d'i  popolo,. 

ArrufiFare,  arruffarsi  {arruffamento,  arruf- 
fato, arruffio).  Mettere  in  disordine  o  avvilup- 
parsi disordinatamente:  di  capelli  e  di  pelo;  di 
filo  e  di  tnatassa,  specialmente.  —  Figur.,  anche 
di  affare^  di  questione  e  simili. 

Arruffianare  {amiffianato).  Veggasi  a  na- 
scondere. 

Arruffio.  Gran  disordine  o  confusione. 

Arruffone.  Chi,  facilmente,  ingenera  tZtsordi/ic^ 
suscita  confusione. 

Arrugginire  {arrugginito).  Divenir  rugginoso, 
prendere  la  t^uggine.  Riferito  a  dente:  allegarsi. 

Arruolare,  arruolarsi  {arruolamento,  arruo- 
lato). Assoldare,  assoldarsi  nella  milizia.  •  Fare,  farsi 
soldato. 

Arruvidlre  {arruvidito).  Diventare,  rendere  rur- 
vido. 

Arsella.  Sorta  di  conchiglia  marina. 

Arsenale.  Luogo,  edificio,  insieme  di  edifìci  riu- 
niti, dove  si  costruiscono  le  navi  e  quanto  occorre 
al  loro  armamento,  al  loro  servizio.  Arsenale  ma- 
rittimo, neir  uso,  specialmente  militare,  darsena. 
Comprende  varie  parti,  cioè  i  bacini,  i  magazzini, 
le  officine  (per  la  costruzione,  il  raddobbo  e  l'orna- 
mento delle  navi),  gli  scali,  ecc.  —  Luom,  stabili- 
mento, insieme  di  officine,  dove  si  fabbricano  le 
artiglierie  e  ogni  arnese  di  guerra  per  l'esercito: 
arsenale  di  terra.  —  Edificio  nel  quale  sia  ammas- 
sata una  grande  quantità  di  legname,  e  lavorino 
marangoni,  falegnami,  ecc. 

Alberante,  negli  arsenali,  il  maestro  d'ascia. 

Arsenalotto,  operaio  dell'arsenale. 

Calafatare,  ristoppare  i  navigli  cacciando  stoppa 
a  forza  di  maglio  nelle  commettiture  o  in  qualunque 
parte  possa  penetrare  l'acqua. 

Bacino  di  carenaggio ,  lunga  fossa  semiellittica 
costituita  con  solide  opere  di  muratura  sotto  il  li- 
vello del  mare,  ne'  grandi  porti,  destinata  a  conte- 
nere all'asciutto  quel  bastimento  a  cui  si  devono 
fare  opere  di  raddobbo.  -  Bacino  di  raddobbo,  quello 
nel  quale,  per  mezzo  di  opportune  chiuse,  si  può  sta- 
bilire 0  impedire  la  comunicazione  col  mare,  così 
che  si  possano  far  entrare  nel  bacino  le  navi  gal- 
leggianti e  metterle  in  secco,  per  le  necessarie  ripa- 
razioni. -  Bacino  galleggiante  quello  non  scavato  net 


AKSENIATI 


169 


iuolo,  ma  formato  di  ferro  e  di  legno  e  natante 
sulle  acque  del  porto. 

Biga,  macchina  di  forza  negli  arsenali,  formata 
con  due  soderose  travi  appuntate  in  alto  e  piantale 
a  scarpa  per  diverse  inclinazioni:  servo  per  collo- 
care grosse  artiglierie,  ecc.  -  Corderia,  grande  edilì- 
zio, più  lungo  che  largo,  destinato,  in  un  arsenale 
di  marina,  alla  fabhrica  del  cordame  necessario  alle 
navi;  e  si  direbbe  d'ogni  luogo  dove  si  fabbricano 
0  vendono  corde.-  Gru,  grue,  macchina  per  sollevar 
pesi. -Libo,  nome  generico  di  qualunque  galleggiante 
e  che  si  usa  nei  porti,  noi  fiumi,  nei  bassi  fondi  e 
altrove   per   alleggerire  il   carico  di  altri  navigli. 

Palella,  scalpello  con  linguetta  a  doppio  canale: 
è  uno  strumento  da  calafato.  -  Pegoliera,  tettoia, 
nei  porti  di  mare,  sotto  la  ([uale  sono  vari  fornelli 
per  farvi  cuocere  e  riscaldare  la  pece  e  altre  ma- 
terie servibili  a  dar  carena  ai  bastimenti.  -  Pontone, 
edificio  galleggiante,  valido  per  reggere  tnacchine 
idrauliche  o  per  lavori  di  forza  negli  arsenali,  in 
mezzo  ai  porti  e  intorno  ai  bastimenti.  -  Porte,  di 
un  bacino,  le  imposte  di  legname  fortemente  con- 
solidate, che  servono  a  chiudere  l'ingresso  dell'  ac- 
qua in  un  bacino  o  ferma,  sino  a  che  si  lavora 
nella  nave  che  vi  è  contenuta. 

Scalo,  terreno  preparato  in  pendio  dolce,  per 
servire  di  base  nel  luogo  in  cui  si  costruisce  una 
nave:  calata.  -  Squero,  grande  tettoia  per  tenere  al 
riparo  dalle  intemperie  i  bastimenti  disarmati. 

Stufa,  stufa  di  corderia,  luogo  ove  si  tengono  i 
fornelli  e  le  caldaie,  nelle  quali  si  riscalda  il  ca- 
trame da  intonacare  i  fili  e  i  treccinoli  di  cui 
si  fabbricano  le  corde,  e  anche  le  corde  stesse  già 
fatte. 

Arseniati.  Combinazioni  dell'  acido  arsenico 
con  le  basi. 

Arsenicale.  Di  arsenico. 

Arsenico,  o  arsenio.  Metalloide  friabile,  grigio; 
annerisce  prontamente  all'aria;  forma  composti  vele- 
nosi: serve,  col  piombo,  a  preparare  pallini  da  caccia. 
Si  usa  in  medicin-T  (sopratutto  come  potente  modi- 
ficatore  della  nutrizione),  nell'industria  e  nelle  arti. 

Arsenico  bianco  dicesi  l'acido  arsenioso,  che  si  ot- 
tiene ossidando  direttamente  l'arsenico:  è  una  polvere 
bianca,  vetrosa,  poco  solubile  nell'acqua,  velenosa, 
molto  usata  in  medecina,  come  mordente  in  tin- 
toria, ecc.  Ossidando  l'acido  arsenioso  col  nitrico 
0  con  acqua  ragia,  si  ottiene  V acido  arsenico,  usato, 
come  reagente  ausiliario,  nella  fabbricazione  dei 
colori  d'anilina. 

Arseniato,  nome  generico  dei  sali  composti  dal- 
l'acido arsenico  con  una  base  salificabile.  -  Arseni- 
cale, che  sa  di  arsenico:  esalazione,  pozione  arse- 
nicale, ecc.  Acque  arsenicali,  quelle  caratterizzate 
dalla  presenza  di  un  sale  d'arsenico  in  dosi  tali  da 
esercitare  un'azione  terapeutica. 

Arseniti,  sali  formati  con  le  basi  dall'acido  arse- 
nioso. Usato  in  medicina  Yarsenito  di  potassio,  che 
forma  la  base  del  liquore  arsenicale  di  Fowler.  - 
Adoperato  in  pittura  Yarsenito  di  rame  (  verde 
di  Scheele).  -  Arseniopirite,  pirite  arsenicale,  usata 
per  l'estrazione  dell'arsenico,  per  preparare  ììrealgar 
e  Yorpimento.  •  Arseniuro,  combinazione  dell'arse- 
nico con  un  altro  metallo. 

Arsenicismo,  l'avvelenamento  acuto  o  cronico  per 
arsenico.  -  Arsenicofago,  mangiatore  d'arsenico. 

Mispi^'kel  0  mispikel,  pirite  arseni'cale.  -  Risigallo, 
combinazione  naturale  dell'arsenico  con  lo  zolfo. 

Sandracca,  solfuro  rosso  d'arsenico. 


Arsenolde.  Una  delle  tre  membrane  avvolgenti 
il  cervello  e  il  midollo  spinale. 

Arsi  e  tesi.  Detto  a  verso, 

Arsicciai'e,  arsiccio  {arsicciato,  arsicciatura). 
Veggasi  a  bruciare. 

Arsione,  arsura.  Veggasi  a  bruciare,  a  sete, 
a  siccità. 

Artàto  (artatamente).  Fatto  con  artificio,  con 
astuzia. 

Arte.  Il  lavoro  dell'uomo  risultante  dall'espe- 
rienza, dall'ingegno,  dalla  pratica  nel  conseguire  un 
determinato  elletto;  lavoro,  esercizio  più  nobile  che 
non  sia  quello  di  un  mestiere  o  di  una  profes- 
sione. -  Insieme  dei  procedimenti  di  cui  l'uomo  si 
serve  per  eccitare  sensazioni  e  sentimenti,  massime 
il  sentimento  del  bello.  -  I  procedimenti  stessi, 
ossia  il  complesso  delle  regole  all'uopo.  -  L'arte  per 
l'arte  (fare  l'arte  per  l'arte),  coltivare  l'arte  per  sé 
stessa,  senza  assegnarle  alcuna  missione  morale,  so- 
ciale, ecc.;  anche,  coltivar  l'arte  senza  sperarne  pro- 
fitto pecuniario. 

Artista,  chi  si  dà  ad  un'arte,  ne  fa  professione. 

Artistico,  che  ha  l'impronta  dell'arte.  -  Tecnico, 
aggiunto  di  tutto  ciò  che  è  proprio  di  qualche  arte 
0  scienza,  e,  specialmente,  del  linguaggio,  ossia  dei 
termini  ad  esso  relativi. 

L'acanto  fu  adottato  a  simboleggiare  il  culto  delle 
belle  arti.  -  Minerva,  Pallade,  dea  della  sapienza, 
della  guerra  e  delle  arti. 

Distinzioni.  —  Arti  belle,  belle  arti,  la  pittura,  la 
scultura,  Y architettura,  la  musica,  la  poesia 
e  anche  qualche  altra  geniale  manifestazione  della 
letteratura.  -  Arti  decorative,  quelle  che  hanno 
per  iscopo  non  di  creare  opere  d'arte  isolate  (come 
il  quadro,  la  statua,  ecc.).  ma  opere  aventi  una 
destinazione  determinata:  sculture,  pitture  d'orna- 
mentazione, ecc. 

Arti  del  disegno,  la  pittura,  la  scultura,  l'archi- 
tettura: arti  figurative.  -  Arti  dilettevoli,  o  piacevoli,  il 
canto,  il  ballo  e  simili.  -  Arti  industriali,  quelle 
che  attendono  alla  fabbricazione  degli  t  oggetti 
d'arte  »,  cosi  chiamati,  come  bronzi,  smalti,  gioielli, 
tappeti,  stoffe  di  lusso,  ecc. 

Arti  liberali,  quelle  che  non  richiedono  solo  la- 
voro di  mano,  ma  anche  e  sopratutto  di  mente; 
quelle  in  cui  opera  più  specialmente  l'intelletto 
(disegno,  poesia,  musica,  ecc.).  Per  gli  antichi  erano 
arti  liberali  la  grammatica,  la  retòrica,  la  fi- 
losofia, Y aritmetica,  ìa  musica,  la  geometria 
e  Yastronomia. 

Arti  maggiori  e  minori,  denominazione  data,  nel- 
l'antica repubblica  di  Firenze,  ai  corpi  di  mestiere, 
ordinati  in  due  classi  secondo  la  loro  imporianza. 
Sette  le  maggiori,  e  cioè  quelle  della  seta,  de'  pel- 
licciai, de'  mercanti,  degli  speziali,  dei  cambiatori 
e  de'  notai.  Quattordici  le  minori,  comprendenti  i 
piccoli  mestieri  esercitati  dagli  artigiani.  -  Arti  mi- 
nori, 0  applicate  all'industria,  si  chiamano  ora  quelle 
per  le  quali  si  tende  a  introdurre  qualche  elemento 
artistico  nelle  cose  ordinarie,  usuali. 

Arti  meccaniche,  quelle  che  richiedono  principal- 
mente il  lavoro  manuale:  arti  fabbrili,  arti  manuali. 
Furono  anche  dette  illiberali. 

Arti  plastiche,  le  arti  belle,  e  specialmente  quelle 
applicate  a  modellare  in  terra,  cera,  gesso,  ecc. 

Arti  foniche,  la   musica,  la  poesia,  la  retòrica. 

Epoche,  generi,  scuole. 

Antichità  dicesi,  complessivamente,  di  cose 
d'arte  antiche.  -  L'antico,   gli  oggetti,   la  maniera 


ì: 


delle  cose  artistiche  antiche.  -  Arcaico  (stile),  i^ 
primo  stadio  dell'arte.  -  Atticismo,  per  analogia  (ri- 
feribilmente all'arte  greca),  purezza  ed  eleganza  di 
forma. 

Barbarie,  per  l'arte,  lo  stato  della  più  assoluta 
rozzezza.  -  Barocchismo,  maniera  ^offa,  sovrabbon- 
dante di  fronzoli  e  scorretta,  specialmente  dell'ar- 
chitettura. -  Bastardume,  insieme  confuso  e  non 
bello  di  vari  stili.  -  Bisantina,  o  bizantina,  l'arte 
nata  dall'adattamento  della  classica  ai  concetti  del 
cristianesimo. 

Cinquecento,  il  più  splendido  periodo  dell'arte  in 
talia,  del  1500  al  1600  (Cinquecentisti,  i  grandi 
artisti  di  quel  periodo).  -  Classica,  l'arte  antica, 
greca  e  romana,  nelle  sue  migliori  espressioni,  con- 
siderate come  modelli.  Anche,  l'arte  posteriore  che 
cercò  di  imitarla. 

Conservanlismo,  in  arte  (come  nella  letteratura  e 
nella  scienza),  avversione  alla  novità,  misoneismo. 

Convenzionalismo,  maniera  lontana  dal  vero,  dal 
novo,  immobilizzata  in  un  determinato  concetto  o 
pregiudizio  di  scuola. 

Decadenza,  deterioramento  delle  arti,  causato  da 
vari  e  complessi  motivi,  sempre  inerenti  al  grado 
di  civiltà  d'un  popolo.  -  Goticume,  contraffazione  di 
maniere  gotiche. 

Idealismo,  teoria  per  la  quale  ogni  artista  segue 
le  proprie  idee,  senz;»  attenersi  alle  leggi  del  na- 
turale. -  Impressioni  ma,  parola  di  nuovo  conio,  in- 
trodotta per  indicare  l'arte  che,  secondo  Yimpres- 
sione,  cerca  di  riprodurre  la  realtà  impressionante 
{Impressionisti,  gli  artisti  di  questa  scuola). 

Misticismo,  la  potenza  d'esprimere  le  cose  sopran- 
naturali. -  Naturalismo,  la  dottrina  che  considera 
il  vero  fine  dell'arte  nel  riprodurre  e  seguire  la 
natura.  Sinonimo  di  rmKswo;  senonchè  questo  tende 
piuttosto  a  riprodurre,  a  copiare  minutamente  i 
particolari  veristi.  -  Purismo,  il  manierismo  di  chi 
sta  attaccato  agli  antichi. 

Realismo,  dottrina  che  vorrebbe  considerate  le  cose 
nel  puro  aspetto  del  vero  materiale,  escludendo 
J'ideale. 

Rinascimento,  rinascenza,  in  Italia,  periodo  arti- 
stico e  letterario  dalla  fine  del  secolo  XIV  alla 
prima  metà  del  secolo  XVI.  -  Risorgimento,  lo  stesso 
che  rinascimento.  -  Rococò,  stile  bizzarro  che  fu  di 
moda  nella  seconda  metà  del  secolo  XVII. 

Romanticismo,  designazione  dell'arte,  della  scuola 
che,  senza  escludere  torme  o  concetti  antichi  o 
classici,  le  trovò  insufficienti  ai  bisogni  dell'età 
moderna  e  volle  si  attingessero  i  concetti  al  bello 
appaiato  col  verosimile. 

Scuola,  la  maniera  particolare  di  certi  artisti. 

Secolo  d'oro,  il  periodo  più  brillante  nella  storia 
dell'arte  d'una  nazione,  d'un  popolo:  per  l'arte 
greca  il  secolo  V  e  il  IV  a.  C;  per  l'Italia  il  cin- 
quecento. -  Stile,  maniera  tipica  d'arte.  -  Verismo, 
teoria  che  fonda  tutto  il  bello  sul  vero  più  reale: 
realismo. 

Principi,  regole,  ecc. 

Elementi,  le  prime  regole,  le  prime  norme,  i  fon- 
damenti. -  Maniera,  il  modo  proprio,  caratteristico 
col  quale  un  artista  lavora,  dando  alle  opere  sue  una 
speciale  impronta.  Spesso,  per  accennare  a  un  difetto: 
scuola,  metodo,  genere,  fare,  linea,  stile. 

Metodo,  l'attenersi  a  certi  principi  e  con  un  dato 
ordine.  -  Nomenclatura,  tutti  i  nomi   propri   d'una 


0  più  arti  0  scienze.  -  Nozione,  cognizione  partico* 
lare  d'arte  o  di  scienza. 

Politecnica,  l'insieme  delle  cognizioni  e  delle  at- 
titudini necessarie  per  esercitare  le  arti  e  le  indu- 
strie, e  che  si  apprendono  in  speciali  istituti,  o 
scuole  superiori.  -  Politecnico,  che  concerne  molte 
arti  dipendenti  dalle  scienze.  -  Pratica,  l'uso  delle 
regole  e  dei  principi  d'un'  arte  o  d'una  scienza. 

Precetto,  norma  alla  quale  assoggettare  un  lavoro. 

Principio,  primo  fondamento  d'alcuna  arte  o 
d'altra  facoltà. 

Propedèutica,  istruzione  preparatoria  '  per  una 
scienza  o  per  un'arte.  -  Regola,  prescrizione,  norma, 
precetto,  cànone  fa  regola  d'arte,  secondo  che  l'arte 
richiede).  -  Rudimento,  primo  principio,  elemento: 
rudimentale,  detto  specialmente  delle  nozioni  ele- 
mentari di  una  scienza  o  di  un*  arte. 

Tecnica,  lo  studio  delle  regole  da  osservarsi  nel- 
l'esercizio di  un'  arte,  d'  una  professione.  -  Tecnici- 
smo, il  complesso  di  cose  tecniche  d'arte.  -  Tecnologia, 
trattato  delle  arti  in  generale.  -  Terminologia,  Y  in- 
sieme dei  termini  tecnici  d'  un'  arte,  d'  una  scienza. 

Qualità',  difetti,  ecc.,  delle  opere  d'arte 

Qualità'.  —  Armonia,  V  effetto  che  risulta  dalla 
concordanza  di  tutte  le  parti  di  un'  opera,  ossia  la 
espressione  dell'ordine  più  perfetto,  risultante  dalla 
simmetria,  dalla  corrispondenza  del  disegno,  dei 
colori,  delle  ombre,  ecc.  -  Carattere,  l'impronta 
speciale  che  ad  un'opera  conferisce  l'autore,  ecc.  - 
Caricatura,  maniera  di  alterare  le  cose,  la  figura 
delle  persone,  ecc.,  allo  scopo,  per  lo  più,  di  met- 
tere in  ridicolo. 

Dolcezza,  leggiadria,  morbidità,  soavità  di  linee, 
di  contorni  e  simili.  Contr.,  ditrezza,  rigidità,, asciut- 
tezza. -  Espressione,  qualità  per  cui  un'opera  rivela 
i  sentimenti  ai  quali  l'artista  si  è  inspirato  o  rende 
evidente  il  significato  che  deve  avere. 

Fantasia,  quanto  si  allontana  in  arte  dal  vero; 
anche,  lavoro  non  dedotto  dal  vero.  -  Fare  largo, 
l'esecuzione  fatta  con  buon  gusto  e  dignità.  -  Fie- 
rezza di  tocchi,  di  colori,  di  tinte,  robustezza  di 
esecuzione. 

Gradazione,  maggiore  o  minore  intensità:  riguarda 
i  colori,  l'espressione  delle  passioni,  l'armonia. 

Greggio,  della  materia  delle  diverse  arti  prima 
che  sia  lavorata.  -  Modo  originale,  riferito  a  opera 
d'arte,  modo  fuori  dal  comune  o,  anche,  strambo. 

Naturalezza,  semplicità,  verosimiglianza.  -  Nobiltà 
di  stile,  di  concetti,  di  forma,  in  un'  opera  d'  arte, 
caratteri  distinti  di  concezione  e  di  fattura. 

Opera  greca,  bella,  eccellente.  -  Originale,  il  la- 
voro che  un  artista  fa  di  suo  genio,  di  sua  inven- 
zione, senza  imitare,  senza  copiare. 

Pittoresco,  di  tutto  ciò  che  può  fare  buon  effetto 
in  pittura  e,  più  genericamente,  di  tutto  ciò  che,  in 
natura  o  in  arte,  colpisce  vivamente  l'immaginazione 
per  una  disposizione  originale. 

Raffinamento,  ricerca  perfino  esagerata  del  bello. 

Ricamo,  di  lavoro  d'arte  finissimo. 

Silenzio,  di  composizione  savia,  con  movimenti 
quieti;  contr.  al  fracasso. 

Difetti.  —  Andante,  lavoro  poco  studiato,  poco 
curato,  fatto  alla  buona.  -  Artificioso,  di  lavoro  fatto 
senza  sincerità  di  metodo  artistico. 
j  Caricato,  di  quella  composizione  in  cui  1'  espres- 
sione dei  caratteri,  degli  affetti,  delle  mosse,  dei 
lineamenti,  del  chiaroscuro  o  del  colorito  è  portata 
oltre  la  misura  indicata  dalla  natura  o  regolata  dal 


kun 


.gusto.  •  Cieco,  dlcesi  ■  di  tatto  ciò  che  è  privo  di 
,luce,  particolarmente  in  arclùtettura.  -  Convenzio- 
nale, raetòd  co,  non  spontaneo,  ma  prestabilito  e 
senza  ragione  in  natura.  -  Coreografico,  che  ha  del 
teatrale.  -  Cotonoso  :  dicesi  di  contorno  quando  non 
ben  deciso. 

Gigantesco,  sproporzionato  ^'offamente. 

Manierato,  di  laVo^o  che  risente  il  manierismo.  - 
Piumoso,  dolce,  morbido,  sollevato  come  piuma.  - 
Rozzo,  greggio,  senz'arte,  appena  digrossato.  -  Trito, 
manierj^,  stile  pieno  di  minuzie. 

Anacronismi ,  errore  che  si  cotnmette  falsando 
i  costumi,  gli  usi,  le  idee  di  Una  data  età.  -  Bar- 
barismo, cosa  ohe  offende  le  leggi  dell'  arte  e  del 
Lello.  -  Baroccume,  quantità,  ammasso  di  cose  gof- 
famente ornate.  -  Bastardaggine,  bastardigia,  qualità 
di  ciò  che  in  arte  non  è  schietto,  non  é  puro  negli 
elementi  che  lo  compongono. 

Freddezza,  mancanza  di  efficacia,  carattere  d'ope- 
ra d' arte  che  non  suscita  alcun  sentimento,  ma 
lascia  indifferenti.  -  Leccatura,  soverchio  studio  di 
finitezza,  di  abbellimento  in  un  lavoro.  -  Manieri- 
smo, maniera,  ditetto  d'opera  d'arte  (manierata,  am- 
manierata), nella  quale  l'artista  (manierista),  dimen- 
ticando la  natura,  il  vero,  lavora  a  forza  di  pratica  e 
di  memoria.  Contr.,  di  naturalezza.  -  Smorpi,  lezio- 
saggine, svenevolezza  nello  stile,  nell'esecuzione,  ecc. 

Lavobi.  studi,  accessori. 

Abbellimenti,  tutto  quanto  nelle  arti  si  introduce 
a  -scopo  d'ornamento.  -  Abbozzo,  d'un'opera  d'arte, 
quando  non  è  fiii,ita  o  della  quale  si  sono  messe 
giù  le  linee  generali.  L'  abbozzo  di  una  pittura  è 
già  coperto  di  colore;  l'abbozzo  di  una  statua  é -il 
mairmo  che  rappresenta  appena  grossolanamente  una 
figura.  Bozzo,  sbozzo;  schizzo,  bozzetto,  traccia. 

Accessori,  le  parti  non  essenziali  al  concetto,  ma 
che  lo  completano;  le  parti  che,  senza  essere  inse- 
'  parabili  dal  soggetto  trattato  dall'artista,  servono  a 
dargli  rilievo  maggiore,  a  ornarlo,  abbellirlo,  ecc. 

Attributi,  in  pittura  e  scultura,  gli  accessori  che 
caratterizzano  una  figura.  -  Aggiustatura,  il  com- 
plesso d'  un  lavoro  per  mettere  a  posto  o  riparare 
una  macchina  e  simili.  La  spesa  relativa.  •  Alle- 
goria, concetto  nascosto  sotto  figure  che  non  lo 
rivelano,  direttamente  :  si  usa  nelle  rappresentazioni 
artistiche  della  pittura,  della  scultura,  ecc. 

Ammaccatura,  termine  tecnico-artistico  per  indi- 
care, in  lavori  di  scultura  e  talvolta  anche  di  pit- 
tura, una  lieve  e  delicata  piega  delle  vestimenta  e 
anche  delle  carni.  -  Amorino,  genietto  raffigurato, 
per  lo  più,  intorno  a  Venere  e  alle  Grazie,  come 
personificazione  dell'  amore  e  dei  piaceri  :  puttino, 
putto.  -  Anatomia  artistica:  riguarda  la  forma 
dell'animale  e  le  relative  disposizioni  organiche  per 
opportuna  norma  di  esatta  applicazione  alle  belle 
arti.  -  Attitudine,  disposizione,  tendenza,  inclina- 
zione ad  un'  arte. 

Bozzetto,  opera  d'arte  non  finita.  -  Anche,  modello 
•in  piccolo,  che  si  presenta  ad  lin  concorso,  ece. 

Campo,  lo  spazio  che  circoscrive  tutte  le  estre- 
mità di  un  soggetto  dipinto,,  inciso  o  scolpito:  di- 
cesi anche  fondo,  •  Capriccio,  lavoro  artistico  che 
ha  novità  e  singolarità  di  forma,  non  senza  garbo. 

Carnagione,  ciò  che,  in  arte,  raffigura  le  carni 
del  corpo  umano.  -  Carte  peste,  statiiine  o  bassori- 
lievi modellati  in  cartapesta. 

Caldo,  l'impronta  il'un  lavoro  in  rilievo,  ricavala 


con  cera,  »err?L  molle  e  sim.  -  Concetto,  \\  disegno 
d'un'opera  d'arie.  -  Cotidotta,  modo  di  condurre  un 
lavoro.  -  Copia,  opera  che  ne  ripete,^  con  più  o 
nìeno  precisfone,  un'  altra.  -  Costume,  1  espressione, 
la  rappresentazione  dei  costumi. 
Di  getto,  gettalo,  la  primA  forma. 
Fmtasnwgoria,  creazione  fantastica,  rwn  verosi- 
mile, per  quanto  d'elTettrJ.  -  Figura;  lo  studio.  li 
rappresentazione  dei  corpi  animali;  contrapposto  a 
paesaggio,  ornato.  -  Figura  di  rilievo,  che  si  stacca 
dal  piano,  o  ciie  s  inalza  su  una  base^  -  Figura- 
tivo, di  cosa  che  6  simbolo  d'un'allua;  che  rappre- 
senta in  figura.  -  Fogliame,  l'aVoro  a  foglie. 

Gesso,  opera  d'arte  riprodotta  in  gèsso.  -  Gessino^ 
figurina  di  gesso.  -  Getto,  il  gettare,  l'opera  gettata. 
Graffito,  detto  a  pittura.  -  Gi-^ca,  striscia  dtó 
si  prolunga  all'infinito,  scendendo  e  salendo  ad  an- 
goli retti:  serve  come  ornato  in  pittura  o  in  ri; 
lievo.  -  Gruppo,  opera  di  scultura,  di  filieVo,  di 
pittura,  in  cui  le  figure  sono  cosi  riunite  che  risal- 
tano nell'insieme.  -  Gusto,  buoji  gustq,  conoscimento, 
del  bello;  attitudine  a  produrlo. 

icastica,  l'arte  di  rappresentare  gli  og'gettf  e  la 
realtà,  immaginando.  -  Invenzione,  immaginazione 
artistica.  -  Linee,  in  arte,  i  conbrni. 

Modello,  corpo  di  basso,  di  mézzo  o  di  tutto  ri- 
lievo col  quale  si  fa  Hmpronta  e  il  cavo  nelle 
forme  d'ogni  maniera.  Modello  in  cera,  in  gesso,  tn 
creta,  di  terra,  d'argilla,  ecc.  -  Monumento,  (utt^o 
quanto  perviene  a  noi  d'opere  d'arte?  o  frammenti 
dell'antichità;, opera  moderna,  onoraria.  -jWosfro,. grot- 
tesco, lavóro  di  pittura,  scultura  capricciosa,  strana. 
Nudo,  lo  studio  che  gli  artisti  fanno  per  ritrarre 
il  corpo  umano  nella  sua  nudità.  Un  nudo,  il  qua- 
dro 0  la  statua  che  cosi  lo  ritrae.  -  Opera,  il  la- 
voro artistico.  -  Opera  d'invenzioìie,  non  copiata. 

Originale,  dì  cose  d'arte,  la  prima  fatta  dal I  au- 
tore, in  contrapposto  a  quelle  copiate  o  fatte  sii 
quella.  -  Ornaniefito,  qualunque  cosa  serva  di 
fregio,  di.  ornamento.  -  Ornato,  l'ornamento  che 
consiste  in  fiori,  foglie,  vaghezza  di  linee,  fuorché 
figure:  lo  studio  stesso. 

Panneqgiamenlo  (panneggio),  il  complesso  delle 
vesti  delle  figure.  -  Profilo,  l'aspetto  che  presentarlo 
i.  contorni  del  volto  o  di  un  oggetto  veduto  di 
fianco.  -  Proiezione,  la  rappresentazione  d  un  og- 
getto su  un  piano. 

Rappresentazione,  il  formare  k  figura  d  alcuw 
cosa.  -  Tutto  ciò  che  si  sottopone  ai  sensi  e  al  a 
immaginazione  per  mezzo  dell'arte:  la  pittura,  la 
scultura,  la  musica,  }a  drammatica,  che  imitano  la 
natura  o  fanno  rivivere  avvenimenti  passati  o  ab- 
belliscono azioni  degne  di  essere  imitate.  Hanno  lo 
scopo  di  rappresentare,  con  eerie  leggi,  i  pensieri 
e  gH  affetti  umani.  -  Restauro,  lavoro  atto  a  ri- 
mettere a  nuovo  e  in  buon  ordine  una  costruzione 
o  un  lavoro  d'arte. 

Ricordo,  schizzo,  o  nota,  fatto  sul  luogo  em  un 
momento  per  ricordarsi  di  eseguirio  poi  o  regi- 
strarlo. -  Riduzione,  nelle  arti  del  disegno,  copia 
che  si  fa  di  un  oggetto,  dandogli  la  stessa  forma  e 
le  stessedimensioniminori.-iJi/lesao,  la  tinta  che  se- 
gna i  rimandi  di  luce  e  di  colore.  -  Ritocco,  ti-attodi 
pennello  o,  di  scalpello  che,  finita  un'  opera,  l'ar- 
tista le  dà  per  maggior  perfezione. 

Schizzo,  il  primo  componimento  espresso  con  po- 
chi tratti  di  penna,  di  matita  o  di  pennello,  cosi 
che  le  singole  parti  siano  appena  accennate.  -  Sgraf- 
po,  veggasi  a  pittura.  -  Sottosquadra,  qualunque 
rilievo  che  abbia  bisogno  di  zeppe    o   tasselli   per 


172 


cavarne  la  forma.  -  Stucco,  composizione  di  calte 
spenta,  argilla,  marmo  polverizzato  e  sim.,  che,  im- 
pastala, serve  per  tappare  buchi  e  fessure,  per  ap- 
pianare, per  fare  ornati,  cornici,  mosaici  e  figurine 
con  le  forme. 

Studio,  disegno  o  modello  dal  naturale,  da  ser- 
vire per  la  esecuzione  d'un'opera.  L'arte  stessa  in 
applicazione  e,  anche,  il  luogo  in  cui  si  fanno  la- 
vori artistici.  •  Studio  dal  vero,  sul  vero,  rappre- 
sentazione di  cosa  0  di  persona,  rilraendole  quali 
sono,  quali  si  vedono:  al  naturale,  dal  naturale. 
Contrario  al  fare  «  di  maniera  ».  •  Subietto,  sog- 
getto, specialmente  come  termine  di  filosofìa,  ai 
poesia  e  di  belle  arti.  •  Trofeo,  complesso  d'oggetti 
caratteristici  d'un'arte. 

Diversi  modi  di  lavorare,  di  attundere 
all'  arte. 

Abbozzare,  dare  la  prima  forma  imperfetta,  spe- 
cialmente a  un'opera  d'arte:  delineare,  dirozzare, 
schizzare.  Abbozzata,  abbozzatura,  abbozzo,  digros- 
samento, ecc.  Abbozzato.  Abbozzaticcio,  poco  più 
che  abbozzato.  -  Addestrare  (addestramento,  adde- 
strato), render  destro,  abile;  ammaestrare,  istruire; 
far  imparare  le  regole  d'un'arte:  insegnare.  -  Ad- 
dolcire, levar  via  le  crudezze,  dei  colori  e  delle  linee. 

Ammaestrare  {ammaestramento,  ammaestrato),  far 
da  maestro  ad  altri;  istruire  qualche  allievo. 

Apprendere,  ittiparare,  essere  in  corso  di  istru- 
zione. -  Avere  sicurezza  di  mano,  di  pennello,  di 
stile,  ecc.;  dell'artista  in  grado  di  procedere  senza 
incertezza  nel  proprio  lavoro.  -  Avviare,  mettere 
sulla  strada  d'un'arte.  Avviato.-  Copiare,  ritrarre 
dall'originale  o  da  un  esemplare.  Si  dice  anche  co- 
piare dal  vero,  per  dire  direttamente  dalla  natura. 

Digrossare,  sgrossare,  dare  un  primo  sbozzo  a  un 
lavoro  d'arte.  Anche,  dare  i  primi  e  necessari  in- 
segnamenti d'un'arte,  d'una  scienza.  -  Digrossatura, 
digrossamento,  operazione  del  digrossare.  -  Esage- 
rare, scostarsi  dal  vero,  ingrandendo  le  misure,  le 
proporzioni  o  anche  sovraccaricare  di  ornamenti, 
eccedere   nelle  tinte,  nei  colori,  nell'effetto,  ecc. 

Falsare  la  propria  maniera,  alterarla  sempre  più, 
contro  ogni  norma,  imitandosi  in  peggio.  -  Imi- 
tare la  natura,  prendere  la  natura  a  modello  -  In- 
terpretare, rappresentare  esattamente.  -  Inventare, 
trovare  nelle  arti  o  nelle  industrie  qualcosa  di  novo 
e  di  utile.  -  Istonare,  ornare  con  figure  storiche 
una  superficie. 

Panneggiare,  ricoprire  la  figura  di  panni.  -  Pie- 
gheggiare,  rappresentare  in  arte  le  pieghe  delle  vesti. 

Plagiare,  copiare  materialmente  1  opera  d'altri, 
cercando  di  farla  credere  propria.  Plagiario,  chi 
agisce  in  tal  modo.  -  Plasticare,  formar  figure  di 
terra. 

Restaurare  (restauramento,  restaurato),  riparare 
un'  opera  dai  guasti  subiti  per  effetto  del  tempo 
0  di  manomissione.  -  Ridurre  dal  modello,  ritrar- 
re da  figure  di  rilievo.  -  Rifinire,  in  certe  arti  o 
mestieri,  portare  a  termine.  -  Rifriggere,  ritoccare 
fino  alla  noia  qualche  opera  d'arte.  -  Rileccare, 
mettere  ad  un  lavoro  una  cura  affettata,  esagerata. 

Ripulire  un  lavoro  d'arte,  correggerlo.  -  Ritoccare, 
ritocco,  fare  qualche  ultima  correzione. 

Sacrificare  alle  grazie,  usare  finezza  d'arte  e  grazia 
di  stile.  -  Sbozzare,  dare  la  prima  forma;  lo  stesso 
che  abbozzare.  -  Sfrondare,  togliere  l'inutile.  -  Stra- 
pazzare un'  arte,  esercitarla  senza  coscienza,  abbor- 
racciaindo.  -  Stuccare,  riempire  con  lo  stucco. 


Studiare,  ritrarre  dal  vero,  direttamente  dalla  na- 
tura. -  Studiare  il  nudo,  scuola  del  nudo,  il  terzo 
stadio  che,  nell'insegnamento  artistico,  dcA'^e  percor- 
rere chi  si  dedica  alle  arti  figurative.  Per  l'artista 
finito,  il  modellare,  il  dipingere  avendo  sott'occhio 
un  modello  vivo,  maschio  o  femmina,  completa- 
mente 0  parzialmente  nudo. 

Tritare,  in  arte,  dare  in  tritume,  abbondare  in 
minuzie  e  ritagli. 

Persone,  luoghi. 

Persone.  —  Abile,  chi  è  molto  esperto  nella  pro- 
pria arte:  valente,  ingegnoso.  -  Adulto,  in  un'arte, 
in  un  mestiere:  maturo,  provetto,  esercitato,  abili- 
tato. -  Allievo  (allieva),  discepolo,  chi  riceve  istru- 
zione e  poi  lavora  col  maestro. 

Amatore,  chi  si  occupa  d'un'arte,  comprandone- 
gli  oggetti,  facendone  collezione,  ecc.  -  Apprendista, 
chi  presta  l'opera  propria  sotto  determinate  condi- 
zioni per  imparare  un'arte,  ecc.:  tirocinante,  ap- 
prendente. -  Ai'anciìio,  di  persona  addietro  in  un'ar- 
te. -  Artefice,  chi  esercita  un'arte  ;  chi  si  rende 
autore  di  qualche  cosa  di  proprio  o  d'altrui  crea- 
zione. -  Artiere  o  artigiano,  chi  fa  un'arte  manuale, 
meccanica.  -  Avvenirista,  neologismo  frequente  e  non 
bello  per  indicare  chi  aspira  ardentemente  al  do- 
mani. -  Bardotto,  ragazzo  di  bottega  che  incomincia 
a  imparare  la  sua  arte.  -  Bazzotto,  poco  praticola 
un'arte.  -  Caposcuola,  chi  crea  un  nuovo  stile  o, 
nell'arte  o  nella  scienza;  ha  molti  scolari  o  imita- 
tori. -  Ciabattino,  chi  strapazza  l'arte  sua.  -  Liahat- 
tinume,  collettivamente,  di  quelli  che  acciabattano 
lavori  e  maltrattano  la  propria  arte.  -  Collettore,  col- 
lezionista, chi  fa  raccolta  d'oggetti  d'arte,  d'antichità, 
ecc.  -  Colonne  dell'arte,  gli  uomini  che  ne  manten- 
gono il  prestigio,  la  gloria.  -  Convenzionalista,  artista 
che  porta  o  mantiene  in  arte  il  convenzionale.  - 
Dilettante,  chi  ha  gusto,  inclinazione,  amore  per 
qualche  arte,  senza  farne  professione:  frane,  amateur, 
voce  frequentemente  usata.  -  Esercente,  che  esercita 
un'arte,  una  professione,  un'industria.  -  Esordiente^ 
chi  è  ai  primi  passi  nella  carriera  artistica. 

Estro,  impeto  dell'immaginazione  che  stimola  e 
accende  l'artista  nella  composizione  delle  sue  opere. 
Estraccio,  un  certo  estro,  ma  incolto,  difettoso. 

Filotecnico,  chi  ama  e  aiuta,  incoraggia  gli  studi 
delle  arti  e  dei  mestieri. 

Genio,  talento  superiore  e  inspirato  in  arte,  in 
letteratura,  ecc.:  scherz.,  bernòccolo. 

Guastamestieri,  chi  esercita  un'arte  senza  la  co- 
gnizione necessaria.  -  Imitatore,  dicesi  degli  imita- 
tori servili.  -  Maestro,  termine  storico,  titolo  di 
uomo  capace  nella  propria  arte,  in  grado  di  fare 
opere  egregie  e  di  insegnare  :  anche,  separatamente, 
una  cosa  o  l'altra.  -  Mastro,  per  maestro,  artigiano. 

Mecenate,  nome  proprio  dell'amico  e  ministro  di 
Augusto,  protettore  di  letterati;  per  similitudine, 
protettore  d'artisti  e  protettore  in  genere.  -Modello, 
modella,  giovine  che  generalmente  posa  nudo  da- 
vanti ad  un  artista  per  aiutare  la  verità  del  disegno. 

Novatore,  chi,  nelle  scienze,  nelle  arti,  negli  usi, 
nei  costumi,  sostituisce  una  cosa  nuova  ad  altra 
che  non  è  tale.  -  Novizio,  chi  fa  tirocinio  per  ap- 
prendere un'arte  {Noviziato,  l'esser  novizi,  e  il  tempo 
che  uno  rimane  tale). 

Principale,  capo  d'un'arte:  piuttosto,  padrone  di 
un'azienda.  -  Profano,  chi  è  estraneo  ad  un'arte  o 
non  ne  sa  affatto.  -  Protomaestro,  il  primo  maestro 
d'un'arte. 


ARTE 


173 


Scagnozzo,  chi  nella  sua  arte  è  poco  valente. 

Scuola^  i  discepoli  che  rappresentano  e  professa- 
no concordi  un'arte.  Anche  l'insegnamento  o  il  me- 
todo di  un  artista,  e  il  luogo  stesso  nel  quale  sì 
insegna.  -  Stella -dell' arte,  l'artista  (specialmente  detto 
delle  cantanti)  di  j^rande  valentia  e  di  grande  fama. 
•  Stella  nascente,  l'artista  che  esordisce  in  modo 
molto   promettente. 

Verista,  chi  professa  in  arte  il  verismo.  ■  Vir- 
iuoso,  maestro  nell'esercizio  d'un'arte  hella,  special- 
mente della  musica  e  del  canto.  -  Vocazione,  di- 
sposizione naturale  per  un'arte. 

Luoghi.  —  Accadeinio,  adunanza  di  artisti 
(anche  letterati  o  filosofi)  che  si  adoperano  insieme 
per  l'utilità  e  l'incremento  delle  arti,  delle  let- 
tere, ecc.  Anche,  l'istituto  presso  il  quale  si  inse- 
gnano belle  arti.  -  Collegio,  corpo  d'artisti  chiamati 
a  deliberare  e  a  provvedere  per  l'esercizio  o  la  tu- 
tela delle  arti.  •  Conservatorio,  scuola  per  certe 
arti,  specialmente  per  la  musica.  -  Console  (titolo 
storico),  capo  o  governatore  delle  aitti.  •  Esposizione, 
mostra  pubblica  di  opere  d'arte. 

Galleria,  sala  o  sale  lunghe,  in  fila,  pubbliche  o 
private,  dove  si  tengono  esposte  opere  artistiche 
(galleria  di  quadri,  di  statue,  di  gemme,  di  cam- 
mei, ecc.).  -  Museo,  raccolta  d'oggetti  d'arte,  o  di 
scienza,  per  lo  più  antichi.  -  Salon,  in  Francia, 
esposizione  di  belle  arti  non  permanente,  ma  an- 
nuale, biennale,  quinquennale,  ecc. 

Arti  minori,  arti  diverse. 

Anagliptica,  'l'arte  di  fare  rilievi  ornamentali  sui 
vasi,  bassorilievi  in  marmo,  in  metallo,  inavorio,  ecc. 

Bulino,  l'arte  del  bulino.  Ceramica,  arte  an- 
tichissima di  fabbricare  ierrecotte,  con  o  senza  or. 
namenti  di  pittura  o  di  scultura. 

Ceroplastica,  arte  di  modellare  la  cera,  -  Ce- 
sèllo {cesellatore),  l'arte  di  rilevare  disegni,  figure 
su  piastre  d'oro,  d'argento  o  d'altro  metallo. 

Decalcomania,  arte  di  trasportare,  sopra  vetro, 
carta  o  altro,  disegni  colorati. 

Drammatica,  l'arte  che  ha  per  iscopo  di  rap- 
presentare sul  teatro  un'azione,  con  lo  sviluppo 
de',  suoi  motivi  e  delle  sue  conseguenze.  -  Ebani- 
steria {ebanista),  arte  di  lavorare  l'ebano^  o  altri 
legni  preziósi,  in  minute  e  piccole  opere,  con  di- 
segni e  intarsiature  di  diverso  colore. 

Elettroplastica,  l'arte  plastica  operata  per  mezzo 
dell'elettricità,  come  agente  principale.  -  Elettrotipia, 
complesso  di  operazioni  per  cui  con  l'elettrico  si  posa 
uno  strato  di  metallo  sopra  un  corpo  metallico  per 
ritrarne  fedelmente  l'impronta. 

Figulina,  l'arte  del  vasaio,  arte  ceramica.  -  Fo- 
tografia, arte  di  produrre  immagini  su  carta,  tes- 
suti, metalli,  ecc. 

Galvanoplastica,  processo  per  imitare  oggetti  d'arte, 
medaglie  e  soggetti  naturali;  si  inargentano  anche  e 
si  indorano  posate,  candelieri,  vasi  e  piatti.  -  Grafiche 
arti,  i  processi  di  produzione,  per  cui,  con  scritti, 
immagini  o  disegni,  si  preparano  tavole  o  fogli,  che 
poi  si  moltiplicano  per  mezzo  della  stampa. 

Incisione  {incisore),  arte  di  eseguire  riprodu- 
zioni di  disegni  su  varie  materie,  anjticamente  col 
bulino,  poi  con  agenti  chimici.  -  Intaglio  {inta- 
gliatore), arte  di  eseguire  lavori  sul  marmo,  sulle 
gemine,  sull'avorio,  sul  legno,  ecc.,  secondo  un  dato 
disegno.  -  Intarsio  {intarsiatore),  lavoro  artistico 
di  commettitura. 

Jerografia,   arte    jerografica,    antichissima:    rap- 


presentazione di  cose  sacre;  ne  era  parte  la  gero- 
glifica. 

Lapidaria,  arte  di  fare  iscrizioni  (anche,  di  in- 
terpretare le  antiche).  -  Litografici,  Arte  di  stam- 
pare parole,  disegni,  ecc.,  per  mezzo  delia  pietra. 
•  Cromolitografia,  litografia  a  c&lori. 

Mimica,  l'arte  del  gesto,  •  Musaico,  o  mosaico, 
lavoro  di  commessura,  a  pezzettini  di  marmo,  di 
pietra  dura  o  di  pasta  di  vetro  a  vari  colori. 

Oreficeria,  lì  lavoro  del l'orc/ìcc,  che  tratta  l'oro, 
le  gemme,  ecc.  Veggasi  anche  a  gioielliere. 

Niello,  l'arte  del  niellare,  ossia  di  fare  un  lavoro 
d' intaglio  su  oro,  argento  o  altro  metallo  con 
bulino. 

Ornato,  1'  arte  grafica  che  fa  ornamenti,  come 
fregi,  fiori,  foglie,  cartocci,  piccoli  animali,  ecc. 
(ornatista,  chi  si  dà  all'ornato). 

Porcellana  (arte  della),  veggasi  a  ceramica.  - 
Prospettiva,  V  arte  di  rappresentare  sopra  super- 
ficie piana  gli  oggetti  quali  si  scorgono  nella  lora 
solidità.  -  Smalto,  ramo  d'arte  pittorica  e  di  ore- 
ficeria. -  Stucco,  lavoro  che  si  può  considerare 
come  appartenente  alla  scultura.  •  Tarsia,  lo 
stesso  che  intarsio.  Torèutica,  i*  arte  di  cesellare, 
incidere,  scolpire  e  fondere;  l'arte  di  fare  statue  a 
pezzi,  fuse  o  battute  a  martello. 

Cose  e  termini  vari. 
Modi  di  dire 

Amusia,  indifferenza  al  bello,  per  effetto  della 
mancanza  di  senso  artistico.  -  Architectonia,  facoltà 
di  appropriarsi  le  produzioni  di  tutte  le  arti  e  di 
applicarle  con  buon  gusto  alla  costruzione  di  qual- 
che edificio.  -  Arnesi,  nome  generico  degli  oggetti 
che'  servono  all'artista  per  l'esecuzione  dei  suoi  la- 
vori: tali  il  pennello,  lo  scalpello,  il  cesello,  il  bulino, 
il  cavalletto,  ecc.  (assortimento,  complesso  degli  ar- 
nesi occorrenti). 

Capo  d' arte,  oggetto  artistico  di  qualche  valore, 

Carte  autografiche  ^con  l'amido,  da  trasporto,  foto- 
litografiche,  gelatinafey  granite,  pimentate:  carte  pre- 
parate che  servono  per  le  arti  grafiche.  -  Concorso, 
esperimento,  esame,  o  presentazione  di  un  lavoro 
in  una  gara  per  ottenere  il  conferimento  dell'ese- 
cuzione d'un'opera  d'arte  (vincere  il  concorso,  essere 
il  prescelto.  -  Essere  bocciato,  fallire,  essere  respinto). 

Cose  d' arte,  i  vari  oggetti  e  quanto  si  riferisce 
anche  a  questioni  d'arte. 

Commissione  d'ornato,  quella  che  presiede  alle 
costruzioni,  delegatji  a  non  permettere  quanto  de- 
turpi l'edilizia. 

Critica,  €same  e  giudizio  di  un'  opera  d'  arte. 

Estética,  conoscenza  del  bello,  di  ciò  che  eccita 
i  sentimenti  elevati.  -  Fuoco  sacro,  ardore,  ispira- 
zione, vocazione  per  le  arti.  -  Finezze  d'un'arte,  le 
sue  segrete  bellezze,  i  suoi  segreti  procedimenti. 

Ideale,  grado  immaginario  di  perfezione  che 
l'arte  deve  proporsi  di  attingere.  -  Fitotecnìa,  amore 
delle  arti. 

Matrice,  le  forme  che  in  molte  arti  servono  per 
ottenere  rilievi,  sia  mediante  la  fusione  che  me- 
diante la  pressione.  -  Modello,  qualunque  cosa  serva 
come  campione  per  la  rappresentazione  artistica. 

Patrimonio  a,rtistico,  le  opere  d'arte  appartenenti 
ad  una  città,  ad  uno  Stato,  ecc.  -  Patrimonio  delle 
arti,  le  tradizioni^  le  jnemorie.  -  Polimelia,  unione 
di  più  arti.  -  Po(i^ecmco,  che  abbraccia  molte  scienze 
e  '  molte  arti.  -  Pratica,  il  frutto  dell'esperienza 
nell'esercizio  di  un'arte. 


474 


Quadri  viventi,  persone  in  posizione  di  celebri  statue, 
0  quadri,  in  un  qualunque  atteggriainento    artistico. 

Segrett  dell'arte,  le  doti  non  palesi,  quasi  istintive, 
per  cui  un  artista  riesce  nell'opera  sua;  le  partico- 
lari nozioni  per  la  conoscenza  delle  quali  sol- 
tanto si  possono  Superare  certe  difficolta;  certi 
modi  di  fare,  saputi  da  pochi.  -  Senso  squisito  d'arte, 
delicata  facoltà  'di  impressione  e  di  espressione. 

Sommità,  culmine  deli'arte,  il  più  alto  grado  a  cui 
si  possa  portarla. 

Slattiti  delle  a/rti,  le  discipline,  i  regolamenti,  ecc., 
che  ne  stabilirono  0  ne  stabiliscono  il  funzionamento. 

Storia  dell'arte,  la  narrazione  di  quanta  la  ri- 
guarda. -  Universalità  d'arti,  il  complesso  di  tutte? 
nelle  loro  diverse  manifestazioni. 

Alcuni  modi  di  òihe.  --  Andare,  alle  stelle,  salire 
in  gran  pregio:  di  persona  o  di  opera.  -  Andar  per 
la  maggioì'e,  modo  traslato  dei  magistrati  delle  Arti 
delia  città  di  Firenze,  alcune  delle  quali  si  dicevano 
maggiori.  Ora,  in  significato  -di  «  acquistare  e  darsi 
importanza». 

Ars  patriae  decns  (l'arte  é  decoro  della  patria); 
ars  sibi  premium  (l'arte"  é  premio  a  sé  stessa);  <zrs 
voce  amoris  (l'arte  è  voce  d'amore):  assiomi  latini. 

L'arte  è  cosmopolita,  universale,  eclettica. 

Avere  il. bernoccolo',  una  particolare  disposizione  a 
coltivare-  una  determinata  arte.  -  Avere  occhio,  na- 
litrra,  sentimento,  tatto  d'artista,  le  qualità  necessarie 
per  riuscire,  per  far  bene.  -  Avere  o  non  aver  pro- 
Pica,  essere  o  non  essere  capaci,  esperti.  -  Avere  una 
tmtura  d'arte;  saperne  poco,  esserne  appena  infa- 
rinato. 

Ci  si  conosce  la  mano  delV artista;  la  sua  abilità, 
la  sua  maniera.  -  Coltivare  la  pittura,  la  scultura, 
un'arte  qualunqu,e,  attendervi  per  impararla- 

Concepire,  d'oTper e  d'arte,  formarsene  nella  mente 
il  concetto,  il  disegno. 

Diventar  maestro,  artista  abile  e  provetto.  -  Eser- 
citare un'arte,  il  professarla.  -  Esporre,  mettere  in 
vista,  in  mostra  al  pubblico;  concorrere  ad  una 
esposizione. 

Essere  fuori  di  scherma,  non  più  a  tiro,  eserci- 
tando una  data  arte.  -  Essere,  sentirsi  chiamato  ad 
un'arte,  averci  vocazione.  -  Essere  un  vei'o  modello, 
di  una  bella  opera  d'arte. 

Mettersi  nel  vero  punto  di  luce,  per  osservare  bene 
un  effetto  artistico.  -  Pagare  il  noviziato,  commet- 
tere qualche  errore  nell'esercizio  primo  della  pro- 
pria arte  ;  imparare  a  proprie  spese.  -  Pieno  di  fuoco: 
d'estro,  di  fantasia  in  arte,  in  poesia.  -  Professare 
tmarte,  esercitarla,  traftaiJa. 

Qiiesto  é  il  verbo  dell'arte,  la  parola,  la  sostanza 
vera.  -  Ritornare,  rimettere  in  luce  un'arte,  farla  ri- 
fiorire. -  Tènere  il  primato,  essere  il  primo  di  una 
scuola,  di  un'epoca,  di  un-  paese,  ecc. 

Arte.  Il  lavorò  dell'uomo,  fatto  con  ingegno,  con 
esperienza,  con  pratica,  per  il  conseguimento  di  un 
determinato  scopò.  Voce  usata  anche  in  significato, 
talvolta,  affine  a  quello  di  artificio  e  d'incanno. 

Arte  angelica,  o  arte  degli  spiriti,  insieme  dei 
mezzi  superstiziosi,  coi  quali,  nel  medio  evo,  si  cre- 
deva di  poter  imparare  quanto  si  volesse  conoscere, 
all'uopo  mettendosi  in  comunicazione  con  un  angelo 
0  un  demonio.  -  Arte  araldica,  arte  del  blasone:  detto 
ad  araldica.  -  Arte  culinaria,  l'arte  della  cucina^ 

Arte  del  cambio,  una  delle  antiche  arti  del  popolo 
in  Firenze. 

Afte  di  Santf Anselmo,  anticamente,  l'insieme  dei 
mezzi  superstiziosi  impiegati  per  guarire  le  piaghe: 


ARTERIA 

consisteva  nel  toccare,  con  certe  cerimonie,  i  pan- 
nilini  destinati  a  ricoprirle.  -  Arte,  o  scienza,  erme- 
tica,  V alchimia.  -  Arte  magica,  arte  negromantica, 
detto  a  magia. 

Arte  militare,  conoscenza  approfondita  di  quanto 
si  riferisce  alla  milizia,  al  mestiere  delle  armi,  alla 
guerra.  -  Arte  medica,  o  medicale,  la  medicina» 

Arte  mnemonica,  l'arte  di  aiutare,  fortificare  la  \»ie- 
rìiorda. 

Arte f  nautica,  l'arte  deìlla  navigazione.  "  Arte 
notoria,  preteso  mezzo  di  acquistare,  di  punto  in 
bianco,  tutte  le  nozioni  scientifiche  per  mezzo  del 
digiuno  e  dall'osservanza  di  pratiche  superstiziose. 

Arte  oratoria,  l'eloquenza,  l'arte  d^Worat^rre, 

Arte  simbolica,  l'arte  di  rappresentare  con  simboli 
idee  religiose,  etiche  e  simili.  -  Arte  tintoria,  l'arte 
del  tintore.  -  Arte  veterinaria,  veggasi  a  veteri- 
naria. 

Grande  arrfW,  termine  di  alchimia.  -  Quadrivium 
0  quadruvium,  parte  dell'insegnamento  scolastico  che 
comprendeva  l'aritmetica,  la  musica,  la  geometria, 
l'astronomia.  -  Trivium,  parte  dell'insegnamento  sco- 
lastico che  comprendeva  la  grammatica,  la  retorica, 
la  dialettica,  .0  logica,  o  filosofia. 

Artefatto.  Fatto  con  arte.-  Anche  di  cosa  fatta 
con  artificio. 

Artéfice.  Chi  esercita  un'arte;  anche  Vope- 
•rato  e  chiunque  eserciti  un  mestiere^  specialmente 
meccanico. 

Artemisia.  Sorta  d'erba  medicinale  (antiepi- 
lettica), talvolta  usata  nella  fabbricazione  della 
birra. 

Arteria.  Vaso  cilindrico,  elastico,  contrattile, 
destinato  a  portare  il  sangue  dal  cuore  agli  or- 
gani e  in  tutti  i  punti  del  corpo,  dove  passa  di  vena 
in  vena  e  torna  per  esse  al  cuore.  Nella  grande 
circolazione,  le  arterie  contengono  sangue  arte- 
rioso; nella  piccola,  sangue  venoso.  Le  arterie  bat- 
tono, pulsano,  sono  pulsatili,  danno  pulsazione, 
ossia  qnella  battuta  dì  polso,  che  si  sente,  in  alcune 
parti  del  corpo.  -  Arteriola,  piccola  arteria:  arte- 
riuccia,  arteriuzza.  -Arteriale,  appartenente  ad  arteria. 
-  Arterioso,  tutto  ciò  che  fa  parte  dell'arteria  o  che 
ad  essa  si  riferisce. 

Arteriogrammu,  tracciato  del  polso  arterioso.  - 
Arteriologia,  parte  deìYanatomia  che  tratta  delle 
arterie. 

Canale  arterioso,  comunicazione  fra  l'aorta  e  l'ar- 
teria polmonare,  esistente  solo  nella  vita  uterina. 

Ostio  arterioso,  l'apertura  circolare  che  si  trova 
nella  base  del  ventricolo  cardiaco  e  che  dà  origine 
all'arteria  corrispondente.  -  Polso  arterioso,  veggasi 
a  polso.  -  Sistole  arteriosa,  lo  stato  di  contrazione  o 
di  stringimento  di  un'arteria:  quindi  lo  stato  opposto 
a  quello  della  diastole,  dilataeione  delle  cavità  del 
cuore  o  del  lume  delle  arterie  nel  momento  in  cui 
sono  riempite,  ossia  all'ai-rivo  deWonda  pulsatile. 

Rumori  arteriosi,  quelli  che  si  avvertono  all'  a- 
scoltazione  delle  arterie,  conio  stetoscopio.  -Sistema 
arterioso,  il  complesso  di  tutte  le  arterie,  che,  nate 
dal  cuore,  si  rendono  a  tutti  gli  organi  (/  distri- 
buiscono il-  sangue  rosso  a  tutta  l'economia.  -  Ten- 
sione arteriosa,  la  tendenza  delle  arterie  a  contrarsi 
quando  distese  da  un'onda  di  sangue  {sfigmografi 
0,  sfigmomanometri,  gli  stramenli  che  vengono  ado- 
perati per  mi*;urare  la  tensione  e  la  pressione  ar- 
teriosa del  polso). 

Valvole  arteriose,  le  'sigmoidi,  che  sono  in  nu- 
mero di  sei,  tre  delle  quali  muniscono  l'orificio  ar- 
terio-polmonale  e  le  altre  chiudono  l'orificio  aortico.. 


175 


Vena  arteriosa:  chidimsL&i  cosi  Yarleria  polmonare, 
come  quella  die  contiene  sangue  venoso,  pur  avendo 
direzione  cenlril'uga. 

Denominazioni  varie,  struttura,  ecc.,  delle  arterie. 

Aorta,  grande  arteria  die  nasce  dal  ventricolo 
sinistro  del  cuore.  -  Arcate  palmari,  quelle  forniate 
dalie  anastomosi  delle  arterie  radiale  e  cubitale  che 
vengono  a  finire  nella  mano. 

Anonima,  arteria  die  parte  dal  margine  convesso 
dell'arco  dell'aorta,  sale  obliquamente  innanzi  alla 
trachea  e  dietro  la  vena  innominata  sinistra,  poi  si 
divide  in  due  rami  {succlaria  e  carotide  destra).  Di- 
cesi anche  tronco  bracino-cefalico.  •  Arterie  di  Vìeus- 
sens,  due  rami  arteriosi  che  si  originano  uno  dal- , 
l'arteria  coronaria  sinistra,  l'altro  dall'arteria  coro- 
naria destra  del  cuore,  dirigendosi  nello  strato  adiposo 
che  circonda  l'origine  delTartoria  polmonare. 

Aì^cellare,  d'icesì  la  succlavia  quando  passa  tra  i 
muscoli  scaleni.  -  Basilare,  l'arteria  che  nasce  dal- 
l'unione delle  due  vertebrali  e  poi  si  divide  nelle 
due  profonde  del  cervello. 

Carotide,  la  grossa  arteria  destinata  a  portare  il 
sangue  alla  testa.  Consta,  da  ciascun  lato,  di  un 
tronco  prinr  pale  (carotide  primitiva)  e  di  due  rami 
(carotide  interna  e  carotide  esterna).  -  Celiaca,  tronco 
comune  delle  arterie  coronarie  gastrica,  epatica  e 
spiente  a. 

Circonflessa  iliaca  ed  epigastrica,  arterie  formanti 
l'iliaca  esterna.  •  Coronaria,  quella  che  si  dirama 
dall'aorta  e  porta  il  sangue  nella  sostanza  del  cuore. 
Corniiaria  labhiale  inferiore  e  superiore,  rami  del- 
l'arteria facciale.  Coronarie  dello  stomaco  o  stoma- 
chiche, quelle  che  riceve  lo  stomaco.  Queste  ultime 
e  le  coronarie  epatica,  splenica,  mesenteriche,  re- 
nali, spermatiche,  utero-ovariche ,  sono  branche  del 
tronco  celiaco. 

Femorale  o  crurale,  V  iliaca  esterna  dopo  uscita 
dal  bacino.  -  Iliaca  interna,  o  ipograstrica,  e  iliaca 
esterna,  branche  in  cui  si  divide  ciascuna  delle 
arterie  iliache.  -  Mammaria  interna,  scapolari,  cer- 
vicale profonda,  intercostale  superiore,  ecc.,  arterie 
che  nascono  dalla  succlavia.  -  Mascellare  interna, 
ramo  della  carotide  esterna,  che  dà  molti  rami  per 
le  membrane  del  cervello,  per  le  arcate  dentarie, 
per  la  faringe,  ecc.  -  Mesenteriche  superiore  e  infe- 
riore,  renali,  arterie  che  vanno  al  rene. 

Omei'ale,  o  brachiale,  l'arteria  ascellare,  giunta  al 
tendine  del  muscolo  gran  pettorale.  -  Pedidia,  l'ar- 
teria che  porta  il  sangue  alla  regione  dorsale  del 
piede.  -  Plantari,  le  arterie  che  formano,  con  le 
loro  numerose  anastomosi,  un  arco  non  dissimile  a 
quello  della  mano.  -  Polmonare,  arteria  quanto  alla 
struttura  e  vena  quanto  alla  funzione:  parte  dal  ven- 
tricolo destro  e  quindi  si  divide  in  due  rami  principali, 
uno  per  ciascun  polmone.  -  Poplitea,  l'iliaca  esterna 
un  poco  al  disopra  del  cavo  popliteo:  fornisce  rami 
alla  regione  del  ginocchio.  -  Pudènda,  ramo  dell'  i- 
pogastrica  che  si  distribuisce  al  perinèo,  al  pene  o 
al  clitoride. 

Radiale  e  cubitale,  la  continuazione  dell'  arteria 
omerale  giunta  al  dinanzi  dell'articolazione  del  go- 
mito. -  Arterie  renali,  rami  dell'aorta  addominale, 
una  per  ciascun  rene.  -  Ricorrenti,  arterie  del  gomito 
e  della  gamba  che  paiono  risalire  verso  il  tronco. 

Sacrale  media,  iliaca  interna  o  ipogastrica,  iliaca 
estema,  arte/ie  che  terminano  l'aorta.  -  Succlavie: 
sono  due,  una  a  destra  e  l'altra  a  sinistra;  la  prima 
nasce  dal  tronco  innominato,   la  seconda  dall'  arco 


dell'aorta.  Passata  la  prima  costa,  assumono  il  nome 
di  ascellari. 

Temporale,  arteria  pei  tegumenti  del  cranio,  ramo 
collaterale  della  carotide  esterna.  -  Tibiale  anteriore, 
arteria  tibio-peronea,  branche  in  cui  termina  l'iliaca 
esterna.  -  Tibiale  posteriore  e  arteria  peroniera,  ar- 
terie in  cui  si  divide  il  tronco  tibio-peroneo.  -  Ti- 
roidea, nome  di  due  arterie,  superiore  e  inferiore, 
la  prima  nascente  dalla  carotide  esterna,  l'altra  dalla 
succlavia,  a  livello  dell' apofisi  traversa  della  sesta 
vertebra  cervicale.  -  Vertebrale,  arteria  che  nasce 
dalla  succlavia. 

Alcuni  tkhmint  generici 

Le  arterie  della  grande  circolazione  sono  tutte 
ramificazioni  del  tronco  arterioso  aortico,  che  si 
stiicca  dal  ventricolo  sinistro  del  cuore .  Sono 
quasi  tutte  sottoaponeuro'Ache;  poche  sottocutanee. 
(Jonstano  di  tre  tuniche  concentriche:  una,  esterna, 
connettivale  {avventizia),  contiene  i  vasa  vasorum  e 
i  plessi  nervosi  perivasali;  la  seconda,  medh  (ela- 
stica muscolare),  risulta  di  fibre  elastiche  e  di  jìbie 
muscolari  lisce,  longitudinali  e  circolari;  la  terza^ 
interna  (endoteliale).  dicesi  intima. 

Anastomosi,  imboccatura  di  una  arteria  o  vena  in 
un'altra;  unione  di  due  vasi. 

Arterializzazione,  trasformazione  del  sangue  ve- 
noso in  arterioso,  nel  polmone,  per  l'azione  dell'os- 
sigeno. -  Frenico,  aggiunto  di  due  arterie  del  tronco 
discendente  che  si  distribuiscono  nel  diaframma  e 
nel  pericardio,  e  di  due  tronchi  della  vena  cava 
che  anch'essi  penetrano  nel  diaframma.  -  Plesso  ce- 
liaco, prolungamento  del  plesso  solare  sul  tragitto 
dell'arteria  celiaca. 

Sacco  aneurismatico,  la  saccoccia  formata  dalla 
tunica  esterna  delle  arterie  o  di  altri  tessuti  nei 
quali  è  il  sangue  componente  il  tumore  dell'aneuri- 
sma circoscritto. 

Tronco,  la  parte  più  considerevole  d 'un'  ar- 
teria, d'una  vena  o  d'un  nervo,  che  non  ha  an- 
cora fornito  alcun  ramo.  -  Tronco  bracino- cefalico: 
tronco  d'origine  delle  arterie  succlavie  e  carotidi  pri' 
mitive.  -  Tronco  celiaco,  quello  delle  arterie  coro- 
narie, gastrica,  epatica  e  splenica. 

Valvole  sigmoidee,  pieghe  membranacee  di  cui  è 
munita  1'  arteria  polmonare  e  1'  aorta  alla  sua  ori- 
gine. -  Vasa  vasorum,  nervi,  vasi  linfatici,  vasi  san- 
guigni che  si  incontrano  nelle  pareti   delle  arterie. 

Malattie,  alterazioni  delle  arterie 
cure,  operazioni. 

Malattie,  ecc.  —  Le  malattie  delle  arterie  consi- 
stono, essenzialmente,  in  ptrocessi  di  infiammazione 
(acuta  e  cronica)  o  di  degenerazione,  e  nelle  conse- 
guenze meccaniche  che  ne  derivano  (dilatazioni  e 
rotture).  -  Aneurisma,  dilatazione  spontanea  o 
provocata  da  urto  nelle  pareti  d'un' arteria  o  delle 
stesse  pareti  del  cuore  o  da  altra  causa.  -  Aneuri- 
sma artero-venoso,  quello  formato  dalla  comunica- 
zione di  un'arteria  con  una  vena. 

Artereurisma,  dilatazione  anormale  che  si  produce 
in  un'arteria.  -  Arteriasi,  nome  dato  da  Zannini  alla 
degenerazione  ateromatosa  e  calcarea  delle  arterie. 
-  Arteriectasia,  arteriettasia,  dilatazione  diffusa,  o 
sinuosa  alquanto,  per  lo  più  cilindrica  o  fusiforme 
delle  arterie.  E'  frequente  nell'aorta.  -  Arlerinrnhaia, 


176 


ARTERIALE   —    ARTTCOr.A/TOXF 


atonia  delle  arterie.  -  Arterioctopia,  spostamento 
anormale  di  una  arteria. 

Arteriolito,  il  caZco/o  nelle  arlerie.  -  Arteriomalacia. 
rammollimento  delle  pareti  delle  arterie;  la  fase  di 
rammollimento  dei  focolai  ateromasici.  -  Arteriopa- 
tia,  malattia  delie  arterie.  -  Arterioplania,  allunga- 
mento esagerato  delle  arterie.  -  Arteìiorragia,  emor- 
ragia d 'un'arteria. 

Arteriosclerosi,  degenerazione  delle  arterie  (indu- 
rimento, ecc.),  avvelenamento  cronico  che,  quando 
è  molto  pronunziato  e  diffuso,  per  effetto  di 
sifilide,  di  gotta,  di  abuso  d'alcool,  ecc.,  pro- 
duce una  malattia  generale,  caratterizzata  da  disor- 
dini circolatori  e  da  alterazioni  negli  organi.  — 
Rimedi:  il  iodalbo    e  altri   preparati  iodici;    ecc. 

Arteriostenosi,  diminuzione  del  calibro,  o  totale 
otturamento  di  un'arteria.  -  Arteriostosi,  incrosta- 
zione delle  arterie.  Si  verifica  nelle  fasi  ultime 
dell'  ateromasia.  -  Arterite,  arleritide,  periarterite, 
infiammazione  delle  arterie.  Principali  tipi  di  ar- 
terite: la  purulenta,  la  prolifera  o  iperplastica, 
\ ematogena,  la  consecutiva. 

Ateroma  delle  arterie,  processo  degenerativo  della 
tonaca  intima  delle  arterie  e  in  parte  dell'endocardio. 

Ateromatosi,  processo  patologico  che  si  manifesta 
con  r  ispessimento  della  parete  arteriosa  e  con  la 
formazione  di  piastre  di  colorito  giallo-biancastro, 
rilevato  sulla  superficie  interna  delle  arterie. 

Degenerazione,  processo  morboso  comune  nella 
seeonda  metà  della  vita.  -  Embolismo,  il  trasporto 
di  una  porzione  del  coagulo  da  una  parte  ad  un'al- 
tra parte  doii'albero  circolatorio  e  il  suo  arrestarsi 
quando  giunge  ad  un  vaso  troppo  stretto  per  per- 
metterne l'ulteriore  proseguimento.  La  particella 
trasportata  dal  torrente  circolatorio  vien  detta  em- 
bolo. -  Trombosi,  la  coagulazione  del  sangue  entro 
l'arteria  o   altro  vaso.   Trombo,   il  coagulo. 

Cure,  operazioni.  —  Agopressura  o  agopresstone, 
operazione  con  la  quale  si  ferma  il  sangue  di  un 
arteria  ferita,  con  l'introdurre  un  ago  metallico  nei 
tessuti  e  comprimere  cosi  l'arteria  stessa.  -  Allac- 
ciatura, operazione  con  la  quale,  applicando  un 
laccio  di  seta  o  d'altro  al  di  sopra  di  un'arteria,  si 
cerca  impedire  che  ne  esca  il  sangue  nei  casi  di 
ferite,  oppure  si  cerca  di  chiudere  al  sangue  l'af- 
flusso in  un  sacco  aneurismatico.  -  Angiostrofe  o 
ungiostrofia,  torsione  delle  arterie  per  fermare  l'e- 
morragia. -  Arleriodema,  pinzetta  adoperata  per  le- 
gare le  arterie. 

Arteriorafia,  operazione  chirurgica  con  la  quale 
si  suturano  le  soluzioni  di  continuità  delle  grosse 
arterie,  per  frenarne  l'emorragia  senza  occluderne  il 
lume.  -  Arleriosclerosina,  specifico  contro  l'arterio- 
clerosi:  prodotto  costituito  del  siero  Tremecek.  a 
cui  si  aggiunge  una  certa  quantità  di  glicerofosfato 
calcico.  -  Arteriotomia,  operazione  chirurgica  (ora  di- 
susata) con  la  quale  si  incideva  o  si  recideva  una 
piccola  arteria  per  sottrarre  dall'organismo  una  de- 
terminata quantità  di  sangue,  a  scopo  terapeutico. 
-  Anteriotrepsia,  torsione  delle  arterie  per  arrestare 
l'emorragia  arteriosa. 

Arteriale.  Di  arteria. 

Arterie,  Plurale  di  arteria,  -  Per  similitu- 
dine, dicesi  delle  vie  principali  d'una  città,  dei 
«anali  di  comunicazione  e  di  navigazione,  ecc. 

Arteriosclerosi.  V.  ad  arteria,  (malattie  ecc.). 

Arterioso.  Di  arteria,  proprio  di  arteria. 

Arteriótomo.  Strumento  chirurgico  per  ese- 
guire l'apertura  d'un'  arteria. 

Artesiano.  Detto  a  pozzo. 


Artico.  Veggasi  a  polo  e  a  mare. 

Articolare  (articolato).  Organare,  formare  le 
membra  di  un  corpo.  -  Anche  muovere  le  membra 
per  ogni  verso.  -  Mandar  fuori  bene  la  voce.  •  Pro- 
nunziare distintamente  la  2>a**oZa.  -Aggettivamente, 
di  articolazione. 

Articolato.  Aggiunto  dato  ad  una  preposi- 
zione, a  cui  va  unito  Varticolo.  -  inanimale 
fornito    di    organi    per  la    locomozione    articolata. 

La  serie  di  articoli  d'una  legge,  d'un  contratto. 

Articolazione  (articolare).  Nodo,  giuntura,  an- 
nodatura  delle  ossa  fra  loro,  nel  corpo  animale. 

Le  articolazioni  si  distinguono  in  immobili,  poco 
mobili  e  mobili.  Le  prime  si  dicono  sinartrosi  o  su- 
ture; le  seconde  anflartrosi  e  le  ultime  diartrosi.  A 
queste  appartengono  l'enartrosi  (superficie  sferica 
accolta  in  cavità;  presenza  di  capsula  articolare)  e 
V articolazione  a  sella  (superficì  articolari  concave  in 
una  direzione,  convesse  nell'altra;  presenza  di  cap- 
sula articolare  incompleta). 

Le  articolazioni  uniscono  le  ossa  per  mezzo  di 
dentelli  ingranati  e  tenuti  insieme  da  fibro-cartilagini 
(sinartrosi),  oppure  per  superficie  più  o  meno  piane, 
tenute  insieme  da  una  grossa  fibro-cartilagine  (an- 
fiartrosi);  ovvero  vi  sono  superficie  lisce,  rivestite 
di  cartilagine,  perfettamente  indipendenti,  tenute 
insieme  da  una  capsula  articolare  periferica,  da  un 
apparecchio  legamentoso  e  da  una  membrana  sino- 
viale  (diartrosi).  Il  nome  dell'articolazione  comprende 
le  due  ossa:  es.,  articolazione-sterno-clavicolare. 

Artrologia,  o  sindesmologia,  parte  deWanatomia 
che  ha  per  oggetto  lo  studio  delle  articolazioni. 

Articolare,  ciò  che  è  riferibile  alle  articolazioni: 
artritico.  -  Anche,  di  medicamenti  giovevoli  alle 
malattie  delle  articolazioni.  -  Articolato,  distinto, 
che  ha  gli  articoli,  le  giunture.  Provvisto  di  arti- 
colazione (osso  articolato,  ecc.).  -  Oligomero,  poco 
articolato. 

Alari,  chiamansi  certi  ligamenti  dell'articolazione 
occipito-assoidea  e  di  quella  del  ginocchio.  -  Arterie 
articolari,  quelle  che  si  distribuiscono  agli  appa- 
recchi legamentosi  e  alle  parti  molli  e  dure  delle 
articolazioni.  -  Reti  arteriose  articolari,  le  anostomosi 
che  formano  i  rami  delle  arterie  articolari  intorno 
alle  principali  articolazioni  degli  arti.  -  Cavità  ar- 
ticolare, lo  spazio  virtuale  che  resta  fra  le  ossa, 
nell'interno  della  membrana  sinoviale. 

Articolazioni  condiloidee,  quelle  diartrosi  nelle 
quali  le  superficie  articolari  sono  elissoidi;  e  chiamasi 
condilo  la  suparficie  convessa.  -  Bicondiloidee,  quando 
i  condili  sono  due,  come  nell'articolazione  temporo- 
mascellare.  -  Artrocelo,  membrana  connettivale,  che, 
nello  sviluppo  connettivale  dell'  articolazione,  rap- 
presenta ciò  che  sarà  poi  la  sinoviale.  -  Artromeninge, 
capsula  articolare.  -  Artrosi,  voce  antica  che  signi- 
fica l'articolazione  in  generale;  qualunque  specie 
di  articolazione. 

Borsa  mucosa,  capsula  sinoviale  formante  un  sacco 
chiuso  virtuale  intorno  ai  tendini,  alle  articolazioni., 
per  facilitarne  le  funzioni.  -  Capo  articolare,  l'apo- 
fisi  (sporgenza)  di  forma  sferoidale,  che  si  muove  nella 
cavità  articolare  di  altro  osso,  concorrendo  a  for- 
mare l'articolazione.  Artrodia,  capo  articolare  piano. 

Cartilàgine,  sostanza  solida  del  corpo  umano,  che, 
per  la  sua  cedevolezza,  neutralizza  nelle  articola- 
zioni mobili,  nella  sinfisi  e  nelle  sincondrosi,  le 
scosse  e  gli  urti,  o  ne  mitiga  la  propagazione. 

Condili,  le  apofisi  articolari,  se  sono  più  larghe 
in  un  senso  o  nell'altro;  dentellature  e  radici,  quando 
servono  ad  articolazioni  immobili. 


ARTICOLAZIONE 


177 


Fibro-cartiìcKjini:  di  colore  bianco  grigiastro,  par- 
tecipano dei  legamenti  e  delle  cartilagini  e  formano 
ora  dei  cuscini  elastici,  ora  dei  veri  legami.  -  Gin- 
glimo,  0  apuìcyiiia,  a  cerniera,  trocleare,  diartiosi 
caratterizzata  dalla  presenza  nel  mezzo  dell'emi- 
nenza convessa  di  un  solco  più  o  meno  profonde, 
nel  quale  si  incastra  una  linea  sporgente  dal  mezzo 
della  superficie  concava.  -  Gomfost,  articolazione 
immobile,  in  cui  un  osso  è  incastrato  in  una  ca- 
vità, come  un  cliiodo.  Così  i  denti  negli  alveoli. 

Legamento  (ligamento),  fascetto  di  tessuto  fibroso, 
bianco  argentino,  destinato  a  riunire  le  articolazioni; 
si  contano  circa  ottocento  di  questi  fascetti,  peri- 
articolari  0  intrarticolari.  E  sono  della  colonna 
vertebrale,  della  colonna  con  la  testa,  delle  prime 
vertebre  cervicali,  delle  articolazioni  sacro-verte- 
brali, sacro-coccigee,  costo-vertebrali,  condro-ster- 
nali, condro-costali,  della  scapola,  del  gomito,  del 
ginocchio,  ecc.,  ecc. 

Nodello,  congiuntura  delle  ossa,  articolazione.  Di- 
minutivo di  nodo,  ma  solo  per  significare  la  con- 
giuntura che  attacca  la  gamba  ai  piedi,  o  le  braccia 
alle  mani,  oppure  la  giuntura  di  due  ossa.  -  Nodo, 
legamento  {nodo  del  collo,  la  congiunzione  del  capo 
al  collo,  ecc.). 

Pericondrio,  membrana  fibrosa  che  ricopre  i  vasi 
sanguigni  delle  cartilagini.  -  Pseudartrosi,  l'artico- 
lazione accidentale,  prodotta  fra  i  due  capi  non 
riuniti  di  una  frattura  e  qualche  volta  fra  le  due 
porzioni  di  un  osso  risecato. 

Sinfisi,  sorta  d'articolazione  amfiartroidale,  specie 
del  bacino.  -  Snodatura,  piegatura  delle  articola- 
zioni. 

binovia,  liquido  di  color  giallastro,  di  consistenza 
oleosa,  che  spalma  e  contribuisce  a  comunicare 
alle  superficie  articolari  una  straordinaria  leviga- 
tezza {sinovina,  sostanza  della  sinovia).  -  Sinoviali, 
membrane  sottili,  delicate,  a  faccia  interna,  prov- 
vedute di  endotelio,  che  rivestono  le  articolazioni 
e  i  legamenti. 

Malattie  delle  articolazioni 

Sono:  le  lesioni  traumatiche,  come  le  contusioni, 
le  distorsioni,  le  lussazioni,  le  fratture  e  le  ferite; 
le  lesioni  infiammatorie,  come  l'artrite,  Vidrartìvsi, 
la  sinovite;  le  lesioni  nervose,  come  artralgia,  artro- 
patia,  ecc.;  le  deformità,  come  anchilosi,  attitudini 
fisse,  diastasi,  lussaziom  ;  i  corpi  mobili  (artroliti, 
corpi  mobili  articolarij;  i  tumori. 

Acampsia,  impossibilità  di  flettere  un'articolazione. 

Anchilosi,  fissazione  ad  angolo  di  una  parte  arti- 
colare rispetto  all'  altra,  che  residua  per  lo  più  ad 
infiammazioni  distruttive  delle  articolazioni,  spesso 
la  tubercolare.  -  Anfiartrosi,  aderenza  di  tessuti  pato- 
logici tutt'  intorno  all'  articolazione  e  che  la  immobi- 
lizzano interamente.  -  Artralgia,  dolore  alle  articola- 
zioni, nevralgia  articolare:  malattia  che  si  presenta 
nei  nevTopatici  e  specialmente  nelle  donne  isteriche. 

Artremia,  congestione  sanguigna  in  una  artico- 
lazione. 

Artrite,  o  artritide,  processo  infiammatorio  che 
interessa  una  parte  o  tutti  i  tessuti  costituenti  l'ar- 
ticolazione. -  Artrocace,  specie  di  artrite  cronica 
(veggasi  ad  artrite).  -  Artrocele,  tumore  articolare: 

§uò  dirsi  cosi  ogni  lesione  associata  a  tumefazione 
ell'articolazione,  ma  specialmente  il  tumore  bianco. 
-  Artrodinia,  dolore  vago  delle  articolazioni,  senza 
lesioni  anatomo-patologiche.  -  Artroflogosi,  infiam- 
mazione articolare.  -  Artrogriposi,   flessione  perma- 

Premoli  —  Vocabolario  l^oììienclatore. 


nente  e  morbosa  delle  articolazioni,  dovuta  a  cause 
diverse.  -  ArtroUto,  calcolo  artritrico. 

Artropatia,  malattia  delle  articolazioni  in  gene- 
rale: più  specialmente  designa  quelle  lesioni  arti- 
colari che  dipendono  da  un'alterazione  del  sistema 
nervoso.  -  Artropion,  o  pioartrosi,  ascesso  delle  arti- 
colazioni, sinovite  purulenta.  -  Chir artrocace,  infiam- 
mazione dell'  articolazione  della  mano  con  1'  avam- 
braccio. -  Clidartrocace,  infiammazione  delle  super- 
ficie ossee  dell'articolazione  sternoclavicolare. 

Gotta,  artrite  acuta.  -  larario,  infiammazione 
cronica  delle  articolazioni,  accompagnata  da  distru- 
zione della  capsula  articolare  e  da  versamento 
sieroso.  -  Idrartrosi,  idropisia  articolare. 

Lussazionie  lo  spostamento  di  due  o  più  super- 
ficì  articolari  dalla  loro  posizione  naturale.  -  Nodo- 
sità, concrezione  calcarea  nelle  articolazioni. 

Pneumartrosi  (gr.).  Sviluppo  di  gas  in  una  cavità 
articolare.  -  Reumatismo  articolare,  affezione  di 
natura  infiammatoria  che  occupa  il  tessuto  fibro- 
sieroso  delle  articolazioni.  -  Sinovite,  infiammazione 
della  sinovia. 

Storta,  distensione  violenta  dei  legamenti  e  delle 
parti  molli  che  stanno  intorno  ad  un'articolazione. 

Operazioni  chirurgiche. 

Artrectomia,  asportazione  delle  capsule  articolari 
ammalate:  si  opera  scucchiaiandole  o  asportandole 
con  forbici  curve.  -  Artroplastia,  operazione,  con  la 
quale  si  tenta  di  ripristinare,  almeno  in  parte,  i 
movimenti  nelle  articolazioni  anchilosate.  -  Artro- 
rafia,  sutura  della  capsula  articolare. 

Artrotomia,  apertura,  tecnicamente  eseguita,  di 
un'articolazione,  per  vuotarne  il  contenuto  patolo- 
gico, 0  per  determinarne  i  corpi  estranei  ed  i  corpi 
mobili  articolari.  -  Artroxesi,  ['  asportazione  della 
sinoviale  e  della  capsula  articolare  ammalate.  -  Di- 
sarticolazione, Y  operazione  del  disarticolare,  cioè 
dell'  amputare  nelle  articolazioni.  -  Massaggio, 
manipolazione  per  la  cura  di  alcune  affezioni,  acute 
0  croniche,  delle  articolazioni. 
■   Articolista.  Veggasi  a  giornalista. 

Articolo.  In  grammatica,  parola  che  si  prepone 
ai  nomi  o  ai  pronomi  e  serve  a  individuare  o  ge- 
neralizzare la  cosa  di  cui  si  parla,  facendone  di- 
stinguere anche  il  genere  e  il  numero.  -  Specie: 
articolo  determinativo,  determinato;  indeterminativo, 
indeterminato;  partitivo.  -  Preposizione  articolata, 
quella  a  cui  sia  unito  un  articolo.  -  Genere:  maschile, 
femminile,  neutro.  -  Numero:  plurale,  singolare. 

Il,  lo,  la,  i,  gli,  le,  articoli  determinativi.  -  Un, 
uno,  una,  articoli  indeterminativi  o  indeterminati, 
quando  non  siano  aggettivi  numerali.  -  Accompor 
gnanome,  l'articolo  indeterminato. 

Articolo.  Giuntura,  articolazione  del  corpo 
animale.  -  Scritto  di  giornale.  •  Parte,  fonaa- 
mento  di  tede,  nel  cristianesimo.  -  Oggetto,  merce, 
mercanzia,  per  lo  più  di  moda. 

Artiere.  Artefice,  operaio. 

Artificiale  (artificialmente).  Fatto  con  arti- 
ficio. 

Artiflclare  (artificiato,  artificialmente).  Lavo- 
rare, fare  in  modo  artificiale,  con  artificio. 

Artifìcio,  artifizio,  artificiosità  (artificioso 
artificiato,  artificiatamente).  Operazione,  cosa  fatta 
con  arte,  con  maestria,  per  conseguire  un  determi- 
nato scopo  :  per  lo  più,  in  significato  non  buono 
Contrario  di  naturalezza:  artifiziosità,  acconciamento, 
ammanieramento,  frode,  malizia,  ricercatezza;  mala 


12 


178 


ARTIFICIOSITÀ     —    ARTIGLIERIA 


arte;  lusinga  per  inganno.  •  Ammennicolo,  arte- 
ficio  studiato.  -  Arie  di  non  parere,  infingimento  per 
non  sembrare  quello  che  si  ò  veramente.  •  Dedaleo 
(da  Dedalo,  favoloso  artefice  che  trovò  il  modo  di 
volare),  di  cosa  fatta  con  molto  artificio. 

Artificiale:  artifizi  ale,  arteficiale,  artato,  artefatto, 
artifiziato,  artificiato;  contrario  di  naturale;  fittizio, 
fattizio,  fatturato,  affatturato;  appositivo,  appositizio 
(non  naturale,  applicato  con  arte);  acquisito  (non 
di  natura). 

Artificialmente,  con  artificio,  con  mezzi  artificiali 
per  arte;  artatamente,  artifiziatamente,  artifiziosa- 
mente;  a  posticcio. 

Artificiare:  artefare,  ammanierare,  acquisire  (non 
avere  naturalmente)  -  Amminicnlone,  chi  è  uso  ri- 
correre ad  artifici. 

Artificioso,  aggiunto,  specialmente,  di  stile,  di 
un'  opera  d'arte  e  simili:  artifizioso,  condotto  con 
sofisticheria  artistica;  convenzionale,  manierato. 

Di  persona:  cavallo  addestrato,  orologio  caricato, 
pappagallo.  •  Artificiosità,  l'essere  artificioso. 

Artificiosità,  artificioso.  Detto  ad  artificio. 

Artigiano.  Chi  esercita  un'  arte  manuale  o 
meccanica:  operaio,  •  Pardtico,  nel  medio-evo, 
corporazione  d'artigiani. 

Artigliare  (artigliato).  Prendere  con  l'artiglio. 

Artigliere.  Soldato  d'artiglieria. 

Artiglieria.  Insieme  delle  armi,  delle  mac- 
chine, del  grosso  materiale  da  guerra  (cannoni,  af- 
fusti, carri,  munizioni,  ecc.)  di  cui  è  fornito  un 
esercito.  Anche  il  corpo  di  milizia,  Varma  dotta 
che  se  ne  serve.  Sinonimi  di  artiglieria  :  armi  ser- 
vite, bocche  da  fuoco)  bronzi  (poet.),  fulmine  di 
morte,  tormento  bellico.  -  Santa  Barbara,  protettrice 
dei  cannonieri,  degli  artiglieri. 

Artiglieria  a  cavallo,  quella  di  campagna,  servita 
da  artiglieri  a  cavallo  e  che  governa  le  bocche  da 
fuoco  volanti.  -  Artiglieria  da  assedio,  artiglieria 
grave  e  potente,  atta  ad  abbattere  le  mura  delle 
città  0  fortezze.  -  Artiglieria  da  campagna,  o  da 
campo,  quella  leggera,  più  facilmente  maneggiabile 
in  battaglia.  -  Artiglieria  da  fortezza,  quell?  grossa 
e  stabile,  che  si  adopra  per  difendere  le  piazze 
forti;  si  compone  di  cannoni  di  grosso  calibro,  di 
obici,  di  mortai,  e  si  distingue  in  artiglieria  da 
piazza,  che  guarnisce  i  baluardi  delle  fortezze,  e 
in  artiglieria  da  costa,  che  arma  le  batterie  in  riva 
al  mare. 

Artiglieria  da  montagna,  la  più  leggiera  e  più 
piccola,  che  spesso  si  porta  sui  muli,  smontando  i 
pezzi.  -  Artiglieria  da  posizione,  quella  destinata,  in 
campagna,  ad  occupare  determinate  posizioni  e  di 
là  combattere  l'artiglieria  nemica.  -  Artiglieria  vo- 
lante, per  operazioni  spedite  di  campagna,  con  tutti 
1,'li  artiglieri  a  cavallo.  -  Grossa  artiglieria,  i  pezzi 
di  maggior  calibro. 

Le  artiglierie  sono  ora  costruite  in  bronzo 
compresso,  o  in  acciaio  e  nichel,  e  possono  avere 
proporzioni  colossali,  come  quelle  di  qualche  nostra 
corazzata  (del  calibro  di  43-45  centimetri  da  100 
tonnellate,  aventi  una  carica  da  200  a  400  chilo- 
grammi di  polvere,  con  proiettili  da  200  a  10000 
cliilogrammi). 

Artiglierie  antiche  e  moderne. 

Armstrong,  nome  (da  quello  del  fabbricatore)  di 
molti  pezzi  e  sistemi  di  artiglieria.  -  Bombarda, 
nome  generico  delle  prime  artiglierie,  dal  quale 
si  derivò  il   verbo    bombardare,  «    Cannone, 


pezzo  d'artiglieria  col  quale  si  lanciano  palle  o  mi- 
traglia. 

Gemella,  pezzo  d'artiglieria  che  aveva  due  boc- 
che. -  Ginnoto,  torpèdine  a  comunicazione.  -  Gi- 
rifalco, antico  pezzo  d'artiglieria:  specie  di  mezza 
colubrina.  -  Krupp,  cannoni,  ecc.,  dal  nome  del 
fabbricante. 

Mitragliatore,  istrumento  guerresco,  composto  di 
varie  canne  di  fucile  riunite  su  un  carro,  che  si 
caricava  e  si  scaricava  con  una  manovella.  -  Mi- 
tragliera, 0  mitragliatrice,  arme  che  lancia,  per 
più  canne,  un  gran  numero  di  proiettili  in  breve 
tempo.  Ve  ne  sono  di  grosso  e  di  piccolo  calibro,  e 
tra  queste  si  annoverano  le  cosidette  mitragliere 
carabine  Gadner  e  Maxim.   Veggasi   a   carabina,. 

Mortaio,  artiglieria  d'anima  assai  corta,  adatta 
unicamente  ai  tiri  curvi,  per  attacco  o  difesa  delle 
piazze  forti.  -  Mortaletto,  mortaretto,  mortaio  pic- 
colo, per  tirar  palle  di  pietra. 

Obice,  specie  di  artiglieria  che  sta  tra  il  cannone 
e  il  mortaio  e  serve  pei  tiri  arcati.  Si  carica  ordi- 
nariamente di  bombe,  mitraglia  e  shrapnels  II  pro- 
iettile deWobice  dicesi  obizzo.  -  Organo,  macchina 
con  più  canne  d'archibugio:  specie  di  mitragliatrice 
antica. 

Passavolante,  specie  di  serpentina.  -  Petardo,  sorta 
di  piccolo  mortaio  usato  anticamente,  per  lo  più 
da  sfondar  porte. 

Ribadocchino,  sorta  di  piccola  artiglieria  antica. 

Saltamartino,  sorta  d'artiglieria.  -  Serpentina,  sorta 
d'artiglieria  nel  secolo  XV-XVI,  detta  poi  anche  pas- 
savolante. -  Smeriglio,  specie  di  antica  e  piccola 
artiglieria.  -  Spingarda,  pezzo  d'artiglieria  piccolo  e 
corto,  da  tempo  in  disuso. 

Torpèdine,  arme  subacquea,  che  si  fa  esplodere 
0  per  un  urto  contro  un  corpo  o  a  volontà  di  chi 
la  maneggia  e  sorveglia.  -  Vasi,  nel  secolo  XIV  e 
nel  XV,  le  artiglierie  da  fuoco. 

Pezzi,  loro  parti,  ecc. 

Batteria:  si  chiama  così  la  riunione  perma- 
nente di  quattro,  sei,  otto  pezzi,  che,  con  i  loro 
accessori  e  gli  uomini  necessari  per  servirli,  pre- 
sentano l'unità  tattica  dell'artiglieria  da  montagna, 
l'unità  di  combattimento  dell'artiglieria  da  campa- 
gna.-£occa  da  fuoco,  pezzo  d'artiglieria. 

Camera,  quel  vano  che  è  in  fondo  dell'anima  di 
alcune  artiglierie,  più  stretto  dell'anima  stessa,  e  in 
cui  si  colloca  la  carica.  -  Caverna,  lo  sfondo  difet- 
toso che  talvolta  s'incontra  nell'anima  delle  artiglie- 
rie. -  Codetta,  quel  prolungamento  degli  alari  di  ta- 
luni affusti,  per  diminuire  maggiormente  il  rinculo 
dei  pezzi.  -  Collare,  quel  ferramento  che  fascia  il 
collo  del  bottone  dei  piccoli  pezzi  da  montagna  per 
facilitarne  il  maneggio. 

Focone,  la  parte  della  culatta  per  cui  s'accende 
la  carica  nelle  artiglierie. 

Ginocchiello,  in  un  pezzo  d'artiglieria  incavallato 
suH'atTusto,  è  l'altezza  dal  suolo  della  parte  inferiore 
esterna  della  bocca,  quando  l'asse  del  pezzo  è  oriz- 
zontale. -  Guscio  di  sala,  grosso  pezzo  di  legno  in 
cui  è  incastrata  la  sala  degli  affusti  d'artiglieria. 

Incavo  orbicolare,  l'allargamento  che  soffrono  le 
artiglierie  nell'anima. 

Maniglie,  le  rampe  di  metallo  sopra  la  schiena, 
vicino  agli  orecchioni  e  sul  centro  di  gravità  del 
pezzo  d'artiglieria:  dette  anche  maniglioni,  treccie, 
delfini. 

Occhio,  apertura  per  la  quale,  nei  pezzi  d'arti- 
glieria, si  mette  la  carica,  entro  la  spoletta,  e  passai 


AilTIIil.IERlA 


179 


il  fuoco  (l'accensione.  -  Orecchioni,  i  cardini  delle 
artiglierie  che  servono  ad  appoggiarle  e  sorreggerle 
nelle  orecchioniere  dell'all'usto,  o  ceppo,  e  sopra  i 
quali  si  muovono  per  prendere  i  diversi  ;:radi  di 
elevazione. 

Petriero,  sorta  di  mortaio  per  lanciare  pietre  e 
palle;  si  spara  a  piccolissime  distanze  e  propria- 
mente per  olVendere  e  difendere  i  cammini  coperti 
dalle  piazze.  -  Pezzo  d'artiglieria,  o  pezzo,  diceei  di 
un  cannone,  un  obice,  un  mortaio,  ecc.  Anche,  del 
carro  formato  dalla  riunione  dell'avantreno  con  l'af- 
fusto su  cui  sta  incavairata  la  bocca  da  fuoco. 

Pezzo  vuoto,  liscio,  rigato;  a  polvere,  da  campagna, 
di   (jrosso   calibro,  ecc.  -  Pezzo  in   batteria,   quando. 


disgiunto  dal  suo  avantreno,  tocca  con  la  coda  il 
terreno  e  la  volata  è  rivolta  verso  l'oggetto  a  bat- 
tersi. -  ^/so,  cuneo  che  si  mette  sotto  la  culatta  dei 
pezzi,  per  dar  loro  diversi  gradi  di  elevazione. 

Calibro,  ragguaglio  tra  peso  e  misura,  fra  conte- 
nente e  contenuto  in  qualsivoglia  pezzo  d'artiglieria 
o  altra  arme  da  fuoco.  -  Piedino,  pezzo  d'acciaio  o 
d'ottone,  che  serve  per  fissare  il  punto  dei  pezzi. 

Plinto,  fascia  piana  alla  culatta  dei  pezzi  d'arti- 
glieria presso  al  focone. 

Rinforzo,  maggiore  grossezza  di  metallo  nel  corpo 
delle  vecchie  artiglierie,  di  seguito  o,  in  alcune  parti: 
primo,  secondo  rinforzo. 

Sezione,   in   artiglieria,   due   pezzi.  -  Sdentatura, 


Tavola  X 


AKTll.LIERIA 


1,  mortaio  -  2,  mortaio  cinese  -  3,  vecchio  cannone  -  4j  bombarda  -  5,  mitragliatrice  primitiva  -  6,  antico  can- 
none francese  -  7,  pezzo  cbi  campagna,  del  secolo  XV  -  8,  cannone  del  secolo  XVI  -  9,  mortaio  antico  -  10,  can- 
none moderno  da  montagna  -  11,  mxilo  portante  un  cannone  da  montagna  -  12,  cannone  moderno  da  marina  - 
13,  colubrina  -  14,  petriero  -  15,  carriaggio  -  16,  cannone  da  155  millimetri  -  17,  obice  -  18,  obice  a  palla  -  1^',  bomba. 


guasto,  dopo  molti  tiri,  agli  spigoli  e  ai  risalti  delle 
artiglierie  rigate.  -  Seguente,  dicesi  di  canna  o  anima 
d'artiglieria,  liscia  e  perfettamente  cilindrica.  -  Vite 
di  mira,  la  vite  che  serve  ad  elevare  o  ad  abbas- 
sare la  culatta  di  un  pezzo  d'artiglieria  nel  fissare 
la  direzione  del  tiro:  introdotta  modernamente, 
in  sostituzione  dei  cunei,  coi  quali  non  si  poteva 
ottenere  in  modo  preciso  lo  stesso  effetto.  -  Volata, 
la  parte  anteriore  d'una  bocca  da  fuoco,  dagli  orec- 
chioni alla  bocca. 

Attrezzi,  treno,  ecc. 

Attrezzi:  gli  arnesi  che  servono  al  fornimento 
dell'artiglieria  e  dei  ponti  militari.  -  Anguilla,  cia- 
scuna di  quelle  guide,  o  lisce,  che  servono  a  far 
sdrucciolare  le  artiglierie.  -  Battente,  ciascuno  dei 
ritegni  che  fermano  le  ruote  degli  affusti  sui  paiuoli 


(telai  degli  affusti  per  cannoni).  -  Battipalla,  la  parte 
più  grossa  e  capocchiuta  della  bacchetta  e  del  cal- 
catoio, che  serve  ad  assettare  il  proiettile  e  il  suo 
stoppaccio.  -  Boccone,  lo  stoppaccio  di  corda,  fieno, 
0  altro,  che  si  mette  nella  bocca  del  pezzo  d'arti- 
glieria per  calcare  la  polvei-e  o  la  palla.  -  Butta- 
fuoco, arnese  per  scagliare  fuochi  lavorati. 

Cacciapalla,  strumento  per  estrarre  le  palle  dal 
pezzo.  -  Cacciatreccie,  strumento  a  guisa  di  scal pel- 
letto,  a  punta  tonda,  col  quale  si  cacciano  le  tiec- 
ciole  di  setola  nell'anima  dello  scovolo.  -  Lalastra, 
ciascuna  delle  due  travi  che  sostengono  adagiato  e 
accavalcato  il  pezzo  d'artiglieria,  perchè  non  giaccia 
in  terra.  -  Calastrello,  ciascuno  dei  due  traversini  di 
legno  che  si  mettono  tra  l'una  e  l'altra  coscia  del- 
l'affusto delle  artiglierie.  -  Calcatoio,  ferro  lungo  per 
calcare  nel  masso  la  polvere  della  mina.  -  Chiare, 
arnese  di  ferro  per  girar  i  dadi  delle  viti  che  ten- 


180 


ARTIGLIERIA 


gono  uniti  i  vari  pezzi  d'un  affusto.  -  Cucchiaia, 
specie  di  cilindro  fatto  di  lamiera,  messo  in  asta  e 
tagliato  a  becco  da  una  parte:  serve  a  misurare  o 
a  scaricare  la  polvere  e  a  levar  via  la  palla  e  la 
granata  dal  pezzo. 

Freno  a  pettine,  congegno  di  lamine,  fatto  per  li- 
mitare il  rinculo  delle  artiglierie  di  marina. 

Grappino,  ganci  che  servono  a  trasportare  e  a 
mettere  le  bombe  nel  mortaio. 

Improntai oio,  attrezzo  consistente  in  una  specie 
di  cucchiaia  rovesciata,  coperta  di  guttaperca,  per 
ritirare  l'impronta  delle  cavità  che  si  possono  veri- 
ficare nelle  bocche  da  fuoco. 

Lunga,  fune  che  unisce  l'avantreno  all'affusto  dei 
pezzi  da  campagna  nelle  fazioni. 

Paiuolo,  lastr l'iato  o  tavolato  per  sorreggere  le 
artiglierie  incavalcate  sui  propri  affusti.  -  Rasiera, 
strumento  con  lungo  manico,  usato  per  ripulire  l'in- 
terno delle  bocche  da  fuoco.  -  Scóvolo  (rifolatore), 
setoione  cilindrico  ed  inastato  per  pulire  l'anima 
delle  artiglierie.  -  Tràpano,  arnese  che  serve  a  fo- 
rare, girato  su  sé  stesso. 

Treno.  —  Affusto,  vettura  a  quattro  ruote,  che 
trasporta  una  bocca  da  fuoco.  Divisa  in  due  parti: 
avantreno  e  retrotreno.  Anche  la  sola  parte  sulla 
quale  sia  incavalcata  la  bocca  da  fuoco.  Secondo 
poi  la  sua  speciale  costruzione,  dicesi  da  assedio, 
senza  scarpa,  da  difesa,  da  montagna;  basso,  rial- 
zato; affusto  da  obice,  da  mortaio,  da  casamatta; 
di  ferro,  di  ghisa,  di  legno,  ecc.  -  Avantreno,  parte 
anteriore  dell'avantreno  sostenuta  da  due  ruote. 

Barrucolo,  veicolo  a  due  ruote,  con  un  timone, 
commesso  alla  sala,  adoperato  per  il  trasporto  di 
grossi  fusti;  negli  arsenali,  usato  perii  trasporto  di 
grossi  pesi  e  pezzi  d'artiglieria  non  ancora  montati. 

Carretto,  avantreno.  -  Cassone,  carro  di  legno  co- 
perto, a  quattro  ruote,  per  trasportare  attrezzi  da 
guerra,  munizioni.  -  Cofano,  recipiente  nel  quale  si 
contengono  le  munizioni  da  guerra  delle  bocche  da 
fuoco  e  fatto  generalmente  a  cassetta,  o  sedile,  per 
sedervi  sopra  i  serventi  del  pezzo. 

Incastro,  nell'affusto,  aperture  che  ricevono  gli 
orecchioni,  i  calastrelli,  le  sale,  ecc.  -  ParrucceUo, 
traversa  principale  dell'affusto  nella  quale  entra  il 
mastio  di  girata  o  di  ritegno  .  La  traversa  estrema 
alla  coda  dell'affusto  da  campagna. 

Retrotreno,  parie  posteriore  dell'affusto,  sostenuta 
da  due  ruote.  -  Timonella,  le  due  stanghe  riunite 
con  una  traversa,  tra  le  quali  è  attaccato  il  cavallo. 
-  Treggia,  arnese  per  trainare. 

Treno  d'artiglieria,  materiale  che  si  tiene  pronto 
in  tempo  di  pace,  perchè  1'  artiglieria  e  i  pionieri 
possano  servirsene  sollecitamente  nell'eventualità  di 
una  guerra  e  per  procedere  ad  un  assedio.  -  Tro- 
golo, tronco  d  albero  scavato  a  trogolo  per  traspor- 
tare le  artiglierie  attraverso  le  montagne. 

Proiettili,  munizioni,  Eca 

Barilozzo,  barile  a  uso  di  tenervi  polvere  da  guerra, 
cartocci  e  simili.  -  Barra,  spranga  degli  angelotti, 
delle   palle   ramate   e  in  croce.  -  Bomba,   grossa 

galla  ai  ferro  fuso  che,  piena  di  polvere  e  lanciata 
al  mortaio,   scoppia  in  molti  pezzi  e  uccide  e  ro- 
vina intorno  a  sé. 

Cartoccio  a  polvere,  involto  che  contiene  la  carica 
di  polvere  e  palle  per  un  pezzo  d'  artiglieria:  sac- 
chetto fatto  con  un  rettangolo  di  filaticcio  cucito  a 
tubo  con  due  fondelli.  -  Cilindro   di   legno  saldalo 


e  pieno  di  polvere.  -  Cartoccio  a  palla,  carica  corn 
pinta:  polvere  e  proiettile. 

Filile,  nome  dato  alla  polvere  senza  fumo  di 
Nobel,  per  l'artiglieria. 

Gragnuola,  quantità  di  piccola  mitraglia  rinchiusa 
in  un  sacchetto,  da  caricare  obici. 

Granata,  proiettile  per  bocca  da  fuoco:  è  di 
ghisa,  oblungo:  consta  dell'  involucro  di  forma  ci- 
lindro-ogivale, a  base  piana,  con  bocchino  a  chioc- 
ciola; di  due  coppie  di  corone  di  rame;  del  nòcciolo, 
costituito  da  una  pila  di  anelli  a  stella,  formanti 
la  cavità  per  la  carica  interna.  -  Granata  incendia- 
ria, quella  in  cui  sono  praticati  tre  bocchini:  il 
vuoto  interno  di  essa  è  ripieno  di  roccafuoco  (spe- 
cie di  razzo  in  torma  di  cannocchia,  usato  in  guer- 
ra per  effetti  incendiari  o  luminosi)  fuso;  i  tre 
bocchini  sono  otturati  con  la  stessa  composizione 
con  la  quale  ii  caricano  le  spolette.  -  Granata  a 
pallottola,  lo  shrapnel. 

Miccia,  corda  concia  col  salnitro  per  dar  fuoco 
alle  artiglierie,  alle  mine,  ecc.  -  Mitraglia,  o  me' 
traglia,  insieme  di  numerosi  proiettili  in  una  sola 
carica.  -  Scatola  quadrata  o  cilindrica  di  latta  o  di 
tela,  ripiena  di  palle,  che,  allo  scoppio,  si  disper- 
dono in  forma  di  fascio  e  possono  colpire  una 
fronte  di  assai  grande  estensione.  -  Munizioni,  le 
cariche  per  le  armi  da  tuoco  e  per  le  artiglierie. 

Palla,  proiettile  sferico  di  ferro  fuso,  di  diametro 
e  peso  relativo  al  diametro  dell'anima  dell'artiglie- 
ria che  l'ha  da  sca.-lia  •(\  Sue  varietà  in  artiglieria  : 
bugia,  artìfiziata,  di  fuoco,  di  munizione,  fasciata, 
incatenata,  incendiaria,  infocata,  luminosa,  messag- 
gera, ramata,  rovente,  vuota.  -  Palla  arroventata, 
palla  infuocata,  che  si  adopera  per  appiccare  il 
fuoco  alle  case  o  alle  opere  ai  fortificazione.  -  Palla 
di  fuoco,  corpo  sferico  od  ovoidale  artificiato,  che 
si  scaglia  coi  mortai,  cogli  obici  e  con  i  cannoni: 
si  adopera  per  incendiare  gli  edifici  del  nemico.  - 
Palla  incendiaria,  palla  artificiata,  la  cui  materia 
abbrucia  con  grandissimo  impeto.  -  Palla  luminosa, 
palla  che,  abbruciando,  produce  una  luce  vivissima. 

Palletta,  palla  sferica  di  vario  metallo  delle  sca- 
tole a  mitraglia  e  altri  proietti.  -  Pallottole,  i  pro- 
ietti sferici  che  si  mettono  dentro  le  scatole  da 
mitraglia  o  negli  shrapnels.  -  Pentola  di  fuoco,  ca- 
rica di  polvere  e  di  granate  da  gettare  sugli  asse- 
diane e  contro  i  vascelli  nemici.  -  Pernicìotti,  gra- 
nate che  si  cacciavano  da  grossi  mortai  con  la 
bomba. 

Portata,  peso  della  palla  e  la  distanza  che  per- 
corre. -  Polvere,  mistura  di  zolfo,  nitro  e  carbone, 
che,  accesa,  serve  a  scagliare  proiettili  dalle  armi 
da  fuoco.  -  Per  l'artiglieria  di  medio  e  grosso  cali- 
bro si  usa  ancora  la  polvere  nera  a  grana  grossa; 
per  le  artiglierie  di  piccolo  calibro,  la  filile. 

Proiettile,  o  proietto,  nome  generico  di  ogni  cosa 
che  si  scagli  contro  il  nemico  per  nuocergli:  carica. 
I  proiettili  d' artiglieria  sono  cavi  ed  esplodenti: 
granata,  shrapnels,  scatole  a  mitraglia,  e  perforanti, 
1  quali  ultimi  hanno  l'ogiva  acuminata  e  le  palle 
di  acciaio  o  di  ghisa.  -  Proiettili  di  piccolo  calibro, 
cartucce  usate  perle  armi  da  fuoco  portatili;  pro- 
iettili di  grosso  calibro,  quelli  per  le  bocche  da 
fuoco:  e  si  dividono  da  tre,  quattro,  sei,  otto,  do- 
dici, ventiquattro,  calcolati  giusta  il  peso  che  avreb- 
be una  palla  di  pietra  del  medesimo  diametro. 

Aletta,  ciascuno  dei  rigonfiamenti  di  metallo,  messi 
ai  lati  0  alla  base  dei  proiettili  ogivali,  perchè  en- 
trino forzati  nella   canna.  -  Bocchino,   apertura  dei 


ARTIGLIERIA 


181 


crossi  proiettili  per  la  quale  si  caricano  e  dove  si 
acconcia  la  innescatura. 

Razzi  da  guerra,  tirati  da  cavalietti  per  incen- 
diare, per  offendere.  Li  usa  ancora  qualche  esercito. 

Scaglia,  squame,  scheggia,  mitraglia.  -  Scatola  di 
mitraglia,  caricata  con  pallette.  -  Scovolo,  sorta  di 
asla  in  due  pezzi  e  talvolta  in  uno  solo  :  ha  da  una 
parte  la  capocchia  cava  munita  di  se/o/f,  per  rinfre- 
scare e  nettare  le  artiglierie.  -  Srulfui,  sorta  di  sac- 
chetto di  111  di  ferro  per  lanciare  i  proiettili.  -  Sei-- 
peritino,  razzo  volante  serpeggiante. 

Sìnapnel  (pron.  srepnelj,  cartuccia  (cosi  detta  dal 
nome  dell'inventore,  inglese)  di  granata,  ripiena  di 
pallottole  e  di  una  piccola  carica  di  scoppio,  e 
fornita  di  spoletta;  proietto  per  obice,  carico  di 
balistit'  e  di  pallottol"  da  fucile,  che  scoppia  a 
circa  un  centinaio  di  metri  oltre  la  bocca  da  fuoco. 
-  Shrapnel  a  carica  centrale:  é  di  ghisa,  a  forma 
oblunga;  consta  dell'  involucro  (con  due  coppie  di 
corone  di  rame,  con  bocchino  a  chiocciola,  con  ca- 
vità per  pallette)  e  del  tubo  di  carica  (d'ottone) 
delle  pallette  di  lega  (piombo  e  antimonio)  te- 
nute ferme  da  colofonia,  -  Shrapnel  a  diaframma  o 
(/  carica  posteriore,  di  ghisa  o  d'acciaio,  composto 
dell'involucro  con  bocchino  a  chiocciola  e  pareti 
interne  solcale  da  undici  scanalature  longitudinali 
e  con  camera  pressoché  cilindrica,  per  la  carica; 
del  diaframma,  di  ferro  battuto;  del  tubo  di  carica, 
delle  palette  di  lega,  unte  d'  olio  d'  oliva  e  tenute 
ferme  da  colofonia. 

Spoletta,  ordigno  che  porta  con  sé  i  proiettili 
cavi  lanciati  dalle  artiglierie,  ed  è  destinato  a  pro- 
durre, in  un  determinato  istante,  1'  accensione  della 
carica  di  scoppio  in  essa  contenuta.  -  Tubetto  di 
legno  0  metallico  con  polvere,  per  caricare  granate 
e  b(  mbe.  -  Spoletta  a  percussione,  quella  che  scop- 
pia toccando  un  corpo  resistente.  -  Spoletta  a  tertìpo, 
che  scoppia  a  tempi  determinati. 

Focone,  piccolo  foro  che  attraversa  la  spoletta  ed 
è  ripieno  di  composizione  formata  con  polverino, 
nitro  e  zolfo. 

Sparo,  tiro 

• 

Balestriera,  qualunque  palco  di  opera  morta,  dove, 
al  coperto  e  con  buoni  ripari,  gli  artiglieii  possono 
offendere  da  lungi  il  nemico.  -  Balistica,  scienza 
che  tratta  dei  corpi  lanciati  in  aria,  inventati  dopo 
la  scoperta  della  polvere  e  la  costruzione  dei  primi 
cannoni.  Arte  che  insegna  a  risolvere  i  problemi 
del  tiro.  -  Bombardiera,  feritoia  per  le  bombarde. 
Adesso,  cannoniera.  -  Breccia,  apertura  fatta  nelle 
muraglie  con  le  artiglierie  per  entrare  a  viva  fci-za 
(aprire  una  breccia,  far  breccia). 

Caligine,  il  fumo  delle  artiglierie.  -  Carica,  pro- 
ietto: la  quantità  di  polvere  e  di  piombo  che  si 
mette  nelle  bocche  da  fuoco.  -  Congegno  di  punteria, 
congegno  che  nelle  artiglierie  serve  a  dai»  con  fa- 
cilità all'asse  delle  bocche  da  fuoco  l' inclinazione 
voluta,  a  seconda  della  distanza  a  cui  trovasi  il 
bersaglio.  -  Suola  di  mira,  parte  metallica  del  con- 
gegno di  punteria,  sulla  quale  si  appoggia  la  culatta 
del  pezzo. 

Detonazione,  il  rumore  dello  sparo.  -  Elevazione, 
inclinazione  all'  orizzonte  d' un  pezzo,  o  del  tiro 
(pezzo,  tiro  elevato,  che  fa  angolo  con  1'  orizzonte). 

Fiancata,  scarica  dei  cannoni  o  delle  batterie.  - 
Fuoco,  esplosione  delle  artiglierie. 

Gazzarra,  strepito  o  sparo  di  molte  artiglierie, 
fatto  per  segno   di   letizia  pubblica,  o  anche  sparo 


di  molti  fuochi  d'artifizio.  -  Gittata,  lunghezza  della 
corda  orizzontale  della  traiettoria. 

Manovra,  esercizio  speciale  o  per  mettere  in  moto 
un  pezzo  o  per  addestrarsi  al  tiro  o  al  combatti- 
mento, ecc.  -  Mina,  lavoro  sotterraneo  per  farvi 
esplodere  una  determinata  quantità  di  polvere. 

Parabola,  la  linea  che  poi  si  chiamò  traiettoria. 
-  Passata,  il  tiro  delle  artiglierie  e  1'  effetto.  -  Por- 
lata,  curva  più  o  meno  pronunciata  che  descrivono 
in  aria  i  proiettili,  secondo  la  maggiore  o  minore 
quantità  della  carica  e  dell'  elevazione  del  pezzo 
(calibro,  strumento  che  serve  a  misurare  la  portata 
delle  artiglierie). 

Punto  in  bianco,  il  più  lontano  dei  due  punti 
d' intersecazione  della  traiettoria  con  la  linea  della 
mira  naturale.  -  Quadrante,  lo  strumento  col  quale 
gli  artiglieri  misurano  gli  angoli  di  elevazione  nelle 
bocche  da  fuoco. 

Respinta,  spinta  retrograda  del  pezzo  d'artiglieria 
che  spara.  -  Rimbombo,  strepito  grande  di  artiglie- 
rie, eclieggiante  e  ripercosso  da  valli,  da  monti  ó  da 
muraglie.  -  Rombo,  cupo  e  lungo  rumoreggiare  di 
artiglierie. 

Salva  0  salve,  scarica  di  cannoni  o  di  moschetti 
in  segno  di  festa,  di  saluto  o  per  rendere  onori.  - 
Sparo,  lo  sparare,  il  dar  fuoco  e  scaricare  l'arme, 
gettando  fuori  la  carica.  -  Tintinnìo,  il  suono 
vibrato  del  pez2:o  di  artiglieria  dopo  lo  sparo. 

Tiro,  r  azione  dello  sparare,  tirando  in  un 
luogo  determinato.  -  Il  colpo  che  si  fa  tirando.  -  La 
linea  secondo  la  quale  si  tira.  -  La  distanza,  lo 
spazio  dal  luogo  in  cui  si  sta  tirando  a  quello  nel 
quale  si  vuol  colpire.  -  A  prova  di  bomba,  dicesi 
di  un  edificio,  quando  le  artiglierie  non  possono 
recargli  danno.  -  Tronata,  rumore  di  cannoni  e 
spari  di  fucile.  -  Ironiera,  feritoia  in  genere, 
cannoniera. 

Velocità  iniziale,  quella  che  il  proietto  ha  all'ori- 
gine della  traiettoria  {pendolo  balistico,  arnese  che 
serve  a  misurare  la  velocità  dei  proiettili  e  l'impulso 
dell'esplosione  della  polvere). 

Dell'artiglieria  in  azione. 

Allumare  tm  pezzo,  dar  fuoco  alla  polvere.  -  Ba- 
lestrare, tirar  con  la  balestra,  scaraventare  da  un 
posto  all'altro.  -  J5aWe/e,  percuotere  con  l'artiglieria. 

Bersagliare,  concentrare  i  tiri,  i  colpi  in  un  deter- 
minato punto.  -  Concentrare  il  fuoco,  i  fuochi,  bat- 
tere in  un  sol  punto  da  diverse  parti.  -  Conficcare 
le  artiglierie,  inchiodarle. 

Dischiodare,  levare  il  chiodo  dal  focone  d'un 
pezzo  inchiodato. 

Fiancheggiare,  difendere  coi  tiri  di  iianco  le  linee 
fortificate.  -  Fioccare,  dei  pioieltili,  quando  lanciati 
con  tiro  rapido  e  continuo.  -  Fulminare,  battere, 
percuotere  fm-iosamente,  con  tiro  rapido,  nudrito, 
violento,  incessante.  -  Grandinare,  percuotere  il  ne- 
mico con  grande  quantità  di  grossi  proiettili. 

Imboccare  le  artiglierie,  colpire  con  i  propri  pezzi 
i  pezzi  dei  nemici  per  renderli  inoffensivi:  rimboc- 
care. -  Incavalcare,  assettare  le  artiglierie  sull'affusto 
0  sulla  cassa.  -  Inchiodare  le  artiglierie,  piantare  un 
chiodo,  nel  focone  dei  pezzi  per  renderli  inservibili. 

Infilare,  percuotere  coi  tiri  d'artiglieria  la  linea  più 
lunga  sulla  quale  sta  il  nemico.  -  Incrociare  i  fuochi, 
i  tiri,  delle  batterie  in  tempo  di  guerra  che  si  di- 
rigono colpi  a  vicenda.  -  Innescare,  mettere  polverino, 
stoppino,  cannellino,  percussore,  per  accendere  a  vo- 
lontà le  artiglierie  e  ogni  arme  da  fuoco.  -  Intronare, 


182 


AKTIGUEBXA 


ARTISTICO 


scuotere,  cdii  forza  e  fragore,  a  colpi  d'artiglieria, 
una  muraglia  per  farla  cadere. 

Librare  le  artiglierie,  assettare  convenientemente 
i  pezzi  sulla  piattaforma ,  suH'  affusto,  sulla  linea 
di  mira. 

Mettere  t  pezzi  in  batteria,  piantare  la  batteria, 
disporre,  apprestare  le  artiglierie  a  far  fuoco. 

Mitrayliare,  tirare  a  ^mitraglia.  -  Munire  di  arti- 
tjlierie,  postare  i  pezzi  in  un  luogo  per  difenderlo. 

Piantare  le  artiglierie,  metterle  bene  a  posto. 

Puntare  le  artiglierie,  prendere  la  mira  al  mo- 
mento di  spararle,  disponendole  in  modo  che,  spa- 
rando, la  traiettoria  passi  pel  segno.  -  Punteria,  azio- 
ne di  mettere  l'asse  del  pezzo  aggiustato  all'oggetto 
sulla  linea  orizzontale  diritta  e  precisa,  senza  di- 
vergere, e  di  dargli  elevazione  maggiore  o  minore 
secondo  la  distanza.  -  Ribattere,  delle  artiglierie,  il 
respingere  o  stornare  i  colpi  dall'avversario.  -  Rical- 
care,  calcare  la  carica  nelle  artiglierie.  -  Rinculare, 
delle  artiglierie  e  d'ogni  arme  da  fuoco,  che,  spa- 
rate, per  ìa  ripercossa  dello  sparo  sul  fondo  dell'a- 
nima e  per  la  subentrante  pressione  atmosferica, 
senza  volgere  la  bocca,  danno  indietro.  -  Riverbe- 
rare, battere  un  luogo  con  tiri  di  rimbalzo. 

Sboccare,  battere  in  bocca  le  artiglierie  nemiche. 

Sbrecciare,  rompere  le  muraglie,  battendole  in 
breccia.  -  Sfondare  la  carica,  introdurre  un  lungo 
ferro  acuminato  (sfondatolo)  nel  focone  d'un  pezzo 
di  artiglieria,  per  bucare  il  cartoccio  che  contiene 
la  polvere. 

Smontare,  distruggere,  con  tiri  dirètti  frontali  d'ar- 
tiglieria, le  opere  di  difesa  e  i  mezzi  di  offesa  del 
nemico.  -  Spazzare,  battere  di  striscio  e  con  tiri 
radenti  la  superficie  orizzontale,  verticale  e  obliqua 
di  un  luogo,  per  renderlo  sgombro.  -  Spianare,  ro- 
vinare le  mura  fino  al  piano  della  terra.  -  Squa- 
drare il  pezzo,  collocarlo  acconciamente  nella  bat- 
teria. -  Stoppinare,  mettere  lo  stoppino  alle  arti- 
glierie. 

Terziare,  anticamente,  in  artiglieria,  il  ricono- 
scere col  compasso  lo  spessore  del  pezzo  del  focone, 
agli  orecchioni  e  al  collo.  -  Tirare  di  volata,  con 
grande  elevazione  del  pezzo,  per  ottenere  maggior 
gittata. 

Luoghi,  milizia. 

Luoghi  nei  quali  si  lavora  per  provvedere  all'ar 
tiglieria  sono:  Vat-senale  di  costruzione,  le  fab- 
briche di  alcur.e  sorta  d'arnne,  le  fonderie,  le 
fabbriche  di  polvere  (polverifìci),  i  laboratori  pirotec- 
nici, i  laboratori  di  precisione,  ecc.  -  Scuola  d'arti- 
glieria, quella  nella  quale  si  impartiscono  insegna- 
menti ai  militari. 

Balipedio,  detto  anche  poligono,  piazzale,  o  meglio 
estensione  di  terreno  destinato  all'esercitazione  pra- 
tica dell'artiglieria.  -  Batteria,  luogo  appositamente 
conformato  e  disposto  in  modo  da  poter  riparare 
dal  tiro  nemico,  per  quanto  è  possibile,  le  boccho 
da  fuoco,  le  munizioni,  gli  armamenti,  i  soldati,  ecc., 
agevolando  il  servizio  delle  bocche  da  fuoco  stesse 
e  gli  effetti  dell'artiglieria. 

Campo  di  tiro,  lo  spazio  che  si  può  battere  con 
un'arme  da  fuoco. 

Casamatta  da  foco,  camerette  separate  per  ado- 
prarvi  le  artiglierie.  -  Fortificazione,  lavoro  per 
rendere  una  città,  un  luogo  qualsiasi  inaccessi- 
bile al  nemico  e  anche  a  riparo  dalle  sue  arti- 
'lierie. 


Laboratorio,  il  luogo  in  cui  si  preparano  le  mu- 
nizioni. -  Parco  d'artiglieria,  la  riunione  dei  mate- 
riali ad  essa  appartenenti.  -  Parco  d'assedio,  il  de- 
posito del  materiale  di  guerra  tolto  dal  treno  d'ar- 
tiglieria davanti  ad  una  fortezza,  al  momento  di 
intraprenderne  1'  assedio .  -  Piattaforma,  specie 
di  bastione  fatto  in  aperta  campagna,  per  mettervi 
l'artiglieria,  o  specie  di  terrazzo  per  le  artiglierie 
nelle  tortezze.  -  Via  coperta,  riparata  dal  fuoco  ne- 
mico. 

Milizia.  —  Arma  d'artiglieria,  nome  generico  dei 
vari  corpi  e  delle  varie  specialità  a  cui  è  princi- 
palmente affidato  il  servizio  delle  bocche  da  fuoco. 
Si  compone,  gerarchicamente,  di  un  ispettorato  ge- 
nerale, di  vari  altri  ispettorati,  di  varie  direzioni, 
di  parecchi  comandi;  inoltre,  di  ufficiali,  sott'uffi- 
ciali  e  soldati,  distribuiti  in  reggimenti  e  in  bri- 
gate. -  Artificiere,  il  soldato  d'artiglieria  che  confe- 
ziona le  cariche  e  manipola  le  sostanze  esplodenti. 

Artigliere,  soldato  di  artiglieria:  cannoniere,  bom- 
bardiere, bombista. 

Capopezzo,  l'artigliere  che  punta  il  cannone  e  ne 
dirige  la  manovra.  -  Grammaestro  dell'artiglieria, 
in  Francia,  fino  a  Luigi  XIV,  il  comandante  su- 
premo dell'artiglieria. 

Minatore,  il  soldato  che  prepara  la  mina.  -  Pe- 
tardiere,  soldato  addetto  al  petardo.  -  Puntatore, 
l'artigliere  che  è  addetto  a  puntare  il  pezzo. 

Artiglio.  Dicesi  deìVunghia  adunca  e  pun- 
gente di  animali  rapaci:  ugna,  ugnone,  unghione, 
ugnoli  ;  branche;  rampe,  rampo,  ramponi  ;  graffa, 
graffi,  granfie,  rastrelli;  prese,  sgrinfie. 

Fornito  d'artiglio  :  artigliato,  artiglioso  ;  inarti- 
gliato; uncicchiato  (del  piede  dell'aquila)  ;  armato 
d'artiglio;  rampante.  -  Ferire  con  l'artiglio:  artigliare; 
dare  una  rampata,  rampare. 

Artimóne.  Detto  a  vela. 

Artista.  Chi  fa  lavori  d'arte,  cioè  riproduce 
nelle  opere  sue  il  bello,  ritraendo  la  perfezione  della 
natura  delle  cose;  chi  esercita  alcuna  delle  belle 
arti,  sia  esso  inttore,  scultore,  architetto, 
musicista,  ecc.:  artefice,  figlio  del  genio,  virtuoso. 

Artéfice,  artigiano,  ora,  comunemente,  operaio, 
chi  esercita  un'arte  liberale. 

Artista  valente,  insigne,  maestro;  celebre,  famoso, 
di  gran  fama;  di  genio,  al  più  alto  grado  di  va- 
lentia, di  maestria.  -  Artista  /i7itto,  perfetto  nell'arte 
sua;  geniale,  che  piace;  scagnozzo,  meschino;  cia- 
battino, inetto.  -  Avere  natura,  occhio,  sentimento 
d'artista,  avere  attitudine  all'  arte.  -  Senso  squisito 
d'arte,  fine,  delicata,  profonda  intuizione  del  belio 
artistico. 

Artista  di  ballo,  veggasi  a  ballerino.  -  Artista 
di  canto,  artista  di  teatro,  veggasi  a  cantante  e  a 
comico. 

Esteta,  l'artista,  specialmente  scrittore,  critico, 
poeta,  che  al  concetto  etico  antepone  il  concetto 
dell'artei^e  quello  non  solo  subordina  a  questo,  ma 
ne  tien  conto  come  di  cosa  non  attinente.  -  Me- 
stierante, artista  venale;  chi  esercita  l'arte  solo  per 
guadagno. 

Conservatorio,  nome  di  qualche  scuola  d'arte, 
specialmente  di  musica  (il  conservatorio  è  un  vivaio 
aartisti).  -  Giro  artistico,  quello  che  fanno  un  dato 
numero  di  artisti  in  vari  paesi  e  città  a  scopo  di 
lucro,  di  gloria,  ecc.  -  Pensionato  artistico,  pen-^ 
sioni  governative  (lire  3000)  istituite  a  Roma  per 
amtare  i  giovani  a  perfezionarsi  nella  pittura , 
nella  scultura,  nell'architettura. 

Artistico  [artisticamente).  Proprio  d^Warte,  o 


ARTO    —    ASCIUGARE 


183 


dell'artista.  -  Geniale,  dicesi  di  lavoro,  di  opera,  di 
concetto,  di  disegno,  di  progetto,  di  idea,  ecc. 

Artisticamente,  con  arte,  in  modo  artistico,  a  re- 
gola d'arte,  secondo  l'arte. 

Arto.  In  anatomia,  le  appendici  del  tronco, 
disposte  a  paia,  come  la  mano  e  il  piede, 

Artocarpo.  L'albero  del  pane. 

Artografo.  Apparecchio  di  recente  invenzione, 
per  la  trasmissione  telegrafica  di  un  disegno,  di 
una  fotografia  e  simili. 

Arfcolatria.  Culto  del  pane. 

Artralgia.  Dolore  ad  mw' articolazione. 

Artrite,  artritide  (artritico).  Malattia,  pro- 
cesso inliamtiiatorio,  che  colpisce  una  parie  o  tutti 
i  tessuti  costituenti  un'articolazione:  tiolore  ar- 
tritico, morbo  articolare;  chiragra,  podagra.  L'ar- 
trite si  distingue  in  acuta  (quando  sopravviene  e 
decorre  rapidamente),  deformante  (con  spostamento 
dei  capi  articolari),  cronica  (quando  lenta  e  asso- 
ciata a  malattia  di  altri  organi),  fungosa,  secca,  ecc. 
Varie  e  molteplici  inoltre  le  forme  di  artrite:  prin- 
cipali, le  infettive  (sinoviti,  ecc.),  quelle  da  alcuni 
autori  dette  reumntoidi,  le  scarlattinose,  le  vaiolose,  le 
antimorbillose,  le  suppurate  (dell'influenza  e  della 
polmonite),  quelle  delle  febbri  tifoidee,  le  artralgie 
e  l'idrartrosi  degli  orecchioni,  le  metastasi  articolari 
della  piemia,  ecc.,  ecc.  Nelle  forme  croniche  si 
hanno  le  varietà  ipertrofiche  (fungose),  idrartiche 
(forte  accumulo  di  siero  nel  cavo    articolare),   ecc. 

Artritico,  di  artrite;  chi  è  alletto  da  artrite. 

Artrite  traumatica,  varietà  di  artrite  acuta,  che 
insorge  dopo  le  contusioni,  le  distorsioni,  le  frat- 
ture articolari,  le  lussazioni,  e,  sopratutto,  dopo  le 
ferite  penetranti  delle  articolazioni.  -  Artrite  ver- 
tebrale, infiammazione  delle  articolazioni  vertebrali: 
malattia  che  si  riscontra  durante  e  dopo  le  malattie 
infettive  e  specialmente  durante  la  poliartrite  reu- 
matica acuta. 

Artrocace,  specie  di  artrite  cronica,  con  tendenza 
alla  suppurazione,  alla  carie  delle  ossa,  ecc.  Dicesi 
anche  tumore  bianco,  scrofoloso,  linfatico,  freddo, 
delle  articolazioni,  artrite  cronica  fungosa,  ecc.,  ecc. 
-  Omartrocace,  artrite  scapolo-omerale. 

Panartritide,  artritide  generale.  Poliartrite,  artrite 
in  varie  articolazioni  a  un  tempo.  -  Sinovite,  infiam- 
mazione della  sinovia,  detta  anche  artrite  blenorra- 
gica,  perchè  si  sviluppa  in  seguito  alla  blenor- 
ragia. 

Suggeriti  per  la  cura  dell'artrite:  le  applicazioni 
tiepide,  i  purganti,  Vartriticina,  nuovo  disinfettante, 
il  ioduro  di  ferro,  l'arsenico,  le  iniezioni  ipodermiche 
di  iodio,  i  bagni  termo-minerali,  iodici,  ecc. 

Artritismo.  Veggasi  a  nutrizione. 

Artropode.  Animale  invertebrato. 

Artrosi.  Qualunque  specie  di   articolazione. 

Aruspice,  aruspiclna.  Detto  a  indovino. 

Arvali   Fratelli.  Veggasi  a  sacerdote, 

Arzigog-olare  {arzigogolato).  Fantasticare,  la- 
vorare di  fantasia. 

Arzigògolo.  Detto  a  cavillo. 

Arzillo.  Dicesi  di  vecchio  che  si  mostri  robusto, 
vispo,  vivace. 

Asafètida.  Veggasi  ad  assafetida  e  a  resina. 

Asafla.  Difetto  di  pronunzia. 

Asbesto.  Veggasi  a  tremolite. 

Ascàride.  Genere  di  verme  intestinale.  -  Asca- 
ridiosi, disturbi  morbosi  prodotti  dagli  ascaridi. 

Asce.  Lo  stesso  che  ascia,  scure. 

Ascella.  Concavo  sotto  il  braccio,  dove  questo 
SI  attacca  alla  spalla:  ala,  ditella  (voci  non  comuni). 


-  Assillare,  ascellare,  di  ascella.  -  Arteria  ascellare, 
nome  che  prende  la  succlavia  passando  tra  i  mu- 
scoli scaleni.  -  Gavigne,  il  disotto  delle  ascelle.  • 
Siagonagra,  reumatismo  che  si  fissa  sull'articola- 
zione dell'ascella  inferiore. 

Ascendentale.  Detto  a  parentela. 

Ascendente,  ascendenza.  Veggasi  a  pa- 
rentela e  a  zodiaco. 

Ascéndere,  ascensione  {ascensivo,  ascesa, 
asceso).  Il  salire.  -  Ammontare,  sommare  di  nu- 
ìnero. 

Ascensione.  L'ascendere,  il  salire.  •  La  salita 
di  Cristo  al  cielo. 

Ascensore.  Piccola  ed  elegante  cabina,  specie 
di  bussola,  che  sale  e  scende  lungo  regoli  nel  vano 
delle  scale  dei  grandi  edifici  moderni,  per  inalzare 
0  portar  giù  facilmente  persone  o  pesi:  montaca- 
richi (se  porta  su  soltanto  merce).  -  L'ascensore 
elettrico  è  un'applicazione  dell'argano  elettrico. 

Ascesso.  Specie  di  tumore  prodotto  da  con- 
corso di  materie  marciose  -  Di  varie  specie  :  più 
comune  e  tipico  l'ascesso  flemmonoso.  -  Apostema, 
piccolo  ascesso,  specialmente  alle  mucose  delle  cavità 
facciali.  -  Oncotomìa,  apertura  d'un  ascesso. 

Ascèta,  ascetismo  (ascetico).  Detto  a  misti- 
cismo e  a  religioso. 

Ascètica.  Parte  della  teologia. 

Aschero.  Ribrezzo,  schifo. 

Ascia  (asce).  Specie  di  sciùre, 

A  sciacquabudella.  Il  bere  a  stomaco  vuoto. 

Asciare,  asciata  (asciato)  Veggasi  a  scure 
e  a  legno. 

Asciòlvere.  Far  colazione,  e  la  colazione 
stessa. 

Ascissa.  Parte  di  un  asse:  termine  di  geome- 
tria. 

Ascitizio.  Non  proprio,  ma  che  si  è  potuto 
jìrendere. 

Asciugamano.  Pezzo  di  tela,  liscia  od  operata, 
adoperato  per  asciugare  le  mani  e  il  viso,  dopo 
lavati:  asciugatoio,  sugatolo;  bandinella,  tersorio; 
forbiculo,  guardanappo,  salvietta.  -  Bandinella,  asciu- 
gamano di  maggiore  lunghezza  degli  ordinari,  che 
si  appende  ad  un  cilindro  fisso  nel  muro,  e  intorno 
al  quale  scorre,  essendo  unito  per  mezzo  di  nastri 
alle  due  estremità.  Si  suole  usare  nelle  cucine  e 
nelle  sagrestie.  -  Frangia  a  nodi,  la  trina  a  nodi 
fatta  a  mano,  in  forma  di  rete,  con  la  quale  per  lo 
più  si  guarniscono  ^li  asciugamani  da  camera.  -  (ca- 
novacci, 0  canavacci,  specie  di  grossi  asciugamani 
di  canapa,  per  uso  di  pulire  e  asciugare  le  stoviglie 
di  cucina:  anche  torcioni. 

Asciugamento.  L'asciugare, 

Asciugare  (asciugato).  Rendere  privo  di  umi- 
dità, di  umore;  rendere  secco;  non  bagnato, 
asciutto:  asciuttare,  sciuttare;  astèrgere;  tergere; 
rasciugare,  rasciuttare,  riforbire  ;  suzzare,  svaporare; 
essiccare.  -  Sgocciolare,  di  recipiente.  Per  asciugare  si 
stendono  al  sole  i  pannolini,  la  biancheria  e  simili,  o 
anche  li  si  accostano  al  fuoco,  li  si  mettono  in  una 
stufa,  0,  in  qualche  altro  modo,  li  si  espongono 
al  calore.  -  Asciugare,  rendere  asciutto  come  l'esca, 
asciugar  bene.  -  Prosciugare,  levar  Vacqua  ad  un 
terreno :\di.\QTO  di  bonifica. 

Asciugamento,  rasciugamento,  rasciugatura,  ra- 
sciugo, l'atto  e  l'effetto  dell'asciugare  e  dell'asciu- 
garsi: astersione.  Essiccamento,  essiccazione:  più 
che  asciugare,  render  secco.  -  Asciugarsi,  asciuttarsi, 
seccarsi,   ecc.  -  Asciugato,   reso    asciutto,    asterso, 


164 


ASaUOLO    —   ASLNACCIO 


rasciutto,  secco.  -  Soleggiato,  esposto  al  sole  per 
asciugare. 

Asciugatoio,  nome  generico  dei  panni,  nonché  di 
macchine  e  di  apparecchi  diversi,  ratti  allo  scopo  di 
asciugare,  specialmente  pannilani.  Possono  essere 
ad  aria,  a  vapore,  ecc.  -  Veggasi  ad  asciugamano, 

Asciuòlo  {asciòloj.  Detto  a  ìtiugnaio. 

Asciuttare  {asciuttato).  Rendere  asciutto. 

Asciutto.  Non  bagnato,  privo  di  umidità 
(dell'oria,  del  clima,  ecc.):  sciatto,  arido,  secco, 
arso.  -  Figur.,  magro.  -  Di  volto  non  bagnato  dal 
pianto.  -  Di  domanda,  discorso  molto  breve.  - 
Di  tempo,  di  stagione  che  continui  senza  piog- 
gia, né  nébbia.  •  Di  bottiglia,  di  fiasco,  sgoc- 
ciolato. -  Di  chi  è  senza  denaro.  -  Di  minestra, 
senza  brodo.  -  Di  pane,  senza  companatico,  senza 
pietanza. 

Adusto,  più  che  asciutto,  più  che  alido:  quasi 
bruciato.  -  Alido,  molto  asciutto,  secco  (di  terreno, 
di  vegetali,  ecc.),  arsiccio,  assecchito.  -  Arido,  man- 
cante allatto  d'umore:  specialmente  di  terreno,  non 
fertile  (bruciare,  rendere  arido,  riardere)  -  Asciut- 
tino, un  po'  asciutto,  non  del  tutto. 

Asciuttezza,  l'essere  asciutto;  alidore,  aridezza, 
aridità,  adustione,  arsura,  siccità.  -  Asciuttore,  la 
siccità  della  campagna.  -  Seccagna,  estensione  di 
secche  (terre  senz'acqua). 

•Asciuttore.  Seccore,  siccità. 

Asclepiadèo.  Sorta  di  verso. 

Ascolta.  Scolta,  sentinella. 

Ascoltare,  ascoltazione  ^ascoltato,  ascolto). 
Stare  ad  udire,  porre  attenzione  per  udire:  star 
a  sentire;  stare,  mettersi  in  ascolto;  dare,  porgere, 
prestare  orecchio;  dare  ascolto,  dare  udienza; 
accogliere,  raccogliere  le  parole;  dar  mente,  dare 
il  silenzio;  intendere  l'udito;  attendere  a  quel  che 
altri  dica.  -  Riascoltare,  ripete  ascoltare.  -  Ascol- 
tante, ascoltatore,  ascoltatrice,  chi  ascolta:  uditore  ; 
chi  dà  ascolto,  udienza,  ascoltazione.  -  Ascoltare 
con  attenzione:  stare  attento,  intento;  ascoltare  con 
raccoglimento,  con  religione;  appuntare,  tendere  bene 
gli  orecchi;  star  tutt' orecchi;  star  sospesi  a  udire: 
stare  in  orecchi  ;  stare  con  orecchi  tesi  e  a  bocca  aper- 
ta; non  batter  palpebra  ;  pendere  dal  labbro  di ; 

tender  l'arco  dell'intelletto;  assaporare,  bere  le  pa- 
role di  qualcuno;  avere  tutto  l'animo  nell'udito; 
non  lasciar  cader  verbo,  non  perdere  una  sillaba; 
sturar  gli  orecchi;  alzare  gli  orecchi  più  che  la 
lepre. 

Comprare  e  non  vendere,  star  a  sentire,  fra  per- 
sone sospette,  ma  non  parlare.  Anche  di  chi  sta 
ad  ascoltare  quel  che  altri  dicono,  ma  non  riporta 
i  discorsi  o  non  manifesta  il  proprio  pensiero.  - 
Dare  udienza,  il  ricevere  persone  e  ascoltarle,  che 
fanno  principi,  autorità  e  simili:  udienza  benevola, 
benigna;  privata,  pubblica,  solenne,  ecc.  -  Far  pla- 
tea ad  alcuno,  starlo  a  sentire  come  fanno  gli  spet- 
tatori all'attore  in  teatro.  -  Mandare  uno  in  pace 
senza  limosina:  non  voler  sentirne  le  ragioni. 

Origliare,  stare  di  nascosto  e  attentamente  ail 
a&coltare  quanto  altri  dica:  ciò  per  curiosità  o  per 
spiare:  accostarsi  tendendo  l'orecchio;  orecchiare, 
sorrecchiare;  aurizzare,  osolare,  usciolare,  usolare; 
raccorre  i  bioccoli. 

Ascoltare  (ascoltato).  Secondare,  esaudire:  ac- 
cogliere favorevolmente  una  domanda,  una 
preghiera  e  simili  ;  accettare  un  suggerimento, 
un  consiglio,  ecc.  -  Dare  retta,  ascolto,  lasciarsi 
persuadere. 


Ascoltazione.  L'ascoltare.  •  Metodo  di  àia^ 
gnosi. 

Ascólto.  Detto  ad  ascoltare. 

Ascomiceto.  Detto  a  fungo. 

Ascondere  (ascosto).  Veggo  si  a  nascondere. 

Ascosamente.  Di  nascosto. 

Ascrivere,  ascrizione  (ascritto).  L'annove- 
rare, il  contare,  il  mettere  nel  numero. 

Asello.  Sorta  di  pesce  marino.  -  Crostaceo  voi- 
garm.  detto  millepiedi. 

Asèpsi.  Detto  a  infezione. 

Aseptolo.  Succedaneo  del  fenolo,  antisettico. 

Asettico.  Veggasi  a  chirurgia. 

Asfalto.  Qualità  di  bitume  solido,  nerastro: 
aspalto,  bitume  giudaico,  smalto.  -  Le  pietre  calca- 
ree bituminose  servono  per  la  fabbricazione  del 
mastice  d'asfalto,  adoperato  a  coprire  (asfaltare, 
asfaltatura)  il  marciapiede  delle  vie,  il  pavimento 
dei  terrazzi,  ecc.  -  Asfàltico,  di  asfalto.  -  Asfalteno, 
sostanza  che  si  crede  fìssa  nell'asfalto,  mentre  il 
petrolene  ne  è  la  parte  oleosa  e  volàtile.  -  Terresìna, 
surrogato  dell'asfalto,  miscela  di  catrame  e  di  car- 
bon  fossile,  di  calce  e  di  solfo. 

Asfissia.  Sospensione  subitanea  della  respira- 
zione. 

Asfissia,  asfissiare  ^asfissiato,  asfittico).  Veg- 
gasi a  respirazione. 

Asfodèlo,  asfodillo.  Pianta  gigliacea:  veggasi 
a  giglio. 

Asiatico.  Detto  a  stile. 

Asilo.  Luogo  di  ricovero,  di  ricetto,  di  rifugio: 
un  tempo,  il  sagrato  delle  chiese  o  altro  luogo,  ove, 
per  legge  o  per  consuetudine,  ciascuno  potesse  essere 
inviolabile  e  sottrarsi  anche  alla  giustizia.  Ora  luogo 
nel  quale  essere  accolto,  sovvenuto  in  alcuni  bisogni, 
provvisto  contro  le  intemperie  (rifugio,  nelle 
montagne),  ecc.  Ricettacolo,  ritiro,  ospizio,  refugio, 
salvatorio,  cansatorio  (voce  disusata);  franchigia, 
posto,  ridotto.  -  Diritto  d'asilo,  privilegio  speciale 
dell'epoca  feudale  e  di  cui  fruivano  le  chiese,  i  con- 
venti, le  case  dei  nobili.  Oggi  riservato  al  Vaticano 
e  ammesso  presso  gli  Stati  liberali  costituzionali, 
col  principio  di  rifiutare  la  estradizione  dei  con- 
dannati per  delitti  politici. 

Dare  asilo  :  accogliere,  albergare,  ospitare  ;  dare 
albergo,  dare  ospitalità;  raccettare,  ricettare, 
ricoverare.  -  Entrare  in  un  asilo,  ricoverarsi,  rico- 
vrarsi,  riparare,  rifugiarsi,  ritirarsi;  mettersi  al 
coperto,  al  sicuro,  al  riparo. 

Chiedere  albergo,  ricovero,  dove  non  si  paghi.  • 
Non  aver  dove  posare  il  capo,  non  aver  ricovero. 

Asilo  infantile,  scuola  e  ricovero  _  per  i  bambini: 
veggasi  a  infanzia.  •  Asilo  per  i  lattanti,  asilo 
(ì'idlattamento,  brefotrofio,  presepio:  ospizio  nel 
quale  si  raccolgono  e  si  allevano  i  bambini  illegit- 
timi; ma  dove,  talvolta,  si  ospitano  anche  nati  le- 
gittimi poveri,  che  le  madri  provano  di  non  poter 
allattare.  -  Asilo  notturno,  nuova  istituzione  ai  ca- 
rità, per  la  quale  si  stabiliscono  luoghi  in  cui  of- 
frire, gratuitamonte,  alloggio  e  (riposo  ai  poveri 
senza  tetto.  -  Asilo  rurale  e  asilo-scuola,  quello  che 
accoglie  bamhini  fino  ai  sette  od  otto  anni,  ?e  jnel 
quale  si  dà,  talvolta,  un'istruzione  che  corrisponde 
più  0  meno  alla  scuola  rurale. 

Aslnibolia.  Veggasi  a  memoria,  a  occhio, 
nd  orecchio. 

Asimmetria  (asimmètrico).  Alancaiiza  di  sitn- 
metria,  difetto  di  proporzione. 

Asina.  La  femmina  duWasino, 

Aslnaccio.  Sorta  di  fico. 


ASINAIO    —    ASPliHELUA 


185 


Asinàggine.  Cosa  che  si  faccia,  errore  che 
bì  cominella  per  ignoranza. 

Asinaio.  Detto  ad  asino. 

Asinata.  Cavalcata  suW'asino. 

Asindeto.  V'v^nra.  d'i  gravittiatica. 

Asinèlio.  Detto  a  trave. 

Asineria,  asinità.  Stato  e  natura  d'acino. 

Asinino.  Di  asino. 

Asino.  QuadrujieJe  da  soma,  mammifero, 
solipede,  del  genere  del  cavallo,  ma  più  piccolo,  con 
orecchie  molto  più  lunghe:  somaro,  somiero;  ciuco, 
e  lucchetto,  ciuccio  (voce  napoletana);  balduino,  bal- 
dovino;  bricco,  bricchetto,  boricco,  buricco;  mic- 
cerello,  micciere,  miccio.  Scherz.,  cantor  di  maggio, 
usignolo  d'Arcadia,  usignol  di  maggio;  chinea  di 
Balaam;  destrier  del  vecchierel  Sileno;  trombettier 
delle  selve,  sòr  dottore.  Fra  le  bestie,  tipo  della 
pazienza.  -  Asinelio,  piccolo  asino,  asino  giovane: 
ciucchetto,  ciucchino,  ciuchino,  somarino,  soma- 
rei  lo,  somaretto,  ecc.  -  Cioconaccio,  cincone,  grosso 
asino,  asinone,  somarone.  -  Somaro,  primitivamente 
valse  animale  da  soma,  poi    particolarmente  asino. 

-  Soììtaì-uccio,  meschino  asino;  somaraccio,  brutto  e 
cattivo  asino;  somarettaccio.  spreg.  di  somaretto. 

Asina,  somiera,  la  femmina  dell'asino.  Ciucchetta, 
(iucrhina,  piccola,  giovane  asina.  -  Dall'accoppia- 
mento del  cavallo  e  dell'asina  nasce  il  bardotto, 
dall'asino  e  dalla  cavalla,  il  mulo. 

Asino  emissario,  quello  da  monta,  lo  stallone. 

Onagro,  emione,  dziggitai,  asino  selvatico.  Onagra, 
la  femmina.  -  Teniopo,  asino  selvatico  africano, 
allo  e  svelto,  di  colore    isabella  o  grigio  gialliccio. 

-  Cvagga  o  guagga,  animale  del  genere  dell'asino  - 
Danw,  animale  che  ha  del  cavallo  e  dell'asino.  - 
Zebra,  o  cavallo  tigre,  quadrupede  somigliante  all'a- 
sino, di  pelo  bianchiccio,  screziato  di  giallo,  con 
zone  verticali  sul  dorso  e  orizzontali  sugli  arti,  di 
color  bruno,  quasi  nero. 

Ragliare,  mandar  fuori  la  voce  (raglio)  che  fa 
l'asino:  ragghiare  (ragghio)  Scherz.,  cantar  versi 
d'amore;  canzone  di  maggio,  il  raglio.  -  Ragliata, 
un  ragliare  lungo.  Scherz.,  trillo.  -  Ih,  Ihi,  voce 
imitativa  del  ragliare  dell'asino.  Arri,  arri  la, 
grido  col  quale  si  incita  l'asino. 

Asinesco,  da  asino.  -  Asinino,  di  asino. 

Basto,  sellacela  adoperata  pei  somari  e  rigonfia 
di  borra.  -  Cimurro,  malattia  infettiva,  propria  del 
cavallo,  dell'asino  o  dei  bastardi  di  questi,  trasmis- 
sibile all'uomo.  -  Guidalesco,  piaga  che  la  soma  o 
il  basto  fa  all'asino  e  ad  altri  animali.  -  Latte  sot- 
tile, il  latte  di  somara.  -  Rampi,  ripiegamenti  al- 
l'ingiù  nei  ferri  degli  asini.  -  Riga  di  mulo,  striscia 
nera  che  hanno  gli  asini  e  i  muli  sul  dorso,  a  volte 
in  forma  di  croce.  -  Zigrino,  pelle  dell'asino  o  di 
mulo,  granulata:  per  lo  più,  ha  colore  bianco-gri- 
giastro: la  si  tinge  anche  in  rosso,  in  azzurro,  ecc. 

Asinaio,  chi  guida  o  ha  in  custodia  asini  ;  ciucaio. 

Asinaggine,  insipienza;  detto  o  fatto  balordo. 

Asinata,  cavalcata  sull'asino  :  ciucata.  -  Asineria, 
atto,  discorso  da  ignorante.  -  Asinità,  qualità  di  asino, 
atto,  azione  da  asino. 

Varie.  —  Asino  di  Buridano,  nella  favola,  quello 
che  sarebbe  morto  di  fame  tra  due  misure  d'avena, 
per  non  saperne  fare  la  scelta.  -  Cefalomanzia,  divi- 
nazione per  mezzo  d'una  testa  d'asino. 

Martino,  nome  che  si  può  dare  a  un  asino  e  a  chi 
lo  conduce.  -  Alida,  nella  mitologia,  re  che  ebbe 
orecchie  d'asino. 

Onocèfalo,  con  testa  d'asino.  -  Onocentauro,  mostro 
metà  uomo  e  metà  asino.  -  Onocrdtalo,  pellicano  che 


ha  il  grido  dell'asino.  -  Onolatria  (gr.),  culto  reso 
all'asino.  -  Ononichito,  con  piedi  d'asino. 

Portare  a  schiena  d'asino,  a  bisdosso  dell'asino, 
in  groppa  all'asino. 

Asino.  Figuratamente,  uomo  ignorante. 

Asintoto.  Detto  a  retta. 

Asistolia.  Il  più  alto  grado  di  decadimento 
delle  f(irze  del  cuore. 

Asizia  (asitia).  Mancanza  di  appetito. 

Asma  {asmatico).  Difficoltà  di  res^nra'zione: 
ansima,  ansimo,  ansito;  and)ascia;  affanno,  stertore 
del  respiro.  -  Soffrir  d'asma,  ansare,  ansimare,  re- 
spirare a  stento,  tirare  il  fiato  con  le  corde,  -  Asma- 
tico, chi  soffre  d'asma,  chi  respira  a  stento:  aneloso, 
anelo;  arrantolato,  ansimoso,  ansimato;  ranticoso, 
rantoloso. 

Anelazione,  difficoltà  di  respirare;  anelito,  il  re- 
spiro stesso  affannoso.  -  Anelo,  accesso  di  asma. 

Ansamento,  asma  accidentale.  -  Ràntolo,  febbre 
asmatica  che  cagiona  difficoltà  di  respiro.-  rantolala. 

Antiasmatici,  rimedi  contro  l'asma,  quali  i  pur- 
ganti, i  torpenti,  gli  antispasmodici,  i  diaforetici, 
Vaspidospermina,  Vanemoniiìa,  il  nitrito  di  amile,  la 
trinitrina,  la  piridina;  le  foglie  di  stramonio,  la 
lobelia,  la  iodipirina,  il  iodalbacido,  ecc. 

Asmàtico.  Affetto  da  asma. 

Asmodèo.  Veggasi  a  demonio. 

Asola.  Detto  a  bottone. 

Asolare  {asolarsi,  asolato).  Alitare,  del  vento, 
leggiero.  Asolarsi,  prendere  aria. 

A  solo,  assolo.  Pezzo  di  mtisica  per  un  solo 
istrumento  o  per  canto  ad  una  sola  voce. 

Aspa.  Arnese  per  fare  la  matassa, 

Asparagina.  Detto  ad  asjìàrago.  ' 

Asparago  {asparagio).  Pianta  da  orto,  a  stelo 
erbaceo:  spàragio,  sparago,  sparego;  coriruda.  Dà  il 
nome  ad  un  ordine  di  piante,  delle  usparagacee, 
asparaginee.  -  Sparagio,  gli  ortolani  ne  distinguono 
alcune  varietà,  che  chiamano  sparagi  bianchi,  spa- 
ragi violetti,  ecc.  Se  ne  mangiano  i  turioni,  o  talli, 
appena  spuntati  dal  suolo,  o,  anche,  conservati  in 
scatole.  -  Dal  succo  degli  asparagi  si  ottiene  Vaspa- 
ragina,  sostanza  bianca,  cristallina,  di  azione  diu- 
retica ed  eccitante.  - 1  turioni  dell  asparago  dome- 
stico forniscono  un  commestibile  rinfrescante;  la 
radice  ha  azione  lassativa,  diuretica,  leggiera.  -  La 
radice  àeWasparago  selvatico  ha  proprietà  diuretica, 
rinfrescante,  aperitiva,  detergente,  mucillaginosa:  fa- 
ceva parte  dello  siroppo  delle  cinque  radici.  -  Scopa, 
gambo  del  sparagio;  spazzole,  ì  germogli. 

Asparagiaia  o  sparagiaia,  sparagiaio,  spazio  di 
terreno  in  cui  si  fa  la  coltivazione  degli  asparagi; 
asparagéto.  -  Sparagiaio  e  sparagiaia,  venditore  e 
venditrice  di  sparagi.  -  Mazzo,  più  asparagi  riuniti  e 
legati  insieme.  -Spalliera,  si  dice  dei  mazzi  di  spa- 
ragi fatti  in  modo  da  rammentare  la  spalliera  d'una 
seggiola.  -  Coltello  da  sparagi,  ferro  lungo,  con  lama 
tagliente,  fatta  un  po'  a  sgorbia  e  ad  angolo  ;  serve 
prima  a  scalzare  con  la  punta  il  tallo  dello  spara- 
gio, poi,  affondandolo  nella  terra,  a  togliere  lo  spa- 
ragio, tirando  il  ferro  senza  compromettere  le  gem- 
me inferiori.  -  Mollette  da  sparagi,  arnese  general- 
mente d'argento  o  d'argentone,  con  le  estremità  delle 
branche  solcate  da  canaletti  orizzontali,  acciocché 
gli  asparagi,  stretti  fra  essi,  non  si  schiaccino. 

Sparachella,  asparagio  di  bosco:  spai'agio  selva- 
tico, sparagello,  asparago  di  macchia,  palazzo  di 
lepre. 

Asperarteria.  Noma  antico  dato  alla  trachea. 

Asperella.  Veggasi    a  madreselva. 


186 


ASPERGEHE   —   ASPETTO 


Aspèrgere,  aspersione  {aspergìmento,  asper- 
gine, asperso).  Leggermente  bagnare. 

Asperges.  Atto  deir  aspergere.  -  Aspersoio  per 
l'acqua  benedetta:  asperge,  aspergolo,  spruzzetto, 
spàrgola. 

Aspergillo.  Detto  a  ìnuffa. 

Aspèrgine.  Spruzzatura,  spruzzo:  veggasi  a 
bagnare. 

Asperità.  Qualità  di  ciò  che  è  aspro. 

Asperniatismo  (aspermia).  Detto  a  sperma. 

Aspèrrimo.  Superlativo  di  asjtro 

Aspersione.  Modo  di  bagnare,  di  bagnarsi. 
♦  Pratica  del  culto  cattolico. 

Aspettare  [aspeltamento,  aspettativa,  aspettato, 
aspettazione).  Stare  in  attesa  di  persona,  di  avveni- 
menti, di  una  cosa  qualsiasi  :  attendere,  fare  attesa; 
stare  a  bada,  sull'aspetto;  fare  il  banzi  (corrispon- 
dente alla  frase  odierna:  far  anticamera);  sta.r  fermo 
in  petto  e  in  persona,  far  la  leonessa,  far  le  volte 
del  leone;  far  la  mula  di  medico;  stare  in  quaran- 
tina. -  Con  altri  significati,  dicesi  per  ripromettersi, 
sperare;  anche,  per  indugiare,  procrastinare, 
andare  adagio  nel  fare  una  qualunque  cosa.  -  Ri- 
aspetlare,  riattendere,  ripete  aspettare. 

Aspettare  con  impazienza  :  aspettare  con  desiderio, 
con  ansietà,  con  divozione;  aspettare  a  bocca  aperta, 
a  gloria;  aspettare  la  misericordia  (di  cose  o  per- 
sone che  si  fanno  aspettare  a  lungo);  essere  sulle 
spine  (in  attesa  e  in  agitazione). 

Aspettare  invano,  stare  in  sospeso;  aspettare  il 
corvo,  il  messia.  -  Struggimento,  stato  d'animo,  allor- 
quando si  aspetta  lungamente  e  invano. 

Aspettare  l'occasione,  stare  attendendo  che  il  caso, 
gli  avvenimenti  favoriscano  uno  scopo;  aspettare  la 
palla  al  balzo;  aspettare  il  porco  alla  quercia;  stare 
alla  posta. 

Aspettarsi,  credere  che  una  cosa,  buona  o  cattiva, 
ci  avverrà. 

Far  u spettare,  tenere  a  tedio,  tenere  in  sospeso, 
mettere  a  pinolo,  dare  un  cane  a  menare;  tratte- 
nere; ritardare,  far  ritardo.  -  Lasciare  uno  sulla 
corda,  farlo  aspettare  inutilmente.  -  Tenere  sui  carboni 
accesi,  sui  carboni   ardenti,  far  aspettare  con  ansia. 

Aspetlumento,  l'aspettare,  aspettazione,  aspettanza 
(voce  antiquata);  aspetto,  aspettamento,  attendimento, 
attesa.  -  Aspettato,  atteso:  l'avvenimento,  la  cosa, 
la  persona  che  si  aspetta.  -  Contrario,  inaspettato, 
inatteso.  -  Inopinato,  dì  cosa  che  sopravvenga  ina- 
spettatamente 0  come  non  si  aspettava. 

Aspettativa,  attesa  di  cosa  buona,  utile;  nell'uso, 
particolare  condizione  di  un  impiegato.  -  La  der- 
rata non  è  inferiore  al  saggio,  di  cosa  che  corri- 
sponda all'aspettativa.  -  Riuscir  meglio  a  pane  che 
a  farina,  di  cosa  che  superi  l'aspettativa. 

Aspettazione,  l'aspettare,  con  significato  di  spe- 
ranza nella  riuscita  di  ciò  che  si  attende:  aspetta- 
tiva, espettativa,  ma  indica  più  la  fiducia,  l'ansia. 

Non  soddisfare  all'aspettazione:  venirci  meno,  tra- 
dirla; tradire  la  promessa;  deludere,  procurare  una 
delusione;  sfrondare  le  speranze. 
,  Aspetto,  sostantivo  maschile  da  aspettare:  essere, 
stare  in  aspetto.  -  Sala  d'aspetto,  quella  nella  quale, 
in  una  stazione  di  ferrovia,  o  altrove,  si  aspetta 
il  momento  di  partire. 

Locuzioni,  proverbi. 

Appostare,  far  la  posta  a  qualcuno  di  nascosto 
con  intenzioni  non  buone.  -  Aspettare  la  grazia, 
aspettare  una  cosa  che  indugia  a  venire. 


Aspettar  uno  a  balzello,  aspettarlo  per  coglierlo 
in  un  posto  dove  deve  capitare.  -  Aspettare  uno  a 
pie  fermo,  di  piantone,  senza  moversi. 

Aspettassero  tanto  i  tordi!,  dichiarandosi  disposti 
ad  aspettare.  -  Contar  l'ore  e  i  minuti,  di  cose  o 
persone  che  s'aspettano  con  impazienza.  -  Dare  la 
posta  a  uno,  aspettarlo  al  varco. 

Far  anticamera,  aspettare  d' essere  ricevuti,  o 
aspettare  solamente.  -  Fare  la  fila,  di  persone  che 
si  mettono  una  dietro  l'altra  ad  aspettare:  più  co- 
mun.,  far  la  coda.  -  Far  allungare  il  collo,  far  aspet- 
tar molto.  -  Far  storiare  una  cosa,  farla  aspettare 
un  pezzo. 

Nascere  il  fungo,  di  cosa  che  comparisce  dopo 
lunga  aspettazione,  come  il  topo  partorito  dalla  mon- 
tagna. -  Non  mi  fate  languire,  a  chi  ci  fa  aspettar 
troppo.  -  Parer  mill'anni,  aspettare  con  ansietà  una 
cosa.  -  Siamo  a  tempo  a  ragionarne,  a  parlarne,  po- 
ter ancora  aspettare. 

Star  a  vedere,  star  a  sentire,  in  aspettazione. 

Star  di  piantone,  fermo  ad  aspettare. 

Proverbi.  —  Aspetta  cavallo  che  l'erba  cresca,  di 
lunghe  aspettazioni. 

Aspettare  e  non  venire,  stare  in  letto  e  non  dor- 
mire e  serr>ire  e  non  gradire  son  tre  cose  da  ino- 
rire. 

Aspettativa.  Detto  a  impiegato. 

Aspètto.  Sembiante,  sembianza,  viso,  volto,  fac- 
cia, figura  d'una  2>e»'so/ja,  aria,  apparenza, 
cera,  figura,  fisonomia,  presenza.  Anche  atteggia- 
mento,  piglio,  contegno;  immàgine,  effigie.  Più 
precisamente,  tutta  la  figura  della  persona,  in  quanto 
può  servire  a  giudicarne  gli  affetti,  le  qualità,  i 
sentimenti;  quel  che  di  essa  appare  e  dà  segno  del- 
l'esser suo,  come  disposizione  d'animo,  come  con- 
dizione sociale,  ecc.  —  Di  cose,  apparenza,  forma. 
vista.  Figur.,  frontispizio,  soprascritta. 

Atigusto,  aspetto  imponente,  grave,  venerabile, 
maestoso,  nell'espressione  del  viso,  nel  gesto,  nel 
contegno.  -  Atistero,  aspetto  serio,  severo  di  per- 
sona, d'opera  d'arte,  di  spettacolo,  ecc.  -  Brutto, 
l'aspetto  di  tutto  quanto  non  par  bello,  dà  un'im- 
pressione disgustosa,  spiacevole.  •  Brutto  ceffo,  uomo 
d'aspetto  sinistro. 

Contraffatto,  aspetto  sformato  o  alterato  di  per- 
sona e  di  cosa.  -  Fastellaccio,  d'uomo  mal  messo, 
disfatto. 

Figura  sospetta,  di  chi,  dal  volto,  dall'atteggia 
mento,  dal  vestito,  dal  tutto  insieme,  non  inspiri 
fiducia.  -  Fresco,  l'aspetto  di  chi  dimostra  buone 
condizioni  di  salute;  apparenza  di  cosa  buona,  non 
stantia:  fiore  o  frutto  appena  colto  o  da  poco;  pe- 
sce appena  o  da  poco  pescato;  oggetto  di  recente 
fattura,  e  simili.  -  Maestoso,  che  ha  in  sé  maestà, 
che  è  di  tale  aspetto  da  rivelare  autorità  e  inspi- 
rare rispetto,  venerazione.  Dicesi  anche  di  monu- 
mento, di  spettacolo,  ecc.,  grandioso,  imponente. 

Sconcio,  di  tutto  quanto  manchi  alle  regole  o  ai 
principi  dell'estetica,  della  morale,  della  convenienza, 
ecc.  -  Seducente,  aspetto  di  tutto  quanto  (persone, 
cose,  fatti,  ecc.)  provoca  un  senso  profondo  di  pia- 
cere  e  fortemente  attrae.  -  Severo,  austero,  grave, 
sia  dell'atteggiamento  di  persona,  dell'aspetto  di 
un'opera  d'arte,  ecc. 

Trionfante,  l'aspetto  di  persona  in  alto  grado  di 
contentezza,  di  gioia,  o  di  cosa  qualunque  in 
grande  floridezza.  -  Tristo,  meschino,  rattrappito,  di 
natura  infelice:  persone  e  cose.  -  Vizzo,  di  persona 
0  di  cosa  che  ha  perduto  la  freschezza  e  la  sodezza 
naturali. 


ASPliTTO    —   ASSAGGIATORE 


187 


Colore,  l'aspetto,  l'apparenza  d'una  cosa.  -  Faccia, 
la  parte  d'una  cosa  rivolta  a  noi  (la  faccia  del  sole, 
della  luna,  ecc.);  anche,  la  condizione,  lo  stato  delle 
cose  (la  faccia  della  terra).  -  Fisico,  l'aspetto  che 
presenta  il  corpo  umano,  nella  sua  struttura  e  nelle 
sue  funzioni. 

Portamento,  aspetto  che  una  persona  assume  nel- 
V atteggiamento  e,  piuttosto,  nel  modo  di  cam- 
minare. -  Profilo,  l'aspetto  che  presentano  i  con- 
torni del  volto  0  di  un  oggetto  veduto  di  fianco. 

Risalto,  spicco,  apparenza  che  dà  nell'occhio. 

Sembianza,  immagine,  figura,  somiglianza,  appa- 
renza. 

Autorità,  aspetto  maestoso  e  degno  di  riverenza. 

Maestà,  aspetto  di  grandezza  che  spira  riverenza 
0  ammirazione  -  Maestosità,  astratto  di  maestoso; 
sa  di  scherzo  o  d'ironia.,  se  di  persone;  di  cose  è 
più  comune  (la  maestosità  d'una  selva,  d'un  pa- 
lazzo, d'un  tempio,  ecc).  -  Serietà,  l'aspetto  di  chi 
ha  un  contegno  grave. 

Locuzioni.  —  Aver  l'aria,  aver  l'aspetto,  l'appa- 
renza, spesso  con  significato  di  presunzione.  -  Dare 
nell'occhio,  avere  tale  aspetto  che  richiami  l'atten- 
zione d'altri.  -  Far  l'elfetto  d'una  testa  di  Medusa, 
di  persona  che  fa  spavento  a  guardarla,  a  par- 
larle. 

Parere  un  cadavere  che  cammina,  di  persona  ri- 
finita. -  Parere  un  ecce  homo,  di  persona  malcon- 
cia e  sanguinosa,  specialmente  nel  viso.  -  Parer 
quello  che  diede  lo  schiaffo  a  Cristo,  di  persona  d'a- 
spetto triste.  -  Parere  un  moribondo,  di  chi  ha  pes- 
simo as; ietto  di  salute  o  si  mostra  affranto. 

Aspetto.  Lato  di  veduta,  di  osservazione  d'una 
cosa;  la  particolare  figura  che  essa  ha;  l'impressione 
che  desta  nel  vederla.  I  lati  sono  talvolta  due  (uno 
opposto,  rovescio,  all'altro)  o  più.  Le  cose  cam- 
biano, mutano  d' aspetto.  -  La  situazione  di  una 
stella,  di  un  pianeta  rispetto  all'  aHro.  -  Nella 
musica,  pausa. 

Àspide.  Specie  di  serpente.  -  Antico  e  lungo 
cannone.  -  Figur.,  persona  d'animo  cattivo. 

A  spinapésce.  Fatto  a  forma  di  spina  di 
pesce. 

Aspirante.  Chi  mira  ad  un  impiego,  ad  un 
ufficio,  ad  un  tnatrinionio,  ad  un  j^rej/Jio,  ad 
una  cosa  qualsiasi.  —  Veggasi  a  pompa. 

Aspirare  (aspirazione,  aspirato).  Attrarre  a  sé 
l' aria  per  respirare  o  altrimenti.  -  Tirare  un 
fluido,  fare  il  vuoto.  -  Modo  di  pronunzia.  - 
Tendere  ad  una  cosa  con  vivo  desiderio. 

Aspirato,  che  ha  il  segno  dell'aspirazione;  lette- 
ra, sillaba,  voce. 

Aspiratore.  Apparecchio  per  far  passare  una 
corrente  d'aria  continua  attraverso  un  tubo  o  en- 
tro un  recipiente.  -  Istrumento  di  chirurgia. 

Aspirazióne.  Atto  ed  effetto  dell'  aspirare: 
intento,  tendenza,  scopo.  -  Movimento  affettuoso 
dell' a/«i»na  verso  qualche  oggetto;  vivo  deside- 
rio per  qualche  cosa  di  buono,  di  nobile.  -  Forza 
di  fiato  nella  pronunzia  di  qualche  lettera  e  il 
relativo  segno  di  ortografia.  -  Veggasi  a  forno. 

Aspirina.  Detto  a  intestino  e  a  reuma. 

A  spizzico,  a  spillùzzico.  A  poco  per 
volta. 

Aspo.  Detto  a  filanda  e  a  matassa. 

Asportare,  asportazione  (asportabile,  aspor- 
iato).  Il  togliere  da  un  luogo  per  jìortare  in  un 
altro.  -  Di  merci,  esportare,  fare  esportazione.  - 
Operazione  di  chirurgia. 

Asportatore.  In  ogni  tnacchinaf  il  congegno 


che  allontana    automaticamente  la   materia   già   la- 
vorata. 

Aspramente.  Con  asprezza,  in  modo  aspro; 
acremente,  in  modo  acre:  duramente,  acerbamente, 

agramente. 

Asprefirg-iare  (aspreggiato).  Inasprire,  irì'ifare. 

Asprezza.  L'essere  aspro:  asperità,  acerbez- 
za; con  significato,  anche  di  acì'e,  di  duro,  di 
ruvido.  —  In  pittura,  di  colori  in  contrasto  troppo 
vivo. 

Asprino.  Qualità  di  vino  bianco  del  Mezzo- 
giorno d' Italia. 

Aspro  (asprezza).  Che  ha  il  sapore  d'  un  frutto 
acerbo,  sapore  acre  ed  amaro,  con  un  po'  di 
fortume;  che  cagiona,  per  una  certa  agrezza,  una 
spiacevole  sensazione  all'organo  del  gusto:  aspret- 
tino,  aspretto,  asprigno;  acrigno,  agrimonico,  agri- 
monioso;  agrino,  agresto,  agretto,  agro;  acerbo, bru- 
sco; forticcio,  fortigno;  pungente,  mordente,  ra- 
spante; lazzo,  rodente;  afretto,  alrocogno,  afro;  as- 
saettante,  scorticante    (il  palato). 

Essere  aspro:  avere  asprezza,  sapor  aspro,  aspru- 
me,  asperità,  fortore,  agrezza;  afrezza,  alrore;  cru- 
dezza, lassezza;  acredine,  raspo;  avere  un  po'  di 
agrino,  di  asprettino.  -  Molto,  superlativamente  aspro: 
acerrimo,  asperrimo,  ecc.  -  Vino  che  pela  l'orso. 

Divenir  aspro:  imbruschire,  inacidire,  inagrire, 
inagrcstire,  prendere  agrezza,  fortore,  ecc. 

Rendere  aspro:  aspreggiare;  dare,  far  prendere 
asprezza,  fortume,  ecc. 

Aspro  è  aggettivo  che  assume  altri  significati, 
reali  o  figurati:  cosi  si  dice  pure  di  ciò  che  è 
ruvido  di  superficie,  spiacevole  al  tatto;  di 
stagione,  di  tempo  molto  freddo,  rigido;  di 
suono,  che  dà  spiacevole  sensazione  all'  udito.  - 
Figur.,  del  parlare  duramente,  per  malumore,  per 
rimprovero,,  per  scortesia;  del  vivere  in  gran 
dolore,  con  gran  fatica,  in  grave  povertà  e 
simili;  di  cose  varie  [battaglia,  percossa,  e  simili), 
per  indicarne  la  violenza;  di  uomo  intrattabile, 
più  che  austero,  arcigno,  sgarbato,  ostico,  che  non 
sa  rendersi  simpatico,  non  sa  farsi  amare. 

Proverbio:  Si  prendono  più  mosche  con  tma  goc- 
ciola di  miele  che  con  un  baril  d'aceto,  con  l'asprezza 
non  si  riesce  a  cattivare  la  gente. 

Assaettare,  assaettarsi  (assaettato).  Prendere 
rabbia  fortemente.  -  Di  cosa  che  dia  troppa  noia. 
-Detto  anche  per  indicare  eccesso. 

Assafètida  (asa  fetida).  Detto  anche  sterco 
del  diavolo  o  sterco  infernale.  Sorta  di  gomma 
resinosa,  medicinale,  puzzolentissima. 

Assaggiare  (assaggiamento,  assaggiato,  assaggia- 
tura,  assaggio).  Saggiare,  gustare  leggermente  per 
sentire  il  sapore;  anche  mangiare  o  bere  po- 
chissimo di  una  cosa:  assaporare,  assaporire,  sapo- 
i-are,  savorare;  degustare,  pregustare;  deliberare, 
libare,  prelibare.  -  Assaggiatiecio,  avanzo  di  una  cosa 
assaggiata  più  volte. 

Assaggiamento,  Va.ssa.ggiare:  assaggiatura,  assaggio, 
saggio;  assaporazione,  assaporamento;  degustamento, 
degustazione;  delibamento,  delibazione;  gustamento, 
pregustamento,  pregustazione,  pregusto. 

Mettere  la  lingua,  assaggiare  appena.  -  Riassag- 
giare, nuovamente  assaggiare.  -  Saggiuolo,  piccola 
parte  di  vino,  d'  olio  e  simili  che  si  prende  o  si  dà 
per  farne  assaggio. 

Assaggiare  (assaggiato,  assaggio).  Sperimentare, 

Srovare,  lar  prova.  -  Figur.,    buscarsi  delle  bòtte, 
elle  busse. 
Assaargiatoro.  Detto  a  zecca. 


188 


ASSAGGIO   —   ASSEDIO 


Assaggio.  Operazione  di  esaminare  iJ  tìtolo  di 
un  metallo  noljile,  di  una  lega,  ecc. 

Assai.  A  suiTicieiiza,  abbastanza,  specialmente 
trattandosi  di  quantità,  dopo  un  aggettivo,  un 
nome,  un  verbo:  ìnolto. 

Assaìssimo.  Superlativo  di  assai. 

Assale.  Veggasi  a  ruota 

Assalire  (assalìmento,  assalito,  assalitore).  Andar 
contro  con  impeto,  per  lo  più  a  scopo  di  offesa: 
aggredire,  avventai-si,  assaltare  (in  senso  generico, 
ma  particolarmente  in  significato  militare);  andare, 
correre,  dare,  farsi,  fogarsi,  gettarsi,  serrarsi,  strin- 
gersi addosso;  correre,  lanciarsi,  precipitarsi,  sca- 
gliarsi, scaraventarsi  contro;  andare  all'attacco;  at- 
taccare; essere,  farsi,  stringersi  sopra  qualcuno  o 
qualche  cosa;  andare  alle  prese,  andare^alle  strette; 
andare,  correre  alla  volta,  alla  vita,  acciuffarsi,^  az- 
zuffarsi; dar  dentro.  -  Figur.,  il  sopravvenire  d'una 
passione,  d'  una  malattia  e,  in  generale,  di  ciò 
che  arrechi  male. 

Assalìmento,  l'assalire:  aggressione,  assalita,  assal- 
tamento,  assalto.  -  Assalito,  chi  subisce  V  assalto.  - 
Assalitore,  chi  assale:  aggressore,  assaltante,  assai ■ 
tatore.  -  Assalto,  atto  ed  effetto  dell'  assalire,  ma 
specialmente  in  significato  militare  (V.  più  innanzi). 
—  Termine  di  scherma. 

Affrontare,  raffrontare,  assalire  di  fronte:  detto 
per  lo  più  di  nemico  e  in  battaglia.  -  Aggredire, 
assalire  qualcuno  per  fargli  qualche  brutto  tiro 
(aggressore,  aggressione,  aggredin^ento) .  -  Attaccare, 
assalire  combattendo. 

Investire,  assalire  con  forza,,  con  violenza.  -  Pren- 
dere alle  spalle,  assalire  a  trarlimento,  all'improvviso. 

Ribattere,  respingere  un  assalto.  -  Saltare  addosso, 
assalire  con  veemenza  e  all'improvviso.  -  Saltare  agli 
cecili,  per  graffiare.  -  Scagliarsi  addosso  ad  alcuno, 
avventarsegli  contro.  -  Serrarsi  addosso  a  uno,  con 
impeto,  farglisi  sopra.  -  Sovrassalire,  assalire,  sa- 
lendo sopra. 

Assaltare  (assaltato,  assaltatore).  Assalire,  inve- 
stire, particolarmente  in  significato  militare:  di  eser- 
cito contro  esercito,  o  tra  minori  riparti  di  mili- 
zia, 0  contro  una  fortezza,  e  simili:  attaccare, 
dare  l'attacco;  dare,  fare  assalto,  l'assalto;  incon- 
trare, scontrare  ;  andare,  uscire  addosso,  andar  sopra; 
avventarsi,  farsi  incontro  al  nemico;  andare,  venire 
alle  prese;  dare  l'urto,  urlare  in...;  osteggiare,  pre- 
sentar battaglia;  fare  impeto,  percuotere,^  raffron- 
tare. -  Oppugnare,  assaltare,  combattere  città,  for- 
tezze,   mura  e  simili. 

Assalto,  atto  ed  effetto  dell'assaltare:  aggressione, 
assalìmento,  assaltamento  ;  affronto,  attacco,  sopras- 
salto; colpo  di  mano  (assalto  repentino  a  una  for- 
tezza), investimento;  punta,  spedizione.  -  Movere 
all'assalto,  prender  d'assalto,  per  assalto,  a  viva  forza. 
■  Assalto  di  batteria,  di  scale....  -  Dare  l'assalto  a 
scala  vista,  assaltare  apertamente  un  forte.  -  Sostenere 
V  assalto,  resistervi. 

Assalto  generale,  Y  attacco  di  una  piazza  da  tutti 
i  lati  e  sii  tutti  i  punti,  impegnando  nell'  azione 
tutto  l'esercito.  -  Caricare  il  nemico,  dar  la  carica, 
persistere  nell'  assalto,  battendo  il  nemico  che  già 
piega.  -  Carica  a  fondo,  un  assalto  con  tutte  le 
forze,  decisivo.  -  Falso  allarme,  assalto  che  si  mi- 
naccia al  nemico  in  un  luogo  nel  quale  non  si 
pensa  di  affrontarlo  e  per  distrarne  l'attenzione  dal- 
l'assalto vero.  -  Incamiciata,  assalto  dato  di  notte 
da  soldati  incamiciati.  -  Soprassalto,  assalto  impe- 
tuoso. 
Assaltare  alla  strada.  Di  malandrino  che 


aggredisce  i  viandanti  per  rubare  loro.   Con   una 
parola,  grassazione. 

Assalto.  Atto  ed  effetto  dell'  assalire  e  del- 
r  assaltare. 

Assaporare  {assaporamento,  assaporato).  Godere, 
gustare,  saporare,  rigustare,  assaggiare,  sia  una 
bevanda  o  una  vivanda,  od  altro.  Mangiare 
0  bere  qualche  cosa  con  molto  gusto.  -  Figur., 
godere  una  gioia,  un  piacere,  ecc. 

Assaporire  (assaporito).  Dar  sax>ore. 

Assassinare,  assassinio  [assassinamento,  «*- 
sassinato) .  L'uccidere,  il  diventare  assassino, 
omicida.  Figur.,  royiware  qualche  cosa;  far  grave 
danno,  adVinteresse  di  qualcuno;  far  male  un 
lavoro,  ecc. 

Assassino.  Chi  commette  omicidio,  ossia  il  de 
lilto  di  uccidere,  per  lo  più  con  agguato,  con  pre- 
meditazione, a  scopo  di  furto,  di  rapina,  di  ven~ 
detta,  "per  odio,  per  ferocia,  ecc.  -  Figur.,  uomo  per- 
verso, che  reca  gran  danno.  Nel  primo  significato: 
omicida,  omiciduario,  oinicidiale  (voce  antiquata), 
sanguinario;  uomo  del  diavolo,  uomo  che  dà  nel 
sangue. 

Assassinesco,  da  assassino  (assassinescamente). 

Lasciare  su  una  st7-ada,  assassinare.  -  Rubare  il 
mestiere  al  boia,  commettere  molti  assassini.  -  Scam- 
pare dal  coltello  d'uno,  restar  salvi  da  un  tentato 
assassinio. 

Anteo,  famoso  gigante,  figliuolo  di  Nettuno  e  della 
Terra:  dimorava  nei  deserti  per  assassinare  tutti 
i  viandanti,  avendo  fatto  voto  d'inalzare  a  Nettuno 
un  tempio  tutto  di  crani  d'uomini.  -  Capobanda,  capo 
d'una  banda  di  assassini.  -  Randito,  brigante,  ma- 
snadiero,  chi  uccide  talvolta  per  rapina  e  vive  alla 
macchia,  al  bando  della  giustizia. 

Grassatore,  assassino  di  strada.  -  Malandrino,  bri' 
gante,  assassino  da  strada.  -  Scherano,  sicario,  as- 
sassino prezzolato. 

Asse.  Voce  di  vari  significati:  legno  segato  pel 
lungo  dell'albero  e  di  poco  spessore.  -  Legno  o  ferro 
intorno  a  cui  gira  la  ruota  o  altro  corpo.  - 
La  linea  retta  immaginaria,  intorno  alla  quale  ruota 
un  corpo  {asse  terrestre,  asse  del  mondo,  ecc.).  -  An- 
tica moneta  romana  e  antica  misura.  -  Come 
termine  legale:  un  intero /j«^r*»» omo,  un'  intera 
eredità.  —Veggasi  inoltre  a  cannoccliiale,  a  Cri- 
stallo, a  lente,  a  magnete,  a  vòlta. 

Asse  demaniale.  Complesso  dei  beni  non  pa- 
trimoniali d'uno  Stato. 

Asse  ecclesiastico.  Complesso  dei  beni  della 
Chiesa  incamei'ati  dallo  Stato. 

Assecchire  {a ssecchilo).  Divenir  secco. 

Assecondare  (assecondato).  Compiacere,  .scco»*- 
dare.  Andare  a  seconda,  .seguire. 

Assederò  (assediito).  Mettersi  a  sedere. 

Assediare  (assediamento,  assediante,  assediato). 
Cingere  d'assedio  una  piazza,  una  fortezza,  un 
luogo  in  qualsiasi  modo  difeso,  munito.  -  Figur.,  ap- 
piccarsi, mettersi  d'attorno  a  persona,  riuscendole 
importuno,  dando  noia,  disturbo. 

Assedio.  Complesso  dei  lavori  e  delie  operazioni 
che  si  fanno  da  un  corpo  di  milizie  per  imi)adro- 
nirsi  di  una  piazza  forte,  per  effetto  di  attacchi,  di 
bombardamenti,  di  resa,  ecc.:  assediamento,  oppu- 
gnamento,  ossidione.  -  Assedio  formale,  condotto  con 
regola  d'arie  militare.  - /lss(?dio  insostenibile,  quello 
che  non  può  durare  a  lungo,  sia  per  gli  assediati 
come  per  gli  assedianti.  -  Assedio  largo,  quello  nel 
quale  l'esercilo  assediante  circonda  la  piazza  luori 
dalle  offese  di  essa.  -  Assedio  stretto,   quello   che  si 


ASSEDIO   —  ASSEGNATO 


189 


faceva  sotto  alle  mura  neiniclie,  battendole  con  le 
artiglierie  e  rovinandole  con  le  mine.  —  Ossidionale, 
di  assedio. 

Assediante,  l'esercito,  la  milizia  che  assedia:  as- 
sediatore;  oppugnante,  oppugnatore.  -  Assedialo,  inve- 
stito, stretto  da  assedio,  astretto;  difensore  della 
piazza,  propugnatore. 

Operazioni  degli  assedianti.  —  Alloggiarsi,  in 
un  assedio,  il  mettersi  di  pie  fermo  sopra  un'opera 
del  nemico,  occupata  di  viva  forza,  e  il  coprirvisi 
subito  alla  meglio,  a  riparo  dalle  offese.  -  Alloggia- 
mento interrato,  riparo  tumultuario  che  si  fa  nel 
fosso  della  piazza  assediata  e  nelle  gallerie  sotter- 
ranee per  propria  difesa.  -  Assediare,  circondare  con 
un  esercito  qualche  luogo  fortiiicato,  per  investirlo 
0  per  impedire  il  passaggio  alle  provvigioni,  sicché 
i  difensori  si  arrendano  per  mancanza  di  viveri: 
circondare,  cerchiare,  cingere  d'assedio;  investire; 
essere,  stare  ad  assedio;  oppugnare,  osteggiare; 
stringere  d'assedio,  l'assedio. 

Allargare,  l'assedio,  stringere  più  alla  larga  un  paese. 

Bloccare,  stringere  d'assedio  cosi  strettamente  da 
impedire  ogni  comunicazione  e  introduzione  di  vi- 
veri nella  città  assediata:  espugnare  per  fame. 

Blocco,  azione  e  effetto  del  bloccare.  -  Campeg- 
giare, assediare,  il  nemico  messo  a  campo,  ecc. 

Dare  la  scalata,  salire  sulle  mura  del  luogo  as- 
sediato. -  Levar  l'assedio,  cessarlo:  disassediare,  aprir 
l'assedio,  levarsi  dall'assedio.  -  Pigliare  per  fame, 
costringere  gli  assediati  a  capitolare  per  mancanza  di 
viveri.  -  Scalare,  assalire  con  scale  al  luogo  assediato. 

Far  levare  l'assedio,  liberare  una  città,  mettendo 
in  fuga  0  facendone  allontanare  gli  assedianti: 
rompere  l'assedio,  sbloccare,  liberare  dal  blocco. 

Degli  assediati.  —  Capitolare,    \ arrendersi  a 

Satti  (di  eserciti  o  di  città  assediati),  venire  ai  patti 
ella  resa;  concludere,  domandare,  fare  una  capito- 
lazione, ossia  il  trattato  pel  quale  la  guarnigione  o 
i  cittadini  d'una  piazza  si  arrendono  a  determinate 
condizioni:  capitolazione  onorevole,  vantaggiosa;  ver- 
gognosa, disastrosa,  ecc.  -  Resa  d'una  piazza:  quando 
ìf'assediato  non  ha  più  risorse  da  poter  resister  nei 
trinceramenti  che  gli  restano,  fa  suonare  la  chia- 
mata dalle  trombe  su  tutti  i  punti  d'attacco,  per 
avvertire  che  vuole  arrendersi. 

A  bandiere  spiegate,  una  delle  condizioni  onore- 
revoli  che  si  concedono  ai  prodi  difensori  delle 
fortezze,  nell'  uscire  dalle  porte  delle  medesime, 
quando  hanno  dovuto  arrendersi.  -  Resa  a  discre- 
zione, invece,  quando  il  nemico  respinge  ogni  condi- 
zione, ogni  patto,  esclusivamente  imponendo  la 
propria  volontà. 

Rompere  l'assedio,  costringere  l'esercito  assalitore 
a  torsi  dall'assedio,  ovvero  aprirsi  una  strada  per 
mezzo  de'  suoi  quartieri  per  arrivare  alla  città  as- 
sediata e  per  soccorrerla.  -  Sortita,  tentativo  che 
vien  fatto  da  parte  o  da  tutte  le  truppe  di  una 
piazza  assediata,  le  quali,  uscendo  dalla  linea  delle 
fortificazioni,  vanno  ad  attaccare  l'assediante. 

Sostenere  l'assedio,  difendersi  per  modo  che  il 
nemico  non  possa  occupare  la  città  o  la  fortezza 
ch'egli  assedia.  -  Tener  piazza,  resistere  all'urto  ne- 
mico, non  ceder  terreno. 

Macchine  da  assedio,  lavori,  ecc. 

Altaleno,  macchina  militare  con  la  quale  gli  as- 
sedianti inalzavano  gli  assediati  alla  sommità  delle 
mura  della  città  assediata.  -  Appròccio,  lavoro  fatto, 
scavando  o  terrapienando,  per  accostarsi  alla  piazza 
assediata.  -Ariete,  macchina  anticamente  usata  negli 


assedi  per  battere  e  diroccare  le  mura  dei  luoghi 
assediati. 

Botte  di  offesa  o  botte  di  fuoco,  ciascuna  di  quelle 
botti  che  si  lasciano  rotolare  giù  dai  parapetti  o 
per  le  breccie,  piene  di  sassi  o  di  fuoco,  per  allon- 
tanare il  nemico.  -  Breccia,  apertura  fatta  con  l'ar- 
tiglieria nelle  muraglie  d'una  città  assediata  o  presa 
d'assalto,  per  entrarvi.  •  Briccola,  macchina  con  la 
quale,  un  tempo,  si  scagliavano  pietre  e  altro,  ne- 
gli assedi. 

Cerchio,  cinta  di  l'erro,  di  esercito  che  tiene  for- 
temente assediata  una  piazza  o  un  altro  esercito. 

Circonvallazione,  propriamente,  linea  di  circonval- 
lazione, fosso  con  parapetto,  fortificato  di  distanza 
in  distanza,  fatto  dagli  assedianti  intorno  al  proiìrio 
campo.  -  Falconiere,  macchina  da  assedio.  -  forti- 
ficazione, nome  generico  d'ogni  opera  per  la  di- 
fesa di  una  città,  di  un  luogo  qualsiasi,  contro 
eventuali  assedi  o  assalti. 

Gabbione,  cestone  di  vimini  che  si  riempie  ordi- 
nariamente di  terra  e  serve  negli  assedi  a  riparare 
dai  colpi  nemici.  -  Guardia  della  trincea,  i  corpi 
di  fanteria  che,  durante  un  assedio,  entrano  gior- 
nalmente a  guardia  dei  lavori.  -  Parallele  (fosse), 
fosse  concentriche  che  facevano  gli  assedianti. 

Parco  d'assedio,  materiale  necessario  ad  assediare 
una  piazza.  -  Pentola  di  fuoco,  pentola  piena  di  pol- 
vere e  di  granate  cariche,  usata  un  tempo,  per  sca- 
gliarla, con  una  miccia  accesa,  dalle  mura  sopra 
gli  assalitori.  -  Pluteo,  antica  macchina  da  assedio 
con  tre  ruote,  per  avvicinarsi  alle  mura. 

Trincea  e  trincera,  strada  scavata  nel  terreno, 
difesa  da  parapetto,  per  comunicazione  degli  asse- 
dianti; e  alzata  di  terreno  per  difesa  di  soldati, 
di  artiglierie,  ecc.  -  Ventiera,  riparo  di  legno  o  di 
corda  per  nascondere  nelle  batterie  d'assedio  le 
artiglierie  agli  assediati,  o  i  cannonieri  dalle  fu- 
cilate nemiche. 

Moneta  ossidionale,  il  denaro  necessario  durante 
un  assedio.  -  Stato  d'assedio,  misura  eccezionale  di 
goifertio. 

Assegnamento.  Quel  tanto  di  fiducia  che 
si  può  avere  verso  una  persona:  conto,  fidanza, 
fondamento  ;  speranza  fondata  su  qualcuno  o 
qualche  cosa.  -  Qualunque  rendita.  • 

Assegnare  {assegnamento,  assegnato;  assegna- 
zione, assegno).  Conferire,  dare,  fissare  una  somma 
in  denaro  o  altro;  disporre,  destinare,  attribuire. 
-  Conferire  in  dote,  in  rendita,  in  appannaggio 
a  pì^incij^e,  in  premio;  aggiudicare  in  un'asma; 
giudicare,  tributare.  -  Stabilire  una  cosa,  pre- 
scrivere una  condizione,  un  patto. 

Aggiudicare,  attribuire,  per  vie  legali,  una  cosa 
a  taluno,  oppure  assegnare  una  cosa  al  miglior  of- 
ferente. -  Aggiudicatario,  colui  al  quale  venne  as- 
segnata una  cosa  per  sentenza,  per  decreto  od  altra 
disposizione  delle  autorità  competenti.  -  Aggiudica- 
zione, l'atto  e  l'effetto  dell'aggiudicare. 

Assegnameìito,  l'atto  dell'assegnare  e  la  cosa  as- 
segnata. -  Assegnazione,  l'assegnare.  -  Asségno,  somma 
di  denaro  che  si  assegna  a  qualcuno:  provvigione 
pecuniaria ,  provvisione  ,  appannaggio  ,  borsiglio, 
piatto.  -  Commenda,  assegno  per  onorificenza;  pre- 
benda, assegno  degli  ecclesiastici;  spillatico,  assegno 
del  marito  alla  moglie,  per  le  sue  spese. 

Assegnatezza  ("assegnato).  Tenore  regolato  di 
vita;  moderazione  nello  spendere. 

Assegnati.  Carta  moneta  antica,  francese. 

Assegnato.  Chi  è  parco  nello  spendere  ;  chi 
fa  economia. 


190 


ASSEGNO   —   ASSKNSU 


Assegno.  Veggasi  ad  assegnare^  a  banca,  a 
pagare. 

Asscguire  {assegnilo).  Conseguire,  ottenere. 

Assemblea.  Insieme  di  più  persone  in  adu- 
nanza, nello  stesso  luogo,  per  formare  parlamento, 
o  semplicemente  per  discutere.  -  Riunione  di  molte 

fìersone  chiamate  a  trattare  di  cose  importanti,  per 
0  più  politiche.  -  Adunanza  dei  soci,  dei  membri, 
degli  azionisti  di  una  società,  per  tratiare  di    affari. 

-  Un'assemblea  si  riunisce  in  seguito  a  convoca- 
zione; può  essere  ordinaria,  straordinaria,  gene- 
rale, ecc.  In  essa  si  fa  discussione' e,  per  lo  più, 
si  conclude  con  un  voto,  talvolta  sopra  un  ordine 
del  gitomo.  Ciascuno  domando /a  j^arote,  cioè  la  facol- 
tà divariare,  al  presidente,  che  la  concede  o  la  nega. 

—  Pei  vari  modi  di  riunione,  di  discussione,  ecc. 
d'un'assemblea,  nonché  pei  nomi  di  alcune  speciali 
assemblee,  veggasi  ad  adunanza. 

Antiche  assemblee  di  Atene  e  di  Roma.  -  Nell'an- 
tica Atene,  assemblee  deliberanti  erano:  l'Ecclesia, 
composta  di  tutti  i  cittadini;  la  Baie  (senato),  che 
preparava  proposte  di  legge;  i  Pritani,  commissione 
permanente"  che  proveniva  dalla  Buie;  V Areopago, 
tribunale  religioso.  -  Per  le  antiche  assemblee  ro- 
mane, veggasi  a  Comizio. 

Assemblea  Costituente,  quella  degli  incaricati  di 
rinnovare  la  costituzione  di  uno  Stato,  di  un'Asso- 
ciazione, ecc.  -  Assemblea  dei  Notabili,  anticamente 
in  Francia,  adunanza  dei  membri  del  clero,  della 
nobiltà  e  della  borghesia,  indetta  dal  re  per  averne 
il  consiglio  sopra  oggetti  importanti.  -  Assemblea 
federale  in  una  federazione  di  Stati,  composta  del 
Consiglio  nazionale  e  del  Loìisiglio  degli  Stati,  e  da 
un  potere  esecutivo,  il  Consiglio  federale,  con  una 
Cancelleria  federale,  e  un  Tribunale  federale.  -  As- 
semblea legislativa,  quella  che  nella  rivoluzione 
francese  succedette  alla  Costituente.  -  Assemblea  na- 
zionale, quella  dei  rappresentanti  d'una  nazione. 

Assemblee  popolari,  più  comunemente  indicate 
dalle  voci  comizio,  meeting,  ecc.  -  Assemblee  pri- 
marie, le  riunioni  dei  cittadini  secondo  la  costitu- 
zione francese  del  1791.  -  Assemblee  territoriali, 
create  nel  1863  in  ogni  governo  o  distretto,  com- 
posto di  proprietari  e  rappresentanti  della  città  o 
dei  comuni  rurali  per  all'ari  economici,  rendite, 
strade,  beneficenza,  istruzione. 

Consiglio  Comunale,  assemblea  degli  amministra- 
tori d'un  comune.  -  Consiglio  provinciale,  assem- 
blea degli  amministratori  d'una  provincia. 

Comizio,  anticamente,  riunione,  convocazione  pub- 
blica a  scopo  di  far  leggi,  modificarle,  rinnovarle, 
eleggere  magistrati,  ecc.  Ora,  assemblea,  adunanza 
di  popolo.  -  Congresso,  assemblea  di  scienziati,  di 
artisti,  di  letterati,  di  persone  diverse,  per  le  trat- 
tazioni di  cose  relative  alla  propria  scienza,  ecc.,  o 
ili  interesse  pubblico. 

Congresso  Americano,  unione  di  tutti  i  poteri  le- 
gislativi negli  Stati  Uniti  d'America:  si  compone  di 
un  Senato  e  di  una  Camera  di  deputati.  -  Conven- 
zione, la  terza  assemblea  parlamentare  in  Francia, 
durante  la  rivoluzione.  -  Costituente,  l'asseinblea  de- 
gli Stali  Generali  in  Francia  (1789),  proclamatasi 
nazionale.  -  Cortes,  in  Spagna  e  in  Portogallo,  sono 
le  assemblee  nazionali,  cioè  il  Senato  e  la  Camera 
dei  Deputati. 

Dieta,  uno  dei  tanti  nomi  che  presero,  nei  vari 
tempi  e  paesi,  le  assemblee  nazionali.  L'assemblea 
convocata  dai  re  di  Germania  per  trattare  gli  affari 
dell'impero.  -  Duma,  l'assemblea,  recentemente  isti- 
tuita, dei  deputati  in  Russia. 


Parlamento,  la  Camera  e  il  Senato,  nei  paesi 
a  regime  costituzionale.  Nei  primi  tempi  della  mo- 
narchia francese,  l'assemblea  dei  grandi  del  regno. 

Parlamento,  detto  anche  conciona  e,  nel  veneto 
Arengo,  assemblea  popolare  che  si  teneva  nella 
chiesa  e  nella  piazza. 

Panegiri,  voce  usata  anticamente  per  indicare  ia 
riunione  degli  abitanti  d'una  città  o  di  una  intera 
provincia  o  tribù,  e  anche  le  grandi  adunanze  na- 
zionali. 

Reichstag,  la  Dieta  germanica.  -  Nella  monarchia 
austro-ungarica,  l'insieme  della  Tavola,  dei  Magnati 
e  della  Tavola  dei  deputati.  -  Reichsvakl,  Consiglio 
dell'Impero,  nella  monarchia  austro-ungarica,  for- 
mato dalla  Camera  dei  Signori  e  dalla  "Camera  dei 
deputati. 

Scupscina,  assemblea  nazionale  sèrba.  -  Storthing, 
il  parlamento  norvegese.  -  Tabor,  assemblea  popo- 
lare degli  Czechi. 

Figure  e  particolari. 

Destra  e  sinistra,  i  due  partiti  in  cui  si  divide 
ogni  assemblea  rappresentativa.  La  destra  è  il  par- 
tito moderalo  o  conservatore;  la  sinistra  il  partito 
progressista  o  democratico.  Deriva  dal  posto  che 
essi  occupano  alla  Camera,  a  destra  o  a  sinistra  del 
presidente.  -  Centro,  il  partito  di  mezzo. 

Maggioranza,  il  maggior  numero  dei  deliberanti 
in  un'assemblea.  Nell'uso,  la  prevalenza  numerica 
dei  voti  favorevoli  al  governo,  al  potere  esecutivo. 

Minoranza,  il  minor  numero  dei  deliberanti.  Nel- 
l'uso, il  partito  di  opposizione. 

Interpellanza,  domanda  {interpellante  chi  la  pre- 
senta) di  spiegazioni  intorno  ad  atti  del  potere  ese- 
cutivo, nelle  assemblee  politiche  e  nelle  ammini- 
strative. Può  dar  luogo  ad  una  discussione  generale 
e  ad  un  voto.  -  Interpellare,  presentare  interpellanza. 

Interrogazione,  domanda  (  interrogante  chi  la  fa) 
semplice,  a  titolo  di  schiarimento,  senza  intenzione 
di  fare  un  appunto  al  potere  esecutivo.  -  interrogare, 
presentare  interrogazione.  -  Ostruzionisti,  nei  parla- 
menti 0  in  altre  assemblee,  coloro  che,  parlando 
continuamente,  od  accumulando  proposte  su  propo- 
ste, cercano  impedire  una  deliberazione. 

Medaglia  di  presenza,  che  attesta  essersi  la  per- 
sona presentata  alla  riunione,  all'assemblea;  anche 
onorario  ài  membri.  -  Ordine  del  giorno,  la  materia 
da  trattarsi  in  un'assemblea;  la  deliberazione  che 
termina  una  discussione.  -  Processo  verbale,  il  rias- 
sunto d'una  seduta,  della  discussione  fatta:  anche, 
semplicemente,  verbale.  -  Sessione,  tempo  che  un'as- 
semblea impiega  allo  svolgimento  di  un  programma. 

Tribuna,  luogo  dove  si  collocano  gli  oratori  nelle 
assemblee  politiche. 

Agora,  nell'antica  Grecia,  la  piazza  pubblica,  il 
luogo  di  riunione  delle  assemblee,  corrispondente  al 
foro  dei  Romani. 

Assemblea.  Termine  deìì&mUizia:  radunanza 
di  soldati. 

Assembramento.  Raccolta  di  gente,  folla, 
per  lo  più  in  sommossa  o  per  dimostrazione. 

Assembrare,  assembrarsi  (assem6ra?-c).  Rac- 
cogliere, unire,  o  raccogliersi  di  persone  in  folla, 
per  dimostrazione,  per  sommossa,  ecc.  Anche,  sem- 
brare. 

Assennare,  assennatezza  {assennato).  Detto 
a  senno. 

Assenso  {assentimento).  Acconsentiraento,  con- 


ASSENTARE   —   ASSETTO 


191 


senso,  approvazione.  Dare  il  consenso:  acconsentire, 
approvare. 

Assentare  (assentato).  Piaggiare,  adulare. 

Assentarsi.  Allontanarsi,  partire. 

Assente.  Chi  non  è  presente,   ma   lontano. 

-  Contumace,  chi,  domandalo  in  giudizio,  non  si  pre- 
senta. 

Assenteismo.  Vocabolo  non  registrato  e  pure 
oggi  comunissimo,  specie  con  significato  politico, 
per  indicare  l'abitudine  costante  di  essere  assente, 
lontano. 

Assentimento.  L'alto  deWassentire. 

Assentire  {assenziente,  assentito).  Acconsentire, 
approvare,  dar  il  proprio  consenso. 

Assenza.  L'essere  lontano,  o  il  non  presen- 
tarsi in  un  luogo.  -  Figuratam.,  mancanza  di  co- 
raggio, di  lealtà,  di  gusto,  ecc.  In  questo  senso  è 
reputato  gallicismo.  -  Perdita  della  7Henioria, 

Assenziente.  Chi  fa  l'atto  di  assentire. 

Assenzio.  Erba  amarissima  ed  aromatica,  a 
fiori  composti,  crescente  nei  climi  meridionali,  usata 
frequentemente  come  medicinale  (stomachico,  per 
Vabsintiìia,  ed  eccitante  molto  energico).  -  Simbo- 
leggia le  tribolazioni  dell'animo;  tormento  d'amore. 

-  Dicesi  assenzio  anche  il  succo  che  se  ne  estrae. 

Absinthe  (frane),  l'assenzio,  liquore  verde  opale, 
inebriante,  per  eccellenza,  e  stupefacente, -iifom/iiìa, 
principio  attivo  e  amaro  dell'assenzio.  -  Ahsintismo, 
il ,  complesso  dei  fenomeni  morbosi  prodotti  dal- 
l'abuso del  liquore  d'assenzio. 

Asserella.  Piccola  asse,  pezzo  di  legno.  -  L'asse 
del  ietto. 

Asserenare,  asserenarsi  (asserenato).  Ras- 
serenare, rasserenarsi;  rendere,  divenir  sereno;  di  ce- 
si di  animo,  di  niente,  di  cielo,  di  tempo,  ecc. 

Asserente.  Chi  fa  l'atto  di  asserire. 
Asserire  (asserimenlo,  asserito,  asserto,  asserzione, 
assertore).  Affermare  una  cosa  per  vera;  dire  o  dare  per 
vero;  attestare,  dichiarare;  esprimere,  sostenere,  av- 
valorare un'opinione;  confermare,  dare  conferma  - 
Asserente,    afl'ermante,    asseverante,   chi    asserisce. 

Giurare  in  verba  magistri,  sempre  affermare  ci- 
tando l'altrui  autorità.  -  Protestare,  dichiarare  con 
protesta,  affermare  positivamente.  -  Restrizione,  con- 
dizione e  proposizione  che  restringe  la  generalità 
della  cosa  asserita.  -  Scommettere,  fare  scommessa, 
modo  risoluto  d'affermare. 

Assertivamente,  affermativamente,  con  affermazione 
in  senso  affermativo;  affermantemente,  affermata- 
mente,  positivamente.  Con  maggior  forza  di  signifi- 
cato, assev er antemente  :  asseveratamente,  affermatis- 
simamente,  assicuratamente,  inculcatamente;  effetti- 
vamente, positivamente;  a  pieno. 

Assertivo,  aflermativo,  affermante,  asserente.  -  Asse- 
verativo (che  asserisce  con  insistenza,  con  sicurezza), 
asseverante,  assicurativo. -^sser^ono,  veggasi  a  grii*- 
ramento. 

Asserzione,  affermamento,  affermativa,  affermazio- 
ne; asserimento,  asserto,  assertivo;  attestazione, 
detta  (a  detta  di....),  testimonianza;  assunto,  dichia- 
razione. -  Asseverazione,  asserzione  insistente,  sicura: 
asseveramento,  asseveranza,  assicurazione;  assicura- 
mento, certificamento,  certificazione;  cerzioramento, 
cerziorazione. 

Asserire  con  insistenza,  con  certezza:  accertare, 
assicurare,  asseverare,  far  fede,  certificare,  cerzio- 
rare, affidare,  far  fidanza;  sincerare;  sostenere  affer- 
mativamente; giurare,  protestare,  raffermare;  ren- 
dersi garante,  mallevadore;  sagramentare.  -  Accer- 
tare di  toccata,  asseverare  per  aver  toccato  con  mano. 


Affibbiarsi  a  cingersi  la  giornea,  impegnarsi,  sfor 
zarsi,  anche  ostinarsi  nel  voler  far  credere  una  cosa. 

EscL.AMAzioNi  E  MODI  DI  DiiiE,  a  sostegno  di  un'as- 
serzione: affé,  afìè  mia,  in  fede  mia;  affé  di  Dio,  alla 
fé  di  Dio!  affé  del  zìo.',  per  non  nominare  Dio;  a//o 
croce  di  Dio,  pei'  le  meraviglie  di  Dio!  -  Altro,  altro 
che,  senza  dubbio;  davvero,  per  vero,  davvero  dav- 
vero, in  realtà,  in  coscienza  ! 

Appunto,  precisamente  !  Com'  è  vero  Dio  (quasi 
asserendo  con  giuramento);  r.oni  è  vero  il  solet 

Benedetto  Dio,  santo  Dio!  -  Cambiami  il  nome  se.,..! 

-  Ch'  io  diventi  un  frate  !  Ch'  io  arruzzoli  !  -  (he  mi 
pigli  un  accidente,  che  mi  venga  la  rabbia,  se....  - 
Che  tu  abbia  braccia  e  io  spalle  (son  contento  che 
mi  bastoni  se...),  -  Cliio  arrabbi,  se  non  e  vero  !  -  Ch'  io 
possa  essere  impiccato  e  squartato,  se.... 

Da  galantuomo,  da  uomo  ai  carattere,  d'  onore  I 
In  parola  d'onore.  -  Dammi  di  ladro!  (come  aggiun- 
gendo mentalmente:   se  non  é  vero  quel  che  dico). 

-  Dimmi  gobbo  !  Dite  eh'  io  non  sia  desso  !  -  Dio  lo 
sa.  Dio  sa,  sullo  Iddio  !  -  Il  cielo  mi  fulmini  !  -  In 
fede  mia,  in  verità,  in  santa  verità,  in  santa  e  bene- 
detta  verità  !  -  Ma  certo  !  lo  non  sono  io,  se.... 

Metto  la  mano  o  le  mani  nel  fuoco  l  motto  popo- 
lare. -  Mi  caschi  il  naso,  mi  raschi  la  testa,  modi 
d'affermare  un  po'  volgari.  -  Mi  si  muti  il  nome, 
se....  -  Né  più  né  meno,  per  1'  appunto.  -  Non  dico 
bugia,  quanto  racconto,  asserisco  è  tal  e  quale.  - 
Non  lo  puoi  credere!,  affermando  cosa  straordinaria. 

-  Non  sarà  mai  vero  che...,  non  sarà  mai  possibile, 
non  avverrà,  e  simili.  -  Non  son  chi  sono  se.... 

Per  dire  la  verità,  modo  di  correggeie  un'  asser 
zione.  -  Per  la  vita  mia  !  -  Salvo  il  vero,  maniera 
di  mitigare  un'asserzione,  o  di  non  affermare  asso- 
lutamente una  cosa.  -  Si  !  No  !  Veh  l,  rinforzo  di 
affermazione  o  di  negazione. 

Voglio  che  mi  sgiuseppino,  mi  sberrettino,  mi  sbat- 
tezzino. -  Vo'  morire  in  guest'  istante,  se....  -  Vorrei 
morire  piuttosto!  Vorrei  morire  se...!,  affermando 
iperbolicamente. 

Àssero.  Piccola  trave. 

Asserpolare,  asserpolarsi  (asserpolato).  Detto 
a  tòrcere. 

Asserragliare,  asserragliarsi  (asserragliato). 
Detto  a  barricata,  a  chiudere,  a  forti/Ica- 
zione. 

Assertivo,  asserto.  Detto  ad  asserire. 

Assertòrio.  Veggasi  a  giuramento. 

Asserzione.  L'  asserire. 

Assessorato,  assessore.  Magistrato  del  Co- 
7mvne. 

Assestamento.  Assesto,  1'  assestare. 

Assestare  (assestamento,  assestatezza,  assesto,  as- 
sestato). Mettere  in  buon  ordine:  di  oggetti  qual- 
siansi  e,  nell'  uso,  di  un  bilancio.  -  Adattare, 
rendere  adatto.  -  Aggiustare  un  colpo.  -  Porre  con 
precisione  la  mira  nel  tiro  a  segno.  -  Assestarsi, 
aggiustarsi,  adattarsi. 

Assetare  (assetalo).  Far  venire,  aver  sete.  -  Ave- 
re intenso  desiderio.  -  Inaridire,  seccare:  di 
terreno. 

Assettare,  assettamento  (assettato,  assetta- 
tìira,  assetto,  assettarsi).  Disporre,  mettere  in  or- 
dine; apparecchiare,  f>»*e2iai'are  bene;  correggere, 
raffazzonare,  accomodare.  -  Acconciarsi,  della 
veste.  -  Assettarsi,  porsi,  accomodarsi,  prender  po- 
situra sopra  checchessia. 

Assettatura.  Abbigliamento.  -  Modo  di  vestire. 

Assettino.  Garzone  del  paratore  di  chiesa. 

Assetto.  Buona  disposizione,  ordine.  -  Apparato, 


192 


ASSEVERARE 


ASSOCIARSI 


addobbo  (veggasi  in  addobbare).  •  Figur,,  accomo- 
damento, accordo. 

Asseverare,  asseveranza  (asseverante,  asse- 
verativo, asseverato,  asseveratamente).  Detto  ad  as- 
serire. 

Assicurare  (assicurato).  Rendere  sicuro  da 
pericolo.  •  Rendere  stabile,  ferino.  -  Rassicurare, 
togliere  la  paura.  Dar  per  certo,  asserire.  - 
Provvedere  contro  un  danno,  o  un  pericolo,  me- 
diante assicurazione,  •  Pagare  un  tanto  alla 
posta  per  assicurare  il  ricapito  di  una  lettera  o 
d'altro.  —  Assicurazione,  l'assicurare  e  l'essere  as- 
sicurato. 

Assicurarsi  {assicurato).  Essere,  mettersi,  stare 
sicuro  0  al  sicuro.  -  Nell'uso,  fare  un'assicu- 
razione. 

Assicurazione.  Contratto  col  quale  l'assicurar 
tore  si  obbliga,  mediante  un  premio,  a  risarcire 
le  perdite  o  i  danni  che  possono  derivare  all'asst- 
curalo  da  determinati  casi  fortuiti  o  di  forza  mag- 
giore, ovvero  a  pagare  una  somma  di  danaro 
secondo  la  durata  o  gli  eventi  della  vita  di  una  o 
più  persone.  Si  fanno  assicurazioni  per  i  trasporti 
di  terra  e  di  mare,  contro  l'incendio,  contro  la 
grandine,  sul  bestiame,  contro  gli  infortuni  sul  la- 
voro, ecc.,  ecc.  -  Assicurazione  sulla  vita,  applica- 
zione del  sistema  di  assicurazione  che  offre  il  mezzo 
di  legare  ad  altri  un  capitale  o  di  preparare  a  sé 
qualche  agiatezza  per  la  vecchiaia.  -  lilalizio,  spe- 
cie di  assicurazione  per  la  quale  una  persona,  ce- 
dendo i  propri  beni,  si  assicura  una  rendita,  un 
assegnamento  vita  naturai  durante. 

Assicuratore,  colui  che,  mediante  un  -premio  con- 
venuto, si  assume  la  responsabilità  economica  di 
rischi  e  pericoli  di  una  qualsiasi  operazione.  -  As- 
sicurato, colui  a  prò'  del  quale  è  fatta  un'assicu- 
razione. Può  fare  assicurare  non  solo  il  proprietario, 
ma  anche  il  creditore  che  ha  privilegio  o  ipoteca 
sulla  cosa,  e  in  generale  chiunque  ha  un  interesse 
reale  e  legittimo  o  una  responsabilità  per  la  con- 
servazione di  essa. 

Polizza,  il  contratto  stipulato  in  iscritto  fra  assi- 
juratore  ed  assicurato  e  indicante  le  generalità  di 
questo  e  di  quello,  l'oggetto  dell'assicurazione,  la 
somma  assicurata,  il  premio,  i  rischi  che  l'assicu- 
ratore assume  e  la  durata  di  esso  contratto.  -  Pre- 
mio, il  prezzo  del  pericolo  (periculi  proetium), 
ossia  ciò  che  l'assicurato  paga  in  corrispondenza 
dei  pericoli  che  l'assicuratore  assume. 

Rischio,  dicesi  tanto  del  pericolo  che  l'assicura- 
tore si  assume,  quanto  della  cosa  assicurata.  -  Si- 
nistro, l'avvenimento  del  fatto  previsto  dall'assicu- 
razione. -  Indennità,  il  risarcimento  del  danno  cau- 
sato dal  sinistro. 

Abbandono,  cessione  agli  assicuratori  delle  mer- 
canzie state  prese,  perdute  o  detenute,  affine  di  ri- 
cuperare la  somma  assicurata.  -  Assicurazione  in 
quovis,  l'assicurazione  di  merci  sopra  una  nave  in- 
determinata. -  Associazione  di  mutua  assicurazione, 
ente  collettivo  che  ha  per  scopo  di  dividere  tra  gli 
associati  i  danni  cagionati  dai  rischi.  -  Garanzia, 
assicurazione  legale:  tnalleveria. 

Riassicurazione,  scaricamento  sopra  un  altro  (rias- 
sicuratore)  dei  rischi  di  cui  uno  s'era  reso  mal- 
levadore. Anche,  doppia  sicurtà  o  assicurazione  fatta 
a  una  stessa  mercanzia  o  altra  proprietà. 

Lloyd,  nome  di  parecchie  compagnie  di  assicu- 
razione marittima. 

Assiderare,  assiderazione  (assiderato).  In- 
tirizzire, intirizzimento  per  freddo  eccessivo. 


Assìdere,  assidersi  (assiso).   Mettersi   a   so 
dere. 
Assiduità.  Diligenza,  costanza  nel  fare  una 

cosa,  nell'attendere  a  checchessia. 

Assiduo.  Chi  é  diligente,  ha  costanza  nel  fare. 

Assieme.  Lo  stesso  che  insieme. 

Assiepare  (assiepamento,  assiepato).  Mettere  una 
siepe  intorno  a  un  terreno:  chiudere,  circoìi- 
dare. 

Assillarazione.  Detto  a  parola. 

Assillare.  Di  ascella. 

Assillo.  Insetto  che  punge  aspramente  più  d'un 
animale,  specialmente  il  bue  e  il  cavallo  :  tafano. 

-  Figur.,  tormento. 

Assimilare,  assimilazione  (assimilativo,  as- 
similato). Rendere,  rendersi  simile.  •  Il  trasfor- 
marsi àoW alimento  negli  animali  e  nelle  piante: 
il  digerire,  -  Omeòsi,  in  fisiologia,  -  Assimilativo, 
atto  ad  assimilare. 

Assiolo  [assiuolo).  Uccello  notturno  simile  alla 
civetta.  -  Capo  d'assiuolo,  per  ispregio,  ignorante.  • 
Chiurlare,  chiurlo,    il   vociare,  la  voce  dell'assiolo. 

-  Chiù,  voce  imitativa  dell'assiolo. 

Assioma  (assiomatico).  Proposizione  che  non 
ha  bisogno  di  essere  dimostrata:  massima. 

Assisa.  Abito,  veste,  uniforme  di  un  ordine 
religioso,  di  milizie,  di  allievi    d'un    collegio,    ecc. 

-  Livrea  di  servo. 

Assise  (Corte  d'Assise).  Detto  a  tributiale. 

Assistente.  Chi  vigila  e  guida  il  lavoro  d'al- 
tri 0  d'una  squadra  d'operai  :  astante,  sorvegliante, 
soprastante.  -  Chi  presta  il  proprio  concorso  ad 
un  medico  o  ad  altro  professionista,  al  maestro  o 
alla  maestra  in  una  scuola,  ecc. 

Assistenza.  L'assistere.  L'essere  presente. 
•  Assistenza  pubblica,  prestazione,  nel  campo  della 
beneficenza,  dell'igiene,  ecc.,  da  parte  di  un  co- 
mune, di  una  confraternita,  di  una  congre- 
gazione, di  un  istituto  qualunque. 

Assistere  {assistente,  assistito).  Esigere  presente 
o  vicino,  per  lo  più  allo  scopo  di  vigilare,  di 
custodire,-  anche,  essere  presente  ad  una  festa, 
ad  uno  spettacolo.  -  Prestare  aiuto,  prestar 
soccorso  con  la  persona  o  con  le  facoltà.  -  Far 
servigio  o  favore  a   qualcuno. 

Assitare  (assitato).  Sentir  l'odore,  avvertire 
con  l'odorato:  specialmente  del  cane  -  Abituarsi 
a  stare  in  un  luogo. 

Asrfto.  Assi,  pezzi,  tavole  di  legno  commessi 
insieme,  per  chiudere,  per  fare  un  tramezzo,  fra 
stanza  e  stanza,  un  palco,  un  pavimento ,  un 
riparo,  ecc.:  appalancato,  impalancato,  intavolato, 
palconcellatura;  chiudenda,  turata. 

Assiuolo.  Lo  stesso  che  assiolo. 

Asso.  Un  solo  segno  nelle  carte  da  giuoco  e 
nei  dadi. 

Associare  (associato).  Mettere  insieme,  unire 
una  cosa  ad  un'altra.  -Di  persone,  unire  in  asso- 
ciazione, in  società.  -  Prendere  alcuno  per  com- 
pagno, per  socio.  -  Far  prendere  l'abbonamento, 
far  l'associatore. 

Associarsi  {associato)-  Mettersi  in  società  fra 
due  0  più  persone  per  affari  di  qualsiasi  natura, 
per  esercitare  un  commercio,  un'industria  e  simili. 

-  Far  compagnia,  far  lega,  accompagnarsi,  met- 
tersi insieme,  entrare  in  un'associazione.  -  Pren- 
dere abbonamento,  direttamente  o  per  mezzo 
àell' associatore.  -  Di  idea,  coordinarsi  ad  un'altra 
0  ad  altre,  secondo  certe  leggi  di  analogia. 


ASSOCIATORE   —   ASSOTTIGUARF. 


m 


Associatore.  Chi  cerca  di  procurare  abbonati  ad 
un  giornale,  alla  pubblicazione  di  un  libro,  ecc. 

Associazione.  Riunione  di  persone  in  società 
civile  per  uno  scopo,  subordinato  a  comunanza  di 
idee,  eli  sentimenti,  e  per  un  determinato  fine:  po- 
litico, di  professione,  di  mestiere,  di  mutuo  soccorso, 
di  studio,  di  propaganda,  per  divertimento,  per  lo 
sport,  e  via  via.  Dicesi  anche  sociftà:  questa 
voce  però  si  usa,  propriamente,  per  indicare  un'as- 
sociazione in  senso  commerciale.  Le  associazioni 
sono,  per  lo  più,  rette  in  base  ad  uno  statuto  e 
con  deliberazioni  che  i  soci  sono  talvolta  chiamati 
a  prendere  in  aduìianza,  in  assemblea. 

Associazione  cooperativa,  veggasi  a  cooperazione. 
Associazione  di  criminali  o  di  malfaliori,  la  mafjia 
in  Sicilia,  la  Camorra  a  Napoli,  la  Mala  vita  a 
I3ari,  gli  accoltellatori  a  Livorno,  ecc. 

Associazione  internazionale,  quella  che  conta  in- 
scritti, riparti,  sedi  in  più  nazioni.  -  Associazione 
nazionale,  quella  che  ha  soci  inscritti,  sparsi  in 
tutto  un  paese.  -  Associazione  operaia,  a  scopo,  ge- 
neralmente, della  reciproca  assistenza,  della  resisten- 
za (Camera  del  lavoro.  Leghe  di  resistenza,  ecc.),  della 
produzione  diretta  ed  altro.  -  Associazione  segreta, 
quella  che  non  ta  conoscere  all'autorità,  o  a  chicche- 
sia,  l'elenco  dei  propri  addetti,  né  le  proprie  deli- 
berazioni. Tale  ancora  la  massoneria. 

Alleanza,  associazione  fra  Stato  e  Stato,  a  scopo 
comune  di  olìesi  o  difesa.  -  Ansa,  associazione  tra 
alcune  città  di  commercio  (anseatiche),  specialmente 
in  Germania.  -  Compagnia,  associazione  d' afl'ari,  per 
lo  più:  Compagnia  di  assicurazione,  Compagnia 
del  gas,  ecc.  -  Compagnia  della  Misericordia,  pia 
associazione  delle  città  toscane  per  trasportare 
morti,  malati,  e  assisterli  quando  occorra. 

Confederazione,  associazione  di  più  Stati,  che  in- 
sieme ne  compongono  uno  solo:  federazione  (es., 
la  Svizzera,  la  Germania,  l'Unione  Nord-Americana, 
€cc.).  -  Federale,  relativo  a  federazione.  -  Federali- 
smo, sistema  che  ammette  la  federazione. 

Confraternita,  associazione  laicale.  -  Con- 
gregazione, compagnia  di  ecclesiastici  o  di  seco- 
lari. -  Corporazione,  associazione  di  mestiere,  come 
era  delle  antiche  arti  di  Firenze. 

Falanstero,  specie  di  vastissimo  convento,  per 
comunità,  non  religiose,  ma  sociali.  -  JLega,  asso- 
ciazione di  più  città,  di  più  Stati:  alleanza,  in 
senso  quasi  esclusivamente  guerresco.  -  Sodalizio, 
associazione  d' individui,  1'  un  1'  altro  strettamente 
vincolati  dall'obbligo  di  cooperare  secondo  un  dato 
fine. 

Affiliazione,  l'affiliarsi,  l'accedere  di  qualcuno  ad 
un'associazione,  e  anche  1'  atto  o  la  cerimonia  per 
accoglierlo  in  essa.  -  Mntualitd,  sistema  delle  asso- 
ciazioni di  mutuo  soccorso.  •  Organizzazione,  ogni 
corporazione  sistematicamente  organizzata  ^es.,  l'am- 
ministrazione dello  Stato)  e  la  creazione  d'una  sif- 
fatta corporazione.  -  Ricevere  il  battesimo,  essere  da 
altri  riconosciuto  degno  d'appartenere  ad  una  setta, 
ad  una  consorteria,  ecc.,  avendo  tutte  le  qualità 
necessarie  per  appartenervi. 

Assodare,  assodarsi  (assodamento,  assodato). 
Rendere,  divenire  sodo,  stabile,  solido,  duro. 

Assoggettare  f assoggettamento,  assoggettato). 
Rendere  soggetto;  sottomettere. 

Assolaiato.  Detto  a  castagno  e  a  olivo. 

Assolare  (assolato).  Esporre,  stendere  al  sole. 
Stendere  a  strati,  a  suolo  a  suolo. 

Assolarsi  (assolato).  Restar  solo.  -  Termine  del 
giuoco  delle  carte. 

PiiKMOu  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


Assolcare  (assolcato).  Veggasi  a  solcare. 

Assoldare,  assoldarsi  (assoldato).  Prendere, 
mettersi  a  soldo,  riferito  a  milizia.  -  Prendere, 
mettersi,  per  mercede,  a  privato  servizio. 

Assolutamente.  In  modo  assoluto;  per  certo. 

Assolutista,  assolutismo.  Detto  a  dispoti- 
smo e  a  governo. 

Assoluto.  Sciolto,  libero  da  condizione,  da  re- 
lazione, da  limite:  senza  restrizione,  illimitato  (es., 
potere  assoluto),  intero,  completo,  peifolto  (es., 
bello  assoluto),  puro  (alcool,  ecc.),  esclusivo.  Di 
governo,  o  di  principe,  non  soggetto  a  leggi 
fondamentali.  -  Di  parola,  che  può  stare  da  sé.  Di 
bisogno,  urgente,  ecc..  -Il  contrario  di  relativo. 

Sistema  di  misura.  •  Veggasi  anche  a  tempe- 
ratura. 

Assoluzione.  Proscioglimento  da  accusa,  da 
colpa,  da  peccato:  assolutoria,  proscioglimento. 
-Detto  pure  in  significato  di  perdono.  -  Veggasi 
anclie  a  giudice,  a  sentenza,  a  confessione,  a 
moribondo. 

Assolvere  (assoluto,  assolutorio).  Dare  Vassolu- 
zione,  prosciolvere.  -  Liberare  da  un  obbligo,  da 
un  impegno.  -  Assolutorio,  che  assolve. 

Assomigliare  (assomiglianza,  assomigliato).  Ave- 
re  somiglianza,  somigliare.  -  Rendere,  essere 
simile. 

Assommare  (assommato).  Far  la  somma.  - 
Compire,  finire.  -  Venire  alla  conclusione  dì  un 
discorso.  -  Mettere  assieme,  raccogliere  com- 
pletamente. 

Assonanza.  Somiglianza,  corrispondenza  di 
suono:  meno  della  inma. 

Assono.  Grossa  asse  di  legno. 

Assonnare  (assonnato,  assonnito).  Detto  a  son- 
no. 

Assopire,  assopirsi  (  assopimento,  assopito  ). 
Stato  intermedio  fra  la  sonnolenza  e  il  soimo.  - 
Veggasi  a  dormire  e  a  sonno,  -  Di  dolore  e  di 
altro:  calmare,  calmarsi. 

Assorbente.  Detto  a  medicamento,  a  calo- 
re, a  luce. 

Assorbimento.  Atto  ed  effetto  dell'assorbire. 
-  Stato  della  mente,  o  dell'  animo,  per  cui  si  è 
esclusivamente  occupati  d'una  cosa  o  d'una  persona: 
fissezza,  fissità,  fissazione;  raccoglimento,  distra- 
zione. ■  In  senso  mistico,  estasi.  —  Veggasi,  inol- 
tre, a  linfa  e  a  sangue. 

Assorbire  (assorbente,  assorbimento,  assorbito). 
Attrarre,  impregnandosene,  un  liquido  o  un  fluido: 
assòrbere,  absòrbere,  suggere,  succhiare,  trarre  a 
sé;  bere  poco  a  poco.  -Molto  assorbente  è  la  spu- 
gna. -  Assorbito,  dicesi  di  un  corpo  immedesimato 
in  un  altro  (assorbente)  mediante  la  soluzione. 

Assordare,  assordire  (assordante,  assordato, 
asso7'dito).  Render  o  diventare  sordo;  rintronare 
i'  orecchio,  stordire  con  un  grande  rumore. 

Assorgere  (assorto).  Levarsi,  alzarsi. 

Assortimento.  Svariata  e  ordinata  quantità 
di  cose,  in  una  bottega  o  altrove.  -  Haccolta. 

Assortire  (assortito).  Ordinare,  mettere  in  or- 
dine le  cose  secondo  la  loro  specie,  le  cose  sva- 
riate di  uno  stesso  genere.  -  Assortito,  dicesi  an- 
che per  fortunato. 

Assorto.  Profondamente  immerso  in  qualche 
pensiero. 

Assottigliare ,  assottigliarsi  (  assottiglia- 
mento, assottigliato).  Rendere,  divenir  sottile  ■  Sce- 
mare, diminuire.  -  Del  sangue,  o  altro  liquidOf 
rendere,  rendersi  più  fluido,  più  scorrevole. 

13 


194 


ASSUEFARE    —    ASTRATTO 


Assuefare,  assuefarsi  {assuefatto,  assv£ fazione, 
assueto,  assuetudme).  Abituare  :  far  prendere  o  pren- 
dere unabUudine. 

Assuèto  (poet.).  Avvezzo,  che  ha  Y abitudine. 

Assuetudljie.  Assuefaeione,  abitudine. 

Assumere  {assunto,  assunzione).  Prendere,  più 
coniunea:ente  riferito  a  comando,  a  ufficio,  a 
grado,  a  incarico,  a  impegno,  a  spesa  e  si- 
mili. -  Prendere,  contrarre  abitudine.  -  Sollevare, 
alzare  a  dignità,  a  grandezza,  ecc. 

Assunta.  Veg^asi  à  Madonna  e  a  festa. 

Assunto.  Subbietto,  argomento  di  un  di- 
scorso. -  Incarico. 

Assunzione.  Atto  ed  effetto  àeW assumere. 
Una  festa  cattolica. 

Assurdità,  assurdo.  Ciò  .  che  é  contrario  al 
vero  manifesto  e  necessario;  ciò  che  é  falso,  con- 
tradditorio, incompatibile  (repugnante  nei  termini), 
impossibile:  coatroSenso,  non  senso;  cosa,  sup- 
posizione che  non  sta  né  in  cielo,  né  in  terra. 

Paradosso,  proposizione  apparentemente  assurda, 
perchè  C-oatraria  ^lle  opinioni  comuni,  ma  che  tal- 
volta è,  vera:  argomento  in  barocco.  -  Paradossale, 
paradossastico,  dì  paradosso.  -  Paradossare,  far  para- 
dossi. -  Paradossista,  chi  fa  paradossi. 

Ridurre  all'assurdo,  all'impossibile,  fare  un  ragio- 
namento sopra  un'ipotesi  per  dimostrare  che  è 
assurda. 

Asta.  Pezzo  di  legno,  lungo,  sottile,  ripulito, 
per  diversi  usi.  -  Sorta  d'arme:  veggasi  anche  a 
lancia.  -Termine  di  tipografia.-  Organo  di  mac- 
china che  serve  a  comunicare  un  moto  di  trasla- 
zione. -  Manico  di  più  di  un  istrumento,  -  Organo 
della  locomotiva. 

Asta.  Vendita  volontaria  o  per  effetto  legale,  che 
si  fa  chiamando  gente  a  concorso  e  cedendo  l'oggetto 
della  vendita  al>.miglior  offerente.  Anche  concorso 
per  il  èonferiraento.  di  un  appago:  incanto,  suba- 
sta, subastazione,  licitazione.  -  Asta  pubblica,  pub- 
blico incanto;-  dove  si  vende  la  roba,  specialmente 
per  sentenza  di'  tribunale.  -  Asta  privata,  incanto 
latto  da  privati.  -  Deserta,  l'asta  quando  non  si 
presenta  alcun  offerente.  -  Réincanto,  asta  nuova. 

Adire,2id  un'asta,  presentarsi  ed  offrire.  -  Met- 
tere all'asta:  vendere  sotto  l'asta,  subastare,  incan- 
tare, licitare,  trombare,  trombettare  (dalla  tromba 
con  la.  quale  il  banditore  annuncia  e  divulga  l'asta). 
-  Reincantare,  rincantare,  mettere  di  nuovo  al- 
l'asta. 

Aggiudicare,  assegnare  l'oggetto  dell'asta  al  mi- 
glior offerente  {oggiudicaldriof.  deliberare,  licitare, 
liberare.  -  Aggiudicazione,  defibera.  -  Dire,  dirci, 
dirvi,  offrire  all'asta,  facendo  un  prezzo. 

Cartella  d'incanto,  fogfio,  per  lo  più  a  stampa, 
in  cui  sono  indicate  le  condizioni,  gli  obblighi  e  si- 
mili, di  chi  accorre  all'asta.  -  Chiamatore,  il  ban- 
ditore, il  trombatore,  chi  annunzia  le-  offerte.  -  Fa- 
tale, termine  per  cui  in  un  pubblico  incanto,  dopo 
la  prima  aggiudicazione,  si  può  offrire  ancora  e  dar 
luogo  a  un  altro  incanto.  -  Lotto,  parte  di  un  tutto 
che  è  messo  in  vendita,  specialmente  all'asta.  -  Oòtó- 
tore,  offerente  all'asta.  -  Prezzo  d'asta,  se  risulta 
dagl'incanti. 

Fino  ad  estinzione  di  candela  vergine:  in  qualche 
incanto,  fin  che  non  è  consumata  la  candela  o  il 
moccolo  ciascuno  può  offrire:  dopo  la  cosa  venduta 
rimane  ali" ultimo  offerente. 

Astaco.  Il  gambero. 

Asta  di  presa  (trolley).  Detto  a  tramwia. 


Astante.  Chi  assiste  ad  uno  spettacolo.  -  Il 
medico  di  guardia  in  un  ospedale. 

Astàtico.  Detto  a  magnetismo. 

Astato.  Armato  d'asta. 

Asteg-g-iare  {asteggiatura,  asteggio).  Esercizio 
fatto  da  chi  impara  a  scrivere. 

Astemio.  Chi  non  beve  vino  e,  in  genere, 
qualsiasi  bevanda  alcoolica. 

Astenere,  astenersi  {astenuto,  astensione). 
Non  fare  una  cosa  qualsiasi:  contenersi,  riguardarsi, 
privarsi  :  cosi  del  bere,  del  man^giare,  ecc.,  per 
temperanza.  -  Desistere,  evitare,  non  curarsi, 
disinteressarsi .  -  Anche  star  lontano,  non  par- 
tecipare ad  una  impresa,  ad  una  elezione,  ad 
una  votazione  e  simili.  -  Astensionismo  (neologi- 
smo), l'atto  di  astenersi,  specialmente  dal  parteci- 
pare, per  deliberato  proposito,  alle  manifestazioni 
della  vita  politica. 

Astinenza,  l'essere  astinente,  il  sapere  astenersi. 

Astenia.  Mancanza  di  forza.-  Debcylezza  dei 
muscoli  in  genere. 

Astenopia.  Difetto,  malattia  dell'occhio. 

Astensione.  L'astenere,  l'astenersi.  -  Veggasi 
a  diritto. 

Astergente.  Veggasi  a  medicamento. 

Astèrgere,  'astersione  {astersivo,  asterso).  De- 
tèrgere, asciugare.  -  Più  specialmente,  pulire. 

Astèria.  Sorta  di  gemma. 

Asterisco.  Segno  in  un  libra,  in  uno  scritto  : 
postilla,  apostilla,  stelletta,  richiamo,  chiamata. 

Obelo,  sorta  di  asterisco. . 

Asterismo.  Detto  a  .stella.  •  Proprietà  ottica  di 
qualche  minerale. 

Asteròide.  Piccolo  pianeta. 

Astersivo,  astersione.  Veggasi  a  pulire. 

Astiare  (astiato).  Portare  odio,  astio,  invidia. 

Asticciuola.  Piccola  asta. 

Astiera,  astile.  Veggasi  a  lancia. 

Astigmatismo.  Affezione  dc.W occhio. 

Astilo.  Di  edificio  senza  colonne,  mentre  pe^ 
il  suo  stile  sembrerebbe  richiederne. 

Astinente.  Detto  ad  astenere,  astenersi. 

Astinenza.  Nel  tenore  diivita,  temperanza: 
meno  di  digiuno.  -  Pratica  di  culto  cattolico. 

Quaresima,  talvolta,  per  astinenza  e  parco  vi\ ere. 

Astio  (astioso).  Odio,  malanimo  acre,  rancore 
contro  alcuno  ;  anche,  invidia. 

Astomia.  Mancanza  della  bocca. 

Astóre.  Specie  di  falco.  -  Uomo  furbo. 

Astracan.  Veggasi  a  pelliccia. 

A  stracciasacco.  Modo  di  guardare. 

Astràgalo.  Uno  degli  ossi  del  tarso.  -  Orna- 
mento della  colonna. 

Astrale.  Di  astro.  Luce  astrale,  scintilla- 
mento di  stella.  -  Mondo  astrale,  il  cielo.  -  Spi- 
rito astrale,  detto  a  demòtiio. 

Astrapofobia.  Paura  del  lampo  e  del  fulmine. 

Astrarre  (astraere,  astratto).  Fare  astrazione, 
essére  astratto.  -  Segregare,  separare  ;  fare  ec- 
eiezione.  -  Termine  ai  filosofia. 

Astratto.  Non  riguardante  un  concetto  concreto, 
ma  concetti  o  norme  generali  :  generico,  indefinito; 
vago,  senza  limiti,  senza  contorno,  campato  in  aria. 
-  Aggettivamente,fisso  intensamente  nella  contempla- 
zione d'una  «osa,  in  un  pensiero,  in  un'  opera- 
zione della  mente.  -  Tema,  idea,  argomento,  nome, 
numero  astratto  e  simili.  -  Astrattamente,  in  modo 
astratto,  per  astrazione,  senza  proposito  concreto, 
genericamente,  accademicamente,  in  via  di  discorso, 
tanto  per  dire. 


AS'l'HAX.KlNK    ASTUONdMIA 


l<)5 


Astrazione.  L'essere  astratto.  ■  La  facoltà  di 
astrarre:  operazione  delia  niente;  anche,  stato  della 
mente,  distrazione.  -  'Eccettuìizione,   eccezione. 

Astringente.  Che  ha  facoltà  di  astringere,  di 
stringere  (figur.,  costringere,  forzare).  -  Detto 
specialmente  dì  alcune  sostanze,  come  il  cemento, 
il  cacciù,  ecc.,  e  di  alcuni  medicamenti  o  inedici- 
nali  introdótti  Tieirorganisino,  o  ajiplicati  in  qual- 
che punto  del  corpo,  per  ridare  alle  parti  solide 
dell'economia  il  tono,  la  contrattilità  organica  ne- 
cessaria all'esercizio  lìsìolog;ico  delle  funzioni  nutri- 
tive, diminuendo  o  arrestando  una  secrezione.  Gli 
astringenti  si  possono  dividere  in  minerali  e  vege- 
tali. Fra  1  primi  vanno  gli  acidi  diluiti,  i  prepa- 
rati di  alluminio,  di  bismuto,  di  piombo,  di  zinco, 
di  ferro,  ecc.  Fra  i  secondi,  il  tannino  e  tutto  le 
droghe  tanniche  (Veggasi  a  diarrea).  -  -Stittico, 
fortemente  astringente;  anjaro;  acerbo;  anastàltico. 

Astringere  {astrettilo,  astretto).  Forzare,,  co- 
stringere. 

Astro.  Nome  generico  che.  si.  dà  ad  ogni  corpo 
celeste  (stella,  pianeta,  luna,  sole,  cometa,  aste- 
roide, ecc  ),  oggetto  dello  studio  che  si  dice  astro- 
nomia :  sfera,  spera;  rota  celeste,  suprema  rota, 
ruota  magna;  luminare,  luce,  lucerna;  occhio  del 
cielo.  —  Astrale,  di  astro  :  che  appartiene  agli  astri 
o  ha  con  essi  qualche  relazione.  -  Asterisco,  piccolo 
astro.  -  Astrifero,  che  ha  astri:  stellato. 

Abside,  amplitudine,  altezza,  angolo,  ascensione,  de- 
clinazione, eclisse,  ecc.,  degh  astri,  veggasi  ad  astro- 
nomia. -  Disco,  la  sfera  visibile  d'un  astro. 

Lembo,  il  contorno  del  disco  di  un  astro,  se 
questo  é  lucente  per  se  stesso,  come  il  sole:  il  con- 
torno della  parte  illuminata,  se  si  tratta  della  luna 
o  d'altro  corpo  rìon  luminoso  per  sé  stèsso. 

Astrochimica,  studio  della  natura  chimica  dei 
corpi  celesti,  fondato  principalmente  sull'  uso  dello 
spettroscopio.  -  Àstrodmamica,  scienza  che  riguarda 
la  forza  da  cui  è  impresso  il  movimento  degli  astri. 

Astrofisica,   studio  della  natura  fisica  degli  astri. 

Astro  fotografia,  la  fotografia  applicata  al  rilievo 
della  vòlta  celeste  e  dei  corpi  che  vi  si  trovano. 

Astrofotometria,  misurazione  dell'  intensità  lumi- 
nosa degli  asti"i. 

Astrolatria,  adorazione  deeli  astri.  -  Sabeismo, 
culto  degli  astri.  -  Sacrifici  diaci,  sacrifici  che  si 
facevano  dagli  antichi  in  onore  del  sole. 

Astrologia,  pretesa  divinazione  per  mezzo  degli 
astri:  astromanzia,  sideromanzia.  -  Astrometeorologia, 
scienza  di  predire  i  cambiamenti  di  tempo  dall'  os- 
servazione degli  astri.  -  Siderismo,  la  rabdomanzia 
del  ferro,  la  presunta  influenza  degli  astri  (sidera) 
suir  organismo  animale. 

Astrometria,  ramo  della  meccanica  celeste  :  veggasi 
ad  astronomia.  -  Uranoscopia,  osservazione  degli 
astri.  -  Uraiwmetria,  descrizione  parziale  di  astri  o 
di  fenomeni  celesti. 

Vari  cOrpi  celesti.  —  Asteroide,  piccolo  pianeta 
che  ruota  intorno  al  sole,  come  i  pianeti  maggiori, 
percorrendo  orbite  poste  tra  quelle  di  Marte  e  di 
Giove.  -  Asterismo,  costellazione  ed  unione  di  stelle; 
piccolo  gruppo  che  occorre  distinguere  dal  resto 
della  costellazione  di  cui  fa  parte.  Piccoli-  grappi 
che  non  fanno  parte  di  alcuna  costellazione  par- 
ticolare. 

Bolide,  0  meteorite,  metèora  ignea  e  luminosa, 
composta  di  un  globo  di  fuoco,  che  si  vede,  come 
un  punto  luminoso,  correre  velocissimo. nel  cielo, 
talvolta  spegnendosi  con  detonazione. 

Cometa,  corpo  celeste  della  natura  dei  pianeti 


e  con  chioma  o  coda.  -  Costellazione,  più  stelle 
che  compongono  una  figura  immaginaria,  indicata  da 
nome  di  animali,  d'uomini,  di  strumenti,  ecc.  Anche, 
costituzione  de'  pianeti  e  de'  loro  aspetti. 

jAina,  il  satellite  della  Terra.  Nome  gene- 
rico di  pianeti  sponti.  -  Mondo,  astro  che  si  sup- 
pone abitato.  -  Nebulosa,  ammasso  di  stelle  che 
mandano  una  luce  non  bene  determinata  nel  conforno, 
come  -veduta  attraverso  ad  uno  strato  di  nebbia. 

' Pianeta f /corpo  celeste  che  gira  intorno  al  solo, 
dal  quale  riceve  luce  e  calore. 

Satellite,  astro  minore  che  gira  intorno  ad  uno 
maggiore,  con  le  stesse  leggi  di  moto  che  questo 
segue  girando  intorno  al  sole.  -  Sole,  centro  del 
sistema  planetario  di  cui  fa  parte  la  Terra.  -  Nome 
generico  di  corpi  celesti  che  si  trovano  attualmente 
in  tale  stato  d'incindescenza  da  essere  luminosi. 

Sporadi,  astri  disseminati  nei  vasti  .spazi  del 
cielo,  fuori  delle  costellazioni.  -  Stella,  ogni  astro 
splendente  nel  cielo:  più  generalmente,  dicesi  degli 
astri  che  non  appartengono  al  sistema  solare,  dette 
anclie  stelle  fìsse.  -  Terra,  il  nostro  pianeta, 

Zodiaco,  quella  fascia  o  zona  celeste  entro  la 
quale  si  muovono  i  pianeti,  nonché  la  relativa  rap- 
presentazione. 

Astrochimica.  Veggasi  ad  astro. 

Astrodinàmica.  Detto  ad  astro. 

Astrolàbio.  Istrumento  di  astronomia. 

Astrolatria.  Detto  ad  astro. 

Astrologare  {astrologato).  Esercitare  1'  astro- 
logia. 

Astrologia  {astrologico).  Un  tempo,  scienza, 
dottrina,  per  la  quale  si  presumeva  di  indovinare 
il  futuro  mediante  l'osservazione  degli  astri:  arte 
dell'  indovino^  arte  chimerica.  Si  distingueva  la 
astrologia  naturale,  che  prediceva  i  cambiamenti  di 
tempo,  e  1'  astrologia  giudiziaria,  che  indagava  gli 
astri  per  .la  predizione  di  futuri  eventi.  -  4s^^"o%ta 
teologica,  la  parte  dell'astrologia  che  tratta  della 
divinità  attribuita  ad  alcune  stale.  -  figura  or  osco- 
pica,  o  dei  pronostici,  usata  dagli  astrologi  per  ven- 
dere le  loro  imposture:  nel  mezzo  di  essa  si  scri- 
veva il  nome  e  la  data  della  nascita  di  una  persona 
e  nelle  dodici  case  del  contorno  si  mettevano  i  pia- 
neti, dalle  cui  posizioni  si  traeva  l'ignoto  avvenire. 
-  Scienza  apotelesmatica ,  l'astrologia. 

Alfridaria,  influenza  attribuita  successivamente 
a  ciascun  pianeta.  -  Almugia,'  stato  di  due  pianeti 
che  hanno  lo  stesso  delle  loro  case.  -  Amreto,  pia- 
neta che  annunziava  la  morte,  -  Afeto,  'pianeta  che 
dava  la  vita. 

Domrficazione,  divisione  del  cielo  in  dodici  case. 
■  Schema,  rappresentazione  dei  pianeti,  ciascuno  a 
suo  posto  per  un  dato  momento.  -  Signifcatore, 
punto  dell'tìclittica  che  annuncia  qualche  avveni- 
mento. -  Tema  celeste,  tema  della  natività,  oròscopo 
(veggasi  ad  augurio). 

Astròlogo.  Dedito  AV astrologia;  chi  la  pra- 
ticava. » 

Astrometro.  Istrumento  di  astronomia. 

Astronomia  (astronomico,  astronomoj.  Scienza 
che  tratta  degli  astri,  dei  fenomeni  dipendenti  da 
essi  e  dei  loro  movimenti,  per  determinare  le  leggi 
che  governano  1'  universo:  uranografia,  uragnosia, 
uranoscopia;  uranologia;  specolaria.  -  Urania,  la 
Musa  che  presiede  all'  astronomia. 

Astronomico,  di  astronomia,  speculare,  astrono- 
maco.  -  Astronomicamente,  in  modo,  astronomico, 
per  via  di  astronomia. 

Astronomo,  chi  è  versato  nell'astronomia:  urano- 


196 


ASTRONOMIA 


grafo,  uranologo,  uranòscopo;  stenografo.  -  Storiò- 
maco,  idiotismo  scherz.  -Fare  /Wronowo,  occupa rsi 
di  astronomia:  astronomare. 

Distinzioni,  rami  dell'astronomia. 

Astronomia  d'ossenazione,  quella  che  si  limita  ali 
determinazione  delle  coordinate  degli  astri.  -  Astro- 
nomia fisica,  0  fisica  celeste,  quella  che  studia  la  costi- 
tuzione molecolare,  le  proprietà  fisico-chimiche 
degli  astri,  le  forze  che  agiscono  su  essi,  le  mani- 
festazioni di  luce  e  di  calore  secondo  la  loro  massa 
«  la  loro  misura,  ecc. 

Astronomia  matematica,  quella  che  studia  le  forze 
degli  astri  e  le  leggi  che  ne  governano  i  movimenti. 

Astronomia  nautica,  parte  della  scienza  nautica 
che  si  basa  su  calcoli  e  osservazioni  astronomiche 
a  profitto  della  navigazione. 

Astronomia  pratica,  quella  che  dai  termini  dell'a- 
stronomia in  generale  trae  applicazioni  alla  vita  civi- 
le: la  misura  del  tetnjìo,  la  ricognizione  dei  punti 
cardinali,  la  istituzione  dei  calendari,  la  montatura 
degli  istrumenti,  la  compilazione  di  carte  astro- 
nomiche,  ecc. 

Astronomia  sferica,  quella  comprendente  cogni- 
zioni intomo  ai  corpi  celesti  fornite  dai  sensi:  in- 
segna a  rilevare  la  posizione  degli  astri,  a  distin- 
guere i  vari  gruppi  di  stelle  riunite  (costellazioni), 
e  tiene  conto,  in  generale,  dei  fenomeni,  dei  moti 
apparenti  degli  astri.  E'  empirica,  descrittiva. 

Astronomia  stellaria,  che  tratta  delle  stelle  fisse 
e  anche  dei  sole  consideralo  come  stella.  Per  essa 
si  raggruppano  le  stelle  in  costellazioni  e  si  in- 
segna il  modo  di  rintracciarle  in  cielo.  Insegna  il 
modo  di  costituire  i  cataloghi  celesti;  tratta  dei 
moti  propri  delle  stelle,  della  loro  paralasse,  della 
aberrazione  della  luce,  delle  stelle  congiunte  e  tem- 
porarie,  delle  stelle  doppie  e  multiple,  del  moto  di 
traslazione  del  sistema  solare  e  della  costituzione 
fisica  di  alcune  stelle. 

Astronomia  teorica,  lo  stesso  che  meccanica  celeste. 

Astrognosia,  parte  dell'  astronomia  che  studia  le 
stelle  fìsse  o  riunite  in  costellazioni:  quasi  sinonimo 
di  astronomia  sferica.  -  Cosmogonia,  la  parte  del- 
l' astronomia  che  studia  la  formazione  dei  sistemi 
stellari  o  planetari  e  quella  della  Terra  in  partico- 
lare. -  Cosmografìa,  od  uranografia,  parte  dell'astro- 
nomia che  abbraccia  la  ricerca  degli  astri  nuovi  e 
l'osservazione  di  quelli  già  conosciuti. 

Meccanica  celeste,  l'astronomia  teorica,  ossia  quella 
che  tratta  delle  leggi  a  cui  obbediscono  gli  astri  nei 
loro  movimenti.  -  Astrometria,  quel  ramo  della 
meccanica  celeste  che  si  occupa  di  misurare  gli 
elementi  degli  astri. 

Sf/cHOpra/jo,  parte  dell'astronomia  che  dà,  per 
mezzo  di  opere  o  di  carte,  la  descrizione  o  la  rap- 
presentazione della  luna. 

Aspetti,  figure  dei  corpi  celesti,  meteore. 

Alone,  il  cerchio  di  luce  che  si  vede  talvolta 
intorno  alla  luna  o  ad  altro  pianeta,  quando  i  raggi 
luminosi  attraversano  un'atmosfera  vaporosa. 

Aspetto,  la  situazione  delle  stelle  e  dei  pianeti, 
gii  uni  rispetto  agli  altri:  biquintile,  quando  due 
astri  sono  distanti  144."  -  Aspetto  decite,  dextUe, 
quando  tra  due  astri  v'è  una  distanza  di  36°;  octile, 
citile,  quando  la  distanza  è  di  45°;  quintile,  quando 
v'è  una  distanza  di  72°.  -  Aspetto  semi-quadrato  o 
semi-quarlile,  quando  due  astri  sono  a  una  distanza 


di  45°;  semi-quintile,'  di  36°;  semi-sestile,  di  30"; 
sesqui-quadrato,  di  135°.  -  Aspetto  sestile,  quando  la 
distanza  è  di  60°;  trigono,  quando  la  distanza  è  di 
120°.  -  Aurora  boreale,  metèora  in  forma  di  nu- 
voletta e  vapore  luminoso  che  appare  vicino  al  polo 
artico  ed  é  molto  frequente  nei  paesi  settentrionali. 

Capillizio,  irradiazione  che  appare  intorno  agli 
astri.  -  Cielo,  lo  spazio  in  cui  si  muovono  gli  astri. 

Circoli  luminosi,  metèore  nelle  quali  la  luce  si 
manifesta  sotto  la  forma  circolare;  prendono  il  no- 
me di  aloni  o  corone,  pareli  e  paraseleni. 

Circolo,  figura  geometrica  piana  contenuta  da  una 
linea  curva  i  cui  punti  sono  egualmente  distanti 
dal  centro.  -  Circolo  di  declinazione,  meridiano  ce- 
leste. -  Circolo  di  latitudine,  parallelo  terrestre. 

Circolo  diurno,  parallelo  che  si  suppone  descritto 
dalle  stesse  e  dai  punti  del  ciclo  nella  loro  rota- 
zione diurna  apparente  intorno  alla  Terra.  -  Circolo 
equinoziale,  l'equatore.  -  Circolo  orario,  meridiano  ce- 
leste. -  Circolo  verticale,  circolo  passante  per  lo  ze- 
nith  e  per  un  astro  qualunque. 

Comessi,  ciascuno  dei  due  circoli  massimi  della 
sfera  celeste  che  tagliano  lo  zodiaco  e  l'equatore  in 
quattro  punti  eguali  e  che  servono  a  notare  le  quat- 
tro stagioni  dell'anno. 

Corona  polare,  la  più  bella  fase  dell'aurora  ma- 
gnetica: è  formata  da  tante  strisce  separate  che  sem- 
brano convergere  in  un  punto  detto  zenit  magne' 
tico.  -  Eclisse,  0  eclissi,  curva  allungata  che  descrive 
un  pianeta.  Oscurazione  di  un  corpo  celeste. 

Equatore,  grande  circolo  perpendicolare  all'asse 
della  Terra. 

Fase,  le  diverse  apparenze  che  presentano  alla 
Terra,  successivamente  nel  loro  corso,  la  luna  e  i 
pianeti.  -  Fotosfera,  atmosfera  gaseifornie  che  possie- 
dono i  soli  e  che  sembra  essere  la  principale  sor- 
gente della  luce  che  emettono. 

Meridiano,  circolo  massimo  della  sfera  celeste  che 
passa  per  lo  zenit  ,  il  nadir  e  l'asse  del  mondo  e 
divide  la  sfera  in  due  emisferi.  -  Nadir,  punto  op- 
posto allo  zenit.  -  Nebulosa,  agglomerazione  densa  di 
stelle  (in  certe  regioni  del  cielo),  apparenti  ad  oc- 
chio nudo  come  una  sottile  nebbia  luminosa. 

Orizzonte,  circolo  che  limita  la  vista;  nel  signi- 
ficato comune,  la  linea  circolare  che  limita  la  su- 
perficie della  Terra,  visibile  in  un  dato  luogo:  oriz- 
zonte apparente,  sensibile,  visibile. 

Poli  celesti,  le  due  estremità  ideali  dell'asse  in- 
torno al  quale  sembra  che  giri  la  sfera  celeste.  Detti, 
uno  polo  celeste  australe,  o  antartico,  l'altro  boreale, 
0  artico. 

Radiante,  il  punto  della  vòlta  celeste  dal  quale 
sembrano  irradiare  le  stelle. 

Scintillazione,  quella  trasmissione  di  fulgore  e  re- 
plicata vibrazione  di  luce,  propria  degli  astri,  per 
la  quale  sembra  che  tramandino  certe  scintille. 

Sfera  celeste,  apparente  sfera  concava  che  il  cielo 
ci  presenta,  nella  quale  sembrano  situati  tutti  gli 
astri  e  nella  quale  la  nostra  Terra  occupa  il  centro. 

Sinodo,  unione  di  due  o  più  stelle  o  pianeti  nello 
stesso  luogo  ottico  del  cielo.  -  Spettro  solare,  im- 
magine prolungata  e  colorata  del  sole  che  si  pro- 
duce per  il  passaggio  dei  suoi  raggi  attraverso 
un  prisma  triangolare  e  che  si  proietta  sopra  una 
superfìce  verticale  bianca. 

Tropici,  cerchi  paralleli  all'equatore  e  passanti 
per  punti  solstiziali  (tropico  del  Cancro  e  del  Ca- 
pricorno). -  Via  lattea,  quel  tratto  longitudinale  de! 
cielo  che,  la  notte,  si  vede  biancheggiare  per  essere 
seminalo  di  minutissime  e  quasi  invisibili  stelle: 


ASTRONOMIA 


197 


galassia.  -  Zenit,  punto  immaginario  del  cielo,  che 
é  il  polo  di  qualsivoglia  orizzonte  apparente  e  cor- 
risponde perpendicolarmente  a  qualunque  punto 
del  globo  terrestre,  o  per  dir  meglio  al  vertice  del 
nostro  capo.  -  Zodiaco,  zona  larga  18°,  nella  quale 
si  muovono  tutti  i  pianeti:  divisa  in  dodici  segni. 

Movimenti  degli  astri. 

Apparizione,  il  comparire  all'orizzonte  d'un  corpo 
celeste  che  prima  era  nascosto. 

Ascensione  di  un  astro,  al  disopra  dell'orizzonte: 
arco  di  circolo  verticale  compreso  tr^  l'astro  e  l'o- 
rizzonte; distanza  di  un  astro  dal  punto  degli  equi- 
nozi, misurata  sull'equatore':  é  retta  od  obliqua,  a 
seconda  che  si  prende  o  nella  sfera  retta  od  obli- 
qua. -  Differenza  ascensionale,  differenza  fra  l'ascen- 
sione retta  ed  obliqua. 

Congiunzione,  l'incontro  che  avviene  fra  due  corpi 
celesti  nello  stesso  punto  dell'eclittica.  -  Congiun- 
zioni eliocentriche,  quelle  che  si  potrebbero  osser- 
vare dal  sole;  geometriche,  quelle  che  si  possono 
osservare  dalla  Terra.  -  Eliaco,  il  levare  e  il  tramon- 
tare d'un  astro  che  emerge  o  entra  nei  raggi  del 
sole.  -  Emersione;  istante  in  cui  un  astro,  momenta- 
neamente nascosto,  ricompare. 

Moto  diurno  del  cielo,  la  concorde  traslazione  da 
oriente  verso  occidente,  che  mostrano  di  fare  gli 
astri.  -  Molo  retrogrado  di  un  astro,  detto  più  innanzi, 
a  retrogradazione.  -  Nutazione,  cambiamento  di  posto 
delle  stelle:  diciotto  secondi  per  anno'.  -  Nutazione 
dell'asse  terrestre,  piccolo  moto  conico  che  l'asse 
terrestre  compie  intorno  alla  sua  posizione  media  in 
circa  diciotto  anni  e  due  terzi. 
'  Occultazione,  il  passaggio  di  un  astro  davanti  ad 
«n  altro,  che  ne  resta  interamente  nascosto.  -  Or- 
bita, la  curva  apparente  descritta  dai  pianeti  e  da- 
gli astri  nel  loro  moto.  -  Linea  ciclica,  l'orbita 
entro  la  quale  si  muove  un  astro.  -  Parallasse, 
io  spostamento  apparente  di  un  astro,  cagionato  da 
un  cangiamento  di  posto  dell'osservatore.  -  Parai- 
iasse  orizzontale,  equatoriale,  differenza  che  è  fra 
la  posizione  di  un  astro,  veduto  dalla  superficie  ce- 
leste, e  quella  che  avrebbe  ai  nostri  occhi  veduto 
dal  centro  del  globo.  Anche  l'angolo  sotto  il  quale 
dal  centro  dell'astro  si  vede  il  raggio  della  Terra 
condotto  per  il  punto  di  osservazione. 

Retrogradazione,  moto  apparente, dei  pianeti,,  per 
il  quale,  in  certe  posizioni,  rispetto  alla  Terra  sem- 
brano aver  moto  retrogado,  ossia,  in  senso  opposto 
all'ordine  o  alla  successione  dei  segni,  cioè  andare 
•verso  l'occidente,  quando  realmente  camminano 
sempre  con  moto  diretto.  -  Rivoluzione,  moto  per  cui 
un  astro  percorre  l'intera  orbita  sua,  ossia  il  giro 
intorno  ad  un  altro  /;orpo  celeste;  la  durata  di 
questo  giro.  -  Rotazione,  moto  giratorio  dei  corpi 
celesti  intorno  al  centro  di  gravità,  generalmente 
sopra  un  asse  Xisso,  talvolta  mobile. 

Superazione,  eccedenza  del  movimento  d'un  pia- 
neta suK  movimento  d'un  altro.  -•  Sizigia,  si  dice 
della  congiunzione  e  dell'opposizione. 

Traettoria,  il  corso  apparente,  spesso  segnato  da 
una  traccia  di  luce  nebulosa  o  di  fumo  fosfore- 
scente, delle  comete  e  delle  stelle  cadenti. 

Leggi,  teorie,  sistemi. 

Attrazione  universale ,  quella  che  si  esercita  a 
grandi  distanze  sui  corpi  celesti.  -  Gravitazione,  la 
forza  attrattiva  che  si  esercita  tra  i  pianeti.  Forza 


centrale  considerata  nei  corpi  che  ne  risentono  gli 
effetti.  -  Ipotesi  planetarie,  cosmiche,  nebulari,  ecc., 
teorie  con  le  anali  si  vuole  spiegare  l'origine  e  la 
formazione  delle  meteore  celesti. 

Sistema,  in  astronomia,  la  positura  o  l'ordine 
delle  principali  parti  del  mondo,  secondo  le  diverse 
opinioni  dei  filosofi  e  degli  astronomi. 

Sistema  copernicano,  quello  di  Niccolò  Copernico, 
che,  al  principio  del  secolo  XM,  scrisse  sulla  rota- 
zione della  Terra  e  d'altri  pianeti  intorno  al  sole. 
-  Sistema  del  mondo,  il  complesso  delle  ipotesi  in- 
torno all'ordine  e  alla  disposizione  delle  parti  che 
compongono  l'universo,  per  le  quali-  riusciamo  a 
spiegare  i  fenomeni  e  le  apparenze  che  presentano 
i  diversi  corpi  celesti. 

Sistema  di  Keplero,  complesso  delle  leggi  dedotte 
da  Giovanni  Kepler,  matematico  del .  secolo  XVI 
e  del  XVII  e  riguardanti  il  moto  dei  pianeti,  le 
loro  orbite,  le  eclissi,  ecc.  -  Sistema  di  Tolomeo, 
quello  seconda  il  quale  la  Terra  sta  immobile  nel 
centro  dell'  Universo  e  attorno  ad  essa  ruotano 
in  senso  diretto  e  su  ciróonferenze  concentriche  sette 
pianeti  nell'ordine  seguente  :  Luna,  Mercurio,  Ve- 
nere, Sole,  Marte,  Giove  e  Saturno.  -  Sistema  egi- 
ziano: differisce  dal  tolomaico  soltanto  in  ciò  che 
in  esso  si  fanno  ruotare  Mercurio  e  Venere  intor- 
no al  sole,  mantenendo  però  a  questo,  come  a  tutti 
gli  altri  pianeti,  lo  stesso  posto  e  movimento. 

Sistemi  solari,  comunioni  di  corpi  celesti,  rette 
dalla  legge  di  gravitazione.  Il  sistema  solare,  o  pla- 
netario, nostro  comprende  il  sole  e-  i  corpi  che 
gravitano  intorno  ad  esso:  pianeti;  satelliti  e  co- 
mete. 

Termini  varì  m  astronomia. 

Abside  o  apsidè,  punto  dell'orbita  di  un  astro, 
nel  quale  esso  si  trova  alla  massima  o  alla  minima 
.distanza  dal  sole  o  dalla  Terra.  -  Linea  degli  apsidi, 
la  linea  che,  congiunge  l'afelio  al  perielio.  -  Acroni- 
co,  del  levare  o  del  tramontare  che  un  astro  fa 
in  opposizione  con  quello  del  sole.  -  Afèlio,  punto 
dell'orbita  di  un  pianeta  in  cui  questo  si  trova 
più  lontano  dal  sole  :  contrario  di  perielio.  -  Al- 
tezza, quanto  un  astro  è  distante  dall'orizzonte: 
altitudine. 

Amplitudine  di  un  astro:  .  è  l'arco  dell'orizzonte 
compreso  fra  il  punto  in  cui  sorge  o  tramonta  un 
astro  e  il  vero  levante  o  il  vero  ponente.  Per  le 
stelle  è  costante;  pel  sole  e  pei  pianeti,  varia  con 
la  declinazione.  -  Amplitudine  orientale,  arco  com- 
preso tra  l'est  e  il  levare  d'un  astro;  altitudine 
ortiva,  lo  stesso  tra  l'ovest  e  il  tramonto; 

Analemma,  proiezione  di  tutti  i  circoli  sul  piano 
del  meridiana.  -  Angolo  orario,  l'angolo  curvilineo 
che  ha  per  vertice  il  polo  visibile  ;  per  un  lato  il 
meridiano  dell'osservatore  e  per  l'altro  il  circolo 
di  declinazione  che  passa  per  un  astro  al  momento 
dell'osservazione.  -  Anomalia,  distanza  di  un  pia- 
neta agli  apsidi. 

Antecedenza  o  precedenza,  movimento  in  senso 
opposto  all'ordine  dei  segni.  -  Apogèo,  il  punto  più 
lontano  del  sole  o  d'altro  pianeta  dalla  Terra.  . 

Arco,  diurno  e  notturno,  arco  percorso  sotto  o 
sopra  l'orizzonte.  -  Asse  dei.  -corpi  celesti,  quella 
retta  che  si  immagina  passare  pel  centro  dei  corpi 
celesti  e  intorno  alla  quale  questi  globi  eseguiscono 
le  loro  rispettive  rotazioni.  -  Asse  dell'equatore,  del- 
Y orizzonte,  linea  retta  condotta  attraverso  il  centro 
dei  circoli    rispettivi,   perpendicolarmente    al  loro 


198 


ASTRONOMIA 


piano.  -  Asse  del  mondo,  l'asse  terrestre  prolungato 
ad  incontrare  la  sfera  celeste  nei  due  punti  op- 
posti. 

Azimut,  di  un  astro,  l'arco  o   l'angolo   di   oriz- 
zonte compreso  fra  il  piano  verticale   passante  per 
l'astro   e  un   piano  verticale  particolare  preso  per 
piano  di  paragone,  il  quale  è   il   piano   meridiano 
'del  luogo  di  osservazione. 

Ciclo,  periodo  o  rivoluzione  sempre  eguale  d'un 
certo  numero  d'anni,  durante  il  quale  si  riprodu- 
cono costantemente  gli  stessi  fenomeni  nel  mede- 
simo ordine.  -  Còsmico,  dicesi  del  sorgere  e  del 
tramontare  delle  stelle. 

Declinazione,  distanza  di  un  astro    dall'equatore, 

misurata  sulla  circonferenza  del  ctVfo/owmssmo,  che 

passa  per  l'astro  ed  è  perpendicolare   all'equatore. 

Diametro  apparente  d  un  astro,  l'angolo  sotto  cui 

esso  si  presenta. 

Eccentricità,  distanza  fra  il  centro  dell'orbita  e 
il  centro  del  sole.  -  Eclittica,  circolo  od  orbita  che 
il  sole  sembra  descrivere  annualmente.  -  Ascen- 
dente, il  punto  dell'eclittica  situato  nell'orizzonte 
orientale.  -  Eliocèntrico,  rapportato  al  centro  del 
sole.  -  Epiciclo,  nell'antica  astronomia,  l'orbita  cir- 
colare nella  quale  si  supponeva  che  si  movessero 
i  pianeti  e  il  cui  centro  spostavasi  per  descrivere 
una  circonferenza  più  grande.  •  Equinozio,  teimpo 
nel  quale  la  notte  è  eguale  al  giorno. 

Escursione,  distanza  della  quale  un  pianeta  può 
allontanarsi  dall'eclittica.  -  Evezione,  ineguaglianza 
nel  movimento  della  luna. 

Geocèntrico,  punto  calcolato  prendendo  la  Terra  per 
centro,  per  luogo  di  osservazione,  -  Grado,  unità  di 
misura  oegli  archi  di  cerchio.  -  Grado  di  meridiano, 
segmento  di  meridiano. 

Immersione,  momento  in  cui  un  astro  entra  nel- 
l'orbita. 

Latitudine,  angolo  formato  con  l'eclittica  dalla 
linea  che  passa  per  un  astro.  -  Lhniti,  i  punti  del- 
l'orbita di  un  pianeta  più  lontani  dall'eclittica. 

Linea  nodale  (linea  dei  nodi),  la  retta  nella  quale 
il  piano  dell'eclittica  è  tagliato  dal  piano  dell'or- 
bita di  un  pianeta  o  di  una  cometa.  -  Longitudine, 
distanza  tra  un  astro,  rapporto  all'eclittica,  e  il 
punto  equizionale  di  primavera. 

Meridiana,  linea  formata  dall'intersezione  del  me- 
ridiano e  dell'orizzonte. 

Nodo,  il  punto  nel  quale  l'orbita  d'un  pianeta  o 
di  un  satellite  attraversa  l'eclittica.  -  JSodo  ascen- 
dente 0  discendente,  secondo  si  parla  di  quello  pel 
quale  un  pianeta  passa  salendo  dal  sud  al  nord  del 
piano  dell  eclittica,  o  scendendo  dal  nord  al  sud  di 
quella. 

Opposizione,  la  posizione  di  un  astro,  la  cui  lon- 
gitudine geocentrica  differisce  da  quella  del  sole 
di  180°. 

Parallelo,  dicesi  tanto  dei  circoli  della  sfera  pa- 
ralleli all'equatore,  quanto  di  quelli  paralleli  all'e- 
clittica. -  Paranatellon,  stella  salente  all'orizzonte 
nello  stesso  tempo  d'un  segno.  •  Perielio,  punto  della 
propria  orbita,  in  cui  un  pianeta  o  una  cometa  si 
trova  vicino  al  sole  o  alla  Terra  più  che  in  qua- 
lunque altro  punto  dell'orbita  stessa.  -  Perigeo, 
punto  dell'orbita  d'un  astro,  nel  quale  essa  si  trova 
più  vicino  alla  Terra:  contrario  d  apogeo.  -  Periodo, 
tempo  che  impiega  un  astro  a  compiere  la  sua  ri- 
voluzione. 

Perturbazioni,  le  variazioni  e  le  ineguaglianze 
provate  dai  corpi  planetari  nei  loro   movimenti  in 


causa  delle  reciproche    attrazioni.  -    Punto    culmi 
nante,  o  di  culminazione,  passaggio  al  meridiano. 

Quadrante,  quarto  di  circolo.  -  Quadratura,  aspetto 
di  due  astri  lontani  l'un  dall'altro  di  una  quarta 
parte  di  circonferenza  dello  zodiaco. 

Schiacciamento,  la  difìereiiya  tra  i  due  assi,  equa- 
toriale e  polare,  di  un  pianeta.  -  Secolari,  le  varia- 
zioni molto  lente  il  cui  elFetto  sembra  progredire 
nel  corso  dei  secoli,  diversamente  dalle  variazioni 
periodiche,  il  cui  effetto  è  legato  a  cicli  determi- 
nati. -  Segni,  le  costellazioni  dello  zodiaco.  -  Sol- 
stizio, la  posizione  del  sole  quando  si  trova  alla 
maggior  distanza  dall'equatore,  cioè  quando  è  nei 
tropici. 

Stazione,  arresto  nel  movimento  d'un  pianeta. 

Vettore,  il  raggio  tirato  dal  sole  a  un  astro,  da 
un  pianeta  al  suo  satellite. 

Entrare  in  opposizione,  d'un  astro  la  cui  longitu- 
dine geocentrica  differisce  di  180°  dal  sole.  -  Inter- 
calare, aggiungere  giorni  al  mese  o  mesi  all'anno 
per  ragguagliare  l'anno  civile  alle  stagioni.  -  Le- 
varsi, l'affacciarsi  del  sole,  della  luna  o  delle  stelle 
all'orizzonte.  -  Tramontare  eliaco,  d'un  astro  che 
nasconde  i  suoi  raggi  nel  sole  che  tramonta. 

Carte,  libri,  istrumenti,  ecc. 
luoghi  per  gli  studi  astronomicl 

Carte,  libri,  ecc.  —  Almagesto,  il  più  antico  li- 
bro di  astronomia  che  ci  pervenne  e  che  fino  al 
secolo  XVI  fu  l'unica  lista  di  istruzione  per  que- 
sta scienza  :  incominciato  da  Tolomeo.  -  Carte,  nome 
generico  delle  carte  che,  sopra  una  superficie  piana, 
rappresentano  parti  del  cielo,  astri,  segni,  metèo- 
re, ecc. 

Effemeridi  astronomiche,  specie  di  calendario  sul 
quale  è  segnato  in  precedenza,  per  ogni  giorno 
dell'anno,  lo  spuntare  e  il  tramontare  del  sole, 
della  luna,  la  loro  posizione  nel  cielo,  le  eclissi, 
le  fasi  lunari,  di  Venere,  dell'anello  di  Saturno,  con 
spiegazioni  dei  segni  astronomici. 

Geociclica,  macchina  che  rappresenta  il  movi- 
mento della  Terra  intorno  al  sole.  -  Globo  celeste, 
palla  di  legno,  di  cartapesta  e  sim.,  dove  sono  se- 
gnate le  costellazioni. 

Mappamondo  celeste,  carta  del  cielo  in  due  emi- 
sferi. -  Planetario,  macchina  rappresentante  i  movi- 
menti dei  pianeti.  -  Planisfero,  o  planiglobo,  carta 
rappresentante  in  piano  un  emisfero  celeste  o  ter- 
restre. -  Quadrante  solare,  quella  superficie  sulla  quale 
sono  state  condotte  le  linee  che  indicano  l'ora  me- 
diante l'ombra  di  uno  stile  o  gnonione,  oppure  per 
mezzo  d'un  raggio  di  sole  che  passi  da  un  foro. 

Segni  astronomici,  quelli  che  servono  a  disegnare 
le  figure  dello  zodiaco,  dei  pianeti,  della  luna,  del 
sole.  -  Sfera,  rappresentazione  del  cielo  su  un  globo. 

Uranorama,  pittura  rappresentante  i  fenomeni  ce- 
lesti; globo  dipinto. 

IsTRUiMENTi.  —  Altaztmut,  strumento  di  astrono- 
mia e  di  geodesia,  fatto  per  determinare  le  altezze 
apparenti  e  gli  azimut,  -  Armilla,  cerchietto  per 
istrumenti  astronomici.  -  Armille  d'Alessandria,  cir- 
coli che  servivano  a  fare  osservazioni. 

Astereometro,  o  astro fanometro,  strumento  che  serve 
a  calcolai^e  la  distanza  e  il  levare  e  il  tramontare 
degli  astri,  dei  quali  si  conosce  la  declinazione  e 
l'ora  del  passaggio  al  meridiano.  -  Astroditto,  istru- 
mento  astronomico  che  permette  a  più  persone  di 
vedere  lo  stesso  astro  nel  medesimo  istante.  -  Astro- 
grafo,  istrumento  che  serve  a  tracciare  le  carte  ce- 


ASTRONOMIA 


ASTUZIA 


199 


lesti,  nelle  osservazioni  astronomiche,  contempora- 
neamente all'osservazione  stessa.  -  Astrolàbio,  stru- 
mento col  quale  si  osservano  i  moti  delle  stelle. 
Anticamente  detto  metei'eoscopio.  -  Astromelro,  istru- 
mento  che  serve  per  misurare  l'intensità  della  luce 
degli  astri.  -  Astroscópio,  istrumento  per  scoprire  le 
stelle. 

Balestriglia,  istrumento  del  quale  si  servivano 
un  tempo  i  marinai  per  prendere  l'allezza  degli 
astri  e  determinare  la  latitudine:  arbalesfriglia,  ar- 
balete.  -  Circolo  murale,  istrumento  per  determinare 
l'altezza  meridiana  o  zenitale  d'una  stella.  -  Circolo 
ripetitore,  in  geodesia  e  in  astronomia,  é  lo  stru- 
mento che  serve  a  misurare  gli  angoli.  -  Collima- 
tore, specie  di  telescopio  usato  dagli  astronomi  come 
mira,  per  ottenere  una  direzione  stabile.  -  Cosmolabio, 
specie  d'astrolabio. 

Eliometro,  istrumento  per  numerare  esattamente 
il  diametro  apparente  del  sole  e  dei  pianeti  e  le 
piccole  distanze  apparenti  che  separano  fra  loro  i 
corpi  celesti.  -  Elioscopio,  cannocchiale  corredato  da 
un  vetro  affumicato:  serve  ad  osservare  le  macchie 
solari.  -  Equatoriale,  istrumento  destinato  a  seguire 
il  moto  diuturno  degli  astri:  gran  cannocchiale. 

Gnomone,  istrumento  usato  dagli  antichi  astronomi, 
e  consistente,  per  lo  più,  in  un  semplice  bastone 
eretto  sopra  un  piano  orizzontale,  allo  scopo  di  cal- 
colare, per  mezzo  dell'ombra,  l'altezza  apparente  del 
sole,  roTbliquità  dell'eclittica,  la  lunghezza  dell'anno 
e  la  posizione  degli  equinozi.  Più  tardi  al  bastone  si 
sostituì  un  foro,  pel  quale  si  facevano  passare  i  raggi 
solari.  Tali  erano  i  celebri  gnomoni  di  Toscanelli  a 
Firenze,  e  di  Dante  a  Bologna.  Il  gnomone  a  flotleur 
serviva  per  misurare,  con  due  osservazioni  del  sole, 
prima  e  dopo  mezzogiorno,  il  tempo  vero  in  un 
dato  momento  del  giorno. 

Loxocosmo,  istrumento  che  dimostra  l'ineguaglian- 
za dei  giorni,  la  varietà  delle  stagioni. 

-Micrometro,  istrumento  destinato  a  misurare  gli 
oggetti  di  piccola  dimensione  o  il  diametro  degli 
astri.  -  Mira,  segnale  stabilmente  fissato,  che  serve, 
in  astronomia  e  in  geodesia,  a  definire  in  modo 
certo  le  direzioni  di  una  linea  visuale  o  di  un  piano 
verticale,  e  specialmente  della  linea  meridiana. 

Nonio,  strumento  di  precisione,  che  fa  parte  di 
parecchie  macchine  usate  in  fisica  e  in  astronomia 
per  le  piccole  frazioni  angolari.  -  Orologio  astrono- 
mico, orologio  a  pendolo  che  segna  il  tempo  sidereo. 
Ottante,  istrumenta  di  legno  o  di  metallo,  per  mi- 
surare l'altezza  degli  astri  sull'orizzonte  o  la  loro 
reciproca  distanza  angolare. 

Parallàttica,  la  montatura  degli  istrumenti  astro- 
nomici equatoriali,  per  cui  compiono  una  rotazione 
automatica  (movimento  p.)  in  24  ore  intorno  ad 
un'asse  parallelo  all'asse  ael  mondo.  -  Parapegma, 
istrumento  del  quale  si  servivano  gli  antichi  per 
conoscere  l'oriente  e  l'occidente  degli  astri  e  anche 
le  variazioni  atmosferiche.  -  Tavolette  su  cui  gli  an- 
tichi astronomi  orientali  segnavano  il  sorgere  e  il 
cadere  degli  astri.  Tabella  su  cui  gli  astronomi  me- 
dioevali tracciavano  i  loro  segni  e  le  figure  cabalisti- 
che. -  Passaggio  al  meridiano,  istrumento  di  passaggi 
che  serve  ad  osservarli. 

Quadrante,  o  cerchio  murale,  istrumento  per  rile- 
vare la  declinazione  d'un  astro.  -  Radiometro,  istru- 
mento per  prendere  l'altezza  meridiana  del  sole. 

Raggio  astronomico,  istrumento  per  prendere  l'al- 
tezza delle  stelle. 

Sestante,  istrumento  astronomico  e  geodetico  per 
misurare  gli  angoli,  fondato  sulle  leggi  della  rifles- 


sione della  luce  sopra  specchi  piani,  e  cosi  detto 
perchè  l'arco  graduato,  su  cui  leggonsi  gli  angoli, 
è  ordinariamente  una  sesta  parte  della  circonferenza 
intera.  -  Settore,  istrumento  astronomico,  che  serve 
a  prendere  le  diversità  dell'ascensione  retta  e  della 
declinazione  di  due  astri,  che  riescirebbero  troppo 
grandi  e  troppo  distanti  per  essere  osservati  con 
telescopio  immobile. 

Sfera,  rappresentazione  del  cielo  su  un  globo; 
macchina  rotonda  con  circoli.  -  Sfera  armillare  o 
planetaria,  complesso  di  circoli,  destinato  a  rappre- 
sentare il  movimento  apparente  degli  astri. -Spe«ro- 
scopio,  strumento  che  serve  ad  esaminare  gli  spet- 
tri ottenuti  con  diverse  sorgenti  di  luce. 

letescopio,  cannocchiale  astronomico,  in  cui  gli  og- 
getti si  vedono  per  riflessione.  -  Teodolito,  istrumento 
d'astronomia  e  di  geodesia  per  misurare  gli  angoli 
di  due  visuali  qualunque,  che  rende  già  ridotti  al- 
l'orizzonte. 

Luoghi.  —  Osservatorio,  luogo,  edificio,  dal  quale 
si  osserva  il  corso  degli  astri  e  i  fenomeni  stellari 
ed  atmosferici.  -  Specola,  luogo  eminente,  di  dove  si 
può  contemplare  il  cielo  a  scopo  scentifico.  -  Sta- 
zione meteorologica,  astronomica,  luogo  nel  quale  si 
fanno  osservazi(mi  di  meteorologia. 

Astruseria.  Qualità  di  ciò  che  è  astruso. 

Astruso.  Difficile  a  capire,  a  comprendersi, 
sia  un  discorso,  un  problema,  uno  scritto  e 
simili:  enigmatico,  problematico,  geroglifico;  ascosto, 
oscuro,  complicato,  inevidente,  misterioso;  indiavo- 
lato, diavolo  pesto;  difficile,  duro;  incomprensibile, 
incomprendibile,  inconcepibile,  impercettibile;  inap- 
prensibile, inconoscibile,  imperscrutabile,  sibillino. 
Anche:  arabo,  buio  pesto,  sanscrito,  turco,  zolfa 
degli  Ermini  (frase  antiquata). 

Astuccio.  Scatoletta  o  altra  simile  custodia  da 
tenervi  oggetti  diversi  (posate,  istrumenti  chirurgici, 
gioielli,  ecc.^:  busta  fonda  (delle  pistole),  guaina 
(della  spada  e  simili),  stuccio,  stuccetto.  -  Astwciaio, 
fabbricante  di  astucci. 

Astutezza.  Detto  ad  astuzia. 

Astuto.  Veggasi  ad  astuzia. 

Astuzia  (astutamente,  astuto).  Arte  di  condursi 
abilmente  ad  uno  scopo,  ad  un  fine,  spesso  non 
buono;  acume  della  mente,  pel  quale  si  riesce  ad 
ingannare  o  a  schivare  gli  inganni.  Atto  di  uomo 
astuto.  -  Simboli  dell' astuzia:  serpente,  volpe;  Sisifo, 
nella  mitologia,  ritenuto  l'uomo  più  astuto  de'  suoi 
tempi:  così  anche  Sinone,  suo  figlio. 

Sinonimi,  con  qualche  variazione  di  significato: 
destrezza,  dirittura,  furberia,  lestezza,  malizia;  ma- 
liziosità; politica,  scaltrezza,  scaltritezza,  machia- 
vellismo, finezza,  sottigliezza,  sottilità;  callidità, 
fanlineria,  versuzia;  artificiosità;  ingegnamento  ma- 
lizioso. 

Accortezza,  accorgimento  (accorto),  facoltà,  abilità 
per  la  quale  l'uomo  si  accorge  di  ciò  che  è  da  fare 
0  da  non  fare,  o  per  la  quale  viene  a  conoscere 
alcuna  cosa  con  la  congettura  di  un'  altra.  -  Astu- 
tezza, meno  comune  che  astuzia,  ma  riguarda  più 
l'abito  e  la  potenza  che  l'atto.  -  Astuzietta,  astuzia 
per  lo  più  innocente.  -  Astuziola,  astuzia  puerile  o 
di  poco  senno. 

Cabala,  trappoleria,  astuzia,  imbroglio,  raggiro. 

Cautela,  il  procedere  con  accortezza,  investigando 
anche  le  minime  cose,  purché  non  ne  avvenga  male. 

Destrezza,  maniera  accorta,  astuta  di  operare.  • 
Destreggiare,  usare  modi  sagaci  in  fare  checchessia; 
portarsi  con  avvedutezza,  con  astuzia. 

Furberia,   la  qualità  astratta  di  chi  è  furbo,   e 


200 


ASTUZIA    —    ATLETA 


anche  l'atto  di  persona  furba.  •  hurbizia,  furberia, 
ma  tolta  quasi  ogni  idea  di  cattiveria,  di  inganno. 

Malizia^  il  sapere  usare  certi  accorgimenti  e 
ripieghi,  da  far  parere  migliore  una  cosa  o  da  riu- 
scirvi più  agevolmente  per  astuzia,  furberia.  Dispo- 
sizione della  mente  e  dell'animo  ad  operare  il  male. 
Conoscenza  delle  cose  sessuali. 

Oculatezza,  l'essere  accorto,  vigilante,  circospetto. 

Paretaio:  si  dice  qualche  volta  per  astuzia  tesa 
in  danno  altrui.  -  Perspicacia,  acutezza  di  mente, 
con  esclusione  di  astuzia  in  senso  non  buono. 

Sagacia,  la  perspicacia,  l'astuzia  in  senso  buo- 
no :  sagacità.  -  Scaltrimento,  cosa  di  mezzo  fra  1'  a- 
stuzia  e  la  prudenza.  -  Stratagemma,  astuzia,  inganno, 
allo  scopo  di  deludere  qualcuno. 

Astutamente:  con  astuzia,  da  persona  astuta; 
avvedutamente,  furbamente,  furbescamente;  scaltra- 
mente, scaltritamente;  con  destrezza,  con  politica, 
politicamente;  con  malizia,  maliziosamente,  malizia- 
tamente;  accortamente,  linamente,  lestamente,  arta- 
tamente, in  mòdo  arlato;  artificiosamente,  callida- 
mente, serpentinamente. 

Astuto,  chi  hab  adopera  astuzia  (aggettivamente, 
proprio  di  uomo  astuto):  avveduto,  avvertito,  destro, 
furbo{  furbaccio,  furbacchiotto,  furbaccione),  mali- 
ziato, malizioso,  smaliziato  (maliziosetto,  malizioso- 
ne);  perspicace;  fino,  machiavellesco,  machiavellico, 
machiavellista;  politico,  politicone;  artificioso  e 
sottile;  accorto  e  lesto;  ambidestro,  astóre;  volpe, 
volpigno,  volpino,  volpeggiatore,  volpone;  càllido, 
monello,  forasiepe;  lametta  buona;  buona  lana,  la- 
netta fina;  bella  gioia;  furbo  alle  mille,  turbo  boi- 
lato,  trincato;  dirittaccio,  galeotto,  mal  gatto,  mala 
gatta;  gatto  frugato,  gattone;  pipistrel  vecchio;  dia- 
volo incarnato,  satanasso  scatenato  ;  scalabrino,  stu- 
rato; biricchino,  ciaccherino,  fattichione,  mascagno, 
machione;  sassello,  scozzonato;  sesquiulisse,  sinone, 
versiera,  Zingano. 

Scaltro,  persona  che,  in  tutte  le  occorrenze  della 
vita,  sa  condursi  con  accorgimento,  fuggendo  le 
noie  e  i  rimproveri  e  avvantaggiandosi. 

Essere  furbo:  avere  una  ciabatta  del  Machia- 
velli; aver  lacciuoli  a  gran  dovizia;  avere  più  ri- 
tòrtole che  fastella;  avere  Yhic  e  l'/ioc;  avere  il 
diavolo  nell'ampolla  o  in  testa;  avere  o  sapere  un 
punto  più  del  diavolo;  avere  rotto  il  culo  sui  ceci 
rossi.  -  Conoscere  il  melo  dal  pesco,  i  tordi  dagli 
stornelli,  gli  storni  dalle  starne,  i  bufali  dalle  oche, 
il  vino  dall'  aceto,  il  cece  dal  fagiuolo,  la  traggea 
dalla  gragnuola;  conoscere  il  pel  nell'uovo.  -  Essere 
nidio  e  navicello,  una  quaglia  sopraffina.  -  Sapere 
dove  il  diavolo  tiene  la  coda;  sapere  il  civile  e  il 
criminale;  sapere  a  quanti  di  è  San  Biagio. 

Rendere  o  diventare  astuto:  fare  astuto,  infon- 
dere astuzia,  rendere  accorto;  accivettare,  sminchio- 
nare, snebbiare;  snoviziare,  spupillare,  scozzonare, 
spolaccare. 

Acquistare  astuzia,  diventare  scaltro,  infurbire, 
involpire,  scaltrirsi;  aprire  gli  occhi,  non  dormire 
nell'olio;  saperla  lunga  e  dire:  «  i  Cordovani  sono 
rimasti  in  Levante  ;  non  è  più  il  tempo  di  Bartolo- 
meo da  Bergamo  »,  ecc. 

Locuzioni  vaì^ie  e  proverbi.  —  Di  o  a  persone 
egualmente  astute:  a  furbo,  un  furbo  e  mezzo;  a 
galeotto,  galeotto  e  mezzo.  -  Chi  ha  il  lupo  per 
compare  porti  il  can  sotto  il  mantello.  -  Essere  una 
coppia  e  un  paio.  -  Il  diavolo  vuol  tentar  Lucifero. 
-  La  cosa  va  tra  Baiante  e  Ferrante.  -  La  va  tra 
barcaiolo  e  marinaro,  tra  volpe  e  volpe,  tra  il 
rotto  e  lo  «tracciata).  -  Quando  il  tuo  diavol  nacque, 


il  mio  andava  ritto  alla  panca.  -  Tra  parenti  non 
ci  si  può  pigliare. 

Farla  agli  astriti.  -  Anche  le  civette  impaniano.  • 
Anche  delle  volpi  si  piglia;  oppure:  anche  le  volpi 
vecchie  si  pigliano.  -  Chi  va  per  uccellare  resta 
impaniato.  -  In  pellicceria  ci  vanno  più  pelli  di 
volpe  che  d' asino.  -  La  fine  ordinaria  che  fa  la 
volpe  è  la  bottega  del  pellicciaio.  -  La  vipera  ha 
morso  il  ciarlatano. 

Altri  proverbì.  —  A'  sottili  cascan  le  brache.  - 
Bisogna  far  lo  sciocco  per  non  pagare  il  sale  (prima 
furberia  il  non  parer  furbo).  -  Chi  fa  una  trappola 
ne  sa  tender  cento.  -  Chi  non  può  con  la  pelle  del 
leone  fa  con  quella  della  volpe.  •  Con  la  volpe  convien 
volpeggiare.  -  Il  diavolo  dove  non  può  mettere  il 
capo  mette  la  coda.  •  Il  diavolo  è  sottile  e  fila 
grosso.  -  Molto  sa  il  topo,  ma  però  più  il  gatto.  - 
Per  conoscere  un  furbo,  ci  vuole  un  furbo  e  mezzo. 
-  Sottil  filo  cuce  bene. 

Atanatisnio,  atanatolog°ia.  Veggasi  a  im- 
mortalità. 

Atarassia.  Detto  a  calma. 

Atassia  {atassico).  Difficoltà,  incoordinazione  nel 
camminare.  Si  distingue  in  corticale,  ereditaria, 
e  locomotrice  progressiva. 

AtaTlsnao  (atavistico).  Veggasi  a  fisiologia  e 
a  somiglianza. 

Atavo.  Detto  a  parentela. 

Ateismo  [àteo,  ateista,  ateistico).  Negazione  della 
divinità. 

Atella.  Veggasi  a  membi-a. 

Atellana  {favola).  Veggasi  a  commedia. 

A  tempo   Termine  di  musica. 

Ateneo.  Nome  di  qualche  accademia.  -  Sino- 
nimo di  università. 

Ateo.  Detto  a  divinità. 

Atermano,  atermocrolco.  Detto  a  calore» 

Ateròma.  Veggasi  a  tumore. 

Ateromasia.  Processo  morboso  che  colpisce 
\xxi' arteria. 

Atipico.  Detto  a  fèbbre  e  a  malattia. 

Atlante.  Libro  di  geografia.  -  In  anatomia, 
la  prima  vertebra  cervicale. 

Atlantico.  Nome  di  un  ocèano.  -  Personaggio 
mitologico  che,  secondo  Esiodo,  sorregge  il  cielo  con 
la  testa  e  con  le  mani,  e,  secondo  Omero,  sostiene 
le  colonne  che  dividono  il  cielo  dalla  Terra.-  Ora, 
oggettivamente,  dicesi  di  cosa  grande  o  di  gran 
fatica. 

Atlèta  (atletico).  Chi,  presso  gli  antichi,  com- 
batteva ne'  giuochi  pubblici,  specialmente  presso  i 
Greci  e  i  Romani,  alla  lotta,  al  pugilato,  alla  corsa, 
al  salto,  ecc.  -  Per  similitudine,  dicesi  d'  un  uomo 
dotato  di  straordinaria  forza  muscolare  o  di  cor- 
poratura che  lo  faccia  creder  tale.  —  Atletica,  la 
lotta,  l'arte  del  lottatore  o  dell'atleta.  -  Atlètico,  di 
atleta.  -  Atletismo,  l'esercizio  atletico. 

Atlone,  il  premio  che  si  dava  all'atleta  vincitore 
nei  giuochi,  nelle  gare.  -  Proagòne,  noviziato  di 
atleta. 

Agonotéti,  i  giudici  nei  giuochi  greci  e  romani. 

Cicomede,  atleta  mitologico  che  ebbe  tanta  forza 
da  rompere  una  colonna  d' un  edificio  pubblico, 
facendo  perire  sotto  le  rovine  molta  gente.  -  lero- 
nici,  0  vincitori  sacri,  gli  atleti  che  uscivano  vinci- 
tori dalle  grandi  feste  nazionali  dei  greci. 

Lotta,  complesso  degli  esercizi  ginnastici,  presso 
gli  antichi,  eseguiti  dagli  atleti:  combattimento  corpo 
a  corpo:  pugilato,  lotta  a  pugni.  -  Pancrazio,  uno 
dei  più  penosi  ed  insieme  il   più  pericoloso   com- 


ATMIDOMETRO    —    ATOMO 


201 


battimento  degli  atleti,  perchè  si  univano  in  esso 
la  lotta  e  il  pugilato. 

Atmidòmetro.  Veggasi  a  respirazione. 

Atmidoscòpio.  Detto  a  vapore. 

Atmònietro.  Detto  a  vapore. 

Atmosfera  {atmosferico).  In  generale,  l' invi- 
luppo di  gas  e  di  vapori  che,  per  lo  più,  circonda 
i  corpi  celesti;  in  particolare,  la  massa  d'aria  che 
avvolge  la  nostra  Terra:  ammosfera,  ambiente. 

Atmosferico,  di  atmosfera  (osservazione,  ecc.), 
proprio  dell'atmosfera:  fenomeno,  stato  fluido,  va- 
pore, ecc.  -  Anidride,  acido  carbonico  contenuto 
neir  aria  atmosferica.  -  Cataslatico,  dominante  in 
certi  stati  atmosferici  di  una  stagione. 

Atmosferografia,  descrizione  dell'atmosfera.  -  Me- 
teorografia,  descrizione  di  cose  meteoriche.  -  Me- 
teorologia, scienza  che  studia  tutti  i  fenomeni 
ordinari  e  straordinari  dell'atmosfera. 

Circolazione  atmosferica,  movimento  a  spirale 
dell'atmosfera  intorno  al  globo.  -  Limo  atmosferico, 
quel  finissimo  polverio,  che,  sollevato  dalle  correnti 
aeree,  nuota  nell'aria,  e  che  si  rende  visibile  quando 
un  fascio  di  raggi  solari  penetra  in  un  luogo 
chiuso.  -  Linee  isobarometriche  od  isobariche,  linee 
che  si  tracciano  sopra  tutti  i  luoghi  che  hanno  la 
stessa  pressione  atmosferica  media. 

Oscillazioni  orarie,  oscillazione  giornaliera  che 
presenta  la  pressione  atmosferica  con  dei  massimi 
e  minimi  ad  ore  fìsse  per  ciascun  luogo.  -  Pressione 
atmosferica,  il  peso  della  colonna  d'aria,  che  gravita 
su  ciascun  punto  della  superficie  terreste.  Si  misura 
col  barometro  e  col  termobarometro,  sorta  di 
termometro,  ad  aria.  -  Regione,  strato  dell'atmo- 
sfera. -  Rifrazione  atmosferica,  deviazione  dei  raggi 
della  luce,  per  effetto  della  rifrazione  dovuta 
all'  aria. 

Tetnperatura,  il  grado  di  calore  :  ha  origine 
dai  raggi  solari,  dal  calore  irradiante  dal  suolo, 
dai  processi  di  ossidazione  che  si  compiono  sulla 
superficie  della  Terra, 

Temperie,  lo  stato  meteorologico  dell'  atmosfera, 
che  agisce  nei  nostri  organi,  secondo  che  è  freddo 
o  caldo,  secco  o  umido.  -  Tem,po,  stato  atmo- 
sferico. 

Fenomeni   dell'  atmosfera, 
istrumenti 

Aerolito,  specie  di  pietra  che  cade  dal  cielo.  - 
Aeremoto,  ripercussione  dell'  aria  atmosferica  per 
effetto  di  forti  scosse  del  suolo  e  di  violente  deto- 
nazioni. -  Anticiclone,  complesso  dei  fenomeni  che 
accompagnano  la  produzione  di  un  massimo  di 
pressione,  o  barometrico,  in  un  dato  luogo,  rispetto 
ai  circonvicini,  chiamandosi  invece  ciclone  quello 
che  corrisponde  ad  un  minimo  di  pressione.  -  Ai'- 
cobaleno,  iride,  meteora  per  la  quale  si  vede  nel 
cielo  un  arco  coi  colori  del  prisma:  apparisce  di 
solito  dopo  un  temporale,  rincontro  al  sole.  -  Atirora 
boreale  o  polare,  detto  ad  aurora. 

Baleno,  sprazzo  di  luce  momentaneo  e  abba- 
gliante, che  risplende  nell'aria  al  momento  dell'esplo- 
sione elettrica;  più  comunemente,  lampo.  -  Baro- 
metrismo  terrestre,  complesso  dei  fenomeni  per  cui 
si  manifesta  l' azione  della  pressione  atmosferica 
nell'interno  del  globo.  -  Bolide,  meteora  luminosa 
con  apparenza  di  globo,  che  talvolta  scoppia  per 
aria  e  si  sparpaglia  in  frantumi  di  varia  grossezza. 
-  Bruma,  vapore  acqueo  che  si  forma  nell'atmosfera 
calma  {per  lo  più  presso  il  mare),  a  guisa  di 
nebbia. 


Burrasca,  sconvolgimento  dell'atmosfera,  accompa- 
gnato da  venti  violenti,  di  non  lunga  durata,  non- 
ché da  pioggia,  da  grandine,  ecc.  -  Bun-asca 
magnetica,  improvviso  cambiamento  nelle  condi- 
zioni elettriche  dell*  atmosfera,  segnalato  dall'irre- 
quietezza dell'ago  magnetico. 

Ciclone,  moto  vorticoso  dell'atmosfera,  accompa- 
gnato sempre  da  una  depressione  barometrica  ai 
suo  centro,  verso  cui  i  venti  sogliono  convergere 
spiralmente. 

Correnti  aeree,  l'effetto  delle  differenze  di  tem- 
peratura, che  l'atmosfera  acquista  in  diversi  punti, 
importanti,  in  igiene,  i  venti  predominanti,  dei  quali 
bisogna  tenere  gran  conto  nella  costruzione  di  opi- 
fici, edifizì  scolastici,  nella  direzione  da  dare  alle 
vie  dei  centri  abitati,  ecc.  -  Ferro  meteorico,  pietre 
meteoriche,  materie  cadute  dalle  regioni  ammosferi- 
che.  -  Fulm,ine,  la  materia  elettrica  quando  si 
sprigiona  dalla  nube.  -  Fuochi  di  Sanf  Elmo,  baleni 
e  tracce  luminose  che  per  effetto  dell'elettricità  si 
producono  sulle  estremità  delle  navi,  delle  vele, 
dei  pennoni. 

Meteore,  i  fenomeni  che  avvengono  ed  hanno 
origine  nell'atmosfera.  -  Meteore  luminose:  fulmine,' 
baleno,  lampo,  razzi  o  stelle  cadenti,  aurora  bo- 
reale, apparizioni  luminose,  fochi  fatui,  paraselene, 
fuoco  di  Sant'Elmo,  pareli,  osub.  -  Meteore  acquose; 
pioggia,  neve,  grandine*^  brina,  nébbia, 
bruma,  rugiada. 

Meteorite,  ognuno  di  quei  piccoli  corpi  che  si 
muovono  fuori  delle  regioni  atmosferiche  terrestri. 

Miraggio,  fenomeno  di  rifrazione  atmosferica, 
singolarissimo  :  si  osserva  nei  deserti,  e  per  esso  gli 
oggetti  lontani  sembrano  riflettersi  come  in  un  lago 
tranquillo. 

Olosideriti,  meteoriti  prevalentemente  composte 
di  ferro.  -  Sissideriti,  meteoriti  composte  di  ferro, 
con  nuclei  pietrosi.  •  Sporadosideriti,  meteoriti  di 
materia  pietrosa  con  nuclei  di  ferro.  -  Tempesta, 
azione  della  forza  dei  venti  sul  mare.  -  '1  romba, 
movimento  vorticoso  di  una  colonna  d'aria:  è  ma- 
rina 0  ten^estre.  -  Tuono,  rumore,  strepito  che  si 
ode  durante  un  uragano  e  quando  folgora.  -  Vento, 
moto  dell'aria  atmosferica. 

IsTRUMENTi.  —  Aeroscopio,  strumento  atto  a  pro- 
nosticare le  vicende  atmosferiche.  -  Atmidòmetro  o 
atmometro,  strumento  che  serve  a  misurare  la  ra- 
pidità dell'  evaporazione  dell'  acqua  sulla  superfice 
della  Terra,  per  una  data  estensione.  -  Barometro- 
grafo,  barometro  automatico,  che  segna  tutte  le 
variazioni  di  pressione  atmosferica  avvenute  in  un 
dato  tempo. 

Emisferi  di  Magdebiirgo,  due  emisferi  metallici, 
concavi,  per  dimostrare  la  pressione  atmosferica. 

Meteorografo,  strumento  che  segna  continuamente 
i  fenomeni  meteorologici.  -  Meteoroscopio,  strumento 
in  genere  per  osservazioni  meteoriche.  -  Simpiezo- 
metro,  barometro  nel  quale  si  misura  la  pressione 
atmosferica  con  i  mutamenti  di  volume  che  prova 
una  massa  d'aria  e  dell'opercolo. 

Per  ['anemometro  e  [' anemoscopio,  veggasi 
a  vento. 

Atmosfera  elettrica.  Fluido  sottilissimo  in 
movimento  attorno  a  un  corpo  elettrizzato. 

Atòllo.  Isola  di  corallo. 

Atomismo,  atomisti.  Veggasi  ad  àtom,o. 

Atomo  fatómicoj.  La  più  piccola  parte  di  un 
elemento  che  possa  trovarsi  nelle  molecole  di  tutti 
i  suoi  composti,  indivisibile  tanto  con  mezzi  fisici, 
quanto  con  mezzi  chimici.  -  Figur.,  un  minimo  che. 


202 


ATONIA    —    AiTACCARE 


un  nonnulla  di  checchessia.-  Teoria  atomica,  quella 
che,  ammettendo  i  corpi  semplici  costituiti  da  atomi, 
sui  quali  esclusivamente  nilettono  le  attribuzioni 
chimiche  dei  corpi  stessi,  spiega  le  combinazioni  e 
le  reazioni  degli  elementi,  coli'  unione  e  coi  reciproci 
scambi  degli  atomi,  dimostrando  le  leggi  e  i  rap- 
porti che  reggono  tale  unione.  Gli  atomi  di  natura  di- 
versa, che  si  congiungono  a  due  a  due,  a  tre  a  tre, 
a  quattro  a  quattro,  ecc.,  per  formare  i  corpi  com- 
posti, danno  origine  a  certi  gruppi,  detti  molecole. 
Si  hanno  molecole  costituenti  dei  corpi  composti  e 
molecole  integranti  d'  un  corpo  semplj.ce  o  compos^to. 

Atòmico,  di  àtomo. 

Atomicità,  la  capacità  di  saturazione  che  spiega 
un  elemento,  o  un  radicale  composto,  ne!  combi- 
narsi agli  altri  o  nel  venirne  sostituito.  Il  cloro, 
il  bromo,  l'iodio,  il  fluoro,  l'idrogeno  si  combinano, 
o  si  sostituiscono  fra  loro,  nella  proporzione  di  un 
atomo  ad  un  atomo.  Prèsa  come  unità  di  satura- 
zione 0  di  sostituzione  quella  soddisfatta  da  un  atomo 
di  uno  di  questi  elementi,  ogni  atomo,  od  ogni 
radicale  che,  combinandosi  ad  uno  di  essi,  ne  as- 
suma uno,  due  0 -più  atomi,  spiega  una  capacità  di 
'saturazione  (atomicità)  Unitaria,  doppia,  tripla,  o 
multipla.  Cioè  sarà  monoatomico,  biatomico,  poliato- 
mico. -  Atomismo,  dottrina  filosofica  che  spiega  l'o- 
rigine del  mondo  mediante  4'accozzo  fortuito  degli 
atomi.  -  Atomistica,  parte  della  chimica  che  tratta 
degli  ato;ni.  -  Atomisti,  gli  antidhi  filosofi  che  chia- 
marono atomo  la  porzione  non  ultra  divisibile,  im- 
maginaria della  materia,  e  la  supposero  l'elementare 
costituente  della  massa  dei  corpi  indistintamente. 

Affinità,  forza  attrattiva  molecolare,  che  opera  fra 
molecole  di  natura  diversa,  mentre  la  coesione  eser- 
cì fa  la  sua  azione  fra  molecole  della  stessa  natura. 

-  Coesione,  la  speciale  forza  attrattiva,  per  la  quale 
le  molecole  dei  corpi  tendono  a  stare  insieme. 

Equivalenti,  i  numeri  proporzionali,  esprimenti  i 
rapporti  tra  i  pesi  dei  corpi  che,  si  combinano.  - 
Dicesi  tavola  degli  equivalenti  quella  dei  pesi  adot- 
tati dai  chimici,  per  rappresentare  gli  equivalenti, 
o  numeri  proporzionali,  degli  elementi  i  meglio  stu- 
diati, riportati  a  1  di  idrogeno  (il  corpo  più  leg- 
giero che  esista)  e  disposti  in  ordine  alfabetico.  - 
Equivalenza,  valenza,  la  varia  capacità  di  combina- 
zione offerta  dagli  atomi,  e  formante  l'obbietto  della 
teoria  atomica. 

Numeri  proporzionali,  quelli  che  esprimono  i  rap- 
porti tra  i  pesi  dei  corpi  che  si  combinano.  -  Peso 
■alom'ico:  la  più  piccola  quantità  di  un  elemento, 
contenuta  per  sé  .stessa  o  per  multipli  nelle  mole- 
cole di  tutti  i  suoi  composti  è  il  peso  atomico  e 
l'atomo  di  quel  dato  elemento.;  -  Èfera  d'attività, 
l'ambiente  in  cur  una  molecola  ha  forza  d'agire. 

Atonia  (.atònico).  Difetto  di  tono,  di  contrattilità 
negli  organi  dotati  di  questa  proprietà-  Si  verifica 
a  preferenza  nello  stomaco,  nell'intestino,  nell'u- 
tero, ecc. 

Atrabile  (atrabiliare,  atrabiliarió).  Anticamente 
si  chiamava  cosi  un  umore  della  bile  "alterato.  - 
(pigur.,  ira. 

i     Atremia.  Detto  a  mente. 
:■-■  Atrepsla.  Malattia  del  bambino,  appena  nato. 
•     Atresia.  Detto  ad  occlusione. 

Atrio.  Specie  d'entrata,. anticorte,  vestibolo,  di 
varie  forme,  con  colonne- o  pilastri,  o  senza,  come 
si  vede  in  un  grande  palazzo,  in  un  teatro,  ecc. 

-  Era  la  prima  parte  delle  antiche  case  romane, 
iposta  nel  mezzo,  laddove  colava  l'acqua  da'  tetti  : 
era    dunque  scoperto,  come  il    nostro  cortile.   Ora 


pero  si  chiama  atrio  la  prima  parte  interiore  d'un 
edificio,  il  primo  ingresso  coperto.  -  Il  vestibolo  ne 
differisce  in  ciò;  che  si  trova  all'esterno.  Nei  tea- 
tri, per  esempio,  è  quella  parte  ove  si  smonta  di 
carrozza,  mentre  l'atrio  è  il  primo  luogo  d'ingresso 
che  mette  alla  porta  della  platea.  -  Un  portico  può 
essere  vestibolo;  ma  non  ogni  portico  è  vestibolo, 
né  ogni  vestibolo  è  a  portici.  I  lati  del  vestibolo 
possono  essere  coperti,  e  il  mezzo  scoperto.  -  Pronao, 
prostilo,  specie  di  atrio  davanti  ad  antica  chiesa. 

Admissionales,  l'atrio  delle  case  dei  patrizi  e  dei 
potenti  in  Roma.  -  Atriensis  età.  il  guardiano  dell'a- 
trio, il  mastro  di  casa. 

Atrio.  Termine  di  patologia. 

Atro.  Scuro,  oscuro;  tetro,  orrido. 

Atroce.  Spietato,  feroce,  crudele.  -  Spaventoso, 
orribile. 

Atr<»cità.  L'essere  atroce,  crudele. 

Atrofia  (atròfico).  Difetto  di  nutrimento,  di  ali- 
mento nel  corpo  animale:  termine  di  fisiologia- 

Atropina   (atropismoj.    Alcaloide    dell'atropa 

belladonìia:  usasi  il  solfato  neutro  in  medicina 
come  calmante,  e,  in  oculistica,  come  midriatico, 
perchè  dilata  fortemente  la  pupilla.  -  Alropismo, 
l'avvelenamento  per  lungo  uso,  forti  dosi,  ecc.,  di 
belladònna,  o  dell'atropina  e  de'suoi  sali. 

Attaccabrig-lie-  Chi  cerca  litigare. 

Attaccàgnolo.  Cosa  per  attaccare  checches- 
sia", attaccapanni.  -   Figur.,  pretesto  di  litigio. 

Attaccalite  (attaccatiti).  Persona  solita  a  liti- 
gare, a  far  l'issa.  -' 

Attaccamento.  L  attaccare  e  l'attaccarsi.  - 
Figur.,  affetto  a  cosa  o  a  persona,  • 

Attaccapanni.  Arnese,  ora  mobile,  ora  fisso, 
per  attaccare  cose  diverse:  panni,  vesti,  il  cap- 
pello, ecc.  Atlaccàgno,  appiccagnolo,  cappellinaio. 
-  Se  mobile,  è  un'a.sto  di  legno  che  si  regge  su 
tre  0  quattro  piedi,  e  alla  cui  cima  sono  due  o 
più  grucce.  Ora  si  fanno  anche  di  ferro;  e  quello  e 
questi  si  chÌ3Lin2Lno  servitori.  Se  fisso,  allora  sono 
tre  0  più  grucce  ficcate  in  fila  orizzontalmente  nel 
muro,  o  sopra  un'asse  fermata  o  nel  muro  o  in  un 
armadio,  ecc.  -  Attaccavestiti,  non  comune,  ma  vo- 
cabolo adottato  da  alcuno,  come  il  Carena,  per  sino- 
nimo di  attaccapanni. 

Beccatelli,  piccoli  regoli  di  legno  quadrati,  che 
si  ficcano  nel  muro  a  varia  distanza,  per  fissarvi 
sopra  lunghe  assi,  sopra  le  quali  si  suole  posare 
alcuni  utensili,  ecc.;  anche,  quei  l'egni  o  ferri  va- 
riamente foggiati,  che,  confitti  nei  muri  o  in  un'asse 
appesa  al  muro,  servono  per  attaccarci  panni,  cap- 
pelli e  simili.  -  Fattorino,  attaccapanni  piccolo:  ge- 
neralmente, pinolo  terminato  da  una  pallina  o  da 
una  testa  per  tenervi  cappelli,  pastrani  o  altre  ve- 
sti. -  Fungo,  h  capocchia  d'ognuna  dei  piuoli  del- 
l'attaccapanni 0  del  cappellinaio. 

Attaccare  (attaccarsi,  attaccato^  Voce  di  vario 
significato:  se  per  congiungere,  unire,  oppure  so- 
spendere, appendere,  veggasi  ai  separati  articoli  che 
seguono.  -  Significa  pure:  unire  con  legame  d'affetto, 
di  gratitudine,  ecc.  ;  comurticarsi  di  contagio,  di 
malattia;  in  linguaggio  militare,  investire,  assal- 
tare. -  Hiferito  alle  bestie  da  tiro,  adattarle  al 
carro,  alla  carrozza,  perché  li  tirino.  -  Riferito 
a  piantù,,  mettere  radice,  allignare,  abbarbicare, 
abbarbicarsi,  abbarbare,  abbarbarsi,  attecchire. 

Attaccarsi,  tenersi  stretti  a  persona  per  affetto 
o  altro  sentimento;  assaltarsi  reciprocamente,  venire 
a  battaglia;  appigliarsi  fortemente  a  checches- 
sia, ecc. 


ATTAClURt;    —    ATTEGGIAMENTI) 


203 


Attaccare  {attaccamento,  attaccaticcio,  attaccato, 
attaccatura).  Congiungere,  unire  una  cosa  con  un'al- 
tra, che  sia  appiccicante,  o  mettendo  tra  loro  una 
materia  di  tal  genere:  appiccare,  appicciare,  appicci- 
care; affiggere,  affissare  (di  avvisi  al  muro),  appia- 
strare, appioppare;  far  apprendere,  far  prendere, 
pigliare;  fermare,  incollare;  agglutinare,  congluti- 
nare; impastare,  rimpastare  (unire,  riunire  con  la 
pasta):  rappiccicare  (riattaccare,  attaccare  nuova- 
mente); atl'aldare,  azzeccare,  riportare  addosso  — 
Rappiccicottare,  rabberciare  t^  attaccare  alla  meglio. 

Saldare,  attaccare,  unire  saldamente. 

Attaccamento,  l'attaccare  e  l'attaccarsi.  •  Attacca- 
tura, punto  nei  quale  due  cose  si  attaccano.  -  Ade- 
renza, 0  adesione,  attaccamento  di  parti  e  di  cose 
fra  loro;  lo  stare  attaccato,  l'aderire;  attenenza,  at- 
tenere. -  Coadesione,  stretta  unione  e  attaccamento 
di  un  corpo  coll'altro. 

lìnpasfo,  l'appiccare  insieme,  con  pasta,  carta  e 
simili.  -  Saldamento,  il  saldare,  saldatura.  -  Visco- 
sità, l'aderenza  fra  le  molecole  d'un  liquido  che  ne 
scema  la  fluidità.  -  Zeugma,  zeuma,  connessione, 
concatenamento,  attaccatura,  silessi,  sillepsi. 

Attaccarsi  :  aderire,  appiccicarsi,  appiastrarsi,  ap- 
pigliarsi; apprendersi;  pigliare.-  Attaccante,  che 
attacca:  aderente,  adesivo,  attenente;  colloso,  coe- 
rente, glutinoso,  viscoso.  -  Attaccaticcio,  che  si  at- 
tacca con  lacilita;  di  materie  che  si  appiccicano; 
attenente. 

Attaccato:  adeso,  appiastrato,  appiccicato,  ecc.  - 
Come  l'ostrica  allo  scoglio,  fortemente  attaccato.  - 
Appiccicato  con  lo  sputo,  debolmente. 

Attaccatura,  il  punto  in  cui  una  cosa  si  attacca 
0  fu  attaccata  a  un'altra. 

M.'VTERnS  CHE  SI  ATTACCANO  O  SERVONO  AD  ATTAC- 
CARE. -  Sono  varie:  il  caucciù,  gomma  elastica  che 
si  fa  colare,  per  incisione,  da  parecchi  alberi  del- 
r.Africa,  dell'Asia,  dell'America,  ecc.,  la  ceralacca, 
composizione  di  resina,  lacca,  spirito  di  vino  e  ver- 
miglione, ridotta  in  bacchettini  per  sigillare;  il  col- 
todiori;  liquido  vischioso,  usato  in  chirurgia  e  in 
fotografìa;  la  destrina,  sostanza  che  si  ottiene  dal- 
ì'aniido;  la  guttaperca,  che  cola,  per  incisione,  da 
un  albero  delle  Indie;  il  silicato  di  potassio  isola- 
zione), 0  vetro  solubile,  usato  per  la  preparazioixe 
di  apparecchi  rigidi  ed  inamovibili  da  applicarsi 
alle  membra  nelle  fratture,  in  sostituzione  della 
colla  d'amido,  della  destrina  e  del  gesso;  lo  spa- 
radrappi, tessuto  spalmato  di  qualche  empiastro  e 
appiccicato  al  corpo'  per  medicamento;  il  taffettà; 
sottilissima  e  adesiva  tela  di  seta.  Noti  la  gomma, 
la  colla,  il  glutine,  la  pece,  il  vischiOf  eco. 

Mastice,  miscuglio,  che,  applicato  sotto  forma 
ili  pasta  fra  due  superficie  sovrapposte,  le  unisce 
fortemente  dopo  che  si  è  indurito.  -  Pania,  mate- 
ria tenace  e  attaccaticcia,  prodotta  da  varie  bacche 
<li  frutici  e  dalla  corteccia  dell'agrifoglio.  -  Pasta, 
intriso  di  farina  ed  acqua  per  appiccicare  la  carta. 
•  Pegola,  materia  attaccaticcia  :  -pece.  -  Stucco,  com- 
posizione di  diverse  materie  tegnenti. 

Piacichiccio,  luogo  dove  ci  sian  cose  che  appic- 
cicano e  le  cose  o  la  cosa  stessa. 

Attaccare,  attaccarsi  (attaccato,  attacchino). 
Appendere,  sospendere',  appendersi,  sospendersi. 

Attaccare:  appendere  (attaccare  una  cosa  in  modo 
che  resti  sospesa),  impendere,  sospendere;  mettere 
penzoloni  ;  agganciare  (attaccare  a  gancio,  ad  unci- 
no), aggangherare,  azzeccare.  -  Riattaccare,  rattac- 
care,  nuovamente  attaccare,  rappiccare,  riappiccare. 

Annestare,  appiccare,  attaccare  una  cosa  all'altra 


e  alla  meglio,  sesso  senza  stabilità.  -  Sospendere, 
attaccare  appeso,  tenere  in  aria  pendente  o  come 
pendente. 

Attaccarsi,  attaccare  sé  stesso  a  checchessia,  alTer- 
randovisi  appigliarsi ,  appendersi ,  afferrarsi  ;  so- 
spendersi, penzigliaie,  penzolare,  spenzoare  (stare 
attaccato  e  sospeso).  -  Abbracciare,  appigliarsi  con 
le  braccia  a  checchessia.  -  Abbrancarsi,  attaccarsi  con 
forza  a  checchessia  (abbrancato).  -  Abbriccare,  appi- 
gliarsi. Detto,  per  similitudine,  anche  della  ptawiw.- 
Aggrapparsi.  attaccarsi  con  una  certa  forza,  in  caso 
di  pericolo  o  simili.  -  Avvinghiarsi,  afferrarsi  con  te- 
mciai.-  Avviticchiarsi,  avvolgersi  strettamente  intorno 
ad  una  cosa. 

Attaccato:  appeso,  sospeso,  penzolone,  penzoloni  (at- 
taccato e  sospeso  in  aria).  -  Apposito,  appositizio, 
posticcio,  attaccato  provvisoriamente  e,  spesso,  non 
acconciamente. 

Attaccatolo,  arnese  atto  ad  attaccarvi  checchessia: 
appiccàgnolo,  appiccatolo,  appicco;  attaccàgnolo; 
atTerratoio  ;  attaccapanni,  gancio,  chiodo,  uti- 
cino;  rastrelliera;  arpione,  pinolo,  campanella 
(qualunque  cerchietto  che  serva  ad  attaccarvi  qual- 
che cosa).  -  Ansala,  anello  o  ferro,  a  modo  di  staffa, 
per  tenervi  appiccata  alcuna  cosa.  -  CaviccYiio,  le- 
gnetto  appuntato,  che  si  -^ficca  nel  muro  o  in  tavole, 
ecc.,  e  serve  per  attaccarci  o  sostenere  roba.  -  Cavi- 
glia, bastoncetto  cilindrico  di  legno  o  di  ferro,  con 
capocchia,  che  si  ficca  nel  muro  o  altrove  come 
braccio  o  arpione  pei^  legarci  o  attaccarci  qualcosa 
(scavtgliare,  togliere  dalla  caviglia).  -  Pendàglio,  cosa 
che  pende  e  alia  qiale  si  possa  attaccarne  un'altra. 

Attaccatura,  punto  nel  quale  due  cose  si  attac- 
cano insieme. 

Attacchino,  chi  affigge  i  manifesti,  gli  avvisi  ai 
muri. 

Attacco.  Atto  deWassaZire.  -  Accesso  di  ma^ 
lattia.  -  Termine  di  musica. 

Attagliare.  attagliarsi  [attagliato).  Affarsi, 
convenire,  venire  a  taglio;  essere  adatto;  riu- 
scire  opportuno. 

AttagUolare  (attagliolato) .  Tagliuzzare-,  fa^ 
gliare  a  pezzetti,  specialmente  la  carne. 

Attalentare  {attalentato).  Andare  a  senio  •bar- 
bare, piacere.  '  ^ 

Attamente.  In  modo  atto,  abUe,  acconcio, 
adatto. 

AttanagrUare  (attanagliato).  Mezzo  dì  tortura. 

Attapinate,  attapinarsi  (altapimmento,  at- 
tapinato). Vivere  infelice,  tapino,  misero.  -  Fi^ur 
durar  fatica.  -  Mo\ere  lamento.  °     ' 

Attardare  (attardato).  Lo  stesso  che  ritai'- 
dare. 

Attecchire  (attecchimeìito,  attecchito).  Di  pian- 
ta, cresceva,  attaccare,  allignare,  rinforzarsi  ;  ab- 
barbicarsi, mettere  radice,  far  radici,  radicare; 
prendere,  appigliarsi  ;  venir  bene,  a  bene;  venir  su, 
tar  piede.  -  Di  cosa,  prosperare,- aivere  esito,  riu- 
scire. 

Attediare  (attediato).  Tediare,  dar  noia. 

Atteggiamento.  Lo  stare  in  una  determinata 
posizione  del  corpo;  l'assumere  un'attitudine  un 
co7itegno:jna,  flresto,  posa,  portamento,  positura 
espressiva  d  una  persona. 

Abito,  positura,  atteggiamento  di  corpo:  e  abi- 
tuale mmier^  di  portarsi,  di  operare. -Cascàggine, 
di  chi  e  cascante,  ossia  si  regge  malamente.  -  Com- 
postezza, atto  e  abito  del  tenersi  composto  nella 
persona  e  nell  animo,  effetto  o  indizio  di  calma,  di 
virtù.  -  fare,  abitudine,  atteggiamento  (Ha  un  certo 


204 


ATTEGGIAMENTO 


fare  !  Che  brutto  fare  !)  -  Impostatura,  il  modo  con 

cui  uno  posta  la  persona. 

Posa,  atteggiamento  della  persona;  aria  che  uno 
si  dà.  L'atteggiamento  che  si  prende  per  farsi  ri- 
trarre, con  la  fotografia,  o  che  l'artista  dà  adi 
esseri  che  ritrae  (far  posare,  mettere  in  posa):  di- 
cesi anche  di  una  parte  sola  del  corpo.  -  Positura, 
postura,  il  modo  come  la  cosa  o  la  persona  è  posta,  e 
il  modo  di  portar  la  persona.  -  Posizione,  modo  di 
stare.  -  Sprezzatura  signorile,  di  chi  si  dà  un'aria 
piuttosto  altezzosa. 

Diversi  modi  di  prenderk  atteggiamento. 

Abbiosciarsi,  gittarsi  a  bioscio,  sdraiarsi  {abbio 
sciato).  -Acchiocciolarsi,  racchiocciolarsi,  rannicchiarsi 
e  far  di  sé  come  una  chiocciola  {acchiocciolato).  - 
Accoccolarsi,  ripiegarsi  col  capo  quasi  alle  ginocchia 
e  il  sedere  sulle  calcagna:  accovolarsi  {accovolato). 
Accoccovarsì,  porsi  o  stare  coccolone,  accovacciarsi 
(accovacciato). 

Accomodarsi,  atteggiarsi,  arrecarsi,  mettersi  in  tale 
0  tal'altra  positura  col  corpo  {accomodato,  atteggiato, 
arrecato).  -  Accorcarsi,  rassettarsi,  adagiarsi  {accorca- 
to)  :  non  comune.  -  Accosciarsi,  raccosciarsi,  ristrin- 
gnersi  nelle  cosce,  abbassandosi  {accosciato).  -  Acco- 
vacciarsi, accovaeciolarsi,  porsi,  entrare  nel  covac- 
ciolo, 0  porsi  a  giacere:  dell'uomo  che  se  ne  stia 
in  letto,  0  comecchessia  in  sé  raccolto;  anche,  di 
persone  che  si  rannicchiano  in  posto  lurido  o  in- 
comodo {accovacciato,  accovacciolato).  -  Accovarsi, 
raccogliersi  in  sé  posandosi  giù,  quasi  come  acco- 
vacciarsi {accovato). 

Accncciarsi,  proprio  del  coricarsi  dei  cani  :  e  an- 
che di  persona,  non  solo  coricandosi,  ma  restrin- 
gendosi in  sé,  per  lo  più  a  sdraio  o  per  riposarsi, 
0  per  ripararsi  (accucciato).  -  Accucciolarsi,  abbassarsi 
restringendosi  in  sé,  o  per  riposare  o  per  scansare 
offesa,  0  per  vezzo  {accucciolato).  -  Accularsi,  delle 
lepri  e  d'altri  animali,  mettersi  in  positura  di  sedere 
{acculato).  •  Acculattare,  starsi  ozioso  sedendo  {ac- 
culattato).  -  Acquattarsi,  acquacchiarsi,  quattarsi, 
chinarsi  a  terra  il  più  basso  che  l'uomo  può,  per 
mettersi  quatto,  non  essere  visto  (acquattato ,  a cquac- 
chiato,  quattaio). 

Adagiare,  porre,  porsi  a  sedere  agiatamente  (ada- 
giato). -  Adagiarsi,  coricarsi  o  sdraiarsi  (adagiato).  - 
Aggottare,  andar  su  per  gli  alberi  e  pei  tetti  spedi- 
tamente come  un  gatto  (aggattato),  -  Aggattonare,  ac- 
costarsi lentamente  e  di  nascosto  al  selvaggiume, 
col  corpo  quasi  per  terra,  come  fanno  i  gatti  quando 
si  avvicinano  alla  preda  (aggattonato).  -  Aggiaccare, 
sdraiare,  sdraiarsi,  porre  o  porsi  a  giacere  (aggiac- 
cato). -  Agguantarsi,  sostenersi,  reggersi  ritto,  ecc.  - 
-  Agguattarsi,  porsi  a  giacere  per  terra  (aggaattato), 
in  agguato,  per  insidia. 

Allungarsi,  stendersi  con  la  persona  a  giacere.  - 
Alzarsi,  levarsi,  stare  in  punta  di  piedi. 

Appancacciarsi,  porsi  a  sedere  sulle  pancacce,  che 
son  panche  in  luoghi  pubblici  ove  si  radunano  gli 
uomini  a  cicalare  (appancaccialo).  -  Appanciollarsi, 
stare  o  mettersi  in  panciolle,  adagiarsi  con  ogni  co- 
modità sopra  scranne  o  simili  (appanciollato).  -  Ap- 
piattare, nascondersi  in  luogo  angusto  o  inco- 
modo, rannicchiandosi,  o  stando  anche  per  diritto, 
0  almeno  stando  non  a  tutto  agio,  per  poterci  ca- 
pire (nascosto).  -  Appollaiarsi,  accoccolarsi,  accomo- 
darsi in  un  posto,  come  fanno  i  polli  quando  si 
mettono  a  dormire  (appollaiato). 

Arronchiare,  rattrarre  le  membra  (arronchiato).  - 


Atterrarsi,  assidersi  in  terra,  sdraiarsi  (atterrato).  - 
Attrappare  e  attrappire,  contrarre,  rattrarre,  rat- 
trappare  e  rattrappire,  non  poter  distendere  le 
membra  per  ritiro  di  muscoli.  E,  detto  di  membra, 
intorpidire,  divenir  inabile  al  muoversi  o  per  freddo 
0  per  contrazione  muscolare  (attrappato,  attrappito, 
rattrappito,  ecc.)  -  Attrappamento,  altra ppimento,  ecc. 
Carpare,  andar  carponi,  cioè  con  le  mani  in  terra. 

-  Chinarsi,  abbassarsi,  incurvando  la  persona.  -  Chioc- 
ciare, star  rannicchiato  al  fuoco.  -  Comporre,  asse- 
stare, assettare;  detto  anche  di  corpo  (composto). - 
Consistere,  tenersi  ritto  in  piedi.  -  Coricarsi,  met- 
tersi sdraiato,  per  dormire  o  per  riposare  (coricato). 

-  Cucciare,  distendere,  por  giù  disteso,  giacersi,  star- 
sene a  letto  (cucciato). 

Giacere,  stare  col  corpo  disteso  ;  stare  a  letto  per 
infermità;  posare  la  testa  sull'altrui  petto  o  seno 
(giacente,  giaciuto). 

Impancarsi,  atto  di  porsi  a  sedere,  ma  sempre  in 
compagnia  d'altri,  quasi  sulla  medesima  panca  con 
altri  (impancato).  -  Impennarsi,  atteggiarsi  a  resi- 
stere (impancato)  -  Rimpettirsi,  impettorirsi,  stare, 
andare  intero  della  persona,  andar  pettoruto  (rim- 
pettito).  -  Impostarsi,  atteggiarsi  colla  persona  per 
fare  un  atto  o  provarvisi  (impostilo). 

Incepparsi,  raccogliersi,  contrarsi,  pigliare  la  for- 
ma come  di  ceppo  d'albero  (inceppato).  -  Inchi- 
narsi, fare  inchino,  riverenza.  -  Inginocchiarsi,  met- 
tersi in  ginocchio  :  genuflèttersi.  -  Intanarsi,  fic- 
carsi come  in  una  tana  (intanalo).  •  Intirizzare,  inti- 
rizzire, rizzarsi  e  stare  troppo  intero  sulla  persona 
(intirizzito).  -  Mettersi  le  mani  sui  fianchi,  atteggia- 
mento di  resistenza. 

Pavoneggiarsi,  avere  portamento  orgoglioso.  -  Pen- 
zolare, star  ciondoloni,  sospeso.  -  Postarsi,  mettersi 
in  qualche  luogo,  prender  posto  e  assumere  un  atteg- 
giamento. 

Racchiocciolarsi,  rannicchiarsi  a  uso  chiocciola 
(racchiocciolalo).  -  Raggrupparsi,  raggruzzirsi  e  laj- 
gruzzolarsi,  r  aggranchiar  si,  raggricchiarsi,  raggi  in- 
chicciarsi,  raggricciarsi,  raggomitolarsi,  raccartoc- 
ciarsi, r attor zolar si,  rannicchiarsi.  -  Eaggricchiare, 
raggricchiarsi.  -  Rannicchiare,  rannicchiarsi,  raccorre 
e  ristringere  sé  stesso,  sicché  si  diventi  di  minor 
volume  (rannicchiato).  -  Rattrappire,  rattrappirsi, 
rimanere  co'  nervi  ritirati. 

Ributtarsi  giù,  sotto,  mettersi,  sdraiarsi.- jRtcort- 
carsi,  ricorcarsi,  porsi  di  nuovo  giù  a  giacere  (ri- 
coricato). -  Risorgere,  risurgere  e  resurgere,  sorgere 
di  nuovo  (risorto).  -  Rizzarsi,  levarsi  in  piedi,  al- 
zarsi 0  da  sedere  o  da  giacere  (rizzato). 

Sdraiarsi,  porsi  a  giacere  (sd  malo).  -  Sedere,  ri- 
posarsi, posando  le  natiche  su  qualche  cosa  (sedu- 
to). -  Sorgere,  assorgere,  levarsi  su,  rilevarsi,  alzarsi, 
(sorto,  asstirto)  -  Stare,  fermarsi  ritto,  esser  ritto: 
opposto  di  sedere. 

Atteggiamenti,  positure 

Aggomitolato  sopra  se  stesso:  ripiegato.  -Acco- 
volato, seduto  in  terra  con  le  gambe  incrociate,  <y 
simile  a  gallina  che  covi,  ecc.  -Attratto,  contralto^ 
rattratto,  attrappato,  attrappito,  rattrappito,  che  o 
chi  ha  le  membra,  per  freddo  o  per  malattia,  in 
istato  di  non  poterle  muovere  o  allungare. 

Boccone  e  bocconi,  di  chi  sta  disteso  sul  ventre  e 
con  la  bocca  sul  piano  dove  giace;  contrario  di 
supino. 

Carpone  o  carponi,  camminando  o  stando  per 
terra  colle  mani  a  guisa  d'animale  quadrupede. 

Cariatide,  di  persona  grande,  grossa,  o  che  sta  U 


ATTEGGIAMENTO    —    ATTENZIONE 


205 


ritta,  impalata  senza  muoversi.  -  Cascàggine,  atteg- 
giamento di  chi  è  preso  da  leggiero  sonno. 

Chino,  piegato  in  basso.  -  Chiotto,  cheto  e  senza 
muoversi.  -  Chinato,  piegato,  incurvato  della  persona. 

Chiotto  chiotto,  di  persona  che  se  ne  sta  li  quieta 
per  suggezione,  paura,  o  che  fa  il  sornione  per 
qualche  idea  nascosta.  -  Coccolone,  coccoloni,  cocac- 
cioni,  di  chi  si  siede  sulle  calcagna,  senza  che  le 
ginocchia  poggino  a  terra. 

Davanti,  di  faccia,  in  faccia:  avanti,  innanzi. 

Dattorno,  d'attorno,  dintorno,  intorno.  -  Dietro, 
dalla  parte  delle  spalle  ;  dalla  parte  conlraria  a  quella 
che  vediamo. 

Dinoccolato,  di  persona  svogliata  che  si  rilassa, 
casca,  si  sdraia  per  tutto.  Anche,  di  chi  finga  di 
non  desiderare  una  cosa. 

Eretto,  diritto,  dritto,  ritto,  bene  in  piedi. 

Gomitolo,  detto  della  figura  di  un  uomo,  o  altro 
animale,  che  sia  tutto  rannicchiato  in  sé.  -  Gi'avitd, 
atteggiamento  grave,  dignitoso. 

Impalato,  di  chi  sta  ritto  come  un  palo.  -  Impet- 
tito, pettoruto,  àìniìo  con  \^  persona:  dicesi  comu- 
nemente di  chi  sta  con  la  testa  alta  e  indietro  e 
col  petto  fuori  per  lo  più  in  atto  di  alterigia. 

Incatorzolito,  m  positura  somigliante  a  quella  di 
un  torsolo  di  cavolo.  -  Inceppilo,  fatto,  divenuto  come 
ceppo,  irrigidito.  Capo,  braccio,  dito  inceppilo. 

Interito,  che  sta  ritto  e  teso,  quasi  intero  intero, 
duro  duro,  senza  piegarsi.  -  Intirizzalo,  intirizzito, 
che  sta  senza  piegarsi,  teso;  o  che  è  inabile  al  pie- 
garsi; duro,  rigido.  -  Intronizzato,  chi  va  altero  e 
gonfio,  pensando  di  essere  un  re  sul  trono  {intra- 
nizzatura,  lo  stare  intronizzato). 

Lungo  disteso,  con  le  membra  distese  in  tutta  la 
loro  lunghezza.  -  Mogio,  che  non  ha  nessuna  viva- 
cità, quasi  addormentato.  -  Penzoloni,  in  modo  che 
penzola:  braccia,  gambe,  testa.  -  Quatto,  quattone  e 
quattoni,  chinato  e  basso  per  celarsi  e  nascondersi 
all'altrui  vista.  -  Reddo,  intirizzito,  tutto  d'un  pezzo. 

Resupino,  supino.  -  Rittìno,  indica  la  grazia  con 
cui  vanno  o  stanno  ritti  sopra  di  sé  un  fanciuUino, 
un  animaletto  gentile,  come  uccelli,  canini.  -  Ritto, 
diritto  0  dritto,  levato  su,  in  piedi,  in  posizione 
verticale. 

Scorcio,  positura  o  attitudine  stravagante. -Sc/rarato, 
l'atto  dello  sdraiarsi.  -  Sdraio,  lo  sdraiarsi.  -  Sdraione, 
in  posizione  sdraiata. 

Supino,  rivetto,  che  sta  a  giacere  sulle  reni,  con 
la  pancia  all'insù.  -  Terricurvo,  curvato  verso  terra*. 

Modi  di  dire. 

A  bioscio,  a  biotto,  a  traverso.  -  A  braccia  aperte 
steso,  stecchito,  svenuto.  -  A  capo  reci,  all'ingiù.  - 
A  cavalcione,  a  cavaliere,  con  una  gamba  da  un 
lato  e  l'altra  dall'altro. 

A  pancia  all'aria  o  colla  pancia  all'aria,  supino, 
sdraiato.  -  A  ridosso,  di  cosa  che  sta  dietro  o  sopra 
un'altra. 

Bella  visuale  I,  di  positura  poco  decente. 

Cascar  addosso,  star  a  ridosso  a  uno.  -  Essere, 
parere  un  gomitolo,  di  persona  ricurva  su  sé  stessa, 
rannicchiata. 

Fare  il  papa,  stare  in  poltrona,  comodo,  svogliato. 

Fare  l'indiano,  dissimulare,  fingere  di  non  sen- 
tire 0  non  capire.  -  Fare  il  piccinaco,  il  leprone, 
andare  gattone  gattone  per  non  essere  appostato. 

Far  la  pentola  a  due  manichi:  stare  con  le  mani 
su'  fianchi,  o  tener  due  donne  a  braccetto.  -  Far  pero, 
star  ritto  su  un  piede  solo.  Così  a  chi  è  brillo:  fa 


pero,  se  ti  riesce  I  -  Fare  una  sdraiata,  sdraiarsi,  porsi 
a  giacere  per  ozio  e  riposo. 

Interito  com'un  torsolo,  chi  sta  ritto  e  teso  con 
la  persona.  -  Mettersi  coccoloni,  a  coccoloni.  -  Rizzarsi 
da  coccoloni.  -  Parere  d'aver  mangiato  una  minestra 
di  fusi:  andare  impettito,  impalalo.  -  Parere  «n  tac- 
chino quando  fa  la  rota,  pavoneggiarsi.  -  Per  archi- 
penzolo,  di  cosa  messa  in  posizione  esattamente 
verticale. 

Ribadirsi  sopra  una  sedia,  mettervi  si  a  sedere,  quasi 
ricalcandovisi  su  con  atti  e  aria  d'autorità  e  di 
chi  vuole  starvi  da  padrone.  -  Rompersi  le  costole  o 
l'ossa,  stare  sdraiato  o  seduto  in  un  posto  con  disagio. 

Sedere  dinoccolato,  in  modo  da  sembrare  che  uno  ab- 
bia rotte  le  congiunture,  le  nocca;  cioè  sdraialo  più 
o  meno,  ma  languido  e  a  tutt'agio,  non  reggendosi 
sopra  di  sé. 

Stare  a  còccolo,  sdraiato,  comodamente,  al  fuoco 
d'inverno,  al  fresco  d'estate.  -  Stare  alzato,  in  piedi. 

Stare  a  sdraio,  stare  poltrendo  nel  letto  o  coricarsi 
su  checchessia  per  troppa  stanchezza.  -  Sture  in 
panciolle,  sdraiati  a  pancia  all'aria,  comodamente. 

Star  li  penzoloni,  attaccato.  -  Stare  scomodo  su  un 
sedile,  seduto  a  disagio.  -  Stare  strofinoni,  strofinan- 
dosi per  terra.  -  Stare  sui  pruni,  disagiato.  -  Stendere 
la  cuoia,  sdraiarsi.  -  Tenere  i  piedi  a  pollaio,  sopra 
un  regolo,  comodi.  -  Tenersi  sulle  gambe,  stare  in 
piedi,  ritto.  -  Toccare  il  petto  col  mento,  di  chi  va 
curvo,  0  in  atto  di  riverenza,  di  vergogna  o  simile. 

Atteggiare,  atteg-g-iarsi  (atteggiato).  Dare  o 
prendere  un  atteggiamento, 

Atteixipare  {attemperato) .  Andare  innanzi  con 
Vetà,  diventar  vecchio. 

Attempato.  In  là  con  gli  anni,  ma  non  ancora 
vecchio,  -  Attempatello,  attempatetto,  diminutivo  di 
attempalo;  cosi  anche  attempatotto,  attempa  luccio. 

Attemperare  (attempato).  Lo  stesso  che  tem- 
perare, moderare. 

Attendare  (attendamento,  attendato,  attendarsi). 
Piantare  le  tende,  Y accampamento. 

Attendente.  Nella  milizia,  servo  di  ufficiale. 

Attèndere  (altendimento,  attendente,  atteso).  Dare 
opera  a  checchessia,  fare,  accudire  a  un  lavoro, 
•  Stare  in  attesa,  in  aspettativa,  aspettare.  -  Osser- 
vare attentamente,  obbedire. 

Attendibile.  Di  cosa  da  attendersi,  da  consi- 
derare. 

Attenenza,  o  attinenza  (attenente).  A.ppar- 
tenenza,  rapporto,  relazione  di  parentela  di 
amicizia  e  simili. 

Attenere,  attenersi  (attenente,  attenuto).  Spet- 
tare, appartenere,  •  Stare  aderenti,  attaccare, 
attaccarsi.  -Osservare  un  giuramento, un  patto, 
una  promessa. 

Attentamente.  Con  attenzione. 

Attentare  (attentato).  Avere  coraggio,  animo 
di  tentare  una  cosa.  -  Commettere  delitto  di  atten- 
tato. -  Tentare  di  ojfendei'e. 

Attentato.  Veggasi  a  delitto,  •  Attentato  al 
pudore,  violenza  carnale. 

Attento.  Che  fa  attenzione,  è  vigile,  vigilante. 
-Che  ha  premura,  diligenza. 

Attenuanti.  Veggasi  a  delitto. 

Attenuare  (attenuante,  attenuazione).  Rendere 
tenue,  sottile,  meno  grave  (di  colpa  e  simili).  - 
Diminuire,  scemare,  moderare. 

Attenuazione.  Modificazione  della  diefa.  -Di- 
minuzione di  peso. 

Attenzione  (attento).  L'atto  della  mente  e  del- 
l'occhio  che  si  ferma  sopra  persona  o  cosa,  allo 


206 


ATTENZIONE    —    ATTILLARE 


scopo  di  conoscere,  Ai  studio;  anche  per  custo- 
dire, per  vigilare,  e  simili;  affissamento,  affìssa- 
zione  ;  fissazione;  applica  tazza,  applicazione;  apponi- 
mento,  apposizione  di  mente.  Secondo  il  suo  obbiet- 
tivo e  la  sua  intensità,  dicesi  considerazione,  osser- 
vazione, meditazione,  contemplazione,  riflessione.  •  Con- 
trario, disattenzione,  inattenzione,  sbadataggine. 

Attirare,  attirarsi  l'attenzione,  acquistarla,  otte- 
nerla, divenirne  l'oggetto.  -  Curioso,  di  cosa  che 
fermi  l'attenzione.  -  Vistoso,  che  dà  nell'occhio  e  ri- 
chiama l'attenzione. 

Avvertenza,  avvedimento.  -  Fare  avvertenza,  stare 
attenti.  -  Diligenza,  squisita  e  assidua  cura. 

Gelosia,  sentimento  che  inspira  soverchia  at- 
tenzione a  cosa  che  si  teme  ci  si  porti  via. 

Negligenza,  trascuratezza,  difetto  di  attenzione 
al  lavoro,  allo  studio,  ecc.  -  Noncuranza,  disatten- 
zione abituale  e,  più,  di  proposito,  quasi  disprezzo. 

Oculatezza,  avvedutezza  di  persona  molto  attenta, 
oculata.  -  Ossercazione,  attenta  considerazione  di 
cose.  -  Retta,  ascolto,  attenzione.  -  Solerzia,  atten- 
zione, diligenza  nell'operare.  -  Studio,  attenzione 
ferma  della  mente  alla  cognizione  delle  cose. 

Attentamente,  con  attenzione:  attesamente,  inten- 
tamente ,  intentivamente ,  intesamente  :  applicata- 
mente, fissamente;  diligentemente,  raccoltamente; 
fisso  fìsso;  in  tendentemente,  vegghievolmente. 

Attento,  di  chi  presta  attenzione  :  atteso,  inteso  ; 
vegghievole,  vigilante;  intendente,  fisso;  arciattento. 
-  Intento,  con  l'animo  rivolto  a  una  cosa.  -  Occhio 
intenso;  sguardo  intensivo. 

Fare,  prestare,  richiamare  attenzione,  ecc. 

Addarsi,  fare  attenzione,  accorgersi.  •  Applicare 
la  mente,  applicarsi,  dedicare,  consacrare  l'atten- 
zione, l'animo  ad  una  cosa  ;  mettersi  a  qualche  cosa 
con  attenzione;  adoperarsi,  impegnarsi;  attendere, 
attaccarsi,  accudire,  esser  tutto  a.,.  -  Avere  avver- 
tenza, avere  una  cura  speciale.  -  Aver  mente  a  una 
cosa,  prendersene  cura,  farle  attenzione. 

Badare,  stare  attento,  guardare  con  speciale  at- 
tenzione: abbadare,  stare  alla  bada;  attendere,  aver 
avvertenza;  guardar  bene,  curare. 

Concentrarsi,  accogliersi,  raccogliersi,  fissarsi,  nel 
far  attenzione  a  qualche  cosa.  -  Curare,  aver  cura; 
porre  cura,  far  caso,  attenzione. 

Dar  mente  a  una  cosa,  crederci,  badarci,  farle  at- 
tenzione, occuparsi  di  essa.  -  Dar  retta,  prestare 
attenzione. 

Far  caso,  far  attenzione.  -  Fermare,  di  cosa  che 
fa  impressione  di  meraviglia.  -  Fermare  l'attenzione 
è  meno  :  ha  qualcosa  della  semplice  curiosità,  o  di 
a  cura,  di  pensiero. 

Interessare,  di  cosa  che  desti  in  noi  attenzione, 
sollecitudine,  cura.  -  Interessarsi,  fare  attenzione 
cosa  che  ci  sta  a  cuore,  ci  importa. 

Metter  le  inani  in  una  cosa,  intrigarsene;  e  a  una 
cosa,  principiare  a  occuparsene.  -  ^Mettere  ogni  stu- 
dio, tutta  l'attenzione  possibile.  -  Mettersi,  stare  sul- 
l'avviso, sull'intesa,  attenti  a  qualche  cosa  di  male 
che  può  succedere.  -  Por  mente,  fare  attenzione  di 
proposito.  -  Prestare  ascolto,  prestare  attenzione,  dar 
retta,  stare  attenti.  -  Stare  assentito,  attento,  in  orec- 
chi o  all'erta.  -  Stare  alle  vedette,  attenti,  vigilanti. 

Stare  attento:  essere,  stare  in  attenzione,  far  at- 
tenzione; aver  mente,  attendere,  intendere;  porre 
intelletto,  slare  inteso;  tener  fermi  gli  occhi,  gli 
orecchi,  la  niente;   tenere   l'occhio,  tener  gli  occhi 


aperti;  stare  all'erta.  -  Svegliare  l'attenzione,  tenerla 
desta,  richiamarla,  suscitarla. 

Al  contrario.  -  Distrarre,  sviare  l'attenzione  dal 
punto  a  cui  era  rivolta. 

Passar  di  vista,  non  cadere  sotto  la  nostra  at- 
tenzione. 

Sorvolare,  distogliere  l'attenzione  da  qualche  ar- 
gomento sul  quale  si  discuta:  non  farne  caso,  pas- 
sar sopra.  -  Inascoltato,  di  chi  parli  senza  trovare 
chi  gli  presti  attenzione. 

Modi  di  dire  e  iuchiami  all'attenzione. 

Avere  la  testa  nei  calcagni,  non  aver  criterio,  non 
stare  attento.  -  Aver  la  testa  a  segno,  al  proprio  la- 
voro, esserci  attento.  -  Dove  l'hai  gli  occhi,  in  tasca  ?, 
a  chi  non  sta  attento. 

Lasciar  cantare  uno,  lasciarlo  dire,  senza  dargli 
retta.  -  Non  batter  occhio,  palpebra,  stare  attentis- 
simo. -  Non  perder  battuta,  stare  attentissimo  a  cosa 
che  si  racconti. 

Pendere  dalla  bocca  d'uno,  ascoltare  attentamente. 
-  Svegliare  il  can  che  dorme,  richiamare  l'attenzione 
di  qualcuno. 

Tenere,  avere  il  capo  a  bottega,  star  li  col  cer- 
vello, attenti.  -  Tendere  gli  occhi,  gli  orecchi,  l'arco 
dell'intelletto,  stare  bene  attenti. 

Richiami  all'attenzione.  All'erta!  Attenti!  Atten- 
zione! Occhio!  Guarda,  guarda!  Guardatevi!  Carnea, 
cansal  In  guardia!  Badate!  Badi!  Si  badi!  Occhio 
alla  padellai  Occhio  alla  penna !- Attenti,  spalancale 
gli  orecchi!...  (scherz).  -  Sappi,  sappiate...  modo  in- 
troduttivo, 0  soggiuntivo,  0  anche  pleonastico,  per 
richiamare  l'attenzione  di  chi  ascolta.  Dicesi  anche: 
Hai  da  sapere,  dèi,  devi  sapere;  bisogna  sapere;  devo 
dire;  ti  dirò...,  ecc. 

Attergare,  attergarsi  {attergato,  aitergazione). 
Mettere  o  mettersi  dietro.  -  Veggasi  anche  a  scri- 
vere. 

Attergato.  Termine  di  banca. 

Attero  (aptero).  L'insetto  senza  ali. 

Atterrare  (atterramento ,  atterrato).  Ruttare  a 
terra,  gettare  giù,  abbattere;  far  cadere.  -  Fig., 
fiaccare,  prostrare,  vincere. 

Atterrire  {atterrimento,  atterrito).  Incutere  spa- 
vento. 

Atterzato.  Qualità  di  vino  bianco  dell'Umbria. 

Attesa.  L'attendere,  l'aspettare. 

Attestare  {attestato,  attestazione).  Affermare, 
asserire,  propriamente  come  testimonio.  -  Accoz- 
zare, unire  testa  a  testa. 

Attestato.  Scritto,  documento,  certificato,  di- 
chiarazione. 

Attestazione.  Testimonianza,  dichiarazione  di 
testimonio  o  di  chi  può  asserire. 

Atticciato.  Fatticcio,  grosso  di  membra,  di 
corporatura.  -  Di  carne  resistente  al  tatto.  - 
AtticciateUo,  atticciatótto. 

Atticismo  fdtticoj.  Fine  senso  di  bellezza,  di 
eleganza  in  ogni  opera  d'arte  e  di  letteratura, 
alla  maniera  degli  antichi  Attici  (Greci). 

Attico.  Termine  di  architettura  (veggasi  a 
pag.  136,  seconda  colonna:  Termini  vari).  -  Dicesi 
anche  per  elegante.  -  Falso  attico,  in  architettura, 
gola  rovescia,  fascia,  zòccolo. 

Atticurga.  Detto  a  finestra  e  a  jtorta. 

Attiepidire,  attiepidirsi  {attiepidito).  Ren- 
dere, divenir  tiepido. 

Attiguità,  attiguo.  Detto  a  vicino. 

Attillare,  attillarsi  {attillatezza,  attillato,  al- 


ATTIMO    —    ATTRAZIONE 


207 


tilìatura).  Modo  di  vestire,  di  vestirsi.  -  Attillalo, 
di  chi  è  vestilo  con  abiti  ben  adalli  alla  persona; 
e  del  vestiario  che  è  giusto  alla  persona. 

Attimo.  Breve  inonienfo,  parte  minima  di 
tempo. 

Attinenza  {atlinente).  Lo  stesso  che  attenenza. 

Attingere  {atlingimenlo ,  atlinto).  Prendere 
Vacqua  da  una  fonte,  da  una  sorgente^  da  un 
pozzo;  cavare  il  vino  dalla  botte. 

Attinico.  Veggasi  a  radioattivo. 

Attinojrrafo,  attinoiiictro.  Veggasi  a  sole 
(istrunienti  per  l'osservazione). 

Attinomotria.  Detto  a  temperatura. 

Attirare,  attirarsi  {altiralo).  Attrarre,  tirare 
a  sé:  specialmente,  persona,  per  eJTelto  d'intluenza 
morale  o  di  q^ualche  attrattiva  :  procurarsi,  cat- 
tivarsi. •  Chiamare,  far  accorrere;  adescare.  -  At- 
tirare Yattenzione,  lo  sguardo,  diventarne  l'og- 
getto, farsi  guardare.  -  Potere  di  attirare  ha  la  ca- 
lamita. 

Attirarsi,  procurarsi  disgrazia,  inimicizia,  ma- 
lanno e  simili;  in  significalo  buono,  cattivarsi, 
acquistare,  meritare,  guadagnare,  ottenere. 

Attitare  {aiutato).  Trattare  una  causa. 

Attitùdine.  Disposizione  iV animo,  d'inge- 
gno, atta  a  rendere  abile  in  una  cosa:  inclina- 
zione, predisposizione,  dono  di  natura,  idoneità, 
propensione,  tendenza,  vocazione;  altezza,  capacità, 
facoltà,  bernòccolo,  genio;  validità. 

Atto  (aggettivo),  che  ha  l'altitudine:  capace,  adatto 
ad  una  operazione,  abile,  idoneo  ;  efficace,  valente; 
buono,  ben  disposto,  confacente.  -  Portato,  inclinalo, 
atto.  -  Esser  tagliato  ad  una  cosa,  esserci  atto,  aver 
natura  di  ciò. 

Alieno,  che  non  ha  inclinazione  ad  una  cosa.  - 
Non  essere  per  la  quale,  non  essere  atto  a  quella 
tal  cosa  di  cui  si  parla. 

Attivamente.  Con  operosità. 

Attivare  (attivato).  Mettere  in  azione:  nel- 
l'uso, rendere  attivo,  far  si  che  una  cosa,  un'istitu- 
zione, ecc.  abbia  l'esito  per  cui  fu  fatta  o  creata. 

Attività.  Detto  a  bilancio,  a  impiego  e  ad 
opei'osità. 

Attivo.  Che  ha  potenza  neWoperare.  -  Aggiunto 
di  verbo,  •  Il  contrario  di  passivo  in  un  bilan- 
cio. -  Somma,  valore  che  si  ha  in  possesso  o  in 
credito. 

Attizzare  (attizzato).  Stuzzicare  il  fuoco,  per 
renderlo  più  vivo.  -  Ravvivare,  suscitare  vivamente 
una  passione,  un  sentimento.  -  Rinfocolare,  isti- 
gare, stimolare,  eccitare. 

Attizzatoio.  Strumento  per  attizzare  il  fuoco. 

Attizzino.  Chi  attizza  le  passioni  di  altri  per 
larli  littgare. 

Atto.  Veggasi  ad  attitudine. 

Atto.  Sostantivamente,  operazione,  azione,  -  In 
filosofia,  punto  nel  quale  la  potenza  si  esplica  ed 
opera.  -  Piglio,  atteggiamento,  -  Ciascuna  delle 
parti  in  cui  è  divisa  una  composizione  dramma- 
tica. -  Scritto,  documfinto.  -  Comparsa,  o  altro 
scritto,  che  i  litiganti  presentano,  in  una  causa, 
al  tribunale  e  ivi  si  registra. 

Autenticare,  dare  autenticità,  rendere  autentico  un 
atto,  cioè  renderlo  legalmente  valido.  -  Autenticazione, 
atto  ed  effetto  dell'autenticare.  -  Atti  dei  martiri, 
raccolta  di  relazioni  scritte  nei  primi  secoli  del  cri- 
9tianesim,o. 

Alti  degli  apostoli,  veggasi  ad  apostolo.  -  Atti  di 
fede,  di  speranza,  di  carità,  di  contrizione,   movi- 


menti déìVanimo,  in  materia  di  religione;  anche 
formule  consacrate  dalla   Chiesa. 

Allo  d'accusa,  veggasi  a  jìrocesso.  -  Atto  di  no- 
torietà, atto  che,  sull'attestazione  di  un  eerto  nu- 
mero di  testimoni,  é  rilascialo  dai  pretori,  dai  no- 
tai 0  da  altri  pubblici  funzionari  a  ciò  delegali.  - 
Atto  di  protesta,  veggasi  a  cambiale.  -  Atto  di  ul- 
tima volontà,  il  testaìnento.  -  Allo  d'usciere,  detto 
ad  uscere.  -  Atto  pubblico,  il  contratto  che  si  la 
con  tutte  le  formalità  volule  dalla  legge. 

Attuario,  chi  registra  atti  pubblici. 

Attonare  (attonato).  Dare  forza,  tòno. 

Attònito  (attonimento).  Colpito  da  forte  me- 
raviglia. 

Attòrcere  (attorcimento,  attorto).  Modo  di  av- 
vòlgere e  di  torcere. 

Attorcigliare  (attorcigliato).  Modo  di  avvòl- 
gere e  di  torcere. 

Attore.  Artista  da  teatro:  attore  scenico,  at- 
tore comico,  drammatico.  Azione,  il  modo  col 
quale  recita.  -  Chi  muove  ad  altri  una  causa 
legale. 

Attorniare  (atlorniamento,  attorniato,  attorno). 
Detto  a  circondare. 

Atterrare  (attorrato).  Disporre  a  guisa  di  torre. 

Attortigliare  [attortigliamento ,  attoitigliulo). 
Modo  di  avvòlgere  e  di  tòrcere. 

Attoscare  (attoscalo).  Ammorbare:  di  forte  e  cat- 
tivo odore. 

Attossicare  (attossicamento,  attossicato  ;  alto' 
scare).  Dare  il  tòssico,  il  veleno. 

Attraente.  Che  attrae,  dà  piacere,  esercita 
fàscino,  attrattiva. 

A.ttrsip'pBire  (atlrappaniento,  'attrapperia,  atlrap- 
poto).  Maniera  di  irrendere,  di  far  jjrojjrio.  - 
Sorprendere  con  inganno,  usurpare,  rubare. 

Attrappire  (attrappito).  'Son  poter  distendere 
le  tnenibra  per  ritiiamento  dei  nmscoli.  -  Divenir 
inabile  a  muoversi  per  freddo,  ecc. 

Attrarre  (attraente,  attrattivo,  attratto).  Trarre 
a  sé,  attirare;  esercitare  attrattiva,  attrazione. 

Attrattiva  (attrattività,  attrattivo).  Virtù  di  at- 
trarre :  allettativa,  fàscino,  seduzione,  richiamo. 
-  Dicesi  di  cosa  o  persona  che  piaccia  assai. 

Attrattività,  l'essere  attrattivo.  -  Attrattivo,  che  ha 
forza  di  attrarre,  di  piacere;  allettante,  allettevole, 
allettativo;  amabile,  avvenevole;  desiderabile;  fa- 
scinaate,  alTascinante,  fascinatore  ;  incantevole  ;  pia- 
cevole, oltrepiacente;  simpatico,  vegnontoccio. 

Essere  la  calamita  d'alcuno,  avere  tal  qualità,  per 
cui  altri  si  senta  attratto  a  seguirti  dovunque. 

Attraversare  (attraversamento ,  attraversato). 
Andare,  passare,  percorrere  attraverso:  gua- 
dare, valicare,  tragittare,  detto  di  fiume,  o  d'altro 
corso  d'acqua  :  traversare,  traghettare.  -  Percorrere, 
trascorrere  un  paese,  viaggiare  in  esso.  -  Anche, 
fendere,  rompere,  solcare  (l'aria),  ecc.  -  Significa  pure, 
figur.,  porre  ostacolo.  —  Riattraversare,  ripete  at- 
traversare. 

Attraverso.  In  senso  trasversale,  in  modo  da 
attraversare:  a  traverso,  di  travèrso,  per  traverso; 
trasverso,  traversalmente,  trasversalmente  ;  di  tràlice, 
in  tralice,  di  sghimbescio.  -  Da  parte  a  parte,  dal- 
l'una all'altra  parte,  di  parte  in  parte,  da  banda  a 
banda,  dall'un  canto  all'altro  ;  da  petto  a  reni,  dal 
dinanzi  al  didietro  ;  d'oltre  in  oltre,  fuor  lucra. 

Incì'oc lamento,  incrociatura,  due  linee,  sbarre  o  si- 
mili, che  si  attraversano  formando  angoli  retti. 

Attrazione.  L'azione  dell'attrarre.  •  La  forza  o 
la   virtù   dell'  attrarre  '.  attraimento.  -  In    linguaggio 


203 


ATTRAZZARE 


.  scieìì:ificG,  l'attrarre  che  succede  -nelle  cose  di  na- 
tura che  si.  sentono  spinte  una  verso  l'altra:  tei:- 
niine  di  fisica.  -  In  chimica,  affinità.  -  Attrazimo- 
vietro,  specie  di  bilancia,  che  si  usa  per  nlisarare 
la  forza  attrattiva  di  una  elettrocalamita. 

Attrazzaire  {attrazzato).  Provvedere  di  a.ttrezzi 
mna.  nave. 

Attrezzista.  Addobbatore,  chi  .lavora  ad. adt- 
dobbare.  -  Trovarobe,  tappezziere  da  teatro. 

Attrazzo,  attrezzo.  Arnese,  utensile  che 
-serve  per  vari  usi. 

Attribuire,  attribuirsi  {attribuito,  attribu- 
zione). Riconoseere  còme  proprio  d'altri  checches- 
sia. -  Riconoscere  da  una  cosa  o  da  una  persona  la 
ragione  o  la  causa  di  alcunché  :  ascrivere,  assegnare, 
rapportare,  riportare,  /eputare;  mettere  sul  conto, 
v€(rsafe  addosso,  addossare  ;  caricare  ;  apporre,  af- 
fibbiare, appiccare,  appioppare,  attaccare,  ihiputare 
(di   colpa,  ecc.) 

Attribuirsi:  arrogarsi,  appropiarsi,  assegnarsi, 'ap-* 
porsi,  ecc. 

Attribuzione,  l'attribuire,  l'assegnare:  attribuimento, 
assegnamento,  assegnazione:  imputazione,  riferimento. 

Attributo.  Titolo,  qualità  necessaria,  o  ac- 
cidentale, .  di  persona  o  di  cosa.  -  Termine  di 
grammatica. 

Attribuzione.  Detto  ad  attribuire. 

Attribuzioni.  Gli  obblighi  e  i  diritti  pertinenti 
a  chi  copre  un  ufficio,  un  impiego,  un  grado 
e  simili. 

Attrice.  Femminile  di  attore. 

Attristare,  attristire  {attristato,  attristito). 
Rendere  triste;  cagionar  dolore. 

Attrito.  Confricazione,  sfregamento  fra  due  cor- 
pi. -  In  senso  morale,  l' incontrarsi,  urtandosi  ed  t>f' 
fendendosi,  di  volontà,  di  forze,  di  sentimenti,  ipcc. 

Attrito  di  primo  distacco,  il  valore  dell'attrito  nel 
primo  istante  in  cui  i  corpi  a  contatto  si  distaccano  : 
è  immediato  o  medialo,  secondo  che  tra  ì  corpi  non 
esiste  0  esiste  un  corpo  lubrificante. 

Attrito  radente,  resistenza  che  si  prova  facendo 
strisciare  un  corpo  pesante  sopra  un  tavolo. -^-yli- 
trito  volvente,  resistenza  che  s'incontra  facendo  roto- 
'lare  un  cilindro  sopra  una  superficie  piana,  come 
é  il  caso  delle  ruote  sulle  rotaie. 

Th6om#fr-o,  apparecchio  destinato  a  misurare  l'at- 
trito 0  la  forza. di  fregamento  dei  corpi. 

Attrizióne,  Stritolamento  di  tessuti  e,  più  spe- 
cialmente, il  maggior  grado  di  contusione.  -Ter- 
mine di  teologia, 

«  Attuale.  Che  è  pi'esente  o  reale.  •  Termine 
di  geologia  e  di  teologia. 

Attualità  (frances.).  L'  essere  attuale,  cosa 
del  momento:  detto  specialmente  di  notizie  recenti 
e  importanti  in  un  giornale  f  di  cosa  o  fatto  che 
desti  rumore  in  pubblico  ;  d'articolo  di  commercio 
in  voga.  Cose  palpitanti  d'attualità  :  scherz.,  spreg. 
o  iron.  -  In  qnesto  momento,  mentre  si  racconta,  si 
parla.  -  Momkntoso,  del  momento,  d'  attualità. 

Attualmente.  Presentemente,  al  presente. 

Attuare  {attuabile,  attuato,  attuazione).  Eseguire, 
\effettuare,  fare. 

Attuàrio*  Veggas)  ad  atto. 

Attuazióne*  L'attuare,  il  fare. 

Attuffare,-  attuffàrsi  {attuff amento,  attuffato). 
^Immergere,  immergersi  in  acqtm  o  in  altro  li- 
quido. 

Attnoso.  Pieno  à!\  attività,  nelle  cose  morali. 

Attutare,  attutire  {attutirsi,  attutito).  Acquie- 
tare, calm,are.  -  Attutarsi,  attutirsi,  calmarsi. 


Auchènla.  Detto  a  lama. 

Aucùpio.  Uccellazione,  caccia. 

Audace,  audàcia.  Chi  ha  troppo  ardire:  so* 
verchio  coraggio. 

Audlfono.  Detto  a  sordotnutoi 

Audiòmetro.  Veggasi  di  udito. 

Auditore.  Detto  a  giudice. 

A  ufo.  Senza  pagare,  detto  per  Tò  più  del 
mangiare  o  del  vivere  z.  spesa  d'altri:  gratuita- 
mente. 

Auge.  Apice,  cima;  colmo  dplla  fortunar 
della  gloria. 

Augèllo.  Detto  a  uccello. 

Auggiare  (auggiato).  Aduggiare,  dare  ombra.  - 
Inquietare,  irritare. 

Augnare  {augnato,  augnatura).  Modo  di  ta- 
gliare. -  Afferrare  con  V unghia. 

Augurale.  Proprio  di  augurio. 

Augurare  {augurale,  augurato).  Prendere  au- 
gurio; fare  augurio. 

Augure  {augurato).  Detto  ad  augùino. 

Augurio  {auguroso).  Presagio  che  gli  antichi 
rilevavano  dal  canto,  dal  beccar  degli  uccelli  o  al- 
tro. Annunzio,  auspicio,  desiderio,  voto  che  una 
cosa  accada.  -  Augurale,  nell'uso,  efhe  contiene  o  reca 
augurio.  -  Augurato,  quel  che  si  augura.  -  Auguroso, 
che  dà  augurio.  -  Auspicale,  di  buon  augurio.  -  Aur 
spicato,  augurato.  -  Benaugurato,  agg.,  di  buono  au- 
gurio. 

Oròscopo,  notizia  del  destino  di  persona,  che  si 
pretende  avere  consultando  gli  astri  o  altra  cosa: 
divinazione,  pronostico;  predicamento,  sorte. 

Propemptico  (gr.},  poesia  esprimente  l'augurio  di 
buon  viaggio. 

Augurare,  fare  augurio,  far  voto;  auspicare;  lici- 
tare (augurar  bene).  -  Imprecare  malattie,  danni,  eco  , 
augurarli.  -  Riaugurare,  ripete  augurare,  augurare  in 
ricambio. 

Arùspice,  chi,  presso  gli  antichi  Romani,  aveva 
per  ufficio  di  indovinare  il  futuro  esaminando  le 
interiora  degli  animali  {aruspicina,  l'arte  dell'arù-» 
$pice).  -  Augure,  colui  che,  presso  gli  antichi,  osser- 
vando il  Volo  degli  uccelli  (oascoltandone.il  canto), 
il  beccare  dei  polli,  ecc.,  pronosticava  .il  futuro: 
auguratore,  auspice,  indovino.  -  Augurale,  di  àugure.  - 
Auguriare,  augurare,  far  da  àugure.  -  Lituo,  la  verga 
da  augure.  -  Oscines,  cosi  si  chiamavano  gli  uccelli, 
dal  volo  dei  quali  gli  auguri  traevano  gli  auspici. 

Felicitazione,  augurio  di  bene. 

Malaugurio,  cattivo  augurio,  augurio  di  male; 
mal'aria,  mal  §fegnale;  iettatura;  augurio  sinistro, 
sinistra  nuova  (che  annunzia  disgrazia).  -  Cornacchia, 
gufo,  nòttola,  pipistrfillo,  simboli  di  malaugurio. 

Inauspicato,  che  comincia  con  cattivi  auspici. 

Infausto,  di  oosa  che  si  crede  porti  cattivo,  augu- 
rio. -  Malaugurato,  malauguroso,  di  cosa  (avvenimento,  : 
animale  o  segno  qualsiasi)  a  cui  si  attribuisce,  per 
pregiudizio,  la  potenza- di  portare  malaugurio:  ma-  ; 
lagurioso,  malauguroso,  malaurioso,  malaurosp,  ma- 
lurioso,  malejfico,  maligno;  funesto,  inauspicato,  in- 
fortunato, maledetto;  saturnino,  sciaurato,  scelle- 
rato. -  iSe fasto,  malauguroso.  -  Uccello  del  mal  augurio, 
di  chi  prevede  sempre  o  porta  sempre  disgrazie. 

Auguri  diversi  -  Modi  di  dire. 

Ad  mullos  annos.  per  molti  anni>  formola  augu- 
rale per  anniversari,  celebrazioni.  -  Bene  o^  male 
augurato,  bene  o  male  incominciato  o  finito.  -  Buona 
permanenza,  augurio  di  chi  parte,  in  risposta  a  chi  i 


AUGUSTO   —    AUTOMATISMO 


209 


rimane  e  gli  augura  buon  viaggio.  -  B?<on  viaggio! 
Felice  viaggio!  Dare,  augurare  il  buon  viajr^'io. 

Buona  l'orhina!,  augurando  bene  a  qualcuno  una 
sua  impresa.  -  Buona  notte!,  augurio  di  buon  riposo 
nella  notte.  -  Buon  principio,  buona  [me,  auguri  che 
si  ripetono  al  principio  e  alla  (ine  d'ogni  anno. 

Che  il  del  glie  lo  mantenga:  augurio,  a  volte 
ironico,  parlando  di  cose  di  cui  uno  è  ben  fornito. 

Dare  il  buon  giorno,  il  buon  anno,  i  mirnllKgro, 
il  ben  venuto,  il  ben  tornato,  auguri  e  lelicitazioni 
di  circostanza.  -  Dare  la  buona  pasqua,  gli  auguri 
in  quell'occasione. 

Dio  ce  la  mandi  buona!...  Dìo  ve  la  mandi  buo- 
na!..., augurio  di  chi  o  a  chi  si  trova  in  guai. 

Dio  disperda  l'augurio,  a  chi  prevede  cose  dolo- 
rose, nefaste.  -  Dio  ti  salvi.  Dio  ci  salvi,  augurio, 
invocazione  di  salvezza.  -  Dio  vi  tenga  lontano  da 
disgrazie:  a  modo  d'augurio. 

Farfalla  bianca,  ventura  non  manca,  di  buon  au- 
gurio. -  l'elice  viaggio,  a  chi  parte.  -  Magari  o  7na^ 
gara,  esclamazione  che  esprime  alfermazione  di  pro- 
babilità, 0  augurio,  o  desiderio.  -  Prosit,  augurando 
il  buon  prò  a  chi  ha  mangiato  e  bevuto,  o  al  prete 
dopo  la  messa. 

Salute  e  un  fìgliuol  maschio!,  augurando  buona 
salute  a  chi  starnuta  -  Sia,  siate  felice,  augurando 
bene.  -  Si  conservi,  stia  bene,  stia  sano,  stia  allegro, 
formule  più  di  saluto  che  di  augurio. 

Augusto  (augusteo).  Detto  a  grande,  a  iin- 
peratore,  a  re. 

Aula.  Sala  di  palazzo.  •  Sala  in  cui  si  adu- 
nano magistrati,  membri  di  accademie,  di  parla- 
menti, ecc. 

Aulico.  Di  corte,  addetto  alla  corte. 

Aumentare  {aumentativo,  aumentato).  Dare, 
avere  aumento. 

AunientatlTO.  Detto  ad  aumento. 

Aumento.  Accrescimento,  aggiungimento,  il  di- 
ventare di  più  d'una  cosa:  accrescenza,  crescenza, 
crescimento,  raccrescimento;  augumento,  augumen- 
tazione;  ingrandimento,  ingrossamento;  aggiunta; 
dilatazione;  accrezione,  incremento;  ampliamento, 
ampliazione;  estensione,  alzamento,  rigonlìamento, 
stenduiiento;  vantaggio. 

Aumento  di  estensione,  detto  a  estensione.  -  Avr 
mento  di  numero,  detto  a  moltiplicazione  e  a 
soiUìna.-  Anniento  in  /arpo,  veggasi  a  larghezza. 
Aumento  in  lungo,  veggasi  a  lunghezza.  -  Dilata' 
zione,  il  dilatarsi,  il  rendersi  maggiore  in  estensione, 
occupando  maggiore  spazio.  -  Incremento,  aumento 
prospero. 

Aumentabile,  che  può  aumentarsi,  accrescibile.  - 
Aumentativo,  atto  ad  aumentare,  accrescitivo,  augu- 
mentativo.  -  Aumentato,  accresciuto,  fatto  maggiore. 

Aumentare,  accrescere  di  misura,  di  quantità,  di 
inti'nsità,  di  importanza  e  simili:  auguraentare,  au- 
gumentarsi;  ampliare,  ampliarsi;  amplificare,  ampli- 
ficarsi; aggrandire,  aggrandirsi;  divenir  maggiore, 
ingrandire;  ingrossare,  rin";rossare;  moltiplicare, 
moltiplicarsi;  addoppiare,  doppiare,  raddoppiare, 
rinnalzare;  ammoggiare,  ammoggiarsi,  crescere 
a  moggia;  duplicare,  triplicare,  quadruplicare,  ecc.; 
raccrescere,  riaccrescere,  ricrescere. 

Avanzare,  essere  d'avanzo  :  d'una  cosa  allor- 
quando l'aumento  supera  il  bisogno.-  Avvantaggiare, 
aumentare,  accrescere:  detto  di  interessi.-  Caricare, 
aumentare  di  soverchio.  -  Crescere,  rincarare  la  dose, 
detto  specialmente  di  cose  spiacenti.  -  Di/atare,  di- 
latarsi, accrescere,   accrescersi,  specialmente  di  vo- 

Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


lume.  -  Fare  il  cappello,  fare  il  colmo.  -  Moltiplicare, 
aumentare  di  mollo  una  quantità. 

Auniiliare  {aumiliato).  Detto  a  umiliare» 

Auna.  Una  misura  lineare. 

Auncinaro  {auncÌ7iato).  Modo  di  torcere. 

Aura.  Leggiero  e  piacevole  vento.  -  Figur..  gra- 
zia, /"arore.  -  Fenomeno  dell'epilessia.  -Prin- 
cipio spirituale  della  vita. 

Aurato.  Tinto,  coperto  d'oro. 

Aureo.  D'oro. 

Aurèola.  Veggasi  a  santo. 

Auretta.  Leggerissimo  vento. 

Auricola.  Padiglione  dell'  orecchio.  -  L' orec- 
chietta del  cuore. 

Auricolare.  Dell'orecc/tio.  —  Genere  di  con- 
fessione. 

Aurifero.  Che  produce  o  contiene  oro. 

Aurìg'a.  Il  cocchiere. 

Aurito.  Detto  ad  orecchio. 

Auro.  Poeticam.,  l'oro. 

Aurora.  Splendore  vermiglio,  indi  rancio,  che 
apparisce  in  oriente  prima  che  spunti  il  sole,  dopo 
l'alba. -l\  tempo  che  dura  l'aurora.  —  Nella  mito- 
logia, figlia  del  Sole  e  della  Luna:  presiede  al  na- 
scere del  giorno.  -  Antelucano,  dicesi  dello  splen- 
dore che  precede  1'  aurora. 

Aurora  boreale,  meteora  in  forma  di  nuvoletta, 
0  vapore  luminoso,  che  apparisce  vicino  al  polo 
artico  ed  è  assai  frequente  nei  climi  settentrionali. 
-  Zona  luminosa,  fenomeno  che  accompagna  l'au- 
rora boreale  in  forma  luminosa,  su  uno  spazio  più  o 
meno  esteso. 

Ausiliare»  ausiliario  {ausiliante).  Che  viene 
in  aiuto,  -  Di  verbo,  che  forma  i  tempi  composti 
degli  altri. 

Ausònia.  Uno  dei  nomi  AelVItalia. 

Auspicale  (auspicato).  Veggasi  ad  augurio. 

Auspice,  auspicio  {auspizioj.  Detto  ad  au- 
gurio e  a  presentitnento. 

Austerità,  austero.  Detto  a  severità. 

Australe  {austrino).  Meridionale,  del  sud. 

Austro.  Detto  a  vento. 

Aut-aut.  Detto  a  dileìnnia. 

Autentica.  Veggasi  a  santo. 

Autenticare,  autenticazione  (autentico). 
Veggasi  ad  atto  e  a  docuìnento. 

Autenticità,  autentico.  Detto  ad  atto  e  a 
documento. 

Auto.  Detto  ad  azione. 

Autobiografia  (awtoòiopra^o).  Veggasi  a  bio- 
grafia. 

Autocarpo.  Veggasi  a  frutto. 

Autoclave.  Sorta  di  caldaia. 

Autocoscienza.  Detto  a  coscienza. 

Autòcrate  {autocratico).  Veggasi  a  despota  e 
a  governo. 

Autocrazia.   Potere,  governo  assoluto. 

Autòctono.  Veggasi  ad  abitare. 

Auto-da-fè.  Detto  a  supplizio. 

Autodidatta.  Detto  a  imparare. 

Autodifesa.  La  difesa  di  sé  stesso. 

Autog-enia.  Termine  di  fisiologia. 

Autografia.  Veggasi  a  dioegno. 

Autografo.  Detto  a  manoscritto. 

Autoinduzione.  Veggasi  a  corrente  elet- 
trica. 

Autòma  {automatico  ).  Dicesi  di  tnacchiìia 
semovente. 

Automatico.  Detto  a  movimento. 

Automatismo.  Veggasi  ad  epilessia. 


14 


210 


AUTOMEDONTE    —    AUTOMOBILE 


Automedonte.  Il  cocchiere» 

Antomo'bile  (mitomobilisticoj.  In  origine,  ag- 
gettivo, indi  sostantivo,  per  indicare  quella  vettura 
da  diporto,  signorile,  docile  e  rapidissima,  la  quale 
si  muove  da  sé  con  meccanismi  ingegnosi.  -  Si  è 
disputato  per  decidere  di  che  genere  debba  essere 
il  sostantivo  automobile  (il  genere  maschile  tende  a 
prevalere):  motociclo.  -  Automobilistiro,  di  automo- 
bile, proprio  dell'automobile:  congegno,  forma,  si- 
stema, corsa,  gara,    ecc. 

Automobilismo,  la  scienza  o  l'arte  di  condurre 
automobili.  -  Automobilista,  chi  lo  conduce  o  si 
dedica  a  questo  nuovo  genere  di  sport. 

Automobili  elettrici.  —  Vetture  animate  da 
motori  elettrici,  i  quali  possono  prendere  -  la  cor- 
rente da  una  linea  aerea,  o  venire  alimentati  da 
una  batteria  di  accumulatori  elettrici.  -  Vetture, 
veicoli  da  650  a  1000  chilogrammi  (peso).  Vetture 
leggere,  veicoli  da  400  a  650  chilogrammi.  -  Vettu- 
rette, veicoli  da  250  a  400  chilogrammi  -  Moto- 
cicletta, veicolo  al  di  sotto  di  50  chilogrammi.  -  hi' 
dustriali,  veicoli  usati  nell'industria. 

Alcune  parti  dell'automobile  e  accessorì 

Chassis,  telaio  costituito  da  tubi  di  acciaio,  o 
legno  armato  di  acciaio  e  ferro,  o  con  lamiera  di 
acciaio,  al  quale  è  fermato  il  motore  e  sul  quale  si 
colloca  la  carrozza.  -  Sospensione  :  è  costituita  da 
quattro  molle  a  balestra  molto  lunghe  ed  elastiche, 
fissate  rigidamente  sugli  assali.  -  "Motori  a  quattro 
tempi,  quelli  che  danno  una  corsa  motrice  ogni 
due  giri.  -  Motori  a  due  tempi,  motori  che  danno 
una  corsa  motrice  per  ogni  giro.  -  Cilindro,  camera 
nella  quale  avviene  l'esplosione  del  combustibile: 
camera  di  combustione.  -  Corona  di  luci,  sistema  di 
fori  praticati  nel  cilindro,  dai  quali  sfuggono  i  pro- 
dotti della  combustione,  quando  sono  lasciati  sco- 
perti dallo  stantuffo.  Un  sistema  di  luci  può  anche 
servire  per  l'ammissione. 

Stantuffo,  cilindro  cavo  a  un  solo  fondo,  munito 
nella  parte  cilindrica  di  scanalature,  nelle  quali 
vengono  messi  anelli  di  acciaio  portanti  un  taglio 
il  che  li  rende  più  elastici.  Serve  per  comuni- 
care al  veicolo  l'energia  dell'esplosione  avvenuta 
nel  cilindro.  -  Biella,  asta  cilindrica  articolata  sullo 
stantuffo.  -  Corsa  motrice,  corsa  dello  stantuflo  im- 
pressa dall'urto  di  esplosione  che  dà  la  spinta  al 
veicolo  -  Albero  motore,  asta  cilindrica  di  acciaio 
alla  quale  la  biella  o  le  bielle  imprimono  un  moto 
circolare. 

Silenziatore,  apparecchio  che  serve  ad  attenuare 
il  rumore  dello  scappamento  dei  prodotti  della 
esplosione.  -  Serbatoio  a  livello  costante,  recipiente 
dal  quale  effluisce  sempre  la  stessa  quantità  di 
benzina.  -  filtro  di  depurazione,  finissima  rete  me- 
tallica, passando  attraverso  la  quale  il  combustibile 
lascia  ogni  impurità  prima  di  entrare  nel  serbatoio 
a  livello  costante.  -  Carter,  serbatoio  dei  motori  a 
due  tempi,  nel  quale  passa  la  miscela  gassosa  del 
carburatore  prima  di  essere  ammessa  nel  cilindro 
Dicesi  anche  di  una  custodia  metallica  o  recipiente. 
Galleggiante,  corpo  metallico,fvuoto,  che  galleggia 
nel  serbatoio  e  serve  ad  otturare  il  foro  di  entrala 
del  serbatoio,  quando  il  liquido  ha  raggiunto  un 
certo  livello.  -  Otturatore,  parte  del  serbatoio  a  li- 
vello costante  che  serve  ad  aprire  e  chiudere  il 
foro  d'entrata  del  combustibile.  -  Tubo  di  troppo 
pieno,  specie  di  tubo  di  effloramento  del  recipiente, 
contenente  il  liquido  infiammabile. 


Regolatori  della  quaniitd  di  miscela,  valvole  di 
forma  speciale  (a  farfalla,  a  cilindro  scorrevole,  ecc.), 
che  regolano  la  quantità  di  miscela  che  deve  pas- 
sare nel  cilindro.  -  Cambio  di  velocità,  meccanismo 
che  trasmette  alle  ruote  di  propulsione  la  potenza 
del  motore,  modificando  la  velocità  -di  rotazione 
delle  medesime  a  seconda  del  bisogno.  -  Sterzo, 
meccanismo  destinato  a  cambiare  la  direzione  del 
movimento  della  vettura.  -  Volante,  ordinaria  pu- 
leggia a  corona,  molto  pesante,  calettata  sull'albero 
motore,  la  cui  funzione  è  di  uniformare  entro  certi 
limiti  Ja  velocità  del  motore.  -  Rubinetto  di  com- 
pressione, congegno  che  ha  l'ufficio  di  impedire, 
quando  occorra,  la  compressione  della  miscela 
gassosa. 

Tutto  0  niente  (regolazione  a  sistema),  sistema  di 
moderazione  della  corsa,  pel  quale  o  non  si  apre 
ad  intervalli  la  valvola  di  ammissione,  o  non  si  apre 
la  valvola  di  scappamento.  -  Regolatore,  meccanismo 
comandato  dal  motore  stesso  e  che  non  permette 
all'automobile  di  sorpassare  la  velocità  con  la  quale 
lo  chafTeur  si  prefigge  di  correre.  -  Dijferenziale,  ap- 
parecchio capace  di  ricevere  il  moto  o  di  trasmet- 
terlo alle  ruote  motrici,  in  modo  da  permettere  che 
esse  compiano  lo  stesso  numero  di  giri  quando  l'au- 
tomobile viaggia  in  rettifilo  e  che  una  giri  con  mag- 
gior velocità  dell'altra  quando  l'automobile  s'impe- 
gna in  una  curva.  ^ 

Train  baladeiir,  sistema  di  ruote  a  ingranaggi,  ca- 
lettate sullo  stesso  albero,  spostando  gradatamente 
il  quale  si  ottengono  i  cambi  di  velocità  e  la  mar- 
cia indietro  -  Manovella  di  messa  in  marcia,  mano-' 
velia  che  serve  a  dare  il  movimento  al  motore.  - 
Volantino  di  sterzo,  o  crocerà,  cerchio  di  legno  con 
raggi  in  ferro,  montato  sul  braccio  dello  sterzo.  - 
Freni,  organi  che  servono  a  far  rallentare  o  a  fer- 
mare la  corsa  del  veicolo. 

Moderatore,  meccanismo  col  quale  si  può  togliere 
0  limitare  l'ammissione  del  miscuglio  esplosivo  nel 
cilindro.  -  Acceleratore,  organo  che,  per  mezzo  di  ti- 
ranti e  di  leve,  fa  diminuire  la  resistenza  opposta 
dal  regolatore  all'accelerazione,  aumentando  così  la 
velocità.  -  Innesto  a  frizione,  o.  più  brevemente,  fri- 
zione {embrayage),  meccanismo  che  serve  ad  attaccare 
0  a  distaccare  il  motore  dal  rimanente  della  tra- 
smissione. 

Gruppo  elettrogeno:  è  costituito  da  un  motore  a 
benzina,  il  quale,  mediante  un  giunto  elastico,  è  ac- 
coppiato all'indotto  di  una  dinamo  che  mette  in 
movimento  due  motori  elettrici.  -  Cat;a//«wo  di  ali- 
mentazione, meccanismo  dei  motori  a  vapore,  che  ha 
l'ufficio  di  alimentare  l'acqua  in  caldaia,  il  petrolio 
ai  bruleurs  e  di  produrre  il  tiraggio  forzato  nella 
caldaia. 

Ruote  motrici,  quelle  che  trasportano  il  vei- 
colo. -  Catena  cinematica,  catena  a  piastrelle  che,  in 
alcuni  tipi  di  automobile,  trasmette  il  movimento 
alle  ruote  motrici.  -  Cardani,  giunti  a  sistema  car- 
danico, che  servono  alla  trasmissione  del  moto. 

Puntone  d'arresto,  organo  posto  nella  parte  poste* 
riore  della  vettura  per  impedire  che  l'automobile 
indietreggi  nelle  salite.  -  Prigioniero,  bullone  senza 
testa,  avvitato  in  parte  e  stabilmente  in  un  pezzo 
fìsso  e  che  serve  con  la  parte  sporgente  a  fissarvi 
un  altro  pezzo  per  mezzo  di  un  dado. 

Pneumatico,  tubo  flessibile  con  aria  compressa,  che 
riveste  la  periferia  delle  ruote  motrici.  -  Camera 
d'aria,  parte  del  pneumatico,  consistente  in  un  tubo 
di  caoutchouc,  avvolto  in  tondo  e  chiuso,  munito  di 
apparecchio  per  immettervi  e   trattenervi   dell'aria 


AUTOMOBILE 


211 


sotto  pressione.  -  Copertura,  o  corazza,  robusta  fascia 
circolare  di  jioiiima  che  riveste  la  camera  d'aria  e 
che  serve  ad  aiutarla  a  contenere  la  pressione  e 
a  proteggerla  contro  gli  urti  hruschi  della  strada.  ■ 
Croissant,  parte  del  pneumatico  destinata  a  venire 
in  contatto  col  terreno,  -  Souplesse  :  si  dice  dell'ela- 
sticità dei  pneumalici. 

Guarniture,  spessori  di  amianto,  cuoio,  gomma, 
carta,  collocati  nei  giunti  per  impedire  che  sfugga 
l'acqua  dai  tubi,  l'olio,  il  gas,  ecc. 

Forza,  operazioni,  movimenti,  ecc. 

ALTRE  PARTI   DELl'aUTOMOUILE. 

Forza  attiva,  o  di  propulsione,  energia  utilizzata 
pel  movimento  del  veicolo.  -  Carburazione,  opera- 
zione fisica,  che  consiste  nel  mettere  in  presenza 
dell'aria  comburente  un  combustibile  liquido  o  ga- 
zoso  allo  scopo  di  ottenere  una  miscela  combusti- 
bile e  dotata  di  potere  esplosivo.  -  Carburatore,  or- 
gano nel  quale  avviene  la  carburazione.  -  Camera  di 
carburazione,  quella  capacità  del  carburatore  ove 
sbocca  lo  spruzzatore  e  nella  quale  si  forma  il  mi- 
scuglio dell'aria  coi  vapori  combustibili. 

Evaporazione  a  gorgoglio  (barbotage),  sistema  di 
carburazione  simile  a  quello  a  superficie.  -  Evapo- 
razione a  superfìcie  (a  léchage),  sistema  di  carbura- 
zione, mediante  il  quale  il  liquido  viene  sparso 
artificialmente  in  strato  sottilissimo  su  di  una  la- 
miera ed  evaporato  da  un  getto  di  aria  calda  (non 
più  in  uso).  -  Evaporazione  a  spruzzo,  sistema  di 
polverizzazione  del  liquido,  che  perciò  si  scompone 
in  minutissime  particelle.  -  Diffusore,  carburatore  a 
forma   di   cono  tronco. 

^spruzzatore  {gicleur),  tubetto  munito  alla  sua 
estremità  di  un  foro  piccolissimo,  destinato  a  pol- 
verizzare il  liquido.  -  Bruleiir,  sistema  di  lampadine 
destinate  a  vaporizzare  illiquido  infiammabile.  -  Di- 
cesi anche  di  una  fiamma  a  benzina  destinata  a 
portare  al  calor  rosso  un  tubo  destinato  all'accen- 
sione del  gas.  -  Punto  di  lampo,  temperatura  mini- 
ma per  l'accensione  del  petrolio. 

Riscaldamento,  elevamento  della  temperatura  della 
camera  di  carburazione,  necessario  per  l'evapora- 
zione del  combustibile.  -  Ammissione  dell'aria,  intro- 
duzione dell'aria  nel  carburatore.  -  Valvola  di  aspi- 
razione, congegno  che  serve  a  far  passare  nel  cilindro 
la  miscela  gassosa  destinata  a  produrre  lo  scoppio. 

Compressione,  pressione  esercitata  dallo  stantuffo,  e 
che  riduce  il  volume  della  miscela  esplosiva.  -  Accen- 
sione spontanea,  accensione  della  miscela  esplosiva  in 
un  recipiente,  la  cui  temperatura  è  tenuta  elevata 
dalle  stesse  esplosioni,  quando  però  il  veicolo  è  in- 
camminato -  Accensione  elettrica,  accensione  del  miscu- 
glio ottenuto  per  mezzo  di  una  scintilla  di  induzio- 
ne, 0  di  estracorrente  di  rottura. 

Vibratori  (trembleurs),  apparecchi  elettrici  o  mec- 
canici, che  servono  a  produrre  la  scintilla  mediante 
rapide  e  frequenti  interruzioni  del  circuito  elettri- 
co. -  Candela  di  accensione,  congegno  avvitato  al  ci- 
lindro del  motore,  che  porta  i  due  reofori  elettrici 
fra  i  quali  scocca  la  scintilla  di  accensione.  -  Esplo- 
sione, l'accensione  della  miscela  esplosiva. 

Valvola  di  scappamento  fo  di  scarica),  congegno 
destinato  a  lasciar  sfuggire  i  prodotti  aella  conìbu- 
stione.  -  Raffreddamento,  azione  di  abbassamento  della 
temperatura  del  cilindro  elevata  in  causa  delle  con- 
tinue esplosioni.  -  Termosifone,  nome  dato  ad  un 
apparecchio  speciale,  destinato  al  ratlreddamentc  del 
cilindro. 


Pompe  centrifughe,  pompe  che  agiscono  in  virtù 
della  l'orza  centrifuga  e  sono  pure  destinate  al  raf- 
freddamento del  cilindro.  -  Pompe  rotative,  pompe 
speciali  per  spingere  l'acqua  fredda  nelle  interca- 
pedini del  cilindro  allo  scopo  di  ralfreddarlo. 

Radiatore,  sistema  destinato  al  raffreddamento 
dell'acqua  che  esce  calda  dall'intercapedine  del  mo- 
tore. -  Radiatore  a  tubo  provvisto  di  alette,  tubo  pie- 
gato a  serpentino,  sul  quale  sono  posti  di  riporlo 
tanti  dischetti  piani  od  ondulati,  i  quali  hanno  l'uf- 
ficio di  aumentare  la  superficie  di  contatto  coU'a- 
ria.  •  Radiatore  a  nido  d'api,  apparecchio  di  raf- 
freddamento, costituito  da  un  grande  numero  di 
piccolissimi  canali  compresi  in  una  grossa  scatola 
(circa    3000). 

Trasmissione  flessibile,  sistema  che  comunica  il 
movimento  alle  ruote  motrici,  mediante  una  trasmis- 
sione che  sia  suscettibile  di  deformarsi  senza  ces- 
sare di  funzionare. 

Termini  varì  e  modi  pi  dire. 

Antidéparant,  espediente,  disposizione,  meccanismo 
impiegato  per  impedire  il  déparage.  -  Carreggiata, 
spazio  che  una  ruota  motrice  deve  percorrere. 

■Chaffeur,  macchinista  dell'automobile. 

Déparage,  spostamento  laterale  della,  vettura. 

Garage,  locale  nel  quale  si  riparano  o  si  cu- 
stodiscono le  vetture. 

Grippaggio,  incastramento  di  qualche  pezzo  do- 
vuto all'aumento  di  volume  per  eccessivo  calore.  - 
Panne,  guasto  che  impedisce  il  resolare  funziona- 
mento dell'automobile.  -  Patinage,  slittamento  della 
vettura. 

Assorbire  un  ostacolo,  deformazione  del  pneuma- 
tico, che  prcnle  la  sagoma  dell'ostacolo,  evitando  il 
sollevamento  della  vettura.  -  Fare  della  velocità, 
marciare  il  più  velocemente  possibile.  -  S'emballe,  di- 
cesi di  un  motore,  la  cui  velocità  aumenta  sino  a 
che  la  resistenza  che  incontra  fa  equilibrio  alla  po- 
tenza sviluppata  dal  motore.  -  Sentire  la  carbura- 
zione, giudicare  della  bontà  di  essa  sia  dall'ener^'ia 
delle  esplosioni,  come  dal  rumore  dello  scappa- 
mento.- Sorpassare  un  ostacolo,  passarvi  sopra  sol- 
levando la  vettura. 

Automobilismo.  Dicesi  di  tutto  ciò  che  ri- 
guarda l'automobile  e  le  sue  diverse  applicazioni. 

Automotore  (automotrice).  Che  produce  da  sé 
il  movimento. 

Autonomia  {autònomo).  Condizione  di  popolo, 
di  paese,  che  ha  un  governo  proprio,  che  ha  \'in- 
dipendenzay  ossia  la  facoltà  di  governarsi  con 
proprie  leggi. 

Autoplastia  (autoplastica).  Termine  di  chv- 
rurgia. 

Autopsia  [autossia).  Ispezione  di  un  cadavere.  - 
Termine  di  anatomia. 

Autore  [autrice).  Chi  inventa  qualche  cosa  o 
produce  qufiìche  opera  scientifica,  letteraria,  arti- 
stica, ecc.  :  inventore,  ritrovatore,  scopritore.  Per 
lo  più,  in  significato  di  scriffore.- Chi  è  promotore 
0  causa  principale  d'una  cosa:  facitore,  operatore, 
principiatore,  procuratore.  -  Nel  linguaggio  giuridico, 
colui  dal  quale  deriva  una  condizione  di  fatto  e  di 
diritto. 

Autorello,  autoruccio,  autoruzzo,  di  poco  conto.  - 
Autorone,  autore  di  fama,  di  valore.  -  Autore  sacro, 
profano,  antico,  moderno,  greco,  latino,  italiano,  ecc. 

Anònimo,  autore  che  non  ha  rivelato  il  suo  no- 
me. -  Padre,  chi  ha  illustrato  un'arte,  una  scienza, 
ecc.,  con  opere  celebrate.  -  Principe,  autore  principe, 
insigne. 


212 


AUTOREVOLE    —    AUTORITÀ 


Diritti  d'autore,  quelli  riconosciuti  dalla  legge  a 
chi  ha  fattQ  un'invenzione  o  un'opera  qualsiasi.  ■ 
Postumo,  opera,  lavoro,  arte,  uscito  dopo  la  morte 
dell'autore.  -  L'ultimo  canto  del  cigno,  l'ultimo  lavoro 
e  anche  il  migliore  d'un  buon  poeta,  d'un  grande 
scrittore. 

Plagiare,  copiare  un  autore.  •  Potare  un  autore, 
castrarlo.  -  Saccheggiare,  spogliare  un  autore,  pren- 
dergli il  bello  e  il  buono,  facendolo  figurare  come 
proprio. 

Autorevole.  Che  ha  autorità  accreditato, 
stimato;  influente,  solenne. 

Autorevolezza  Considerazione,  credito,  au- 
tOTntà.  -  Prestigio,  influenza.  Intendimento,  com- 
petenza. 

Autorità  {autorévole)  Ragione,  potere  legit- 
timo in  una  società  civile  diritto  su  altre  persone, 
giurisdizione,  sin  dar  ato  -  Tanto  il  potere  pubblico 
in  astratto  quanto  il  funzionano,  il  magistrato 
che  lo  esercita.  -  Facoltà  o  potestà  data  dagli  uo- 
mini o  dalle  leggi.  -  Le  persone  che  rappresentano 
in  qualche  modo  gli  interessi  del  pubblico.  -  Figur., 
di  persona  la  cui  parola  é  degna  di  fede  e  di  con- 
siderazione. 

Riguardo  ai  funzionari  l'autorità  è  politica,  giu- 
diziaria, amministrativa,  civile,  militare,  ecclesiastica. 
Appartiene  al  principe»  al  ministro,  al  Parla- 
mento, al  prefetto,  al  questore,  ecc.  (nell'ordine 
politico),  sÀ  tribunale 3i\  giudice,  al  pretore,  a 
questa  e  a  quella  corte  (nell'ordine  giudiziario),  a 
molteplici  cariche  dello  Stato,  al  sindaco,  ai  fun- 
zionari elettivi  del  comune  e  della  provincia 
(nell'ordine amministrativo),  al  padre,  al  maestro, 
al  tutore  (nell'ordine  civile);  ai  graduati  della 
inilizia  (nell'ordine  militare),  alle  diverse  gerar- 
chie.della  CAt€«o  (nell'ordine  ecclesiastico). -Cowi- 
petente,  di  giudice,  tribunale,  autorità  che  abbia 
giurisdizione  o  facoltà  estese  fino  al  grado  che  si 
richiede.  -  Costituita,  l'autorità  riconosciuta  dallo 
Stato.  -  Morale,  l'autorità  che  viene  dalla  grandezza 
d'animo,  di  mente,  dalla  fama,  dal  merito.  -  Pub- 
blica, l'autorità  ne'  "suoi  vari  rami  dell'amministra- 
zione di  St3ito.  -  Spirituale,  l'autorità,  ecclesiastica. - 
Tutelare,  l'autorità  in  quanto  protegge,  difende. 

Alter-ego,  dal  latino,  e  significa  un  altro  io-  di- 
cesi di  chi  temporaneamente  fa  le  veci  di  un'auto- 
r.tà,  con  pienezza  di  potere. 

Autorecole,  che  ha  autorità,  autorevolezza.  ^  Esau- 
torato, di  persona  la  quale,  per  suo  mancamento  o 
per  cause  estrinseci  e,  abbia  perduto  tutto  o  in  parte, 
autorità,  stima,  credito,  reputazione.  -  Autoritario, 
che  abusa  dell'autorità  e  fa  il  prepotente.  Anche, 
partigiano  dell'autorità  assoluta:  assolutista,  auto- 
cràtico. -  Bestie  grosse,  quelli  che  sono  in  alto  e 
c\ie  fanno  valere  più  autorità  che  non  abbiano,  al- 
liieno  moralmente. 

Nestore,  persona  la  più  vecchia  e  autorevole  per 
esperienza  della  sua  classe.  -  Notabile,  persona  di 
molta  autorità.  -  Persona  d'alto  bordo,  di  molta  au- 
torità e  importanza.  -  Persona  pubblica,  rivestita  di 
gualche  autorità. 

Dittatura,  dignità,  autorità  di  dittatore,  ossia  di 
chi  è  delegato,  in  circostanze  straordinarie,  a  go- 
vernare con  assoluta  potestà  civile  e  militare.  Per 
similitudine  relativa  ad  una  suprema  magistratura 
degli  antichi  Romani. 

Duumvirato,  triumvirato,  ecc.,  autorità  rappresen- 
tata da  due,  da  tre  persone,  ecc.  -  Probiviri,  arbitri 
iUOiminati.  a  comporre  un  consesso  permanente  per 


giudicare,  secondo  equità,  in  contestazioni  profes- 
sionali. -  Settemviri,  autorità  collegiale  di  sette  in- 
dividui. -  Superiori,  gli  insigniti  di  grado,  di  auto- 
rità, di  comando. 


Atti,  attribuzioni,  simboli,  ecc.,  dell  autorità. 

Atti  dell'autorità,  tutto  quanto  essa  opera  in  con- 
formità alle  leggi,  ai  regolamenti,  ai  decreti.  -  Ac- 
centramento, (accentrare),  riunione  di  poteri  in  una 
autorità  centrale,  sola.  -  Amminicoìo,  appoggio  o  rin- 
forzo di  autorità  per  sostenere  alcuna  sentenza.  - 
Ascendente,  participio  mutato  in  sostantivo  e  usato 
spesso,  secondo  jl  significato  dell'analoga  parola 
francese,  in  senso  di  autorità  .morale,  infliis'so,  po- 
tere. -  Atiribuiione ,  competenza  di  una  data  auto- 
rità a  occuparsi  di  certi  affari  o  a  decidere  certe 
questioni.  -  Autentica,  arrogazLone  di  autorità,  di 
dominio.  -  Autorizzazione,  l'autorizzare  e,  anche,  il 
documento  col  quale  si  autorizza:  concessione,  per- 
missione. 

Balia,  potestà,  autorità.  -  Bastone  del  comando, 
autorità  superiore.  -  Braccio,  mano  (figur.)^  forza, 
autorità.  -  Braccio  secolare,  la  potestà  civile. 

Competenza,  la  misura  secondo  la  quaTe  viene  di- 
visa la  giurisdizione.  -  Conflitto,  collisione  fra  poteri 
intorno  alla  loro  conìpetenza  e  alle  loro  attribu- 
zioni. -  Conflitti  di  attribuzione,  quando  sono  chia- 
male più  autorità  a  decidere  certe  questioni.  •  Con- 
trordine,  ordine  che  annulla  o  modifica  un  altro 
{contrordine,  contrordinato).  -  Contumace,  di  chi  non 
obbedisce  a  ordini. 

Decreto,  atto  d'autorità  competente  che  ha  va- 
lore esecutivo  -  Dispensa,  atto  dell'autorità  che  li- 
bera da  un  vincolo  della  legge  (chiedere,  avere,  ot- 
tenere la' dispensa  da  un  esame,  da  un  servizio, 
dalle  pubblicazioni  del  matrimonio).  -  Disposizione, 
provvedimento,  ordine;  condizione  dettata  dalla 
legge.  -  Editto,  ordine  promulgato  da  una  pubblica 
autorità. 

Giurisdizione  delegata^  quella  che  si  esercita  per 
incarico  ricevuto  da  chi  ha  giurisdizione  propria. - 
Giurisdizione  prorogata,  quella  che  si  esercita  o  per 
volontà  delle  parti,  o  per  disposizione  di  legge. 

Impero  (figur.),  esercizio  di  un'autorità  suprema 
e  non  contrastata.  -  Ordinanza,  provvedimento  del- 
l'autorità amministrativa  o  giudiziaria;  decreto  reale, 
con  forza  di  legge. 

Ordine,  disposizione  regolata  -  Ordine  del  gior- 
no, disposizione  emanata  da  un'autorità. 

Placet,  atto  col  quale  un'autorità  civile  conce- 
de una  facoltà,  un  titolo,  un  privilegio  all'autorità 
ecclesiastica.  -  Potere,  potestà,  autorità,  diritto, 
facoltà  di  fare  una  cosa  ;  particolarmente,  la  facoltà 
di  agire  per  un  altro  a  seconda  del  mandato  rice- 
vuto. -  Precetto,  citazione  a  comparire  davanti  ad 
un'autorità,  per  lo  più  la  giudiziaria  -  Prescrizione, 
ordine  particolare''giato  e  di  autorità.  -  Prestigio  del 
l'autorità,  l'ascendente  che  essa  esercita  o  dovreb- 
be esercitare,  imponendo  obbedienza  e  rispetto.  - 
Primato,  grado  superiore  d'onore,  d'autorità,  di  fama. 
-  Proclama,  allocuzione  o  scritto  in  cui  un  capitano, 
o  persona  d'autorità  intende- proclamare  qualche 
cosa.  -  Sede,,  il  luogo  nel  quale  un'autorità  ha  il 
proprio  ufficio. 

Richiamo,  ricorso  alle  autorità.  -  Sopraluogo,  atto 
dell'autorità  quando  essa  stessa  si  reca  là  dove  av- 
venne un  fatto,  per  inquisire.  -  Sttpieinazia,  il  pri- 
mo grado  di  potenza  e  di  autorità:  primazia. 


ATITORITAHtO 


n:i 


Cose  e  termini  vaiù. 

Abdiéare;  rinunciare  ad  una  dignità  o  a  un  titolo; 
ma,  generalmente  esprinie  la  rinuncia  volontaria  o 
forzata  all'autorità  sovrana.  Talvolta,  anctie  di  un 
partito  0  di  un  personaggio  politico,  si  dice  che  ab- 
dicano alia  loro  dii;nita,  alla  loro  fama,  al  loro  pas- 
sato. -  Adempire,  mandare  ad  effetto  una  prescri- 
zione dell'autorità  (adempivientn,  adempito,  adem- 
piuto). Contrario:  inadempire  {inadempimento,  ina- 
dempiuto) -  Allegare,  aggiungere  documenti  ad  atti 
o  memorie  per  suffragare  considerazioni  davanti  al- 
l'autorità, -  Appellare,  fare  appello,  ricorrere  ad 
autorità  superiore,  per  rinnovamento  di  giudizio.  - 
Autorizzare.,  dare  a  qualcuno  autorità,  facoltà  di 
agire;  legittimare  una  cosa,  approvandola.  -  Avo- 
care, atto  per  cui  un'autorità  richiama  a  sé  taluni 
affari,  per  giudicarne  essa  stessa 

Consacrare,  rendere  autorevole,  rispettabile,  obbli- 
gatorio. -  Deferire  {deferimento,  deferito),  denunciare, 
sottoporre  all'autorità.  -  Delegare,  incaricare  che  fa 
l'autorità  una  persona  d'un  atto  per  lo  più  transi- 
torio. -  Disautorare,  disautorarsi,  scemare,  perdere, 
di  autorità. 

Esautora/ì-e,  togiiere  totalmente  o  molto,  l'auto- 
rità. -  Prescrivere,  limitare,  ordinare,  proprio  di 
un'autorità  {prescritto;  contrario,  imprescritto).  - 
Imprescrittibile,  che  non  si  può  prescrivere.  -  Sedere 
fn.„.,  di  un'autorità,  ottenerla,  esercitarla.  -  Vegliare 
all'esecuzione  d'ordini,  funzione  di  certe  autorità. 

Andar  per  la  maggiore,  modo  comune  che  signr- 
fica  essere  fra  i  primi,  fra  i  più  autorevoli  e  i  più 
noti.  -  Avere,  non  avere  voce  in  capitolo,  avere  o  no 
autorità  per  essere  ascoltati. 

Essere  il  Sussi,  non  avere  autorità.  -  Essere  la 
quinta  ruota  del  carro,  essere  persona  ultima  per 
autorità,  importanza,  ecc.  -  insubordinato,  chi  non 
rispetta  l'autorità.  -  Ipse  dixit,  di  autorità  inap- 
pellabile. 

Autoritario.  Detto  ad   autoì'Uà. 

Autorizzare,  autorizzazione  {caitorizzato). 
Dare  autorità;  dare  facoltà,  permettere. 

Autorizzazione.  Veggasi  ad  autorità. 

Autosug-g-estione.  Detto  a  suggestione. 

Autoteismo.  Veggasi  a  divinità. 

Autunnale.  Di  autunno. 

Autunno.  Stagione  dell'anno  dal  21  di  set- 
tembre al  21  dicembre:  stagione  autunnale,  mezzi 
tempi,  tempi  di  mezzo;  mesi  gai;  vendemmia.  - 
Mosloso,  pomifero,  autunno  -  Autunnale,  d'autunno; 
autunni  no.  -  Autunnare,  essere  d'autunno,  -  Nel  co- 
glier dell'uve,  in  autunno. 

Pomona,  Dea  dei  trutti  e  dell'autunno.  -  Vertun- 
m,  dio  dei  giardini  e  delle  ortaglie,  che  presiede- 
va all'autunno. 

Anzzare  {auzzato).  Lo  stesso  che  aguzzare. 

Ava,  àvola.  Detto  ad  avo  e  a  parentela. 

Avallare,  avallo  {avallante,  avallato).  Detto  a 
cambiale. 

Avambraccio.  Parte  del  braccio. 

Avamporto.  Detto  a.  porto. 

Avamposto.  Riparto  che  copre  un  corpo  di 
milizia  fermo. 

Avancorpo.  Parte  di  edificio. 

Avanguardia  {vanguardia).  Un  certo  numero 
di  soldati  che  precede  l'esercito  per  espìorazione; 
antiguardo,  vanguardo;  antiguardia,  avantiguardia; 
S^uaraguardia  ;  testa.  -  Avanscoperta,  esplorazione, 
ricognizione  del  terreno  pel  quale  dovrà  passare 
la  milizia 


Avania.  Balzello,  imposta. 
Avanòtto.  Dicesi  di   ogni   pesce  fluviale  nato 
di  fresco.  -  Figur.,  giovane  inesperto. 
Avanscoperta.  Detto  ad  avanguardia. 

Avanti.  Preposizione  significante  precedenza  di 
tempo,  anteriorità  :  prima,  innanzi,  anzi.  -  Anche 
precedenza  di  luogo  .■  davanti  —  Andare  avanti, 
precedere. 

Avantieri.  Detto  a  ieri. 

Avanti  -  lettera    Veggasi  a  incisione. 

Avantreno.  Posto  anteriore  di  carro  o  C€vr- 
rozza.  '  Termini  di  artiglieria. 

A  vànvera.  A  casaccio:  modo  di  fare. 

Avanzare,  avanzamento  (avanzarsi,  avan- 
zato). Andare  avanti,  progredire;  spingere  oltre, 
passare  oltre  ;  aumentnre,  esser  d'aumento,  m 
aumento;  sovrabbondare,  essere  d'a/vanzo,  in  grande 
abbondanza.  -  Superare,  vincere;  sporgere  in 
fuori.  -  Aumentare  di  grado.  ■  Essere  creditore. 

Avanzo  {avanzaticelo)  Il  resto  di  una  cosa  usata 
in  qualunque  maniera;  il  di  più  di  essa:  civanzo, 
restanza,  rimanenza,  sopravanzo.  -  Ciò  che  si  mette 
da  parte,  per  risparmio.  -  Di  edificio,  di  mo- 
numento e  simili,  rovina,  rudere.  -  Avanzaticcio, 
rimasuglio,  avanzuccio,  avanzùglio,  avanzugliob 
eosuccie  avanzate.  -  Avanzume,  avanzo  di  cose  m:- 
sere.  -  Restante,  rimanente,  quello  che  resta,  rimane, 
avanza;  soprarestante,  sopravanzante. 

Eccedenza,  il  più,  parlando  di  quantità  conteggiata 
{eccedere,  essere  eccedente,    in  eccedenza,    ecceduto). 

Reliqua  (lat.),  il  rimanente  -  Rdiquato,  avanzo, 
resto. 

Reliquia,  avanzo  d'un  santo  o  d'un   corpo  sacro. 

-  Reconditorio,  custodia  di  reliquia.  -  Reliquario, 
scatola,  cofano,  quadro  o  vaso,  di  legno,  di  metallo, 
di  marmo  o  di  qualunque  altra  materia,  atto  a, 
contenere  reliquie  di  santi ,  per  conservarle  ed 
esporle  alla  venerazione  dei  fedeli. 

Relitto  (voce  burocratica),  residuo,  resto.  -  Resi- 
duo, quanto  rimane  di  cosa  a  cui  fu  tolta  una  parte. 
Ciò  che  rimane  da  ogni  operazione  chimica,  natu- 
rale e  meccanica.  -Quantità che  resta  dopo  fatta  la 
sottrazione.  -  Resto,  avanzo,  quel  che  resta  di 
persona,  di  cose:  nell'uso,  specialmente  di  rfewaro. 

-  Resticciolo,  piccolo  resto.-  immanenza,  astratto  da 
rimanente.  -  Rimasuglio,  e,  pop.,  rimasugliolo,  poca 
cosa  che  rimane;  avanzo  di  cibo  o  simili.  -  Rita- 
glietto, piccolo  avanzo.  -  Rosicchio,  rosicchiolo,  pez- 
zetto di  pane  avanzato  da  chi  mangia  •  Rosume, 
rimasuglio. 

Scampolo,  avanzo  di  una  pezza  di  stoffa^  di 
panno,  ecc.  -  Scorcio,  avanzo,  detto  d^l  tempo.  - 
Vestigio,  ultimo  avanzo  di  checchessia. 

Avanzare,  mettere,  lasciare  in  avanzo.  -  Lasciare 
lo  strascico  nel  bicchiere,  nel  piatto:  un  avanzùglio. 
Lasciare  uno  strascico:  di  malattie,  di  debiti.  -  Ra- 
cimolare, prendere,  raccattare  avanzi   {racimolcUo, 
racimolatura)    -  Restare,  di  quanto  avanza,  rimane. 

-  Ribruscolare,  raccogliere  i  minuti  avanzi  di  una 
cosa.  -  Rimanere,  avanzare,  esserci. 

Sopraffare,  esser  d'avanzo  -  Soprawanzare,  più 
comunemente  sorpassare,  superare,  avanzare.  -  Stra- 
«onsare,  avanzare  abbondantemente,  riavanzare. 

Avareggriar©  {avareggiato).  Essere  avaro. 

Avaria  {avariato).  Danno  sofferto  da  una  nave. 

Anche,  guasto. 

Avarizia.  Il  vizio  dell'avaro:  mania  di  accu- 
mular denaro  e  quindi  avversione  a  spendere: 
gretteria,  grettezza,  grettitudine,  fame  dell'oro,  par^ 
cita,  sordidezza,  spilorceria,  taccagneria,  tirchieria^ 


zi4 


AVARO    —   A   VOLTA   DI   CORfllERE 


cupidità  rabbiosa  ;  miseria  di  spendio;  demonio  del 
guadagno;  voglia  ghiotta  d'oro;  granchio;  secca, 
saccheria;  pidocchieria,  pitoccheria;  btiticheria,  sti- 
tichezza 

Mammone,  Pigmalione,  Fiuto,  figure  mitologiche 
dell'avarizia.  -  Vitello  d'oro,  simbolo  dell'avarizia  e 
dell'avidità.  -  Lesineria,  il  lesinare,  l'essere  avaro 
nello  spendere.  -  Parsimonia,  diligenza  nel  rispar- 
miare, senza  peccare  d'avarizia. 

Avaro.  Chi  ha  il  vizio  deìVavaì-izia,  chi  è 
avido  di  denaro  e  restio  :>llo  spendere;  gretto, 
lésina,  lesinante,  lesinalo;  làtocco,  pitocchino;  bar- 
bino, beccabricioli,  chiudiborsa  ;  cotenna,  pelagrilli; 
guitto,  magrone,  petécchia,  piàttola;  spilorcio,  tac- 
cagno, pirco,  tirchio,  tirato;  stretto,  stretto  di  mano, 
stretto  di  cintura;  stringato,  tenace;  agro,  famelico, 
largo  come  un  gatto,  più  stretto  d'un  gatto;  mi- 
gnatta, mignella;  lungo  e  stretto;  punteruolo,  pit- 
ti na;  cacastecchi,  cane  del  danaio;  aceto  rinforzato; 
i^corticapidocchi,  scannapidocchi  ;  stitico,  strego,  ti- 
gna, tignoso;  tarsia;  quintessenza  delle  arsure,  zugo. 

-  Avaretto,  avaraccio,  avarone,  avaronaccio. 
Figure  di  avaro:  Arpagone    Cassio,   Mida  (altre 

in  avarizia). 

Arpia,  tirato  scorticatore  della  gente.  -  Calia,  per- 
sona gretta,  vile  e  ridicola  nel  suo  genere.  -  E  una 
disdetta  di  jìeìsona  avara.  -  Stillino,  di  persona  ti- 
rata pel  denaro,  che  stilla  su  tutto.  -  Tiratino,  un 
po' avaro.  -  Iraavaro,  avarissimo.  -  Vecchia  strega: 
di  donna  avara. 

Essere  avaro.  Essere  attaccato  alla  roba;  divoto 
di  San  Giovanni  Boccadoro.  -  Avere  il  granchio  alla 
borsa,  al  borsellino,  alla  scarsella,  alle  mani.  -  Averi' 
il  cuore  con  tanto  di  pelo.  -  Aver  la  gotta  alle  mani. 

-  Avere  le  mani  rattrappite.  -  Aver  paura  che  man- 
chi il  fiato,  paura  di  impoverire.  -  Darsi  in  preda 
all'avarizia.  -  D'un  soldo  ne  farebbe  due:  dicesi  di  chi 
è  avaro. 

Essere  la  spilorceria  incarnata;  più  agro  del  li- 
mone; il  ritratto  della  spilorceria.  -  Essere  la  mamma 
di  San  Pietro,  di  donna  avara  e  egoista.  -  Essere 
largo,  o  duro,  come  una  pina  verde,  avarone,  tac- 
cagno. 

Non  spendere  il  becco  d'un  quattrino.  -  Pitoccare, 
di  avaro  che  cerca  il  soldo,  come  fosse  un  men- 
dico. -  Scorticare  il  pidocchio,  essere  spilorcio.  - 
Squartare  lo  zero,  fare  i  conti  da  avaro.  -  Tirare  a 
tutti  i  bacherozzoli,  a  tutti  gl'incerti,  a  tutti  i  gua- 
dagni, essere  d'una  grande  economia  o  avarizia. 

Modi  varì  di  dire.  -  Cercare  il  lardo  dalla  gatta  : 
la  roba  a  poco  o  gratis  dagli  ingordi,  dagli  avari. 

-  Chiudere,  stringere  la  borsa:  per  avarizia.  -  Con  le 
lesine  bisogna  esser  punterolo  :  bisogna  con  la  gente 
tirata  esser  più  tirati. 

L'avaro  cova  i  suoi  sacchetti,  i  suoi  milioni.  - 
Mangierebbe  gli  impiastri  per  non  spendere:  di  avaro, 
di  sordido.^  -  Meglio  morire  di  fame  che  di  stenti, 
agli  spilorci.  -  Non  darebbe  il  piscio  di  sette  sabati, 
d'un  grande  avaraccio  -  Non  darebbe  un  bere  a  sec- 
chia a  nessuno,  di  avaro.  -  Non  darebbe  un  Cristo  a 
baciare,  di  chi  è  avarissimo.  -  Non  darebbe  un  ro- 
sicchialo di  pane. 

Pianger  sempre  miseria,  lamentarsi  d'essere  nella 
indigenza. 

Proverhì.  —  Chi  per  sé  raguna  per  altri  spar- 
paglia. -  Chi  serba,  serba  al  gatto.  -  Tìpnaro  sepolto 
non  fa  guadagno.  -  L'  avaro  è  come  i!  porco,  che  è 
buono  dopo  morto.  -  L' ultimo  vestito  ce  lo  fanno 
tenza  tasche  (all'altro  mondo  non  si  porta  nulla). 

Ave.  Voce  di  saluto. 


ATellana,  avellano.  Veggasi  a  noccinolo. 

Avèllere  (avulso).  %\Q\\er6.l  strappare. 

Avello.  Sepoltura,  sepolcro,  tomba. 

Avemaria,  avemmaria.  Orazione,  preghie- 
ra alla  Vergine.  -  Tocco  di  caìnpana.  -  Pallottola 
di  rosario. 

Avena.  Pianta  graminacea,  specie  di  biada  che 
si  dà  ai  cavalli;  eccellente  foraggio,  della  anche 
vena.  In  alcuni  paesi  (specialmente  in  Germania) 
usata  come  aKr«cw.fo. -Rinfrescante la  tisana  pre- 
parata col  grano.  Si  fanno  anche  cataplasmi  di 
avena.  -  Avena  romvne,  eorta,  satira,  nuda,  qualità 
di  avena.  -  forasacco,  sorta  d'avena  che  nasce  tra 
le  biade. 

Avenina,  «ostanza  conforme  alta  legumina:  è  la 
fecola  dell'avena. 

Abbiadare,  dare  1'  avena.  -  Sbiadato,  di  animale 
che  non  abbia  preso  1'  avena. 

Avere  (avente,  avuto).  Verbo  anomalo  ausiliario 
(talvolta  usato  come  sinonimo  di  essere)  indicante 
possedimento  di  unn  cosa  qualsiasi,  materiale  o 
immateriale;  posse/  ere,  tenere  in  proprietà;  pos- 
sedere facoltà,  qualità  morali,  ricchezza,  beni, 
ecc. 

Delle  cose  si  ha  abbastanza  o  sufficientemente  ; 
molto,  in  abbondanza;  scarsamente,  poco  o 
anche  niente  (nulla).  -  Abbiente,  chi  possiede,  clii 
ha.  -  hornito,  dotato,  provvisto,  di  chi  ha  una  cosa 
(jualunque. 

Avere  a  compito,  poco,  appena  il  necessario,  con- 
lato, guardato.  -  Levare  di  sotto  una  cosa  a  uno, 
averla  con  arti,  anche  subdole.  -  Riavere,  ripete 
avere.  -  Ricuperare,  riavere,  secondo  il  diritto  {ri- 
cùpero,  ricupera).  -  Toccare,  avere  per  sorte,  per 
fortuna. 

E'  meglio  uccello  in  gabbia  che  tordo  in  frasca, 
meglio  il  poco  certo  che  il  molto  incerto.  -  Quel 
che  passa  il  convento:  quel  che  e'  è,  quel  che  si 
può  avere. 

Avere.  Sostantivo  maschile:  significa  facoltà, 
])Ossesso,  ricchezza,  insieme  di  beni  (averi)  mo- 
bili e  immobili;  credito. 

Averne.  V  inferno. 

Aveiù^tio.  Abròstine,  specie  d'uva  piccola. 

AvlJairente.  Con  avidità,  con  intenso,  sover- 
cliio  desiderio. 

Avidità.  L'essere  avido,  avere  intenso,  eccessivo 
desiderio ,  brama,  cupidigia,  gola  d'alcunché. 

Avido.  Bramoso,  cupido,  ingordo,  in  eccessivo 
desiderio. 

Avifàuna.  Parie  della  fauna  comprendente  gli 
urcelli;  veggasi  ad  uccello. 

A  vita.  Perpetuamente,  sempre. 

Avito.  Degli  avi,  di  avo. 

A  viva  voce.  Parlare,  dire  di  presenza,  a 
l)arole,  non  per  lettera  o  per  messo. 

Avo.  Il  padre  del  padre  {9i\o  paterno)  o  della 
madre  (avo  materno):  avolo,  nonno.  -  Bisàvolo, 
il  padre  dell'avo,  bisnonno,  proavo.  -  Arcàvolo,  il 
padre  del  bisàvolo  ;  terzavo,  terzavolo,  trisavolo , 
tritavo,  tri  tàvolo.  -  Trisarcdvolo,  il  nonno  dell'  ar- 
càvolo. -  Quintavolo,  ecc.  -  Femm.,  ava,  bisàvola,  ecc. 

Antecessore,  antenato,  senza  limite  di  parentela. 

Avocare,  avocazione  (avocato).  Termini  bu- 
rocratici: il  chiamare  a  sé;  levare  una  causa 
(la  un  tribunale  per  deferirla  ad  un  altro,  d' or- 
li ine  dell'autorità. 

Avolo.  Lo  stesso  che  avo. 

A  volta  di  corriere.  Detto  a  pvslo,  e  a  ri- 
sposta. 


AVOLTOIO   —   AVVENIRE 


213 


Avoltolo.  Veggasi  ad  avvoltoio. 

Avorio  0  dentina.  La  materia  dei  denti  dell'  e- 
lefante,  &e\V ippoiìotaìno  e  del  narvalo:  ado- 
perata in  lavori  di  scultiira  e  dì  miniatura, 
nonché  per  fare  ornamenti  e  oggetti  vari  (palle  da 
6i7ia»'rfo,  guarnizioni  di  bastoni,  statuoite,  bottoni, 
tasti  di  pianoforte^  piccoli  mobili  di  lusso,  ecc.), 
avolio,  avoro,  dente  d' India. 

Diverse  le  specie  d'avorio:  turchino,  verde,  ecc. 
Lo  si  tinge  in  nero,  in  rosso,  in  giallo,  ecc.  Lo  si 
ammorbidisce  e  lo  si  imbianca.  Preparasi  anche 
artificialmente,  con  piccoli  ritagli  dello  stesso  avorio 
e  in  altri  modi.  —  Eburneo,  d' avorio,  anche  di 
cosa  bianchissima. 

Avorina  minerale,  composizione  di  pietre  scelte 
polverizzate,  ridotte  in  pasta  e  quindi  seccate.  - 
Avorio  di  patate,  composizione  d'  avorio  artificiale, 

-  Avorio  vegetale,  succo  di  alcune  piante  esotiche, 
provviste  di  un  albume  bianco  che  diventa  duro 
come  l'avorio  e  serve  agli  stessi  usi. 

Avorio  nero,  il  carbone  di  ossa,  usato  come  an- 
tidoto nell'avvelenamento  da  sali  metallici,  da  acido 
arsenioso  e  da  alcaloidi. 

Celluloide,  avorio  falso,  materia  complessa  a  base 
di  ceìlnlosa.  -  Coroso,  succedaneo  naturale  dell'avo- 
I  IO,  flrutto  d'una  strana  pianta  ciie  cresce  nell'India 
e  iielle  regioni  settentrionali  dell'America  del  Sud. 

Tagna  e  Jarina,  nomi  dell'avorio  vegetale,  usati 
neir  Equatore  «il  primo,  e  nell'  Alta  Amazzoni  il 
secondo. 

Avuta.  Vegga  si  a  tHcevufa. 

Avvallamento.  L'  avvallare. 

Avvallare,  avvallarsi  (avvallamento,  avval- 
lato). L'abbassare,  l'abbassarsi,  specialmente  detto 
di  teì^'eno,  -  Di  fiume,  scendere  in  piano. 

Avvallamento,  avvallatura,  Y  avvallare  e  1'  effetto 
dell*  avvallare. 

Avvalorare,  avvalorarsi  (avvaloramento,  av- 
valorato). Dare,  prendere  vigore,  forza.  -  Appog- 
giare, confermare,  asseì'ire. 

Avvampare  favvampaioj.  Ardere,  bruciare, 
levar  fiamma.  -  Essere  immensamente  caldo.  • 
Mandare  gran  calore.  -  Figur.,  accendersi  &' ira, 
d'  odio  e  simili. 

Awantag-g-iare  (avvantaggiato).  Far  aumen- 
tare, progredire,  migliorare;  procurare  van- 
taggio. 

A.vvc(lersi  (avvedimento,  avveduto).  Comprendere, 
a  sorgersi. 

Avvedutezza  (avveduto).  Accortezza,  sagacia. 

Avvelenamento.  Detto  a  veleno. 

Avvelenare,  avvelenarsi  (avvelenamento,  av- 
velenato, avvelenatore).  Dare  o  prendere  il  veleno. 

Avvenente,  awenèvole.  Leggiadro,  bello. 

Avvenenza.  Leggiadria,  bellezza. 

Avvenimento.  Cosa  che  avviene  o  è  avvenuta: 
accadimento,  accaduto;  caso,  congiuntura,  contin- 
genza; evenimento,  evento,  intervenimento,  suece- 
diraento,  successo;  fatto,  novità,  vicenda,  vicissitu- 
dine. -  Un  avvenimento  riesce  gradito  o  ingrato, 
piacevole  o  spiacevole;  fausto  o  infausto;  normale  o 
straordinario  ;  solito  o  insolito;  improvviso,  inaspet- 
tato, ecc.  —  Aweniticcio,  momentaneo,  passeggiero. 

-  Avventuroso,  pieno  di  avventure;  fortunato,  fausto, 
felice. 

Abbàttersi,  V  accadere  casuale  d'  un  avvenimen- 
to. -/7ico(?here,  sopravvenire;  succedere  inaspettata- 
mente. -  Intravvenire,  di  avvenimento  che  soprag- 
giunge   in   mezzo   ad    altri.  -  Accadere,    avvenire, 


prodursi  d'un  avvenimento:  addivenire,  adivenire, 
caili^re,  capitare,  succedere;  seguire,  sopraccadere, 
sopravvenire;  giungere,  sopraggiungere;  risultare, 
venir  fatto,  intervenire;  venire  per  natura. 

AUeì-nare,  avvicendare,  il  succedere  di  un  fatto 
a  un  altro.  -  Alternamento,  alternazione,  awicenda- 
nientc»,  vicenda.  -  Alternatamente,  alternativamente, 
alternamente;  a  cambio,  a  scambio;  a  quando  a 
quando;  vicendevolmente,  a  vicenda.  -  Alternato, 
alterno,  avvicendato,  vicendevole. 

Avverarsi,  il  fon  fermarsi,  il  succedere  di  avveni- 
mento preveduto:  ai lempiersi,  elfettuarsi,  realizzarsi, 
prodursi,  compiersi,  avere  effetto. 

Precipitare,  di  avvenimento  che  si  compie  con 
rapidità,  quasi  a  furia.  -  Prevedere,  presentire,  anti- 
vedere, aver  sentore,  indovinare  un  avvenimento 
prima  che  succeda. 

Accidente,  avvenimento,  caso  imprevisto.  -  Ame- 
ricanata, neologismo  di  lormazione  popolare,  per 
indicare  fatto  o  impresa  esa;:erata,  sorprendente, 
audace,  di  cui  l' America  del  Nord  sembra  avere 
il  privilegio.  -  Anèddoto,  fatto  avvenuto  in  privato  e, 
per  io  più,  in  segreto:  piccola  i-toria.  -  Attualità, 
l' avvenimento  recente.  -  Avventura,  avvenimento, 
fatto  curioso,  singolare,  straordinario:  casello,  lazzo, 
ventura.  -  Fortuna  in  amore. 

Caso,  avvenimento  fortuito.  -  Circostanza, 
congiuntura;  qualità  che  accompagna  un  avveni- 
mento e  ne  determina  la  natura  o  là  qualità.  - 
Coincidenza,  avvenimento  simultaneo  di  due  o  più 
fatti,  0  circostanze,  per  lo  più,  con  relazione  tra 
loro  :  incontro.  -  Colpo  di  fortuna,  avvenimento  for- 
tunato, che  arreca  una  fortuna  inaspettata.  -  Corso 
delle  cose,  degli  avvenimenti,  il  loro  svolgersi  natu- 
rale. -  Crisi,  il  momento  difficile,  il  periodo  grave 
di  un  avvenimento  in  corso. 

Dettaglio  (frane),  i  particolari  d'un  avvenimento: 
particolare.  -  Effetto,  avvenimento  considerato 
come  prodotto  da  una  causa.  •  Episòdio,  avveni- 
mento particolare  in  un  maggior  complesso  di  fatti. 
-  Eventualità,  avvenimento  possibile,  probabile  (even- 
tuale). 

Fattarello,  piccola  storia,  aneddoto.  -  Fortuna, 
caso,  azzardo;  nell'uso,  avvenimento  in  favore. 

Incidente,  avvenimento  di  poca  importanza,  par- 
ticolare di  fatto.  -  Imminenza,  di  avvenimento  im- 
minente, cioè  prossimo  a  verificarsL 

Occasione,  avvenimento  che  otfra  opportunità 
di  fare:  occorrenza,  incontro.  -  Peripezia  (gr.),  vi- 
cenda che  cangia  ad  un  tratto  la  fortuna  dell'eroe 
di  un  dramma,  d'un  romanzo,  d'un  poema.  -  Pre- 
cedenti, gli  avvenimenti  trascorsi,  dai  quali  si  può 
giudicare  una  persona.  -  Prodromo,  segno  che  pre- 
cede l'avvenimento:  sintomo,  indizio. 

Riuscita,  il  risolversi  di  un  avvenimento,  se- 
condo le  previsioni:  buon  esito.  -  Sorpresa,  di 
a^'venimento  che  capiti  all'improvviso  o  riesca  in- 
solito, tacendo  meravigliare.  -  Vicissitudine,  avveni- 
mento che  apporta  qualche  guaio  o  qualche  cam- 
biamento nella  vita. 

E'  un  pezzo  che  la  bolle,  per  significare  una 
prossima  esplosione  di  fatti  o  di  parole.  -  Fare 
epoca,  di  a^^renimento  notevole,  la  data  del  quale 
deve  essere  ricordata.  -  Veder  che  piega  piglino  le 
cose,  osservare  da  qual  parte  pende  la  fortuna  degli 
avvenimenti. 

Avvenire  (avvenuto).  L'accadere,  il  verificarsi 
di  un  avvenimento.  -  Derivare,  provenire,  na- 
scere. 

Avvenire.  Il  tempo  futuro. 


216 


AVVENTARE   —   AVVICENDAMENTO 


Avventare,  avventarsi  (avventato).  Lanciare 
gettare  con  forza;  lanciarsi  con  impeto,  per  as- 
salire 0  per  altro.  -  Avventato,  di  colore  troppo 
vivo. 

Awentatàg"gine,  avventatezza  {avventato). 
Trascuratezza,  balordàggine,  spensieratezza. 

Avventìzio.  Che  sopravviene  dal  di  fuori-;  in 
più  del  numero;  avveniticcio,  provvisoì^io. 

Avvènto.  Detto  a  Natale. 

Avventore.  Il  frequentatore,  il  cliente  di  una 
bottega. 

Awentrinare  (avventrinato).  Termine  di  ve- 
terinaria. 

Avventura  {avventuroso).  Detto  ad  avveni- 
mento. 

Avventurare,  avventurarsi  (avventurato). 
Mettere  in  avventura,  mettersi  a  rischio. 

Avventuriera.  Veggasi  a  donna. 

Avventuriero  {avventuriere).  Chi  va  in  cerca 
di  ventura,  di  fortuna.  -  Antica  milizia.  -  Fi- 
gur,,  im  hrorjlione. 

Avventurina  {Venturina).  Detto  a  quarzo. 

Avventuroso.  Veggasi  ad  avvenimento. 

Avverare,  avverarsi  (avveralo).  Rendere,  di- 
venir vero.  -  Verificarsi  di  avvenimento. 

Avvèrbio  (avverbiale).  Parte  indeclinabile,  del 
discorso,  modilicante  in  vario  modo  il  significato 
del  verbo  e  deWaggettivo  :  modifica  anche  un 
altro  avs'erbio,  e  in  alcuni  casi  il  nome  (più  papa 
del  papa,  pili  re  del  re).  (Avverbiale,  avverbial- 
mente, avverbiato).  Può  derivare  dall'aggettivo  qua- 
lificativo femminile  singolare  col  suffisso  mente, 
oppure  è  formato  dalla  riunione  di  ^più  preposizioni. 
'  E'  di  forma  composta  o  impropria,  quando  risulta 
formato  dalla  riunione  di  più  parole  (quassù,  co- 
staggiù, ecc.);  di  forma  semplice  o  propria,  quando 
formato  da  una  sola  parola  (bene,  assai,  ecc.). 

Specie  dell'avverbio:  affermativo,  quando  alferina 
un'azione  o  una  qualità  (sicuramente).  -  Aggiuntivo. 
se  serve  ad  aggmngere  (anche,  altresì).  -  Avversa- 
tivo, se  ha  un  significato  di  diversità  o  di  opposi- 
zione (tutt'altro).  -  Di  luogo,  se  risponde  alle  do- 
mande: dove?,  in  qual  modo?  (là,  davanti,  ecc.) 
-  Di  maniera  o  di  modo,  se  risponde  alle  domande: 
come?  in  qual  modo?  (così,  carponi,  ecc.).  -Dimo- 
strativo, se  corrispondente  a  pronome  dimostrativo 
(questo,  codesto,  quello).  -  Di  qtiahtd,  quando  qua- 
lifica r  azione  indicata  dal  verbo  (amorevolmente, 
fortemente,  ecc.).  Di  tempo,  se  risponde  alla  do- 
mande: quando?,  in  qual  tempo?  (adèsso,  allora, 
ecc.).  -  Dubitativo,  se  indica  dubbio  (forse,  proba- 
bilmente». -  Interrogativo,  se  comprende  una  inter- 
rogazione (dove?)  -  Negativo,  quando  non  afferma 
(non).  -  Ordinativo,  se  indica  un  certo  ordine  pro- 
gressivo (secondariamente).  •  Relativo,  quando  |)uò 
essere  sostituito  da  un  complemento  in  cui  entri 
un  pronome  relativo  (Dove  sei?.  In  che  luogo  sei  ?). 
Modo  avverbiale,  locuzione  usata  come  avverbio 
(per  di  là,  per  ogni  dove,  sopra  pensiero,  ecc.). 

Particella  avverbiale,  monosillabo  che  si  usa  per 
avverbio  (ci,  vi,  ne,  ecc.).  -  Enclitica,  la  particella 
avverbiale  legata  alla  parola  che  precede  (andarri, 
starci,  ecc.).  -  Proclitica,  la  particella  avverbiale 
strettamente  legata  alla  parola  che  segue  (vi  andrò, 
ci  stetti,  ecc.).  -  Grado,  la  variazione  di  significato 
dovuta  a  un  paragone  o  comparazione.  Nell'avver- 
bio, i  gradi  sono  identici  a  quelli  dell'aggettivo 
Jualificativo.  -  Comparativo  di  maggioranza,  quando 
al  paragone  risulta  un  aumento  (più  velocemente); 


di  minoranza,  se  risulta  una  diminuzione  (meno 
attentamente);  di  uguaglianza,  se  non  v'e  aumento 
né  diminuzione  (  gentilmente  come).  -  Positivo, 
quando  manca  ogni  confronto  o  paragone  (gentil- 
mente). -  Superlativo  assoluto,  quando  il  significato 
è  elevato  al  grado  massimo  (facilissimamente).  - 
Relativo,  quando  il  grado  è  massimo  in  relazione 
a  un  numero  limitato  di  cose  simili  (il  più  velo- 
cemente). 

Awerdire  (avverdito).  Rivestire  di   verdura. 

Avversare,  avversario  (avversativo,  avver- 
sato). Detto  a  contrario  e  a  nemico. 

Avversativo.  Che  ha  o  impone  contrarietà, 
opjyosizione.  -  Termine  di  grammatica. 

Avversione.  Contrarietà,  odio,  aborrimento, 
ripugnanza,  per  cui  si  è  indotti  a  rifuggire  da 
persona  o  da  cosa. 

Avversità.  Avversa  fortuna. 

Avverso.  Ostile,  contrario. 

Avvertenza.  Ammonimento,  avvertimento;  Vav^ 
vertire.  -  Riflessione,  considerazione.  -  Atten- 
zione  diligenza. 

Avvertiihento.  L'avvertire. 

Avvertire  (avvertimento,  avvertito).  Ammo- 
nire, far  consapevole,  avvisare,  dare  avviso,  ho- 
nariamente,  di  errore  o  di  pericolo  (dar  1'  allarme, 
svegliare):  correggere,  consigliare,  esortare,  sugge- 
rire, indurre,  raccomandare;  fare,  rendere  avvisato; 
far  avveduto,  far  accorto.  -  Por  mente,  notare,  os- 
servare, far  osservazione,  far  attenzione. 

Avvertimento,  avvertenza,  considerazione,  ammo- 
nizione; ammonimento,  raccomandazione;  avviso, 
precetto,  memento,  memoriale;  consiglio,  istruzione, 
accenno,  cenno,  monitorio,  nuova.  -  Avvertitamente, 
con  avvertenza.  -  Avvertito,  chi  ebbe  un  avverti- 
mento. Anche,  accorto,  attento,  cauto,  sagace,  vigi- 
lante. -  Essere  sulla  buona  strada,  di  chi  ha  rice- 
vuto un  buon  avvertimento. 

Ammiccare  (ammiccamento),  accennare,  avvertire 
con  gli  occhi  o  con  certi  movimenti  del  viso.  -  Av- 
visare, dare  a  qualcuno  notizia  che  gli  serva  di 
regola.  -  Cerziorare  uno,  avvertirlo  coi  rammentar- 
gli quel  che  deve  tare  percliè  non  manchi. 

Mettere  sulla  buona  strada,  dare  buoni  avverti- 
menti. -  Predicare,  ammonire  enfaticamente,  con 
molte  parole. 

Dire  a  nuora  perchè  suocera  intenda,  ammonire 
uno  perchè,  intenda  un  terzo,  che  non  osiamo  ab- 
bordare direttamente.  -  Fare  intendere  a  uno,  av- 
vertirlo per  mezzo  di  terzi.  -  Tenere  per  detto,  di- 
chiararsi avvertito  abbastanza. 

Avvezzare,  avvezzarsi  (avvezzato,  avvezzo). 
Abituare,  abituarsi;  far  prendere  o  prendere  l'abi- 
tudine. 

Avviamento.  Primo  andamento:  detto  special- 
mente di  a/fare,  di  aì'te,  di  bottega. 

Avviare,  avviarsi  (avviato).  Far  andare,  in- 
cominciar a  camminare,  indirizzarsi  a  un  luogo. 
-  Dar  principio  ad  una  cosa.  -  Mettere  sulla  strada 
d'un  lavoro,  d'una  faccenda  d'arte,  ecc.  -  Mandare 
innanzi  un  a/fare,  un'impresa  d'arte  o  di  me- 
stiere, re.=;ercizio  d'una  bottega  e  simili.  -  Ac- 
cendere il  fuoco.  -  Manitnettere  una  botte. 

AvA'iatòra.  Operaia  che  lavora  nella  tessitura. 

Avviatura.  Primo  giro  della  calza  o  d'altro 
lavoro  a  maglia. 

Avvicendamento.  Il  cambiare  a  vicenda.  - 
Lavoro  di  agricoltura:  ruota,  vicenda,  giro  delle 
coltivazioni. 


AVVICENDARE    —    AVVISO 


217 


Avvicendare,  avvicendarsi  (avvicendalo).  Al- 
ernare,  cambiare,  alternarsi,  succedere. 

Avvicinamento.  L' avvicinare  e  l'avvici- 
narsi. 

Avvicinare,  avvicinarsi  (avvicinamento,  av- 
vicinato). Fare  o  farsi  vicino;  accostare,  appres- 
sare, approssimare;  accostarsi,  appressarsi,  acce- 
dere, ecc. 

Awlg^nare  {avvignato).  Coltivare  a  vigna,  pian- 
tare la  vite. 

Avvilimento.  Uavvilii'e  o  l'avvilirsi 

Avvilire,  avvilirsi  {avvilimento,  avvilitivo,  av- 
vilito). Deprimere,  titniliare;  deprimersi,  umi- 
liarsi, -  Rendere,  rendersi  vile.  -  Sgomentare,  sgo- 
mentarsi, destare,  aver  paura.  -  Diminuire  di 
pregio,  di  valore.  -  Togliere  dignità,  impor- 
tanza: degradare,  degradarsi;  mettere  in  basso, 
demoralizzare,  invilire;  menomare,  svilire;  abbas- 
sare, sbassare,  stenuare;  prosternare,  prosternere; 
illuidire,  profanare,  prostituire. 

Avvilimento,  l'avvilire  sé  stesso  o  altri  ;  qualità 
di  chi  0  di  ciò  che  è  vile  :  abbiettezza,  abbiezione; 
abbassamento,  degradamento,  degradazione;  proster- 
nazione, prostituzione.  -  Abbandono,  scoramento, 
perdita  di  coraggio. 

Avvilirsi,  accasciarsi,  demoralizzarsi,  scoraggiarsi; 
piegarsi,  ripiegarsi;  abbiettarsi,  abbiosciarsi,  proster- 
narsi ;  buttarsi  giù,  cascar  morto;  confondersi,  per- 
dersi; abbandonarsi,  mancare;  smarrirsi;  diventar 
piccin  piccino;  perdersi  in  un  bicchier  d'acqua. 
-  Cader  l'animo  o  cadere  d'animo,  perdere  il  corag- 
gio; cascar  le  braccia  e  l'ovaia;  cascare  il  fiato,  il 
fegato,  la  milza  e  le  budella;  cascar  la  coratella.  - 
Farsela  sotto.  •  Sdarsi,  dar    giù   d'animo. 

Avvilitivo,  atto  ad  avvilire. 

Avvilito,  atterrato,  reietto,  demoralizzato,  dimesso, 
inabissato,  scaduto;  abbacchiato,  abbattuto;  disfatto, 
sfitto;  prosternato.  -  Lnpecorj^o,  ridotto  pecora,  pau- 
roso, scorato.  -  Mogio,  timido,  dimesso. 

Avviluppare,  avvilupparsi  {avviluppamento, 
avviluppato).  Far  viluppo,  avvolgere,  avvolgersi 
confusamente.  -  Confondere  far  confusione,  in- 
trigo, imbroglio. 

Avviluppata.  Moto  confuso  di  popolo:  tu- 
niulto. 

Awiluppatura.  Detto  a  confusione. 

Avvinare  {avvinato).  Far,  col  vino,  perdere 
l'odore  del  legno  ad  una  botte  o  ad  altro  vaso.  E 
avvinato  dicesi  quindi  di  vaso  in  cui  sia  stato  il 
vino. 

Avvinazzare,  avvinazzarsi  (avvinazzato). 
Veggasi  ad  ubbriachezsa. 

Avvincere  (avvito).  Avvolgere,  legare. 

Awincidire  {avvincidito).  Detto  a  molle. 

Avvincigliare  (avvincigliato).  Il  legare  e  lo 
stringere  insieme. 

Avvinghiare  (avvinghiato).  Modo  di  strin- 
gere, di  legare. 

Avvinghiarsi.  Modo  di  attaccarsi  fortemente: 
veggasi  ad  attaccare. 

Avvinghiato.  Detto  a  braccio. 

Avvisàglia.  Scaramuccia,  combattimento  di 
pochi. 

Avvisare  (avvisato).  Dare  annunzio,  avviso; 
recare  notizia,  far  sapere,  significare.  -  Ammonire, 
avvertire.  -  Reputare,  stimare,  credere. 

Annunziare,  dare  avviso  di  qualche  cosa  d'una 
certa  importanza:  informare;  render  noto,  significare, 
partecipare;  rendere  edotto,  mandar  detto;  dar  lin- 
gua, esser  tromba,   mettere    negli  orecchi.  -  Diffi,- 


dare,  avvisare  pubblicamente  di  cosa  che  importa 
a  qualcuno,  che  non  possa  poi  scusarsi  col  dire 
che  non  la  sapeva.  -  Enunciare,  enunziare,  dire, 
pronunziare,  annunciare  un  fatto. 

Indire,  annunziare,  bandire  un  concorso,  una 
gara  e  simili.-  Prevenire,  far  sapere  in  antecedenza. 
-  liiportarc,  riferire,  recare  un  avviso,  un'ambasciata, 
una  notizia,  ecc.  -  Ravvisare,  riavvisare',  riammo- 
nire, riavvertire:  nuovamente  avvisare.  -  Subavvi- 
sare, avvisare  di  soppiatto. 

Avvisatore,  annunziatore,  nunciatore,  notificatore, 
ambasciatore,  araldo,  foriere:  chi  o  che  annunzia, 
avvisa.  Figur.,  tromba. 

Essere  avvisato:  aver  notizia,  avere  intesa, ave- 
re spia;  sapere;  venire  a  notizia.  -  Proverbi:  Uomo 
avvisato,  m^zzo  salvato;  uomo  avvertito,  mezzo  mu- 
nito; cosa  prevista,    mezzo  provvista. 

Avvisatore.  Nome  di  parecchi  istrumenti  fatti 
per  dare  avviso  in  caso  di  incendio,  di  fuga  di 
un  gas,  e  simili,  di  livello  d'acqua,  ecc.  Molti  sono 
elettrici,  cioè  forniscono,  mediante  elettricità,  segni 
convenzionali.  Tali  sono  gli  avvisatori  ferroviari, 
gli  avvisatori  tecnici,  quelli  sismici,  telefonici,  ecc. 

Avviso.  Annunzio,  notizia  sommaria  che  si 
dà  ad  altri  intorno  a  tatto  o  cosa  qualsiasi,  per  nor- 
ma :  avvertenza,  avvertimento,  accenno,  cenno, 
monitorio,  nuova,  nunziazione,  richiamo,  ricordo, 
notificazione,  partecipazione;  notilicamento,  novella. 
Anche  credenza,  parere,  opinione.  Nel  primo  caso, 
l'avviso  può  essere  lieto  o  funesto^  inaspettato  o  pre- 
veduto, sperato  o  temuto,  ecc.  -  Avviso  ufficiale, 
quando  emana  dal  governo,  da  un'autorità,  da 
un  corpo  legalmente  costituito. 

Avviso.  Foglio  che  si  affigge  o  si  manda  in 
giro  per  pubblicare,  ossia  dare  al  pubblico  qual- 
che notizia,  per  richiamarne  l'attenzione  su  alcun- 
ché; invitare  ad  adunanza;  celebrare  un  fatto;  fare 
propaganda  in  tempo  di  lotta  elettorale  ;  far  cono- 
.scere  ordini  o  disposizioni  delle  autorità;  annunciare 
feste,  spettacoli  pubblici,  ogni  cosa  insomma  che 
possa  interessare  la  popolaziione  di  un  luogo,  anche 
in  materia  di  commercio,  di  industria  e  simili: 
avvisi  reclame.  Anche,  annuncio,  pubblicazione,  a 
pagamento,  in  un  giornale,  -  Mezzo  generico  di 
pubblicità.  -  Affisso,  foglio  di  carta  scritto  o  stam- 
pato, e  munito  di  bollo,  che  si  espone  in  luogo 
pubblico,  recando  un  annuncio,  un  decreto,  un 
ordine  dell'autorità,  ecc. 

Bando,  editto,  avviso,  ordine,  che  emani  da 
un'autorità.  -  Bollettino,  6«//eWmo,  annunzio  al  pub- 
blico sull'andamento  di  un  fatto  in  corso  odi  una 
serie  di  fatti  interessanti. 

Cartella,  cartello,  cartellone,  manifesto,  avviso  di 
teatro  e  simili,  per  lo  più  foglio  stampato  a  grandi 
caratteri.  -  Cartello  di  cortesia,  avviso  manoscritto 
0  a  stampa,  che  si  affigge  in  luoghi  pubblici,  per 
promettere  una  ricompensa  (moneta  di  cortesia)  a 
chi  riportasse  cosa  smarrita  :  mancia. 

Diffida,  avviso  di  diffidare,  intimazione:  atto  col 
quale  si  dà  ad  altri  formale  avviso  che  si  intende 
valersi  di  un  determinato  diritto  a  non  riconoscere 
le  operazioni  di  un  terzo.  -  Enunciazione,  termine 
letterario  per  avviso. 

Manifesto,  avviso  messo  in  pubblico  per  manife- 
stare cose  che  lo  riguardano.  -  Notificazione  a 
stampa,  bando,  avviso. 

Partecipazione,  notificazione,  comunicazione,  av- 
viso (di  nozze,  di  morte,  di  nascita),  ecc.  -  Preav- 
viso, il  fatto  e  il  foglio  che  l'annunzia.  -  Program- 


218 


AVVISTARE   —    AVVOCATO 


ma,  avviso  o  scritto  che  si  distriljiiisce  coi  parti- 
colari relativi  a  qualche  cosa  da  farsi. 

Segno,  avviso  dato  con  segnale. 

Affìggere,  attaccare,  affissare  in  pubblico  fogli, 
avvisi  0  simili  :  pubblicare  per  via  di  affissione  ai 
muri,  alle  cantonate;  incollare,  appiccicare  gli  af- 
fitti, eli  av\isi,  i  manifesti.  -  Attacchino,  chi  affigge 
avvisi  sui  muri. 

Avvistare  {avvistato).  Misurare   con  la  vista. 

-  Rendere  vistoso,  richiamare  1'  attenzione,  lo 
sguardo.  -  Avvistato,  piacente,  bello  di  apparenza. 

"Avvitare  (avvitato).  Stringere  con  vite. 

Awitiechiare,  avviticchiarsi  [avviticchia- 
mento,  avviticchiato).  Girare,  avvolgere  o  avvol- 
gersi strettamente  intorno  ad  una  cosa.  -  Attaccare, 
attaccarsi  fortemente. 

Avvitire  {avvitito).   Piantar  vite. 

Avvivare,  awlvamento  (awtwato).  Dare  vi- 
vacità, vita,  forza. 

Awivatoio.  Strumento  da  doratore. 

Avviziare  {avviziato).  Rendere  vizioso,  far  pren- 
dere vizio. 

Awiizzlre,  awizzimento  (avvizzito).  Perdere 
la  freschezza,  la  bellezza,  diventar  vizzo,  ap- 
passire. 

Avvocata.  Detto  a  madonna. 

Awocatare,  awocatarsi  {avvocatalo).  Detto 
ad  avvocato. 

Avvocato.  Dottore  in  diritto,  in  giurisprudenza, 
abilitato  a  discutere,  trattare,  difendere,  patrocinare 
una  causa  davanti  a  un  tribunale.  Anche  chi,  abi- 
litato a  questa  professione,  non  l'esercita:  avvoca- 
tore,  difensore,  patrocinante,  patrocinatore,  patrono 
delle  cause.  -  Avvocatiiccio,  awocatùcolo,  avvocato 
da  poco;  ràbula,  avvocato  delle  cause  pèrse  o  spal- 
late. -  Avvocatone,  avvocato  valente,  di  grido,  rino- 
mato, celebre,  ricercato.  -  Avvocateria,  avvocatimc, 
l'insieme  degli  avvocati;  schiuma  d'  avvocati.  -  ^r- 
vocatessa,  la  moglie  dell'avvocato   (voce  scherzevole). 

Avvocature,  awocatarsi,  abilitare  o  abilitarsi  al- 
l'esercizio della  professione  di  avvocato.  -  fare  l'av- 
locato,  avvocare,  esercitare  l'ufficio  in  qualche  causa; 
difendere,  patrocinare,  perorare  ;  sostenere  la  causa. 

-  Avvocatesco,  di  avvocato;  avvocatorio,  curiale, 
forense,  togale  (voce  disusata).  -  Avvocatescamente, 
da  avvocato.  -  Avvocatura,  il  fare  l'avvocato:  la 
professione  di  avvocato:  avvocarla,  avvocazione, 
avvocheria  (voci  antiquate). 

Advocatys  Dei,  advocatus  diaboli,  i  due  oratori 
che  si  mettono  a  fronte  nelle  cause  di  canonizza- 
zione, nel  foro  ecclesiastico.  -  Attorney,  voce  in- 
glese che  significa  press'a  poco  come  procuratore 
presso  di  noi:  autorizzato  a  trattare  coi  clienti  e 
introdurli  e  assisterli  presso  un  barrister.  -  Ayoga- 
dnre  o  avvoqadore,  antico  magistrato  veneziano: 
fungeva  da  avvocato  e  da  giudice  del  fisco.^ 

Avvocato  concistoriale,  quello  che,  nell'aula  del 
Concistoro,  riferisce  al  papa  e  ai  cardinali  le  cose 
più  importanti  della  Chiesa.  -  Avvocato  consulente, 
o  consulente  senz'altro,  l'arvocato  e  il  procuratore 
che  assiste  col  proprio  consiglio  il  cliente  {coìisu- 
lenza  legale,  ufficio  di  avvocato  presso  alcune  am- 
ministrazioni). -  Avvocato  dei  poveri,  chi  patrocina 
gratuitamente. 

Avvocato  della  parte  civile,  chi  rappresenta  il  di- 
ritto di  terzi,  aventi  ragione,  in  confronto  della 
persona  o  delle  persone  contro  le  quali  si  svolge  un 
processo.  -  Avvocato  d'ufjìcÀo,  nominato  dal  Tribu- 
bunale.  -  Avvocato  erariale,  quello  che  in  una  liti; 
sostiene  le  ragioni  dell'erario,   cioè   delle   ammini- 


strazioni dello  Stato.  -  Avvocato  fiscale,  magistrato 
che  difende  la  causa  e  gli  interessi  del  Fisco,  ossia 
dell'erario  pubblico;  anche  l'avA'^ocato  che  sostiene 
l'accusa  presso  i  tribunali  militari. 

Azzeccagarbugli,  avvocato  poco  intelligente  e  poco 
scrupoloso,  facile  a  intrigare,  a  imbrogliare:  cava- 
locchio, mezzorecchi,  dottorello,  storcileggi  ;  leggiaiuolo, 
procuratore  da  muraglia.  A  Napoli,  Paglietta. 

Causidico,  chi  tratta  e  in  qualsiasi  modo  difende 
una  causa  giudiziale  (  V.  più  innanzi,  procuratore). 
Presso  i  Romani,  procurator.  -  Civilista,  l'avA'ocato 
che  si  applica  specialmente  alle  cause  civili,  o  ver- 
sato nel  diritto  civile.  -  Criminalista,  o  penalista, 
l'arv'ocato  che  si  applica  specialmente  alle  cause 
penali,  o  versato  nel  diritto  criminale. 

Legista,  chi  è  dotto  nella  scienza  delle  leggi  :  le- 
gale, giureconsulto,  giurisperito,  giurisprudente,  iu- 
rispcrito,  dottore  di  legge,  dottore  in  legge;  insti- 
tutista,  seguace  di  Temi,  togato.  -  Leguleio,  avvocato 
poco  sapiente  e  raggirone. 

Patronus,  l'avvocato  presso  i  Romani,  dalla  lex 
Cincia  obbligato  a  prestarsi  gratuitamente. 

Procuratore,  chi  rappresenta  altri  in  forza  di  pro- 
cura legale;  più  specialmente,  il  legista,  l'uomo 
della  legge  che  fa  ciò  per  professione,  sostenendo 
le  ragioni  dei  litiganti  davanti  a  certi  tribunali; 
causidico.  Non  può  esercitare  fuori  del  distretto 
in  cui  è  inscritto  e  non  può  accedere  alla  Cassa- 
zione. -  Ulema  l'uomo  della  legge   presso  i  Turchi. 

Funzioni  dell'avvocato.  Persone   e  cose  relative 

Cliente,  la  persona  che  ricorre  al  patrocinio  del- 
l'avvocato. -  Collegio  degli  avvocati,  dei  procuratori, 
il  loro  consorzio  per  la  tutela  degli  interessi  co- 
muni ;  l'insieme  di  alcuni  di  essi  che,  in  un  pro- 
cesso, costituiscono  la  difesa. 

Competenza,  il  compenso  dovuto  all'avvocato  per 
la  prestazione  del  suo  ufficio.  -  Conclusionale,  la 
relazione  scritta  che  l'avvocato  presenta  al  tribu- 
nale a  sostegno  delle  ragioni  addotte  a  favore  del 
cliente.  -  Consultazione,  la  domanda  del  cliente  e 
la  spiegazione,  il  parere  che  dà  l'avvocato  in  mate- 
ria di  giurisprudenza. 

Difesa,  l'arringa  che  l'avvocato  pronuncia  da- 
vanti al  tribunale,  per  scagionare  o  attenuare  le 
colpe  ascritte  Silì' imputato.  Nell'uso,  anche  l'avvocato 
0  gli  avvocati  difensori  (Nel  primo  caso,  difesa 
bella,  brillante,  calorosa,  efficace,  eloquente,  forte, 
stringente;  ampollosa,  debole,  fiacca,  magra,  retòrica, 
slombata,  spallata,  ecc.). 

Laurea,  la  dignità  dottorale  o  il  conferimento  del 
dottorato:  dopo  di  che  il  laureato  deve  fare  la  pra- 
tica (durante  un  lasso  determinato  di  tempo)  per  ave- 
re, dopo  altro  esame,  il  diritto  al  titolo  di  avvocato. 

Ordine  degli  avvocati,  l'insieme  degli  a^'^focati 
inscritti  nel  ruolo  dei  tribunali. 

Parcella,  la  nota  delle  spese  e  delle  competenze 
che  l'avvocato  presenta  al  cliente.  -  Patrocinio,  di- 
fesa fatta  da  un  avvocato  in  giudizio.  -  Patrocinio 
grattato,  la  difesa  che  un  avvocato  assume,  senza 
compenso,  per  delegazione  del  tribunale. 

Qmtalizio,  il  patto  col  quale  il  cliente  promette 
all'avvocato  parte  dell'oggetto  della  causa,  se  vin- 
cerà. -  Studio,  l'ufficio  dell'avvocato.  -  Toga,  l'abi- 
to lungo  degli  avvocati  e  dei  giudici  nei  tribunali. 

Yves  Hélory,  santo,  patrono  degli  avvocati. 

Entrare  in  magistratura:  (]\  un  avvocato  che 
entra  nella  carriera  giudiziaria. 


AVVOLGERE   —   AZIÓNE 


219 


Locuzioni,  proverbi  —  La  penna  fi  eli' avvocato  è 
un  coltello  di  vendemmia.  —  L'avvocato  d'ogni  sta- 
gione miete  e  d'ogni  tempo  vendemmia.  -  Le  vesti 
degli  avvocati  son  foderate  dell'ostinazione  dei  liti- 
ganti -  Le  liti,  le  questioni  sono  il  carnevale  degli 
ar'vocati. 

ATTÒlgrere  (avvolgimento,  avvoltò).  Volgere,  in- 
volgere, ravvoli-'ere  una  cosa  in  sé  o  intorno  a 
un'altra:  avvolgolare .  a'v^oltare,  avvolticcliiare  : 
avvoltolare,  accartocciare,  aggomitolare,  attorcere; 
ripiegare  in  giù.  -  Contrario:  svolgere,  svoltolare,  sgo- 
mitolare, ecc. 

Avvolgimento,  l'avv'olgere  e  anche  l'effetto  di  tale 
operazione  e  l'aA^olgersi  ;  la  figura  della  cosa  av- 
volta: avvoltarnento.  inlrecciamento,  rigiro,  ripie- 
gnmento  in  giro;  di  via  e  di  strada,  giravolta; 
ritorcimento,  ritorcitura;  ritorta,  ritortola;  abballot- 
tamento,  avviluppamento,  ravviluppamento.  -  j46òaY- 
linare,  veggasi  a  letto.  -  Abballottare,  volgere  qua  e 
In  una  cosa  qualsiasi  come  una  pallottola.  -  Abba- 
tìiffolare,  avvolgere  a  batuffolo,  a  piccola  massa  :  di 
una  o  più  cose  avvolte  insieme. 

Accartocciare,  avvolgere  o  avA'olgersi  a  forma  di 
cartoccio.  Accartocciamento,  il  fatto;  accartocciatura, 
l'offetto.  -  Accavigliare,  distendere  e  avvolgere  seta, 
0  altre  cose  filate,  intorno  alla  caviglia.  -  Acchioc- 
ciolare, avvolgere  a  guisa  di  chiocciola. 

Affagottare,  affardellare,  avvolgere  in  fagòtto,  in 
fardello,  in  involto.  -  Aggomitolare,  avvolgere  a 
gomitolo:  raggomitolare.  -  Aggrovigliare,  aggrovi- 
gliarsi, avvolgere,  avvolgersi,  ritorcere,  ritorcersi 
su  sé  stesso  (propriamente  del  filo)  :  raggrovigliare. 

Allucignolare,  aA^olgere  a  guisa  di  lucignolo, 
cioè  delie  fila  di  bambagia  che  si  mettono  nella 
lucerna  o  nella  candela  per  appiccarvi  il  fuoco  e 
far  lume.  -  Ammatassare,  avvolgere,  ravvolgere  a 
guisa  di  matassa.  -  Arrotolare,  avvolgere  a  forma 
di  rotolo  :  awogolare,  r  tolare. 

Attòrcere,  avvolgere  con  forza  e  a  spire  una  cosa 
in  sé  stessa  o  più  cose  insieme.  -  Attorcigliare,  at- 
tortigliare,, SLWolgeTe  ripetutamente,  a  più  doppi.  - 
Avviluppare,  avvolgere  confusamente,  far  viluppo 
di  checchessia:  abballare,  abballottare,  affagottare, 
affardellare;  avvoltare,  involgere,  ravviluppare;  in- 
voltigliare,  rav^'iluppare,  rinvoltare.  -  Avviluppaiura, 
lo  stato  di  cosa  avviluppata. 

Avvincere,  avvolgere  una  cosa  intorno  ad  un'altra. 

Avviticchiare,  avvolgere  una  cosa  strettamente  in- 
torno a  checchessia. 

AvTolgolare,  avvolgere  alla  meglio  o  alla  peggio. 
-  Avvoltare,  avvolgere  con  intensità.  -  Avvolticchiare, 
avvolgere  intorno  intorno  a  più  doppi.  -  Aoto/Zo- 
l'o re,  avvoltare  ripetutamente. 

Coinvolgere,  avA'olgere  insieme.  -  Fasciare,  avvol- 
gere con  fascia.  -  Imballare,  avviluppare  la  roba 
che  si  vuole  trasportare.  -  Implicare^.  a^Tolgere,  in 
senso  figurato. 

Incartare,  rinvoltare  in  una  carta.  -  Inviluppare, 
avvolgere  più  volte.  -  Involgere,  metter  dentro  carta, 
panno  o  simili,  ripiegato  più  volte  o  accartocciato: 
involtare,  rinvoltare.  -  Ravviluppare,  rinforza  a^Tilup- 
pare.  -  Ravvoltolare,  frequentativo  di  ravvolgere.  - 
Ravvolgere,  rinforza  involgere  e  avvolgere.  -  Riav- 
volgere, ripete  avvolgere.  -  Riavvoltare,  ripete  e  rat- 
forza  avvoltare.  -  Rinvtluppare,  ripete  e  rafforza 
inviluppare.  -  Rinvolgere,  rafforza  involgere.  -  Rin- 
voltare, avvolgere  alla  meglio  o  alla  lesta. 

Avvolgersi,  arsilupparsi,  accartocciarsi,  attorti- 
gliarsi, torticchiarsi,  avviticchiarsi,  ecc.  -  Av^-olto- 
ìarsi,  volgersi  su  sé   stesso,   o    avvolgersi   in   una 


detfrminata  materia:  involgersi,  voltolarsi,  rotolarsi, 
rivoltolarsi,  avvilupparsi. 

Avvolto,  involto,  involuto,  abballato,  abbattuffo- 
lato,  accartocciato,  accavigliato,  acchiocciolato,  affa- 
gottato, aggomitolato,  ammatassato,  avvoltato,  avvol- 
tolato, attorto,  tortiglioso. 

Alla  baiale,  alla  barullè,  avvolto,  avvoltolato. 

Batùffolo,  piccola  massa  di  cose  ravvolte  insieme. 
-  Cércine,  ravvolto  di  panno  a  guisa  di  cerchio.  - 
Inviluppo,  l'avviluppare  e  la  cosa  avviluppata.  - 
Rotolo,  cosa  avvolta  cilindricamente.  -  Spira,  curva 
che,  partendo  da  un  punto  fisso,  si  avvolge  in- 
torno, allontanandosi  sempre  da  esso.  -  Volgolo, 
cosa  rinvolta.  -  Volume,  di  cose  che  s'avvolgono  in 
abbondanza  (es.,  volume  di  capelli). 

AvTolginaento.  Atto  ed  effetto  delYavvolgere 
0  dell'avvolgersi.  -  Intreccio  o  sinuosità  di  via  con 
via,  di  strada  con  strada. 

Awolpacchiare  (avvolpacchiatoj.  Aggirare, 
trarre  in  inganno. 

Avvoltare  [avvoltarnento,  avvoltato).  Detto  ad 
avvolgere. 

AvTolticchiare  (avvolticchiato).  Veggasi  ad 
avvolgere. 

Avvoltolo  (avoltoio).  Grosso  uccello  di  rapina: 
grifone.  -  Condore,  grande  avoltoio  della  Ande. 

Avvoltolare  (avvoltolato).  Detto  ad  avvolgere 
e  a  travolgere. 

Azalèa.  Fiore  di  primavera. 

Azienda.  Qualunque  amministrazione:  eser- 
cizio. 

Azimut  (azimutale).  Veggasi  ad  astro. 

Azionare  (azionalo).  Francesismo:  detto  a  moto. 

Azióne.  Operazione  di  qualsiasi  agente  naturale, 
e  più  specialmente  dell'uomo:  Vagire,  il  fare; 
il  fatto  dell'agire,  serie  di  atti;  il  modo  e  l'essenza 
Aé[V  operare  :  operamento,  operato,  operazione, 
imjtresa;  processo,  progresso.  -  Incoativo,  clie 
esprime  il  principio  di  un'azione.  -  Opeì'a,  efl'etto 
dell'azione. 

Azioni  di  persona  per  sé  stessa:  il  modo  di  con- 
dursi, di  governarsi,  di  fare,  sia  nella  vita,  sia 
nelle  facende  :  condotta.  -  Azione  di  persona  per 
sé  stessa  e  verso  altri:  modo  di  comportarsi,  ma- 
niera di  trattare:  contegno,  maniera. 

Azioni  buone:  quelle  suggerite  dalV affetto,  dalla 
benevoletiza,  dal  sentimento  di  giustizia,  dalla 
onestà,  dalla  stima,  dalla  pietà,  dalla  filantro- 
pia, dalla  virtit  dagli  impulsi  della  coscienza. 
Tali  Vaiato,  la  beneficenza,  la  generosità,  il 
perdono,  tutte  le  azioni  che  arrecano  onore  e 
meritano  lode,  talvolta  j^remeo,  ricompensa;  quelle 
altresì  a  favore  di  persona  o  di  cosa  degna,  o  co- 
munque, hanno  pei  effetto  il  bene. 

Azioni  cattive:  quelle  suggerite  da  animo  cattivo, 
da  gelosia,  da  invidia,  da  odio,  da  ira,  da 
ogni  violenta  passione,  e  da  ogni  sorta  di  vizio. 
Tali  la  calunnia,  Vingiuria,  Voffesa,  la  mal- 
dicenza, il  delitto  d'ogni  natura  e  ogni  cosa 
vile:  tutte  le  azioni  che  arrecano  disonore,  infa- 
mia, vergogna,  più  o  meno  meritando  castigo; 
quelle  altresì  che  apportano  danno,  che  sono 
causa  di  male. 

Azioni  di  moto:  Vabbassarsi,  Valzarsi,  Van- 
dare,  il  ballare,  il  camminare,  il  correre, 
il  salire,  lo  scendere;  il  trasportare,  il  sal- 
tare, il  viaggiare,  il  volare,  ecc. 

Azioni  intellettive:  quelle  che  l'uomo  compie  con 
V intelletto,  con  la  mente,  con  V anima. 

Azioni  materiali:  tutte  quelle  che  l'uomo  compie 


AZIO?fE   —   AZZOLLATO 


con  la  mano,  col    braccio.  Le    azioni  deWani- 
male. 

Azioni  morali:  quelle  del  modo  di  vivere  e  di 
agire;  del  cofitume. 

Azioni  negative:  quelle  che  non  hanno  alcun  ef- 
fetto 0  non  arrecano  alcun  utile.  Tali  anche  lo 
astenersi,  lo  stare  in  ozio,  il  tacere,  in  talune 
circostanze,  talvolta  il  rifiuto,  ecc. 

Azioni  positive  quelle  che  con  sé  portano  i  fatti 
necessari  al  raggiungimento  di  uno  scopo.  Tutte  le 
maniere  di  fare. 

Azioni  ridi'iole,  quelle  che  mancano  assolutamente 
di  serietà. 

Azioni  violente:  l'assalire,  Y assaltare,  il  bat- 
tere, il  colpire,  il  ferire,  Vuccidere;  il  distrug^ 
gere,  il  rovinare,  ecc. 

Alto,  principio  d'operazione,  d'azione,  qualunque 
operazione  di  cui  l'uomo  sia  consapevole.  Anche  azio- 
ne rapida  che  rivela  un  sentimento:  atto  di  rabbia, 
di  sdegno,  di  terrore;  mossa,  cenno,  gesto.  -  Ge- 
sta, dicesi  di  azioni  memorabili.  -  Iniziativa, 
azione  che  si  fa  per  un  impulso  spontaneo. 

Operato,  opera  morale,  azione.  -  Reazione,  azio- 
ne di  un  corpo  sopra  un  altro:  termine  di  fisica. 
■  In  materia  politica,  avversione  alla  libertà. 

Actum  agere,  ripetere  un'azione  inutilmente. 

Al  fatto:  nell'azione,  alla  prova,-  in  pratica,  al- 
l'atto pratico;  al  cimento,  all'ergo,  all'esperimento, 
al  martello.  -  Auto,  prefisso  che  si  trova  in  gran- 
dissimo numero  di  parole,  specialmente  neologiche, 
e  si  presta  egregiamente  a  formare  tutte  quelle 
voci  che  vogliono  indicare  cose  la  cui  azione  si 
sviluppa  da  forze  interne  o  congenite  o  apparen- 
temente tali. 

Azione.  Soggetto  o  condotta  di  un  componi- 
mento epico,  drammatico,  ecc.:  veggasi  a  drnin- 
tnatica  e  a  letteratura.  -  Modo  col  quale  un 
attore  recita  o  un  oratore  fa  la  sua  perorazione. 
-  iPartecipazione  in  una  società,  -  Termine  di  filo- 
sofia: contrario  di  passione.  -  Termine  di  giu- 
risprudenza indicante  ragione,  diritto.  -  Azione 
civile,  domanda  giudiziale  con  cui  si  chiede  al 
giudice  civile  o  a  quello  penale  la  tutela  di  un  in- 
teresse civile. 

In  fisiologia,  la  parola  azione  indica  tutti  i  feno- 
meni generali  d'innervazion*^,  che  [hanno  una  ma- 
nifestazione visibile  di  natura  centrifuga.  Più  gene- 
ralmente, si  adopera  la  parola  azione  per  esprimere 
l'influenza  o  gli  effetti  spiegati  da  un  agente  qual- 
siasi. Così  si  hanno  azioni  fisiologiche,  terapeutiche, 
chimiche,  fisiche  e  meccaniche. 

Azionista.  Chi  possiede  azioni  di  una  società. 

Azocoloranti.  Veggasi  a  colorante. 

Azoderivato.  Detto  ad  azoto. 

Azoico.  Termine  di  geologia.  -  Composti  azoici. 
composti  aromatici  che  nella  loro  molecola  hanno 
un  gruppo  di  due  atomi  d'azoto  uniti  da  doppio 
legame. 

A  zonzo.  Modo  di  andare. 

Azoospermia.  Detto  a  spenna. 

Azotato.  Veggasi  ad  azoto  e  a  nitrato,  -  A- 
zotato  alimento,  l'albuminoide. 

Azotico    {acido).  Veggasi  a  nitrico. 

Azoto.  Gas  elementare,  incoloro,  inodoro,  insi- 
pido, che  si  trova  libero  nell'aria  atmosferica, 
nella  proporzione  dei  quattro  quinti  del  volume 
totale,  in  forma  di  ammoniaca,  di  nitrati  e  di 
nitriti  (  detti  anche  azotati  e  azotiti  )  e  come 
elemento    importantissimo  di    molte    sostanze    or- 


E ani  che.  Anticamente,  fu  confuso  con  l'acido  car- 
onico,  perchè,  come  questo,  spegneva  i  lumi  ac- 
cesi ed  asfissiava  gli  animali.  Detto  anche  alcali- 
geno,  aria  metifica,  gas  flogistico,  mofela  atmosfe- 
rica, nitrogeno,  septone.  Trovasi  nell'  ammoniaca 
e  nel  salnitro.  Nella  piatita  forma  un  costituente 
costante  degli  alhuminoidi  o  di  altri  principi  che 
passano  poi  a  formare  la  compagine  dei  tessuti 
animali.  Nelle  vie  aeree  e  nel  tubo  digerente,  tro- 
vasi libero  allo  stato  di  dissoluzione  o  in  combina- 
zione poco  slabile,  ed  entra  nella  costituzione  delle 
sostanze  proteiche  e  dei  loro  derivati.  I  composti 
dell'azoto  costituiscono  la  parte  attiva  del  concime. 
Franch  insegnò  ad  utilizzare  l' azoto  libero  dell'aria, 
ottenendo  da  esso,  in  combinazione  col  carbonio, 
la  calciocianamide,  sostituibile  all'energia   elettrica. 

Azoderivati,  composti  che  esprimono  il  termine 
intermedio  fra  i  nitro-derivati  e  gli  ammido-derivati 
e  si  formano  in  ispeciali  condizioni  di  riduzione 
dei  nitro-derivati  della  benzina  e  di  ammine  aro- 
matiche. Sono  esplosivi  e  danno  luogo  a  derivati 
che  sono  pregevoli  materie  tintorie.  -  Azotati,  i 
composti  dell'azoto  con  alcuni  metalloidi,  come 
l'ossigeno,  l'idrogeno,  il  carbonio,  ecc. 

Azotico  acido,  detto  volgarmente  acqua  forte  /veg- 
gasi a  nitrico  acido).  -  Azoturi  metallici,  composti 
prodotti  da  alcuni  metalli  con  l'azoto. 

Protossido  d'azoto,  o  gas  esilarante,  ossido  azotato, 
anidride  ipoazolala:  usato  come  anestetico. 

Azotometria,  l'insieme  di  manipolazioni  chimiche 
aventi  per  iscopo  la  determinazione  della  quantità 
di  azoto  contenuta  in  una  sostanza.  -  Azoturia, 
veggasi  ad  orina. 

Azolometri,  apparecchi  destinati  a  raccogliere  e 
misurare  l'azoto  che  si  sviluppa  allo  stato  di  gas 
nell'analisi  elementare  delle  sostanze  organiche. 
Anche  quegli  istrumenti  che  servono  a  misurare 
l'azoto  prodotto  in  una  reazione  entro  l'apparecchio 
stesso.  -  Ureometro,  veggasi  ad  orina, 

Azotometria,  azotòmetro.  Detto  ad  azoto» 

Azoturo  metallico.  Detto  ad  azoto, 

Azulina.  Veggasi  ad  azzurro. 

Azza.  Sorta  d'arme  in  asta. 

Azzampato.  Veggasi  a  cane  (da  caccia). 

Azzannare  {azzannamento,  azzannato),  lì  pren- 
dere e  lo  stringere  con  la  zanna. 

Azzardare  {azzardato,  azzardoso).  Mettere  a 
cimento,  a  rischio. 

Azzardo.  Prova  rischiosa,  pericolo,  cimento, 
rischio.  -  Maniera  di  giuoco. 

Azzardoso.  Detto  a  rischio. 

Azzeccagarbugli.  Detto  ad  avvocato. 

Azzeccare  {azzeccato).  Appiccare,  attaccare. 
-  Dare  un  colpo,  colpire.  -  Dar  segno,  indovinare. 

Azzeruola  {azzaróla).  Detto  a  ciliegia. 

Azzica  {azzicare).  Detto  a  caccia. 

Azzicare  {azzicato).  Far  nioti,  muoversi. 

Azzima,  azzimo.  Senza  lievito:  sia  pasta  o 
pane. 

Azziniare,  azzimarsi  {azzimato).  Maniera  ri- 
cercata di  vestire  o  di  vestirsi,  di  ornare  o  di 
ornarsi. 

Azzimólla.  Detto  a  pane. 

Azziniina  {azzimino).  Lavoro  di  intarsio. 

Azzimutte  {azzimuttalc).  Lo  stesso  che  azim,ut: 
veggasi'  ad  astro  e  ad  orizzonte. 

Azzittare  {azzittato).  Far  tacere. 

Azzittire,  azzittirsi  {azzittito).  Cessare  di 
parlare,  tacere. 

AzzoUato.  Reso  duro  a  modo    di  zolla. 


AZZOPPARE 


AZZURRO 


22i 


Azzoppare,  azzoppire  {azzoppimento,  azzop- 
pito). Rendere,  diventare  zojìpo. 

Azzufifare,  azzuffarsi  (azzuffamento,  azzuffato). 
Venire  a  rissa,  a  coìnbattitnento. 

Azzurrino.  Detto  ad  azzurro. 

Azzurrite.  Minerale  di  rame. 

Azzurro.  Aggiunto  di  colore  {blu,  dal  frane,  bleu) 
alquanto  più  pieno  del  cilestro  e  alquanto  meno 
del  turchino  ;  anche  la  materia  colorante  in  azzurro. 
E'  il  colore  del  cielo  e  uno  dei  sette  colori  di 
cui  è  composto  un  raggio  solare,  o  di  luce  bianca: 
uno  dei  corpi  primitivi  o  prismatici;  occupa  il 
terzo  posto  nell'ordine  di  rifrangibilità.  -  Come  co- 
lore araldico,  indicato  con  linee  orizzontali,  tirate 
dall'uno  allallro  lato  dello  scudo. 

Azznrrare  {azzurrato),  adornare,  rendere  azzurro, 
di  azzurro.  -  Azzurrarsi,  inazzurrarsi,  diventare 
azzurro,  inzaffirarsi.  -  Azzurreggiare  {azzurreggiante), 
pendere  nel  colore  azzurro. 

Azzurro  chiaro:  aerino,  azzurretto,  azzurricino, 
azzurriccio,  azzurrigno,  azzurrognolo;  celestino, 
cilestrino,  cilestro;  cerùleo,  cèrulo 

Azzurro  scuro,  cupo:  azzuòlo,  indaco,  turchinic- 
cio, turchino,  zaffiro. 

Sostanze  coloranti  in  azzurro 

Azvlina  o  azzurrina,  materia  colorante  azzurra 
che  deriva  dall'acido  fenico  e  dall'anilina:  polvere 
umorfa.  -  Azzurro  di  alizarina,  usato  per  la  tin- 
tura e  la  stampa  del  cotone  e  della  lana.  -  Azzurro 
di  anilina,  nome  generico  di  varie  sostanze  colo- 
ranti azzurre  derivate  dall'anilina  (azzurro  di  fuc- 
sina, bleu  alcalino,  opale,  di  china,  marino,  ecc.). 
-  AzzuiTO  0  bleu  di  antimonio,  polvere  azzurra,  si- 
mile aW oltremare.  -  Azzurro  di  antracene,  usato 
nella  stamperia  del  cotone,  -  Azzurro  di  Berlino,  o 
di  Prtissia,  azzurro  d'indaco,  a  riflessi  e  iridescente, 
rosso  color  rame. 

Azzurro    di    cobalto,  o  di  .  Tliénard,    bel    colore 


azzurro,  detto  anche  oltremare,  che,  alla  luce  arti- 
ficiale, appare  violetto.  -  Azzurro  di  cromo,  impor- 
tante nella  ceramica.  •  Azzurro  di  Francia  o  di 
Raipnond,  varietà  dell'azzurro  di  Berlino,  la  più 
pura  e  la  più  bella,  perchè  fabbricata  con  le  più 
grandi  cure. 

Azzurro  di  metilene,  usato  per  la  tintura  e  la 
stampa  del  cotone  e  del  lino;  in  medicina,  come 
antinevralgico,  ecc;  in  istologia  e  batteriologia,  come 
sostanza  colorante.  -  Azzurro  di  notte,  cosi  detto 
perditi  non  si  altera  alla  luce  artificiale  dei  lumi- 
mescolanza  di  azzurro  di  Berlino,  solubile  con  car- 
mino di  indaco.  Si  usa  per  teatri,  caffé,  ecc.  -  Az- 
zurro di  rame,  o  di  montagna,  costituito  dal  mine- 
rale chiamato  azzurrite:  detto  anche  azzurro  mi 
ìurale,  in/tese,  di  Amburgo,  di  Boemia,  ejc.  -  Az- 
zurro di  smalto,  usato  dai  pittori  antichi  per  or- 
nare vasi. 

Azzurro  reale:  nome  che  si  dà,  in  generale,  alle 
varietà  più  belle  di  colori,  come  !a  miglior  qualità 
di  smalto  e  di  smaltino,  1'  azzurro  di  Berlino,  ecc., 
nonché  ad  alcuni  colori  vegetali   e  di   anilina. 

Azzurro  stabile,  quello  per  la  stampa  dei  tessuti 
di  cotone  e  per  le  vernici- lacche  a  spirito. 

Azzurro  Urania,  per  la  tintura  della  lana  in 
turchino  cupo.  -  Azzurro  Vittoria,  usato  nella  tin- 
tura e  nella  stampa  del  cotone,  della  lana,  della 
iuta,   per  tinte  resistenti  alla  luce. 

Biadetto,  miscuglio  di  gesso  e  azzurro  di  Berlino: 
serve  ai  pittori.  -  Bleu  élétrique  (frane),  dicesi 
delle,  stoffe,  dal  colore  azzurro  cangiante.  -  Blew- 
marin,  colore  turchino  fondo  di  certe  stoffe:  in 
italiano,  azzurro  oltremarino  o  d'oltremare. 

Ceruleum,  prodotto  simile  all'azzurro  di  cobalto, 
che  mantiene  il  suo  bel  colore  azzurro  di  cielo 
anche  alla  luce  artificiale:  si  usa  specialmente 
nella  pittura  ad  olio  e  ad  acquarello  -  Mavì,  co- 
lore simile  all'azzurro,  ma  più  chiaro.  -  Oltremare, 
o  azzurro  Gìiinet,  azzurro  più  o  meno  intenso, 
secondo  la  quantità  dei  componenti. 


B.  Seconda  lettera  deWalfabeto. 

Babào  0  babàu.  Voce  usata  per  far  paura 
a!  bambino. 

Babbalèo.  Bàbbèo,  sciocco. 

Babbalòcco,  babbione.  Semplicione,  sciocco. 

Bàbbèo.  Babbione,  sciocco. 

Babbo.  Famigliarmente,  padre. 

Babbomorto  fa).  Maniera  di  fare  un  debito. 

Babboriveggoli  {andare  a).  Lo  stesso  che 
tvorire. 

Babbuasso.  Stolido,  sciocco. 

Babbuccia.  Sorta  di  calzutara. 

Babbuino.  Grossa  scimmia. 

Babele,    babilonia.  Luogo  di  confusione. 

Babirussa.  Pachiderme,  specie  di  maiale. 

Babordo.  Fianco  sinistro  d'una  nave. 

Bacalo.  Chi  ha  cura  del  baco  da  seta. 

Bacalare  (baccalare)  Detto  a  barbosàoro. 

Bacare  {bacamento,  bacato).  Essere  guasto  da 
bachi:  detto  dì  carne,  di  formaggio,  dì  frutta. 

Bacare  {bacato).  Lavoro  di  verniciatore. 


Bacato.  Detto  a  venne. 

Bacca.  Il  frutto  dì  alcuni  alberi  o  frutici,  U- 
sate  in  medicina  le  bacche  di  ginepro  e  di  lauro. 

Baccalà.  Nome  dato,  in  molte  regioni  d'Italia, 
al  merluzzo  essiccato. 

Baccalaro.  Veggasi  a  vetturale. 

Baccalaureato.  Detto  a  laurea  e  a  studente. 

Baccanale.  Festa  di  Bacco. 

Baccano.  Strepito,  rumore,  fracasso,  chiasso, 
frastuono,  buscherio,  strepito,  diavolio,  diavolerio.  - 
Baccanalia,  baccaneria,  voci  popolari  indicanti  ru- 
more di  gente  che  scherza,  ruzza  o,  come  che  sia, 
si  trastulla.  -  Bada-iella,  radunata  di  gente  assai 
rumorosa,  e  vale  anche  il  luogo  ove  la  gente  si 
raduna  per  far  baccano,  e  più  specialmente  osteria 
{baccaneggiare,  fare  il  baccano).  -  Badanai  e  bada- 
nanai, rumore  di  gente  che  chiacchiera  o  ruzza  ; 
frastuono,  ecc.  -  Baiata,  fischi,  rumore  per  disap- 
provazione. -  Bailamme,  e  a  Colle  di  VaiJelsa  Bi- 
ìiemme,  gran  fracasso  e  rumore  di  molta  gente 
raccolta  insieme:   derivato,    molto   probabilmente. 


999 


BACCANTE   —    BACILE 


dalla  voce  turca  Bairam,  indicante  gran  festa  o 
spettacolo  pubblico.  -  Brusio,  frastuono  di  molta 
gente  raccolta  e  operante. 

Cagnara  e  cagnaia  (da  cane),  confusione  di  di- 
versi strepiti  e  rumori,  frastuono. 

Cagnarolo  (senese),  che  fa  gran  rumore,  chias- 
sone." -  Diavoleto,  diavolio,  buggerio,  huacherio,  hur- 
burio,  dell'uso  lucchese,  rumore  grande. 

Frucio,  clamore,  rumore;  il  più  delle  volte  si 
accompagna  col  verbo  fare.  Lo  stesso  che  frtiscio. 
'  Furfantina,  strano  concerto  di  fischi,  urli  e  vari 
suoni  fatti  con  la  bocca,  usato  dai  ragazzi  per 
ischerno  d'alcuno,  onde  la  frase  sonare  la  furfan- 
tina ad  alcuno,  che  vale  schernirlo  con  questo 
mezzo. 

La  torre  di  Babele:  si  dice  di  un  luogo  di  fra- 
stuono e  di  confusione,  dove  l' uno  non  intende 
l'altro.  -  Patassio,  d'uso  comune  per  frastuono  di 
voci,  muoversi  di  persone,  ecc.  -  Putiferio,  baccano 
disordinato  di  persone,  che  fanno  un  gran  discor- 
rere 0  gridano  per  qualche  cosa. 

Termini  vari  :  bolli  bolli,  rumore,  tumulto.  -  Casa 
del  diavolo,  gran  baccano,  baccano  infernale.  -  Che 
babilonia  I  E'  una  babilonia,  si  ode  dire  continuamente 
a  significare  gran  disordine  e  confusione,  così  nelle 
cose  pubbliche  come  nelle  private.  -  Fu,  fu,  subbuglio 
sommossa.  Il  fu  fu  è  in  ciò  differente  dal  bu,  bu, 
che  questo  accenna  sospetto  di  prossima  sommossa, 
quella   subbuglio  già  accaduto. 

Modi  di  dire:  Far  cagnara,  mettere  a  rumore  un 
luogo,  attaccando  briga.  -  Fare  la  baiata  o  l'abba- 
iata, l'abbaione  o  il  baione,  e,  anticam.,  dal  popolo 
fiorentino  far  le  baie,  si  fa  dai  ragazzi  cacciando 
fuori  la  voce  con  forza  e  battendosi  o  no  le  mani 
sulla  bocca  per  beO'are  altrui  e  schernirlo.  -  Fare 
un  ghetto  o  ghettume,  si  dice  quando  molti  insie- 
me vogliono  dire  il  fatto  loro,  onde  fanno  una  con- 
fusione, come  sembra  quella  degli  ebrei  quando 
cantano  nelle  loro  scuole.  Dicesi  anche  fare  una 
sinagoga. 

Gorgogliare,  e,  meno  usato,  gargagliare,  fare  stre- 
pito con  canti,  voci,  grida  o  simili,  in  modo  che  si 
oda  la  voce  ma  non  si  distinguano  le  parole. 
-  Gargagliata,  voce  poco  usata,  rumore  che  fanno 
molti  parlando  o  cantando  insieme.  -  Mettere  il  cam- 
po a  rumore,  sollevar  tumulto.  -  Non  siam  mica 
in  piazza,  s'usa  a  significare  che  non  siamo  in 
luogo  ove  sia  lecito  far  rumore.  -  Sonar  le  tabelle 
dietro  ad  alcuno,  vale  dirne  male,  sbeffarlo,  dargli 
la  baia  chiassosamente. 

Baccante.  Secerdotessa  di  Bacco. 

Baccarat  (baccarà).  Giuoco  di  carte. 

Baccaro.  Erba  detta  anche  asero:  fa  un  fiore 
colore  celestino  in  forma  di  campanellini,  cono- 
sciuto sotto  il  nome  di  specchio  di  Venere,  e  indica 
adulazione. 

Baccellaio  {baccellino ì.  Veggasi  a  legume. 

Baccellierato,  baccelliere.  Detto  ad  acca- 
demia e  a  studente. 

BacceUino.  Detto  a  tegiime. 

Baccello.  Involucro,  buccia  di  legume.  - 
Guscio  nel  quale  è  chiuso  il  frutto  di  alcune 
erbe  o  piante. 

Baccellone.  Uomo  semplice,  sciocco. 

Baccheg-giare  ^  baccheggiato  ).  Far  gozzo- 
viglia. 

Bacchetta.  Mazza  sottile,  piccolo  bastone  per 
battere  panni  e  per  altri  usi;  bastoncello;  verga, 
verghetta.  verghella,  verghettina;    bacchettina,  bac- 


chetto, bacchettuzza;  mazzetta,  scamato  ;  mazzuola; 
fattorino.  -  Emblema  di  autorità,  di  comando,  di 
potere  in  un  magistrato  e  simili.  -  Verghetta 
adoperata   dal   direttore  d'un' orchestra:  battente. 

Scudiscio,  sottile  bacchetta.  -  Tirso,  bacchetta  cir- 
condata di  pampini,  d'uva  ed  edera,  con  una  pinna 
sulla  punta.  -  Vincastro,  bacchetta  dei  pastori. 

Bactromanzia .  divinazione  che  si  faceva  con 
bacchette. 

Bacchettare  (bacchettata,  bacchettato).  Battere 
con  la  bacchetta  panni  o  altro.  -  Vendere  a 
bassissimo  prezzo. 

Bacchetto.  Veggasi  a  bacchettagli  basimi  e. 

Bacchettone,  bacchettona  {bacchettonismo). 
Divoto,  ostentato,  bigotto. 

Bacchettoneria,  bacchettonismo.  Vegga.si 
a  bigotto. 

Bacchiare  (bacchiata,  bacchiato).  Detto  ad  ab- 
bacchiare.  -  Anche,  vendere  a  bassissimo  prezzo. 

Bàcchico,  bacchifero.  Di  bacco. 

Bacchillona,  bacchillone.  Donna,  uomo, 
di  grande  corpoi-afura,  ma  buono  a  poco. 

Bacchio.  Detto  a  bastone  e  a  pertica. 

Bacco.  Nell'antica  mitologia,  il  dio  del  vino: 
soprannominato  Dionisio,  Bassaréo  e  anche  Egobolo. 
perchè  gli  si  immolava  una  capra.  Era  simbolo 
della  forza  produttrice  traboccante  e  inebriante 
della  materia.  Immaginato  figlio  di  Giove  e  di  Se- 
mele;  rappresentato  assiso  su  d'un  gran  tino,  o  su 
un  carro  tirato  da  tigri,  da  linci  e  da  pantere,  ora 
con  una  tazza  in  una  mano,  e  nell'altra  un  tirso,  di 
cui  si  serviva  per  far  sgorgare  fonti  di  vino. 

Bacchico,  bacchifero,  di  Bacco,  appartenente  a 
Bacco.  -  Leneo,  Lenee,  soprannomi  di  Bacco  e  delle 
Baccanti. 

Ditirambo,  poesia  celebrante  le  gesta  di  Bacco  e 
il  vino.  -  Évoé,  acclamazione  che  si  faceva  a  Bacco. 

-  Itimbo,  canzone  e  danza  bacchica.  -  Obélias, 
pane  che  si  offriva  a  Bacco.  -  Palintocia,  seconda 
nascita  di  Bacco  quando  usci  dalla  coscia  di  Giove. 

-  Tirso  asta  attorcigliata  di  pampani,  o  di  fronde, 
di  edera,  usata  nei  baccanali. 

Feste  in  onore  di  Bacco:  le  Antestene;  le  Ascolie, 
nelle  quali  si  saltava  sopra  otri  ;  i  Baccanali;  le 
Dionisiache,  le  Nictelie,  feste  notturne  ;  le  Orgie,  e 
orgiasmo  le  loro  celebrazioni;  le  Irieteridi,  feste 
triennali  che  si  celebravano  sul  Citerone. 

Baccante,  sacerdotessa  o  ministro  di  Bacco:  se- 
guace di  Bacco,  bacca;  mimalnide  (portatrice  di 
corda).  Le  Baccanti  si  chiamavano  anche  Bassaridi, 
Mènadi.  -  Torcolanti,  i  sacerdoti  di  Bacco  -  Cobali, 
cattivi  geni  al  seguito  di  Bacco.  -  Perisfirio,  sorta 
di  fascia  del  piede,  usata  dalle  Baccanti.  -  Sileno, 
vecchio  satiro  ch'ebbe  cura  dell'infanzia  di  Bacco 
e  l'accompagnò  alla  conquista  delle  Indie  a  caval- 
lo d'un  asino. 

Bachèca.  Vetrina  di  bottega. 

Bacherozzo,  bacheròzzolo.  Piccolo  verm,e 
che  serve  per  la  pesca  all'amo. 

ÌBachicultore ,  bachicoltura .  Veggasi  a 
baco  da  seta. 

Baciabasso.  Riverenza  accompagnata  dall'atto 
di  deporre  un  bacio  sulla  mano. 

Baciamano.  Il  bacio  sulla  mano. 

Baciapile,  baciapolvere.  Detto  a  bigotto. 

Baciare,  baciarsi  (baciato).  Dare  un  bacio; 
darsi  dei  baci. 

Baciasanti.  Veggasi  a  bigotto. 

Bacile.  Vaso  di  forma  rotonda  e  di  materia 
varia:  bacino. 


223 


Bacillo.  Germe  infettivo;  microbo,  micròuio 
bacferio,  ecc. 

Bacinella.  Piccolo  vaso,  a  forma   eli  bacino. 

Bacinetto.  Cuffia  d'acciaio  :  antica  armatura. 

Bacino.  Vaso  rotondo  e  concavo,  di  metallo, 
di  terracotta  o  d'altra  materia;  più  comunemente, 
catino,  -  La  parte  più  bassa  e  concava  di  una 
valle  0  di  una  palude.  ■  Parte  di  un  porto.  - 
Termine  di  idraulica  e  di  geografia.  -  Dactm 
{pelvi),  in  anatomia,  parte  inferiore  del  tronco, 
che  contiene  la  estremità  del  tubo  di(j( reale  e  gli 
organi  genito-urinari  :  corrisponde  alla  parte  più 
bassa  della  cavità  addominale  e  del  sacco  perito- 
neale e  dà  attacco,  lateralmente,  alla  radice  degli 
arti  inferiori.  -  Grande  bacino,  lo  spazio  compreso 
fra  la  linea  addomino-pelvica  e  il  distretto  su- 
periore. -  Piccolo  bacino,  quello  che,  limitato  arti- 
iicialmente  in  alto  dal  grande  bacino,  mercè  il 
piano  del  distretto  superiore,  è  chiuso,  in  basso 
dal  distretto  inferiore,  che  è  occupato  dai  piani 
del  perineo. 

Si  distinguono  nel  bacino  nna,  parete  anteriore,  una 
posteriore,  due  laterali.  Il  bacino  del  maschio  con- 
tiene il  retto,  la  vescica,  gli  ureteri  (canali  del- 
l'orina), le  vescicole  seminali.  Il  bacino  della  fem- 
mina comprende:  il  retto,  la  vescica,  l'utero,  l'o- 
vaia, i  legamenti  e  gli  annessi  uterini.  -  Sotto  il 
riguardo  ostetrico,  il  bacino  si  divide  in  due  parti: 
grande  bacino,  o  bacino  addominale,  e  piccolo  bacino, 

0  bacino  perineale.  Quest'ultimo,  importantissimo 
nel  parto,  si  suddivide  in  distretto  superiore,  esca- 
vazione pelvica,  e  distretto  inferiore.  -  Ampio  dicesi 
il  bacino  caratterizzato  da  un'eccessiva  lunghezza 
di  tutti  i  suoi  diametri.  -  Cifotico,  deforme  per  ri- 
strettezza trasversale.  -  II  bacino  può  anclie  essere 
inclinato  o  deficiente.  •  Barrato:  il  bacino  quando 
il  pube  si  avvicina  aiVangolo  sacro-vertebrale,  oppu- 
re quando  la  sinfisi  pubica  ha  una  lunghezza  conside  - 
revole,  tale  da  diminuire  il  diametro  antero-posterio- 
re  del  distretto  inferiore.  -  Coxalgico  o  coxo-tnberco- 

1  ire,  il  bacino  contrassegnato  da  un  arresto  di  sviluppo 
di  una  delle  metà  del  sacro  e  della  parte  posteriore 
del  corrispondente  osso  iliaco.  -  Ubliquo-ovolare, 
bacino  che  presenta  anchilosi  completa  di  una  delle 
sinfisi  e  altre  anomalie.  -  Osteomalacic.o,  il  bacino 
caratterizzato  da  accorciamento  di  tutti  i  diametri 
del  distretto  superiore,  nel  senso  trasversale  e  obli- 
quo, e  da  altra  viziatura.  -  Rachitico,  il  bacino  che 
presenta  un  accorciamento  e  una  riduzione  di  tutte 
le  sue  parti.  -  Ristretto,  il  bacino  che  ha  deficienza 
di  sviluppo:  può  essere  ristretto  obbliqnam 'nte,  nel 
senso  antero-posteriore,  trasversalmente,  trasversal- 
mente con  sinostosi  delle  sinfisi  sacro-iliache,  ecc. 

Bacinetto  o  pelvi  renale,  dilatazione  deWuretere, 
che  trovasi  in  vicinanza  dell'ito  del  rene,  fatta 
dalla  fusione  dei  grandi  calici  renali  e  destinata 
a  raccogliere  1'  orina,  per  avviarla  nell'uretere 
Bacino  osseo.  Io  scheletro  del  bacino  rappresentato 
da  una  cintura  ossea,  composto  dalle  due  ossain- 
nominate  (ileo,  ischio  e  pube),  dal  sacco  incuneato 
fra  questo  e  dal  coccige 

Ciotola,  acetabolo,  o  cavità  dell'osso  del  bacino,  la 
cavità  nella  quale  entra  il  capo  del  femore.-  Esca- 
vazione pelvica,  tutto  quello  spazio  che  intercede 
fra  Io  stretto  superiore  e  l'inferiore.  -  Ileo,  le  due 
ossa  laterali  del  bacino.  -  Muscoli  del  bacino,  il 
grande  medio  e  piccolo  gluteo,  il  piramidale,  l'ottu- 
ratore interno  ed  esterno,  i  muscoli  gemelli,  superiore 
ed  inferiore,  e  il  quadrato  crurale.  -  Pelvi,  lo  schele- 
tro del  bacino.  -  Pelvico    asse,    la    linea   che  deve 


percorrere  il  feto  per  essere  espulso.  -  Psóas,  il 
muscolo  preloinbo  trocanterico,  che  piega  la  coscia 
sul  bacino  e  la  ruota  in  fuori  -  Pube,  l'osso  ante- 
riore, e  supcriore  del  bacino. 

Pelvimetria,  arte  o  l'atto  di  misurare  i  diametri 
del  bacino.  Si  fa  coi  pelvimetri,  o  anche  col  dito 
introdotto  in  vagina.  -  Pelvimetro,  strumento  (specie 
di  compasso)  per  misurare  i  diametri  diversi  della 
pelvi,  onde  conoscere  se  questa  è  bene  o  male  con- 
formata. 

Bacio.  L'atto  del  baciare,  il  che  si  fa  in  segno 
di  amore  e  di  riverenza:  ebbe  in  origine  carattere 
simbolico,  e  fu  poi  sempre  naturale  espressione  di 
affetto,  di  devozione  e  di  riverenza. 

Bacino,  piccolo  bacio  gentile:  dicesi  più  spesso 
di  quello  dei  bambini.  -  Baciucchio,  baciucchi,  mezzi 
baci  dati  in  fretta  e  quasi  affollati  da  tenerezza 
impaziente  e  talvolta  svenevole.  -  Bacione,  accr.  di 
bacio:  bacio  di  cuore,  dato  con  espansione.  -  Ba- 
ciozzo,  bacio  dato  di  cuore  e  con  alquanto  di  forza. 

-  Baciuzzo,  piccolo  bacio  svogliato. 

Bacio  alla  francese,  modo  di  baciare  che  si  fa 
stringendo  lievemente  le  guance  d'alcuno  fra  l'in- 
dice e  il  medio  piegati  e  poi  baciandole,  il  che  si 
fa  in  modo  particolare  dai  bambini.  -  Bacio  ardente, 
bacio  stretto,  lungo,  premuto,  caloroso.  -  B  acio  con 
lo  schiocco,  con  lo  stiocco,  bacio  rumoroso.  -  Bacio 
di  Giuda,  bacio  finto  o  anche  altra  carezza  che  si 
faccia  altrui  per  ingannarlo  e  tradirlo.  -  Bacio  di 
pace,  in  segno  di  riconciliazione. 

Bacio  di  riverenza,  di  accoglienza,  di  commiato, 
e  sole  tre  forme  di   baci    permesse  dai  rabbini. 

Bacio  dei  piedi,  bacio  dato  in  segno  di  rispetto 
e  della  massima  sommessione:  cerimonia  tenuta  in 
uso  soltanto  dal  papa.  -  Bacio  della  mano,  bacia- 
mano: si  fa  in  segno  di  rispetto,  di  sommessione  e 
di  affezione. 

Baciare,  accostare  e  allentare  le  labbra  alla  gota 
di  alcuno  con  uno  schiocco  più  o  meno  forte,  come 
espressione  d'affetto,  di  gratitudine,  di  riverenza: 
dare,  appiccar  baci,  un  bacio  ;  imprimere,  stampare 
un  bacio  sulla  fronte,  sulle  guance,  ecc.;  accostare 
le  labbra  a....;  schioccar  baci.  -  Affìggere  o  figgere 
baci,  darli.  -  Baciare  affettuìsamente,  castamente, 
riverentemente. 

Baciare  alcuno  nel  bacio  della  sua  bocca,  per  ba- 
ciarlo con  grande  affetto.  -  Baciare  coi  denti,  di  chi 
dà  in  apparenza  prove  d'amore,  ma  in  effetto  ti 
offende  -  Bacicchiare,  baciare  leggermente;  baciare 
a  fior  di  labbra,  a  mezza  bocca,  alla  sfuggita.  -  Ba 
ciucchiare,  dare  piccoli  e  spessi  baci:  baciuccare, 
sbaciucchiare,  ribaciare.   Baciucchiarsi,  baciucchio. 

-  Libare  o  suggere  il  bacio,  baciare  quasi  suggendo 
e  gustando  il  bacio. 

Mandare  un  bacio  a  persona  che  si  vede,  acco- 
stando la  punta  delle  dita  raccolte  alle  labbra  e 
spiccandole  verso  quella. 

Mangiare  uno  dai  bacì,  divorare  coi  baci,  rico- 
prirlo di'  baci.  -  Ribaciare  (ribaciato),  baciare  di 
nuovo,  t  Lo  baciò  e  ribaciò  con  ardentissimo  af- 
fetto ».  -  Ruinare  nerbaci,  correre  a  baciare  la 
persona  amata  con  ressa  affannata. 

Schioccare  un  bacio,  darlo  facendo  scoppio  sapo- 
rito e  sonoro.  -  Scoccare  un  bacio,  darlo  anche  a 
distanza.  -  Scoppiettare  di  baci,  il  rumore  che  se  ne 
ode.  -  Seminar  baci,  baciare  in  più  luoghi,  o  più 
persone;  brunire  coi  ban.  •  Stiaffare  un  bacio,  darlo 
con  forza  e  rudemente.  -  Tirar  baci,  darne  da  lon- 
tano. 

Baciarsi,  darsi,  farsi  scambievolmente  baci  ;  darsi 


?24 


BACIO 


baci  l'un   l'altro;   aggiunger   labbro  a   labbro;  do- 
narsi la  pace. 

Baciamento,  l'azione  del  baciare,  del  baciarsi.  - 
Baciucchiamento,  sbaciucchiamento,  il  baciucchiare.  - 
Sbaciucchio,  uno    sbaciucchiare    continuo  e  noioso. 

-  Sbaciucchione,  chi  sbaciucchia  o  si  sbaciucchia 
spesso.  -  Badature,  chi  bacia,  chi  si  diletta  di  ba- 
ciare. 

Bacio  di  bocca,  spesso  il  cuor  non  tocca,  non  è 
sincero.  -  Bocca  baciata  non  perde  ventura,  come 
per  dire  che  un  bacio  è  sempre  di  buon  augurio. 
-  Jus  osculi,  presso  gli  antichi  romani,  il  diritto  di 
baciare  la  sposa,  spettante  ai  cognati  fino  al  sesto 
grado.  -  Labbra  vergini  di  baci,  quelle  che  non 
hanno  mai  dato  o  ricevuto  baci. 

Bacìo.  Luogo  dove  non  batte  il  sole:  contrario 
di  solatio. 

Baclòcco.  Bàbbèo,  sciocco. 

Baciucchiare,  baciucchiarsi  fbaciucchiato, 
baciucchio).  Detto  a  bacio. 

Baco.  Nome  generico  di  ogni  piccolo  verme: 
bacherozzo ,  bacheròzzolo  ;  bacherello,  bacolino; 
bruco;  ruca,  eruca.  Particolarmente,  baco  da  seta, 
verme  che  fa  il  bózzolo  da  seta.  -  Figur.  desiderio; 
anche,  magagna,  difetto. 

Baco  da  seta.  Lepidottero  che  fa  la  seta  e  si 
alleva  all'uopo  :  bigatto,  filugello  ;  bómbice  (scien- 
tificamente); verme  della  seta,  baco  filugello;  baco 
cavaliero,  cava'iere.  -  Varietà  annuali,  i  bachi  che 
vengono  allevati  una  volta  all'anno;  bivollini,  che 
vengono  allevati  due  volte  all'anno,  irivollim,  tre 
volte  -  Tigrate,  zebrate,  razze  di  filugelli  dal  corpo, 
che  ordinariamente  è  di  color  cenerino,  chiazzato 
da  segni  nerastri,  o  da  macchioline.  -  Jamamai, 
baco  da  seta  selvatico,  proprio  del  Giappone. 

Bruco,  il  baco  allo  stato  di  larva.  -  Crisalide, 
ninfa,  aurelia,  vermòcchio,  prima  metamorfosi  che 
il  baco  da  seta  compie  rinchiuso  nel  bozzolo  :  in- 
crisalidare, il  mutarsi  del  bruco  in  crisalide.  -  Far- 
falla, ultima  trasformazione  del  baco  da  seta  per 
la  quale  la  crisalide  fora  il  bozzolo  all'una  delle 
sue  estremità  e  ne  esce  insetto  perfetto.  -  Cialdoni, 
i  bachi  invacchiti.  -  Larva,  il  baco  considerato  nel 
suo  stadio  di  vita  che  comincia  dalla  nascita  e 
termina  a  bozzolo  compiuto.  -  Ninfa,  il  filugello 
nel  suo  secondo  stato. 


Parti  del  corpo. 


Prodottl 


Anelli,  divisioni  in  numero  di  dodici,  del  corpo 
del  baco  dalla  testa:  i  tre  primi  formano  il  torace, 
gli  altri  ì'addome.  -  Cornetto,  filamento  che  si  erge  nel 
penultimo  anello  addominale  e  si  atrofizza  nella 
malattia  delle  petecchie.  -  Filiera,  trafila,  apparec- 
chio conico  al  disotto  della  bocca  del  baco,  su  cui 
è  praticato  un  forellino,  d'onde  esce  la  seta.  -  Palpi, 
organi  delicatissimi  per  il  tatto,  di  cui  è  fornita 
la  testa  della  larva.  -  Serbatoio,  parte  interna  del 
baco  racchiudente  un  fluido  che  si  divide  in  due 
parti,  una  delle  quali  è  interna,  di  seta  pura,  tra- 
sparente, incolora;  l'altra,  esterna,  forma  l'involu- 
cro liquido.  Si  combinano  all'uscita  del  canale  per 
<lare  origine  al  filo  di  seta  o  bava.  -  Seritterio,  ap- 
parecchio della  seta  nel  baco,  composto  di  glandole 
setifere.  -  Sistema  digerente:  è  un  lunghissimo  tubo 
intestinale  che  mette  in  comunicazione  la  bocca 
con  l'apertura  anale.  -  Stimmate,  punti  neri  che  si 
scorgono  lungo  il  corpo  del  baco  da  seta  e  che 
sono  i  fori  che  servono  alla  respirazione.  -  Zampe 


vere,  le  tre  paia  di  zampe  degli  anelli  del  torace; 
zampe  false,  o  membranose,  le  altre,  che  spariscono 
quando  il  bruco  diventa  farfalla. 

Acido  bombico:  liquore  color  ambra,  che  trovasi 
in  un  serbatoio  situato  verso  l'ano  e  che  il  baco 
ptrde  quando  passa  allo  stato  di  farfalla. 

Bava,  seta  composta  da  due  fili  diversi  che 
escono  dalla  filiera  del  baco.  -  Fibroina,  sostanza 
particolare  che ,  uscendo  dal  seritterio,  e  trasfor- 
mandosi parzialmente  in  glutine,  servirebbe,  secon- 
do alcuni,  a  tener  uniti  i  due  fili. 

Bozzolo,  involucro  che  fanno  intorno  a  sé  i  ba- 
chi da  seta  ed  altri  vermi  finché  si  trasformano 
in  crisalide  e  ne  escono  allo  stato  di  insetto  per- 
fetto: galletta,  boccio,  boccinolo,  bucciuolo  ;  coccia 
dei  bozzoli;  cochetto,  cocone;  spoglia;  serico  ostello 
(poet.).  Nell'arte  della  seta,  si  distinguono  i  boz- 
zoli di  prima  quantità,  puntati,  a  carta  forte,  vellur 
tati,  gallettoni,  cinturati,  calcinati.  -  Bava  o  bavella, 
la  seta  esteriore  del  bozzolo.  -  Capo  morto,  ultimo 
strato  del  bozzolo,  più  vicino  alla  crisalide.  -  Carta, 
tessuto  del  bozzolo  composto  di  più  o  meno    veli. 

-  Filanda,  opificio  nel  quale  si  trae  la  seta  dai 
bozzoli.  -  Laniccio,  la  ragna  con  la  quale  i  bachi 
incominciano  il  bozzolo  e  che  rimane  in  parte  at- 
taccata alla  frasca.  -  Pelatura,  la  lanugine  dei 
bozzoli.  -  Sbavatura,  quella  prima  bava  esteriore 
di  seta  lenta  e  soffice,  che  circonda  il  bozzolo,  e  lo 
rende  pastoso.  -  Sinighelle,  i  cascami  dei   bozzoli. 

Bozzolo  sfarfallato  o  forato,  quello  dal  quale  è 
uscita  la  farfalla;  gallettame;  bozzolo  schiuso.  - 
Doppione,  il  bozzolo  di  seta  formato  da  due  bachi 
uniti  e  che  fanno  un  sol  corpo.  -  Faloppa,  bozzolo 
non  portato  a  perfezione  dal  baco  che  vi  è  morto 
dentro;  bozzolo  fallito;  capovoto. 

Seme,  semente,  ovo,  ovicino  dal  quale  nasce  la 
larva,  -  Anello,  misura  di  seme  di  bachi  da  seta, 
che  è  quanto  ne  contiene  un  anello  da  cucire.  -  Tu- 
buli, piccolissimi  fori  di  cui  sono  ricoperte  le  cel- 
lule del  seme  e  che  danno  passaggio  all'aria  occor- 
rente all'embrione  per  iniziarsi  alle  funzioni  vitali. 

-  Micropilo,  piccolissima  apertura  nella  quale  con- 
vergono i  tubini  e  per  la  quale  può  passare  uno 
dei  filament  spermatici  che  devono  effettuare  la 
fecondazione- 

Fasi  dell'allevamento.  —  Malattie,  ecc. 

Bianchina  o  bianca,  lo  stato  dei  bachi  durante 
la  prima  muta;  pelosina.  -  Cenerina  o  cenerognola, 
lo  stato  dei  bachi  durante  la  seconda  muta. 

Età  del  baco  da  seta,  ciascun  intervallo  di  tem- 
po che  trascorre  tra  i  vari  cambiamenti  di  pelle  e 
le  varie  metamorfosi.  -  Grossa,  la  terza  muta  o 
dormila  dei  bachi.  -  Metamorfosi  o  trasformazione: 
è  un  cambiamento  notevole  di  torme  al  quale  è 
soggetto  il  baco  da  seta,  per  cui  esso  passa  suc- 
cessivamente dallo  stato  di  larva  a  quello  di  cri- 
salide, poi  a  quello  di  farfalla.  -  Mute,  i  Ire  o 
quattro  cambiamenti  a  cui  va  soggetto  il  baco  allo 
stato  di  bruco  o  di  larva:  in  questo  periodo  si 
trova  in  istato  di  languidezza  e  di  travaglio  pe- 
noso. 

Presa,  divisione  di  bachi  da  seta,  per  età. 

Sonno  dei  bachi,  lo  stato  di  apparente  sonnolenza 
in  cui  si  trovano  durante  le  mute.  -  Sonnellino 
della  seta,  lo  stato  di  torpore  che  precede  l'andata 
dei  bachi  al  bosco. 

Deporre  il  seme,  atto  della  farfalla  femmina,  fé- 


BACO   DA   SETA 


225 


condata  dal  maschio.  -  Dormir  la  bianca,  far  la 
bianca,  la  bianchina,  fare  il  primo  sonno.  -  Far  la 
cenerina,  dormire  la  seconda  volta;  dopo  di  che  i 
bachi  si  levano  dalla  seconda.  -  Dormire  delta  grossa, 
nella  grossa,  sulla  grossa,  essere  sulla  grossa,  fare 
la  terza  dormita.  -  Dormire  della  quarta,  fare  l'ul- 
tima dormita,  dopo  di  che  i  bacili  fanno  rultima 
levata  e  vanno  al  bosco,  alla  frasca,  ossia  salgono 
sui  rami  per  fare  il  6o::zo/o,  cioù  abbozzolarsi,  imboz- 
zolarsi.  -  Scaricarsi,  sbarazzarsi  di  tutto  il  super- 
fluo che  fanno  i  iachi  prima  di  andare  in  frasca. 
Abbozzolare,  abbozzolarsi,  fabbricare  il  bozzolo, 
nel  quale  il  bruco  diventa  crisalide.  -  Andare  al 
bosco,  andare  allu  frasca,  in  frasca,  salire  sui  rami 


per  fare  il  bozzolo.  -  Filare,  il  fare  il  bozzolo.  - 
tmbozzolarsi,  tessere  il  bozzolo.  -  Infarfallire,  di- 
ventar farfalla.  -  Sbavare,  emettere  bava,  ossia  la 
peluria  (sbavatura)  che  circonda  i  bozzoli.  -  Schiu- 
dere, l'uscire  del  baco  dal  seme.  -  Sfarfallare,  del 
baco  quando  esce  dal  bozzolo  in  forma  di  farfalla. 
Sfarfallatura,  l'atto. 

Malattie. 

Botrite,  fungo  appartenente  alle  mucedinee,  che 
si  sviluppa  nel  corpo  dei  bachi  da  seta  e  ne  produce 
il  calcino.  -  Calcino,  male  dei  segno,  o  malattia  della 
pietra,  grave    malattia    contagiosa   che  colpisce  il 


Tavola  XI 


bachicoltura 


il    e  d     t    f     a     k    l     >n        7 


I      ^      &       ..  J       ;c-     3     i 


?^^ 


_gr^!V^-ìr. 


f  ì 


1,  Baco  adulto  :  a.  e.  1.  m.  n.  anelli,  0.  testa,  b.  cornetto,  p.  tre  pma  di  zampe  vere  articolate,  q.  quattro 
paiadi  zampe  addominali  o.  false  zampe,  r.  due  paia  di  zampe  anali  —  2,  Guscio  •  a.  micropilo,  b.  canaletti 
aereifeyi  —  3,  s.  stimma  -  v.  vestibolo  tracheale,  r.  diramazioni  tracheali  che  mostrano  la  spira  chitinosa 
—  4.  Gianduia  setifera.  —  5.  i  cavità  della  bocca;  2  faringe;  3  esofago;  4  fascetti  fibrosi:  5  stomaco;  6  8  9 
iO  diverse  parti  dell'intestino  ;  7  stomaco  —  6,  Baco  vicino  a  trasformarsi  in  crisalide  7,  a.  rescica  acrea, 
b.  vescica  cecale  —  8,  Organi  i-iproduttori  della  femmina  —  9,  Varie  forme  di  boz2oli  (12  3  4  5)—  lO-H.  Far- 
falle -  a  maschio  •  b  femmina  —  12.  crisalide  vista  di  sopra —  13,  crisalide  vista  di  sotto. 


baco  generalmente  dopo  la  terza  muta;  per  essa 
perde  l'appetito,  si  ferma  su,lla  sponda  dei  graticci, 
ha  più  lenta  la  circolazione  del  sangue,  si  fa  violaceo 
e  muore  -  Codetta,  malattia  dei  bachi  da  seta;  i 
bachi  stessi  che  l'hanno.  -  Flaccidezza,  letargia, 
malattia  dei  morti  passi,  terribile  malattia  .conta- 
giosa che  colpisce  i  bachi  all'ultima  età,  e  per  la 
quale  diminuiscono  molto  di  volume,  rifiutano  il 
cibo,  rimangono  immobili,  ingrossano  la  testa,  di- 
ventano inerti  e  flosci  e  muoiono. 

Gattina,  malattia  che  colpisce  il  baco  tra  la  terza 
e  la  quarta  età  ;  per  la  quale  intristisce  e  si  fa 
rugoso,  muta  male,  emetle  dalla  bocca  una  goccia 
giallognola  e  non    cresce.  -    Giallume,   malattia  che 


colpisce  il  baco  all'epoca  della  mat;uranza,  per  la 
quale  si  fa  torbido,  giallastro,  ingrossla,  gli  si  scre- 
pola la  pelle,  da  questa  uscendo  poi  un  liquido  giallo 
0  bianco  assai  puzzolente.  -  Leucoflegmasia,  malat- 
tia a  cui  vanno  soggetti  i  bachi  quando  sono  nati 
avanti  tempo  per  ragioni  del  caldo.  -  Negrone:  è  un 
sintomo  di  altra  malattia  ed  è  indizio  di  prossima 
morte. 

Pebrina,  idropisia  delle  farfalle,  atrofia  polimorfa, 
malattia  delle  petecchie:  attacca  il  baco  in  tutte  le 
età:  dovuta  a  organismi  parassitici  (corpuscoli  Cor- 
nalia)  ;  il  baco  ammalato  intristisce,  non  mangia, 
rimane  piccolo,  si  copre  di  macchiette  nere,  si 
accorcia  e  muore.  -  Riccione,  malattia    che  si    raa- 


Premoli  —  Vocabolario  Nom.enclatore. 


226 


nifesta  quando  il  filugello  sta  al  bosco;  si  arriccia, 
gira  (Tua  eia  senza  tessere  o  tesse  un  bozzolo  po- 
verissimo di  seta.  -  Rientro,  malattia  dei  bachi  da 
seta,  detta  anche  ruggine. 

Bacacelo,  il  baco  morto  che  sta  racchiuso  nel 
bozzolo  e  che,  dopo  la  tiratura,  si  butta  via:  ba- 
coccio,  crisalide  morta.  -  Baco  rientrato,  malato 
di  rientro  e  di  ruggine.  -  Chiarelle,  chiarelli,  bachi 
da  seta  malati  di  torpore.  -  Frate,  il  baco  da  seta 
che,  dopo  aver  mangiato,  non  fa  il  bozzolo.  -  Luc- 
ciolo, il  baco  con  la  pelle  lustra,  che  poi  s'assottiglia 
e  scoppia  (bacolinoj.  -  Lustrini  e  bachi  lustrini,  i 
filugelli  che  lustrano  per  malattia.  -  Seme  bruciato, 
di  quei  bachi  che  danno  in  rosso  scuro  e  intri- 
stiscono. -  Vacca,  il  baco  da  seta  che  per  malattia 
non  va  in  frasca. 

Ingessire,  dei  bachi  da  seta  che  per  malattia  di- 
ventano bianchi  come  gesso  e  muoiono.  -  Invac- 
chire,  infralire,  rinfratire,  dei  bachi  da  seta  che. 
dopo  aver  mangiato,  diventano  grossi,  gonfi  e  gialli 
e  muoiono. 

Panistofiti,  corpiccioli  in  gran  numero  che  cau- 
sano una  malattia  dei  bachi  da  seta.  -  Ugi,  uji,  si  dice, 
nel  Giappone,  un  insetto  che  vive  nel  corpo  dei 
bachi  da  seta. 

Bachicoltura 

Bachicultore,  chi  attende  alla  bachicoltura,  curan- 
do la  temperatura  dell'ambiente,  la  pulitezza  dei 
bachi,  la  distribuzione  della  foglia  di  gelso,  di  cui 
si  nutrono,  ecc.:  bacaio,  bigattiere,  sericultore. 

Bachicoltura  o  bachicultura,  l'arte  di  allevare,  di 
accudire  allo  allevamento  dei  bachi,  sericoltura.  - 
Bacologia,  scienza  che  tratta  dei  bachi  da  seta. 
Bacologo,  chi  la  tratta.'-  Bacologico,  relativo  a 
questa  scienza.  -  Campagna  bacologica,  il  periodo  di 
tempo  in  cui  si  allevan  oi  bachi.  Usasi  la  frase: 
Aprire  la..^ 

Covatura  del  seme,  il  far  nascere  i  bachi.  -  Iber- 
nazione, conservazione  del  seme,  al  freddo.  -  Incuba- 
zione, tutte  le  operazioni  riferentisi  al  modo  di  far 
schiudere  le  uova  e  far  nascere  i  bacolini.  -  Incubatrice, 
l'apparecchio  in  cui  si  mettono  le  uova  dei  bachi 
per  farle  schiudere.  -  Una  mandata  di  bachi  da 
seta,  quanti  se  ne  fa  in  una  volta.  -  Partita,  quan- 
tità di  bachi  allevata  da  un  coltivatore.  -  Posta, 
quantità  di  semente  che  si  pone  a  schiudere  in 
una  volta.  -  Schiudere,  curare  l'uscita  del  baco  dal 
seme  nel  pannuccio  o  nella  stufa.  •  Selezione  fisio- 
logica, la  scelta  delle  farfalle  dietro  osservazioni 
sulla  longevità,  sulla  temperatura  e  le  condizioni 
favorevoli  per  avere  uova  sane.  -  Selezione  .letar- 
gica, scelta  di  quelle  farfalle  il  cui  stomaco  trovasi 
in  istato  normale. 

Bacheria,  locale  costrutto  appositamente  per  alle- 
vare i  bachi  da  seta:  bigattiera.  Armario,  i  roma- 
gnoli dicono  così  l'impalcatura,  e  garzoli  i  piani  di 
questa.  -  Bozzolaia,  coconaia,  stanzone  stogato  con 
palchi  in  mezzo  isolati,  sowapposti  gli  uni  agli 
altri,  a  uso  di  tenervi  i  bozzoli  da  mandare  poi  alla 
trattura.  -  Forno,  edificio  cilindrico  con  palchi 
interni  circolari,  sui  quali  si  collocano  panieri  ri- 
colmi di  bozzoli,  i  quali  ricevono  un  calore  suffi- 
ciente ad  uccidere  le  crisalidi  per  impedire  la  sfar- 
fallatura. 

Arpa,  telaio  di  cordicine  sul  quale  si  mettono  a 
sfarfallare  i  bozzoli.  -  Bosco,  infrascato,  infrascatura, 
frasca,  l'insieme  degli  arbusti,  degli  arboscelli,  dei 
fastelletti  di  erica,  di  ginestra,  di  ravizzone,  di 
trucioli,   ecc.,  su  cui  i  bachi  fanno  il  bozzolo. 


Canniccio,  palco  fatto  di  cannicci.  -  Carta 
da  bachi,  quella  che  si  stende  sopra  le  stuoie 
prima  di  mettervi  i  bachi.  -  Cartoni,  pezzi  di  cartone 
sui  quali  è  stato  fatto  fare  il  seme  dei  bachi  da 
seta.  -  Castello  da  bachi,  l'impalcatura  di  legno  dove 
si  mettono  le  stuoie  e  i  cannicci.  -  Corbelloni, 
grosse  e  alte  corbe  di  vimini  o  di  stecche,  gene- 
ralmente di  forma  cilindrica,  che  servono  a  tra- 
sportare i  bozzoli  sul  mercato  -  Frasca,  mazzetti 
di  stipa  0  simile,  dove  si  mandano  i  bachi  da  seta 
a  fare  il  bozzolo.  -  Gelso,  albero  che  fornisce  la 
foglia  per  i  bachi  da  seta.  -  Graticcio  o  stuoia, 
palco  di  vimini  tessuto  su  mazze  o  bastoni.  -  Letto 
dei  bachi  da  seta,  gli  avanzi  della  foglia  mangiata, 
misti  con  le  materie  escrementizie  dei  bachi  stessi. 

Palchi,  generalmente  quei  piani,  sovrapposti  gli 
uni  agli  altri  a  convenienti  distanze,  sui  quali  si 
tengono  i  bachi.  -  Pannuccio,  involtino  di  cencio 
legato  in  forma  di  bottone,  o  sacchetto  entro  cui 
sta  il  seme  di  bachi,  tenuto  fra  le  materasse,  o 
portato  indosso  dalle  donne  per  farlo  schiudere 
nei  piccoli  allevamenti.  -  Ravizzone,  specie  di  bras- 
sica  coltivata  pei  semi  oleiferi  e  per  gli  steli,  che, 
secchi,  si  usano  per  imboscare  i  bachi  da  seta. 

Staggi,  grosse  aste  di  legno  fermate  verticalmente 
sul  pavimento  e  al  soffitto,  sulle  quali  sono  con- 
fitti pinoli  0  mensolette  a  sostegno  dei  palchi,  gli 
uni  al  disopra  degli  altri.  -  Stufa,  stanzino  riscal- 
dato, dove,  entro  "cassettine,  si  fa  schiudere  la  se- 
mente nei  grandi  allevamenti.  -  Tavolato,  palco  di 
assi  0  di  tavole. 

Bozzolaio,  chi  traffica  di  bozzoli,  ai  bozzoli.  -  Se- 
maio, chi  attende  a  fare  il  seme  dei  bachi;  chi  lo 
raccoglie  e  lo  conserva.  -  Sfogliatore,  il  bracciante 
che  sfoglia  quotidianamente  i  gelsi  pel  nutrimento  dei 
bachi.  —  Stufaiolo,  colui  che  costruisce  le  stufe 
e  anche  colui  che  ha  l'incarico  di  far  schiudere  i 
bachi. 

Allevare,  fare,  mettere,  porre  i  bachi ,  far  na- 
scere il  seme.  -  Fare,  dare  le  fumate:  bruciare  pa- 
glia 0  simile  nelle  bigatterie  per  rinnovare  l'aria  a 
riscaldare.  -  Governare,  condurre  a  buon  fine  l'al- 
levamento dei  bachi.  -  Incartare,  dicesi  del  rin- 
voltare in  carta,  rinchiudere  in  un  cartoccio  di 
foglie  certi  bachi  vaganti,  che  altrimenti  andrebbero 
a  fare  il  bozzolo  negli  angoli  del  soffitto  o  in  altri 
luoghi  lontani  dal  bosco.  -  Infrascare,  mandare 
i  bachi  alla  frasca:  infrascatura.  -  Mondare  la  fo- 
glia dei  gelsi  per  i  bachi  da  seta,  pulirla  delle  more, 
dei  nodi,  dei  gambi.  -  Sbozzolare,  levare  dalla  fra- 
sca i  bozzoli  :  sbozzolatura,  sfrascamento.  -  Sfrascare, 
levare  dai  palchi  la  frasca,  quando  su  di  essi  sono 
perfettamente  terminati  i  bozzoli. 

Baccio.  Verga  di  ferro  adoperata  in  fonderia. 
•  Veggasi  anche  a  canonico. 

Bacologia^  bacòlogo  (bacologico).  Detto  a 
baco  da  seta. 

Bacterlo  (batterio).  Organismo  infinitamente 
piccolo,  microscopico:  comunemente  cosi  si  desi- 
gnano i  microrganismi  :  bacillo,  germe  di  infezione  ; 
microbio  ;  microbo,  vibrione.  -  Streptococco,  bac- 
terio  di  forma  rotonda,  i  cui  elementi  si  raggrup- 
pano in  forma  di  catena.  -  Atiaerobi,  microrgani- 
smi che,  per  vivere,  richiedono  l'espulsione  dell'os- 
sigeno aereo.  -  Bacteriologia,  trattato  e  studio  dei 
bacterì. 

Antisepsi,  cura  dedotta  in  medicina  e  in  chi- 
rurgia per  impedire  l'infezione  da  bacterì  -  Earte- 
rioterapia,  la  cura  di  certe  malattie  per  mezzo  dei 
microrganismi.  •    Sieroterapia,   attenuazione    della 


BACTERIOLOGU    —    BAGNARE 


227 


virulenza  dei  bacterì  patògeni.  -  lossina,  veleno 
secreto  dai  bacterì,  nell'organismo  o  nelle  colture 
artificiali. 

Bactoriologia,  bacterioterapia.  Sinonimo 
di  microbiologia.  Detto  a  bacterio. 

Bactronianzia.  Detto  a  bacchetta. 

Bacucco.  Arnese  per  coprire  la  faccia. 

Bada.  Detto  a  ritardo. 

Badalóne.  Leggio  nel  coro  d'una  chiesa. 

Badaluccare,  badnlncco.  Detto  a  combat- 
titnento. 

Badana.  Veggasi  a  cuoio. 

Badanài.  Confuso  rumore  di  persone. 

Badare  (badato).  Mettere  cura,  attendere  a 
checchessia;  mettere  attenzione;  vigilare;  aver 
l'occhio,  stare  all'erta  ;  por  mente,  osservare. 
Perdere  il  tempo,  indugiare.  -  Guardarsi,  scan- 
sarsi, per  evitare  un  pericolo.  —  Contrario,  tra- 
scurare, non  curare,  passar  sopra. 

Badatura.  La  guardia  che  i  contadini  fanno 
di  notte  alle  viti  cariche  à'uva. 

Badéssa.  Superiora  di  convento:  abbadessa. 

Badia.  Monastero,  convento,  chiesa  retta  da 
un  abate. 

Badiale.  Molto  grande,  enorme. 

Badiana.  Nome  con  cui  si  designa  l'anice  stellato. 

Badile.  Istrumento  di  ferro,  con  manico  di 
legno,  simile  ad  una  pala,  usato   per   pulire,  per 

f (rendere  terra,  sabbia,  ecc.  -  Badilante,  termme 
ombardo  ed  anche  veneto,  di  largo  uso  e  di  buo- 
na formazione  :  indica  quella  speciale  classe  di  ma- 
novali, per  lo  più  giornalieri,  che  sono  addetti  ai 
molti  lavori  pei  quali  occorre  il  badile. 

Baffi.  I  peli  che  coprono  il  labbro  superiore 
dell'uomo  e  anche  di  alcuni  animali  (gatti,  cani, 
ecc.)  :  basette,  barbigi.  Li  si  puliscono  con  un  pet- 
tinino 0  uno  spazzolmo;  li  si  ungono  e  li  si  ten- 
gono distesi  con  la  ceretta  o  altra  pomata. 

I  baffi  possono  essere:  lunghi,  corti,  radi,  arric- 
ciati, insegati,  uniti,  folti,  spioventi.  Secondo  il  co- 
lore, biondi,  bruni,  neri,  gngì,  stinti,  bianchi.  -  Duri 
come  spazzole,  di  bafiì  e  sim.,  non  morbidi. 

Buffetto,  dimin.  di  baffo.  -  Baffettino,  dimin.  e 
vezzegg.  di  baffo  :  mustacchino,  basettino.  -  Baffino, 
meno  comune  di  baffettino.  -£a/faccio,  peggior.  di  baffo. 

Baffi  brizzolati,  che  imbiancano.  -  Baffi  di  topo, 
corti  e  radi.  -  Baffi  intiguaii,  spregiativo  di  baffi 
radi.  -  Basetta,  basette,  lo  stesso  che  baffo,  baffi, 
ma  dicesi  più  specialmente  di  quello  che  si  unisce 
sotto  alla  bocca  coi  peli  delle  gote  «Nordiche  ba- 
sette». -  Basettone,  basetta  gran  le;  anche  chi  porta 
grandi  basette:  basettaccia.  •  Mustacchi,  baffi  folti: 
mostacchi.  -  Mustacchioni,  grossi  mustacchi. 

Baffone,  uomo  con  gran  baffi.  -  Baffonaccio,  peg- 
gior. di  baffone.  -  Baffona,  donna  che  abbia  dei 
baffi  relativamente  vistosi.  -  Baffuto,  che  ha  gran 
baffi.  -  Basettone,  chi  ha  grandi  basette. 

Arricciare,  attorcigliare,  arroncigliare,  detto  di 
baffi,  di  mustacchi,  torcerli  o  tenerli  intorno  a  sé 
torti,  perchè  figurino  meglio.  -  Buttar  giù,  levarsi 
i  baffi,  levarseli  col  rasoio,  raderli  del  tutto.  -  Li- 
sciarsi i  batfi,  tirarli  delicatamente,  per  assestarli. 
-  Sollevare  i  baffi,  tirarli  su.  -  Spelacchiarsi  (scherz.), 
lisciarsi  i  baffi.  -  Sti-isciarsi  i  baffi,  tirarli.  -  Figlio 
di  tette  che  baffi  mette,  dicesi  per  scherzo  o  ironica- 
mente a  chi  si  tira  i  baffi  nascenti.  -  Giovanotti  che 
si  struggono  de'  baffi,  li  desiderano  ardentemente.  — 
Diavoloni,  mezzo  meccanico  per  arricciare  i  bafiS. 

Baffuto.  Che  ha  gran  baffi. 

Basaglia,  bagagliaio.  Detto  a  bagaglio. 


Bagaglio.  Le  masserizie,  gli  indmuenti,  ecc. 
eie  si  portano  in  viaggio:  bagaglia,  bagagliuola: 
r  ha;  impedimento  ^dal  latino).  11  bagaglio  per  le 
persone  si  porta,  per  lo  più,  entro  una  valigia, 
un  baule  e  simili.  -  Bagagliaio,  carro  o  traino, 
dove  si  mettono  i  bagagli;  nelle  stazioni  ferroviarie, 
il  deposito  dei  ba<;agli.  -  Bagagliere,  impiegato  al 
quale  spetta  la  consegna  dei  bagiigli,  -  Bagaglione, 
chi  porta  e  custodisce  le  baga;;lie  o  fa  altri  simili 
bassi  uffici  in  un  esercito;  saccomanno,  saccardo.  - 
Bagagliume  ^spregiat.),  insieme  di  bagagli. 

Salmeria,  bagaglio  di  milizia. 

Bagarinaggio,  Bagarino.  Detto  a  mercato 
e  a  teatro. 

Bagascia.  Donna  di  ma.\'a.iÌ2Lre,  prostituta. 

Bagattèlla.  Cosa  frivola  o  da  poco:  inezia. 
-  (jiuoco  de'  bussolotti. 

Bagattelllere.  Detto  a  bussolotti. 

Bagattello.  Specie  di  carrozza. 

BaggèOj  Baggiano  {baggianata).  Semplicione, 
sciocco. 

Baggianata,  baggiano.  Detto  a  sciocco. 

Baggiolo.  Sostegno  che  si  mette  sotto  pietra 
0  marmo,  per  reggerli. 

Bagher,  Bagherino  (tose).  Carrozzella  a 
quattro  ruote,  adatta  per  tre  persone. 

Bagherone.  Grossa  moneta  di  rame. 

Baglio.  Grossa  trave  di  legno,  squadrato,  a  so- 
stegno del  ponte  in  una  nave. 

Baglióre.  Luce  che  abbaglia,  splendore, 

Bagnaiuolo.  Chi  serve  al  bagno. 

Bagnamento.  L'atto  del  bagnare  e  del  bagnarsi. 

Bagnante.  Chi  è  al  bagno. 

Bagnare,  bagnarsi  (bagnamento,  bagnato,  bar 
giiaturaj.  Versare  acqua  o  altro  liquido  sopra 
alcuna  cosa;  prendere  im  bagno.  -  Detto  di  fiume, 
di  lago,  di  mare,  toccare  o  circondare  un  luogo 
con  le  proprie  acque.  -  Lavare,  togliere  la  spor- 
cizia con  acqua  o  altro  liquido. 

Bagnamento,  atto  del  bagnare  (in  un  modo  qua- 
lunque, con  acqua  o  altro),  dell'inumidire,  oppure  lo 
stato  d'una  cosa  bagnata  :  imbagnamento,  immollamen- 
to, immollazione;  umettamento,  umettazione;  battez- 
zamento  (scherz.);  madefazione.-  ilò/Msione,  lavamento, 
bagno.  -  Adacquamento,  l'adacquare,  l'irrigare,  per 
lo  più  di  terre  :  irrigamento,  irrigazione,  -  Affur 
sione:  consiste  nel  versare  un  liquido  su  tutto  il 
corpo  0  solamente  su  qualcuna  delle  sue  parti.  - 
Aspersione,  atto  ed  effetto  dell'aspergere.  -  Inaffia- 
mento,  annaffiamento,  inafflatura,  annaflfiatura,  il 
bagnare  leggermente,  Vinaffiare:  detto  special- 
mente di  fiori,  di  giardini,  ecc.  -  Infradiciata,  ba- 
gnatura abbondante.  -  Infusione,  atto  ed  effetto 
dell'infondere.  -  Inzuppamento,  l'inzuppare  e  lo 
stato  della  cosa  inzuppata.  -  Macerazione,  atto  ed 
effetto  del  macerare.  -  Spruzzaglia,  spruzzo,  bagna- 
tura leggiera. 

Bagnare,  spargere  un  liquido  sopra  checchessia: 
adacquare,  ammollare,  immollare;  anaffiare,  inaf- 
fiare;  inumidire,  inumorare;  annacquare,  inacquare; 
arrorare,  inrorare,  irrorare,  rorare;  arrugiadare,  ir- 
rugiadare;  aumettare,  umettare.  -  Adacguore,  annaf- 
fiare, inaffiare,  inacquare  (mettere  acqua  in  altro 
liquido:  in  questo  caso,  anche  tagliare,  temperare, 
battezzare);  sottoporre  a  irrigazione.  -  Annaffiare, 
leggermente  bagnare,  inafiBare.  -  Aspèrgere  (asper- 
so), spruzzare  leggermente.  Rispergere,  nuovamente 
aspergere. 

Imbevere,  attrarre  umore,  assorbire  liquido.  -  Im- 
mergere, mettere  una  cosa  dentro  un    liquido;  bar 


228 


gnare  replicatamente  in  acqua  o  altro  ;  intingere, 
tuffare.  -  Immollare,  far  molle,  di  cosa  clic  si  tenga 
a  lungo  immersa  (un  pezzo  di  pane  nel  brodo, 
nel  latte,  ecc.);  far  imbevere,  imbevere;  intingere, 
imbibire;  intuffare,  inzuppare.  Di  farina  ed  altre 
«imili  materie,  intridere,  stemperare.  -  Infondere 
(infusoj,  mettere  checchessia  dentro  un  liquore.  - 
Infracidare,  infradiciare,  immollare  molto. -/riMmi- 
dtVe,  rendere  umido,  ossia  poco  bagnato:  umet- 
tare. -  Inzuppare,  far  imbevere  completamente  di 
un  liquido.  -  Irrorare,  bagnare  di  rugiada. 

Macerare,  tenere  una  cosa  in  un  liquido  tanto 
che  addolcisca  e  diventi  trattabile:  detto,  per  lo  più, 
di  canapa,  di    Uno  e  simili.     Mettere,    tenere  in 

Tavola  XII  b. 


macero.  -  M  acer abile ,  che  si  può  macerare. 
Schizzare,  mandare  schizzi,  spruzzi.  -  Schizzata, 
lo  schizzare.  -  Schizzatoio,  strumento  per  schizzare. 
-  Schizzettare,  bagnare  con  lo  schizzetto.  -  Schiz- 
zettata, lo  schizzettare.  -  Shizzettatura,  azione  ed  ef- 
fetto dello  schizzettare,  a  un  dato  &ne.-Spì-uzzare, 
bagnare  leggermente,  schizzando  l'acqua  o  altro 
con  le  mani  bagnate,  con  pennello  o  simili:  spruzzare, 
spruzzolare;  sbruffare,  spruffare.  Detto  anche  del 
liquido  che  si  infrange  in  minutissime  stille  -  Umel- 
tare,  bagnare  tanto  o  quanto,  inumidire.  -  Umettativo, 
che  ha  forza  d'^iugttare. 

Bagnarsi,  versare  un    liquido   sopra   sé   stesso  ; 
prendee  un  bagno,  lavarsi;  immollarsi,  ecc. 


A.  Armadio  contenente  le  pile  e  gli  appareschi  -  B.  Slitta  Dubois-Reymond  per  faradizzazione  -  6'.  MiUiam 
perometro  aperiodico  -  D.  Reostato  -  E-  Investitore  -  F.  Commutatore  di  Watteville  -  G.  Sommato  re  delle  pile 
-  H.  Commutatore  pei  vari  elettrodi  della  vasca  -  /,  Doccia  elettrica  :  J.  Rubinetto  per  doccia  -  L.  Rubinetto 
per  acqua  fredda  -  M.  Robinetto  per  acqua  calda  -  N.  Robinetto  per  acqua  calda  e  fredda  unite  -  0.  Sbarra 
monopolare  per  mano  -  P.  Vasca  -  Q,  R,  S,  T,  Y.  Elettrodi  vari  -  V,  V,  Z.  Coniatti  corrispondenti  agli  elettrodi 
interni  .  1.  Rubinetti  di  miscela  per  bagni  -  2.  Scaldabagno  a  gas,  a  grande  pressione  -  3.  Robmetto  d'eroga- 
zione a  valvola  di  pressione  -  4.  Scaldabagno  a  carboii' ,  con  scatola  scaldabianclieria  -  5,  Assetto  completo 
per  bagno,  con  scaldabagno,  doccia,  rubinetteria  e  vasca  -  6.  Bagno  a  sedta  con  scaldabagno  a  circolazione 
per  bagno  normale,  con  apparecchio  speciale  per  bagno  a  vapore  .  7.  Impianto  completo  per  bagno  idroeletttrico." 


Bagnato,  ammollato,  immollato,  inzuppato;  asper- 
so, intriso;  madefatto;  màdido  (poet.),  specialmente 
di  sudore,  -  Fracido,  fradicio,  molto  bagnato, 
specialmente  da  pioggia.  Fracidiccio,  alquanto  fra- 
cido. -  Fracidume,  fradiciume,  l'esser  fracido.  -  Molle, 
mollo,  inzuppato  d'acqua  (della  roba  molto  fine, 
come  carta,  velo  e  simile,  non  si  dice  Molle  ma 
Bagnato,  se  non  è  da  strizzare).  -  Ròrido,  rugia- 
doso, bagnato  di  rugiada.  -  Umido,  pregno  d'acqua, 
trasudante  umori  acquei;  un  po'  bagnato. 

Bagnalo  molto:  fracido,  fradicio;  grondante;  molle, 
imbevuto,  inzuppato,  soffuso,  zuppo  (bagnato  com- 
pletamente). 

Essere  fradicio  fino  al  collo  ;  inzuppato  come  una 
$pugna;  molle  fino  alla  camicia,  fino  all'ossa,  molle. 


intinto.  -  Parer  tuffato  in  una  vasca,  di  cosa  o  per- 
sona molle,  inzuppata. 

Varie.  —  Asciugare,  rendere  asciutto  ciò  che 
era  molle,  bagnato.  -  Rinvenire,  di  cose  secche  messe 
nell'acqua  o  altro  liquido,  che  ammolliscono  e  rigon- 
fiano. -  Sprèmere,  premere  con  forza  una  cosa 
per  farne  uscire  il  liquido  che  contiene:  stnzzare. 

Rientro,  quel  tanto  che  il  panno,  bagnandolo, 
ritira..-  Impermeàbile,  di  stoffa,  di  panno  in  cui  non 
penetra  acqua. 

Bagnatura.  L'atto  del  fare  il  bagno.  •  Corso 
di  bagni. 

Bagnino.  Detto  a  bagno. 

Bag-no  t  bagni).  Immersione  della  persona,  con 
tutto  il  corpo  0  in  parte,  in  un  liquido,  nel  va- 


229 


pore  (bagno  gasaoso),  in  sostanze  molli  (bagno 
molle),  0  solide  (bagno  secco).  ■  L'elletto  del  bagtiare 
e  del  bagnarsi.  -  Balneario,  di  bagno  o  di  bagni 
(stabilimento  balneario,  ecc.).  -  Balneografia,  descri- 
zione dei  bagni.  -  Balneologia,  scienza  dei  bagni.  - 
Balneotecnica,  arte  di  preparar  bagni.  -  Balneotera- 
pia, cura  con  l'uso  metodico  dei  bagni. -/£Zro<e7-7na/^, 
che  appartiene  o  si  riferisce  alile  sorgenti  d'acque 
termali.  -  Idrotermico,  che  è  relativo  all'acqua  calda. 
-  Talassoterapia,  trattamento  mediante  cagni  di 
mare. 

La  temperatura  dei  bagni  può  essere  differente  e 
variare  da  O'^-S'*  (bagni  ghiacciati);  da  5°- 12° 
(bagni  mollo  freddi/,  da  12" -18"  (bagni  freddi); 
da  18° -25°  (bagni  freschi);  da  23° -32°  (lagni  tie- 
pidi); da  37°- 43°  (bagni  caldi);  oltre  a  42°  (bagni 
molto  caldi). 

Bagni  generali:  quando  é  immerso  tutto  il  corpo, 
meno  la  testa,  e  bagni  parziali,  i  semicupi,  per  cui 
solo  la  parte  inferiore  del  tronco  e  la  parte  supe- 
riore delle  cosce  rimangono  immerse  nel  bagno; 
pediluvi,  maniluvi,  con  l'immersione  limitata  ai 
piedi,  alle  mani,  alle  braccia.  -  I  lagni  liquidi  si 
distinguono  in  semplici  e  composti:  i  semplici  pos- 
sono essere  d'acqua  dolce  (di  pioggia,  di  fiume,  di 
stagno,  di  sorgente,  di  pozzo,  di  mare)  e  à! acqua 
salata  (acque  minerali,  naturali,  artificiali);  sono 
composti  i  bagni  aromatici  (piante  aromatiche,  vino, 
alcool  diluito);  gli  emollienti  (cnisca,  amido,  fecola, 
siero  di  latte  o  latte);  gli  eccitanti  (senape,  elettricità); 
i  fortificanti  (gelatina,  olio,  trippe,  sangue).  —  Al- 
tre distinzioni  :  bagni  solidi  propriamente  detti 
(sabbia,  cenere,  amido  i;  bagni  wezzo  liquidi  (fanghi 
animali  e  minerali,  muffe,  jeccie  vinose,  feccie  di 
ulive,  letame  caldo). 

I  bagni  gassosi  od  aei'eiformi  (veggasi  ad  aria) 
si  distinguono  in:  bagni  secchi  (aria  secca,  calda, 
compressa;  mercuriali,  solforosi,  iodati,  resinosi)  e 
in  bagni  umidi  o  di  vapore  propriamente  detti 
(acqua  semplice;  carica  di  principi  aromatici  o  di 
altro;  polverizzata).  I  bagni  a  vapore  {bagno  russo, 
bagno  turco)  si  prendono  in  stufe,  nelle  quali  si  fa 
entrare  il  vapore  acqueo.  Oltre  ai  bagni  a  vapore 
artificiali,  si  hanno  queììi  naturali,  dovuti  all'accu- 
mularsi, in  escavazioiii  del  suolo,  dei  vapori  umidi 
0  secchi,  che  si  sviluppano  spontaneamente  da  una 
sorgente  termale.  -  I  bagni  di  luce  possono  essere 
generali  e  parziali:  consistono  in  un  piccolo  gabi- 
netto (dentro  il  quale  l'individuo  può  rimanere  se- 
duto 0  coricato)  con  disposto  attorno  alle  sue  pa- 
reti, rivestite  di  specchi,  da  30  a  48  lampadine 
elettriche  ad  incandescenza,  della  forza  di  2o  can- 
dele. Vari  apparecchi  e  più  o  meno  lampade  ser- 
vono per  il  bagno  di  luce  parziale.  -  Pei  bagni 
elettrici  o  galvanici,  o  faradici,  galvano  -  faradici, 
0  statici,  0  ad  alta  frequenza,  mono  o  bipolari 
(usati  nelle  malattie  nervose),  veggasi  ad  elettro- 
terapia. 

Bagni  nella  cui  composizione  entrano  sostanze 
minerali:  alcalino,  di  Vichy,  solforoso  o  solforato, 
solfo-carbonico,  iodo-bromo- solforoso,  solfo-iodico,  sol- 
forato semplice,  solforato  con  colla,  solfo  saponaio, 
di  Baréges,  iodato,  iodurato,  di  sale  o  bagno  mari- 
no, di  sublimato  corrosivo  o  bagno  mercuriale,  di 
Plombières,  acido,  carbonico,  salino-carbonico,  arseni- 
cale. -  Bagni  preparati  con  sostanze  di  natura  ve- 
getale: bagno  d'amido,  aromatico,  senapizzato,  di 
tannino,  dì  olio  di  trementina,  di  malto,  di  crusca,, 
d'arnica,  di  valeriana,  di  tiglio,  balsamico,  di  tartaro 
tmetico ,  emolliente,   fortificante,  stimolante.  •  Bagni 


a  base  di  sostanze  ammali:  bagno  gelatinoso,  gela- 
tinoso e  solforato,  di  sapone,  saponaceo-alcalino,  di 
formiche,  di  sapone  solforato. 

Bagni  diversi.  —  Ammocasia,  bagno  secco  che 
si  fa  sulle  spiaggie  marine  immergendosi  nella  sab- 
bia ben  riscaldata  dal  sole.  -  Bagno  indiano,  quello 
col  quale  si  inaffìa  con  acqua]  calda  il  corpo  di- 
steso su  un  banco,  agitando  il  corpo  stesso  con  un 
metodo  speciale  (massaggio).  -  Bagno  medicato,  quello 
in  cui  sia  stata  immersa  qualche  medicina:  quindi 
bagni  alcalini,  clorurato-jodici,  ecc.  -  Bagno  mtne- 
l'ale,  quello  fatto  con  acqua  che  contiene  una  quan- 
tità di  principi  superiore  a  quella  che  si  trova  nel- 
l'acqua comune:  -  Bagno  russo,  stufa  scaldata  con 
vapore  acqueo,  in  vicinanza  della  quale  si  trova 
una  sala  (l'immersione  fredda  e  un  salone  di  riposo 
con  massaggio:  bagno  a  vapore;  stufa  sudatoria; 
fomento,  -  Bagìw  turco,  quello  per  cui  si  entra  in 
locali  riscaldati  da  stufa,  per  essere  lavati,  asciugati, 
pettinati  e  coperti  di  balsami. 

Varie  maniere  di  far  bagni.  —  Abluzione,  bagno 
parzialissimo,  lavamento  di  parte  del  corpo.  -  Af- 
fusione:  consiste  nel  versare  senza  torza  un  liquido 
sul  capo,  0  soltanto  sopra  una  sola  parte.  L allu- 
sione può  essere  generale,  parziale  o  locale.  -  Bagno 
di  sorpresa  o  bagno  di  ondata,  quando  l'affusione  è 
fatta  di  sorpresa,  senza  che  il  bagnante  (di  solito 
ammalato)  se  l'aspetti.  -  Aspersione,  quando  l'acqua 
è  gettata  senza  forza,  sotto  forma  di  pioggia. 

Bagnata,  un  semplice  tuffo.  -  Bagnatura,  l'ope- 
razione del  bagnarsi,  ma  più  comunemente  qu-illa 
seria  di  bagni  che  si  fanno  in  una  stagione.  -  Bar 
gnetto,  breve  immersione  del  corpo:  bagnettino.  - 
Bagnolo,  o  bagtiuolOy  bagno  locale  che  si  fa  ad 
una  sola  piccola  parte  del  corpo,  come  braccio, 
mano,  occhio  o  simile. 

Capiluoio,  bagno  del  capo.  -  Cataclisma,  bagno  a 
doccia.  -  Doccia,  colonna  o  spruzzo  d'acqua  che 
si  fa  cadere  sul  corpo  per  idrotei'apia.  -  Manilu- 
Invio,  bagno  alle  mani  con  acqua  calda  pura  o  con 
senape,  con  acqua  e  aceto,  con  acqua  e  cenere.  - 
Mezzo  bagno,  quello  che  si  fa  dalla  cintura  in  giù, 
stando  la  persona  seduta  nella  tinozza. 

Paroptési,  bagno  nell'arena  calda.  -  Pediluvio, 
immersione  dei  piedi  nell'acqua  semplice  o  carica 
di  qualche  sostanza  medicinale;  freddo,  tiepido, 
caldo,  con  senape,  ecc.  -  Rinfrescamento,  bagno  in 
acqua  per  sollievo  contro  il  caldo. 

Semicupio,  bagno  nel  quale  solo  il  bacino,  lino 
all'ombilico,  è  immerso  nell'acqua  e  le  estremità 
inferiori  sono  fuori  del  liquido.  -  Stufa,  bagno  cal- 
do. ■  Stufe  di  arena  :  si  fanno  coprendo  parte  del 
corpo,  0  tutto,  tranne  la  testa,  che  viene  riparata 
dal  sole,  con  la  sabbia  asciutta  delle  rive  del 
mare,  riscaldata  fortemente  dai  raggi  solari.  Usate 
nei  reumatismi  cronici,  ecc. 

Edifici,  arnesi,  persone,  locozioni. 

EoiFia.  —  Bagni,  luogo  pubblico,  o  accessibile 
a  pagamento,  dove  siano  acque  naturali  o  condot- 
tevi artificialmente,  in  bacini  comuni  o  riservati 
(tinozze),  ad  uso  di  bagnarvisi  o,  anche,  l'eserci- 
tarsi al  nuoto.  -  L'edificio  o  gli  edifici,  le  baracche 
di  legno,  ecc.,  allo  stesso  scopo  impiantati  alla 
spiaggia  del  mare,  presso  la  riva  d'un  lago,  d'un 
fiume,  ecc.  -Antibagno,  stanza  che  precede  quella 
del  bagno.  -  Apoditerio,  luogo  delle  antiche  terme, 
nel  quale  si  toglievano  gli  abiti.  -  Amiaio,  luogo 
dove  sono  i  bagni,  per  lo  più  riparati. 


230 


BAGNO  PENALE 


Bagnaccio,  peggiorativo  di  bagno,  nel  significato 
di  luogo  dove  si  tanno  immersioni  del  corpo  nel- 
l'acqua. Bagno  meschino,  anzi  sudicio  e  lercio.  •  Ba- 
gnetti,  luogo  dove  sono  pubblici  bagni,  non  grande, 
ma  grazioso.  -  Bagnettino,  stanza  per  bagno,  piccola 
ma  elegante,  graziosa.  -  Bagnetto,  piccolo  stabili- 
mento, ma  grazioso  e  elegante,  dove  si  facciano 
bagni.  -  Bagno,  la  stanza  dov'  è  la  tinozza  o  la  va- 
sca, e  la  tinozza  e  la  vasca  stessa  coll'acqua,  e 
Tacqua  stessa.  -  Baracca,  casotto  di  legno  coperto 
di  tela  che  si  rizza  in  mare  e  nei  fiumi  per  farci 
bagni.  -  Battistero,  una  delle  sale  delle  antiche  terme. 

Cabina,  capanna  da  bagno.  -  Calidario,  nelle  an- 
tiche terme,  stanza  destinata  ai  bagni  caldi. 

Efebo,  nei  bagni  dell'antichità  greco-romana, 
gran  sala  destinata  ai  lottatori,   detta  anche  Xisto. 

-  Exedra,  sala  di  conversazione  nelle  antiche  terme. 

-  Frigidario,  stanza  del  bagno,  con  temperatura 
bassa  per  rinvigorire  il  corpo.  -  Ibamanam,  stabili- 
mento di  bagni  turchi  o  a  loro  imitazione.  -  /po- 
causto,  luogo  dei  bagni  antichi,  dove  si  accendeva 
fuoco  per  riscaldare  le  stanze  e  le  acque.  -  Laconi' 
cum,  stufa  secca  delle  terme.  -  Lavacro,  bagno, 
luogo  per  lavarsi.  -  Ninfeo,  bagno  pubblico  antico; 
ancne,  appartamento  per  bagno. 

Spogliatoio,  luogo  nei  bagni,  destinato  a  uso  di 
spogliarvisi.  -Stanza  del  bagno,  brevemente,  bagno, 
stanzuola  nella  quale  è  la  tinozza  o  vasca  di  marmo, 
per  fare  i  bagni  in  casa.  In  una  stanza  da  bagno 
per  lo  più  si  trovano  il  lavabo,  con  uno  o  più  ca- 
tini (alcuni  a  scarico  e  muniti  di  piletta);  lavabo  a 
scatola;  fontanelle  o  acquai,  in  porcellana  o  in  ghisa 
smaltata  ;  le  toelettes,  fisse,  o  a  bilico.  Si  trovano  anche 
talvolta  doccie  fisse  o  trasportabili.  -  Stufa,  stanza 
per  bagno  a  vapore,  o  anche  l'arnese  all'uopo.  -  Su- 
datorio, stufa  da  bagno. 

Tenda,  baracca  di  tela  per  bagnanti  alla  spiaggia, 

-  Tepidario,  stanza  balnearia,  a  media  temperatura, 
di  preparazione  al  bagno  a  vapore.  -  Terma,  più 
comunemente  terme,  gli  stabilimenti  balneari  ro- 
mani; ora  luogo  d'acque  minerali  calde  per  cura: 
stazione  termale,  acque  termali.  Tali  le  stufe  di  Mon- 
summano,  i  fanghi  d'Acqui,  le  muffe  di  Valdieri, 
ecc.  -  Untuario,  luogo  delle  terme,  dove  i  bagnanti 
si  ungevano. 

Arnesi,  recipienti. —   Bagnaròla   (romano),  reci- 

f (lente  in  cui  si  prende  un  bagno.   -  Battezzatorio, 
a  vasca  in  cui  si   faceva  il   bagno   a  immersione. 

-  Fornello  da  tinozza,  arnese  in  torma  di  cilindro 
che  si  mette  dentro  la  tinozza,  per  iscaldarne  l'ac- 
qua. Dalla  base  di  questo  vaso  o  fornello,  e  da 
due  parti  opposte,  inferiori  alla  gratella  dei  carboni 
accesi,  partono  due  minori  tubi,  che  risalgono  sino 
all'altezza  della  bocca  del  fornello,  e  servono  al 
passaggio  dell'aria  necessaria  alla  combustione;  le 
tre  aperture  rimangono  fuori  dell'acqua. 

Idra  fero,  apparecchio  balneare  inventato  da  Mathieu 
de  la  Dróme  e  destinato  a  produrre  artificialmente, 
in  una  camera  di  legno,  i  fenomeni  della  pioggia. 

-  Piscina,  grande  vasca  da  bagno;  serbatoio  d'acqua 
fredda  o  calda,  ferma  o  corrente,  a  scopo  di  cura. 

-  Natatoria,  piscina  nella  quale  si  nuota  -  Natatio, 
piscina  da  nuoto  nelle  terme  antiche. 

Robinetto,  o  rubinetto,  arnese  girevole  pel  quale 
si  fa  uscire  l'acqua:  se  ne  tanno  di  diversi  mo- 
delli, alcuni  detti  mescolatori,  perchè  possono  dare, 
da  diversi  condotti,  due  o  più  acque  (calda  e  fred- 
da, semplice  o  medicata,  ecc.).  -Scaldabagni,  appa- 
recchio, specie  di  stufa,  per  lo  più  di  rame,  per 
riscaldare   l'acqua  (di  solito  col   gas),   da    versare 


poi  nel  bagno.  -  Semicupio,  arnese  per  fare  il 
bagno  dello  stesso  nome. 

Tinozza,  ampio  vaso  di  rame,  di  latta,  di  cotto, 
0  di  marmo,  talora  anche  di  legno,  in  cui  è  Con- 
tenuta l'acqua  a  uso  di  bagnarsi.  Anche  quello  di 
terracotta  o  di  marmo,  che  si  fissa  al  pavimento 
nelle  stanze  da  bagni.  -  lubo,  grosso  cilinaro  vuoto, 
di  rame  o  di  latta,  che  si  empie  di  carbone  acceso 
e  si  immerge  nella  tinozza,  acciocché  l'acqua  si 
scaldi.  -  Vasca,  la  tinozza  di  marmo  o  d'altro  che 
si  usa  nei  bagni  pubblici  o  nelle  case  che  hanno 
stanze  da  bagno. 

Persone,  ecc.  —  Bagnante,  chi  fa  la  cura  dei 
bagni  in  luogo  a  ciò  destinato,  o  va  all'uopo  in  una 
città  marittima,  o  si  reca  a  stabilimenti  di  acque 
minerali  per  farne.  -  Bagnaiolo,  bagnaiola,  l'uo- 
mo, la  donna  che  fanno  il  servizio  occorrente  ai  ba- 
gnanti, apprestando  la  biancJieria,  aiutandoli  ad 
asciugarsi,  ecc.  Nell'uso,  più  frequente,  bagnino. 

Costume  da  bagno,  la  veste  che  indossa  chi  non 
si  bagna  nudo.  -  Endromide,  veste  che  anticamente 
si  indossava  all'uscita  dal  bagno.  -  Galleggiante, 
cerchio  o  altro  arnese,  di  gomma,  di  sughero,  ecc., 
che,  ai  bagni  di  mare,  di  lago,  di  fiume,  si  dà  tal- 
volta a  chi  non  sappia  nuotare:  salvagente,  -  Mu- 
laudine,  calzoncini  cortissimi,  per  lo  più  di  maglia, 
per  bagni.  -  Pallio,  ampia  coperta  per  bagno. 

Striglie,  striglia  o  raschiatoio  di  ferro  o  di  bron- 
zo a  lama  ricurva,  incavata,  per  togliere  dàlia  pelle 
la  loia  0  il  sudore  dopo  an  bagno  o  un  esercizio  - 
Strig illazione,  massaggio  con  lo  striglie. 

Locuzioni.  —  Andare  all'acqua,  andare  al  fiume, 
al  lago,  al  mare,  a  scopo  di  bagnarsi.  -  Bagnarsi, 
fare  un  bagno,  immergere  le  membra  in  un  liquido, 
-  Dare  un  beverone,  dare  un  tuffo  nel  bagnarsi  e 
bere.  -  Entrare  nel  bagno,  uscire  dal  bagno.  -  Far 
cazzuola,  star  a  bagnarsi  dove  c'è  poca  acqua,  co- 
me fanno  talvolta  alcuni  anfibi,  -  Fare  un  bagno, 
fare  i  bagni,  bagnarsi  una  volta  o  più  in  giorni 
successivi.  -  Fare  i  bagni  nella  conca  col  martello 
in  mano,  di  chi  non  si  bagna  nei  fiumi  o  nel  mare 
per  paura.  -  Guazzare,  sguazzare,  guazzarsi,  sguaz- 
zarsi, moversi  nel  bagno.  -  Mettere  il  culo  in  fresco 
(scherz.),  fare  un  bagno,  specialmente  un  semicu- 
pio. -  Immergersi,  tuffarsi,  entrare  nel  bagno,  nell'ac- 
qua ;  prendere  il  bagno,  un  bagno,  bagnarsi,  entrare 
in  bagno.  -  Preparare,  scaldare,  riscaldare  il  bagno, 
ecc.  -  Tuffarsi,  immergersi  nell'acqua,  nel  bagno. 

Bagno.  Voce  di  vario  significato,  indicando: 
pel  conciatoref  il  tenere  in  molle  i  cuoi  nell'  ac- 
qua cotta,  ecc.;  per  il  lanaiuolo,  una  saponata 
con  la  quale  si  bagnano  i  pannilani;  per  l'orefice^ 
o  per  il  gioielliere,  il  vaso  nel  quale  si  mette  a 
liquefare  un  metallo  e  il  metallo  stesso. 

Bagno  elettrolitico,  soluzione  per  i  processi  di 
galvanoplastica  (argentatura,  doratura,  ramatura, 
ecc.).  In  esso  si  distingue:  Velettrolito,  o  soluzione 
che  va  sottoposta  all'azione  della  corrente;  l'anodo, 
che  è  collegato  col  polo  positivo  della  sorgente  di 
elettrica:  il  catodo,  che  è  collegato  col  polo  nega- 
tivo. -  Bagnomaria,  vaso  pieno  d'acqua  nella  quale 
viene  immerso,  perchè  vi  si  riscaldi,  nn  secondo 
vaso  contenente  sostanze  qualsiansi.  Specialmente 
usato  nelle  locuzioni:  scaldare,  cuocere  a  bagno- 
maria.- Purga,  cosa  che  ha  bisogno  di  stare  in 
molle  in  un  liquido  perchè  perda  o  prenda  certe 
qualità. 

Bagnomaria  faj.  Detto  a  bagno  (immediata- 
mente qui  sopra). 

Bagno  penale.  Anticamente  serraglio  dei  con 


BAGNOLO     —    BALENA 


231 


dannati  al  remo.  Ora,  penitenziario,  ergastolo,  ga- 
lera, lavori  forzati. 

Bagrnolo.  Piccolo  bagno:  consiste  nell'applicare, 
sopra  una  parte  dolente,  compresse  in  un  liquido 
medicato;  embrocazione,  embrocche;  pezzetta;  fo- 
mento, fomenta,  bagnolo.  -  Fomentazione,  il  fare  il 
bagnuolo. 

Bag-nuolo.  Lo  stesso  che  bagnòlo. 

Bag-ordare,  bagordo.  Detto  a  gozzoviglia. 

Bagordo.  Specie  di  antico  forweo. 

Bàia.  Tratto  di  mare,  -  Bella,  burla.  •  Bazze- 
cola, inezia. 

Baiadera.  Veggasi  a  ballerino. 

Baiata.  Detto  a  scherno. 

Baietta,  balottóne.  Sorta  di  panno. 

Bailauuue.  Detto  a  baccano  e  a  rumore. 

Baio.  Aggiunto  di  mantello  di  cavallo. 

Baiocco.  Vecchia  nioitefa.  -  Figur.,  sciocco. 

Baione.  Detto  a  burla. 

Baionétta.  Lama  triangolare  e  a  punta,  che  si 
inasta  sul  fucile  (di  cui  ha  seguito  le  trasfornia- 
zioni),  per  gli  assalti  ad  arma  bianca.  Alcune  mi- 
lizie usano  all'  uopo  la  daga  inastata.  -  Anello, 
parte  inferiore  per  la  quale  si  ferma  la  baio- 
netta in  cima  alla  canna  del  fucile.  -  In  canna, 
la  baionetta  inastata.  -  Shaionettare,  pigliare,  re- 
spingere colla'  baionetta.  -  Armare  la  baionetta, 
inastarla  sul  fucile.  -  Baionettata,  colpo  di  baio- 
netta. —  Alla  baionetta  I,  comando  ai  soldati  di 
dare  l'assalto,  corpo  a  corpo,  col  fucile  armato  di 
ba  01  et  a'  senza  più  sparare. 

Balota.  S|  e  le  di  tela  bianca  ordinaria,  analoga 
alla  guttaperca. 

Balanite.  Detto  a  gonorrea. 

Bàlano.  Specie  di  ghianda 

Baiaselo.  Sorta  di  gemma. 

Balaustrata,  balavistro  (balau strato).  Ordine 
di  colonnette  per  davanzali  ed  altro;  colonnetta  per 
ornamento  di  parapetto  e  simili.  -  Balaustri,  specie 
d'i  colonnette  a  poca  distanza  le  une  dalle  altre,  fra 
il  basamento  e  la  cimasa  della  balaustrata.  -  Basa- 
mento 0  base,  la  parte  inferiore  della  balaustrata, 
sulla  qxiale  s' inalzano  verticali  i  balaustri  e  i  pi- 
la strini.  -  Cimasa,  finimento  superiore,  piano  e 
liscio,  della  balaustrata.  -  Colonnino,  lo  stesso  che 
colonnello  o  colonnetta,  ritto  d'una  balaustra.  -  Pi- 
lastrini, due  piccoli  pilastri  che,  in  serie  coi  balau- 
stri, fanno  il  principio  e  il  termine  della  balau- 
strata. Talora,  nelle  lunghe  balaustrate,  alcuni  altri 
pilastrini  si  frappongono  fra  i  balaustri,  per  orna- 
mento 0  per  fortificamento.  -  Regge,  chiusura  della 
balaustrata. 

Balbettare,  balbettamento  (balbettato). 
Del  parlare,  pronunziare  le  parole  difettosamente, 
imperfettamente,  causa  impedimento  di  lingua, 
emozione,  ecc.  :  parlare  a  parole  rotte,  tronche; 
balbetticare;  smozzicare,  tagliare  le  parole;  cianci- 
chiare  ;  cincischiare  le  parole  ;  eiancigliare  ;  scilin- 
guare; dire  parole  sbezzicate,  sbezzicar  le  parole;  fa- 
vellare frastagliatamente,  a  miccino,  a  spizzico,  a 
spicchio,  a  spilluzzico;  favellar  addentellato,  cincis- 
chiato, rotto;  impiastricciare  una  parola  con  l'altra, 
assaltare,  rappallottolare  le  parole  in  bocca;  incoc- 
carsi ;  non  trarre  la  voce  viva  ai  denti  ;  ammazzar 
mezzo  le  parole;  mangiarsi,  ingoiarsi  le  parole  ;  pa- 
troliare;  avere  i  pedignoni  nella  lingua. 

Balbare,  balbeggiare,  balbetticare,  balbeticare,  baU 
bussare,  balbezzare,  balbutire,  balbuzzare,  balbuzire, 
lo  stesso  che  balbettare,  ma  voci  fuori  d'uso. 

Balbettamento,  il   balbettare  :  barbugliamento,  ap- 


pi.islricciamento,  appiastriccicamento;  cinguettamen- 
to.  -  Balbettio,  balbettamento  continuato. 

Barbugliare  (barbuglione),  parlare  con  parole  in- 
terrotte e  confuse  e  senza  scolpirle.  -  Biascicare, 
pronunziar  male  le  parole,  o  pronunziarle  senza 
farsi  sentire.  -  Biasciotlone,  chi  biascica  le  parole. 
-  Cinguettare,  detto  più  spesso  di  lingua  che  ci 
sia  famigliare:  vale  parlarla  non  speditamente. 

Farfecchiare,  balbettare,  scilinguare.  -  Farfecchione, 
balbuziente,  8CÌlin''uato  -  Gni,  gni,  gni,  dicesi  di 
chi,  essendo  impedito  nella  favella,  comincia  a  par- 
lare stentatamente  senza  approdar  nulla.  -  Inchec- 
care,  propriamente  replicare  più  volte  la  medesima 
sillaba,  per  non  poter  esprimere  a  un  tratto  le  pa- 
role, e  specialmente  quelle  un  po'  difficili  -  Incan- 
gognare,  tentennare  a  profferir  le  parole  in  un  di- 
scorso, biascicar  le  parole.  -  Scilinguare  (scilinguatoj, 
non  profferire  spiccatamente  le  parole.  -  ScÙingua- 
torc,  chi  0  che  s,GÌ\m^m:  sdlinguatello.  -  Scilingua- 
tura, parola  o  parole  male  pronunziate. 

Tartagliare,  balbettare  per  difetto  organico  o 
contratto  in  seguito  a  malattia:  balbotire,  balbutire; 
balbuzzare,  barbugliare,  trogliare  (idiotismo);  fra- 
stagliare, imbrogliarsi,  invilupparsi  nel  parlare  ;  im- 
puntare, intoppare;  parlare  a  salti,  a  intoppi;  lin- 
guettare.  -  Tartagliamento,  balbuzie,  barbugliamento, 
difetto  della  pronunzia,  consistente,  per  lo  più,  nella 
ripetizione  stentata,  difficile,  faticosa,  di  certe  sil- 
labe, oppure  nella  sospensione  momentanea  e  pe- 
nosa della  voce  e  della  respirazione  su  certe  vocali 
e  consonanti.  Balbuziente,  balbo,  chi  ha  questo  di- 
fetto. -  Bacciuccone,  dicesi,  nel  Lucchese,  per  balbu- 
ziente. -  Balbettone,  voce  usata  dal  Manzoni  per 
balbo,  balbuziente,  balbettante.  -  Bleso,  chi  pronunzia 
male  le  parole,  specialmente  il  ci,  Vesse,  l'erre.  - 
Lisca,  chi  nel  parlai'e  tai taglia  (avere  la  lisca,  es- 
sere bleso).  -  lartaglione,  tarlagliona,  uomoo  donna 
che  tartaglia  o  prova  difficoltà  nell'esprimere  i 
propri  concetti:  tartaglia,  tartagliante;  lingua  di 
frullone,  smozzo.  Scilinguare,  tartagliare  a  bacchetta, 
essere  molto  tartaglione. 

Balbo.  Detto  a  balbettare. 

Balbutire  (balbutito).  Detto  a  balbettare. 

Balbuzie,  balbuziente.  Veggasi  a  balbet- 
tare. 

Balcone.  Veggasi  a  finestra,  terrazzo. 

Baldacchino.  Arnese  di  chiesa.  -  Sopraccielo 
da  letto. 

Baldanza.  Ardimento,  coraggio,  sicurtà  di 
animo. 

Baldanzoso  (baldanzosamente).  Pieno  di  baldan- 
za, di  coraggio. 

Baldezza.  L'essere  baldo. 

Baldo.  Ardito,  fiero,  pieno  di  coraggio  e  di 
fiducia  in  sé. 

Baldòria.  Grande  allegria,  gran  festa,  quasi 
gozzoviglia.  -  Fuochi  che  si  fanno  per  festeggiare 
un  avvenimento. 

Baldracca.  Meretrice,  prostituta. 

Balena  (baleniera,  baleniero,  balenòttera).  Il  più 
grosso  mammifero  cetaceo,  avente  parti  spro- 
porzionate, testa  enorme,  bocca  stornita  di  denti, 
ma  provvista  di  due  serie  di  lamine  cornee,  dette 
fanoni  {ossi  di  balena,  stecche  di  balena),  senza 
pinna  dorsale.  I  fanoni  si  impiegano  nella  fabbri- 
cazione di  ombrelli,  di  canne,  di  cercini,  ecc.  - 
Balenotto,  balena  giovane.  -  Balenòttera,  genere  di 
cetacei  affini  alle  balene,  distinti  per  xma  pinna 
adiposa  dorsale.  -  Balenidi,  famiglia  di  cetacei  com- 
prendenti le  balene,  le  balenottere  e  i  generi  affini. 


232 


BALENARE 


BALLERINO 


-  Cascialoto  o  balena  maschio,  cetaceo  che  nella 
cavità  della  testa  rinclàude  un  olio  rappreso,  noto 
sotto  il  nome  di  bianco  di  balena  o  spermaceti.  - 
Sfiatatoio,  apertura  sul  capo  delia  balena  e  d'altri 
cetacei,  dalla  quale  rigettano  l'acqua  con  forza. 

Baleniera,  imbarcazione  equipaggiata  per  la  pesca 
della  balena.  Baleniere,  il  naviglio  e  anche  il  cac- 
ciatore di  balena.  -  Ramponiere,  nella  caccia  alla 
balena,  chi  tiene  il  rampone,  o  rampicene,  lungo 
ferro  uncinato. 

Balenare,  balenamento  (baleno,  balenato). 
Ves^gasi  a  lampo  e  a  vacillare. 

Balenière.  Detto  a  balena. 

Balestra  (balistraj.  Antico  strumento  di  guerra 
per  uso  di  saettare,  arme  da  corda  fatta  d'un  fusto 
di  legno  chiamato  temere,  con  un  arco  di  legno,  di 
corno,  d'acciaio  in  cima  (che  si  tendeva  mediante 
un  nervo  o  una  corda),  nonché  della  noce,  disco  di 
corno,  di  cervo  o  di  metallo,  e  delia  chiave  o  ma- 
netta. Detto  anche  balestrino,  balestro,  balestrone; 
arcabalestro,  arcobalestro;  arcobalistra,  arcoballista. 

Calapidla,  balestra  per  lanciar  sassi  :  balista,  bal- 
lista; manganella,  mangano,  manganone;  bombarda. 

-  Scorpione,  sorta  di  balestra  a  mano  e  la  freccia 
tirata  con  quella. 

Arganetto,  istrumento  per  caricare  la  balestra. 

Cianfrona,  mulinello  a  vite  della  balestra.  -  Leva, 
uno  dei  quattro  strumenti  coi  quali  si  caricavano 
le  balestre,  ad  eccezione  di    quelle  a   pallottola. 

Martinetto,  martinello,  altro  dei  quattro  strumenti 
coi  quali  si  caricavano  le  balestre,  ad  eccezione  di 
quelle  a  pallottola.  -  Noce  di  balestra,  pallottola  di 
legno,  di  forma  ovale,  e  grossa  come  una  noce,  alla 
quale  s'appiccava  la  corda  della  balestra  nel  cari- 
carla. -  Fesarola,  sistema  di  pulegge,  che  serviva 
a  curvare  l'arco  della  balestra.  -  Sirevo,  staffa  di 
balestra. 

Balestrare,  scagliare  con  la  balestra;  tirare  di 
balestra;  colpire  con  tiro  di  balestra.  -  Balestrata, 
colpo  0  tiro  di  balestra.  -  Balestriere,  soldato  ar- 
mato di  balestra.  -  Bombardiere,  il  soldato  al  ser- 
vizio della  catapulta. 

Balestra.  Arnese  di  tipografia. 

Balestrare  (balestrata).  "Veggasi  a  gettare. 

Balestriera.  Feritoia  in  una  fortezza. 

Balestriglia.  Detto  a  latitudine. 

Balestruccio.  Veggasi  a  róndine. 

Bali  (baliato).  Grado  in  qualche  religione^ 
di  ordine  cavalleresco. 

Balia,  baliàggio,  baliàtico.  Veggasi  ad 
allattamento. 

Balla.  Potestà,  autorità,  vigore,  foi'^d',  po- 
tere. 

Balio.  Veggasi  ad  allattamento  e  a  magi- 
strato. 

Balióso.  Vigoroso,  robusto. 

Balire  (balito).  Detto  ad  allattamento. 

Balista.  Detto  a  balestra. 

Balistica.  Scienza  e  arte  del  tiro  per  Yarti- 
glieria:  tratta  del  moto  dei  corpi  lanciati  in  aria; 
6i  svolse  dopo  la  scoperta  della  polvere  e  la  costru- 
tione  dei  primi  cannoni. 

BalistLte.  Detto  a  polvere  (da  luoco). 

Balla.  Grosso  involto  di  mercanzie,  fatto  per 
spedirle  da  un  luogo  all'altro:  collo,  pacca,  pacco, 
fardello,  torsello.  Anche  la  quantità  di  merce  con- 
tenuta in  una   balla.  -  Ballacela,  dispreg.    di  balla. 

-  Ballane,  grossa  balla.  -  Paccoliglia.  diminutivo   di 

{meco,   che   propriamente  significa   balla    di   merci 
egate  insieme   senza   involtura.  -  PelHcino,  l'estre- 


mità dei  canti  delle  balle  e  dei  sacchi  per  la  quale 
si  possono  agevolmente  pigliare.  -  Terzone,  tela  da 
imballaggio,  per  balle. 

Ballàbile.  Pezzo  di  musica  per  ballo:  pezz» 
istrumentale  in  cui  si  imita  il  ritmo  e  la  misura 
di  una  melodia  che  potrebbe  servire  a  un  ballo  • 
La  gavotta,  la  giga,  il  minuetto  sono  ballabili  an- 
tichi; il  valzer,  la  mazurca,  la  polca  ballabili  mo- 
derni. -  Ballabile  di  società,  quello  in  cui,  oltre  alle 
solite  danze,  si  eseguiscono  pure  balletti  studiati  o 
quadri  pantomimici.  -  Ballabile  indiano,  scozzese,  uti- 
gherese,  ecc.,  che  ha  il  carattere  della  musica  di 
quelle  i\azioni.  -  Ballo  intercalato  in  un'  opera  in 
musica:  serio,  buffo,  di  mezzo  carattere,  favoloso, 
poetico,  storico.  -  Trio,  terzetto,  la  seconda  delle  due 
parti  di  certi  ballabili. 

Ballare  (ballato).  Danzare,  fare  un  ballo. 

Ballata.  Componimento  poetico  in  versi,  simile 
alla  canzone.  Detto  anche  per  ballo,  special- 
mente nel  dim.:  ballatina. 

Ballatoio.  Opera  di  fortificazione  nei  vecchi 
castelli  -  Specie  di  terrazzo  che  rigira  l'esterno  e 
anche  l'interno  di  un  edilicio.  -  Ringhiera,  riparo 
di  ferro,  per  ballatoio,  a  mezza  vita,  formato  di 
bacchette  verticali,  parallele,  semplici,  oppure  va- 
riamente lavorate  e  ripiegate,  comprese  tra  la  base 
e  la  cimasa. 

Ballatore.  Chi  si  dà  al  ballo  per  divertimento, 
per  smania. 

Ballerina.  Detto  a  cutrèttola. 

Ballerino,  ballerina.  Chi  balla  per  professio- 
ne e  dà  spettacolo  in  teatro  (voci  inesattamente  usate 
a  significare  chiunque  balli  con  qualche  gusto  di 
artej:  allievo  di  Tersicore,  silfo,  siltide.  -  Ballerinuc- 
cio,  dimin.  e  spreg.  di  ballerino. 

Ballerino  assoluto,  che  è  veramente  primo,  sulla 
scena.  -  Baiadera  (dal  portoghese  bailadeira),  dan- 
zatrice e  cantatrice  pubblica  nell'India.  Le  baiadere 
in  parte  fanno  vita  randagia,  oflrendosi  a  pubblico 
spettacolo,  in  parte  sono  addette  ai  templi. 

Coribanti  o  Gureti,  sacerdoti  di  Cibele  che  cele- 
bravano le  loro  feste  battendo  il  tamburo,  saltando, 
ballando  e  correndo  qua  e  là  come  forsennati.  -  Co- 
rifei e  corifee,  i  ballerini,  le  ballerine,  non  primi, 
nei  teatri.  -  Guide,  nei  balli  teatrali,  le  prime  bal- 
lerine di  ciascuna  fila.  -  Grotteschi,  i  ballerini  da 
teatro,  che,  scostandosi  dalle  regole  dell'arte,  fauna 
strane  prove  di  agilità.  -  Mattaccino,  ballerino  o 
saltatore  grottesco  e  per  lo  più  con  sonagli  alle 
gambe  e  al  cappello.  -  Minia,  ballerina  e  attrice  in 
genere.  -  Mimo,  attore  drammatico,  ballerino. 

Appiombo  e  a  piombo,  dei  ballerini  che  ricadono 
dopo  il  salto  con  gran  sicurezza  nella  posizione 
voluta.  -  Ciurlo,  giramento  che  i  ballerini  fanno 
della  persona  su  di  un  solo  piede.  -  Contrattempo, 
salto  aggiunto  a  passi  misurati.  -  Nodo,  giro  o  più 
giri  che  il  ballerino  fa  sulla  punta  dei  piedi,  senza 
cambiar  posto.  -  Passo,  il  vario  modo  della  danza; 
il  ballo  eseguito  dal  ballerino,  dalla  ballerina,  o  da 
entrambi  insieme:  passo  a  solo,  passo  a  due,  ecc. 

Coreografia  {coreogràfico),  arte  di  comporre  le 
danze  per  i  ballerini  e  le  ballerine.  -  Corpo  di  ballo, 
l'insieme  dei  ballerini  e  delle  ballerine  di  un  teatro. 

Maglia,  quella  che  portano  le  ballerine  e  i  balle- 
rini del  teatro  per  simulare  la  nudità.  -  Sottanino, 
più  piccolo  che  sottanina,  quello  delle  ballerine.  - 
Pantomima,  azione  teatrale  mimica.  -  Ballerino  di 
corda,  funambolo,  acrobata:  forzatore,  che  cammina 
sulla  corda;  equilibrista,  saltatore  di  corda,  danzatore 
aereo;  ballatore  sul  canapo;  gr.,  scenòbata. -Bi/oHctere, 


BALLETTARE   —   BALLO 


233 


arte  dei  funamboli  per  mantenere  l'equilibrio.  -  Con- 
trappeso, grosso  bastone  a  pertica  usato  dai  funam- 
boli per  sostenersi  sulla  corda.  -  Funambolismo, 
l'arte  del  funambolo:  acrobatismo. 

Catadrome,  corda  sulla  quale  si  ballava.  -  Orem- 
notate,  danzatore  di  corda  antico.  -  Cubistetaiio, 
acrobata  che  danzava  sulle  mani. 

Ballottare,  il  nmoversi  saltellando,  cosi  da 
sembrare  che  si  taccia  un  ballo. 

Ballisino.  Detto  a  corea.  * 

Ballo.  Ordinato  movimento  del  corpo,  esefjuito 
a  passi  misurati  e  rei^^oJati  secondo  il  tempo  musi- 
cale e  accompagnato  da  gesti  e  da  atteggiamenti  ar- 
tistici :  ballata,  carola;  ridda,  riddone;  saltazioiie, 
salto;  tresca,  trescamento,  trescone;  tripudio;  vòr- 
tice ritmico.  -  Ballo  si  dice  anche,  brevemente,  il 
ballare  ;  ogni  specie  di  danza;  l'arte  della  danza; 
festa  danzante,  veglia  danzante.  -  Balletto,  dimin. 
di  ballo.  -  Ballonzolo,  piccolo  ballo  in  pochi  e  alla 
buona.  -  Abballottolio,  ballo  disordinato. 

Contrappasso,  incontro  reciproco  di  chi  balla  nel 
tornare  dopo  essersi  scostato.  -  Contrattempo,  salto 
aggiunto  a  passi  misurati.  -  Passo,  detto  a  balle- 
rino. 

Balli  vari 

Balletto,  specie  di  ballo  di  campagna  in  quattro, 
in  cui  il  ballerino  danza  davanti  alla  dama,  abbrac- 
ciandola nel  girare.  -  Ballo  della  botte,  ballo  eseguito 
saltando  in  punta  di  piedi  ed  accoccolati.  -  Ballo 
tondo,  in  giro.  -  Basire,  ballo  pubblico  di  gente 
bassa  e  senza  troppe  leggi  di  decenza. 

Calata,  specie  di  danza  vivace.  -  Caròla,  ballo 
con  movimenti  combinati  e  intrecciati  di  più  per- 
sone: specialmente  al  plurale  {Far  carole,  tesser 
caròle).  -  Cocchina,  danza  contadinesca.  -  Contrad- 
danza, ballo  di  più  coppie  di  ballerini  in  diverse 
figure  -  Cotiglion,  sorta  di  ballo  di  società  che  si 
suol  fare  sul  finire  della  festa. 

Danza,  ballo  con  regola  ed  arte.  -  Danza  ionica, 
danza  effeminata.  -  Danza  serpentina,  spettacolo  dato 
sulla  scena  da  una  donna  che,  avvolta  in  una  lunga 
e  semitrasparente  veste  di  garza,  fa  fare  a  questa 
graziose  spirali,  sotto  i  raggi  di  una  intensa  luce 
ossidrica  a  vari  co\ori.  •  Orcliesiogrnfìa,  descrizione 
della  danza.  -  Orchèstica,  l'arte  della  danza.  -  Ter- 
sicore, la  Musa  della  danza:   emblema,  la  lira. 

Duro-duro,  ballo  popolare  sardo,  senza  salti. 

Lancieri,  specie  di  quadriglia.  -  Lucia,  sorta  di  ballo 
fatto  con  iscortorcimenti  della  persona  e  special- 
mente delle  braccia.  -  Manfrina,  sorta  di  ballo  cam- 
pagnolo. -  Marina,  sorta  di  ballo  campagnolo,  o 
montanino,  che  si  fa  in  quattro  o  in  otto  coppie.  - 
Mnzttrca,  sorta  di  ballo  che  si  fa  in  due;  é  tra  il 
valzer  e  la  polca.  -  Monferina,  ballo  allegro  di 
movimento  vivace.  -  Padovana,  sorta  di  ballo  accom- 
pagnato da  suono.  -  Polca  (P.  mazurca),  danza  mo- 
derna in  misura  tripla  semplice,  a  movimento  mo- 
derato. -  Polacca,  danza  moderna  d'origine  slava, 
in  tripla  semplice,  modernila..  -  Polka-mazurka,  danza 
moderna  d'origine  tedesca.  -  Punta  e  tacco,  ballo 
nel  quale  ogni  tre  passi  bisogna  battere  in  tempo 
ora  il  tacco,  ora  la  punta  delle  scarpe. 

Quadriglia,  specie  di  contraddanza  eseguita  da 
quattro  coppie  di  ballerini  disposti  in  quadrato.  - 
Ballanzè,  parte  della  quadriglia  che  ognuno  balla 
con  la  sua  figura.  -  Fare  il  ponte,  nella  quadriglia,  il 
tener  le  braccia  alte  in  due  per  far  passare  al  ga- 
loppo le  altre  coppie.  -  Galoppo!,  il  comando  che  si 


dà  alle  coppie  d'andare  di  corsa,  nella  parte  ac- 
cennata da  chi  guida.  -  Gi-an  scena,  il  prendersi  a 
vicenda  per  la  mano  e  fare  il  giro  di  tutte  le  per- 
sone che  ballano.  -  Ronde,  giro  in  tondo;  rompere 
la  quadriglia,  scioglierla.  -  Tondone,  il  giro  tondo 
della  quadriglia  {girare  il  tondone). 

Passagallo,  ballo  villereccio. -fìtJdo  (riddare),  ballo 
tondo,  in  giro,  vertiginoso.  -  Ridutlo,  ballo  masche- 
rato. -  Rigodone,  specie  di  ballo  lesto,  sorta  d'aria 
vivace  a  due  tempi.  -  Rigoletto,  danza  in  tondo  e 
cantando,  tra  persone  prese  per  mano.  -  Rose  e 
viole,  sorta  di  Dallo  contadinesco. 

Saltarello,  nell'Italia  Meridionale,  danza  in  mi- 
sura sestupla  di  crome  e  di  movimento  vivace.  - 
Spagnoletta,  specie  di  sonata  a  ballo,  e  il  ballo 
stesso.  -  Tarantella,  sorta  di  ballo,  e  l'aria  e  la 
sonata  relativa:  tarantella  napoletana  {menare  la 
più  furibonda  tarantella).  -  Tresca,  ballo  rozzo  e 
sciamannato;  specie  di  ballo  saltereccio.  -  Trescone, 
ballo  villereccio,  in  quattro,  a  uso  manfrina. 

Valzer,  danza  tedesca  moderna,  in  misura  tripla, 
a  movimento  moderato:  valzer  con  lo  striscio,  di 
itriscio:  valzer  strisciato;  valzer  saltalo.  •  Vita, 
d'oro,  ballo  romanesco,  alquanto  licenzioso 

BaLU  antichi   0   ESOTICI 

Allemande,  ballo  antico,  originario  della  Ger- 
mania, di  moda  in  Francia  nel  secolo  XVIII.  Si 
ballava  su  un  motivo  allegro  a  due  tempi.  -  Bohà- 
mienne,  specie  di  ballo  aitine  alla  mazurca.  -  Bo- 
lero, danza  nazionale  spagnuola.  -  Boston,  specie  di 
valzer  moderno,  strisciato  e  figurato,  cosi  detto  dalla 
città  di  Boston. 

Cachucha,  danza  spagnuola.  -  Cancan,  specie  di 
danza  sconvenevole,  ne' balli  pubblici,  con  salti 
smoderati  e  gesti  impudenti,  burlescW  e  di  cattivo 
gusto.  -  Carmagnole,  danza  e  canzone  delia  rivolu- 
zione francese.  -  Chaconne,  musica  e  ballo  dal 
ritmo  lento,  a  tre  tempi,  che  serviva  di  finale  nelle 
opere  e  nei  balletti,  ed  era  molto  in  voga  nel 
secolo  XVII.  -  Ciaccona,  sorta  di  ballo  che  si  fa- 
ceva al  suono  delle  castagneit'. 

Corrente,  antica  danza  d'oriiine  francese  {courante), 
nella  misura  tripla  semplice.  -  Cosacca,  danza  d'o- 
rigine slava,  in  misura  dupla  composta.  -  Czardas, 
danza  moderna  d'origine  ungherese,  nella  misura 
dupla  semplice.  -  Fandango,  rondena,  malaguena, 
aria  e  ba'lo  spagnuolo  a  tre  tempi,  elegante  e  vo- 
luttuoso, ma  meno  vivace  del  bolero.  -  Farandole, 
ballo  provenzale,  vivo  e  chiassoso,  che  può  ese- 
guirsi in  gran  numero  di  danzatori,  alternati  uo- 
mini e  donne  (ital.  farandola).  -  toja,  danza  por- 
toghese. -  Furlana,  volgarmente  frullana,  sorta  di 
ballo  campagnolo. 

Gagliarda,  antica  danza,  d'origine  francese,  in 
movimento  vivace,  accompagnata  dal  canto.  -  Ga- 
votta, sorta  di  ballo,  specie  di  minuetto,  in  uso  nel 
secolo  XVIII.- Gi^o,  antica  danza  italiana  vivacis- 
sima. -  Ginnopedia,  specie  di  danza  religiosa  presso  i 
Lacedèmoni,  usata  specialmente  da'  fanciulli,  i  quali, 
a  pie  scalzi,  nudi,  andavano,  insieme  col  ballo, 
cantando  le  lodi  degli  Dei  e  di  coloro  che  erano 
morti  combattendo  per  la  patria.  -  Gitana,  danza 
degli  zingari. 

Hornpipe  (pron.  hornpaip),  nome  di  un  ballo  na- 
zionale inglese.  -  Jota  aragonese,  celebre  danza  spa- 
gnuola, accompagnata  da  un  ritmo  di  nacchere.  - 
Kalenda,  danza  dei  Negri.  -  Loure,  vecchia  danza 
francese,    nella  misura  tripla  composta.  -  Manchetta 


234 


BALLO 


(pron.  mancetta),  specie  di  bolero,  danza  spagnuola. 

Minuetto,  antica  danza,  d'origine  francese,  in 
misura  tripla;  si  trasforma  nello  scherzo  da  tempo 
di  mezzo,  ch'era  nella  sinfonia  e  nelle  suites.  - 
Moresca,  balio  antico,  a  imitazione  dei  mori,  - 
Munneira,  danza  galiziana,  in  tempo  duplo,  in  cui 
il  suono  delle  nacchere  s'  alterna  col  canto.  -  Ole 
(El),  danza  spagnuola  eseguita  da  una  sola  bal- 
lerina, con  canto  e  suono  di  nacchere. 

Passacaglia,  antica  danza  spagnuola  a  basso  osti- 
nato e  con  variazioni.  -  Passamezzo,  antica  danza 
italiana.  -  Passapiede  (fr.  passapied),  antica  danza 
francese,  vivace,  in  tripla  semplice:  cohiune  nel 
secolo  XVIII.  -  Pastorale,  danza  francese  in  sestupla 
di  crome,  a  movimento  moderato.  -  Pavana,  antica 
danza  in  misura  dupla  semplice.  -  Pirrica,  danza 
guerriera  degli  Spartani.  -  Polacca,  genere  di  balla- 
bile che  ritrae  della  danza  nazionale  polacca  sul 
motivo  di  Kosciusko  (Sorgete  o  fratelli  per  la  ven- 
dettai):  caratteristica  pel  movimento  a  tre  tempi. 

Redoica,  danza  moderna  slava  in  tripla  semplice 
moderata  -  Rigaudon,  antica  e  vivace  danza  d' origine 
francese.  -  Saltarello,  danza  dell'Italia  meridionale. 

Sarabanda  a  zardbanda,  aria  di  ballo  spagnuolo 
in  tre  tempi,  analoga  al  minuetto.  -  Schottisch,  valzer 
scozzese:  ritmo  di  una  canzone  popolare  scozzese.  • 
Seguidillas  manchegas  (seguidiglie  della  Mancia), 
danze  spagnole,  con  ritmo  di  castagnette  e  canto. 
Season,  ballo  figurato.  -  Siciliana,  antica  danza  in 
misura  tripla,  composta  di  movimento  grave.  -  Sir 
Royer  (de  Coverley),  denominazione  ingl.  di  un  ballo 
consimile  alla  quadriglia  e  ai  lancieri. 

Tiaso,  frotta  di  danzatori  in  onore  di  Bacco, 
e  la  danza  stessa.  -  Tirolese,  specie  di  danza  ville- 
reccia tedesca,  in  misura  ternaria  e  movimento  mo- 
derato 0  allegro.  -  lordiglione,  aria  d'una  sorta 
di  ballo,  d'uso  nel  principio  del  secolo  XVII.  - 
Tyrolienne,  danza  tedesca  moderna,  allegra,  in  mi- 
sura ternaria. 

Valzer  russo,  danza  d'origine  slava,  in  misura  dupla 
vivace.  -  T'ito  (El),  danza  spagnuola  in  tripoletta  e 
movimento  vivace,  con  canto  e  suono  di  castagnette. 

-  Volta,  antica  danza  licenziosa,  analoga  al  valzer 
moderno.  -  Zamacma,  ballo  nazionale  cileno.  -  Zoppa, 
specie  di  danza  saltata,  la  cui  sonata  ha  frequenti 
contrattempi.  -  Zarzuela,  rappresentazione  scenica 
spagnuola,  in  cui  i  dialoghi  parlati  si  alternano 
alle  danze  e  alla  musica. 

Del  ballare. 

Luoghi,  persone,  ecc.,  modi  di  dire. 

Festa  da  ballo,  riunione  allo  scopo  di  ballare.  - 
Buffe,  pasto  di  roba  fredda  che  si  dà  alle  feste  da 
ballo,  rinfresco.  -  Festa  danzante,  impropria  locu- 
zione invece  di  ballo.  -  Festival,  festa  musicale  con 
danza,  all'aria  aperta  e  gran  concorso  di  gente;  di 
carattere  popolare.  -  Sala  da  ballo,  luogo  chiuso, 
dove  si  balla.  -  Scuola  di  ballo,  luogo  dove  si  ap- 
prende l'arte  del  ballare.  -  Veglione,  gran  veglia 
m  teatro,  con  festa  da  ballo.  -  Ballare,  far  passi 
e  movimenti  regolati  dal  suono:  danzare,  fare  una 
ballata;  menar  la  ridda,  riddare;  far  danza,  menar 
danza;  intrecciar  balli,  carole,  danze;  fare,  menar 
tresche,  trescare;  muovere  al  suono  il  piede;  ca- 
priolare, far  capriole;  lanciar  le  gambe;  salteggiare. 

-  Ballar  bene,  benino,  male,  discretamente;  unito, 
pari  pari,  ecc.  -  Ballare  a  strattoni,  là  e  addio,  da 
contadino,  senza  garbo,  senza  grazia,  come  vien  viene. 


-  A  tempo,  a  cadenza,  fuori  di  tempo,  fuori  di  ca- 
denza: si  dice  di  chi,  ballando,  segue  o  no  la  mu. 
sica  nel  suo  regolare  andamento.  -  Baccare,  ballare 
scompostamente.  -  Ballettare  un  ballo,  ballarlo  sal- 
tellando, non  strisciando.  -  Ballonzare,  ballonzolare, 
ballare  alla  buona,  alla  carlona  [ballónzolo):  sal- 
tellare. -  Carolare,  far  carole,  fare  un  ballo  tondo 
tra  più  persone,  pigliandosi  per  mano.  -  Danzare, 
poco  propriatn.  ballare.  -  Fare  quattro  salti,  qualclw 
salto,  ballare  senza  etichetta,  alla  buona.  -  Impe- 
gnare, nei  balli,  promettere  di  ballare  assieme.  - 
Intrecciare  danze,  ballare  figuratamente,  -  Invitare, 
chiamare  chi  ha  da  entrare  in  ballo;  anche  chie- 
dere a  una  persona  che  balli  con  noi.  -  Ronde,  nel 
ballo,  e  specialmente  nella  quadriglia,  giro  in  tondo. 

-  Scambiettare,  fare  scambietti,  cioè  scambi  dei  piedi. 

-  Saltare,  d'un  certo  modo  di  ballare;  contr.  a  stri- 
sciare. -  Strisciare  un  valzer,  una  polca,  ballarli 
strisciando,  invece  che  saltando.  -  Danzatore,  dan- 
zatrice, chi  balla  bene  e  con  passione.  -  Maestro  di 
ballo,  chi  apprende  ad  altri  l'arte  del  ballare.  -  Ca- 
valiere d'una  signora,  chi  balla  con  lei  :  volgarmente, 
ballerino.  -  Figura,  la  persona  che  balla,  special- 
mente la  signora  e  l'intrecciarsi  e  il  combinarsi 
delle  persone  (figuranti).  -  Gruppo,  insieme  di  più 
figure. 

Biduina,  vestimento  femminile  da  ballo,  formato  di 
una  sopravveste  recante  un  cappuccetto  da  ricoprirne 
il  capo.  -  Calcetto,  sorta  di  scarpa  leggiera,  fatta  di 
pelle  fina  o  di  flanella  o  di  seta,  unita  sulla  pian- 
Iella  e  usata  specialmente  per  ballare.  -  Domino, 
nota  specie  di  cappa  che  nei  balli  mascherati  s'in- 
dossa per  occultare  volto  e  figura:  sostituito  alla 
bautta.  '  Sortie  de  bai  (frane),  pelliccia  o  vistoso 
mantello  con  cui  si  coprono  le  signore,  all'uscire 
dal  ballo.  -  Tarlatana,  specie  di  mussolina  legge- 
rissima per  abiti  da  ballo. 

•  Locuzioivi.  —  Ballare  come  un  orso,  goffamente 
e  saltellando.  -  Ballerebbe  sui  pettini  da  lino,  sul  gu- 
scio d'una  testuggine,  d'un  uovo,  d'una  noce,  nel- 
l'acqua, di  chi  è  smanioso  del  ballo  e  non  se  ne 
stanca  mai. 

Far  coda,  alla  coda,  dizione  comune  nei  comandi 
delle  -danze.  -  Far  tappezzeria,  dicesi,  nelle  feste, 
di  quelle  dame  le  quali,  per  la  poco  loro  a^'venenza 
0  ner  altra  ragione,  non  sono  mai  invitate  al  ballo 
dai  danzatori.  -  Fra  i  giri  voluttuosi  di  un  valzer, 
per  dire  durante  il  ballo  di  un  valzer.  -  Le  volte 
e  risvolte  del  ballo,  i  giri  che  si  fanno  ballando.  - 
Nel  tu  per  tu  d'un  ballo,  nei  vortici  della  danza,  du- 
rante un  ballo.  -  Sala,  salai,  esclamano  i  ballerini 
quando  chiedono  posto  libero  per  ballare. 

Ballo  coreografico. 

Ballo,  dramma  teatrale  eseguito  da  ballerini  e 
ballerine  (veggasi  a  ballerino),  con  danze  e  panto- 
mima e  costantemente  accompagnato  da  musica  sin- 
fonica, imitativa,  descrittiva,  danzante.  -  Ballabile, 
balletto  intercalato  in  uno  spettacolo  teatrale,  anche 
in  un  melodramma.  -  Ballo  atteggialo,  composto  di 
differenti  passi  e  differenti  figure.  -  Ballo  di  mezzo 
carattere,  quello  nel  quale  più  risalta  la  danza  che 
la  mimica.  -  Coreografia,  l'arte  del  coreògrafo,  cioè 
del  compositore  di  balli  e  di  pantomime.  -  Ritmo, 
misura  o  cadenza.  -  Strofa  (strofe),  in  origine,  mo 
vimenti  della  sacra  danza  dei  Greci  intorno  all'al- 
tare, da  destra  a  sinistra;  poi  un  determinato  nu- 
mero di  versi  disposti  con  certo  ordine  e  con  certa 
legge,  e  anche  quella  parte  della  canzone   che  più 


BALLO   DI  SAN   VITO   —   BAMBINO 


23i 


comunemente   si    dice   stanza.  -  Tramonnino,  ligu- 
rante,  corifeo,  giocoliere  negli  spettacoli  coreografici. 

Ballo  di  San  Vito.  Dotto  a  corea. 

Ballonzàre,  ballonzolare  (6a//oH;a^o,  ballon- 
zolato). Veggasi  a  ballo,  pagina  precedente. 

Ballónzolo.  Piccolo  ballo. 

Ballotta.  Detto  a  castagna. 

Ballottagrg:io.  Veggasi  ad  elezione. 

Ballottare,  ballottamento  {ballottato,  bal- 
lottazione J.  Agitare,  muovere.  -  Veggasi  2^  gra- 
vidanza. 

Ballottata.  Detto  a  castagna. 

Balncario.  Di  bagno. 

Balneografla,  balneologia,  balneotera- 
pia. Detto  a  bagno. 

Baloccare,  baloccarsi  {baloccamento,  baloc- 
calo). Far  prendere,  o  prendersi  divertimento 
con  qualche  balocco,  con  qualche  giuocattoloj  tra- 
stiUlarei  trastullarsi.  -  Stare  a  bada,  perdere  il 
tempo  in  cosa  da  nulla,  da  frivolo. 

Balòcco.  Trastullo,  giuocàttolo,  per  bambino 
o  (la  bambino. 

Baloccone.  Detto  a  trastullare. 

Balògio.  Melenso,  sciocco. 

Balordàggine*  Atto  da  balordo;  V  esser  ba- 
lordo. 

Balordo.  Stolido,  minchione,  sciocco.  Special- 
mente chi  è  intontito,  anche  per  indisposizione: 
intronato,  rintronato,  sbalordito,  stordito;  disavve- 
duto, sconsiderato;  testa  confusa;  grullo.  -  Slordi- 
tello,  un  po'  balordo  o  piccolo  balordo.  -  Balordone, 
accr.  di  balordo  :  alloccaccio,  alloccone,  storditacelo, 
storditissimo. 

Allòcco,  uomo  goffo  e  balordo.  -  Avventalo,  chi 
fa  0  dice  senza  pensare,  senza  avvedimento.  -  Bar- 
bagianni, nomo  balordo.  -  Castrone,  minchione  ba- 
lordo. -  Cosimo,  duomo  o  ragazzo  sbadato,  balordo. 

Insensato,  che  non  ha  senso  comune,  senza  nes- 
sun criterio.  -  Scapato  (fìg.),  senza  il  capo  a  segno. 
-  Spensierato,  chi  agisce  senza  riflettere.  -  Stupido, 
dicesi  di  chi  sia  più  che  balordo  o  balordo  sempre. 

Balorderia,  azione  da  balordo;  balordaggine,  8!)a- 
lorditaggine,  scapataggine,  storditaggine.  -  Sbalordi- 
mento, lo  sbalordire,  atto  ed  effetto:  stordimento, 
storditezza,  stordizione;  confondimento,  rintrona- 
mento,  rintronataggine.  -  Balordamente,  da  balor- 
do. -  Bender  balordo,  confonderla  testa, rintronare, 
stordire  ;  ingarbugliar  la  mente,  rompere  il  capo; 
sbalordire,  abbalordire;  sconcertare,  stonare,  inte- 
nebrare,  dicervellare,    discervellare,  imbalordire. 

Acciucchire,  sbalordire  o  restare  sbalordito  straor- 
dinariamente. -  Intronare,  dare  una  specie  di  stor- 
dimento con  torte  rumore,  come  di  tuono. 

Divenire  0  restare  balordo:  intonticsi,  acciocchirsi, 
stordirsi;  discervellarsi,  sconcertarsi;  essere  colpito 
da  sbalordimento,  imbalordito,  balordito,  allogliato 
(disus.),  invasato,  scombinato,  instolidito  ;  sba- 
lordirsi, smarrirsi,  perdere  la  tramontana;  stare 
come  tralunato,  come  trasognato  ;  non  ritrovarsi  ; 
rimanere  né  morto  né  vivo  ;  non  trovar  più  la  strada 
di  casa;  parere  un  pesce  fuori  d'acqua;  sembrare 
una  statua;  restare  come  una  mosca  senza  capo. 

Locuzioni.  —  Avere  il  cervello,  la  testa  nel  mondo 
della  luna:  di  persona  che  fa  o  parla  a  caso,  ba- 
lordamente. -  Andare  nell'im  via  uno,  di  cose  scon- 
clusionate. -  Avere  il  capo  in  cembali  o  in  cimbali, 
essere  un  capo  scarico.  -  Aver  l'appigionasi  alla 
testa,  non  aver  criterio.  -  Essere  come  polli  ebbn  o 
come  gatti  frugati,-  sbalorditi.  -  Far  l'addormentato. 


il  balor  lo.  -  Pare  gli  sia  caduto    la    gragmiola  ad- 
dosso, di  chi  si  mostra  molto  sbalordito. 

Balsamico.  Di  balsamo.  Figur.,  salubre, 
utile  alla  salute. 

Balsamita.  Erba  aromatica,  di  odore  simile 
a  quello  della  menta. 

Balsamo.  Nome  genericojun  tempo  d'ogni  resi- 
na (ì  d'ogni  trementina  liquida;  ora  limitato  alle 
sostanze  resinose  e  odorifere  che  contengono  acido 
benzoico  o  cinnamico  e  un  olio  essenziale.  Si  di- 
stinguono i  balsami  artifir.iaU  o  farmaceutici,  mi- 
scele varie,  appartenenti  alcune  agli  a/coo/a(j,  altre 
agli  oleocerolei;  altre  a^li  enolei,  ecc.  ;  e  i  balsami 
naturali,  solidi  o  liquidi,  di  odore  aromatico,  di 
sapore  talvolta  dolce  e  piacevole,  tal'allra  acre  ed 
amaro.  -  Noti  i  balsami  del  Perù,  del  Tolù,  di  co- 
paive,  di  giudea,  di  opodeldok,  il  benzoino,  il  liqui- 
dambar,  lo  storace,  ecc. 

Balsamo,  balsamina,  dicesi  anche  l'albero  da  cui 
le  resine  si  traggono.  -  Figur.,  ristoro,  conforto.  - 
Balsamico,  di  balsamo,  che  ha  qualità  balsamiche. 

Imbalsamare  ('imbalsamazione),  ungere  checchessia 
con  balsamo;  specialmente  riempirne  un  cadavere 
per  conservarlo.  -  Imbalsimire,  divenir  balsamo. 

Balta  (dar  la).  Il  rovesciarsi,  specialmente  di 
nn  veicolo. 

Bàlteo.  Antica  cintura  militare. 

Baluardo.  Grande  bastione,  ossia  fortifica- 
zione, per  difesa  di  luoghi. 

Baluginare  (baluginamento,  baluginato).  L'ap- 
parire e  lo  sparire  di  cosa  o  persona  come  un 
baleno,  velocemente,  cosi  che  diiiicilmente  si  possa 
veder  bene  e  distinguere. 

Balza.  Luogo  dirupato  e  scosceso,  di  collina 
0  di  montagna.  •  Striscia  d'ornamento  in  una 
veste  femminile. 

Balzana.  Fornitura  o  rinforzo  della  estremità 
della  veste  femminile.  -  Striscia  bianca  ai  piedi 
del  cavallo. 

Balzanatura.  La  balzana  del  cavallo. 

Balzano.  Detto  a  cavallo  e  ad  insegna. 
-  Figur.,  stravagante,  bizzarro,  per  lo  più  di  cer- 
vello. 

Balzare  (balzato).  Spiccar  salti,  saltare,  -  Ri- 
saltare che  fa  un  corpo  più  o  meno  elastico. 

Balzellare  Cbalzellaio).  Modo  di  camminare 
a  piccoli  balzi. 

Balzello*  Piccolo  salto.  -  Gravezza  fiscale, 
imposta. 

Balzo.  Veggasi  a  salto.  -  Luogo  scosceso,  balza. 

Bambagia.  Il  cotonenon  filato.  -  Bambagina, 
tela  di  bambagia.  Cardata  e  shar.tzzata  da  ogni 
principio  estraneo,  dicesi  ovatta  ed  è  molto  usata 
in  chirurgia. 

Bambara.  Giuoco  di  carte  simile  alla  pri- 
mièra. 

Bamberòttolo.  Detto  a  bambino  {figure  di). 

Bambinaggine,  bambinate,  bambineria. 
Azione  da  bambino. 

Bambinaia.  Donna  che  attende  al  banìbino. 

Bambinesco.  Di  bambino. 

Bambino  {bambina).  Il  figlio  dell'uomo,  l'es- 
sere umano,  dalla  nascita  al  sesto  anno  di  vita, 
nel  periodo  dell'infanzia,  prima  che  diventi 
fanciullo:  bimbo;  piccinino,   piccino,  picciolino, 

Eiccirillo  (napoletano),  Piccolino,  fantolino,  bam- 
occino,  bamboccio,  bambolino,  bambolo,  mammo- 
letto,  mammolino,  marmocchino,  marmottino,  mar- 
mocchio; mammolino,  mimmo;  pargoletto,  pargolo, 
pàrvolo;  puttino,  putto;  cittoletto,  citto,  coccolino. 


236 


tombolino,  rubacchio,  rubacchiotto,  rubacchiuolo  ; 
pisciacchero,  piscialletto  (scherz.,  del  bambino  che 
fa  la  piscia  a  letto);  creatura  (termine  allettuoso). 
Zito,  zita,  zitello. 

Bambina,  femminile  di  bambino.  -  Bambinello, 
bambindla,  bambinettino,  bimbetlo  (dimin.  e  vezzeg. 
di  bambino  e  bambina),  -  Bambinello,  dimin.,  non 
sprei-'iat.  di  bambino  non  tanto  piccolo.  -  Bambino 
di  nascita,  nato  da  poco.  -  Banibinuccio,  dimin.,  di 
bambino,  specialmente  stento,  non  cresciuto.  -  Bim- 
bino,  vezzeggiativo  di  piccolo  e  grazioso.  -  Bimbo, 
bimba,  più  vezzoso  che  bambino,  bambina. 

Bambinata,  azione,  discorso  da  bambini,  bambi- 
neria, bambocciata,  bambocceria.  -  Bambineo,  cosa 
dolcissima  e  soavissima  da  bambini.  -  Bambineria, 
bambinaia.  -  Bambinesco  (agg.  e  spreg,).  da  bambino, 
infantile,  dell'infanzia.  ' 

Agrippa,  Agrippina,  bambino  nato  per  i  piedi.  - 
Angiolina,  dicesi,  per  vezzo  amoroso,  di  un  bam- 
bino ;  più  spesso,  quando  morto.  -  Bastardo,  tìglio 
naturale,  illegittimo.  -  Esposto,  bambino,  per  lo  più 
illegittimo,  abbandonato  dai  genitori,  ricoverato  in 
un  brefotrofio.  -  Figliuolo  di  latte,  il  bambino  che 
si  prende  ad  allattare.  -  Illegittimo,  il  bambino 
concepito  o  nato  fuori  del  matrimonio.  -  Infante, 
bambmo  che  non  parla  o  parla  non  bene.  Per  gli 
antichi  Romani,  il  bambino  prima  dei  sette  anni.  - 

Gemello,  il  bambino  nato,  ad  un  parto,  con  un 
altro;  binato  congenito,  nato  a  un  portato:  conce- 
pito, concetto  insieme.  -  Innocente,  il  bambino  perchè 
puro,  senza  peccati;  anche,  il  bambino  nato  da 
unione  illegittima  e  deposto  in  luogo  deputato  ad 
accoglierlo.  -  Lattante,  il  bambino  nel  periodo  deì- 
V allattamento.  -  Legittima,  il  figlio  concepito  e 
nato  non  prima  di  cent' ottanta  giorni  dalla  cele- 
brazione del  matrimonio,  né  dopo  trecento  dallo 
scioglimento  o  dall'annullamento  di  esso.  -  Neonato, 
il  bambino  nelle  prime  otto  settimane  di  vita.  - 
Postuma,  nato  dopo  la  morte  del  padre.  -  Settimello, 
nato  di  sette  mesi.  -  Sopranno,  bambino  che  ha 
più  d'un  anno.  -  Trovatello,  bambino  abbando- 
nato dai  genitori  al  suo  nascere. 

Figure  di  bambini. 

Aggraziatino,  di  bambino  grazioso.  -  Bamberòttolo, 
bambino  grandicello.  -  Bambina  assestatala,  a  sesto, 
in  buon  arnese  -  Bambino  alto  un  mattone,  poco 
alto.  Più  comunemente  ;  alto  un  soldo  di  cacio.  - 
Bambino  che  tira  baci,  perchè  molto  carino;  che 
pare  un  arcucdo,  con  le  gambe  storte  ;  che  jìare 
un  Gesù  bambino,  bello,,  di  volto  ideale;  che  pare 
un  mortirina,  pallido,  stentatissimo.  -  Bambino 
grasso,  grassoccio,  pallina  di  grasso,  pallino;  che  ha 
le  risigliinette  nelle  gambe.  -  Bambino  grasso  :  bam- 
boccio, bambocciuolo,  bamboccione;  bambocciotto, 
bambolone.  -  Bambino  piccolo:  bambinello,  bambo, 
bambolino.  -  Bamboccio,  bambino  vispo,  grassoccio, 
paffuto.  -  Bamboccione,  bambino  molto  grasso  o 
grosso.  -  Bàmbola,  bambolo,  fanciuUino,  bambino  di 
qualche  anno.  -  Bardassa,  bambino,  ragazzo  troppo 
vivace  e  avventato.  -  Biascioncino,  di  bambino  che  non 
ha  ancora  tutti  i  denti.  -  Birba  (scherz.),  bimbo  irre- 
quieto, maldestro.  -Brodalino,  bambino  che  s'imbro- 
dola tutto.  -  Buzzettaccio,  di  ventre  grasso.-  Cachei-ello 
(volgarm.),  bambino  stento.  -  Lackeroso,  mimmoso, 
che  è  soverchiamente  o  esclusivamente  affezionato 
alla  persona  con  cui  ha  più  continuata  famigliarità 
Cecalino,  di  bambino  cieco.  -  Chiacchierino,  di 
bambino  che  cominci  a  parlare  con  qualche  spedi- 


tezza; ciancerino,  ciancerò  -  Coccolino,  cdcco/o,  bam- 
bino grassoccio  e  grazioso.  -  Cosettino,  di  bambino 
piccolo  e  magro.  -  Creatura,  creaturina,  bambino 
appena  nato.  -  Creccuto,  fìcoso,  bambino  che  vuol 
orecchi,  fichi,  cioè  carezze,  moine. 

Delicatino,  di  bambino  poco  robusto.  -  Demo, 
nietta,  bambino  mollo  vivace.  -  Diascoletto,  diàscolo- 
di  bambino  vispo.  -  Donnina,  bambinetta  assennata. 
-  Dottorino,  di  bambino  che  mostra  pronto  inge- 
gno, 0  che  parla  con  senno. 

Enfant  prodige  (frane),  nell'uso,  il  bambino  che 
dimostra  un'intelligenza  straordinaria  e  superiore 
alla  sua  età:  bimbo  prodigio,  miracolino.  -  Enfant 
terrible  (frane),  bambino  che,  nell'ingenua  osser- 
vazione, nella  sincerità  infantile,  dice  cose  che  non 
devono  esser  dette.  -  Enfant  gate,  bambino  o  ra- 
gazzo beniamino,  viziato. 

Fantaccino,  di  bambino  grazioso,  ben  nutrito. 

Fantoccio,  spreg.  o  vezz.  di  bambino.  -  Fantoo- 
ciane,  bambino  grosso.  -  Fatloressa  (scherz.),  bam- 
bina sana  e  fatticcia  (specialmente  per  compara- 
zione: Pare  una  fattor essa).  •  Ficasa,  di  bambino  che 
ama  carezzare  ed  essere  accarezzato.  Più  spe- 
cialmente di  quelli  che,  per  ogni  piccola  cosa,  si 
dolgono  e  strillano.  -  Figliolone,  un  bambino  grasso 
e  grosso.  -  Fiochino,  con  poca  e  bassa  voce.  -  Fre- 
sco, frescoccio,  di  aspetto  florido.  -  Frugacchino,  di 
bambino  che  fruga,  mette  le  mani  dappertutto.  - 
Frugolino,  frucalino,  frugolo,  frucolo,  di  bambino 
che  fruga:  detto  specialmente  di  quello  che  non 
istà  mai  fermo.  -  Spepa,  spépera,  bambina  vispa, 
frugolina.  -  Fuoco  lavorata,  di  bambino  che  non 
sta  mai  fermo;  anche,  saetta. 

Gigheroso ,  bambino  festante  e  allegro  :  anche 
bambino  rigoglioso.  -  Gnaulino,  il  bambino  piccolo, 
che  piange  spesso. 

Malavvezza,  il  bambino  capriccioso,  ritroso,  stiz- 
zozo.  -  Malestrino,  di  bambino  che  faccia  qualche 
malestro,  qualche  danno.  -  Marmaglia,  i  bambini 
chiassosi  e  mal  tenuti.  -  Minutino,  piuttosto  gra- 
cilino.  -  Moccichino,  di  bambino  che  moccica,  perde 
mocci  dal  naso.  -  Naccherino,  bambino  piccolo  e 
che  cammina  un  po'  sciancato. 

Paffuto,  il  bambino  grassotto,  con  guancie  pie- 
notte. -  Piaga,  bambino  irrequieto  e  molesto.  - 
Pèmperi,  di  bambino  che  comincia  a  essere  vestito 
da  uomo.  -  Piscialletto,  dicesi  anche  del  bambino 
poco  dopo  il  parto.  -  Piscione,  pisciona,  bambino, 
bambina,  che  lia  il  vizio  di  pisciare  a  letto.  -  Pi- 
sciosa   (scherz.),  il   bambino  di  pochi  anni. 

Bigoglioso,i[  bambino  che  ha  rigoglio,  vigore.forza, 

Sbardellato,  massiccio.  -  Scimietta  (sclierz.),  di 
bambino  che  rifa  o  ridice  tutto  quello  che  ,vede 
fare.  -  Scontroso,  scontrosetlo,  ritroso,  di  modi  aspri 
e  dispettosi,  e  che  nulla  piglia  in  grado.  -  Sennino, 
grazioso  e  assennato.  -  Sparayino,  bambino  magro 
e  lungo.  -  Spépera,  bambina  frugolina,  vispa.  - 
Sperso,  bambino  che,  riportato  dalla  balia,  da  essa 
diviso,  si  mostra  inquieto  e  piagnoloso.  -Stentino, 
bimbo  che  viene  su  magro,  inalaticcio- 

-  Storpiato,  sbilenca,  viziato  nella   disposizione  dei 
membri  pelvici,  in  particolare  delle  loro  estremità. 

-  Star  platino,  star  piate  Ilo,  con  le  membra   viziate.  - 
Stortiynaccolo,  storto,  ranco.  -  Stnminzito,   stentato. 

-  Succino,  di  bambino  che  poppa  volontieri. 

Tombolino,  di  bambino  grassoccio  e  svelto.  - 
Trampolino  (scherz.),  di  bambino  elastico.  -  Trai- 
Ialino,  del  bambino  che  già  va  ritto,  e  cammina 
spedito  a  passi  corti  e  lesti.  E'  anche  voce  di  lode 
affettuosa.  -  Truciolino,  vezzegg.  di  bambino. 


237 


FlSIOl-OtilA,    ANATOMIA. 

Il  crescimento  del  bambino  è  assai  attivo  nei  pri- 
mi anni  di'ila  vita;  rallenta  assai  dopo  il  ventesimo 
anno.  Rachitismo  dicesi  il  vizio  più  tipico  del- 
l'accrescimento. -  Fino  alla  fine  del  secondo  anno 
manca  al  bambino  la  facoltà  di  ìtuisticarey  il 
primo  atto  della  digestione  nell'età  successiva, 
l'rezioso  indice  della  dij,'estione,  nel  bandìino,  sono 
le  feci  elVetto  della  defecazione.  -  Dapprima  il 
bambino  si  Iraschia  con  mani  e  piedi;  dopo  il 
decimo  o  il  dodicesimo  mese,  incomincia  a  carn- 
ininare  da  solo.  -  Il  neonato  non  ha  clie  movi- 
menti rijìcssi;  verso  il  qnarto  mese  si  producono 
inovimenti  di  prensione,  non  ben  coordinati  che  al 
sesto  0  settimo  mese.  Verso  i  tre  mesi  il  banìhino 
sostiene  il  capo;  a  cinque  può  sostenersi  (seduto  sulle 
braccia  della  nutrice),  ma  non  può  sedarsi  da  sé 
stesso  0  tenersi  seduto  senza  appotrgio  che  verso  otto 
0  nove  mesi.  -  I  movimenti  della  respirazione 
si  compiono  quasi  tutti,  da  principio,  per  opeia 
del  diaframma  (respirazione  diafranuuatica  o 
addominale);  il  respiro  diventa  poi  costoad  domina  le 
e,  in  età  adulta,  costale  nella  femmina.  -  Il  jtolso 
ha,  nei  primi  giorni,  centoventi  pulsazioni  in  media; 
poi,  tale  frequenza  diminuisce.-  Frequenti  nel  bam- 
bino: il  sosjjiro,  lunga  e  l'orzata  inspirazione; 
lo  sbadiglio,  più  intenso  del  sospiro  e  che  si 
compie  a  bocca  spalancata;  il  singhiozzo,  tanto 
facile  nei  bambini,  per  la  eccessiva  replezione;  il 
singulto,  inspirazioni  convulse,  più  lente  che  nel 
singhiozzo;  la  tosse;  io  sternuto;  il  ì-iso;  il  piati- 
to. -  Poco  sviluppato  [odorato,  capriccioso  il 
gusto,  impressionabile  il  tatto,  specialmente  per 
le  sensazioni  di  temperatura;  meravigliosa  la  ine- 
tnoria,  -  Prima  espressione  vocale  del  bambino  è 
il  vagito,  il  grido,  lu  strillo;  verso  la  fine  del  pri- 
mo anno,  egli  articola  monosillabi,  avviamento  alla 
parola;  alla  line  del  secondo  anno  acquista  la 
pronunzia  di  piccole  frasi;  a  quattro  o  cinque 
anni,  anche  prima  talvolta,  è  in  grado  di  parlare 
completamente.  -  Chiudersi  del  capo,  dicesi,  nei  bam- 
bini, l'indurirsi  della  parte  superiore  della  testa, 
ciie  rimane  molle  per  un  po'  di  tempo.  -  Per  la 
dentizione  veggasi  a  dente.  -  Sviluppo  di  un 
bambino:  serie  di  cangiamenti,  pei  quali  arriva  alla 
adolescenza. 

Bregma,  nei  bambini,  la  regione  occupata  dalla 
grande  fontanella.  -  Cordona  ombelicale,  cordone 
di  tessuto  connettivo  che  unisce  il  feto  alla  pla- 
centa: lo  si  taglia  fra  due  allacciature,  fasciandolo 
poi  con  garza  antisettica.  -  Ciifjìa,  parte  delle 
membrane  fetali  che  il  bambino  spinge  talvolta 
innanzi  e  che  si  trova  allora  sulla  testa  nel  parto 
ordinario.  -  Feto,  il  prodotto  del  concepimento 
dalla  line  del  secondo  mese  della  gravidanza  in 
poi,  per  tutto  il  tempo  che  rimane  nella  cavità 
&&\Vtitero:  embrione.  -  hontanella,  la  parte  molle 
non  ancora  ossificata,  nella  testa  dei  bambini.  - 
Meconto,  materia  viscosa,  verdastra  o  brunastra, 
che  si  raccoglie  negli  intestini  del  feto  durante  la 
sua  vita  uterina,  e  che  questo  emette  quasi  subito 
dopo  nato. 

Malattie,  mali  e  disturbi  dei  bambini. 

Alcoolismo  dei  bambini:  si  verifica  quando  questi 
sono  allattati  da  nutrici  che  abusino  di  bevande 
spiritose.  Conseguenze:  spiccata  eccitazione  generale, 
insonnia  e  spesso  convulsioni.  -  Asfissia,  apoplessia, 


morte  apparente  dei  neonati.  -  Atrepsia,  malattia 
dei  neonati,  causata  da  un  profondo  difetto  di  nu- 
trizione. 

Bachi,  verrai  dei  bambini.  -  Benedetto,  leggiera 
convulsione  epilettica  da  cui  sono  spesso  presi  i 
bambini. 

Bocchiruola  fperleche  o  bridon  dei  frane),  in- 
spessimento,  lieve  gonliezza,  con  arrossamento  degli 
angoli  delle  labbra,  che  dà  vivo  prurito  e  anclie 
bruciore,  e  che  si  fa  più  molesta  per  i  toccamenti 
continui.  -  Brutture  dei  bambini:  in  linguaggio  po- 
polare in  Lombardia,  sarebbero  rappresentate  dalle 
defecazioni    verdastro-catarrali  e  dalle  convulsioni. 

Cefalematoma,  tumore  circoscritto,  indolente  e 
fluttuante,  che  si  forma  in  seguito  a  spandi- 
mento  di  sangue  sulla  testa  dei  neonati  -  Colo- 
struzione,  malattia  causata  da!  colostro,  primo  lalle 
della  madre.  -  Convulsioni,  alterato  movimento 
caratterizzato  da  esagerazione  dell'attività  motoria, 
con  alternativa  di  contrazione  e  rilassamento,  o 
di  flessione  e  di  estensione:  nei  bambini,  causata 
da  .'esioni  cerebrali  (idrocefali,  meningite,  ecc.), 
da  disturbi  intestinali,  ecc.,  ecc.  -  Corno,  il  bernoc- 
colo che  viene  sulla  fronte  al  bambino  che  casca, 
0  batte  forte  la  testa.  -  Craniotabe,  rammollimento 
delle  ossa  del  cranio  -  Crosta  lattea,  lattime,  impeti- 
gine, all'ezioiie  della  pelle,  costituita  dalla  eruzione 
di  pustole  giallastre,  accompagnate  da  prurito  e 
terminanti  con  croste  sottili  e  gialle:  prodotte  da 
mancata  pulizia  (^ura:  impacchi  caldi,  cataplasmi, 
lavature  con  soluzioni  di  sublimato  corrosivo  all'I 
per  60' )0.  -  ('roste  al  capo,  intonaco  di  sudiciume, 
che  si  può  evitare  conservando  sempre  pulita  la 
testa  del  bambino,  con  acqua  saponata  e,  quando 
grandicello,  anche  con  alcool  -  Lroup,  parola  di 
origine  scozzese,  usata  per  designare  una  specie  di 
inliammazione  della  laringe,  caratterizzila  da  una 
tendenza  alla  formazione  di  false  membrane  nelle 
vie  aeree.  Rimedi:  carte  senapate,  cataplasmi  di 
semi  di  lino,  compresse,  inalazioni,  ecc. 

Debolezza  congenita,  il  più  delle  volte  dovuta  a 
nascita  prematura  o  a  sofferenza  durante  la  gra- 
vidanza della  madre,  e  per  malattie  costituzionali 
{sifilide,  tubercolosi  0  dA[vo).  •  Diarrea,  manife- 
stazione di  varie  malattie,  non  malattia  a  sé.  -  Difte- 
ria 0  difterite,  malattia  infettiva  acuta,  che  ha  la 
sua  localizzazione  principale  nelle  mucose  delle 
fauci  e  delle  prime  vie  aeree.  Dicesi  anche  croup 
0  cynanche  contagiosa.  La  cura  basa  anzitutto  sulla 
sieroterapia  (siero  antidifterico J.  -  Dispepsia,  irre- 
golare, incompleta,  cattiva  digestione  degli  alimenti. 

Eclampsia,  convulsione,  non  rara  nei  bambini, 
caratterizzata    da   contrazioni    muscolari   cloniche. 

-  Epistassi,  perdita  di  sangue  dal  naso.  -  Erite- 
ma, malattia  della  pelle,  caratterizzata  da  rossore 
circo.-ìcritto  o  diffuso,  fra  le  co^ce,  agli  inguini,  ai 
genitali,  all'ano.  Cura:  i  bagni  medicati,  polveriz- 
zazioni con  miscele  di  amido ,  acido  borico , 
salolo,  iodolo,  ecc.  -  fenomeni  cutanei:  la  cute 
del  bambino  è  rossa  dopo  la  nascita;  gialla  (ittero 
dei  neonati)  verso  il  sesto  o  settimo  giorno;  segue 
la  fase  desqiiamativa,  processo  desquamativo  (esfo- 
gliazione dell'epidermide)  della  cute.  -  Geloni, 
malattia  della  pelle. 

Idrocefalo,  raccolta  di  quantità  anormali  di  li- 
quido sieroso  entro  la  cavità  cranica.-  Idrocef aloide, 
torma  clinica  di  manifestazione  del  colera  infanlik. 

-  Incalorirsi,  del  calore  e  delle  razzature  alla  pelle 
che  vengono  ai  bimbi.  -  Incuocersi,  del  rosseggiare 


238 


BAMBINO 


ai  bambini  la  pelle  fra   le   cosce,   per   leggiera  in- 
fiammazione cagionatavi  dalle  orine. 

Morbillo,  malattia  esantematica  acuta,  contagiosa, 
generalmente  epidemica,  che  attacca  di  preferenza 
l'infanzia  (popolarmente  fersa),  caratterizzata  da 
macchie  sui  collo  e  dietro  le  orecchie,  e  che  poi 
si  diffondono  in  tutto  il  corpo.  Rimedi  :  purganti, 
dieta  liquida,  acque  alcaline. 

Morte  apparente,  quella  del  bambino  appena  nato: 
veggasi,  nella  pagina  precedente,  ad  asp,ssia. 

Mughetto,  o  munghillo,  sviluppo  di  un  fungo 
che  s'innesta  sui  residui  del  latte  alterato,  che  re- 
stano nella  bocca  del  bambino  dopo  la  poppata. 
Loidium  albicans  si  sviluppa  nella  bocca  dei  bam- 
bini e  costituisce  il  secondo  periodo  della  malattia 
detta  mughetto. 

Onfalorragia,  emorragia  ombelicale  dei  neonati 
quando  non  si  fece  o  si  rallentò  la  legatura  del 
tralcio  ombellicale  -  Orecchioni  (parotite),  gonfiezza 
al  disotto  degli  orecchi,  che  allarga  e  sforma  la 
parte  superiore  e  laterale  del  collo,  accompagnata 
da  molestia  nel  masticare:  malattia  contagiosa.  Si 
protegge  dall'aria  là  parte  malata  con  cotone  idro- 
filo. •  Orticaria,  malattia  caratterizzata  da  efflo- 
rescenze solide,  lievemente  rialzate  sulla  cute:  dovuta 
specialmente  a  trascuranza  dell'igiene  alimentare. 
Rimedi:  i  purganti  e  i  disinfettanti. 

Pedairofia,  la  consunzione  dei  bambini  per  de- 
generazione tubercolosa  delle  glandule  mesenteriche. 
-  Pertosse,  tosse  canina,  tosse  asinina:  catarro  della 
mucosa  respiratoria  con  accessi  di  tosse  spasmo- 
dici, dipendenti  da  una  particolare  iperestesia  delie 
vie  aeree.  Molto  contagiosa. 

Rachitismo,  malattia  delle  ossa,  deformità  bene 
spesso  dovuta  a  difetto  di  alimentazione.  -  Razzarsi, 
delle  strisce  rosse  che  si  veggono  sulla  pelle  del 
bambino  quando  si  incalorisce.  -  Ricidersi,  il  rom- 
persi la  pelle  incotta,  specialmente  nei  bambini 
grassocci  :  rosellia,  rubeola,  rosolia.  -  Roseola,  roso- 
lia, eritema,  espulsione  eritematosa  di  poca  impor- 
tanza e  non  contagiosa,  che  quasi  sempre  accom- 
pagna diverse  malattie:  rosellia,  rubeola,  rosalia. 

Scarlattina,  malattia  contagiosa,  eruttiva,  che  dà 
rossore  eriteraatico  in  tutto  il  corpo,  febbre  elevata 
e  faringite.  •  Sclerema  dei  neonati,  indurimento  del 
tessuto  cellulare,  frequente  nei  bambini  prematuri, 
mal  nutriti,  o  poco  proletti  dal  freddo.  Cura  :  buo- 
na alimentazione  e  riscaldamento  opportuno.  •  Scoli 
dagli  orecchi:  possono  provenire  da  furoncolosi, 
erpete,  eczemi  ael  condotto  uditivo  esterno,  accu- 
mulo di  cerume  e  sudiciume,  infezioni  da  tonsillite, 
da  morbillo,  scarlattina,  difterite,  ecc.  -  Scrofolosi, 
insieme  delle  afiezioni  particolari  a  cui  la  scrofola 
imprime  uno  speciale  aspetto.  -  Singhiozzo,  disturbo 
frequente  nei  poppanti,  stato  convulsivo;  spasmo  del 
diaframma,  dovuto  al  mangiar  troppo,  o  troppo  in 
fretta,  a  bruschi  movimenti,  rider  torte,  tossire,  agli 
sforzi  del  defecare  -  Spaventi  o  terrori  notturni,  di- 
sturbi del  sonno.  -  Stitichezza,  difficoltà  della  de- 
fecazione, provocata  spesso  dalla  speciale  conforma- 
zione dell'intestino.  -  Stomatite,  infiammazione  della 
bocca,  di  varie  sorta:  eritematosa,  erpetica,  impeti- 
ainosa,  ecc.  -  Strabismo,  difetto  agli  occhi  dei  bam- 
bini che  guardano  o'^getti  troppo  dawicino:  vizio 
di  parallelismo  dei  due  assi  oculari. 

Tira,,  sospensione  spasmodica  della  respirazione 
nei  bimbi,  seguita  poi  da  impetuoso  strido  e  da 
uno  scoppio  di  pianto  per  sovrabbondanza  di  do- 
lore, cagionato  da    grave    percossa   nel    cascare.  - 

Vaiuolo,  vaiolo,    processo   infettivo,    miasmatico. 


epidemico,  inoculabile  :  lo  si  previene  con  la  vac- 
cinazione. -  Varicella,  malattia  epidemica  che  si 
manifesta  con  lieve  febbre  e  macchioline  rossastre 
che  si  gonfiano,  formando  vesciche,  con  liquido 
sieroso  giallo-chiaro.  -  Verminazione  o  elmintiasi, 
insieme  dei  disturbi  organici  e  funzionali  cagionati 
dalla  presenza  degli  elminti,  ossia  di  questo  o  quel 
verme.  -  Vomito,  escrezione  insolita  e  di  natui'a 
convulsiva,  facile  nel  neonato. 

Atti,  movimenti,  ecc.  dei  bambini. 

Alzarsi  i  panni,  dei  bambini,  mostrar  le  vergo- 
gne. -  Andare  alla  panca,  di  bambini  che  comin- 
ciano a  camminare.  -  Andare,  camminare,  cantare 
a  paura  :  paurosamente,  senza  sicurezza.  -  Andar 
giù  come  pere  cotte,  non  reggersi  ritto.  -  Andare 
ritto,  dei  Ibambini  che  hanno  cominciato  a  cammi- 
nare da  sé  stessi,  senza  bisogno  di  essere  sorretti 
per  i  lacci,  o  dande.  -  Aver  l'argento  vivo  addosso, 
dei  bambini  che  non  istanno  mai  fermi,  ma  conti- 
nuamente si  muovono  lieti  qua  e  colà. 

Belare,  frignare,  modi  di  jptaMgrere  del  bambino. 

-  Bizza,  capriccio,  stizza,  ira  del  bambino. 

Camminare  senza  apiJoggi,  da  solo  e  franco.  - 
Ciangottare,  cominciar  a  parlare,  dei  bambini.  -  Cin- 
guettare, il  parlar  dei  bambini  quando  incominciano 
a  profferir  la  parola.  -  Crescere  a  occhiate,  di  bam- 
bino che  ha  rapido  sviluppo  di  corporatura. 

Far  greppo,  contorcimento  di  labbra  che  fanno 
i  bambini  quando  vogliono  cominciare  a  piangere, 

-  Fare  il  bravo,  star  tranquillo.  -  Far  il  broncio, 
dicesi  di  certa  disposizione  del  viso,  e  raggrinza- 
mento di  bocca,  per  effetto  di  cruccio,  di  fastidio, 
di  malumore.  -  Fare  le  furie,  de'  bambini  che  s'ar- 
rabbiano e  pestano  i  piedi  per  avere  qualcosa.  -  Far 
muso,  0  fare  il  muso,  star  serio,  prendere  aria  di 
corruccio  e  di  sdegno,  che  si  fa  sporgendo  un  poco 
le  labbra  in  fuori.  -  Far  la  bocca  brincia,  quell'  in- 
curvamento in  giù  e  quel  tremito  che  ranno  le 
labbra,  specie  dei  bambini,  nell'atto  del  piangere. 
•  fare  ogni  cosa  a  letto,  dei  bambini  o  dei  malati  che 
tianno  perduto  la  continenza.  -  Far  pero,  de'  bam- 
bini quando  si  avvezzano  a  camminare,  che,  sco- 
standosi dal  muro,  non  si  possono  reggere,  e  ca- 
scano in  avanti,  con  le  manine  puntate  in  terra.  - 
hriggibuco,  il  frignare  uggioso  dei  bambini.  -  tar 
servo,  modo  di  invito,  di  esortazione  ai  bambini, 
perchè  salutino. 

Luccicare,  fare  i  lucciconi:  quando  gli  occhi  ap- 
paiono umidetti,  indizio  di  pianto  rattenuto  a  stento. 

-  M'ha  fatto  un  bel  saluto,  dicesi  di  bambino  che 
ci  piscia  addosso.  -  Malestro,  qualunque  danno 
facciano  per  casa  i  ragazzi,  come  romper  piatti, 
bicchieri  e  simili.  -  Moccicare,  il  piangere  dei  bam- 
bini. 

Reggere  il  collo,  non  reggere  il  collo,  de'  bambini 
lattanti  deboli  che  tengono  su,  o  no,  il  capo.  -  Sgam- 
bettare, dimenare  le  gambe;  muoverle  con  veloce 
movimento;  dare,  fare  sgambetti;  guizzare  coi  piedi; 
springare.  -  Snodare  la  lingua:  di  bambini  che  co- 
minciano a  parlare.  -  Star  sempre  cucito  alla  sottana 
della  mamma,  del  bambino  che  non  sa  o  non  vuole 
starne  staccato.  -  Staccarsi,  del  bambino  quando 
comincia  a  muovere  da  sé  i  primi  passi,  senza  in- 
teramente sorreggerlo.  -  Strillare,  il  grida^re  acu- 
tamente, proprio  del  bambino. 

Vagire,  piangere,  gemere,  che  fanno  i  bambini: 
balbare,  gnaulare,  vagliare.  -  Vagito,  atto  ed  effetto 
del  vagire.  -  Venir  su  bene,  crescere  bene. 


i-ò9 


Zampettare,  de  bambini  che  cominciano  ad  aiiil;ir 
ritti;  perchè,  andando  incerti,  battono  forte  i  piedi 
in, terra  nel  fare  i  passi. 

Trattamento,  cura,  ecc.,  del  bambino. 

Aliati oììi culo,  primo  mezzo  di  nutrizione,  di 
alimento  per  il  bambino.  E  dicesi  semestre  latteo 
il  periodo  dei  orimi  sei  mesi;  semestre  feculento 
(pane,  biscotti,  *  fecola,  ecc.)  il  secondo;  a  nove 
mesi  si  danno  pappe,  riso,  avena  in  latte,  nei  bi- 
berons;  a  dodici,  pappe  e  uova,  senza  biberons. 
Semestie  azotato,  il  terzo  (latte,  brodo  di  carni 
bianche,  minestre  grasse,  ecc.).  Nel  quarto  semestre, 
succo  di  carne  e,  in  complesso,  la  dieta  comune. 
Buoni  alimenti  pei  bambini:  in  pappe,  infarina  di 
avena,  l'orzo,  la  crosta  di  pane,  i  grissini,  V  arroto- 
root  (col  quale  si  prepara  il  racahout,  coll'aggiunta 
di  fecola  di  patate,  zucchero,  polvere  di  cacao,  ecc.), 
la  farina  di  salep,  la  farina  lattea,  la  tapioca,  la 
semola,  il  satjou,  le  pastine  al  glutine,  la  maizalina, 
il  lomflour,  i  brodi  di  pollo  o  di  vitello  .sgrassati, 
le  pappe  preparate  con  farina  di  legumi  (per  l'al- 
bumina vegetale  che  contiene),  la  farina  di  lenti,  ecc. 
-^fflflrwo  (semplice  o  medicato),  trattamento  di  stretta 
necessità  per  la  pulizia  e  l'igiene  del   bambino. 

Baromacrometro,  apparecchio  che  serve  a  misurare 
contemporaneamente  il  peso  e  la  lunghezza  del 
neonato. 

Cacchiatella,  panino  a  picce,  di  fior  di  farina,  usato 
specialmente  per  far  la  pappa  ai  bambini.  -  Farina 
lattea,  alimento  per  bambini,  che  si  prepara  me- 
scolando latte  condensato  con  zucchero  e  con  farina 
di  cereali,  trattati  precedentemente  in  modo  da 
renderli  più  facilmente  assimilabili. 

Giulebbe,  siroppo  con  acqua  distillata  e  aromi, 
che  si  dà  per  calmante  ai  bambini  appena  nati 
0  malati.  -  Poppatoio,  arnese  per  allattare  artificial- 
mente il  bambino:  poppaiuola,  succhiatoio;  frane, 
biberon. 

Affacciare,  prendere  in  collo  i  bambini  e  presen- 
tarli al  pubblico  da  finestra  o  simile.  -  Allevare, 
adoperare  verso  il  bambino  tutte  le  cure  relative 
ai  suoi  bisogni  fisici,  inoltre  custodendolo  e  tute- 
landone l'educazione  fisica  e  morale:  far  crescere, 
educare.  ■  Battezzare,  dare,  far  dare  il  battesimo 
al  bambino.  -  Cantare  la  ninna  nanna  al  bambino, 
per  addormentarlo.  -  Circoncidere,  far  la  circonci- 
sione, l'asportare  circolarmente  una  porzione  del 
prepuzio  aei  neonati:  usato  presso  gli  ebrei.  -  Cul- 
lare, dimenare  il  bambino  in  culla.  -  Nenie,  can- 
tilene delle  nutrici  per  far  addormentare  i  bambini, 
cullandoli.  -  Cunia  o  Cunina,  dea  dei  bambini  in 
culla. 

Dare  i  piedi  al  bambino,  locuzione  usata  comu- 
nemente per  denotare  il  tempo  in  cui  il  bambino 
comincia  a  stare  sfasciato,  e  gli  si  mettono  per  la 
prima  volta  le  scarpine,  quando  mosti-a  di  potersi 
staccare.  -  Dare  sculaccioni,  prendere  a  sculaccioni, 
a  sculacciate  (sculacciatine,  spalmate,  spiazzate), 
dare  colpi  sulle  natiche,  specialmente  a  nudo,  con 
mano  aperta:  sculacciare.  -  Darle  vinte  al  bambino, 
cedere  ai  capricci  di  lui.  -  Divezzare,  togliere  l'aZ- 
lattaìnento,  slattare,  spoppare,  svezzare  (divezza- 
mento, svezzamento). 

Fare  i  fichi,  lo  stesso  che  fare  carezze.  -  Fasciare, 
avvolgere  il  bambino  nella  fascia  (veggasi  più  in- 
nanzi). Rifasciare,  rimettere  in  fascia,  fasciare  di 
"»uovo. 


Imbracare,  dalle  b\lie,  quel  rivoltare  che  esse 
fanno  la  pezza  bianca,  facendone  passare  i  due 
canti  inferiori  fra  le  cosce  del  bambino,  a  fine  di 
[)rescrvarlo  dall' incuocersi  e  dal  ricidersi.  -  Mettere 
a  letto,  l'aiutare  bambini,  vecchi  o  malati  a  entrare 
nel  letto,  ma  specialmente  dei  bambini.  -  Ninnare, 
canterellare  per  far  addormentare  i  bambini,  cul- 
landoli. -  Ninnolare,  divertire  con  ninnoli,  con 
questo  0  quel  giuocattolo. 

Portare  a  pentole,  portare  un  bambino  seduto 
sulle  spalle,  a  cavalcioni  del  collo,  rattenendogli 
con  ciascuna  mano  le  gambe  pendenti  verso  il 
petto,  mentre  il  bambino  si  attiene  al  capo  o  alla 
fronte  del  portatore.  -  Portare  a  predelline,  a  pre- 
dellucce,  portare  in  due  un  bambino  seduto  sulle 
loro  mani  intrecciate,  la  destra  dell'uno  conia  si- 
nistra dell'altro  per  sollazzo.  -  Portare  a  tracolla, 
portare  con  guancialino  raccomandato  a  una  cigna, 
0  anche  due,  poste  ad  armacollo  della  persona  che 
porta  (maniera  praticata  di  rado;  ne  usano,  ad  es., 
la  madre  che  va  in  giro  mendicando,  la  moglie  del 
merciaiuolo  ambulante,  ecc.).  -  Portare  in  braccio, 
tenere  il  bambino  come  seduto  sul  cubito,  cioè  sulla 
parte  anteriore  del  braccio,  sorretto  coll'altra  mano,  e 
talora  intrecciando  le  dita  di  ambedue  le  mani.  - 
Portare  in  collo  dicono  i  Toscani,  anche  per  portare 
in  braccio,  forse  perchè  il  bambino,  portato  in  questa 
ultima  maniera,  fa  talora  passare  una  delle  sue 
manine  intorno  alla  parte  posteriore  del  collo  di 
chi  lo  porta.  -  Prendere,  recarsi,  tenere,  portare 
sulle  braccia,  si  dice  propriamente  quando  il  bam- 
bino, fasciato  0  sciolto,  si  porta  i^supino  e  disteso 
sulla  parte  anteriore  delle  due  braccia,  tenute  pa- 
rallele, ovvero  una  di  esse  fatta  passare  di  sopra 
per  ritenergli  le  gambe.  Portatura  specialmente 
adoperata  col  guanciale,  nell'andare  a  battesimo. 

Rifare  il  nonno,  la  nonna  ;  rifare  il  babbo,  la 
mamma,  l'imporre  a  un  neonato  il  nome  di  uno 
dei  due  avoli  o  dei  genitori.  -  Riportare  il  bambino, 
il  restituirlo  che  fa  la  balia  ai  suoi  genitori,  ter- 
minando l'allattamento.  •  Riprendere,  ìes^r  ài  h^Wz. 
il  bambino  per  tenerselo  in  casa. 

Sbozzolire,  allevare,  essere  allevato.  -  Sfasciare, 
levar  la  fascia  al  bambino:  contr.  di  fasciare.  • 
Tentennare  i  bambini,  dondolarli  perchè  prendano 
sonno.  -  Tenere  come  una  delizia,  con  grandissima 
cura,  come  cosa  preziosa.  -  Tirare  su  un  bambino, 
allevarlo.  Tirarlo  su  a  briciole  di  pane,  allevarlo 
con  ogni  riguardo,  con  ogni  furberia  per  affezio- 
narselo e  giovarsene  poi.  -  Trastullare,  trattenere 
con  diletto,  distrarre,  svagare. 

Asilo  d'infanzia,  prima  scuola  nella  quale  si 
accolgono  i  bambini.  -  Brefotrofio,  ospizio  nel  guale 
si  accolgono  i  trovatelli,  i  gettatelli,  i  bambini  ab- 
bandonati, 0  si  allevano  quelli  illegittimi.  -  Incu- 
batrice, cassa  di  legno,  coperta  da  un  vetro  inte- 
laiato, nella  quale  si  introduce  un  neonato  molto 
debole  o  di  sviluppo  insufficiente,  tenendovelo, 
mediante  opportuno  riscaldamento,  a  una  tempe- 
ratura di  310-32°. 

Ortopedia,  scienza  ed  arte  di  correggere  le 
deformità  dei  bambini.  -  Pedagogia,  arte  e  scienza 
di  istruire  i  bambini,  i  fanciulli.  -  Pediatria,  parte 
della  medicina  che  studia  le  malattie  dei  bambini 
e  il  metodo  di  curarle.  Pediatra,  il  medico  che  la 
esercita.  -  Pedotrofia  (gr.),  nutrizione  dei  bambini. 
-  Vaccinazione,  azione  di  innestare  il  vainolo.  - 
Vitabilità,  veggasi  a  feto. 


240 


Indumenti,  arnesi,  oggetti  varì 
d'uso  dei  bambini   o   pei  bambini. 

Indumenti  e  simili.  —  Basti,  bastie,  le  piegature, 
fermate  col  cucito,  che  si  fanno  per  ornare,  o,  anche, 
per  poter  poi  allungare  questo  o  quell'indumento 
del  bambino.  -  Bautta,  cappuccio  di  lana  a  maglia, 
0  tessuto  di  seta  o  d'altro.  -  Bautta  con  bavero, 
quella  che  ha  aggiunta  una  falda  circolare  scen- 
dente sulle  spalle  e  ricongiungentesi  sul  petto  - 
BavagHólo,  pannolino  legato  al  collo  del  bambino 
e  pendentegli  allargato  sul  petto,  per  riparare  gli 
abitini  dalle  bave,  specialmente  nel  tempo  della 
dentizione,  o  dalie  imbrodolature,  quando  mangia: 
babaiòla,  bavaglini,  bavaglio.  -  Baverina,  mantellino 
rotondo  che  si  sovrappone  alla  veste  lunga.  -  Beyi- 
duccio,  pannolino  ripiegato  più  volte  su  di  sé,  le- 
gato al  lato  destro  del  gonnellino,  affinchè  serva 
ai  bambini  di  fazzoletto  da  naso,  e  anche  per  net- 
tarsi le  mani.  -  Berrettino,  copertura  ordinaria  per 
capo  dei  bambini:  si  allaccia  lento  alla  gola  con 
nastrini.  -  Bluse,  vestito  da  bambino  fatto  a  bluse: 
Musetta,  bluseltina.  -  Braca,  brachina,  quella  parte 
del  vestitino  che  copre  dalla  cintura  fino  al  ginoc- 
chio; la  pezza  che  si  mette  ai  bambini  tra  le  cosce, 
perchè  non  si  insudicino  e  non  si  riddano  {im- 
bracare, mettere  le  brachine;  sbracare,  toglierle).  - 
Bustino,  striscia  di  roba  consistente,  con  gli  spal- 
lacci e  da  allacciare  dietro. 

Carnicina,  piccola  camicia  da  bambino;  panno- 
lino col  quale  si  copre  il  busto  dei  bambinelli,  al- 
lacciaiid'ili  sul  dorso:  camiciolino.  -  Camiciolino  si 
d  ce  anc'  e  un  vestimenlo  di  tela  o  di  panno,  che 
si  mette  sopra  la  caiiùcina.  -  Cappotta,  cuffia  di 
lana  a  maglia,  che  si  mette  in  capo  ai  bambini 
piccoli  d'inverno,  quando  si  portano  fuori.  -  Cap- 
pottino, cappina,  specie  di  pastranino,  con  cappuccio 
o  senza,  per  l'inverno.  -    Cigne,   strisce   di   sh  ffi, 

Eer  lo  più  elastica,  che  servono  a  sorreggere  i  baia- 
ini,  nei  primi  loro  passi:  più  comunemente,  dande. 
-  Corredino,  tutta  la  biancheria  e  le  robe  che 
bisognano  ai  bambini,  come  fasce,  pezze  e  cose  da 
vestire.  -  Cuffmo,  piccola  cuffia  di  cotone  o  di  tela, 
o  fatto  a  maglia.  ' 

Falde,  due  strisce  di  panno,  di  gallone  o  d'altro, 
fermate,  una  per  parte  dietro  a  ciascuna  spalla,  al 
gonnellino,  ovvero  a  una  larga  fascia  che  ne  cigne 
la  vita.  Con  le  falde  si  sorregge  il  bambino  per 
avvezzarlo  a  reggersi  da  sé  e  camminare.  -  Fascia, 
lunga  striscia  di  forte  pannolino  o  canapino,  con 
la  quale  si  fascia  il  bambino.  Per  maggiore  for- 
tezza, 0  forse  anche  per  una  specie  d'ornamento, 
le  fasce  sogliono  essere  tessute  a  cordulì.  -  Fascia  a 
corpo,  piccola  fascia,  di  circa  tre  dita  trasverse  di 
larghezza  e  lunga  tanto  da  poter  fare  più  volte  il 
giro  del  corpo  del  neonato.  -  Feltro,  pezzo  di  panno 
che  si  mette  nel  letto  sotto  a'  bambini,  perchè  non 
sporchino. 

Giubhettino,  giubbino  di  cotone,  di  lana,  di  roba 
iù  grossa  della  camicia.  -  Gonnella,  gonnella  dei 
ambini,  dei  santi,  dei  fantocci.  -  Gonnellino,  lo 
stesso  che  vestitino:  vocabolo  inoltre  adoperato 
quando  si  vuol  indicare  l'età  infantile  d'ambo  i 
sessi,  specialmente  dei  maschi,  prima  che  loro  si 
mettano  i  calzoncini.  -  Grembialino,  piccolo  grem- 
biale, di  varie  foggie,  ricoprente  il  davanti  e  i 
fianchi.  -  Guanciale,  specie  di  materassina  scanto- 
nata, su  cui  si  pone  a  giacere  il  bambino,  e  che 
gli  tien  luogo  di  culla,  o  anche  serve  per  portarlo 


l 


attorno,  quando  è  affatto  piccino:  si  suole  vestirlo 
di  fodera  amplissima,  che  poi  si  rimbocca  sopra  il 
corpicino  della  creatura.  -  Guancialone,  coltroncino 
a  guanciale,  su  cui  si  mettono  i  bambini  da  latte 
quando   non   si   rifasciano. 

Lano  o  pezza  lana,  quella  che  si  mette  ai  bam- 
bini dopo  la  pezza. 

Maglietta,  piccola  maglia;  anche  la  gangherella, 
specialmente  se  di  filo.  -  Mantellino,  piccolo  man- 
tello; drappo  di  seta  o  altro  ricco  panno  con  cui 
si  copre  la  creaturina  nel  portarla  a  battesimo.  - 
Medaglia,  piastrella  tonda  od  ovale,  d'argento,  o 
d'altro  metallo,  con  effigie  di  santo,  che  appendesi 
al  collo  dei  bambini.  -  Menande,  bustino  di  roba 
forte,  allacciato  dietro,  con  una  cinghia  per  lato: 
serve  per  reggere  i  bambini  quando  incominciano 
a  camminare.  -  Pezza  di  lino,  o,  assol.,  pezza,  pezze, 
quelle  di  panno  bianco  che  s'  adoprano  per  tener 
sotto  0  rivolgerci  i  bambini.  -  Pezza  bianca,  pan- 
nolino quadrangolare,  in  cui  si  rinvolge  il  bam- 
bino prima  di  fasciarlo  (imbracare  dicono  le  balie 
di  quel  rivoltare  che  esse  fanno  la  pezza  bianca, 
tacendone  passare  i  due  canti  inferiori  fra  le  cosce 
del  bambino,  a  fine  di  preservarlo  dall'  incuocersi 
e  dal  ricidersi).  -  Pezza  da  rinvolto  o  soprappezza, 
panno  lino,  l.ino,  o  serico,  più  o  meno  ornato,  nel 
quale  si  ravvolge  il  bambino  fasciato,  specialmente 
nel  portarlo  attorno.  ■  Pezza  di  lana,  pannolano 
che  neir  inverno  si  pone  sopra  la  pezza  bianca.  - 
Pezzino,  grosso  panno  lino  o  lano,  che  si  mette 
sulla  parte  di  dietro  del  bambino,  sopra  la  fascia, 
per  maggior  pulizia.  -  Piumino,  nappettina  di  piuma 
di  cigno,  con  la  quale,  intrisa  in  fior  di  farina,  si 
impolverano,  per  tenerle  rasciutte,  le  parti  del 
bambino  incotte  o  ricise.  -  Porte-enfant,  trapun- 
tino, più  0  meno  adorno,  che  si  ripiega,  e  serve  a 
portare  i  neonati. 

Sacconcino,  materassino  pieno  di  foglie  di  gran- 
turco. -  Saltamartino,  vestitino  da  bambino  corto 
e  stretto.-  Sanrocc/imo,  sorta  di  pastranino  corto  per 
bambini.  -  Scarpine,  di  lana,  usate  prima  di  quelle 
di  pelle.  -  Soprappezza,  pezza  da  rivoltarci  i  bam- 
bini per  portarli  fuori.  -  Sottabitino,  sottanina  con 
la  vita  attaccata,   senza  le   naniche. 

Toppone,  coltroncino  fatto  di  pezze  impuntite,  per 
mettere  sotto  ai  bambini.  -  \esticciola,  dimin.  di 
veste,  indumento  da  bambini.  -  Vestitino,  esteriore 
vestito  bianco  o  di  colore,  di  varia  stoffa,  che  si 
pone  sopra  al  camiciolino  ai  bambini,  senza  distin- 
zione di  sesso.  -  Zucchino,  piccola  cuffia  di  tela  che 
talvolta  si  mette  sotto  altra  di  lana  o  cotone,  più 
greve. 

Arnesi,  ecc.  —  Branca,  ramo  biforcuto  di  corallo, 
allo  stesso  uso  che  la  ciambella  e  la  zanna,  che 
sogliono  tenere  in  bocca  i  bambini.  -  Breve,  brevino, 
involtino  sodo  e  scliiacciato,  a  guisa  di  piastrella 
e  a  forma  per  lo  più  ovale,  ricamato  di  oro  o  di 
argento  o  di  seta,  con  dentro  qualche  segno  di 
devozione:  si  mette,  per  superstizione,  al  collo  dei 
bambini.  -  Bubbolino,  piccolo  arnese  con  fischietto 
0  sonaglini  attaccati:  lo  si  dà  per  trastullo  al  bam- 
l3Ìno,  che,  mettendone  in  bocca  l'estremità  e  pre- 
mendola con  le  gengive,  prova  sollievo  nei  disturbi 
della  dentizione:  perciò,  detto  anche  deniarolo.  - 
Carrozzella,  piccolo  veicolo  per  portare  a  spasso 
bambini.  -  Carniccio,  arnese  allo  stesso  uso  uel 
cestino,  ma  più  sodo  e  più  pesante,  perchè  fatto 
di  assicelle  e  di  piuoli  di  legno,  disposti  in  forma 
di  piramide  tronca,  movibile  su  quattro  rotelle 
matte,  acciò  il  bambino  possa  col   petto   spingerlo 


'M 


in  ogni  direzione  orizzontale.  -  Cercine,  specie  di 
guancialetto  o  d  ^ascia  imbottita  e  trapuntata  che 
si  mette  intorno  al  capo  del  bambino;  anche,  specie 
di  berrettino,  guarnito  intorno  di  slecchine  di  ba- 
lena curvate  in  arco,  per  impedire  che  il  bambino 
si  faccia  male  battendo  il  capo.  -  Cestino,  arnese 
di  vetri  ci,  a  foggia  di  cono  tronco,  tanto  aito  che 
arrivi  al  petto  del  bambino,  postovi  dentro  in 
piedi,  perchè  si  avvezzi  a  reggersi  e  impari  a 
camniinarp.  -  CiambeUn,  cerchio  d'avorio  che  talu- 
ni usano  ancora  dare  ai  bambini  che  mettono  i  denti, 
perchè  lo  stringano  con  le  gengive.  -  Culla,  lettuc- 
cio,  fatto  come  una  cesta,  dei  bambini  che  pop- 
pano: zana. 

Dentaruolo,  dentarolo,  arnese  acconcio  a  essere 
premuto  in  bocca  dai  bambini,  nel  tempo  della 
dentizione,  per  alleviarne  il  molesto  prarìto:  dente, 
zanna,  zannina.  In  generale,  è  un  corpo  tondeg- 
giante, liscio,  duro,  inalterabile  dalla  saliva.  -  Em- 
brice, l'arnese  che  adoprano  le  donne  in  casa  per 
lavare  i  panni  de'  bambini  o  quelli  d'un  bucatino. 
Si  dice  cosi  anche  se  è  di  legno. 

Pentacolo,  amuleto,  arnese  consimile  al  breve,  ma 
che  contiene  figure  o  caratteri  strani,  a  cui  la  su- 
perstiziosa credulità  attribuisce  virtù  contro  malie, 
incantesimi,  veleni,  ecc.  -  Pesfei/mo,  pezzo  d'avorio, 
di  corallo,  di  pietra  dura,  ma  per  lo  più  di  cri- 
stallo, quasi  a  foggia  di  pestello,  che  serve  allo 
stesso  uso  che  la  ciambella,  la  zanna  e  i  dentaroU 
in  genere.  -  Predellina,  predellino,  seggiolino:  qneììo 
alto  per  tenerci  i  bambini,  specialmente  a  tavola. 

-  Puledraia  (scherz.),  la  camera  da  letto  dove  dor- 
mono i  bambini  piccoli  di  casa.  -  Santino,  imma- 
ginetta  di  santo,  stampata  in  foglio,  per  lo  più  a 
vari  colori,  che  si  dà  ai  bambini  per  divertirli,  o, 
più  spesso,  per  premio.  -  Schizzetto,  schìzzatoio  da 
bambini,  arnese  simile  in  tutto  alla  canna  da  ser- 
viziale,  ma  piccolissimo,  col  quale  si  introducono 
nell'uretra  liquidi  medicati.  -  Seggettina,  seggtolina, 
piccola  e  bassa  seggiola,  per  far  sedere  i  bambini, 
talora  sufficientemente  alta  perchè  essi  possano 
sedere  alla  mensa  di  famiglia,  e  allora  ha  i 
bracciuoli.  Anche,  quella  a  bracciuoli,  con  una  specie 
di  cassetto  a  mezzo,  dentrovi  un  vaso  da  notte,  e 
con  una  buca  dalla  parte  di  sopra,  dove  si  sogliono 
tener  seduti  i  bambini  per  i  loro  bisogni  corporali. 

-  Serperastnim,  stecca  o  altro  congegno  che  si  ser- 
rava alle  ginocchia  dei  bambini,  perchè  stessero 
dritti,  non  si  storcessero.  -  Vannus  (vaglio),  paniere 
di  vimini  grande  e  profondo,  nel  quale  gli  antichi 
mettevano  i  loro  bainbini,  ad  augurio  di  futura  pro- 
sperità e  grandezza.  -  Zana,  culla  di  vetrici.  - 
Zanna,  zannina,  dente,  una  zanna  o  dente  curvo 
di  cinghiale  o  di  maiale,  con  ornamento  d'argento, 
e  una  campanellina,  per  appenderla  al  collo  dei 
bambini,  e  serve  loro  allo  stesso  uso  che  la  ciam- 
bella e  i  dentaroli  in  genere. 

Vocaboli  bambineschi. 

Sono  certe  particolari  denominazioni  le  quali, 
perchè  di  più  agevole  pronunzia,  sono  sostituite 
alle  vere  dai  bambini,  e  per  un  tal  vezzo  anche 
adoperate  dalle  persone  che  con  loro  parlano  fa- 
migliarmente  e  affettuosamente.  -  Babbo,  per  padre. 

-  Bau,  bausette,  voci  usate  per  far  paura  ai  bambini 
quando  sono  cattivi,  quasi  significhi  una  cosa  ter- 
ribile personificata:  di  deplorevole  abitudine.  -  Bau- 
bau  0  oabau,  nome  di  spauracchio  o  fantasma  del 
quale  le  donnicciuole  si  servono   per   impaurire  e 

Premom  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


far  stare  cheli  i  fanciulli.  -  ficee  sogliono  chiamare 
i  bambini  le  pecore:  ed  è  voce  lormata  ad  imitare 
il  loro  belato.  E  bebé,  nel  linguaggio  fanciullesco, 
significa  anche  belare.  -  Befana,  spauracchio  da 
bambini,  a'  quali  si  dà  ad  intendere  che  la  befana 
buca  loro  il  corpo,  e  altre  sciocchezze.  -  Bombare, 
lo  stesso  che  bere.  •  Bombettare,  frequentativo  di 
bombare:  bere  frcijuentemente.  -  Bómbo,  voce  colla 
quale  i  bambini  chiamano  la  bevanda.  -  Bua,  voce 
puerile,  che  significa:  male,  doglia,  magagna,  guaio. 

-  Bubo,  voce  con  la  quale  i  bambini  designano  il 
piccione,  dal  suono  della  sua  voce.  -  Bu  bu,  voce 
fanciullesca  che  imita  l'abbaiare  del  cane. 

Cacca,  voce  con  la  quale  si  indicano  gli  escre- 
menti del  corpo.  -  Cacca  eh,  caccal,  si  suol  dire  ai 
bambini  per  distorli  dal  mangiare  o  dal  volere  in 
mano  alcuna  cosa.-  Chicca,  c/ticco,  qualunque  pasta 
dolce,  e  si  suol  dire  anche  per  cosa  buona  da 
mangiare  -  Chicchia,  la  gallina.  -  Ciccia,  per  i  bam- 
bini, ogni  qualità  di  carne  cotta  e  da  mangiarsi. 
Ciccie,  in  plurale,  sogliono  le  madri  chiamare  anche 
le  carni  grassoccie  dei  loro  bambini.  -  Cici,  cinct, 
voci  affettuose  con  le  quali  le  mamme  chiamano  i 
loro  bainbini:  pipi,  pipino.  -  Ciocia,^  ciocino,  voci 
amorose  e  carezzevoli,  come  caro,  carino,  talvolta 
canzonatorie.  -  Cocco,  voce  puerile  per  uovo.  -  Cori- 
cino,  breve  in  forma  di  cuore,  per  bambini.  Co- 
ricino  mio,  per  vezzo  ai  bambini.  -  Cmcco,  il  fi- 
gliuolo più  amato  dal  padre  e  dalla  madre,  e  al 
quale  si  fanno  le  maggiori  carezze.  -  Cu  cu,  o  cuccù: 
lo  fanno  le  mamme  e  le  balie  ai  bambini,  nascon- 
dendosi dietro  a  qualche  cosa,  mettendo  fuori  il 
capo  e  rinascondendolo,  per  divagarli.  -  Culino, 
dimin.  vezz.  di  culo,  parlandosi  di  bambini. 

Dindi,  voce  fanciullesca  per  significare  il  denaro. 

-  fiatino,  dimin.  vezz.  di  fiato,  dei  bambini.  - 
Lallo,  il  cavallo.  -  Lilli,  litio,  le  parti  pudende  del 
bambino:  pipi.  -  Mamma  o   mammina,   per  madre, 

-  Mimmo,  mimma,  bambino  e  bambina,  così  chia- 
mati per  vezzo.  -  Moccicoso,  moccicone,  detto  ai 
fanciulli,  quasi  per  amorevole  rimprovero,  allorché 
fanno  cose  da  più  della  loro  età  e  la  preten- 
dono a  grandi.  -  Mommo,  il  bere  acqua  o  altro.  • 
Nanna  {fa  nannaj,  dice  la  madre  o  la  balia,  quando 
vuol  far  dormire  il  bambino.  Anche  per  indicare 
il  dormire  o  la  culla  stessa,  nelle  locuzioni:  andare 
a  nanna,  mettere  a  nanna,  far  la  nanna.  -  Nanna, 
voce  fanciullesca  con  la  quale  i  bambini  ringra^ 
ziano  chi  dà  loro  qualche  cosa.  -  Nini,  appella- 
tivo amoroso  dei  bambini,  come  Cinci,  Cici  e  altri: 
frane,  bebé.  -  Ninna,  l'azione  del  ninnare,  nel  suo 
significato  proprio.  -  Ninna,  nanna,  canzonetta  che 
si  canta  ai  bambini  cullandoli  per  farli  addormen- 
tare: sonnaio.  -  Nino,  nino  mio,  voci  usate  amoro- 
samente per  bimbo,  bimbo  mio;  e  ^cosi  Nina  per 
bimba. 

Pappa,  per  minestra:  pappettina,  pappetta,  pap- 
pettona.  -  Pappo,  Tperpane,  -  Pi,  pi,  si  dice  ai  bam- 
bini, perchè  facciano  la  piscia.  Anche,  pscii.  -  Piscia, 
voce  fanciullesca  per  orina.  -  Pitti,  Pitie,  voce  con 
la  quale  i  bambini  chiamano  i  polli.  -  Poccia,  tetta, 
per  poppa,  mammella.  -  Pru,  pru,  il  cavallo  e 
l'andare  a  cavallo;  il  movimento  di  esso. 

Tata,  tato,  voci  carezzose  con  le  quali  •  i  bambini 
chiamano  la  balia,  il  balio  e  altre  persone,  non 
sapendo  parlare  diversamente.  -  Tette,  voce  con  la 
quale  i  fanciulli  chiamano  il  cane.  -  Tolto,  modo 
familiare  col  quale  intimiamo  ai  bambini  di  non 
toccare  una  data  cosa.  -  Uà,  uè,  voce  imitativa  del 
pianto  dei  lattanti.  -  Zampine,  i  piedini  e  anche  le 

16 


24? 


manine  del  bimbo.  -  Ziitino,  zittina,  dimin.,  vez- 
zegg,  di  zitto,  detto  ai  bambini. 

Andare  a  mimmi,  dicono  i  bambini  per  andare 
0  esser  portati  attorno  a  diporto,  quasi  dicessero 
per  vedere  altri  mimmi  o  bamJbini.  Detto  anche 
dalle  mamme,  dalie  balie,  ecc.,  parlando  dei  bam- 
bini. -  Andare,  stare,  mettersi  a  cecce,  mettersi  a 
sedere.  -  Aver  l'argento  vivo  addosso,  dicono  le 
mamme,  parlando  dei  loro  figlioletti,  per  significare 
che  non  stanno  mai  fermi,  ma  continuamente  o 
saltano,  o  fanno  altra  simile  cosa.  -  Come  si  dice? 
locuzfone  interrogativa  al  bimbo  per -rammentargli 
l'officioso  ringraziamento  a  chi  gli  ha  dato  qual- 
che cosa,  come  chicca,  fiore  o  altro.  -  Ecco  il  lupo!, 
si  suol  dire  ai  bambini  che  piangono,  o  sono  cattivi, 
fìer  farli  tornar  buoni,  a  cagione  della  paura.  An- 
che questo  é  uno  dei  tanti  vizi  della  educazione. 

Fare  a' barberi  dicono  i  fanciulli  quando  tra  loro 
fanno  a  gara  nel  correre  ;  e  uno  di  loro  dà  le 
mosse,  come  si  faceva  alle  corse  dei  barberi.  -  Fare  pa, 
far  carezze  ai  bambini  strisciando  loro  soavemente 
la  palma  sulle  gote;  e  i  bambini  lo  fanno  anch'essi 
per  carezzare  alcuno.  -  Fare  to  to,  dare  delle  busse. 
-  Far  servo,  dei  bambini  che  salutano  con  la  mano. 

Guarda  l'uccellino*.,  a  bambini  quando  hanno  la 
fosse,  0  il  singhiozzo,  accennando  che  guardino  in  su, 
perché  passi.  -  Mi  scappa,  dicono  i  bambini  per 
significare  che  sentono  lo  stimolo  di  orinare  o  di 
andar  di  corpo.  -  Mommare,  bere,  parlando  ai 
bambini  (momma,  momma!)  -  Pàffete,  di  bambino 
quando  cade.  -  Quante  sacca?,  domanda  che  si  fa 
per  celia  a  un  bambino  che  abbia  detto  di  voler 
ibene  a  un  tale.  -  Tettare  (scherz.),  poppare.  -  Top- 
jiele,  voce  imitativa  di  colpo:  ai  bambini  che  bat- 
tono un  colpo  in  terra.  -  Tu  non  hai  bellico,  dicono 
le  mamme  ai  bambini  per  significar  loro  che  non 
banno  giudizio;  e  ciò  per  puro  vezzo. 

Trastulli  dei  bambini 

Sono  numerosissimi  (veggasi  a  giuochi),  e  tra 
essi  quelli  denominati:  chi  lardi  arriva  male  allog- 
gia; la  befana;  la  giardiniera  e  il  gatto;  la  caccia  ai 
pulcini;  il  lupo  e  gli  agnelli;  caccia  alla  terza;  la 
fioraia;  la  volpe  zoppa;  la  sentinella;  il  capitano; 
la  maestra  non  è  in  iscuola;  la  traversata;  la  saim- 
7nia;  la  funicella  corta  ;  la  funicella  lunga;  il  cer- 
chio, il  volante,  ecc. 

Balocco,  gitMcàttolo  o  altro,  denominazione  ge- 
nerale di  ogni  cosa  che  si  dia  per  trastullo  in 
mano  ai  bambini  e  ai  fanciulli,  specialmente  se 
abbia  una  figura  determinata,  come  a  dire  fischietti, 
misirizzi,  fantoccini,  bambole,  le  spadine,  figurine 
di  varie  sorta.  -  Bàmbola,  poppàtbla,  pupattola, 
figurina  umana  in  veste  di  bambina,  di  donna.  - 
Bambolino,  putto  di  gomma  o  d'altra  materia,  per 
lo  più  nudo  e  solo  col  carnicino,  per  trastullo  di 
bambini.  -  Burattino,  fantaccino,  piccola  figura 
umana  fatta  di  legno,  di  cartone  o  di  panno,  ve- 
stita da  uomo,  per  baloccarsene  i  bambini  maschi. 

Chiasso,  detto  dai  fanciulli  per  ruzzare,  sollaz- 
zarsi saltando  e  facendo  giuochi.  -  Crepundia,  quan- 
tità di  piccoli  giocattoli  che  i  romani  usavano  le- 
.gare,  in  forma  di  collana,  al  collo  dei  loro  bam- 
bini, per  amuleto  e  per  ornamento.  -  Cucinina,  sol- 
daiini,  minuscoli  arnesi,  piccole  figure  di  stagno, 
di  latta,  ecc.,  per  trastullo  di  bambini.  -  Fraccurado, 
baccello  tagliato  a  bietta  in  cima  fino  alla  costola, 
e  tagliata  pure  dal  fondo  alla  cima  la  rezzola  della 
costola,  per  modo  che,  tirandola,  mette  in   moto  il 


pezzo  tagliato,  che  pare  un  cappuccio  di  frate.  - 
Gingillo,  ninnolo,  giuocattolo  piccolo,  grazioso  e,  per 
lo  più,  di  valore.  Anche,  pezzi  di  stoffe,  di  nastri, 
ecc.  -  Lanzo,  fantoccetto  in  figura  di  lanzo  per 
trastullo  di  fanciulli.  -  Misirizzi,  scatolina  dalla 
quale,  quando  si  apra,  scatta  un  diavolino,  un  frate, 
0  altra  figurina,  spinta  in  su  da  una  molla.  Nome 
che  si  dà  anche  a  qualche  giuocattolo  di  altra, 
forma.  -  Neuropaston  (gr.),  fantoccio,  burattino.  - 
Ocellata,  conchiglie  e  ciottoli  per  lar  giuocare  i' 
bambini.  •  Palla,  sfera  di  gomma,  o  d'altro,  che  si' 
fa  saltare.  -  Plaguncula  (lat.),  bamboccio  di  cera.  • 
Pwpazzo,' piccola  figurina  fatta  per  lo  più  di  cenci(J 
0  di  legno. 

Scaldamano,  giuoco  puerile  che  si  fa  accordandosi 
in  due  o  più,  a  porre  le  mani  a  vicenda  una  sopra 
l'altra,  posata  la  prima  sopra  un  piano,  e  traendo^ 
poi  quella  di  sotto  per  porla  sopra  tutte  le  altre, 
battendo  assai  forte,  per  riscaldarle.  -  Tamburino,. 
piccolo  tamburo  per  trastullo  di  bambini.  -  Tram- 
polino, asse  0  cassetta  su  cui  chi  salta,  prendendo^ 
la  rincorsa,  balza  per  darsi  lo  slancio  prima  del 
salto.  -  Tròttola,  strumento  di  figura  .simile  al 
cono>  vario  di  forma  e  di  materia. 

Andare,  stare  a  cavalluccio,  di  bambini  che  si 
portano  sulle  spalle,  con  una  gamba  di  qua  e  l'altra 
di  là  dal  collo.  -  Baloccare,  trastullare,  divertire 
con  balòcchi.  -  Far  baco,  far  baco  baco,  dicesi  del 
fare  certa  voce  e  eesto  ai  bambini,  coprendosi  o 
altrimenti  nascondendo  il  volto,  e  poi  mostrarlo) 
all'improvviso,  non  propriamente  per  far  loro  paura» 
che  Ciò  sarebbe  pessima  cosa,  ma  per  recare  àdt 
essi  una  certa  meraviglia  e  stupore,  allo  scopo  di  di'» 
stradi  e  divertirli.  -  Fare  alle  signore,  giuoco  di. 
bambine.  -  Fare  a  staccia  buratta:  si  tiene  un 
bambino  per  le  mani  e  si  tira  innanzi  e  indietro^ 
come  stacciando  la  farina,  canticchiando:  Staccia' 
buratta.  Martino  della  gatta,  la  gatta  andò  al  mulino^ 
là  fece  un  covaccino,  coli' olio  e  col  sale,  coll'unlo* 
battuto  col  sangue  del  lupo;  il  lupo  e  la  lupara;, 
gli  venga  l' anguinaia  ;  /'  anguinaia  è  mala  cosa ,; 
lassù  ci  sta  una  sposa;  laggiù  ce  ne  sta,  un'altra^ 
chi)  fila  e  chi  annaspa,  chi  fa  le  cordelline,  per  le- 
gare le  bambine;  chi  fa  i  cardellini  per  legare  ii 
bambini;  chi  fa  il  cordellino,  per  legare  il  mio...,  e- 
qui  il  nome  del  bamoino. 

Far  Gesù,  congiungere  le  mani  assieme,  accò^ 
stando  l'una  palma  all'altra  e  accostando  le  mani 
al  petto.  -  Far.  la  cilecca,  di  una  certa  burla  che 
si-  fa  a  un  bambino,  mostrandogli  chicca  o  altra' 
cosa,  per  invogliamelo,  e  non  dandogliela  molto) 
presto,  forse  per  accrescergliene  il  desiderio.  -  Fan 
la  festicina,  la  festolina,   gli  altarini   dei    bambini> 

Metter  la  calza  alla  finestra,  alla  cappa  del  ca* 
mino,  0  solamente  mettere  la  calza:  lo  tanno  i  ra« 
gazzi  la  vigilia  della  Befana  per  avere  il  regalo.  - 
Portare  a  birigini,  il  portare  un  bambino  a  caval- 
luccio, con  le  braccia  avvinte  al  collo  e  con  le 
gambe  incrociate  sulla  pancia  del  portatore.  -  Por- 
lare  a  pentole,  pigliando  il  bambino  sotto  le  braccia' 
e  alzandolo. 

Ruzzare,  arruzzare,  far  baie,  scherzare;  e  dicesti 
generalmente  del  saltarellare  dei  fanciulli. 

Voci  e  cose  varie  relative  ai  ba.mbini 
Persone  loro  addette  —  Modi  di  dire 

Infantilità,  infanzia,  la  prima  età  del  fanciullo^, 
dalla  nascita  fino  a  che  non  incominci  a  parlare. 


BAMBINO    —    BANCA 


243 


In  fascia,  nelle  fasce,  il  periodo  nel  quale  i  bam- 
bini vengono  fasciati.  -  Innocenza  battesimale,  lo 
stato  dei  bambini  appena  nati.  -  Parvulitd,  età  di 
bambino  :  pargolezza,  parf;oIilà  (non  usati).  -  Pue- 
rizia, l'età  prima.  -  Sonno  dell'innocenza,  quello  dei 
bambini. 

Atto  di  nascita,  dichiarazione  del  padre  e  della 
levatrice  allo  Slato  Civile  del  Comune,  indicando, 
entro  cinque  giorni  dal  parto,  il  sesso  del  neonato, 
il  nome  datogli,  il  cognome  paterno,  ecc.  -  Alte- 
razione di  Stalo   Civile,    dichiarazione  non   esatta. 

-  Soppressione  di  stato,  alterazione  nelle  denunzie 
di  un  bambino  o  sostituzione  con  un  altro.  -  So- 
stituzione d'infante,  atto  criminoso,  trafugamento  di 
un  bambino  per  presentarne  un  altro  in  sua  vece. 

-  liattesimo,  il  primo  dei  sette  sacramenti  della 
Chiesa   cattolica. 

Contrassegno,  quel  segno  che  i  genitori  degli  in- 
nocentini mettono  al  collo  dei  bambini  per  ricono- 
scerli poi.  -  Infanticidio,  uccisione  di  un  neonato.  - 
Infanticida,  chi  lo  uccide  o  lo  fa  uccidere. 

Essere  bambino,  avere  il  guscio  in  capo,  avere 
Il  guscio  al  culo;  avere  il  latte  sulle  labbra;  non 
aver  messo  ancora  i  lattaiuoli.  -  Bamboleggiare, 
pargoleggiare,  far  cosa  da  bambini.  -  Sonare  ad  an- 
giolo, 0  a  gloria,  per  le  esequie  di  un  bambino. 

Anfidromia,  festa  che  si  celebrava  in  Atene,  cin- 
que giorni  dopo  la  nascita  d'un  bambino.  -  Balli- 
pedia;  arte  di  procreare  bei  bambini.  -  Batabanca- 
lese,  canzone  con  la  quale  le  nutrici  greche  addor- 
mentavano i  loro  bambini.  -  Cherubino,  testa  di 
bambino  con  ali.  -  Orco,  mostro  immaginario  che 
serve  di  spauracchio  a'  bambini,  introdotto  in  tutte 
le  fiabe  che  loro  si  raccontano.  -  Putto,  bambino  di- 
pinto 0  scolpito. 

Aia,  donna  che  tiene  in  custodia  i  bambini.  - 
Balia,  veggansi  ad  allattamento.  -  Bambinaia, 
donna  alla  quale  si  alìidano  in  custodia  i  bambini: 
frane,  bonne.  -  Bambinaio,  chi  è  tutto  tenerezza  per 
i  fanciulli  e  si  diletta  con  essi.  -  Chioccia,  di  chi 
va  a  spa'^so  con  molti  bambini.  -  Comare,  donna 
che  tiene  a  battesimo  col  compare  il  bambino:  ma- 
triiia.  È  anche  denominazione  reciproca  tra  essa, 
la  madre  e  il  padre  del  battezzato:  reciproca  anche 
tra  essa  e  il  compare.  -  Cunaria,  una  donna  che 
culla  ed  ha  cura  d'un  bambino  appena  nato.  -  Co- 
ver ante,  custode  di  bambini  un  po'  innanzi  nel- 
l'eti,  delegata  anche  a  curarne  l'educazione.-  Leva- 
trice, donna  che  assiste  la  partoriente  e  presta  le 
prime  cure  al  bambino.  -  Nurse,  voce  inglese  che 
significa  nutrice,  governante  e  anche  infermiera.  - 
Nnrxey  (ingl.),  stanza  della  casa  lasciata  per  libertà  e 
giuoco  dei  bambini. 

Modi  di  dire.  —  Arrivano  i  pisani,  vedendo  un 
bambino  che  si  addormenta.  -  Avvezzar  male  un 
bambino,  secondarne  i  capricci.  -  Bello  in  fascia, 
bruito  in  piazza;  brutto  in  fascia,  bello  in  piazza,  dei 
cambiamenti  che  fanno  i  bambini  (di  belli,  brutti; 
di  brutti,  belli).  -  Chi  vuol  vedere  il  bambin  fiorito, 
non  lo  levi  dal  pan  bollito  (proverbio).  -  Fare  anima 
e  croce,  quando  una  donna,  dopo  partorito  e  fatto 
battezzare  un  bambino,  se  lo  vede  morire.  -  Fare 
il  treppiede  (scherz.),  avere  tre  bambini.  -  Pedate, 
testate,  questi  bambini  non  stanno  mai  fermi  :  la- 
mentandone la  soverchia  vivacità.  -  Se  se  n'avvedono 
0  accorgono  le  budella  (scherz),  a  un  bambino  che 
pianga  per  qualche  ferita  o  anche  da  nulla.  -  Ti 
voglio  legare  alle  gambe  del  letto,  ai  bambini  cattivi. 

-  irulli,  trulli,  chi  li  ha  fatti  li  trastulli,  dice 
dei  bambini  altrui  chi    non  vuol   saperne.    -    Tu 


se'  vecchio,    a    un    bambino    ciie   fa  il   pazzarello. 

Bambocceria,  bambocciata.  Cosa,  azione 
da  bambino. 

Bambòccio.  Detto  a  bambino  (ligur.) 

Bàmbola.  Fantoccio,  figurina  vestita  che  si  dà 
per  giaocàttolo  ai  bambini:  fantoccia,  pupàttola, 
pupazza  ;  mammuccia,  popa,  pupa.  In  milanese,  pi- 
gotta;  in  veneziano,  viavola  de  Pranza.  -  Bamboc- 
ciaio,  fabbricante  di  nambole. 

Bamboleggiare  {bamboleggialo).  Baloccarsi, 
far  cose  da  bambino;  perdere  il  tempo. 

Bambolo.  Piccolo  fanciullo. 

Bambù.    Veggasi  a  bastone. 

Banale,  banalità.  Di  cosa  grossolana,  senza 
originalità,  comunissima,  triviale. 

Banano.  Sorta  di  frutto  e  la  pianta  che  lo 
produce. 

Banca.  Nome  sotto  il  quale  vengono  comune- 
mente indicati  gli  istituti  di  credito,  che  si  pos- 
sono dividere  nelle  seguenti  principali  categorie: 
istituii  di  emissione  (Banca  d'Italia,  Banco  di  Na- 
poli, Banco  di  Sicilia),  enti  in  Italia  governati  da 
leggi  speciali  aventi  (per  un  ventennio)  il  privile- 
gio dell'emissione  dei  biglietti  a  seguito  della  legge 
bancaria  del  1893;  istituti  di  credito  fondiario,  pure 
retti  da  leggi  speciali  (aprono  crediti  mediante  mu- 
tui verso  garanzia  ipotecaria  di  stabili  e  fondi),  isti- 
tuii di  credito  agricolo,  creati  al  preciso  scopo  di 
favorire  l'agricoltura  in  alcune  regioni  del  nostro 
paese;  casse  di  risparmio,  aventi  per  iscopo  di  fa- 
vorire il  migliore  e  sicuro  investimento  di  denaro 
da  parte  dei  piccoli  capitalisti  e  del  popolo;  ban- 
che cooperative,  società  anonime  il  cui  scopo  é  quello 
di  accordare  il  credito  ai  propri  soci.  -  Banchi,  casse 
pubbliche  nelle  quali  i  mercadanti  o  altri  pongono 
i  loro  danari  per  disporne  poi  secondo  le  norme 
stabilite.  -  Filiale,  succursale,  banca  dipendente  da 
una  principale.  -  Monte,  nome  di  alcune  banche  an- 
tiche. —  Bancario,  di  banca.  -  Bancocrazia,  tirannide 
bancaria,  cioè  quella  esercitata  da  coloro  che  spa- 
droneggiano per  mezzo  delle  banche. 

Operazioni  che  vengono  generalmente  eseguite 
dalle  banche:  sconto  di  cambiali,  di  buoni  del  tesoro, 
di  note  di  pegno  (  Warrants),  di  cedole,  ecc.  ;  ac- 
quisti e  vendite  di  valori  in  genere,  tramutamento 
di  titoli;  sovvenzioni  contro  pegno  di  titoli,  merci, 
warrants,  metalli  preziosi  ;  depositi  di  valori,  tanto 
aperti  che  chiusi,  liberi  o  vincolati;  emissione  di 
vaglia  cambiari  gratuiti  (riservata  ai  soli  istituti  di 
emissione),  assegni,  ricevute  di  accreditamento;  in- 
casso di  effetti,  di  fatture,  di  quietanze,  di  man- 
dati ;  conti  correnti  in  genere  ;  emissione  di  lettere 
di  credito  sull'estero;  acquisti  e  vendite  di  cambi, 
cioè  assegni  e  tì-atte  sull'estero,  biglietti  e  valute  me- 
talliche estere;  operazioni  di  Borsa  in  genere. 

Cose  e  termini  del  linguaggio  bancario. 

Accumulazione,  ritiro  di  valori  mobili  dalla  cir- 
colazione. -  Aggiotaggio,  traffico  usuraio  che  si  pra- 
tica sugli  effetti  pubblici  e  sulle  merci,  speculando 
sulle  oscillazioni  dei  corsi.  -  Arbitraggio,  specula- 
zione bancaria  sopra  le  differenze  dei  corsi  di  cam- 
bio. -  Arbitrato,  la  combinazione  dei  cambi  di  diverse 
piazze,  approfittando  dal  più  vantaggioso  per  fare 
rimesse.  -  Attergato,  la  cessione  o  la  trasmissione 
delle  iscrizioni  nominative  latta  mediante  dichiara- 
zione a  tergo  del  certificato. 

Bancogiro,  dicesi  l'operazione  consistente  nel 
compenso  di  crediti  e  debiti  fira  i  clienti  che  hanno 


244> 


BANCA 


contL  correnti  aperti.  -  Cambio,  differenz.a  tra  il  Va- 
lore nominale  e  quello  «effettivo  diuna  moneta. 
Il  prezzo  del  cambio  si  stabilisce  su  due  termini, 
-uno  certo,'  ciie  resta  fisso,  l'altro  incerto,  che  è  va- 
riabile. 11  'cambio  dicesi  alla  pari  .quando  vi  è 
identità  fra  il  certo  e  l'incerto.  -  Cambio  reale,  quello 
che  si  fa  per  via  di  lettere  di  cambio.  -  Corso  del 
cambto,.ìì  prezzo  della  n'e'goziàziione  d'una  moneta 
straniera  in  una  jùazza.  -  Regola  di  cambio,  quella 
per  cui  ,si  calcola  la  differenza  del  valore  effettivo 
d'una  cambiale  data  in  un  luogo  e  da  pagarsi,  in 
un  altro.  -  Circolazione,  giro  e  rigirò  delle  monete 
e  dei  titoli  di  valore  legale.  '  ^Comjnercio,  l'eserci- 
zio del  trafficare  cambiali,  titoli,  ece.  -  Conto  di  ri- 
torno, nota  0  stato  contenente  il  montare  di  un  ef- 
fetto protestato,  le  spese  di- protesto,  la  commis- 
sione, ecc.  -  Corso  /brzoso,  ordinanza  sovrana  per 
cui  la  carta  monetata  e  la  moneta  metallica  devono 
essere  accettate  in  pagamento  dai  cittadini  dello 
Stato  a  un  determinato  corso."  -  Corso  legale,  quello 
delle  monete  e  dei  biglietti  che  non  si  possono'  ri- 
fiutare in  pagaflDento. 

Del  credere,  il  tanto  per  cento  che  percepisce  chi* 
guarentisce  per  mv  debitore. 

Emissione,  messa  in  circolazione,  sul  mercato 
pubblico,  di  valori  fiduciari;  titoli  di  rendita,  azioni 
e  obbligazioni  diverse.  -  Emissione  pubblica,  che  si 
fa  per  mezzo  di  avvisi  pubblicati  nei  giornali.  - 
Emissione  privata,  che  si  fa  a  mezzo  di  lettere 
chiuse  e  personali.  -  Frutto,  interesse,  profitto  ri- 
tratto da  deposito  di  denaro,  da  azionijdatitoJi,,ecc. 

Hoards  (ingl.  pron.  ords),  in  linguaggio:  banca;rio, 
le  riserve  di  danaro  e  di  metalli   preziosi. 

Lotto,  la  quantità  determinata  di  rendita  che,  di, 
regola,  si  contratta  dagli  speculatori. 

Onore,  in  linguaggio  bancario,  significa  la  buona' 
accoglienza  che  si  fa  ad  una  cambiale.  -  Operazione 
di  banca,  una  qualunque  di  quelle  che  sogliono 
fare  le  banche:  deposito,  sconto,  emissione,  ecc. 

Pagherò,  obbligazione,  a  favore-  di  una.  persona; 
pagabile  nel  luogo  di  sua  emissione.  -  Prodotto, 
netto,  la  somma  che  viene  pagata  dal  cessionario,  o. 
scontante,  di  un  effetto  al  cedente,  o  scontatar^io;  dif- 
falcato lo  sconto  convenuto,.  -  Protesto,,  atto  giuri- 
dico eseguito  dietro  richiesta  dell'uLtimo  portatore 
di  nn-elfetlo  contro  il  debitore,  acciocché  risulti  che 
Teffatto  stesso  non  fu  pagato,  all'indicata  scadenza-. 

Rialzamento,  rialzo,  aumento  nel  cambio,  nei 
frutti.  -  Rimborso  alla  pari,  dicesi  quando  il  proprie 
tarìo  di  un  titolo,  il  cui  numero  viene  estratto 
dalla  ruota  a  sorte,  riceve  in  capitale  effettivo  il 
capitale  nominale  del  medesimo  effetto.  -  Èitnessa, 
somma  che  si  spedisce  in  cambiali  o  titoli.  •  Ri- 
porto, il  vendere  a  contanti  per  riacquistare  con- 
temporaneamente, a  termine ,  titoli  della  stessa 
specie;  conversione  di  un'operazione  a  termine  in 
operazione  in  contanti;  prestito  contro  deposito  di  titoli. 

Riserva  metallica,  tondo  di  moneta  metallica  che 
le  banche  nazionali,  gli  istituti  di  credito  debbono 
tenere  nelle  casse  per  garanzia  dei  biglietti  fiduciari 
a  corso  libero,  autorizzati  dal  governo.  -  Ri- 
scontrata, lo  scambio  periodico  (ogni  dieci  giorni) 
che  gli  istituti  di  emissione  fanno  tra  loro 
(per  disposizione  di  legge)  dei  rispettivi  bi- 
glietti e  titoli.  -  Rivalsa,  voce  dell'uso  mercantile, 
come  ritratta,  con  la  quale  si  vuole  esprimere  la 
mmpensaztone,  iì  rifacimento  o  il  regresso:  è,  insom-, 
ana,  una  nuova  lettera  di  cambio  che  si  spicca  so- 
praàil  traente  o  sopra  il  cedente  per  avere  il  rim- 
bórso di  quanto  fui^pecificato  nel  conto  di  ritorno. 


Sconto,  interesse  d'un  prestile  fatto  dalla  banca 
e  garantito  da  un  effetto  o  titolo  rappresentante 
Hn'operazione  di  commercio.  Pagamento  anticipato 
di  un  effetto  non  ancora  scaduto,  con  la  riduzione 
d'una  somma  convenuta  per  interesse  e  altre  spese. 

-  Regola  dì  sconto:  serve  a  determinare  oggi  il  va- 
lore pagabile  di  una  somma  esigibile  vdopo  un  de- 
terminato tempo.  -  Saggio,  il  tasso  dell'interesse  e 
dello  sconto.  -  Specie,  denaro,  monete. 

Carte,  registri,  tìtoli,  ecc. 

'Assegno,  mandato,  c/iegwe  (ingl.  c/tecfc),  buono  a  vista 
(tolto  da  'Un  libro  a  matrice)]  ordine  di  pagare  una 
data  somma  :  é  dato  d^dXV assegnante  dXV assegnatario, 
a  favore  di  un  terzo  (assegnato).  Commercialmente, 
delegazione.  -  Azione,  partecipazione  cheuno  ha  in 
una  società  o  impresa,  e  anche  la  quota  sommini- 
strata: il  documento  stesso. 

Banconota,  bjglietto,  cedola  di  banca.  -  Biglietto 
a  domicilio,  quello  su  cui  il  soscrittore  mette  l'in- 
dicazione del  nome  e  del  domicilio  della  persona 
presso  la  quale  si  deve  pagare  {domiciliatario).  - 
Biglietto  all'ordine,  la  scritta  con  cui  si  confessa  un 
debito  e  l'obbligo  di  pagarjo  ad  un  tempo  prefisso. 

-  Biglietto  al  portatore,  il  biglietto  che  non  porta 
il  nome  del  creditore.  -  Biglietto  di  banca,  o  dì' cre- 
dito, titolo  fiduciario,  emesso  da  un  governo  o  da 
una  banca  pubblica,  e  che  si  può  cambiare  in  mo- 
neta: è  0  non  è  conter<t6i7e,  secondoché-la  banca  è 
obbligata,  o  no,  a  cambiarlo  in  oro.  ■  Bollo  sugli 
effetti,  segno  che  il  governo  fa  apporre  su  biglietti 
all'ordine  perché  diventino  valevoli,  ad  ogni  occor- 
renza, davanti  alla  legge.  -  Borderò  (frane.),  noia, 
calcolo  preventivo  presumibile  delle  spese;  pro- 
spetto d'elle  operazioni.  •  Buono  per..,,  forinola  usata 
per  mettere  sott'occhio  la  somma*  portata  da  un  ef- 
letto,  da  una  ricevuta,  ecc. 

Cambiale,  titolo  fiduciario.  -  Cario,  biglietto, 
di  banca.  -  Cartella  al  portatore,  cartella  di  rendita, 
titolo  di  credito  emesso  dal  g^werno  o,  da  società 
private,^enza  indicazione  del  nome  del  possessore, 
e-  che  perciò  si  presume  di  proprietà  di  chi  lo 
pòrta  e  lo  presenta-.  •  Cassetta  di  custodia,  quella 
nella>  quale,  tenendone  la  chiave,  si  depositano  va- 
lori presso-una  banca.  -  Castelletto^  il  registro  conte- 
.nente'  i  nomi  delie  persone  a  cui  la  banca'  fa  fido 
e  la.  somma  che  a  ciascuna  può  essere  fidata;,  re- 
.gistrp  di  informazioni  confidenziali,  tenuto  per 
avere  norma-  nell' accordare  credito,  fido.  -  Cedola, 
breve  obbligazione>  scrittura,  come  cambiale,  ban- 
conota. -  Credenziale,  lettera  di  credito,  quella  che 
si  rilascia  alle  persone  raccomandate  o  anche  -sem- 
plicemente accreditate  per  una  determinata  somma, 
<^  che  queste  a  loro  volta  .presentano  per  conseguire 
tutta  o- parte  della  somma  accreditata. 

Distinta  di  negoziazione,  nota  di  effetti  pagabili 
per  lo  più  su  piazze  estere,  e  che  un  commerciante 
cede  ad  un  altro  (quasi. sinonimo  di  distinta  di  sconto). 
Distinta  di  pagamento;  nota  o  lista  indicante  distin- 
tamente le  diverse  valute  con  le  quali  si  effettua 
un  pagamento.  -  E/I^WO',  nome  generico  di  lettera  di 
cambio,  di  manjdati,  di  biglietti  all'ordine,  ecc.,  che 
servono  ad  effettuare  pagamenti  o  rimesse  di  tondi. 

-  Pede  di  eredito,  vaglia  bancario,  cedola  hancaria. 

-  Firma,  il  nome  proprio  che  il  sottoscrittore  ap- 
pone alle  lettere,  alle  obbligazioni,  .alle  cambiali,  ecc. 
Libretto,  documento,  titolo,  dei  depositi  e  dei  preleva- 
menti. -  Libretto  di contocorrente, insieme- dì  chéquesds, 
stàCCiTC- Obbligazioni  nominative  o  al  portatore:  titolo 


MANCA,    —    BANCHETTO 


2'i5 


rimborsabile,  portante-  interesse  e  rappresentante 
un  debito  della  società.  -  Polizza,  scrittura,  ricevuta. 

Stanza  di  compensazione,  -istituzione  che  trae  la 
sua  origine  dalla  n  Clearing -house*  inglese  e  serve 
a  completare  le  operazioni  intervenute  fra  ì  propri 
associati,  i  quali  si  suddividono  generalmente  in 
'banche,  banchieri,  agenti  di  cambio  (commis- 
sionari di  banca),  cambiavalute  e  operatori  pri- 
vati. Fu  cosi  definita:  «un  iirande  e  comune  uf- 
ficio di  cassa  dove  i  singoli  associati  vanno  a  pa- 
gare i  debili  che  hanno  verso  gli  altri  associati  e 
ad  esigere  i  crediti  che  vantano  da  quelli  stessi. 
Le  difierenze  fra  i  debiti  e  crediti  di  ciascun  asso- 
ciato vengono  saldate  in  denaro;  scopo  precipuo 
della  Stanza  è  quello  precisamente  di.  eliminare,  più 
che  è  possibile,  l'impiego  di  denaro  ».  Le  Stanze 
in  Italia  sono  sei  (Firenze,  Genova,  Livorno,  Milano, 
Roma,  e  Torino). 

Tagliando,  la  cedola^  le  cedole  (frane,  coupons) 
nelle  cartelle  di  rendita.  -  Titolo  {titolo  di  credito), 
denominazione  generica  di  efVetti,  di  carte-valori,  ^cc. 

-  Titolo  all'ordine,  titolo  trasmissibile  per  girata.  • 
Titolo  fiduciario,  il  biglietto  di  banca,  la  cedola,  ecc. 

-  Titolo  negoziabile,  quello. che  può  servire  invece 
di  denaro   •  Titolo  ìiominativo-  quello  intestato. 

Valori,  i  debiti  che  le  società  private  professano 
verso  i  capitalisti,  rappresentati  da  azioni,  obbliga- 
zioni, azioni  di  banca,  azioni  e  obbligazioni  di  strade 
ferratq,  ecc.  •  I  valori  alzano,  calano,  scemano, 
fluttuano,  oscillano.-  Valori  pubblici^  le  cartelle  di 
rendita  e  altri'  titoli  riconosciuti. 

Persone  della  banca 

o  facenti  affari  nella  banca. 

modi  di  dire. 

Agente  di  cambio,  tintermediario  fra  chi  compra 
e  chi  vende,  commissionario  di  fondi  pubblici.  - 
Banchiere,  chi  tiene  banco  e  fa  commercio  in 
cambiali,  in  danaro,  in  effetti,  in  valori,  ecc. 

Cambiavalute,  cambiamonete,  chi  fa  professione  di 
cambiare  monete,  biglietti  di  banca,  ecc.,  ricevendo 
o  dando  un  aggio.  •  Censore,  negli  istituti  di  cre- 
dito, chi  vigila  il  buon  andamento  dei  negozi.  - 
Comitato  di  sconto,  quello  che  presiede  all'accetta- 
zione delle  cambiali  presentate  allo  sconto.  Per  lo 
più,  rappresentato  da  un  consigliere  di  sconto. 

Pandettario,  esaminatore  delle  firme  nelle  girate, 
presso  il  Banco  di  Napoli.  -  Scontista,  chi  tiene  un 
banco  per  scontare  cambiali.  -  Sindacato,  tempo- 
ranea uixione  di-  capitalisti  per  compiere  insieme 
corte  operazioni  bancarie. 

Beneficiario,  o  portatore,  chi  deve  ricevere  ^il 
pagamento  d'Vm -biglietto  all'ordine.  -  Cedente,  chi 
cede  qualche  ragione  ad  altri,  e  qaestiè  il  cessionario. 
■  Cessionario,  chi  accetta  una  cessione,  o  quegli  al 
quale  viene  ceduto  un  effetto  di  commercio. -Cor- 
rentista,  chi  ha  conto  corrente  con' una.. banca,  ^un 
istituto-  di  credito. 

Depositante,  chi- deposita  merci,  danaro  o  valori. 

-  Jìimettente,  il  debitore  che  ^spedisce  al  suo  credi- 
tore un.  titolo,  ^una  tratta,  che  jjrende  nome  'di  ri- 
messa. 

■Modi  di  dire.  -—  Al  corso,  prezzo  che,  sul  mer* 
calo  bancario,  hanno  i  fondi  pubblici  e  privati.  - 
A  presentazione,  scadenza  di  un  effetto  bancario, 
pagabile  all'atto  stesso  in  cui  viene  presentato.  - 
Atlengatp,-  termine  indicante  la  cessione  o  la  trasmis- 


sione delle  iscrizioni  nominative  fatta  mediante  di- 
chiarazione a  tergo  del  certificato.  -  A  vista,  espres- 
sione scritta  sopra  un  effetto  di  commercio  per  in- 
dicare che  esso  è  pagabile  il  giorno  in  cui  viene 
presentato;  dicesi  anche  o  presentazione.  -  In  soffe- 
renza, in  ritardo  di  pagamento,  di  riscossione. 

Associarsi,  obbligarsi,  con  la  propria  firma,  e  me- 
diante un  prezzo  stabilito,  a  pigliare  uno  o  più 
esemplari  di  un  opera  clic  deve  essere  pubblicata 
entro  un  certo  spazio  di  temjio.  -  Emettere,  man- 
dare in  circolazione  carte  di  credito.  -  Foresi  fondi, 
rilasciare  il  danaro  occorrente  ad  una  persona  af- 
finchè \paghi  per  noi  un  conto  n'astro,  una  cam- 
biale, ecc.  -  Lasciare,  far  riconoscere  la  firma,  fare 
sopra  un  registro  la  propria  firma,  farla  riconoscere 
per  non  aver  bisogno  altre  volte  di  presentazioni, 
di  testimoni,  ecc.  •  Prelevare,  levare  una  parte  di 
somma,  distrarla.  •  Trarre  per  conto  terzi,  per 
conto  altrui. 

Bancario.  Di  banca. 

Bancaròtta.  Il  fallimento,  per  Io  più  doloso. 

Bancherello.  Piccolo  ùanco  mobile. 

Banchetta.  Piccolo  banco  da  operaio. 

Banchettare.  Riunirsi  a  banchetto. 

Banchetto.  Pranzo  di  lusso  e  di  molti  convi- 
tati, fatto  o  oflerto  comunemente  per  dimostrazione 
di  stima  o  riconoscenza  verso  una  persona;  con- 
vitto, convivio,  epula,  simposio.  •  Conviviale,  di 
convito,  di  banchetto.  -  Diplomatico,  il  banchetto  al 
cjuale  convengono  i  diplomatici  in  speciali  occasioni 
di  congressi,  conferenze,  ecc.,-  Funebre,  il  banchetto 
che  solevano  fare  gli  antichi  e  che  sogliono  fare 
anche  alcuni  popoli  moderni,  in  occasione  di  fune- 
rali. -  Nuziale,  il  banchetto'  che  si  dà  in  occasione 
di  matrimonio.  -  Politico,  quello  al  quale  interven- 
gono personalità  politiche  e  dato  in  tale  occasione 
da  avere  significato  politico.  —  Lauto, ^  laulissimo, 
il  banchetto  sovrabbondante  pel  trattamento.  -  Prin- 
cipesco, il  banchetto  magnifico  per  V apparecchiot 
superbo  per  le  personalità  che  vi  prendono  parie, 
sovrabbondante  pel  trattamento. 

Aditialis  ccena,  solenne  convito  col  quale  gli  an- 
tichi auguri  latini  inauguravano  la  loro  entrata  in 
carica.  -  Agape,  sacro  banchetto  nei  primi  tempi 
cristiani.  Termine  ancora  usato  dalla  Massoìieria, 
•  Bisbòccia,  ribàtta,  lieto  convito  di  più  amici  in- 
sieme. -  Convito  di  parata,  splendido  desinare  o 
cena  a  cui  siano  chiamate  persone  di  alto  grado. 
Corte  bandita,  un  tempo  convito  di  corte  o  bandito 
da  signori  e  accessibile  a  tutti.  -  Improvvisata,  festa 
o  convito  fatto  in  onore  d'altri,  senza  che  esso  o 
niunose  lo  aspetti.  -  Lettisternio.  convito  solenne 
al  quale  i  romani  invitavano .  gli  dèi,  ponendo  le 
loro  immagini'  sui  Ielti»apparecchiati  in  un  tempio 
into'rno  alla  mensa;-ed  a  questa  cerimonia  presie- 
devano gli  epuloni.  -  iVozze,  i  conviti  che  si  fanno 
nelle  solennità  degli  sposalizi.  Fare  le  nozze  coi 
funghi  o  co'i  fichi  secchi,  dice'^i  di  chi,  facendo 
qualche  festa  o  convito,  vuole  spendere  pochissimo. 

Archiconviva,  il  capo  di  un  banchetto*  o  di  un 
convito,  •  /lretó/o.7/ii,  nell'antica  Roma  i  bulToni  che 
rallegravano  un  banchetto.  -  Simpòsiarca,,  c&po  dei 
simposio.  "  Architriclino,  \)re.?,so  i  Romani,  il  so- 
praintendente  alle,  mense.  -  Banchettante,  chi  siede 
a  banchetto,  convitante,  convitato,  ^  commensale, 
convivale,  conviva,  convivante.  -  Convitatóre,  ^chi-. 
invita  a  banchetto.  -  Ombra,  presso  i  Romani  chi 
era,  non  invitato,  condotto  a  banchetto  da»un  amico. - 
■  Struttore,- j>resso  i- Romani,  schiavo  incaricato  noi' 


246 


BANCHIERE 


banchetti  di  ben  ordinare  i  serviti  e  di  porre  i 
piatti  sulla  tavola,  sulla  mensa. 

Trir.lino,  letto  da  pranzo  nell'antica  casa  ro- 
mana. 

Banchettare,  far  banchetto,  stare  a  banchetto, 
stare  a  mensa,  convivare;  anche,  invitare  a  ban- 
chetto, dare  un  banchetto,  far  convito.  -  Convitare, 
chiamare  a  convito.  -  Riconvitare,  convitare  di 
nuovo.  -  Far  rialto,  far  tavola  magna,  dare  un 
banchetto  di  lusso,  sovrabbondante.  -  Sbanchettare, 
far  continui  banchetti, 

Andarsene  in  banchetti,  dilapidare  il  danaro  nel 
far  banchetti.  -  Metter  tavola,  tenere  un  banchetto. 

-  Tener  corte  bandita,  far  feste  e  conviti  ove  può 
andare  ognuno;  e,  fìguratam ,  si  dice  di  chi  sfoggia 
in  feste,  conviti,  ecc.  -  Tener  tavola,  invitare  a 
banchetto. , 

Banchiere.  Chi  tiene  per  proprio  conto  banco 
0  banca;  chi  negozia  pubolici  valori,  tiene  banco 
per  il  cambio  della  moneta  nazionale  ed  estera, 
sconta  le  cambiali  di  privati  cittadini,  che  contrat- 
tano i  pubblici  prestiti ,  si  costituisce  in  società 
0  sindacati  per  le  grandi  operazioni  finanziarie  e 
per  le  speculazioni  di  Borsa.  -  Banchteruccio,  di- 
minutivo e  dispregiativo  di  banchiere.  -  Banchie- 
rone,  accrescitivo  di  banchiere. 

Agente  di  cambio,  l'intermediario  fra  chi  compera 
e  chi  vende  titoli  di  credito;  commissionario  di  fondi 
pubblici  riconosciuto  dalla  legge  per  agevolare  gli 
affari.  -  Alta  finanza,  si  dice  dei  banchieri  di 
primo  ordine.  -  Argentario,  presso  i  Romani,  ban- 
chiere che  esercitava  il  camlaio  delle  monete,  ri- 
ceveva deposito,  assisteva  alle  vendite,  prestava 
danaro  ad  interesse,  ecc.  -  Finanziere,  banchiere  in 
grande.  -  Parlitante,  un  tempo,  il  banchiere  che 
prestava  allo  Stato. 

Banco,  luogo  dove  i  banchieri  trattano  i  loro 
affari  {metter  banco,  fare  o  aprir  banco,  esercitare 
l'arte  del  banchiere).  -  Libri  mercantili  e  commerciali: 
i  registri  sui  quali  i  negozianti,  i  banchieri  e  si- 
mili scrivono  regolarmente  tutte  le  loro  operazioni. 

-  Note,  le  indicazioni  sommarie  che  gli  agenti  di 
cambio  hanno  obbligo  di  fare  in  un  libretto  in 
carta  libera,  nel  momento  della  conclusione  rispetto 
ali'  oggetto  e  alle  condizioni  essenziali  di  tutte  le 
operazioni  da  essi  compiute. 

Banchiglia.  Masso   di   ghiaccio,  che  impe- 
disce 0  rende  difficile  la  navigazione. 
Banchina.  Rialzo  di  terra  per  fortificazione. 

-  Tratto  di  terreno  tra  la  riva  di  un  Jiume  e  l'ar- 
gine. -  Marciapiede  di  via,  di  strada.  -  Ap- 
prodo di  navi  in  un  porto.  -  Sedile  di  giardino 
e  di  piazza.  -  Rialzo  di  terreno  in  una  stazione 
ferroviaria.  -  Avanzamento  di  muro  per  la  pila  di 
un  ponte. 

Banco.  Arnese  di  legno,  specie  di  tavolo,  per 
più  usi  (bancherello),  piccolo  banco  mobile,  per 
mercato,  per  fiera  e  simili;  banchetta,  piccolo 
banco  da  operaio  (bischetto,  deschetto).  -  Sedile 
su  una  nave,  o  su  una  barca,  per  i  rematori.  - 
Alzamento  di  rena  nel  mare,  in  un  fiume,  ecc. 

-  Desco  del  macellaio.  -  Ranca,  patica,  scanno. 

-  Ufficio  del  banchiere  -  Scrivania  o  grande  ta- 
volo in  uno  studio  di  commercianti  e  simili.  - 
Uno  degli  arredi  della  scuola,  -  Tavolo  di  bottega. 

Banco    deg-U    accusati.    Veggasi    a    Corte 
d'Assise  e  a  tribunale. 
Banco  del  lotto.  Veggasi  a  lotto. 
Banconota.  Rigl ietto  di  banca. 
Banda.  Striscia  di  drappo,  di  stoffa  o  d'altro. 


-  Parte  laterale,  lato.  •  Ciascun  fianco  d'una  nave, 

-  Termine  di  araldica. 
Banda.  Veggasi  a  malandrino. 

Banda.  Còrpo  di  sonatori  di  strumenti  musicali 
per  la  maggior  parte  a  fiato.  -  Banda  militare,  il 
corpo  di  banda,  se  è  addetto'  ad  un  reggimento  di 
soldati.  -  Banda  Municipale,  il  corpo  di  banda  ad- 
detto al  Comune.  -  Fanfara,  il  corpo  di  banda  fatto 
di  suonatori  di  soli  strumenti  d'ottone. 

Bandista,  ciascuno  dei  componenti  la  banda  mu- 
sicale. -  Bapo-banda,  il  primo  bandista  in  ordine 
di  valore  musicale,  che  sostituisce,  nella  scuola  e 
nelle  sortite,  il  maestro.  -  Musicanti,  i  militari  che 
compongono  la  banda  o  musica  militare. 

Cantabile,  le  trombe  delle  fanfare  che  richiedono, 
per  essere  suonate,  studio  di  musica.  -  Marcia, 
suono  delle  bande  militari  per  regolare  ed  animare 
il  passo  (lei  reggimenti  e  degli  eserciti  che  mar- 
ciano. -  Sortita,  si  dice  comunemente  delle  esecu- 
zioni musicali  che  tiene  in  pubblico  un  corpo  di 
banda. 

Bandella.  Detto  a  càrdine. 

Banderaio.  Chi  fa  paramenti  da  chiesa. 

Banderuòla.  Piccola  bandiera  da  nave.  • 
Ventaruola,  ventarola  da  tetto.  -  Figurativo,  per- 
sona volubile. 

Bandiera.  Drappo  di  vari  colori,  legato  lungo 
un'asta,  per  servire  d'insegna  a  corporazioni  militari, 
civili,  religiose,  a  città,  a  nazioni,  ecc.:  insegna, 
drappo,  .padiglione,  paviglione  (francesismo).  -  Ban- 
diera bianca  o  della  pace,  quella  che  si  inalza  per 
domandare  armistizio  e  trattare  di  resa.  -  Bandiera 
nazionale,  quella  comune  a  tutti  i  soldati  e  marinai, 
ai  pubblici  uffici,  ecc.,  di  uno  Stato.  -  Bandiera  di 
partenza,  quella  issata  sui  bastimenti  in  segno  di 
partenza.  -  Bandiera  parlamentare,  quella  bianca 
portata  dal  parlamentare,  in  segno  di  inviolabilità. 

Aquila,  insegna  della  repubblica  e  dell'impero. - 
Banda,  anticamente,  era  una  striscia  di  drappo  di 
un  colore  determinato,  con  la  quale  si  distingue- 
vano le  milizie  d'uno  Stato  da  quelle  d'un  altro, 
prima  che  si  adoperassero  le  bandiere  o  altre  di- 
vise. -  Banderuola,  pezzo  di  stoffa  messa  in  cima 
d'una  lancia,  per  distinguere  un  partito,  dare  dei 
segnali,  ecc.  -  Banderuola  di  neutralità,  piccola  ban- 
diera di  lana  o  di  cotone,  con  croce  rossa  in  campo 
bianco,  per  il  servizio  sanitario  in  guerra,  -  Coda 
di  cavallo,  portata  come  bandiera  dai  Turchi.  - 
Braco,  dragone,  l'insegna  di  coorte  militare,  adot- 
tato dai  Parti  e  introdotta  nell'esercito  romano,  al 
tempo  di  Traiano.  -  Fiamma,  lunghissima  striscia 
a  foggia  di  bandiera,  dai  colori  nazionali,  che  si 
alza  all'albero  maestro  delle  navi  da  guerra.  -  Flam- 
mula,  bandiera  fatta  come  ora  le  fiamme  della  ma- 
rina, usata  negli  ultimi  tempi  da  alcuni  reggimenti 
di  cavalleria  romana.  -  Gonfalone,  confatone,  il  ricco 
e  principale  stendardo  degli  antichi  comuni  italiani; 
oggi  ancora  bandiera  municipale,  comunale.  Anche, 
bandiera  o  bandieretta  di  società  moderne,  aderente 
all'asta  e  terminante  con  due  punte.  -  Guida,  piccola 
bandiera  triangolare  di  nave,  per  segnali:  guidone. 

Làbaro,  vessillo  con  l'immagine  dell'imperatore 
nel  drappo  serico,  in  cima  il  monogramma  di  Cri- 
sto e  la  croce:  introdotto  al  tempo  di  Costantino. 

Manipulus,  stendardo  d'una  compagnia  di  soldati, 
che  in  antico  dicesi  fosse  una  manata  di  fieno  in- 
fissa sopra  un'asta.  -  Orifiamma,  gonfalone  con  fiam- 
ma di  fuoco  in  campo  d'oro:  oriafiamma,  orofiamma. 

Pennone,  piccola  bandiera  bislunga;  bandiera  alla 
sommità  d'una  nave  o  d'altro.  Fu  anche  insegna  di 


BANDIERAIO    —    BARATTIERE 


247 


milizie  medioevali,  -  Pennoncello,  piccolo  pennone: 
picco,  penna. 

Sangiacco,  savgiak,  sandjiak,  stendardo  delle  mi- 
lizie comandate  dal  governatore  turco  o  da  un  pascià 
a  due  code.  -  Stendardo,  bandiera  di  grande  drappo 
che  non  sta  disteso,  ma  ricade  in  larglie  pieghe.  - 
Supparuin,  bandiera  distesa  sopra  una  sbarra  tra- 
sversale infissa  in  un'asta.  -  Tricolore,  bandiera 
nazionale  (italiana,  francese). 

Vessillo,  bandiera  formata  d'un  drappo  quadrato, 
fermato  sopra  una  sbarra  di  legno  fìssa  di  traverso 
in  cima  ad  un'asta.  Insegna  particolare  della  cen- 
turia nella  legione  romana.  Ora,  significa  bandiera, 
steìidardo.  -  La  bandiera  della  cavalleria. 

Parti  della  bandiera.  —  Bastone,  l'asta  d'una 
bandiera.  -  Cantone,  comparto  d'una  bandiera  mul- 
ticolore. -  Cravatta,  specie  di  nodo  che  si  mette  in 
alto,  per  ornamento.  -  Colori  nazionali,  quelli  pro- 
pri d'una  bandiera  nazionale.  -  Lancia,  bastone  di 
bandiera  con  ferro  di  lancia  -  Pomo,  sfera  di  me- 
tallo 0  d'altro,  sopra  il  bastone.  -  Yack,  cantone 
superiore  della  grande  bandiera  inglese. 

Posizioni  ,  manovre,  significati  delle   bandiere. 

-  Bandiera  a  mezz'asta,  ecc.:  si  issa  in  segno 
di  lutto.  -  Bandiere  a  trofeo,  a  festa,  incrociate.  - 
Bandiera  inalberata  o  spandoraia,  quella  che  si 
inalza  in  segno  di  gioia  e  di  sicurezza.  -  Bandiera 
iìi  derna,  quella  inalberata  per  domandare  soccorso 

-  Bandiera  nel  sacco,  il  contrario  di  bandiera  spie- 
gata, condizione  disonorevole,  che  s'impone  talvolta 
ai  vinti,  di  camminare  con  le  bandiere  avvolte  in- 
torno all'asta  e  piegate  nel  sacco.  -  Bandiera  sul- 
l'asta, bandiera  spiegata.  -  Pavese,  gala  di  bandiere 
sulle  navi. 

Abbassare  le  bandiere,  piegarle  in  segno  di  saluto 
(nella  milizia,  manifestazione  deW arrendersi).  - 
Agitare  la  bandiera,  spiegarla,  sventolarla,  far  ri- 
chiamo con  essa.  -  Ammainare  la  bandiera,  abbas- 
sarla e  ravvolgerla,  in  segno  di  rispetto  e  defe- 
renza. -  Arrischiar  le  bandiere,  consegnarle  ad  altri 
con  pericolo. 

Batter  la  bandiera,  in  linguaggio  marinaresco,  por- 
tare la  bandiera  spiegata.  -  Calare  la  bandiera,  abbas- 
sarla. -  Imbandierare,  mettere  in  un  luogo  molte  ban- 
diere, per  festa.- /nas/ore,  mettere  la  bandiera  sulla  sua 
asta.  -  Issare,  alzare,  inalberare  la  bandiera,  sull'al- 
bero d'una  nave,  sull'alto  di  un  edificio,  ecc.  -  Bi- 
piegare  la  bandiera,  avvolgerla  attorno  all'asta.  - 
Sbandiei'are,  agitare  o  esporre  le  bandiere  in  segno 
di  festa  ('sbandierata,    sfilata  di  bandiere  spiegate). 

-  Sventolare,  alzare  la  bandiera  in  alto,  distesamente, 
al  vento. 

Calzvolo,  cono  tronco  di  cuoio,  sostenuto  da  una 
correggiuoia  nel  quale  si  mette  il  piede  dell'asta  della 
bandiera  per  sostenerla  e  portarla. 

Cintoìino,  riscontro  del  calciuolo,  dove  entra  l'a- 
sta della  bandiera.  -  Traglia,  sagola  che  solleva  e 
abbassa  i  segnali  delle  banderuole  aggruppate. 

Portatori  di  bandiera.  -  Alfiere,  ufficiale 
a  cui  era  affidata  la  bandiera  (voce  ancora  in  uso). 

-  Aquilifero,  il  portare  dell'insegna  romana  (l'aquila). 

-  Imaginarì,  porta-bandiere  negli  antichi  eserciti 
romani,  le  cui  insegne  avevano  un'imagine  dell'im- 
peratore. -  Nakib,  chi  portava  lo  stendardo  di  Mao- 
metto. -  Porta-bandiera,  una  volta  era  l'alfiere;  ora 
il  primo  sottotenente  del  reggimento  e,  anche,  in 
generale,  chi  porta  la  bandiera  :  antesignano,  ban- 
deraio, banderese;  draconario,  draconiere,  drago- 
nario,  dragoniere;  gonfaloniere,  gonfaloniero,  con- 
taloniere;   pennoniere;   portadragone,   portinsegna; 


signifero,  vessillifero;  agugliaportatore  (voce  anti- 
quata). -  Signifer,  porta-bandiera  negli  eserciti  ro- 
mani. Ogni  ufficiale  riceveva  un  titolo  speciale  della 
qualità  d'insegna  che  portava.  -  Vexillarius,  soldato 
che  portava  il  vexillum  o  i  colori  del  suo  reggi- 
mento. 

Bandieraio.  Veggasi  a  bandiera  e  a  chiesa* 

Bandlerese.  Dotto  a  feudatario. 

Bandinella.  Detto  ad  asciugamano. 

Bandire  (bandito).  Mandare  in  bando,  man- 
dare in  esilio,  ordinare,  vubblicare  per  bando; 
denunziare  un  matrimonio;  intimare  gueii-a; 
indire,  decretare. 

Bandista.  Appartenente  ad  una  banda  mu- 
sicale. 

Bandita.    Estensione  di    terreno   dove    sono 

Eroibiti  la    caccia,   la  pesca  e   il  pascolo    del 
estiame,   senza    un  permesso    esplicito   del    pro- 
prietario. 

Bandito.  Masnadiero,  malandrino.  Aggettiv., 
chi  è  colpito  da  bando» 
Banditore.  Detto  a  bando. 
Bando.  Un  tempo,  qualunque  decreto,  legge 
od  ordinazione  pubolicata  a  suon  di  tromba;  pubbli- 
cazione di  un  avviso:  ordine,  editto,  gridi,  proclama. 

-  Nel  medioevo,  l'ordine  del  sovrano  ai  vassalli  di 
riunirsi  armati  e  seguirlo  in  guerra. -Ora,  la  pubbli- 
cazione di  una  citazione,  di  un  avviso  d'asta,  ecc., 
nel  bollettino  della  prefettura  o  nella  ilazzetla  uf- 
ficiale del  regno.  -  Dotto  anche  per  ast  i  e  per  fa- 
glia. -  Anche  proscrizione,  esilio. 

Banditore,  chi  proclama  gli  atti  dell'autorità, 
gridatore,  proclamatore,  precone  (lat.),    talacimanno. 

-  Pazzariello,  a  Napoli,  specie  di  banditore  popo- 
lare il  quale,  in  abiti  chiassosi,  con  bastone  in  mano, 
seguito  da  flauti  e  tamburi,  grida  la  merce. 

Bandolièra.  Detto  a  tracolla. 

Bàndolo.  Capo  della  tnatassa. 

Bandóne.  Veggasi  a  lastra. 

Bara.  Cassa  nella  quale  si  chiude  un  morto 
per  portarlo  alla  sepoltura:  cassa  da  morto,  cata- 
falco; atacito  (spagn.)  -  Cataletto,  specie  di  bara, 
anche  oggi  in  uso  in  campagna,  che  serve  per  il 
trasporto  degli  ammalati.  -  Feretro,  la  bara  coperta 
con  la  coltre. 

Barabba  (popoL).  Uomo  e  per  lo  più  ragazzo 
tristo,  cattivo. 

Barabuffa.   Scompiglio,   confusione,    zuffa, 

Baracane.  Sorta  di  panno. 

Baracca.  Stanza  o  casa  di  legno,  di  paglia,  di 
frasche,  ecc.;  anche  tenda  per  stare  al  coperto,  te- 
nervi bottega,  ripararsi  provvisoriamente;  capanna, 
capannone,  trabacca;  palancato;  baraccamento  (di 
soldati).  -  Baraccone,  gran  palancato  coperto  di  tela 
0  di  tegoli  vicino  a  qualche  muramento  per  rimet- 
terei arnesi  dei  lavoranti  o  altro.  -  Baraccare,  pian- 
tar le  baracche.  -  Baracche,  specie  di  ospedale  im- 
provvisato. 

Baracchino.  Recipiente  da  soldato, 

Baracusia.  Detto  a  sordo. 

Baraonda.  Disordine,  confusione.  -  Chiasso 
fatto  in  compagnia. 

Barare  {barato,  baratore).  Rubare  al  giuoco. 

Bàratro.  Luogo  profondo  e  per  lo  più  oscuro: 
abisso. 

Barattare  {barattato).  Dare  in  cambio,  cam- 
biare; sostituire,  far  permuta. 

Baratteria.  Traffico   in  un  pubblico  ufficio. 

Barattiere.  Chi  traffica  in  un  pubblico  ufficio. 


248 


Baratto  —  barbaro 


Baratto.  Il  barattare;  la  permuta,  -  Lar- 
ghezza di  strada. 

Baràttolo.  Piccolo  vaso. 

Barba.  Denominazione  collettiva  dei  peli  che 
crescono  sulle  guance,  sul  mento,  e  intorno  alla 
bocca  dell'uomo  adulto  (anche  sul  muso  di  alcuni 
animali:  cane,  becco,  ecc.):  pelo,  pelame;  onor  del 
mento  (scherz.)  E'  liscia  o  crespa,  attorta  o  diritta; 
spiovente,  piovuta;  biforcata;  a  due  punte;  a  lucignoli; 
alluciynolata;  bionda,  bruna,  rossiccia,  rossa;  castana, 
nera;  grigia,  brizzolata,  bianca;  lunga,  corta.  -  Po- 
gonologia  (gr.),  studio  della  barba. 

Cadere  della  barba  che  perde  i  peli.  Con  altro 
significato,  la  barba  cade  sul  petto,  quando  è  lunga. 
•  Imbianchire,  divenir  bianca,  canuta.  -  Spuntare, 
della  barba  che  incomincia  a  nascere  -  Rispuntare, 
quando,  dopo  rasa,  cresce  e  vien  fuori  dalla  pelle. 
-  Palastra,  macchia  sulla  barba,  venuta  per  cagioni 
morbose. 

Barbaccia,  barba  negletta.  -  Barbetta,  barbe'Jina, 
barba  piccola  e  rada:  anche  chi  abbia  una  barba 
simile.  -  Barbone,  gran  barba,  densa  e  spiovente  ; 
anche  chi  l'abbia.  -  Barbuzza,  barbuccia,  barba 
corta  e  rada.  -  Barba  canuta,  bianca;  da  projeta, 
lunga;  dura,  che  punge  (un  po'  dopo  essere  stala 
rasa);  incolta,  non  pettinata,  trascurata;  intignata, 
molto  rada;  ispida,  irta  e  dura  (ispida  come  un 
cardo);  maestra,  alla  maggiore,  piena,  completa; 
morbida,  delicata,  piacevole  al  tatto  (morbida  come 
la  seta);  rada,  di  pochi  peli  (rada  come  la  semente 
d'un  pover'uomo),  al  contrario  di  folta;  sale  e  pepe, 
br  zzolata;  ricciuta,  crespa;  spelacchiata,  molto  rada, 
di  pochi  peli.  -  Spelazzata,  incolta,  arruflata  ;  trista, 
meschina. 

Parti,  forme,  trattamento  della  barba. 

Saffi,  basette,  mustacchi,  e  mustacci,  quella  parte 
della  barba  che  è  sopra  il  labbro  superiore.  -  Bar- 
bigi (scherz.),  basette.  -  Bròccolo,  ciocca  di  barba, 
pizzo.  -  favoriti,  meglio  detti  pizzi,  o  fedine.  - 
Filettino,  filetto,  filo  di  barba,  pelo.  -  Lanugine,  pelo 
vano,  primo  fiore,  fiore  delle  guance,  bordoni,  gril- 
loni,  piuma,  i  primi  peli  morbidi,  prima  barba 
che  comincia  ad  apparire  ai  giovani  sulle  guance. 
-  Mosca,  ciufFetto,  mucchietto  isolato  di  peli  in 
mezzo  al  mento  :  moschetta,  nappo,  pizzone.  -  Mu- 
sorno,  dicesi  di  barba  squallida.  -  Parentesi  (scherz.), 
le  fedine,  o  pizzi.  -  Peluzzo,  piccolo  filo  di  barba.  - 
Pizzi  0  fedine,  quelle  due  liste  di  barba  che  pen- 
dono giù  per  le  gote,  tra  l'orecchio  e  il  mento:  ven- 
tole. Se  sono  grandi,  per  celia,  spazzole.  Fedonina, 
piccola  fedina.  -  Pizzo  e  pinzo  dicesi  anche  quel 
mucchio  di  peli  che  uno  lascia  crescere  sul  mento, 
come  ordinaria  accompagnatura  dei  baffi:  dicesi 
anche  punta,  barbetta.  -  Setole,  pochi  peli  della 
barba  nascenti  o  radi;  anche  la  barba  ruvida  e 
scomposta. 

Forme  di  barba.  —  Barba  a  capra,  a  pizzo  ar- 
ruffato e  storto;  a  forfecchìna  o  biforcuta,  quella 
ehe  dai  due  lati  della  faccia  si  apre  in  due  liste, 
ed  è  acconciata  a  forma  della  coda  delle  forfec- 
chie.- Alla  cappuccina,  quella  che  discende  diritta, 
uniforme,  partendo  dalle  tempie  fino  sul  petto  ;  alla 
Mefistofele,  a  punta;  all'imperatore,  quella  che  ter- 
mina al  mento  in  punta;  a  spazzola,  lunga  e  larga, 
tagliata  a  foggia  di  spazzola.  -  Barba  piena,  quella 
che  copre  tutta  la  parte  pelosa  della  faccia.  -  Greca, 
voce  venutaci  di  Francia  e  significa  barba  senza 
baffi  0  staccata  dai  baffi. 


Trattamento  della  barba.  —  Accarezzare  la 
barba,  lisciarla  con  la  mano;  darsi  una  strisciatina. 
-  Accomodarla,  metterla  in  ordine  col  prìttine,  con 
una  fine  spazzola,  ecc.  -  Arruffarla,  disordinarla. 

Fare  la  barba,  radere,  tagliare  la  barba,  opera- 
zione che,  per  lo  più,  fa  il  barbiere  col  rasoio: 
pelare,  spelare;  sbarbare,  sbarbificare  ;  levare,  to- 
gliere la  barba.  -  Raditura,  l'atto.  -  Barbaccia,  barba, 
difficile  a  esser  rasa.  -  Barba  vetrina,  che  sgrana 
sotto  il  rasoio.  -  Barba  che  canta  sotto  il  rasoio, 
barba  forte,  resistente.  -  Fare  il  contrappelo,  si  dice 
quando,  dopo  aver  raso  il  pelo  della  barba,  se  ne 
rade  il  residuo  a  rovescio,  o  pel  verso  contrario.  — 
Farsi  la  barba,  il  radersela  da  sé,  col  rasoio  e  con 
gli  altri  oggetti,  le  altre  cose  che  adopera  il  bar- 
biere; sbarbarsi,  levarsi  la  barba.  -  Filo,  le  bolli- 
ciattole  che  vengono  al  viso  per  essersi  fstta  la 
barba  con  un  rasoio  non  bene  affilato.  -  Lasciarsi 
la  barba,  non  raderla.  -  Spuntarsi  la  barba,  tagliarne 
un  po'.  -  Tirare,  tirarsi  la  barba,    stenderne    i  fili. 

Figlio  d'un  Tette,  che  baffi  mette  !  (scherz.),  a  chi 
si  tira  i  baffi  nascenti. 

Figure  di  persone  con  barba  o  senza. 

Barbato,  che  ha  barba.  -  Barbuto,  che  l'ha  gros- 
sa: volto  irsuto,  irto  di  peli;  che  ha  gote  lanose; 
lanigero,  lanuginoso;  barbone,  zazzerone.  -  Barbu- 
cino,  con  poca  barba  e  rada.  -  Caprone,  di  chi 
porta  gran  barba  e  incolta.  -  Di  prima  barba,  di 
giovane  al  quale  incominciano  a  spuntare  i  peli 
della  barba;  più  spesso  detto:  di  primo  pelo.  -  Fron- 
dibarbuto,  con  barba  di  fronde,  o  con  fronde  sul 
viso  a  guisa  di  barba.  -  Guastatore,  d'un  uomo  eoa 
la  barba  lunga.  -  Imberbe,  giovane  che  non  ha  an- 
cora la  barba:  sbarbatello,  sbarbato,  disbarbato, 
spelacchiato.  -  Menno,  l'uomo  adulto  privo  di  barba. 
-  Mezza  barba,  chi  porta  la  barba  tagliata  piuttosto 
corta.  -  Raso,  in  età  da  radersi  la  barba  {queste  cose 
le  sanno  i  tosi  e  i  rasi,  cioè  i  fanciulli  e  gli  uo- 
mini). -  Sbarbatello,  sbarbatellino  (scherz.),  chi  non 
ha  ancora  barba  per  ragione  di  età.  -  Simeone,  di 
un  vecchione  con  la  barba  bianca  o,  iperbol.,  di  per- 
sona barbuta  che  par  più  vecchia  che  non  sia. 

Parere  una  capra,  di  chi  ha  della  barbacela 
storta  sul  mento.  -  Parere  un  mago,  o  il  mago  sa- 
bino: di  persona  che  abbia  gran  barba  e  aspetto 
strano. 

Barba.  La  radice  d'una  pianta.  -  Parte  del 
dente.  -  Sorta  di  erba. 

Barbabiètola.  Sorta  di  bietola. 

Barbacane.  Detto  a  fortificaziotte. 

Barbagianni.  Detto  a  gufo. 

Barbàglio.  Detto  a  luce  e  a  vista. 

Barbare  {barbato).  Mettere  radice. 

Barbareg-glare  (  barbareggiato  ).  Cadere  in 
barbarismo. 

Barbaresco,  barbarico.  Di  barbaro. 

Barbariccia.  Veggasi  a  diavolo. 

Barbàrie.  Condizione  di  barbaro;  azione  da 
barbaro. 

Barbarismo.  Vocabolo  o  modo  di  dire  estra- 
neo ad  una  lingua. 

Barbarizzare.  Cadere  in  barbarismo. 

Bàrbaro.  Contrario  o  estraneo  alla  civiltà. 
Aggiunto  di  popolo  che,  in  fatto  di  cultura,  non 
sia  menomamente  progredito:  incivile,  rozzo;  per 
similitudine,  cafro,  tartaro,  vandalo.  Dai  Greci  fu- 
rono designati  con  tal  nome  tutti  gli  stranieri;  dai 
Romani,  i  popoli  a  cui  mancava  la  coltura  greco-ro- 

\ 


Barbaro 

mana,  poi  i  popoli  Bulgari,  Daci,  Goti,  Svevi,  Unni, 
Vandali,  ecc.,  che  invasero  l'impero  d'Occidente-  - 
Bizantino  (da  Bisanzio,  l'antica  Costantinopoli), 
mezzo  barbaro,  -  Orda,  accozzaglia  nomade  di 
barbari  o  semibarbari.  -  Scz^a/jsmo,  azione  che  segna 
la  barbarie.  -  Vandalismo,  allo  di  distruzione,  come 
potrebbe  fare  un  barbaro. 

Barbaramente,  barbarescamente,  barbaricamente, 
da  barbaro,  all'usanza  di  gente  barbara.  -  Barba- 
resco, di  barbaro,  che  ha  del  barbaro.  -  Barbare- 
sco, barberesco,  lingua  dei  barbari.  -  Barbarie,  con- 
dizione dei  popoli  che  versano  in  uno  stato  privo 
di  civiltà.  -  Imbarbarire,  nmbarbar escare,  rendere 
barbaro.  -  Imbarbarirsi,  tmbarbar escarsi,  divenir  bar- 
baro. -  Rimbarbarire,  ridivenir  barbaro.  -  Sbarbarire, 
togliere  le  barbarie.  -  Umanizzare,  rendere  umani, 
gentili  i  barbari. 

Barbaro.  Feroce,  crudele. 

Barbassòro.  -Chi,  con  affettazione,  si  dà 
impoi'tanza  e  apparenza  di  autorità;  chi  per 
ostentazione  vuol  farsi  credere  da  più  che  non 
sia  0  di  sapere  più  che  non  sappia:  bacalare, 
millantatore. 

Barbastello.  Detto  a  pipistrello. 

Barbata,  barbatèUa.  Rampollo  d'albero; 
magliuòlo  di  vite. 

Barbato.  Che  ha  barba. 

Barbazzale.  Veggasi  a  briglia. 

Barbèra.  iNota  qualità  di  uva  e  di  trino. 

Barberesco.  Un  tempo,  custode  di  cavallo 
ida  corsa. 

Bàrbero.  A  Roma  un  tejnpo^  tuttora  a  Siena, 
cavallo  da  corsa,  al  palio. 

Barbetta.  Piccola  barba-  -  Veggasi  anche  a 
fortezza.  -  Termine  di  veterinaria. 

Barbicare  (barbicato).  Mettere  barbe,  radice. 

Barbiere.  Chi,  per  mestiere,  rade  la  barba, 
taglia  0  acconcia  i  capelli:  barbitonsore,  rasiere; 
lìgaro,  tonsore  ;  conciateste,  sfregia  -  Parrucchiere, 
chi  fa  parrucche;  oggi,  chi  taglia  i  capelli,  rade  la 
barba  ed  ha  cura  dell'acconciatura  del  capo:  frane. 
coiffeur.  Nell'uso,  specialin.,  chi  tiene  bottega  (salone) 
da  barbiere  piuttosto  elegante.  -  Barbieria,  bottega 
del  barbiere:  barberia,  tonstrina;  anche  stanza,  nelle 
<-omunità  maschili,  dove  ai  convittori  si  rade  la 
barba  e  si  tagliano  e  rassettano  i  capelli.  -  Trat- 
tare, maneggiare  ti  rasoio,  fare  il  barbiere. 

Fare  la  barba  e  arnesi  relativi,  —  Radere  la 
barba,  tagliarla,  che  il  barbiere  fa,  coi  rasoio,  dopo 
averla  insaponata  :  raditura.  ~  Dare  il  contrappelo, 
radere  a  contrappelo,  allorché,  dopo  aver  raso  il 
pelo  si  rade  il  residuo  a  rovescio.  -  Radere  alla  di- 
visa, far  la  barba  da  una  parte  si  e  dall'altra  no. 
-  Sbarbare,  radere,  togliere  la  barba:  sbarbazione, 
io  sbarbare.  -  Spuntare  la  barba,  scorciarla,  tagliarla, 
tagliarne  le  punte,  poco  più. 

Arrotare,  affilare  il  rasoio.  -  Passare,  ripassare 
eoi  rasoio  sul  cuoio,  per  affilarlo.  -  Bracruole  (scherz,) 
i  tagli  fatti  sul  viso  col  rasoio  nell'atto  di  fare  o 
di  farsi  la  barba. 

Bacino,  bacile,  vaso  di  terra,  o  di  metallo,  poco 
cupo,  di  forma  rotonda  o  ovale,  talvolta  con  un 
incavo  0  seno  nel  lembo,  per  accomodarlo  a]  collo, 
onde  insaponare  la  barba:  catinella.  -  Barbino, 
pezzo  di  panno  al  quale  si  forbisce  il  rasoio  nel 
radere  la  barba:  pezza.  -  Borsa,  arnese  di  pelle 
addoppiata,  quasi  a  foggia  di  portafogli,  con  vari 
icompartimenti  per  riporvi,  rasoi,  pettini  e  forbici. 

Bricco,  vasetto  di  metallo,  o  di  terra,  con  ma- 
nico fermo,  a  uso  di  farvi  scaldare  acqua. 


barbiere 


249 


Caldano,  braciere,  largo  vaso  di  rame,  di  ferro, 
0  anche  di  terracotta,  sorretto  da  tre  gambe,  ov- 
vero dentro  un'incassatura  di  legno  e  tenuto  in 
qualche  bottega  di  barbiere,  per  iscaldare  e  per 
riscaldarsi.  -  Canavaccio,  specie  di  asciugatoio  di 
tela  rada  e  grossa;  il  barbiere  se  ne  serve  comedi 
cencio  e  di  spolveraccio.  -  Cipria,  polvere  di  riso 
che  il  barbiere  mette  sulla  faccia,  dopo  rasa  la 
barba.  -  Coietto,  striscia  di  pelle,  distesa  e  incollata 
su  una  sottile  tavoletta  di  legno  e  concia  con  al- 
cuni ingredienti  terrosi,  odossidi  metallici,  e  olio, 
od  altro  corpo  grasso  :  serve  come  la  striscia  a 
raddrizzare  il  filo  del  rasoio.  -  Ferro,  quello  ado- 
perato per    arricciare  i  capelli,  i  baffi  ;  calamistro. 

-  Fornello,  arnese  nel  quale  si  tengono  carboni  ac- 
cesi per  iscaldare"  l'acqua.  -  Pennello  da  barba. 
mazzetto  di  setole  finissime  e  lunghette,  raccoman- 
date fortemente  a  un  corto  manico,  più  o  meno  la- 
vorato, che  serve  per  distendere  la  saponata  sul 
viso  prima  di  fare  la  barba.  -  Pietra  a  olio,  quella 
usata  per  arrotare  i  rasoi.  -  Piumino,  fiocco  da 
applicare  la  cipria,  fatto  di  piume  o  lanugine  di 
cigno. 

Ramino,  vaso  di  rame,  talora  anche  di  stagno,  o 
d'altro  metallo,  con  manico  metallico,  curvato  in 
semicerchio,  girevole  in  due  opposti  occhiellini,  a 
uso  di  tenervi  acqua  calda:  portato  dal  barbiere, 
quando  va  a  far  la  barba  fuor  di  bottega.  -  Rasoio, 
specie  di  coltello  senza  punta  molto  tagliente  per 
radere  la  barba:  novdcula.  -  Rasoio  che  non 
scorre," non  taglia  bene.  -  Saponata,  quella  schiu- 
ma che  fa  l'acqua  dove  sia  disfatto  il  sapone:  serve 
per  ammorbidire  la  pelle  e  bagnare  la  barba  prima 
di  raderla.  -  Sapone,  mistura  di  varie  sorla,  com- 
posta comunemente  d'olio,  calcina,  potassa,  soda 
ed  altri  ingredienti,  adoperata  sciolta  nell'acqua 
per  bagnare  la  barba  prima  di  raderla.  •  SaponettOj 
sapone  fine  foggiato  in  palla,  o  altrimenti,  fatto 
odoroso  con  essenze  e  con  acque  profumate,  a  uso 
di  insaponare  la  barba  prima  di  raderla  -  Sriuga- 
toio,  asciugatoio,  pannolino  meno  fino,  per  asciu- 
garsi le  mani.  -  Striscia,  pezzo  di  cuoio  liscio,  più 
lungo  che  largo,  sul  quale,  spalmato  d'olio  o  acqua 
e  sapone,  si  affila  il  rasoio  tenuto  con  la  destras 
mentre  la  sinistra  tira  l'estremità  della  striscia  di 
cuoio  opposta  all'altra,  che,  munita  d'un  laccelto,  é 
affidata  a  qualche  gancio,  arpione^  o  simili.  La. 
striscia  è  talora  fermata  su  un  pezzo  di  legno,  nel- 
coielto.  -  Tovagliolo,  tovaglietta,  pannolino  che  fascia 
il  collo  per  davanti  e  pende  sul  petto  nell'operazione 
della  barba,  e  che  dopo  serve  ad  asciugare  il  viso 
e  le  mani. 

Operazioni  del  parrucchiere,  arnesi  e  cose 
relative. 

Acccmciatura  del  capo,  l'assetto  dei  capelli,  e 
degli  ornamenti  che  vi  si  sogliono  unire.  Accon- 
ciare, accomodare  la  testa.  -  Dare  una  cesoiata  ai 
capelli,  per  iscorciarli,  spuntarli,  ordinarli.  -Pettinare. 
propriamente  distendere  i  capelli  col  pettine,  e  ri- 
pulire il  capo  dalla  forfora.  Anche  acconciare  l.t 
capellatura,  riducendola  in  treccie,  ricci,  staffe,  ecc. 

-  Pettinatura,  l'atto  e  l'effetto  del  pettinare.  -  Ra- 
pare, tagliare  i  capelli  a  cotenna.  -  Ripigliare  i 
capelli,  riarricciarli  o  scorciarli  un  poco,  o  sempli- 
cemente pettinarli.  -  Ritondare.t  capelli,  tagliarli  aP 
tondo. 

Scompigliare,  operazione  con    la  quale  il  parruc- 


230 


BARBIERE 


chiere  arruffa  una  ciocca  di  capelli  con  pettine  a 
denti  fitti,  menato  con  spessi  colpi  dalla  punta 
verso  la  base  dei  capelli,  per  dare  poi  a  quella 
ciocca  una  susseguente  particolare  acconciatura.  - 
Scrinare,  allentare  le  treccie,  levare  il  pettine  di 
gala,  sostituirvi  talora  il  pettine  da  notte,  e  sciorre 
in  parte  l'acconciatura,  dandole,  con  qualche  dili- 
genza, un  assetto  non  inelei^ante,  ma  atto  a  ricevere 
la  berrettina  da  notte.  -  Strigare,  ravviare  i  capelli, 
distenderli  con  pettine  rado.  -  Tagliare,  sbrogliare, 
strigare,  scorciare,  pareggiare,  riunire,  operazioni 
diverse  ai  capelli;  strinare  (bruciandoli).  -  Tagliare 
a  spazzola  i  capelli,  tagliarli  corti  e  tutti  alla  stessa 
misura.  -  Tosare,  tagliare  i  capelli  con  le  forbici 
0  con  un  arnese  di  recente  introduzione  che  le  so- 
slituisce  :  ritosare.  -  Tosare  alla  Fieschi,  rapare.  - 
Zucconare,  levare  i  capelli  dalla  testa. 

A  pina,  a  cupola,  cioè  a  forma  di  pina,  di  cu- 
pola: antica  acconciatura  di  capelli.  -  Barbantana, 
pettinatura  che  si  faceva  dei  capelli  tratti  dall'insù 
della  fronte  all'indietro.  -  Cascata,  detto  d'acconcia- 
tura di  capelli  fatta  in  guisa  che  le  trecce  cadano 
giù  ondeggianti  -  Cesti  d'indivia,  per  somiglianza, 
i  fiori  e  le  trine  che  adornano  con  cattivo  gusto 
la  pettinatura  di  una  signora.  -  Cherica,  rasura  ro- 
tonda che  si  fa  ai  chierici  in  sul  cocuzzolo  del 
capo.  -  Ciambella,  ciocchetta  di  capelli  dal  parruc- 
chiere inanellata  a  mano,  e  rivoltata  in  un  pezzetto 
di  foglio,  la  quale  poi   si  stringe   fra   le    schiacce. 

-  Finta  0  finta  coda,  notevole  quantità  di  capelli 
posticci,  lunghi,  distesi,  la  base  di  essa  cucita  su 
di  un  cortissimo  nastro:  si  ferma  con  pettine  nell'ac- 
conciatura del  capo  delle  donne,  e  serve  a  com- 
pierla, 0  a  supplire  alla  troppo   corta   capellatura. 

-  Untino,  pntina,  piccola  finta  per  formare  ricci, 
cascate,  o  altra  minor  parte  dell'acconciatura  del 
expo,  appuntata  sul  davanti  o  da  lato.  -  Giretto: 
ricci,  cascate  o  altra  parte  di  pettinatura,  cucita 
SDpra  un  nastro,  da  cingersene  le  tempia  (le  donne). 

Parrucca,  amovibile  acconciatura  del  capo,  fatta 
di  capelli  posticci,  per  supplire  alla  calvezza,  o  per 
nascondere  le  canizie,  ovvero  per  non  ispendere 
tempo  nel  farsi  acconciare  il  capo.  -  Parrucchino, 
toppino,  mezza  parrucca  -  Pouf  (fr.):  fu  una  specie 
d'acconciatura  donnesca  del  capo.  -  Staffa,  ripiega- 
tura semplice  a'  modo  di  cappio,  data  a  una  ciocca 
di  capelli  liscia  e  piana.  -  Treccia,  tre  o  più  cioc- 
chette  di  capelli,  ciascuna  di  esse  alternatamente 
accavalciante  e  accavalciata  dalle  altre,  in  modo  da 
formare  un  fitto  graticolato  di  forma  piatta,  a  modo 
di  nastro. 

Shampoing  {ciampuin),  voce  scozzese,  diifusa  pre- 
so i  barbieri,  da  qualche  temoo:  consiste  in  una  la- 
vatura del  capo,  stropicciandolo  con  materie  sapona- 
cee ed  effervescenti,  allo  scopo  di  togliere  la  forfora, 
rinfrescare,  profumare  il  capo.  -  Pulita,  il  pulire 
la  testa,  spazzolando,  lavando  i  capelli.-  Scrimina- 
tura, scrinatura,  dirizzatura,  addirizzatura,  divisa, 
quello  sparlimento  di  capelli  in  contraria  direzione, 
il  quale  ta  apparire  sul  cranio  una  specie  di  solco. 

Arnesi,  ecc.  -  Accappatoio,  ampio  e  corto  mantellino 
di  tela  che  involge  tutta  la  persona  a  cui  si  fa  la 
barba,  o  si  tagliano  i  capelli.  -  Borione,  spazzola 
cilindrica  usata  da  barbieri.  -  Cardo,  assicella  bi- 
slunga, in  cui  sono  piantate,  a  filari  fitti,  lunghe, 
acutissime  punte  di  ferro,  per  strigare  e  ben  di- 
stendere mazzetti  di  capelli  posticci,  da  tessersi 
poi  sul  telaio.  -  Diavolino,  pezzetto  di  fil  di  ferro 
0  d'ottone,  ricotto,  perché  sia  pieghevole,  lungo 
circa  un  dito,  fasciato  d'un  bioccolo  di  cotone,  te- 


nutovi con  più  giri  di  refe  o  di  seta.  Su  parecchi 
diavolini  s'avvolgono  strettamente  altrettante  cioc- 
chette  di  capelli,  affinchè  non  si  scompongano  la 
notte,  e  meglio  si  dispongano  a  prender  poi  il 
riccio.  -  Dirizzatoio,  strumento  d'acciaio  o  di  ferro, 
0  simile,  lungo  circa  un  decimetro  e  mezzo  o  due, 
ma  acuto  da  una  banda,  per  ispartire  e  separare  i 
capelli  del  capo  in  due  parti  uguali.  -  Ferro  da 
ricci  (calamistro),  sorta  di  tanaglia  a  bocche  lun- 
ghe, coniche  e  diritte,  una  delle  quali,  entra  nella 
concavità  dell'altra.  Fra  esse,  riscaldate,  si  stringe 
la  punta  dei  capelli,  i  quali  strettamente  si  avvol- 
gono intorno  ad  ambedue  le  bocche,  pel  pronto 
inanellamento  dei  medesimi.  Talora  è  una  semplice 
bacchetta  cilindrica,  o  leggermente  conica,  con  ma- 
nico di  legno. 

Forcine,  specie  di  spilli  neri  doppi,  cioè  formati 
d'un  pezzo  di  fil  di  ferro  appuntito  alle  due  estre- 
mità e  ripiegato  nel  mezzo  a  forma  di  mollette,  per 
fermare  i  capelli.  -  Fusellino,  pettine  a  fusellino, 
specie  di  pettine  che  serve  a  fare  i  ricci  ai  capelli, 
cosi  detto  perchè  da  una  parte  è  fatto  a  uso  di 
fusellino. 

Papillote  (frane),  cartoccio  per  arricciare  i  ca- 
pelli. -  Fettine,  lamina  per  lo  più  di  corno,  a  più 
punte  0  denti,  a  uso  di  pettinare.  -  Scriminatoio, 
ferro  per  fare  la  scriminatura.  -  Schiacce,  arnese  a 
foggia  di  tanaglie  a  bocche  corte  e  piatte,  tra  le 
quali,  sufficientemente  riscaldate,  si  stringono  le 
ciambelle.  -  Spilli  neri,  sorta  di  spilli  che  non  dif- 
feriscono dagli  ordinari,  se  non  in  ciò:  che  sono  di 
ferro  e  coperti  di  una  vernice  nera;  servono  per 
appuntare  alcune  parti  dell'acconciatura.  -  Telaio, 
telaino,  assicella  larga  circa  un  palmo,  lunga  tre 
0  quattro,  con  due  mazze  o  colonnette  verticali 
presso  ciascuna  delle  due  estremità:  su  una  di  esse 
sono  avvolti  in  tre  distinti  luoghi,  distanti  poche 
dita  l'un  dall'altro,  tre  giri  di  seta,  i  cui  corpi 
vanno  convergenti  a  legarsi  tutti  insieme  all'  altra 
colonnetta:  su  codesti  tre  fili  si  tessono,  cioè  si 
avvolgono,  e  si  stringono  presso  la  base'  i  capelli, 
divisi  in  tante  distinte  ciocchettine  di  pochi  e 
corti  capelli,  cinque  o  sei,  o  poco  più,  cne  non 
si  contano.  Le  due  colonnette  sono  girevoli  su  di 
sé:  sopra  una  di  esse  si  va  avvolgendo  il  lavoro  tes- 
suto, mentre  altrettanto  di  filo  si  va  svolgendo 
dall'altra  colonnetta.  Le  ciocchettine  tessute  servono 
poi  a  far  parrucche,  toppini  e  simili,  lavorati  sulla 
testiera.  -  Testiera,  testa  di  legno,  a  viso  d'uomo 
0  di  donna,  a  uso  di  lavorarvi  sopra  parrucche,  ecc. 
-  Zucca,  testa  di  forma  umana,  che  serve  allo  stesso 
uso  della  testiera,  e  anche  a  tenere  in  mostra  i  la- 
vori nella  vetrina. 

Acqua  di  Proserpina,  soluzione  di  nitrato  d'  ar- 
gento usata  a  tingere  capelli.  -  Acquea  ossigenala, 
preparata  per  tingere  i  capelli  in  biondo.  -  Bril- 
lantina, lozione,  tintura  pei  capelli  :  acque  e  ma- 
terie che  servono  per  pulire  i  capelli.  -  Ceretta, 
cannelletto  di  pomata  alquanto  soda,  con  questo  o 
con  quello  odore,  che  si  usa  per  ungersi  e  tenere 
saldi  i  capelli,  i  baffi.  -  Cerone  o  fìlocomo,  baston- 
cello di  cera  solida  e  paraffina,  untuoso,  usato  per 
dare  lustro  alla  barba  e  ai  capelli.  -  Cipria,  poi' 
vere  di  Cipro,  polvere  odorosa,  bianca  o  rosata, 
che  serve  per  impolverare  i  capelli,  o  ammorbirlire 
la  pelle,  dopo  di  essersi  lavati,  e  dopo  essersi  fatto 
radere  la  barba;  polvere  di  riso,  polvere  alla  ma- 
rescialla.  -  Colà  -  cream,  pomata.  -  Grasso  d'orso; 
sorta  di  pomata.  -  Merdocco,  impiastro  che  si  usa 
a  levare  i  capelli.  -Pomata,  composizione  di  grasso 


BARBIERIA    —    BARCA 


231 


di  maiale  con  aroniati  o  esst'iize,  della  quale  si  fa 
uso  per  ungere  i  capelli. 

Barbieria.  La  Lotfega  del  barbiere. 

Barbino.  Panno  usato  dal  barbiere.  -  Figur , 
di  chi  è  poco  abile. 

Barbio  (barbo).  Specie  di  pesce  (d'acqua  dolce, 
di  Illune'). 

Biirbitonsore.  Il  barbiere. 

Barbo  (barbio).  Sorla  di  pesce  d'acqua  dolce. 

Barbògio  Rimbambito,  vecchio  decrepito. 

Barbole.  Detto  a  niannni/'ero. 

Barbone.  Specie  di  cane.  -  Gran  barba. 

Barbotta.   Antica  nave  da  guerra. 

Barbòtto.  Parte  della  faccia  umana. 

Barbozza.  Regione  posteriore  al  mento  del  ca- 
vallo. 

Barbòzzo.  Parte  dell'  elmo. 

Barbujfliare  (barbugliamento,  barbugliato,  bai'' 
buglione)   Modo  difettoso  di  parlare. 

Barbuta.  Yeggasi  ad  armatura  e  ad  elmo. 

Barbuto.  Che  ha  gran  barba. 

Barca.  Piccolo  naviglio  di  forma  varia  e  per 
usi  diversi,  da  carico,  da  traghetto,  da  diporto,  da 
salvataggio,  da  pesca,  da  caccia,  :  navicello,  burchi.^, 
legno,  cimba,  guscio;  imbarcazione;  schivazzo.  -  E 
piatta  0  a  chiglia;  la  si  spinge,  la  si  fa  andare  col 
renio,  con  la  vela  o  anche  a  vapore.  La  governa 
il  barcaiuolo.  -  La  barca  scoì're,  scivola,  suU'ac 
qua;  sega  l'onda,  cioè  la  taglia  e  lascia  dietro  di 
sé  la  stria,  solco  sull'acqua;  si  stocca,  cioè  si  allon- 
tana dalla  terra  (riva,  spiaggia,  ecc.),  e,  arrivandovi, 
urta;  un  po'  rompe,  un  po'  seconda  il  filo  dell'acqpia, 
talvolta  fa  cuffia,  ossia  ribalta,  si  rovescia. 

Aggottare,  cavar  l'acqua  dalla  barca  con  istru- 
mento  adatto.  -  Aleggio,  foro  che  si  pratica  nel 
fondo  della  barca.  -  Barcata,  carico  di  una  barca; 
barchettata,  battellata,  navicellata.  -  Fa i/a,  apertura 
per  la  quale  l'acqua  può  entrare  nella  barca;  e 
allora  si  dice  che  questa  fa  acqua.  -  Pescare,  dicesi 
del  tuffare  che  fanno  più  o  meno  nell'acqua  le 
barche.  -  Regaia,  corsa,  gara  di  barche. 

Barca  in  cattivo  arnese  o  di  forma  brutta:  bar- 
caccia, barchettaccia  (pare  la  barca  di  Caronte),  di 
cattiva  barca.  -  Barca  grande,  barcone,  navicellone. 

-  Barca  piccola,  barchetta,  barchettina,  barchetto; 
burchiellino,  burchiello;  guscio  di  noce.  -  Insom- 
mergibile, la  barca  costruita  in  modo  che  non  può 
colare  a  fondo.  -  Peschei-eccia,  la  barca  da  pesca. 

Parti  della  barca.  —  Banco,  sedile  dei  rematori. 

-  Barganella,  pezzo  di  legno  curvato  da  un  capo  e  ado- 
perato per  sostenere  le  sponde.  -  Cainella,  nome  che  i 
Veneziani  danno  al  sostegno  del  palchetto  della  gondola. 

Chiglia,  lungo  legno  che  forma,  per  cosi  dire,  la 
vertebra  della  barca  e  da  cui  partono  tutte  le  altre 
parti:  le  coste,  i  fianchi,  ecc.  -  Feke,  \nogo  coperto 
della  gondola,  nel  quale  stanno  i  passeggieri.  -  In- 
gegno, mezzo  impiegato  nelle  barche  dette  coralline: 
anticamente  consisteva  di  due  travicelli  attonditi 
e  posti  in  croce,  con  legata  al  disotto  dell'interse- 
zione  una  pietra  squadrata  facente  da  zavorra. 

Maccheroni,  regoletti  scanalati  sul  capo  di  banda 
nelle  barche,  che  stanno  per  telaio  e  sostegno  ai 
battenti  delle  folche,  incastrate  tra  l'uno  e  l'altro 
regolo.  -  Pagliolo,  il  fondo  della  barca.  -  Pedagne, 
traversi  di  legno  fissati  sopra  la  sentina  delle  lance, 
uno  per  ciascun  banco,  e  sui  quali  i  rematori  ap- 
poggiano i  piedi.  -  Poppa,  la  parte  posteriore.  - 
Prore  0  prua,  la  parte  anteriore. 

Scaffettn,  ripostiglio  nella  barca.  -  Scalmiera,  a- 
pertura  per  cui  entra  il  remo.  -  Scalmo,  caviglietta 


di  legno  o  di  metallo  infissa  sull'orlo  laterale  d'una 
lancia,  alla  quale  si  attacca  un  remo  mediante  il 
suo  stroppo.  -  Schienale,  tavola  posta  dietro  al  se-- 
dile  d'una  lancia  per  appoggiarvisi.  -  Schiene,  i  pezzi 
di  legno  disposti  come  tr.vicelli,  che  attraversano 
il  fondo  della  barca  e  sopra  i  quali  si  assicurano 
le  suole,  le  tavole  e  le  bordature  del  fondo.  - 
Spuntiere,  i  grossi  legni  che  si  mettono  a  poppa  e 
a  prua  dei  trabaccoli  da  pesca  per  sostenere  i  bra- 
cotti  e  tirar  le  sforzine  delle  reti.  -  Spranga, ^ha.rv3i 
traversa.  -  Timone,  pezzo  d'asse  per  dirigere  il 
corso  della  barca.  -  Trasto,  la  parte  di  mezzo  della 
barca,  dove  sta  seduto  il  passeggiero.-  Traversiere,  pic- 
colo legno  stabilito  sul  davanti,  dove  sono  fermati 
gli  stoppi  ai  quali  si  afferrano  le  calornie  per  ri- 
portare la  barca  sulla  nave  o  per  rimetterla  in  mare. 

Varie  sorta  di  barche 

Agguantatora,  la  barca  che  fila  più  delle  altre.  - 
Alleggio,  barca  per  la  navigazione  di  costa.  -  Ba- 
cassa,  sorta  di  fiarca  che  nella  prua  somiglia  ad 
una  piroga,  ma  che  è  appianata  nella  poppa  e  che 
usasi  per  passare  i  piccoli  fiumi.  -  Barcaccia,  barca 
sulla  quale  i  calafati  lavorano  intorno  alle  navi  in 
acqua.  -  Barchetta,  piccola  barca  piuttosto  graziosa 
di  forma,  più  specialmente  per  spasso.  -  Bar- 
chetto, piccola  barca  per  trasporti;  barchettino.  bar- 
chino.  -  Barchettone,  accrescitivo  di  barchetto.  - 
Barchettuccio,  diminutivo  e  spregiativo  di  barchetto. 
-  Barchino,  piccola  barca  da  servire,  per  lo  più, 
alla  caccia  nei  paduli.  -  Barcone,  barca  grossolana, 
da  ponti,  da  fiumi,  da  artiglierie,  ecc.  -  Battello, 
barca  da  trasporto  di  persone  e  di  cose.  -  Beccaccia, 
specie  di  barca  spagnuola  senza  ponti  che  porta 
una  sola  vela  quadra.  -  Bilancella,  specie  di  feluca 
ad  una  sola  vela  latina  con  flocco  di  piccolo  ton- 
nellaggio e  serve  per  lo  più  di  trasporto  tra  lidi 
vicini.  -  Bissona,  gondola  bella  e  grande  di  Venezia, 
in  uso  alle  regate  e  nelle  cerimonie  tradizionali  di 
quella  città.  -  Bombardiera,  ha.rcA  atta  a  portare  arti- 
glierie da  bombardare.  -  Bragozzo,  barcjozzo,  bracozzo, 
barca  da  pesca  nell'Adriatico.  -  Brazzera,  piccola  barca 
usata  nella  laguna  veneta:  va  a  vela  e  a  remi;  ha 
ordinariamente  sei  rematori  e  un  timoniere.  -  Bru- 
lotto, barca  per  dar  fuoco,  specialmente  in  guerra, 
ad  altri  vascelli.  -Buche,  barcone  a  trealberi,  con 
tre  vele  quadre,  usato  dai  pescatori  di  aringhe.  - 
Burchiello,  piccolo  burchio.  -  Burchio,  burchia,  barca 
a  fondo  piatto,  a  remi  e  anche  a  vela,  adoperata 
per  lo  più  nel  trasporto  di  merci  nei  fiumi  e  nei  laghi. 

Caicco,  barchetta  che  nei  viaggi  si  tiene  a  bordo 
delle  navi.  -  Cannoniei-a,  barca  e  lancia  da  portar 
cannoni.  -  Canòa,  barca  scavata  in  un  tronco  d'al- 
bero, usata  dai  naturali  dell'Am'erica.  -  Canotto,  pic- 
cola barca  indiana:  usata  anche  da  noi,  per  pas- 
saggio nei  porti  di  mare  e  sui  laghi.  -  Carboniera, 
barcaccia  adoperata  per  trasportare  carbone.  -  Chiatta, 
specie  di  barca  a  fondo  piatto,  da  canali  o  da  fiumi, 
per  trasporti  brevi  e  passaggi.  -  Chiozzotta,  barca 
della  portata  di  una  diecina  di  tonnellate  -  Ciampana, 
piccola  barca  indiana,  a  fondo  piatto.  -  Cimba,  barca 
usata  dai  marinai  di  una  nave  ormeggiata,  per  andare 
evenire  tra  questa  e  la  terra:  navicella.  -  Cisterna, 
barca  a  vapore  che  ha  nel  mezzo  un  serbatoio  di 
acqua  dolce  ed  è  provveduta  di  trombe  e  di  ar- 
nesi per  distribuirla.  -  Comballo,  grande  barca 
usata  sui  laghi  lombardi  -  Corallina,  barca  simile  alla 
paranza  ordinaria,  cofi  lo  stesso  velaggio  e  solo  dif- 
ferente nell'organo  di  poppa. 


2o2 


BABCAIUOLO  —  BARCAMENARK 


Feluca,  barca  a  due  alberi  latini  e  polaccone.  - 
Pisolerà,  barchetta  sottile,  cosi  detta  perchè  con 
essa  si  va  alla  uccellazione  dei  fisoli.  -  Fodero,  travi 
legate  insieme  per  mandarle  giù  pei  fiumi  a  seconda: 
quasi  zattera.  -  Gabarra,  specie  di  grossa  barca 
avente  fondo  piatto  e  destinata  nell'interno  dei  porti 
al  carico  e  discarico  dei  bastimenti,  o  a  fare  delle 
piccole  traversate  di  mare.  -  Giunca,  gionca,  barca 
indiana,  a  fondo  piatto.  -  Gnocchetto,  piccola  barca 
usata  dai  pescatori  dell'Adriatico,  rotonda  e  gros- 
solana. -  Gonda,  barca  lacustre.  -  Gondola,  barca 
propria  di  Venezia  e  di  quelle  lagune,  molto  sot- 
tile, lunga,  leggiera  e  di  fondo  piatto.  -  Gozzo,  sorta 
di  barca  per  trasporti,  cabotaggio,  pesca.  -  Gribano, 
barca  di  fondo  piatto,  cioè  senza  chiglia,  e  la  cui 
portata  è  da  trenta  a  sessanta  tonnellate.  -  Guscio, 
barchettina  leggerissima  da  fiume  e  da  paduli. 

Imbarcazione,  legno  in  genere,  a  remi.  -  Jole,  si- 
nonimo poco  usato  di  schifo,  lancetta.  •  Loddin, 
sorta  di  barca  russa  usata  sulla  Dvina  e  nel  porto 
Arcangelsk.  -  Lamella,  piccolo  palischermo.  -  Lan- 
cetta, leggiero  ed  elegante  palischermo.  -  Lancia, 
barchetta  a  vapore  o  a  remi,  al  servizio  delle  grosse 
navi.  -  /  ancia  spezzata,  barchetta  al  servizio  delle 
grosse  navi. 

Margiierotta,  barca  lunga,  sottile  e  veloce,  capace 
di  otto  rematori  e  di  due  persone  a  prua.  -  Nava- 
lestro, barca  situata  apposta  in  certi  punti  per  at- 
traversare un  fiume,  in  mancanza  d'un  conte.  - 
Ohure,  canotto  da  una  persona,  a  Taiti.  -  Òranitza, 
sorta  di  barca  turca  lunga  e  stretta. 

Pahi,  piroga  da  guerra  dei  Taitiani.  -  Palischermo, 
piccola  barca  a  remi,  a  servizio  d'un  bastimento: 
paliscalmo.  -  Paranza,  sorta  di  barca  di  commercio 
a  un  albero  solo,  usata  nell'Adriatico.  Si  chiamano 
cosi  anche  certe  grosse  barche  a  vela  latina,  le 
quali  a  due  a  due  trascinano  in  mare,  molto  lungi 
dalle  coste,  immense  reti  ad  oggetto  di  fare  grossa 
pesca.  -  Paranzella,  grossa  barca  peschereccia.  - 
Parrò,  specie  di  gionca  cinese.  -  Passacavallo  {ip- 
pagogo),  sorta  di  barca  a  prora  molto  acuta  e  con 
poppa  piatta.  -  Peata,  nel  Veneto,  barca  da  brigata, 
di  mediocre  grandezza.  -  Periagna,  grande  canotto 
composto  di  due  tronchi  d'albero,  uniti  insieme.  - 
Pescatore,  sorta  di  paranza.  -  Piroga,  canotto  o 
barca  fatto  d'un  solo  tronco  d'albero  scavato,  in 
uso  specialmente  tra  i  negri  dell'Africa  e  le  nazioni 
selvagge  dell'America.  -  Piroschelmo,  barca  a  vapore. 
-  Pontone,  barcaccia  solidamente  costruita  e  di  varie 
forme,  secondo  gli  usi  cui  è  destinata,  ma  general- 
mente a  fondo  piatto.  -  Pran,  sorta  di  barca  malese. 

Recamo,  paranco  di  due  taglie.  -  Sambuco,  sorta 
di  barca  di  popoli  africani.  -  San  ìalo,  specie  di 
barca  leggiera  che  serve  al  trasporto  di  uomini  o 
di  effetti  ;  pesca  poco  ed  è  quindi  di  buon  servizio 
nei  bassi  fondi.  -  Sandolino,  specie  di  barchetta 
snella,  per  una  persona  sola.  -  Scalmo,  per  estens., 
lancia,  barchetta.  -  Schiatta,  zàttera.  -  Schifo,  pic- 
cola barca  a  remi,  da  marinai.-  ScMto,  piccolo  schifo 
che  si  adopera  a  servizio  d'una  nave.  -  Scialando, 
barca  o  battello  piatto,  che  serve  a  trasportare  le 
mercanzie  per  l'imbarco  sui  bastimenti  o  per  lo 
sbarco.  -  Scialuppa,  la  maggiore  delle  barche  desti- 
nate a  servizio  delle  navi  da  guerra  o  mercantili 
di  gran  portata.  -  Scorridora,  barca  di  dogana.  - 
Siluriera,  barca  che  lancia  siluri. 

Vaporetto,  vaporino,  barca  o  battello  a  vapore.  - 
Vergola,  barchetta.  -  Zattera,  collegamento  di  travi 
alberi  o  pennoni,  con  tavole  inchiodate  sopra,  che 
serve  da  galleggiante  per  parecchi  usi. 


Barcaiuolo  (barcaiolo).  Chi  guida  col  remo  o 
dà  a  nolo  una  barca,  più  barche  :  barcarolo,  bar- 
caruolo,  barcheruolo,  barchiero;  barchettaiuolo, 
battelliere  ;  chiattaiuolo,  gondoliere,  gondoliero  ;  na- 
vicellaio, navichiero,  nocchiero;  passatore,  traghet- 
tatore; Caronte  (per  simil.).  -  Bardotto,  chi  tira  la 
barca  coU'alzaia.  -  Canottiere,  chi  guida  un  canotto; 
nell'uso,  dilettante  nell'esercizio  di  condurre  una 
barca.  -  Caronte,  per  simil.,  il  conduttore  di  una 
barca  per  traversare  un  fiume.  -  Gondoliere,  chi 
rema  o  tiene  la  gondola  per  mestiere,  per  ser- 
vizio. -  Navalestro,  chi  guida  la  barca  omonima, 
-  Poppiere,  che  voga  a  poppa.  -  Passatore,  navicel- 
laio. -  Prodieri,  i  due  marinai  che  in  una  lancia 
stanno  a  prora  e  sono  incaricati  di  farla  accostare 
0  scostare,  valendosi  dell'  anghiere  o  gancio.  - 
Remipede,  rematore  che  voga  stando  in  piedi.  - 
Spallieri,  i  due  rematori  del  primo  banco  di  poppa 
di  una  lancia. 

Alzaia,  fune  che  serve  a  tirare  le  barche  con- 
tr'acqua  per  i  fiumi  o  canali.  -  Anghiere  o  alighiero, 
doppio  gancio  di  ferro  inastato  su  una  pertica  e 
adoperato  dal  prodiere  d'una  lancia  per  approdare 
0  per  scostarsi  d^lla  riva.  -  Arpino,  uncino  di  cui 
si  servono  i  barcaiuoli  nelle  piccole  barche  per  at- 
taccarsi ad  altri  battelli  o  a  checchessia.  -  Presa, 
il  paletto  alla  riva  per  fermare  la  barca.  -  Reìno, 
arnese  di  legno  che  serve  a  fendere  l'acqua  per 
mandar  innanzi  la  barca,  e  una  volta  le  navi.  -  Sas- 
sola, specie  di  pala  o  cucchiaio  per  votar  l'acqua 
delle  lance.  -  Soprana  (sopraspallej ,  banda  di  cuoio 
a  tracolla:  le  si  attacca  la  corda  da  tirare  i  na- 
vigli all'alzaia,  le  reti  alla  riva,  ecc.  -  Trocléa,  ta- 
glia da  paranco  (veggasi  a  bozzello).  -  Votazza, 
arnese  concavo  con  manico  per  vuotare  la  posatura, 
o  l'acqua  dalla  barca. 

Manovre  del  barcaiuolo.  —  Acconigliare,  ritirare 
il  remo,  i  remi  entro  la  barca.  -  Aggottare  faggot- 
talura),  buttar  fuori  l'acqua  entrata  nella  barca.  - 
Alare  una  barca  (alaggio),  tirarla  per  forza  d'uomini, 
mediante  una  corda.  -  Approdare,  venire  a  proda, 
a  riva,  a  spiaggia,  a  porto.  -  Assiare,  far  indietreg- 
giare, a  mezzo  di  remi,  una  barca,  ossia  vogare  in 
senso  contrario  per  addietreggiare.  -  Barcheggiare, 
vagare  qua  e  là  con  la  barca  ;  barcheggio,  l'atto.  - 
Imbarcare,  mettere  in  barca,  nella  barca. 

Passavogare,  vogare  con  tutti  i  remi  e  di  forza.  -  Pren- 
dere il  largo,  allontanarsi  dalla  riva.  -  Remare,  muo- 
vere il  remo,  i  remi  per  mandar  la  barca  o  la  nave 
(remeggio,  remigamento).  -  Sbarcare,  cavar  dalla 
barca,  uscire  dalla  barca,  disbarcare;  sbarcatoio,  il 
luogo,  il  punto  nel  quale  si  sbarca,  si  fa  lo  sbarco, 
si  scende  a  terra.  -  Sciare,  vogare  a  ritroso.  -  Spal- 
mare, ungere  la  barca,  stendere  un  pattume  di  sego 
zolfo  e  pece  sulla  carena.  -  Tirare  in  secco,  tirare 
la  barca  sulla  spiaggia.  -  Vogare,  remare  di  tutta  forza. 

Arranca  !,  si  dice  al  barcaiolo  perchè  porti  a  riva, 
quando  si  vuol  montare  o  scendere.  -  Largatira, 
vogare  agiatamente.  -  Regala,  gara  eseguita  fra  varie 
barche,  a  remi  o  a  vela.  L'origine  di  questa  istitu-- 
zione  risale  alle  repubbliche  del  medioevo:  celebri 
un  tempo  le  regate  veneziane,  -  Scia  roga,  il  vogare 
da  un  lato  a  ritroso  e  dall'altro  per  diritto.  -  Sciata, 
remata  a  ritroso.  -  Vogata,  il  vogare,  la  spinta 
data  alla  barca  coi  remi. 

Barcamenare  (barcamenato).  Modo  d'agire  in 
un  affare  o  negli  affari,  in  modo  di  scansare  ogni 
pericolo;  modo  di  condursi  con  abilità,  destra- 
mente; tergiversare,  barcheggiare,  barcheggiarsi; 
destreggiare,  destreggiarsi. 


BARCAROLA   —   BA BOCCINO 


233 


Barcaròla.  Sorta  di  canzone.  —  Anche  mu- 
sica iiuitanle  le  canzoni  dei  gondolieri. 

Barcata.  Carico  di  una  barca. 

Barcheffgiare  {barcheggiato).  Detto  a  barca. 

Barchettaiuolo.  Il  barcaiuolo. 

Barchette,  l'iccola  barca. 

Barellino.  Detto  a  barca  (varie  sorta  di  barche). 

Barcollare  (barcollante  barcollato).  Veggasi  a 
vacillare. 

Barcollo,  barcollone.  Veggasi  a  vacillare. 

Barcone.  Grossa  barca. 

Barda.  Veggasi  ad  armatura  (armatura  e 
bardatura  del  cavallo). 

Bardare  (bardato).  Mettere  al  cavallo  ciò  che 
gli  serve  di  finimento. 

Bardassa.  Giovinetto,  ragazzo  scapestrato.  - 
Cinedo. 

Bardatura.  Guernimonto,  finimento. 

Bardella,  toardellone.  Detto  a  sella* 

Bardi glio.  Sorta  di  marino. 

Bardo.  Cantore,  poeta. 

Bai  dòtto.  Prodotto  dell'accoppiamento  del  ca- 
vallo con  la  femmina  dell'asi/io.  —  Garzone, 
servo. 

Barella.  Arnese  fatto  con  assi  piane  confitte 
sopra  due  stanghe:  serve  per  trasportare  a  spalla 
sassi,  ecc.;  barelletta,  barellone;  lettuccio  per  tra- 
sporto di  un  malato,  di  un  ferito:  lettiga,  car- 
riola. Se  ne  fanno  di  molti  tipi  :  pieghevoli  o  no; 
a  braccia  o  a  ruote,  a  gerla,  a  lettuccio,  scom- 
ponibili, ecc.  -  Barellare,  portare  con  barella.  - 
Barellata,  la  quantità  di  roba  che  si  può  portare 
con   la  barella. 

Barellare  (barellato).  Detto  a  barella  e  a 
vacillare. 

Barestesiometro.  Detto  a  pressione» 

Bargagrno.  Macchina  idraulica. 

Barg-anella.  Parte  della  barca. 

Bargèllo  (bargellesco).  Antico  magistrato, 
funzionario  di  polizia.  , 

Barg-eUone,  barg-ellona.  Figura  di  persona, 
sboccata,  grossolana. 

Barg-ia.  Veggasi  a  bue. 

Bargiglio.  Detto  a  gallo  e  a  tacchino. 

Bargiglione.  Specie  di  vaso. 

Bargòzzo.  Sorta  di  barca  da  pe«ca. 

Baricentro.  Il  centro  di  gravità. 

Barile.  Specie  di  piccola  botte  di  legno,  a 
doghe,  con  cerchi,  bistonda,  coi  fondi  piani,  fatta 
per  contenere  liquidi  o  pesci  o  altro  in  salamoia.  - 
Gemere,  non  tenere,  del  carile  che  perde  illiquido, 
lo  lascia  gocciolare. 

Barilelta,  piccolo  barile,  recipiente  in  forma  di 
piccolissimo  barile  da  portarsi  ad  armacollo  o  a 
cintola,  per  cammino;  più  comunemente,  oggi,  bar- 
létta, borraccia;  in  antico,  barlione,  -  Bariletto,  bar- 
letto,  piccolo  barile,  per  lo  più  non  bistondo  come 
il  barile,  ma  tondo,  rigonfio  nel  mezzo  e  a  fondi 
circolari,  tutti  d'un  pezzo:  bottàccio  (voce  fuori 
d'uso.)  -  Barilotto,  barilozzo,  barile  di  mezzana 
grandezza.  -  Barildccio,  barile  vecchio,  mal  fatto, 
malandato,  o  non  adatto  all'  uopo.  -  Bottaccino, 
bottacciuolo,  piccolo  barilozzo.  -  Barile,  il  contenuto 
di  esso.  -  Bidone,  piccolo  barile  cilindrico,  di  latta. 

Bocca  del  barile,  l'apertura  circolare  alquanto 
rilevata  sulla  doga  superiore  di  mezzo,  per  la  quale 
si  versa  fuori  il  liquido  dei  barili  o  vi  si  introduce. 
-  Capnlggine,  intaccatura  trasversale,  dalla  parte 
interna,  verso  ambedue  le  cime  delle  doghe  d'  un 
barile,  o  simile  vaso,  dall'unione  delle  quali  risulta 


il  canale  circolare  in   cui   si    commettono  i  fondi. 

-  Corpacciolo,  cerchi  corpaccioli,  due  cerchi  che  cin- 
gono il  corpo  del  barile.  -  Doga,  ciascuna  di  quelle 
strisce  di  legno  che  compongono  il  barile.  -  Fondi, 
i  due  dischi  di  Icjjno  che  chiudono  lateralmente  il 
barile.  -  Testagnoli,  i  due  cerchi  che  reggono  i  fondi 
del  barile.  -  Ventre,  la  parte  mediana  o  più  larga 
del  barile.  -  Barilaia,  la  stanza  nella  quale  si  ten- 
gono i  barili  vuoti,  per  adoperarli  al  bisogno.  -  Ba- 
rilame,  quantità  di  barili.  -  Barilaio,  chi  fa  barili, 
bigonce,  zangole  e  altri  più    piccoli  vasi    a   doghe. 

-  Soma:  poiché,  caricandoli  sul  dorso  di  cavallo  o 
d'asino,  due  barili  fanno  una  giusta  soma,  nel  suo 
primo  significato,  dicesi  so?wa  anche  la  misura  di 
due  barili,  tanto  d'olio  che  di  vino. 

Avvinare,  fare  con  del  vino  perdere  ai  barili 
l'odore  del  legno,  prima  di  servirsene:  barile  avvi- 
nato. -  Calzare,  detto  di  barili  o  di  botti,  vale  far 
si  conia  calzatoia,  con  un  sasso  o  simili,  che  stiano 
immoti  sui  sedili.  -  Capruggìnare,  fare  la  caprug- 
gine.  -  Imbarilare,  mettere  nei  barili  o  il  vino  che 
è  nelle  botti,  o  l'olio  che  è  negli  orci.  -  Mettere  il 
barile  a  rinvenire,  perchè  il  legno  assecchito  si 
impregni  d'acqua.  -  Spillare,  levare  il  vino  o  altro 
liquido.  -  Stappare,  togliere  il  tappo  che  lo  chiude 
(barile  stappato). 

Cavalletto,  specie  di  piccolo  sedile  da  botte,  con- 
sistente in  un'intelaiatura  concava,  sostenuta  da 
quattro  ritti,  sulla  quale  si  mette  una  botte  piccola 
o  un  barile,  specialmente  quando  serva  a  toglierne 
vino  per  l'uso  giornaliero.  -  Pevera,  grosso  imbot- 
tatoio a  bocca  bislunga,  latto  di  legno,  tutto  di  un 
pezzo,  fuorché  il  becco,  che  é  di  metallo:  serve  a 
versare  il  vino  nei  barili  o  nelle  botti.  -  Sottino, 
nel  Pisano,  tinozzina  della  capacità  di  un  mezzo 
barile;  cosi  detta  dallo  stare  sotto  la  botte  a. rac- 
cogliere il  vino  che  ne  gocciasse.  -  Caprugginatoto, 
istrumento  per  segnare,  e  anche  per  avviare  la 
capruggine,  la  quale  poi  si  rifinisce  con  una  pon- 
deruola  curva:  è  una  piastrella  di  ferro,  lunga  e 
larga  poche  dita,  fatta  a  sega  in  uno  dei  iati,  ripie- 
gata a  squadra  dal  lato  opposto,  e  questo  impian- 
tato in  un'impugnatura  di  legno. 

Barilotto,   barilozzo.  Detto  a  barile. 

Barimetria.  Detto  dipeso. 

Bario.  Metallo  bianco,  giallastro,  facilmente 
ossidabile  all'aria  e  in  presenza  dell'acqua.  -  Spato 
pesante,,  solfato  di  bario;  -  Barile,  protossido  di 
bario.  -  Baritina,  solfato  di  bario.  -  Torite,  sili- 
cato di  bario. 

Barite.  Detto  a  bario. 

Baritono  (baritonale).  Il  cantante  che  ha  la 
voce  intermedia  fra  il  tenore  e  il  basso.  -  Barito- 
nale, di  baritono.  -  Baritoneggiare  (baritoneggiante), 
avere  la  voce  che  ricordi  quella  caratteristica  del 
baritono. 

Barlaccio.  L'uovo  guasto. 

Barlétta.  Piccolo  vaso.   -  Qualità   di   vino. 

Barlume.  Lume  incerto,  luce  scarsa,  penom- 
bra. -  Lieve  conoscenza  di  checchessia. 

Barnabita.  Veggasi  a  chièrico. 

Baro.  Truffatore  al  giuoco. 

Barocchismo.  Il  barocco. 

Baroccialo.  Detto  a  baroccio. 

Baroccinaio.  Detto  a  baroccino. 

Baroccino.  Piccolo  baroccio ,  specialmente 
quello  da  spingere  a  braccia.  -  Veicolo  leggiero,  a  due 
ruote,  senza  spalliera,  ad  un  cavallo,  col  piano  ge- 
neralmente formato  da  una  rete  di  grossa  corda  e 
coperto  sul  davanti  da  uno  stoino,  o  da  una  pelle 


254 


BAROCCIO   —   BARRA 


di  capra:  sediolo.  -  Charrette,  baroccino  elegante,  a 
due  ruote,  con  ampio  cuscino,  da  sedervisi,  occor- 
rendo, due  davanti  e  due  dietro.  -  Comodo,  si  chia- 
ma il  baroccino,  il  calesse  o  altro  legno  da  tra- 
sporto, massime  per  campagna,  ecc.  •  Tilhury,  ele- 
gante baroccino  scoperto. 

Baroccùmio,  chi  vende  merci  in  baroccino,  nelle  vie. 

Baroccio.  Rozzo  carro  o  carretta  a  due 
ruote,  col  piano  fermato  sulla  sala,  e  che  serve  a 
trasportare  roba.  -  Baroccio  di  pianura,  nelle  cam- 
pagne, i  barocci  più  grandi,  e  che  servono  al  tra- 
sporto di  robe  per  i  piani,  mentre  quelli  più  pic- 
coli e  più  leggieri,  destinati  alle  strade  erte,  sono 
detti  di  collina.  -  Cesta,  specie  di  baroccio,  il  cui 
piano  è  formato  da  una  lunga  e  larga  cesta  intrec- 
ciata di  grosse  stecche,  destinata  generalmente  a 
trasportare  il  vino  infiascato.  Ha  due  ruote  ed  è 
tirata  per  lo  più  da  un  cavallo  solo.  -  Anche  spe- 
cie di  carrozza. 

Burbenno,  o  verricello,  cilindro  di  legno  forato 
che  è  nella  parte  posteriore  dei  carri  o  dei  ba- 
rocci, e  nei  cui  fori  s'introducono  dei  pioletti  che, 
facendolo  girare,  servono  a  stringere  e  assicurare 
il  carico  con  funi.  -  Capra  (cavalletto,  tréspolo, 
sicura),  congegno  di  due  o  più  legni  che  scendono 
dalla  parte  delle  stanghe  del  baroccio  al  disotto 
del  piano,  e  si  riuniscono,  alla  distanza  di  un 
palmo  circa  da  terra,  e  terminano  in  una  piccola 
ruota:  serve  percaricai'e  comodamente  il  baroccio, 
senza  mettervi  sotto  la  bestia,  e  anche,  cadendo 
questa  nel  cammino,  a  sorreggere  il  baroccio  in 
modo  che  il  carico  non  si  rovesci.  -  Stanghino, 
pezzo  di  legno  per  tenere  il  baroccio  alzato  da 
terra. 

Barocciaio,  il  conduttore  di  un  baroccio  e  chi  fa 
il  mestiere  di  vettureggiare  col  baroccio.  -  Accu- 
lare il  baroccio,  voltarlo  all'ingiù  con  le  stanghe 
in  alto,  perchè  ne  cada  a  terra  la  roba  che  vi  è 
sopra.  -  Barocciata,  il  carico  di  un  baroccio. 

Barocco.  Stile  barocco,  barocchismo,  maniera 
bizzarra  di  arte,  specialmente  dell'  architettura, 
svoltasi  in  Italia  nel  secolo  XVII:  grottesco.  •  Ba- 
roccume, affastellamento  di  cose  barocche. 

Baròcco.  Detto  a  sillogistno. 

Barometrla.  Veggasi  a  barometro. 

Barometro  {baromètrico).  Istrumento  destinato 
a  misurare  la  pressione  dell'  aria  e  a  farci  co- 
noscere le  variazioni  atmosferiche:  il  primo,  tipico, 
a  mercurio  fu  costruito  dal  Torricelli.  Il  barome- 
tro si  alza,  sale;  si  abbassa,  discende:  o  resta  sta- 
zionario; segna  bel  tempo,  tempo  variabile,  pioggia, 
burrasca,  ecc.  •  Barometria,  complesso  di  operazioni 
e  di  calcoli  costituenti  l'impiego  scientifico  del 
barometro.  -  Barometrico,  che  si  riferisce  a  baro- 
metro. -  Barometrismo  terrestre,  complesso  dei  feno- 
meni dovuti  all'azione  della  pressione   atmosferica 

Barometri  a  mercurio,  quelli  essenzialmente  co- 
stituiti da  un  tubo  di  vetro  dal  cui  interno  fu  pre- 
viamente espulsa  l'aria,  chiuso  ad  un  estremo  e 
fissato  in  posizione  verticale  tale  da  pescare  con 
l'estremo  aperto  nel  mercurio  contenuto  in  una 
vaschetta.  A  seconda  della  maggiore  o  minor  pres- 
sione che  l'atmosfera  esercita  sulla  superficie  del 
mercurio,  questo  s' inalza  più  o  meno  nel  tubo.  - 
Barometì-i  metallici,  quelli  lormati  di  tubi  o  lamine 
metalliche  oscillanti  nella  loro  posizione  a  seconda 
delle  spinte  maggiori  o  minori  che  ricevono  dal- 
l'atmosfera. -  Aneroide,  barometro  metallico  for- 
mato da  un  tubo  di  metallo  a  sezione  elittica  assai 
schiacciala,  piegato  a  ferro  di  cavallo,  fisso  per  un 


estremo,  libero  per  l'altro  e  contenente  aria  molto 
rarefatta:  aumentando  la  pressione,  il  tubo  s'incurva 
di  più;  diminuendo, tende  a  distendersi.  L'estremo 
del  tubo  libero,  per  mezzo  di  un  sistema  di  ruote, 
trasmette  i  movimenti  ad  un  indice  scorrevole  sopra 
un  quadrante  graduato.  -  Cappuccino,  figurina, 
per  lo  più  di  cartone,  che  s'alza  e  s'abbassa  |  per 
l'umidità,  e  fa  da  barometro,  -  Olosferico,  barometro 
metallico,  rormato  da  una  scatola  cilindrica  di  me- 
tallo, bassa,  chiusa  alla  parte  superiore  da  una  la- 
mina metallica,  elastica,  ondulata,  a  cerchi  concen- 
trici. La  pressione  atmosferica  fa  incurvare  più  o 
meno  tale  lamina,  i  cui  movimenti,  per  apposito 
meccanismo,  si  trasmettono  ad  un  indice. 

Barografo,  barometro  registratore.  -  Barometro- 
grafo,  barometro  generalmente  metallico,  i  cui  mo- 
vimenti oscillatori  dovuti  alle  variazioni  della  pres- 
sione atmosferica  sono  trasmessi  ad  una  penna  che 
poggia  sopra  un  cilindro  girevole  e  graduato  per 
modo  da  segnarvi  la  misura  della  pressione.  -  ler- 
mobarometro,  sorta  di  termometro  ad  aria  che  serve 
a   misurare   la    pressione  atmosferica. 

Altezza  barometrica,  l'elevatezza  sul  livello  del 
mare  di  qualsiasi  punto  della  superficie  terrestre, 
misurata  per  deduzioni  fatte  da  osservazioni  baro- 
metriche. Tali  osservazioni  si  fondano  sulla  con- 
statazione del  fenomeno  che  la  colonna  barometrica 
decresce  via  via  che   si  sale  in  regioni  più  elevate. 

-  Colonna  barometrica,  l'altezza,  a  cui  sale,  secondo 
le  diverse  pressioni,  il  mercurio  nel  tubo  di  un 
barometro.  Normalmente,  si  arresta  a  76  cm.,  cor- 
rispondendo tale  altezza  alla  pressione  atmosferica 
normale.  -  Gradiente  barometrico,  la  variazione  di 
pressione  barometrica  corrispondente  a  una  deter- 
minata distanza  orizzontale.  Ordinariamente,  è  molto 
grande  se  si  avvicina  al  centro  di  una  depressione 
0  di  un  ciclone.  -  Pozzetto,  nome  tecnico  della 
vaschetta  contenente  il  niercurio  nel  quale  pesca 
il  tubo  di  un  barometro  -  Vuoto  barometrico,  lo 
spazio  al  dì  sopra  del  mercurio  nel  tubo  del  baro- 
metro. -  Graduare  il  barometro,  dividere  o  il  tubo 
di  vetro  di  un  barometro  a  mercurio  o  il  qua- 
drante di  un  barometro  metallico  in  tante  parti 
uguali;  segnare  a  lato  della  graduazione  la  corri- 
spondente condizione  meteorologica. 

Baronale.  Di  barone. 

Baronata.  Azione  da  briccone. 

Barone  [baronessa,  baronetto;  baronale,  baronia). 
Titolo  di  nobiltà,  un  tempo  con  giurisdizione, 
cioè  con  dominio,  con  feudo,  ora  senza.  -  Baro- 
nessa, moglie  di  barone.  -  Baronetto,  titolo  eredi- 
tario di  nobiltà  inglese,  di  carattere  medio,  istitui- 
to da  Giacomo  1°:  premette  al  nome  di  famiglia 
la  voce  s\r,  e  la  moglie  è  designata  col  titolo  di 
lady.  -  Baronale,  che  appartiene  a  barone,  di  barone. 

-  Baronesco,  di  o  da  barone.  -  Baronia,  grado  di 
barone;  un  tempo  il  territorio  sottoposto  alla  giu- 
risdizione di  un  barone:  baronaggio. 

Barone  (baronesco).  Chi  commette  azioni  poco 
oneste  o  poco  delicate;  briccone.  -  Giuoco  che  si 
fa  coi  dadi. 

Baronessa.  Detto  a  barone. 

Baronetto.  Veggasi  a  barone. 

Baronia.  Detto  a  barone. 

Barotermometro.  Veggasi  a  teinnoìnetro. 

Barra.  Serraglio,  stanza,  sbarra.  •  Ammasso 
di  sabbia  alla  foce  di  un  fiume,  nei  porti  o  nei 
seni  di  mare.  -  Divisorio  che,  in  un  tì'ibumdef 
divide  il  giudice  dal  popolo.-  Intervallo   nella  ma- 


BARRARE    —   BASSO 


255 


seella  del  cavallo.  -  Voce  che  entra  in  parecchi 
comandi  marinareschi  per  la  manovra  di  una  nave» 

Barrare  (barrato).  Sbarrare,  chiudere  con 
barra 

Barricare  (barricato).  Chiudere  con  barricata. 

Barricata.  Riparo  di  legname,  terra,  sassi  e 
anche  mobili,  costruito  attraverso  le  strade  e  in 
modo  da  impedire  il  passaiztrio  :  fatto,  per  lo 
più,  attraverso  le  vie  per  impedire  l'avanzarsi  dei 
nemici;  fortificazione  tumuhuaria;  abbattuta  di 
alberi;  riparo,  serraglio,  tagliata.  -  Carrino,  trincea 
fatta  tumultuariamente  con  i  carri  delle  bagaglie. 

Barricare,  afforzare  un'  uscita,  cbiuderia  con 
barricate  :  abbarrare,  abbaricare;  imbarrare,  sbar- 
rare; asserragliare,  steccare;  far  le  barricate,  barri- 
carsi. 

Barriera.  Riparo,  steccato.  -  Limite  di  dazio, 
di  dogana.  -  Segno  di  confine. 

Barrire,  barrito.  Detto  ad  elefante. 

Barro.  Terra  per  fare  vasi,  detti  buccheri:  veg- 
gasi  a  vaso. 

Baruffa.  Confuso  azzuffamento  di  uomini; 
zuffa,  rissa. 

3arullare  (harullato).  Maniera  di  piccolo 
commercio,  rivendendo  al  minuto. 

Barullo.  Rivenditore,  al  minuto,  di  questo  o 
quel  coìnmestibile. 

Barzellétta  {barzellettare).  Veggasi  a  facezia, 
a  scherzo. 

Basalto  [basàltico).  Sorta  di  pietra. 

Basamento.  Corpo  che  serve  di  sostegno  a  un 
altro;  base  ingenerale;  imbasamento  di  edificio: 
imbasatura,  fondamento. 

Basana.  Sorta  di  itelle  conciata. 

Basare  (basato).  Avere  una  base,  porre  sulla 
base.  -  Dar  fondamento,  fondare.  -  Affermare,  sta- 
bilire. 

Basarsi  (basato).  Affidarsi,  avere  fiducia.  - 
Fare  assegnamento,  sperare  appoggio.  -  Posare 
nn  argomentazione. 

Bascule  (frane).  Veggasi  a  bilancia. 

Base.  Parte  inferiore  di  checchessia:  disotto, 
falda,  piede,  pedale,  radice;  càrdine,  perno;  -  Tutto 
ciò  che  è  principale  fondamento  di  checchessia: 
caposaldo.  -  Principio  fondamentale  di  una  dottri- 
na. •  Fondamento  di  argomentazione.  -  In  alge- 
bra, la  quantità  che  deve  essere  il  punto  di  par- 
tenza di  una  data  operazione  o  di  una  combina- 
zione di  operazioni.  -  In  architettura,  il  sostegno, 
sul  quale  posa  una  colonna,  una  statua  o  altro 
monumento:  zon  olo,  piedestallo.  -  In  aritme- 
tica, il  numero  ciie  indica  quante  quantità  di  un 
dato  ordine  occorrono  per  comporne  una  di  ordine 
superiore.  -  In  anatomia,  nome  di  alcune  parti  di 
organi  o  di  regioni,  che  ne  rappresentano  il  se- 
gmento inferiore  il  più  voluminoso.  Così:  le  basi 
del  torace,  del  polmone,  de!  cuore,  del  cra- 
nio, ecc.  -  In  chimica,  il  corpo  semplice  o  com- 
posto che  dà  luogo  ad  un  saie,  se  combinato  con 
un  acido.  -  In  /a rmacoiogia,  la  sostanza  che  in  una 
data  ordinazione  medica  è  la  più  attiva  ed  è  quella 
cui  ci  si  affida  per  il  risultato  positivo  del  medi- 
camento. -  In  geometria,  la  faccia  snlla  quale  posa 
un  corpo  geometricamente  formato,  quando  sia  stato 
esattamente  orientato.  -  In  meccanica  e  geodesia,  il 
numero  costante  che  divide  le  lunghezze  grafiche 
rappresentanti  forze  od  altro.  -  In  mineralogia,  la 
forma  geometrica  dalle  cui  modificazioni  derivano 
tutte  le  altre  forme  del  medesimo  sistema.  -  In  to- 
jiografia,  quel  tratto  di  linea  retta   o  spezzata  mi- 


surato sul  terreno  che  serve  per  dedurre  cogli  stru- 
menti e  coi    calcoli   tutte  le    rimanenti    misure  di 
rilievo. 
Imbasamento,  quanto  serve  di  base  :  imbasatura. 

-  Imbasare,  mettere  sopra  una  base  -  Incardinare, 
mettere  su  cardine,  su  base. 

Baseologia.  Detto  a  filosofia. 

Basetta,  basettone.  Veggasi  a  baffi,  a  bar- 
ba e  ad  agnello. 

Basicità,  bàsico.  Termine  di  chimica:  che 
ha  i  caratteri  delle  basi. 

Basilare.  Veggasi  a  organo. 

Basilica  (basilicale).  Antic(j  edificio  per  adu- 
nanze. -  Tempio,  chiesa  principale.  -  (jrossa  veìia 
sottocutanea  del  braccio. 

Basilico.  Pianta,  erba  odorosa,  usata  per  con- 
dimento aromatico  a  certi  cibi:  ha  il  fusto  di- 
ritto, con  rami  folti,  più  o  meno  divergenti,  a  foglie 
ovate,  od  ellittiche,  munite  di    un  lungo  picciuolo. 

-  Basilico  aranciato,  varietà  di  odore  somigliante  a 
quello  degli  anaci.  -  Basilico  cedrato,  varietà  con 
foglie  assai  grandi,  simili  a  quelle  dei  cedri.  -  Ba- 
silico pino,  0  gentile,  o  nano,  varietà  che  nella  sua 
piccolezza  ha  la  figura  del  pino.  -  Basilico  salvatico, 
nome  volgare  della  mentita  pulegium  e  del  cinopo- 
diinn  vulgare. 

Baslofobia  [basofobui).  Timore  di  non  poter 
caniTninare. 

Basilisco.  Sorta  di  serpente. 

Basire  (basito).  Cadere  in  deliquio,  svenire. 

Bassamente.  In  modo  basso,  vile.  -  Con  voce 
bassa,  sommessa. 

Bassaride.  Sacerdotessa  di  Bacco. 

Bassòtta  (basetta).  Veggasi  ad  agnello,  a  fia- 
sco. -  Giuoco  d'azzardo. 

Bassetto.  Un  cane  da  caccia. 

Bassezza.  L'essere  basso;  condizione  umile, 
abietta;  cosa  vile,  abietta.  -  Atto  abietto,  viltà. 

Bassi.  Veggasi  a  musicali  istrumenti. 

Basso.  Poco  alto,  poco  elevato  su  un  dato 
punto.  -  Di  persona  che  ha  statura  al  disotto  della 
media  ;  nano,  pigmeo.  ■  Di  paese,  che  è  più  lon- 
tano dalle  sorgenti  dei  fiumi.  -  Di  acqua,  di  fiu- 
me, di  lago,  di  mare,  ecc.,  che  ha  poca  profon- 
dità. -  Accline,  acclino,  declive,  volto  in  basso.  - 
Bassetto,  diminutivo  di  basso.  -  Inferiore,  che  è 
più  basso,  meno  elevato,  sottoposto,  posto  sotto.  - 
Infimo,  il  più  basso.  -  Umile  (poet.),  vicino  a  terra. 

Bassezza,  luogo  basso,  qualità,  condizione  di  ciò 
che  è  basso  :  poca  elevatezza.  -  Basso  (avverbio), 
in  luogo  basso,  al  basso,  da  basso,  in  basso;  vicino 
a  terra,  rasente  al  suolo;  giù,  giù,  basso,  basso; 
abbasso:  terra  terra;  umilmente;  a  pie',  a  piedi, 
appiè  (nella  parte  più  bassa  della  cosa  di  cui  si 
parla).  -  Bassura,  luogo  o  parte  .bassa.  -  Calce, 
parte  più  bassa  di  checchessia  (scrivere  in  calce, 
nella  parte  bassa  del  foglio  o  sotto  altro  scritto).  - 
Da  basso,  nella  parte  inferiore  di  un  luogo.  -  Dove 
non  batte  il  sole:  nelle  parti  basse.  -  Giù,  luogo  basso 
al  disotto.  -  Imo,  la  parte  più  bassa:  contrario  di 
sommo,  sommità,  cima.  -  Ingiù,  alla  china,  verso 
il  basso.  -  Profondo,  altezza  dal  sommo  all'  imo. 

-  Sotto,  preposiz.  e  avverbio  che  indica  luogo  di 
contigua  inferiorità  alla  cosa  accennata.  -  Portare, 
mettere,  o  piegare  in  basso:  abbassare,  dibassare, 
sbassare,  abbattere,  atterrare,  tar  scendere,  far 
cadere;  mettere  giù,  deporre;  figur.,  umiliare, 
avvilire,  vincere.  -  Piegare,  far  piegare:  volgere 
verso  terra,  chinare.  -  Adimare,  abbassare,   voi- 


256 


BASSO    —   BASTONARE 


gere  a  basso.  -  Sbassare,  fare,  rendere  più  in  basso, 
togliendo  l'altezza  per  di  sopra. 

Basso.  Di  persona,  in  condizione  inferiore  o 
volgare,  o  umile.  -  Di  impiegati,  ufficiali,  la- 
voranti, ecc.,  aventi  grado  inferiore.  -  Di  infima 
qualità»  -  Di  azione  vile.  -  Di  cosa  triviale. 
■  Di  ■parola,  elocuzione,  discorso,  stile  plebeo 
volitare.  •  Di  prezzo  o  di  valore,   piccolo,  vile. 

Basso.  Termine  di  musica.  -  La  più  prolonda 
fra  le  voci  che  le  corde  vocali  umane  possano 
dare;  il  cantante  che  ha  tal  voce. 

Bassofondo.  Tratto  di  mare  poco  profondo. 

Bassorilievo.  Sorta  di  scultura  che  non  ha 
figure  tonde,  ma  esce  dal  piano  senza  staccarsi  dal 
fondo:  tipo.-  Anaglifo,  bassorilievo  di  cesello: 
cammeo.  -  Anaglipto,  rilievo  ornamentale  dei  vasi; 
e  anagliptica  V  arte  relativa.  -  Mezzorilievo,  basso- 
rilievo con  qualch»  parte  tonda.  -  Plachette,  nel 
Rinascimento  italiano,  piccoli  bassorilievi,  per  lo  più 
ili  bronzo,  riproducenti  lavori  di  scultura  di  cesello, 
d'oreficeria,  ecc.  -  Schiaccialo  rilievo,  bassorilievo 
poco  rilevato. 

Bassotto.  Specie  di  cane. 

Basso- ventre.  Vecchia  denominazione  del- 
l' addo  tue. 

Bassura.  Detto  a  basso. 

Basta.  Ripiegatura  che  si  fa  a  tenda,  a  veste, 
ecc.,  per  poterla  allungare  al  bisogno. 

Basta  !  Intimazione  ad  altri  perchè  smetta  alcun 
atto  0  discorso.  Abbastanza!  Finiamola!  Finitela! 
Smetti,  smettila,  smettetela  !  Sufficit  (lat.),  basta. 

Bastalo.  Chi  fa  basti,  bardelle,  cavezze  ordinarie, 
gabbie  di  corda  o  di  sparto,  da  adattarsi  al  muso 
dei  giumenti,  e  altri  simili  arnesi  e  bardature  a  uso 
del  someggiare  :  bastaro,  bastiere.  -  Fustaio,  chi  fa 
i  fusti  e  arcioni  da  sella  e  da  basto. 

Materie  e  cose  adoperate  dal  bastaio  —  Legno 
per  la  fabbricazione  dei  basti  e  dei  guainoni  dei 
collari  ;  cuoi  e  pelli,  passate  in  pelo  o  preparate  in 
diverse  guise;  borra,  ossia  il  pelo  del  bue  o  del 
vitello,  la  lana  della  pecora,  la  pàglia  di  segale,  il 
fieno,  il  crino;  tela  forte,  lana  in  matasse  di  diversi 
colori;  cordicelle,  colla  forte,  pece;  chiodi  e  oggetti 
diversi  di  minuteria  speciale,  come  anelli  da  guai- 
noni,  morsi,  fibbie  per  cigne,  ecc 

Arnesi  e  mobili  del  bastaio.  —  Ago  da  bastaio: 
è  diritto,  affilatissimo,  usato  per  infilare  la  cordi- 
cella attraverso  l'imbottitura  dei  basti.  -  Ago  per 
cucire  di  grosso  :  con  esso  si  fanno  grossi  punti  di 
funicella  che  avvicinano  il  capo  del  collare.  -  Bat- 
aborra,  apparecchio  che  serve  a  battere  la  borra 
per  renderla  più  leggiera,  dividerla  e  pulirla:  si 
compone  di  8  o  10  funicelle  lunghe  circa  due  me- 
tri e  annodate  da  ambi  i  capi  in  altrettanti  fori  di 
due  regoli.  -  Cacciapaglia,  regolo  di  ferro,  di  varia 
forma,  col  quale  si  rimette  o  si  pigia  la  paglia  o 
altro  nei  basti  e  nei  coilari.  -  Cavaòorra,  arnese  per 
trarla  fuori  ;  stecca  o  cacciaborra,  per  cacciarla  dentro. 
-  Bischetto,  sgabelli  bassi,  mobili  intorno  ai  quali  sie- 
dono gli  operai.  -  Forbici  a  grossa,  le  forbici  del  me- 
stiere. -  Forma,  due  grossi  pezzi  di  legno  duro, 
che,  accoppiati  l'uno  all'altro,  rappresentano  un  so- 
lido piramidale:  dal  bastaio  usato  per  far  i  collari. 

Lesina,  strumento  per  tare  le  cuciture:  di  più 
sorta.  •  Martellina,  trivellino  0  coda  di  porco,  pedale, 
paramano^  raspa,  strumenti  per  dare  l'ultima  mano 
ai  basti.  -  Morsa,  mobile  che  serve  ad  allungare 
il  cuoio  mediante  uno  sforzo  di  trazione  saggia- 
mente combinato  -  Mòrsa  a  cosce,  tanaglia  di  legno, 
di  cui  una  delle  bocche  è  interiormente  prolungata 


in  asta,  che  il  lavorante  tiene  inclinata  sopra  una 
coscia  e  compressa  dall'altra  coscia  con  l'estremità 
dell'asta  poggiata  al  suolo.  -  Passacorda,  specie  di 
iniìlastringhe  nel  quale  la  stringa  è  surrogata  dalla 
funicella. 

Serragiunture,ìs[Tnmentodi  ferro,  con  manico  di  le- 
gno, mediante  il  quale  si  stringono  le  giunture  di  cuoio, 
le  cuciture  con  soatti  ed  altro.  -  Serrapunti.  istru- 
mento  di  legno  col  quale  si  afferra  la  funicella,  at- 
torcigliandola per  stringere  i  punti  con  maggior 
forza,  -  Spada,  arnese  per  forare  la  verga  e  infilare 
i  bottoni.  -  Stampi,  arnesi  adoperati  a  far  buchi 
nelle  cigne  per  infilarvi  i  puntali  delle  fibbie.  -  Trac- 
ciatoio,  strumento  col  quale  si  tracciano  sul  cuoio 
delle  linee  o  dei  disegni  vari:  lo  si  dirige  mediante 
una  riga  speciale. 

Bastantemente.  A  sufficienza,  abbastanza. 

Bastardag'glne  {bastar digia).  L'  essere  ba- 
stardo. 

Bastardella.  Sorta  di  vaso  da  cucina  e  da 
laboratorio. 

Bastardo.  Nato  fuori  del  matrimonio;  prole 
illegittima;  figlio  naturale.  -  Di  animale  nato  per 
incrociamento  di  razza.  -  Di  suppellettile  e  mas- 
serizia che  non  abbia  la  grandezza  normale.  — 
Corto  cannone.  •  Carattere  di  tipografia  -  Figur., 
tralignante,  senza  purezza  d'arte.-  Bastardaggine,  l'es- 
sere bastardo.  -  Bastardume,  tutto  ciò  che  è  bastardo 

Bastardume.  Detto  a  bastardo. 

Bastare  (bastante,  bastato).  Essere  abbastan- 
za; essere  tale  e  tanta  una  cosa  da  soddisfare  alla 
necessità,  sicché  non  occorre  altro;  aver  forza, 
potere;  essere  atto,  abile  a  checchessia;  valere; 
sopperire,  supplire.  -  Conservarsi,  durare.  -  Ba- 
stare a  sé  stesso,  vivere  indipendente,  libero,  senza 
aver  bisogno  d'altri. 

Basterna.  Specie  di  lettiga. 

Bastia.  Sorta  di  fortificazione. 

Bastiglia.  Detto  a  fortezza. 

Bastimento.  Genericam.,  nave  da  carico. 

Bastina.  Piccolo  basto. 

Bastionare^  bastionata.  Detto  a  fortifi- 
cazione. 

Bastióne.  Trincea;  opera  di  fortificazione, 

Bastita.  Bastia,  fortificazione. 

Basto.  Sella  grossolana  che  .si  mette  sul  dorso 
delle  bestie  da  soma  per  adattarvi  il  carico:  bar- 
della, bardellone,  dai  romani  detto  sugma.  ■  Bastina, 
specie  di  basto  leggiero,  senza  arcioni,  senza  ferri 
e  senza  colarne.  -  Fusto,  l'ossatura  o  intelaiatura 
del  basto;  e  ossatura  le  due  falde,  le  due  curve, 
parti  che  compongono  il  basto.  -  Guainoni,  assicelle 
scorniciate  che  si  adattano  al  collare.  -  Pòsola,  il 
sovatto  che,  per  sostenere  lo  straccale,  si  in- 
fila nei  buchi  delle  sue  estremità  e  si  conficca  nel 
basto.  -  Tortoro,  randello,  randolo,  bastone  corto, 
alquanto  piegato  in  arco,  che  serve  per  istringere 
e  serrar  bene  le  funi  con  le  quali  si  legano  le  some. 
-  Straccale,  pezzo  di  cuoio,  che,  attaccato  al  basto 
0  simile,  fascia  i  fianchi  della  bestia:  imbraca. 

Bastonare,  bastonata,  {bastonato,  bastonatura) 
percuotere  con  bastone,  dare  bastonate;  abbacchiare 
abbattaceli iare,  batacchiare,  battere  a  verghe,  cac- 
ciare a  bastoni,  a  mazzate;  dare  il  cavalluccio,  dare 
un  carpicelo,  mandare  a  legnaia;  giocar  del  ba- 
stone, menare  il  bastone  ;  legnare,  perticare,  randel- 
lare, rebbiare,  scamatare,  steccheggiare,  tamburare, 
vergare.  -  Bastonato,  percosso  con  bastone  o  simile  : 
figura  dì  rilievo;  furiare  alle  nerbate.  -  Bastoim- 
tore,  chi  bastona.  -  Bastonatura,  bastonamento,  l'atto 


BASTONCINI    —    BASTONE 


25< 


e   l'effetto  del     bastonare,    legnatura,    «ce;   iron.» 
tinfonia. 

Modi  di  dire  per  bastonare.  —  Accarezzar  le 
spalle,  benedire  col  manico  della  scopa,  della  granata; 
bordare;  caricare  a  noce,  dare  una  stamburata,  una 
scossa,  uno  scossone  ;  dare  un  monte,  un  carico,  un 
diluvio,  un  subbio  di  legnate,  un  rovescio  di  ba- 
stonate; far  baccelliero;  far  ballare  senza  suoni;  lar 
le  freghe  ;  far  la  cura  delle  bastonate,  ungere  di  sugo 
di  bosco;  farle  tenebre  addosso;  grattar  la  rogna, 
la  tigna;  ripescare,  ritrovare,  trovare  le  congiun- 
ture; scuotere  ad  uno  il  giubbone,  il  pelliccione, 
la  pólvere,  le  reni;  sonare  a  catasto,  a  doppio;  spia- 
nare il  gobbo,  le  costure,  le  costole,  le  cuciture,  il 
fil  delle  reni;  spolverare  le  spalle. 

Vari  modi  di  bastonare.  —  Bastonare  a  refe 
doppio,  forte,  sodo.  -  Bastonare  da  ciechi,  da  orbi, 
fei^.a  pietà.  -  Bastonar  di  santa  ragione,  o  come  la 
ragion  comanda,  con  giustizia; anche,  forte,  sodo.  - 
Bastonare  uno  fitto  fitto,  dargliene  senza  pietà,  né 
misericordia,  e  senza  pigliar  fiato.  -  Contrassegnare 
uno,  bastonarlo  tanto  da  lasciargli  il  segno.  -  Daie 
bastonate  della  fortuna,  cioè  gagliardissime.  -  Farne 
una  paniccia,  di  persona,  bastonarla  a  morte.  -Fi' 
schiare  una  bastonata  a  uno,  dargliela  forte.  -  Fra- 
cassare le  spalle,  le  costole,  l'ossa  a  uno,  bastonarlo 
forte.  -  Girare  una  bastonata,  menarla  con  violenza. 

Macerare  le  spalle  a  suon  di  bastonate,  bastonare 
ben  bene.  -  Mandare  uno  all'ospedale,  bastonare 
in  modo  da  ridurlo  malconcio  assai.  -  Metter  uno 
alla  comunione,  bastonarlo  a  morte.  -  Bebbiare,  ba- 
stonare forte.  -  Bipescare,  trovare  uno  che  sia  sfug- 
gito a  una  prima  bastonatura.  -  Trovare,  ritrovare, 
spianare  le  congiunture,  il  groppone  a  uno,  basto- 
aarlo  ben  bene.  -  Bompere  il  groppone,  il  fil  delle 
reni,  le  costole,  le  ossa,  bastonare  con  forza.  -  So- 
nare, bastonare  violentemente. 

Bastonata:  percossa  data  col  bastone  o  altro 
simile  arnese  di  legno;  bacchettata,  bacchiata,  ban- 
dellata,  giannettata,  cannata,  legnata,  mazzata,  per- 
ticata, ramatata,  randellata,  rebbiata,  stangonata.  - 
Figur.,  grammatica  tedesca,  insalatina  di  mazzocchi; 
sugo  di  bosco,  sugo  di  carbone.  -  Bastonate  da  ciechi, 
da  orbi,  sode,  senza  saper  dove  vanno. 

Varie.    —  Andare  a  legnaia:  essere  bastonato. 

•  Avere  rosa    nelle    mani ,    voglia    di    bastonare . 

•  Giuocar  di  bastone,  maneggiarlo  con  destrezza.  - 
Menare  a  tondo,  far  rotare  il  bastone.  -  Piovere  ba- 
stonate,  quando  si  bastona  fitto.  -  Puzzar  la  salute, 
di  chi  cerca  delle  bastonate.  -  Ti  pizzican  le  spalle, 
a  chi  fa  le  cose  in  modo  da  essere  bastonato. 

Bastoncini.  Elementi  microscopici  dell'occ/tio. 

Bastone.  Pezzo  di  legno  lungo,  arrotondato,  ri- 
mondo, sbucciato,  0  no,  pulito,  che  si  porta  a  passeg- 
gio, per  appoggiarsi  o  per  difesa,  o  per  bastotiare; 
arma  contundente,  bacchio,  bacolo,  borda,,  canna,  cla- 
va, frusta,  frustone;  giannetta,  matterello,  matterò"; 
mazza,  mazzero,  mazzettina,  mazzuola,  mazzafrusto, 
querciuolo,  sorbo,  tòcco.  -  Figur.,  cacciamosche.  casti- 
gamatti, cavallo  di  san  Francesco,  cavallo  dei  frati, 
messer  Batacchio.  -  Scherz.,  argomento  convincente. 

•  Bastoncello,  bastoncetto,  bastoncino,  piccolo  bastone. 
-  Bastonciotto,  bastone  piuttosto  grosso.  -  Bastandone 
accresc.  di  bastone. 

Bastoni  diversi.  —  Bacchetta,  verga,  mazza  sot- 
tile per  molti  e  svariati  usi.  -  Bacchettino,  piccola 
bacchetta.  -  Bacchetto,  bacchetta  un  po'  grossa.  - 
Bacillo,  bastoncello.  -  Bacolo,  bastone  comune  o 
anche  un  bordone  o  bastone  da  viaggio.  -  Bacchio, 
bastone   lungo   e  grossotto.  •  Batacchio,   bastone 


grande,  da  battere.  •  Batocchio,  bastone  da  ciechi. 

-  Carnata,  bacchetta  sottile  e  diritta.  -  Canna  d'India, 
o  bambù,  il  bastone  fatto  dal  fusto  di  questa  pianta 

-  Casse-tele,  rompi  testa,  clava,  bastone  piombato.  - 
Clava  (iron.),  mazzettina  elegante.  -  Forca,  bastone 
con  rebbi.  -  Frustone,  mazza  grossa  ancora  verde 
e  senza  foglie.  -  Giannetta  mazza  in  genere  da  pas- 
seggio. -  Leccio,  il  bastone  fatto  di  questa  pianta. 
Anche  il  midollo  {anima)  del  leccio,  che  è  duris- 
simo, serve  a  far  bastoni.  -  Legno,  pezzo  di  legno 
che  serve  per  bastone,  per  dar  botte, 

Matlarella,  mazzarella^  sorta  di  lungo  bastone  con 
grossa  capocchia,  usato  dai  butteri.  -  Matterò,  mat- 
terello, bastone  corto  e  grosso.  -  Mazza,  bacchetta 
di  legno,  o  di  giunco  indiano,  ovvero  di  corno,  di 
corda  o  d'altro,  grossa  circa  un  dito,  ora  più,  ora 
meno,  che  si  suol  portare  Inori  di  casa  per  appoggio, 
0  anche  per  vezzo,  cioè  per  avere  qualche  cosa  in 
mano.  -  Mazza  ferrala,  bastone  con  anima  di  lerro 
che  si  porta  per  difesa. -iWflrca-om6re//o,  arnese  che 
fa  per  tutt'e  due  gli  usi.  -  Nerbo,  bastone  fatto  di 
nervi  strettamente  avvolti  fra  loro.  •  Pertica,  lungo 
bastone  o  palo.  -  Querelalo,  il  bastone  fatto  di  questa 
pianta.  -  Bandelto,  bastone  piuttosto  grosso;  anche 
il  bastone  che  serve  a  stringere  Je  funi  che  legano 
le  balle.  -  Scitale,  bastone,  verga,   frusta,  stallile. 

-  Sorto,  il  bastone  fatto  di  questa  pianta.  -  Staggio, 
bastone  di  appoggio.  -  Staff  (ingl.),  bastone.  -  Stocco, 
bastone  cavo  die  nasconde  nell'interno  una  specie 
di  spada  triangolare  o  quadranj;olare  (  armato  di 
stocco),  anche  semplicemente  armato,  il  bastone  con 
la  spada  dentro.  -  Irmcò,  parola  romanza  che  vale 
bastone.  -  Verga,  bacchetta.  -  Vincastro,  verga  fatta 
con  vimine. 

Ferrato,  bastoi  e  con  anima  di  ferro.  -  Ghierato, 
il  bastone  guarnilo  di  !.hiera.  -  Impiombato,  piom- 
bato, il  bastone,  la  mazza,  ecc.,  se  ha  il  pomo  e 
l'anima  di  piombo.  -  Nocchiuto,  pieno  di  nocchi.  - 
Noderoso  bastone,  nodoso,  pieno  di  nodi.  -  Puntuto, 
con  punta,  ajpmitato. 

Bastoni  pahticolari.  —  Il  bastone  fu  dato  per 
insegna  di  autorità,  a  generali  d'esercito,  a  gover- 
natori di  città,  a  supremi  magistrati,  ecc.  Ora,  al 
maresciallo.  -  Agolum,  lungo  bastone  puntato  di  cui 
si  servivano  i  pastori  romani.  -  Alpenstock  (ted.), 
bastone  ferrato,  alto,  ricurvo  in  cima  e  ornato  d'un 
cornetto  di  camoscio.  Si  usa  nelle  escursioni  alpine. 

-  Bordone,  bastone  da  pellegrino.  -  Bulaf,  basti  ne 
di  comando  dei  generali  di  Polonia.  -  Cadùcèo,  ba- 
stone degli  antichi  araldi  in  tempo  di  guerra;  anche, 
verga  con  due  serpenti  attorcigliati,  con  la  quale 
gli  antichi  fingevano  che  Mercurio  dividesse  le 
contese.  -  Clava,  la  mazza  grossa  e  tonda  da  un'e- 
stremità che  portavano  Ercole  e  Teseo;  mazza  si- 
mile usata  dagli  antichi  e  dai  moderni  ginnasti 
come  esercizio  del  braccio.  -  Djerid,  djirid,  bastone 
bianco  che  serve  a  una  specie  di  esercizio  militare 
turco.  -  Ferula,  (ant.)  bastone  piatto  per  battere  gli 
scolari.-  Giannetta,  giannettone,  bastone  degli  utfìciali 
dell'antica  milizia.  -  G»*MCCia,  stampella.-  Lituo,  il 
bastone  degli  auguri.  -  Mazza,  lungo  bastone  me- 
tallico d'argento,  d'ottone  0  d'altro,  che  è  portato  dai 
cantori  in  certi  giorni  solenni;  quella  clie  portano 
i  mazzieri  a  processione.  -  Mazza,  mazza  ferrata, 
bastone  nodoso  e  ferrato  che  si  portava  in  guerra. 

-  Pastorale,  la  mazza  metallica  usata  da  prelati  du- 
rante le  funzioni  religiose  ;  anche,  simbolo  di  giuri- 
sdizione; bacolo,  pastorale  particolare.  -  Pedo,  pe- 
done, 0  vincastro,  bastone  da  pastore.  -  Scettro, 
bastone,  bordone,  verga,  giusta  il  vero  e  proprio 


Premoli  —  Vocabolario  Noìnenclatore. 


}7 


2S8 


BATTAGLIA 


significato;  simbolo  di  possanza  e  di  autorità.  - 
Stick  (ingl.),  piccola  canna.  -  Tirso,  bastone  cir- 
condato di  pampini  e  di  edera.  -  Virga,  il  bastone 
dell'antico  littore.  •  Bacchetta  magica  attribuita  a 
Mercurio.  -  Virgae,  le  bacchette  di  scopa  o  di  olmo 
che  formavano  i  fasci  {fasces)  dei  littori.  -  Vindicla, 
verga  con  la  quale  il  littore  o  il  pretore  romano 
batteva  sulla  testa  uno  schiavo  quando  questi  era 
reso  libero.  -  Zagaglia,  bastone  che  serviva  d'arme 
in  asta,  da  mano  e  da  tiro.  Se  piccolissima,  zaga- 
glietta. 

Parti  del  bastone.  —  Calzuolo,  pezzo  per  lo  più 
di  ferro,  nel  cui  vano,  come  in  una  calza,  entra 
l'estremità  inferiore  della  mjizza:  ghiera  (in  Toscana), 
viera,  gorbia.  -  Capocchia,  il  pomo  ('capocchiuto,  il 
bastone  con  capocchia).  -  Cordone,  quel  nastro  o 
cordellinodi  seta  o  di  pelle,  il  quale,  infilato  in 
un  foro  trasversale  sotto  il  pomo  ■  della  mazza  .0 
bastone,  pende  addoppiato,  per  un  palmo  0  circa, 
e  finisce  in  due  nappette.  E  per  Io  più  incrociato 
o  avvolto  al  bastone  stesso,  e  serve  a  semplice  or- 
namento: talora  pende  libero  a  foggia  di  inaniten- 
golo.  -  Gorbia,  ferretto  conico  per  il  piede  del  ba- 
stone. -  Górbia,  calzuolo  in  ferro  di  bastone  0 lancia. 

-  Gruccia,  impugnatura  in  forma  di  T,  che  talora 
si  fa  alla  mazza  in  luogo  di  pomo.  -  Manico,  la 
parte  per  cui  si  prende,  si  impugna  il  bastone. 

Pomo,  pomolo  ornamento  in  cima  della  mazza, 
quasi  a  modo  di  impugnatura,  o  anche  di  palla  ; 
lo  si  fa  di  metallo,  d'avorio  0  di  legno,  col  tornio. 

-  Puntale,  punta  ottusa  di  ferro,  la  quale  si  suole 
aggiungere  al  calzuolo,  per  fare  alla  mazza  un  fi- 
nimento 0  un  riparo.  -  Verduco,  stile  quadrango- 
lare del  bastone  animato.  -  Viera,  ghiera,  cerchietto 
di  ferro  0  d'altro  nell'estremità  inferiore  del  ba- 
stone. 

Bastone.  Membro  à  architettura:  tondino. 

Bastoni.  Uno  dei  quattro  semi  delle  carte  da 
giuoco. 

Bastorovèscio.  Veggasi  a  strada. 

Batacchiare  (batacchialo).  Percuotere,  basto- 
nare. 

Batacchio.  Detto  a  bastone. 

Batata.  Veggasi  a  jìatata. 

Batista.  Sorta  di  tela. 

Batòcchio.  Detto  a  bastone  e  a  campana. 

Batolo.  Panno  da  sacerdote. 

Batòsta.  Grave  scossa,  grave  danno  avuto 
0  nella  salute  0  neìY interesse;  grave  disgra- 
zia.  -  Anche,  parapiglia,  rissa. 

Batraci.  Animali  vertebrali,  detti  anche -anun 
0  saltatori,  caratterizzati  dal  fenomeno  del  meta- 
morfismo e  appartenenti  alla  classe  degli  anfibi: 
hanno  corpo  munito  di  quattro  arti,  due  anteriori, 
che  terminano  in  quattro  dita,  e  due  posteriori,  ter- 
minanti in  cinque  dita.  Sono  batraci  la  rana,  il 
rospo,  la  salamandra,  il  bufo  ecc.  >  Batrocografia, 
parte  della  zoologia  descrittiva  che  si  occupa 
dei  batraci.  -  Tritone,  batrace  urodelo  (salamandra 
acquaiola):  ha  corpo  allungato  e  terminato  da 
coda.  -  Ululane,  batrace  affine  alle  rane,  cosi  detto 
perchè  manda  un  grido  monotono  (ululò). 

Batracicultura.  Veggasi  a  rana. 

Battaglia  (battagliare,  battagliero).  Scontro  di 
un  esercito  contro  un  altro  (l'avversario,  il  ne- 
niico),  di  un'armata,  ossia  d'una  flotta,  contro 
un'altra:  combattimenio  regolato  secondo  le  no^rme 
della  guerra,  della  t.ittica,  della  strategia.  È  il 
risultato  del  conibatiimento  (e  si  può  dire,  ad 
es  :  nella  tal  battaglia  il   combattimento  fu  lungo. 


accanito).  Battaglia  si  ha  quando  almeno  uno  dei 
due  eserciti  ha  molte  delle  sue  forze  preparate  al- 
l'attacco; la  battaglia,  insomma,  é  un  grande  com- 
battimento. -  Sinonimi,  con  maggiore  o  minore  mo- 
dificazione di  significato:  abbattimento,  affrontamento, 
agone,  avvisaglia,  avvisamento,  certame;  facto  mili- 
tare, fazione,  giostra;  mischia,  pugna,  schermaglia 
scrimaglia,  tenzone,  zuffa;  marziale  agone,  marziale 
arringo;  paragon  dell'arme,  periglioso  ballo,  lotta, 
marziale. 

Una  battaglia  si  vince  0  si  perde,  determinandosi 
in  vittoria  per  una  delle  due  parti  combattenti  e 
riuscendo  di  sconfitta  per  l'altra.  Talvolta,  riesce 
indecisa,  incerta,  di  esito  dubbio.  Una  battaglia  si 
combatte  con  questa  o  quella  atnne,  0  con  varie 
insieme,  con  eftetto  di  ferire,  di  ticcidere,  di  far 
prigioniero  il  nemico  o  di  metterlo  in  fuga.  Ad 
una  battaglia  partecipano  insieme,  0  separatamente, 
la  fanferiff,,  la  cavalleria,  Vartiglieria  e  ogni 
altero  corpo  di  milizia.  -  Battaglia  grande,  piccola 
(battaglietta),  secondo  il  quantitativo  delle  "forze  che 
vi  partecipano;  micidiale,  ostinata,  sanguinosa,  0 
cruenta,  con  gran  numero  di  morti  e  di  feriti;  in- 
cruenta, senza  spargimento  di  sangue. 

Battaglia  attestata,  testa  a  testa.  -  Battaglia  cam- 
pale, quella  nella  quale  i  due  eserciti,  le  due  ar- 
mate si  schierano  di  fronte  con  tutte  le  loro  forze; 
battaglia  generale,  battaglia  di  campo;  giornata  cam- 
pale, generale;  zulla  campale.  •  Battaglia  corpo  a 
corpo,  ad  arma  bianca.  -  Decisiva,  definitiva,  det&r- 
minativa,  finale,  Ja  battaglia  che  co!  proprio  esito 
deve  decidere  la  questione  per  la  quale  due  Stati, 
due  nazioni,  due  popoli  vennero  alle  armi.  -  Deere- 
toria,  la  battaglia  grande,  decisiva.  -  Battaglia  di 
terra,  quella  tra  milizie  terrestri.  -  Battaglia  epica, 
eroica,  de,'na  di  poema.  -  Equestre,  la  battaglia, 
nella  quale  scese  in  campo,  dei  due-eserciti  nemici, 
solo  la  cavalleria.  -  Battaglia  finta.,  combattimento 
isolalo,  a  scopo  di  esercitazione-  -  Stataria,  la  bat- 
taglia combattuta  nello  stesso  luogo.  -  Slorica,  spe- 
cialmente ricordata  per  l'importanza  dell*  eause  che 
la  determinarono,  0  delle  condizioni  in  cui  si  svois  ■ 
o  delle  conseguenze  che  ebbe.  -  Strategica,  la  bat- 
taglia v'nta  più  per  effetto  delie  mosse  che  del  fuoco. 

Battagliare,  far  battaglia.  -  Battagliatore,  combatti- 
tore; valente  in  battaglia;  che  fa  battaglia.  -  J5aWn- 
gliere,  battagliatore;  guerriero.  -  Battagliero,  tem- 
prato a  battaglia,  che  ama  battagliare,  bellicoso.  - 
Battaglieresco,  da  battaglia,  da  guerra  ;  bellicoso  ; 
battaglioso.  -  Battaglie  roso,  atto  a  battaglia:  ardi- 
mentoso in  battaglia.  -  Battaglievolo,  batta^jlieroso; 
incitante  a  battaglia--  Condottiero,  chi  conduce  alla 
battaglia:  capo,  duce,  generale,  stratega.  -Fuggiasco, 
chi,  dopo  la  sconfitta,  cerca  scampo  nella  fuga;  chi 
volta  le  spalle  al  nemico.  -  Ostaggio,  il  prigioniero 
preso  sul  campo  di  battaglia  0  durante  la  guerra. 

Maniere  varie  di  battaglia. 

Avvisaglia,  affrontamento  tumultuario  d'armati, 
per  combattere  viso  a  viso.  Anche,  prima  scara- 
muccia 0  badalucco,  fra  due  partiti  nemici.  -  Bada- 
lucco, piccola  scaramuccia,  scontro  clamoroso,  ina 
di  poca  importanza.  -  Campagna,  serie  di  battaglie 
combattutesi  senza  interruzione,  in  una  circoscritta 
zona  e  ad  un  unico  scopo.  -  Combattimento,  il  com- 
battere, il  venire  a  battaglia.  -  Conflitto,  combatti- 
mento, battaglia  accanita,  sanguinosa,  breve.-  Fatto 
d'arme,  combattimento  meno  importante  di  una  bat- 
taglia. -  Fazione,    fatto   d'arme,   combattimento. 


BATTAGLIA 


2o9 


Giornata,  battaglia  campale.  E  giornata  campate  si 
dice  anche  riferendosi  al  giorno  in  cui  venne  com- 
battuta una  battaglia  campale.  -  Cruerra,  l'insieme 
delle  battaglie  o  delle  campagne  e  delle  operazioni 
militari  compiutesi  allo  scopo  di  decidere  una  qual- 
siasi questione  per  la  quale  due  potf^nze  vennero 
allo  armi.  -  Mischia,  l'aHrontarsi  in  guerra  di  più 
persone  che  vengono  alle  mani,  armate  o  no.  -  Pugna, 
dicesi  piuttosto  della  lotta  corpo  a  corpo.  -  Scara- 
muccia, combattimento  di  poca  importanza, che  s'im- 
pegna quasi  sempre  dalle  avanguardie  o  dalle 
retroguardie,  o  da  piccoli  distaccamenti  di  truppe  di 
partiti  0  di  eserciti  avversari.  -  Schermaglia,  battaglia 
a  duello.  -  S/ojtno,  strepito  del  combattimento;  mol- 

itudine,  adunanza  d'uomini  per  combattere.  -  Zuffa, 
battimento  a  corpo  a  corpo;  combattimento  vi- 

ino  e  accanito. 

Disposizioni,  posizioni,  ecc.,  di  milizib  in  battaglia 

Catena  di  soldati,  serie  di  soldati  spiegati  sopra 
una  linea  a  giusto  intervallo  gli  uni  dagli  altri.  - 
Centro,  il  nucleo  maggiore  delle  forze  combattenti, 
la  base  di  operazione.  -  Centro  d'attacco,  il  punto 
principale  preso  di  mira  dall'attaccante  o  dove  è 
più  vivo  l'attacco.  -  Coda,  l'ultimo  reparto  di  milizia, 
sia  esso  in  marcia  o  fermo. 

Colonna,  reparto  di  milizia,  quando  la  sua  forza  è 
disposta  nel  senso  della  sua  profondità.  Anche  un 
intero  esercito.  -  Colonna  di  centro,  quella  inter- 
media; di  coda,  l'ultima;  di  fianco,  quella  formata 
in  massa  e  tenuta  in  ordine  per  slanciarsi  sui  ne- 
mico; di  munizioni,  quella  che  segue  una  batteria 
di  manovra;  di  testa,  la  prima  di  un  reparto;  di  via. 
ordine  di  un  plotone  di  cavalleria  in  frazione  di 
due  0  di  quattro,  che  si  seguono  a  un  passo  di  di- 
stanza. -  Colonna  fiancheggianie,  reparto  di  truppa 
che  marcia  lateralmente  ad  un  esercito,  per  proteg- 
gerlo dalle  sorprese  ed  impedire  che  scorrerie  di 
drappelli  nemici  lo  molestino  nella  marcia  o  si  avvi- 
cinino troppo  per  spiarne  la  marcia;  colonna  serrata, 
atta  a  riunire  molti  reparti  in  uno  stesso  punto 
quando  non  si  è  esposti  al  fuoco  nemico,  utile  alla 
riserva  sopra  un  campo  di  battaglia. 

Fila,  numero  di  combattenti  r-he  si  continuano 
sulla  fronte  o  in  due  righe.  -  Fronte  di  battaglia^ 
la  parte  dell'  ordinanza  che  guarda  il  nemico  e  lo 
spazio  da  essa  occupato.  -  Linea  di  battaglia,  di- 
stesa sulla  quale  si  schierano  le  milizie  in  procinto 
di  iniziare  il  combattimento.-  Obbiettivo,  la  posizione 
da  occupare,  per  sostenere  la  battaglia  in  condizioni 
favorevoli.  -  Ordinanza,  forma  secondo  la  quale  si 
dispongono  i  combattenti.  -  Ordine  di  battaglia,  or- 
dinanza, linea  estesa  e  flessibile  formata  dall'  ad- 
dizione successiva  di  una  certa  quantità  di  ele- 
menti approssimati  nel  senso  laterale  per  agire 
nella  direzione  verticale.  -  Ordine  a  scacchiere, 
quello  di  battaglia  in  cui  le  colonne  vengono  schie- 
rate ad  intervalli  sopra  due  linee,  in  modo  che  le 
divisioni  della  prima  abbiano  dietro  sé  gU  intervalli 
della  seconda,  affinchè  questa  possa  ricevere  quella 
ne'  suoi  intervalli,  od  avanzarsi  per  gli  intervalli 
dell'altra.  -  Ordine  obliquo,  disposizione  delle  truppe 
oblique  in  faccia  al  nemico,  sicché  gli  si  presenti 
solamente  una  delle  ali.  -  Altri  ordini:  perpendico- 
lare, sopra  un'ala,  concavo,   convesso,  ecc. 

Oste,  il  nemico  e  il  campo  nel  quale  è  radunato.  - 
Partito,  distaccamento  che  deve  molestare,  in  vari 
mndi,  il  nemico.  L'uno  e  l'altro  dei  corpi  di  milizie 
a  fronte:  partiti  contrapposti,  avversari.  -  Piano  delle 


operazioni,  prospetto  generale  delle  azioni  da  svol- 
gere durante  una  battaglia. 

'Posizione,  il  modo  col  quale  è  posto  un  campo: 
la  situazione  in  cui  accampa  un  esercito;  il  luogo 
che  occupa  anche  quando  è  schierato.  -  Posizione 
tattica,  quella  che  può  offrire  un  vantaggio  sul  ne- 
mico. -  Posizione  strategica,  quella  che  il  nemico 
non  può  né  aggirare,  né  attaccare  se  non  con  gra- 
vissimo danno  e  quasi  con  certezza  di  insuccesso.  - 
Puntone  (stor.),  ordinanza  di  battaglia  a  cuneo  con 
la  punta  al  nemico.  -  Quadrato,  disposizione  delle 
milizie  in  battaglia,  in  modo  di  far  fronte  da  quattro 
lati.  -  Quartier  generale,  il  ponto  in  cui  è  stanziato 
il  capo  dell'esercito. 

Azioni  della  battaglia,  nella  battaglia  o  per  essa. 

Abbassare  le  armi,  deporle,  in  .segno  e  atto  di 
voler  arrendersi.  -  Accendere  la  battaglia,  incomin- 
ciarla (battaglia  accesa).  -  Affrontarsi,  iarsi  incontro, 
per  assalirsi,  azzuffarsi,  venire  a  battaglia.  -  Ammai- 
nare la  bandiera,  rifiutare  il  combattimento;  dichia- 
rarsi vinto.  -  Aprire  il  fuoco,  incominciare  la  bat- 
taglia. -  Arrendersi  (arreso),  darsi  in  mano  al 
nemico,  confessandosi  vinto:  darsi  a  patti,  a  condi- 
zione {domandar  quartiere,  chiedere  salvala  vita,  dopo 
\ìTes3).- Arrischiare  unabaUaglia,ten\a.T]3L,  o  mettersi 
a  rischio  di  perderla.  -  Assalire,  movere  all'assalto, 
dando  cosi  principio  alla  battaglia.  -  Attaccare,  ve- 
nire risolutamente  alle  mani  col  nemico,  andargli 
contro,  principiare  le  ostilità.  •  Azzuffarsi,  tare,  venire 
a  zuffa. 

Balenare,  disordinarsi  dei  soldati  in  battaglia.  - 
Battere,  sconfiggere,  vincere,  sbara^'liare  il  nemii'o; 
infliggergli  una  sconfitta.  -  Bombardar»,  batt  re 
una  posizione  del  nemico  con  ogni  sorta  di  bocclic 
da  fuoco. 

Cacciare,  costringere  il  nemico,  per  forza  d'armi, 
a  lasciar  la  preda,  a  levarsi  da  un  posto  che  occu- 
pava. -  Cacciare  in  rotta,  mettere  in  fuga  disordi- 
nata; fugare  i  nemici  a  precipizio.  -  Cacctar.si  soWo, 
accostarsi  risolutamente  al  nemico  e  cosi  da\  vicino 
da  combattere  sotto  il  tiro  delle  sue  armi  e  da  po- 
tergli dare  sotto  mano.  -  Cadere  sul  campo,  restar 
morto  0  gravemente  ferito  in  battaglia.  -  Campeg- 
giare, esercitazione  strategica  per  fronteggiare,  >  o- 
steggiare  e  aggirare  il  nemico.  -  Capitolare,  venire 
finalmente  a  patti,  dopo  molta  resistenza.  -  Cari- 
care, lanciarsi  di  corsa  sul  nemico  con  le  armi  in 
pugno.  -  Catturare,  sottomettere  per  forza  d'armi 
o  per  arte  di  guerra.  -  Cedere,  ritrarsi  dal  luogo 
dove  si  combatteva.  -  Chiamare  a  battaglia,  invitare 
al  cimento,  alla  prova  delle  armi;  suonare,  toccare 
all'arme.  -  Collidere,  battere,  abbattere.  -  Combat- 
tere, sostenere  battaglia.  -  Combattere  a  oltranza, 
a  tutta  oltranza,  fino  all'ultimo  san^e.  -  Concen- 
trare, battere  in  un  solo  punto  da  diverse  parti.  - 
Concitare,  commòvere  vivamente  e  prestamente  per 
lanciare  all'attacco.  -  Costeggiare,  andare  appresso 
al  nemico  seguendolo  da  lato.  Meglio  fiancheggiare. 

Dare  battaglia:  dicesi  quando  un  nemico  combatte 
a  pieno  campo  contro  l'altro.  -  Debellare,  vincere, 
mettere  in  rotta.  -  Deporre  le  armi,,  cessare  di  com- 
battere; cessare  dalle  ostilità.  -  Dietreggiare,  indie- 
trejTgiare,  dare  addietro,  ritirarsi  dal  campo  della 
bditaglia.  -  Difilare,  andare  risolutamente  contro  il 
nemico.  -  Disordinare,  rompere  le  file  del  nemico. 
-  Disperdere,  mandare  in  parti  diverse  il  nemico  e 
le  sue  cose.  -  Distaccare  (distaccamento),  separare 
una  parte  di  truppa  per  mandarla  altrove,  a  qualche 


ztìO 


BATTAGLIA 


operazione  collaterale  (guardia,  scorta,  agguato,  ecc.)- 

-  Distendere,  allargare  la  fronte  di  ogni  ordinanza, 
assottigliandone  la  profondità,  per  occupare  mag- 
giore estensione.  -  Esplorare,  spiare  le  mosse  e  le 
intenzioni  del  nemico. 

Essere,  trovarsi  nelle  prime  file,  o,  più  comun.,  in 
prima  p,la,  essere  esposto  ai  maggiori  pericoli  della 
battaglia.  -  Essere  stalo  al  fuoco,  Irooarsi  al  fuoco, 
in  battaglia. 

Fare,  venire  alle  fucilate,  combattere,  in  battaglia. 

-  biancheggiare,  disporre  le  linee  a  difesa  sui  fianchi; 
dare  aiuto  da  lato;  camminare  ai  fianchi  dell'eser- 
cito nemico.  -  Frenare,  rattenere  l'impeto  del  ne- 
mico, impedirne  le  mosse,  tenerlo  in  soggezione.  - 
Fugare,  mettere  in  fuga  il  nemico. 

Fronteggiare,  stare  a  fronte  del  nemico  -  Frustai  t, 
battere  il  nemico  con  la  mitraglia.-  Fw/minare, percuo- 
tere, battere  furiosamente  il  nemico,  con  armi  da  luoco. 

Girare  il  fianco  del  nemico,  muovere  in  modo  da 
trattenerlo,  per  oltrepassare  l'uno  o  l'altro  o  tutti 
e  due  i  suoi  fianchi  e  riuscirgli  alle  spalle;  e  pi- 
gliare nei  fianchi,  assaltare,  assalire  il  nemico  su 
uno  de'suoi  fianchi. 

Impegnare,  obbligare  il  nemico  a  combattere.  - 
Incalzare,  inseguire  alle  spalle  il  nemico.  -  Ingag- 
giare battaglia,  la  battaglia,  iniziarla.  -  Invertire,  cam- 
biare in  altro  ordine  la  linea  di  battaglia  o  la  fronte 
della  colonna.  -  Investire  il  nemico,  affrontarlo,  dargli 
addosso,  assalire  con  violenza.  -  Mettere  in  rotta,  co- 
stringere il  nemico  a  ritirarsi  o  a  fuggire.  -  Neutraliz- 
zare il  nemico,  metterlo  temporaneamente  nell'impos- 
sibilità di  agire;  paralizzarne  le  forze.  -  Osteggiare, 
procedere  contro  il  nemico,  assalirlo.  -  Perdere  il 
campo,  perdere  la  battaglia.  -  Perdere  piazza,  perdere 
terreno  in  battaglia.  -  Piegar  bandiera,  dar  di  volta, 
scomporsi,  volgersi  in  fuga:  si  dice  delle  schiere.  - 
Pigliar  campo,  d'eserciti:  stendersi,  spiegarsi. 

Pigliar  le  difese  al  nemico,  levargliele,  rovinar- 
gliele. -  Propugnare,  battagliare  per  difesa.  -  Pro- 
vocare,  sfidare  il   nemico,  chiamarlo  a  battaglia. 

Raccozzare,  rimettere  insieme  le  parti  dell'eser- 
cito disordinate  nella  battaglia.  •  Rientrare,  ritirarsi. 

-  Rinfrescare,  mandar  gente  fresca  in  aiuto  dei 
combattenti  stanchi.  -  Rinfrescar  la  battaglia,  l'as- 
salto, riattaccare.  -  Ripiegare,  arretrare,  tornare 
indietro.  -  Ripiegar  le  insegne,  cedere,  dichiararsi 
vinto.  -  Rompere,  disfare,  sbaragliare,  sconfiggere, 
mettere  in  rotta,  in  disfatta.  -  Sbandare,  disperdere, 
mettere  in  rotta  il  nemico.  -  Sbaragliare,  mettere 
in  rotta:  sgominare.  -  Sconfiggere,  rompere  il  ne- 
mico in  battaglia:  caricare  il  basto  al  nemico.  - 
Sentir  l'odore  della  polvere,  il  desiderio,  l'ardore 
della  battaglia.  -  Sfondare,  passar  da  parte  a  parte 
le  file  nemiche:  forare.  -  Sfondare  nel  mezzo  la 
linea,  le  ordinanze  del   nemico,  scomporne  le    file. 

Sorprendere  (sorpresa),  cògliere,  assaltare  all'im- 
provviso, inaspettatamente.  -  Sostenere  una  battaglia, 
combatterla  resistendo.  -  Sostenere  l'urto  del  ne- 
mico, reggere  all'assalto.  Respingere  l'urto,  rintuz- 
zarlo, costringere  il  nemico  a  desistere  dall'attacco. 

-  Spalleggiare,  difendere,  sostenere  alle  spalle.  - 
Sparar  le  ultime  cartucce,  fare  gli  ultimi  sforzi, 
tentar  le  ultime  prove,  resistere  ancora. 

Tagliare,  rompere,  impedire  al  nemico  le  linee, 
le  vie  di  comunicazione,  la  ritirata,  ecc.  -  Tener 
bene  asciutte  le  polveri,  star  preparati  alla  battaglia. 

-  Traccheggiare,  trattenere  artificiosamente  il  nemico 
con  aggiramenti  diversi  o  in  altro  modo,  per  mo- 
lestarlo, stancarlo  o  guadagnar  tempo.  -  Venire  alla 
baionetta^  a  combattimento  corpo  a  corpo. 


Fasi,  episodi,  ecc.,  d'una  battaglia. 

Allarme,  grido  delle  sentinelle  avvertenti  ravvici- 
narsi del  nemico.  -  Falso  allarme,  il  suono  che  si 
dà  dall'un  dei  lati  del  luogo  ov'è  posto  il  nemico, 
a  fine  di  rivolgerne  l'attenzione  a  quella  parte, 
mentre  si  corre  ad  assaltarlo  dall'altra.  -  Assalto,  il 
fatto  e  il  modo  dell'assaltare,  ossia  azione  con  la 
quale  un  corpo  di  milizie  cerca  impadronirsi  di 
una  posizione  del  nemico.  -  Attacco,  principio  di 
una  battaglia;  atto  di  attaccare  il  nemico,  il  suo 
campo,  le  sue  fortezze,  ecc.  -  Contrattacco,  attacco 
repentino,  dato  per  lo  più  alla  coda  o  al  fianco 
dell'attaccante.  -  Falso  attacco,  quello  che  si  inco- 
mincia e  non  si  compie,  ma  che  si  riferisce  sempre 
ad  un  attacco  principale,  che  esso  deve   agevolare. 

-  Centro  d'attacco,  quel  punto  principale  ch'é  preso 
di  mira  dall'attaccante  o  dove  è  più  vivo  l'attacco. 

-  Azione  brillante,  fatto  d'arme  notevole  per  co- 
raggio e  ardire. 

Caccia,  inseguimento  del  nemico  che  fugge,  a  fine 
di  raggiungerlo  e  sottometterlo.  -  Caccia  attiva,  di 
chi  la  fa;  caccia  passiva,  il  fuggire,  inseguito  dal 
nemico.  -  Cambiamento,  nome  generico  di  molte 
evoluzioni  nella  linea,  nella  fronte,  nella  colonna, 
nei  fianchi,  ecc.  -  Cambiamento  di  direzione,  il  gi- 
rare, avanzando,  di  un  reparto  in  colonna,  in  moto: 
serve  a  volgere  la  sua  fronte  verso  un  fianco,  con- 
tinuando ad  avanzare.  -  Carica,  l'urto  o  l'affronta- 
mento  di  un  corpo  di  soldati  di  fanteria  o  di  ca- 
valleria, che  si  scaglia  addosso  ad  un  altro;  parte 
risolutiva.  Anche,  l'atto  importante  della  cavalleria. 
Carica  a'  fondo,  assalto  con  tutte  le  forze  e  col 
maggior  urto  possibile.  -  Celata,  imboscata,  agguato. 
Gente  nascosta  per  sorprendere  il  nemico.  -  Chior 
mata,  invito  che  si  fa  dall'una  delle  due  parti  ne- 
miche, con  tamburo  o  parlamentario,  a  qualsiasi 
richiesta  o  di  combattere  o  di  arrendersi,  ecc.  - 
Collisione,  s.;ontro,  urto  di  combattenti.  -  Colpo  di 
soprassalto,  assalto  improvviso;  attacco  impetuoso 
e  di  repentina  riuscita.  -  Congresso,  l'incontro  di 
combattenti,  ma  in  numero  ristretto,  a  faccia  a 
faccia  e  quasi  al  passo. 

Conversione,  movimento  col  quale  un  reparto 
cambia  fronte.  -  Conversioni  diagonali,  quando  se 
ne  compie  la  ottava  parte.  -  Conversioni  a  perno 
fisso,  0  a  perno  moòtfe,  il  girare  di  un  reparto  in  linea 
sopra  una  delle  due  ali  che  resta  sul  posto:  l'ultra, 
che  dicesi  mobile,  mantiene  o  prende  la  andatrira 
con  la  quale  si  vuole  convergere.  -  Conversioni  ad 
angolo  retto,  quelle  che  si  compiono  col  giro  di  un 
quarto  di  circolo. 

Defezione,  l'allontanarsi  al  momento  della  bat- 
taglia. -  Difensiva,  azione  dell'attaccato,  il  quale, 
per  minor  forza  o  per  altra  ragione,  sfugge  gli 
attacchi  o  li  aspetta  in  posizione  favorevole.  -  Di- 
mostrazione, mossa  artificiosa  per  intimidire  il  ne- 
mico.  -  Disfatta,   rotta,    sconfitta   dì    un   esercito. 

-  Diversione,  operazione  difensva,  l'atta  allo  scopo 
di  richiamare  il  grosso  del  nemico  in  altro  luogo. 

-  Evoluzione,  le  forme,  le  mosse,  gli  atti  in  cui  si 
può  trovare  un  riparto  di  milizia,  isolato  o  unito 
ad  altri.  Movimento  applicato  alte  unita  di  forza, 
convenientemente  divise  e  suddivise,  per  operare 
delle  trasformazioni,  allo  scopo  di  far  passare  con 
regolarità  e  prontezza  dall'una  all'altra  delle  for- 
mazioni necessarie  per  poter  condurre  le  truppe 
insieme  e  con  precisione  verso  il  punto  determinato. 

hèrvere,  ingrossare  della  battaglia,  quando  é  nel  suo 
pieno  svolgersi.  -  Fiancata,  forte  attacco  di  fianco.  -  Forte 


BATTAGLU 


-2t)l 


della  battaglia,  il  punto  in  cui  si  trova  a  conflitto 
il  maggior  nucleo  delle  forze  combattenti,  e  l'azione 
stessa:  pesta  maggiore,  gran  pressa.  •  Nel  caldo,  nel 
forte,  nel  calore  della  mischia:  nel  fervore  della 
battaglia.  -  Nel  folto  della  mischia,  nel  punto  in  cui  è 
concentrato  il  maggior  numero  di  combattenti.  • 
Fucilata,  il  fuoco  dei  fucili  in  battaglia  -  Fuga^ 
lo  scappare  disordinato  e  tumultuario  delle  milizie, 
allorquando  la  battaglia  risulta  perduta.  -  Fuoco, 
.l'esplodere,  lo  sparare  delle  artiglierie  e  delle  altre 
armi  da  fuoco.  -  Fuoco  di  guerra,  ogni  composi- 
zione artificiosa  che  divampa  con  luce  e  calore  nella 
battaglia,  ad  otlesa  del  nemico  {sotto  il  fuoco,  sotto 
l'offesa  delle  armi  nemiche). 

Grandine  di  piombo,  il  cadere  dei  proiettili  in 
grande  quantità.  -  /mòosca/fl,  agguato,  insidia  che  si 
tende  al  nemico  in  un  determinato  luogo,  per  co- 
gliervelo  di  sorpresa:  celata.  -  Impeto,  rapidità  e 
calore  di  un  attacco,  di  una  carica.  -  Inseguimento, 
il  rincorrere  il  nemico  in  finga.  •  Investimento,  urto 
d'un  corpo  di  milizia  contro  un  altro  ;  assalto  a  una 
batteria,  a  una  posizione  occupata  dal  nemico.  — 
Irruzione,  mossa  improA^isa  e  impetuosa  sul  nemico. 

Marcia,  il  movimento  delle  truppe:  marcia  da 
battaglia,  quella  fatta  in  presenza  del  nemico,  ma 
in  modo  da  non  esserne  molestati  o  sorpresi  -  Marcia 
in  battaglia,  movimento  diretto,  avanti  o  indietro, 
di  tutto  un  corpo  di  milizie.  -  Mossa,  evoluzione 
coordinata,  per  mutare  indirizzo  o  posizione.  - 
Offensiva,  azione  dell'attaccante,  il  quale,  fidando 
nelle  proprie  forze  e  per  giovarsi  di  circostanze 
favorevoli,  va  in  cerca  del  nemico  per  costringerlo 
a  battaglia.  -  Offesa,  l'atto  del  combattere  contro  il 
nemico.  -  Ostilità,  la  battaglia  e,  insieme,  il  com- 
plesso delle  azioni  di  guerra.  -  Resa,  ['arrendersi. 
-  Riscossa,  ricuperamento  f^'un  campo,  d'un  posto,  e 
l'aiuto  efficace  dato  dalle  seconde  schiere  alle  prime, 
sopralTatte  dal  nemico. 

Ritirala,  partenza  dal  campo  di  battaglia  e  in 
faccia  al  nemico:  ritiramento,  ritratta,  ritiro  di 
truppe.  Anche,  il  luogo  sicuro  nel  quale  si  può  ri- 
durre l'esercito,  tornando  indietro.  Distinguesi  la 
ritirata,  con  la  quale  si  abbandona  il  terreno  in 
seguito  a  battaglia  perduta,  e  la  ritirata  per  la 
quale  si  lascia  il  campo  di  battaglia  combattendo, 
con  la  speranza  di  rifarsi  delle  perdite  subite,  al- 
l'uopo appoggiandosi  a  truppe  fresche  o  a  posizione 
forte,  oppure  con  la  speranza  di  sottrarsi  a  una 
disfatta  completa.  -  Ordinare  la  ritirata:  battere, 
far  battere  la  ritirata  ;  suonare  a  raccolta  ;  toccare 
a  raccolta;  suonare  alla  ritratta,  a  ritratta,  la  ri- 
tratta; levare  di  battaglia. 

Rotta,  disfatta,  sconfitta. 

Sconfiggimento,  lo  sconfiggere,  l'atto  del  far  su- 
bire una  sconfitta  al  nemico.  -  Strage,  uccisione  di 
un  gran  numero  di  combattenti:  carneficina,  mas- 
sacro, macello,  eccidio,  sterminio.  -  Stratagemma, 
mossa  0  altra  azione  che  trae  in  inganno  il  nemico. 

Luoghi,  ARNESI  e  aspetti  d'una  battaglia. 

Accampamento  di  posizione,  quello  stabilito 
lungo  il  fronte  di  battaglia.  -  Ambulanza,  luogo 
poco  distante  dalla  battadia  dove  si  portano  i  fe- 
riti ;  anche  il  personale  ai  servizio  ;  il  carro  o  il 
treno.  -  Armi,  tutti  i  mezzi  di  offesa  e  di  difesa; 
armi  bianche  (baionetta,  sciabola,  lancia,  daga,  ecc.); 
armi  da  ftioco,  (fucili,  cannoni,  mitragliatrici,  obici: 
veggasi  ad  arme.  ■  Battagliera,  piazza  atta  a  dare, 
o  a  sostenere  una  battaglia.  -  Bottino,  la  preda  che 


si  toglie  al  nemico,  sul  campo  di  battaglia,  o  du- 
rante la  guerra:  preda  bèllica.  -  Campo  dell'onoi-e, 
il  campo  di  battaglia.  -  Campo  di  battaglia,  campo, 
terreno,  luogo  dove  si  combatte  o  si  è  combattuto. 

Carreggio  di  combattimento:  comprende  il  carreg- 
gio per  l'attuazione,  sul  campo  di  battaglia,  del 
servizio  di  sanità  e  di  rifornimento  delle  munizioni. 
-  Carretta  di  sanità:  trasporta  medicinali  ed  appa- 
recchi per  medicazione.  -  Cnrriuola,  specie  di  let- 
tuccio  0  lettiga  per  trasportare  malati  o  feriti.  - 
Carro  di  sanità:  trasporta  medicinali,  barrelle,  ap- 
parecchi di  sanità  -  Carro  per  feriti  gravi:  consta 
di  una  cassa  j^rande  con  due  sportelli  posteriori, 
quattro  aperture  a  vetri  e  due  sedili  longitudinali 
nell'interno,  a  cerniera,  di  una  sotto-cassa,  di  un 
cofanetto-sedile  sul  davanti.  -  Carro  da  munizioni, 
vettura  a  quattro  ruote,  divisa,  al  pari  dell'affusto, 
in  avantreno  e  retrotreno,  le  quali  due  parti  si 
possono  con  facilità  separare  e  riunire  insieme.  - 
acciaio,  strage  d'uomini  in  campo  di  battaglia.  - 
Ossario,  luogo,  edificio  nel  quale  si  depongono  le 
ossa  di  morti,  specialmente  là  dove  fu  un  campo 
di  battaglia.  -  Spoglie,  quanto  appartiene  alle  milizie 
vinte  e  il  vincitore  trova  sul  campo  di  battaglia.  - 
Spoglie  opime  furono  dette  le  spoglie  del  capo  del- 
l'esercito, ucciso  in  battaglia. 

Varie.  —  Batracomiomachia,  battaglia  favolosa 
delle  rane  e  dei  topi.  -  Gigantomachia,  titanomachia, 
battaglia  di  giganti,  di  titani.  •  Tauromachia,  bat- 
taglia di  tori. 

Battaglia  navale. 

Combattimento  tra  navi  e  navi:  naumachia.  A 
una  battaglia  navale  può  prender  parte  un'intera 
armata,  che  si  compone  di  due  o  più  squadre.  - 
La  squadra  è  formata  da  due  o  più  divisioni.  -La 
divisione  è  composta  di  due  o  più  navi.  -  Ad  ogni 
forza  navale  (armata,  squadra,  divisione)  possono 
essere  aggregate  navi  speciali,  dette  onerarie.  -  Ad 
ogni  nave  può  essere  aggregata  una  torpediniera, 
0  più  d'una.-  Ilottiglia,  riunione  di  legni  sottili  o 
torpediniere,  sotto  gli  ordini  di  un  comandante  su- 
periore. -  Squadrìglia,  insieme  di  due  sezioni.  - 
Sezione,  insieme  di  due  legni  sottili  o  di  due  tor- 
pediniere. 

Formazione  di  una  forza  navale,  determinata  di- 
sposizione relativa  di  navi,  divisione  o  squadre. 
Secondo  i  casi,  la  nave,  la  divisione  o  la  squadra 
chiamasi  unità  della  formazione.  -  Evoluzioni,  i  mo- 
vimenti che  le  unità  di  formazione  (navi,  divisioni 
0  squadre)  debbono  fare  per  passare  da  una  for- 
mazione all'altra.  -  Cambiamento  di  rotta:  in  qua- 
lunque formazione  si  può  far  cambiare  rotta  alla 
forza  navale  con  accostata  simultanea  di  tutte  le 
navi.  Quando  queste  si  seguono  una  nelle  acque 
dell'altra,  si  può  far  cambiare  rotta  con  movimento 
successivo,  cioè  di  contromarcia. 

Nave  ospedaliera,  o  nave  ospedale  militare,  imbar- 
cazione che,  durante  o  dopo  la  battaglia,  raccoglie 
feriti  0  naufraghi.  -  Nave  regolatrice,  quella  sulla 
quale  le  altre  navi  regolano  i  propri  mo\imenti.  In 
massima,  la  nave  ammiraglia.  -  Abbordaggio,  l'acco- 
starsi, l'investirsi  di  due  navi,  bordo  a  bordo,  per 
combattere  :  abbordo.  -  Abbordare  (abbordato),  ve- 
nire all'abbordaggio.  -  Andare,  venire  all'abbordo, 
andare,  venire  all'assalto  di  una  nave.  -  Arrembaggio, 
assalto  alle  rembate  per  combattere  corpo  a  corpo. 
-  Battagliola,  difesa  sul  bordo  di  una  nave,  formata 
di  forcine  di  legno  o  di  ferro,  su  cui  si  appoggiano 


262 


BATTAGLIARE   —   BATTERIA 


traversi  atti  a  sostenere  materassi  o  altro,  per  ri- 
paro dei  proiettili,  o  per  fare  pavesata  ai  parapetti 
0  alle  coflfc-  -  Fiancata,  carica  dei  cannoni  o  delle 
batterie  d'una  7iave  da  guei-ra.  -  Investimento, 
urto  per  offendere  una  nave  nenaica. 

Battagliare    (battagliato).  Detto  a  battaglia. 

Battagliero  (battaglieresco,  batlaglievolo).  Veg- 
gasi  a  battaglia  e  a  gaerìnero. 

Battaglio.  Il  ferro  che  fa  suonare  la  cam- 
pana. 

Battaglione.  Corpo  di  milizia  a  piedi,  parte 
di  un  reggimento.  Unità  tattica  della  fanteria, 

Battellata.  Detto  a  battello. 

Battelliere.  Conduttore  di  battello.  Anche,  il 
barcaiuolo. 

Battello.  Piccola  tiave  per  vari  usi  e  messa 
in  moto  con  mezzi  diversi.  Nell'uso,  specialmenle 
il  piccolo  piroscafo  che  tragitta  passeggieri  e  merci 
sui  laghi  e  sui  grandi  fiumi.  Anche  barca:  bargio, 
burchiello,  burchio;  chiatta,  scialuppa,  sciatta;  pa- 
liscalmo,  palischermo,  schifo,  ecc.  Come  la  barca, 
ha  la  prua,  la  poppa,  ecc.;  più,  l'elice,  il  timone,  il 
ponte,  ecc.,  come  una  nave.  -  Pagliuolo  o  paglino- 
lato,  tavolato  che  copre  il  fondo  di  un  battello  o 
di  una  nave.  In  origine,  la  camera  nella  stiva,  co- 
perta di  paglia,  ove  si  riponevano  le  provviste  e  il 
biscotto.  -  Battellino,  battelletto,  piccolo   battello. 

Battana,  minuscolo  battello,  a  fondo  piatto,  ca- 
pace di  una  persona,  che  vi  sta  seduta  e  lo  fa 
muovere  con  un  remo  a  doppia  pala.  Detto  anche 
balsa.  -  Battello  a  vapore,  quello  mosso  da  mac- 
china 0  da  macchine  a  vapore,  che  fanno  agire  il 
propulsore,  meccanismo  imprimente  il  movimento 
propulsore  a  ruote,  aAVelice,  ecc.  •  Battello  da  pesca, 
piccola  navicella  di  varie  forme,  atta  del  pari  a 
portar  vela  e  ad  essere  spinta  a  remi.  -  Battello  di 
rimorchio,  quello  che,  specialmente  nei  porti,  tra- 
scina altra  imbarcazione  dietro  a  sé.  -  Battello  di 
salvamento,  di  salvataggio,  di  soccorso,  quello  usato 
per  dare  aiuto  ai  naufraghi. 

Battello  elettrico,  quello  mosso  da  un  motore  elet- 
trico, animato,  a  sua  volta,  da  pile  o  da  accumu- 
latori. -  Battello  sottomarino,  quello  col  quale  si 
naviga  sott'acqua  nel  mare.  -  Periscopio,  apparecchio 
nei  sottomarini  per  dirigerne  il  corso  :  è  basato  sulla 
rifrazione  dei  raggi.  -  Canotto,  palischermo  battello 
di  forme  svelte  ed  eleganti.  -  Guscio,  battello  usato  per 
diporto  sui  fiumi  o  per  caccia  nelle  paludi.  -Lancia, 
battelletto  a  servizio  di  grosse  navi  o  per  usi  diversi. 

Pacchebotto,  battello  dei  pacchetti  postali,  che  fa 
servizio  regolare  fra  porto  e  porto.  -  Paranza, 
paranzella,  sorta  di  battello  o  di  barca,  con  lungo 
albero,  e  con  vela  latina,  usato,  più  che  altro,  per 
la    pesca. 

Sambvro,  battello  leggiero  per  canali,  lagune, 
stagni.  -  Scialuppa,  battello  piccola  nave  per  servizio 
delle  grandi.  -  Spola,  sorta  di  battelletto.  -  Zàttera, 
piattaforma  di  tavole,  quadrilunga,  calleggiante,  che 
serve  nell'interno  dei  porti  a  sostenere  operai  o 
marinai  che  lavorano  al  raddobbo  dei  navigli. 
Anche,  imbarcazione  da  trasporto. 

Caicco,  battello  turco,  leggero,  elegante.  -  Ferry- 
boat,  battello  a  vapore  per  trasportare  da  una 
riva  all'altra  d'un  corso  d'acqua  le  carrozze  (anche 
di  ferrovia)  e  i  viaggiatori. 

Gt^  (ingl.:  pron.  ghig),  sorta  di  battello  elegante  e 
veloce  che  serve  v;eneralmente  al  capitano  della  nave. 
-  Gymnote,  battello  fusiforme  per  la  navigazione 
sottomarina,  costruito  dall'ingegnere  francese  Zédè, 


nel  1888.  -  Hoetker  (pron.  Ucker),  sorta  di  battello 
da  costa  olandese.  -  Jangada,  sorta  di  battello  in  uso 
sulle  coste  del  Brasile.  -  Kirigi,  battello  turco  a 
fondo  piatto.  -  Kivik,  battello  russo  da  fiume, 
con  tetto  di  stuoie  :  lo  si  conduce  a  remi  o  a  ca- 
valli. -  Mascina,  sorta  di  battello  arabo.  -  Maiv, 
sorta  di  battello  egiziano.  -  Sampany,  leggiera  imbar- 
cazione della  Cina  e  del  Tonchino  -  ^Sbop  (ingl.;, 
battello  a  un  solo  albero,  gran  randa  e  contro  randa, 
due  0  tre  fiocchi,  velocissimo.  -  Sculler  (ingl.:  pron. 
scòller),  battello  piccolissimo  mosso  con  un  solo 
remo  di  dietro. 

Alaggio,  manovra  con  la  quale,  mediante  funi,  o 
a  forza  di  uomini  o  di  cavalli,  si  tira  un  battello,  per 
fargli  risalire  un  fiume  o  un  canale.  -  Battellata, 
quantità  di  cose  o  di  persone  contenute,  traspor- 
tate in  un  battello.-  Amarra,  fune  con  la  quale 
si  lega  (si  amarra)  un  battello  senza  ricorrere  alla 
àncora.  -  Nocchiero,  il  timoniere  che  guida  il 
battello.  -  Sessola,  specie  di  cucchiaia  di  legno  con 
la  quale  si  vuota  l'acqua  entrata  o  filtrata  nei  battelli. 

Battente.  L'arnese  col  quale  si  batte  a  una 
porta  per  farsi  aprire  :  mazzapicchio,  picchiotto. 

-  La  parte  dello  stipite,  dell'architrave,  della  soglia 
(se  intavolata)  battuta  ^^W imposta,  quando  si 
chiude.  -  Ciascuna  delle  parti  corrispondenti  del- 
l'imposta di  uscio  0  di  finestra,  e  le  parti  in 
cui  le  imposte  combaciano  fra  loro 

Bàttere  (battente,  battuto).  Dare  una  percossa, 
percuotere.  -  Vibrare  un  colpo  o  più  colpi,  far 
ticche  tacche,  ticchettare,  tambussare,  tampellare, 
tamburare.  -  Picchiare,  bastonare.  -  Riferito  a 
grano,  ad  altre  biade:  cavarle  dalla  paglia,  dal 
guscio,  percuotendole.  -  Di  lino  e  simili,  scotolarlo. 

-  Di  moneta,  coniarla.  -  Di  ferro  o  d'altro  me- 
tallo, percuoterlo  con  martello  o  con  maglio  per  la- 
vorarlo. -  Di  strada,  di  paese,  percorrerli.  -  Di 
certi  istrunienti  miisicali,  farli  suonare  per- 
cotendoli  (cosi  il  tamburo). 

Bussare,  picchiare  ad  un  uscio,  ad  una  porta. 

Percuotere,  cozzare,  urtai'e  una  parte  del  corpo 
contro  checchessia.  -  Di  orologio,  indicare  le  ore 
col  suono.  -Del  sole:  investire  coi  raggi  un  luogo. 

-  Di  catnpana,  suonare  a  tocchi.  -  In  una  gara, 
sorpassare,  superare,  vincere.  -  In  linguaggio  mili- 
tare, sconfiggere,  vincere  in  battaglia,  sbara- 
gliare, sgominare.  -  Percuotere  con   l'artiglieria. 

-  Nel  giuoco  del  biliardo  e  del  pallone,  menare 
il  primo  colpo,  r  II  movimento  naturale  che  fanno 
il  polso,  il  cuore,  l'arteria  e  altre  parti  del 
corpo,  per  afi'anno.  per  fatica,  ecc.  -  Figur.,  fre- 
quentare un  luogo.  -  Termine  di  musica:  bàt- 
tere il  tempo,  regolare  chi  canta  o  chi  suona  col 
battere  leggermente  checchessia.  -  Batter  forte:  a 
pieno,  a  tutto  braccio;  strabattere,  trabattere;  mar- 
tellare, mazzapicchiare,  sconquassare.  -  Ribàttere, 
ripicchiare,  ripercuotere,  battere  di  nuovo.  -  Sca- 
matare, battere  lana,  un  panno  e  simili. 

Battimento:  percotimento,  picchiata,  battuta,  pul- 
sazione, picchiettatura.  -  Battio,  il  battere  frequente 
.  pr'-.lungato.  -  Battito,  il  battere,  specialmente  in- 
tenso e  accelerato,  che  fanno  nel  corpo  animale 
il  cuore,  le  Ariene, ecc. -Battitore,  chi  o  che  batte; 
percussore.  -  Battitura,  l'atto  del  battere;  anche  l'ef- 
fetto ;  percussione.  -  Battuta,  percuotimento. 

Battitoio,  nome  collettivo  e  generico  di  ogni  stru- 
mento, di  foggie  e  materie  diverse,  per  battere  qua- 
lunque oggetto;  battente   picchiotto. 

Batteria.  Insieme  di  uu  certo  numero  di  pezzi 


BATTERIA   —    BATTESIMO 


2tJ3 


A' artiglieria,  con  i  relativi  attrezzi,  gli  acces- 
sori e  i  soldati  per  manovrarli.  -  Difesa  di  for- 
tezza f  di  fortiticazione. 

Batteria  a  barbetta:  quando  i  cannoni  sono  si- 
tuati sul  luof^o  più  eminente  del  terrapieno  di  una 
opera  di  fortificazione,  •  che  giuocano  alla  scoperta 
e  senza  cannoniera.  -  Batteria  a  due  o  tre  pari, 
quella  formata  con  due  o  più  ordini  di  pezzi,  gli 
uni  sopra  gli  altri,  come  sono  talvolta  sulle  colline 
o  nelle  fortificazioni.  -  Batttrie  a  fior  d'acqua, 
quelle  che  rasentano  coi  proiettili  la  superlicie 
dell'acqua.  -  Batterie  da  costa,  quelle  le  cui  linee 
di  tiro  formano  angoli  più  o  meno  aperti  col  fronte 
del  nemico.  -  Batteria  di  fianco,  quella  che  batte 
a  tergo  una  truppa  già  esposta  ai  fuochi  diretti.  - 
Batteria  d'infilata,  quella  che  si  riusci  a  stabilire 
sul  prolungamento  di  una  linea  nemica. 

Batteria  di  rimbalzo,  i  pezzi  coi  quali  si  tirano 
proiettili  che  giungono  al  segno  di  là,  dopo  i. salti 
di  qua.  -  Batteria  inci-ociata,  quella  i  cui  pezzi  ti- 
rano di  costa,  in  modo  da  incrociare  fra  esse  i  loro 
fuochi.  -  Batteria  galleggiante,  insieme  dei  pezzi 
messi  sopra  barche  e  sopra  zattere  per  battere  una 
fortezza.  -  Contrabbatteria,  batteria  che  ad  arte  si 
stabilisce  per  opporla  alla  batteria  del  nemico.  • 
Mettere  il  cannonef  i  'pezzi,  in  batteria:  disporli  e 
appuntarli  per  far  fuoco. 

Fiancata,  sparo  simultaneo  di  una  batteria  e  an- 
che di  tutte  le  artiglierie  sopra  un  fianco  del  ne- 
mico. -  Fosso  della  batteria,  fosso  scavato  (lavanti 
al  parapetto  oai  fianchi,  per  avere  la  terra  neces- 
saria a  completare  il  parapetto.  -  Parapetto,  massa 
di  terra,  a  difesa  della  batteria,  e  la  sua  parte  più 
importante.  -  ProfUo,  il  taglio  verticale  d'una  bat- 
teria. 

In  barbetta,  piccola  batteria   in   alto  e  allo  sco- 

f)erto.  -  Ridurre  al  silenzio,  di  batterie:  smantel- 
arle,  ridurle  allo  stato  da  non  poter  più  rispondere. 

Batterla.  Nelle  navi  da  guerra,  il  corridoio 
sotto  coperta  ove  stanno  le  artiglierie.  —  Mecca- 
nismo di  orologio. 

Batteria  elettrica.  La  riunione  di  più  bottiglie 
di  Leida,  associate  in  modo  che  tutte  le  armature 
interne  comunichino  fra  di  loro,  come  pure  tutte 
le  armature  esterne.  -  Batterie  a  ripulsione,  batte- 
tene stazionarie  costituite  con  speciali  cure,  e 
che  possono  subire  forti  sbalzi  nella  scarica: 
d»  tte  anche  batterie  tampone ,  perchè  adem- 
piono all'ufficio  di  eguagliare  la  produzione  estre- 
mamente variabile  delle  officine,  mantenendo  la 
tensione  della  distribuzione  in  limiti  praticamente 
fissi.  -  Batterie  stazionarie,  batterie  installate  nelle 
centrali  elettriche,  o  per  aumentarne  la  potenzia- 
lità durante  le  ore  di  maggior  consumo;  o  per 
permettere  un  servizio  continuativo  durante  le  ore 
in  cui  si  devono  tener  ferme  le  macchine;  o  per 
utilizzare  continuamente  la  piena  potenzialità  ael- 
f officina;  o  ancora  sono  installate  a  distanza  dalla 
eentrale  di  produzione  come  sottostazioni  di  rifor- 
nimento, ecc.  -  Batterie  trasportabili,  in  generale, 
batterie  di  un  numero  limitato  di  elementi,  e  di 
limitata  capacità,  destinate  alla  propulsione  di  vei- 
coli, o  ad  illuminazione  di  vetture  ferroviarie,  ecc. 

Batteride.  Microrganismo,  bacterio. 

Batteriologia.  Detto  a  bacterio. 

Battersela.  Il  partir  e,  l'andarsene  in  fretta 
«  alla  chetichella. 

Bàttersi.  Venire  alle  mani,  combattere,  in 
duello,  in  battaglia^  ecc.  -  Termine  di  scherma. 

Battesimale.  Di  battesimo. 


Battesimo  {battesimale,  battezzare,  battezzato).  Il 
primo  dei  sette  sacramenti  della  Chiesa  cattolica, 
praticato  col  versare  acqua  beìiedetta  sul  capo 
di  chi  lo  riceve:  battesimo,  battczzamento;  sacro, 
santo,  salutifero  lavacro;  imposizione  di  nome. 

Battesimo  di  fuoco,  quello  die  di  fatto  non  fu  pra- 
ticato, ma  che  la  Chiesa  ritiene  come  avvenuto  in 
forza  dell'ardente  desiderio  dimostrato  di  ricevere 
questo  sacramento  da  chi  si  trovò  nell'impossibilità 
di  soddisfare  tale  desiderio.  -  Battesimo  di  sangue, 
il  martirio  subito  per  la  fede  cristiana.  -  Battemmo 
per  immersione,  usato  anticamente,  tuffando  il  bat- 
tezzando. 

Battesimale,  di  battesimo,  proprio  del  battesimo; 
appartenente  a  battesimo. 

Battezzando,  chi  è  da  battezzare.  -  Battezzante 
chi  dà  il  battesimo:  battezzatoré,  battezziere.  -  BaC 
tezzare,  amministrare  il  battesimo:  dar  l'acqua' 
far  cristiano,  dare  la  fede;  imporre  il  nome.  -Bai' 
tezzato,  chi  ha  ricevuto  il  battesimo.  -  Essere  bai' 
tezzato,  prendere  il  battesimo;  avere,  ricevere  la 
fede;  trarre  il  santo  battesimo.  -  Ribattezzare,  ripete 
battezzare.  •  Tenere  a  battesimo:  levare  dal  sacro 
fonte,  far  da  comare,  da  compare,  da  padrino,  da 
patrino;  levare  dal  fonte  battesimale,  tenere  sulle 
braccia  il  bambino  mentre  il  prete  lo  battezza. 

Persone,  edifici,  cose  del  battesimo 

e  PEL  BATTESraO 

tornare,  la  donna  che  tiene  a  battesimo  il  bam- 
bino, insieme  col  compare:  madrina,  matrina,  ma- 
dre spirituale.  Anticamente,  anche  sàntola,  sdntula. 
E'  pure  appellazione  reciproca  tra  essa  e  la  madre 
e  il  padre  del  battezzato.  Comarina,  comaruccia, 
comarona.  -  Compare,  o  padrino,  patrino,  colui  che 
tiene  a  battesimo  la  creatura:  padre  spirituale,  sàn- 
tolo, compadre.  Appellazione  reciproca  tra  padre  e 
madre  della  creatura  ed  essolui.  Comparino,  nomio 
(disusato).  -  Patrini,  termine  collettivo,  compren- 
dente anche  la  madrina.  -  Figlioccio,  figlioccia, 
appellativo  che  il  compare  e  la  comare  danno  a 
chi  hanno  tenuto  a  battesimo:  figlioccio  spirituale. 
-  Comparatico,  la  cognazione  spirituale  che,  nel 
battesimo  e  nella  cresima,  si  contrae  dai  compari 
tra  loro  e  tra  il  figlioccio,  cosi  pure  tra  i  padrini: 
compaternitd.  -  Parentela  spirituale,  quella  tra  com- 
pare e  comare  col  bambino  che  fu  oa  essi  tenuto 
a  battesimo.  -  Prenome,  nome  di  battesimo.  -  Cortèo, 
seguito  di  persone  che,  invitate,  accompagnano  un 
bambino  al  battesimo. 

Chiesa  battesimale,  quei  la  nella  quale  si  riceve 
il  battesimo.  -  Fonte  battesimale,  recipiente  ove  si 
conserva  l'acqua  benedetta  per  uso  di  battezzare: 
sacro  fonte;  battezzatorio.  -  Battistero  o  battisterio, 
luogo  dove  si  battezza;  foggiato  a  guisa  di  piccolo 
tempio  o,  per  lo  più,  situato  in  una  picccola  cap- 
peUa-  In  alcune  città,  la  intera  chiesa  dov'  è  il 
fonte  battesimale.  Nelle  funzioni  del  battesimo  e 
del  matrimonio  si  fa  uso  della  credenza,  ripostiglio 
di  vasi  e  arredi  di  vario  prezzo  e  lusso,  a  seconda 
della  mercede  fornita  ai  preti  per  l'opera  loro. 

Acqua  battesimale,  acqua  del  battesimo,  acqua  che 
si  benedice  secondo  il  rito  della  chiesa,  per  servire 
a  battezzare;  a  indicare  la  quale  dicesi  anche  acqua, 
senz'altro.  -  Conopeo,  velo  che  si  firapponeva  fra  il 
sacerdote  e  il  fonte  battesimale,  nel  tuffarsi  che  fa- 
cevano in  questo  le  donzelle  nei  primi  tempi  cri- 
stiani. -  Fede  di  battesimo,  certificato  rilasciato  dal 


2tì4 


Battezzatòrio  —  bàvero 


prete.  -  Mantellino,  drappo  di   seta  o  altro  ricco 
panno  col  quale  si  copre  la  creaturina  a  battesimo. 

Termini  storici.  —  Anabattista,  per  la  Chiesa 
cattolica,  eretico  cosi  chiamato  dal  ribattezzare  che 
faceva  i  fanciulli,  giunti  all'età  della  ragione  -  An- 
fidromia,  festa  famigliare  presso  gli  antichi  Greci, 
nella  quale  si  dava,^  pochi  giorni  dopo  la  nascita, 
il  nome  a  un  bambino,  tenendolo  in  braccio  e  cor- 
rendo cosi  intorno  al  fuoco.  -  Battista,  il  Battista, 
Giovanni  Rallista,  il  «  precursore  »,  che  battezzò 
Cristo.  -  Catabattisti,  coloro  che  negano  la  necessità 
dei  battesimo.  -  Catecumeno,  adulto  non  cristiano, 
che  sta  ricevendo  l' istruzione  necessaria  per  essere 
ammesso  al  battesimo.  -  Copronimo,  soprannome  dato 
a  un  principe  che,  nella  sua  infanzia,  sporcò  il  fonte 
allorquando  fu  presentato  al  battesimo.  -  Dicaptisti^ 
settari  che  battezzavano  due  volte.  -  Emerohaptisti, 
settari  che  rinnovavano  il  battesimo  tutti  i  giorni.  - 
Esorcizzare,  fare  esorcismo:  una  delle  antiche  ceri- 
monie del  battesimo,  fatta  per  scacciare  il  demonio, 
-  Grabatari  (voce  greca,  letto  basso,  letticciuolo), 
coloro  che  si  battezzavano  ammalati  o  presso  a 
morte:  detti  anche  clinici.-  Lamproforo,  neofita  ve- 
stito di  bianco.  -  Limbo,  luogo  nel  quale,  secondo 
alcuni  teologi,  vanno  i  bambini  non  battezzati.  - 
Neofita,  0  neofita,  nuovo  battezzato 

Battezzatòrio.  Detto  a  battesimo. 

Battezziere.  Detto  a  hattesimo. 

Battibaleno.  Attimo,  breve  momento. 

Battibecco.  Alterco,  litigio,  contrasto  di  parole. 

Batticòda.  Specie  di  uccèllo  (silvano):  cutret- 
tola. 

Batticulo.  Sorta  di  giaco  (voce  bassa). 

Batticuore.  Palpitazione  di  cuore,  per  lo  più 
causata  da  .spavento. 

Battifianco.  Detto  a  sfalla. 

Battilano.  Chi  unge  e  batte  la  lana. 

Battilòro.  Chi  riduce  Yoro  in  lama  o  foglia. 

Battimano.  Maniera  di  applaudire,  di  fare 
applauso. 

Battipalle.  Veggasi  a  fucile. 

Battipalo.  Detto  a  palo. 

Battisóffia,  battisòfflola.  Veggasi  a  patirà. 

Battistèro.  Luogo  in  cui  si  dà  il  battesimo. 

Battistrada.  Veggasi  a  staffetta. 

Bàttito.  Il  battere,  specialmente  deWarteria, 
del  cuore,  ecc.  -  Battiti  caniiaci  fetali,  i  toni 
udibili  con  l'applicazione  dell'orecchio  sulla  parete 
addominale  della  donna  gestante. 

Battitura.  L'atto  del  battere.  -  Lavoro  di 
agricoltura.  •  Anche,  percossa. 

Battola.  Arnese  del  mulino. 

Battologria  fbattólogicoj.  Viziosa  ripetizione 
che  si  fa  nel  parlare. 

Battuta.  Termine  di  musica  e  del  giuoco  del 
pallone. 

Batùffolo.  Piccola  massa,  involto. 

Baule.  Sorta  di  cassa  da  viaggio,  quadrilunga, 
senza  piedi,  coperta  di  pelle  rafforzata  con  regolini 
per  il  lungo  e  con  strisce  di  lamiera  specialmente 
nelle  cantonate;  e  provvista  di  due  maniglie,  una 
per  ciascun  fianco  o  testata:  serve  a  riporvi  bian- 
cheria, abitiecc,  specialmente  per  viaggio:  canestra, 
tamburo,  tmligione.  -  Baulaccio,  baule  rotto,  sgan- 
gherato, male  andato.-  Bauletto,  diminutivo  di  baule. 
-  Baulino,  piccolo  baule.  -  Calcato,  il  baule  quando 
la  roba  vi  è  calcata,  compressa.  -  Sgangherato,  il  baule 
sconnesso.-  Valigia, speciedi  bauletto,  fatto  di  pelle, 
di  tela,  ecc.,  adoperato  per  trasportare  alcune  robe 
in  viaggio. 


Parti  del  baule.  —  Coperchio,  parte  superiore 
del  baule,  della  stessa  materia  del  fondo,  più  o 
meno  convessa  e  da  potersi  serrare  a  una  o  due 
chiavi  e  altrettante  linguette.  -  Fondo,  la  parte  in- 
feriore del  baule;  tutto  l'interno,  dove  si  pone  la 
roba,  è  il  vano,  o  il  vuoto.  -  Cigne,  due  strisce  di 
passamano,  ciascuna  delle  quali  ha  uno  dei  capi 
imbullettato  nella  parie  interna  e  anteriore  del  fondo, 
a  ugual  distanza  dall'  una  e  dall'  altra  testata,  e  il 
capo  libero  passa  sopra  la  roba  e  va  a  stringersi 
con  l'opposto  riscontro,  munito  di  fibbia. 

Lingua,  linguetta,  la  laminetta  di  ferro,  lunga  al  più 
un  palmo,  mastiettata  all'un  dei  capi  sull'orlo  ante- 
riore del  coperchio  del  baule,  munita  al  capo  opposto 
e  per  di  sotto  di  un  boncinello  o  staffetta,  che  entra 
nella  feritoia  della  serratura  alla  piana,  conficcata 
nella  parte  anteriore  e  superiore  del  fondo:  tì  ri- 
ceve la  stanghetta,  mossa  dalla  chiave.  Talora  la  lin- 
guetta lia  un  semplice  fesso  o  feritoia,  la  quale  riceve 
un  boncinello  fermato  nel  baule  stesso,  e  in  questo 
boncinello  si  fa  passare  il  gambo  di  un  lucchetto. 

Maniglie,  specie  di  campanelle  metalliche  appli- 
cate, una  per  lato,  ad  un  baule,  ad  una  cassa,  allo 
scopo  di  renderne  agevole  il  trasporto.  -  Begolini, 
le  traverse  di  legno  applicate  per  rinforzo  all'esterno 
del  baule.  -  Stanghetta,  linguetta  del  baule.  -  Stecche, 
stecche  da  stringere,  due  o  tre  assicelle  di  legno,  ben 
lisce,  lunghe  poco  meno  che  il  baule,  attaccate  pa- 
rallelamente fra  loro  a  nastri  di  refe:  sono  da  allar- 
garsi sulla  roba  che  è  nel  baule,  e  da  stringersi 
poi  con  le  cigne. 

Aprire  i  bauli,  il  baule,  dicesi  anche  in  significato 
di  sfarli,  tirarne  fuori  la  roba.  -  Disfare  il  baule, 
cavarne  la  roba  per  riporla  altrove:  sbaulare.  -  Far 
baule,  fare  il  baule,  mettervi  la  roba  che  si  vuole 
portare  con  sé:  imbaulare.  -  Imballaggio,  azione, 
maniera  di  imballare,  ossia  di  mettere  nel  baule, 
ma  più  specialmente  in  una  cassa.  •  Zeppare,  empire 
il  baule  calcando. 

Valigeria,  bottega  ove  si  fanno  valigie,  bauli  e 
simili. 
Baùtta.  Indumento  da  màschera. 
Bava.  Umore  vischioso,  uscente  dalla  bocca  degli 
animali,  sotto  l'aspetto  di  schiuma,  anche  in  istato 
di  buona  salute  (bue,  ecc.);  nel  cane  specialmente 
quand'  è  rabbioso.  Salica,  che  scola  dalla  bocca 
del  bambino,  alla  prima  dentizione,  nonché  dalla 
bncca  dei  paralitici  e  dei  vecchi  senza  denti.  -  Ter- 
mine di  fonderia.-  Bavoso,  bagnato,  sporco  di 
bava,  pieno  di  bava:  piaccicoso.  -  Sbavatura,  della 
lumaca.  -  Bavosamente,  con  bava.  -  Sbavare,  far 
la  bava.  -  Sbavazzamenlo,  produzione  di  molta 
bava  -  Sbavazzare,  scombarare,  imbrattar  di  bava. 
Bavaglio.  Panno  od  altro  che,  cacciato  nella 
bocca  0  sulla  bocca  di  alcuno,  gli  impedisce  di 
parlare;  tovagliolino  che  si  applica  al  collo  del 
bambino, T^erchè  non  si  imbratti  le  vesti:  bava- 
gliolo,  bavaglino. 

Bavarese.  Bevanda  di  cioccolata  e  latte.  - 
Vecchia  moneta. 
Bavella.  Detto  a  filanda. 
Bavera.    Parte  della  veste  femminile,   intorno 
al  collo.  -  Baverina,  specie  di  solino  di  tela   nella 
veste  femminile:    specie   di  colletto.  -    Lardinola, 
specie,  di  bavera  grande  e  che  scende  più  in  tìasso 
della  ordinaria.  -" Goletta,  striscia  di  tela  finissima, 
ricamata  o  smerlata,  portata  dalle  donne,  che  l'at- 
taccano al  collo  del  vestito. 
Baverina.  Detto  a  bàvera. 
Bàvero.  La  ripiegatura  del  vestito  intorno  kL 


BAVOSO   —   BELLETTO 


!2tì5 


collo:  bavero  della  giubba,  del  pastrano^  ecc. 
Collare  del  mantello;  collarello;  jìistagna,  pista- 
gnone.  -  Grandiglia,  gorgiera  o  collare  antico  alla 
spagnuola;  bavero  alto. -Pellegrina,  bavero  inoderno 
dei  vestiti,  fatto  a  soiiii^'lianza  della  luantelletta  dei 
pellegrini.  -  Loia,  sudiciume  di  unto,  specialmente 
sul  bavero. 

Bavóso.  Detto  a  bava. 

Bazar,  o  bazzar.  IN'o;.rozio,  bottega  dove  si  offre 
in  vendita  un'iiilinità  di  ojrgetti  e  per  lo  più  a 
prezzo  fisso:  emporio. 

Bazza.  Il  luento  allungato.  -  Termine  del  giuoco 
di  carte.  -  Dicesi  anche  di  buona  occasione,  for- 
tiiìia. 

Bazzana.  Qualità  di  pelle  conciata. 

Bazzècola.  Cosa  da  poco,  inezia. 

Bàzzica.  Detto  a  biliardo  e  a  carte  da 
giuoco. 

Bazzicare  {bazzicatura,  bazzicato).  Praticare, 
andare  in  un  luogo;  frequentare^  riferito  a 
luogo  e  a  persona. 

Bazzicatura.  Bazzecola,  inezia. 

Bazzicotto,  bazzicottone.  Veggasi  a  carte 
da  giuoco. 

Bazzoffia.  Vivanda  o  minestra  grossolana.  - 
Composizione  letteraria  confusa  e  lunga. 

Bazzòtto.  Dicesi  àeWuovo  tra  sodo  e  tenero. 

Bdellatomia,  bdellepiteca,  bdellonie- 
tro.  Veggasi  a  sanguisuga. 

Bdellio.  Veggasi  a  gommoresina. 

Beare  (beato,  beatamente).  Far  felice,  beato, 
lieto. 

Beatificare,  beatificazione.  Detto  a  santo. 

Beatina.  Detto  a  bigotto. 

Beatitudine.  Stato  di  perfetta  felicità,  -  Uno 
dei  titoli  del  pajja. 

Bèca.  Veggasi  a  donna. 

Bécca.  Specie  di  ciarpa.  -  Punta  di  fazzoletto. 

Beccaccia.  Uccello  di  passo,  avente  gambe  e 
becco  lunghi,  coda  breve  colore  misto  di  rosso, 
bianco  e  nero:  somigliante  alla  starna.  -  Scientifìc. 
scolo  pax  rusticula.  -  Beccaccino,  uccello  di  passo, 
molto  minore  della  beccaccia.  -  Fn/ //ino,  detto  anche 
beccaccino  sordo:  ha  le  penne  di  colore  diverso  da 
quelle  del  beccaccino,  del  quale  ha  le  gambe  più 
corte  e  meno  forti.- Pinzacchio,  specie  di  beccaccino. 

Beccafico.  Uccelletto  bigiognolo,  dal  becco  gen- 
tile, che  si  trova  da  noi  per  emigrazione  sul  cadere 
dell'estate. 

Beccaio.  Il  macellaio. 

Beccamorti.  Il  becchino. 

Beccapesci.  Sorta  d'uccello  acquatico,  con  becco, 
piedi  e  occipite  di  color  nero. 

Beccare  (beccato).  Detto  a  becco. 

Beccastrino.  Sorta  di  zappa. 

Beccata.  Colpo  di  becco. 

Beccatello.  Àlensoletta  che  si  mette  nel  muro, 
per  sostegno,  di  qualche  parte  deWediftcio.  -  Al 
plurale,  i  pioletti  in  legno  o  in  ferro  degli  attac- 
capanni. 

Beccatóio.  Detto  a  gahbia  (da  uccelli). 
Beccheria.  Bottega  da  macellaio. 
Becchime.  Il  mangiare  del  pollo. 
Becchino.  Chi  sotterra  i  morti  nel  ciTuitero  : 

beccamorti,  pizzicamorti,  scavamorti,   sotterratore; 
scavatore  di  fosse. 

Becco.  La  parte  dura  e  cornea  che  riveste  la 
bocca  degli  uccelli  e  sostituisce  il  sistema  dentario, 
che  si  riscontra  nelle  altre  classi  di  vertebrati.  - 
Rostrale,  di  becco.  -  Rostrale,  avente  becco  —  Becco 


adunco,  quello  che  presentano  alcuni  uccelli,  tal- 
mente conformato  da  essere  ripiegato  all'ingiù.  - 
fìanfoteche,  le  due  parti,  superiore  e  inferiore,  che 
costituiscono  il  becco  degli  uccelli.  -  Rostro,  il  becco 
degli  uccelli  quando  appare  raccorciato  e  di  spes- 
sore relativamente  considerevole. 

Beccare,  prendere  il  cibo  col  becco;  percuotere, 
mordere,  afl.-rrare  col  becco,  dar  beccate.  -  Becra- 
menlo,  bezzicala,  bezzicatura,  il  beccare.  -  Beccolare, 
dimin.  di  beccare  (non  usato).  -  Beccucchiare,  dimin! 
e  frequent.  di  beccare:  prendere  col  becco  legger- 
mente 0  a  piccole  quantità.  -  Beccucchiarsi,  beccarsi 
leggermente  per  amorevolezza  e  per  festa.  -  Beccuz- 
zare, il  beccare  dei  polli  quando  cercano  qua  e  là 
il  becchime.  -  Bezzicare,  percuotere  con  leggieri  e 
ripetuti  colpi  di  becco.  -  Ribeccare,  ripet.  beccare- 
rimbeccare. 

Beccata,  colpo  di  becco;  quantità  di  roba  conte- 
nata  nel  becco.  Beccatella,  beccatina,  beccatuzza.  - 
Beccume,  tutto  ciò  che  può  servire  di  cibo  a  vo- 
latili, specialmente  ai  polli.  -  Becchime,  ciò  che, 
propriamente,  serve  per  cibo  a  volatili,  polli  o  altri 
uccelli. 

Bécco.  Il  maschio  della  caj}ra.  -  Figur.,  il  mor 
rito  che  abbia  moglie  infedele.  -  Parte  di  lamimda 
a  gas. 
Beccuccio.  Canaletto  adunco  di  qualche  vaso. 
Bécero  [beceraccio,  becerone).  Uomo  di  vile  con- 
dizione ;  mascalzone. 
Béchici.  I  farmaci  per  calmare  la  tosse. 
Béco.  Uomo  rozzo  e  goffo. 
Befana.  Figura  fantastica   per   far   paura   ai 
ragazzi.  -  Detto  anche  di  donna  brutta,  contraffatta. 
Beffa,  beffardo.  Detto  a  burla  e  a  scherno. 
Beffare  {beffato).  Veggasi  a  burla  e  a  scherno, 
Beff'egrgrlare,    befl'egffiamento    (beffeggiato, 
beffeggiatore)-  Detto  a  burla  e  a  scherno. 
Bégra.  Briga,  contesa,  litigio. 
Beghina,  begrhino.  ìM^otlà,  bigotto, 
Begrlluomlni.  Fiore  di  giardino. 
Begonia.  Genere  di  pianta  erbacea. 
Belare,  belato.  Detto  ad  agnello,  a  capra^ 
a  pecora. 
Belemnlte.  Animale,  mollusco  fossile. 
Bella  di  griorno.  Caratteristico  fiore. 
Bella  di  notte.  Caratteristico  fiore. 
Belladonna.  Erba  perenne,  solanacea,  dei  luoghi 
ombrosi,  sopratutto  nei  monti:  uno  dei  più  impor- 
tanti medicamenti,  sopratutto  per  gli  alcaloidi  che 
contiene  (giusquiamina,  atropina,  atropamina,  jo- 
scino,  ecc.).  Usata  in  polvere,  in  estratto,  in  tintura,  ecc. 
Bellamente.  Con  bella  maniera. 
Bellétta.  Melma,  mota,  fango. 
Belletto.  Composizione  usata   per    abbellire  il 
colorito  della  pelle,  specialmente  della  faccia,   del 
collo  e  talora  delle   mani,   dando    loro   apparente 
freschezza,  o  per  nascondere  pigmentazioni  abnormi: 
biacca,  fardo,  liscio,  liscetto,  rossetto;  minio,  lilio, 
pezzetta;    fattibello,    lattovario;    colore,    vernice; 
archimia;    orpimento;    piastringolo,    guazzabuglio, 
stucco;  biuta,  loia,   unto,  untume;  latte  verginale; 
tintura;  bossolo,  calcina. 

Acqua  lavorata,  liquore  artificiato  per  servire  di 
liscio.  -  Acquetta,  acqua  composta,  con  la  quale  le 
donne  procurano  farsi  belle  le  carni.  -  Biacca  o 
bianco  di  piombo,  bianco  fisso  (solfato  di  barite), 
bianco  di  zinco,  bianco  di  ò'swMfo,  sostanze  minerali, 
velenose,  che  servono  alla  fabbricazione  dei  belletti: 
volgarm.,  bianchetto.  -  Grana,  acqua  di  color  rosso 
che.  usavano  le  donne  per  lisciarsi.  •  Latte  vergi- 


266 


BCLLO 


naie,  jniusione^  che  serve  per  imbellettarsi.  -  Liscio» 
materia  rossa,  con  la  quale  le  donne  si  immaginano 
di  render  belle  e  colorite  le  caì-ni,  specialmente 
della  faccia.  -  Minio,  ossido  di  piombo  che,  preci- 
pitato per  calcinazione  e  riverbero, .  acquista  una 
colorazione  che  sta  fra  il  rosso  e  il  giallo  ed  é 
usato  come  belletto.  -  Pezzetta,  pezzetta  di  levante, 
bambagella,  pezzo  di  panno  per  lo  più  bambagino, 
il  quale,  soflregato,  tinge  in  rosso,  e  serve  per 
lisciatura  (voci  disusate).  -  Piastringoli,  guazza- 
bugli, intingoli,  untumi,  loia,  vernice,  si  dice,  con 
disprezzo,  di  diversi  belletti.  -  Pomata,  specie  di 
manteca,  fatta  con  grasso  di  bue  o  di  porco,  de- 
purato e  profumato  con  diversi  aromi,  o  essenze 
di. fiori.  Si  fa  sciolta  e  allora  si  mette  in  vasetti; 
o  più  dura,  e  allora  se  ne  fa  cannelli  (cerette).  - 
Rossetto,  sostanza  colorante  rossa,  a  base  di  carta- 
mina^  usata  come  belletto.  -  Rosso  di  allossana, 
specie  di  belletto  fatto  di  cold-cream  con  allossana. 
Vermiglione,  cinabro,  pericoloso  composto  di 
mercurio:  serve  nella  confezione  di  belletti,  di  co- 
sD^ielici,  ecc. 

Dare,  darsi  il  belletto.  —  Dare  il  liscio,,  im- 
bellettare, lisciare,  imbiaccarèi  imboìszimare,  infar; 
dare,  strebbiare.  -  Imbellettarsi,  imbellettirsi,  ira-^ 
biaccarsi;  dipingersi,  far  lisci atui'e,  infardarsi:  im- 
biancarsi, imbozzi marsi,^  intonacarsi  il  Viso;  affai- 
tarsi,  farsi  la. faccia  bianca  e  lustra;  imporporarsi, 
mafcchiarsi  il  viso  con  calcine;  impiastrarsi,  impia- 
slricciarsì,  stuccarsi,  verniciarsi;  soffiar  nel  bos- 
solo; strebbiarsi;  stribbiarsi;  mentire  il  rossore 
delle  gote. 

Imbellettato:  lisciato,  affaitato,  impomiciato,  im- 
porporato; impiastrato,  inverniciato;  imbiancato, 
iiitonacato,  stuccato.  -  Pare  un  angiolin  di  Lucca, 
di  viso  imbellettato.  -  Imbellettatura,  imbelletta- 
mento,  l'operazione  dell'imbellettare-  o  dell'imbeU 
Iettarsi;  lisciatura,  inverniciatura.  -  Lisciatrice, 
donna  che  si  dei  belletto:  lisciarda,  lisciardiera, 
tisciarderaccia. 

Bellezza.  L'essere  bello;  qualità  di  ciò  che  è 
bello. 

Bellico.  Guerresco,  di  guerra. 

Bellico.  Veggasi  a  ombilico. 

Bellicoso.  Dedito  alla  guerra. 

Belligerante.  Che  é  in  guerra. 

Belligero.  Dedito  alla  guerra. 

Bellimbusto.  Uomo  elegante^  ma  buono  a 
poco,  varo:  ganimede,    agheggino. 

Bello.  Aggettivamente,  dicesi  di  persona  o  cosa 

Qualsiasi,  che,  per  proporzióni  o  per  corrispondenza 
i  forme,  oppure  per  una  certa  forma,  per  un  certo 
C'iore  o  suono,  desta  impressione  di  piacere  e  di 
ammirazione.  -Bello  dicesi  pure:  ciò  che  piace  al 
gusto  artistico;  ciò  che,  in  generale,  desta  simpa- 
tiche impressioni,  esercita  piacevoli  effetti  sulla 
fantasia,  sulla  ragione,  sul  cuore;  quanto  sia  ben 
fatto,  aggraziatOi  avvenente,  avvenevòle,  grazioso, 
leggiadro,  vago,  vezzoso;  formoso,  pulcro  (lat.); 
venusto. 

Appariscente,  di  bèlla  apparenza,  che  dà  nel- 
l'occhio; di  bellezza  non  perfetta,  m-a  vistosa;  ap- 
parente, corri.oarente ;  arioso^  di  bella,  di  buon'aria; 
avvistato.  -  Essere  appariscente  .  avere,  bella  vista 
addosso;  avel*©  bella  persona.  -  Attraente,  bello, 
incantevole;  frane,  ravissant.  -  Avvenente,  .bello  e 
grazioso.  -  Bellino,  dimin.  e  vezzeg.  di  bello';  andie 
in  senso  di  «  mediocremente  bello  d  ;  garbatino,  leg- 
giadrino,  graziosino,  leggiadretto;  carino;  vezzo- 
sino,  vezzosello,  vezzosetto,  -  Belloccio,  di    persona 


che,  neir  insieme,  può  apparire  simpatica  ;  me- 
diocremente 0  relativamente  bello:  belloccino,  av- 
venevolozzo,  bellozzo,  belluccio,  vaguzzo,  garba- 
tuccio.  -  Bellone,  accresc.  di  bello,  spesso  scherzos. 
e  anche  sul  serio,  ma  solo  contrapposto  a  bellino. 

-  Formoso,  ciò  che  appare  bello  per  ricchezza  e 
regolarità  di  linee:  si  dice  di  persona  e,  più  spe- 
cialmente, di  donna.  -  Leggiadro,  di  ciò  che  appare 
graziosamente  bello.  -  Pittoresco,  che  ha  un  genere 
di  bellezza  proprio  ad  essere  riprodotto  in  pittura. 
"  Stupendo,  da  indurre  stupore,  per  la  bellezza  o 
la  bontà.  -  Vago,  quanto  appare  cosi  sinipaticamentè 
bello  da  sollevare  lo  spirito.  -  Venusto,  di  persona, 
di  donna  che  appare  superbamente  bella.  -  Vezzoso, 
che  ha  in  sé  una  certa  grazia  e  piacevolezza. 

Essere  bello:  essere  una  bellezza,  una  meraviglia, 
una  delle  meraviglie  del  mondo,  lottava  delle  me- 
raviglie; meraviglia  a  vedersi;  essere  un  incante- 
simo, parere  un  paradiso,  un'allegria;  parer  fatto 
per  man  d'Amore;  cascar  di  vezzi;  essere  un  amore; 
essere,  parere  un  angelo,  un  cherubino.  -  Essere  un 
bigiù  (idiot.  dal  frane):  di  qualche  cosa  molto  bella^  - 
Avere  ìlnideina,  un  aspetto  bello,  piacevole, .  gra- 
zioso; e&sere.  l'idea,  l'immagine  della  grazia.  •  Esser 
da  dipingere,  di  persone  e  cose  belle. 

Far  0  farsi  bello,  più  bello:  abbellare,  abbellire, 
imbellire,  rabjjellare,  rimbellire;  render  bello,  cre- 
scere bellezza;  aggraziare,  dar  grazia;  dar  leggiadria, 
dar  vaghezza;  agglrbare,  dar  garbo;  allindare,  allin- 
dire;  'illeggiadrire,  inleggiadrire;  dare  apparenza, 
dar  occhio  ;  far  occhio,  -  Abbellimento,  I  abbellire 
e  la  cosa  che  si  abbellisce;  anche,  ciò  che  serve 
ad  abbellire;  rifiorimento,  vaghezza.  -  Abbellito, 
abbellato,  affazzonato,  rimbellito,  ecc.  -  Abbellilore, 
chi  abbellisce.  -  Adornare,  adornamenti,  abbellire, 
abbellimento  per  mezzo  di  ornamento;  affazzo- 
nare, affazzonamento .  (affazzonato).  -  Avvistare,  atti- 
rare l'attenzione  con  la  bella' apparenza.  -Imbellire,  di- 
ventar bello,  cominciare  a  prender  linee  di  bellezza. 

-  Rabbellire,  abbellire   più   che   mai.  -  Riabbellire, 
ripete  abbellire.  -  Rimbellire,  diventar  più  bello. 
Disabbellire,  togliere  il  bello,  spogliare  del  bello. 

Figure  di  donna  bella,  ©già  bell.'\.  —  ^occgn- 
cino  ghiotto,  donna  bella,  seducente:  bocconcino  per 
hene,  da  ghiotti,  da  prete,  da  leccarsene  i  baffi,  - 
Cecina,  o,  più  frequent.,  ciocina,  donnina  belloccia 
e  giovane.  -Donnino,  donna  piccola  e  graziosa.  - 
Muterassabile,  a^'g.  scherz.  volg.,  di  donna  che  si 
mantiene  sempre  discretamente  bella  e  in  carne.  - 
Idolo,  donna  bella  senjja  animazione.  -  Professional 
beauty,  locuzione  inglese:  vale  bellezza  celebie;  in 
italiano  si  direbbe:  bella  donna  di  professione.  - 
Stucchino,  donna  bellina  e.  colorita,  ma  senza  viva- 
cità. -  Ln  pezzo  di  ciccia  con  gli  occhi,  di  donna 
anche  bella,  ma  senza  sentimento.  -  Visìno  che 
chiamai  baci,  bello  e  grazioso. -FoJto  d'immagine, hello. 

A  dorma  bianca,  poco  le  mane»,  a  parer  bel  lai  - 
Ce  tutto  l'intrinseco,  di  bella  donna  formosa.  -  Es- 
sere, o  parere,  un  angiolino  di  stucco,  una  ^gurina 
di  tJucca:  di  donna  bellina,  ma  fredda.  -  Parere  una 
Madonna:  di  donna  bella  e  pudica.-  Parere  un'im- 
magirte,  di  donna  bella,  composta  a  modestia.--  Pa- 
rere un  maggio,  di  persona  florida  e  bella. 

Andataci  cani,  donna  che,  per  gli  anni  o  le  ma- 
Ialtie,ha  perduto  le  attrattive  di  bellezza»  -  Astro  sul 
tramonto,  di  donna  bella  che  invecchia. 

Figure  di  uomo  bello.  -  Aitante,  di  bella  e  pode- 
rosa coi'porat'urà.  -  Tulipano,  uomo  di  bell'aspetto 
senz'altre  buone  qualità.  -  Un  corazziere,  un  dragone, 
per  similitudine:  di  uomo  allo,  ben  fatto. 


267 


Bellissimo.  -  Arcibello,  arcibellissiino,  bello  più 
d'ogni  altro,  soprabello,  strabello,  trabello;  magni- 
fico, pulcherrimo,  splendido,  stupendo,  superbo;  ar- 
cistupendo,  arcistupendissimo;  di  meravigliosa,  di 
viva  Bellezza,  splendidissimo;  bello  in  supremo  grado; 
una  gemma,  una  vera  gemma;  occhio  di  sole;  dio 
di  bellezza  o  della  bellezza;  festa  di'll'occhio;  fior 
d'ogni  bellezza.  -  Bello  come  un  fiore,  cottie  il  sole, 
come  un  angelo;  bello  eh' è  un  desio;  Videa  della  grazia; 
uno  stupore  di  bellezza,  cosa  d'incanto.  -  Incompara- 
bile, ideale,  di  ciò  che  possiede  il  carattere  della 
bellezza  nella  sua  espressione  più  alta.  -  Numero 
uno.l,  vale  bellissimoy  eccellente,  egregio,  che  non  ha 
secondo. 

Ponila  bellissima:  un  dèa,  una  divinità,  un'Elena, 
una  fata,  una  ninfa,  una  sirena,  un'uri;  una  Venere, 
una  Venere  di  Milo*  grazia  di  Dio;  un  suggello  di 
<;ielo;  stella;  stella  Diana;  occhio,  raggio  di  sole.  - 
E  senz'appello  la  più  bella  donna  della  città:  non 
e'  é  da  rmire.  -  La  più  bella  che  si  trovi  sotto  il  sole, 
nel  mondo.  -  Par  che  l'abbiano  allevala  le  Grazie  in 
grembo  a  Venere,  di  donna  /nolto  bella. 

Uomo  bellissimo:  Adone,  Antinoo,  Apollo,  Narciso. 

Bellezza. 

L'essere  bello;  qualità  di  ciò  che  è  bello,  con  vari 
significati:  splendore  del  vero;  ordine"  della  verità, 
splendore  e  ordine  di  perfeiione  ammirabile;  tutto 
che  fa  buona  impressione  all'occhioe  all'animo  nostro, 
cosi  é  che  si  dicono  belle  anche  le  cose  buone;  tutto 
ciò  che  ha  virtù,  qualità  non  comuni,  utili  ed  anche 
non  utili,  ma  piacevoli.  -  Bello,  beltà,  avvenenza, 
awenendezza,  pulcritudine,  adornerza.  -  Il  bello  è 
assoluto,  senza  alcun  difetto,  o  reìativo,  proporzio- 
nato 0  soggetto  a  talune  condizioni.  -  La  bellezza 
allieta  lo  sguardo  e  lo  spirito:  piare,  «educe,  attrae, 
esercita  attrattiva,-  suscita  ammirazione,  amo- 
rè,  entusiasniQt  -  Il  fàsciiw,  Vincanto,  la  magia, 
il  prestigio,  la  tirannia  della  bellezza:  voci  per  in- 
dicare la  virtù  che  essa  ha.di  iiapressionare,  di  con- 
quidere, di  soggiogare:  per  lo  più,  riferibilmente  al- 
l  effetto  della  bellezza  muliebre  sugli  uomini. -Persone 
e  cose  possono  acquistare  (migliorare)  o  perdei-e  di 
bellezza;  e  questa  fiorisce,  prospera,  aumenta,  cresce 
di  grado;  oppure  scema,  i^risce,  impallidisce,  per 
cause  accidentali,  sempre,  per  ragione  di  tempo, 
soggetta  ad  abbioscfarsi,  ossia  a  perdere  di  freschezza, 
ad  appassire,  3Ly\ìzzìTC,  sbiadire,  scolorire.  E  si  dice 
bellezza  appassita,  sfiorita,  patita,  sbiadita,  di  per- 
sona, specialmente  di  donna,  che,  della  primitiva  for- 
mosità 0  vaghezza,  serba  soltanto  una  traccia  appena 
appena  visibile.  Si  ha  poi  deturpamento,  deturpa- 
zione (da  deturpare)  quando  ciò  che  è  beilo  diventi 
o  sia  reso  bìnitto,  sconciato.  -  La  bellezza  nell'uomo 
e  nella  donna  è  subordinata  alla  carnagione  e 
al  colorito  della  faccia;  e  il  decadimento  è  mani- 
festato dalla  grinza,  ossia  dalla  ruga,  che  tradisce 
la  fine  della  freschezza. 

Appariscenza,  bellezza  complessiva  che  riesce  pia- 
cevole a  prima  vista,  ma  tale  da  non  resistere  ad 
un  minuto  esame  critico;  bellezza  risultante  da  fre- 
schezza e  da  vigoria  di  forme,  più  che  da  regolarità 
e  finezza  di  tratti.  Bella  apparenza,  bell'aspetto,  vi- 
stosità. -  Avvenevolaggine,  bellézza  che  sa  di  lezioso.  - 
Bellezza  angelica,  da  angelo,  somma  per  grazia  e 
salendore.  -  Artificiosa,  bellezza  non  naturale.  -  Ar- 
tìstica, guelfa  che  vibra  nelle  opere  d'arte,  per  natu- 
ralezza d'insieme,  per  verità  d'espressione,  per  ar- 
jnonia  di  linee,  o  di  colori,  o  di  suoni   -  Avvistata, 


di  bellezza  che  attrae  facilmente  gli  sguardi  ;  di  bella 
apparenza.  -  Capricciosa,  la  bellezza  che  piace  spe- 
cialmente per  alcunché  di  bizzarro,  di  originale.  - 
Delicata,  cIkì  piace  per.  finezza  di  particolari.  -  Dt 
primo  ordine,  bellezza  distinta,  eletta,  q^uasi  allo 
slato  di  perfezione.  -  Divina,  suprema,  del  più 
eccelso  grado  di  finezza,  di  idealità,  di  perfezione.  - 
Greca,  caratterizzata  da  regolarità  di  linee,  di  pro- 
filo: anche,  àttica.  -  Ideale,  fine,  delicatissima,  come 
si  può  ideare,  sognare:  celeste.  -  ìnsignifirante,  in- 
sipida, senza  espressione.  -  Irresistibile,  la  bellezza 
tanto  fascinatrice  che  nessuno  può  sottrarsi  al  fà- 
scino da  essa  esercitato.  -  Magica,  che,  nella  sua 
apparenza  e  ne'  suoi  effetti,  supera  quasi  il  naturale. 

Naturale,  senza  il  minimo  "artificio,  cosi  com'è  di 
natura.  -  Plastica,  la  bellezza  di  forme  materiali 
proprie  alla  scultura.  -  Reale,  quella  risplendente 
negli  esseri  esistenti.  -  Smagliante,  splendente,  la 
l)ellezza  che  appare  in  tutto  il  suo  splendore.  -  Spo- 
radica, quella  che  risulta  dalle  vane  combinazioni 
di  molti  elementi  che  presentano  spiccato  il  carat- 
tere della  bellezza.  -  Straordinaria,  grande,  rara, 
superlativa. 

Bellezzina,  dimin.  di  bellezza,  nel  senso  di  donna 
bella.  Dello  fanniliafm.  per  bellezza  delicata,  gentile.  - 
Belluria,  bellezza  d'apparenza,  d'ornamento,  più  òhe 
di  sostanza.  -  Efeganzaf  bel  modo  di  vestirsi  con 
gusto  e  leggiadria,  di  parlare  con  buona  scelta  di 
vocaboli,  di  fare  con  garbo,  ecc.  -  Fiore  di  bellezza, 
.ciò  che  v'ha  di  più  bello.  -  Formosità,  la  bellezza 
che  attrae  più  per  l'appariscenza  delle  lince  rigo- 
rosamente regolari  e  superbe  che  per  l'espressione.  - 
Grazia,  avvenenza  tanto  nell'aspetto  quanto  nei 
modi.  -  Leggiadria,  bellezza  accompagnata  da  grazia; 
avvenenza.  -  Magnificenza,  maestà  dt  bellezza,  il  suo 
più  alto  grado  di  splendore  e  di  nobiltà.  -  Tipo 
ideale,  di  bellezza  perfetta,  un  modello  di  bellezza.  - 
Vagìnzza,  bellezza  relativa  che,  senza  avere  tutti  i 
requisiti,  può  attrarre  a  sé  lo  sguardo  e  piacere: 
graziosita,  leggiadria.  •  Venustà,  la  bellezza  superba. 

Emblemi,  slmooli,  figure  mitologiciie,  ecc.  -  Dèa 
della  bellezza.  Venere,  figlia  del  Gelo  e  della  Terra, 
prodotta  dalla  schiuma  del  mare.  -  Emblema  detta 
bellezza,  la  rosa;  e  la  magnolia  è  simbolo  della  bel- 
lezza Superba  -  Ciparisso,  giovinetto  bellissimo  amato 
da  Apollo,  che  lo  converti  in  cipresso.  -  Ganimede, 
figlio  di  Troo:  era  si  bello  e  ben  formato  che  di- 
venne il  favorito  di  Giowe.  -  Narciso,  figlio  di  Cefiso 
e  di  Liriope,  tanto  bello  che  tutte  le  ninfe  lo  ama- 
vano; ma  egli  non  volle  corrispondere  a  nessuna.  - 
Ida,  monte  famoso,  perchè  sopra  di  esso  Paride 
giudicò  a  favore  di  Venere  nella  contesa  di  bellezza 
fra  essa,  Giunone  e  Pallade.  -  Pomo  di  Paride,  quello 
conferito,  come  alla  più  bella,  da  Paride  a  Venere.  - 
Psiche,  ninfa  celebre  per  la  sua  bellezza. 

Modi  di  dire,  proverbi.  -  Bel  cesto!  a  qualcuno, 
specialmente  uomo  che  creda  d'esser  bello.  -  Ci  si 
vedono  ancora  di  begli  avanzi,  di  persona  che  sia 
stata  bella  e  conservi  qualche  ultima  traccia  della 
bellezza  perduta.  -  La  bellezza  e  l'eleganza  soao  un 
gran  talismano,  cioè,  possedendole,  si  può  ottenere 
facilmente  ciò  che  si  voglia.  -  Metter  l'asino  a  ca- 
vallai, mettere  una  cosa  bella  sopra  un'altra  che  non 
ha  valore,  per  cui  scomparisce  la  prima.  -  Rifarsi 
l'occhio,  ricrearlo,  vedendo  qualcosa  di  bello  dopo 
aver  visto  cose  brutte.  -  Vesti  un  ciocco  e  pare  mi 
fiocco,  gli  ornamenti  donano,  conferiscono,  ossia  ag- 
giungono molto  alla  bellezza.  -  Vorrei  somigliarlo  in 
xm  calcagno,  in  un  unghia:  riferibilmente  a  persona 
bella,  brava,  ecc  ,  alla  quale  si  vorrebbe  somigliare.    , 


268 


BELLÒCCIO    —   BENE 


Bellezza  è  come  tm  fioi^e  che  nasce  e  presto  muore.  - 
Beltà  e  follia  vanno  spesso  in  compagnia.  -  Donna 
in  treccia,  cavallo  in  cavezza,  come  dire:  per  giudi- 
care della  bellezza  della  donna  e  del  cavallo,  bi- 
sogna vedere  quella  senza  ornamenti,  in  veste  da 
casa,  e  questo  senza  nessun  finimento.  -  Il  bello 
piace  a  tutti.  -  La  bellezza  ha  belle  foglie,  ma  il 
fruito  amaro.  -  La  beltà  senza  la  grazia  é  un  amo 
senza  l'esca.  -  Mano  bianca  é  assai  lavata  :  la  bellezza 
naturale  non  ha  bisogno  di  troppi  artifizi,  ed  anche 
chi  non  è  in  peccato  non  ha  bisogno  di  scuse.  - 
Non  fu  mai  st  vaga  rosa  che  non  divenisse  un  grat- 
taculo. -  Ogni  rana  si  crede  una  Diana.  -  Un  nèo 
cresce  bellezza. 

Voci  VARIE.  -  Armonìa,  accordo,  ordine  di  parti, 
elemento  necessario  di  bellezza.  -  Asimmetria,  difetto 
d'armonia,  di  proporzioni.  -  Atticismo,  fine  senso 
di  bellezza  e  di  eleganza,  tanto  nel  parlare  come 
in  ogni  opera  d'arte,  per  cui  si  distinsero  gli  at- 
tici, ossia  i  greci  dell'Attica.  -  Calometria,  trattato  in- 
torno ai  gradi  della  bellezza.  -  Clou  (chiodo),  neo- 
logismo francese  per  indicare  il  colmo,  il  bello  di 
qualche  cosa.  -  Estètica,  scienza  che  ricerca  e  deter- 
mina l'essenza  e  le  ragioni  del  bello  nelle  opere 
della  natura  e  dell'arte;  arte  del  bello.  -  Estètico, 
appartenente  all'estètica;  esteticamente,  secondo  le 
regole  dell'estetica.  -  Euritmia  {euritmico),  bellezza 
risultante  dalla  disposizione  di  tutte  'e  parti  di 
un'opera  d'arte. 

Bongustaio,  chi  ha  il  vero  gusto  delle  cose  buone 
e  beile:  cibi,  vivande,  scritti,  musica  e  sim.  -  Calli, 
principio  di  parecchie  parole,  nelle  quali  esprime 
V  idea  di  bello,  come  ;  calligrafìa,  calUpigo,  ecc.  - 
Calo,  idem,  come:  calofillo,  calocéfalo,  ecc. 

Bellòccio.  Detto  a  bello. 

BeUospirito.  Detto  a  motteggiatore. 

Belluniore.  Uomo  allegro,  faceto,  burlone. 

Bellùria.  Bella  apparenza,  apparenza  di  bello. 

Belonefobia.  Detto  a  spillo. 

Beltà.  Avvenenza,  bellezza. 

Belva.  Grossa  bestia  feroce. 

Belvedere.  Luogo  elevato,  dal  quale  si  gode  una 
bellavista:  osservatorio,  specola;  pinnàcolo,  terrazzo. 

Belzebù.  Nome  di  un  diàvolo. 

Belzoino  (benzoino,  belgioino,  benzoe).  Sorta  di 
bàlsamo,  di  resina  balsamica,  usato  in  profumeria, 
in  medicina,  in  farmacia. 

Bemolle  (bimolle).  Detto  a  note  m,usicali. 

Benaccetto.  Amato,  gradito. 

Benaffetto.  Chi  sente  affezione  a  persona. 

Benandata.  Sorta  di  mancia. 

Benarrivato.  Il  saluto  a  chi  arriva. 

Benaugurato.  Di  buon  augurio. 

Benawenturato.  Che  ha  buona  fortuna. 

Benawenturoso.  Prospero,  felice.  -  Riuscito 
con  fortuna. 

Bencreato.  Con  buona  educazione. 

Benda.  Detto  sfascia,  a  chirurgia,  a  rwe- 
dicazione,  a  velo.  •  Sbendare,  togliere  la  benda. 
Bendare  (bendato).  Detto  a  fasciare  e  a  chi- 
rurgia. 

Bendatura.  Veggasi  a  fascia. 
Bendisposto.  Propenso,  favorevole. 
Bene.  Tutto  ciò  che  è  buono  per  sé  stesso  e 
che  deve  essere  eletto  in  quanto  conviene  alla  na- 
tura umana  e  praticato  e  conseguito  in  quanto  è 
vantaggioso  alla  società,  quindi  morale.  -  Ciò  che 
si  desidera,  o  il  conseguimento  di  un  fine  necessario 
alla  natura  umana,  trattisi  dell'animo,  o  del  corpo, 
o  della  fortuna,  ecc.  •  Tutto  ciò  che  è  di  giovamento. 


dà  beneficio:  contrario  di  male;  ciò  che  è  con- 
forme all'odore,  che  corrisponde  a  un  concetto  di 
ordine;  che  è  regroiare;  che,  per  ragioni  diverse, 
può  piacere,  oltreché  riuscire  utile;  che  è  in  ' 
conformità  del  dovere.  -  Sono  un  bene  la  bontà^ 
la  giustizia,  la  filantropia,  V onestà,  la  verità, 
la  virtù,  ecc.  Il  bene  può  essere  grande  o  piccolo, 
completo  0  relativo,  vero  o  apparente,  duraturo  o  pas- 
seggiero,  di  poco  conto  o  di  gran  valore,  anche 
massimo,  sommo,  inestimabile.  Rende  o  dovrebbe 
rendere  felice.  Lo  si  acquista  o  lo  si  perde.  Se  ne 
ha  o  non  se  ne  ha  il  merito.  Secondo  certe  teorie, 
nell'uomo  sarebbe  innato  Vistiìito  del  bene,  la  ten- 
denza al  bene. 

Agatologia,  scienza  che  tratta  della  perfezione  e 
del  bene  proprio  dell'ente  intellettivo.  -  Lettera  pita- 
gorica, quella  adoperata  da  Pitagora  per  rappresen- 
tare il  bivio  al  bene  o  al  male  nella  vita.  -  Òromase, 
Ormuzd,  principio  del  bene  presso  gli  antichi  Per- 
siani: gli  era  nemico  Aiimane,  genio  del  male.  - 
Sindèresi,  sentimento  intimo,  conoscimento  del  bene 
e  del  male.  -  Utopia,  idea  che  ci  si  forma  di  un 
bene  assoluto  e  quasi  irrealizzabile.  Utopista,  chi 
fa  0  ha  delle  utopie. 

Bene  assoluto,  quello  insito  in  certi  principi  fissi, 
immutabili,  ecc.  -  Bene  morale,  quello  oggettivo, 
considerato  in  relazione  con  una  volontà  che  lo 
cerca  e  lo  fa  proprio.  -  Bene  oggettivo,  la  perfezione 
di  un  ente,  considerata  solo  nella  sua  appetibilità. 

-  Bene  soggettivo,  la  perfezione  di  un  ente  in  quanto 
solo  è  goduta  da  un  soggetto. 

Benedizione  (figur.),  chi  a  questo  apporta  un  gran 
bene.  -  Benefattore,  benefattrice,  chi  fa  il  bene,  chi 
procura  beneficio.  -  Beneficenza,  virtù  consistente 
nel  far  bene  ad  altri.  -  Benevolenza,  buona  dispo- 
sizione d'animo  a  desiderare  e  cercare  il  bene  di 
altri.  -  Carità,  sentimento  che  sprona  l'uomo  al 
bene.  -  Egoismo,  cura  esclusiva  e  biasimevole  del 
proprio  bene,  anche  a  danno  d'altri.  -  Intenzione 
di  bene,  disegno,  pensiero,  proposito  di  fare  il 
bene,  non  sempre  seguito  dal  fatto:  essere  inten- 
zionato, avere  intenzione.  -  Opera  meritoria,  santa, 
azione  che  ha  per  effetto  il  bene.  -  Onestà,  onesto, 
l'operare  conforme  alla  virtù,  all'onore,  al  decoro; 
al  bene.  -  Ottimismo,  sistema  filosofico,  secondo  il 
quale  tutto  é  bene:  panglossismo.  -  Ottimista,  chi 
vede  nelle  cose  solo  il  lato  buono:  dottor  Pangloss. 

-  Via  del  Signore,  via  della  salute,  via  di  Dio,  quella 
del  bene,  in  significato  ascetico  o  riferito  all'awiwta. 

Augurar  bene,  benedicere,  benedire.  -  Dare  la 
benedizione  col  careggiato,  far  del  male;  anche,  del 
bene,  ma  sgarbatamente.  -  Dir  bene,  lodare,  parlar 
in  favore,  raccomandare.  •  Far  del  bene,  bene- 
ficare, procurare  un  beneficio;  dare  aiuto,  soc- 
corso; fare  atto  di  beneficenza,  di  carità;  dare 
giovamento,  giovare  m  determinati  modi. 

Chi  ha  vino  dolce  non  imbotti  agresto  :  chi  ha  il 
bene  non  se  lo  guasti.  -  L'ottimo  è  nemico  del  buono, 
il  bene  è  nemico  del  meglio.  -  Né  sette,  né  undici, 
né  bene,  né  male.  -  Non  c'è  Un  senza  resta,  ogni 
bene  ha  il  suo  male.  -  Non  c'è  rosa  senza  spine, 
non  bene  senza  male  -  Ogni  casa  vede  il  sole,  ognuno 
ha  la  sua  parte  di  bene.  -  Ogni  grano  ha  la  sua 
semola,  non  e'  è  bene  schietto,  senza  mistura  di 
male.  -  Ogni  pesce  ha  la  sua  lisca,  ogni  bene  il  suo 
male.  -  Supplizio  di  Tantalo:  vedere,  sentire  alcun 
bene  e  non  poterlo  godere. 

Bene.  L'affetto,  l'affezione  che  ci  inspira  una 
persona,  una  cosa:  Vamore.  -  Al  plurale  (beni), 
facoltàf  possesso,  ricchezza. 


BENE    —    BEiNEFICE.NZA 


^69 


Bene  (avverbio).  In  modo  buono,  giusto,  lode- 
vole, retto:  in  modo  eccellente,  a  dovere,  appuntino; 
a  meraviglia,  animodo;  a  modo  e  a  verso;  cometa 
fallo;  accunciamente,  bravamente,  convenientemente, 
giustamente,  per  bene;  per  il  suu  verso,  pel  t; insto 
verso;  per  Ilio  e  per  segno;  degnamente,  condegna- 
mente; con!,'ruainente,  soddisfacentemente,  dovero- 
samente, debilaiiiente,  rettamente,  lodevolmente,  sa- 
viamente, altamente,  bellamente,  dirittamente;  a 
garbo;  a  mo'  e  via;  a  menadito. 

Benino,  diminutivo  di  bene,  -il  modino,  benino, 
pianino.  -  Benissimo,  superlativo  di  bene;  benone, 
molto  bene,  arcibenissimo,  bene  e  meglio;  a  mena- 
dito; eccellentemente,  eccellentissimamente;  mera- 
vigliosamente, ottimamente,  perfettamente,  pertettis- 
simamente,  inimitabilmente,  magnilicamenle,  stu- 
pendamente, superlativamente  bene;  oltremeglio;  il 
meglio  del  mondo;  aureamente,  divinamente;  stra- 
bene; sovramagnilìcentissimamente.  -  Comportabiìr 
menle,  abbastanza  bene:  discretamente,  passabil- 
mente. -  Meglio,  più  bene. 

Benel  per  esclamazione:  ben  bene,  bembé,  al 
nome  di  Dio;  viva  la  sua  faccia;  viva  la  faccia  di... 
Voce  di  applauso,  di  approvazione,  di  lode. 

Ali  righi  t,  voce  inglese  (pron.  o  ruil),  che  signi- 
fica: tutto  dritto,  tutto  bene,  oh!  bene, ed  è  usata 
con  forza  d'intercalare.  -  E'  un  umore  I  E'  mi  piar 
cerei  •  Andartene:  si  dice  d'ogni  cosa  (aflari,  salute, 
lavoro,  ecc.)  che  proceda  in  buone  condizioni  o  anche 
con  fortuna.  -  Avere  il  diavolo  nell'ampolla,  andar 
le  cose  bene.  -  Buon  venlo,  quando  le  cose  vanno 
bene,  quando  si  ha  fortuna. 

Slar  bene:  godere  buona  salute;  essere  in  buona 
condizione  di  vita  o  d'altro.  Anche,  essere  acconcio, 
adatto;  atfarsi,  essere  conveniente.  -  Comparir 
bene,  far  hgura,  avere  heWà  apparenza.  •  Tornare 
a  capello,  slar  bene,  a  meraviglia,  tanto  da  non 
poter  trovare  errore  d'un  capello,  cioè  di  niente. 

Trallar  bene,  usare  buona  maniera  con  le  persone; 
avere  buon  contegno. 

Va  bene,  sta  bene!,  modo  di  approvare. 

Eli,  principio  di  parola  (gr.)  che  significa  «  bene  »  : 
eufemia,  eufonia,  ecc.  -  Orto,  principio  di  parola  che 
indica:  bene,  esatto,  giusto  (ortodossia,  ortografia,  ecc.). 

Benedettino.  Religioso,  monaco  dell'ordine 
di  San  Benedetto. 

Benedétto.  Veggasi  a  epilessia. 

Benedicite.  Detto  a  preghiera. 

Benedire,  benedizione  (benedetto).  Augurar 
bene,  benedicere,  pregar  bene  da  Dio:  atto  che  si 
fa,  per  lo  più,  alzando  la  mano  in  segno  di  croce; 
consacrare  alcuna  cosa  con  la  cerimonia  prescritta 
dalla  Ciùesa:  segnare  con  la  mano  o  con  l'acqua 
santa.  -Bibenedire,  benedire  nuovamente,  una  seconda 
volta.  -  Benedetto,  chi  o  che  ha  ricevuto  la  benedi- 
zione. -  Benedizione,  il  benedire  e  le  parole  prolTerite 
nel  benedire.  -  Speciale  funzione  che  si  pratica  di 
frequente  nelle  chiese  di  culto  cattolico  e  termina 
con  l'impartire,  che  fa  il  sacerdote,  la  benedizione, 
con  oggetti  ai  quali  la  cieca  fede  dei  credenti  attri- 
buisce qualche  virtù  divina,  miracolosa  -  Benedizion- 
cina,  dimin.  di  benedizione.  -  Saluto,  la  benedizione 
data  al  popolo  cattolico  col  s.  sacramento.  -  Trin- 
ciare benedizioni,  benedire  con  la  mano. 

Benefattore,  benefattrice.  Chi  ha  fatto  o 
fa  un  beneficio,  una  beneficenza,  seguendo 
l'impulso  della  carità. 

Beneficare  (beneficaio).  Fare  del  bene  ad  altri; 
procurare  un  beneficio;  esercitare  la  beneficenza. 

Beneficente.  Detto  a  beneficio. 


Beneficenza.  Virtù  che  consiste  nel  fare  del 
bene  ad  altri;  l' elìetto  della  carità;  specialmente 
inteso  nel  senso  di  assistenza  pubblica;  funzione 
sociale,  consistente  nel  soccorso  che  l'amministra- 
zione pubblica  dà  ai  bisognosi.  -  Assistenza  sanitaiia, 
denommazione  moderna  dell'antica  carità,  eserci- 
tata neir  ospedale,  nell'  ospizio,  nel  ricovero,  nel 
lazzaretto,  ecc.,  per  opera  di  questa  o  quella  coti^ 
fraternità,  delle  fraterne  parrocchiali,  degli  Isti- 
tuti di  Santa  Corona,  ecc.  Ora  fanno  parte  dell'as- 
sistenza sanitaria  gli  uffici  d'iyiene  e  gli  ufficiali 
sanitari,  che  provvedono  in  vario  modo  alla  tutela 
della  salute,  mediante  cura  medica,  chirurgica, 
ostetrica,  ecc.,  gratuita  pei  poveri.  -  Conijreynzwm 
di  Carità,  il  corpo  morale  elettivo,  al  quale  >■  affl- 
data  l'amministrazione  delle  opere  di  beneficenza 
che  mancano  di  speciale  destinazione.  -  htiiuio  di 
beneficenza,  quello  che,  in  un  modo  qualunque,  sotto 
qualunque  forma  e  gratuitamente,  ha  per  iscopo  di 
soccorrere  i  poveri,  curare  gli  ammalati,  proteggere 
gli  abbandonati,  ecc.:  pia  istituzione,  opeia  pia,  opera 
di  benelicenza,  luogo  pio.  Alla  moderna  filantropia  si 
devono  istituti  in  grandissimo  numero,  vari  di  nome, 
di  funzione,  di  scopo,  alcuni  citati  alle  voci:  ambu- 
lanza, asilo,  bagno,  bambino,  carcere,  cieco, 
clima,  C'icinft,  infanzia,  lavoro,  maternità, 
mendicità.  Monte  di  pietà,  Natale,  riscalda 
mento,  sordoniuto.  -  Provvidenza,  nome  comune 
a  molti  istillili  di  beneficenza,  che  provvedono  ai 
bisognosi  in  cenere.  -  Filantropia,  amore  del 
prossimo,  spirilo  di  benelicenza. 

Asilo,  istituto  di  beneficenza  che  provvede  al 
ricovero  di  vecchi  e  bambini  abbandonati  a  sé  stessi. 

-  Brefotrofio,  asilo  dove  si  raccolgono  e  si  allevano 
i  figli  illegittimi.  -  Bonomini  (istituzione  dei),  isti- 
tuto di  beneficenza,  comune  in  Toscana,  che  pro\- 
vede  più  specialmente  a  fornire  di  vesti  i  bisognosi 
e  di  dote  le  fanciulle  povere.  -  Misericordia  (con- 
fraternita della;,  isliluto  di  beneficenza  in  vigore 
nelle  città  della  Toscana,  il  quale,  sia  pure  in  forme 
un  po'  vecchie,  inleiule  alla  cura  degli  ammalati  e  ai 
trasporto  dei  morti  sA  ùwùìqyo.  •  Mont^  di  pietà, 
istituto  che  presta  denaro  sopra  pegno.  -  Ospedale, 
istituto  nel  quale  si  accolgono  gli  ammalati.  -  Ospi- 
zio, luogo  nel  quale  si  accolgono  i  bisognosi  :  ospizi 
per  i  vecchi,  per  gli  esposti,  per  i  trovatelli,  per  le 
partorienti,  pei  poveri,  pei  corrigendi,  pei  sordomuti, 
per  gli  inabili  al  lavoro,  ecc. 

Umanitaria,  titolo,  qualifica  di  moltissime  istitu- 
zioni di  beneficenza,  che  provvedono  nell'assistenza 
di  chi  manca  d'impiego  o  di  lavoro.  Denominazione 
speciale  di  una  istituzione  fondata  in  Milano  da 
P.  M.  Loria,  a  questo  e  ad  altri  scopi  affini. 

Accattino,  chi  va  in  giro  a  raccogliere  le  offerte 
per  opere  di  beneficenza.  -  Colletta,  raccolta  di  de- 
naro fra  più  persone  a  scopo  di  beneficenza.  -  Col- 
lcttare, raccogliere  collette.  -  Collettarsi,  atto  di 
più  persone  che  si  obblighino  a  dare  un  tanto  per 
ciascuna  a  scopo  di  benelicenza  o  di  pubblica  utilità. 

-  Collettore,  chi  fa  collette,  chi  raccoglie  somme  da 
erogare  in  beneficenza. 

Fiera  di  beneficenza,  festa  speciale  formata  con 
doni  raccolti  e  messi  in  vendita  a  beneficio  di 
qualche  società,  istituto,  o  povera  gente.  -  Lotteria 
di  beneficenza,  fatta  per  passare  il  ricavo  netto  a 
scopo  benefico.  -  Oblazione,  offerta  a  scopo  di  bene- 
ficenza. Oblatore,  chi  la  fa.  -  Passeggiata  dt  bene- 
ficenza, noto  mezzo  per  raccogliere  pubblicamente 
denaro,  vesti,  ecc.  -  Scorta,  dote  assegnata  dal  Comune 
0  da  altro  ente. 


270 


BENEFICIALE 


BEN£SS£K£ 


Massime  e  proverbi.  —  Chi  fa  carità  è  ricco  e 
non  lo  sa.  -  Cht  fa  la.  carità,  se  non  la  trova,  la 
troverà  -  Chi  non  ha  bisogno  è  in  debito.  Per  contro: 
Chi  ha  bisogno  è  in  credito.  -  Chi  pensa  al  pros- 
simo al  suo  ben  t'approssima.  -  E"  meglio  un  tieni 
tieni  che  cento  piglta  piglia.  -  La  mano  che  dà  rac- 
coglie. •  Quel  che  ti  diana  luce;  quel  che  si  mangia 
pule.  -  Spesso  si  dà  per  forza  quel  che  si  nega  per 
cortesia*  -  fuot  guardare  i  tuoi  frutti,  siine  corteu 
a  tutti. 

Beneficiale.  Appartedente  a  benefizio  eccle- 
siastico. 

Beneficiarlo.  Detto  a  benefizio  ecclesia- 
stico. 

Beneficiata.  Rappresentazione  in  teatro  a 
profitto  di  uno  degli  attori  o  dei  cantanti. 

Beneficiato.  Detto  a  beneficio. 

Beneficio.  In  senso  comune,  è  il  bene  che  si 
presta  o  si  procura  ad  altri  senza  interesse:  bene- 
fìzio, atto  di  beneficenza;  vantaggio  recato  altrui; 
grazia,  servigio,  prodotto  benefico,  utile.  -  Prov- 
videnza di  Dio,  un  gran  beneficio  opportuno.  -  Zcfo, 
fervore  di  fare  il  bene  o  far  bene.  -  Beneficamente, 
con  beneficio. 

Benefattore,  chi  fa  del  bene;  chi  è  benefico  a 
latti,  fa  benefici  in  qualunque  maniera.  Un  tempo 
chi  faceva  elemosina,  -  Benefico,  chi  per  elevatezza 
di  sentire  è  sempre  disposto  a  fare  del  bene,  nella 
misura  che  gli  è  possibile,  a  chi  non  se  ne  dimostri 
immeritevole  :  beneficente,  benfacente;  portato  al 
ben  fare;  sowenevole,  soccorrevole.  -  Benigno,  di- 
sposto per  natura  a  far  del  bene,  a  procurare  be- 
nefici. •  Filantropo,  uomo  tutto  cuore  e  sempre 
disposto  a  fare  del  bene:  umanitario;  amatore  del 
prossimo,  del  pubblico  bene;  uomo  di  buon  cuore, 
che  ha  filantropia,  •  Liberale,  largo  del  proprio, 
benefico.  -  Uomo  di  buona  volontà,  pronto  a  fare  il 
bene,  ad  arrecare  beneficio.  -  Zelante,  chi  ha  o  di- 
mostra zelo.  -  Zelantone,  accr.  iron.  e  spreg.  di 
zelante. 

Beneficare,  far  del  bene  ad  altri;  tare  benefici  ;  fare, 
rendere  servizio;  gratificare;  far  la  fortuna  a  uno 
0  di  uno;  dare  aiuto,  far  comodità;  praticare  be- 
neficenza. -  Ribenelìcare,  ripete  beneficare.  -  Alle- 
varsi la  serpe  in  seno,  beneficare  qualche  tristo  che 
renderà  male  per  bene.  -  Beneficare  ingrati,  o  chi 
non  vuol  saperne:  correr  dietro  a  chi  fugge;  lavar 
la  testa  all'asino;  rendere  il  cambio  contro  la  voglia. 
-  Beneficare  malvolentieri:  dare  o  fare  di  mala  voglia, 
con  cattivo  garbo,  con  ripugnanza,  stentatamente.  - 
Beneficare  oltre  il  merito:  dare  il  bue  per  le  corna 
a  uno. 

Dare  il  pan$  con  la  balestra,  non  saper  fare  i 
benefici.  -  Dare  il  pane  e  le  sassate,  far  benefici 
villani.  -  Essere  come  don  Desiderio,  disperato  per 
■accesso  di  buon  cuore:  di  chi  si  prova  sempre  a  far 
bene  per  gli  altri,  ma  non  approda  a  nulla,  o  riesce 
in,i;rato  a  tutti.  -  Essere  il  vero  padre  della  patria  : 
benefattore  d'un  popolo  o  d'una  classo  di  gente. 
Il  padre  degli  orfani,  degli  agricoltori,  ecc. 

Pappa  fatta,  locuzione  famigliare:  dicesi  di  chi 
desidera  i  benefici  senza  sobbarcarsi  alla  fatica  ne- 
cessaria per  conseguirli.  -  Passata  la  festa,  gabbato 
lo  santo,  ottenuto  il  beneficio,  si  dimentica  il  bene- 
fattore. -  lirare  il  pane  con  la  balestra,  fare  un 
beneficio  zoticamente.  -  Troppa  grazia  sant'Antonio! 
dicesi  quando  il  beneficio,  col  suo  eccesso,  nuoce; 
quando  non  è  richiesto,  quando  è  sospetto:  sempre 
in  senso  lepido. 

Il  bene  giova  più  a  chi  lo  fa  che  a  chi  lo  riceve. 


-  La  sinistra  non  sappia  quel  che  ha  fatto  la  destra: 
i  benefici  non  si  raccontano  ;  non  se  ne  fa  pompa. 

Per  altre  massinie,  altri  proverbi,  veggasi  a  b^^ 
neficenza. 

Beneficio  d'inventario.  Detto  a  eredità. 

Benèfico.  Detto  a  beneficio. 

Benefiziarlo,  benefiziato.  Detto  a  benefi- 
zio ecclesiastico. 

Benefizio  ecclesiastico.  Il  godimento  accor- 
dato, vita  naturai  durante,  a  cherico  o  a  laico, 
delle  rendite  provenienti  da  beni  ecclesiastici:  red- 
dito ecclesiastico;  ufficio  sacro  che  abbia  rendita,  e 
la  rendita  stessa;  canonicato,  commenda,  prebenda. 

-  Beneficiale,  appartenente  a  beneficio  ecclesiastico.  ^ 
Benefiziano,  chi  è  investito  di  benefizio  ecclesiastico. 

-  Benefiziato,  che  ha  un  benefizio  ecclesiastico.  • 
Com'mendatario,  commendatore,  prebendario,  chi  ha. 
una  commenda,  una  prebenda.  -  Collatore,  colui  che 
conferisce  un  benefizio  ecclesiastico. 

Abazia,  abbazia,  il  benefìzio  ecclesiastico  goduto 
AtW'abate.  -  Cappellania,  il  benefizio  ecclesiastico 
goduto  da  chi  è  rettore  di  una  cappella.  -  Commenda, 
il  benefizio  ecclesiastico  goduto  da  un  laico.  -  Mensa, 
il  benefizio  goduto  dal  vescovo  e  dall'arcivescovo, 

-  Monocolo,  in  diritto  canonico,  il  benefizio  la  cui 
collazione  o  presentazione  appartiene  ad  una  per- 
sona che  non  ha  facoltà  di  provvedere  se  non  ad 
un  solo  e  medesimo  benefizio.  -  Obbedienza,  bene- 
fizio ecclesiastico  di  priorato  o  piccolo  monastero. - 
Parrocchia,  il  benefizio  che  gode  chi  è  mess(>  a 
capo  di  una  chiesa,  con  giurisdizione  e  cura  di 
anime.  -  Prebenda,  il  benefizio  ecclesiastico  goduto 
dagli  ecclesiastici  insigniti  del  grado  e  della  aigmlà 
di  canonico  o  di  -cai-dinale,  facenti  parte  di  un 
capitolo  e  non  aventi  cure  di  anime  né  come 
parroci  né  come  vescovi  od  arcivescovi  :  canonicato, 
cardinalato.  -  Prebenda  laica,  sussidio  derivante  dal 
tondo  d'un  convento  soppresso.  -  Prestimonio, 
benefizio  ecclesiastico  senza  titolo.  -  Rendita 
intercalare,  quella  di  un  benefizio  ecclesiastico  va- 
cante. -  Sinecura,  benefizio  semplice.  -  Residenziale, 
il  benefizio  ecclesiastico  che  obbliga  colui  che  lo 
gode  ad  abitare  in  un  determinato  luogo,  perché 
annesso  a  chiesa  con  cura  di  anime. 

Nonostanza,  presso  la  Curia  romana,  le  assolu- 
zioni dalle  censure,  le  riabilitazioni  e  le  dispense 
necessarie  per  godere  un  benefizio  ecclesiastico.  - 
Nulla  osta,  formola  usata  dalla  Curia  romana  ad 
indicare  che  viene  accordato  il  benefizio  ecclesiastico 
alla  persona  proposta  dal  collatore.  -  Patronato,  il 
diritto  di  presentare  o  di  essere  presentato  a  un 
beneficio  ecclesiastico.  -  Placet  (lat.),  l'accettazione 
da  parte  dell'autorità  civile  del  disposito  dell'auto- 
rità ecclesiastica  alla  collazione  di  un  determinato 
beneficio  (minore).  .  Regio  economo,  subeconomo  dei 
benefizi  vacanti,  l'incaricato  dal  governo  di  ammi- 
nistrare i  singoli  benefizi  ecclesiastici  durante  l'anno 
solare  che  deve  intercedere  per  legge  fra  un  bene- 
fiziato e  l'altro.  -  Regio  exequatur,  formola  usata 
del  governo  italiano  ad  indicare  che  viene  appro- 
vato il  conferimento  di  un  dato  beneficio  ecclesia- 
stico alla  persona  proposta  dal  collatore  e  che  già 
ottenne  il  nulla  osta  dalla  Curia  romana.  -  Secola- 
rizzazione, atto  col  quale  si  trasferiscono  ai  laici  i 
beni  ecclesiastici. 

Benemerenza,  benemèrito.  Detto  a  merito. 

Beneplàcito.  Compiacimento,  approvazione; 
assenso,  consenso;  disposizione,  volontà. 

Benessere.  Condizione  prospera  di  salute,  di 
fortuna,  di  vita,  di  corpo;  sanità,  felicità. 


BErfESTANTE   —   BERE 


271 


Benestante.  Chi  vive  in  ajiatezza. 

Benestare.  Dichiarazione  per  approvare  conti, 
disegni,  ecc. 

Benevlso.  Detto  a  gratlito. 

Benevolenza.  Buona  disposizione  d' animo 
vprso  altri:  affezione;  inclinazione  e  facilità  ad 
amare,  a  procurare  il  bene  del  proprio  simile; 
amorevolezza,  benignità.  -  Benevolmente,  con  be- 
nevolezza,  amorevolmente,  con  amorevolezza.  -  Be- 
nevolo, umano,  d'animo  ben  disposto  verso  altri.  - 
Benigno,  disposto  per  natura  a  far  bene  ad  altri  : 
amorevole.  -  Benveduto  di  persona  veduta  di  buon 
occhio,  trattata  con  benevolenza:  beneviso,  gradito. 

Esser  tutti  fiori  e  barcelli  con  tino,  trattarlo  con 
benevolenza.  -  //  mielp  si  fa  leccare  perché  é  dolce 
(chi  vuole  essere  amato  tratti  con  benevolenza).  - 
Lega  più  un  vezzo  che  una  collana.  -  Piccola  acqua 
fa  cessare  gi-an  vento  {con  un  po'  di  benevolenza  si 
ottiene  molto).  -  Tira  più  un  filo  di  benevolenza  che 
cento  paia  di  buoi. 

Benevolo.  Chi  ha  benevolenza. 

Benfatto.  Di  bella  corporatura* 

Beng^ala.  Detto  a  fuochi  artificiali. 

Beni  {mobili,  stcAilì,  ecc.).  Complesso  delle  cose 
che  costituiscono  nn  patrimonio,  un  possesso. 

Beniamino.  Detto  a  figlio. 

Benignità,  benigno  (benignamente).  Veggasi 
ad  amorevolezzaf  a  bene,  a  benevolenza,  a 
bonario,  •  Mitezza,  mite:  di  indole  o  di  male. 

Benintenzionato.  Chi  è  disposto  a  far  bene, 
chi  è  animato  da  buona  volontà,  da  buona  inten- 
zinne. 

Beninteso.  Premessa  di  osservazione;  inciso  di 
discorso,  di  contratto. 

Benissimo.  Detto  a  bene  (avverbio). 

Bennato.  Detto  a  educazione  e  a  famiglia. 

Benservito.  Attestato  di  buon  servizio.  -  Do- 
cumento che  si  rilascia  a  chi  ha  lodevolmente  co- 
peito  un  impiego. 

Bentornato.  Espressione,  formola  di  saluto. 

Bentrovato.  Detto  a  saluto, 

Benveduto.  Detto  a  benevolenza. 

Benvenuto.  Detto  ad  arrivare. 

Benvolere  (benvoluto).  Voler  bene,  amare. 

Benzina  (benzòlo).  Carburo  di  idrogeno  che 
deriva  da  un  gran  numero  di  reazioni  chimiche,  ma 
che  si  ottiene  per  lo  più  dalla  distillazione  dell'olio 
di  carbon  fossile:  si  usa  come  mlcrobicida  e  macro- 
bicida,  nonché  per  smacchiare.  -  Benzoene,  liquore 
incoloro  analogo  alla  benzina.  -  Nitrobenzina,  pro- 
dotto liquido  giallastro  dell'azione  dell'acido  benzoico 
sulla  benzina.  -  Turfolo,  specie  di  benzina  che  si 
ottiene  con  la  distillazione  del  catrame  di  torba. 

Benzoazzurro,  benzogrlgio,  benzoporpo- 
rina.  Detto  a  colorante. 

Benzoico  (acido).  Acido  che  si  trova  già  formato 
in  più  specie  di  resina,  di  balsatno.  -  Benzoato, 
il  sale  prodotto  dalla  combinazione  dall'acido  ben- 
zoico con  una  base.  -  Benzoih,  il  radicale  dei  com- 
posti benzoici. 

Benzoino  (belgiuino,  belzuino).  Sorta  di  resina 
aromatica,  balsamica;  balsamo  naturale. 

Beone.  Chi  si  dà  molto  al  bere,  specialmente 
vino. 

Beota.  Di  uomo  tardo  d'ingegno:  idiota. 

Berciare,  bèrcio  (berciato).  Detto  a  gridare. 

Bére  (bevuto).  Prendere  per  bocca  acqua,  vino  o 
altro  liquido,  principalmente  per  cavarsi  la  sete: 
bévere,  prendere  per  bocca;  libare;  cavarsi  la  sete, 
dissetarsi;  bombettare,  sbombettare;  lappare,  lappeg- 


piare;  tirare,  tirare  un  sorso;  fare  un  bere,  una  bevuta; 
far  passare  per  il  gozzo;  fare  giù  giù,  »  glo  £lo  ; 
far  triucos;  dar  lo  spianto;  vuotar  bicchieri  e  bot- 
tiglie; attaccarsi  al  vetro,  porre  bocca  al  fiasco;  dare 
un  sorso,  rinfrescarsi  ;  far  Lallare  il  mento,  poppare, 
insubbiare,  zufolare;  bagnarsi  la  bocca,  il  becco,  la 
j,'ola,  il  gorgozzule,  le  labbra;  mettere,  porre,  tenere 
il  becco  in  molle;  bagnar  la  parola;  por  bocca  al- 
l'orciuolo;  baciare  il  barlette,  la  bottiglia;  tar  ca- 
rezze alla  bottiglia;  far  la  solfa  per  bimolle;  sof- 
fiare  nella  vetrinola;    lisciare   il  fiasco. 

Bere,  in  senso  assoluto,  vale  iiere  vino  o  liquori: 
il  che  si  fa  alla  bettola,  al  caffè,  ìWosteria,  ecc- 
-  Ribere,  ribevere  :  ripete  bere, 

Bibacitd,  frenesia  di  bere.  -  Bombo,  il  bere  (voc« 
fanciullesca).  -  Filotesia,  era  presso  i  Greci  la  ceri- 
monia di  nere  alla  salute  dell'uno  e  dell'altro.  - 
Pinica  (gr.),  arte  del  bere.  -  Poto,  il  bere. 

Bevanda,  ciò  che  si  beve;  liquido  da  bere,  che 

si  può  bere. 

Bevibile,  che  si  può  bere,  senza  disgusto  •  senza 
danno;  buono  da  oere:  bevereccio,  potabile,  potu- 
lento.  -  Bevereccio,  gradevole  a  bere;  da  bersi. 

Bevitore,  chi  beve  volontieri  e,  più  spesso,  chi 
beve  assai  per  abitudine,  non  uboriacandosi,  ma 
assaporando  il  vino  da  intelligente:  bibace,  cionca- 
tore; otro,  pecchione,  tracannatore,  trincatore,  zin- 
zinnatore,  zorópota.  Con  varia  gradazione  di  signi- 
ficato: devolo  al  vino,  al  fiasco  paesano;  fedele  al 
fiasco;  scannator  delle  cantine;  spugna,  peggio  delle 
spugne;  rasciu^abotti,  succiabeoni;  vero  arlotto,  pe- 
vera, sgocciolaiboccali  ;  distruzion  della  vernaccia; 
devoto  a  Bacco.  Gran  bevitore,  bevitore  solenne,  ca- 
pitano  de'  Lanzi,  sinonimi  di  .beone  (veggasi  più 
innanzi:  bere  molto).  -  Beone,  bevone,  chi  beve  assai, 
smoderatamente.  -  Buon  tracannatore,  chi  regge  a 
bere  molto.  -  Crapulone,  chi  è  dato  al  vizio  del  bere.  - 
Gregorio,  chi  ha  bevuto  molto.  -  Moscione,  di  chi 
sta  sempre  intorno  alla  botte:  beone.  -  Moteicone, 
più  che  moscione.  -  Schiccherane,  chi  non  fa  che 
schiccherare,  bere,  tracannare:  trincone.  Peggior., 
trinconaccio.  •  Sgocciolaboccali,  chi  beve  molto.  - 
Succiabeone,  gran  bevitore  (voce  bassa).  -  Vinolento, 
bevitore  soverchio,  anche  senza  ubbriacarsi  (veggasi 
più  innanzi  :  bere  molto).  -  Bacco,  dio  dei  bevi> 
tori.  -  Bevuta,  atto  del  bere:  quel  tanto  che  si  beve 
in  una  volta  :  beuta,  bevimento,  bevizione,  bevitura  ; 
libagione,  libazione,  libame,  libamento;  sorbizione. 

Bevutina,  dimin.  di  bevuta.  -  Centello,  piccolo 
sorso  di  vino,  di  liqliore,  ecc.  -  Centellino,  dimin. 
di  centello  :  zinzino.  -  Gorgata,  quanto  liquido  si 
trangugia  in  una  fiatata,  in  un  fiato,  in  un  succio.  - 
Cozzata,  sorso.  -  Poppata  solennissima,  gran  bevuta.  - 
Sbicchierata,  bevuta  in  compagnia.  -  Sorsata,  sorso 
lungo.  Sorsatina,  dimin.  -  Sorso,  quel  tanto  di  liquido 
che  s'ingolla  con  un  movimento  solo  della  gola,  o 
senza  raccoglier  fiato.  -  Sorsellino,  dimin.  di  sorsello 
(specialmente  di  cose  gustose):  sorsello,  sorsettino, 
sorsino.  -  Tirata,  gozzata,  quanto  liquido  si  manda 
giù  a  gola  aperta,  in  una  fiatata.  -  Trincata,  gran 
sorso,  non  che  di  vino,  ma  di  qualunque  altro  li- 
quido d'uso:  specialm.  nella  montagna  pistoiese.- Ztn- 
zino,  piccolissima  porzione  di  bevanda,  specialmente 
di  vino. 

Bere  acqua:  imbottare  al  pozzo;  andare  alla  secchia; 
leccar  lo  specchio  di  Narciso.  Si  beve  l'acqua  attin- 
gendola al  fonte,  al  pozzo,  prendendola  alla  trom- 
ba, ecc.;  raccogliendola  con  secchia  o  con  altro 
recipiente,  versandola  dalla  bottiglia  nel  bio- 


272 


chiere  o  adoperando  altro  vaso.  •  Idropoto,  chi 
beve  acqua. 

Bere  alla  salute:  propinare.  Detto  a  brindisi. 

Bere  inneme:  fare  una  combibbia.  -  Combibo,  com- 
pagno nel  bere. 

Bebé  molto,  berb  poco,  bere  troppo,  nom  bere. 

Bere  molto.  -  Bere  a  crepapancia,  a  crepapelle, 
a  scoppiacorpo  ;  bere  come  un  lanzo,  come  un  te- 
desco, come  un  turco,  come  una  spugna;  bere  di 
santa  ragione,  lautamente;  dar  nel  vetro;  far  il  naso 
raso,  far  gli  occhi  lucidi  o  lustri;  pocchiare.  -  Ab- 
bottacciarsi,  empirsi  di  vino  come  una  botte.  -  Fare 
una  trincata,  bere  in  quantità.  -  Reggere  il  vino, 
bere  molto  e  non  risentirne  alcun  disturbo.  -  Sbic- 
chierare, bere  molti  bicchieri.  -  Soffiar  nella  vetri- 
noia  :  toccare  di  vetrinola,  bere  molto.  -  Stare  al  bic- 
chierino, di  chi  beve  spesso  e  volontieri  liquori. 

Tracannare,  ingurgitare  gran  quantità  di  roba.  - 
Trincare,  bere  assai:  far  trincos. 

Aver  la  gola  lastricata,  di  chi  beve  molti  bicchie- 
rini. -  Aver  sempre  il  bussolotto  in  mano,  di  chi  beve 
molto.  -  Aver  la  gola  foderata  di  zinco,  di  lamiera, 
di  chi  beve  roba  molto  calda.  -  Esser  caldo  dal  vino, 
aver  bevuto  molto.  -  Essere  rossi  come  gallinacci,  di 
persone  rosse  per  aver  bevuto  troppo.  -  Ne  beiTebbe 
un  tino!  Farebbe  a  bere  con  le  pecchie!,  di  un  gran 
bevitore. 

Bere  poco,  -  Essere  moderato,  temperato  nel  bere; 
bere  con  temperanza,  con  moderazione,  con  di- 
screzione. -  Assaggiare,  bere  pochissimo,  per  cono- 
scere 0  per  gustare  il  sapore  di  un  liquido.  -  Bere 
a  centellini,  a  zinzini,  a  poco  per  volta:  zinzinare, 
zinzinnare  -  Inumidire  le  labbra,  la  bocca,  bere  po- 
chissimo. -  Rinfrescare  il  gorgozzule,  bere  un  tantino 
per  rinfrescarsi.  -  Sobrietà,  essere  sobrio,  bere  poco. 

Bere  troppo.  -  Alzare  il  gomito,  alzar  la  gloria, 
bere  a  bigoncie,  gavazzare,  zizzolare;  bere  e  ribere; 
cioncare  e  ricioncare  ;  sbombettare,  sbombazzare  ; 
studiar  col  fiasco  in  mano;  imbottare  come  pevere; 
strabere;  sbevazzare,  sbeucchiare,  sbevucchiare;  fare 
il  naso  rosso  ;  bere  per  dodici  ammalati  ;  tracan- 
nare a  guerra  rotta  ;  azzuffarsi  coi  bicchieri  ;  far 
tirate  da  tedesco  ;  fare  a  chi  più  imbotta.  :  Sbévere, 
consumando,  strabevendo. 

5cf f/ordo,  crapula,  gozzoviglia,  stravizio:  eccesso 
nel  bere  (e  nel  mangiare).  -  Beveria,  sbevazzamento  ; 
straordinaria,  eccessiva  bevuta. 

Affatappiarsi,  sbalordirsi  col  .bere  troppo  vino.  - 
Crapulare,  darsi  alla  crapula,  al  vizio  di  bere  (e  di 
mangiare)  eccessivamente.  -  Fare  una  lattata,  nere 
a  lungo  dopo  il  pasto.  -  Schiccherare,  bere  oltre  il 
bisogno.  -  Schiccherio,  uno  schiccherare  continuato. 

Non  bere.  —  Evitare,  astenere,  astenersi  dal 
bere.  -  Essere  astemio,  riferibilmente  al  vino.  -  Mu- 
rare  a  secco,  non  bere  mentre  si  mangia.  -  Non 
accostar  nulla  alla  bocca,  prendere  più  nulla  da 
bere.  -  A  gola  asciutta,  a  gola  secca,  di  chi  non  ha 
bevuto. 

Diversi  modi  di  bere. 

Assaporare,  bere  con  attenzione  per  gustare 
bene  il  sapore  della  bevanda.  -  Assorbire,  bere  suc- 
chiando. -  Attaccarsi  al  bicchiere,  al  fiasco,  ecc., 
bere  con  avidità,  a  lungo. 

Bere  a  un  fiato,  d'un  palo,  tutto  in  un  tratto, 
senza  prender  fiato;  a  doccia,  a  garganella,  senza 
accostare  il  vaso  alle  labbra,   ma   sostenendolo  in 


aria  versando  in  bocca  il  liquore  senza  ripigliare 
il  fiato;  a  fior  di  labbra,  in  piccolissima  quantità; 
al  fiasco;  al  bicchiere,  alla  boccia,  anche  a  boccia,  a 
brocca,  accostandoci  le  labbra;  a  sciacquabudella, 
a  sciacquadenti,  bere  vino  a  digiuno,  senza  prendere 
nel  tempo  stesso  cibo;  contro  stomaco,  con  disgusto; 
a  pasto,  mentre  si  mangia. 

Bevacchiare,  bevicchiare:  beuccliiare,  bere  spesso; 
sbevacchiare,  sbeucchiare.  -  Bevacchiamento,  beuc 
chiamento,  l'atto  del   bevacchiare,  del   beucchiare. 

-  Bombetiare,  frequentativo  di  bombare,  bere  spesso. 

-  Centellinare,  bere  a  piccoli  sorsi,  a  ceutelli,  a 
centellini,  a  ciantellino,  a  zinzino:  centellare;  sor- 
sare,  sorseggiare,  pigliare  sorsate;  beucchiare.  be- 
vucchiare; sorbecchiare,  sorbire;  zinzinare,  zinzin- 
nare. -  Cioncare,  bere  sconciatamente.  -  Degustare, 
degustazione,  il  bere  per  gustare,  per  sentire  il  sa- 
pore, conoscere  la  qualità  d'un  liquore.  -  fare  la 
zuppa  segreta,  bere  col  pane  in  bocca,  o  anche  con 
la  bocca  piena. 

Immollare  il  becco,  o  mettere  o  porre  il  becco  o 
la  lingua  in  molle,  bere,  e  anche  bere  moderata- 
mente. ■  Lappare,  bere  con  la  lingua,  come  i  cani. 

-  Libare  (libato),  far  libagione,  libazione,  gustare, 
assaggiare.  -  Rinfrescare,  prendere  qualche  bevanda 
fresca  o  qualcosa  di  più  per  smorzare  la  sete  e  il 
caldo;  bere  od  offrire  ad  altri  una  bibita  rinfre- 
scante. -  Sbevazzare  (sbevazzamento),  bere  disordi- 
natamente e  con  frequenza;  più  che  sbevacchiare. 

-  Sciacquarsi  lo  stomaco,  bere  a  digiuno  o  senza 
mangiare.  -  Sgocciolare,  bere  il  liquido  contenuto 
in  qualsiasi  vaso  fino  all'ultima  goccia.  -  Sorìiire, 
ingollare:  di  cose  piacevoli  o  no,  che  si  be\ono  a 
sorsi;  centellinare.  -  Sorbizione,  il  sorbire.  -  Sor- 
bile, da  potersi  sorbire.  -  Succhiare,  attrarre  a  sé 
l'umore,  il  sugo  per  forza  di  labbra:  bere  centel- 
linando saporitamente.  -  lirar  giù,  bere  senza  gu- 
stare affatto  ciò  che  si  beve  (con  una  sorsata  se 
lo  tirò  giù  tutto).  -  Toccare  il  vino,  o  altro,  appena 
con  la  lingua,  assaggiarlo,  gustarlo  solamente  e 
quasi  senza  deglutirlo.  -  Tracannare,  ingurgitare 
gran  quantità  di  roba  avidamente  e  a  grandi  sor- 
sate; bere  a  sgori^ata,  a  piena  gola;  avvallare,  in- 
gollare avidamcnt'. 

Dar  da  bere,  domandare  da  bere  -  invitar  a  bere 

Effetti  del  bere  -  Varie  -  Locuzioni. 

Abbeverare,  dar  bere,  dar  da  bere,  e  dicesi  più 
propriamente  di  cavalli,  di  buoi,  ecc.,  che  si  con- 
ducono &\V abbeveratoio:  beverare,  imbeverare, 
acquare.  -  Mescere,  dare  altrui  da  bere,  versandogli 
nel  bicchiere  vino  o  altro:  colmare,  coronare,  ri- 
colmare il  bicchiere;  inghirlandar  la  tazza.  -  Cop- 
piere, chi  mesceva  da  bere  alle  mense  dei  grandi: 
coppiere,  mescitore,  pincerna,  bottigliero.  -  Far 
da  coppiere:  servir  le  tavole,  servir  di  coppa. 
Gran  coppiere,  maestro  de'  coppieri.  -  Guazzatoio, 
luogo  per  abbeverare  e  guazzare  le  bestie.  -  Ebe, 
figlia  di  Giunone  e  di  Giove,  personificazione  della 
gioventù  eterna;  aveva  l'incarico  di  mescere  il 
nettare  agli  dèi.  -  Valchirie,  donne  che  versano  da 
bere  agli  eroi,  nel  cielo  degli  Scandinavi. 

Domandar  da  bere  :  porgere,  sporgere  il  bicchiere. 
-  Hai  la  pipita:  si  dice,  in  ischerzo,  a  chi  sempre 
domandi  da  bere;  anche  di  chi  bevucchi  ogni 
momento. 

Invitare  a  bere:  un  altro  colpettino,  un  altro  sorso, 
per  gradire,  invito  a  bere.  -  Volete  rinfrescare  il  becco 


BERE 


BERRETTA 


273 


i' Ùgola,  le  fauci  ?,  scherzosamente,  offrendo  da  bere 
ail  alcuno. 

Effetti  del  bere:  spinto  all'abuso,  all'eccesso,  il  bere 
(sempre  inteso,  vino  o  liquori)  ha  per  effetto  Yalcoo- 
lisniOy  Vubbriachezza,  talvolta  anche  la  jxi^zia.- 
Chiacchiera,  chiaccherina,  il  parlare  più  del  solilo, 
proprio  (li  chi  ha  bevuto  alquanto.  -  Fumo,  l'esalta- 
zione prodotta  dall'avere  abuondanteinente  bevuto. 
-  Temulenza,  sonnolenza  e  stupidità  cagionata  dal 
soverchio  vino  bevuto.  -  Essere  allegretto,  effetto 
dell'avere  bevuto  alquanto,  più  del  solito. 

Varie.  —  Abbeverai iccio  e  abbeverato,  il  liquore 
lasciato  nel  vaso  da  chi  ha  bevuto  prima.  -  Abboc- 
catura, l'orlo  del  vaso  a  cui  si  accosta  la  bocca 
per  bere.  -  Il  bicchiere  della  xtajfa,  quello  che  si 
beve  nell'andarsene,  in  fretta  ;  il  bicchiere  della 
partenza.  -  Libatorio,  vaso  usato  per  libare. 

Andar  di  traverso,  a  traverso,  il  deviare  che  fa 
un  gocciolo  di  bevanda,  il  quale,  invece  di  pren- 
dere la  via  del  ventricolo  per  l'esofago,  piglia  quella 
dei  polmoni  per  la  trachea,  da  dove  la  natura  lo 
ricaccia  mediante  un  violento  tossire.  -  Andar  giù 
come  l'olio,  di  cosa  che  si  beve  bene.  -  Dar  gtisto 
al  beì'e,  dar  buon  bere,  dicesi  di  cibo  che,  preso 
anche  in  piccola  quantità,  dispone  al  bere,  e  dopo 
il  quale  il  vino  riesce  più  gustoso:  cosi  i  salumi, 
i  formaggi,  i  semi  del  finocchio,  ecc.  -  Dar  cattivo 
bere,  quei  cibi  che  non  inducono  affatto  a  bere,  e 
dopo  1  quali  il  vino  riesce  meno  gustoso;  tali  sono, 
ad  es.  i  cibi  acidi,  i  dolci,  le  frutta.  -  Fare  spracche, 
fare  scrocchetto  (voci  imitative),  atto  che  si  fa  na- 
turalmente con  la  bocca  e  con  un  certo  scoppio 
quando  si  è  bevuto  vino  generoso  e  asciutto;  anche, 
in  segno  di  soddisfazione,  di  godimento,  quando  si 
beve.  -  Glo  già,  voce  di  nessun  significato,  espri- 
mente solo  il  rumore  che  fa  un  fluido  nell'uscire 
dalla  strettura  del  collo  di  un  fiasco;  del  vino  che, 
bevendo  a  garganella,  va  giù  per  la  gola,  ecc.  (fare 
ilio  glo). 

Locuzioni.  —  Asciugare  tm  fiasco  di  vino,  berlo 
fino  all'ultima  gocciola.  -  Aver  la  chiaccherina,  di 
chi  ha  un  po'  bevuto,  e  parla  più  del  solito.  -  Ba- 
ciare il  fiasco,  fare  una  buona  bevuta.  -  Non  gli 
tocca  l'ugola,  di  bibita  in  minima  quantità  offerta 
a  persona  nota  pel  suo  gran  bere.  -  Rompere  il 
collo  a  una  bottiglia,  berla.  -  Toccare  il  bicchiere, 
e  anche  semplicemente  toccare,  accostare  il  proprio 
bicchiere  a  quello  d'altri,  e  leggermente  urtarlo 
prima  di  bere  :  atto,  segno  d'amicizia,  quasi  tacito 
trindisi.  -  Vedere  il  fondo  d'una  bottiglia,  d'un 
fiasco,  vuotarla,  vuotarlo. 

Acqua  alle  ruote,  o  alle  mule,   motto  cou    cui  si 
ricorda   o   si  incita  altri   a  mescere   da  bere.  -  / 
capelli  ingrossano  dopo  cena  :    il   vino   riscalda  la 
tosta.  -  Inter  pócuia  (lat.),  tra  i  bicchieri,  bevendo. 
-  L'acqua  ammortisce  lo  stomaco,  il  vino  dà  caldo 
allo  stomaco,  -  Tutte  le  bocche  sono  sorelle,  quando 
si  beve  al  bicchiere  di  un  altro. 
Bere  (bevuto).  Per  similitudine,  assorbire. 
Bergamotta.   Specie   d'agrume,   simile   al   li- 
mone; irutto  d'una  varietà  di  cedro. 
Bergraniotto.  Detto  a  pero. 
Bericócolo  (  bericocolaioj .  Detto  a  dolce. 
Berillo.  Sorta  di  gemina. 
Berluolo.  Beverino  da  gabbia  (d'uccelli). 
Berlina.  Sorta  di  castigo,  di  pena.  -   Sorta 
di  carrozza. 
Berlingaccio,  h' uìtmo  giovedì  dì  carnevale. 
Berlingozzo.  Sorta  di  ciambella. 
Bernecche.  Detto  ad  ubbHachezza. 


Bernesco.  Genere  di  letteratura.  -  Che  fa 
indere. 

Bernòccolo  OjernoccoliUo).  Rilievo,  enfiato,  bi- 
tàrzoloy  in  (lualche  parte  del  corpo  umano.  - 
Kigur.,  estro,  ingegno. 

Bomusso.  Sorta  di  mmitello. 

Berretta,  berretto.  Copertura  del  capo,  senza 
te«a,  latta  per  lo  più  di  materia  arrendevole,  come 
panno,  niaglle,  o  simili.  Ora  si  chiama,  per  lo  più,  ber- 
retta (dimin.  bei-rettina,brrreltuccia)  una  copertura  del 
eapo  portata  dai  preti  e  dalle  donne  in  casa;  e  ber- 
retto (berrettino,  berrettucein,  dimin.)  la  copertura 
portata  dagli  uomini.  -  Berrettaio,  chi  fa  o  vende 
berrette,  berretti:  berrettinaio. 

Berretta,  berrettuola.  berriccola,  calotta,  niontiera. 
-  Berretta  a  spicchi,  o  da  prete,  copertura  del  capo 
degli  ecclesiastici;  di  torma  quadra,  di  color  nero, 
di  lana  o  di  seta,  con  tre  punte,  dette  spicchi,  e 
una  nappcttina,  sfioccata  e  rotonda,  superiormente 
in  mezzo  ad  esse.  -  Berretta  feltrata,  sorta  di  be- 
retta  di  lana  ordinaria,  fatta  di  panno  di  feltro,  co- 
munemente giallognola  o  color  di  cannella.  -  Biret- 
tum,  berretta  dei  dogi  veneziani  nel  più  antico  mo- 
dello (secolo  XI  0  XII.). 

Cabriolet,  antica  berretta  da  donna,  mollo  alta.  - 
Calantica,  calvatica,  berretta  fissata  sul  capo  me- 
diante un  cordone  che  le  gira  attorno,  con  pezzi 
di  stoffa  pendenti  ai  lati  e  scendenti  sulle  spalle: 
usata  dagli  egiziani  dei  due  sessi,  adottata  poi  dalle 
donne  greche  e  romane.  -  Chaperon,  antica  forma  di 
berretta  caudata:  capperone  in  italiano,  ciot'-  cap- 
puccio, capperuccio.  -  Creste,  per  similitudine,  le 
cuffie  0  berrette  delle  signore.  -  Papalina,  sorta  di 
berretta  tonda  che  si  porta  in  casa.  -  Pileolvs,  pic- 
cola berretta  corta,  di  lana  feltrata:  copriva  solo  il 
cocuzzolo.  -  Rete,  e  più  comunemente  reticella,  sorta 
di  cuffia  0  di  berrettina  a  larghe  maglie,  fermate 
ciascuna  con  un  nodo;  lavoro  che  si  fa  col  mòdano. 

-  Tatarca,  la  berretta  nazionale  dei  polacchi,  con 
coperchio  quadrato  e  guarnita  di  pelliccia.  -  Tocco, 
berretta  già  usata  dai  cittadini  fiorentini,  con  la 
tesa  rovesciata  in  su,  torno  torno,  a  modo  di  corona: 
era  di  colore  scarlatto.  Ora,'  la  berretta  dei  giudici 
e  degli  avvocati  in  tribunale. 

Berrettina,  berretta  da  notte,  la  cuffia  bianca  e 
poco  ornata,  portata  dalle  donne  di  notte. 

Berrettino,  dicesi  specialmente  il  berretto  dei 
bambini.  -  Berrettino  cardinalizio,  zucchetta,  zuc- 
chetto: piccola  berretta  rotonda,  generalmente  più 
piccola  di  quella  da  prete,  color  di  porpora,  usata 
dai  cardinali  per  distintivo  della  loro  dignità.  Se- 
condo la  stagione,  é  di  seta,  di  camelotto,  di  panno. 

-  Berrettino  del  pontéfice,  quello  portato  dal  papa  : 
di  seta  bianca,  di  panno  e  un  po'  più  piccolo  del 
camauro. 

Berretto,  bonnetto,   cuffiotto,  scuffiotto,    tocchetto. 

-  Berretto  alla  marinara,  quello  proprio  e  tipico 
dei  soldati  di  marina.  -  Berretto  da  notte,  quello 
usato  a  letto,  per  coprirsi  il  capo  e  anche  per  non 
lordare  la  federa  dei  guanciali  :  cuffia ,  cuffietto, 
cuffiotto.  Spesso  fatto  a  maglia,  a  doppio  cono, 
rientrato  in  sé  stesso,  per  modo  che  viene  raddop- 
piato e  forma  un  cono  solo,  con  piccola  nappa  in 
cima;  talora  il  cono  è  semplice  e  non  doppio,  ma 
di  filo  più  grosso.  -  Berretto  da  viaggio,  quello  che, 
a  maggior  comodo,  si  usa  portare  in  ferrovia.  - 
Berretto  frigio  (fr.  bonnet  phrygien),  berretto  dei 
Giacobini  e  dei  Sanculotti  al  tempo  della  grande 
rivoluzione:  berretto  da  giacobino.  -  Berrettone,  ber- 
retto alto,  rotondo,  fatto  di  pelle  d'  orso,    col  pelo 


Premoli  —  Vocabolario  yonienclatore. 


18 


274 


BERROVIERE 


BESTEMMIA 


all'infuori,  ornato  di  «ordoni,  di  fiocchi,  di  piastre; 
anche  quello  usato  dai  giudici,  dagli  avvocati,  dai 
professori,  ecc.,  nell'esercizio  delle  loro  funzioni; 
berretto  .grande  con  rovescio. 

Albogalero,  berretto  bianco  di  pelo,  con  ramo- 
scello d'ulivo,  proprio  del  gran  sacerdote  di  Giove. 
-  Apex,  berretto  portato  da  certi  preti.  -  Bonnetto, 
frane,  in  italiano  berretto,  dal  basso  latino  bir" 
return,  cioè  cappello  fatto  in  origine  di  stoffa  rossa, 
pirros.  -  Callotta,  e  più  antitamente  calotta,  berret- 
tino di  parino  o  di  seta  detto  zucchetto,  o  papalina, 
che  gli  ecclesiastici  portano  sopra  i  capelli  anche 
assistendo  ai  divini  uffici.  Callottina,  dim.  -  Cai- 
lotto,  berretto  che  copre  soltanto  il  sommo  della 
testa.  -  Camauro,  berrettino  che  copre,  oltre  il  capo, 
anche  gli  orecchi;  proprio  del  sommo  pontefice.  - 
Caschetto,  per  traslato,  berretto  con  visiera  e  sog- 
golo. Soggolo ,  nastro ,  o  anche  strisciolina  di 
pelle,  che  all'uopo  si  fa  passare  sotto  alla  gola, 
perché  il  caschetto  sta  più  fermo  in  capo.  Visiera, 
pezzo  di  tesa,  di  materia  rigida,  di  forma  semilu- 
nare sulla  parte  anteriore  del  caschetto,  che  fa  so- 
lecchio e  riparo  agli  occhi.  -  Chine,  berretto  di  pelle 
di  cane  e  di  ermellino  o  di  cuoio,  emisferico  - 
Cidaris,  berretto  portato  dai  re  di  Persia,  dell'Ar- 
menia; anche,  quello  del  sommo  sacerdote  degli 
Ebrei.   -   Cirbasia,  berretto   puntato   dei    Persiani. 

Corno  ducale,  berretto  portato  dai  dogi  di 
Venezia.  -  Cucufa,  calotta  che  si  riempiva  di 
polveri  cefaliche.  -  Fez,  berretto  per  lo  più  rosso, 
a  cono  tronco  senza  tesa,  con  nappa  o  senza,  usato 
da  turchi,  greci,  arabi,  portato  anche  da  europei 
in  casa:  anche,  tarbus  (tarbouch)  -  Galero  {galerusj, 
berretto  contadinesco  fatto  di  pelli  d'animale,  col 
pelo  lasciatovi  sopra.  -  Galerus,  galeriim,  quellOj 
cosi  tatto,  portato  dagli  antichi  abitatori  del  Lazio, 
invece  dell'elmo.  -  Kalpak,  berretto  usato  in  Oriente 
e  guarnito  di  pelliccia.  -  Mortone,  berrettone  a  pelo, 
da  granatiere.  -  Obbatus,  berretto  di  forma  appun- 
tata sul  vertice  della  cocuzza.  -  Papalina,  berretto 
da  uomo  che  bene  si  adatta  a  tutto  il  capo  e 
scende  a  coprire  un  po'  gli  orecchi;  berretto  tal- 
volta ricamato.  -  Pileo  (pileus,  jiileunij,  berretto  di 
feltro,  portato  dagli  uomini,  vario  di  forma  da  na- 
zione a  nazione,  ma  sempre  rotondo  e  senza  orlo. 
-  Jiara,  berretto  nazionale  dei  Parti,  degli  Armeni 
e  dei  Persiani  :  era  molle  e  lo  si  metteva  sulla  som- 
mità della  testa,  in  modo  da  lasciare  scoperti  i 
capelli  sulla  fronte.  -  Tocco,  berretto  piccolo  e  sen- 
za orlo,  da  giudice,  ecc.  -  lurbante,  sorta  di  ber- 
retto con  una  lunga  striscia  di  tela  o  di  lana  in- 
torno, usato  dai  Turchi  e  da  altri  popoli  orientali. 

Far  di -berretta,  cavare  il  berrétto,  trarsi  il  ber- 
retto per  saluto-  0  per  riverenza:  sberrettare  (far 
molto  di  berretta)  ;  sberrettata,  saluto  fatto  col  trarsi 
il  berretto  di  capo.  -  Gallonare,  ornare  con  gallone, 
cioè  con  guarnizioni  d'oro,  d'argento  o  di  seta,  tes- 
suta a  guisa  di  nastro.  -  Imberrettare,  mettersi  la 
berretta  in  capo.  -  A  gi'onda,  di  berretto  a  foggia 
di  gronda  del  tetto. 

Berroviere.  Birro,  agente  di  bassa  polizia. 

Bersagliare  [bersagliato).  Battere  con  \  arti- 
glieria un  punto  preso  di  mira.  -  Tormentare  - 
Tirare  al  bersaglio. 

Bersagliere.  Soldato  che  combatte  alla  spiccio- 
lata, alla  fronte  degli  eserciti,  ed  è  ascritto  ad  una 
mi7iséa  istituita  dal  generale  Lamarmora  (1836): 
fantaccino  spedito,  leggiero  pedone,  leggier  d'arme, 
scaramucciatore,  volatore.  -  Cappello  da  bersagliere, 
tondo,  duro,  con  larga  tesa  piana  e   un  mazzo  di 


piume  verdi  ricadenti  sulla  sinistra.  -  Cordone,  di- 
stintivo fatto  di  una  trecciuola  di  lana  verde  per 
la  milizia  dei  bersaglieri. 

Bersaglio.  Segno  al  quale  si  indirizza  la  mira 
delle  armi  da  fuoco  per  addestrarsi  al  tiro  a  se- 
gno ;  l'edificio  destinato  a  questo  esercizio;  il 
campo  all'uopo.  Si  hanno  bersagli  di  varie  foggie, 
f^ssi,  mobili,  girevoli^  bersagli  che  compaiono  e 
scompaiono,  ecc.,  alcuni  con  figure  che  scattano 
e  saltano  fuori  quando  si  colpisca  il  centro;  ma, 
per  lo  più,  a  forma  -di  disco,  con  linee  o  zone  con- 
centriche, sulle  quali  o  in  mezzo  alle  quali  sono 
segnati  i  punti  (i,  2,  3.  ecc.).  E  i  punti  migliori 
sono  quelli  vicini  al  centro.  Fuori,  ossìa  all'esterno 
della  più  eccentrica  di  queste  linee  o  zone^  è  lo 
zero.  -  Bersagliare,  tirare  al  segno-,  a  bersaglio. 
Tiro  a  segno,  tiro  al  bersaglio. 

Barilozzo,  il  centro  del  bersaglio  {far  barilozzo). 
colpire  nel  centro.  -  Brocco.,  s^no  posto  nel  mezzo 
del  bersaglio  dove  si  appunta  la  mira  per  colpire. 
Caldaia,  al  bersaglio,  buca  per  mettervi  al  coperto 
il  trombettiere  e  gli  zappatori  perchè  osservino  da 
vicino  e  diano  i  segnali.  -  Mosca,  il  punto  nero 
in  mezzo  al  disco  del  bersaglio.  -  Obbiettivo,  il 
punto  preso  di  mira.  -  Punto  dt  mira,  quello 
nel  quale  si  deve  eolpire.  -  Statuì  (ted.),  il  campo 
del  tiro  0  bersaglio.  -  Zero,  la  parte,  la  zona  fuori 
dalla  figura  del  bersaglio,  colpendo  nella  quale  non 
si  fa  alcun  punto,  ossia  si  è  fatto  un  tiro  a  vuoto. 

Accertare,  aggiustare  il  colpo,  indirizzarlo  .bene  al 
bersaglio.  -  Battere  a  ficco,  ai  ficco,  cogliere,  colpire 
nel  bersaglio  e  ficcarvi  la  palla  e  simili.  -  Far  centro, 
colpire  nel  punto  più  diretto  del  bersaglio  e  fare 
quindi  il  punto  migliore.  -  Fafla  bassa,  colpire  basso 
il  bersaglio. -Far^a  corto,  non  arrivare  al  bersaglio, 
al  segno.  -  Imbroccare,  dare,  colpire  nel  bersaglio. - 
Mettere,  avere  la  mira  alta,  colpire  sopra  la  mira.  - 
Mirare,  prender  di  mira  il  bersaglio;  puntare  l'arme 
contro  di  esso,  per  colpirlo.  -  Sbagliare  il  bersaglio  : 
sbalestrare,  sberciare  ;  errar  la  posta,  fallire  il  colpo, 
non  toccare  il  bersaglio. 

Botto  botto:  al  bersaglio,  sul  colpo.  -  Gara,  con- 
corso di  tiratori  al  bersaglio,  riuscendo  vincitore 
chi  fa  il  maggior  numero  di  punti  (per  questo  e 
per  altri  particolari,  veggasi  a  tiro  a  segno),  - 
Quintana,  veggasi  a  giostra. 

Berta.  Beffa,  burla;  dileggio,  scherno. 

Berta.  Detto  a  palo. 

Berteggiare  {berteggiato).  Detto  a  burla  e  a 
scherno. 

Bertelle.  Veggasi  a  calzoni. 

Bertesca {bertescato).  Detto  a  fortezza eàtorre. 

Bertoldo.  Uomo  di  grosso  ingegno. 

Bertovello  {bertuello).  Sorta  "di  rete. 

Bertuccia,  bertuccio  (bertuccione).  La  scim- 
min  comune. 

Bessàggine.  Scimunitaggine,  sciocchezza, 

Besso.  Scimunito,  sciocco. 

Bestemmia*  Imprecazione,  ingiuria,  per  Io  più 
contro  Dio  e  le  cose  di  religione:  biastemmia  (voce 
antiquata),  blasfema,  bestemmiamento  ;  apostrofe, 
profferimento  d'ira  ;  giuracchiamento,giuramentaccio; 
cànchero;  eresia,  mòccolo,  moccolino;  orrore;  paro- 
laccia, parole  orrende  e  bige;  sacrato,  sagrata;  già- 
culatoria  (iron.).  -  Bestemmie  da  far  oscurare  il  sole, 
grosse.  -  Bestemmia  ereticale,  da  far  rabbrividire, 
rizzar  i  capelli.-  Senti  che  litanie f...,  di  una  lunga 
serie  di  bestemmie. 

Bestemmiare:  profferire  bestemmie  ;  dire,  mandare 
ruttar  bestemmie  ;  sbalestrare,  tirare  bestemmie  ;  sa- 


BESTEMMIARE 


275 


grare,  sagrarla,  smoccolare  ;  squattreggiare  ;  eresiare 
(bestemmiare  ereticamente);  accendere  torcliietli; 
attaccarla  a  Dio  e  ai  santi  ;  attaccar  luóccoli  ;  attac- 
care al  cielo  del  forno  ;  cantare  i  paternostri  della 
bertuccia;  dirne  delle  quattro;  dire  il  paternoster, 
l'aveininaria,  l'orazione  della  bertuccia;  dire  il  ro- 
sario, le  litanie  (iron.)  ;  eresiare  ;  mandar  giù  Trivi- 
gante  e  Macometto;  recitar  giaculatorie;  rovesciare 
dal  cielo  gli  angioli  e  i  santi,  i  serafini  e  la  madonna; 
schiacciare  un  mòccolo,  dei  mòccoli  ;  sgranocchiare 
un  sagrato,  de'  sagrali:  scoccar  càncheri  dal  petto; 
tirar  giù  tutti  i  santi  dal  cielo  ;  tirare  un  sagrato, 
un  mòccolo  ;  vomitar  bestemmie.  -  Bestemmiare  rome 
tiìi  duHìiato,  come  un  turco,  coinè  un  saraceno,  come 
un  vetturino,  peyyio  d'un  luterano,  molto  violente- 
mente, plebeamente.  -  La  bestemmia  gira  i/ira  e  torna 
addosso  a  chi  la  lira.  -  Le  bestemmie  fanno  come  le 
processioni  :  ritornano  donde  partirono  (prov.). 

Bestemmiatore,  chi  bestemmia  per  vizio,  per  abi- 
tudine: bestemmione,  blasfemo,  eresiarca.  -  Bocca 
d'inferno,  una  linguaccia:  uomo  sboccato  e  bestem- 
miatore ;  bocca  piena  di  maledizioni;  bocca  sacri- 
lega ;  facchinaccio  ;  vomitatore  di  bestemmie.  -  Be- 
steiniiiiatorello,  di  ragazzo.  -  Attacca  certi  moccoli 
come  ceril,  di  chi  bestenmiia  molto. 

Bestemmiare  (bestemmiato).  Dire  f>^stemniia. 

Bestia.  Nome  generico  di  ogni  anlrnucde,  spe- 
cialmente di  ogni  più  grosso  quadrupede;  nome 
generico  di  tutti  gli  esseri  viventi  (regno  zoologico), 
tranne  l'uomo:  animale  irragionevole,  bruto.  Per 
quanto  riguarda  le  classificazioni,  le  divisioni,  i 
gruppi  delle  varie  bestie,  le  denominazioni  varie 
relative  alla  loro  struttura,  alle  loro  attitudini; 
le  parti  e  sostanze  del  loro  corpo,  la  loro  figura,  la 
loro  indole,  gli  atti,  le  funzioni,  i  movimenti,  le 
voci,  certi  stati,  certi  cambiameati;  alcuni  mali,  al- 
cune malattie;  le  azioni  dell'uomo  su  esse  bestie  e 
gli  arnesi  relativi;  i  luoghi  in  cui  esse  stanno  o  si 
tengono  ;  le  scienze  e  i  termini  ad  esse  relativi,  veg- 
gasi  ad  animale.  Altre  voci  sono  raccolte  in  zoo- 
logia. -  La  bestia,  quando  ammalata,  è  presa  in 
cura  dal  veterinario.  -  Bestialità,  atto  da  bestia, 
da  bruto. 

Bestiuola,  bestioletta,  bestiuolo,  bestiolina,  piccola 
bestia.  -  Soprannino,  sopranno,  delle  bestie  che 
contano  un  anno  appena.  -  Bestiale,  di  bestia,  da  be- 
stia. -  Sestiame,  quantità  di  bestie  domestiche.  - 
Brutaglia,  quantità  di  bestie  d'ogni  sorta.  -  Bólsa, 
la  bestia  che  tosse  e  respira  con  difficoltà.  -  Buzzo, 
di  bestia  che  ha  qualche  male.  -  Carogna,  cada- 
vere di  bestia;  anche,  bestia  di  cattiva  razza.  - 
Itazza,  schiatta,  generazione:  mandria  delle  fem- 
mine e  dei  maschi  per  la  figliatura.  Si  hanno  rasse 
domestiche,  incrociate,  bastarde,  pure,  miste.  -  Di 
razza,  detto  di  animali,  vale  di  buona  razza,  di 
buon  sangue.-  Pedigree,vocemoìese,  \(i\e  genealogia, 
e  speciahiìente  registro  genealogico  degli  animali  di 
puro  sangue.  -  Bedo,  il  parto  delle  bestie  da  stalla 
finché  è  di  latte. 

Zoepica,  epopea  in  cui  hanno    parte  le  bestie. 

Belva,  bestia  selvatica  feroce,  carnivora,  che  vive 
nelle  foreste:  fiera.  -  Bestia  da  ingrasso,  quella 
che  non  si  fa  lavorare,  ma  si  fa  ingrasssare,  desti- 
nandola al  macello.  -  Bestia  da  lavoro,  quella 
utilizzata  nei  lavori  di  agricoltura,  per  servizi  di 
trasporto,  ecc.  (da  soma,  da  tiro,  ecc.)  ;  incaro- 
gnire, di  bestia  da  lavoro,  diventare  una  carogna, 
rozza,  brenna,  buona  a  nulla);  selezione,  scelta,  di 
progenitori  meglio  adatti  a  produrre  per  via  di 
evoluzione  uno  sviluppo  nei  nati  e  nei  prodotti  di 


bellezza,  grandezza,  bontà  maggiore.  -  Bestia  da 
razza,  quella  atta  alla  riproduzione,  a  generare.  • 
Bestia  da  sellii,  quella  che  serve  per  cavalcare  : 
quindi  il  cavallo,  e  qualche  volta  l'asino  e  il  mulo. 

Bestia  da  soma,  quella  adoperata  per  trasportare 
a  dorso  carichi  di  merci  :  ['asino,  il  mulo,  il 
cammello,  Velej'ante:  della  anche  giumenta,  gin. 
mento.  -  Groppa,  il  dorso  delle  bestie  da  soma  o 
da  sella,  tra  il  basto,  o  la  sella,  e  la  coda.  -  Soma, 
il  carico,  per  lo  più  un  paio  di  sacca  o  di  balle 
piene  (o  uno  solo)  o  barili  che  si  mettono  in  groppa 
a  mulo,  asino  o  cavallo,  perchè  li  porti:  piccola, 
grossa  soma.  -  Someggiare,  portare  a  some.  -  Corno, 
male  del  corno,  guidalesco  particolare  che  si  forma 
sul  dosso  dell'animale  per  troppo  aggravamento  della 
soma  0  della  sella:  consiste  in  un  tumore  dolente, 
conico,  che  alle  volte  si  profonda  sino  all'osso. 

Bestia  da  tiro,  quella  aggiogata  ad  un  veicolo, 
per  trascinarlo:  tali,  il  cavallo,  l'asino,  il  nmlo,  il 
bue,  la  zebra;  anche,  talvolta,  il  ca^ie  e  la  renna. 
La  bestia  si  attacca  con  tutto  ciò  che  costituisce  il 
finimento.  -  Trapelo,  bestia  da  tiro  che  s'aggiunge 
provvisoriamente  a  quella  o  a  quelle  ordinarie  per 
aiuto  su  strade  ripide  o  cattive.  -  Accollo,  il  gra- 
vitare che  fa  sul  collo  delle  bestie  da  tiro  quella 
parte  di  carico  che  è  sul  davanti  di  un  veicolo.  - 
Appettare,  di  bestia  da  tiro  di  liuon  petto  (un  ca- 
vallo che  alla  salita  appetta  bene).  -  Fermare  in 
qwoWro,  sui  quattro  piedi,  ai  botto:  delle  bestie  da  tiro. 

Selvaggina,  nome  collectivo  di  tutte  le  bestie  non 
feroci  che  vivono  in  una  selva,  in  un  bosco. 

Ammaestrate,  le  bestie  domesticate  e  abituate 
a  compiere  certi  atti,  raramente  per  ragioni  di  studio 
e  ricerca  scientifica,  spesso  per  renderle  oggetto  di 
spettacolo.  -  Domestiche,  le  bestie  che  l'uomo  ha 
sottratto  alla  vita  selvatica  e  tiene  presso  di  sé  o 
per  simpatia  o  per  servizio  dell'  agricoltura  o  per 
allevamento  a  scopo  industriale.  -  Favolose,  bestie, 
mostri  immaginari:  veggasi  ad  araldica  (aninjali 
chimerici),  pag.  123,  e  a  favoloso. 

Selvatiche,  le  bestie  che  vivono,  allo  stato  libero, 
nell'ambiente  che  sentono  a  sé  e  alla  loro  costitu- 
zione più  consentaneo. 

Bestia.  Uomo  stujndo* 

Bestia.  Detto  a  giuochi  (d'azzardo). 

Bestiale,  bestialità  (bestialmente).  Veggasi  a 
bestia  e  a  bruto. 

Bestiame.  Quantità  di  bestie  domestiche,  per  lo 
più  da  stalla  o  simili,  tenute  per  servizio  dell' a- 
gricoUura  o  per  uno  dei  rami  di  tale  industria 
(pastorizia,  ecc.):  a.nìmsiì'1  domestici,  da  stalla;  se- 
moventi ;  lat.,  pecus.  -  Bestiame  da  frutto,  di  ani- 
mali allevati»  apposta  per  ritrarne  il  frutto.  -  Be- 
stiame gi'osso:  i  bovini  e  gli  equini.  -  Bestiame  mi- 
nuto :  gli  ovini  e  i  suini. 

Bovini:  il  toro,  la  vacca,  il  bue,  il  vitello.  - 
Equini:  Vasino,  il  cavallo,  il  mulo,  la  zebra 
(selvatica).  -  Oiini  :  la  pecora,  la  capra.  -  Suini  : 
il  maiale.  Della  stessa  tribù,  ma  selvatici,  il  pe- 
cari, {'ippopotamo,  ecc. 

Armento,  branco  di  animali    grossi    domestici. 

-  Bergamina,  mandra  di  mucche:  termine  lombardo. 
•  Brado,  di  bestiame  che  pascola  all'aperto:  bradume. 

-  Branco,  insieme  di  bestie  della  stessa  specie  riunite 
all'aperta  campagna  (guidàiolo,  la  bestia  guida).  - 
Brulicame,  gran  quantità  di  bestiame.  -  Gregge, 
quantità,  radunata  di  pecore.  -  Gula,  in  Ungheria, 
la  mandra  che  sta  giorno  e  notte  all'aperto.  -  Mandra 
o  mandria,  moltitudine  di  bestiame.  -  Masseria, 
mandra  maremmana.  -  Vitellame,  quantità  di  vitelli. 


27  6 


Luoghi  ove  sta  o  è  tenuto  il  bestiame. 
Del  mangure  e  del  bere. 

Addiaccio,  campo  nel  quale  i  pecorai  tengono  il 
gregge,  chiudendolo  intorno  con  una  rete.  -  Covile, 
covo,  luogo  nel  quale  dorme  e  riposa  la  bestia.  - 
Caprareccia,  specie  di  stalla  per  le  capre,  tatta  or- 
dinariamente sul  luogo  della  loro  pastura. 

Gias,  casolare,  in  muro  a  secco  e  ricinto,  per 
armenti.  -  Guazzatoio,  luogo  per  abbeverare  e  guaz- 
zare le  bestie.  -  Mandria  o  mandra,  nelle  costru- 
zioni rurali,  locali  destinati  al  ricovero  dei  montoni, 
delle  pecore,  degli  agnelli  e  delle  capre:  più  comu- 
nemente, ovile.  -  Monta  {stazione  di),  il  luogo  nel 
quale  si  tengono  gli  stalloni  e  i  tori  e  vengono 
condotte  le  femmine  loro  corrispondenti  in  simpatia 
sessuale  per  la  copula. 

Pasciona,  luogo  grasso  e  fresco  dove  pascolano 
porci  e  altri  animali,  nell'estate.  -  Pasco,  pascolo, 
il  luogo,  pieno  d'erba,  dove  si  fa  pascere  il  be- 
stiame. -  Passonata,  mandria  con  passoni  o  grossi 
pali,  piantativi  per  legarvi  i  redi  delle  vacche  e  i 
vitelli  -  Salda,  campo  lasciato  a  erba  d'inverno, 
per  mandarvi  a  primavera  il  bestiame.  -  Salveria, 
m  Sicilia,  chiusa  d'opunzie,  o  d'altro,  in  cui  si 
inette  a  sera  il  bestiame.  -  Stabulario,  locale  del 
Comune  per  tenervi  bestiame  in  deposito  o  in  cu- 
stodia, per  esaurire  certe  pratiche,  per  reclami  o 
simili.  -  Stalla,  stanza  terrena  dove  si  tengono  le 
bestie. 

Stabbiare,  il  pernottare  (anche  lo  sgravarsi  del  ven- 
tre) delle  bestie  in  luoghi  che  si  vogliono  ingrassare. 

Beveraggio,  beverone,  bevanda  composta  d'acqua, 
farina  o  semola,  che  si  dà  al  bestiame  per  risto- 
rarlo 0  ingrassarlo;  anche  l'acqua  con  sostanze  me- 
dicinali che  si  dà  alle  bestie  malate.  -  Biada,  ciò 
che  si  dà  in  cibo  alle  bestie  da  tiro,  da  soma,  da 
cavalcare  :  avena,  fave,  orzo  e  simili.  -  Codini,  nu- 
mignolo  dato  alle  piccole  manate  o  brancatelle  di 
paglia  da  cappelli,  dopo  sfilata,  che  si  danno  a  man- 
giare alle  bestie.  -  Conserve  :  si  fanno  stratificando, 
salando  e  comprimendo  fortemente  entro  recipienti 
impermeabili  i  foraggi  seminati  in  autunno  ;  la  lenta 
fermentazione  che  vi  avviene  per  entro  serve  a 
trasformare  i  principi  nutritivi.  -  Crusca,  buccia  di 
grano,  o  di  biade  macinate,  separate  dalla  farina; 
pastone  che  si  dà  ai  polli,  ai  maiali,  ecc.  Cruscata, 
intriso  di  crusca.  -  Erba,  prodotto  del  suolo,  uno 
dei  principali  alimenti  del  bestiame.  -  Farinaccio,  fa- 
rinacci, le  farine  raccattate  nella  lavorazione  del 
pane  e  delle  paste  per  farne  pastoni  da  dare  al 
bestiame.  -  Ferrana,  miscuglio  di  alcane  biade  se- 
minate, per  mieterle  in  erba  e  pasturare  il  be- 
stiame. -  Festuca,  piccolo  fuscellino  di  legno  o  di 
paglia  0  d'altra  cosa  simile,  che  serve  di  pasto  ai 
montoni.  -  Foraggio,  provvisione  di  paglia,  strame 
0  fieno,  ad  uso  di  alimentare  il  bestiame.  -  Gra- 
minacee, nome  generico  di  molti  vegetali  che  ser- 
vono anclie  da  foraggio.  -  Lupino,  nome  volgare 
d'una  specie  d'erba  che  si  semina  in  alcuni  luoghi  per 
pastura  agli  animali.  -  Mangime,  govemime,  ciò  che 
serve  di  pastura  al  bestiame:  erbai,  fieno, paglia,  ecc.: 
riferito  specialmente  ai  bovini;  del  cavallo  e  degli 
equini,  si  dice  piuttosto  «  il  mangiare  ■».  -  Melasse, 
residuo  della  fabbricazione  degli  zuccheri  o  della 
distillazione  degli  alcool:  servono  come  alimento  del 
bestiame  bovino.  -  Pagliata,  pagliato,  razione  di  paglia 
trita,  mista  con  altri  vegetali,  che  si  dà  a  mangiare 
al  bestiame.  -  Panello,  nome  generico  di  forme  con> 


presse,  costituite  dai  residui  dell'estrazione  di  sem 
oleosi  (lino,  noce,  sesamo,  ecc.),  che  servono  per 
mangime  o  per  concime:  sansa.  -  Pasciona,  erba 
che  si  falcia  nei  prati,  a  ottobre,  e  si  dà  verde  per 
cibo  alle  bestie.  Anche  tutto  ciò  che  serve  d'ali- 
mento al  bestiame.  -  Pastone,  bevanda  composta 
d'acqua  e  di  farina  o  crusca,  che  si  dà  ai  cavalli 
e  ad  altri  animali  per  ristorarli.  -  Profenda,  il  man- 
giare dato  nei  diversi  pasti  agli  animali  di  stalla. 

-  Razione,  porzione  giornaliera  di  mangiare  (spe- 
cialmente ai  cavalli  e  ai  muli  dell'esercito).  -  Sec- 
cume, il  mangime  secco  :  fieno,  strame,  paglia  e 
simili.  E'  più  proprio  delle  bestie  bovine  e  ovine, 
che  de'  cavalli,  -  Segato,  segata,  paglia  segata  con 
tritello  bagnato,  per  nutrimento  al  bestiame.  -  Strame, 
ogni  sorta  di  erba  secca  che  serve  di  cibo  (e  anche 
da  letto)  al  bestiame.  -  Tntello,  cruschello,  intriso  di 
crusca.  -  Vinacce,  gli  acini  dell'uva,  dopo  uscitone 
il  mosto  :  dato  talvolta  in  pasto  alle  bestie.  -  Vin- 
ciglio,  fascio  di  fronde  che  servono  poi,  nell'inverno, 
di  cibo  al  bestiame.  -  Zuppe,  alimenti  pel  bestiame 
preparati  con  il  trinciaforaggi,  (paglie,  stoppie, 
foglie,  cartocci  di  granoturco,  ecc.),  mettendovi  del 
sale  e  versandovi  acqua  calda  per  determinarvi 
fermentazione. 

Pascere,  il  mangiare  che  fanno  le  bestie  alla 
campagna.  -  Pascolare,  più  usato  che  pascere.  ■  Pa- 
sturare, meno  comune  di  pascolare.  -  Pascimento, 
il  pascere.  -  Pascolamento,  il  pascolare.  -  Pastura, 
il  pascolare  e  il  luogo  e  l'erba. 

Persone  che  accudiscono  al  bestiame 
trattamento  ecc. 

ARNESI       all'uopo. 

Agricoltore,  chi  attende  alla  coltivazione  della 
terra  e  anche  alla  cura  del  bestiame  da  lavoro,  da 
latte,  da  razza.  -  Bestiàio,  chi  ha  cura  del  bestiame 
(voce  non  usata).  -  Bifolco,  chi  ara  o  lavora  la  terra 
coi  buoi,  e  ha  cura  di  essi  :  è  sottoposto  al  capoccia. 

-  Buttero,  guardiano  a  cavallo  di  mandrie  di  bufali, 
di  tori  ecc.  -  Capomandria,  chi  conduce  una  man- 
dria. -  Giiardamorra,  nelle  Puglie,  il  giovane  che 
custodisce  la  greggia  del  pastore.  -  Guardiano,  chi 
para  una  mandria.  -  Mandriano,  pastore.  -  Muc- 
caio,  chi  custodisce  le  mucche.  -  Scortichino,  chi  fa 
il  mestiere  di  scorticare  le  bestie. 

Maniscalco,  chi  ferra  cavalli,  muli,  ecc.  -  Ve- 
terinario, chi  esercita  la  cura  medica  del  bestiame. 

Abbeverare,  abbiadare,  accodare,  addomesticare, 
affrenare,  aggiogare,  ammaestrare,  ammansare,  am- 
mettere, apparigliare,  assoggettare,  bardare,  castrare, 
domare,  imbalsamare,  impagliare,  incrociare,  ingras- 
sare, metteì'  sotto,  mungere,  tosare,  veggasi  ad  ani- 
male, pag.  102  (azioni    dell'uomo   sugli  animali). 

-  Abbrancare,  mettere  in  branco.  -  Affienare,  pa- 
scere di  fieno.  -  Affogltare,  far  la  foglia  per  uso 
del  bestiame. 

Allevare  {allevamento),  nutrire,  far  nascere,  e 
allevime,  quantità  di  allievi  (parti,  redi)  d'alcune 
specie  di  animali.  -  Ammandriare,  ridurre  il  be- 
stiame in  mandrie.  -  Attaccare,  adattare  cavallo, 
asino,  mulo,  ecc.,  a  carro,  a  carrozza,  od  altro  vei- 
colo, perchè  trascini  {staccare,  il  togliere  la  beslia 
dal  veicolo).  -  Biadare,  dar  la  biada  alle  bestie.  - 
Caricare,  scaricare,  raddrizzare  la  soma:  mettere, 
togliere,  accomodare  il  carico  sulla  groppa  dell'a- 
nimale -  Dar  la  via  alle  bestie,  farle  uscire  dalla 
stalla  e  mandarle  al  pascolo.  -  Doppiare,  far  allat- 


Tav.  XIll 


ALCUNE    BESTIE    DOMESTICHE   E   ALTRI   ANIMALI 


277 


1  ^or,».  V  fo-fa  rii  hnrfr.-  H  ranre"  4  Diccioni;  5,  pecore;  6,  cavallo  (scheletro:  a  scapola,  &  osso  iliaco, 
«  ^otelird  Ubi  e  metatarso.'  "'diu/^'corpok  radiò,  i  omei'o)  7,  maiale;  8.  pavone;  9.  gallina;  10  bue  (parti 
del  Due  macellato- TpezzTdell^^^  filetto,  6  romscek,  e  culatta,  d  parte  della  coscia    r  falso  fifetto, 

vif  ?^vfoJ,^Anipfa«Ha  intercostale  i  costa  scoperta,  1"  spalla,  l  costa  liscia,  m  petto,  n  fianco,  £-o  giar- 
?e?to  «  collo  1  tempra  fnedùcdo)?!  ,  gàUori2  tacch^ino;  13,  erigilo;  14,  asino;  13  cigno;  16,  gatt9;.17  mer  o; 
18   ucfelloVnkni  eterne -im^^^  del  becco,  4  angolo  del  becco,  5  redini,  6  fronte, 

7  Vertfce  «Site  9  gukncie   iOgo  a,  H  petto,  i2  ventre,  13  dorso,  i4  tarso,  f  5  di  a,  i6  remiganti  primarie, 
Ì7reSanf  secondarle,  iS  ala  spuria,  i 9  20-21  copritrici.  22  gi'oppone,  23  coda);  19,  amtre;  20,  oclii,-. 


278 


tare  un  agnello  da  due  pecore,  quando  una  non 
ha  latte  abbastanza.  -  Ferrare  {ferratura),  conficcare 
ilferro  ai  piedi  di  cavalli,  di  muli,  ecc.:  opera- 
zione da  maniscalco.  -  Governare,  aver  cura  del 
bestiame,  dandogli  da  mangiare,  da  bere,  ecc.  -  Guaz- 
zare, condurre  il  bestiame  in  un  fiume,  in  un  fosso 
d'acqua,  e  farlo  camminare  per  entro,  perchè  si 
rinfreschi  le  gambe.-  Incapestrare,  mettere  il  cape- 
stro. -  Mandar  a  spagliare,  delle  bestie,  a  campare 
a  paglia.  -  Marchiare,  contrassegnare  le  bestie  col 
marchio,  marcare.  -  Mettere  all'erba,  di  bestie  e  spe- 
cialmente di  cavalli,  in  primavera,  nei  prati  a  pa- 
scere; pascerli  di  sola  erba.  Mettere  a  paglia,  di 
bestia,  a  mangiar  paglia  -  Sottomettere,  delie  fem- 
mine degli  animali,  mandarli  alla  monta.  -  Stabbiare, 
far  stare  il  gregge  la  notte  nei  campi,  per  ingras- 
sarli -  Strigliare  (strigliatura),  fregare  e  ripulire 
con  la  striglia  {strigliatura,  anche  la  polvere  della 
bestia  strigliata). 

Bruschini,  spazzola  dura,  a  crini  corti  e  radi, 
con  la  quale  si  puliscono  le  bestie.  -  Campano, 
campanello  piuttosto  grosso  che  si  mette  al  collo 
della  bestia  che  guida"  l'armento.  -  Capestro,  fune 
per  legare  le  bestie  grosse  (bovi,  vacche)  per  la 
testa.  -  Lacciaia,  grosso  laccio  usato  dai  butteri 
rer  accalappiare  la  bestia.  -  Pastoia,  fune  che  si 
lega  ai  piedi  delle  bestie  nel  tempo  che  pascono, 
perchè  non  si  allontanino.  -  Randello,  bastone  corto 
e  grosso  che  si  lega  al  colto  di  certi  animali  perchè 
non  entrino  in  certi  luoghi  o  non  corrano.  -  Squilla, 
campanello  ehe  si  mette  al  collo  degli  animali  da 
Mica..  -  Sfrifflia,  strumento  di  ferro  a  lamine,  den- 
tate, per  levare  la  polvere  dalla  pelle  dei  grandi 
quadrupedi  domestici,  specialmente  solipedi.  Sue 
parti;  la  cassa,  le  lamine tle,  il  codolo.  il  manico,  il 
martello.  -  Iruogolo  o  trogolo,  vaso  per  tenervi  dentro 
il  mangiare  per  i  polli  e  i  porci,  acqua  per  diversi 
usi  (e  questo,  per  lo  più,  di  pietra  o  di  muraglia). 

Voci   E   COSE  VARIE  RELATIVE   AL  BESTIAME. 

Abigeato,  furto  di  bestiame.  -  Abigeo,  il  ladro.  - 
A  brado,  dicesi  del  bestiame  che  viene  tenuto 
relle  pasture  all'aperto.  -  A  soccio,  forma  di  con- 
tratto di  società  per  la  compera  del  bestiame;  uno 
sborsa  il  denaro,  l'altro  custodisce  e  governa  le  bestie, 
e  il  guadagno  è  a  mezzo.  Dicesi  anche  del  bestiame 
stesso.  Quindi:  dare  e  pigliare  a  sùccio:  accoman- 
dita di  bestiame,  dandolo  a  persona  che  lo  custodi- 
sca e  governi  a  mezzo  guadagno  e  mezza  perdita. 
-  Comprare,  vendere,  a  strappacavezza,  di  cavalli  o 
simili,  che  si  contrattano  sul  mercato  senza  patti 
o  garanzia.  -  Entrata,  del  bestiame  (pecore,  ecc.), 
il  frutto  che  dà.  -  Marca,  il  segno  e  le  lettere 
fatte  con  ferro  rovente  nell'anca  dei  quadrupedi, 
specialmente  dei  cavalli.  -  Monta,  il  montare  o 
congiungersi  degli  animali  da  razza.  -  Pagare  sulla 
cavezza,  subito,  nell'atto  della  compra,  trattandosi  di 
cavalli  0  d'altre  bestie,  -  Pastorizia,  l'arte  di 
allevare  e  far  produrre  gli  animali  domestici.  - 
Rigiro  del  bestiame,  il  comprarlo  e  rivenderlo  per 
guadagno.  -  Selezione  artificiale,  arte  per  la  ripro- 
duzione animale  scegliendo  i  migliori  riproduttori 
per  l'allevamento.  -  Stabulazione,  confinamento  per- 
manente del  bestiame  nella  stalla,  per  aumentarne 
0  accelerarne  l'ingrassamento.  -  Statare,  passar  l'e- 
state: del  bestiame  che,  nella  stagione  estiva,  si  fa 
passare  dalla  pianura  alla  montagna.  -  Tariffe  per  il 
bestiame,  i  prezzi  correnti  sul  mercato,  i  prezzi  dei 
dazi  doganali,   ecc.  -  Trafficatore  di  bestiame,    chi 


comprai  e  vende  i  capi  di  bestiame.  -  Utili  di 
stalla,  i  guadagni  che  si  fanno  sul  latte,  sul  rigiro  delle 
bestie,  ecc  -  Zootecnia,  o  zootecnica,  l'arte  di  alle- 
vare animali  domestici. 

Arri,  arri  là,  voce  per  mandare  avanti  le  bestie 
da  soma.  -  Pscm,  si  dice  alle  bestie  perchè  piscino. 

-  E'  meglio  dare  e  pentirsene  che  tenere  e  patire: 
quando  il  bestiame  si  deve  tenere  con  sacrifizio,  è 
meglio  darlo  via  con  scapito. 

Bestione.  Uomo  stolido,  stupido. 

Bestiuola,  toestiuolo.  Detto  a  bestia. 

Betel.  Detto  a  pianta  (piante  medicinali). 

Betonlna.  Detto  a  pianta  (piante  medicinali). 

Bettola.  Bassa  osteria,  luogo  d'infimo  ordine, 
ove  si  dà  da  mangiare  e  da  bere  a  pagamento: 
baccanella,  cantina,  spaccio  di  vino,  canova  di  vino; 
gargotte  (frane).  -  Taverna,  voce  derivata  da!  latino 
taberna,  in  francese  cabaret:  luogo  pubblico  ove  si 
vendono  vino  e  commestibili.  -  Vignata,  a  Roma, 
béttola  con  giardino.  -  Bettoletta,  tavernetta,  piccola 
bettola.  -  Tavernesco,  di  bettola.  -  Bettolante,  chi 
frequenta  le  bettole.  -  Bettoliere,  chi  tiene  una  bet- 
tola: canovaio,  cantiniere,  oste,  vinaio,  vinaiolo, 
vinattiere;  brodaio,  scottiere  (da  scotto);  grecaiuolo, 
grecovèndolo. 

Bettolante.  Veggasi  a  béttola. 

Bettoliere.  Detto  a  béttola. 

Bettònica.  Veggasi  ad  erba  (erbe  medicinali) 

Betulla.  Albero  di  legno  bianco. 

Beva.  Il  tempo  durante  il  quale  un  dato  vino 
è  bevibile. 

Bevanda  {bevande).  Ogni  liquido  che  si  beva, 
naturale  o  artefatto:  liquido  da  bere,  beva,  bibita; 
materia  potulenta,  pozione,  pòculo,  sciacquadenti  ; 
bombo,  mommo  (voce  fanciullesca).  Bevanda  più 
comune,  Vacqua;  poi,  il  latte,  il  vino,  la  birra,  il 
caffè,  più  di  un  liquore.  Le  bevande  si  preparano, 
di  solito,  per  decozione,  diluzione,  dissoluzione, 
di  varie  sostanze.  Alla  preparazione  di  bevande 
servono  specialmente  1'  arancio,  il  cedro,  il 
litnone,  le  piante  del  caffè,  del  thè,  la  veroni- 
ca, il  lampone,  il  melagrano,  il  ribes,  l'erba 
acetosella.  Il  tamarindo,  V ananasso,  la  coca. 

Bevandina,  diminutivo  di  bevanda;  bevanda  buona, 
delicata,  gustosa.  -  Bevanduccia,  dimin.  e  vezzeg.  di 
bevanda.  -  Beveraggio,  bevanda  per  lo  più  fatturata. 

-  Beverone,  bevanda  per  il  bestiatne.  -  Bibita,  nome 
generico  di  bevanda  gradevole  e  rinfrescante,  d'acque 
acconcie.  In  qualfche  provincia  italiana  si  chiama 
così  un  bicchiere  pieno  di  acqua  cedrata,  o  altri- 
menti acconcia,  che  si  beve  in  ghiaccio  nell'estate.  - 
JBrodo,  liquido  che  si  ottiene  cuocendo  la  carne.  - 
Emulsione,  bibita  avente  il  colore  e  la  consistenza 
del  latte  -  Pozione,  bevanda  contenente  in  soluzione 
sostanze  medicamentose,  emetiche,  purganti,  astrin- 
genti, ecc.  -  Tintura,  dissoluzione  colorata  di  al- 
cune sostanze.  -  Tisana,  decozione  e  infusione  me- 
dicinale. 

Bevanda  buona:  nettare,  liquore  nettareo.  -  Be- 
vanda squisita:  ambrosia  (nella  mitologia,  la  so- 
stanza che  serviva  di  cibo  e  di  bevanda   agli  dèi). 

-  Nettare  celeste  I,  di  una  bevanda  squisita.  -  E  un 
aroma  I,  di  bevanda  gustosa  e  odorosa).  -  Bevanda 
cattiva:  hevandaccia,  beverone,  sciacquatura  di  bic- 
chieri. -  Bevanda  insipida  :  broda,  brodolungo..  bro- 
scia; sbroscia;  risciaquatura,  sciacquadenti.  -  Be- 
vanda gelata  :  acqua,  bevanda,  diacciata,  diacciatina. 

-  Bevanda  con  sciroppo:  acqua  acconcia,  concia, 
preparata.  Acque  acconcie  o  concie  {acque  dolci),  lo- 
cuzione ancora  viva,  ma  poco  comune,  a  indicare 


BEVANDA 


279 


bibite  preparate  con  acqua  calda  o  fredda,  infusovi 
agro  di  limone,  sugo  d'arancio  e  zucchero,  ovvero 
sciroppo  di  lamponi,  di  fragole  e  simili. 

qualità'   varie   delle  bevande   —   LORO   EFFETTI 

Acetata,  bevanda  con  aceto.  -  Acidula  :  un  po' 
acida.  -  Alcoolica,  di  bevanda,  carica  d'alcool,  spi- 
ritosa, inebriante.  -  Amabile,  di  bevanda  dolce,  ag- 
gradevole, spiritosa,  ma  non  aspra  e  di  sapore 
forte.  -  Amara,  di  sapore  amaro  (par  la  bevanda 
che  diedero  a  Cristo  :  di  vino  o  bevanda  amara).  - 
Apentiva,  che  serve  a  rendere  fluidi  gli  umori,  a 
promuovere  le  secrezioni  e  le  escrezioni.  -  Aroma- 
tica, con  infusione  di  qualche  aroma.  -  Calorosa, 
che  riscalda.  -  Corroborante,  che  rinforza,  fortifi- 
cante. -  Dolce,  di  grato  e  soave  sapore  {parere 
un  giulebbe,  di  bevanda,  troppo  dolce).  -  Eccitante, 
che  eccita,  risveglia,  stimola.  -  Effervescente,  che  ha 
effervescenza,  gassosa.  -  Esilarante,  che  dà  del 
brio.  -  Fermentala,  divenuta  leggermente  alcoolica 
per  l'azione  di  un  fermento. 

Gassosa,  la  bevanda  contenente  un'eccedenza  di 
gas  acido  carbonico,  che  si  sprigiona,  spumando 
quando  si  sbottiglia:  effervescente.  -  Innocente,  che 
non  nuoce,  innocua.  -  Medicinale,  che  ha  effetto, 
virtù  di  medicamento,  di  medicina:  tali  le  bevande 
che  si  estraggono  da  arbusti,  erbe,  piante,  radici, 
da  frutti  diversi,  come  la  china,  la  coca,  la  ca- 
moìnilla,  il  cedro,  il  tamarindo,  ecc.  -  Mucilla- 
ginosa, viscosa.  -  Rinfrescante,  che  toglie  1'  arsura 
della  sete  o  giova  nell'infiammazione  intestinale.  - 
Sdolcinata,  troppo  dolciastra,  -  Tonica,  fortificante, 
che  rimette  in  tono  lo  stomaco. 

Abbracciar  lo  stomaco,  dicesi  di  bevanda  che 
piaccia  e  che  conforti,  dia  un  senso  di  benessere. 
-  Acconsentire,  di  bevande  che  abbraccino  e  con- 
fortino lo  stomaco.  -  Dare  alte  gambe,  di  bevande 
che  hanno  per  effetto  di  rendere  impacciato  e  anor- 
male il  camminare.  -  Dare  al  capo,  annebbiare  l'in- 
telligenza, riscaldare  o  far  dolere  la  testa.  -  Ecci- 
tare, stimolare  troppo  e  male.  -  Far  prò',  ristorare 
piacevolmente,  per  buona  digestione.  -  Far  risusci- 
tare i  morti,  di  bevanda  quando  è  eccellente  ed  ha 
benefico  effetto.  -  Far  venir  voglia  di  recere  l'anima, 
di  bevanda  disgustosa.  -  Inebriare,  di  bevande  spi- 
ritose, alcooliche:  provocare  quasi  X'ubhriachezza. 
•  Lasciar  la  bocca  buona,  di  bevanda  che  lascia 
nella  bocca  un  gusto  piacevole.  -  Raspare,  destare 
bruciore  in  gola. 

Bevande  diverse. 

Acetosa,  btvanda  fatta  con  acqua,  infusovi  aceto 
e  zucchero.  Anche,  l'aceto  bollito  con  zucchero  chia- 
rito, che  si  serba  in  bottiglie  per  infonderlo  nel- 
l'acqua. -  Acqua  cedrata,  acqua  con  sugo  o  sciroppo 
di  cedro.  -  Acqua  limonata,  con  sugo  di  limone.  - 
Acqua  pazza  :  brodo  lungo,  vino,  latte  annacquato.  - 
Acquerello,  acquarello  o  vinello,  bevanda  preparata 
con  acqua  fatta  passare  sulle  vinacce  già  strette.  - 
Agrestata,  bevanda  fatta  con  agresto  e  zucchero  e 
poi  infusa  nell'acqua.  -  Acquetta,  bevanda  fatta  di 
vino  mescolato  con  una  certa  quantità  d'acqua.  - 
Alica,  sorta  di  bevanda  forte,  cosi  chiamata  dalla 
parola  ala,  a  cagione  dell'ardore  o  dell'  agilità  che 
eccitava  in  quelli  che  ne  avevano  bevuto.  -  Anisétta, 
liquore  fatto  con  acquavite,  zucchero  e  anaci;  da 
non  confondere  col  fumetto,  che  è  senza  zucchero 
e  più  ordinario.  -   Aranciata,  acqua  con  sugo  d' a- 


rancia  e  zucchero.  Anche,  una  mistura  cotta  di  sugo 
di  arancie  e  zucchero  tirata  a  consistenza  di  siroppo, 
che  serve  poi  ad  aggraziar  l'acqua.  -  Assènzio,  li- 
quore fatto  con  acquavite  ed  estratto  d'assenzio  che 
si  suol  bere  per  solito  allungato  nell'acqua. 

Barbagliata,  bevanda  di  latte  e  cioccolata.  - 
Baricot,  bevanda  del  Madagascar.  -  Bavarese,  fior  di 
latte  con  giulebbe,  per  lo  più  riscaldato.  Dicesi  oggi, 
a  Milano,  per  latte  caldo. 

Caffè,  notissima  bevanda  che  si  prepara  col 
caffè  tostato,  polverizzato  e  infuso  nell'  acqua  bol- 
lente. -  Calfè  di  ghianda,  bevanda  a  uso  caffè,  fatta 
con  la  ghianda  abbrustolita.  -  Capiller,  in  Lombardia, 
bevanda  fatta  di  caffè  allungato,  con  una  scorza  di 
arancio  o  di  limone.  -  Cedrone,  siroppo  di  cedro 
che  serve,  mescolato  con  acqua,  per  bevanda.  - 
Chiarea,  bevanda  medicinale,  composta  di  can- 
nella, acquavite,  zucchero,  garofani  e  simili  infusi 
neir  acqua.  -  Cocktail,  bibita  americana,  fatta  di 
brandy  o  gin,  mescolato  con  zucchero  ed  acqua.  - 
Cordiale,  bevanda  fatta  con  brodo  ed  uova.  In 
genere,  di  bevanda  cbe  dia  vigore,  conforti  lo  sto- 
maco, ridesti.  -  Curmi,  bevanda  preparata  con  l'orzo. 
-  Elisire,  elixir,  estratto  di  una  o  più  sostanze, 
col  qua.e,  misto  ad  acqua,  si  preparano  moltissime 
bevande.  -  Filtro,  bevanda  magica. 

Fumétto,  a  Firenze,  specie  di  liquore  fatto  con 
anaci,  col  quale  si  aggrazia  1'  acqua  da  bere  dopo 
il  pasto  :  cosi  detto  perchè,  versato  o  schizzato 
nell'acqua,  si  decompone  pigliando  aspetto  come 
di  fumo.  -  Gazosa,  bevanda  fatta  con  acqua  nella 
quale  fu  disciolta  una  certa  dose  d'acido  carbonico^ 
aggraziata  con  un  po'  di  zucchero,  estratto  di  limone, 
d'arancia,  di  menta  o  simili.  -  Gelato,  sugo  di  frutte  o 
simili,  congelato,  che  si  prende  per  rinfresco:  sorbetto. 
Gcnevrétte,  infusione  di  bacche  di  ginepro.  -  Ghiac- 
ciata, bibita  composta  di  sughi  di  trutte  e  servita 
in  un  bicchiere  pieno  di  ghiaccio,  spezzato  fine  fine: 
si  sorbisce  lentamente  con  un  sottile  cannellino  di 
paglia.  -  Giulebbe,  pozione  addolcente  o  calmante.  - 
Gramolata,  o  granita,  acqua  acconcia  con  zuccher©, 
sugo  di  limone,  di  fragole  o  simili,  e  congelata  in 
modo  che  venga  granellosa,  e  più  sciolta  del  sor- 
betto. -  Grog,  bibita  molto  in  uso  in  Inghilterra, 
fatta  con  rhum,  cognac,  arac  (o  altro),  acqua  calda 
e  zucchero.  -  Hydrosaccharum,  acqua  zuccherata. 

Idromele,  bevanda  composta  d'acqua  e  di  miele.  - 
Jaraque,  bevanda  fermentata  di  cassava  :  in  uso  presso 
i  selvaggi  dell'alto  Oriiioco  (America  Meridionale). 

Kefir  {kijìr,  kiafar),  bevanda  preparata  nel  Cau- 
caso, introdotta  anche  tra  noi,  col  latte  di  vacca 
sottoposto  ad  un  processo  di  fermentazione:  utile 
nella  digestione.  -  Kumiss,  latte  fermentato  dei  Ba- 
schiri.  -  Lattata,  bevanda  fatta  con  mandorle  o  semi 
di  popone  o  simili,  pesti  e  stemperati  con  acqua, 
e  colata.  -  Latte  di  gallina,  bevanda  d'ovo,  latte  e 
zucchero  frullati.  Dicesi  anche  di  cosa  squisita,  rara.  - 
Latte  di  mandorle,  bevanda  che  ha  aspetto  di  latte, 
fatta  pestando  mandorle  e  stemperandole  nell'acqua.  - 
Limonaia,  bevanda  fatta  con  sugo  di  limone,  zuc- 
chero e  acqua  :  limonea.  Anche,  preparazione  di  far- 
macia, -  Liquore,  nome  generico  di  tutte  le  be- 
vande spiritose,  come  acquavite,  rhum,  rosolii,  ecc. 

Marena,  bibita  fatta  con  siroppo  di  ciliege  ama- 
rasche. -  Melagrana,  bevanda  fatta  col  sugo  di  me- 
lagrana. -  Nefdlie  (gr.),  bevanda  senza  vino  pei  sa- 
grifici.  -  Nettare,  bevanda  (vino)  con  droghe.  -  Or- 
zata, bevanda  zuccherata,  fatta  con  orzo  o  riso  cotto, 
0  mandorle  peste.  -  Ponce,  bevanda  latta  general-* 
mente  con  acqua  a  bollore,  zucchero,  rhum  e  un 


280 


BEVERE   —   BIANCHERIA 


pezzetto  di  buccia  di  limone  ;  ma  si  fa  anche  col 
cognac,  con  l'alchermes  o  con  caffè  e  rhum.  Quello 
fatto  col  caffè  si  dice  a  Firenze,  e  in  quasi  tutta 
l'Italia,  ponce  turco.  Neil'  Alta  Italia  si  pronunzia 
punc,  dall'inglese  punch,  -  Ponce  forte,  con  molto 
rhum;  ponce  amabile,  con  poco  rhum;  ponce  bianco, 
con  cognac;  ponce  rosso,  con  alchermes,  -  Poncino, 
ponce    leggiero  ;    anche ,    vezzeggiativo    di    ponce. 

Posca,  acqua  con  alquanto  aceto,  a  uso  di  ordi- 
naria bevanda,  usata  da  poveri  contadini  e  dai 
braccianti,  che  serbano  il  vino  pel  tempo  di  lavori 
più  faticosi. 

Punch,  voce  ingl.  derivata  dal  sanscrito /)aric/i  (cinque) 
cioè  cinque  ingredienti  di  cui  è  composta  tale  be- 
vanda: spiiito,  acqua,  limone,  zucchero,  spezie.  - 
Quas  0  qwass,  bevanda  di  farina  di  segale,  presso  i 
russi.  -  Rinfresco^  apparecchio  di  bevande  con- 
gelate, 0  di  confetti  e  simili. 

Sapa,  succo  di  acini  cotti.  -  Schizzo,  familiar- 
mente, quel  po'  di  fumetto  o  altro  simile  liquore 
che  si  versi  in  un  bicchier  d'  aqua,  o  quel  po'  di 
rhum  0  di  cognac  che  si  aggiunga  al  caffè.  -  Sciam- 
pagnino,  bibita  effervescente,  alcoolica,  che  vorrebbe 
imitare  lo  sciampagna.  -  SciropjtOf  osiroppo,  bevanda 
fatta  con  zucchero,  ridotto  a  una  certa  densità,  e 
con  aggiunta  del  sugo  di  fratte  o  d'altre  sostanze. 
-  Semata,  bevanda  dolce,  fatta  di  semi  di  popone, 
0  in  conserva  o  freschi  pesti,  stemperati  in  acqua, 
e  colati:  lattata,  orzata.  -  Sidro,  bevanda  fermen- 
tata, spremuta  da  pere,  da  mele  e  da  simili  trutta.  - 
Soda-water,  acqua  di  soda,  acqua  da  tavola.  -  Té, 
0  thè,  nota  bevanda  preparata  con  l' infusione 
delle  foglie  di  un  arboscello  (omonimo)  proveniente 
dalla  Cina,  dal  Giappone,  dal  Siam.  -  Tecc,  bevanda 
d'uso  in  certe  regioni  dell'Africa.  -  Vermutte,  vino 
bianco,  con  aromi  infusi.  -  Vino,  bevanda  tratta 
dal  frutto  della  vite.  -  Vin  caldo,  vino  fatto  bollire 
con  zucchero,  cannella  e  teste  di  garofani:  vino  brulé.  - 
Zitogala,  birra  e  latte.  -  Zozza,  nome  volgare  d'una 
bibita  fatta  con  acquavite  e  rhum  o  altri  liquori 
mescolati  insieme 

VENDrrORI,   LUOGffl,   VASI,   ECC. 

Acquacedrataio,  venditore  ambulante  di  bevande, 
limonate,  gasose  e  simili.  Con  tal  nome  si  chiamò, 
fino  a  poco  tempo  fa,  chi  nella  propria  bottega 
vendeva  acqua  cedrata  e  altre  bibite,  e  poi  anche 
caffè  e  cioccolata;  oggi,  caffettiere.  -  Acquaiola,  ac- 
quaiolo, chi  vende  acqua  per  bere.  -  Acquavitaio, 
chi  vende  acquavite  e  altri  liquori  per  le  strade  o 
in  una  piccola  bottega.  -  Liquorista,  chi  fabbrica 
e  vende  liquori.  -  Zozzaio,  chi  vende  la  zozza  e  chi 
è  solito  berne. 

Aquarium,  mescila  di  bevande.  -  Bar  (ingl.),  mé- 
scita, liquoreria  pubblica:  voce  internazionale.  -  Bir- 
reria, méscita  di  birra.  -  Buvette  (frane),  piccola 
liquoreria  -  Caffè,  la  bottega  nella  quale,  oltre 
la  bevanda  di  questo  nome,  se  ne  danno  altre 
moltissime.  -  Gargotta  (dal  frane,  gargoté),  lo  stesso 
che  béttola,  ossia  osteria  di  infimo  ordine.  - 
Méscita,  il  luogo  dove  si  vendono  liquori  e  bibite. 

Bicchiere,  tazza  par  lo  più  di  vetro  che  serve 
per  bere  vini,  liquori,  ecc.  -  JBottigliaf  nome  gene- 
rico di  vasi,  di  forma  varia,  contenenti  bevande, 
siroppi  per  preparare  bevande,  ecc.  -  Chicchera, 
piccola  tazza  in  terracotta  in  uso  per  bere  ciocco- 
atta  thè,  caffè,  -  Tazza,  sorta  ai  vaso  foggiato 
svariatamente  e  adoperato  per  bere. 

Bicchierino,  il  liquore  spiritoso  mesciuto  per  berlo 


in  un  bicchierino.  -  Decimino,  un  caffé,  un  ponce, 
che  costa  dieci  centesimi.  -  Settimino,  bibita,  ponce 
che  costava  sette  quattrini.  -  Solito:  cosi,  antono- 
masticamente,  i  bevitori  di  liquori  chiamano  quel 
liquore  o  quella  mescolanza  che  sono  soliti  prendere. 

Adulterare,  talsificare,  detto  di  bevande,  di  cibi,  ecc. 
-  Diacciare,  lo  stesso  che  gelare;  far  diventare  fred- 
dissima una  bevanda.  -  Mettere,  tenere  in  fresco,  di 
bevande,  e  d'altro,  metterle  nell'acqua  fresca  o  diac- 
ciata, per  rinfrescarle  o  conservarle  fresche.  -  Met- 
tere il  gozzo  in  molle,  preparare  un  bel  rinfresco. 

Bèvere  {bevuto).  Lo  stesso  che  bere. 

Beverino.  Detto  ad  abbeveratoio  e  a  gabbia 

BeTerone.  Bevanda  pel  bestiavie. 

Bevibile.    Che  si  può  bere. 

Bevitore.  Detto  a  bere. 

Bevone  (beone).  Detto  a  bere. 

Bevucchiare  (bevucchialo).  Modo  di  bere. 

Bevuta  (beuta).  L'atto  del  bere. 

Bezzicare  (bezzicare).  Colpire  col  becco.  -  Ar- 
recare offesa  con  parole. 

Bezzicata.  Colpo  di  becco. 

Biacca.  Tecnicamente,  qualunque  sostanza  atta 
a  dar  corpo  alle  vernici  e  ai  colori;  comunemente, 
si  indica  con  tal  nome  il  carbonato  di  piombo  o 
di  zinco:  cerussa.  Usata  anche  per  belletto.  - 
Biacca  di  Pattinson,  surrogato  della  biacca  comune  : 
si  ottiene  trattando  una  soluzione  di  cloruro  di 
piombo  con  acqua  di  calce.  -  Biacca  di  zinco,  il 
protossido  di  zinco. 

Biacco.  Sorta  di  serpe. 

Biada.  Ciò  che  si  dà  per  cibo  al  bestiame: 
Y avena,  la  fava,  Vorzo,  la  saggina,  la  veccia 
e  simili  -  Móco,  specie  di  biada  simile  alla  veccia, 
ma  angolata.  -  Foraggio,  la  provvigione  di  biada, 
fieno,  paglia,  ecc.  -  Abbiadare,  biadare,  pascere  di  biada. 

Biadare  (biadato).  Abbiadare,  pascere  di  biada; 
alimentare  il  bestiame. 

Biade.  Veggasi  a  cereale. 

Biancàna.  Qualità  di  terreno,  senza  vegeta^ 
sione. 

Biancastro.  Tendente  al  bianco. 

Biancliegfglamento.  Detto  a  bianco. 

Bianclieggiare  (biancheggiante,  biancheggiato).. 
Tendere  al  bianco. 

Biancheria.  Ogfti  sorta  di  panno  di  lino,  di 
canapa  e  cotone,  per  uso  della  persona  o  della 
casa  :  lingeria,  lini,  panni,  pannilini,  pannolini,  roba 
bianca.  -  Bianchcriuccia,  dirain.  e  spreg.  di  bian- 
cheria. 

Biancheria  da  cucina:  Y asciugamano,  il  grem- 
Male,  lo  strofinaccio,  e  ogni  sorta  di  cencio  per 
ripulire,  ecc.  -  Biancheria  da  letto:  le  lenzuola,  le 
coperte  bianche  da  letto  e  le  fodere  dei  guanciali  - 
Biancheria  da  dosso,  o  da  portare  in  dosso:  la  ca- 
micia da  uomo  e  da  donna,  le  mutande,  la  sot- 
tana t  ogni  pannolino  che  si  porta  sulla  persona, 
ma  sotto  gli  abiti,  o  negli  abiti,  come  il  fazzoletto.  - 
Biancheria  da  tavola  :  la  tovaglia,  i  tovagliuoli  e  i 
tovagliolini.  Nome  collettivo  dei  pannilini  bianchi, 
tessuti,  a  opera,  che  si  adoperano  sulla  mensa, 
0  sulla  credenza,  o  che  tengono  i  commensali  sulle 
ginocchia  o  i  servitori  in  mano,  per  pulitezza  di 
servizio.. 

Biancheria  bianca,  pulita,  ben  lavata.  -  Biancheria 
dt  bucato,  quella  non  ancora  adoperata  dopo  es- 
sere stata  in  bucato,  e  ripiegata  e  stirata  ;  imbucò- 
tata,  quella  che  è  in  bucato,  non  ancora  lavata  e 
stirata;  la  tornata  di  bucato  è  quella  che  il  lavan- 
daio ha  riportato  asciutta,    ma   che  non  è  ancora 


BIANCHERIA 


281 


stirata  o  ripiegata.  -  Birnchtria  fradicia,  quella  che 
è  eccedentemente  molle,  bagnata  d'acqua  e  di  su- 
dore. -  Biancheria  levata  (li  fra  le  mele  cotogne  e 
lo  spigo:  è  costume  della  campagna  in  Toscana  e  nel- 
l'Emilia profumare  la  biancheria  con  questi  frutti.  - 
Biancheria  nmidctla,  umidiccia,  umidina,  quella  che 
è  meno  che  umida,  e  la  cui  umidità  a  pena  si  ri- 
conosce al  tatto;  quella  che  conviene  all'operazione 
dello  stirarla.  -  Biancheria  umida,  meno  che  fra- 
dicia; quella  che  ha  in  sé  alquanto  d'acqua  o  di 
altro  liquido.  -  Bianchena  inamidata,  quella  a  cui 
è  stato  dato  Vaniido.  -  Biancheria  insaldata,  quella 
alla  quale,  prima  di  stirarla,  fu  data  la  salda,  cioè 
acqua  nella  quale  fu  stemperato  amido  o  gomma.  - 
Biancheria  liscia,  quella  che,  stirandola,  s'inumidisce 
soltanto,  senza  darle  l'amido,  come  i  fazzoletti,  le 
camicie  da  notte,  le  lenzuola  e  simili.  -  Biancheria 
stirata,  quella  stata    spianata  col   ferro  da    stirare 

-  Biancheria  sudicia,  sporca,  quella  che  per  essere 
stata  sufficientemente  o  anche  molto  adoperata,  è 
da  porsi  in  bucato,  per  ripulirla  :  panni  sudici. 

Trattamento,  uso  della  biancheria,  arnesi, 

MOBILI,   ECC.,    relativi. 

Alla  biancheria  accudiscono  specialmente  la  cu- 
citrice ili  iiianco,  la  lavandaia,  la   stiratrice 

e  le  persone  che  hanno  la  cura  della  guardaroba.  ■ 
Fare  il  giro,  della  biancheria,  usare  capo  per  capo, 
rifacendosi  dal  primo.  -  Gramignare,  mettere  a 
rinvenire  e  stendere.  -  Gramignola,  maniera  d'ope- 
rare la  biancheria,  da  tavola,  asciugamani  e  simili. 

-  Gualcire,  sgualcire  la  biancheria:  fare  in  essa 
brutte  grinze;  toglierle  la  freschezza  e  il  garbo, 
che  danno  la  insaldatura  e' la  stiratura;  ingualcire, 
incincignare,  rincincignare.  -  Insaldare,  dar  la  salda. 

-  Manganare,  stringere  la  biancheria  già  stirata  in 
uno  specie  di  strettoio,  o  torchio,  detto  mangano, 
ben  liscio,  affinchè  pigli  e  mantenga  il  lustro.  - 
Marcare,  segnare  la  biancheria,  far  la  marca,  ossia 
le  iniziali  della  persona  o  famiglia  a  cui  la  bian- 
cheria appartiene,  per  riconoscerla.  -  Mettere,  buttar 
ne'  cenci,  tra  cenci,  di  biancheria  o  panni  non  più 
servibili. 

Piegare  la  biancheria,  porre  le  lenzuola,  le 
tovaglie,  0  altro,  a  più  doppi,  con  un  certo  ordine, 
per  poterle  mettere  acconciamente  negli  armadi,  o 
percliè  si  conservino  e  figurino  meglio.  -  Pieghet- 
tare, fare  piccole  pieghe  alla  biancheria  nello  sti- 
rarla: cosa  men  delicata  e  meno  minuta  del  piego- 
linare.  -  Piegolinare,  ridurre  prima  con  le  mani,  e 
poi  coi  ferri  caldi,  alcune  biancherie  gentili  in  mi- 
nutissime pieghe  {piegolinej.  -  Ripiegare,  piegare  la 
biancheria  sovrapponendola  varie  volte,  per  riporla 
0  per  comodità.  -  Sciorinare,  allargare,  spiegare  la 
biancheria  e  altro.  -  Soppressare,  stringere  con  sop- 
pressa certe  biancherie  più  grosse,  come  lenzuola  e 
simili,  che  non  si  vogliono  stirare  con  ferro.  In 
certi  dialetti,  massime  nei  lombardi,  si  usa  per  sti- 
rare. 

Stirare,  stendere  col  ferro  caldo  biancheria 
0  simili.  -  laglio  della  biancheria,  operazione  che 
segue  l'esecuzione  del  modello  e  consiste  nell'applicar 
questo,  0  intero  o  parte  a  parte,  sulla  stoffa  di  cui 
si  vuole  l'indumento,  staccando  quella  parte  della 
stoffa  che  resta  coperta  dal  modello.  -  Tendere, 
stendere  all'aria  la  biancheria,  il  bucato,  i  panni; 
sciorinare,  sciorinamento. 

Cucchiaia,  arnese   per  pieghettare  la   biancheria 


fine.  -  Inchiostro  indelebile,  inchiostro  che  non  si 
può  cancellare  e  si  usa  per  marcare  la  biancheria. - 
Marca,  lettera  iniziale  o  altro  contrassegno  che  si 
appone,  spesso  ricamandolo,  ai  pezzi  di  biancheria, 
per  distinguere  quella  appartenente  a  una  persona 
0  a  una  famiglia  da  quella  appartenente  ad  altra 
persona  0  ad  altra  famiglia  :  nell'uso,  ci/ra.  -  Man- 
gano, piccolo  strettoio  per  stringere  la  biancheria 
da  tavola,  avvolta  inumidita  ai  subbi  o  mattarelli, 
disposti  in  fila,  a  poca  distanza  1'  uno  dall'  altro, 
sopra  una  lastra  di  marmo.  La  cassa  del  mangano, 
niossa  a  forza  di  argani,  fa  rullare  i  subbi,  e  la 
biancheria  si  assoda,  e  prende   il   lustro. 

A-essffl,  macchina  per  comprimere.  -  Punto  di  marca 
0  punto  in  croce:  utile  per  marcare  la  biancheria.  - 
Puntiscritto,  punto  col  quale  si  scrive  l'iniziale  della 
persona  a  cui  appartiene  un  dato  pezzo  di  biancheria: 
quasi  sempre  è  il  punto  in  croce.  -  Stiaccine  o  schiac' 
cine,  strumento  per  fare  i  cannoncini  nella  bian- 
cheri3,  composto  di  due  verghe  rotonde,  incrociate 
e  imperniate  nel  mezzo,  come  le  forbici,  e  che  si 
riscontrano.  -  Toppa,  pezzuola  di  panno,  o  di  tela 
0  d'altro  tessuto,  che  si  cuce  sulla  rottura  del  ve- 
stilo 0  della  biancheria. 

Bordura,  nome  generico  dato  alle  guarnizioni  che 
adornano  le  estremità  della  biancheria.  -  Brillantina, 
sorta  di  tessuto  per  biancheria  di  cotone,  leggiero, 
operato.  -  Nappina,  dimin.  di  nappa,  volgarmente 
fiocco:  si  applica  alla  biancheria  per  ornamento  e 
talora  a  foggia  di  bottoni.  -  Modello,  figura  o  forma 
dell'indumento  di  biancheria  che  si  ha  da  eseguire 
e  che,  trasportato  sulla  carta,  si  applica  sulla  stolFa 
da  tagliare.  -  Operato,  il  tessuto  lavorato  in  modo 
speciale:  l'opposto  di  liscio.  Si  usano  specialmente 
tele  operate  o  damascate  per  la  biancheria  da  tavola, 
ma  anche  talora  per  biancheria  personale. 

Sachet,ì\  sacchettiìioneì  quale  si  contengono  essenze 
e  polveri  profumate,  e  che  si  pone  fra  i  pannolini. 
-  lurchinetto,  materia  dì  color  turchino  misto  con  la 
salda,  affinchè  le  biancherie  ricevano  una  leggiera 
tinta  azzurra. 

Cassettone,  arnese  di  legno,  in  forma  di  cassa 
grande,  ma  più  alto  ed  elegante,  con  cassetti,  a  più 
ordini,  per  riporvi  biancheria.  -  Guardaroba,  Var- 
madio  grande  per  la  biancheria.  La  guardaroba  è 
provvista,  fornita  o  sfornita,  sprovvista  di  biancheria.  - 
Sacca  da  notte,  sacca  da  viaggio,  tasca  assai  grande 
e  quadrilunga  in  cui  chi  viaggia  ripone  qualche 
biancheria  o  altro,  specialmente  per  uso  della  notte; 
e,  per  averla  più  prontamente  a  mano,  la  si  cliiude 
con  cordone  passato  in  una  guaina  o  in  occìiielli, 
ovvero  con  fermaglio  metallico  o  con  lucchetto.  - 
aratorio,  luogo  nel  quale  si  stendono  i  panni,  la 
biancheria. 

Allumacato,  aggiunto  di  capo  di  biancheria  insal- 
dato e  stirato,  in  cui  veggonsi  certe  macchie  nebu- 
lose e  irregolari,  prodotte  dal  non  averlo  bene  e 
ugualmente  risciacquato,  prima  di  stirarlo.  -  Cenci, 
complesso  delle  biancherie,  dei  panni,  ecc.,  logori  e 
disusati.  -  Far  Gesù,  della  biancheria  che  si  logora.  - 
Loia,  sudiciume  d'unto  sulla  biancheria  e  su  altro. 

Bianchetto.  Piccolo  pesce. 

Bianchetto.  Veggasi  a  belletto. 

Bianchezza.  L'esser  bianco. 

Blanctiiccio.  Tendente  al  bianco, 

Bianclilinento.  Detto  a  bianco,  a  sale,  a 
zucchero. 

Bianclilna.  Il  primo  sonno  del  baco  da  seta. 

Bianciiixe  (bianchitoJ.Detto  a.  bianco,  a  sale, 
a  zucchero. 


282 


BIANCO   —   BIBBIA 


Bianco.  L'impressione  prodotta  sull'organo  della 
vista  da  un  corpo  illuminato  che  riflette  tutti  i 
raggi  luminosi;  si  dice  di  colore  opposto  al  nero, 
di  un  corpo  che  appare  privo  di  colorazione,  ma 
solo  avvolto  dalla  luce  che  lo  rende  visibile  :  albo, 
argenteo,  argentato,  inargentato,  latteo,  niveo,  ne- 
voso, slattato,  scandidato.  -  Scala  del  bianco:  latte, 
latte  accagliato,  gelsomino,  neve, perla,  matto,  avorio, 
osso,  argento,  sudicio,  dorato,  giallastro;  lattato,  sca- 
ciato,  pallido,  lu'ido,  moscato. -Il  ètanco  è  emblema 
di  serenità  e  candore,  di  calma  e  perdono,  di  pro- 
bità e  onestà,  di  verginità  e  pudore.  Emblema  pure 
per  chiedere  tregua  o  pace;  ed  esprime  che  si  atten- 
dono notizie. 

Alabastrino,  bianco  come  l'alabastro.  -  Albicante. 
tendente  al  bianco,  albiccio.  -  Biancastro,  tendente 
al  bianco,  bianchiccio.  -  Bianchissimo,  superlat.  di 
bianco:  bianco  scaciato,  scanidato;  bianco  come  la 
carta.  -  Bianco  dorato,  giallastro  (tendente  al  color 
dell'oro,  al  giallo),  lattato  (bianco  di  latte  o  come 
il  latte),  marmoreo  (come  il  marmo),  nevato  (come 
la  neve).  Bianco  come  un  giglio,  come  una  ricotta, 
come  la  farina,  come  il  fior  di  farina,  come  un  ra- 
veggiolo.  -  Candido,  bianco  in  supremo  grado.  - 
Eburnio,  eburno,  bianco  d'avorio.  -  Incandescente, 
allo  stato  di  incandescenza:  divenuto  bianco  per 
effetto  dei  fuoco.  -  Lattescente,  che  diventa  bianco 
come  il  latte.  ■  Niveo,  bianco  come  neve.  -  Po- 
melato,  bianco  e  grigio.  -  Sbiancatotto,  un  po'  sbian 
calo,  che  diventa  di  colore  tendente  al  bianco. 

Bianchezza,  l'essere  bianco:  albedine,  biancore, 
candidezza,  canlore;  figur.,  avorio,  giglio,  latte, 
neve.  -  Biancume  ammasso,  quantità  di  cose  bianche. 

Bianco  dei  cape  li,  veggasi  a  canizie.  -  Bianco  della 
faccia,  della  peli;:  pallidezza,  pallore.  -  Ira  il 
bianco  e  il  nero,  bigio,  grigio. 

Albeggiare,  biancheggiare.  -  Biancheggiare,  tendere 
al  bianco,  apparir  bianco.  Biancheggiante,  che  bian- 
cheggia; bianeheggiamenlo,  il  biancheggiare.  -  Bian- 
chire (bianchito),  far  divenir  bianco,  specialmente 
riferito  a  sale,  a  zucchero  e  simili:  imbianchire, 
imbiancare,  sbiancare,  sbiancheggiare.  -Bianchimento, 
l'atto  del  bianchire.  -  Dealbazione,  azione  di  bian- 
chire col  fuoco.  -  Imbiancare,  diventar  bianco.  - 
Rimbiancare,  ripete  e  rafforza  imbiancare.-  Imbian- 
chire, scialbare,  il  lavoro  deìV imbianchino.  -  Inal- 
bare {inalbato),  imbiancare,  divenir  bianco.  -  Sbian- 
care, sbiancarsi,  divenir  bianchiccio. 

Bianco.  Nome  dato,  per  il  loro  colore,  a  pa- 
recchie e  diverse  sostanze:  bianco  di  balena;  binnco 
di  bismuto,  biano  di  Spagna;  bianco  di  cerussa,  o 
biacca;  bianco  d'indaco,  ecc. 

Bianco  dcll'occlilo.  Detto  a  occhio. 

Bianco  dell* uovo.  L'albumina:  detto  a 
uovo. 

Biancomangiare.  Sorta  di  vivanda,. 

Biancospino.  Detto  ad  arboscèllo. 

Biancume  Veggasi  a  Manco. 

Biascia,  biascica.  Detto  a  masticare. 

Biasciamidòlle.  Veggasi  a  dente. 

Biascìare  fbiasciamento ,  biasciato).  Detto  a 
masticare.  -  Modo  di  mangiare  malamente. 

Biasciarosari.  Detto  a  bigotto 

Biascicare  {biascicamento,  biascicato).  Detto  a 
masticare. 

Biascicasorbacérbe.  Veggasi  a  faccia. 

Blascino.  Schifiltoso  nel  mangiare. 

Biascicóne,  biascione.  Detto  a  masticare. 

Bascicótto.  Detto  a  masticare. 

Biasimare  (biasimato).  Esprimere  biasimo. 


Biasimévole.  Degno  di  biasimo. 

Biàsimo.  Sentimento  contrario  ad  azioni  od 
opinioni  d'altri;  le  parole  usate  per  esprimere  un 
tale  sentimento:  appunto, biasmaniento,  biasmo;  carco, 
carico;  censura,  critica,  disapprovazione;  mor- 
morio, reprensione,  riprensione,  riprovazione.  Tal- 
volta, anche  accusa.  Sempre  il  contrario  di  torfe, 
di  approvazione  (veggasi  ad  approvare),  -  min- 
provetto,  espressione  del  biasimo,  specialmente 
quando  trattisi  di  colpa.  -  Riprovazione,  biasimo 
grave:  reprobazione,  riprovamento  ;  vituperio. 

Biasimare,  trovare  o  dichiarare  degno  di  biasimo: 
biasimare,  dar  biasimo,  censurare,  condannare,  cri- 
ticare; dir  male,  ridire;  disapprovare,  giudicare  se- 
veramente; riprendere,  riprovare;  imputare  a  difetto; 
deprimere,  detrarre,  impugnare.  -  Addentare,  ripren- 
dere con  parole  pungenti.  -  Apporre,  trovar  da  ri- 
dire, da  censurare,  da  biasimare.  -  Appuntare  uno 
di  una  cosa,  biasimarlo.  -  Arricciare  il  naso,  le  labbra, 
il  muso,  in  segno  di  biasimo,  di  disapprovazione: 
torcere  il  grifo.  -  Ascrivere  a  biasimo,  imputare  a 
difetto,  a  colpa.  -  Censurare,  cercare  i  difetti  seve- 
ramente {aver  lo  scirro  del  censurare,  la  mania  del 
biasimare).  -  Deprimere,  biasimare,  in  modo  però 
da  avvilire,  Qa  umiliare.  -  Flagellare,  fulminare, 
biasimare  violentemente  (flagellare  a  sangue,  con 
estrema  violenza,  senza  pietà).  -Inveire,  rivolgersi 
impetuosamente  contro  uno,  specialmente  con  parole 
0  biasimarne  a  lungo  e  con   rammarico   le   azioni. 

-  Mettere,  porre  in  croce,  persistere  nel!' infliggere 
il  biasimo.  -  Mormorare,  biasimare,  dir  male  d'al- 
cuno. -  Riprendere,  ammonire  biasimando.  Ripren- 
sibile,  degno  di  riprensione;  riprensivo,  atto  a  ri- 
prendere; ripreso,  chi  ebbe  la  riprensione,  il  biasimo. 

-  Riprovare,  biasimare  severamente:  bollare,  crivel- 
lare, lapidare,  tacciare.  -  Sfatare,  sparlare,  buttar  giù, 
disapprovando.  -  Sindacare,  censurare.  -  Staffilare 
(llgur.),  biasimare  aspramente,  in  modo  da  colpire 
nel  vivo.  -  Stigmatizzare  (neol.),  bollare  di  forte 
biasimo.  -  Sconfessare,  riprovare,  disdire. 

Biasimato,  chi  riceve  biasimo.  -  Accettante  e  sti- 
pulante, chi  è  costretto  a  sentire  le  censure  che  gli 
si  fanno  o  veder  cosa  che  gli  dispiace. 

Biasimatore,  chi  biasima  ogni  cosa  per  abitudine. 
•  Spazzi  davanti  a  casa  sua,  a  chi  biasima  altri, 
mentre  dovrebbe  badare  a  sé. 

Biasimevole,  che  è  da  biasimare:  biasimabile, 
illaudabile;  censurabile,  riprendevole,  reprensibile, 
riprensibile,  rimproverabile.  -  Inqualificabile,  di  cosa 
per  cui  non  bastano  le  parole  di  biasimo.  -  Ripro- 
vevole, gravemente  biasimevole:  condannabile,  con- 
dannevole, dannabile;  indegno;  vituperabile,  vitu- 
perando, vituperoso.  -  Rendersi  biasimevole:  dar  da 
dire,  da  m  )rdere,  da  mormorare,  da  riprendere; 
screditarsi,  disonorarsi.-  Cose  da  aranciate,  da  mele 
fracide,  da  torsolate,  biasimevoli.  -  Duetto  (figur.), 
di  due  persone  ben  accoppiate,  in  senso  di  biasimo. 

-  In  due  fanno  il  paio,di  persone  in  senso  non  di  lode, 

Biasimevolmente:  riprensibilmente,  riprovevol- 
mente. 

Non  biasimevole:  inappuntabile,  inattaccàbile,  in- 
censurabile, irreprensibile.  -  Superiore  a  ogni  ecce- 
zione, di  persona  o  cosa  che  non  si  possa  assolu- 
tamente .biasimare.  -  Non  e'  è  che  dire,  non  e'  è  bia- 
simo da  fare. 

Bibbia.  Il  libro,  anzi  i  libri  sacri  della  cristia- 
nità, il  Vecchio  e  il  Nuovo  Testamento:  la  Scrittura 
la  Sacra  Scrittura;  divina  scrittura,  sante  scritture  ; 
codice  sacro,  sacre  pagine,  sacre  carte,  lettere  sacre, 
storia  sacra,  lesto  sacro;    libro   della  Sapienza,  la 


283 


Sapienza.  -  Biblico,  bibìiaco,  della  Bil)l)ia,  conforme 
0  che  si  riferisce  alla  Bibbia.  -  Biblista,  chi  é  pro- 
fondamente versato  nella  Bibbia  e  in  jirado  di  spie- 
garla. -  Scritturista,  interprete  della  Sacra  Scrittura. 

Bibliolatria,  adorazione  della  Bibbia;  tede  cieca 
nelle  lettere.  -  Bibliomanzia,  superstizione  che  con- 
siste nell'aprire  a  caso  la  Bibbia  (o  qualche  altro 
libro)  e  leggere  il  capo  che  cade  sotto  gli  occhi, 
dando  ad  esso  una  speciale  interpretazione.  -  Bibli- 
stica, scienza  della  Bd)bia. 

Pei  libri  delle  religioni  non  cristiane,  reggasi  a 
religione. 

Parti  della  Bibblv.  -  Raccolta  di  libri  biblici. 
Traduzioni,  ecc. 

Atti  degli  apostoli,  detto  ad  apostolo. 

Nuovo  Testamento,  quella  delle  due  parti  più  ge- 
nerali in  cui  tu  divisa  la  Bibbia  e  che  comprende 
i  documenti  religiosi  cristiani.  -  Lt'èrt  scorici,  la  rac- 
colta dei  libri  del  Nuovo  Testamento  comprendente 
gli  Evangeli  (reggasi  a  vangelo)  e  gli  Atti  degli 
apostoli.  -  Libri  didattici,  la  raccolta  dei  libri  del 
Nuovo  Testamento:  contiene  le  Epistole  di  san  Paolo, 
san  Pietro,  san  Giovanni  e  san  Giacomo.  -  Antile- 
gomeni,  i  libri  del  Nuovo  Testamento  non  ritenuti 
autentici,  contrariamente  a  quelli  detti  Omolego- 
meni. 

Vecchio  Testamento,  quella  delle  due  parti  più  ge- 
nerali della  Bibbia  che  comprende  avanzi  della  an- 
tica letteratura  ebraica  gabellati  come  documenti 
religiosi  inspirati  dallo  Spirito  Santo.  Risulta  di  39 
libri  scritti  in  ebraico  ed  in  caldeo.  -  Libro  di 
Giuditta,  diciottesimo  dell'Antico  Testamento:  con- 
tiene la  storia  di  quella  eroina  ed  è  uno  elei 
più  antichi  esempi  di  poesia  storica.  -  Maccabei,  i 
due  ultimi  libri  dell'Antico  Testamento.  -  Aìitica  e 
nuova  Alleanza,  libri  del  Vecchio  e  del  Nuovo  Te- 
stamento. -  Sapienza,  uno  dei  libri  canonici  del 
Vecchio  Testamento. 

Agiografi,  una  delle  classi  dei  libri  sacri,  ossia 
Ae\h  Bibbia,  e  comprende:  Giobbe.  Proverbi.  Salmi, 
Cantico  dei  cantici,  Ecclesiaste,  Bouth,  Troni,  Esther, 
Esdra,  Nehemia,  La  cronaca.  Il  libro  di  Daniele.  - 
Apocalisse,  la  rivelazione  di  san  Giovanni.  Apocalit- 
iico,  riferentesi  all'Apocalisse,  oscuro  come  l'Apo- 
calisse. -  Cantico  dei  cantici,  di  Salomone,  in  onore 
della  sposa,  la  bella  Sulamite,  figurante  la  Chiesa 
o  l'anima.  -  Clavicola  di  Salomone,  libro  apocrifo.  - 
Decàlogo,  tavola  della  legge,  i  dieci  comanda  iienti.  - 
Deuteronomio,  il  quinto  libro  di  Mosè.  -  Epistole, 
le  lettere  degli  apostoli  san  Paolo,  san  Pietro,  ecc. 

Evangelario,  libro  di  vangeli.  -  Esodo,  secondo 
libro  di  Mosè.  -  Gènesi,  primo  libro  di  Mosè,  storia 
della  creazione.  •  Eptateuco,  i  sette  primi  libri  della 
Bibbia.  -  /  Giudici,  libro  contenente  la  storia  dei 
capi  detti  t  giudici  » .  -  Lamentazioni,  scritti  di  Ge- 
remia. -  La  legge  o  pentateuco,  i  cinque  libri  biblici 
di  Mosè,  comprendenti  la  Genesi,  Y Esodo,  il  Levitico, 
i  IStimeri,  il  Deuteronomio.  -  Levitico,  terzo  libro  di 
Mosè.  -  I  Numeri,  quarto  libro  di  Mosè.  -  Otiaieuco, 
gli  otto  primi  libri.  -  Paralipomeni,  due  libri  che 
servono  di  supplemento  ai  quattro  libri  dei  Be. 

I  Profeti,  l'intera  raccolta  di  libri  biblici  che  trat- 
tano di  profeti  e  delle  profezie.  Tale  raccolta  com- 
prende r libri  dal  titolo:  Giosuè,  Giudici,  Samuele,  I 
Re,  Isaia,  Geremia,  Ezechiele  ed  altri  di  importanza 
minore.   -  Proverbi,  libro  di  Salomone. 

Dei  Settanta,  denominazione  sotto  la  quale  è  co- 


nosciuta la  più  antica  traduzione  della  bibbia.  - 
Esapla,  bibbia  a  sei  colonne,  pubblicata  da  Origene 
e  contenente  sei  versioni  greche:  quelle  dei  Settanta, 
d'Aquila,  di  Teodozione,  di  Simmaco,  di  Jerico,  di 
Nicopoli.  ■  Itala,  antica  traduzione  della  bibbia.  - 
Ottupla,  bibbia  in  otto  lingue.  -  Poliglotta,  bibbia 
in  parecchie  lingue.  -  Testina,  traduzione  biblica 
del  Io.")0;   ediz.   del   Machiavelli. 

Tetrapta,  bibbia  in  quattro  lingue.  -  Volgata,  Vul- 
gata, bibbia  tradotta  aa  san  Gerolamo  dall'ebraico 
in  latino,  considerata  come  autentica  dal  concilio 
di  Trento. 

Haphibara  (ebr.),  brano  del  libro  biblico  dei  Pro- 
feti, che  si  legge  nelle  feste  ebraiche,  dopo  quello 
del  Pentateuco.  -  Keri,  la  bibbia  ebraica,  con  le 
varianti  della  Masora  o  Massora  (tradizione).  -  Le 
Otiapli  d' Origene,  ìa.  bibbia  commentata  da  Origene, 
il  celebre  fondatore  della  teologia  sistematica.  -  Pe~ 
ricopi  (gr.).  brani  della  bibbia  da  preleggersi  in 
chiesa  o  per  testo  di  predica.  -  Salterio,  la  raccolta 
dei  salmi. 

Figure  bibliche.  -  Termini  vari. 

Patriarchi,  termine  biblico  col  quale  si  designarono 
i  maggiorenti  di  un  popolo,  di  una  tribù  che  ave- 
vano un  dominio  assoluto,  civile,  religioso,  sulle 
persone  che  si  trovavano  sotto  la  loro  giurisdizione.  - 
Profeti,  ì  banditori  della  volontà  di  Dio,  da  lui 
inspirati,  che  minacciavano  il  rigore  del  giudizio 
divino  e  promettevano  la  felicità  finale  per  la  venuta 
del  Messia. 

Adamo,  secondo  la  leggenda  biblica,  il  primo 
e  solo  uomo  creato  da  Dio. 

Eva,  la  compagna  che  Dio  diede  ad  Adamo  dopo 
averla  tratta  da  una  costola  di  questi. 

Abramo,   il    capo    stipite    degli    Israeliti    e   degli 
Arabi.        Lot,    Lotte,  patriarca,  nipote    di  Abramo, 
che  fuggi  a  Sodoma  quando  —  secondo  la  leggenda 

—  questa  città  fu  affidata  all'opera  distruttrice  delle 
fiamme  dal  terribile  dio  degli  Ebrei.  Per  incesto  fu 
padre  di  Moab  e  di  Ammone.  -  Mosé,  il  liberatore 
degli  ebrei  dalla  schiavitù  di  Egitto;  quegli  ste.so 
a  cui  Dio  avrebbe  dettato  sul  monte  Sinai  il  t  e- 
calogo,  che  egli  incise  su  due  tavole  di  pietra.  - 
Noè,  patriarca  che  sarebbe  stato  il  solo  salvato,  in- 
sieme con  la  famiglia,  dal  diluvio  universale  e  desti- 
nato quindi  a  ripopolare  la  terra. 

Anagogia,  applicazione  del  senso  letterale  del 
testo  della  sacra  scrittura  a  cose  soprannaturali.  - 
Apocatastasi,  in  senso  biblico,  ristabilimento  di  tutte 
le  cose  nel  loro  stato  originario  al  ricomparire  del 
Messia.  -  Apòcrifo,  il  libro  falso,  non  riconosciuto 
dai  canoni.  -  Canoni  delle  scritture,  catologhi  dei 
libri  riconosciuti  come  autentici.  -  Canonicità,  l'esser 
canonico,  nel  canone.  -  Concordanze  della  Bibbia,  i 
riscontri  che  si  citano  e  si  spiegano  l'un  coU'altro. 

-  Deutero-canonici,  i  libri  riconosciuti  iu  secondo 
grado,  dopo  gli  altri.    . 

Esegesi,  esegètica,  spiegazione,  critica.  -  ligure, 
nell'Antico  Testamento, '^avvenimenti  materiali  con- 
siderati come  un  significato  mistico  e  profetico.  Pi- 
gurismo,  il  sistema;  figurista,  chi  spiega  tutto  per 
mezzo  di  figure  o  simboli.  -  Glossa,  commentario 
sulla  Bibbia;  glossa  ordinaria,  sulla  Volgata.  Glos- 
satore, autore  d'una  glossa.  -  Lettera,  senso  letterale, 
opposto  a  spirito  senso  vero.  -  Legge,  la  legge 
scritta.  -  Midrasch,  commentario  sotto  torma  di 
racconto  o  d'apologo.  -  Notaricon,  l'arte  cabalistica 
di  trarre  l'occulto  significato  delle  espressioni  bibliche 


28i 


BIBITA    BICCHIERE 


combinando  insieme  le  iniziali  delle  parole,  oppure 
le  lettere  di  mezzo,  oppure  le  finali. 

Padri,  sanli  padri,  della  Chiesa,  i  dottori  anteriori 
al  secolo  XIII  dalla  Chiesa  approvati.  -  Parabola, 
allegoria,  racconto  che  mette  in  azione  qualche 
verità  morale.  Parabolico,  di  parabola.  -  Paràfrasi, 
spiegazione  estesa  {parafrasare,  parafrasata,  para- 
fi asatore).  -  Parertneneuta,  chi  spiega  la  Bibbia  secondo 
le  proprie  idee.  -  Prolocanonici,  i  libri  riconosciuti 
anche  prima  dei  canoni  o  dai  primi  canoni. 

Recensione,  revisione,  rassegna  o  verificazione  del 
testo  del  Nuovo  Testamento,  esistente  nei  codici 
manoscritti,  secondo  le  varie  fasi  che  il  medesimo 
subì.  -  Rivelazione,  quanto  insegnano  i  libri  ispirati. 
-  Salmista,  nome  dato  a  Davide,  come  autore  dei 
salmi.  -  Salmo,  inno,  cantico.  -  Sticomxinzia,  divi- 
nazione mediante  versetti  della  Bibbia.  -  Sticometria, 
divisione  per  versetti.  -  Testuario  della  Bibbia, 
libra  contenente  il  testo  solo.  .Chi  conosce  bene  i 
testi,  -  Tradizione,  legge  orale,  insegnamento  tra- 
smesso a  bocca.  -  Tratto,  serie  di  versetti  della 
Sacra  Scrittura  che  si  recitano  nella  celebrazione 
della  messa  dopo  1'  epìstola,  o  che  si  cantano  dopo 
il  graduale  nelle  messe  mortuarie,  -  Tropologia, 
significazione  morale,  sotto  forma  di  allegoria,  delle 
sacre  scritture. 

Società  bibliche,  quelle  che,  originate  dalla  Chiesa 
protestante,  ebbero  anche  lo  scopo  di  diffondere  la 
Scrittura,  non  ammettendo  i  libri  di  dubbia  autorità  e 
dando  il  testo  senza  note. 

Bìbita.  Ciò  che  si  beve,  bevanda. 

Biblico.  Della  Bibbia. 

Bibliofilia,  bibliòfilo.  Detto  a  libro. 

Bibliografia ,  bibliògrafo  {bàbliograficoj. 
Veggasi  a  libro. 

Bibliologia,  bibliòlogo  {hibliologicoj.  Detto  a 
libro. 

Bibliolite.  Sorta  di  roccia. 

Biblioliti.  Detto  a  fossile  e  a  manoscritto. 

Bibliomanìa,  bibliomane.  Detto  a  libro. 

Biblioteca.  Grande  raccolta  di  libri,  il  museo, 
per  dir  cosi,  del  libro,  e  anche  il  locale  o  i  locali, 
in  cui  essi  libri  sono  custoditi.  Anche,  raccolta  di 
opere  sullo  stesso  argomento  {biblioteca  classica,  dei 
viaggi,  amena,  romantica,  tecnica,  umoristica,  univer- 
sale, ecc.):  libraria,  libreria  ('questa  può  anche 
essere  il  luogo  in  cui  si  vendono  i  libri).  -  Aprire, 
creare,  fondare,  istituire,  mettere  insieme,  ordinare, 
raccogliere,  tramutare  una  biblioteca:  espressioni  di 
chiaro  significato.  -  Biblioteca  comunale,  nazionale, 
pubblica,  privata,  secondo  che  é  proprietà  d'un 
Comune,  dello  Stato,  aperta  a  tutti  o  posseduta  in 
proprio  da  alcuno. 

Biblioteca  ambulante,  circolante,  quella  istituita 
con  l'intendimento  che  i  libri  vengano  dati  a  pre- 
stito contro  pagamento  di  tassa  fissa  o  dietro  depo- 
sito 0  garanzia.  -  Biblioteca  popolare,  di  recente 
istituzione  e  creata  allo  scopo  di  facilitare  l'istru- 
zione del  popolo,  permettendovisi  l'asportazione  dei 
libri.  -  Biblioteca  universitaria,  quella  istituita  presso 
un'università.  -  Alessandrina,  antichissima  e  famosa 
biblioteca  d'Alessandria  d'Egitto,  in  due  parti:  il 
Bruchium  e  il  Serapeum.  -  Ambrosiana,  rinomata 
biblioteca  di  Milano.  Cosi  anche  la  Braidense,  o  di 
Brera. 

Btbliotechetta,  bibliotecuccia,  di  biblioteca  di  poco 
valore,  sia  per  la  quantità,  sia  per  la  qualità  dei 
libri  che  la  compongono.  -  Bibliotechina,  piccola 
biblioteca;  anche  di  una  raccolta  di  libri  pìccoli  di 
una  stessa  edizione.  -  Libreriona,  grande  biblioteca. 


Atlante,\'\bTo  contenente  carte  geografiche  o  stampe, 
per  servire  ordinariamente  di  corredo  al  testo  di 
un'opera.  -  Codice,  manoscritto  che  nelle  biblioteche 
si  conserva  per  il  suo  valore,  la  sua  rarità,  Codice 
in  pergamena,  in  cartapecora;  in  scrittura  gotica, 
longobarda,  ecc.;  codice  miniato,  dipinto  all'acqua- 
rello; in  foglio,  della  grandezza  d'  un  foglio  ripie- 
gato, ecc.  -  Cimelio,  codice  o  altro  di  grande  rarità 
e  pregio.  E  cimeliarca  chi  l' ha  in  custodia.  -  Par 
linsesto,  il  codice  manoscritto  stato  usato  per  scri- 
vervi sopra  nuove  opere.  -  Fascicolo,  ciascuna  delle 
parti  d'un'opera,  sciolta,  non  ancora  rilegata.  -  Vo- 
lume, libro  0  parte  distinta  di  libro. 

Catalogo,  nota,  lista,  dei  libri  posseduti  da  una 
biblioteca.  -  Scaffale,  arnese,  mobile  di  legno  nel 
quale  si  ripongono  i  libri,  le  scritture,  ecc.  -  Scheda, 
il  modulo  sul  quale  ciascuno  deve  fare  la  richiesta 
per  ottenere  libri  da  una  biblioteca.  -  Schedario, 
tutte  le  schede  di  una  biblioteca  raccolte  nelle  cas- 
sette per  ordine  alfabetico  e  sillabico. 

Bibliotecario,  chi  ha  in  custodia  una  biblioteca  o 
una  parte  di  biblioteca;  qualsiasi  impiegato  addetto 
ad  una  biblioteca  o  come  distributore  o  come  sor- 
vegliante, ecc.-  Consercofore,  titolo,  in  qualche  luogo,  di 
bibliotecario  o  aggiunto  {vice)  bibliotecario.  -Prefetto, 
chi  soprintende  ad  una  biblioteca  di  qualche  im- 
portanza; il  bibliotecario  capo  -  Collezionare,  \edere 
se  un  libro  è  completo.  -  Schedare,  notare,  che  fa 
il  bibliotecario,  sopra  una  scheda  il  titolo  e  le  altre 
notizie  di  un  libro,  apponendovi  i  numeri  dello 
scaffale,  del  palchetto,  e  quello  del  posto  a  cui  lo 
si  assegna  in  libreria. 

Custode,  chi  ha  l' incarico  di  curare  i  locali  della 
biblioteca;  andhe,  chi  ha  in  custodia  una  biblioteca. 

-  Distributore,  il  bibliotecario  che  ha  l'incarico  di 
consegnare  i  libri  a  chi  ne  faccia  regolare  richiesta. 

-  Sorvegliante,  l'impiegato  che  vigila  nelle  sale  di 
lettura  di  una  biblioteca  pubblica,  allo  scopo  che 
non  vengano  danneggiati  i  libri  e  pel  mantenimento 
del  silenzio  e  dell'ordine. 

Farmacia  dell'anima,  iscrizione  messa  alla  porta 
d'una  biblioteca  antica.  -  Gabinetto  di  lettura,  sa- 
lottino,  sala  appartata  in  una  biblioteca.  -  Chehfert, 
insetti  che  si  trovano  nei  libri  vecchi. 

Bibliotecario.  Detto  a  biblioteca; 

Bica.  Detto  a  grano. 

Bicarbonato.  Veggasi  a  carbonico  (acido). 

Bicchierata.  Veggasi  a  bicchiere. 

Bicchiere.  Piccolo  vaso  di  vetro,  di  molte 
e  varie  forme,  il  più  delle  volte  fatto  o  di  vetro 
0  di  metallo  nobile,  in  uso  per  bere:  bicchiero, 
bossolo,  calice,  coppa,  gotto,  miolo,  nuvolo,  nappo, 
pàtera,  peccherò,  pòculo,  tazza,  vetro.  Insieme  con 
altri  vasi  di  cucina,  ecc.,  fa  parte  delle  stoviglie, 

Bicchieraccio,  di  bicchiere  dalla  forma  antipatica 
e  rozzo  per  la  fattura  e  per  la  qualità  della  materia 
di  cui  è  fatto.  -  Btcc/uere  grande  ;  bellicone,bicchie- 
rone,  calicione,  cantaro,  ciotolone,  tazzone,  tonfano.  - 
Bicchiere  piccolo:  bicchieretto,  bicchieruolo,  ciotoletta, 
ciotolina,  ciotolino,  calicetto,  caliciuolo,  caliciuzzo.  - 
Bicchierino,  di  un  bicchiere  ancora  più  piccolo  del 
bicchieretto  :  calicino.  -  Bicchieretto,  di  bicchiere  che 
ha  una  capacità  maggiore  di  quello  che  sembri  a 
prima  vista.  -  Bicchieruccio,  lo  stesso  che  bicchie- 
retto, però  relativamente  ad  un  bicchiere  di  pro- 
porzioni minori,  -  Bicchiere  a  bombe,  quello  che  si 
allarga  nel  mezzo,  e  fa  pancia,  per  modo  che  ha 
forma  come  di  una  piccola  botticina.  -  Bicchiere  a 
bussolotto,  che  ha  forma  di  bussolotto.  -  Bicchiere  a 
calice,  col  piede,  in  forma  del  calice  da  messa.  - 


BICCICOCCA    —    niCICLETTA 


285 


Bicchiere  a  costole,  quello  che  ha  le  pareti  a  faccia 
e  spigoli  che  gli  danno  la  forma  di  un  prisma  esa- 
gonale od  altra  analoga.  -  Bicchiere  arrotato,  quello 
perfezionato,  raffinato  alla  ruota.  -  Bicchiere  col  via- 
nico:  giara.  -  Bicrhirre  col  piede,  quello  il  cui  foiulo 
non  finisce  inferiorm-^nte  il  bicchiere,  ma  si  continua 
con  un  sostegno  a  base  discoidale.  -  Bicchiere  senza 
piede,  quello  il  cui  fondo  lo  finisce    inferiormente. 

Bicchiere  f/aftiVca,  bicchiere  senza  piede,  di  grosse 
pareti,  più  largo  verso  il  fondo  che  verso  la  bocca, 
con  grosso  manico  laterale,  ad  ansa:  gotto,  sciop. - 
Bicchiere  da  mampaijna,  bicchiere  alto,  con  piede, 
di  piccolissimo  diametro  per  due  terzi  della  sua 
altezza  e  molto  espanso  nella  parie  superiore:  pis- 
side, rocca  -  Bicchiere  liscio,  quello  a  superficie  le- 
vigata. -  Bicchiere  martellato,  quello  che  presenta 
alla  sua  superficie  delle  impronte  simili  a  quelle 
che  vi  avrebbe  lasciato  un  martello. 

Bicchieri  medicinali:  legni  amari,  come  la  quassia, 
conformati  a  bicchieri,  nei  quali  si  mette  acqua 
fredda,  che  ne  scioglie  i  principi  amari.  Quelli  di 
legno  quassio  sono  detti  bicchieri  di  Surinam. 

Bicchierino  da  rosolio,  più  piccolo  assai  de'  bic- 
chieri da  vino,  col  piede,  e  in  forma  di  mezzo 
cono  0  a  bombe.  -  Bicchierini  da  vino  del  Reno, 
piccoli  bicchieri  col  piede,  con  le  pareti  a  bombe, 
generalmente  di  vetro  verde  o  rossastro.  -  Bicchie- 
rino da  vermouth,  generalmente  cilindrico,  a  calice, 
e  della  tenuta  di  una  sesta  parte  del  bicchiere  co- 
mune. -  Calice,  bicchiere  a  forma  di  calice.  -  Ga- 
ncetto, calicino,  certi  bicchierini,  per  vini  generosi, 
fini  0  per  liquori,  quando  abbiano  gambo  o  piede. 

-  Calicione,  grosso  calice. 

Parti  del  bicchiere,  capacità,  stato,  ecc. 

Culo,  il  fondo.  -  Fondo,  quanto  chiude  inferior- 
mente il  bicchiere  nella  sua  capacità.  -  Orlo,  la 
estremità  superiore  del  bicchiere  -  Pareti,  quanto 
limita  all'ingiro  la  capacità  del  bicchiere.  -  Piede, 
il  sostegno  sul  quale  posa  e  col  quale  è  in  conti- 
nuità il  fondo  del  bicchiere.  -  Capacità  di  un  bic- 
chieì'e.  la  quantità    di    liquido   che  può  contenere. 

Foderato,  incamiciato,  il  bicchiere  dalla  superficie 
appannata  dall'untuosità.-  Che  foderai,  di  bicchieri 
unti,  sucidi.  -  Foderare  il  biccliiere,  ungerlo  toccan- 
dolo, bevendoci.  Aver  la  fodera,  la  camiciola,  di 
bicchieri  sudici  -  Incrinato.,  il  bicchiere  che  mostra 
delie  incrinature:  cresimato.  -  Sciacquato,  il  bic- 
chiere lavato.  -  Sgrondato,  il  bicchiere  da  cui  sia 
stato  estratto  il  liquido  fino  all'ultima  goccia  :  sgoc- 
ciolato. 

Incoronar  i  bicchieri,  le  tazze,  empirli  fino  all'orlo. 

-  Incrinare  un  bicchie7'e,  provocare  sulle  pareti  o  sul 
fondo  del  bicchiere  delle  crepe  cosi  sottili  da  es- 
sere appena  visibili:  cresimare.  Incrinarsi,  il  cre- 
parsi di  un  bicchiere:  far  pelo.  Incrinatura,  l'in- 
crinarsi e  il  segno  dell'essere  incrinato.  -  Sciacquare, 
un  bicchiere,  lavarlo.  -  Sciacquatura,  risciacquatura, 
l'acqua  nella  quale  i  bicchieri  sono  stati  sciacquati. 

-  Scoppiare,  incrinare,  screpolarsi  o  anche  fendersi 
del  bicchiere,  quando  in  esso  venga  rapidamente 
accresciuto  di  molto  il  calore. 

Sbicchierare,  sbicchiennare ,  vuotare  spesso  bic- 
chieri, bicchierini;  anche,  vendere  vino  a  bicchieri  e 
liquori  a  bicchierini.  -  Staffa,  a  Milano,  un  bicchier 
di  vino  di  circa  mezzo  quinto.  -  Il  bicchiere  della 
staffa,  il  bicchiere  del  saluto,  della  partenza.  •  Toc- 
care il  bicchieì'e,  o  anche,  semplicemente,  toccare: 
accostare  il  proprio   bicchiere   a   quello   d'altri  e 


leggermente  urtarlo  prima  di  bere,  al  momento 
ddbì'indisi.  -  Bicchierata,  bevuta  in   compagnia. 

Bicchieraio,  chi  fabbrica  e  vende  bicchieri:  sto- 
vigliaio.  vetraio.  -  SotUìcoppa,  piccolo  vaso  sul 
quale  si  posano  i  bicchieri. 

Blcclcócca.  Piccolo  castello,. 

BIccicucca.  Piccola  casa. 

Bicèfalo.  Con  doppia  testa. 

Bicicletta.  Leggerissimo  veicolo  meccanico 
(nell'uso,  detto  macrhiua),  velocipede  per  una 
sola  persona:  antica  draisienne  (istrumento  inven- 
tato nel  secolo  XVIII,  perfezionato  nel  XL\);  bi- 
cicletto,  biciclula,  birola  velocissima.  -  CiclitnèiOf 
tutto  ciò  che  si  riferisce  agli  esercizi  con  la  bici- 
cletta, specialmente  in  fatto  di  gare,  di  corse.  - 
Ciclista,  biciclettista,  velocipedista,  chi  corre  in 
bicicletta.  -  Tandem,  bicicletta  a  due  posti,  in  uso 
per  allenare.  -  Triplette  o  quadruplette,  macchine 
a  tre  e  a  quattro  posti.  -  Triciclo,  macchina  a  tre 
ruote;  quadriciclo,  a  quattro,  ora  fuori  d'uso.  -  Pe- 
dalare (neol.),  detto  del  correre  m  òtac/e^to:  veggasi 
a  corse. 

La  bicicletta  è  mossa  a  forza  di  gambe,  mediante 
pedali:  si  compone  di  un  telaio  d'acciaio  vuoto, 
portante  un  manubrio  per  guidare,  uno  o  due  freni 
e  un  sellino;  il  telaio  è  montato  su  due  ruote  (di- 
rettrice, o 'anteriore.,  e  rHo^nce,  0  posteriore)  guarnite 
di  gomme  pneumatiche.  La  trasmissione  del  movi- 
mento dai  pedali  alla  ruota  motrice  viene  effet- 
tuata mediante  due  ingranaggi,  uno  all'asse  del 
pedaliere  {ingranaggio  centrale),  l'altro  al  mozzo 
della  ruota  posteriore  (pignone),  collegati  da  una 
catena.  Pochissime  biciclette  hanno  la  trasmissione 
senza  catena,  mediante  ingranaggi  conici  collegati 
da  un  albero.  La  bicicletta  per  uomo  (difierenle 
da  quella  per  signora  nella  fx>rma  del  telaio  e  nel 
diametro  delle  ruote)  si  divide  in  tre  distinte  ca- 
tegorie, varie  di  peso  :  da  corsa  su  pista  ;  da  torsa 
su  strada;  da  viaggio.  Per  signora  non  si  fanno,  di 
regola,  che  macchine  leggere  da  viaggio. 

Parti  della  bicicletta.  -  Telaio,  pipe,  raccordi, 
forcella,  manubrio,  manopole. 

Telaio:  è  composto  di  quattro  tubi  principali,  di 
sezione  tonda,  di  diametro  vario,  uniti  fra  loro  a 
mezzo  di  congiunzioni  d'acciaio  fuso,  dette  pipe  o 
raccordi,  nelle  quali  vengono  saldati.  Essi  si  chia- 
mano, rispettivamente  alla  loro  posizione  :  ante- 
riore, 0  di  sterzo,  posteriore,  superiore  e  inferiore. 
I  tubi  secondari  si  chiamano  tiranti  e  forcella 
posteriore,  e  sono  accoppiati  a  due  a  due,  dovendo 
essi  contenere  la  ruota  posteriore.  Dai  raccordi 
della  pipa  reggisella  si  dipartono  i  due  tiranti,  e 
da  quelli  del  pedaliere  i  due  tubi  della  forcella 
posteriore,  che  portano  saldati  alla  loro  estremità 
—  ove  si  congiungono  ai  tiranti  —  due  forcellim, 
nei  quali  si  appoggia  il  perno  della  ruota  poste- 
riore coi  relativi  tendi-catena .  I  tiranti  e  la  for- 
cella posteriore  formano,  col  tubo  posteriore  del 
telaio,  un  triangolo.  I  due  tubi  della  forcella  po- 
steriore, presso  il  pedaliere,  sono  rinforzati  da  un 
ponticello,  e  i  due  tiranti  da  un  traversino.  In 
questi  due  punti  si  trovano,  nelle  macchine  da 
viaggio,  le  viti  per  attaccarvi  i  parafanghi.  Tutti  i 
tubi  del  telaio  sono  d'acciaio  vuoto,  trafilato  a 
freddo,  senza  saldature.  Ualtezza  del  telaio  viene 
misurata  dall'asse  del  pedaliere  all'estremità  supe- 
riore della  pipa  reggisella. 


286 


BICICLETTA 


Pipe,  pezzi  d'acciaio  fuso  (cosi  detti  per  la  loro 
forma)  torniti,  destinati  a  ricevere  le  estremità  dei 
tubi  del  telaio  coi  quali  vengono  saldati  a  forte. 
Le  pipe  propriamente  dette  sono  due,  e  cioè  quelle 
che  uniscono  il  tubo  dello  sterzo,  o  anteriore,  ri- 
spettivamente ai  due  tubi  superiore  e  inferiore.  - 
Raccordi,  gli  altri  pezzi  di  congiunzione,  cioè  quelli 
del  pedaliere,  del  manubrio,  de!   nodo  reggisella. 

La  forcella  anteriore,  all'estremità  inferiore  della 
4Ùàie  é  montato  il  perno  della  ruota  direttrice,  è 
pure  d'acciaio  vuoto  trafilato  a  freddo  ;  si  compone 
ai  due  tubi  di  sezione  ovale  o  a  D  (talvolta  cam 
bianti  in  tondo  verso  il  basso),  detti  foderi,  alla 
cui  estremità  superiore  è  saldata  la  testa  della  for- 


cella nella  quale  è  a  sua  volta  saldato  il  canotto  di 
sterzo,  tubo  nel  quale  si  fissa,  mediante  un  attacco 
a  vite  e  dado,  oppure  con  un  espanditore,  l'asta  del 
manubrio. 

Manubrio,  tubo  d'acciaio  nichelato,  del  diametro 
di  2^4  mm.,  munito  di  due  manopole  alle  estre- 
mità, che  serve  a  dirigere  la  ruota  anteriore  ;  il 
manubrio  si  innesta,  mediante  un'asta  del  diametro 
di  22  mm.,  nel  canotto  di  sterzo  saldato  alla  testa 
della  forcella  anteriore.  Sul  manubrio  vengono  fis- 
sate le  leve  dei  freni  e  il  campanello  o  altro  se- 
gnale d'allarme.  Nelle  macchine  da  corsa  è  curvato 
ili  basso;  nelle  macchine  da  viaggio,  piano  o  cur- 
vato   in   allo.  -  Mano})ole,    guarnizioni    in    cuoio. 


Tav.  XIV. 


BICICLETTA 


=^*'''^^*^ 


1.  catena;  2,  chiave  inglese;  '■'<,  chiave  levapneumatici  ;  1,  attacco  per  sella;  5,  mozzo  e  freno  contropedale  e 
ruota  libera  ;  6,  fanale  ;  7,  borsetta;  8,  chiave  fissa  ;  9,  manopola  di  <elluloide  per  manubrio  ;  10,  sella;  11,  pompa; 
12,  ferma  piedi;  J3,  valvola;  14,  paracatena  ;  15,  ferma-sterzo;  ìbMs,  sfere;  16,  chiavelle  per  pedivelle;  17.  ca- 
notto di  sterzo;  IS,  staffa  del  freno;  19,  calotta  d'acciaio;  20,  leva  del  freno;  21,  telaio  completo; 
22,  cono  per  mozzo;  23.  ranelle  per  mozzo;  24,  tiracatene;  25  raggio;  26,  lu)>rificatore;  27, pignone  per  mozzo; 
2s,  ruota  libera;  29,  forcellino  posteriore;  30,  testa  di  forcella:  'àofjis,  manul>rio;  31,  forcella  anteriote,  32,  in- 
granaggio per  pedaliere;  33,  poggiasella;  34,  pedale  a  sfere;  35,  nodo  poggiasella;  36  e  37,  congiuzioni  da 
sterzo;  38  e  39,  coperture;  40,  cop  rtura  tubolare  speciale  per  pista. 


gomma,  sughero  o  celluloide,  applicate  alle  due 
estremità  della  barra  del  manubrio,,  per  proteggere  la 
mano  dal  contatto  del  metallo,  ed  evitare  che  scivoli. 

Sfere,  coni,  calotte,  pedaliere,  pedivelle,  pedali, 

fermapiedi,  ingranaggio,  sviluppo,  passo,  catena. 

Sfere,  piccole  palline  d'acciaio  temperato,  cali- 
brate e  perfettamente  sferiche,  poste  fra  le  calotte 
ed  i  coni  del  perno  nei  mozzi  delle  due  ruote,  nel 
movimento  centrale  e  nei  pedali,  come  pure  nelle 
calotte  dello  sterzo  e  nei  congegni  della  ruota  libera 
e  del  cambio  di  moltiplica  ;  sono  destinate  ad   evi- 


tare l'attrito  diretto  fra  perno  e  cuscinetto  ed  a 
rendere  i  movimenti  molto  scorrevoli.  I  movimenti 
più  perfezionati  hanno  un  anello  ferma-sfere,  il 
quale  evita  ogni  confricazione  fra  di  esse.  -  Coni, 
pezzi  d'acciaio  torniti  a  forma  di  cono  tronco,  i 
quali  si  avvitano  sui  perni  e  servono  a  registrare 
i  movimenti,  ossia  a  serrare  al  punto  giusto  le  sfere 
entro  alle  calotte.  Le  sfere  girano  quindi  fra  cono 
e  calotta.  Talvolta  il  cono  è  invece  fisso  ed  è  mo- 
bile la  calotta.  -  Calòtte,  cuscinetti  del  movimento 
centrale,  dei  mozzi,  dei  pedali  e  dello  sterzo,  entro 
i  quali  si  trovano  le  sfere. 

Pedaliere,  o  movimento  centrale,  scatola  d'acciaio 
fuso  nella  quale  gira  su  cuscinetti  a  sfere  il  perno 


BICICLKTTA 


287 


che  porta  fissate  —  mediante  chiavelle  o  spine  a 
controdado  —  le  due  pedivelle  e  V ingranaggio.  La 
scatola  è  munita  di  ([uattro  raccordi  cilindrici,  nei 
quali  vengono  rispettivamente  saldati  i  tubi  infe- 
riore e  posteriore  del  telaio  e  i  due  tubi  della  for- 
cella posteriore.  -  Pedivelle,  leve  d'acciaio,  di  se- 
zione generalmente  quadrala  o  rettangolare,  fissate 
ciascuna,  con  una  chiavetta  a  controdado,  sul  perno 
del  pedaliere,  una  a  destra,  portante  l'ingranaggio, 
e  una  a  sinistra.  A  ciascuna  pedivella  é  attaccato 
a  vite  il  rispettivo  pedale.-  Pedali:  sono  due,  come 
le  pedivelle,  e  si  compongono  ciascuno  di  un  pic- 
colo telaio  rettangolare,  composto  di  quattro  la- 
strine d'acciaio,  chiamale  leste  e  spalle.  Le  teste  si 
trovano  a  ciascuna  estremità  del  perno  e  portano  le 
calotte  per  le  sfere;  le  spalle  collegano  le  due  teste 
e  sono  o  dentate,  come  nelle  macchine  da  corsa  (pe- 
dali a  sega),  oppure  guarnite  di  gomma  (pedali  a 
gomme).  -  Fermapiedi,  piccola  gabl)ia  di  filo  d'ac- 
ciaio 0  di  lastra  d'acciaio,  avvitate  ad  una  spalla 
del  pedale  per  impedire  lo  slittamento   del   piede. 

Ingranaggio  centrale,  leggiera  ruota  dentata  d'ac- 
ciaio stampato,  di  disegno  variabile,  generalmente 
fissata  mediante  viti  sulla  pedivella  destra,  la  quale 
serve  a  trasmettere  il  movimento  alla  ruota  motrice 
mediante  una  catena  che  ne  aziona  il  pignone  fissato 
al  mozzo.  Il  nuinero  dei  denti  deìVingranaggio  del 
pedaliere,  il  loro  passo  e  la  loro  larghezza  variano 
assai  secondo  il  tipo  di  macchina.  L'ingranaggio 
del  pedaliere  deve  avere  la  stessa  linea  di  catena 
del  mozzo  posteriore.  La  differenza  di  diametro  fra 
l'ingranaggio  del  pedaliere  e  quello  del  mozzo  chia- 
masi rapporto,  o  moltiplica,  e  corrisponde  al  diametro 
ideale  delia  ruota  posteriore,  la  quale  fa  tanto  mag- 
gior percorso  quanto  più  grande  è  la  ruota  d'in- 
granaggio del  pedaliere  in  confronto  di  quella  al 
mozzo,  -  Sviluppo,  percorso  effettivo  della  ruota 
posteriore  ad  ogni  giro  completo  di  pedale,  ossia 
dell'ingranaggio  del  pedaliere.  Il  passo  dei  due  in- 
granaggi e  la  larghezza  dei  loro  denti  devono  essere 
uguali '^fra  loro  e  corrispondere  a  quelli  della  ca- 
tena. -  Passo,  la  distanza  fra  un  dente  e  l'altro  degli 
ingranaggi  e  fra  maglia  e  maglia  della  catena.  Vi 
sono  tre  passi  diversi:  Humber,  Osmond,Ahingdon. 
-  Larghezza,  la  larghezza  del  dente  dell'ingranaggio, 
e  corrisponde  a  quella  del  rullo  della  catena. 

Catena,  r.ollegamento  fra  i  due  ingranaggi:  la  ca- 
tena a  blocchi  è  scomparsa  del  tutto,  dando  luogo 
a  quella  a  rulli,  molto  più  scorrevole.  Le  catene 
si  dividono  in  tre  tipi:  catene  dì  passo  Humber,  di 
54  0  56  maglie;  o  doppi  rulli  (o  rulli  gemelli), 
create  per  adattarsi  ai  vecchi  ingranaggi  per  catene 
a  blocchi.  Per  larghezza  della  catena  s'intende  quella 
del  rullo,  cioè  la  misura   interna. 

Le  maglie  sono  composte  dei  fianchi,  fram- 
mezzo ai  quali,  per  mezzo  di  piccoli  perni  ribaditi, 
sono  innestati  i  rulli  scorrevoli.  La  catena  è  sempre 
applicata  a  destra  e  talvolta  è  protetta  contro  la 
polvere  e  il  fango  da  un  paracotena  di  celluloide 
e  di  metallo.  -  Tira-catena  (tendi-catena  o  tiranti 
della  catena),  viti  ad  occhiello  che  si  montano  — 
una  a  destra  e  una  a  sinistra  —  sulle  estremità 
del  perno  della  ruota  posteriore:  a  ciascuna  di 
queste  viti  è  attaccata  una.  piastrina,  che  viene  fis- 
sata all'estremità  dei  forcellini,  nonché  un  dado, 
stringendo  il  quale  il  perno  della  ruota  posteriore 
viene  spostato  all'indietro,  allontanandosi  così  dal 
pedaliere,  per  cui  la  catena  si  tesa  al  punto  voluto. 
I  tiracatena  servono  inoltre  a  centrare  la  ruota  po- 
steriore nella  forcella. 


Ruote,  mozzi,  raggi,  ct:ncui,  gomme,  ruota  libi::r.\, 

CAMBIO    DI    MOLTIPLICA 

Ruote,  sottili  cerchi  d'acciaio  o  di  legno,  guar- 
niti di  gomme  pneumatiche,  che  li  proteggono  dalle 
asperila  del  suolo,  e  collegate  al  mozzo  mediante 
sottili  raggi  d'acciaio  incrociati.  Le  due  ruote  della 
bicicletta  hanno  sempre  uguale  diametro.  -Mozzi,  sca- 
tole cilindriche  d'acciaio,©  anche  di  bronzo, tornite, 
entro  le  quali  si  trovano  le  calotte  temprate,  o  cu- 
scinetti; i  mozzi  girano  sul  perno  meiliante  sfere, 
registrate  da  uno  speciale  anello  ferma-sfere,  le 
quali  ne  aumentano  considerevolmenle  la  scorre- 
volezza; i  mozzi  hanno  due  piccole //«(ir/tV,  forate 
per  pass  irvi  le  teste  dei  raggi,  che  vengono  poi 
avvitati  ai  cerchioni  mediante  piccole  madreviti, 
delle  nipplcs.  I  mozzi  sono  costruiti  in  modo  da 
trattenere  Volio  lubrificante,  che  vi  viene  iniettato 
da  un  piccolo  foro  protetto  da  un  oliatore,  e  da 
impedire  l'entrata  della  polvere.  Sul  mozzo  poste- 
riore, molto  più  robusto  e  grosso  dell'anteriore, 
sono  avvitati  a  destra  l'ingranaggio  per  la  catena 
e  il  congegno  dello  scatto  libero.  Alcuni  mozzi  por- 
tano anche  racchiuso  il  cambio  di  moltiplica,  o  il 
freno  a  contro-pedale,  e  anche  entrambi  i  congegni 
assieme;  il  mozzo  anteriore  ha  32  buchi  per  i  raggi 
e  quello  posteriore  3^>  e  anche  40.  -  Raggi,  pic- 
coli tiranti  d'acciaio  muniti  di  una  testa,  mediante 
la  quale  vengono  fissati  negli  appositi  buchi  prati- 
cati nelle  flangie  dei  mozzi,  e  di  un  passo  di  vite 
la  quale  serve  ad  assicurarli  alle  apposite  testine,  o 
nipples,  applicate  nei  corrispondenti  lori  del  cer- 
chione delle  ruote.  -  Cerchi,  sottili  lamine  d'acciaio 
stampato,  ripiegate  a  circolo:  nel  cerchio  si  distingue 
la  cavità,  forata  per  fissarvi  i  raggi  e  destinata  a 
ricevere  la  camera  d'aria,  e  gli  orli,  che  servono  a 
trattenere  i  bordi  delle  coperture. 

Gomme:  la  gomma  che  si  applica  sul  cerchio 
delle  biciclette  è  quella  pneumatica,  consistente  in 
una  camera  d'aria,  protetta  da  una  copertura,  i 
bordi  della  quale,  dopo  essere  stati  collocati  nella 
corrispondente  cavità  che  si  trova  lungo  l'orlo  del 
cerchio,  vi  vengono  mantenuti  fermi  dalla  sola 
pressione  della  camera  d'aria  situata  nella  concavità 
del  cerchione,  e  che  viene  gonfiata  mediante  una 
pompa  dopo  la  montatura.  La  camera  d'aria  consiste 
in  un  tubo  di  gomma  munito  di  valvola:  la  val- 
vola può  essere  a  tubetto,  come  la  Dunlop,  ad  ago, 
come  la  Lucas,  od  a  pallina.  La  prima  consiste  di 
un  ago  forato  immesso  nella  sede  della  valvola, 
sul  quale  é  applicato  un  tubettino  di  gomma,  che  si 
dilata  sotto  la  pressione  della  pompa  per  lasciar 
entrare  l'aria  e,  restringendosi  immediatamente,  non 
ne  permette  la  sfuggita.  La  valvola  ad  ago  e  quella 
a  pallina  funzionano  in  modo  simile,  soltanto,  in 
luogo  del  tubetto  di  gomma,  sono  munite:  la  prima 
di  un  ago  a  piastrina,  e  la  seconda  di  una  piccola 
sfera  metallica,  che,  dopo  aver  dato  adito  all'aria 
spinta  nella  camera  dalla  pompa,  ne  impediscono 
l'uscita.  La  copertura  è  una  fascia  di  gomma  cir- 
colare più  robusta  nella  sezione  mediana  (liscia  per 
le  macchine  da  corsa  e  impressa  a  righe  per  quelle 
da  viaggio),  protetta  internamente  da  un  telone  vul- 
canizzato e  munita  di  due  bordi  destinati  a  tratte- 
nerla nella  cavità  corrispondente  dell'orlo  del  cer- 
chio. Le  coperture  per  le  macchine  da  corsa  sono 
liscie  e  quelle  per  macchine  da  viaggio  sono  im- 
presse a  righe,  per  renderle  antistrucciolevoli. 

Ruota  libera,  o  scatto  libero,  piccolo  congegno  ap- 


BICIPITE 


plicato  internamente  nel  pignone  della  ruota  poste- 
riore per  renderlo  indipendente  dal  mozzo,  e  per- 
mettere al  ciclista  di  fare  le  discese  senza  pedalare, 
pur  non  abbandonando  i  pedali.  Il  sistema  di  ruota 
libera  più  diffuso  è  quello  cosidetto  a  cricco,  e  con- 
siste in  una  corona,  a  denti  di  sega,  fissata  nell'in- 
terno del  pignone,  nella  quale  fanno  presa,  quando 
si  pedala,  due  nottolini;  fermando  i  pedali,  i  due 
nottolini,  fissati  al  mozzo,  scorrono  sui  denti  inclinati 
della  corona,  lasciando  indipendente  l'ingranaggio. 

Cambio  di  moltiplica,  ingegnoso  congegno  rac- 
chiuso nel  mozzo  posteriore  e  manovrato  dal  ci- 
clista mediante  una  piccola  leva  disposta  sul  tubo 
superiore  del  telaio,  dalla  quale  si  diparte  un  filo 
di  trazione,  che  comanda  gli  ingranaggi.  Il  congegno 
permette  di  ridurre  di  circa  i\Z  la  moltiplica,  ri- 
sparmiando quindi  molta  fatica  al  ciclista  nelle  sa- 
lite 0  sulle  strade  accidentate. 

Freno,  sella,  reggi-sella,  parafanghi 
ferma-sterzo,  oleatori. 

Freno,  il  meccanismo  per  fermare  la  bicicletta  o 
rallentarne  la  corsa:  si  hanno  freni  al  cerchio,  che 
agiscono  sul  cerchione  delle  ruote;  freni  a  nastro, 
che  agiscono  sopra  un  tamburo  fissato  al  mozzo 
delle  ruote,  e  freni  a  contropedale,  che  agiscono  pe- 
dalando indietro.  -  Frema/ cerc/ifo;  per  le  biciclette 
a  ruota  libera  sono  generalmente  due,  anteriore  e 
posteriore  ;  il  primo  si  compone  di  una  leva  appli- 
cata al  manubrio,  a  destra,  e  collegata  ad  un  ti- 
rante dritto,  che  mette  in  azione  una  staffa  munita 
di  due  blocchetti  di  ebanite,  detti  pattini,  i  quali 
esercitano  una  forte  frizione  sui  bordi  del  cerchione 
della  ruota  anteriore,  arrestandone  il  movimento. 
Il  freno  posteriore  agisce  in  modo  uguale,  e  il  mo- 
vimento viene  trasmesso  alla  staffa  mediante  due 
tiranti  articolati,  dipendenti  dalla  leva  sinistra. 
Svariatissimi  i  tipi  di  freni  al  cerchio  a  trasmis- 
sione rigida,  e  i  più  perfezionati  e  moderni  sono 
quelli  con  leva  a  rotazione.  Per  la  ruota  posteriore 
vi  è  pure  il  freno  detto  a  trasmissione  flessibile, 
consistente  in  una  piccola  leva  applicata  alla  ma- 
nopola del  manubrio  (diritta  o  rovesciata),  la  quale, 
mediante  un  sottile  cavo  racchiuso  in  un  tubetto 
di  filo  di  ferro  arrotolato  a  spirale,  quindi  flessibile, 
mette  in  azione  una  staffa  foggiata  a  ferro  di 
cavallo  e  munita  di  pattini,  che  agiscono  sul  cer- 
chio. -  Freni  a  nastro  :  sono  di  diversi  modelli,  e 
consistono,  in  genere,  di  una  leva  collegata  ad  un 
tirante,  la  quale  mette  in  tensione  un  nastro  d'ac- 
ciaio flessibile  che  esercita  una  frizione  su  di  un 
tamburo,  il  quale  può  essere  applicato  al  pedaliere, 
al  mozzo  anteriore  o  al  posteriore.  In  alcuni  tipi, 
al  nastro  è  sostituito  un  cavo  tondo  che  agisce 
sopra  una  puleggia  cava.  -  Freni  a  contropedale  : 
sono  molteplici  ed  agiscono  sul  mozzo  posteriore, 
talvolta  sul  cerchione  della  ruota;  raramente  sul- 
l'asse del  movimento  centrale.  Dei  tre  tipi,  il  primo, 
più  usato,  consiste  generalmente  in  un  cono,  nel- 
l'interno della  scatola  del  mozzo,  che  viene  spo- 
stato (la  una  vite  senza  fine  dalla  pressione  inversa 
sui  pedali,  sicché,  esercitando  una  forte  frizione  sul 
mozzo,  arresta  la  ruota.  Altri  modelli  hanno  invece 
del  cono,  una  piastra  di  frizione  applicata  alla  flangia 
sinistra  del  mozzo.  -  Istantaneo  e  continuo  a  vo- 
lontà éil  freno  Cartoni  Duplex. 

Sella  0  sellino:  è  formata  da  un  pezzo  di  cuoio 
robusto,  di  forma  presso  a  poco  triangolare,  mon- 


tato su  un  telaio  di  ferro,  sospeso  su  molle  e  for- 
nito di  un  attacco  a  vite  che  si  fissa  al  tubo  reg- 
gisella. -  Reggisella,  pezzo  di  tubo  d'acciaio  nichelato 
che  si  fissa  all'altezza  voluta  mediante  una  vite  a 
dado,  0  un  espanditore,  nel  tubo  posteriore  del  te- 
laio e  sul  quale  si  avvita  il  sellino. 

Parafanghi,  lastre  di  sottile  lamiera  curvata  che 
si  adattano  al  telaio  mediante  viti,  uno  alla  ruota 
anteriore  e  uno  a  quella  posteriore,  per  riparare  il 
ciclista  e  la  macchina  dal  fango. 

Ferma-sterzo,  piccolo  bottone  regolatore,  a  vite  o 
a  scatto,  che  stringe  il  canotto  di  sterzo  in  modo 
che  non  abbia  a  girare.  È  utile  quando  si  deve  ap- 
poggiare la  bicicletta  ad  un  muro,  o  trasportarla 
in  ferrovia. 

Oleatori,  piccoli  apparecchi,  di  modelli  diversi,  che 
proteggono  i  tori  praticati  nei  mozzi  delle  ruote, 
nella  scatola  del  movimento  centrale,  e  talvolta 
nello  sterzo  e  nei  pedali,  dai  quali  si  introduce 
l'olio  pei  movimenti  a  sfere. 

Bicipite.  Con  doppia  testa. 

Bicòcca.  Piccolo  castello.  -  Vecc'iia  e  disa- 
giata casa.  -  Piccola  e  mal  guernita  fortezza. 

Bicolore.  Detto  a  colore. 

Bicòrno.  Detto  a  corno  e  a  utero» 

Bicornia.  Specie  di  incadine. 

Bicorno.  A  doppia  punta. 

Bicromato.  Detto  a  croì/io. 

Bicuspide.  A  doppia  punta. 

Bidello.  Inserviente  di  scuola,  di  orchestra, 
di  banda  musicale,  ecc.;  chi  porta  le  ambasciate 
al  Parlamento. 

Bidente.  Arnese  di  agricoltura,  con  due 
denti,  0  rebbi,  di  ferro.  -  Veggasi  a  pecora. 

Biecamente.  In  modo  bieco. 

Bièco.  Travolto,  storto.  -  Di  atto  malvagio, 
cattivo.  ■  Di  occhio  torvo,  irato. 

Biennale.  Detto  ad  anno. 

Bienne.  Veggasi  ad  età. 

Biènnio  (biennale).  Detto  ad  anno. 

Biètola.  Pianta  erbacea  coltivata  per  uso  di 
cucina  e  avente  bulbo  di  color  rosso  :  è  special- 
mente contrassegnata  dallo  sviluppo  straordinario 
della  costola  di  mezzo  delle  sue  foglie,  e  che 
non  fa  lo  zucco;  coltivata  negli  orti;  fornisce  in 
primavera  certe  erbucce  che,  sotto  il  nome  di 
bietola  da  erbucce,  o  bietola  da  zuppe,  si  adoperano 
in  cucina;  e  più  tardi  le  cosidette  costole,  che  si 
mangiano  acconciate  con  burro  e  cacio,  alla  maniera 
dei  cardi.  La  bietola  rossa,  o  rapa  rossa,  si  usa  anche 
come  sostanza  colorante  del  vino:  si  mangia  anche 
in  conserva  con  aceto. 

Barbabietola,  sorta  di  bietola  dalla  radice  grossa, 
di  sapore  zuccherino,  che  si  mangia  in  vario  modo 
e  si  adopera  per  estrarne  zucchero;  popolami., 
barba.  Alcune  varietà  servono  di  foraggio;  altre 
usate  in  medicina  per  la  loro  azione  emolliente. 
-  Barbabietola  bianca,  o  bianco-rossa,  o  moscadella, 
varietà  a  forma  di  pera,  poco  ingrossata,  intera- 
mente bianca.  -  Barbabietola  di  /Slesia,  la  più  ri- 
cercata dai  fabbricatori  di  zucchero.  -  Barbabietola 
gialla:  ha  la  radice  di  forma  variabile,  spesso  ap- 
puntata ai  due  capi  e  in  gran  parte  scoperta,  la 
buccia  di  un  bel  giallo  dorato,  la  carne  bianca,  leg- 
germente unta  di  paglierino  negli  strati  più  esterni, 
tenera,  di  buon  sapore.  -  Barbabietola  rapa:  ha  la 
radice  tutta  sprofondata  nel  terreno,  talvolta  con- 
cava nella  parte  superiore,  più  raramente  arroton- 
data, di  coior  rosso  porporino,  a  carne  bianca,  in- 
tersecata da  zone  di  un  rosso  più  chiaro  :  é  quella 


BIETOLAGGINE 


28y 


della  barba,  quasi  per  aiitoiioinasia.  -  Barbabietola 
rossa:  si  distingue  per  la  radice  rotoade^'giante  o 
bislunga  cilindrica,  sovente  per  metà  fuori  del  suolo, 
per  la  buccia  di  un  rosso  più  o  meno  carico  e  per 
la  polpa  bianchiccia,  a  zone  di  un  bel  color  di 
rosa,  -  Cicla,  varietà  di  bietola.  -  Radice  d'abbon- 
danza, o  radice  di  carestia,  barbabietola  da  zuc- 
chero. 

Barbalo,  il  venditore  di  barbabietole  cotte. 

Bletolàg'grlne,   bietolone.  Detto  a  sciocco 

Biétta.  Detto  a  cuneo  e  a  violino.  -  Pezzetto 
di  legno  per  assicurare  l'invasatura  di  una  nave 

Biettone.  Detto  a  mento. 

Biffa.  Istrumento  di  agrimensura:  paletto, 
pallina.  -  Specie  di  pertica. 

Bifido.  Di  cosa  divisa,  o  fessa,  in  due:  veggasi 
a  dividere.  -  In  anatomia,  di  quegli  organi  che 
presentano  una  divisione  longitudinale,  congenita 
o  acquisita. 

Bifólco.  li  contadino,  l'agricoltore,  che  la- 
vora il  terreno  col  bue. 

Biforcare,  biforcarsi  {biforcato,  biforcatura). 
Veggasi  a  dividere. 

Biforcazióne  (biforcatura).  Detto  a  dirama- 
zione e  a  dividere. 

Biforcuto.  Detto  a  dividere. 

Bifcmie.  Detto  a  forma.  -  Soprannome  di 
Bacco. 

Bifosfato.  Veggasi  a  fosforico  acido. 

Bifronte.  Con  doppia  fronte.  -  Soprannome  di 
Giano. 

Bigamia,  bigamo.  Detto  a  m,atrimonio. 

Bigattiera.  Detto  a  baco  da  seta. 

Bigatto.  Il  baco  da  seta. 

Bigello.  Rozza  e  grossa  sto/fa  di  lana. 

BigemliiO.  Veggasi  a  doppio. 

Bigerógnolo.  Detto  a  grigio. 

Bighellonare  {bighellonato).  Girandolare,  gi- 
rellare. 

Bighellone.  Detto  a  girellare. 

Bigherino.  Specie  di  nastro. 

Bighero.  Detto  a  guarnizione, 

Bigiccio.  Detto  a  grigio. 

Bigio.  Di  colore  grigio. 

Bigllardiere.  Detto  a  biliardo. 

Bigllardo.  Veggasi  a  biliardo. 

Bigllettaro,  bigliettinaio.  Chi  vende  bi- 
glietti ad  una  stazione  ferroviaria ,  all'  ingresso 
di  un  teatro,  ecc. 

Biglietto.  Piccola  carta,  scritta  o  stampata; 
breve  lettera  :  viglietto,  cartina,  cartolina  ;  bigliet- 
tino,  vigliettino.  -  Cartoncino  per  entrare  in  un 
teatro,  per  accedere  ad  altro  luogo  di  spettacolo.  - 
Contrassegno  di  pagamento  per  chi  viaggia  in  fer- 
rovia, in  tranivia,  ecc.  -  Biglietto  da  visita,  car- 
tellino nel  quale  è  impresso  il  nome  di  chi  se  ne 
serve  per  lasciarlo  alle  case  delle  persone  assenti  o 
per  mandarlo  come  lettera,  annuncio,  breve  co- 
municazione, ecc.  :  carta  da  visita.  -  Biglietto  di 
banca,  valuta  cartacea,  moneta  di  carta.  -  Biglietto 
di  Stato,  il  biglietto  emesso  dal  governo.  -  Ticket, 
voce  inglese  per  biglietto,  tessera. 

Bigóncia.  Detto  a  mastello. 

Bigoncio,  blgonciuolo.  Veggasi  a  m,astello. 

Bigotteria,  bigottismo.  Detto  a  bigotto. 

Bigòtto  (bigotta).  Chi  fa  consistere  la  religione 
nelle  pratiche  del  culto;  chi  esagera  in  essa,  per 
fede  superstiziosa  e  cieca:  bealjno,  beatina;  be- 
ghina, beghino;  bigozzo,  bizzoco,  bizzoca,  bi2zoco; 
Bacchéttoncello,  bacchettone  ;  baciapile,  baciapolvere. 


baciasanti  ;  biascianovene  biascicapaternoslri,  biascia- 
mòccoli,  biasciapaternostri  eavemarie,  biascicarosarì  ; 
beata,  beatossa,  beatina  ;  beatino,  beatone  ;  capi- 
torzolo,  collotorto,  collo  torto,  torcicollo  o  stropic- 
cione;  frataio  frataiolo;  gabbadeo,  gabbasanti,  graf- 
liasanti;  guardafeste;  lustrapredelle;  mangiamoccoli; 
mangiaparadisi;  paolotto,  pappalardo;  picchiapetto  , 
pietista,  pinzocliero,  pinzochera;  pretaio,  pretaìòlo; 
santcrello,  santerellina;  santiflcetur,  santocchio,  san- 
tusse,  santessa  ;  schiodacristi;  spigolistra,  spi.i^'olistro; 
sputainferni  ;  stropiccione  ;  tutto  Gesù  e  Madonne, 
tutto  crocefissi  e  Madonne,  tutto  santi  e  Madonne, 
tutto  Gesù  e  Maria.  -  Pivello,  bigotto  giovane. 

Bigotteria,  divozione  malintesa  ed  eccessiva;  qua- 
lità (ii  chi  è  bigotto:  bacchettoneria,  bacchettonismo, 
bigottismo,  bizzoccheria,  chietineria,  santocchieria.  - 
Santimonia,  atti  di  santerello.  -  Untuosità,  da  un~ 
zinne,  termine  ascetico:  «  disposizione  a  sapersi  in- 
sinuare negli  animi  e  persuaderli  al  bene  di  chi 
predica  la  sacra  parola  », 

Esseì'e,  fare  il  bigotto,  andare,  camminare  a  collo 
torto,  in  aria  compunta,  da  bigotti  ;  andare  grat- 
tando i  piedi  alle  pitture  ;  andare  a  tutte  le  bene- 
dicole;  avere  il  collo  torto  e  gli  occhi  bassi;  bia- 
scicare avemarie,  paternostri,  ecc.  ;  dare  il  lustro 
ai  marmi  coi  ginocchi  ;  fare  il  collo  torto,  fare  il 
santo,  far  lo  spirituale;  far  da  ilarione  e  torcicollo; 
fare  il  pincone  e  il  don  Pilogio  ;  labbreggiar  salmi  e 
schiacciare  avemarie;  parere  il  santusse;  parere  una 
monachina  infilzata;  scoronciare,  spaternoslrare, 
snocciolar  corone  ;  spirar  tutto  sagristia  ;  stare  su 
tutte  le  benedicole;  tener  gli  occhi  in  molle  e  il 
collo  a  vita  e  la  nocca  col  petto  sempre  in  lite. 

Imbacchettonire,  imbizzochire,  divenir  bigotto.  - 
Ci  vuol  altro  che  star  a  spremere  i  limoni  quando 
non  c'è  punto  carità  per  il  prossimo!,  di  bigotti  che 
stanno  con  ostentazione  a  mani  giunte. 

Bigutta.  Detto  a  minestra. 

Bilancella.  Sorta  di  barca. 

Bilancia.  Istrumento  per  pesare,  per  verifi- 
care un  peso  ;  istrumento  a  leva,  che  misura  una 
forza  mediante  il  rapporto  con  altra,  di  intensità 
nota:  libra,  libbra;  lance  (poet.).  -  Bilancia  gelosa, 
quella  che,  per  costruzione  è  sensibile  al  menomo 
peso.  -  Giusta,  falsa,  bugiarda,  esatta,  infallibile,  si 
dice  la  bilancia  in  genere  o  secondo  il  suo  fun- 
zionamento; pigra,  la  bilancia  non  facilmente  sen- 
sibile, che  stenta  nel  movimento;  pari,  quando  non 
pende  né  di  qua,  né  di  là,  pesando.  -  Biìancetta,6 
più  comunemente  bilancette,  diminuitivo  di  bilancia 
e  bilance.  D'ordinario,  chiamansi  così  quelle  bilan- 
cette che  tengonsi  in  una  cassettina  di  legno,  insieme 
coi  minuti  pesi,  onde  pesare  le  monete  d'oro,  e  an- 
che le  gemme.  -  Carico  della  bilancia,  la  somma 
dei  pesi  di  cui  sono  gravati  i  due  piattelli,  tra  roba 
e  contrappeso.  -  Contrappeso,  più  comunemente 
pesi,  pezzi  metallici,  legalmente  marchiati,  i  quali 
in  uno  dei  piattelli  della  bilancia  si  contrappongono 
alla  roba  da  pesare,  posta  nell'altro  piattello.  -  Por- 
tata, il  maggior  peso  che  una  bilancia  può  misurare. 

Bilancia  a  bilico,  applicazione  della  bilancia  ro- 
mana, o  stadera:  i  corjìi  da  pesare,  generalmente 
di  grandi  dimensioni,  si  pongono  sopra,  un  piano 
che,  per  mezzo  di  opportuno  meccanismo,  non  si 
abbassa.  -  Bilancia  ad  indice  :  strumento  che  serve 
per  piccolissimi  carichi  e  per  pesare  le  lettere.  - 
Bilancia  a  molla,  strumertto,  poco  preciso,  fondato 
sul  principio  che  l'allungamento  di  una  molla  ad 
elica  è  proporzionale  al  peso  che  la  stira.  -  Bilancia 
a  ponte:  inventata  da  Quinteox.  -  Bilancia  ealcola- 


Prbmou  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


19 


290 


tnce,  strumento  col  quale  si  risolve  meccanicamente 
un'equazione.  -  Bilancia  da  bastimento,  la  più  co- 
mune delle  varie  denominazioni  che  si  danno  a  una 
Ijilancia  i  cui  piattelli,  invece  di  essere  appesi  alle 
f-atenelle,  e  per  ciò  dondolanti,  sono  anzi  posati  e 
sostenuti  al  disopra  di  ciascuna  estremità  del  giogo.  - 
Hilancia  delVorafo,  o  bilancia  dell'oro,  piccola  bi- 
lancia con  la  quale  si  pesano  minuterie  d' oro  e 
(l'argento,  gemme,  perle  e  simili,  e  anche  monete 
d'oro. 

Bilancia  d' induzione  statica ,  istrumento  che 
serve  a  misurare  la  capacità  induttiva  specifica  dei 
dielettrici.  -  Bilancia  d'induzione  voltaica,  istrumento 
elettro-magn3tico  col  quale  si  può  verificare  se  due 


oggetti  analoghi  sono  identici  in  peso,  composizione, 
ecc.  -  Bilancia  di  precisione,  quella  con  la  quale  si 
riesce  ad  avvertire  nella  verifica  del  peso  anche 
la  differenza  di  un  decimo  di  milligrammo:  bilan- 
celta,  bilancina.  -  Bilancia  di  Roberval,  bilancia  or- 
dinaria che  presenta  le  parti  essenziali  disposte 
diversamente  che  nella  forma  tipica.  -  Bilancia  di 
torsione  di  Coulomb,  apparecchio  col  quale  si  veri- 
ficano le  leggi  delle  attrazioni  e  repulsioni  elettriche 
e  magnetiche. 

Bilancia  docimastica,  piccola  bilancetta  delica- 
tissima con  la  quale,  operando  su  tenui  dosi,  a 
per  ciò  con  piccolissimi  pesamenti,  si  riconoscono 
le  proporzioni  del  vari  componenti  di  una  sostanza 


Tav.  XV. 


BILANCIA 


1,  bilancia  a  sospensione;  2,  bascule  sospesa;  3,  bilancia  idrostatica;  4,  bilancia  aerotecnica;  5,  pesa-lettere  ; 
6,  stadera;  7,  bilancia  di  Coulomb;  8,  bascule  automatica,  per  pesarsi  seduti;  9,  bilancia  registratrice;  10,  bi- 
l.iiicia  a  catenelle;  11,  bilancia  con  verricello  e  vagonetto;  12,  pesa  da  bambini;  13,  bascule;  14,  stadera  con 
romano;  15,  bascule  automatica  a  quadrante. 


minerale,  specialmente  metallica  -  Bilancia  elettrica, 
aiiparecchio  col  quale  si  misura  1'  intensità  della 
corrente  elettrica.  -  Bilancia  idrostatica,  quella  che 
sirve  specialmente  a  determinare  le  più  piccole 
frazioni  di  peso  e  la  gravità  specifica  dei  corpi.  - 
Rilancia  ordinaria,  quella  che  misura  la  forza  di 
attrazione,  che  la  terra  esercita  sui  corpi:  serve 
quindi,  funzionando  generalmente  per  mezzo  di 
una  leva  di  primo  genere ,  a  determinare  il 
peso  dei  corpi.  -  Bilancia  romana,  la  stadera.  - 
Bilancia  stradale,  o  di  dogana,  bilancia  a  bilico,  di 
grandi  dimensioni. 

Basculla,  voce  popolare  e  comunissima,  dal  frane. 
bascule,  per  bilancia  a  bilico,  •  Libra,  libbra,  bilancia 


di  molti  modelli,  anche  in  forma  di  peso.  -  Saggio, 
sagginolo,  la  bilancia  delicatissima  con  la  quale  si 
pesano  le  monete,  le  gemme,  i  metalli  nobili.  -  Si- 
dometro,  bilancia  da  frumento. 

Stadera  o  bilancia  romana,  semplicissima,  formata 
da  un'asta  o  giogo,  sorretta  da  un  asse  che  è  molto 
vicino  ad  una  delle  sue  estremità,  alla  quale  viene 
attaccato,  mediante  un  uncino,  il  corpo  da  pesarsi. 
Lungo  il  braccio  più  lungo  scorre  il  contrappeso,  di 
valore  noto.  Si  hanno  stadere  a  contrappeso  varia- 
bile, a  fulcro  variabile,  a  libbre,  a  chilogrammi,  a 
mano,  ecc.  -  Stadera  in  bilancia,  quella  che  i  bot- 
tegai tengono  sul  banco,  infissa  in  alto.  -  Stadera 
romana,  bilancia  a  bracci  disuguali  con  cui  si  può 


BILANHA    - 

pesare  un  grosso  carico  mediante  un  piccolo  peso. 
•  Staderina,  piccola  stadera,  stadera  di  piccola  por- 
tata, specialmente  per  usi  domestici.  -  Staderona, 
grande  stadera.  -  Staderóne,  quella  grossa  stadera 
pubblica,  ad  uso  commerciale,  con  "la  quale,  per 
forza  d'argani,  di  burbera  o  di  verricello,  si  solle- 
vano gli  stessi  carri  col  loro  carico,  del  cui  peso 
fa  la  stima  legale  un  pubblico  pesatore.  -  Ago  della 
stadera,  la  parte  del  giogo  dove  si  infila  il  romano. 

-  Braccio  (della  stadera)  l'asta  lungo  la  quale  sono 
segnate  le  tacche  rappresentanti  le  varie  unità  di 
misure.  -  Fusto  d'una  stadera,  l'asta  col  romano.  - 
Romano,  il  contrappeso  pensile,  scorrevole  nel 
braccio  della  stadera:  sagoma.  -  Staggio,  bilancia 
tàtta  di  quattro  staggi  incrociati.  -  Stilo,  l'asta  della 
stadera.  -  Tacche,  i  tagli  segnati  con  la  lima  longo 
il  braccio  o  stilo  della  stadera,  corrispondenti  ad 
altrettanti  determinati  pesi  di  roba  coi  quali  si 
equilibra  il  romano.  -  L'indicare  (i«Ua  stadera .  dare, 
gettare,  segnare. 

Parti  della  bilancia. 

Ago  0  giudice  della  bilancia,  indice,  linguetta, 
specie  di  lancetta  annessa  perpendicolarmente  alla 
parte  mediana  e  superiore  del  giogo,  e  la  cui  di- 
rezione, se  verticale  fra  le  gambe  della  trutina,  in- 
dica l'equilibrio  della  bilanrcia  ;  se  inclinata  e  diver- 
gente, accenna  il  contrario.  -  Asse  di  sospensione, 
fulcro  prisma  triangolare  d'acciaio  che  mantiene  il 
giógo  sulla  colonna.  -  Bilico,  il  punto,  intorno  al 
quale  la  bilancia  oscilla.  -  Braccio,  ciascuna  delle  due 
parti  (brcu^cia,  bracci)  del  giogo  comprese  tra  il  col- 
tello di  mezzo  e  i  due  coltelli  estremi  di  sospensione. 
■  Braccio  di  leva,  ciascun  segmento  della  verga 
compreso  tra  il  fulcro  e  una  delle  forze.  -  Cam- 
panella, anello  a  cerchietto  metallico,  girevole  entro 
un  foro  che  è  nella  testa  della  trutina.  Mediante 
codesta  campanella,  la  bilancia  si  tiene  sollevata 
con  la  mano  da  chi  sta  pesando,  quando  essa  non 
sia  sospesa  all'appiccagnolo.  -  Catenelle^  le  tre  ca- 
tene di  Alo  metallico,  per  lo  più  d'ottone,  per  le 
quali  i  piatti  sono  sospesi  alle  estremità  del  giogo, 

-  Colonna,  l'asse  che,  posando  su  solida  base,  sostiene 
tutta  la  bilancia.  -  Couelli,  due  piccoli  prismi  triango- 
lari, d'acciaio,  che  attraversano  il  giogo  alle  due  estre- 
mità. -  Gambe,  le  due  spranghe  parallele  della  trutina. 

Giogo,  l'asta  metallica  posata  orizzontalmente  so- 
pra la  colonna  e  alle  cui  estremità  sono  adattati 
uncini  che  reggono  le  catenelle  a  cui  sono  attaccati 
i  piatti.  -  Lenti,  i  due  ingrossamenti  del  giogo  da 
ambe  le  parti,  intorno  al  perno,  si  per  fortezza  e 
si  perchè  il  giogo  e  l'ago  non  treghmo  contro  la 
trutina.  -  Leva,  verga  rigida  e  inestensibile  avente 
tre  punti  particolari:  la  potenza  in  un  estremo, 
la  resistenza  all'  estremo  opposto,  e  il  terzo,  inter- 
medio ai  due  primi,  detto  fulcro  o  punto  d'appoggio. 

Occhi,  i  due  fori  nella  parte  interiore  della  trutina, 
dentro  i  quali  é  il  perno  del  giogo.  -  Perno  o  pernio, 
corto  asse  di  acciaio,  fermato  traversalmente  alla 
metà  del  giogo,  e  le  cui  estremità  entrano  e  girano 
negli  occhi  della  trutina.  -  Perno  o  bilico  della  bi- 
lancia, corto  asse  d'acciaio  fermato  attraverso  alla 
metà  dell'asta,  nella  parte  inferiore  della  staffa.  - 
Tagliente  (del  perno),  la  parte  inferiore  di  esso,  an- 
golosa, assottigliata,  onde  diminuire  lo  slregamento.  - 
Piatti,  piattelli,  piattini,  gusei,  coppe,  lance,  i  due  vasi, 
in  uno  dei  quali  si  pone  la  cosa  da  pesarsi,  nel- 
l'altro il  contrappeso,  (Tr  valore  noto.  -  Staffa  della 
presunzione   o   previsione;   presunzione   contabile. 


BILANCIO 


S9I 


bilancia,  le  due  spran^hette  che  tengono  in  mezzo 
l'ago.  -  Trutina,  specie  di  stafla  formata  da  due 
spranghette  di  terrò,  parallele,  le  quali  prendono 
in  mezzo  l'ago  e  le  due  lenti  del  giogo;  negli  oc- 
chi della  trutina  é  sostenuto  il  perno  della  bilancia 
0  il  braccio  della' stadera.  -  Testa  della  trutina,  la 
parte  suoeriore  della  medesima  cui  è  annessa  la 
campanella.  -  Uncini,  due  gancetti  coi  quali  le  ca- 
teoelle  dei  piattelli  si  appendono  a  ciascuna  estre- 
mità del  giogo. 

Appiccagnolo,  appiccatoio^  gancio  o  bracciuolo,  o 
checchessia  d'altro,  a  cui  si  tenea  sospesa  la  bilancia, 
la  stadera,  o  altra  cosa.  -  Bilico,  il  punto  intorno 
al  quale  la  bilancia  oscilla.  -  Sferzino,  sorta  di  corda 
attaccata  alla  rete  delle  bilance. 

Maneggio  della  bilancia.  -  Altre  voci. 

Adeguare,  equilibrare,  contrappcsare,  bilicare.  - 
Bilanciare,  per  pesare  checcessia  con  la  bilancia,  e 
verbo  disusato.  -  Bilicare,  mettere,  tenere  in  equi- 
librio la  bilancia,  la  stadera.  -  Dare  il  tratto  alla 
bilancia,  farla  salire.  -  Dare  il  tratto  o  il  tracollo 
alia  bilancia,  fare  che  il  peso  vada  da  una  parte.  • 
Dar  l'archetto  alla  bilancia,  ìiTlìTh  perchè  trabocchi. 

-  Essere,  stare  in  bilancia,  dicesi  del  disporsi  in 
equilibrio  i  due  piattelli,  ugualmente  caricati.  -  Pe- 
sare (pesamento,  pesata),  riconoscere  la  gravità  di 
un  cor^o  per  mezzo  della  bilancia.  -  Tracollare,  ca- 
dere d  equilibrio,  il  perdere  che  fa  la  bilancia,  la 
stadera,  l' equilibrio  per  aggiunta  di  peso  da  una 
parte.  -  Tracollo,  tratto  della  bilancia,  il  perdere 
l'equilibrio  che  essa  fa,  per  aggiunta  di  roba  o  di 
contrappeso,  nell'uno  e  nell'altro  dei  due  piattelli.  - 

-  Verificare,  constatare  se  la-  bilancia  e  giusta. 
Bilanciatore,  bilanciatrice,  chi   o  che  bilancia.  - 

Staderaio,  fabbricante  di  stadère  é  d'altre  bilancie: 
bilanciaio  ;  nell'uso,  fabbricante  di  pesi  e  misure.  • 

Bilancia.  Traversa  della  carrozxa.  •  Sorta  di 
rete. 

Bilanciare  {bilanciato).  Pesare  con  bilancia, 

-  Mettere  in  equilibrio.  -  Mettere  in  bilancio.  - 
Ponderare,  considerare  bene. 

Bilanciere.  Parte  della  macchina,  -  Mecca- 
nismo per  fare  impronte  sulla  carta,  nel  legno  o 
in  qualche  metallo. 

Bilancino.  Il  cavallo  che  si  attacca  alla  bi- 
lancia della  carrozza.  -  Asticciuola  del  carro. 

Bilancio.  Il  prospetto  contabile  che  rappresenta 
lo  stato  attivo  e  passivo  di  \xn'am^'ministr azione f 
pubblica  0  privata:  conteggio,  conto,  rendimento 
generale  di  entrata  e  di  uscita  in  un  "tempo  deter- 
minato, che  si  fa-  per  conoscere  o  riconoscere  il 
totale  dei  debiti  e  elei  crediti  ;  il  pareggiarsi  di  tali 
partite,  nell'  uso  detto  appunto  pareggio.  Neil'  am- 
ministrazione dello  Stato  ha  il  proprio  bilancio  ogni 
ministero:  qn'mdi,  bilancio  della  guerra,  della  ma- 
rina,  dell' istì-uzioue,  ecc. 

Bilancio  di  assestamento,  quello  che  si  fa  dopo  il 
bilancio  di  competenza,  come  rettifica  e  complemento. 

-  Bilancio  consuntivo,  il  quadro  delle  entrate  e  delle 
spese  realizzate  durante  un  esercizio  ultimato:  bi- 
lancio effettivo.  Gli  tien  dietro  quello  di  assesta- 
mento, che  ne  legittima  la  diflerenze.  -  Bilancio  ge- 
nerale, il  rendiconto  generale  della  situazione  eco- 
nomica e  morale  di  un'  amministrazione  fatto  a 
mezzo,  di  contronti  e  con  la  esposizione  di  bilanci 
consuntivi  e  preventivi.  -  Bilancio  preventivo,  qua- 
dro dei  redditi  e  delle  spese,  "come  si  prevedono  al 
principio  di  un  esercizio  finanziario:  presuntivo,  di 


292 


BILANCIO   —   BILIARDO 


previsione    amministrativa,    calcolo  della    spesa. 
Preventivare,  lare  il  preventivo. 

Bilancio  supplettivo,  quello  delie  spese  non  com- 
putale nel  bilancio  ordinario.. 

Attivo,  attività,  in  un  bilancio,  quanto  rappresenta 
le  entrate,  i  redditi,  i  prodotti,  gli  utili,  ecc.  -  Avanzo, 
gli  utili  provenienti  da  un  bilancio.  -  Capitolo,  la  par- 
tita nei  bilanci  ufficiali.  -  Categoria,  divisione  del 
bil.mcio,  comprendente  un  certo  numero  di  partite.  - 
Disavanzo,  l'eccedenza  del  passivo  sull'attivo  in  un 
bilancio:  deficit,  spareggio.  -  Entrata,  la  parte  at- 
tiva del  bilancio.  -  Entrate  ordinarie,  quelle  origi- 
nate da  cause  permanenti  e  divise  in  fisse  e  varia- 
bili (queste  e  quelle  inscritte  nel  bilancio  in  capi- 
toli distinti).  -  Entrate  efiettive:  quelle  comprendenti 
i  redditi  patrimoniali,  i  contributi,  i  rimborsi  e  i 
concorsi,  le  entrate  diverse.  -  Movimento  di  capitali: 
partita  comprendente  la  vendita  di  beni,  1'  affran- 
camento di  canoni,  la  riscossione  e  l'accensione  di 
crediti,  J'estinzione  di  debiti,  ecc.  ;  in  complesso,  le 
entrate  e  le  spese  che  influiscono  sul  patrimonio, 
aumentandolo  o  diminuendolo. 

Pareggio,  il  pareggiarsi  nel  bilancio  consuntivo  le 
entrate  e  le  spese,rattivo  e  il  passivo  :  assestamento, 
assetto  del  bilancio;    equilibrio  del  bilancio,    delle 

fartite.  Esservi  pareggio:  batter  pari  (dei  conti,  dei- 
entrata  e  dell'  uscita).  -  Partita,  nota  di  debito  o 
di  credito.  Partita  dell'avere,  l'entrata;  pirtita  del 
dare,  Y  uscita.  -  Partita  di  giro,  compensazione  di 
debiti  e  di  crediti  liquidi  ed  uguali  fra  due  corri- 
spondenti ;  entrate  e  spese  figurative  che  si  com- 
pensano tra  loro.  -  Articolo,  numero  d'una  partita.  - 
Passivo,  passività,  quanto  rappresenta  le  spese,  le 
perdite  avute,  subite.  -  Residui  attivi  e  passivi,  par- 
tite, conti  riportati  da   un   bilancio  precedente. 

Spese  d'ordine,  quelle  che  hanno  corrispondenza 
con  qualche  attività  stanziata  nel  bilancio  d'entrata.  - 
Spese  improduttive,  locuzione  neologica  eufemistica, 
usata  nel  linguaggio  della  politica  e  del  giornalismo, 
per  significare  i  due  bilanci  della  guerra  e  della  ma- 
rina. -  Spese  obbligatorie,  quelle  riflettenti  un  ser- 
vizio che  non  comporti  alcuna  eccezione  di  ritardo 
nel  prendere  impegni  o  dilazione  di  pagamenti.  - 
Uscita,  la  parte  passiva,  della  spesa.  -  Voce,  parola 
del  linguaggio  amministrativo:  l'unità  elementare 
nella  quale  viene  diviso,  discusso  ed  approvato  il 
bilancio  di  un'azienda  pubblica. 

Accertamento,  verificazione,  verificamento  delle 
condizioni  di  un  bilancio  ;  cerziorazione,  consta- 
tazione. Accertare  (accertato),  fare  l'accertamento. 
Assestamento,  il  mettere  un  bilancio  in  ordine,  in 
regola,  in  pareggio.  Assestare  (assesto),  fare  l'asse- 
stamento. -  Discussione  del  bilancio,  Y  esame  dei 
conti,  specialmente  tatto  in  un  Consiglio  Comu- 
nale, alla  Camera  dei  deputati  (veggasi  a  Far- 
lamento)  e  in  ogni  pubblica  amministrazione.  -  In 
sede  di  bilancio,  durante  la  discussione  del  bilancio, 
-  Esercizio  provvisorio  del  bilancio,  quello  accordato 
dal  Parlamento  al  governo,  o  dall'  autorità  tutoria 
ad  un'amministrazione  soggetta  al  suo  controllo,  di 
regola  in  base  al  bilancio  da  approvare.  -  Revisori 
del  bihneio,  i  delegati  a  constatarne  l'esattezza. 

Stanziare  in  bilancio:  stabilire  una  somma  per  una 
data  spesa. 

Bilancio.  Modo  di  movimento. 

Bilaterale.  Forma  di  contratto. 

Bile  (biliare,  bilioso).  Umore  che  si  secerne  nel 
fegato  e  che,  entrando  in  giusta  proporzione  nel 
duodeno,  ha  potere  digerente,  neutralizzando  il  chimo 
ed  agevolando  l'assorbimento  intestinale;  acqua  gialla, 


sputo  nero;  fiele,  fele,  telle.  -  Biliare,  che  ha 
rapporto  con  la  bile  e  con  i  suoi  organi  produttori 
ed  escretori:  acido,  calcolo,  colica,  pigmento,  ecc. 
Bilioso,  che  abbonda  di  bile  o  da  essa  è  prodotto: 
malattie  biliose,  quelle  contrassegnate  da  abbonanzda 
di  bile;  temperamento  bilioso,  quello  contraddistinto 
dal  color  bruno  od  olivastro  della  pelle,  dai  capelli 
neri,  dal  corpo  asciutto,  ecc  -  Cistico,  che  appar- 
tiene alla  vescica  della  bile  (arteria,  calcolo,  vena, 
ecc.).  -  Colelogia,  trattato  della  bile. 

Bile  cistica,  quella  addensata  che  si  raccoglie  nella 
cistifellea.  -  Bile  epatica  (designazione  antiquata), 
la  bile,  che,  separata  dal  fegato,  scende  nel  duodeno. 

-  Fiele,   bile,   specialmente  quella  degli  animali. 
Apparecchio  biliare,  vie  biliari,  l'insieme  delle  parfi 

che  concorrono  alla  secrezione  e  alla  escrezione  della 
bile.  -  Cistifellea,  serbatoio  membranoso  che  riceve 
la  bile  segregata  dal  fegato.  -  Condotto  coledoco:  canale 
che  serve  a  versare  nel  duodeno  la  bile.  -  Condotto 
epatico,  condotto  cistico:  canali  che  servono  alla  bile 
per  giungere  nella  vescicola  biliare.  -  Fegato,  viscere 
destinato  alla  secrezione  della  bile.  -  Sacco  della 
bile,  la  vescica  del  fiele,  vescicola  biliare,  o  cistifellea. 
Acolia,  soppressione  o  notevole  diminuzione  della 
secrezione  biliare.  -  Atrabile,  alterazione  della  bile. 

-  Cacocolia,  alterazione  della  bile.  -  Calcoli  biliari, 
corpi  solidi  che  si  formano  per  precipitazione  nella 
cistifellea  e  qualche  volta  anche  nei  condotti  biliari 
grandi  e  piccoli:  risultano  di  pigmento  biliare  com- 
binato con  altre  sostanze  :  coleliti.  -  Colelitiasi,  dal 
greco,  formazione  di  calcoli  biliari.  -  Colepoiesi,  ab- 
bondante secrezione  di  bile.  -  Melancolia,  altera- 
zione della  bile,  che  da  Y  ipocondria.  -  Oligocolia, 
povertà  di  bile.  -  Iravasamento,  travaso,  abbondante 
escrezione  di  bile.  -  Scaricare  il  fegato,  provocare 
molta  secrezione  biliare. 

Acido  ammonifellico,  prodotto  che  si  riscontra 
nella  bile  quando  la  si  lascia  per  molto  tempo, 
esposta  all'aria.  -  Bilicianina,  pigmento  molto  simile 
aWindaco  azzurro,  prodotto  dall'azione  del  cloro- 
formio sulle  materie  coloranti  della  bile.  -  Bilifucsinaf 
pigmento  che  si   prepara  dai   calcoli  biliari  bruni. 

-  Biliprofina,  materia  colorante  verde-nerastra,  che 
si  forma  nella  bile  dopo  la  morte,  per  decomposi- 
zione o  ristagno.  -  Bilirubina,  il  più  importante  dei 
pigmenti  biliari.  -  Biliverdina,  prodotto  di  ossida- 
zione della  bilirubina.  -  Coleina,  prodotto  di  alte- 
razione, colorato,  che  si  ricava  dalla  bile.  -  Taurina, 
sostanza  scoperta  nella  bile  del  bue. 

Antìbiliare,  antibilioso,  rimedio  contro  l'eccessiva 
secrezione  della  bile.  Cosi  il  rabarbaro,  l'aloe,  la 
podofillina,  revonimina,isalidi  sodio, ecc  -Colagògo, 
aggiunto  di  purgante  che  ha  virtù  di  promuovere 
l'evacuazione  della  bile. 

Bile.  Collera,  ira,  stizza. 

Bilenco.  Sbilenco,  storto. 

Bilia.  Buca  del  biliardo. 

Biliardiere.  Chi  nota  i  punti  al  biliardo. 

Biliardo.  Giuoco  (anche  il  mobile,  la  tavola,  su 
cui  si  giucca)  che  si  fa  con  palle  d'  avorio,  sopra 
una  tavola  quadrilunga,  coperta  di  panno  verde, 
chiusa  da  sponde  imbottite.  -  Biliardino,  piccolo 
biliardo.  -  Biliardo  francese,  il  biliardo  senza  bilie. 

-  Trucco,  sorta  di  biliardo,  ma  più  lungo,  con  mag- 
gior numero  di  bilie  o  buche:  giuocasi  a  stecca,  a 
mazza  e  anche  a  mano,  per  lo  più  con  otto  palle 
e  un  pallino.  Anche,  speciale  biliardo  del  secolo 
XVIII,  senza  buche:  per  giocare  con  buona  fortuna, 
occorreva  conoscerne  il  segreto.  -  Biliardaio,  chi 
fabbrica  biliardi  e  trucchi. 


BILIARDO- 


293 


Parti  della  tavola  di  biliardo  e  annessi. 

►  Bilie,  le  sei  buche  del  biliardo  contro  la  battuta 
delle  mattonelle,  una  per  ciascun  angolo  del  bi- 
liardo fbilie  d'angolo)  e  una  nella  metà  di  ciascun 
lato  di  fianco  (bilie  di  mezzo).  -  Borsa,  sacchetta,  tasca 
(di  metallo  o  d'altro),  adattala  all'apertura  estrema 
delle  buche  del  biliardo,  perchè  vi  caschino  le  palle, 
quando  i  giuocatori  ve  le  spingono,  e  non  vadano 
a  terra.  -  Colonnini,  i  piedi  del  biliardo,  non  meno 
di  sei,  talora  otto,  e  sul  quali  é  fermata  la  fascia: 
gambe.  -  Conduttore,  canaletto  di  legno,  alquanto  in- 
clinato, che  ricorre  sotto  le  due  più  lunghe  mattonelle 
del  biliardo,  al  di  sotto  di  tutte  le  bilie,  per  rice- 
vervi le  palle  che  vi  cadono  e  ricondurle  tutte  in 
una  sola  bilia  di  angolo:  si  evitano  cosi  i  troppo 
lunghi  e  treqtienti  giri  che  dovrebbe  fare  il  pallaio 
per  rimetterle  sul  piano  del  biliardo.  -  Corda,  la 
linea  che  s'immagina  tirata,  da  mattonella  a  matto- 
nella, ai  due  quarti  di  cima  e  di  fondo  del  biliardo, 
al  di  là  della  quale  linea  deve  stare  chi  siacchita  o 
s'imposta  per  battere  la  palla  dell'avversario,  -  Fasria, 
sodo  telaio  di  legno,  fermato  ai  colonnini,  e  sul 
quale  sono  inchiavardate  le  mattonelle.- Gwancta/e^o, 
piccolo  cuscinetto,  fatto  del  panno  medesimo  del 
biliardo,  o  consimile  :  serve  aa  ammortire  il  colpo 
della  palla  quando  cade  nella  buca  o  bilia. 

Lati  di  battuta,  testale,  i  due  lati  minori  del  bi- 
liardo. -  Lati  di  fianco,  i  due  Iati  più  lunghi.  -  Mat- 
tonelle, le  quattro  sponde  di  legno  che  cingono  a 
squadra  i  quattro  lati  del  biliardo.  -  Battuta,  la 
parte  interna,  imbottita,  delle  mattonelle.  -  Mosche, 
0  punti,  le  tre  piccole  marche  incollate  nel  tappeto 
del  biliardo.  -  Panno,  tessuto  di  4ana  verde,  ben 
cimato,  ben  ritosolato,  che  ricopre  il  prato,  o  piano, 
e  le  mattonelle.  -  Prato,  tutto  il  piano  verde  com- 
preso tra  le  quattro  mattonelle  del  biliardo  e  sul 
quale  si  effettua  il  giuoco  :  piano.  -  Telaio,  il  le- 
gname commesso  in  quadro  e  sorretto  da  zampe, 
nel  quale  poi  si  incastra  il  piano, 

Pcule,  sfere  d'avorio,  rotondissime,  di  circa  tre 
dita  di  diametro:  percosse  con  la  stecca,  sul  prato, 
si  urtano,  si  riurtano,  si  riflettono,  per  venire  in- 
fine a  toccarsi  in  determinati  modi,  o  essere  cac- 
ciate nelle  bilie.  -  Pallino,  la  palla  più  piccola. 

Birilli,  ì  cinque  piccolissimi  rulli  di  legno  d 
d'avorio,  fatti  al  tornio,  che  si  pongono  ritti  nel 
mezzo  del  biliardo,  in  quadrato,  uno  di  essi  net 
centro,  a  tal  distanza  che  la  palla  passi  con  preci- 
sione tra  l'uno  e  l'altro:  gagliossi,  rocchetti,  zoni. 
-  Filane,  i  tre  birilli  posti  in  fila,  ad  ugual  distanza 
uno  dall'altro,  sull'asse  maggiore  del  prato  o  piano 
del  biliardo:  fila  di  mezzo.  •  Priore,  il  più  grosso 
dei  birilli. 

Stecca,  asta  di  legno,  ben  liscia,  lunga  poco  più 
di  due  braccia,  di  forma  leggermente  conica,  con  la 
quale  il  giuocatore  spinge  la  palla.  -  Steccacela, 
stecca  rozza,  o  non  ben  fatta,  o  disadatta.  •  Stec- 
china,  di  stecca  bella,  leggiera  e  buona.  -  Stecca 
lunga,  steccone,  quella  lunga  circa  il  doppio  del- 
l'ordinaria e  adoperata  per  giuocare  una  palla  alla 
quale  comodamente  non  si  arrivi  con  la  stecca  mezzo 
lunga.  -  Stecca  mezzo  lunga,  quella  che  ha  una  lun-*' 
gbezza  media  tra  la  stecca  ordinaria  e  la  stecca 
lunga.  -  Mazza,  specie  di   stecca   a   culatta  corta, 

Siana,  ripiegata  ad  angolo  ottusissimo,  per  comodo 
i  farla  strisciare  con  la  roano  sul  prato  del  biliardo, 
e  spingerla  contro  la  palla  che  si  vuol  percuotere.  - 
Ponte,  ponticino,  stecca  terminata  in  an  semidisco 
di  legno  0  di  metallo,  nella   cui   parte   convessa 


sono  alcuni  incavi  semicircolari,  sull'uno  o  sull'altro 
dei  quali,  secondo  che  torna  meglio,  il  giocatore 
appoggia  l'estremità  sottile  dello  steccone,  affinchè 
questo  non  brandisca  nell'aggi uslare  il  colpo.  -  Calcio 
della  stecca,  la  base  della  culatta.  -  Culatta,  la  parte 
posteriore.  -  Cuoio,  piccola  girellina  di  cuoio  che 
s'attacca  in  cima  alle  stecche  per  regolare  la  dire- 
zione della  palla.  -  Punta,  la  parte  più  sottile  della 
stecca,  mozzata  in  piano  e  coperta  con  un  egual 
disco  di  cuoio.  -  Colpo,  l'impulso  dato  con  la  slecca 
alla  palla,  e  l'effetto  che  ne  risulla. 

Cartella,  specie  di  quadro  di  legno,  appeso  al 
muro  nella  stanza  da  biliardo,  attraversato  da  fil» 
metallici  paralleli,  in  cui  sono  infilate  più  pallot- 
tole di  legno,  di  vario  colore,  con  numeri  che  vi 
corrispondono,  per  notare  i  punti  e  le  partile  in 
giuochi  più  complicati,  pei  quali  non  basterebbe  la 
cartellina.  -  Cartellina,  assicella  bucherata  e  ma- 
nicata, tenuta  in  mano  dal  pallaio,  il  quale  con  un 
bischereilo,  che  si  pianta  nei  vari  buchi  presso 
corrispondenti  numeri  progressivi,  segna  i  punti 
successivamente  fatti^  dai  giuocatori.  -  Caselle,  car- 
tellini, piccoli  regoletti  di  legno  che  fanho  parte 
delle  cartelle,  sui  quali  sono  segnati  gli  occhi  per 
il  giuoco  della  corda,  e  che  si  unno  scorrere  per 
mezzo  di  un  pioletto  o  piccolo  manico  al  di  qua 
e  al  di  là  di  un'assicella  che  passa  al  disopra 
della  loro  serie.  -  Occhio,  i  tre  segni  tondi  che  si 
fanno  nelle  caselle  o  rartellini  del  giuoco  della 
corda  e  che  si  coprono  con  l'assicella,  facendoveli 
scorrere  entro  o  uscirne  fuori,  a  uno  per  volta, 
quando  il  giocatore  perde  una  bilia  -{perdere  un 
occhio;  ecc.). 

Giuochi,  colpi,  tiri. 

Battifondo,  giuoco  nel  quale  uno  sfida  al  giuoco 
delle  bilie  più  persone,  ciascuna  delle  quali  deve 
giuocare  con  lui.  •  Bazzica,  modificazione  al  giuoco 
de'  birilli:  il  giocatore,  per  vincere,  non  deve  oltre- 
passare una  prestabilita  somma  di  punti.  -  Birilli, 
il  giuoco  che  si  fa  coi  birilli,  allo  scopò  di  farli 
cadere  spingendovi  la  palla  dell'avversario.  ♦  Ca- 
rambola, nome  comune  a  tutti  quei  giuochi  che 
consistono  principalmente  od  unicamente  uel  far 
cxiramboli,  o  carambole,  cioè  toccare  con  la  propria 
palla  due  altre  palle  con  un  tiro  solo.  -  Carambola 
francese,  giuoco  che  si  fa  con  due  palle  bianche 
e  una  rossa,  e  consiste  nel  colpire  con  la  propria 
palla  prima  l'altra  palla  bianca,  avversaria,  quindi 
la  rossa.  -  Carambola  italiana,  giuoco  che  si  fa  con 
due  palle  e  un  pallino:  consiste  nel  far  caram- 
boli sul  pallino  e  nel  far  bilia  con  la  palla  avver- 
saria. -  Carambola  russa,  giuoco  che  si  fa  con 
cinque  palle  e  consiste  nel  far  caramboli  e  nel  far 
bilie.  -  Carolina,  giuoco  che  si  fa  con  cinque  palle 
ed  è  la  combinazione  dei  due  giuochi  birilli  e  ca- 
rambola. -  Corda,  giuoco  che  consiste  nel  mandare 
tre  volle,  o  più,  secondo  il  fissato,  la  palla  degli 
avversari  nella  bilia:  pulla.  -  Geometria,  specie  di 
giuoco  in  cui  le  palle  si  fanno  correre  sui  prato 
con  le  mani,  invece  che  con  la  stecca.  -  Parigina,  il. 
giuoco  dei  birilli,  non  a  partita,  ma  nel  quale  ogni 
tiro  è  indipendente:  ogni  giuocatore,  volta  per  volta^ 
guadagna  o  paga  a  seconda  dell'esito  di  ciascun 
tiro.  -  Poule  (frane;  gara  ital.),  giuoco  nel  quale 
ogni  giuocatore  sborsa  una  quota  stabilita,  e  la  somma^ 
va  al  vincitore. 

Acchito,  atto  col  quale  un  giuocatore  di  biliardo 
manda  in  un  dato  punto  la  palla  e  il  pallino,  perchò 


294 


BILIARDO 


eu  essi  l'avversario  incominci  il  giuoco.  Dicesi  anche 
della  posizione  stessa  data  cosi  alla  palla  e  al  pal- 
lino. -  Calcio  (tirare  di  calcio),  il  tiro  col  cjuale 
si  ottiene  che  la  propria  palla  incontri  rav\'ersaria, 
dopo  essere  stata  spinta  contro  almeno  una  delle 
mattonelle.  Dicesi  anche:  tirare  di  rimbalzo,  di 
mattonella,  di  briccola,  di  schia-ffo,  di  storno,  per 
istomo  ;  prendere  per  di  diètro.  •  Carambolo,  il 
battere  con  la  propria  palla,  con  un  solo  colpo,  suc- 
cessivamente due  palle.  Carambolata,  il  tiro  di 
carambolo.  -  Raddoppio,  il  tiro  pel  quale  la  palla, 
epinta  ad  incontrare  una  delle  mattonelle  sotto  un 
(lato  angolo,  torna  indietro  con  un  angolo  di  rifles- 
sione uguale  all'angolo  di   incidenza. 

Rientro,  tiro  per  cui  si  prende  di  scancìo  con  la 
nostra  la  palla  dell'avversario.  -  Rimpallo,  il  rin- 
contrarsi della  nostra  e  della  palla  dell' av\'ersario, 
ribattendosi  insieme  e  stornando  il  giuoco.  -  Rin- 
quario,  il  tiro  col  quale  la  paHa  avversaria  è  spinta 
consecutivamente  contro  tre  mattonelle.  -  Rinterzo, 
il  tiro  col  quale  la  palla  avversaria  è  spinta  con- 
secutivamente contro  due  mattonelle.  -  Rovescio, 
raddoppio  speciale  che  ebbe  questo  nome  dalla 
reciproca,  posizione  delle  palle.  -  Scazzata,  tiro 
riuscito  bene  a  caso,  non  per  merito  del  giuo- 
catore  :  struga.  -  Striscio ,  quel  tiro  per  cui  si 
cerca,  ttatténdo  la  palla  dell'avversano,  di  farla 
quasi  -Strisciare  sulla  mattonella  lunga  perchè  poi, 
ribattendo  su  un  lato  della  mattonella  corta,  venga 
giù  a  dar  ne'  birilli.  -  Traversino:  si  fa  tirando  il 
raddoppio  delle  mattonelle  lunghe  (far  percorrrere 
alla  palla  due  volte  il  biliardo). 

Acchitare,  acchitarsi,  fare  prendjere  l'acchito.  - 
Aggiustare  un  colpo,  tirarlo  bene.  -  Alzare,  stac- 
care :  si'dice  delle  palle  quando-  sono  a  qualche 
distanza  dalle  mattonelle.  -  Ammazzare^  togliere 
altri  di  giuoco  prima  che  termini  la  partita.  -  Andar 
sui  birilli,  far  cadere  i  birilli  con  la  propria  e  non 
con  la  palla  dell'avversario,  e  perdersi.  -  Attaccare, 
si  dice  della  palla  o  delle  palle  quando  sono  ap- 
poggiate alla  mattonella. 

Battere,  tirare,  giuocare  contro  uno;  anche,  col 
pire  con  la  propria  la  palla  dell'avversario.  Batti' 
tore,  chi  batte;  battuta,  il  colpo  menato;  ribattuta, 
la  risposta  al  colpo;  -  ■Carambolare,  fare  carambolo, 
caramboli.  •  Dare  il  giro,  l'effetto  alla  palla,  spin- 
gere la  propria  palla  con  un  colpo  e  in  punto  tale 
che  essa,  dopo  l'urto  con  l'avversaria,  giri  so  se  stessa, 
correndo  quindi  per  una  direzione  diversa  da  qiieUa 
che  le  sarebbe  stata  imjwsta  dal  colpo  normale,  - 
Dare  la  grotta,  far  descrivere  alla  palla  una  curva, 
perchè  possa  evitare  l'incontro  con  altra  palla,  o 
cansare  i  birilli  o  il  pallino.  -  Dichiarare  il  tiro, 
precisare  il  tiro  che -si  vuol  fare.  -Essere  in  palla, 
essere  impostati  pel  buon  tiro.  -  tar  bilia,  mandare 
nella  bilia  la  palla  delPavversario.  -  Far  bilia  con 
la  tua,  mandare  in  bilia  la  propria  palla  e  perdersi. 

•  Fare  il  ponte,  disporre  sul  piano  o  sulle  matto- 
nelle la  mano  sinistra  in  modo  da  fare,  con  essa 
éTcoI  pollice  rivolto  con  la  punta  verso  il  lato  destro, 
tua.  specie  di  piccolo  ponte  sul  quale  posi  e  possa 
scorrere  la  slecca  sì  agevolmente  da  poter  menare 
il  colpo.  -  Fare  il  "violino  (scherz.),  faftì  il  ponte. 
-  Far  la  bella^  l'oltima  partita.  -  Far  saltare  la 
palla,  il  pallino,  far  uscir  fuori  dalle  mattonelle, 
con  un  colpo,  la  palla  dell'avversario  o  il  pallino. 

•  Fare  steccaccia,  non  pigliare  in  pieno  la  palla 
con  la  stecca,  cosi  che  questa  rende  suono  come  se 
6i  scheggiasse,  e  l?  palla  devia:  far  cecca,  cilecca, 
fare  un  papioo. 


Fare  una  biliardata,   una   partita   al   biliardo. 
Fare  un  blocco,  un  bel  blocco,  spingere  direttamente 
e  con  un  bel  colpo  la  palla  dell'avversario   nella 
bilia:  far  bilia  di  stianto. 

Fare  un  papino,  non  raggiungere,  o  per  defi- 
cienza di  coJpo  0  per  cattiva  impostatura,  con  la 
propria  la  palla  a\-versaria.  -  Fare  un  tiro,  pren- 
dere la  palla  avversaria  in  modo  che  si  guadagnino 
dei  punti.  -  Frisare,  cogliere  la  palla  avversaria  di 
scancio  ed  imprimerle  una  direzione  obliqua. 

Impallare,  fare  in  mod'o  che  fra  le  due  palle 
avversarie  sia  'in  mezzo  ui>  ostacolo,  rappresentato 
quindi  o  dai  birilli  o  dal  pallino  o  da  altra  palla, 
che  non  possa  essere  battuta.  -  Impostarsi,  mettersi 
con  la  persona'  in  atteggiamento  da  poter  tirare.  • 
Morire,  escire  di  gioco  per  aver  perduto.  -  Perdersi, 
colpire  la  palla  a\'\'ersaria  cosi  malamente  che  la 
propria  o  vada  in  bilia  o  atterri  birilli,  facendo 
punti  che  vanno. a  vantaggio  dell'avversario.  -  Pi- 
gliare a  fare,  prendere  a  lare  un  tiro  per  un  altro 
giuocatore.  —  Prendere,  non  prender  palla,  colpire 
o  non  colpire  con  la  propria  la -palla  dall'avversario. 
-  Prendere  la  palla  di  seguito,  tirare  in  modo  che 
la  propria  palla,  dopo  l'incontro  con  l'avversaria,  la 
segua,  a  qualche  distanza,  nella  sua  direzione.  * 
Prendere  mezza  palla,  colpire  con  la  propria  la  metà 
destra  o  sinistra  della  palla  dell'avversario.  -  Pren- 
dere palla  piena,  colpire  proprio  nel  mezfo  con  la 
propria  la  palla  dell'avversario. 

Raddoppiare,  far  il  tiro  del  raddoppio.  -  Rendere, 
della  mattonella,  del  biliardo,  quando  respinge  bene 
le  palle.  -  Rimpallare,  il  ribattersi  che  fanno  in- 
sieme due  palle.  -  Rinquartare,  fare  il  tiro  del 
rinquarto.  -  Rinterzare,  fare  il  tiro  del  rinterzo  - 
Rizzare  i  birilli,  disporli  sul  piano  del  biliardo  nel 
modo  voluto  dai  diversi  giuochi.  -  Saltare,  colpire 
la  propria  palla  con  la  stecca  in  modo  che  vada  a 
toccare  la  palla  dell'avversario,  saltando  o  i  birilli 
o  il  pallino  interposti.  -  Sballare,  oltrepassare,  nei 
giuochi  di  bazzica,  il  numero  prestabilito  dei  punti 
e  perdere  quindi  la  partita.  -  Sbiliardare,  colpire  la 
palla  dell'  avversario  in  modo  che  tanto  questa 
quanto  la  palla  del  battitore  percorrano  un  certo 
spazio  a  contatto  l'una  dell'altra.  •  Sbloccare,  di 
palla  che,  spinta  con  forza  nefla  bilia,  rimbalza 
fuori.  -  Scrivere,  scrivere  una  lettera,  dicesi,  scher» 
zando,  di  colui  che,  essendo  attaccato,  é  costretto  à 
tenere  la  stecca  quasi  a  piombo  sulla  propria  palla 
per  tirare  il  colpo.  -  Schisare  la  palla,  prenderla  di 
schiso,  di  iato.  -  Sdraiarsi,  il^distendersi  con  la  persona 
sul  biliardo  che-  è  concesso  al  battitore,  purché  con 
il  piede  tocchi  il  pavimento.  -  Sfondare  il  panno, 
stracciare  con  la  punta  della  stecca  il  panno  de) 
piano.  -  Spallare,  della  palla  che  rimane  scoperta 
ai  colpi  deir  avversario.  Rimanere  spallato,  del 
giuocatore  la  cui  palla  ha  spallato.  -  Stornare,  della 
palla  del  battitore  che,  dopo  colpito  quella  awer* 
saria,  torna  indietro. 

Tenere  in  corda,  fare  slare  in  corda,  impedire  al 
giocatore  avversario,  che  sta  per  battere,  di  uscire 
con  la  persona  dallo  spazio  compreso  fra  i  prolun- 

§  amenti  delle  mattonelle  lunghe  e  curare  che,  prima 
i  menare  il  colpo,  disponga  la  sua  palla,  se  prima 
questa  non  era  in  giuoco,  dentro  lo  spazio  se- 
gnato sul  piano  del  biliardo,  •  Tirare,  colpire 
con  la  stecca  la  pronpria  palla  in  modo  che  vada 
a  battere  quella  dell  avversario.  -  Tirare  ad  attac^ 
care,  in  modo  che  la  palla  dell"  avversario  ri- 
manga aderente  alla- mattonella.  -  Tirar  d'incastro, 
o  l'incastro,  fare  in  modo,  nei  casi  in  cui  la  palla 


BILIARE     —     BIOLOGIA 


295 


avversaria  è  a  poca  distanza  da  un  angolo,  che  la 
propria  la  colpisca  dopo  essere  penetrata  fra  quella 
e  iangolo:  é  quindi  una  forma  speciale  di  calcio. 
Pieni.,  sponda  e  palla.  -  Tirare  di  mattonella,  tirare 
in  modo  che  la  propria  palla,  prima  di  colpire 
l'avversaria,  tocchi  una  delle  mattonelle.  •  Tirar 
di  schiaffo,  batter  torte  la  palla  nella  mattonella 
lunga  per  colpire  di  scanclo  quella    dell'avversario. 

-  Trovare,  non  trovare  il  colpo,  spim^ere,  o  meno, 
la  propria  palla  con  la  forza  e  nel  punto  richiesti 
da  un  dato  tiro,  perchè  esso  possa  riuscire.  - 
Vincere  stilla  stecca  (nei  giuochi  di  biliardo  con- 
venuti in  modo  che  il  battitore  ceda  il  cam[)0 
all'avversario  solo  quando  tiri  un  colpo  senza  gua- 
dagnar punti),  il  vincere  senza  che  l'avversario  abbia 
potuto  intervenire  nella  partila. 

GlUOCATORI,.  PARTITA,   CHI   TIEN    GIUOCO,   ECC. 

Avversario,  chi  fa  il  gioco  contro  di  noi.  -  Com- 
pagno, chi,  per  nostra  scelta  o  datoci  dalla  sorte, 
giuoca  non  contro  noi,  ma  insieme  con  noi 
contro  altri  due,  nella  partita  3i  quartetto.  -  Mortale, 
chi,  nel  giuoco  della  corda,  ha  perduto  due  bilie; 
morto,  chi  le  ha  perdute  tutte  e  tre.  -  Pestello,  pi- 
stello,  sverijinato,  chi  nel  giuoco  della  corda  ha  per- 
duta una  bilia.  -  Veì-gine,  chi  nel  giuoco  non  ha 
perduta  alcuna  bilia. 

Partita,  l'insieme  dei  tiri  che  si  fanno  per  gua- 
dagnare il  numero  di  punti  stabilito  per  vincere.  - 
Punti,  i  numeri  che  si  segnano  a  favore  dell'uno 
o  dell'altro  giuocatore:  detti  buoni,  quando  vinti;  il 
contrario  di  perduti.  Un  numero  prestabilito  di 
punti  costituisce  la  partita.  -  GiVo,  nell'uso,  l'alter- 
iiarsi  dei  giuocatori  tra  loro,  da  partita  a  partita. 

-  Quartetto,  qualsiasi  partita  giuocata  in  quatti'o, 
due  contro  due.  -  Rivincita,  una  seconda  partita, 
che  è  quasi  come  una  controprova  della  prima. 

Biliardiere,  chi  tiene  il  giuoco  pubblico  del  bi- 
liardo, 0  vi  sopravvede.  -  Biscazziere,  chi  segna  i 
punti  dei  giocatori,  porge  le  palle,  rimette  su  i  bi- 
rilli, ecc.  ;  contatore,  marcatore,  raarchiere,  segna- 
tore.  -  Pallaio,  chi  allestisce  il  biliardo,  dà  le  palle 
ai  giuocatori,  ne  segna  i  punti  e  le  perdite,  risolve 
i  dubbi,  ecc. 

Biliare.  Detto  a  hile. 

Bilicare  (bilicalo).  Detto  a  equilibrio. 

Bilico.  Veggasi  a  equilibrio  e  a  j>erno» 

Bilingue.  Detto  a  lingua  e  a  verità. 

Bilione.  Veggasi  a  milione. 

Billorsa.  Mostro  favoloso. 

Bilioso.  Detto  a  bile  e  a  ira. 

Bilirubina,  biliverdina.  Detto  a  bile. 

Billèra.  Scherzo,  burla. 

Billo.  Il  tacchino. 

Bilobato.  Termine  di  botanica. 

Bilobitl.  Detto  a  fossile. 

Bilustre.  Veggasi  ad  età. 

Bimba,  bimbo.  Bambina,  batnbino. 

Bimano.  Detto  a  mano  e  a  scimmia. 

Bimèmbre.  Di  doppie  -membra.  -  Sorta  di 
vite. 

Bimensile.  Detto  a  mese. 

Bimestre  (bimestrale i.  Veggasi  a  m,e8e. 

Bimetallismo,  bimetalUstl.  Veggasi  a  mo- 
neta. 

Blmòlle  (bemolle).  Termine  di  musica. 

Binaria.  Detto  a  matematica,  a  chimica. 

Binario.  Detto  a  numei'o  e  a  rotaia. 

Binato.  Veggasi  a  colonna  e  a  gemello. 


Binda.  Sorta  di  gru. 

Bindolare  (bindolato).  Trarre  in  inganno. 

Bindoleria,  bindolo.  Imbroglio,  inganno. 

Bindolo.  L'arcolaio.  -  Sorta  di  macchina. 
per  attingere  acqua,  inafjiare,  vuotare  un  canale. 
un  /'0.S.S0  e  simili. 

Binòccolo,  binòculo.  Detto  a  cannocchiale. 

Binocolo.  Veggasi  a  fascia. 

Binomla.  Detto  ad  equazione. 

Biòccolo  (bioccoluto).  Piccola  particella  di  tenw. 

-  Piccola  falda  di  neve. 

Biochimica.  Detto  a  chimica  e  a  biologia. 

Biog^rafla  (biografico,  biografo).  Narrazione  dell:i 
vita  di  una  persona:  notizia  biogralica,  descrizioii'' 
della  vita;  cenno  biografico;  nota  dello  stato  di 
servizio.  -  Biografico,  che  si  riferisce  a  biografia.  • 
Biograficamente,  nei  riguardi  della  biografia,  da  bio- 
grafico.-i?to^ra/b,  chi  scrive  la  vita  di  una  persona. 

Antropografia,  scritto  intorno  a  un  uomo:  biogra- 
fia. Le  antropografie  possono  essere  di  più  maniere 
etopie,  caratteri,  profili,  tdolopee.  -  Autobiografia,  bio- 
grafia di  una  persona  scritta  da  essa  stessa:  me- 
morie, memorie  autobiografiche.  Autobiografico,  di 
autobiografia. 

Biolca.  Una  misura  per  terreni,  usata  nel 
Veneto. 

Biologia.  L'insieme  delle  scienze  che  studiano 
i  corpi  viventi:  questo  il  significato  della  parola 
considerata  in  tutta  la  sua  estensione.  In  senso  ri- 
stretto, scienza  a  sé  che  studia  la  materia  vivente, 
trascurando  le  ferme  speciali  che  questa  ha  assunto. 

-  Biologicamente,  nei  riguardi  della  biologia,  degli 
esseri  viventi  :  biologico,  che  si  riferisce  alla  bio- 
logia; appartenente  alla  ritti.  -  Biologo,  chi  edotto, 
in  biologia  0  professa  la  biologia. 

Biochimica,  parte  delia  biologia  che  analizza 
chimicamente  la  materia  vivente.  -  Biofitologia,  parte 
speciale  della  biologia,  che  studia  il  fenomeno  della 
vita  nelle  piante  :  biologia  vegetale.  -  Bionomia,  la 
parte  della  oiologia  che  ricerca  e  formula  le  leggi 
che  governano  i  fenomeni  biologici.  -  Biopsia, 
esame  istologico  dei  tessuti  viventi.  -  Bioscopxa, 
l'osservazione  dei  fenomeni  biologici.  -  Biozoologia, 
parte  speciale  della  biologia  che  studia  il  fenomeno 
della  vita  degli  animali:  biologia  animale. 

Biologiche  scienze,  tutte  quelle  che  hanno  per  og- 
getto lo  studio  degli  esseri  viventi.  Oltre  le  già  indi- 
cate :  morfologia,  embriologia,  fisiologia,  ecc. 

Forme  e  funzioni  principali 
della    materia     organica. 

Protoplasma,  0  sarcode,  la  sostanza  che  forma  il 
substrato  fondamentale  di  ogni  essere  vivente  :  que- 
sta combinazione  di  sostanze  diverse,  albuminoidi, 
con  l'acqua,  dall'aspetto  mucillaginoso  e  gelatinoso, 
segna  il  passaggio  della  jnateria  dalla  sua  primitiva 
condizione  di  equilibrio  statico  a  quella  ai  equili- 
brio dinamico.  -  Plastiduli,  i  primi  elementi  orga- 
nizzati  risultanti  dalla    divisione   del  protoplasma. 

-  CeUlula,  elemento  organizzato,  più  complesso  dei 
plastiduli,  che  vive  a  sé  e  costituisce  i  pratisti  0 
vive  in  unione,  in  società  con  altri  elementi  consi- 
mili, e  dà  origine  agli  animali  e  alle  piante. 

Pratisti,  gruppo  di  esseri  viventi,  costituiti  da 
una  sola  cellula,  non  ascrivibili  né  alle  piante,  né 
agli  animali.  -  Animale:  biologicamente,  rappre- 
senta i  diversi  assestamenti  presi  dalle  cellule 
animali  unitesi  in  simbiosi.  -  Fianta:  biologicamente. 


290 


BIOMAGNETISMO 


BIRBONE 


rappresenta  i  diversi  assestamenti  presi  dalle  cellule 
vegetali  unitesi  in  simbiosi.  -  Simbiosi,  fenomeno 
per  il  quale  elementi  organizzati,  più  o  meno  com- 
plessi, originariamente  simili,  convivono  per  reci- 
proco aiuto  nella  lotta  per  la  vita.  -  Evoluzione^ 
fenomeno  per  il  quale  un  organismo  si  sviluppa  e 
si  modifica  per  resistere  sempre  meglio  contro  le 
forze  che  ne  minacciano  l'esistenza.  -  Evoluzionismo, 
veggasi  a  dai'vinismo» 

Organistno,  l'essere  vivente  quando  si  consi- 
deri l'attività  delle  parti  che  Io  costituiscono.  -  Or- 
gano, nome  collettivo  di  tutti  gli  elementi  di  un 
organismo  che  concorrono  al  compimento  di  una 
azione. .-  Azione,  l'atto  semplice,  esplicato  da  un 
organo  qualsiasi,  per  concorrere  al  compimento  di 
una  funzione,  secondo  i  principi  stabiliti  dalla  fi- 
siologia. -  Apparato,  nome  collettivo  di  tutti  gli 
organi  di  un  organismo  che  concorrono  al  compi- 
mento di  una  funzione:  veggasi  a,  fisiologia,  -  Fun- 
zione, l'atto  complesso  che  ciascuno  degli  apparati 
organici  è  chiamato  a  compiere.  -  Antipatiche,  in- 
differenti, simpatiehe,  le  funzioni  organiche  a  se- 
conda delle  sensazioni  che  il  loro  svolgimento  pro- 
voca in  un  organismo.  -  Inevitabili,  elettive,  le  fun- 
zioni organiche  a  seconda  che  il  loro  svolgimento 
si  impone  all'organismo  per  l'istinto  della  conserva- 
zione, oppure  debba  essere  voluto. 

Teorie  e  termini  vari. 

Ontogenia,  ontogénesi,  parole    che   servono  per 
indicare  lo  sviluppo    dell'individuo  in   opposizione 
allo  sviluppo  della   specie.    -    Origine    delle  specie, 
teoria  del  modo  come  nacquero    le    diverse  specie 
degli  animali.  -   Palingenesi,   dottrina   secondo    la 
quale  l'anima    passa  attraverso  una   successione  di 
rinascite  (metempsicosi).    -   Regressione,   ritorno  di 
un  tessuto  o  di  un  organo  ad  una  delle  fasi    ante- 
riori alla  sua  evoluzione,  -  Reversione,  ritorno,  dopo 
molte  generazioni    ed  incroci,  al  tipo   della  specie 
primitiva.  -  Trasformismo,  teoria  biologica  del  tra- 
sformarsi di  una  forma  di  vita  m  un'altra. 
Biomagnetismo.  Il  magnetismo  animale. 
Biomante.  Detto  a  ciarlatano. 
Bioiuanzia.  Detto  a  nascita. 
Biometria.   Deduzione  del  vario   grado  di  sa- 
lute 0  di  malattia  del  corpo  umano,  per  mezzo 
dell'istrumento  detto  biometro. 
Biondella.  Detto  a  febbre» 
Biondeg'griare     (  biondeggiarUe ,    biondeggiato). 
Tirare,  peiiaere  al  biondo. 
Biondezza.  L'essere  biondo. 
Biondo.  Colore  tra  l'oro   e   la  castagna;  giallo 
pendente  al  castagno  chiaro  (detto   specialmente  di 
chi  ha  i   capelli  o  la   barba   di  tal   colore):   flavo, 
fulvo,  biondo,    ruffo,   soleggiante;   auricome,    auri- 
eomo,  chiomadoro,  orichiomato,  oricrinito.  -  Biòndo 
chiaro,  biondo  cupo,  biondo  scuro,  secondo  l'intensità 
lei  colore.  -  Biondaccio,  alquanto  biondo,  pendente 
al   biondo:  biondone.   -  Biondello,   tanto  o  quanto 
biondo.  -  Biondiccio,  che  pende   al  biondo.  -  Bion- 
dino, diminutivo  e  vezzeggiativo  di  biondo;  persona 
giovane  con  capelli   biondi.  -    Biondone,   biondo  di 
-olore,  ma  grosso  e  floscio  della  persona.  -  Bionduc- 
cio;  dimin.  e  spregiat.  di  biondo. 

Biondegijiare,  essere  o   apparire    biondo   -    Bion- 
dezza, l'essere  biondo.  -  Imbiondire,  diventare  bion- 
do:   imbiondare,    imbiondire.    -   Parere   un   cheru- 
bino, di  una  giovane  o  di  un  giovane  biondo  e  bello. 
Bioscia.  Detto  a  neve  e  a  minestra. 


Biossido.  Datto  a  chimica. 

Biostatica.  Dottrina  dello  stato  di  salute  e 
della  durata  della  vita  dell'uomo  e  degli  altri' 
animali,  sotto  determinate  condizioni. 

Biotassìa.  Detto  a  fisiologia. 

Bipartire  (bipartimento,  bipartito),  yeggasi  ji 
dividere. 

Bipartizione.  Detto  a  dividere. 

Bipede.  Detto  a  piede. 

Bipede  implume  (scherz.).  Vuomo, 

Bipennata.  Detto  a  foglia. 

Bipènne.  Sorta  di  scare. 

Bip  risma.  Detto  a  prisma. 

Biquadro,  bequadro  {biqquadro).  Segno  della 
musica. 

Biquadrato.  Detto  a  numero. 

Biràccliio.  Pezzetto,  brandello  di  panno^  di 
veste.  -  Cencio,  straccio, 

Birba,  birbaccione.  Detto  a  birbone, 

Birbantare ,  birbanteggiare  (birbantato, 
hirbanteggiatoj.  Agire,  vivere  da  birbone. 

Birbante,  birbanteria  (birbantesco).  Detto  a 
birbotie. 

Birbata.  Azione  da  birbone. 

Birbo  (birbesco).  Lo  stesso  che  birbone, 

Birbòna.  Femmin.  di  birbone. 

Birbonaggine.  Qualità  di  birbone. 

Birbonata»  Azione  da  birbone. 

Birbone.  Uomo  tristo  e  ingannatore;  persona 
dotata  di  una  certa  malvagità,  accompagnata  da 
astuzia,  con  predisposizione  ad  agire  contraria- 
mente ai  principi  dell'owesfà;  animacela,  anima 
nera,  anima  scarabocchiata;  arfasatto,  arnesaccio, 
arnese,  bell'arnese,  brutto  arnese,  cattivo  arnese; 
birba,  birbaccione,  birbo,  briccone;  brutto  mobile; 
camera  d'ogni  enormezza,  canaglia;  can  fastidioso;  can 
rinnegato,  svergognato,  vituperato;  sozzo  cane  vitupe- 
rato; capace  di  tutto  ;  capaccio,  capettaccio,  cattivo 
soggetto;  ciàcchero,  cima  dei  rihai  di,  cosacelo,  collo 
da  capestro;  degno  di  coltre  e  di  cavezza,  degno 
di  gogna;  degno  di  un  nodo,  degno  di  patibolo; 
delinquente;  fante,  garzon  bollato;  fariseo,  fer- 
raccio, figuraccia,  figura  di  sospetto,  figuro,  fistolo; 
turbo  bollato,  matricolato;  furfante;  impiccatolo; 
lanaccia;  malarnese,  mal  bigatto,  mal  cristiano,  ma- 
lerba, mal  verme  ;  mala  lanuzia ,  mala  sciarda, 
malazzeppa;  mancino,  manigoldo;  mariuolo,  ma- 
scalzone, mozzorecchi;  omaccio;  patibolare;  pezzo 
di  figuro,  di  galeotto,  d'ira  di  Dio,  di  manigoldo, 
di  ribaldo;  rifiuto  dell'inferno;  rinnegatacelo;  sba- 
razzino, sbricchetto,  sbricco;  scamiciato,  scam- 
paforche,  scampagnone;  scapestrato;  schiuma  di 
furfante,  schiuma  dei  ribaldi;  scelesto;  scellerato, 
sciagurato,  scelerato;  soggettacelo,  soggettinaccio; 
squassaforche,  stummia;  tizzone  d'inferno;  tocco  di 
furfante,  tomo  (bel  tomo!);  traditoraccio,  traina; 
uomo  da  gabbia,  da  forche;  più  triste  che  i  tre 
assi  ;  velenoso  rospo,  vituperio  del  vivere. 

Birbona  :  furia,  megèra,  strega,  versiera.  -  Birbo- 
nescamente: alla  briccona,  baronescamente,  birbe- 
scamente, scelleratamente.  -  Birbonesco:  baronesco, 
birbantesco,  birbesco,  da  birbone,  furbesco,  furfan- 
tesco,   furfantino. 

Avanzo  delle  patrie  galere:  di  birbone  che  abbia 
scontato  qualche  pena:  reduce  delle  patrie  galere. 
-  Barabba,  termine  dialettale  piemontese,  esteso  poi 
in  Lombardia  e  nell'Emilia,  per  indicare  un  indi- 
viduo appartenente  all'ignobile  ceto  della  malavita, 
prepotente,  ozioso.  -  Baroncello,  piccola  birba.  - 
I  Barone,  imbroglione;  baron  coli' effe,  baron  cornutOf 


BIRBONE   —   BIRRA 


297 


barone  fogliuio,  forcellulo,  birbone  matricolato.  - 
birba,  giovane  scioperato  e  senza  voglia  di  far  bene. 
Usasi  anche  per  celia.  -  Birba  fuderona,  birba  foyliula, 
birba  sconsagrata,  birbone  matricolato,  incallito  nel 
mal  fare.  -  Birbaccione,  accrescitivo  di  birba,  nei 
peggior  signilìcato,  e  quindi  di  persone  j^otl'e,  vol- 
gari e  sfacciate.  -  Birbante,  furfante  di  tre  cotte,  o 
di  tre  cotte  e  una  bollila,  incorreggibile,  matricolato: 
birbone  in  cremisi,  cima  di  birbante;  briccone  coi 
Rocchi;  briccone  della  più  bell'acqua,  fior  di  briccone; 
bricconcello,  dimin.  di  briccone.  -  Brigante,  bandito, 
niatandrino. 

Da  capestro,  di  persona  trista,  degna  della  forca, 
che  fa  cose  degne  della  forca.  -  Figura  sinistra, 
losca,  triste,  di  persona  che  si  rivela  al  primo 
sguardo  un  birbante.  -  Furfante,  birbante,  capace 
di  qualunque  azione.  -  Mal  vivente,  di  cattivo  sog- 
getto,  ladrone,  o  simili.  -  Mariolo,  furfante,  che  com- 
mette azioni  disoneste,  specialmente  truffe.  -  Pezzo  da 
catasta,  briccone  zotico.  -  Pirata  in  cappa  magna, 
di  briccone  usuraio,  ladro  rimpannucciato  in  panni 
nobileschi.  -  Tuttalana  (figur.),  di  persona  un  po' 
sospetta,  birba. 

Qualità',  azioni  oel  birbone. 
Insieme  di  birboni,  ecc.  —  Locuzioni, 

Birbonaggine,  qualità  di  chi  è  birbone:  birban- 
taggine, furfantaggine,  furfanteria,  guidoneria,  ini- 
quizia,  malizia,  nequitezza,  nequizia;  perfidia,  reità, 
ribaldaggine  ;  sciagurataggine,  sciaguratezza  ;  scelle- 
raggine,  scellerataggine,  scelleratezza  ;  tristizia;  orri- 
bilità, ribalderia,  sbriccaria;  scelerezza,  scelerità, 
scelleranza,  scelleratezza;  tristezza,  vitupero. 

Birbonata,  azione  da  birbante:  arfasatteria;  azio- 
nacela, azione  indegna:  baronata,  baroneria;  bir- 
banteria, birbata,  birberia,  birboneria  ;  bricconeria, 
canagliata;  cose  illecite,  cose  scomunicate;  diso- 
nestà, enormezza,  enormità;  fattaccio;  gherminella; 
indiavolio;  infamia,  infamità;  inganno;  iniqui- 
tà; malefatta,  malfatta;  malvagità,  mancinata;  ma- 
riuoleria;  operazione  torta;  turpitudine. 

Birbonaia,  accozzaglia  di  birboni.  -  Birbonaio, 
luogo  di  birboni.  -  Canaglia,  la  gente  usa  a 
vivere  di  bricconerie;  la  parte  peggiore  della />?e6e; 
bordaglia,  ciurmaglia,  ecc.  -  Vurfantaglia,  raccolta 
di  furfanti:  più  conmn.,  marmaglia. -il/azzo  completo!, 
di  un  insieme  di  ribaldi.  -  Ribaldaglia,  quantità  di 
ribaldi. 

Darsi  al  furfante,  a  tare  il  briccone.  -  Furfavr 
tare,  di  vagabondi  che  vanno  qua  e  là  facendo 
male  azioni  :  furfanteggiare.  -  Imbricconire,  diventar 
briccone.  -  Incanagliare,  incanaglire,  di  chi  diventa 
birbone.  -  Rimbricconire,  rafforza  imbrìcconire.  - 
Sbirbare,  far  la  birba.  -  Sbirbonare  (non  comune), 
fare  il  birbone;  sbricconeggiare. 

Aver  la  coscienza  più  sporca  d'un  baston  da  pol- 
laio, essercene  meglio  in  galera,  di  persone  birbanti 
al  sommo  grado.  -  Cane  non  mangia  cane,  i  bir- 
banti non  si  pregiudicano  fra  loro.  -  Con  lui  non 
s'è  da  far  un  pasto  buono,  riferibilmente  a  chi  è 
birbone.  -  Essere  come  carbone  acceso,  che  tinge 
e  scotta:  essere  capace  di  fare  quello  e  altro;  essere 
come  zolfanelli,  che  puzzano  da  ogni  capo:  essere 
bricconi,  tanto  o  poco.  -  Faccia  di  posali  HI,  faccia  da 
birbone.  -  La  mal' erba  non  more  mai:  di  persone 
tristi  che,  per  quanto  male  si  facciano,  son  sempre 
vive.  -  Proverbio:  Mal  tempo  e  mal  nome  poco  dura. 


Birboneggriare  (birboneggiato).  Fare  il  bir- 
bone. 

Bircio.  Detto  a  occhio. 

Birenie.  Antica  nave. 

Biribissi)  biribissaio.  Detto  a  griwoc^i  (d'az- 
zardo) . 

Birichinata.  Azione  da  birichino. 

Birichino.  Dicesi  di  ragazzo  impertinente.  • 
Di  persona  che  abbia,  dimostri  poca  onestà. 

Bl  rifrangente,  bu-ifranj,'enza.  Veggasi  a 
luce. 

Birillo.  Pezzetto  d'  avorio  pel  giuoco  del  bi- 
liardo. 

Biroccio,  biroccino.  Detto  a  baroccio  e  a  ba- 
roccino. 

Biróldo,  Carne  di  maiale  cucinata  con  varie 
droghe. 

Birra.  Bevanda  alcool ica,  ottenuta  principal- 
mente dall'orso  e  dal  luppolo,  dopo  una  sene  di 
operazioni;  bevanda  di  Cerere,  cenisia,  cerevisia, 
cervogia,  cervosa,  zito.  Varie  qualità  :  chiara,  scura, 
amara,  dolce,  ecc.  -  Birra  medicata,  preparazione 
risultante  dall'azioije  dissolvente  della  birra  su  una 
0  più  sostanze  medicamentose  (birra  antiscorbutica, 
birra  aperiente,  birra  cefalica,  ecc.).  Le  differenti 
qualità  di  birra  dipendono  dalle  materie  prime  im- 
piegate (orzo,  mais,  riso,  frumento,  ecc.),  dal  modo 
di  saccarificazione  adottato  per  la  trasformazione 
dell'awiido  in  destrina  e  maltosio,  nonché  dal  me- 
todo seguito  neìh  fermentazione.  Materie  prime  ne- 
cessarie alla  fabbricazione  della  birra:  l'acqua,  i 
cereali,  il  luppolo,  il  lievito.  -  Birraccia,  birra 
cattiva:  piscio  di  cavallo.  -  Birrone,  birra  forte: 
birra  doppia.  -  Birraio,  tabhricatore  e  venditore  di 
birra. 

Birraria,  birreria,  fabbrica  di  birra;  pubblico  sta- 
bilimento nel  quale  la  si  vende,  insieme  con  altre 
bibite.  -  Sciop  (ted.),  bicchiere  di  birra. 

Varie  qualità'  di  birra.  -  Altre  voci.  —  Ale, 
birra  inglese ,  molto  forte .  -  Birra  di  marzo, 
qualità  che  si  produce  e  si  beve  in  questo  mese.  - 
Faro,  birra  belga  molto  forte.  -  Cose,  qualità  di 
birra  bianca,  in  uso  specialmente  a  Lipsia.  -  Pilsen, 
birra  leggera,  frizzante  e  bionda,  comune  anche  in 
Italia  :  si  fabbrica  a  Pilsen,  in  Boemia.  -  Porter, 
birra  inglese,  quasi  nera  e  torte.  -  Saki,  specie  di 
birra  che  i  giapponesi  fanno  con  riso  :  è  alcoolica, 
inebriante.  -  2 a//a,  specie  di  birra  preparata  in  Abis- 
sinia  con  orzo  e  tuff,  o  col  dagussa  o  col  taddo.  • 
Zylhum,  birra  d'orzo. 

Birambrot,  zuppa  alla  birra.  -  Curmi,  bevanda 
degli  antichi,  fatta  d'orzo,  come  la  birra.  -  Ziiho- 
gala,  birra  e  latte.  -  f  om  Fas^,  scritta  tedesca  alle 
mescite  di  birra-  Bier  vom  fiass,  birra  di  botte, 
cioè  birra  fresca  corservata  in  fusti. 

Fabbricazione  della  birra 
Sostanze,  processi,  apparecchi,  malattie,  ecc. 

Orzo,  per  l'Italia,  il  cereale  di  maggiore  impor- 
tanza, anzi  l'unico  per  la  fabbricazione  della  birra; 
per  gli  altri  paesi,  in  seconda  linea,  il  mais,  il  riso, 
il  frumento,  l'avena,  ecc.  Le  varietà  d'orzo  all'uopo 
hanno  il  grano  ricoperto  di  glume.  -  Luppolo,  pian- 
ta dalla  famiglia  delle  cannabinacee,  contenente 
olio  essenziale  volatile,  resina,  tannino:  l'olio  essen- 
ziale procura  1*  aroma  e  il  profumo  alla  birra;  la 
resina  le  conferisce  il  sapore  amarognolo  caratte- 
ristico; il  tannino  contribuisce  a  dar  corpo  alla 
birra  e  a  conservarla. 


298 


BIRRA 


Amido,  materia  che  si  trova  nella  maggior 
parte  delle  piante,  in  modo  speciale  nei  semi  dei 
cereali  e  nei  tuberi  delle  patate:  per  l'azione  de- 
gli acidi  diluiti,  subisce  idrolisi,  cioè  assume  varie 
molecole  d'acqua,  si  scompone  a  strutture  moleco- 
lari più  semplici,  che  prendono  successivamente  il 
nome  di  destrina,  di  raaltosio  e  infine  di  glucosio. 
•  Desinile,  serie  di  corpi  intermedi  derivanti  dal- 
t'amido  sorto  l'azione  degli  acidi  diluiti  e  degli 
enzimi,  prima  di  arrivare  a  maltosio.  -  Maltosio, 
varietà  di  zucchero  prodotto  per  lo  sdoppiamento 
dell'amido  mediante  il  malto.  -  Glucosio,  ultimo 
termine  deil'idrolizzazione  dell'amido:  è  lo  zucchero 
fermenteseibile  per  eccellenza. 

Enzima,  fermento  chimico:  tali  la  diastasi,  la  mal- 
tasi,  ecc.  -  Diastasi,  enzima  che  idrolizza  l'amido, 
trasformandolo  in  prodotti  solubili,  tra  i  quali  de- 
strina, maltosio  e  traccie  di  glucosio.  -  Mattasi, 
fermento  che  presiede  alla  trasformazione  del  mal- 
tosio in  glucosio. 

Mallo,  nome  che  prende  l'orzo  dopo  che  fu  fatto 
germogliare  fuori  terra,  semplicemfinte  inumiden- 
dolo, poi  essiccato  e  separa;io  dai  germogli.  -  Mal- 
teria, stabilimento  industriale  che  provvede  alla 
produzione  del  malto.  -  Maltaggio,  l'operazione  del 
preparare  il  malto,  preceduta  dalla  cernita  del  grano 
0  dalla  sua  lavatura,  generalmente  praticato  nella 
stessa  vasca  che  serve  poi  per  la  sua  bagnatura 
(immergendo  l'orzo  in  acqua  da  sessanta  a  cento- 
venti ore). 

Germinazione,  il  germogliare  che  si  provoca  nel- 
l'orzo, dopo  la  bagnatura,  allo  scopo  principale  di 
produrre  la  diastasi,  atta  a  trasformare  l'amido  dei 
cereali  in  destrina  e  in  maltosio  fermenteseibile. 
La  durata  varia,  in  generale,  da  dieci  a  dodici 
giorni»  -  Cantina  di  germinazione,  locali  sotterranei 
nei  quali  si  mette  a  germogliare  l'orzo,  non  appena 
finita  la  bagnatura. 

Essiccamento,  operazione  successiva  alla  germi- 
nazione: si  pratica  entro  casse,  facendo  passare 
attraverso  queste  aria  secca;  ha  per  iscopo  di  so- 
spendere la  germinazione,  facilitare  la  separazione 
delle  radichette  e  favorire  la  conservdzione  del  malto. 
Si  pratica  V essiccamento  ad  aria  libera,  l'essiccamento 
per  mezzo  di  gas  riscaldati,  e  con  una  combina- 
zione di  questi  due  sistemi.  -  Essiccatoio,  apparec- 
chio pei*  l'essiccamento,  a  fumo,  ossia  a  fuoco  di- 
retto, 0  ad  aria  calda.  -  Separazione  dei  germi,  sepa- 
razione delle  radichette  :  operazione  necessaria  per- 
chè il  malto  possa  servire  alla  fabbricazione  della 
birra.  -  Vaglio  metallico,  apparecchio  all'uopo. 

Mosto  di  birra,  materia  zuccherina  che  si  ottiene 
con  l'ammostatura,  determinando  prima  la  trasfor- 
mazione dell'amido  dal  malto  in  zucchero,  cioè  in 
maltosio,  e  in  composti  di  natura  destrinosa,  ap- 
profittando della  diastasi  presente  nel  malto  stesso. 
Mosto,  propriamente,  si  chiama  il  liquido  zucche- 
rino ottenuto  mediante  opportuna  miscela  di  farina, 
malto,  luppolo  ed  acqua,  atto  a  trasformarsi  in 
birra  mediante  il  processo  fermentativo.  Lo  si  pre- 
para con  tre  operazioni:  macinazione  del  malto; 
trattamento  con  acqua  calda  del  malto  macinato; 
cottura  del  mosto  e  introduzione  del  luppolo.  -  Tino 
di  saccarificazione,  vaso,  ora  per  lo  più  metallico, 
nel  quale  dal  malto  frantumato  si  estrae  il  mosto, 
mediante  trattamento  con  acqua  calda.  -  Idratare, 
apparecchio  che  assicura  il  più  perfetto  incorpora- 
mento del  malto  frantumato  nell'acqua.  -  Caldaia, 
apparecchio  nel  quale  il  mosto  deve  essere  portato 
all'ebollizione  prima  di  passare  nel  tino  di  lermen- 


fazione.  -  Decozione,  infusione,  nome  generico  dei 
due  principali  sistemi  adottati  per  ridurre  in  mosto 
la  miscela  di  acqua  e  di  malto:  decàziafie  a  mosta 
chiaro,  decozione  a  mosto  torbido,  ecc.  -  Agitatore. 
arnese  che  meccanicamente  rimuove  la  miscela.  -• 
Trebbie,  le  parti  insolubili  del  malto  riJoaasto  sul 
tino  di  saccarificazione,  dopo  l'uscita  deljinosto. 

Cottura  del  mosto,  operazione  che  si  fa  per  pro- 
vocare nel  mosto  la  sterelizzazione  di  questo,  la 
coagulazione  di  molti  materiali  di  natura  azotata 
(per  cui  si  inizia  anche  una  prima  chiari ficazioiie), 
lo  scioglimento  di  alcuni  componenti  essenziali  del 
luppolo,  la  concentrazione  e  \ìì  colorazione  del  mo- 
sto. -  Raffreddamento  del  mosto,  operazione  per  la 
quale,  fermato  il  fuoco  sotto  la  caldaia,  si  fa  scen- 
dere il  liquido  bollente  sopra  il  filtro  del  luppolo 
(specie  di  staccio  metallico),  perchè  si  raffreddi-, 
rapidamente,  alla  temperatura  più  favorevole  per  la 
fermentazione  alcoolica.  -  fìinfrescatoio,  largo  ba- 
cino metallico,  in  lamiera  di  ferro  galvanizzato,  sul 
quale  il  mosto  si  stende,  si  raffredda,  si  chiarifica 
e  subisce  una  intensa  ossidazione.  -  Refrigeranti, 
apparecchi  per  ottenere  il  rapido  raffreddamento 
del  mosto.  -  Sacchi  a  torbido,  sacchi  a  tessuto  molto 
serrato  per  filtrare  l'ultima  parte  del  mosto,  che 
scola  sempre  torbida  dal  rinfrescatoio.  Allo  Stesso 
scopo  sono  usati  i  cosidetti  filtri  pressi. 

Lievito,  agente  della  fermentazione:-  consta  di 
microrganismi  chiamati  saccaromyci;  influisce  sul- 
l'insieme dei  prodotti  sapidi  che  costituiscono  il. 
bouquet  della  bevanda  fermentata,  dà  ai  mosti  ca« 
ratteri  di  limpidità  e  di  gusto.  Si  hanno  lieviti 
misti,'  lieviti  selezionati,  cioè  con  varie  razze  o  con 
una  sola  razza  di  saccaromyci.  -  Fermentazione, 
lievitazione  del  mosto  di  birra,  con  effetto  di  de- 
comporre il  maltosio  in  alcool  e  in.  anidride  car- 
bonica: fermentazione  alta,  a  teniperatura  da  i2 
a  21  centigradi;  fermentazione  bassa,  dai  Ò  a.  7  cen- 
tigradi. Si  distingue,  poi,  la  fermentazione  primaria; 
0  tumultuosa,  e  la  fermentazione  secondaria,  o  com- 
plementare. -  Semina  del  lievito,  aggiunta,  introdu- 
zione di  questo  nei  tini,  in  misura  richiesta  dalla 
quantità  del  mosto  sottoposto  alla  fermentazione. 

Schiuma  della  birra,  aggregato  di  bollicine,  di 
gallozzoline  ripiene  d'aria,  formate  dall'acido  car' 
Ionico,  prodotto  normale  della  fermentazione  e  com- 
ponente essenziale  della  birra. 

Chiarificazione  della  birra,  processo  per  renderla 
limpida:  all'uopo  si  impiegano  f/Mccto/t  dt  noccmofo, 
0  gelatina,  o  filtri,  o  sostanze  albuminoidi.  -  nitra- 
zione, metodo  razionale,  e  il  più  generalmente 
usato,  di  chiarificazione  artificiale  -  Pasto rizzazione, 
trattamento  della  birra,  per  prevenire  le  facili  al- 
terazioni dovute  allo  sviluppo  di  germi  infettivi, 
causa  di  malattie.  -  Spillatura,  il  cavare  la  birra 
dalle  botti  di  conservazione  per  introdurla  nei  fusti 
di  spedizione  o  nelle  bottiglie. 

Difetti,  malattie.  -  Tórbido,  alterazione,  di  natura 
essenzialmente  chimica,  capace  di  alterare  profon- 
damente le  buone  qualità  della  birra.  Cosi:  il  tor* 
bido  dell'amido  (causato  dalla  imperfetta  saccarifica- 
zione di  questo),  il  torbido-  di  resina  (dovuto  alla 
presenza  di  resina  che  precipita),  il  torbido  di  ' 
glutine  (dovuto  alla  presenza,  nella  birra,  di  un 
precipitato   di  natura   glutinosa). 

Malattie  della  birra  :  alterazioni  delle  sue  buone 
qualità,  prodotte  da  microrganismi  di  vària  natura, 
che  in  essa  si  sviluppano.  Closi  ì'acetificdzione,  la 
fermentazione  lattica,  la  fermentazione  putrida,  la 
fermentazione  viziosa,  ecc. 


HUiHAlO    —    BISOGNO 


299 


Birraio,  birreria.  -  Detto  a  birra, 

Birro.  Sgherro,  agente  di  bassa  polizia:  sbirro, 

zaffo. 
Bis.    Acclamazione,    applauso    in    teatro  o 

altrove,  per  far  ripetere  una  parte  dello  spettacolo. 

Bisàccia.  Specie  di  sacco. 

Bìsantino  {.bisantino).  (ìenere  di  architettura 
che  trasse  origine  da  Bisanzio. 

Bisarcàvolo.  Padre  dell'arcàvolo  o  dell'arcà- 
vola: veggasi  ad  avo  e  a  2>«»'fM<ei«' 

Bisàvola,  bisàvolo  {Usava,  bisdvo).  Detto  ad 
avo  e  a  parentela. 

Bisbètico.  Strano,  stravatrante,  bizzarro. 

Bisbigliare, bisbiglio  [bisbiiilialo).  Wparìare 
piano  piano,  il  dire  sottovoce  e,  talvolta,  dir  male. 

Bisbòccia.  Ribotta,  banchetto  fra  amici. 

Bisca  (biscaiuolo,  biscazziere;  biscazzare).  Luogo 
dove  si  tiene  giuoco. 

Biscanto.  Detto  a  canto. 

Bischènco.  Cattiva  burla. 

Bischero.  Veggasi  a  musicali  istrumenti 
{a  corda). 

Bischètto.  Tavolino  da  calzolaio. 

Biscia.  Detto  a  serpe. 

Bisciarra.  Sorta  di  pietra. 

Bisciola,  bisciolo  fvisciola,  viscioloj.  Veggasi 
a  ciliegio. 

Biscottare  (biscottato).  Detto  a  biscotto. 

Biscotteria.  Detto  a  biscotto. 

Biscottino.  Piccolo  biscotto.  -  Piccolo  colpo 
dato  COI  la  punta  del  dito  indice  o  del  medio. 

Biscotto.  Aggiunto  di  pane  cotto  due  volte  e 
anche  cotto  tanto  che,  toltagli  ogni  umidità,  non 
possa  fermentare;  anche,  pasta  dolce  preparata  come 
il  pane  biscotto.  -  Biscotto  medicinale,  quello  che 
contiene  sostanze  medicamentose.  Tali  il  biscotto 
antisifìlitico,  il  biscotto  ferruginoso,  il  biscotto  purga- 
tivo, il  biscotto  vermi  fugo  j  ecc.  -  Biscottino,  pezzetto 
di  pasta  con  zucchero  o  altro,  cotto  amo'  di  biscotto. 

Baicolo,  specialità  di  biscotto  veneziano  -  Biscotti 
inglesi,  pastine  da  the,  bianche,  fini.  -  Buccellato, 
specialità  di  biscotto  lucchese.  -  Galletta  o  gaietta, 
biscotto  speciale  preparato  per  soldati  e  per  mari- 
nari. -  Pick-frean  (ingl.),  sorta  di  biscottini  bianchi 
chiusi  in  lattoni,  di  varie  forme  geometriche. 

Biscottare  (biscottato),  cuocere  a  modo  di  biscotti.  - 
Biscotteria,  assortimento  di  biscottini  e  altre  simili 
paste.  Luogo  nel  quale  si  cuociono  e  si  vendono  i 
biscottini,  i  biscotti  e  altre  paste  del  genere. 

Biscroma.  Segno  nella  musica. 

Biscugina,  biscug-ino.  Detto  a  cugino. 

Bisdrùcciolo    Detto  a  j^t^t'ola  e  a  verso. 

Bisellio.  Antica  sedia. 

Bisessuale,  bisessualità     Veggasi  a  sesso. 

Bisestile.  Detto  ad  anno. 

Bisèsto.  Detto  a  giorno. 

Bisettore,  bisettrice.  Veggasi  a  piano  e  a 
line  I. 

Bisezione.  Veggasi  a  dividere. 

Bisillabo.  Detto  a  parola  e  a  sillaba» 

Bislacco.  Stravagante,  bizzarro. 

Bislungo.  Più  lungo    che  largo. 

Bismuto.  Metalloide  di  color  bianco  roseo,  lu- 
cente, che  si  trova  in  natura  tanto  allo  stato  libero 
che  combinato  con  altri  corpi.  -  Bismuto  acicolare, 
il  solfuro  di  bismuto,  piombo  e  rame.  -  Bismutilo, 
il  radicale  dei  composti  di  bismuto  -  Bismutina,  il 
sesquisolfuro  di  bismuto.  -  Bismulite,  il  carbonato 
idrato  di  bismuto.  -  Burro  di  bismuto,  cloruro  anidro 
di  bismuto.  -  Lattato  di  bismuto,  sale  bianco,  in  forma 


cristallina,  che  si  prepara  mescolando  acido  nitrico, 
saturato  con  ossido  di  bismuto,  con  una  soluzione 
concentrata  di  lattato  dì  ao&a..- Magistero  di  bismuto, 
nitrato  basico  o  soltonitrato  di  bismuto. 

Bisnipóte.  Detto  a  nipote  e  a  parentela. 

Bisnònna,  bisnònno.  Detto  ad  av->  e  a  pa- 
rentela. 

Bisogna.  Faccenda,  affare. 

Bisognare  (bisognevole,  bisognoso)  Far  di 
hisogno. 

Bisogno.  In  genere,  sensazione  penosa  causata 
dalla  privazione  di  qualche  cosa:  mancanza  (man- 
camento, esigenza,  mestiere,  uopo)  di  cosa  necessaria 
0  utile;  la  cosa  stessa  che  ci  abbisoi;na  e  la  quan- 
tità di  essa;  quanto  basta  di  cosa  m^cessaria.  Anche, 
quell'inquietudine  per  cui  un  desiderio  vivo,  co- 
munque nasca,  cerca  di  essere  appagato.  11  bisogno 
può  essere  assoluto,  estremo,  inevitabile,  prepotente, 
stringente,  urgente,  ecc.  -  Bisognevole,  la  cosa  che 
fa  di  bisogno.  -  Bisognoso,  chi  o  che  badi  bisogno, 
é  povero,  privo,  scarso,  ha  mancanza  d'al- 
cunché: abbisognante,  Disognante,  bisognevole,  ne- 
cessitoso. -Astretto,  astrettissimo  dalbisogno,  bisognoso 
assai  e  urgentemente.  -  Pigolone,  chi  sta  sempre  a 
chiedere,  a  dire  che  ha  bisogno. 

Bisogni  artificiali,  fittizi,  quelli  che  si  creano  con 
V  abitudine.  -  Bisogni  cerebrali  propriamente  detti, 
quelli  morali  e  intellettuali.  -  Bisogni  morali,  del- 
l'uomo, Vantare  e  l'essere  amato,  il  dar  prova  od 
esempio  di  virtù,  il  distinguersi,  il  farsi  onore, 
il  cattivarsi  V affetto  e  la  stima;  l'aspirazione  a 
vivere  in  libertà;  quanto,  nel  senso  buono  della 
parola  e  fino  a  un  certo  limite,  costituisce  1'  am- 
bizione. -  Bisogni  naturali,  nell'uomo  e  negli  ani- 
mali, la  fame,  la  sete,  l'andar  del  corpo  (veggasi 
a  defecazione),  la  voglia  di  camminare,  di 
prender  riposo,  di  dormire;  anche,  di  procurarsi 
qualche  divertimento,  qualche  piacere,  qualche 
godimento,  a  ricreazione  della  mente,  dello  spi- 
rito. -  Bisogni  primitivi  o  naturali  :  circolazione^ 
digestione  e  respirazione.  -  Bisogni  sensitivi, 
quelli  voluttuosi. 

Bisognino,  dimin.  e  vezzeggiativo  di  bisogno.  - 
Distretta,  bisogno  urgente,  stringente:  angustia.  - 
Esigenza,  ciò  che  é  conveniente,  è  espediente  per 
un  bisogno.  -  Miseria,  la  povertà  estrema.  -  Neces- 
sità, bisogno  estremo,  assoluto,  e  necessario  l'og- 
getto, la  cosa  che  ci  occorre.  -  Occorrenza,  il  bisogno 
del  momento,  o  di  conseguire  una  cosa  che,  se  pur 
non  necessaria,é  però  sempre  utilissima:  fabbisogno. 

-  Occoìrente,  la  cosa  di  cui  abbiamo  occorrenza.  - 
Povertà,  la  scarsità  di  mezzi  per  sopperire  ai  biso- 
gni della  vita.  ■  Stento,  il  patimento  del  necessario. 

-  Superfluità,  sovrabbondanza  di  mezzi  per  sopperire 
ai  bisogni  :  ciò  che  è  superfluo.  -  Urgenza,  bisogno 
immediato.  -  Utilità,  il  giovamento  che  si  trae  dal  con- 
seguimento di  cosa  che  ci  occorre,  pur  non  abbiso- 
gnandone strettamente  -  Utile,  che  apporta  utilità. 

Aver  bisogno:  abbisognare,  aver  necessità,  aver 
carestia,  aver  d'uopo,  aver  fame,  aver  mestieri;  bi- 
sognare; esser  bisognoso,  in  bisogno;  indigere, 
essere  indigente.  -  Patire,  mancare,  di  cose  ne- 
cessarie. -  Sopperire,  supplire  a  un  bisogno,  prov- 
vedere, •  Essere  un  pozzo  secco,  aver  molti  bisogni. 

Essere  di  bisogno:  abbisognare,  bisognare,  essere 
giuocoforza,  essere  necessario,  essere  necessità; 
essere,  fare  d'uopo;  doversi;  far  di  bisogno;  far 
mestieri,  di  mestieri;  occorrere,  richiedersi,  volerci. 

-  Accadere,  venire  a  bisogno 

Bastare  al  bisogno:   essere    a   bastanza,    abbfV' 


300 


BISOGNO   CORPORALK   —   BIZZARRO 


ffanza;  averne  a  sufficienza  (di  quella  qualunque 
cosa  della  quale  si  è  in  bisogno), 

Proverbi.  —  Chi  non  ha  bisogno  é  in  debito,  verso 
i  molti  che  hanno  bisogno.  -  //  bisogno  fa  buon 
fante,  il  bisogno  fa  l'uomo  bravo.  -  Il  pane  è  la 
pace  di  casa,  le  liti  nascono  spesso  dal  bisogno.  - 
La  fame  caccia  il  lupo  dal  bosco,  il  bisogno  aguzza 
le  facoltà  degli  uomini  e  li  spinge  a  lavori  arditi 
e  faticosi.  -  Ogni  trista  acqua  cava  la  sete,  tutto 
giova  nel  bisogno.  -  Serbarsi  ima  pera  per  la  sete, 
qualche   cosa  per  quando  se  ne  avrà  bisogno. 

Bisogno  corporale.  Detto  a  defecazione. 

Bisog-nòso.  Che  ha  bisogìio, 

Bisolfato.  Detto  a  solfato. 

Bisolfuro.  Veggagi  a  zolfo. 

Bisonte.  Il  hue  selvatico. 

Bisso.  Sorta  di  tela  di  lino. 

Blssolite.  Varietà  di  atnianto. 

Bissona.  Grossa  barca  veneziana. 

Bistecca.  Fetta  di  carne  cotta  sulla  gratella: 
costoletta  ai  ferri;  carbonata.  -  Bistecca  alla  cac- 
eialora,  burraia,  fiorentina,  panata,  ecc.;  piena,  in 
qualche  luogo  della  Toscana,  dicesi  la  bistecca  con 
l'osso  nel  mezzo  o  da  una  parte;  vuota,  quella 
senza.  -  Beef-steak,  secondo  l'ortografia  inglese,  pezzo 
di  bue:  biftek,  si  dice  in  francese  e  anche  da  noi. 

Bisticciare  {bisticciato).  Altercare,  venire  a 
litigio,  fare  un  bisticcio. 

Bisticcio.  Giuoco,  scherzo  di  parola,  di  pa- 
role: bischizzo,  calembour;  doppia  freddura;  allit- 
terazione, anfibologia,  annominazione  ;paranomasia, 
parlare  anfibologico,  polisenso.  -  Pompierata,  voce 
d'uso  giornalistico. 

Bisticcevole,  bisticcievole,  di  bisticcio.  -  Bisltccevol- 
mente,  anfibologicamerte,  con  bisticcio.  -  Bisticciare, 
bisticcicare,  far  bisticci.  -  fredduraio,  freddurista, 
frizzotto,  giocator  di  parole,  pompiere,  chi  fa  bisticci. 

Bistondo.  Che  ha  del  fondo. 

Bistorto.  Contorto,  torto  per  ogni,  verso. 

Bistrattare  (bistro ttamenlo,  bistrattato).  Strapaz- 
zare,  maltrattare. 

Bistori,  bisturi.  Strumento  chirurgico:  bistu- 
rino,  coltellino  chirurgico,  gammautte;  ha  forma  di 
piccolo  coltello  da  tasca,  costituito  da  una  lama, 
variamente  conformata,  e  da  un  manico  d'avorio,  di 
corno,  di  tartaruga  o  d'altra  sostanza.  La  lama  è 
mobile  sul  manico  mediante  un  chiodetto,  che  attra- 
versa l'estremità  posteriore  ottusa,  o  tallone  della 
lama.  Retto  lineare,  ottuso,  convesso,  falcato,  retto, 
uncinato,  il  bisturi  a  seconda  della  forma  che  ha. 
•  Botlonuto,  bistori  speciale,  che  può  essere  intro- 
dotto nelle  cavità  senza  ledere  i  tessuti  -  Cefalo- 
tomo,  bistori  per  la  sezione  del  capo  del  feto.  -  Chera- 
tótomo,  bisturi  per  l'operazione  della  cataratta.  - 
ColtelU),  scalpello,  il  bisturi  con  lama  fissa  sul  ma- 
nico. -  Lima,  il  bisturi  a  lama  triangolare.  -  Con- 
drotomo,  il  bisturi  che  serve  a  sezionare  o  dissezio- 
nare le  cartilagini.  -  Erniotomo,  bisturi  da  ernia.  • 
Periosteólomo,  bisturi  usalo  a  distaccare,  per  sezione 
soUocutanea.  una  parte  di  periostio  da  un  tumore 
osseo. 

Bisulco.  Detto  a  unghia. 

Bitangente.  Detto  a  tangente, 

Bitartrato.  Detto  a  tartrato. 

Bitelefono.  Detto  a  telefono. 

Bitòrzolo.  Rialto,  piccolo  crescimento  sulla 
pelle  degli  animali,  sulla  corteccia  delle  piante, 
ecc.:  bernòccolo,  bitorzo,  bottoncino,  caruncola,  ca- 
torzolo, cece,  cicciuolo,  cicciotto,  pentolino,  tuber- 
colo, tuberottolo,  verruca,  vescica.  -  Bitorzolello, 
piccolo  bitòrzolo.  -  Bitorzoluto,  pieno  di   bitorzoli, 


abbozzato,  bitorzolato,  bozzoluto,  bronchiuto,  broc- 
coloso,  broccoluto,  broccoso;  ronchioso,  ronchiuto; 
tuberoso,  tubercoluto. 

Bsì^noccolo,  gibbosità,  rilievo  in  qualche  parte  del 
corpo  umano  per  irregolarità  delle  ossa,  più  spe- 
cialmente della  testa:  bernocchio,  brugnoccolo,  bozza, 
gobba;  prominenza,  protuberanza.  -  Bernoccoluto,  che 
ha  bernòccoli  :  bernoccolato,  brugnoccoloso,  calluto. 

Bitta,  bitte.  Arnesi  di  legno  per  la  manovra 
di  una  nave. 

Bitume  (bituminoso),  Sostanza  combustibile, 
simile  al  catrame,  composta  di  carbonio,  idrogeno 
ed  ossigeno,  sparsa  in  varie  stratificazioni  della  crosta 
terrestre  e  prodotta  dalla  decomposizione  degli  im- 
mensi depositi  di  vegetali  che  costituiscono  i  carboni 
fossili.  -  Bituminoso,  contenente  bitume.  -  Bituminare, 
spalmare  con  bitume:  imbituminare. 
'  Atbertite,  varietà  di  asfalto.  -  Asfalto,  bitume  nero, 
solido,  secco,  friabile,  infiammabile:  hìtnme  giudaico. 
-  Catrame  minerale,  sorta  di  bitume.  -  Giavazzo, 
bitume  nero  che,  indurito,  riceve  un  bel  lustro.  - 
Grahamite,  varietà  di  asfalto,  che  si  trova  nella 
Virginia  dell'Ovest.  -  Malta,  sorta  di  bitume  neric- 
cio simile  alla  pece,  -  Nafta,  bitume  liquido,  vola- 
tile, infiammabilisssimo,  simile  al  petrolio.  •  Pece 
minerale,  sorta  di  bitume.  -  Piligno,  legno  bitumi- 
noso. -  Ptssasfalto,  sorta  di  bitume  nero. 

Biureto.  Composizione  organica  che  si  ottiene 
scaldando  ['uva. 

Biuta.  Detto  a  grano. 

Bivacco  (bivaccamentoj.  Detto  ad  accampa- 
mento e  a  marcia. 

Bivalente.  Termine  di  chimica. 

Bivalve,  bivalve.  Con  doppio  guscio:  dicesi 
di  testaceo. 

Bivio.  Veggasi  a  strada  e  a  via,  -  Figurativo, 
incertezza. 

Bizantina,  bizantino.  Forma  di  arte,  stile 
di  architettura.  -  Veggasi  anche  a  collezione, 
a  moneta,  a  storico. 

Bizza  (bizzoso).  Stizza,  ira. 

Bizzarramente.  In  modo  bizzarro. 

Bizzarria.  Detto  a  bizzarro. 

Bizzarro  (bizzarria).  Di  persona  stravagante;  chi 
ha  idee  e  modi  strani;  di  cosa  stramba,  tanto  o 
poco  fuori  dal  comune  Balzano,  barocco,  bisbètico 
capriccioso,  cervellotico,  eccentrico,  estroso,  eterò- 
clito; fantasioso,  fantastico;  ghiribizzoso,  sghiribiz- 
zoso; lunatico,  pazzerello,  pazzo  e  mezzo;  pieno  di 
grilli  ;  sperticato,  strambo,  strampalato,  stravagante, 
extravagante. 

Bislacco,  stravagante,  senza  garbo  né  grazia,  né 
ingegno  (6isiaccone,accresc.  di  bislacco;  bislaccheria, 
azione  da  bislacco)  ;  bislacca,  di  cosa  fatta  bizzarra- 
mente, malamente.  -  Originale,  chi  o  ciò  che  è  biz- 
zarro, strano,  diverso  dal  comune. 

Persona  bizzarra:  bistondo,  bel  tomo,  buon  tomo; 
capo  a  cantoni,  capo  a  sghimbescio;  cervellaccio, 
cervellino,  cervello  armonico,  cervello  sventato, 
cervello  fatto  a  tornio;  cervelluzzo,  fatto  a  sghimbe- 
scio; girellalo,  spiritaccio,  strampalatone.  -  Bell'u-' 
more,  spirito  bizzarro,  originale. 

Bisbetico,  strano,  o,  come  dicono  gli  inglesi,  eccen- 
trico. -  Capo  ameno,  capo  armonico,  capo  matto, 
capo  scarico,  bizzarro  piacevole.  -  Curioso,  di  per- 
sona che  ha  opinioni,  idee  strambe,  non  ragionevoli, 
che  rasentano  il  ridicolo;  anche,  di  cosa  strana.  - 
Mattacchione,  di  persona  mattamente  bizzarra.  •  Pti 
lunatico  che  i  granchi,  di  persona  molto  bizzarra.  • 
Sui  (jeneris  (lat.,  di  natura  propria,  singolare,  unitay: 


BIZZÒCA     —    BOCCA 


301 


dicesi  per  indicare   p«r-wna  o   cosa   che   è   unico 
saggio  del  suo  genere. 

"bizzarria,  qualità  di  chi  é  bizzarro;  tendenza  biz- 
zarra; pensiero,  sentimento  bizzarro;  cosa  bizzarra- 
mente inventata  e  compiuta:  bisbeticheria,  capestreria 
capriccio,  cervellaggine;  chiribizzo,  ghiribizza- 
mento,  ghiribizzo,  sghiribizzo;  disorbitanza;  eccen- 
tricità, estro;  falavesca,  fantasticaggine,  fantastiche- 
ria; farfalletta,  girella,  girimèo, grillo;  licenza  poetica 
(nell'uso);  strafizzèca;  strampaleria,  stranezza;  stra- 
vaganza, estravaganza,  velleità  dello  spirito.  -  Lazzo, 
caso  bizzarro,  strano.  -  Rococò  o  roccocò,  noto  stile 
architettonico  in  Francia  del  tempo  di  Luigi  XV, 
(secolo  XYII),  caratterizzato  da  bizzarre  e  stravaganti 
esagerazioni  e  ridondanze. 

Modi  di  dire.  —  Essere  bizzarro,  avere  i  grilli; 
avere  il  pallio  dei  cervelli  balzani;  avere  la  luna, 
le  lune;  avere  le  paturne,  le  paturnie;  avere  il 
cervello  fatto  a  orioli.  -  hruìlare  il  cervello,  essere 
pieni  di  pensieri  bizzarri.  -  Imbizzarire,  saltare  il  ghi- 
ribizzo, il  divenir  bizzarro,  -  Sbizzarrire,  sfogare 
la  propria  bizzarria  in  una  cosa. 

Di  persona  bizzarra:  Chi  l'ha  stampato  costui?  - 
E'  da  manicomio  I  •  E'  malato  del  solito  male!  -  E' 
malato  sotto  la  radice  dei  capelli!  -  Non  é  di  quelli, 
è  di  quell'altri!  •  Che  gabbia  di  matti!,  di  una 
combriccola  di  persone  bizzarre. 

Bizzòca,  bizzòco.  Detto  a  bigotto. 

Bizzoso.  Facile  all'ira. 

Blandire  {blandimento  blandito).  Veggasi  a  ca- 
rezza e  a  lusinga. 

Blandizie.  Detto  a  carezza  e  a  lusinga. 

Blando.  In  modo  affabilcj  anche  con  carezza^ 
con  lusinga.  -  Di  niedicaniento  non   gagliardo. 

Blasfema  (blasfemar  e). ho  stesso  che  hesfeniniia. 

Blasóne  (blasònico).  Detto  ad  araldica  e  a 
strniìna. 

Blasto.  Detto  ad  embrione, 

Blastocardio.  Il  cuore  primordiale. 

Blastocisti,  blastoderma.  Veggasi  a  em^ 
brione. 

Blaterare,  blaterone  (blaterato).  Detto  a 
cidvlare. 

Blatta.  Lo  scarafaggio. 

Blefarite,  blefaroplastia,  blefaroplasma, 
Detto  a  palpebra. 

Blenda.  Detto  a  zinco. 

Blennoragla',  blennorragia  (blennoragico , 
bìennorragico).  Lo  stesso  che  gonorrea. 

Blèso.  Chi  ha  pronunzia  difettosa. 

Bleu,  blu.  Veggasi  ad  azzurro. 

Blinda,  blindare  (blindato).  Detto  a  forti- 
ficazione. 

Bloccare  (bloccato).  Modo  di  assedio. 

Blòcco.  Modo  ^'assedio,  •  Termine   di   com- 
tnercio'.  il  comperare  o  iì  vendere  senza  conteg- 
giare particolarmente  il  prezzo  delle  varie  merci. 
.    Blòcco.  Ammasso  minerale,  roccia,  pietra. 

Blocco  pacifico.  Detto  a  guerra. 

Blonda.  Sorta  di  trina. 

Blusa.  Detto  a  camiciotto. 

Boa.  Grosso  serpente.  -  Rotolo  di  pelliccia. 

Boato.  Forte  rum^ore  di  voce.  -  Rombo  di 
valicano,  di  tuono. 

Bòba.  Detto  a  liquido. 

Bobina.  Detto  a<l  elettrocalanhtta. 

Bocca.  Nel  linguaggio  comune,  la  cavità  sim- 
metrica  nella  parte  inferiore  della  faccia  umana, 
esternamente  limitata  dalla  regione  labiale  e  sotto 
forma  di  fenditura  trasversale,  fra  il  naso  e  il  mento; 


negli  animali  per  lo  più,  orifizio  nella  parte  supe- 
riore del  muso.  In  un  caso  e  nell'altro,  organo  che 
serve  [ìrincipalmiMile  all'  introduzione  deW'aliìnento 
all'emibsione  dei  suoni,  della  voce,  e  per  simpatia 
0  come  organo  secondario,  alla  respirazione.  La 
bocca  quindi,  nell'uomo  e  nell'animale,  serve  anzi- 
tutto a  mangiare,  a  masticare,  a  bere,  a  sor- 
bire,  a  respirare,  ^succhiare;  per  molti  animali, 
a  mordere,  a  sbranare.  Nell'uomo  poi,  da  sola  o 
in  concorso  di  altri  organi,  o  per  azione  riflessa, 
si  presta  o  concorre  a  diverse  funzioni  :  a  dire, 
a  parlare,  a  cantare,  a  declamare,  a  reci- 
tare; a  fischiare,  a  gridare,  a  soffiare;  a 
fumare,  a  sbadigliare,  a  sputare,  a  vomitare, 
a  ridere,  a  sorridere,  a  piangei'e  :  a  sbuffare, 
a  sosjìirare,  a  7'uttare,  a  tossire;  a  bestem- 
miare, a.  gemere,  ?i  urlare  ;  a  proferire  qualche 
esclamazione,  ad  aj)j)faudire,  a  brontolare, 
ad  espettorare,  ecc.  Nella  bocca  si  fa  la  prima 
digestione. 

Voci  usate  figuratamente  da  antichi  scrittori,  in- 
vece di  bocca:  becco,  fauci,  grifo,  labbra,  morfia, 
porta,  mastra  porta;  riso.  -  Boccheresco,  della  bocca. 
•  Dalla  bocca:  donde  si  fa  motto.  -  Nella  bocca:  tra 
labbro  e  labbro;  per  le  fauci;  tra  perle  e  viole, 
fra  perle  e  rubini  (di  bella  bocca).  -  Con  la  bocca  verso 
terra,  maniera  di  atteggiamento:  boccone,  bocconi; 
a  boccone,  a  bocconi. 

Figure  e  parti  della  bocca. 

Figure.  —  Bocca  aguzza,  la  bocca  con  le  labbra 
strette  e  appuntate  in  segno  di  dispetto.  -  Bocca 
bella,  pètalo  di  rosa;  beccuzza  rubi nosa,  rubinesca; 
bocca  sparsa  di  natio  cinabro.  -  Bocca  fatta  a  far- 
dolo,  più  tonda  che  larga. 

Bocca  grande,  larga,  boccaccia,  boccona,  boccone; 
boccaccia  arcisdruscita;  bocca  svivagnata;  bocca  di 
forno,  bocca  di  fogna;  bocca  da  dar  ripiego  a 
un  tino  di  mele  cotte;  bocca  donde  si  può  uscire  in 
carrozza;  bocca  in  cui  entra  il  poco  e  l'assai.  - 
Boccalone,  boccata,  boccuto,  chi  ha  una  bocca  grande. 

Bocca  piccola  :  bocchetta ,  bocchina ,  bocchino 
(anche,  bocca  gentile  di  donna),  boccuccia,  boccuzza. 

Bocca  sferrata  o  senz'osso,  che  ha  meno  i  denti  di- 
nanzi. -  Squarciata,  bocca  sgangherata,  grande  e 
mal  fatta.  -  Stanferna,  di  bocca  esageratamente 
larga.  -  Strappata,  bocca  con  qualche  cosa  di  man- 
cante 0  di  lacero.  -  Torta,  la  bocca  con  labbra 
spostate,  scomposte. 

Bocchino  di  zucchero,  di  miele,  da  sciorre  aghetti, 
di  bocca  ben  fatta,  con  le  labbra  atteggiate  al  sor- 
riso. -  Gargana,  dicesi  della  bocca  quando  è  aperta, 
spalancata  tanto  da  far  vedere  !a  gola. 

Aspettare  il  merlo,  stare  a  bocca  aperta. 

Parti  e  appartenenze.  —  Amigdale,  parotidi, 
tonsille,  due  glandole  che  circondano  i  pilastri  del 
velo  palatino.  -  Cassero  della  bocca,  la  bocca  con 
tutte  le  sue  appartenenze.  -  Cingolo  esofageo,  osso 
dietro  la  bocca,  nel  quale  passa  l'esofago.  -  JDente, 
ciascuno  dei  piccoli  ossi  che  sono  confitti  negli  al- 
veoli delle  mascelle  e  servono  alla  masticazione  dei 
cibi.  -  Digastrico,  muscolo  della  mascella.  -  Fa- 
ringe, cavità  posta  nella  parte  superiore  del  collo: 
chiude  la  bocca  posteriormente  e  continua  con 
l'esofago:  retrobocca. 

Gengiva,  quella  porzione  di  mucosa  orale  che, 
sostenuta  da  tessuto  connettivo,  avvolge  il  collo 
del  dente  e  vi  aderisce  {gengivale,  appartenente  alla 
gengiva).  -  Glandole  salivari,  gli  organi  destinati  alla 


oO  i 


preparazione  e  secrezione  della  saliva,  situati  nella 
cavità  boccale.  -  Gola,  la  parte  interna  ed  esterna  de  1 
collo.  -  Istmo  della  gola,  lo  spazio  tra  la  base 
della  lingua,  i  pilastri  e  il  velo  palatino.  -  Guancie, 
le  due  parti  carnose  che  limitano  lateralmente  la 
bocca:  veggasi  a  guancia.  -  Ioide,  piccolo  osso, 
di  forma  parabolica,  fra  la  base  della  lingua  e  la 
laringe  {ioideo,  avente  relazione  con  lo  ioide).  - 
Istmo  delle  fauci,  stretto  per  cui  la  bocca  comunica 
con  la  faringe.  -  ia&&ro,  ciascuna  delle  due  parti 
carnose  e  vermiglie  che  formano  il  contorno  della 
bocca.  -  Lingua,  principale  organo  del  gusto  e  per 
l'articolazione  della  voce. 

Mandibola  o  mandibula,  la  mascella  inferiore. - 
Mascelle,  i  due  ossi  circolari  ricoperti  dalle  guancie 
e  dalle  labbra,  nei  quali  sono  intissi  i  denti:  ga- 
nasnie.  -  Massetere,  o  masselerio,  grosso  e  forte  mu- 
scolo della  guancia,  che  serve  efficacissimamente 
alla  masticazione.  -  Orlo,  la  parte  estrema  o  late- 
rale della  bocca,  di  un'apertura,  -  Ossa  palatine, 
quelle  che  formano  l'impalcatura  del  palato.  -  Pa- 
lato, parte  superiore  interna,  impalcatura  ossea  che 
limita  superiormente  la  cavità  boccale:  concorre 
con  la  lingua  a  dare  la  sensazione  del  gusto.  - 
Palato-sta filino,  muscolo  (detto  anche  elevatore  del- 
l'ugola) che,  attaccandosi  al  palato  verso  la  spina 
nasale,  discende  perpendicolarmente  e  termina  al- 
l'apice della  gola.  -  Peristaflini  muscoli,  due  mu- 
scoli pari  che  contribuiscono  a  formare  il  velo  pa- 
latino. -  Pilastri  del  velo  palatino,  ripiegamenti  per 
mezzo  dei  quali  il  velo  palatino  si  unisce  alla  fa- 
ringe. -  Seno  mascellare,  vasta  cavità  interna  del 
mascellare  superiore  ricoperta  dalla  mucosa  pitui- 
taria: antro  ^l'Igmoro.  -  Sottolinguali,  due  glandole 
salivari  che  sono  situate  sotto  la  lingua.  -  Sotto- 
mascellari,  due  glandole  salivari  situate  all'indentro 
del  corpo  della  mandibola.  -  Stajìlino,  muscolo  che 
appartiene  all'ugola.  -  Ugola,  uvola,  appendice  car- 
nosa di  figura  quasi  conica,  talora  biforcuta  all'estre- 
mità, la  quale  pende  dalla  parte  libera  del  velo 
palatino:  è  ricca  di  vasi  arteriosi  e  venosi.  -  Velo 
palativo,  velo  del  palato:  lama  mobile,  muscolo-mem- 
branosa, che  fa  seguito  alla  vòlta  palatina. 

Atti,  escrezioni,  sensazioni. 

Deglutizione,  atto  per  il  quale  il  bolo  alimentare, 
il  cibo  cioè  masticato  ed  insalivato,  è  fatto  pas- 
sare, per  movimento  muscolare  istintivo,  dalla  bocca 
neir'esol'ago.  -  Flato,  aria,  vento  che  si  genera  nello 
stomaco  e  si  rimanda  senza  suono  dalla  bocca:  fla- 
tulenza, jlutulenza,  emissione  del  flato;  flatuoso,  che 
ha  0  genera  flati  -  Insalivazione,  salivazione,  atto, 
che  si  compie  nella  bocca  e  che  consiste  nell'im- 
pregnare  di  saliva  gli  alimenti.  -  Masticazione,  atto 
che  si  compie  nella  bocca  e  che  consiste  nel  tri- 
turare coi  denti  e  ridurre  in  piccole  parti  i  cibi.  - 
Saliva,  umore  che  aiuta  la  digestione.  -  Bava, 
alterazione  della  saliva  (sbavare,  sbavamento,  l'emet- 
tere, l'emissione  della  bava;  sbavato,  bagnato  di 
bava  ;  sbavone,  chi  sbava  molto).  -  Sputare,  cacciar 
la  saliva  dalla  bocca. 

Amara,  si  dice  la  bocca  quando  si  sofl're  nella 
cavità  una  sensazione  di  amarezza:  boccaccia.  - 
Bavosa,  la  bocca,  se  piena  di  bava.  -  Bocca  buona, 
cattiva,  per  effetto  di  buona  o  cattiva  digestione.  - 
Piaccicoso,  detto  della  bocca  bavosa  o  lorda  di  ma- 
teria viscosa. 

Gusto,  sensazione  localizzata  nella  bocca,  essen- 
done suoi  organi  la  lingua  e  il  palato,  per  mezzo 
della  quale  si  distingue  il  sapore. 


Mali,  mostruosità'.  -  Cora,  rimedi,  ecc. 

Afta,  ulceretta  bianca  che  si  presenta  di  frequente 
sulla  superficie  interna  della  bocca.  -  Amigdalite, 
infiammazione  delle  tonsille.  -  Bottacciuolo,  piccola 
enfiagione  che  viene  in  bocca  quando  qualcke  sua 
parie  è  infiammata.  -  Cacosfrasia,  cattivo  odore 
della  bocca.  -  faringite,  detto  a  faringe.  -  Fun- 
gacelo, malattia  cancerosa.-  Gengivite,  infiammazione 
delle  gengive.  -  Natta,  tumore  o  infiammazione  di 
gengive.  -  Noma  (gr.),  gangrena  della  bocca.  -  Pa- 
latile, infiammazione  della  membrana  mucosa  che 
tappezza  il  velo  e  i  pilastri  del  palato.  -  Parulide  (gr.), 
gonfiore  infiammatorio  della  gengiva,  il  quale  per 
lo  più  pass»  a  suppurazione.  -  Ptialismo,  soverchia 
e  morbosa  secrezione  della  saliva.  -  Scialorrea,  ptia- 
lismo abbondante.  -  Scorbuto,  malattia  generale.  - 
Stomacace,  erosione  delle  gengive  cagionata  dallo  scor- 
buto. -  Stomatite,  nome  generale  che  i  medici  danno 
alle  infiammazioni  delle  mucose  della  bocca.  -  Stoma- 
tocarcinia,  cancro  della  bocca.  -  lialismo,  tielismo,  ma- 
lattia per  la  quale  le  glandole  salivari  hanno  una  secre- 
zione maggiore  di  quella  che  dovrebbero  avere  natu- 
ralmente. -  Trisma,  trismo,  spasmo  tetanico  dei  mu- 
scoli elevatori  della  mandibola,  di  modo  che  la  bocca 
rimane  chiusa  con  forza  e  come  inchiodata.  -  Tulo, 
tumore  che  si  presenta  di  frequente  nelle  fauci  e 
nelle  tonsille.  -   Uvolite,   infiammazione   dell' uvola. 

Acheilia:  mancanza  congenita  delle  labbra.  -  Asto- 
mia,  mostruosità  caratterizzata  dalla  mancanza  della 
bocca.   -   Atretostomia,   imperforazione  della  bocca. 

Acqua  di  lattuga,  decotto  usato  per  sciacquare  la 
bocca.  -  Acqua  semplice,  clorurata;  elisir  dentifricio, 
aromatico,  alla  rosa,  odontalgico,  essenza  di  menta, 
tintura  d'anice,  gargarismo  aromatico,  tintura  per 
le  gengive:  per  la  cura  della  bocca.  -  Bòtot,  acqua 
usata  per  sciacquare  e  profumare  la  bocca.  -  Collu- 
torio, medicamento  liquido  e  semiliqiiido  per  modifi- 
care lo  stato  delle  gengive  0,  d'altra  parte,  della  cavità 
orale,  senza  passare  per  la  faringe.  -  Decotto  di 
rovo,  rimedio  contro  l'infiammazione  in  genere  della 
bocca.  -  Pasta  di  cacciundè  :  preparato  per  le  cure 
della  bocca.  -  Ptialagogo  (gr.),  rimedio  che  provoca 
la  salivazione.  -  Salivatorio,  rimedio  che  serve  a 
promuovere  efficacemente  la  salivazione.  -  Sciacquo, 
preparazione  in  genere  che  serve  a  sciacquarsi  la 
bocca.  -  Stomatoplastica,  operazione  in  genere  che 
si  pratica  per  restaurare  la  cavità  della  bocca.  - 
Tot,  nota  preparazione,  a  chachets,  per  le  afte  e  per 
eruzioni  della  bocca.  -  Uranoplastica,  operazione 
per  chiudere  una  fessura  del  palato. 

Stomatoiatria,  scienza  che  studia  le  malattie  della 
bocca. 

Movimenti  della  bocca  o  fatti  con  la  bocca,  ecc. 

Abboccare,  prendere,  afferrare  con  la  bocca.  Riab- 
boccare, ripete  abboccare.  -  Abbocconare,  prendere 
una  cosa  in  un  solo  boccone  o  come  si  farebbe 
di  un  boccone,  ossia  di  tanta  quantità  di  cibo  sodo 
quanta  in  una  volta  si  mette  in  bocca.  -  Boccata, 
tanta  quantità  di  checchessia  quanta  si  può  pren- 
dere, in  una  volta,  con  la  bocca.  -  Boccatina,  dim. 
di  boccata.  -  Boccheggiare,  aprire  e  chiudere  la 
bocca  ripetutamente.  -  Dai-e  una  boccata,  una  lab^ 
brata,  dare  un  colpo  sulla  bocca,  sulle  labbra. 

Far  bocchi  o  far  rimbocchi,  aguzzare  le  labbra 
verso  qualcuno  in  segno  di  dispregio,  come  fa  la  ber- 
tuccia. -  Fare  boccaccia  a  uno  o  a  una  cosa,  torcere 
alquanto  la   bocca  in  segno  di  avere  a  schifo  o  a 


BOFONCHIARE 


303 


noia  0  in  disprezzo.  -  Far  greppo,  o  far  griccia, 
quel  raggrinzare  la  bocca  che  fa  talvolta  il  bambino, 
quando  voglia  incouiinciare  a  piangere.  -  Fare  il 
bocchino,  accomodare  le  labbra  (bocchino  da  sciorre 
aghetti,  di  chi,  discorrendo,  fa  il  bocchino  piccolo). 

-  Fare  il  raschio,  spur^'arsi  senza  sputare,  per  far 
accorto  altrui  di  qualche  errore  che  sta  per  dire,  o 
di  altra  cosa.  -  Fare  la  bocca  bieca,  non  coinun.,  tor- 
cerla 0  inarcarla.  -  Far  la  bocca  di  occhiello,  strin- 
gere la  bocca  e  quasi  ridurla  in  forma  d'un  oc- 
chiello da  abiti.  -  Fare  la  bocca  mucida,  storcerla 
in  atto  di  disgusto  o  di  baia.  -  Fare  le  bocche,  o 
far  le  boccacce,  contraiTare  più  o  meno  il  viso  per 
indispettire  e  schernire  altrui,  torcendo  la  bocca, 
gli  occhi  e  tutti  i  muscoli  della  faccia  o  cavando 
fuori  mostruosamente  la  lingua.  -  Fare  scorci  di 
bocca,  fare  attitudini  stravaganti  di  bocca,  fare  scon- 
torcimenti di  becca.  -  Fare  smorfie,  contorcere  in 
vario  modo  la  bocca  :  veggasi  a  smorfia. 

Forbirsi  la  bocca,  pulirla.  -  Guastare,  rimettere 
la  bocca,  renderla  cattiva,  disgustosa  ;  rifarla  buona. 

-  Imbavagliare ,  coprire  ad  altri  strettamente  la 
bocca  con  panno,  acciocché  non  possa  gridare.  -  Sba- 
ragliare, contrario  d'imbavagliare.  -  imboccare  (im- 
boccamento),  mettere  ad  altri  il  cibo  in  bocca.  -  Im- 
boccatura, l'atto  dell'imboccare.  -  Disboccare,  cavar 
di  bocca  ;  rimboccare,  rimandare  in  bocca  (rimboc- 
catura, rimbocco).  -  Morso,  il  morsicare,  il  mor- 
dere con  una  boccata,  e  l'efìetto.  -  Murare  la  bocca, 
tapparla,  imbavagliarla.  -  Sbavazzare,  scombavare,  im- 
brattar di  bava.  -  Sbadigliare,  aprire  la  bocca, 
raccogliendo  il  fiato  e  poi  mandandolo  fuori.  - 
Sbruffare,  spruzzare  con  la  bocca.  -  Schioccare  la 
bocca,  far  suonare  la  lingua  contro  il  palato.  -  Sma- 
scellare, sganasciare,  guastar  le  mascelle  o  ganasce, 
slogare.  -  Spalancare  la  bocca,  aprirla  esagerata- 
mente. -  Spurgare,  spurgarsi,  far  forza  con  le  fauci, 
per  trar  fuori  il  sornacchio  dal  petto.  -  Spurgo,  l'atto 
dello  spurgarsi,  e  anche  la  materia  che  si  spurga, 
che  si  dice  pure  sgorajata.  •  Sputare,  mandar 
fuori  saliva,  catarro,  ecc.  -  Succiare,  attrarre  nella 
bocca  una  sostanza  liquida  col  provocarvi  il  vuoto 
con  la  inspirazione.  -  Sventare,  far  vento  con  la  bocca. 

Bócca.  Vano,  aperliira  di  molte  cose  :  pozzo, 
sacco,  vaso,  ecc.  -  Parte  superiore  dello  stomaco. 
'  Parte  piana  Aq\  martello.  ■  Ogni  arm^  da  fuoco. 

-  Foce  di  fiume. 

Boccaccésco,  boccaccévole.  Veggasi  a  lette- 
ratura. 

Boccacciuo.  Sorta  di  tela  ntica. 

Boccadopera.  Detto  a  palcoscenico. 

Boccale.  Sorta  di  vaso.  -  Antica  misura. 

Boccaporto.  Apertura  nel  ponte   della   nave. 

Boccata.  Quanto  si  può  prendere  o  mandar 
fuori  con  la  bocca,  in  una  volta. 

Bocce  (giuoco  delie  bocce).  Sfere,  palle  di  letno, 
con  le  quali  si  fanno  diversi  giuochi,  consistenti 
Dell'avvicinarle,  facendole  correre  sul  suolo,  il  più 
possibile  ad  altra  boccia  di  minor  diametro,  detta 
boccino,  grilletto,  lecco,  pallino,  -  Zocchetti,  bocce 
assai  grosse,  cosi  chiamate  nel  Veronese.  -  Pallaio, 
l'insieme  delle  bocce  necessarie  per  giocare;  anche, 
colui  che  tiene  e  fornisce  il  necessario  per  un  dato 
giuoco.  -  Pallottolaio,  luogo  perfettamente  livellato 
dove  si  fa  il  giuoco  delle  bocce. 

Corta,  la  palla  che  non  giunse  all'altezza  del 
pallino;  lunga,  la  palla  che  oltrepassa  il  pallino.  - 
Avere  il  granchio,  di  chi,  giuocando  in  tre,  si  trova 
da  solo  contro  gli  altri  due.  -  Dare,  bocciare,  sboc- 
àart,  colpire  la  palla  dall'avversario,  che  occupa 


una  buona  posizione,  rispetto  al  pallino,  e  toglierla 
di  mezzo,  spingerla  via.  -  Entrare  in  giuoco,  si  dice 
di  una  palla,  che,  pur  non  riuscendo  ad  avvicinarsi 
al  boccino  più  delle  precedenti,  potè  almeno  porsi 
in  tal  punto  da  inlluenzare  in  qualche  modo  il 
giuoco.  -Tirare  a  pie  fermo,  tirare  la  palla  coi 
piedi  uniti,  senza  rincorsa,  né  passi,  nò  salti.  • 
Tirar  di  passatella,  tirare  in  modo  che  la  palla, 
prima  di  giungere  all'altezza  del  pallino,  ne  urti 
leggermente  e  da  un  lato  un'altra  già  in  giuoco.  - 
Tirare  il  rappezzo,  al  giuoco  delle  bocce,  tirare  in 
modo  che  la  palla  ne  urti  un'altra,  corta,  spingendola 
verso  il  boccino  e  possa  avere  ancora  la  forza  per 
entrare  almeno  in  giuoco.  Venire  per  la  propria^ 
vuol  dire  tirare  il  rappezzo.  -  Tirare  il  resto,  in 
modo  che  la  nostra  palla,  colpendo  quella  deli'av- 
sario,  ne  prenda  il  posto. 
Boccétta.  Piccola  boccia. 
Bocche  da  fuoco.  Le  diverse  armi  di  arti- 
glieria (cannone,  obice,  mitragliatrice,  ecc.),  il 
fucile,  il  mortaio,  !a  pistola,  la  rivoltella. 

Bocchegrgiare.  bocchegrgiamento  (boccheg- 
giato). Aprire  e  chiudere  la  bocca  ripetutamente. 
Respirare  con  affanno. 
Boccherame.  Sorta  di  tela  di  bambagia. 
Bocchétta.  Piccola  bocca  di  apertura.  •  Pia- 
stretfa  nella  c/itaye.  -  Imboccatura  di  alcuni  istru- 
menli  musicali. 

Bocchino.  Detto  a  fumare  e  a  musicali 
isfrumenti. 

Boccia.  Recipiente,  vaso  di  vetro  o  di  cristallo, 
usato  specialmente  per  tenervi  l'acqua,  il  vino  in 
tavola.  -  Boccetta,  piccola  boccia  di  cristallo,  con 
tappo  generalmente  smerigliato  e  che  serve  a  tenervi 
acque  d'odore  e  simili.  -  Boccettina,  dimin.  e  talora 
vezzegg.,  piccQla  boccetta,  anche  da  tavola.  -  Boccet- 
tino,  sottodimin.  e  vezzegg.  di  boccia:  generalmente, 
di  boccettina  piccola  per  acque  d'odore.  -  Bocciona, 
grande,  ma  non  tanto  quanto  il  boccione,  boccia  della 
massima  grandezza. 

Bocca,  l'apertura  unica,  che  ha  la  boccia  nella 
sua  parte  superiore.  -  Collo,  la  parte  superiore  ri- 
stretta della  boccia.  -  Corpo,  pancia,  la  regione  della 
boccia  corrispondente  al  diametro  maggiore.  -  Fondo, 
quanto  chiude  inferiormente  la  capacita  della  boccia. 

-  Labbro,  l'orlo  che  finisce  superiormente  la  bocca 
della  boccia.  -  Tappo,  cilindretto  di  vetro  o  d'altro 
che  si  applica  alla  bocca  della  boccia. 

Bòccia.  Palla  di  legno;  veggasi  a  bocce. 

Bocciare^  bocciatura.  Detto  ad  esam^. 

Boccino.  Detto  a  bocce. 

Bòccio,  bocciuòlo.  Calice  dimore  non  aperto. 

Bocciuòlo.  Parte  della  canna. 

Bòcco.  Detto  a  noce. 

Bòccola.  Veggasi  a  spilla. 

Boccone.  Tanta  quantità  di  cibo  quanto  se  ne 
mette  una  volta  in  bocca:  boccata,  morso.  -  Boc- 
concello,  dimin.  di  boccone:  bocconcino,  morsello, 
morsetto,  morsino.  -  Bocconcione,  accresc.  di  morsone. 

-  Sbocconcellare,  mangiare  a  piccoli  bocconi; 
rompere  l'orlo  d'una  veste,  d'un  panno,  ecc. 

Bocconi.  Detto  ad  atteggiam,etito. 

Bodino.  Sorta  di  dolce,  di  timballo. 

Bociare,  bocio.  Detto  a  gridare. 

Bòdola  (botola).  Detto  ad  apertura,  a  fogna, 
a  stanza. 

Bodriere.  Sorta  di  tracolla. 

Bòffice.  Veggasi  a  soffice. 

Bofoncliiare  {bofonchiato,  bofonchino).  Detto  a 
brontolare. 


304 


BOFONCHIO   —    BOLLO 


Bofónchio.  Sorta  di  calabroìie. 

Bog'ara.  Sorta  di  rete, 

Bog-giuolo.  Piattello  della  candela. 

Bohème.  In  origine,  zingaro,  boemo,  girovago; 
poi,  in  lingua  francese,  artista  spensierato,  innamo- 
rato della  sua  arte,  indocile  per  natura  o  per  pro- 
getto, ribelle  alle  condizioni  sociali:  scapigliato, 
spensierato,  goliardo. 

Boia.  Veggasi  a  carnefice. 

Boiardo.  Titolo  di  nobiltà. 

Boiocottag'g'io ,  boiocottare  (hoiocottato). 
Voci  d'uso  nel  conmiercio:  rifiuto  di  compra  e  ven- 
dita contro  qualcuno:  interdizione. 

Bolcione.  Antica  macchina  da  guerra, 

Boldròne.  Detto  a  pecora. 

Bolero.  Sorta  di  hallo. 

Bolèto.  Specie  di  fango. 

Bolgétta.  Piccola  borsa,  piccola  valigia,  per 
vari  usi:  di  posta,  di  ufficio,  ecc. 

Bolgia.  Specie  di  valigia.  -  Cerchio  dell'  in- 
ferno dantesco. 

Bòlide.  Globo  di  fuoco  che  solca  V atmosfera, 
lasciandosi  dietro  una  striscia  luminosa. 

Bolina.  Fune  per  manovra  di  vela. 

Bólla.  Piccola  vescica.  -Ri^'onfiameiito  che  fanno 
i  liquidi  nel  bollire.  -  Diploma,  o  lettera  del  pajta. 
'  Parte  essenziale  del  termometro. 

Bollare  (bollato,  bollatura).  Segnare  con  bollo. 
•  Imprimere  un  marchio  di'  infamia. 

Bollarlo.  Collezione  di  bolle  del  papa. 

Bollerò.  Arnese  per  la  concia. 

Bollente.  Detto  a  bollire. 

Bolletta.  Polizza  di  ricevuta.  •  Avviso,  invito 
a  jtagare.  -  Attestazione,  certificato.  •  Biglietto 
di  dazio,  di  dogana.  •  Scherz,  famigl.,  mancanza 
di  denaro. 

Bollettino.  Annunzio;  avviso,  notificazione, 
pubblicazione  periodica;  listino  di  borsa;  notizia 
data  dal  governo,  dal  ministero. 

Bólli,  bolli.  Subbuglio,  tumulto. 

Bollicina,  bolllclàttola.  Rigonfiamento  che 
fa  un  liquido  nel  bollire.  -  Sollevamento  della 
2)elle.  -  Pustoletta,  vescica. 

Bollire  (bollente,  bollimento,  bollito,  bollitura).  11 
passare  che  fa  un  corpo  dallo  stato  liquido  allo 
stato  di  vapore,  per  effetto  di  un  progressivo  riscal- 
damento; il  gonliare  dei  liquidi  per  calore:  bollicare, 
bulicare,  ebollire,  fervere  (lat.).  -  Bolla,  rigonfiamento 
che  appare  alla  superficie  di  un  liquido  in  ebolli- 
zione: ampolla,  sonaglio;  bollicello,  bollicina,  bolli- 
ciàttola,  bollicola,  bolluzza;  galla,  gallozza;  pulica, 
puliga;  vescichetta,  vescica.  -  Bollente,  che  bolle, 
quindi  caldissimo:  bolliente,  ebolliente,  fervente, 
fumante;  boUentissimo,  più  che  bollente  [fare  il  pelo 
e  il  contrapposto,  d'acqua  o  d'altro  liquido  bollente). 

-  Bollimento,  ì\  bollire:  bollicamento,  bollicchio,  bol- 
lichio,  bollizione,  bollitura,  bollore,  ebollimento, 
ebollizione,  ebullizione;  rigonfiamento,  ribollimento. 
Bollimento  lieve:  bollorino,  sobboUimento.  Punto  di 
ebollizione,  grado  di  temperatura  occorrente  per 
bollire  un  dato  liquido.  -  Bollito,  liquido  che  fu  già 
sottoposto  alla  ebollizione.  -  Effervescenza,  ebollizione 
che  nasce  dal  mescolare  liquidi  di  natura  diversa. 

-  Schiuma,  aggregato  di  molte  bolle,  ripiene  d'aria, 
per  effetto  del  bollire. 

Alzare  il  bollore,  cominciare  il  bollore.  -  Barbot- 
tare,  barbotlolare,  lieve  e  normale  rumore  di  liquido 
che  bolle.  -  Bollire  a  scroscio,  a  ricorsoio,  bollire 
gagliardamente,  con  formazione  di  molti  sonagli  e 
rumorosamente.  -  Bollire  a  sodo,  bollire  molto  tempo 


e  ,uagliardamente, - Bo//tre  poco,  adagio:   sobbollire. 

-  Bollire  forte:  a  cavalloni,  in  colmo.  -  Dare,  fare 
una  bollita,  far  bollire.  -  Essere  a  bollore,  di  cosa 
che  bolle.  -  Essere  al  suo  punto,  di  vivanda  che  è 
giunta  al  perfetto  grado  di  cottura,   di  ebollizione. 

-  friggere,  cominciare  a  bollire  a  secco:  si  dice 
dell'otto  e  di  altri  liquidi. 

Gorgogliare,  di  un  liquido  che  bolle  rumorosa- 
mente -  Gorgoglio,  rumore  fatto  dal  liquido  che, 
bollendo,  gorgoglia.  -  Gorgolio,  frequeut  di  gorgóglio; 
gorgóglio  continuato.  -  Grillare,  grillettare,  friggere, 
l'acuto  rumoreggiare,  quasi  fischio,  che  fanno  i  liquidi 
prima  di  levar  il  bollore.  -  Levar  il  bollore,  inco- 
minciare a  bollire,  -  Bibollire,  ribollimento,  il  bollire 
nuovamente;  ribollitura,  atto  ed  effetto  del  far  ri- 
bollire. -  Scrosciare,  del  liquido  che  bolle  a  scroscio.  - 
Sobbollire,  bollire  leggermente.-  Sbollire,  cessare  di  bol- 
lire. -  Spiccare,  staccare  il  bollore,  il  primo  segno  del 
cominciare  a  bollire  che  fa  un  liquido  sottoposto 
all'azione  del  fuoco.  -  Traboccare,  il  versarsi  del 
liquido  per  la  bocca  del  vaso,  nel  forte  bollire. 

Bollo.  11  sigillo  col  quale  si  impronta  qualche 
cosa  per  contrassegno  od  autenticità;  l'impronta,  il 
contrassegno,  il  segno,  la  cosa  stessa  bollata.  Nel 
primo  uso,  anche  marchio,  stampiglia,  suggello  ;  bu- 
rocraticamente, timbro,  (dal  frane,  timbre).  Gene- 
ralmente, piastra  di  forma  ellittica,  di  legno,  più 
spesso  di  metallo,  recante  incisa  alla  super  lìce 
un  monogramma,  o  un'  arma,  o  un  segno  simbo- 
lico, di  cui  lascia  l'impronta  dove  vpnga  premuta. 

-  Per  estensione,  tutto  ciò  che  lascia  impronte. 
Bollo  a  fiamma  continua,  con  regolatore,  per  jnar- 

care  a  fuoco  bestiame,  formaggi,  legnami,  ecc.  -  Bollo 
a  fuoco,  per  marcare  sul  legno,  ecc.  -  Bollo  a  secco, 
congegno  che  lascia  un'impronta  in  rilievo  sulla 
carta;  anche  il  timbro  per  ceralacca.  -  Bollo  a 
umido,  quello  che,  premuto  su  un  panno  inzuppato 
d'apposito  inchiostro  e  calcato  sopra  un  foglio,  lascia 
l'impronta  del  colore  di  quell'inchiostro.  -  Bollo 
della  posta,  quello  applicato  da  un  ufficio  di  posta; 
detto  anche  per  francobollo.  -  Calendario  auto- 
màlico, timbro  a  ruota,  che  segna  il  giorno,  il  mese 
e  l'anno.  -  Datario,  bollo  con  data.  -  Marca,  segno 
convenzionale  fatto,  con  lettere  o  altro,  per  distin- 
guere oggetti  (biancheria,  ecc.)  o  affermarne  la 
provenienza  :  cifra,  contrassegno,  iniziale,  marchio, 
nome,  pontiscritto  (disus.),  puntiscritto,  punto  in 
scritto.  -  Numeratore,  timbro  che  segna  progressi- 
vamente i  numeri:  è  a  mano  o  a  macchina. •  Pagi- 
natore,  timbro  per  segnare  i  numeri  progressivi  suile 
pagine  di  un  registro.  -  Perforatrice  a  leva,  arnese 
per  segnare  a  traforo  le  parole;  per  segnare  cam- 
biali, libretti  ferroviari,  carte,  valori,  ecc.  -  Punzone 
d'acciaio,  piccolo  arnese  per  imprimere  lettere,  pa- 
role, marche  di  fabbrica,  stemmi,  segni  diversi  su 
cuoio,  cotoni,  legno,  metalli,  ecc.- TeMogi/ia,  arnese, 
per  forare  le  orecchie  al  bestiame  e  comprimere  le 
marche.  -  Tenaglia  perforatrice,  arnese  per  control- 
lare francobolli,  biglietti  ferroviari,  biglietti  di 
teatro,  ecc.  -  Timbro  a  doppio  uso,  di  metallo,  tanto 
ad  umido  come  per  ceralacca.  -  Timbro  a  martello, 
cosi  detto  dalla  torma:  in  acciaio  fucinato,  per  im- 
primere a  secco  su  legnami  o  segnare  ad  incniostro 
carni  e  bestiame,  -  Timbro  controllo:  segna  il  nome 
della  ditta,  la  data,  le  ore. 

Carta  da  bollo,  quella  improntata  dal  bollo  gover- 
nativo ed  imposta  al  pubblico  per  l'estensione  di 
atti  pubblici  0  legali.  -  Guancialetto:  dicesi  cosi  una 
specie  di  piccolo  guanciale  o  cuscinetto,  coperto  di 
pelle  e  ripieno  di  borra,  stoppa  o  simile,  cQe>  spaU 


BOLLORE    —    BORBOTTINO 


305 


mato  di  un  inchiostro  speciale  in  cui  entra  una 
parte  d'olio,  serve  a  inumidire  il  bollo;  è  talora 
munito  (li  un  manico  di  legno;  ma  più  spesso  è 
collocato  inamovibilmente  in  una  cassetta  di  latta 
contenente  inoltre,  in  appositi  scompartimenti,  il 
collo  e  la  boccetta  deW inchiostro  da  bollare.  -  Marca 
da  bollo,  quella  che  si  applica  a  certi  atti,  per  ren- 
derli legali,  e  che  sostituisce  il  bollo  ^'overnativo. - 
Annullare  la  marca  da  bollo,  il  francobollo,  metterli 
fuori  corso,  apponendo  loro  un  marchio  ola  firma. 
-  Placca,  lastretta  di  metallo,  di  gomma,  ecc.,  con 
parole  incise  o  in  rilievo,  per  l'impronta:  il  vero 
uollo.  Placca  di  ricambio,  quella  che  si  tiene  in  serbo 
per  sostituirla  ad  altra,  usoconsunta.  -  Portalimbri, 
minuscolo  mobile,  da  tavolo  o  da  muro,  anche  ar- 
tisticamente lavorato,  per  collocarvi,  separati  uno 
dall'altro,  i  timbri. 

Bollare,  improntare,  contrassegnare  col  bollo;  im- 
primere il  bollo  su  checchessia,  marcare,  marchiare, 
timbrare.  -  Bollatura,  atto  ed  efletto  del  bollare  ;  la 
spesa  che  se  ne  paga.  -  ControboUare,  bollare  con 
un  altro  bollo  per  maggior  cautela  o  per  verifica.  • 
Soprabollare,  aggiungere  bollo  a  hollo. 

Bollóre.  11  bollire .  -  SoUevaniento  d' animo, 
€iffitazioìie. 

Bolo.  Specie  di  argilla.  -  Bolo  alimentare, 
detto  a  masticare.  •  Bolo  isterico,  senso  di  costri- 
zione alla  gola. 

Bolòmetro.  Specie  di  termometro, 

Bolsàggine.  L'esser  bólso. 

Bólso.  Del  cavallo  e  d'altra  bestia,  che  tos- 
sisca e  respiri  affannosamente.  -  Figura  di  per- 
sona nell'aspetto  non  florida,  non  sana. 

Bomba.  Grossa  palla  di  ferro  fuso  che,  piena 
di  polvere  e  lanciata  dalla  bombarda,  scoppia  in 
molti  pezzi,  uccidendo,  rovinando  intorno  a  sé:  bom- 
bola, bomboletta;  palla  a  mitraglia,  palla  di  can- 
none, pallottola  di  ferro;  petardo;  pignatta  di  fuoco; 
tiro  per  cannone.  Poet.,  ardente  strale.  -  Bombe  ac- 
coppiate: appiccate,  incatenate;  palle  ad  angioli,  a 
diamanti.  -  Cartoccio,  bomba  a  mitraglia.  -  Petardo, 
specie  di  bomba,  ordigno  concavo,  di  metallo  o  di 
legno,  carico  di  polvere,  che  si  fa  esplodere  (veg- 
gasi  a  fuoco  artificiale). 

Bombarda,  mortaio  da  lanciar  bombe.  Anche  l'an- 
tica catapulta.  -  Bombardièra,  buca  nella  mura- 
glia, dalla  quale  si  tirava  con  la  bombarda.  Anche, 
barca  atta  a  portare  artiglierie  da  bombardare.  - 
Scagliar  bombe,  bombardare. 

Bombarda.  Detto  a  bomba.  -  Registro  d'or- 
gano.  -  Sorta  di  nave  mercantile. 

Bombardare ,  bombardamento  {bombar- 
diere, bombardato).  Scagliare  bombe;  ora,  special- 
mente, il  tirare  con  Vartiglieria  contro  una  for- 
tezza, una  città,  un  luogo  qualsiasi;  tirare  col 
cannone:  cannonare,  cannoneggiare,  scannonez- 
zare;  battere,  colpire,  percuotere  con  le  artiglierie; 
petardare.  -  Bombardamento,  il  bombardare,  bom- 
bardazione,  cannoneggiamento:  modo  di  attacco  col 
quale,  mediante  batterie,  stabilite  in  vari  siti  ed  a 
■conveniente  distanza,  si  cerca  di  distruggere  con 
proiettili  di  ogni  maniera  le  abitazioni  della  guar- 
nigione e  dei  cittadini. 

Bombardièra.  Detto  a  bomba  e  sl  fortezza. 

Bombardino  bombardone.  Detto  a  musi- 
sicali  istrumenti  (da  fiato). 

Bombardiere.  Detto  a  bomba  e  a  fuoco 
urti  fidale. 

Bómbice.  Il  baco  da  seta. 

Bombino.  Sorta  di  fiasco. 


Bómbo.  Grande  rumore,  -  Voce  di  bambino, 
per  accennare  al  bere,  alla  bevanda. 

Bómbola.  Sorta  di  vaso  (di  vetro). 

Bombolòtti.  Pasta  da  minestra. 

Bombonassa.  Sorla  di  palma. 

Bomprèsso.  Albero  di  nave. 

Bonàccia.  Stato  del  mare  in  calma.  •  Bel 
tempo.  -  Buona  fortuna. 

Bonàccio.  Detto  a  buono, 

Bonaccòrdo .  Veggasi  a  musicali  istru- 
menti. 

Bonamano.  Detto  a  tnancia, 

Bonanza.   Veggasi  a  fortuna  e  a  miniera. 

Bonarietà.  Semplicità,  benignità.  .  L'essere 
buono. 

Bonàrio.  Detto  a  buono. 

Bonavóglia.  Detto  a  favore  e  a  medico. 

Boncerella.  Sorta  di  frittella. 

Boncinello.  Perno  della  serratura. 

Bondiòla.  Varietà  di  salunie. 

Bonetto.  Opera  di  fortificazione. 

Bonìfica.  L'atto  e  l'effetto  del  bonificare,  ossia 
del  migliorare,  specialmente  riferito  a  terreni 
(  prosciugando  stagni,  paludi,  ecc.  ),  nell'  interesse 
deìV  agi'icolt'ui-a  o  deW  igiene:  bonificamento, 
bonificazione;  ammendamento  delle  tei  re;  appo- 
deramento, appoderazione;  prosciugamento,  risa- 
namento. -  Bonificare,  fare  in  un  terri  no  malsano 
ed  infecondo  le  òpere  necessarie  per  renderlo  jiro- 
duttivo:  rendere  un  terreno  alla  produzione.  All'er- 
tilire,  render  fertile;  fecondare;  crrreggere;  pro- 
sciugare, cavar  l'acqua;  redimere;  sanare,  rinsanicare; 
risanare,  sanicare;  spadulare,  spaludare.  -  Appode- 
rare, ridurre,  a  mezzo  di  bonifiche,  un  terreno  im- 
produttivo allo  stato  di  produrre.  -  Colmare,  rinter- 
rare, bonificare  il  terreno  paludoso,  rialzandolo  colle 
torbe  dei  fiumi.  -  Prosciugare,  rendere  asciutto 
un  terreno  acquitrinoso.  -  Spaludare,  distruggere, 
prosciugare  le  paludi  che  rendono  malsano  e  im- 
produttivo un  dato  terreno. 

Accjuisti,  novali,  ritraiti,  si  dicono  i  terreni  ri- 
conquistati alla  coltura  con  la  bonifica.  -  Colmata, 
il  terreno  bonificato.  •  Collettori,  i  luoghi  nei  quali 
vengono  raccolte  le  acque  che  precedentemente 
infestavano  un  terreno,  poi  bonificato. 

Bono.  Lo  stesso  che  buono. 

Bonomia.  Bonarietà;  qualità  di  ciò  che  è  buono» 

Bonòmini.  Antico  magistrato  fiorentino.  • 
Consiglieri  in  istituti  di    beneficenza. 

Bontà.  Qualità  di  chi  o  di  ciò  che  è  buono.- 
Qualità  morali,  amore  e  pratica  del  bene. 

Bontempòne.  Uomo  allegro,  incline  al  di- 
vertimento e  all'osto;  detto  a  buontempone. 

Bonzo.  Sacerdote  del  buddisìno. 

Boote.  Nome  di  una  costellazione. 

Bora.  Detto  a  vento. 

Boracelo   Sorta  di  tela  grossolana. 

Borace.  Specie  di  nitro.  •  Sale  formato  dal- 
l'acido bòrico  con  la  soda.  -  Boraciere,  vaso  per 
il  borace. 

Boracite.  Veggasi  a  magnesia. 

Bollati,  borato.  Veggasi  a  borico  (acido). 

Borbogliare,  boi'bogliamento  {borbogliato). 
Rumore  deWintestino,  quando  vi  si  move   l'aria. 

Borborigmo.  Borbogliamento  di  intestino, 
dì  ventre. 

Borbottare  ,  borbottamento  (  borbottio  ) . 
Detto  a  brontolare. 

Borbottino.  Sorta  di  vaso,  -  Sorta  di  vivan- 
da, di  pietanza. 


Premo  LI  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


20 


306 


BQRBOTTIU 


Borbottìo.  Detto  a  brontolare. 

Borbottone.  Brontolone;  veggasi  a  bronto- 
Inre. 

Borchia.  Scudetto,  disco  metallico,  rilevato  nei 
mezzo,  che  serve  per  decorazione,  per  orna- 
mento, •  Specie  di  chiodo;  brocchetta,  bulletta; 
cocoinerino,  cocomeruzzo  di  ferro;  raperella. 

Borda.  Antica  vela. 

Bordàglia.  Gente  abbietta,  vile:  veggasi  a 
birbone  e  a  canaglia. 

Bordare,  bordata  {bordatura).  Battere,  per- 
cuotere con  bastone  o  con  altro.  -  Modo  di  spa- 
rare delle  artiglierie.  -  Nell'uso,  orlare,  orlatura. 

Bordata   Corsa  laterale  di  una  nave. 

Bordato.  Specie  di  tela  tessuta:  bordatino. 

Bordeggiare  {bordeggiato).  Modo  di  navigare. 

Bordello.  Detto  a  postribolo. 

Bórdo.  Parte  della  nave. 

Bordone.  Sorta  di  bastone.  -  La  penna 
dell'uccello  quando  incomincia  a  spuntare, 

Borea,  boreale.  Detto  a  orizzonte  e  a  vento, 

Bo  .'g-ata.  Grosso  villaggio,  borgo. 

Borghese.  Detto  a  borghesia. 

Borghesia.  Complesso  delie  persone  non  ple- 
bee, né  nobili,  che  godono  i  diritti  di  cittadinanza: 
classe  media,  medio  ceto  civile.  Pei  socialisti,  con 
significato  non  sempre  esatto,  la  classe  che  gode 
qualche  privilegio  in  confronto  d}.  proletariato, 
AÌVoperaio,  alla  classe  lavoratrice.  -  Bassa,  me- 
dia, alta  borghesia,  secondo  le  condizioni  più  o 
meno  buone,  massime  dal  lato,  finanziario.  ■  Terzo 
Stato,  in  Francia  prima  della  Rivoluzione,  quel  ceto 
sociale  che  non  apparteneva  né  alla  nobiltà,  né 
al  clero:  borghesia. 

Borghese,  chi  o  che  non  è  niUitaref  chi  o  clie 
appartiene  alla  borghesia:  civile,  mediano,  non  di 
nobile  lignaggio.  -Philister,  voce  tedesca  usata  pei 
significare  il  borghese  pacifico,  un  po'  gretto,  miso- 
neista, cioè  alieno  e  sospettoso  del  movimento  mo- 
derno. 

Borghigiano.  Abitatore  di  borgo, 

Borgino.  Sorta  di  rete. 

Borgo.  Voce  che  significò  aggregato  di  case 
non  cinto  di  mura,  poi  villaggio  fortificato,  ora 
complesso  delle  case  fabbricate  fuori  dalle  porte  di 
una  città:  sobborgo,  suburbio;  luogo  suburbano. 
Anche,  grosso  villaggio,  centro  di  popolazione  a 
sé.  -  Borghettino,  borghetto,  borghicctuolo,  piccolo 
borgo.  Borguccio,  dimin.  e  spregiat.  di  borgo.  - 
borgata,  specie  di  borgo  a  case  non  raccolte  in- 
torno ad  un  centro,  né  allineate  lungo  una  via,  ma 
sparpagliate;  significa  anche  l'insieme  di  più  borghi. 
-  Boraatella,  piccola  borgata.  •  Borghigiano,  abita- 
tore di  borgo. 

Borgognotta.  Antica  armatura. 

Borgomastro.  Detto  a  sindaco. 

Boria  fboriare,  borioso,  boriosit-').  Vanagloria, 
superbia. 

Bòrico  {acido  ed  ètere).  Dicesi  acido  bòrico  una 
combinazione  di  boro,  ossigeno  e  idrogeno;  ètere 
borico,  il  risultato  che  si  ha  dalla  combinazione  di 
esso  acido  con  l'alcool.  -  Borace,  sale  formato  dal- 
l'acido borico  e  dalla  soda,  leggermente  efl'erve- 
scente:  si  trova  allo  stato  naturale  nell'acqua  dei 
cosi  detti  soffioni  e  lagoni.  -  Borali,  i  sali  che  ri- 
sultano dalla  combinazione  dell'acido  borico  con  le 
basi  salificabili.  Si  hanno  il  bojHlo  di  chinino,  il 
borato  di  morfina,  il  borato  di  soda,  il  borato  di  ma- 
yìiesia  {boracite),  ecc. 

Boro  {borio).   Corpo  semplice  che  non  ai  trova 


allo  stato  nativo,  ma  si  può  preparare  facendo  agire 
il  sodio  0  l'alluminio  sull'acido  borico  anidro.  - 
Boì-uri,  ì  prodotti  diversi  della  combinazione  del 
boro  coi  nie^alli.  -  Carborundum,  carburo  di  boro, 
che  si  ottiene  nei  forni  elettrici:  pregiato  per  la 
sua  durezza,  di  poco  inferiore  a  quella  del  diamante. 

Borotartrato  potassico.  Detto  a  cremor 
di  tartaro. 

Borra.  Ripieno  di  varia  materia,  generalmente 
usalo  per  imbottire  questo  o  quel  mobile;  cima- 
tura di  panno.  -  Figur.,  dicesi  di  ciò  che  sia  »u- 
perfino. 

Borrà|3cla.  Fiasca  da  caccia,  da  soldato,  da 
viaggio. 

Borraccina.  Specie  di  musco. 

Borraglnee.  Ordine  di  piante,  con  molte  spe- 
cie medicinali:  veggasi  a  piatita. 

Borràna.  Nome  di  un'eròa  comune.  -  Sorta  di 
ortaggio. 

Borratello.  Piccolo  fosso. 

Borrello.  Sorta  di  formdggio  della  Campania. 

Bórro.  Luogo  incavato,  fosso. 

Borsa.  Sacchetto  di  varia  forma  e  materia  e 
capacità  (anche  con  correggia  da  portare  ad  arma- 
collo), per  uso  di  contenere  denaro,  attrezzi,  uten- 
sili, strumenti,  ecc.:  borsello,  borsicchio,  borsiglio; 
portamonete;  sacchetto,  scarsella;  tasca,  taschetta, 
taschetto.  Lo  si  chiude  in  vari  modi:  con  un  cor- 
doncino, un  nastro,  ecc.;  se  di  pelle,  ha,  per  lo  più. 
una  cerniera,  serratura  che  si  apre,  oltreché  con 
una  chiaveitina,  anche  premendo  un  bottone,  o  con 
altro  ordigno  del  genere. 

Bolgetta,  borsa  di  pelle,  specialmente  usata  dai 
corrieri  della  posta.  -  Borsdccia,  borsa  vecchia 
o  mal  confezionata.  -  Borsellino,  la  minuscola  borsa 
tascabile,  nella  quale  si  tengono  i  denari.  -  Borsello, 
piccola  borsa  da  denaro.  -  Borsetta,  specialmente 
^ella  borsa  più  o  meno  elegante,  che  le  signore 
portano  a  passeggio,  custodendo  in  esse  il  denaro, 
a  fazzoletto  e  altro  che  possa  loro  occorrere  du- 
rante l'assenza  da  casa:  borsettina.  -  Qorsina,  pic- 
cola borsa.  -  Lòculo,  borsa  o  sacco  antico.  -  Rtdi^ 
cule  (frane),  quella  tasca  o  borsetto  di  seta  o  di 
raso,  a  ricami  e  trine,  che  le  signore  portano  sul 
braccio  per  riporvi  chiavi,  fazzoletto,  borsellino,  ecc. 
-  Ventresca,  ventriera,  borsa  a  cintola. 

Imborsare,  mettere  dentro  la  borsa,  -  Rimborsare, 
ripete  imborsare.  -  Sborsare,  togliere  dalla  borsa. 

Sacellario,  anticamente,  chi  custodiva  la  bona 
dell'imperatore.  -  Tagliaborse,  borsaiuolo. 

Borsa.  Locale  ove  si  raccolgono  i  negozianti,  i 
banchieri,  i  capitalisti,  gli  agenti  di  cambio,  i  sen- 
sali per  la  compera  e  la  vendita  di  merci,  fondi  ed 
effetti  pubblici,  ecc.;  il  complesso  degli  speculatori 
che  giuocano  in  Borsa;  la  speculazione  stessa,  fatta 
in  luogo  {giuoco  di  Borsa)  durante  la  riunione  dei 
commercianti  :  e  in  questo  senso  si  dice  che  la 
Borsa  è  buona,  debole,  ferma,  ecc.  -  Sanca,  isti- 
tuto di  credito,  o  Gasa  di  commercio,  in  cui  si 
fanno  operazioni  di  sconto  e  di  compra  e  vendita 
di  elì'etti  pubblici. 

Coulisses,  locali  in  cui  fanno  affari  i  piccoli  spe- 
culatori della  Borsa  di  Parigi.  -  Giano,  passaggio  co- 
perto, con  quattro  porle  e  quattro  fronti,  specie  di 
Borsa,  ossia  luogo  in  cui  si  riuniscono  uomini 
d'affari.  -  Keser  Kis,  la  Borsa  in  Turchia.  -  Piccola 
Borsa,  ritrovo  dei  negozianti  in  altra  ora  da  quella 
ufficiale. 

Agente  di  cambio,  sensale  autorizzato  a  negoziare, 
per  conto  di  terzi,  gli  effetti  pubblici  alla  Borsa. 


:{(»- 


Aggiotatore,  chi  ricorre  all'aggiotaggio.  -  Aumentista, 
olii  specula  sull'aumento.  -  Borsista,  chi  giucca  e 
specula  in  Borsa.  -  Cambiavalute,  commerciante  che 
cambia  contro  moneta  nazionale  le  monete  e  i  va 
lori  esteri,  e  spesso  fa  pure  operazioni  di  cambio.  - 
Capitalista,  chi  alla  Bonsa  fa  operazioni  per  l'im- 
piego di  capitale,  in  ispecie  operazioni  di  riporto. 
Nel  linguaggio  di  Borsa,  si  contrappone  alle  specu- 
htore,  ossia  a  chi  fa  la  speciilazime.  •  Coulissiei- 
(frane),  agente  di  cambio  non  autorizzato:  da  coulisse, 
luogo  ove  si  radunano  coloro  che  fanno  operazioni 
di  Borsa  senza  intervento  degli  agenti  di  cainbio.  - 
Cotirtier  (frane),  agente  di  cambio  non  autorizzato, 
né  giurato. 

Courtiers-marrons,  nella  Borsa  di  Parigi,  gli  agenti 
non  riconosciuti  dalla  legge.  -Intermediario,  gene- 
ralmente, il  mediatore  abusivo  e  intruso.  -  Afedia- 
tore,  intermediario  illecito  nelle  negoziazioni  di 
Borsa  in  genere.  Pubblico  mediatore,  ufficiale  auto- 
rizzato alla  mediazione.  -  Senseria,  la  mercede  dovuta 
ai  mediatori.  -  Rialzista,  chi  in  borsa  ta  operazioni 
che  agevolano  il  rialzo  dei  prezzi.  -  Ribassista, 
nel  linguaggio  di  Borsa,  colui  che  specula  sul 
ribasso  dei  valori  :  frane,  baissier.  -  Riportato,  colui 
che  dà  i  titoli  a  riporto.  -  Risposta  dei  premi',  di- 
chiarazione (di  chi  ha  contrattato  a  premio)  di  ri- 
tirare gli  eiì'etti  comperati  o  di  abbandonare  il 
premio.  -  Sensale,  intermediario  per  le  contrattazioni. 
-  Sindacato,  l'insieme  delle  persone  elette,  fra  loro, 
dai  pubblici  mediatori,  per  la  sorveglianza  della 
Borsa.  In  altro  senso,  riunione  di  mediatori  o  di 
aggiotatori  allo  scopo  di  produrre  determinate  va- 
riazioni nel  prezzo  degli  effetti  pubblici.  -  Tripoteur, 
(frane),  aggiotatore  di  Borsa;  chi  fa  intrighi,  im- 
brogli di  Borsa. 

Operazioni  di  Borsa  -  Termini  vari  -  Titoli. 

Acquisto  al  corso,  compera  di  merci,  oppure  di 
titoli-valori  che  si  pratica  in  un  dato  giorno  al  mer- 
cato o  alla  Borsa.  -  Affari  differenziali,  contratti 
che  riguardano  il  pagamento  delle  differenze  fra  il 
corso  attuale  e  il  corso  a  termine  degli  affari  quo- 
tati nelle  Borse  di  commercio.  -  Aggio,  speculazione 
sul  corso  dei  valori  pubblici.  Differenza  nel  cambio 
della  moneta;  differenza  fra  il  valore  reale  e  il 
valore  nominale.  -  Aggiotaggio,  l'insieme  delle  ma- 
novre adoperate  dai  giuocatori  di  Borsa  per  pro- 
durre determinate  variazioni  sul  corso  degli  effetti 
pubblici.  -  Ammortamento,  ammortizzazione,  il  rim- 
borso del  capitale  rappresentato  da  un  titolo  di 
credito.  -  Apertura,  il  principio  della  Borsa.  Corso 
d'apertura,  il  prezzo  praticato  sugli  effetti  pubblici 
al  cominciare  della  Borsa.  -  Arbitraggio,  opera- 
zioni di  Borsa  praticata  specialmente  da  un  ban- 
chiere e  consistente  nel  cambiare  un  titolo  contro 
un  altro,  oppure  nel  comperare  lo  stesso  titolo  in 
una  Borsa  e  rivenderlo  in  un'  altra.  -  Assegno,  un 
credito  che  si  dà  in  pagamento  o  in  garanzia  di  una 
somma  dovuta.  -  Aumenlo,  l'accrescersi  del  prezzo 
degli  effetti  pubblici. 

Cambio  :  si  chiama  cosi  il  prezzo  fluttuante  nelle 
diverse  piazze  di  commercio,  in  quanto  serve 
di  regola  per  le  contrattazioni  di  cambio;  la  diffe- 
renza in  più  o  in  meno  fra  il  valore  di  un  effetto 
di  commercio  nel  luogo  in  cui  si  negozia  e  quello 
in  cui  è  pagabile.  -  Chiusura,  in  Borsa,  termine 
alle  operazioni  giornaliere.  Corso  di  chiusura,  l'ul- 
timo praticato  in  Borsa  -  Compensazione,  il  saldo 
delle  partite  di  dare  e  avere,  che  si  effettua  fra  gli 


speculatori  o  fra  gli  agenti  di  cambio,  o  fra  gli  uni 
e  gli  altri,  nel  giorno  stabilito  dal  Sindacato  per 
la  liquidazione  dei  contratti.  -  Corso  di  compensazione, 
(juello  fissato  pure  dal  Sindacato  per  rendere  più 
agevole  la  conclusione  dei  riporti.  -  Contratto  a  ter- 
mine, quello  in  cui  l'esecuzione  è  rimandata  a  una 
determinata  scadenza.  -  Contratto  a  contanti,  quando 
si  consegnano  immediatamente  gli  effetti  e  se  ne 
paga,  ad  un  tempo,  il  prezzo.  -  Corso  di  fondi 
pubblici,  prezzo  dei  valori  cartacei:  lo  si  stabilisce 
sull'adeguato  dei  contratti  giornalieri  di  compre  e 
vendite  dei  fondi  pubblici,  stipulati  d'ordinario  nelle 
Borse. 

Corso,  dicesi  il  prezzo  degli  effetti  controllati  in 
Borsa.  Corico  legale,  quello  accertato  ufficialmente 
dagli  agenti  di  cambio  nei  modi  di  legge.  -  Corso 
del  cambio,  la  proporzione  in  cui  stanno  in  gior- 
nata i  pagamenti  da  farsi  da  due  piazze.  -  Diffe- 
renza, la  differenza  di  prezzo  fra  il  corso  al  quale 
si  è  contrattato  e  quello  corrente  su  scadenza.  - 
Deporto,  contratto  per  cui  una  parli'  vende  a  con- 
tanti all'altra  effetti  pubblici,  ricomperandoli  nello 
stesso  tempo  a  termine,  ad  un  prezzo  minore,  detto 
prezzo  del  deporto.  -  Dividendo,  la  quota  di  utili 
che  si  distribuisce  sulle  azioni  industriali,  -  Doni, 
nel  linguaggio  di  Borsa,  il  premio  che  ^,  deve  pa- 
gare al  venditore  quando  non  si  crede  più  oppor- 
tuno eseguire  un  contratto  antecedentemente  stipu- 
lato. -  Fine:  i  contratti  «  a  termine  »  si  concludono, 
di  regola,  a  fine  corrente,  o  fitie  prossimo,  cioè  per 
la  fine  del  mese  in  corso  o  per  quella  del  succes- 
sivo. 

Esecuzione  è  detta  la  liquidazione  coattiva  fatta  dal 
Sindacato  per  conto  dei  creditori  e  a  rischio  degli 
speculatori,  che  non  mantengono  i  propri  impegni. 

-  Fondi,  veggasi  innanzi,  ad  effetto;  in  altro  senso,  il 
denaro  contante.  -  Frutto,  la  competenza  annua  do- 
vuta al  possessore  di  un  titolo,  come  prezzo  del 
capitale  versato.  -  Gira,  modo  col  quale  si  trasfe- 
risce la  proprietà  di  un  titolo,  di  una  cambiale,  ecc. 
Però  si  chiama  traslazione  il  passaggio  di  una  iscri- 
zione nominativa  di   rendita  da  un  nome    all'altro. 

-  Giorno  del  godimento,  quello  dal  quale  incomin- 
ciano a  decorrere  i  frutti,  gli  interessi,  a  favore  di 
chi  possiede  un  titolo.  -  Grida,  la  contrattazione 
fatta  in  Borsa  ad  alta  voce  e  nei  modi  di  Legge.  - 
Giuoco  di  Borsa,  la  speculazione  sulle  differenze. 

Liquidazione,  l'esecuzione  di  contratti  di  Borsa  fatta 
nei  giorni  stabiliti  dal  Sindacato.  -  Manovra,  l'arte 
degli  aggiotatori  per  produrre  movimenti  a  loro  fa- 
vorevoli sul  corso  degli  effetti  pubblici  -  In  lettera, 
il  prezzo  al  quale  gli  effetti  pubblici  sono  offerti. 

Operazioni  di  Borsa,  quelle  aventi  per  oggetto  gli 
effetti  pubblici.  Operazioni  a  contanti,  a  termine 
con  contratto    fermo  e  con   contratto  a  premio,   ecc. 

-  Premio,  benefizio  che  si  paga,  in  epoche  determi- 
nate, al  possessore  di  un  titolo;  ciò  che  una  delle 
parti  paga  all'altra  per  avere  facoltà  di  poter  ri- 
nunziare in  scadenza  al  contratto;  anche,  la  diffe- 
renza fra  la  pari  di  un  titolo  e  il  prezzo  di  corso. 

-  Prezzo  nominale,  quello  fissato  dal  Sindacato  al- 
lorquando non  vi  sono  affari.  -  Pvomisione,  ciò  che 
si  dà  ai  banchieri,  quasi  a  titolo  di  sensoria.  - 
Rialzo,  il  rialzare  o  alzare  dei  prezzi  nei  valori  di 
Borsa.  -  Realizzo,  la  conversione  degli  effetti  pub- 
blici in  danaro.  -  Reazione,  il  ribasso  che  segue 
ad  un  aumento  prolungato,  o  viceversa.  -  Ribasso, 
il  ribasso  dei  prezzi  sui  valori  di  Borsa.  -  Rimborso, 
lo  stesso  che  ammortamento.  -  Riporto,  la  compra 
e  vendita  a  contanti  e  la  successiva  compra  e  ven- 


308 


BORSA   DEL  LAVORO   —  BOSCO 


dita  «  a  termine  >,fra  le  stesse  parti,  della  stessa 
qualità  e  quantità  di  valori  contralti  mediante  il 
pagamento  di  una  somma  che  è  il  prezzo  del  ri- 
porto. Si  dice  anche  di  questo  prezzo.  -  Run  (ingi. 
correre),  nel  gergo  di  Borsa,  quel  panico  per  il  qua- 
le i  depositanti  accorrano  agli  sportelli  di  una 
Banca  o  Gassa  di  risparmio  quando  si  diffonde. voce 
di  fallimento. 

Scadenza,  l'epoca  nella  quale  si  deve  eseguire 
una  data  obbligazione.  -  Sconto,  operazione  di 
Sanca.  -  Sottoscrizione,  l'obbligazione  di  assumere 
un  determinato  numero  dei  titoli  che  vengono  emessi. 
-  Speculazione,  l'insieme  delle  operazioni  fatte  allo 
scopo  di  guadagnare  sul  rialzo  o  sul  ribasso  degli 
effetti  pubblici  o  privati.  •  Stellage,  parola  tedesca, 
con  desinenza  francese,  usata  nel  linguaggio  di  Borsa: 
indica  un  contratto  col  quale,  mediante  il  paga- 
mento di  un  premio  conveniente,  si  ha  facoltà  di 
consegnare  al  contraente,  o  di  ritirare  dallo  stesso 
e  ai  medesimi  prezzi,  una  data  quantità  di  titoli. 

Alzare  e  abbassare  i  fondi,  significa  il  maggiore 
o  minore  valore  dei  fondi  pubblici  a  seconda  delle 
circostanze  politiche  e  finanziarie  del  paese.  •  Es- 
sere alla  pan .  veggasi  più  sotto.  -  Fluttuare,  oscillare, 
il  variare  dei  prezzi  di  Borsa.  •  Gi^wcare  in  Borsa, 
8pe«-ulare  sui  rialzi  e  ribassi  dei  valori  pubblici, 
tralifìfiare  nei  cambi.  •  Operare,  vendere  allo  scoperto, 
speculare  sul  prezzo  dei  titoli  che  non  si  possie- 
dono, impegnandosi  a  pagare  la  differenza  di  prezzo 
o  ad  acquistare  i  titoli  per  consegnarli  alla  scadenza 
del  contratto.  -  Pari^care,  l-idurre  cambi  ad  una 
stessa  scadenza.  -  Parificazione^  l'atto  e  l'effetto  del 
parificare.  -  Quotare,  segnare,  nel  listino  di  Borsa,  il 
prezzo  dei  valori  pubblici.  -  Riportare,  nel  lin- 
guaggio di  Borsa  ha  due  significati,  essendo  usato 
ad  esprimere  e  la  conversione  di  un'operazione  a 
termine  in  un'operazione  a  contanti  e  un  prestito 
contro  deposito  di  titoli.  -  Speculare,  nel  linguaggio 
del  commercio  e  della  Borsa:  trafficare,  commer- 
ciare, ecc. 

Alla  pari,  termine  riferito  a  cedole  o  a  cartelle 
di  rendita  indicante  che  le  si  danno  per  il  prezzo 
convenuto  da  principio.  -  Alti  e  bassi,  rialzo  e  ri- 
basso. -  Azione,  titolo  rappresentativo  delle  quote 
in  cui  è  diviso  un  valore  pubblico  e  che  frutta  un 
interesse.  -  Azioni  ài  portatore,  quelle  che  possono 
essere  commerciate,  realizzate  da  chiunque.  •  Azioni 
nominali,  quelle  intestate  a  un   dato  nome. 

Bollettinp,  la  nota  dei  prezzi  praticati  alla  Borsa  : 
listino.  -  Buono  di  cassa,  titolo  di  credito  senza  in- 
teresse e  a  scadenza  determinata.  Buono  del  Tesoro, 
titolo  di  credito  emesso  dallo  Stato  per  far  fronte 
ai  bisogni  di  cassa,  per  lo  più  a  breve  scadenza  e 
fruttante  un  determinato  interesse.  -  Cartella,  titolo 
di  fondo  pubblica  (del  debito  pubblico,  aeraria, 
fondiaria,  .ecc.).  -  Cedola  (frane,  coupon),  buono 
che  si  stacca  da  una  cartella  di  rendita  per  riscuo- 
terne il  valore;  in  essa  sono  indicati  il  numero 
d'ordine  della  rendita  annuale,  l'interesse  seme- 
strale e  il  giorno  dal  quale  incomincia  ad  essere 
esigibile.  -  Certificato,  il  titolo  che  rappresenta,  per 
lo  più,  la  proprietà  di  una  iscrizione  nominativa 
di  rendita  o  di  un'azione  industriale.  —  Chèque, 
mandato  o  ordine  di  pagamento  formulato  come 
una  lettera  di  cambio:  assegno  bancario. 

Divisa,  gli  effetti  di  commercio  tratti  da  una 
piazza  e  pagabili  sopra  un'altra.  -  Doppie  facoltà, 
quei  contratti  nei  quali  una  delle  parti  si  riserva, 
per  una  scadenza,  di  comperare  o  vendere  a  propria 
scelta  all'altra  parte,  e  al  prezzo  stabilito  nella  con- 


clusione del  contratto,  una  specie  qualunque  di 
effetti  pubblici.  -  Effetto,  titolo  di  credito.  Efftiti,o 
fondi  pubblici,  in  generale,  tatti  i  titoli  che  si  ne- 
goziano in  Borsa;  in  senso  più  ristretto,  le  rendite 
sullo  Stato,  rappresentate  da  titoli  che  pure  si  pos- 
sono negoziare.  Effetto  di  commercio,  le  cambiali,  i 
pagherò,  ecc.  -  Listino,  la  tariffa  delle  monete  e  il 
corso  dei  valori  pubblici;  anche,  prezzo  corrente, 
caialogo.  Quotazione,  indicazione  sul  listino  dei  prezzi 
praticati  alla  Borsa.  -  Lotto,  quantità  determinata 
di  rendita  che  si  contratta  di  regola  dagli  specu- 
latori. -  Nota,  carta  che  i  pubblici  mediatori  rila- 
sciano ai  loro  clienti,  e  nella  quale  sono  indicate 
le  condizioni  del  contratto:  detta  anche  bordereau, 
partita.  -  Obbligazione,  titolo  rappreseatante  un  ca- 
pitale mutuato  allo  Stato  o  a  qualche  Società.  - 
Offerta,  in  Borsa,  lo  stesso  che  danaro.  -  Punti. 
l'unità  di  moneta  legale  (lira,  marco,  corona).  - 
Quotato,  dicesi  dei  valori  che  sono  scritti,  regi- 
strati, indicati  nei  bollettini,  o  listini  della  Borsa. 

Tagliando,  voce  abusiva  del  linguaggio  commerciale 
e  di  Borsa,  invece  di  cédola.  ■  Titolo:  si  dice  tanto 
della  singola  obbligazione  di  credito  quanto,  in  ge- 
nere, di  qualunque  effetto  pubblico.  -  Valori,  gli 
effetti  in  genere. 

Borsa  del  lavoro.  Veggasi  a  lavoro. 

Borsa  di  studio.  Detto  a  stiidio. 

Borsaiuòlo  (borsaiolo).  Chi  ruba  la  borsa  dalla 
tasca  d'altri;  lewfro  che  ruba  i  valori  addosso  alle 
persone:  borsaruolo,  ciurmaborse,  tagliaborse;  lesto 
di  mano;  tocca  polsi;  asciugaberrette.  -Pick-pocket 
(ingl.),  letteralmente,  becca  tasche  ;  ital.,  borsaiuolo 
o  tagliaborse.  -  Rapinatore,  per  indicare  i  borsaiuoli, 
i  tagliaborse,  i  ladri  da  strada,  ecc.  -  Borseggio, 
l'atto  de!  borsaiuolo  nel  borseggiare,  cioè  nel  sot- 
trarre destramente  la  borsa  o  altro  di  dosso  ad 
altri  :  giuoco  di  mano,  rapina.  -  Destrezza  di  mano, 
abilità  del  borsaiuolo. 

Borsèllo.  Piccola  borsa. 

Borsicchio.  Detto  a  borsa  (sacchetto). 

Borsista.  Chi  giuoca  in  Borsa. 

Borsóne.  Grossa  borsa.  ■  Sorta  di  fungo, 

Borzacchino.  Calzaretto,  piccolo  stivale. 

Boscàglia.  Detto  a  bosco. 

Boscaiólo»  Tagliatore,  custode  di  bosco. 

Boscheréccio.  Detto  a  bosco. 

Boschetto.  Veggasi  a  bosco  e  a  caccia. 

Boschivo.  Detto  a  bosco. 

Bosco.  Estensione  di  terreno,  pieno  di  alberi 
selvatici:  luogo  boscoso;  alberaria,  albereto,  albo- 
reto,  arboreto  ;  cerchiaio,  cerretaia  ;  luco;  frasconaia; 
macchia,  macchione.  Un  bosco  può  essere  fitto,  folto 
(quando  gli  alberi  vi  sono  numerosi  e  vicini),  rigo- 
glioso (di  florida  vegetazione),  pieno  d'ombra  e  di 
recessi  ombrosi  (quando  il  fogliame  non  lascia  pe- 
netrare i  raggi  solari)  ;  sterpato,  liberato  dall'in- 
gombro degli  sterpi  (ramoscelli  secchi,  residui  di 
barbe  d'alberi  ta,gliati).  Dal  bosco  si  trae  la  legna 
per  servire  da  combuslibile,  ossia  per  accendere 
il  fuoco,  e  questo  o  quel  legno  da  costruzione 
Nel  bosco,  oltre  l'albero,  alligna  l'arboscello, 
cresce  l'erba  (anzi,  più  specie  d'erbe),  il  musco  ; 
si  trova  il  fungo,  vive  più  d'un  animale,  spe- 
cialmente quelli  costituenti  la  cosidetta  selvaggina 
(uccelli,  ecc.),  insieme  con  molte  specie   di  insetti.. 

Arboroso,  boscaglioso,  boschereccio,  bosccUo,  boschigno, 
boschivo,  boscoso,  selvato,  selvoso,  silvano,  silvestre 
D  Silvestro,  silvoso.  tratto  di  terreno  o  di  paese  a 
bosco.  Boscoso  significa  anche   «  pieno  di  boschi  » 

Boscaccio,   di   bosco    pericoloso.   -  Boscaglia,  ter- 


BOSCO   —   BOSSO 


309 


reno  ricoperto  di  boschi  succedentisi  a  brevi  in- 
tervalli; macchia.  -  Bosratn,  luogo  lasciato  a  bo- 
sco. -  Boschetto,  boschettino,  piccolo  bosco.  -  Bo- 
sco cedue,  quello  nel  quale  si  suole  tagliare  pe- 
riodicamente la  legna.  -  Bosco  d'alto  fusto,  quello 
nel  quale  non  si  taglia  periodicamente  la  legna.  - 
Burrone,  luogo  boscoso  e  scosceso,  dirupato,  per 
lo  più  tra  i  monti.  Campicelo,  lenjbo  di  bosco  ra- 
sente al  coltivato.  -  Cei-reto,  bosco  di  cerri.  -  Cespu- 
glio, cespo,  mucchio  d'erbe  o  di  virgulti;  viluppo 
di  pianticelle,  di  spine,  d'ortiche,  ecc.  -  Ciarpame, 
eiarpume,  la  foglia,  gli  sterpi,  ecc.,  che  restano  a 
terra  nei  boschi:  pacciame.-  Disfalticcio,  il  terreno 
nel  luo^o  ove  fu  da  poco  disfatto  il  bosco. 

Foresta,  selva  grande.  Forestale,  di  foresta.  -  Fo- 
resta vergine,  quella  che  non  forma  oggetto  di  col- 
tivazione, come  il  bosco  ceduo,  e  non  viene  messa 
a  profitto  per  raccolta  di  legna  o  simili.  -  hortelo, 
boscaglia  fitta  e  bassa.  -  Fratta,  boschetto  fatto  di 
pruni  e  di  sterpi.  -  Lecceta,  e  più  coinun.  lecceto, 
bosco  di  lecci.  -  Macchia,  bosco  folto.  -  Matricina,  le 
mazze  più  belle  lasciate  sulla  ceppa  perchè  rifacciano 
il  bosco.  -  Olivella,  olivello,  cespuglio  folto  dei  boschi. 

-  Palina,  bosco  da  pali.  -  Palmeto,  bosco  di  palme. 
Parco,  luogo  cinto  di   muro,    di   fìtta  siepe  o  di 

altro  riparo,  piantato  d'alberi,  formanti  larghi  viali, 
fitte  macchie  e  selvosi  ridotti,  ove,  per  diletto  e 
per  uso  di  caccia,  si  tengono  animali  ed  uccelli  di 
varie  specie.  -  Bagnata,  piccolo  parco. -Pmeto,  bo- 
sco di  pini  -  Porrine,  fusti  che  si  lasciano  nello 
sterzare  il  bosco.  -  Badura,  spazio  meno  folto  o 
nudo  in  un  bosco;  radala,  radore.  -  Banco,  terreno, 
già  boschivo,  ridotto  a  coltura.  -  Boveto,  luogo 
pieno  di  rovi,  di  pruni. 

Selva,  gran  bosco,  luogo  vasto  nel  quale  natu- 
ralmente e  folti  crebbero  gli  alberi  :  selva  viva,  ri- 
gogliosa; aspra,  intricata,  poco  accessibile.  Nel 
più  cupo  della  selva,  dove  gli  alberi  sono  più  fitti 
e  l'ombra  più  densa.  -  Selvicoltura,  silvicoltura, 
coltura  delle  seh^e,  dei  boschi  (veggasi  più  innanzi). 
Binselvare,  far  ritornare  selva  un  terreno.  -  Selvato, 
terreno  a  selva.  -  Selvatico,  selvoso,  silvestre,  Silvestro, 
di  selva. 

Spiazzata,  spiazzo,  spazio  lasciato  vuoto  d'alberi 
in  u^  bosco:  radura.  -  Slerzatura,  le  legne  fatte 
sterzando.  -  Stipa,  nome  collettivo  di  più  sorta  di 
minuti  arbusti,  che,  tagliati,  seccati  e  affastellati,  si 
possono  facilmente  accendere. 

Imboschire,  di  terreni  che  incominciano  a  far 
bosco:  imboscare,  rimboscare,  rimboschire  (imbo^ 
scamento,  rimboscamento,  rimboschimento),  il  formarsi 
0  riformarsi  di  un  bosco.  -  Infoltire,  diventar 
folto;  infittire.  -  Andare  nel  bosco:  imboscarsi,  rim- 
boscarsi, inselvarsi,  immacchiarsi.  -  Immacchiarsi, 
nascondersi  nella  macchia  o  nel  bosco.  -  Bimbo- 
scare,  rintanarsi  nel  bosco.  -  Buspare,  andare  nel 
bosco  in  cerca  di  castagne  rimaste,  o  anche  d'olive. 

-  Uscire  dal  bosco  :  sboscare,  sboscarsi,  smacchiarsi. 

Persone  che  stanno  nei  Boscm  -  loro  lavori. 
Termini  varì 

Boscaiòlo,  boscaiuolo  (femm.,  boscaióla),  chi  taglia 
0  ha  in  custodia  il  bosco;  anche,  chi  lo  frequenta 
0  lo  abita.  E  boschereccio,  proprio  di'  chi  frequenta 
i  boschi.  Boscaióla,  propriam.,  la  donna  che  raccatta 
legna  o  altro  nel  bosco.  -  Guardaboschi,  guardiano 
dei  boschi,  allo  stipendio  del  Comune  o  di  privati. 

Silvicultore,  chi    esercita   la   silvicultura.  -   Stipa- 


mcuxhie,  chi  pulisce  i  boschi  dalle  stipe:  anche 
stipatore.  -  Taglialegna,  chi  nei  boschi  e  nelle  mac- 
chie taglia  legna  da  ardere  o  da  farne  carbone  e 
anche  spacca  e  spezza  i  ceppi  o  ciocchi:  tagliatore 
di  legna,  spaccalegna,  spaccalegne,  spezzalegne, 
spezzazocchi.  -  Cafaggidio,  chi  sopraintendeva  alla 
custodia  delle  campagne  e  dei  boschi. 

Diboscare,  tagliare  un  bosco  o,  meglio,  spiantarlo: 
dimacchiare,  disboscare,  disfar  la  macchia,  sboscare, 
smacchiare;  denudare  un  poggio,  un  monte.  -  Di- 
boscamento, l'atto  e  l'effetto:  sboscamento,  smacchia- 
tura; spogliazione  dei  monti.  .  Diboscamento  par- 
ziale, quello  fatto  regolarmente,  tagliando  la  legna 
dei  boschi,  senza  spiantarli:  tagliamento.  tagliata, 
tagliatura,  taglio.  -  Dibrucare,  nettare  gli  alberi  dai 
rami  inutili  o  secchi.  -  Dibrucatura,  ripulitura  dei 
boschi.  -  Bimboscare,  ricoprire  di  bosco;  il  rimetter*; 
a  bosco  terreni  che  ne  furono  spogliati:  rimboschire. 
Bimboscamento,  rimboschimento,  l'atto  e  l'effetto.  - 
Sterzare,  tagliare,  pulire  i  boschi  cedui  dalle  pic- 
cole piante,  per  dare  sfogo  alle  altre.  -  Stipare. 
pulire  i  boschi  dalle  stipe.  La  stipatura  va  fatti 
dall'ottobre  al  dicembre.  -  Tagliare,  fare  11  taglio, 
la  taglia  degli  alberi  in  un  bosco.  Ciò  in  tre  modi: 
col  primo  taglio  si  atterrano  tutti  gli  alberi,  quando 
si  vuole  diboscare;  col  secondo  si  lasciano  matri- 
cini  0  stalloni  per  conservare  il  bosco;  il  terzo  si 
pratica  per  gli  alberi  resinosi,  sulle  montagne  ri- 
pide e  di  malagevole  accesso,  il  che  si  fa  scegliendo 
solo  alcuni  alberi,  più  atti  a  ridursi  in  tavole  o  altro. 

Legnatico,  diritto  di  far  legna  in  un  bosco  di 
altri  ;  e  le  legne  stesse.  -  Macchiatico,  diritto  di 
entrare  nelle  macchie  altrui  a  far  legna,  raccattar 
foghe  e  simili;  il  censo  che  si  paga  all'uopo;  anche, 
il  prezzo  per  il  quale  si  cede  ad  altri  il  prodotto 
delle  macchie.  -  Silvicultura,  selvicoltura,  l'attività 
diretta  al  conseguimento  di  prodotti  forestali,  ì 
quali  si  distinguono  in  primari  (legnami)  e  secon- 
dari (erba,  strame,  frutta,  selvaggina).  Anche,  la 
scienza  forestale,  che  insegna  a  trarre  il  maggior 
utile  possibile  dal  terreno  destinato  alla  produzione 
del  legname.  -  Spezzatura,  il  prezzo  che  si  paga  a 
chi  spezza  la  legna.  -  Silvereccio  silenzio,  la  tran- 
quillità, il  silenzio  dei  boschi. 

Figure  mitologiche. 

Amadriade  o  Dnade,  ninfa  protettrice  dei  boschi. 
Le  Driadi  erano  figlie  di  Nereo  e  di  Dori.  -Dedona, 
foresta  di  Caonia,  consacrata  a  Giove,  le  quercie 
della  quale  davano  gli  oracoli.  -  Feronia,  dea  dei 
boschi  e  degli  orti.  -  ladi,  ninfe  dei  boschetti  delle 
fonti  e  paludi.  Erano  sette  e  si  chiamavano:  Am- 
brosia, Eudora,  Pasitoe,  Coronide,  Polisso,  Fileto  e 
Dione,  tutte  figlie  d'Atlante  e  sorelle  di  la  -  Na- 
pee,  le  dee  dei  prati  e  dei  bosclietti.  -  Satiro,  dio 
boschereccio  in  figura  d'uomo;  per  sim.,  lussurioso. 
-  Silvano,  dio  delle  foreste:  amava  il  giovane  Ci- 
parisso,  ma  Apollo  lo  cangiò  in  cipresso,  e  Silvano 
poi  sempre  portò  in  mano  un  ramo  di  quest'albero. 

Bosco.  Insieme  dei  fastelletti  sui  quali  fa  il 
bozzolo  il  baco  da  seta. 

Boscóso.  Detto  a  bosco. 

Boselàfo.  Gigantesco  ruminante. 

Bosforo.  Dicesi  di  uno  stretto  di  mare  poco 
esteso. 

Boslnata.  Detto  a  poesia» 

Bosso.  Pianta  euforbiacea,  somigliante  al  mirto 
e  tipica  per  il  fogliame  sempre  verde  e  per  il  prei 
gio  del  suo  legname,  ricercato  dai    tornitori,    dagli 


310 


BOSSOLO    —    BOTANICA 


incisori  in  legno  e  dagli  stipettai:  bosso,  busso.  - 
bosseina,  polvere  che  si  ottiene  dalle  foglie  del 
bosso:  é  salilicante  e  di  color  giallo.  -  Bossina,  al- 
caloide diffuso  in  tutte  le  parti  del  bosso:  è  salifi- 
cante e  di  color  giallo. 

Bòssolo.  Lo  stesso  che  bosso.  -  Cartuccia  di 
fucile  a  retrocarica.  -  Piccolo  vaso  di  vario  uso. 

Bossolotto.  Detto  a  elemosina. 

Botànica.  Una  delle  scienze  naturali,  quella 
cbe  studia  la  pianta  (nome  generico  di  qualsiasi 
organismo  proprio  del  cosidetto  ì'egno  vegetale , 
mentre  chiamasi  fiora  l'insieme  delle  piante  di  una 
data  regione).  La  botanica  è  detta  generale,  se  ri- 
cerca e  studia  gli  elementi  che  costituiscono  le 
piante,  esamina  il  funzionamento  degli  organi  delle 
piante,  ricerca  le  leggi  che  ne  governano  la  vita; 
geografica,  se  studia  le  flore  caratteristiche  delle  di- 
verse regioni  e  ne  deduce  quale  influenza  possa 
esercitare  il  dima  sullo  sviluppo  delle  piante; 
sistematica,  quando  si  limita  a  classificare  le  piante, 
riunendole  in  tipi,  famiglie,  generi,  specie,  ed  a 
descriverne  i  caratteri  esteriori.  —  Botanica  fossile, 
0  paleofitologia,  veggasi  a  fossile.  —  Botànico,  at- 
tenente a  botanica. 

Botamoa  applicata,  quella  che  si  occupa  delle 
applicazioni  dei  vegetali  ai  bisogni  umani:  si  sud- 
divide in  economica,  se  studia  le  piante,  che  si  col- 
tivano negli  orti  e  che  forniscono  gli  erbaggi;  in- 
dustriale, se  si  occupa  delle  piante,  che  sono 
utilizzate  nelle  industrie  ;  medica,  se  dice  delle 
applicazioni  che  i  vegetali  hanno  in  medicina; 
agricola,  se  studia  i  vegetali  utili  all'agricoltura; 
orticola,  quella  cui  spetta  lo  studio  delle  piante 
che  si  coltivano  nei  giardini  per  ornamento. 

Anatomia  vegetale,  la  parte  della  botanica  gene- 
rale che  ricerca  e  studia  gli  elementi  semplici  e 
complessi  che  «costituiscono  l'organismo  pianta.  - 
Biologia  vegetale,  parte  della  botanica  generale  che 
ricerca  le  leggi  che  governano  la  vita  delle  piante. 

-  Briologia,  parte  della  botanica  che  tratta  dei 
musctii:  veggasi  a  muschio. 

Fenologia,  lo  studio  dei  fenomeni  della  vita  ve- 
getale in  rapporto  al  clima  -  Fisiologia  vegetale, 
parte  della  botanica  generale  che  esamina  il  fun- 
zionamento degli  organi  di  una  pianta  -  Fitografia, 
descrizione  delle  piante.  -  Glossologia,  ramo  della 
botanica  riguardante  la  nomenclatura  e  il  linguag- 
gio botanico. 

Istogenesi,  la  parte  che  si  occupa  della  genesi 
dei  tessuti.  -  Istotassia,  classificazione  delle  piante 
secondo  i  loro  tessuti.  -  Morfologia  vegetale,  parte 
della  botanica  generale  che  studia  la  forma  delle 
piante  e  ne  ricerca  le  leggi.  -  Organogenia,  lo  stu- 
dio del  modo  nel  quale  gli  organi  si  sviluppano.  - 
Organografia,  la  parte  che  studia  le  forme  esterne 
degli  organi,  giunti  al  loro  completo  sviluppo.  - 
Patologia  e  nosologia,  la  parte  che  si  interessa  delle 
malattie  degli  organi  delle  piante  e  delle  altera- 
zioni nelle  loro  funzioni.  -  Teratologia,  la  parte 
che  stuiia  gli  organi  quando  allo  stato    anormale. 

-  Tassinomia  o  tassionomia,  quella  parte  della  bo- 
tanica sistematica  che  classifica  le  piante,  dividen- 
dole in  tipi,  classi,  ordini,  famiglie,  generi,  specie, 
varietà. 

Biologo,  il  botanico,  specialmente  se  dotto  in 
biologia,  -  Botanico,  chi  è  dotto  nella  botanica,  chi 
la  professa:  naturalista.  -  Erborizzatore ,  chi  at- 
tende ad  ei'borizzare,  ossia  a  raccogliere  piante  por 
studiarle  o  per  formare  un  erbario.  -  Fisiologo 
il  botanico,  speciaimente  se  dotto   in  fisiologia 


-  Sistematico,  il  botanico,  se  dedito  allo  studio  della 
sistematica. 

Principali  elementi  costitutivi  della  pianta 

Cellula,  ciascuno  di  quegli  scompartimenti  da 
cui  si  vede  risultare  una  pianta  complessa,  se  os- 
servata in  qualche  sua  parte  al  microscopio.  Per 
la  moltiplicazione,  la  coniugazione,  fenomeni,  ecc., 
ecc.,  veggasi  a  cellula.  -  Protoplasma,  sostanza, 
di  aspetto  mucillaginoso,  che  è  il  costituente  primo 
della  cellula  vegetale.  Per  le  varie  voci  relative, 
veggasi  a  cellula  (vegetale).  -  Clorofilla,  xan- 
tofilla,  carotina,  jicoeritrina,  ficofeina,  ficocianina, 
ficoxantina,  i  pigmenti  coloranti  delle  piante  di- 
spersi nel  protoplasma.  -  Fecola,  amido,  aleurone, 
cristalloidi,  sostanze  che  compaiono  nel  protoplasma 
di  alcune  cellule  vegetalii. 

lessuto,  l'associazione  di  più  cellule  della  mede- 
sima specie:  sinplasti.  -  Cuticolare,  i  tessuti  che  ai 
trovano  all'esterno  di  tutti  gli  organi  del  corpo  ve- 
getale, ne  costituiscono  la  ditesa  e  regolano  le  re- 
lazioni fra  il  vegetale  e  1'  ambiente.  •  Escretori,  i 
tessuti  che  secernono  lattice,  nettare  o  altre  ma- 
terie, prodotte  dall'  attività  vitale  della  pianta.  - 
Fondamentali,  i  tessuti  ohe  hanno  e  disimpegnano 
la  funzione  di  assimilare  le  sostanze  assorbite.  - 
Meccanici,  i  tessuti  fatti  di  cellule  dalla  parete  li- 
gnificata e  che  servono  a  dare  consistenza  alle 
piante.  -  Meristematici,  i  tessuti  che,  moltiplican- 
dosi di  continuo  i  loro  elementi  cellulari,  hanno 
la  funzione  da  aumentare  le  dimensioni  della  pianta. 

-  Vascolari,  i  tessuti  formati  di  cellule  allungate 
che  hanno  riassorbito  la  parete  di  contatto  nella 
serie  longitudinale  e  servono  al  trasporto  del  ma- 
teriale liquido. 

Organo,  insieme  di  tessuti  facenti  parte  di  un 
organismo  vegetale  e  deputato  a  particolari  funzioni. 

-  Apicilare,  organo  che  si  trova  alla  sommità  di 
di  un  altro  organo. 

Tallo,  il  corpo  vegetativo  delle  piante  costituite 
da  una  sola  cellula  o  da  più  cellule  identiche,  vi- 
venti in  colonie,  senza  rinunciare  nessuna  di  esse 
alla  propria  individualità.  -  Filiforme,  laminare, 
massiccio,  il  tallo  a  seconda  della  forma  che  pre- 
senta. 

Cormo,  il  corpo  vegetativo  di  tutte  le  piante  plu- 
ricellulari, sia  erbacee  che  legnose.  -  Cilindrico, 
angoloso,  il  cormo  a  seconda  della  forma  che  pre- 
senta ;  elastico,  rigido,  il  cormo  a  seconda  della  sua 
consistenza;  aculeato,  glabro,  peloso,  spinoso,  il  cor- 
mo secondochè  la  sua  superficie  esterna  si  pre- 
senta al  tatto  ;  aereo,  sotterraneo,  il  cormo  a  seconda 
che  cresce  centrifugamente  nell'ambiente  aria  o  cen- 
tripetamente sotto  terra.  -  Stipite,  nome  speciale  del 
cormo  aereo  delle  palme.  -  Scafo,  il  cormo  aereo 
delle  piante  bulbose,  -  Bulbo,  cormo  sotterraneo  assai 
breve,  in  forma  di  disco  o  girello.  -  Rizoma,  cormo 
sotterraneo,  più  o  meno  allungato,  orizzontale,  obli- 
quo o  verticale.  •  Tubero,  cormo  sotterraneo,  breve  e 
molto  ingrossato. 

Cambio,  speciale  tessuto  meristematico  interposto 
fra  floema  e  xylema.  -  Cono  di  vegetazione,  speciale 
tessuto  che  si  trova  all'apice  del  fusto  e  dei  rami 
principali.  -  Cuffia  di  vegetazione,  lo  speciale  rive- 
alimento  protettivo  del  cono  di  vegetazione  che  si 
riscontra  nella  parte  del  cormo  {la  radice)  che  sta 
sotto  terra.  -  Fasci  ^bro-vascolari,  l'insieme  del  xy- 
lema, del  ftoema,  del  cambio. -Epidermide,  lo  strato 
di  cellule  che  riveste  tutto  il  cormo  delle  piante  an- 


BOTAWICA 


311 


nue:  cuticola.  -  Hoema,  l'insieme  delle  cellule  che 
servono  alla  circolazione  delle  sostanze  nutritive  già 
elaborate.  -  Midollo,  il  tessuto  fondamentale  che  si 
trova  al  centro  del  cormo.  -  Raggi  midollari,  le  di- 
ramazioni che  il  midollo  insinua  ira  i  tasci  fibro-va- 
scolari.  -  Periderma,  lo  strato  di  cellule  che  costi- 
tuisce la  corteccia  avvolgente  il  cormo  delle  piante 
arboree:  suberina.  -  Xylema,  l'insieme  delle  cellule 
che  costituiscono  il  legno. 

Fusto,  la  parte  della  pianta  che  ordinariamente 
l'inalza  nell  aria  libera  e  porta  il  ramo,  la  foglia, 
il  fiore,  il  frutto.  •  Nodi,  i  punti  del  fusto  dai  (^uali 
partono  i  rami  e  le  foglie.  Interiwdo,  la  porzione 
di  fusto  interposta  fra  nodo  e  nodo.  -  Scafo,  il 
fusto  privo  ai  foglie.  -  Ascendente  il  fusto  se  è 
piegato  alla  base  e  poi  eretto.  -  Cascante,  il  fusto 
eretto  alla  base  e  poi  cascante.  -  Decombente,  quello 
che  alla  base  si  mantiene  eretto  per  qualche  tempo, 
ma  poi,  per  debolezza,  si  stende  a  terra,  -  Er- 
baceo, legnoso,  il  fusto  a  seconda  della  sua  consi- 
stenza. -  Eretto,  il  fusto  quando  ha  una  direzione 
quasi  verticale.  -  Prostrato,  il  fusto  che  posa  sul 
•uolo  senza  mettere  però  delle  radici  avventizie.  - 
Radicante,  il  fusto  che  si  arrampica  mediante  radici 
avventizie.  -  Rampicante,  il  fusto  che  si  attacca  ai 
corpi  vicini  mediante  viticci.  -  Serpeggiante,  il  fusto 
che  scherzosamente  posa  snl  suolo.  -  lolubile,  il 
fusto  che  si  avvolge  a  spirale  intorno  ad  altre  piante 
o  a  speciali  sostegni. 

Marno,  sorta  di  fusto  secondario  che  ha  origine 
dal  primario.  -  Radice,  la  parte  per  mezzo  della 
ijuale  le  piante  si  attaccano  alla  terra  e  ne  traggono 
il  loro  maggior  nutrimento.  Radici  abbarbicanti,  aeree, 
affastellate,  ecc.:  veggasi  a  radice,  -  Abbarbicanti, 
le  radici  aeree,  per  le  quali  la  pianta  si  attacca  ai 
più  variati  punti  d'appoggio.  -  Aeree,  le  radici  che 
si  sviluppano  nell'aria. 

Gemma,  corpicciattolo  di  forma  ovoidale  che  ap- 

Eare  sul  fusto  e  da  origine  alle  toglie  e  ai  fiori: 
occiolina,  boccinolo;  occhietto,  occhio.  Gemme  /io- 
rifere,  foglifere,  nude,  vestite,  terminali,  ecc.:  veg- 
gasi a  germoglio. 

Foglia,  appendice  del  fusto  che  serve  a  tenere 
yìvo  lo  scambio  fra  le  piante  e  l'ambiente,  in  cui 
esse  vivono.  Per  le  varie  voci  che  le  si  riferiscono, 
veggasi  a  foglia. 

Spora,  corpo  riproduttore  delle  piante  crittogame. 
-  Fiore,  r  insieme  degli  organi  che  nelle  piante  su- 

()eriori  costituiscono  l'apparato  di  riproduzione.  Per 
e  molteplici  voci  in  argomento  (antera,  calice,  co- 
rolla, infiorescenza,  ecc.,  ecc.),  veggasi  a  fiore,  - 
Frutto^  il  carpidio  del  fiore  fecondato  e  maturato, 
insieme  al  talamo  fiorale,  al  calice,  al  peduncolo.  - 
Linfa,  la  materia  liquida  nutritiva  che  circola  nelle 
piante  a  riparare  le  perdite  dell'organismo. 

Fenomeni  biologici  dei  vegetali. 

Anomalie  -  Mostruosità'. 

Accrescimento,  la  proprietà,  che  ha  la  pianta,  di 
svilupparsi.  E  dicesi  poi:  geotropismo,  VAzione  eser- 
citata dalla  gravità  sull'accrescimento  delle  piante; 
apogeotropismo,  l'azione  della  gravità  sull'accresci- 
mento della  radice  di  una  pianta;  dia  geotropismo, 
l'attitudine  di  certi  organi  a  prendere  una  posizione 
più  o  meno  trasversale  al  raggio  terrestre.  -  Aerotro- 
pismo, la  sensibilità  delle  piante  all'  influenza  di 
corpi  aeriformi.  -  Aptotropismo,  lo  stimolo  esercitato 
sogli  organi  delle  piante  da  azioni   meccaniche.  - 


Assimilazione,  il  fenomeno  per  il  quale  la  pianta 
assimila  le  sostanze  assorbite.  -  Assorbimento,  il  fe- 
nomeno per  il  quale  i  vegetali  prendono  il  loro 
alii.ento  dall'esterno. 

Cliimotropismo,  l'azione  esercitata  sugli  organi 
delle  piante  da'  agenti  chimici.  -  Eliotropismo,  la 
facoltà,  che  hanno  gli  organi  di  una  pianta,  d'in- 
flettersi sotto  l'azione  delle  radiazioni  solari.  -  Fe- 
condazione, V  atto  per  il  quale  il  polline  feconda 
l'ovolo.  -  Fioritura,  il  complesso  dei  tatti  per  i 
quali  si  produce  il  fiore  e  si  sviluppa.  -  Germoglia- 
mento, io  sviluppo  dell'embrione.  -  Idrotropismo,  la 
tacoltà  che  hanno  certe  parti  di  una  pianta  di  mo- 
strarsi sensibili  alle  condizioni  di  ineguale  umidità. 
-  Igrotropismo,  l'attitudine  della  pianta  a  curvare  e 
distendere  in  fuori  i  propri  organi  sotto  l' azione 
della  umidità. 

Maturazione,  l'originarsi  dell'embrione  nell'ovolo 
fecondato.  -  Respirazione,  la  funzione,  per  la  quale 
le  piante  esercitano  un  continuo  scambio  di  gas, 
assorbendo  ossigeno  ed  esalando  anidride  carbonica. 

Traspirazione,  il  fenomeno  per  il  quale  l'acqua  si 
dilfonae  allo  stato  di  vapore  dalla  superficie  delle 
cellule  nell'aria.  -  Transvòstanziazione,  la  ulteriore 
modificazione  che  subiscono  le  sostanze  assimilate.  - 
Xerotropismo,  l'attitudine  delle  piante  ad  aggruppare 
i  loro  organi  verso  il  corpo  centrale  sotto  I  influenza 
della  siccità. 

Albinismo  (scolorazione),  cromismo  (varia  colora- 
zione), allocromismo  (colorazione  non  propria),  gla- 
brismo  (scomparsa  di  peli),  pelosismo  (soverchio  svi- 
luppo di  peli),  rammollimento,  indurimento,  nanismo 
(difetto  di  sviluppo),  gigantismo  (esagerazione  di 
sviluppo):  le  anomalie  più  comuni  nelle  piante. 

Atrofia,  ipertrofia,  deformazione,  peloria,  metamoT' 
fosi,  spostamento,  aborto,  moltiplicazione:  le  mostruo- 
sità più  comuni  nelle  piante. 

Classificasioni. 

Classificazione  o  classazione,  la  distribuzione  delle 
piante  in  gruppi,  diversamente  stabilita  da  parecchi 
botanici,  dall'antichità  ai  nostri  giorni.  -  Artificiale 
0  sistema,  la  classificazione  nella  quale  le  diverse 
piante  vengono  raggruppate,  tenendo  conto  di  un 
solo  carattere  e  trascurando  tutte  le  relazioni  di 
somiglianza  che  essi  possono  presentare  fra  loro.  - 
Naturale,  o  metodo,  la  classificazione  in  aggruppa- 
menti di  piante  suggeriti  dal  maggior  numero  dei 
caratteri  propri  alle  piante  stesse. 

Metodo  sessuale,  la  classificazione  di  Linneo:  in 
essa  i  caratteri  sono  desunti  dagli  organi  sessuali. 
Le  piante  sono  state  distribuite  da  Linneo  in  ven- 
tiquattro classi:  monoandria,  diandria,  triandria,  te- 
trtandria,  pentandria,  hexandria,  eptandria,  octan- 
dria,  enneandrta,  decandria,  dodecandria,  icosandria, 
polyandria,  didynamia,  tetradynamia,  monodelphia, 
dicuielphia,  polyadelphia,  tyngenesia,  gynandria,  mo- 
ìioeeia,  dioecia,  poly gamia,  cryptogamia.  •  Acotile- 
doni,  monocotiledoni,  dicotiledoni,  i  tre  grandi 
gruppi  nei  traali  Bernardo  di  Jussieu  divise  il  regno 
vegetale.  -  Talamiflore,  ealiciflore,  coroUiflore,  mono- 
clamidee,  fanerogame,  crittogame,  foliose,  afille,  gli 
otto  gruppi  in  cui  divise  le  piante  il  De  Candolle. 

Classi^azione  adottata,  quella  recentemente  accet- 
tata dagli  scienziati  come  più  di  ogni  altra  vicina  alla 
sospirata  classificazione  naturale,  che  segni  lo  sviluppo 
compiuto  via  via  dalle  piante,  dalle  più  semplici  alle 
più  complesse,  per  differenziazioni  ai  parti.  Si  divi- 
dono le  piante  nei  tre   gruppi   seguenti:  protofite. 


312 


BOTANICO   —   BOTTE 


le  piante  cellulari  a  riproduzione  sessuale  nulla  o 
di  forma  semplice;  mesofite,ìe  piante,  spesso  vasco- 
lari, con  cormo  a  riproduzione  sessuale  per  anteridì 
ed  archegoni;  pleofte.  le  piante  vascolari  con  cormo 
a  riproduzione  sessuale  per  ovoli  e  polline. 

Divisione,  classe,  coorte,  ordine,  famiglia,  tribù, 
genere,  specie,  i  diversi  gruppi,  a  gradazione  con- 
venzionale, ai  quali  vengono  ascritte  le  diverse  piante. 

Botànico.  Detto  a  botànica. 

Boto.  Stolido,  stupido. 

Botola.  Apertura  nel  pavimento  di  una  stan- 
ca. -  Apertura  tra  il  fienile  e  la  sfalla. 

Botolo.  Piccolo  cane  ringhioso. 

Botrìte.  Malattia  del  baco  da  seta:  calcino. 

Bótro.  Cavità  nei  terreno. 

Botta.  Veggasi  a  rana. 

Botta.  Colpo,  percossa. 

Bottàccio.  D^tto  a  mulino. 

Bottacciuólo.  Pustoletla  della  pelle. 

Bottàio.  Chi  fabbrica  e  vende  recipienti  di  legno: 
barile,  botte,  tino,  ecc. 

Bottame.  Quantità  di  botti  o  di  altri  vasi  da 
vino,  presi  insieme. 

Bottarga.  Sorta  di  salame 

Bottaro.  Detto  a  cocchiere. 

Bottata.  Veggasi  a  motto. 

Botte.  Vaso,  recipiente  di  legno,  di  forma  cilin- 
drica, più  corpacciuto  nel  mezzo  che  nelle  testate, 
ad  uso,  per  lo  più,  di  conservarvi  il  vino:  barilozza, 
barletta,  barletto,  barlonco,  barletta,  barlotto;  car- 
rata; fusto;  monfano  (senese);  vaso  vinario.  La 
botte  si  tiene  in  cantina,  in  un  magazzino, 
nella  tinaia,  ecc.  -  Bottaccia,  di  cattiva  botte,  che 
fa  andare  a  male  il  vino.  -  Botticella,  botticello,  hot- 
ticina,  botticino,  piccola  botte,  barile.  -  Bottame, 
assieme  di  botti  o  altri  vasi  di  vino. 

Aggrumata,  la  botte  incrostata  di  gruma;  avvinata, 
quando  ha  già  tenuto  del  vino;  corpacciuta,  quando 
rigonfia  esageratamente  nella  regione  centrale  o 
pancia;  manomessa,  se  messa  a  mano,  cioè  quando 
già  si  é  cominciato  a  trarne  vino;  muta,  la  botte 
che,  percossa,  non  risponde  col  suono,  ma  fa  sentire 
un  rumore  più  acuto,  indizio  che  è  piena;  ricer- 
chiata, la  botte  sostenuta  intorno  da  cerchi;  sdogata, 
quella  che  ha  guaste  alcune  doghe,  e  sono  da  rin- 
novarsi (anche,  botte  alla  quale  siano  state  tolte 
apposta  due  o  più  dogbe,  per  usi  particolari)  ;  sfon- 
data, la  botte  in  cui  é  guasto  uno  dei  fondi,  o  am- 
bedue (anche  quella  cui  fu  levato  uno  dei  fondi,  e 
si  tiene  ritta,  ad  usi  particolari);  uzzata,  la  botte 
a  cui  fu  dato  l'uzzo. 

Botte  a  mercanzia,  botte  per  lo  più  grande,  a 
doghe  sottili,  cerchiata  per  lo  più  di  legno:  serve 
a  trasportare  oltre  mare  robe  asciutte  (farine,  zuc- 
chero, droghe,  ecc.).  -  Botte  a  tenuta,  quella  con 
doghe  grosse  e  cerchiata  di  ferro:  serve  a  traspor- 
tare e  a  conservare  vino  o  altri  liquori  fermentati. 
-  Barilotto,  botte  della  capacità  di  un  quarto  di  ton- 
nellata. -  Bigoncia,  vaso  a  doghe,  largo  pochi  palmi, 
alto  circa  due  volte  tanto,  per  lo  più  tondo,  talora 
ovale,  cerchiato  di  legno,  con  fondo  eguale  alla 
bocca,  0  di  poco  minore.  -  Caratello,  carratello, 
specie  di  botte  molto  allungata,  nella  quale  si  tra- 
sporta il  vino  sopra  un  carro.  -  Pipa,  sorta  di 
botte  bislunga,  per  vini  o  liquori. 

Aggrumarsi,  della  botte,  cui  si  va  attaccando  la 
gruma.  -  Buttare,  di  quanto  liquido  può  contenere 
una  botte.  -  Cantare,  suonare  a  morto,  di  botte  vuota 
che,  percossa  anche  leggermente,  ha  risonanza  in 
tutta  la  sua  cavità.  -  Far  danno,  locuzione  dialet- 


tuale,  detta  di  botti  e  dei  recipienti  in  genere  che 
non  sono  stagnati  o  sono  fessi,  sì  che  il  liquido 
ne  gema.  -  far  querciola,  detto,  scherzosam.,  della 
botte  quando  è  vuota.  -  Gémere,  il  leggero  e  sottile 
stillare  del  vino  dalle  commessure  delle  doghe.  Ciò 
si'mpedisce  col  far  prima  rinvenire  la  botte.  -  Scannel- 
lare, della  botte  quando  dalla  cannella  il  liquido 
zampilla  con  impelu  e  copiosamente.  -  Succhiare, 
della  botte  che  assorbe  molta  quantità  del  liquido 
che  vi  fu  riposto.  -  Tenere,  della  botte  quando  non 
lascia  gemere  il  vino  per  le  doghe. 

PaRTC   della  botte.    -  ACCESSORÌ. 

Caprvggine,  intaccatura  delle  botti  nella  quale 
si  commettono  i  fondi.  -  Cerchi,  lamine  di  ferro,  o 
anche  stecche  di  legno,  ripiegate  in  tondo,  con  le 
quali  si  cingono  e  stringono  esteriormente  i  vasi  a 
doghe.  -  Cocchiume,  foro,  per  lo  più  circolare,  in  una 
delle  doghe  e  nella  parte  più  rigonfia  della  botte 
(per  esso  si  versa  il  vino,  o  altro,  nella  botte); 
anche,   il  tappo,  il  turacciolo. 

Doghe ,  le  liste  di  legno  di  cui  è  fatta  la 
botte,  leggermente  curvate  verso  la  parte  interna 
del  recipiente:  per  similitudine,  costole.  -  Doga  in- 
cipollata, quella  di  castagno  che  abbia  nodi  o  noc- 
chi, e  che  può  facilmente  gemere,  quando  il  nodo 
non  si  serri  bene  col  resto.  -  Doghe  di  coltello,  quelle 
sottili,  e  per  lo  più  di  legno  tenero,  alle  quali,  senza 
aiuto  di  sega,  il  barilaio  dà  sul  cavalletto  una  certa 
curvatura  col  coltello  a  petto.  -  Doghe  di  sega, 
quelle  di  legno  duro,  un  po'  grosso,  nelle  quali  la 
curvatura  è  primamente  formata  da  due  tagli  di 
sega  che  vanno  a  riunirsi  ad  angolo  ottusissimo 
nella  metà  della  doga;  la  quale  curvatura,  dopo 
commesse  le  doghe,  si  pareggia  e  si  rifinisce  con 
l'ascia  0  col  pialletto. 

Fecciaia,  lo  stesso  e  meno  comune  che  spina.  - 
Fondi,  i  due  piani  circolari  da  cui  è  terminata  la 
botte  da  ambedue  le  estremità.  -  Lulle,  parti  late- 
rali dei  fondi.  -  Limette,  le  due  parti  del  fondo  che 
hanno  forma  di  segmento  di  circolo,  quando  il  fondo 
non  è  tutto  di  un  pezzo.  -  Mezzule,  apertura  qua- 
drilatera, larghetta,  fatta  in  uno  dei  fondi  della 
botte,  per  poterla  meglio  ripulire:  si  chiude  con  lo 
sportello  a  battente ,  formatovi  con  una  staffa  o 
spranga  di  ferro,  che  l'attraversa,  e  con  la  chiave, 
che  è  una  bietta  di  legno  cacciata  a  forza.  -  Pezzo 
0  pezzi  di  mezzo,  la  parete  o  le  pareti  del  fondo 
che  sono  fra  le  due  lunette,  e  con  esse  formano  il 
fondo.  -  Beggetta,  verga  di  ferro  a  nastro  che  serve 
a  cerchi  da  botti  e  da  ruote  o  altro.  -  Spia,  forel- 
lino  in  cima  alla  botte  :  indica  quando  è  piena. 

Spillo,  forellino  che  si  ta  in  qualsiasi  luogo  della 
botte,  ma  specialmente  nei  fondi,  per  cavarne  vino 
in  piccolissima  quantità,  per  assaggiarlo. 

Spina  0  fecciaia,  forame  nel  fondo  anteriore,  in- 
feriormente, presso  la  circonferenza,  il  qual  forame 
0  tiensi  permanentemente  turato  con  tappo,  o  riceve 
la  cannella  con  lo  zipolo,  se  la  botte  si  manometta. 
-  Cannella,  cilindro  di  legno,  grosso  quanto  stringe 
una  mano,  forato  internamente  per  lungo:  munito 
dello  zipolo,  lo  si  ficca  con  forza  nella  spina,  per 
tirare  il  vino  con  meno  forte  zampillo.  -  Uzzo,  il 
rigonfio  della  botte.  -  Ventre,  la  pancia  delle  botti.  - 
Zaf\o,  tappo,  pezzo  di  legno,  lungo  circa  un  palmo, 
tagliato  nel  verso  delle  fibre  legnose,  leggermente 
conico,  col  quale,  a  colpi  di  mazzuolo  di  legno,  si 
tura  la  spina  della  botte,  e  anche  il  cocchiume,  se 
è  tondo;  intorno  al  tappo,  per  lo  più,  si  avvolgono 


BOTTE 


313 


cenci  0  stoppa.  -  Zipolo,  legnelto  appianato  all'  un 
dei  capi  (che  serve  di  manico),  aciilaiiiente  conico 
dall'altro  (ravvolto  in  un  po'  di  stoppa),  col  quale 
si  tura  la  cannella,  spingendolo  dentro  con  la  mano, 
spiralmente. 

AccEssoRÌ.  —  Calastra,  sostegno  su  cui  poggia  la 
botte;  sedile.  -  Calzatoia,  bietta  per  tener  calzate 
le  botti;  qualche  volta  fa  da  calzatoia  anche  un 
sasso,  un  mattone.  -  Cavalletto  della  botte,  arnese 
sul  quale  si  posa  una  botte  di  piccola  tenuta  per 
spillare  il  vino.  -  Cocchiume,  turacciolo  di  legno 
0  di  sughero  adoperato  per  turare  la  bocca  di  una 
botte.  -  Imbottatoio,  imbottavino,  grosso  imbuto  di  latta 
per  imbottare  il  vino,  cioè  empirne  le  botti  e  i 
barili.  -  Imbitto,  piccolo  strumento,  fatto  a  cam- 
pana, di  latta  0  d'altro,  con  un  cannoncino  in  fondo: 
lo  si  mette  nella  bocca  del  recipiente  per  versarvi 
il  liquido;  gli  si  adatta  per  di  dentro  un  foglio  di 
carta  senza  colla,  a  uso  di  filtrare  vino  o  altro.  - 
Pevera,  grosso  imbottatoio  a  bocca  bislunga,  fatto 
di  legno,  tutto  di  un  pezzo,  fuorché  il  becco  che,  è 
di  metallo.  -  Piumaccitioli,  pezzi  di  trave,  oppure 
cavalietti  di  trave,  sui  quali  posano  le  estremità 
delle  due  travi  che  formano  i  sedili  delle  botti, 
perchè  stiano  sollevate  da  terra  all'altezza  neces- 
saria. -  Riempitore,  vaso  adattato  al  cocchiume  delle 
botti  e  pieno  di  vino,  sicché,  scemando  la  botte,  la 
riempie  e  la  mantiene  piena.  -  Saggiavino,  arnese 
(Ji  latta  (e  talora  anche  di  vetro)  che,  introdotto 
pel  cocchiume  nella  botte,  serve  ad  attingerne  un 
po'  di  vino  per  assaggiarlo:  è  un  cannello  più  o 
meno  lungo,  che  ha  verso  il  mezzo,  o  la  parte  in- 
feriore, un  rigonfiamento,  ove  il  vino  sale  per  la 
pressione  atmosferica,  quando  se  ne  sia  aspirata  l'aria 
e  lo  si  sia  introdotto  nel  liquido.  -  Sedili,  vocabolo 
usato  solo  in  plurale  a  indicare  doppio  sostegno 
sul  quale  son  caricate  le  botti  nelle  cantine  o  i 
tini  nelle  tinaie.  Per  lo  più,  sono  due  travi  orizzon- 
tali, parallele.  Talora  i  sedili  sono  fatti  di  mattoni  : 
sedili  murati.  -  Spillo,  ferro  lungo  circa  due  deci- 
metri e  acuto,  a  guisa  di  punteruolo,  col  quale  si 
forano  le  botti  per  assaggiarne  il  vino.  -  Tagliuolo, 
sorta  di  scarpelletto  ad  uso  di  cacciar  la  stoppa,  o 
altro,  ne'  punti  delle  capruggini  onde  trapela  il 
vino.  -  Zeppe,  pezzetti  di  legno,  tagliati  in  forma 
di  prisma  triangolare,  che  si  pongono  sui  sedili 
contro  ciascun  lato  della  botte,  per  impedirle  di  ro- 
tolare. 
Tartaro,  gromma,  gruma  delle  botti  o  sim.  :  taso. 

Governo  della  hotte. 

Abboccare  la  botte,  riempirla  quando  è  calata.  - 
Attingere,  levare  il  vino  dalla  botte.  -  Avviare  una 
botte,  manometterla.  -  Avvinare,  inzuppare  di  vino; 
fare,  con  questo,  perdere  alla  botte  l'odore  del  le- 
gno, prima  di  servirsene.  Botte  avvinata.  -  Bucare 
una  botte,  bucarla  per  mettervi  la  canna  e  spillare 
il  vino.  -  Cocchiumare,  turare  la  botte  col  cocchiume. 
-  Dar  la  piena  alle  botti,  riempirle  interamente 
quando  sono  sceme.  -  Dare  la  stura  alla  botte,  stu- 
rare per  mandar  via  del  liquido.  -  Far  la  stufa  a 
una  botte,  pulirla  con  acqua  bollente  prima  e  vino 
poi.  -  Far  rinvenire,  mettere,  tenere  a  stagno,  sta- 
gnare, tenere  nella  botte  per  qualche  tempo  acqua 
dentro,  o  metterla  in  molle  in  acqua  stagnante, 
affinchè  il   ringonfiamento  del   legno   impedisca  il 

§  emere  del   liquido  dalle  commessure  delle  doghe, 
ei  fondi,  e  dalla  capruggine.  -  Imbottare,  mettere 
il  vino  nelle  botti:   usato  a  modo  di   neutro  e  di 


attivo.  -  Incannare,  mettere  la  canna,  alla  botte.  - 
Inrijinare,  manimettere,  manomettere  botti,  ossia 
incominciare  a  servirsene.  -  Mettere  la  botte  a  rin- 
venire, perchè  il  legno  assecchito  si  impregni  di 
acqua.  -  Ristagnare,  di  botti  o  simile,  farle  rinvenire. 
■  Ruzzolare,  girare  o  far  girare  una  botte.  -  Sbot- 
tare, levare  dalla  botte,  spillare.  -  Scocchiumare,  le- 
vare il  cocchiume.  -  Sdogare,  disfare  la  botte.  - 
Sgrommare  una  botte,  pulirla  dalla  gruma.  -  Sgru- 
mare le  botti,  levar  la  gruma.  -  Spillare  una  botte, 
farne  spicciare  il  vino  :  svinare.  Spillatura,  lo 
spillare.  -  Stagnare  una  botte,  farla  rinvenire  nel- 
l'acqua. -  Succhiellare,  forare  col  succhiello.  -  Zaf- 
fare, turare  con  lo  zaffo.  -  Zipolare,  turare  con  lo 
zipolo  (non  com.  o  scheiz.).  -  Zolfare.  inzolfare,  in- 
zolforare  le  botti,  profumarle  con  zolfo,  per  impedire 
la  fermentazione  del  vino,  e  principalmente  quella 
che  lo  fa  degenerare  in  aceto.  Generalmente,  si 
zolfano  le  botti  nelle  quali  si  deve  mettere  il  vino 
che  ha  subito  già  una  lunga  fermentazione  in  altro 
vaso,  m  seguito  alla  quale  sono  state  decomposte  e 
convertite  in  ispirito  le  parti  zuccherine  che  vi  si 
trovano,  e  quindi  le  fecce  hanno  guadagnato  il  tondo. 

Del  Bf.TTAio  -  Suoi  arnesi  -  Suoi  lavori. 

Bottaio,  artefice  che  fa  vasi  di  legno  a  doghe, 
come  botti,  carratelli,  tini,  barili,  bigoncie  e  si- 
mili: barilaio  -  Cerchiaio,  bottaio  che  attende  spe- 
cialmente alla  preparazione  dei  cerchi  da  botte  e 
simili.  -  Cerchiatore,  chi  cerchia,  per  mestiere,  botti, 
barili  e  simili. 

Ascia,  arnese  di  terrò,  a  taglio,  che  serve  al  bot- 
taio per  assottigliare  e  pareggiare  le  doghe.  -  Bi- 
lancia, stanga  lunga  circa  due  braccia,  che  pende 
verticalmente  dal  lato  destro  del  cavalletto  ed  è 
girevole  angolarmente  intorno  ad  un  pernio.  E'  co- 
stituita dSiW' appoggiatoio,  dal  bracciolo  e  dal  capo.  - 
Bucafondi,  strumento  analogo  al  succhiello,  che 
serve  specialmente  per  incastrare  le  doghe  nei  fondi. 

-  Cane,  strumento  usato  per  tener  fermi  i  cerchi, 
mentre  si  pongono  alle  botti,  -  Caprugginatoio,  ar- 
nese di  ferro,  a  sega  da  un  lato,  ripiegato  a  squadra 
dal  lato  opposto,  che  serve  a  segnare  e  anche  ad 
avviare  la  capruggine.  Sponderuola,  caprugginatoio 
speciale  col  quale  si  rifinisce  la  capruggine.  -  Ca- 
valletto, specie  di  capretta,  sulla  quale,  seduto  a 
cavalcioni,  il  bottaio  pareggia  col  coltello  a  petto 
le  doghe  ed  assottiglia  le  stecche  di  legno  per 
farne  cerchi.  -  Ceppo,  strumento  di  legno  su  cui  si 
tagliano  e  s' intaccano  i  cerchi  -  Cocchiumatoio,  ar- 
nese di  ferro  che  serve  per  intagliare  il  cocchiume 
e  risulta  di  un  succhiello  al  cui  fusto  è  fissato  a 
squadra  un  ferro  tagliente.  -  Coltello  a  petto,  lama 
lunga  circa  un  braccio,  tagliente  da  una  parte  sola, 
munita  a  ciascun  capo  di  due  corti  manichetti  di 
legno:  uno  a  squadra  col  piano  della  lama,  l'altro 
nella  direzione  longitudinale  di  essa. 

Imbastitoio,  strumento  per  imbastire  le  botti.  - 
Maglio,  mazza,  mazzapicchio,  grosso  martello  di  legno, 
usato  specialmente  per  cerchiare  le  botti  -  Modano, 
assicella  a  modo  di  squadra,  usata  dai  bottai  per 
render  tonda  la  botte  e  di  una  determinata  misura. 

-  Pialletto  torto,  sorta  di  pialla,  a  piano  convesso, 
per  levigare  le  botti  dalla  parte  interna.  -  Pitorne- 
tro,  strumento  per  misurare  le  botti.  -  Pioli,  due 
stecche  di  legno  che  servono  a  fissare  le  doghe  al 
cavalletto.  -  Randa,  strumento  usato  anche  dal  bottaio 
per  disegnare  cerchi  da  botti  e  simili.- fìa?joa.  stru- 
mento ricurvo,  a  zappa,  con  manico,  per  raschiare 


314 


BÒTTE   —   BOTTEGA 


le  botti,  internamente.  -  Spina,  specie  di  corto  e 
grosso  scalpello,  senza  taglio,  col  quale,  a  colpi  di 
mazza,  si  cacciano  avanti  i  cerchi  della  botte,  atfinchè 
stringano  fortemente. 

Asciare  k  botti,  ripiallarle  internamente,  quando 
sono  ammuffite.  -  Caprugginare,  far  la  tapruggine, 
intaccare  le  estremità  delle  doghe  delle  botti  per 
incastrarvi  i  fondi.  -  Cerchiare,  fasciare  e  stringere 
con  cerchi  le  botti.  -  Cerchiamento,  cerchiatura,  l'atto 
e  l'effetto  del  cerchiare.  -  Dar  l'uzzo,  levar  l'uzzo, 
allargare  o  ridurre  la  botte  nella  regione  centrale, 
curvando  verso  l'esterno  o  l'interno  le  doghe.  - 
Dogare,  mettere  o  rimettere  le  doghe.  -  Dogamento, 
dogatura,  l'atto  di  rimettere  o  rassettare  le  doghe 
alle  botti,  ai  tini  e  altri  simili  vasi.  -  Ferrare, 
stringere  le  doghe  delle  botti  in  cerchi  di  ferro.  - 
Imbastire,  .mettere  assieme  le  doghe  delle  botti  tanto 
da   poterle  cerchiare. 

Inzeppare,  mettere  zeppe  o  la  zeppa  al  fondò.  - 
Ripicchiare  i  cerchi,  spingerli,  a  colpi  di  un  grosso 
martello,  verso  la  pancia  del  vaso  da  vino.  -  Sdo- 
gare, levare  qualche  doga.  -  Slentare  i  cerchi,  fare, 
a  colpi  di  martello,  che  i  cerchi  di  una  botte  va- 
dano alquanto  verso  le  testate,  per  allargare  le 
doghe.  -  Slentatura,  l'atto  e  l'effetto  dello  slentare. 
Bòtte.  Dicesi  di  un  condotto  che  passi  sotto 
l'alveo  di  un  canale  odi  un  /ìMmc,  per  condurre 
gli  scoli  di  una  campagna. 

Bottega.  Locale,  per  lo  più  a  terreno   e  sulla 
pubblica  via,  nel  quale  i  mercanti  vendono  le  loro 
merci  e  gli  artefici  lavorano.  Talvolta  di  più  locali: 
esercizio,   fondaco,    negozio,   spaccio,   stabilimento 
(titolo  pretenzioso).  Di  solito,  le  è  annessa  la  retro- 
bottega, che  serve  da  magazzino  e  da  ripostiglio  per 
.quelle  masserizie  e  quegli  utensili  che  nella,  bottega 
darebbero  ingombro  o  disdirebbero.   Nelle   diverse 
botteghe  si  vendono  i  vari  prodotti    deW  agricol- 
tura, delVindustriaf  quanto  esce  da  xxn' officina, 
da  uno  stabilimento,  ecc.  Hanno  bottega,  in  gene- 
rale, coloro  che  esercitano  questa   o   quella   arte, 
questo   0  quel   mestiere;    quindi   il    bastaio,  il 
calzolaio,  il  cappellaio,  il  falegname,  il  fab- 
bro, ecc.,  eco.  Molte  botteghe  sono  apèrte   per   la 
vendita  di  questo  o  quel  coìnmestibile :  tra  esse, 
quelle  del  fornaio,  del  m,ac€llaic,  del  pizzica- 
gnolo;  in    parte,   del   droghiere;   quelle   nelle 
quali   si  vende    latte   (bottega    del    lattivendolo), 
poUame  (del  pollaLuoIo  o  pollivendolo),  /Vit«a  e 
verdura  (del  fruttaiuoio  o  fruttivendolo,  dell'erbi- 
vendolo); le  botteghe  del  fabbricante  di  pasta,  del 
pasticciere,  del  confettiere,  o  confetturiere,  ecc. 
Bottega,  non  sempre,  hanno  coloro  che  confezionano 
oggetti  di  vestiario  e  accessori,  coloro  che  vendono 
le  mercanzie  relative:  cosi,  il  sarto,  la  sarta,  la 
crestaia,  la  modista,  il  guantaio,  il  m,erciaio, 
ecc.,  ecc.  Cosi  il  gioielliere,  Yorefic'e,  e  via  via. 
Bottegaccia,' peggìor.  di  bottega.  -  Botteghetta,  bot- 
teghina, dimin"  e    vezzegg.  di  bottega.  -  Botteghina, 
dimin.  0  vezzeg^g.  di  bottega  più  piccola  delia  bot- 
teghetta. -   Bottegona,    bottega   grande;   anche   ben 
fornita.  -  Bottegons,  nome  di  certe  grandi  botteghe  da 
calìe,  da  vinaio,  da   liquorista,  ecc.  -   Botteguccia, 
dimin.  spreg.  di  bottega:  bottega  meschina,   o  mai 
provvista.  Botteguzzo,  botteghino,  quasi  spregiativo. 
Bottega  accreditata,  che  ha  credito,  riputazione  di 
onestà  e  discretezza  (còntr.,  screditata);  avviata,  ben 
avviata,  che  ha  molti 'avventori;  ben  fornita,  larga- 
mente provveduta  di  mercanzie;  posticcia,  ciascuna 
delle  baracche  di  tela,  di  legnami,  di  frasche,  ecc., 
«he  si  fanno  sul  mercato,  in  una  fiera,  ecc.,  a 


uso  di  bottega.  -  Su^xursale,  la  bottega  dipendente 
da  una  principale,  dello  stesso  proprietario,  della 
stessa  ditta. 

Denominazioni    varie 

Appalto,  bottega  dove  si  vende  sale  e  tabacco. 
Bar,  detto  a  fte^anda.- baracca,  bottega  posticcia, 
provvisoria,  a  vento.  -  Bazar  (voce  araba),  emporio 
di  merci  diverse. 

Bottega  a  vento,  specie  di  bottega  posticcia,  appre- 
stata di  giorno  all'aria  libera,  per  lo- più  contro  un 
muro,  e  sotto  portici,  o  allestita  sopra  un  muricciuolo: 
bancherello,  banco.  -  Bottiglieria,  bottega  nella  quale 
si  vende  vino  di  bottiglia  al  minuto.  -  Caffè,  luogo 
nel  quale  si  spaccia  la  bevanda  omonima,  la  birra, 
i  liquori,  ecc.  -  Canova,  bottega  dove  si  vende  al 
minuto  vino,  olio,  pane,  certe  grasce,  ecc. 

Empòrio,  bottega,  luogo  nel  quale  sono  raccolte 
mercanzie  provenienti  da  più  porti:  bazar.  -  Eser- 
cizio, nell'uso,  bottega,  negozio,  specialmente  detto 
di  caffè,  osteria  e  simili.  -  Fiaschetteria,  bottega  in 
cui  si  vende  Vino  a  fiaschi  e  al  minuto  -  fondaco, 
bottega  nella  quale  si  vendono  al  ritaglio  panni 
e  drappi;  in  alcuni  luoghi,  magazzino  per  le  vet- 
tovaglie. -  Fondachetto,  dimin.  e  vezz.  di  fondaco.  - 
Magazzino  stanzone  più  o  meno  ampio,  o  insieme 
di  più  locali,  dove  si  tengono  in  deposito  mercanzie 
di  vario  genere.  -  Madiella,  bottega  (cosi  detta  dai 
fiorentini)  formata  nella  grossezza  di  un  muro,  con 
uno  sporto  di' assi  in  fuori  e  chiusa  con  imposte. 
In  piemontese,  baraccone.  -  Magoncina,  bottega  o 
magazzino  annesso  alla  magona,  ossia  al  luogo  nel 
quale  si  lavora  e  si  tiene  in  deposito  il  ferro.  - 
Merceria,  la  bottega  del  mereiaio. 

Méscita,  dicesi,  in  Toscana,  la  bottega  nella  quale 
si  mesce  vino  (a  bicchieri  e  da  bersi  in  luogo),  li- 
quori o  altre  cose  da  non  trasportarsi:  frane,  buvette; 
ted.,  trinhalle.- Negozio,  bottega  in  gTMiàe;  nell'uso, 
bottega  di  una  certa  eleganza.  -  Officina,  'bottega 
nella  quale  si  fanno  lavori  meccanici  e  dove  lavora 
qualche  operaio  (o  molti  operai)  sotto  la  direzione 
di  un  maestro,  o  più  di  uno.  -  Osteria,  la  bottega 
dell'oste.  -  Pizzicheria,  la  bottega  del  pizzicagnolo. 
-  Posteria,  bottega,  specialmente  di  borghi  e  villaggi, 
nella  quale  si  vendono  farine,  grasce,  tabacco,  ca- 
napi e  simili;  nella  città  sarebbe  la  bottega  di  chi 
vende  grani  e  farine  o  semi  al  minuto,  olio,  can- 
dele di  sego,  o  di  chi  in  Toscana  è  chiamato  nve>i- 
dugliolo,  treccone.  -  Rivendita,  bottega  che  vende  a 
minuto  cose  comprate  all'ingrosso.  -  Rosticceria,  la 
bottega  del  rosticciere,  di  chi  cuoce  e  vende  carne 
arrosto.  -  Spaccio,  esito,  vendita,  e  la  bottega  rela- 
tiva, limitatamente,  nell'uso,  a  certi  generi:  sale, 
tabacco,  ecc.  -  Spezieria,.  la  bottega  dello  speziale, 
del  farmacista.  -Stracceria,  vendita  di  roba,  mi- 
nuta e  a  tagli  fatti;  bottega  da  rigattiere»^-  Ven- 
dita, la  bottega,  il  negozio. 

La  bottega.  -  Mobili  e  accessori. 
Designazione  di  merci. 

Cartello,  tavola  o  lastra  sopra  una  bottega,  col 
nome  dell'esercente  e  il  genere  d'esercizio. -£^«fra/* 
libera,  scritta  su  alcune  botteghe,  nelle  quali  il  passo 
è  libero,  ossia  si  può  entrare  senza  obbligo  di  fare 
acquisti.  -  Fanale,  lucernelta,  lampioncino,  fuori 
della  bottega.  -  Imposte,  il  legname  commesso  in 
piano  che  chiude  l'apertura  della  bottega:  fattoi 


BOTTKGA 


315 


bande,  a  bande  ripiegate,  a  libriccino,  ecc.  Si  fanno  ora 
imposte,  chiudende  scorreioli,  in  lamiera  di  ferro,  che 
si  alzano  dal  basso  all'alto  o  si  calano  dall'alto  al 
basso.-  Inseyna,  segno  particolare,  dijìinto  o  scritto, 
appeso  fuori  della  bottega  per  distinguerla;  talora 
è,  come  dicesi,  parlante:  per  es.,  uno  o  più  pani 
di  legno,  un  cappello  di  latta,  un  guanto,  una  par- 
rucca dipinta,  0  altra  cosa  che  indichi  la  cosa  che 
si  vende  o^  il  lavoro  che  si  fa  nella  bottega,  o 
l'arte  f.he  vi  si  esercita  {mettere,  attaccare  un'insegna). 

Bon  marche  (buon  mercato),  insegna  di  holtega, 
frequente  anche  tra  noi.  -  Mostra,  la  gran  vetrina, 
che,  per  allettare  i  compratori,  si  dispone  innanzi 
a  molte  ricche  botteghe,  e  nella  quale  si  mette  in 
mostra  il  liore  della  mercanzia  da  vendere.  -  iidsto, 
finestra  sopra  gli  sportelli  delle  botteghe:  dà  luce 
al  luogo  quando  le  imposte  sono  chiuse;  ha  forma 
di  semicerchio,  quasi  somigliante  a  ventaglio.  - 
Scritta,  cartello  sopra  una  bottega,  col  nome  del 
proprietario,  della  ditta:  soprascritta,  ■  Sportello, 
uscetto,  piccolo  adito  per  il  quale  si  entra  nella 
bottega  senza  aprirla  totalmente.  -  Spoìto,  imposta 
di  bottega,  che  si  apre  per  di  fuori.  -  Tenda,  ten- 
done :  tela,  telone  che  si  stende  al  diluori  della 
bottega,  per  ripararla  dal  sole.  -  Vetratina,  la 
porta  a  vetri  delle  botteghe  -  Vetrina,  scansia,  ar- 
madino  o  cassetta  a  vetri,  dove  i  bottegai  tengono 
in  pubblica  mostra  gioie,  minuterie  d'oro  o  d'argento, 
libri,  drappi,  scarpe  o  ogni  altra  merce;  mostra.  - 
Bodòla,  botola,  apertura  nel  pavimento  o  nel  solfitto. 

Armadio,  mobile  di  legno,  con  o  senza  vetrate,? 
anche  a  specchi,  per  riporvi  le  varie  cose.  -  Bachèca. 
piccola  ed  elegante  vetrina.  -  Banco,  mobile  sul 
quale  i  bottegai  presentano  le  merci  in  vendita. 

Buchetta  buchetta  del  banco,  quella  per  la 
quale  i  ootteganti  buttan  giù  i  quattrini.  Sul 
banco,  in  alcune  botteghe,  si  trova  la  bilancia; 
in  altre,  per  grosse  pesate,  è  la  bascule  (veggasi  a 
bilancia).  -  Brogliasse,  brogliazzo,  quaderno,  scarta- 
tacelo che  SI  tiene  sul  banco  per  registrarvi  conti, 
note,  ecc.  -  Cassa,  cassa  forte,  forziere  nel  quale, 
in  certe  botteghe,  si  chiudono  i  denari,  i  valori.  - 
Comptoir  (frane),  il  banco  riferibilmente  alla  te- 
nuta dei  conti. 

Ciòtola,  vaso  di  legno  nel  quale  il  bottegaio  mette 
le  monete,  tenendolo  in  un  cassetto  del  banco,  con 
serratura.  •  Làmpada  (a  gas,  a  luce  elettrica,  ecc.). 
l'apparecchio  di  illuminazione.  -  Mobili,  nome  ge- 
nerico della  masserizia  ad  uso  della  bottega:  talvolti 
vi  si  trovano  anche  \s.  sedia,  là  jìolfrona.  il  di- 
vano, ecc.  -  Rastrelliera,  rastrellieretta,  mobilt 
arnese,  a  piuoli,  appiccato  al  muro.  -  Registratore 
di  cassa,  o  cassiere,  apparecchio  col  quale  chi  st; 
al  banco  registra,  uno  dopo  l'altro,  i  singoli  paga 
menti  :  veggasi  a  cassa.  ■  Sacco,  arnese,  recipiente. 
per  lo  più  di  tela,  nel  quale  é  riposta  qualche 
merce  (farina,  ecc.),  di  certe  botteghe.  -  Scaffale, 
mobile  di  legno  a  vari  scompartimenti,  a  palchetti, 
per  riporvi  varie  cose:  scansia,  armadio,  ciscranno, 
plùteo.  -  Utensili,  nome  generico  degli  arnesi  che  si 
adoperano  in  una  bottega. 

Articolo,  oggetto,  mercanzia.  -  Balla,  quantità  di 
roba  che  dalla  bottega,  mediante  imballaggio,  si 
spedisce  a  destinazione  lontana.  -  Capo,  ciascuno 
degli  articoli  che  formano  un  insieme.  -  Fondo  di 
bottega,  la  roba  rimasta  invenduta.  -  Fondo  di  ma- 
gazzino, quel  che  rimane  da  vendere  in  una  bottega 
in  li^idazione,  in  un  negozio  in  fallimento.  -  Genere, 
qualità  della  merce  che  si  spaccia;  nell'uso,  anche 
la  merce  stessa,  l'articolo.  -  Marame,  mercanzia  non 


Duona  0  andata  a  male:  scarto.  -  Merce,  la  roba  che 
si  mercanteggia,  si  vende:  mercanzia,  mercatanzia. - 
Merce  esposta  in  vendita,  sotto  gli  occhi  dell'avven- 
tore. -  Merce  giacente,  invenduta.  •  Mostra,  il  mo- 
strare, e  la  cosa  o  le  cose  mostrate,  -  Roba  di  sotto 
banco,  o  di  sotto  il  banco,  roba  scelta.  -  Scampolo, 
avanzo  di  merce  (per  lo  più  stolTe)  :  residuo,  ritaglio. 

-  Specialità,  articolo,  merce  che  si  trovi  solo  in  una 
data  bottega  o  vi  si  abbia  di  qualità  migliore  che 
altrove.  -  Spurghi,  merci  rimaste  invendute. 

Del  bottegaio  e  delle  persone  dipendenti. 
Andamento  e  lavoro  della  bottega. 

Bottegaio,  chi  tiene  bottega:  commerciante,  fon- 
dacaio,  mercante,  negoziante.  -  Botteyaino,  diinin.  e 
vezzegg.  di  bottegaio.  -  Bottegante,  chi  sta  a  bottega 
e  campa  di  quella.  -  Carivéndolo,  bottegaio  avido, 
disonesto.  -  Conduttore  d' una  bottega ,  chi  la 
tiene  per  conto  suo,  retribuendo,  secondo  il  patto, 
il  proprietario.  -  Esercente,  dicesi  di  ogni  genere  di 
bottegai,  specialmente  osti,  caflettieri,  locandieri,  ecc. 

-  Principale,  il  padrone,  il  proprietario.  -  Ditta, 
nome  della  persona  o  delle  persone  che  esercitano 
la  bottega.  -  //  piccolo  commercio,  il  ceto  dei  botte- 
gai che  rivendono  al  minuto. 

Atti  del  bottegaio:  essere,  stare,  saper  stare  a  bot- 
tega; aprire,  avere,  metter  su,  rizzare  bottega;  con- 
durre, far  andare,  mandare  avanti  la  bottega;  chiu- 
dere bottega  ^per  cattivo  andamento  degli  affari  o 
per  cessazione  del  coiuinercio).  -  Avviamento  di  una 
bottega,  la  frequenza  o  meno  degli  avventori,  jprimo 
andamento  degli  affari:  avviatura,  avvio,  invia- 
mento,  invio;  indirizzamento,  indirizzo.  -  Azienda, 
l'amministrazione  della  bottega.  -  Esercizio  d'  una 
bottega,  la  sua  gestione:  il  condurla,  il  tenerla  aperta 
e  curarne  il  traffico.  -  Amministrare,  tenere  Vam- 
niinistrazione,  ossia  governare,  reggere  gli  affari 
(veggasi  ad  affare)  della  bottega,  nei  modi  pre- 
scritti dalla  lei;>'e.  -  Star  di  bottega,  il  luogo  dove 
uno  l'ha.  -  Stare,  essere  a  uscio  e  bottega,  avere  la 
casa  vicina  alla  bottega 

Banchiera,  la  donna  o  la  ragazza  che  sta  al  banco, 
come  commessa.  -  Commesso,  commessa,  la  persona 
che,  stìoeiidiata  dal  proprietario,  presta  servizio  in 
una  bottega:  nell'uso,  giovane  di  negozio.  -  Fac- 
clUno,  l'uomo  che  in  alcune  botteghe  fa  i  più  tati- 
cosi  lavori,  trasportando  carichi  pesanti.  •  Fatto- 
rino,  la  persona  che  ta  il  basso  servizio  ed  è  man- 
data in  giro  per  commissioni.  Se  giovane,  garzone, 
ragazzo  di  bottega.  -  Andare  alla  cassetta,  rubare  al 
padrone.  -  Mettere,  tenere  uno  alla  cassetta,  d'  un 
giovine  di  negozio  reputato  onesto  e  da  affidargli 
il  maneggio  del  danaro  al  banco. 

Aprire  bottega,  il  cominciare  la  vendita  {tener 
vendita,  stare  alla  vendita,  attendervi).  -  Assortire, 
formare  e  ordinare  articoli,  variati  per  qualità  o 
per  prezzo,  in  modo  che  ne  risulti  un  complesso 
armonico,  adatto  a  tutte  le  esigenze.  Assortimento, 
l'atto  e  l'effetto.  -  Avviare,  iniziare  il  commercio,  la 
vendita,  gli  affari;  incominciare  a  farsi  la  clientela. 
Avviimento,  l'atto  e  l' effetto  {avere  bottega  bene 
avviata,  frequentata    da  molti   e  buoni   avventori^ 

-  Chiudere,  serrare  bottega,  sospendere  la  vendita 
per  la  notte,  per  le  feste,  ecc.;  anche,  smettere,  ces- 
sare dall'esercizio,  ritirarsi.  -  Esserle,  stare  a  sportello, 
dei  bottegai  che  tengono  soltanto  mezzo  aperte  le 
porte.  -  Impaccare,  impacchettare,  lormare  un  pacco, 
della  cosa  o  delle  cose   comperate    dall'  avventore. 


316 


BOTTEGAIO 


BOTTIGLIA 


intomo  alla  carta  da  involti  stringendo  cordoncino, 
cordiglio,  spago.  -  Lavorare  a  bottega  chiusa,  senza 
gli  sportelli  aperti.  -  Levare  o  metieì'e  le  bande, 
aprire  o  chiudere  gli  usci  delle  botteghe  fatti  a 
bande.  -  Mettere  in  stralcio,  di  bottega  che  si  deve 
chiudere  e  si  liquida.  -  Non  far  faccende,  avere 
bottega  sviata  -  Ravviare  la  bottega,  riordinarla  in 
modo  da  richiamarvi  gli  avventori.  -  Riaprire  bot- 
tega, rimetter  su  negozio,  chiuso  per  fallimento  o 
altro.  -  Rilevare  un  fondaco,  una  bottega,  subentrare 
a  un  altro  nell'esercizio.  -  Rimetter  su  bottega,  ria- 
prirla dopo  averla  chiusa,  o  anciie  aprirla  altrove. 

-  Rinvoltare,  avvolgere  alla  meglio  o  alla  lesta;  fare 
involto  della  merce  acquistata  dall'  avventore.  - 
Servire  gli  avventori,  presentare  e  vendere  loro  le 
cose  domandate.  -  Servire  nel  coscetto  (famil.),  trattar 
bene  un  avventore,  rendergli  un  servizio  nel  miglior 
modo  possibile.  -  Spacciare,  esitare,  vendere.  -  Spic- 
ciare un  avventore,  servirlo  presto,  immediatamente. 

-  Stare  a  bottega,  a  banco,  fare  servizio  attivo,  di- 
retto, immediato.  -  Sviare  la  bottega,  allontanare, 
disgustar  gli  avventori:  sviare  la  colombaia. -  Tenere 
aperta  la  bottega,  in  attività  di  esercizio.  -  Tenere 
la  bottega  ben  fornita,  largamente  provveduta  di 
merci.  -  Tirar  avanti,  mandare  avanti,  far  andare 
aranti  la  bottega,  continuare  l'esercizio.  -  Vendere  a 
contanti,  per  contanti,  a  pronto  pagamento,  -  A  pronti 
contanti,  col  danaro  in  mano,  pagando  subito.  - 
Vendere  a  conto,  a  credito.  -  Vendere  al  dettaglio, 
dettagliare  (iranc),  vendere  al  minuto.  -  Vendere 
all'  ingrosso,  a  grosse  partite,  in  quantità  conside- 
revole -  Vendere  a  tagf/to,  a  pezzi  più  o  meno  grossi, 
e  a  piccoli  pesi. 

Degli  avventori.  -  Termini  vari. 

Avventore,  chi  va  abitualmente  a  provvedersi  in 
una  stessa  bottega:  avventore  abituale;  frequenta- 
tore, assiduo;  avventizio,  chi  entra  in  una  bottega 
casualmente  o  una  volta  tanto.  -  Avventoruccio,  av- 
ventore da  poco.-  Cliente,  sinonimo  di  avventore. 

-  Buon  cliente,  avventore  che  compera  molto  ed  è 
buon  pagatore.  -  Cattivo  cliente,  che  dà  molto  da 
fare  e  non  paga.  -  Clientela .  complesso  degli 
avventori  {buona,  ricca,  estesa  clientela,  ecc.).  -  Im- 
picciabotteghe,  di  chi  ci  va  a  cianciare  e  a  far  per- 
dere il  tempo.  -  Pratica,  nell'uso,  avventore;  pra- 
tiche, i  clienti.  -  Acculattare  le  panche,  stare  a  sedere 
oziosamente  per  le  botteghe,  senza  tare  acquisti.  - 
Servirsi  da  un  bottegaio,  frequentarne  la  bottega. 

Ad  apertura  di  bottega,  la  mattina,  appena  si  apre. 

-  Benandata,  mancia  che  si  dà  perchè  il  proprietario 
o  il  locatario  lasci  anzitempo  la  bottega  :  benuscita, 
buonuscita.  -  Comwtss'one,  domanda  di  merce.-  Cre- 
dito, il  favore  del  TpnbhWco.- Diritto  d'entratura,  qneì 
valore  che  si  attribuisce  a  una  bottega  già  avviata. 

-  Esito,  vendita,  spaccio.  -  Godi,  la  giunta  in  genere 
che  ci  vien  data  nelle  compre.  -  Giunta,  quel  che 
il  bottegaio  dà  di  più.  -  Stagione  morta,  tempo  in 
cui  certe  botteghe  o  certe  aziende  o  stabilimenti 
sogliono  naturalmente  avere  meno  lavoro  o  spaccio 
che  di  consueto.  -  Trappole  da  quattrini,  di  cose 
messe  in  bella  mostra  per  poterle  vendere. 

Botteghe  che  si  fanno  dei  ridossi  e  cercano  di  por- 
tarsi via  gli  avventori,  delle  botteghe  che  si  fanno 
concorrenza  con  picca  e  dispetto.  -  Far  buon  mer- 
cato, locuzione  che  ha  due  significati  opposti,  se- 
condo che  esce  di  bocca  dal  venditore  o  dal  com- 
pratore: quegli  intende  dire  di  aver  venduto  bene, 
cioè  a  prezzo  per  lui  vantaggioso;    questi,  di  aver 


comperato  bene,  cioè  a  prezzo  discreto  e  anche  in- 
fimo. -  Fare  un  ridosso  a  una  bottega,  quando,  ac- 
canto a  una  bottega  se  ne  apre  una  simile,  per 
picca  0  per  dispetto.  -  Fanno  a  cavarsi  gli  occhi,  di 
bottegai  che  si  fanno  ridossi,  concorrenza  feroce.  - 
Fare  molte  faccende,  lavorare,  esitar  molto.  -  La 
bottega  va,  ta  affari  ;  rende,  dà  profitto.  -  La  bottega 
non  vuol  alloggio,  non  ci  si  può  stare  a  far  chiac- 
chiere. -  Non  mi  faccia  torto,  dice  il  bottegaio  al- 
Vavventore,  intendendo:  si  serva  da  me. 

Scassare  botteghe,  forzarne  la  serratura  per  com- 
metterci un  furto. 

Bottegàio  (bottegàia).  Chi  tiene  bottega. 

Botteg-ante.  Chi  sta  a  bottega. 

Botteg-hlno.  La  ricevitoria  del  lotto. 

Botteg-óne.  Grande  bottéga. 

Bottlcino.  Piccola  botte. 

Bottlg-lla.  Vaso  di  vetro  o  di  cristallo  (per 
contenere  acqua,  vino  o  altro  liquido,  per  lo  più 
da  bere),  di  forma  cilindrica,  o  quasi,  a  collo  più 
ristretto,  con  orlo  presso  la  bocca  e  fondo  rientrante 
a  forma  di  imbuto  :  boccale,  bómbola,  carafla,  gua- 
stada,  ingostara,  ingostaduzza.  -  Botligliaccia,  bot- 
tiglia grossa  e  di  forma  non  bella.  -  Bolliglietta,  pic- 
cola bottiglia.  -  Bottiglina,  bottiglia  piccola  e  gra- 
ziosa. -  Bottigliuccia,  diniin.  e  spreg.  di  bottiglia.  - 
Con  gran  pancia,  corpacciuta.  -  Di  giusta  tenuta, 
della  voluta  capacità.  -  Appannata,  la  bottiglia,  spe- 
cialmente se  di  vetro  bianco,  quando  vi  si  metta 
acqua  o  altro  liquido  diacciato.  -  Asciutta,  la  bot- 
tiglia del  tutto  sgocciolata,  sgrondata,  non  più  ba- 
gnata di  liquido;  anche,  la  bottiglia  vuota  (special- 
mente di  vino).  -  Aver  la  camiciola,  di  bottiglia 
sudicia. 

Ampolla,  vaso,  bottiglia  con  collo  lungo  e  pancia 
più  0  meno  rigonfia.  -  Barattolo,  bottiglino  da 
medicinali,  conserve  e  simili.  -  Boccia,  specie  di 
bottiglia,  ma  di  cristallo  non  colorato,  a  uso  di 
tenere  sulla  mensa  l'acqua,  talora  anche  il  vino  - 
Bocciane,  grande  boccia,  della  capacità  di  più  boccie, 
da  tenervi  non  che  vino,  o  altri  liquidi,  anche 
caffè  non  tostato,  tabacco  in  polvere,  ecc.  -  Bot- 
tiglione, bottiglia  grande,  da  conservare  o  traspor- 
tare questo  0  quel  liquido;  bottaccio  di  vetro, 
fiasco;  impagliato,  o  vestito  di  vimini,  dicesi  dami- 
giana. -  Caraffa,  boccia  di  vetro  bianco  o  di  cri- 
stallo. -  Fiala,  piccola  bottiglia  di  vetro  con  un 
grosso  ventre  e  collo  lungo:  se  ne  servono  i 
farmacisti  per  riporvi  i  medicamenti  liquidi.  - 
Fiasco,  bottiglia  impagliata  o  vestita  di  vìmini.  - 
Guastada,  specie  di  boccia  corpacciuta,  con  piede. 
Da  tempo  sono  poco  in  uso  il  nome  e  il  vaso, 
come  pure  i  diminutivi  di  questa  voce. 

Collo,  la  parte  più  alta  e  più  sottile  della  bot- 
tiglia. -  Culo,  il  fondo.  -  Etichetta,  il  cartellino  che 
porta  il  nome  del  vino,  dell'anno,  o  il  titolo  d'altro 
contenuto.  -  Bagna-etichette,  piccolo  cilindro  dì  legno, 
0  cristallo,  che  pesca  inferiormente  in  una  va- 
schetta d'acqua,  sicché  la  superficie  è  sempre  umida 
e  bagna  la  gomma  del  cartellino  che  sopra  vi  si 
agita.  -  Tappo,  zaffo,  turacciolo  (frane,  bouchon), 
piccolo  arnese,  per  lo  più  di  sughero,  col  quale  si 
chiude  la  bottiglia.  Zilla,  il  tappo  della  boccia  di 
cristallo  0  di  vetro  bianco.  -  Cavatappi,  tiratappi, 
arnese  vario  di  foggia  e  di  congegno,  per  levare  i 
tappi  dalle  bottiglie:  veggasi  a  turàcciolo. 

Panca  traforata,  arnese  per  mettervi  le  bottiglie 
a  sgocciolare.  -  Portabottiglie,  specie  di  piattino  con 
sponde  rilevate,  su  cui  si  tengono  a  mensa  le  bot- 
tiglie, per  non  macchiare  di  vino  la  tovaglia:  sotto- 


BOTTIGLIA   DI   LEIDA    —    BOZZONE 


317 


bottiglia.  -  Rinfì-escatoio,  cantinetla,  vaso  di  metallo, 
0  di  terra,  in  cui  si  pongono  le  bocce  o  botti''lie 
della  mensa,  circondate  d'acqua  mantenuta  fredda 
col  ghiaccio  0  con  la  neve.  . 

Bottigliere,  chi  ha  la  speciale  cura  della  botti- 
glieria ed  è  il  soprastante  ai  vini  della  mensa,  nelle 
tavole  Sftntuose.  -  Bottiglieria,  tutte  le  bottiglie  che 
uno  abbia,  di  vino  squisito  ;  anche,  l'armadio  o  la 
stanza,  in  cui,  sopra  palchetti,  sono  collocate  le 
bottiglie. 

Imbottigliare,  e'npire  di  vino  le  bottiglie  e  tap- 
parle. Imbottigliamento,  atto  ed  elletto:  imbottiglia- 
tura  (anche,  il  prezzo  che  si  paga  per  tale  opera- 
zione).- Incatramare  le  èof/tjf/i'e,  tapparle  con  sughero 
e  ricoprire  il  tappo  di  catrame.  -  Scemare,  contrario 
di  abboccare:  dicesi  del  versare  dalla  bottiglia  il 
troppo  vino,  perchè  non  resti  a  contallo  col  tappo. 
L'operazione  dell'  abboccare  e  dello  scemare,  si 
fa  anche,  e  specialmente,  ai  fiaschi,  prima  d'infon- 
dervi quel  poco  d'olio  che  si  mette  sul  vino.  - 
Sgrondare  la  bottiglia,  fare  che  ne  escano  tutte  le 
gocciole  :  sfrondatura.  -  S'appaile,  levare  il  tappo 
alle  bottiglie  o  simili  :  aprire,  sturare,  dare  la  stura. 
-  liistappare  ripete  stappare.  •  Tappare,  chiudere 
con  tappo  ;  turare. 

Vedere  il  fondo  d'una  bottiglia,  vuotarla,  berla  tutta. 

Bottiglia  dLi  Leida.  Detto  a  condensatore 
elettrico. 

Bottigliere.  Detto  a  bottiglia. 

Bottiglieria.  Veggasi  a  bof figlia  e  a  mensa. 

Bottinaio.  Veggasi  a  latrina. 

Bottino.  Detto  a  latrina,  a  pozzo,  a  preda, 
a  soldato. 

Bòtto.  Detto  a  colpo,  a  percossa. 

Bottone.  Piccolo  disco  di  metallo,  d'avorio,  di 
legno,  d'osso  o  d'altro,,  piano  o  convesso,  talora 
anche  a  forma  di  globetto,  che  si  cuce  sugli  abiti, 
sugli  indumenti  di  biancheria,  ecc.,  per  tenerne 
riunite  le  parti,  facendolo  passare  in  un  corrispon- 
dente occhiello:  broccetta,  brocchetta.  Si  hanno  bot- 
toni a  cupola,  a  tilìva  d'osso,  o  di  panno;  bottoni 
inargentati,  dorati,  niellati,  ecc.  -  Bottonceilo,  bot- 
toncino, botloncellino,  piccolo  bottone.  -  Bottonaio, 
bottonaio,  colui,  colei  che  fa  o  vende  bottoni.  - 
Botionatura,  abbottonatura,  ■  l'ordine  dei  bottoni  in 
un  vestito.  -  Bottoneria,  fabbrica  di  bottoni.  -  Bot- 
toniera, fila  di  bottoni  attaccati  al  petto  d'un  abito; 
anche,  la  parte  dell'abito  dove  sono  attaccati. 

Alamari,  bottoni  la  cui  anima  è  allungata  in  forma 
di  ghianda,  o  di  oliva,  ed  è  ricoperta  di  filo,  di  seta 
0  d'altro;  essi  hanno  per  riscontro,  invece  di  oc- 
chielli, altrettante  maglie  a  cappietti  formati  da  un 
cordoncino.  ■  Animelle,  bottoni  d'osso  adoperati  per 
calzoni,  mutande,  camiciuole,  ecc.  -  Bottoncino  da 
camicia,  piccolo  bottone  d'oro,  d'argento,  di  madre- 
perla o  simili,  da  levare  e  mettere:  tali  i  botton- 
cini da  collo,  da,  polsini,  ecc.  -  Bottoni  a  rocchetto, 
fatti  a  rocchetto  -  Bottone  doppio,  o  bottoni  gemelli, 
due  bottoni  che  ne  formano  come  uno  solo,  fermati 
a  ciascuna  estremità  di  un  gambo  comune  e  desti- 
nati ad  affibbiare  due  opposti  occhielli:  bottoncini, 
rocchettini.  -  Baperella,  sorta  di  bottoncino  d'ottone. 

Anima,  fondello,  parte  interna  (per  lo  più  a  forma 
di  rotellina)  del  bottone,  quando  è  ricoperto  di 
panno  o  di  fila  intessute  con  l'ago;  e  suole  essere 
d'osso  0  di  legno.  -  Ghiandina,  1  anima  dei  bottoni 
per  gli  alamari.  -  Maglietta,  la  fermatura  agli  oc- 
chielli, perchè  non  si  strappino.  -  Picciuolo,  gambo, 
la  codetta  metallica,  terminata  in  maglietta,  per  cui 
il  bottone  è  attaccato  al  vestito.  -  Femminella,  ma- 


glietta di  sottil  filo  metallico,  ripiegato  iu  forma 
d'occhiolino  ai  due  capi,  per  poterla  cucire  al  panno, 
in  corrispondenza  del  gangherello,  il  cui  gancetto 
vi  si  introduce.  -  Gangherello,  ganghererò,  specie 
di  gancetto,  di  sottil  filo  metallico,  addoppiato,  con 
i  due  capi  ripiegati  in  fuori  a  foggia  di  magliet- 
tine;  cucito  ad  alcune  parti  del  vestito,  special- 
mente da  donna,  serve,  insieme  con  la  gangherella, 
ad  affibbiare,  invece  di  bottone  o  di  altro. 

Occhiello,  il  breve  taglio,  a  modo  quasi  di  picco- 
lissimo occhio,  che  si  fa  sul  lembo  degli  indumenti, 
orlato  tutt'intorno  con  una  speciale  cucitura,  detta 
punto  d'occhiello:  in  esso  entra  il  bottone.  Dicesi  an- 
che àsola,  fenestrella,  finestrella,  occhietto.  È  liscio, 
0  all'inglese,  cioè  con  seta  vergola  e  piccolo  pic- 
colo, oppure  alla  francese,  con  cordoncino  in  giro, 
per  lortezza,  o  seta  fine.  -  Occhiellatura,  la  fila 
degli  occhielli  in  un  vestito:  affibbiatura.  -  Irant- 
tina,  chiusura  delle  estremità  dell'occhiello.  -  Asola, 
l'orlo  di  filo  che  si  fa  nelle  due  estremità  dell'oc- 
chiello: può  anche,  senza  far  parte  dell'occhiello, 
allacciare  i  bottoni;  in  tal  caso  si  lavora  all'estre- 
mità della  stofia.  -  Occhiellaia,  donna  alla  quale  il 
sarto  suol  commettere  la  formazione  delle  asole, 
cioè  la  cucitura  degli  occhielli:  uccliiellaia.  -  Oc- 
chiellatura, ordine  degli  occhielli  in  un   vestito. 

Abbottonare,  fermare  le  vesti  o  altro  con  bottoni. 

-  Abbottonarsi,  fermarsi  le  vesti  abbottonandole,  - 
Abbottonato,  fermato  con  bottoni.  -  Abbottonatura, 
l'atto  dell'abbottonarsi,  ossia  congiungere  con  bot- 
toni le  parti  dell'abito,  della  veste.  -  Attaccare  un 
bottone,  assicurarlo  alla  veste  con  filo.  -  Fermare 
un  bottone  che  ciondola,  assicurare  un  bottone  che 
sta  per  cadere.  -  Riabbottonare,   ripete   abbottonare. 

-  Riattaccare,  ripete  attaccare.  -  Sbottonare,  aprire 
una  veste  levando  i  bottoni  dall'occhiello:  sbotto- 
natura, l'atto  e  l'eflelto.  -  Staccare  un  bottone,  le- 
varlo, toglierlo,  strapparlo. 

Gaietto,  combinazione  di  bitume  con  base  terrosa, 
con  cui  si  fanno  bottoni,  oggetti  d'ornamento,  ca- 
paci d'un  bel  lustro.  Si  trova  specialmente  in  Si- 
cilia e  in  Sassonia. 

Bottóne.  Strumento  di  chirurgia.  •  Parte 
della  spada.  -  La  boccia  di  qualche /iore.  -  Detto, 
motto  pungente 

Bottonièra.  Detto  a  bottóne. 

Bovàro  (boaro).  Veggasi  a  bue  e  a  pastore. 

Bove.  11  bue. 

Bovile.  La  ntalla  dei  buoi. 

Bovina  (buina).  Detto  a  bue. 

Bovini.  Il  bue,  il  toro,  la  vacca,  il  vitello. 

Bovino.  Di  bue. 

Bózza.  Pezzo  di  pietra  lavorata.  -  Prima,  im- 
perfetta forma  d'un'o/>e»'a  &'arte.  -  Termine  di 
tijìografia:  prova  di  stampa. 

Bozzàccliio,  bozzacchióne.  Detto  a  susina. 

Bozzèllo.  Piccolo  arnese  che,  su  una  nave, 
serve  in  generale  ad  aumentare  la  forza  della  pu- 
leggia. -  Paranco,  sistema  di  due  bozzelli  e  di  un 
cavo,  usato  nelle  manovre  navali.  -  Vertecchio,  boz- 
zello senza  puleggia. 

Bozzétto.  Schizzo,  abbozzo,  in  piccolo,  di 
un'opera  d'arte,  da  riprodurre  in  grande. 

Bózzixna.  Detto  a  mescolanza  e  a  tessitore. 

Bozzo.  Veggasi  a  laguna. 

Bozzolaro.  Detto  a  ciambella. 

Bózzolo.  L'involucro  nel  quale  si  chiude  il 
baco  da  seta.  -  Misura  del  mugnaio. 

Bozzoluto.  Detto  a  bitòrzolo- 
bozzone.  Detto  ad  agnello 


318 


BRACA    —    BRACCIU 


Braca.  Parte  dei  calzoni.  -  Panno  per  bam- 
bino. ■  Fatto,  avvenimento  di  poca  importanza. 

-  Parte  del  cannone. 

Bracalóne.  Vengasi  a  calze  e  a  calzoni. 

Bracare  (bracato).  Avere  curiosità. 

Bracato,  Estremamente  grasso. 

Braccare,  bra'?c1ieefglare  (braccato,  brac- 
cheETgiato).  Maniera  di  carda. 

Bracchiére.  Chi  guida  i  bracchi  nella  caccia. 

Bracciale.  Arnese  pel  giuoco  del  pallone. 
-Distintivo  della  milizia  in  guerra. 

Braccialetto.  Ornamento  di  varia  forma  e 
materia,  per  lo  più  d'oro,  portato  al  braccio:  ar- 
milla,  bracciale,  girello,  maniglia,  maniglio;  sma- 
niglia, smaniglio.  -  Fermezza,  fermaglio:  consta  di 
due  pezzi  o  d'argento  o  d'oro,  uno  dei  quali  entra 
nell'altro  o  vi  resta  fisso  per  mezzo  d'una  molla; 
serve  a  tener  uniti  i  due  capi  del  braccialetto,  o 
simili  (un  vezzo  di  corallo  colla  fermezza  d'oro).  ■ 
Fermezzina,  dimin.  e  vezzegg. 

Bracciante.  Vegga  si  a  lavocatore. 

Bracciata.  La  quantità  di  roba  che  si  può 
stringere,  portare  con  le  braccia. 

Bracclatura.  La  misura  che  %\  fa  col 
br^rrcio, 

Bracclere.  Chi  offre,  chi  dà  il  braccio. 

Braccio  (plur.,  braccia).  Parte  del  corpo  umano: 
nel  linguaggio  comune,  è  l'arto  superiore  annesso 
al  tronco  e  che  ha  funzione  essenzialmente  pren- 
sile; propriam.,  la  parte  del  membro  superiore 
compresa  fra  spalla,  e  gomito  e  costituito  da  un 
osso  (r  omero),  nonché  da  muscoli,  vasi,  nervi, 
cute,  aponeurosi,  ecc.  Le  braccia,  in  concorso  con  le 
mani,  servono  essenzialmente  a  ogni  sorta  di  la- 
voro, sostenendone,  per  lo  più,  la  fatica;  servono 
inoltre  all'uomo  per  la  lotta,  per  il  nuoto,  a  questo 
e  a  qneiV esercizio,  nella  maggior  parte  dei  giuo- 
chi, alle  diverse  funzioni  dell'  abbassare  e  del- 
l'ansare, del  gettare,  del  prendere,  deìVavvol- 
gere,  dello  stringere,  ecc.,  ecc.  -  Bracano,  plur., 
braccìno  o  braccìni:  dimin.  di  braccio.  -Bracciotto, 
braccio  grassoccio.  -  Braccio  migliore,  il  braccio 
destro.  -  Braccio  stanco,  detto  per  braccio   sinistro. 

-  Destrocero,  braccio  destro  con  mano.  -  Sinistrócero, 
braccio  sinistro  con  mano. 

Bracciroseo,  che  ha  braccia  color  di  rosa,  detto 
dell'aurora.  -  Bianchibraccia,  che  le  ha  bianche.  - 
Brachiale,  bracchiale,  relativo  al  braccio,  sia  arteria, 
muscolo,  aponeurosi,  ecc.  -  Brachtco,  aggiunto  di 
un  muscolo  del  braccio.  -  Braccesco,  di  braccia,  per 
via  di  braccia. 

Bacchette  o  Inicchette  da  tamburo  (scherz.),  le 
braccia  molto  secche  o  sottili,  di  una  persona; 
braccia  come  stecchi.  -  Braccia  che  sembrano  due 
canne,  di  braccia  secche.  -  Braccia  d'Ercole,  di  gi- 
gante, forti,  braccia  grosse  e  massiccie,  muscolose, 
nerborute,  sode,  taurine.  -  Braccia  fatte  al  tornio, 
dicesi  di  braccia  belle   -  Colonne,  di  braccia  grosse. 

-  Monco,  del  braccio  senza  la  mano  e  delle  persone 
in  tale  stato.  -  Monclierino,  monchino  o  moncone, 
braccio  tronco,  senza  mano,  o  con  mano  storpiata; 
e  la  mano  stessa  etaccata  dal  braccio.  -  Sconvolto, 
travolto,  delle  braccia  quando  l'osso  é  uscito  dal 
suo  posto. 

Parti  PRiNctPAU  del  braccio. 

Antibraccio,  o  avanbraccio,  segmento  mediano 
nell'arto  superiore,  fusiforme,  con  doppia  ferula 
scheietricai  porzione  alquanto  appiattita  del  membro 


superiore  che  va  dalla  plica  del  gomito  al  polso; 
la  parte  tra  il  gomito  e  la  mano  -  Antibrachiale, 
appartenente  all'antibraccio.  -  Faccia  dorsale  del- 
l'antibraccio, il  lato  dalla  parte  del  dorso  della 
mano.  -  Faccia  palmare,  il  lato  dalla  parte  della 
palma.-  Polso,  parte  assetti ijliata  dell'avambraccio 
che  dà  passaggio  alla  mano  ed  è  solcata  da  pro- 
fonde pliche  traversali. 

Ascella,  parte  concava  infero-laterale,  scavata 
fra  il  braccio  e  il  tronco,  ricca  di  ghiandole  del  su- 
dore  e   linfatiche,  e    in   cui   crescono  pochi  peli. 

-  Carpo,  la  parte  superiore  della  matto,  tra  l'an- 
tibraccio e  il  metacarpo. 

Clavicola,  osso  che  serve  ad  unire  la  sca- 
pola al  torace;  specie  di  perno  intorno  al  quale  gira 
l'omoplata:  omero,  spalla.  -  Cùbito,  o  uhm  l'osso 
più  lungo  dell'antibraccio,  esteso  dall'omero  al  carpo 
e  situato  al  lato  interno  del  radio,  al  quale  decorre 
parallelo.  Anche,  sinonimo  di  gómito.  -  Cubitale, 
di  arterie,  vene,  ecc.,  che  passano  sopra  il  cubito. 

-  Lato,  cubitale  o  cubito,  il  lato  dell'antibraccio  dalla 
parte  del  dito  mignolo.  -  Fusaio  {trafusolo,  focile), 
ciascuno  dei  due  ossi  del  braccio.  Anticam.,  focile 
maggiore  l'ulna,  focile  minore  il  radio. 

Gómito,  congiuntura  del  braccio  con  l'antibraccio, 
costituita  da  tre  ossa:  articolazione  mista,  anzi  insieme 
di  tre  articolazioni  in  una.  -  Nocella,  l'osso,  che 
unisce  l'ulna  al  corpo.  -  Nodello,  congiuntura  delle 
mani  alle  braccia,  dei  piedi  alle  gambe.  -.  Omero, 
osso  pari  posto  fra  la  scapola  e  le  ossa  dell'anti- 
braccio: consta  di  un  corpo,  o  parte  media,  e  di 
due  estremità,  una  superiore,  l'altra  inferiore.  Dicesi 
anche  per  spalla,  Omopldta,  o  scapola,  osso  nella 
parte  posteriore  della  spalla.  -  Pisiforme,  il  quarto 
osso  del  primo  ordine  del  carpo,  articolato  con 
l'osso  piramidale  e  ricevente  l'inserzione  del  ten- 
dine del  muscolo  cubitale  anteriore.  -  Radio,  una 
delle  due  ossa  dell'antibraccio  :  appartiene  alle  ossa 
lunghe  e  si  articola  col  cubito  dalla  parte   interna. 

-  Lato  radiale,  il  lato  opposto,  dalla  parte  del  pol- 
lice. -  Ulna,  il  cùbito. 

Apòfisi,  arterie,  muscoli,  nervi,  vene.  -  Anomalii 
E  infermità  del  braccio,  eco 

Apòfisi,  aponeurosi,  arterie,  cavita',  condilo.  — 
Apòfrsi  coronoide,  angolo  inferiore  ottuso  della 
gran  cavità  sigmoidea  situato  suUestremità  supe- 
riore del  cubito.  -  Apòfisi  stiloidea,  sporgenza  ot- 
tusa sul  margine  posteriore  della  testa  dell'ulna  ; 
anche,  la  sporgenza  nel  lato  opposto  all'incisura 
semilunare  del  radio.  -  Oleerano,  grossa  apòfisi 
che  si  articola  con  l'omero.  -  Apoupuròsi  brachiale, 
membrana  fibrosa  che  avviluppa  interamente  i  mu- 
scoli del  braccio. 

Arteria  radiale  e  cubitale,  omerale  o  brachiale, 
veggasi  ad  arteria  (denominazioni  varie),  pag.  175. 

Cavità  sigmoidee,  due:  una  grande,  formata  dalla 
concavità  dell'olecrano;  l'altra,  piccola,  collocata  al 
lato  esterno  della  precedente,  e  riceve  il  bordo  cor- 
rispondente della  testa  del  radio.  -  Condilo  dell'omero, 
articolazione  tondeggiante,  un  po'  allungata,  contro 
la  quale  si  appoggia  il  capitello  del  radio.  -  Epi- 
condilo,  eminenza  al  basso  dell'omero. 

Muscoli  brachiali:  sono  rappresentati  dal  bici- 
pite brachiale,  dal  coraco-brachiale  e  dal  brachiale 
interno,  o  anteriore,  che  si  trovano  nella  regione 
brachiale  anteriore,  dal  tricij)ite  brachiale  e  dal- 
l'anconeo,  che  occupano   la  regione  posteriore  del 


3i9 


braccio.  -  Estensoi-e  delie  dita,  estensore  del  mignolo, 
grande  e  'piccolo  estensore  del  pollice,  estensore  del- 
l'indice, adduttore  del  pollice,  cubitale  posteriore: 
muscoli  della  regione  posteriore  dell'avambraccio.  - 
Lungo  supinatore,  supinatore  breve,  primo  e  secondo 
radiale  esterno,  pronatore  rotondo,  pronatore  qua- 
drato, grande  e  piccolo  palmare,  flessore  profondo, 
flessore  superficiale  delle  dita,  grande  flessore  del  pollice, 
ecc.:  muscoli  dell'avambraccio.  Grande  e  piccolo  pal- 
mare, flessore  profondo,  flessore  superficiale  delle  aita, 
grande  flessore  del  pollice:  muscoli  della  regione  anie- 
riore  dell'avambraccio.  -  Bicipite,  muscolo  allungato, 
superficiale,  situato  nellaparte  anteriore  del  braccio  e 
nascente  dalla  scapola  con  due  capi;  tricipite  bra- 
chiale, muscolo  costituito  di  tre  parti  (un  tempo 
considerati  rome  muscoli  distinti)  e  fissantesi  con 
un  largo  tendine  alla  parie  posteriore  e  superiore 
dell' olecrano.  -  Deltoide,  muscolo  della  regione 
scapolare  esterna:  eleva  potentemente  il  braccio. 
-  Lacerto,  muscolo  col  suo  tendine:  detto  special- 
mente del  braccio.  -  Sotto- scapolare:  muscolo  che 
avvicina  il  braccio  al  tronco.  -  Supinatori,  due  mu- 
scoli che  portano  l'avambraccio  e  la  mano  all'in- 
fuori,  di  maniera  che  la  faccia  anteriore  o  palmare 
diventa  superiore. 

Nervi  del  braccio:  partono  dal  plesso  brachiale 
(formato  dalla  riunione  delle  branche  anteriori  dei 
nervi  cervicali  inferiori  fra  loro  e  con  la  branca 
anteriore  dei  primo  nervo  dorsale)  e  sono:  il  bra- 
chiale cutaneo  esterno  (cubitale)  il  brachiale  cutaneo 
interno  (radiale),  il  brachiale  cutaneo  mediano. 

Vene  brachiali.  —  Nascono  dal  plesso  cubitale 
e  sì  distiniZDono  in  una  interna,  e  più  robusta,  che 
a  metà  circa  del  braccio  riceve  la  basilica,  e  in 
una  esterna,  che  sbocca  nella  prima  un  po'  più  in 
sopra  della  metà  del  braccio.  -  Basilica,  vena  su- 
pcrliciale  della  faccia  anteriore  interna  del  braccio 
('nasce  presso  la  piegatura  del  gomito);  cejaliea, 
nome  di  un'altra  vena  superficiale  che  nasce  fra  il 
pollice  e  l'indice  e  si  porta  alla  superficie  anteriore 
dell'avambraccio,  ove  costituisce  la  vena  radiale 
(veggasi  a  salasso).  -  Mediana,  vena  di  mezzo  tra 
la  basilica   e  la  cefalica,  detta  anche  vena  comune. 

Anomalie,  infekmita',  ecc.  —  Abrachia,  mancanza 
delle  braccia.  -  Anconagra,  dolore  artritico  al- 
l'articolazione del  gomito.  -  Ginnitrachio,  scorbuto 
al  braccio.  -  Pechiagra,  gotta  al  gomito.  -  ilfr//  della 
suocera,  dolore  che  si  prova  al  gomito,   battendolo. 

Movimenti  delle  braccia,  con  le  braccu. 

Braccia  aperte,  spinte  aliati;  conserte,  incrociate; 
errile,  spinte  in  alto;  ferme,  non  tremanti,  sicure; 
tese,  spinte  in  avanti.  -  Flessione,  piegatura,  curva- 
tura. -  Prorìaz/one,  movimento  dell'antibraccio  su  sé 
stesso,  sicché  la  palma  va  sotto. 

Abbracciare  {abbracciamento,  abbraccio),  cir- 
condare, stringere  con  le  braccia:  lat,  amplettere 
(amplesso)  ;  anche,  fare  alle  braccia,  lottare,  fare 
lotta.  -  Abbracciavìento,  atto  ed  effetto  dell'abbrac- 
ciare, 0  stringere  nelle  braccia:  abbracciata,  abbraccio, 
abbracciatura,  amplesso, bracciata.  Però  dicesi  abbrac- 
ciata anche  il  vicendevole  abbracciarsi  tra  molti  ; 
abbracciatura,  quanto  circondano  le  braccia  di  un 
uomo,  e  dicesi  di  misura  di  solidi  ;  bracciata,  tanta 
materia  quanta  in  una  volta  si  può  stringere  con 
le  braccia.  -  Bracciatella,  dim.  ;  bracciataccta,  accr. 
di  bracciata  nel  primo  significato.  -  Abbraccioni, 
ab  I  tracciando.  -  Accatricchiarsi,  ne\  Pi»h>iese,  metaf., 
per  fare  alle  braccia  e  azzuffarsi,  ma  per  giuoco  e 


per  atti  d'amore  villano.  -  Allungare  le  braccia, 
tenderle  verso  qualcuno  o  qualche  cosa,  con  inten- 
zione di  prendere  o  altrimenti.  -  Annaspare  con 
le  braccia,  agitarle,  nel  parlare;  gesto  istintivo  o 
voluto  per  significare,  per  esprimere  qualche  cosa. 

-  Aprire  le  braccia,  atto,  specialmente,  di  chi  in- 
vita ad  un  abbraccio  o  corrisponde  a  tale  invito: 
aprirsi  nelle  braccia.  Sbarrarsi  nelle  braccia,  aprirle 
il  più  che  si  può.  -  Avere  in  braccio,  portare,  tenere 
in  braccio,  a  braccia,  in  collo.  ■  Avvingìnare,  cin- 
gere, stringere  fortemente  con  le  braccia  (e  apwn- 
ghiata  quanto  si  può  cingere  con  le  braccia);  av- 
vinghiarsi, afferrarsi,  attaccarsi  fortemente  con 
esse.  -  Battere  la  birbantina,  il  batter  le  mani  in 
croce  sulle  braccia  e  sotto  le  ascelle,  per  riscaldarsi- 

-  Battere  una  gomitata,  urtare  col  gómito.  -  Can. 
celiare  le  braccia,  incrocicchiarle,  far  croce,  far  delle 
braccia  croce:  recarsi  le  braccia  al  petto,  in  croce. 

Dare  il  braccio,  porgere  il  braccio,  per  lo  più  ad 
una  donna,  perchè  le  sia  di  sostegno  nell'andare  : 
condurre,  portare,  prendere  a  braccetto;  prendere 
sotto  braccio,  menare  a  braccio,  al  braccio;  far  da 
bracciere,  il  bracciere.  -  Acciambellare  (fam.),  offrire, 
porgere  il  braccio.  -  Fare  la  pentola  a  due  manichi, 
dare  il  braccio  a  due;  anche,  mettere  le  mani  sui 
fianchi  in  atto  di  rimprovero  o  di  minaccia,  e  di 
ingiuria  verso  il  compagno,  simile  a  quel  beffeggia- 
giamento  che  i  latini  chiamavano  riconta.  -  Infilare 
il  braccio  tPuno,  prenderlo  a  braccetto,  mettersi  a 
braccetto.  -Sbraccettare,  condurre,  andar  a  braccetto, 

-  Servir  di  braccio,  dare  il  braccio  a   una  signora. 

-  A  braccetto,  col  bracco  intrecciato  a  quello  di  nn 
altro.  -  Bracciere,  chi  di  il  braccio. 

Fare  alle  braccia,  lottare.  -  Fare  nn  maniehetto, 
o  un  manichino,  mettere  una  mano  sulla  snodatura 
dell'altro  braccio,  piegandolo  all'insù  :  atto  di  sdegno. 

-  Frugare  o  punzecchiare  col  gomito,  urtare  più 
volte  alcuno  per  far  segno  o  altro.  -  Imbracciare, 
porsi  ed  avvoltolarsi  al  braccio  cappa,  scudo  o 
altra  cosa  simile,  o  portare  il  braccio  dentro,  per 
es.,  nelle  maniche;  shracciare,  il  contrario.  •  Incon- 
trare le  mani  attorno  a  una  cosa,  stringerla  fra  le 
braccia,  ricongiungendo  insieme  le  mani.-  incrociare 
le  braccia,  metterle  in  croce,  sul  petto.  -  Levare  le 
braccia,  alzarle.  -  Levar  alcuno  sulle  braccia,  levarsi 
o  arrecarsi  o  recarsi,  o  prendere  alcuno  in  braccio, 
o  nelle  braccia,  o  in  collo,  prenderlo  e  reggerlo  sulle 
braccia,  come  ordinariam.  si  fa  dei  bombini.  -  Por- 
tare a  braccia,  portare  di  soppeso  chi  non  sia  in 
grado  di  camminare,  di  reggersi  da  sé.  -  Portare  uno 
a  predellino,  a  predellucce,  si  dice  quando  due,  intrec- 
ciate fra  loro  le  mani,  portano  un  terzo,  che  vi  si 
mette  su  a  sedere.  -  Portare  uno  a  barella,  dicono 
i  fanciulli  del  prendere  uno  per  le  braccia  e  per  le 
gambe  e  co!?i  portarlo  dà  luogo  a  luogo.  -  Prendere 
in  braccio,  levare  sulle  braccia;  arrecare,  recare* in 
collo. -Pros/fnrfer<',j»ros<r'n(/prst,il  distendere  lebraccia 
come  fa  talora  chi  si  desta  e  sbadiglia  -  Sballottare, 
tenerp  fra  le  braccia  una  persona,  specialmente  un 
bambino,  facendolo  saltare,  ballonrare,  ballonzolare, 
e  facendogli  il  pizzicorino  e  altri  atti  di  amorevo- 
lezza. Per  simil.,  anche  di  cosa.  -  Sbarrare  le  braccia, 
allargarle,  distenderle.  -  Sbracciarsi,  agitare  le  braccia: 
anche  snudarsi.  -  Scagliare,  gittare  le  braccia,  fare 
quell'atto  che  si  farebbe  nel  gettare  o  scagliare  la 
palla  o  simili  nel  giuoco;  dimenare  le  braccia.  - 
Sgomitare,  privare  del  gomito  e  dei  gomiti.  -  Spa- 
lancare le  braccia,  aprirle  largamente.  -  Stare  a  go- 
mitello,  a  sedere  dinanzi  a  un  tavolo  e  col  capo 
appoggiato  sul  gomito.  -  Star  cortese,  o  recarsi  cor- 


320 


BHACaO   —   BREGMA 


tese,  stare  con  le  mani  cortesi,  stare  con  le  braccia 
avvolte  insieme  e  appoggiai'}  al  petto.  -  Slare  in 
collo,  essere  in  braccio.  -  Stare  gomitone,  gomitoni, 
appoggiato  sui  gomiti.  -  Stirare  le  braccia,  stirarsi, 
allargare  e  allungare  le  braccia,  contorcendosi  in 
tutta  la  persona,  come  fa  chi  si  riprende  dopo 
una  lunga  immobilità:  sgranchiare,  sgranchire; 
sgranchiarsi ,  sgranchirsi  ;  allungare  distendere 
le  cuoia;  prostendersi,  protendersi,  stiracchiarsi.  - 
Storcere  un  braccio,  slogarlo.  -  Tendere  le  braccia, 
protenderle,  allungarle  verso  qualcuno  o  qualche 
cosa.  -  Teìiere  o  stare  in  collo,  avere  o  stare  in  braccio. 

Varie. 

Bracciale,  sorta  di  fascia  che  attornia  iJ  braccio 
per  distUitÌYO.  -  Braccialetto,  anello  che  si  mette  al 
braccio. -Gomi/a<a,  percossa  data  col  gomito.-Mamca, 
parte  dell'abito,  della  veste,  che  copre  il  braccio. 
Braccio  nrlifxciaìe,  congegno  destinato  a  fare  l'ufficio 
di  un  braccio  amputato  o  disarticolato.-  Braccio  di 
ferro,  prova  di  destrezza  e  di  forza  che  i  gin- 
\  asti  sogliono  fare,  abbracciando  con  le  mani  due 
staile  solidamente  fissate  ad  un'asta  e,  sollevato  poi 
tutto  il  corpo  lino  a  che  venga  orizzontale,  reggen- 
dosi cosi  per  sola  forza  di  braccia;  anche  quella 
destrezza  che  fanno  comunemente  i  giovani  col 
porre  i  gomiti  poggiati  sopra  una  tavola  e  tenendo 
stretto  l'uno  il  pugno  dell'altro  sino  a  che  uno  dei 
due  non  pieghi.  -  Brachiale,  pezzo  A%\V armatura 
difensiva  che  proteggeva  il  braccio  e  il  gomito.  - 
Bracino:  esprime  l'idea  di  braccio  in  brachiocefalo, 
briiliio-cubitale,  brachiotomia,  ecc.  -  Brachiotomia, 
dal  greco,  amputazione  del  braccio.  -  Centimani, 
nella  mitologia,  giganti  dalle  cento  mani  e  dalle 
Cinto  braccia:  Briareo,  Tifeo,  Gyac,  Cottus,   ecc.  - 

Bràccio.  Stretto  di  ih  are,  -  lingua  di  terra, 
iatmo.  -  Antica  misura. 

Bracciòlo,  bracciuòlo.  Parte  della  sedia. 

Bracco.  Detto  a  rane. 

Brace.  Il  car6o»/e  acceso;  fuoco  senzsi.  fiam- 
ma; residuo  acceso  di  legna:  bracia,  bragia,  car- 
bone vivo.  -  Brusta,  brace  accesa.  -  Cinigia,  brace 
mista  a  cenere,  quasi  spenta:  carbonigia,  cinigia. 
-  Sbraciare,  rimestare  la  brace,  stuzzicarla  perchè 
si  accenda;  sollevare  con  la  paletta  i  carboni  ar- 
denti di  un  braciere.  -  Braciere,  specie  di  caldano, 
vaso  di  rame  o  di  terra,  nel  quale  si  tiene  brace 
accesa,   per  riscaldamento. 

Brache.  Veggasi  a  calzoni. 

Brachetta.  Anticamente,  parte  dei  calzoni. 

Brachettòne.  In  architettura,  tutto  ciò  che 
fascia  in  arco.  -  Veggasi  a  calzoni. 

Brachi  catalèttico.  Detto  a  veè'so. 

Brachicefalo.  Veggasi  a  cranio. 

Brachière  {brachieraioj.  Veggasi  ad  ernia. 

Brachigrafia  (brachigrafico).  Sinonimo  di  ste- 
nografia, trachigrafia. 

Brachimetropia .  Costituzione  viziosa  del- 
l' occhio. 

Brachiòpodo.  Animale  invertebrato,  del  tipo 
del  mollusco. 

Brachiuro.  Animale  crostaceo. 

Bracière.  Detto  a  brace. 

Bracino.  Chi  vende  al  minuto  brace,  car- 
bone, legna. 

Braciòla.  Vivanda  di  carne;  sorta  di  costo- 
letta. 

Bracone.  Detto  a  ^arioso. 


Bradifasìa.  Lentezza  morbosa  nel  parlare. 
Bradipo.  Detto  a  mammifero. 

Brado.  Veggasi  a  bestiame. 

Brag-ia.  Lo  stesso  che  brace. 

Brago.  Melma,  fango. 

Braitare  [brailato).  Sbraitare,  gridare. 

Brama.  Voglia,  desiderio. 

Bramanesimo  [brahmaismo).  Veggasi  a  bud- 
dismo. 

Bramare  (bramato).  Desiderare,  avere  desi- 
derio. 

Bramino.  Detto  a  buddismo. 

Bramire,  bramito.  Detto  a  cervo. 

Bramosia,  bramosità  (bramoso).  Intenso 
desiderio. 

Bramoso.  Pieno  di  desiderio. 

Branca.  Termine  di  anatomia  (figure  anato- 
miche, pag.  87).  -  Zampa  di  animale.  -  Ramo  di 
albero  o  di  pianta.  -  Il  pezzetto  di  corallo  che  si 
dà  al  bambino  per  lo  stesso  elFetto  della  ciam- 
bella 0  del  dente.  -  Parte  degli  istrumenti  di  ferro 
che  serve  per  afferrare,  per  prendere. 

Brancata.  Veggasi  a  zampa. 

Branchie.  Gli  organi  respiratori  del  pesce. 

Branchiopodo.  Veggasi  a  crostaceo. 

Brancicare  {brancicatura,  brancicato).  Movi- 
mento della  mano. 

Branco.  Detto  ad  animale  e  a  folla. 

Brancolare  [brancolante,  brancolato).  Modo  di 
andare,  tastando:  andare  a  tasto,  al  tasto;  bran- 
colone, brancoloni;  tastone,  tastoni;  tentone,  tentoni. 

Brancolóne,  brancolóni.  L'andare  bran- 
colando. 

Brancaccio.  Sorta  di  fungo. 

Branda.  Sorta  di  letto. 

Brandello.  Piccolo  brano,  piccolo  pezzo, 

Bran'Jiglione.  Varietà  di  castagno. 

Brandire,  brandlmento  {brandito).  Agitare, 
impugnare,  scuotere  un'  arme  da  offesa.  -  Affer- 
rare, prendere  con  forza,  con  vivacità. 

Brandistòcco.  Sorta  di  aitine  in  asta,  somi- 
>;liante  alla  picca. 

Brando.  Detto  a  spada. 

Brano.  Parte  o  pezzo.  -  Squarcio  di  libro. 

Brasca,  brascette.  Detto  a  cavolo. 

Brantonico.  Varietà  di  marino  grigio  e  giallo. 

Brassica.  Genere  di  piante  erbacee  croclfere, 
per  lo  più  bienni,  a  fiori  gialli  o  bianchi. 

Bràttea.  Detto  a  foglia. 

Bravàccio.  Detto  a  millantatore. 

Bravare  (bravato).  Detto  a  minaccia,  a  pro- 
rocazione,  a  rimprovero. 

Bravata,  bravazzata.  Smargiassata,  iwinac- 
rir/.  -  Rampogna,  rimjjrovero.  •  Atto  da.  millan- 
tatore. 

Braveggiare  {braveggiato).  Detto  a  miUanr 
latore. 

Braveria.  Atto  da  millantatore. 

Bravo.  Esperto,  àbile.  •  Animoso,  pieno  di 
coraggio. 

Bravura.  Perizia,  abilità. -F'ierezzai,  coraggio. 

Bréccia.  Frammento  di  calcare.  -  Frantumo 
di  pietra. 

Bréccia.  Rottura,  apertura  che  si  fa  nelle 
mura  di  una  città  o  in  un'opera  di  forti  fcazione, 
con  V artiglieria.  -  Figur.,  far  breccia:  fare  im- 
pressione, produrre  effetto. 

Brefotomia.  Veggasi  a  feto  e  a  parto. 
Brefotròfio.  Asilo  del  trovatello. 
Bregma.  Parte  superiore  della  testa. 


BRIGLIA 


321 


Brenna.  Dicesi  di  cavallo  da  poco. 

Brenta.  Recipiente,  vaso  da  vino;  anche,  wii- 
:sura. 

Bretelle.  Sostentatoli  da  calzoni. 

Breve.  Di  poca  durata;  effimero;  di  poca 
lungliezza,  corto;  piccolo,  stretto;  brieve,  com- 
pendiario, compendioso,  conciso;  stringato,  taci- 
tiano (di  discorso,  (ii  stile):  fuggevole,  fugace; 
riciso;  spedito,  succinto.  -  Sillaba,  d'un  tempo  solo.  - 
Brachicladico,  bracliioonico,  hrerhidatliliio,  brachi- 
dromico,  voci  che,  rispettivamente,  significano:  a 
rami  corti;  di  breve  durata;  a  dita  corte;  che  corre 
poco.  -  Brevità,  qualità  di  ciò  die  é  breve:  cor- 
tezza, picciolezza,  pochezza,  speditezza. 

Brevemente  :  alibreviatamente,  in  forma  breve,  con 
brevità;  sotto  brevità;  in  poco  tempo,  per  poco 
tempo,  in  piccolo  spazio  di  tempo;  in  poco  d'ora, 
in  piccola  ora;  in  picciol  termine;  cortamente,  per 
la  più  corta;  alla  spiccia,  spiccialamente;  in  picciol 
corso,  in  picciol  varco  di  tempo;  in  manco  di  uno 
sciolvere;  ristrettamente;  alla  lesta,  alla  svelta;  alle 
corte,  alle  spiccie;  senz'altro;  alle  molto  poche;  in 
un  attimo,  in  un'avemaria,  in  tre  bocconi,  in  quattro 
e  quattr'otto.  Loncisamenle,  riferito  a  discorso  : 
laconicamente  (frane:  toul-coìut). 

Abbreviamento:  l'abbreviare,  l'abbreviarsi;  abbre- 
viazione; accorciamento;  accortamento,  raccorcia- 
mento,  scorciamento. 

Abbreviare,  accorciare,  scorciare,  ridurre  breve  : 
breviare,  imbreviare,  rabbreviare;  recare  a  brevità. 
-  Abbreviarsi,  divenir  breve,  accorciarsi,  diminuire. 

Abbreviatura,  abbreviamento  di  parola,  e  la 
stessa  parola  abbreviiita. 

Brève.  Sorta  di  abitino,  o  di  amuleto  :  og- 
getto di  culto,  di  superstizione  contro  la  sup- 
posta malia.  •  Lettera  di  jjapa,  di  principe.  - 
Statuto  0  capitolo  di  congregazione.  -  Termine 
di  musica. 

Brevetto,  riescritto,  diploma  di  principe  o  di 
governo,  pel  conferimento  di  un  grado,  di  un  di- 
ritto, di  un  jrrivi/egio,  ecc.:  patente,  licenza.  - 
Documento  col  quale  si  conferisce  il  privilegio  di 
un'  invenzione  o  scoperta  indu.striale. 

Breviàrio.  Breviale,  libìo  delle  preghiere  che, 
di  solito,  il  prete  dice  ogni  giorno  :  libro  da  messa, 
di  divozione;  libro  delle  ore;  messale;  ore  canoni- 
che; salterio;  ufficio,  uffizio,  ufficiuolo.  -  Anticam., 
testamento  verbale  in  certi  casi.  -  Titolo  d'  una 
legge  di  Alarico.  -  Bruco,  attaccagnolo,  per  lo  più 
di  metallo,  dei  segnali  che  si  mettono  nei  breviari, 
nei  messali. 

Breviloquenza  (breviloquente).  Brevità  ìieidire. 

Brevità.  L'esser  breve. 

Brézza ,  brezzolina ,  brezzóne.  Detto  a 
vento. 

Briaco.  Veggasi  ad  ubbriachezza. 

Briccica.  Bazzècola,  inezia. 

Briccicare  (briccicato).  Modo  di  lavorare. 

Bricco.  Sorta  di  vaso,  di  rame  o  di  latta. 

Briccola.  Macchina  da  assedio,  da  guerram 

Briccolare  (briccolato).  Motlo  di  gettai^e. 

Bricconata.  Azione  da  birbante. 

Briccóne  (brì-'conrello)   Birba,  birbante. 

Bricconeria.  Bricconata. -Qualità  di  birbante. 

Briciola.  Minuzzolo  di  pane  o  d'  altra  cosa, 
per  lo  più  da  mangiare. 

Briciolo.  Minutissimo  pezzo  di  checchessia. 

Brida.    Antica  macchina  da  guerra. 

Briga.  Faccenda  fastidiosa,  cruccio.  -  Contesa, 
Ute.  -  Maneggio  per  ambizione. 


Brigivdiére.  Veggasi  a  carabiniere  e  a  mi- 
lizia (gradi). 

Brlfjantaggio.  Detto  a  malandrino. 

Brigante.  Masnadiero,  malandrino. 

Brigantino.  Piccola  nave. 

Brigare  (brigato).  Usar  brighe,  raggiri,  imbro- 
gliare. -  Darsi  da  fare.  -  Brogliare  in  un'ele- 
zione, in  un  concorso,  o  per  ottenere  un  ufficio, 
e  simili. 

Brigata.  Comitiva,  compagnia  di  persone, 
massime  se  riunite  per  divertimento.  -  l'arte  di 
esercito. 

Brighèlla.  Antica  mascliera  del  teatro  ita- 
liano. 

Brigidino.  Sorta  di  ciambefla. 

Briglia.  Parte  del  finimento;  arnese  col  quale 
si  tiene  in  soggezione  il  cavallo:  abeiia  (lat.),  pre- 
della. -  Brigltone.  briglia  grande.  -  Filetto,  specie  di 
piccola  briglia,  semplicissima,  con  una  sottile  im- 
boccatura, composta  di  due  specie  di  fusi  d'ac- 
ciaio, agganciati  nel  mezzo  e  terminanti  ciascuno  in 
due  campanelle  che  sporgono  fuor  dalla  bocca  del 
cavallo  e  alle  quali  si  afiibbiano  le  guide  di  cuoio 
0  si  annodano  quelle  di  corda.  Serve  alluso  stesso 
del  morso,  e  talora  vi  é  unito.  -  Freinnn,  la  bri-lia 
dei  Romani  e  dei  Greci  -  Uliva,  sorta  di  briglia 
che  si  mette  ai   cavalli  per  la  terza  imbrigliatura. 

-  Brigliaio,  chi  fa  e  vende  briglie. 

Pakti  della  briglia  e  AAiNESsi.  —  Barbazzale,  ca- 
tenella che  si  attacca  all'occhio  del  morso  e  si  ferma 
dietro  la  barbozza  col  rampino  nell'occhio  sini.stro. 

-  Borchia,  rosetta  metallica,  che  serve  d'ornamento 
per  i  finimenti  del  cavallo.  -  Bubboliera,  parte  della 
briglia  che  resta  sotto  la  gola  del  cavallo  e  alla 
quale  si  attaccano  i  sonagli.  -  Coccarda,  specie  di 
rosa  artificiale  che  si  mette  ai  lati  della  briglia  dei 
cavalli  da  carrozza.  -  Filetto,  imboccatura  con  due 
corde  tirate  e  da  legare  alle  due  cumjHinelle  che 
sono  alle  due  colonne  di  ogni  posto  nella  stalla  e 
che  tengono  alta  la  testa  del  cavallo  quando  viene 
sbrigliato.  -  Freno,  l'arnese  di  ferro  che  si  mette 
in  bocca  ai  cavalli. 

Frontale,  parte  che  è  sotto  gli  orecchi  del  cavallo 
e  passa  per  la  fronte  :  annessi  la  testiera  (parte 
ove  è  attaccato  il  portamorso  della  banda  destra), 
la  sguancia  (striscia  di  cuoio  alla  quale  è  attacato 
il  portamorso  dalla  parte  sinistra)  e  il  soggólo,  ossia 
il  sottogola.  -  Guardia,  la  parte  del  morso  che  non 
entra  nella  bocca  del  cavallo.  -  Guide,  le  strisce  di 
cuoio  che  fanno  parte  della  briglia  e  sono  tenute 
dal  guidatore.  -  Imboccatura,  la  parte  del  morso, 
che  si  mette  in  bocca  al  cavallo.  -  Martingala,  lini- 
mento che  va  dalla  bocca  al  sottopancia  o  nella 
cigna  della  sella  o  simili  e  serve  a  reiiolare  la  lesta 
al  cavallo.  -  Masticatorio,  filetto  con  tre  anelli,  mu- 
nito di  noccioletti,  perchè  il  cavallo,  masticando,  si 
inumidisca  la  bocca.  -  3Iorso,  arnese  di  ferro  che 
si  pone  in  bocca  al  cavallo  e  al  quale  sono  attac- 
cate le  redini.  -  Parocchi,  occhiali,  parte  del  lini- 
mento dei  cavalli  e  sim.,  messo  di  qua  e  di  là  dagli 
occhi,  perché  non  prendano  ombra.  -  Portamorso, 
pezzuolo  di  cuoio  che  regge  il  morso.  -  Rèdine, 
quelle  strisce  di  cuoio  o  simili,  che,  attaccale  al 
morso  del  cavallo,  servono  a  guidarlo.  -  Scudicciuolo, 
borchia.  -  Testiera,  i  finimenti  della  testa  del  ca- 
vallo. -  Voltoio,  la  parte  inferiore  del  freno,  dove 
sono  le  campanelle  per  le  redini. 

Uso  DELLA  BRIGLIA.  -  Allentare  la  briglia  o  le  briglie, 
lasciarle  un  po'  meno  tirate,  perchè  il  cavallo  s'ab- 
bandoni un  poco  più  all'impeto  della  corsa.  -  Dar  la 


P  REMOLI  —  VocabL  lario  Nomenclatore 


ai 


322 


mano  dolce,  lasciar  libere  le  briglie  al  eavallo,  la- 
sciarlo andare  come  vuole.  -  Dare  le  briglie  al  cavallo, 
allentarle  assai.  -  Dare  una  strappata,  una  tirata 
di  briglia,  tirare  fortemente  le  redini  o  guide,  per- 
chè il  cavallo  risenta  l'azione  dolorosa  del  freno  o 
morso.  -  Imbrigliare,  mettere  la  briglia  al  cavallo 
(cavallo  bene,  male  imbrigliato),  abbrigliare,  infre- 
nare {imbrigliamento,  imbrigliatura).  Meno  comu- 
nemente, significa  anche  rallentare  con  la  briglia  la 
corsa  del  cavallo.  -  Imbrigliatura,  l'imbrigliare;  e 
si  dice  per  lo  più  dei  puledri,  quando  si  comincia 
a  metter  loro  la  briglia  per  domarli.  -  Raccogliere 
il  freno,  tirar  la  briglia.  -  Sbrigliare,  togliere,  leva- 
re la  briglia.-  Sbrigliata,  strappata  di  briglia. 

Briglia.  Termine  di  chirurgia^  di  patolo- 
gia, li  idraulica,  di  meccanica. -Figur.,  for- 
tezza dominante. 

Brilla.  Detto  a  cereale  e  a  riso. 

Brillantare  {brillantato).  Veggasi  a  diamante 
e  a  pasticciere. 

Brillante.  Il  diamante  sfaccettato. 

Brillante.  Pieno  di  brio,  di  vivacità,  di 
spirito. 

Brillare  (brillato).  Scintillare,  splendere. 

Brillare,  brillatura  (brillato).  Detto  a  ce- 
reale e  a  riso. 

Brillatóio.  Veggasi  a  cereale  e  a  riso. 

Brillo.  Avvinazzato,  ubbriaco. 

Brina  {brinato,  brinoso).  Vapore  acqueo  che  è 
contenuto  nell'atmosfera  e  si  depone  più  o  meno  co- 
piosamente sui  corpi  raffreddati,  condensandosi  e 
congelandosi  :  pruina,  sorella  della  neve.  -  Brinare, 
cader  la  brina;  spargersi  delle  pruine.  -  Brinata,  la 
caduta  della  brina.  -  Brinato,  coperto  di  brina, 
brinoso,  pruinoso. 

Brinato.  Veggasi  a  canizie 

Brincèllo.  Piccolo  pezzo  di  carne  e  d'altro. 

Brindare  {brindato).  Far  brindisi. 

Brindèllo.  Pezzetto  di  veste.  -  Cencio,  .straccio. 

Brindellóne.  Chi  va  male  in  arnese:  veggasi 
a  vestire. 

Brindisi,  Augurio  che  si  fa  bevendo,  a  tavola; 
invito  a  bere  ad  onoranza,  o,  come  più  comune- 
mente si  dice,  alla  salute  di  qualcuno,  anche  non 
presente:  libazione.  -  Toast,  voce  inglese  usata  nel 
linguaggio  signorile  o  nelle  relazioni  di  banchetti 
diplomatici,  invece  di  brindisi  -  Brindare,  far  brindisi 
brindisare;  bere  alla  salute,  libare,  propinare,  salu- 
tare col  nappo.  -  Cozzare,  toccare  il  bicchiere,  fa- 
cendo un  brindisi.  -  Brindare  in  risposta:  contrac- 
cambiare l'augurio,  rendere  il  brindisi,  rispondere 
al  brindisi. 

Brio  {brioso).  Vivacità,  alacrità  che  si  manifesta 
nei  movimenti  della  persona,  negli  occhi,  nell'espres- 
sione del  volto,  nel  favellare;  piacevolezza,  ga- 
iezza, allegrezza  di  modi,  spirito.  -  Pregevole  qua- 
lità dello  stile.  -  Entrain  (frane),  calore,  spiglia- 
tezza, vivacità  del  dire  e  del  fare.  -  Verve  voce 
frane,  per  brio,  calore,  anima  (dell'artista,  del  poeta, 
dell'oratore).  -  Briosamente,  con  brio.  -  Brioso,  che 
ha  brio,  pieno  di  brio;  arguto,  vivace,  vivo;  bril- 
lante, gaio,  piacevole,  spiritoso. 

Briònia.  Pianta  cucurbitacea,  rampicante,  cre- 
scente sull'orlo  dei  boschi,  nei  giardini,  ecc.  Se  ne 
<>strae  la  hrionina,  principio  amaro,  e  ]&  brionitina, 
materia  bianca  cristallina. 
Brioso.  Che  ha  brio. 
Briosche.  Sorta  di  pane  dolce. 
Briscola.  Giuoco  comunissimo  che  si  fa  con  le 
carte,  mettendo  in   tavola  una  carta  scoperta   (e  il 


seme  di  questa  costituisce  la  briscola)  e,  sopra,  di 
traverso,  il  mazzo.  -  Briscola  chiacchierina,  quella 
giocata  ui  modo  che  è  consentito  ai  compagni  ac- 
cennarsi le  carte  nel  modo  anteriormente  con- 
venuto. -  Briscola  muta,  quando  ogni  cenno  è  vie- 
tato ;  briscola  scoperta,  con  le  carte  mostrate  sul  ta- 
volo. -  Bazzica  (fr.,  bésy  o  besigue),  specie  di  bri- 
scola, più  complessa  e  più  difOcile.  -  Briscolata, 
partita  a  briscola.  -  Carichi  si  chiamano  i  tre  e  gli 
assi.  -  Nude  si  dicono  le  briscole  sotto  il  fante;  e 
vestite  il  fante,  la  donna,  il  re.  -  Strozzare,  nel 
giuoco  della  briscola,  uicesi  quando  con  una  carta 
maggiore  si  supera  quella  dell'avversario. 

Briscole.  Veggasi  a  percossa. 

Brivido.  Tremito,  sensazione  per  febbre,  per 
freddo,  per  paura:  arricciamento  di  freddo, 
brividore,  caporiccio,  caprezzo,  capriccio  di  freddo, 
gricciolo,  gricciore;  raccapricciainento,  raccapriccio; 
ribrezzo;  tremito,  tremolio.  -  Brividio,  brivido  pro- 
lungato. -  Bu  bu,  voce  onomatopeica.  -  Orripilor 
zione,  brivido,  pelle  d'oca. 

Abhrividire,  rabbrividire,  essere  presi  da  brividi: 
abbrezzare,  ribrezzare;  orripilare  (arricciarsi  dei 
peli),  rizzarsi  i  bordoni,  mettere  i  bordoni.  -  Far 
accapponare  la  pelle,  far  rabbrividire  -  Venir  la 
pelle  di  gallina,  e  più  comun.  d'  oca,  accapponarsi 
la  pelle,  rabbrividire. 

Brizzolato  {brizzolatura).  Veggasi  a  canizie 
e  a  colore. 

Bròcca.  Recipiente,  vaso  con  ansa.  -  Germo- 
glio alla  cima  dei  rami.  -  Arnese  per  cògliere 
frutta. 

Broccare  {broccato).  Mettere  il  brocco,  eccitare» 

Broccatello.  Leggiero  drappo.  •  Varietà  di 
marmo. 

Broccatellone.  Sorta  di  pietra. 

Broccatino.  Leggiero  drappo. 

Broccato.  Sorta  di  drappo.  -  Palancato, 
steccato. 

Brocchètta .  brocchètto .  Piccola  brocca, 
vaso  per  uso  di  lavarsi. 

Brocciolo.  Piccolo  2>^sce. 

Brocco.  Stecco,  rampollo.  -  Riccio  del  drap- 
po di  broccato.  -  Dente  che  sporge.  -  Segno  del 
bersaglio 

Broccolo.  Tallo  della  rapa.  .  Grumolo  di 
certe  qualità  di  cavolo.  -  Figur.,  stupido. 

Broccoluto.  Detto  a  càvolo,  a  rampollOf  a 
rapa. 

Broda.  Detto  a  brodo  e  a  legume. 

Brodàio.  Chi  vende  brodo. 

Brodettato.  Detto  a  zuppa. 

Brodiglia.  Veggasi  a  liquido. 

Brodo  (brodoso).  Alimento  liquido  preparato 
col  far  bollire  nell'acqua  sostanze  animali  (carne 
di  bue,  di  vitello,  polli,  ecc.)  e  vegetali  (cipolle,  le- 
gumi, erbe,  porri,  ecc.):  sugo  della  pentola.  Col 
brodo  si  cuoce  la  minestra,  si  fa  la  zuppa,  si 
cucina  più  di  una  vivanda. 

Broddccio,    cattivo    brodo,  -  Brodino,   dimin.    e 
vezz.  di  brodo.  -  Broduccio,  à.\m\n.,  spreg.  di  brodo. 
-    Brodoso,    abbondante    di    brodo.    -  Brodosetto, 
dimin.  di     brodoso.  -  Brodosino,  dimin.,  vezzegg. 
Bradosissimo,    superlativo  di  brodoso. 

Broda,  brodo  lungo  e  cattivo;  brodo  di  fagiuoli, 
di  ceci,  d'altre  civaie.  -  Brodo  concentrato,  ridotto 
a  minor  sostanza.  -  Brodo  consumato  (frane,  con- 
sommé), brodo  di  carne  tagliuzzata  fine  fine  e 
cotta  a  lungo  in  vaso  ermeticamente  chiuso  e  con 
poca  acqua,   nella  quale  viene  quasi  a  consumarsi; 


BRODOLÓNE    —    BHUNCUI 


323 


poi  si  strizza  ben  bene,  entro  un  pannolino,  per 
farne  uscire  sino  airultiiiia  stilla  di  liijiiido  o  di 
sostanza.  -  Brodo  di  carrucola,  di  pozzo,  molto  an- 
nacquato. -  Brodo  digrassato,  quello  al  (piale  fu 
tolto  il  grasso,  galleggiante  in  tigura  di  occhi  o 
scandelle,  se  caldo,  ovvero  rappreso  e  rassodato  iu 
falda  uniforme,  se    il    brodo  fu    lasciato    freddare. 

-  Brodo  di  magro,  brodo  di  pesce,  brodo  di  rana 
e  simili.  -  Brodo  di  succiole,  die  non  ha  sostanza. 

Brodo  fatto,  quello  bollito  con  la  carne  suliicien- 
temente  per  poter  essere  bevuto  o  altrimenti  ado- 
perato, benché  il  lesso  non  sia  ancora  cotto.  -  Brodo 
grasso,  quello  nel  quale  il  grasso  galleggia  sciolto 
in  tante  bollicine  oleose.  -  Brodo  lungo,  con  troppa 
acqua  in  proporzione  della  carne  {parer  acqua,  sa- 
per d'acqua,  di  brodo  lungo;  brodo  fatto  passare 
per  Santa  Caterina).  -  Brodo  magro,  contrario  di 
grasso:  quello  fatto    con    pezzi  di    carne    magra. 

Brodo  naturale,  ordinario,  il  brodo  tale  quale  si 
cava  dalla  pentola,  cioè  che  non  è  ristretto,  né  con- 
sumato. -  Brodo  rassegato,  il  brodo  che  si  è  raffred- 
dato provocando  il  condensamento  delle  sostanze 
grasse.  -  Brodo  ristretto,  grosso,  ^quello  che  si  fa 
col  cuocere  molla  carne  in  poca  acqua,  -  Brodo  ti- 
rato (non  comune),  per  brodo  ristretto.  -  Primo 
brodo,  quello  che  si  leva  dalla  pentola  dopo  la 
prima  scottatura  della  carne;  ed  è  il  meglio. 

Acqua  pazza,  del  brodo  lungo  e  insipido  {sa  del 
manico  del  mestolo:  del  brodo  che    non  ha  sapore). 

-  Brodaia  e  brodàglia,  brodo  lungo  e  anche  mine- 
stra troppo  brodosa  o  eccessiva  quantità  di  bi'odo. 

-  Brodétto,  vivanda  d' uova  dibattute  con  brodo 
caldo  e  agro  di  limone:  brodo  maritato,  pappa 
maritata.  -  Brodo  bianco,  con  un  po'  di  farina  sciolta 
per  alcune  salse  e  minestre.  -  Bròscia,  sbròscia, 
brodo  mal  fatto,  scipito.  -  Buglione,  brodo  cattivo: 
brodame.  -  Cordiale,  brodo  con  tuorli  d'uovo  sbat- 
tuti e  agro  di  limone.  -  Consommé  (frane),  brodo 
ristretto.  -  Gelatina,  piatto  di  brodo  rappresso  ap- 
positamente. -Lai-rtiwra  dipiatti, d\  brodo  poco  buono. 

-  Peverada,  brodo  con  infusione  di  pepe.  -  Thè  di 
brodo,  sugo  naturale  della  carne.  -  Zuppa  alla  pavese, 
brodo  con  alcune  grosse  fette  di  pane  soffritto  nel 
burro  e  con  sopra    una    o    due  uova  cascate. 

Digrassare  il  brodo,  levarne  il  grasso.  -  Imbro- 
dare, imbrodolare  (imbrodato,  imbrodolato),  imbrat- 
tare di  brodo,  -  Bassegare  (rassegamento),  il  rap- 
prendersi della  parte  grassa  alla  superfìcie  del  brodo 
0  di  altri  liquidi.  Rasseghio  il  rassegamento  sover- 
chio di  un  liquido.  -  Sbrodare,  sbrodolare,  macchiar 
di  brodo. 

Candele,  in  senso  spreg.,  il  grasso  che  si  rappi- 
glia alla  .superficie  del  brodo,  quando  si  raffredda 
0  è  già  freddo.  -  Occhi,  goccioline  galleggianti  li 
grasso  nel  brodo:  stelle. 

Brodolone,  chi  nel  mangiare  si  imbratta  di  brodo 
o  d' altro  ;  chi  è  imbrodolato,  o  che  è  solito  im- 
brodolarsi: sbrodolone.  -  Brodoloso,  imbrodolato, 
sporco  di  brodo. 

Brodàio,  chi  vende  brodo  e  minestra. 

Brodolóne.  Detto  a  brodo. 

Brodoloso.  Imbrodolato,  sporco. 

Brodoso.  Detto  a  brodo. 

Brogiotto.  Specie  di  fico. 

Brogliare  {brogliato).  Brigare,  intrigare, 

Brogliasso  (brogliazzo).  Libro  di  commercio, 
di  bottega,  di  amministrazioìie,  alla  mano  e 
usato  per  prendere  note  :  scartafaccio,  sfogliazzo. 

Bròglio.  Pratica  ambiziosa  per  ottenere  un  uf- 


ficio: maneggio,  manovra;  àmbito,  bucheramento, 
pa.stetta.  -  Intrigo  in  una  elezione  q  simili. 

Brolo.  Verziere,  arto,  luogo  alberato,  parco. 

Bromo,  ('orpo  indi^oomposto,  liquido  alla  tem- 
peratura ordinaria,  colorato  in  rosso,  di  odore  nau- 
seante: si  trova  nelle  acque  madri  di  alcune  saline 
e  anche,  in  piccole  quantità,  nel  mare.  -  Bromati, 
nome  generico  dei  sali  che  risultano  dalla  combi- 
nazione dell'acido  bromico  con  le  basi  -  Acido  bro- 
mico,  la  combinazione  chimica  che  si  ottiene  dal- 
l'azione dell'acido  solforico  sul  bromato  di  barite  - 
Acido  bromidrico,  gas  acre  irritante  che  si  ottiene 
trattando  il  bromo  gassoso  con  idrogeno  entro  una 
canna  di  porcellana  arroventata  -  Bibromiiri,  com- 
binazioni, sature,  del  bromo  con  altri  corpi  semplici. 

-  Bromidrine,  nome  generico  di  tutti  i  composti  ri- 
sultanti dalla  combinazione  dell'.acido  bromidrico 
con  la  glicerina.  -  Bromobcnzina,  bromobenzene,  corpo 
che  risulta  dalla  sostituzione  parziale  o  totale  del 
bromo  all'idrogeno  nella  benzina  -  Bromoforoiio, 
corpo  che  si  origina  dall'azione  del  bromo  sul  gas 
delle  paludi.  -  Bromidrali,  bromuri,  nome  generico  dei 
composti  dovuti  alla  combinazione  del  bromo  con 
un  corpo  semplice  metallico  o  non  metallico. 

Bromoformio.  Detto  a  bromo. 

Bromuri.  Detto  a  bromo. 

Bronchi  (bronchiale).  Le  divisioni  della  trachea, 
i  due  canali  membranosi,  forniti  di  anelli  cartilagi- 
nosi incompleti,  che,  a  partire  dalla  loro  biforcazione, 
si  dividono  e  si  suddividono  ancora  in  canaletti, 
sempre  più  piccoli,  nel  parenchima  di  ciascun  pol- 
mone: hanno  l'ufficio  di  portare  l'aria  atmosferica 
fino  alle  vesciche  polmonali.  -  Bronchiale,  bronchico, 
ciò  che  si  riferisce  ai  bronchi  :  asma  bronchiale,  ecc. 

-  Broncotomia,  taglio,  sezione  dei  bronchi. 

Arterie  bronchiali:  di  solito,  sono  due,  una  per 
ciascun  bronco;  la  destra  nasce  direttamente  dal- 
l'aorta toracica  o  dalla  prima  arteria  intercostale 
destra;  la  sinistra  nasce  dalla  parte  anteriore  del- 
l'aorta. -  Broncoesofageo,  nastrino  di  fibre  muscolari 
liscie  che  va  dalla  parte  membranosa  posteriore, 
per  lo  più  del  solo   bronco    sinistro,  ali  esofago. 

Ghiandole,  o  glandole  bronchiali,  gangli  linfatici, 
ovoidi,  molhcci,  situati  alla  biforcazione  della  trachea 
intorno  ai  bronchi  e  anche  nei  polmoni.  -  Plesso  bron- 
chiale anteriore,  quello  costituito  dall'intreccio  dei 
nervi  bronchiali  anteriori.  -  Plesso  bronchiale  poste- 
riore, quello  formato  dai  nervi  bronchiali  posteriori, 
più  voluminosi  degli  anteriori.  -  Trachea,  tubo  ci- 
lindrico, cartilaginoso  e  membranoso,  estendentesi 
dalla  parte  inferiore  della  laringe  a  un  punto  in 
cui  si  divide  nei  due  bronchi,  uno  per  polmone.  - 
Vene  bronchiali:  nascono  dalle  ultime  divisioni  delle 
arterie  bronchiali  e  sboccano  a  destra  nella  vena 
azigos,  a  sinistra  nell'intercostale  superiore. 

Espettorare  f espettorazione),  espellere  le  mucosità, 
il  catarro  e  altre  materie  che  si  originano  nei 
bronchi.  -  Bespirazione  bronchiale,  o  soffio  bronchiale, 
modificazione  del  rumore  respiratorio  simile  a  quello 
che  si  produce  soffiando  in  un  tubo  metallico: 
lo  si  avverte  sul  petto  quando  i  bronchi  sono  dive- 
nuti rigidi  e  circondati  da  tessuto  polmonale  epa- 
tizzato  0  altrimenti  condensato. 

Affezio.ni,  anomalie  dei  bronchi.  —  Asma  bron- 
chiale, nevrosi  motoria  del  vago,  le  cui  fibre  irritate 
fanno  contrarre  la  fibro-cellule  muscolari  dei  bronchi, 
che  restringono  perciò  il  lume  di  questi, 

Bronchiarctia,  diminuzione  del  calibro  dei  bronchi. 

-  Bronchiettasia,  dilatazione  dei  bronchi.  •  Bronchi- 
smo,  contrazione  spasmodica  dei  bronchi.  -  Bronchite, 


324 


BRONCHIALE    —    BRUCIARE 


infiammazione  dei  bronchi,  reuma  di  petto:  è  acuta, 
cronica,  capillare,  crupale,  verminosa,  difterica,  pa- 
rassitaria, pseudo-membranosa,  ecc.  Rimedi:  l'anemo- 
nina  (principio  attivo  dell'  anemone  pulsatilla),  il 
sale  metilico  deìV atropina,  gli  infusi  delle  foglie  di 
lauroceraso,  la  trementina,  e  molti  preparati  resinosi. 

Broncocèle,  ernia  che  si  determina  nella  membrana 
interna  della  laringe,  della  trachea  e  dei  bronchi. - 
Broncoegofonia,  trasmissione  rinforzata  della  voce, 
che  acquista  il  tono  nasale  e  diviene  tremula:  è 
conseguenza  di  molte  malattie  dei  bronchi.  -  Bron- 
copleurite, infiammazione  contemporanea  dei  bronchi 
e  della  pleura.  -  Broncopncuvionite,  polmonite  bron- 
chiale opneumonite.  -  Broncorragia,  emorragia  della 
mucosa  bronchiale.  -  Broncorrea,  varietà  della  bron- 
chite catarrale  cronica.  -  Brancolilo,  calcolo  forma- 
tosi nei  bronchi.  -  Broncomicosi,  produzione  di  crit- 
togame parassite  nei  bronchi.  -  Catarro  bronchiale, 
mucosità  prodotta  dall'infiammazione  della  mucosa 
dei  bronchi  -  Rantolo  bronchiale,  rumore  che  ha 
luogo  nei  bronchi,  determinato  dalla  presenza  in 
essi  di  secreto  liquido  o  dal  passaggio  dell'aria,  du- 
rante l'inspirazione  e  la  respirazione. 

Broncoplastia,  operazione  fatta  per  riparare  alle 
perdite  di  sostanza  della  trachea,  ecc. 

Bronchiale.  Dei  bronchi. 

Bronchismo.  Detto  a  bronchi. 

Bronchite.  Infiammazione  dei  bronchi. 

Bróncio.  Segno  di  cruccio,  di  maltintorej 
che  si  fa,  per  lo  più,  sporgendo  le  labbra:  acciglia- 
mento,  accigliatura;  cipiglio,  cipigliaccio;  aspro 
piglio,  mal  piglio;  guardatura  accipigliata,  burbera, 
brusca,  catoniana;  ceffo,  grugno;  inbufonchiata; 
musata,  muso,  musorno,  musone,  muso  lungo;  mal 
viso;  sembiante  oscuro;  viso  aspro,  arcigno,  arron- 
ciu'lialo,  duro;  viso  dall'arme,  di  matrigna;  fronte 
ripiegata,  torva,  torvo  ciglio  ;  rigno  ;  enfiate  labbra 
(modo  di  dire  poetico). 

bar  broncio:  abbronciare,  abbronciarsi;  accigliarsi, 
(corrugare  le  ciglia);  accipigliare,  cipigliare,  accipi- 
gliarsi, cipigliarsi;  aggrondare,  aggrottare,  corrugare, 
raggrottare  le  ciglia;  aggrumare,  far  viso  arcigno; 
ragghignare;  rincagnarsi;  guardare,  stare  in  cagne- 
sco; imbronciare,  imbroncire,  imbuzzire;  ingrugnare, 
ingrugnire;  immusire  immusonire,  intronfiare;  far 
musone;  fare,  mettere,  rizzare,  tenere  il  broncio; 
far  le  grotte  di  leone;  sbronciare;  stare  intozzato, 
intozzarsi;  pigliare  i  grilli,  pigliare  il  bufonchiello. 

Imbronciato:  accipigliato, arcigno,  arricciato;  buzzo, 
buzzone  (agg.);  ingrugnato;  scuro;  torbo;  tronfio, 
tronfione.  -  Da  imbroncialo:  accigliatamente,  arci- 
gnamente, biecamente,  torvamente. 

bronco.  Grosso  sterpo.  -  Tronco  ramoso  e 
e  ispido  di  pianta. 

Broncocèle.  Detto  a  bronchi  e  a  laringe. 

Broncofonia.  Trasmissione  vocale  attraverso 
il  petto. 

Broncone.  Grosso  sterpo,  grosso  palo. 

Broncorrea.  Veggasi  a  bronchi. 

Brontolare  (òron/oia/o). Dire  qualche  cosa  a  voce 
bassa  e  non  bene  spiegata,  a  sfogo  di  tnalumore, 
che  si  deve  reprimere;  dire  in  tono  di  lamento 
o  di  rimprovero:  borbogliare,  bufognare,  bufon- 
chiare, borbottare;  fiottare,  gorgogliare,  gracidare; 
labbreggiare,  mormorare,  mormoreggiare;  bisticciare, 
parlare  fra  i  denti;  parlare  a  mezza  bocca,  parlare  in 
gola;  parlottare,  taroccare;  avere  il  calabrone;  parere 
un  calabrone  nel  fiasco;  masticare  salmi  e  paternostri  ; 
dir  della  violina;  stiacciare  come  un  picchio;  avere 
un  calderotto  in  corpo;  dire  il  pater  nostro,  l'ave- 


maria;  labbreggiar  salmi.  -  Fro^tore  (fig.),  brontolare 
sbuffando,  piangere  mormorando  e  singhiozzando. 
-  Gracchiare,  brontolare  stridendo.  -  Grugnire,  di 
persona  dispettosa  che  brontola,  fa  suoni  inintelli- 
gibili 0  proferisce  parole  sconvenienti;  e  grugnito, 
l'atto  e  l'efletto.  -  Masticare  scongiuri,  bestemmie, 
orazioni,  salmi:  biasciarli,  borbottarli.-  Rogare,  verbo 
dialettale  della  media  Italia:  brontolai^,  minacciando 
e  pretendendo.  -  Taroccare  (fig.),  borbottare  irata- 
mente  o  tra  sé  e  sé. 

Brontolio,  continuo  brontolare;  il  rumore  che  si 
produce  brontolando:  borbottamento,  brontolamento, 
borbottio;  fiottio,,  fiotto;  mormorazione,  mormora- 
mento, mormorio,  sussurro.  -  Borbotton  borbottone, 
con  brontolio. 

Brontolone,  chi  brontola  spesso  e  volentieri:  ab- 
baione, borbottone,  borbottatore;  brontolatore  ;  bo- 
tolone;  corruccioso;  frottone,  gran  frottone;  bufo- 
gnino,  bufonchiello,  bufonchino,  bufonchione,  grac- 
chiatore; rammaricante,  rimproveroso;  taroccone 
(chi  brontola  spesso),  tenebrone;  fig.,  buratto.  - 
Battezzato  con  l'agresto,  di  persona  ruvida  e  bronto- 
lona.  -  Gramolo  che  non  posa  mai,  di  chi  brontola 
sempre.  -  Miagolone,  chi  brontola  continuamente.  - 
Morirà  brontolando,  d'un  gran  brontolone.  -  Santippe, 
di  moglie  brontolona.  -  Sior  Todaro  brontolon,  titolo 
antonomastico  per  indicare  persona  malcontenta, 
bisbetica,  brontolona. 

Brontolio,  brontolone.  Detto  a  brontolare. 

Bronza.  Detto  a  forno. 

Bronzare,  bronzatura  {bronzato).  Veggasi  a 
bronzo. 

Bronzina,  bronzino.  Veggasi  a  bronzo. 

Bronzista.  Chi  lavora  in  bronzo. 

Bronzo.  Lega  metallica  composta  di  rame 
stagno  e  di  zinco,  impiegata  a  fabbricare  pezzi 
à!  artiglieria,  oggetti  vari  (statue,  candelieri, 
vasi,  ecc.).  All'uopo  lo  si  lavora  in  fonderia,  serve 
a\V  incisione,  ecc.  Dicesi  anche  per  opera  d'arte 
in  bronzo.  -  Sacro  bronzo,  la  campana.  -  Eneo 
(lat.,  poet.),  di  bronzo.  -  Bronzo  d'alluminio,  bronzo 
fosforoso,  bronzo  silicioso,  varietà  di  bronzo.  -  Or 
moulu  (frane),  bronzo  dorato. 

Abbronzare,  ridurre  a  colore  di  bronzo.  -  Bron- 
zare, dare  a  checchessia  le  qualità  del  bronzo.  Bron- 
zatura, processo  per  dare  a  vari  metalli  o  ad  altri 
corpi  le  apparenze  del  bronzo  :  veggasi  a  galva- 
noplastica.  -  Bronzina,  nome  generico  di  ogni 
arnese  fatto  a  granito  in  bronzo.  -  Piastra  di  bronzo 
su  cui  si  appoggiano  assi  girevoli  di  ruote.  -  Bron- 
zino, vaso  di  bronzo. 

Bronzista,  l'artefice  che  fa  il  lavoro  di  gettare, 
intagliare  e  dorare  gli  oggetti  di  bronzo.  Veggasi  a 
fonderia. 

Broscia.  Veggasi  a  minestra. 

Brucare  (brucato).  Modo  di  mangiare,  o  meglio 
rodere,  specialmente  la  foglia,  di  alcuni  animali: 
bruco,  capra,  pecora,  ecc. 

Brucènte.  Tanto  caldo  da  scottare. 

Bruciacaffè.  Strumento   per  tostare  il  caffè. 

'Bruciacchiare  {bruciacchiam^nto,bruciacchiato). 
Veggasi  a  bruciare. 

Bruciacùlo.  Veggasi  a  camminare  e  a  ca- 
valcare. 

Bruciapélo  faj.  Detto  a  sparare. 

Bruciamento.  Detto  a  bruciare. 

Bruciare  {bruciamento,  bruciato).  Essere  con- 
sumato dal  fuoco;  ardere,  andare  in /ìa»ww,ff,  per 
lo  più  facendo  fumo:  abbruciare,  andare  in  cenere, 
farsi   cenere,   incenerirsi;    avvampare,    divampare. 


BRUCIATA    —    BnilTTO 


325 


incendersi;  flagrare,  solversi  in  fumo.  Anche,  in 
senso  attivo  distruggere  col  fuoco,  incendiare.  - 
Fisicamente,  il  trasformarsi  di  un  corpo  in  c<i/!or e. 

Fisiologicamente,  avere  la  sensazione  del  calore. 

Apiro,  nome  comune  a  tutte  le  sostanze  incom- 
bustibili, che  non  bruciano.  -  Brìiciabile,  abbrucia^ 
bile,  atto  a  bruciaro,  clic  può  esser  bruciato.  - 
Bruciaglia,  bruciàglie,  nome  collettivo  di  tutto  ciò 
che  si  può  bruciare  e  specialiiienle  di  cose  minute, 
come  trucioli,,  carta,  pezzettini  di  legno,  ecc ,  che 
servono  ad  avviare  il  fuoco.  -  Combustibile,  di  ma- 
ceria atta  a  bruciare,  specialmente  a  servizio  di 
macchine.  Contrario,  incorni mslibile.  •  Combustivo, 
che  ha  virtù  di  abbruciare. 

Bruciamento,  bruciatura,  atto  ed  cfTelto  del  bru- 
ciare, dell'ardere:  adustione,  arsione,  combustione, 
ustione;  ineeneramento,  incensione;  conflagrazione, 
deflagrazione.  -  Adustivamenle,  per  via  di  abbrucia- 
mento.  •  Bruciante,  nbbruciante,  che  brucia:  ardente, 
bruciatore,  adustivo,  caustico,  comburente,  ignifero, 
incenditivqj  incendito're,  urente,  ustorio.  -  Bruciatic- 
cio, abbruciaticcio,  3i\q[i3.fìlo,  superficialm.  bruciato; 
quel  che  rimane  di  cosa  bruciata:  abbruciacchiato, 
arsiccialo,  arsiccio,  ripreso  dal  fuoco,  ripreso  dal 
forno,  strinato;  rifritto,  rinfrigolato.  -  Bruciato,  ab- 
bruciato, arso,  inceso,  roso  dal  fuoco;  combusto, 
esusto,  inusto,  usto.  -  Brucialuta,  l'efletto  e  l'atto 
del  bruciare.  -  Bruciore,  sensazione  dolorosa  di  ca- 
ìore  dà  bruciatura,  da  scottatura  e  simili  :  brucio, 
cocimento,  cociore;  frizzamento,  frizzo,  frizzore. 

Abbrustolire:  abbruciacchiare,  abbruciare  legger- 
mente; at)bronzare,  abbronzire;  abbronzacchiare, 
abbruscare,  abbrustiare,  abbrusticare,  abbrustire, 
abbrustolare;  adustare;  allazzerire;  brustolare,  bru- 
scare;  crostare;  dare  un'abbrustolita;  rosolare,  stri- 
nare, tostare,  tosticchiare.  -  Abbrustolimento,  abbru- 
crcchiamentó,  abbrustolamcnto,  ecc.  -  Abbrustolito, 
abbrustiato,  abbrustolato,  adusto,  arsicciato,  arsiccio; 
bruciaticcio;  rosolato,  rosolilo;  strinato,  tosto.  - 
Ardere,  bruciare,  divampare.  -  Avvampare,  divam- 
pare, bruciare  con  fiamma  (avvampamento,  avvam- 
pato). •  Dar  fuoco,  far  bruciare.  -  Far  fuoco,  bru- 
ciare ♦  Infiammarsi,  "bruciare  con  fiamma.  Fiam- 
mata, l'elTetto.  -  Prender  fuoco,  bruciare.  -  Riabbru- 
ciare, bruciare  ancora.  -  Ribruciare  ripete  bruciare. 

Scottare,  far  cottura  col  fuoco  sul  corpo  animale. 
-  Scottarsi,  bruciarsi  la  pelle,  la  carne.  -  Strinare, 
abbruciacchiare,  e  spiecialmente  dell'operazione  che 
si  fa  ai  cavalli.  -  Uslionare,  bruciare,  scottare. 

Catacausi,  combustione  umana  spontanea.  -  Cre- 
mazione, dbbruciamento  dei  cadaveri. 

Bruciata.  Detto  a  castagna. 

Brucio.  Bruco,  baco. 

Bruciolo.  Detto  a  falegname. 

Bruciore.  Veggasi  a  bruciare. 

Bruco.  Brucio,  baco.-  \À insetto  allo  stato  di  larva. 

Brughièra.  Dicesi  di  terreno  incolto,  privo 
di  vegetazione,  arido,  magro,  pieno  di  pruni  o  d'i 
piante  spontanee,  di  ghiaia,  di  sassi:  calestro,  ger- 
baio,  gerbido,  greto,  grillaia,  marrucchetto,  petraia, 
terranello  ;  steppa. 

Brulicame.  Moltitudine,  folla. 

Brulicare  {brulicato).  Agitarsi,  muoversi,  ra- 
pidamente e  conhisamente. 

Brulichio.  Continuato  WMoycrsi  di  cose,  e  le 
cose  stesse.  -  Gran  folla. 

Brullo.  Di  terreno  spogliato,  nudo  di  vegetazione. 

Brulotto.  Detto  a  torpedine. 

Bruma  (brumale).  Il  solstizio  àHnvemo.  - 
Vapore  acqueo,  nebbia. 


Brumaio.  Veggasi  a  mese. 

Brumaio   Invernale,  AaWinrerno. 

Brunazzo.  Alquanto  bruno. 

Brunirò  (brunimento,  brunita).  Dare  il  lustra 
ad  un  metallo  o  ad  altro;  pulire. 

Brunitóio.  Istrumento  per  pulire. 

BrunOé  Di  colore  nereggiante,  pendente  al  nero, 
quasi  nero:  negrelto.  negraccio;  neretto,  nerac- 
chiuolo,  nericante,  nericcio,  nerognolo,  nerastro; fosco, 
fusco,  fuligginoso;  morello  morellotto,  moro;  oscuro, 
scuro,  scuriccio;  tetro.    Scherz.,  bianco  di  camino. 

Abbronzare, abbronzire,  prendere  un  colorilo  bruno, 
specialmente  della  \)pMc.- lìubrunire,  imbrunare,  im* 
brunirsi,  divenir  bruno,  perdere  il  bianco,  alibrunirsr, 
sbiancarsi.  Imbrunare  (v.  a.)  significa  anche  rendere 
bruno;  cosi  abbrunire.  J limbr unire  ■■àHor/.a.  imhtnnire. 
■  Ncgreggiare,  nereggiare,  essere  hvano.  -  l^ereggia- 
mento,  brunezza,  scurezza,  scurità.  •  Rabbrunare, 
rendere  più  bruno. 

Alquanto  bruno:  brunazzo.  brunettino,  brunel- 
luccio,  brunotto.brunozzo,  morellino.  moracchiuolo. 
-  Mollo  bruno,  livido  e  nero  come  grano  di  pepe. 

Bruno.  Tenebra,  oscurità.  •  Abito  di  lutto.  - 
Di  patte  scuro,  di  bassa  qualità.  -  Sostanza  colo-- 
rante,  di  tinta  tendente  al  neio.  Tali,  ad  es.:  il 
bruno  di  alizarina,  pasta  nera,  solubile  nell'alcool 
in  bruno-giallo  con  fluorescenza  verde:  colora  in 
nero  la  lana  mordenzata  al  cromo;  il  bruno  di  Bi- 
smarck,  derivato  dal  catrame,  in  polvere  quasi  nera, 
solubile  nell'acqua;  il  bruno  di  solfamina,  colore 
azoico  che  risulta  dall'azione  della  diasonaftalina 
sul  composto  sodiobisolfitico  del  nitrosonaftol. 
Brunotto,  alquanto  bruno 

Brusca.  Specie  di  spazzola. 

Bruscello.  Veggasi  a  maschera. 

Bruschetto.  Sorta  di  vino  della  Sardegna. 

Bruschino    Detto  a  spazzola. 

Brusco.  Di  sapore  acre.  -  Di  cattivo  tempo. 

Sorta  di  lima  usata  in  chirurgia,. 

Bruscolo.  Minuzzolo  di  legno,  di  paglia,  ecc. 

Brusìo.  Ronzio,  ruìnore  sommesso. 

Brusta.  Detto  a  brace. 

Brutale.  Di  bruto,  da  bruto. 

Brutalità.  L'essere  brutale;  qualità  del  bruto. 

Bruto.  Animale  senza  ragione.  -  Figur.,  uomo 
irragionevole,  violento,  perverso.  -  Bestia,  omaccio 
brutale.  -  Bestialità,  alto  o  modo  da  bestia:  essere 
bestiale,  brutale.  -  Brillale,  di  bruto,  da  bruto,  da 
bestia,  bestiale;  si  dice  di  uomo  che,  per  violenta 
passione,  ha  perduto  il  lume  della  ragione:  ani- 
malesco, bel  vino,  crudele,  ferigno,  ferino.  -  Bru- 
talmente, in  modo  "brutale,  da  Ijestia,  alla  bestiale, 
all'animalesca. 

Abbrutire  (abbrutiloj,  togliere  alle  persone  il  ca- 
rattere umano,  pareggiandole  ai  bruti  :  disumanare, 
ridurre  a  stato  di  bestia,  imbestiare.  Abbrutimento, 
atto  ed  efTetto.  -  Abbrutirsi,  perdere  la  natura 
umana:  disumanarsi,  imbestialire,  imbestiare,  im- 
brutire, imbrutirsi.  -  Bestiale ggiar e ,  bruteggiare, 
agire  brutalmente. 

Bruttare  (bruttato).  Far  brutto.  •  Imbrattare, 
sporcare.  -  Anche,  macchiare, 

Brutte'zza.  L'essere  brutto. 

Brutto.  Comunemente,  il  contrario  di  bello, 
ossia  ciò  che  è  spiacevole  alla  vista,  perchè  non 
corrispondente  a  certe  norme  della  natura  e  del- 
l'arte. Anche,  di  cosa  mancante  di  proporzione  e 
spiacevole  a  vedersi,  di  cosa  mancante  di  conve- 
nienza e  spiacevole  ad  ascoltarsi;  di  persona  mal 
fatta  di  corporatura,  non   bolla  di  faccia;  in- 


326 


BRUTTURA   —   BUCATO 


fine,  di  ciò  che  è  imbrattato,  sporco;  anche  di  cosa 
contraria  alla  virtù,  al  pudore,  alla  verecondia. 

'  Con  varie  gradazioni  di  significato:  disadorno,  di- 
sameno, d  isappariscente;  contra  ITatto,  invenusto,  laido; 
sgraziato,  spiacevole,  sfigurato,  sfigurito;  fattezza 
guasta,  rio  sembiante.  -  Bruttamente,  avv.,  in  modo 
brutto. 

Bruttacchiolo,  di  min.  di  brutto.  -  Bruttacchiotto, 
dimin.  di  bruttacchiolo.  -  Bruttacelo,  pegg.  di  brutto. 
.  Bruttarello,  e  più  comun.  brutlerello,  che  ha  del 
brutto:  meno  di  bruttacchiolo.  -  Bruttino,  dimin. 
di  brutto.  -  Bruttoccino,  bruttino,  bruttina.  -  Brui- 
tone (scherz.),  accresc.  di  brutto.  -  Grolte.nv,  brutto 
e  ridicolo.  -  Orrendo,  orribile,  superlativamente 
brutto  e  tale,  quasi,  da  spaventare.  -  Orrido,  che 
inspira  orrore:  specialmente  di  luogo.  -  Sconcio: 
deforme  e  osceno,  scliifoso. 

Bruttissimo,  brutto  in  modo  superlativo:  arci- 
brutto,  brutto  come  il  peccato,  come  il  peccato 
mortale;  deforme,  mostruoso,  spaventevole,  spaven- 
toso; un  ceffo  di  befana;  buono  per  la  festa  dei 
Magi;  un  orrore;  teterrimo  (lat.),  vergognoso. 

Bruttezza,  qualità  di  ciò  che  è  brutto,  non  sempre 
antipatica,  né  cattiva:  bruttore,  disavvenenza,  in- 
venustà, sgraziataggine,  laidezza,  orridezza,  orridità; 
sconcezza,"  sozzura.  Oltre  un  certo  grado  di  brut- 
tezza, si  ha  la.  deformità.  ■  Bruttura,  materia  o 
cosa  brutta,  specialmente  di  ciò  che  è  sporco. 

Deformare,  togliere  la  torma,  guastare  la  forma, 
render  brutto.  -  lOettirpare,  far  divenir  brutto,  scon- 
ciare :  specialmente  di  cose  d'arte.  Deturpazione, 
l'atto  e  l'efletto.  -  Illaidire,  render  laido,  brutto.  - 
Imbruttire,  render  brutto;  abbruttire,  dar  bruttezza, 
deformare,  deturpare,  sconciare,  sfigurare.  -  Imbrut- 
tirsi, divenir  brutto,  abbruttire,  imbruttire.  -  Imbrut- 
tito, diventato  brutto.  -  Riabbruttire,  rimbruttire, 
farsi  anche  più  brutto. 

Figure  di  persona  brutta. 

Angiolo,  o  angiolino  da  fogna,  di  persona,  brutta, 
deforme  e,  insieme;  scostumata.  -  Arpia,  donna  di 
bruttezza  grifagna.  -  Befana  (figura  chimerica),  donna 
brutta.  -  Bertuccia,  uomo  piuttosto  brutto  e  pette- 
golo. -  Bertuccione,  uomo  brutto,  goffo,  contrafi'atto. 

Brutto  come  la  befana;  babbuino,  caricatura; 
cruscabeccone  ;  crostino,  crostino  senza  burro,  cuc- 
cabeone;  faccia  da  caricatura;  faccia  da  iettatura; 
fattalbuio;  figura  arabica;  gattomammone;  masche- 
ron  da  fogna;  micco,  mummia;  muso  da  pipa;  ri- 
cetta da  lussuria;  riffìlo,  rosticcio;  scimmione; 
scrofaccia;  spauracchio,  spaventapassere;  viso  di 
boccale,  di  fariseo,  di  gatto  fondolato,  d'orciuolo, 
d'orione,  di  piattello,  di  tegame.  . 

Camorro,  voce  che  generalmente  si  applica  a 
donna,  ed  esprime  il  complesso  d'ogni  bruttezza. 

-  Cassapanca  o  cassa  panca,  donna  brutta  e  sfatta. 
•  Diavolesca,  diavola,  di  donna  brutta.  -  Fauno,  sa- 
tiro, figura  d'uomo  brutto  e  laido.  -  Furia  infer- 
nale, di  donna  brutta  e  rabbiosa.  -  Lavativo,  donna 
vecchia  e  brutta  che  altri  prenda  per  moglie,  per 
cupidigia  del  denaro.  -  Mascheron  da  fonte  o  da 
fontana,  e  peggio  da  fogna:  di  persona  molto  brutta, 

-  Megera,  si  dice  di  donna  trista,  furiosa;  di  donna 
vecchia  e  brutta,  supponendola  cattiva.  -  Micco, 
uomo  disadatto,  grosso  della  persona  e  di  brutto 
aspetto.  -  Mostro,  di  persona  bruttissima,  deforme. 

-  Orco  (figura  chimerica),  di  persona  mostruosa- 
mente brutta. 

Reciticcio,  donna  malescia  e  che  ha  perduto  ogni 


attrattiva.  -  Rosticcio,  uomo  o  donna  secca  e  deforme. 

-  Scimia ,  scimmia,  un  giovane  o  una  giovane 
brutta  e  sformata,  ma  ben  vestila;  bertuccia.  -  Scor- 
pione, di  persona  brutta  o  velenosa.  -  Scranna, 
detto,  per  dispregio,  a  donna  vizza  e  brutta.  -  Scrojia, 
di  donna  brutta,  sudicia,  vecchia.  -  Testa  di  Medusa, 
dicesi  di  faccia,  testa  tanto  orribile  da  spaventare. 

-  Versiera,  donna  arcibrutta. 

Modi  di  dire.  —  Brutta  farinai,  di  persona 
brutta,  secca,  cattiva.  -  Che  brutta  estrazione!,  rife- 
ribilmente a  persona  brutta.  -  Esser  più  brutto  del 
diavolo  0  della  fame,  essei'  molto  brutto;  essere 
stato  fatto  al  buio:  tale  da  far  scappare  un  branco 
di  pecore.  -  Far  paura  alla  paura:  di  persona  più 
che  brutta,  deforme.  -  Far  jmura  a  un  sacco  di 
madonne,  a  un  mazzo  di  Cristi,  esser  molto  brutto. 

-  Non  attere  il  viso  volto  di  dietro:  non  essere  poi 
tanto  brutto.  -  Parere  la  serva  di  Pilato,  di  donna 
brutta.  -  Parere  una  figura  del  Callotta  (pittore  grot- 
tesco). -  Parere  uno  seimmiotlo,  di  bambino  spiacente 
e  brutto.  -  Può  amlar  a  pigliare  il  macco  alle  do- 
dici, di  femmina  bruttissima.  -  Salvare  'dalle  tenta' 
zioni,  di  donna  molto  brutta. 

Proverbi.  —  Le  donne  per  parer  belle  si  fanno 
brutte.  -  Chi  mi  piglierd  di  notte  mi  lascierd  di  giorno 
(di  donna  brutta).  -  Guardati  dai  cani  e  dai  gatti  e 
dalle  donne  coi  mustacchi. 

Bruttura.  Veggasi  a  brutto  e  a  sporco. 

Brùzzico,  0  brùzzolo.  Detto  a  crepuscolo. 

Buàccio.  Stolido,  sciocco. 

Buacciolata  Scempiaggine,  sciocchezza, 

Buacciòlo.  Detto  a  ignorante. 

Buàggine,  buassàggine.  Azione  da  sciocco. 

Bùbbola.  Frottola,  fandonia.  -  Sorta  di  uc- 
cello, ùpupa. 

Bubbolare  (bubbolato).  Tremare  pel  freddo. 

Bubbolata.  Un  discorso  pieno   di   fandonie. 

Bùbbolo  (bubboglieraj.  Specie  di  sonaglio. 

Bubbone.  Detto  a  tumore. 

Buca.  Ovità  nel  terreno,  o  aperfurd  in  chec- 
chessia, per  lo  più  maggiormente  profonda  die  larga 
e  lunga:  cava,  cavità;  fossa  in  un  ciìnitero  o 
altrove;  terreno  incavato,  pieno  d'acqua.  -  Buche- 
rella, piccola  buca.  -  Cateratta,  bòtola,  bòdola,  buca 
nel  soffitto,  in  una  bottega  o  in  povere  case.  -  Tana, 
buca  profonda;  caverna  da  bestie. 

Cavare,  far  nella  terra  la  buca,  perchè  sia  ridotta 
a  fosso,  a  pozzo  e  simili..-  Sbucare,  uscire  dalla 
buca.  -  Scavare  (scavamento),  aprire  una  buca. 

Bucacchiare  {bucacchiato).  Detto  a  buco. 

Bucaneve.  Un  fiore  di  primavera. 

Bucare  (bucato).  Fare  un  buco. 

Bucatalo   Detto  a  bucato. 

Bucato  (bucatino).  Lavatura,  ripulimento,  im- 
biancatura dei  pannilini  sudici  fatta  con  cenere  e 
acqua  caldissima,  messavi  sopra,  e  con  sapone:  cu- 
ratura.  Anche,  la  roba  che  va  o  è  stata  in  bucato. 

-  Bucatino,  piccola  quantità  di  panni  che  si  imbu- 
catano  in  casa,  in  una  volta,  senza  l'opera  della  la- 
vandaia. •  BuctUHccio,  piccolo  bucato  -  Bucataio,  chi 
fa  i  bucati  per  mestiere:  lavandaio.  -  Imbianca- 
tore, chi  imbianca  tele  di  lino,  curandole  e  lavan- 
dole; curandaio,  imbiancatore  in  grande. 

Fare  il  bucato:  ammollare,  lavare  i  pannilini, 
lavare  nella  lisciva,  Hscivare,  porre  nella  lisciva; 
guazzare  i  pannilini.  -  Allogare,  inconcare,  pareg- 
giare, mettere  in  conca  o  nel  mastello,  gli  uni  sopra 
gli  altri,  i   panni  smollati,    allargandoli   alquanto. 

-  Allogatura,  inconcatura.  -  Ammollare,'  mettere  in 
molle    porre  e  tenere  per  alcune  ore  i  panni  sudici 


BUCATO    —    BUCCIA 


327 


immersi  nell'acqua  pura  per  rammollirne  il  sudi- 
ciume. -  Bagnare  il  Iniralo,  spruzzare,  con  acqua 
versala  nel  concavo  (Iella  mano,  o  jier  mezzo  d'una 
spazzola  o  di  un  granatino,  i  panni  stati  in  bucato, 
battendoli  dopo  averli  gr(»ss;uiiente  ripiegati,  ac- 
ciocché piglino  l'umido  e  si  stirino  meglio.  Anche, 
inumidire  il  bucato.  -  Bollire  il  bucato,  versare  sui 
panni  sudici,  già  preparati  nella  conca,  l'acqua  bol- 
lente con  cenere,  acciocché  si  formi  il  ranno  e  porti 
via  ogni  sudiciume.  -  Cenerata,  bollitura  di  panni 
o  di  altro  in  acijua,  con  al(pianto  di  cenere.  -  Ran- 
nata, bollitura  che  talora  si  da  ai  panni,  o  ad  altro, 
nel  ranno,  entro  una  pentola  o  un  |)aiuolo. 

Dare  i  j)ttÌMo/<,  versare  a  paino! i  il  raimo  o  l'acqua 
calda  sui  panni  disposti  nella  conca.  -  Dare  un  bu- 
cato, due,  più  bucati,  mettere  in  bucato  una,  due  o 
più  volte  un  medesimo  capo  di  biancheria.  -  Dare 
la  torta  ai  panni,  torcerli,  avvolgerli  con  forza  sopra 
di  sé,  per  ispremerne  l'acqua.  -  Distendere,  lo  stesso, 
ma  men  comune,  di  stendere  o  tendere:  i  primi  due 
verbi  sono  più  propri  quando  il  bucato ,  piut- 
tosto che  su  funi,  si  sciorini  in  terra  o  sopra  le 
siepi.  -  Far  la  concaia,  mettere  nella  conca  i  panni 
da  imbucatare,  per  versarvi  sopra  il  ranno.  -  Di- 
moiare i  panni,  dar  loro  una  prima  e  più  grossa 
avatura,  prima  di  metterli  sotto  la  lisciva.  -  Imbian- 
care, nettare,  pulire  i  panni  mettendoli  in  bucato.  - 
Imbiancare  uno,  pensare  alle  spese  del  bucato  di  lui. 

-  Imbiancatura,  il  lavare  e  far  divenir  bianchii  i  lini. 

-  Imbucatare  (imbucatato),  imbiancare  o  toglier  via  il 
sudiciume  da'  panni  per  mezzo  del  bucato.  -  ìncon- 
care,  lo  stesso  che  allogare.  -  Lavare  ii  bucato,  lo 
stropicciare  nell'acqua,  se  si  può  corrente,  e  con 
sapone  i  panni  sconcati  -  Liscivare,  versare  la  li- 
sciva sui  pannilini  da  lavare. 

Rivtbi  ca'are:  ripete  imbucatare.  -  Rinconcare,  met- 
tere nuovamente  nella  conca  quei  panni  che  non 
sono  usciti  netti  dal  primo  bucato.  -  Risciacquare, 
diguazzare  nell'  acqua  panni  o  altro,  perchè  si 
nettino  da  ogni  resto  di  sudiciume.  -  Sconcare,  ca- 
var fuori  dalla  conca,  o  dal  mastello,  i  panni,  dopo 
che  si  è  terminato  di  bollire  il  bucato.  -  Smollare, 
prima  lavatura  che  si  dà,  con  sapone,  ai  panni  slati 
m  molle,  prima  di  allogarli  nella  conca  e  imbu- 
catarli.  -  Stendere,  lo  stesso  che  distendere;  ma  si 
adopera  talora  anche  in  senso  contrario  di  tendere, 
cioè  per  raccogliere  i  panni  asciutti  che  erano  tesi 
sulla  corda,  Men  conmne  in  questo  secondo  senso.  - 
Strizzare,  il  premere  fortemente  con  le  mani  i  panni 
bagnali,  lavati,  perchè  ne  esca  l'acqua  di  cui  sono 
imbevuti.  -  Strizzata,  l'atto  e  1'  effetto;  strizzatina, 
leggera  strizzata.  -  Stropicciare  il  bucato,  fregarlo  con 
le  mani.  -  Tendere,  allargare,  spiegare  su  corda  tesa 
i  panni  lavati,  perchè  si  asciughino  (bucato  teso  al 
sole  perchè  asciughi). 

Materie  e  arnesi  pel  bucato.  —  Varie. 

Cenerata,  acqua  e  cenere  bollite  insieme  che  si 
versano  sui  panni  nella  conca  o  nel  mastello.  Anche, 
la  cenere  che  resta  sul  ceneracciolo.  -  Cenerone,  ce- 
neraccio,  la  cenere  sfruttata  che  ha  servilo  al  bu- 
calo, e  non  contiene  più  alcali.  -  Lisciva,  acqua 
passala  per  cenere  o  bollita  con  essa;  acqua  del 
bucato,  bollitura  di  cenere,  cenere  bollita,  cenerata, 
ceneracciolo.  Lisciviale,  lissiviale,  rannoso:  di  lisciva. 

Rannata,  il  ranno  buttato  nella  conca  sui  panni 
sudici,  e  che  esce  per  il  bocciolo.  -  Ranno,  l'acqua 
di  cenere  quand  i  è  passata  bollente  attraverso  i  panni 
che  sono  in  bucato.  -  Ranno  di  nUro,  passato  sulla 


calcina  viva.  -  Ranno  vergine,  quando  l'acqua  non 
è  bollente.  -  Sajtone,  in  generale,  composto  di  un 
corpo  grasso  e  di  alcali;  pel  bucato,  una  composi- 
zione d'olio  d'ulivo  e  di  soda. 

Arnesi.  —  lioiciuolo,  pezzo  di  canna,  piantato  nel 
foro  che  è  presso  il  fondo  del  mastello  o  della 
conca  e  per  il  quale  esce  il  ranno,  quando  si  sturi. 
A  tenerlo  chiuso  basta  un  cavicchio  di  legno,  che 
entra  a  forza  in  esso  ed  è  reso  più  aderente  alle 
sue  pareli  per  mezzo  di  un  pezzetto  di  cencio.  - 
Caldaia,  ampio  vaso  di  rame  n  di  ferro,  collocato, 
0  talora  fermato  con  stabile  ingessatura  sul  fornello, 
e  in  cui  si  fa  bollire  l'acqua  per  fare  il  ranno,  o  si 
fa  ribollire  il  ranno  stesso,  per  riversarlo  sul  cene- 
raccio.  -  Cazza,  padella,  ramaiuolo,  vaso  emisferico, 
di  rame  o  di  ferro,  con  lungo  manico:  serve  a  ver- 
sare sul  ceneracciolo  l'acqua  o  il  ranno  della  cal- 
daia. -  Ceneracciolo,  panno  grossolano  che  copre  i 
panni  sudici  nella  conca  del  bucato,  sopra  il  quale 
si  pone  la  cenere  per  fare  il  ranno.  -  Colatoio,  vaso 
di  terracotta,  nel  quale  si  mette  la  cenere  per  farvi 
filtrar  l'acqua,  che  diventa  ranno.  -  Conca,  vaso  di 
terracotta  di  grande  concavità  e  di  larga  bocca,  entro 
il  quale  si  fa  il  bucato.  -  Conchino,  dimin.  di  conca; 
più  piccolo  della  conchina.  -  l'orche,  o  forconi,  ba- 
stoni forcuti,  coi  quali,  a  due  a  due,  uno  contro 
l'altro,  s'inforca  da  luogo  a  luogo  la  corda  tesa,  per 
sorreggerla  dove,  pel  proprio  peso,  farebbe  sacca,  e 
anche  toccherebbe  il  suolo,  quando  la  tratta  è  lunga. 
-  Fornello  da  oucati,  gr^n  quadrato  in  muratura, 
vuoto  dalla  parte  di  sotto,  per  accendervi  il  fuoco, 
e  con  un'apertura  tanto  ampia,  dalla  parte  di  sopra, 
che  vi  si  possa  adattare  la  caldaia.  -  Mastello,  gran 
vaso  di  legno,  a  doghe,  cerchiato  di  ferro,  consimile 
a  un  tino,  ma  proporzionatamente  meno  alto.  In 
molti  luoghi  è  adoperato  pel  bucato,  invece  della 
conca.  -  Trogolo,  truogolo,  opera  in  muratura,  di  for- 
ma quadrangolare,  generalmente  tutta  a  mattoni, 
profonda  circa  un  metro,  col  piano  superiore  delle 
spallette  di  cinta  fatto  di  pietra  e  inclinate  in  dentro. 

Varie.  —  Accappiettare,  legare  la  biancheria  con 
cappietto,  per  tenderla.  -  Appuntare  il  bucato, 
prenderne  gli  appunti,  cioè  scrivere  la  nota  dei 
singoli  panni,  ovvero  dei  mazzi,  che  si  danno  alla 
lavandaia.  Anche,  cucire  insieme  presso  gli  orli 
i  varii  capi,  che  si  danno  alla  lavandaia  (camicie, 
tovaglie,  ecc.,  appuntate).  -  Appuntatura,  l'alto  e 
l'ell'etto  dell'appuntare,  nel  secondo  senso.  -  Lista 
del  bucato,  la  nota  dei  panni  ;  tabella  apposita 
sulla  quale  sono  stampati  già  i  nomi  della  bian- 
cheria e  di  fianco  tanti  relativi  buchi  per  segnare 
i  vari  capi  che  sono  dati,  volta  per  volta,  al  lavan- 
daio. -  Saper  di  scilivato,  di  quel  cattivo  odore  che 
hanno  i  panni  mal  lavati  in  bucato.  -  Segnare  il 
bucato,  appuntarlo.  -  Spuntarsi,  dicesi  dei  panni  del 
bucato  che,  appuntati  troppo  leggermente  o  con 
filo  debole,  si  distaccano  per  rottura  del  filo  o  per 
Io  sciogliersi  del  nodo.  -  Altre  voci  a  lavandaiUf 
lavandaio,  e  lavanderia  a  vapore. 

Bucatura.  Veggasi  a  buco. 

Buccellato.  Sorta  di  ciambella. 

Bùcchero.  Argilla  per  ceramica  di  lusso. 

Buccia.  Epidermide  del  frutto,  del  legame^ 
dieW agrume  e  simili:  bucciolina,  corteccia,  pelli- 
cina.  Scorza  della  pianta.  -  Buccioso,  che  ha  grossa 
buccia.  -  Buccidcchera,  pezzo  di  buccia  che  pende 
staccata.  -  Bucciata,  colpo  di  buccia  scagliata  contro 
altri.  —  Cica,  buccia  sottile  della  melarancia.  -  Sbue- 
dare,  sbucciamento,  sbucciatura,  il  levare  la  buccia: 


•s:[i 


BUCCICATA   —   BUDDISMO 


mondare  (mondatura),  scorticare.  •  Sbuccicare,  sbuc- 
ciare un  poco. 

Buccìcàta  0  bocclcata.  Voce  negativa  che 
significa  niente,  us;.ti  coi  verbi  dire,  fare,  sa- 
2jere. 

Buccina.  Sorta  di  tromba. 

Buccinatore  {muscolo).  Detto  a  bocca. 

Buccino.  Detto  a  conchiglia. 

Buccio.  Parte  interna  della  pelle  degli  animali. 

Bùccola.  Ornamento  dell'orecchio:  orecchino. 

Buccolica,  bucolica  {bucòlico).  Sorta  di  2)oe- 
sia  pastorale. 

Bucherare,  bucherellare  {bucherato,  buche- 
rellato, bucherello).  Far  buchi:  veggasi  a  buco. 

Buci.  Veggasi  a  tacere. 

Bucinare  {bucinato).  Modo  di  parlare,  som- 
messo, con  riserva;  dire,  andar  dicendo. 

Bùcine.  Specie  di  rete. 

Bucintoro.  Antica  e  sontuosa  nave  veneziana, 
usata  dal  doge,  nello  sposalizio  del  mare. 

Buco.  Incavatura  o  apertura  che  ha  del  rotondo, 
non  molto  larga,  e  che  si  approfondisce  in  chec- 
chessia, anche  senza  passare  da  parte  a  parte:  bu- 
cherattola,  buchetta;  cavità,  forame,  straforo;  oc- 
chiello, occhio;  pertugio,  spillo,  spiraglio,  sportello. 

-  Profondo,  il  buco  che  si  addentra  molto.  -  Buche- 
rello, piccolo  buco,  buchettino,  bucolino,  buchino.  - 
Confccatura,  luogo  bucato  nel  conficcare,  cioè  nel 
cacciare  un  chiodo,  o  altra  cosa  aguzza,  entro 
checchessia. 

Breccia,  buco,  apertura  fatta  nelle  muraglie  d' una 
città,  d' una  fortezza,  presa  d'  assalto.  Detto  anche 
in  altri  significati.  -  Baca,  buco,  piuttosto  grande, 
fatto  in  un  muro  o  simili.  -  Foro,  buco  più  o  meno 
grande,  che  attraversa  la  cosa  bucata.  Forame,  pic- 
colo foro.  -  Gattaióla,  buco,  apertura  in  un  ascio, 
in  una  porta.  -  Nicchia,  buco,  ripostiglio.  -  Spira- 
glio, fessura,  breve  apertura,  per  vedere,  sentire. 

Bucare:  fare  un  buco  in  checchessia;  forare,  far 
fori,  sforacchiare,  trapassare  con  uno  strumento 
qualsiasi  un  corpo  da  una  parte  all'altra;  perforare, 
pertugiare;  straforare,  traforare;  succhiellare,  suc- 
chiellinare,  trivellare,  verrinare  (non  us.).  -  Bucatura, 
l'azione  del  bucare.  -  Bibucare,  ripete  bucare. 

Bucato ,  bucherato ,  forato ,  perforato,  pertu- 
giato, butterato,  foracchiato,  picchiettato,  punteg- 
giato. -  Bucherellato,  pieno  di  buchi,  crivellato.  - 
Crivello,  cosa  tutta  buchi  {aver  più  buchi  di  un 
vaglio,  essere  tutto  bucato). 

Bucacchiare  [bucacchiato),  far  molti  e  piccoli  buchi, 

-  Bucherare  (bucherato),  bucherellare,  far  molti  pic- 
coli buchi,  butterare,  foracchiare,  picchiettare,  pun- 
teggiare. -  Crivellare,  far  più  fori,  uno  accanto  al- 
l'altro. -  Perforare,  traforare,  forare  da  parte  a 
parte.  -  Perforante,  che  perfora;  perforamento,  per- 
forazione, azione  del  perforare.  -  Perforjbile,  che 
si  può  perforare.  -  Succhiellare,  trapanare,  forare 
col  succhiello,  col  trapano 

Arnesi  per  bucare.  —  Allargatoio,  istrumento  che 
serve  ad  allargare  i  fori  fatti  col  succhiello,  col 
trapano,  con  altro.  -  Bucalamiera,  strumento  che 
serve  a  tar  eguali  e  con  un  sol  colpo  i  buchi  delle 
piastre  :  anche,  troncatolo.  -  Foraterra,  strumento 
per  tar  buchi,  a  forza,  nella  terra.  -  Foratoio,  fora- 
tore, strumento  per  forare.  -  Perforatrice,  macchina 
che  serve  a  praticare  dei  fori  nelle  roccie  che  de- 
vono essere  attraversate  da  gallerie,  a  scopo  di  via- 
bilità. -  Puntellalo,  ferro  appuntato  e  sottile,  per 
uso  di  forare  carta,  panno  e  simili.  -  Saetta, ,  ferro 
a^riizzo  per  forare.  -  Stampino,  ciascun    arnese  atto 


a  produrre  un  disegno,  un  rilievo,  un  buco.  -  Suc^ 
chiello,  succhio,  arnese  per  traforare  con  un  ferro 
inacciaiato  aguzzo,  a  vite,  e  un  manico  orrizzontale. 

-  Trapano,  strumento  per  forare  metalli  o  altri 
corpi  duri,  mediante  una  punta  d'acciaio,  fatta  gi- 
rare rapidamente  su  di  sé.  Trapano  a  mano,  a  mnn- 
china,  a  petto,  a  morsa.  -  Tì'ivella,  specie  di  grossa 
siiechiellmper  forare  corpi  duri:  succhio  di  tre  spa- 
rali :  trivellino,  trivello,  trivellone.  -  Ironcaton, 
strumento  per  fare  a  tratti  eguali  e  d'un  colpo  i  buchi 
delle  piastre  di  lerro.  -  Verzina,  arnese  per  trafo- 
rare, specie  di  traforatore. 

Aprire,  chiudere  buchi,  ecc.  —  Accecare,  turar© 
un  buco  {accecato,  accecatura),  e  accecatóio  Y  istru- 
mento all'uopo.  -  Stoppare,  chiudere  con  la  stoppa,. 

-  Bistoppare,  ripete  e  rafforza  stoppare.  -  Tappare. 
chiudere  ,con  tappo,  con  turacciolo.  Per  estens., 
chiuder  bene  qualunque  buco.  -  Trapanare,  triveU 
lare,  far  buchi  col  trapano,  col  trivello.  -  durare, 
chiudere  con  gesso,  calcina,  stucco.  -  Zaffare,  chiu- 
dere con  zaffo,  ossia  con  tappo  di  legno. 

Imbucare,  mettere  nel  buco;  imbucarsi,  entrar* 
nel  buco.  -  Bimbucare:  ripete  e  rafforza  imbucare. 

Bucranio.  Ornamento  di  architettura. 

Buddismo.  La  religione  di  Buddha  (['illuminato), 
nome  onorifico  di  Siddartha,  detto  anche  Sakjamuni 
(il  Monaco  o  Solitario  dei  Sakja),  figlio  di  un  re 
dell' Indostan  (623-543  a.  e):  dottrina  filosofica  e 
morale,  riforma  del  bramanesimo.  Consiste ,  es- 
senzialmente, dal  punto  di  vista  negativo,  nel  non 
ammettere  che  il  sacerdozio  sia  inerente  alla  casta 
dei  bramini,  e,  dal  punto  di  vista  positivo,  a  pre- 
dicare una  morale  ascetica,  il  cui  scopo  è  di  libe- 
rare l'essere  vivente  dalla  necessità  della  trasmi- 
grazione. Dal  buddismo  sono  rigettati  i  Veda  e  di- 
strutte le  caste;  le  anime,  dopo  infinite  migrazioni 
da  corpo  a  corpo,  sono  assorte  in  Dio;  e  Nirvana 
è  questo  stato  di  annientamento  nell'essere  supremo. 
Il  nostro  è  il  mondo  della  pazienza,  costituito  da 
quattro  grandi  isole  fondate  sul  grande  monte  Merio, 
intorno  al  quale  si  aggirano  il  sole  e  le  stelle;  si 
stendono  all'ingiro  i  cieli  dei  desideri  e  quelli  delle 
forme;  mille  milioni  di  mondi  simili  al  nostro 
formano  un  universo;  cento  quintilioni  di  uni- 
versi formano  un  piano;  venti  piani  un  gruppo 
di  mondi,  immensa  mole  che  ha  per  base  un  fiore 
di  loto;  il  mondo  degenera  sempre,  ma  alla  distru- 
zione rimedia  un'incai nazione  di  Budda.  Kalpa 
si  chiamano  i  grandi  periodi  di  tempo,  ciascuno 
diviso  in  quattro  epoche  di  innumeri  milioni  d'anni. 

Sacerdoti  di  questa  religione,  in  Cina  detta 
religione  di  Fo,  sono  i  bonzi,  o  bramini,  bramarli; 
libri  sacri,  i  Tantras  e  i  Parana.  -  Buddista,  seguace 
della  religione  di  Budda  o  Buddha.  -  Buddistico,  at- 
tinente al  buddismi.  -  Ama,  religiose  buddiste  giap- 
ponesi: si  radono  i  capelli  e  sono  coperte  da  un 
velo  nero.  -  Amióla,  nome  di  Budda  al  Giappone. 

Baudia,  la  sotta  dei  Buddisti  nell'India.  -  Dalai 
Lama,  o  Gran  Lama,  specie  di  papa- re  a  Lhassa,. 
nel  Tibet.  -  Lama,  prete  di  Budda  presso  i  Mongoli. 

-  Laiuióino,  dottrina  di  una  setta  buddistica,  rifor- 
mata da  Isangkaba,  nel  secolo  XIV.  -  Pafjoda,  tempio 
buddista.  -  Pralaia,  la  distruzione  di  tatto  ciò  che 
esiste,  il  ritorno  al  caos.  -  Manas,  la  vita  comune 
a^li  animali  e  alle  piante.  -  Metempsicòsi,  trasmi- 
grazione delle  anime  umane  attraverso  i  corpi  delle 
bestie.  -  Devadassi,  vergini  addette  al  servizio  della 
pagoda  e  dei  templi. 

Bhamanesimo,  0  bi'ahmaismo,  politeismo  che  ha 
per  ente  supremo  Brama  o  Brahma,  dio,  principio 


BUDELLAME   —   BUE 


329 


e  fine  di  tutti  gli  esseri  e  che,  con  Vìsnù  e  Sira, 
forma  la  trimurti,  ossia  la  trinità  indiana,  alla 
quale  si  aggiungono  innumerevoli  dèi  inferiori. 
Brama  è  il  creatore  del  mondo  e  la  divina  essenza 
del  mondo;  Visnù  il  polere  conservatore;  Siva  o 
Naza,  il  distruttore.  Brama  è  figunifo  da  un  cer- 
chio in  un  triangolo,  con  quattro  teste,  cinte  da 
fiori  di  loto,  e  con  quattro  mani  regeenti  la  catena 
che  sostiene  il  mondo,  il  lihro  della  legge,  lo  stile 
per  iscrivere,  il  fuoco  sacro.  Nella  trimurti  Brama 
rappresenta  la  terra,  Visnù  Vncqua,  Siva  il  fuoco. 
Sotto  Brama  sfanno  gli  otto  Vasii,  o  dèi  benefìiì; 
sotto  questi,  Agni  e  Soma,  poi  lìudra,  padre  dei 
venti,  con  i  dieci  Murati;  infine,  gli  Aditin,  o  dt'i 
luminosi  dell'età  vedica,  da  otto  portati  a  dodici  e 
corrispondenti  alle  dodici  costellazioni.  Gli  dèi,  col 
tempo,  aumentarono  a  migliaia,  a  milioni:  in  (pif^sto 
nuovo  sistema,  gli  otto  Vasti  regnano  solfnnto  sul 
mondo  terrestre  o  nell'atmosfera,  e  sono  :  ìncìra,  re 
del  firmamento,  circondato  da  Gandharva  e  A?l  Ansava, 
0  ninfe  celesti;  Yama,  principe  della  notte  e  dei 
morti;  Nirumi,  signore  dei  geni  maligni;  Agni,  dio 
del  fuoco;  Vanina,  dell'oceano;  Knvcra,  signore 
delle  ricchezze,  che  sta  in  mezzo  ai  geni  chiamati 
Kinnara  e  Yakcha  ;  Vaiu,  padre  e  principe  dei 
venti;  infine,  Isana,  che  poi  fu  identificato  con 
Siva.  Questi  otto  dèi  hanno  per  ispose  otto  dee 
chiamate  Madri,  le  più  importanti  delle  quali  sono 
Indrani,  di  Indra,  Prithevi,  la  terra  di  Cuvéra. 
Indra  presiede  altresì  agli  dèi  di  un  altro  ordine, 
quelli  che  governano  le  sette  sfere,  cioè  Suria  (il 
sole),  Ichandra  (la  luna),  Mangaìa  Cpianeta  Marte), 
Biidha  (pianeta  Mercurio),  Vrihaspati,  già  una  forma 
d'Agni  (il  pianeta  Giove),  Snkra  (il  pianeta  Venere), 
infine  Sani  (Saturno  pianeta),  che  presiede  alle 
trasmigrazioni  degli  esseri  Gli  Aditia,  in  numero 
di  dodici,  formano  un  altro  ordine  di  divinità. 

Saratasti,  sposa  di  Brama.  -  Lacmi,  sposa  di  Visnù. 
•Parvati,  Devi  o  Davani,  o  Durga,  moglie  di  Siva. 

Rischts,  i  patriarchi  degli  antichi  giorni.  -  Aditi, 
il  dio  infinito;  uno  dei  più  antichi  nomi  dell'alba. 
Varma,  personificazione  della  vòlta  celeste,  il  sole 
nella  notte  ;  anche,  dio  delle  acque.  -  Mitra,  il  sole 
nel  giorno.  -  Savitri,  il  sole  come  produttore.  -  Braga, 
il  sole  detto  felice.  -  Puschan,  il  sole  vincitore  delle 
tenebre  e  delle  nnh\.  -  Aryaman,  il  sole  distruttore, 
sotto  i  tropici.  -  Tchandramas,  la  luna  dai  raggi 
gelati.  -  Rita,  l'ignoto  potere  che  determina  il  moto 
del  sole  e  di  tutti  i  corpi  celesti.  -  Lschas,  l'aurora. 

Budellame,  budella  (budello).  Veggasi  a  in- 
testino. 

Budino.  Sorta  di  dolce. 

Bue.  Mammifero  fissipede,  costituente  un  genere 
di  ruminanti,  corpulento,  robusto  e  domestico  Vol- 
garmente, il  maschio  (foro),  dopo  castrato,  della 
vacca,  usato  al  lavoro  o  destinato  al  macello:  bove, 
mnnzo  (specialmente,  di  bue  giovane,  da  macello), 
giovenco  (idem);  uccello  di  Lucca  (scherz.).  Ha 
coda  e  corna;  il  piede  bisulco,  ossia  con  un- 
ghia  fessa;  pelo  di  colore  vario,  per  lo  più  bian- 
chiccio. Le  gambe  si  dicono  piuttosto  zampe.  Per 
molte  voci  riguardanti  il  governo,  ecc.,  del  bue, 
vaggasi  ad  animale  e  a  bestiame.  -  Buessa,  fem- 
mina di  bue.  -  Eovino,  di  bove,  appartenente  a 
bove:  boccino.  -  Bovini,  bovine,  nome  generico 
degli  animali,  delle  bestie  provenienti  dalla  copula 
della  vacca  col  toro  :  6es«i«wie  grosso,  bestie  grosse; 
bestie  cornute,  bestie  macell^sche;  bestie  vaccine; 
capi   di    bestiame;   ruminanti,   ruminatori.  Hanno 


mantello  (colore  del  pelo)  vario  :  bianco  grigio,  mo- 
scato, cenerino  (di  maggior  pregio),  castagno,  rossi- 
gno,  moretto;  rosso  carico,  rosso  macchiato,    nero. 

-  Razze  da  lavoro,  da  latte,  da  carne:  i  tre  gruppi 
principali  delle    numerose  razze  bovine. 

Manzo,  bue  giovane  che  ha  lasciato  i  dentini.  - 
Bargia,  la  pelle  pendente  dal  collo  del  bue: 
giogaia,  soggiogala,  sogLiioL'O,  pagliolaia.  -  Cotenna, 
la  parte  callosa  attaccata  alla  pelle  delle  bestie 
bovine.  -  Dentini,  i  primi  denti  delle  bestie  vac- 
cine. -  Lacretto  (animella,  timo),  glandola  bianca  e 
carnosa  nel  petto  del  bovino  dovane:  scompare 
nell'adulto.  -  Quadratura,  il  torso  dalle  spalle  alla 
groppa:  snella,  elegante,  pesante,  forte,  ecc. 

Bava,  umore  viscoso  che  esce  dalla  bocca  dei 
bovini.  Bovina,  o  buina,  escrementi  di  bestie  vac- 
cine, usati  per  concime.  -  Mela,  lo  sterco  che  il 
bue  fa  in  una  volta;  cosi  di  qualche  altro  animale. 

-  Mugghiare  (imi ggh iato),  mandar  fuori  la  voce 
che  fa  il  bue  e  lutto  il  hestiam»*  bovino:  mugliiire, 
muggire;  rinmgliare.  smugghiare;  boare.  -  Mùgghio, 
nìù(jlio,  muggito,  il  mugi/iiiare,  il  muggire:  mug- 
ghiamento,  boato.  -  Mugghio,  mu, ho.  un  mugghiare 
prolungato.  -  Pareggiare:  si  dice  degli  animali  bo- 
vini quando  giungono  ad  avere  tutti  i  denti  a 
un  paro  -  Zampegiiinre,  frequent.,  di  zampare:  di- 
fetto dei  buoi  che  scuotono  le  zampe. 

Branchi  di  buoi,  arnesi  per  governarli,  ecc. 
Diverse  specie  di  buoi  e  affini. 

Armento,  branco  di  buoi  (assillo,  animaletto 
alato  e  poco  maggiore  di  una  mosca  :  punge  aspra- 
mente gli  armenti.  Estri  e  tafani,  insetti  pericolo- 
sissimi, molto  molesti  e  nocivi,  detti  volgarmente 
mosche  del  bue,  del  cavallo,  della  pecora,  del  mulo, 
ecc.).  -  Bifolco,  chi  conduce  o  guarda  buoi:  boaro, 
bovaro  -  Bovile,  stalla  da  buoi.  -  Bradume,  quan- 
tità di  buoi  selvatici.  -  Bùttero,  guardiano,  per  lo 
più  a  cavallo,  di  mandre    di    buoi,  o  di  cavalli. 

Giogo,  strumento  di  legno  col  quale  si  congiun- 
gono e  accoppiano  insieme  i  buoi  al  lavoro.  - 
Giuntoie  o  paiuole,  striscette  di  ferro  pendenti  di 
qua  e  di  là  del  giogo,  uncinate  in  fondo,  le  quali, 
con  l'aiuto  d'un  pezzetto  di  fune,  che  si  passa  sotto 
la  giogaia,  fanno  da  soggolo  ai  buoi  e  li  obbligano 
a  star  bene  accapati  (accapare  i  buoi,  obbligarli  a 
stare  a  capo  chino  sotto  il  giogo).-  Matlarella,  o 
mozzarella,  sorta  di  lungo  bastone,  con  grossa  ca- 
pocchia, usato  dai  butteri. 

Morse,  specie  di  tanaglie  che  si  mettono  al 
naso  dei  manzi  per  guidarli.  -  Muserola,  gal)hia  di 
salci  0  simili,  che  si  mette  al  muso  dei  buoi,  per- 
chè, lavorando,  non  guastino  nulla  intorno.  -  Na- 
siera, ferro  che  si  mette  al  naso  dei  buoi  o  simili. 

-  Pungolo,  bastoncello  armato  d' una  punta,  del 
quale  si  servono  i  bifolchi  per  stimolare  i  buoi  : 
stimolo. 

Bisonte,  specie  di  bue  selvatico  che  vive  nelle 
foreste  del  Caucaso   e   nell'America   Settentrionale. 

-  Bufalo,  ruminante  affine  al  bue.  -  Jak  o  jaco, 
mammifero  ruminante  bovino,  che  vive  selvaggio 
in  gran  parte  del  Tibet.  -  Jumart  (fr.),  presunto 
bastardo  bovino -cavallino.  -  Ovibos  (ìàt),  bue  mu- 
schiato. -  Poéfago,  il  bue  jak.  -  Uro,  bue  selvatico 
dell'Europa  settentrionale.  -  Zebù,  bue  indiano 
gibboso  :  si  trova  allo  stato  selvatico  in  molte  re- 
gioni dell'India,  in  stato  di  domesticità  nell'India 
e  in  Africa. 


330 


Malattie,  infezioni,  ecc.,  dei  bovini 

Malattie  e  infezioni  più  comuni  le  seguenti:  capo- 
storno (frenitide),  producente  stupore  e  stordimento; 
infiammazione  dei  ventricoli,  gastritide;  enterite,  in- 
fiammazione degli  intestini;  epatite,  mal  di  legato; 
splenite,  infiammazione  della  milza;  nefritide,  in- 
fiammazione delle  reni;  timpanite,  gonfiezza  del 
ventre  ;  zoppina,  o  chiodo  bovino,  male  all'unghia 
fessa;  afte,  nella  bocca; rewmah'smi,  scabbia;  pidocchi. 

-  Actinomicosi,  malattia  frequente  nei  bovini:  si 
manifesta  con  tumefazioni  inclini  al  rammollimento 
purulento,  determinate  da  un  fungo  raggiato.  -  Car- 
bonchio, malattia  caratterizzata  da  una  specie  di 
pustola  piena  di  materia  sierosa  od  emorragica, 

Glossantrace,  torma  di  antrace  localizzato  alla 
lingua,  particolare  ai  bovini.  -  Lupinello,  male  che 
viene  nell'occhio  ai  bovi  e  a  forma  di  piccolo  lu- 
pino. -  Mal  delta  talpa,  tumore  che  si  sviluppa 
sulla  sommità  della  testa,  dietro  la  nuca:  cosi 
detto  perchè  scava  nei  tessuti.  -  Moccio,  malattia 
detta  anche  cimurro,  quando  è  nell'ultimo  stadio. 

-  Perlsucht  (ted  ),  la  tubercolosi  dei  bovini. 
Raidu,  in  Sardegna,  l'idrofobia  dei  bovini.  -  Rin- 

fondimento  {podòflegmatite),  llemmasia  del  piede.  - 
Tifo  bovino,  malattia  gravissima  -  Tubercolosi, 
malattia  anatomicamente  caratterizzata  dallo  svi- 
luppo di  tubercoli  negli  organi  e  nei  tessuti  del 
corpo.  -  Uredine,  dptto  talvolta  per  carbonchio.  - 
Ventrina,  colica  ventosa. 
Taurialria,  medicina  dei  bovini. 

Termini  vari.  -  Cucinatura. 

Api,  Bacchide,  Mnevi,  Onufi,  buoi  adorati  nell'an- 
tico Egitto.  -  Eufonie,  feste  nelle  quali  si  immolava 
un  bue  o,  anche,  molti  buoi.  -  Ecatombe,  sagrificio 
di  cento  buoi.  -  Gaucho,  americano  che  caccia  i  buoi 
selvatici.  -  Nervo  di  bue,  membro  genitale  essiccato. 

-  Taurina,  sostanza  scoperta  nella  bile  del  bue. 

Il  bue,  sotto  la  denominazione  di  manzo,  entra 
in  larga  parte  nell'alimentazione  carnea  dell'uomo, 
cioè  in  più  d'una  invanda:  lo  si  cuoce  a  lesso, 
ossia  facendolo  allessare  ;  in  umido,  arrosto  e  in 
vari  altri  modi;  manzo  a  i^apore,  in  vaso  chiuso  con 
poco  brodo;  manzo  brasato,  prima  rosolato  al  burro, 
poi  finito  di  cuocere  lentamente  e  in  ristretto;  manzo 
in  stufato,  colto  con  vino,  brodo,  droghe  (chiodi  di 
garofano,  pepe,  ecc.),  cipolle  e  altro.  Se  ne  cucinano 
in  varia  maniera  la  polpa  (la  carne  senza  ossa),  il 
cervello,  il  j/'yalo,  la  lingua,  il  filetto  (foglio  del 
culaccio  sotto  la  groppa),  ecc.  Per  le  parti  del  bue 
macellato,  veggasi  a  macellaio.  -  Bistecca,  detto 
ad  arrosto.  -  Pastrama,  bue  salato,  a  Costantino- 
poli. -  Roast-beef,  voce  inglese  (e  vuol  dire  bue  ar- 
rostito), la  quale,  conforme  alla  pronuncia,  siscrive 
in  francese  e  in  italiano  rosbif.  -  Toiirnedos,  voce 
della  culinaria  francese,  e  indica  un  piatto  di  filetti 
di  bue. 

Bue.  Figur.,  uomo  stupido. 

Buéssa.  Femminile  di  bue.  -  Figur.,  donna  igno- 
ranto  e  inetta. 

Bùfalo  {bùfala).  Mammifero  ruminante,  semi- 
domestico, affine  al  bue,  con  le  corna  larghe  e  riu- 
nite alla  base.  Bufalo  cafro,  indiano,  varietà,  -  Bu- 
fala, la  femmina  del  bufalo,  -  Bufalino,  dimin.  di 
bufalo.  -  Bufalotto,  bufalo  di  mezza  età.  -  Barbare 
dei  bufali,  malattia  infettiva  dei  bufali,  detta  anche 
barbone  bufalino,  trasmissibile  anche  agli  altri  ani- 
mali. -  Campanella,  cerchietto  di  ferro  che  si  mette 


al  naso  delle  bufale.  -  Provatura,  cacio  che  si  fab- 
brica con  latte  di  bufala. 

Bufare  (bufato).  Detto  a  neve. 

Bufèra.  Turbine  di  vento  e  di  pioggia,  ura- 
gaiìo. 

Buffa   Folata  di  vento. 

Buffa.  Parte  delV ehno.  -  Parte  del  cappuccio. 

Buffare  [buffata).  Forte  soffiar  del  vento.  - 
Termine  del  giuoco  della  dama. 

Buffetteria.  L'insieme  degli  oggetti  di  cuoio, 
che  fanno  parte  del  corredo  di  un  soldato. 

Buffétto.  Colpo  dato  con  un  dito.  -  Qualità  di 
j)ane. 

Buffo.  Soffio  di  vento.  -  Di  melodramma 
giocoso. 

Buffo.  Detto  a  cantante  e  a  ridicolo. 

Buffon àg"g:ine.  Detto  a  buffone. 

Buffonata.  Veggàsi  a  buffone. 

Buffóne  (buffonesco).  Uomo  che  fa  ridere  con 
motti,  lazzi  o  altro;  giullare  delle  antiche  corti; 
chi,  con  apparenza  di  serietà,  fa  cose  vane  e  ridi- 
cole; anche,  chi  manca  alla  parola  e  passa  legger- 
mente sulle  proprie  promesse.  Riteribilmente,  per  lo 
più,  al  primo  caso:  Arrigo  Bello,  ciarlatano;  Fra- 
Currado,  giocolare;  giullare,  menestrello,  pagliaccio, 
pulcinella,  scoccobrino,  sconcobrino  ;  uomo  buflb  ; 
zannetto,  zanni.  -  Buffoncello,  buffone  da  poco,  di 
poro  spirito.  -  Buffonesco,  di  o  da  buffone:  giulla- 
resco. -  Buffoìiescamente,  a  modo  di  buffone.  -  Buf- 
foneggiare, fare  il  buffone.  -  Scurrile,  triviale  e 
bullonesco. 

Alapisti,  buffoni  che,  per  far  ridere  gli  spettatori, 
si  dicevano  delle  impertinenze  e  si  davano  degli 
schiaffi.  -  Archimimo,  capo  de' buffoni  o  degli  istrioni, 
che  anticamente  si  chiamavano  mimi.  -  Aretdlogo, 
buffone  di  tavola,  presso  i  Romani.  -  Arlecchino,  chi 
dice  buffonate  con  poco  sale;  maschera  del  teatro 
italiano.  -  Arrigobello  (Arrigo  bello),  colui  che,  scon- 
torcendosi e  saltellando,  suona,  scherza,  ride  e  fa 
giuochi  in  pubblico:  e  per  sim.  vale  buflone.  -  Bri- 
ghella, di  chi  per  far  lo  spiritoso  casca  nel  buffone. 

-  Ciarlatano,  bufi'one,  ciurmatore,  cantambanco. - 
Clown  (ingl.),  pron.  claon:  in  ÌUÌ.,  pagliaccio.  -  lla- 
rode,  chi  cantava  poesie  buftonesche  presso  1  Greci. 

-  Istrione,  attore  comico;  in  senso  spregiai.,  buffone. 

-  Lisiodi  e  Magodi,  attori  delle  antiche  farse. 

Mattaccino,  ballerino  o  saltatore  grottesco,  per  lo 
più  con  sonagli  alle  gambe  e  al  cappello.  -  Mimo, 
in  senso  spreg.,  istrione,  buffone.  -  Morioni,  buffoni 
gobbi  0  deformi  che  sollazzavano,  anticamente,  il 
pubblico  nei  festini.  -  Pagliaccio,  chi  con  sciocchi 
fatti  0  facezie  scipite  vuol  tenere  allegre  le  brigate; 
buffone  delle  compagnie  dei  funamboli,  gioco- 
liere, ecc.  -  Paradossólogo,  presso  gli  antichi,  buf- 
fone che  narrava  sciocchezze  al  popolo.  -  Pierrot, 
personaggio  buffo,  in  maschera,  vestito  di  bianco, 
con  langhe  maniche.  -  Pulcinelli,  personaggio  gobbo 
delle  marionette;  antica  maschera.  -  Scapino,  Sca- 
ramuccia, personaggi  buffoneschi.  -  Tabarin,  celebre 
buffone.  -  Triboulet,  buffone  di  Francesco  I.  -  Tur- 
iupin,  celebre  buffone  (di  qui,  turlupinare,  turlu- 
pinatura). 

Arlecchinata,  pagliacciata,  zannata.  -  BamboC' 
data,  figura,  azione,  scena  buffa  -  Buffonata,  buffo- 
neria, .Azione,  p?iro\e,  cose  da  buffone:  ciarlatanata, 
ciarlataneria.  -  Buffoneggiare,  fare  il  buflone.-  Farsa, 
di  cose  principiate  poco  seriamente  e  che  finiscono 
in  buffonate.  -  Lazro,  gesto,  movimento  da  buflone.  - 
Parodia,  imitazione,  talvolta  buffonesca.  -  Parado- 
xo'ogia,  improvvisazione  buffonesca. 


BUFFONEGGIARE   —   BUONO 


3;]i 


Buffone jJTffi aro  (buffoneggiato).  F.      il  buffone. 
Buffonerìa.  Aito  o  deilo  da  buffone. 

Buffonésco.  Di  bullone,  da  buffone. 
Bug'ìa.  Cosa  data  per  vera  e  die  non  è  tale  ; 
asserzione  contraria  alla  vei'ità,  quasi  sempre  in 
significato  meno  grave  di  quello  attribuito  alla 
menzogna,  al  mentire.  Sclierz.,  fandonia^  frot- 
tola, spiritosa  invenzione. 

Bug:ìa.  Sorta  di  eaiideliere. 

Bugiardamente.  Con  bugia. 

Bugiarderia.  Veggasi  a  mentire. 

Bugiardo.  Detto  a  mentire  e  a  falso. 

Bugigàttolo.  Piccola  stanza. 

Bugio.  Internamente  vuoto. 

Bugliòlo.  Sorta  di  vaso  (di  legno). 

Buglióne.  Mescolanza  di  cose;  confusione. 

Bugna.  Sporgenza  di  muro  in  un  edificio.  - 
Pezzo  di  pietra  lavorato  alla  rustica.  -  Ornamento, 
in  legno,  di  porla,  di  mobili. 

Bugno.  Alveare,  arnia  dell'ape. 

Bùgnola.  Arnese,  vaso  usato  neìV agricoltura. 
-  La  cattedra  all'Accademia  della  Crusca. 

Buio.  Mancanza  di  luce,  oscurità.  •  Stato  del 
cielo  coperto  di  nubi.  -  Buio  regno,  Vinferno. 

Bulbo.  La  radice  di  certe  piante.  -  Per  simil., 
anche  dei  capelli  e  del  pelo. 

Bùlgaro.  Sorta  di  cuoio. 

Bulicame.  Vena  d'acqua  sorgente.  •  Figur., 
folla  confusa. 

Bulicare  (bulicato).  Detto  a  sorgente. 

Bulimia  [hùlimo).  Grande,  insaziabile  fame 
per  malattia:  bùlimo. 

Bulino.  Istrumento  da  incisore,  da  intaglia- 
tore. 

Bulletta  (bullettaio,  bullettame,  bullettare).  Pic- 
colo chiodo,  di  varie  sorta. 

Bullétta.  Veggasi  a  polizza. 

Bullettaio.  Detto  a  chiodo. 

Bullettame.  Detto  a  chiodo. 

Bullettaie  (bullettaio).  Ornare,  guarnire  di  bul- 
lette: lavoro  da  calzolaio,  da  tappezziere,  ecc. 

Bullettinàio.  Distributore  di  biglietti  all'  in- 
gresso di  un  teatro. 

Bnllettino.  Piccola  carta.  -  Piccola  polizza. 
'  Periodica  pubblicazione. 

Bullettone.  Sorta  di  chiodo. 

Bullone.  Sorta  di  chiodo. 

Buonaccordo.  Detto  a  cèmbalo. 

Buonamente.  In  modo  buono,  con  buone 
maniere,  bene  (aw.). 

Buondàto  (in).  In  abbondanza;  in  quantità, 
inolio. 

Buongustaio.  Chi  ha  buongusto. 

Buongusto.  Facoltà  di  comprendere  il  bello, 
in  materia  d'arte,  di  letteratura,,  ecc.,  ecc.;  anche 
nel  modo  di  vestire  e  simili:  bongusto,  buon  gusto; 
sentimento,  senso  del  bello;  sentimento  estetico; 
cuore,  occhio  d'artista. 

Buono.  Voce  di  vario  ed  estesissimo  significato, 
con  la  quale  si  designa,  si  indica:  la  persona  che 
vuole  e  fa  il  bene,  esercita  la  benejicenza;  la 
cosa  che  ha  qualità  conveniente  all'uso  e  al  fine 
a  cui  è  destinata;  chi  è  destro,  abile  in  una  pro- 
fessione, in  un'arte  e  simili  ;  chi  è  affettuoso,  amo- 
revole, dolce,  quieto,  tranquillo,  dabbene,  ligio 
al  dovere,  rispettabile,  onorevole,  degno  di  stima, 
di  affezione;  ciò  che  è  adatto,  idoneo,  oppor- 
tuno, vantaggioso,    utile,   giovevole,  efficace. 

Buono  si  dice  inoltre:  di  azione,  di  pensiero, 
di  seìitimento  che  sia  conforme  all'idea  del  bene; 


di  fama,  di  nome,  di  riputazione  per  merito, 
per  onestà  e  per  altre  virtù;  di  asjutto,  di 
faccia,  indicanti  salute  o  buona  disposizione  di 
animo;  di  avvenimento,  di  fortuna,  di  occa- 
sione, di  successo,  di  esito,  che  sia  prospero, /e- 
lire;  di  annuncio  lieto,  di  notizia  fausta  o  desi- 
derata; di  spazio  esleso;  di  tempo  assai  lungo; 
di  stagione,  di  mare,  di  vento,  mite,  calmo, 
tranquillo;  (\\  misura,  di  quantità,  A\  jteso, 
vantaggiato;  di  Muwjero  grande;  di  moneta  non 
alterata,  non  falsificata;  dì  bevanda,  dìvivanda, 
di  cibo  grati,  piacevoli  al  gusto;  di  odore,  di 
sapore  gradevoli  ;  di  tulto  quanto  può  dare,  senza 
pregiudizio,  conforto,  diletto,  piacere,  profitto, 
vantaggio,  soccorso,  aiuto,  ecc.  In  senso  meta- 
fisico, aggiunto  di  ente  o  di  cosa  che  abbia  i  re- 
quisiti della  perfezione,  o  della  perfettibilità.  In 
tutti  i  significati,  contrario  di  cattivo.  -  Agatodé- 
mone  (gr.),  spirito  buono  nell'antica  mitologia. 

Bonino,  diminuitivo  di  ijuoiio.  -  Discreto,  di 
persona  abbastante  buona,  abbastanza  abile  nella 
sua  arte,  nella  sua  professione.  -  Caritatevole,  clie 
ha  carità.  -  Clemente,  che  ha  clemenza.  -  Cor- 
diale, che  ha  e  dimostra  buon  cuore.  -  Eccellente, 
di  cosa,  persona  buona  al  più  alto  grado.  -  Egregio, 
che  esce  del  comune,  dall'ordinario.  Egregia  per- 
sona:  onorevole,  rispettabile.  -  Ulantropo,  chi  ha 
filantropia.  -  Fine,  di  buona  e  delicata  qualità. 

-  Incomparabile,  di  cosa,  di  persona  buona  al  mas- 
simo. -  Ineffabile,  che  non  si  può  esprimere  con 
parole:  più  specialmejite  di  cose  buone.-  Irrepren- 
sibile, buono  in  tutti  i  modi,  in  tutti  i  sensi.  -  Mi- 
gliore,  più  buono.  -  Morale,  conforme  ai  buoni 
costumi.  -  Ottimo,  superi,  di  buono.  -  Probo,  buono 
onesto,  savio,  giusto.  -  Savio  dicono  i  milanesi 
per  buono,  ubbidiente,  docile,  quieto    (dei   bambini). 

-  Scelto,  di  ciò  che  si  distingue  per  bontà.  -  Squi- 
sito, di  gusto  perfetto,  eccellente.  -  Togo,  voce  di 
gergo, per  buono.  -  Umano,ìmono  per  i  propri  simili. 

Molto,  troppo  buono.  —  Angela,  angelo,  di  per- 
sona molto  buona,  soavemente  buona,  superlativa- 
mente buona,  -  Anima  celeste,  anima  santa,  gran 
bontà.  -  Buono  come  il  pane,  più  del  pane.  -  Carlo 
Gianni,  di  persona,  troppo  buona,  che  fa  del  bene 
a  chi'non  lo  merita,  e  vorrebbe  rendersene  garante, 
mallevadore.  -  Cordialone,  di  persona  molto  buona, 
aperta  e  cordiale.  -  Pastricciano,  uomo  dolce  e  tran- 
quillo. -  Uno  specchio  di  galantuomo,  persona  di  ot- 
timi costumi,  di  eccellente  condotta.  -  Un  signore 
coi  fiocchi,  buono,  che  sa  far  da  signore,  trattare  con 
garbo,  con  belle  maniere.  -  Tre  volte  buono,  nel  lin- 
guaggio familiare,  imbecille;  buono  fino  ad  essere  vit- 
tima 0  zimbello  altrui;  anche,  minchione.  -  Uomo, 
donna  tutto  cuore;  cosi,  tanto  fatto!-  Zucchero  di  tre 
cotte,  di  persona  o  cosa  buonissima,  eccellente. 

,  Bonario. 

Dicesi  di  persona  buona  per  natura,  per  in- 
dole, per  cuore;  veramente  buona  e  generosa: 
alla  buona;  benigno,  bonaccio,  bonaccione;  baccel- 
lone, bambagione;  bonorao,  buonuomo,  bonomaccio; 
buon  figliuolo,  buon  ragazzo;  buon  cristiano,  buon 
cristianaccio;  buon  diavolo,  buon  diavolaccio  ;  buona 
pasta;  buon  pas taccio  ;  dabbene,  dabbenino';  dolce 
come  il  giulebbe,  o  più  del  giulebbe;  della  miglior 
pasta;  docile,  mansueto,  come  una  tortora; 
mestolone;  pan  di  zucchero,  pasta  di  zucchero,  pa- 
sta di  marzapane;  pacioccone;  pastaccione,  pastic- 
ciano, pasticcione,  pastricciano,  buon  pastricciano; 


33^2 


BUONO   —    BURLA 


santarello,  sennino  d'oro;  tesoro  di  bontà;  un  giu- 
lebbe; uomo  di  buona  pasta,  uomo  d'oro  ;  zuccherello. 
Essere  bonario:  essere  di  buona  bocca,  di  gran  con- 
tentatura; essere  meglio  che  il  pane;  non  far  male 
al  pane;  essere  incapace  di  far  male  anche  all'erba 
che  si  stiaccia;  essere  uno  zuccherello,  uomo  di 
tutta  dolcezza;  essere  piuttosto  mucia  che  gatta  ; 
non  aver  fiele;  non  saper  fare  una  parola  torta; 
non  dir  pur  zuppa. 

Bontà,  bonarietà.  —  Termini  vari. 
Modi  di  dire,  —  Proverbi. 

Bontà,  la  qualità  di  ciò  che  è  buono,  di  pregio, 
meritevole  di  lode  :  lodabilità,  lodevolezza  ;  piace- 
volezza. -  Di  persona,  bonarietà,  bonomia,  bontà  di 
animo  in  genere,  disposizione  a  credere  tutti  buoni, 
amorevolezza,  affettuosità,  benevolenza,  benignità; 
buona  fede,  docilità;  dolcezza;  mansuetezza,  man- 
suetudine: mitezza;  soavità,  umanità.  -  Fragola,  pian- 
ticella, simbolo  della  bontà. 

Carità,  stntimento  che  induce  ad  aiutare  il 
prossimo.  -  C'ieme/iza,  bontà  che  induce  al  per- 
dono. -  Generosità,  bontà,  grandezza  e  nobiltà 
d'animo.  -  Indulgenza,  bontà  che  induce  a  scu- 
sare. -  Innocenza,  bontà  naturale,  con  ignoranza 
del  male.  -  Valore,  il  grado  di  bontà  d'una  cosa. 

Abbonare,  abbuonare,  fare  o  rendere  buono.  Menar 
buono  un  conto  non  liquido.  -  Abbonire,  rabbo- 
nire, render  buono,  calmandp,  placando.  -  Apprez- 
pare,  avere  in  pregio  persona  o  cosa  buona  {ap- 
rrezzabile,  apprezzata).  -  Apprezzamento,  il  tenere  in 
pregio.  -  Bonificare,  far  la  bonifica,  rendere  buono, 
migliorare,  risanare  un  terreno.  -  Buttarsi,  mettersi, 
zimettersi,  vallarsi  al  bóno,  cambiar  natura,  da  cat- 
tivo in  buono. 

Essere  una  crema,  di  roba  buona,  da  mangiare 
specialmente.-  Essere  una  galanteria,  di  prima 
forza,  coi  fiocchi  :  di  cosa  buona  relativamente  al 
senso  del  gusto.  -  Essere  né  carne  né  pesce,  essei" 
né  buono  né  cattivo,  né  una  cosa  né  un'altra.  - 
Farebbe  risuscitare  un  morto:  di  un  vino  eccellente, 
o  altra  cosa  buona.  -  La  sua  bontà  non  ha  limiti  : 
di  cosa  straordinaria.  -  Si  leverebbe  la  camicia:  di 
persona  di  molto  buon  cuore,  generosa,  sempre 
pronta  a  dare  del  proprio. 

Proverbi.  -  Da  uom  dabbene  non  hai  che  bene.  - 
So  lodi  il  buono  diverrai  migliore.  -  Onora  il  buono, 
peiclìé  f onori. 

Buono.  Obbligazione  o  ricevuta  che  si  rilascia 
invece  di  denaro.  -  Termine  di  banca,  di  Borsa. 

Buonóniini.  Antico  magistrato   in   Firenze. 

Buon  senso.  Consenso,  senno;  facoltà  innata 
di  ragionare  rettamente;  il  lume  della  ragriowe. 

Buontempone.  Chi  ama  il  divertirsi,  si  dà 
allo  spasso,  al  godere  la  vita,  scansando  il  la- 
voro, la  fatica:  amante  di  sollazzi,  buon  com- 
pagno, buon  sozio;  compagno  di  notte,  compa- 
gnone, buon  compagnone;  chiassone;  giovialone, 
gaudente,  gaudentone,  godereccio,  goditore,  gogliardo; 
gente  di  sboccio;  matto  glorioso';  uomo  di  buon 
tempo,  di  conia,  che  sta  alla  conia,  vago  di  spassi. 

Essere  buontempone:  avere  il  capo  a'  cembali  ; 
darsi  tutto  agli  spassi;  essere  come  l'alloro,  che  si 
trova  a  tutte  le.  feste;  far  vita  gaudente,  far  la 
bella  vita;  stare  in  barba  di  micio,  stare  in  gau- 
deamus; essere  come  il  matto  delle  minchiate,  che 
entra  a  comporre  tutte  le  verzicole. 

Buonumore.  Coudizione  d'animo,  di  mente,  di 


spirito,  per  cui  si  sente  e  si  dimostra  allegrezza^- 
si  ha  voglia  di  divertimento,  si  sta  volentieri  alla 
burla,  allo  sc7t.e»'5;o;  gaiezza,  giocondità,  giulività, 
letizia,  lietezza;  voglia  di  ridere  e  di  far  ridere. 
Contrario  di  malumore.  -  Essere  in  buona,  di 
buonumore,  senza  luna. 

Buonuscita.  Sorta  dì  mancia* 

Burattare  (burattato).  Stacciare  la  farina, 

Burattèllo.  Piccolo  buratto. 

Burattinaio.  Detto  a  burattino. 

Burattinata.  Veggasi  a  burattino. 

Burattino.  Fantoccio  che  si  presenta  a  mano 
nell'apertura  di  una  baracca  (teatrino),  di  forma 
speciale:  lo  si  fa  agire  con  le  dita,  l'indice  infilalo 
nella  testa  di  legno,  il  medio  e  il  pollice  nelle  ma- 
niche del  vestito  ;  diverso  quindi  dalla  mario- 
netta, sebbene  le  due  voci  siano  usate  come  sino- 
nimi. In  milanese,  magateli 

Castello  dei  burattini,  torricella  nella  quale  sta 
l'uomo  che  fa  agire  i  burattini,  davanti  un'aper- 
tura fatta  come  una  scena.  In  questo  teatrino,  fa- 
cilmente trasportabile,  e  nel  quale  si  rappresentano, 
per  lo  più,  farse  e  parodie  di  drammi,  si  fa  agire 
anche  qualche  maschera  del  teatro  italiano.  In 
Lombardia,  ne  sono  personaggi  principali  il  giop- 
pino  (giopì,  con  tre  gozzi,  tipo  del  villico  berga- 
masco), il  meneghino,  il  pampalughino,  ecc.  -  Burat- 
tinaio, chi  dà  rappresentazioni  coi  burattini,  - 
Burattinata,  rappresentazione  coi  burattini. 

Burattino.  Figur.,  uomo  leggiero,  volubile. 
Anche,  buffone. 

Buratto.  Istrumento  per  cernere   la  farina. 

Burbale.  Detto  a  pozzo. 

Burbànza,  J>urbanzóso.  Detto  a  superbia» 

Bùrbera.  Specie  di  àrgano. 

Burbero.  Chi  ha  contegno,  aspetto  serio,  se- 
vero, quasi  sgarbato,  tuttavia  senza  malanimo:  cruc- 
ciato, duracelo,  ingrugnato;  mangiacristiani,  man- 
giarabbini.  -  Fare  il  bùrbero:  fare  il  cagnaccio,  il 
crudele,  il  tristo  ;  stare  in  cagnesco. 

Burchiellésco.  Veggasi  a  letteratura. 

Burchiello.  Piccola  barca. 

Bùrchio.  Sorta  di  barca.  -  Vecchia  misura 
veneta. 

Bure.  Stanga  curva  dell'aratro. 

Bure.  Sorta  di  pero  ;  il  suo  frutto. 

Buretta.  Tubo  di  vetro  per  misura  di  liquido» 

Burg-ravio.  Veggasi  a  castello  e  a  feudo. 

Buriasso.  Detto  a  giostra. 

Buricco.  Detto  ad  asino. 

Burla.  Beffa,  celia,  scherzo,  che  si  fa  a  qual- 
cuno, per  lo  più  a  scopo  di  ridere:  baia,  berta, 
billera,  canzonatura,  corbellatura,  cuculiatura;  don- 
dolo; facezia,  farsa;  fiocco,  gabba,  gabbio;  giac- 
cherà, giarda,  gioco,  giostra;  rninchionatura;  tiro, 
uccellamento,  vescica.  -  Moino,  il  dio  della  burla, 
del  riso.  Per  estens.,  la  facezia.  -  Cattiva  burla: 
quella  spiacevole,  incivile,  tale  da  arrecare  offesa 
0  sembrare  inganno;  burla,  scherzo  di  cattivo 
genere,  di  cattivo  gusto;  burla  atroce,  burla  di 
pepe;  biscazzo,  bischenca,  bischenco  ;  celiacela  ;  fa- 
cezia da  prete,  gherminella;  ludibrio;  scherzo 
villano. 

Barzelletta,  deito,motto,  faceto,  spiritoso,  burlesco: 
facezia.  -  Béljfa,  bèffe,  burla  fatta  per  dileggio,  con 
intenzione  di  scherno,  ossia  di  burlare  sprezzan- 
temente. -  Burletta,  dimin.  di  burla:  burla  lieve, 
piacevole,  simpatica.  -  Canzonatura,  beffa  burla 
scherzosa,  allegra,  leggiera,  senza  proposito  delibe- 
rato di  offendere,  di"  umiliare:   corbellatura;  min- 


333 


chionatura  ;  beffeggiamento.  -  Célia,  scherzo  inge- 
nuo, burla  fatta  con  buonumore.  -  Chiassala,  sem- 
plice celia.  -  Derisione,  dileggio, scherno.  -  Scherzo, 
oaia,  burla  allegra. 

Burlare,  burlato. 

Burlare.  —  Celiare,  scherzare,  cogliere  in  trap- 

Eola  con  qualche  atto  scherzoso:  accoccarla,  aflib- 
iarla,  appiccarla,  attaccarla  (una  burla)  ;  aver  bel 
tempo  ;  barbare,  berteggiare  ;  coccare,  cocchiumare, 
raccoccare;  coglionare,  corbellare,  cordonare;  cor- 
rere la  berretta,  correre  il  cappello;  cuculiare;  dar 
la  berta,  dar  la  madre  d'Orlando  (Berla),  dar  la 
manna;  dare  il  pepe  o  le  spezie;  dondolare;  far 
calandrino,  far  cucco;  farla  ad  alcuno;  far  la  barba 
di  stoppa,  farla  bella;  far  la  burla;  farsi  gabbo, 
gabbare,  gabbarsi  d'alcuno;  galeffare  ;  mandare  al- 
l'uccellaio; mettere  in  burla,  in  burletta;  minchio- 
nare, minchionar  la  maltesi;  pagar  di  ghigno;  pal- 
leggiare, pallonare,  pifferare;  prender  diletto,  pren- 
dersi giuoco,  prendersi  spasso;  prendere  in  festa; 
scoccoveggiare;  sminchioiiare;  sgufare;  tenere  in 
berte;  tenere  sulle  gruccie;  uccellare  la  mattéa  ; 
vignare.  -  Acchiapparci  tino,  farlo  rimanere  in  una 
burla.  -  Barzellettare,  far  burla,  per  lo  più,  di 
parole. 

Beffare,  burlare  altri  con  parole:  avere  le  befle, 
aver  giambo  e  pastura;  belfeggiare,  berteggiare; 
canzonare;  dar  la  baia,  la  berta;  dar  )a  soia;  man- 
dare in  niccherà;  mettere  in  canzonella,  in  coglio- 
nella,  in  commedia,  in  novelle;  motteggiare;  paro- 
diare; prendersi  giuoco,  baia;  prendere  a  giuoco, 
a  riso,  a  sollazzo;  proverbiare;  ridersi  di  persona 
0  di  cosa;  sbeffare,  sbeffeggiare.;  tenere  in  giuoco  e 
in  beffe. 

Bertuellare  uno,  burlarlo,  tenerlo  a  bada,  canzo- 
narlo. -  Busclìerare,  far  celia.  -  Coccare,  far  le  cocche, 
gesto  di  beffa,  battendo  una  mano  aperta  sopra 
l'altra  serrata.  -  Dare  il  cane  a  uno,  canzonarlo.  - 
Dare  la  baia,  dar  la  quadra  a  uno,  burlarsene, 
fargli  la  burletta  -  Finire  il  chiasso,  linire  la  burla: 
ironicamente,  anche  di  cosa  seria.  -  Melare,  burlare 
e  imbrogliare.  -  Mettere  in  bernesco,  in  ridicolo, 
burlare.  -  Minchionare  la  fiera,  lo  stesso  che  cor- 
bellare. -  Non  minchionare,  non  far  per  burla,  iar 
davvero,  con  molto  più  impegno  e  riuscita.  -  Passeg- 
giare uno:  volgarmente,  menarlo  a  spasso,  burlarlo, 
canzonarlo. 

Pigliar  a  godere  uno,  beffarlo  fingendo  d'andargli  a 
versi.  -  Prendere  in  giro,  per  il  bavero,  per  il  naso 
uno,  vale  canzonarlo.  -  Reggere  al  lazzo,  tenere  il 
lazzo,  reggere  alla  celia,  alla  burla  -  Reggere  la 
celia,  non  essere  permalosi,  non  offendersi  degli 
scherzi. 

Ridere  in  barba  ad  alcuno,  prendersi  giuoco, 
spassarsi  di  persona,  con  disprezzo,  spesso  alla  sua 
presenza.  -  Riburlare:  ripete  burlare.  -  Sbertare,  dar 
la  berta.  -  Scherzare,  parlare  burlando,  -  Sonarla 
a  uno:  fargli  qualche  tiro.  -  Subsannare,  latinismo, 
beffeggiare.  -  Trastullarsi  d'imo,  burlarsene. 

Burlato.  —  Beffato,  scatellato,  proverbiato,  scor- 
nato, smaccato  (da  aggiungere  il  participio  passato 
di  molti  fra  i  verbi  citati).  -  Essere,  rimaner  bur- 
lato :  avere  la  baia  ;  avere  il  danno  e  le  beffe;  esser 
fatto  il  messere;  esser  giuoco,  essere  il  bertuello, 
lo  zimbello,  il  papa  sei^  il  trastullo;  lasciarsi  le- 
vare a  cavallo,  restar  cordovano,  restar  goffo;  ri- 
manere un  zugo.  -  Farsi  tirare  le  palate:  farsi  min- 
chionare. 


Burlesco.  -  Burlone.  -  Voci  varie. 

Burlesco:  di  o  da  burla;  burlevole;  arlecchi- 
nesco, bernesco,  buffonesco,  buffo,  canzonatorio, 
comico,  corbellatorio;  giocoso,  minchionatorio,  scher- 
zevole, trastullevole,  zannesco.  -  Avere  dello  Zanni, 
essere  burlesco.  -  Burlescamente,  \n  modo  burlesco  ; 
burlevolmente. 

Burlóne:  chi  ha  il  costume  di  burlare,  a  parole 
0  a  fatti;  uomo  gioviale,  piacevole,  che  scherza 
volontieri:  baione;  beffardo,  beffatore,  beffeggia- 
tore;  bellumore;  brioso  cervello;  burbere;  canzo- 
natore; capo  ameno,  capo  scarico;  celione;  cor- 
bellatore, faceto,  festoso;  giocoso,  gioioso;  lepido; 
mattacchione,  mattacciuolo;  piacevolaccio,  piacevo- 
lone, ridanciano,  risanciano;  riditore,  ridone;  ri- 
golo  (voce  del  gergo  francese);  umorista;  uomo  bur- 
levole, festevole,  sollazzevole;  trastullevole;  un 
demòcrilo,  dal  nome  del  filosofo  greco:  chi  prende  in 
celia  tutto.  -  Burlonuccio,  pegg.  di  burlone.  ■  Cuccù, 
per  esclamazione,  volendo  burlarsi  di  chi  credeva 
accoccarcela.  -  Issa,  issa;  lima,  lima,  modo  di  bur- 
lare uno  a  cui  non  è  toccata  una  cosa,  limando  un 
indice  sull'altro.  -  Maramèo,  esclamazione  che  si  la 
imitando  un  poco  la  voce  del  gatto  per  dire  a  uno: 
Fossi  minchione!  tu  non  ci  riesci! 

Burlare  (burlalo).  Far  bnr/a. 

Burlesco  (buriescamente).  Detto  a  burla. 

Burlétta.  Lieve  e  allegra  burla.  ■  Specie  di 
farsa. 

Burlévole.  Burlesco:  di  persona  solita  a  far 
burla. 

Burlóne.  Detto  a  burla. 

Burocràtico.  Di  burocrazia. 

Burocrazia  [burocràtico).  La  gerarchia  delle 
persone  che,  allo  stipendio  dello  Stato,  occupano 
impieghi  e  uffici  pubblici:  voce  (mista  di  francese 
e  di  greco)  il  più  delle  volte  usata  in  senso  spre- 
giativo, a  indicare  il  complesso  degli  impiegati  e 
dei  funzionari  che,  per  indolenza  o  pedanteria, 
rendono  lento  il  disbrigo  degli  ailari  pubblici .  Detta 
anche;  scriniocrazia,  mondo  ufficiale,  plebe  di  gal- 
lone e  di  lettere,  ^'eggasi  a  impiegato  e  ad  uf- 
ficio. -  Burocratico,  della  burocrazia,  appartenente 
alla  burocrazia.  -  Burocraticamente,  da  burocratico. 

Burraio.  Chi  fa  e  vende  burro. 

Burrasca  {burrascoso).  Turbine  di  vento  in 
mare  (tempesta)  e  in  terra  (uragano).  •  Burra- 
sca magnetica,  detto  a  niagnetisiìio. 

Burrato.  Cotto  e  condito  col  burro. 

Burro.  Butirro,  butiro:  cibo  e  condimento  che 
si  trae  dal  latte,  dibattendone  la  panna  (la  parte 
più  grassa  separata  del  siero)  nella  zangola;  e  ciò 
appartiene  essenzialmente  all'industria  del  casei- 
ficio. -  Burrdceo,  di  burro.  -  Burraio,  imburrato, 
spalmato,  condito  di  burro.  -  Burroso,  butirroso, 
con  burro.  -  Imburrare,  distendere  il  burro  sul 
pane  o  su  altro  per  mangiarlo.  -  Pane  di  burro, 
una  certa  quantità  di  burro  ridotta  in  forma  di 
pane  o  altro  consimile  per  la  vendita  al  minuto. 
Dimin.,  panello  e  panino  di  burro:  questo  più 
piccolo  e  più  schiacciato  di  quello. 

Burro  collo,  quel  burro  che  fu  strutto  a  fuoco 
lento  attraverso  un  filtro,  per  liberarlo  del  tutto 
dai  principi  caciosi  e  sierosi,  perché  si  serbi  a 
lungo  senza  diventare  rancido.  -  Burro  di  marga- 
rina, burro  economico,  burro  alpino,  burro  svizzero, 
burro  tirolese:  burro  artificiale.  -  Burro  fresco, 
quello  levato  di  recente  dalla  zangola,  e  che  è 
ancora  fragrante  e  molto  piacevole  al  gusto.  -  Burro 


;ì;ì4 


ràiuidu,  vièto,  quello  che  non  è  più  fresco,  ma 
stantio,  e  va  quindi  a  male.  -  Manteca,  il  burro 
salato  che  viene  spedito  in  caratelli. 

Acido  butirrico,  acido  grasso,  volatile,  che  si  trova 
essenzialmente  nel  grasso  del  latte,  allo  stato  di 
butirrina.  -  Acido  capronico,  uno  degli  acidi  vola- 
tili prodotti  dall'irrancidimento  del  burro  -  Butir- 
rina, grasso  semisolido,  uno  dei  tanti  componenti 
(palmitina,  stearina ,  miristicina,  ecc.)  del  burro, 
al  quale  dà  il  sapore  caratteristico.  -  Caprina, 
grasso  neutro  contenuto  nel  burro.  -  Grasso  del 
burro,  la  parte  untuosa.  -  Tributirrina,  triglicerido 
specifico  del  burro  ordinario. 

Burraia,  stanza  nella  quale  si  fa  il  burro:  bur- 
rificio. •  Burraio,  chi  fa  o  va  a  vendere    il  burro. 

-  Cascina,  stalla  in  prateria,  c®n  fabbricato  annesso, 
dove  si  fa  burro  e  formaggio.  -  Cascinaio,  chi  so- 
praintende  alla  cascina.  -  Bollo,  stampo  di  legno, 
con  un  segno  particolare,  col  quale  il  burraio  im- 
pronta sui  pani  0  panini  di  burro  che    fabbrica.  - 

Cremomelria,  calcolazione  delle  sostanze  grasse, 
0  burro,  contenute  nel  latte.  -  Pennacchio,  tamburo 
di  legno  in  cui  si  mette  la  panna  per  fare  il  burro. 

-  Siringa,  arnese,  per  lo  più  di  stagno,  da  cui  per 
compressione  si  caccia  fuori  il  burro,  figurato  in 
piccolo  cilindro  variamente  scanalato,  da  servire 
in  tavola.  -  Stampino  o  stampettino,  arnese  che  serve 
a  dare  determinate  forme  al  burro  da  mettere  in 
tavola  -  Zangola,  cilindro  di  legno,  vuoto  all'interno 
in  cui  si  dibatte  la  panna  col  pestello,  e  si  serra 
e  impasta  il  burro,  sceverandolo  dalle  parti  sierose: 
è  a    colpo ,    centrifuga ,    fissa,    mobile,    rotatoria.    - 

-  Appanettare,  ridurre  il  burro  in  panetti.  -  Bollare, 
imprimere  nel  burro  il  bollo.  Nei  monti  del  Pisto- 
iese si  dice  fiorire  il  burro.  -  Sburrare,  cavare  dal 
latte  la  panna,  con  la  quale  si  fa  il  burro. 

Annatto,  arnotta,  sostanze  adoperate  per  colorare 
il  burro. 

Burróne.  Luogo  scosceso,  dirupato  e  profondo, 
tra  tnonte  e  monte,  per  lo  più  corroso  dalle  acque 
e  ripieno  di  sterpi:  dirupo. 

Burróne.  Qualità  di  pesco  e  del  suo  frutto* 

Burroso.  Detto  a  barro. 

Busca.  Cerca,  il  cercare  fatto  dal  frate,  -  Ru- 
beria di  soldati  nella  campagna. 

Busca.  Regolo  da  costruttore. 

Buscare  (6?<sca,  buscato).  CevcaiTe,  procurarsi, 
con  industria.  -  Del  cane  che  prende  e  riporta 
cose  in  bocca. 

Buscherare  (buscherato).  Ingannare,  trarre  in 
inganno. 

Busécca.  Termine  milanese:  veggasi-  a  vi- 
vanda, 

Busècchie,  busècchio.  Detto  a  vivanda, 

Busilll,  busillis.  Punto  forte,  difficoltà,  im- 
broglio. 

Bussa.  Battitura,  colpo,  percossa.  Si  usa  al 
plurale:  busse,  briscole. 

Bussare  (bussala,  bussato).  Picchiare,  battere 
a  uscio,  a  jjorta. 

Bussata.  Atto  del  bussare. 

Bussetto.  Arnese  da  calzolaio. 

Busso.  Strepito,  inimore. 

Bussola.  Piccolo  strumento,  costituito  da  una 
scatola  rotonda  di  metallo,  non  di  ferro  però,  nel 
fondo  della  quale,  sopra  un  perno  appuntato 
d'ottone,  é  sostenuto  in  bilico  l'ago  calamitato.  Serve 
a  far  conoscere  la  direzione  della  linea  che  con- 
giunge i  poli  del  mondo.  -Nome  generico  di  parecchi 
strumenti,  che  servono  a    misurare   le   forze  elet- 


triche e  magnetiche.  -  Bussola  a  liquido,  nuova 
bussola  dell'ammiraglio  Magnagli i,  composta  di  quat- 
tro parti  principali:  la  cassa,  con  anelli  per  so- 
spensione cardanica;  la  rosa,  con  galleggiante  e  si- 
stemi di  aghi  magnetici;  il  circolo  azimutale,  con 
cannocchiale  traguardo;  il  fanaletlo  per  le  osserva- 
zioni  notturne.  Serve  per  le  navi. 

Bussola  d'agrimensore,  o  per  agrimensore,  piccola 
bussola  'li  declinazione  che  serve  a  determinare  la 
posizione  dei  punti  cardinali  all'orizzonte.  -  Bussola 
dei  coseni  e  dei  seni,  specie  di  bussola  delle  'tan- 
genti. -  Bussola  delle  intensità,  nome  dato  qualche 
volta  a  un  ago  di  declinazione  sospeso  a  un  filo 
di  seta  non  torta  e  che  si  fa  oscillare  per  misu- 
rare la  componente  orizzontale  del  campo  terrestre. 

-  Bussola  delle  tangenti,  apparecchio  che  serve  a 
misurare  l'intensità  di  una  corrente  elettrica  in 
valore  assoluto.  -  Bussola  delle  variazioni,  specie  di 
bussola  che  registra  le  variazioni  della  declina- 
zione e  dell'inclinazione.  -  Bussola  di  declinazione, 
apparecchio,  che  serve  a  misurare  l'angolo  che  fa 
il  meridiano  magnetico  col  meridiano  astronomico. 

-  Bussola  d'inclinazione,  apparecchio  che  misura 
l'angolo  che  fa  con  l'orrizzonte  un  ago  calamitato 
mobile,  nel  plano  del  meridiano  magnetico.  -  Bus- 
sola di  proporzione,  strumento  ideato  da  Carpentier 
per  la  misurazione  delle  resistenze  elettriche.  - 
Bussola  galvanometrica,  nome  primitivo  dato  al 
galvanonietro.  -  Bussola  marina,  specie  di  bus- 
sola che  può  mantenere  orizzontale  l'ago  ed  il  eer- 
chìo  graduato,  nonostante  il  moto  ondoso  del  mare. 

-  Bussola  telegrafica:  si  compone  di  un  ago  cala- 
mitato, bilicato  sopra  un  perno  di  agata  o  di  pie- 
tra dura  e  che  può  oscillare  nell'interno  di  un 
moltiplicatore  a  trentadue  giri;  l'ago  porta  un  pro- 
liin?amento  e  un  indice,  che  oscilla  al  disopra  d'un 
discd  d'ottone  graduato.  -  Bussola  terrestre,  semplice 
ago  magnetico,  sospeso  in  un  punto,  che  poggia  al 
centro  d'un  cerchietto  graduato  portante  l'indica- 
zione dei  punti  cardinali. 

Compasso  di  mare,  di  marina,  di  rotta,  di  varia- 
zione azimutale,  diversi  nomi  dati  alle  bussole  di 
bordo,  di  marina.  -  Marinetta,  bussola  acquatica  del 
secolo  XII. 

Ago  della  bussola,  ago  magnetico,  quello  che  serve 
da  indice:  ago  calamitato,  ago  versorio;  cala- 
mita, freccia.  -  Astatico,  l'ago  sottratto  all'azione 
direttrice  del  magnetismo  terrestre.  -  Bilancieri, 
due  cerchi  d'ottone  concentrici  e  mobili,  i  quali 
tengono  la  bussola  in  equilibrio,  sicché  si  mantenga 
sempre  orizzontale  ad  onta  dei  movimenti  delia 
nave.  -  Capo  del  compasso,  linea  tracciata  nell'orlo 
anteriore  della  scatola  della  bussola  e  perfettamente 
parallela  all'asse  della  nave.  -  Cappelletto,  cappel- 
lozzo  di  agata  posto  al  centro  dell'ago  della  bus- 
sola. -  Chiesuola,  in  marina,  è  l'armadietto  nel 
quale  si  custodisce  la  bussola:  abitacolo.  -  Com- 
pensatore, apparecchio  per  correggere  gli  errori  di 
deviazione.  -  Lancetta,  la  punta  della  freccia  della 
bussola.  -  Pinace  (gr.),  rosa  dei  venti  nella  bus- 
sola. -  Quadrante  o  indicatore,  circolo  di  cartone 
sul  quale  é  segnata  la  i-osa  dei  venti,  ossia  la 
indicazione  dei  punti  cardinali  e  degli  inter- 
medi. -  Quarta,  una  delle  trentadue  divisioni  della 
bussola  •  -  Bombo,  la  quarta  parte  d'un  vento  della 
bussola. 

Deviazione,  insieme  della  deviazione  locale  e 
della  variazione,  cioè  dei  due  errori  di  cui  é  pas- 
sibile l'ago  calamitato  che,  nella  bussola  di  bordo, 
serve  a   stabilire    l'orientamento   della   prua  della 


BUSSOLA    —    BUZZUHHO 


335 


nave.  La  deviaziove  locale  è  prodotta  dalla  influenza 
del  magnetisnio  della  nave  sulla  bussola.  La  vana- 
zione  è  l'angolo  che  fa  la  direzione  del  meiidianu 
del  luogo  con  quella  dell'ago  calamitalo  nel  luogo 
stesso,  angolo  dovuto  all'inlluenza  del  magnetismo 
terrestre,  clie  si  fa    sentire  a    bordo  come  a  terra. 

-  Perturbazioni,  deviazioni,  variazioni.  -  Polarità, 
proprietà  per  cui  l'ago  si  volge  verso  i  poli.  -  Ver- 
acità, proprietà  di  volgersi  verso  un  punto. 

Bùssola.  Specie  di  sedia  portabile. 

Bussolante.  Veggasi  a  sedia. 

Bussolotti.  Bussoli,  vasi  dei  quali  si  serve  il 
prestidigitatore  per  alcuni  suoi  giuochi. 

Bagrattèlla.    Giuoco    dei     bussolotti:    frane, 
escamotage   -  Bagattelliére,  giocoliere,   giuocatore  di 
bussolotti:  frane,  escamolenr. 
.    Busta.  Taschetla  di  carta  nella  quale  si  chiude 
la  lettera.  -  Astuccio,  custoMa. 

Bustaia,  bustaio.  Chi  fa  il  busto. 

Bustino.  L'alta  cintura,  ii  busto  portato  dalle 
donne. 

Busto.  Parte  del  corpo  umano,  dal  collo  ai 
fianchi;  più  largamente,  il  corpo  stesso  senza  testa 
e  senza  estremità,  detto  con  precisione  torso,  tronco. 
frowconp:  cassa,  imbusto,  torace,  vita,  vitino.  In  esso 
sono  contenuti  i  bronchi,  i  polmoni,  il  cuore. 

Anca,  l'osso  tra  il  fianco  e  la  coscia:  regione 
costituita  dalla  partt  laterale  del  bacino  che  si 
continua  con  la  coscia.  -  Bellico,  parte  che,  negli 
animali,  è  per  lo  più  in  mezzo  al  ventre:  ombelico. 

-  Cintura,  fianco.  -  Colonna  vertebrale,  insieme 
di  tutte  le  vertebre  che  formano  una  colonna  nella 
parte  posteriore  del  tronco:  veggasi    a   vertebra, 

-  Costa,  arco  osseo  nella  parte  anteriore  del  busto: 
costola.  -  Diafragma,  diaframma^  largo  mu- 
scolo situato  trasversalmente  fra  il  torace  e  l'addome. 

Dorso,  dòf^so,  tutta  la  parte  posteriore  del 
busto  del  corpo,  dalla  nuca  ai  fianchi  -  Fianco, 
parte  rra  le  coscie  e  le  costole.  -  Groppone,  la  parte 
che  sta  fra  le  natiche  e  le  reni.  -  Fusto,  la 
struttura  del  petto  -  Grembo,  la  parte  dalla  cin- 
tura ai  ginocchi.  -  Lombi,  regioni  dell'addome 
situate  sui  lati  della  regione  ombelicale.  -  Petto, 
la  parte  anteriore  del  corpo,  dal  ventre  fino  al 
collo:  torace.  -  Poppa,  corpo  glandolare  nella 
parte  superiore,  anteriore  e  laterale  del  petto  : 
mammella.  -  Reni,  tutta  la  regione  lombare  ester- 
na: veggasi  a  rene.  -  Seno,  parte  tra  la  fonta- 
nella della  gola  e  il  bellico.  -  Spalla,  omero, 
parte  dall'appiccatura  del  collo  al  braccio.  -  Vita, 
parte  dalle  anche  fino  alle  spalle. 

Busto.  Figura  umana  dai  fianchi  in  su,  senza 
braccia:  opera  di  scultura. 

Busto.  Specie  di  vestimento  femminile,  che  si 
stringe  intorno  ai  fianchi,  fatto  di  forte  tela  addop- 
piata e  impuntita,  armato  di  stecche  di  balena,  di 
acciaio,  o  anche  di  legno:  si  allaccia  davanti  o  di 
dietro  con  l' aghetto.  Volgarm.,  fascetta  ijustina. 
Propriam.,  la  bustina,  la  fascetta  simile  al  busto, 
è  meno  grave,  nien  fortemente  impuntita,  e  guernita 
di  un  minor  numero  di  stecchine,  e  queste  più 
sottili.  -  Pettiera,  corpetto,  busto.  -  Bustaia,  fascet- 
tuia,  donna  che  ifa  i  busti,  le  fascette. 

Aghetto,  cordoncino,  con  puntale  di  metallo,  per 
uso  di  allacciar  busti  o  altro:  specie  di   stringa. 

Buchi,  bucolini,  i  fori   che  sono  nei  due  margini 


verticali  della  fascetta,  a  uso  di  allacciarla  con 
aglietto.  I  bucolini  si  tanno  col  punteruolo,  ferro 
appuntato;  poi  si  cuciono  torno  torno  con  punti  a 
occhiello,  quando  alla  cucitura  non  si  supplisca  con 
magliette  o  campanelline.  -  Cawpanelhne.  anelli, 
magliette  dei  bucolini  della  fascetta,  tubetti  legger- 
mente conici  di  sottile  lamina  metallica,  lunghi 
quanto  é  grossa  la  fascetta:  li  si  introducono  nei 
bucolini  di  essa,  fatti  col  punteruolo,  e  vi  si  riba- 
discono dalle  due  bande;  cosi  l'a/lietto  vi  pa.ssa  più 
agevolmente  e  senza  logorarsi,  e  i  bucolini  non  si 
sfilacciano  ner  il  lungo  uso.  -  Unari  detta  fascetta, 
snecie  di  gtieroni  o  pezzi  trianj;olari,  coi  quali  è 
allargata  la  fascetta  in  alto  sul  davanti,  e  in  basso 
lateralmente,  affinchè  essa  si  adatti  bene  al  garbo 
del  seno  e  dei  fianchi.  -  A/oW?,  strisce  d'acciaio  che 
sono  nel  davanti  delle  fascette:  in  una  entrano  i 
ganci,  e  nell'altra  le  corrispondenti  magliette  d'ot- 
tone. 

Pettine,  le  parti  estreme  dei  petti  o  busti  dove  è 
l'abbottonatura,  quando  esse  sono  rapportate,  cioè 
fatte  con  lista  di  panno,  cucita  in  ambi  i  petti  del 
vestito.  -  Pettorina,  pezzo  triangolare  del  busto  che 
sta  sul  petto  negli  intervalli  delle  allacciature  lente. 
-  Spallacci,  due  liste  di  tela  addoppiata,  destinate  a 
passare  su  ciascuna  spalla  con  i  due  capi  cuciti 
alle  corrispondenti  parti,  anteriore  e  posteriore,  della 
fascetta,  lasciando  cosi  un'apertura  per  passarvi  le 
braccia.  -  Stecca,  lamina  sottile,  elastica,  per  lo  più 
un  pezzo  di  molla  d'acciaio,  o  d'osso  di  balena,  o 
anche  di  legno,  'ungo  quanto  la  fascetta,  e  che  fic- 
casi verticalmente  in  una  guaina  sul  davanti  della 
fascetta,  affinchè  questa  stia  a  segno,  cioè  nei  mo- 
vimenti della  persona  non  cessi  di  sfare  ben  aggiu- 
stata alla  vita.  -  Stecchine,  piccole  stecche  di  balena, 
cucite  longitudinalmente  nell'addoppiatura  della  fa- 
scetta, di  luogo  in  luogo,  specialmente  nei  due  mar- 
gini verticali  di  essa,  dove  sono  i  bucolini.  -  Stringa, 
nastro  col  quale  le  donne  si  stringono  il  busto,  e 
per  somiglianza  ogni  cosa  che  porti  costringimento. 

Camicetta,  veste  di  velo,  di  seta  o  di  lana  che 
copre  il  busto,  sciolta  come  !a  camicia,  ma  stretta 
àWAyUa..-  Copiibnsto,  soprabusto,  specie  di  corsetto  o 
farsettino,  lavorato  in  tessuti  leggieri,  che  sta  sopra  il 
busto.  -  Farsetto,  giubbettino,  panciotto,  vestimento 
che  copre  il  busto.  -  Sottovita,  specie  di  carnicino 
che  si  porta  sotto  il  vestito  e  sopra  al  busto;  detto 
vitina,  se  è  di  roba  leggiera,  scollato  e  con  uianiche 
corte. 

Bustrofédo.  Aggiunto  di  antica  scrittura. 

Butirra.  Varietà  di  pera. 

Butirro  (butirrosoj.  Detto  a  burro. 

Buttafuoco.  Detto  a  cannone  e  a  fortezza. 

Buttafuori.  Detto  a  conìico  e  a  teatro. 

Buttalà.  Arnese  nella  camera  da  letto. 

Buttare  (buttato).  Lanciare,  gettare. 

Buttata.  L'atto  del  gettare  o  del  gettarsi. 

Butterato.  Bucherato,  oll'eso  dal  vainolo. 

Bùttero.  Guardiano  del  bestiame.  -  Cicatrice 
del  vainolo. 

Buzzaiue.  Detto  a  intestino. 

Buzzicare  (buzzicato).  Leggermente  muoversi. 

Buzzo.  Pancia,  ventre,  specialmente  del  pollo 
e  deìV  uccel/o. 

Buzzurro.  Detto  a  castagna. 


336 


e    —    CACCIA 


O.  Terza  lettera  deWalfabeto.  •  In  musica,  indica 
la  misura  del  tempo  ordinario;  in  fisica,  la  mi- 
sura centesimale;  in  meccanica,  celerità;  in  chi- 
mica, carbonio. 

Càbala.  Originariamente,  scienza  occulta,  che 
dalle  parole  e  dai  numeri  pretendeva  far  conoscere 
le  proprietà  più  nascoste  dei  corpi  e  scoprire  la 
causa  dei  fenomeni  più  straordinari,  mediante  cor- 
rispondenza con  gli  spiriti;  oggi  arte,  calcolo  col 
quale  si  pretende  indovinare  i  numeri  del  lotto. 
Fig.,  imbroglio,  raggiro,  trama.  -  Cabalare,  stare 
sulle  cabale,  tar  cabale.  -  Cabalisti,  i  dottori  ebrei 
che  professarono  lo  studio  della  cabala.  -  Cabalistico, 
appartenente  alla  cabala.  -  Cabalisticamente,  da  ca- 
balista. -  Cabalone,  imbroglione. 

Cabaletta.  Aria  di  ritmo  vivace,  canzonetta» 
Ultima  parte  d'un  pezzo  di  musica, 

Caballino.  Specie  di  aloe. 

Cabessa.  Sorta  di  seta. 

Cabina.  Cameretta  di  nave. 

Cabiri.  Detto  a  culto. 

Cabotagrgrio.  Detto  a  navigazione. 

Cacadubbi.  Detto  a  dubbio. 

Cacaiòla,  cacarèlla.  Flusso  di  ventre,  diar- 
rèa. 

Cacào.  Detto  a  cioccolata. 

Cacare  {cacato).  Andar  di  corpo:  veggasi  a 
defecazione. 

Cacasodo.  Detto  ad  affettare,  affettazione. 

Cacastécchi.  Uomo  sordido,  avaro. 

Cacata ,  cacatoio ,  cacatura.  Veggasi  a 
defecazione  e  a  latrina. 

Cacazibétto.  Chi  è  azzimato  e  profumato  e 
ricercato  nel  vestire. 

Cacca.  Detto  a  defecazione. 

Caccabàldola.  Detto  a  carezza. 

Caccào.  Detto  a  cioccolata.  -  Burro  di  caccao, 
sostanza  usata  in  farmacia,  per  preparare  sup- 
positori. 

Cacchiatélla.  Sorta  di  pane  molto  fino. 

Cacchione.  La  larva  delia  formica. 

Caccia.  Complesso  dei  mezzi  e  delle  insidie  che 
l'uomo  adopera  per  uccidere  o  per  prendere  uccelli 
e  altri  aniiuaji;  il  perseguimento  della  selvaggina, 
per  impadronirsene  od  ucciderla;  esercizio  dell'uc- 
cellare, uccellagione,  uccellatura;  arte  della  vena- 
zione, venazione.  Si  dice  anche  degli  animali  presi 
e,  talvolta,  del  luogo  destinato  alla  caccia  o  nel 
quale    e'  è  da  cacciare 

Aviceptologia,  arte  di  prendere  gli  uccelli.  - 
Cinegesia  (dal  gr.),  arte  della  caccia.  -  Cinegètico, 
della  caccia,  relativo  alla  caccia:  venativo,  venatorio. 
-  lereiitica,  trattato  sulla  caccia.  Tereuticografo,  chi 
lo  scrive. 

Adone,  giovane  bellissimo,  nato  dall'  incestuoso 
accoppiamento  di  Ciniro  e  di  Mirra,  sua  figliuola:  era 
un  gran  cacciatore  -  Atleóne,  nella  mitologia  greca, 
gran  cacciatore,  da  Diana  tramutato  in  cervo.  - 
Diana,  dea  della  caccia.  -  JSemrod,  il  primo  re  cac- 
ciatore. 


Apertura  della  caccia,  il  suo  incominciare  nei 
paesi  in  cui  è  proibita  durante  certi  periodi  del- 
l'anno. 

Alta  caccia,  quella  che  si  fa  a  cervi,  caprioli,  ca- 
mosci, orsi,  linci,  lupi  e  grossi  uccelli.  -  Bassa  cac- 
cia, quella  fatta  a  lepri,  tassi,  volpi  e  piccoli  uccelli. 
-  Caccia  all'abbeveratoio,  quella  che  si  fa  tendendo 
paniuzze  lungo  i  fossati.  -  Caccia  all'albergo,  all'al- 
jDero  dove  gli  uccelli  vanno  a  dormire.  -  Caccia  al 
raslello,  modo  che  hanno  i  cacciato"ri,  collocati  fra  i 
battini  e  accompagnali  dai  caccini,  di  dare  la  caccia 
alle  lepri.  -  Caccia  a  fermo  e  non  a  fei-mo:  quelle  a 
fermo  si  possono  dividere  in  due  categorie  (tirare 
agli  uccelli  o  ad  altri  animali  che  stanno  fermi,  o 
sparare  a  volatili  o  a  lepri,  volanti  o  correnti,  stando 
fermi  alla  posta;  le  caccie  non  a  fermo  sono  quelle 
durante  le  quali  si  va  in  cerca  delia  selvaggina  da 
un  luogo  all'altro.  -  Caccia  de'  colombacci,  tirare  ai 
colombacci,  nell'ottobre,  quando  passano,  abbando- 
nando il  nostro  clima:  si  spara  loro  a  volo  o  sopra 
le  querele  sulle  quali  si  posano,  essendo  ghiottissimi 
delle  ghiande.  I  colombacci  si  pigliano  anche  con 
le  reti  dette  nasse,  presso  le  quali  si  mettono  ghiaiìde 
intere  o  infrante.  -  Caccia  furtiva,  quella  fatta  in 
epoche  o  in  luoghi  nei  quali  è  proibita:  francese, 
braconnage.  -  Caccia  regia,  quella  che  fa  il  re  ai 
camosci,  ai  caprioli,  ai  cervi,  ai  daini,  o  a  qua- 
lunque altra  selvaggina,  come  fagiani,  pernici,  ecc., 
nelle  riserve  alpine  e  nelle  tenute  o  nei  parchi 
reali.  -  Caccia  fatta  con  i  pallini  d'argento:  compe- 
rata. -  Cacciarella,  la  caccia  che  si  fa  nelle  vici- 
nanze di  Roma,  alla  volpe  e  quella  che  si  fa  al 
cinghiale  in  Maremma.- S?//m,  specie  di  caccia  che 
faceva  il  popolo  romano  nel  circo,  trasformato  in 
foresta  artificiale. 

Cacciagione,  la  selvaggina  fresca;  caccia,  sel- 
vaggiume,  venazione.  Anche,  luogo  acconcio  alla 
caccia.  -  Cacciagione  grossa,  caccia  alle  fiera  e  a 
grossi  animali:  cervi,  caprioli,  cignali.-  Cacciagione 
minuta,  caccia  agli  uccelli. 

Cacciare,  andare  a  caccia,  inseguirrjla  selvaggina 
per  farne  preda:  braccare,  consumar  polvere  e  pal- 
lini, dar  la  caccia,  far  caccia,  frugolare,  ramature, 
scaricare  il  fucile,  uccellare,  tirare  a....  (alle  Lcc- 
caccie,  alle  starne,  ecc.).  -  Cacciata,,  cacciare  di  se- 
guito e  piuttosto  a  lungo;  anche,  riunione  di  cao 
ciatori  che  cacciano  in  società. 

Caccia  con  le  reti. 

Prodina,  caccia  con  le  reti,  usata  in  Maremma.  • 
Ragnaia,  boschetto  da  tordi:  sistema  di  cacciare  gli 
uccelli  con  i  lacci  tesi  in  modo  che  i  tordi,  appena 
s'appressano,  rimangono  presi  e  strangolati  o, 
stretti  ai  piedi,  cadono  penzoloni. 

Brescianella,  specie  di  roccolo,  da  questo  solo  dif- 
ferente in  ciò:  che  gli  spauracchi  vengono  su  dal 
suolo,  inaiandosi  rapidamente  per  mezzo  di  una 
corda  che  si  tira  dal  capanno  e  costringe  gli  uccelli, 
volanti  terra  terra,  a  entrare  nelle  reti.  -  Capanno, 


337 


piccola  capanna  nelle  tese,  fatta  di  frasche  o  di 
paglia,  e  talora  anche  murata,  dove  si  nasconde 
l'uccellatore.  -  Carpino  comune,  pianta  scelta  per 
costituire  il  tondo  del  paretaio,  del  roccolo,  della 
brescianella.  -  Casotto,  l'antica  capanno  perfezionato 
dei  roccoli:  deve  essere  circondato  e  interamente 
nascosto  all'acuto  s^iuardo  degli  uccelli  da  una  rete 
di  vegetazione.  A  lale  scopo  si  adoperano  i  carpini, 
che  formano  magnilici  herceanx.  -  Corridora,  in 
certe  brescianelìe,  fossa  nella  quale  vengono  lasciati 
liberi  degli  uccelli  con  ali  tagliate.  -  Paretaio,  luogo 
circondato  di  reti  per  prendere  ogni  sorta  di  volatili, 
chiamativi  da  uccelli  canori  ingabbiati  e  da  zim- 
belli. -  Boschetto,  la  frasconaia  dove  si  tende  agli 
uccelli;  le  pianticelle  sull'aiolà  del  paretaio  dove 
vanno  gli  uccelli.  -  Piazza,  il  prato  del  paretaio.  - 
Ròccolo,  0  rocolo:  è  come  il  paretaio,  ma  gli  uccelli, 
invece  di  essere  presi  con  le  reti  mobili,  vengono 
cacciati  con  spauracchi  che  si  gettano  dall'alto,  fi- 
schiando come  i  falchi.  -  Tondo,  il  recinto  del 
ròccolo  ove  si  tendono  le  reti  :  fa  dai  due  lati  capo 
al  casotto. 

Aiuolo,  rete  da  pigliare  uccelli  che  si  adatta  in  sul 
piano,  0  aja,  dove  è  fatto  Yaescato.  Da  alcuni  questa 
rete  è  chiamata  copertoio:  è  formata  di  due  parti 
non  molto  grandi,  ma  spesse  e  forti,  che  in  ciascun 
capo  fra  esse  si  congiungono  e  si  ficcano  in  terra, 
dilungate  nella  parte  di  mezzo,  ed  hanno  quattro 
mazzuole,  con  le  quali  si  levano  in  alto.  -  Anta- 
nelle,  reti  speciali  che  si  stendono  nei  luoghi  di  pa- 
scolo delle  anitre \ selvatiche  e  dei  beccaccini.  -  Ar- 
matura, reti  a  maglie  che  si  mettono  in  mezzo  alla 
ragna.  -  Braca,  arnese  che  si  mette  agli  zimbelli 
del  paretaio.  -  Bucina,  rete  da  starne  e  da  pernici. 

Contrina,  fune  che,  legata  ai  capi  degli  staggi  e 
fissata  a  terra,  serve  in  certe  tese  a  far  venire  le 
reti  e  regolarne  la  caduta,  allorché  si  tirano.  -  Cop^ 
piala,  le  due  reti  del  paretaio.  Dicesi  anche  quando 
un  cacciatore  spara  ad  un  animale  due  colpi  del 
suo  fucile.  -  Filetto,  la  funicella  per  tener  tirate  le 
reti  del  paretaio.  -  Fringuelliera,  tordiera  :  passate 
che  si  mettono  in  giro  ai  cosi  detti  giuochi  dei 
roccoli  e  delle   brescianelìe.   -  Nasse,   ordigni   per 

{)rendere  le  pernici:  sono  fatti  con  reti  e  hanno 
a  forma  quasi  simile  a  quelle  per  i  pesci. 

Panno,  la  grandezza  delle  reti  da  uccelli,  che 
fanno  seno  per  prenderli  meglio.  -  Paratelle,  pa- 
ratelline,  piccole  reti  verticali  da  tendere  alle  qua- 
glie, dell'altezza  della  messe,  raccomandate  a  pali 
conficcati  nel  suolo. 

Plaga,Tete  da  caccia  da  mettere  attraverso  gli  stretti 
varch/  d'un  bosco,  per  impedire  che  il  selvaggiume 
prenda  il  largo  nella  aperta  campagna.  -  Ragna, 
rete  verticale  che  si  colloca  nelle  macchie,  ecc. 
Ragna ia,  siepe  fatta  per  tendervi  la  ragna,  per  ra- 
gnare.  Ragnuola,  piccola  ragna  portatile. 

Mete,  arnese,  congegno  di  fune  o  di  filo  tessuto 
a  maglia,  per  prendere  uccelli  e  altro,  -  Lanciatoia, 
rete  che  il  cacciatore  lancia  addosso  all'uccello, 
non  appena  l'ha  scoperto:  è  adattata  ad  una  per- 
tica fatta  a  guisa  di  lorca,  con  rebbi,  e  si  adopera 
alla  caccia  del  frugolo.  -  Reti  a  mano,  simili  a 
quelle  del  paretaio,  ma  non  fisse.  -  Reti  a  maglia 
piccola,  passate,  muta  delle  quaglie  o  palone:  reti 
fisse  su  roccoli  e  brescianelìe.  -  Reti  portatili,  come 
tramaglini  per  quaglie.  -  Retino,  la  rete  del  paretaio 
che  si  chiude  sul  prato.  -  Retane,  accrese.  di  rete; 
la  più  grande  del  paretaio. 

Sfalco,  lunga  pertica,  con  in  cima  alcuni  stracci, 
«  da  muoversi   sopra   un  pernio   fermato   in   due 


ritti,  per  mezzodì  una  corda  che  si  tira  da  un  ca- 
sotto. -  Spauracchio,  bastone  corto  e  pesante,  che 
porta  all'estremità  una  specie  di  ali  formate  da 
cartoni.  Si  adopera  nel  roccolo  e  lo  si  lancia  dal 
ballatoio,  fischiando  con  la  son/ina,  arnese  che  imita 
lo  stridere  dei  falchi,  per  far  fuggire  gli  uccelli  verso 
le  reti.  -  Strascino,  sorta  di  rete  da  uccelli  e  di 
giacchio  da  pesca.  -  Stendardo,  pezzo  di  rete  a 
maglie,  disteso  sopra  un  telaio  di  tastoni  di  legno, 
che  serve  per  prendere  i  passeri.  -  Tramagli,  reti  per 
prendere  le  pernici.  -  Iramaglietli,  copertoni  o  reti 
per  paretai.  -  Iramaglio,  rete  che  si  pone  in  giro 
al  palone,  cioè  ad  un  gran  palo,  sul  quale  si  ap- 
pendono, ognuna  in  una  gabbietta,  una  quarantina 
di  quaglie. 

Allettaiuolo,  tordo  o  altro  uccelletto  che  serve  da 
zimbello.  -  Azzica,  l'uccello  che  si  muove  per  via 
di  una  cordicella  imbrachettata,  diversamente  dallo 
zimbello.  -  Azzicare,  muovere  l'àzzica,  eccitare  con 
l'àzzica  gli  uccelli  a  scendere  nella  piazzetta,  a  tiro 
della  rete.  -  Cieco,  l'uccello  acciecato  perchè,  can- 
tando meglio,  serva  di  richiamo  nella  caccia  del 
paretaio.  -  Richiami,  gli  uccelli  ingabbiati  che  col 
canto  fanno  avvicinare  e  cadere  nelle  insidie  loro 
tese  gli  uccelli  di  passo.  -  Schiamazzo,  nelle  uc- 
celliere,  il  tordo  che  si  fa  stridere,  acciocché  i 
tordi  che  passano  calino  a  nascondersi,  come  se 
avvertiti  oel  falco.  -  Zimbello,  uccello  che  si  lega 
e  si  fa  svolazzare  per  allettare  gli  altri  uccelli.  - 
Zimbelliera,  lo  strumento  a  cui  è  attaccato  lo  zim- 
bello. 

Accodare,  mettere  una  penna  alla  coda  degli  uc- 
celletti per  farli  servire  da  zimbelli,  in  paretai, 
roccoli,  brescianelìe,  ecc.  -  Affilettare,  legare  i  filetti 
per  far  la  ragna  (sorta  di  rete).  -  Arretare,  prendere 
alla  rete.  -  Imborsarsi:  si  dice  quando  gli  uccelli, 
fuggendo  lo  spauracchio,  vanno  a  battere  contro  le 
reti,  le  quali  fanno  delle  specie  di  borse,  entro  le 
quali  gli  uccelli  rimangono  presi.  Perciò  si  imbor- 
sano. -  Insaccare,  della  rete  quando,  alla  caccia  del 
roccolo,  fa  borsa  bene,  e  gli  uccelli  ci  restano.  - 
Prendere  alla  rete,  con  la  rete,  nella  rete.  -  Sbruf- 
fare, spaventare  gli  uccelli,  perchè  entrino  nelle 
reti.  -  Sbruffata,  lo  sbruffare.  -  Tendere  al  paretaio, 
all'uccelliera,  tendere  reti,  lacci  o  simili  per  pren- 
dere uccelli.  -  Tesa,  il  tendere  agli  uccelli,  e  il  luogo 
acconcio  per  tendervi  le  reti.  -  Tiro:  al  paretaio, 
fare  un  tiro  di  sette  frusoni  vuol  dire  che,  con  un 
colpo  di  rete,  si  sono  presi  sette  frusoni. 

Caccia  con  le  panie. 

Aucupio,  caccia  d'uccelli,  specialmente  quella  che 
si  fa  con  la  pania.  Ixeutica,  l'arte  di  cacciare  a 
questo  modo.  -  Caccia  alla  civetta  (antieam.,  cocco- 
veggia), fatta  con  otto  o  dieci  panioni,  che  si  pian- 
tano nel  fodero  ficcato  in  terra  presso  qualche  siepe, 
qualche  cespuglio  o  pianticella,  intorno  intorno  al 
luogo  nel  quale  si  ferma  la  civetta  sulla  gruccia.  - 
Chiurla,  specie  di  caccia  con  la  civetta,  col  fischio 
e  con  le  paniuzze.  -  Fischiareua,  caccia  economica 
e  divertente,  che  si  fa  con  un  assortimento  di  due 
0  trecento  paniuzzi,  contenuti  entro  una  pelle  di 
montone  e  disposti  su  una  quercia  preparata  ap- 
posta, e  con  una  civetta.  -  Querciola,  piccola  quercia 
che  si  tende  con  paniuzze  per  far  la  fischiarella  con 
la  civetta  :  serve  anche  per  far  la  tesa  con  le  reti, 
munendola  di  gabbie  contenenti  uccelli  di  richiamo. 
-  Fraschetta,  modo  di  cacciare  gli  uccelli,  in  uso 
nella  Toscana:  si  pratica  in  un  luogo  piantato  di 


Prkmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


22 


338 


ulivi ,  che  vengono  guerniti  di  paniuzze.  Agli 
ulivi  sono  appese  e  nascoste  gabbie,  con  un  uccello 
di  richiamo.  Il  cacciatore  sta  in  una  capanna  e 
sorveglia  la  tesa.  -  Piantone,  genere  di  tesa  che 
si  usa  in  Lombardia:  consiste  in  un  alto  palo,  in 
cima  al  quale  si  pongono  tre  o  quattro  bastoni  tesi 
in  senso  orizzontale  e  coperti  di  paniuzzi. 

Arundo,  caana  intrisa  di  pania  per  pigliare  uc- 
celli. -  Bacchettone,  paletto  a  fianco  del  piantone, 
con  sopra  un  panione  per  prendere  gli  uccelli.  - 
Boschetto,  insieme  di  alberetti  tenuti  bassi  e  potati 
ad  arte,  sui  quali  si  mettono  panie  per  prendere  tordi. 
-  fantoccio  coi  vergelli,  fascio  di  verzura,  ridotto 
pari  col  tosarlo  :  'o  si  fa  in  alcuni  punti  per  pi- 
gliare gli  uccelli,  coi  paniuzzi  che  vi  vengono  tesi 
intorno.  -  Gabbione,  gabbia  grande;  specialmente 
«quella  divisa  in  scompartimenti  che  si  porta  alla 
caccia  della  civetta.  -  Gabbioncello,  gabbione  di  di- 
mensioni più  piccole  di  quelli  che  comunemente  si 
adoperano  in  Toscana  :  lo  si  usa  per  la  caccia  con 
la  civetta,  ed  é  a  piani,  o  meglio  a  scompartimenti 
orizzontali,  come  il  gabbione.  -  Geti,  strisele  di  pelle 
che  formano  la  lettera  V,  e  che  servono  a  legar  le 
zampe  delle  civette  e  dei  falchi,  in  modo  da  ti- 
rarne una  sola  e  lasciar  lenta  l'altra,  e  ciò  per  non 
azzoppare  questi  uccelli.  -  Grilli-talpe  (zuccaiole):  si 
cercano  per  la  tesa  alle  averle,  ed  avendone  una 
certa  quantità  si  può  dire:  tante  zuccaiole,  tante 
averle.  Questa  tesa  si  ta  con  paniuzzi.  -  Gruccia,  o 
mazzolo,  paletto  terminato  da  un  guancialetto  di 
'  forma  circolare,  imbottito  di  stoppa  e  tenuto  soli- 
damente per  un'  assicella  tonda,  anch'essa  con  un 
reticolato  di  spago:  è  aguzzo  nella  sua  parte  infe- 
riore, e  lo  si  infigge  nel  terreno.  Su  esso  salta  e  fa 
inchini  la  civetta. 

Pa/mojie,  pertica  grande  su  cui  si  fissano  paniuzzi 
per  prendere  uccelli.  -  Pallotltere,  gabbia  di  forma 
sferica,  costruita  intorno  ad  un  grosso  bastone  che 
l'attraversa  verticalmente:  è  in  uso  in  qualche  parte 
della  Toscana,  per  la  tesa  con  la  civetta,  servendo 
ad  un  tempo  da  gruccia  e  da  gabbia  pei  pettirossi, 
poiché  il  bastone  che  le  serve  di  fusto  si  prolunga 
nella  parte  inferiore  di  circa  un  metro;  essendo 
aguzzo,  lo  s'infigge  nel  terreno.  -  Pania,  sostanza 
attaccaticcia,  specie  di  resina,  molle,  che  non  si  es- 
sicca, di  colore  verdognolo,  glutinosa,  scorrevole  :  la 
si  estrae  dalle  bacche  del  vischio  bianco  e  dalla 
corteccia  interna  dell'agrifoglio.  -  Panione,  mazza 
impaniata  per  pigliare  gli  uccelli.  -  Paniuzze,  bac- 
chettine di  scopa  0  di  rami  d'  arboscelli  dal  legno 
compatto,  asciutti,  sottili  come  ferri  da  calze,  e  di- 
ligentemente coperti  di  buon  vischio:  acconcia- 
mente disposte  sulle  piante,  servono  per  prendere 
gli  uccelli.  -  Paniaccio,  pelle  nella  quale  si  invol- 
gono le  paniuzze.  -  Vergello,  mazza  intaccata  dove 
si  ficcano  le  paniuzze,  uccellando:  la  pania  stessa. 

Riverenza,  quel  grottesco  inchino  che  fa  la  ci- 
vetta, per  natiu^ale  istinto,  specialmente  quando  è 
sul  paletto. 

Accivettato,  di  uccello,  lo  stesso  che  ammaliziato, 
cioè  non  più  sottoposto  al  fascino  della  civetta.  - 
Ammaliziato,  ammalizzito,  V  uccello  che  non  dà 
retta  alla  civetta  :  ciò  avviene  quando  un  pettirosso, 
un  codirosso,  una  cinciallegra,  e^c.,  riescono  a  spa- 
niarsi,  o  quando  hanno  più  volte  veduto  giuocare 
la  civetta.  -  Andare  a  civetta,  a  caccia  con  la  ci- 
vetta: questa  caccia  si  ta  ponendo  la  civetta  legata 
coi  geti,  in  un  luogo  ove  sia  ben  veduta  dagli  uc- 
f-elli  che  passano  o  che  sono  nascosti  tra  le  siepi 
o  nel  bosco.  Nei  punti  delle  siepi   ove  si   giudica 


che  gli  uccelli  verranno  per  godersi  i  voli  della  ci- 
vetta dalla  gruccia  a  terra,  e  dalia  terra  sulla  gruc- 
cia, si  pongono  i  panioni  sporgenti  quanto  più  è 
possibile;  poi  si  fischia,  e  si  chiamano  pettirossi, 
cinciallegre,  codirossi,  ecc.,  che,  posandosi  sui  pa- 
nioni, vi  rimarranno  invischiati.  Quando  non  vi 
sono  siepi,  si  tende  dove  meglio  si  può,  sempre  in 
modo  che  gli  uccelli  siano  obbligati  a  posarsi  sui 
panioni  per  goder  bene  la  civetta.  -  Impaniare,  re- 
stare alla  pania.  -  Tirar  il  calesse,  lo  strascicare  che 
la  civetta  fa  del  gabbione,  invece  di  civettare. 

Caccia  col  fucile  e  coi  cani. 

Aspetto,  specie  di  caccia  di  notte  agli  animali, 
aspettandoli  in  un  dato  punto.  Stare,  andare  all' a- 
spetto:  delle  lepri  dicesi  più  comunemente  a  bal- 
zello. -  Battini,  quelli  che  alla  caccia  sono  destinati 
a  snidare  e  porre  in  corsa  le  lepri.  -  Battuta,  l'esplo- 
razione che  si  fa  di  un  luogo  ove  si  sa  o  si  sup- 
pone vi  sia  della  selvaggina,  frugando  dappertutto 
con  cani  o  senza,  o  cercandovi  uno  o  più  animali 
che  si  sono  veduti  posare  o  nascondersi.  -  Capan- 
nello (cacciare  le  pernici  al  capannello):  consiste  in 
un  piccolo  recinto  di  forma  circolare,  in  muro  a 
secco,  dietro  al  quale  si  colloca  il  cacciatore  in  ag- 
guato e  dopo  aver  posto  bene  in  vista,  a  tiro  di 
fucile,  un  bel  covone  di  paglia  con  le  sue  spighe 
di  grano,  per  attirarvi  le  pernici,  ghiottosissime  di 
questo  cereale.  -  Marca,  uomo  o  garzoncello  che, 
seguendo  il  volo  dell'  animale  inseguito,  veda  dove 
questi  è  andato  a  dare,  e  ne  informi  il  cacciatore. 

Nocella,  tesa  che  si  fa  in  Toscana:  due  querele 
ben  preparate,  e  al  piede  dalle  quali  si  trovano 
uccelli  di  richiamo  ingabbiati,  servono  da  luoghi  di 
sosta  agli  uccelli  di  passo,  ivi  attirati  dal  verso  dei 
loro  compagni  prigionieri.  Il  cacciatore,  nascosto  in 
un  capanno,  prospicente  alle  querele,  fa  fuoco,  col 
fucile,  contro  i  fringuelli,  i  frosoni,  i  montanelli,  ecc., 
che  si  posano  sulle  querele.  -  Posta,  il  punto  asse- 
gnato ad  ogni  cacciatore,  nelle  caccie  alla  lepre,  al 
cinghiale  o  ad  altri  animali,  che  i  cani  faranno 
con  tutte  le  maggiori  possibilità  passare  a  tiro  di 
fucile.  Buona,  cattiva  posta.  -  Preda,  acquisto  fatto 
cacciando  :  cacciagione.  -  Specchietto  per  le  allodole, 
ordigno  foggiato  a  mezzaluna,  coi  due  corni  volti 
verso  terra.  In  questa  mezzaluna  sono  intarsiati  pez- 
zettini di  specchio;  la  mezzaluna  gira  su  un  pernio  ed 
è  messa  in  azione  da  un  meccanismo.  Gli  specchietti, 
girando,  scintillano  e  richiamano,  coi  lori  sprazzi 
luminosi,  le  allodole,  al  momento  in  cui  passano.  - 
Voci,  uomini  o  ragazzi,  incaricati  di  fare  il  maggior 
baccano  possibile,  urlando,  percuotendo  con  basfoni 
le  macchie  o  lanciando  pietre  dentro  tossi  e  cespugli^ 
per  iscovare  il  cinghiale  e  dirigarlo  verso  i  cac- 
ciatori. 

Accavallare  dicono  i  cacciatori  l'andar  nascosti 
dietro  ad  un  cavallo,  per  accostarsi,  coperti  cosi,  a 
tiro  d'uccello  o  d'altro  animale.  -  Aggattonare,  cam- 
minare per  terra  carpone:  andare  a  balzello,  andar 
a  caccia.  -  Andare,  aspettare,  prendere  a  balzello, 
dicesi  delle  lepri  alle  quali  si  dà  caccia  al  lume 
della  luna,  senza  cani.  -  Battere  e  ribattere,  far  al- 
zare gli  uccelli  0  le  lepri  e,  dopo  loro  sparato  senza 
successo,  andare'a  ricercarli  nel  luogo  ove  sono  an- 
dati a  posarsi.  -  Ballettare,  sbagliare  il  colpo  :  non 
uccidere,  non  terire  l'animale,  al  quale  si  è  sparalo 
contro  (cosi  in  Lombardia);  in  Toscana  invece  si 
dice  spadellare. 

Braccheggiare,    cercare,    fiutare,    a    modo    dei 


CACCIA 


339 


bracchi.  -  Buttarsi,  degli  uccelli,  quando  ca- 
lano in  modo  comodo  per  il  cacciatore.  Buttata , 
posto  dove  gli  uccelli  si  buttano.  -  I>are  un  fer- 
raiolo, dei  cacciatori  che  buttan  giù  a  colpo  1'  ani- 
male, che  casca  come  un  cencio.  -  Far  padelle,  fal- 
lire il  colpo.  -Romper  la  brigata,  ammazzare  qualche 
uccello  nel  branco.  -  Scamosciare,  dar  la  caccia  al 
camoscio.  -  Scaricare,  dar  fuoco  alla  carica,  spa- 
rando l'arma.  Più  propriamente,  varrebbe  toglier  la 
carica  senza  incendimento.  -  Sparare  a  volo,  agli 
uccelli  mentre  volano.  -  Spuntonare,  tirare  rapida- 
mente appena  l'uccello  si  alza  dal  terreno,  volando. 

Tirare  a  fermo,  all'animale  quand'è  fermo.  -  Ti 
rare  a  frullo,  nel  tempo  che  l'uccello  frulla,  ossia 
si  alza  da  terra.  Tirare  a  pallini,  a  palla,  a  pallot- 
tola, ecc  -  Tirare  al  mucchio  o  al  branco,  di  cac- 
ciatore che  tira  a  uno  stormo  d'uccelli.  -  Tiro,  tiro, 
uccello,  uccello:  ogni  tiro  butta  giù  un  uccello. 

Caccia  coi  cani.  —  Azzampato,  azzampato  bene  o 
male:  dei  cani  da  caccia  che  hanno  le  gambe  belle  o 
brutte.  -  Bracco,  cane  da  caccia  buono  a  scovare  e 
inseguir  1'  animale.  Bracco  da  acqua,  da  fermo,  da 
leva,  da  presa,  da  sangue,  da  ripulita,  da    seguito. 

Lane  da  presa,  quello  che  ferma  la  preda.  -  Hunter 
(ingl.),  cane  da  caccia.  -Retriever,  voce  ingl.  usata  dai 
cacciatori  per  indicare  il  cane  che  riportala  selvaggina 
uccisa  col  fucile.  -  Se^M^io,  varietà  di  cane  da  caccia, 
che  serve  esclusivamente  per  la  lepre.  Il  segugio 
scova,  insegue  e,  se  riesce  ad  afferrare  la  lepre,  la 
sbrana  e  la  divora.  -  Spaniel,  voce  ingl.,  cane  da 
caccia,  inglese,  pregiato  per  le  forme,  il  pelo  seta- 
ceo, l'agilità,  l'olfatto  onde  leva  la  selvaggina.  - 
-  Spinone,  ottimo  cane  da  fermo,  simile  per  la  strut- 
tura al  bracco,  coperto  però  di  un  pelo  duro,  folto, 
spinoso,  che   gli   dà   aspetto  brutto   e  selvaggio. 

Copiila,  guinzaglio  per  tenere  cani  da  caccia.  - 
Guinzaglio,  corda  o  striscia  di  pelle  solida  che, 
passata  attraverso  gli  anelli  del  collare,  serve  ad 
accoppiare  i  cani  di  una  muta,  o  a  tenere  un  solo 
cane.  -  Millus,  melium,  collare  per  cane  da  caccia: 
di  cuoio,  tempestato  di  chiodi,  con  capocchia  di 
terrò.  -  Incontro,  il  trovare  o  l'incontrare,  che  il 
cane  fa  per  il  terreno,  dell'odore  della  lepre,  d'una 
pernice,  d'una  quaglia  o  di  un  salvatico  qualun- 
que passato  di  fresco  da  un  luogo.  -  Muta  :  si 
dice  tanto  di  una  quantità  di  cani  da  caccia,  da 
presa  e  da  penna,  segugi,  bracchi,  spinoni,  setters, 
ecc.,  come  d'una  collezione  d'uccelli  canori,  per  la 
maggior  parte  ciechi,  come  fringuelli,  tordi,  merli, 
cardellini,  allodole,  pispole,  montanelli,  ecc.,  che 
servono  per  le  tese  fisse. 

Accanare,  mettere  il  cane  dietro  la  fiera.  -  Avere 
un  fiato  nel  naso,  dei  cani  da  caccia,  sentire  qual- 
che indizio  di  selvaggina.  -  Braccare,  cercare  la 
fiera:  detto  dei  bracchi.  -  Canizzare,  quel  modo 
speciale  di  latrare  che  hanno  i  cani,  allorché  hanno 
scovato  la  lepre  e  la  inseguono.  -  Fiutare,  del  cane 
che  annusa  il  terreno,  fiutando  l'odore  lasciato  dalla 
selvaggina.  -  Lasciare  il  cane  alla  lepre,  scioglierlo 
perchè  la  insegua.  -  Lavorare:  i  cani  quando  sono 
volonterosi  e  frugano  e  fiutano  diligentemente  il 
terreno,  lavorano  bene.  -  Levare,  il  far  uscire  dal 
covo  una  lepre  o  una  volpe,  o  alzare  dei  volatili.  - 
Puntare,  dei  cani  che,  scoperta  la  selvaggina,  si  fer- 
mano, e  restano  immobili  davanti  alla  quaglia,  alla 
pernice  o  a  qualunque  altro  animale,  finché  il  cac- 
ciatore non  li  eccita  a  saltar  addosso,  per  farli  le- 
vare. -  Ribattere,  dar  ancora  sotto  a  un  uccello,  coi 
cani.  -  Sbucare,  far  uscire  dal  buco,  dal  covo,  una 
lepre,  ecc.  -  Scagnare,  l'abbaiar  del  cane,  scoperta 


la  lepre,  il  cervo  o  sim.  -  Sciorre  i  bracchi,  l'azione 
di  mettere  in  libertà,  per  il  bosco  e  per  la  campa- 
gna, i  cani  che  si  adoperano  per  la  caccia.  Vera- 
mente ciò  accade  quando  si  caccia  in  modo  che 
ogni  cacciatore  debba  trovarsi  ad  un  posto  stabilito. 

-  Scovar  la  lepre,  del  cane  che  scopre  nel  covo  la 
lepre  e  la  la  balzare.  -  Scovar  la  volpe,  della  muta 
dei  cani  che  riesce  a  far  uscire  la  volpe  dalla  sua 
tana.  -  Sentire,  (mando  il  cane  dà  di  naso,  sentendo 
le  emanazioni  (iella  selvaggina.  /  cani  sentono.  - 
Squattire,  squittire,  lo  stridere  proprio  dei  bracchi, 
quando  levano  o  inseguono  la  selvaggina. 

Bracchiere,  colui  che  custodisce,  guida, e  scioglie  la 
muta,  iniziandosi  una  caccia,  e  provvede,  poi,  a  racco- 
glierla e  rimettere  le  coppie  al  guinzaglio.  -  Caccini, 
quelli  che  alla  caccia  conducono  i  cani  levrieri, 
accoppiati  e  legati  in  modo  da  poterli  sguinzagliare 
appena  la  lepre  si  scopra.  -  Menaroli,  coloro  che 
nella  caccia  al  capriolo,  quando  i  bracchieri  hanno 
sciolto  i  cani,  li  seguono  urlando  e  sparando  qual- 
che colpo  in  aria,  eccitando  la  muta  a  scovare  la 
selvaggina.  Questo  genere  di  caccia  coi  menaroli 
è  in  uso  nelle  montagne  sopra  Avellino.  -  Senatore, 
chi  la  cacciare  i  cani.  -  Venaria,  tutto  ciò  che 
concerne  la  caccia  coi  cani;  gli  ufficiali  di  caccia. 
Gran  venatore,  ufficiale  comandante  la  venaria. 

Alali,  fanfara  cinegetica  od  aria  che  si  eseguisce 
coi  corni  da  caccia  allorché  l'animale  soccombe.  - 
Assitato,  il  luogo  nel  quale  i  cani  fiutano,  per  es- 
servi passata  la  selvaggina. 

Caccia  a  cavallo.  —  Caccla  di  notte. 
Caccia  in  acqua  o  in  palude. 

Caccia  a  cavallo.  —  Quella  nella  quale  i  cava- 
lieri inseguono  l'animale  (volpe,  lepre,  cervo, 
daino,  ecc.),  messo  in  fuga  da  cani  di  razza  spe- 
ciale, fox-hounds  (ingl.).  -  Meet  (mìt:  ingl.),  appun- 
tamento, posto  di  ritrovo  da  cui  si  inizia  la  caccia. 

-  Chek  (céc:  ingl.),  arresto  momentaneo  durante  la 
caccia,  avendo  i  cani  perduto  la  pista  dell'animale 
inseguito.  -  Scent  (sént:  ingl.),  odore,  fiuto,  dei  cani, 
nelle  caccie  a  cavallo.  -  lally  ho  (ingl.),  grido  che 
emette  il  master  (ingl.),  o  direttore  delle  riunioni 
di  caccia,  quando  l'animale  é  raggiunto  dai  cani.  - 
Hunstman  (ingl.),  o  piqueur  (frane),  servente  del 
direttore.  -  Whip  (ingl.),  chi  ha  in  speciale  custodia 
i  cani.  -  Curée  (frane),  l'operazione  che  si  pratica, 
dopo  il  tally  ho,  tagliando  a  pezzi  l'animale,  dandone 
le  interiora  ai  cani,  la  testa  e  la  coda  ai  due  cava- 
lieri arrivai  i  primi  al  posto  della  presa.  -  Hunting  horse 
(ingl.),  cavallo  da  caccia.  -  Fox  hunting  (ingl.),  caccia 
alla  volpe.  •  Drag  (drèg:  ingl.),  caccia  artificiale, 
lanciando  i  cani  sulla  pista  marcata  dall'odore  di 
un  pezzo  di  carne  precedentemente  trascinato  per 
terra  da  un  cavaliere.  -  Paper-hunt  (peper-hunt: 
ingl.),  caccia  a  cavallo  nella  quale  ogni  cavaliere 
cerca  di  arrivare  primo  ad  una  meta  da  altri  se- 
gnata, seguendo  una  pesta  marcata  con  pezzi  di 
carta. 

Caccu  di  notte.  —  Anatria,  il  rumore  d'ali  che 
fanno  le  folaghe  nell'  acqua  e  che  segnala  la  loro 
presenza  ai  cacciatori,  durante  la  notte  o  all'albeg- 
giare. -  Andare  a  scaccino,  a  caccia  della  lepre  di 
notte,  al  lume  di  luna,  cercando  alcuni  di  cacciarla 
con  rumori,  alle  poste.  -  Caccia  con  la  pala  e  la 
campana:  si  fa  da  due  cacciatori,  durante  una  notte 
nebbiosa,  uno  reggendo  la  lanterna  e  suonando  la 
campana,  l'altro  abbattendo  con  la  pala  gli  uccelli 


340 


CACCIA 


affascinati  dal  suono  e  dalla  luce.  -  Frugnolare, 
andare  a  caccia  col  frugnolo.  -  Frugnolo,  caccia 
con  un  lume  posto  im  mezzo  ad  una  specie  di 
imbuto  e  una  spatola  o  una  balestra  per  ammaz- 
zare gli  uccelli.  -  Mira  elettrica  luminosa,  piccolo 
apparecchio  immaginato  da  Trouvé  e  col  quale  i  cac- 
ciatori possono  prendere  la  mira  di  un  oggetto  nel 
cuore  della  notte,  con  la  stessa  precisione  che  di 
giorno.  -  Ramata,  strumento  a  guisa  di  pala,  tes- 
suto di  vinchi,  con  un  manico  di  tre  o  quattro 
braccia,  per  uso  di  stramazzare  gli  uccelli  a  fru- 
gnolo. 

(CIACCIA  IN  ACQUA  E  IN  PALUDE.  —  Barellino,  barca, 
barchetto  usato  nei  paludi  per  andare  a  caccia.  - 
Pantera,  o  pantiera,  fossa  lunga  e  larga,  artefatta, 
vicino  ad  una  palude,  nella  quale  si  adatta  una 
rete  per  pigliarvi  le  anitre  selvatiche.  Anche,  la 
rete  per  pigliare  anitre,  beccaccie,  pernici  -  Spin- 
garda, piccolo  pezzo  d'artiglieria  che  si  adopera  per 
dare  la  caccia  alle  anitre.  -  Stampa,  uccello  morto 
e  impagliato  messo  in  acqua  per  ingannare  le  anitre 
e  le  oche  di  passo.  -  lineila,  genere  di  caccia  che  i 
romagnoli  fanno  ai  beccaccini,  ponendosi  entro  tini 
ricoperti  di  erbe  e  collocati  presso  i  luoghi  palu- 
dosi, ove  si  prepara  l'inganno,  attirandoli  sopra  un 
terreno  preparato  con  sangue  di  bue  o  con  altra 
esca.  -  Tela,  modo  di  cacciare  le  folaghe:  molte 
barche,  sulle  quali  stanno  i  cacciatori,  ad  un  se- 
gnale combinato,  che  si  dà  anche  con  una  tromba, 
muovono  compatte  verso  il  primo  specchio  «  del 
lago  >  ove  si  veggono,  come  una  immensa  macchia 
nera,  raccolte  le" migliaia  di  folaghe.  Esse,  per  na- 
turale istinto,  abbandonano  i  canneti  allo  spuntar 
del  giorno  e  si  adunano  in  branco  nel  mezzo  dei 
laghi.  La  manovra  delle  barche,  formanti  la  tela, 
consiste  nell'avviluppare  il  branco  a  grande  distanza 
in  un  cerchio,  che  va  man  mano  restringendosi  fino 
a  che  le  folaghe,  costrettevi  dal  progressivo  avvici- 
narsi del  nemico,  si  decidono  al  volo  e,  per  met- 
tersi in  salvo,  devono  forzatamente  passare  a  tiro 
dei  cacciatori.  Allora  cominciano  le  schioppettate. 
-  Zampogna,  fischio  speciale  che  i  cacciatori  ado- 
perano per  chiamare  le  folaghe. 

Caccia  col  falco  —  Caccia  con  trappole. 

Falconeria,  arte  di  ammaestrare  il  falcone  a 
dar  la  caccia  agli  uccelli.  -  Falconare,  cacciare  col 
falcone.  Andare  a  falcone,  andar  a  falconare.  -  Gettare 
il  falcone,  dargli  la  via.  -  Falconiere,  il  cacciatore 
col  falcone.  -  Maestro,  chi  addestrava,  custodiva, 
medicava  i  falconi.  -  Strozziere,  ufficiale  che  por- 
tava a  caccia  i  falconi  su  un  telaio  o  cornice  qua- 
drata, con  tre  stecche  sul  davanti- e  tre  dietro, 
in  mezzo  alla  quale  stava  egli,  reggendola  ad  ar- 
macollo con  due  cinghie. 

Altani,  falchi  abituati  a  volare  in  alto,  per  piom- 
bare poi  sulla  preda  volante.  -  Cappelletto,  o  anche 
cappuccio,  specie  di  cuffia  che  si  metteva  ai  falchi 
ammaestrati  per  la  caccia  e  che  impediva  loro  di 
vedere.  Lo  si  toglieva  ai  falchi  al  momento  di  lan- 
ciarli contro  ad  una  preda.  -  Falcone,  falco  che 
si  ammaestrava  per  la  caccia.  -  Incarnato,  il  falco 
ammaestrato  a  ghermire  la  specie  di  preda  che  vo- 
leva il  falconiere.  -  Lógoro,  arnese  di  penne  o  di 
cuoio,  simile  a  un'ala,  col  quale,  girandola,  si  ri- 
chiamava il  falcone.  -  Maniei-o,  talcone,  amico  della 
mano  che  lo  portava.  Si  diceva  anche  oppugnato, 
cioè  fermò  e  sedente  in  pugno. 

Caccli  con  .trappole.   —  Archetti,   piccoli   archi 


che  si  preparano  con  forte  filo  di  refe,  e  che  scat- 
tano mediante  una  molla,  acchiappando  e  strozzando 
gli  uccelli.  -  Buca  cieca,  quella  che  i  contadini  fanno 
e  ricoprono  di  frasche  perchè  vi  caschino  le  bestie 
selvatiche.  •  Calàppio,  specie  di  laccio  che  si  tende 
agli  uccelli  o  anche  alle  lepri  {accalappiare,  pren- 
dere col  calappio). 

Chiapparello,  caccia  che  si  dà  alle  oche  e  alle 
anitre:  consiste  nel  servirsi  di  un  cavallo  o  di 
una  vacca,  abituati  al  giuoco,  che,  pascolando  nei  prati, 
e  non  essendo  temuti  dalle  oche  o  dalle  anitre 
selvatiche,  lasciano  avvicinare  a  tiro  il  caccia- 
tore nascosto  dietro  di  essi.  -  Céstola,  specie 
di  gabbia  fatta  in  forma  di  cuffia,  di  vimini,  il  cui 
sportello  si  piega  a  terra,  essendo  fissato  alle  estre- 
mità della  gabbia  stessa  infissa  sul  suolo.  Questo 
sportello  è  legato  alla  sua  cima  con  uno  spago,  cui 
è  appesa  nna  grossa  pietra.  Lo  spago,  passando  at- 
traverso alla  gabbiuzza,  è  trattenuto  appena  appena 
da  mollette  a  scatto,  che  gli  impediscono  di  seguire 
il  salto  e  chiudere  la  gabbia;  riposa  sopra  una 
forcella  fatta  con  un  pezzo  di  legno.  Sullo  scatto, 
che  è  in  m^zzo  alla  gabbia,  si  pone  una  camola  (baco 
della  farina).  L'uccello  va  a  beccarla.  Il  giuoco  agisce, 
la  gabbia  si  chiude,  e  l'uccello  rimane  prigioniero. 

Ferretti,  ordigno  di  ferro,  a  molla,  con  un  uncino 
sul  quale  è  infìsso  il  cibo  :  scatta  non  appena 
l'uccello  becca  il  cibo  stesso.  -  Laccia?a,  specie  di  pa- 
retaio. -  Laccio,  cappio,  legame  a  nodo  scorsoio, 
in  modo  che  l'uccello,  passandovi,  vi  resti  preso: 
si  tende  in  terra,  nei  solchi  ove  sogliono  passare 
allodole  o  altri  uccelli,  e  nei  boschetti  appositi, 
ove  sogliono  passare  i  tordi  :  lacciuolo,  lacciuoletto. 
-  Laccio  a  tirante,  in  rame  o  in  ottone  per  pren- 
dere le  volpi,  i  tassi.  -  Palloncino,  variante  della 
cestola  0  gabbiuzza,  e  consiste  in  una  reticella  fatta 
ad  archetti  con  molla,  sulla  punta  della  quale  si 
mette  una  camola. 

Pedica  dentata,  trappola  da  caprioli;  qualunque 
trappola  per  uccelli.  -  Penere,  i  quattro  lacci,  fatti 
con  setole  di  cavallo,  infilati  in  un  cordino,  pur  esso  di 
setole,  mantenuto  teso  con  due  piccole  mazze,  dette 
staggette:  servono  per  prendere  nei  boschi  i  tordi 
e  i  merli. 

Ritrosa,  sorta  di  gabbia  per  pigliare  uccelli:  ha 
forma  rotonda  e  piatta  con  l'ingresso  fatto  a  chioc- 
ciola, e  tale  che,  una  volta  entratovi,  l'uccello  non 
trova  più  modo  di  uscirne.  -  Sbalzetto,  specie  di 
archetto  fitto  in  terra  e  fatto  con  un  ramo  piegato, 
che  fa  repentinamente  chiudere  la  gabbia  prepa- 
rata per  prendere  gli  uccelli.  -  Schiaccia,  e  volg. 
stiaccia,  sorta  di  pietra  sorretta  in  bilico  per  pren- 
dervi gli  uccelli.  -  Solchetto,  tesa  in  uso  nella  Li- 
guria: consiste  in  due  reti  disuguali,  nascoste  entro 
due  solchi  ai  lati  della  tesa.  Sull'aia  sono  disposti 
i  giuochi  e  i  richiami  attorno  ad  un  boschetto  ar- 
tificiale. -  Spiringone,  pezzetto  di  legno  piegato  ad 
arco  che  scatta  e  afferra  gli  uccelli. 

Tagliola,  tagliuola,  trappola  di  ferro  che  si  prepara 
per  le  volpi,  per  le  lepri  e  anche  per  le  aquile  :  sono 
due  pezzi  di  ferro,  uno  dei  quali  solidamente  infisso 
nel  suolo  e  l'altro  steso  sul  medesimo.  Hanno  forma 
semicircolare:  uno  rimane  immobile;  quello  steso, 
non  appena  l'animale  entra  nella  tagliola,  per  gher- 
mire 0  mangiar  la  carne  postavi,  scatta  e  chiude 
con  forza  grandissima  le  zampe  della  volpe,  del 
lupo ,  della  lepre ,  dell'  aquila ,  impedendo  loro 
di  fuggire.  -  Transenna,  trappola  per  pigliare  uc- 
celli. -Trappola,  arnese  di  vario  genere  per  pren- 
dere animali:  la  trappola  con  assi  serve   per   qua- 


341 


lunque  genere  di  uccelli,  essendo  leggera  e  con 
una  molla  di  facilissimo  scatto.  -  'trappole  con 
pietre:  in  un  largo  quadrato  dei  suolo  ove  la  neve 
é  caduta,  si  formano  dei  fossi  ricolmi  di  grano  ed 
a  mezzo  di  fuselli  si  sospende  sul  fosso  una  pietra. 
Prendere,  rivuvwre  alla  tagliola,  in  trappola. 

UliL    CACCIATORE 
ISTRUMENTI,   ARNESI,   MUNIZIONI,   ECC. 

Cacciatore,  chi  va  a  caccia  o  fa  professione  del  cac- 
ciare: cacciante,  uccellante,  uccellatore.  Di  uomo  si  dice 
che  è  un  iWmòroc/,  o  Nemrod  ;  di  donna,  una  Diana  : 
seguace  di  Nembrod,  di  Diana;  venatore,  venatrice; 
belvicida,  fericida.  -  Licenza,  il  permesso  di  caccia, 
porto  d'arme.  -  Patentino,  foglio  di  permesso  ai 
cacciatori  per  alcune  specie  di  caccia,  -  Sani'  li- 
berto, protettore  dei  cacciatori. 

Auceps,  in  senso  generale,  uccellatore  ;  più  spe- 
cialmente, guardia-caccia.  -  Battitore,  chi  percorre 
un  bosco,  un  tratto  di  paese,  per  scovare  la  selvag- 
gina. -  Bucaniere,  cacciatore  di  buoi  selvaggi,  come  i 
gauchos  in  America.  -  Capo-caccia,  quello  che  dirige 
una  partita  di  caccia,  assegnando  i  posti,  dando  il 
segnale  di  sciogliere  i  cani   e  regolando  le  battute. 

-  Guardiacaccia,  chi  veglia  per  impedire  la  caccia 
nelle  bandite.  -  Lacciuolaio,  tenditore  o  facitore  di 
lacci.  -  Scacciatore  (scherz.),  d'un  cattivo  cacciatore. 

-  Uccellatore,  uomo  incaricato  di  preparare  il  pare- 
taio. -  Ziìnbellatore,  zimbellatrice,  chi  muove  le 
zimbello,  fa  l'uflìcio  di  zimbellare,  ossia  di  allettaro 
gli  uccelli  con  lo  zimbello. 

IsTRUMENTi,  ARNESI,  INDUMENTI.  —  Balestra,  istru- 
mento  per  tirare  agli  uccelli.  -  Cantarella,  fischio 
speciale  per  attirare  le  pernici,  cniamato,  in  Lom- 
bardia, anche  ossetto.  -  Cerbottana,  mazza  lunga 
circa  due  metri,  vuota  dentro,  a  guisa  di  canna  per 
la  quale  a  forza  di  fiato  si  spinge  fuori,  con  la 
bocca,  una  palla  di  terra  :  ed  è  strumento  da  tirare 
agli  uccelli.  -  Chioccolo,  fischio  d'ottone  per  chioc- 
colare, assai  più  grosso  di  quello  da  lodole.  Specie 
di  caccia  che  si  fa  agli  uccelli  con  la  pania  e  col 
chioccolo.  -  Corno,  istrumento  musicale  per  ricam- 
bio di  segnale  fra  1  cacciatori,  nelle  grandi  caccie, 

Fischietto,  fischio,  piccolo  strumento,  di  legno  o  di 
ottone,  per  imitare  il  canto  di  diversi  uccelli.  - 
Fischi  di  richiamo  sono  quelli  di  cui  si  servono  gli 
uccellatori  per  fermare  l'attenzione  e  attirare  sulle 
tese  gli  uccelli  di  passo:  fischi  da  lodole,  da  petti- 
rossi, ecc.-  Fucile,  arme  da  caccia:  schioppo.  -  Os- 
suto, fischio  per  attirare  le  quaglie.  -  Pispola,  fi- 
schietto che  s'adopra  per  chioccolare  come  gli  uc- 
celli. -  Pispolare,  fischiare  agli  uccelli  con  la  pi- 
spola. -  Pistoiese,  sorta  di  pugnale  da  caccia,  a  due 
tagli,  che  si  fabbrica  a  Pistoia.  -  Quagliere,  fischio 
da  quaglie.  -  Sordina,  sordino,  fischio  adoperato 
dai  cacciatori  per  chiamare  i  tordi.  -  Spiede,  ferro 
acuto  in  asta  per  la  caccia  dei  cignali  e  d'altre  fiere. 
-  Squarciavolpe,  lancia  da  caccia. 

Borraccia,  fiaschetta  di  legno,  o  di  vetro,  rico- 
perta di  vimini  o  di  cuoio,  che  i  cacciatori  .por- 
tano seco,  per  avere  un  po'  di  vino  o  d'altro  alla  cola- 
zione, durante  la  caccia.  -  Cacciatora,  sorta  di  veste 
larga,  corta  e  aperta  dinanzi,  con  molte  tasche, 
usata  dai  cacciatori  e  dai  campagnuoli:  è  formata 
dalla  parte  posteriore  della  giacca  stessa,  che  si 
apre  dai  due  lati  e  che  è  destinata  a  contenere  la 
selvaggina  uccisa.  In  Toscana  si  chiama  anche  car- 
niera, ma  la   carniera  è  diversa.  -  Carniere  o  car- 


niera, nome  derivato  dalla  falconeria,  e  serviva  a 
designare  quella  specie  di  borsa  nella  quale  si  te- 
neva la  carne  da  dare  ai  falchi,  quando  tornavano 
al  logoro  0  sul  braccio  del  falconiere  dopo  la  caccia: 
vi  si  riponeva  anche  la  preda.  Oggi  il  carniere  (ingl., 
/iMn/tn(;-6a(/)  è(|uella  borsa  che  si  porla  adarmacollo 
e  che  é  coperta  da  ima  rete,  entro  la  quale  si  mette, 
per  tenerla  fresca,  la  selvaggina  uccisa.  Nell'interno, 
oltre  la  selvaggina,  si  possono  tenere  vettovaglie, 
arnesi,  ecc. 

Endromide,  sorta  antica    calzatura  per  la  caccia. 

-  Ghette,  gambali  di  cuoio  o  di  Mustagno  o  d'al- 
tra grossa  tela,  con  o  senza  staffe,  che  i  caccia- 
tori sovrapponevano  alle  scarpe,  por  tenere  stretti 
e  raccolti  i  calzoni  o  per  gaia.'ilirsi  tanto  dall'umi- 
dità e  dal  fango,  quanto  dalle  punture  delle  spine. 

-  Ghetta  anchina,  da  cacciatori.  -  llunling-coat 
(ingl.),  abito  da  caccia.  -  Tunica  di  pelle:  serve 
per  la  caccia  in  montagna  e  nelle  regioni  fredde, 
ed  è  generalmente  di  pelle  di  montone. 

Munizioni.  —  Cartuccia,  tubetto  di  cartone,  con 
la  culatta  di  ottone,  nel  cui  centro  è  una  capsula, 
la  quale,  percossa  dal  cane  del  fucile,  produce 
l'accensione  e  l'esplosione  della  polvere  contenuta 
nella  cartuccia.  -  Cartucciera,  cintura  intorno  alla 
alla  quale  stanno  dei  cannelli  formati  con  una  forte 
stoffa  tessuta  in  cordone  o  spago,  ed  entro  cui  si 
fjongono  le  cartuccie  destinate  alla  caccia,  in  suf- 
liciente  numero  per  una  giornata  almeno.  -  Fiaschetta. 
vasetto  per  lo  più  di  latta,  talora  di  corno,  termi- 
nante in  becchetto  conico,  che  esso  pure  si  an- 
nette al  misurino:  il  cacciatore  vi  tiene  la  pol- 
vere. -  Goccioloni,  munizione  da  caccia  per  la  sel- 
vaggina grossa  0  per  tirar  da  lontano.  -  Lacrima, 
specie  di  munizione  da  caccia  più  grossa  dell'ordi- 
naria .  -  Migliaròla,  la  qualità  più  minuta  dei  pal- 
lini da  caccia.  -  Misunno,  il  boccioletto  della  fia- 
schetta da  caccia  per  misurare  polvere  e  palimi.  - 
Pallini,  quelli  di  piombo  che  si  adoperano  dai 
cacciatori.  -  Palliniera,  borsa,  un  sacchetto  di  pelle, 
entro  cui  si  tiene  la  munizione.  Becchetto  della 
palliniera,  boccinolo  di  latta,  aperto  alle  due 
estremità,  una  di  esse  legata  alla  bocca  della  pal- 
liniera, l'altra  imboccante  nel  misurino.  Serrarne 
della  palliniera,  quel  congegno  per  cui  il  misurino 
e  il  bocchetto  s'attengono  bene  insieme,  quand'an- 
che entrassero  un  po'  lenti  l'un  nell'altro. 

Polvere,  miscela  di  materie  accensibili  ed  esplo- 
sive, con  la  quale  si  carica  il  fucile  o  altra  arme 
da  fuoco:  è  a  gì-ana  grossa,  piccola,  minuta,  ecc. 
-  Piombo,  munizione  per  fucile  da  caccia.  -  Sac- 
chetto, rettangolo  di  filaticcio  cucito  a  tubo,  con 
due  fondelli:  riempito  di  polvere,  costituisce  il  car- 
toccio. -  Ventriera,  larga  borsa  di  pelle  o  di  fru- 
stagno  da  portare  alla  vita  per  metterci  le  munizioni. 

Termini  varì  del  linguaggio  venatorio. 

Aescato,  di  uccello  o  animale  attratto  nelle  insi- 
die mediante  esca  di  cui  sia  ghiiitto,  opportuna- 
mente predisposta  nei  luoghi  da  esso  frequentati. 
Anche  l'apparecchio  che  si  fa  nel  luogo  in  cui  si 
adatta  la  rete,  uccellando  con  l'aiuolo.  -  Agevole, 
di  uccello  che  si  lascia  prendere  in  mano  e  acca- 
rezzare volontieri.  Si  dice  per  lo  più  di  una  ci- 
vetta 0  di  un  falco  che  non  danno  colpi  di  rostro, 
d'ala  0  d'artiglio.  -  Areopago  cinegetico,  tribunale 
di  caccia.  -  Bandita,  luogo  di  caccia  riservata, 
proibita.  -  Brigata,  famiglia  di  starne,  ossia  di  per- 
nici grigie.  -   Carneficina,   di   caccia  straordinaria. 


342 


CACCIADIAVOLI 


CACOGRAFIA 


grande  uccisione  di  volatili  o  d'altri  animali:  strage 

-  Chiusa  (tener  gli  uccelli  in  chiusa):  durante  l'e- 
state si  tengono  gii  uccelli  che  costituiscono  la.  nmta 
in  una  stanza  all'oscuro,  per  impedir  loro  di  sfo- 
garsi a  cantare,  avendone  la  maggior  cura  e  ciban- 
doli in  modo  da  non  incalorirli.  Venuto  il  mo- 
mento della  iendiiura,  questi  uccelli,  tolti  di  chiusa, 
si  sfogano  a  cantare  nei  paretai,  nei  roccoli,  nelle 
fraschette,  nelle  brescianelle.  nelle  prodine,  ecc.  - 
Crocette,  i  perniciotti  divenuti  già  più  grossi  delle 
quaglie  e  buoni  pel  cacciatore. 

Equipaggio  di  caccia,  tutto  il  treno,  il  corredo, 
specialmente  i  cani.  -  Giuoco,  nel  gergo  degli  uccel- 
latori, campetti  di  panico,  di  formentone,  ecc- 
Hunting-match  (ingl.),  partita  di  caccia.  -  Linguaggio 
venaiorio,  i  termini  e  le  frasi  che  usano  comune- 
mente fra  loro  i  cacciatori.  -  Luminelli,  in  Toscana, 
i  fringuelli  non  acciecati  che  servono  per  le  tese. 

Master  (ingl.),  il  direttore  d'una  partita  di  caccia, 
o  il  più  abile  cacciatore  della  compagnia:  maestro, 
mastro. 

Meet  (mit),  riunione  di  caccia.  -  Parco,  re- 
cinto esteso  e  custodito,  dove  si  alleva  e  si  tiene 
selvaggina  per  cacciare.  -  Pastura,  lo  sterco  della 
selvaggina,  indicante  che  questa  fu  a  cibarsi  nel 
luogo  dove  si  è  trovata.  Fresca  o  vecchia,  fa  conoscere 
se  pernice,  quaglia  o  beccaccia  è  stata  di  recente, 
0  no,  nel  luogo  stesso  -  Pista,  traccia  del  lupo,  della 
volpe,  ecc.  -  Presiedo,  degli  uccelli  presi  di  recente. 

-  Riserva,  la  bandita.  -  Ritrovo,  luogo,  punto  nel 
quale  i  cacciatori  si  danno  convegno. 

Squincione,  il  fringuello  non  cieco  che  si  tiene 
in  gabbia  davanti  al  finestrino  del  paretaio,  della 
fraschetta,  ecc.,  e  che,  spaurito  a  bella  posta  dallo 
sporger  fuori  del  finestrino  medesimo  delle  mani 
dell'uccellatore,  fa  il  suo  cin  cin  più  volte,  chia- 
mando per  tal  modo  i  suoi  compagni  che  passano 
volando.  -  lesa,  il  tendere  agli  uccelli;  il  luogo  ac- 
concio per  tendere  le  reti.  -  Uccellabile,  da  potersi 
uccellare.  -  Uccellagione,  quella  parte  della  caccia 
che  tende  a  prendere  gli  uccelli:  i  mezzi  o  gli 
artifici  usati  all'uopo  sono  il  fucile,  il  vischio,  le 
reti,  i  trabocchetti,  i  lacci.  -  Uccellagione,  uccella- 
tura, tempo  della  caccia.  -  Uccellanda,  luogo,  per 
lo  più  sui  colli  0  sui  monti,  piantato  d'alberi,  cir- 
condato da  reti  a  maglia  fìtta  (ragne),  cosi  disposto 
per  prendere  gli  uccelU.  -  Vccellatura,  l'uccellare 
e  il  tempo.  -  liccelli  da  tesa:  fringuelli,  tordi,  merli, 
cardellini,  lodole,  pispole,  muta  di  uccelli  canori, 
la  maggior  parte  ciechi,  per  tendere  agli  uccelli. - 
T'ersi  indicatori:  si  dice  dei  versi  che  fanno  alcuni 
uccelli  di  chiusa,  quando  sono  portati  sulle  tese, 
indicando,  prima  degli  altri,  l'arrivo  di  uccelli  di 
passo. 

Alzare  gli  uccelli,  far  si  che  si  mettano  a  volo 
su  da  terra,  in  modo  da  poterli  colpire.  -  Co- 
lombellare,  tirare  a  colombella.  -  l<ar  candela,  si 
dice  dell'uccello  quando,  invece  di  fuggire  lateral- 
mente, vola  in  su,  quasi  verticalmente,  e  cosi  fugge 
la  rete. 

Fischiare,  a'  tordi,  a'  pettirossi,  alle  lodole,  imi- 
tarne il  fischio  con  uno  strumentino,  perchè  ven- 
gano nelle  tese.  -  Sgabbiare:  finitala  stagione  delle 
tese,  gli  uccellatori  sogliono  aprir  le  gabbie  agli 
uccelli  di  poco  conto  che  hanno  servito  durante  il 
passo,  lasciandoli  in  libertà.  Oppure  li  uccidono  e  li 
mettono  allo  spiedo.  -  Ramatare,  colpire  con  la  ra- 
mata. -  Stendere,  portar  via  gli  strumenti  della  tesa 
quando  è  finita  la  c-ìccìa;  \w,r  simWìL,  sullo  stendere. 
vale  sul  finire.  -  Tendere,  si  dice  d'ogni  maniera  di 


caccia:  a  rete,  a  vischio,  a  lacci.  -  Tesura,  luogo 
ove  si  è  tesa  qualche  caccia.  -  Uccellare  a'  tordi, 
a'  pettirossi  :  i  tordi  si  prendono  ai  paretai,  ai  roc- 
coli, alle  brescianelle,  ai  boschetti,  ecc.;  i  petti- 
rossi con  le  civette,  nel  modo  indicato.  -  Zimbel- 
lare, muovere  lo  zimbello  per  allettare  gli  uccelli. 

Francesco  mio!:  quando  un  fringuello  cieco  è 
buono,  deve  sempre  terminare  il  suo  verso  in  modo 
che  sembri  dica  :  Francesco  mio  I  -  In  bocca  al 
lupo  !,  frase  della  quale  si  servono  i  cacciatori  per 
augurare  una  buona  caccia  ai  loro  colleghi,  non 
essendo  ritenuto  propizio  l'altro:  Buona  fortuna! 
L'origine  di  questa  frase  si  vuole  attribuire  al  premio 
conferito  da  vari  governi  a  chi  uccideva  un  lupo. 
Cosi  l'augurio  di  trovarsi  faccia  e  faccia  con  uno 
di  questi  animali,  ammazzarlo  e  riscuotere  il  de- 
naro del  premio,  era  il  miglior  augurio  che  far 
si  potesse  ai  cacciatori  di  lupi.  E  la  frase  si  sa- 
rebbe poi  generalizzata  per  tutti  i  cacciatori  di  qua- 
lunque genere  di  selvaggina.  -  In  treno  di  caccia, 
in  arnese. 

Cacci adiàvoll.  Veggasi  a  diavolo. 

Cacciagióne.  La  preda  che  si  fa  a  caccia, 

Cacciamento.  Il  cacciare^  lo  scacciare,  il 
ìnandar  via. 

Cacciamosche.  Detto  a  mosca. 

Oaccianfuòri.  Sorta  d'incùdine. 

Cacciare.  Andare  a  caccia. 

Cacciare  (cacciata,  cacciato).  Scacciare,  espel- 
lere, mandar  via  bruscamente,  respingere, 
sfrattare;  spingere. 

Cacciarsi  {cacciato).  Detto  a  entrare. 

Cacciatòia.  Strumento  da  falegname. 

Cacciatóra.  Veste  da  cacciatore. 

Cacciatore.  Chi  va  a  caccia. 

Cacciatorio.  Atto  o  destinato  alla  caccia, 

Cacciatreccie.  Sorta  di  scalpello. 

Cacciavite.  Istrumento  per  allentare  o  strin- 
gere una  vite. 

Cacciucco.  Sorta  di  minestra. 

Cacciume.  Qualità  di  vite,  marchigiana. 

Càccola  [caccoloso).  Veggasi  a  capra  e  a  pecora. 

Cacliereìla.  Cacaiòla,  diarrèa. 

Cacherèllo.  Sterco  del  topo,  del  coniglio, 
della  lepre  e  d'altri  animali. 

Cachessia  {cachèttico).  Stato  generale  dell'orga- 
nismo, che  è  come  l'espressione  di  un  processo 
patologico  che  ha  profondamente  alterato  le  con- 
dizioni organiche  di  un  individuo,  in  seguito  a  ma- 
lattie croniche  (tumori  maligni,  sifilide,  tuberco- 
losi, ecc,).  -  Cachessia  acquosa,  cancerosa,  mercu- 
riale, palustre,  saturnina,  sifilitica,  ecc.:  diverse 
specie  di  cachessia.  -  Cachèttico,  chi  è  affetto  da 
cachessia.  -  Anticachettici,  ì  rimedi  i»  genere  usati 
per  guarire  la  cachessia.  Tali  il  fosforo,  l'arsenico, 
il  ferro,  nelle  loro  molteplici  preparazioni. 

Cachinno.  Veggasi  a  ridere. 

Caciaia,  caciaio  {caciaiuòlo).  Detto  a  for- 
maggio. 

Cacimpèrio.  Vivanda  preparata  con  formag- 
gio e  altro. 

Cacio  (cacioUno,  caciosa).  Veggasi  a  fonnaggio. 

Caciocavallo.  Sorta  di  formaggio. 

Cacioflore.  Detto  a  formaggio. 

Caciolata.  Vivanda  di  formaggio. 

Caciottella.  Detto  a  formaggio. 

Caciiióla.  Forma  di  cacio,  di  formaggio. 

Cacofonia  {cacofònico).  Cattivo  suono. 

Cacografia  fcacograficoj.  Sproposito,  errore 
nello  scrivere. 


CACOLOCIA   —    CADERE 


343 


Cacologia  (cacologko).  Modo  erroneo  di  jtar- 
lare. 

Oacomórflco  {cacomorfiro).  Alterazione  della 
forma  anatomica  degli  organi. 

Cacosindeto.  Detto  a  parola. 

Cacosizia.  Avversione  Risalimento. 

Cacosinia.  Detto  a  odore. 

Oacotrofia.  Cattiva  nutrizione,  ossia  del  modo 
di  alimentare,  alimentarsi. 

Cacto.  Veggasi  a  pianta  (piante  esotiche). 

Cacume.  Sommità,  cinta. 

Cadarero  (cadavere,  cadaveroso).  Chiamasi  cosi 
il  corpo  morto  dell'uomo,  e  degli  animali  dome- 
stici che  formano  oggetto  della  clinica  veterinaria 
(quello  degli  altri  animali,  in  generale,  dicesi  ca- 
rogna): corpo  morto,  corpo  freddo;  morto;  salma, 
spoglia;  frale;  consunto;  corpo  esangue,  esanime; 
veste  caduta;  resti  mortali,  ceneri.  -  Cadaverico,  che 
si  riferisce  a  cadavere,  appartenente  a  cadavere; 
che  ha  aspetto  di  cadavere.  -  Cadaveroso,  di  cada- 
vere, divenuto  cadavere.  -  Grasso  cadaverico,  o  adi- 
pocera,  sostanza  proveniente  da  alterazione  dei 
tessuti  nei  cadaveri.  -  Rigidità  cadaverica ,  fe- 
nomeno d'indurimento  muscolare  e  perdita  della 
elasticità,  che  si  manifesta  nei  cadaveri  poco  tempo 
dopo  avvenuta  la  morte.  Esso  è  dovuto  alla  coagu- 
lazione della  fibrina  muscolare  (miosina). 

Carcame,  il  cadavere  dell'animale  spolpato.  -  Mor- 
ticino, cadavere  di  bambino.  -  Mummia,  il  cadavere 
imbalsamato.  -  Autossia,  autopsia,  sezione  del  cada- 
vere ed  esame  delle  parti  interne  per  studiare  le 
malattie,  le  alterazioni  morbose  o  ricercare  la  causa 
della  morte  con  intendimento  medico-legale.  -  Cre- 
mazione, combustione  del  cadavere.  -  Imbalsama- 
zione, trattamento  dei  cadaveri  con  sostanze  che  ne 
impediscano  la  putrefazione.  -  Necrofilia,  necrofobia, 
necroscopia:  significano,  rispettivamente,  simpatia 
morbosa  sessuale  per  i  cadaveri  ;  orrore  dei  cada- 
veri ;  esame  dei  cadaveri.  -  Necrografìa,  descrizione 
dei  cadaveri.  -  Obduzione,  l'esame  del  cadavere  prima 
di  farne  l'autopsia  nelle  ricerche  medico-legali.  - 
Flit  refazione,  la  decomposizione  spontanea  dei 
cadaveri.  Putrefare,  l'effettuarsi  della  putrefazione. 
Ptomaine,  nome  generico  dato  ai  numerosi  alca- 
loidi (inoffensivi  o  tossici)  che  nascono  dal  cada- 
veri in  putrefazione,  -  Mummificazione,  veggasi  a 
mummia.-  Tassirfermz'a,  arted'impagliarei  cadaveri. 

Camposanto,  luogo  dove  si  seppelliscono  i  cada- 
veri :  cimitero.  -  Carnaio,  luogo  dove  si  seppelliscono 
cadaveri.  -  Carname,  massa  o  distesa  di  membra  o 
cadaveri  umani.  -  Esumazione,  esumare,  il  dissep- 
pellire. -  Funerale,  tutto  quanto  si  fa  per  ono- 
ranza a  un  morto.  -  Inumare,  seppellire,  sotterrare, 
deporre  sotto  terra  i  cadaveri  (inumazione,  seppeU 
limento,  sotterramento).  -  Morgue  (frane),  luogo  nel 
quale  si  espongono  i  cavaveri:  guardiola,  stanza 
mortuaria  ;  in  milanese,  brugna. 

Gemonie,  luogo  nel  quale  si  trascinavano  i  cada- 
veri dei  suppliziati  a  Roma.  •  Ghul,  cattivo  spirito 
che  mangia  i  cadaveri. 

Cadenza.  Modulazione  della  voce  nel  canto. 
'  Difetto  nel  parlare. 

Cadére  (cadente,  cadimento,  caduta,  caduto).  Il 
venire  dall'alto  al  basso  per  effetto  del  proprio 
peso;  andar  giù,  a  terra:  càggere  (voce  antiquata 
e  ora  usata  in  poesia),  decùmhere;  piovere;  ruere, 
mire;  venire  al  disotto.  Dal  cielo  cade  la  j>ioggia, 
la  neve,  il  fulmine,  la  pietra  meteorica,  o  aeroUto; 
giù  per  la  montagna  cade  la  valanga;  dalia  pianta 
cade  il  fioatto,  quando  maturo,  cade  la  foglia  in 


autunno;  cade  l'acqua  di  qualche  fiume  nel  foi 
mare  la  cascata  o  la  cateratta.  Oltreché  per  effetto 
del  peso,  si  cade  per  accidentale  perdita  A&W'equi 
librio,  per  il    fatto  di   correre  o  caìnminar* 

ayventatiMi'^nte,   di   inciatnpare,   di   scivolare 

di  urtare  contro  qualche  cosa;  per  effetto  di  im 
provviso  malore,  di  svenimento  e  simili.  Facilt 
cadere,  perlomeno  avviene  non  di  rado,  nel  saltare. 
nelle  varie  sorta  di  corse,  nello  sdrucciolare  o  ne! 
pattinare  sul  ghiaccio,  ecc.  -  Il  cadere  cagiona 
per  lo  più,  qualche  contusione.  -  Il  verbo  cadert 
si  usa  poi  in  molti  e  vari  altri  significati,  a  indi 
care:  il  morire  combattendo;  il  commettere  pec 
calo;  il  pendere  di  veste;  il  volgere  degli  astr; 
al  tramonto;  il  ricorrere  di  un  giorno,  di  un& 
data;  il  terminare,  il  finire. 

Caduto,  cascato,  precipitato,  venuto  giù,  ecc.  (da 
aggiungere  i  participi  passati  dei  verbi  che  seguono) 

-  Disteso,  atterrato.  -  Sfilato,  di  chi,  cadendo,  si  rompe 
la  spina  dorsale,  il  fil  delle  reni.  -  Tramortito,  di 
persona  che,  caduta,  giace  priva  di  sensi.  -  Raccat- 
tare, riprendere  da  terra  persona  o  cosa  caduta;  rac- 
cogliere, ricogliere;  raccórre,  ricórre.  -Acciarpare. 
raccògliere  alla  rinfusa. 

Abbiosciare,  cadere  (nello  stile  dimesso).  -  Cascare. 
lo  stesso  che  cadere,  ma  più  popolare.  -  Crollare, 
di  edificio  che  precipita,  rovina,  cade  disfacendosi, 
sfasciandosi  :  andare  a  rifascio,  in  isfascio,  in  sfa- 
celo. -  Dare  il  tuffo,  cadere  nell'acqua  o  in  altro 
liquido.  -  Dar  la  balta,  dar  la  volta,  cadere  rove- 
sciandosi. -  Diroccare,  cadere  furiosamente  dall'alto. 

-  Dirupare,  cadere  da  una  certa  altezza  e  con  più 
0  meno  rumore.  -  Pencolare,  di  cosa  che  accenni 
di  cadere,  come  la  torre  di  Pisa.  -  Piombare,  cadere 
a  piombo,  e  specialmente  con  impeto,  se  in  senso 
traslato,  -  Precipitare,  cadere  da  una  altezza  con- 
siderevole nel  vuoto;  cadere  furiosamente,  rovino- 
samente: andare  a  precipizio.  -  Ribaltare,  cadere 
andando  sottosopra,  specialmente  di  veicolo:  ca- 
povolgersi; traballare.  -  Ricadere,  ripete  cadere  : 
ricascare,  ripiombare,  ecc.  -  Rotolare,  di  cosa  che, 
nel  cadere,  gira  su  sé  stessa.  -  Rovinare,  cadere  o 
far  cadere  precipitosamente  e  con  impeto  e  rumore. 

-  Ruzzolare,  precipitare,  traboccare,  cadere  preci- 
pitando. -'  Sprofondare,  cader  nel  profondo,  in  basso: 
adimarsi,  inabissarsi.  -  Stioccare,  cadere  da  luogo 
alto.  -  Strapiombare,  cader  giù  per  eccedenza  di 
peso.  -  Subissare,  rovinare,  sprofondare.  -  Tenten- 
nare, di  cosa  che,  malferma  sulla  sua  base,  si  muove 
in  qua  e  in  là  accennando  di  cadere:  ciondolare, 
tempellare,  vacillare.  -  Toccar  terra,  toccare  il 
terreno,  cadendo.  -  Tonfare,  tonfolare,[c3ideTe  facendo 
tonfo.  -  Traballare,  movimento  di  cosa  che  ondeggia 
e  sembra  li  li  per  cadere:  vacillare.  -  Iracollare, 
minacciare  di  cadere:  talora  anche  cadere;  per 
sim.,  traballare.  -  Trascorrere,  cadere  scorrendo. 

Di  persona  o  d'animale.  —  Abbiosciare,  di  per- 
sona che  cada  come  cosa  non  viva,  abbandonata- 
mente. -  Andare  a  terra,  in  terra,  per  terra,  per  le 
terre;  andare  a  scavezzacollo;  andare  straboccone, 
stramazzone;  battere  il  ceffo,  battere  stramazzoni; 
cascare  strabalzoni,  trabalzoni;  cimbellare,  cimbot- 
tolare;  dare  uno  stramazzo;  dar  della  memoria  in 
terra,  percuotere  la  memoria;  procòmbere;  rotolare, 
tombolare,  far  tombolo.  -  Andare  a  gambe  levate  o 
a  gambe  all'aria:  cascare  per  l'indietro.  •  Andar  giù, 
cascare  come  una  pera  cotta,  di  chi  casca  per  de- 
bolezza di  corpo,  per  paura  (fig.,  per  debolezza 
di  carattere).  -  Andar  giù  in  un  fascio,  cadere  in- 
sieme, uno  addosso  all'altro.  Anche,   a    rifascio,  a 


344 


CADETTO    —    CADUCEO 


catafascio.  -  Andare  ruzzoloni,  a  ruzzoloni,  ruzzo- 
lare. -  Arrovesciarsi,  travolgersi,  cadere  girando 
sulla  persona,  sul  corpo.  -  Balenare,  quell'ondeg- 
giare  che  fa  chi  non  si  può  sostenere  in  piedi,  e 
accenna  a  cadere,  o  per  ebbrezza,  o  per  colpo  rice- 
vuto, 0  per  altra  cagione:  barcollare,  traballare.  - 
Batter  la  bocca,  cascare  in  avanti.  -  Battere  la  ca- 
pata   (figur.),  cadere  da  un  grado  eminente. 

Cadere  all'indietro,  di  quarto  o  di  fianco,  di  fronte, 
diversi  modi  di  cadere  rispettivamente  alla  posi- 
zione della  persona  che  cade  :  cadere  battendo  la 
schiena,  il  fianco,  ecc.  -  Cadere  a  capo  fitto,  col 
capo  fìtto  in  terra,  a  capo  all' ingiù;  a  rompicollo, 
precipitosamente;  bocconi,  col  ventre  verso  terra; 
capitomboloni,  a  capitomboli;  supini,  col  ventre  al- 
l'aria; come  un  cencio,  con  aljbandono  completo  del 
corpo;  lungo  e  disteso,  con  tutta  la  persona,  come 
morto:  cadere  in  piana  terra.  -  Cadere  in  piedi 
(figur.),  come  i  gatti,  di  chi  non  sente  danno  d'una 
caduta. 

Capitombolare,  fare  capitombolo,  cadere  col  capo 
all'ingiù  ;  fare  una  capriola,  un  rotolone,  un  ruz- 
zolone, una  tombolata,  un  tombolo,  un  tombolone. 

-  Capolevare,  cadere  a  capo  in  giù,  capitombolare; 
cascare  a  capo  fitto.  -  Cascar  male,  in  brutto  modo. 

-  Cimbotiare,  cimbottolare,  dare  un  cimbóttolo  per 
terra,  cioè  un  colpo  nel  cadere.  -  Diroccarsi,  pre- 
cipitare sé  stesso  dall'alto.  -  Mazzaculare,  mazzicu- 
lare,  cader  giù  in  precipizio,  tombolare,  capitombo- 
lare. -  Picchiare  le  reni,  batterle  cadendo.  -  Procóm- 
bere,  cadere  dinanzi.  -  Ricapoficcare,  cadere  di  nuovo 
a  capo  fitto,  a  capo  in  giù.  -  Rovinare,  cadere, 
sdrucciolare  precipitosamente.  -  Ruzzolare,  cadere 
rotolando  per  una  discesa,  per  una  scala:  rotolare, 
andar  giù  ruzzoloni,  diroccare,  dirupare,  dirupina- 
re,  trarupare;  tombolare,  tiritombolare.  -  Stramaz- 
zare, dare  uno  stramazzone,  {ramazzare,  gettare  im- 
petuosamente a  terra,  in  maniera  che  il  gettato  resti 
sbalordito  e  quasi  privo  di  sentimenti;  anche,  ca- 
dere, piombare  a  terra  senza  sentimento.  -  Tiri- 
tombolare, far  tiritombola,  cadere  pesantemente.  - 
lomare,  cadere  o  andare  a  capo  all'ingiù,  alzando 
il  piede  air  aria.  Detto  anche  delle  bestie  quando 
si  gettano  in  terra,  con  le  gambe  all'aria  in  segno  di 
allegrezza.  -  Tombolare,  far  tomboli,  cascare,  rivol- 
gendosi su  sé  stessi,  rapidamente.  -  Traboccare,  ca- 
dere col  viso  a  terra.  -  Tracollare,  cadere  d'  equi- 
librio, a  capo  all'ingiù.-  Foiarsens'a/i,  cadere  dall'alto. 

Cadente.  —  Caduta.  —  Far  cadere. 

Lasciak  cadere,  ecc. 

Locuzioni  —  Voci  onomatopeiche. 

Cadente  :  che  cade,  cascante.  Contr.,  intto,  fermo, 
fisso,  incrollabile,  inamovibile.  -  Caditoio,  cascatoio, 
cascaticcio,  che  facilmente  cade.  -  Caduco,  che  é 
soggetto  a  cadere,  nel  senso  di  perire.  -  Emptótico, 
che  cade,  che  è  il  risultato  di  una  caduta.  -  Labile, 
che  cade  o  si  perde  facilmente.  -  Piombante,  che 
cade  a  piombo,  che  segue  la  linea  verticale  dall'alto 
in  basso.  -  Precipite,  che  cade  a  capo  all'  ingiù  - 
Precipitevole,  che  va  a  precipizio.  -  Traboccante, 
cadente  col  viso  a  terra. 

Caduta  :  il  cadere  ;  cadimento,  cascamento,  ca- 
scata; botta;  stoscia,  stroscio;  tonfo,  tuffo;  mazza- 
culo,  mazziculo.  -  Battuta,  il  colpo  di  un  corpo  che 
cade.  -  Batuffolo,  il  cader  rovescioni  insieme  con 
altri;  l'abbatuffolarsi.  -  Busso,  cimbotto,  cimbóttolo, 
pattone,    tombolo,   caduta   con   rumore,  colpo  della  j 


caduta.  -  Caduta,  il  cadere,  specialmente  di  per- 
sone. -  Capitombolo,  il  cadere  o  buttarsi  col  capo 
all'ingiù.  -  Capitombolane,  accr.  di  capitombolo.  - 
Cascata,  il  fatto  del  cascare,  dell'essere  cascato.  - 
Cataptosi,  caduta  per  causa  di  epilessia.  -  Crollo, 
la  caduta  rovinosa  di  un  edificio.  -  Grandinata, 
grandine,  pioggia,  piovitura,  caduta  simultanea  di 
molte  cose  della  stessa  specie.  -  Incidenza,  il  ca- 
dere d' una  cosa  sopra  una  superficie.  -  Labilità,  fa- 
cilità a  cadere  (per  lo  più,  in  senso  figur.).  -  Pre- 
cipitazione, azione  del  cadere  di  un  corpo  dall'alto 
in  basso.  -  Precipizio,  grandissima  caduta.  -  Ricadi- 
mento, ricaduta,  il  ricadere:  ricascamento,  ricascata, 

-  Ruzzolio,  un  ruzzolare  continuato.  -  Ruzzolone, 
un  ruzzolare  grosso  e  forte  ;  caduta  precipitosa.  • 
Scavezzacollo,  caduta  a  rompicollo.  -  Sdrucciolone, 
l'andare  sdrucciolando  ;  una   caduta  sdrucciolando. 

-  Spanciata,  caduta  fatta  avanti,  battendo  la  pancia. 

-  Stramazzata,  percossa  in  terra;  materassata.  - 
Stramazzo,  atto  dello  stramazzare.  -  Stramazzone, 
il  cadere  con  tutta  la  persona  senza  potersi  aiutare 
per  menomare  il  colpo.  -  Tiritombolo,  d'uso  comune 
per  la  Toscana,  per  capitombolo.  -  Tombolata,  il 
tombolare.  -  lombolo,  capitombolo.  -  Tomo,  il  to- 
mare,  cioè  fare  un  tomo:  cascare  col  capo  all'ingiù, 
ecc.  -  Tonfo,  caduta  o  colpo  rumoroso;  anche,  il 
rumore  che  si  fa  cascando  :  e  più  specialmente  di- 
cesi di  cosa  grave  che  caschi  nell'  acqua  dall'  alto. 
•  Tonfetto,  piccolo  tonfo. 

Caduta  d'acqua,  veggasi  a  cascata.  -  Caduta  dei 
gravi,  veggasi  a  fisica  e  a  gravità.  -  Paracadute, 
detto  ad  aeronàutica. 

Far  cadere  :  abbattette,  atterrare,  buttare  a  terra, 
buttar  giù;  dare  la  balta,  ribaltare;  anche,  capovol- 
gere, rovesciare.  -  Dare  ad  uno  il  gambetto,  met- 
tergli un  piede  fra  le  gambe,  e  farlo  cascare  (frane, 
croc-en-jambej.  -  Avere  il  gambetto,  essere  buttato  giù. 

Lasciar  cadere  :  abbandonare,  lasciar  scappare, 
lasciar  sfuggire  (di  mano).  -  Abbiosciare,  lasciar  ca- 
dere abbondantemente. 

Impedire  di  cadere.  -  Appuntellare,  puntellare; 
sostenere,  provvedere,  munire  di  sostegno. 

Locuzioni,  ecc.  —  Avere  le  scarpe  solale  di  bucce  di 
cocòmero,  essere  sempre  in  procinto  di  cadere.  -Pwuiare 
un  melo,  cadere  battendo  il  deretano.  -  Rompersi 
l'osso  del  collo,  morire  d'una  caduta.  -  La  terra  fer- 
ma tutto,  quando  cade  qualche  cosa.  -  Sicut  in  costo 
et  in  terra,  quando  casca  qualcosa.  -  Tombola  I 
(scherz.),  esclamazione  che  si  fa  nel  vedere  qualcuno 
cadere.  -  San  Venanzio,  santo  che  salva,  secondo 
il  volgo,  i  ragazzi  dalle  cadute. 

Voci  onomatopeiche  (imitative)  d'una  caduta:  pa- 
tapum, di  corpo  che  cade  rumorosamente;  tiritom- 
bola, voce  imitativa  di  un  ruzzolone;  pouf,  tonfete, 
taffete,  tru,  indicanti  il  rumore  di  corpo  che  cade; 
turmitù,  imitante  caduta  rumorosa. 

Cadétto.  Veggasi  a  figlio  e  a  nobiltà* 

Oadi.  Titolo  di  magistrato. 

Cadimento.  Il  cadere. 

Cadmio.  Metallo  che  si  trova  in  piccole  quan- 
tità in  natura.  -  Bromuro,  ioduro,  solfuro,  solfato 
di  cadmio,  le  combinazioni  principali  di  questo  me- 
tallo. -  Amalgama  di  cadmio,  combinazione  di  cad- 
mio e  di  mercurio  usata  per  otturare  i  denti  cariati. 

-  Leghe  di  cadmio,  nome  generico  di  tutte  le  com- 
binazioni del  cadmio  con  altri  metalli.  -  Verde  di 
cadmio,  miscuglio  di  solfuro  di  cadmio  e  di  oltre- 
mare. 

Cadometria.  Veggasi  a  misura. 
Caduceo.  Detto  a  farmacia  e  a  Mercurio, 


CADUCITÀ   —   CAKFE 


345 


Caducità.  L'essere  caduco.  •  Il  decadere  di  un 
diritto,  di  uTieredità  e  siiriili. 

Caduco.  Che  deve  presto  cadere  o  perire.  • 
Che  può  durare  poco.  -  Mal  caduco,  V epilessia. 

Caduta.  L'atto  del  cadere.  -  Fallo,  jteccato. 

CaflFè.  Pianta  rubiacea,  sempre  verde  (oriunda 
dall'Arabia,  naturalizzata  anche  in  America),  i  cui 
semi,  tostati  e  macinati,  servono  a  preparare  la  no- 
tissima bevanda  dello  stesso  nome:  legume  di  Aleppo. 
Il  frutto,  somigliante  alla  ciliegia,  contiene  nella 
polpa  due,  tre  semi  che  tormano  i  grani  o  chicchi 
di  caffé.  Questi  si  riducono  in  polvere  col  macinino, 
e  la  bevanda  si  prepara  a  bollore  (a  mano)  o  in 
infuso  (a  macchina).  -  Caffeina,  alcaloide  che  si 
trova  nei  semi  del  caffè,  nelle  foglie  della  stessa 
pianta.  -  Occhi,  goccioline  galleggianti  d'olio  essen- 
ziale, nel  caffé.  -  Borbone,  varietà  di  caffé  {Coffea 
arabica)  che  si  coltiva  nell'isola  Riunione  o  Borbone. 
•  Caffé  di  cicoria,  d'orzo,  di  ghiande,  polvere  e  be- 
vanda di  queste  sostanze  ad  uso  di  caffè.  -  Caffè  di 
Levante,  proveniente  da  questa  parte  del  mondo  : 
anche  semplicemente  levante.  -  Martinica,  caffè  che 
si  ha  dall'isola  di  questo  nome,  distinto  in  fine  verde, 
fine  giallo,  ecc.  -  Móka,  caffè  proveniente  da  Móka, 
città  dell'  Arabia.  -  Caffé  dei  Negri,  il  mogdad.  - 
Portorico,  sorta  di  caffè  proveniente  dalla  città  dello 
stesso  nome. 

Surrogati  o  succedanei  del  caffé:  come  tali  sono 
indicati  il  fico,  secco  e  distillato,  previa  fermenta- 
zione ;  i  tuberi  del  cipero  commestibile,  le  noci  di 
Kola,  il  frutto  del  cocco,  Vorzo  tostato,  ecc. 

n  caffè  si  beve,  per  lo  più,  con  aggiunta  di  zuc- 
chero (zuccherato)  \  mescolato  al  latte,  costituisce 
una  bevanda  comunissima  {caffè  e  latte).  -  Caffé  al- 
l'araba, fatto  col  bricco  e  denso.  -  Caffè  a  bollore, 
quando  per  farlo,  si  butta  la  polvere  nell'  acqua 
bollente.  -  Caffè  carico,  o  grave,  quello  che  è  più 
carico  di  colore,  e  contiene  maggiore  quantità  del 
principio  aromatico,  per  la  maggior  dose  del  cafìè 
in  polvere  che  vi  si  è  adoperata;  leggiero,  al  con- 
trario, con  poca  polvere.  -  Caffé  nero,  così  per  con- 
trapposto a  caffè  e  latte,  si  dice  il  caffè  senza  ag- 
giunta di  latte  0  di  cioccolata. 

Acqua  pazza,  o  tinta,  caffè  molto  allungato  con 
acqua.  -  Bollitura,  caffè  leggiero.  -  Brodo  di  ceci, 
caffè  cattivo.  -  Broscia  o  sbroscia,  si  dice  famigliar- 
mente  con  dispregio  il  caffè  e  latte,  -  Caffeaccio, 
pegg.  di  caffè,  tanto  della  bevanda  che  della  bot- 
tega. -  Caffeina,  dimin.  e  spreg.  di  caffè.  -  Caffeuccio, 
caffè  poco  buono.  -  Cappuccino,  caffè  con  latte.  - 
Gloria,  caffé  con  acquavite  o  rhum.  -  Lavatura  di 
ceci,  di  fagiuoli,  di  caffé  poco  buono. 

Preparazione  del  caffè.  —  Arnesi.  —  Varie. 

Abbrustiare,  abbruciacchiare,  tostare  il  caffè,  ab- 
brostire,  abbrustolire;  bruciacchiare,  brustolare;  to- 
sticchiare,  torrefare  (quindi  caffè  torrefatto,  tostato, 
ecc.  ;  tostatura,  torrefazione,  ecc.).  -  filtrare,  passare, 
colare.  -  Macinare,  ridurre  il  caffè  in  polvere  per 
mezzo  del  macinino 

Abbronzato,  il  colore  che  prende  il  caffo  quando 
è  cotto  bene.  -  Fondi,  fondo  del  caffè,  la  polvere 
che  ha  già  servito  a  fare  il  caffè  la  prima  volta.  - 
Posatura,  quel  sedimento,  o  precipitazione  della 
polvere  del  caffè,  la  quale,  pel  cessato  bollimento 
e  pel  riposo,  cade  in  fondo  alla  caffettiera. 

Bricco,  vaso  nel  quale  si  mette  a  bollire  l'acqua 
per  fare  il  caffè,  e  col  quale  poi  lo  si  versa  nelle 
tazze:  è  stagnato,  panciuto  e  rigonfio  in  basso,  con 


coperchio  mastiettato,  con  manico  opposto  al  beccuc- 
cio. Altre  sue  parti  :  il  corpo,  la  bocca,  il  fondo. 
Detto  anche  caffettieìu,  cogoma,  cuccuma,  cuccumo, 
Si  hanno  caffettiere,  o  bricchi,  a  filtro,  a  pressione, 
a  vapore,  filtro,  parte  della  caffettiera  dove  l'acqua 
bollente  passa  sul  caffè.  -  Caffettiera  pneumatica,  quella. 
nella  quale  1'  acqua  sale  e  discende  per  forza  del 
vapore.  -  Marabut,  callettiera  del  levante.  -  Bric- 
chettino,  bricchetto,  dimin.  di  bricco. 

Bruciacaffè,  nome  generico  di  questo  o  quell'ar- 
nese per  tostare  il  caffè:  tostino,  brucino,  abbru- 
ciatolo. -  Cabaret,  vassoio  a  orli  rialzati;  le  tazze 
stesse  che  vi  si  mettono  sopra,  dette  anche  un  ser- 
vizio. -  Chicchera,  piccolo  vasetto,  piccola  ciotoletta 
di  porcellana  o  altra  terracotta,  delia  forma  su 
per  giù  di  un  bicchiere  o  di  una  ciotola,  con  ma- 
nichette 0  presa  ;  serve  per  bervi  il  calle,  il  caffè 
e  latte,  ecc.  Dicesi  anche  del  contenuto.  -  Chicche- 
retta,  dimin.  di  chicchera;  chiccheruccia,  spreg.  di 
chicchera;  chiccherona,  di  chicchera  grande.  -  Chic- 
cherata,  quanto  liquido  può  stare  in  una  chicchera; 
anche,  il  colpo  dato  con  una  chicchera.  -  Fornellino, 
fornello,  specie  di  vaso  cilindrico,  di  lamiera  di 
ferro,  a  tre  piedini:  e  serve  per  tostare  il  calle  nel 
tamburino.  -  Macchina  da  caffè,  vaso,  per  lo  più  di 
latta,  per  tare  il  caffè  attraverso  a  un  coletto  dove 
si  mette  la  polvere,  e  sopra,  o  sotto,  l'acqua  bol- 
lente. 

Macinino,  macchinetta  per  macinare,  ossia  per 
ridurre  in  polvere  il  caffè  tostato.  Sue  parti:  la 
tramoggia,  la  campana,  la  pigna,  la  manovella  (pic- 
colo manubrio  per  girare),  la  cassetta  (nella  quale 
si  raccoglie  il  caffè  macinato)  -  Campana,  specie 
d'imbuto  di  ferro,  internamente  solcato  da  intacca- 
ture da  alto  in  basso.  -  Pigna,  o  noce,  pezzo  mas- 
siccio di  ferro,  di  figura  tra  l'ovale  e  la  conica,  la 
cui  superficie  è  solcata  da  scanalature  spirali  a  spi- 
goli inclinati  e  quasi  taglienti.  Per  mezzo  della  ma- 
novella, è  fatta  girare  su  di  sé.  -  Tramoggia,  aper- 
tura superiore  nella  quale  si  pone  una  manciata  di 
caffè  tostato,  che  poi  va  cadendo  nella  sottoposta 
campana. 

lamburlano,  arnese  per  torrefare  il  caffè.  -  Tam- 
buro, tamburino,  un  cilindro  cavo,  di  ferro,  in  cui 
si  tosta  il  caffè.  Da  alcuni  si  chiama  tostino  il  for- 
nello col  suo  tamburlano  che  si  adopera  per  tostare 
il  caffè;  ma  in  Firenze  per  tostino  si  intende  gene- 
ralmente il  tamburlano  stesso. 

Varie.  —  Caffeista  (scherz.),  gran  bevitore  di 
caffè,  ghiotto  di  caffé.  -  far  la  polenta,  mettere 
troppo  zucchero  nel  caffè.  -  Sorbillare,  bere  a  sor- 
settini:  sorbillare  il  caffé;  suzzare  un  bravo  caffè.  - 
Turchetto  (voce  vernacola),  il  eaffé  da  un  soldo,  zuc- 
chero e  liquore  compreso.  A  Milano  Vendesi  per  le 
vie,  e  dal  modo  con  cui  é  servito  dicesi  :  caffè  del 
ginocchio.  •  Chifel,  ehifelle,  panino  fine  bislungo,  a 
mezza  luna,  da  inzupparsi  nel  caffè.  -  Schizzo, 
spruzzo  di  rhum  o  altro  liquore  nel  caffè. 

Oaflfè.  Luogo  aperto  al  pubbligo.  bottega  più  o 
meno  grande  ed  elegante,  con  arredamento  proprio 
(tavolini,  sedie,  divani  a  muro,  specchi,  lampade  a 
gas  e  a  luce  elettrica,  ecc.),  dove,  oltre  il  caffè,  si 
dà  a  bere  vino,  IHrra,  questo  e  quel  liquore, 
qualche  rinfresco,  questa  e  quella  bevanda; 
dove, per  lo  più,  l'avventore  ha  modo  di  leggere  il 
giornale,  la  rivista  (in  maggiore  o  in  minor 
numero,  secondo  l'importanza  del  caffè),  di  intrat- 
tenersi in  diversi  giuochi  :  carte,  dama,  scacciti, 
e  anche  biliardo.  L'uso  di  applicare  al  luogo  il 
nome  di   una   delle  bevande  che  vi   si   sorbiscono 


346 


CAFFEINA 


derivò  forse  dall'essersi  dapprima  aperte  siffatte  bot- 
teghe pel  solo  scopo  di  somministrarvi  il  caffè  in 
bevanda,  in  tempi  in  cui  questo  aroma  era  di  re- 
cente introduzione  e  quindi  costoso  e  ricercatissimo. 

-  Caffeuccio,  bottega  di  caffè  meschina. 

Bvffet,  il  caffé  delle  stazioni  ferroviarie,  dove  c'è 
tavola  pronta,  con  rifreddi  e  ristori.  -  Café  chantant 
(frane),  caffé  concerto,  quello  nel  quale  si  dà  spettacolo, 
come  in  teatro,  producendovisi  artisti  di  canto,  artisti 
varii,  e  dandovisi  concerti  musicali.  -  Caffè  ristora- 
tore, 0  ristorante  (nell'uso),  quello  nel  quale  si  pos- 
sono avere  anche  vivande  cotte.  Vi  si  dà  a  man- 
giare in  ogni  ora  del  giorno,  ma  specialmente  la 
mattina  per  la  colazione  e  \erso  sera  per  il  pranzo. 
All'uopo  si  stende  la  tovaglia  su  ogni  tavolino  e  lo  si 
prepara  come  una  tnensa.  -  Caffeaus  (ted.),  edi- 
fizio  dei  giardini,  a  tempietto,  rotondo  o  ottagono, 
bizzarro,  dove  si  beve  il  caffè.  -  Estaniinet  (fr.), 
piccolo  caffè.  -  Gabinettoparticolare,  stanzina  riservata. 

Caffé  a  posta  dicono  i  caffettieri  quel  calle  che  do- 
vrebbe essere  preparato  a  bella  posta,  volta  per  volta, 
per  gli  avventori.  Ridotta  1'  espressione  ai  minimi 
term^ini,  si  dice,  nel  gergo  de'  caffè,  posta  sempli- 
cemente, e  i  camerieri  fiorentini  gridano  verso  il 
banco  o  la  cucina,  una  posta  !  Posta  e  latte!  -  Deci- 
mino, in  Toscana,  un  calle,  un  ponce,  clie  costa 
dieci  centesimi.  -  Lista,  la  nota  delle  bevande  e  delle 
vivande,  per  lo  più  col  prezzo  relativo  (frane. 
menù). 

Caffettiere,  chi  tiene  aperta  una  bottega  di  caffè. 

-  Caffettiera,  la  moglie  del  caffettiere.  La  padrona 
del  caffé. 

Cameriera  (ted.,  Mlerin),  cameriere,  la  per- 
sona, dell'  uno  o  dell'  altro  sesso  che  serve  gli 
avventori,  portando  per  lo  più  sopra  un  vassoio 
entro  bicchieri,  entro  bottiglie,  o  su  piatti,  su  piat- 
tini, quanto  si  domandi.  Nei  grandi  caffè,  il  came- 
riere di  solito  paga  anticipatamente  al  banco  V  im- 
porto delle  consumazioni,  per  lo  più  con  gettoni 
(nell'uso,  marchette),  pezzi  d'ottone  o  d'altro,  log- 
giati a  torma  di  moneta;  e  al  cameriere,  che  gli 
presenta  il  conto,  l'avventore,  oltre  pagare  il  prezzo 
della  bevanda  o  d'altro,  dà  comunemente  la  mancia. 

Chasseur,  cacciatore,  il  paggetto  che  in  alcuni 
grandi  caffé,  vestito  con  speciale  divisa  chiassosa, 
funge  da  fattorino  o  galoppino.  -  Maneggione,  nel 
vernacolo  milanese,  taccendone,  agente  maggiore  di 
caffettieri,  di  osti  e  simili.  -  lavoleggiante,  garzone  di 
caffè  che  serve  ai  tavolini.  -  Piccolo  si  chiama,  nel- 
l'Alta Italia,  il  garzoncello  che  fa  il  suo  tirocinio 
aiutando  e  servendo  il  cameriere. 

Divette  (frane),  artista  da  caffé  concerto.  -  Habitué 
(frane),  per  indicare  ['assiduo,  il  frequentatore. 

Caffeina.  Principio  elementare  del  caffè. 

Caffettiera.  Recipiente  nel  quale  scaldare  acqua, 
preparare  un  decotto,  fare  il  caffè. 

Caffettiere.  Chi  tiene  bottega  di  caffè. 

Caffo.  Numero  dispari.  -  Buona  fortuna. 

Cagrionare  (cagionato).  Essere  cagione,  causa, 
di  qualche  cosa  ;  produrre  qualche  effetto. 

Cagióne.  Motivo,  causa. 

Cagionévole.  Ammalazzato,  debole  di  salute; 
leggermente  e  abitualmente  malato  :  cagionoso. 

Cagrionevolezza.  Stato  di  chi  è  cagionevole. 
.   Cagliare  {cagliato).  11  rappigliarsi  del  latte. 

Cagliare  {cagliato).  Mancar  d' animo,  allibire 
per  paura. 

Càsrllo.  Il  latte  rappreso,  nello  stomaco  degli 
agnellini,  dal  sugo  gastrico:  usato  per  coagulare  il 
latte  e  farne  cacio.  -  Nome  generico  di  molte  so- 


CALAMAIO 

stanze  acide  vegetali  o  animali,  che  hanno  la  pro- 
prietà di  rappigliare  il  latte.  -  Anche,  la  mucosa 
contenuta  nel  ventricino  dei  ruminanti,  la  cui  su- 
perficie interna,  increspata,  separa  l'umore  attivo 
della  digestione,  il  succo  gastrico. 

Cagna.  La  femmina  del  cane. 

Cagna.  Malattia  del  cedro. 

Cagnàra.  L'abbaiare  di  più  cani  insieme:  veg- 
gasi  a  cane. 

Cagnazzo.  Aggiuntivo  di  colore,  quasi  simile 
al  jìaonazzo. 

Cagnésco  {cagnescamente).  -Da  cane.'  Bieco, 
truce:  di  sguardo,  di  faccia. 

Cagnolare  {cagnolato).  Guaire  di  piccolo  cane. 

Cagnotto.  Bravo,  sgherro.  -  Intrinseco,  se- 
guace di  persona, 

Caicco.  Palischermo,  barca. 

Caimano.  Rettile  affine  al  coccodrillo. 

Caino.  Detto  ad  uccidere  e  a  fratello. 

Cala.  Piccolo  seno  di  mare,  baia:  tempo'^aneo 
ricetto  di  qualche  nave.  ■  Punizione  che  s'inflig- 
geva a  bordo  di  alcune  navi  inglesi  e  francesi  ai 
marinai  insubordinati. 

Calabràche.  Veggasi  a  carte  da  giuoco. 

Calabresella.  Detto  a  carte  da  giuoco. 

Calabrone.  Insetto,  per  lo  più  nero,  simile  ad 
una  grossa  vespa  comune:  è  di  colore  bruno,  fa- 
sciato di  giallo  sull'addome.  Punge  con  Vacùleo, 
producendo  una  ferita  dolorosa.  -  Bofónchio,  sorta 
di  calabrone,  più  grosso  d'una  vespa.  -  Rombare, 
rombo,  rumore,  suono  che  fa  il  calabrone. 

Calafatare  (calafatato).  Ristoppare  una  nave, 
ostruirne  le  commessure  con  stoppa  e  pece,  per 
renderla  impenetrabile  all'acqua:  impegolare,  im- 
peciare, rimpeciare  :  dar  lo  spalmo,  il  pattume; 
impiastrare,  rimpiastrare  ;  rimpalmare,  rispalmare, 
spalmare;  intonacare.  -  Carenare,  o  dar  carena, 
eseguire  le  operazioni  necessarie  per  intonacare 
l'opera  viva  d'una  nave  con  materie  resinose  o 
grasse,  ecc.  -  Rifiorire  le  commessure,  ripassare  la 
spalmatura  sopra  le  commessure  della  nave.  -  Ca- 
lafato., chi  attende  a  queste  varie  operazioni. 

Calafato.  Maestro  nel  calafatare. 

Calamaio.  Arnese,  vasetto  di  varie  forme  e 
materie,  con  entro  inchiostro,  in  cui  s'intinge  la 
Xìcmia  per  scrivere:  calamaro,  melanodòco  (gr.). 
-  Calamaio  a  guazzo,  quello  in  cui  si  mette  in- 
chiostro solo,  senza  stoppaccio.  -  Calamaio  a  pompa, 
quello  che,  per  mezzo  di  un  congegno  fondato  sulla 
teoria  della  pressione  atmosferica,  lascia  da  una 
camera  grande,  specie  di  serbatoio,  passare  l'in- 
chiostro, a  poco  a  poco,  in  altra  più  piccola.  -  Ca- 
lamaio a  scrivania  (brevemente,  scrivania),  specie 
di  calamaio  fermato  su  un  vassoio  di  legno,  di  me- 
tallo, ecc.,  aggiuntivi  il  polverino,  le  ostie  e  altre 
cose  relative  allo  scrivere.  -  Calamaio  a  stoppaccio, 
quello  nel  quale  l'inchiostro  immolla  stoppa,  bam- 
bagia, cascame  di  seta,  un  pezzetto  di  s])ug/ia 
0  altra  cosa  simile,  e  cedevole  sotto  la  pressione 
della  penna.  -  Calamaio  da  tasca,  piccolo  calamaio 
di  legno  o  d'osso,  con  pozzetta  di  metallo  o  di  vetro, 
a  cui  è  unito  a  vite  il  polverinaio,  per  disotto,  e  il 
coperchio,  per  di  sopra.  Talora  serve  di  coperchio 
un  pennaiuolo,  cioè  un  bocciuolo  da  tenervi  una  o 
più  penne,  e  che  chiudesi  a  modo  di  un  agoraio. 
Oggi  è  più  comune  il  calamaio  a  forma  di  casset- 
fina  quadrata  di  latta,  ricoperta  di  pelle,  il  cui  co- 
perchio è,  premendo  un  bottoncino,  spinto  in  alto 
da  un  saltaleone  incastrato  in  esso  e  premente 
sulla  bocca  di  una  boccettina  di  vetro,  nella  quale 


sta.  l'inchioslro,  che  non  può  versarsi  perchè  fra  il 
saltaleone  e  la  boccetta  è  un  pezzo  di  pelle  che  il 
saltaleone  stesso  vi  fa  aderire.  Se  ne  fanno  poi 
d'altre  materie  e  d'altre  forme  svariatissiine,  più  o 
loeno  eleganti.  -  Calamaio  magico,  quello  n^l  quale, 
per  una  combinazione  chimica,  si  riproduce  por 
l^ngo  tempo  l'inchiostro,  versandovi  soltanto  un 
po'  d'acqua. 

•Coperchio,  specie  di  cappelletto  di  vetro,  di  coccio 
o  d'altre  jnaterie,  col  quale  si  copre  il  calamaio, 
perchè  non  evapori  l'inchiostro,  e  non  vi  cada  la 
polvere.  -  Fiisellino,  stecchetto  di  legno  o  d'avorio, 
o  un  ferrino,  auso  di  rialzare  lo  stoppaccio,  quando, 
o  per  essere  questo  molto  pigiatolo  per  troppo  in- 
chiostro, questo  vi  sta  tutto  sopra,  con  pericolo  di 
fare  sgorbi  nello  scrivere.  -  Stoppaccio,  Stoppa  o  altro 
che  si  mette  in  fondo  al  calamaio.  -  Vassoio,,  vas- 
soino,  specie  di  piatto,  bislungo  di  varie  materie  sul 
quale  si  posa,  e  dove  si  tengoip  penne,  pennini, 
matite  e  simili  arnesi  per  iscrivere. 

Calamaiala,  colpo  di  calamaio  contro  qualcuno  o 
atto  dell'avventarlo.  -  Impennata  (non  comune), 
tanto  inchiostro  quanto  ne  ritiene  la  penna  intin- 
gendola nel  calamaio.  -  Inzuppare  la  penna  nel 
calamaio,  intingervela. 

Calamàio.  Specie  di  mollusco  marino. 

Calamina.  Detto  a  zinco. 

Calamento.  Il  calare. 

Co-lamistro  ( calamistraloj .  Strumento  per  ar- 
ricciare i  capelli. 

Calamita.  Minerale  d'ossido  di  ferro  che  ha  la 
proprietà  di   attirare  alcuni   corpi  detti  magnetici, 

3uali  sono-,  in  ordine  decrescente  di  energia,  il  ferro 
olce,  il  cobalto,  il  cromo,  il  nickel,  il  manga- 
nese, ecc.  ;  ha  la  proprietà,  quando  in  bilico,  di  vol- 
gersi ai  poli:  magnete;  ago  calamitato;  lito  (gr.).  - 
Calamitico,  di  calamità:  magnetico,  attrattorio.  - 
Calamita  artificiale,  quella  che  acquistò  le  proprietà 
magnetiche  per  influenza  di  una  calamita  naturale; 
naturale,  quella  che,  per  forza  della  sua  naturale 
costituzione,  dà  origine  ai  fenomeni  magnetici;  per- 
manente, quella  che  di  continuo  e  per  un  tempo 
indeterminabUe  é  capace  di  fenomeni  magnetici  ; 
temporanea,  quella  che  è  capace  di  fenomeni  ma- 
gnetici solo  temporaneamente,  sotto  l'azione  di  forze 
.speciali.  -  Brachtpolari,  megapolari,  melripolari,  le 
calamite  a  seconda  della  loro  intima  costituzione 
dedotta  dalla  diversità  dei  fenomeni. 

Ago  magnetico,  la  calamita  dalla  forma  di  piccola 
sbarra,  che  può  sospendersi  ad  un  iilo  o  adattarsi 
JD  bilico  sopra  un  pernio  verticale.  -  Elettrocalamita, 
pezzo  di  ferro  dolce  trasformato  in  calamita  dalla 
corrente  elettrica.  Cartoncino  di  spire  metal- 
liche, in  forma  di  ago,  che,  per  circolazione  di  cor- 
rente elettrica,  si  volge  al  polo  e  presenta  tutti  i 
fenomeni  della  calamita  nell'apparecchio  d'Ampère. 
-  Elettromagnete,  la  più  forte  delle  due  specie  di 
calamite  temporanee.  -  Testimonio,  piccola  calamita 
correttrice  posta  nei  galvanometri  dei  telegrafi  per 
mantenere  l'ago  nel  piano  del  rocchetto,,  quando 
non  passano  correnti.  -  fasci  o  magazzini  magnetici, 
l'insieme  di  più  calamite  sovrapposte  di  modo  che 
i  poli  omonimi  siano  diretti  nel  medesimo  senso. 
Linea  neutra,  quella  che  indica  la  regione  me- 
diana di  una  calamita,  ove  l'attrazione  è  nulla.  - 
Polo,  ciascuna  delle  estremità  di  una  cala- 
mita: polo  nord,  o  positivo,  l'estremità  dell'af/o  ma- 
gnetico  che,  in  seguito  ad  orientamento,  si  volge  al 
nord  (polo  australe):  polo  sud,  o  negativo,  l'estre- 
mità dell'ago  magnetico  che  si  volge,  in  seguito  ad 


347 


orientamento,  al  sud  {polo  boreale).  -Asse  magnetico, 
la  retta  che  unisce  i  due  poli  nord  e  sud.  -  Punti 
conseguenti,  tutti  i  poli  possibili  in  una  calamita, 
quando  ({uesta  venga  spezzata.  -  Portata  di  una  ca- 
lamita, il  rapporto  fra  il  proprio  peso  e  quello  che 
una  calamità  può  sostenere.  -  Ancora,  o  armatura, 
la  sbarretta  che  si  applica  trasversalmente  contro 
le  estremit;!  polari  di  una  calamita  a  ferro  di 
cavallo,  allo  s<opo  di  chiuderne  il  circuito  per 
aumentarne  la  forz:i  o  portata,  lino  al  limite  pos- 
sibile. .Armar?,  l'applicare  l'ancora  ai  poli  della 
calamita.  -  Potenza  di  una  calamila,  l'intensità  dei 
poli  magncticL  -  Punto  di  indijferenza,  il  punto  fra 
i  due  poli  di  una  calamita  dove  non  si  manifesta 
né  attrazione,  né  repulsione,  o  nessuna  tensione  elet- 
trica. 

Calamitazione,  o.  magnetizzazione,  insieme  dei  prò? 
cessi  pei  quali  si  comunica  al  ferro,  all'acciaio  e 
a  qualche  altro  metallo  la  proprietà  magnetica.  Per 
influenza^  per  contatto  semplice,  per  contatti  sepa- 
rali, i  tre  diversi  metodi  coi  quali  si  pratica  la  cala- 
mitazione. •  Calamitare  (calamitato),  magnetizzare 
(magnetizzato),  praticare  la  calamitazione,  la  ma- 
gnetizzazione. 

Magnetismo,  la  causa  che  conferisce  ai  ma- 
gneti la  loro  caratteristica  proprietà.  -  Magnetite, 
minerale  che  somministra  la  calamita  magnetica: 
siderite.  •  Magnelo,  parola  osata  come  prefisso  a 
indicare  l'azione  della  calamita.  -  Retrattorio,  il  ferro 
che  cede  alla  calamita,  -  Sideroscopio,  strumento 
adoperato  a  studiare  l'azione  della  calamita  sui 
corpi:  è  un  ago  calamitato,  sospeso  delicatamente 
e  mobilissimo. 

Calamità  (calamitoso).  Grande  epubblica.swen- 
tura;  disgrazia,  disastro. 

Calamitare  (calamitato).  Detto  a   calamita. 

Càlamio.  Specie  di  ca/nnn  palustre.  -  Arnese 
usato  dagli  antichi  per  scrivere. 

Calamitoso.  Disastroso,  i/nf austo. 

Calandra.  Specie  di  allodola.  Anche,  in- 
setto taleòttero.  -  Macchina  da  tessitura. 

Calandrelle,  calandrino.  Detto  ad  allò- 
dola. 

Calandrino,  calandro.  Sorta  di  squadra. 

Calandro.  Uccello  somigliante  alla  pispola: 
veggasi  ad  allòdola. 

Calandrone.  Veggasi  a  flauto. 

Calante.  Participro  presente  del  verbo  calare: 
dicesi  specialmente  di  moneta  che  non  abbia  il 
giusto  peso. 

Calàppio.  Sorta  di  laccio  che  si  tende  per 
dare  la  caccia  ad  animali. 

Calare  {calamento,  calante,  calata,  calato).  Man- 
dar giù,  abbassare.  -  Volgere  a  terra,  chinare.  - 
Menare  un  colpo  dall'alto  ai  basso.  -  Ammainare 
la  vela.  -  Discendere,  scendere  lentamente.  -  Decli- 
nare di  monte,  di  pendice.  -  Scorciarsi  del  giorno. 
-  Scemare,  diminuire  di  peso,  di  misura,  di 
prezzo,  di  valore,  ecc.  -  Calamento,  calala^  il  ca- 
lare -  Calante,  che  cala.  -  Calato,  messo  giù,  chi- 
nato, diminuito,  ecc. 

Calata.  Luogo  per  cui  si  cala  :  scesa,  china.  • 
Scalo  di  porto.  -  Invasione  di  un  esercito. 

Calato.  Sorta  di  canestro. 

Calblgia.  Sorta  di  grano. 

Calca.  Moltitudine,  folla. 

Calcafog-li  (calcah'ttere).  Arnese  per  tener  ferme 
le  carte  sullo  scrittoio. 

Calcagno  (plur.,  calcagna).  Parte  posteriore  del 
piede.  -  Parte  della  calza. 


348 


CALCAGNUOLO   —    CALCIO 


Oalcagnuólo.  Scalpello  da  scultore» 
Galcaniento.  Il  calcare,  il  premere. 

Calcara.  Fornace  per  la  fabbricazione  del  vetro. 

Calcare  (calcamenlo,  calcata,  calcato).  Il  pre- 
mere coi  piedi.  -  Termine  dell'arte  del  disegno. 

Calcare  (calcareo).  Carbonato  di  calce,  pietra 
di  calce  cosidetta,  tanto  abbondante  in  natura  da 
formare,  da  sola  o  in  aggregazione  con  altre  com- 
binazioni analoghe,  intere  catene  di  monti:  con- 
sta esenzialmente  di  calcite  amorfa.  Fra  i  calcari 
o  roccie  calcaree  principali  figurano  il  marino,  la 
dolomite,  la  marna,  la  lumachella,  la  pietra  usata  in 
litografia,  ecc.  -  Calcare  lacustre,  quello  che  si 
formò  e  si  forma  sul  fondo  di  laghi.  -  Calcare  ma- 
rino, quello  che  si  formò  e  si  forma  nelle  profon- 
dità dei  mari.  -  Calcari  compatti  ordinari,  roccie 
microcristalline  che  costituiscono  i  marmi  colorati. 
-  Calcari  concrezionali,  tuli  calcarei  e  travertini.  - 
Calcari  grossolani,  roccie  composte  di  sabbia,  di 
avanzi  di  conchiglie;  anche,  cemento  di  carbonato  di 
calce.  -  Calcari  terrosi,  roccie  composte  da  gusci 
di  foraminifere  e  d'altri  animaletti  microscopici. 

Achirite,  calcare  oolitico,  o  calcare  in  minuti  gra- 
nelli aggregati,  come  oricini.  -  Afrite,  varietà  di 
calcite,  carbonato  di  calce  a  struttura  fibrosa,  fo- 
gliosa, a  splendore  madreperlaceo,  argentino.  -  A- 
garico  minerale,  carbonato  di  calce  bianco,  leggero, 
quasi  cotonoso,  a  forma  di  feltro  molle,  cedevole, 
disfatto,  ovvero  di  un  tessuto  di  filamenti  negli 
spacchi  del  calcare.  -  Breccie:  sono  formate  da  fram- 
menti di  calcare,  quarzo,  ecc.,  a  spigoli  taglienti,  di 
varia  grossezza  e  forma,  tenuti  insieme  da  un  ce- 
mento pure  calcareo  o  di  altra  natura,  generalmente 
ben  distinto  e  variamente  colorato.  -  Lumachella, 
varietà  di  marmo  calcareo,  la  cui  massa  contenga 
una  grande  quantità  di  conchiglie  fossili.  -  Oolite, 
varietà  di  calcare  creduto  ova  di  pesce  o  di  pic- 
cione fossili.  -  Osteocolla,  incrostazioni  calcaree  di 
fuscelli,  di  steli,  di  erbe,  di  muschi,  di  residui  ve- 
getali, per  opera  d'  acque  calcarifere  o  di  leggieri 
sedimenti  calcareo-terrosi,  che  si  induriscono,  con- 
servando la  configurazione  degli  oggetti.  -  Scaglia, 
formazione  calcarea  nelle  Alpi  Venete.  -  Scaranto, 
voce  regionale  (Veneto)  data  a  certe  concrezioni 
calcaree,  di  poco  spessore,  che  si  trovano  nei  ter- 
reni alla  profondità  di  30  o  40  cm.  -  Spato  calcare, 
carbonato  di  calcio.  -  Tirolite,  composto  idrato  di 
carbonato  di  calce  e  arseniato  di  rame.  -  Tufo,  de- 
positi di  pietra  calcare  o  silicea,  abbandonata  dalle 
acque,  e  di  materie  incoerenti  eruttate  dai  vulcani, 
le  quali  si  sono  agglutinate  per  opera  dell'acqua  e 
del  loro  proprio  peso. 

Calcarone.  Detto  a  zolfo. 

Calcatóio.  Arnese  pel  disegno. 

Calcatréppola.  Comunissima  pianta  ombrel- 
lifera. 

Calce.  Pietra  silicea,  o  protossido  di  calcio,  che, 
cotta  in  fornace  e  mista  a  rena,  forma  la  calcina: 
la  calcina  stessa,  che  serve  al  muì^atore.  -  Cal- 
càreo, di  calce.  -  Calcinoso,  di  calcina,  o  che  ha 
l'apparenza  o  la  qualità  della  calcina.  -  Calcinare, 
incalcinare,  dar  la  calce,  immergere  nella  calce. 

Calce  idraulica,  quella  che  serve  alle  costruzioni 
da  farsi  sott'  acqua,  avendo  la  facoltà  di  indurire 
nell'acqua  stessa  e  nei  luoghi  umidi.  -  Calce  spenta, 
ottenuta  con  la  cottura  :  idrato  di  calce.  -  Calce  viva, 
0  caustica,  non  ancora  spenta.  -  Calcestruzzo,  calci- 
struzzo,  mescolanza  di  calce  e  d'argilla  o  d'altre  so- 
stanze atte  a  meglio  solidificare  lo  smalto.  -  Calcina 
dolce  o   forte,  secondo  che  è  tenace  o  no;  grassa. 


quella  spenta,  con  poca  rena  ;  magra,  con  molta 
rena. 

Alberese,  pietra  biancastra  da  calcina.  Terreno 
dove  si  trova.  -  Andesina,  feldispato  intermedio 
tra  quello  di  potassa,  ortose,  e  quello  di  soda  e 
calce,  oligoclasio,  con  maggiore  ricchezza  di  calce 
che  in  quest'ultimo.  -  Apatite,  losfato  di  calce  na- 
tivo che  trovasi  nelle  roccie  primitive  in  pezzi  mas- 
sicci 0  cristallizzati  nel  sistema  romboedrico.  -  Ba- 
bingtonite,  silicato  di  calce  e  di  ferro  con  un  po' 
di  magnesia,  di  manganese  e  d'albumina.  -  Calcite, 
spato  calcare.  -  Cemento  romano,  calce  idraulica.  - 
Datolite,  calce  borata  silicea.  -  Dolomite,  calce  car- 
bonata magnesiaca.  -  Grassello,  la  calce  spenta  e 
non  ancora  mescolata  con  la  rena.  -  Latte  di  calce, 
calce  fatta  sfiorire  con  l'acqua  e  poi  stemperata  con 
altr'acqua.  -   Romeite,  sorta  di   calce  di   Piemonte. 

-  Wollastonite,  silicato  di  calce,  minerale  di  colore 
bianco-giallastro  e  grigiastro,  con  traccie  di  magnesia 
e  d'ossido  di  ferro  o  d'acqua.  -  Zoisite,  silicato  di 
calce  e  di  allumina,  ferrifero. 

Calce  che  non  tiene,  non  fa  presa.  -  Far  presa, 
il  collegare  della  calcina  coi  sassi.  -  Calcinare,  cal- 
cinazione, il  ridurre  o  il  ridursi,  col  fuoco,  in  istato 
quasi  di  terra  o  di  calcina:  dicesi  di  metalli,  di 
pietre,  di  ossa.  Calcinàbile,  che  può  calcinarsi.  - 
Scalcinazione,  il  separare  1'  acqua  forte  o  i  metalli 
dalle  calcine  che  vi  si  contengono.  -  Spegnere  la 
calcina,  versandovi  sopra  l'acqua. 

Calcinàccio,  pezzo  di  calcina  stato  in  opera  nelle 
muraglie  -  Calcinaio,  manovale  che  spegne  la  calce, 
la  intride  e  la  riduce  in  calcina.  Anche,  la  buca 
nella  quale  si  spegne  la  calcina.  -  Cola,  colo,  specie 
di  vassoio,  un  po'  concavo,  di  fìl  di  ferro,  per  colar 
la  calcina.  -  Gramola,  arnese  nel  quale  si  pigia,  si 
calca  la  pasta  da  far  calcina  -  Màcero,  dove  si  ma- 
cera la  calce.  -  Marra,  strumento  adoprato  dai  ma- 
novali per  lavorar  la  calcina:  anche  smarra.-  Tra- 
mòggia, sorta  di  cassa  per  immergere  il  calcestruzzo 
nell'acqua,  a  ciò  non  perda  la  forza. 

Calce.  Calcio  di  lancia,  di  fucile.  -  Parte  più 
in  basso  di  checchessia. 

Calcedonio.  Pietra  di  qualche  valore  e  pregio, 
variamente  colorata,  affine  all'agata.  -  Varietà:  il 
carneolo,  la  corniola,  la  sarda  (di  color  giallo  ros- 
sastro cupo). 

Calcese.  Cima  dell'albero  d'una  nan. 

Calcestruzzo.  Detto  a  calce. 

Calcètto.  Sorta  di  scarpa  da  ballo. 

Calciare  {calciato).  Veggasi  a  calcio  (percossa). 

Calcina.  Detto  a  calce. 

Calcinàccio.  Pezzo  di  calcina.  -  Sterco  di 
pollo,  di  uccello. 

Calcinare,  calcinazione  (calcinato).  Veggasi 
a  calce,  a  metallo. 

Calcino.  Malattie  del  baco  da  seta. 

Calcio.  Percossa,  colpo  dato  col  piede:  zampata, 
di  cavallo,  di  mulo  e  simili;  di  persona,  pedata, 
stivalata. 

lirar  calci:  calciare,  calcitrare;  dare  di  calcio, 
menar  calci  ;  fare,  prendere  a  calci  ;  sterrare,  spran- 
gare, sparar  calci;  dar  di  piede,  percuotere  coi 
piedi,  scacciar  col  piede  ;  ricalcitrare,  scalcheggiare, 
scalciare;  lavorare  di  pedate;  zampeggiare;  man- 
dare... a.  calcinala  (scherz.);  toccare  una  spanna 
sotto  la  schiena. 

Fiancare  dei  calci,  dar  de'  calci  ne'  fianchi  -  Gio- 
care ai  pedini,  darsi  dei  calci.  -  Rincalciare,  rin- 
correre a  calci.  -  Sonare  un  calcio,  darlo  con  forza. 

-  Sparar  calci,  coppie  di  calci:  darne. 


.349 


Galclo.  Parte  inferiore  di  più  d'mVarme  (ar- 
chibugio, lancia,  picca,  pistola).  -  Tiro  nel  giuoco 
della  ruzzola. 

Calcio.  Metallo,  che  si  trova  in  natura  solo 
combinato  con  altre  sostanze,  duttile,  brillante,  di 
colore  giallognolo.  E'  il  cosUtuente  primo  del 
calcare  e  della  cajlce. 

Calcio  (giuoco  del).  Antichissimo  giuoco  italiano 
(del  trecento),  somigliante  AU'episciro,  al  fennida, 
SiWarpaslo  degli  antichi  Greci  e  Romani;  imitato 
dagli  Inglesi  e  ora  in  voga  sotto  la  denominazione 
di  football.  Lo  si  giucca  con  un  pallone  di  cuoio 
(contenente  una  borsa  di  gomma,  gonfiata  d'aria), 
che  viene  spinto  col  piede  da  ventidue  giuocalori 
(fotbalers),  divisi  in  due  squadre  (leunis),  avver- 
sarie, e  in  generale  su.  un  prato  di  fresco  tagliato. 
Si  traccia  all'uopo  il  campo  di  giuoco,  rettangolo 
limitato  all'intorno  da  linee  visibili. 

Linee  del  campo,  abee,  linee  dei  giuocatohi. 
Si  chhm^Lno  linee  della  porta  i  lati  minori,  a  metà 
delle  quali  è  una  porta  (goal)^  costituita  da  due 
pali  verticali,  sostenenti  un  terzo  orizzontale  ;  linee 
di  fallo,  i  lati  maggiori,  a  metà  dei  quali  e  nel 
senso  normale,  è  la  linea  mediana,  che  divide  il 
rettangolo  in  due  campi,  e  che  ha  .nel  mezzo  un 
punto,  centro  del  circolo  d'attacco,  avente  un  dia- 
metro di  nove  metri.  Davanti  alla  porta  si  segnano 
altri  due  rettangoli:  uno  minore,  detto  area  della 
porta,  e  uno  maggiore,  comprendente  il  primo,  detto 
area  di  rigore.  I  giuocatori  di  ogni  squadra  si  di- 
spongono su  quattro  linee  parallele  alla  linea  me- 
diana e  cioè:  fra  i  poli  della  porta  un  portiere,  o 
goalkeeper,  il  quale  difende  la  porta  e  solo  ha  il 
diritto  di  toccare  il  pallone  anche  con  le  mani, 
fino  però  alla  linea  mediana;  fuori  del  rettangolo  di 
rigore,  due  terzini  f  fullbaksj,  che  sostengono  il 
portiere;  davanti  a  questo,  tremezzini  ChalfbacksJ, 
che  sostengono  il  giuoco  dei  cinque  avanti  posti 
vicino  alla  linea  mediana  e  ai  quali  è  specialmente 
affidato  l'attacco  delia  porta  avversaria.  Ogni  squadra 
ha  fra  i  propri  giuocatori  un  capitano,  che  di  so- 
lito è  il  migliore  di  essi  e  il  più  pratico  del  giuoco. 

Scopo  e  pahticolaki  del  giuoco. 

Scopo,  da  parte  di  ogni  squadra,  è  di  marcare  la 
porta  fmake  the  goal),  facendo  passare  il  pallone 
attraverso  la  porta  avversaria:  vince  la  squadra 
che  in  due  periodi  di  tempo,  di  45  minuti  {fiast 
and  secoìid  lime),  interrotti  da  un  riposo  di  dieci 
minuti  [half  lime),  inarca  il  maggior  numero  di 
porte.  Ogni  partita,  o  match,  è  diretta  da  un  ar- 
bitro, o  referer,  assistito  da  due  giudici  della  linea 
di  fallo  (lines  men).  Ogni  partita  ha  principio  coi 
calcio  d'inizio,  tirato  a  sorte  e  dato  ddiìì'avanti  di 
centro  al  pallone  messo  sul  punto  della  linea  me- 
diana, mentre  i  suoi  quattro  compagni  sono  posti 
lungo  quella  linea  e  i  cinque  avanti  avversari  sono 
disposti  sulla  periferia  del  centro  d'attacco.  Nessun 
giuocatore  delle  due  squadre  può  muoversi  prima 
del  calcio  d'inizio.  Quando  un  giuocatore  spinge  il 
pallone  fuori  dalle  linee  di  fallo,  il  giudice  di  linea 
fa  fermare  il  giuoco,  e  un  mezzino  ributta  la  palla 
con  le  mani,  stando  coi  piedi  sulla  linea  di  fallo, 
e  questo  è  un  caso  di  fuori  giuoco  (ont). 

Quando  un  giuocatore  spinge  il  pallone  fuori  dalle 
linee  della  porta  avversaria,  si  ha  un  fuori  giuoco, 
e  il  palloii^.messf5uHa  linea  più  interna  dell'area 
di  porta  viene  sp'fnlo  dal  propio  portiere.  QiKindo 
un  giuocatore  16  passare  il  pallone  fuori  dalle  linee 


della  propria  porta,  si  la  nn  fuori  giuoco  chiamato 
corner,  e  la  palla  messa  nelI'anooZo  del  campo  di 
giuoco  vieni!  spinta  nel  campo  da  un  mezzina  va- 
versario.  L'arbitro,  quando  giudica  che  un  giuoca- 
tore di  una  squadra  commette  un  fallo  (foal), 
ferma  il  giuoco,  e  il  pallone,  riposto  nel  punto  dove 
fu  commesso  l'errore  viene  rimesso  in  giuoco  da 
un  giuocatore  della  squadra  avversaria  con  un  calcio 
libero  ('free  kickj  :  se  questo  errore  viene  commesso 
entro  l'area  di  rigore,  allora  il  pallone  é  messo  da- 
vanti alla  porta  sulla  linea  interna  di  rigore,  e  il 
calcio  tiralo  si  chiama  calcio  di  rigore  {penallij 
kick),  e  la  porta  è  solo  difesa  dal  proprio  portiere. 

Quando  un  giuocatore  giuoca  la  palla  dalla  linea 
di  fallo,  ogni  giuocatore  della  slessa  squadra  è 
fuori  giuoco  (ojf  s%de}.  $c  uno  ha  almeno  tre  giuo- 
catori avversari  fra  lui  e  la  detta  linea,  e  non  può 
toccare  la  palla  se  prima  non  l'ha  toccala  un  giuo- 
catore avversario.  Il  giuoco  come  sopra  indicato  é 
chiamalo  dagli  inglesi  foolball-associalion,  e  in  esso 
tutti  i  colpi  dati  al  pallone  con  qualunque  parte  del 
corpo  validi,  escluso  l'avanbraccio.  Altro  modo  di 
giuocare  é  quello  detto  football-rughy,  assai  più 
brutale  e  pericoloso,  essendo  permesso  ai  giuocgitori 
di  trattenersi  e  urtarsi  anche  con  le  inani,  e  però 
é  specialmente  giuocato  dai  professionisti. 

Calcistruzzo.  Detto  a  calce. 

Calcitrare  [calcitrato).  -  Tirare  un  calcio. 

Calco.  Un  disegno  riprodptto. 

Calcografìa,  calcògrafo  (calcografico).  Veg- 
gasi  a  incisiorte. 

Calcola.  Arnese  per  la  tessifMra. 

Calcolare  {calcolabile,  calcolalo).  Il  computare, 
lo  stabilire  una  quantità  facendo  il  co/ito.  -  Figur. 
stimare,  giudicare. 

Calcolatore.  Veggasi  a  guadagno. 

Calcolazione.  Operazione  del  calcolare 

Càlcolo.  Computo,  conto.  -  \\\  aritmetica^ 
meccanismo  delle  operazioni  elementari  ;  in  algebra, 
riduzione  e  trasformazione  di  espressioni  in  altre 
equivalenti  e  di  forma  più  semplice;  ìntrutteìna- 
Ùca,  esecuzione  di  operazioni  con  numeri  com- 
prendenti tutte  le  comhinazioni  che  si  stabiliscono 
fra  le  quantità  cognite  e  le  incognite  per  arrivare 
alla  soluzione  di  un  problema.  -  Calcolo  decimale, 
la  parte  dell'aritmetica  che  insegna  le  operazioni 
per  numeri  scritti  sul  sistema  decadico,  -  Calcolo 
delle  differenze  finite  e  discrete,  quella  parte  della 
matematica  che  studia  le  variazioni  delle  funzioni 
in  rapporto  alle  differenze  finite  delle  variabili,  da 
cui  le  funzioni  stesse  dipendono.  -  Calcolo  diffe- 
renziale, 0  infinitesimale,  quella  parte  della  mate- 
matica che  studia  le  variazioni  delle  funzioni  infi- 
nitamente piccole  o  differenziali  delle  variabili,  da 
cui  le  funzioni  stesse  dipendono'.  •  Calcolo  inte- 
grale, lo  studio  matematico  della  forma  e  delle 
proprietà  di  una  funzione,  allorché  sia  noto,  in 
modo  esplicito,  il  differenziale  di  un  dato  ordine 
della  medesima  o  si  abbia  un'equazione  tra  i  dilTe- 
renziali  di  essa.  -  Logaritmico,  trigonomelrico,  dei 
minimi  quadrali,  delle  probabilild.  sublime,  le  deno- 
minazioni che  distinguono  i  diversi  altri  calcoli 
notissimi. 

Cakolare,  far  calcolo,  stabilire  una  quantità,  fa- 
cendo i  conti:  computare,  suppùtare  (supputura- 
zione). 

Càlcolo.  Concrezione  inorganica  che  si  forma 
talvolta  nel  fegato,  nel  rene,  nella  vescica:  detto 
calcolo  biliare,  sai ivale,  inteslinale,  urinario,  secondo 
l'organo   nel  quale   si  presenta  ;  fosfatico,  ossalico. 


350 


CALCOMANIA    —   CALDERAIO 


tirico,  secondo  la  composizione.  -  Affezione  calcolosa, 
l'insieme  dei  disturbi,  delle  lesioni,  prodotti  dal  sog- 
giorno di  un  Càlcolo  nell'organismo.  -  Morsa,  stru- 
mento chirurgico  col  quale  si  tiene  fermo  il  calcio 
del  litotrilore,  quando  occorre  spezzare  un  calcolo. 

Calcomania.  Figurina  a  colori  che,  bagnata, 
si  stacca  da'  suoi  contorni  e  si  imprime  altrove. 

Calcopirite.  Detto  a  rame. 

Calcosina,  calcostiblte.  Solfuri   di   rame. 

Calcotipia.  Detto  a  incisione. 

Calda.  Operazione  di  fonderia. 

Caldaia  {caldara).  Recipiente  alquanto  grande, 
di  forma  rotonda,  per  lo  più,  e  più  largo  alla  bocca 
che  al  fondo,  per  scaldarvi  e  bollirvi  entro  qualsiasi 
cosa:  caldaio,  caldaro;  caldaione,  caldarone;  pen- 
tolone; sartagine,  vagello.  In  qualche  dialetto,  ma 
non  in  Toscana,  caldaio.  -  Caldaiaccio,  caldaia  mal 
fatta  0  ridotta  in  cattivo  stato.  -  Caldaietta,  piccola 
caldaia,  ma  meno  della  caldaina.-  Caldaiona,  grande, 
grossa  caldaia;  caldaione,  più  di  caldaiona.  -  Lal- 
daiuccia,  caldaia  piccola,  grama,  non  atta  all'uopo. 
•  Caldaiuola.  piccola  caldaia.  -  Calderotto,  vaso  mi- 
nore della  caldaia,  con  fondo  più  largo  della  bocca, 
la  quale  è  senz'orlo,  e  da  potersi  chiudere  con 
coperchio  che  calza.  -  Calderottino,  dimin.  di  cal- 
derotto. 

Autoclave,  caldaia  ermeticamente  chiusa,  entro  la 
quale  si  compiono  operazioni  chimiche  sotto  forti  pres- 
sioni. -  Calddra,  caldaia  adoperata  nelle  allumiere,  nelle 
saline,  ecc.  -  Calefatore,  sorta  di  caldaia.  -  Digestore, 
caldaia  di  Papin.- Lambicco,  caldaia  distillatoria  donde 
si  trae  il  gas  idrogeno  carbonato,  per  empirne  i  gaso- 
metri  della  illuminazione  notturna.  -  Trogolo,  specie 
di  caldaia.  -   Vagello,   caldaia  grande  dei  tintori. 

Caldaiata,  quanto  si  può  contenere  in  una  cal- 
daia. -  Cofano,  lo  spazio  interno  delle  caldaie  a 
vapore.  -  Colpo  di  fuoco,  arsione  delle  lamiere  delle 
caldaie,  quando  manca  l'acqua.  -  Incrostazione,  la 
crosta  che  si  forma  in  fondo  e  sulle  pareti  delle 
caldaie  a  vapore,  dipendentemente  dai  sali  contenuti 
nell'acqua:  incrostatura.  -  Scottatura,  difetto  delle 
caldaie  bruciate  o  calcinate  dal  fuoco. 

Economizzatore,  nelle  caldaie  a  vapore,  appa- 
recchio formato  da  una  serie  di  tubi  che  riscaldano 
l'acqua;  specie  di  termo-sitone  dove  l'acqua,  circo- 
lando prima  di  giungere  nella  caldaia,  si  riscalda 
a  spese  del  calore  dei  gas  che  vanno  al  camino 
accessorio  della  caldaia.  -  Fondo,  la  parte  estrema 
delle  caldaie,  dei  cilindri,  delle  trombe,  ecc.  -Livello 
ad  acqua,  a  specchi,  a  squadra,  istrumento  che  segna 
l'altezza  dell'acqua  della  caldaia.  -  Maniglie,  due  ma- 
nichetti  di  ferro,  uno  per  parte  della  caldaia,  talora 
pendenti  e  girevoli  in  due  occhi,  come  nei  bauli,  talora 
fermi  orizzontalmente.  - 1  ermomanojnefro,  apparecchio 
indicatore  della  temperatura  d'una  caldaia.  -  Trovr 
d'homme,  voce  frane,  usata  dai  meccanici:  bocca  di 
accesso  in  una  caldaia.  -  Valvola  di  sicurezza,  ap- 
parecchio per  impedire  lo  scoppio  delle  caldaie. 

Alimentare  una  caldaia,  fornirla  di  combustibile, 
d'acqua.  -  Sfiatare,  scaricare  il  vapore  dalla  caldaia. 

Caldàio.  'V^oce  dialettale  per  paiuòlo. 

Caldallessa.  Detto  a  castagna. 

Caldana.  Senso  di  caldo  alla  faccia.  •  Stan- 
zetta sopra  il  forno. 

Caldano  {caldanino).  Recipiente  per  tenervi 
brace:  braciere,  scaldino. 

Caldarrosta.  Detto  a  castagna. 

Caldarrostàio.  Detto  a  castagna» 

Caldeggiare  (caldeggiato).  Aiutare,  favorire, 
appoggiare,  proteggere. 


Calderaio  [calderaro).  Chi  fa  caldaie,  casse- 
ruole, padelle,  paiuoli  e  altri  utensili  di  rame,  a 
uso  dell'economia  domestica  e  di  varie  arti:  calde- 
raro,  ramaio;  padellalo,  padellaro.  -  Fabbricatore, 
lavorante  che  sta  alla  fucina  per  arroventarvi  il 
ferro,  batterlo  quindi  sull'incudine  e  abbozzarne  le 
forme  secondo  i  diversi  lavori.  -  Magnano,  ar- 
tefice (affine  al  calderaio)  che  al  ferro  proveniente 
dalla  ferriera  dà  le  ultime  forme  appropriate  a 
cose  svariatissime,  come  serrami,  toppe,  chiavi,  ecc. 

-  Ramaio,  propriamente,  quel  fabbricante  che  riduce 
il  rame  in  pani,  in  quadrelle,  in  ampie  lamine, 
e  anche  fa  lavori  diversi:  battirame,  conciabrocche, 
picchiapadelle.  -  Stagnaio,  chi  fa  o  vende  lavori 
di  stagno  o  di  latta  saldata  con  stagno:    stagnino. 

Cianfrinare,  nell'industria  peccanica  de'  calderai, 
significa  comprimere,  accecare  i  lembi  delle  lamiere 
de'  serbatoi  di  caldaie,  affinchè  vi  sia  una  buona 
tenuta,  cioè  che  i  liquidi  contenuti  non  trovino 
alcun  passaggio  o  fuga,  -  Rammarginare,  saldare, 
unire  aperture  o  schianti  di  lavori  di  getto,  o  si- 
mili; anche,  appiccicare  pezzo  con  pezzo  di  metallo, 
mediante  saldatura.  -  Ristagnare  {ristagnamento)  : 
ripete  stagnare.  -  Ristagnatura,  atto  ed  effetto  del 
ristagnare.  -  Saldare,  congiungere  con  lo  stagno  e 
il  saldatoio  pezzi  metallici.  -  Saldatura,  il  saldare, 
la  parte  saldata  e  la  spesa.  -  Saldatura  dolce,  che 
serve  a  saldare  il  rame  e  l'ottone.  -  Stagnare,  dei 
vasi  di  rame,  coprirne  la  superficie  interna  con 
un  velo  sottile  di  stagno  ;  per  tale  operazione,  si 
avviva  il  rame,  raschiandolo  con  un  pezzo  d'acciaio 
tagliente,  quindi  si  infonde  nel  vaso  un  poco  di 
stagno  fuso,  che  si  va  confricando  con  un  batuf- 
folo di  capecchio  inastato  sopra  un  corto  bastone, 
aggiuntavi  un  po'  di  polvere  di  colofonia,  per  impe- 
dire l'ossidazione  della  superficie  lustrata  del  rame. 

-  Stagnata,  l'atto  dello  stagnare.  -  Stagnato,  il  vaso 
di  rame  sottoposto  alla  stagnatura,  ossia  all'opera- 
zione dello  stagnare  {stagnatura  dicesi  anche  il 
prezzo  dell'operazione).  -  Stozzare,  fare  l'incavatura 
a  un  metallo.  -  Ungere,  alluminare,  dare  ai  vasi 
di  rame  la  malletta. 

Imbutita,  lamiera  foggiata  a  cupola  o  altrimenti  : 
meglio  detto  stozzata,  cioè  foggiata  su  lo  stozzo.  - 
Latta,  lamina  sottile  di  ferro  coperta  di  stagno  e 
penetrata  da  questo  in  tutta  la  sua  grossezza:  serve 
al  calderaio  per  qualche  lavoro.  -  Lavori  di  fabbri- 
cato diconsi  alcuni  vasi  appena  sbozzati  (caldaie, 
mezzine,  paiuoli,  ecc.)   e    rifiniti    dal    calderaio. 

Malletta,  mescolanza  di  terra  alluminosa  o  argillosa 
e  altro,  con  la  quale  si  spalmano  vasi  di  rame,  che 
poi  si  rinfuocano,  per  restituir  loro  la  perduta  lu- 
cidezza, e  quindi  si  risciacquano  in  truogolo  d'acqua 
chiara.  -  Pece,  specie  di  ragia  o  resina,  detta  colo- 
fonia, che  si  cava  dal  pino,  dal  larice,  dal  terebinto, 
dall'abete,  e  si  vende  a  pani.  -  Piombo  a  banco, 
disco  di  piombo,  più  o  meno  largo,  grosso  un  dito 
0  poco  più,  sul  quale  la  latta  o  altra  lastra  metal- 
lica s'impronta  con  lo  stampo.  -  Ramina,  la  scaglia 
che  fanno  i  calderai  battendo  il  rame.  -  Sale  am- 
moniaco, cloruro  d'ammonio  usato  per  far  aderire 
lo  stagno  al  rame. 

ISTRUMENTI,  ARNESI  DEL  CALDERAIO. 

Accecatoio,  specie  di  saetta  da  trapano  con  l'estre- 
mità tronca  a  linea  retta  e  tagliente,  atta  ad  inca- 
vare un  foro  per  cui  ricevere  la  capocchia  di  un 
chiodo,  0  di  una  vite  o  altro,  sicché  spiani  e  non 
risalti.  -    Cacciabotte,   strumento  a  uso   di   cesello. 


CALDERINO    —    CALDO 


351 


che  serve  a  far  fondi.  -  Capra,  specie  di  trespolo, 
composto  di  un  pezzo  di  trave,  o  di  troncone ,  di 
cui  una  delle  estremità  poggia  in  terra  e  l'altra  è 
tenuta  sollevata  da  due  gambe  (zampe)  divergenti  : 
in  cima  ad  essa  é  fissato  un  ferro,  i)er  piccliiarvi 
sopra.  -  Cesoie,  grosse  forbici  da  calderaio.  -  Cesoie 
da  tondare,  quelle  che  hanno  una  delle  branche 
fermata  stabilmente  sul  cepjìo:  sull'altra,  che  è  li- 
bera, si  fa  forza  con  la  mano,  per  tondare  i  vasi, 
cioè  per  tagliare  intorno  la  bocca.  -  Chiodaia,  ar- 
nese d'acciaio  auso  di  fabbricar  chiodi  o  bullette: 
è  una  forte  spranghetta  d'acciaio,  con  uno  o  più 
fori  di  vario  diametro;  ogni  bulletta  è  formata  di 
una  lastrettina  di  rame  ravvolta  su  di  sé,  in  forma 
di  stretto  e  acuto  cartoccio  ;  introdotta  per  la  punta 
in  uno  dei  fori  della  chiodaia,  si  picchia  col  mar- 
tello l'opposta  estremità;  cosi  schiacciata  la  punta, 
si  fa  una  seconda  capocchia  per  far  unir  bene  i  pezzi, 
uno  con  l'altro.  -  Condotto,  tubo  di  lamiera  che  porta 
sul  fuoco  l'aria  proveniente  dalla  canna  del  man- 
tice. -  Costola,  sorta  di  mastello  con  bocca  tonda, 
da  mettere  in  fondo  o  spianare. 

Forbici,  strumento  per  tagliare,  tutto  di  un 
pezzo,  fatto  d'una  lama  di  ferro  ripiegata  trasver- 
salmente per  metà  dove  fa  l'ufficio  di  molla.  -  Tii- 
cudine,  grosso  arnase  di  ferro,  o  di  acciaio,  sul 
quale  col  martello  si  batte  il  ferro  o  altro  metallo 
per  lavorarlo.  -  lAnia,  strumento  fatto  di  una 
verga  d'acciaio,  piana,  tonda  o  triangolare:  serve 
per  assottigliare,  per  rodere,  per  ripulire  il  ferro 
0  altro  metallo.  -  Mantice,  arnese  composto  di 
legno  e  di  pelle,  col  quale  si  spinge  il  vento,  ossia 
una  rapida  corrente  d'aria  sul  tuoco  per  avviarlo  e 
ravvivarlo.  -  Spiraglio,  buca,  per  lo  più  quadra,  in 
uno  dei  palchi  o  assi  del  mantice.  -  Mastellina,  ma- 
stello a  due  bocche  bislunghe.  -  Martello,  notis- 
simo arnese,  usato  in  quasi  tutti  i  mestieri.  -  Maz- 
zuolo, martello  di  legno.  -  Morsa,  grosso  arnese  di 
ferro  da  stringere  lavori  che  si  debbano  picchiare, 
limare,  trapanare,  segare,  ecc.  Si  ferma  stabilmente 
al  banco  mediante  il  piatto.  Piatto  della  morsa, 
piastra  con  fori  per  fermare  la  morsa  al  banco  con 
chiodi  0  con  viti. 

Palo,  nome  generico  di  un  arnese,  quasi  a  uso 
incudine,  che  consiste  in  una  robusta  asta  di  ferro, 
lunga  alcuni  palmi,  piantata  in  un  ceppo,  vertical- 
mente, ovvero  orizzontalmente,  oppure  variamente 
inclinata  e  ripiegata.  Il  palo  suol  avere  una  testa  o 
capocchia,  sulla  quale  il  calderaio  batte  alcuni  suoi 
lavori.  Palo  a  mela,  con  testa  a  forma  di  una  mela. 
-  Palo  da  stozzare,  spranga  di  ferro,  incassata  orizzon- 
talmente nel  ceppo,  dalle  due  parti  piegata  a  squadra 
all'ingiù,  quindi  ripiegata  pure  a  squadra  all'infuori. 

Stozzare  dei  vasi,  specialmente  quelli  di  rame, 
lavorarli  sul  palo  col  martello  in  modo  che  il  collo 
ne  rimanga  stretto. 

Paloritto,  quello  con  testa  terminata  in  un  quarto 
di  disco  verticale.  -  Pinzette,  piccole  tanaglie  a 
bocche  dritte  e  interamente  liscie,  scabre  o  den- 
tate. -  Saldatoio,  strumento  di  rame  col  quale  lo 
stagnaio,  riscaldandolo,  stagna  o  salda  -  Stampo, 
foggia  di  punzone  col  quale,  picchiando  con  martello, 
s'impronta  nella  latta  un  segno  qualunque,  come 
numeri,  lettere,  fregi  e  simili.  -  Stampo  a  taglio, 
stampo  tagliente  il  quale,  picchiato  col  martello, 
porta  via  il  pezzo,  lasciandovi  un  buco  variamente 
conformato.  -  Stozzo,  strumento  per  fare  la  parte 
convessa  a  un  metallo.  -  Tagliuolo,  specie  di  cuneo 
d'acciaio,  a  modo  di  scalpello,  a  taglio  ottuso,  con 
cui  sull'incudine  e  a  colpi  di  martello  si  taglia  da 


più  lunga  verga  quel  tanto  di  ferro  che  occorre 
per  un  determinato  lavoro.  -  Tanaglia  (plur.  ta- 
naglie), strumento  di  ferro  composto  di  due  leve 
imperniate  nel  loro  incrociamento  a  modo  di  cesoie: 
serve  a  stringere,  a  tirare,  a  schiantare,  ecc.  - 
Trapano,  strumento  per  forare  metalli  e  altri 
corpi  duri  mediante  una  punta  d'acciaio  fatta  girare 
rapidamentf^  .sopra  di  sé. 

Calderine  iJetto  a  caldaia  e  a  paiuolo. 

Calderino ,  col'Jerugio .  Veggasi  a  car- 
de/fino. 

Calderotto.  Veggasi  a  caldaia  e  a  paiuolo» 

Caldezza.  L'essere   caldo.  -  Calidità,  calore. 

Caldina.  Veggasi  a  caldo. 

Caldo.  Sostantivai!).,  la  temperatura  calda,  alta, 
dell'escale;  contrario  di  freddo  e  di  fresco.  La 
sensazione  prodotta  in  noi  dal  calore  e  determinata 
da  una  reazione  dei  nervi  cutanei.  La  misura  del 
caldo  è  data,  per  gradi,  dal  termometro.  —  Ag- 
gattiv.,  che  ha  o  che  produce  calore:  di  stagione, 
di  tempo  in  cui  la  o  si  sente  molto  caldo;  di 
luogo,  di  paese  molto  battuto  dal  sole.  -  Figur.,  di 
affetto,  di  jiassione  molto  forte  e  veemente;  di 
parola,  di  preghiera  molto  affettuosa  ed  ellìcare; 
di  irtsf »'i»w,a  abbondante  ;  di  coiore  vivace,  acceso. 

Ca  Iddccio,  ca.ìdo  molesto.-  Caldo  birbone,  intenso.  - 
Caldo  che  assaetta,  che  dà  troppo  noia.  •  Caldo  del 
diavolo,  straordinario:  caldo  dnnnato.  -  Caldo  ecces- 
sivo: bollore;  caldo  brucente,  bruciante,  canicolare; 
caldo  da  morire,  da  stufa,  d'inferno,  terribile,  tre- 
mendo; violento,  vulcanale,  da  vulcano.  -  Caldo 
intollerabile,  che  non  si  può  sopportare..  -  Caldo 
molesto,  che  dà  noia,  fa  sudare  troppo.  -  Caldo 
smanioso,  che  dà  molestia,  che  fa  dare  in  ismanie. 

-  Caldo  soffocante,  opprimente,  asfissiante,  tale  da 
togliere,  da  mozzare  li  respiro.  -  Torrido,  il  cli- 
ma equatoriale,  caldissimo. 

Afa,  aria  calda,  greve,  soffcante.  -  Ardenza, 
ardura,  arsura,  calore  continuo  ed  eccessivo  di  sole. 

-  Caldura,  caldo  intenso  e  molesto  che  si  prova 
in  estate.  -  Canicola,  gran  caldo  ;  astronom.,  Sirio. 
Giorni  della  canicola  o  giorni  canicolari,  volgarm., 
quelli  che  il  sole  impiega  a  percorrere  il  segno  del 
Leone.  -  Frugnolone,  caldo  cielo,  sferza  del  caldo. 
espressioni  per  accennare  al  caldo  della  stagione  - 
Ore,  giorrate  bollenti,  caldissime.  -  Riverbero,  il 
caldo,  la  luce  che  lascia  o  riflette  il  sole  in  un 
luogo.  -  Solleone,  tempo  di  gran  caldo,  quando  il 
sole  è  nel  leone.  -   /  solleoni,   il  maggior   caldo. 

Delizie  del  solleone  (iron.),  allusivam.  alla  noia  che 
dà  il  caldo  eccessivo.  -  Sferza  del  sole,  l'ora  nella 
quale  il  sole  è  più  fervente  e  gagliardo.  -  Spruzza- 
tura di  calore,  caldo  passeggiero,  lieve.  -  Sudamina, 
0  sudamini,  calore  o  riscaldamento,  -  Tiepidezza, 
caldo  mite,  temperato.  -  Vampa  del  caldo  (fig.),  l'ar- 
dore, i!  vapore  diffuso  dell'aria  durante  il  gran 
caldo.  -  Insolazione,  complesso  di  fenomeni,  talora 
mortali,  cagionati  sia  dalla  irradiazione  solare,  sia 
dall'eccessivo  calore.  -  Ristoro,  senso  piacevole,  sol- 
lievo per  diminuzione  del  caldo,  più  specialmente 
per  il  determinarsi  di  una  corrente  d'aria  fresca.  - 
Scalmana,  malanno  in  seguito  a  gran  caldo  o  stra- 
pazzo 0  sudore  represso. 

Caldana,  sensazione  di  caldo,  subitanea  accensione 
di  sangue,  per  lo  più  alla  testa.  -  Calidità,  l'esser 
caldo;  caldezza.  -  Calorifico,  che  produce  calore 
ed  ha  l'effetto  di  scaldare,  di  produrre  riscalda- 
mento. 

Caldo,  che  ha  calore,  temperatura  relativamente 
alta:  accalorato,  accalorito,  incalorito;  calido,  calo- 


352 


CALDURA    —   CALLIGRAFIA 


roso.-  Molto,  eccessivamente  caldo:  ardente,  brucente, 
bruciante;  abbruciato,  bruciato;  cocente,  estuante, 
focoso;  rovente,,  scottante;  setardente,  vanipeggiante. 
Poco,  temperatamente  caldo:  tiepido,  tepido;  cai- 
detto,  calduccio;  tepifatto,  tepiticato;  sofl'reddo;  né 
caldo,  né  freddo. 

Accaldare  (accaldato),  riscaldarsi  soverchia- 
mente. -  Accaldato,  chi,  per  troppo  esercizio,  ha 
molto  caldo,  e  talvolta,  per  non  aversi  cura,  ri- 
schia di  pigliarsi  un'imbeccata,  un  mal  di  punta,  - 
Avvaììipare,  essere  grandemente  caldo,  mandare 
eccessivo  calore:  avvampamento,  avvampata.  -  Boc- 
cheggiare, per  affanno  di  caldo.  -  Comportare,  sop- 
portare il  caldo.  -  Conservare  il  caldo,  conservare, 
tenere  il  calore.  -  Crepare,  scoppiare  dal  caldo,  sen- 
tirlo tanto  da  non  poter  più  reggere.  -  Diventar 
caldo:  prendere  calore,  scaldarsi.  -  Essere  rifinito 
dal  caldo,  ridotto  in  gran  sudore  e  in  grande  de- 
Ijolezza.  -  Riardere,  per  il  gran  caldo.  -  Scaldare, 
far  venir  caldo  -  Scaldamento,  atto  ed  effetto  :  veg- 
gasi  a  riscaldamento.  -  Scalducciare,  dimin.  di 
scaldare.  -  Essere,  stare  al  caldo,  in  un  posto  dove 
ci  si  possa  scaldare;  anche  nel  letto.  -  Struggere, 
struggersi,  sciogliere,  sciogliersi  al  caldo  o  al  fuoco, 
consumandosi  -  Temperare  il  caldo,  moderarlo:  ef- 
fetto degli  agenti  naturali  o  di  mezzi  artificiali,  tra 
i  quali  di  uso  comune  e  antico  il  ventaglio. 

Affogatoio,  luogo  dove  ci  s'affoga  dal  caldo.  - 
Luogo  caldo:  fìgur.,  fornace,  forno,  stufa. 

Modi  di  dire.  -  Varie.  —  Ci  si  cóce,  dove  e'  è 
gran  caldo.  -  Cominciano  le  mosche,  viene  il  caldo. 
-  Con  questi  caldi  va  via  la  testa.  -  Oggi  è  un  caldo 
che  si  bolle  vivi.  -  Par  d'estate,  quando  è  caldo  fuor 
di  stagione.  -  Piove  fuoco,  quand'è  gran  caldo.  -Qui  si 
arrabbia  dal  caldo,  per  cMo  eccessivo,-  Si  bruciai  pel 
gran  caldo.  -  //  caldo  di  settembre  toglie  e  rende  (prov.). 
Anigella,  o  fiore  di  S.  Caterina,  pianta  comune 
nei  prati,  con  fiori  bleu:  quando  piega  la  parte  su- 
periore, indica  calore;  quando  laj  tiene  ritta,  segna 
freschezza.  -  Uff  !,  voce  imitativa  di  afa,  caldo;  anche, 
di  noia  e  simili. 

Caldura.  L' intenso  caldo  che  si  suole  provare 
nel  colmo  dell'  estate. 

Calefaciente,  calefazione.  Veggasi  a  in- 
fiatnmazioue. 

Oaléggiolo.  Sorta  di  canna. 
Caleidofono.  Detto  a  sjiiono. 
Caleidoscopio.  Apparecchio  d'ottica.  -  Specie 
di  cannocchiale. 

Calendàrio.  Libretto  o  tavola  in  cui,  mese  per 
mese,  sono  indicati  i  giorni  deWanno:  veggasi  ad 
almanacco.  -  Vecchio  stile,  attributo  del  calendario 
giuliano  in  opposizione  al  nostro,  gregoriano, 
Calende.  11  primo  giorno  d'ogni  mese. 
Calendimàg'g'io.  Detto  a  maggio. 
Calenzuòlo.  Piccolo    uccello,   con   penne   di 
color  verde  scuro  e  giallo. 

Calepino.  Vecchio  dizionario  latino. 
Calére.  Vvemere,  importare. 
Calessabile.  Detto  a  strada. 
Calessante,  calessata.  Detto  a  calesse. 
Calèsse.  Un  veicolo  a  due  ruote,  con  seggiolino 
sorretto  da   molle  o  da  cigne,  senza  cassetta^  alle 
volte  con  mantice  e  parafango.  -  Calessina,  specie  di 
calesse,  ma  più  piccolo  e  a  quattro  posti.  -  Cales- 
sino, diminuì,  di  calesse,  e  indica  non  solo  la  pic- 
colezza, come  calessetto,  ma  l'eleganza,  anche  indi- 
pendentemente dall'idea  di  piccolezza.  Cosi,  secondo 
il  Tommaseo,  calessuccio  indica,  anche  senza  l'idea 
espressa  di   piccolezza,  la   meschinità.   Calessuccio, 


può  essere  pure  voce  quasi  d'umiltà,  senza  nessuna 
idea  di  spregio.  -  Saltafossi,  sorta  di  calesse,  a  due 
ruote.  -  Calessante,  chi  tiene  calessi  per  darli  a  nolo, 

-  Calessata,  quante  persone  possono  stare  in  un 
calesse;  anche,  gita  fatta  in  calesse. 

Galestro.  Dicesi  di  terreno  magro,  sassoso. 
Calettare  (calettato).  Praticare  la  calettatura. 
Calettatura.  Operazione  del  connettere  insieme 
solidamente  il  legname  nella  costruzione,  per  modo 
che  le  varie  parti    combacino   perfettamente.    Calet- 
tare i  regoli  d'un  telaio,  le  pietre  d'un  lastrico,  ecc. 

-  A  dente  in  terzo,  a  legno  di  filo,  a  spigoli,  a  zu- 
folo, quadrata,  la  calettatura  secondo  il  modo  col 
quale  è  praticata. 

Calia.  Minutissime  particelle  d'oro  e  d'argerto, 
che  se  ne  staccano  nel  lavorarli,  -  Figur.,  cosa  inu- 
tile 0  senza  pregio. 

Calibeare  (calibeato).  Termine  di  farmacia. 

Calibrare  {calibrato).  Detto  a  calibro. 

Calibratoio.  Veggasi  a  calibro. 

Calibro.  Diametro  interno  della  bocca  d'yin'arme 
da  fuoco.  -  Calibrare,  misurare  il  calibro  delle  boc- 
che da  fuoco;  dare  a  queste  un  determinato  calibro. 

-  Calibratóio,  istrumento  ehe  serve  a  misurare  il 
diametro  delle  bocche  da  fuoco.  -  Lunetta  mobile, 
specie  di  calibratoio. 

Càlice.  Vaso  adoperato  dal  sacerdote  nel  sacri- 
fìcio della  messa.  -  Bicchiere  a  forma  di  calice  : 
d'oro,  d'argento,  d'ottone  inargentato,  cesellalo.  -  Coppa, 
la  parte  superiore  del  calice. 

Calice.  Parte  del  fiore. 

Callciflore.  Termine  di  botanica,  nella  clas- 
sificazione di  De  Gandolle. 

Calici  renali.  Detto  a  rene. 

Calidario.  Vaggasi  a  bagno  e  a  terme.  -  Ca- 
ndita, l'essere  caldo. 

Califfato,  califfo.  Detto  a  principe. 

Caligrine  [caliginosità,  caliginoso).  Veggasi  a 
ìiebbia. 

Calisto.  Detto  a  costellazione. 

Calla.  Grande  apertura  per  lavori  di  idrau- 
lica. 

Callàia.  Apertura  nella  siepe  di  un  campo. 

Callaiola,  callaiuóla.  Detto  a  campo. 

Calle.  Detto  a  strada  e  a  via. 

Calli.  Plurale  di  callo. 

Calligrafia  (calligràfico,  calligrafo).  Propria- 
mente, arte  di  scrivere  con  bei  caratteri;  per 
estensione,  la  maniera  di  scrivere,  nel  significato 
materiale:  carattere;  lettera;  mano,  mano  di  scritto; 
pugno,  scrittura.  Calligrafia  bella,  chiara  (che  si 
legge  facilmente);  bislacca,  brutta;  inintelligibile 
(che  non  si  può  leggere  affatto),  -  Rotonda,  inglese, 
gotica,  corsiva,  italiana,  bastarda,  vari  generi  di  cal- 
ligrafia. -  Calligrafico,  di  calligrafia,  concernente  la 
scrittura:  scritturale.  -  Calligrafo,  chi  insegna  od 
esercita  la  calligrafia;  che  sa  di  calligrafia  o  ha 
bella  scrittura. 

Calligrafia  brutta:  cattiva  scrittura,  scritturacela; 
caratteri  mal  formati;  arabeschi,  arpioni,  ganci,  ge- 
roglifici, ghirigori,  graffietti;  raspaticelo;  raspatura 
di  gallina;  scarabocchio;  uncini;  zampe  di  gallina, 
di  mosca;  zampini.  -  Raspaticcio,  lo  scrivere  scara- 
bocchiato del  fanciullo  principiante.  -  Scarabocchio, 
scrittura  fatta  alla  peggio;  anche,  macchia  d'inchio- 
stro fatta  nello  scrivere. 

Calligrafia  piccola:  carattere  pidocchino,  occhi  di 
pulce,  scritturetta;  frane,  pattes  de  mouches  (zampe 
di  mosca).  -  Calligrafia  pitturata,  precisa,  che  par 
dipinta,  bella. 


CALLIGRAFICO 


353 


Asia,  0  fuscellino,  parte  del  carattere  che  esce 
dalla  riga,  per  disopra  o  per  disolto;  il  primo  se- 
gno nello  studio  della  callij;ralia.  -  AtUiccatura,  la 
linea  sottile  che  unisce  una  <e«era  con  l'altra,  op- 
pure le  due  parti  di  una  stessa  lettera.  -  Bottone, 
segno,  per  lo  più  ovale,  die  serve  a  incominciare  le 
lettere.  •  Capi,  gli  elementi  die  si  prolungano  supe- 
riormente, distinti  in  semplici  e  occìueUati.  -  Carattere, 
scritto,  la  maniera  di  scrivere.  Da  distinguere  però: 
il  carattere  indica  più  propriamente  la  l'orma  delle 
lettere  più  o  meno  eleganti;  lo  scritto  indica  il  modo 
di  scrivere,  e  l'impressione  che  all'occhio  ne  viene.  - 
5m</Mrasi  d  isse  anche  la  torma  del  lo  seri  tto;  e,  parlando 
di  codici  anlidii,  è  voce  propria  della  bibliogralia 
storica.  E  carattere  si  dice  anche  riferibilniente  ai 
segni  (lettere)  adoperati  nella  tipografia,  ai  segni 
scolpiti  0  incisi  sui  monumenti,  ecc. 

Cliiaroscuri,  le  linee  grosse  e  lini.  -  Corsivo,  carattere 
andante  e  piuttosto  basso  (posato,  se  con  lettere 
molto  curate),  adoperato  comunemente  nello  scri- 
vere, adottato  anche,  a  somiglianza,  nella  stampa 
(contrario  di  tondo).  -  Filarino ,  dei  righi  delle 
scritture.  -  Filetto  delle  lettere,  l'avviatura  che  si 
fa  conia  penna  a  ogni  lettera  dell'alfabeto.  -  Gambo, 
l'asta  delle  lettere.  -  Ghiroyòyolo,  yirogóyolo,  inli'ec- 
ciature  di  linee  fatte  bizzarramente  con  la  penna  ; 
ogni  altro  lavoro  simile;  lo  stesso  che  ghirigoro.  ■ 
Gòtico,  aggiunta  di  carattere,  di  scrittura,  simile  a 
quella  dei  Goti.  -  Pendenza  o  inclinazione,  direzione 
dello  scritto  più  o  meno  obliqua.  -  Pennata,  frego 
di  penna,  colpo  colla  penna.  -  Pieno  nascente,  tratto 
superiore  che,  incominciato  sottile,  gradatamente  viene 
aumentato.  -  Pieno  morente,  parte  inferiore  di  prepa- 
razione alla  curva.  -  Ronde,  carattere  calligrafico  tondo, 
calcato  forte.  -  Scherzi  di  penna,  ghirigori.  -  Schizzo 
(di  penna),  in  due  righe,  in  pochi  tratti.  -  Scrittura 
legata,  coi  caratteri  uniti  mediante  filetti.  -  Svolazzo, 
lettera  grande  iniziale  o  fregio  ghiribizzoso  fatto  di 
tratto,  in  punta  di  penna.  -  Tratto,  tocco  di  penna. 

-  bucini  (spreg.),  le  parole  scritte  goflamente  da 
chi  sia  principiante  o  abbia  brutta  mano  di  scritto. 

Andar  diritto,  scrivere  regolarmente,  sulla  linea. 

-  Asteygiaie,  far  le  aste  per  guida  di  chi  impara  a 
scrivere  (asteggiatura,  asteggio).  -  Dipingere  (figur.), 
scrivere  con  molto  bella  calligrafia.  -  Pare  una  lito- 
grafia, d'una  bella  scrittura.  -  Essere  a'  fuscelhni, 
0  fare  i  fuscellini,  essere  agli  elementi  della  calli- 
grafie. -  l'are  degli  sgorbi,  scrivere  malamente.  - 
Pare  la  traccia  della  calligrafìa:  dare  le  orme,  se- 
gnare coi  puntini,  o  con  la  matita,  le  lettere  per 
modello  ai  ragazzi,  agli  scolari;  far  l'esemplare,  il 
modulo.  -  Geroglifìcare,  fare  dei  geroglifici.  -  Molleg- 
giare, l'agevole  piegarsi  del  becco  della  penna  e 
delle  falangi  delle  prime  tre  dita,  fra  le  quali  essa 
è  tenuta,  senza  che  a  tale  movimento  partecipino  le 
rimanenti  parti  della  mano.  Col  molleggiare,  cioè 
col  variare  la  pressione  della  penna,  vengon  bene  i 
chiaroscuri  e  le  attaccature  delle  lettere.  -  Non  sa- 
per fare  un  0  co»  la  cannuccia,  essere  ignorante 
di  scrittura.  -  Ombreggiare,  tratteggiar  bene  le  aste 
delle  lettere,  proporzionando  finezze  e  grossezze.  - 
Reggere  la  mano  a  uno:  tenerla,  indirizzarla  perchè 
impari  a  scrivere.  -  Scrivacchiare,  schiccherare,  sca- 
rabocchiare, sgorbiare,  scrivere  male.  -  Tratteggiare, 
tirar  linee,  fregi,  cantoni. 

Agrafia,  errore  nella  coordinazione  dei  movimenti 
necessari  per  scrivere. 

Calligràflco.  Di  calligi-afia. 
Calligrafo.  Detto  a  calligrafia. 
Gallipedia.  Veggasi  a  educare  e  a  figlio. 


Callista.  Detto  a  callo. 

Caliu  (callosild,  calloso).  Inspessimento  indurito 
dell'epidermide  s<jtto[)osta  a  prolungata  pressione: 
chiovo,  incallimiwilo,  nodo  del  piede,  patata  al  piede. 

-  Calloso,  pieno  di  calli:  calluto.  -  Incallire,  diventare 
calloso,  incallito.  •  l'ie'  ciocci,  sciierz.,  di  persona 
dai  piedi  pieni  di  calli.  -  Scollare,  levare,  levarsi  i  calli. 

Callo  fisiologico,  sostanza  ossea  che  riunisce  le 
ossa  fratturate.  -  Cullo  putoUnjico,  tumore  corneo 
che  appare  sopra  alcuni  punti  della  pelle  delle 
mani  e  dei  piedi.  -  Callosità,  riiidurimento  e  in- 
spessimento della  pelle  prodotto  da  sfregamento 
continuo,  o  da  continuala  pressione  :  scleroma 
(gr.).  -  Clavo.  il  callo  che  si  origina  nelle  arti- 
colazioni dei  diti  dei  piedi:  articolare;  lupino.  - 
letiosi,  il  callo  che  si  estende  su  tutto  il  palmo  della 
mano  o  la  pianta  del  piede  ed  é  formato  da  tanti 
piccoli  calli  simili  a  grani  di  miglio  disposti  come 
a  grappoli  e  riuniti  in  colonie  di  centinaia.  -  Occhio 
di  pollo  0  di  pernice,  il  callo  che  si  sviluppa  fra  le 
dita:  interdigitale;  occhio  pollino.-  Unghiale,  periun- 
ghiaie,  sottoun ghiaie,  plantare,  il  callo  a  seconda 
che  si  sviluppa  o  sulle  unghie,  o  intorno  le  unghie, 
0  sotto,  le  unghie,  o  nelle  piante  dei  piedi.  -  Cat~ 
tivo,  indiavohito,  che  fa  veder  le  stelle,  di  un  callo 
doloroso.  -  Deforme,  lussureggiante,  il  callo  che  è 
più  voluminoso  dei  capi  ossei  fratturati. 

Callista,  0  pedicure,  chi  fa  empiricamente  il  me- 
stiere di  levar  calli.  -  Podoiatra,  il  medico-chirurgo 
che,  oltre  il  callo,  cura  tutte  le  malattie  del  piede 
e  della  mano.  -  Podoiatria,  la  scienza  medica  che 
apprende  i  rimedi  per  le  malattie,  in  genere,  delle 
mani  e  dei  piedi. 

Fenditore,  strumento  che  il  chirurgo  adopera  nel 
praticare  la  enucleazione.  -  Forbice  curva,  sfru- 
mento noto  per  il  taglio  delle  unghie  incallite.  - 
Lima,  tanaglia,  strumenti  noti  che  occorrono  anche 
al  podoiatra  nella  cura  dei  piedi  e  delle  mani  affiitte 
da  calli.  -  Scalfittore,  leva  in  acciaio,  disinfettata, 
che  serve  per  rimuovere  quanto  sta  intorno  al  callo, 
allo  scopo  di  isolarlo. 

Calzatura  razionale,  quella  preparata  allo  scopo 
di  impedire  la  formazione  di  calli.  -  Cerotti,  in 
genere,  rimedi,  talvolta  dannosi,  a  base  di  acido 
salicilico  0  cromico,  usati  come  calmanti  nelle 
sensazioni  dolorosamente  acute  dei  calli.  Sono  i  più 
accreditati  ì'acelidas  (soluzione  di  acido  cromico  in 
acqua),  il  tylosteron,  ecc  -  Enucleazione,  operazione 
chirurgica  per  l'esportazione  meccanica  del  callo.  - 
Palliativi,  i  rimedi  momentanei,  e  spesso  nocivi, 
quali  i  liquidi,  le  pomate,  ecc.,  anch  essi,  come  i 
rerotti,  a  base  di  acido  salicilico  o  cromico,  di  col- 
lodion,  ecc.  -  Paracallo,  riparo  di  stoffa,  di  feltro 
0  di  esca,  che  si  applica  per  difesa  attorno  al  callo. 

Callo.  Veggasi  ad  o.sso. 

Callotta.  Sorta  di  berretta. 

Callotta.  Detto  a  sfera. 

Calma.  Stato  del  mare  quando  non  spira  alito 
di  vento;  perfetta  tranquillità  dell' rtJ7'a.  Figur., 
quiete,  tranquillità  di  animo,  di  spirito;  placi- 
dezza, posatezza,  serenità.  Contrario  di  agitazione. 

-  Il  fiore  A' aloe  simboleggia   la  cai  ma  del   cuore. 
Atarassia,    calma    imperturbabile    dello  spirito; 

mancanza  di  emozioni,  tranquillità  morale.  -  Flemma, 
la  calma  abituale,  accompagnata  ìl  jjazienza,  a  tar- 
dità, a  ?««<e2;«a.  -  Pacatezza,  calma  abituale  nel  de- 
liberare e  nell'agire:  flemma,  imperturbabilità,  tran- 
quillità di  spirilo;  sangue  freddo,  freddo  volere.  -  Posa, 
quiete  e  riposo,  il  contrario  di  moto,  movimento. 

-  Quiete,  il  cessar    del    moto:  quietezza.   -  Requie, 


Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


23 


354 


CALMANTE    —   CALORE 


calma  e  riposo  da  cure,  noie,  mali.  -  Sangue  freddo, 
calma,  imperturbabilità  assoluta.  -  Doccia  fredda 
(figur.),  cosa  che  ha  virtù  di  calmare  l'esaltazione. 

Calmare:  indurre,  far  tornare  altri  in  calma; 
abbonacciare,  abbonazzare,  abbonire,  acquietare,  am- 
mansire, applacidire,  placare,  quietare;  rabbonaccia- 
re, rabbonire;  racchetare,  racquetare;  mettere  acqua 
e  non  legna  (sottinteso  al  luoco);  placare,  sedare; 
tranquillare,  ritranquillare;  tranquillizzare,  ritran- 
quillizzare (gallicismo).  Quindi  abbonacciamento,  ab- 
bonimento, ecc.,  atto  ed  effetto.  -  Assopire  (assopi- 
mento), calmare,  far  cessare,  specialmente  di  do- 
lore: sopire;  dar  refrigerio.  -  Attutire,  csAmar e  nn 
poco:  attutare.  -  Placare,  togliere  o  mitigare  l'ira 
altrui:  rammorzare,  smorzare,  spegnere;  addormen- 
tare, mansuefare.  -  Placabile,  placabilitd,  placamento, 
rispettivamente:  atto  ad  essere  placato,  la  qualità 
di  chi  é  placabile,  l'effetto  del  placare.  -  Sopire, 
detto,  per  lo  più,  di  discordia. 

Calmarsi,  rimettersi  in  calma;  tornare  tranquillo: 
abbonacciarsi,  abbonirsi,  acquietarsi,  applacidirsi, 
compor  l'animo,  domarsi,  insanirsi;  intemperarsi, 
temperarsi  ;  passare  il  furore,  posare  l'animo,  quie- 
tarsi, ecc.  -  Tornare  al  quia,  al  segno,  riprendere  con 
calma  un  discorso,  ecc.  -  Ritornare  nei  gàngheri, 
tornare  in  cervello,  venir  domo  :  frenarsi,  conservarsi, 
mantenersi,  rimanere  in  calma. 

Perdere  la  calma:  alterarsi,  inquietarsi,  perdere 
la  quiete;  perdere  la  tramontana;  perdere  le  staffe; 
uscir  de' gàngheri,  dei  limiti,  dei  termini;  lasciarsi 
prendere  da  furore,  da  ira,  ecc. 

Calmo,  chi  è  in  istato  di  calma,  pacifico;  quieto, 
sereno;  inagitato,  placato;  fermo,  freddo  della  mente. 

-  Flemmatico,  di  persona  che  sia  sempre  tranquilla. 

-  Imperturbabile,  di  chi  non  perde  mai  la  calma, 
anche  in  momenti  di  forte  impressione,  -Pa- 
cato, in  pace,  quieto.  -  Quieto,  pacifico,  tranquillo. 

-  Gente  paciona,  pacifica.  -  Pacioccone,  di  persona 
bonariamente  calma. 

Rimaner  calmo  :  kenzx^X,  mantenersi,  mostrarsi 
in  calma;  essere  presente  a  sé  stesso;  stare  in 
cervello,  stare  in  gangheri,  in  cristi. 

Là,  là,  interiezione  familiare  francese,  detta  tanto 
per  tranquillare  come  per  reprimere  altrui. 

Galxaante.  Medicamento  atto  a  moderare  gli 
eccessi  di  sensibilità,  i  disordini  di  movimento,  ecc.: 
lenimento,  lenitivo,  sedativo;  controstimolante;  le- 
nificativo,  sedante.  -  Anestetici,  anodini,  antispa- 
smodici, narcotici,  sedativi,  i  calmanti  a  seconda 
della  loro  azione.  -  Canfora,  genziana,  lattuga,  law- 
dano,  malva,  matrìcaria,  morfina,  papavero,  viola, 
le  più  note  sostanze  con  le  quali  si  preparano  i 
calmanti.  Così  anche  le  foglie  e  la  radice  di  bella- 
donna, medicamento  importantissimo,  sopratutto  per 
gli  alcaloidi  che  contiene  {atropina,  giusquiamina, 
belladonna,  ioscina,  ecc.). 

Calmare,  calmarsi  {calmato).  Detto  a  calma. 

Calmiere.  Veggasi  a  tariffa. 

Calmo.  Chi  è  in  calma. 

Calo.  Lo  scemare,  il  calare  di  peso,  di  valore, 
di  quantità:  dicesi  di  tnerce,  di  moneta,   ecc. 

Calòcchio.  Palo  per  sostenere  la  vite. 

Calomelano  {calomeldnos).  Minerale  assai  raro. 
•  Preparato  medicinale,  purgante  e  antelmintico. 

Calore.  Forma  di  energia  della  wicrfertae  causa 
per  la  quale  i  corpi  svegliano  in  noi  sensazioni 
particolari,  che  diciamo  di  caldo  e  di  freddo; 
proprietà  det  fuoco,  dei  raggi  del  sole  e  simili,  per 
la  quale  i  corpi  si  scaldano  e  possono  bruciare; 
principio  per  cui  gli  esseri  viventi  si  mantengono  a 


I  una  tei  nj}  tv  atura  quasi  sempre  eguale:  bollimento; 
calefazione,  cociore,  cuociore,  fervidezza,  fervore, 
incalescenza;  vampa,  vampo.  Dal  calore  dipende  il 
diverso  stato  della  materia,  dei  corpi:  solido,  li" 
Q'mrZo,  aeriforme  o  gassoso;  nel  calore  è  la  fonte 
della  vita  animale  e  vegetale.  -  Calore  animale:  ha 
origine  nelle  varie  reazioni  cliimiclie  che  si  compiono 
neir  organismo,  e  principalmente  nella  respira- 
zione, che  consiste  in  un'ossidazione  o  combustione 
lenta  del  carbonio.  -  Calore  di  fusione,  di  vaporiz- 
zazione, di  soluzione,  di  combustione:  rispettivamente, 
quello  necessario  perchè  un  corpo  passi  dallo  stato 
solido  allo  stato  liquido,  giunto  che  sia  alla  tempe- 
ratura di  fusione;  quello  necessario  per  ridurre  in 
vapore  un  corpo  liquido,  giunto  alla  temperatura 
di  ebollizione;  quello  assorbito  o  emesso  da  un 
corpo  che  si  disciolga  in  un  liquido;  quello  pro- 
dotto nella  combustione.  -  Calore  latente,  il  calore 
che  risiede  nei  corpi  senza  manifestarsi.  -  Calore 
raggiante,  il  calore  che  dalla  sorgente  si  trasmette 
ai  corpi  per  irradiazione.-  Calore  specifico,  la  quan- 
tità di  calore  necessaria  per  elevare  di  un  grado  la 
temperatura  di  un  chilogrammo  di  un  dato  corpo. 

-  Calore  voltaico,  quello  prodotto  in  un  conduttore 
dal  passaggio  di  una  corrente  elettrica. 

Svampare,  di  calore  che   esce   da   luogo   chiuso. 

Pireliomelria,    l'arte    di    misurare    l'irradiazione 

delle  fonti  calorifiche  e  specialmente  quelle  del  sole. 

-  Termodinamica,  scienza  degli  effetti  del  calore.  - 
lermografia,  arte  di  produrre  impronte  col  calore. 

-  Termologia,  parte  delle  scienze  fisiche  che  esamina 
i  fenomeni  termici  e  ricerca  le  leggi  che  li  go- 
vernano. 

Calorico,  appartenente  al  calore,  di  calore;  prin- 
cipio del  calore.  -  Calorifero,  che  dà  calore;  e 
dicesi  di  qualunque  apparecchio  o  corpo  che  con- 
duce l'energia  calorica,  dà  il  riscaldamento.  -  Ca' 
/oK/ìco,  che  produce  calore:  caldo,  calefacente,  cale- 
fattivo;  riscaldante,  riscaldati vo;  ardente,  cocente, 
fervente.  -  Caloroso,  che  ha  calore,  e  calorosità  l'es- 
sere caloroso.  -  Termico,  appartenente  al  calore, 
del  •  calore. 

Adiatermano,  il  corpo  che  è  cattivo  conduttore 
del  calore  :  adiatermico,  aterraano.  -  Atermocroici,  i 
corpi  che,  trasmettendo  o  riflettendo  i  raggi  calo- 
rifici, non  li  alterano.  La  proprietà  fisica  di  questi 
corpi  dicesi  atermocrosi.  -  Diatermano,  il  corpo  che 
conduce,  trasmette  l'energia  termica.  -  Refrattario, 
il  corpo  che  non  fonde,  anche  sottoposto  a  calore 
elevatissimo.  -  lermantico  :  si  dice  dei  rimedi  ecci- 
tanti che  danno  calore. 

Caloria,  la  quantità  di  calore  necessaria  per  ri- 
scaldare da  0°  ad  1°  un  chilogrammo  di  acqua.  - 
Calorico  specifico,  la  quantità  di  calore  occorrente 
per  riscaldare  di  un  grado  (1°)  un  chilogrammo  di 
un  corpo.  -  Calorico  specifico  dell'acqua,  la  caloria. 

-  Cozione,  cambiamento  di  stato  che  il  calore  fa 
subire  alle  sostanze  organiche  semisolide.  -  Potere 
assorbente,  la  facoltà,  varia  nei  vari  corpi,  di  assor- 
bire la  luce  e  il  calore.  -  Potere  emissivo,  potenza 
d'un  corpo  di  emettere  calorico.  -  Haggio,  una  delle 
direzioni  in  cui  si  propaga  o  viene  riflesso  o  ri- 
fratto un  suono,  il  calore  raggiante  o  la  luce  emessi 
da  una  sorgente.  -  Smorzo,  l'effetto  dello  smor- 
zare, cioè  diminuire  di  intensità.  -  Sorgente  di 
calore,  il  corpo   che  è  capace   di  riscaldarne  altri. 

-  Temperatura,  l'altitudine  di  un  corpo  a  cedere 
calore  agli  altri  corpi.  -  Vajiore,  l'acqua  in  ebol- 
lizione. 


CALORE    —    CALPESTARE 


3oo 


Fenomeni  termici.  -  Apparecchi,  macchine,  ecc. 

Calorescenza ,  fenòmeno  per  effetto  del  quale, 
concentrando  rajjgi  invisibili  su  una  lastrina  di 
platino,  si  rende  questa  rovente  e  luminosa.  - 
Conduzione,  uno  dei  tre  modi  pei  quali  il  calore  può 

f»ropagarsi  da  un  corpo  a  un  altro:  si  verilica  tutte 
e  volte  che  il  corpo  che  si  riscalda  è  in  diretta 
comunicazione  con  la  sorgente  di  calore.  -  Conve- 
zione, uno  dei  tre  modi  pei  quali  il  calore  può  pro- 
pagarsi da  un  corpo  ad  un  altro:  avviene  tutte  le 
volte  che  in  una  massa  necessariamente  liquida  le 
parti  avanti  diverso  grado  di  calore  debbono  cer- 
carsi le  une  le  altre  per  farsi  il  cosidetto  equilibrio 
termico. 

Diatermasia,  diatermaneitd,  trasparenza  per  i  raggi 
calorifici  oscuri. 

Dilatazione:  è  la  facoltà  che  ha  il  calore  di  au- 
mentare le  dimensioni  dei  corpi  sottoposti  alla  sua 
azione.  -  Binomio  di  dilalazisne,  il  fattore  per  cui 
bisogna  moltiplicare  la  lunghezza  di  un'  asta  me- 
tallica per  ottenere  il  valore  della  lunghezza  che 
l'asta  stessa  raggiungerebbe,  se  sottoposta  a  deter- 
minato aumento  di  calore.  -  Coefficiente  di  dilatazio- 
ììe,  l'aumento  che  un  corpo,  preso  in  una  sua  unità, 
subisce  quando  la  sua  temperatura  aumenta  di  un 
grado.  -  Coefficienle  dì  dilatazione  cubica,  l'aumento 
dell'unità  di  volume  di  un  corpo,  quando  la  sua 
temperatura  aumenta  di  un  grado.  -  Coefficiente  di 
dilatazione  lineare,  l'aumento  dell'unità  lineare  di 
un  corpo,  quando  la  sua  temperatura  aumenta  di 
un  grado.  -  Coefficiente  di  dilatazione  superficiale,  lo 
aumento  dell'unità  superficiale  di  un  corpo,  quando 
la  sua  temperatura  aumenta  di  un  grailo. 

Effervescenza,  movimento  interno  d'un  corpo  che 
si  riscalda.  -  Incandescenza,  stato  di  un  corpo 
riscaldato  fino  al  cai  or  bianco.  -  Ebollizione,  il  bol- 
lire; specie  di  evaporazione.  •  Evaporazione,  il  fe- 
nomeno pel  quale,  un  corpo  liquido  assume  lo 
stato  gassoso.  -  fusione,  il  fenomeno  pel  quale  un 
corpo  passa  dallo  stato  solido  allo  stato  liquido.  -PHn^o 
di  fusione,  la  temperatura  fissa  e  determinata  che 
si  deve  raggiungere  perchè  un  dato  corpo  solido  si 
liquefaccia. 

Irradiamento,  uno  dei  tre  modi  pei  quali  il  calore 
può  propagarsi  da  un  corpo  ad  un  altro.  Tale  modo 
si  verifica  quando  il  corpo  che  si  riscalda  non  è  a 
contatto  con  la  sorgente  di  calore.  -  Hiftessioìie,  il 
riflettere,  il  riverberare,  ossia  il  ribattere,  il  i-iper- 
cuotere,  il  tornare  indietro  dei  raggi,  quando  ribat- 
tuti da  un  corpo:  riverberazione,  riverbero.  -  Soli- 
dificazione, il  passaggio  di  un  corpo  dallo  stato  li- 
quido alio  stato  solido.  -  Sublimazione,  il  fenomeno 
pel  quale  alcuni  solidi  passano  immediatamente  allo 
stato  gassoso,  senza  passare  per   lo  stato  liquido. 

Apparecchi,  ecc.  —  Acciarino  pneumatico:  serve  a 
dimostrare,  che  la  compressione  sviluppa  calore  non 
solo  sui  corpi  solidi,  ma  anche  nei  corpi  liquidi. 
Anello  di  S'  Crravesand,  apparecchio  usato  per  la 
dimostrazione  sperimentale  che  un  corpo  solido, 
sottoposto  al  riscaldamento,  subisce  una  uguale  di- 
latazione in  tutti  i  sensi.  -  Attinometro,  strumento 
destinato  alla  misura  della  intensità  calorifica  dei 
raggi  solari.  -  Calefatore,  apparecchio  che  riscalda. 

-  Calorimetro,  apparecchio  per  il  quale  si  misurano  le 
quantità  di  calore  assorbite  e  sviluppate  dai  corpi. 

-  Collettore  del  calore,  apparecchio  per  mezzo  del 
quale  si  può  accumulare  il  calore  del  sole.  -  Pen- 
tola di  Papin,  speciale  recipiente,  a  pareti  robu- 
stissime, che  serve  a  sottoporre  l'acqua   a   tempe- 


rature superiori  a  100  gradi,  punto  di  ebollizione  di 
questo  liquido.  -  Pirometrc,  apparecchio,  ideato  dà 
Wolgwood,  che  serve  a  misurare  le  temperature 
molto  elevate.  -  Specchio  ustorio,  specchio  concavo 
che,  raccogliendo  i  raggi  solari,  brucia  gli  oggetti 
cui  è  diretto  :  specchio  di  Archimede.  -  Termofonu, 
apparecchio  radiofonico  in  cui  le  radiazioni  ter- 
miche sono  quelle  jìrincipalmente  in  giuoco:  e.sse 
sono  lanciale  su  una  massa  gassosa  racchiusa  in 
un  recipiente,  o  involucro  trasparente,  annesso 
all'apparecchio.  -  Termomefro,  apparecchio  che 
serve  a  misurare  in  gradi  la  tem])!  ratura.  -  Termo- 
fifone,  apparecchio  per  riscalda  tu  ento  ad  acqua 
calda:  calorifero. 

Macchine  termiche,  quelle  macchine  nelK'  qual\^ 
II)  sviluppo  della  forza  motrice  è  ottenuto  col  mezzo 
dal  calore.  Cosi  le  macchine  ad  aria  calda,  o  a 
vapore,  a  gas,  ecc.  -  Caldaia,  la  parte  di  una 
macchina  termica  nella  quale  si  genera  il  vapore. 
-  Corpi  di  tromba,  la  [)arte  di  una  macchina  ter- 
mica nella  quale  gli  stantuffi  sono  mes!^i  in  moto 
dal  vapore.  -  Locomotiva,  specie  di  micchina 
termica  a  vapore.  -  Macchina  di  Newcomen,  la  prima 
macchina  a  vapore  che  abbia  servito  jer  l'indu- 
stria, -  Refrigerante,  la  parte  di  una  macchina  ter- 
mica nella  quale  si  condensa  il  vapore,  dopo  che  è 
uscito  dai  corpi  di  tromba.  -  Regolatore  a  forza  cen- 
trifuga, l'apparecchio  che  in  una  macchina  serve  a 
regolare  l'immissione  del  vapore. 

Calóre.  Eruzione,  efflorescenza  sulla  pelle.  - 
Figur.,  grande  ingegno;  anche,  ijreniura  in  una 
cosa  0  per  una  cosa. 

Caloria.  Detta  a  calore. 

Calorifero.  Apparecchio  di  riscaldftinento 
(fornello  centrale  da  cui,  per  tubi  o  condotti,  si 
dirama  il  calore),  di  vario  sistema  e  di  varia  co- 
struzione. Si  hanno  caloriferi  ad  acqua  calda,  co- 
munemente detti  termosifoni  (attualmente  riputati 
tra  i  migliori  per  il  riscaldamento  della  casa),  di 
facile  applicazione  e  di  semplice  esercizio,  con  dolce 
e  igienica  radiazione  di  calore;  caloriferi  a  vapore, 
adatti  per  grandi  fabbricati,  specialmente  industriali 
e  in  tutti  i  casi  nei  quali  occorre  spingere  il  calore 
in  punti  lontani,  pure  servendosi  d'un  solo  centro 
di  produzione  del  vapore;  caloriferi  ad  aria  calda, 
di  vecchio  sistema,  utile  ancora,  massime  ad  uso 
dell'essiccatoio  industriale;  caloriferi  a  sistema 
misto,  cioè  ad  aria  riscaldata  con  elementi  radia- 
tori, a  circolazione  di  vapore  o  di  aria  calda:  adatti 
specialmente  per  ospedali,  scuole,  sale  di  riunione 
e  simili.  Si  hanno,  inoltre,  caloriferi  per  piccoli 
appartamenti,  con  focolare  in  materiale  refrattario, 
con  inviluppo  in  lamiera,  con  inviluppo  murale,  a 
giunti  ermetici,  a  libera  dilatazione,  ecc;  caloriffvi 
a  vapoì-e  sistema  Relli,  specialmente  indicati  per  la 
soffocazione, e  la  stagionatura  dei  bozzoli,  ecc.  -  Ele- 
menti di  riscaldamento,  i  tubi,  i  radiatori,  dai  quali 
il  calore  si  diffonde  nei  locali:  sono  a  nervature 
liscie,  a  nervature  ondulate,  ecc. 

Caloriferaio  (voce  d'uso  famigliare),  chi  fa,  acco- 
moda e  mette  a  posto  caloriferi:  dicesi  anche  fumista. 

Calorifico.  Che  produce  calore. 

Calorosità,  caloroso.  Detto  a  calore.  -  Dicesi 
anche  di  bevanda  e  di  vivanda  che  riscaldino. 

Calòscia.  Specie  di  calzatura,  entro  la  quale 
si  introduce  la  scarpa. 

Calòtta.  Sorta  di  berretta.  -  Parte  del  fucile 
e  dell'oro/ogrio. 

Calpest2iTe  (calpestato).  Calcare,  stiacciare,  pe^ 
stare  col  piede.  -Figur.,  strapazzare,  maltrattare. 


356 


CALPESTIO    —    CALZA 


Calpestìo.  Calpestare,  pestare  prolungato: 
trapestio, 

Calùgg-lne.  La  prima  peluria  deW uccello. 

Calunnia  (calunniare,  calunniato,  calunniatore, 
calunniosoJ.  Discorso  o  scritto  maligno,  tendente  a 
ledere  l'onore  e  la  riputazione  altrui;  accusa  più 
grave  della  maldicenza;  imputazione  che  si  sa 
esser  falsa  in  tutto  o  in  parte:  calugna  (disus.), 
calunniamento,  calunniazione;  falso  accagionamenlo, 
falso  crimine,  falsa  imputazione  ;  mal  trovamento; 
diffaìnazione.  -  Calunnia  spuntata,  sventata,  riu- 
scita a  male,  riuscita  vana,  scoperta,  respinta,  con- 
dannata. -  Insinuazione,  accusa  fatta  in  modo  ipo- 
crita e  mdiretto.  -  Suggestione,  insinuazione  frodo- 
Ijpnta.  -  Robbia,  pianta  che  è  simbolo  della  calunnia. 

Calunniare,  accusare  a  torto,  attribuire  ad  altri 
una  colpa  che  non  abbia:  addossare,  affibbiare, 
apporre  colpa  falsamente;  dar  carico.  -  Cavare  un 
cappellaccio  a  uno,  inventare  cosa  che  gli  faccia 
vergogna.  -  Insinuare,  mettere  destramente  nell'ani- 
mo la  persuasione  di  qualche  cosa,  per  lo  più  a 
scopo  calunnioso.  -  Ricalunniare,  ripete  calunniare. 
-  Schizzare  il  fango  della  calunnia  addosso  a  qual- 
cuno. -  Spargere  juna  calunnia,  diffonderla,  divul- 
garla. -  Vivere  di  calunnia,  non  far  altro  che  calun- 
niare. 

Recriminare,  chiedere  che  sia  condannato  il  ca- 
lunniatore 0  accusarlo  di  colpe,  o  accusar  d'errore 
chi  ci  trova  in  errore.  -  Recriminazione,  il  recri- 
minare. -  Sventare  una  calunnia,  impedirla,  rom- 
perne gli  effetti.  -  Tutelarsi  contro  la  calunnia, 
difendersene,  premunirsene. 

Calunniatore,  chi  o  che  calunnia:  accusatore  bu- 
giardo, diffamatore,  falso  accagionatore ;  calunniosa 
bocca;  alofante.  sicofante;  fabbrif.atore,  fabbro, 
maestro  di  calunnia. 

Calunniosamente,  con  calunnia.  -  Calunnioso,  che 
contiene  calunnia. 

Calunniatore.  Detto  a  calunnia. 

Calunnioso  {calunniosamente).  Veggasi  a  cot^ 
lunnia. 

Calvària.  Parte  superiore  del  cranio. 

Calvario.  Veggasi  a  Cristo. 

Calvèllo.  Sorta  di  grano. 

C'jlvinismo,  calvinista.  Veggasi  a  cristia- 
nesimo. 

Calvizie,  calvezza  (calvo).  La  mancanza  di 
capelli. 

Calvo.  Chi  ha  perduto,  in  tutto  o  in  parte,  i 
capelli. 

Calza  (calze).  Indumento,  lavoro  a  maglia,  che 
copre  il  piede,  dentro  la  scarpa,  e  la  parte  infe- 
riore della  gamba:  calzamento  calzatur;»,  calzetta. 
E'  di  lana,  di  cotone,  di  seta,  di  refe,  di  filatic- 
cio; fatta  a  mano-,  ossia  coi  ferri,  oppure  a  macchina, 
0  tessuta.  Le  calze  sono  vecchie,  nuove;  grossolane, 
rozze;  eleganti,  fini;  liscie  o  piegate;  grinzose  o 
stirate,  ecc. 

Calza  corta,  a  mezza  gamba  :  mezza  calza  ; 
calcetto,  calzetto,  calzino,  calzinotto,  calzerotto, 
pedalino;  scalfaretto,  scalferotto.  -  Calza  intera, 
tutta  d'un  pezzo.  -  Ragnare,  lo  stato  di  calza,  o 
anche  di  tessuto,  che  mostra  una  difettosa  traspa- 
renza, prodotta  da  logoramento,  quasi  fosse  una 
ragnatela.  Calze  che  ragnano,  che  sono  logore. 

Calzerotto,  propriamente,  calza  corta  che    arriva 
fino  allo  stinco.  -  Calzerottino,  dimin.  di  calzerotto. 
-  Calzetta,  piccola  calza,  e  si  usa  a  distinguere  spe- 
cialmente le    calze   ricche,  di  seta    e  confezionate 
lusso.  -   Sopraccalza,    la   calza   portata   sopra 


un'altra.  -  Sottocalze,  calze  che  si  portano  sotto  le 
altre  calze.  -  Martingala,  specie  di  calze  che  si 
usavano  anticamente. 

Calze  a  cacaiuola,  a  braca,  a  bracaloni,  quelle 
che,  non  legate,  ricadono  verso  la  noce  del  piede, 
0  mal  legale  si  allentano,  e  s'increspano  lungo  la 
gamba.  -  Calze  a  maglia  elastica,  quella  con  maglia 
molto  cedevole:  sono  fatte  con  una  maglia  avvol- 
tata e  una  da  rovescio. 

Calze  arrovesciate,  quelle  che,  svolte  su  di 
sé  con  le  mani,  mostrano  il  rovescio  al  di  fuori; 
calze  coi  ferri,  quelle  fatte  a  mano  dalle  donne; 
coi  ferri  e  senza  cucitura;  principiate,  quelle  state 
poco  portate,  poi  riposte,  per  riportarle  ancora; 
sdrucite,  dislatte,  logore;  smagliate,  con  qualche 
maglia  rotta  (e  buco  la  piccola  apertura  nella  calza, 
prodotto  da  rottura  di  una  o  poche  maglie);  tessute, 
fatte  col  telaio  dal  calzettaio,  e  sono  cucite  di  den- 
tro, in  tuttala  loro  lunghezza;  o  fra/oro,  straforate, 
traforate,  quelle  alle  quali,  per  ornamento,  si  lasciano 
trafori  specialmente  sul  collo  del  piede,  siano  esse 
fatte  al  telaio,  o  coi  ferri. 

Calze  elastiche,  apparecchio  di  ortopedia,  per 
la  protezione  delle  vene  varicose  (veggasi  a  vena). 

Parti  della  calza 

Calcagno,  la  parte  delle  calze  che  ricopre  il  cal- 
cagno. -  Costura,  tutta  la  serie  dei  costurini,  for- 
mante una  lunga  riga  lungo  la  parte  di  dietro  delle 
calze,  quando  latte  coi  ferri:  serve,  nel  lavorar  la 
calza,  a  contarne  i  giri  per  regolarne  il  cresciuto 
e  lo  stretto.  E'  semplice,  ribattuta,  ad  orlo,  inglese. 
La  costura  inglese  è  formata  da  due  cuciture.  -  Co- 
sturino,  maglia  rovescia  che  nel  di  dietro  della 
calza  prende  due  giri.  -  Cresciuto,  la  parte  più  larga 
della  calza;  l'aumento  del  numero  delle  maglie, 
nel  crescere.  Anche  la  parte  stessa  della  calza,  che 
cosi  risulta  allargata.  -  Diritto,  dritto,  ritto  della 
calza,  quella  parte  di  essa  che  sta  di  fuori,  quando 
è  calzata.  Il  diritto  mostra  all'occhio  come  tante 
cordule  o  cordoncini  paralleli,  longitudinali,  cioè 
nel  verso  della  lunghezza  della  calza.  Questa  esterna 
parte  della  calza  è  più  liscia  che  non  è  il  rovescio. 

Frinzello,  segno  troppo  visibile  di  rimendatura, 
0  per  essere  stata  mal  fatta,  o  per  l'impossibilità  di 
farla  meglio.  -  Gherone,  triangoletto  della  calza,  tra 
l'una e  l'altra  staffa.-  Giro,  quello  delle  calze  a  maglia: 
gin  rovesci,  giri  a  rovescio,  denominazione  che  si 
dà  ad  un  certo  numero  di  giri  a  maglie  alternata- 
mente diritte  e  rovescie  nel  lembo  superiore  della 
calza,  affinchè  esso  non  s'arrovesci,  non  s'incartocci. 
-  Intrecciatura,  lavoro  di  maglie  scavalcate  che  for- 
ma l'estremo  orlo  delle  staffe,  quando  la  calza  si 
fa  senza  pedule.  -  Maglia,  i  vani  formati  da  cia- 
scuna ripiegatura  dei  filo,  nella  calza. 

Maglia  piena,  contr.  che  a  trafori.  -  Maglie  diritte 
e  rovescie:  nelle  prime  il  tessuto  riesce  liscio,  com- 
binato da  tante  righe  verticali  simili  a  piccole 
treccie;  nelle  seconde  le  righe  riescono  orizzontali 
e  combinate  da  piccoli  archi  alternati.  -  Maglione, 
nelle  calze,  maglia  rada  o  mal  fatta. 

Hore,  fregio  laterale  della  calza,  a  guisa  di  ri- 
ramo, stretto  e  lungo:  incomincia  dalla  punta  supe- 
riore del  quaderletto  e  arriva  a  mezza  gamba; 
serve'  anche,  insieme  colla  costura,  a  regolare  la 
dirittura  della  calza,  nel  porsela  in  gamba  -  Man~ 
darla,  traforo  nella  calza  fatto  con  maglie  diverse: 
mandorla  piena,  di  maglie  a  rovescio;  vuota,  che  ha 
tutte  le  maglie  diritte  nel  mezzo  e  a  rovescio  nei  lati. 


CALZA 


357 


Pedule,  0  piede,  parte  che  veste  tutto  il  piede 
della  persona;  e  dicesi  particolarmente  di  quelle 
calze  che  son  fatte  tutte  di  un  pezzo  {essere,  slare, 
andare  in  jwduli ,  cioè  con  le  sole  calze,  senza 
scarpe).  -  Qitaderletlo,  specie  di  filicroncino  tra  le 
due  staffe,  a  ciascun  lato  della  calza,  ed  è  lavorato 
tutto  di  un  pezzo  con  essa.  -  Riviboccatura,  rim- 
bocco, quella  ripiegatura  che  si  la  nel  leniho  supe- 
riore delle  calze  fatte  al  telaio,  la  quale  tien  luogo 
dei  giri  rovesci    e  produce  il    medesimo  clVetto. 

Rovescini,  maglie  fatte  a  rovescio  che  formano  la 
costura  delle  calze  -  Rovescio,  la  parte  opposta  al 
diritto,  quella  che  sta  in  immediato  contatto  con  la 
pelle  della  gamba  calzata.  Questa  interna  parte 
della  calza  è  più  ruvida  e  come  granellosa,  e  la 
curvità  delle  maglie  torma  linee  serpeggianti  e  tra- 
sversali, cioè  nel  verso  della  larghezza  -  Scavalcato, 
accavallato,  sorta  di  stretto  che  risulta  da  più  ma- 
glie scavalcate. 

Soletta,  scappino,  piede  della  calza,  fatto  separa- 
tamente coi  ferri  e  cucito  poi  alle  staffe  della  me- 
desima, per  tener  luogo  di  pedule,  se  atnccata; 
pedule  0  cappelletto  della  soletta,  la  parte  di  essa 
che  fascia  le  dita  del  piede,  e  perciò  è  lavorata  in 
tondo,  e  si  va  stringendo  alla  punta,  che  è  il  ter- 
mine della  soletta.  Stajfa  della  soletta,  la  parte 
piana  di  essa  che  è  tra  il  cappelletto  e  il  calcagno, 
dove  principia  la  soletta.  -  Staffe,  le  due  parti, 
l'anteriore  e  la  posteriore,  della  estremità  inferiore 
della  calza  che  trovansi  separate  l'una  dall'altra 
dai  due  quaderletti  :  staffa  davanti  (anteriore),  stof- 
fa di  dietro  (posteriore).  -  Stretto,  la  parte  della 
calza  dove  essa  è  ristretta.  -  Toppo,  pezzo  di  pe- 
dule grosso  e   tagliato, 

Barulè,  avvoltolatura,  rimboccatura  delle  calze  al 
disotto  del  ginocchio. 

Fare  le  calze.  -  Arnesi  relativi.  -  Accessorì. 

Accavallare,  lasciare  un  filo  senza  tesserlo  o 
saltar  qualche  maglia  nel  fare  la  calza.  -  Accaval- 
lato, stretto  che  risulta  da  maglie  accavallate.  - 
Avviatura,  il  principio  della  calza,  della  soletta  o 
di  altro  lavoro  di  maglia.  -  Crescere,  fare  un  mag- 
gior numero  di  maglie  in  quei  giri  della  calza  dove 
essa  ha  da  riuscire  più  larga,  come  nel  polpaccio. 
Ciò  si  fa  col  prendere  e  lavorare,  con  uno  dei  ferri, 
non  la  prima  maglia  dell'altro  ferro,  ma  quella  che 
le  sta  immediatamente  di  sotto,  appartenente  al  giro 
precedente.  -  Disfare  la  calza,  sfilarne  le  maglie.  - 
Esser  al  buco  della  gallina:  dicono  le  donne  che 
fanno  la  calza,  per  essere  alla  fine  della  soletta. 

Mettere,  porre  i  pezzi,  dicesi  più  particolarmente 
del  sostituire  alla  parte  rotta  e  recisa  della  calza 
un  altro  pezzo  di  eguale  grandezza,  preso  da  altra 
calza,  0  anche  beli'  e  fatto  coi  lerri,  o  col  telaio, 
ricucendovelo  coll'ago.  -  Raccordare  le  calze  coi 
ferri,  con  l'uncinetto,  con  l'ago ,  raccogliere  le  cor- 
dule  che  si  fanno  nella  calza.  -  Rifare  t  pezzi,  re- 
cidere con  le  forbici  la  parte  troppo  rotta  di  una 
calza,  da  non  potersi  più  rammendare,  e  quindi 
rifarla  coi  ferri.  -  Rimendare,  rammendare,  ricucire 
le  rotture  di  calza,  di  panno  o  altro,  che  abbia 
buchi,  ovvero  che  ragni,  correggendone  il  difetto 
con  artifizio  d'ago:  rimendatura,  rammendatura, 
l'operazione  di  rimendare,  e  anche  la  parte  rimen- 
data.  -  Rimendo,  lo  stesso  che  rimendatura,  secondo 
significato.  -  Rammendatrice,  rammendatora,  la  donna 
che  attende  a   rammendare  calze. 

Rimpedulare,  rifare  i   peduli  alle    calze.  -  Ripi- 


gliare un  buco  in  una  calza,  passandovi  con  l'ago 
infilato.  -  Scavalcare  una  maglia,  nel  far  la  calza 
0  sini.,  prendere  con  un  ferro  la  maglia  dell'altro, 
farla  passare  sopra  la  prima  e  lavorarla,  facendo 
cosi  una  specie  di  stretto.  -  Stretto,  il  prender  due 
maglie  insieme,  sicché  ne  torni  una.  -  Strignere, 
stringere,  diminuire  il  numero  delle  maglie  in  quei 
giri  della  calza  dove  essa  ha  da  rimanere  più  stretta: 
ciò  si  fa  prendendo  con  uno  dei  ferri  due  maglie 
insieme  dell'altro  ferro,  e  lavorarle  come  se  fossero 
una  sola.  -  Tornare  addietro:  quando  il  cresciuto 
è  stato  fatto  nel  medesimo  giro  e  ce  ne  avve- 
diamo per  tempo,  invece  di  sfilare  addirittura  le 
maglie  per  disfar  la  calza,  si  torna  addietro,  ripren- 
dendo via  via  una  maglia  del  giro  inferiore  e  di- 
sfacendo i  cappietti  del  giro  che  si  lavora:  e  si 
seguita  cosi  fino  a  cbe  non  si  arriva  al  punto  dove 
è  la  malefatta. 

Calzettaio,  calzettaia,  chi  fa  calze  o  altri  simili 
lavori,  a  mano  o  col  telaio  da  maglia.  -  Calzettaia, 
per  lo  più,  si  chiama  la  donna  che  rassetta,  che 
racconcia  le  calze,  o  turandone  i  buchi,  o  ripi- 
gliandone le  maglie  scappate,  o  rammendandone  le 
smagliature,  o  ritacendone  i  pezzi. 

Arnesi.  —  Bacchetta,  cannellino,  sottile  mazza  di 
legno  0  d'avorio,  con  foro  nella  direzione  dell'asse, 
per  introdurvi  la  posteriore  estremità  d'uno  dei 
ferri.  La  bacchetta  è  dalla  donna  fermata  alla  cintura 
dal  destro  lato.  -  Ferri  da  calza,  o  anche  semplice- 
mente ferri,  aghi,  pezzi  di  fil  di  ferro,  anzi  per  lo 
più  d'  acciaio,  lunghi  poco  più  di  un  palmo,  i 
quali,  in  numero  vario,  da  due  a  cinque,  servono 
a  tare  ogni  lavoro  di  maglia.  -  Ferruzzino,  quello 
che  va  a  prendere  le  maglie  da  altro  ferro  per  far 
la  calza  più  unita.  -  Gambale,  forma  di  legno  imi- 
tante una  gamba,  per  adattarvi  calze  e  simili. 

Accessori.  Elastici,  laccetti  elastici,  piccoli  tessuti 
di  tela,  o  di  seta,  in  forma  di  grosso  passamano, 
con  adattativi  tramezzo  fili  di  saltaleone  per  lo  lungo, 
con  maglietta  ai  capi:  e  li  usano  le  donne  per  le- 
garsi le  calze.  Se  non  hanno  il  saltaleone,  che  li 
fa  essere  elastici,  si  chiamano  et» <o/j;  se  sono  rozzi, 
0  un  pezzo  di  trecciola  pur  che  sia,  si  chiamano 
legaccioli.  -  Gomitolo,  il  filo  ravvolto  su  di  sé  in 
forma  di  palla,  a  maggior  comodità  di  servirsene 
per  far  la  calza  o  cucire.  -  Gerrettiera,  giarrettiera 
Ijarretière),  parte  dell'abbigliamento  muliebre,  co- 
munemente chiamato  legaccio,  che  ferma  la  calza 
sopra  il  ginocchio.  -  Legacce,  due  nastri,  o  due 
strisele  di  maglia,   con  le   quali,   arvolte  a  uno  o 

{)iù  giri  sopra  o  anche  sotto  il  ginocchio,  si  legano 
e  calze,  affinché  siano  tese  sulla  gamba. 

Uso  DELLE  CALZE.  —  Calzarle,  introdurvi  il  piede: 
mettersi  le  calze.  -  Calzarsi,  infilarsi,  legarsi,  levarsi, 
imitarsi,  tirar  su  le  calze:  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Scalzarsi,  togliersi  le  calze.  -  In  calze 
0  colle  calze,  con  le  calze  sole,  senza  scarpe.  -  S^om- 
biicciato,  sgambucciato,  chi  sta  senza  calze,  con  le 
gambe  nude.  Scalzo,  senza  scarpe,  né  calze. 
Calza  e  ber  ella  non  fu  mai  stretta  (prov.). 

FaRRRICAZIONE   DELLE  CALZE  A   MACCHINA, 

Macchina  per  calze,  congegno  meccanico  com- 
plesso per  la  fabbricazione  di  calze.  -  Macchina  ret- 
tilinea, quella  in  cui  gli  aghi,  o  uncinetti,  sono  di- 
sposti in  un  doppio  quadro  a  forma  rettangolare  e 
il  cui  funzionamento  consiste  nel  porre  in  movi- 
mento il  quadro  stesso.  -  Macchina  senza  carro,  la 
macchina  rettilinea  a  carro  corto.   -  Macchina   tu- 


3S8 


CALZA    —   CALZATURA 


óulare,  quella  il  cui  funzionamento  consiste  essen- 
zialmente nel  mettere  in  moto  un  cilindro,  nella 
superficie  interna  del  quale  fanno  capo  gli  aghi  o 
uncinetti. 

Aghi,  ferretti  che  terminano  superiormente  a 
uncino,  per  mezzo  del  quale  afferrano  il  filo.  -  Ar- 
resti: si  dicono  alcuni  anelli  che  scorrono  a  dolce 
sfregamento  lungo  gli  assi  del  telaio  e  determinano 
la  funzione  del  guidalilo.  -  Larvo,  il  telaio  sul  quale 
scorre  la  frontura.  -  Chiavistelli,  sistema  di  chiavi 
che  impediscono  o  consentono  il  funzionamento 
della  macchina.  -  Coltelli,  due  laminette  di  acciaio, 
che,  in  alcune  macchine,  sostituiscono  gli  spazzo- 
lini. -  Contatore,  apparecchio  che  misura  i  giri 
compiuti  dalla  macchina:  consiste  in  una  leva  scor- 
revole sopra  un  quadrante  graduato.  -  Elevatori, 
sistema  di  martellini  che  spingono  in  alto  gli  aghi, 
perchè  salgano  in  cerca  del  filo.  -  Frontura,  il  qua- 
dro rettangolare  nella  macchina  rettilinea. 

Guidafilo,  sistema  di  due  ferri,  concorrenti  ad  an- 
golo acuto,  che  fissa  la  posizione  del  filo  affinché 
non  stugga  agli  aghi.  -  Manubrio,  leva  applicata 
rigidamente  al  telaio  e  che  mantiene  rapporti 
con  la  frontura:  per  mezzo  de),  manubrio,  che  ha 
un  movimento  d'ì^sali  e  scendi,  il  congegno  com- 
pie il  suo  lavoro.  -  Spazzolini,  due  piccole  spazzole 
che,  implicate  nel  funzionamento  dell'intero  congegno, 
con  un  moto  di  vai  e  vieni  ripuliscono  via  via  gli 
aghi.  -  Spostatori,  sistema  di  viti  che  dirigono  il 
movimento  della  frontura  lungo  il  carro.  -  Supporti, 
ferretti  che  nella  macchina  rettilinea  funzionano 
da  punto  d'appoggio  degli  aghi.  -  Tubo,  il  cilindro 
porta-aghi  della  macchina   tubulare. 

Accessori  di  macchina  per  far  calze:  pettine,  fili 
per  i  calcagni,  uncino,  cacciavite,  chiave  per  dadi, 
fibbia,  ganci  da  peso,  pesi,  oliatore,  aghi  di  riserva  ; 
filarello,  arcolaio,  fuso,  molla  per  rigare.  -  Porta 
bobine,  apparecchio,  estraneo  alla  macchina,  che  tiene 
fissi  i  gomitoli  di  filo  o  bobine.  -  Sostegno,  la  piat 
taforma  su  cui  posa  la  macchina.  -  Aprire,  chiudere 
i  chiavistelli,  consentire  alla  macchina  in  quiete  il 
movimento  o  paralizzarla  quando  è  in  moto. 

Calza»  Tessuto  per  lucignolo:  veggasi  a  lume. 

Oalzàmento.  Detto  a  calzatura. 

Calzante.  Di  calzoni,  di  veste  che  calza 
bene,  si  adatta  bene   facendo  risaltare  la   forma. 

Calzare,  calzarsi  (calzalo).  Vestire  di  calza- 
tura (anche  ciò  che  serve  a  coprire  il  piede): 
provvedere  di  calzatura;  mettersi  le  scarpe,  le  calze. 

Fignr.,  essere  adatto,  a  proposito  :  quadrare, 
convenire. 

Calzatóia,  calzatóio.  Arnese  per  lo  stivale 
per  la  scarpa,  per  altra  calzatura. 

Calzatura,  il  complesso  di  ciò  che  serve  a 
calzare  i  piedi  o  le  gambe.  Quindi  la  ciabatta, 
la  sr/teWa  (ghette,  uose),  h  pantofola,  ìà  scarpa, 
lo  stivale,  lo  zòccolo.  -  Calzoleria,  luogo  o  bot- 
tega dove  si  fanno  e  sì  vendono  scarpe,  stivali  e 
simili.  -  Calzatuìificio,  goffo  neologismo  per  indicare 
una  gran  fabbrica  di  scarpe.  •  Calzolaio,  colui 
die  fa  scarpe,  stivali  e  altre  calzature:  ciabattino. 
-  Cordovaniert ,  fabbricanti  di  cordovano  o  cuoio 
tratto  in  ispecial  modo  da  Cordova. 

Affibbiare,  congiungere  insieme  le  parti  superiori 
di  alcune  calzature  eìfermarle  con  fibbia,  o  aglietti, 
stringhe,  gangheri  e  simili.  -  Calzare,  di  calzatuiM 
che  quadri  bene,  che  torni  bene,  fasciando  il  piede 
e  la  gamba;  e  scalzare,  di  calzatura  in  genere  elio 
non  vada  bene  al  piede  o  alla  gamba.  -  Cianlctlaic, 


far  rumore  camminando.  -  Strascicare,  camminare 
strusciando  sul  terreno  il  suolo  della  calzatura. 

Coturnato  (titolo  storico),  die  porta  i  coturni.  - 
Scalzato,  spogliato  di  calzamento;  e  si  rifeiisce 
più  propriamente  all'azione  dello  scalzare.  -  Scalzo, 
lo  stesso  che  scalzato;  ma  più  specialmente  si  rife- 
risce allo  stato  della  persona  scalzata. 

Calzatoia,  calzatoio,  striscia  di  pelle,  oppure  pezzo 
di  corno  concavo  e  ricurvo,  con  che  ci  si  aiuta  a 
calzare  le  scarpe  quando  strette  :  corno,  stecca.  - 
Cera,  vernice  da  calzature,  a  vari  colori.  -  Guigge, 
correggioli,  laccetti  di  cuoio  coi  quali  si  legavano  i 
sandali  e  le  scarpe  grosse  di  vacchetta.  -  Lucido, 
materia  per  lustrare  le  calzature. 

Borzacchino,  piccolo  stivale.  -  Bottaglie,  calzari 
di  cuoio  usati  da  chi  deve  camminare  nell'acqua  e 
nel  fango.  -  Carbatina,  specie  di  scarpe  contadine- 
sche fatte  di  cuoio  fresco  di  bue.  -  doccia,  ciocia, 
cioce,  specie  di  fasciatura  portata,  invece  di  scarpe, 
dal  volgo  napoletano  e  romano.  -  Pattini,  scarpe 
(li  pelle  con  suole  di  legno,  ma  molto  alte.  -  Pero, 
stivaletto  alto,  allacciato  sul  davanti,  di  cuoio  greg- 
gio, col  pelo  sopra.  Pianella,  calzamento  sottile 
da  tener  per  casa:  per  lo  più,  di  pelle  tinta,  o  an- 
che di  stoffa  operata  o  ricamata;  senza  fibbie,  senza 
laccetti  e  senza  tacco  rilevato  -  Sandalo,  sorta  di 
calzare  in  cui  al  tomaio  è  sostituita  una  non  larL'a 
striscia  trasversale  di  pelle,  che  lascia  quasi  nuda 
la  parte  superiore  del  piede  :  portato  da  alcuni  pre- 
lati, quando  in  abiti  pontificali,  e  da  certi  frati  detti 
zoccolanti  o  scalzi;  anche  dai  bambini.  -  Solea,  pa- 
rola generica  che  conviene  ad  ogni  specie  di  cal- 
zatura che  copre  soltanto  la  pianta  dei  piedi^  come 
una  suola  fermata  sul  piede  mediante  cigne,  quali 
sonoi  sandali  dei  francescani  e  dei  cappuccini. -Sopra- 
scarpa, più  coinun.  calòscia  •  Ironchetti,  di  mezzo  tra 
le  scarpe  e  gli  stivaletti  :  hanno  due  pezzi  che  si 
legano  sul  tomaio,  e  sotto  l'allacciatura  hanno  la 
linguetta.  -  Tronchi,  a  Firenze,  calzatura  più  alta 
delle  scarpe,  ma  più  bassa  degli  stivali.  -  Usatti, 
calzari  di  cuoio,  di  tela  o  di  panno,  più  grossolani 
delle  ghette. 

Calzature  antiche. 

Greche.  —  Cnemide,  calzatura  militare,  con  gam- 
bali, di  cuoio  guarnito  di  lamine  metalliche.  -  Dior- 
bathrum,  pianella  o  sandalo  di  modello  greco. 
Phaccasium,  scarpa  bianca,  propria  dei  ginnasiarclii 
ateniesi  e  dei  sacerdoti  in  Greci  i  e  in  d'Alessandria: 
fecasi. 

Romane.  —  Calceus,  cappaccia,  scarpa  antica  dei 
senatori.  Specie  di  scarpa  chiusa,  alta,  simile  ai 
nostri  stivaletti.  Calceus  senntorius,  portato  dai  se- 
natori; calceus  patricius,  quello  dei  patrizi  romani, 
di  pelle  rossa,  con  alta  suola,  in  origine  calzatura 
dei  re  albani.  -  Caliga,  stivaletto  del  quale  si  ser- 
vivano, più  specialmente  in  guerra,  sopratutto  i 
semplici  manipolari.  Catina  clavata,  stivaletto  con 
chiodi  d'oro,  d'argento,  di  ferro,  di  cui  i  soldati 
di  diversi  gradi  facevano  inchiodare  tutta  la  suola, 
come  fanno  i  contadini.  -  Campagi,  tsangae,  tzaggiae 
0  zancae,  .scarpe  imperiali  o  senatoriali  e  dei  nota- 
bili della  città.  -  Cothurni,  alti  pattini  di  cui  le 
donne  si  servivano  per  parere  più  alte  e  di  più 
bella  statura,  ma  principalmente  gli  attori  di  tea- 
tro per  rappresentare  gli  eroi.  Erano  alzati  sopra 
dello  sughero,  come  più  leggero  del  legno,  arrivavano 
a  mezza  gamba  ed  erano  tinti  di  scarlatto  o  di 
porpora.  -Creriida,  calzatura  romana,    della   forma 


CAI.ZATITRA 


3o9 


di  un  sandalo,  composto  di  due  suole,  ed  essendo 
queste  cucite  e  facendo  nel  camminare  un  piccolo 
rumore  detto  crepilus,  ne  venne  il  nome  di  crepida. 
-  Cruparia,  sorta  di  scarpa  di  legno  o  di  ferro,  che 
i  corifei  calzavano  per  rendere  la  percossa  ritmica 
più  strepitosa.  -  Ificrutide,  calzamenfo  legifero  da 
soldati.  -  Sa7irfa/mm,  pantofola  ornata,  portata  dalle 
signore  greche,  poi  anche  dalle  romane.  -  Sadpo- 
neae,  specie  di  sandalo  portato  dagli  schiavi  nelle 
campagne.-  Tmò/»;;-*,  calzari  dei  romani  del  secolo  Vii. 

Varie.  —  Carbatinae,  calzature  in  uso  fra  gli 
antichi  delle  regioni  meridionali,  asiatici,  greci  e 
italiani. 

Endromides,  baucides,  scarpe  da  caccia  per  Diana 


e  le  sue  compagne.  -  Gallicae,  caloscie  di  legno, 
sopra  sughero,  alla  gallica,  da  cui  hanno  tratto  il 
nome  :  avevano  la  parte  superiore  di  cuoio  e  delle 
cinghie  per  legarle,  e  il  tallone  ne  era  sempre  sco- 
perto -  Nymphtdes  scarpe  da  nozze  -  Obstrigilìum, 
scarponcello  simile  a  quello  che  ora  si  chiauia 
«  scarpa  americana.  »-  Ocreae.  •n  generale,,  armature 
da  gamha,  come  stivali  o  altre  cose  simili,  d'oro, 
d'ottone,  di  ferro  e  di  cuoio.  -  Pallino,  sorta  di 
calzare  antico,  forse  poco  dissimile  dalla  pianella.  - 
Periperides,  scarpe  da  serve.  -  Percnes,  stivaletti 
larghi  fatti  di  cuoio  verde  e  tutto  fregio,  e  non 
conciato,  di  cui  i  contadini  si  servivano  contro  i 
rigori  del  freddo.   -  Pluecasia,    scarpe,  scarpini  da 


Tav.  XVI. 


CALZATURE 


1,  calzatura  greca;  2,  caliga  romana;  à,  calzare  gallico  ;  4,  calzare  germanico  ;  5,  calzatura  del  1J90  :  6,  zoc 
colo,  del  secolo  XVII;  7,  pattino  veneziano  (1550);  Ibis,  calzatura  dei  1390,  con  pattino;  8,  stivale  (1640) 
D,  scarpa  episcopale  (sec.  XVIII);  10,  scarpetta  con  alto  tacco  (XVlll)  ;  il,  sabot  (sec.  XVIII);  12,  calzatura  da 
cacciatore  il  170);  13,  calzatura  cinesp;  14,  calzatura  persiana;  \i  bis,  calzatura  del  UlO;  15,  calzatura  indiana 
(Pengiab)  ;  16,  calzatura  a  punta  (1410);  17,  scarpa  da  prete;  18,  calzare  napoletano  ;  19,  scarpetta  da  ballerina; 

20,  scarpa   per   la   neve   {dei  Lapponi);  21,   scarpetta    di    caucciù;   22,   scarpa  di  legno;  23,  babbuccia  turca  ; 

21,  scarpa  con  elastico ,  25,  snow-boat;  26,  pantofola;  27,  babbuccia;  28,  scarpa  di  corda. 


preti,  sottilissimi  e  bianchi,  di  cui  essi  si  servivano 
per  celebrare. 

Rhadiae,  scarpe  sottili  e  comode.  -  Sicyonia , 
scarpe  da  donna,  piccole  e  graziose,  frastagliate, 
bianche,  leggere  e  sottilissime.  -  SitiUare,  specie  di 
calzamento  usato  nel  medio  evo  e  somigliante  alla 
caliga.-  Sabot,  caloscia,  zoccolo.  •  Snotv-boat,  scarpa 
inglese.  -  Socco  (soccus),  scarpa  senz'allacciature,  degli 
uomini  e  delle  donne  greche,  di  donne  e  comici  ro- 
mani. -  Talaria,  sandali  con  ali  affisse  ai  lati  presso 
la  noce  del  piede,  attribuiti  a  Mercurio.  -  Tyrrenica 
sandalia,  sandali  adorni  di  cigne  colorate  con  i  quali 


Fidia  rappresealò  Minerva.  -  Zanchia,  o  zanca,  sti- 
vale, alto  e  stretto,  di  cuoio  nero  soffice,  portato 
dagli  orientali  sotto  le  brache. 

Accessori.  —  Ansula,  l'occhiello  delle  scarpe.  • 
Claviis  caligaris,  chiodo  aguzzo  che  guarniva  la 
suola  nei  calzari  dei  soldati.  -  Corrigia,  correg- 
giuolo  da  scarpe,  che  talvolta  si  faceva  con  pelle 
di  cane.  -  Fulmenta,  suola  doppia  o  tripla.  -  Urna, 
ornamento,  a  forma  di  mezzaluna,  portato  dai  se- 
natori romani  sui  loro  stivali,  -  Obslragulum,  stri- 
scia di  cuoio,  0  correggia,  con  la  quale  si  legava 
la  crepida. 


360 


CALZEROTTO    —    CALZOLAIO 


Fabbricazione  delle  calzature  a  macchina. 

Serie  delie  operazioni,  per  fabbricare  la  calzatura, 
eseguite  dalle  varie  macchine:  1,  misurazione  delle 
pelli;  2,  sbozzatura  del  cuoio;  3,  battitura  del 
cuoio;  4,  taglio  della  tomaia;  5,  tranciatura,  del 
cuoio  sbozzato  e  marcatura;  6,  spaccatura  dei  sot- 
topiedi ;  7,  rilevatura  della  spaccatura  dei  sotto- 
piedi; 8,  intelaiatura  dei  sottopiedi;  9,  bordatura; 
10,  composizione  dei  talloni;  H  applicazione  del 
guardolo  al  tallone;  12,  preparazione  della  cambia- 
tura e  dei  contrafforti;  13  a  34,  giuntatura  delle 
tomaie;  35,  composizione  delle  ordinazioni  con  le 
tomaie;  36,  preparazione  della  forma;  37,  applica- 
zione dei  sottopiedi  alla  forma;  38,  montatura  della 
calzatura  sulla  forma;  39,  cucitura  del  guardolo; 
40,  prima  battitura  del  guardolo;  41,  preparazione 
delle  calzature  unite;  42,  seconda  battitura  del 
guardolo;  43,  applicazione  della  piantina;  44,  ap- 
plicazioni della  cambratura;  45,  cemento  alla  pian- 
tina e  alla  suola;  46,  applicazione  della  suola; 
47,  modellatura  della  suola  o  spaccatura;  48,  rile- 
vatura della  spaccatura;  49,  cucitura  a  punto  sco- 
perto; 50,  cemento  alla  cucitura;  51,  chiusura  della 
spaccatura;  52,  lisciatura  della  suola;  53,  fresatura 
della  suola;  54,  carta  vetro  al  cavo;  55,  applica- 
zione del  tallone;  56,  inchiodatura  sui  talloni; 
57,  limatura  dei  chiodi;  58,  pesatura  dei  talloni; 
59,  prima  carta-vetro  ai  talloni;  60,  seconda  carta- 
vetro ai  talloni;  61,  tagliatura  del  fronte  del 
tallone;  62,  marcapunto;  63,  nero  al  bordo  della 
suola;  64,  lucidatura  del  bordo  della  suola;  65,  prima 
pomiciatura  della  suola;  66,  seconda  pomiciatura 
della  suola;  67,  nero  al  cavo  e  ai  talloni;  68,  lu- 
cidatura ili  cavo  e  ai  talloni;  coloritura  della  suola; 
70,  lucidatara  della  suola;  71  a  77,  finitura  della 
scarpa.  Ciascuna  di  queste  operazioni  è  compiuta 
da  una  macchina  speciale. 

E  si  hanno:  macchine  da  trinciare  il  cuoio  in 
liste  0  ad  eccentrico:  per  cilindrare  il  cuoio;  per 
pianare  i  ceppi  ;  da  trinciare  le  suole,  senza  coltelli; 
per  fendere  ed  eguagliare  il  cuoio  ;  per  fare  o  per 
aprire  la  scalfittura  nelle  suole;  per  formare  le 
suole;  per  assottigliare  i  contrafforti  e  togliere  le 
slriscie ;  per  formare  i  contrafforti;  per  assottigliare 
i  bordi  delle  tramezze  a  mano;  per  scavare  i  tac- 
coni; per  montare;  per  fissare  il  guardolo;  per 
attaccare  le  suole;  per  cucire  le  suole  a  catenella; 
per  cucire  le  suole  a  trapunto;  per  cucire  gli  scap- 
pini  ;  per  cucire  il  guardolo  e  le  scarpette  a  rove- 
scio; per  cucire  a  punto  scoperto  con  due  fili;  per 
serrare  la  scalfittura;  per  dare  spicco  ai  punti;  per 
rinforzare  i  sottopiedi;  per  eavigliar" ,  per  raspare 
le  caviglie;  per  inchiodare  te  suole  a,  bullette;  per 
mettere  le  forme;  per  lisciare  in  suole;  [)er  spaccare 
i  ritagli  di  cuoio  per  tacchi  ;  per  piegare  il  guar- 
dolo del  tallone;  per  comprimere  e  inch'iodare  i  tac- 
chi ;  per  fissare  i  tacchi ,  per  inchiodare  il  sopra- 
tallone ;  per  grattare  i  punti;  per  la  rifinitura  dei 
tacchi;  per  fresare  i  tacchi;  per  affilare  i  coltelli; 
per  smerigliare  i  tacchi;  per  vetrare  i  lacchi;  per 
ritagliare  il  davanti  dei  tacchi  ;  per  sformare  il 
bordo  della  suola  ;  per  smerigliare  e  affinare  le  suole; 
per  sformare  a  freddo  tacchi,  sopratalloni,  suole,  ecc., 
con  lubrificazione  automatica  ad  anello  ;  per  spaz- 
zolare le  suole;  per  mettere  il  bordino  colorato;  per 
ornare  le  suole;  per  mettere  e  incollare  i  sollopitdi 
interni;  per  la  slampatura  in  oro  o  argento;  per 
guarnire  di  chiodi  la  superficie  della  suola;  per 
lisciare  e  pidire  i  gambali;   per    stirare  i  gambali; 


per  nettare  i  gambali;  per  misurare  la  super f eie 
delle  pelli;  per  sminuire  ti  bordo  della  tomaia;  per 
pieghettare  il  bordo  della  tomaia;  per  perforare  le 
punline;  per  dentellare,  perforare,  festonare;  per 
rovesciare  i  festoni  della  tomaia;  per  appianare  le 
cuciture;  per  porre  gii  occhielli  o  gli  uncini;  per 
attaccare  i  bottoni  ;  per  tagliare  i  tiranti  ;  per  pun- 
gere i  gambali  a  pece  dura,  ecc.  Si  hanno  inoltre: 
forme  di  ghisa,  pilastri  per  montare,  morse  per  im- 
bastitura e  montatura,  punzonatrici  per  marchi  di 
fabbrica,  macchine  per  la  numerazione. 
'  Molte  delle  voci  sopracitate  hanno  la  loro  spie- 
gazione a  calzolaio  e  a  scarpa. 

Calzerotto.  Detto  a  calza. 

Calzino,  la  calza  corta. 

Calzettaio  {calzettaia).  Detto  a  calza. 

Calzolaio.  Artigiano  che  fa  la  scarpa  e  altra 
calzatura  in  pelle  o  ripara  le  vecchie:  calzolaro 
calzolaio;  ciaba,  ciabattino,  crespino;  pianellaio;  ca- 
ligaio, caligaro;  scarpinello;  sutorio;  usattore.  -  Ag- 
giuntatore,  chi  unisce  insieme  i  pezzi  delle  scarpe.  - 
Ciabattino,  chi  rattoppa  le  scarpe  :  ciabattaio,  cia- 
battiere,  ciabattiero,  zabattiero.  -  Rientratore,  il  cal- 
zolaio che  più  specialmente  fa  il  lavoro  di  piegare 
gli  stivali.  -  Sutor,  l'antico  calzolaio  romano. 

Calzoleria,  la  bottega  del  calzolaio,  quella  dove 
lavora  e  quella  dove  vende.  -  Bardotto,  il  garzone 
del  calzolaio,  incaricato  di  portare  le  scarpe  in  casa 
degli  avventori 

Jirare  lo  spago,  fare  il  calzolaio.  -  Buttar  via 
la  lesina,  non  lar  più  il  mestiere  del  calzolaio. 

Mobili,  oggetti,   indumenti  del  calzolaio. 

Deschetto,  o  bischetto,  piccolo  banco  quadrato,  o 
tavolino,  presso  il  quale  lavora  il  calzolaio  e  su  cui 
tiene  gli  arnesi  del  mestiere:  banchetta,  banchetto. 
Nel  mezzo  ha  il  casseWtno,  per  chiudervi  gli  arnesi; 
la  tavola  è  aggirata  da  un  regolo,  afllchè  non  cada 
a  terra  il  gomitolo  o  altro.  Ai  quattro  canti  è  scom- 
partito da  altri  regoletti,  per  riporvi  setole,  bul- 
lette, ecc. 

Pancìielta,  il  banco  su  cui  siede  il  calzolaio  per 
lavorare.  Detto  anche  banchettino,  trespolo,  sgabello, 
scanno.-  Rastrello,  appiccagnolo  al  quale  i  calzolai 
attaccano   le  scarpe,  le  forme,  ecc. 

Catino,  vaso  di  legno,  o  di  terra,  in  cui  il  calzo- 
laio tiene  acqua  per  rammollire  i  vecchi  calzari,  o 
le  nuove  suole  che  vuole  rimettere.  -  Forma, 
pezzo  di  legno  ridotto  alla  foggia  del  piede 
umano  e  del  quale  il  calzolaio  si  serve  come  per 
modello  per  fare  la  scarpa  o  per  acconciarvela  : 
forma  tronca,  quella  che  serve  per  gli  stivali;  forme 
spezzate,  quelle  non  intere,  nja  composte  di  tre 
pezzi,  uno  dei  quali,  introdotto  a  forza  fra  gli  altri 
due,  !i  costringe  ad  allargarsi,  tendendo,  con  la  pres- 
sione che  esercitano,  ciascuno  in  senso  opposto,  il 
cuoio  di  una  calzatura  troppo  stretta;  formetta, 
piccola  forma  ;  gambale,  la  forma  di  legno  che  serve 
per  tener  diritta  la  tromba  dello  stivale.  -  Peduccio, 
la  metà  anteriore  della  forma  del  piede  per  gli  sti- 
vali, -  Marmotto,  il  ceppo  incavato  sul  quale  i  cal- 
zolai battono  le  suole,  per  dar  loro  la  forma  che 
vogliono.  -  Misura,  semplice  striscia  di  carta  sulla 
quale  il  calzolaio,  leggermente  intaccandola  in  al- 
cuni punti,  segna  le  dimensioni  da  dare  alla  scarpa. 
-  ]\odello,  disegno  di  carta  usato  per  fare  con  pre- 
cisione i  lavori.  -  Orhello,  piastra  da  spianare  le 
cuoia.  -  Pedale,  striscia  di  pelle,  cucita  ai  due  capi, 
con  la  quale  il  calzolaio   tien    fermo  sul  ginocchia 


3G1 


il  lavoro,  tenendola  tesa  col  piede  {pedalata,  colpo 
di  pedale).  -  Sasso  da  battere,  pietra  di  serpentino, 
usata  come  punto  d'appo^'gio  per  batterci  sopra  le 
suola  col  martello:  si  adopera  all'uopo  anche  un 
toppetto  di  legno  leggermente  incavato.  -  Vasetto  da 
nero,  vaso  qualunque  che  contiene  copparosa  verde 
e  serve  ad  annerire  le  suole  e  i  tacchi  prima 
che  il  calzolaio  vi  passi  il  bisegolo. 

Ch-embia/e,  pozzo  di  pelle,  per  lo  più,  col  quale 
il  calzolaio  si  copre  dal  petto  al  ginocchio,  ne!  la- 
vorare, fermandolo  al  collo  con  un  nastro,  o  un 
cintolo  di  pelle.  -  Manale,  striscia  di  pelle  che  fa- 
scia la  palma  e  il  dorso  della  mano,  a  riparo  di 
essa  nello  stringere  fortemente  i  punti  fatti  con  lo 
spago.  -  Manopola,  mezzo  guanto  di  pelle  nel  quale 
il  calzolaio  infila  la  mano  sinistra,  quando  si  di- 
spone a  cucire. 

Arnesi  del  calzolaio. 

Acciaino,  pezzo  di  ferro,  tondo  da  un  capo  per 
dare  il  filo  ai  coltelli,  schiacciato  dall'altro,  per 
tenerlo  in  mano.  -  Acciainolo,  la  mazza  da  lisciare 
0  stecca.  -  Allungo,  fascia  per  allungare  la  forma 
e  poter  fare  una  scarpa  più  comoda  di  quel  che 
la  forma  consentirebbe.  -  Bisegolo,  lo  stesso  che  li- 
sciapiante  e  liscielto:  strumento  col  quale  si  lisciano 
le  suole  e  i  tacchi  delle  scarpe;  è  fatto  di  bossolo. 
-  Funyo,  il  capo  del  bussetto  o  bisegolo.  -  Bruni- 
toio, gruccia  di  acciaio  ricurva  ai  due  capi.  -  Bus- 
setto,  arnese  di  bosso,  col  quale  i  calzolai  danno  il 
lustro  al  taglio  della  suola  e  de'  tacchi. 

Coltella,  coltello  curvo  al  collo,  usato  per  tagliare 
da  una  groppa  di  cuoio  le  strisele  da  cavarne  le 
suolf ,  le  mezze  piantelle  e  i  soprattacchi.  -  Coltello 
da  banco,  mezza  lancia  che  s'usa  per  tagliare  le 
tomaie  e  le  altre  pelli.  -  Comettino,  strumento  di 
osso,  con  manico  di  legno,  per  dare  il  lustro  ai 
tacchi  delle  scarpe  da  donna.  -  Ferro  a  lingua, 
arnese  di  ferro  per  raschiare  il  cuoio.  -  Forbici, 
noto  arnese  per  tagliare  lo  spago,  raffilare  le  orla- 
ture, i  centurini  o  le  correggine,  farvi  occhielli  da 
porvi  la  traversa  degli  ardiglioni  delle  fibbie.  - 
Forma  da  allargare,  ordigno  da  mettere  negli  sti- 
vali per  allargarli,  introducendo    una  lunga  bietta. 

Girellini,  ferri  con  le  rotelle  dentate  con  le  quali, 
calcando  tra  il  guardone  e  la  suola,  si  improntano 
i  segni  del  punto  finto.  -  Gruccia,  arnese  che  serve 
per  dare  il  filo  ai  tacchi.  -  Lesina,  specie  di  pun- 
teruolo, ma  curvo,  acutissimo,  fatto  d'  acciaio  fino 
e  fissato  solidamente  alla  sua  base  in  un  manico 
tornito,  arrotondato  in  cima,  in  modo  da  potervi 
appoggiare  il  palmo  della  mano  per  ispingere  con 
più  forza  la  punta  nel  cuoio,  quando  il  lavoro  è 
duro.  Di  varie  sorta:  lesina  da  solettare,  da  impun- 
i.re,  da  tacchi.  -  Lesinino,  lesinino,  piccola  lesina  per 
fare  giuntature.  -  Lima,  arnese  di  ferro  che  si  usa 
per  limare,  rasente  la  suola,  le  punte  delle  bullet- 
tine  e  per  assottigliare  le  lesine  rintuzzate.  -  Li- 
scetto,  mazza  da  lisciare.  -  Liscia,  arnese  di  vetro, 
simile  a  un  fungo,  per  lisciare  il  cuoio.  -  Liscia- 
piante,  lustrino,  pezzo  di  bossolo  bislungo,  qua- 
drangolare, talora  un  po'  ingrossato  ai  due  capi, 
dove  sono  le  marcie,  cioè  certe  riprese,  scalini,  o 
intaccature,  con  le  quali,  fregando  forte,  si  liscia  il 
margine  del  suolo,  e  del  tacco,  dopo  che  è  stato 
tagliato  col  trincetto.  -  Lisciatoio,  altro  arnese  per 
li.sciare  la  suola,  cucita  che  sia:  è  il  più  delle 
volte  una   tibia    di  cavallo,  di  mulo  o  di  asino. 

Marcapunti,  arnese,  con  una  rotellina  dentata,  per 


segnare  come  dei  punti  nel  suolo  delle  scarpe  ra- 
sente al  tomaio.  -  Martello,  noto  arnese  per  battere 
e  picchiare,  formato  d'un  ferro  bislungo  e  alquanto 
massiccio,  nel  mezzo  del  quale  è  un  occhio,  ove 
entra  il  manico  dall'un  dei  capi  stiacciato,  che  si 
chiama  taglio,  dall'altro  massiccio  e  riquadrato,  che 
/dicesi  bocca;  e  su  questa  si  batte  per  piano. 

Penna,  parte  del  martello  che  serve  per  impen- 
nare la  tramezza  e  ac(iuallarla  al  tomaio.  -  Mazza 
a  lisciare,  bastone  di  bosso,  un  pochino  curvo  nel 
mezzo,  che  serve  per  lucidare  la  suola.  -  Passanti, 
ferri  per  appuntire  i  tacchi.  -  Piantastecchi,  arnese 
per  piantar  gli  stecchi  nelle  scarpe:  sbrocco,  sbroo- 
cone.  -  Punteruolo,  arnese  che  serve  a  rendere  larghi 
e  tondi  i  buchi  fatti  con  la  lesina. 

Raspa,  arnese  che  serve  a  pareggiare  il  tacco  e 
la  suola  prima  di  pa.ssarvi  il  lisciatoio  o  il  vetro: 
tonda  i  tacchi  e  ragguaglia  i  picciuoli  di  bosso  che 
si  conficcano  nei  tacchi.  -  Rotella,  o  rotellina,  ruota 
dentata  che  serve  per  imprimere  intorno  al  tacco 
dei  fregi  che  simulano  un'orlatura.  -  S/ondiiio,  il 
.segna-buchi.  -  Spina,  punteruolo  diritto,  cilindrico 
conico,  che  serve  specialmente  a  fare  nei  tacchi  dei 
buchi  nei  quali  conficcare  le  caviglie  di  legno, 
che  debbono  tenere  continuamente  riuniti  i  capi 
di  cuoio.  -  Stampa  da  cuoio,  strumento  simile  alla 
stampa  di  drappi,  e,  pel  medesimo  effetto,  i  calzolai 
lo  adoperano  per  fare  i  loro  lavori  sul  tomaio  delle 
scarpe.  •  Stampo,  strumento  che  serve  per  traforare 
i  buchi  a  cui  si  applicano  gli  occhielli  pei  cpiali 
passano  i  legacci.  •  Stampino,  arnese  che  serve  per 
fare  i  buchi  nelle  scarpe  -  Stecca,  legnetto  che 
serve  per  lustrare  e  perfezionare  le  scarpe.  -  Stec- 
cone, per  lisciare  e  assodare  le  suole  delle   scarpe. 

-  Stella,  stampa  di  ferro  la  cui  impronta,  a  foggia 
di  stella  e  fatta  con  un  colpo  di  martello,  orna  il 
foro  lasciato  nella  suola  delle  scarpe  in  genere 
dalla  bolletta. 

Tanaglie  da  tirare,  tanaglie  speciali,  dalle  bocche 
grosse  e  piene,  con  solchi  in  tralice,  perchè  facciano 
presa  e  tirino  il  cuoio.  -  Tanagliazze,  tanaglie  ta- 
glienti  che  servono  a  cavar  le  bullette  dalle  forme. 

-  Tiraforme,  ferro  a  uncino  di  cui  il  calzolaio  si 
serve  per  tirar  fuori  la  forma  dalle  scarpe.  -  Toc- 
cacosture,  arnese  di  ferro  che  il  calzolaio  adopera 
per  ritoccare  le  costure.  -  Toccafilare,  arnese,  per 
ritoccare  le  impunture.  -  Trincetto,  coltello  per  ta- 
gliare la  suola  e  il  cuoio  :  è  una  lama  d'acciaio 
non  manicata,  larga  quasi  due  dita,  lunga  poco  più 
d'un  palmo,  alquanto  curva  in  ambedue  i  versi, 
tagliente  da  una  sola  parte,  presso  una  delle  estre- 
mità (trincettata,  colpo  di  trincetto). 

Materie,  cose  varie  adoperate  dal  calzolaio, 

Acciaioline,  le  bullettine,  o  puntine  d'acciaio, 
usate  per  rinforzare  la  suola.  -  Alzo,  uno  dei  pezzi 
di  cuoio  che  i  calzolai  mettono  tra  la  forma  e  il 
tomaio.  Levare,  impostare  gli  alzi.  -  Bulletta,  pic- 
colo chiodo,  con  cappello  piutto.sto  largo,  che  si 
adopera  a  vari  usi  come  guernire  la  suola  delle 
scarpe,  appendere  e  fermare  cose  non  molto  gravi. 

-  Bullettone,  chiodo  grosso,  col  capo  quadro,  ado- 
perato per  congegnare  insieme  i  talloni  o  tacchi 
delle  scarpe.  -  Cera  da  scarpe,  mistura  nera,  grassa, 
condensata,  con  la  quale  si  dà  il  lustro  alle  acarpe 
di  pelle.  -  Cerume,  colaticcio  di  cera,  mista  a  nero 
d'osso  0  di  fumo,  che  serve  per  spalmare  la  costola 
del  suolo  e  del  tacco.  -  Corde,  quelle  che  servono 
per  le  impunture  delle  scarpe.  -    Cuoio,   la   pelle 


362 


CALZOLERIA    —   CALZONI 


d'animale  e  specialmente  di  bove  concia  per  vari 
usi.  -  Cuoio  in  molle,  quello  messo  nell'acqua  prima 
die,  battuto  e  assodato,  serva  pei  lavori  di  nuovo. 
Lucido,  la  materia  che  dà  il  lucido  alla  pelle.  - 
Lunetta,  pezzetto  di  pelle  che  rinforza  il  tomaio.  - 
Mezza  piantetla,  o  mezza  suola:  serve  a  risolare  le 
scarpe  sdrucite  e  rotte  sotto  la  pianta  del  piede.  - 
Pasta  per  i  calzolai,  intriso  di  farina  con  acqua 
bollita  per  lame  una  pasta  da  attaccare.  -  Patina, 
mescolanza  d'olio  di  pesce,  di  sego  e  di  nero  fumo 
che  si  dà  alle  pelli  conciate  per  farne  scarpe  o  altro. 

-  Pece,  nome  generico  di  varie  sostanze  resinose 
o  bituminose;  ina  intendesi  specialmente  della  pece 
nera,  la  quale  è  il  catrame  solidificato  e  reso  più  te- 
nace mediante  l'evaporazione.  -  l'elle  da  scarpe,  la 
pelle  dell'animale  morto,  tolta  da  esso  e  sottoposta 
alla  concia.  -  Pómice,  pietra  leggerissima,  spugnosa, 
che  ha  molti  intervalli  vuoti  o  pori;  ruvida  al 
tatto,  facile  a  rompersi.  -  Punta,  sorta  di  bullettina 
o  chiodino  senza  capo.  -  Puntine,  le  builettine.  - 
Rialzi,  pezzi  di  cuoio  per  alzare  le  forme  delle 
scarpe  per  dar  più  garbo  o  ampiezza  alla  scarpa. 

Sétola,  quella  di  cignale,  annessa  all'un  dei  capi 
dello  spago,  affinchè  agevolmente  passi  nei  tori  fatti 
con  la  lesina  nel  cuoio,  o  nella  pelle.  -  SiMigo,  più 
fili  di  canapa  o  di  lino,  impegolati  e  riuniti  in  uno 
solo:  servono  per  cucire.  Capitélla,  le  estremità 
dello  spago  dove  si  innestano  le  setole.  Setola 
dello  spago,  setola  di  cignale  annessa  all'uno  dei 
capi  dello  spago,  aflinchè  passi  agevolmente  nei 
fori  fatti  con  la  lesina  nel  cuoio  o  nella  pelle.  -  Spago 
impecialo,  quello  che  adopera  il  calzolaio  per  cucire 
le  scarpe.  -  Spago  sarno,  specie  di  filo  che  serve 
ai  calzolai  per  fare   spago. 

Spunterbo,  la  punta  di  roba  diversa  che  il  cal- 
zolaio mette  alle  scarpe.  -  Stecca,  il  pezzo  di  mezzo 
della  forma  da  scarpa  che  fa  l'ufficio  di  bietta  fra 
lo  stinco  e  la  polpa,  tra  i  quali  si  fa  entrare  a 
forza.  -  Stecca  da  rientrare,  legno  che  il  calzolaio 
adopera  per  dare  il  garbo  alle  tomaie,  dopo  averle 
aggiuntate.  -    Unta,  la    vernice. 

Vetro,  materia  trasparente  e  per  lo  più  fragile, 
composta  per  la  fusione  della  silice  mescolata  con 
la  soda:  il  calzolaio  la  adopera  per  lisciare  i  tacchi. 

-  Vetriuòlo,   materia  che   serve   ad   annerire   le 

f)elli.  -  Viti,  specie  di  chiodi  speciali,  che  il  calzo- 
aio  adopera  per  attaccare  i  tacchi.  -  Zeppa  di  legno, 
bietta  0  conio  di  legno,  non  molto  grossa,  che  serve 
a  turar  fessure. 

Operazioni,  lavori  del  calzolaio. 

Abbozzare,  ritagliare  col  trincetto  le  escrescenze 
del  cuoio.  -  Acciabattare,  il  racconciare  le  ciabatte: 
racciabattare.  -  Aggiuntare,  cucire  insieme  i  diversi 
pezzi  della  scarpa  e  dello  stivale.  Aggiuntatura, 
l'operazione  dell'aggiuntare;  il  punto  dove  è  fatta 
l'operazione.  -  Bullettare  [bullettato,  bullettalura), 
mettere  le  bullette,  i  chiodi.  -  Contraffilare,  levare 
il  contraffilo.  -  Dar  il  bussetto,  adoperare  il  bassetto 
per  lustrare  i  tacchi  o  la  suola.  -  Dare  il  vetro,  il 
raschiare  che  fanno  i  calzolai  le  suole  delle  scarpe 
con  un  pezzo  di  vetro.  -  Fare  un  fesso,  rovesciare 
il  fesso,  si  dice  dei  calzolai  che  tagliano  dove  de- 
vono cucire  e  ricoprono  il  taglio  uopo  averlo  cu- 
cito. -  Ferrare^  mettere  chiodi  alle  scarpe. 

Imbroccare,  il  fermare  sulla  forma  la  soletta  e 
le  altre  parti  della  scarpa  prima  di  cucirla.  -  Im- 
btillettare,  mettere  le  bullette  necessarie.  -  Rimbul- 
lettare,  ripete  imbullettare.  -  Impennare,  del  picchiet- 


tare che  fa  il  calzolaio  con  la  penna  del  martello  la 
costola  della  piantella  e  della  tramezza  per  avvici- 
narle al  tomaio.  -  Impiantare,  impostare:  dicono 
i  calzolai  del  mettere  insieme  il  tacco,  impastando 
e  conficcando  con  stecchi  fra  loro  i  pezzi  che  deb- 
bono comporlo.  Impostatura  del  tacco.  -  Impuntire, 
dei  pezzi  soprammessi,  serrarli,  renderli  stabili  con 
una  0  più  linee  di  cucitura.  Impuntire  il  tomaio, 
il  gambale,  la  suola.  Anche,  tacconare,  tacconatura. 
■  Informare,  mettere  le  scarpe  nella  forma  per  allar- 
garle (scarpe  informate,  stivali  injormati).  -  Ingam- 
balare,  mettere  lo  stivale  nel  gambale,  per  riacco- 
modarlo, levargli  le  grinze  o  simili. 

Laminatura,  operazione  del  battere  il  cuoio  da 
suola,  per  renderlo  pieglie\ole,  eseguita  non  sul 
sasso  e  col  martello  dal  calzolaio  stesso,  bensì  a 
macchina.  -  Lustrare,  dare  il  lucido  alle  scarpe. 
Montare  la  scarpa,  mettere  i  tomai  sulla  scarpa  per 
cucire  i  guardoni  e  inchiodarveli  con  le  bullette.  - 
Pareggiare,  rendere  pari,  uguale  una  superficie  in 
O-ini  sua  parte.  -  Passare  il  tacco,  cucirlo,  attaccarlo. 

-  Raffilare,  portar  via  con  un  trincetto  qualsiasi 
scabrosità  dalla  superficie  del  cuoio.  -  Rappezzare, 
racconciare  la  scarpa  -ì"otta,  mettendovi  il  pezzo  che 
manca.  Rappezzatura,  atto  ed  effetto  ;  rappezzo,  il 
pezzo  della  rappezzatura.  -  Rassodare,  rendere  in- 
visibili, con  lavorio  di  bussetto,  le  commettiture  del 
tacco  e  delle  suola.  -  Rattoppare,  mettere  una 
toppa,  riparare  un  buco,  una  rottura  delle  scarpe. 

-  Ribattere,  far  la  costura.  -  Rifinire,  dar  finitura 
al  lavoro.  -  Rimettere  in  forma,  rimettere  sulla 
forma  la  scarpa  già  cucita.  -  Rimontare,  rimettere 
a  nuovo;  rifare  il  davanti  delle  scarpe.  -  Rimonta, 
l'effetto  del  rimontare.  -  Rimpi'ciare,  impeciare  con 
forza.  -  Riorlare,  rifar  l'orlo  alle  scarpe.  -  Risolare, 
rimettere  nuove  suole  alle  scarpe,  agli  stivali.  Riso- 
latura, atto  ed  effetto.  -  Risolettare,  rimettere  la 
soletta.  Risolettatura,  l'atto  e  l'effetto  del  risolettare. 

Scarnire,  assottigliare,  rendere  più  snella  la  pianta 
delle  scarpe  -  Scossare,  aggiustare  i  tacchi  ;  ag- 
giustarli di  punto  in  punto;  fare  la  sfiossatura  col 
trincetto. 

Solettare,  l'operazione  dell'aggiungere  una  so- 
letta al  suolo  delle  scarpe.  -  Soppannare,  mettere 
soppanna  o  fodera  assai  grossa.  -  Spomiciare,  dare 
un  po'  di  pomice  alle  piante,  perché  non  si  abb^a 
a  sdrucciolare.  -  Slampare,  improntare  nel  tomaio 
i  fioretti.  ■  lacconare,  impuntire  con  una  cordi- 
cella le  doppie  suola  in  tutta  la  pianta  della  scarpa, 
perchè  resistano  meglio  all'umido  e  al  fuoco. 

Cantra ffilo,  la  parte  della  tramezza  che  sporge  e 
si  taglia  attorno  alla  scarpa  per  riunirla.  -  Corona, 
impuntura  intorno  al  quartiere  della  scarpa. -P«u- 
teggio,  cucitura  delle  scarpe  con   spago  impeciato. 

-  Tappicine,  i  pezzi  di  pelle  soprammessi  con  di- 
ligenza sulla  punta  sciupata.  -  Vantaggino,  toppi- 
cina  che  si  mette  sulla  rottura.  -  Tramezza,  striscia 
che  si  cuce  tra  il  suolo  e  il  tomaio   per   rinforzo. 

Calzoleria.  Bottega  del  calzolaio.  -  Bottega 
nella  quale  si  vendono  scarpe 

Calzoni.  Parte  del  vestimento  da  uomo,  dalla 
cintura  al  piede,  un  tempo  fino  al  ginocchio:  bra- 
che, brachesse,  braghesse,  braghettaccie;  panni  di 
gambe,  pannilini  (disus.)  Si  fanno  di  panno^  di 
stoffa,  di  tela,  bianchi,  neri,  di  colore,  ecc.  Il 
sarto  li  taglia,  li  cuce,  li  stira.  -  Calzonacci,  spreg. 
di  calzoni  rotti,  sporchi,  mal  fatti.  -  Calzoncini, 
dimin.  e  vezz.  di    calzoni,  quelli    dei  bambini. 

A  campana,  alla  francese,  i  calzoni  a  seconda 
che  alla  estremità  inferiore  si  allargano  o  si  strin- 


CALZUOLO   —   CAMAHI.INGO 


3fi3 


gono.  -  Alla  scud :er a,  i  cnhoni  corti,  larghi  alla  co- 
scia, stretti  alla  gamba  e  protetti  inferiorincnte  dallo 
stivale.  -  Alla  zuava,  i  corti  e  molto  larghi  usali 
appunto  dagli  zuavi. 

Brache,  la  copertura  delle  coscie  fino  al  ginocchio  o 
al  malleolo:  furono  usate  da  tutti  prima  del  1879: 
oggi  ancora  dai  campagnoli,  in  qualche  paese,  e 
dai  preti.  -  Calzoncini,  calzoni  da  bambino.  -  Cal- 
zoncioni,  accr.  di  calzoni;  di  calzoni  grandi  e  spro- 
porzionati. -  Calzoni  con  lo  spacco,  quelli  aperti 
sotto,  che  sogliono  indossare  i  bambini;  con  !•• 
stajfe,  con  le  striscie,  con  le  cigne,  i  calzoni  che  ne 
sono  adornati  e  provvisti.  -  Calzoni  di  -pelle,  usati 
da  alcuni  per  cavalcare.  -  Pantaloni  (frane), 
calzoni  lunghi,  scendenti  lino  a  posare  sulla  scarpa. 
-  Sottocalzoni,  specie  di  brache,  di  panno,  di  co- 
tone, 0  di  lana,  che  portansi  sotto  i  calzoni,  le 
mutande.  •  Sarabare,  calzoni  larghi  degli  Orientali. 


Parte  dei  calzoni. 


Accessori 


Brachetta,  parte  delle  brache  un  tempo  destinata 
a  coprire  lo  sparato  di  esse:  braghetta,  braghettone. 

-  Cinturino,  quella  striscia  di  panno  che  stringe  la 
estremità  inferiore  dei  calzoni  corti  e  che  chiude, 
per  mezzo  di  una  fibbia,  lo  sparato.  -  Coda  del 
cinturino,  una  delle  estremità  di  esso  che  si  pro- 
lunga libera  e  serve  ad  affibbiare  lo  sparato  del 
ginocchio,  dopo  che  si  è  abbottonato.  -  Codetta, 
quell'altra  estremità  libera  dello  stesso  cinturino, 
che  sta  a  riscontro  della  coda.  -  Culatta,  il  di  die- 
tro dei  calzoni;  grossa  toppa  sovrapposta  nel  di 
dietro  dei  calzoni  per  rinforzo.  -  I  davanti,  le  parti 
dei  calzoni  che  coprono  le  coscie  anteriormente.  - 
I  dietri,  i  didietri,  le  due  parti  dei  calzoni  che 
coprono  le  natiche  e  le  coscie  posteriormente.  -  Fian- 
chetta,  la  parte  dei  calzoni  che  copre  i    fianchi. 

Fondo,  la  parte  dei  calzoni  che  dall'intorcatura  va 
verso  il  dietro.  -  Gambale,  ciascuna  delle  parti  in 
cui  sono  divisi  i  calzoni  ;  gamba.  -  Linguette,  stri- 
scie, della  stessa  stoffa  dei  calzoni,  che  servono  a 
stringerli  per  di  dietro  mediante  una  fibbia,  con 
l'ardiglione.  -  Martingala,  specie  di  brachetta  che 
usava'si  dietro  ai  calzoni.  -  Pedana,  la  striscia  di 
fodera  che  cinge  e  fortifica  internamente  i  calzoni 
all'estremità  inferiore.  -  Pistagne,  i  cordoncini  o  le 
orlature,  di  colore  diverso  da  quello  dei  calzoni, 
che  corrono  lungo  la  cucitura  esteriore  dei  calzoni. 

-  Pistagnini,  le  pedane,  -  Scoscio,  l'incavatura  tra 
le  gambe  dei  calzoni.  -  Serra,  e  più  comunemente 
serre,  la  specie  di  fascia  che  termina  superiormente 
i  calzoni,  e  fa  il  giro  della  vita,  cingendo  i  lombi: 
anche,  Cianchetta. 

Sparato  davanti,  nei  calzoni  lunghi  o  corti,  e 
che  non  hanno  toppa,  si  chiama  cosi  quell'ampia 
apertura  anteriore  i  lembi  della  quale  si  abbotto- 
nano sovrapponendoli  l'uno  sull'altro.  Sparato  dei 
ginocchi,  o  sparato  di  fianco,  l'apertura  laterale, 
presso  ciascun  ginocchio  nei  calzoni  corti  o  brache, 
che  si  abbottona,  per  quindi  affibbiarla,  ovvero 
stringerla  con  laccetti.  -  Sportellino,  la  brachetta.  - 
Sportello,  la  toppa,  il  toppino,  -  Tasca,  ciascuna 
delle  borse  in  fodera  cucite  nell'interno  dei  calzoni. 

-  Taschini,  piccole  tasche  che  si  fanno  in  ciascuna 
parte  laterale  dei  calzoni.  -  loppa,  toppino,  bra- 
chetta, parte  oggidì  fuori  d'uso  nelle  moderne  foggie 
di  taglio;  pezzo  quadro  sul  davanti  dei  calzoni: 
si  apriva  abbassandolo;  si  abbottonava  alle  serre.  - 
Pistagnini,  striscie  della  stessa  stoffa  cucite  a  cia- 
S(-un  lembo  laterale  della  toppa.  -  Trombe,  le  parti 
dei  calzoni  che  rivestono  le  ganihe. 


Accessori.  —  Bretelle,  coppia  di  cigne  elastiche 
che  serve  a  sostenere  i  calzoni:  bertelle,  cigne, 
dande,  straccali,  strucche.  -  Saltaleone,  l'estremità 
di  tessuto  clastico  delle  bretelle,  apjilicatavi  perchè 
non  sostengano  i  calzoni  rigidamente.  -  Cigne  da 
ralzonì,  slnscie  di  pelle  o  di  gomma  elastica,  usate 
|)er  sorreggere  i  calzoni.  •  Staffe,  cignali,  striscie, 
per  lo  più  di  pelle,  che  passono  sotto  le  scarpe  o 
gli  stivali  per  tener  distesi  i  calzoni.  -  Stiracal- 
zoni, istruinento  usato  per  tenere  tesi  i  calzoni  e 
liigliere  le  pieghe.  -  Stringa,  la  linguetta  che  fer- 
ma i  calzoni  per  di  dietro  alla  vita.  -  Striscia,  il 
cordoncino  o  l'orlatura,  che  si  apjilica  lateralmente 
lungo  la  cucitura  dei  calzoni. 

Stato  dei  calzoni.  —  Mono  di  poutauli,  ecc. 

A  braca,  a  bracaiola,  a  bracaloni  :  dicesi  dei  cal- 
zoni cascanti.  -  A  coscia,  calzoni  stretti,  che  mo- 
strano la  forma  della  gamba.  -  Arrovesciati,  i  cal- 
zoni ripiegati  su  sé  stessi  all'estremila  in  contallo 
colla  scarpa.  -  Cnlzanti,  i  calzoni  che  si  adattano 
bene,  sono  accostanti,  aderenti,  aggiustati,  assettati, 
attillati.  -  Calzoni  lordi  di  fango,  di  mota,  insudi- 
ciati, impillaccherati,  inzaccherati.  -  Calzoni  frittellosi, 
])ieni  di  frittelle,  di  macchie. 

Bande,  l'avvoltolatura  o  rimboccatura  dei  calzoni 
sulla  gamba.  -  Finestrino,  buco  nei  calzoni.  -  Ginoc- 
chiello,  la  specie  di  impronta  che  lascia  nei  cal- 
zoni il  ginocchio. 

far  culaia  (scherz.),  dei  calzoni  larghi  dietro  e 
che,  abbassandosi,  fanno  una  specie  di  borsa. -/?a- 
(jnare,  di  pantaloni  logori  in  modo  che  il  tessuto 
rassomigli  a  una  tela  di  ragno.  -  Scappare^  dei  cal- 
zoni che  non  vestono  per  essere  troppo  larghi  e 
trop[)o  corti  -  Spencrare,  lo  sfilacciarsi  che  fanno 
i  calzoni  al  fondo,  in  seguito  all'uso.  -  Strascicare, 
dei  calzoni  troppo  lunghi,  che  quindi  fregano  per 
terra.  -  Tirare,  dei  calzoni,  quando  stringono  troppo 
sotto. 

Arrovesciare  i  calzoni,  ripiegarne  una  parte  verso 
il  ginocchio.  -  Avere  il  culo  fuori,  di  chi  ha  i  cal- 
zoni rotti  di  dietro.  -  Avente  la  bottega  aperta, 
scherzosamente,  di  chi  ha  i  calzoni  sbottonati  da- 
vanti. -  Aver  la  cacaiola,  di  chi  ha  i  calzoni  che 
per  troppa  larghezza  cascano  giù.  -  Essere  in  calzoni, 
spogliati  della  giacchetta  e  del  panciotto.  -  Imbra- 
cheilare,  imbrachettarsi,  mettere,  mettersi  i  calzoni, 
le  brache;  incalzonare,  incalzonarsi.  -Infilare,  in-' 
filnrsi,  del  mettere  o  mettersi  i  calzoni.  •  Rimboc- 
care, del  tirare  su  i  calzoni  rovesciandoli  inferior- 
mente su  sé  stessi.  -  Sbracarsi,  slacciarsi  i  calzoni 
davanti,  senza  levarseli;  si  dice  però  anche  in 
senso  di  levarseli.  -  Seminare  i  calzoni,  di  chi 
non  li  tenga  sorretti,    ma    abbandonati   in    vita. 

Bracalone,  bracone,  di  chi  ha  i  calzoni  cosi 
larghi  che  gli  ciondolano  da  tutte  le  parti.  -  Sbran- 
cato, senza  calzoni.  -  Sanculotti,  dal  frane,  sans' 
cnlottes,  cioè  i  senza  brache  o  sbracati. 

Portare  i  calzoni  (scherz.),  di  donna  che  fa  da 
uomo. 

Calzuòlo.  Detto  a  braclie. 

Cainàgllo.  Antica  armatura, 

Oamaldolense,  Camaldolese.  Ordine  reli- 
gioso. 

Camaleónte.  Rettile  simile  alla  lucertola.  - 
Piccola  costellazione.  -  Manganato    di  potassa. 

Camangiare.  Companatico,  vivanda, 

Oxniarilla.  Detto  a  combrìccola. 

Oamarling'a.  Detto  a  monastero. 


364 


CAMAURO   —   CAMBIALE 


Camarlingo.  Antico  tesoriere. 
Camàuro.  Speciale  berretto  del  papa. 

Cambiale.  Tilolo  fiduciario  che  tia  valore  di 
un  atto  di  commercio,  anche  se  sottoscritto  da 
persone  non  commercianti  e  per  causa  non  com- 
merciale; foglio  col  quale  si  promette  o  si  incarica 
altri  di  pagare  una  data  somma  entro  un  dato  ter- 
mine di  tempo:  pagherò,  tratta;  lettera  di  cambio, 
scritta  cambiaria,  effetto  cambiario  ;  cedola  cam- 
biaria, cedola  di  banca;  polizza  di  cambio;  buono 
di  cassa,  mandato,  vaglia;  appunto.  -  Cambialetta, 
cambiahna  (appuntino),  cambialuccia,  dimin.  di  cam- 
biale, per  una  piccola  somma.  Cambiahiccia  si  dice 
anche  per  cambiale  di  poco  credito.  -  Cambiario, 
proprio  delle  obbligazioni  o  dei  diritti  derivanti  da 
cambiale.  -  ^iro  cambiario,  il  complesso  delle  cam- 
biali che  un  negoziante  ha  in  circolazione.  -  Re- 
quisiti di  una  cambiale,  le  condizioni  che  la  ren- 
dono valida.  -  Titolo  esecutivo,  effetto  che  ha  la 
cambiale  conferendo  facoltà  al  creditore  di  proce- 
dere al  precetto  esecutivo. 

A  presentazione,  a  vista,  la  cambiale  pagabile 
all'istante  stesso  in  cui  viene  presentata.  -  Bancà- 
bile, neologismo  del  linguaggio  dei  finanzieri:  dicesi 
di  cambiale  che  abbia  firme  buone  e  si  possa  scon- 
tare presso  una  banca.  Piazza  bancabile  dicesi  la 
città  ove  risiede  un  banco  di  sconto.  -  Buona 
per  la  cessione,  la  cambiale  che  dà  affidamento  per 
l'autorità  della  firma  dell'accettante.  -  Commutabile, 
la  cambiale  che  si  può  cambiare  in  danaro  od  altro, 
di  valore  corrispondente.  -  Coìi  firma  di  favore,  a 
comodo,  di  comodo:  si  dicono  cosi  le  cambiali  in 
cui  l'accettante  figura  come  debitore  del  giratario  al 
solo  scopo  che  questi  possa  riscuotere  da  una  banca 
la  somma  indicatavi.  -  Girabile,  di  cambiale  che 
possa  passare  dal  primo  possessore  nelle  mani  di 
altri.  -  Girata,  la  cambiale  dopo  che  dalle  mani  del 
primo  possessore  passò  ad  altri.  -  Girata  in  bianco, 
la  cambiale  in  cui  non  figura  il  nome  del  giratario.  - 
Girata  per  procura,  girata  per  mezzo  di  mandatario. 

In  bianco,  la  cambiale  che  porta  in  calce  la 
firma  dell'accettante,  ma  non  registrata  la  somma. 
-  In  sofferenza,  sofferente,  la  cambiale  che ,  non 
pagata  alla  scadenza,  si  trova  nelle  mani  dell'ultimo 
giratario,  il  quale  attende  ancora  qualche  giorno  il 
pagamento,  prima  di  legalizzare  il  protesto. 

Cambiali  diverse. 

Lettera  di  cambio  si  dice,  propriamente,  la  cam- 
biale tratta  che  contiene  l'obbligazione  di  far  pa- 
gare. -  Ordine  di  dei-rate,  o  in  derrate  specie  di  cam- 
biale in  cui,  invece  della  somma,  è  segnata  la  qua- 
lità della  merce  che  si  deve  consegnare.  -  Pagherò, 
cambiale  con  cui  il  sottoscrittore  si  assume  l'ob- 
bligo di  pagare  egli  stesso.  -  Pagherò  all'ordine 
(vaglia  cambiario),  titolo  per  cui  chi  lo  emette  si 
ol)bliga  di  pagare  una  certa  somma  alla  scadenza  : 
spedito  da  commercianti,  ha  gli  stessi  effetti  del 
biglietto  all'ordine.  -  Ricambio,  seconda  cambiale  che 
serve  a  Timborsare  il  possessore  d'una  cambiale 
protestata  e  spese  consecutive.  Chiamasi  anche 
rivalsa. 

Ritorno,  cambiale  che  ritorna  senza  essere  stata 
pagata,  anzi  protestata,  dal  luogo  in  cui  fu  mandata 
pel  pagamento.  -  Seconda  di  cambio,  la  cambiale 
che  si  fa  in  luogo  d'altra  smarrita.  -  Tratta,  la  cam- 
biale tirata  sopra  un  corrispondente  di  una  piazza 
estera.  -  Vaglia,  scrittura  ed  obbligo  di  denaro  esigi- 
bile dall'intestato. 


Persone  che  trattano  cambiali. 
Operazioni  relative. 

Accettante,  chi,  firmando  cambiali,  se  ne  dichiara 
debitore.  -  Avallante,  chi  si  rende  mallevadore  a 
favore  di  un  altro:  datore  di  avallo.  -  Cedente,  chi 
cede  una  cambiale  o  qualunque  altro  effetto  com- 
merciale. -  Cessionario,  chi  accetta  una  cessione.  - 
Datore  d'una  cambiale,  il  traente.  -  Domiciliatario, 
la  persona  al  cui  domicilio  si  promette  di  pagare 
un  effetto.  -  Giratario,  la  persona  in  favore  della 
quale  è  girata  una  cambiale.  -  Onorante,  l'interve- 
niente che  accetta  e  paga  per  altri  [onorato)  una 
cambiale.  -  Portatore,  chi  ha  una  cambiale,  un 
effetto,  da  presentare  a  proprio  favore.  -  Portatore 
per  girata,  chi  riceve  da  un  girante  o  cedente  la 
trasmissione  d'un  effetto.  -  Prenditore,  chi  ha  la  cam- 
biale del  traente  e  ne  diventa  giratario  e  possessore. 

-  Presentante,  chi  possiede  una  cambiale  e  la  pre- 
senta per  l'accettazione  o  per  l'incasso.  ■  Scontante, 
chi  sconta  una  cambiale,  accettandola;  volgarmente, 
chi  sconta  con  usura.  -  Traente,  chi  trae,  emette 
una  cambiale.  -  Trattario,  chi  accetta  una  tratta 
pel  pagamento. 

Accettazione,  l'accettare  una  cambiale;  obbligazione 
0  firma  obbligatoria  di  pagare  una  cambiale  alla 
sua  scadenza:  la  cambiale  stessa.  -  Avallo,  la  mal- 
leveria, la  guarentigia  che  un  terzo  dà  per  la  firma  del 
sottoscrittore,  apponendo  sull'effetto  il  proprio  nome, 
preceduto  dall'espressione:  per  avallo  (avallare,  tare 
l'avallo;  riavallare,  rinnovare  l'avallo).  -  Azione 
cambiaria  diretta,  quella  esercitata  dal  possessore 
contro  l'accettante  o  l'emittente  del  pagherò.  -  Azione 
cambiaria  di  regresso,  quella  esercitata  dal  pos- 
sessore verso  il  traente,  i  giranti,  gli  avallanti,  ecc., 
garanti  dell'adempimento  delllobbligazione  cambiaria. 

Cessione,  trasmissione  di  beni,  ragioni,  crediti,  di- 
ritti ad  un'altra  persona;  generalmente,  si  dice  della 
cambiale  girata.  -  Gira,  girata,  atto  con  cui  si  tra- 
sferisce la  proprietà  della  cambiale  e  tutti  i  diritti 
ad  essa  inerenti.  -  Indosso,  l'atto  di  scrivere  sul 
dosso  di  una  cambiale  il  nome  del  giratario  o  la 
quantità  di  danaro  avuto  in  conto  dell'intera  somm"a. 

-  Intervenzione  (intervenire),  l'atto  di  accettare  o 
pagare  una  cambiale  per  onore  della  firma  d'alcuno. 

Presentazione,  l'atto  col  quale  si  presenta  una 
cambiale  all'accettazione  e  al  pagamento  del  trat- 
tario. -  Protesto,  atto  giuridico  per  cui  viene  dichia- 
rato all'  accettante,  al  giratario  d'una  cambiale  non 
soddisfatta,  ch'è  tenuto  al  risarcimento  di  tutti  i 
danni.  -  Atto  di  protesto,  scritto  che  prova  la  man- 
canza totale  0  parziale  del  pagamento.  -  Rimborso, 
pagamento  d'una  cambiale.  -  Sconto,  il  cedere  un 
effetto,  riscotendone  anticipato  il  prezzo  e  rilasciando 
una  provvigione  intesa  ;  la  provvigione  stessa.  Ri- 
sconto, nuovo  sconto  d'effetto  già  scontato.  Comitato 
di  sconto,  l'insieme  delle  persone  incaricate  dell'ac- 
cettazione delle  cambiali  presentate  per  lo  sconto 
ad  una  banca).  -  Risconto,  da  riscontare,  significa  : 
rivendere  cambiali  già  prima  scontate,  cioè  comprale. 

Accettare,  apporre  la  propria  firma  ad  una  cam- 
biale, ad  una  tratta.  -  Avallare,  fare  l'avallo.  -  Av- 
visare una  scadenza,  rammentare  la  data  in  cui  scade 
un  effetto,  una  Iattura,  un  impegno,  ecc.  -  Far 
cambiali,  tare  un  appunto,  tirar  cambiali,  trarre  su 
uno.  -  Fare  i  fondi,  rilasciare  il  denaro  occorrente 
ad  una  persona  affinchè  paghi  per  noi  un  conto 
nostro,  una  cambiale,  una  fattura,  ecc.  -  Girare 
una  cambiate,  farci  la  gira.  -  Intervenire,  fare  l'in* 


CAMBIAMENTO    —    CAMBIARE 


305 


tervenzione.  -  Negoziare  al  pari,  quando,  negoziando 
una  cambiale,  questa  rende  la  somma  da  essa  portata. 
-Presentare  una  cambiale,  portarla  alla  commissione 
di  sconto  di  una  banca.  -  Proleslure  una  cambiale, 
mandarla  in  protesto.  -  Sconiare  una  cambiale,  ce- 
derla 0  acquistarla  con  uno  sconto.  -  liiscontare, 
scontar  di  nuovo.  -  Stendere  una  cambiale:  scriverla, 
stillarla.  -  Trarre,  tirare  una  cambiale,  emMere  nna, 
lettera  di  cambio,  a  carico  di  una  terza  persona. 

Cose  e  termini  vari. 

Conto  di  ritomo,  nota  che  contiene  le  spese  di 
protesto,  le  commissioni  di  un  elletto  protestato.  - 
Firma,  nome  e  cognome  che  il  soscrittore  appone 
alle  cambiali,  ecc.  -  Lettera  d'avviso,  in  commercio, 
è  la  missiva  con  la  quale  il  traente  avverte  il 
trattario  del  rilascio  di  una  cambiale.  -  Modulo 
cambiario,  il  foglio  su  cui  si  scrivono  le  cambiali, 

fìagberò,  ecc.  -  Regola  di  cambio,  quella  per  calco- 
are  il  valore  etl'ettivo  di  una  cambiale  data  in  un 
luogo  e  scontata  in  un  altro.  -  Scadenzario,  libro 
su  cui  si  amo' ano  le  scadenze.  -  Valuta,  ciò  che 
si  dà  in  cambio  di  una  cambiale  in  danaro  o  in 
mercanzia.  -  Valuta  avuta,  valuta  ricevuta  in  cori'- 
tanti,  per  valuta  di  merci  :  il  prezzo  che  paga  chi 
prende  una  cambiale  a  chi  glie  la  la  o  gliela  gira. 

All'ordine,  espressione  d'uso  nelle  cambiali:  indica 
che  il  possessore  di  esse  ha  il  diritto  di  riscuo- 
terne l'importo  senza  procura.  -  Bisogno  o  occor- 
rendo, clausola  che  il  traente,  o  qualcuno  dei  gi- 
ranti, mette  sulla  cambiale.  -  Giorno  di  favore  o  di 
grazia,  proroga  di  ventiquattro  ore  accordata  dalla 
legge  nel  pagamento  di  una  cambiale  dal  giorno 
indicato.  -  Giorno  di  rigore,  le  ventiquattro  ore 
di  proroga  concesse  nel  pagamento  di  una  cam- 
biale, trascorse  le  quali,  questa  è  sottoposta  al  pro- 
testo. -  Occorrendo  presso  il  o  la...,  avviso  che  si 
scrive  sopra  una  cambiale,  dovendo  intervenire  per 
onore  della  firma  del  traente,  nel  caso  di  mancato 
pagamento  da  parte  dell'accettante.  -  Onore,  in  com- 
mercio, la  buona  accoglienza  che  si  fa  ad  una  cam- 
biale. -  Per  procura,  per  incasso,  per  mandato,  va- 
luta in  garanzia:  clausola  aggiunta  alla  girata.  - 
Respiro,  mora,  la  proroga  a  cui  dà  diritto  la  cam- 
biale a  scadenza,  a  termine. 

Scadenza,  lo  scadere  di  una  cambiale:  il  fatto  che 
dà  diritto  al  legittimo  possessore  di  reclamarne  la 
riscossione:  scadenza  fissa,  se  stabilisce  categorica- 
mente il  giorno  in  cui  una  cambiale  deve  essere 
pagata;  scadenza  a  termine,  se  all'atto  della  presen- 
tazione dell'elìetto  il  debitore  può  reclamare  alcuni 
giorni  di  respiro  prima  del  pagamento.  -  Maturare, 
venire  alla  scadenza.  -  Senz'avviso,  a  pie  di  una 
cambiale,  significa  che,  alla  scadenza,  deve  essere 
pagata  senza  lettera  d'avviso. 

Cambiamento.  L'atto  e  l'effetto  del  cambiare. 

Cambiamonete.  Detto  a  motieta. 

Cambiare  (cambiamento,  cambiato,  cambio).  Il 
mutare  una  cosa  con  un'altra.  -  Trasmutare,  varia- 
re, riferito  per  lo  più  a  cose  morali.  -  Alterare  la 
natura  di  una  cosa,  farla  diventare  diversa.  -  Pas- 
sare da  uno  stato,  da  una  condizione  o  qualità  ad 
un'altra.  -  Dare,  prendere,  mettere  altre  cose  di- 
verse, ma  dello  stesso  genere,  in  luogo  di  quelle  di 
prima:  nell'uso,  anche  di  abito,  di  veste.  -Anche, 
barattare  la  moneta;  lasciare  un'abitazione,  una 
casa,  andando  in  un'altra;  trasviare  il  discorso; 
mutar  d'avviso,  di  opinione,  di  fede;  passare  da 
uno  ad  sAiro  pensiero.  -  Con  varie   gradazioni  di 


significato  :  alterare,  cangiare,  commutare,  conver- 
tire, divariare,  isvariare,  innovare,  mutare,  permu- 
tare, rinmtare  ;  risolvere,  scambiare,  tramutare, 
trasformare;  variare,  svariare,  voltare,  l'ialterare, 
ricambiare,  rimutare,  rivariare.  -  Mutabilità,  hc.i)\\.À, 
facilità  di  cambiare.  -  Pròteo,  dio  che  cambiava  di 
forma. 

Alterare,  mutar  la  natura,  l'aspetto,  la  sostanza 
d'una  cosa;  falsificare.  •  Avvicendare,  mutare, 
cambiare  a  vicenda:  alternare;  fare  a  cambio,  a 
scambio,  a  quando  a  quando.  -  Burattare,  dare  in 
CMwh'xo;  pertnatar e.  -  Commutare,  mettere  a  scam- 
biare una  cosa  con  l'altra.  -  Contraccambiare,  ren- 
dere il  contraccambio,  il  cambio;  dare  ricompensa. 

Convertire,  far  passare  una  cosa  da  uno  stato 
all'altro  (il  ferro  in  acciaio,  la  nebbia  in  pioggia, 
la  neve  in  acqua,  ecc.);  provocare  cainhiamenlo  in 
una  persona.  -  Dare  ti  cambio,  sosfituire  persona 
a  persona  ;  rimettere,  rinnovare  la  guardia.  -  Me- 
tamorfosare, cambiare  di  forma.  -  Modificare,  cam- 
biare tanto  0  quanto  l'essere  d'una  cosa,  e  per  lo 
più  in  bene.  -  Mutare,  cambiare  di  posto,  di  con- 
dizione, di  qualità.  -  Permutare,  per  cambiare  o 
commutare  una  cosa  con  unaltra.  -  Ribarattare  : 
ripete  barattare.  -  Ricambiare,  ripete  cambiare: 
quindi  cambiare  di  nuovo.  -  Riconvertire:  ripete 
convertire.  Ridurre,  far  venire,  divenire,  anche 
modificando,  cambiando.  -  Riformare,  dare  nuova 
e  miglior  forma;  emendare,  correggere.  •  Riti- 
vertire,  cambiare  una  cosa  in  un'altra,  convertendole. 
-  Scambiare,  mutare,  andar  da  un  posto  ad  un 
altro;  dare,  prendere  in  iscambio.  -  Sna?»rare,  cam- 
biare natura.  -  Spostare,  irmtare  di  posizione,  delle 
cose  0  delle  persone.  -  Tramutare,  far  cambiare 
luogo.  -  Travisare,  mascherare,  e,  figur.,  interpre- 
tare 0  far  passare  in  un  senso  che  non  è  il  vero.  - 
Variare,  indurre  cambiamento  in  checcliessia, 
cangiar  di  residenza,  passare  da  luogo  a  luogo,  con 
idea  di  migliorare.  -  Varieggiare,  cambiare  spesso: 
scambiettare.  -  Voltare,  mutare,  volgere  da  una 
parte  all'altra. 

Locuzioni.  —  Convertire  le  susine  in  borzacchi, 
cambiare  le  cose  buone  in  cattive.  -  Far  di  un 
pruno  un  melarancio,  cambiare  forzatamente  la 
natura  delle  cose.  -  Lasciare  il  tempo  che  si  trova, 
non  portare  nessun  effetto,  nessun  cambiamento.  - 
Mutatis  midandis,  locuzione  latina  che  significa  ; 
«  mutate  le  cose  che  devono  essere  mutate  y>.  -  Ri 
voltar  la  frittata,  cosa  alla  quale  si  muta  forma 
senza  mutar  sostanza.  -  Volerci  l'accetta:  di  isti- 
tuzioni 0  d'altro  che  bisogna  rovinare  per  rifare 
da  capo.  -  Voltare  in  bene,  in  male,  cambiare  nel- 
l'uno 0  nell'altro  senso  per  il  modo  di  giudicare,  di 
interpretare.  -  Quand'é  cosi,  muta  specie,  cambia  di 
aspetto. 

Che  cambia  o  può  cambiare:  cambiabile,  cangia- 
bile, modificabile  (modificativo,  che  è  atto  o  tende 
a  modificare);  mutabile,  mutevole;  permutabile;  ver- 
satile, versibile.  -  Camaleonte,  chi  facilmente  cam- 
bia opinioni  e  propositi.  -  Proteiforme,  di  varia 
Jorma;  anche,  facile  a  cambiar  forma.  -  Saltim- 
banco, chi  cambia  facilmente  di  partito,  in  poMfica; 
versipelle.  -  Volàbile,  non  costante,  facile  a  cam- 
biare. 

Che  non  cambia  o  non  può  cambiare.  —  Inaltera- 
bile, inalterato,  che  non  può,  non  ha  subito  alte- 
razione. -  Immutabile,  incommutabile,  che  non  si  può 
mutare,  cambiare.  -  Inconvertibile,  di  persona  che 
non  si  lascia  convertire.  -  impermutabile,  che  non 
si  può  0  non  si  deve  permutare. 


3G6 


CAMBIARIO    —    CAMERA 


Cambiarsi,  -  Cambiamento,  cambio. 

Cambiarsi  :  modificarsi,  diventare  diverso  da  quel 
che  si  era  prima;  cangiar  faccia;  mutar  scena,  re- 
gistro; mutar  verso,  mutar  vezzo;  mutarsi;  rinnovel- 
larsi,  rinvertire;  voltarsi;  diventare  un  altro;  di- 
ventare tutt'aitra  mercanzia.  -  Giocar  di  registro, 
cambiare  a  un  tratto.  -  Mvtar  vento,  cambiare  in- 
dirizzo: cambiar  vela.  -  Riconoscere,  ravvisare  una 
modificazione  avvenuta  in  una  persona  o  apportata 
in  un  oggetto.  -  Voltar  casacca,  mutare  partito, 
passare  alia  parte  contraria:  fare  un  voltafaccia 
(frane,  revirement).  -  Voltarsi,  trasformarsi,  cam- 
biarsi. 

Chi  è  birbante  la  mathna  è  anche  la  sera:  non 
si  cambia  dall'oggi  al  domani.  -  E' cambiato  il  mae- 
stro di  cappella,  ma  àia  slessa  musica,  quando,  cam- 
biato direttore,  le  cose  non  migliorano.  -  Essere  a 
quarti,  a  punti  di  luna:  di  chi  è  facile  a  cambiare. 
-  Il  diavolo  SI  fa  cappuccino,  quando  una  scapato 
par  che  si  dia  a  opere  pie.  -  Le  cose,  la  fortuna, 
le  malattie,  il  tempo,  tutto  varia,  tutto  cambia; 
specialmente  la  moda.  -  Non  esser  più  quello:  chi 
é  fatto  diverso  da  sé  stesso,  ma  con  mutazione  m 
peggio. 

Cambiamento:  il  cambiare,  il  cambiarsi,  fuorché 
di  danaro:  cangiamento,  commutamento,  conver- 
sione; mutamento,  mutazione;  scambiamento;  tra- 
mutaniento,  trasmutazione;  tiasformazione,  varia- 
zione. -  Alterazione,  termine  di  fisiologia:  cam- 
biamento che  avviene  nella  natura,  nella  forma, 
nella  qualità  e  proprietà  di  un  corpo,  di  un  tes- 
suto, di  una  sostanza  semplice  o  composta  ;  ma,  per 
lo  più,  cambiamento  in^;  male.  -  BaraUina,  baral- 
luccio,  d'una  cosa  di  poco  valore,  come  lanno  i 
ragazzi  tra  loro.  -  Baratto,  il  barattare.  Contratto 
col  quale  ciascuno  dei  contraenti  dà  una  cosa  per 
riceverne  un'altra  (barattare'  le  noci  con  còccole, 
fare  un  cattivo  baratto.  -  Male  in  vacche,  peggio  in 
buoi,  di  cattivi  contratti).  -  Cambio,  il  cambiare; 
mutare,  scambiare  una  cosa  con  un'altra.  Baratto 
di  moneta.  -  Concambio,  contraccambio:  di  cosa 
che  spesso,  per  sentimento  di  gratitudine,  si  dà  in 
cambio  di  un'altra  ricevuta.  -  Conversione,  l'atto  e 
l'etTetto  del  convertirsi,  ossia  del  far  rivolgere  la 
mente  dal  male  al  bene.  -  Corrispettivo,  quanto  si 
dà  in  cambio  di  quel  che  si  riceve.  -  Evoluzione, 
movimento   che  fa  cambiare  di  luogo,  di  posizione. 

Inflessione,  cambiamento  nel  tono,  nella  forma 
delle  parole.  -  Metaplasma,  cambiamento  materiale 
nelle  parole.  -  Modificazione,  il  modificare.  -  Muta- 
zione, il  mutare  delle  cose  e  delle  persone.  -  No- 
vazione, cambiamento  fatto  a  un'obbligazione.  -  Per- 
muta,  in  senso  generale,  scambio  di  valori,  di  titoli, 
d'oggetti,  ecc.  Contratto  pel  quale  si  dà  una  cosa 
per  averne  un'altra  in  cambio:  permutamento,  per- 
mutazione. -  Ricambio,  il  ricambiare;  la  cosa  uguale 
a  quella  che  si  è  levata  o  perduta.  -  Riducimento,  il  ri- 
durre: riduzione.-  informa,  miglioramento, per  via 
legale,  delle  istituzioni  vigenti;  miglioramento  intro- 
dotto in, varie  cose.  -  Riformista,  partigiano  delle  ri- 
forme (politica,  religione,  ecc.)  -  Rifrittura,  cosa  che, 
senza  mutare  sostanza,  nmta  l'orma  e  qualità,  a  somi- 
glianza di  una  vivanda  cucinata  e  ricucinata  in 
diverse  maniere.  -  Rivoluzione,  cambiamento 
politico.  -  Scambio,  cambio,  sostituzione,  scambia- 
mento. -  Trasfigurazione,  mutazione,  cangiamento 
di  figura.  -  Tras/'orwflzionp,  cambiamento  di  forma; 
pili  specialmente,  la  mutazione  graduale  nella  strut- 
tura  degli  esseri.    -    Trasmutazione,   cambiamento 


nella  natura  e  nella  forma  di  un  essere.  -  Varia- 
zione, in  fisica,  ogni  cambiamento  irregolare  nelle 
forze  della  natura  fatto  conoscere  da  un  cor- 
ri.'^pondénte  cambiamento  d'indicazione  agli  stru- 
menti fisici  e  meteorologici.  -  Varietà,  cambiamento 
qualunque  nello  stato  ordinario  di  una  specie,  il 
quale  trae  origine  da  molteplici  cause. 

Cambiario.  Di  cambio. 

Cambiavalute,  cambista.  Chi  cambia  mo- 
neta, biglietti  di  banca,  ecc. 

Càmbio.  Il  cambiare.  -  Baratto  di  una  tno^ 
lieta  con  altra;  nell'uso,  il  luogo  nel  quale  si  fa 
il  cambio  delle  monete  (antic,  telonio).-  Cambiano, 
che  appartiene  a«  cambio.  -  Agente  di  cambio,  sen- 
sale di  valori  pubblici,  di  Borsa.  -  Lettera  di 
cambio,  la  cambiale. 

Cambio  {cambium).  Il  tessuto  vegetale  che  di 
origine  al  legno. 

Cambrì.  Sorta  di  tela  bianca  e  colorata'; 

Camèlia.  Arboscello  originario  del  Giappone  e 
della  Cina,  con  foglie  verdicupe  e  lucide,  fiori  vrandi 
e  di  bellissimo  colore  (rosso  o  bianco  o  screziato), 
ma  senza  profumo:  perciò  preso  per  emblema 
della  bellezza  sciocca.  Ma  é  pure  simbolo  della 
costanza  negli  all'etti.  Se  ne  hanno  molte  specie 
e  varietà  :  bianca,  variegata,  incarnata,  purpurea,  a 
fior  d'anemone,  a  foglie  di  mirto,  a  pennacchi,  em- 
briciata, ecc. 

Camelopardo.  Detto  a  giraffa. 

Càmera.  Una  delle  parti  della  ca.'ia,  detVap- 
partamento,  più  specialmente  quella  destinata 
per  dormirvi:  camera  da  letto,  stanza  da  letto, 
cubicolo  (presso  i  Romani).  Una  camera  é  disadorna, 
linda,  modesta)  semplice,  oppure  ornata,  ricca,  sfar- 
zosa; ariosa,  sfogata;  buia,  soffocata,  imbiancata, 
rimbiancata,  o  con  le  pareti  coperte  di  tappez- 
zeria. -  Lameraccia,  cattiva  camera,  malsana,  mal 
massa;  camerotto,  stamberga,  stambergaccia,  stab- 
biuolo. -  Camerella,  cameretta,  camerino,  cameruc- 
cia,  cameruzza,  sgabuzzino,  camera  piccola  e  alla 
buona.  -  Camerina,  camera  piccola  e  graziosa,  ga- 
binetto, stanzettina.  -  Camerone,  camera  grande, 
stanzone.  Scherz.,  piazza,  piazza  d'armi. 

Camera  ammobiliata,  quella  tornita  di  tutto  il 
necessario;  più  comunem.,  mobiliata.  E  affittaca- 
mere, chi  s'industria  nell'appigionare  camere  am- 
mobiliate. -  Camera  buona,  stanza  da  letto  di  gran 
lusso  e  di  riserva  (disus.).-  Camera  cieca,  quella  che 
non  ha  finestre  per  ricevere  la  luce  e  per  il  cam- 
bio dell'aria.  -  Camera  da  sposi,  quella,  o  con  un 
letto  grande,  o  con  due  letti  gemelli,  nella  quale 
dormono  marito  e  moglie.  Dicesi  anche  di  camera 
ben^  messa,  bella,  ornata  con  gusto  o  semplicemente 
grande  e  ariosa.  -  Camera  de'  forestieri,  quella 
nella  quale  non  dorme  alcuno  della  famiglia,  e  che 
si  serba  per  gli  ospiti  che  possono  capitare  -  Ca- 
mera libera,  quella  che  non  1'^  comunicazioni  con 
altre  e  concede  quindi  la  massima  libertà  a  chi  la 
occupa.  -  Camera  locanda,  termine  poco  usato  per 
indicare  una  camera  amniubiliata  da  appigionarsi. 
-  Camera  verginale,  termine  che,  troppo  poeticamente, 
si  usa  a  significare  la  camera  ove  donne  una  don- 
na non  maritata,  una  ragazza.  -  Camerata,  camera 
da  dormire  per  gli  alunni  d'un  collegio,  pei  sol- 
dati in  una  caserma,  ecc.:  dormitolo,  dormitorio. 
^Anticamera,  la  stanza  che  precede  la  camera.  - 
Camerella,  lo  spazio,  in  una  camera,  occupato  dal 
letto  0  meglio  dal  cortinaggio  del  letto  (disus.).  - 
Retrocamera,  stambugio  attiguo  alla  camera.  -  Ca- 
bina, cameretta  in  una  nave.  -  Cella,  cameretta  di 


CAMKHA     —    CAMERA    APOSTOLICA 


367 


convento,   di    monastero.  -   Soffitta,    stanza  da 
letto  sotto  il  tetto. 

Alcova,  parte  di  una  stanza  che  racchiude  il  letto, 
separata  da  un  arco,  con  tramezzo  di  muro  o  di 
tavole,  e  da  UJi  architrave,  e  chiusa  da  cortine: 
alcovo,  arcoa  (disus.).  -  Anditiìio,  spazio  tra  due 
letti  0  fra  il  letto  e  la  parete.  -  Ànyolo,  cantuccio 
della  camera.  -  Corsia,  la  parte  di  una  camera,  tra 
mobile  e  mobile,  letto  e  letto,  che  rimane  libera  per 
passarci.  -  Occhi,  aperture  o  spiragli,  per  lo  più 
rotondi,  che  servono  come  finestre  a  dar  luce  alle 
camere.  -  Spiatolo,  apertura  o  buco  fatto  per  ve- 
dere le  cose  interne  di  una  camera.  -  Tramezzo, 
assito  0  muro  line  per  dividere  una  camera  o  si- 
mili. -  Travicello,  correnti  delle  stanze  fra  trave 
e  trave. 

Mobili,  arredi,  ecc.  —  Teumini  vari. 

Mobili  principali  d'una  camera;  il  letto,  l'ar- 
madio per  riporvi  gli  abiti,  il  cassettone,  per 
mettervi  la  biancheria;  qualche  sedia  o  qualche 
jìoltrona.  -  Buttalà,  arnese  per  gettarvi  sopra  i 
panni  che  si  levano  da  dosso,  composto  di  due  ba- 
stoni per  il  lungo,  infilati  in  uno  zoccolo,  e  due 
attraverso:  il  tutto  lavorato  secondo  l'arte,  verni- 
ciato, ecc.:  cosi  detto,  perchè  ci  si  buttano  là  i 
panni,  come  vanno  vanno.  -  Campanello,  ar- 
nese 0  apparecchio  per  chiamata:  a  cordone,  che 
si  tira,  come  di  vecchio  sistema;  a  mano,  che  si 
agita;  elettrico,  che  si  fa  suonare  premendo  un 
bottone  postato  al  muro,  di  fianco  al  letto,  o  al  di- 
sopra nel  mezzo. 

Comodino,  mobile  di  legno  che  si  pone  vicino  al 
letto,  con  una  o  due  cassette:  tavolino  da  notte.  Lo  si 
tiene  accanto  al  letto;  vi  si  ripone  il  pitale,  o  vaso 
da  notte  o  altro.  In  Lombardia,  cifjone,  cifone  (dal 
tranc).  -  Marmo,  il  pezzo  di  marmo  che  serve  di 
piano  al  comodino,  e  sul  quale  si  posa  la  bottiglia 
dell'acqua,  il  lume,  ecc.  -  Piano,  la  parte  superiore 
del  comodino,  sia  questa  di  marmo  o  di  legno,  sulla 
quale  si  posa  la  bottiglia  dell'acqua,  il  lume,  ecc.  - 
Sportello,  specie  di  usciolino  mastiettato  o  volgen- 
tesi  su  cardini:  con  esso  si  apre  e  si  chiude  la 
parte  interna  ove  sta  l'orinale  o  la  seggetta;  ta- 
lora è  composto  di  strisele  di  legno  incollate  su 
tela,  che  si  ripiegano  e  si  nascondono  nella  gros- 
sezza del  piano  o  del  fondo  del  comodino,  ovvero 
iu  una  delle  fasce  laterali  nel  medesimo. 

Inginoccìiiatoio,  mobile  in  legno  che  alcuni  divoti 
tengono  nella  camera  per  le  preghiere  della  sera  e 
del  mattino.  -  Altarino,  l'inginocchiatoio,  con  im- 
magini, che  alcuni  cattolici  tengono  in  camera  da 
letto,  vicino  a  questo.  -  Lavamano,  o  lavamani, 
arnese  di  legno  o  di  ferro,  composto  di  tre  aste  o 
spranghette  verticali,  o  variamente  ritte  su  tre  piedi, 
terminato  in  alto  con  un  cerchio  da  posarvi  la  ca- 
tinella per  lavarsi  le  mani.  Il  lavamano  si  com- 
pleta con  la  catinella  e  con  la  brocca  (vaso  con  ma- 
nico a  beccuccio}.  Ora  si  fanno  anche  lavamani  a 
uso  tavolino,  col  piano  di  marmo,  nel  quale  è  una 
buca  per  la  catinella.  -  Lavabo,  lavamano  molto  ele- 
gante. -  Bandinella  del  lavabo,  lungo  asciugamano 
che  si  gira  in  un  cilindro  mobile.  -  Mesciacqua,  vaso 
panciuto  che  si  restringe  al  collo  e  si  slarga  da 
capo  nella  bocca,  ma  da  una  sola  parte,  nel  quale 
si  tiene  l'acqua  per  lavarsi  le  mani  e  il  viso:  suole 
essere  di  maiolica,  di  porcellana  o  simili;  ora  se 
ne  fanno  anche  di  latta,  tinti  a  olio.  Diverso  di 
forma,  e  meno  di  lusso,   il   brocchetto  o   brocchino. 


Orinale,  il  vaso  che  si  tiene  nella  camera  e  di 
cui  ci  si  serve  per  bisogni  corporali:  cantero,  pitale; 
vaso  da  notte;  anche  semplicemente  vaso.  -  Orinale 
vcatito,  vaso  di  vetro  sottile,  in  forma  di  campana 
cilindrica,  che  si  tiene  in  una  veste  di  stoppia.  - 
Orinaliera,  specie  di  cassetta  bipartita,  in  cui  te- 
nere uno  0  due  orinali  vestili,  altrimenti  soggetti 
a  rovesciarsi,  per  essere  di  mal  ferma  base. 

Paravento,  arnese  che  serve  a  riparare  dalle  cor- 
renti d'aria  le  camere.  -  Piletta,  o  pilettina  del- 
l'acqua santa,  vasetto  di  maiolica  o  di  metallo,  che 
le  persone  superstiziose  appendono  a  capo  del  letto 
e  nel  quale  conservano  racijua  benedetta,  come 
amuleto.  Dicesi  anche  secchiolina.  ■  Predellino,  pic- 
colo sgabello  sul  quale  si  pone  il  piede  por  salire 
comodamente  sul  letto,  quando  questo  sia  un  poco 
alto.  -  Scena,  arnese  movibile  da  porsi  ritto  qua  e 
là  sul  pavimento  delle  stanze,  per  riparo  dell'aria, 
0  presso  a  un  letto  non  parato,  per  toglierne,  in- 
sieme con  l'aria,  la  vista:  è  composto  di  quattro  o 
p\ù.  spicchi,  cioè  telai  di  legno  (sui  quali  è  tesa 
stolla,  0  carta  tinta),  niastiettati  per  il  lungo,  da 
potersi  ripiegare  interamente  uno  sull'altro,  quando 
vogliasi  riporre,  o  da  potersi  aprire  angolarmente 
in  linea  serpeggiante,  perchè  stia  in  piedi  da  sé, 
quando  è  allargato. 

Seggetta,  sorta  di  sedia;  cassetta  con  entro  il 
càntero,  che  si  acconcia  nei  comodini  per  il  caso 
che  occorra  farei  bisogni  la  notte:  predella  (disus.). 

-  Cantero,  vaso  assai  cupo,  cilindrico,  o  leggermente 
conico,  con  fondo  alquanto  minore  della  bocca,  e  che 
si  tiene  nella  seggetta  pei  bisogni  corporali.  -  Spu- 
tacchiera, vaso  di  forma  speciale  che  si  tiene  sul 
comodino,  ad  uso  di  ammalati.  -  Storta,  vaso  di 
vetro,  a  corpo  non  molto  grande,  con  fondo  rien- 
trante, che  gli  serve  come  di  base,  e  collo  corto, 
ripiegato  quasi  a  modo  della  storta  da  stillare:  serve 
d'orinale  a'  malati,  quando  loro  riesca  incomodo 
l'uso  dell'orinale  ordinario. 

Sveglia,  orologio  che  si  carica  perchè  suoni, 
squilli,  nell'ora  fissata  da  chi  vuole  essere  svegliato. 

-  tappetino,  il  pezzo  di  tappeto,  più  lungo  che 
largo,  che  si  tiene  presso  il  letto  per  non  posare  i 
piedi  in  terra,  quando  ci  si  spoglia  e  ci  si  veste  : 
detto  anche  pedana  e  scendiletto.  -  lappeto,  drappo 
che  si  stende  sul  pavimento  delle  camere,  per 
ornamento  o  per  riparo.  -  Tenda,  tendina,  orna- 
mento della  finestra.  -  Zanzariere,  specie  di  corti- 
naggio di  velo  o  d'altro  tessuto  rado,  che  si  ab- 
batte prima  di  entrare  in  letto,  per  difendersi  la 
notte  dalle  zanzare. 

Far  la  camera,  darle  aria,  rimetterla  in  ordine, 
cioè  rifare  il  letto,  spazzarla,  spolverarne  i  mobili, 
ripulire  i  vetri,  ecc.  -  Puzzo  di  rinchiuso  o,  più 
comunemente  (a  Firenze),  di  rinserrato,  il  cattivo 
odore  che  si  sente,  per  lo  più,  nelle  camere  state 
chiuse  a  lungo  e  specialmente  dove  si   è   dormito. 

Cameriere,  cameriera,  colui,  colei,  che  fa 
specialmente  il  servizio  della  camera.  La  cameriera 
chiamasi  pure  donna  di  casa,  e  anche  semplice- 
mente donna.  -  Camerista,  la  cameriera  addetta  alle 
principesse  d'una  famiglia  regnante.  -  Accubitore, 
ciambellano  che  assisteva  alla  camera  da  letto  degli 
imperatori  greci.  -  Cubicolario,  lo  schiavo  addetto, 
presso  i  Romani,  ai  servigi  della  camera. 

Camera.  Fondo  della  canna  in  uxìarme  da 
fuoco. 

Cameraccla.  Brutta,  misera  camera. 

Camera  alta.  Il  senato. 

Camera  apostòlica.  Detto  a  papato. 


368 


CAMERA   ARDENTE    —    CAMICIA 


Camera  ardente.  Veggasi  a  morto. 

Camera  barometrica.  Detto  a  barometro. 

Camera  bassa.  Detto  a  parlaniento. 

Camera  chiara,  lucida.  Veggasi  a  micro- 
scopio. 

Camera  dei  deputati.  Detto  ?i  parlamento. 

Camera  dei  lordi.  Detto  a  parlamento. 

Camera  del  lavoro.  Veggasi  a  lavoro. 

Camera  di  commercio.  Detto  a  commercio. 

Carniera  di  compensazione.  Detto  a  banca. 

Camera  di  Consiglio.  Veggasi  a  tribunale. 

Camera  di  deposito.  Detto  a  cimMero. 

Camera  incisoria.  Veggasi  a  clinica,  a 
ospedale. 

Camera  mortuaria.  La  stanza  in  un  cim^i- 
tero,  in  un  ospedale  o  altrove,  nella  quale  si 
tiene  un  cadavere  per  le  constatazioni  prescritte 
dalla  legge. 

Camera  oscura.  Detto  a  fotografia. 

Camera  stellata.  Detto  a  parlamento. 

Camerale.  Detto  a  fisco. 

Camerata.  Insieme  di  giovani  in  un  collegio, 
in  un  seminario  e  simili;  anche,  la  camera  in 
cui  essi  stanno.  -  Stanza,  corsia  di  ospedale. 

Camerata.  Amico,  compagno.  •  11  soldato 
rispetto  a  un  altro:  compagno  d'armi,  commilitone. 

Cameriera.  Donna  di  servizio,  serva  di  casa, 
donna  di  camera  (frane,  (emme  de  chambre),  spe- 
cialmente addetta  al  servizio  della  padrona;  serva 
di  albergo,  di  caffè,  di  osteria  (ted.,  kellerin). 
-  Camerierona,  accresc.  di  cameriera;  non  solo  di 
cameriera  alta  e  in  carne,  ma  anche  distinta  per 
abilità.  -  Camerista,  la  cameriera  addetta  alle  prin- 
cipesse d'una  famiglia  regnante.  -  Damigella,  donzella, 
voci  disus.  per  cameriera.  -  Zambracca,  camerie- 
raccia. 

Cameriere.  Il  servo  di  casa,  specialmente  ad- 
detto alla  cura  delle  camere,  della  persona  del  pa- 
drone  e  del  servizio  della  mensa:  uomo  di  ca- 
mera; camerale,  camerario;  cubicolario;  aitante, 
aiutante  di  camera;  donzello;  spulcialetti.  Chi  serve 
gli  avventori  in  un  caffè,  i  forestieri  in  un  al- 
bergo, ecc.:  frane,  garcon.-  Cameriere  principale, 
arcicameriere,  capo  dei  camerieri;  maggiordomo; 
primo  dei  camerieri. 

Camerino.  Piccola  camera.  -  Stanzino  di 
teatro. 

Cameròne.  Grande  camera» 

Càmice.  Indumento  da  prete,  da  sacerdote. 

Camicetta.  Piccola  camicia,  -  Sorta  di  veste. 

Camicia.  Indumento  di  tela,  di  cotone,  di  fla- 
nella, di  cainbri,  di  vergatino,  di  seta,  ecc.,  che 
si  mette  immediatamente  sulla  pelle,  di  forma  di- 
versa, secondochè  appartiene  agli  uomini  o  alle 
donne:  é  bianca,  o  di  colore,  in  colore,  stirata  o  no, 
vieghettata,  ricamata,  ecc.;  cucita  a  mano  o  a  mac- 
china; accollata,  scollata,  con  maniche,  senza  mani- 
che; liscia,  guarnita  a  seconda  del  modo  nel  quale 
fu  confezionata;  nuova,  vecchia,  pulita,  sporca,  dì 
bucato,  a  seconda  del  suo  stato.  -  Camiciaccia,  pegg. 
di  camicia  (camiciaccia  sudicia  e  strappata).  -  Ca- 
rnicina, dimin.  di  camicia.  -  Camicione,  camicia 
grande,  sproporzionata  in  confronto  della  corpora- 
tura di  chi  deve  vestirsene.  -  Camiciuccia,  camicia 
meschina. 

Camicia  a  scheletro,  che  ha  il  davanti  con  le 
pieghe  di  traverso.  -  Camicia  da  giorno,  da  notte,  a 
seconda  degli  usi  a  cui  serve:  quella  da  notte  più 
lunga  delle  ordinarie,  più  semplice  e  meno  ornata, 
che  si  porta  la  notte.  -  Da  donna,  da  uomo,   a  se- 


conda del  taglio:  quella  da  donna  scendente  dalle 
spalle  sin  oltre  le  ginocchia;  quella  da  uomo  scen- 
dente dal  collo  fin  verso  le  ginocchia.  -  Di  ricam- 
bio, che  si  tien  pronta  per  sostituire  a  quella  in- 
dosso. -  flanella,  nell'uso,  la  camicia  di  flanella.  -  in- 
dusium,  indumento  di  lana  che  le  matrone  romane 
portavano  sulla  pelle.  -  Sopracamicia,  camicia  portata 
sopra  un'altra:  detto  anche  per  carnicino,  mezza 
camicia,-  Siibucula,  antica  e  storica  denominazione 
della  camicia. 

Galina,  sorta  di  camicino  che,  invece  di  coprir 
le  spalle,  si  alza  pieghettato,  increspato  o  incan- 
nucciato, sul  collo. 

Parti  della  camicia  e  guarnizioni.  -  Termini  varì 

Cannoncini,  pieghe  che  adornano  la  camicia.  - 
Cinturino,  la  strisciolina  che,  nelle  camicie  da  uomo, 
cinge  il  collo.  -  Collo,  colletto,  estremità  superiore 
della  camicia  che  stringe  il  collo  della  persona  - 
Coricino,  cuoricino,  pezzuola  di  tela,  tagliata  per  lo 
più  a  foggia  di  cuore  e  cucita  per  fortezza  inter- 
namente all'angolo  dello  sparato  del  petto  :  serve  a 
tener  questo  disteso.  -  Corpo,  la  parte  della  cami- 
cia che  riveste  il  busto  e  copre  le  gambe,  esclusi 
il  collo  e  le  maniche:  vita.  -  Créspa,  ciascuna  di 
quelle  pieghe  che  si  fanno  in  alcune  parti  della 
camicia.  -  Gala,  serie  semplice  o  doppia  di  incre- 
spature che  un  tempo  adornava  lo  sparato  della 
camicia.  -  Gherone,  pezzo  aggiunto  ai  lianchi  delle 
camicie  da  donna  per  allargarle  a  campana,  ossia 
per  dar  loro  maggiore  ampiezza  in  fondo,  si  cha 
non  rechino  impaccio  al  camminare. 

Jabot,  voce  frane,  usata  frequentem.  per  indicare 
quel  rigonfiamento  formato  dalle  lattughe  della  ca- 
micia, oppure  da  quella  pettorina  di  batista  o  di  seta 
a  pizzi  ricami  e  sbuffi,  la  quale  è  d'uso  nelle  vesti 
muliebri.  -  Lattuga,  guarnizione  in  forma  di  gala, 
di  moda  nei  tempi  andati  e  che  qualcuno  porta 
ancora  alla  camicia.  -  Maniche,  due  parti  della  ca- 
micia che  vestono  le  braccia: veggasi  a  manica.- 
Manichino,  lista  di  pannolino  più  fine,  increspata, 
ovvero  di  trina,  che  si  cuce  per  ornamento  attorno 
ai  polsini  della  camicia:  questi  possono  anche  essere 
separati  dalla  camicia  e  allora  si  chiamano  po/sùrt  - 
Marca,  segno,  cantrassegno,  puntiscritto,  le  iniziali 
0  numero,  o  figura  convenzionale  che,  con  filo,  si 
fanno  in  qualche  parte  alle  camicie. 

Oi'lo,  lembo  della  camicia  rivoltato  in  tondo  su 
di  sé,  poi  cucito  a  soppunto,  per  impedire  alla 
tela  di  spicciare,  o  meglio  sfilaccicare.  -  Petti,  le  due 
parti  antero-superiori  d'una  camiciola  o  simili  :  si 
sovrappongono  e  si  allacciano  o  si  abbottonano 
l'una  con  l'altra.  -  Pettino,  il  petto  della  camicia 
da  uomo,  per  lo  più  staccato.  -  Piastrone,  il  petto 
inamidato  della  camicia  da  uomo.  -  Pollaccone,  enorme 
solino  a  vela  o  colletto  molto  alto  della  camicia.  - 
Polsino,  lista  di  tela  che  fa  finimento  a  ciascuna 
manica  della  camicia  e  si  abbottona  ai  polsi:  anche 
slaccata.  -  Quaderletti,  i  due  pezzi  di  stoffa  di  forma 
quadrata  cuciti,  per  rinforzo,  nella  camicia  sotto 
ciascuna  ascella.  -  Rimbocco,  orlo  largo  e  piatto, 
cioè  quello  in  cui  il  lembo  della  camicia,  o  a'altro, 
è  ripiegato  in  piano. 

Scollatura,  scollo,  l'apertura  nella  parte  superiore 
della  camicia  (da  donna  specialmente)  e  attraverso 
alla  quale  viene  passata  la  testa:  è  a  punta,  qua- 
drata, rotonda,  secondo  la  forma  del  taglio.  -  So- 
lino, collo  0  collaretto  della  camicia,  attaccato  o 
staccato.  -  Spalla  della  camicia,    lista  dello   stesso 


CAMICIA   DI   FORZA  —  CAMINO 


3G9 


panno,  a  margini  paralleli,  la  quale  sulla  spallava 
dal  collo  all'attaccatura  delle  maniche.  -  Spai-ato, 
l'apertura  praticata  sul  davanti  della  camicia  :  spa- 
rati delle  maniche,  aperture  laterali  nelle  estremità 
delle  maniche,  per  passarvi  comodamente  la  mano, 
e  che  poi  si  sogliono  abbottonare  ;  sparato  del 
petto,  taglio  nella  parte  superiore  e  anteriore  della 
camicia,  per  cui  si  la  passare  il  capo  nell'atto  di  in- 
dossarla; sparati  di  fondo,  le  due  aperture  inferiori 
laterali  della  camicia.  -  Sprone,  la  parte  della  ca- 
micia che  sta  fra  il  collo  e  il  corpo  e  ricopre  Iq 
spalle.  -   Vita,  il  corpo  della  camicia. 

Varie.  —  Scappare,  della  camicia  che  non  sta 
addosso  per  troppa  larghezza.  -  Scemare:  si  usa 
anche  a  significare  la  riduzione  da  apportarsi  nella 
larghezza  di  una  camicia.  -  Scollare,  contr.  di  ac- 
collare; fare  la  scollatura  ad  una  camicia.  -  Slem- 
bare, delle  camicie  che  escono  di  posto.  -  Sparare 
una  camicia,  farci  lo  sparo. 

Cambiare  la  camicia,  spogliarsi  di  quella  portata 
per  un  po'  e  indossarne  una  di  bacato.  -  Essere, 
stare,  porsi,  spogliarsi  in  camicia:  significa  non 
aver  in  dosso  altro  che  la  camicia;  o  anche  aver 
coperta  della  sola  camicia  la  vita,  lasciate  svestite 
le  rimanenti  parti.  Incamiciare  {incamiciato),  met- 
tere 0  mettersi  la  camicia.  Incamiciatura,  atto  ed 
effetto.  -  Mettersi  in  libertà,  togliersi  il  giacchetto, 
stare  in  maniche  di  canìicia.  -  Rimboccarsi,  detto 
senza  altra  aggiunta,  significa  arrovesciarsi  le  ma- 
niche della  camicia,  o  anclie  solamente  del  soprap- 
jiosto  vestito.  -  Sbracciarsi,  rimboccarsi  Ip  maniche 
della  camicia,  cioè  arrovesciarle  e  rivolgerle,  sia 
che  rimanga  nudo  tutto  il  braccio  o  parte  di  esso.  - 
Sbracciato,  chi,  essendo  in  maniche  di  camicia,  si 
arrovescia  le  maniche  di  essa  fin  sopra  il  gomito, 
e  però  gli  resta  nuda  tutta  quella  parte  di  braccio. 
Si  fa  per  maggiore  speditezza  da  chi  si  accinge  a 
un  lavoro.  -  Scamiciarsi,  vale  porsi,  spogliarsi  in 
camicia,  e  vale  anche  torsi  di  dosso  la  camicia.  - 
Scamiciato,  senza  camicia;  anche,  con  la  camicia  e 
i  calzoni  soli. 

Camiceria,  bottega  ove  si  vendono  camicie  od 
oggetti  attinenti  a  camicie.  -  Camiciaio,  chi  fa  o 
rivende  camicie  ordinarie,  usate:  camiciaro.  Cami- 
ciaia, camiciara. 

Gamlcla  di  forza.  Detto  a  pazzo  e  a  pri- 
gioìie. 

Camiciata.  Detto  a  sudore. 

Camicie  rosse.  Perifrasi  usata  per  indicare 
i  volontari  di  Garibaldi,  dopo  l'impresa  di  Sicilia, 
dalla  camicia  di  lana  scarlatta  che  li  distingueva. 

Carnicino.  Sorta  di  corta  veste,  di  tessuto 
leggero,  portata  dalle  donne  sotto  il  vestito  per 
coprire,  in  tutto  o  in  parte,  le  spalle  e  il  seno. 

Caxniciòla.  Lo  stesso  che  camiciuola. 

Camiciòtto.  Sorta  di  sopravveste  da  operai  e 
da  artisti:  blusa,  gabbanella. 

Camiciuola  (camiciòla).  Sorta  di  veste,  per 
lo  più  di  lana.  -  Camiciolaio,  chi  fa  o  vende  cami- 
ciuole. 

Caminetto.  Piccolo  camino. 

Caminièra.  Lo  specchio  che  si  appende  o  si 
inette  su  un  camino. 

Camino.  Luogo  o  vano  praticato  entro  uno 
dei  muri  della  cucina,  o  di  altra  stanza,  nel 
quale  si  fa  fuoco,  e  che  termina  superiormente 
in  un  condotto  a  sezione  quadrangolare,  per  l'uscita 
del  fumo  sopra  il  tetto  dell'edificio:  caminetto,  fo- 
colare. Serve  per  far  cuocere  le  vivande  o  per 
riscaldamento:   d'uso    quindi    del   cuoco    o  di 


altra  persona  della  casa  che  faccia  cucina.  A  ripa- 
rarne certi  difetti  provvede  il  fumista;  a  ripu- 
lirlo, a  spazzarlo  di  tanto  in  tanto,  lo  spazzaca- 
mino.  Un  camino  è  grande  o  piccolo,  semplice  o 
decorato,  con  cap])a  o  senza  ;  di  buon  tirante,  che 
tira  bene  {tirare,  dei  camini  e  caminetti  e  sim., 
quando  sfogano  bene  il  fumo).  -  Caminetto:  dicesi 
per  lo  più  di  quello  da  stanza,  da  sala,  da  salotto, 
più  piccolo,  e  più  ornato  che  non  il  grande  cami- 
no della  cucina.  Anche,  termine  collettivo  di  tutti 
quei  pezzi  di  pietra  o  di  marmo  che  adornano  il 
focolare,  disposti  come  nella  porta  e  con  gli  stessi 
nomi,  cioè:  soglia,  stipili  e  architrave.  •  Camino 
alla  fratina,  quello  che  è  quasi  alla  pari  dal  pavi- 
mento di  cucina  ed  è  cosi  grande  e  fatto  in  modo 
che  più  persone  possono  stare  sotto  la  cappa.  - 
Corninone,  camino  molto  spazioso  e  con  ampia 
cappa,  da  potervi  star  sotto  parecchie  persone  a 
crocchio.  Lo  stesso  che  camino  alla  fratina;  ma 
caminone  può  essere  semplice  accresc.  di  camino.  - 
Franchilo  (franklin),  specie  di  caminetto  molto  spor- 
gente nella  stanza,  costruito  con  tre  o  quattro  lar- 
ghi tambelloni,  e  fatto  in  modo  che  il  fumo  ridi- 
scende e  scalda,  prima  di  andarsene  per  un  con- 
dotto nella  gola  di  un  camino. 

Parti  del  camino.  -  Annessi. 

Architrave,  o  piano,  la  parte  superiore  dell'or- 
namento esterno  del  caminetto,  fatta  a  guisa  di 
mensola,  sulla  quale  stanno  generalmente  un  orologio 
a  pendola,  una  caminiera,  vasi  di  fiori  naturali  o 
finti,  0  simili  ornamenti.  -  Asse,  tavola  di  legno, 
larga  e  luiiLja  pochi  centimetri  più  dell'architrave, 
ricoperta  generalmente  di  una  stofìa  eguale  o  si- 
mile a  quella  dei  mobili  di  sala  e  contornata  all'in- 
giro  da  un  penero  o  frangia  del  medesimo  colore. 
-  Bocca,  l'apertura  del  camino,  nell'interno  della 
quale  si  accende  il  fuoco.  -  Buca  o  fornello,  aper- 
tura nel  piano  del  focolare,  che  corrisponde  con 
altra  apertura  fatta  nel  dinanzi,  perchè  vi  circoli 
l'aria.  Le  buche  hanno  una  gratella,  su  cui  meltesi 
brace  o  carbone  per  cuocere  le  vivande.  Volendo 
poi  ravvivare  il  fuoco,  si  agita  fortemente  una 
ventola  o  soffietto  alla  bocca  dell'apertura  sul  da- 
vanti. -  Buca  del  carbone,  ripostiglio  per  il  carbone 
sotto  il  piano  del  camino.  -  Capanna  del  camino, 
la  bocca  della  cappa  che  sta  immediatamente  sopra 
il  fuoco  e  raccoglie  il  fumo.  -  Cappa,  padiglione  che 
raccoglie  il  fumo;  base  della  gola,  quando  è  sporgente 
verso  la  stanza  e  fatta  come  una  mezza  tramoggia 
rovesciata,  cioè  più  ampia  in  basso  che  in  alto.  - 
Ceneraio  o  cenerario,  fondo  del  focolare,  dove  cade 
e  si  raccoglie  la  cenere.  -  Cintura,  armatura  di  la- 
miera di  ferro  che  si  fa  per  tenere  in  sesto  i  piani 
dei  camini,  delle  stufe,  e  anche  parti  più  com- 
plesse, come  cupole,  ecc.  -  Controcappa  o  contrac- 
cappa,  muramento  entro  la  cappa  del  camino  per 
impedire  il  fumo. 

Focolare,  l'apertura  del  camino  e  anche  il  piano 
della  medesima  a  livello  del  pavimento  o  alquanto 
rilevato  su  di  questo,  dove  si  pongono  le  legna  da 
ardere.  -  Fornello,  cassetta  di  ferro  o  ferro  fuso, 
che  s'incastra  nella  buca,  o  portatile,  che  funzioni 
come  la  buca  dsl  focolare.  -  Frontale,  il  piano 
della  cornice,  per  lo  più  di  marmo,  che  assetta.  - 
Frontone,  lastra  di  cotto  o  di  ferraccio,  a  squadra, 
contro  il  muro  del  camino,  per  riparare  il  pavimento 
dal  fuoco  0  da  guasti  che  potrebbero  causare  la 
legna,  le  palette  e  simili;  pietra  del  camino,  posfuoco. 


PELKMOLi  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


24 


370 


Fumaiuolo,  fumaruoio,  fiimicaiuolo,  rocca,  torretta, 
specie  di  torricella  del  camino  che  sorge  sul  tetto 
e  per  la  quale  esala  ii  fumo  (per  abusa  detto  anche 
camino,  prendendo  la  parte  pel  tutto):  costruzione 
di  varia  forma,  più  o  meno  elevata  sul  livello  del 
tetto  a  seconda  del  bisogno,  per  evitare  che  il  ca- 
mino faccia  fumo,  in  tali  o  tali  altre  condizioni 
di  atmosfera.  Talora,  a  quest'ultimo  scopo,  porta 
un  tamburo,  o  tubo  di  latta,  comunicante  con  la  gola 
inferiormente  e  aperto  nella  sua  superficie  circo- 
lare; a  quest'apertura  è  adattato  un  breve  imbuto 
per  avviare  il  fumo  alla  sua  uscita.  Il  tamburo  é 
girevole  sopra  un  asse  verticale,  il  quale,  prolun- 
gandosi, porta  una  ventarola  lìssa,  posta  nel  piano 
verticale  che  passa  per  il  centro  della  bocca  del 
tamburo,  e  diretta  nel  medesimo  verso  del  mani- 
cotto di  questa.  Il  vento  battente  sulla  ventarola 
fa  girare  tutto  il  tamburo,  sicché  il  fumo  esce  e 
s'invia  spinto  dal  vento  nella  direzione  della  sua 
uscita.  -  Fumaiolo  si  dice  anche  delle  buche  della 
rocca  del  camino  da  cui  esce  il  fumo. 

Gola,  canale  verticale,  entro  il  muro,  e  che  dal 
focolare,  o  dalla  cappa,  se  vi  è,  mena  il  fumo  sino 
alla  torretta:  canna,  tromba.  -  Mitra,  il  cappello 
mobile  o  fisso,  che  sormonta  il  fumaiuolo  per  ripa- 
rarlo dal  vento. 

Quadrone,  gran  lastra  di  terracotta,  alta  tre.o 
quattro  centimetri,  di  forma  quadra,  con  due.  o  tre 
delle  quali  si  copre  il  piano  dei  forni,  o  dei  foco- 
lari. -  Soglia,  la  parte  del  caminetto  che  ne  sporge 
in  fuori,  pochi  '•entimetri  (un  paio  o  tre  general- 
mente) al  di  sopra  del  pavimento,  e  sulla  parte 
più  interna  del  quale,  corrispondente  alla  gola,  si 
suole  accendere  il  fuoco;  la  parte  bassa  del  camino. 

-  Spiraglio,  foro  nel  mezzo  del  palco  inferiore,  per 
cui  l'aria  esterna,  sollevando  il  chiusino,  entra  nel 
mantice  o  nel  soffietto  ogniqualvolta  viene  alzato 
il  coperchio.  -  Stipiti,  le  parti  laterali,  più  o  meno 
ornate,  generalmente  di  pietra  o  di  marmo,  intorno 
alla  bocca  del  caminetto.  -  Strombatura  dei  camino, 
l'apertura  quando  si  allarga  verso  la  stanza.  -  Testa 
del  camino,  l'estremità  superiore.  -  Ventiera,  piglia- 
vento,  ventilatore,  sfiatatoio,  apparecchio  per  dare 
aria  al  camino  e  impedire  che  il  fumo  si  spanda 
nella  stanza:  un  condotto  o  tubo  sotto  il  pavimento 
comunica  con  due  aperture:  una  esterna,  che  di- 
cesi bocca,  è  nel  muro  esteriore,  verso  l'altezza  del 
pavimento;  l'altra,  interna  {soffione),  va  a  riuscire 
presso  il  focolare:  a  questa  ponesi  un  pezzo  di 
lamiera,  a  foggia  di  trappola  o  di  ribalta,  che  si 
apre  angolarmente  più  o  meno,  secondo  il  bisogno. 

Alare,  noto  arnese  dì  metallo  o  di  altra  materia, 
che  si  mette  ai  due  lati  del  focolare  per  farlo  ser- 
vire d'appoggio  ai  pezzi  di  legna;  capifuoco,  capi- 
tone (voce  aretina).  Gli  alari  sono  detti  caldoni  in 
Lunigiana,  casedoni  dai  Bolognesi.  -  Caminiera,  pa- 
rapetto d'ottone,  bronzo  o  simili,  che  si  tiene  in 
terra  dinanzi  al  caminetto,  per  impedire  che 
qualche  tizzoncino  infuocato,  o  qualche  grossa 
favilla,  cadendo  dalla  soglia  del  caminetto  sul  tap- 
peto, lo  bruci.  Anche,  cassetta  con  ribalta  per  te- 
nervi legna  da  bruciare  al  caminetto  ;  e  lo  spec- 
chio che  sta  sopra,  quasi  della  lunghezza  del 
caminetto.  -  Campana,  utensile  di  rame  o  di  ferro 
con  cui  si  copre   il  fuoco,  perchè  non  si   estingua. 

-  Canna,  boccinolo  o  tubo  metallico,  da  cui  è  fatta 
uscire  l'aria  dal  mantice  e  dal  soffietto  ;  ma  quello 
formante  parte  di  quest'ultimo  dicesi  più  propria- 
mente cannello. 

Catena^  arnese  che  sostiene  il  paiolo  o  la  cal- 


daia 0  il  calderotto  sotto  la  cappa  del  camino  :  ca- 
tena da  fuoco  0  del  fuoco;  catena  del  camino.  - 
Anelli,  ciascuno  dei  pezzi  di  ferro  che  compongono  la 
catena  del  camino,  al  primo  e  all'ultimo  dei  quali 
é  unito  un  gancio.  -  Asticciuole,  due  bacchette  di 
ferro  uncinate,  una  per  ciascun  capo  della  catena:  l'a- 
sticciuola  superiore  più  lunga  serve  ad  agganciare  a 
mano  la  catena  alla  spranga,  senza  aiuto  di  seg- 
giola 0  di  scala;  al  gancio  o  uncino  dell'asticciuola 
inferiore  s'attacca  il  paiuolo.  -  Rampo,  uncino  del- 
l'asticciuola inferiore,  dove  questa  è  unita  alla  ca- 
tena. -  Spranga,  sbarra,  traversa  infissa  nelle  pa- 
reti del  camino:  regge  la  catena. 

Ferro  del  camino,  quello  al  quale  si  attacca  il 
paiolo  sul  foco.  -  Fornimento  del  cannino,  denomi- 
nazione collettiva  degli  arnesi  necessari  all'uso  del 
camino,  e  sono  i  seguenti:  gancio,  o  uncino,  cia- 
scuna delle  estremità  ricurve  delle  due  asticciuole 
di  ferro,  una  delle  quali  serve  per  appendere  la 
catena  del  camino  alla  spranga  di  esso  e  una  per 
attaccarvi  il  paiuolo  o  altro  vaso  di  cucina  sulle 
legna  del  focolare.  -  Molle,  arnese  di  ferro  per 
rattizzare  il  fuoco. 

Paletta,  la  piccola  pala  da  focolare,  arnese  di 
ferro,  con  l'estremità  inferiore  allargata  e  piana, 
con  basse  sponde  laterali,  acconcio  a  prendere 
bragia  o  cenere  sul  focolare.  Manico  della  paletta, 
asticciuola  di  ferro,  lunga  circa  un  braccio,  alquanto 
inclinata  al  piano  della  parte  inferiore,  allargata  e 
piana  dell'arnese.  Palettata,  tanta  quantità  di  roba 
quanta  ne  può  stare  su  una  paletta.  -  Pai  di  ferro, 
bastone  di  ferro  vuoto  per  attizzare  il  fuoco,  e 
soffiarci,  nei  grandi  caminetti.  -  Paracaminetto,  pa- 
racamino, quadro,  telaio  di  cartone,  legno  o  altro, 
col  quale  si  chiude  la  bocca  del  caminetto,  quando 
non  si  accende  il  fuoco:  paravento;  serve  a  parare 
l'aria  che  dalla  canna  del  caminetto  verrebbe  nelle 
stanze,  e  a  togliere  dalla  vista  la  bruttura  del  fo- 
colare. Talora  questo  paravento  è  fatto  a  libro,  cioè 
a  due  spicchi,  mediante  una  snodatura  verticale 
nel  mezzo,  la  quale  permette  al  paravento  di  star 
ritto  da  sé,  come  una  scena,  e  di  fare  poi  nell'in- 
verno l'ufficio  di  parafuoco.  -  Paracenere,  sponda 
posticcia  di  metallo  che  si  mette  davanti  al  cami- 
netto per  riparare  il  pavimento  dal  fuoco  e  dalla 
cenere.  -  Parafuoco,  schermo,  arnese  che  si  frap- 
pone tra  la  persona  e  il  fuoco,  per  divergere  i 
raggi  caloriferi  o  per  impedire  al  fuoco  e  ai  car- 
boni di  spargersi  per  la  camera.  -  Pedana,  asse,  e 
per  lo  più  una  lastra  di  marmo  o  una  lamina  di 
metallo,  collocata  in  piano  avanti  la  soglia  del  ca- 
minetto, a  preservazione  del  pavimento  di  legno  o 
del  tappeto  della  stanza.  -  Posamolle,  arnese  del 
caminetto  per  posarci  le  molle  e  la  paletta. 

Rete,  arnese  di  rete  metallica,  o  anche  di  tela 
metallica,  intelaiatura  di  ferro,  per  lo  più  a  spicchi, 
che  si  tien  ritto  avanti  il  caminetto,  a  sicuro  riparo 
contro  gli  scoppi.  -  fìmg'/u'en'Ha,  piccola  ringhiera  di 
ferro,  che  fa  come  una  parata  davanti  al  cami- 
netto, per  impedire  ai  bambini  di  troppo  accostarsi 
al  fuoco,  e  preservare  il  lembo  del  vestito  delle 
donne  dal  prender  fiamma.  ■  Soffietto,  arnese  no- 
tissimo che  s'usa  per  soffiare  nel  fuoco.  -  Soffione,  canna 
di  ferro,  generalmente  canna  da  schioppo  smessa, 
della  quale,  in  alcuni  paesi,  si  fa  uso  per  soffiare  nel 
fuoco,  mettendosela  alla  bocca:  e  ciò  per  poterlo 
fare  senza  troppo  accostarsi  al  fuoco.  Talora  è 
canna  di  latta  e  anche  di  ferro  espressamente  fatta 
a  questo  intento  e  terminante  in  due  piccoli  coni, 
dai  quali  esce  il  soffio  sul  fuoco.  -  Treppiede,  ar- 


CAMMEISTA   —   CAMMINARE 


371 


nese  di  ferro  triangolare,  con  tre  piedi,  per  sostegno 
d'ogi;etti  sul  fuoco.  -  Ventola,  arnese  di  cartone, 
di  penne  o  d'altro,  per  far  vento  sul  fuoco.  Anche, 
una  specie  di  parafuoco  a  mano,  pezzo  di  cartone, 
lungo  e  largo  circa  un  palmo  o  poco  più,  di  ligura 
tonila,  «piadra,  o  altra,  di  carta  tinta,  o  variamente 
ornato,  munito  di  un  sottile  maniclictto;  lo  tiene  in 
mano  chi  sta  'presso  al  fuoco,  per  pararsi  la  faccia. 
Se  ne  fanno  anche   di   penne. 

Combustibili.  -  Fuoco,    fumo,  cenebe. 

Canapuli,  l'usti  secchi  e  dipelati  della  canapa, 
materia  molto  accendibile.  Pezzi  più  o  meno  lunghi 
di  questi  fusti  si  legano  in  fastelli  a  uso  di  avviare 
il  fuoco;  pezzi  meno  grossi  e  più  corti  servono^ 
anche  a  farne  zolfanelli.  -  Carbone,  pezzo  di* 
legno  che  nei  nostri  focolari  é  arso  interamente 
cbn  liamma,  ma  non  consumato,  cioè  non  ancora 
ridotto  in  cenere,  e  tuttora  infocato,  ovvero  spen- 
tosi da  sé:  nel  primo  caso  è  rosso,  e  dicesi  carbone 
acceso;  nel  secondo,  carbone  spento,  ed  è  nero,  leg- 
gerissimo e  tingente.  -  Céppo,  piede  d'albero,  o  di 
pianta  cedua,  cioè  tenuta  cespitosa,  separato  dal 
fusto,  spaccato  in  pezzi,    che    chiamansi   cepperelli 

0  ceppatelli,  a  uso  di  ardere.  -  Formelle,  formette, 
certe  girelle  tonde  e  piane,  fatte  con  la  corteccia 
polverizzata  della  quercia  o  del  cerro,  la  quale, 
dopo  che  ha  servito  alla  concia  del  coiame,  e  tut- 
tora molle,  vien  ridotta  in  forme,  come  quelle  del 
cacio,  di  un  palmo  di  diametro,  grosse  circa  due 
dita:  forme  che  servono  ad  ardere,  atte  specialmente 
a  conservare  lungamente  il  fuoco.  -  Fumacchio,  le- 
gnuzzo  non  interamente  bruciato  che  manda  fumo. 
Più  specialmente,  pezzetto  di  carbone  o  di  brace 
non  ben  carbonizzata.  -  Legna^  il  legname  da 
ardere,  da  mettere  sul  camino.  -  Pezzo,  senz'altro 
aggiunto,  dicesi  un  ceppo  di  legno  da  ardere  nel 
caminetto.  -  Tizzo,  pezzo  di  legno  o  di  carbone 
acceso;  tizzone,  pezzo  di  legno  abbruciato  dall'un 
dei  capi  e  tuttavia  acceso  {rammontare,  rammuc- 
chiare  i  tizzi  accesi  ;  s^Mzzicare,  muovere,  tramutare 
i  tizzi  nel  fuoco). 

Brace,  carbone  acceso,  senza  fiamma  {sbra- 
ciare, allargare  la  brace,  perchè  mandi  più  calore); 
anche,  si  sbracia  il  fuoco  del  camino  sotto  le  legna, 
perchè  piglino  più  aria,  e  meglio  ardano,  allar- 
gandone i  tizzi  che  vi  fossero  di  troppo  ammon- 
tati. -  Cenere,  polvere  fine,  bigia,  incombustibile, 
in  cui  si  risolve  il  legno,  o  altro  che  sia  stato  arso 
interamente.  -  lavolesca,  favalesca,  falavesca,  parte 
leggiera  e  infocata  di  combustibile,  che  si  separa  da 
maggior  fiamma,  e  si  solleva  in  alto,  per  ricadere 
poi,  accesa  o  spenta.  La  carta,  le  foglie,  la  paglia, 

1  trucioli  e  simili  altre  materie,  leggiere  ed  aride, 
fanno,  ardendo,  molte  favolesche.  -  Filiggine,  e 
popolarm.,  fuliggine,  la  materia  nera  che  lascia  il 
fumo  nelle  gole  dei  camini  e  delle  stufe.  -  Fumo, 
vapore  emanante  dalle  materie  che  bruciano  ; 
prodotto  della  combustione  di  legna  o  d' altro 
che  si  faccia  ardere  nel  camino.  -  Pomfolige,  specie 
di  filiggine. 

C'è  il  gatto  sul  camino,  motto  famigliare  per 
dire  che  nel  camino  non  è  stato  acceso  fuoco  per 
farci  da  mangiare. 

Gammeista.  Detto  a  cammèo. 

Gammello.  Genere  di  ruminanti  senza  corna, 
con  gobbe  adipose  sul  dorso,  di  forme  goffe, 
grossolane,  fin  dalla  più  remota  antichità  asserviti 


all'uomo,  come  bestie  da  lavoro,  da  soma,  nei  paesi 
caldi,  massime  per  trasportare  uomini  e  mercanzie 
attraverso  un  deserto,  per  lo  più  in  carovana: 
poet.,  nave  del  deserto.  -  Cammello  proprio,  con 
due  gobbe  ;  con  una  sola,  rfro)H«/«n'o,  dromeda.-  Cam- 
me//a,  la  femmina  del  cammello.  -  Alpaca  o  alpaga, 
piccolo  cammello  senza  gobba,  simile  al  guanaco,  al 
lama,  alla  vigogna;  fornisce  finissima  lana  (frane, 
alpiigd,  alpaca);  vive  nelle  Cordigliere  delle  Ande. - 
Auchenia,  genere  di  mammileri  dell'ordine  dei  fissi- 
pedi, affine  ai  cammelli.  -  Mahara,  plur.  mehara, 
specie  di  cammello. 

Gibbosità,  la  gobba.  -  Gobbe,  escrescenze  adipose, 
specie  di  magazzini  pel  cibo,  onde  l'animale  possa 
vivere  lungo  tempo.  -  Scrigno,  quel  rilevato  che 
hanno  sulla  schiena  i  cammelli  e  gli  uomini  gobbi. 

-  E/jr/f/Zo,  superficie  morbida,  quasi  come  il  velluto, 
delle  ampolle  o  vesciche  piene  di  acqua,  che  de- 
riva dalle  aperture  della  ventresca  traforata  e  che 
formano  il  sussidio  più  prezioso  del  cammello  e 
del  lama. 

Cammelliere,  chi  guida  il  cammello.  -  Scammel" 
lata,  gita  sui  cammelli. 

Camniellopàrdo.  La  giraffa. 

Cammèo.  Pietra  dura,  a  falde  o  strati  di  più 
colori,  nella  quale,  a  forza  di  ruote,  s'intagliano 
figure  di  bassorilievo;  la  stessa  gemma  tagliata  e 
scolpita;  la  figura  in  bassorilievo  in  qualun(|ue 
pietra  preziosa.  -  Onice,  varietà  di  agata  calcedonia, 
a  straterelli  alternamente  bruni  e  bianchi:  si  presta 
alla  lavorazione  dei  cammei.  -  Cammeista,  inta- 
gliatore, chi  lavora  d'intaglio  i  cammei. 

Camminare  {camminato,  cammino).  Muoversi  da 
luogo  a  luogo,  con  le  proprie  gambe;  muovere  passo 
innanzi  passo,  per  andar  da  luogo  a  luogo;  anche, 
il  modo  di  andare:  ambulare,  culeggiare,  culet- 
tare;  essere  in  cammino;  far  cammino,  il  cammino; 
gire,  indirizzare  il  piede;  ire;  marciare;  muover  le 
gambe;  passeggiare;  prendere  una  strada,  una  via; 
procedere;  rimettere  le  gambe  sul  lavoro;  sculettarsi, 
spedarsi;  stare  in  gambe,  stare  in  marcia;  tirar  via, 
toccar  via;  trottare,  trottolare;  viaggiare,  zampettare. 

-  Camminando,  si  può  accom,pagnare,  incon- 
trare, jyrecedere,  seguire,  ecc ,  persona  o  cosa. 

Arrivare,  giunf/ere,  pervenire,  finire  il  cam- 
mino. -  Avviarsi,  dirigersi,  indirizzarsi,  camminando, 
verso  un  luogo  determinato:  addirizzare,  drizzarsi; 
muovere,  muoversi  verso  un  luogo;  pigliare,  pren- 
dere per  una  via;  pigliare  la  volta....;  sciogliere  il 
passo  verso....;  volgere  il  passo;  volgersi,  rivolgersi. 

-  Correre,  andare  con  velocità.  -  Errare,  cammi- 
nare un  pezzo  incerti  della  strada  o  senza  saper 
dove  andare:  vagare,  vagolare,  jYtwitwgrare.  -  hare 
la  strada,  seguire  la  direzione  di  un  luogo.  -  Gi- 
rellare, gironzare,  gironzolare,  camminare  in  qua 
e  in  là,  senza  proposito  :  andare  a  zonzo.  -  Incam- 
minare, di  persona,  dirigerne  i  passi  a   un    punto. 

-  Incamminarsi,  mettersi,  pòrsi  in  cammino,  inco- 
minciar a  camminare:  mettersi  in  via,  alla  via; 
prendere  il  cammino,  porsi  al  cammino;  prendere 
l'andare,  l'aire;  prendere,  pigliare  le  mosse;  tar 
mossa,  far  mossa  di    partirsi;    venire    alle    mosse. 

-  Istradare,    incamminare    altri,    fargli    la    strada, 

-  Marciare,  mettersi  in  marcia,  in  cammino,  spe- 
cialmente della  milizia  e  di  persone  a  stuoli,  a 
gruppi,  in  diverse  occasioni.  -  Mettersi  in  gambe, 
in  ardenza  di  camminare.  -  Mettersi  la  via  tra'  piedi, 
mettersi  in  cammino.  -  Muovere,  partire,  cominciare 
a  camminare.  -  Partire,  incamminarsi,  avviarsi 
verso  un  luogo  alquanto  lontano.  •  Passeggiare, 


372 


CAMMINARE 


camminare  o  far  camminare  per  svago  o  per  sa- 
lute. -  Ravviare,  ravviarsi,  rimettere,  )'imettersi 
in  via.  -  Percórrere,  fare  un  tratto  di  strada,  cam- 
minando. -  Raggiungere,  arrivare  camminando,  a  chi 
precede:  raggiugnere, acchiappare.-  i^amptcare,  arram- 
picare,  andar  su,  salire,  attaccandosi  con  le  zampe, 
d'animali  e  d'uomini.  -  Ricamminare,  ripete  cam- 
minare. •  Ripercorrere,  rifare  una  strada.  -  Zam- 
peggiare, zampettare,  sgambettare,  cominciar  a  muo- 
vere le  zampe,  le  gambe:  specialmente,  dei  bambini. 
Cammino,  l'atto  del  camminare;  uno  dei  modi 
di  progressione  dell'uomo,  fatto  con  una  serie  di 
passi,  ia  cui  successione,  più  o  meno  pronta,  e  la 
cui  lunghezza,  maggiore  o  minore,  rendono  l'andare 
lento  o  rapido.  Anche,  lo  spazio  che  si  percorre 
camminando  {agevole,  facile,  piano;  difficile,  erto, 
scabroso,  spinoso,  ecc.).  Poet.,  calle.  -  Camminata, 
camminatura,  ì\  modo  che  uno  ha  nel  camminare  : 
andatura.  -  Giornata,  il  cammino  che  l'uomo  può 
fare  in  un  giorno.  -  Girata,  camminata,  passeggiata. 
-  Marcia,  il  cammino  di  milizia  e  simili,  -  Moto, 
quello  che  fa  l'uomo  passeggiando,  specialmente 
all'aria  aperta,  per  salute  o  per  lavoro.  -  Passeg- 
giata, il  passeggiare;  anche,  il  luogo  cioè  il  pas- 
seggio. -  FassOf  movimento  di  ambedue  le  gambe 
che  ogni  uomo  fa  nell'andare,  posando  l'una  al 
levar  dell'altra.  Anche,  lo  spazio  misurato  dal  passo. 

Camminare  in  fretta,  adagio,  maestosamente, 
all'indietro,  ecc. 

Camminare  in  fretta:  andare  a  passo  di  carica, 
di  buon  passo,  a  passi  lunghi,  a  gran  passi;  a  passo 
celere,  rinforzato;  a  passo  di  corsa;  a  rompigambe, 
a  rotta  di  collo;  come  un  passero,  come  un  ca- 
vallo; dar  di  gamba;  mangiar  la  strada;  mettersi 
la  via  e  la  coda  fra  le  gambe;  rompere  l'aria; 
scappare;  scarpinare.  Camminare  quanto  il  sole, 
quanto  il  pensiero,  quanto  il  vento. 

Addipanare,  di  chi  muove  spesso  le  gambe  per  stare 
a  passo  con  altri  che  l'ha  più  lunghe.  -  Affrettare, 
allungare  il  passo,  per  camminar  lesti.  -  Andare  di 
buon  portante,  a  passi  corti  e  veloci.  -  Arrancare, 
il  camminar  lesto  degli  zoppi  e  degli  sciancati,  - 
Aver  l'ali,  aver  l'ali  ai  piedi,  camminar  molto  e 
lestamente.  -  Galoppare,  camminare  di  gcUoppo, 
lesto  e  affannato.  -  Mettersi  le  gambe  in  capo,  cam- 
minare a  più  non  posso.  -  Raddoppiare  i  passi,  il 
passo,  accelerarli.  -  Sciogliere  il  passo,  farlo  più 
lesto,  più  sicuro.  -  Sgambare,  camminare  di  fretta 
e  a  gran  passi.  -  Sgambettare,  camminar  lesti  e  a 
piccoli  passi.  -  Spesseggiare  i  passi,  camminare  a 
a  passi  brevi,  affrettati.  -  Studiare  il  passo,  andar 
più  lesti,  0  cercar  di  camminare  in  un  dato 
modo.  -  Tirar  dritto,  camminare  lesti  e  spic- 
ciati. -  Trottare,  andar  di  trotto,  e  non  solo  delle 
bestie,  ma  per  simil.,  si  dice  anche  delU'uomo,  e 
vale  camminare  di  passo  veloce  e  saltarellando. 

Par  che  vada  a  piglior  Buda,  di  chi  si  spiccia 
a  camminare,  a  tar  qualclie  cosa. 

Cammimare  adagio  :  accorciare,  rallentare  il  passo, 
per  camminare  adagio;  andare  a  passi  di  formica, 
di  lumaca,  a  passi  radi,  camminare  con  tutto  co- 
modo; cometa  testuggine  ;  pro»ido?ie,  grondoni,  piano 
e  con  la  persona  curvata  in  avanti;  sul  ghiaccio 
(figur.),  adagio  e  con  precauzione;  sulle  uova  (figur.), 
lentamente  e  con  gran  riguardo;  camminare  lenta- 
mente e  stentatamente. 

Andar  su  doglia,  camminare  adagio   e  a   stento, 


con  dolore,  per  istrettezza  della  calzatura,  per  calli, 
per  unghie  incarnate,  o  per  altro  malore  che  si 
abbia  ai  piedi.  -  Avere  i  frasconi,  o  camminare  coi 
frasconi,  trascinarsi  dietro  a  mala  pena  le  gambe 
per  soverchia  stanchezza.  -  Avere  i  piedi  dolci,  o 
ipte'  ciocci,  con  calli  o  indolenziti;  camminare  male  e 
lentamente.  -  Camminare  a  mulo  di  ritorno,  con  an- 
datura lenta,  a  strattoni,  e  stanca.  -  Camminare 
con  le  gambe  avvolte,  imbarazzate,  non  spedite.  - 
Essere,  diventare  di  piombo,  lento  a  camminare.  - 
Essere  un  pie  ciocci,  camminare  stentato.  -  Fare  tre 
passi  in  tm  mattone,  o  su  una  lastra,  camminare 
lentissimamente.  -  Rallentare  ti  passo,  camminare 
più  adagio  di  prima.  -  Strascicare  i  piedi,  strasci- 
carsi, camminare  con  lentezza  e  pesantemente; 
spesso  di  ammalati,  perchè  deboli.  -  Strasciconi, 
strascicando.  -  Strascinare  le  gambe,  quando  impo-  • 
tenti  0  stanche. 

Camminare  maestosamente  :  a  passo  misurato,  ca- 
denzato; camminar  diritti,  duri,  impettiti  pettoruti, 
sistemati,  con  sostenutezza,  con  gran  contegno.  - 
Avere  un  palo  in  corpo:  andare  esageratamente  diritti. 
-  Incedere,  camminare  con  gravità.  -  Incesso,  il  cam- 
minare altero,  maestoso. 

Camminare  all'indietro:  andare  retrogrado,  in- 
dietreggiare, retrocedere  ;  camminare  come  i 
gamberi,  come  i  granchi. 

Camminare  a  sbalzi,  saltellando:  camminare  a 
botta,  a  balzelloni,  balzelloni;  balzellare.  -  Ballet- 
tare, camminare  saltellando,  ballando  (par  che  balli 
la  polca,  di  chi  cammina  a  salti).  -  Saltare,  salta- 
beccare, d'un  certo  modo  di  camminare,  saltando. 

Altri  e  diversi  modi  di  camminare. 

Camminare  a  bestia,  con  le  mani  e  coi  piedi,  o 
con  le  ginocchia  a  terra,  carpone,  carponi  ;  a  gallo, 
alzando  i  piedi,  come  il  gallo  e  la  gallina;  a  oca 
0  a  papero,  coi  piedi  volti  in  dentro;  a  occhi  chiusi, 
senza  fatica  o  difficoltà;  a  ondate  gravi,  come  gli 
abitanti  delle  montagne;  a  pie  zoppo,  con  undi  gam- 
ba sola,  per  giuoco;  a  quattro  mani,  carponi;  a 
sciacquabarili,  a  gambe  larghe,  come  l'anitra;  a  sen- 
tita, tastando,  al  tasto;  a  sghimbescio,  a  sghembo, 
in  modo  torto,  obliquo;  a  zeta,  a  zig-zag;  a  spinte, 
a  forza  di  spinte,  stentatamente  e  spinti  da  alcuno; 
a  testa  bassa,  a  capo  chino,  curvo;  brancolone, 
brancoloni,  a!  tasto;  col  naso  all'aria,  a  testa  ritta, 
spensieratamente  o  baldanzosamente;  con  la  bocca 
per  terra,  molto  ncurvì;  curvo,  molto  curvo,  a  spalle 
curve,  col  corpo  piegato  in  avanti,  verso  terra  ;  di- 
ritto, col  corpo  eretto;  gallone,  gattoni,  con  le  mani 
e  coi  piedi,  per  non  esser  visti;  in  punta  di  piedi, 
con  le  punte  dei  piedi,  senza  far  rumore  ;  in  tra- 
lice, di  traverso;  mezzo  stroncato,  stentatamente, 
male  in  gambe;  ravvolto,  di  chi  barella;  striscione, 
striscioni,  stropicciando,  fregando  i  piedi  ;  tastone, 
a  tastoni,  al  tasto,  tastando  ;  tentennoni,  tentennando. 

Arrembare,  strascinarsi  innanzi  a  fatica.  -  Barcol- 
lare, e  meno  coni,  barcullare,  andar  qua  e  là  ten- 
tennando, a  strattoni;  andar  barcollone,  barcolloni, 
barcullone,  barcullont,  barelloni.  -  Brancolare,  an- 
dare al  tasto,  come  i  ciechi.  -  Camminare,  prendere, 
ecc.,  a  braccetto:  andare,  ecc.,  col  èraccfo  in  quello 
di  un  altro  famigiiarmente.  -  Camminare  a  doglia  o 
sopra  doglia,  o  con  doglia,  di  chi  va  storto,  come 
reumatizzato.  -  Ciabattare,  strascicar  le  ciabatte;  o 
anche  le  scarpe,  come  fossero  ciabatte.  -  6tamptcar<', 
di  chi,  camminando,  non  sa  alzare  i  piedi  da  terra, 


CAMMINARE 


373 


e  inciampa.  -  Dimenarsi,  il  troppo  mover  della 
persona  camminando.  -  Ondeggiare,  andar  tortuosa- 
mente- Penrfé^ré?,  non  tener  dirilto  il  busto,  caniminare 
con  una  spalla  più  bassa  dell'altra.  -  Ih'jiere  (poet.), 
andar  carponi.  -  Sbiecare,  andar  di  sbieco.  -  Scar- 
picciare,  del  rumore  che  si  la  stropicciando,  nel 
camminare,  le  scarpe  sul  pavimento.  -  Scodinzolare, 
(sclierz.),  di  coloro,  specialmente  donne,  che  si  di- 
menano nel  camminare. 

Sdondolare,  camminare  a  sdondoloni,  movendo  il 
corpo  a  destra  e  a  sinistra.  -  Serpeggiare,  andar 
torto  come  serpe.  -  Staccheggiare,  camminare  bat- 
tendo i  tacchi.  -  Strafalciare,  canmiinare  senza  ri- 
tegno. -  Strascicare,  strisciare  il  passo  in  modo  di 
tarsi  sentire.  -  Strisciare,  camminare  stropicciando 
e  fregando  il  terreno  -  Tacchettare,  battere  il  tacco, 
camminando.  -  Viaggiare  col  cavallo  di  san  France- 
sco (sclierz.),  andare  a  piedi.  -  Zoccolare,  far  ru- 
more cogli  zoccoli  nel  camminare;  o  anche  sem- 
plicemente coi  tacchi  di  altro  calzamento.  -  Zop- 
peggiare, più  che  zoppicare.  -  Zoppicare,  camminare 
un  po'  zoiìpo,  andare  zoppicone,  zoppiconi. 

Incidenti,  fasi  del  camminare. 

Affondare,  penetrare,  addentrare  col  piede,  cam- 
minando, in  un  terreno  sciolto  o  pantanoso.  -  In- 
ciampare, urtare  col  piede  in  qualche  cosa:  ciam- 
picare, incespare,  incespicare,  incespitare,  impuntare; 
incappare,  intoppare,  intoppicare;  dar  del  piede; 
ingambare,  inzampugliarsi;  prendere  uno  scappuccio, 
scappucciare,  scapuzzare. 

Mettere  o  porre  i  piedi  in  fallo,  non  posarli  bene, 
dare  uno  sdrucciolone.  -  Rinciampare,  ripete  in- 
ciampare. -  Sdrucciolare,  scorrere  col  piede  su  cosa 
che  manchi  di  attrito  :  scivolare.  -  Spedarsi,  stan- 
carsi i  piedi  in  modo  da  non  poter  più  camminare. 

-  Strafelarsi,  agitarsi,  affannarsi,  riscaldarsi  cammi- 
nando. 

Bruciaculo,  bruciore  che  si  sente  nella  parte  de- 
retana per  il  soverchio  camminare.  -  Inciampo,  l'in- 
ciampare e  la  cosa  in  cui  si  inciampa  :  incappo, 
intoppo.  -  Scappuccio,  colpo  dato  con  la  punta  del 
piede  in  un  sasso  o  sim.  -  Scarpiccio,  uno  scarplc- 
ciare  continuato. 

Chitidere  la  marcia,  una  processione,  venir  per 
ultimi  0  dopo  altri.  -  Dinanzare,  passare,  cammi- 
nando, dinanzi  ad  altri.  -  Essere  a  mezza  strada: 
alla  metà  del  cammino.  -  Fertnarsif  smettere  di 
camminare.  -  luorvìare,  uscire  dalla  via,  dal  cam- 
mino che  si  dovrebbe  percorrere  (si  usa,  per  lo 
più,  in  senso  figur.,  per  sviare,  traviare).  -  Ma- 
sentare,  camminare  vicinissimo  e  quasi  parallelo 
alla  superficie  di  checchessia,  senza  toccarla:  radere, 
andar  rasente.  -  Scantonare,  voltar  cantonate,  an- 
darsene voltando  una  cantonata  :  svoltare.  -  Segnare 
il  passo,  sospendere  momentaneamente  la  marcia, 
senza  perdere  la  cadenza  del  passo.  ■  Sfilare,  cam- 
minare uno  dietro  l'altro,  per  evoluzioni,  per  istru- 
zioni, per  parate,  e  si  dice  di  persona,  drappello  o 
corpo.  -  Tenersi  nel  mezzo,  camminare  nella  strada, 
senza  andare  in  proda  e  ne'  pericoli.  -  Volgere, 
voltare,  svoltare,  divergere,  divertire,  piegare  il  cam- 
mino a  destra  o  sinistra. 

Orma,  traccia  o  indizio  del  cammino  tatto  (la- 
sciar la  traccia;  andar  dietro,   sulla   traccia,   ecc.). 

-  Sosta,  il  sostare,  il  fermarsi  un  po':  fermata.  - 
lappa,  luogo  di  fermata  per  riposarsi  e  mangiare, 
durante  una  marcia.  -  Iragitlo,  il  passare  da  un 
luogo  all'altro. 


Del  camminatore  e  suo  portamento. 
Designazioni  diverse. 

Arrembato,  di  chi  cammina  a  stento.  Arremba- 
tura, l'essere  arrembato.  -  Atòssico,  all'elio  da  atassia 
(veggasi  più  sotto).  -  Camminatore,  chi  si  diletta  a 
camminare  molto;  e  portamento  il  suo  modo  parti- 
colare di  incedere,  di  procedere;  andata,  andatura 
(veggasi  a  pag.  92).  -  6j'a6ayto«c,  appellativo  di  chi, 
per  vecchiaia  o  per  altra  ragione,  strascica  i  piedi 
nel  camminare  e  fa  un  certo  rumore  come  chi  cam- 
mina con  le  ciabatte  in  piede.  -  Ciampicone,  chi 
inciampa  sempre,  camminando  ■  Collaterale,  che  ac- 
compagna, che  cammina  a  lato.  -  Crostino  (scherz  ), 
di  persona  che  cammina  tutto  d'un  pezzo:  orliccio. 

-  Impalato,  di  chi  cammina  diritto  e  senza  scom- 
porsi -  Infusito,  di  chi  cammina  impettito,  diritto 
come  un  fuso. 

Pedestre,  che  va,  che  è  a  piedi.  -  Pedone,  chiunque 
fa  viaggio  a  piedi.  -  Pencolone,  chi  pencola  cam- 
minando. -  Piede  malfermo,  di  chi  cammina  non 
sicuro.  -  Plantigrado  (scherz.),  di  chi  cammina 
come  un  animale  di  questo  nome,  il  quale  appoggia 
tutta  la  pianta  del  piede.  -  Raccolto,  di  bestia  cne 
cammina  bene.  -  Ranco,  di  chi  cammina  arrancando 
con  le  gambe  storte.  -  Restìo,  di  bestie  da  tiro  o  da 
sella  che  non  ubbidiscono  al  comando  o  non  vo- 
gliono andare  avanti:  renitente.  -  Ritroso,  che  va 
addietro.  -  Saltabecca,  di  chi  cammina  a  salti.  - 
Schiaccia  le  noci,  di  chi  mette  male  i  piedi  cammi- 
nando. -  Sparvierato,  uomo  che  vada  con  velocità 
e  inconsideratamente.  -  Spedato,  chi  non  può  più 
camminare  per  aver  il  piede  indolenzito  da  lungo 
viaggio  0  da  strettura  di  scarpe.  -  Spiaccicaragni, 
persona  che  cammina  a  stento. 

Aver  gamba  bona  o  bone  gambe,  essere  di  bona 
gamba,  capace  di  camminare  molto,  senza  stancarsi. 

-  1  ferri  non  gli  crocchiano,  di  chi  cammina  bene 
da  sé,  senza  bisogno  di  aiuti.  -  Par  che  abbia  la 
gotta,  di  chi  cammina  a  stento.  -  Par  che  abbia 
mangiato  la  minestra  (o  lo  stufato)  di  fusi,  di  chi 
va  sforzatamente  diritto,  impalato  della  persona.  - 
Pare  un'anatra,  di  donna  che  cammina  sciancata.  - 
Pare  un  lacchè,  un  buon  camminatore  molto  svelto. 

-  Quando  cammina  tiene  tutta  la  strada,  di  chi  va 
a  zig-zag,  e  specialmente  d'un  ubbriaco.  -  Reggere 
la  gamba,  di  chi,  in  là  cogli  anni,  cammina  ancora 
assai  e  bene. 

Ambulatorio,  ambulacro,  luogo,  per  lo  più  chiuso, 
nel  quale  si  passeggia.  -  Gruccia,  bastone  con  una 
traversina  in  cima,  che  serve  per  appoggiarvi  l'a- 
scella e  cosi  d'aiuto  a  camminare  alle  persone  im- 
pedite di  gambe:  stampella.  -  Passeggio,  luogo 
pubblico  nel  quale  si  suole  passeggiare. 

Caìnmin  facendo,  seguitando  a  camminare.  -  Fuor 
di  mano,  luogo  distante  dal  cammino.  -  Par  di 
camminare  sul  tappeto:  dove  è  morbido.  -  Per  istrada: 
durante  il  cammino.  -  Miglia  di  quelle  che  fa  ti 
lupo  a  digitino,  lunghe.  -  Strada  facendo:  nel  tempo 
che  si  cammina  o  si  camminava.  -  Tira  via!,  a  chi 
si  ferma  camminando..-  Un  rumore,  uno  strepito  di 
passi,  il  camminare. 

Termini  scientifici  e  dello  sport. 

Atassia  locomotrice,  o  malattia  di  Duchenne,  man- 
canza di  coordinazione  dei  movimenti  nel  cammi- 
nare. -  Basiofobia,  o  basofobia,  timore  di  non  poter 
camminare.  -   Paratrimma    (gr.),   intertrigine   peri- 


374 


CAMMINATA    —    CAMPAGNA 


neale,  glutea  o  piantale,  causata  dal  camminare,  - 
Scelotirbe,  vacillamento,  trascinamento  delle  gambe 
nel  camminare,  dovuto  a  debolezza  degli  arti  inferiori. 
Pattinare,  pattinaggio,  strisciare  coi  pàttini  sul 
ghiaccio.  -  Pedometro,  o  celerimetro,  apparecchio  per 
misurare  la  lunghezza  d'un  tratto  di  via   percorso. 

-  Podismo,  podistica,  neologismi  usati  per  indicare 
quella  branca  de'  giuochi  ginnastici  (sport)  che  con- 
siste nel  camminare  e  far  corse,  gare  a  chi  più 
resiste  camminando.  -  Sky,  voce  nordica,  specie  di 
pattini  di  legno,  lunghissimi,  che  si  adattano  ai 
piedi,  per  camminare  sulla  neve. 

Camminata,  camminatura.  Il  camminare 
e  il  modo  di  camminare. 
Cammino.  L'atto  di  camminare.  Il  viaggio. 

-  Il  luogo  nel  quale  si  cammina:  strada,  via. 

Camomilla.  Pianta  medicinale,  del  genere  ma- 
tricaria  :  erba  con)posta  asteracea,  a  foglie  con  seg- 
menti filiformi,  e  a  fiori  bianchi  odorosi;  usata 
nella  medicina,  come  bevanda  o  altrimenti,  per  la 
sua  azione  tonico-calmante.  Esprime  sommessione, 
servigio.  Contiene  un  olio  essenziale,  che  agisce  come 
antispasmodico  e  antinevralgico.  Si  distinguono  due 
specie  di  camomilla  :  la  volgare  (matricaria  cliamo- 
milla)  e  la  romana,  detta  anche  appiolina.  ■  Ante- 
mide,  nome  generico  delle  camomille.  -  Cosmojillo, 
pianta  composta  con  fiori  simili  a  quelli  della  ca- 
momilla. 

Camorra.  Voce  spaglinola  che  significa  litigio: 
usata  per  indicare  un'associazione  di  malfattori, 
una  clientela  di  gente  (canaglia)  associata  segreta- 
mente per  fini  bassi  e  loschi.  Ha  una  gerarchia:  il 
grado  più  basso  è  rappresentato  dal  giovinotto  ono- 
rato, 0  tammuzzo,  aspirante,  il  quale,  dopo  certe 
prove,  può  passare  al  grado  di  picciotto  di  sgarro 
e  infine  a  quello  di  camorrista,  o  proprietario.  Questi 
vive  del  frutto  delle  operazioni  fatte  dai  sottoposti, 
i  quali  prelevano  diritti  sul  giuoco,  sui  guadagni 
dei  vetturini,  dei  .facchini,  dei  barcaiuoli,  e'-c.  - 
Alta  camorra,  quella  che  vive  specialmente  di  specu- 
lazioni sul  giuoco,  sulla  jirostituzione,  sull'usura,  ecc. 

-  Camorrista  si  dice  anclie  per  malvivente,  malfat- 
tore, in  genere,  barabba,  teppista  (mibmese),  luafiusu 
(siciliano),  ecc  -  Malavita,  nome  dato  ad  associazioni, 
come  la  camorra,  la  màfia,  che  hanno  per  intento 
il  mutuo  concorso  e  soccorso  nell'operare  fraudo- 
lentemente  o  violentemente. 

Camòrro.  Vegga  si  a  difetto. 

Camosciare,  camosciatura.  Detto  a  concia 
e  a  camoscio. 

Camoscino.  Pelle  di  camoscio. 

Camoscio.  Animale  selvatico,  somigliante  alla 
capra  e  vivente  nei  luoghi  alpestri.  -  Camòzza,  la 
femmina  del  camoscio.  -  Camosciare,  dare  la  concia 
alla  pelle  del  camoscio:  anche,  scamosciare.  -  Ca- 
mosciatura, operazione  per  ammorbidire  e  colorare 
le  pelli  per  mezzo  degli  oli  di  pesce.  -  Camoscino, 
la  pelle  del  camoscio  conciata. 

Camòzza.  Detto  a  camoscio. 

Campare  (campato).  Detto  a  vivere, 

Campacchlare  {campacchiato).  Campare,  vi- 
vere stentatamente. 

Campagna.  Paese  aperto,  fuori  di  terre  mu- 
rate, più  0  meno  coltivato,  con  abitazioni  sparse: 
in  essa,  specialmente,  si  esercita  r«fir»'tco/<Mra.  Vi 
si  distinguono  bene  spesso  il  campo,  il  prato,  la  vi- 
gna, il  bosco;  vi  scorre  il  ruscello  o  la  attra- 
versa il  canale,  il  fiunie;  si  stende  per  intero  in 
pianura,  in  valle,  o  si  aderge  in  collina,  in 
monte.   E'    amena,   aperta,   aprica,   bella,   fertile. 


fiorita,  ridente,  verdeggiante,  oppure  chiusa,  melan- 
conica, triste,  sterile,  squallida,  desolata.  -  Brulla, 
la  campagna  nuda,  spogliata,  senza  vegetazione, 
-  Rasa,  la  campagna  nella  quale  non  sono  né  al- 
beri, né  monti  o  simili  che  ne  rompano  l'unifor- 
mità. -  Apparecchio,  aspetto  ridente  dilla  campagna. 
«  C'è  un  bellissimo  apparecchio  di  fiori.  »  -  Pane, 
figlio  di  Mercurio  e  dio  delle  campagne,  special- 
mente dei  pastori. 

Agro,  la  campagna  che  si  stende  intorno  a  una  città, 
a  un  borgo.  -  Bacino,  paese  di  pianure  o  di  valli  ba- 
gnato da  un  fiume.  -  brughiera,  in  Lombardia, 
quel  terreno  incolto  e  deserto  ove  cresce  l'erica  e  la 
scopa  (brugh).  -  Cavezzale ,  terreno  alla  testata 
estrema  delle  campagne  che  si  lascia  incolto.  -  Con- 
tado, campagna  intorno  alla  città  con  ville,  poderi, 
case  rustiche,  paeselli,  ecc.  -  Deserto,  vasta  su- 
perficie di  terre  tutta  coperta  di  sabbia.  -  Greto, 
d'una  campagna  invasa  dalla  piena  e  ricoperta  di 
sassi  e  ghiaia  {parere  un  greto,  di  campagna  in  tali 
condizioni. 

Lama,  tratto  di  campagna  allagato  per  mancanza  di 
sfogo  alle  acque.  -  Landa,  campagna  incolta.  -  Latifondo, 
grande  possedimento  di  terre  in  campagna,  grande 
podere.  -  Pampa,  regione  di  steppe  nell'America 
Meridionale  (Argentina,  all'ovest  del  basso  Paranà 
e  del  Rio  della  Piata),  formata  da  terra  rossa  cal- 
carea, rivestita  di  trifoglio,  erba  medica  e  altri  fo- 
raggi. -  Pustza,  campagna  (per  il  pascolo  dei  ca- 
valli) in  Ungheria.  -  Steppa,  vasta  estensione  di 
terre,  nell'Europa  orientale  e  nell'Asia  boreale,  ta- 
lora prive  d'acqua  e  sterili,  tal'altra  solcate  da  rivi 
0  da  fiumi  e  coperte  di  pascoli.  -  Tratturo,  nome 
dato  alle  vie  naturali  che  nel  Tavoliere  delle  Puglie 
si  formarono  dal  passaggio  dei  grandi  armenti  che 
discendevano  per  pascolo  dagli  Abruzzi. 

Di  campagna,  della  campagna:  agreste,  agricolo, 
campestre,  foràneo,  forese,  rurale,  rusticale,  rusti- 
cano, rustico;  villereccio,  villeresco,  villesco.  -  A//a 
campagnola,  all'usanza  di  campagna.  -  Géorgico, 
poema  campestre.  -  Paesaggio,  parte  di  campagna 
■oflrente  un  bel  punto  di  veduta. 

Edifici,  strade,  ecc.  -  Persone. 

Casa  colonica,  quella  abitata  dai  coloni,  dai  col- 
tivatori della  terra,  dai  contadini.  Vi  é  la  stalla^ 
il  fienile,  Vaia  e,  qualche  volta,  il  locale  del  ca- 
seificio. -  Casa  padronale,  quella  abitata  dal  padrone, 
in  campagna.  -  C'osa  rustica,  abitazione  di  contadini, 
nella  quale  sono  anche  luoghi  per  tenere  il  bestiame, 
per  riporre  arnesi  e  altre  robe.  -  Casale,  gruppo  di 
case  in  canìpagna  aperta.  -  Catapecchia,  luogo  di 
campagna  squallido  e  solitario:  casupola.  -  Cascina, 
aggregato  di  case  coloniche  nella  campagna  lombarda, 
con  spazio  libero  in  mezzo,  finestre  e  ballatoi  pro- 
spicienti sul  cortile.  -  Casino,  casa  di  campagna,  o 
poco  lontana  dalle  mura  della  città,  costruita  in 
forma  elegante,  per  passarvi  qualche  tempo  del- 
l'anno, e  anche  per  abitarvi  stabilmente.  -  Ma, 
voce  russa,  capanna  coperta  di  paglia,  casa  colo- 
nica. -  Villa,  casa  signorile  di  campagna.  -  Vii- 
faggio,  piccolo  gruppo  di  case  in  can>pagna. 

Botte,  condotto  che  passa  sotto  l'alveo  di  un  ca- 
nale ò  di  un  fiume,  per  condurre  gli  scoli  della 
campagna.  -  Carraia,  in  alcuni  luoghi,  loggia  o 
stanzone  che  nelle  case  di  campagna  é  presso  le 
stalle  e  ove  si  tengono  i  carri.  -  Indicatore,  il  piolo 
0  la  colonnetta  che  porta  l'iscrizione,  sulle  stra- 
dicciuole  di  campagna.  -   Paracarro,   ciascuno   di 


CAMPAGNUOLO 


375 


quei  pioletti  che  sono  a  inlevvalli  lungo  le  strade 
ai  campagna.  -  Sentiero,  sentiere,  stretta  via  at- 
traverso le  campagne.  -  Viottola,  viottolo,  via  stretta 
d'un  podere,  di  campagna. 

Cafaggiàio,  chi  soprintendeva  alla  custodia  delle 
campagne  e  dei  boschi.  -  Campagnolo,  chi  è  nato  in 
cahipagna,  o  vi  abita  (/arsi  t/i  campagna,  farsi  cam- 
pagnolo). -  Contadino,  uomo  di  contado:  più 
I)ropriau)ente,  colui  che  lavora  la  terra,  coltiva  il 
suolo.  -  l^attore,  il  campagnuolo  che  ha  la  cura 
dei  poderi  altrui  (uomo  di  fattore,  l'inserviente  di 
fattore).  -  Forosetto,  forosetta,  foresetto,  foreiello, 
foresotto,  foresozzo,  diminutivo  e  vezzeggiativo  di 
forese,  specialmente  nel  genere  femminino:  conta- 
dinello,  contadinella,  giovani  e  vispi.  -  Servo  della 
gleba,  il  lavoratore  della  campagna.  -  Terrazzano, 
campagnolo,  contadino,  montanino.  -  Villico,  cam- 
pagnolo, fattore. 

Incittadinarsi,  di  campagnolo  farsi  cittadino,  venire 
a  stare  in  città.  -  Scampagnare,  stare  a  godersela  in 
campagna.  -  Scampagnata,  spasso  in  campagna  d'un 
giorno  0  due.  -  Stare  in  campagna,  villeggiare,  ru- 
sticare. 

Oampagnuòlo.  Di  campagna.  -  Chi  sta  in 
catnpagna.  •  Varietà  di  topo. 

Campaiuòlo.  Di  cani  pò. 

Campale.  Di  campo  o  da  campo.  ■  Detto  di 
battaglia. 

Campaménto.  Ciò  che  serve  al  sostentamento, 
al  vivere. 

Campana.  Istrumento  di  metallo  (bronzo), 
con  un  battaglio  di  ferro  sospesovi  entro;  lo  si 
colloca  sul  campanile  e  lo  si  suona  per  chia- 
mare a  raccolta  il  popolo  e  i  magistrati,  i  fedeli 
alla  chiesa,  ecc.:  chiamapopoli;  bronzo;  sacri 
bronzi;  sacro  metallo;  squilla.  Le  campane  si  get- 
tano, si  fabbricano  nella  fonderia.  -  Campanaccia, 
spreg.  di  campana.  -  Campanella,  dimin.  di  cam- 
pana, piccola  campana.  -  Campanellotta,  campanella 
di  mediocre  grandezza:  ha  qualche  esempio,  e  può 
cadere  talora  opportunissimo;  ma  è  di  raro  uso.  - 
Campanelluccia,  campanelluzza,  dimin.  e  un  po' 
dispreg.  di  campanella.  -  Campanella,  piccola  cam- 
pana fissa.  -  Campanona,  grossa  campana.  -  Cam- 
panone,  la  grossa,  la  maggiore  delle  campane  e  di 
suono  più  grave:  campana  grossa.  -  La  lunga:  il 
suono  a  distesa  della  campana  grossa.  -  La  piccola, 
la  campana  più  piccola. 

Martinella,  campana  del  carroccio  nel  medioevo. 
•  Squilla,  la  campana  più  piccola.  La  campanella, 
il  campanaccio,  delle  bestie  bovine  ed  ovine.  Il 
suono  stesso  della  campana  la  mattina  e  la  sera.  - 
Umbre  (frane),  campana  fissa,  senza  battaglio.  - 
Tralas,  tavolette  il  cui  rumore  sostituisce  quello 
delle  campane  in  Moldavia.  -  locsin,  campana  d'al- 
larme; maniera  di  suonare  la  campana  a  tòcchi 
accelerati,  per  dare  l'allarme.  -  Yu,  pietra  sonora 
con  la  quale  i  Cinesi  fanno  campane  (la  campana 
<5inese  si  chiama  gong). 

Parti  della  campana. 

Ansala,  anello  o  staffa  a  cui  si  attacca  il  bat- 
taglio della  campana.  -  Battaglino,  piccolo  battaglio. 
-  Battaglio,  pezzo  mazzocchiuto  di  ferro  libera- 
mente legato  al  cattivello  e  pendente  nell'interno 
dplla  campana,  contro  la  quale  va  ad  urtare  quando 
«ssa  è  dondolata:  batacchio,  batocchio,  battocchio  ; 
poet.,  plettro.  È  tutto  d'un  pezzo,  sottile  in  alto,  dove 
ha  Vncrhto,  va  ingrossandosi  in  basso  e  termina  in 


pera,  che  è  quella  che  batte  (battagli  di  campana 
rivestiti,  percliè  non  suonino).  -  Battente,  la  maggior 
grossezza  del  lembo,  contro  la  quale  picchia  il  bat- 
taglio. -  Bilichi,  i  due  robusti  perni  di  ferro,  fer- 
mati ai  due  estremi  del  mozzo.  -  Bocca,  l'anqiia  aper- 
tura circolare  nella  quale  termina  inferiormente  la 
campana.  -  Bronzine,  due  massicci  pezzi  di  bronzo 
con  canale  semicilindrico  sulla  faccia  superiore,  nel 
quale  si  posa  e  si  volge  ciascuno   dei    due  bilichi. 

Castello,  più  pezzi  di  travi  uniti  insieme  per  reg- 
gere le  camjiane.  -  Cattivello,  grosso  occhio  di  ferro 
incastrato  nella  testa  della  cainpana  nell'atto  stesso 
del  getto:  ad  esso  è  appeso  il  battaglio.  -  Cicogna, 
legno  che  bilica  la  campana.  -  Corona,  manico  della 
campana,  che  si  unisce  al  mozzo.  -  Collarini,  i 
pezzi  che  reggono  il  manico  della  campana.  -  Fascia, 
l'ornato  che  attornia  la  campana.  -  Fondo,  culatta, 
la  ])arte  della  campana  dal  cui  centro  pende  libe- 
ramente il  battaglio. 

Iscrizione,  tutte  le  parole  in  rilievo  che  si  leg- 
gono in  giro  sulla  campana.  -  Manico,  finimento 
superiore  della  campana,  tutto  d'un  pezzo  con  essa, 
e  foggiato  in  due  o  tre  occhi  e  ciambelle.  -  Mani- 
glia, il  foro  quadro  in  cui  termina  superiormente 
il  battaglio  per  legarlo  con  forte  cigna  di  cuoio  al 
cattivello.  -  Maniglione,  il  fusto  del  battaglio  -  Jl/ar- 
tello,  quello  che  batte  la  campana  delle  ore. 

Mozzatura,  il  complesso  delle  parti  formanti  il 
mozzo  delie  campane. 

Mozzo,  ceppo  a  cui  è  incastrato  il  manico  e  che 
tiene  sospesa  la  campana  mediante  i  bilichi.  -  Or- 
namenti, tutti  i  fregi  di  getto  sulla  campana,  come 
a  dire  fiorami,  croci,  altre  immagini  di  cose  sa- 
cre, ecc.  -  Penna,  il  lembo  esterno  della  bocca,  as- 
sottigliato e  quasi  tagliente,  che  poi  s'ingrossa  nel 
battente.  -  Pera,  la  estremità  inferiore  del  battaglio, 
che  ha  appunto  forma  di  pera.  -  Bota,  gran  cerchio 
di  legno  con  canale  nella  grossezza  della  circonfe- 
renza, pel  passaggio  della  corda:  tien  luogo  della 
stanga.  -  Stanga,  legno  in  forma  di  piano,  calettato 
a  squadra  all'un  dei  capi  col  mozzo,  mentre  dal- 
l'altro pende  la  corda  per  dondolare  e  suonare  la 
campana.  -  Testa,  la  parte  superiore  della  campana, 
quasi  emisferica,  il  cui  diametro  suol  essere  la 
metà  di  quello  della  bocca.  -  Irecce,  il  manico 
intrecciato  della  campana. 

Del  suonare  le  campane. 

Attaccare  alle  campane,  suonare  con  tutta  forza. 
-  Dare  i  cenni,  taccheggiare,  suonare  per  le  fun- 
zioni di  chiesa.  -  Dare  nelle  campane,  mettersi  a 
suonarle  e  forte.  -  Bintoccare,  suonare  a  rintocchi, 
ripetere  i  tocchi.  -  Sbatacchiare  le  campane,  scam- 
panare. -  Sbattagliare,  scampanare,  fare  un  gran 
sonare  di  battaglio.  -  Scampanare,  scampanata,  far 
un  gran  sonare  di  campane  :  dindonare.  Scampanìo, 
vivo  scampanare  continuato.  -  Snodare  il  dondonìo, 
suonare  a  distesa. 

Somre  a  distesa,  senza  interruzione;  a  doppio, 
suonare  una  campana  in  modo  che  essa,  dondo- 
lando, descriva  un  grande  arco  di  circolo,  e  il 
battaglio  percuota  la  compana  ora  da  un  lato,  ora 
dal  lato  opposto;  a  festa,  sonare  tutte  le  campane, 
e  con  forza,  o  per  lungo  tempo,  in  segno  di  festa, 
di  gioia;  a  fuoco,  a  tocchi  spessi  delle  campane  per 
cenno  di  qualche  incendio;  a  gloria,  a  distesa, 
per  qualche  festa  importante  ;  a  martello ,  a 
tocco  a  tocco,  per  adunare  il  popolo,  per  annun- 
ziare sciagure,  incendi,  ecc.;  a  morto,  per  avvisare 


376 


CAMPANA   —    CAMPANELLO 


che  è  morta  una  persona  ;  a  tocchi,  a  rintocchi,  con- 
trario di  suonare  a  dislesa:  dicesi  quando  la  cam- 
pana va  ripetutamente  a  urtare  nel  battaglio,  sem- 
pre dalla  stessa  parte;  a  stormo  (stormeggiare),  a 
tocchi  spessi  e  concitati;  suonare  le  campane  per  ec- 
citare la  gente  a  riunirsi  :  come  a  martello.  -  Inoltre, 
le  campane  si  suonano  (o  si  suonavano  un  tempo)  a 
battesimo,  a  consiglio,  a  coro  (per  chiamare  i  preti 
in  coro),  a  mattutino  (ora  canonica  che  un  tempo  si 
diceva  dai  sacerdoti  innanzi  giorno),  a  messa,  a 
morticino  (per  la  morie  di  un  bambino),  a  ufficio,  a 
vespro,  ecc.;  cosi  sonare  Ventrata  della  messa,  del 
vespro;  sonare  la  terza,  la  nona,  ecc.  (ore  cano- 
niche 0  di  preghiera). 

lempellare,  suonar  molto.  -  licchettare,  suonare 
le  campane  a  martello. 

Avemmaria,  il  suono  delle  campane  a  sera,  quando 
tramonta  il  sole.  -  Dindon,  din  don,  dondó,  don  dò, 
tintontó,  ton  ton  ton,  voci  imitative.  -  Doppio,  il 
suono  combinato  di  due  o  tre  campane;  o  quando 
suonano  le  campane  di  una  chiesa  tutte  insieme.  - 
Rintócco,  il  suono  che  fa  la  campana  rintoccando; 
la  replica  delle  ore  che  batte  un  orologio  pub- 
blico. -  Vespro,  il  segno  che  si  dà  con  la  campana 
suonando  a  vespro  (una  delle  sette  ore  canoniche, 
che  si  dice  fra  la  nona  e  la  compieta). 

Lanllon,  concerto  di  campane.  -  Bomba,  il  conti- 
nuato rintronamento  e  la  prolungata  ondulazione 
che  accompagna  e  seguita  il  suono  della  campana. 

-  Battesimo  di  una  campana,  la  cerimonia  per  be- 
nedirla. -  Digiuno  delle  campane,  il  periodo  della 
settimana  santa  durante  il  quale  stanno  legate.  Al- 
lora, in  qualche  paese,  si  adopera  la  tabella,  o  re- 
gola, tavoletta  con  due  battenti  di  ferro,  che, 
agitandola,  rende  suono  strepitoso. 

Lampanaio,  campanaro,  chi  suona  le  campane  o 
ne  ha  cura;  Quasimodo  (dal  nome  del  campanaio 
d'un  celebre  romanzo  di  Victor  Hugo). 

Campana.  Sorta  di  vaso  per  distillare  e 
per  altro.  -  Istrumento  da  palombaro. 

Canipàna.    Veggasi  a  péro. 

Canipanàccio.  Campanella  che  si  attacca  al 
collo  del  bestiame  bovino  od  ovino,  conducendolo 
al  pascolo  o  da  luogo  a  luogo. 

Campanaio»  campanaro.  Detto  a  cam- 
pana. 

Campanèlla.  Cerchio  che  si  appicca  nell're- 
scio  0  nel  muro.  -  Qualunque  cerchietto  che  serve 
per  atlaccatoio  (veggasi  ad  attaccare,  attaccarsi). 

-  Sorta  di  orecchino.  -  Ornamento  di  archi- 
trave e  del  modiglione. 

Campanellina.  Detto  a  vilucchio* 
Campanello.  Piccolo  arnese  a  forma  di  minu- 
scola campana,  pure  di  metallo  e  con  battaglio 
sospeso:  è  per  lo  più  un  vaso  tondo  di  metallo 
sonoro,  di  getto,  a  base  circolare  che  va  restrin- 
gendosi in  alto,  i  cui  lati  hanno  una  leggera  curva- 
tura in  dentro  e  l'orlo  alquanto  proteso  in  fuori; 
è  a  mano,  e  lo  si  suona  prendendolo  pel  manico 
e  scuotendolo  cosi,  o  attaccato  in  alto,  e  lo  si  suo- 
na tirando  un  cordone,  per  mezzo  di  una  molla: 
campanellino,  campanelluzzo,  campanuzzo;  tintin- 
nabolo,  tinlinnabulo;  inclangorio  (lat).  -  Campa- 
nelldccio,  spreg.  di  campanello.  -  Campanellino. 
dimìn.  di  campanello.  -  Campanelluccio,  campanel- 
luzzo, dimin.  e  un  po'  spregiai.  -  Campanaccio, 
sorta  di  campanello  rozzo  di  ferro  per  mettere  al 
collo  delle  bestie  che  guidano  le  altre:  ve  ne  sono 
aache  di  terracotta. 

Campanello  a  percussione,  da    tavolino,  di    varia 


forma  e  struttura:  lo  si  la  agire  per  mezzo  di  una 
molla  che  move  un  martelletto,  o  battendovi  su  un 
colpo  con  la  mano,  o  giranda  un  congegno  a 
vite,  ecc.  -  Campanello  a  scatto,  specie  di  piccola 
campana  che  si  pone  in  una  stanza  dei  vari  piani 
di  una  casa,  con  filo  di  ferro  che  scende  per  un 
foro  giù  fino  all'uscio  della  strada,  dov'è  raccoman- 
dato a  una  molla,  la  quale  si  fa  scattare  tirando 
a  sé  un  manubrio  collocato  dalla  parte  di  fuori  ;  e 
cosi  il  campanello  suona,  e  la  gente  di  casa  va  ad 
aprir  l'uscio,  tirando  la  corda.  -  Campanello .  di 
strada,  quello  che  si  suona  per  farsi  aprir  la  porta. 

Campanello  elettrico,  quello  che  suona  per  la  co- 
municazione con  un  rudimentale  apparecchio  spri- 
gionante elettricità:  consiste  in  un' elettro-calamita 
a  ferro  di  cavallo  che,  quando  sia  attraversata  da 
corrente,  apre  un  circuito  e  obbliga  un  martellino- 
a  percuotere  una  campana  metallica,  che  vibra  suo- 
nando. Bottone  di  chiamata,  il  piccolo  disco  di 
materia  elettricamente  isolante  che,  premuto,  mette 
in  azione  l'elettro-calamita.  -  Quadro  indicatore,  o 
universale,  apparecchio,  in  comunicazione  elettrica 
con  un  sistema  di  campanelli,  che  indica  quale  di 
essi  ha  suonato. 

Campano,  grosso  campanello  portato  al  collo  dalla 
bestia  che  guida  l'armento  o  il  gregge.  -  Grelot, 
campanello  metallico  in  forma  di  palla.  -  Strillozzo 
si  dice  il  campanello  dallo  strillare  che  ta. 


Parti  del  campanello. 


Del  suonarlo. 


Battaglio,  filo  di  ferro,  pendolo  dalla  parte  cen- 
trale del  fondo,  e  che  inferiormente  è  unito  alla 
palla  metallica  che  batte  neWorlo,  cioè  nella  parte 
interna  interiore.  -  Catena,  serie  di  piccoli  anelli 
di  ferro  che  fanno  l'ufficio  di  corda  per  suonare  i 
campanelli  dall'uscio  di  strada.  -  Corda  del  campa- 
nello, funicella  della  quale  uno  dei  capi,  legato  al 
campanello  e  pendente  da  una  girella,  serve  a  ti- 
rare e  sonare.  Questa  parte,  quando  pende  lungo  la 
parete  nelle  stanze,  si  dice  cordone;  se  fuori  della 
porta,  corda.  La  corda  del  campanello  di  casa,  e  che 
talvolta  è  una  catena,  esce  dall'imposta,  e  talora 
dal  muro,  in  vicinanza  della  medesima,  passando 
tangenzialmente  sul  canale,  o  gola,  scavato  nella 
grossezza  della  periferia  di  una  girella,  per  agevo- 
larne la  tirata  e  per  impedire  il  logorarsi  della 
corda  ;  questa  si  tira  impugnandone  la  maniglia,  o 
nappa,  o  altro  equivalente  finimento.  Alla  corda, 
nelle  porte  delle  case,  qualche  volta  è  sostituito  un 
pollino  metallico,  il  cui  gambo  ha  un  corto  movi- 
mento orizzontale  o  verticale  nella  feritoia  di  una 
piastra  di  metallo;  si  suona  tirando  il  pallino  a  sé, 
ovvero  abbassandolo;  nei  due  casi,  esso  è  ricon- 
dotto al  primo  posto  dalla  molla  di  ritiro.  In  ge- 
nerale, tutte  queste  diverse  cose  si  chiamano  tira- 
campanello,  la  qual  voce  però  è  più  specialmente 
riserbata  ad  indicare  quelle  strisele  ricamate  tiran- 
do le  quali  si  suonano  i  campanelli  dairinteriio 
delle  stanze.  -  Cordone,  corda  ordinariamente  di 
grossezza  minore  e  di  materia  più  fine  della  co- 
mune: cordiglio.  -  Fondo,  culatta,  quella  parte  del 
campanello,  o  della  campana,  dal  cui  centro  pende 
liberamente  il  battaglio.  -  Leva  da  tirare,  insieme 
di  ferri' variatamente  ripiegati,  imperniati  nel  muro, 
specialmente  negli  angoli  delle  stanze  e  dappertutto 
dove  la  corda  ha  da  camijiar  direzione  per  arri- 
vare al  campanello,  talvolta  lontano.  -  Manico,  corto 
pezzo,  pure  di  getto,  con  uno  o  più  fori,  che  sporge 
luori  dalla  parte  superiore  della  culatta,  e  serve  a 


CAMPANILE   —  CAMPO 


377 


fermare  alla  molla  il  campanello  da  uscio,  il  cam- 
panello da  tenersi  sul  tavolino  ha  un  manico  tondo 
di  metallo  o  di  legno.  Nei  grossi  campanelli  da 
strada,  e  nelle  campane  propriamente  dette,  invece 
del  manico  sono  le  trecce,  che  s'incastrano  nel  mozzo 
o  cejipo,  grosso  l(>gname  con  due  jyerni  per  tenere 
la  campana  in  bilico  sul  castello,  -  Mannjlia,  presa 
per  mezxo  della  quale  si  tira  la  corda  del  campa- 
nello. -  Molla  ili  ritiro,  quella  annessa  al  cain|)a- 
nello.  perchè  l'uffizio  di  essa  è  di  riportarlo  nella 
direzione  verticale,  dalla  quale  era  stata  rimosso 
nel  suonarlo.  -  Nappa,  gruppo  di  fili  o  peneri  messi 
per  ornamento  ai  cordoni  dei  campanelli,  alle  tende, 
ecc.  -  Jiracampanello,  larga  striscia  di  roba  rica- 
mata in  seta  o  in  lana  che  dall'una  parte  si  attacca 
alla  leva  del  campanello,  da  dove  per  conseguenza 
penzola  e  porta  in  fondo  una  maniglia,  più  o 
meno  ricca,  o  una  nappa  per  far  sonare  il  campa- 
nello tirandola  giù. 

Attaccarsi  al  campanello j  suonarlo  con  tutta  forza. 

-  Dare  una  gran  strappata,  un  terribile  strappone 
al  campanello,  tirare  con  forza,  con  violenza  la 
corda,  il  cordone.  -  Scampanellare,  sonar  niolto  il 
campanello,  far  molte  e  frequenti  tirate  della  corda. 
•  Scampanellata,  forte  e  ripetuto  suonare  il  campa- 
nello; forte  tirata  di  campanello.  -  SeM0<^?-6',  agitare 
il  campanello  a  mano.  -  Sonare,  del  campanello  di 
casa,  tintinnare.  -  Tirare  il  campanello,  modo  ellit- 
tico, per  dire  tirare  la  corda  di  esso  perciiè  suoni 
(una  tirata  di  corda  al  campanello). 

Scampanellio,  scampanellata  prolungata;  o  meglio, 
frequenti  scampanellate.  -  Tintinnio,  il  risuonare  o 
anche  piccolo  suono  di  campanello  od  altro.  -  Una 
bella  squilla,  un  bello  squillo,  un  bel  suono;  suono 
argentino  di  campanello.  -  Voci  imitative:  dlin, 
dlin  ;  dilin  dilin;  din  din,  dindin;  tintin;  trrrri  ! 
(di  campanello  elettrico). 

Oampanile.  Costruzione  elevata,  annessa,  per 
lo  più,  alle  chiese,  in  forma  di  torre,  alla  sonnnità 
terminata  dalla  cella  campanaria,  o  camera  desti- 
nata alle  campane:  orologiario,  torre,  torre  da  oro- 
logio (poiché,  di  solito,  vi  si  colloca  un  orologio 
per  il  pubblico).  -  Campaniletto,  campanilino,  pic- 
colo campanile.  -  Campanilone,  grande    campanile, 

-  Campanile  a  ventola,  piccolo  muro  sul  tetto  della 
chiesa,  con  una  o  più  aperture,  per  le  campane  : 
campanile  a  vela  (meno  comune).  -  Minareto,  spe- 
cie di  torre  eretta  ai  fianchi  delle  moschee  allo 
scopo  che,  dall'alto  di  esse,  il  muezzin  annunci  ai 
fedeli  l'ora  della  preghiera. 

Rocca  del  campanile,  parte  della  torre  campana- 
ria, forata  da  finestre  o  da  arcate,  che  cinge  lo  spa- 
zio occupato  dalle  campane:  detta  anche  castello. 
■  Torre  d'un  campanile,  la  parte  torreggiante,  il 
fusto.  -  Le  stanze,  le  scale,  le  finestre  del  campanile. 

Campanilismo  {campanilista).  Soverchio  e 
cieco  amore  per  il  proprio  paese  {regionalismo) 
per  la  propria  patria:  frs.nc.,  chauvimsme.  -  Cam- 
panilista, chi  è  affetto  da  campanilismo:  regionalista. 

Campano.  Detto  a  catnpanello  e  a  pero. 

Campanóne.  Veggasi  a  campana. 

Campare  {campato).  Liberare,  liberarsi  da  un 
pericolo  ;  sostenersi  in  vita,  vivere.  -  Termine  di 
pittura  e  di  scultura. 

Campareccio.  Che  campa  molto,  diventa 
vecchio. 

Campata.  Veggasi  a  ponte. 

Campeg'giare  {campeggiato).  Di  milizia  che 
sta  a  campo,  ad  accanipanientOf  o  fa  mosse  in 
guerra. 


Campeg'giare  {campeggialo).  Fare  spicco,  ri" 
saltare,  avere  spiccata  apparenza,  notevole 
aspetto.  ^ 

Campéggio.  Albero  americano,  il  cui  legna 
durissimo,  dentro  rosso  cupo,  diventa  cogli  acidi 
rosso  vivace  e  cogli  alcali  azzurro  violetto:  serve 
in  medicina  e  per  la  tintoria,  specialmente  sa 
stoffe  di  seta,  ecc. 

Campereccio.  Di  campo. 

Campestre.  Di  campo,  appartenente  all'a- 
gricoltura,  alla  caìnpagna. 

Campicchiare  {campicchiato).  Campucchiare^ 
vivere  stentatamente. 

Campicello.  Piccolo  campo. 

Campigiana.  Sorta  di  mattone. 

Campionàrio,  campióne.  Detto  a  merce. 

Campióne.  Libro,  registro  principale  del  cen- 
simento pubblico,  delle  gabelle,  dei   mercanti,  ecc. 

-  Mostra  di  merce.  -  Saggio,  jìrova. 

Campióne.  Chi  soleva  combattere  in  campo 
0  in  isteccato,  per  la  propria  e  per  l'altrui  difesa, 
nella  giostra,  nel  tornèo.  -  Per  estens.,  difensore. 

Campire  {campito).  Termine  dì  pittura. 

Campo.  Spazio  di  terreno  all'aperto,  soggetto 
aìVagricoltui'a,  aratio,  dove  si  seminano  biade  e 
altro  (quindi  grano,  frumento,  riso,  avena, 
orzo,  segale,  panico,  canapa,  lino,  ecc.i,  per 
lo  più  in  pianura,  o  nel  fondo  di  una  valle.  Dif- 
ferisce dal  pianale  (in  ciò:  che  questo  si  trova  dove 
comincia  la  costa)  e  As\\^ piaggia,  che  si  trova  sulla 
costa  e  ha  il  suolo  disuguale  e  la  terra  grossa.  Il 
campo  è  fertile  o  sterile,  secondo  la  natura  del 
terreno;  aperto  o  rinchiuso  (cinto  da  siepe);  albe- 
rato 0  spoglio  d'alberi;  a  solatio,  quando  bene 
esposto  al  sole,  arato  (lavorato)  o  intatto  dall'a- 
ratro; scaglionalo,  a  scaglioni,  in  costa;  segalo,  dopo 
che  vi  fu  tagliato  il  grano,  'ecc.  -  Camperello,  cam- 
pettino,  campicciuolo,  campicello,  campitello,  campino, 
piccolo  campo.  -  Campuccio,  campo  da  poco,  cioè 
poco  esteso  e  che  rende  scarsamente.  -  Campereccio, 
campestre,  dei  campi,  della  campagna.  -  Scampa- 
gnata, vasta  estensione  di  campi.  -  Termine,  deità 
che  presiedeva  al  limite  dei  campi. 

Campestre,  dei  campi:  agricolo,  campereccio,  co- 
lonico, georgico.  -  Loiire,  antica  danza  campestre, 
di  carattere  grave,  nella  misura  tripla  composta  6/4. 

-  Musette,  ballo  capestre  semplice  e  grazioso. 

Campi  diversi.  —  Accidentalità'  dei  campi. 

Lavori,  ecc. 

Baccellaio,  campo  di  baccelli.  -  Cavezzale,  terreno 
alla  testata  estrema  delle  campagne,  che  si  lascia 
incolto.  Lo  stesso  che  capitagna.  -  Favule,  campo 
nel  quale  siano  state  seminate  fave  e  poscia  svelte. 

-  Maggese,  campo  lasciato  sodo,  per  seminarlo 
l'anno  dopo.  Maggese  nudo,  a  raccolta,  secondo  se 
esclude  o  ammette  prodotti.  -  Idrato,  campo  non 
lavorato  e  che  produce  foraggio.  -  Rapuglio,  campo 
a  rape:  veggasi  a  rapa.  -  Ringranaticcio,  campo 
ringranato,  nel  quale  si  fa  succedere,  senza  riposo, 
un  cereale  all'altro.  -  Salda,  campo  lasciato  a  erba 
d'inverno,  per  mandarvi  a  primavera  il  bestiame.  - 
Seccia,  il  campo  nel  quale  è  la  stoppia.  -  Segalaio, 
campo  a  segale.  -  Sementa,  il  campo  seminato  che 
ha  messo.  -  Stoppia,  campo  mietuto,  coperto  dalla 
paglia,  che  rimane  dopo  segata  la  biada. 

Acquaio,  solco  dei  campi  per  cui  passa  l'acqua: 
solco  acquaio,  acquaiòlo.  -  Acquaiata,  porzione  di 
campo  interposta  fra  due  solchi  acquai.  -  Acquidoccio, 


378 


CAMPO     —    CANALE 


comunemente,  la  fossa,  per  lo  più  murata,  die 
serve  a  ricevere  la  acque  dei  campi.  -  Aiuòla,  spazio 
rilevato  fra  solco  e  solco;  anche,  spartimento  di 
terra,  quaderno,  quadro,  quadrato,  riquadrato,  ta- 
vola. -  Arginello,  piccolo  argine  che  si  fa  nei 
campi  per  regolare  le  acque  o  servire  da  passaggio. 

-  Berga,  argine  elevato  che  si  fa  ai  campi  per  di- 
fenderli dalie  inondazioni,  e  anche  lungo  i  fiumi, 
a  guisa  di  sponda.  -  Borro,  corrosione  fatta  dal-- 
l'acqua  in  una  valle  o  nei  campi  e  rivestita  di 
piante  selvatiche.  -  Callaia,  callaiòla,  viottola  nei 
campi.  -  Chiìidenda,  chiùdendola,  chiusa,  riparo  con 
siepi,  pruni,  ecc.,  a  campi  seminati  o  altro.  -  Ci- 
ylio  del  solco,  il  muro  erboso  d'un  campo.  -  Ciglio- 
iie,  terreno  erboso,  rilevato  sopra  la  fossa  o  la 
strada  che  sovrasta  al  campo.  -  tossa,  fossato,  fosso, 
scolatoio  che  si  fa  sulla  riva  dei  campi,  per  rice- 
vere le  acque  e  cavarne  la  mehnaj  fosso  di  scolo, 
d'irrigazione,  di  rinfresco;  se  grande  e  murato, 
canale.  -  Gleba,  la  zolla.  -  Grolla,  riparo  fatto  di 
terra  posticcia,  intorno  al  campo,  per  difenderlo, 
come  argine.  -  Mugolalo,  spazio  di  campo  sul  quale 
i  contadini  fanno  le  porche  il  doppio  dell'ordinario. 

Passata,  striscia  di  campo  o  di  prato,  passata 
dalla  frullana  o  mietuta.  -  Piota,  zolla  di  terra 
erbosa  staccata  con  la  zappa  o  con  la  vanga  per 
impiallacciare.  -  Porca,  striscia  di  terra  fra  solco  e 
solco:  brania,  capezza,  capitagna  (più  larga  e  volta 
in  senso  perpendicolare  alle  altre),  capezzaggine, 
quaderna,  quaderno.  In  essa  si  distingue  il  dorso 
(colmo),  la  cresta,  il  ciglio.  Porca  a  tetto  di  capanna, 
molto  curva.  -  Proda,  estremità  del  campo.  Prode 
vitate,  gelsate,  piantate  di  viti,  di  gelsi.  -  Quadri, 
gli  spartimenti  nei  campi,  nei  giardini.-  Rattenuta, 
arginetto  che  si  suol  fare  nelle  fosse,  per  rattenere 
la  terra  buona,  che  si^  manda  poi  nei  campi.  -  Re- 
dola, viale  tra  i  campi  o  nei  giardini  coperto  di  mi- 
nuta ghiaia.  -  Sentiero,  viottola  attraverso  i  campi. 

-  Siepe,  chiudenda  fatta  d'alberi  o  d'arbusti,  che 
circonda  un  campo,  un  vigneto,  un  giardino.  -  Solco, 
ciascuno  dei  piccoli  fossi  che  attraversano  i  campi 
coltivati.  -  Testata,  il  terreno  in  cima  e  in  fondo  del 
campo  per  il  lungo.  -  Zolla,  pezzo  di  terra  spiccata 
dai  campi  lavorati. 

Acciglionare  {acdg lionato),  munire  un  campo  di 
ciglioni.  -  Affossare  (affossamento,  affossatura),  far 
tosse  in  un  campo,  perchè  le  acque  abbiano  scolo. 
•  Ammannare,  far  manne  o  mannelli  di  biade.-  Ap- 
prodare, tare  i  ciglioni,  mettere  le  viti  lungo  le 
prode.  -  ìmporcare,  fare  le  porche.  -  Imporre  o 
formare  il  campo,  aprire,  per  mezzo  del  fondatolo, 
un  solco  in  ogni  lembo  lasciato  ritto  nell'  amman- 
nare. -  Ringiovanire,  ringranare,  ecc.:  per  questi 
e  per  altri  lavori  che  si  fanno  nei  campi,  veggasi 
ad  agricoltura.  -  Ristoppiare,  seminare  di  nuovo 
il  campo  che  ha  la  stoppia,  senza  lasciarlo  riposare. 

-  Spigolare,  raccogliere  le  spighe  rimaste  suLcampo, 
scegliere  le  migliori  spighe  del  campo  per  cavare  la 
semente  dell'anno  dopo.  -  Stabbiare,  il  far  pernottare 
delle  bestie  in  un  campo  che  si  voglia  ingrassare. 

Cacciapassei^e,  fagotto,  figuro  di  cenci,  di  paglia  o 
d'altro,  che  si  mette  nei  campi,  per  tenerne  lontani 
gli  uccelli  :  fantoccio,  sparavicco,  spauracchio.  -  Ripoxo, 
il  tempo  in  cui  si  fanno  stare  i  campi  senza  fruttare. 

Camporamolo,  chi  coltiva  ad  affitto  o  a  mezzadria 
nno  0  più  campi  privi  di  casa  colonica.-  Camparo, 
guardia  dei  campi,  colono  a  cui  si  affidano  molte 
tunzioni  proprie  del  ruttore.  -  Capanno,  piccola 
capanha  dove  i  contadini  sogliono  stare  a  guardia 
.ieì  campo. 


Campo.  Luogo  nel  quale  si  combatte,  si  dà 
battaglia.  -  Spazio  di  terreno  all'aperto,  ordina- 
riamente piano,  dove  le  truppe  si  accampano,  si 
attendano,  piantano  1'  accampamento.  Castrense, 
di  campo.  Castrametazione,  arte  di  stabilire  un  cam- 
po militare.  -  Area  piana  sulla  quale  si  tiene  una 
rassegna,  una  rivista  militare  o  si  fa  una  manovra. 

-  Campo  chiuso,  rinchiuso,  quello  sul  quale,  un 
tempo,  si  teneva  un  torneo  o  simili.  -  Campo 
d'armi,  piazza  d'armi  per  le  esercitazioni  della 
milizia.  -  Campo  trincerato,  accampamento  difeso 
da  trincee  o  fortificazioni  campali,  e  dove  un  eser- 
cito tien  termo  e  difende  la  frontiera,  il  passo,  ecc. 

Aiutante  di  campo,  grado  di  ufficiale  nella  mi- 
lizia. -  Giudice  di  campo,  aiutante  che,  nelle  eser- 
citazioni tattiche  o  nelle  grandi  manovre,  ecc  ,  giu- 
dica delle  mosse  strategiche  di  un  corpo  d'azione 
0  di  un  suo  riparto.  -  Letto  da  campo,  forziere  da 
campo,  letto  e  forziere  fabbricati  in  modo  da  es- 
sere trasportati  agevolmente  e  rapidamente  posti 
in  ordine. 

Campo.  Confine  entro  il  quale  si  estende  un 
argomento  [campo  della  storia,  della  politica,  ecc.). 

-  Spazio  nello  scudo  delle  armi  (veggasi  ad  aral- 
dica) e  nella  bandiera,  dove  sono  figurate  le 
insegne,  ecc.  -  Termine  dell'arte  del  disegno. 

Camporaiuòlo.  Detto  a  campo  (nel  primo 
significato). 

Camposanto.  Veggasi  a  cimitero. 

Campucchiare  (campucchiato).  ViTacchiare, 
vivere  stentatamente. 

Camuffare,  camuffarsi  (camuffato).  Trave- 
stire, travestirsi,  mascherare,  'mascherarsi. 

Camuso.  Detto  a  naso. 

Canàg'Iia.  (canagliata).  Gente  vile,  abbietta, 
la  parte  peggiore  della  />?eZ»e/  chi  procede  con 
modi  contrari  alla  civiltà,  all'onestà  :  bagagliume, 
baronia,  becerume;  bordaglia,  bòzzima,  bruzzaglia; 
Canagliume,  cianume,  ciurmaglia;  fèccia,  feccia  del 
popolo,  fecciaccia,  fecciume  ;  fondigliolo  della  plebe; 
furfantaglia;  genìa;  gentaglia,  gentagliaccia,  genta- 
me,  gente  di  scarriera,  gentuccia;  marmaglia;  mar- 
rùgola;  plebaccia,  plebaglia;  popolaccio, popolaglia, 
|)opolazzo;  razzumaglia,  ribaìdaglia;  ruffian,  ba- 
ritti  e  simile  lordura;  schiamazzaglia;  schiuma  di" 
tutti  i  ribaldi;  stuinmia  di  furfanti;  turba  vile; 
volgaccio,  volgo.  Si  dice  anche  di  persona,  invece 
che  birbante,  farabutto,  furfante,  malfattore.  - 
Canagliata,  azione  da  canaglia:  furfanteria,  ribal- 
deria. -  Canagliume,  canaglia  insieme  raccolta. 

Cianaio,  luogo  da  starvi  la  canaglia  o  dove  stanno 
le  ciane,  cioè  lurido  e  remoto,  -  Incanagliarsi  (fran- 
cesismo), diventar  canaglia:  il  verbo  buono  e  to- 
scano è  ingaglioffarsi.  -  Scanagliare,  fare  atti  e  voci 
e  grida  canagliesche.  -  Santa  canaglia,  locuzione 
francese,  ripetuta  dal  Carducci,  nei  «  Giambi  ed 
Epodi  ». 

Canagliume.  Detto  a  canaglia. 

Canàio.  Chi  ha  in  custodia  e  governa  il  cane, 

Canaiuòla,  canaiuòlo.  Sorta  d'uva. 

Canale.  Luogo  nel  quale  scorre  acqua,  alveo 
scavato  artificialmente,  per  servire  i\]V irrigazione, 
alla  navigazione,  dAV industria,  con  o  senza 
chiuse:  canna,  collettore,  condotto,  emissario,  gora, 
risciacquatolo.  Anche,  qualsivoglia  tubo  o  doccia 
chiusa  o  aperta  per  condurre  acqua  od  altro  da 
luogo  a  luogo.  Dicesi  pure  per  braccia  di  mare. 

Canalizzazione,  sistema  di  impianto  e  di  distribu- 
zione dei  canali  e  delle  fogne.  -  Pendenza,  inclina- 
zione d"un  canale.  -.  Portata,  il  volume    fluido    che 


CANALE    —   CANAPA 


379 


affluisce  in  un  minuto  serondo,    da    un   canale,  da 
una  bocca.  -  Canaliculo,  piccolo  canale 

(banale  basso,  con  poca  acqua  ;  cieco,  che  non  ha 
uscita;  diversivo,  quello  che  riceve  l'acqua  dalla 
presa  e  la  porta  sulle  terre  da  iirigare;  maestro, 
che  riceve  acqua  da  altri;  nacigaliìle,  die  si  può 
percorrere  con  navigli,  o  almeno  con  harche;  pan- 
lanoso,  melmoso,  ingombrato  da  fango;  secco, 
asciutto,  senz'acqua. 

Canali  diversi 
Parti  d'un  canale  ìe  accessori  —  Lavori. 

Acquidoccio,  canale  clie  serve  a  sfogo  delle 
acque,  come  chiavica^  e  simili.  -  Acquedotto, 
canale  per  lo  più  murato.  -  Arroyo,  ncH'Amorica 
meridionale,  canale  di  congiuiiz  one  fra  corsi  d'ac- 
qua. -  Arterie,  i  canali  navigabili.  -  Canalazzo,  il 
celeberrimo  Canal  Grande  di  Venezia.  -  Caramento, 
canale  artitìciale  di  navigazione,  d'  irrigazione  o  di 
scolo.  -  Colatore,  canale  di  scolo.  -  Euripo,  canale 
0  fosso  che  si  riempiva  d'acqua  intorno  ad  un  an- 
fiteatro, ecc.  -  Fogna,  canale  sotterraneo  per  ri- 
cevere e  sgorgare  acqua  e  immondizie.  -  Gora,  ca- 
nale per  cui  si  deriva  l'acqua  di  fiumi  mediante 
le  pescaie,  o  la  riceve  dai  fossati  che  scendono  dai 
monti  e  servono  per  irrigazione,  i»ir  mulini,  ecc.  - 
Giacili  si  chiama  un  canale  in  Olanda,  il  paese  dei 
canali  per  eccellenza.  -  Mezzaluna,  canale  alveo  o 
simile  formato  a  mezzaluna.  -  Naviglio,  nell'alta 
Lombardia,  canale  navigabile.  -  Roggia,  voce  lom- 
barda e  veneziana  {ruscia  nelle  vecchie  carte)  che 
significa  qualunque  scavo  in  terra,  applicabile  a 
canali,  condotti  d'acqua,  cavi,  navigli  (navili)  e  si- 
mili, serventi  alla  navigazione  e  all'irrigazione.  - 
Saie,  nelle  Calabrie,  canali  artificiali  sotterranei  per 
lo  scolo  delle  acque.  -  Scannafosso,  sorta  di  canale- 
da  scolo  che  contorna  un  edifìcio,  per  preservarlo 
dall'umido.  -  Scaricatoio,  canale  o  via  data  al- 
l'acqua perchè  non  si  accumuli  troppo  in  un  dato 
sito:  si  applicano  tubi  scaricatoi  a  vasi,  a  pe- 
schiere, a  fiumi.  -  Sifone,  canale  in  torma  di  S  per 
condurre  acqua  sopra  una  valle  o  sotto  una  strada 

0  canale  a  eguale  livello.  -  Vena,  canale  naturale, 
scorrimento  sotterraneo  d'acqua  che  va  discendendo 
e  serpeggiando  in  meati  o  canali  naturali  della  terra, 
a  varie  profondità. 

Ampolla,  dilatazione  esistente  lungo  il  corso  o  nel 
fondo  di  canali  con  pareti  rigide  o  molli.  -  Bocca, 
apertura  da  cui  affluisce  l'acqua  di  un  canale  o  di 
una  vasca.  -  Cateratta,  chiusura  movibile,  incastrata 
ne'  lati  di  un  canale,  per  trattenere  o  mandar  via 
le  acque  o  per  impedire  inondazioni  (abbassare, 
alzare,  chiudere,  serrare,  aprire  una  cataratta).  - 
Chiusa,  parte  d'un  canale  dove  si  opera  il  cambia- 
mento di  livello  delle  acque.  -  Colluviario,  apertura 
nei  canali.  -  Conca,  bacino  naturale  o  artificiale  in 
cui  si  espandono,  si  raccolgono  le  acque  d'un  ca- 
nale. -  imboccatura,  apertura  per  la  quale  si  im- 
bocca, si  entra  nel  canale:  contrario  di  sbocco,  la 
parte  opposta.  -  Pescaia,  sostegno  o  chiusa  cor  cui 
si  serra  il  corso  di  un  fiume,  attraversandone  l'alveo 
con  robusti  lavori,  per  inalzarne  le  acque  ad  uso  di 
impedire  la  corrosione  delle  ripe  e  del  fondo,  ov- 
vero allo  scopo  di  derivare  canali  per  la  naviga- 
zione e  per  altri  scopi.  -  Sezione,  il  [diametro,  la 
larghezza  d'un  canale.  -  Soglia,  l'ultimo  lembo  donde 
escono  le  acque  d'un  canale  o  d'un  fiume.  -  Svolta, 
curva ,    giro,    gomito,    ripiegamento    di    canale.  - 

1  ronco,  parte  di  canale. 


Banchina,  tratto  di  terreno,  non  molto  rsteso, 
tra  la  ripa  di  un  canale  e  Vargine.  -  Bindolo, 
macchina,  con  ruota  a  timpano,  per  vuotare  un 
canale.  -  Botte,  condotto  che  parte  sotto  l'alveo  di 
un  canale,  o  d'un  fiume,  per  condurre  gli  scoli 
della  campagna.  -  Curodone,  argine  attraversante  un 
canale.  -  Fodero,  legnami  e  travi  collegati  insieme 
per  poterli  condurre  su  fiumi  e  canali.  -  Palancola, 
tavolone  posto  attraverso  una  gora,  un  rivo,  un 
canaletto,  come  ponte.  -  Smaltitùio  :  dicesi  di  tutti 
1  mezzi  impiegati  per  scaricare  le  aciiue  di  un  ca- 
nale, di  un  lago,  ecc.,  (piando  si  trovano  in  abbon- 
danza. -  Stramazzo,  opere  clic  si  fanno  attraverso 
i  fiumi  0  i  canali,  allo  scopo  di  divergere  o  derivare 
parte  delle  loro  acque,  per  tradurle  ad  irrigare 
terreni  o  ad  animare  opifici,  col  mezzo  dell'oppor- 
tuno canale. 

Abboccare  ( abboccamento^,  far  combaciare  le  bocche 
e  gli  orli  dei  canali,  dei  vasi,  dei  tubi,  ecc.  -  Ac- 
cecare, buttarvi  materie,  riempirli  {accecamento).  - 
incanalare  {incanalamento,  incanalatura),  far  entrare 
l'acqua  in  un  canale;  anche,  ridurre  checchessia  a 
foggia  e  figura  di  canale.  -  Ingorgarsi,  intasare, 
empirsi  di  taso,  di  quanto  impedisce  il  corso  li- 
bero delle  acque,  otturarsi.  -  Interrimento  {inlerrire), 
ammassamento  di  rena   nell'alveo  d'un  canale,  ecc. 

-  Spurgo,  operazione  che  si  fa  con  macchine  efios- 
sorie  per  mettere  ed  approfondire  il  fondo  di  ca- 
nali, di  bacini,  di  porti,  ecc. 

Apertura  del  canale:  il  metterlo  in  esercizio, 
l'inaugurarlo.  -  Escavazione,  l'espurgare,  ossia  il  to- 
glierne la  melma,  il  fango. 

Canale.  Termine  di  fonderia.  -  In  anatomia, 
vaso  del  corpo  degli  animali  per  cui  scorrono  il 
sangue  e  gli  umori.  In  quest'ultimo  significato: 
anajjezia,  dilatazione  dei  canali  del  corpo  e  dei  vasi; 
atresia,  imperforazione  di  un  canale.  —  Cannone, 
canale  di  piombo  o  d'altro,  da  fare  condotti. 

Canapa,  o  canape  {canapaia,  canapaio,  cana- 
pino). Pianta  orticacea,  coltivata  pel  filaticcio  che 
si  ricava  dai  suoi  steli  e  si  adopera  per  far  tela 
ordinaria,  corda,  certe  sorta  di  tapjjeto,  di  tes- 
suto, di  spago,  ecc.  Anche,  la  stoppa  e  il  fi  o 
che  se  ne  trae.  Le  foglie  di  questa  pianta  sono  nar- 
cotiche e  stupefacenti  ;  i  semi,  schiacciati,  formano 
cataplasmi  risolventi  e  danno  un  olio  atto  a  bru- 
ciare; si  danno  anche  per  cibo  agli  uccelli.  La  ca- 
napa è  biancastra,  a  lungo  tiglio  ed  asciutta,  fina, 
lucida,  morbida,  fresca  al  tatto,  ben  pettinata;  gros- 
solana; lucentissinta ;  resistente,  ecc.  -  Canabino, 
che  ha  i  caratteri  della  canapa. 

Accia,  canapa  filata.  -  Canapa  coltivata,  la  specie 
più  importante.  -  Canapa  cruda,  o  greggia,  non  pet- 
tinata e  ruvida.  -  Canapone,  la  canapa  grossa,  - 
Gazzuolo,  canapa  fina,  pettinata  e  scelta.  -  LinOy 
canapa  filata. 

Varie  specie  di  canapa  —  Parti  della  canapa 

Lavorazione  e  istrumenti  —  Varie. 

Bang,  canapa  delle  Indie  :  la  si  fuma  con  l'oppio. 

-  Cabuia,  varietà  di  canapa  del  Perù  e  della  Co- 
lombia, usata  per  far  corde,  stuoie  e  sacchi.  -  Ca- 
napa del  Paraguay:  si  ricava  dalle  foglie  inguaina  te 
di  una  pianta  delle  bromel iacee;  non  essendo  alte- 
rabile all'azione  dell'acqua,  serve  benissimo  a  cala- 
fatare bastimenti.  -  Dagga,  specie  di  canapa  selva- 
tica, che,  secca,  si  fuma  nella  Colonia  del  Capo, 
quantunque  inebri  facilmente.  -  Eupatorio,  canapa 


380 


CANAPO    —   CANATTIERE 


acquatica.  -  Galeopside,  canapa  bastarda.  -  Guvja[ 
la  canapa  indiana  che  serve  alla  preparazione  del' 
Vhascis.  -  Fibre  di  musa,  canapa  di  Manila.  -  Hene- 
qmn,  canapa  d'aloe.  -  Juta,  o  canape  del  Bengala  o 
di  Manila,  pianta  nativa  del  Bengala,  di  Ceylan  e 
della  Cina.  -  Mindanao  o  magindanao,  specie  di 
canapa  Manila.  -  Pixang  {canapa  di  Manila),  le  fibre 
setacee  della  musa  textilis  e  paradisiaca.  -  Riamba, 
specie  di  canape  dell'Africa  Centrale  e  Occidentale, 
che  gli  Inglesi  fumano. 

Canapuccia,  seme  della  canapa.  -  Canapule,  fusto 
secco  della  canapa,  spogliato  del  suo  tiglio:  serve 
a  fare  stecchi,  per  accendere  il  fuoco,  per  prepa- 
rare un  carbone  usato  dai  pirotecnici,  ecc.:  cana- 
pulo,  cannello,  cannarello,  legno  della  canapa,  tiglio 
di  canapa.  -  Capecchio,  materia  grossa  e  liscosa  che 
si  leva  dalla  prima  pettinatura  del  lino  o  della 
canapa,  a  uso  per  lo  più  d'imbottiture.  -  Fibra,  il 
filamento  della  canapa:  è  giallo,  argentino  e  per- 
laceo; morbido,  uniforme,  lungo,  sottile,  ecc.  - 
Lisca,  scheggie  legnose  che  cadono  dal  lino  o  dalla 
canapa  che  si  gramola.  Liscaio,  quantità  di  lische. 
-  Stojipa,  parte  più  grossa  che  si  estrae  dalla  ca- 
napa e  dal  lino,  nel  pettinare  queste  materie.  - 
Tiglio,  il  filamento,  la  parte  più  dura. 

Operazioni.  —  Cardare,  raffinare  col  cardo,  lavoro 
del  cardatore.  -  Conciare,  lavorare  la  canapa  per 
renderla  filabile.  -  Macerare,  tenere  nell'acqua  a 
sciogliere  il  tiglio,  la  durezza:  marcire. -  il/fla«//are, 
battere,  dirompere  la  canapa  con  la  maciulla:  di- 
rompere, gramolare  (maciullazione),  rompere  il  ca- 
napulo  interno  per  separarne  la  materia  tessile.  - 
Pettinare,  raffinare  col  pettine.  Pettinatura,  l'alto  e 
e  l'effetto  :  si  fa  a  mano  e  a  macchina.  -  Sbarbare, 
sbarazzare  dalle  barbe,  dalle  radici.  -  Sfogliare,  di- 
pelare, sfilare,  spelare.  -  Stigliare  {stigliatura) , 
estrarre  il  tiglio  dai  fusti. 

Canapificio,  stabilimento  dove  si  lavora  la  canapa. 

]  STRUMENTI,  ECC.  -  Canlo,  istrumento  del  carda- 
tore, -  Gramola,  strumento  di  legno  col  quale  si 
maciulla  la  canapa  o  il  lino:  é  composto  d'una 
capra,  con  sopra  un  congegno  di  due  assicelle  oriz- 
zontali e  una  movibile  nel  mezzo.  -  Maciulla,  stru- 
mento di  due  legni,  uno  dei  quali  ha  un  canale 
in  cui  entra  l'altro:  usato  a  nettare  la  canapa  o  il 
lino  dalla  materia  legnosa:  gramola.  -  Maciullatrice, 
macchina  per  maciullare,  consistente  in  treni  di  ci- 
lindri scanalati  o  in  treni  muniti  alla  periferia  di 
lame  ottuse.  -  Pettine,  strumento  a  punte  di  ferro 
per  raffinare  la  canapa,  il  lino,  la  lana  e  simili.  - 
Scotola,  sorta  di  stecca  di  legno  o  di  ferro  per  bat- 
tere i  mannelli  della  canapa  e  del  lino.  -  Strigone, 
pettine  grosso. 

Maceratoio,  vasca  contenente  acqua  per  la  mace- 
razione della  canapa. 

Insetti  e  piante  nocive.  —  Grillotalpe,  pulci  di 
terra,  tarlo:  insetti  che  danneggiano  la  canapa.  - 
Orobanche  ramosa,  cuscuta,  piante  parassite  che 
danneggiano  la  canapa.  -  Plussia  gamma,  altro  in- 
setto che  danneggia  la  canapa. 

Varie.  —  Canapaie  o  canapaia,  canapaio,  terreno 

f)iantato  a  canapa.  -  Canapaio,  chi  lavora  e  vende 
a  canapa.  -  Canapino,  chi  per  mestiere  pettina  la 
canapa  e  il  lino.  -  Ilachich,  o  haschisch,  grafia  fran- 
cese di  voce  araba  che  significa  erba  secca,  detto 
per  antonomasia  della  canapa  inglese:  è  un  estratto 
della  canapa  fatta  bollire  con  burro  e  mischiato 
con  zucchero.  Se  ne  fanno  pasticche,  che  si  masti- 
cano 0  si  fumano,  sole  o  miste  all'oppio.  -  Proverbio: 
Per  l'Annunziata,  o  seminata  o  nata  (la  canapa). 


Canapé.  Voce  francese,  entrata  nell'uso,  ma  di 
origine  latina  {canapeum)  :  divano,  tettuccio,  lettuccio 
da  sedere,  sofà.  E'  una  specie  di  panca  a  spalliera 
e  bracciuoli,  per  lo  più  imbottiti,  su  cui  possono 
star  sedute  tre  o  più  persone,  o  uno  può  anche 
adagiarvisi  disteso.  Talora  i  bracciuoli  sono  rap- 
presentati da  due  testate;  e  per  maggiore  agio  si 
aggiungono  guanciali,  rizzati  contro  la  spalliera,  e 
anche  due  rulli,  uno  per  parte,  alla  base  di  cia- 
scuna testata.  -  Canapeino,  canapetto,  piccolo  canapè; 
ma  canapeino  si  chiama  anche  il  posapiedi,  fatto  a 
forma  di  piccolo  canapè,  imbottito  o  impagliato. 

Dirimpettaio,  o  amorino,  sorta  di  sofà  ad  S,  per 
due  persone.  -  Lettino  a  canapè,  canapé  più  grande 
degli  ordinari  su  cui  sedere:  è  una  materassetta  ri- 
coperta di  stoffa,  con  grande  spalliera  ricoperta 
della  medesima,  da  levare  e  mettere,  e  con  quattro 
guanciali  simili,  che,  uniti  insieme,  formano  la  lun- 
ghezza di  tutto  il  canapè  e  servono  come  di  se- 
conda materassa.  Questo  mobile  fa  la  tigura  di  ca- 
napè da  sedere;  e  volendolo  usare  per  letto,  si 
leva  la  spalliera,  si  distendono  i  guanciali  e  si 
mettono  lenzuola  e  coperte.  Se  grande,  dicesi  otto- 
mana. •  Ottomana,  specie  di  canapé  con  materassa 
piegabile  che,  all'occorrenza,  serve  da  letto.  -  Divano, 
canljpè  basso  senza  alcuna  spalliera,  rialzato  dalla 
imbottitura  e  da'  guanciali  :  ha  una  fascia  larga  e 
curva,  detta  la  gobba:  i  piedi  sono  bassissimi,  e 
sotto  la  gobba  è  una  lista  alta  e  liscia.  Si  pone  sempre 
lungo  le  pareti  di  una  sala.  -  Sultana,  o  divano 
alla  turca,  specie  di  divano  rotondo,  ricoperto  di 
stoffa  più  0  meno  ricca,  che  si  suol  mettere  nel 
mezzo  della  stanza,  per  uso  di  sedervi  più  persone. 

Capiera,  pezzo  di  tela  ricamata,  di  velo,  o  lavoro 
di  maglia  che  si  mette  nella  parte  superiore  dei 
canapé,  per  salvare  la  loro  stoifa  dal  sudore  o  dal- 
•  l'untume  del  capo:  capezziera,  poggiacapo  ;  frane, 
Voltaire.  -  Fusto,  l'intelaiatura  o  scheletro  di  legno 
del  canapè  e  simili.  -  Imbottito,  la  parte  del  canapè 
dove  è  l'imbottitura;  e  anche  la  materia  (quelle 
seggiole  hanno  l'imbottito  di  cotone),  -  Molla,  grosso 
filo  di  ferro  ravvolto  spiralmente  in  forma  di  doppio 
cono,  che  si  mette,  insieme  ad  altri,  sul  piano 
del  canapè,  ricoprendoli  poi  con  capecchio  e  stofta, 
acciocché  rendano  elastico  il  sedere.  -  Testate,  le 
parti  laterali  d'un  canapè  imbottito,  al  posto  dei 
bracciuoli.  -  Tombolo,  cuscino  di  forma  cilindrica, 
raccolto  a'  capi,  e  che  si  mette  a'  due  canti  del 
canapè,  talora  unp  per  canto:  detto  anche  rullo. 

Coprire,  far  ricoprire  il  canapé,  farlo  rivestire  di 
stoffa  dal  tajyjìesziere.  -  Molleggiamento,  movi- 
mento che  si  ha  sedendo  su  un  canapè  a  molla. 

Canapo.  Veggasi  a  corda. 

Canapuccia.  Seme  della  canapa. 

Canapule.  Fusto  secco  di  canajja. 

Canàpule.  Legno,  stelo,  tiglio  di  canapa: 
cannarello. 

Canarino.  Uccelletto  originario  delle  Canarie, 
di  colore  giallo  chiaro:  vive  in  gabbia  e  canta 
dolcemente;  si  riveste  completamente  di  giallo  du- 
rante la  schiavitù;  allo  stato  naturale,  esso  è  piut- 
tosto verde.  -  Covino,  cestino  per  covare,  special- 
mente quello  dei  canarini.  -  Centocchio,  erba  nota, 
tutta  a  pippolini,  che  fa  sui  nmri  e  si  dà  ai  cana- 
rini e  simili  uccelli.  -  Scagliola,  erba  comune  tra  i 
grani  coltivata  anche  per  darla  ai  canarini.     . 

Canata.  Aspro  rimprovero. 

Canatteria.  Moltitudine  di  cani:  veggasi  a 
cane. 

Canattlere.  Allevatore  e  custode  di  cane. 


CANAVACCIO    —    CANCRENA 


381 


Cana\  àccio  {canovaccio).  Grosso  e  ruvido  pau- 
no  che  si  adopera  specialmente  per  le  faccende 
ordinarie  di  casa,  di  cucina. 

Cancellàbile.  Detto  a  cancellare. 

Cancellare,  cancellatura  {cancellato,  can- 
cellazione). Cassare  una  cosa  scritta,  tirandovi  sopra 
fregili  ;  passar  la  penna  su  una  scrittura,  su 
un  (li.segno,  e  simili,  per  annullarli:  abràdere; 
accecare;  dar  di  bianco,  di  penna,  di  spugna;  dare 
un  frego,  di  frego;  depennare  (depennazione),  di- 
pennare;  obliterare;  radiare  (cancellare  col  raschino); 
scancellare,  scassare  (popol.);  sdipignere,  sdipingere; 
sgommare  (cancellare  con  gomma  elastica);  spegnere, 
stignere  la  scrittura.  •  Accecatoio,  psir oh  scritta  e  co- 
perta con  nrafjìalure  d'inchiostro.  -  ScancellcUircio, 
cosa  che  serba  le  tracce  della  scancellatura:  cassa- 
ticelo, scarabocchio,  sgorbio.  -  Annullare,  far  scom- 
parire, ridurre  al  nulla. 

Cassare,  levare  dal  ruolo  (termine  burocratico); 
anche  annullare  una  sentenza.  -  Radiare,  cancel- 
lare, cassare  :  gallicismo.  Voce  degli  uffici  e  curiale. 

-  Ricancellare,  ripete  cancellare.  -  Sopprimere,  an- 
nullare, toglier  di  mezzo  con  forza  legale,  o  con 
violenza. 

Cancellabile,  che  si  può  cancellare:  delèbile,  scan- 
cellabile. Contrario,  incancellabile,  indelebile. 

Cancellatura.  —  L'atto  e  l'effetto  del  cancellare, 
luogo  della  scrittura  dov'è  parola  cancellata,  e  le 
linee  stesse  che  la  cancellano:  cancellagione,  can- 
cellameato,  cancellazione;  cassamento,  cassatura, 
cassazione,  casso,  espunzione  (lat.);  scancellamento, 
scancellatura.  -  Abrasione,  radiatura,  il  toglier  via 
radendo:  radiazione,  rasura.  -  Cassa/wra,  luogo  della 
scrittura  dove  è  qualche  cosa  di  cassato  o  cancel- 
lato. -  Frego,  linea  tirata  sullo  scritto  per  cancel- 
larlo :  fregaccio,  fregacciolo,  sfregàcciolo.  -  Sfregac- 
ciamento,  quantità  di  freghi  fatti  sul  foglio  con 
inchiostro.  -  Tratto  di  penna,  filo  di  penna,  segno 
tirato  su  parole  per  cancellarle. 

Arnesi  e  materie  per  cancellare.  —  Grattino, 
(frane,  grattoir),  specie  di  coltello  con  manico 
lungo,  un  po'  panciuto  nel  mezzo,  e  con  lama  in 
forma  di  cuore,  tagliente  da  ambe  le  parti  :  si  ado- 
pera a  togliere  di  sulla  carta,  raschiandola  con  esso, 
o  sgorbi,  0  lettere,  o  parole  da  levar  di  mezzo.  -  Ra- 
schino, lama  di  temperino  apposito  per  raschiare 
sulla  carta:  cassatoio,  scassatoio;  raschiatoio,  ra- 
stiatoio.  -  Cloro,  cloruri  decoloranti,  acqua  di  Fa- 
velle, ecc.,  materie  usate  per  cancellare  l'inchiostro. 

-  Panino  di  gomma,  pezzetto  quadro  di  gomma 
elastica  che  si  adopera  per  cassare  sulla  carta  i 
segni  della  matita.  -  Sandaracca,  più  comunem. 
sandracca,  resina  solida,  in  piccole  lamine  secche, 
trasparenti,  color  giallo  citrino,  come  quelle  del 
mastice,  ma  più  allungate:  polverizzata,  si  usa  per 
rifar  liscia  e  bianca  la  carta  da  cui  sia  stato  ra- 
schiato l'inchiostro. 

Cancellata.    Detto  a  cancello. 

Cancellatura,  cancellazione.  Veggasi  a 
cancellare. 

Cancelleresco,  Di  cancelleria,  del  cancelliere. 

Cancellerìa.  Detto  a  cancelliere. 

Cancellierato.    Ufficio  di  cancelliere. 

Cancelliere.  Chi  ha  l'ufficio  di  scrivere  e  re- 
gistrare gli  atti  del  magistrato.  -  Archivista 
(veggasi  ad  archivio)  o  segretario  di  un  pub- 
blico ufficio  0  di  un'  amministrazione.  -  Pub- 
blico ufficiale  delegato  a  ricevere  gli  atti  giudi- 
ziari {in  pretura,  in  tribunale,  ecc.)  e,  general- 
mente, gli  atti  pubblici,  -  InGer^aania,  titolo  dato  al 


primo  ministro,  capo  supremo  dell'amministra- 
zione, responsabile  solo  davanti  all'Imperatore.  - 
Con  vario  significato:  attuario,  scriba  (segretario 
di  magistrato  presso  i  Romani),  scrivano.  -  Arci- 
cancelliere,  capo  dei  cancellieri.  -  Procancelliere, 
chi  fa  le  veci  di  cancelliere.  -  Vice-cancelliere,  can- 
celliere di  secondo  grado. 

Cancelleria,  l'uffici^o  e  il  luogo  nel  quale  risiede 
il  cancelliere;  cancellarla.  -  Cancellierato,  propria- 
mente, l'ufficio  del  cancelliere:  attuariato. 

Cancello.  Imposta  di  porta  o  altra  chiusura 
fatta  con  aste  o  bastoni  di  ferro,  o  di  stecconi  com- 
messi, per  chiudere  l'adito  a  un  cortile,  a  un 
giardino,  ecc.:  cancellata,  rastrello.  Si  mette 
anche  tra  le  branche  d'una  scala.  Le  aste  verti- 
cali, di  ferro  o  di  legno,  sono  a  poca  distanza  una 
dall'altra,  sorrette  da  aste  orizzontali  (spranghe). 
Con  lo  stesso  nome  si  chiama  anche  la  stessa  aper- 
tura di  porta  o  uscio  che  ha  cancello.  Un  cancello 
u  seinjiuLe,  artistico,  di  ferro  fuso,  di  ferro  battuto, 
con  lance  dorate,  ecc. 

Cancellata,  cinta  fatta  di  cancelli.  -  Cancellato, 
cancello  di  grandezza  più  che  ordinaria.  -  Rastrello, 
cancello  o  steccato  che  si  cala  alla  porta  delle  città 
0  delle  fortezze.  -  Saracinesca,  cancello  fatto  di 
travi,  collocato  presso  la  porta  di  una  fortezza, 
sostenuto  da  corde,  anelli,  catene  od  altro  congegno, 
in  guisa  che,  tagliate  le  corde  o  fatta  scattare  una 
molla,  scende  con  impeto  per  chiudere  il  passo. 

Braccio,  contralforte  che  impedisce  al  cancello 
di  cedere  e  di  aprirsi  per  una  forte  spinta  dal  di 
fuori.  -  Palla,  pomo  metallico  conficcato  nell'impo- 
sta del  cancello  :  serve  per  tirarla  a  sé  e  chiu- 
derla, specialmente  quando  la  serratura  è  a  colpo» 
Talora  allo  stesso  uso  serve  una  campanella.  Se  la 
palla  è  piccola,  dicesi  pallino.  -  Regoli,  le  estreme 
stecche  verticali  del  cancello,  più  larghe  e  più  sode 
delle  altre,  intermedie:  formano  con  le  spranghe 
il  telaio  0  V ossatura  del  cancello.  Nel  cancello  a 
una  sola  banda,  uno  dei  regoli  porta  la  ferratura 
dei  cardini,  l'altro  quella  del  serrarne.  Nei  cancelli 
a  due  bande,  ai  due  regoli  di  mezzo  è  fermata  la 
ferratura  del  serrarne,  ai  due  estremi  laterali  quella 
dei  cardini.  -  Regoli  dell'abboccatura,  i  due  regoli 
verticali  di  due  sportelli  che  vanno  l'uno  sopra 
l'altro,  con  battente,  o  uno  dentro  l'altro,  con  dente 
e  canale.  -  Regoli  dei  mastietti,  i  due  regoli  verti- 
cali di  ciascuno  sportello  che  vanno  contro  il  te- 
laio, e  dove  sono  i  mastietti,  -  Regolini  bozzoluti, 
quelli  ai  quali  è  tolto  i!  canto  vivo,  e  sostituitavi 
una  modanatura  per  ornamento.  -.  Regolini  lisci, 
regolini   andanti,  quelli  solamente  riquadrati. 

Spranghe,  larghe  traverse  orizzontali,  una  in  cima, 
l'altra  a  pie  del  cancello,  talora  un'altra  nel  mezzo, 
le  quali  vanno  a  unirsi  coi  regoli:  alle  spranghe 
sono  fermate  le  stecche,  ovvero  le  aste,  -  Stecche, 
bacchette  di  terrò  o  di  legno,  le  quali,  a  poca  di- 
stanza le  une  dalle  altre,  parallele  ai  regoli  e  per- 
pendicolari alle  spranghe,  compiono  il  cancello,  im- 
pedendo il  passo,  ma  non  la  vista;  sono  sempre 
quadrangolari;  se  rotonde,  chiamansi  aste  o  anche 
bastoni. 

Cancerigno.  Di  cancro,  avente  i  caratteri  del 
cancro. 

Canceroso.  Detto  a  cancro. 

Cànchero.  Detto  a  cancro.  -  Figur.,  malat- 
tia; guaio,  malanno. 

Cancrèna.  Secondo  alcuni,  estesa  mortifica- 
zione, 0  necrosi,  di  tessuti  sotto  qualsiasi  forma, 
intorno  a  xìiì  ulcera,  a  un  tumore   e   simili;  se- 


3S2 


CANCRENARE 


CANDELA 


condo  altri,  la  sola  forma  umida  di  mortificazione, 
0  sfacelo:  cancherella,  cancherena;  gangrena,  gan- 
grenamento;  sfacelo;  ulcera  depascente.  A  norma 
delle  cause  che  la  determinano,  si  ha  la  cancrena 
senile,  la  marastica,  Vanemica,  la  diabetica,  ecc ,  per 
marasma  senile,  cachessia,  discrasia,  anemia,  dia- 
bete, ecc.  -  Cancrena  per  decùbito,  piaga  prodotta 
dal  lungo  stare  a  letto.  -  Cura:  sostenere  le  forze 
e  curare  le  condizioni  generali  ;  ipernutrizione,  uso 
di  corroboranti,  di  eccitanti  (alcoolici,  aromi,  chi- 
nacei,  ecc.),  di  cancroina;  doccie  calde,  massag- 
gio, frizioni,  abluzione  della  parte,  quando  possi- 
bile. -  Cancrenato,  cancrenoso,  atfelto  da  cancrena. 

Andare  in  cancrena,  cancrenare,  cancrenarsi;  far 
cancrena;  incancrenire,  incancherire.  -  Mandare  in 
cancrena:  far  divenire  cancrenoso;  incancherare, 
incancherire.  -  Mortificare,  o  necrotizzare,  colpire 
di  cancrena. 

Cancrenare  (cancrenato)  diventare  cancrena. 

Cancrenoso.  Di  cancrena. 

Cancro  {cànchero,  cancei  so,.  Un  tumore  o 
un'ulcera  che  rode,  avvelena,  uissolve  una  p^rte  del 
corpo;  dovuto,  vuoisi,  ad  uno  speciale  cocfù/to:  càn- 
ciiero,  granchio  mordace,  malattia  cancerosa,  male 
di  lupo,  ulcera  cancrenosa.  Oggi,  sinonimo  di  car- 
cinoma. -  Il  cancro  è  cistico,  duro,  gelatinoso,  ecc., 
anche  di  animali;  divoratore,  voratore,  perché  rode 
la  carne,  i  tessuti.  -  Canceroso,  cancheroso,  di 
cancro. 

Cancro  volgare,  o  comune,  la  forma  più  diffusa 
del  cancro:  carcinoma  volgare.  -  Cefaloma,  cancro 
cncetaloide:  tumore  cefalico.  -  Epitelioma  cutaneo, 
cincro  fibroso  o  scirro,  cancro  epiteliale  (cancroide), 
ulcerazioni  cancerose  caratteristiche  per  essere  a 
margini  duri,  rilevati  e  lisci. 
.     Incancherire  {incancherito),  divenir  cànchero. 

Cancroide.  Sorta  di  tumore,  umore  epiteliale,  a 
cellule  pavimentose,  che  si  presenta  spesso  nella  cute. 

Cancroina.  Sostanza  tossica  speciale  che  il  coc- 
cidio  secerne  e  sarebbe,  sotto  forma  di  vaccino, 
alta  a  valere  come  antidoto  del  cancro. 

Candeggio.  Nell'industria,  l'atto  dell'imbiancare 
tela  0  altro  tessuto. 

Candela.  Pezzo  cilindrico  di  cera  o  altra  ma- 
teria grassa  {stearina,  sego,  ecc.),  con  un'  anima  di 
bambagia,  o  stoppino,  nel  mezzo,  il  quale,  acceso, 
fa  lume.  Ardendo,  la  candela  si  strugge,  si  consu- 
ma; per  tenerla  ritta,  la  si  ficca,  per  lo  più,  in  un 
candeliere.  -  Candeletta,  piccola  candela.  •  Can- 
deletlina,  sottodimin.  di  candela.  -  Candelina,  più 
piccola  della  candeletta.  -  Candelina,  meno  di  can- 
delina, più  sottile  di  questa.  -  Candelona  accresc. 
di  candela.  -  Candelóne,  più  di  candelona  (per  lo 
più,  in  senso  di  celia).  -  Ca?if/c/o«o,  candela  di  cera, 
più  corta  delle  candele  ordinarie,  in  proporzione 
della  sua  grossezza:  per  lumiere,  candelabri  e  si- 
mili. -  Candelotto  da  carrozza,  più  grosso  e  più 
corto  che  non  quello  da  tavola.  -  Candelotto  da 
tavola,  quello  la  cui  lunghezza  non  suole  essere 
maggiore  di  un  palmo  e  mezzo  all'incirca:  si  mette 
nei  candelieri,  a  uso  ordinario  di  casa,  e  anche 
nelle  ventole  e  nelle  lumiere.  -  Candeluccia,  dimin. 
e  spreg.  di  candela. 

Candele  diverse. 

Candela  d,i  cerogene,  quella  fatta  con  la  cera  ve- 
getale ;  di  Segovia  (scherz.),  di  sego  ;  stearica,  di 
passo  depurato.  -  Candelucce  fosforiche,  pezzi  di 
lucignolo  incerato,  messovi  all'uno  dei  capi  un  poco 


di  una  mistura  di  fosforo  e  solfo  in  polvere,  poi 
rinchiusi  in  tubetti  di  sottile  vetro,  ermeticamente 
sigillato:  fregato  alquanto  il  tubo,  erottolo  in  due, 
poi  cavatone  subito  il  lucignolo,  questo  si  accende 
da  sé,  tosto  che  si  trovi  al  contatto  dell'aria.  Non 
più  usate.  -  Cero,  grossa  candela  di  cera,  per  la 
più  adoperato  in  certi  usi  di  chiesa.  In  qualche 
dialetto,  anche  cèreo.  -  Cero  di  legno,  per  figura.  - 
Cero  pasquale,  grossissimo  cero  che  viene  benedetto 
dal  diacono,  il  sabato  santo,  e  verso  la  metà  del 
quale  si  ficcano  cinque  pine  di  legno  o  d'incenso 
dorato  o  inargentato  :  le  si  accende  nelle  funzioni 
per  tutto  il  tempo  pasquale.  -  Lw.nen  christi,  o  lur 
mencristi,  candela  o  candeletta  intrecciata  in  varie 
guise,  che  si  benedice  in  chiesa,  il  sabato  santo,  o 
che  molti  tengono  a  capo  del  letto. 

Mòccolo,  candela  di  grossezza  varia,  per  lo  più  corta 
e  sottile;  anche  la  candela  della  quale  sia  stata 
arsa  la  maggior  parie.  -  Moccoletto,  dimin.  di  mòc- 
colo; piccolo  candelotto  ancora  intero:  cerino,  - 
Moccolino,  dimin.  usato  anche  per  indicare  lo  stop- 
pino, ma  meno  comunemente.  -  Mozzicóne,  cortis- 
simo moccolo;  avanzaticelo  di  candela,  il  culaccino 
della  medesima.  -  Quadróne  (disus  ),  lo  stesso  che 
torcia  grande:  termine  di  cereria,  cioè  dell'officina 
del  ceraiuolo.  -  Scorcio,  pezzo  di  candela  più  lungo 
del  mozzicone.  -  Torcetto,  quattro  lunghe  candele 
attaccate,  che  tormano  un  pezzo  solo:  servono  per 
certe  funzioni  di  chiesa,  per  processioni,  accompa- 
gnamenti funebri,  ecc.  -  Torcettino,  dimin.  di  tor- 
cetto. -  Torchio,  doppiere,  candela  grande  o  più 
candele  unite  in  quattro,  attaccate  una  contro 
l'altra  con  la  cera  medesima. 

Candele  alla  forma,  o  meglio  gettate,  quelle  che  si 
fanno  colando  la  materia  strutta  dentro  una  forma 
di  stagno.  -  Candele  per  effusione,  quelle  fatte  ver- 
sando la  materia  strutta  sul  lucignolo  appeso  ver- 
ticalmente. -  Candele  per  immersione  o  tuffate,  fatte 
tuffando  più  e  più  volte  i  lucignoli  in  un  truogolo 
ripieno  di  roba  liquefatta.  Ma,  per  la  fabbricazione 
delle  candele;  veggasi  a  ceraiolo. 

Componenti  della  candela.  -  Parti.  -  Accessori. 

Bianco  di  balena,  materia  grassa  che  trovasi  in 
certe  cavità  del  capo  della  balena  e  di  qualche  altro 
grosso  cetaceo  ad  essa  alTine  :  questa  sostanza,  liquida 
nell'animale  vivente,  si  assoda  raffreddandosi  all'a- 
ria: purgata,  diventa  secca,  fragile,  quasi  cristallina; 
mescolata  con  cera,  serve  a  fare  candele  di  bella 
trasparenza. 

Cera,  secrezione  con  la  quale  Vape  fabbrica  il 
favo.  -  Le  candele  o  simili,  fatte  di  cera.  -  Cera 
arsa,  cera  arsiccia,  dicesi  delle  candele  e  delle  tor- 
cie  che  già  sono  state  accese,  e  che  perciò  si  com- 
perano a  minor  prezzo  ;  dicesi  di  cera  nuova,  che, 
adoperata  per  non  lungo  tempo,  si  restituisce  al 
ceraiolo,  pagandogliene  solo  il  consumo  :  cera  a  calo. 
-  Cera  nuova,  quella  delle  candele,  delle  torcie  e 
simili,  non  ancora  state  accese.  -  Ceracela,  pegg. 
di  cera. 

Paraffina,  carburo  d'idrogeno  che  si  estrae  dal 
cati'ame:  serve  per  far  candele.  -  Sego,  sevo,  quella 
parte  di  grasso  di  vari  ruminanti,  la  quale,  per  la 
maggiore  sodezza  o  bianchezza,  è  comunemente 
adoperata  a  fabbricar  candele.  -  Stearina,  nome  dato 
tanto  all'acido  stearico  (candele  di  stearina)  come 
a  quel  componente  di  ogni  corpo  grasso  che  è 
l'etere  glicerico  dell'acido  stearico.  -  Calo,  quel 
tanto   che  scema  {cala)  di  peso  la  cera   delle   can- 


CANDELABRO    —    CANDENTE 


383 


dele,  dei  torcetti  e  simili,  stando  accesi,  e  quel 
tanto  che  si  paga  per  il  peso  consumalo.-  Camicia 
dei  ceri,  la  superfice  esterna.  •  Cerume,  colatura  di 
ceri,  candele,  ecc.  -  Colatura,  la  cera  colata  dalle 
candele.  -  Culatta  dei  ceri,  quella  fascia  di  fondo 
messa  perchè  non  si  aprano,  inlilandoli  nello  spun- 
zone dei  candelieri  {ceri  con  o  senza  culatta).  -  Fiac- 
cola, la  fiainrua  di  una  candela  o  altro  lume 
qualsiasi  quando  arde  molto;  lucignolo  con  troppa 
lìamina  e  con  lumo  [sfiaccolare,  far  fiaccola  troppo 
grossa).  -  Fungo,  per  similitud.,  la  moccolaia  delle 
candele  e  della  lucerna;  specie  di  cappello  o  di 
bottoni  che  si  formano  talora  in  cima  della  moc- 
colaia, massime  se  l'aria  è  molto  umida. 

Gocciolotti,  le  colature  che  restano  attaccate  alla 
candela  mentre  si  strugge,  essendo  accesa.  -  Luci- 
gnolo, le  fila  di  bambagia  disposte  lungo  l' asse 
delle  candele  per  appiccarvi  il  fuoco  e  far  lume. 
-  Lucignolo  ladro,  parte  di  lucignolo  che  si  separa 
e  strugge  tutta  la  candela  da  una  parte.  -  Mocco- 
laia, la  parte  del  lucignolo  che  arde,  quando  è  di- 
venuta troppo  lunga  e  quasi  carbonizzata,  facendo 
men  viva  luce  e  cattivo  odore.  -  titoppino,  luci- 
gnolo della  candela;  anche  (in  Toscana)  cerino, 
moccolino. 

Accenditoio,  quel  qualunque  arnese  che  si  adopera 
per  accendere  candele  o  altro  lume;  particolarmente, 
mazza  o  canna,  con  in  cima  un  pezzetto  di  stoppino 
0  di  strega,  per  accendere  candele  o  altri  lumi  posti 
in  alto  0  comecchessia  discosti.  -  Smoccolato)  e , 
smoccolatoio,  sorta  di  cesoie,  di  forbici,  per  ismoc- 
colare:  sono  a  due  branche,  una  delle  quali  termina 
in  punta,  pel  caso  di  dover  raddrizzare  o  ripiegare 
la  moccolaia,  e  alla  base  di  essa  punta  è  la  casset- 
tina;  alla  estremità  dell'altra  branca  è  la  piastrella. 
Queste  due  parti  si  riscontrano,  entrano  l'una  nel- 
l'altra, e  rinchiudono  la  smoccolatura.  Talora  il 
pernio  delle  due  branche  delle  smoccolatole  è  gros- 
setto,  a  foggia  di  tamburo,  con  entro  una  molla 
spirale,  per  tener  bene  unite  una  contro  l'altra  la 
piastretta  e  la  cassettina,  e  meglio  ritenere  le  suc- 
cessive smoccolature.  Le  smoccolatole  hanno  talora 
tre  piedini,  uno  sotto  ciascun  anello,  il  terzo  sotto 
la  cassettina;  un  vassoino  metallico,  di  forma  allun- 
gata, e  variamente  adorno,  serve  a  posarvele  sopra. 

Spegnitoio,  arnese  di  ferro,  latta,  ottone,  ecc.,  a 
foggia  di  piccolo  cono  vuoto,  ad  uso  di  spegnere 
candele,  ecc.:  spengitoio^  spegnimòccolo.  Ha  da 
un  lato  una  piccola  presa,  se  si  adopera  per  le 
candele  che  ardono  su  piccoli  candelieri  che  ser- 
vono agli  usi  domestici,  o  un  boccinolo,  nel  quale 
entra  una  canna  o  un  bastone,  se  serve  a  spegnere 
le  candele  e  i  ceri  nelle  chiese  o  quelle  che,  anche 
nelle  case,  rimangono  in  alto,  a  lumiere,  ventole  e 
simili . 

Appicciare,  cominciare  a  bruciare  il  lucignolo 
per  poterlo  accender  meglio.  -  Avviare  una  candela, 
accenderla  per  la  prima  Adolfa.  -  Parar  cera,  usan- 
za dei  beceri  di  raccogliere,  con  un  cartoccio,  la  cera 
delle  candele  nelle  processioni.  -  Smoccolare,  levar 
la  moccolaia  con  le  smoccolatole,  con  le  forbici  o 
altro  arnese.  -  Smoccolatura,  la  parte  smoccolata; 
'a  moccolaia  recisa  con  lo  smoccolatoio  o  con  si- 
mile istrumento.  -  Far  lume,  accostare  la  candela 
accesa,  o  altro  simile,  a  qualcuno,  affinchè  ci  vegga 
chiaro  nel  camminare,  o  nel  far  checchessia  -d'altro, 
in  luogo  buio  0  non  sufficientemente  illuminato. 

Avrenditore,  chi  accende  le  candele  o  altro  lume; 
particolarmente,  chi,  nelle  chiese,  massime  in  oc- 
casione di  grandi  feste,  ha  l'incarico  di    accendere 


le  candele  degli  altari,  delle  lumiere  e  dei   viticci. 

Ceratolo,  candelaio,  candelaro,  fabbricante  o  ne- 
goziante di  candele.  -  Candelaia,  candelara,  cande- 
lora, festa  della  Purificazione,  pei  cattolici,  e  nella 
(|uale  si  benedicono  in  chiesa  le  candele. 

Candelabro.  (ìrande  candeliere. 

Candelaia.  Detto  a  candela  (qui  sopra). 

Candeletta.  Istrumento  di  chirurgia. 

Candeliere.  Arnese  che  serve  a  portare  le  can- 
dele, nel  quale  queste  si  ficcano,  per  tenerle  ritte: 
randelliere.  E'  di  legno  o  di  metallo,  più  o  meno 
lavorato,  di  vetro,  di  cristallo,  ecc.;  ha  base  tonda, 
triangolare  o  quadrata.  Si  hanno  candelieri  da 
altare,  da  chiesa,  da  tavola,  da  pianoforte,  ecc.; 
candelieri  piccoli,  grandi,  mezzani:  accompagnati  o 
scompagnati  ;  Uscì;  tondi  ;  inargentati,  lavorati,  sfac- 
cettati, ecc.  -  Candelierino,  dimin.  e  vezzegg.  di 
candeliere.  -  Candelierone,  accresc.  di  candeliere.  - 
Candelieruccio,  dimin.  spreg.  di  candeliere.  % 

Bugia,  specie  di  candeliere  senza  fusto,  cioè  un 
piattellino  metallico,  tondo,  con  boccinolo  centrale 
per  porvi  una  non  lunga  candela  e,  per  lo  più,  un 
candelotto:  al  piattellino,  che  serve  di  base,  è  unito 
un  manichetta,  ovvero  una  presa  in  forma  di  ma- 
glia 0  anello.  -  Candelabro,  arnese  metallico  che  è 
come  l'unione  di  tre  o  più  candelieri  su  un  solo 
piede,  ovvero  un  candeliere  a  più  fusti  :  general- 
mente, si  usa  nelle  chiese;  ma  si  vede  anche  nelle 
case,  più  piccolo,  spesso  di  bronzo  dorato,  e  di  vario 
disegno:  avvignatolo,  viticcio  da  candela;  doppiere, 
doppiero;  torciere.  -Asta:  si  dice  comunem.  di  quei 
candelabri,  senza  piede,  che  si  portano  nelle  proces- 
sioni, con  sopra  una  candela  accesa.  -  Saetta,  saet' 
tile,  candelabro  a  triangolo  che  si  usa  in  chiesa, 
la  settimana  santa.  -  Candeliere  alla  Raffaella, 
tondo,  col  piede  sfaccettato  e  l'oro  contornato  dal 
colore.  -  Doppiere,  candeliere  e  candelabro.  -  lite 
(quasi  sempre  al  plurale),  grosso  candeliere  per  lo 
più  a  spira,  portato  dai  chierici  in  alcune  cerimonie. 

Parti  del  candeliebe.  —  Aìiima,  l'ossatura  in- 
terna di  un  candeliere,  o  di  un  lampadario.  -  Boc- 
cinolo, vano  cilindrico  in  cui  si  ficca  a  forza  la 
candela.  -  Fusto,  la  parte  del  candeliere  che  si 
inalza,  più  o  meno  ornata,  dal  mezzo  del  piede  e 
termina  col  boccinolo.  -  Padellina,  pezzo  di  cri- 
stallo, 0  di  sottile  foglia  metallica,  o  anche  di  carta 
bianca  o  tinta,  smerlata  a  foggia  di  foglia  crespa, 
che  si  sovrappone  al  piattino  del  candeliere  per 
raccoglierne  le  sgocciolature:  palmetta,  scodellerà 
da  candeliere,  scodellina,  foglia;  frane,  bobéche.  Nei 
grossi  candelieri  di  chiesa  la  padellina  è  di  latta.  - 
Piattellino,  parte  del  candeliere  che  serve  a  racco- 
glierne le   sgocciolature:   boggiuolo,  piattino. 

Piede,  la  parte  inferiore,  generalmente  rotonda  e 
più  0  meno  ornata,  dal  mezzo  della  quale  sorge  il 
fusto  del  candeliere  e  di  simili  arnesi.  Talvolta  il 
piede  si  svita.  -  Ventola  (quasi  sempre  in  plurale), 
arnese  di  legno  dorato,  per  lo  più,  fatto  a  foggia 
di  spera,  con  uno  o  più  viticci  da  basso  per  uso 
di  sostener  candele;  lo  si  appende  alle  pareti,  se- 
gnatamente nelle  chiese.  -  Viticcio  (generalmente  in 
plurale),  per  simil.,  arnese  di  ferro,  per  lo  più,  che 
dal  gambo  (il  quale  sta  fisso  a  un  anello  fermato 
nel  muro,  o  saldato  in  legno)  si  dirama  e  si  allun- 
ga in  quattro  o  cinque  sottili  bracciuoli,  in  cima 
ai  quali  si  ficcano  le  candele:  serve  per  illumi- 
nazione. 

Candelora.  Detto  a  candela. 

Candelòtto.  Veggasi  a  candela. 

Candente.  Detto  a  fuoco. 


384 


Candì.   Aggiunto  di  zucchero  depurato  e  cri- 

strilli  zzato 

Candidato,  Chi  aspira  o  è  da  altri  proposto  ad 
una  carica,  ad  un  ufficio  ;  chi  si  presenta  in  una 
elezione  a  deputato,  a  membro  d'un  Consiglio 
Comunale,  d'un  Consiglio  Provinciale,  ecc.,  ecc.;  chi 
si  presenta  ad  esame  per  un  concorso  e  simili. 

Candidatura.  Qualità  di  candidato. 

Candidezza.  L'essere  candido.  -  Purezza,  in- 
nocenza. 

Càndido.  Che  è  bianco  in  supremo  grado.  - 
Schietto,  i)uro,  innocente.  -  Ingenuo,  sincero. 

Candire  (candito).  Operazione  del  confettiere 
sullo  zucchero.  -  Raffinare  lo  zucchero. 

Candito.  Confettato  nello  zuccìiero.  -  Dicesi 
di  frutto  e  d'altro. 

Candore.  Stalo  di  ciò  che  è  superlativamente 
bianco.  -  Schiettezza,  innocenza^  purezza,  in- 
(fbnuità» 

Cane.  Animale  domestico,  il  più  intelligente 
degli  animali,  e  il  più  affezionato  all'uomo:  appar- 
tiene alla  famiglia  dei  carnivori  digitigradi  com- 
prendente anche  il  lupo,  la  volpe,  lo  sciacallo, 

-  Cagna,  la  femmina  del  cane. 

Le  razze  e  le  sotto-razze  di  cani  furono  da  Cu- 
vier  e  Desmarets  divise  in  tre  classi:  mastini,  spa- 
gnuoli,  alani.  Tra  i  mastini  figurano  le  specie  mag- 
giori di  cani:  il  mastino  comune;  il  danese  grande, 
che  raggiunge  quasi  la  statura  di  un  piccolo  asino; 
i  molossi  d'Ejìiro,  celebri  presso  gli  antichi;  il  da- 
nese macchialo;  il  piccolo  danese;  il  cane  da  pastore; 
il  cane  di  monte;  il  cane  del  S.  Bernardo;  il  dingo 
o  cane  della  Nuova  Olanda;  il  ditole  o  cane  delle 
Indie  Orientali,  che  va  a  schiere  cacciando  daini, 
gazzelle,  e  non  teme  il  leone;  il  cane  di  Sumatra; 
il  cane  del  Capo  di  Buona  Speranza;  il  cane  da 
schiavi  d'America.-  Compresi  tra  gli  spagnuoli  :  il 
cane  lupo;  il  cane  della  Cina;  il  cane  degli  Eschi- 
mesi; il  cane  di  Siberia  (questi  ultimi  due  adope- 
rati a  tirare  slitte);  gli  spagnuoli  chiamati  inglesi  e 
francesi;  il  piccolissimo  spagnuolo ;  i  cani  da  salotto 
o  da  signore,  e  cioè  il  piramo;  il  cocker;  il  King's 
Charles;  il  Blcinheim;  il  piccolo  grifone;  il  canino 
bianco  di  Cuba  o  deWAoana;  il  cane  leone;  i  bas- 
sotti ;  il  barbone,  che  è  il  più  fedele  e  intelligente. 
Compresi  anche  il  cane  di  Terranova;  i  cani  da 
corsa  inglesi  e  francesi,  il  segugio,  il  bracco.-  Tra 
gli  alani:  Vaiano  grande,  dagli  Inglesi  detto  mastiff, 
coraggioso,  robustissimo  e  atto  a  combattere,  am- 
maestrato che  sia;  Vaiano  del  Tibet;  il  botolo  (frane, 
doijuinj  ;  il  car/mo,  piccolissimo;  il  mo/osso,  huldog 
degli  Inglesi;  il  terrier  o  bull-terrier»  Vaiano  inglese, 
meticcio  del  mastino  e  dell'alano  grande;  il  cane 
turco,  dalla  pelle  del  tutto  nuda,  originario  d'Ame- 
rica, scoperto  da  (Colombo  alle  Antille. 

Cagnetta,  dimin.  di  cane  e  cagna.  ■  Cagnaia,  di- 
min,  di  cagna:  non  comune  tranne  che  in  qu;ilche 
proverbio.  -  Cagnoletto,  dimin.;  più  com.,  cagnolino. 

-  Cagnolino,  dimin.  di  cane  e  cagna.  -  Canettaccio, 
dimin.  pegg.  di  cane:  cane  non  grosso,  ma  cattivo 
(un  canettaccio  stizzoso).  -  Canetto,  dimin.  di  cane, 
di  mezzana  grossezza.  -  Canettino,  sottodimin.  di 
cane.  -  Canettuttaccto,  sottodim.  e  pegg.  di  cane.  - 
Canina,  cagnina,  cagnuola,  dimin.  di  cagna,  cioè 
piccola  0  giovane  cagna  ;  cagnuccia,  cagnuzza;  cuccia, 
cuccietta.  -  Ca inno,  cane  piccolo  di  razza:  cagnuccio, 
cagimcciolo,  cagnuolo,  cagnuzzo  ;  botolelto,  botolino, 
botolo;  carlino,  doghino,  mascherino.  -  Canucciaccio, 
dimin.  pegg.  di  cane,  piccolo,  ma  cattivo. 

Cuccio,  cucciolo,  cucciolino,  giovane  cane,  che  non 


ha  finito  di  crescere:  cane  ancora  piccino;  ca- 
gnoletto, cagnolinetto,  cagnolino;  catellino,  catello, 
catellone.  -  Catello,  catelltno  dicesi  anche  dei  parti 
di  altri  mammiferi  che  siano  del  genere  cane  e  del 
ganere  gatto  -  Mangiadebiti,  soprannome  scherz.,  al 
cane  di  qualche  povero  diavolo.  -  Patisci,  sopran- 
nome scherz.  d'un  cane  che  il  padrone  non  sfama 
abbastanza.  -  Tétte,  il  cane:  voce  fanciullesca. 

Cagnesco,  lo  stesso  che  canino,  ma  non  si  adopera 
se  non  nel  senso  traslato  e  cattivo,  per  rabbioso, 
barbaro,  truce,  minaccioso;  e  cosi  il  sostant.  cane, 
se  riferito  a  persona,  lo  si  dice  sempre  per  di- 
sprezzo. -  Lanino,  add.  di  cane,  attenente,  simile  a 
cane,  o  a  qualità  che  sia  propria  di  cane.  Rabbia 
canina,  fame  canina,  ecc.  -  Azzampato  {bene  o  male 
azzampato),  dlc.esi  dei  cani  da  caccia  che  hanno 
belle  0  brutte  zampe,  più  o  meno  atte  al  loro  la- 
voro. -  Cane  da  pagliaio:  buono  ad  abbaiare, 
ma  pauroso.  -  Cane  mascherino  e  solamente  masche- 
rino, col  muso  nero.  -  Festévole,  il  cane  che  è  sem- 
pre intorno  al  padrone  e  ad  altre  persone,  dime- 
nando la  coda  e  dimenandosi  di  corpo,  in  segno 
di  festevolezza.  -  Moraccio,  di  cane  con  pelo  nero, 
scuro.  -  Ringhioso,  il  cane  che  ringhia  e  mostra  di 
voler  mordere.  -  Sagace,  d'  odorato  fine.  -  Sboccato, 
di  cane  che  non  addenta,  per  stanchezza  o  altro.  - 
Sperso,  il  cane  che  si  trova  lontano  dalla  casa  e 
dal  padrone,  quindi  errabondo,  senza  saper  dove 
andare.  -  Vagante,  il  cane  che  gira  senza  padrone 
e  senza  museruola. 

Provekbì.  —  Can  da  fuoco,  buono  a  poco  •  Ccn 
ronzone,  buon  per  sé  e  per  il  padrone. 

Cani  da  caccia. 

Cane  da  caccia  è  quello  che  aiuta  1'  uomo  nella 
caccia  agli  uccelli,  alla  selvaggina.  -  Bassotto,  cane 
con  pelo  corto,  misto  di  bruno  e  di  nero,  orecchie 
lunghe  e  pendenti,  coda  lunga,  gambe  corte.  Una 
varietà  (bassetto)  ha  le  gambe  curvate  in  fuori.  - 
Beagle,  cane  che,  insieme  al  cane  da  volpe  e  al  cane 
da  cervi,  è  annoverato  tra  i  segugi  :  ha  pelame 
corto  0,  come  si  dice,  pelo  raso. 

Bracco,  cane  non  grosso,  di  finissimo  odorato, 
con  pelo  raso,  raramente  d'  un  solo  colore,  e  orec- 
chie pendenti  ;  per  lo  più  di  mezza  taglia,  con  muso 
grosso:  gli  si  suole  mozzare  la  coda.  -  Bracco  da 
fermo,  quello  che,  accortosi  della  presenza  della 
selvaggina,  si  ferma.  -  Bracco  da  punta  o  da  presa, 
quello  che,  dopo  breve  sosta,  si  slancia  sulla  preda. 
-  Bracco  da  seguito,  che  iìisegue  la  fiera.  -  Bracco 
spinoso,  bracco  da  acqua:  ha  pelo  lunghetto,  ru- 
vido e  quasi  caprino.  -  Burgo,  meticcio  del  bas- 
setto B  dello  spagnuolo.  -  Cane  da  acqua,  quello 
abituato  a  entrare  nell'  acqua. 

Cane  da  correre,  cane  segugio,  poco  dissimile  dal 
cane  inglese,  e  ha,  come  questo,  orecchie  ampie  e 
pendenti,  pelo  più  corto  e  coda  meno  fioccosa;  di 
meraviglioso  odorato,  va  lungamente  per  la  pesta 
della  lepre  anche  per  più  ore,  fino  a  che,  in  que- 
sto 0  in  queir  altro  dei  molti  rigiri,  si  possa  ucci- 
derla. -  Cane  da  fermo,  il  cane  addestrato  a  te- 
nersi immobile,  appostando  quaglia,  starna  o  altro 
simile  uccello,  a  cui  esso,  per  mezzo  dell'odorato,  si 
senta  molto  vicino  anche  senza  vederlo:  né  vi  si 
slancia  se  non  al  comando  del  cacciatore,  fattosi 
prima  pronto  a  sparare  sull'uccello,  levatosi  a  volo. 
Ottimo  il  bracco.  -  Cane  da  giugnei-e,  levriere,  cane 
che  prende  la  lepre  al  corso:  ha  pelo  corto,  coda 
gracile,  pendente,  inferiormente  ricurva,  muso  lun- 


CANE 


383 


go  e  acutissimo:  fianchi  scarni,  gambe  sottili,  lun- 
ghe, corpo  snello,  odorato  scarso  o  nullo;  non  leva 
la  lepre  al  fiuto,  ma,  vedendola,  la  insegue  con  ve- 
locissimo corso,  le  si  serra  addosso  e,  raggiuntala, 
r  addenta.  -  Cane  da  pelliccia,  cane  che  si  alleva, 
specialmente,  nella  Manciuria  e  nella  Mongolia. 

Cane  da  peìma,  cane  avvezzato  alla  caccia  di  stame, 
pernici,  beccacele  e  simili.  -  Cane  da  pelo,  quello 
addestrato  a  cacciare  animali  da  pelo,  come  lepri, 
volpi,  ecc.  -  Cane  da  presa,  quello  che  segue  ed 
afferra  la  preda;  grosso  cane  robusto,  atto  alle 
caccie  delle  fiere.  -  Cane  da  séguito,  che  seguita  la 
preda.  -  Cani  da  corsa,  il  levriero  o  veltro,  i  cani 
di  Saintonge  e  del  Poitou,  i  cani  inglesi,  i  bassotti 
o  segugi  dalle  gambe  corte.  -  Diapono,  nome  ed 
epiteto  di  cane  cretese  da  caccia,  celebratissimo.  - 
Dogo,  una  delle  specie  maggiori,  ottimo  cane  per 
la  caccia  delle  fiere.  -  Gordon  Seller,  ottima  razza 
scozzese  di  cani  da  fermo,  con  lungo  pelo  nero, 
rosso  alle  estremità.  -  Levriere  d'Italia,  levrierino, 
della  stessa  forma  e  delle  stesse  proporzioni  del 
levriere  propriamente  detto,  ma  di  corporatura 
molto  minore.  -  Limiere,  specie  o  varietà  di  cane 
domestico  da  caccia,  che  all'  odorato  trova  i  cervi. 
-Pointer,  cane  bastardo  derivato  dal  vecchio  cane  in- 
glese, incrociato  col  volpino  {fox-houndj,  ma  prege- 
volissimo :  serve  per  la  caccia  ai  tassi.  -  Ratier, 
specie  di  cani,  cosi  chiamati,  in  francese,  dalla  peri- 
zia loro  nel  prendere  i  topi  {rats).  -  Retriever  {ri- 
portatorej,  cane  di  pelo  lungo,  bellissimo  e  molto 
intelligente. 

Segugio,  varietà  di  cane  da  caccia,  con  orecchie 
grandi  e  pendenti,  coda  lunga  e  scarsamente  pe- 
losa. -  Seller  (ingl.),  varietà  di  cani  da  caccia,  con 
pelo  setaceo.  V  è  anche  il  setter  nuotatore,  abilis- 
simo per  le  caccie  acquatiche.  -  Spagnolino,  cane 
da  fermo,  a  pelo  lungo,  setaceo:  d'origine  iberica. 
Il  cane  spagnuolo  è  di  taglia  piccolissima,  con  orec- 
chie ampie  e  pendenti,  pelo  ordinariamente  bian- 
chissimo e  lunghissimo,  talora  macchiato  di  bruno, 
a  coda  rialzata.  -  Terrier  (frane),  piccola  specie  di 
cane,  notevole  per  sagacia,  vivacità,  coraggio  e 
prontezza  nell' attaccare  i  topi:  adoperato  nella 
caccia  della  volpe.  -  Veltro,  cane  levriere.  -  Veltra, 
femmina  del  veltro. 

Buon  braccatoì-e,  il  cane  che  cerca  bene  la  fiera. 

-  Canèa,  moltitudine  di  cani  abbaianti  dietro  la  fiera. 

-  Cani  muti,  che  seguono  la  fiera  senz'  abbaiare.  - 
Muta  di  cani  da  caccia,  uno  stuolo.  -  Cinegesia 
(cinegètico),  caccia  per  mezzo  dei  cani.  -  Venaria, 
arte  di  cacciare  coi  levrieri.  -  Venatore,  chi  dirige 
una  simile  caccia.  -  Assitare,  sentir  dal  sito  (dal- 
l'odore.  -  «Aspetta  che  abbia  assitato   la   lepre»). 

-  Braccare,  cercar  la  fiera,  fiutarla,  prenderla.  -  Fiu- 
tare, l'annusare  del  cane  che  sul  terreno  cerca  la 
traccia  della  selvaggina.  -  Puntare,  dei  cani  che, 
scoperta  la  selvaggina,  si  fermano. 

Cani  da  guardu  -  Razze,  specie  diverse. 

Cane  da  guardia,  quello,  di  qualunque  razza, 
pura  0  mista,  che  si  tiene  perchè  guardi  la  casa, 
cioè  coi  suoi  latrati  dia  avviso  delle  persone  non 
famigliari  che  v'  entrassero.  -  Cane  da  pecoraio,  con 
orecchie  corte  e  diritte,  coda  penzolante,  pelo  lun- 
go, corpo  chiazzato  di  bianco  e  di  nero:  guardale 
pecore  su  pei  monti,  inseguendo  e  fugando  il  lupo. 

-  Cane  da  pagliaio,  cane  di  guardia  nelle  case  co- 
loniche. -  Cane  da  pollaio,  quello  che  guarda  la 
•casa  del  contadino.  -  Caìie  dell'aia,  o  da  pagliaio: 


cane,  per  lo  più  di  razza  imbastardita,  che  si  tiene 
a  fruardia  di  casa  rustica,  detto  così  perchè  1'  abi- 
tuale suo  soggiorno  è  1'  aia,  e  la  sua  cuccia  il  pa- 
gliaio. 

Mastino,  cane  di  guardia  e  aggressivo:  è  piuttosto 
grosso,  con  pelo  di  color  fulvo,  non  corto  né  schiac- 
ciato, come  r  ha  il  dogo,  coda  ondeggiante,  non 
fioccosa.  A  questa  razza  pare  appartengano  i  me- 
ravigliosi cani  del  San  Bernardo  (dell'  ospizio  sul 
Gran  San  Bernardo),  rinomatissimi  per  i  soccorsi 
portati  a  viaggiatori  sorpresi  nell'  alta  montagna 
dalla  notte,  dal  mal  tempo,  dalla  tormenta,  dalla 
valanga,  o  smarriti  nella  nebbia  o  spossati  dalla 
fatica,  assiderati  dal  freddo.  -  Molosso,  cane  grosso 
da  guardia,  molto  pregialo  dagli  antichi  come  fe- 
dele: anche  boldrò,  buldó,  dogo  f bull-dog,  ingl.).  - 
Terranova,  una  fra  le  più  stimate  razze  di  cani  da 
guardia,  da  difesa  e  insieme  di  lusso:  grosso,  so- 
litamente nero,  con  ricca  coda,  pelo  lungo  e  liscio, 
testa  massiccia,  muso  espressivo. 

Diversi.  —  Alano,  maggiore  e  più  feroce  del 
molosso,  al  quale  nel  resto  assomiglia.  -  Buansu, 
cane  selvatico.  -  Barbone,  cane  di  mezzana  sta- 
tura, con  gambe  piuttosto  corte,  corpo  tozzo,  orecchie 
ampie  e  pendenti,  pelo  lungo  ricciuto  e  lanoso, 
colore  ora  tutto  bianco,  ora  macchiato  di  nero,  più 
raramente  di  uniforme  colore  bruno,  coda  qualche 
volta  naturalmente  mozza,  ordinariamente  mozzata. 

-  Barboncino,  dimin.  di  barbone.  -  Bastardo,  quello 
che  è  il  prodotto  di  due  razze  diverse,  e  perciò 
non  conserva  tutte  le  qualità  né  dell'  una  né  del- 
l' altra  (i  cani  di  razze  variamente  imbastardite 
sono  moltissimi,  e  non  ammettono  descrizione  al- 
cuna collettiva).  -  Botolo,  cane  piccolo,  ma  abbaia- 
tore e  ringhioso,  con  muso  rincagnato  e  coda  a  spira. 

Caberù,  cane  selvatico,  africano,  grosso  come  un 
cane  da  pastore.  -  Cane  antartico,  maggiwe  dello 
sciacallo,  con  gambe  fulve  e  coda  bianca  in  punta. 

-  Cane  danese,  di  pelame  corto,  per  lo  più  bianco, 
vagamente  sparso  di  numerose  tacche  nere,  coda 
gracile,  orecchie  per  lo  più  mozzate:  buon  corri- 
dore. -  Cane  di  Caienna,  di  color  grigio  fulvo,  con 
orecchie  corte  e  diritte,  coda  lunga  un  piede  e  co- 
perta di  pelo  giallognolo.  -  Caìie  di  piacere,  de- 
nominazione indeterminata  di  ogni  cane  che  si 
tenga  presso  di  sé,  per  sollazzo  e  per  compagnia, 
benché  non  atto  o  non  addestrato  a  speciali  servigi. 

-  Cane  di  razza,  maniera  ellittica  per  dire  nato  da 
genitori  di  una  medesima  razza,  e  che  per  ciò  ne 
conserva  i  segni,  la  forma  e  le  naturali  inclinazioni. 

-  Cane  doghino,  o  mascherino,  a  muso  nero,  e  di 
statura  piccola:  nel  rimanente  simile  al  dogo. 

Cane  inglese,  di  mediocre  statura;  gambe  piutto- 
sto corte,  orecchie  ampissime  e  pendenti,  con  lunghi 
peli  sui  margini  di  esse;  coda  rialzata,  ornata  di 
lunghi  peli  in  tutta  la  parte  inferiore;  colore  bruno 
carico,  ovvero  fulvo,  con  macchie  bruno  rossiccie. 

-  Giavanese,  varietà  di  cane  di  lusso,  oriundo  del- 
l' isola  di  Giava.  -  King-Charles,  piccolo  spagnuolo- 
inglese.  -  Lioncino,  varietà  di  cane  domestico  che 
ha  qualche  somiglianza  col  leone.  -  Maltese,  sorta 
di  cani  pregevoli.  -  Mops,  piccolo  cane  di  lusso.  - 
Pince,  canino  piccolo,  con  bel  pelo.  -  Piramo,  va- 
rietà della  specie  «cane  domestico»,  con  mac- 
chie sopra  gli  occhi.  -  Pomere  o  pomerano,  specie  di 
cane  da  barocciai,  che  abbaia  molto:  pomerino.  - 
Restone,  sorta,  di  cane  grosso.  -  Volpino  (canis-vul- 
pis),  nota  specie  di  piccolo  cane,  dal  muso  sottile, 
le  orecchie  dritte,  !a  coda  bella  e  pelosa,  simile 
cioè  alla  volpe:  ingl.,  fox. 


Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


25 


386 


Voci,  movimenti,  ecc.,   del   cane.  -  Malattie,  ecc. 

Arnesi  pel  cane.  -  Luoghi  in  cui  sta. 

Abbaiare,  il  mandar  fuori  la  voce  che  fa  il  cane  : 
baiare,  latrare.  Bau,  il  suo  caratteristico    latrato. 

-  Abbaiamento,  atto  ed  effetto  dell'abbaiare:  abba- 
iata, abbaiatura;  bu  bù;  latramento,  latrato.  Abba- 
amento  frequente,  continuo:  abbaio;  canèa.-  Cagnaia, 

()  cagnara,  abbaiamento  di  più  cani  insieme.  -  Canizza, 
abbaio  traleiato  di  cani  dietro  la  fiera  ■  Mugolio,  àh- 
l'aiamento  sommesso,  pietoso:  gagnolamenlo,  gagno- 
lio; gagnuolo;  mugolamento,  mugolo.  -  Ululato,  ab- 
baiamento lamentevole,  forte:  ululo,  urlo.  -  Abbaia- 
tore, che  abbaia:  abbaione,  oblatratore.  -  Abbaiato- 
vello,  piccolo  abbaiatore. 

Gagnolare,  abbaiare  pietosamente  e  piano:  guaio- 
lare, guaire;  mugolare,  sguagnolare;  uggiolare. -Far 
laino,  il  guaire  forte  del  cane,  quando  senta  dolore; 
anche,  far  cain  cain.  -  Ringhiare,  il  far  sentire,  fra 
)  denti  digrignati,  certa  voce  cupa  e  rantolosa, 
quando  il  cane,  quasi  brontolando,  mostra  di  non 
voler  essere  toccato,  o  di  voler  mordere:  rignare. 
Ringhio,  rigno,  il  ringhiare,  -  Scagnare,  l'abbaiare 
del  cane,  dopo  avere  scoperto  la  lepre,  il  cervo,  o 
sim.  -  Sgagnolare,  emettere  voce  lamentevole,  ma 
più  alta  del  guaire.  -  Squittire,  abbaiare  interrotta- 
mente:  guattire,  risguittire,  schiattire,  sguitterire.  - 
Ululare,  abbaiare  con  forte  lamento:  m'iare.  -  Usto- 
lare,  lo  schiattire  del  cane  che  ha  sentito  l'usta  della 
fiera.  Usta,  l'odore  lasciato  dalle  fiere  per  dove 
passano 

Movimenti,  ecc.  —  Abbindolarsi,  per  traslato  d'uso, 
dicesi  del  cane  quando  pei  molti  aggiramenti  s'im- 
paccia e  s'impiglia  nel  lungo  suo  guinzaglio  o  in 
alcunché  d'altro.  -  Accucciare,  accucciarsi,  cucciare: 
accovacciarsi  del  cane  nella  cuccia.  -  Accucciolarsi, 
vezzegg.  di  accucciarsi.  -  Accularsi,  stare  accovac- 
ciato con  le  gambe  davanti  alzate  come  in  positura 
di  sedere.  -  Alzar  la  cianca,  di  cane  che  orina.  - 
A  ndare  alla  busca,  il  buscare  dei  cani.  -  Annaspare, 
muovere  le  zampe  dinanzi,  come  si  fa  fare  ai  cani 
per  giuoco,  e  come  fanno  tutti  gli  animali  nuotando. 

-  Annusarsi,  dei  cani  che  si  fiutano  tra  loro.  -  Ar- 
ricciare il  muso,  di  cane  che  digrigna  i  denti. 

Buscare,  dei  cani  che  vanno  a  cercare  e  riportano 
cosa  tirata  a  loro  o  nascosta.  -  Digrignare,  quel 
ritirare  le  labbra  e  mostrare  i  denti,  arrotandoli, 
che  fa  il  cane  nell'atto  di  ringhiare:  arricciare  le 
basette,  mostrare  i  tagiuoli,  sgretolare  i  denti.  -  Di- 
vincolare la  coda,  torcerla  e  piegarla  in  qua  e  in 
là.  -  Esser  a  cane,  delle  cagne  in  caldo,  che  desi- 
derano la  còpula.  -  Fare  un  gomitolo,  del  cane  ac- 
cucciato  in  giro.  -  Mostrare  x  denti,  del  cane  che 
minaccia.  -  Raspare,  grattare  in  terra  che  fa  il  cane 
talvolta,  con  le  zampe  davanti,  cercando  qualche 
cosa.  -  Scodinzolare,  quel  dimenare  che  fa  il  cane 
celeremente  la  coda  in  segno  d'allegrezza  nell'in- 
contrar  il  padrone,  nel  ricevere  carezze,  o  quando 
al  fiuto  riconosce  vicinissimo  il  selvasgiume.  -  Sco- 
dinzolio,  uno  scodinzolare  continuo.  -  Zampettare,  del 
cane  che  va  e  viene  avanti  e  indi  tro  al  padrone. 

Malattie,  ecc.  —  Cimurro,  infe  mità  del  cane  e 
del  cavallo,  per  cui  loro  scola  un  flusso  dalle  nari. 

-  Echinococco,  tenia  che  vive  nell'i nlestino  del  cane 
e  di  cui  l'uovo  ingerito  dall'uomo  produce  un  em- 
brione. - /rfro/'oòta,  orrore  dell'acqu.;  e  prendesi  per 
la  rabbia,  essendo  l'orrore  dell'acqua  il  sintomo 
principale  di  tal  malattia:  rabbia,  cinolissa  {bava, 
liquido  spumoso  salivare,  mucos< ,  che  esce  dalla 


bocca  del  cane  e  d'altri  animali  idrolobi  o  epilettici; 
cetonia  splendida,  la  più  bella  delle  cetonie  comuni, 
adoperata  in  polvere  e  secca,  come  rimedio  contro 
l'idrofobia).  -  Raspo,  malattia  che  colpisce  per  lo  più 
i  cani  e  li  spela.  -  Stizza,  erpete  dei  cani. 

Linèca,  cinàco,  cinettano,  còlchico,  piante  che  sono 
un  veleno  per  i  cani.  -  Cinipo,  insetto  imenottero 
infesto  ai  cani.  -  Zecca,  animaluzzo  che  si  attacca 
addosso  ai  cani,  e  ad  altri  animali,  e  ingrossa  suc- 
chiandone il  sangue. 

Arnesi.  —  Collare,  striscia  di  pelle,  di  cuoio, 
0  di  lama  metallica,  che  s'aflìbbia  intorno  al  collo 
dei  cani,  pel  caso  occorra  tenerveli  legati  col  guin- 
zaglio. Al  cane  da  pecoraio  si  usa  porre  un  collare 
gremito  di  punte  di  ferro,  per  sua  difesa  contro  i 
morsi  del  lupo  e  anche  di  altri  cani.  -  Guinzaglio, 
lunga  striscia  di  cuoio  o  anche  altra  simile  legacela  che 
s'infila  in  un  anello  del  collare  del  cane,  per  con- 
durlo e  tenerlo  legato.  -  Museruola,  museliera,  fre- 
nello, arnese  di  fil  di  ferro  in  forma  di  rete,  o  a 
striscia  di  cuoio,  che  si  mette  talora  a!  muso  dei 
cani,  perchè  non  mordano  :  cavagnuolo,  mordacchia, 
musarola. 

Luoghi.  —  Canatteria,  nome  collettivo  di  molti 
cani  che  un  principe  o  altro  gran  signore  tenga  a 
uso  delle  caccie.  E  dicesi  anche  del  luogo  della  casa, 
0  di  quella  parte  del  cortile  dove  quei  cani  si  ten- 
gono. -  Canile,  luogo  con  giaciglio  pei  cani  malati 
e  ricevuti  nelle  cliniche  veterinarie  ;  anche  la  cuc- 
cia, il  letto  del  cane.  -  Casotto,  piccola  costruzione 
di  legno  pel  cane  di  guardia.  -  Stabulario,  stanza 
dove  si  tengono  per  alcun  tempo,  a  cura  del  Co- 
mune, i  cani  vaganti  e  presi  dall'accalappiatore. 

Persone  che  accudiscono  ai  cani.  -  Voci  relative. 

Accalappiacani,  acchiappacani,  chi  ha  l'incarico  di 
sequestrare  (accalappiare)  per  via  i  cani  vaganti 
senza  museruola:  accalappiatore,  ammazzacani,  chiap- 
pacani.  -  Aggiratore  di  cani,  chi  va  attorno  mostrando 
cani,  a  cui  fa  fare  certi  giocolini.  come  di  saltare, 
camminare  su  due  piedi,  ecc.,  per  buscare  qualche 
soldo.  Dicesi  anche  aggiratore  di  orsi,  di  bertuccie, 
e  altre  bestie.  -  Bracchiere,  bracchiero,  chi  governa, 
custodisce,  addestra,  guida  i  bracchi.  -  Canaio,  chi 
custodisce  o  alleva  cani  per  venderli.  -  Canattiere, 
custode  della  canatteria,  colui  che  ne  governa  i  cani. 
-  Canicida,  uccisore  di  cani,  e  canicidio  strage  di 
cani.  -  Josatore,  tosatrice,  chi,  per  mestiere,  taglia  il 
pelo  ai  cani. 

Aizzare,  spingere  il  cane  o  altro  animale  addosso 
a  qualcuno:  istigare,  incitare.  -  Ammettere,  i  cani, 
curarne,  secondarne  il  congiungimento  al  fine  di  ge- 
nerazione. -  Guinzagliare,  legare  il  cane  col  guinza- 
glio: inguinzagliare.  -  Mettere,  tenere  il  cane  alla  ca- 
tena, tenerlo  legato.  -  Tosare,  tagliare  il  pelo  ai  cani, 
ai  cavalli  e  simili.  Tosatura,  il  tosare  e  la  materia 
tosata. 

Cartello  di  cortesia,  titolo  di  un  avviso  mano- 
scritto 0  a  stampa,  che  s'appicca  in  luoghi  pubblici 
per  promettere  una  moneta  di  cortesia,  una  man- 
cia, cioè  una  ricompensa,  a  chi  recasse  un  cane 
stato  smarrito  e  di  cui  si  indicano  i  contrassegni. 
E,  oltre  che  di  cani,  dicesi  anche  di  altre  robe,  come 
portafogli,  gioielli  e  altro. 

Passa  a  cucciai,  mandando  via  un  cane.  -  Passa 
l'uscio  I,  far  uscire.  -  To',  cerca,  cerca,  mettendo  il 
cane  alla  busca.  •  Chi  tocca  can  che  diace,  gli  ha  qual-^ 
cosa  che  non  gli  piace  (prov.) 


CANE    —    CANNELL/^ 


387 


Termini  storici,  mitologici,  scientifici. 

Cani  rossi,  quelli  che  i  Romani  immolavano  (presso 
la  porta  Canaria)  nel  sacrificio  detto  canario,  per 
ottejiere  buone  messi  e  sfuggire  l'inllusso  della  ca- 
nicola. -  Cèrbero,  cane  a  tre  teste,  guardiano  del- 
l'inferno. -  Licisca,  cagna  d'Atleonc.  -  Melampo,  uno 
dei  cani  di  Atteone.  -  Anubi,  dio  egiziano  a  testa 
di  cane. 

Albogreco,  escremento  del  cane,  un  tempo  usato 
come  medicamento.  -  Cinade,  o  apomacdagUa,  mi- 
dolla di  pane  con  la  quale  i  Greci,  specialmente  i 
Lacedemoni,  si  pulivano  le  mani,  dopo  aver  man- 
giato, e  che  gettavano  ai  cani. 

Cinantropia,  follia  per  la  quale  ci  si  crede  cane. 
-  Ciniatria,  o  ciniatrica,  medicina  dei  cani,  parte 
della  zooiatria  che  ha  per  oggetto  la  cura  medica 
dei  cani.  -  Cinografui,  storia  del  cane.  -  Cinopatolo- 
già,  discorso  delle  malattie  del  cane.  -  anoressia, 
fame  canina.  -  Cinolomia,  dissezione  dei  cani. 

Cinocèfalo,  a  testa  di  cane. 

Cane.  Parte  del  fucile.  -  Arnese  da  dentista. 

Canèa.  Detto  a  cane. 

Canèstra.  Sorta  di  recipiente,  fallo  di  vimini 
0  di  stecche,  per  lo  più  a  forma  rotonda  e  senza 
manico:  cesta,  cestella  cestello,  cestino;  cestola,  ce- 
stotta;  colano;  corba,  corbacchino,  corbacchio,  cor- 
bello, corbicino,  fiscella,  fistella;  paniera,  paniere; 
zana,  zanella.  -  Cancslrina,  cunestnno,  dimm.  di  ca- 
nestra e  canestro.  -  Canestrata,  quanto  può  conte- 
nere una  canestra. 

Bucherarne,  o  scolitolo,  canestra  per  scuotere  o 
.Sgocciolare  l'insalata.  -  Bugnolino,  canestrino,  pa- 
niere per  la  merenda,  canestrino  da  scolaretto.  - 
Calato,  canestro  per  lo  più  intessuto  di  vimini.  - 
Canastro,  paniere  di  giunco  per  il  tabacco.-  Canestro, 
canestra  meno  grande  e  più  profonda:  recipiente  di 
vimini,  per  lo  più  rotondo,  un  po'  schiacciato  da 
parte  a  parte,  con  un  manico  solo,  che  forma  arco 
sulla  bocca;  anche  senza  manico.  -^Cavagna,  cava- 
finitolo,  canestra,  canestrina:  voci  d'uso  in  Lombar- 
iìia.  -  Cesta,  gran  paniere  contesto  di  vimini,  canne, 
salici  e  talvolta  di  fili  di  ferro,  per  contenere,  portar 
robe  e  viveri.  -  Crino,  corba  intessuta  di  paglia.  - 
Paniere,  canestra  contesta  di  vetrici,  di  vimini,'  o 
di  vinchi,  all'ogt^etto- di  riporvi  e  portare  attorno 
robe  non  liquide.  -  Ravestan,  paniere  di  vetro.  - 
Sporta,  arnese  piuttosto  fondo,  a  sacco,  di  giunchi, 
paglia,  sala  o  altro,  con  due  manichi,  usato  special- 
mente per  far  la  spesa.  -  Sultano,  mobile  di  toilette, 
che  è  una  specie  di  canestro  ricoperto  di  ricca  stoffa. 

Canestraio,  chi  fa  o  vende  canestre:  canestraro, 
oestaio,  cestaiuolo;  corbellalo;  panieraio;  scatolaio, 
stacciaio;  zanaio,  zanaro.  -f Croce  della  canestra, 
l'incrociatura  delle  stecche  che  il  canestraio  fa  al 
fondo  del  recipiente.  -  Piàlluzza,  spaccherello,  pic- 
coli arnesi  del  canestraio.  -  Malfa,  graminacea  tena- 
cissima che  cresce  spontanea  nei  paesi  caldi,  e  si 
macera  per  farne  carta;  il  canestraio  la iidopera  per 
intessere  stuoie,  canestre,  ecc- 

Canéfora,  ragazza  che  porti  una  canestra. 

Canestro.  Detto  a  canestra. 

Canevaccio  (canovaccio).  Grossa  e  rara  tela, 
per  ricaino  e  per  altri  usi. 

Canfora.  Specie  di  resina,  di  gomma:  so- 
stanza bianca,  trasparente,  volatile,  di  odore  pene- 
trante, facile  a  infiammarsi  e  a  volatilizzare;  serve 
come  disinfettante  ed  entra  nella  composizione  di 
molti  fuochi  artificiali.  Proviene  da  varie  piante, 
ma  principalmente  da  una  specie  di  lauro.  In  com- 


mercio se  ne  trovano  varie  specie,  differenti  per  la 
provenienza  e  per  la  composizione  chimica.  Princi 
pali,  la  canfora  comune,  officinale,  cinese  o  giapponese  ; 
la  canfora  di  Borneo  o  borneoln  (detta  cabessa,  se  si 
presenta  in  lagrime;  bariga,  se  in  grani;  pee,  se  pol- 
verulenta); la  canfora  di  menta  o  mentolo  (ricavata 
dalla  menta  piperiia)  e  la  canfora  NgaÀ,  di  origine 
cinese.  -  Canforare,  impregnare  di  canfora.  -  Canfo- 
rato,  contenente  c;lnfora. 

Acido  canforico,  prodotto  dell'ossidazione  della'  can- 
tora: anticatarrale,  antipiretico,  antisettico.  -  lìen- 
zuino.  sorta  di  canfora  estrittla  dall'olio  di  mandorle 
amare.  -  Canfotimolo,  liquido  oleoso  che  si  ottiene 
fondendo  insieme  parti  eguali  di  canfora  e  di  li- 
molo. -  Celluloide,  prodotto  costituito  da  un  miscu- 
glio intimo  di  Irinitroeellulosa  (cotone  fulminante) 
e  di  canfora.  -  Cumarind,  ^orta  di  canfora  che  si 
estrae  dalla  fava  di'Tonka.  -  SpuUo  canforato,  so 
luzione  alcoolica  di  canfora,  usata  per  kizioni.  -  Ter- 
pina,  sostanza  medicinale  derivata  dalla  trementina; 
canfora  di  trementina. 

Cang-iàblle.  Glie  può  canj^iarsi,  cambiare. 

Cangiamento.  Gambiamento,  il  cambiare. 

Cangiante  (cangio).  Di  stoffa,  o  d'altro,  che 
cambia  colore  cambiando  la  disposizione  della  luce. 

-  Goiore  che  cangia 

Cangiare    cangialo).  Mutare,  cciyìubiare. 

Canicola  La  costellazione  del  cane  -  li  pe- 
liodo  del  mag;^ior  caldo  nel  corso  di  xiw'eatate. 
•  Convoìare;  di  canicola. 

Canile.  Covaccio  da  cane.  ■  Anche  letto  po- 
vero e  cattivo. 

Canino.  Di  cane,  appartenente  a  cane.  -  Dente 
tra  gli  incisivi  e  i  molari.  -  Veggasi  inoltre  a  fame 
e  a  tosse. 

Canino  (canina).  Vedi  cane,  denti,  fame, 
tosse. 

Canizie.  Bianchezza  dei  capelli;  della  barba 
e  degli  altri  peli,  per  vecchiaia  o  altrimenti. 

Canlzza.  Abbaio  del  cane  dietro  la  fiera. 

Canna.  Pianta  a  fusto  vuoto,  diritto,  nodoso, 
allignante  specialmente  lungo  i  fiumi:  di  estesissimo 
uso,  servendo  a  fabbricare  utensili  domestici,  ba- 
stoni, ombrelli,  sedie,  arcolai,  pettini  per  tessitori, 
arnesi  per  la  pesca,  siepi,  spalliere,  ecc  ,  ecc.;  servo 
anche  come  pianta  d'ornamento.  -  Rigata,  aggiunto 
di  canna  che  ha  l'anima  solcata  da  righe.  -  Squar- 
rato,  propriamente  vale  fesso,  e  si  dice  delle  canne 
e  dei  legni  vuoti  al  modo  di  quelle.  -  Caléggiolo, 
sorta  di  minutissime  cannuccie.  -  Canna  da  zucchero, 
quell-a  dalla  quale  si  estrae  lo  zucchero:  canna- 
mele. -  Canna  d'India,  originaria  dell'india  -  Can- 
nuccia, cunnsi  palustre:  càlamo.  -  .Borcio,  boccinolo,  boc- 
ciòlo, q\iel\3i\)iirte  delia.  f.Sinn3i  che  è  Ita  nodo  e  nodo: 
bùbolo,  bucciolo,  cannello.  -  Cannocchio,  occhio, 
ceppo  della  canna.  -  Cannone,  pezzo  di  canna  gro§sa, 
fra  nodo  e  nodo.  •  Nodello,  l'interrompimento  che 
é  nelle  canne,  come  nelle  saggine  e  in  altre  piante. 

-  Canneto,  luogo  piantato  di  canne.  -  Canniccio.,  ar- 
nese di  canne  palustri:  stuoia;  graticcio  di  canne. 

Cajmoto,. colpo  di  canna.  -  Cannicciata,  recinto  di 
canne.  •  Incannucciare,  chiudere  o  coprire  di  can- 
nucce. 

Canna.  Parte  d'arme  da  fuoco.  -  Mazza,  6a- 
stone  tatto  di  canna  -  -  Tuho  di  organo.  •  Tubo 
0  caliate  chiuso.  •  Canale  della  gola.  -  Arnese  per 
serviziale. 

Cannamèle.  •  La  'canna  da  zucchero' 

Cannèllo.  Piccolo  tubo  di  metallo. 

Cannèlla  Scorza  aromatica,  di  piacevole  sapore. 


388 


CANNELLO   —    CANNONE 


d\ina  pianta  delle  Indie  Orientali,  il  lauro  cinnamomo 
usata  in  polvere  per  condire  vivande  e  dolciumi,  in 
farmacia  come  rimedio  nelle  atonie  dell'apparecchio 
digerente.  Contiene  un  olio  essenziale  adoperato  per 
profumare  liquori;  entra  spesso  nella  fabbricazione 
della  cioccolata.  -  Cannellina,  cannella  del  Coro- 
mandel.  -  Paratudo,  cannella  del  Brasile. 

Cannello.  Nome  di  vari  piccoli  istrumenti  a 
forma  di  tubo:  bacchetta,  fattorino.  -  Bocciòlo, 
boccinolo,  cannello  di  buccia  d'albero  per  innesto. 
Anche,  il  cannello  dal  quale  spiccia  l'acqua  d'una 
fontana.  -  Cannello  ferruminatorio,  arnese  per 
saldare  e  d'uso  nella  chimica  per  le  analisi  a 
secco. 

Cannéto.  Detto  a  canna. 

Cannibale.    Detto  a  popolo  e  a  mangiare. 

Canniccio,  cannicciata.  Veggasi  a  canna. 

Cannócchia.  Sorta  di  crostaceo. 

Cannocctùale.  Istrumento  ottico,  costituito  es- 
senzialmente da  due  lenti  (obbiettivo  e  oculare)  e 
latto  per  osservare  oggetti  che  non  si  scorgerebbero, 
o  ben  confusamente,  ad  occhio  nudo:  per  esso,  gli 
oggetti  si  vedono  ingranditi;  anche  impiccioliti  se 
lo  si  adopera  a  rovescio.  E  di  varia  misura,  secondo 
che  serve  da  campagna,  da  campo,  da  teatro,  ecc. 
Potente  dicesi  il  cannocchiale  che  porta  molto,  os- 
sia ingrandisce  e  avvicina  molto  gli  oggetti  ;  debole, 
nel  caso  contrario;  esso  fa  al  naturale,  quando  non 
altera  l'aspetto,  il  colore  delle  cose  ;  se  no,  travisa 
gli  oggetti. 

Binocolo,  0  binoculo,  binoccolo,  cannocchialino  con 
doppia  canna,  del  quale  si  fa  uso  specialmente  in 
teatro;  gemello.  -  Caleidoscopio  (vista  di  belle  imma- 
gini), specie  di  cannocchiale  che  presenta  una  quan- 
tità infinitamente  variabile  di  figure  ornamentali, 
simmetriche,  formate  per  efletto  di  riflessione  ottica. 

-  Elioscopio,  cannocchiale  con  vetro  affumicato  o 
colorato  per  osservare  il  sole.  -  Equatoriale,  can- 
nocchiale adoperato  dall'astronomo  per  seguire  il 
moto  diurno  degli  astri  e  misurare  l'ascensione  retta 
e  la  declinazione.  -  Istrumento  dei  passaggi,  cannoc- 
chiale meridiano  adoperato  ad  osservare  con  esat- 
tezza il  movimento  del  passaggio  di  un  astro  pel 
meridiano,  per  determinare  l'ascensione  retta,  o  per 
assegnare  la  correzione  dell'orologio  siderale.  -  Mo- 
nocolo, canocchiale  da  un  occhio  solo.  -  Spazzacam- 
pagna,  specie  di  grosso  cannocchiale.  -  Telescopio, 
cannocchiale  per  le  grandi  distanze. 

Oculare,  lente  del  cannocchiale  o  del  telescopio 
che  si  deve  tener  presso  all'occhio,  avanti  da  ogni 
altra  nel  riguardare.  -  Oggettiva,  la  lente  del  can- 
nocchiale   ch'è    più    vicina  all'  oggetto   riguardato. 

-  Anello  oculare,  immagine  reale  del  contorno  della 
lente  obbiettiva.  -  Asse  del  cannocchiale,  retta  lungo 
la  quale  sono  situati  i  centri  delle  lenti.  -  Aumento 
0  amplificazione,  la  forza  di  ingrandimento  di  un 
cannocchiale. 

Mettere  il  connocchiale  a  punto,  al  suo  punto,  adat- 
tarlo alla  propria  vista,  all'uopo  avvicinando  o  al- 
lontanando più  0  meno  le  diverse  lenti.  -  Puntare, 
mettere  il  cannocchiale  agli  occhi  e  rivolgerlo  verso 
il  punto  a  cui  si  mira:  approntare,  aggiustare,  dirigere. 

Cannonata.  Colpo,  sparo  di  cannone.  -  In- 
sieme delle  canne  formanti   un  con  dotto  d'acqua. 

Cannone.  Nota  arme  da  fuoco'  arnese  di  ar- 
tiglieria, con  cui  si  lanciano  palle  o  mitraglia  : 
bellico  metallo,  bronzo  guerriero,  bronzo  tonante, 
fulminea  gola,  ignea  bocca,  macchina  d'inferno, 
sagro,  soffione,  tromba  di  fuoco.  Ebbe  prima 
diversi  nomi;  ora  se  ne    distinguono  le  specie  dal 


peso  della  palla  che  cacciano.  Chiamasi  anche 
pezzo  d'artiglieria,  o  semplicemente  pezzo,  e  gene- 
ricamente bocca  da  fuoco.  Prende  talvolta  la  de- 
nominazione di  rinforzato,  alleggerito,  secondo  che 
è  ricco  di  metallo;  di  colubrinato,  a  cagione  della 
forma  o  della  lunghezza;  e  talvolta  prende  anche  il 
nome  di  incamerato,  o  incampanato,  secondo  che  il 
fondo  dell'anima  é  tatto  a  camera  o  a  campana.  I 
cannoni  differiscono  uno  dall'altro  per  il  modo  col 
quale  si  introduce  la  carica  e  il  proiettile,  per  il 
calibro  e  per  il  metallo  col  quale  sono  tabbricati. 
Secondo  la  struttura  e  l'uso,  si  distinguono  i  can- 
noni da  campo,  da  assedio,  da  montagna,  da  posi- 
zione, da  fortezza  (cannone  di  rocca,  mortaro),  ecc. 
Si  hanno  poi  cannoni  a  rotazione,  ad  avancarica  o 
a  retrocarica;  a  dinamite;  a  ripetizione;  a  tiro  ra- 
pido; blindati,  sottomarini,  ecc.;  cannoni  Cavalli, 
Armstrong,  Krupp  (dal  nome  dei  loro  inventori  o 
costruttori);  cannoni  da  otto,  da  sedici,  da  ventiquat- 
tro, che  tirano  palle  del  peso  o  del  calibro  (secondo 
i  paesi)  d'otto,  sedici,  ventiquattro;  cannoni  di  lunga 
volata,  che  tirano  a  grande  distanza,  portano  lonta- 
nissimo. 

Cannoncino,  cannonciotto,  cannoncione,  dimin.  e  ac- 
cresc.  -  Cannoncino,  pezzo  d'artiglieria  che  si  porta 
a  schiena  di  mulo  ;  piccolo  cannone  pel  tiro  ridotto. 

-  Cannone  intiero,  o  semplicemente  cannone,  il  pezzo 
principale  nel  genere  dei  cannoni  da  batteria,  re- 
gola e  misura  degli  altri,  maggiori  e  minori,  che 
nelle  proporzioni  loro  e  nel  loro  calibro  si  raggua- 
gliavano ad  esso  come  ad  unità.  -  Pezzetto,  piccolo 
cannone. 

Accecato,  il  cannone  riempito,  otturato.  -  Imboc- 
calo, quello  che  ha  ricevuto  (come  boccone  in  boc- 
ca) la  palla  nemica  e  perciò  non  può  più   servire. 

-  Leggero,  pezzo  di  mezza  grossezza,  mezzo  can- 
none: spingarda,  spingardella,  dragonetto.  -  Rigato, 
il  cannone  che  ha  1'  anima  a  risalto  e  a  spirale, 
perchè  il  proiettile  prenda  il  moto  di  rotazione  in- 
torno all'  asse  e  riceva  cosi  spinta  maggiore. 

Cannoni  diversi. 

Armstroìig,  cannone  rigato  a  retrocarica,  adottato 
dapprima  dall'Inghilterra,  poi  da  tutte  le  artiglierie 
del  mondo.  -  Aspide,  antica  arme  da  fuoco,  sorta 
di  cannone  a  forma  molto  allungata.  -  Bastardo, 
cannone  da  batteria,  di  minor  lunghezza,  usato  nel 
secolo  XVII.  -  Cacciatori,  i  cannoni  di  gran  gittata 
sulle  navi  da  guerra. 

Cannoni  ad  avancarica,  quelli  nei  quali  si  intro- 
duce la  carica  dallo  sbocco  anteriore  dell'  anima.  - 
Cannoni  a  retrocarica,  quelli  in  cui  la  carica  si  in- 
troduce dalla  culatta.  -  Cannoni  alla  Paixhans,  boc- 
che da  fuoco  inventate  dal  generale  Paixhans,  adot- 
tate generalmente  dalle  potenze  dopo  il  1830.  -  Can- 
noni da  caccia,  quelli  che  si  dispongono  diretta- 
mente sul  davanti  di  una  nave,  nel  secondo  ponte 
e  nel  castello  di  prua,  per  tirare  contro  un  basti- 
mento al  quale  si  suol  dare  la  caccia.  -  Cannone 
da  mare,  pezzo  d'  artiglieria  che  serve  alle  navi 
pei  combattimenti,  pei  segnali,  pei  saluti.  I  cannoni 
da  mare  sono  più  corti  e  più  rinforzati  di  metallo 
che  non  quelli  da  terra.  -  Cannone  di  corsia,  grosso 
cannone  delle  navi  da  guerra  che  sta  sopra  la  corsia 
di  prua.  -  Cannone  di  ritirata,  quelli  che  si  di- 
spongono direttamente  all'  indietro  della  nave,  per 
far  fuoco  sul  nemico,  dal  quale  si  fugge,  e  a  cui 
si  presenta  la  poppa.  ■  Cannoni  revolver,  congegnati 
in  modo  che  si  scaricano  come  le  rivoltelle. 


CANNONE 


389 


Carrcnata,  cannone  da  nave,  grosso  e  corto.  - 
Colubrina,  sorta  di  antica  artiglieria  più  lunga 
e  più  grossa  dei  cannoni  ordinari.  -  Falconetto,  can- 
none più  piccolo  dell'ordinario.-  Krupp,  attributo 
di  cannone  dal  nome  di  Alfredo  Krupp.  -  Liocorno, 
specie  di  cannone  russo  (obice)  del  sec.  XVIII.  - 
Mitragliatrice  o  metro gliatrice,  artiglieria  com- 
posta di  varie  canne  che  possono  tutte  insieme,  o 
separatamente,  far  laoco  rapido.  -  Mortaio,  sorta  di 
grosso  obice.  -  Obice,  bocca  da  fuoco,  più  corta  del 
cannone,  che  lancia  i  proiettili  ad  una  grande  ele- 
vazione in  guisa  da  descrivere  curve  ben  pronun- 
ciate, per  percuotere  di  preferenza  oggetti  nascosti 
dietro  ripari. 

Pellicano,  si  disse  per  cannone  da  6.-  Petiiere,  pe- 
trero,  cannone  che  scagliava  palle  esclusivamente  di 
pietra;  specie  di  cannoncino  girabile  usato  in  marina. 

-  Rebuffo,  antica  specie  di  cannone  grosso  di  bocca 
e  corto  di  canna.  -  Saltamartino,  anticamente,  sorta 
di  cannoncino  a  coda.  -  Smeriglio,  sorta  di  antico 
cannone.  -  Spingarda,  cannoncino. 

Parti  del  cannone 

Acciarino,  parte  del  manubrio  dell'  otturatore,  - 
Alzo,  cuneo  che  si  mette  sotto  la  culatta  dei  pezzi, 
per  dar  loro  diversi  gradi  di  elevazione.  -  Anello 
otturatore,  cerchio  d'  acciaio  che,  espandendosi  per 
effetto  del  gas,  chiude  ermeticamente  la  culatta  di 
un  cannone.  -  Anima,  il  vuoto  nell'  interno  del 
pezzo.  In  un  cannone  rigato  comprende  :  una  camera 
e  la  parte  rigata  anteriore  alla  camera,  che  serve 
ad  imprimere  la  necessaria  rotazione  al    proiettile. 

-  Astragalo,  rilievo  arrotondato  nel  punto  in  cui  il 
tulipano  di  volata  si  unisce  alla  parte  tronco-conica 
del  cannone. 

Bocca,  V  estremità  dell'  anima,  cioè  quel  buco  per 
il  quale,  ordinariamente,  si  carica  e  si  scarica  il  pezzo. 

-  Bocchino,  Y  apertura  dei  grossi  proiettili  per  la 
quale  si  caricano  e  dove  si  acconcia  la  innescatura. 

-  Bottone  di  culatta,  parte  estrema  arrotondata  del 
codone  del  cannone  ad  avancarica.  -  Braca,  pezzo 
che  cinge  la  culatta  e  tien  fermo  il  cannone,  onde  non 
abbia  troppo  rinculo  nello  sparo.  -  Braga,  ordigno 
fatto  di  due  bande  di  ferro,  usato  un  tempo  per 
tenere  aderente  il  maschio  ad  alcuni  cannoni.  -  Ca- 
libro, il  diametro  interno  del  pezzo.  -  Calice,  rigon- 
fiamento di  metallo  che  è  tra  la  gioia  e  il  collo.  - 
Camera,  piccolo  vano  cilindrico  che  anticamente  si 
praticava  nel  fondo  dell'anima  dei  cannoni,  sotto 
la  lumiera,  e  aveva  per  iscopo  di  portare  il  fuoco 
direttamente  e  centralmente  sulla  carica.  Ora,  il 
vano  più  ristretto,  a  figura  varia,  che  ha  per  og- 
getto di  contenere  più  raccolta  la  carica  allo  scopo  di 
averne,  con  la  combustione,  più  sviluppo  di  fluido 
elastico  e  maggiore  portata.  -  Canna,  la  parte  ci- 
lindrica per  cui  passa  il  proiettile.  -  Cartella,  pezzo 
di  lamiera  con  un  foro  circolare,  del  diametro  ri- 
chiesto dal  calibro  del  pezzo.  -  Caverna,  lo  sfondo 
difettoso  che  talvolta  s'incontra  nell'anima.  -  Co- 
done, la  sporgenza  che  termina  la  culatta,  alla  quale 
è  unita  mediante  il  collo  del  codone.  -  Collare,  fer- 
ramento che  fascia  il  collo  del  bottone  dei  piccoli 
pezzi  da  montagna,  per  facilitarne  il  maneggio.  - 
Cuffia  da  culatta,  quella  che  avviluppa  la  culatta, 
alla  quale  è  assicurata  mediante  correggia  e  fibbie 
apposite.  -  Culatta,  il  fusto,  l'estremità  inferiore 
del  cannone:  parte  opposta  alla  bocca;  anche,  spalla. 

-  Cursore,  piccolo  regolo,  mobile,  diviso  in  parti 
uguali,  che  si  arresta,  con  una  vite  di  pressione,  al 


segno  voluto,  e  fa  parte  del  traguardo  per  puntare 
i  pezzi.  -  Cuscinetto,  suola  o  piastra  di  rovere  o  di 
bronzo,  piana  o  curva,  liscia  o  traforata,  sopra  la 
quale  si  muovono  le  parti  snodate,  i  perni,  gli 
orecchioni,  nonché  diversi  pezzi  meccanici  delle 
artiglierie. 

Elica,  linea  spirale  che,  con  ravvolgimenti  eguali 
tra  loro,  s'  avvolge  intorno  alla  superlìcie  in- 
terna delle  canne  delle  armi  e  delle  bocche  da 
fuoco,  imprimendo  al  proiettile  un  moto  rotatorio, 
per  aumentarne  la  velocità.  -  Fascia,  ciascuna  di 
quelle  modanature  che  rigirano  e  risaltano  in  piano 
sopra  un  pezzo  d'artiglieria.  -  Feccia,  posatura 
densa  lasciata  nell'anima  dopo  lo  sparo. 

Focone,  piccolo  forame  che  è  nella  culatta;  pic- 
colo foro  che  traversa  la  spoletta  ed  è  ripieno 
di  miscela  formata  con  polverino,  nitro  e  zolfo.  - 
Fondo,  la  base  posteriore  dell'anima,  amovibile  nei 
cannoni  a  retrocarica.  -  Foro  di  caricamento  :  B,ttT3i- 
versa  la  culatta,  in  prolungamento  dell'anima,  nei 
cannoni  a  retrocarica.  -  Gioia,  la  parte  esteriore  della 
bocca  del  cannone;  più  esattamente,  quel  rinforzo 
di  metallo  che  circonda  la  bocca  del  pezzo  in  forma 
di  cornice.  -  Gola,  la  parte  del  pezzo  che  confina 
colla  gioia.  -  Grano,  tubo  a  grosse  pareti  che  si 
incastra  a  forza  nel  focone  e  serve  per  dare  pas- 
saggio alla  fiamma  del  cannello  fulminante  che 
produce  l'accensione.  -  Guance,  le  facce  laterali 
della  cannoniera,  divergenti  verso  l'esterno.  -  Guar- 
dino, ciascuna  di  quelle  funicelle  con  le  quali  si 
alzano  e  si  tengono  aperti  i  portelli  del  cannone.^ 
Incavo  orbicolare,  l'allargamento  che  soffrono  le 
artiglierie  nell'anima,  e  specialmente  nel  fondo, 
per  la  compressione  causata  dalla  forza  esplosiva 
della  polvere  e  dall'attrito  dei  proiettili.  -  Listello, 
uno  dei  fregi  del  pezzo  che  ordinariamente  si  trova 
dopo  la  volata.  -  Maniglie,  i  due  pezzi  di  metallo 
in  forma  di  manico  che  stanno  sulla  schiena  del 
cannone  per  incavallarlo  e  scavalcarlo.  -  Mantellina, 
capitello  di  lamiera  da  coprire  il  focone.  -  Mira, 
segno  nel  quale  s'affissa  l'occhio,  per  aggiustare  il 
colpo. 

Òcchio,  qualsiasi  apertura  in  un  pezzo  pel  pas- 
saggio di  un  altro.  -  Orecchione,  ciascuno  di  quei 
due  pezzi  tondi,  di  metallo,  che  sporgono  in  fuori 
dal  pezzo  di  artiglieria,  alla  metà  circa  della  sua 
lunghezza,  i  quali  sostengono  il  pezzo  quando  è 
posto  sull'affusto.  -  Otturatore,  complesso  del  con- 
gegno che  serve  a  chiudere  la  culatta  e  che,  nelle 
armi  portatili,  mediante  lo  scatto,  produce  l'accen- 
sione della  carica. 

Pareti,  le  parti  che  comprendono  la  superficie 
cilindrica.  -  Parti  di  ricambio,  quelle  parti  di  armi 
che  si  tengono  in  serbo  per  le  riparazioni  occor- 
renti, -  Plinto,  fascia  piana  alla  culatta  dei  pezzi, 
-  Poriabraca,  anello  fuso,  insieme  col  pezzo,  alla 
culatta  dei  cannoni  di  marina,  pel  quale  passa  la 
braca  che  li  trattiene  alla  murata.  -  Riga  a  elica, 
scanalatura  praticata  nella  canna.  -  Rigame,  righe, 
scanalature  che  si  fanno  all'anima,  per  dare  ai  pro- 
iettili impulso  forzato  e  moto  rotatorio.  -  Rinforzi, 
cerchioni  di  acciaio  battuto  e  cacciati  col  fuoco  e 
con  la  mazza,  uno  dopo  l'altro,  dalla  bocca  alla 
culatta  dei  pezzi  rigati. 

Sfiatatoio,  foro  che  attraversa  la  culatta.  -  Sopral- 
lumiera, mantelletto  che  copre  il  focone.  -  Sotto- 
banda, grossa  banda  di  ferro  che  ricopre  gli  incastri 
per  tenere  gli  orecchioni  ferrai  al  posto,  senza  im- 
pedire l'elevazione  o  l'abbassamento  del  pezzo.  • 
Stellone,  cerchio  di  terrò,  con  tre  punte,  che  serve 


390 


a  tenere  in  centro  l'anima  del  cannone.  -  Taglio  o 
vivo  di  culatta,  faccia  posteriore  della  culatta,  nei 
cannoni  a  retrocarica.  -  Vento,  spazio  tra  la  palla 
e  la  superficie  concava  del  cannone:  è  di  una  linea 
e  mezza  del  diametro  della  palla.  -  Volata,  la  parte 
dagli  orecchioni  in  avanti;  anche,  lo  spazio  per- 
corso dal  proiettile  dalla  hocca  del  pezzo  al  luogo 
ove  cessa  di  muoversi.  -  Sezione,  ligure  esprimenti 
le  misure  e  forme  interne  ed  esterne   del   pezzo. 

fornuienti  del  cannone  :  carri,  ecc.  . 
Arnesi  diversi. 

Fornimento,  nome  collettivo  di  tutti  gli  attrezzi 
necessari  al  servizio  di  una  bocca  da  fuoco. 

Affusto,  la  cassa  o  cassetta  da  cannone,  con  due 
o  quattro  ruote  dove  s'incanalano  le  artiglierie 
per  piiterle  maneggiare  e  sparare;  anche,  ogni 
meccanismo  o  veicolo  a  sostegno  di  un  cannone, 
fatto  in  modo  da  facilitarne  il  servizio  e  il  punta- 
mento. Si  divide  in  due  parti:  avantreno  e  retru- 
treno.  -  Slitta,  affusto  da  cannoni.  -  Sopraffusto,  ai- 
fusto  superiore  che  scorre  a  sdrucciolo  sulle  guide 
nei  pezzi  di  grosso  calibro;  specie  di  grande  e  ro- 
busto telaio,  sul  quale  si  appoggia  e  scorre  nel  rin- 
culo l'affusto  del  cannone  da  fortezza  o  da  costa.  - 
.So«a^ws<o,  la  parte  inferiore  degli  affusti  doppi:  sot- 
tocassa. Zoccolo,  solido  di  pietra  o  di  ferro  ove  gira 
il  perno  del  sottaffusto. 

Alone,  parte  laterale  di  un  affusto.  -  Anello  di 
mira,  ciascuno  di  quei  ferri  snodati  alla  coda  del- 
raffusto  perchè  vi  imbocchino  le  leve  da  aggiusta- 
re il  pezzo  al  segno  di  destra  e  di  sinistra.  -  Arsi- 
colo,  caviglia  di  ferro  a  forma  di  S,  destinata  atar 
fermare  le  ruote  degli  affusti  agli  assi.  -  Battente, 
ciascuno  di  quei  ritegni  o  scaglioni  che  fermano  le 
ruote  degli  affusti.  -  Codetta,  prolungamento  degli 
alari  di  taluni  affusti  per  diminuire  maggiormente 
il  rinculo  dei  pezzi.  -  Incastro,  nelTatTusto,  aperture 
che  ricevono  gli  orecchioni, i  calastrelli,  lesale,  ecc. 
-  Letto,  tavolato  dove  scorrono  le  ruote  dell'affu- 
sto: paiolo,  paiuolo.  -  Liscio,  ciascuna  delle  due 
guide  0  stanghe  del  sottaffusto,  su  cui  scorrono  le 
ruote  nei  grandi  affusti  di  piazza  o  di  costa.  -  Orec- 
chionere,  gli  incavi  nelle  cosi  dette  cosce  del  carro 
(affusto),  ove  posano  gli  orecchioni  del  cannone. 

Parruccello,  calastrello  del  sottaffusto  da  piazza 
o  da  costa  nel  quale  entra  il  mastio  del,  rocchio. 
-  Retrotreno,  parte  posteriore  dell'affusto  sorretto 
da  due  ruote.  -  Rocckio,  zoccolo  di  legno  rotondo, 
sul  quale  posa  il  perno  e  gira  il  sottaffusto.  -  So- 
praboanda,  grossa  l3anda  di  metallo  che  con  la  parte 
piana  s'assesta  sull'affusto  e  con  la  circolare  abbrac- 
cia per  disopra  l'orecchione  del  pezzo. 

Calastra,  ciascuna  delle  due  travi  che  sostengono 
adagiato  ed  accavallato  il  pezzo  d'artiglieria,  perchè 
non  giaccia  in  terra.  -  Calastrello,  ciascuno  dei  tra- 
versoni di  legno  piano  messi  di  mezzo  tra  l'una  e 
l'altra  coscia  dellaflusto  per  coHegarle.  per  formare 
il  lett)  e  per  gli  ;i  tri  servizi  del  pezzo.  -  Camera, 
ciasciina  «Ielle  rotei  e,  dei  fibbioni,  delle  campanelle 
che  servono  per  reggere  la  cassa  degli  sterzi,  dei 
bilincini,  ecc.,  dei  carri. 

Capitello,  coperchio  usato  dagli  artiglieri  per 
riparare  il  focone  dall'iirnidità.  -  Capra,  macchina 
composta  di  due  travi  alfrontate  e  ritte  che  fanno 
la  forza  onde  si  sollevano  grandi  pesi,  massime 
le  artiglierie."  Capriolo,  ciascuno  di  quei  legni  a  zoc- 
colo diesi  mettonodietro  alle  ruote  dei  cannoni  perchè 
non  rinculino.  -  Carrella  del  cannone,  l'armatura  del 


cannone.  -  Carretto,  parte  della  cassa  che  serve  a 
trasportare  un  pezzo  d'artiglieria  con  rapidità.  - 
Cassino  del  carro,  il  piano  su  cui  si  mette  la  carica. 

-  Cuneo,  piano  inclinato  che  si  mette  sotto  alla 
culatta  del  pezzo,  per  alzarlo,  abbassarlo  e  puntarlo 
quando  non  ha  vite. 

Gancio,  ciascuno  di  quegli  scafi  che  servono  agli 
affusti,  ai  carri,  ai  proiettili,  ai  fornimenti  per  tra- 
sportarli, fermarli,  muoverli,  ecc.  -  Pezzo,  carro 
formato  dalla  riunione  dell'avantreno  con  l'affusto, 
su  cui  sta  incavalcata  la  bocca  da  fuoco.  -  Pialla- 
banda,  striscia  di  lamiera  spianata  per  tener  fermo 
o  bilicato  nei  suoi  incastri  l'asse  di  un  pezzo  gi- 
revole. -  Scaletta,  piccola  capra  da  scavalcare  e 
incavalcare  i  pezzi  d'artiglieria. 

Arnesi  diversi,  —  Battipalle,  strumento  che  stiva 
le  palle,  dentro  la  canna  del  cannone;  la  parte 
più  grossa  e  capocchiuta  della  bacchetta  e  del  cal- 
catoio che  serve  ad  assettare  il  proiettile,  il  suo 
stoppaccio.  -  Boccone,  toppaccio  di  corda,  fieno  od 
altro  che  si  mette  nella  bocca  del  pezzo,  per  cai 
care  la  polvere  o  la  palla.  -  Buttafuoco,  strumento 
che  serviva  a  comunicare  il  fuoco  alla  carica  del 
cannone,  per  mezzo  della  corda  o  miccia  che  si  av- 
volgeva alla  sua  estremità.  Bastone  appuntato  da 
una  parte,  per  poter  esser  piantato  in  terra,  e  fesso 
dall'altra  per  poter  ricevere  un  pezzo  di  miccia  da 
appiccare  il  fuoco  al  cannone.  -  Cacciapalla, 
strumento  per  cavar  fuori  le  palle  dal  pezzo.  -  Cac- 
ciaspoletta,  arnese  cilindrico  con  manico,  alla  cui 
estremità  opposta  hawi  una  cavità  atta  a  ricevere 
la  spoletta.  -  Cacciatappo,  strumento  da  cavare  a 
forza  il  tappo  dal  cannello  dei  fulminanti  o  simili. 

-  Caccialreccie,  strumento,  a  guisa  di  scalpelletto,  a 
punta  tonda,  coi  quale  si  cacciano  le  treccinole  di 
setola  nell'anima  dello  scovolo.  -  Calcatoio,  bastone 
capocchiuto,  o  asta  di  legno  o  di  ferro,  col  quale 
si  calca  la  carica  nel  pezzo:  calcatore,  ricalcatoio, 
ricalcatore.  -  Calibratoio,  strumento  atto  a  calibrare. 

-  Calibro,  strumento  che  serve  a  misurare  la  por- 
tata interna  delle  armi  da  fuoco.  -  Calzatoio,  stru- 
mento, cuneo  0  simile,  che  si  mette  al  piede  di 
alcun  pezzo  per  fermarlo  o  sostenerlo.  -  Caracollo, 
specie  di  cavastracci.  -  Cavaspoletie,  specie  di  tana- 
glia con  la  quale  si  addentra  e  si  estrae  la  spoletta 
dal  bocchino  per  scaricare  le  bombe,  le  granate,  ecc. 

Cavastracci,  strumento  per  levare  la  carica  e  lo 
stopaccio  dalle  armi  o  bocche  da  fuoco.  -  Cucchiaia, 
specie  di  cilindro  fatto  di  lamiera,  messo  in  asta 
e  tagliato  a  becco  da  una  parte,  che  serve  a  mi- 
surare od  a  scaricare  la  polvere  ed  a  levar  via  la 
palla  0  la  granata  dal  pezzo. 

Esploratore,  sorta  d'istrumento  a  gancio  che 
serve  per  la  collaudazione  dei  foconi.  -  Espulsore, 
parte  d'istrumento  che  estrae  automaticamente  il 
bossolo  dai  fucili,  le  palle  dalle  mitragliatrici,  ecc. 

-  Fondello,  piccolo  pezzo  di  legno,  metallo  o  feltro, 
che  chiude  la  carica  della  polvere  nel  sacchetto» 
nella  cartuccia,  nella  culatta.  -  lonesi-n,  il  cannello 
fulminante  che  intromettesi  nel  focone  dei  cannoni. 

-  Miccia,  corda  concia  col  salnitro,  per  dar  fuoco 
al  pezzo. 

Nettatoio,  arnese  fatto  a  cilindro  dentellato,  di 
ottone  con  che  si  pulisce  l'interno  della  canna.  • 
Rampino  di  gatto,  strumento  di  artiglieria  per  ri- 
conoscere i  difetti  che  potessero  essere  nell'interno 
delle  bocche  da  fuoco  -  Sagoma,  regolo  di  metallo 
graduato  che  serve  per  misurare  il  calibro  delle 
bocche  da  fuoco  e  dei  proiettili.  -  Scopatoio,  mazzo 
di  vimini   o    vermene    legato    ad    un  manico,  per 


cannunì; 


391 


ispazzare  specialmente  la  piattaforma  della  battocria, 
volendo  togliere  i  residui  delia  polvere  o  dei  car- 
tocci bruciati.  -  Scorritoio,  aggiunto  di  guida,  val- 
vola, apparecchio  di  punteria  di  mitragliatrtici  e 
simili.  -  Scovolo,  sorta  d'asta  in  due  pezzi  e  tal- 
volta in  uno  solo  :  ha  da  una  parte  la  capocchia 
cava  munita  di  setole  e  si  usa  per  rinfrescare  e  net- 
tare l'anima  del  pezzo.  -  Sopraspalle,  tracolla  di 
cuoio  con  funicella  avente  all'estremità  un  uncino, 
a  cui  si  attacca  la  corda  o  il  tirante  col  quale  si 
cambiano  di  luogo  i  pezzi  in  mancanza  di  cavalli 
-  Spazzaiore,  lo  stesso  che  scóvolo.  -  Spazzettn. 
specie  di  scovoletto.  -  SpilleUa,  spillo  per  sturare 
il  focone.  -  Tacchi,  biette  sotto  alle  culatte  di  pezzi 
per  aggiustarli -e  piantarli. 

Carica,  esplosivi,  proiettili  e  accessori. 

Carica,  quanto  si  mette  nel  cannone  per  essere 
lanciato  nello  sparo  :  lo  stesso  che  cartoccio.  Si 
hanno  cariche  da  guerra  e  canche  da  salve.  -  Car- 
toccio, carica  di  polvere  pel  cannone,  stretta  e  rin- 
chiusa in  carta,,  tela  o  lana,  con  la  palla  o  palline 
di  mitraglia  sopra  :  sacchetto  formato  d'un  rettangolo 
di  filaticcio  cucito,  a  tubo,  con  due  fondelli,  e  che 
contiene  la  carica;  cilindro  di  lamiera  saldato  e  ri- 
pieno di  polvere.  -  Cartocciere,  tubo  metallico  che 
contiene  il  cartoccio  della  polvere.  -  Capsule  ful- 
minanti, quelle  che  determinano  l'esplosione  della 
gelatina,  e  si  distinguono  in  capsule  fulminanti  or- 
dinarie  e  capsule  fìdminanti  elettricìie.  -  Pebble, 
sorta  di  polvere  da  cannone,  grossissima  -  Polvere, 
mistura  esplosiva  di  salnitro,  zolfo  e  carbone. 

Bomba,  grossa  palla  di  ferro  fuso  e  piena  di 
polvere,  che  si  shmcia  col  mortaio.  -  Granata,  pro- 
irtto  per  bocca  da  iuoco:  è  di  ghisa  e  oblungo; 
consta  dell'involucro  di  forma  cilindro-ogivale,  a 
base  piana  con  bocchino  a  chiocciola,  di  due  coppie 
di  corone  di  rame  e  del  nocciolo,  costituito  da  una 
pila  di  anelli  a  stella,  formanti  la  cavità  per  la  ca- 
rica interna.  Le  granate  sono  di  tre  specie  :  granate 
comuni,  granate  perforanti,  granate  Shrapnel,  o  gra- 
nate a  pallottole.  -  Granata  reale,  specie  di  bomba, 
senza  maniglia,  che  si  riempie  di  polvere,  a  cui  si 
dà  fuoco  mediante  una  spoletta  che  ne  chiude  il 
focone;  la  si  tira  con  l'obice.  -  Mitraglia,  palla  da 
cannone,  di  latta,  munita  prima  di  schegge  di  ferro, 
oggi  di  pallette  che  si  sovrappongono  alla  carica; 
numerosi  proiettili  riuniti  e  messi  insieme  in  una 
sola  carica;  scatola  quadrata  o  cilindrica  in  latta 
o  in  tela  ripiena  di  palle.  -  Obice,  il  proiettile  lan 
ciato  dalla  iDocca  da  fuoco  omonima. 

Palla,  globo  di  ferro  fuso  di  diversa  grandezza, 
secondo  i  diversi  calibri,  col  quale  si  carica  il  can- 
none. Palle  coniche,  quelle  dei  cannoni  e  dei  fu- 
cili che  hanno  quella  forma.  Calibro,  il  peso  della 
palla  che  può  cacciare  il  pezzo;  anche  il  ragguaglio 
tra  peso  e  misura,  tra  contenente  e  contenuto  in 
qualsiasi  pezzo.  -  Proiettile,  nome  generico  di  quanto 
«i  scaglia  col  cannone.-  Scaglia,  rottami  di  ferro  posti 
in  un  cartoccio  per  caricare  il  cannone  nei  sec  XVI, 
XVII.  -  Scatola  a  mitraglia,  proietto  per  bocche  da 
fuoco:  consta  del  tubo  del  fondello,  con  maniglia 
sul  coperchietto,  di  una  o  due  fascie  di  zinco,  che 
fissano  la  posizione  della  scatola  nella  camera  del  pez- 
zo, e  delle  pallette  di  legno  tenute  ferme  da  colofonia. 

Imbottitoio,  fusto  cilindrico  di  ottone,  con  manico, 
che  serve  a  fissare  i  bossoletti  nel  bocchino  delle 
granate.  -  Innesco,  tubetto  sottile,  di  piombo,  conte- 
inente  polvere  da  sparo.  -  Innesco   elettrico  per  ge- 


latina, quello  composto  della  capsula  fulminante 
elettrica  e  di  un  cilindretto  di  alcuni  grammi  di 
fulmicotone.  -  Pendolo  balistico  (cannone  pendolo), 
istrumento  che  serve  a  far  giudicare  della  velocità 
con  cui  le  palle  esono  dal  cannone.  -  Portacartoccio. 
sacca  di  cuoio  per  custodire  i  cartocci  e  traspor- 
tarli dai  magazzini  o  dai  cofani  ai  pezzi.  -  Spoletta, 
tubetto  di  legno  o  metallico,  con  polvere  per  cari- 
care granate  e  bombe.  -  Stoppino  fulminante,  tu- 
b.'lto  formato  con  una  penna  di  oca  o  con  una  la- 
minetta  di  metallo  piena  di  polverino  e  nella  cui 
capocchia  é  messo  il  fulminante  :  introdotto  nel 
focone,  dà  fuoco  alle  artiglierie. 

Cassa  dei  proiettili,  recipiente  simile  alla  cassa 
d'armi,  nel  quale  si  tengono  i  cartocci,  le  car- 
tucce, ecc.  -  Cassone,  carro  aperto  a  quattro  ruote 
col  quale  si  trasportano  le  munizioni.  -  Guarda- 
cartocci,  cassa  di  legno  nella  quale  si  custodiscono 
i  cartocci.  -  Incassatura,  il  luogo  incavato  ove  si 
mette  il  cofano  delle  munizioni. 

Movimenti,  spari,  ecc.,  del  cannone. 

Dove  si  trova. 

Cacciare,  mettere  fuori,  con  forza,  e  dicesi  del 
pezzo  che  spinge  proiettili:  quindi,  cacciatala^  spinta 
impressa  ai  proietti  delle  armi  da  fuoco.  -  Detonare 
(detonazione),  lo  scoppiare  subitaneo  e  fra>roroso  del 
pezzo,  a  guisa  di  tuono:  rimbombare,  rombare,  tuo- 
nare.  -  Rinculare,  del  cannone  e  d'ogni  arme  da 
fuoco  quando  è  sparata  e  che,  per  la  ripercossa 
dello  sparo  sul  fondo  dell'  anima  e  per  la  suben- 
trante pressione  atmosferica,  senza  volger  la  bocca, 
dà  indietro  proporzionalmente  alla  forza,  al  peso,  al 
ritegno.  -  Scartare  (scartamento),  il  movimento  con- 
tinuo 0  intermittente  prodotto  dallo  scatto  del 
cannone.   -   Sparare,  il  mandar   fuori   la  carica. 

-  Bum,  voce  imitativa  dello  sparo  dei  cannoni  o 
di  altri  rumori  forti  e  sordi. 

Cannonata,  colpo  di  cannone:  rimbombo  che  pro- 
duce lo  sparo  del  cannone.  -  Cannoneggiamento, 
lo  sparo  continuato  di  più  cannoni.  -  Fuoco,  ab- 
bruciamento  della  polvere  pirica,  della  balistite; 
esplosione  delle  artiglierie;  accensione  di  carica.  - 
Gittata,  gettata,  la  distanza  dalla  bocca  del  cannone 
al  punto  di  caduta  al  suolo  del  proiettile.    ■ 

Imboccatura,  rovina  delle  artiglierie  percosse  sul 
vivo  della  bocca.  -  Lampo,  la  luce  serpentina  che 
esce  dalla  bocca  delle  armi  da  fuoco,  nel  momento 
dello  sparo.  -  Nembo,  subita  e  improvvisa  scarica 
di  molti  proietti,  a  modo  di  grave  e  fitta  pioggia. 

-  Rimbombamento,  rumore  fatto  dal  rimbombo  :  rom- 
bo, romba.  -  Salva,  salve,  scarica  che  si  fa  in  guerra 
con  ogni  specie  d'arme  da  fuoco,  contro  il  nemico, 
al  primo  scontro.  Anche,  saluto  mihtare  che  si  fa 
con  maggior  solennità  di  segni  e  di  spari,  e  si  usa 
per  dimostrazione  d'onore,  di  rispetto,  di  festa.  - 
Sbi-uffo,  sparo  di  cannone  ad  avancarica,  di  sola 
polvere,  per  nettare  l'anima  del  pezzo.  -  Scarica, 
esplosione  simultanea  di  molte  armi  o  artiglierie.  - 
Sdentatura,  guasto  prodotto,  dopo  molti  tiri,  agli 
spigoli,  e  risalto  dei  pezzi  rigati  per  la  compressione 
della  polvere  e  lo  sfregamento  dei  proiettili.  -  Sparo, 
lo  sparare. 

Tiro,  azione  del  tirare,  cioè  del  lanciare  il  pro- 
iettile, sparando.  -  Tiro  in  bianco,  col  cannone  ca- 
rico a  sola  polvere;  tiro  in  caccia,  coi  cannoni  pun- 
tati verso  la  prora  di  una  nave;  tiro  in  ritirata, 
voltati   verso  poppa;    tiro  piano,    orizzontale  alla 


392 


CANNONE   —    CANONICO 


chiglia.  -  Tiro  d'intimazione,  colpo  di  cannone  in 
bianco,  che  ha  valore  d'intesa. 

Cannoniera,  specie  di  feritoia,  nella  quale  intro- 
durre il  cannone;  intaglio  praticato  sul  massiccio 
del  parapetto.  -  JBatteria,  luogo  appositamente 
conformato  e  disposto  in  modo  da  poter  ripa- 
rare il  pezzo  dal  tiro  nemico.  -  Fosso  della  batte- 
ria, fosso  scavato  davanti  al  parapetto  od  ai  fian- 
clii,  per  aver  le  terre   necessarie    a    completare  il 

Earapetto.  -  Ginocchiello,  parte  del  parapetto  di 
atteria  che  si  alza  dal  piano  della  piattaforma 
sino  alla  tromba  della  cannoniera.  -  Fucina,  buca 
scavata  in  terra,  piena  di  carboni  ardenti  e  rico- 
perta d'una  graticcia  di  ferro,  alla  quale  si  mettono 
ad  arroventare  le  palle  da  cannone.  -  Merlane,  la 
parte  del  parapetto  che  rimane  fra  due  cannoniere. 
Parapetto,  massa  di  terra  o  di  muro  per  riparo: 
la  parte  più  importante  della  batteria.  -  Piatta- 
forma, specie  di  bastione  fatto  in  aperta  campagna 
per  mettervi  l'artiglieria,  o  specie  di  terrazzo  per 
le  artiglierie  nelle  fortezze.  -  Pezzo  in  batteria: 
dicesi  quando,  disgiunto  dal  suo  avantreno,  tocca 
con  la  coda  il  terreno  e  la  volata  è  rivolta  verso 
l'oggetto  a  battersi.  -  Soglia,  la  parte  della  canno- 
niera dove  si  affaccia  la  volata  del  pezzo.  -  Tromba, 
l'apertura  delle  batterie  donde  si  spara  il  cannone. 

-  Soprassoglio,  il  pancone  che  forma  la  parte  su- 
periore delie  cannoniere. 

Yeggasi  inoltre  a  nave  da  guerra. 

Operazioni  preparatorie. 

uso,  governo,  maneggio  del  cann0n2. 

Persone  addette. 

Boccare,  pigliare  alla  bocca  il  diametro  e  la  mi- 
sura dei  pezzi.  -  Calibrare,  stabilire  il  calibro;  met- 
tere giusto  il  ragguaglio  fra  anima  e  proiettile,  fra 
contenente  e  contenuto,  nei  pezzi.  -  Incamerare, 
formare,  mettere,  restringere  di  forme  speciali  una 
cavità  nel  fondo  delle  canne  da  fuoco.  -  Incamera- 
tura,  l'elfetto  dell'incamerare.  -  Incampanare,  ri- 
durre la  camera  dei  cannoni   a   mo'   di   campana. 

-  Rigare,  fare  il  solco  all'anima  delle  armi  da  fuoco, 
perchè  abbiano  a  spingere  i  proiettili  con  maggior 
impeto  e  precisione.  -  Terziare,  riconoscere  se  il 
pezzo  ha  il  debito  spessore  nelle  tre  parti  princi- 
pali della  sua  lunghezza. 

Elevazione,  l'azione  di  levare  in  alto  la  bocca  dei 
pezzi  d'artiglieria,  quando  si  voglia  giungere  in  ar- 
cata a  tiro  lungo  per  la  distanza  grande  del  ber- 
saglio. -  Punteria,  azione  del  mettere  l'asse  del 
pezzo,  aggiustato  all'oggetto,  sulla  linea  orizzontale 
diritta  e  precisa,  senza  divergere,  e  del  dargli  ele- 
vazione maggiore  o  minore  a  seconda  della  distanza. 

Bombardare  (bombardamento),  battere  un  luogo 
col  cannone,  col  mortaio,  con  ogni  sorta  di  bocche 
da  fuoco.  -  Cannonare,  sparare  il  cannone;  battere 
col  cannone  il  nemico.  -  Cannoneggiare  {cannoneg- 
giamento), sparare,  tirar  cannonate,  spesseggiare  coi 
tiri.  -  Caricare,  metter  la  carica  nelle  armi  da  fuoco  e 
nelle  mine.  -  Giocate  col  cannone,  spesseggiare  coi  tiri. 

Imbiettare,  frenare  gli  affusti  con  zeppe  alle  ruote, 
perchè  non  barcollino.  -  Imboccare,  percuotere  la 
bocca  dei  pezzi  nemici.  -  Incavalcare,  mettere  il 
pezzo  sull'affusto  o  sulla  cassa:  incassare.  -  Inchio- 
dare il  cannone,  renderlo  inservibile  mettendo  un 
chiodo  nel  focone.  -  Innescare,  inescare,  (innesca- 
mento), metter  polverino,  stoppino,  cannellino,  per- 
cussore, per  accendere  a  propria  volontà  le  artiglie- 


rie, ogni  arme  da  fuoco  e  le  mine.  -  Infilare  (in- 
filamento),  percuotere  coi  tiri  la  linea  più  lunga 
sulla  quale  sta  il  nemico:  battere  per  file.  -  Intro- 
nare, scuotere  con  forza  e  fragore  una  muraglia  a 
colpi  di  artiglieria,  per  farla  cadere. 

Librare,  assettare  i  pezzi  convenientemente  sulla 
piattaforma,  sull'affusto,  sulla  linea  di  mira.  -  Li- 
vellare, aggiustare  il  pezzo  secondo  il  tiro  che  si 
vuol  fare.  -  Mitragliare  {mitragliamento),  tirare, 
battere  a  mitraglia.  -  Montare,  mettere  i  pezzi  su- 
gli affusti.  -  Par  care,  collocare  ordinatamente  le 
artiglierie  e  il  loro  carreggio  nel  parco.  -  Puntare 
una  bocca  da  fuoco,  disporla  in  modo  che,  sparando, 
la  traiettoria  passi  pel  segno. 

Rifrustare  con  la  mitraglia,  ripercuotere  a  più 
riprese  col  cannone  a  mitraglia.  -  Sboccare,  tirare 
con  le  proprie  contrQ  le  batterie  nemiche,  studian- 
do di  cacciare  i  propri  proietti  nella  bocca  loro, 
per  renderle  inutili.  -  Scaricare,  far  uscire  la  ca- 
rica col  dar  fuoco  alle  armi.  -  Scavalcare,  levare  il 
pezzo  dall'affusto;  anche,  spezzare  gli  affusti  del 
nemico  per  farne  cadere  i  pezzi.  -  Scovolare,  net- 
tare il  pezzo  con  lo  scovolo.  Scovolata,  l'atto  dello 
scovolare;  colpo  di  scovolo.  -  Sfoconare,  guastare 
il  focone;  anche,  tirar  fuori  dal  focone.  -  Smontare, 
togliere  un  cannone  dall'affusto.  Squadrare  il  pezzo, 
collocare  il  cannone  acconciamente  nella  batteria; 
prendere  giusti  gli  angoli  di  elevazior>e.  -  Stoppi- 
nare, mettere  lo  stoppino  alle  artiglierie. 

Bombardiere,  artigliere,  cannoniere.  -  Cannoniere, 
soldato  d'artiglieria,  e  più  specialmente  quello  che 
è  al  servizio  di  una  bocca  da  fuoco.  -  Capo  pezzo, 
di  servizio  ad  un  pezzo:  ne  presiede  e  dirige  il  ma- 
neggio. -  Mitragliatore,  chi  spara  a  mitraglia.  -  Pun- 
latoì-e  scello,  artigliere  che  specialmente  si  distin- 
gue  nel  puntare    il    pezzo. 

Servente,  nome  che  si  dà  ai  cannonieri  che  s'im- 
piegano pel  servizio  del  pezzo,  e  sono  detti:  primi, 
secondi,  terzi,  ecc. 

Ditale,  ricco  capuccio  di  cuoio  imbottito  che  si 
mette  al  dito  medio  per  difenderlo  dal  bruciore  e 
coprire  il  focone  del  pezzo  nel  caricarlo. 

Cannone.  Pezzo  della  canna  grossa.  -  Doccia 
0  c(fìiale  per  condotti. 

Cannonegg-iàmento,  cannoneg-giare.  Bat- 
tere a  colpi  di  cannone. 

Cannoniera,  cannoniere.  Veggasi  a  can» 
none. 

Cannuccia.  Detto  a  canna. 

Canoa.  Sorta  di  barca. 

Cànone.  Regola  fondamentale,  legge.  -  Massi- 
ma di  diritto.  -  Principio,  norma,  regola.  - 
Postulato  di  inorale  e  di  giurisprudenza.  •  Legge 
ordinata  dal  papa  o  da  un  co«c<7io,  concernente 
la  fede,  la  disciplina  della  chiesa.  -  Catalogo  dei 
libri  santi  :  veggasi  a  libro.  ■  Prestazione,  rendita 
annua  :  in  questo  senso,  affrancare,  estinguere  un 
canone,  liberarsi  dall'obbligo  di  pagarlo.  -  Enfitèusi, 
contratto  pel  quale  si  cede  ad  altri  qualche  utile 
dominio  mediante  annuo  canone. 

Canònica.  L'abitazione  del  parroco  o  dei  preti 
addetti  ad  una  chiesa.  Ha  questo  nome  perchè 
deve  essere  quale  la  prescrivono  i  canoni. 

Canonicale.  Di  canonico. 

Canonicamente.  Secondo  i  canoni,  secondo  la 
legg^^  la  regola. 

Canonicato.  Detto  a  canonico  e  ad  ufficio, 

Canonlchessa.  Suora,  monaca  di  certi  istituti. 

Canonico  (canonicale,  canonicato).  Prete  catto- 
lico, di  grado  superiore,  che  gode  una  prebenda,  un 


CANONICO   —   CANTANTE 


393 


benefizio  o  é  addetto  al  capitolo  di  una  chiesa; 
calónaco  (scherz.),  sacerdote  collegiato,  -  Canonico 
decano,  la  più  bassa  delle  dignità  nel  capitolo  dei 
canonici:  canonico  anziano.  -  Dominns  de  cura, 
il  canonico  preposto,  come  superiore  in  giurisdizione, 
a  tutti  gli  altri.  -  Extra,  dei  canonici  con  titolo  di 
dignità  che  godono  i  privilegi  e  i  distintivi,  ma  non  la 
prebenda.  -  Onorario,  il  canonico  che  gode  dei  diritti 
del  grado,  ma  non  la  prebenda  del  canonicato.  - 
Primicerio,  nome  di  dignità  ecclesiastica,  ne'  capi- 
toli dei  canonici:  è  quello  che  dovrebbe  sopravve- 
gliare  ed  essere  come  il  capo  dei    chierici   minori. 

-  Proposto,  alta  dignità  nel  capitolo  dei  canonici; 
e  mitrato  il  proposto  che  ha  diritto  di  portar  la 
mitra  durante  le  funzioni  solenni.  -  Reverendissimo, 
il  canonico  semplice. 

Canònica,  la  casa  del  canonico  e  anche  di  altri 
preti.  -  Canonicato,  dignità  e  prebenda  del  canonico. 

-  Scanonicare,  privar  del  canonicato.  -  Capitolo, 
collegio  dei  canonici  nella  chiesa  cattedrale  o 
metropolitana;  anche,  il  luogo  stesso  dove  i  cano- 
nici si  adunano.  -  Dignità  capitolari,  i  canonici 
di  un  capitolo  elevati  al  grado  di  prelati.  -  Monsi- 
gnore, titolo  che  si  dà  ai  vescovi,  ai  vicari  dei 
vescovi  e  ai  canonici  che  hanno  alte  dignità  nel  ca- 
pitolo: e  per  privilegio  ai  canonici  di  alcuni  capitoli. 

Abbate  o  abate,  dignità  canonicale  che  esiste  in 
certi  antichi  capitoli.  -  Altarista,  ufficio  con  dignità 
spettante  ad  uno  dei  canonici  della  basilica  di 
san  Pietro.  -  Arcidiacono,  prelato  che  ha  la  di- 
gnità dell'arcidiaconato,  un  grado  ecclesiastico,  con 
ufficio  speciale  nel  collegio  dei  cardinali  e  nel  ca- 
pitolo dei  canonici.  -  Arciprete,  titolo  di  dignità 
ecclesiastica,  tanto  nei  capitoli  dei  canonici  quanto 
in  alcune  parrocchie.  -  Penitenziere,  il  prelato  che 
ha  autorità  di  assolvere  ne'  casi  riservati.  In  ciascun 
capitolo  di  canonici  c'è  il  penitenziere;  e  nel  col- 
legio dei  cardinali  il  gran  penitenziere. 

Bacolo,  verga  d'argento  o  di  metallo  argentato, 
che,  durante  le  funzioni  religiose,  porta  il  capo  o  il 
più  anziano  dei  canonici.  -  Cappa  magna,  manto 
d'onore  dei  canonici:  è  di  colore  paonazzo.  -  Cap- 
pino,  piccolo  manto  che  scende  dal  collo  alla  vita, 
di  colore  rosso  scarlatto:  se  ne  vestono  i  cano- 
nici in  certi  periodi  dell'anno.  -  Galeno,  cappello 
d'onore  dei  canonici  e  di  tutti  i  prelati,  adorno  di 
nastri  e  nappe  di  colore  paonazzo.  -  Gufo,  sorta  di 
pelliccia  che  portano  i  canonici:  ermellino.  - 
Mantelletta,  sorta  di  veste  talare  paonazza,  distintivo 
delle  dignità   canonicali. 

Mazzetta,  batolo  di  seta  paonazza  o  rossa  adorno, 
nella  parte  posteriore,  di  un  cappuccio,  di  cui  si  vestono 
i  canonici,  i  vescovi  e  i  cardinali.  •  Mensa,  la  ren- 
dita di  un  canonico.  -  Prebenda,  benefizio  eccle- 
siastico, rendita  ferma  di  cappellania  o  di  cano- 
nicato. -  Stallo,  ciascuna  delle  piccole  cattedre 
spettanti  ai  singoli  canonici. 

Essere  ammalato  di  paonazzite ,  sospirare  il  fiocco 
rosso:  si  dice,  scherz.,  di  quei  preti  che  sospirano 
il  canonicato.  -  Non  aver  voce  in  capitolo:  si  dice 
delle  dignità  canonicali  extra  e  dei  canonici  onorari, 
che  non  possono  presenziare  alle  riunioni  capitolari. 

Canònico  (aggettivo).  Conforme  alle  disposizioni 
d'un  canone.  -  Particolare  impedimento  di  ma- 
trimonio. •  Con  altri  significati,  dicesi  di  diritto, 
di  ora,  di  preghiera. 

Ganonlsta.   Chi  professa  il  diritto   canonico. 

Canonizzare,  canonizzazione  {canonizzalo). 
Far  santo. 

Canòro.  Che  ha  in  sé  armonia  di  canto» 


Canottiere.  Nell'uso,  dilettante  nell'esercizio 
di  condurre  una  barca. 

Canotto.  Piccola  barca,  lunga,  sottile,  ele- 
gante e  non  a  vela,  ma  con  molti  remi,  che  serve 
ad  esercizio  fisico  e  a  diletto.  Si  hanno  ora  anche 
canotti  automobili.  -  Canottaggio,  uno  dei  rami  dello 
sport,  consistente  nelle  gare  e  nell'esercizio  del 
recitare. 

Cànova.  La  bottega  o  la  cantina,  nella  quale 
si  vendono  al  minuto  vino,  olio,  grasce,  ecc.  An- 
che, la  stanza  di  un  convento  nella  quale  si  tiene 
in  serbo  vino,  olio,  ecc.  -  Canovaio,  clii  tiene  cà- 
nova; bettoliere,  chi  tiene  bettola.  -  Canovaia,  la 
moglie  del  canovaio,  la  donna  che  esercita  tal  mestiere. 

Canovaia,  canovaio.  Detto  a  cànova  e  a 
convento. 

Cansare  (cansato).  Allontanare,  mandar  loìi- 
tano;  scansare,  evitare. 

Cantàbile.  Che  si  può  cantare.  -  In  musi- 
ca, tempo  larghetto. 

Cantafavola.  Dicesi  di  un  discorso,  di  un 
racconto,  ecc.,  frivolo,  o  anche  falso. 

Cantaiolo.  Di  uccello  che  canta  molto  e  bene. 

Cantambanco.  Saltimbanco,  ciarlatano. 

Cantante.  Chi  esercita  l'arte  del  canto,  a 
pubblico  spettacolo,  in  teatro  o  altrove:  artista  di 
canto,  cantatore;  cantatrice;  canterino;  musico,  mu- 
sico pratico  ;  musichiere,  musichessa  ;  virtuoso  ; 
virtuosa,  ecc.  Il  cantante  ha  o  non  ha  bella  voce 
(veggasi  a  cantare),  sa  meritare  l'applauso  o  si 
fa  fischiare  dal  pubblico.  -  Arte  canòra,  l'arte  del 
cantante. 

Cantante  assoluto,  quello  che  è  veramente  primo; 
di  cartello,  di  grido,  celebre,  valente;  di  mezzo  ca- 
rattere, quello  che  ha  voce  agile,  leggiera,  sfogata, 
e  sostiene  una  parte  giocosa,  ma  non  caricata;  di 
spólvero,  di  molto  valore  ;  sfiatato,  bolso,  senza  voce, 
sgolato,  spedato;  stonato,  stonatore,  che  non  imbrocca 
le  note,  le  sbaglia. 

Canarino  (scherz.),  di  cantante  che  ha  poca  voce. 

-  Canzonettista,  cantatrice  di  canzonette  nei  caffè 
concerto:  frane,  chanteuse,  -  Diva,  cantante  eccelsa. 

-  Divette  (frane),  cantante  da  caffè  concerto.  -  Gi- 
gione, appellativo  volgare  dell'artista  lirico,  sfiatato, 
di  scarso  valore,  bonaccione,  soddisfatto  di  sé. 

Arcicantore,  capo  dei  cantanti:  archiparafonista, 
arciparafonista.  -  Cantastorie,  chi  va  cantando  per 
le  strade  storielle^  canzoncine,  e  questuando  nei 
caffè. 

Cantore,  chi  canta  nelle  chiese;  chi  cantalo  coro 
e  specialmente  chi  guida  il  coro  nel  canto  (essere, 
stare  a  leggìo,  dei  cantori  di  chiesa  che,  stando  al 
leggio,  cantano  le  antifone).  -  Cantora,  monaca  che 
canta  in  coro.  -  Cantorato,  ufficio  del  cantore  in 
chiesa.  -  Cantorìa,  luogo  elevato  nelle  chiese  dove 
stanno  i  cantanti  e  i  sonatori,  -  Cappella;  tutti  i 
i  cantori  d'una  chiesa.  -  Maestro  di  cappella,  chi 
dirige  i  cantori  d'una  chiesa. 

Castrato,  eunuco,  il  cantante,  il  musico  d'un  tempo, 
quando  lo  si  evirava  perchè  avesse  la  cosidetta 
voce  bianca,  da  donna.  -  Comprimario,  cantante  se- 
condario :  secondo  musico,  pertichino  ;  anticam., 
asso  fisso  -  Corista,  chi  canta  in  coro  nei  teatri, 
nelle  chiese  e  altrove.  -  Corifeo,  il  capo  dei  coristi. 

Orecchiante,  chi  canta  o  suona  ad  orecchio,  senza 
conoscere  la  musica.  -  Pertichino,  scherzosamente, 
il  cantante  che  ha  pochissima  parte,  o  che,  al  bi- 
sogno, può  fare  le  parti  di  un  altro  che  manchi.  • 
Solista,  cantante  o  istrument'sta  a  solo. 


394 


CANTANTE    —    CANTARE 


I   CANTANTI   SECONDO  LA   VOCE. 

Bariloìio,  il  cantante  che  ha  voce  alquanto  più 
grave  del  tenore  e  più  acuta  del  basso.  -  Barito- 
nale, agg.  di  baritono.  -  Baritoneggiare,  avere,  fare 
una  voce  simile  a  quella  dei  baritoni. 

Basso,  la  più  profonda  fra  le  voci  che  le  corde 
vocali  umane  possono  dare;  il  cantante  con  tal 
voce.  Primo,  secondo  basso,  ecc.  -  Buffo,  basso  can- 
tante che,  nell'operetta  e  nell'opera  giocosa,  fa  la 
parte  più  comica. 

Contralto,  la  più  grave  delle  voci  di  donna  e  la 
più  vicina  al  soprano  ;  la  cantante  stessa.  -  Mezzo- 
soprano, la  voce  tra  il  soprano  e  il  contralto:  chi 
ha  tal  voce.  Soprano,  la  più  acuta  delle  quattro 
parti  nelle  quali  si  divide  l'estensione  della  voce 
umana:  la  cantante  che  l'ha.  -  Sopranino,  soprano 
leggiero. 

Tenore,  la  voce  umana  (maschile)  che  è  tra  il 
contralto  e  il  baritono,  la  più  alta  possibile,  natu- 
ralmente; il  cantante  che  la  possiede.  -  Tenore  di 
mezzo  carattere,  di  voce  agile  e  al  quale  si  con- 
viene più  specialmente  il  canto  brillante,  l'opera 
buffa.  -  Tenorino,  tenorone,  tenoruccio,  dim.,  accr., 
spreg.  di  tenore. 

Avere  buoni  polmoni,  di  cantante  che  ha  voce  ro- 
busta e  resiste  a  lungo.  -  Centro  fonico,  il  luogo, 
il  punto  in  cui  si  mette  il  cantante  per  far  meglio 
sentire  la  sua  voce. 

Alcuni  termini  particolari  dei  cantanti 
o  del  linguaggio  teatrale. 

Cane,  di  cattivo  cantante  (e  quando  siano  molti 
si  dice,  con  bisticcio,  che  sono  can... .tanti).  -  Can- 
tante a  spasso,  che  non  è  scritturato,  non  ha  ove 
esercitare  1'  arte  sua.  -  Cantare,  fare  il  cantante: 
per  il  modo,  veggasi  a  cantare  e  a  canto.  -  Far 
cianchetta,  l'alzar  la  gamba  che  fa  il  cantante  per 
prendere  la  nota  più  alta.  -  Fare  un  teatro,  cantare 
m  un'  opera  o  in  più  opere  su  un  teatro,  durante 
una  stagione  teatrale.  -  Parte  (frane,  rote),  quel 
tanto  che  spetta,  per  l'esecuzione,  a  un  cantante.  - 
Parte  cantante,  vocale,  di  mezzo,  dominante,  princi- 
pale, suprema,  strumentale,  buffa,  seria:  la  melodia 
che  tocca  a  un  cantante.  -  Prima  donna,  seconda 
donna,  il  soprano,  il  mezzo  soprano,  o  la  cantante 
che  ha  parte  principale  o  seconclaria.  Nell'uso,  prima 
donna  è  la  prima  cantatrice  dell'opera  italiana.  - 
Primo,  secondo  baritono,  primo,  secondo  tenore,  ecc. 

Aria  di  bravura,  pezzo  difficile  a  cantare  e  che 
esige  quasi  uno  sforzo.  -  Aria  di  spolvero,  di  fu- 
rore, d'effetto,  che  procura  applausi  al  cantante.  - 
Campanello,  registro  dell'organo  dei  soprani,  accor- 
dato all'unisono  col  principale.  -  Cawa//o  di  parata, 
o  di  battaglia,  la  produzione  in  cui  un  cantante 
figura  meglio;  la  sua  aria  dì  furore.  •  Volata,  nota 
alta  di  cantante. 

Audizione,  l'atto  per  cui  un  maestro  o  un  im- 
presario suole  udire  un  cantante,  per  giudicarne: 
il  che  si  fa,  di  solito,  al  pianoforte,  al  quale  suona 
un  accompagnatore.  -  Debutto,  francesismo  d'uso, 
per  indicare  l'esordire  di  un  cantante  sulla  scena, 
il  suo  primo  comparirvi.  (^mnAÀ,  debuttante  \)Qt  esor- 
diente. -  Penale,  multa  che  il  cantante  deve  pagare 
quando  non  adempia  agli  obblighi  della  scrittura, 
-  Protestalo,  il  cantante  che  il  pubblico  disapprova 
o  l'impresario  licenzia  dopo  la  prima  o  le  prime 
rappresentazioni.  -  Bepertorio,  l'insieme  delle  opere 


in  musica  che  un  cantante  ha  studiato  e,  anche, 
rappresentato.  -  Quartale,  una  delle  quattro  rate 
dello  stipendio  degli  artisti  da  teatro.  -  Scritturare, 
obbligare  per  scrittura  un  cantante  o  simile  a  un 
dato  teatro,  e  scrittura  il  relativo  contratto,  fra 
impresa  e  artista.  -  Serata  d'onore,  la  rappresenta- 
zione ad  onore  particolare  d'un  cantante,  e  talvolta 
a  suo  maggior  prolitto  :  beneficiata. 

Alcuni  nomi  storici 

Aedi,  i  cantori  dell'età  eroica  presso  i   Greci. 

Bardo,  poeta  che  cantava  le  gesta  degli  eroi  - 
Menestrello,  nel  medio  evo,  poeta,  musico  e  can- 
tore ambulante:  improvvisatore  di  canto,  trovatore, 
troviero.  -  Minnesinger,  specie  di  trovatori  tedeschi. 

-  Bapsóda,  cantore  di  rapsodie  (raccolte  di, pensieri 
d'autori  diversi):  cantore  eroico  dell'antica  Grecia, 
errante  di  città  in  città.  -  Tirteo,  poeta  che  con  i 
suoi  canti  animava  gli  spartani  alla  battaglia. 

Cantare  {cantato).  Modulare  la  voce,  sciogliere 
un  canto  secondo  certe  regole  e  misure  stabilite 
dalla  ìnusica,  e  in  modo  da  creare  una  melodia: 
esprimere  col  canto,  eseguire  una  musica  per  canto. 
Si  canta  una  canzone,  una  romanza,  un  pezzo 
d'opera,  ossia  d'  un  melodramma  ;  da  solo,  a 
solo,  oppure  in  duetto,  in  terzetto,  in  quartetto,  in 
coì-o,  ecc.  Si  canta  per  arte,  in  teatro,  in  chiesa, 
in  un  caffè-concerto;  liberamente,  ovunque,  con  o 
senza  accompagnamento  di  musica.  Secondo  la 
voce  (veggasi  a  cantante),  si  canta  di  tenore,  dx 
basso,  di  soprano,  ecc.  (cioè  in  chiave  di  tenore, 
di  basso,  ecc.),  o  in  falsetto,  ossia  con  piccola  voce 
acuta  e  di  testa.  -  Cantaiolo,  canterellino,  canterino, 
chi  canta  volontieri.  -  Cantata,  il  cantare.  Cantatina, 
dim  in.  -  Concerto,  accordo  di  voci:  concerto  vocale. 

Nota,  accento  vocale  secondo  il  corrispondente 
carattere  musicale.  -  Nota  di  gola,  contrapp.  a  nota 
di  petto  :  nota  gutturale.  -  Nota  sforzata,  quella  che 
eccede  i  limiti  naturali  della  voce.  -  Nota  granita, 
nettamente  distinta  (veggasi  più  innanzi  granire).  - 
Volata,  nota  alta;  progressione  di  note  fatta  dal 
cantante  con  somma  velocità. 

Voce,  la  voce  modificata  per  il  canto:  è  espres- 
siva, armoniosa,  leggera,  squillante,  ecc.  -  Voce 
bianca,  voce  di  giovinetto  che  canti  in  qualche 
composizione  musicale  ;  un  tempo,  quella  degli  eu- 
nuchi, per  imitare  il  metallo  della  voce  femminile. 

-  Voce  di  ripieno,  non  essenziale  al  concerto,  ma 
per  rinforzo.  -  Voce  piena,  robusta,  spiegata.  -  Voce 
profonda,  voce  grave,  del  contralto  e  del  basso,  a 
distinzione  dal  baritono.  -  Voci  scoperte,  non  ac- 
compagnate da  strumenti  che  ne  coprano  in  parte 
il  suono  schietto.  -  Voci  spiegate,  che  salgono 
molto. 

Diapason,  la  estensione  dei  suoni  che  una  voce 
può  percorrere  -  Organo,  la  voce  considerata 
nella  sua  qualità  per  il  canto.  -  Portata  della  voce, 
tutte  le  note  che  essa  può  produrre.  -  Stecca,  voce 
stonata  in  chi  canta  o  suona.  -  Vocale,  di  voce;  che 
è  prodotto  da  una   o  più  voci. 

Cantar  bene,  male.  -  A  distesa  -  ad  orecchio. 

Cantar  bene:  cantare  a  tono,  in  tono,  intonato,  con 
sentimento,  con  espressione,  con  grazia,  e  simili; 
portar  bene  la  voce;  stare  in  tono,  senza  scattare 
una  nota;  mantenere  l'unisono.  -  Cantare  come  un 
angelo,  benissimo  e  con  grande  dolcezza,  con  tutta 
soavità.  -  Granire,  cantare  in  modo   che   le   emis- 


CANTARE   —   CANTILENA 


395 


sioni  di  voci  restino  nettamente  distinte  e  ciascuna 
compita  in  sé  stessa. 

Cantar  male  :  abbaiare,  pecorare,  smusicare,  stra- 
cantare,  strapazzare  la  musica;  miaulare,  rifare  i 
gatti  innamorati.  -  Aver  la  voce  in  cantina,  cantare 
molto,  troppo  basso.  -  Berciare,  cantare  senza  garbo, 
urlando.  -  belare,  di   cattivo   musico   che  canti.  - 

-  Calare,  cantare  al  disotto  del  tono  giusto. 
Cantar  col  naso,  con  voce  nasale.  ■  Cacciare  urli, 

di  chi  canta  male.  -  Cantare  come  un  filunguello, 
come  un  filunguello  cieco,  di  chi  si  abbandona  al 
canto;  di  chi  canta  male.  -  Cantare  fuori  di  chiave, 
essere  scordato,  stonato.  -  Crescere,  del  cantare 
crescendo  l' intonazione. 

Fare  una  stecca,  una  steccacela,  delle  steccacele, 
stonare.  -  Intonarla  troppo  alta,  incominciare  una 
nota  troppo  alta.  -  Mostrar  le  corde  del  collo,  di  chi 
canta  con  qualche  sforzo  -  Stonare  {stonazione,  sto- 
natura), uscire  di  tono,  fare  una  nota  che  non  è 
nel  tono  in  cui  si  canta:  cantar  falso,  scordare, 
smusicare,  stuonare,  lacerare  gli  orecchi,  uscir  di 
tono  (si  stona  tanto  calando  quanto  crescendo).  - 
Stonata,  stonatura,  stonamento,  dissonanza,  un  fuor 
di  tuono;  canto  del  diavolo,  canto  arrabbiato.  - 
Sleccare  il  canto  (schez.  o  iron.),  far  delle  stecche. 

-  Stiaffare,  schiaffare,  di  persona  che  a  torto  si  dà 
1'  aria  di  cantar  bene.  -  Stracantare,  cantare  trop- 
po 0  stonalo.  -  Straziare  un'opera,  un  pezzo  di  mu- 
sica, cantarla  male,  pessimamente.  -  Vociare,  can- 
tare a  gran  voce  e  malamente. 

Emifoniu,  stato  morboso  dell'organo  della  fonazione. 

Cantare  a  distesa:  cantare  a  gola,  a  Jgargana 
spiegata;  andare  alle  stelle;  sgolarsi,  shatarsi, 
sgloriare,  vociare. 

Cantare  a  orecchio  :  a  genio,  ad  aria,  d'  estro, 
senza  conoscere  la  musica;   cantare  di  memoria, 

DrVERSI  MODI   DI   CANTARE   -  FaR   CANTARE. 

Alternare,  ripetere  alternatamente  il  canto.  -  Can- 
tare alto,  con  suoni  acuti  ;  all'  improvviso,  senza 
avere  studiato  la  parte;  a  paura,  paurosamente,  senza 
sicurezza;  di  fantasia,  a  fantasia,  inventando,  im- 
provvisando il  motivo;  in  quilio,  in  falsetto.  -  Can- 
tare come  una  calandra,  con  molta  voglia  e  alle- 
gramente. -  Cantare  insieme,  d' accordo,  accompa- 
gnare col  canto,  accordarsi  col  canto;  far  coro; 
tener  bordone;  rendere  voce  a  voce  in  tempra.  - 
Cantarellare,  canterellare,  cantare  a  voce  sommessa. 

-  Canterellio,  un  cantei'ellare  continuato.  -  Cantic- 
chiare, cantar  sotto  voce  e  ininterrottamente:  can- 
tucchiare, anche,  di  principianti  o  cantanti  di  poco 
conto.  -  Cavar  fuori,  della  voce  del  cantante  e  del 
suono  d'  uno  strumento.  -  Cadenzare,  far   cadenza. 

-  Fare  una  cantata,  il  cantare  una  volta  più  o  me- 
no a  lungo.  -  Fischiare,  cantarellare  con  stizza.  - 
Fiorettare,  ornare  il  canto  con  passaggi,  gruppetti, 
trilli,  ecc. 

Gorgheggiare  (gorgheggiamento),  far  gorgheggi 
(veggasi  a  canto),  eseguire  variazioni  di  agilità  nel 
cantare,  rifiorire  il  canto:  sfringuellare,  scarruco- 
lare. -  Granire,  già  detto  (v.  cantar  bene).  -  Inflet- 
tere la  voce,  fare  inflessione  (v.  più  innanzi).  -  In- 
tonare, dare  il  tono  a  un  canto,  dar  principio  con 
quelle  note  che  sono  fondamentali.  -  Intonazione, 
l'intonare  {intonazione  sbagliata,  giusta:  le  prime 
note  che  danno  il  tono),  -  Jòdeln  (ted.),  modo  di 
cantare  proprio  dei  tedeschi  alpigiani:  è  un  gridare 
allegro,  senza  parole,  passando  dalle  note  di  petto 
al  falsetto. 


Mattinare,  cantare  al  mattino,  cantar  mattinate: 
ammattinare.  -  Modulare,  regolare  il  canto  secondo 
determinate  norme;  far  uso  di  una  o  di  varie  e 
successive  modulazioni ,  percorrendo  vari  toni  : 
ammodulare,  maneggiare  la  voce.  -  Modulabile,  che 
si  può  modulare.  -  Modulatore,  chi  o  che  modula. 
Modulazione,  veggasi  a  canto.  -  Musicare,  cantar 
di  musica.  -  Osannare,  cantar  osaiuia,  evviva. 

Picchettare,  cantare  a  noie  staccate.  -  Ricantare, 
ripete  cantare.  -  Ricanto,  il  ricantare.  -  Rifiorire  il 
canto,  gorgheggiare,  far  gorghegL'i.  -  Risparmiare 
la  voce,  non  la  forzar  tanto.  -  Salmodiare,  cantar 
salmodie,  canti  di  salmi.  -  Salmodiazione,  azione 
di  salmodiare.  -  Sfoderare,  cacciar  fuori  tutta  la 
voce.  -  Solfeggiare  fsolfeggiamentoj,  cantare  la  solfa, 
fare  solfeggi;  solmizzare;  vocalizzare.  Solfeggio, 
veggasi  a  canto.  -  Sostenere  la  voce,  prolungarla, 
cantando.  -  Spianare,  spiegare  la  voce,  modularla 
lunga.  -  Sposare  la  voce  al  suono,  cantare  accom- 
pagnandosi al  suono.  -  Stornellare,  cantare  stor- 
nelli. -  Trillare,  far  trilli  (veggasi  a  canto). 

Vocalizzare,  cantare  senza  parole,  o  pronunciando 
la  nota  e  le  parole  per  puro  esercizio  vocale:  sol- 
feggiare. Vocalizzazione,  il  vocalizzare.  I  ocalizzo, 
veggasi  a  canto. 

Cadenza,  inflessione,  ombreggiamento,  passaggio, 
portamento,  ricercata,  tono,  trillo,  veggasi  a  canto. 

Far  CANTARE.  —  Accennare,  dare  con  lo  stru- 
mento il  motivo  del  pezzo  da  cantarsi,  -  Accordare, 
mettere,  tenere  d'accordo,  all'unisono  i  cantanti: 
armonizzare.  -  Dare  V  intonazione,  avviar  bene  il 
cantante,  i  cantanti.  -  Mettere  in  gola  qualche  canto, 
insegnarlo. 

Cantare  {cantato).  Modulare  la  voce  che  fanno 
V  uccello,  la  cicala,  il  grillo,  ecc.  —  Comporre 
versi,  scrivere  una  2^oesia;  celebrare  col  verso.  - 
Anche,  dire  con  forza  e  con  libertà. 

Cantaride.  Insetto  col  quale,  seccato  e  polve- 
rizzato, dal  farmacista  si  prepara  il  vescicante: 
cantarella,  canterella.  Contiene  la  cantaridina. 

Cantastorie.  Detto  a  cantante. 

Cantata.  Il  cantare.  -  Anche,  canto  prolun- 
gato. -  Componimento  per  musica. 

Cantèo.  Trave  per  segare. 

Canterano.  Sorta  di  cassettone. 

Canterella.  Lo  stesso  che  cantàride. 

Canterellare  (canterellalo).  Detto  a  cantare. 

Canterino.  Veggasi  a  cantare. 

Càntero.  Vaso  della  camera  da  letto. 

Càntica.  Componimento  in  poesia,  per  lo  più 
di  genere  narrativo. 

Càntico.  Componimento  poetico,  poesia  lirica, 
inno.  -  Libro  della  Bibbia. 

Cantiere.  Spazio  che  si  sceglie  per  lo  più  vi- 
cino a  un  porto,  sopra  uno  scalo,  per  costruire 
una  nave  o  racconciarla.  -  Bacino,  lo  spazio 
destinato  per  una  nave  allo  scopo  di  costruirla, 
di  raddobbarla,  ecc.  -  Forma,  nome  che  si  dà 
ai  cantieri  scavati  a  più  piedi  di  profondità 
sotto  la  maggiore  altezza  del  mare,  circondati  di 
mura,  corrispondenti,  nella  loro  pianta,  alla  forma 
delle  maggiori  navi,  con  l'intervallo  occorrente  tutto 
all'  intorno  per  costruire  e  racconciare  le  navi.  - 
Scalo,  terreno  preparato  in  dolce  pendio  per  servire 
di  base,  nel  luogo  della  costruzione  delle  navi.  - 
Squero,  voce  veneziana:  vale  piccolo  cantiere  (anti- 
camente dicevasi  squadra). 

Cantilèna.  Lungo  canto  monotono.  •  Cadenza, 
ritmo  di  musica. 


396 


CANTIMPLORA    —   CANTO 


Cantiniplòra.  Forma  pnrticolare  di  vaso  per 
tenere  in  fresco  il  vino  o  altre  bevande. 

Cantina  (canlinierej.  Luogo,  per  lo  |>iti  sotter- 
raneo e  a  volta,  dove  si  tiene  e  si  conserva  il  vino: 
cava,  cella,  celliere,  grotta,  infimo  chiostro,  ricetto 
del  vino,  vòlta.  Dicesi  cantina  anche  il  luogo  in 
cui  dai  padronati  si  vende  il  vino  a  minuto,  e  vi 
si  beve  in  bicchieri.  Nelle  caserme:  una  o  più  stanze 
dove  i  soldati  possono  mangiare  e  bere,  coi  propri 
danari,  come  in  un'altra  trattoria.  -  Perché  sia  buona 
e  conservi  in  buono  stato  il  vino,  la  cantina  deve 
essere  asciutta,  fresca,  ben  ventilata;  al  contrario, 
quando  umida,  buia.  La  cantina  può  essere  piena  o 
vuòta,  ben  fornita  o  no  (di  vino).  Nelle  cantine, 
come  recipienti  del  vino,  si  trovano  la  botte,  il 
barile,  la  bottiglia,  il  fiasco,  talvolta  anche  il 
tino,  la  tinozza.  Cantinarcia,  peggior.  di  cantina, 
in  tutti  i  suoi  signilìcati.  -  Cantinétta,  dimin.  con  un 
po'  di  vezzeggiativo.  -  Canfe'mna,  cantina  piccola,  ma 
buona  e  anche  bellina.  -  Candnona,  cantina  grande, 
ma  non  tanto  quanto  il  cantinone,  cioè  cantina  più 
alta,  oltre  che  più  luminosa.  Cantinona  accenna, 
poi,  in  senso  di  lode,  ai  vini  che  sono  o  si  ven- 
dono in  una  cantina  signorile,  senza  che  e'  entri 
l'idea  di  grandiosità,  almeno  come  principale.  Tal 
senso  non  lo  ha  il  cantinone. 

Bioblioteca  (scherz.),  raccolta  di  vini  in  bottiglia.  - 
Bottiglieria,  cantina  da  bottiglie.  -  ,  Canova,  luogo 
dove  altri  va  a  comperar  vino  e  olio  e  anche  stanza 
nei  monasteri  ove  si  tiene  in  serbo  vino,  olio  e 
altre  grasce.  -  Gròtte  o  cantinèlle,  scavi  a  qualche 
profondità  sotto  terra,  fatti  per  tenervi  vino  o  altre 
cose;  si  fanno  nelle  cantine  stesse  e,  nei  luoghi  di 
monti,  scavandole  nel  dorso  di  questi,  e  allora 
servono  proprio  come  cantine.  In  alcuni  dialetti, 
grotto,  erotto,  crot. 

Palchétti,  assi  sorrette  al  muro  da  beccatelli, 
sulle  quali  si  tengono  disposti  in  parecchie  file , 
i  fiaschi  e  le  bottiglie.  Sono  generalmente  tre  o 
quattro,  uno  sopra  l'altro,  o  più,  giro  giro  alle  pa- 
reti. -  Panca  traforata,  panca  o  anche  una  semplice 
asse,  tutta  a  fori  circolari,  per  mettervi  le  bottiglie 
capovolte  a  sgocciolare  e  rasciugarsi,  dopo  di  es- 
sere state  internamente  lavate.  -  Scalèo,  piccola  scala 
portatile,  di  pochi  scalini,  che  si  regge  da  sé  sulla 
propria  base:  usata  nelle  cantine  e  nelle  tinaie,  per 
arrivare  ai  palchetti,  per  gettare  le  uve  nei  tini,  ecc. 
ecc.  -  Sifone,  tromba  da  vino,  tromba  da  barile,  tubo 
ricurvo,  per  lo  più  di  latta,  col  quale  si  travasa  il 
vino,  immergendolo  nel  recipiente  e  inspirando. 

Calza,  specie  di  sacchetto  di  tela,  in  forma  di 
cono  0  cappuccio,  in  cui  si  versa  il  vino  perchè, 
passando  attraverso  alla  tela,  diventi  chiaro;  filtro. 
•  Conserva,  recipiente  di  muratura  o  di  legname 
che,  in  alcune  cantine,  col  pavimento  a  tenuta  e 
pendente  verso  il  centro  o  altra  parte,  è  destinato 
a  ricevere  il  vino  che  provenga  da  qualche  botte 
0  da  altro  gran  vaso  che  si  rompa  o  rimanga  co- 
mecchessia aperto.  -  Còppo,  vaso  assai  grande,  di 
terracotta,  a  grosse  pareti,  e  assai  panciuto,  nel 
quale  si  suol  conservare  1'  olio.  Nelle  grosse  fattorie, 
i  coppi,  che  sono  parecchi,  si  tengono  in  una  stanza 
appartata  che  si  chiama  la  coppaia.  Nel  Fiorentino 
il  coppo  si  chiama  anche  orcio  e  la  stanza  orciaia.  - 
Fiasrheria,  grande  quantità  di  fiaschi  o  di  altri  si- 
mili vasi.  -  Imbuto,  vaso  conico  di  latta  per  ver- 
sare il  vino  da  un  recipiente  all'altro:  antic,  pi- 
ària;  in  toscano,  pévera  (imbuto  di  legno);  in  mi- 
lanese, pedrioeu.  -  Panieróne,  paniere  molto  lungo, 
con   vari  scompartimenti,   o   anche   senza,    in  cia- 


scuno dei  quali  si  mette,  per  trasportarli,  un  fiasco 
0  una  bottiglia.  -  Saggio  o  sagginolo  del  vino,  quel 
fiaschettino  che  si  dà  come  saggio  o  campione  al 
compratore. 

Cantiniere,  chi  ha  la  cura  della  cantina,  custode 
0  direttore  della  cantina:  canovaio,  celialo,  cene- 
raio, celliere;  anche,  colui  che  vende  vino  nella 
propria  cantina.  Nelle  caserme,  colui  che  tiene  una 
specie  di  trattoria  pei  soldati  e  la  mensa  per  gli 
ufficiali.  -  Cantinièra,  la  moglie  o  la  figlia  (cantinie- 
rina)  del  cantiniere  :  ma  più  specialmente  di  quello 
delle  caserme.  -  Cantinierótta,  accresc.  e  vezzegg.  di 
cantinièra  belloccia,  frescoccia  e  grassoccia. 

Per  il  governo  del  vino,  per  altre  operazioni  del 
cantiniere  e  per  gli  arnesi  inerenti,  veggasi  a  vino. 

Cantinétta.  Neil'  uso,  apparecchio  per  tenere 
in  fresco  checchessia:  rinfrescatolo,  infrescatoio. 
Ora  si  usano  piccole  ghiacciate,  specie  di  armadi 
divisi  in  sezioni. 

Cantino.  L'  ultima  corda  del  violino. 

Canto.  Modulazione  ritmica  della  voce  umana, 
per  cantare  con  certa  regola  e  misura:  melòde, 
musica  vocale,  nota.  Il  canto  riesce  facile,  scorre- 
vole 0  stentato,  incerto;  sommesso  (a  bassa  voce), 
oppure  alto,  sonoro;  intonato,  stonato;  dolce,  soave  o 
aspro,  stridulo  (stridente);  chiaro,  limpido  o  róco, 
soffocato;  débole,  fiòco,  oppure  forte,  tonante  ecc. 
Anafonést,  esercizio  di  canto.  -  Melo,  prefisso  let- 
terario che  indica  canto,  melodia.  -  Melopéa,  l'arte 
e  la  regola  del  canto. 

Antifona,  antifonia,  canto  alternato;  canto  di  molte 
voci  all'ottava  o  alla  doppia  ottava,  in  opposizione 
alla  musica  all'unisono,  chiamata  dagli  antichi  Greci 
omofonia.  -  Bel  canto,  canto  di  singole  persone,  di- 
stinto da  canto  corale.  -  Cantilena,  canto  di  melodia 
dolce.  Tallerallera,  talleralld,  ritornello  di  cantilene. 

Canto  a  cappella,  canto  senza  accompagnamento 
musicale:  usato  nelle  funzioni  di  chiesa.  -  Canto 
armonico  a  più  voci.  -  Canto  a  solo,  o  assolo,  ad 
una  sola  voce  (diversamente  dal  duetto,  dal  terzetto, 
ecc  :  veggasi  più  innanzi).  -  Canto  corale,  quello  com- 
posto di  note  principali  uniformi.  -  Canto  del  cigno, 
ultimo  canto  iprma  di  morire.  -  Canto  melismatico, 
canto  modulato  nel  quale  ogni  sillaba  delle  parole 
si  prolunga  su  parecchie  note.  -  Canto  spianato,  lar- 
gamente modulato.  -  Canto  sillabico,  con  una  nota 
ogni  sillaba.  -  Diatonico,  d'uno  dei  generi  princi- 
pali del  canto,  i  di  cui  suoni  progrediscono  per  in- 
tervalli. 

Canti  diversi.  -  Canti  di  chiesa  o  religiosi. 

Anaclèttico,  antico  canto  di  guerra.  -  Canti  car- 
nescialeschi  (termine  storico  letterario),  poesie  che 
si  cantavano  nelle  antiche  mascherate  di  Firenze.  - 
Canti  nazionali,  quelli  che  hanno  per  soggetto  fatti 
della  storia  nazionale,  come  i  Nibelunghen.  -  Canti 
popolari,  poesie  di  cui  non  si  conosce  l'autore  e  che 
il  popolo  canta.  Lallera,  traìlallera,  trallallera  IH- 
lallera,  lari  lard,  ritornelli  di  canti  popolari  allegri. 
-  Canto  funebre,  per  lutto,  per  qualche  grave  scia- 
gura: lamentazione,  nenia.  -  Catabancalése,  canto  delle 
nutrici  greche.  -  Cocchiata,  passeggiata  notturna  di 
sonatori,  e  la  poesia  che  cantavano.  Usanza  e  voce 
che  vanno  in  disuso. 

Epicedio,  canto  tunebre.  -  Epinicio,  canto  trion- 
fale. -  Jalema,  antico  cantn  lamentevole.  -  Lai,  canti 
popolari  epici  o  narrativi,  che  si  accompagnavano 
con  qualche  strumento  nmsicale.  -  Monodia,  canto 
lugubre   nell'antica   tragedia,  eseguito  da  uno   solo 


CANTO 


397 


senza  il  coro;  canto  funebre  o  canto  qualunque  a 
una  sola  voce.  Monodico,  di  o  da  monodia. 

Nenia,  canto  funebre.  -  Olofìrmo,  canto  lamente- 
vole degli  antichi.  -  Ranz  des  vaches,  antico  canto 
pastorale  dei  montanari  svizzeri.  -  Rapsodia,  canto 
di  ([ualche  pezzo  d'Omero.  -  Rotruhenye,  canzone  a 
ritornelli  dei  trovatori. 

Scòlio,  canzone  da  tavola  degli  antichi.  -  Serenata, 
il  cantare  e  il  suonare  che  si  fa  presso  la  casa  di 
qualcuno,  a  scopo  di  festeggiamento  e  di  onoranza 
-  Tirolese,  aria  musicale  caratteristica  del  Tirolo.  - 
Ireno  o  trenodia,  canto  di  dolore. 

Canti  di  chiesa  o  heligiosi.  —  Acatisto,  inno  con- 
sacrato alla  Vergine  cantato  nella  chiesa  greca,  e  si- 
gnifica senza  coricarsi,  perchè  cantavasi  nel  cuor 
della  notte.  -  Alleluia,  canto  di  allegrezza.  -  Anti- 
fona, versetto  che  precede  il  salmo,  che  s'intuona 
al  principio  di  esso,  così  detto  quasi  canto  reciproco 
a  coro.  -  Cantico,  inno  differente  dal  salmo,  perchè 
questo  si  cantava  accompagnato  dal  salterio,  e  il 
cantico  con  la  sola  voce. 

Canto  fermo,  canto  piano,  lo  stesso  che  canto  gre- 
goriano (cantusplanus),  della  Chiesa  cristiana,  il  canto 
che  si  usa  dagli  ecclesiastici  ne'  cori  senza  regola- 
mento a  tempo.  -  Canto  ambrosiano,  o  corale,  canto 
fermo  introdotto  da  sant'Ambrogio,  a  imitazione  della 
Chiesa  orientale,  e  che  s'usa  tuttora  nella  diocesi  di 
Milano.  Il  canto  romano  differisce  dall'ambrosiano  per 
la  mancanza  assoluta  di  ritmo  e  di  metro.  -  Auten- 
tico, dicesi  di  certi  modi  del  canto  fermo  e  cioè  di 
quelli  del  canto  ambrosiano.  -  Corde  giudiziali,  de- 
nominazione della  terza  nota  sopra  le  finali  dei  toni 
nel  canto  fermo. 

Doppia,  nota  del  canto  fermo.  -  Neumi,  segni  della 
notazione  del  canto  gregoriano  -  Nota  caratteristica, 
nel  canto  fermo,  quella  ribattuta  che  si  fa  sentire 
nell'intonazione  di  un  pezzo  cantabile,  e  in  gene- 
rale quelle  senza  cui  un  tono  o  un  modo  può  con- 
fondersi con  un  altro.  -  Pneiima,  pausa  nel  canto 
fermo.  -  Richiamo,  nel  canto  fermo,  la  mezza  nota 
volta  all'insù,  in  fin  dei  versi.  -  Ioni  della  Chiesa, 
le  varie  modulazioni  del  canto  termo. 

Canto  figurato,  canto  fermo  elaborato  polifonica- 
mente. -  Canto  fratto,  specie  di  canto  chiesastico  al- 
l'unisono (omofono):  partecipa  della  musica  e  del 
canto  termo;  è  proprio  delle  funzioni  sacre.  -  Co- 
rale, specie  di  canto  sacro,  adottato  da  Martin  Lu- 
tero per  la  Chiesa  riformata.  -  Inno,  canto  in  onore 
di  Dio  e  dei  santi. 

Invitatorio,  l'antifona  o  il  versetto  che  si  canta 
o  si  recita,  comunemente  al  principio  del  mattu- 
tino, avanti  il  salmo  lenite,  exultemus,  e  si  replica, 
almeno  in  parte,  dopo  ciascun  versetto.  -  Liturgico, 
il -canto  secondo  la  liturgia,  cioè  secondo  la  dottrina 
che  prescrive  e  regola  le  diverse  cerimonie  eccle- 
siastiche. -  Lucernates,  cantiche  notturne  dei  primi- 
tivi cristiani. 

Messa,  vespro,  musica  a  cappella,  cantata  con 
accompagnamento  d'organo  solamente,  o  coi  con- 
trabbassi. -  Mottetto,  salmo  o  altre  parole  di  chiesa 
messe  in  musica.  -  Oratorio,  piccolo  dramma  sacro, 
che  si  canta.  -  Pastorella,  specie  di  canto  sacro  dei 
pastori,  esultanti  per  la  nascita  di  Cristo.  -  Prosa, 
canto  di  chiesa  nel  quale  le  parole  non  hanno  la 
misura  dei  versi  latini,  ma  sono  spesso  rimate.  - 
Responsorio,  inno  che  si  canta  a  risposte  tra  il  coro 
e  i  cantori.  -  Salmodia,  canto  dei  salmi:  è  di  diverso  ca- 
rattere, cioè  regolare,  irregolare,  feriale,  festiva.  -  Se- 
guenza,  nome  di  alcuni  inni  della  Chiesa  cattolica  roma- 
na, perchè  si  cantano  in  seguito  sXgradualeeailValleluja. 


Composizioni  per  canto  di  vario  carattere. 

A  cappella,  componimento  per  voci  sole,  a  più 
parti  reali,  senza  alcun  accompagnamento:  è  pur 
detto  canto  a  coro.  -  Aria,  pezzo  vocale,  cantato  da 
un  solo  e  accompagnato  da  uno  o  più  strumenti. 
Le  varie  forme  d'arie  melodrammatiche  si  distin- 
guono con  le  denominazioni  di  cabaletta,  cavatina, 
rondò,  ecc.  -  Arietta,  aria  viva  e  leggiera.  -  Arioso, 
sorta  di  recitativo  che  mano  mano  va  prendendo 
struttura  metrica  e  si  trasforma  in  aria. 

Cabaletta,  l'ultima  parte  di  un'aria:  può  essere  un 
a  solo  0  anche  accompagnata  da  una  parte  (per- 
sonaggio) episodica,  o  dal  coro.  •  Cantabile,  sost.,  il 
componimento  da  cantarsi.  -  Cantata,  composizione 
da  cantarsi,  specialmente  a  più  voci:  diversissima 
di  indole  e  di  forme.  Cantatina,   dimin.  di  cantata. 

-  Cantilena,  composizioncina  di  genere  popolare,  piut- 
tosto semplice  e  monotona;  anche,  modulazione  della 
voce  monotona  speciale  a  chi  parla,  o  della  sua  lingua.  - 
Birignoccolo,  cantilena  popolare.  -  Muraiolo,  cantilena 
fanciullesca.  -  Canzone,  canto  popolare,  e  anche 
poesia  lirica:  cantata,  canto.-  Canzonetta,  canto 
di  genere  villereccio.  -  Cavatina,  specie  di  aria  {aria 
di  sortita)  che  il  personaggio  cantava  presentandosi 
sulla  scena:  ha  la  forma  dell'aria,  con  cappellette,  o 
cabalette  che  si  voglia  dire.  Cosi  detta,  vuoisi,  per- 
chè si  poteva  toglierla  senza  danno  dall'opera. 

Contrappunto,  accordo  di  canti  diversi  simultanei: 
è  semplice,  figurato  o  fiorito,  legato,  doppio,  ecc. 
Contrappuntista,  il  compositore  di  contrappunto.  - 
Coro,  pezzo  cantato  da  più  voci  e  diverse  nelle 
opere  in  musica  e  nelle  tragedie:  strofetta  musicale 
a  riprese  e  a  ritornello,  comune  nell'operetta.  -  Cou- 
plet^ stanza,  strofa,  parte  d'una  canzone  che  corri- 
sponde all'aria  completa.  -  Diafonia^  contrappunto 
improvvisato.  -  Duetto,  composizione  vocale  e  stru- 
mentale a  due  parti.  Duettino,  dimin.  di  duetto.  - 
Falso  bordone,  canto  che  unisce  le  voci  acute  alle 
gravi.  -  Frottola,  canzone  popolare  comica,  di  ori- 
gine veneziana. 

Inno,  componimento  poetico  cantato  già  dai  pa- 
gani, in  onore  di  qualche  divinità,  poi  in  onore  di 
Dio  e  dei  santi  ;  anche,  canto  patriottico,  canto  na- 
zionale. -  Melodia,  canto  semplice;  dolcezza,  soavità 
d'un'aria.  -  Mesòde  (gr.),  canto  intermedio.  -  Notturno, 
pezzo  a  due  voci  di  carattere  flebile  e  sentimentale. 

-  Omofonia,  canto  di  parecchie  voci  all'  unisono.  - 
Opera,  composizione  teatrale  eseguita  da  un' orche- 
stra  e  da  cantanti:  melodramma. 

Partitura,  complesso  di  parti  unite,  una  sotto  l'al- 
tra, in  una  composizione  a  più  voci,  o  a  più  istru- 
menti.  -  Pout-pourri,  canzone  nella  quale  ogni  cou- 
plet è  su  un'aria  diversa.  -  Preludio,  quel  che  si 
canta  o  si  suona  per  preparare  l'intonazione;  pezzo 
d'introduzione.  -  Quintetto,  componimento  di  canto 
per  cinque  voci  o  strumenti.  -  Recitativo,  specie  par- 
ticolare di  canto  che,  fra  tutte  le  altre,  ha  un  ca- 
rattere che  più  si  avvicina  al  discorso,  mentre  si 
parla  e  si  canta  a  un  tempo.  -  Romanella,  specie  di 
rispetto  simile  al  toscano,  ma  di  quattro  endecasil- 
labi. -  Rocantin,  canzone  composta  di  parecchie  vec- 
chie canzoni.  -  Romanza,  sorta  di  canto  spagnolo 
guerresco  o  d'amore.  -  Rondò:  dicesi  di  canto  formato 
per  lo  più  d'una  prima,  seconda  e  terza  ripresa. 

Seghediglia,  seguediglia,  canzone  spagnuola.  -  Se- 
stetto, pezzo  a  sei  voci  o  concerto  di  sei  pezzi.  - 
Terzetto,  composizione  a  tre  parti  vocali  o  stru- 
mentali: trio.  -  Tirana,  aria  spagnuola  molto  lenta.  • 
Vaudeville,  canzone  che  corre  per  la  città  ;  operetta. 


398 


CANTO 


CANZONE 


composizione  teatrale,  in  prosa  e  in  musica,  reci- 
tata e  cantata.  -  Villanella,  specie  di  canzonetta, 
di  ritmo  facile,  a  ritornello.  -  Villotla,   canzone  a 

!)arecchie  voci,  popolare,  destinata  ad  accompagnare 
a  danza. 

Esecuzione  e  abbellimenti  del  canto. 

Libri,  istituti,  ecc. 

Appoggiatura,  piccola  nota  sulla  quale  si  appog- 
gia la  voce  prima  della  nota  principale.  -  Cadenza, 
abbassamento  o  riposo  della  fine  di  una  frase  o 
senso  musicale  compiuto.  -  Cantilena,  ripetizione 
lenta  e  monotona  d'un  tema  musicale  molto  sem- 
plice. -  Cantabile,  espressione  indicante  il  modo  di 
eseguire  un  dato  componimento  musicale.  -  Con- 
certo, accordo  di  voci  ;  concerto  vocale.  -  Gor- 
ghéggio, passaggio  di  agilità  fatto  dal  cantante: 
gorgheggiamento.  ornamento,  variazione  del  canto; 
rifioritura  ;  titolo.  Gargarismo  (scherz.),  gorgheggio 
di  cattivo  gusto. 

Inflessione,  cambiamento  di  voce  nel  passare  da 
uno  in  altro  tono.  -  Messa  di  voce,  il  passare  la  voce 
su  una  stessa  nota,  e  viceversa.  -  Modulazione,  la 
condotta  e  l'accentuazione  del  suono  nel  canto;  in- 
flessione del  canto,  inflessione  della  voce;  cadenza. 

-  Motivo,  frase  di  canto  che   domina  in    un  pezzo. 

-  Moto,  della  voce,  il  passare  da  una  intonazione  a 
un'altra  più  acuta  o  più  grave.  -  Movimento,  della 
voce,  il  procedere  con  copia  maggiore  o  minore  di 
note. 

Neuma,  ricapitolazione  di  un  canto  alla  fine  dt 
un'antifona,  con  una  specie  di  varietà  di  suoni.  - 
Ombreggiamento  della   voce,  le   gradazioni,  i  risalti. 

-  Passaggio,  il  passare  col  canto  sopra  una  o  più 
note.  -  Pertelési,  cadenza  o  neuma  alla  line  della 
intonazione.  -  Pertichino,  poche  battute  di  canto  in 
un  pezzo.  -  Piano,  esecuzione  a  voce  piana.  -  Por- 
tamento: nella  tecnica  del  canto  consiste  nel  portare 
la  voce  da  una  ad  un'altra  nota  senza  interromperla. 

Refrain,  ciò  che  si  ripete  alla  fine  di  ogni  couplet. 

-  Ricercata,  l'intonare  sotto  voce,  prima  di  inco- 
minciare il  canto.  -  Rifiorita,  ornamento  di  canto  e 
di  suono  fatto  senza  regole  certe.  -  Rosalia,  imme- 
diata ripetizione  d'una  stessa  frase  di  canto,  ascen- 
dente con  la  modulazione  d'un  grado.  -  Scivolo,  ma- 
niera graziosamente  agile  del  canto.  -  Solfeggio, 
gradazione  di  note  nel  canto  e  nel  suono;  muta- 
zione di  voce  per  ascenso  o  discenso  {battuta  del. 
solfeggio;  esercizio,  maestro  di  solfeggio,  ecc.^. 

Tóìio,  intervallo  che  qualifica  il  genere  diatònico: 
tono  dolce,  maggiore,  minore,  naturale,  più  alto,  più 
basso.  -  Gamma,  seguito  naturale  dei  toni.  -  Irillo, 
abbellimento  della  voce  o  del  suono  che  consiste 
in  due  note  contigue,  che  si  succedono  rapide  a  vi- 
cenda :  trillo  calalo,  sforzato,  maggiore,  minore,  va- 
riato; semitrillo,  trillo  breve;  catena  di  trilli,  suc- 
cessione di  trilli  -  Unisono,  accordo  di  più  voci 
del  medesimo  grado.  -  Vocalizzo,  esercizio  del  vo- 
calizzare, esercizio  vocale,  solfeggio;  esecuzione  di 
una  serie  di  modulazioni  musicali  senza  parole  e 
su  una  sola  vocale  (o  o  e). 

Libri,  istituti,  ecc  —  Antifonario,  libro,  già 
ornato  con  miniature,  delle  antifone  o  dell'uffizio 
con  le  note  del  canto  fermo;  raccolta  dei  canti  della 
chiesa  cristiana,  dovuta,  vuoisi,  a  Gregorio  Magno. 

-  Cantorino,  libro  contenente  le  regole  del  canto 
fermo;  libro  per  uso  del  coro  con  le  messe,  i  ve- 
spri e  simili,  del  canto  ecclesiastico.  -  Innario,  libro 


contenente  gli  inni.  -  Libri  corali,  libri,  general- 
mente in  cartapecora,  nei  quali  sono  scritti  gli  uffizi 
divini  con  le  note  musicali  di  canto  fermo.  Sono 
molto  grandi,  e  si  pongono  sui  leggìi  del  coro.  - 
Responsor  iole,  libro  di  canto  fermo,  che  contiene 
le  antifone  e  i  responsorì. 

Leggio,  strumento  di  legno  sul  quale  si  pone, 
perchè  rimanga  sollevato,  il  libro  per  modo  che 
l'occhio  vi  scorra  più  agevolmente  leggendo,  can- 
tando, ecc.  -  Fonografo,  apparecchio  che  registra 
e  riproduce  un  canto,  un  pezzo  di  musica,  ogni  suono. 

-  Grammofono,  sorta  di  fonografo. 

Accademia,  nome  di  qualche  istituto  nel  quale  si 
insegna  il  canto,  la  musica.  -  Conservatorio,  scuola 
pubblica  di  canto.  -  Orphéon,  istituto  nel  quale  si 
insegna  il  canto. 

Canto.  Voce  modulata  dagli  uccelli  {canarino^ 
cardellino,  usignuolo,  ecc.)  e  da  altri  animali. 

-  Ciascuna  delle  parti  in  cui  si  divide  nn  poema. 
Canto.  Curvatura,  o  angolo,  che  fanno  due  lati 

0  due  linee  che  si  incontrano:  cantonata,  benda, 
lato.  -  Biscanto,  canto  tagliato,  finché  venga  a  for- 
mare un  doppio  angolo.  -  Labbro,  orlo  o  canto  ar- 
rotondato di  checchessia.  -  Spigolo,  canto  vivo  di 
corpi  solidi.  -  Scantonare,  levare  i  canti  a  chec- 
cessia,  smussare. 

Cantonata.  Angolo  esteriore  di  una  casa,  di 
un  edificio,  e  si  dice,  per  lo  più,  quello  che  fa 
una  via  incrociandosi  con  un'altra,  quando  l'an- 
golo cosi  formato  è  retto  o  acuto  :  canto,  capo  di 
strada,  svolto  del  canto;  rivolta,  rivolto,  risvolta.  - 
Gomito  si  dice  propriamente  quando  l'angolo  è  ot- 
tuso; biscanto  o  canto  vivo,  se  l'angolo  è  tagliato. - 
Figur.,  si  dice  cantonata  per  errore,  sbaglio. 

Cantone.  Angolo  interno  o  esterno  di  una  ca- 
mera, di  una  stanza:  angoletto,  cantoncello, 
cantoncino,  cantuccio.  -  Luogo  riposto  e  nascosto. 

-  Pezzo  rettangolare  di  smalto  per  uso  di  murare. 

-  In  qualche  paese  (Svizzera,  Francia),  determina- 
zione geografica  per  indicare  una  parte  di  territorio. 

Cantoniera.  Sorta  di  armadio  di  forma 
triangolare,  adatto  agli  angoli  d'una  stanza. 

Cantonière.  Chi  sta  a  guardia  d'un  tratto  di 
strada  maestra  o  di  ferrovia:  casellante,  casot 
taio,  guardavia,  stradino.  -  Capo  dei  cantonieri,  ispet- 
toie  stradale,  sopraintendente  sulla  strada,  viario. 

Cantóra.  La  monaca  che  ha  l'ufficio  di  can- 
tare in  coro. 

Cantóre  (cantorato).  Veggasi  a  cantante  e 
a  poeta. 

Cantorìa.  Luogo  elevato,  in  una  chiesa,  nel 
quale  stanno  i  cantanti  e  i  suonatori. 

Cantorino.  Libretto  a  mano  per  uso  del  coro. 

Cantuccio.  Angolo  interno  in  una  stanza.  - 
Anche,  luogo  solitario,  appartato. 

Cantuccio.  Sorta  di  biscotto,  specialità  del  pa- 
sticciere toscano. 

Canutezza.  L'es«:ere  canuto. 

Conutlg-lia.  Strisciolina  d'  oro  o  d' argento 
alquanto  attorcigliata,  usata  per  ricatno:  cannu- 
tiglia. 

Canzonare^  canzonatura  (canzonatorio).  Met- 
tere in  canzone,  in  canzonella,  beffare,  prendere  a 
befla,  a  sbiffe,  a  burla,  a  scherno,  a  scherzo; 
barzellettare,  scherzare. 

Catizonatòrio.  Derisorio,  fatto  per  prendere  a 
beffa,  a  burla. 

Canzonatura.  Atto  ed  effetto  del  canzonare, 
del  prendere  a  burla,  a  scherno,  a  scherzo. 

Canzóne  (canzona).    Sorta   di  poesia    lirica. 


CANZONE    —    CAPARBIEIUA 


399 


composta  di  diverse  stanze,  in  versi  (per  lo  più 
endecasillabi  e  settenari;  veggasi  a  verso)  e  in 
riniay  disposti  nello  stesso  ordine.  Quando  questo 
è  libero,  dicesi  selva.  -  Canzone  anacreontica,  com- 
ponimento poetico  ad  imitazione  delle  odi  di  Ana- 
creonte.  -  Canzone  libera,  o  sciolta,  a  strofe  non  le- 
gate regolarmente.  -  Canzonetta,  canzone  composta 
di  versi  brevi  e  di  origine  antichissima 

Antistrofe,  una  delle  parti  in  cui  si  divide  la 
canzone  o  altra  poesia  -  Commiato,  chiusa  di  can- 
zone, apòstrofe  della  canzone':  licenza.  -  Ritornèllo, 
sorta  di  ripetizione:  verso  o  strofa  intercalare.  - 
Ritomo,  il  ripetersi  dei  medesimi  versi  e  delle  me- 
desime rime  cor  un  dati  ordine.  -  Strofa  o  strofe, 
la  stanza  della  canzone.  -  lornata,  l'ultima  strofa 
della  canzone. 

Canzoniere,  raccolta  di  poesie  liriche;  raccolta  di 
canzoni  d'  uno  stesso  autore  e  il  libro  che  le  con- 
tiene. -  Lino,  figlio  d'Apollo  e  di  Tersicore  e  fra- 
tello d'Orfeo  :  inventò  i  versi  e  le  canzoni  liriche; 
insegnò  musica  ad  Ercole. 

Canzóne.  Poesia  messa  in  musica  per  canto.  - 
Canto  popolare,  con  ritornello  o  senza.  Aria,  a- 
rietta,  ariettina,  cantata;  suono,  verso.  Si  hanno 
canzoni  popolari,  nazionali,  militari,  eroiche,  da.  ballo, 
ecc.  -  Canzoncina,  dimin.  di  canzone.  ■  Canzonac- 
cia,  canzone  triviale.  -  Canzonettista,  cantante  di  can- 
zoni nei  caffè  concerto.-  Canzonista,  autore  di  canzoni. 

.4  rt>t/«,  canzonetta  per  musica.  ■  Ba//ato,  canzone 
che  gli  antichi  accompagnavano  col  ballo.  -  Barca- 
rola, canzone  modulata  dai  pescatori  in  barca,  spe- 
cialmente dai  gondolieri  veneziani;  musica  imitante 
le  canzoni  dei  gondolieri.  -  Bombabd  e  Bombababd, 
canzone  popolare  che  si  cantava  un  tempo  in  Fi- 
renze dalla  turba  dei  bevitori  del  volgo  -  Brunette, 
canzone  facile,  melodiosa,  molto  in  voga  nel  secolo 
XVII,  sostituita  poi  dalla  romanza.  -  Bucoliasmo, 
canzone  dei  pastori  greci. 

Cabaletta,  canti  carnascialeschi,  canti  popolari,  can- 
tilena, veggasi  a  canto.  -  Canzone  di  Rolando,  una 
delle  celebri  canzoni  di  gesta.  -  Canzonetta,  canto 
di  genere  villereccio,  detto  anche  villanella:  canzone 
scherzosa  e  leggiera:  arietta,  canzonina,  canzonuccia; 
cobbola,  gobbola.  -  Frottola,  canzone  di  vario  me- 
tro e  leggera.  -  Girometta,  vecchia  canzone  in  lode 
di  tutte  le  parti  del  vestire  di  una  donna.  -  Ilaro- 
dia,  canzone  gaia.  -  Pastorella,  nella  letteratura  pro- 
venzale, canzone  dialogo.  -  Salmo,  canzone  sacra.  - 
Siciliana,  canzonetta  melanconica,  originaria  di  Si- 
cilia. -  Sirventese,  canzone  eroica  provenzale,  dei 
trovatori,  entrata  nella  metrica  nostra  del  Trecento. 
-  Villanella,  specie  di  canzonetta  contadinesca.  - 
Villotta,  canzone  popolare  per  danza. 

Rondò,  sviluppo  variato  della  canzone:  consta 
di  un  periodo  principale  e  di  due  o  più  episodi  in 
una  tonalità  diversa  dalla  prima  e  d'impianto  del 
pezzo. 

Canzonella.  Beffa,  burla. 

Canzoniere.  Detto  a  canzone  (primo  articolo). 

Canzonista.  Veggasi  a  canzone  (secondo  ar- 
ticolo). 

Caolino.  Terra  argillosa,  base  deUsi  porcellana. 

Càos  (caòtico).  Stato  di  confusione  e  di  di- 
.sordine  di  tutti  gli  elementi,  prima  che  fosse 
Ibrmato  il  mondo:  cào,  caosse.  -  Caòtico,  del  caos, 
informe. 

Capaccina.  Gravezza  di  testa. 

Capaccio.  Uomo  malvagio  e  ostinato  nel  mal- 
J:ire. 

Capace.  Aggettivo  di  vario  significato,  indicando: 


am  .io,  largo,  atto  a  contenere  molte  cose.  An- 
che, ahile^  esperto,  valente;  oppure,  acconcio,  che 
può  adattarsi,  fa  al  caso,  o  di  chi  può  osare. 
Dicesi  pure  di  persona  che  si  senta  atta  a  fare  una 
cosi.  ossia  vi  abbia  attitudine,  disposizione, 
ido  leità:  in  quest'  ultimo  significato,  essere  ca- 
p;ue  equivale  ad  essere  in  grado,  essere  in  caso, 
al  caso;  essere  da  tanto,  sapere,  sentirsi;  bastar 
r  animo,  bastare  il  cuore,  bastar  la  vista  ;  scherzi, 
essere  cece,  muso,  tomo,  stummia  da  tare,  dire  una 
cosa,  ecc. 

Capacità.  L' essere  capace.  -  Attitudine  a 
contenere.  -  Estensione,  dimensione.  -Idoneità, 
altilità. 

Capacitare,  capacitarsi  (capacitato).  Veg- 
gasi a  persuadere,  persuadersi.  -  Contrario, 
incapace. 

Capanna.  Stanza  rusticale  costruita  con  rami 
d' albero,  foglie,  canne,  legno,  terra,  ecc.,  coperta 
con  materiali  comuni  e  leggieri,  per  lo  più  di 
canne  o  di  assicelle.  Talora,  casipola,  casupola  non 
solo  di  frasche  o  di  paglia,  ma  di  legno  o  di  altra 
materia,  purché  rustica  e  senza  divisione  di  stanze; 
a  volte,  anche  stanza  di  muratura  dove  i  contadini 
ripongono  gli  strami.  -  Capannaccia  (spreg.),  ca- 
panna mal  fatta,  sporca,  o  in  cattivo  stato  -  Ca- 
pannella,  capannetta,  dimin.  di  capanna.  -  Capan- 
niìia,  dimin.  e  vezzegg.  -  Capannone,  (accresc),  gran- 
de capanna,  fatta  anche  per  ricoverarvi  le  bestie, 
per  riporvi  fieno,  legnami  e  simili;  stanzone  che 
serve  alle  stalle  di  città.  Grande  fienije,  massime 
quello  presso  o  dentro  le  fattorie.  -  Capannuccia, 
clim.,  dispregiat.  di  capanna;  anche,  quella  che  si  fa 
nelle  case  o  nelle  chiese  per  Natale.  -  Capannuola, 
dimin.  non  troppo  comune, 

Baita,  capanna  costruita  sull'Alpe  con  grosse  e  rozze 
pietre,  formanti  un  muro  a  secco,  e  coperta  di  la- 
stre d'  ardesia.  -  Baracca,  propriamente,  capanna 
di  frasche  o  d'altro,  di  poca  stabilità;  per  analogia, 
complicanza  di  fatti  della  quale  si  prevede  un  fine 
sinistro:  trabacca 

Capanno,  costruzione  più  piccola  della  capanna, 
fatta  generalmente  di  frasche  :  non  serve  d'  abita- 
zione, ma  per  istarvi  nascosti  i  cacciatori  nei  pare- 
tai e  simili  (veggasi  a  caccia),  o  i  contadini  a 
guardia  dell'  uva,  dei  cocomeri,  ecc.  -  Capannaccio 
(dispreg.),  capanno  mal  tatto,  sporco,  o  in  cattivo 
stato.  -  Capannello,  capannello,  dimin.  di  capanno; 
ma  capannello  significa  anche  capanno  piccolo,  ben 
fatto.  -  Capannino,  dimin.  non  molto  comune.  - 
Capannótto,  dimin.  di  capanno,  ma  non  sempre  a 
uso  di  caccia.  -  Lapannnccio,  dimin.  dispreg.:  ca- 
panno piccolo  e  meschino.  -  Cottage,  capanna,  vil- 
letta rustica  ad  arte.  -  Infrascato,  capanna  di  fra- 
sche, frasconaia.  -  Pinella,  in  dialetto  sardo,  ca- 
panna 0  casupola.  -  Rapazzola,  specie  di  giaciglio 
(due  pali  e  una  balla  di  foglie),  letto  dei  marem- 
mani a  capanna.  -  Recuba,  in  arabo,  capanna  qua- 
drata, aperta  da  un  lato,  fatta  di  paglia.  -  Tucul, 
0  tuhul,  capanna  rotonda,  col  tetto  conico,  in  uso 
in  alcune  regioni  d'Africa. 

Biodo  e  biodolo,  il  giunco  fiorito,  pianta  palustre, 
di  stelo  rotondo,  grossetto  :  serve  a  tessere  stuoie  e 
a  far  capanne. 

Capannello.  Riunione,  crocchio  di  persone 
che  stanno  a  discorrere  insieme. 

Capannìscòndere.  Detto  a  giuochi  (infantili). 

Capanno.  Veggasi  a  baracca,  a  capanna,  e 
pergola. 

Caparbieria.  Qualità  di  caparbio,  di  ostinato. 


400 


CAPARBIETÀ,   —   CAPELLI 


Caparbietà.  L' essere  caparbio,  ostinato  :  osti- 
natezza, cornaggine,  ' 

Capàrbio.  Testardo,  ostinato:  testa  secca. 

Caparra.  Pegno  in  denaro,  per  guarentigia  di 
futuro  contratto:  arra,  arrabone,  gaggio  (frane), 
deposito,  presta. 

Caparrare  {capar r amento,  caparrato).  Stabi- 
lire un  contratto,  dando  o  ricevendo  caparra: 
accaparrare,  inarrare. 

Capata,  capatina.  Urto  col  capo,  con  la  te- 
sta. 

Capécchio.  Materia  che  si  separa  dal  lino  e 
dalla  canapa:  capecchiaccio,  lisca. 

Capellame.  Detto  a  capelli. 

Capellatura.  Veggasi  a  capelli. 

Capelli,  capello  (capellame,  capellatura,  ca- 
pelluto). I  peli  che  nascono  sul  capo  dell'  uomo  e 
della  donna  (quelli  del  capo  dei  mori  si  dicono 
piuttosto  lana)  :  capeeli,  capei,  capè  ;  crine,  onor 
della  fronte,  pel  del  capo.  -  Capellacci,  capelli 
brutti,  arruffati.  -  Capelletto,  dimin.  di  capello:  ca- 
peliuzzo.  -  Capelli  finti,  la  parrucca.  -  Capelli  morti, 
1  capelli  finti.  -  Crinale,  che  appartiene  al  crine, 
che  adorna  i  crini,  i  capelli. 

Bulbo,  la  radice  del  capello,  -  Cuoio  capelluto,]^ 
cute  della  testa  ricoperta  di  peli.  -  Follicolo,  cavità 
della  cute,  conformata  a  saccoccia,  nella  quale  è 
impiantata  la  radice  del  capello.  -  Stelo,  filamento 
corneo  contenente  il  pigmento,  cioè  la  sostanza  che 
dà  al  capello  il  colore.  -  Roccia,  sudiciume  dei  ca- 
pelli. 

Capigliatura  in  generale  -  Forme  parziali. 

Capigliatura,  tutt'  insieme  i  capelli  d' una  per- 
sona; anche,  la  qualità  di  essi  e  il  modo  di  tenerli: 
capigliaia,  capigliara,  capigliera;  capellamento,  ca- 
pellatura, capelliera  ;  cesarie  (solo  dei  capelli  del- 
l'uomo), chioma,  chiome;  crine,  crini,  criniera;  cu- 
ticagna; pelame;  zazzera,  zazzerino,  zazzerone.  - 
Capellamento,  il  complesso  dei  capelli.  -  Capelliera, 
indica  la  foltezza  dei  capelli;  capigliatura  la  qua- 
lità della  capelliera  (i  capelli  tosati  non  fanno  ca- 
pelliera, ma,  cosi  mozzi,  sono  sempre  una  capiglia- 
tura più  0  meno  gentile).  -  Capellieraccia,  capi- 
gliara e  capigliaia  e  capellaia,  il  complesso  dei  ca- 
pelli, ma  lunghi  e  scompigliati.  -  Capillamentum, 
capigliatura  lunga  e  folta  da  sembrare  una  par- 
rucca. -  Capillizio,  la  parte  del  capo  coperta  di 
capelli. 

Cerfugliaia,  voce  scherzevole  notata  dal  Bronzino 
per  capigliatura  folta  e  scompigliata.  -  Cernecchi, 
capelli  in  genere.  -  Chioma,  tutti  insieme  i  capelli 
del  capo,  lunghi  e  folti:  ciuffo,  vello.  -  Crme  (voce, 
per  lo  più,  dello  stile  oratorio  e  poetico):  può  de- 
notare un  solo  capello  e  tutti;  crini,  pochi  e 
tutti  insieme.  -  Cuticagìia,  la  pelle  di  tutto  il  capo 
coperta  di  capelli;  anche,  chioma  o  ciocca  che  è 
nella  collottola  o  nuca.  -  Ricciaia,  capigliatura  riccia. 
-  Tempia,  i  capelli  corrispondenti.  -  lolume  di 
capelli,  massa;  capelli  abbondanti. 

Forme  parziali.  —  Antiae,  i  ricci  che  scendono 
giù  dalle  tempie  e  contornano  ta  faccia.  -  Bosca- 
glia, di  capelli  arruffati.  -  Capronae,  ciocche  di 
capelli  che  dalla  cima  della  testa  scendono  sulla 
fronte.  -  Cascale,  sorta  di  ricci  a  guisa  di  cava- 
tappi, cioè  a  spire  lunghe,  pendenti  da  ambo  i  lati 
della  faccia.  -  Cerfuglio,  una  parte,  una  ciocca  di 
capelli  lunghi  e  disordinati  (per  similitudine  delle 
foglie  dell'  erba  di  questo  nome).  •  Cernecchio.  flac' 


cagota,  ciocca  di  capelli  disordinati,  pendente  dalle 
tempie  all'  orecchio  e  giù  per  la  gota.  -  Cerro,  cirro, 
ciocca  di  capelli,  ma  non  bella,  scomposta  ed  ar- 
ruffata. -  Cincinno,  anello  di  capelli. 

Ciocca,  parte  minima  della  capigliatura,  piccola 
quantità  ai  capelli  separata  dagli  altri;  mucchietto, 
fascetto  di  capelli  :  bioccolo,  chiocca,  ciuffetto,  vi- 
luppo; cerfoglio,  cerfuglio,  cerfuglione  (ciocche  di 
capelli  che  scendono  con  dolce  voluta  sulla  fronte, 
con  dolce  ripiegamento  in  giro,  ecc.)  -  Cirrus,  cioc- 
ca di  capelli  naturalmente  ricciuta.  -  Ciuffetto:  si 
dice  dei  capelli  che  soprastanno  alla  fronte,  e  che 
sono  più  lunghi  degli  altri.  -  Ciuffo,  quel  mucchio 
di  capelli  che  sul  davanti  del  capo  risaltano  sopra 
gli  altri:  ciuffettino,  ciuffino,  ciutfaccio,  ciuffone.  - 
Ciuffolo,  ciocca  di  capelli  ravviluppati  e  intrecciati. 

-  Crespa,  grinza.  -  Cricchio,  capello  crespo.  -  Ric- 
cio^ ricciolo,  ciocchetta  di  capelli  inanellata,  cioè 
ripiegata  in  cerchio  su  di  sé,  come  una  campa- 
nella, un  anello:  cincinno,  cmdnnolo.  Riccietto,  rir. 
ciolino,  ricciolone.  -  Ritrosa,  gruppetto  di  capelli 
ravvolti  quasi  in  sé  stessi,  e  che  non  seguono  la 
piega  degli  altri  ;  e  cosi  dei  peli  della  barba.  -  Ster- 
pacclno  (figur.),  di  capelli  arruffati. 

Condizioni  k  disposizione  naturale  dei  capelli 
Colore. 

I  capelli  spuntano,  crescono,  si  sviluppano,  diven- 
tano lunghi;  cadono,  a  chi  li  perde;  anche  ca- 
dono, cascano,  ricascano  sulle  spalle  a  chi  li  porta 
lunghi  e  sciolti;  tagliati,  riméttono,  tornano  ad  al- 
lungarsi, e  spesso  raffittiscono,  diventano  più  folti, 
nei  giovani.  -  Arricciolarsi,  diventare  ricciuti.  -  Av- 
viluppare, disordinarsi,  non  tanto  di  capello  con 
capello,  quanto  di  ciocca  con  ciocca,  d'  una  parte 
con  r  altra  della  capelliera:  il  disordine  è  più 
esterno  che  interno,  più  visibile.  I  capelli  avvi- 
luppati possono  non  essere  intricati,  né  incatric- 
chiati;  può  anche  la  mano  riordinarli  alla  meglio. 

-  Fune  di  capelli,  quando  due  ciocche  si  attorci- 
gliano insieme.  -  Incatricchiarsi,  accatncchiarsi,  av- 
vilupparsi, quasi  annodarsi.  -  Rinchiomarsi,  rimetter 
la  chioma,  il  rifarsi  della  chioma.  -  Ingraticciare,  ìnirì- 
carsi  dei  capelli,  quando  non  pettinati  da  un  pezzo.  - 
Orripilazione,  raddrizzamento  dei  capelli,  per  effetto 
di  terrore,  di  orrore.  -  Piovere,  spiovere,  ricadere 
sul  collo,  sulle  spalle:  di  capelli  lunghi   e   distesi. 

-  Svolazzare,  di  capelli  abbandonati  e  lunghi,  mossi 
dal  vento. 

Capelli  allucignolati,  quando,  essendo  lasciati  cre- 
scere e  non  pettinati,  si  avvolgono  a  guisa  di 
lucignoli;  arruffati,  scomposti,  in  disordine  (per  si- 
milit.,  ruffoili);  come  capecchio,  che  paiono  di  ca- 
pecchio, grossi  e  arruffati;  come  la  seta,  morbidi: 
crespi,  non  distesi,  ma  aggrinziti  e  inanellati  per 
natura  o  per  arte;  rigottati,  rugottati  (crespezza, 
Y  esser  crespo;  crespamento,  1'  essere  o  farsi  crespo); 
da  profeta,  lunghi  ;  disacconci,  dimessi,  dismessi, 
scomposti,  disordinati,  mancanti  della  consueta  pet- 
tinatura ed  acconciatura,  abbandonati  a  sé  stessi; 
docili,  che  si  arrendono  facilmente  al  pettine;  duri, 
steccohiti,  contrario  di  morbidi  (duri  come  spazzole, 
come  sétole);  folli,  fitti,  spessi,  in  quantità;  forti, 
che,  à  tirarli,  non  si  strappano  ;  incolli,  trascurati, 
non  pettinati;  ingraticciati,  non  pettinati  da  un 
pezzo;  intignati,  molto  radi;  intrigali,  intricati,  in- 
viluppati, avviluppati  insieme;  capelli  che  si  acca- 
valciano tra  loro,  si  aggrovigliano,  si  incrocicchiano 


CAPELLI 


hOì 


si  confondono,  sicché  il  pettine  fatica  a  stricarli  ; 
irti,  irsuti,  ispidi,  ritrosi,  incolti,  ritti  come  spine 
0  stecchi  e  difficili  a  pettinare,  a  vagliare  {irsuzie, 
ispidezza,  l'essere  irsuto,  ecc.),  lanosi,  lanuti,  che 
sembrano  lana;  lisci,  non  cresputi;  morbidi,  fini, 
piacevoli  ai  tatto  ;  radi,  scaisi,  pochi  {radatura; 
radezza,  la  pochezza  dei  capelli)  ;  rari,  pochissimi; 
ritti,  eretti  sulla  fronte;  ruvidi,  duri  e  spiacevoli  al 
tatto  (ruvidi  come  lische);  scendenti  sulle  spalle, 
lunghi  fino  a  toccare  le  spalle:  spioventi,  sciolti, 
non  legati,  non  intrecciati  (specialmente  delle  donne). 

Colore  dei  capelli.  -  Loro  condizioni  e  disposizione 
naturale. 

Colore.  —  Bianco,  il  cappello  in  istato  di  canizie 
(veggasi  più  innanzi).  -  Biondo,  il  cappello  di  co- 
lor giallo  tendente  al  castagno  chiaro  {biondezza, 
l'essere  biondo;  Mondare,  imbiondare,  rimbiondare, 
far  diventar  biondo;  rimbiondire,  tar  tornare  o  tor- 
nar biondi),  filo  d'oro,  i  cappelli  biondi.  -  Brizzo- 
lato, il  capello  grigio.  -  Bruno,  di  colore  pendente 
al  nero;  tra  il  nero  e  il  rosso.  -  Castagno,  di  co- 
lore simile  a  quello  della  scorza  della  castagna:  ca- 
pello castagnino,  castagnolo.  Castagno  chiaro,  tra  il 
castagno  e  il  biondo.  Castagno  bruno,  tra  il  castagno 
e  il  nero. 

Grigio,  quando  al  colore  naturale  si  uniscono 
peli  bianchi:  brinato,  brizzolato,  mezzocanuto,  se- 
micanuto; stornello.  -  Nero,  di  colore  opposto  al 
bianco:  oscuro,  cupo,  morato.  Capelli  d'ebano,  ca- 
pelli neri  come  un  corvo,  nerissimi  {annerire,  tingere 
1  capelli  di  nero).  -  Pennecchi,  ì  cappelli  che  per  il 
colore  e  per  la  ispidezza  hanno  somiglianza  con  la 
canapa  da  filare.  -  Bosso,  il  capello  di  colore  si- 
mile a  quello  del  sangue  o  della  porpora.  Rossiccio, 
alquanto  rosso.  Rossigno,  tendente  al  rosso,  rossa- 
stro. -  Tizianesco,  dicesi  specialmente  dei  capelli  di 
donna  per  indicare  un  bel  colore  aureo  e  fulvo,  quale 
è  frequente  n-^.i  quadri  del  Tiziano 

Canizie,  calvizie.  -  Malattie  dei  capelli,  ecc. 

Canizie:  i  capelli  bianchi  per  vecchiaia  o,  talvolta, 
per  causa  accidentale:  canutaggine,  canutezza;  figur., 
neve.  -  Brina,  figur.,  la  prima  canizie.  -  Canutiglia, 
scherz.,  la  canizie.  -  Capelli  bianchi,  bianchi  come 
l'argento,  canuti,  fioccosi,  inargentati. 

Bianco,  chi  ha  i  capelli  bianchi,  chi  è  canuto: 
bianco  per  antico  pelo;  nevoso.  -  Brinato,  mezzo 
canuto,  alquanto  canuto.  -  Canapino  (scherz.),  chi 
ha  i  capelli  bianchi.  -  Canapone,  canapimccio,  chi 
ha  molti  capelli  e  gran  barba  bianchi.  -  Chiominevoso, 
che  ha  capelli  bianchissimi.  -  Imbiancato,  di  chi 
ha  capelli  bianchi. 

Biancheggiare,  esser  canuto.  -  Imbiancare,  imbian- 
carsi, di  persona,  fare  i  capelli  bianchi:  imbian- 
chire, coprirsi  di  neve,  incanutire.  -  Nevicare  alla 
montagna  (figur.  e  scherz.),  l'imbiancare  dei  capelli. 

Calvizie,  mancanza  di  capelli,  calvezza,  capo 
raso;  piazza,  radatura,  radura,  spiazzata.  Scherz., 
diboscamento  craniale.  -  Pelatura,  il  pelare  o  l'essere 
pelato;  atto  o  stato.  -  Piazza  pulita,  di  testa  com- 
pletamente calva.  Scherz.,  palla  da  biliardo. 

Calvo,  chi  non  ha  capelli  sulla  vòlta  del  cranio; 
chi  ha  perduto  i  capelli,  chi  ne  è  privo;  arrapato, 
pelato,  spelacchiato.  Scherz.,  calvinista,  zucca  pelata. 
-  Pulito  come  la  palma  della  mano:  di  capo  senza 
capelli.  -  Intignato:   si  dice   di  persona  che  abbia 


radi  0  cominci  a  perdere  i  capelli  o  la  barba.  - 
Monnone,  uomo  calvo  e  pelato,  a  guisa  di  monna, 
cioè  scimmia.  -  lesta  monda,  senza  capelli  o  perché 
tosati  aflatto,  o  perché  perduti.  -  Spelacchiata,  donna 
con  pochi  capelli.  -  Zuccone,  chi  ha  la  zucca  sco- 
perta, cioè  il  capo  senza  capelli. 

Calvare,  rendere,  far  calvo:  decalvare,  dicalvare. 
•Divenir  calvo,  calvare,  incalvare,  incalvire,  incal- 
virsi;  scherz.,  incalvinire.  -  Aver  giocato  al  pelac- 
chili, detto  per  beffa  a  ciii  sia  pelato  o  calvo.  - 
Aver  la  cherica,  aver  fatto  un  po'  di  cherica,  della 
persona  alla  quale  comincia  a  pelarsi  il  cocuzzolo. 

-  Mettere  in  piazza,  scherz.,  di  chi  ò  calvo.  -  Spiaz- 
zare, far  piazza  sulla  testa;  diradare,  perdere  i  ca- 
pelli. -  Fintino,  tessuto  di  capelli  posticci  per  na- 
scondere la  calvizie. 

Malattie.  — ^  Alopecia,  alopezia,  infermità  che 
fa  cadere  i  capelli  ;  calvizie  congenita  o  acquisita 
per  vecchiaia  o  per  debolezza  nervosa,  come  nella 
forma  areata  che  si  manifesta  in  zone  rotonde  : 
volgarm.,  pelatina,  pelaruola.  -  Anafalacrosi,  torma 
topografica  di  alopecia,  in  cui  la  caduta  dei  ca- 
pelli ha  luogo  dalla  fronte  al  vertice.  -  Aporréa, 
flusso  e  profluvio  di  qualunque  umore  e,  arbitra- 
riamente, caduta  di  capelli.  -  Area  Gelsi,  malattia 
del  cuoio  capelluto  caratterizzata  da  chiazze  nude 
di  capelli.  -  Atrtchia,  mancanza  o  perdita  di  ca- 
pelli. -  Atricomia,  caduta  dei  capelli. 

Cacotrichia,  natura  morbosa  dei  capelli.  -  Fórfora, 
le  piccole  scaglie  bianche  che  si  staccano  dal  cuoio 
capelluto  e  cadono  in  forma  di  pulviscolo.  -  Lendini, 
ova  lunghe,  bianche  del  pidocchio,  che  riman- 
gono agglutinate  ai  capelli.  -  Ofiasi,  alopecia  nella 
quale  i  capelli  e  i  peli  cadono  per  tratti  estesi,  la- 
sciando una  superficie  squamosa.  -  Pitiriasi,  malat- 
tia per  effetto  della  quale  la  testa  si  copre  di  scaglie 
forforacee.  -  Porrigine,  malattia  contagiosa,  specie 
di  tigna. 

Tigna,  malattia  parassitaria  dei  peli  (veggasi  a 
pelo)  e  che  intacca  anche  la  pelle  {tignoso,  affetto  da 
tigna;  intignosire,  far    divenire  e    divenir  tignoso). 

-  Trichiasi,  malattia  dei  capelli  e  delle  palpebre.  - 
Volpe,  malattia  che  fa  cadere  i  capelli.  -  Xerasia, 
malattia  dei  capelli  e  delle  ciglia,  che  impedisce 
loro  di  crescere,  rendendoli  simili  ad  una  peluria 
coperta  di  polvere. 

Figure  di  persone  secondo  i  capelli. 

Acersecomes,  nell'antica  Roma,  giovane  dai  capelli 
lunghi.  -  Acrócomo,  chi  ha  capelli  sul  cocuzzolo 
della  testa.  -  Albino,  uomo  che  ha  i  capelli  bianchi 
e  la  pelle,  gli  occhi  rossi,  e  di  giorno   vede   poco 

-  Arruffato,  di  chi  ha  i  capelli  in  disordine.  -  Bion- 
do, biondetto,  biondino,  biondina,  biondone,  biondona, 
di  persona  con  i  capelli  biondi.  -  Bruno,  persona 
dai  capelli  bruni. 

Capellato,  capelluto,  capillato,  che  ha  molti  ca- 
pelli: chiomato,  cornato,  orinato,  zazzerato,  zazze- 
ruto. -  Capo  strigliato,  pettinato,  in  senso  beffardo. 

-  Cernecchione,  uomo,  donna,  ragazzo  o  bambina  con 
cernecchi.  -  Ceruleicrinito,  che  ha  crine   ceruleo.  - 

-  Chiomato,  crinito,  che  ha  chioma,  crine  abbon- 
dante (lai.,  comatus).  -  Ciuffettino,  ciuf  fino, 
ciuffaccio,  ciuffone,  ciuffonacgio,  di  chi  porta  gros- 
so ciuffo,  e  i  capelli  lunghi  e  arruffati.  -  Cre- 
sposo, cresputo,  chi  ha  capelli  crespi.  -  Crinuto,  ca- 
pelluto, chiomato,  avente  capelli  irti,  ruvidi,  forti 


Premoli  —  Vocabolario  Nomenclatore 


26 


402 


CAPELLI 


come  crini  e  in  abbondanza.  -  Crisòcorno,  chi  ha 
capelli  color  d'oro. 

Fioricrinito,  che  ha  i  crini  cinti  o  intrecciati  di 
fiori.  -  Intonsus,  presso  i  Greci  e  i  Romani,  non 
tosato  :  il  che  implica  giovinezza,  giacché  i  Greci  e 
i  Romani  tagliavano  i  loro  capelli  nel  giungere  alla 
pubertà.  -  Lofocomi  (gr.),  uomini  che  hanno  i  ca- 
pelli a  ciuffi,  -  Orichiomato,  oricrinito,  chiomadoro, 
chiomidorato,  auricome,  chi  ha  capelli  o  crini  del 
color  dell'oro.  -  Parruccone,  zazzerone.  -  Pennec- 
chiona,  donna  scarmigliata  per  abitudine  e  trascu- 
rata nell'acconciatura  del  capo.  -  Prosérpina,  di 
donna  scaruffata.  -  liaperino,  lo  dice  il  popolo  per 
vezzo  a  chi  si  è  rapato  o  tosato  i  capelli,  o  cosi  li 
li  porta  abitualmente.  -  Raperonzolo,  di  testa  to- 
sata (scherz.). 

Ravviatino,  ravversatino  (meno  comune),  chi  porta 
i  capelli  bene  ordinati.  -  Ricciolone,  ricciolona,  di 
persona  ricciuta,  riccioluta,  con  molti  riccioli.  - 
Ricciuto,  lo  stesso  che  riccioluto,  ma  più  gentile: 
ricciutello,  ricciutino,  ricciotto  {ricciuiezza,  l'essere 
ricciuto).  -  Ritinto,  di  chi  cerca  nascondere  l'età 
con  le  arti  della  toeletta,  -  Rossaccio  (spreg.),  persona 
coi  capelli  rossi.  -  Rossino  (quasi  vezzegg.),  di  per- 
sona coi  capelli  rossi. 

Scarmigliato,  chi  ha  i  capelli  in  disordine,  non 
pettinati  (scarmigliatura,  l'atto  e  l'effetto  dello  scar- 
migliare). -  Sgrendinato  o  sgrandinato,  arruffato, 
non  pettinato,  scarmigliato.  -  Spelacchiato,  di  chi 
ha  i  capelli  radi.  -  Stempiato,  senza  capelli  sulle 
tempia.  -  Testa  tonda  come  una  rapa,  tosata  fino 
alla  cotenna.  -  Tintoretto,  allusione  a  persona  che 
suole  tingersi  nel  volto  e  ne'  capelli.  -  Tosone,  chi 
ha  0  porta  i  capelli  tosati.  -  Zazzerone,  chi  porta 
una  gran  zazzera.  -  Zazzeruto,  chi  ha,  porta  la  zaz- 
zera. -  Zuccone,  veggasi  più  sopra,  a  calvizie. 

Anguicrinito,  anguichiomato,  serpentuio,  che  ha 
serpenti  in  luogo  di  capelli  (mitologico).  -  Assalonne: 
si  dice  di  chi  ha  capelli  lunghi.  -  Merocure,  anti- 
camente, attrice  che   aveva  la  testa  a  metà  rasata. 


Acconciatura  dei  capelli. 


Loro  trattamento. 


Dicesi  acconciatura  l'incrociamento  e  la  disposi- 
zione dei  capelli  ;  anche,  degli  ornamenti  che  in- 
torno ad  essi  mettono  le  donne.  Per  l'acconciatura 
propria  delle  donne,  veggasi  a  pettinatura.  1  ca- 
pelli si  tengono  lunghi  o  corti;  intonsi  o  tagliati  in 
vario  modo  :  a  corona,  a  spazzola  {alla  Brutus,  corti 
corti),  ecc.  Ai  capelli,  specialmente  delle  donne,  si 
usa  fare  i  ricci,  quando  non  si  abbiano  natural- 
mente; e  per  questa,  come  per  altre  operazioni,  si 
fa,  di  solito,  ricorso  al  barbiere  e  al  parruc- 
chiere. -  Capelli  alla  nazzarena,  lunghi  e  divisi  ; 
alla  raffaella,  cioè  alla  maniera  (lunghi  e  spioventi) 
usata  da  Raffaello;  alla  Titus,  maniera  di  tagliare, 
tenere  i  capelli  corti.  -  Capelli  a  scala.,  tagliati  male. 

(Àèche,  i  capelli  tirati  bassi,  di  qua  e  di  là,  sulla 
fronte.  -  Corimbo,  disposizione  dei  capelli  a  ciuffo: 
acconciatura  delle  Muse,  di  Diana,  ecc. 

Anello,  ciocca  di  capelli  ripiegata  in  cerchio,  a 
forma  d'anello.  -  Buccola,  o  buccolo,  riccio  piuttosto 
artificiale  fatto  sui  capelli  o  attaccato  ad  essi:  bue- 
coletta,  buccolina,  buccolona.  -  Buccolotto,  staffa  di 
capelli  rivolta  a  guisa  di  ricciolo.  -  Cincinno,  riccio 
di  capelli  o  buccoletto  fatto  ad  arte  col  ferro  ap- 
posito. -  Coda,  codino,  ciocca  di  capelli,  allucigno- 
lata  0  intrecciata,  lunga  più  o  meno,  pendente  da 
dietro  come  coda,  o  ravvolta  su  di  sé  in  crocchia: 
si  portava  in  passato  anche  dagli  uomini. 


Galero,  berrettino  di  capelli  posticci,  parrucca.  - 
Linda,  la  lista  coperta  di  ricci  posticci  giù  dalle 
parrucche.  -  Parrucca,  capigliatura  posticcia  :  a 
riccioloni,  incipriata,  ecc.  -  Parrucca  con  la  coda, 
capelli  naturali  o  posticci,  legati  con  un  nastro 
dietro  la  nuca:  la  usavano  i  nostri  nonni.  •  Par- 
rucchino,  piccola  parrucca  che  copre  solamente  la 
parte  calva.  -  Staffa,  ripiegatura,  semplice,  a  modo 
di  cappio,  che  si  dà  a  una  ciocca  di  capelli.  -  Ten- 
dine, i  capelli  spiaccicati  sulle  tempie.  -  Treccia, 
(rarissimamente  usata  dagli  uomini),  insieme  di  tre 
0  più  ciocche  di  capelli,  ciascuna  alternatamente 
accavalciante  e  accavalciata  dalle  altre,  in  modo  da 
formare  un  fitto  graticolato  di  forma  piatta,  a  modo 
di  nastro:  treccinola,  trecciuolina,  freccetta,  trec- 
ciona;  treccia  lunga,  corta,  bionda,  d'oro,  nera.  • 
Trecce  trapassate  da  lunghi  spilli  d'argento.  Cerchi 
molteplici  di  trecce,    trapassati   da   spilloni. 

Zazzera,!  capelli  dell'uomo  lasciati  allungare  dietro 
la  testa  :  zazza  ;  zazzeretla,  zazzeraccia,  zazzerone. 
Parrucca,  per  simil.,  lunga  zazzera. 

Trattamento  dei  capelli.  —  Acconciare  (accon- 
ciarsi), aggiustare  i  capelli:  il  primo  verbo  dice  la 
disposizione  che  si  dà  ai  capelli  con  più  arte  che 
nel  secondo;  il  quale  può  consistere  o  nel  dare  ad 
essi  una  disposizione  alla  meglio,  tanto  che  npn 
istiano  negletti  e  scompigliati  (e  allora  si  dice  anche 
assettare),  o  nel  ricomporli  come  quando  erano  ac- 
conciati, che  si  dice  anche  rassettare.  -  Accrespare, 
crespare,  increspare,  rincrespare,  farli  crespi,  dar 
loro  il  crespo.  -  Arrancarsi  i  capelli,  svellerseli,  strap- 
parseli. -Arricciare,  arricciolare,  inanellarli  con  arte; 
nel  gergo  dei  parrucchieri,  frisare  (frane,  frisé, 
arricciato).  -  Arricciatura,  l'atto  dell'arricciare  e  la 
disposiziose  dei  ricci.  -  Arricciamento,  l'atto.  -  Arric- 
ciolinamento,  il  formare  dei  ricciolini.  -  Amiffare 
i  capelli, sollevandoli  {arruffio, a.ito  ed  effetto):  sgren- 
dinare.  -  Assettare,  accomodare.  -  Dare  una  cesoiata 
ai  capelli,  scorciarli,  spuntarli,  ordinarli.  -  Dicioc- 
care, levare  o  guastare  le  ciocche.  -  Far  crespo,  ar- 
ricciare con  arte.  -  Epilare,  epilazione,  lo  sradicare, 
lo  sradicamento  dei  capelli  come  metodo  di  cura.  - 
Fare  la  divisa,  spartire  i  capelli  {divisa  nel  mezzo, 
su  una  parte).  Divisa,  partitura,  spartizione,  di- 
rizzatura, addirizzatura,  riga,  scriminatura,  discrimi- 
natura, scrinatura  (nel  Lucchese  scrimolo),  il  rigo 
bianco  che  sul  capo  segna  la  divisione  dei  capelli. 
Scriminatura  e  discriminatura,  voci  pressoché  disu- 
sate. 

Farsi  i  capelli,  farseli  tagliare.  -  Far  zuccone, 
zucconare,  levare  i  capelli  della  zucca  fin  quasi  alla 
radice.  -  Impomatare,  dare  la  pomata,  ungere  i  ca- 
pelli con  pomata.  -  Inanellare,  dare  alle  ciocche  di 
capelli  forma  di  anelli,  di  ricci.  Inanellamento, 
l'atto.  Inanellatura,  il  modo  dell'inanellare.  -  Incer^ 
fugliare,  mettere  cerfugli,  contornare  di  cerfugli. 

Incipriare,  mettere  sui  capelli  la  cipria.  -  In- 
crespare, far  che  prendano,  con  ferro  o  altro,  on- 
dulazioni fitte  e  brevissime.  -  Intrecciare,  trecciare, 
attrezzare,  comporli  in  treccia.  Intrecciamento  ^ 
l'atto  dell'intrecciare. 

Lardellare  i  capelli,  ungerli,  ma  troppo,  d'olio, 
pomata  o  altro.  -  Lisciare,  pettinare  e  render  lisci 
i  capelli;  passarvi  più  e  più  volte  con  la  spazzola  o 
con  la  mano,  perchè  prendano  il  lucido.  Lisciata, 
il  lisciare  alla  testa.  -  Pareggiare,  ridurre  tutti  i 
capelli  a  una  stessa  lunghezza.  -  rettinare,  rav- 
viare e  pulire  i  capelli  col  pettine.  -  Pilucca:rsi, 
strapparsi  i  capelli. 

Rabbuffare  i  capelli,  più  forte  di  arruffare  (i  ca- 


CAPELLINI   — ■  CAPIRE 


403 


pelli  rabbuffati  sono  scompigliati,  irti,  orribili  a  ve- 
dere); rabbaruffare,  anclie  di  più.  -  Raccogliere, 
riunire,  stringere  in  ciutVo,  in  massa.  -  Rapare,  ta- 
gliare i  capelli  a  cotenna;  tosare  alla  Fiaschi. 
Rapata,  il  rapare.  -  Rasare,  tosare  adatto.  -  Rav- 
viare, comporre  in  ordine  i  capelli,  quando  arruf- 
fati: ravyersare  (meno  comune).  Ravviarsi,  darsi 
una  ravviata,  una  ravviatina.  -  Ripigliare  i  capelli, 
riarricciarli  o  scorciarli  un  poco,  o  semplieemente 
pettinarli.  -  Ritondare,  tagliarli  a  tondo.  -  Rotondare, 
riunirli. 

Scalare,  fare  a  scala,  scalati:  tagliarli  male.  - 
Scapigliare,  arruffare  di  capelli,  sparpagliarli.  - 
Scarnìigliare,  scarulfare,  scarruffare.  -  Schiomare, 
disfare,  guastar  la  chioma  acconciata.  Dischiomare 
è  più  intensivo.  -  Scompigliare,  operazione  con  la 
quale  si  arruffano  i  capelli  con  pettine  rado,  per 
cominciare  l'acconciatura,  o  dare  ai  capelli  nuova 
acconciatura.  -  Sgraticciare,  strigare  i  capelli  impia- 
strati. -  Spettinare,  disfare,  guastare  la  pettinatura. 

-  Spuntare  ì  capelli,  scorciarli,  tagliarne  la  punta, 
poco  più  (capelli  spuntati).  -  Strecciare,  contrario 
di  intrecciare:  guastare,  scomporre'  le  trecce.  - 
Slrigare,  stricare,  scatricchiare ,  distendere  i  ca- 
pelli, scomposti  0  intricati,  con  pettine  rado,  o  stri- 
gatolo, 0  scatricchio.  -  Strinare,  abbruciacchiare. 

Tingere,  tingersi,  ricorrere  a  tinture  per  ridare  ai 
capelli  il  colore  perduto  o  cambiare  il  colore  naturale. 

-  Tèndere,  tagliare  i  capelli;  anche,  fare  la  tonsura, 
la  chierica,  dei  frati  e  dei  preti.  -  Tosare,  tagliarli, 
raderli  quasi  fino  alla  pelle.  Tosatura,  atto  ed  effetto.  - 
Vendere  il  bosco  (scherz.),  tagliarsi  i  capelli,  raparsi. 

-  Zucconare,  levare  i  capelli  dal  capo. 

Persone  che  accudiscono  ai  capelli. 
Arnesi  all'uopo  —  Sostanze  che  si  adoperano. 

Frisare  (frane,  friseur),  il  barbiere  e  il  par- 
rucchiere. •  Tosatore,  tosatrice,  chi,  per  mestiere 
specialmente,  taglia  i  capelli.  -  Tonstrix,  donna  che 
tagliava  o  aggiustava  i  capelli,  caso  assai  frequente 
presso  gli  antichi. 

Oggetti,  arnesi.  —  Accappatoio,  cappa  di  tela 
usata  dagli  uomini  per  farsi  tagliare  i  capelli.  - 
Addir izzatoio,  dirizzatoio,  dirizzacrine,  discriminale, 
strumento,  fusellino  d'acciaio  o  di  ferro  o  d'altro, 
sottile,  lungo  circa  un  palmo,  acuto  da  una  parte, 
che  serve  per  far  la  divisa  ai  capelli.  -  Calamistro, 
strumento  di  ferro  che  si  riscalda  per  arricciare  i 
capelli.  -  Discerniculum,  pettine  apposta  per  fare  la 
divisa. 

Ferro  da  ricci,  sorta  di  tanaglia  per  fare  i  ric- 
cioli: ha  bocche  lunghe,  coniche  e  diritte,  una  delle 
quali  entra  nella  concavità  dell'altra;  fra  esse,  ri- 
scaldate, si  stringe  la  punta  dei  capelli,  i  quali 
strettamente  si  avvolgono  intorno  ad  ambedue  le 
bocche,  pel  pronto  inanellamento.  Talora  il  ferro 
da  ricci  è  una  semplice  bacchetta  cilindrica,  o  leg- 
germente conica,  con  manico  di  legno.  -  Forfex, 
forbici  per  tagliare  i  capelli.  -  Fettine,  piccolo 
arnese  per  la  cura  dei  capelli  e  la  mondezza  della 
testa,  0  anche  per  ornamento  femminile  del  capo.  - 
Pettinella,  pettine  fitto.  -  Piumino,  nome  che  dalle 
donne  si  dà  ad  un  ornamento  da  capo. 

Schiacce,  schiaccine  (plur.),  arnese  a  foggia  di  ta- 
naglie, con  bocche  corte  e  piatte,  tra  le  quali,  suf- 
ficientemente riscaldate,  si  stringono  in  ciambelle 
ciocchette  di  capelli  inanellate  a  mano,  e  avvolte 
in  un  pezzetto  di  foglio.  -  Volsella,  un  paio  di  pin- 
Z3tte  per  isvellere  i  capelli  bianchi. 


Sostanze.  —  Acqua  di  Proserpina,  soluzione  di 
nitrato  d'argento  per  tingere  capelli.  -  Acifua  ossi- 
genata: serve  per  tingere  i  capelli  in  biondo.  - 
Aterina,  aureol,  altre  tinture  per  capelli.  -  Brillan- 
tina, lozione  per  pulire  i  capelli.  . 

Captalo,  prodotto  di  condensazione  del  tannino  e 
del  cloralio,  usato  contro  la  forfora  e  la  caduta  dei 
capelli.  -  Ceretta,  composto  di  cera  e  di  sostanze 
odorifere,  in  forma  di  piccolo  cannello,  per  dare  il 
liscio  ai  capelli  -  Ceì'one,  composto  fatto  di  cera  e 
d'olio  per  fissare  i  capelli.  -  Chinina-Migone,  prepa- 
zione  molto  usata  per  l'igiene  e  la  conservazione  dei 
capelli.  -  Cold-cream,  pomata.  -  Dropace,  depilalorio, 
impiastro,  medicamento  che  fa  cadere  i  capelli. 

Lardo  lavato,  lardo    depurato    che    adoprasi  per 
lo  più   ad  ungere   i  capelli  delle  bambine  per  ren- 
derli più  morbidi,  lucidi  e  neri,  se  pendes,>ero  a  un 
colore  bastardo.  -  Olio  di  opoponax,    unguento  per 
i  capelli.  -  Olio  di  ricino,    atto    a    fortificare   i  ca- 
pelli.   -    Pirogallico,    acido     prodotto     dall'acido 
gallico  :    serve    a     preparare     tinture    per     ca- 
pelli. -  Pomata,   specie  di  manteca,    di    unguento 
per   capelli.   -   Profumeria,    nome    generico    di 
acque  odorose  che  si  mettono   sui    capelli.  -  Sapo, 
specie  di  pomata  per  colorire  i  capelli  di  un  color 
bruno  chiaro,  composta    di  sego  di  becco  e  di  ce- 
neri di  faggio.  -  Untume,  nome  generico  di  materie 
grasse  adoperate  per  tenere  morbidi  i  capelli. 
Capellini.  Sorta  di  itasta  da  minestra. 
Capelluto.  Che  ha  molti  capelli. 
Capelvènere.  Pianta  medicinale,  specie  A\  felce. 
Capestreria.  Atto  da  scapestrato.  —  Modo 
di  dire  o  di  fare  a  capriccio.  -  Anche,  stramberia, 
frivolezza. 

Capestro.  Fune,  corda  per  legare  il  bestiame. 
-  Corda  per  suppliziare  i  condannati  alla  forca.  • 
Annodamento,  nodo  che,  tirato  intorno  a  qualche 
cosa,  la  stringe. 

Capezzale.   Sorta  di  guanciale,  che  si  pone 
a  capo  del  letto. 
Capé/.zolo.  Estremità,  punta  della  wiawiwteWa. 
Capidòglio.  Grosso  cetaceo. 
Capifosso.  Detto  a  fosso. 
Capigliatura,  capiglièra.  La  massa  dei  ca- 
pelli. 

Capilarg-o.  Detto  a  largo. 
Capillare.  Simile  a  capello,   sottile   come  ca- 
pello. 

Capillarità.  Fenomeno  che  si  manifesta  in  un 
corpo  liquido. 
CapiUato.  Fornito  di  capelli. 
Capillizio.  La  cotenna  di  quella  parte  del  capo 
che  si  copre  di  capelli. 

Capinéra,  capinero.  Piccolo  uccello  di  bosco, 
dalla  testina  nera  e  dal  canto  soave.  -  Occhiolto, 
od  occhirosso,  uccello  cantatore,  famiglia  delle  ca- 
pinere, vivente  in  Liguria  e  in  Toscana. 

Capire.  Sentire  materialmente,  intendere;  com- 
prendere,  percepire,  conoscere,  accorgersi  di 
alcunché;  entrare,  penetrare  nel  senso,  nel  senti- 
mento; rilevare  la  cagione;  afferrare  il  significato, 
impadronirsi  del  significato;  trovare  il  "bandolo, 
trovar  la  chiave  di  checchessia. 

Addare,  addarsi,  avvedersi,  accorgersi,  capire 
qualche  cosa  dagli  indizi  -  Avvedere,  avvedersi, 
comprendere  alcunché,  specialmente  a  certi  segni 
esteriori.  -  Capacitare,  far  capire,  convincere, 
render  persuaso,  persuadere.  -  Capacitarsi,  ca- 
pire e  persuadersi. 
Capire,  intendere,  prendere   una    cosa  per  aria, 


404 


CAPIRE    —    CAPITALE 

m- 


capire  prima  che  uno  si  sia  spiegato  chiaramente. 
Capire  il  latino,  intendere  ciò  che  altri  vuole  o 
pensa  senza  che  lo  dica  apertamente;  indi  operare 
in  modo  conforme  a  quella  volontà.  •  Capire  a  volo, 
subito  e  facilmente.  -  Capire  Roma  per  toma,  fa- 
migliarmente,  intendere  una  cosa  per  un'altra;  fare 
il  sordo  -  Capire  una  persona,  intendere,  spiegarsi 
il  suo  modo  di  fare  o  di  pensare. 

Cogliere  il  senso,  afferrarlo,  capir  bene,  compren- 
dere -  Comprendere,  afferrare  con  l'intelletto,  ab- 
bracciare con  la  mente  fcomprensìbile,  che  può 
essere  compreso).  -  Entrar  nel  capo  una  cosa,  in- 
tenderla. -  Fraintendere,  frantendere,  intendere  in 
modo  diverso,  a  rovescio,  anche  in  mala  parte 
(malinteso),  interpretazione  in  mala  parte  di  un 
discorso,  dando  origine  a  screzi.  -  Immedesimarsi, 
investirsi,  delle  condizioni  altrui,  capirle,  compren- 
derne la  gravità,  l'importanza,  l'essenza  e  parteci- 
parne con  l'animo. 

Intendere  (inteso),  capire  con  la  mente,  ascol- 
tando 0  leggendo  (intelligibile,  che  si  può  inten- 
dere facilmente)  -  Intendere  a  mezz'aria,  senza  che 
gli  altri  abbiano  bisogno  di  far  molte  parole.  - 
Intendere  a  mezzo,  imperfettamente.  -  Intendere  a 
rovescio,  al  contrario  -  Intendere  fra  le  righe,  in- 
tendere le  minacce  o  le  ammonizioni  altrui,  o 
quanto  ci  tacciono  per  prudenza.  -  Intendere  il  la- 
tino, capire  quel  che  si  prepara,  quel  che  sia  sot- 
tinteso. -  Intender  per  aria,  subito,  al  primo  cenno, 
alle  prime  parole.  -  Intendicchiare  e  intenducchiare, 
intendere  un  poco,  non  molto. 

Intuire,  vedere  prontamente  con  l'intelletto,  con 
l'aiuto  della  riflessione:  accorgersi,  indovinare, 
intendere  a  prima  vista,  interpretare,  pigliare  a 
frullo  concetti  e  simili.  -  Leggere  in  fronte,  capire 
quel  che  uno  pensa,  guardandolo.  -  Leggere  fra  le 
linee  o  fra  le  righe,  intendere  quel  che  è  sottinteso.  - 
Mangiar  la  foglia  (figur.  e  fam.),  capire  a  che  tenda 
un  dato  discorso  ;  avvedersi,  senza  dimostrarlo  però, 
d'un'intenzione  finemente  nascosta.  -  Non  intendere 
a  sordo,  capir  subito,  di  minacce  e  sim.  -  Odorare 
(figur.),  capire,  accorgersi,  fiutare  :  subodorare.  -  Per- 
cepire, apprendere  con  la  mente.  Percipibde,  per- 
cettibile, che  si  può  percepire  (percettivo,  atto  a  per- 
cepire). -  Toccar  nel  fondo,  addentro  nelle  cose. 

Rendersi  conto  di  una  cosa,  studiarla  e  capirla  in 
modo  da  averla  chiara  in  mente.  -  Ritrarre,  ca- 
pire, intendere,  rilevare.  -  Sentire,  indovinare, 
capire.  -  Trovare,  ritrovare  il  bandolo  della  ma- 
tassa, d'una  matassa,  cominciare  a  capire  o  a  rac- 
capezzarsi in  qualche  cosa.  -  Venir  con  l'ultima, 
cioè  con  l'ultima  corsa  (famigl.  e  figur.),  capire  le 
cose  troppo  tardi. 

Far  capire.  -  Non  capire.  -  Facoltà'  di  capire 

Difficile  a  capire.  -  Locuzioni. 

Apertura  di  mente,  facilità  naturale  di  comprendere 
le  cose.  -  Buongusto,  facoltà  di  comprendere  il  belio. 
-  Buonsenso,  comprendimento,  la  facoltà  del  compren- 
dere; anche,  comprendonio.  -  Comprensiva,  facoltà 
del  comprendere  (comprensivo,  che  è  capace  di  com- 
prendere). -  Intellezione,  Tatto  dell'intendere,  lo 
sforzo  che  si  fa  per  giungere  all'intelligenza.  -  In- 
tuito, facoltà  di  intendere,  di  capire.  -  Intelligenza, 
intuizione.  -  Intuizione,  anche  l' atto  di  intuire. 
Intuitivo,  che  ha  virtù  di  intuire;  che  concerne 
Vintuito;  istintivo.  Intuitivamente,  ili  modo  intui- 
tivo, istintivamente. 

Inculcare,  far  entrare  nella  niente.  -  Spiattellare, 


ridurre  una  cosa  all'intelligenza  di  ognuno.  -  Stu- 
rare gli  orecchi  a  uno,  fargli  intendere  la  verità; 
dirgli  il  fatto  nostro. 

Non  capire.  —  Aver  la  testa  dura  come  il  muro, 
non  voler  intendere,  o  non  esserne  capace.  -  Essere 
senz'occhi,  chi  non  vede  o  non  capisce  il  bene  e  il 
male.  -  Ingrossare  il  cervello,  diventare  zuccone, 
non  capir  più  nulla  in  una  cosa.  -  Non  entrar 
bene  nelle  idee,  non  capire  il  pensiero  di  altri.  - 
Non  entrare  in  testa,  non  capacitarsi.  -  Non  sbuc- 
ciare una  cosa  o  in  una  cosa,  non  capirne  gran  fatto. 

-  Scrivere  fichi  e  leggere  baccèlli,  capire  a  rovescio. 

Incompreso,  non  inteso,  non  capito. 

Difficile  o  impossibile  a  capire  :  ambiguo,  astru- 
so, coperto,  impenetrabile,  incomprensibile,  inde- 
cifrabile, inesplicabile,  inintelligibile,  impenetrabile, 
impercettibile.  -  Astruseria,  ciò  che  è  astruso.  - 
Enigma,  eninima,  detto,  scritto  oscuro  che,  sotto  il 
senso  letterale,  ne  nasconde  un  altro,  da  indovi- 
nare» -  Impenetrabilità,,  condizione  di  ciò  che  ha 
significato  non  penetrabile,  non  comprensibile.  -  Ine- 
splicabilità, condizione  di  cosa  che  non  si  può  espli- 
care, spiegare,  quindi  tale  che  non  la  si  può  capire.  - 
Problema,  di  cosa  che  non  si  capisce,  o  difficilmente. 

Locuzioni.  —  Andar  super  iperi,  fare  un  discorso, 
un  ragionamento,  uno  scritto,  ecc.,  difficile  a  capire, 
asti  uso,  mentre  potrebbe  essere  piano.  -  Che  a 
leggi  qui  tu?,  mostrando  cosa  da  essere    decifrata. 

-  Di  chi  non  capisca  una  cosa  si  dice:  Ti  ci  vuol 
l'abbaco  'ì  -  In  che  lingua  mi  ho  a  spiegare  f  vi  ho 
a  parlare  ?,  a  chi  non  ci  intende  o  non  ci  vuol 
intendere.  -  Mi  pare  che  voi  mi  diate  i  numeri  per 
il  lotto  /....,  di  persona  che  non  risponde  a  tono,  o 
dice  cose  che  non  intendiamo  o  non  vogliamo  in- 
tendere. -  Parlare  all'uscio,  essere  come  dire  aWuscto, 
0  al  muro,  a  chi  non  vuol  capire.  -  Parlare  con  te  é 
come  parlare  al  vento,  a  chi  non  vuole  intendere. 

Per  me  e  algebra,  è  arabo,  dichiarando  di  non 
capire  un  discorso  uno  scritto  e  simili.  -  i^on  su- 
ghere, di  persone  che  intendono  nulla.  -  Spiegaini 
questo  enimma,  questo  rebus,  non  intendendo  un  di- 
scorso 0  un  fatto  -  Tant'è  sonargli  un  corno  che  un 
violino  (famigl.),  a  chi  non  capisce  le  differenze  di 
una  cosa,  specialmente  artistica.  -  Ti  entra  in  testa?, 
a  chi  non  capisce.  -  VatteV  a  pesca,  di  cose  che  non 
si  sa  come  siano. 

Capire  (capito).  Comprendere,  contenere. 

Capirósso.  Uccelletto  con  piume  rosse  sul  capo. 

Capiste©.  Arnese  di  legno  per  mondare  grano 
0  altro  cereale. 

Capitàgna.  Lembo  del  campo.  -  Arnese  da 
mugnaio. 

Capitale.  Somma  di  denaro,  o  valori  diversi, 
che  i  mercanti  o  gli  interessati  di  una  società  di 
commercio  impiegano  nei  traffici  o  in  qualche 
impresa:  fondo,  somma,  valsente,  valuta.  Anche, 
fondo  che  i  mercanti  o  gli  interessati  mettono  in 
una  società  di  commercio,  in  una  industria, 
in  una  qualunque  impresa.  -  Capitalismo,  voce 
astratta  che  indica  la  forza  e  l'abuso  della  forza 
che  è  insita  nel  cumulo  del  capitale,  «  per  cui 
gli  uomini  operano  conformemente.  -  Capitale  azio- 
nario, il  capitale  riunito  a  mezzo  di  azioni;  circo- 
lante, messo  in  giro;  anche,  esaurito  in  una  sola 
produzione;  fisso,  il  capitale  che  serve  a  succes- 
sive produzioni;  flottante,  fluttuante,  oscillante, 
detto  di  debiti  o  di  capitali  d'una  amministrazione 
i  quali  per  loro  natura  sono  incerti,  soggetti  ad 
aumento  o  a  diminuzione;  fruttifero,  messo  in  giro 
perchè  frutti  (contrario  di  capitale  morto);  giacente. 


depositato  presso  una  banca,  o  lasciato  infruttifero 
impegnato,  ipotecato,  da  non  poterne  disporre  a  vo 
lontà;  impiegato,    messo  a  profitto  in  un'azienda  d 
commercio,  o  nell'industria;  messo  a  frutto  in  qua 
lunque   modo,     improdiitlirG,    inerte,  che    non    dà 
(rutto,    interesse,   imitile,   morto,    che    non    frutta 
investibile,  che  può  essere  investito;    liquido,  il  ca 
pitale  che  si  ricava  da  una  liquidazione  e  clie  deve 
essere  rappresentato    da   solo    danaro.        Fondi  di 
commercio,  capitale  impiegato  in  commercio. 

Ammontare,  somma  risultante  dal  continuo  accu- 
mularsi dell'interesse  al  capitale,  impiegato  all'in- 
teresse composto,  dopo  un  dato  tempo.  -  Buttar 
bene,  di  capitale  che  frutta  molto.  -  Capitalizzare, 
ridurre  a  capitale:  detto  di  fondi  che  si  accumu- 
lano 0  si  immobilizzano  per  investirli  in  un  dato 
impiego,  anche,  aggiungere  gli  interessi  al  capitale; 
accumulare  ricchezza.  -  Immobihzzare,  rendere 
il  capitale  immobile,  fisso,  non  disponibile.  -  In- 
vestire il  capitale,  impiegarlo  in  terre  o  altri  va- 
lori fruttiferi.  -  Rintegrare,  rimettere  nel  primitivo 
stato,  nel  primitivo  ammontare.  -  Scorpora:re,  to- 
gliere dalla  massa  del  capitale. 

CapilaUzzazione,  il  capitalizzal-e.  -  Entrata,  quanto 
rende  il  capitale  posseduto:  rendita.  -  Frutto,  be- 
nefizio, entrata,  interesse,  rendila,  utile,  profitto, 
che  dà  un  capitale.  -  Interesse  composto,  interesse 
degli  interessi.  -  Mobilitazione  dei  capitali,  il 
metterli  in  circolazione,  per  farli  fruttare.  -  iVumero, 
espressione  rappresentante  il  capitale  che  produce, 
m  un  giorno,  lo  stesso  interesse  che  un  altro  capitale 
produrrebbe  in  più  giorni.  -  Prò,  frutto  del  capi- 
tale. -  Rifrutto,  il  frutto  del  frutto.  -  Saggio,  tasso, 
veggasi  a  interesse.  -  Sweating  system,  espressione 
inglese  che  letteralmente  vuol  dire:  sistema  del  su- 
dore, cioè  dello  sfruttamento  dell'operaio  nella  pro- 
duzione del  capitale.  -  Usufrutto,  diritto  di  godere 
il  frutto,  l'interesse.  -  Monte,  corporazione  di  capi- 
talisti nel  medio  evo. 

Capitalista,  chi  possiede  capitali  ed  é  disposto 
ad  impiegarli  in  questo  o  in  quell'alare.  -  Pro- 
biviri, amichevoli  compositori  chiamati  a  dirimere 
specialmente  le  questioni  fra  capitale  e  lavoro:  di 
recente  istituzione.  -  Sfruttamento  (neol.  d'uso),  il 
guadagno  del  capitalista  a  scapito  del  lavoratore. 

Capitale.  Che  riguarda  il  capo,  la  testa,  cioè 
la  vita:  mortale.  -  Città  principale,  di  peccato 
grave,  di  cosa  della  massima  importanza.. 

Capitalista.  Detto  a  capitale. 

Capitalizzare,  capitalizzazione.  Veggasi 
a  capitale. 

Capitana.  La  nave  ammiraglia. 

Capitananza.  Ufficio  e  dignità  di  chi  dirige 
un  esercito;  supremo  comando  della  milizia. 

Capitanare  (capitanato).  Avere  capitananza. 
-  Essere  capo  in  checchessia.  -  Guidare  in  un'im- 
presa  :  capitaneggiare. 

Capitanejpiii?.- Territorio  e  residenza  dell'autorità 
marìttinia.      UlTi'cio  di  porto. 

Capitano.  Condottiero  di  esercito:  capo,  co- 
mandante, comandante  in  capo,  comandante  su- 
premo generale,  generale  in  capo,  generalissimo; 
mastro  di  guerra,  conestabile,  maresciallo;  principe 
dell'esercito.  -  Nella  nostra  milizia  e  in  quella  di 
altre  aazioni,  il  capo  di  una  compagaia  o  d'uno 
squadrone.  -  Condoltiere,  condottiero,  capitano  che 
canduceva  a  soldo  schiere  raccogliticce,  e  a  soldo 
si  dava  a  questo  o  a  quello  Stato,  mercanteggiando 
la  guerra:  capitano  di  ventura. 

Capitare    (capitato).    Giungere,    arrivare    a 


405 


caso  in  Hn  luogo;  bàttere,  rabbattere,  trabattere,  • 
Dicesi  pure  per  incontrare.  •  Anche,  sopraggiun- 
gere di  avvenimento;  avere  una  data  sorte\, 
buona  o  cattiva. 

Capitazione.  Sorta  di  tassa. 

Capitello.  Membro  di  architettura  soprappo- 
sto 'alla  colonna,  quasi  capo  e  finimento  di  essa.  - 
CapilAlo  campanellato,  quello  che  dal  collarmo  in 
su  prende  Jorma  di  campana.  •  Capitetlo  di  moda- 
natura, quello  composto  semplicemente  di  modana- 
tura, cioè  di  membretti  sovrapposti-  gli  uni  agli 
altri  in  piano  orizzontale.  Tali  sono  il  dorico  e  il 
toscano.  •  Capitello  di  scultura,  quello  che  ammette 
ornati  di  scultura,  come  volute,  foglie,  fiori,  ecc. 
Tali  sono  Io  ionico  e  il  corinzio.  -  Capitello  rostrato, 
con  rostro,  ornamento  a  guisa  del  doppio  sperone 
delle  navi  da  guerra  romane. 

Abaco,  membro  piano  o  tavola,  che,  a  gursa  di 
coperchio,  fa  finimento  al  capitello  superiormente,  e 
intorno  inforno  sporge  dal  corpo  di  esso.  -  Anello, 
ciascuno  dei  Irstelli  che  ornano  il  capitello  dorico. 

-  Anima,  il  sodo  del  capitello,  su  cui  sono  rilevati 
gli  ornamenti.  -  Ai-mille,  nei  capitelli  dorici,  cer- 
chietti che  trovatisi  sotto  l'ovolo. 

Campana,  il  corpo  del  capitello  quando  s'allarga 
nella  parte  superiore:  fusto,  vaso.  ■  Canalicoli,  steli 
che,  avvolgendosi  sopra  sé  stessi,  formano  le  volute 
dei  capitelli  corinzi  e  compositi.  •  Cintura,  nel  ca- 
pitello ionico,  l'orb  del  fianco  o  del  balaustro,  os- 
sia il  listello  del  fianco  della  voluta.  -  Collarino, 
membratura  che  divide  il  capitello  dal  fusto  della 
colonna.  -  6o//'o,  la  parte  inferiore  del  corpo  del 
capitello,  la  quale  ha  la  stessa  grandezza  del  som- 
moscapo della  colonni,  a  cui  è  immediatamente 
soprapposta.  -  Gorpo  del  capitello,  il  sodo  di  esso, 
che  talora  è  cilindrico,  talora  va  allargandosi-  in 
alto:  in  quest'ultimo  caso  chiamasi  più  particolar- 
mente campana.  -  Dado,  parte  del  capitello,  di  figura 
cubica.  -  Echino,  membratura  sotto  l'abaco.  -  Ooolo, 
modanatura  a  forma  di  un  quarto  di  ci'indro 
(nel  capitello  dorico),  con  ornati  in  forma  d'ovo.  - 
Pulvino,  sagomatura  di  fianco  del  capitello  ionico 
che  collega  fra  loro  le  volute  anteriori  alle  poste- 
riori. -  Viticcio,  ornamento  in  forma  di  fila,  steli 
0  striscioline  che  sorgono  dalle  foglie  superiori  del 
capitello  corinzio  e  vanno  a  congiungersi  e  incar 
tocciarsi  setto  l'abaco,  nelle  cantonate  o  nel  mezzo. 

-  Voluta,  ornamento  a  curvatura  in  linea  spirale, 
inferiormente  all'abaco  del  capitello,  tanto  nell'or- 
dine ionico  che  nel  corinzio  e  nel  composito. 

Capitolare  (capitolato).  Stabilire  la  resa,  l'aa*- 
rendersi  di  un  esercito,  di  una  fortezza  e 
simili.  -  Lo  scrivere  a  capitoli.  -  Il  dividere  in 
capitoli. 

Capitolare.  Di  capitolo:  veggasi  a  canonico. 

-  Raccolta  di  tutti  i  capitoli"  deliberati  in  un'adw- 
nanza. 

Capitolato.  Detto  ad  appalto  e  a  contratto. 

Capitolazione.  Il  capitolare,  l' arrendersi 
d'un  esercito,  ecc.  -  Tempo  del  servizio  di  un 
soldato. 

Capitoléssa.  Lungo  e  faceto  capitolo  in  poesìa* 

Capitolo.  Parte  di  un  libro  o  di  una  scrittoi 
capo.  •  Capitolalo,  ciò  che  è  fatto  o  stabilito  in 
capitoli.  -  Paragrafo,  ciascuna  delle,  parti,  in  cui 
è  diviso  un  capitolo. 

Capitolo.  Componimento  in  poesia  e  in  ter?a 
rima. 

Capitolo.  Veggasi  a  canonico,  a  frate,  a 
monaca. 


406 


CAPITOMBOLARE   —   CAPORALE 


Capitomtoolare,  capitombolo  (capitombolato, 
capitomboloni).  II  cadere  a  capo  al  Fingili. 

Capitone.  Grossa  anguilla.  ■  Filo  di  seta. 

Capitòzza.  Detto  ad  albero. 

Capitiidine.  Veggasi  a  ìnestiere. 

Capo.  Parte  superiore  del  corpo  umano,  ante- 
riore negli  animali;  più  comunemente,  testa,  - 
P.irte  superiore  di  checchessia.  -  Figur.,  intelletto, 
tnente,  e,  in  certe  frasi,  attenzione^  jtensiero. 

Capo.  L'uno  e  l'altro  dei  punti  estremi  della 
lunghezza.  -  Il  bulbo  di  certe  piante;  gertno- 
glio  0  tralcio  della  vite»  -  Parte  dell'osso  rilevata 
e  tondeggiante.  -  Articolo,  oggetto.  -  Termine  di 
geografìa:  promontorio.  -  Divisione  di  libro.  - 
Punto  di  accusa,  di  questione.  -  Determinato  pe- 
riodo di  tempo.  ■  Scaturigine,  sorgente.  -  Ori- 
gine, 2irincipio. 

Capo.  Chi  presiede,  regola,  governa,  dirige  chec- 
chessia, in  qualità  di  direttore  di  un'azienda 
commerciale  o  industriale,  di  capitano  d'un  eser- 
cito, di  preposto  ad  un  ufficio,  ad  unimpresa; 
chi  è  in  capo,  in  capite,  primo  (primo  medico,  pri- 
mo architetto,  ecc.),  superiore  ad  altri,  per  grado, 
per  autorità,  in  una  classe,  in  un'arte,  in  un 
mestiere,  nella  famiglia,  in  un'associazione,  in  un 
ufficio,  in  ogni  cosa:  maggiore,  principale,  soprac- 
ciò, sopraintendente;  archimandrita,  arcimastro; 
maestro,  gran  maestro.  Anche,  grande  dignitario, 
maggiorente,  magnate  {magnatizio,  di  o  da  magnate), 
primate.  -  Archi,  arci  esprimono  l'idea  di  capo  in 
molte  parole.  -  Supremazia,  l'autorità  di    un  capo. 

Capòccia,  chi  guida  altri,  ma,  per  lo  più,  in  s'jnso 
di  biasimo.  Anche,  capo  della  casa  nella  famiglia 
del  contadino.  -  Capo  classe,  il  primo  di  una 
classe,  massime  di  studio,  nei  collegi  militari,  ecc.  - 
Capo  di  stato  maggiore,  chi  presso  i  diversi  comandi 
militari  ordina  i  vari  servizi.  -  Capo  di  stato  mag- 
giore generale,  quegli  che  ha  la  suprema  direzione 
dell'esercito  e  ne  dispone  i  servizi.  -  Capo  di  ta- 
vola 0  capotavola,  chi  ha  il  posto  d'onore  a  una 
mensa.  -  Caporione,  capo  di  popolani;  capoparte, 
capo  di  pojwlo.  -  Caposcuola,  chi  è  maestro  in 
unarte  e  dà  a  questa  una  speciale  impronta.  - 
Capo-stazione,  o  semplicemente  capo,  il  primo  per 
grado,  fra  gli  impiegati  d'una  stazione  ferroviaria. 

Decano,  capo  per  anzianità.  -  Ginnasiarca,  capo 
d'un  ginnasio,  d'un  liceo.  -  Governatore,  capo  di 
governo,  in  rappresentanza  dell'autorità  centrale: 
luogotenente.  -  Maggiordomo,  capo-servizio  in  una 
casa  di  2>j'in,ct/>e,  in  una  corte..  -  Podestà,  un 
tempo,  il  capo  del  comune  e  della  giustizia.  -  Pre- 
vosto, il  podestà  0  altro  magistrato  in  alcuni  paesi, 
-  Preside,  chi  presiede  alcuni  uffici;  particolarmente, 
il  liceo.  •  Presidente,  capo  di  un'assemblea,  di  uno 
Stato  repubblicano,  di  un  istituto,  ecc.  -  Principale, 
superiore,  capo.  -  Proto,  il  primo,  il  capo.  Anche, 
termine  di  tipografica.  -  Rettore,  capo  d'un'accrt- 
demia,  d'una  università,  -  Sovrano,  capo  di 
uno  Stato  monarchico. 

Caliljo,  capo,  principe  degli  Arabi.  -  Cheick,  sce- 
rif,  sceriffo,  capo  di  tribù  araba.  -  Iletman,  capo  di 
cosacchi.  -  Iniano,  voce  araba  che  vale  capo,  pre- 
sidente, e  alla  quale  i  Musulmani  danno  molteplici 
significati.  -  Mahdi,  capo  religioso  e  militare  d'un 
gran  numero  di  tribù  arabe.  -  Nabab,  grafia  fran- 
cese di  nome  arabo,  dato  a  governatori  e  capi  del- 
l'India maomettana.  -  Nomarca,  capo  di  un  nomo, 
in  Egitto.  -  Pascià,  governatore,  capo  turco.  -  Ras, 
capo  governatore  nell'impero  feudale  d'Abissinia.  - 
Satrapo,  governatore   nell'antica  Persia.  -  Sidar,  ti- 


tolo di  capo  militare  in  alcune  terre  dell'Asia  (In- 
dostan).  -  Statolder  {stadhonder),  voce  olandese  che 
vale  capo  governatore  dell'antica  repubblica  d'Olanda: 
gran  pensionarlo.  -  loparca,  capo  di  una  toparchia, 
0  provincia.  -  Vaivoda,  o  voivoda,  capo  di  una 
voivodia,  in  Transilvania. 

Capobanda.  Chi  dirige  una  banda  di  suona- 
tori: capomusica,  arcisinfoneta. -Anche,  capo  ma- 
landrino. 

Capobandito,  capobrigante.  Detto  a  ma- 
landrino. 

Capocàccia.  Sovraintendente  alla  caccia. 

Capocchia.  Estremità  superiore  di  bastone, 
di  chiodo,  di  spillo  e  simili.  -  Estremità  di  chec- 
chessia più  grossa  del  fusto. 

Capocchio.  Uomo  di  poco  intendimento;  sciocco. 

Capoccia.  Detto   a  cajto. 

Capocèrro.  Parte  del  cavallo,  nell'attaccatura 
del  collo  con  la  groppa. 

Capocòmico.  Detto  a  comico. 

Capoconvoglio.  Veggasi  a  treno  (di  ferrovia). 

Capocuòco.  Veggasi  a  cuoco. 

Capo  d'anno  {capodanno).  Il  primo  giorno  del- 
l'anno. 

Capo  del  compasso.  Detto  a  bussola. 

Capodoglio.  Mammifero  cetaceo. 

Capo  d'opera.  Capolavoro,  opera  di  grande 
eccellenza  o  la  più  perfetta  di  un  autore. 

Capo  fabbrica.  Il  sovriatendente  ai  lavori  d'un 
opificio. 

Capo  famiglia.  Detto  a  famiglia. 

Capofila.  Chi  sta  a  capo  d'una  fila  negli  ordi- 
namenti della  milizia. 

Capofitto.  Con  la  testa  all'ingiù. 

Capogatto.  Malattia  del  cavallo  e  di  qualche 
altro  animale  (infiammazione  di  cervello). 

Capogiro.  Giramento  di  testa  :  vertigine. 

Capolavoro.  V^eggasi  ad  opera. 

Capoletto.  Veggasi  a  letto. 

Capolevare  (capolevato).  Il  caderea. capo  ingiù. 

Capolino.  Piccolo  capo,  piceola  testa.  -  Far 
capolino,  modo  di  sporgere  la  testa,  per  vedere 
senza  essere  veduto. 

Capolista.  Chi  figura  primo  in  una  lista  di 
nomi,  come  candidato  in  una  elezione,  come 
iniziatore  d'una  sottoscrizione  e  simili. 

Capoluogo.  Centro  amministrativo:  luogo  prin- 
cipale di  un  comune,  di  un  circondario,  di  un 
distretto,  di  una  provincia. 

Capomastro.  Chi  soprintende  alla  costruzione 
d'un  edificio  ed  ha  sotto  di  sé  molti  lavoranti, 
specialmente  muratori  :  capo  maestro,  costruttore. 
Anche,  artigiano  impresario  di  costruzioni.  -  Am- 
stènte,  soprastante,  persona  che  rappresenta  il  capo- 
mastro,  nella  vigilanza  dei  lavori. 

Capomorto.  Veggasi  a  distillazione. 

Caponàggine,  caponeria.  Azione  da  ostinato, 
ostinazione. 

Capóne.  Caparbio,  ostinato. 

Capóne.  Grosso  paranco  per  sollevare  {'àncora. 

Capopàgina.  Fregio  in  testa  alla  pagina. 

Capoparte.  Detto  a  partito  e  a  poj^olo. 

Capoparto.  Veggasi  a  mestruo  e  a  parto. 

Capopèzzo.  L'artigliere  che  punta  il  cannone. 

Capopòpolo.  Detto  a  pòpolo. 

Capoposto.  Comandante  di  soldati  a  guardia 
di  un  luogo. 

Caporale.  Primo  grado  a  cui  può  salire  il  sol- 
dato. -  Capo  operaio  in  certi  lavori  o  in  dati 
opifici. 


CAPPELLAIO 


407 


Caporione.  Veggasi  a  capo  e  a  jfopolo. 
Caporchestra.  Direttore  d'orchestra. 
Oaporirèrso,  caporovescio.   Con    la   testa 

in  giù:  capovolto. 

Caposaldo.  Sostegno,  base,  fondamento.  - 
Segno  indicante  il  punto  nel  quale  deve  essere  al- 
zato 0  abbassato  il  livello  d'una  strada,  d'un  muro, 

Caposcala.  Estremità  superiore  della  scala. 

Caposcuola.  Maestro,  capo,  in  arte,  in  lette- 
ratura, in  scienza. 

Caposezione.  L'impiegato  superiore  in  un 
riparto  d' ufficio. 

Caposquadra.  Capo  di  una  squadra  di  sol- 
dati, d'operai,  ecc. 

Caposquadròne.  Capo  d'uno  squadrone  di  ca- 
valleria. 

Capostazione.  Veggasi  a  sfazione  (di  ferrovia). 

Capostiva.  Basso  ufficiale  di  marina. 

Capostorno.  Malattia  del  cavallo. 

Capotaniburo.  Detto  a  tam,huro. 

Capotasto.  Veggasi  a  musicali  istruìnenti. 

Capotavola.  Detto  a  tnensa. 

Capotinioniere.  Basso  ufficiale  di  marina. 

Capoverso.  Parte  di  scrittura  o  di  stampa, 
dove  incomincia  il  rigo  o  il  verso:  comma. 

Capovòlgere  {capovolto,  capovoltato).  Mettere, 
mandare  capovolta  una  cosa:  rovesciare,  arrove- 
sciare; travolgere.  -  Capovòlgersi,  rovesciarsi. 

Capovoltare  (capovoltato,  capovolto).  Lo  stesso 
che  capovolgere,  rovesciare. 

Cappa.  Parte  del  camino. 

Cappa.  Sorta  di  sopravveste  non  molto  lunga 
e  con  maniche;  specie  di  mantello  con  cappuccio 
e  a  strascico,  usato  da  cardinali,  da  vescovi  e  da 
canonici.  Anche,  sacco  o  abito  di  penitenza  degli 
ascritti  alle  confraternite.  -  Abito  grave  da  portarsi 
d'inverno,  sopra  altre  vesti,  e  più  stretto  del  pa- 
strano. -  Capperone,  capperuccio  contadinesco,  il 
quale  è  appiccato  a  sallambarchi,  per  portarselo  in 
capo  sopra  il  cappello,  quando  piove.  -  Cappotta, 
quasi  piccola  cappa;  m.antello,  perlopiù  di  panno- 
lano,  che  le  donne  portano  d'inverno.  -  Cappotto, 
abito  soppannato  con  bavero:  gabbano.  -  Cappuc- 
cio, parte  della  cappa,  o  mantello,  che  si  suol  tenere 
appiccata  allo  scollo  di  alcune  vesti  per  coprirsi  il 
capo  al  bisogno. 

Cappa.  La  decima  lettera  AqW" alfabeto  greco. 

Cappamagna.  Sopravveste  da  principe,  da 
canonico  e  da  altri  prelati,  da  cavaliere  di  ta- 
luni ordmi,  ecc. 

Cappèlla.  Edificio  consacrato  al  culto,  piccola 
chiesa,  battistero,  edicola,  oratorio,  tempietto.  - 
Anche,  parte  d'una  chiesa  dov'è  un  altare  dedi- 
cato a  un  santo,  ecc.  -  Cappellano,  prete  che  uffizia 
una  cappella  e  ha  una  cappellania,  cioè  un  benefizio 
ecclesiastico  al  quale  è  annessa  qualche  uffiziatura. 
-  Cappellanato,  ufficio  e  dignità  di  cappellano. 

Cappèlla.  Tutti  i  musici  e  i  cantori  di  una  cap- 
pella, di  ima  chiesa.  Veggasi  a  musica  e  a  canto. 

Cappellaccia.  Detto  ad  allodola. 

Cappellaio.  Chi  fabbrica  o  vende  cappelli  (veg- 
gasi a  cappello)  e  altri  capricapo:  cappellinaio, 
berrettinaio.  -  Cappellata,  la  moglie  del  cappellaio; 
venditrice  di  cappelli  da  uomo.  Se  da  donna,  cre- 
staia, modista.  -  Appropriaggisti,  gli  operai  in- 
caricati dell'appropriaggiare  (veggasi  più  innanzi).  - 
Follatore,  artefice  che  incorpora  e  fissa  la  tessitura 
del  panno  ;  nell'uso,  follista.  -  Lustratore,  chi  lustra 
feltri,  cappelli.  •  Mondatrice,  o  cernitrice,  chi  se- 
para, secondo  la  loro  natura,  i  peli  (di  coniglio,  di 


lepre,  di  castoro,  ecc.),  dopo  che  furono  tagliati  - 
beJista,  nel  linguaggio  dei  cappellai,  l'operaio  adi- 
bito alla  preparazione  del  cappello  a  cilindro.  -  Sor- 
titori,  gli  operai  addetti  alla  scelta  delle  pelliccie  per 
il  colore  del  pe'o  e  per  la  qualità. 

Agguagliatora,  la  donna  che  agguaglia  la  paglia 
da  cappelli.  -  Trecciaia,  treccialo,  chi  fa  trecce  di 
paglia,  ma  più  comunemente  dicesi  di  colui  che  fa 
il  commercio  delle  trecce  di  paglia  da  farne  cap- 
pelli: trecciaiolo,  trecciaiola. 

Materie  adoperate   pek   fabbricare  i  cappelli 
di  feltro  e  di  paglia. 

Di  feltro.  —  Cappuccio,  pezzo  rotondo  di  feltro, 
che,  nell'atto  della  bollitura,  si  affonda  nel  mezzo 
a  foggia  di  tasca  o  cappuccio,  che  si  informa  poi.  - 
Cencio  di  Parigi,  specie  di  tela  ingommata  che  serve 
per  fare  il  fondo  dei  capini  pei  cappelli  da  inverno. 
■Doratura,  il  pelo  della  pelle  di  lepre,  che  è  gial- 
liccio. -  Falda,  la  groppa  della  pelle  di  lepre  con- 
ciata per  cappelli.  Falda  matta,  se  c'è  anche  del- 
l'altro pelo,  oltre  la  groppa.  -  Feltro,  unione  e  in- 
tralciamento per  ogni  verso  di  peli,  sodati  in  modo 
da  formare  come  una  specie  di  panno  non  tessuto. 

-  Fianchetto,  falda  sottile  fatta  di  pelo  più  scello, 
con  la  quale  talvolta  i  cappellai  coprono  le  parti  più 
apparenti  di  un  cappello.  -  Merinos,  le  lane  fini  per 
il  feltro. 

Felle,  la  spoglia  della  lepre,  o  d'altro  animale, 
quando  è  fornita  del  suo  pelo,  atto  a  fabbricar  cap- 
pelli. -  Feto,  sottilissimo  filamento  che  esce  fuori, 
come  germogliante  dalla  cute  di  molti  animali  :  per 
i  cappellai,  quello  che  si  può  ridurre  in  feltro,  ac- 
concio a  far  cappelli:  pelo  di  lepre,  di  coniglio,  di 
castoro,  di  vigogna,  di  cammello  e  anche  di  pecora. 
Pelo  vano,  quel  pelo  bianco,  più  grosso  e  più  ru- 
vido, che  non  si  feltra  bene,  non  piglia  il  nero  e, 
quando  passa  inosservato  nei  cappelli,  dà  sempre 
in  fuori  biancheggiante,  e  vi  si  recide  con  forbici 
e  con  larghe  pinzette  taglienti.  -  Rat-gondin,  il  pelo 
più  ricercato  per  la  preparazione  del  feltro.  -  Stampo, 
pezzo  di  tela  nuova  che  si  mette  tra  le  falde  dei  cap- 
pelli, acciò  non  s'appicchino  insieme.  -  Jara,  il  pelo 
della  lepre  o  del  coniglio  che  è  di  maggiore  lun- 
ghezza e  copre  la  caluggine,  cioè  quella  corta  e  fine 
peluria  che  sta  contro  la  pelle  dell'animale,  rico- 
perta dal  pelo  propriamente  detto. 

Appretto,  acqua  gommata.  -  Folla,  speciale  acqua 
concia,  in  cui  si  fa  bollire  una  falda  imbastita  da 
convertirsi  in  feltro,  per  farne  un  cappello.  Nella 
bollitura  si  pone  gruma  di  botte,  se  il  cappello  ha 
poi  da  esser  tinto  in  nero;  ovvero  s'infonde  alquanto 
acido  solforico,  se  il  cappello  ha  da  rinìaner  bianco, 
0  bigio,  0  d'altro  naturale  colore  del  pelo  adoperato. 

-  Secreto,  segreto,  soluzione  usata  nella  preparazione 
del  feltro:  consiste  in  una  miscela  di  acido  nitrico, 
di  mercurio  e  d'acqua.  Per  tale  miscela  si  usa  una 
damigiana  in  bilico  sopra  un  piccolo   apparecchio. 

-  Tinta,  acqua  per  tingere  il  cappello,  nella  quale 
si  son  fatti  bollire  e  stemperare  alcuni  ingredienti, 
come  dire  vetriolo,  cioè  solfato  di  ferro,  verde- 
rame, legno  di  campeggio  e  galla,  se  il  cappello  tia 
da  essere  tinto  in  nero. 

Di  paglia.  —  Si  fanno  cappelli  con  paglia  di  riso^ 
di  grano,  di  segale,  con  varie  foglie,  ecc.  -  Cascola, 
sorta  di  grano  che  si  semina  per  cavarne  più  soe- 
cialmente  la  paglia  da  cappelli,  -  Il  cappello  di  Pa- 
naria, 0  cìpacipa,  si  fa  con  le  foglie  della  bombonaxa, 


408 


CAPPELLAIO 


pianta  spadiciflora,  detta   anche  palma  di  Panama. 

-  Nacuma,  liana  con  la  quale  si  fanno  cappelli  detti 
di  Panama.  -  Paglia  filata,  la  paglia  di  frumento  o 
di  segale  ridotta  in  fili  e  avvolta  a  cordoni.  -  Pedale, 
la  paglia  grossa.  -  Punta,,  la  paglia  sottile,  fine.  - 
Spàrteria,  ritagli  di  legno,  di  giunco,  di  paglia,  ecc., 
per  far  cappelli.  -  Treccia,  la  paglia  avvolta  per 
fare  i  cappelli  ;  in  generale,  incrociamento  obliquo 
di  tre  o  più  fila  di  checchessia  passate  alternatamente, 
ora  sopra  ora  sotto  le  une  alle  altre,  da  destra  a  si- 
nistra, e  da  sinistra  a  destra,  si  che  ne  risulta  uno 
stretto  reticolato.  -  Treccino,  la  treccia  più  stretta 
per  avviare  le  trecce  di  paglia. 

Operazioni  sui  cappeuli. 

Di  feltro.  —  Carbonizzazione,  operazione  che  ha 
per  oggetto  di  rendere  facilmente  separabili  dalla 
lana  le  materie  estranee  -  Cernita,  la  scelta,  la  sepa- 
razione del  pelo.  -  Decatiraggio,  operazione  che  con- 
siste nel  riscaldare  il  cappello  allo  scopo  di  fissare 
il  colore  e  ridurre  l'elasticità  delle  fibre  feltrate: 
all'uopo,  i  feltri,  dopo  tinti,  sono  introdotti  in  caldaie. 

Feltratura,  riduzione  in  feltro  del  pelo  mediante 
l'imbastitura  e  la  follatura.  -  Follatura,  operazione 
che,  completando  la  feltratura,  riduce  la  carcassa 
del  cappello,  fatta  troppo  grande  appositamente,  alla 
dimensione  conveniente.  -  Imbastitura,  operazione 
■dell'imbastire:  veggasi  più  innanzi.  -  Lavatura,  prepa- 
razione della  lana,  antecedente  alla  carbonizzazione. 

-  Montatura,  il  mettere  insieme  le  varie  parti. 
Pomiciatura,   operazione   (cosi   detta   perché   un 

tempo  fatta  con  la  pietrapomice  e  a  mano)  che  ha 
per  oggetto  di  r?isare  i  leltri,  i  quali,  allo  stato  na- 
turale, somigliano  al  panno  detto  loden:  ì  cappelli 
sono  messi  sopra  una  delle  forme  fissate  su  perni 
roteanti  velocissimamente,  e  l'operaio  con  una  carta 
smerigliala  ne  preme  la  superficie  in  modo  uniforme. 

-  Pressatura,  compressione  che  si  fa  sul  cappello 
mediante  una  matrice  di  (erro  riscaldata  e  identica 
alla  forma  del  cappello  stesso.  -  Rimontatura,  ri- 
monta, il  rimontare  e  l'operazione  eseguita,  rifa- 
cendone alcuna  parte  nuova. 

Sbarbatura,  operazione  con  la  quale  il  feltro  viene 
rasato  mediante  un  coltello  bene  affilato.  -  Segre- 
tatura;  o  secretamento,  l'operazione  del  trattare  i  veli 
col  segreto  o  secreto.  Gli  operai  strofinano,  mediante 
guantoni  e  s'pazzole,  il  dorso  delle  pelli  con  soluzione 
d'acido  nitrico  e  mercurio.  -  Sodatura  delle  imba- 
stiture: si  fa  portandole  (ialle  corde  imbastitrici  a 
macchine  che  le  assodano  fra  due  assi  imbottite, 
umide  e  riscaldate,  dando  una  consistenza  al  velo 
e  incominciando  la  feltrazione.  -  Soffialura,  opera- 
zione per  cui  il  pelo  é  passato  in  una  serie  di  mac- 
chine, divise  a  scompartimenti,  ciascuno  dei  quali 
ha  un  cilindro  munito  di  punte  d'acciaio,  girante 
a  grandissima  velocità  davanti  ad  una  tela  senza 
fine:  si  fa  questa  operazione  per  sfioccare  e  pulire 
il  pelo  -  Spuntatura,  operazione  di  strappare  alle 
pelli  la  punta  del  pelo,  perchè  molto  ruvida  e  or- 
dinaria: si  fa  a  mano,  con /brèici  o  co/tó//i  speciali, 
ma  anche  a  macchina.  -  Vellutazione,  o  lustratura, 
operazione  fatta  per  rendere  lucente  la  superficie 
dei  cappelli  mediante  contatto  con  dischi  giranti 
coperti  di  carta  vetrata. 

Di  paglia.  —  La  paglia  viene  intrecciata  sopra 
un  ceppo  che  l'operaio  tiene  sulle  ginocchia:  il  la- 
voro incomincia  dal  centro  e  si  continua  in  tal 
modo  sino  all'or/o,  e  voltando  il  cappello  o  capo,  a 
tesa.  -   Agguagliare,    scegliere    i   fili   d'una  stessa 


grossezza  e  lunghezza.  -  Imbiancamento,  operazione 
per  cui  si  ottiene  la  paglia  bianca,  tenendola  per 
sei  o  sette  giorni  esposta  alla  rugiada.  -  Mandata, 
ciascuna  delle  due  serie  d'incrociamenti,  uno  da 
dritta  a  sinistra,  l' altro  da  sinistra  a  destra , 
fatti  fin  verso  la  metà  della  larghezza  della  treccia 
da  ciascun  estremo  filo,  dritto  e  sinistro,  il  quale 
chiamasi  filo  di  mandata.  -  Sfilatura,  l'operazione 
del  togliere  le  spighe  alla  paglia.  -  Soleggiatura, 
l'operazione  del  mettere  la  paglia  al  sole  perché 
prenda  un  bel  lustro.  -  Veggasi  a  cappello  (se- 
condo la  materia),  pag.  410. 

Di  SETA.  —  Questi  cappelli  subiscono  le  slesse 
operazioni  preparatorie  elei  feltri,  perlomeno  quelli 
fini,  le  carcasse  dei  quali  sono  fatte  di  pelo  ai  co- 
niglio misto  a  cotone;  per  quelli  comuni,  di  seta, 
la  carcassa  è  formata  con  parecchi  strati  di  tela 
incollata  e  poi  ricoperta  con  la  cuffia   di   peluzzo. 

Verbi  relativi  alle  operazioni. 

Abbruscare,  abbrustiare ,  l' abbruciacchiare,  con 
fuoco  di  paglia,  i  peli  più  lunghi  di  un  cappello 
follato  e  oen  bene  spalettato.  -  Accappare,  tagliare 
rasente  alla  pelle  il  pelo  che  si  vuole  feltrare,  e  ri- 
pulire del  carniccio  le  lane  o  i  peli  della  vigogna 
0  del  cammello.  -  Appinzare,  recidere  con  pinzette 
larghe  e  taglienti,  in  un  cappello  rifinito,  certi 
lunghi  peluzzi  bianchi  o  trasparenti,  i  quali  non 
hanno  potuto  prendere  la  tinta.  -  Appropriaggiare 
(appropriaggioj,  il  dare  la  forma  speciale  che  deve 
avere  un  dato  cappello. 

Battere  il  pelo,  lo  scuoterlo  e  sfioccarlo  coll'arco, 
per  quindi  imbastirlo.  -  Feltrare,  far  la  feltratura. 
-  Follare,  premere  il  feltro  col  rolletto  o  bastone, 
bagnandolo  e  maneggiandolo  per  condensare  il  pelo: 
questo  viene  immerso  in  acqua  calda  contenuta  in' 
una  caldaia  di  piombo  o  di  rame. 

Imbastire,  il  ridurre  in  falde  il  pelo,  involtato 
nella  pezza,  la  quale  si  piega,  si  ripiega,  si  preme, 
si  dimena  sopra  un  banco,  e  d'inverno  sul  bacino. 
Con  questa  operazione  il  pelo  secretato  comincia  ad 
arricciarsi,  ad  aggrovigliarsi  e  ad  unirsi  in  falda, 
disponendosi  cosi  alla  follatura.  Ciocie,  o  cocuz- 
zolo, le  imbastiture  follate.  -  Incrociare,  quel  ripie- 
gare in  più  versi  replicatamente  le  falde  nell'im- 
bastirle;  lo  svolgere  la  pezza  da  imbastire  e  il  ri- 
piegare in  varie  guise  l'imbastitura,  calcandola  poi 
con  la  mano,  acciò  non  restino  i  segni  delle  piega- 
ture. -  Informare,  dare  (sulla  forma)  al  cappuccio 
una  prima  foggia  di  cappello.  -  Rinformare,  rimet 
tere  in  forma. 

Scardinare,  pettinare  le  pelli  da  cappello  col  car- 
dino. -  Secretare,  fare  il  secretamento.  -  Selolinare 
spazzolare,  ripulire  col  setolino.  -  Spolettare,  il 
comprimere  e  quasi  raschiare  con  la  paletta  il  cap- 
pello che  si  sta  manipolando,  per  togliergli  l'ec- 
cessivo umido  della  folla,  ovvero  della  tinta.  - 
Spelare,  tagliare,  o  anche  strappare  il  pelo  dalla 
pelle,  per  batterlo  quindi  con  l'arco.  -  Spianare, 
dare  al  cappuccio,  già  stato  informato  e  tinto,  la 
piegatura  ferma  e  stabile  della  tesa,  e  trasformarlo 
cosi  in  cappello.  -  Spuntare,  tagliare  le  cime  dei 
peli  cresciuti  alla  superficie  della  pelle.  Dopo  la 
spuntatura  dei  peli,  le  pelli  si  secretano,  poi  si 
spellano. 

Arnesi. 

Arco,  arnese  col  quale  il  cappellaio  batte,  ossia 
scuote  il  pelo,  per  isfioccarlo,  quando  è  rappallot- 


CAPPELLAIO 


409 


tato,  0  per  rimescolarlo  quando  è  di  qualità  diverse, 
che  si  vogliono  riunire,  bue  parti  :  l'asta,  il  naso, 
la  ventola  e  la  corda,  che  si  la  vibrare  con  la  maz- 
zuola. Queste  tre  parli  sono  fermate  allo  due  estre- 
mità della  prima,  cioè  aWasla  ddlarco,  liastone  di 
legno  dolce,  e  perciò  leggiero,  lungo  dalle  due  alle 
tre  braccia,  grosso  quanto  aggavignauna  mano,  leg- 
germente conico.  La  corda  è  una  minugia  di 
quelle  da  violoncello,  tesa  dall'una  all'altra  estre- 
mità dell'asta,  passando  sulla  grossezza  del  naso  e 
della  ventola.  Il  naso,  cosi  detto  per  similitudine, 
è  uno  sporgimento  a  squadra  verso  l'estremità  an- 
teriore dell'  asta.  La  ventola  è  un  pezzo  d'assi- 
cella bislungo,  quadrangolare,  fermato  per  coltello 
sul  calcio,  cioè  verso  l'estremità  inferiore  e  più 
grossa  dell'asta  e  sulla  stessa  linea  del  naso  :  serve 
alla  tensione  della  corda  per  battere  il  pelo. 

Avaloire  (frane),  arnese  che  agevola  il  far  scor- 
rere a  segno  lo  spago  strettamente  legato  verso  la 
base  della  fascia  del  cappello,  quando  questo  è 
posto  sulla  forma:  è  una  spranghetta  d'ottone, 
presso  la  cui  estremità,  assottigliata  e  rotondata,  è 
una  risega,  o  battente,  che  spinge  lo  spago,  quando 
tra  esso  e  il  cappello  é  introdotta  la  parte  assot- 
tigliata dell'arnese,  e  questo  è  meaato  in  arco  con- 
tro la  fascia  del  cappello,  -.fiaòino,  lamina  circolare 
di  ferro  o  di  rame,  del  diametro  di  alcuni  palmi, 
alquanto  convessa,  o  anche  del  tutto  piana,  e  posta 
su  un  fornello,  per  farvi  sopra  l'imbastitura  del 
pelo  nella  stagione  fredda.  -  Èracciolino  di  velluto, 
strumento  che  si  adopera  per  lisciare  ii  pelo  dei 
cappelli. 

Calcatola,  calcatoio,  arnese,  fatto  di  un  asse  con 
due  maniglie,  che  serve  a  calcare  le  falde  del  cap- 
pello dopo  che  sono  state  battute  all'arco.  -  Cardino, 
spazzola  con  punte  di  ferro.-  Carri,  carrelli  a  piani 
scorrenti  su  rotaie,  dentro  e  fuori  le  stufe  di  car- 
bonizzazione, ossia  la  camera  di  essiccazione.  •  Con- 
formatore, 3.ppairecchio  per  prendere  l'esatta  misura 
della  incapatnra  (cosi  chiam.ano  i  cappellai  il  con- 
torno esatto  della  testa).' 

Fenditrice,  apparecchio  che  occorre  nella  prepa- 
razione dei  cappelli  di  feltro:  consiste  in  una  spe- 
cie di  bacchetta  di  ferro,  che  ricorda,  nella  forma, 
l'allarga-guanti.  ^  Forma,  la  testiera.  -  Gruccia,  ar- 
nese, per  lo  più  di  legno,  a  uso  di  dare  o  di  con- 
servare all'  imboccatura  del  cappello,  quando  è 
nuovo,  figura  ovale,  appropriata  a  quella  del  capo: 
composta  di  due  archi,  i  quali  nel  mezzo  della 
loro  parte  concava  sono  stabilmente  fermati  a  cia- 
scuna estremità  da  un  fusto,  formato  di  due  pezzi 
che  entrano  a  vite,  uno  in  capo  all'altro,  per  po- 
terlo all'uopo  allungare  o  raccorciare.  -  Lissoir 
(frane),  arnese  di  legno  per  dare  il  giro  al  cappello  duro. 

Mazzuola  o  mazzetta,  cilindretto  di  legno  di  bos- 
solo, lungo  circa  un  palmo,  con  una  capocchia  a 
ciascuna  delle  due  estremità,  fatto  al  tornio,  e  tutto 
di  un  pezzo;  con  la  mazzuola  si  producono  nella 
corda  le  vibrazioni  che  scuotono  celeremente  in 
più  versi  il  pelo  ammontato  sul  banco.  -  Paletta,  e 
più  comunemente  spaletla,  lamina  quadrangolare 
di  ottone,  a  orlo  assottigliato,  ma  non  tagliente,  e 
con  la  quale  si  spaletta  il  cappello.  -  Passacordone, 
specie  di  grosso  ago  che  serve  a  passare  il  cordone 
con  cui  si  appunta  il  cappello.  -  Pezza  da  imba- 
stire, grosso  panno  di  cànapa,  nel  quale,  inumidito, 
s'involge  il  pelo  che  si  vuole  imbastire. 

Rulletto,  bastone  sottile  a  due  capi,  ingrossato 
nel  mezzo,  quasi  a  modo  di  fuso.  Per  mezzo  di  esso  si 
comprimono  le  falde    nella   follatura,    rivolgendolo 


sopra  e  dimenandolo,  come  si  farebbe  dei  fogli  di 
pasta  col  matterello  o  spianatoio.  -  Setolino,  spaz- 
zoletla  di  setole,  più  sottile  delle  ordinarie  e  fatta 
generalmente  di  peli  di  capra:  serve  a  levare  la 
polvere  dai  cappelli.  -  Testiera,  quell'arnese  di  legno, 
terminante  superiormente  a  emisfero,  sul  quale  i 
cappelli  vengono  posati  come  su  una  testa:  forma. 

Macchine. 

Per  cappelli  di  feltro.  -  Sono  parecchie  ;  alcune 
per  allargatura  dei  feltri;  altre  per  la  messa  in  forma, 
per  ìa  vellutazione  e  lustratìtra  dai  cappelli,  la  pressa- 
tura, la  piegatura  deg/t  orli,  ecc.  Con  macchine  di 
invenzione  italiana,  i  feltri  vengono  arrotolati  a  tre 
a  tre,  a  uno  a  uno,  intorno  a  un  piccolo  bastone, 
e  passati  sotto  grandi  ruote  di  legno,  dove  sono 
schiacciati  e  mossi,  avanti  e  indietro,  in  acqua 
bollente  infusa,  poco  poco,  d'acido  solforico. 

Allarga-tese,  la  macchina  che  tira  le  falde  e 
allarga  e  distende  le  tese:  é  formata  di  due 
piccoli  coni,  lunghi  quindici  centimetri,  fissi  con  un 
pernio,  disposti  l'un  sopra  l'altro  e  gii-anti  in 
senso  opposto.  I  coni  possono  essere  alzati  a  mezzo 
di  manovelle.  -  Battiate,  macchina  automatica  che 
informa  i  cocuzzoli.  -  Arsone  meccanica,  macchina 
che  ha  il  compito  di  g'ettare  il  pelo  di  ogni  velo 
nello  stampo  e  di  sfioccare  e  mescolare  ben  bene 
il  pelo.  Questi  due  compiti  li  disimpegna  per  mezzo 
di  due  volani  e  un  sistema  di  corde  di  budello.  - 
Aspiratore,  sorta  di  piccolo,  motore,  accessorio  del- 
l'imbastitrice. 

Carda,  macchina  formatrice  delle  materasse;  anche 
macchina  imbastitrice  dei  cappelli  di  paglia. 

Decader,  la  gran  caldaia  usata  per  il  decatriraggio. 
Follatrice,  la  macchina  che  compie  la  follatura: 
consiste  essenzialmente  in  due  cilindri,  con  rialzi 
di  legno,  che  occupano  una  posizione  superiore  e 
parallela  a  quella  dei  cilindri.  -  Follone,  specie  di 
enorme  martello,  o  maglio,  che  porta  i  veli  di  lana 
in  acqua  bollente  infusa  di  acido  solforico. 

Imbastitrice,  o  bastitrice,  macchina  per  la  lavora- 
zione meccanica  del  pelo:  esternamente  ha  la  for- 
ma di  un  grande  tino  collocato  in  cima  a  un  piede 
di  ghisa,  con  sportello  nella  parte  anteriore;  nel- 
l'interno vi  sono  dei  capi  di  rame,  della  forma 
dell'imbastitura  da  eseguirsi,  posati  sopra  una  piat- 
taforma girante.  -  Pressa,  la  macchina  che  dà  la 
forma  al  cappello  e  che  consiste  essenzialmente  in 
una  matrice  di  ferro  fuso  riscaldata  e  identica  alla 
forma  del  cappello  che  si  desidera  avere.  -  Rasa- 
trice, la  macchina  che  compie  la  rasatura:  é  for 
mata  da  una  forma,  o  testiera,  girante  sopra  un 
perno  verticale.  -  Rifilatrice,  la  macchinetta  che 
rifila  l'orlo. 

Sabbiosa,  macchina  che  serve  a  dare  forma  e 
resistenza  alle  falde  dei  cappelli  flosci:  li  fa  pas- 
sare sotto  sacchi  pieni  di  sabbia.  -  Sbarbatrice,  la 
macchina  che  ha  l'incarico  di  operare  la  sbarba- 
tura. -  Sodatrice,  macchina  che  schiaccia  i  coni  for- 
mati dalle  materasse,  o  veli  di  lana  sovrapposti.  - 
Soffiatrice  fsoffiosa),  macchina  che  serve  allo  scopo  di 
sfioccare  il  pelo  e,  nel  frattempo,  di  dividere  il  più 
fine  dall'ordinario  mediante  forte  ventilazione, 
questa  macchina,  che  esternamente  ha  l'aspetto  di 
una  galleria,  consiste  essenzialmente  in  cilindri  ar- 
mati di  punte  d'acciaio,  giranti  con  grande  velo- 
cità e  quasi  incarcerati,  uno  a  uno,  in  scomparti- 
menti separati.  -  Spuntatrice,  macchina   che,    sosti- 


410 


CAPPELLANATO   —   CAPPELLO 


tuendo  le  antiche  forbici,  compie  l'ufficio  di  spun- 
tare le  pelli  seccate. 

Tagliatrice,  macchina  che  rasa  completamente  la 
pelle,  rendendone  la  superficie  liscia:  consiste  in 
un  lungo  coltello  e  in  un  sistema  di  cilindri  mu- 
niti di  lame  taglienti.-  Vellutatrice  (vellutosa),  mac- 
china per  vellutare  il  cappello. 

Macchine  per  cappelli  di  paglia.  —  Sistole, 
macchina  impiegata  per  dividere  la  paglia  a  se- 
conda della  grossezza.  -  lagliatrice,  macchina  che 
taglia  in  strisele  longitudinali  le  toglie  di  palma 
che  servono  per  la  preparazione  del  cappello  pa- 
nama: consiste  essenzialmente  indueag'',  che  cor- 
rono parallelamente  su  e  giù  per  un  telaio.  -  Tor- 
chio, sorta  di  pressa  speciale  per  la  preparazione 
dei  cappelli  di  paglia. 

Oappellanato.  Detto  a  cappella. 

Cappellania,  cappellano.  Veggasi  a  cap- 
pella. 

Cappellata.  Quanta  roba  può  stare  in  un  cap- 
pello. -  Colpo  dato  col  cappello. 

Cappelletti.  Sorta  di  minestra  bolognese. 

Cappelletto.  Detto  a  bussola. 

Cappelliera.  Custodia  da  cappèllo. 

Cappellina.  Il  cappello  di  paglia. 

Cappellinaio.  Arnese  per  appendervi  il  cap- 
pello. 

Cappellino.  Il  cappello  da  signora. 

Cappello.  Copertura  del  capo,  fatta  per  lo  più 
di  feltro,  di  forma  emisferica,  o  cilindrica  o  legger- 
mente conica,  circondata  nella  parte  inferiore  da 
una  falda,  della  stessa  materia:  portatura  di  testa, 
petaso.  -  Cappelletto,  dimin.  di  cappello.  -  Cappel- 
lino, dimin.  e  vezzegg.  di  cappello,  specialm.  da 
ragazzi  o  da  donna,  e  questo  fatto  (ÌsWb,  modista. 
-  Cappellucciaccio,  dimin.  spreg.  di  cappello.  -  Cap- 
pelluccio,  cappello  meschino.  -  Cappellaio^  fab- 
bricante 0  venditore  di  cappelli.  -  Cappelleria,  bot- 
tega dove  si  vendono  cappelli.  -  Copricapo,  neolo- 
gismo inelegante,  usatissimo  invece  della  parola 
generica  cappello:  questa  però  non  si  potrebbe  mai 
usare  invece  di  berretto,  di  cuffia  e  simili. 

Il  cappello  è  basso  o  alto,  molle  o  duro,  nuovo  o 
usato;  incincignato,  gualcito,  rotto,  unto,  untoso,  un- 
tuoso, ecc.;  mencio,  senza  la  durezza  e  consistenza  che 
dovrebbe  avere;  moscio,  floscio;  ridotto  una  ficài- 
tola,  malconcio  ;  sbertucciato,  quello,  specialmente 
da  donna,  in  tutto  o  in  parte  malconcio,  come  se 
fosse  stato  mantruggiato  dalla  bertuccia  o  scimmia; 
sfondato,  col  fondo  rotto;  messo  a  riposo,  il  cappello 
che  non  si  porta  più. 

Il  cappello  secondo  la  forma  e  la  materia. 

Secondo  la  forma,  si  ebbero  e  si  hanno  molti  e 
diversi  cappelli:  a  becco,  a  cupola,  a  gronda,  a 
pioppino,  a  punta,  a  rocchetto,  a  staio,  a  pan  di 
zucchero;  alla  bersagliera,  alla  tirolese,  alla  mari- 
nara, a  molla,  da  società,  a  due  punte,  a  tre  punte, 
rostrato,  tondo  (con  la  tesa  allargata  e  quasi  orizzon- 
tale),ecc.;  a  cencio,  cappello  non  ingommato,  di  forma 
rotonda,  con  falde  più  o  meno  larghe;  acilindro,  o 
semplicemente  cilindro,  cappello  alto,  di  forma  ci- 
lindrica, detto  anche  bomba,  cappello  a  stato,  a 
torre,  tuba  (a  Venezia  canna),  a  rocchetto  (tuba 
nuova,  lucente,  a  specchio);  alla  calabrese,  alto,  un 
po'aguzzo,  di  tesa  piuttosto  larga,  detto  anche  mo- 
scio a  falda  larga;  alla  Lobbia,  alla  maniera  di 
quello  portato  da  Cristiano  Lobbia  (fu  in  uso  al 
tjmpo  del  famoso  processo);  alla  marinara,  di  fog- 


gia simile  ai  cappelli  da  marinaio;  a  lucerna  e  fa- 
migliarm.,  a  soffietto,  a  due  punte,  con  la  tesa  riunita 
da  due  parti  sul  cocuzzolo;  anche  quello  che  si  fa 
ai  bambini  con  un  giornale  o  un  foglio  grande,  a 
barchetta. 

Cappello  arricciato,  con  una  o  più  parti  della 
tesa  rivoltata  all' insù  contro  la  fascia,  come  quelli 
portati  alla  brava  ;  a  taglière ,  come  quello 
usato  dai  cinesi  ;  a  tre  acque,  a  ire  venti,  quello 
che  ha  tre  rialzature  (non  più  usato);  a  tre  punte, 
a  tre  canti,  a  tre  spicchi,  a  tre  venti,  a  nicchio  e 
assol.  nicchio,  come  quello  da  preti. 

Becchetto,  specie  di  cappuccio  a  foggia  di  becco  ; 
banda  (scherz.),  cappello  a  cilindro  ;  bombetta,  basso 
e  duro  ;  da  società,  cappello  a  molle  (gibus),  fatto 
a  staio,  di  raso  nero:  per  mezzo  di  una  molla,  lo 
si  deprime  e  lo  si  porta  cosi  sotto  braccio  (frane, 
chapeau  claque). 

Mortone  (scherz.),  cappello  alto;  m'cfWo  (scherz.), 
il  cappello  a  tre  punte,  da  prete.  -  Paiolino,  a  cencio 
o  di  feltro,  e  della  forma  d'un  piccolo  paiuolo.  - 
Pioppino,  a  cocuzzolo,  come  i  funghi.  -  Sombrero 
(voce  spagnuola  usata  anche  in  francese),  cappello 
a  larghe  tese  per  ischermo  dal  sole.  -  Teglia  (scherz.), 
il  cappello  con  la  tesa  larga.  -  Tubino,  a  mezzo  staio, 
duro  (tubino  spelato). 

Secondo  la  materia.  —  Cappelli  di  feltro,  di  ca- 
storo, di  felpa,  di  seta,  di  paglia,  di  trùciolo,  di 
cuoio,  di  pelle,  di  stoino,  di  lana  corta,  di  pelo  di 
lepre,  di  capra,  ecc.  La  fabbricazione  dei  cappelli 
di  feltro  si  divide  ora  in  due  rami  principali  : 
quella  dei  cappelli  di  lana  e  quella  dei  cappelli  di 
pelo.  -  Cappello  a  cencio  o  di  cencio,  quello  di  feltro 
senza  colla,  con  larga  tesa:  così  detto  perchè  si 
ripiega  e  si  maneggi?  come  un  cencio.  -  Cappello 
di  felpa,  fatto  di  un  tessuto  di  seta,  di  bavella,  o 
di  sinighella,  col  pelo  lunghetto  dalla  parte  este- 
riore. -  Cappello  di  feltro,  fatto  di  pelo  sodato  in 
feltro;  di  legno,  di  crine  animale,  cappelli  fatti  con 
tali  materie  e  preparati  come  quelli  di  paglia. 

Cappello  di  paglia,  quello  formato  di  paglia  di 
una  particolare  varietà  di  frumento,  detto  marzuolo: 
cappellina,  maggiostrina  (milanese),  paglietta.  E', 
genericamente,  di  due  sorta:  in  una  i  fili  della 
paglia  sono  andanti,  cioè  non  intrecciati,  ma  legati, 
gli  uni  cogli  altri,  con  rigiramenti  di  refe;  al  lem- 
bo della  tesa  fa  finimento  e  fortezza  un'orlatura 
di  nastro.  -  Cappelli  di  treceia,  fatti  con  trecce  di 
paglia,  cucita  in  giro  spiralmente  per  uno  dei  lembi, 
in  modo  da  formare  prima  il  cocùzzolo,  poi  la 
fascia,  da  ultimo  la  tesa.  -  Manilla,  o  manila,  cap- 
pello fatto  con  una  specie  di  giunco.  -  Panama, 
cappello  leggiero  a  larga  tesa  e  cocuzzolo  tondo, 
fatto  con  lo  stelo  di  una  speciale  palma  americana, 
tessuta  molto  fitta  (veggasi  a  pag.  407). 

Cappello  di  pelle,  di  cuoio,  quello  cosi  detto  per 
similitudine,  ma  nel  quale  non  entra  né  cuoio,  né 
pelle,  ed  è  fatto  di  lana  corta,  sodata  in  feltro, 
coperto  di  vernice  lucente  (usato  da  chi  debba 
stare  lungamente  esposto  alla  pioggia). 

Parti  del  cappello.  —  Accessori 

Cucuzzolo,  la  parte  superiore  del  cappello,  sia 
essa  piana  o  convessa  (cocùzzolo  alto,  schiacciato,  ecc.). 
-  Diadema,  frontone,  e  anche  bando,  quella  rialza- 
tura  che  si  fa  nella  parte  dinnanzi  dei  cappelli.  - 
Falda,  la  tesa.  -  Fascia,  la  parte  del  cappello  ci- 
lindrica. 0  conica,  che  cinge  il  capo  e  termina  nel 
cocuzzolo.  -  Fianchello,  falda   sottile  fatta   di   pelo 


CAPPELLO 


41: 


più  scello,  con  la  quale  talvolta  si  coprono  le  parti 
pili  apparenti  del  cappello.  -  Fodera,  tessuto,  per 
io  più  di  seta,  col  quale  si  copre  internamente  la 
forma  del  cappello. 

Giro  del  cappello,  la  linea  che  circonda  la  testa.  - 
Inreratiìio.  incerato,  la  striscia  interna  che  si  mette  per 
salvare  il  feltro  dall'untuosità.  -  Orlo,  il  lembo  di 
tela  o  d'altro  che  copre  il  c^iro  della  tesa.  -  Piega, 
la  linea  curva  formala  dall'unione  della  fascia  con 
la  tesa,  ripief,'ate  a  squadra. 

Staììipo,  pezzo  di  tela  nuova,  che  si  pone  tra  le 
falde  dei  cappelli,  acciò  non  s'appicchino  insieme. 
-  Taglière,  il    fondo  piatto  del   cocùzzolo.  -   Tesa, 


la  p;irte  del  cappello,  che  si  stende  in  fuori  giù 
dal  tondo,  sotto  al  cocuzzolo,  e  fa  solecchio.  -  Velo, 
striscia  di  (juesto  tessuto  che  si  inette  al  cappello 
in  segno  di  lutto.  -  Visiera,  parte  che  sporge 
sulla  fronte,  a  forma  di  mezzaluna,  sopra  gli  occhi. 
AccKssoRÌ.  —  Agrema,  hlo  di  ferro  alquanto  grosso, 
ravvolto  di  cotone,  che  serve  a  dar  consistenza  alle 
tese  del  cappello:  voce  francese  accettata  dall'uso. 
-  Ala  di  Mosca,  specie  di  velo  ingommato,  sottilis- 
simo e  unito,  che  serve  per  fodera  interna.  -  Cap- 
perone, capperuccio  contadinesco,  il  quale  è  appic- 
cato a  saltambarchi,  per  portarselo  in  capo  sopra  il 
cappello  quando  piove.  -  Cappuccio,   copertura  per 


Tav.  XVII. 


Va   donna. 

1,  Cappello  dell'epoca  di  Enrico  IV;  2,  id.,di  Luigi 

XVI;   3,    id.,   della  Rivoluzione;   4,  idem;   5,   id.   del 

primo  Impero  ;  6,  1821  ;  7,  1837;  8,  1838;  9,  1840;  10,  1840; 

11,  1841;  12,  184i/;  13,    1857;   14,    1875;    15,    1890;  16,   1899. 


Ba  uomo. 
1.  cappello  dell'epoca  diCarloVlI;  2,  id., di  Francesco  I; 

o     ^\j      ^:  T7. :«^  7TT.    t     ìa       ^i;    t  .-iji-..;  VTTT«  e.    ìa       z^;    t  ^^;rri 

XV; 

Ì864';'l4ri867";"Ì5, 'lè-lsrìe',  ISSoTlV,  '\3,  1899.' 


1,  Cappello  dell'epoca  diCarloVlI;  2,  id., di  Francesco  I; 
3,  id.,di  Enrico  III;  4,  id.,  di  Luigi  XIII;  5,  id.,  di  Luigi 
XV-  6,  id.,  di  Luigi  XVI;  7,  8,  id.,  della  Rivoluzione; 
9,  id.,  del  primo  Impero;  10,  1830;  il,  1S42;  12, 1849;  13, 


il  capo,  fatta  per  lo  più  come  una  borsa  conica» 
che  è  attaccata  dietro  a  cappa,  cappotto,  mantello 
e  simili.  In  antico  lo  portavano  i  nobili  ;  ora  più 
specialmente  i  frati,  gli  ascritti  alle  confraternite, 
i  cacciatori,  gli  ufficiali  nel  mantello  da  acqua 
(cappuccio  da  marinaro,  da  vetturale,  ecc).  -  Cap- 
puccio a  gote,  fatto  in  modo  da  coprire  tutte  e  due 
le  gote.  -  Coccarda,  rosetta  xhe  si  pone  al  cappello 
3  aìrocchisllo.  -  Cordone,  nastro,  o  gallone,  o  cor- 
doncino, che  cinge  o  anche  stringe  esteriormente 
la  base  della  fascia  presso  la  piega. 

Elmuzia,  specie  di  cappuccio,  -  Gufo,  cappuccio 

di  pelle    di    vaio.  -  Nappiua.   fiocchetto    riunito   a 

.  bottone  e  ghiandolina,  per   ornamento   e  fregio  ai 


copricapo.  -  Pennacchio,  mazzetto  di  più  penne 
insieme,  che  si  porta  al  cappello  o  al  cimiero  {pen- 
nacchiuto, ornato  di  pennacchio).  -  Pennoncello,  pen- 
nacchio. -  Pennino,  piccolo  pennacchio.  -  Soggolo, 
striscia  di  pelle  annerita  per  fermare  il  chepi,  il 
colbac,  il  cappello  sotto  la  gola. 

Cappelli  da  prete,  da  militari,  ecc. 

Cappello  a  tre  j)Unte,  o  cappello  da  prete,  quello 
la  cui  tesa  in  tre  punti  equidistanti  è  rialzata  ton- 
deggiante verso  la  fascia  e  viene  a  formare  come 
un  triangolo  equilatero:  tricorno.  •  Cappello  go- 
gliardico,  il  berretto  degli  studenti.  -  Còlbàc,    cap- 


412 


CAPPELLO 


pello  cilindrico  in  pelo  di  foca,  portato,  in  Italia, 
dai  soldati  di  cavalleria  leggiera:  caschetto.  -  Feluca, 
cappello  a  due  punte,  a  navicella,  a  soffietto,  usato 
da  militari  d'alto  grado  e  dai  carabinieri:  cappello 
a  lume,  lucerna. 

Galeno,  cappello  d'onore  dei  dignitari  ecclesiastici: 
è  nero,  con  guarnizioni  e  nappe,  paonazze  per  i  canonici 
e  altri  prelati,  verdi  per  i  vescovi  e  gli  arcivescovi, 
rosse  per  i  cardinali.  -  Kepi,  specie  di  cappello  mi- 
litare, da  prima  adottato  da  alcune  milizie  francesi 
in  Algeria:  casco,  gasco,  elmo.  -  holbach,  o  col- 
6acA-,voce  turca  che  indica  un  cappello  militare  rico- 
perto di  pelo,  d  forma  di  cono  rovesciato,  in  uso  in 
Turchia.  -  Llania,  o  llantu,  specie  di  cappello  degli 
Incas,  -  Mameluk,  cappello  a  mezzo  pelo  brillante. 

-  Petaso,  sorta  di  largo  cappello  per  ripararsi  dalle 
intemperie. 

Saltambarco,  specie  di  grosso  copricapo  da  conta- 
dini, ora  tuori  d'uso.  -  Schal;o,  pesante  cappello  mi- 
litare, vario  di  forma  e  di  ornamenti  secondo  le 
nazioni  e  i  tempi  :  voce  ungherese  passata  in  molti 
linguaggi.  -  Schapzka,  o  czapskd,  cappello  da  lan-- 
cleri  polacchi.  -  Tarbusc,  copricapo  che  usano  gli 
Arabi  e  i  Turchi;  è  di  panno  color  rosso  scuro,  a 
forma  di  cono  :  fez,  in  lingua  turca.  -  Tocco,  co- 
pricapo piccolo  e  senza  orlo  di  giudici  e  magistrati. 

-  Turbante,  fatto  di  più  fasce  di  tela,  o  simile, 
ravvolto  in  torma  rotonda,  con  cui  si  coprono  il 
capo  i  Turchi  e  altri  popoli  orientali. 

Cappelli  antichi. 

Anadema,  sorta  di  fascia  adoperata,  per  orna- 
mento del  capo,  dagli  antichi  re  di  Persia:  specie 
di  turbante.  -  Apex,  cappello  portalo  da  certi  preti. 

-  Bacinetto,  specie  d'elmo  o  cappello  di  ferro,  antico, 
senza  visiera  e  senza  gorgiera.  -  Cadenette,  cappello 
usato  dai  soldati  nel  secolo  diciottesimo.  -  Cappel- 
letto, cappello  di  cuoio  usato  anticamente  dagli 
uomini  d'arme;  cappello  per  difesa.  -  Cappello  tes- 
salico,  antico  cappello  a  larghe  tese.  -  Causia,  cap- 
pello d'origine  macedone,  poco  diverso  dal  petaso. 

-  Cidaris,  il  cappello  dei  re  di  Persia,  dell'Armenia, 
della  Partia. 

Galero,  cappelletto  di  Mercurio.  -  Mitra,  cappello, 
stato  in  uso  presso  i  popoli  dell'Asia  Minore.  - 
Pelliri  si  chiamava  anticamente  il  cappello  di 
pelle.  -  Pescia,  antico  cappello  fatto  di  pelle  di 
montone.  -  Petaso,  d'origine  tessala,  di  feltro  e  so- 
migliante al  cappello  da  carbonaio  moderno;  specie 
di  cappello  da  viaggio,  di  felpa,  a  larghe  tese,  usato 
dagli  antichi  Greci  e  Romani.  -  Pileo  fpileus),  cap- 
pello che  presso  i  Romani  era  insegna,  simbolo  di 
libertà. 

Rediunculum,  lungo  cordone  o  nastro  attaccato 
alla  mitra.  -  Sciadio,  cappello   degli   antichi  Greci. 

-  Theristrum,  sorta  di  copricapo  consistente  in  un 
pezzo  di  panno  rettangolare.  -  Tiara,  cappello  na- 
zionale dei  Parti,  degli  Armeni  e  dei  Persiani.  - 
liara  veda,  cappello  conico,  con  una  verghettina 
nel  mezzo,  portato  dai  Lucumoni  nel  primo  tempo. 

Cappello  da  donna. 

Lo  si  ta  di  stoffa  variamente  colorata,  di  feltro, 
di  paglia,  di  velluto,  di  crine,  di  seta,  di  velo,  di 
peluche  (stoffa  di  seta,  di  cotone,  ecc.),  di  tulle,  o 
d'altro  tessuto,  in  mille  modi  ornato  di  fiori,  di 
penne,  di  nastri,  di  altre  cose  moltissime.  Lo  si 
chiama   per    lo    più   cappellino  o,  anche,    cappina. 


cappettina;  spesso  copre  solo  una  parte  del  capo.  - 
Cappello  di  cartoncino,  fatto  di  leggerissimo  car- 
toncino fine,  bianco  e  giallastro,  improntato  in 
modo  da  imitare  i  cappelli  di  treccia;  di  crino, 
di  treccia  di  crini  bianchi  e  neri;  di  passamano, 
fatto  di  passamano  bianco  ingommato  ;  di  stuoi- 
no,  cappello  fatto  di  sottilissimi  trucciolini  bian- 
chissimi, tessuti  insieme;  di  truciolo,  fatto  pure  con 
sottili  trucioli  ni  di  legno  bianchissimo,  tessuti  in- 
sieme. -  A  sporta,  o  chiuso,  il  cappello  che  copre 
gli  orecchi  e  si  lega  sotto  il  mento  con  due  nastri. 
Bili,  cappellino  fatto  come  un  piattino  quadrato 
o  rotondo,  con  due  nastri  da  legare  davanti  o  dietro, 
ben  guarnito  e  con  una  frangina  di  perline  all'in- 
torno. -  Cappotta,  il  cappello  (di  paglia  di  riso  fine) 
prima  che  vada  nelle  mani  della  modista,  che  ne 
fa  un  cappello  elegante  e  lo  vende  con  altri  nomi. 

-  Cappottina,  cappello  di  stoffa  sottile,  con  tesa  a 
guaine  sostenuta  da  stecchine  di  balena  o  da 
ferro  fasciato  (frane ,  capote,  capotine).  -  Ciapperone, 
sorta  di  antico  cappuccio.  -  Monachina,  cappello 
con  la  tesa  larga  e  il  cocuzzolo  basso.  -  Nizzarda, 
0  nizzardo,  cappello  di  paglia.  -  Pamela,  di  paglia, 
a  tesa  larga  e  semplice.  -  Sporta,  per  simil.,  cap- 
pello di  paglia.  -  Toque,  in  frane,  per  indicare  una 
forma  di  grazioso  cappello  muliebre,  tondo,  piatto 
con  lieve  ala  rivoltata. 

Cabochon,  antico  cappellino  a  punta  verso,  la 
fronte.  -  Cabriolet,  antico  cappellino  molto  alto.  - 
Cacosntfc,  copricapo  usato  dalle  donne  russe.  -  Ca- 
lantica,  caliendrum,  antiche  sorta  di  copricapo  por- 
tati dalle  donne  romane.  -  Flammea,  copertura  del 
capo  anticamente  portata  dalle  matrone  e  dalle 
spose.  -  Zendado,  sorta  di  sciarpa,  un  tempo  por- 
tata invece  del  cappello. 

Parti,  guarnizioni,  accessori.  —  Barolet  (frane), 
parte  di  dietro  che  cade  sul  collo.  -  Capino,  la 
cupoletta  che  copre  il  capo.  -  Carcassa,  montatura 
in  filo  di  ferro  per  un  cappello  da  donna.  -  Fon- 
dino, la  forma  che  il  cappellaio  dà  al  cappello  da 
donna  e  che  viene  montato  poi  dalla  modista  o 
crestaia.  -  Gattino  (frane,  buche),  striscia  di  tulle 
piegata  a  cannoncini,  la  quale  si  attacca  intorno 
ai  cappelli  nel  punto  in  cui    incomincia  il  capino. 

-  Legatura,  le  due  strisele  di  velo,  o  due  nastri, 
che  dai  lati  del  cappello  scendono  giù  e  si  anno- 
dano sotto  il  mento. 

Aigrette,  pennacchio  di  sottili  e  gemmate  piume 
che  si  eleva  rigido  sul  cappello  delle  signore.  - 
Alzatura  di  seta,  nastrino  serico,  al  quale  si  mette 
anche  una  biondina  di  seta;  e  si  cuce  dalla  parte 
interna  del  cappello  in  sostituzione   delle   barbine. 

-  Avvoltatura,  striscia  di  nastro  da  guarnizione,  ri- 
piegato sopra  se  stesso  per  la  sua  lunghezza.  - 
Balza,  velo  bianco,  verde  o  cilestro,  il  quale,  legato 
con  due  nastrini  alla'  fascia  del  cappello,  é  tenuto 
allargato  dalla  tesa  e  ricade  sul  davanti,  ovvero  si 
raccoglie  tutto  da  un  lato,  o  anche  si  rialza  affatto 
rovesciandolo  sul  cappello  stesso.  -  jBaròma  (mala- 
mente detta  anche  mentoniera),  mazzettino  bislungo 
di  fiorellini  artefatti,  che  le  donne  pongonsi  sotto 
la  tesa  del  cappello,  nella  parte  laterale  del  volto. 
Le  barbine,  per  lo  più,  sono  due,  una  per  parte,  e 
scendono  fin  quasi  sotto  il  mento.  -  Bigherino, 
specie  di  nastro  usato  per  ornamento  ai  cappelli  da 
donna.  -  Blonda,  trina  alta  che  si  mette  nel  con- 
torno ai  veli  di  dietro  ai  cappelli,  o  davanti,  per 
renderli  più  guarniti.  -  Bordo  (francesismo),  specie 
di  nastro  fatto  di  penna,  che  si  mette  intorno 
alla  testa. 


CAPPELLO   —   CAPPOTTO 


413 


Cappietlo,  nastro  o  cordelline  di  seta  nera,  o  altro 
simile,  a  forma  appunto  di  cappietto,  o  di  fiocco, 
con  un  grosso  bottone  in  mezzo  :  lo  si  mette  per 
ornamento  a  una  delle  rialzature  del  cappello  arric- 
ciato; talora  è  rappresentato  da  filze  di  margheri- 
tine nere  o  di  perline  d'acciaio.  -  Ciarpa,  ampio 
velo  che  si  lega  al  cappello,  e  poi  si  cala  sul 
viso,  0  si  raccoglie  sul  cappellino,  o  si  rigetta  in- 
dietro. -  Cordellone  (frane,  cordonnet),  stoffa  con 
ordito  di  cotone  e  il  tessuto  di  seta,  usata  già  per 
coprire  i  cappelli.  -  Fiori,  ornamento  disposto  sul 
cappello  in  varie  foggia:  in  mazzetti,  in  ghirlan- 
dine, ecc.  -  Frontone,  riunione  di  fiori  fatta  a  tralcio 
prolungato  ;  anche,  ornamento  di  gè  (perline  di  ve- 
tro), posto  nella  rotondità  del  cappello,  davanti. 

Galano,  fiocco  di  nastro  di  seta,  a  quattro  o  più 
staffe,  con  i  due  capi  uguali  e  corti.  -  Ghirlandina, 
più  fiori  artificiali  frammisti  a  erbe,  a  foglie,  ecc., 
disposti  in  arco,  in  cerchio,  in  corona.  -  Marabù, 
penna  morbida  e  sottile  di  una  garza  africana  che 
si  mette  per  guarnizione.  -  Marli,  garza  per  guar- 
nizione. -  Pagliette,  dischettini  di  sottilissima  foglia 
metallica  o  d'altro,  rilucenti  -  Pennini  e  tremolanti, 
specie  di  alberetto  di  piuma  con  goccioline,  di  mar- 
gheritine 0  d'altro,  oscillanti  alla  più  piccola  scossa. 

Sciarpa,  banda  di  seta,  o  di  velo,  che,  termata 
sul  cappello,  casca  sulle  spalle,  e  talvolta  è  girata 
intorno  al  collo.  -  Tortiglione,  penna  di  struzzo  con 
la  piuma  increspata  tutt'all'intorno  della  costola,  a 
foggia  di  bastone  mazzocchiuto,  più  grosso  in  cima, 
e  questa  alquanto  ripiegata  all'ingiù.  -  Tralcio,  ramo 
di  fiori  e  di  fronde  che  dal  cappello  ricade  sulle 
spalle.  -  Veletta,  striscia  di  velo  che  si  appunta  al 
cappello,  e  con  la  quale  si  copre  il  viso.  -  denatura» 
cordoncino  che  si  mette  intorno  alla  tesa. 

Ciò  che  si  fa  del  cappello  e  col  cappello 
Modo  di  portarlo  —  Dove  si  ripone. 

Acciaccare  un  cappello,  comprimerlo,  sformarlo, 
schiacciarlo.  -  Levare  il  grasso,  toglierne  l'untume 
che  prende  dai  capelli  nel  portarlo.  -  Mettere  il 
cappello ,  incappellare ,  rincappellare  ;  metterselo , 
coprirsi,  incappellarsi,  rincappellarsi.  -  Ripulire, 
spazzolare,  pulire,  nettare  con  la  spazzola,  spolve- 
rare. -  Scambiare,  sbagliare  il  cappello,  prendere 
quello  d'un  altro,  invece  del  proprio.  -  Sfondare 
il  cappello,  rovinarlo  nel  fondo  con  un  pugno  o 
altrimenti.  -  Togliere,  togliersi  il  cappello:  scappel- 
lare, scappellarsi. 

^  Affogar  nel  cappello,  averlo  troppo  sproporzionato, 
più  grande  della  testa,  -  Calcarsi,  ficcarsi  il  cap- 
pello sugli  occhi,  fino  agli  orecchi,  tirarlo  molto  giù 
sulla  fronte.  -  Coprirsi,  metter  in  capo,  maniere 
elittiche  per  dire  porsi  in  capo  il  cappello  o  il  ber- 
retto; modo  affettato.  -  Ingozzare,  far  entrare  il 
cappello  giù  quasi  al  gozzo,  con  lattoni,  manate 
{ingozzato  dal  cappello,  chi  lo  porta  cosi).  -  Misu- 
rarsi un  cappello,  provarselo.  -  Portare  il  cappello 
alla  squarciane,  da  millantatore,  da  spavaldo;  sulle 
ventitre  o  sulle  ventiquattro,  bizzarramente  inclinato 
da  una  parte  (allusivamente  alle  ore  nel  tempo  in 
cui  le  si  contavano  dall'una  alle  ventiquattro,  co- 
minciando dal  tramonto):  anche,  alla  brava,  alla 
birichina.  -  Scoprire  il  capo,  la  testa,  levarsi  il  cap- 
pello, per  reverenza.  -  Slare  a  capo  coperto,  avere, 
tenere  il  cappello,  coprirsi,  star  coperto  :  a  capo 
scoperto,  in  capelli,  a  capo  nudo,  senza  cappello  in 
zucca.  -  Sventolarsi  col  cappello,  farsi  aria  con  esso. 

Abbrunire  il  cappello,    mettervi    un   velo  o  altro 


pezzo  di  stoffa  nera,  in  segno  di  lutto.  •  Cap- 
pellone, chi  porta  un  gran  cappello.  -  Codesto  tu 
l'hai  ripreso  al  secondo  tuffo!,  si  dice,  scherz.,  a  chi 
ha  un  cappello  rimontato. 

Cappellata,  colpo  dato  col  cappello.  -  Lattone,  o 
latta,  colpo  dato  sul  cappello  a  mano  aperta:  in- 
gozzatura.  -  Scappellata,  saluto  fatto  col  trarsi  il  cap- 
pello, e  nell'allontanarlo  molto  dal  capo,  in  segno 
di  maggiore  riverenza  ;  una  gran  levata  di  cappello. 
Scappellatura,  una  scappellata  umile. 

Cappelliera,  specie  ili  busta  o  custodia  di  cuoio 
0  di  cartone,  coperto  di  pelle,  di  forma  determinata 
da  quella  del  cappello,  tonda  o  triangolare.  -  Cap- 
pellinaio,  arnese  con  diversi  pioli  o  ganci  per  at- 
taccarci i  cappelli:  portacappello;  specie  di  attac- 
capanni. -  Trabiccolino,  piccolo  arnese  su  cui  si 
posano  i  cappelli  da  donna. 

Cappello.  Parte  superiore  del  fungo,  -  Massa 
delle  vinacce  mandata  in  alto  dal  bollore  del  mosto. 

Cappellotto.  Veggasi  a  fucile. 

Càpperi.  Voce  di  meraviglia. 

Càppero.  Pianta  fruticosa,  perenne,  sempre  verde, 
spontanea  nelle  fessure  delle  vecchie  muraglie  e  nei 
terreni  argillosi:  ha  foglie  tonde,  lisce,  carnose,  col 
picciuolo  munito  di  due  spine  alla  base;  fiori  bianchi, 
ai  quali  succedono  i  frutti,  bacche  bislunghe  come 
olive,  piene  di  polpa,  con  piccoli  semi  rosei.  Non  la  si 
coltiva  negli  orti,  ma  per  averne  si  soffia  il  seme  con 
un  cannello  nei  crepacci  dei  muri,  o  si  pone  in  certi 
tubi  di  terracotta  che  si  adattano  nei  muri  stessi 
0  nei  terrapieni.  I  càpperi  che  si  conservano  sotto 
l'aceto,  per  condimento  di  alcune  vivande,  sono  i 
fiori  in  boccia,  e  anche  i  frutti  immaturi,  fatti  prima 
appassire.  -  Capperetto,  capperino,  piccolo    càppero. 

-  Rutina,  principio  esistente  nelle  foglie  di  ruta  e 
nei  capperi:  è  di  reazione  acida. 

Capperone.  Sorta  di  cuffia  da  suora. 
Cappietto.  Ornamento  per  cappello  da  donna. 

-  Piccolo  cappio. 

Cappio.  Legatura,  fiocco  o  nodo  di  nastro, 
di  corda,  fatto  in  modo  che,  tirato  per  un  de'  capi, 
0  cióndoli,  si  scioglie.  -  Staffa,  parte  del  cappio  che 
si  scioglie,  tirando  uno  dei  capi. 

Càppita,  caspita.  Voci  di  tneraviglia. 

Capponaia.  La  stia. 

Capponare  (capponato).  Veggasi  a  gallo. 

Cappone,  capponessa  {capponare,  capponalo). 
Veggasi  a  gallo  e  a  pollo. 

Cappòtta.  Sorta  di  sopravveste  da  donna. 

Cappottina.  Veggasi  a  cajtpello  (da  donna). 

Cappotto.  Specie  di  gabbano.  -  Tunica  di 
panno  turchino  indossata  dalle  nostre  milizie  a  piedi, 
tranne  i  bersaglieri  e  gli  alpini,  provvisti  di  mantel- 
lina. -  Cappotto  da  scolta,  largo  e  lungo  cappotto  di 
panno  grossolano,  con  cappuccio,  destinato  a  riparare 
dal  freddo  i  soldati  che  montano  in  sentinella,  spe- 
cialmente la  notte.  -  Diftera,  cappotto  di  pelle  degli 
antichi  contadini  e  pastori  greci.  -  Palamidone,  spe- 
cie di  cappotto  d'inverno  aderente  ai  fianchi. 

Marinara,  sorta  di  cappotto  con  cappuccio  alla 
marinara.  -  Pastrano,  specie  di  cappotto  con  man- 
tellina, usato  dalle  truppe  di  cavalleria,  artiglie- 
ria e  dal  treno  del  genio.  -  Schiavina,  cappotto, 
lunga  veste  da  pellegrino,  da  romito.  -  Spencer,  cap- 
pottello  0  casacchino.  -  Ulster,  cappotto  d'inverno, 
lungo,  a  sacco,  con  cintura  dietro,  a  due  petti  e  man- 
tellina staccabile;  sorta  di  cappotto  con  mantellina. 

Martingala,  ornamento  fatto  di  due  striscie  di  panno 
applicate  ai  cappotti  e  che  dalla  cintola  ricadono 
sopra  le  natiche.  -  Incappottare,  incappottarsi,  rin- 


414 


CAPPUCCINA   —   CAPRICCIO 


voltare  e  rinvoltarsi  nel  cappotto.  -  Che  fegatello  I 
si  dice,  in  Toscana,  di  chi  è  stecchito  in  un  cap- 
potto stretto,  stretto.  -  Ha  dimenticato  il  cappotto! 
Non  sé  dimenticato  il  cappotto!,  di  persona  che  af- 
foghi in  un  cappotto  enorme. 
Cappuccina.  Varietà  di  insalata,  di  lattuga. 

-  Yeggasi  a  monaca. 

Cappuccino.  Detto  a  frate. 

Cappuccio.  Sorta  di  copricapo  a  forma  di  cuf- 
fia a  punta,  fissato  con  l'estremità  inferiore  al  collo 
del  cappotto,  del  mantello,  ecc.;  parte  della 
cappa,  del  gabbano,  ecc.  :  bacucco,  butfa,  calotta, 
capperone,  capperuccia,  capperuccio,  capperuccione; 
poppatico,  scapperuccio. 

Bacucco,  specie  di  grande  cappuccio  di  panno 
che  si  metteva  in  capo  per  coprire  il  volto  (e  il 
metterlo  si  diceva  imbacuccarsi,  die  significa  tut- 
tora :  coprirsi  la  faccia).  -  Caliptra,  specie  di  cap- 
puccio col  quale  le  donne  romane  si  coprivano  il 
capo.  -  Cappuccetto,  scappuccino,  picc;ulo  cappuccio. 

-  Capuchon  (frane),  cappuccio  o  mantello  con  cap- 
puccio. -  Capute,  cappuccio  del  cavallo.  -  Cu- 
culio, presso  1  Romani,  specie  di  cappuccio  che 
copriva  il  capo  e  le  spalle  (di  qui  la  cocolla  dei 
frati).  -  Gufo,  cappuccio  di  pelo.  -  Scapolare,  cap- 
puccio da  frate. 

Imbacuccare,  incappucciare,  mettere  il  cappuccio; 
imbacuccarsi,  iìnbacuccolarsi,  incappucciarsi,  incappe- 
rucciarsi,  metterselo;  scappucciare,  toglierlo;  scappuc- 
ciarsi, toglierselo. 

Cappùccio.  Specie  di  cavolo,  di  lattuga.  - 
Aggiunto    d'un   fioi^e   di    color    vario. 

Capra.  Animale  ovino,  rumininte,  fissipede,  con 
corna  persistenti,  lunghe,  arcate  all'indietro  e  con  pelo 
(adoperato  a  fare  tessuti  :  baracone,  cammellotto,ecc.), 
più  ruvido  che  quello  della  pecora:  femmina  del  capro, 
zeba.  Di  parecchie  specie,  e  pregiata  specialmente  la 
capra  del  Cascemir,  del  Tibet,  ecc.  Più  pregevole, 
fra  tutte,  la  cajira  d'Angora,  con  vello  fluente,  ru- 
tilante e  serico.  Vibice,  capra  selvatica,  è  più  nota 
col  nome  di  stambecco:  ha  immense  corna;  abita 
sulle  cime  delle  montagne  d'Europa  e  dell'Asia  oc- 
cidentale. Simile  alla  capra  è  il  camoscio. 

Delle  capre  si  munge  e  si  beve  il  latte. 
Le  pelli  delle  capre  d'Europa  e  d'Africa  sono  ge- 
neralmente conciate  per  fare  cuoi,  per  lavori  di 
calzoleria  e  per  guanti;  quelle  dell'Asia  per  lavori 
di  pellicceria,  come  tappeti  per  cocchieri,  mani- 
cotti, ecc.  -  Le  malattie  della  capra  sono  come  quelle 
stesse  della  pecora.  -  Capretta,  dim.  di  capra.  -  Ca- 
prettina,  dim.  di  capretta.  -  loriccio,  capra  giovane. 

Becco,  il  maschio  della  capra  domestica,  adope- 
rato esclusivamente  per  la  riproduzione  :  capro, 
beccone,  caprabecco,  irco  (becco  selvatico),  salta- 
becco. -  Capretto,  dimin.  di  capro.  Anche,  il  parto 
della  capra,  non  ancora  spoppato:  caprettino,  ca- 
priatto,  caprioletto,  capriuolo,  caproncino,  cavretto, 
cavriolo  ;  beccherello,  beccheretto,  becchetto,  bec- 
cuccio. -  Caproncino,  dimin.  di  caprone.  -  Caprone, 
accresc.  di  capro.  -  Caprigno,  caprino,  di  capra,  di 
capro.  Caprino  significa  anche  puzzo  di  capra. 

Bargiglio,  bargiglione,  la  carne  che  pende  sotto 
il  collo  dei  becchi.  -  Caprume,  pelle  di  capra.  - 
Pizzo,  il  ciufTetto  di  peli  che  si  sviluppa  nella 
parte  inferiore  del  muso  della  capra:  cincinno.  - 
Vello,  il  manto  peloso  che  riveste  il  corpo  delle 
capre. 

Belare,  il  mandare  tuori  la  voce  che  fanno  le 
capre  e  le  pecore.  Di  capretto,  anche  vagire.  -  Be- 
lamento,  l'atto  del  belare.  -  Belato,  il  grido  caratte- 


ristico proprio  delle  pecore,  delle  capre,  degli  a- 
gnelli:  belio,  belato  prolungato.  -  Brucare  (bruca- 
tura), il  mangiar  l'erba  che  tanno  le  capre.  -  Càccola, 
cacherello,  sterco  che,  nell' uscire,  rimarne  attaccato 
ai  peli  delle  capre  (caccoloso,   pieno   di  càccole). 

Capraio,  pastore  di  capre:  capraro.  -  Capraia, 
la  moglie  del  pastore  o  la  custode  di  capre.  -  Ca- 
primidgo,  mungicapre.  -  Caprareccia,  la  stalla  delle 
capre:  caprile,  ovile,  -  Chregge,  branco  di  capre 
d'un  padrone  :  il  gregge  barbato  o  barbuto,  le  capre. 

-  Tecc,  tecd,  chiamando  le  capre.  -  Alhida,  pelle  di 
capra  conciata  con  allume.  -  Marocchino,  pelle  con- 
ciata con  la  galla, 

CuciNATURA.  —  Coratella,  fegatino  di  capretto  da 
latte.  •  Gigot,  coscetto  di  capretto  o  di  castrato  - 
Pedùccio,  parte  dal  ginocchio  in  giù.  -  lesticciola, 
la  testa  del  capretto. 

Mitologia.  —  Amaltea,  la  capra  che  allattò  Giove, 
da  lui  per  gratitudine  co'  suoi  due  capretti  collocata 
in  cielo,  dando  uno  de'  corni  di  essa  alle  Ninfe  (che 
avevano  avuto  cura  della  infanzia  di  lui),  con  la 
virtù  di  produrre  tutto  ciò  che  esse  desideravano. 

Capra.  La  pelle  conciata  della  capra,  -  Stella 
di  prima  grandezza  nella  costellazione  di  Boote. 

-  Macchina  per  alzar  pesi:  veggasi  a  peso. 

Capraia,  capraio.  Veggasi  a  capra. 

Capraréccia.  Detto  a  capra. 

Caprétto.  Veggasi  a  capra. 

Capriccio  (capriccioso).  Voglia  improvvisa  e 
leggiera  od  ostinata;  desiderio  acuto,  ma  poco 
ragionevole  ;  gusto  sconsiderato,  che  nasce  di  scatto, 
per  una  data  cosa  o  per  una  data  persona;  passione 
amorosa,  subitanea,  passeggiera  irragionevole  (veg- 
gasi ad  amore).  Con  varie  gradazioni  di  significato: 
anfania,  appetito,  arbitrio,  bizzarria,  buzzo,  cape- 
streria, còccola;  estro;  fantasia,  fantasticheria,  fi- 
sima, fregola,  frenesia,  frullo:  ghiribizzo,  griccio, 
gricciolo;  grilletto,  grillo;  levata  di  testa,  libito, 
luna,  mattana;  pizzicore,  puntiglio,  prurito;  ruzza, 
ruzzo;  scesa  di  testa;  ticchio;  vanità,  velleità,  vo- 
glierella,  voglietta,  vogliucola,  vogliuzza.  Frane, 
boutade.  -  Capriccetlo,  dimin.,  vezz.  di  capriccio.  - 
Capricciaccio,  capricciuccio,  peggior. 

Fanfaluca ,  gingillo ,  fronzolo  e  anche ,  figu- 
rai., capriccio.  -  farnetico,  più  che  capriccio.  - 
Ripicco,  picca  puntigliosa.  -  Jicchio,  capriccio  su- 
bitaneo e  poco  ragionevole.  -  Velleità,  volontà 
monca,  imperfetta,  stramba. 

Capriccioso,  che  ha  capricci,  che  ta  capricci  :  biz- 
zarro, bisbetico,  estroso,  fantasioso,  ghiribizzoso, 
stravagante.  -  Capricciosino,  dimin.,  non  sempre 
vezz.  di  capriccio.  -  Capino,  cervellino,  persona  ca- 
pricciosa. -  Fantastico,  di  persona  sofistica,  strana- 
mente capricciosa.  -  Strambo,  capriccioso,  bisbetico, 
bizzarro. 

Capricciosamente,  a  capriccio,  a  fantasia,  estro- 
samente, ghiribizzosamente,  secondo  la  luna. 

Avere  i  capricci,  far  capricci:  frullare  il  capo,  la 
testa,  il  cervello;  avere  i  grilli,  grillare  il  cervello; 
entrare  in  capriccio,  incapricciare ,  incapriccire, 
incaparbire,  diventar  caparbio;  montare,  saltare, 
venire  il  capriccio,  il  grillo,  il  ticchio;  venir  la 
fantasia,  l'estro.  -  Incapricciarsi,  avere  un  capriccio 
ostinato.  Ma  si  dice  anche  per  innamorarsi.  -  La 
gli  gira!  (tose),  di  persona  che  abbia  capricci. 

Soddis[are  il  capriccio:  cavare,  cavarsi,  una  vo- 
glia; scapricciarsi,  sbizzarrirsi;  cavarsi,  soddisfarsi 
le  voglie;  pigliarsi  il  piacere  ;  sfogarsi;  andare  in 
poste  coi  capricci:  cavarsi    un   cocòmero  di  corpo. 

Perdere,  togliere  il  capriccio:  uscire    dal    capo  i 


CAPRICCIO    —    CARAMELLA 


415 


grilli,  il  ruzzo,  la  pazzia,  la  voglia.  -  Far  passare, 
levare,  rompere,  scacciare,  togliere  i  capricci,  i 
grilli  ;  sbizzarrire,  scaponire,  scapricciare,  scapriccire. 

Capriccio.  In  musica,  componimento  pura- 
mente istruinentale. 

Capricorno.  Segno  dello  zodiaco.  -  Lo  stam- 
becco, 

Capriflcazione.  Detto  a  fico. 

Caprifico.  Sorta  di  fico. 

Caprifoglio.  Frutice,  arboscello,  con  fiori 
olezzanti  :  abbracciabosco,  madreselva.  -  Caprifo- 
gliacee,  famiglia  di  piante  dicotiledoni;  araliacee 
una  .'oro  varietà.  -  Sinforina,  genere  di  piante  ca- 
priiogliacee:  comprende  trutici  d'ornamento,  a  grap- 
poli litti. 

Caprigno,  caprino.  Detto  a  capra. 

Caprile.  Stalla  della  capra. 

Caprina.  Grasso  neutro  del  burro. 

Caprino.  Detto  a  burro. 

Caprino.  Di  capra,  somigliante  a  capra. 

Capriòla,  Femmina  del  capriolo,  specie  di  cervo. 

Capriola.  Capitómbolo,  salto. 

Capro.  Il  mascbio  della  capra  domestica. 

Capro  emissario.  Veggasi  a  sacrificio. 

Caprug-jjinare  (caprugginato).  Fare  la  caprug- 
gine  alia  botte. 

Capruggine.  Intaccatura  che  si  fa  alle  doghe 
della  hotte. 

Capsico.  Genere  di  piante  solanacee.  -  Capsi- 
caina,  alcaloide  delle  bacche  di  capsico. 

Càpsnla.  Qualunque  involucro  che  in  sé  com- 
prenda una  parte  o  il  germe  di  alcuna  cosa.  - 
Preparato  di  farmacia.  -  Capsula  manometrica, 
veggasi  a  gas. 

Termine  di  anatomia  :  capsula  articolante , 
quella  che  avviluppa  una  articolazione;  cristal- 
lina, quella  che  inviluppa  la  lente  cristallina  del- 
Yocchio;  di  Glisson,  la  capsula  che  inviluppa  il 
fegato;  di  Muller,  veggasi  a  rene;  sinoviale, 
quella  capsula  di  liquore  viscido  che  serve  a  lu- 
bricare le  articolazioni  delle  ossa.  -  Capsule  cere- 
brali, veggasi  a  cervello;  surrenali,  quei  corpi 
globosi  che  si  trovano  sul  rene  e  hanno  la  forma 
di  un  berretto  frigio. 

Càpsula.  Piccolo  cappelletto  di  metallo,  con 
fulminante,  che,  innescato  sull'acciarino  del  fucile 
0  di  altra  arme  da  fuoco,  serve  a  determinare 
l'esplosione:  cappellotto,  cappellozzo,  cassula,  ful- 
minante. Vi  sono  anche  capsule  per  gli  acciarini 
dei  siluri  semoventi:  veggasi  a  siluro.  -  Capsula 
fulminante,  quella  che  determina  l'esplosione  della 
gelatina:  distinguesi  la  capsula  fulminante  ordinaria 
e  la  capsula  fulminante  elettrica  (che  contiene  una 
corrente  elettrica). 

Captazione.  Detto  a  testamento. 

CaptiTO.  Voce  poetica:  lo  stesso  che  prigio- 
niero 0  schiavo. 

Capzioso.  Detto  a  frode  e  a  insidia. 

Carabàttola.  Bagattella,  inezia.  -  Masserizia, 
mobile.  -  Istrumento,  utensile  di  mestiere. 

Carabina.  Arme  da  fuoco,  specie  di  fucile  più 
corto  del  moschetto,  portato  già  da  alcune  milizie 
a  cavallo  e  da  certe  fanterie  leggiere.  -  Carabina 
rigata,  specie  di  carabina  corta  e  rinforzata,  con  la 
canna  rigata  al  di  dentro  :  si  adopera  in  guerra  dai 
corpi  scelti  eli  bersaglieri  e  cacciatori.  -  Santa  ca- 
rabina, locuzione  di  Garibaldi  a  difesa  dell'arma- 
mento nazionale,  o  «  libere  armi  »,  come  diceva 
Carlo  Cattaneo. 

La  carabina  Albini,  usata  nella  marina  da  guerra 


italiana,  si  compone  dei  seguenti  pezzi:  canna,  tubo 
d'acciaio  inlernamente  solcato  da  righe;  culatta 
vuibile,  chiusura  della  canna,  pure  d'acciaio  e  gi- 
revole a  cerniera;  acciarino,  meccanismo  che  dà 
il  movimento  allo  stelo  e  proiluce  l'accensione  della 
cartuccia;  cassa,  di  legno;  bacchetta,  d'acciaio,  per 
pulire  e,  occorrendo,  scaricare  l'arme;  fornimenti, 
i  pezzi  che  collegano  la  cassa  con  le  diverse  parti 
della  carabina,  e  tra  essi  il  grilletto,  che  fa  agire 
l'acciarino;  dagn  6ajo?ic«a,  arme  da  inastare  sulla  ca- 
rabina. Accessori:  il  cacciavite,  il  turacciolo,  il  por 
ruvitone,  la  cinghia.  Con  questa  carabina  si  adopera 
la  cartuccia  boxer. 

La  carabina  a  ripetizione,  pure  usata  dalla  ma- 
rina italiana,  óltre  la  cassa,  la  culatta  mobile,  i 
fornimenti,  la  bacchetta  e  la  daga,  ha:  un  otturatore, 
congegno  che  serve  a  chiudere  la  culatta  e  spingere 
la  cartuccia  nella  canna  ;  un  congegno  di  ripetizione, 
specie  di  leva  con  sottoleva  nella  parte  inferiore 
della  culatta  mobile;  e  il  serbatoio,  nel  fusto  della 
cassa,  destinato  a  contenere  le  cartuccie  per  il 
fuoco  a  ripetizione  -  Accessori  :  l'ampollina  da  olio, 
il  cacciavite,  il  manico  del  cacciavite,  il  nettatoio,  il 
turacciolo,  Yestrattore  dei  bossoli  (fissato  alla  parte 
anteriore  dell'otturatore),  il  tubetto  di  cuoio,  la  cin~ 
ghia.  La  cartuccia    adoperata  è  quella  a  mitraglia. 

Carabiniere.  Soldato  che  fa  il  servizio  di  po~ 
lizia:  gendarme;  nell'uso,  milite  della  benemerita 
arma:  scher.,  angelo  custode.  -  Arma  dei  reali  ca- 
rabinieri, corpo  riordinato  nel  1874,  diviso  in  ca- 
rabinieri a  cavallo  e  carabinieri  a  piedi.  Comprende: 
il  comandante  generale,  undici  legioni  territoriali, 
una  legione  d'allievi  carabinieri.  Ogni  legione  si  ri- 
partisce poi  in  divisioni,  compagnie,  tenenze  e  se- 
zioni, rispettivamente  comandate  da  colonnelli,  te- 
nenli-colonnelli  o  maggiori,  capitani,  tenenti  e  sotto- 
tenenti. -  Brigadiere,  grado  e  titolo  della  categoria 
dei  sott'ufficiali,  corrispondente  al  furiere  delle  altre 
armi.  -  Maresciallo,  sott'uflìciale,  secondo  i  suoi  vari 
uffici  chiamato  maresciallo  di  alloggio,  maresciallo 
maggiore,  maresciallo  capo,  maresciallo  ordinario.  • 
Vice-brigadiere,  titolo  e  grado  di  sott' ufficiale,  equi- 
valente ai  sergente  delle  altre  armi.  -  Zaptie,  sol- 
dati aggiunti  per  il  servizio  dei  carabinieri,  addetti 
al  comando  superiore  del  corpo  speciale  d'Africa. 

Cordelline,  piccole  cordicelle  di  cotone  bianco  o 
colorato  con  che  si  adornano  le  giubbe  dei  carabinieri: 
ghiglie.  -  Lucerna,  il  cappello  dei  carabinieri  e  di 
alcuni  corpi  di  guardie.  -  Iracolla,  striscia  di  cuoio 
che  portano  i  carabinieri  (dalla  spalla  sinistra  fin 
sotto  il  braccio  destro),  a  sostegno  del  moschetto. 

Carabo.  Sorta  d'insetto  degli  orti  e  dei  giar- 
dini. Specie  più  comuni:  il  dorato,  il  viola  eo.  Vi' 
talico. 

Caracca.  Grossa  ware  da  trasporto  di  commercio. 
-  Sorta  di  bastimento  portoghese. 

Caracollare,  caracollo.  Veggasi  a  cavalcare. 

Caraffa.  Vaso  di  vetro  corpacciuto  e  a  collo 
stretto:  sorta  di  bottiglia  e  anche  di  biccJiiere. 

Caraffino.  Boccetta,  bottiglietta,  ampolla. 

Caràmbola.  Giuoco  di  biliardo. 

Caramella  {caramellaio,  caramellare).  Pastiglia 
di  zucchero  preparata  dal  confettiere;  anche, 
frutto  ricoperto  di  una  crosta  di  zucchero  cotto.  - 
Drop,  caramelle  sferiche  di  vari  sapori  e  colori 
che  l'Inghilterra  ha  messo  di  moda.  -  Caramellaio, 
venditore  ambulante  di  caramelle.  -  Caramellare 
{caramellato),  ricoprire  le  frutte  o  pezzi  di  frutte 
con  un  sottile  strato  di  zucchero  liquefatto,  nel 
quale  si  tuffano  per  un  momento;  anche,  dare  allo 


416 


CARAMELLA   —    CARBONE 


zucchero  una  lieve  cottura,  per  la  quale  si  rap- 
prende e  si  cristallizza. 

Caramella.  Sorta  di  strumento  musicale:  reg- 
gasi a  musicali  isti^umenti. 

Caramogio.  Persona  di  corporatura  piccola 
e  contraffatta. 

Carantàno.  Vecchia  moneta  austriaca  di  rame. 

Carapace.  Detto  a  testuggine. 

Caratare  (caratato).  Modo  di  pesare. 

Caratèllo,  Piccolo  vaso  di  legno,  a  forma  di 
botte,  ma  più  lungo  che  largo,  per  contenere  qualche 
liquore  0  vino  squisito.  -  Quartarolo,  sorta  di 
caratello  di  circa  un  quintale. 

Caratista.  Membro  d'una  società  in  accomandita. 

Carato.  Sorta  di  peso,  ventiquattresima  parte 
d'un  oncia  d'oro.  -  Quota  di  partecipazione  in  una 
società  in  accomandita,  marittima,  ecc. 

Caratonfola.  Specie  di  tartufo  nero. 

Carattere.  Forma,  figura  delle  lettere  d'un 
alfabeto.  -  Forma  di  scrittura,  modo  di  scri- 
vere (veggasi  anche  a  calligrafia).  -  Qualità  par- 
ticolare d'un'opera  d'arte.  -  Termine  di  tipografia 
indicante  l'asticciuola  di  piombo  e  antimonio  che 
si  fabbrica  dalla  fonderia,  o  dalle  macchine  ti- 
pografiche, e  che  rappresenta  una  lettera.  I  caratteri 
si  combinano  per  formare  la  parola,  quindi  la  riga 
e  la  pagina  da  stampare. 

Caràttere.  Qualità  morale  di  una  persona;  in- 
dole, natura.  Così  si  dice:  persona  di  carattere  «?- 
legro  o  melanconico,  buono  o  cattivo,  affa- 
bile 0  sgarbato,  benevolo  o  crudele,  bizzarro 
0  serio,  forte  o  debole,  gentile  o  rozzo,  gra- 
zioso 0  brutale,  indulgente  o  severo,  sincero 
0  ipocrita,  urbano  o  sgarbato,  ecc.,  secondo 
le  qualità  deWanimo.  Si  dice  pure:  carattere  ac- 
cessibile di  persona  facile  a  dare  ascolto,  a  lasciarsi 
vedere  e  trattare;  adamantino,  di  carattere  sal- 
dissimo, indomibile,  inconcusso,  forte;  inflessibile, 
duro,  inesorabile,  irremovibile,  intransigente,  osti' 
nato,  ecc.,  ecc.:  veggasi  a  indole. 

Buonumore,  o  malumore,  condizione  del 
carattere  secondo  i  momenti  e  le  circostanze.  -  Fi- 
sionomia, frenologia,  veggasi  a  indole.  -  Incompa- 
tibilità di  carattere:  si  dice  di  uomo  e  di  donna,  spe- 
cialmente quando  sono  uniti  in  matrimonio  e  non 
d'accordo,  non  in  buona  armonia,  per  differenza  di 
indole,  di  gusti,  di  abitudini,  ecc.  -  Marca  di  fabbrica, 
in  senso  faceto,  figur.  per  impronta,  suggello,  carattere. 

Caràttere.  Costituzione  fisica,  temperamento. 
■  F'ermezza,  costanza  di  propositi,  di  opinione, 
-  Indole  morale  o  genio  nell'autore  di  un'opera 
d'arte,  di  letteratura,  ecc.  -  Distintivo,  qualità, 
caratteristica.  -  Termine  di  teologia. 

Caratterista.  Attore  còmico. 

Caratteristica  (caratteristico).  Speciale  qua- 
lità, nota,  segno  che  serve  a  specificare,  a  distin- 
guere checchessia,  a  determinarne  il  tipo.  -  La 
parte  intera  di  un  logaritmo.  -  Caratteristico, 
proprio,  particolare,  speciale,  di  checchessia:  di- 
stintivo, tipico.  -  Caratterizzare,  costituire  il  carat- 
tere, la  caratteristica  di  checchessia  ;  indicare  o 
mettere  in  rilievo  le  qualità  di  persona  o  cosa; 
qualificare.  -  In  senso  cattivo,  trovare  e  specificare 
1  difetti  del  carattere,  condannare. 

Caratteristico.  Del  carattere.  -  Avente  ca- 
ratteristica. 

Caratterizzare  {caratterizzato).  Veggasi  a  ca- 
ratteristica. 

Caratura.  Quota  di  concorso  in  una  società 
industriale  o  simile:  azione,  carato. 


Caravanservaglio.  Detto  a  carovana. 

Caravella.  Sorta  di  nave  molto  veloce. 

Carbinolo.  Prodotto  di  distillazione  dei  legno. 

Carbonàia,  carbonàio  (carbonata).  Veggasi 
a  carbone. 

Carbonaro.  Affigliato  alla  Carboneria. 

Carbonata.  Carne  di  maiale  cucinata. 

Carbonato.  Nome  generico  dei  sali  risultanti 
dalla  combinazione  dell'acido  carbonico  con  le 
basi,  molti  di  grande  inportanza  industriale  o  far- 
maceutica. Cosi  i  carbonati  di  magnesia,  di  po- 
tassa, di  soda,  ecc.  Sono,  quando  monoatòmico 
il  minerale  che  li  costituisce,  di  due  sorta:  carbo- 
nati neutri  e  carbonati  acidi  o  bicarbonati;  tutti, 
sottomessi  a  una  temperatura  più  o  meno  alta, 
perdono  anidride  carbonica,  residuandosi  gli  ossidi 
metallici.  Si  eccettuano  i  carbonati  alcalini. 

Carbónchio.  Sorta  di  gemma  rossa.  -  Sorta 
di  tumore. 

Carbónchio.  Malattia  di  indole  acuta  e  iniet- 
tiva,  determinata  da  uno  speciale  microrganismo, 
che  produce  negli  animali  una  inlezione  generale, 
e  si  comunica  all'uomo,  più  frequentemente  all'e- 
sterno, di  rado  nei  visceri.  Le  punture  di  animale 
carbonchioso  si  trattano  come  tosse  il  caso  di  una 
ferita  infetta.  -  Antrace,  carbonchio  benigno.  - 
Carbonchio  sintomatico,  malattia  grave  del  bestiame 
bovino,  massime  dei  vitelli  da  uno  a  tre  anni,  en- 
demica, in  alcune  località,  dal  giugno  al  settembre, 
-  Terminio,  specie  di  carbonchio.  -  Incarbonchire, 
prendere  la  natura  del  carbonchio,  a  bolle. 

Siero  anticarbonchioso,  preparato  (cultura  atte- 
nuata) che  si  inietta  contro  l'infezione  carbonchiosa. 

Carboncino.  Piccolo  cannello  di  carbone  per 
uso  del  disegno.  -  Setolane,  sorta  di  carboncino. 

Carbone.  Residuo  della  imperfetta  combustione 
del  legno,  ridotto  in  un  corpo  nero,  solido  leg- 
gero, capace  di  ardere  quasi  senza /i«»»»Hre  e  sen- 
za fumo;  legno  acceso  in  luogo  chiuso,  poi  sof- 
focato e  spento,  prima  che  sia  arso  interamente. 
Serve  in  più  d'una  industria  e  nell'economia 
domestica,  come  combustibile,  ma  più  nel  for- 
nello e  nella  stufa  che  nel  camino:  bragia 
morta,  carbone  spento,  carbone  morto,  nero  di 
brace.  Serve  anche  come  disinfettante  e  colo- 
rante. La  sostanza  semplice,  pura,  che  lo  costi- 
tuisce è  il  carbonio.  ■  Carbone  di  fuoco,  nell'uso, 
un  pezzo  di  carbone  acceso.  -  Carbonigia  (poco 
usato),  polvere  di  carbone.  -  Pedagnolo,  carbone 
tondo.  -  Un  carbone,  due  carboni,  pezzo,  pezzi,  can- 
nello 0  cannelli  di  carbone,  acceso  o  no.  -  Un  car- 
bone, due  carboni  di  foco,  uno,  due  pezzi  di  car- 
bone acceso.  -  Straccio,  il  carbone  che  ta  ]ioco  fuoco. 

Carbonizzare,  ridurre  o  ridursi  allo  stato  di  car- 
bone: incarbonire,  incarbonirsi.  Carbonizzazione, 
atto  ed  etfetlo.  -  Schizzare,  del  carbone  che,  bru- 
ciando, scoppia,  manda  faville,  lancia  lontano  pez- 
zettini accesi.  -  Sfarinare,  ridursi  in  polvere,  come 
farina.  -  Spolverare,  del  carbone  che  si  polverizza, 
in  causa  di  sfregamento  o  pressione. 

Carboncello,  piccolo  pezzo  di  carbone.  -  Brace, 
carbone  di  legna  minuta:  bragia.  Anche,  carbone 
minuto.  -  Brusta,  brace  accesa.  -  Cannello,  pezzo 
di  legno  carbonizzato,  specialmente  se  rotondo  e 
sottile.  -  Fumacchi,  pezzetti  di  legna  che  si  tro- 
vano tra  il  carbone  non  carbonizzati  e  che  sul  foco 
fanno  fumo  e  puzzo.  -  Fumacchino,  piccolo  fumac- 
chio. -  lizzo,  tizzone,  legno  o  carbone  in  parte  o 
tutto  acceso  o  avanzato  al  fuoco. 


CARBONE 


417 


Preparazione  del  carbone  di  legna. 

Carbonaia,  speciale  costruzione  in  cui  si  prepara 
il  carbone,  ed  è  di  due  sorta:  a  metodo  di  mucchi 
e  a  metodo  di  foresta,  a  buca  o  a  catasta.  Luogo 
nei  boschi  dove,  su  di  uno  spazio  di  terreno  piano 
ben  pareggiato  e  circolare,  si  dispongono  in  cono 
le  legna  da  convertirsi  in  carbone;  anche,  il  muc- 
chio di  legna  che  si  vuol  carbonizzare.  -  Carboniz- 
zazione, l'operazione  con  la  quale  le  legna  si  ridu- 
cono in  carbone  nella  carbonaia.  -  Fumare  a  secco, 
di  carbonaia  che  emette  fumo  bianco. 

Bócca,  l'apertura  che  si  lascia  in  cima  alla  car- 
bonaia e  per  la  quale  si  mandano  giù  per  la  roc- 
cliina  trucioli  accesi,  schegge  o  altri  minuti  pezzi 
di  legna  aride,  detti  mozzi,  per  appiccare  il  fuoco. 
-  Buchi,  aperture  che  si  fanno  per  isfogo  della  car- 
bonaia {fumaioli,  fumicaiòli,  i  bastoncelli  per  tare  i 
buchi  nelle  carbonaie).  -  Gagnoli,  buchi  che  con 
cavicchio  appuntato  si  fanno  qua  e  là  nella  pel- 
liccia sino  alla  legna.  -  Ftimi,  gli  sfiatatoi  delle 
carbonaie.  -  Mozzi,  pezzetti  di  legno  che  si  buttano 
nella  bocca  della  carbonaia  per  accendere  o  man- 
tenere il  fuoco.  -  Paravento,  difesa  che  si  fa  alla 
carbonaia  con  fastelli  di  legna,  stuoie,  graticci  e 
simili  dalla  parte  opposta  al  vento,  acciocché  questo 
non  turbi  la  regolare  cocitura  del  carbone.  -  Pel- 
liccia, suolo  0  strato  di  piallacci  che  ricopre  la  car- 
bonaia: coperta  che  si  fa  intorno  intorno  al  cono 
delle  legna  ammontate  con  terra,  ovvero  con  piote, 
cioè  zolle,  la  faccia  erbosa  di  queste  rivolta  contro 
le  legna.  -  Piazza,  l'area  spianata  dove  si  fa  la 
carbonaia:  spiazzo.  -  Bócca,  catasta  di  legna  per 
farne  carbone.  -  Bocchina,  o  rocchella,  i  pali  pian- 
tati in  terra  e  legati  insieme  con  ritortole,  per  te- 
nere la  catasta:  anche,  canna.  Contro  la  rocchina 
sono  collocate  le  legna  ritte  per  punta,  con  un  po' 
di  scarpa,  a  due  o  anche  tre  ordini,  uno  sopra 
l'altro;  e  il  tutto  poi  vien  ricoperto  dalla  pelliccia. 

Mozzi,  minuti  pezzi  di  legna  aride  che  dalla 
bocca  si  buttan  dentro  la  rocchina,  per  infuocare 
con  essi  la  carbonaia.  •  Polverino,  la  polvere  di 
carbone,  più  o  meno  grossa,  che  resta  in  tondo  della 
carbonaia,  dei  magazzini  e  simili,  e  che  si  utilizza 
per  meglio  avviare  il  fuoco.  Serve  più  spesso 
per  assettare  gli  scaldini.  -  Tizzo,  tizzone,  pezzo  di 
carbone  non  ben  cotto  che  si  trova  talvolta  nella 
carbonaia  per  lavoro  non  perfettamente  riuscito,  e 
si  rigetta  perché,  riacceso  sui  fornelli  delle  cucine  e 
simili,  manda  fumo.  Detto  abboccatura  dai  carbonai, 
perchè  lo  si  mette  alla  bocca  dei  sacchi,  dei  cor- 
belli, delle  ceste,  ecc.  -  Trippa,  carbone  che,  nello 
scarbonare  o  per  altra  cagione,  non  si  conserva  in- 
tiero; carbone   sminuzzato,  carbonella,  bracione. 

Far  il  carbone  a  catasta,  con  le  legna  ammontate, 
non  a  buca.  -  Fare  il  fornello,  si  dice  quando  in 
una  carbonaia  si  ammonticchia  a  tronco  di  cono  il 
legno  dolce  o  forte.  -  Far  la  coperta,  o  la  pelliccia, 
disporre  uno  strato  di  patticelo  (felci,  foglie,  ecc.) 
sopra  le  legna  ammontate  della  carbonaia,  per  im- 
pedire che  vi  entri  l'aria,  e  il  fuoco  non  isfoghi  e 
sfiammi,  consumando  le  legna  e  riducendole  in  ce- 
nere. A  questo  strato  si  suole  sovrapporre  anche 
della  terra  umida,  battendovela  con  la  pala.  -  Im- 
boccare, dar  rimboccata,  rabboccare,  l'azione  di  cac- 
ciar giù  legna  per  la  bocca,  onde  mantener  piena 
la  rocchina,  mano  mano  che  ce  n'è  il  bisogno,  cioè 
fino  a  che  il  fuoco  non  sia  passato  a  tutta  la  massa. 
Si  cessa  di  imboccare  quando  il  fumo,  di  bianco 
«  vaporoso,  diventa  nero  ;  il  che  è  segno  che  tutta 


la  carbonaia  è  bene  infocata.  Allora,  con  foglie,  pa- 
glia  e  terra,  se  ne  tura  anche  la  bocca.  Il  cona 
della  carbonaia  infocata  a  poco  a  poco  si  abbassa 
e  diviene  più  ottuso.  Se  questa  depressione  lascia 
qua  e  là  dei  risalti,  é  indizio  che  non  vi  é  bene 
arrivata  la  combustione.  Allora,  per  richiamarvela  e 
renderla  uguale  in  tutto  il  mucchio  delle  legna,  si 
fanno  dei  buchi  (cagnoli)  con  un  ferro  appuntato 
0  con  un  cavicchio  nella  coperta. 

Infocare  la  carbonaia,  l'appiccar  il  fuoco,  ai  mozzi, 
affinché  questi  accendano  le  legna.  Il  fuoco,  dalla 
bocca  ove  s'appicca,  scende  alla  base  della  carbo- 
naia, poi  risale.  Quando  questa  é  tutta  infuocata 
a  un  determinato  grado,  se  ne  tura  la  bocca  con 
foglie,  [paglia  e  terra:  il  fuoco  si  va  lentamente 
soffocando  prima  che  le  legna  siano  ridotte  in  ce- 
nere: e  dopo  alcuni  giorni  il  carbone  é  fatto.  - 
Scarbonare,  levare  il  carbone  fatto  dalla  carbonaia 
e  metterlo  nei  sacchi.  -  Scarbonatura,  lo  scarbonare. 
-  Sommondare,  sormondare,  spogliare  la  carbonaia 
dell'impellicciatura,  quando  i  tizzi  sono  infuocati: 
levare  la  terra,  le  piote,  ecc.,  che  fonuano  la  co- 
perta, per  metterne  a  nudo  il  carbone  bell'e  fatto, 
e  da  insaccare,  raffreddato  che  sia. 

Carboni  di  varia  qualità'. 

Carbone  animale,  carbone  d'ossa.  -  Carbone  arti- 
ficiale, il  carbone  di  legno,  il  carbone  animale  e  il 
coke.  -  Carbone  da  fabbri,  carbone  forte  che  si 
spegne  presto  presto  se  non  vi  si  soffia  sopra  di 
continuo,  e  perciò  non  è  buono  che  per  le  fucine 
de'  magnani.  Tale  il  carbone  di  castagno,  di  stipa, 
e  quello  fatto  coi  ciocchi  e  con  le  barbe  della 
stipa  stessa,  o  d'altro  albero  silvano,  detto  carbone 
di  ciocchi.  -  Carbone  di  Bellvc,  legno  di  tiglio  o  di 
pino,  accuratamente  preparato,  che  si  adopera  come 
assorbente  e  disinfettante  nelle  malattie  gastro- 
intestinali. E'  parte  principale  della  nota  specialità 
chiamata  «  Tot  ».  -  Carbone  di  cannello,  quello  a 
pezzi  tondi  e  alquanto  sonori,  che  si  fa  coi  rami 
mezzani  degli  alberi,  o  coi  piccoli  pedagnoli:  ed  è 
il  migliore.  Detto  anche  carbone  in  cannelle,  a  can- 
nelletti,  di  cannello,  in  cannella.  -  Carbone  di  cerro, 
fatto  di  tondelli  di  cerro,  eccellente  per  la  cucina. 

Carbone  di  spacco,  carbone  di  squarto,  quello  fatto 
di  legna  spaccate,  ed  è  di  minor  pregio  perchè 
scoppia  e  schizza  nell'accendersi.  -  Carbone  di  torba, 
dalla  materia  di  questo  nome.  -  Carbone  dolce, 
fatto  di  legni  dolci  :  il  pioppo,  il  tiglio,  l'ontano,  il 
salcio  e  simili  ;  è  leggiero,  poroso,  facile  a  polve- 
rizzarsi ed  accendersi,  e  perciò  ricercato  per  la 
fabbricazione  della  polvere  da  fuoco.  -  Carbone  forte, 
quello  fatto  di  quercia,  di  cerro,  di  leccio,  esimili 
altri  legni  duri  e  pesanti:  produce  un  fuoco  più 
gagliardo  e  si  consuma  più  adagio  che  non  il  dolce. 

Carbone  naturale,  l'antracite,  il  litantrace,  o  car- 
bon  fossile,  la  lignite  e  la  torba.  -  Carbone  rin- 
tronato, che  ha  sofferto  nella  spaccatura. 

Carbonella,  carbone  di  legno  minuto;  carbone 
molto  trito  0  brace  molto  grossa;  brusta,  carbonina, 
tritolarne  di  carbone.  Anche,  la  grossa  brace  che  si 
ricava  dalle  fornaci  de'  vetri,  dalle  fabbriche  dei 
saponi  0  simili.  -  Grafite  di  storta,  il  carbone,  molto 
denso  e  duro,  che  si  depone  sulle  pareti  delle  storte 
a  gas.  -  Nero  animale,  osso  od  avorio  ridotto  in 
carbone.  -  Nocchio,  carbone  di  sanse.  -  Peras  (frane), 
sorta  di  carbone  artificiale.  -  Sandkohle  (ted.),  car- 
bone magro.  -  Spodio,  carbone  d'ossa.  -  Tondello, 
carbone  di  cerro,  quercia  e  simili:  contrapp.  a 
quello  di  spacco. 


Premo  LI  —  Vocabolario  Nomenclatore 


27 


4i8 


CARBONE    BIANCO 


CARBONERIA 


Carbon  fossile. 

Carbone  di  terra,  litantrace:  sostanza  combusti- 
bile nera,  di  struttura  lamellare  o  fibrosa,  di  lu- 
centezza vetrosa  o  grassa,  fragile,  che  giace  strati- 
ficata entro  i  depositi  dell'antico  terreno  carbonifero 
(veggasi  a  geologia),  proprio  delle  diverse  regioni 
del  globo,  nelle  quali  si  trova  estesamente  sparso. 
E'  costituito  da  frammenti  di  vegetali;  contiene,  di 
solito,  materie  organiche,  e  talvolta  è  cosi  ricco 
di  minerali  di  ferro  che  lo  si  impiega  per  trarne 
questo  metallo.  Brucia  facilmente  con  fiamma, 
fumo  nero  e  odore  bituminoso;  sviluppa  forte  cct- 
lore. 

Antracite,  carbon  fossile  che  si  presenta  in  istrati 
nei  terreni  di  sedimento,  ma  sopratutto  in  quelli 
vicini  ai  terreni  di  cristallizzazione  o  incastrati  fra 
i  medesimi:  eccellente  combustibile.  -  Carbonile, 
combustibile  dell'America,  avente  la  proprietà  del 
carbon  fossile  e  del  coke.  -  Coke  (ingl.),  carbon  fos- 
sile quale  risulta  dalla  sua  distillazione,  cioè  dopo 
aver  perduto  le  sue  sostanze  fluide  e  gassose:  car- 
bon fossile  arso  :  eminentemente  combustibile.  - 
Giavazzo,  varietà  compatta  di  lignite,  leggiera,  di 
color  nero,  capace  di  bellissimo  pulimento.  Se  ne 
fanno  oggetti  d'ornamento  per  lutto.  -  Lignite,  specie 
di  carbon  fossile,  magro,  di  formazione  più  recente  : 
si  accende  e  abbrucia  facilmente  con  fiamma,  fumo 
nero  e  odore  bituminoso.  -  Litantrace,  nome  scien- 
tifico del  carbon  fossile. 

Antracene,  uno  dei  prodotti  della  distillazione 
del  carbon  fossile  :  idrocarburo  solido  che  si  ricava 
dal  catrame  di  questo  combustibile.  -  Benzina, 
carburo  di  idrogeno  che  si  ha  dalla  distillazione 
dell'olio  di  carbon  fossile:  benzòlo.  -  Bituminile, 
schisto  argilloso,  nero,  duro,  frequentissimo  nei  de- 
positi carboniteri.  -  Briquettes,  mattonelle  combu- 
stibili preparate  con  polvere  di  carbon  fossile  e 
Gualche  materia  glutinante.  -  Catrame,  prodotto 
i  distillazione  del  pino,  del  larice,  ecc.,  e  del 
carbon  fossile.  -  Chinolina,  base  organica  che  .si 
trova  nel  catrame  di  carbon  fossile,  ma  che  si  può 
preparare  anche  artificialmente.  -  Grisou,  gas  idro- 
geno protocarbonato  che  si  svolge  dalle  miniere  di 
carbone  fossile:  scientificam.,  metono.  -  Paracresó^o, 
il  cresolo  che  si  estrae  dal  catrame  di  carbon  fos- 
sile: cristallizza  in  prismi  incolori;  ha  odore  fenico; 
è  poco  solubile  nell'acqua.  -  Parvolina,  sostanza  che 
si  trova  nell'olio  di  catrame  di  carbon  fossile  e 
nell'olio  d'ossa,  ottenuta  per  distillazione.  -  Picene, 
idrocarburo  che  si  ha  dalla  distillazione  della  pece 
di  cartoon  fossile  e  dei  residui  di  petrolio.  -  Picolina, 
alcaloide  volatile  non  ossigenato,  isomero  dell'ani- 
lina: è  contenuto  nel  catrame  di  carbon  fossile.  - 
Pireno,  idrocarburo  che  si  estrae  dal  carbon  fossile. 
Pirofucsina,  nuovo  estratto  del  carbon  fossile, 
usato  per  conciare  il  cuoio  e  per  le  disinfezioni  in 
generale.  -  Piròlo,  o  pirrolio,  liquido  molto  ri- 
frangente, di  odore  somigliante  a  quello  del  cloro- 
formio: si  trova  nel  catrame  di  carbon  fossile,  nel- 
l'olio di  ossa  e  lo  si  prepara  anche  artificialmente. 
Saccarina,  derivato  del  carbon  fossile,  polvere 
bianca,  polverulenta,  amorfa,  in  parte  cristallina, 
di  sapore  dolce  intenso. 

Varie.  —  Carbonaio,  chi  esercita  l'arte  di  fare  il 
carbone  e  anche  chi  lo  rivende  o  lo  porta.  -  Car- 
bonaia, la  moglie  del  carbonaio,  o  donna  che  vende 
carbone.  -  Bracino  (tose),  chi  vende  brace  e  carbone: 
braciaiuolo.  -  Cocitore,  chi  assiste  alla  cocitura  del 
carbone.  -  Anlracosi,  malattia  dei  carbonai. 


Braciere,  vaso  per  lo  più  di  metallo,  nel  quale 
si  tiene  carbone  acceso  per  riscaldamento.  - 
Pistone,  arnese  di  legno  che  serve  a  pestar  carbone, 
salnitro  e  zolfo  per  far  la  polvere.  -  Tip  (ingl.), 
macchina  per  caricare  prontamente  ed  economica- 
mente il  carbone  sulle  navi.  -  Vaglio,  specie  di 
cesta  dove  i  carbonai  misurano  il  carbone. 

Carbonaia,  stanza  in  cui  si  tiene  il  carbone  a  uso 
della  cucina.  -  Carbonièra,  detto  già  per  carbonaia; 
talora  catasta  di  legna  disposta  per  essere  ridotta  a 
carbone;  ma  più  spesso  si  usa  a  indicare  la  stanza 
0  la  buca  in  cui  si  tiene  il  carbone.  -  Nome  anche 
di  barcaccia  adoperata  per  trasportare  carbone.  - 
Carbonile,  stanzone  o  altro  luogo  in  cui  si  ripone 
e  si  custodisce  il  carbone  per  uso  delle  magone  o 
di  altre  officine  da  lavorare  i  metalli.  -  Soma,  un 
certo  carico,  un  certo  peso  di  carbone. 

Betula  {betula  alba),  legno  da  bruciare  e  far  car- 
bone. -  Macchia,  boscaglia  fitta  e  di  piante  cedue, 
da  carbone.    -    Miniera,  cava  di  carbone  fossile. 

Carbone  bianco.  Appellativo  che  si  dà  al 
ghiaccio  dei  ghiacciai  perchè  dalle  cadute  d'acqua 
lungo  i  fiumi  da  essi  alimentati  si  trae  forza  elet- 
trica. 

Carbonella.  Minuto  carbone. 

Carboneria.  Associazione  politica,  patriottica, 
segreta,  fondata  (forse  per  importazione  francese) 
nel  reame  di  Napoli,  al  principio  del  secolo  XIX, 
estesasi  poi  in  quasi  tutta  l'Italia.  Suo  scopo:  libe- 
rare la  patria  dai  tiranni  che  la  opprimevano.  Sua 
formola  :  alla  gloria  del  Gran  Maestro  dell'Universo. 
-  Carbonaro,  membro  della  Carboneria.  -  Sanfedista, 
partito  italiano  che  si  oppose  prima  alle  idee  della 
rivoluzione,  poi  al  carbonarismo. 

Organizzazione  -  Gradi  -  Simboli,   distintivi,  ecc. 

Due  divisioni  della  Carboneria,  la  gerarchica  e- 
V amministrativa:  la  prima  serviva  a  regolare  la  ca- 
tena dei  gradi,  cosi  che  a  capo  di  tutto  V Ordine  era 
una  Alta  e  potentissima  Assemblea;  immediatamente 
sottoposti  a  questa  gli  Stati  Carbonarici,  divisi  in 
Provincie  o  regioni;  ogni  provincia  divisa  in  sette 
dipartimenti;  ogni  dipartimento  in  sette  mojih;  ogni 
monte  in  parecchie  vendite.  La  divisione  ammini- 
strativa, più  semplice,  riguardava  l'andamento  ge- 
nerale, senza  distinzione  di  gradi.  I  rappresentanti 
di  tutte  le  vendite  d'una  provincia  formavano  VAlta 
Vendita,  e  si  adunavano  tre  volte  all'anno,  per  esa- 
minare, principalmente,  lo  stato  dallo  spirito  pub- 
blico nella  provincia.  Gli  ufficiali  erano  ventuno, 
tra  i  quali  un  gran  presidente  e  un  grande  oratore. 

Gradi.  —  La  Carboneria  riconosceva,  in  ordine 
numericamente  successivo,  nove  gradi,  cioè:  ap- 
prendisti, maestri,  cava'.ieri  di  Tebe,  discepoli,  apo- 
stoli, evangelisti,  patriarchi,  arcipalriarchi,  potentis- 
simi arcipatriarchi.  -  A  diiferenza  dei  tre  puntini 
della  Massoneria,  a  triangolo,  i  Carbonari  usa- 
rono i  tre  puntini  in  linea  retta.  Nella  firma  si  se- 
gnavano tre  puntini  fra  due  linee  rette  trasver- 
sali per  il  grado  di  apprendista,  cinque  puntini  per 
il  grado  di  maestro,  un  maggior  numero  per  gli  al- 
tri gradi. 

Simboli.  —  Acqua,  primo  simbolo  in  cui  purifi- 
carsi e  rigenerarsi  alla  virtù.  -  Chiodi  della  crocifis- 
sione,'s'ìmhoW  del  dolore.  Pertica  e  chiodi  intrecciati 
rappresentano  la  massima  del  carbonaro,  perchè  si 
avvezzi  ai  dolori.-  Corona  di  spine,  emblema  della 
fermezza  nello  sfuggire  la  puntura  del  vizio  e  della 
menzogna.  -  Croce,  ricordo  dei  dolori  che  soffrono- 


CARBONETTO   —    CARCIÓFO 


419 


i  virtuosi,  affinchè  possano  trionfare.  -  Legna  affa- 
stellate, gli  stessi  carbonari,  stretti  in  unione  di 
pace.  -  Sole,  simbolo  della  virtù,  che  non  si  cor- 
rompe e  preserva  dalla  corruzione.  -  Scala,  rappre- 
sentazione del  progresso  che  si  svolge  a  gradi.  - 
Sale,  l'astro  benefico  che  illumina,  vivifica  tutto  il 
creato  e,  diradando  le  tenebre  della  notte,  risplende 
nelle  foreste  e  invita  i  buoni  cugini  carbonari  al  sa- 
ero  travaglio  della  carbonizzazione.  -  Tronco  dell'al- 
bero, simbolo  della  superficie  terrestre  e  della  vita 
che  vi  si  svolge  mirante  al  cielo.  Le  sue  radici  in- 
dicano la  sua  fermezza,  mentre  le  verdeggianti  fronde 
significano  che  esso  non  invecchia  mai.  -  Altri  sim- 
boli: il  berrette  frigio,  il  pugnale,  ecc. 

Distintivi,  ecc.  —  Principale  distintivo,  Vesciantillon, 
cioè  l'abito  dei  BB...  CC...  CO...  (buoni  cugini  carbonari): 
si  portava  sospeso  alla  sinistra  del  petto;  era  variamente 
foggiato  secondo  i  gradi.  Per  l'apprendista  consisteva 
in  un  pezzo  di  legno,  lavorato  a  cilindro,  di  olmo,  di 
ulivo  0  di  altro,  nelT estremità  tagliato  a  becco  di 
flauto,  fregiato  di  tre  nastri,  cioè  di  colore  nero,  ce- 
leste-bleu  e  rosso,  a  cui  venivano  attaccate  poche 
fila  di  lino  sottile  e  bianco;  identico  era  per  il  se- 
condo grado,  ma  fatto  di  metallo  bianco,  ed  aveva 
i  tre  chiodi  della  passione  di  Cristo.  Il  maestro  por- 
tava inoltre  appesa,  dalla  spalla  sinistra  al  femore 
di  destra,  una  fascia  dai  tre  colori  carbonarici,  con 
gli  estremi  tagliati  a  zeppa  :  ad  essa  era  attaccata 
una  coccarda  di  nastro  bianco,  e  terminava  in  un 
gioiello,  contenente  il  nionogramma  della  vendita  - 
Accetta,  pala,  zappa,  strumenti  coi  quali  i  carbonari 
raccoglievano  nella  foresta  il  materiale  di  carbonizza- 
zione. -  Pannolino  bianco,  emblema  significante  che 
per  divenire  puri,  candidi,  bisogna  (come  il  lino 
diventa  bianco  per  macerazione)  costantemente  sof- 
frire e  lavorare.  -  Pertica,  il  segnale  dei  carbonari, 
adoperato  per  dimenare  il  fuoco  nel  fornello  e  a  man- 
tenere sempre  acceso  nel  cuore  il  sacro  fuoco  della 
Carboneria.  -  Vendita,  il  luogo,  detto  anche  ordine 
e  centro,  nel  quale  si  adunavano  i  buoni  cugini 
carbonari:  diverso  dalla  baracca,  che  era  il  locale 
in  cui  si  carbonizzava  al  fornello  (lavorare). 

Liberare  la  foresta  dai  lupi,  nel  linguaggio  dei 
carbonari,  liberare  la  terra  dai  tiranni. 

Oarbonetto.  Specie  di  corallo. 

Carbonico.  Prodotto  dalla  combustione  del  car- 
bonio con  l'ossigeno.  -  Acido  carbonico,  gas  inco- 
loro, di  odore  leggiero  e  di  sapore  piccante,  abba- 
stanza diffuso  in  natura  (nelle  emanazioni  vulcani- 
che, in  certe  grotte,  ecc.)  e  preparato  decomponendo 
il  carbonato  di  calcio  con  l'acido  cloridrico.  Detto 
anche  :  aria  fìssa,  aria  mefitica,  spirito  silvestre.  Serve 
alla  preparazione  dei  carbonati  (composti  dell'acido 
carbonico  con  le  basi  salificabili)  e  dei  bicarbonati 
(composti  dello  stesso  acido  con  base  doppia),  alla 
preparazione  delle  acque  jazose  e  come  anestetico 
(veggasi  ad  anestesia).  È  causa  di  avvelenamento. 
-  Aerato,  aggiunto  delle  basi  salificabili,  unite  all'a- 
cido carbonico,  che  in  passato  si  diceva  «  acido 
aereo».-  Anidride,  composto  binario  ossigenato: 
acido  carbonico  esistente  nell'aria  atmosferica,  in  al- 
cune sorgenti  acidule,  nei  vulcani  semispenti,  nelle 
mofette,  ecc.  -  Decarbonato,  dicesi  di  una  sostanzi 
che  abbia  perduto  l'acido  carbonico  col  quale  era 
combinata.  -  Mofetta,  fenomeno  vulcanico  consistente 
nell'emanazione  di  acido  carbonico,  e  che  segna  la 
fine  delle  eruzione. 

Antracòmetro,  istrumento  per  misurare  la  quan- 
tità di  acido  carbonico  contenuta  in  un  fluido  aeri- 
forme. 


Carbonifero.  Terreno  che  contiene  carbone 
minerale  o  fossile:  veggasi  a  geologia. 

Carbònio.  (]orpo  semplice  e  uno  degli  elementi 
cosi  detti  biogeni  (generatori  di  vita),  componente 
essenziale  di  tutte  le  sostanze  organiche  e  del  pro- 
toplasma; è  la  sostanza  pura  del  carbone. 
Detto  poliynorfo  per  la  sua  proprietà  di  presentarsi 
in  natura  sotto  diversi  aspetti.  -  Carbonio  nativo,  puro, 
il  (lianiaiite.  -  Carbonile,  varietà  di  carbonio  puro, 
0  diamante.  -  Grafite,  il  carbonio  impuro. 

Biossido  di  carbonio,  l'acido  carbonico.  -  Car- 
burina,  solfuro  di  carbonio.  -  Carburo,  ogni 
corpo  prodotto  dal  carbonio  in  combinazione  coi 
metalli  o  coi  metalloidi:  uno  dei  più  importanti 
è  quello  di  calcio.  -  Idrati  di  carbonio,  serie  di 
combinazioni  del  carbonio  con  l'idrogeno  e  l'ossi- 
geno. Il  glucosio,  il  saccarosio,  Vamidosio,  idrati-tipo. 

-  Ossido  di  carbonio,  gas  incoloro  dovuto  all'ossida- 
zione del  carbonio.  -  Ossi-solfuro  di  carbonio,  gas 
incoloro,  incombustibile  risultante  dalla  combina- 
zione del  carbonio  ossidato  con  lo  zolfo. 

Carbonizzare  (carbonizzato).  Ridurre  in  car- 
bone, allo  stato  di  carbone:  incarbonire. 

Carbonizzazione.  Riduzione  in  carbone, 

Carbonometria.  Detto  a  resjnrazioììe,  e 
significa  determinazione  della  quantità  di  acido 
carbonico  eliminato  da  un  animale  vivo  nelle  varie 
condizioni  fisiologiche  e  patologiche. 

Carburina.  Detto  a  carbotHo. 

Carburo.  Veggasi  a  carbonio. 

Carcame.  Dicesi  di  cadavere  putrefatto,  dis- 
seccato, e  di  scheletro^ 

Carcassa.  L'ossatura  d'una  nave.  -  Sorta  di 
bomba. 

Carcerare  {carcerato).  Mettere  in  carcere,  in 
prigione. 

Carcerazione.  Atto  del  carcerare. 

Carcere.  Luogo  nel  quale  si  chiudono  i  rei  o 
sono  custoditi  gli  accusati:  prigione.  -  Patronato  pei 
liberati  dal  carcere,  moderno  istituto  che  mira  a 
soccorrere  e  a  redimere  coloro  che  hanno  scontato 
una  pena,  subito  il  carcere. 

Carcerière.  Custode  di  carcere,  di  prigione. 

Carcinoma.  Tumore  a  base  di  tessuto  epi- 
teliale, contrassegnato  dalla  struttura  alveolare; 
cancro,  per  lo  più  ulceroso.  Designato  con  vari 
nomi  secondo  la  sede,  la  forma  e  la  qualità  delle 
cellule,  la  qualità  e  quantità  dello  stroma  connet-  * 
tivale. 

Carciofàia.  Detto  a  carciofo. 

Carciófo  (carciofaia).  Pianta  erbàcea  della  quale 
si  mangiano  la  base  delle  squame  e  il  ricettacolo, 
variamente  cucinati:  carciofi  /essaci, /"r^^/t  nell'intin- 
golo, in  umido,  rifatti  coll'ova,  ripieni,  ritti  (con- 
diti e  messi  a  cuocere  per  ritto),  trippati,  ecc.  Se 
teneri,  si  mangiano  anche  crudi,  con  olio  e  pepe. 
Si  hanno  carciofi  nostrali,  forestieri,  primaticci,  pic- 
coli, grossi,  con  gli  spunzoni  (spine)  o  senza;  car- 
ciofi verdi  (preferiti),  pavonazzi,  rossi,  bianchi.  Le 
radici  e  gli  steli  di  questa  pianta  erbacea  hanno 
azione  diuretica.  -  Carciofàccio,  peggior.  di  carciofo. 

-  Carciofetto,  dimin.;  anche,  carciofo  novellino.  - 
Carciofino,  dimin.  vezzegg.  -  Carciofone,  accresc, 
grosso  carciofo.  -  Carciofuccio,  dimin.  spreg. 

Carciofi  con  la  barba,  vecchi,  che  cominciano  ad 
avere  il  pelo  sul  girello.  -  Carciofi  madornali,  i  primi 
che  butta  la  pianta  e  non  hanno  spunzoni.  -  Gobbo, 
{cardo,  cardane  di  carciofi),  sorta  di  ortaggio  pro- 
veniente dalla  pianta  del  carciofo,  la  quale,  dopo  tre 
0  quattro  anni,  si  lega,  si  involge  nella  paglia  e  si 


420 


CARDAIO    —    CARDINALE 


ricorica  sotto  terra:  in  questo  stato  le  sue  foglie  di- 
ventano bianche,  sugose,  perdono  il  sapore  , amaro, 
e  si  mangiano  eoa  la  radice  in  inverno.  -  Mazza 
ferrata,  varietà  di  carciofo,  a  boccia  globosa.  -  Pe- 
retta, carciofo  vecchio,  cogli  spunzoni. 

Carduccio,  rampollo  della  pianta  del  carciofo;  ri- 
messiticcio al  piede  del  carciofo  domestico.  -  Girello 
{girella,  rotella),  fondo,  ricettàcolo  del  carciofo  a  cui 
siano  state  levate  le  foglie  e  il  gambo:  vi  stanno 
gli  embrioni  dei  semi,  ossia  quella  specie  di  disco 
più  0  meno  vicino  alla  fioritura,  e  che  apparisce 
dopo  staccate  le  toglie  o  squame  {fare  i  girelli  :  dei 
carciofi  che,  troppo  vecchi,  si  tagliano  nel  girello 
per  mangiarlo  cotto  d'inverno).  -  Grumolo,  le  foglie 
di  dentro,  raccolte  insieme.  -  Spine,  spuntoni,  e  più 
comunemente  spunzóni,  punte  acute  che  i  carcioh 
hanno  in  vetta  alle  foglie. 

Carciofaia,  campo  piantato  di  carciofi:  carciofeto. 
-  Carciofaio,  che  produce  carciofi;  anche,  chi  va  in 
giro  vendendo  carciofi. 

Cardalo.  Chi  fa  i  cardi  pel  cardatore. 

Cardare,  cardatura  (cardato^.  Laverò,  ope- 
razione del  cardatore. 

Cardatore.  Chi  fa  il  mestiere  di  pettinare,  scar- 
dassare, raffinare  lana  o  cànapa,  perchè  si  possa 
filare  (in  quest'ultimo  caso,  detto  più  specialmente 
canapino):  cardaiuolo,  cardinaio;  ciompo,  concialana, 
gazzatore;  lanino,  pettinàgnolo,  pettinatore;  scardas- 
satore, scardassiere.  scardassino. 

Cardare,  pettinare  col  cardo  la  lana,  la  canapa, 
il  lino,  ecc.;  tirar  fuori  col  cardo  il  pelo  ai  panni: 
cardeggiare,  carminare,  scapecchiare  (specialmente 
della  canapa  e  del  lino),  scardassare,  scarmigliare, 
scotolare.  -  Garzare,  tirar  fuori  il  pelo  al  panno  col 
cardo.  -  Ricardare,  ripete  cardare. 

Cardatura,  l'operazione  del  cardare;  lavoro  per 
cui  si  dividono  e  si  parallelizzano  le  fibre  tessili: 
scardassatura.  -  Cardata,  la  quantità  di  lana  che  si 
carda  volta  per  volta.  -  Pettinatura,  operazione  a  cui 
si  assoggettano  le  sostanze  tessili,  dopo  aver  levata 
loro  \^  tara,  ossia  i  fili  diritti  e  rigidi,  per  pulirle 
dai  filamenti  più  grossolani,  dai  piccoli  nodi  e  dalle 
sozzure  miste  ad  essi;   si  fa  a  mano  e  a  macchina. 

Arnesi,  macchine  del  cardatore.  —  Apritrice,  mac- 
china che  serve  a  preparare  i  galettami,  provenienti 
dalla  macerazione,  al  lavoro  della  cardatrice.  -  Car- 
datrice, macchina  sulla  quale  la  strusa  e  le  fibre 
tratte  dai  galettami  vengono  tagliate  in  tanti  mazzi 
o  fascetti  di  eguale  lunghezza. 

Cardo,  strumento  fatto  di  due  tavolette  (assi  su 
cui  si  tira  la  pelle  che  regge  i  denti  dei  cardi),  con 
punte  di  ferro,  usato  per  cardare  la  lana,  per  ri- 
durre cioè  paralleli  i  fili,  rendendoli  cosi  atti  alla 
filatura:  carda,  garzella,  pettine,  scapecchiatoio,  scar- 
dasso. Anche,  una  pianta  che  fa  una  cassula  con 
molte  spine,  che  servono  per  cardare  i  panni.  -  Car- 
dellff,  cardo  di  minore  grandezza,  e  adoperato  a 
mano,  mediante  un  manico  diritto  in  ciascuna  delle 
due  parti.  -  Cardino,  simile  alla  cardella,  ma  minore, 
e  con  denti  ancor  più  sottili  e  più  fitti.  -  Cardo 
maschio  è  la  tavoletta  che  si  muove;  cardo  fem- 
mina, quella  fìssa.  -  Cardo  pieno,  pieno  di  cimatura 
fra  i  denti.  -  Denti,  pezzi  di  fil  d'acciaio  puntati  ad 
ambedue  le  estremità,  ripiegati  parallelamente  a  sé 
stessi,  e  formanti  una  specie  di  ardiglione  o  staffa, 
pel  calcagno  della  quale  sono  trattenuti  nei  fori  del 
cuoio  bucato  alla  macchina.  Una  delle  parti  del 
cardò  è  fermata  orizzontalmente  a  un  cavalletto  pro- 
lungato in  panca,  per  sedervisi  il  cardatore  a  caval- 
cioni; l'altra  parte  del  cardo  vi  è  menata  sopra  con 


ambe  le  mani,  tenuta  per  mezzo  di  due  maniglie. 
Borra,  il  cascame  della  lana  che  resta  tra  i  denti 
dei  pettini,  -  Gambo,  la  parte  dei  denti  del  cardo 
che  rimane  dalla  piegatura  in  giù,  —  Cardaio,  artefice 
che  fa  i  cardi.  -  Pilucchino,  chi  ripulisce  i  cardi 

Gramola,  la  macinella  per  dirompere  il  lino, 
la  canapa,  ecc.,  prima  di  cardare.  -  Pettinatrice,  mac- 
china specialmente  adoperata  per  la  lavorazione  dei 
cotoni  a  fibra  lunga.  -  Pettine,  nelle  macchine  da 
scardassare,  regoletto  di  ferro  che  alla  parte  inferiore 
porta  una  serie  di  punte  fisse,  che,  con  un  moto  di 
va  e  vieni,  servono  a  staccare  dallo  scardasso  la 
parte  lavorata  per  passarla  in  istato  d'ovatta  sul  ci- 
lindro disposto  a  riceverla.  -  Riunitore,  macchina 
adoperata  per  riunire  i  nastri  del  primo  prodotto 
della  cardatura  e  formarne  un'ovatta.  -  Tamburo, 
sorta  di  cardo  meccanico. 

Cardatura.  Detto  a  cardatore. 

Cardellino.  Uccelletto  canoro,  specie  di  friti- 
guello,  con  pennatura  bruna  al  di  sopra,  bianca- 
stra disotto,  e  rosso  vivo  in  faccia:  calderino,  cal- 
derugio. 

Càrdia  (cardias).  Apertura  superiore  dello  sto- 
maco. 

Cardiaco.  Del  cuore.  -  Chi  ha  male  al  cuore. 

-  Rimedio  utile  nelle  malattie  di  cuore,  come  Va- 
donidina  (che  si  trae  dall'erba  adonide),  la  digitale, 
lo  strofanlo,  ecc. 

Cardialjsrla.  Dolore  vivissimo  aW epigastrio,  parte 
superiore  dell'addome,  corrispondente  allo  stoìnaco. 

Cardinalato.  Dignità  del  cardinale. 

Cardinale  {cardinalato,  cardinalesco,cardinaUzió). 
Alto  dignitario  della  Chiesa  cattolica;  ciascuno  dei 
settanta  prelati  della  Chiesa  romana  che  assistono 
il  papa,  compongono  il  Sacro  Collegio  o  concistoro, 
0  Senato  apostolico,  ed  hanno  voce  nel  conclave:  por- 
porato, principe  di  Santa  Chiesa,  senatore  della 
Chiesa.  I  settanta  cardinali  si  distinguono  in  tre 
gruppi,  od  ordini,  a  seconda  del  benefizio  che  go- 
dono e  che  può  essere  o  episcopale  o  presbiteriale  o 
diaconale.  Quindi  si  hanno  cardinali-vescovi,  cardi- 
nali-preti, cardinali-diaconi.  -  Cardinalato,  ufficio  e 
dignità  di  cardinale,  -  Dal  titolo  di....  (il  nome  d'una 
chiesa  titolare),  aggiunto  di  cardinale  per  indicare 
di  qual  benefizio  esso  è  investito,  -  Eminenza  {emi- 
nentissimo),  titolo  che  si  dà  ai  cardinali,  -  Piatto, 
appannaggio  dei  cardinali. 

Cardinalesco,  di  o  da  cardinale,  -  Cardinalizio,  di 
cardinale.  -  Cardinalume,  insieme  di  cardinali  (spreg.). 

Anticardinale,  cardinale  nominato  da  un  antipapa. 

-  Camerlengo,  il  cardinale  vice-papa  nel  campo  pu- 
ramente spirituale  e  che  governa,  per  diritto,  la 
Chiesa  cattolica  nell'interregno  fra  un  papa  e  l'altro; 
la  più  alta  dignità  cardinalizia.  -  Datàrio,  cardinale 
che  presiede  alla  Dateria.  -  Decano,  il  cardinale  an- 
ziano. -  Legato,  cardinale  governatore  d'una  pro- 
vincia, con  ampi  poteri;  anche  inviato  dal  papaia 
missione  spirituale  o  politica  presso  uno  Stato  estero. 
Legato  a  latere,  il  legato  con  facoltà  maggiori  degli 
altri,  illimitate.  -  Penitenziere  maggiore,  o  gran  pe- 
nitenziere, il  cardinale  presidente  della  Penitenzieria 
apostolica,  nella  quale  si  esaminano  i  casi  riservati 
e  si  danno  le  dispense.  -  Segretario  di  Stato,  il  mi- 
nistro del  papa  o  vice-papa  nel  campo  amministra- 
tivo e- politico.  -  Vicario,  il  cardinale  che  sostituisce 
il  papa  come  vescovo  di  Roma:  il  reggitore  quindi 
della  diocesi  romana. 

Cardinale  in  pectore,  il  preiato  che  il  papa  già 
elevò  al  cardinalato,  ma  non  ancora  notificò  nel 
concistoro,  -  Cardinale   nipote,  si  dice,   scherzosa- 


CARDINALE 


42  f 


mente,  così  il  nipote  del  papa  regnante,  a  indicare 
che,  se  non  è  già,  presto  sarà  dallo  zio  elevato  alla 
dignità  di  cardinale.  -  Cariliiìaìi  palatini,  quelli  ad- 
d'itti  alla  Santa  Sede.  -  Papabile,  cardinale  che  è  in 
predicalo  o  ha  probabilità  di  essere  eletto  papa.  - 
-  Regionario,  cardinale  titolare  d'una  regione  o  rione 
di  Roma.  -  Titolare,  che  ha  titolo. 

Indumenti  —  Cerimonie  e  altre  cose. 

Berretta  rossa,  quella  dei  cardinali:  berretto  car- 
dinalizio. -  Cappa  magna,  manto  d'onore,  di  color 
rosso,  indossato  dai  cardinali  in  occasione  di  qual- 
che solennità.-  Cappello  rosso,  il  cardinalizio:  specie 
di  gran  cappello  rosso,  poco  rilevato,  con  cordoni 
e  nappe  di  seta  dello  slesso  colore.  -  Cròccia,  ve- 
ste usata  dai  cardinali  in  conclave,  gran  manto  con 
strascico,  di  forma  simile  al  piviale:  è  di  drappo 
leggiero  di  lana,  color  paonazzo,  e,  pei  cardinali 
religiosi,  del  colore  dell'abito  del  proprio  Ordine.  - 
Fiore  di  velluto,  nappa  di  cardinale.  -  Porpora^ 
l'abito  e  la  dignità  di  cardinale.  -  Zucchetto  rosso, 
quello  che  portano  nella  parte  supero-posteriore  del 
capo  i  cardinali. 

Adorazione ,  cerimonia  con  la  quale  i  cardi- 
nali vanno  a  rendere  omaggio  al  papa  dopo  la 
sua  elezione.  -  Elezione  per  adorazione,  quando  i 
cardinali  eleggono  uno  per  papa,  senza  precedente 
scrutinio.  -  Conclave,  le  riunioni  dei  cardinali  per 
l'elezione  del  papa.  -  Conclavista,  cortigiano  di  car- 
dinale in  conclave.  -  Nepotismo,  biasimevole  abitu- 
dine dei  cardinali,  del  papa  e  degli  alti  dignitari 
cattolici  di  sfruttare  le  proprie  influenze  in  favore 
dei  propri  nipoti,  brutti  del  nepotismo,  le  ricchezze 
e  gli  onori  accumulati  dai  papi  e  dai  cardinali  in 
lavore  dei  propri  nipoti  e  a  danno  altrui. 

Avere  il  cappello,  incappellarsi,  divenir  cardinale. 
-  Chiudere  e  aprire  la  bocca  ai  cardinali,  cerimonia 
che  fa  il  papa  coi  cardinali,  nuovamente  eletti,  che 
toglie  loro  0  conferisce  il  diritto  di  prender  parte 
alle  deliberazioni  concistoriali.  -  Dare  il  cappello, 
creare,  nominare,  far  cardinale,  assumere  al  cardi- 
nalato, cardinalizzare;  incappellare,  onorare  del  cap- 
pello; esaltare.  -  Preconizzare,  annunciare,  che  fa 
il  papa,  la  creazione  di  un  cardinale  o  di  un  ve- 
scovo. -  Riservare,  tenere  in  petto,  dell'elezione  dei 
cardinali  non  ancora  annunziata  dal  pontefice. 

Caudatario,  chi  porta  la  coda  d'un  cardinale.  - 
Squadronista,  ctii  è  addetto  a  qualche  funzione  nel 
conclave. 

Cardirfiale.  Ciò  che  è  principale;  special- 
mente, aggiunto  deUe  quattro  virtù.  -  Punto  del- 
V orizzonte.  -  In  architettura,  stipite. 

Cardinale.  Uccello  cosi  chiamato  per  il  colore 
rosso  delle  sue  penne. 

Cardinalesco.  Di  o  da  cardinale. 

Cardinalizio.  Proprio  di  cardinale» 

Càrdine.  Strumento  di  ferro  o  d'altro  metallo, 
in  forma  di  arpione,  sul  quale  si  sostengono  e  gi- 
rano lejmposte  d'un  «scio,  d'una  finestra:  gàn- 
ghero. È  munito  di  un  pernio  o  ago  (anche,  rolla), 
nel  quale  entra  Vanello  delle  bandelle  inchiodate  al- 
l'uscio 0  alla  finestra,  che  possono  così  girare,  per 
aprirsi  e  chiudersi. 

Cardino.  Spazzola  da  cappellaio. 

Cardiografia,  cardiologia.  Trattato,  discorso 
del  cuore. 

Cardiopalmo.  Acceleramento  delle  contrazioni 
(pulsazioni)  del  cuore. 

Cardiopatia  (cardiopatico).  Malattia  di  cuore. 


Cardite  (cardittde).  Infiammazione  di  cuore. 
Cardo.  Arnese  di  legno,   con   uncini   di   ferro, 
adoperato  dal  cardatore. 

Cardo  (cardone).  i'ianta  da  orto,  mangereccia, 
con  foglie  spinose:  in  qualche  regione  della  toscana, 
riccio;  in  roiiiaiiesco,  gohbo.  Congenere  al  carciofo, 

10  si  coltiva  ddve  più  e  dove  meno,  per  le  sue  lunghe 
e  grosse  costole  o  foglie  radicali,  le  quali,  perchè 
riescano  più  atte  agli  usi  della  cucina,  dopo  diesi 
siano  abbastanza  sviluppate,  vengono  legate  e  rin- 
calzate in  modo  da  rimaner  quasi  fasciate  di  terra. 

-  Carducci,  cardoncelli,  si  chiamano  anche  i  rimes- 
siticci 0  teneri  polloni  del  carciofo  domestico.  - 
Cardone,  lo  stesso  e  più  comune  di  carduccio.  -  Fio- 
sculo  0  fioretto,  Q'^nì  liorellino  che  copre  il  cardo: 
flosciilosi,  il  loro  insieme.  -  Cardata,  o  ricciaia,  muc- 
chio di  cardi. 

D'una  specie,  il  cardo  benedetto,  si  adoperano  le 
sommità  fiorite  per  le  loro  proprietà  stomatiche  e 
sudorifere.  Cosi  del  cardo  mariano,  o  santa  maria. 

11  cardo  da  folloni  serve  a  uso  di  sj)azzola.  -  Dip- 
saco,  il  cardo  selvatico.  -  Onopordon,  cardo  selvatico. 

-  Silibo,  cardo  marino.  -  Spina  bianca,  cardo  selva- 
tico. -  Spina  magica,  cardo  asinino.  -  Virga  pastoris, 
cardo  selvatico. 

Cardocinetico.  Himedio  pel  cuore. 

Cardolo.  Detto  a  noce. 

Carduccio.  Piccolo  cardo.  -  Rampollo  del 
carciofo. 

Careggiare  {careggiato).  Tener  caro,  amare, 
avere  in  j^t'^ffio.  -  Carrezzare,  far  carezza. 

Carena  {carenaggio,  carenare).  Tutta  la  parte 
interiore  d'una  nave   che  sta  immersa  nell'acqua. 

Carenaggio.  Il  carenare. 

Carenare  (carenato).  Fare  il  carenaggio,  opera- 
zione del  tassellare  il  tondo  d'una  nave. 

Carestia  (carestioso).  Scarsezza  grande  delle  cose 
necessarie  al  vitto,  al  nutrimento;  difetto,  penuria, 
penia.  -  Carestioso,  che  è  scarso  di  raccolta:  detto 
di  anni,  ecc. 

Carezza  (carezzare,  carezzato,  carezzèvole).  Di- 
mostrazione di  alletto,  di  benevolenza,  d'amore,  fatta 
con  atti  e  con  parole:  amorevolezza,  amorevolezzina.; 
blandimento,  festa,  finezza,  tenerezza,  vezzo.  L'atto 
del  carezzare.  -  Carezzativo  (di  parola),  che  acca- 
rezza: un  po'  meno  di  vezzeggiativo.  -  Carezzevole, 
disposto  a  carezzare,  amorevole;  che  fa  carezza, 
carezzoso.  -  Carezzevolmente,  in  modo  carezzevole, 
amorevole:  vezzatamente. 

Carezza  asinina,  sgarbata;  complimento,  atto  col 
quale  si  pretenderebbe  accarezzare  e  invece  si  of- 
fende 0  si  disgusta.  -  Carezzoccia,  carezza  rusticana 
e  svenevole.  -  Larezzina,  carezza  fatta  con  affetto 
e  gentilezza  (per  lo  più,  nel  plurale). 

Moina  (più  comun.,  moine),  carezza  bambinesca, 
leziosa;  parola,  atto  lusinghevole,  per  lo  più,  allo 
scopo  astuto  di  qualche  fine:  attuccio,  blandizia, 
blandizie,  civettaggine;  dàddolo,  druscia;  Irascheria; 
gergolo,  gestro,  grazietta;  invenia,  inzuccheratura  ; 
lezzo,  lezio,  leziolino;  scàsimo,  smanceria,  squasilio; 
billi  billi,  caccabàldole,  cacherie,  fichi  lessi,  mori- 
mèi,  reggimenti;  smaci,  smagi,  smiaci;  soie,  sfoggi, 
storcimenti.  -  Far  moine:  civettare,  fare  il  bellin 
bellino,  il  bello  bellino  ad  alcuno;  fare  il  linguino 
a  uno;  smiracolare.  -  Moinardo,  di  chi  fa  moine.  - 
Moineria,  civettismo,  civetteria. 

Sgrazianata,  carezza,  moina  di  mal  garbo.  -  Sma- 
nia, in  alcuni  dialetti,  equivale  a  leziosaggine,  moina, 
smanceria. 

Carezzare,  accarezzare,  far  carezze,  trattare  ama- 


422 


CAREZZA    —   CARITÀ 


bilinente,  come  si  fa  con  persona  cara:  ammoinare, 
blandire,  careggiare,  far  testa,  far  onore,  inzucche- 
rare, lisciare,  lusingare  (metaf.),  piacevoleggiare,  sci- 
loppare,  vezzeggiare.  -  Lisciare  (per  simil.),  stropic- 
ciare gentilmente,  per  carezzare.  -  Molcere,  addolcire, 
temperare,  carezzare.  -  Prendere  per  il  ganascino, 
atto  carezzoso  che  si  fa  ai  bambini,  stringendo  loro 
la  guancia  con  due  dita.  -  Toccare  sotto  il  mento, 
per  carezzare.  -  Vezzeggiare,  tar  vezzi,  carezze,  gen- 
tilezze, specialmente  ai  ragazzi.  -  Accarezzamento, 
carezzamento,  atto  del  carezzare.  -  Carezzatore,  chi 
accarezza. 

Proverbio:  Lega  più  un  vezzo  che  una  collana.  - 
I  muli  non  vogliono  carezze:  \q  persone  zotiche,  a 
lisciarle,  corrispondono  villanamente. 

Carézza.  Caro  jyrezzo. 

Carezzare  (carezzato).  Detto  a  carezza. 

Cai'ezzevole,  carezzoso.  Veggasi  a  carezza. 

Cariare  (carialo).  Produrre  la  carie  in  chec- 
chessia :  guastare,  guastarsi. 

Cariàtide.  Ornamento  di  architettura;  figura, 
statua,  che  si  mette,  invece  di  piccola  colonna 
o  di  mensola,  a  sostenere  Varcliitrave,  la  cor- 
nice, ecc.:  talvolta,  mezza  figura  o  busto  terminante 
in  basso,  per  lo  più,  a  foggia  di  pilastro,  piramide, 
con  la  base  all'insù;  atlante,  scedone,  telamone, 
termine,  terminetto.  -  Canefore,  figure  muliebri  che 
portano  in  capo  canestri  pieni  di  frutta,  di  fiori  e 
di  altre  cose  spettanti  ai  sacrifici:  usate  moltissimo 
quali  cariatidi. 

Cariato.  Detto  a  carie. 

Càrica.  Denominazione  generica  di  impiego, 
di  ufficio,  per  lo  più  elevato,  spesso  onorario  e 
temporaneo:  grado,  magistratura,  ministerio.  -  Avere, 
disimpegnare  una  carica;  dare,  conferire  un  carica: 
veggasi  a  ufficio,  ■  Candidato,  chi  aspirava  alle 
cariche  della  repubblica  romana,  perchè  indossava 
una  veste  bianca  allorché  recavasi  a  sollecitare  i 
suffragi  per  la  propria  elezione.  -  Interim,  eserci- 
zio provvisorio  d'una  carica. 

Carica.  La  quantità  Av  polvere  e  di  munizione 
che  si  mette,  in  una  volta,  entro  qualsivoglia  arme 
da  fuoco^  per  tirare,  o  in  una  wtiwa,  perchè  abbia 
a  scoppiare.  Nelle  armi  di  piccolo  calibro  è,  per  lo 
più,  una  pallòttola,  o  piccola  palla,  entro  la  car- 
tuccia. Per  le  armi  di  grosso  calibro,  la  mitra- 
glia. -  Densità  di  caricamento  (termine  di  arti- 
glieria), dicesi  del  peso  della  carica  diviso  per  lo 
spazio  da  questa  lasciato  dietro  il  proietto.-  Inescatura, 
0  innescatura,  tutta  la  quantità  di  polverino,  stoppino 
e  simili  che  si  impiega  per  comunicare  il  fuoco 
alla  carica.  -  Retrocarica,  carica  che  si  mette  dalla 
parte  del  fondo,  nell'arme  da  tuoco,  e  non  dalla 
parte  della  bocca. 

Caricare,  mettere  la  carica  nelle  armi  da  fuoco 
e  nelle  mine  (caricamento,  atto  del  caricare):  met- 
tervi e  calcarvi  dentro  la  polvere  e  la  munizione. 
-  Riferito  a  balestra,  o  ad  altra  arme  da  corda  e 
lanciatoia,  metterla  in  punto  e  in  ordine  per  isca- 
ricarla.  -  Piotare,  mettere  topagli  di  terra  o  di  piote 
nel  caricare  a  palla  rovente.  -  Ricaricare,  caricare 
di  nuovo.  -  Caricatore,  chi  o  che  carica.  -  Carica- 
toio,  congegno  di  varie  forme  che  serve  a  caricare 
cartuccie,  capsule,  tacchi  e  dischi  d'innesco,  palle, 
pallette,  ecc.  -  Spoletta,  tubetto  di  legno  o  metal- 
lico con  polvere  per  caricare  granate  o  bombe. 

Càrica.  Impeto  di  milizia,  in  battaglia,  contro 
il  nemico.  —  Caricare,  urtare  con  gran  forza 
contro  il  nemico,  investirlo. 


Carica.  La  quantità  d'elettricità  che  possiede 
un  conduttore  quando  è  saturo. 

Caricare  (caricamento,  caricato).  Porre  su  un 
carro,  su  qualsiasi  veicolo,  su  una  nave,  ecc., 
mercanzie  o  altro,  da  trasportare  altrove.  Accomo- 
dare, collocare,  far  montare,  comecchessia,  sopra 
veicoli,  persone,  animali,  ecc.,  allo  scopo  di  tra- 
sportarli. -  Porre  sopra  altri  un  carico,  cioè  gran 
quantità,  o  peso,  di  checchessia;  porre  addosso,  in 
collo,  sulle  spalle,  ecc.:  accollare,  addossare,  aggrava- 
re, assomare,  por  la  soma  ;  mettere  addosso,  addos- 
sare, rendere  onusto.  Contr.,  scaricare.  Riaddos- 
sare, ricaricare,  caricare  di  nuovo.  -  Caricarsi,  pren- 
dersi addosso,  accollarsi,  addossarsi,  ingropparsi, 
recarsi  in  collo,  sulle  spalle,  ecc.;  tarsi  onusto.  - 
Caricato,  carco,  carico,  gravato,  onusto,  ponderoso. 

-  Sopraccaricare,  caricare  troppo,  esageratamente. 
Caricare    (caricato).     Di    armi,   introdurre   la 

carica.  -  Di  orologio,  del  girarrosto  e  di  altri 
islrumenti,  metterlo  in  punto,  in  condizione  di 
muoversi,  di  funzionare. 

Caricarsi  (caricato).  Riempirsi  troppo  lo  sto- 
maco  nel  mangiare  o  nel  bere. 

Caricatamente.  Con  affettazione. 

Caricato.  Che  sa  di  affettazione.  -  Termine 
di  pittura. 

Caricatolo.  Luogo  in  riva  al  mare  destinato  e 
acconcio  a  caricare  una  nave. 

Caricatore.  Chi  attende  al  caricare  merci, 
masserizie,  ecc.  Nell'uso,  impresario  di  trasporti  su 
una  nave  di  commercio. 

Caricatura.  Sorta  di  disegno  umoristico,  nel 
quale  si  esagerano  i  tratti  delle  persone  raffigurate. 
Ilitratto  ridicolo:  pupazzetto.  -  Caricaturista,  chi 
fa  caricature.  -  Pupazzettare  (modo  scherz.),  far 
caricature. 

Caricaturista.  Detto  a  caricatura. 

Carico.  Ciò  che  si  carica  sopra  o  addosso  a 
checchessia;  l'oggetto  e  l'insieme  degli  oggetti  che 
devono  essere  caricati;  qualunque  cosa  che  graviti 
sopra  un'altra:  carco,  gravame,  gravezza,  peso, 
pondo,  soma,  sarcima.  -  Cariaggio,  salmerìa,  traino, 
quantità  di  carichi.  -  Cdricatoia  o  da  soma,  la 
bestia  da  carico.  -  Oneraria,  la   nave  da  carico. 

-  Someggiare,  portar  carico. 

Càrico.  Incombenza,  incarico.  -  Commissione, 
ufficio.  -  Imputazione,  accusa,  taccia.  -  Aggravio, 
danno,  pregiudizio. 

Càrico  (aggeli.).  Caricato  di  checchessia;  con- 
dizione di  ciò  su  cui  fu  posto  un  carico.  -  Di  arme 
caricata;  cosi  pure  di  orologio  e  di  altri  arnesi 
diversi. 

Càrie.  Corrosione  delle  ossa  e  del  dente:  forma 
di  osteite  cronica  rarefaciente,  ulcerativa;  di  natura 
talvolta  tubercolare.  -  Anche,  guasto  che  si  produce 
nel  legno,  per  causa  di  intemperie,  umidità,  tarlo. 

-  Cariare,  indurre  la  carie  in  checchessia;  guastare 
con  la  carie;  guastarsi  per  carie.  -  Cariato,  affetto, 
colpito  da  carie.  -  Carioso,  guasto  da  carie. 

Carléllo.  Coperchio  di  latrina. 

Carióso.  Detto  a  carie. 

Cariosside.  Detto  a  frutto. 

Carità  (caritatevole,  caritativo).  Virtù  dell'ant- 
■mo  per  la  quale  si  ama  e  si  aiuta  il  prossimo  come 
tale,  senza  obbligo  e  talvolta  anche  senza  riguardo 
a  meriti  o  a  qualità;  affetto,  «»nore  che  inspira 
pietà  e  rispetto;  benignità,  amore  del  prossimo, 
liberalità,  pietà,  umanità.  Ne  è  simbolo  la  borrac- 
cina, volgarmente  detta  «  lingua  di  bue  » ,  «  muschio  »  ; 
anche  il  pellicano.  La  liberalità  è  «  virtù  in  dar  be- 


4-2. { 


^neficì,  la  quale  per  affetto  diciamo  benignità  e  per 
l'effetto  beneficenza  ».  E'  materia  dei  suoi  soccorsi 
talvolta  V elemosina.  -  Carità  evangelica,  secondo 
io  spirito  del  Vangelo.  -  Carità  fiorita,  quella  fatta 
nel  momento  del  bisogno  maggiore;  carità  generosa, 
molto  opportuna.  -  Carità  pelosa,  interessata  o  col- 
pevole. -  Misericordia,  l'avere  coìnj>assione 
dei  mali  altrui  ed  essere  animati  dal  desiderio  di 
sanarli  o  alleviarli.-  Opera  buona,  atto  caritatevole. 

-  Opere  di  carità,  spirituali  o  temporali,  secondo 
che  riguardano  l'animo  o  il  corpo  -  hervorè,  spirito 
di  carità,  il  sentimento,  lo  zelo  che  spinge  a  pra- 
ticarla. -  Istituto  di  carità,  veggasi  a  beneficenza. 

Caritatevole,  che  procede  da  carità;  di  chi  è  be- 
nefico e  fa  volentieri  la  carità,  il  bene,  la  bene- 
ficenza,' di  chi  volontieri  dà  aiuto,  soccorso; 
amatore  dei  poveri,  pio,  misericordioso.  -  Carita- 
tivo, appartenente  a  carità,  procedente  da  carità.  - 
Benefattore,  chi  opera  beneficio,  fa  beneficenza, 
è  caritatevole  o  in  qualunque  modo  procura  il 
bene  d'altri.  -  Filadelfo.  chi  ama  i  propri  fratelli. 

-  Filantropo,  chi  ama  gli  uomini. 

Proverbi:  La  carità  copre  d'un  velo  i  difetti 
altrui.  •  La  Viano  sinistra  non  sappia  quel  che  fa 
la  destra,  sublime  massima  di  Cristo  che  insegna 
il  modo  di  beneficare  altrui. 

Carlino.  Antica  moneta. 

Carmagnola.  Vivace  ballo. 

Carme.  Componimento  in  xtoesia;  piccolo 
poema. 

Carmelita.  Veggasi  a  religioso. 

Carmelitana,  carmelitano.  Detto  a  reli- 
gioso (ordine). 

Carminare  (carminato).  Scardassare*  lavoro 
del  cardatore. 

Carminativo.  Nome  comune  a  tutte  le  sostanze 
eccitanti,  toniche  e  aromatiche,  che  provocano  l'e- 
liminazione dei  gas  sviluppatisi  negli  intestini. 
Anice,  camomilla,  melissa,  salvia,  i  carminativi  più 
usati  e  più  accreditati.  Noti  anche  i  fiori  di  bellide, 
le  foglie  di  aneto,  la  radice  e  i  semi  di  angelica, 
le  sommità  deirong^ano  volgare. 

Carminio.  Colore  ro9SO  vivo,  estratto  dalla 
cocciniglia  e  dai  gallinsetti.  -  Sostanza  colorante 
ro«sa,  usata  nella  pittura  ad  acquerello,  nella 
miniatura,  nel  tingere  lana,  tele,  fiori  artificiali, 
per   colorire    liquori,    ecc. 

Carnàggio.  Ogni  sorta  di  carne  da  mangiare. 

Carnagióne.  Qualità  e  colore  della  carne,  spe- 
cialmente della  pelfe  umana,  in  quanto  si  mani- 
festa dal  colore  della  faccia:  carnato,  carnatura, 
colorito;  frane,  pop.,  teint.  E'  bella  o  brutta,  fresca 
o  avvizzita,  liscia  o  rugosa,  ecc.  -  Sodo  come  una 
pina,  di  persona  in  carne  e  non  floscia  (^esser  pieno 
come  una  pina,  di  carni  sode).  -Carnagione  bianca: 
bianca  neve,  latte,  neve,  avorio.  -  Carnagione  rosea: 
di  rose  e  gigli;  come  un  petalo  di  rosa;  nativa 
porpora.  -  Carnagione  bruna,  scura,  bronzina,  nera. 

-  Carnato,  carnagione,  per  lo  più,  bella.  -  Come  il 
velluto,  morbida.  -  Biancone,  di  chi  ha  il  carnato 
molto  bianco.  -  Nero  come  un  corvo,  di  carnagione 
molto  bruna.  -  Latte  di  vergine  o  verginale,  cosme- 
tico con  tintura  alcoolica  di  benzoino  in  acqua,  che 
rende  lattescente:  cosi  detto  perchè  si  crede  conservi 
la  freschezza  della  pelle,  mentre  invece  la  dissecca. 

Carnàio.  Detto  a  carne. 

Carnale.  Della  carne,  appartenente  alla  carne. 
Dicesi  del  padre,  della  madre,  del  fratello, 
della  sorella,  del  cugino  e  d'altri  parenti,  quan- 
do dello  stesso  sangue,  della   stessa  discendenza.  - 


Dicesi  anche  in   significalo   di  sensuale  :  veggasi  a 
sensualità. 

Carnalità.  Appetito  carnale,  concupiscenza, 
sensualità. 

Carname.  Detto  a  carne. 

Carnasciale,  carnascialesco.  Veggasi  a 
canto  e  a  carnevale. 

Carnato.  Detto  a  carnagione.  -  Aggiunto  di 
colore:  carnicino.  -  Varietà  di  caolino. 

Carne  (carneo,  carnoso).  In  generale,  la  parte 
molle  e  sanguigna  che,  nell'uomo  e  negli  animali, 
è  tra  l'osso  e  la  pelle;  la  parte  polputa  degli  ani- 
mali, specialmente  quando  usata  come  vivanda. 
L'uomo  si  nutre,  generalmente,  con  la  carne  di 
quasi  tutti  i  quadrupedi  domestici  (animali  bovini 
e  suini),  del  pollo,  AqW uccello,  del  pesce,  ecc. 
-  Principali  e  costanti  componenti  della  carne,  in 
proporzioni  variabili:  l'acqua,  l'albumina,  il  grasso, 
i  sali.  -  Albumina,  il  principale  composto  organico 
costitutivo  della  carne:  è  costituita  dai  protoplasmi 
delle  fibre  muscolari,  dai  liquidi  interstiziali  e  da 
una  minima  quantità  di  sangue.  -  Cloruri  alcalini, 
fosfato  di  potassio,  fosfati  terrosi,  i  sali  più  impor- 
tanti che  si  trovano  nella  carne.  -  Sostanza  connet- 
tivale,  quella  parte  carnosa  che  tiene  uniti  i  singoli 
fasci  di  fibre. 

Carne  (metàf.,  limo)  si  dice  anche  la  parte  este- 
riore del  corpo  umano,  massime  rispetto  alle  sue 
qualità  di  colorito  {carnagione),  di  morbidezza,  ecc. 
E'  soda,  cioè  che  non  cede  al  tatto  (milan.,  stagna), 
zéppa;  oppure  floscia,  flàccida,  mencia,  molle,  ecc. 
Per  queste  e  per  altre  voci,  veggasi  a  corpo  untano. 

Carnaio,  luogo  di  sepoltura  comune  in  un 
ospedale  e  simili.  -  Luogo  dove  il  macellaio 
conserva  le  carni  (cantina,  ghiacciaia).  -  Carname, 
massa,  quantità  di  carne  corrotta  o  in  processo  di 
corruzione  ;  quantità  di  carnaccia  qualunque  [tanta 
da  sfamare  un  can  da  pagliaio:  di  molta  carne  o 
simili). 

Carneo,  di  carne;  del  vitto  in  cui  predomini 
la  carne.  -  Carnicino,  del  colore  della  carne.  - 
Carnoso,  che  ha  molta  carne;  ciò  che  concerne  il 
tessuto  muscolare  o  un  tessuto  simile  alla  carne 
(parte  carnosa,  fibra  carnosa,  ecc.). 

incarnarsi  o  incarnare,  prender  carne,  farsi  di 
carne.  -  Rimpolpare,  e  più  comunemente  rincarnare, 
rimetter  la  ci^rne.  -  Rincarnare,  far  tornare  e  tor- 
nare in  carne  -  Spolpare,  dispolpare,  levar  lapolpa, 
perder  la  polpa. 

GA.RNI   DIVERSE   —    PaRTI    —   PeZZI. 

Carne  col  becco,  quella  del  pollame  e  degli  uc- 
celli. -  Carne  da  macello,  propriamente  quella  che 
proviene  da  animali  macellati,  e  che  si  vende  a 
pezzi  (per  le  denominazioni  proprie  della  carne 
macellata,  veggasi  a  macellaio).  -  Carne  di  lusso, 
quella  della  selvaggina.  -  Carni  bianche,  quelle 
di  vitello,  di  pollo,  di  cappone,  di  fagiano.  -  Carni 
rosse,  quelle  ai  manzo,  vacca,  castrato,  maiale,  e 
di  selvaggina  in  genere. 

Carne  equina,  di  cavallo.  -  Ovina,  di  agnello, 
di  pecora.  -  Suina,  di  maiale.  -  Suillia,  carne  di 
becco  :  caprina,  ircina.  -  Vaccina,  o  armentaria,  di 
bestia  bovina:  bue,  vacca,  vitello. 

Callo  (senza  plur.),  tessuto  bianco  e  più  resistente 
che  si  trova  nelle  carni  da  mangiare,  insieme  col 
muscolo.  -  Muscolo,  parte  composta  di  fibre  do- 
tate della  facoltà  di  contrarsi.  -  Rafe,  linea  natu- 
rale nella  carne  simile  a  cucitura.  -  Taglio,  la  parte 


424 


della  bestia  macellata  da  cui  si  taglia  il  pezzo  di 
carne.  -  Tendine,  il  cordone  di  fibre  albuginee  che 
da  un  capo  s'attacca  all'osso,  dall'altro  al  muscolo, 
e  che  volgarmente  si  dice  nervo.  -  liglio,  le  fibre  o 
filamenti  dei  muscoli. 

Brandello,  pezzo  di  carne.  -  Brincello,  pezzetto 
di  carne  ridottissimo  nella  quantità  e  poco  buono. 

-  Fetta  di  carne,  un  pezzo  tagliato.  -  Grassello,  pez- 
zetto di  grasso  di  carne:  gràscia.  -  Strisciolina, 
strisciala,  striscia,  pezzo  più  lungo  che  largo.  - 
Tagliuòlo,  piccola  particella  di  carne  o  simili. 

Qualità'  o  stato  della  carne. 

Carnaccia,  carne  dura  o  non  buona  a  mangiarsi. 

-  Carne  viva,  di  corpo  vivente:  contr.  di  incallita 
o  persa.  -  Carnoccia,  carne  soda  e  fresca.  -  Ciccia, 
voce  infantile  o  famigliare,  scherz.,  per  carne.  - 
Anche,  qualsiasi  mangiare  che  sa  di  carne.  -  Cic- 
Ciaccia,  cìccia,  dura,  tigliosa.  -  Ctccina,  dimin.,  vezz. 
di  ciccia:  solo  di  linguaggio  infantile.  -  Coiattolo, 
di  carne  dura,  che  non  si  può  rodere.  -  Polpa, 
carne  muscolosa,  senza  ossa  e  senza  grasso;  e  alla 
parte  posteriore  e  più  carnosa  della  gamba. 

Carne  alida,  la  carne  che,  per  non  essere  stata 
bastantemente  sotto  pelle,  è  risecca,  prosciugata,  ra- 
sciutta,  e  riesce  di  men  buona  cottura  ;  alupaticcia, 
di  bestia  uccisa  dal  lupo;  bolsa,  floscia;  callosa, 
quella  che  ha  del  callo;  disossata,  quella  dalla 
quale  furono  tolte  le  ossa;  filosa,  filacciosa,  quella 
i  cui  filamenti  muscolari  si  disuniscono,  dopo  cotta; 
fresca,  quella  macellata  da  poco.  Dicesi  anche  a 
distinzione  di  carne  salata,  cioè  lungamente  con- 
servata col  sale;  frolla  {conÌTa.z.  Ai  frollata),  tenera, 
facile  a  cuocersi;  a  mangiarsi,  per  aver  perduto  il 
tiglio;  grassa,  quella  che  ha  unito  del  grasso  al 
muscolo;  grossa,  di  bestie  grosse,  in  contrapp.  a 
quella  degli  uccelli  (carne  tirante  fa  buon  fante,  la 
carne  grossa,  o  di  bestia  matura,  è  la  più  nutri- 
tiva) ;  guasta,  andata  a  male;  legnosa,  dura,  tigliosa; 
magra,  senza  parte  grassa:  lo  stesso  che  polpa, 
muscolo;  mucida,  di  carni,  specialmente  salate,  che 
prendono  saporaccio  vieto  e  stantìo  (carne  che  ha 
il  mucido,  il  muxcido,  il  muscito);  passata,  che  sa 
di  mucido;  piccola,  contr.  di  grossa:  quella  d'uc- 
celli, lepri,  conigli  e  altra  simile  selvaggina  ;  pol- 
posa, che  ha  polpa;  sanguinante,  che  perde  ancora 
sangue;  sfatta,  floscia;  soda,  contr.  di  floscia;  so- 
stanziosa, nutriente;  stantia,  quella  che,  macellata 
da  troppo  tempo,  ha  perduto  la  sua  bontà;  stop- 
posa, come  stoppa,  tigliosa  ;  stracca,  che  puzza  un 
poco,  un  po'  mucida;  tenera,  che  si  mastica  facil- 
mente (pare  un  fagiano,  di  carne  tenera  e  saporita); 
tigliosa,  con  tiglio  molto  apparente  e  difficile  a  se- 
pararsi col  coltello:  facciosa;  tirante,  quella  che, 
comunque  cedevole  in  ogni  verso,  resiste  a  esser 
divisa  coi  denti,  e  con  essi  si  ha  a  tirare  per  istac- 
carne  il  boccone;  tosta,  dura. 

Manipolazioni  —  Cucinatura. 

Affumicare,  tenere  la  carne  al  fumo  perchè  prenda 
nn  certo  sapore;  e  affumicazione  il  semplice  e  pra- 
tico processo  adottato  per  conservare  le  carni.  - 
Attagliolare,  tagliuzzare  la  carne.  -  Disossare,  to- 
gliere le  ossa  dalla  carne,  cruda  o  cotta.  -  Frollare, 
far  diventare  frollo  (frollatura,  atto  ed  efl^etto).  - 
Imbusecchiare,  e  molto  men  comunemente,  nono- 
sfante  gli  esempi,  imbudellare:  mettere  la  carne  tri- 
tata con  vari  ingredienti  entro  il  budello  per  farne 


salsicce,  salami,  coteghini,  ecc.:  più  comun.,  insac- 
care. ■  Mettere  in  sale,  per  conservarla:  la  salatura 
è  il  processo  più  comune  per  la  conservazione  delle 
carni,  ecc.,  che  tendono  a  guastarsi  e  a  imputridire, 
quando  le  si  lasciano  all'aria,  nelle  condizioni  co- 
muni  dell'atmosfera.  -  Scalcare,  trinciare  la  carne. 

-  Scarnare  fscarnamentoj,  levare  un  po'  di  carne 
alla  superficie.  -  Spolpare,  levar  la  polpa. 

Carne  battuta,  quella  stata  picchiata  sul  tagliere 
con  mazzuola  di  legno,  per  snervarla,  di  modo  che, 
cuocendo,  rimanga  frolla  (in  molti  luoghi  della  To- 
scana, la  carne  che  fu  tagliuzzata  minutamente  con 
il  coltello  da  battere  o  con  !a  mezzaluna).  -  Carne 
pesta,  nel  mortaio  o  no:  ben  battuta;  anche  basto- 
nata.- Fermata,  qu«lla  alla  quale  fu  dato  un  leg- 
giero grado  di  cottura,  perchè  non  vada  a  male, 
non  essendo  da  cucinare  subito.  -  Insaccata,  quella 
del  maiale  tagliata  minutissima,  salata  e  messa  in 
budelli,  poi  designata  con  vari  nomi  secondo  la 
forma  e  il  condimento  che  le  si  dà.  -  Salata,  contr. 
di  fresca:  quella  conservata  per  mezzo  del  sale  e 
specialmente  quella  di  porco.  -  Secca,  lo  stesso  che 
carne  salata  (non  comune).  -  Trita,  per  farne  pol- 
pette, tagliuzzata  con  la  mezzaluna.  -  Vieta,  della 
carne  salata  che  ha  preso  cattivo  sapore  per  essere 
stata  serbata  troppo  lungamente. 

Cucinatura.  —  Il  cuocoj  o  altra  persona  che 
attenda  al  cwciware,  ossia  alla  preparazione  di  questa 
0  quella  vivanda,  fa  cuocere  e  acconcia  la  carne 
in  vari  modi  :  comunemente  allesso  (veggasi  ad  ai- 
lessare),  arrosto,  in  umido  (termine  generico  di 
vivanda  di  carne,  cotta  lungamente  nel  suo  stesso 
sugo,  aggiuntovi  grasso  e  lardo,  e  altri  condi- 
menti), a  modo  di  bistecca,  di  braciuola,  di  co^ 
stoletta,  di  rosbiffe,  di  stufato,  ecc.  Si  cuoce 
inoltre  la  carne  per  avere  la  migliore  qualità  di 
brodo.  -  Lardare,  lardellare,  piantare  lardelli  nei 
polli,  0  altre  carni,  che  si  voglion  cuocere  condite 
a  quel  modo.  -  Steccare,  fare  qua  e  là  nella  carne 
vari  fori  per  ficcarvi  dentro  spicchi  di  aglio,  garo- 
fani, cime  di  ramerino  e  simili. 

Bagna,  bagniffa,  voci  del  dialetto  lombardo  che 
indicano  il  sugo,  l'unto  delle  carni  in  umido,  nel 
quale  si  intinge  il  pane.  -  Battutino,  carne  rifatta 
con  un  battutino  di  cipolla,  prezzemolo  e  pomodoro. 

-  Carne  cruda,  quella  che,  variamente  preparata,, 
ma  più  spesso  tagliata  fine  fine  e  battuta  con  un 
coltello,  condita  con  olio,  sale,  pepe  e  agro  di  li- 
mone 0  aceto,  serve  di  nutrimento  sostanziosissimo 
senza  cucinatura.  -  Carne  cucinata ,  cotta  alla 
scappadora,  alla  lesta.  -  Carne  dura,  che  non  si  può 
masticare  facilmente  (dura  come  uìi  cuoio;  che  par 
cuoio:  molto  dura),  mal  cotta,  fibrosa,  tigliosa;  fi- 
gur.,  suola  di  scarpe.  -  Carne  rifatta  in  umido,  con 
le  patate,  rimessa  a  cuocere  con  sugo  e  patate.  - 
Cotliglio,  carne  cotta. 

Lardelli,  pezzuoli  di  lardo,  più  lunghi  che  larghi, 
a  uso  di  lardellare  certe  vivande  di  carne.  -  Sauté 
(frane),  saltato,  speciale  cottura  che  si  fa  della 
carne,  ponendola  senz'altro  e  per  breve  tempo  nella 
teglia  con  burro  od  olio.  -  Stracotto,  carne  in  umido, 
tutta  d'un  pezzo,  e  cotta  più  lungamente.  -  Verde' 
mezza,  tra  cotta  e  cruda. 

Far  buon  brodo,  delle  carni  o  dei  tagli  di  esse 
che  danno  un  brodo  saporito  e  nutriente.  -  har 
sangue,  della  carne  che,  poco  cotta,  rimane  molto 
rossa,  e  talora  n'esce  ancora  un  pò"  di  sangue  :  san- 
guinare (sanguinante).  -  Infrollire,  divenire  frolla, 
tenera,  nelle  migliori  condizioni  per  essere  cucinata. 

-  Spappolarsi,  lo  sfilacciarsi  della  carne  troppo  cotta. 


CARNE   —   CARNIVORO 


425 


Del  mangiar  carne. 
Preparati,   estratti   ni   carne. 

Antropofagia,  o  cannibalismo,  alimentazione  di 
carne  umana.  -  Carnivoro,  che  mani^'ia  carne,  vive 
di  carne.  -  Creofago,  o  crealòfago,  die  mangia  carne. 
•  Creofagia,  il  mangiar  carne.  -  Ippofago  {ippofagia), 
mangiatore  di  carne  equina.  -  Omofago,  mangiatore 
di  carne  cruda.  -  Zoofago,  chi  mangia  carne. 

Carneggiare,  mangiar  carne;  voce  usata  solo  nei 
proverhi:  chi  festeggia  carneggia  e  chi  non  carneggia 
non  festeggia,  a  indicare  che  chi  fa  festa  deve 
mangiar  carne.  -  Iti  crudele  e  io  tiranno  (scherz.), 
mangiando  carne  dura  e  mal  cotta:  gioco  di  parole 
che  ognuno  capisce. 

Preparati  -  Estratti  di  carne.  —  Carnina,  al- 
caloide contenuto  negli  estratti  di  carne.  -  Gelatina, 
succo  di  carne  o  d'altra  sostanza  che  si  rapprende 
pel  freddo:  frane,  gelée.  -  Beeftea,  o  té  eli  carne, 
specie  di  estratto  di  carne,  molto  adoperato  dagli 
inglesi.  -  Liebig,  estratto  di  carne  che  si  mette  in 
scatole  apposite  :  di  grande  uso.  -  Osmazoma,  so- 
stanza di  color  brupo-rossiccio,  di  odore  aromatico, 
sapore  grato  di  brodo,  solubile  nell'acqua  e  nell'al- 
cool ;  si  rinviene  nella  carne,  nel  siero  del  sangue 
e  in  altre  sostanze  animali. 

Pemmican,  carne  secca  di  bufalo:  preparato  per 
provvedere  gli  equipaggi,  specie  nelle  spedizioni 
nordiche,  di  un  alimento  facilmente  conservabile  e 
nutriente  in  piccolo  volume.  -  Peptone,  materia  al- 
buminosa che  si  forma  dalla  carne  e  dalle  sostanze 
congeneri  nel  ventricolo,  per  l'azione  dissolvente 
del  succo  gastrico.  -  Sepsina,  o  septina,  sostanza 
che  si  forma  nelle  carni  in  putrefazione,  nelle 
piaghe ,  nel  lievito  di  birra ,  producendo  acci- 
denti d'infezione  purulenta.  -  Sugo,  umore  sostan- 
zioso e  saporito  della  carne  o  altro.  -  Zoinidina, 
sostanza,  buona  d'odore,  che  sa  di  brodo  e  che  viene 
separata  dalla  carne. 

Alterazioni  della  carne  —  Germi  infettivi 
Termini  scientifici  —  Voci  diverse 

Carnosità,  escrescenza  carnosa.  -  Caruncola,  pie 
cola  escrescenza  carnosa.  -  Cicciolo,  crescenza  di 
carne:  cicciotto,  cicciolotto,  cicciottolo,  sicciolo.  - 
Fungosità,  escrescenza  spongiosa.  -  Piaga,  disgun- 
gimento  di  carne  fatto  per  corrodimento  o  per  fe- 
rita. -  Scrofa,  escrescenza  carnosa. 

A7nmucidire,  prendere  il  mucido,  cioè  cattivo  odore 
(di  carne  vicina  a  putrefarsi).  -  Bacare,  formarsi  i 
iDachi,  marcire.  -  Brulicare,  essere  piena  di  bachi, 
d'insetti.  -  Inalidire,  disseccare.  -  Invicidire,  ram- 
mollirsi. -  Putrefarsi,  cadere  in  putrefazione.  - 
Sapere  di  lume  spento,  di  carne  guasta  che  ha  cat- 
tivo odore. 

Baco,  il  verme  delle  carni  e  delle  frutta.  -  Cac- 
chione, ciuel  gruppetto  d'uova  che  le  mosche,  o  altri 
insetti,  depongono  specialmente  sulle  carni.  -  Mar- 
meggia, piccolissimo  verme  che  si  genera  sulla  carne 
secca  e  la  rode. 

Anaplerosi,  produzione  di  carne  nuova  in  sostitu- 
zione di  quella  perduta.  -  Ipersarcosi,  sviluppo  ec- 
cessivo della  carne.  -  Polisarcia,  abbondanza  di 
carne:  obesità.  -  Sarcosi,  formazione  di  carne,  car- 
nificazione. -  Sarcostosi,  indurimento  della  carne. 

Accarnare,  accarnire,  inearnire,  figgere  o  far  pe- 
netrare nella  carne  artiglio,  dente,  ferro,  ecc.  - 
Incarnare,  ferire  o  ficcare  nella  carne.  -  Incicciare, 


ferire,  penetrar  nella  carne,  o  ciccia,  con  arme.  - 
Scarnificare,  lo  stesso  che  scarnire,  ma  più  figur.  - 
Scarnire,  levare,  portar  via  la  carne. 

Carne.  Per  similitudine,  polpa  delle  frutta.  - 
Conlrapp.  a  spirito,  ad  aniìna, 

OameAde.  Veggasi  a  persona. 

Carnéfice.  Esecutore  di  giustizia:  boia,  carna- 
iuòlo, impiccatore,  manigoldo,  mastro  impicca;  ca- 
pitano di  giustizia;  maestro,  ministro  della  giusti- 
zia, giustiziere;  maestro  delle  alte  opere;  tortore; 
In  Piemonte,  gasparino;  a  Roma,  mastro  Titta.  - 
Monsieur  de  Paris,  nel  ger£;o  francese.  -  Tirapiedi, 
il  garzone,  l'aiutante  del  boia,  che  tirava  i  piedi 
all'impiccato.  Parola  lombarda  (tirapèe).  •  Alte  ope- 
re, tutto  ciò  che  è  nelle  attribuzioni  del  carnefice. 
-  Mannaia,  specie  di  scure  usata  dal  boia  ;  il  ferro 
tagliente  delia  ghigliottina.  -  Patibolo,  palco  eretto 
per  le  esecuzioni  capitali. 

Carneficina.  Uccisione  di  molti,  strage. 

Càrneo.    Di  carne. 

Carnesecca.  Parte  del  maiale,  conservata  in 
sale. 

Carnevale,  carneTalesco  {carnovalesco).  Pe- 
riodo, dal  giorno  dopo  Natale  al  primo  di  qua- 
resima,  in  cui  sono  permessi  certi  pubblici  spassi 
e  la  maschera:  baccanale,  carnasciale,  carnovale; 
folle  stagione.  -  Alto  o  basso,  di  carnevale  lungo  o 
corto.  -  Carnevalino,  la  prima  domenica  di  quare- 
sima, che  è  una  continuazione  del  carnevale.  - 
Carnevalone  (pop.,  carnovalone),  accresc.  di  carneva- 
le :  carnevale  più  lungo  e  più  splendido.  I  quattro 
giorni  che  a  Milano  dura  di  più  il  carnevale. 

Carnevalata,  divertimento  che  uno  si  prenda  con 
amici  in  giorno  di  carnevale.  -  Carnevalesco,  di  o 
da  carnovale  ;  carnascialesco.  —  Berlingaccio,  il  gio- 
vedì grasso,  ossia  il  giovedì  dell'ultima  settimana 
di  carnevale.  -  Berlingaccino,  il  penultimo  giorno 
di  carnevale.  -  Corso,  sfilata  di  maschere  e  di  carri 
mascherati  nelle  vie.  -  Mezza  quaresima,  giorno  nel 
quale  si  fa  come  una  ripresa  del  carnevale.  -  Sabato 
grasso,  l'ultimo  sabato  di  carnevale.  -  Veglione,  ballo 
mascherato,  per  lo  più,  durante  il  carnevale. 

Apriì'e  il  carnevale,  incominciarlo.  -  Bruciare  il 
carnevale,  finirlo  in  festa,  clamorosamente.  -  Car- 
nevaleggiare,  far  carnevale,  carnascialare,  carnescia- 
lare.  -  Sberlingacciare ,  festeggiar  berlingaccio.  - 
Scarnovalare,  godersi  il  carnovale.  ■  Sotterrare  il 
carnevale,  terminarlo. 

Coriandoli,  chicchi  di  gesso  che  si  buttavano  dai 
carri  o  dalle  finestre  nel  carnevale,  ora  sostituiti 
da  gettoni  di  carta,  dalle  così  dette  stelle  filanti, 
pure  di  carta,  ecc.  -  Gettone,  pasticca,  chicca  in- 
cartata che  si  butta  lungo  il  corso  di    carnevale. 

Babbo  dei  maccheroni,  personaggio  carnevalesco 
veneto,  che  va,  o  andava,  in  giro  suH'  asino,  cir- 
condato da  altri  maccheroni,  palafrenieri.  -  Gnocco, 
festa  carnevalesca  veronese.  -  Proverbio;  Di  carne- 
vale ogni  scherzo  vale,  è  lecito  quel  che  non  sareb- 
be lungo  l'anno. 

Carnevalésco.  Di  carnevale. 

Carniccio.  La  parte  di  dentro  della  peKe  degli 
animali. 

Carnicino.  Del  colore  della  carne. 

Carniera,  carniere.  Specie  di  larga  borsa 
da  cacciatore  :  veggasi  a  caccia. 

Carnificazione.  Processo  anatomo-patologico 
nel  polmone. 

Carnivoro.  Mangiatore  di  carne.  -  Aggiunto  di 
qualche  jìianta  che  si  nutre  d'insetti.  'Carnivori, 
ordine  di    mammiferi:   veggasi    a    matnìnifero . 


420 


CARRETTIERK 


tali  le  fiere,  il  lupo,  la  volpe,  il  cane,  il  gatto,  la 
iulreola  (del  gruppo  delle  martore),  la  moffetta  (si- 
mile alla  nostra  puzzola),  il  paradossuro  (specie  di 
viverra),  il  burilho  (ordine  dei  miistelidi),  ecc. 

Carnosità,  carnoso.  Veggasi  a  carne. 

Cai'o.  Si  dice  di  chi  sia  teneramente  amato, 
fatto  segno  ad  affetto,  ad  amore;  o  di  cosa  a 
cui  si  attribuisca  molto  pregio;  anche  di  chi  sia 
grazioso,  gentile,  amabile:  carino,  caruccio;  cio- 
cino,  ciocio;  diletto;  contentezza,  tesoro;  gioia,  cara 
gioia,  gioia  bella;  cuore  degli  occhi,  occhi  del  cuore; 
delizia;  speranzina,  speranza.  -  Modi  di  dire  caro 
a  persona:  dólce  figlio,  figliuol  mio;  fratello,  vita 
mia;  cor  mio,  vezzo  mio  bello;  bocca  mia  dolce; 
boccuccia  mia  di  sermollino;  visin  mio  dolce,  ecc.  - 
lissere  !  forma  vezzeggiativa  e  affettuosa  del  dialetto 
veneziano:  viscere  mie  I  cuor  mio! 

Caro.  Di  cosa  venduta  ad  alto  prezzo.  ■  So- 
stantiv.,  esorbitanza  di  prezzo. 

Caro.  Il  più  alto  grado  del  com,a. 

Carógna.  Il  cadavere  della  bestia.  •  Di  ca- 
vallo, di  mulo,  ecc.,  non  buono  a  servizio.  -  Inca- 
rognire, diventar  carogna,  degenerare. 

Caròla.  Danza,  ballo  tondo. 

Carolare  (carolato).  Danzare,  ballare,  fare  un 
ballo. 

Carolina.  Giuoco  di  biliardo. 

Carosèllo.  Specie  di  tornèo. 

Caròta.  Pianta  da  orto,  fornita  di  grossa  ra- 
dice (dello  stesso  nome),  per  lo  più  gialla,  lunga, 
conica,  di  buon  sapore  e  nutriente,  usata  come 
commestibile,  in  insalata  o  cotta  per  condimento 
€  guarnizione  di  vivande.  Si  coltiva  anche  nei  cam- 
pi, come  pianta  da  foraggio  e  come  surrogato  del 
<ialfè.  Ve  ne  sono  anche  di  bianche,  di  rosse,  di 
arancione,  ecc.  -  Carotdccia,  peggior.  di  carota.  - 
Carotina,  dimin.  vezzegg.  -  Carotona,  grossa  carota, 
ma  non  tanto  quanto  il  carotane.  -  (arotuccia,  di- 
min,  spreg.  -  Barbaforte,  radice  simile  a  carota, 
ma  biancastra,  di  sapore  assai  piccante,  che  si 
gratta  e,  condita  con  aceto,  si  mangia  col  lesso, 
come  salsa.  -  Pastricciano,  pianta  con  una  radice 
carnosa,  che  si  mangia  cotta  come  la  carota. 

Carotaio,  chi  vende  carote  (non  comune  in  que- 
sto significato).  -  Carotina,  sostanza  particolare  or- 
ganica che  si  estrae  dalle  carote. 

Caròtide.  Ciascuna  delle  arterie  che,  diraman- 
dosi dSiWaorta,  vanno,  per  la  parte  inferiore  del 
collo,  alla  faccia  e  nel  cranio.  -  Carotide  primitiva, 
0  comune,  tronco  conmne  delle  carotidi,  pari,  pro- 
veniente a  destra  dal  tronco  brach io-cefalico  arte- 
rioso, a  sinistra  dall'aorta.  -  Carotide  esterna,  detta 
anche  facciale,  perchè  si  distribuisce  alle  parti 
molli  extra-craniche,  oltre  l'orbita,  -  Carotide  in- 
terna, detta  anche  cerebrale,  perchè  si  distribuisce 
al  cervello  e  all'occhio,  -Allacciatura  della  carotide, 
operazione  per  legare  la  carotide  recisa:  si  pratica 
in  alto,  punto  di  elezione,  e  in  basso,  punto  di  ne- 
cessità. -  Carotideo,  che  appartiene  o  si  riferisce  alla 
carotide  (ghiandola,  regione,  plesso,  tubercolo,  ecc.). 

Carovana.  Compagnia,  brigata  di  mercanti, 
di  viaggiatori,  di  pellegrini,  che  insieme,  per  co- 
mune difesa,  attraversano  un  deserto  o  altro  luo- 
go periglioso.  -  Caravanserraglio,  parola  formata 
da  voci  arabe  per  indicare  quel  recinto,  specie  di 
albergo,  ove  si  ricoverano  le  carovane,  in  Oriente: 
luogo  per  lo  più,  formato  di  quattro  edifici,  con 
un  gran  cortile  nel  mezzo.  -  Pagasi,  i  portatori 
nelle  carovane  (Africa  orientale). 


Carovana.  Quantità  di  navi  che  viaggino  di 
conserva  :  veggasi  a  nave. 

Carpa.  Specie  di  pesce  d'acqua  dolce:  car- 
pione. 

Carpare  (carpato).  Poco  usato:  andare  car- 
pone. 

Carpentiere.  Chi  fabbrica  o  aggiusta  carri: 
veggasi  a  carro. 

Carpicelo.  Detto  a  jìercos^a. 

Carpino,,  càrpine  (carpinato).  Albero  di  alto 
fusto  e  da  spalliera:  ha  legno  duro,  tenace,  usato 
a  fare  ruote,  lavori  da  carrozziere,  per  ardere,  per 
produrre  carbone,  fabbricare  polvere  da  sparo,  ecc. 
-  Carpineta,  luogo  piantato  di  carpini. 

Carpionare  (carpionato).  Modo  di  cucinare  il 
pesce. 

Carpióne.  Specie  di  pesce  osseo  d'acqua  dolce: 
carpa  di  carne  saporita. 

Carpire  (carpimenia,  carpito),  lì  prendere, 
il  togliere  con  violenza  o  con  inganno:  estorcere 

Carpita.  Sorta  di  panno  per  far  coperte  da 
letto  0  da  mensa. 

Carpo.  Parte  della  mano,  tra  il  polso  e  la 
palma. 

Carpomania.  Detto  a  frutto. 

Carpone,  carponi.  Modo  di  andare,  di  cam- 
minare, con  ie  mani  in  terra. 

Carradore  Artigiano  che  fabbrica  o  aggiusta 
carri  :  veggasi  a  carro. 

Carrata.  Il  carico  di  un  carro. 

Carreg-g-i àbile.  Di  strada  sulla  quale  pos- 
sono passare  carri  e  altri  veicoli. 

Carreggiare  (carreggiata) .  Trasportare  con 
carro. 

Carreggiata.  Traccia  delle  ruote  dei  veicoli 
sulla  strada. 

Carréggio.  Trasporto  di  cose  col  carro. 

Carretta.  Piccolo  carro  o  carretto,  per  tra- 
sporto di  checchessia.  -  Veicolo  a  due  ruote  e  con 
le  sponde  da  lato,  -  Carretta  da  battaglione,  quella 
che  serve  per  i  servizi  giornalieri  normali  dei 
corpi  militari.  -  Carrettone ,  carretta  grande  e  soli- 
da, con  sponde  molto  alte,  munita  di  cateratta  nel- 
la<  parte  posteriore,  col  piano  bilicato  sulla  sala: 
serve  generalmente  a  trasportare  calcinacci,  sassi, 
scarichi,  neve  e  spazzature.  Anche  a  quattro  ruote, 
ossia  alto  di  cassa  e  molto  più  lungo  che  largo,  coi 
sedili  per  lo  lungo,  e  al  quale  s'attaccano  i  cavalli 
da  carrozza,  per  avvezzarli  o  muoverli,  massime 
la  mattina  per  tempo.  Ve  ne  sono  anche  di  altre 
foggie,  ma  questa  è  la  più  comune.  -  Fucina  di 
cavalleria,  carretta  sulle  cui  stanghe  sono  collocati 
due  cofani,  un  focolare  e  un  mantice  di  forma 
pressoché  cilindrica.-  Slitta,  specie  di  carretta  sen- 
za ruote,  col  fondo  tondeggiante,  che  si  usa  per 
affusti,  sottaffusti  e  pel  traino  d'artiglieria  da  mon- 
tagna. -  Tandem,  in  inglese  e  in  francese,  è  anche 
il  carrettino  a  cui  sono  attaccati  due  o  più  cavalli, 
uno  in  fila  all'altro. 

Carrettaio,  chi  guida  la  carretta;  e  più  frequen- 
temente colui  che  dà  a  nolo  carrette  e  carretti.  - 
Carrettata,  quanta  roba  si  può  trasportare  su  una 
carretta. 

Carrettata.  Veggasi  a  carretta  e  a  car- 
retto. 

Carrettella.  Sorta  di  veicolo  a  quattro  ruote 
e  a  due  posti,  piuttosto  piccolo,  ma  elegante  e  con 
mantice. 

Carrettière.  Chi  guida  il  carretto  o  il  car- 


CARRETTO    —    CARRO 


427 


ro:  carrettonaio,  conducente;    barocciaio,    barocci- 
naio;  mulattiere,  vetturale. 

Carretto.  Piccolo  veicolo  a  due  ruote  e  da 
tirarsi  a  mano;  carretto,  carrettino,  carricello,  car- 
riuola,  carruccio.  Anche  baroccino,  baroccio, 
biroccio,  barrucolo,  barrucoletto.  •  Dicesi  pure  del- 
l'armatura per  mezzo  della  quale  vengono  soste- 
nute e  cambiate  le  quinte  sul  palcoacenico  d'un 
teatro.  •  Barella,  piccolo  carretto  per  trasportare 
terra,  letame  o  altro.  -  Carriuola,  carretto  a  mano 
ad  una  sola  ruota  davanti,  con  un  cassetto  nel 
mezzo  che  si  spinge  per  le  stanghe,  o  braccia  (due 
j:rossi  regoti),  e  serve  al  trasporto  di  ghiaia  o  di 
calce,  del  letto  delle  bestie  nella  stalla,  ecc.  - 
Cassino,  carretto  a  mano  degli  spazzaturai  -  Gabazza, 
sorta  di  carriuola  diversa  dalla  barella  orizzontale, 
ma  fornita  di  cassa  verticale  a  cono  tronco,  di  sotto. 
•  Sterzo,  carretto  a  due  ruote  -  Carrellala,  quanta 
roba  si  può  trasportare  su  un  carretto. 

Carrettonaio.  Chi  trasporta  roba  su  un  car- 
Tcttone. 

Carrettonàta.  Detto  a  carrettone. 

Carrettone.  Sorta  di  carro  con  la  cassa  molto 
alta.-  Sorta  d\  carretta.  •  In  alcune  città  si  chia- 
jTia  cosi  il  carro  che  serve  al  trasporto  dei  defunti. 
,     Carrlàjrglo.  Grosso  corro  militare. 

Carriera.  L'andatura  più  veloce  del  cavallo. 
Per  simil ,  corsa  velocissima.  -  Indirizzo,  stadio, 
professione  alla  quale  uno  si  dedica.  -  Anche  il 
passaggio  da  grado  a  grado  in  un  impiego,  in  un 
af'/icio  e  simili. 

Carriola,  carriuola.  Veggasi  a  carretto. 

Carro.  Nome  generico  dei  veicoli,  a  due  o  a 
•quattro  ruote,  specialmente  adoperati  per  traspor- 
tare, a  brevi  o  a  grandi  distanze,  merci  o  mate- 
riale qualsiasi,  facendoli  tirare  da  cavalli,  da  buoi, 
da  muli,  da  asini,  ecc.,  o  da  altra  forz^  motrice. 
Poet.,  plaustro.  Frequentemente,  grosso  veicolo  con- 
diste ite  in  un  piano  su  due  ruote,  con  due  bande 
0  siionde,  e  con  una  grossa  stanga  a  timone  da- 
vanti, e  al  quale  si  può  fare  con  delle  aste  una 
specie  di  allungamento. 

Garrì  diversi.  —  Carri  militari  —  Ca^ri  antichi. 

Ambulanza,  carro  per  trasporto  di  malati  o  di 
feriti;  in  uso  anche  presso  la  milizia.  -  jBaroccio, 
sorta  di  carretto  e  anche  di  rozzo  carro,  a  due 
grosse  ruote  o  talvolta  a  quattro,  con  due  grosse 
stanghe,  senza  cassino,  piano:  mutile  a  trasportare 
roba,  attaccato  a  nmli  a  cavallf  o  a  somari.  -  Ba- 
rucola,  specie  di  carro  .-consistente  in  una  grossa  e 
salda  sala,  con  due  ruote  e  con  timone,  per  traspor- 
tare grosse  travi  o  lunghi  tronchi  d'albero.  Gene- 
ralmente, massime  se  le  travi -sono  molto  lunghe, 
si  adoperano  due  barucole  disposte  sotto  ìe  travi 
a  conveniente  distanza  una   dall'altra. 

Cannone,  carro  per  trasporti.  -  Carretta,  pic- 
colo carro  a  due  ruote,  usato  per  trasportare  merci, 
derrate  agricole,  materiali,  terra,  ecc.  -  Carretto, 
carro  di  piccole  proporzioni.  •  Carrettone,  grosso 
carro.  Detto  anche  per  carro  funebre,  carro  mor- 
tuario. -  Carriaggio,  gran  carro  per  trasportare 
mercanzie  da  lontano.  -  Carriola,  specie  di  piccolo 
carretto,  -  Carro  armato,  quando  gli  si  fa  con 
delle  aste  uua  specie  d'allungamento  per  caricar 
fieno,  paglia  e  simili.  •  Carroleva,  carro  di  altissi- 
me e  fortissime  ruote,  col  timone  tanto  forte  e  tanto 
lungo  che  si  presta  a  due  effetti  -.  serve   da    leva. 


perché  alza  da  terra  il  peso,  e  da  guida,  perché  lo 
trasporta. 

Carro  mallo,  nome  speciale  di  quei  carri  che. 
per  la  grossezza  delle  sale,  ffelle  ruote,  dei  cerchioni, 
possono  sostenere  un  peso  enorme.  -  Carro  trion- 
fale, con  bandiere,  corone  ecc.  e  in  mezzo  una 
specie  di  trono:  usato  dagli  antichi  nei  trionfi;  ora 
nelle  mascherate  e  nei  balli  teatrali  -  Cassino,  specie 
di  carretto  a  mano,  fornito  di  alte  sponde  e  coperto. 
-  Castellata,  voce  dialettale  romagnola  ed  emiliana, 
che  indica  un  carro  con  botte  e  insieme  una  mi- 
sura di  mosto  di  circa  setlecentosessanta  litri.  -  Coc 
chio,  specie  di  carro  antico. 

Furgone,  qualunque  carro  chiuso  per  trasporto  di 
mercanzie;  il  carro  che,  in  una  ferrovia,  segue  la 
macchina,  dov'è  la  provvisione  del  combustibile  e  vari 
attrezzi  (tender);  carro  della  Posta.  -  Quadriga,  carro 
antico  a  quattro  cavalli,  usato  ne'  giuochi  olimpici, 
nelle  corse  e  nei  trionfi.  -  Sbarello,  specie  di  carro 
a  due  ruote,  che,  per  mezzo  di  un  gancio,  si  alza  e 
si  scarica  per  di  'tietro.  -  Sterzo,  piccolo  carro  a  due 
ruote.  -  Vagone,  carro  grande  col  quale  si  traspor- 
tano viaggiatori  e  merci  sulle  ferrovie. 

Carri  militari.  -  Carrastretio,  carro  le  cui  spon- 
de hanno  una  rastrelliera  a  piuoli  verticali,  invece 
di  tavole.  -  Carrello,  sona  di  carro  di  ferrovie  por- 
tatili per  bocche  da  fuoco  e  materiale  d'artiglieria. 

Carrettone,  grande  carro  coperto  p°I  trasporto  di 
munizioni  da  guerra.  -  Carriaggio,  carro  solido  e 
grosso,  a  quattro  ruote,  usato  comunemente  pel 
trasporto  di  attrezzi  militari  e  munizioni. 

Carrobaliòta,  antico  carro  militare,  sul  quale  si 
portava  un  grosso  balestrone.  -  Carro  blindato,  co- 
razzato, difeso  con  lastre  metalliche  in  modo  da 
essere  protetto  dalle  palle  nemiche.  -  Carroccio, 
voce  storica  che  indica  il  noto  carro  con  lo  sten- 
dardo comunale,  usato  nelle  guerre  delle  repubbli- 
che italiane,  nel  medio  evo  (martinella,  campana 
che  sonava  a  Firenze  un  mese  avanti  che  movesse 
l'esercito  e  poi  da  un  aito  castello  di  legno  sonava 
durante  la  guèrra). 

Carro  da  trasporlo,  carro  a  quattro  ruote,  a  volta 
intera,  secondo  il  suo  impiego  detto  :  ordinario,  da 
batteria  o  da  foraggio.  •  Carro  di  stalo  maggiore,  quello 
che  trasportacarte,  piani,  casse  d'uffici  ali  e  l'occorrente 
per  stabilire  una  cancelleria.  -  Carro  falcato,  carro 
da  guerra  munito  di  molte  falci  destinate  a  fare 
strage.  -  Carro  matto,  specie  di  carro  corazzato,  con 
feritoie,  da  essere  trascinato  in  campo  con  sopra  i 
combattenti.  -  Carlocciere,  cassia  o  carro  militare 
da  portare  i  cartocci.  •  Cassone,  carro  coperto,  a 
quattro  ruote,  col  quale  si  trasportano  le  munizioni, 
massime  dell'artiglieria.  -  Coinnus,  carro  da  guerra 
adoperato  dai  Belgi  e  dagli  antichi  Bretoni. 

Fucina  da  campagna  pèir  batteria,  carretta  sulle 
cui  stanghe  é  fissato  posteriormente  un  focolare  e 
su.  ciascuna' di  esse  un  cofano  da  fucina,  normal- 
mente-alla  sala;  fra  i  due  cofani,  po"i>  trovasi  un 
mantice  di  forma  quasi  triangolare,  di  cuoio., 
con  scheletro  di  legno.  •  Fucina  portntile,  carro  a, 
quattro  ruote,  diviso  in  avantreuo  e  retrotreno: 
serve  a  trasportare  strumenti  d'a- operali  in  fenro,, 
in  legno,  arnesi  da  maniscalco,  Ù!à.  sellaio",  dà  ve- 
terinario, ecc. 

Garbi  antichi.  -  Arceva,  carro  tutto 'clifuso  con 
tavole,  somigliante  a  un'arca,  dai  Romani  usato  a 
trasportare  infermi  o  vecchi.  -  Arcuma.  piccolo 
carro  sul  quale  poteva  essere  trasportata  'una  soia 
persona/  -  5/eTina  (vocabolo  gallico),  carro  a  quattrQ 
ruote,  fatto  di  vimini   e    di    giunchi   intessuti,  ca- 


428 


CARRO 


pace  di  più  persone.  -  Biga,  carro,  cocchio,  tirato 
da  due  cavalli,  usato  dagli  antichi  Romani,  i  quali 
avevano  anche  quadrighe  (a  quattro  cavalli)  e  se- 
stighe (a  sei  cavalli).  Le  quadrighe  erano,  per  lo 
più,  carri  da  corsa  nel  circo;  si  usavano  anche 
nelle  processioni  e  nei  trionfi.  -  Birotus  o  birota, 
qualunque  carro  a  due  ruote. 

Clabidare,  o  clavulare,  gran  carro  romano  con  le 
fiancate  aperte.  -  Chamultus,  specie  di  barrucola 
per  il  trasporto  di  oggetti  molto  pesanti  (blocchi  di 
marmo,  obelisciii,  ecc.).  -  Ciirriis,  carro  romano, 
cocchio  a  due  ruote,  aperto  posteriormente.  -  Cur- 
rus  pompaticum,  carro  funebre  dei  romani.  -  Currus 
volucri,  carro  con  ali  attaccate  alFestremità  dell'as- 
se delle  ruote:  dai  poeti  fantasticamente  attribuito 
a  Giove  e  ad  Apollo.  -  Decemjugis,  antico  carro 
tirato  da  dieci  cavalli,  tutti  di  fronte.  -  Esseda,  o 
essediim,  carro  a  due  ruote,  aperto  davanti,  chiuso 
di  dietro.  -  Petontum,  o  petorriium,  carro  aperto, 
a  quattro  ruote,  usato  dai  Romani  per  il  trasporto 
dei  servi  e  dei  famigliari. 

Plaustrum,  carro,  per  lo  più  tirato  da  buoi  e 
usalo  per  lavori  campestri.  Plostellum,  dimin.  di 
plaustrum.  -  Plaustrum  matus,  carro  dello  stesso 
genere,  di  maggiori  proporzioni  e  a  quattro  ruote. 

-  Rheda,  grande  e  spazioso  carro  a  quattro  ruote, 
con  parecchi  sedili,  usato  pel  trasporto  di  persone 
e  bagagli  :  dai  Romani  usato  in  città  e  in  campa- 
gna. -  Sarracuriì,  carro  quasi  simile  al  plaustrum, 
ma  con  due  sponde  fìsse.  -  Tensa,  o  thensa,  carro 
di  gala  sul  quale  si  trasportavano,  con  solenne 
pompa,  le  immagini  degli  dèi  ai  giuochi  circensi. 

Parti  del  carro  —  Accessorì. 

Avantreno,  la  parte  anteriore  del  carro:  corpo  di 
sala  con  due  ruote,  un  timone  o  due  stanghe.  - 
Cassa,  le  assi  che  stanno  per  ritto  ai  lati  del  piano 
del  carro,  e  che  si  possono  generalmente  mettere 
e  levare  a  seconda  della  qualità  del  carico.  -  Cas- 
setta, parte  del  carro  dove  siede  il  conduttore.  - 
Cassini,  assi  laterali  che,  insieme  all'asse  del  fondo 
a  0  quella  del  davanti,  detta  barellane,  formano 
una  specie  di  cassa  per  deporvi  la  roha  che  si  vuole 
trasportare. 

Forca,  il  timone  del  carro  da  buoi.  -  Freccia,  la 
stanga  per  il  lungo  che  collega  le  due  sale.  -  Gi- 
rello, cerchietto  di  ferro  che  si  mette  fra  il  mozzo 
e  la  sala  dei  carri  quando  si  allargano  di  troppo.  - 
Molle,  arnesi  composti  di  più  laminette  disugnali 
d'acciaio,  i  quali  tengono  sospesa  la  cassa  del  carro 
e  attenuano  le  scosse. 

Partit%,  le  due  parti  del  carro  con  la  relativa  sala, 
le  ruote,  i  ferramenti,  ecc.  {partita  davanti,  partita 
di  dietro).  -  Piano  o  letto,  la  parte  di  esso  sulla 
quale  si  mette  il  carico.  -  Puntone,  asse  verticale, 
perpendicolare  alla  forca,  che  si  punta  in  terra 
quando  il  carro  è  fermato. 

Rotino,  ciascuna  delle  due  piccole  ruote  del  carro. 

-  Ruota,  noto  istrumento  che,  girando,  volgendosi 
in  giro,  serve  a  diversi  usi.  -  Sala,  asse  di  legno 
0  di  ferro,  sul  quale  posa  il  carro  e  nei  due  capi 
del  quale  entrano  e  girano  le  ruote.  -  Sbarre,  i  pezzi 
di  legno  ai  lati  del  carro  sopra  le  ruote,  perchè  il 
carico  non  ne  impedisca  il  libero  movimento;  pezzi 
di  legno  che  inquadrano  la  cassa.  -  Scannello,  cia- 
scuno dei  due  pezzi  di  legno  (generalmente  di  olmo) 
situati  uno  al  disopra  e  l'altro  al  disotto  della  sala 
di  terrò.  -  Sponda,  banda,  fianco  di  legno,  sulla 
destra  e  sulla  sinistra  di  alcuni  carri  :  detta  anche 


coscia.  -  Sterzo,  la  parte  anteriore  e  girevole  del 
carro  (cerchio  o  tondo  dello  sterzo,  il  cerchio  di 
ferro  eh'  è  in  mezzo  agli  scannelli  davanti;. 

Timone,  legno  al  quale  s'attaccano  le  bestie  che 
devono  tirare  il  carro  :  lunga  asta  che  sporge  quasi 
orizzontalmente  sul  davanti  e  alla  quale  si  attaccano 
lateralmente  due  cavalli,  o  altri  animali,  uno  per 
parte  (coda  del  timoìie,  la  parte  di  esso,  più  sottile,^ 
che  entra  nei  cosciali  e  vi  si  ferma  con  la  cavi- 
glia). -  Trasti,  le  due  stanghe  formanti  il  piano 
inclinato  per  caricare  i  carri.  -  Iraversone,  grosso 
pezzo  di  legno  che  regge  per  traverso  le  stanghe 
del  carro.  -  Vericello,  assicella  cilindrica  situata 
orizzontalmente  dietro  il  carro,  sulla  quale  si  av- 
volge un  capo  della  fune  fermata  dall'altro,  sul  da- 
vanti, per  stringere  la  carrata. 

AccEssoRÌ.  —  Assicula,  piccolo  pernio  che  si  pone 
all'estremità  degli  assi  delle  ruote,  per  impedire  la 
caduta,  detto  anche  acciarino.  -  Bilancino,  astic- 
ciola  bilicata  dei  carri:  le  si  attaccano  le  tirelle 
dei  cavalli  da  fuori  delle  stanghe.  -  Caviglia,  il 
ferro  a  guisa  di  grosso  chiodo  che  ferma  ai  cosciali 
la  coda  del  timone.  -  Chiovolo,  piccolo  legno  so- 
speso nel  mezzo  del  giogo  dei  buoi,  per  infilarvi 
la  stanga  del  carro.-  Cosciali,  i  due  pezzi  di  legno, 
0  diritti  oa  bocca  di  granchio,  che  dall' un  capo 
sono  raccomandati  allo  scannello  interiore  dello 
sterzo,  e  dall'altro  sono  fermati  alla  bilancia:  ser- 
vono a  ricevere  in  mezzo  la  coda  del  timone. 

Dado,  il  pezzo  quadro  di  ferro  con  madrevite 
centrale,  per  cui  si  avvita  all'estremità  della  sala  di 
ferro,  per  ritegno  della  ruota.  -  Martinicca,  stanga 
orizzontale  che,  nella  discesa,  si  fa  appoggiare  con- 
tro ambedue  le  ruote,  come  ostacolo,  per  diminuire 
la  pericolosa  celerità  del  carro.  -  Maschio,  grossa 
chiavarda  che  unisce  lo  sterzo  al  rimanente  del 
carro  ;  anche,  tutte  le  specie  di  viti  di  varie  gran- 
dezze usate  pei  vari  carri  militari.  -  Molla  a  ba- 
lestra, molla  composta  di  due  parti  arcuate,  con- 
giunte in  modo  da  comprendere  fra  di  loro  uno 
spazio  ovaie  ;  delle  quali  parti  l'inferiore  poggia 
sulla  sala,  e  la  superiore  sostiene  uno  scannello.  - 
Scarpa,  quell'arnese  che  viene  fermato  a  vite  nello 
scannello  di  dietro,  perchè  il  carro  non  possa  gi- 
rare; ferro  incurvato,  che  si  adatta  sotto  le,  ruote, 
acciò  striscino  sul  suolo,  anziché  girare.  -  lirella, 
striscia  di  cuoio  o  d'altro,  che  da  una  parte  é  rac- 
comandata alle  stanghe  di  un  carro  e  dall'altra  al 
pettorale  di  un  cavallo. 

Bilia,  legno  corto,  col  quale  si  serrano  le  lega- 
ture delle  some  e  le  legature  che  stringono  il  carico 
sui  carri,  o  si  legano  i  sacchi,  le  fascine  nei  lavori 
idraulici  e  simili.  -  Bossolo,  cilindro  di  latta  con 
coperchio  e  una  maniglia,  per  lo  più  di  funicella  : 
serve  a  riporvi  l'untume  per  i  carri  o  per  altri 
usi  militari.- Cag-na,  lunga  leva  adoperata  per  affer- 
rare il  cerchione  e  condurlo  a  segno  intorno  alla 
ruota  dei  carri.  -  Galluccia,  spazzola  lunga,  con 
manico  o  senza,  che  serve  per  buttar  giù  con  l'acqua 
la  mota  dalle  ruote  o  da  altre  parti  del  carro, 
delle  carrozze  e  d'altri  veicoli.  -  Sbaditoio,  arnese 
per  disfare  i  rocchetti  delle  ruote   senza   guastarli. 

Copertone,  grossa  coperta,  per  lo  più  di  tela  ce- 
rata 0  incatramata,  usata  per  coprire  le  merci  sui 
carri.  ' 

Fabbricatore,  guidatore  di  carri.  —  Voci  diverse 

Carpentiere,  legnaiuolo  che  fabbrica  carri,  o  an- 
che li  aggiusta:  carradore,  carraio. 


CARRO   —   CARROZZA 


429 


Auriga,  era,  nell'antica  Roma,  il  conduttore  dei 
carri  nei  divertimenti  del  circo.  -  Barocnaio,  colui 
che  guida  il  baroccio.  -  Carrettaio,  chi  guidala  carret- 
ta, lo  stesso  che  carrettiere.  -  Carrettiere,  clii  guida 
carri,  carretti;  anche,  chili  dà  a  nolo:  conducente, 
carettonaio,  -  Carrettonaio,  chi  conduce  il  carret- 
tone per  trasportar  roba  da  luogo  a  luogo,  e  spe- 
cialmente rena  o  spazzature  nelle  città. 

Attaccare,  mettere  la  bestia  da  tiro  al  carro  e 
applicare  i  finimenti,  perchè  lo  trascini.  -  Ameri- 
celiare,  stringere  la  carrata  al  vericelio  del  carro, 
mediante  la  fune.  -  Caricare,  mettere  sopra  carri 
quanto  carico  possono  portare;  anche  soltanto 
mettere  roba  o  jiersone  sopra  un  carro.  -  Careg- 
giare, trasportare  coi  carri  bagagli,  nmnizioni,  at- 
trezzi 0  altro.  -  Scaricare,  togliere  la  roba  dal 
carro.  -  Scarpare,  acconciare  le  scarpe  ai  carri  e 
simili.  -  Trainare,  condurre,  tirar  dietro,  e  dicesi 
di  carri  e  d'altri  veicoli  pesanti. 

Carrata,  quanta  roba  può  stare  o  può  portarsi 
su  un  carro:  anche,  carro;  carrettonata,  carreggio, 
carriaggio;  barocciata,  traino,  veggia.  -  Carreggiata, 
spazio,  larghezza  massima  del  carro  da  ruota  a  ruota. 
Anche,  la  traccia  profonda  che  formano  le  ruote 
del  carro  passando  sulle  strade:  rotaggio,  rotaia, 
ruotala.  -  Carreggio:  fu  già  usato  per  moltitudine 
di  carri,  e  più  specialmente  per  quello  che  oggi  si 
direbbe  le  salmerie  d'un  esercito.  Ora  non  si  use- 
rebbe, forse,  che  ad  indicare  trasporto  fatto  su'  carri. 
-  Carreggio,  il  frequente  passare  di  carri  per  una 
strada.  Non  comune,  ma  dell'uso  vivo.  -  Trazione, 
azione  di  una  forza  che  trae  un  carro  o  altro  corpo 
mobile:  si  fa  mediante  animali  da  tiro;  a  vapore 
con  la  macchina  a  vapore,  o  per  mezzo  dell'elet- 
tricità (trazione  elettrica).  Veggasi  a  trasjyorto.  - 
Treno,  i  carri  e  le  carrozze  che  formano  un  con- 
voglio di  ferrovia. 

Arrotare,  arrotarsi,  di  carri  e  d'altri  veicoli  che 
si  urtano  nelle  ruote  tra  loro  :  fregare  o  urtare  cosa 
o  persona  con  ruota  di  carro  e  simili.  -  Cigolare, 
lo  stridere  che  fanno  i  carri  coi  ferrami  o  i  legni 
che  s'incontrano  o  si  urtano,  o  le  ruote  urtate.  - 
Cigolio,  il  cigolare  prolungato.  -  Tramenìo,  movi- 
mento di  più  carri. 

Carro  (di  Boote).  Nome  di  una  costellazione: 
l'Orsa  maggiore,  il  più  notevole  gruppo  stellare  del 
nostro    cielo. 

Carroccio.  Detto  a  carro. 

Carromatto.  Veggasi  a  carro. 

Carròzza.  Nome  generico  di  parecchi  veicoli, 
vari  di  forma  e  di  mole,  usati  a  trasportare  persone 
per  diporto  o  in  viaggio;  veicolo  signorile,  a  quattro 
ruote,  tirato  da  uno,  due  o  più  cavalli.  Nel  signi- 
ficato generico,  legno,  servizio,  tiro  (a  due,  a  quat- 
tro, ecc.),  vettura.  -  Carrozzaccia,  di  carrozza  ma- 
landata, sconquassata.  -  Carrozzella,  dimin.  e  vezz. 
di  carrozza.  -  Carrozzina,  dimin.  di  carrozza.  - 
Carrèga  (scherz.),  di  carrozza  mezzo  sconquassata 
e  di  forma  antica.  -  La  carrozza  di  tutti,  per  dire 
la  tramvia.  -  Servizio,  carrozza  con  pariglia.  - 
Stufiglia  (scherz.),  carrozza  chiusa.  -  Traino  (scherz.), 
di  carrozza  in  mediocri  condizioni  di  stabilità.  - 
2reno,  traino,  seguito,  equipaggio.  -  Trespolo,  cat- 
tiva carrozza  o  calesse  sconquassato.  . 

Carrozza  a  molle,  quella  la  cui  cassa  posa  ap- 
punto sopra  un  sistema  di  molle;  d  huit  ressorts 
(frane),  ossia  con  otto  molle,  di  carrozza  signorile 
che,  oltre  le  quattro  molle,  comuni  d'acciaio,  è  so- 
spesa ad  altre  quattro  cinghie  di  cuoio;  aperta, 
quella  che  si  può  chiudere   parzialmente  mediante 


una  maniera  di  cappello  mobile  connesso  alla  parte 
posteriore  della  cassa,  e  che  chiamasi  mantice;  cìiiusa, 
quella  circondata  da  pareti  da  tutti  e  quattro  i  lati, 
e  superiormente  in  modo  stabile  ;  le  pareti  fanno 
un  tutto  con  la  cassa  ;  di  corte,  ricca  carrozza  pro- 
pria della  famiglia  regnante;  di  gala,  di  lusso; 
S'-operta,  senza  mantice  o  col  mantice  abbassato; 
s'emmata,  la  carrozza  adornata  in  alcune  parti  dello 
stemma  del  proprietario. 

Carrozza  d'affìtto,  quella  che  uno  speculatore  dà, 
per  un  tempo  assai  lungo,  in  alfìtlo  con  cavalli  e 
cocchiere,  provvedendo  egli  a  tutto  ;  di  vettura,  quella 
che  SI  prende  in  atTitto  per  una  gita  in  campagna; 
di  rimessa,  quella,  un  po'  più  di  lusso  della  prece- 
dente, che  serve  più  specialmente  per  città,  in  oc- 
casione di  matrimoni,  di  battesimi  e  simili.  -  Car- 
rozza da  viaggio,  nome  generico  di  tutti  quei  vei- 
coli che  sono  esclusivamente  adoperati  al  trasporto 
dei  viaggiatori.  -  Carrozza  di  padronato,  quella 
carrozza,  quel  legno,  non  di  vettura  o  di  quelle  che 
stanno  per  le  piazze  in  servizio  del  pubblico,  ma 
che  è  proprietà  e  d'uso  particolare  di  qualche  si- 
gnore, -  Tiro  a  due,  a  quattro,  a  sei,  carrozza  ti- 
rata da  due,  quattro,  sei  cavalli. 

Carrozze  diverse,  antiche  e  moderne. 

Armamassa,  antica  carrozza  a  quattro  ruote,  con 
tendine,  riccamente  adorna,  usata  in  Grecia  e  nel- 
l'Oriente. -  Automotrice,  o  automobile  (neol.),  car- 
rozza non  trascinata  da  cavalli,  nia  spinta  da  un 
motore  a  vapore,  a  petrolio  o,  specialmente,  elet- 
trico. -  A  tonneau,  nel  linguaggio  dello  sport,  voce 
frane,  per  indicare  gli  automobili  che,  oltre  ai  due 
posti  dinanzi,  hanno  anche  posti  interni  chiusi 
per  altri  passeggeri.  - 

Bagattello,  specie  di  vettura  coperta,  più  stretta 
e  più  scomoda  della  carrozza.  -  Bdgìier,  corruzione 
del  tedesco  wagen:  voce  lombarda,  usata  anche  in 
Toscana,  che  indica  una  carrozzina  con  o  senza 
mantice,  a  quattro  ruote,  senza  cassetta  e  senza 
sportelli.  Bagherino,  piccolo  bagher  :  voce  comunis- 
sima  in  Toscana.  -  Basterna,  specie  di  lettiga:  cassa 
di  vettura  chiusa,  munita  di  anelli  per  infilarvi  le 
stanghe;  senza  ruote,  e  tirata  da  muli  caricati  di 
basti,  sui  quali  le  stanghe  erano  fissate  per  la  loro 
estremità.  -  Berlina,  carrozza  costruita  nei  primi 
anni  del  secolo  XVIII,  macchinosa,  a  quattro  ruote: 
era  a  più  posti  e  con  vari  scompartimenti  ;  serviva 
nei  tempi  andati,  per  viaggi.  -  Biga,  la  carrozza 
degli  amichi  Romani,  a  due  cavalli  {triga,  a  tre; 
quadriga,  a  quattro).  -  Botte  :  si  chiama  cosi  la 
vettura  pubblica  a  Roma.  -  Breack,  cocchio  grande 
aperto,  a  quattro  ruote,  con  alto  sedile  per  il  coc- 
chiere, due  sedili  di  .fronte  per  i  signori  e  un 
quarto  alto  sedile  di  dietro  (voce  inglese,  che  si 
pronuncia  bréch).  -  Brougham  (ingl.),  forma  di  vet- 
tura chiusa  a  quattro  ruote,  d'uso  anche  nel  ser- 
vizio di  piazza:  popolami.,  in  Lombardia,  brum.  - 
Bussola,  sorta  di  carrozzino  a  due  ruote,  tirato  da 
un  uomo;  anche,  la  sola  cassa  con  due  stanghe  da 
portarsi  a  barella. 

Cab,  sorla  di  carrozza,  invenzione  inglese,  a  due 
ruote  e  a  due  posti,  trainata  da  un  solo  cavallo  ; 
sul  davanti  è  aperta,  talora  a  due  sportelli,  e 
il  vetturino  siede  in  alto  di  dietro.  -  Cabriolet, 
specie  di  carrozzina  leggera,  saltellante.  •  Caloclie, 
carrozza  a  quattro  ruote,  posata  sulle  molle,  molto 
leggera,  scoperta  sul  davanti,  con  mantice  di  dietro, 
-  Calesse,   piccola  carrozza,  di  particolar  foggia  e 


430 


senza  cassetta,  con  due  posti,  due  grandi  ruote  e 
due  stanghe,  tirata  da  un.  solo  cavallo.  -  Ca'rpenlum, 
veicolo  romano  a  quattro  ruote;  ne  era  poco  dis- 
simile la  rheda  pure  a  quattro  ruote.  Con  lo  stesso 
nome  si  chiamò  anche  una  carrozza  a  due  ruote, 
ricoperta  da  una  tenda  e  provvista  di  cortine:  usata 
dalle  matrone  romane  (pei  veicoli  antichi^  veggasi 
a  carro). 

Carrettella,  carrozza  aperta  con  quattro  posti  e 
quatto  ruote  tirata  da  due  cavalli.'  -  Carrozzella  si 
chiama  la  vettura  pubblica  a  Napoli.  -  Carozzella, 
piccolo  veicolo  per  portare  in  giro  bambini,  di  so- 
lito spingendolo  a  mano.  -  Carrozzino,  piccola  car- 
rozza coperta  e  piuttosto  elegante,  più  specialmente 
con  due  posti  e  a  un  cavallo  soìo.  *  Carrozzone, 
quello  con  fregi'  e  arabeschi  che  si  usa  nelle  so- 
lenni ricorrenze  dai  principi  o  dalle  autorità.  - 
Cesta,  carrozza  a  due  o  a  quattro  ruote,  usata  spe- 
cialmente per'uso  dei  procacci.  -  Char-d-bancs,  forma 
di  vettura  lunga  e  leggera,  fornita  di  più  sedili 
ugualmente  disposti  di  traverso.  -  Cisium,  calesse 
leggiero  a  due  ruote,  adoperato  dai  Romani  per 
vettura  pubblica  o  privata.  -  Cocchio,  carrozza 
signorile.  -  Coupé,  carrozza  coperta  solo  a  metà  e 
a  due  posti;  anche,  vettura  signorile,  chiusa  e  ri- 
parata, a  quattro  ruote,  press'a  poco  còme  il  brum, 
e  ad  un  solo  sedile.  -  Covinus,  carrozza  da  viaggio, 
adottata  dai  Romani,  sul  modello  del  carro  belgico 

Diligenza,  grossa  vettura  da  viaggio,  o  carrozzone, 
che  talora  si  direbbe  composto  da  due  o  tre  gusci 
di  carrozza,  riuniti  gli  uni  dietro  gli  altri:  il  primo 
dimezzato  cioè  a  un  solo  fondo,  e  perciò  coi  soli 
posti  di  dietro,  e  detto  (dal  frane.)  coupé,  ossia 
carrozza  tagliata,  mezza  carrozza,  cioè  con  un  solo 
fondo,  ii  posteriore.  -  Drosca,  specie  di  vettura 
pubblica  usata  in  Russia  :  panchetta  su  quattro  pic- 
cole ruote  e  munita  di  una  spalliera,  -  Epirhedium, 
e  arcera,  carrette  antiche  coperte.  -  Equipaggio, 
carrozza  signorile  con"  servi  in  livrea.  -  Fiacre 
(frane),  e  corrottamente  fiaccherre,  piccola  vettura 
che  sta  per  le  piazze  o  altri  posti  assegnati  nelle 
città,  per  condurre  chi  voglia  dall'uno  all'altro 
luogo,  mediante  un  prezzo  (tariffa),  stabilito  dal 
magistrato  comunale.  •  Four  in  hand  {stage),  ingl., 
vettura,  a  foggia  di  berlina,  tirata  da  quattro  cavalli 
accoppiati  e  le  cui  briglie  sono  tenute  da  un  solo 
guidatore. 

Giardiniera,  specie  di  vettura  scoperta  in  cui  si 
sta  a  sedere  quasi  a  cerchio  o  sopra  sedili  paral- 
leli: usata  per  gite,  scampagnate  e  simili.  Anche, 
ma  meno  comunemente,  paniera.  •  Girinkisha,  vei- 
colo del  Giappone,  in  gran  parte  trascinato  da  uo- 
mini. -  Hansan  (ingl.:  pron.  ensem)^  carrozza  a  due 
ruote  e  a  due  posti.  -  /wrisc esctas,  specie  di  car- 
rozza al  Giappone. 

Landò  (landau),  sorta  di  legno  elegante,  grande 
per  sei  persone,  tirato  da  due  o  quattro  cavalli,  da 
potersi  tenere  scoperto  e  chiuso.  -  Lettiga,  por- 
tantina d'origine  orientale,  con  due  lunghe  stanghe, 
molto  usale  un  tempo  per  trasportare  persone.  - 
Mail-coach  (pron.  mel-coce),  l'antica,  grave  e  grande 
vettura  postale  con  tiro  a  quattro.  -  flnlihran,  sorta 
di  carrozza  scoperta  per  passeggiate.  -  Omnibus, 
nome  generico  di  grandi  carrozze,  più  lunghe  che 
larghe,  con  sedili  a'  due  lati  delle  fiancate  e  talune 
anche  con  sedili  variamente  disposti  sniV imperiale: 
generalmente  usate  nelle  città  prima  dell'introdu- 
zione d«lle  tramvie. 

Phaeton,  carrozza  a  due  ruote,  leggera,  elegante.  ; 
Pilentum,  carrozza  di  parata  adoperata  dalle  matrone 


romane.  -  Slitta,  veicolo  che  sostituisce  la  carrozza  là 
dove  si  deve  percorrere  terreno  nevoso  e  ghiacciato.  '^ 
Stage- coach,.o  coach,  specie  di  vettura  signorile, 
chiusa,  a  quattro  ruote,  che  ha  sedili  in  alto,  tirata» 
da  una  o  più  pariglie  di  cavalli,  e  in  uso  ne'  pas- 
seggi, nelle  corse,  nelle  gite.  -  Tarantassa,  specie  di 
carrozza  da  viaggio,  in  uso  nella  Russia  meridio- 
nale. -  Thensa,  carro  o  lettiga  in  cui  si  portavano 
le  statue  degli  dei.  -  Tilbury,  elegante  baroccino 
scoperto.  Voce  inglese,  da-1  nonie  dell'inventore.  - 
Timonella,  piccola  carrozza,  aperta  o  chiusa,  che  ha 
due  posti  e  quattro  ruote  e  che  è  tirata  da  un  ca- 
vallo. •  Trabiccolo,  carrozzella,  calessino.  -  Treggia, 
specie  di  carrozza  signorile  (o  carretta  rustica),  senza 
ruote,  per  lo  piU  tirata  da  bovj  per  salire  in  luoghi 
erti  e  montuosi.  -  Troika  (voce  russa  che  vuol 
dire  tre),  tiro  a  tre  cavalli,  come  si  costuma  in 
Russia. 

Vagone,  nome  generico  di  carrozza  da  ferrovia  ^ 
carrozzone.  -  Vagone-salon.  carrozza  ferroviaria  a 
tipo  Pullmann  nei  treni  di  lusso  :  serve  special- 
mente per  ritrovo  o  per  refezione.' 

Vettura,  nume  generico  di  veicoli  su  ruote,  a  uso 
principalmente  di  trasportar  persone  in  città.  - 
Vettura  alla  Dumont,  traino  signorile  a  quattro 
ruote,  pesante,  scoperto,  in  cui  stanno  i  signori  su 
l'alto  di  superbi  sedili.  -  Vettura  di  posta,  formata 
da  una  sala  e  timonella  su  cui  è  appoggiato,  me- 
diante due  molle,  un  coupé  con  sottocassa,  e  con  il 
sedile  munito  di  parafanghi. 

Victoria,  carrozza  signorile  a  quattro  ruote  e 
due  posti,  con  mantice  dietro:  bassa  di  predelia, 
con  molle  leggerissime,  adatta  per  signore.  -  Vis- 
d-vis,  carrozza  a  forma  della  berlina,  a  un  solo 
posto  davanti  e  uno  di  dietro;  in  Italia,  a  due 
posti  per  parte.  -  Vittorina,  soita  di  carrozza  a  due 
posti,  cosi  detta  dal  nome  di  Vittorio  Emanuele  II. 
-  Wagonette,  voce  ingl.,  vettura  signorile  da  pas- 
seggio. 

Parti  della  carrozza. 

Asse,  sala,  la  sbarra  di  acciaio  che  unisce  le 
ruote  e  forma  parte  del  telaio  che  sostiene  la  cassa 
(borchia,  ornamento,  a  forma  di  scatola,  che  finisce 
all'estremità  la  sala).  Anche,  quel  piano  sul  quale 
sta  in  piedi  il  servitore  dietro  la  carrozza:  a  Fi- 
renze, più  comunemente,  asse  sospeso.  •  Avantreno, 
la  parte  anteriore  della  carrozza.  -  Balza,  corti- 
naggio pendente  dal  cielo  delle  carrozze,  ecc.  -  Bi- 
lancia,  traversa  di  legno  fìssa  nelle  carrozze,  e  nei 
carri  per  attaccarvi  i  cavalli  d'aiuto  e  i  bilancini. 
Anche  quella  mobile,  coi  bilancini,  che  si  aggancia 
a  un  occhio  dell'estremità  del  timone,  per  attac- 
carvi le  tirelle  degli  altri  aiuti  o  bilancini.  -  Bilan- 
cino, ciascuno  dei  due  pezzi  di  legno  che,  con  una 
cigna  nel  mezzo,  sono  raccomandali  alla  bilancia, 
e  ai  quali  si  attaccano  le  tirelle.  -  Borsa  delle 
carrozze,  sorta  di  tasche  nell'interno  delle  carrozze 
per  riporvi  oggetti. 

Carro,  tutta  la  parte  inferiore  della  carrozza, 
cioè  quella  sulla  quale  poggia  la  cassa:  anche  traino. 
■  Cassa,  la  parte  della  carrozza  sostenuta  dai  ci- 
gnoni e  dalle  molle  ad  arco,  o  poggiata  sulle  molle 
a  balestra,  e  dentro  la  quale  sediamo,  nell'andare 
in  carrozza.  -  Bandelloni,  quattro  robuste  lamine 
di  ferro  invitate  ai  quattro  angoli  della  cassa  e 
terminanti  in  maniglie^  alle  quali  sta  appesa  la 
cassa  per  mezzo  dei  cignoni;  fondo  della  cassa,  la 
parte  interna,  o  posteriore,  dove  posano  le  spalle  e 
siedono  due  persone  nei  posti  di  fondo;  pianta  della 


Tav.  XVII  [. 


CARRETTA.  fARRETTO,  CARRO.  (Ani'.iiZZA 


431 


t  r.vvPtta  a  mano-  2  banna  ;  3,  wagonnette;  4,  carro  basso  per  trasporlo  di  travi,  ecc.;  5  traino;  6,  ha- 
aue  7  arnione  srcàrretta;  9,  altra  e!avretta  ;  IO,  carretto;  ll.^furgone;  12.  tramvia;  13  cab  ;  14.  t,lbury, 
?.  'J;rT«  mìi'nibus  17  por  antina;  18.  cabriolet;  19,  automobUe  (1,  cofano  -  2,  radiatore  -  3,  mantice  - 
%danTe'del'lostezo-'^  freno  6,  cambia  di  velocità  -  7.  copertone  della  ruota  -  8,  parafanghi  -9,  sedUe  - 
VscSrmo  -  ll!Se)  -  20.  phaéton  ;  21,  carrozza  da  caccia;  22,  break;  23,landau;  24,  victona  ;  2.,  calesse; 
.5«,  berlina  ;  27,  carro  mortuario.  . 


432 


CARROZZA 


■cassa,  la  parte  che  ne  forma  il  pavimento.  -  Cassetta, 
lo  stesso  che  serpe  (veggasi  più  innanzi).  -  Cielo, 
la  parte  superiore  della  cassa  della  carrozza  chiusa. 
-  Cignone,  ciascuna  di  quelle  quattro  parti  della 
carrozza,  composte  di  più  strisele  di  cuoio    addop- 

Eiate,  che,  unite  alle  molle  ad  arco,  sostengono  i 
andelloni.  -  Contromantice,  copertura  sul  davanti 
della  cassa.  -  Coupé,  la  parte  anteriore  di  una  car- 
rozza di  posta.  -  Cristallo,  lastra  di  vetro  in  un 
telaio  di  legno,  il  quale  può  scorrere  entro  scana- 
lature praticate  dall'alto  al  basso  nella  grossezza 
del  legno  dello  sportello  e  nascondersi  fra  le  assi- 
celle che  formano  la  parte  inferiore  dello  sportello 
medesimo;  lasciando  questo  aperto  superiormente 
per  il  giuoco  dell'aria. 

Fiancata,  ciascuna  delle  due  parti  laterali,  dei 
due  fianchi  della  cassa.  -  Maniglione,  grossa  mani- 
glia fissata  nella  fiancata  della  carrozza  presso  la 
bocchetta  della  serratura.  -  Funghi,  quattro  perni 
éi  ferro,  rivestiti  di  cuoio  o  di  metallo,  che  hanno 
in  cima  una  piastrella  orizzontale,  di  ferro  essa 
pure,  e  che,  posti  due  alle  estremità  e  due  nel 
mezzo  della  bilancia,  servono,  o  per  attaccarvi  le 
tirelle,  quando  non  vi  siano  i  bilancini,  o  per  or- 
namento. -  Fuselli  0  fusoli,  le  due  testate  assotti- 
gliate e  rotonde  della  sala  le  quali  entrano  nel 
mozzo  della  ruota.  •  Gobba,  quella  parte  rilevata  e 
tondeggiante  che  è  orizzontalmente  dietro  la  cassa 
di  alcune  carrozze;  la  curvatura  del  mantice  -  Gu- 
scio, l'ossatura  di  legno  della  carrozza.  -  Imperiale, 
larga  e  bassa  cesta  coperta  di  cuoio  sovrapposta 
al  cielo  della  carrozza,  e  che  serve  a  riporvi  entro 
panni,  biancherie  e  simili.  -  Maniglia,  arnese  di 
metallo,  che  serve  per  aprire  lo  sportello,  varia  di 
nome  a  seconda  della  forma  {gruccia,  nome  dato 
alla  maniglia  quando  la  sua  parte  esterna  ha  pres- 
soché la  figura  della  lettera  T.).  -  Maniglia,  i  ferri 
in  cui  passano  i  cignoni  e  le  ventole.  -  Manopola, 
ciascuna  di  quelle  strisele  addoppiate  ed  imbottite, 
che  sono  appiccate,  nella  carrozza  chiusa,  alla  parti 
inferiori  delle  fiancate;  e  nella  carrozza  aperta  ai 
due  lati  inferiori  del  mantice.  Alla  manopola  ap- 
poggiano le  mani    coloro  che  vanno  in  carrozza. 

Mantice,  coperta,  per  lo  più,  di  pelle,  che  é  sulla 
metà  posteriore  della  cassa,  e  che  secondo  il  biso- 
gno, e  mediante  le  molle,  si  può  inalzare  ed  ab- 
bassare {compassi,  due  forbite  spranghe  di  ferro, 
fatte  a  S,  applicate  al  mantice,  e  che,  snodandosi, 
permettono  a  questo  di  ripiegarsi;  stecche,  archi  di 
legno  segati  che  tengono  distesa  la  pelle  del  man- 
tice e  gli  conservano  la  forma  curva).  -  Molla,  or- 
digno di  ferro  o  di  ottone,  in  forma  quasi  di  un 
S,  che  è  da  ciascun  lato  del  mantice  e  che  serve 
ad  alzarlo  od  a  buttarlo  giù  {caricare  le  molle,  vuol 
dire  spiegarle  in  modo  che  restino  tese  a  fine  di 
tener  fermo  il  mantice  alzato;  scaricare  le  molle, 
vale  ripiegarle  per  abbassare  il  mantice).  -  Molla  a 
balestra,  quella  composta  di  due  parti  arcuate,  con- 
giunte in  modo  da  comprendere  fra  di  loro  uno 
spazio  ovale;  delle  quali  parti  l'inferiore  poggia 
sulla  sala,  e  la  superiore  sostiene  uno  scannello.  - 
Molla  ad  arco,  quella,  appunto  in  ferma  di  arco, 
che  poggia  sulla  parte  inferiore  di  ciascuno  dei 
due  scannelli,  e  sopra  la  quale  é  uno  dei  quattro 
cignoni  a  cui  é  sospesa  la  cassa.  -  Foglie,  le  lamine 
d'acciaio  che,  sovrapponendosi,  formano  le  molle. 

Montatoio  {piede,  staffone),  ciascuna  di  quelle  pic- 
cole piastre  rettangolari  che  servono  alcune  per  mon- 
tare in  cassetta,  altre  per  ascendere  o  nel  seggiuolo 
del  servitore,  o  sull'asse  di  dietro. 


Parafango,  arnese  di  cuoio,  fermato  alla  parte 
anteriore  del  cruscotto  e  che,  quando  è  spiegato, 
copre  le  gartTbe  del  cocchiere  e  le  difende  dal  fango 
e  dalla  pioggia.  -  Questo  nome  si  dà  pure  a  quel- 
l'arnese simile  che  nella  carrozza  aperta  è  fermato 
per  una  estremità  alla  parte  inferiore  della  spal- 
liera davanti  della  cassa  e  che  con  l'altra,  allorché  si 
spiega,  appiccasi  al  mantice  alzato:  serve  a  coprire 
e  difendere  dalla  pioggia  e  dal  fango  le  gambe  a 
quelli  che  stanno  in  carrozza.  -  Partite,  le  due  parti 
del  carro,  d'una  carrozza,  che  comprendono,  una  delle 
sale  con  le  ruole  e  gli  accessori.  -  Pedana,  la  par- 
te inferiore  della  cassa.  -  Pedanine,  le  lamine  di 
ferro,  fermate  a  varie  altezze,  con  .le  quali  il  coc- 
chiere si  aiuta  per  raggiungere  il  suo  posto.  -  Por- 
tastanghe, doppia  cigna  di  cuoio  che  lega  1'  una 
all'altra  le  due  estremità  delle  stanghe  e  si  affib- 
bia sul  sellino  del  finimento.  -  Predellino,  l'arnese, 
a  modo  di  piccola  scaletta,  che  da  ciascun  lato 
della  carrozza  é  raccomandato  alla  pedana  della 
cassa,  sotto  lo  sportello,  ad  uso  di  salire  in  car- 
rozza 0  di  scenderne.  -  Rete,  intrecciatura  di  corda 
0  di  fil  di  ferro,  per  riporvi  alcunché.  -  Riposi, 
rialzo  nei  lati  interni  della  carrozza,  che  servono 
d'appoggio  al  gomito  di  chi  vi  sta  seduto.  -  Roc- 
chetti, due  piccoli  tubi  di  metallo,  uno  per  parte 
ai  lati  della  cassa  o  del  -mantice,  e  sopra  i  quali 
passano  lente  le  ventole  ritenute  all'altra  estremità 
da  una  staffa  fermata  a  vite  alle  molle  posteriori 
della  vettura.  -  Rotino,  ciascuna  delle  due  piccole 
ruote  del  carro,  sul  dinanzi  della  carrozza  che  ha 
quattro  ruote. 

Ruota,  organo  principale  della  carrozza,  com- 
posto del  mozzo,  dei  raggi  e  del  quarto.  -  Scannello 
davanti,  nelle  carrozze  con  molle  a  balestra,  cia- 
scuno di  quei  due  legni,  in  forma  quasi  di  travi- 
celli, che  mettono  in  mezzo  il  tondo  dello  sterzo, 
e  dei  quali  il  superiore  è  sotto  la  cassetta  e  l'in- 
feriore sopra  le  molle  suddette;  nelle  carrozze  con 
molle  ad  arco,  ciascuno  di  quei  tre  legni  simili  ai 
già  descritti,  dei  quali  uno  sostiene  le  estremità 
inferiori  delle  due  molle  ad  arco  davanti  e  gli  al- 
tri due  mettono  in  mezzo  il  tondo  dello  sterzo,  il 
primo  della  parte  superiore  e  sotto  le  molle,  e 
il  secondo  dalla  parte  inferiore  e  sopra  la  sala  dei 
rotini.  -  Scannello  di  dietro,  nelle  carrozze  con 
molle  a  balestra,  quel  legno,  in  forma  di  travicello, 
che  poggia  sulle  molle  a  balestra  di  dietro  e  che 
serve  a  sostenere  la  parte  posteriore  della  cassa; 
e  nelle  carrozze  con  molle  ad  arco,  ciascuno  di 
quei  due  legni  simili  a  travicelli,  che  sostengono  le 
molle  ad  arco  di  dietro,  e  dei  quali  l'uno  sta  sulla 
sala  delle  ruote,  e  l'altro  alquanto  più  in  fuori.  - 
Sederino,  terzo  posto,  quell'assicella  ch'è  appiccata 
a  pie  della  spalliera  davanti  della  cassa,  nell'in- 
terno, e  alzata  e  sostenuta  da  due  ferri,  e  che 
serve  di  sedile  in  alcune  carrozze  che  hanno  sola- 
mente i  posti  dalla  parte  di  dietro.  -  Sedile,  la 
parte  interna  della  cassa  dove  si  siede.  -  Seggiolo 
del  servitore,  sedile  ch'è  dietro  alcune  carrozze,  ad 
uso  di  potervi  stare  seduto  il  servitore. 

Serpe,  o  cassetta,  sederino  coperto  sul  davanti  di 
alcune  grandi  vetture,  e  specialmente  delle  dili- 
genze, talora  più  alto  del  posto  ove  siede  chi  gui- 
da, e  talora  lo  stesso  occupato  da  questi.  -  Coper- 
Ione,  il  panno  che  adorna  la  cassetta  del  cocchiere. 
-  Sopracielo,  cielo  della  corrozza.  -  Spalliere:  ve  ne 
sono  due,  dette  davanti  e  di  dietro;  la  prima  è 
quella  parte  della  cassa  dove  poggiano  le  spalle  co- 
loro che  siedono    in  carrozza    dalla  parte  davanti 


CARROZZA 


433 


e  spalliera  di  dietro  è  quella  su  cui  appoggiano  le 
«palle  quelli  che  siedono  dalla  parte  posteriore.  - 
Sperino,  vetro,  per  io  più  circolaro,  che  è  nel  di 
dietro  della  carrozza,  per  vedere  al  di  fuori.  -  Spor- 
tello, ciascuna  di  quelle  due  aperture  laterali  della 
cassa  coi  legnami  che  servono  per  chiuderla,  e  per 
le  quali  si  entra  nella  carrozza  e  se  ne  esce.  Di- 
cesi anche  di  ciascuno  dei  due  pezzi  di  legname 
che  servono  per  chiudere  le  due  aperture  laterali 
della  cassa.  -  FruZ/t'uo,  cilindretto  metallico  girevole 
orizzontalmente  sul  suo  asse  nel  mezzo  dell'orlo 
inferiore  della  luce  degli  sportelli:  ta  l'ufficio  di 
rendere  agevole  il  rialzare  il  cristallo  a  mezzo  di 
una  cigna;  luce,  la  parte  superiore  degli  sportelli, 
che  chiudesi  con  il  cristallo  o  con  persiana  o  con 
tendina;  serratura,  l'ordigno  atto  a  chiuderlo.  Tale 
serratura  a  volte  è  a  colpo,  talora  la  stanghetta 
entra  nella  bocchetta  col  voltare  una  gruccia  o  un 
pallino  0  una  maniglia. 

Staffa  della  carrozza,  il  montatoio.  -  Stuvghe,  le 
due  aste  di  legno,  terminanti  anteriormente  con 
una  parte  rastremata  ed  un  po'  curvata  all'infuori, 
fra  le  quali  è  attaccato  un  unico  cavallo  per  tirare 
la  vettura. 

Sterzo,  la  parte  anteriore  e  girevole  del  carro 
della  carrozza.  -  Cerchio,  o  tondo  dello  sferzo,  quel 
cerchio  di  ferro  ch'è  in  mezzo  agli  scannelli  da 
vanti.  -  Cosciali,  i  due  pezzi  di  legno,  o  dritti  o  a 
bocca  di  granchio,  che  dall'un  capo  sono  racco- 
mandati allo  scannello  inferiore  dello  sterzo,  e  dal- 
l'altro sono  fermati  alla  bilancia  e  che  servono  a 
ricevere  in  mezzo  la  coda  del  timone.  -  Dado,  il 
piccolo  pezzo  quadrangolare  di  ferro,  che  ha  nel 
mezzo  un  foro,  nel  quale  si  fa  entrare  l'estremità 
inferiore  dal  maschio  dello  sterzo  per  tenerlo  fermo. 
-  Maschio,  il  grosso  perno  di  ferro  che,  passando 
nel  mezzo  di  due  scannelli,  tien  unito  lo  sterzo  al 
rimanente  del  carro. 

Subbiello,  pernio  del  calesse  per  allungare  e  ac- 
corciare i  cignoni  {nacchere  del  subbiello,  due  dischi 
di  ferro  che  tengono  fermo  il  cignone).  -  Tendina, 
collina,  ciascuno  di  quegli  arnesi,  ordinariamente 
di  seta,  lunghi  e  larghi  quanto  i  cristalli  della  car- 
rozza, e  fermati  alla  estremità  superiore  ed  infe- 
riore degli  sportelli,  ad  uso  di  essere  abbassati  per 
difendere  dal  sole  coloro  che  vanno  in  carrozza. 
Alle  tendine,  per  alzarle  o  abbassarle,  si  applicano 
bottoni  a  pressione,  fei^magli  a  molle,  ecc.  -  Tet- 
tino, specie  di  copertura  che  si  fa  nella  parte  su- 
periore ed  anteriore  della  cassa,  per  difendere  il 
cocchiere  dalla  pioggia  o  dal  sole. 

limone,  lunga  asta  che  sporge  quasi  orizzontal- 
mente sul  davanti  di  un  veicolo,  od  altro  arnese, 
per  esser  tratto  da  due  animali,  cavalli  o  buoi,  at- 
taccativi lateralmente  uno  per  banda.  I  cavalli  sono 
attaccati  al  cerioceio  del  timone  del  carro,  della  car- 
rozza e  dell'aratro,  mediante  correggioni  granchio, 
ferro  che  guarnisce  l'estremità  del  timone,  della 
carrozza,  che  forma  come  due  grossi  anelli  per  rac- 
comandarvi parte  dei  finimenti  dei  cavalli.  -  Traino, 
il  carro  della  carrozza.  Scherz.,  un  traino  da  gran 
signore.  -  Ventole,  liste  di  panno  o  di  cuoio,  che 
8on  raccomandale  alla  parte  superiore  ed  esterna 
della  cassa  e  alle  quali  si  attiene  il  servitore  che 
sta  in  piedi  dietro  la  carrozza  :  terminano  inferior- 
mente talvolta  in  una  mappa,  che  è  un  ornamento 
a  molte  sottilissime  striscette  di  panno  o  cuoio,  a 
«imiglianza  di  un  fiocco  compresso.  -  Zoccolo,  cia- 
scuno dei  due  grossi  pezzi  su  cui  è  fermato  con 
viti  l'asse  di  dietro  della  carrozza. 


ACCESSORÌ. 

Acciarìno:  si  chiama  così  ciascuno  di  quei  ferri, 
quasi  in  forma  di  grossi  chiodi,  che  dalla  parte 
esteriore  dei  mozzi  si  ficcano  nei  fori  praticati  nelle 
testate  delle  sale,  afllnchè  queste  non  escano  dai 
mozzi.  -  Ala,  ciascuna  di  quelle  strisele  addoppiate 
di  cuoio,  più  0  meno  lunghe,  o  con  telaio  di  ferro, 
che  sono  fermate  alle  fiancate  della  cassa,  dalla 
parte  esteriore,  e  sporgono  in  fuori,  perchè  parino 
il  fango,  che,  senza  di  esse,  potrebbe  dalle  ruote  o 
dai  rotini  schizzar  dentro  la  carrozza.  -  Organetto, 
piccolo  arnese  di  ferro,  in  forma  di  rocchetto,  che 
è  sotto  le  molle  ad  arco  ed  al  quale  è  avvolta 
parte  delle  estremità  inferiori  dei  cignoni,  ad  uso 
di  alzare  ed  abbassare  la  cassa. 

Bandiìlone,  ciascuno  dei  due  lunghi  ferri  ai  qua- 
li sono  raccomandati  i  cignoni  davanti  e  quelli  di 
dietro  della  carrozza  con  molle  ad  arco,  e  che  so- 
stengono la  cassa,  passandole  per  di  sotto.  -  Boccinolo, 
in  alcuni  fanali,  qutlla  parte  che  poggia  sul  fondo 
del  fanale  e  ne  sporge  in  su,  e  che,  fatta  a  ijuisa 
di  canna,  riceve  il  candelotto  e  la  luccrnuzza.  - 
Bronzina,  striscia  di  metallp,  la  quale  riveste  la 
parte  interiore  del  mozzo  e  serve  ad  impedire  che 
la  testata  della  sala  lo  guasti  col  continuo  sfrega- 
mento. -  Bruscotto,  arnese  di  forma  per  lo  più  (jua- 
drangolare,  fatto  di  cuoio  addoppiato  e  con  telaio 
di  ferro,  oppure  di  legno:  è  sull'estremità  anteriore 
della  pedana  della  cassetta.  -  Cagna,  lunga  leva  di 
legno,  con  in  cima  un  dente  di  ferro  mobile  su  un 
pernio,  che  serve  a  tenere  ^  segno  il  cerchione. 

Candelotto,  piccola  candela  di  sego,  di  cera,  o 
d'altro,  che  si  ficca  nel  boccinolo  del  fanale.  -  Cavi- 
glia, il  ferro  a  guisa  di  grosso  chiodo,  che  ferma 
ai  cosciali  la  coda  del  timone.  -  Cerchione,  grosso 
cerchio  di  ferro,  o  di  gomma,  onde  si  armano  le 
ruote  delle  carrozze.  -  Cigna,  quel  passamano  o 
gallone  con  cui  si  tirano  su  e  si  abbassano  i  cri- 
stalli della  carrozza.-  Contatore  oro-chilom etneo,  a.n- 
parecchio  che  registra  in  chilometri  i  tratti  di  via 
fatti  da  una  vettura  per  ogni  singola  corsa.  -  Cor- 
reggione,  corta  e  grossa  correggia  addoppiata  che 
passa  liberamente  in  una  campanella  metallica  fer- 
mata al  pettorale  nel  finimento  e  i  cui  duo  corpi 
vanno  ad  affibbiarsi  alla  estremità  del  timone.  -  Cru- 
scotto, riparo  di  cuoio  unito  al  parafango,  dinanzi 
al  cocchiere  :  serve  a  difenderlo  dalla  pioggia. 

Fanale,  lampione,  l'arnese,  in  foggia  quasi  di  lan- 
terna, che  sta  dall'un  lato  e  dall'altro  della  carrozza 
presso  la  cassetta,  e  nel  quale,  quando  è  bisogno, 
vengono  accesi  dei  candelotti  per  far  lume.  Oltre 
che  a  candela,  si  hanno  fanali  a  petrolio,  a  ga$, 
elettrici,  ecc.;  fanali  proiettori,  parabolici,  a  corpo 
ellittico  parabolico,  fanali  autogeneratort,  ecc. 

Forchetto,  quel  travicello  con  due  punte  di  ferro 
nell'estremità  inferiore  che  nelle  salite  si  suole  at- 
taccare al  mezzo  dello  scannello  di  dietro,  e  che 
viene  ficcato  con   le   punte    di  ferro    nel    terreno, 

3aando  la  carrozza  si  ferma,  per  impedire  che  ess.i 
ia  in  dietro.-  Foì^imento,  o  finimentOf  luttf>  ciò 
che  serve  per  attaccare  i  cavalli  alle  carrozze.  - 
Frullino,  cilindretto  di  metallo,  d'avorio  o  d'altra 
materia,  girevole  orizzontalmente  sul  suo  asse  nf*I 
mezzo  dell'orlo  inferiore  dell'apertura  o  luce  digli 
sportelli,  dalla  parte  di  dentro.  La  cigna,  strisciando 
e  scorrendo  agevolmente  sul  volubile  frullino,  di- 
minuisce lo  sforzo  del  rialzare  il  cristallo.  -  Guan- 
ciale, quell'arnese  di  panno,  pelle  o   simile,  imbot- 


Prrmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


28 


434 


llARROZZA 


tito  di  crini,  piume  od  altro,  che  si  colloca  sopra 
ciascun  sedile,  a  maggior  agio  di  chi  vi  siede. 

Lucernuzza,  piccolo  recipiente,  ordinariamente  di 
vetro,  in  forma  di  cipolla,  avente  da  un  lato  una 
prominenza,  per  la  quale  si  ficca  nel  bocciuolo,  e 
dall'altra  un'apertura  per  la  quale  vi  si  versa  en- 
tro olio  e  s'introduce  lo  stoppino.  -  Martinicca, 
congegno  per  frenare  le  carrozze  alla  scesa.  -  Scar- 
pa, specie  di  staffa  di  ferro  in  cui  viene  fermata 
una  delle  ruote  de'  grevi  carriaggi  per  impedire  che 
giri,  e  serve  perciò  a  rallentare  il  corso  nelle  discese 
pericolose;  ha  ai  lati  due  orecchie  e  all'un  dei  capi 
un  occhio,  al  quale  è  attaccata  una  catena.  Gli  orec- 
chi sono  le  due  parti  laterali  che  fanno  risalto  : 
l'occhio,  quel  foro  nel  quale  s'adatta  la  catena;  la 
catena,  quella  serie  di  anelli  di  ferro,  il  primo  dei 
quali  è  unito  alla  cassa  della  carrozza  o  al  carro 
di  essa  e  l'ultimo  all'occhio  della  scarpa. 

Dell'andare  in  carrozza.   -  Movimenti  di  questa. 
Persone  addette,  ecc. 

Avere  al  culo  il  dóndolo  della  carretta  (scherz.), 
stare  in  carrozza.  -  Barattare,  tare  il  baratto,  cioè 
il  passaggio  contemporaneo  di  due  o  più  vetture, 
mo ventisi  in  direzione  opposta  lungo  una  stessa 
via.  -  Caricare,  prendere  in  carrozza.  -  l'arsi  stra- 
scicare in  carrozza,  andare  in  carrozza  a  spassOf 
per  lo  più  nei  luoghi  di  passeggio.  -  Imbarcarsi, 
incarrozzarsi,  montare  in  carrozza.  -  Metter  piede, 
o  i  piedi  a  terra,  scendere  da  carrozza;  smontare, 
dismontare.  -  Scarrozzare,  fare  e  anche  far  fare 
una  passeggiata  in  carrozza  {scarrozzata,  lo  scar- 
rozzare); far  trottate  in  carrozza;  andare  qua  e  là 
in  carrozza.  -  Carrozzata,  quante  persone  possono 
entrare  in  una  carrozza;  e  treggiata,  la  compagnia 
che  va  in  carrozza.  -  Cocchiaki,,  poco  usato,  per 
passeggiata  in  cocchio.  -  Corso  delle  carrozze  e, 
assol.,  corso:  giro  di  carrozze  nel  corso.  -  Corteggio 
di  carrozze,  una  serie  di  carrozze  che  procedono 
allineate.  -  Rimeno  (carrozza  di  rimeno),  quella  che 
torna  al  punto  dal  quale  è  partita.  -  Scarrozzio,  lo 
andare  su  e  giù  di  carrozze  e  lo  strepito  e  l'im- 
paccio che  ne  seguono.  -  In  bastardella  (scherz.),  di 
carrozza  in  cui  si  sta  pigiati.  -  La  carrozza  della 
mala  carne,  quella  nella  quale  vadano  persone  di 
cattiva  vita. 

Arrotare,  di  vettura  che  investa  altra  vettura  o 
pei'sona,  urtando  con  la  ruota  (arrotato,  arrotata, 
di  veicolo  0  persona  investiti  da  una  vettura).  - 
Arrotature,  i  segni  o  solchi,  che,  scalcinandoli,  la- 
sciano nei  muri  i  mozzi  delle  ruote  e  le  testate 
delle  sale  dei  carri,  urtandovi  o  strisciandovi.  - 
far  cuffia,  dicesi  di  un  legno  che  ribalti,  rove- 
sciandosi quasi  sottosopra.  -  Riballare,  dar  ribalta, 
della  carrozza  e  delle  persone  che  ne  cadono  quando 
essa  si  rovescia  (ribaltalura,  il  ribaltare):  capovol- 
gersi, andar  sottosopra,  dar  la  balta,  riversare  (di- 
sus),  rovesciarsi.  -  Molleggiamento,  movimento 
che  si  ha  stando  a  sedere  in  una  carrozza  a  molla. 

-  Traballio,  tramenio,  il  movimento  oscillatorio  di 
una  vettura. 

Affittacavalli,  persona  che  dà  a  nolo,  a  fitto,  ca- 
valli e  carrozze:  calessante,  carrozzaio,  baroccinaio. 

-  Baccalare,  il  facchino,  che  sta  al  servizio  dei 
vetturini  di  piazza.  -  Battistrada,  uomo  a  cavallo 
che  precede  la  carrozza  di  qualche  personaggio.  - 
Bilancino,  il  vetturino  che  cavalca  e  guida  il  ca- 
vallo che  è  in  coppia  all'altro  messo  sotto  le  stan- 


ghe. ~  Brumista,  il  vetturino  del  brum.  -  Cac- 
ciatore, servitore  in  gran  livrea,  che  sta  ritto  die- 
tro alla  carrozza,  nei  giorni  di  gala.  -  Cavallerizzo 
del  re  e  della  regina,  ufficiale  che  seguiva  a  caval- 
lo le  carrozze  reali,  -  Cavallerizzo  di  sportello, 
quello  che  sta  ai  fianchi  della  carrozza.  -  Cocchiere,. 
chiunque  guidi  una  carrozza,  però  non  vetturino: 
automedon.^0  auriga,  aurigatore,  guidaiuolo;  dili- 
genzaio  {andare,  stare  a  cassetta,  far  da  cocchiere). 

-  Conduttore,  chi,  negli  omnibus  e  sulle  diligenze, 
sta  ritto  sul  montatoio  o  seduto  su  una  specie  di 
sederino  rotondo,  pronto  a  far  fermare  l'omnibus 
a  un  cenno  dei  passeggieri  e  a  raccogliere  da  essi 
il  prezzo  della  corsa.  -  Equipaggio,  l'insieme  delle 
persone  che  sono  al  servizio  di  una  vettura  signo- 
rile. -  Fiaccheraio,  a  Firenze,  il  vetturino  del  fiacre. 

-  Lacchè,  servitore  che  precedeva,  correndo,  la  car- 
rozza del  sdo  padrone;  ciascuno  dei  due  fanti  che 
di  sera  correvano  innanzi  la  carrozza  dei  grandi, 
recando  torce  accese  per  far  lume  e  largo  fra  la 
ressa  del  popolo,  -  Omnihussaio,  a  Firenze  e  in  altri 
luoghi  della  Toscana,  guidatore  di  omnibus.  -  Pala- 
freniere di  sportello,  chi  cavalca  a  fianco  dello 
sportello  reale.  -  Postiglione,  cocchiere  di  carrozza 
signorile,  specialmente  da  campagna,  vestito  come 
gli  antichi  postiglioni  :  guida  cavalcando  un  ca- 
vallo della  pariglia.  -  Staffetta,  uomo  che  precede 
appositamente  una  carrozza  sulle  strade:  anticor- 
riere,  anticursore,  corriere.  -  Staffiere,  uomo  ad- 
detto al  servizio  della  carrozza  e  dei  cavalli:  pa- 
lafreniere, valletto;  famiglio  da  stalla,  -  Ver-rongeur, 
voce  del  gergo  francese,  vale  cocchiere  preso  ad  ora. 
•  Vetturino,  guidatore  di  carrozza  da  piazza  e  da 
nolo:  vetturale. 

Alzare  il  mantice,  tirarlo  sulla  carrozza  in  modo 
che  difenda  chi  vi  siede  entro  dall'acqua  o  dal 
sole.  Abbassarlo  è  chiuderlo  per  mezzo  delle  molle. 
Dicesi  pure  nel  senso  medesimo  :  tirar  su,  e  per 
contrario  :  tirar  giù  il  mantice,  -  Apparigliare^. 
attaccare  contemporaneamente  due  cavalli  ad  una 
carrozza.  -  Attaccare  una  carrozza,  mettere  ad  essa 
le  bestie  da  tiro,  fermandole  alle  stanghe  o  al  ti- 
mone per  mezzo  dei  finimenti.  Si  dice  tanto  attac- 
care il  legno  quanto  attaccare  il  cavallo.  Attaccare 
vale  anche  urtarsi  di  legno  con  legno,  ed  è  qualcosa 
più  che  il  semplice  arrotare.  Si  può  arrotare  e 
passar  oltre;  quando  s'attacca,  i  due  legni  devono 
fermarsi.  -  fare  una  vettura,  trasportare  per  un 
prezzo  stabilito  persone  o  cose  sulla  propria  vet- 
tura. -  fare  un  parocchio  :  cosi  dicono  i  vetturini 
il  sottrarre  al  padrone  una  parte  del  guadagno.  - 
Scaricare,  detto  di  roba  caricata  su  un  veicolo, 
vale  toglierla  da  esso;  i  vetturini  toscani  lo  dicono 
anche  de' passeggieri.  -  Spaccio:  cosi  dicono  i  vet- 
turini a  Firenze  il  trasporto  di  persone  da  luogo 
a  luogo.  -  Sterzare,  voltare  una  vettura,  una  car- 
rozza sullo  sterzo.  -  Vettureggiare,  portare  a  vet- 
tura; trasportare  merci  a  vettura. 

Bilancino,  il  cavallo  che  si  attacca  alla  bilan- 
cia di  carrozza  o  di  altro  legno  per  aiuto  del  ca- 
vallo che  è  sotto  le  stanghe.  -  Muta,  numero  di 
cavalli  della  carrozza.  -  Quadriga,  quattro  cavalli 
che  tirano  un  cocchio,  e  il  cocchio  stesso.  -  Tra- 
pelo, il  cavallo  che  nelle  salite  si  aggiunge  in  aiuto 
a  quelli  che  tirano  la  carrozza;  in  alcuni  paesi  si 
chiama  stropa. 

Rimessa,  lo  stanzone  dove  si  tengono  in  depo- 
sito le  carrozze.  -  Rimettere,  ricondurre  la  carrozza 
nella  rimessa. 

Carrozzaio,    artefice   che    fabbrica   e   racconcia. 


CARROZZAlilLE   —   CARTA 


435 


carrozze,  le  ritinge,  le  rimette  a  nuovo,  ecc.  Più  co- 
Goniune  e  meglio  detto  caìrozziere. 

Carrozzàbile.  Carreggiabile:  di  strada  nella 
quale  si  può  andare  in  carrozza. 

Garrozzàta.  Detto  a  carrozza. 

Carrozziere.  Veggasi  a  carrozza. 

Carrozzino.  Piccola  carrozza^  per  lo  più  ele- 
gante. -  Figur.,  cattivo  contratto,  brutto  affare^ 
pasticcio,  imbroglio,  rigiro,  truffa,  usura. 

Carrozzóne.  Grande  carrozza. 

Carruba,  liaccello  dei  carrubo. 

Carrubo,  l^ianta  dei  paesi  caldi,  produttrice 
di  un  frutto  che  si  dà  a  mangiare  specialmente  ai 
cavalli:  carobolo,  carobo,  carubo,  carrubio;  guai- 
nella  (Tramater).  I  suoi  semi,  torrefatti,  sono  un 
surrogato  del  caffè.  -  Carruba,  baccello  del  carrubo, 
contenente  una  pasta  scura  dolciastra:  caroba,  ca- 
robola,  caruba.  Nelle  regioni  meridionali  d'Italia  e 
nelle  settentrionali  d'Africa,  le  carrube  sono  man- 
giate dalle  Classi  povere. 

Carruccio.  Arnese  nel  quale  si  introduce  il 
bambino,  perchè  impari  a  camminare. 

Carrùcola.  Specie  di  jndeyffia,  di  girella, 
arnese  per  attingere  acqu?  dal  pozzo,  o  tirar  su 
un  peso;  è  un  disco  girevole  intorno  ad  un  asse  che 
attraversa  nel  suo  centro,  e  ordinariamente  la  super- 
ficie cilindrica  del  disco  presenta  una  gola  o  sca- 
nalatura destinata  a  ricevere  la  fune,  ai  cui  estre- 
mi sono  applicate  la  potenza  e  la  resistenza.  -  Car- 
rucola a  cassetta,  quella  rinchiusa  in  una  specie  di 
cassetta,  specialmente  per  salvarla  dalle  intemperie. 

-  Paranco,  macchina  composta  di  due  sistemi  di 
carrucole.  -  Pasteca,  carrucola  in  cui  il  canapo 
entra  ed  esce  speditamente.  -  Quarnale,  corda  per 
paranchi.  -  Quinale,  paranco  a  cinque  fili.  -  Troco, 
carrucola,  bozzello. 

Incarrucolare,  mettere  il  canapo  nella  carrucola. 

-  Scarrucolare,  lo  scorrere  della  fune  o  canapo  o 
catena  nella  carrucola. 

Carta.  Pasta  di  cenci  macerati  o  d'altre  mate- 
rie; risultato  della  solidificazione  e  della  lamina- 
zione di  differenti  impasti  di  fibre  vegetali.  Si  pro- 
duce carta  fine,  grossolana,  comune,  a  macchina, 
a  mano,  bianca,  colorata,  grossa,  scelta,  senza  colla, 
con  colla,  velina,  ecc.  La  carta  può  essere  bagnata, 
consumata,  lacera,  strappata,  aggrinzita,  incincignita, 
macchiala,  spiegazzata,  tngialhta,  polverosa,  unta, 
lurida,  sporca,  sucida,  ecc.  Si  ha  la  carta  inamidata, 
albuminata,  incombustibile,  elettrica,  ecc.  La  carta 
fine  si  fa  con  cenci  lini,  canapini  e  anche  bamba- 
gini; per  certe  carte  interiori  si  adopera  anche  pa- 
glia, sala,  ortiche,  trucioli  di  legno  bianco,  e  in 
generale  serve  più  o  men  bene  ogni  fibra  vegetale. 

Molteplici  gli  usi  a  cui  si  presta  la  carta,  e  cioè: 
a  scrivere,  per  il  disegno,  per  la  stampa,  per 
fare  qualche  involto,  per  accendere  il  fuoco, 
per  fabbricare  la  tappezzeria,  per  sostituire  il 
vetro  ad  una  finestra,  per  filtrare,  per  esperienze 
di  chimica,  per  scrivere  musica,  per  fare  una 
quantità  innumerevole  di  oggetti,  molti  di  orna- 
mento. Serve  al  legatore  di  libri,  al  bottegaio, 
ecc.  Con  la  carta  si  fa  il  libro,  11  quaderno,  il 
polizzino,  il  giornale,  il  biglietto,  la  car- 
tella, r  eticietta  per  bottiglie,  il  foglio  grande 
per  Yavviso  da  affìggere,  ecc.  Di  carta,  con  alcun- 
ché scrittovi  0  stampato  sopra,  consta  ogni  docu- 
mento, e  su  essa  si  fa  ogni  scrittura,zà  uso  di 
amministrazione,  di  ufficio,  per  istendere  un 
contratto,  per  stabilire  questo  o  quell'aj^^are. 

Le  buone  aualitd  di  carta  non  devono  contenere 


nella  loro  composizione  né  fibre  di  legno,  né  di 
paglia:  si  può  tollerare  solo  l'aggiunta  di  cotone. 
Solidità  assoluta  della  carta  dicesi  la  resistenza  che 
la  carta  oppone  alla  lacerazione,  differente  secondo 
la  fattura  e  la  direzione.  Il  limite  di  solidità  di  ten- 
sione viene  stabilito  (ol  saggiatore  del  Rehse.  Il 
vario  grado  di  elasticità  della  carta  è  determinato 
con  V apparecchio  del  Winker.  11  metodo  di  Leo- 
nhardi  serve  per  ricercare  se  una  carta  sulla  quale 
si  scrive  lasci  trapassare  l'inctiiostro.  Per  la  ricerca 
del  cloro,  intaccante  pure  le  fibre  della  carta,  vi  è 
pure  un  metodo  particolare.  Lo  spessore  di  un  fo- 
glio si  determina  con  il  picnometro  Nokler. 
Per  la  fabbricazione  della  carta,  veggasi  a  cartiera. 
Cartaccia,  peggior.  di  carta,  e  più  specialmente 
dicesi  di  quella  scritta  o  stampata  che  si  getta  via, 
perchè  inutile;  carta  vecchia,  di  scarto,  senza  va- 
lore. -  Cartina,  carta  di  piccolo  sesto.  -  Cartuccia, 
carticino  di  due  sole  tacciate. 
Cartaceo,  agg.  di  carta. 

Qualità'  varie  di  carta.  —  Formati. 

Bambagina  o  bambagia,  la.  ca.rta.  comune  di  stracci, 
così  chiamata  dagli  antichi  per  distinguerla  dalla 
cartapecora.  -  Cantino,  nelle  cartiere,  dicesi  della  carta 
di  mezzo  fra  la  pertetta  e  lo  scarto.  -  Carta  a  colla, 
quella,  più  consistente,  nella  quale  fu  messa  della 
colla;  0  filone,  quella  in  cui  rimangono  visibili  i  segni 
dei  filoni  e  delle  vergelle  della  forma;  alla  forma, 
quella  che  è  fabbricata  in  forme  a  mano,  e  colle 
stesse  dimensioni  che  debbono  conservare  i  fogli 
negli  usi  ordinari  (in  questa  carta  i  quattro  lati 
sono  terminati  dal  riccio,  orlo  inegualmente  rag- 
grinzito che  poi  si  suol  recidere  col  torcoletto). 

Carta  a  macchina,  detta  anche  carta  senza  fine, 
quella  che  si  fabbrica  di  ogni  grande  e  voluta  lar- 
ghezza, ma  di  lunghezza  indeterminata,  mediante 
un  meccanesimo  mosso  dall'acqua  corrente,  dal  va- 
pore, dall'elettricità;  a  mano,  differisce  dalla  carta 
a  macchina  perchè  la  pasta  diluita,  invece  di  es- 
sere portata  sul  filtro  mobile  da  macchine  speciali, 
si  raccoglie  sopra  un  filtro  rettangolare  tenuto  in 
mano  dall'operaio;  carta  andante,  quella  più  comune 
e  usuale;  colorata,  quella  che  ricevette  tinta  e  colla 
sopra  una  delle  superficie;  colorata  lucida,  carta 
prima  colorata,  poi  cilindrata;  damascata,  preparata 
attaccando  ad  un  foglio  di  carta  del  pulviscolo 
ottenuto  sbattendo  la  lana. 

•  Caì'ta  di  alfa,  fatta  con  la  graminacea  di  questo 
nome;  di  legno,  sottilissima  foglia  di  legno  dolce 
e  flessibile,  lavorato  in  modo  da  sembrare  carta  e 
poterci  scrivere;  di  marmo,  fatta  con  polvere  di 
marcio  e  colla;  di  paglia,  quella  gialla  da  involti, 
fatta  di  paglia  macerata;  di  riso,  fabbricata  col  mi- 
dollo dell'ara/io  papyrifera,  della  Cina,  da  noi  usata 
specialmente  nella  ìfabbrica  di  fiori  artificiali;  di 
seta,  molto  fine. 

Carta  dorata,  argentata,  bronzata,  quella  coperta 
da  un  lato  di  una  superficie  metallica,  o  da  spol- 
veratura di  aspetto  lucente;  imperiale,  specie  di 
carta  di  un  sesto  molto  grande,  di  assai  corpo,  e 
fatta  a  mano;  impermeabile,  quella  che  si  ottiene 
immergendo  fogli  di  carta  in  una  soluzione  di  re- 
sinato, poi  in  una  seconda  di  allume,  e  asciugandoli 
quindi  tra  cilindri  caldi;  incombustibile,  la  tela  di 
amianto;  libera,  ^arta  non  bollata,  o  senza  l'im- 
pronta del  bollo;  liscia,  contrario  di  rigata;  lucida, 
quella  specie  di  cartoncino  a  cui  fu  dato  un  liscio 
di  bianco  di  latte  e  ben  lustro. 


436 


Carla  marezzata,  tinta  a  onde,  con  fiele  di  bue 
o  altra  materia  colorante;  carta  a  onde,  ondata; 
marmorizzata,  preparata  con  colori  stemperati  in 
una  soluzione  di  fiele  e  lavorata  in  un  modo  che 
simuli  0  dia  apparenza  di  marmo;  marocchinata, 
quella  preparata  con  colori  e  cure  speciali;  notari- 
na,  carta  più  piccola  del  protocollo;  orientale,  qua- 
lità di  carta  fine  da  stampa,  d'una  tinta  calda  ten- 
dente al  rosa;  papale,  sorta  di  carta  grande;  rigata, 
quella  sulla  quale  sono  tirate,  più  spesso  a  macchi- 
na, righe  orizzontali  per  scrivervi,  o  verticali  per 
farvi  conti. 

Cartapecora,  veggasi  a  pergamena.  -  Cartape- 
cora vegetale,  carta  comune,  ma  preparata  che  pare 
cartapecora,  pergamena  ;  pergamenata,  carta  sen- 
za colla,  che,  immersa  rapidamente  nell'acido  solto- 
rico  diluito  e  poi  lavata,  acquista  proprietà  simile 
alla  pergamena  e  serve  a  molti  usi  della  cartoleria 
e  della  legatoria  (  frane,  parcheminée  )  ;  carta- 
pesta, composizione  di  consistenza  quasi  legnosa; 
fatta  con  ritagli  di  carta  d'ogni  qualità,  facendoli 
bollire,  pestandoli  in  un  mortaio  e  cosi  riducendoli 
in  poltiglia  soda,  la  quale,  mista  con  un  po'  di  colla 
0  di  amido,  vien  gettata  in  forme,  da  cavarne  di- 
versi lavori,  ornati,  figure,  rilievi,  scatole,  ventole, 
ecc.;  carta  reale,  quella  di  un  po'  meno  pregio  della 
imperiale,  ma  anch'essa  di  assai  corpo  e  fatta  a 
mano  (da  pittori,  da  impannata,  ecc.). 

Carta  sagrinala,  picchettata  a  punti _!  in  rilievo, 
come  il  sagri  (pelle  di  pesce);  straccia,  o  da  strac- 
cio, carta  formata  di  fibre  lunghette,  grosse,  disu- 
guali, per  cui  si  straccia  e  si  schianta  irregolar- 
mente, anziché  recidersi  netto  nel  verso  di  ripie- 
gatura, anche  se  ben  calcata  con  la  stecca  o  con  le 
unghie  (serve,  per  lo  più,  da  imballaggio,  ai 
mercanti  per  fare  involti  e  perciò  detta  anche,  dal 
greco,  carta  emporetica);  tagliata,  la  carta  che  si 
mette  in  vendita  in  quaderni  rifilati:  è  più  gentile 
dell'altra  da  minute,  e  serve  per  le  copie  a  buono; 
tagliala  tonda,  rasa  o  rasata,  quella  alla  quale  fu 
levata  la  slabbratura;  trasparente,  così  sottile  da 
lasciar  passare,  tanto  o  poco,  il  raggio  visuale. 

Carla  vegetale,  carta  comune  tuffata  per  qualche 
minuto  nell'acido  solforico,  poi  lavata  e  fatta  asciu- 
gare: acquista  la  consistenza  e  la  resistenza  della 
cartapecora;  velala,  quella  che  non  presenta  i  se- 
gni delle  vergelle;  velina,  di  cenci  puri,  senza  o 
con  pochissima  colla,  finissima  e  trasparente,  e  serve 
a  vari  usi  :  a  rinvoltarci  cose  delicate  (cappelli  di 
felpa,  gioielli)  o  a  scrivervi  lettere  che  deb-- 
bono  andare  in  paesi  lontani,  per  metterci  dentro 
molto  e  non  pagar  sopratassa,  ecc.);  vetrata,  carta 
sulla  quale  é  fissata,  con  della  colla,  una  finissima 
sabbia  quarzosa. 

Carta  di  palme,  le  foglie  di  certe  palme,  sulle 
quali  si  scrive  con  uno  stile,  rendendo  poi  le  let- 
tere visibili  con  una  miscela  d'olio  e  di  nerofumo. 

-  Cartone,  foglio  di  carta  grosso  e  consistente.  - 
Fiorame,  carta  di  Francia,  sul  cui  fondo  si  veggono 
ritratte  rame  di  fiori.  -  Fiorello,  carta  di  qualità 
inferiore,  per  la  stampa.  -  Mitsu-mata,  carta  del 
Giappone  fabbricata  con  una  specie  di  pianta  (ed- 
gedorthia). 

Papiro,  specie  di  cipero  del  quale  gli  antichi 
facevano  carta;  per  estens.»  carta  vecchia  e  logora. 

-  Pergamena,  cartapecora  ;  carte  antiche  in  ge- 
nere. -  Ricernito,  in  tipografia,  la  carta  difettosa 
separata  da  quella  buona.  -  lapa,  carta  (simile  alla 
cinese)  che  si  prepara  nella  Polinesia  con  la  scor- 
za di  brussonelia  papyrifera.  -  Vergella,    carta   che 


nella  sua  tessitura  contiene  linee  sottili  orizzon- 
tali (vergelle)  e  linee  più  forti,  ma  più  rare,  yerli- 
cali  (filoni). 

Formati  —  Dicesi  formato,  o  sesto,  la  lunghezza 
e  la  larghezza  di  un  foglio  di  carta.  Ecco  i  nomi 
dei  vari  formati  più  in  uso,  con  le  relative  dimen- 
sioni approssimative,  potendo  variare  di  qualche 
centimetro  da  una  fabbrica  all'altra. 

A  mano  :  carta  notarile,  29  X  39  ;  doppio  notarile, 
39  X  58;  protocollo,  32  X  44;  pellegrina,  34X  46; 
doppia  pellegrina,  46X68;  leona,  39X50;  doppia 
leona,  50X77;  realino,  44X57;  real  mezzano, 
45X62;  reale.  48X66;  soU'imperiale,  mXlQ:  im- 
periale, 58X80;  elefante,  63X92. 

Carta  a  macchina,  per  lavori  diversi:  quartina 
da  lettere,  21  X  27  ;  quadrotta  ia  lettere,  27  X  43; 
quadrotta  grande,  29  X  47 ;  notarile,  28  X  38 ;  pioio- 
collo,  31X42;  rispetto,  34X44;  leona  o  Slato, 
36X48,  realino,  40X54;  mezzana,  44  X  60  ;  reale, 
48  X  66  ;  sotto-imperiale,  54  X  74;  imperiale,  59X80; 
elefante,  66  X  96;  elefante  grande,  70  X  100;  papale, 
76X112 

formati  doppi  e  quadrupli:  doppia  quadrotta, 
46X57;  doppia  quadrotta  grande,  49X61;  doppia 
notarile,  38X56  quadruplo  notarile,  56X76;  qua- 
druplo protocollo,  63  X  86;  doppia  pellegrina,  42  X  62; 
quadrupla  pellegrina,  63  X  85;  doppia  leona,  50X76; 
quadrupla  leona;  77  X  100;  doppio  realino,  56  X  82 ; 
doppia  mezzana,  60  X  96. 

Altre  distinzioni  —  Carte  per  usi  diversi. 

Carta  a  un  rigo,  a  due  righi,  a  una  riga,  a  due 
righe,  quella  sulla  quale  furono  tirate,  a  mano  o  a 
macchina,  lungo  l'intera  pagina  le  linee  che  deb- 
bono guidare  diritta  la  penna,  le  une  a  eguale  di- 
stanza dalle  altre,  isolatamente  per  il  carattere  pic- 
colo, 0  riunite  a  due  a  due  per  il  mezzano  o  il 
grande.  -  6ar/a  autografica,  da  potervi  scrivere  con 
un  inchiostro  particolare  per  riportarne  i  caratteri 
e  il  disegno  sulla  pietra  da  litografia.  -  Carta 
bibula,  senza  colla,  usata  per  filtrare  ;  anche,  carta 
asciugante.  -  tarla  bollata,  o  da  bollo,  carta  emessa 
dallo  Stato  e  obbligatoria  per  la  validità  di  certi 
contratti:  in  questa,  come  nella  carta  filogranata  e 
nelle  carte-valori,  i  disegni  e  i  valori  rappresentati 
si  possono  ottenere  con  le  macchine  continue  o  con 
la  fabbricazione  a  mano,  attaccando  sulla  tela  me- 
tallica della  macchina  o  della  forma  a  mano  un 
foglio  sottile  di  metallo  inciso  al  bulino,  che  rap- 
presenta l'innesto  o  l'iscrizione  da  riprodursi:  l'au- 
mento di  spessore  della  tela  nei  posti  occupati  dal- 
l'incisione produce  una  diminuzione  di  spessore  nei 
corrispondenti  posti  del  foglio  di  carta  e  quindi 
l'elTetto  di  trasparenza. 

Carla  cinese  di  riso,  di  midolla  dell'araòto  pa- 
pyrina,  dell'isola  di  Formosa:  serve  alla  fabbrica- 
zione dei  fiori  artificiali.  -  Carta  comune  da  scri- 
vere, quella  che  riceve  bene  l'inchiostro  e  sulla 
quale  il  pennino  scorre  senza  inciampi.  Di  vario 
taglio  e  colore,  con  le  denominazioni  di:  protocollo, 
rispetto,  stato,  doppia  tribuna,  doppia  olandese^  notch 
rile  bassa,  pellegrina,  pellegrina  concetto.  •  Carta  con 
l'amido,  da  trasporto;  carte  fotolitografiche,  gelalinate, 
granite,  pimentate,  carte  speciali  che  servono  per 
le  arti  grafiche.  -  Carta  con  la  trina  (per  simil.), 
traforata  a  stampino,  adoperata  per  mettere  intorno 
a  mazzi   di   fiori,   sotto  torte  e  altri  dolci,  ecc. 

Carta  da  biglielti,  più  piccola  di  quella  da  let- 
tere, che  serve  per  iscrivervi  biglietti  conlìdenaiali 


437 


■\  persone  che  vivono  nella  stessa  città  di  chi  scrive. 
Si  dice  anche  di  quei  piccoli  quadrati  o  rettangoli 
di  cartoncino  sottile  sui  quali  si  scrive  o  si  fa 
stampare  il  proprio  nome  e  cognome;  da  calcare, 
carta  turchina  che,  calcandosi  sopra  un  disegno, 
lascia  l'impronta  sulla  carta  bianca  sottopostavi; 
da  disegno,  quella  destinata  a  tale  uso,  per  distin- 
guerla dalle  altre:  consistente  e  di  huoiia  fabbrica- 
zione; da  filtro,  fatta  con  Imo  o  canapa,  senza 
colla,  ben  omogenea  e  permeabile,  di  vario  spessore 
secondo  le  diverse  qualità  di  liquido  da  filtrare 
(veggasi  a  filtro). 

Carta  da  involti,  piuttosto  grossolana,  di  vario 
spessore  e  colore,  distinta  con  le  denominazioni  di: 
quadrupla  protocollo  brunella  leggiera,  elefante  brU' 
nella  leggiera,  papale,  brunella  leggiera,  doppia  leona 
rossiccia,  assai  greve;  imperiale  camosciata  leggiera, 
quadrupla  protocolla:  elefante  camosciata  leggiera, 
doppia  trehme  camosciata.  -  Carta  da  lettere,  più 
piccola,  di  forma,  che  la  carta  comune  da  scrivere 
e  più  gentile  nella  materia:  si  vende  coi  nomi  di 
otlavina,  sestina,  quartina,  mezzanella  olandina,  qua' 
erotta,  quadrotta  grande.  Altre  denominazioni  ri- 
guardano il  peso,  la  rigatura,  ecc.  La  carta  da  let- 
tera uso  inglese  si  distingue  per  la  diversità  del 
formato,  delle  dimensioni;  da  lucidi,  trasparente, 
preparata  in  modo  che  abbia  consistenza  e  non 
succhi  l'inchiostro  (fran.,  papier  gelatine);  da  lutto, 
con  lista  nera  intorno  ai  margini.  -  Carta  da  mi- 
nuta, .quella  che  si  mette  in  commercio  senza  raf- 
filarla; tra  la  carta  da  scrivere  è  la  più  rozza;  e  si 
dice  da  minuta,  perchè  generalmente  si  usa  per 
iscrivervi  la  minuta  delle  cose  da  mettere  poi  in 
pulito.  -  Carta  da  protocollo,  carta  grossa  e  resi- 
stente. 

Carta  da  registri,  quella,  secondo  il  taglio,  ecc., 
detta  reatina,  stato,  mezzana,  reale,  sotto  imperiale, 
imperiale,  elefante.  -  Carta  da  ricalchi,  di  canapa  e 
di  cotone  per  riprodurre  un  dato  segno,  fatto  ser- 
vendosi di  speciali  inchiostri,:  si  ha  pure  dalla 
corteccia  del  gelso.  -  Carta  d'Armenia,  usata  in 
profumeria,  antisettica:  carta  imbevuta  di  ben- 
zoino o  d'altre  sostanze  odorose,  in  modo  che,  bru- 
ciando, sviluppa  fumi  odorosi.  -  Carta  da  stampa, 
la  quadrupla  notarile,  la  quadrupla  protocollo,   ecc. 

Carta  da  vendere  al  tabaccaio,  senza  valore. 

Carta  di  Francia,  fatta  a  macchina,  a  strisce 
larghe  e  lunghe  come  la  tela  o  il  drappo,  che,  a 
somiglianza  di  questo,  si  disegna  e  si  colorisce 
per  modo  che  sembra  proprio  drappo,  ed  è  bellis- 
sima a  vedere.  Sj  adopera  comunemente  per  co- 
prire le  pareti  delle  stanze.  Anche  carta  da  parati. 
-  Carta  impermeabile,  carta  imbevuta  successiva- 
mente in  una  soluzione  satura  di  allume  e  in  una 
altra  di  gomma  a-abica,  colla  animale  e  acqua,  op- 
pure imbevuta  prima  con  soluzione  di  sapone  e 
poi  con  allume. 

Cartamoneta,  quella  che  un  governo  emette  a 
corso  forzoso,  ordinando  che  sia  ricevuta  come  mo- 
neta: priva  di  valore  intrinseco,  ha  solo  un  valore 
di  credito.  -  Caimé,  carta  monetata,  turca.  -  Green- 
backs  (pron.  grinbeks),  carta  moneta  degli  Stati 
Uniti,  a  fondo  verde. 

Carta  moschicida,  detto  a  mosca.  -  Carta  per 
copialettere,  la  quadrotta  e  la  doppia  quadrotta.  - 
Carta  per  biglietti  di  Banca:  si  ottiene  da  impasti 
fatti  con  fibre  nuove  di  canapa,  ed  è  filogranata,, 
cioè  con  impronta  di  disegni.  -  Carta  per  fare 
stucchi,  veggasi  a  stucco.  -  Carta   sottile  e  da  si- 


garette: preparata  con  carta  di  riso;  di  recente, 
anche  con  gli  steli  e  le  coste  delle  foglie  di  ta- 
bacco, sicché  di  questo  presenta  e  il  colore  e 
l'odore  e   brucia   con  cenere   bianca. 

Carta  sugante,  asciugante,  succhiante,  carta  suo 
chia,  carta  straccia,  carta  suga,  quella  che,  per  es- 
sere sottile  e  senza  colla,  non  è  atta  allo  scrivere, 
ma  distesa  sulla  scrittura,  ne  succhia  alquanto  l'in- 
chiostro. -  Carta  usata:  è,  si  può  dire,  uti  succe- 
daneo ai  cenci,  ove  si  possa  avere  a  buon  mercato; 
viene  battuta  e  burattata  per  separarne  la  polvere 
e  l<^  impurità,  lisciviata  in  tini  aperti  per  facili- 
tarne la  susseguente  lavatura  e  quindi  spappolata 
nella  raffinatrice.  -  Carta  vergata,  quella  lilellata,  e 
la  filettatura  è  prodotta  per  impressione  contro  al- 
cuni fili  metallici  sporgenti  sul  telaio  ove  si  pog- 
giano i  fogli  uniti.  1  reticolati  più  semplici  si  ot- 
tengono anche  con  la  lissa,  macchina  speciale  (veg- 
gasi a  cartiera). 

Carte-valori,  che  hanno  valore  di  denaro  (car- 
telle, titoli  di  rendita,  biglietti  di  banca,  ecc.):  si 
fabbricano  con  cenci  scelti  e  resistenti  di  lino  o  ca- 
napa, che  si  lavorano  in  guisa  da  non  spezzarne  o 
alterarne  le  fibre;  in  alcuni  paesi  si  usa,  oltre  la 
filograna,  far  cadere  sui  fogli  in  formazione  fili  di 
seta  variamente  colorata,  che  si  incorporano  con 
la  carta  e  non  possono  più  staccarsi. 

Carta  antica. 

Carte  per  uso  scientifico,  medico,  Eca 

Charta,  carta  da  scrivere  degli  antichi,  fatta  con 
sottili  falde  di  corteccia  di  papiro.  Plinio  ne  an- 
novera otto  qualità:  augustana,  chiamata  più  tardi 
Claudiana,  la  qualità  migliore;  liviana,  di  seconda 
qualità;  hieratica,  originalmente  la  migliore  e  la 
stessa  che  la  carta  regia  di  Catullo;  amphiteatrica, 
saitica,  leneotica,  qualità  inferiori  cosi  dette  dai 
luoghi  nei  quali  erano  fabbricate;  fanniana,  fab- 
bricata in  Roma  da  Fannio:  emporetica,  cartastrac- 
cia da  involgere.  Da  aggiungere:  la  charta  dentata, 
cosi  detta  perchè  ripulita  e  lustrata  a  forza  di  tre- 
garla  con  un  dente  di  animale:  la  moderna  carta 
lustra;  la  charta  bibula,  carta  spugnosa  che  lasciava 
scorrere  l'inchiostro  e  mostrava  le  lettere  attra- 
verso. -  Macroculum,  carta  della  più  gran  dimen- 
sione, come  la  reale.  -  Membrana,  pergamena,  meno 
in  uso  che  la  carta  fatta  di  papiro. 

Carta  d'avorio,  usata  dal  2)more  di  miniatu- 
ra, in  cambio  delle  lastre  d'avorio.  -  Carta  di 
prova,  quella  imbevuta  di  una  data  sostanza  (che 
subisce  un  mutamento  in  contatto  di  certe  materie 
per  cui  ne  svela  l'esistenza)  e  usata  nei  laboratori 
di  chimica  e  in  parecchie  officine  industriali.  - 
Carta  pai  affinata,  quella  che,  imbevuta  in  un  bagno 
di  paraffina  fusa,  è  impiegata  per  accortocciare  so- 
stanze caustiche. 

Carte  antiasmatiche,  carte  bibule,  imbevute  di  so- 
stanze "he,  bruciando,  hanno  vapori  che  agevolano 
la  respirazione  :  usate  negli  ambienti  in  cui  dor- 
mono sofferenti  d'asma.  -  Carte  celesti,  veggasi  a 
cielo.  -  Carte  cianografiche,  quelle  carte  che  ser- 
vono per  riprodurre  disegni  (fotocopie),  per  mezzo 
della  luce.  -  Carte  epispatiche,  d'uso  farmaceutico; 
carte  spalmate  con  un  miscuglio  di  céra,  olio  d'a 
Uva,  ragia  di  pino,  insieme    con  estratto  alcoolico. 

Carte  geografiche,  togli  sui  quali  sono  rappresen- 
tate  le   parti   della    terra    e    del    mare:     veggasi 


438 


a  geografia.  -  Carte  medicinali,  forma  medi- 
camentosa di  cui  è  costi tuen le  la  carta,  e  si  può 
usare  solo  quando  si  tratta  di  un'  azione  topica. 

Carte  reattive,  carte  senza  colla,  impregnate  di 
reagenti  chimici,  abitualmente  adoperate  nei  labo- 
ratori, invece  dei  reagenti  stessi;  la  più  usata  è 
quella  imbevuta  di  tornasole.  -  Carte  semplici,  quelle 
ricoperte  di  sostanze  che  si  alterano  sotto  l'influen- 
za della  luce  e  che  sono  adoperate  in  fotografia 
per  riprodurvi  le  negative.  Importanti:  la  carta  al- 
buminata  all'argento;  la  carta  arislotipica,  coperta 
di  uno  strato  di  collodio  al  cloruro;  la  carta  alla 
gelatina  cloruro  d'argento;  la  carta  alla  gelatina  bro- 
muro; la  carta  alla  celluloide;  la  carta  ai  sali  di 
platino,  di  indio,  ecc.  -  Carte  senapate,  di  prepara- 
zione farmaceutica  e  usate  in  medicina:  si  otten- 
gono ricoprendo,  mediante  sostanza  cellulosa,  la 
superficie  del  foglio  con  un  principio  vescicatorio 
(senapa,  cantaridi).  -  Carte  topografiche,  ristrette  a 
qualche  località  e  su  scala  grande. 

Filamenti,  kogli,  pezzi  di  carta,  impronte 

E   ALTRI   particolari. 

Barba,  barbe,  i  filamenti  e  le  frange  naturali  della 
carta,  che  solitamente  si  ratfilano  nell'arte  libraria, 
fatta  eccezione  però  delle  carte  a  mano  e  di  valore, 
ove  le  barbe  hanno  pregio.  -  Falena,  gli  avanzi 
della  carta  bruciata.  -  Fascia,  striscia  di  carta  per 
pacchi,  involti,  specialm.  per  posta.  -  Fascio,  di 
molte  carte  o  sim.  ammassate  (non  di  panni).  - 
Fidibus,  nel  gergo  francese  allumettes  de  papier,  pez- 
zetti di  carta  per  accendere. 

Filigrana,  impronta  di  marca  di  fabbrica  o  di 
altri  disegni  ottenuta  curando  di  far  rilevare  i  di- 
segnij  in  modo  quasi  insensibile,  sul  filtro  in  cui 
si  cola  l'impasto.  -  fogliacci,  i  pezzi  di  carta,  let- 
tere stracciate,  minute  rifiutate,  e  simili,  che  si 
gettano  in  una  paniera,  solita  tenersi  a  lato  del  ta- 
volino da  studio,  per  poi  mandarli  al  macero  o 
servirsene  ad  accendere  il  fuoco,  ecc.  -  Foglietto, 
mezzo  foglio  di  stampa.  -  Foglio,  pezzo  di  carta 
rettangolare  piegato  in  due  e  componente  due  pa- 
gine e  quattro  facce. 

Incarto,  più  carte  messe  insieme.  -  Infinestratura, 
foglio  di  carta  tagliato  come  una  cornice  quadra 
per  appiccicarvi  dentro  un  foglio  guasto  nei  mar- 
gini. -  Mezzetto,  loglio  di  carta  dilettoso  che  si  trova 
nelle  risme.  -  Piega,  segno  che  rimane  piegando 
carta  o  simile.  -  Riccio,  orlo,  più  o  meno  grinzoso 
e  ineguale,  che  ha  la  carta  fatta  a  mano.  -  Rigo, 
quello  già  tirato  dei  fogli.  -  Sbavatura,  peluria  ai 
margini  della  carta.  -  Sesto,  veggasi  a  foglio.  ■ 
Striscia,  strisciola,  striscioHna,  sottile  e  piccola  lista 
di  carta.  -  Zàzzera,  le  disuguaglianze  che  si  trovano 
nell'estremità  di  un  foglio. 

Acciughina,  insetto  grigio,  periato,  senz'ale,  che 
rode  la  carta.  -  Monachine,  quelle  ultime  scintille 
della  carta  accesa  che  si  dileguano  come  le  mona- 
che col  lume  quando  vanno  a  letto.  -  Pirotonido, 
la  materia  bruna  caustica  che  si  svolge  dalla  carta 
bruciante. 

Accartocciarsi,  svolgersi  a  forma  e  a  similitudine 
di  cartoccio:  veggasi  ad  avvolgere.  -  Aggrinzarsi, 
aggrinzire,  raggrinzirsi,  far  pieghe  :  della  carta  che 
non  ha  più  la  superficie  liscia.  -  Spandere,  della 
carta  {spandente)  sulla  quale  Vinchiostro  si  sparge 
largamente.   -    Spelare,    della    carta    quando  nello 


scrivere  vengono  via  da  essa  come  dei  peli,  sia 
perchè  é  di  cattiva  qualità,  o  perchè  la  penna  é 
troppo  dura.  -  Sugare,  assorbire,  specialm.  della 
carta:  succhiare. 

Ciò  che  si  fa  della  carta  o  con  la  carta. 

Braca,  striscia  di  carta  che  si  impasta  sopra  un 
fofc'lio  stracciato  di  libro,  perchè  non  si  stracci  di 
più.  -  Drogliazzo,  scartafaccio.  -  Busta,  copertinaa 
tasca,  con  parte  da  sovrapporre,  gommata:  serve, 
a  chiudervi,  per  lo  più,  una  lettera.  -  Capitello^ 
pezzo  di  carta  tinta  'che,  addoppiato,  si  inceli 
sulle  due  estremità  del  corpo  dei  libri,  su  ciaT 
scuna  catenella,  per  tenerne  meglio  riuniti  e  pi^ 
termi  i  quinternini,  -  Cartata,  veggasi  a  pacco.  ~ 
Cartellina,  piccolo  foglietto  sul  quale  si  scrive  la  m^' 
nuta,  qualche  appunto,  ecc.-  Cartoccio,  foglio  di  cart^ 
ravvolto,  per  lo  più  a  forma  di  cono.  -  InvoltOf 
quel  che  si  fa  avvolgendo  una  cosa  qualunque 
entro  carta,  specialmente  panni  e  simili.  -  Papete- 
rie  {frac),  elegante  scatola  contenente  fogli  di  carta 
da  lettera,  buste  da  lettera  e  simili. 

Quaderno,  alquanti  fogli  di  carta  uniti  insieme  per 
scrivervi  conti,  memorie,  spogli,  minute,  ecc.:  quiderno. 
Quaderno  sciolto,  legalo,  rigato,  in  carta  bianca,  in 
carta  a  mano,  da  partita,  da  protocollo,  cento  qua- 
derni, fanno  una  risma.  -  Quadernaccio  ;  scartafac- 
cio. -  Quaderno  di  fogli,  venticinque,  uniti,  m»  non 
cuciti.  -  Quadernuccio,  quello  degli  appunti  per 
ricordarsi.  -  Quinterno,  cinque  fogli  carta,  uniti. 
Registro,  libro  di  carta  bianca  per  varie  scritture. 

Risma,  dato  numero  di  quaderni,  vario  nei  vari 
paesi  (in  Toscana  ottantacinque  per  la  carta  da 
scrivere,  cento  per  quella  da  stampa).  •  Mezzetti, 
due  quaderni  di  scarti  che  si  pongono  uno  in 
principio,  l'altro  in  fine  della  risma,  quando  questa 
si  lega  in  croce  con  spago.  I  mezzetti  preservano 
la  carta  dal  segno  della  legatura,  il  quale  rimane 
tutto  su  di  essi.  -  Piego,  pacco.  -  Ròtolo,  grande 
striscia  di  carta  o  di  cartapecora  avvolta  su  sé 
stessa:  ruòtolo,  rocchio.  -  Scartafaccio,  quaderno  o 
più  fogli  riuniti,  in  quantità,  per  appunti,  minute 
0  simili.  -  Scheda,  cartellina  scritta.  -  Un  vòlgolo 
di  carta,  carta  rivoltata. 

Accartocciare,  avvolgere  a  uso  cartoccio  {accar- 
tocciatura,  atto  ed  effetto).  -  Acquademare,  disporre 
la  tarla  in  quaderni:  acqui dernare.  -  Acquiderna- 
tore,  chi  acquaderna  la  carta.  -  Bollare,  imprimere 
sulla  carta  l'impronta  del  bollo.  -  Incartare,  av- 
volgere entro  carta.  -  Infinestrare,  fare  un'infinestra- 
tura a  un  foglio  lacero  e  guasto.  -  Legare,  mettere, 
raccogliere,  unire  in  fascio.  -  Piegare,  dei  fogli  di 
carta,  dar  loro,  con  una,  due  o  più  pieghe  sopra 
sé  stessi,  una  certa  forma  voluta;  di  carta  da  let- 
tera, perchè  si  adatti  ad  entrare  poi  nelle  buste  o 
per  chiuderla  in  modo  che  altri  non  possa  leggerla 
senza  toglierle  il  sigillo  o  altra  chiusura. 

Raffilare,  tagliare  le  barboline  della  carta  ai  mar- 
gini dei  libri  per  renderli  pari.  -  Rincartare,  met- 
tere di  nuovo  carta  su  checchessia.  -  Rotolare,  fare 
un  rotolo.  -  Scartare,  levare  dalla  carta,  aprire  una 
cartata.  -  Spiegazzare,  ridurre  una  carta  tutta  a 
pieghe:  incincignare,  sdruscire.  -  Strappare,  rom- 
pere, lacerare.  -  Svolgere  un  inmito,  un  ròtolo  di 
carte,  sfarlo,  scioglierlo.  -  laglitizzare,  tagliare  a 
.pezzetti.  -  Traforare,  bucare,  far  buchi  f  veggasi  a 
buco),  succhiellare,  succhiellinare. 

Arnesi,  ecc.  —  Calcafogli,   lastretta  di  marmo  o 


CAHTA    —    CARTE   UÀ    GIUOCO 


439 


di  metallo,  o  altro  oggetto  qualunque,  spesso  arti- 
stico, da  tenere  sopra  i  fogli,  perchè  non  svolazzino; 
fermacarte;  calcalellere;  francesismo,  pressacarte  (da 
presse-papier).  Si  tiene,  per  lo  più,  sullo  scrittoio. 
•  Cartella,  arnese  acconcio  alla  custodia  delle  carte 
riunite.  -  Cestino,  arnese,  solitamente  di  vimini, 
nel  quale  si  gettano  i  fogliacci,  le  carte  di  rifiuto. 

-  Compasso,  strumento  che  serve  per  descrivere 
circoli  sulla  carta. 

Falsariga,  foglio  in  cui  sono  tracciate  linee  di 
inchiostro  orizzontali,  parallele,  per  servire  a  scri- 
vere in  linea  sopra  altro  foglio  sovrapposto.  -  Li- 
neatore,  rigatore,  arnese  per  tracciare  linee  sulla 
carta.  -  Papeterie  (frane),  cartella  ove  sta  l'oc- 
corrente per  scrivere.  -  Parallelo,  specie  di  dopjiia 
riga  per  tirare,  senza  compasso,  linee  parallele.  Più 
comunemente,  parallele.  -  Portacarte,  portafogli, 
arnese,  di  varia  foggia,  per  mettervi  dentro  carte 
diverse. 

Quadrello,  bacchetto  di  legno,  lungo  circa  mezzo 
metro,  ben  diritto  e  ben  riquadrato,  che  si  adopera 
per  rigare  la  carta  con  la  matita,  rivoltando  e  se- 
gnando continuamente;  e  come  i  lati  del  quadrello 
sono  pari,  così  vengono  pari  le  distanze  fra  rigo  e 
rigo.  -  Riga,  strumento  di  legno  o  di  metallo  col 
quale  si  tirano  linee  rette.  -  Scannello,  sorta  di 
cassetto  a  sdrucciolo,  coperto  di  panno,  che  serve 
per  rimettervi  carte  e  per  scrivervi.  -  Stecca,  oggetto 
fatto  a  lama  di  coltello,  d'avorio,  d'osso,  di  legno  o 
metallo,  per  lo  più,  a  uso  di  piegare  o  tagliar  carta: 
tagliacarte.  -  Tiralinee,  cannelletto  di  metallo,  a 
doppia  penna,  per  tirar  linee  d'inchiostro  sulla  carta. 

-  Vassoio,  specie  di  guantiera,  di  bacile,  per  riporvi 
biglietti  da  visita. 

Cartolaio,  venditore  di  carta  e  d'altri  oggetti, 
al   minuto.  -  Cartoleria,  la  sua  bottega. 

Carta.  Nel  medio  evo,  patente  di  franchigia  o 
di  privilegio  data  da  principi.  Ora  costituzione 
fonaamentale  di  uno  Stato.  -  Magna  Charta,  la 
carta  costituzionale,  lo  Statuto  degli  Inglesi. 

Carta  asciugante.  Detto  a  carta. 

Cartàceo.  Di  carta. 

Carta  da  g-iuoco.  Veggasi  a  carte  da  giuoco. 

Carta  g-lorla.  La  cartella  che  si  pone  sull'af- 
fare. 

Cartàio.  Il  fabbricante  di  carta. 

Cartaniina.  Materia  colorante. 

Carta  partita.  Sorta  di  contratto. 

Cartapècora.    Veggasi  a  pergamena. 

Cartapésta.  Detto  a  carta. 

Cartastràccia.  Veggasi  a  carta. 

Cartata.  Detto  a  pacco. 

Carte  da  giuoco  (e  giuoco  delle  carte).  Anche 
semplicemente  carte:  mazzo  di  cartoncini,  in  vario 
modo  figurati,  che  servono  per  giuocare.  -  Carta 
del  miracolo,  quella  che  viene  quando  è  indispensa- 
bile al  giuoco.  -  Carta  di  ripresa,  da  poter  ripren- 
dere. -  Carta  matta,  quella  che,  secondo  i  vari 
giochi,  ha  dei  privilegi  di  punti.  -  Carta  qua- 
dra, che  non  è  stillo  o  figura.  -  Carte  da  minchiate, 
da  tarocchi,  da  faraone,  ecc.,  quelle  per  tali  giuochi. 

-  Carte  nude,  le  briscole  sotto  il  fante;  piene,  a  bri- 
scola, carte  attive;  vestite,  il  re,  la  donna,  il  fante 
o  gobbo  nelle  carte  francesi;  il  re,  il  fante,  il  ca- 
vallo sono,  nelle  cane  italiane,  figure. 

Asso,  nelle  carte  da  giuoco  ''e  nei  dadi),  la  faccia 
scnata  uno.  -  Càrico,  l'asso  e  il  tre  a  briscola.  - 
Cartiglia,  nome  clie  si  dà  a  più  carte  dello  stesso 
seme,  ma  tra  quelle   di  valore  più  basso 

Figura,  figura  di    persona   o  d'animale   impron- 


tata sulle  carte.  Sono  :  il  re,  la  dama  o  donna,  e  il 
fante  (detto  dai  toscani  gobbo);  in  certe  carte  (usate 
nell'Emilia  e  in  altre  regioni  d'Italia)  alla  dama  è 
sostituito  il  cavallo.  -  Gioco,  la  composizione  delle 
carte  e  la  disposizione  a  giocare  secondo  quelle.  - 
Mazzo  di  carte,  e  assol.  mazzo:  tutte  quelle  che 
servono  a  fare  il  gioco;  mazzetto  (un  mazzetto  di 
carte,  della  stessa  specie).  -  Monte  delle  carte,  tutte 
le  carte  giuocate.  -  Orecchio,  delle  carte  da  gioco, 
gli  angoli  per  cui  si  tirano  su.  -  Punto,  valore  che 
si  assegna  ad  una  carta,  vario  secondo  i  vari  giuochi. 

Seme  delle  carte  da  gioco,  le  quattro  diverse  spe- 
cie in  cui  è  diviso  il  mazzo.  I  semi  si  chiamano 
anche  sorti.  -  Coppe,  bastoni,  spade,  denari  sono  i 
nomi  delle  carte  da  giuoco  italiane.  -  Fante, 
cavallo,  re,  sono  le  figure  di  ogni  seme.  -  Cuori, 
quadri,  fiori,  picche  sono  i  semi  delle  carte  fran- 
cesi. Ogni  serie  va  dall'uno  al  dieci  ed  ha  il  re, 
la  donna,  il  fante. 

Uomo  nero,  il  fante  di  picche,  nelle  carte,  a  un 
^ioco  speciale,  per  cui  chi  rimane  con  quello  sol» 
IP  mano  perde. 

Giuochi  diversi. 

Baccarà'    bambara,  rassetta,  bazzica. 

Baccarà,  baccarat,  giuoco  d'azzardo  che  si  giuoca 
fra  un  banchiere  e  un  certo  numero  di  giuoca  tori  : 
si  adoperano  due  mazzi  di  carte  ;  un  giuocatore 
tiene  il  banco,  altri  fanno  le  puntate.  -  Chemin  de 
fer  (frane),  si  dice  volgarmente  il  baccarat,  o  macao, 
quando  chi  tien  banco  passa  il  mazzo  ad  altri,  se- 
condo determinate  norme-  Le  carte  contano  per 
il  loro  consueto  valore,  cioè:  gli  assi  per  uno,  i 
due  per  due,  i  tre  per  tre,  ecc.;  le  figure  per  dieci. 
Si  chiamano  baccarà  i  punti  10,  20,  30.  Modo  di 
giuocare:  a  destra  e  a  sinistra  di  chi  tiene  il  ban- 
co si  fissano  due  scompartimenti;  ciascun  puntatore 
depone  davanti  a  sé  la  somma  che  vuol  arrischiare 
in  uno  dei  due  scompartimenti,  e  il  tenitore  del 
banco  copre  ogni  somma  con  un'altra  eguale.  Le 
messe,  per  tal  modo  raddoppiate,  saranno  ritirate  da 
chi  abbia  avuto  sorte  favorevole.  A  ciascuno  dei 
puntatori  il  banchiere  dà  due  carte  e  due  pure  ne 
prende  per  sé,  cominciando  la  distribuzione  dalla 
destra  e  dando  le  carte  ad  una  ad  una.  Avute  le 
carte,  i  puntatori  esaminano  il  proprio  giuoco  e 
chi  di  essi  ha  i  punti  9,  19  o  29,  stende  sul  ta- 
\  volo  le  carte,  scoprendole.  Tutti  i  giuocatori  fanno 
altrettanto,  compreso  il  tenitore  del  banco,  che 
raccoglie  le  messe  di  quelli  che  hanno  un  punto 
minore  del  suo  e  paga  quelli  che  lo  hanno  supe- 
riore, facendo  pari  coi  puntatori  il  cui  punto  è 
uguale  al  suo  Accadendo  che,  dopo  date  le  due 
carte,  nessun  puntatore  sia  contento  del  proprio 
giuoco,  si  può  chiedere  una  terza  carta,  che  il  ban- 
chiere è  obbligato  a  concedere,  prendendola  anche 
per  sé,  se  ciò  gli  conviene.  Questa  terza  carta  ";si 
dà  sempre  scoperta.  Finita  la  dimanda  della  carta, 
i  puntatori  che  non  sono  sballati  mettono  in  tavola 
il  loro  giuoco.  Coloro  che  hanno  un  minor  punto 
del  banchiere  perdono;  quelli  che  lo  hanno  mag- 
giore vincono. 

Bambara,  giuoco  di  carte,  primiera,  simile  alla 
bassetta,  giuoco  d'azzardo,  detto  anche  faraone. 

Bazzica  (bésigue),  giuoco  che  si  fa  con  un  mazzo 
di  carte  da  tresette:  è  un  giuoco  di  calcolo,  il  quale, 
oltre  quello  che  ha  preso  al  picchetto,  alla  lo-i- 
scola,  al  mariage,   ha  ingegnose    combinazioni  prò- 


440 


CARTE  DA  GIUOCu 


prie.  Si  giucca  in  due,  in  tre  e  in  quattro  per- 
sone, prendendo  tanti  giuochi  quanto  sono  gli  av- 
versari. Bazzica  in  due:  si  giuoca,  ordinariamente, 
in  1000  0  in  1500  punti,  con  due  giuochi  di  32 
carte,  riuniti  e  mischiati.  Chi  ha  la  mano  distri- 
buisce le  carte  alternativamente  a  due  per  due  o 
a  tre  per  tre,  fino  al  numero  di  8  o  di  9  per  ognu- 
no dei  giuocatori,  dopo  di  che  volta  la  diciasset- 
tesima o  la  diciannovesima  carta,  che  indica  il 
colore  della  bazzica.  Se  questa  carta  è  un  sette,  il 
datore  delle  carte  marca  dieci  punti;  se  è  un'altra 
carta,  il  giuocatore  che,  nel  corso  della  partita,  ha 
Ijrimo  un  7  di  bazzica,  può  cambiarlo  contro  la 
carta  della  voltata,  e  in  pari  tempo  conta  10  punti. 
Ma  questo  cambio  non  può  effettuarsi  se  non  in 
seguito  a  una  levata.  Distribuite  le  carte,  quelle 
che  restano  sono  poste  accanto  alla  carta  voltata 
e  tormano  il  lalon  (riserva),  che  serve  ai  giuo- 
catori a  surrogare  le  carte  che  hanno  in  mano 
a  misura  che  le  giuocano.  Cosi,  dopo  la  prima 
levata,  chi  l'ha  fatta  tira  la  prima  carta  che  si 
trova  sul  talon;  l'avversario  prende  quindi  la  se- 
conda, e  si  continua  allo  stesso  modo  fino  ad  esau- 
rimento completo  del  talon.  Il  valore  e  l'ordine 
delle  carte  sono  come  nel  picchetto.  Solo  il  iO  viene 
immediatamente  dopo  l'asso  e  vince  sulle  figure. 
Gli  assi  e  i  10  valgono  10  punti  ciascuno.  Quattro 
assi  insieme  valgono  100  punti;  4  re,  80  punti; 
quattro  dame,  60;  4  tanti,  40.  L'incontro  di  un  re 
o  di  una  dama  dello  stesso  colore,  vale  a  dire  il 
mariage,  vale  40  punti  nel  colore  di  bazzica  e  20 
negli  altri  colori.  La  riunione  della  dama  di  picche 
e  del  fante  di  quadri  forma  la  bazzica,  che  vale  40. 
Se  si  hanno  contemporaneamente  i  due  tanti  di 
quadri  e  le  due  dame  di  picche,  si  fa  la  doppia 
bazzica,  che  conta  per  500.  La  quinta  maggiore  di 
bazzica  vale  250  punti  e  l'ultima  levata  lu  punti. 
Per  la  regola,  non  si  possono  contare  i  punti  se 
non  dopo  essere  padroni  della  levata,  sia  prenden- 
do una  carta  superiore,  sia  togliendo  con  una  caria 
di  bazzica;  i  punti  si  marcano  a  misura  che  si  fan- 
no. Di  due  carte  del  medesimo  valore,  vince  la 
levata  quella  che  si  giuoca  prima.  Avendo  parecchi 
gruppi  nel  medesimo  tempo,  non  si  possono  mo- 
strare e  contare  che  separatamente  e  dopo  aver 
fatte  altrettante  levate.  Non  si  può,  giuocando,  esa- 
minare le  levate  già  latte.  Finché  vi  siano  carte 
nel  mucchio  {talon),  non  è  obbligo  dare  il  colore 
domandato,  né  alzare  quando  si  ha  questo  colore; 
ossia,  si  è  liberi  di  gettare  la  carta  della  quale  si 
voglia  liberarsi;  ma  non  appena  non  vi  siano  più 
carte  da  prendere,  il  giuoco  riprende  i  suoi  diritti, 
come  SLÌVecarté  e  al  piccìietto. 

Boston,  briscola,  briscolone, 
Càlabràche,  calabresella,  casino,  ecartè,  ecc. 

Boston,  giuoco  americano  che  si  fa  in  quattro, 
con  un  mazzo  di  pinqnantadue  carte,  il  cui  valore 
è  regolato  procedendo  dalla  più  bassa.  Si  distin- 
guono :  il  Boston  ordinario,  o  primitivo,  il  Boston 
di  F onlainebleau,  il  Boston  russo. 

Briscola,  notissimo  giuoco,  derivato  dalla  brisque 
francese  e  giuocato  con  un  mazzo  di  40  carte,  com- 
posto di  serie  da  dieci  ciascuna  (fiori,  quadri,  pic- 
che, cuori),  dall'asso  al  re.  Da  aggiungere  al  breve 
cenno  già  fatto  sotto  la  voce  briscola,  a  pag.  32'2: 
giocando  in  quattro,  chi  fa  le  carte  ne  distribuisce 
tre  a  ciascuno  dei  giocatori  e   quindi   scopre    una 


carta,  sulla  quale  pone  attraverso  e  col  dorso  in  sw 
il  mazzo;  la  carta  posta  in  tavola  scoperta  è  caria 
di  briscola,  sia  d'un  seme  o  dell'altro  (cuori,  picche, 
ecc.).  L'asso  di  briscola  vale  11  punti;  il  tre  10 
punti;  il  re  4  punti;  la  donna  3  punti;  il  fante  2 
punti.  Le  altre  carte,  giuocando,  hanno  il  valore 
dei  punti  di  primiera;  ma  nel  computo  della  par- 
tita non  contano  nulla.  Per  vincere  bisogna  fare 
61  punti  almeno.  Dopo  ogni  giuocata,  i  giuocatori 
prendono  per  turno  una  carta  dal  mazzo  deposto 
sulla  tavola  e  sulla  briscola  scoperta,  procurando  di 
non  farla  vedere.  Cosi,  dopo  ogni  giuocata,  i  quat- 
tro competitori  si  trovano  ad  avere  sempre  tre 
carte  in  mano.  Per  intesa,  per  accordo  di  giuoco, 
i  compagni  si  fanno  segni  fra  loro,  accennando  in 
vario  modo  (strizzando  un  occhio,  torcendo  la  bocca, 
alzando  lo  sguardo,  ecc.)  le  carte  migliori. 

Briscolone,  briscola  in  due,  con  cinque  carte  alla 
mano,  prendendo  le  altre  dal  mazzo,  una  per  volta. 

Calabrache,  giuoco  che  si  fa  con  le  carte  del 
quaranta,  fra  due  persone. 

Calabresella.  giuoco  che  si  fa  con  le  carte  del 
quaranta,  fra  tre  persone,  una  contro  due  :  volgarm., 
carabrisella.  -  Cappotto  dichiarato,  quando  il  gioca- 
tore oltre  a  fare  il  giuoco  dichiara  avanti  che  in- 
tende vincer  cappotto.  -  Cartiglia,  molte  carte  più 
basse  dello  stesso  seme.  -  Cartina,  le  carte  che  non 
hanno  valore  di  punto.  -  Monte  delle  carte,  le  carte 
che  avanzano  dopo  averle  distribuite  ai  giuocatori. 
-  Settimello,  giuoco  di  sette  date.  -  Stramazzetto, 
non  arrivando  a  far  tre.  -  lerzilio,  calabresella  in 
tre:  veggasi  a  terziglio.  -  Chiamare  una  carta, 
chi  fa  giuoco  chiama,  chiede,  tranne  che  un  asso, 
quella  carta  che  gli  occorre  e  ne  rende  una  delle 
sue.  -  Scartare,  a  calabrasella,  dar  una  carta  in 
risposta,  non  invitando  a  qual  seme. 

Casino,  specie  di  giuoco  con  le  carte  francesi,  fra 
quattro  persone,  le  quali  (a  due  a  due  di  riscontro) 
cercano  di  prendere  con  una  delle  loro  carte  il  più 
che  si  possa  fare  dalle  scoperte  e  recarsi  in  mano 
i  trionfi. 

Ecarté,  noto  giuoco  che  si  fa  con  trentadue  carte, 
in  due. 

Giuoco  delle  tre  carte,  giuoco  proibito  perchè 
fi'audolento.  -  Giuoco  del  mediatore,  lo  stesso  che 
quadrigliati. 

Goffelto,  giuoco  di  ventura  o  d'azzardo,  simile 
alla  primiera. 

Hombre,  giuoco  di   carte    d'origine    spagnuola. 
Maniglia,  nel  gioco  dell'hombre,  il  secondo  trionfo. 

Lansquenet,   minchiate, 
mistigri,  naso  e  primiera,  peppa  tencià. 

Lansquenet,  giuoco  ora  di  predilezione  della  so- 
cietà equivoca  {demi-monde):  si  fa  con  un  banchiere 
e  con  un  numero  illimitato  di  puntatori,  adope- 
rando un  mazzo  di  carte  composto  di  parecchi  giuo- 
chi interi  riuniti.  Dopo  tirato  a  sorte  chi  sarà  il 
banchiere,  questi  mischia  le  carte,  fa  alzare  o  ta- 
gliare a  sinistra^  poi  annunzia  la  forma  che  vuole 
esporre.  11  primo  giuocatore  a  destra  del  banchiere 
prende  allora  la  parola:  può,  a  sua  volta,  tener 
tutta  la  somma  proposta  dal  banchiere  o  non  te- 
nerne che  una  parte,  o,  infine,  passare.  Nel  primo 
caso,  il  giuoco  é  fatto  ;  se  della  somma  tiene  solo 
una  parte,  il  secondo  giuocatore  può  aver  la  pre- 
ferenza, offrendo  tutta  la  somma.  Finché  questa 
non  è  coperta  per  intero,  ciascuno    dei   giuocatori 


CARTE   DA   GIUOCO 


441 


può  avere  la  preferenza  sugli  altri  puntatori,  of- 
frendo di  tener  tutto.  Quando,  in  un  modo  o  nel- 
Taltro,  la  somma  sia  coperta,  il  banchiere  volta 
una  carta  (la  sua)  e  una  seconda  (per  gli  altri); 
messele  sul  tappeto,  ne  volta  poi,  successivamente, 
una  terza,  una  quarta,  ecc.,  ponendole  le  une  sulle 
altre,  fra  le  due  prime,  e  continuando  cosi  fino  a 
che  non  ne  volta  una  simile  alla  sua  o  a  quella 
dei  puntatori.  Nel  primo  caso,  vince;  nel  secondo 
perde,  e  banchiere  diventa  il  vicino  di  destra.  Il 
banchiere  vince  ancora  quando,  dopo  aver  voltato 
la  sua  carta,  ne  volta,  per  i  puntatori,  una  simile 
alla  sua  :  il  che  si  dice  refail  o  plié.  Dopo  aver 
vinto,  il  banchiere  può  lasciar  la  mano;  se  continua, 
deve  lasciare  in  giuoco  la  sua  messa  e  la  sua  vin- 
cita. Cosi  il  giuoco  ò  raddoppiato  per  la  seconda 
mano.  Il  banchiere,  inoltre,  non  può  toccare  il  ban- 
co se  non  quando  ha  fatto  un  plié;  e  anche  in  que- 
sto caso  può  togliere  solo  il  guadagno  della  mano. 
Volendo  lasciare  il  banco,  questo  passa,  di  prefe- 
renza, al  vicino  di  destra.  Cosi  il  lansquenet  attuale; 
ma  anticamente  il  giuoco  era  molto  più  complicato. 

Minchiate,  giuoco  di  carte,  detto  anche  tarocchi. 

Mistigri  (frane,  il  fante  di  jiori),  giuoco  francese 
nel  quale  chi  ha  il  fante  di  fiori  riceve  da  cia- 
scuno degli  avversari  uno  o  più  gettoni,  secondo 
le  carte  privilegiate  del  giuoco.  Però  il  fante  di 
picche  è  spesso  designato  per  rappresentare  la 
parte  di  tnisligri.  Si  procede  come  nel  giuoco  della 
mosca,  con  la  sola  differenza  che  il  mistigri  domina 
in  tutte  le  carte  ed  è  considerato  come  un  trionfo 
puramente  e  superiore  a  tutti  gli  altri,  di  qualun- 
que colore  siano. 

Naso  e  primiera  (fare  a),  gioco  con  due  carte: 
dello  stesso  seme  è  naso;  diverso  è  primiera. 

Peppa  Tencia,  in  milanese,  titolo  d'un  giuoco  di 
società  come  il  cu-cù,  il  mercante  in  fiera  e  simili. 
Chi  ta  il  mazzo  distribuisce  tutte  le  carte,  non  impor- 
tando che  ad  alcuno  ne  tocchino  meno  di  altri, 
poiché  durante  il  giuoco  tutte  le  carte  vengono  egual- 
mente a  posto.  Poi  chi  è  di  mano  ne  scarta  due 
simili  (due  assi,  due  tre,  ecc.)  e  porge  le  due  carte 
al  vicino  (senza  mostrarle),  dovendo  questi  pren- 
derne una  qualunque.  Dopo  presa  la  carta  offerta- 
gli, il  vicino  fa  egli  pure  lo  scarto,  se  ha  due  carte 
uguali,  ed  offre  a  sua  volta  al  giuocatore  che  gli 
sta  accanto  le  proprie  carte,  perchè  ne  prenda  una. 
E  si  continua  finché  ad  uno  dei  giuocatori  rimanga 
la  donna  di  picche  {\?i  Peppa  Tencia),  la.  quale  non 
si  può  scartare  e,  durante  il  giuoco,  passa  da  un 
giuocatore  all'altro;  l'abilità  consiste  nel  non  far 
accorgere  ad  alcuno  di  averla,  e  ciò  allo  scopo  di 
poterla  con  facilità  far  pnssare  nelle  mani  di  un 
altro.  Il  giocatore  che  non  sia  riuscito  a  liberarsi 
dalla  Peppa  Tencia  vien  condannato  a  pagare  una 
multa,  che  si  mette  in  un  piattello,  e  cosi  si  fa  ad 
ogni  giro.  Infine,  quando  cioè  si  decide  di  far  ces- 
sare il  giuoco,  tutte  le  multe  riunite  costituiscono 
unoo  più  premi,  che  vengono  estratti  a  sorte. 

PiQUET,  PIZZiOmNO,   POKER,   REVEBSIS,   RUBAMONTE 
SERRAGLIO,   SOLITARIO,   ECC. 

Piquet,  giuoco  francese  che"si  fa  con  32  carte, 
scartando  i  2  e  i  4.  Si  va  a  100  o  a  150  punti. 
Dicesi  anche  Cento  o  Centocinquanta. 

Pizzighino,  specie  di  tresette  in  due. 

Poker,  (ingl-)»  giuoco  di  carte  che  assomiglia  al 
goffo  genovese,  in  grande  uso  presso  gli  americani. 


Revei-sis  o  reversi,  nome  francese  d'un  antico  giuo* 
co  di  carte. 

Rubamonle,  sorta  di  giuoco  che  consiste  nel  fare 
a  prendersi  il  monte  delle  carte. 

Serraglio,  giuoco  semplicissimo:  si  tratta  di  rin- 
chiudere fra  gli  otto  re  di  due  mazzi  di  carte  gli 
otto  due  dei  mazzi  medesimi. 

Solitario,  qualunque  giuoco  che  si  faccia  da  solo 
con  le  carte;  e  con  esso  alcuni  pretendono  indovi- 
nare. Se  ne  usano  mollissinii,  e  parecchi  alquanto 
complicati. 

Ir  ente  et  quarante  (frane),  giuoco  d'azzardo  che 
si  fa  con  le  carte. 

Undici  e  mezzo,  giuoco  a  carte. 

Voglio,  tresette  in  quattro. 

\\liist,  giuoco  inglese  (la  voce  significa  silenzio) 
che  si  ta  in  quattro,  due  contro  due,  desigi\ati  a 
sorte,  e  anche  iti  sei,  con  due  rientranti.    , 

Per  altri  giuochi,  quali  il  cotecrhio,  il  cu-dlf 
il  faraoìie,  il  mercaitte  iii,  fiera,  il  natio 
giallo,  il  picchetto,  la  primiera,  i  qaadri- 
gliati,  il  sette  e  mezzo,  i  tarocchi,  il  taroc- 
chino, il  tresette,  la  scopa,  lo  scopone,  il 
terziglio,  ta  zecchinetta,  veggasi  a  queste  voci. 

Con  le  carte  si  fanno  anche  giuochi  delti  di  pre- 
stigio (vegg;isi  a  prestidigitazione) ,  di  pazienza, 
di  società,  di  divinazione,  per  trattenimento,  ecc. 
Tali,  fra  i  più  noti,  e  secondo  le  loro  denomina- 
zioni, il  colori,  la  croce  di  Malta,  la  frittata^ 
il  mulino,  {'orologio,  i  jtatriarchi,  la  pira- 
mide, il  Pitagora,  Il  serraglio,  il  sultano 
(veggasi,  anche  per  questi,  alle  rispettive  voci). 

Atti  del  giuocare. 

Accennare,  far  segno,  indicare  la  carta  che  s(  ha 
0  che  si  vuol  giuocare;  indicare  il  giuoco,  favore- 
vole 0  no,  costituito  dalle  carte  che  si  hanno,  per- 
chè il  compagno  si  regoli.  -  Accusare,  dichiarare  il 
punto  0  una  combinazione  di  carte  (accusala,  la 
dichiarazione  d'una  tale  combinazione).  -  Alzare  il 
mazzo,  dividere  il  mazzo  di  carte  in  due.  t  lo  l'ho 
scozzate;  alza  » .  {Alzata,  la  carta  che  si  trova  sotto, 
«  Gli  hanno  alzato  il  re  e  ha  fatto  toppa).  -  Ami- 
mazzare,  superare  la  carta  dell'avversario.  -  Am- 
miccare, accennare,  specialmente  a  briscola.  -  An- 
dare, stare  a  primiera,  aver  tre  carte  di  seme  di- 
verso e  aspettare  la  quai'ta.  -  Assolare,  assolarsi, 
quando  si  lascia  una  carta  senza  appoggio  di  altra. 
«  Ti  sei  assolato  l'asso  » .  -  Avere  bazzicoUo,  avere 
in  mano,  nel  giuoco  di  bazzica,  tre  carte  del  mede- 
simo valore.  -  Avere  bazzicottone,  avere  in  mano  a 
bazzica  quattro  carte  del  medesimo  valore.  -  Avere 
bel  giuoco,  buon  giuoco,  cioè  carte  con  le  quali  vin- 
cere. -  Avere  l'asso  secco,  solo.  -  Aver  la  mano, 
quando  tocca  di  giocare  per  il  primo. 

Barattare  le  carte,  bindolare  al  giuoco,  ingan- 
nare, trulfare  [baratteria,  barattiere).  -  Bussare,  in 
alcuni  giuochi,  specialmente  a  treselte,  modo  di 
invitare  il  compagno  a  calare  la  carta  più  alta  o 
di  significargli  che  si  ha  buon  giuoco.  -  BuUare 
in  tavola,  mettere  una  carta,  più  carte  sul  tavolino; 
anche,  gettarle,  dichiararsi  vinto  o  volendo  abban- 
donare il  giuoco.  -  Castrare  le  carte,  scegliere  fra 
il  mazzo  solo  quelle  che  servono  a  un  dato  giuoco. 
-  Chiamare  il  compagno,  in  alcuni  giuochi,  spe- 
cialmente nei  quadrigliatì,  chiamare,  chiedere  una 
carta  che  ci  occorre  a  un  dato  seme,  solitamente 
un  tre;  e  chi  l'abbia  diventa  compagno.  -  Chiamare 


4AÌ 


CARTE   DA   GIUOCO 


senza  tre,   quando  il  giocatore  chiama  senza  avere 
nessun  tre,  e  se  perde  paga  anche  per  il  compagno. 

Dar  colore,  della  carta  quando,  picchiettandola, 
«i  mostra  del  seme  che  uno  aspetta.  -  Entrare:  a 
terziglio  e  ad  altri  giuochi  si  dichiara  di  voler  en- 
trare, cioè  far  giuoco,  quando  si  hanno  buone  carte 
o  SI  credono  ta'i. 

fallare,  mancare  un  seme.  -  Farcisi,  mangiare, 
superare  la  carta  d'altri.  -  Fare  il  mazzo,  distribuire 
le  carte  ai  giuocatori  e,  di  solito,  a  sé  per  ultimo.  - 
Fare  il  mazzettino,  mettere  insieme  Is  meglio  a  pro- 
fitto proprio  0  di  qualcuno.  -  hare  il  passetto,  a 
tresette  ed  a  calabresella  (terzilio),  quando  il  giuo- 
catore,  avendo  un  tre  e  supponendo  che  l'avversa- 
rio abbia  un  due  accompagnato  danna  carta  dello 
stesso  seme,  passa  una  carta  bassa  per  far  così 
l'ultima  mano.  -  Far  le  carte,  disporle  in  un  dato 
modo,  per  levarne  un  responso. 

Far  mediatore,  ai  quadrlgiiati  e  a  calabresella, 
far  giuoco  solo  contro  tutti.  -  Far  monte,  annullar 
la  partita,  per  rifarne  un'altra:  andare  a  monte.  ■ 
Far  primiera  di  colta,  alle  prime  quattro  carte.  - 
Fare  scopa,  prendere  tutte  le  carte  di  tavola,  e  così 
segnare  un  punto.  -  Far  scorrere  le  carte,  nel  di- 
stribuirle. -  Far  tutte  le  carte,  vincere,  facendo  tutte 
le  date.  -  Fare  un  botto  alle  carte:  fare  una  partita. 

Giuocare  a  carte  scoperte,  in  tavola;  anche,  senza 
malizia.  -  Impacciare,  al  giuoco  delle  carte,  quando 
si  ha  una  partita  di  valore  uguale.  -  Invitare,  chia- 
mare a  una  carta,  a  un  seme,  a  un  giuoco:  fare 
invito. 

Mescere,  delle  carte  da  giuoco,  darle.  -  Mescere 
le  carte,  dar  le  carte  basse,  in  modo  che  non  le 
vedano  i  giuocatori.  -  Non  aver  carte:  vuol  dire 
non  averle  avute  o  non  averle  buone.  -  Pelare  le 
carte,  prenderle  a  una  a  una  di  sopra.  -  Pescare, 
prendere  la  carta  dal  monte.  -  Pigliare,  alle  carte, 
vincerle,  farle  sue. 

Reggere,  esser  superiore  di  carta,  impedire  un 
gioco.  -  Rifiiitare,  non  rispondere^a  una  carta,  aven- 
done 0  no  il  seme.  -  Rispondere,  giocar  le  carte 
del  medesimo  seme. 

Scappottare,  far  qualche  punto  tanto  da  non  per- 
der cappotto.  -  Scartare,  far  scarto,  sottrarre  dal 
mazzo,  prima  di  cominciare  il  giuoco,  le  carte  che 
spettano  a  tal  uopo  in  più  a  chi  le  distribuisce  o 
a  chi  entra:  fagliare,  stagliare.  Anche,  talvolta,  la 
facoltà  di  buttare  a  monte  le  carte  che  non  ci  gar- 
bano 0  non  ci  tornano.  -  Schioccar  la  primiera,  un 
goffo,  farla  tutt'a  un  tratto  e  bella.  -  Scoprire  una 
carta,  rivoltarla  sottosopra. 

Scozzare  le  carte,  mescolarle,  rimescolarle,  prima 
di  distribuirle.  -  Sfagliare,  disfarsi  giuocando  di 
qualche  carta  inutile.  -  Sfogliare  le  carte,  al  giuoco, 
tirarle  su  a  una  a  una,  a  poco  a  poco,  -  Sfogliare 
una  carta,  cavar  dal  mazzo  voltato  all'insù  o  al- 
Vingiù  la  carta  di  sotto  e  rovesciarla  sulla  tavola. 
-  Studiare  il  libro  del  quaranta,  le  carte  da  giuoco. 

Succhiellare  le  carte,  metterne  due,  una  sopra 
l'altra,  e  tirar  su  quella  di  sotto  a  poco  a  poco  per 
vedere  se  è  quella  che  cerchiamo. 

Tagltare,  dividere  il  mazzo  delle  carte  :  fare  il 
taglio,  la  taglia.  Nel  gergo  dei  giocatori  in  Romagna, 
vale  giocare  alla  bassetta,  specie  di  faraone  (giuoco  di 
azzardo),  e  ciò  per  l'uso  del  tagliare  il  mazzo 
delle  carte  invece  di  alzarle.  •  Tenere,  alle  carte, 
attenersi,  non  scartare  {si  é  tenuto  a'  fiorij  e  salvato 
l'asso).  -  Tener  su  le  carte,  in  modo  che  non  le  ve- 
dano  i    giocatori.  -  Tirare  gli   orecchi    al    diavolo, 


giuocare  a  carte  succhiellandole,  nei  giochi  d'az- 
zardo. -  Trionfare j  nel  giuoco  delle  ombre  e  dèli* 
rainchiate,  giuocare  una  carta  del  seme  nominato 
dal  giocatore. 

Volare,  al  giuoco  del  tresette  e  simili,  gettare  uà 
po'  in  alto  la  carta  da  chiedere  al  seme  opposto, 
oppure  per  indicare  che  non  si  hanno  più  carte  di 
quel  seme. 

Termini  di  giuoco. 

Accusa,  dichiarare  il  punto  o  una  combinazione 
di  carte:  accusata.  -  Avuta  e  ricevuta,  vincita  e  ri- 
vincita. -  Bazza,  quel  numero  di  carte  che  si  vince, 
volta  per  volta,  agli  avversari,  e  si  mette  in  muc- 
chio davanti  a  sé  sino  alla  fine  del  giuoco.  Nel 
giuoco  di  trionfi,  il  pigliare  senza  trionfo  la  carta 
dell'avversario.  -  Boa  gioco,  buon  giuoco,  a  cala- 
bresella, a  qaadrigliati  e  simili,  avvertimento  ai 
giocatori  che  intendiamo  esaminare  le  carte  con  la 
probabilità  di  far  gioco.  -  Buttata,  la  carta,  al  gioco, 
che  si  butta  in  tavola. 

Cappotto,  quando  si  riesce  di  vincere  senza  lasciar 
fare  all'avversario  una  data,  un  punto.  -  Cista,  nel 
giuoco  del  macao,  dicesi  quando  le  due  carte,  som- 
mate, tanno  dieci;  cioè  zero.  -  Cricca,  dicesi  di  tre 
figure,  come  tre  fanti,  tre  donne,  tre  re,  che  uno 
abbia  in  mano.  -  Data,  i  punti,  le  puntate  varie 
{buona,  cattiva  data;  in  questa  data  ho  fatto  po- 
co, ecc.).  -  Faglio  e  sfaglio,  scarto.  -  Fiscia,  gettone, 
marca,  dischetto  o  strisciolina  d'osso,  o  di  avorio, 
che,  giuocando,  si  dà  o  si  riceve  come  denaro 
spicciolo.  -  Gioco  di  data,  che  non  dipende  assolu- 
tamente dalla  sorte,  ma  dal  tenere  a  mente  le  date 
fatte  e  le  carte  che  rimangono.  -  Girata,  ogni  di- 
stribuzione di  carte,  a  tutto  il  giro  de'  giocatori,  per 
la  partita.  -  Goffo,  veggasi  a  primiera. 

Monte,  quantità  di  carte  che  si  scartano  in  certi 
giuochi,  oppure  quelle  che  restano  dopo  distribuite 
le  altre  ai  giuocatori.  -  Napoletana,  veggasi  a  tre- 
sette. -  Passetto,  artificiosa  combinazione.  -  Primiera, 
veggasi  a  scopa.  -  Punterello,  punto  al  giuoco,  alle 
carte. 

Scarto,  lo  scartare  e  le  carte  scartate.  -  Sfaglio, 
carta  che  si  sfaglia.  -  Stillo,  a  calabresella  e  a  tre- 
sette, quel  che  è  il  carico  nella  briscola,  cioè  l'asso 
e  il  tre. 

Taglia,  la  parte  delle  carte  alzata.  -  Tratto,  giro, 
girata.  -  Irionfo,  alle  ombre  e  alle  rainchiate,  il 
seme  nominato  dal  giuocatore. 

Cartaio,  chi  fa  le  carte  giuocando.  -  Morto,  chi 
sta  fuor  di  giuoco  alla  calabresella  o  ad  altri  gio- 
chi. -  Puntata,  quel  tanto  di  denaro  che  si  impegna 
su  una  0  più  carte,  specialmente  nei  giuochi  d'az- 
zardo. 

Signore:  quando  le  persone  che  voglion  giocare 
superano  il  numero  richiesto  dalla  partita,  si  fa 
sbrigativamente  a  chi  giocherà  o  no,  e  chi  resta 
esente  è  il  signore.  -  Tagliatore,  a  certi  giuochi  di 
carte,  chi  tiene  banco  e  scozza  e  scopre. 

Locuzioni.  —  A  carte  conte  o  sicure,  con  certezza 
di  vincere.  -  Carta  che  venga,  giocatór  si  vanti,  quando 
le  carte  vengono,  quando  la  fortuna  dice  bene,  uno 
può  vantarsi  d'esser  bravo.  -  Con  l'asso,  il  sette,  il  sei, 
perse  la  villa  il  cav.  Mazzei:  quando  goflo  ammazza 
cinquantacinque  a  primiera.  -  Come  sta  l'asso  o  il 
due,  ecc.:  domanda  per  sapere  se  la  carta  è  assicu- 
rata da  altre,  o  sola.  -  Di  colta,  subito,  alla  prima. 
«Ila  latto  primiera  di  còlta  »,  cioè  alle  prime 
quattro  carte.  -  Non  giuoco;  passo I...  a  certi  giuochi 


CARTEGGIARE 


CARTIERA 


443 


di  carte,  quando  non  si  fa  uso  di  qualche  facoltà. 
E  sclierz.:  passo  di  rincorsa,  di  carriera. 

Oggi  alle  carte  mi  dice  tigna:  quando  si  ha  di- 
sdetta, fortuna  avversa.  -  Per  la  chiesa  di  Buggiano, 
zampe  e  teste:  quando  al  },muoco  delie  carte  qualcuno 
ha  tutte  figure.  -  Quadri,  e  nel  bosco  ci  sta  ladri: 
modo  di  dire,  per  celia.-  Quando  l'oste  é  sull'uscio, 
in  bottega  non  c'è  nessuno,  dice  al  jjiuoco  delle  carte 
chi  vede  di  primo  acchito  uno  stillo,  e  poi  non  ha 
altro.  -  Si  può?  non  si  può?,  [domandando  il  per- 
messo di  chiamare.  -  Stare  a  far  la  soletta,  haloc- 
carsi  con  le  carte  da  gioco  senza  concluder  nulla. 
-  Tenere  tutto  il  giorno  in  mano  il  libro  del  qua- 
ranta, 0  studiare  il  libro  del  quaranta,  le  carte  da 
giuoco,  -  Tutte  buone  le  carte,  per  dire  che  si  può 
vincere  anche  con  carte  non  buone.  -  Vado,  lo  dice 
chi  tien  banco  ejsta  per  scoprir  la  carta.  -  Va  di 
mezza  lira,  puntata  di  mezza  lira.  -  Vó  far  a  uscire, 
quando  uno  vuol  mutar  posto  perchè  gli  vengono 
cattive  carte. 

Oartegrffiare  {carteggiato).  Tenere  corrispon- 
denza di  lettere. 

Carteggio.  Il  carteggiare;  la  corrispondenza. 
Cartella.  Sorta  di  custodia  fatta  di  cartone, 
di  pelle,  di  tela  o  d'altro,  per  riporvi  carte,  dise- 
gni, ecc.;  specialmente  quella  usata  dallo  scolaro 
per  portare  con  sé  a  scuola  i  propri  libri.  Anche, 
ma  non  comunem.,  cartolare. 

Cartella.  Titolo  di  rendita,  sul  debito  pub- 
blico o  altrimenti;  titolo  di  fondo  pubblico,  che 
dà  un  interesse  annuo.  -  Cartella  al  portatore, 
quando  non  vi  è  indicato  (non  è  intestata)  il  nome 
del  possessore,  e  quindi  presumibilmente  è  pro- 
prietà di  chi  la  porta,  fa  presenta.  -  Pagabile  a 
^presentazione,  o  a  vista,  che  si  può  esigere,  presen- 
tandola. 

Cartelle  agrarie,  titolo  di  rendita  territoriale  e 
corrispondente  in  valore  ai  crediti  che  gli  istituti 
di  credito  agrario  hanno  verso  i  proprietari,  i  con- 
duttori, i  mezzadri,  le  società  ed  i  consorzi.  -  Cartelle 
fondiarie,  titoli  di  debito  verso  gli  istituti  di  credito 
fondiario;  corrispondono  ai  crediti  che  detti  istituti 
hanno  verso  i  proprietari,  garantiti  con  mutuo.  - 
Coupons,  vaglia,  cedole,  tagliandi,  pezzetti  regolari 
di  carta  che  formano  il  margine  delle  cartelle  di 
rendita,  delle  obbligazioni  e  delle  azioni  industriali. 

-  Fondi  pubblici,  ì  crediti  capitali  che  il  pubblico 
ha  verso  lo  Stato,  rappresentati  da  cartelle  di  ren- 
dita, obbligazioni  di  Slato,  o  simili.  -  Titoli,  le  car- 
telle di  fondi  pubblici,  ecc. 

Cartella  o  cartoccio.  Ornamento  di  scultura 
0  di  stucco,  composto  di  alcuni  membri  di  archi- 
tettura, con  in  mezzo  uno  spazio  di  forma  rego- 
lare 0  irregolare. 

Cartellina,  Foglietto  di  carta. 

Cartèllo.  Foglio  stampato,  avviso  al  pubblico. 

-  Breve  iscrizione.  -  La  sfida  a  duello.  -  Pic- 
cola targa  con  stemma. 

Cartellone.  Grande  cartello,  grande  avviso; 
specialmente  A^t, teatro. 

Cartiera.  Opificio  nel  quale  si  fabbrica  la  carta 
e  il  cartone. 

Asciugatoio,  una  delle  parti  più  importanti  d'una 
cartiera  in  cui  si  fabbrichi  carta  a  mano  :  biso- 
gna mantenervi  uua  temperatura  moderata  e  co- 
stante e  stabilirvi  una  ventilazione  continua,  natu- 
rale 0  artificiale,  senza  la  quale  i  fogli  possono 
ammuffire  o  fermentare  ;  le  corde  dobbono  essere, 
a  preferenza,  di  crine  perchè  non  trattengano  l'u- 


midità nelle  piegature.  -  Bottega,  stanza  della  car- 
tiera, dove  le  holl.'ghine  faimo  l'abbinatura  e  l'a- 
cjuidernatura  dei  fogli,  quella  prima,  questa  dopo 
I  operazione  del  maglio.  -  Spanditoio,  o  stenditoio, 
slmizone  o  luogo  arioso,  nel  quale  la  carta,  fatta  di 
fresco,  si  stende  su  corde, 

Acquider nature,  chi,  nelle  cartiere,  acquiderna  la 
carta.  -  Ammaniiitori,  operai  che  ammanniscono, 
ossia  mettono  all'ordine  e  separano  a  due  a  due  i 
fogli  della  carta  incollata,  e  la  porgono  ad  altri 
operai,  che  la  mettono  ad  asciugare.  -  Battitore,  il 
lavorante  (per  lo  più  un  fanciullo,  o  una  ragazza] 
che  sottopone  la  presa  della  carta  ai  colpi  del  ma- 
glio. -  Botteghine,  donne  che  lavorano  nella  bot- 
tega della  cartiera.  -  Incollatore,  bagnatore,  lavorante 
che  a  brancate  incolla  la  carta  nella  secchia.  -  Le- 
valore,  lavorante  che,  dopo  soppressala  la  pasta,  ne 
separa  i  feltri  dai  fogli,  ponendo  questi  sulla  predola, 

-  Ponitore,  il  lavorante  che  mette  successivamente  i 
fogli  sulla  ponitora,  lasciata  alquanto  sgocciolars 
la  forma  sul  burattino.  -  Prenditore  (comunem. 
lavorante),  quello  dei  due  lavoranti  che  stanno  al 
tino,  e  -che,  tufi'ata  in  questo  la  forma,  prende  con 
essa,  volta  per  volta,  il  pesto  da  convertirsi  in  un 
foglio  di  carta.  -  Scotitoia,  donna  che  scuote  i  cenci 
nelle  cartiere  -  Spandenti,  le  donne  che  attendono 
a  distendere  le  coppie    dei    fogli   nello  spanditoio. 

-  Stracciatrici  o  straccine,  le  donne  che  stracciano 
i  cenci  con  la  falce  fissata  alla  panchina. 

Materie  usate  per  la  preparazione  della  carta 
Succedanei  o  surrogati  dei  cenci. 

Cenci,  pezzi  di  panno,  lino  o  lano,  consumati 
0  stracciati  :  con  essi  si  fabbrica  la  carta  tipica  e 
migliore.  -  Cenci  in  sorte,  quelli  di  diverse  qualità, 
misti  insieme  gli  uni  cogli  altri.  -  Fioretto,  h  mi- 
glior qualità  dei  cenci  che  si  trascelgono  dalla 
massa;  e  cosi  dicesi  pure  fioretto  la  carta  che  si 
fa  con  essi.  -  Pesto,  poltiglia  di  cenci  pestati  con 
l'acqua  nella  prima  pila:  pasta  greggia.-  fìipesto,  il 
pesto  della  seconda  pila.  -  Sfiorato,  il  ripesto  mag- 
giormence  assottigliato  nell'ultima  pila,  detta  per- 
ciò pila  a  sfiorato. 

Impasto,  miscela  di  pasta  di  stracci  succedanei 
e  altri  ingredienti  che  formano  la  mescolanza  per 
la  fabbricazione  della  carta.  -  Liscivia,  reagenti 
chimici  composti,  che  distruggono  e  sciolgono  le 
incrostazioni  e  i  grassi  degli  stracci  messi  in  appo- 
site caldaie  a  bollire.  -  Materie  di  carica,  sostanze 
minerali  di  riempimento  e  incorporamento,  che  si 
aggiungono  alle  pile  raffinatrici,  sia  per  accrescere 
il  peso  della  carta,  sia  per  comunicarle  una  certa 
lucentezza  e  bianchezza. 

Pasta,  intruglio  di  stracci  macerati  e  stemperati 
nell'acqua,  coi  quali  si  fabbrica  la  carta  -  Cellulo- 
sa, pasta  utile  alla  fabbricazione  della  carta  otte- 
nuta dal  legno  mediante  solfiti.  -  Paste  chimiche, 
per  l'azione  degli  alcali  sopra  il  legno.  -Paste  mec- 
caniche, con  legno  sfibralo  ottenuto  dal  lavorio  di 
apposite  macine;  tutta  la  materia  costituente  il  le- 
gno resta  nella  pasta,  che  cosi  conserva  la  durezza 
della  materia  prima.  -  Paste  mezzochvniche,  risul- 
talo della  preparazione  con  processi  misti. 

Succedanei  e  surrogati  dei  cenci.  —  Alfa  (espar- 
to, sparto),  graminacea  dagli  steli  tenaci  e  pieghe- 
voli, usata  alla  preparazione  di  materia  prima  per 
fabbricare  pasta  da  carta.   -  Canapa  di  Manilla  e 


444 


aaiTiEhA 


iuta:  servono  specialmente  per  la  carta  d'imballag- 
gio assai  resistente  e  pei  buoni  cartoni.  La  canapa 
viene  lavorata  come  i  cenci,  cioè  tagliata  e  liscivata 
con  calce  entro  caldaie  girevoli,  quindi  imbiancata 
una  prima  volta  da  sola  nella  sjiilacciatnce,  poi  una 
una  seconda  volta,  assieme  ai  cenci  con  cui  s'im- 
pasta. Della  iuta  viene  usata  solo  la  parte  più  sca- 
dente, che  non  serve  alla  filatura,  cioè  quella  parte 
della  pianta  che  cresce  nell'acqua  ed  è  detta  il  piede. 
-  Eleocarpo,  genere  di  piante  tigliacce,  con  molte 
specie  coltivate  perchè  utilizzate  nella  preparazione 
della  carta. 

LegnOf  la  parte  soda  del  tronco  degli  alberi, 
toltane  la  corteccia:  una  pasta  buona  per  la  carta 
danno  il  pino,  l'abete,  il  pioppo,  il  tiglio,  il  faggio, 
la  betulla,  ecc.  La  pasta  di  legno,  in  generale,  es- 
sendo formata  di  fibre  grosse  e  corte,  non  si  ado- 
pera quasi  mai  sola  nella  tabbricazione  della  carta, 
che  riuscirebbe  troppo  rigida  e  fragile,  ma  si  me- 
scola in  varia  proporzione  con  pasta  di  cenci,  se- 
condo la  qualità  del  prodotto  che  si  vuol  ottenere. 
La  pasta  di  legno,  oltre  che  con  un  trattamento  mec- 
canico (veggasi  più  innanzi:  macchina  di  Woelter}, 
si  ottiene  con  speciali  processi  chimici,  trattando 
il  legno  con  l'acqua  ragia,  oppure  facendo  agire  a 
caldo  il  bisoltato  di  calcio  in  lisciviatori  chiusi,  e 
allora  viene,  generalmente,  messa  in  commercio  col 
nome  di  cellulosa. 

Ocra  (Okra),  pianta  americana  con  fibre  adope- 
rate a  fabbricar  carta.  -  Paglia  di  frumento,  segale, 
riso,  avena:  materie  molto  impiegate  specialmente  per 
carta  da  impacco,  e  all'uopo  devono  essere  assog- 
gettate a  molteplici  operazioni  :  dopo  averle  battute 
0  trebbiate,  e  cernite,  si  lisciviano  e  si  cuociono 
sotto  pressione  con  soda  caustica,  si  lavano  e,  se 
è  necessario,  si  raffinano.  -  Papiro,  genere  di  piante 
di  cui  una  speeie  fu  usata  dagli  antichi  per  farne 
carta:  la  carta  stessa. 

Preparazione  della  pasta. 

Si  fa  una  cernila  (scelta)  dei  cenci  secondo  la 
loro  qualità,  la  loro  finezza  e  il  loro  colore  (quelli 
di  cotone  non  si  usano  per  la  carta  a  mano),  to- 
gliendone via  quelli  di  lana  e  di  seta;  li  si  tagliano 
grossolanamente  con  una  specie  di  falcetto  a  mano 
e  si  gettano  in  un  vaglio  meccanico  ad  elica,  che, 
girando  velocemente,  li  priva  della  polvere  e  delle 
materie  terrose  che  possono  contenere.  Poi  si  pro- 
cede al  bucato,  o  lisciviazione,  che  non  dilTerisce 
molto  da  quello  delle  lavandaie;  quindi  si  lavano 
i  cenci  più  volte,  a  grande  acqua,  li  si  fanno  co- 
lare in  casse  a  doppio  fondo  e  li  si  passano  alla 
pila,  per  farli  stritolare.  Quando  siano  abbastanza 
sminuzzati,  li  si  tolgono  dalla  pila  e  li  si  imbian- 
cano. Si  lava  la  massa  con  acqua  abbondante,  me- 
scolata con  qualche  po'  di  solfito  di  soda,  per  eli- 
minare ogni  traccia  di  cloro  e  quindi  si  rimanda 
alla  pila  per  sminuzzarla  ancora,  finché  sia  ridotta 
ad  una  poltiglia  ben  eguale,  sciolta  nell'acqua.  In 
generale,  con  mille  litri  di  poltiglia,  di  media  densità, 
si  hanno  trentadue  chilogrammi  di  materia  secca; 
e  con  trecentocinquanta  quintali  di  cenci  si  pro- 
ducono, in  media,  duecentocinquanta  quintali  di 
carta,  ossia  quattromila  risme. 

Bucato:  il  grado  di  forza  della  liscivia  è  dato 
dalla  proporzione  media  di  venti  chilogrammi  di 
soda  caustica  per  mille  chilogrammi  di  stracci;  la 
durata  dell'operazione,  che  si  fa  in  più  riprese,  va- 
ria dalle  4  alle  6  ore.  Si  usano  all'uopo   degli  ap- 


l 

parecchi  più  o  meno  complicati,  detti  lisciviaton,^ 
che  possono  essere  aperti  o  chiusi  e  prendono  mo» 
vimento  da  un  albero  dell'officina:  sono  ancora 
molto  usate  le  caldaie  concentriche  Donquine. 

Imbianchimento  {imbianchitura,  sbianca):  quando 
sono  abbastanza  sminuzzati,  i  cenci  si  levano  dalla 
pila  e  si  imbiancano;  si  tengono  perciò  immersi 
per  cinque  o  sei  ore  in  una  soluzione  di  cloruro 
di  calce  al  3  7o,  che  si  agita  meccanicamente,  op- 
pure si  trasportano  in  speciali  stanze  intercomuni- 
canti a  diversi  piani,  ove  si  dispongono  in  vari 
strati,  e  si  fa  passare  una  forte  corrente  di  cloro 
gassoso.  L'imbianchimento  deve  esser  eseguito  gra- 
dualmente, e  si  deve  badare  a  non  eccedere  nella 
quantità  della  soluzione  o  nella  durata  dell'opera- 
zione perchè  il  cloro  eccessivo  rende  la  carta  floscia 
e  poco  tenace. 

Macchina  di  Woelter:  la  fabbricazione  meccanica 
della  pasta  di  legno  richiede  uno  speciale  impianto, 
in  cui  i  diversi  meccanismi  si  succedono  l'uno 
all'altro  con  una  disposizione  a  gradinata  e  che 
porta  ordinariamente  il  nome  di  macchina  di  Woel- 
ter, benf^hè  il  suo  modello  sia  stato  poi  successi- 
vamente modificato.  I  piccoli  tronchi,  già  tagliati  a 
mano  grossolanamente,  sono  stritolati  in  un  primo 
apparecchio,  detto  sminuzzatore,  che  consiste  in  una 
mola  verticale,  mossa  velocemente,  contro  di  cui  i 
pezzi  di  legno  sono  compressi  da  quattro  o  cin- 
que compressori  speciali:  la  mola  è  continuamente 
bagnata  da  un  filo  d'acqua  che  evita  il  riscalda- 
mento del  legno  e  forma  nello  stesso  tempo  il  vei- 
colo che  trasporta  poi  il  legno  sminuzzato  negli 
apparecchi  detti  depuratori.  Questi  sono  composti 
da  truogoli  di  lamiera,  in  cui  si  movono  dei  pa- 
nieri funzionanti  da  staccio,  dei  cilindri  a  pareti 
forate  che  lasciano  passare  soltanto  le  fibre  di  una 
certa  finezza,  e  dei  rastrelli  che  schiumano  il  liquido 
e  ne  fanno  cadere  al  di  luori  le  parti  grosse  che 
vi  nuotano.  I  depuratori  sono  in  numero  variabile 
di  due  0  tre,  ed  hanno  uno  staccio  sempre  più 
sottile;  da  questi,  sempre  per  effetto  di  dislivello,  i 
prodotti  passano  al  raffinatore,  che  utilizza  e  per- 
feziona le  parti  non  sminuzzate  a  sufficienza  ed  è 
formato  da  una  piccola  mola  circolare,  mossa  da 
un  sistema  di  ingranaggi,  e  che  può  essere  serrata 
più  0  meno  contro  il  piatto  mobile  superiore;  da 
ultimo,  la  pasta  di  legno  passa  nei  classalori,  che, 
in  numero  di  tre,  servono  a  filtrare  e  dividere  le 
fibre  secondo  il  loro  grado  di  finezza  e  sono  com- 
posti di  tamburi  girevoli  a  staccio  meccanico  sem- 
pre più  fitto.  A  tal  punto  la  pasta  di  legno  è  ri- 
dotta abbastanza  fina  da  potersi  adoperare  per  la 
fabbricazione  della  carta:  ma,  se  dovesse  conser- 
varsi per  qualche  tempo,  la  si  comprime  e  la  si 
imballa  in  grandi  casse  di  legno. 

Incollatura  —  Colorazione. 

Incollatura.  —  La  carta  da  adoperarsi  per  iscri- 
vere deve  essere  incollata,  perche  non  assorba  l'in- 
chiostro fresco  e  lo  sparpagli  fra  le  sue  fibre.  La 
colla  alla  carta  di  fabbricazione  a  mano  si  dà,  dopo 
averla  ridotta  in  fogli,  immergendo  questi  in  una 
soluzione  tepida  di  gelatina,  o  colla  animale,  del 
contenuto  di  circa  quaranta  grammi  per  litro,  con 
l'aggiunta  di  un  po'  di  allume  (dieci  kg.  di  colla 
pura  e  due  a  tre  kg.  di  allume)  e  facendo  poi 
seccare  all'aria  aperta.  La  carta  fabbricala  a  mac- 
china invece  si  incolla  in  pasta;  si  mescola  cioè 
alla  pasta  la  colla  fatta   con   un   sapone   resinoso 


CARTIERA 


445 


fecola  ed  allume  prima  di  passarla  alla  macchina 
che  la  trasforma  in  carta.  Le  formule  di  composi- 
zione della  colla  sono  variabili  secondo  le  qualità 
di  carta  da  produrre,  la  qualità  dei  cenci  che  si 
impiegano  e  specialmente  secondo  le  diverse  fab- 
briche, e  in  molte  di  queste  la  fabbricazione  della 
colla,  operazione   importante,  è  tenuta   segreta.  Si 

E  Faticano  metodi  di  incollatura  con  la  gomma  lacca 
ianca  e  il  borato  di  soda;  e  ora  è  divenuto  quasi 
generale  l'impiego  di  sostanze  minerali  in  polvere 
minuta,  quali  il  caolino,  il  gesso,  lo  spato  artifi- 
ciale (bianco  fisso),  per  accrescerne  la  bianchezza, 
l'opacità,  la  levigatura  e  il  peso  specìfico.  Queste 
sostanze  però  presentano  alcuni  inconvenienti,  quando 
adoperate  in  troppo  forti  proporzioni,  rendendo  la 
carta  assorbente  per  l'inchiostro,  malgrado  l'incol- 
latura. Una  mediocre  qualità  di  carta  non  deve 
dare,  bruciando,  un  prodotto  di  incenerazione  su- 
periore all'uno  per  cento  di  materie  terrose. 

Colorazione.  —  Alla  pasta  di  carta,  ove  occorra, 
si  aggiunge  il  colore  nella  pila,  dopo  la  colla,  al- 
l'uopo adoperando  moltissime  materie  vegetali  e 
minerali;  tra  esse,  più  usate  il  caolino,  l'azzurro  di 
Prussia,  la  cocciniglia,  il  legno  di  Fernambuco  e 
di  campece,  i  bicromati  metallici,  le  ocre,  il  cal- 
cotar^  ecc.  Per  il  rosso  e  per  il  rosa  si  adoperano 
la  cocciniglia,  il  cartamo  e  i  legni  di  Santa  Marta 
e  di  Fernambuco;  pei  gialli,  le  ocre  naturali,  più 
0  meno  bruciate  ;  il  giallo  citrino  o  il  giallo  d'oro 
si  ottengono  col  cromato  di  piombo;  per  gli  az- 
zurri si  usa  la  polvere  fine  di  cobalto,  la  deco- 
zione del  legno  d'India  e  l'azzurro  di  Prussia.  Gli 
altri  colori  si  compongono  mescolando,  in  dose 
varia,  i  precedenti.  Pei  verdi  si  mescolano  in  varia 
proporzione  l'azzurro  di  Prussia  ed  il  cromato 
giallo  di  piombo:  pei  violetti  sono  molto  usate  le 
decozioni  di  legno  di  campece,  che  si  precipitano 
coll'all urne;  per  gli  arancioni  si  usa  il  calcolar  (se- 
squiossido  di  ferro),  che  può  dare  tutte  le  grada- 
zioni fino  al  rosso.  In  generale,  il  cobalto  e  l'oltre- 
mare sono  riserbati  alle  carte  molto  fini,  impie- 
gando gli  altri  colori  per  le  paste  di  carta  ordinaria. 

Fabbricazione  della  carta  a  mano  e  a  macchina. 

A  MANO.  —  Questo  sistema,  detto  anche  a  vagello 
e,  anticamente,  usato  in  tutte  le  fabbriche,  è  ora 
molto  limitato  e  serve  quasi  esclusivamente  per 
fabbricare  carta  speciale  di  lusso,  carta  bollata, 
carta  per  rifornimento  di  qualche  amministrazione. 
Ecco  come  si  procede:  ottenuta  la  pasta  e  ben 
purificata,  la  si  versa  in  un  vagello,  si  allunga  con 
acqua  (sempre  tiepida  e  agitata);  un  operaio,  il 
prenditore,  immerge  nel  vagello  una  forma  a  staccio 
metallico,  e,  raccolta  su  essa  una  certa  quantità  di 
pasta,  ne  la  rilira,  rapidamente  agitandola  per  farne 
cadere  l'acqua  attraverso  la  rete  ed  eguagliare  la 
pasta  su  tutta  la  superficie.  Poi,  passa  la  forma  ad 
altro  operaio,  al  ponitore,  il  quale  ribalta  destra- 
mente il  foglio,  cosi  formato,  sopra  un  feltro  e  di- 
spone poi  alternativamente  i  fogli  ed  i  feltri"  fino  a 
formarne  una  pila  di  un  paio  di  centinaia;  indi 
queste  pile  passano  alla  pressa  a  vite  o  idraulica, 
che  le  stringe,  ne  spreme  l'acqua  e  uguaglia  i  fogli 
sempre  meglio:  questi,  quando  sono  abbastanza 
secchi  e  resistesti,  si  immergono  nel  bagno  di  colla 
speciale  e  si  fanno  asciugare  stendendoli  su  corde, 
a  piccoli  pacchi  di  quattro  o  cinque.  Dopo  asciu- 
gata, la  carta  si  mette  di  nuovo  alla  pressa.  Anche 


nella  fabbricazione  della  carta  a  mano  le  pile  per 
la  produzione  della  pasta  (cosi,  altri  accessori)  sono 
mosse  meccanicamente:  quello  però  che  caratterizza 
la  fabbricazione  a  macchina  si  è  l'impiego  (Ipì  mec- 
canismi complicati  che  trasformano  automaticamente 
la  pasta  in  carta,  la  asciugano,  la  rigano,  la  cilin 
drano,  la  tagliano,  eliminando  l'azione  diretta  del- 
l'operaio, e  la  porgono  finalmente  in  rotoli  di  in- 
definita lunghezza. 

A  MACCHINA.  —  Nelle  grandi  cartiere  sono  molte 
le  macchine  che  si  fanno  lavorare,  e  tra  esse  una 
delle  principali  è  quella  detta  a  preparazione  con- 
tinua e  della  quale  le  successive  operazioni  pos- 
sono essere  cosi  classificate:  distribuzione  e  difuci- 
damento  della  pasta  ;  depurazione  ;  trasformazione 
della  pasta  in  carta;  eliminazione  delT acqua  con 
successive  compressioni;  essiccazione;  Isiinlura  del 
fogli;  avvolgimento  della  càrtA,  tagliatu  a  longitudi- 
nale, calandratura  e  tagliatura  trasversile.  Alle  due 
prime  operazioni  servono  diversi  nieccaiiismi:  dopo 
ottenuta  la  pasta  diluita  già  incollata  e  purificata, 
comincia  il  lavoro  davvero  importante  delle  mac- 
chine speciali.  Un  telaio  orizzontale  di  ghisa,  guer- 
nito,  nel  senso  della  sua  larghezza,  di  parec  chi  ci- 
lindri di  ottone  torniti  e  vicinissimi  fra  loro,  su 
cui  si  stende  una  l'ete  metallica,  riceve  dal  depu- 
ratore la  pasta  di  carta  diluita  che  scende  da  una 
larga  apertura  munita  di  regolatore.  Messi  in  moto 
i  cilindri,  il  graticcio  avanza  lentamente,  ricevendo, 
per  mezzo  di  un  eccentrico,  delle  scosse  leggiere 
che  fanno  uguagliare  la  pasta  su  tutta  la  super- 
ficie, mentre  l'acqua  scorre  e  si  raccoglie  in  un  re- 
cipiente sottoposto:  per  la  pasta  grossa,  in  cui  lo 
strato  assai  forte  della  pasta  rende  difficile  lo  scolo 
naturale  dell'acqua  traverso  il  graticcio,  si  usano 
delle  trombe  aspiranti,  mosse  dal  motore  stesso 
della  macchina,  che  tanno  un  vuoto  imperfetto 
sotto  il  graticcio.  Quando  la  pasta  si  è  distesa  ed 
è  giunta  all'estremità  opposta  del  telaio,  un  gran 
cilindro  ricoperto  di  feltro  la  leva  via  per  forza 
di  attrito  e  la  conduce  sotto  una  serie  di  altri  ci- 
lindri feltrati,  che  la  premono,  la  eguagliano  e  le 
danno  l'aspetto  di  un  foglio.  Il  foglio  continuo  in 
seguito  è  stretto  attorno  a  rulli  pieni  di  vapore 
che  l'asciugano,  e  da  ultimo  si  avvolge  sopra  un 
cilindro  che  fa  l'ufficio  di  subbio.  -  Macchine  spe- 
ciali servono  a  lucidare  la  carta,  comprimendola 
fortemente  fra  cilindri  di  speciali  sostanze,  altre 
servono  a  calandrarla,  altre  ancora  servono  a  ri- 
garla, se  ne  è  il  caso,  ecc.  11  foglio  di  lunghezza 
indefinita  vien  tagliato  secondo  la  sua  lunghezza 
0  meglio  ritagliato  dalla  macchina  delta  tagliatrice 
e  poi,  secondo  l'uso  cui  è  destinato,  viene  o  im- 
paccato a  grandi  rotoli  (per  giornali,  per  carta  da 
parati,  ecc.),  oppure  tagliato  anche  nel  senso  della 
larghezza  in  parti  uguali  (carta  da  scrivere,  carta 
per  stampa  di  libri,  ecc.).  -  Le  tagliatrici,  che  sono 
numerose  nelle  cartiere  secondo  le  varie  misure  di 
carta  prodotta,  sono  mosse  a  mano  o  a  trasmissione 
meccanica,  e  consistono  essenzialmente  in  una  lama 
più  0  meno  lunga  sollecitata  a  discendere  obli- 
quamente traverso  un  gran  numero  di  togli  accu- 
mulati, ben  assettati  e  tenuti  fermi  da  una  pressa 
a  vite,  che  fa  parte  della  macchina  stessa. 

Altre  operazioni. 

Abbinatura,  operazione  che  consiste  nel  togliere 
gli  scarti,  cioè  i  fogli  rotti  o  guasti,  e  col  pareg- 
giare i  buoni,   che   sono  mandati   al  maglio:  ora. 


446 


CARTIERA 


cernita.  -  Acquidernatura,  l'acquidernare,  ossia  pie- 
gare i  togli  della  carta  e  farne  quaderni  (veggasi  a 
carta),  mettendo  uno  dentro  l'altro,  cinque  o  sei, 
or  più  or  meno,  secondo  le  diverse  qualità  della 
carta.  -  Albuminatura,  operazione  deìValbuminare, 
ossia  di  dare  l'appretto  e  gommare  la  carta  con 
l'albumina.  -  Apprettatura,  appretto,  operazione  che 
si  fa  per  dare  alla  carta  maggior  lucido.  -  Azzur- 
raggio, leggier  tono  azzurrognolo  che  si  dà  alla 
carta  grezza,  che  ha  solo  il  colore  della  primitiva 

Fasta  servita  per  la  sua  fabbricazione.  Si  dà  con 
azzurro  di  cobalto,  l'oltremare,  l'azzurro  di  Prus- 
sia, ecc. 

Bagnatura,  operazione  fatta  allo  scopo  di  comu- 
nicare alla  carta  un  certo  grado  di  pastosità,  il 
quale  facilita  molto  l'impiego  di  essa.  La  carta  si 
bagna  con  grossa  e  morbida  spugna.  -  Cernita,  di- 
visione e  classificazione  degli  stracci  rispetto  alle 
qualità  e  colore.  •  Cilindratura,  l'operazione  del 
cilindrare,  cioè  del  far  passare  un  cilindro  di  me- 
tallo sopra  la  carta,  perchè  prenda  il  lucido.  -  Do- 
satura delle  ceneri,  saggio  per  conoscere  se  vi  siano 
nell'impasto   sostanze  minerali  pesanti. 

Imbrachettatura,  operazione  dell'impastare  una 
strisciolina  di  carta  su  un  foglio  lacero  per  forti- 
ficarlo, 0  aggiungere  una  striscia  di  carta  dietro  a 
stampe  o  altri  fogli  per  incollarli,  aggiungerli  al- 
l'insieme. 

Marcitura,  quel  certo  grado  di  fermentazione  che 
provano  i  cenci,  ammontati  umidi  nel  marcitoio,  la 
quale  fermentazione  li  dispone  a  disfarsi  in  minute 
parti  e  stemperarsi  nell'acqua.  -  Raffilatura,  pa- 
reggiatura delle  carte  degli  stampati  ottenuta  me- 
diante la  cesoia  meccanica  o  con  le  forbici  a  mano. 

-  Rigatura,  il  rigare,  il  far  le  righe  alla  carta.  - 
Rigatura  all'acquarello,  quella  leggiera  che  si  usa 
per  la  carta   da  scrivere. 

Screziatura,  operazione  di  macchiare  con  più  co- 
lori ad  imitazione  del  diaspro  o  del  granito:  ne 
usano  i  legatori  di  libri,  i  pittori  di  decorazioni,  i 
fabbricanti  di  carte  colorate.  -  Scrollatura,  l'azione 
di  rivoltare  i  cenci  nel  marcitoio,  quando  comin- 
ciano a  riscaldarsi  di  troppo.  -  Stracciatura  dei 
cenci,  lo  squarciarli,  anzi  tagliarli  che  si  fa  nelle 
cartiere,  per  levarne  gli  orli  e  ogni  altro  grossume, 
e  nel  medesimo  tempo  segnarne  le  diverse  qualità. 

-  ìagliatura,  operazione  che  subiscono  gli  stracci, 
a  mano  per  mezzo  di  falci,  o  a  macchina. 

Apparecchi,  macchine,  recipienti. 

Apritore,  o  battitore,  apparecchio  formato  di  un 
cassone  di  legno  con  tamburo  a  ruota,  munito  di 
punte  che  s'incontrano  con  contropunte  interne: 
gli  stracci  vengono  sbattuti  fra  queste  e  si  spo- 
gliano della  polvere.  -  Bilanciere,  macchina  usata  a 
stampare  a  colpo  qualsiasi  impronta  nel  metallo, 
nel  legno,  nella  carta,  ecc.  -  Buratto,  tamburo 
di  tela  metallica  ove  vengono  riposti  gli  stracci 
dopo  la  tagliatura;  il  suo  moto  rotatorio  ne  pro- 
cura uno  sbattimento  da  separare  tutte  le  im- 
purità e  la  polvere  aspirata  da  apposito  ventilatore. 

-  Calandra,  macchina  a  più  cilindri  di  carta  e  di 
ghisa,  per  satinare  e  dare   il   lucido   alla   carta.  - 

-  Caldaia,  ampio  vaso  di  rame,  murato  a  modo  di 
fornello,  con  fuoco  di  sotto,  per  istruggervi  nell'ac- 
qua i  lambel  lucci,  ossia  i  ritagli  di  carniccio,  e 
ridurli  in  colla.  -  Carrello,  apparecchio  bordatore 
munito  di  guide  di  gomma  inarcianti  sulla  lun- 
ghezza della  tavola  di  fabbricazione,  le  quali  fanno 


da  argine  all'espandersi  della  pasta  e  segnano  la 
larghezza  del  foglio  della  carta. 

Gasdotto  (detto  anche  cascinotto),  grande  truogolo, 
0  vasca  di  muro  bene  intonacato,  in  cui  i  cenci  o  i 
vari  pesti  s'imbiancano  con  la  calcina,  o  col  cloruro 
di  calcio:  sostituito  dalle  pile  a  cilindro.-  Cassa  dt 
miscela,  cassa  in  legno,  con  piccolo  agitatore,  che  ri- 
ceve la  pasta  dei  regolatori  per  mezzo  di  un  tubo,  in 
cui  viene  a  mescolarsi  dell'acqua  di  diluizione.  -  Ci- 
lindratoio, apparecchio  per  la  cilindratura.  -  Cilindro 
sgocciolatore,  rullo  rivestito  di  fine  tela  di  ottone 
0  bronzo,  che,  per  mezzo  di  appositi  rilievi  cuciti 
0  saldati  sulla  tela,  imprime  alla  carta,  allo  stato 
umido,  i  disegni  e  le  linee  volute.  -  Colatoio,  stru- 
mento col  quale  si  fa  sgocciolare  la  pasta.  - 
Colino,  telaietto  di  legno  arretato  con  funicella,  so- 
pra il  quale  si  pone  il  colatoio. 

Depuratore,  apparecchio  di  forma  cilindrica,  con 
movimento  rotatorio  e  scuotente,  che  a  mezzo  delle 
sue  fessure  lascia  passare  le  fibrille  della  pasta, 
depositando  all'interno  del  suo  tondo  ogni  impurità. 
-  Dragonetto,  cassetta  che  serve  a  mandar  l'acqua 
nella  pila. 

Forma,  cassetta  quadrangolare,  lunga  e  larga 
quanto  il  foglio  di  carta  che  vi  si  vuol  fabbricare: 
specie  di  telaio,  internamente  rafforzato  dai  colon- 
nelli, che  sono  sottili  stecche,  parallele,  calettate 
per  coltello  contro  due  fianchi  opposti,  alte  circa  tre 
dita;  superiormente  coperto  di  fili  d'ottone,  sottili, 
paralleli,  vicinissimi  detti  vergelle:  queste  per  mag- 
gior fortezza,  sono  attraversate  a  squadra  da  alcuni 
maggiori  fili,  chiamati  filoni,  paralleli,  distanti  uno 
dall'altro  circa  due  dita.  Sulle  file  metalliche  delle 
torme,  siano  queste  della  carta  comune,  o  della 
velata,  è  intessuta  con  più  sottili  fili  d'ottone  la 
filigrana,  cioè  lettera,  o  altre  figure,  delle  quali 
l'impronta  rimane  nella  carta  come  segno  partico- 
lare del  fabbricante.  -  Lascio,  telaio  che  s'incastra 
agevole  nella  forma,  e  fa  sponda  ad  essa  affinchè 
contenga  il  liquido  pesto,  la  cui  parte  liquida  cola 
dagli  interstizi  delle  vergelle,  mentre  la  parte  soda 
è  ritenuta  sopra  di  esse,  disposta  in  falda  sottilis- 
sima, e  questa  è  il  foglio. 

Lava-stracci,  vasca  di  forma  ovale,  di  pietra  o 
cemento  o  ghisa,  con  tamburo  lavatore,  ove  ven- 
gono lavati  gli  stracci  dopo  la  lisci\iazione.  -  Li- 
scie, cilindri  di  ghisa  che  servono  a  dare  il  lucido 
alla  carte  mediante  la  loro  pressione.  -  Lisciviatore, 
caldaia  fissa  o  girante  ove  si  compie  la  liscivia- 
zione degli  stracci  a  mezzo  di  reagenti  appositi. 

Marcitoio,  specie  di  truogolo  o  vasca  di  mattoni, 
con  fondo  di  pietra;  in  esso  si  fa  la  maceratura 
dei  cenci.  -  Mescolatore,  pila  olandese  che  riceve  la 
pasta  dalle  raffinatrici  per  essere  trasmessa,  col 
mezzo  di  tubi,  ai  tini  della  macchina.  -  Molazze, 
due  pietre  cilindriche  fissate  a  un  unico  albero, 
con  vasca  in  ferro  e  basamento  di  granito,  ove 
vengono  triturati  i  ritagli  e  lo  scarto  della  carta, 
i  succedanei,  ecc. 

Pila,  ogni  gran  recipiente  in  cui  entra  l'acqua, 
sono  triturati  i  cenci,  e  ridotti  in  pasta  liquida  da 
farne  carta  ;  nella  sua  forma  più  semplice,  consta 
di  una  cassa  in  pietra  da  taglio  di  tre  metri  e  più 
di  lunghezza,  divisa  per  due  terzi  della  sua  lun- 
ghezza da  un  diaframma  in  due  canali  comuni- 
canti; nel  mezzo  di  uno  di  questi  gira  con  gran 
velocità  un  cilindro  armato  di  lamine  taglienti, 
mentre  sotto  di  esso  il  canale  si  restringe  ed  è  ar- 
mato di  lamine  uguali.  Si  riempie  la  pila  di  acqua 
e  di  cenci:  allora,  pel   movimento  del  cilindro,  si 


CARTIERA 


447 


forma  uua  corrente  continua  che  trascina  traverso 
lo  stretto  intervallo  i  cenci,  che  vengono  lacerati  e 
ridotti  in  minutissimi  pezzi.  -  Pila  a  cenci,  detta 
anche  prima  pila,  è  quella  che  serve  al  solo  uso 
di  pestare  i  cenci,  in  quelle  fabbriche  dove  ancora 
non  sono  introdotte  le  pile  a  cilindro,  -  Pila  a  ci- 
lindro, delta  anche  brevemente  cilindro,  o  sfilaccia- 
trtee:  è  una  grande  pila  ovale,  di  legno,  di  pietra, 
o  anche  di  ferro,  dentro  la  quale  da  un  motore 
qualunque  è  fatto  girare  sul  proprio  asse,  orizzon- 
talmente, un  grosso  cilindro  di  ferro  profondamente 
scanalato,  con  cui  fortemente  si  squassano  nell'ac- 
qua i  cenci  marciti,  e  riduconsi  in  pasta  vieppiù 
assottigliata,  e  questa  anche  vi  s'imbianca,  quando 
cib  non  si  fa  separatamente  nel  casciotto.  -  Pila  a 
sfiorato,  quella  nella  quale  il  ripesto  della  seconda 


pila  viemeglio  si  stempera,  s'assottiglia  e  s'incor- 
pora, bene  squassato  da  mazzi  non  ferrati.  -  Pila 
a  ripesto,  o  seconda  pila,  quella  nella  quale  si  pone 
il  pesto  cavato  dalla  prima  pila.  -  Conserva  delle 
cartiere,  quella  specie  di  pila  con  doccia  che  porta 
l'acqua  alle  cannelle. 

Platina,  apparecchio  con  lame  fisse  di  acciaio, 
posto  sul  fondo  delle  pile  olandesi,  nel  quale,  a 
mezzo  di  un  sistema  a  leva,  le  lame  s'incontrano  con 
quelle  del  cilindro  superiore,  compiendo  col  loro 
girare  la  sfilacciatura  dei  cenci  e  la  raffinazione 
della  pasta.  -  Pompa,  apparecchio  aspirante,  con 
cassa  in  legno,  posto  sotto  la  tela  metallica  vicina 
alle  presse,  perchè  aspiri  la  parte  di  acqua  ancora 
contenuta  nella  pasta. 

Pressa,  macchina  per    comprimere:    cilindro    di 


Tav.  XIX. 


MACCmNE   E   ATTREZZI   (IN   PARTE)    d'uNA    CARTIERA 


1,  macchina  per  incollare  e  tagliare,  con  condotta  automatica  della  colla;  2,  carrello  per  servizio  dei  raf- 
finatori; 3,  carrello  per  trasporto  di  carta  in  rotoli;  4.  trituratore  per  la  disgregazione  e  impasto  delle  car- 
tacce cellulose  e  paste  di  legno;  5,  tagliacarte  e  cartoni  a  taglio  .-bliquo  ed  a  pressione  automatica;  6,  taglia 
carte  longitudinale  e  trasversale  per  cartiere;  7,  pila  olandese;  8,  rafflnatrice  da  tre  lati  con  movimento  a 
mano  ed  a  mutore;  9,  nuova  avvolgitrice  perfezionata  con  e  senza  apparecchio  per  la  sbavatura;  10,  filtro; 
11,  cesoia  circolare  per  cartoni,  con  movimento  a  pedale  ed  a  motore  ;  12,  tagliacarte  per  campioni. 


ghisa  0  d'ottone,  su  cui  scorre  un  feltro;  la  carta, 
passandovi  frammezzo,  riceve  una  pressatura  tale 
da  perdere  la  parte  di  umidità  che  contiene.  - 
Presse  della  tela  metallica,  cilindri  in  ghisa  sovra- 
stanti uno  all'altro,  rivestiti  entrambi  di  grosso 
feltro  manchon,  e  muniti  di  leve  per  la  pressione. 
Il  cilindro  inferiore  avvolge  la  tela  metallica,  e  la 
carta  passa  frammezzo  ai  cilindri,  ricevendo  una 
forte  pressatura,  in  modo  di  liberarsi  dell'acqua  che 
le  pompe  non  poterono  assorbire. 

Èaccogli-pasta,  cilindro  a  tamburo  rivestito  di 
tela  metallica,  il  quale  ruota,  in  parte  sommerso,  in 
una  cassa  in  cui  soiie  versate  le  acque  di  scolo.  Le 


fibre  sono  trattenute  dalla  tela,  mentre  l'acqua  at- 
traverso il  tamburo  si  scarica  lateralmente.  -  Raf- 
piatrice,  pila  olandese  in  pietra  o  ghisa,  munita  di 
un  cilindro  a  lame  di  acciaio  fisse  con  platina  sot- 
tostante, ove  si  compie  la  raffinazione  delle  diverse 
qualità  di  materie  per  la  fabbricazione  della  carta. 
-  Regolatore,  apparecchio  annesso  ai  tini  per  rego- 
lare la  quantità  di  pasta  a  seconda  del  bisogno  e 
della  velocità  della  macchina  continua  da  carta.  - 
Rotolatrice,  macchina  che  serve  per  abbobinare  la 
carta  in  grossi  rotoli  a  foglio  continuo.  -  Rulli  di 
guida,  rulli  che,  a  mezzo  di  viti  a  volantino  ma- 
novrabili a  mano,  guidano  e  correggono  gli  sposta- 


448 


CARTIERA 


menti  della  tela  sulla  macchina  e  i  feltri.  - 
Sablier,  canale  in  legno  annesso  alla  cassa  di  mi- 
scela, a  mclinazione,  con  traversi  a  scanellature,  in 
cui  la  parte  soprapassante  abbandona  sul  fondo  le 
impurità  pesanti.  -  Seccatori,  cilindri  scaldati  a  va- 
pore per  mezzo  di  tubi,  coperti  di  feltri  a  grosso 
spessore,  ove  la  carta  passa  frammezzo  e  ne  ri- 
ceve l'asciugamento.  -  Secchia,  vasca  di  pietra  in  cui 
è  la  colla  strutta  nell'acqua,  tepida  d'estate,  calda 
nell'inverno;  riceve,  ben  condizionato,  il  pesto 
uscente  da  sé,  o  cavato,  col  tozzo,  dalle  pile.  Il 
pesto  nelle  secchie  è  rimescolato  col  ritravio.  - 
Sjilaccialrici,  o  pile  olandesi,  vasche  di  forma  ovale, 
in  pietra  o  l'  isa,  munite  di  tamburo  lavatore,  ci- 
lindro con  lame  fìsse  che  si  combaciano  con  altre 
della  platina  posta  sul  fondo,  ove  gli  stracci  passano 
per  il  movimento  rotatorio  e  vengono  sfilacciati. 

Soppressa,  strettoio  ordinario  con  cui  si  stringe 
la  pasta,  per  rasciugarne  e  soppressarne  i  fogli,  - 
Bancacciuolo,  asse  che  scorre  orizzontale  in  alto  e 
in  basso  fra  i  cosciali,  tratto  e  spinto  dalla  gril- 
landa  a  cui  è  imperniato,  nel  mezzo.  -  Banco,  forte 
tavolino  posto  in  piano  sul-  suolo:  serve  di  base  a 
tutta  la  soppressa.  Sul  banco  vien  collocata  la  po- 
nitora.  -  Catello,  pernio  della  stanga,,  bastone  cilin- 
drico di  legno,  il  quale  tiene  imperniate  tutte  in 
una  volta  le  stanghe  che  sono  in  una  stessa  chiave. 
-  Cosciali,  due  robusti  panconi,  i  quali,  piantati 
verticalmente  nelle  due  estremità  del  banco,  for- 
mano i  fianchi  della  soppressa,  e  in  alto  sono  in- 
telaiati con  la  madrevite,  e  prendono  in  mezzo  il 
bancacciuolo  e  la  grillanda.  -  Grillanda,  parte  della 
soppressa  formata  di  due  grossi  dischi  di  legno 
orizzontali,  tenuti  connessi  e  paralleli  da  frapposti 
pinoli.  ■  Madrevite,  grosso  tappo  di  legno,  fermato 
in  alto  orizzontalmente  fra  i  cosciali,  con  un  foro 
nel  mezzo,  scavato  internamente  a  chiocciola  per 
ricevere  la  vite.  -  Pmo^',  aste  di  ferro,  lunghe  poco 
più  di  un  decimetro,  piantate  fra  disco  e  disco, 
verso  la  circonferenza  della  grillanda,  alla  distanza 
di  un  decimetro  circa  una  dall'altra.  -  Stanga, 
lunga  asta  di  legno  sodo,  uno  dei  capi  della  quale  si 
introduce  nella  grillanda  e  l'altro  tirasi  orizzontal- 
mente, per  forza  d'argano  o  di  verricello.  •  Vile 
della  soppressa,  grosso  cilindro  di  legno  di  pero,  di 
melo,  0  di  al  Irò  simile,  la  cui  parte  inferiore,  ri- 
<[uadrata,  attraversa  la  grillanda  nel  centro;  nel  ri- 
manente è  incavata  a  spire,  e  ricevuta  entro  la 
madrevite. 

Tagliastracci,  macchina  a  coltelli  circolari  nella 
quale  i  cenci,  dopo  subila  una  grossolana  tagliatura  a 
mano,  vengono  ridotti  in  piccoli  pezzi.  -  Tayliatrice, 
macchina  a  sistemi  diversi  per  tagliare  la  carta  in 
senso  traversale  e  longitudinale. 

Tini,  vasche  di  graiide  capacità,  munite  di  agi- 
tatori a  ruota,  con  tazze  di  rame,  le  quali,  col  girare 
di  questa,  alzano  e  vuotano  la  pasta  in  apposito 
canale,  che  fa  strada  verso  la  macchina  continua.  • 
Viryolo,  legno  curvo,  fermato  sull'orlo  del  tino,  e 
su  cui  il  lavorante,  dopo  fatto  il  foglio,  posa  un 
istante  la  forma  e,  levatone  il  cascio,  lo  spinge  al 
ponitore,  facendolo  scorrere  sulla  tavola.  -  Torchio, 
specie  di  morsetto  a  vite  di  legno,  in  cui  si  strin- 
gono i  mazzi  delle  carte  per  poterle  spianare  al- 
l'uscire dalla  stufa.  -  Trituratore,  macchina  per  la 
disgregazione  e  l'impasto  di  cartaccie,  cellulose 
e  paste  di  legno.  -  Umettatore,  apparecchio  che 
serve  a  dare  un  certo  grado  di  umidità  alla  carta 
prima  di  passare  al  satinagggio. 


Arnesi  accessorì  —  Termini  varL. 

Aspetto,  gruccia  di  legno,  a  lungo  manico,  sulla 
quale  la  spandente  pone,  ripiegate  per  metà,  le  cop- 
pie, e  le  mette  accavalcate  sulle  corde,  perché  si 
rasciughino,  e  rasciugate  le  raccoglie  con  l'aspetto 
medesimo,  e  ne  fa  prese  o  stive.  -  Bilancia  a  spo- 
stamento del  Reimann,  strumento  pratico  per  la  do- 
satura delle  ceneri:  il  peso  della  carta  va  di  pari 
passo  con  le  sostanze  minerali  aggiuntevi.  -  Bu- 
rattino, legnetto  dentato,  fermato  all'estremità  del 
virgolo 

Chiave,  pezzo  di  trave  verticalmente  piantato  in 
terra,  con  in  cima  uno  o  più  fessi,  a  modo  di  fe- 
ritoie, da  tenervi  imperniata  l'estremità  posteriore 
di  tuUe  le  stanghe  di  una  pila  mediante  un  unico 
catello.  -  Coltelli  circolari,  dischi  ad  orlo  tagliente 
di  acciaio,  che  servono  per  tagliare  le  estremità  del 
foglio  della  carta  in  senso  longitudinale.  -  Falce, 
specie  di  coltello  fisso  in  una  panchina,  con  cui  si 
stracciano  i  cenci  per  far  la  carta.  -  Feltri,  tessuti 
di  lana  a  varie  misure,  dimensioni  e  spessore,  che 
servono  per  l'assorbimento  dell'acqua  contenuta 
nella  carta  all'uscire  dalla  tela  metallica,  come  per 
l'asciugamento  a  vapore. 

Maglio,  pesante  martelto  di  ferro,  a  bocca  piana, 
mosso  dall'acqua  e  sotto  il  quale  si  battono  e  si 
lustrano  i  quaderni  della  carta.  Stanga  del  ma- 
glio, grossa  fascia  di  ferro,  accerchiata  alla  sua 
estremità  dalla  boga.  Da  essa  stanga  sporgono  la- 
teralmente due  grossi  perni,  che,  per  una  certa  ras- 
somiglianza, son  chiamati  poppi,  e  questi  posano  e 
girano  sugli  alberghetti  o  guancialetti  di  ferro. 

Mazzo,  tappo  quadrangolare  di  legno,  con  punte 
di  ferro  nella  base,  il  quale,  a  modo  di  pestello, 
raccomandato  alla  stanga,  pesta  i  cenci  contro  alla 
piastra  della  pila.  -  Cavalieri,  i  ritti  che  tengono 
in  guida  le  stanghe  dei  mazzi.  -  Fusèllo,  cilindro 
di  legno  che  serve  a  far  muovere  le  stanghe  dei 
mazzi.  -  Punte  del  mazzo,  specie  di  grossi  chiodi 
conficcati  nella  base  del  mazzo,  e  con  capocchia  a 
foggia  di  piramide  tronca.  -  Stanga,  lungo  legno 
quadrangolare,  quasi  orizzontale,  di  cui  la  parte 
anteriore  attraversa  la  testa  del  mazzo  e  la  parte 
opposta  si  prolunga-  indietro,  e  va  ad  imperniarsi 
nella  chiave.  Mezza  stanga,  specie  di  bietta  o 
conio  molto  lungo,  destinata  a  stringere  la  stanga 
nel  mazzo,  e  prolungasi  un  buon  tratto  sulla  me- 
desima, per  maggiore  saldezza.  Gallonzola,  pezzo 
di  legno,  con  una  lunga  intaccatura  nella  quale, 
come  in  un  morsetto  senza  vite,  sono  strette  insieme 
la  stanga  e  la  mezza  stanga.  -  Staffa,  grossa  piastra 
di  ferro,  triangolare,  di  cui  è  guernita  l'estremità 
anteriore  della  stanga,  sporgente  alquanto  oltre  il 
mazzo. 

Menatoio,  arnese  di  legno  di  varie  foggie,  a  nso 
di  agitare  il  pesto  nel  tino,  per  impedirne  il  sedi- 
mento: è  formato  di  due  piccole  e  lunghe  aste 
Earallele,  pendenti  verticalmente  da  una  gruccia 
ilicata  in  allo,  e  che  si  va  di  tempo  in  tempo  dondo- 
lando allo  scopo  che  il  pesto  non  faccia  sedimento. 
-  Pannello,  detto  anche  feltro,  pezzuola  di  panno- 
lano,  sulla  quale  si  mette  il  foglio  di  carta  a  misura 
che  si  cava  dalla  forma.  -  Ponitora,  grossa  asse 
quadrangolare,  piana  di  sotto,  alquanto  convessa  di 
sopra,  con  due  maniglie  ai  due  capi,  per  comodità 
di  trasporto.  -  Predola,  asse  alquanto  inclinata,  sulla 
quale  il  levatore  pone,  gli  uni  sopra  gli  altri,  i  fogli 
soppressati  della  carta,  toltine  i  feltri,  e  quei  fogli 
poi  sono  portati  nello  spanditoio. 


CARTILAGINE    —   CARTONE 


449 


Randa,  secondo  il  Carena,  arnese  per  tener  in  piombo 
le  rozze  nel  cacciarle  nel  mezzo.  -  Regoli,  lame  di 
ottone  0  di  bronzo,  verticali,  annesse  al  carrello 
bordalore,  rasentanti  la  tela  metallica,  die  possono 
sollevarsi  a  piacere  per  mezzo  di  viti,  e  lasciano 
passare  quella  quantità  di  pasta  che  occorre  per 
dare  lo  spessore  voluto  alla  carta.  -  Ritravio,  ar- 
nese composto  di  un  pezzo  d'assicella  nel  cui 
mezzo  è  perpendicolarmente  piantato  un  lungo 
manico.  -  Spera,  tela  metallica  per  la  fabbricazione 
della  carta  a  mano.  -  Staccio  di  fil  di  ferro,  per 
passare  la  pasta.  -  Straccio,  ferro  da  tagliare  i  cenci. 

Tavola,  asse  che  attraversa  quella  parte  del  tino 
che  è  fra  il  lavorante  e  il  ponitore.  -  Tavoletta, 
asse  sul  quale,  e  sopra  un  leltro  che  vi  si  distende, 
lo  spandenti  e  l'ammonitore  riportano  poco  per 
volta  nello  spanditoio  la  carta  incollala.  Le  tavo- 
lette son  portate  sul  cucuzzolo  del  capo,  difeso  da 
un  cercine,  cioè  da  un  panno  ravvoltalo  in  cerchio. 

Tela  metallica,  tessulo  regolare  a  fili  di  ottone  o 
di  bronzo,  equidistanti  fra  loro,  per  lo  sgocciola- 
mento dell'acqua:  è  la  parte  principale  della  mac- 
china, ove  le  fibre  si  sovrappongono,  si  feltrano, 
e  la  pasta  diventa  carta.  -  Teletta,  tela  di  crine 
che  copre  la  benzina,  o  piastra  di  bronzo,  e  im- 
pedisce che  il  pesto  vada  via.  -  lozzo,  tazza  o 
grosso  cucchiaio  emisferico  di  rame,  con  lungo 
manico  di  legno  :  si  adopera  a  votare  le  pile. 

Iramezzo,  tavolone  fermato  verticalmente  contro 
la  parte  posteriore  di  ciascuna  pila,  e  munito  di 
feritoie,  entro  le  quali  le  stanghe,  nel  loro  moto, 
sono  rattenute  sempre  in  direzione  verticale.  Ogni 
tramezzo  è  piantato  nel  suo  ceppicale.  -  Ceppicale, 
pezzo  di  pietra  lermato  a  fior  di  terra,  con  buca 
quadrangolare  nella  faccia  superiore,  dove  è  pian- 
tato il  tramezzo.  -  Nottolino,  spranghetta  di  ferro, 
la  quale,  imperniata  dall'un  dei  capi  a  un  tramezzo, 
può  dall'altro  capo  fermarsi  a  un  gancio,  o  dente, 
attraversando  una  o  più  feritoie,  e  così  sostenere 
rialzata  una  o  più  stanghe,  e  i  corrispondenti 
mazzi,  di  cui  occorra  far  cessare  il  movimento. 

Trincarello,  specie  di  telaietto  su  cui  è  tesa  una 
tela  di  fil  d'ottone  coperta  anche  di  un  pannolino. 
Pel  trincarello  passa  colata  e  chiara  l'acqua  che 
continuamente  entra  nella  pila  a  cenci,  mentre 
l'acqua  sucida  esce  liberamente  da  altra  parte  della 
pila  medesima. 

Varie.  —  Copia,  o  coppia,  unione  di  quattro, 
cinque,  sei,  sette,  otto,  fogli  che  si  pongono  l'un 
sopra  l'altro  per  farli  asciugare,  allo  spanditoio. 

Posta,  tanti  fogli  e  feltri,  alternatamente  ammon- 
tati sulla  ponitora,  quanti  ne  debbono  andare  in 
una  volta  sotto  la  soppressa.  -  Posta,  nome  con  cui 
s'intende  il  numero  di  250  fogli  di  carta.  La  gran 
posta  è  di  500  fogli.  -  Presa,  l'unione  di  tre  o 
quattro  coppie.  -  Stiva,  un  certo  numero  di  prese 
ammontate  le  une  sulle  altre. 

Sputata,  quello  spandimento  del  liquido  pesto, 
che  si  fa  intorno  intorno  dalle  sponde  del  cascio, 
nel  rialzare  che  fa  il  prenditore  la  forma  che  egli 
vi  tulTa  ad  ogni  foglio  che  va  facendo.  -  Zazzere, 
quelle  disuguaglianze  che  si  trovano  nell'estremità 
di  un  foglio  di  carta. 

Cartaio,  fabbricante  di  carta.  -  Cenciaio,  mercante 
che  rivende  in  grande  alle  cartiere  i  cenci  che  egli 
va  comperando  alla  spicciolata  dai  cenciaiuoli.  - 
Cenciaiuolo,  colui  che  per  le  vie  e  nelle  case  va 
raccogliendo  o  comperando  cenci,  cioè  pannilini  o 


canapini,  logori  e  stracciati,  non  più  buoni  ad  altro 
che  a  farne  carta. 

Cartilagine  {cartilaginoso).  Sostanza  solida, 
tessuto  del  corpo  animale:  veggasi  a  pag.  84,  prima 
colonna.  -  Pericondrio,  strato  di  tessuto  connettivo 
vascolare,  analogo  al  periostio,  che  involge  le  car- 
tilagini non  articolari.-  Cartilaginoso,  di  cartilagine, 
che  ha  natura  di  cartilagine:  cartilagineo. 

Cartina.  Involtino  di  carta  che  si  ta  in  far- 
niacia.  -  Pezzo  a  solo  di  musica  da  chiesa. 

Cartoccétto.  Strisciolina  di  carta  su  cui  si 
avvolgono  i  capelli,  per  arricciarli:  diavoletto, 
gra.-.chiolino,  rotoletto,  tuiazzolo.  -  Detto  anche  per 
cartuccia. 

Cartocciata.  Detto  a  cartoccio. 

Cartoccio.  Foglio  di  carta,  ravvolto,  per  lo 
più,  a  forma  di  cono,  per  mettervi  qualche  cosa 
dentro:  scartoccio.  -  Cartoccétto,  cartoccino,  piccolo 
cartoccio.  -  Carloccione,  grosso  cartoccio.  ■  Cartoc- 
ciata, quanto  sta  in  un  cartoccio.  -  Fogliata,  una 
certa  quantità  di  cose  contenute  nel  cartoccio.  - 
Arrocchiare,  avvolgere  a  guisa  di  cartoccio.  - 
Incartocciare  (incartocciamenlo,  incartocciato),  met- 
tere in  un  cartoccio,  far  cartocci. 

Cartoccio.  Carica  di  un  pezzo  di  artiglieria 
0  di  altra  arme  da  fuoco  :  più  comunem.,  car- 
tuccia. 

Cartografia,  cartografo.  Veggàsi  a  geo- 
grafia. 

Cartolaio  {cartaio,  cartolaro).  Chi  vende  carta 
e,  di  solito,  quant'altro  occorre  a  chi  voglia  scri- 
vere: quindi  \3ì penna,  la  matita,  l'inchiostro, 
il  calamaio,  la  polvere  da  asciugare,  ecc.  Vende 
anche,  per  lo  più,  quanto  serve  ai  bisogni  d'uno 
scolaro,  come  qualche  libro,  la  cartella,  il 
quaderno,  la  riga,  il  compasso  pel  disegno, 
il  temperino;  il  raschietto,  la  gomma  e  altre 
materie  per  cancellare;  inoltre  la  ceralacca, 
V  ostia,  V  almanacco,  il  calendario,  il  bi- 
glietto da  visita,  questo  o  quel  registro  ad  uso 
d'nn' amministrazione,  gomitoli  di  spago,  sca- 
tole di  carta  da  lettere,  figurine,  giuochi,  copia- 
lettere, torchietti  per  copialettere,  fermacarte,  pa- 
ralumi, ecc.,  ecc.  -  Bene  spesso  il  cartolaio  fa  anche 
il  legatore  di  libri.  -  Cartoleria,  bottega  di  car- 
tolaio. 

Cartolare,  cartolaro.  Arnese  di  cartone, 
specie  di  cartella,  per  riporvi  fogli  da  scrivere.  - 
Nell'uso  scolastico  e  commerciale,  detto  per  qua- 
derno. 

Cartoleria.  La  bottega  del  cartolaio. 

Cartolina.  Foglietto  di  carta,  cartellina.  - 
Cartolina  postale,  cartolina-vaglia,  veggasi  a  JPosta. 

Cartomanzia.  Divinazione,  ciurmerla  latta  con 
le  carte  da  giuoco. 

Cartonaggio.  Lavoro  in  cartone. 

Cartoncino.  Detto  a  cartone. 

Cartone.  Composto,  come  la  carta,  di  cenci 
macerati  o  di  carta  straccia,  ridotta  in  foglio  assii 
grosso:  si  ha  o  direttamente  dalla  fabbricazione  o 
soprapponendo  e  incollando  fogli  di  carta  appena 
fatti  e  sottoponendoli  a  forte  compressione.  Per  altro, 
a  fabbricare  cartoni  si  usano  diverse  materie:  la 
pasta  di  legno  è  eccellente  e  usata  su  larga  scala 
pei  cartoni  da  legatoria  e  valigeria;  è  anche  buona 
la  pasta  di  carta  usata  e  di  cenci  di  infima  qualità, 
purché  mescolata  con  piccola  quantità  di  materia 
più  robusta  (canapa,  juta,  tela  da  imballaggio).  La 
massa  viene  spappolata  in  una  raffinatrice  e  poi 
colata  nei  tini   della   macchina;  il    cilindro    della 


Premou  —  Vocabolario  Nomenclatore 


39 


450 


CARTUCCIA 


pressa  è  di  legno,  e  su  di  esso  si  forma  e  si  av- 
volge il  foglio  umido,  finché  non  ha  raggiunto  lo 
spessore  voluto  :  l'asse  del  cilindro,  per  eff-ilto  dello 
spessore  crescente  del  loglio,  si  solleva  e  per  mezzo 
di  un  avvisatore  avverte  l'operaio  quando  il  foglio 
è  compiuto,  I  fogli  tagliati  automaticamente  si  asciu- 
gano al  sole  0  meglio  in  essiccatoi  artificiali,  e  per- 
dono più  del  sessanta  per  cento  del  loro  peso.  In 
Italia  la  fabbricazione  dei  cartoni  grossi  è  fatta 
quasi  esclusivamente  a  mano.  Vari  gli  usi:  serve 
a  legare  il  libro,  a  fare  la  cartella,  la  scatola 
e  un  gran  numero  di  piccoli  oggetti,  spesso  in  so- 
stituzione del  cuoio.  -  Cartonacelo,  peggior.  di 
cartone.  -  Cartonaggio,  i  molti  e  vari  lavori  che  si 
fanno  col  cartone. 

Bristol,  cartoncino  bianco  e  rasato  con  cui  si 
fanno  biglietti,  scritte  eleganti,  partecipazioni,  ecc. 
-  CarioncAno,  cartone  sottile  ed  elegante.  -  Carton- 
ano a  smalto,  quello  coperto  di  una  spalmatura 
liscia  e  bianca  che  imita  il  lustro  delle  invetriature, 
che  si  dà  sulle  maioliche.  -  Cartone  di  cuoio,  molto 
duro  e  resistente.  -  Cartone  incatramato,  cartone  al 
bitume.  -  Cartone  pietra,  composizione  di  grande 
sodezza,  che  si  fa  con  polvere  di  gesso,  o  di  sca- 
gliola, ovvero  con  amido,  intriso  d'olio  cotto  di 
lino,  mistavi  acqua  di  colla,  cera  gialla  e  colofonia, 
impastati  insieme,  il  tutto  gettalo  in  forme,  da  trarne 
cornici,  fregi  e  altri  simili  lavori.  -  Porcellana,  car 
toncino  levigato,  a  imitazione  della  porcellana. 

Cartolare  e  cartolare,  due  cartoni  in  forma  di 
una  coperta  di  libro,  ma  senza  costola,  per  tenerci 
carte  e  sim.  -  Pezzetta,  pezzo  di  panno  di  lana 
raddoppiata,  col  quale,  ben  bene  insaponato  che 
sia,  si  insapona  il  cartone. 

Cartuccia.  Carica  delle  armi  da  fuoco  rinchiusa 
in  bossolo  metallico:  cartoccetto,  cartoccio;  nell'uso, 
anche  tiro  (il  tal  cacciatore  era  provvisto  di  ses- 
santa tiri  per  fucile).  -  Cartuccia  da  salve,  quella 
di  cui  la  carica  è  composta  da  gr.  0,5  di  ritagli  di 
balistite;  la  pallottola  è  di  carta:  serve  per  fucili, 
moschetti  e  pistole.  -  Cartuccia  da  esercitazione, 
finta  munizione  pei  fucili  e  moschetti,  la  quale 
consta  di  un  bossolo  eguale  a  quello  delle  altre 
cartucce  e  d'una  pallottola  di  legno.  -  Cartuccia 
armata,  cartuccia  di  dinamite  a  cui  è  solidamente 
legata,  con  un  pezzo  di  spago,  la  parte  sporgente 
della  capsula.  -  Cartuccia  a  pallottola,  quella  con 
la  carica  costituita  da  balistite:  serve  per  fucili, 
moschetti  e  pistole:  la  pallottola  è  costituita  da  un 
nucleo  di  piombo  saldato  a  caldo  in  un  involucro 
di  ottone.  -  Cartuccia  a  mitraglia,  quella  di  cui  la 
carica  è  costituita  da  balistite  e  dalla  mitraglia  com- 
posta da  una  pallottolina  e  da  nove  segmenti  di 
piombo  trafilato:  serve  per  moschetti,  lucili  e  pi- 
stole. -  Cartuccie  innesco,  carfuccie  fatte  di  gelatina 
esplosiva,  le  quali  portano  unito  il  cilindretto  di 
fulmicotone  asciutto  e  paraffinato. 

Bósso/o,  cartuccia  da  fucili  a  retrocarica;  tubo  di 
ottone,  aperto  da  una  estremità  e  chiuso  dall'altra 
da  un  fondello  munito  di  un  orlo  sporgente  all'in- 
giro  e  di  un  incavo  detto  porta  capsula,  da  cui  è 
ricavata  una  sporgenza  che  funziona  come  incudi- 
netta  fissa,  e  nella  quale  è  praticato  un  foro  per 
dar  passaggio  alla  fiamma  del  fulminante.  -  Fondello, 
piccolo  pezzo  di  legno,  di  metallo  o  di  feltro  che 
chiude  la  carica  della  polvere  nel  sacchetto,  nella 
cartuccia,  nella  culatta.  -  Fulminante,  parte  della 
cartuccia  fornita  d'innescatura  detonante.  -  Paraf- 
fina, carburo  d'idrogeno  che  si  ottiene  fra  i  prodotti 


della  distillazione  del  catrame:  si  adopera  per  la 
conservazione  delle  cartuccie  di  gelatina. 

Cartucciera,  cartucciere,  tracolla  o  cintura  da 
cacciatori,  ecc.,  con  le  cartuccie  fisse  ai  piccoli 
scompartimenti.  Anche,  cassetta  di  latta,  nella  parte 
superiore  dello  zaino,  dove  il  soldato  rinchiude  i 
pacchi  di  cartuccie.  -  Giberna,  sorta  di  tasca  di 
pelle  di  vacchetta  annerita  che  si  sospende  al  cin- 
turino, 0  alla  bandoliera,  e  nella  quale  si  ripon- 
gono le  cartuccie. 

Oardncula.  Escrescenza  carnosa  in  una  fe- 
rita. -  Organo  accessorio  del  seme  della  pianta, 

-  Eminenza  carnosa  della  vagina  e  neWiiretra, 

-  Corpo  rossiccio  nell'angolo  dell'occ/tio. 
Gasa.  Nome  generico  di    ogni    edificio  ad  uso 

di  abitare  (figur.,  dicesi  anche  per  famiglia),  a 
un  piano  o  a  parecchi  piani,  con  vari  scomparti- 
menti 0  riparti,  ossia  riunione  di  locali,  a  ciascuno 
dei  quali  si  dà  il  nome  di  appartamento  o  di 
quartiere:  abitazione,  abitàcolo,  focolare,  focolare 
domestico,  lare,  magione,  santuario  della  famiglia, 
soglia,  quattro  mura,  tetto  (tetto  coniugale,  ospi- 
tale): poet.,  il  «  dolce  nido  *  ;  dolce  ricetto.  Anche, 
fuoco,  fòco  (paese  che  fa  cento,  duecento  fochi: 
ma  di  città  non  sarebbe  comune).  Lat.,  domus, 
ingl.,  home,  per  casa  paterna,  focolare  domestico.  - 
Casa  con  tutto  quanto  vi  si  trova  :  in  legge  com- 
prende tutti  gli  oggetti  mobili,  tranne  il  denaro,  i 
crediti  o  altri  diritti. 

La  casa  è  di  abitazione,  di  città  (casa  civile), 
0  di  campagna,  casa  colonica,  o  di  villeggiatura, 
e  allora  dicesi  villa,  villino.  Dà,  ossia  prospetta,  di 
solito,  verso  una  via  (e  su  questa  ha  spesso  una 
bottega  o  più  botteghe),  una  strada,  ed  è  con- 
trassegnata da  un  numero.  E',  per  lo  più,  prov- 
veduta di  quanto  occorre  alla  illuminazione,  al 
riscaldamento,  ai  bisogni  del  mangiare,  del 
bere,  del  dormire,  della  vita  nel  suo  complesso. 

Secondo  l'ubicazione  e  il  modo  col  quale  fu  co- 
struita, una  casa  è  allegra,  ariosa,  arieggiata,  soleg- 
giata,  sana,  oppure  buia,  malsana,  tetra,  umida; 
esposta  bene  o  male,  cioè  a  levante,  a  mezzogiorno, 
0  a  solatìo,  oppure  a  ponente,  a  settentrione,  ossia  a 
tramontana,  a  vernio;  raccolta,  o  raccoltina,  cioè 
non  grande,  ma  comoda,  con  le  stanze  ordinata- 
mente distribuite.  Si  compone,  generalmente,  di 
quattro  lati  {canto,  cantonatn,  ciascun  angolo  este- 
riore), l'anteriore  dei  quali  e  il  più  appariscente 
dicesi  facciata  {di  dietro,  la  parte  opposta,  poste- 
riore) :  in  esso  è  la  poi'ta  principale  e  si  notano 
i  maggiori  ornamenti  di  architettura.  La  parte  in- 
feriore della  casa  ha,  per  lo  più,  una  zona  diversa, 
che  è  spesso  un  lavoro  di  muramento  a  pietrame 
vero  0  finto;  se  vero,  consta  di  pietre  scalpellinate, 
dette  bózze  o  bugne;  se  falso,  è  fatto  di  calcina, 
a  imitazione  delle  bozze  vere.  -  Pietrami  lavorati 
si  chiamano  tutti  gli  ornamenti  di  pietra  die  sono 
nella  facciata  o  in  altra  parte,  come  la  soglia,  il 
davanzale  della  finestra,  il  terrazzino  o  balcone, 
gli  aggetti  (membri  di  architettura  che  sporgono  in 
fuori),  il  cornicione  di  pietra,  Vdttico  (zona  messa 
sul  cornicione,  spesso  per  nascondere  il  tetto,  op- 
pure per  ornamento  o  per  parapetto  d'una  ter- 
razza che  sia  in  cima  alla  casa),  ecc.  Le  aperture, 
oltre  le  porte,  sono  o  finestre  (veggasi  a  finestra), 
0  terrazzini  (aggetti  a  balaustro,  di  pietra,  o  a  rin- 
ghiera, di  ferro),  o  terrazzi.  Gronda  è  detta  la 
parte  superiore  della  casa  che  si  vede  sporgere; 
gronde,  gli  embrici,  che  pure  sporgono,  e  correnti 
da  gronde  quelli  che  sostengono  le  gronde  ;  docce,  i 


Tav.  XX. 


KSTERNO   D  UNA    CASA. 


451 


1,  cantina  -  2,  spiraglio  -  3,  seinviglia  -  4,  arco  -  5,  sottoscala  -  6,  zoccolo  -  7,  coronamento  dello  zoccolo  - 
8,  parapetto  .  9,  davanzale  -  10,  serramenti  -  11,  vetrata  -  12,  mensola  -  13,  balcone  -  H,  archivolto  -  15,  para- 
petto -  16,  finestra  -  17,  cornicione  -  18,  abbaino  -  19,  comignolo  -  20,  fumaiolo  -  21,  tetto  -  22,  finestrella  della 
soffitta  -  23,  grondaia  -  21.  fascie  di  divisione  -  25,  paramento  esterno  -  26,  terrazza  -  27,  i  vetri  -  28,  bugne  - 
29,  bozze  o  Sugne  -  30,  copertina  -  31,  muro  di  cinta  -  32,  porta  -  33,  soglia  -  31,  pilastrino  -  35,  base  del  pa- 
rapetto -  36,  cimasa  del  parapetto  -  37,  lesena  -  38,  arco  -  39,  portico  -  40,  porta  a'ingresso  •  41,  piattabande  - 
42,  capitello-  43,  fusti  della  colonna  -  44,  base  -  45,  veranda. 


4^2 


canali,  per  lo  più  di  latta,  che  si  mettono  alla 
estremità  delle  gronde,  per  ricevere  l'acqua  piovana 
dal  tetto.  Nelle  costruzioni  odierne,  invece  delle 
gronde,  o  grondaie,  v'è  il  cosidetto  sgocccolatoio;  e 
beccalellu  si  dice  qualunque  mensoletta  che  si  mette 
nel  muro,  per  sostegno,  sotto  i  capi  delle  travi, 
dei  terrazzini,  ecc.;  ma,  se  è  di  pietra,  chiamasi 
mènsola.  Scendendo  per  le  doccie  dal  tetto,  l'ac 
qua  finisce  nel  fognane,  grossa  fogna  sotterranea 
fatta  appunto  per  raccogliere  le  acque  della  strada, 
della  via  e  gli  scoli  in  genere.  In  casa  si  la  entrare 
e  salire  l'acqua  per  mezzo  di  tubi  {cannèlle  di 
piombo),  prendendola  dalla  tromba  e  da  un  con- 
dotto sotterra.neo  ;  attraverso  tubi  si  introduce  nella 
casa  anche  il  gas,  proveniente  dal  gasometro  : 
la  comunicazione  della  luce  elettrica  è  invece 
stabilita  mediante  fili  metallici.  Nell'esterno  d'una 
casa,  artisticamente  costruita,  si  nota  questo  o 
quello  stile  di  architettura.  In  tal  caso  il  disegno 
ne  è,  per  lo  più,  dato  da.\V architetto,  il  quale, 
per  la  decorazione,  esterna  e  interna,  ricorre  all'o- 
pera del  pittore,  dello  scultore,  dello  stticca- 
tore,  ecc.  Artefici  inoltre  che  concorrono  alla  edi- 
ficazione e  all'adornamento  d'una  casa  sono  il  ca- 
pomastro,  il  muratore,  il  falegname,  il  fab- 
bro, il  vetraio;  quindi,  Virtibianchino,  il  tap- 
pezziere, il  verniciatore,  Vidraulico,  ii  de- 
coratore, il  fumista,  ecc. 

Casalingo,  di  casa,  che  si  fa  in  casa  (di  persona 
o  di  cosa).  -  Casereccio,  appartenente  alla  casa  ;  che 
si  tiene,  che  s'adopera  in  casa:  masserizie  caserecce, 
vino  casereccio,  ecc.;  ma  nell'uso  toscano  si  dice  co- 
munemente casalingo,  come  vino  casalingo,  pane  ca- 
salingo. -  Domestico,  della  casa,  che  ha  relazione 
con  l'economia  domestica. 

Costruzione. 
Casa  grande  o  piccola,  bella  o  brutta. 

Varie  le  materie  che  si  impiegano  per  costruire 
una  casa;  varie  da  paese  a  paese,  spesso  subordi- 
natamente alle  diverse  condizioni  di  clima,  tal- 
volta per  la  convenienza,  l'opportunità  di  adoperare 
un  materiale  piuttosto  che  l'altro.  Da  noi  le  case 
sono,  per  lo  più,  di  muratura,  di  muro,  cioè  con 
mattoni  (veggasi  a  mattone)  o  con  sassi,  cementati 
con  la  calcina  o  con  la  creta;  adoperata  pure  la 
pietra  di  vario  genere  e,  nelle  case  signorili,  il 
marmo  in  alcune  parti  più  in  vista.  Molto  im- 
piegato, nelle  costruzioni  odierne,  il  ferro,  col 
quale  si  fanno  specialmente  barre,  traverse,  in  so- 
stituzione della  trave  di  legno.  -  Casa  di  legno, 
quella  costruita  internamente  di  legname,  e  con 
tetto  coperto  di  assi,  di  lamine  di  zinco  o  simili, 
anche  di  embrici  e  di  tegoli.  -  Casa  di  paglia, 
casa  pagliaresca  (disus.),  povera  casa,  il  cui  tetto  è 
coperto  di  paglia;  e,  se  piccolissima,  si  chiamerebbe 
anche  capanna. 

Baracca,  casa  di  legno,  alla  meglio,  per  istarvi 
al  coperto,  farci  bottega  o  altro.  -  Biccicocca,  lo 
slesso  che  bicocca;  ma  anche  più  avvilitivo.  -  Bi- 
cocca, casa  di  poco  pregio;  casuccia  situata,  per  lo  più, 
sopra  un'altura;  anche,  villaggio  di  pochee  misere  case. 

Casdccia,  casa  malo  in  ordine,  di  brutto  aspetto 
0  malcomoda,  poco  pulita  (detto  anche  di  casa 
abitata  da  gente  di  mal  affare):  casa  che  €  pare  una 
trappola  »,  che  «  è  una  tana  i;  che  «  pare  una 
prigione  »  (di  una  casa  bassa,  scura,  umida).  -  Casa 
di  Pctuzzo,  piccola  (  «  se  ci  si  sviene,  non  si  ca- 
sca   »,  di  casa  mollo  piccola).  -  Casale,  in  qualche 


luogo  di  Toscana,  casa  ordinaria,  ma  grande,  ove 
abitano  più  famiglie;  anche,  più  case  che  non 
sono  tante  da  formare  un  borgo,  più  spesso  ai 
due  lati  d'una  via  maestra.  -  Casamento,  casa  piut- 
tosto grande,  divisa  in  più  quartieri  e  abitata  da 
più  famiglie;  anche  la  gente  che  vi  abita. 

Casella,  casellina,  diminutivi  antiquati  e  disusati. 
-  Caserella,  casa  piccola  e  meschina.  Scrisse  il 
Varchi:  «  da  casa  si  formano  non  solo  i  diminutivi 
casetta,  casina,  casuccia,  caserella,  casellina  {non 
più  usato,  né  usabile  in  tal  senso)  e  casipola  ;  ma  an- 
che casettina,  casinina  {affeltativo),  casuccia  e  ca- 
serellina  ».  -  Caserto,  piccola  casa;  ama  non  tanto 
disagiata  quanto  la  casuccia,  né  tanto  misera  quanto 
la  casupola  »  (Tommaseo).  -  Casettina  (sottodimin.), 
piccola  casa,  raccoltina,  pulita  e  anche  elegante.  - 
Casetluccia,  dimin.  e  dispreg.  di  casetta.  -  Casettuc- 
Ciaccia,  dimin.  e  dispreg.,  intensivo  di  casèttuccia, 
avuto  riguardo,  più  che  alla  casa  per  sé,  alla  gen- 
tucciaccia  che  vi  abita. 

Casicciola,  dimin.  di  casa:  più  com.,  casuccia,  - 
Casina,  casa  piccola,  ma  non  senza  una  certa  co- 
modità; meno  vezzegg.  di  casettina.  -  Casinina,  sot- 
todimin. famigliare  di  casa,  ma  allettato.  -  Casipola, 
casa  piccola  e  miserabile:  casuccia,  casupola;  ca- 
panna, casolare;  bicocca,  bicoccu'.za;  baracca, 
grillaia,  trabacca;  casale,  casile;  abitàcolo,  abituro; 
stamberga,  stambergaccia,  tugurio:  casa  da  piattole, 
topaia.  La  casipola  può  essere  più  povera  della 
casuccia  e  più  angusta  ;  ma  è  meno  rozza  e  meno 
cadente  della  casupola. 

Casolare  fu  detto  da  qualcuno  per  casa  in  parte 
scoperta  e  spalancata;  ma  ora,  specialmente,  edificio 
ad  uso  di  abitazione,  isolato  da  ogni  parte,  e  di 
poverissimo  aspetto;  e  prendesi  anche  per  aggre- 
gato di  povere  case.  -  Casona,  secondo  il  Tomma- 
seo, accrescitivo  familiare  di  casa  ;  può  essere  meno 
di  casone;  grande  in  rispetto  a  chi  deve  usarla,  e 
può  essere  non  brutta  nella  grandezza,  t  Pare  un 
paese,  pare  una  badia  »,  di  casa  molto  grande.  - 
Casone,  casa  grande,  ma  non  bella  per  ornamento; 
gran  fabbricato  con  molti  quartieri  e  molte  fami- 
glie. -  Casotta,  casotto,   casa  non  molto   grande. 

Casuccia,  dimin.  e  avvilitivo  di  casa.  Così  anche 
casuzza  e  casuzzina,  voci  però  disusate.  -  Casucciac- 
cia,  casa  piccola,  male  in  essere,  povera  e  trasan- 
data. -  Casucola,  dimin.  dispreg.,  di  casa.  -  Casu- 
pola, casa  piccola  e  da  povera  gente. 

Catapecchia,  casipola,  ma  anche  più  spreg.;  casa 
ridotta  in  pessimo  stato;  casa  in  brutto  luogo;  an- 
che, casipole  addossate  all'aperto.  -  Chalet,  veggasi  a 
villa.  -  Cottage,  piccola  casa  di  campagna,  con  giar- 
dino, degli  Inglesi.  -  Hólel  (fran.),  grande  e  bella  casa. 

Magione,  luogo  di  dimora  in  grande,  lo  stesso  di 
casa,  ma  usato  anche  in  senso  traslato.  -  Ostello, 
fuori  d'uso,  se  non  in  poesia.  -  Palazzina,  bella 
casa  che  tenga  come  il  mezzo  tra  il  palazzo  e  una 
casa  modesta.  Dicesi,  per  lo  più,  di  ima  bella  casa 
lontana  dal  centro  della  città  o  prossima  alle  mura 
di  essa.  -  Palazzo,  casa  grande  e  ricca. 

Spelonca,  cassa  bassa,  oscura,  squallida,  dall'a- 
spetto d'una  caverna.  -  Spogliatoio,  casa  in  cam- 
pagna per  breve  fermata  di  passaggio.  -  Stom'ìérga, 
edificio  0  casa  ridotta  in  pessimo  stato,  nella  quale 
appena  si  possa  abitare.  -  Succtirsale,  dicesi  di  casa 
0  istituto  subordinato  ad  altro  e  creato  per  sup- 
plire all'insufficienza  del  primo. 

Topaia  (nido  di  topi),  casa  vecchia,  mal'  andata, 
da  poveri.  Peggior.,  topinaia.  -  Tugurio,  casa  squal- 
.  lida,  povera  e  angusta. 


453 


Altre  distinzioni  —  Altri  aspetti. 

Casa  civile,  propriamente,  quella  che  serve  d'abi- 
tazione a  persone  non  esercitanti  l'arte  del  conta- 
dino, e  dicesi  per  lo  più  in  opposizione  a  casa  ru- 
stica. Nell'uso,  casa  decentemente  costruita,  a  dif- 
terenza  di  una  casucciaccia  che  pur  fosse  in  città. 

Casa  colonica,  la  casa  del  colono,  del  contadino 
abitante  nel  podere  che  lavora;  ne  tanno  parie,  di 
solito.  Vaia,  la  cairaia  (in  alcuni  luoghi,  lo  stan- 
zone in  cui  si  tengono  i  carri),  il  fienile,  il  gra- 
naio, la  stalla^  il  pagliaio,  il  canale;  le  sono 
annessi,  comunemente,  Vorfo,  il  pollaio,  il  frati- 
foio,  il  chiaritoio,  l'orciaia,  la  buca  per  il  letame, 
la  tinaia  e,  talvolta,  la  caciaia,  con  i  locali  per 
il  caseificio,  il  forno  per  cuocere  il  pane,  la 
panaia  (stanza  per  riporvelo;,  ecc. 

Casa  padronale,  e  latinam.  casa  domenicale:  villa 
0  casa  di  campagna,  con  poderi  annessi,  nella  quale 
dimora  il  padrone.  -  Casa  poderale,  di  campagna, 
in  un  podere.  -  Casa  rustica,  abitazione  di  conta- 
dini, nella  quale  sono  anche  luoghi  per  tenere  il 
bestiame,  sia  grosso,  sia  minuto,  e  per  riporre  ar- 
nesi e  altri  oggetti  rurali.  Nell'uso  lombardo,  anche 
la  parte  più  riposta  nelle  case  civili  e  nei  palazzi, 
dove  sono  la  stalla,  il  fienile,  la  legna  da  ardere  e 
simili.  -  Casa  storica,  quella  nella  quale  si  svolse 
qualche  memorabile  avvenimento,  oppure  nacque, 
0  visse,  0  mori  qualche  grande  uomo. -Pieda^^erra, 
(frane,  pied-à-terre),  casa  o  quartiere  fuori  del 
domicilio,  che  si  tiene  per  passarvi  qualche  ora; 
alloggio  nel  quale  non  si  dimora  abitualmente,  ma 
di  passaggio. 

Arca,  casa  piena  di  bestie.  -  Badia,  casa  piena 
di  abbondanza,  ben  provvista  di  tutto.  -  Badia  a 
spazzavento,  casa  deserta  e  spogliata. 

Casa  alla  rustica,  fatta,  dipinta  a  uso  le  case  ru- 
stiche svizzere.  -  Casa  a  uscio  e  tetto,  a  un  solo 
piano,  quasi  il  tetto  tocchi  la  porta;  casa  bassa.  - 
Casa  che  scappa  dalla  porta,  con  porta  grande,  spro- 
porzionata. -  Casa  con  due  ^riuscite,  con  due  in- 
gressi. -  Casa  tn  cui  ballano  i  topi,  quella  nella  quale 
non  ci  sia  alcuno. 

Casa  mia,  quella  dove  si  sta,  senza  che  sia  no- 
stra. -  Casa  terza,  casa    d'altri,    casa  d'un  terzo. 

Contubernio,  abitazione  umana  di  più  persone.  - 
Corte  bandita,  di  casa  dove  si  va  a  mangiare  e  a 
bere  liberamente  o  invitati  per  grandigia.  -  Con- 
vento, per  simil.,  casa  ordinata,  specialmente  con  le 
usanze  dei  vecchi,  dove  si  va  a  letto  presto,  si  fa 
vita  seria.  -  Masseria,  casa  del  massaio,  dell'  agri- 
coltore. 

Parer  la  casa  delle  fate,  una  casa  incantata,  d'una 
casa  tutto  sottosopra.  Anche,  d'una  casa  piena  di 
ogni  bene. 

Edifici  abitati 
La  casa  secondo  le  condizioni  di  abitabilità'. 

Albergo,  casa  d'alloggio  per  forestieri.  -•  Casa 
canonica,  quella  del  canonico.  •  Casamatta,  fab- 
bricato che  esce  fuori  delle  forme  ordinarie,  senza 
ornamenti,  senza  finestre,  basso  e  quasi  cieco.  - 
Caserma,  quartiere  {casa  di  arme)  militare. 

Casino,  casa  piccola  piccola  e  graziosa;  anche, 
casetta  signorile  di  campagna,  poco  lontana  dalle 
mura  della  città,  costruita  in  forma  elegante,  per 
passarvi  qualche  tempo  dell'anno,  e  anche  per  abi- 


tarvi stabilmente.  In  alcune  città,  quella  casa,  o 
sollanto  quell'appartamento  nel  quale  si  radunano 
le  persone  civili  (pagando  ogni  anno  un  tanto)  per 
intratlonervisi  a  giuocare,  leggere  giornali  e  godervi 
altri  passatempi.  Nell'uso,  circolo,  club.  -  Casi- 
netto,  casinuccio,  diniin.  di  casino.  -  Castello, 
luogo  d'abitazione  dei  signori  nel  medioevo.  -  Cer- 
tosa, piccola  casa  isolata,  solitaria.  -  Chiosco,  specie 
di  casetta  in  un  giardino,  in  un  parco. 

Grangia,  casolare  in  nmro  a  secco  e  recinto  per 
armenti.  Denominazione  in  uso  sulle  Alpi  in  Pie- 
monte. -  Locanda,  albergo,  osteria  con  alloggio.  - 
Maniero,  abitazione  nobile  e  forte  fuori  della  città: 
castello  antico,  -  Ospizio,  casa  di  ricovero,  di 
asilo,  di  rifugio.  -  Presbitero,  casa  del  curato  o 
dei  preti.  -  Stazzo,  in  Sardegna,  casa  rustica.  Nel- 
l'Italia Meridionale,  luogo  recinto  da  muro  o  da 
siepe. 

La  casa  secondo  le  condizioni  di  abitabilità'.  — 
Abitabile,  abitevole,  aggiunto  di  casa,  luogo  o  paese 
da  potersi  abitare.  -  Botte  di  Diogene,  buco  di  casa 
animobigliato  con  troppa  semplicità.  -  Casa  abban- 
donata, inabitata,  non  abitala,  non  occupata  da 
persone;  affittata,  data  in  affitto.  -  Casa  ben  mon- 
tata, arredata  con  larghezza  di  mezzi,  quasi  con 
lusso.  -  Casa  che  pare  una  badia  a  spazzavento,  molto 
aperta  alla  luce,  all'aria.  -  Casa  ingombrante,  quando 
non  ci  si  può  muovere  liberamente,  per  ingombro 
di   mobili  0  d'altro. 

Casa  inospitale,  inospite,  quella  nella  quale  si 
nega  ad  altri  Vospitalità.  -  Lasa  mobiliata,  for- 
nita di  mobili  ;  ma,  per  lo  più,  quella  che  si  af- 
atfitta  in  tali  condizioni  {Se  ci  si  sviene,  non  si 
casca  :  iron.,  di  casa  specialmente  piccola,  dove  i 
mobili  sono  uno  addosso  all'altro).  -  Casa  ospitale, 
quella  nella  quale  si  trova  ospitalità,  si  è  bene 
accolti  e  assistiti. 

Casa  sbrogliata,  vuotata  di  mobili  inutili  e  d'ogni 
altro  ingombro;  sfittata,  non  ociupita  da  alcun  in- 
quilino; smobiliata,  senza  mobili,  nuda,  anche  per 
trascuratezza  o  povertà  ;  sottosopra,  in  disordine  ; 
spigionata,  non  affittata,  non  data  in  affitto;  spo- 
gliata, con  poca  mobilia;  trasandata,  tenuta  con 
poca  0  nessuna  cura;  vuota,  senza  mobili  o  senza 
persone;  anche,  senza  queste  e  quelli. 

Parti  della  casa. 

Altana,  parte  inalzantesi,  a  guisa  di  torre,  sopra 
una  casa;  loggia  aperta  o  balcone  al  disopra  del 
tetto.  -  Abbaino,  stanzuccia  sotto  il  tetto.  -  Am- 
mezzato, meglio  detto  mezzanino  (veggasi  più  in- 
nanzi). -  Andito,  specie  di  stanza  molto  stretta,  più 
0  meno  lunga,  a  solo  uso  di  passaggio,  cioè  per 
dare  alle  stanze  una  comunicazione  o  necessaria  o 
più  libera;  specie  di  corridoio.  -  Anditone,  ac- 
cresc.  di  andito;  più  specialm.  di  andito  lungo  più 
che  di  largo.  -  Androne,  luogo  coperto,  stretto  e 
lungo,  che  dalla  porta  di  strada  mette  alla  scala  o 
alla  corte,  nelle  case  che  non  hanno  atrio  o  vesti- 
bolo. -  Angolo,  cantuccio,  parte  riposta.  -  Antica- 
mera, stanza  all'entrata  d'un  quartiere  dove  la 
gente  aspetta,  prima  di  essere  ricevuta. 

Antiporta,  antiporto,  androne  o  andito  tra  due 
porte,  una  esterna,  l'altra  interna,  che  mettono  im- 
mediatamente in  una  casa  o  in  una  città.  Nell'uso, 
ora,  la  seconda  delle  due  porte,  cioè  l'interna,  che 
talvolta  è  un  cancello.  -  Apertura^  ogni  vano 
nelle  pareti  d'una  casa.  -  Appartamento,  quartiere. 


454 


Dssia  parte  di  una  casa  più  o  meno  signorile,  con 
più  locali,  occupati  da  una  famiglia.  -  Quarti  e 
quartini,  si  chiamano,  nell'Italia  meridionale,  i  pic- 
coli appartamenti  (perchè  un  tempo  gli  apparta- 
menti erano  un  quarto  della  casa).  Un  appartamento 
può  essere  diviso  in  due  o  più  quartieri,  talora  con 
separato  ingresso  sulla  scala.  -  Arsenale,  parte 
della  casa  dove  siano  tante  cose  in  disordine.  - 
Atrio,  specie  di  vestibolo  interno. 

Bagno  {stanza  da  bagno),  stanza  generalmente 
piccola,  con  vasca  ed  apparecchio  per  farvi  bagni 
freddi  o  caldi.  -  Balconata,  poggiuolo  o  sporto  nella 
facciata  di  una  casa,  sostenuto  da  pilastri  o  peducci 
e  cinto  da  balaustrata.  -  Balcone,  apertura  nelle 
case,  più  ampia  d'una  finestra  e  fatta  allo  stesso 
scopo;  anche,  stanzone  all'ultimo  piano  del  palazzo, 
riparato  solamente  dal  tetto,  senza  finestre  e  pareti 
esterne,  per  asciugarvi  il  bucato.  -  Ballatoio,  specie 
di  terrazza  che  rigira  l'esterno  e  anche  l'interno  di 
un  edificio,  per  dare  più  libero  accesso  a  varie 
stanze.  -  Belvedere,  terrazza  sopra  il  tetto  di  una 
casa;  piccola  torre  o  terrazza  in  un  giardino.  -Bi- 
blioteca, stanza  nella  quale  si  tengono  i  libri, 
entro  scaffali.  -  Botola,  buca  per  la  quale  talora  si 
passa  da  un  piano  a  un  altro,  e  che  si  copre  poi 
con  cataratta  e  simili. 

Bottino,  ricetto  sotterraneo  in  muratura,  dove  si 
raccolgono  le  materie  fecali  e  le  orine  della  gente 
di  casa.  Bottino  a  smaltitoio,  o  semplicemente 
bottino  smaltitoio,  quello  che  non  è  a  tenuta,  cioè, 
non  lastricato,  o  costruito  a  secco,  e  dove  i  liquidi 
sono  assorbiti  dal  terreno.  Smaltitoi  si  dicono  an- 
che quelli  che  vanno  a  scaricare  i  liquidi  e  i  so- 
lidi, nella  cloaca,  nel  fognone,  nel  fiume,  ecc.  - 
Buca  del  concio,  o  del  letame,  piccola  fossa  qua- 
drangolare, scavata  in  un  canto  del  cortile,  o  presso 
la  stalla,  o  nella  stalla  stessa,  murata  e  per  lo  più 
avente  un  forte  coperchio  di  legno  o  di  ferro: 
serve  a  riporvi  il  concio  momentaneamente,  cioè 
fino  a  che  possa  essere  trasportato  in  campagna.  - 
Bugigatto,  bugigattolo,  stanzino  e  meno  di  stanzino; 
piccolissimo  locale,  per  lo  più  a  uso  di  ripostiglio. 
Camera,  lo  stesso  che  stanza,  ma  special- 
mente quella  da  letto.  -  Cantina,  locale  nei  fondi 
delle  case  dove  si  tiene  il  vino  e  altro.  -  Carbonaia, 
stanza  in  cui  si  tiene  il  carbone,  a  uso  della  cu- 
cina. -  Cavedio,  vano,  quasi  come  pozzo,  tra  una 
parte  e  l'altra  della  casa,  aperto  dal  terreno  fino 
all'altezza  del  tetto;  cortile    nel  mezzo  dell'atrio. 

Cella,  stanza  terrena  e  piccola  che  serve  per  lo 
più  di  ripostiglio,  ma  anche  di  prigione.  -  Celliere, 
dispensa.  -  Chiaritoio,  la  stanza  (nelle  case  colo- 
niche) dove  si  tiene,  in  tante  conche  V  olio  a  chia- 
rire. -  Cisterna,  pozzo  di  acqua  piovana.  -  Co- 
municazione, quell'uscio  o  andito,  per  via  del  quale 
da  un  quartiere,  o  da  una  casa,  si  può  passare  in 
un  altro.  -  Lonclavia,  quartierini  chiusi  con  una 
stessa  chiave.  -  Coppaia,  orciaia,  stanzino  a  uso  di 
tenervi  i  coppi  dell'olio.  -  Corridoio,  passaggio 
interno  fra  una  parte  e  l'altra  d'una  casa.  -  Corte, 
cortile,  recinto  scoperto  entro  una  casa.  -  Covili, 
buche  quadre  che  si  vedono  negli  edifici  non  an- 
cora intonacati,  né  altrimenti  rifiniti,  nelle  quali 
stavano  ficcati  i  travicelli,  o  piane  reggenti  il  ta- 
volato dei  ponti,  le  quali  buche  vi  si  lasciano  per 
rifare  i  ponti,  nel  caso  che  si  voglia  rifinire,  o  re- 
staurare l'edilicio.  -  Cucina,  la  stanza  nella  quale 
si  cuociono  le  vivande. 

Dispensa,  stanza  p^r  lo    più    presso  la  cucina,  e 
dove  si  custodiscono,  crude  o  cotte,  robe  da  man- 


giare. -  Displuvio,  piano  inclinato  che  s[  pratica 
sopra  alle  fascie  e  alle  cornici  che  adornano  un 
fabbricalo,  una  casa,  per  allontanare  l'acqua  pio- 
vana dalle  parti  sottostanti.  -  Distribuzione  delle 
stanze  in  un  quartiere,  l'essere  distribuite  in  modo 
utile  e  conveniente  all'abitarvi.  -  Entratura,  stanza 
d'ingresso  (veggasi  più  innanzi),  prima  stanza  d'un 
quartiere,  o  complesso  di  stanze  qualunque.  -  En- 
trane, vestibolo  della  casa. 

l'acciaia,  la  parte  anteriore  della  casa.  -  Fianco, 
la  parte  laterale  della  casa.  -  Foco,  la  parte  della 
casa  dove  si  fa  la  cucina  e  dove  si  tengono  legna 
accese  per  riscaldarsi:  veggasi  a  camino.  -  Fogna, 
condotto  sotterraneo  per  ricevere  e  sgorgare  acque 
e  immondizie.  -  Fondamenta,  muramento  sotter- 
raneo, sul  quale  è  inalzata  la  casa  o  anche  un 
semplice  muro.  -  Fondi,  le  stanze  basse,  il  pian- 
terreno, la  cantina.  -  Frantoio,  stanza,  della  casa 
colonica,  nella  quale  si  frangono  le  ulive.  -  Fron- 
tispizio, la  sommità  della  facciata.  -  Frontone,  la 
parte  triangolare  con  la  quale  termina  talvolta  l'e- 
dificio. -  Fuga  di  stanze,  più  stanze  in  fila  l'una 
all'altra  e  con  gli  usci  disposti  in  mòdo  che,  quando 
sono  aperti  tutti,  si  vede  dalla  prima  nell'ultima.  - 
Fumoir  (frane),  lo  stanzino  o  la  sala  dove  è  per- 
messo fumare  e  vi  è  l'occorrente. 

Gabinetto,  stanza  piccola  e  appartata,  per  la- 
voro, per  ricevimento,  ecc.  -  Galleria,  stanza  di 
passaggio,  nelle  case  signorili;  anche,  e  più  special- 
mente, sala  nella  quale  sono  raccolte  opere  d'arte, 
quadri,  statue,  ecc.  -  Gineceo,  appartamento  riser- 
bato alle  donne  nelle  case  orientali:  harem.  - 
Guardaroba,  stanza  degli  armadi. 

Impiantito,  ammattonato,  sorta  di   pavimento. 

Ingresso,  stanza  d'ingresso,  la  prima  stanza  del 
quartiere  dopo  l'uscio  di  scala  o  di  strada,  secondo 
che  il  quartiere  è  a  pianterreno,  appena  entrati,  o 
nei  piani  superiori.  -  Interno,  tutta  la  parte  entro 
una  casa.  -  Lanterna,  l'apertura  che  si  fa  sul  tetto 
delle  case,  munita  di  cristalli  per  dar  luce  a  scale. 

Letamaio,  la  buca  nella  quale  si  raccolgono  le 
immondizie.  -  Legnaia,  ripostiglio  della  legna.  - 
Loggia,  spazioso  balcone  coperto. 

Mezzanino,  ordine  di  stanze  o  quartieri  che  sono 
tra  il  pianterreno  e  il  primo  piano  o  tra  due  altri 
piani  (frane,  entre-sol).  -  Nascondiglio,  bugigattolo 
d'una  casa.  -  Nicchia,  buco,  ripostiglio.  -  Nursery 
(ingl.),  stanza  della  casa  lasciata  per  libertà  e  giuoco 
dei  bambini.  -  Orciaia,  stanza  degli  orci,  in  cui  si 
tien  Volio. 

Palco  a  letto,  quello  che  viene  pel  primo  dopo 
il  tetto,  0  l'ultimo  della  casa  disotto  in  su.  -  Po /co 
morto,  soppalco,  l'ultimo  palco  immediatamente 
sotto  il  tetto,  quando  lo  spazio  tra  ambedue  non 
è  abitabile,  e  nemmeno  usabile  per  soffitta.  Si 
chiama  cosi  anche  quel  palco  che  si  costruisce 
quasi  immediatamente  al  di  sopra  di  un  altro,  o  di 
una  vòlta,  nei  piani  inferiori,  per  rendere  uniforme 
il  livello  delle  stanze,  e  serve  per  riporvi  attrezzi, 
ciarpe,  ecc.  -  Parete,  il  nmro  interno  di  una  casa. 

-  Pareti  nude,  senza  quadri  od  altro.  -  Parlour 
(ingl.),  parlaloio,  o  seda  di  conversazione.  -  Parqttet 
Cfranc),  in  Lombardia,  pavimento  di  legno  a  scom- 
partimento. -  Palio  (spagn.),  cortile  interno,  con 
porticato.  -  Pavimento,  sfrato  di  mattoni  o  di 
tavole  0  di  smalto  diesi  fa  sul  piano  delle  stanze. 

-  Penetrale  (più  comun.,  penetrali),  la  parte  più  ri- 
posta della  casa.  -  Pianerottolo,  lo  spazio  tra  una 
branca  di  scala  e  l'altra. 

Piani  della  casa,  gli  ordini  orizzontali  delle  stanze. 


4rj5 


gli  uni  sopra  gli  altri.  Nell'uso,  la  numerazione  dei 
piani  comincia  da  quello  al  di  sopra  del  pianter- 
reno, ed  è  detto  primo  piano.  -  Piano  nobile,  il  più 
agiato  e  bello,  spesso  al  disopra  del  mezzanino.  - 
Piano  superiore,  il  secondo,  il  terzo,  ecc.  -  Piano 
terreno,  pianterreno,  quello  press'a  poco,  al  livello 
della  strada,  senza  scale  o  con  pochi  scalini  {pian- 
terreno  rialzato).  Frane,  rez-de-dmmsé.  -  Piccionaia, 
il  piano  più  alto  della  casa;  (anche,  loggia  più  alta  di 
un  teatro).  Terreno,  la  prima  stanza  che  si  trova 
entrando  in  una  casa;  e  il  terreno,  o  pianterreno,  è 
tutta  quella  serie  di  stanze  che  sono  al  piano  della 
strada  innanzi  che  si  salgano  scale. 

Piattaforma,  terrazza  scoperta.  -  Pioviloio,  e  anche 
stillicidio,  quello  spazio  di  terreno  intorno  alla  casa 
sul  quale  il  padrone  ha  diritto  di  far  cadere  l'acqua 


del  suo  tetto.  -  Portico,  luogo  coperto,  a  guisa  di 
loggia,  lungo  uno  o  più  lati  del  cortile.  -  Portmeni, 
il  locale  di  guardia  del  2>ortinaio  e  del  portiere. 
-  Portone,  la  porta  principale  d'un  palazzo.  -  Pozzo, 
l'edifìcio  dal  quale  si  attinge  acqua:  scomparso 
nelle  case  moderne.  -  7*0220  nero,  il  bottino,  la  la- 
trina. -  Pozzo  smaltitoio,  quello  che  dà  esito  alle 
acque  e  alle  immondizie.  -  Pródomo,  la  parte  an- 
teriore della  casa.  -  Promenoir  (frane),  ballatoio, 
loggia,  terrazza. 

Quartiere,  parte  d'un  edificio  che  contiene  un 
appartamento  completo;  anche,  la  parte  d'una  ca- 
serma occupata  dai  soldati. 

Rasola,  nelle  Calabrie,  terrazzo  sostenuto  da  muro 
a  secco.  -  Ridotto,  a  Siena,  le  stanze  nelle  quali  si 
entra  per  l'uscio  di  strada    a  Firenze,  il  terreno. 


Tav.  XXI. 


Casa  -  anticamera  (vegqast  a  questa  voce). 


1,  cassapanca.;  2,  quadro;  3,  porta;  4,  attaccapanni;  5,  orologio;  6,  sedia;  7,  poltrona;  8,  soffitto;  9,  cor- 
nicione del  soffitto;  10,  portafiori;  U,  vaso  da  fiori;  12,  tenda;  13,  cornice  della  porta;  U,  stuoino;  15,  stuoia 
o  passatoia;  16,  tappeto;  17,  pavimento. 


Rimessa,  locale  in  cui  si  tengono  i  veicoli,  i  fi- 
nimenti dei  cavalli  e  gli  arnesi  relativi.  -  Ringhiera, 
anticamente,  terrazzino  elevato  dal  quale  si  parlava 
al  pubblico,  in  forma  di  balcone  0  di  una  semplice 
finestra.  Ora,  terrazzini  lunghi  che  si  mettono,  per 
lo  più,  nell'interno  delle  case  operaie,  verso  il  cor- 
tile, per  disimpegnare  gli  ingressi  alle  diverse  abi- 
tazioni. -  Ripiano,  pianerottolo.  -  Ripostiglio,  luogo 
piccolo,  stambugio  da  riporvi  qualche  cosa.  -  Ru- 
stico, parte  d'una  casa  signorile  destinata  ai  bassi 
servigi:  di  rimessa,  di  stalla,  ecc.  -  Sala,  stanza 
principale  della  casa,  nella  quale  si  fa  ricevi' 
mento,  si  danno  feste,  si  preparano  le  mense 
(sala  da  jìravzo),  ecc.  Si  hanno,  inoltre,  sale  da 
ballo,  da  concer sazione,  da  fumare,  di   let- 


tura, da  biliardo  0  da  altro  giuoco,  sala  di 
scherma,  ecc.  -  Salotlino,  stanza  elegante,  dove 
le  signore  stanno  a  lavorare  0  a  leggere,  ricevendo 
le  persone  di  confidenza.  -  Scala,  parte  d'un  edi- 
ficio che  serve  a  salire  e  scendere  di  piano  in  piano. 
Scalea,  scalèe,  doppia  scalinata  0  due  scalinate 
che  mettono  in  uno  stesso  luogo.  -  Scappavia, 
corridoio,  andito  che  dà  un'altra  uscita.  -  Scrittoio, 
piccola  stanza  dove  si  sta  a  scrivere,  a  leggere,  ecc. 
-  Scuderia,  stalla  nei  ricchi  palazzi,  dove  sono  an- 
che i  locali  per  tenervi  carrozze,  finimenti  esimili. 
Sitting  -  room  (  ingl.  ) ,  salottino  da  lavoro  ; 
anche,  tinello.  -  Smoking-room  (corrisponde,  in  in- 
glese, al  frane,  fumoir),  saletla  dove  è  permesso 
fumare  e  v'è    ogni    apparecchio.  -  Sof/itta,   la 


456 


parte  della  casa  fra  il  tetto  e  il  palco  dell'  ultimo 
piano.  -  Soffitto^  palco  sotto  la  soffitta.  -  Solaio, 
il  piano  orizzontale  di  legnami  che  separa  due 
stanze,  una  sopra  l'altra,  e  che  alla  stanza  infe- 
riore serve  di  palco,  alla  superiore  di  pavimento  :  è 
composto  di  una  o  più  travi,  di  piane,  di  pancon- 
celli 0  di  assi;  questi  commessi  insieme  a  dente  e 
canale  per  lo  lungo,  inchiodati  nelle  testate,  e  in- 
gessati intorno  al  muro.  -  Sotterraneo,  locale  a 
vòlta  sotto  il  pianterreno  della  casa,  come  la  can- 
tina e  talora  anche  la  legnaia.  -  Sottoscala,  lo  spazio 
vuoto  che  resta  sotto  la  scala.  -  SfallOf  locale  a 
terreno  per  i  cavalli  e  altre  bestie.  -  stambugio, 
piccola  stanza,  per  lo  più  oscura.  -  Stanza,  nome 
generico  di  tutti  i  locali  dentro  una  casa,  per  lo 
più  quadrangolari,  e  compresi  fra  quattro  pareti,  il 
pavimento  e  il  soffitto.  La  stanza  ha  un  uscio  o  più 
d'uno,  una  finestra  o  parecchie,  per  il  passaggio 
e  per  ricevere  l'aria  e  la  luce.  -  Stanza  della  gin- 
nastica, per  gli  esercizi  ginnastici,  arredata  dei 
relativi  attrezzi.  -  Stanzino,  piccola  stanza;  quella 
con  l'occorrente  per  lavarsi  o  altro:  abbigliatolo, 
spogliatoio,  ecc.  -  Stanzone,  stanza  grande,  non  abi- 
tata, ma  adibita  a  vari  usi:  stendere,  sciorinare 
panni,  ecc.;  anche  la  grande  stanza,  volta  a  mez- 
zogiorno, sui  giardini,  nella  quale  si  ripongono 
d'inverno  i  vasi  degli  agrumi.  -  Studio,  stanza 
nella  quale  si  studia,  si  scrive,  si  lavora  a  tavolino. 

Tagliafuoco,  in  alcune  parti  d'Italia,  denomina- 
zione dei  muri  maestri  che  si  costruiscono  al  di 
sopra  dei  tetti  per  impedire  la  comunicazione  del- 
l'incendio nei  grandi  edifici.  -  Tea-room  (ingl.), 
stanza  nella  quale  si  prende  il  thè.  -  Terrazza,  parte 
alta  dilla  casa,  quasi  sempre  all'ultimo  piano  e  sco- 
perta. -  Terrazzino,  piccolo  terrazzo.  -  Terrazzo, 
IH  alcuni  casi,  lo  stesso  che  terrazza,  ma  più  pic- 
colo. -  Tetto,  la  distesa  di  tegoli  o  di  embrici  con 
la  quale  è  coperta  in  alto  la  casa.  -  Tetto  morto, 
varco  sotto  il  pavimento  d'una  terrazza  scoperta  per 
liberare  le  stanze  di  sotto  dall'umido. 

Timpano,  spazio  della  facciata,  che  superiormente 
è  limitato  dalla  cornice  angolosa  o  curva  e  che  forma 
con  essa  il  frontespizio.  -  ìinata,  stanzone  terreno, 
dove  si  tengono  tini,  nei  quali  si  pigia  l'uva  e  fer- 
menta il  vino.-  Tinaio,  voce  dell'uso  in  certi  con- 
tadi, ma  non  cosi  comune  come  la  precedente.  - 
Tinello,  un  tempo,  il  luogo  nel, quale  mangiavano  i 
famigliari  delle  case  signorili.  È  comunissimo  nel 
Veneto  e  in  altre  provincie,  ma  ben  poco  in  To- 
scana. -  Toelètta,  la  stanza  dove  le  donne  si  abbi- 
gliano. I  francesi  chiamano  toilette  il  tavolino  dove 
sta  lo  specchio,  e  le  altre  cose  da  abbigliarsi;  ma 
non  la  stanza.  Da  noi  si  potrebbe  dire  abbigliatoio. 
'  lombino  o  piccola  tomba,  pessimamente  detto 
per  fognuolo,  condotto  sotterraneo  murato,  a  vòlta, 
per  dirigere  sotto  le  vie  le  acque  pluviali  e  quelle 
che  provengono  dagli  acquai  delle  case. 

Vanella,  voce  napoletana,  da  vano:  cortiletto  chiuso, 
divisorio  fra  case.  -  Veranda,  loggia  o  specie  di 
verone  a  vetri  o  in  forma  di  casa  rustica  aggiunta 
a  qualche  edificio.  -  Verone,  fu  già  detto  per  ter- 
razzo, loggia,  andito,  corridoio:  ora,  specialmente 
in  contado,  si  chiama  cosi  una  specie  di  terraz- 
zino, 0  pianerottolo  con  parapetto  o  ringhiera  in 
capo  ad  una  scala  esterna,  parallela  al  muro;  anche, 
terrazza  coperta,  su  in  alto,  nella  quale  si  tendono 
bucati  in  tempo  di  pioggia,  si  tengono  frutta  a  sec- 
care, ecc.  In  poesia,  dicesi  anche  per  finestra.  -  Ve- 
stibolo, grande  spazio  all'ingresso;  specie  di  por- 
tico, 0  di  atrio.  -  Vuoto,  nell'uso,  camera,  locale. 


Annessi  e  accessorii  della  casa. 

Alle  case  signorili  è  talvolta  annesso  un  oratorio, 
una  cappella.  -  Ad  una  casa  civile  talvolta  an- 
nessi il  giardino,  con  la  fontana,  la  serra 
pei  fiori,  ecc.  Alla  casa  colonica,  per  lo  più,  an- 
nesso ['orto. 

Affìssi,  tutto  ciò  che  è  fisso  alle  pareti  e  che  si 
può  aprire  e  chiudere.  -  Ascensore,  piccola  ed  ele- 
gante cabina,  specie  di  bussola,  che  sale  e  scende 
lungo  regoli  nel  vano  delle  scale  dei  grandi  edifici 
moderni  per  inalzare  o  portar  giù  facilmente  per- 
sone 0  pesi:  elevatore;  montacarichi  (se  porta  su 
soltanto  merce).  Frane,  ascenseur;  ing.,  lift. 

Balaustrata,  riparo  ed  ornamento  di  pietra,  e  ta- 
lora di  terracotta,  di  gesso,  di  legno,  lungo  uno 
scalone  o  anche  intorno  a  un  balcone  o  terrazzo, 
in  luogo  di  ringhiera:  si  compone  di  balaustri  (co- 
lonnini), pilastrini,  di  basamento  o  base,  e  di  cimasa. 
-  Barbacane,  rinforzo  a  calcina,  tatto  a  scarpa,  a 
pie'  d'una  casa  o  d'un  muro,  perché  non  rovini.  - 
Bussola,  specie  d'uscio  interno  dei  quartieri,  che  non 
batte  sugli  stipiti.  -  Bugnato,  parte  della  facciata  con 
bugne.  -  Campanello,  arnese  di  chiamata. 

Canale,  tubo  o  conduttore  dell'acqua  (per  gli  usi 
della  casa),  particolarmente  di  quella  che  piove  sui 
tetti.  -  Cornicioncino,  piccolo  cornicione  col  quale 
si  rifiniscono  alcune  parti  in  muratura  della  casa, 
alcuni  mobili,  come  armadi,  o  simili,  per  orna- 
mento. -  Cornicione,  uno  dei  principali  membri  di 
architettura:  lo  si  pone  sopra  il  fregio.  -  Doccia, 
canale  lungo  l'estremo  lembo  della  gronda.  -  Doc- 
cionata, la  serie  dei  doccioni  che  formano  un  con- 
dotto. -  Doccione,  cannone  di  terracotta  più  stretto 
dall'uno  dei  lati  :  lo  si  usa  per  far  condotti  da  ac- 
qua 0  da  altro,  i  quali  condotti  si  formano  imboc- 
cando un  doccione  nell'altro,  e  servono  per  i  con- 
dotti degli  acquai  e  delle  latrine. 

fasce,  strisce  sporgenti  o  dipinte  nelle  facciate 
delle  case,  ai  diversi  piani. 

Gocciolatóio,  membro  che  ricorre  sotto  la  cornice, 
con  maggiore  aggetto,  perchè  l'acqua  sgoccioli  e  cada 
sufficientemente  lontano  dal  piede  dell'edificio.  - 
Marmino,  pezzetto  di  marmo,  o  altra  pietra,  di  va- 
rie forme,  che  si  mette  agli  usci  delle  case  per  te- 
nerli aperti.  -  Mensola,  membro  di  architettura 
per  sostegno  di  trave,  e,  in  genere,  di  ogni  oggetto 
che  esca  dal  piano  retto  ove  è  affisso.  -  Muricciuolo, 
sedile  latto  di  mate  iale  da  muro,  coperto  di  pietra 
lavorata,  e  che  per  lo  più  è  dinanzi  alla  facciata 
della  casa,  per  maggiore  o  minore  estensione. 

Parapetto,  muro  di  terrazzo,  di  ballatoio,  di 
finestra,  ecc.,  per  appoggio  e  riparo  di  chi  passa  o 
si  affaccia.  Si  hanno  parapetti  a  balaustra  (a  colon- 
nini), a  ringhiera  (il  muro  è  sostituito  da  sbarre 
di  ferro),  con  mensole,  ecc.  -  Pinoli:  in  Toscana,  si 
chiamano  cosi  quelle  due  pietre,  per  lo  più  in  forma 
di  colonnino  tronco,  che  si  pongono  a  lato  della 
porta  d'una  casa.  -  Ruota,  armadiello  girante  per 
far  passare  roba  da  una  stanza  all'altra.  -  Scarico, 
luogo  appartato,  e  per  lo  più  fuori  dell'abitato,  dove 
si  scaricano  sterri,  calcinacci  e  altri  inutili  rottami 
di  fabbrica;  ed  è  nome  della  materia  stessa  che  si 
scarica.  -  Spranga  elettrica,  asta  di  ferro  acutissima 
e  dorata  che  si  mette  nella  parte  elevala  dell'e- 
dificio, che  si  vuol  preservare  dal  fulinine,  o  dove 
si  studia  sull'elettricità  atmosferica.  -  Trave,  legno 
grosso  e  lungo  per  reggere  i  palchi  e  il  tetto.  ■  Tra- 
vicello, corrente  delle  stanze  fra  trave  e  trave.  -  Tu- 
bazione, ì  condotti  pel  gas. 


457 


Accessorì. 

Ventaruola,  disco  a  ventaglio  che  si  mette  a  certe 
aperture  perchè  entri  l'aria;  anche,  istrumento  che 
si  rizza  sul  comignolo  delle  case,  in  cima  ai  cam- 
panili, in  alto  di  altri  edifici,  come  finimento  e  af- 
finchè, col  suo  volgersi  a  tutti  i  venti,  ne  indichi 
la  direzione:  banderuòla;  anemoscópio,  strumento 
scientifico  del  genere,  ma  più  complicato.  -  Ventila- 
tore, apertura  o  macchina  per  attirare  correnti  d'aria. 

Appigiónasi,  cartello  o  polizza,  in  cui  l'anzidetta 
parola  è  scritta  o  stampata,  sola  o  con  altra,  e  che 
si  espone  a  quei  luoghi  che  si  vogliono  appigionare 
{mettere  l'appigionasi).  -  Buca  delle  lettere  o  per  le 
lettere,  specie  di  feritoia  che  è  in  alcune  porte  per- 
chè i  postini  vi  gettino  le  lettere,  le  quali  cadono 
in  una  cassetta  corrispondente  alla  feritoia. 

Cassetta  a  setolino,  specie  di  cassetta  senza  co- 
perchio, a  tre  basse  sponde,  nel  fondo  della  quale 
è  fermato  un  largo  setolino  di  cignale.  Tiensi  in 
terra,  invece  di  stuoino,  al  primo  ingresso  di  appar- 
tamenti signorili.  -  Cassetta  della  spazzatura,  quel- 
l'arnese dove  le  donne  raccolgono  per  casa  la  spaz- 
zatura: pattumiera. 

Ferro  da  piede,  o  per  t  piedi,  lastra  di  ferro  con- 
fitta verticalmente  nel  suolo,  o  in  un  pezzo  mobile 
di  pietra,  a  uso  di  torsi  il  fango  dai  calzari,  prima 
di  salire  la  scala,  o  di  entrare  nel  quartiere.  -  Sputac- 
chiera, cassetta  per  gli  sputi:  di  recente  prescrizione 
igienica. 

Arredamento  in  generale. 

Ogni  casa,  in  condizioni  di  agiatezza,  se  non  di 
ricchezza,  è  variamente  provveduta  delle  molteplici 
cose  necessarie  ai  bisogni  materiali  della  vita  e  del- 
Vigiene,  come  pure  per  potervi  stare  con  agio,  con 
piacere,  nonché  di  questo  e  ({xlqW utensile  necessario 
a  far  si  che  la  casa  stessa  sia  adorna,  comoda,  pu- 
lita, quindi  i  diversi  arnesi  per  spazzare,  togliere 
la  polvere,  le  tele  di  ragno,  per  pulire,  per  lu- 
cidare, per  lustrare,  ecc. 

Arazzeria,  tutti  gli  arazzi  di  cui  può  essere  for- 
nita una  casa:  veggasi  ad  arazzo.  -  Arrèdo,  e  per 
lo  più  arrèdi:  talora  lo  stesso  che  masserizie,  sup- 
pellettile; più  comunem.,  quelle  robe  il  cui  uso 
non  si  riferisce  propriamente  alla  casa  abitabile, 
ma  alle  persone  e  ad  altre  cose.  Arredi  da  uomo, 
da  donna,  cìo^.  vestimenti,  panni,  biancheria,  ecc.  - 
Attrezzi,  arnesi  di  poco  conto.  -  Attrezzo,  arnese 
di  cucina  o  d'altro  uso  della  casa.  -  biancheria, 
ogni  sorta  di  panni  di  -lino,  di  canapa,  di  cotone, 
di  color  bianco,  che  servono  per  uso  domestico. 

Guida,  0  passatóia,  quella  striscia  di  tappeto  più 
usuale,  appositamente  tessuta,  che  si  stende  sopra 
il  tappeto  da  un  uscio  all'altro  di  una  stanza,  per 
non  sciuparlo  pel  continuo  andarvi  co'  piedi  in  su 
e  in  giù,  0  anche  su  una  scala. 

Masserizie,  denominazione  collettiva  di  quanto  oc- 
corre in  una  casa  per  abitarvi:  più  comunemente, 
»no6t7trt,  mòbili,  comprendendo  quindi  l'armadio, 
il  letto,  il  cassettone,  la  tavola,  il  tavolino, 
la  credenza,  la  sedia,  la  poltrona,  il  divano, 
il  canapè,  lo  sgabello,  Y attaccapanni,  ecc., 
ecc.  -  Mensola,  arnese  di  varie  forme  per  soste- 
nere statuette,  vasi  di  fiori  e  simili. 

Parato,  ornamento  o  drappo  col  quale  si  ador- 
nano le  pareti.  -  Rialto,  base  di  legno  da  mettervi 
su  qualche  cosa. 

Serratura,  serrarne,  nome  generico  di  vari  conge- 
gni che  servono  a  chiudere  usci,  finestre,  ecc.  ■  Stuoia, 


denominazione  generale  di  una  specie  di  tessuto  di 
piante,  come  sala,  giunchi,  canne  palustri,  talora  anche 
terrestri,  ma  rifesse  e  schiacciate:  da  stendere  sul  pa- 
vimento.'- Stuoino  da  piedi,  e  anche,  semplicemente, 
stuoino,  disco  di  alcuni  palmi  di  diametro,  fatto  di 
trecce  di  sparto,  cucite  in  piano  spiralmente,  lasciatevi 
talora  molte  fila  o  capi  liberi,  rivolti  tutti  da  una 
delle  due  bande,  schiacciati  o  rifessi,  rabbuffati,  a 
modo  di  vello.  Si  tiene  d'inverno  sotto  i  piedi  ;  e 
anche  presso  la  soglia  degli  usci  per  ripulirsi  e  ra- 
sciugarsi le  suole  dei  calzari.  •  Suppellettile,  insieme 
delle  masserizie,  degli  arnesi. 

Tappeto,  coperta  che  si  stende  sui    pavimenti. 

-  Tappezzeria,  drappo  o  altra  storta,  o  carta  con 
la  quale  si  ricoprono  le  pareti.  -  Tenda,  paramento 
da  linestra.  -  Trasparènte,  largo  telo  su  cui  sono  di- 
pinti figure,  paesaggi,  fiori,  ecc.  :  lo  si  adatta  alle 
finestre  per  parare  la  luce  e  nel  tempo  stesso  per 
ornamento.  -  Tréspolo,  arnese  per  metter  vasi  da 
fiori,  cestelline,  canestri  eleganti  in  mezzo  alle  sale, 
vicino  alle  finestre  e  simili. 

Stare  ln  casa,  andare  e  vENmE;  metter  casa, 

CAMBIAR  CASA   E   SIMILI. 

Abitare,  dimorare  in  una  casa.  -  Accasare,  met- 
ter su  casa;  fabbricar  casa.  -  Alloggiare,  stare  ad 
alloggio,  far  dimorare  in  casa  nostra,  a  pagamento 
0  no;  stare  in  casa  d'altri  per  un  dato  tempo,  a 
pagamento  o  gratis.  -  Ammuffire,  di  ptrsona  che  si 
tappa  in  casa.  -  Aprir  casa,  metter  su  casa  da  sé,  ecc. 
Trattandosi  però  di  casa  commerciale,  negozio,  sta- 
bilimento, studio  legale  e  simili,  l'uso  vuole  che 
si  dica  aprire:  se  bottega  o  altro  di  poca  impor- 
tanza, aprire  e  metter  su. 

Baciare  il  chiavistello,  andarsene  da  una  casa  per 
sempre  o  col  proposito  di  non  tornarvi  più.  -  Chiu- 
der casa,  andarsene  o  smettere  di  faive  ricevimento,  di 
ricevere  visita.  -  Disméttere,  smettere  casa,  contrario 
di  métter  casa.  -  Frequentare  una  (ai  :,  andarci  più 
0  meno.  -  Gingillare  (famigliami.),  gingillare  per 
casa,  andare  aggirandosi  per  la  casa,  occupati  in 
più  coserelle,  tanto  per  far  l'ora. 

Marcire  in  una  casa,  starci  male  e  un  pezzo.  - 
Metter  casa,  metter  su  casa:  dicesi  del  comin- 
ciare a  provvedersi  d'abitazione  propria,  fornirla 
delle  necessarie  masserizie,  e  vivervi  da  sé,  ces- 
sando di  stare  in  casa  altrui;  stabilirsi  da  sé, 
separato  dalla  propria  famiglia  ascendente  o  per 
formare  una  nuova  famiglia  {cominciare  dal  mesto- 
lino,  metter  su  casa  di  tutto  punto).  -  Metter  fuori 
di  casa,  cacciare  da  essa,  mandar  via.  Mutar  casa, 
tramutarsi,  cambiar  casa,  trasferirsi  in  altra  abita- 
zione: sgomberare,  traslocare. 

Ninnolare  per  casa,  perdere  il  tempo  in  cose  da 
nulla,  trascurando  le  principali.  -  Passar  la  soglia, 
passar  l'uscio,  entrare  in  casa;  anche  l'uscire.  - 
Piantar  casa,  metterla  su.  -  Raffermarsi,  dichiarare 
al  padrone  che  si  intende  rimanere  nella  medesima 
casa  un  anno,  due,  o  più,  al  prezzo  già  stabilito.  - 
Rientrare,  tornare  a  casa.  -  Rincasare,  rientrare,  tor- 
nare a  casa.  -  Rintanarsi,  chiudersi  in  casa.  -  At- 
tirare uno  in  casa,  prenderlo  con  sé,  specialmente 
facendogli  le  spese.  -  Ritirarsi,  assol.,  tornar  a  casa, 
0  ritirarsi  nel  proprio  appartamento.  -  Rivedere  i 
suoi,  tornare  al  proprio  paese,  alla  propria  casa. 

Salire,  andare  in  un  appartamento,  in  casa.  -  Sca- 
sare, mandar  via  di  casa  un  pigionale  o  mutar  casa. 

-  Sfrattare,  mandar  via  di  casa.  -  Sgomberare,  fare 


458 


CASA 


sgombero,  portar  via  la  roba,  le  masserizie,  da  un 
locale  a  un  altro,  da  una  casn  all'altra  (sgOiiibera- 
mento,  sgomberatura).  Sgomberatura  è  quasi  lo  stesso 
che  fgomberamento  e  sgombero^  ma  indica,  per  lo 
più,  quei  determinati  tempi  dell'anno  nei  quali  si 
sogliono  fare  gli  sgomberi.  Frane,  déménagement. 
Sgomberare  i  propri  penati  (scherz.),  cambiar  di  do- 
micilio, sloggiare,  lasciar  l'alloggio.  -  Smetter  casa, 
con  Ir.  di  metterla  su. 

Stabilirsi  in  una  casa,  allogarvisi  per  rimanervi 
a  lungo.  -  Stancarsi  dentro  casa,  rincbiudervisi,  rin- 
tanarvisi.  -  Stare  sempre  conjìtlo  in  casa,  non  uscir 
mai.  -  Stare  in  casa  d'uno,  come  ospite,  insegnante, 
segretario,  domestico  o  sim.  -  Stare  in  casa  tutto 
chiuso,  tappato,  stoppato,  senza  farsi  vedere.  -  Stare, 
abitare  in  capo  a  uno,  stare  al  piano  di  sopra.  - 
Stare,  abitare  in  colombaia,  in  piccionaia,  all'ultimo 
piano  d'una  casa  alta.  -  Slare  in  privato,  in  quattro 
mura,  in  casa. 

Tapparsi  in  casa,  non  uscire  per  un  certo  tempo. 
-  Tornare  di  casa,  uscire  da  una  casa,  per  andare 
in  un'altra  già  abitata  o  nella  stessa  via,  nella  stes- 
sa piazza  dove  si  era  già  stati.  -  Tornarsene  ai 
patri  lari,  a  casa. 

Domicilio,  la  casa,  il  luogo  nel  quale  si  ha  la 
residenza  legale. 

Ciò  che  si  fa  nella  casa,  alla  casa,  della  casa. 

Voci  inerenti  —  Locuzioni. 

Nella  casa,  oltreché  provvedere  ai  bisogni  natu- 
rali della  vita,  come  si  disse,  si  attende  all'  e- 
conomia  domestica  a  più  di  un  lavoro,  massi- 
me da  parte  delle  donne  (fare  la  cucina,  tare  il 
bucato,  cucire,  ecc.)  e  a  più  faccende,  come  quelle 
dello  spazzare,  del  far  pulizia  in  generale,  di 
sciorinare,  ossia  stendere  i  panni,  ecc.,  ecc. 

Nella  casa.  —  Essere  accomodato  di  casa,  essere 
stabilito  in  una  casa.  -  Far  gala,  quando  si  esce 
dall'ordinario  neir  andamento,  nel  trattamento  di 
cucina  e  nel  resto.  -  tar  trattamento,  dar  pranzo. 

Guidar  la  casa,  tirar  avanti  la  casa,  averne  il 
governo,  riferito  a  famiglia.  -  Ricevere  {ricevi- 
mento), fare  le  accoglienze  a  chi  viene  in  casa  a 
far  visita.  -  Ridurre  il  piano  di  casa,  mettersi  in 
economia.  -  Star  bene,  star  male  in  mobilia,  averne 
molta  0  poca,  bella  o  brutta.  -  Tener  le  chiavi,  di 
chi  ha  il  maneggio  delle  cose  di  casa. 

Comodità,  l'agio,  V  agiatezza,  il  cotnodo  in 
una  casa.  -  Dozzina,  pensione,  il  prezzo  del  vitto 
e  dell'alloggio  in  una  casa  privata.  -  Economia, 
l'arte  di  tener  bene  gli  affari  domestici. 

Faccende,  le  cose  domestiche,  di  casa  {fare  il  ser- 
vizio di  casa,  le  faccende  domestiche).  -  Fatti  di 
casa,  gli  interessi,  le  cose  private.  -  Fatto  in  casa, 
di  cosa  non  comprata  fuori. 

Menage  (fr.),  il  governo  della  casa.  -  Pane  di 
casa,  minestra  di  casa,  fatti  in  casa.  -  Piede  di  casa, 
l'economia  domestica,  il  treno  di  casa.  -  Train,  voce 
frane;  figuratamente,  maniera  di  vivere,  lusso  di 
abiti,  masserizie,  servi,  corteggio  e  simili. 

Alla  casa. —  Assettare,  mettere  in  assetto,  in  or- 
dine. -  Atterrare,  demolire,  abbattere,  far  cadere, 
•  Dare  una  jregatina  con  un  cencio,  con  lo  stro- 
finaccio ;  dare  una  spazzalina,  una  stropicciata.  - 
Disfare  la  casa,  vendere  tutta  la  roba  di  casa  per 
non  vivere  più  in  famiglia;  figur.,  dissipare  ogni 
facoltà,  .'idurre  la  casa  in  miseria. 


Fare  a  lascia  podere,  strapazzare  una  casa,  un 
luogo,  ecc.  da  chi  tra  poco  lo  deve  lasciare.  -  Im- 
biancare, rifare,  intonacare,  far  dipingere  la  facciata 
d'una  casa,  espressioni  di  chiaro  significato.  -  In- 
tonacare dare  t'intonaco,  cioè  l'ultima  coperta  di 
calcina  sull'  arricciato  del  muro,  così  che  riesca 
liscio  e  pulito  {intonacatura,  l'operazione). 

Mutare,  purgare,  rinnovare  l'aria,  in  una  casa, 
aprire  porte  e  finestre  perchè  l'aria  vi  circoli  libe- 
ramente e  vi  si  rinnovi.  -  Pavimentare,  fare  il  pa- 
vimento. -  Rassettare  la  casa,  metterla  in  assetto, 
in  miglior  ordine,  provvederla  di  varie  cose  per 
abitarvi  più  comodamente  (modo  di  dire  improprio). 

Ravversare  la  casa,  rimettere  a  posto  le  cose  pri- 
ma disordinate.  -  Ravviare  casa,  stanze,  ecc.,  dar 
loro  sesto,  rimettere  in  ordine  mobili,  letti  e  ogni 
altra  cosa  che,  per  l'uso  fattone,  non  sia  nell'ordine 
nel  quale  dev'essere. 

Rifar  la  casa,  rifabbricarla  ;  anche,  rifornirla  di 
beni  che  erano  stati  perduti.  -  Riformile  la  casa, 
rinnovare  tutte  o  gran  parte  delle  masserizie  di 
essa,  comperando  le  cose  che  mancano,  rinnovando 
quelle  consunte  dall'uso,  ecc.  -  Riparare,  far  ripa- 
razioni, rimediare  a  questo  o  a  quel  guasto  pro- 
dotto dal  tempo  o  accidentalmente. 

Smobiliare,  levare  i  mobili  dal  luogo  dove  essi 
stavano,  come  suppellettile  di  casa.  Non  comune  ;  il 
solo  participio  è  usato.  -  Soffittare,  fare  la  soffitta  a 
una  casa  o  stanza.  -  Spazzare,  nettare  il  pavimento 
con  la  granata,  con  la  scojja.  -  Sventrare  (sven- 
tramento), demolire  una  o  più  case  per  allargare 
la  via,  aprire  una  piazza,  ecc.:  neologismo  d'uso. 

Tutelare  la  casa  dal  fulmine,  difenderla  col 
parafulmine.  -  Ventilare,  dare  aria  ad  un  ambiente. 
-  Votare  la  casa,  spogliarla. 

Della  casa.  —  Appigionaì^e,  dare  a  pigione; 
anche,  prendere.  -  Comperare  una  casa,  farne 
acquisto.  -  Dar  la  disdetta,  licenziare  la  casa;  an- 
che, andare  o  essere  mandati  via  da  una  casa.  - 
Licenziare  la  casa  che  si  ha  a  pigione:  non  rin- 
novare l'affitto. 

Spigionare  (verbo  neutro  passivo),  restare  senza 
inquillini,  detto  di  casa  o  di  quartieri  di  essa  (si 
spigiona  il  primo  piano  della  mia  casa).  Dicesi 
più  frequentemente  nel  participio  passato,  a  modo 
di  aggettivo.  -  Spigionamento,  il  restare  una  casa, 
e  simili,  spigionata.  ■  Subaffittare,  riaffittare  le  case 
prese  in  atfitto.  -  Vendere  la  casa,  cederne  la 
proprietà,  il  possesso  ad  altri,  contro  pagamento 
d'  una  data  somma.  -  lendei-e  a  porte  chiuse,  quan- 
do si  vende  con  tutto  quel  che  c'è  dentro. 

Voci  INERENTI.  -  -  Acconcini,  ristauri  di  case,  di 
edifici,  con  i  loro  affissi.  -  Casatico,  antica  imposta 
sulla  rendita  della  casa.  -  Fitto,  più  comun.  af- 
fìtto, contratto  pel  quale  si  può  occupare  un  appar- 
tamento, una  casa;  anche,  il  prezzo  relativo. 

Impianto,  il  mettere  su  casa,  riguardo  alla  mo- 
bilia e  a  quant'occorre  per  una  famiglia.  -  Ipoteca 
{ipotecare,  ipotecato),  iscrizione  ipotecaria:  provvedi- 
mento legale,  per  tutela  di  un  credito  o  di  un  di- 
ritto, vincolando  il  valore  di  una  casa.  -  Manu' 
tenzionc,  complesso  dei  lavori  che  si  fanno  per  te- 
nere una  casa  in  condizioni  da  poter  servire.  - 
Pigione,  prezzo  che  si  paga  al  padrone,  per 
aver  l'uso  di  una  casa,  o  di  una  parte  di  essa,  o 
d'altro  luogo.  -  Proprietà  fondiaria,  il  possedimen- 
to di  case  e  di  terreni. 

.San  Michele,  far  San  Michele,  in  Milano,  lo  sgom- 
berare, il  cambiare  alloggio;  in    altri    luoghi    delia 


459 


Lombardia,  far  San  Martino.  -  Scrina,  il  contratto 
col  quale  si  dà  e  si  toglie  a  pigione  una  casa,  un 
un  quartiere.  -  Tassa  sul  valore  locativo,  tassa  che 
si  paga  al  Comune,  in  proporzione  del  prezzo  di 
aflìlto. 

Locuzioni.  —  Avere  la  casa  a  muro  con  uno, 
contigua.  -  Avere,  possedere  tre  mattoni:  una  cata- 
pecchia, una  casuccia.  -  Essere  fuori  di  casa,  senza 
alloggio.  ■  Stare  a  pigione,  non  avere  casa  propria. 
-  Tener  casa  aperta,  aver  casa,  e  provvedervi  a 
tutte  le  spese  necessarie.  -  ìenere  cavallo,  carrozza, 
servi,  di  chi  ha  casa  riccamente  provveduta.  -  Te- 
nere una  casa,  un  appartamento:  in  affitto  o  per 
altre  ragioni. 


Delle    persone    cue    stanno    nella   casa 
A  dimora,  a  servizio,  a  lavoro,  ecc. 

A  DIMORA.  —  e  ialingo,  chi  sta  molto  in  casa, 
chi  attende  alle  xuse  domestiche,  senza  curarsi  del 
divertimento.  -  Casigliano,  casigliana,  denomi- 
nazioni che  si  danno  reciprocamente  le  persone 
che  abitano  in  una  medesima  casa,  ma  non  nella 
stessa  famiglia  (i  casigliani  dt  sotto  o  di  sopra, 
quelli  dei  piani  inferiori  o  superiori).  -  Cendrillon 
(frane),  ragazza  casalinga. 

[frontista,  il  proprietario  di  case  o  di  terreni  di 
fronte  a  strade,  fiumi,  passaggi.  -  Inquilino,  chi  sta 


Tav.  XXIL 


Casa  -  camera  da  letto  [veggasi  a  camera). 


1  letto  •  2,  baldacchino  ;  3,  cassettone  ;  4,  comodino  da  notte  ;  5,  alzata  del  cassettone  (specchio)  ;  6,  ar- 
madi a  snecchior7Ìavabus  o  tavolo  da  toeletta  ;  ^  9,  brocca  dell  acqua;  ip,  recipiente  per 
"acqua;  irbuttalà  per  asciugamani;  12,  poltrona  a  sdraio;  13,  poltrona;  U,  tappeto  da  pavimento;  lo,  lume; 
16,  porta-abiti  ;   17,  quadro  ;  18,  candeliere. 


in  una  casa  a  pigione,  rispetto  al  padrone.  -  Loca- 
tario, chi  prende  una  casa,  un  appartamento  in. 
affitto.  -  Locatore,  chi  dà  in  affitto.  . 

Massaia,  donna  che  accudisce  alle  faccende  e  alla 
economia  della  casa:  frane,  menagére.  -  Ospite, 
chi  dà  alloggio  gratuitamente,  e  anche  chi  é  allog- 
giato: ma  però  in  questo  secondo  significato  non 
si  direbbe,  nell'uso  presente,  senza  nota  di  affetta- 
zione. -  Padron  di  casa,  chi  possiede  una  casa  o 
più  case,  le  dia  o  no  a  pigione.  -  Pigionale,  chi 
prende  una  casa  per  abitarla:  pigionante,  inquilino. 

Rimpettaio,  più  comune  che  dirimpettaio,  chi  sta 
nella  casa  di  faccia.  -  Lomo,  donna  di  casa,  che  ab- 
ijada  a  casa,  e  si  cura  poco  dei  divertimenti,  di 
star  fuori.  -  Vicinante,  vicino  di  casa.  -  Viciname, 
i  vicini  di  casa.    -  Vicino,  chi  sta  di  casa  accanto 


a  noi  e,  talora,  anche  chi  sta  nella  nostra  casa  me- 
desima, nel  senso  stesso,  cioè,  di  pigionale:  ma  ha 
del  francese 

A  SERVIZIO.  —  Carrozziere,  veggasi  a  carrozza. 
-  Casiere  e  casiera,  chi  bada  alla  casa,  assenti  i 
padroni.  -  Dispensiere,  uomo  incaricato  della  di- 
spensa, nelle  case  dei  signori.  -  Fasservizi,  persona, 
specialmente  una  ragazza,  che  fa  i  servigi  più  or- 
dinari della  casa:    spazzare,  portar  acqua  e  simili. 

Governante,  donna  alla  quale  si  affida  il  governo 
della  casa.  -  Guardaportone,  in  Toscana,  l'incaricato 
di  stare  di  piantone  alle  porte  dei  palazzi  :  quasi 
sempre  in  livrea.  ■  Maggiordomo,  chi  nella  corte 
dei  principi  o  nelle  case  signorili  soprintende  alla 
amministrazione,  alla  servitù  :  maestro  di  rasa.  -  Por- 
tinaio, custode  della  porta:  frane,  concierge,  pipelet. 


460 


Servo,  nome  generico  delle  persone  dell'uno  e 
dell'altro  sesso,  che  prestano  servizio  in  una  casa, 
da  esse  però  distinguendosi  il  cameriere  e  la 
cameriera,  il  cuoco  e  la  cuoca,  ecc.  -  Stalliere,  reg- 
gasi a  stalla.  -  Suisse  (svizzero),  voce  irancese  per 
indicare  il  guardaportone  di  una  gran  casa,  in  assisa 
solenne.  -  Vinaio  della  casa,  quegli  al  quale  il  padrone 
commette  la  cura  di  vendere  il  suo  vino  al  minuto. 

-  Volacanteri,  chi  fa  i  più  bassi  servigi  di  casa. 

A  LAVORO.  —  Bottinaio,  chi  vuota  i  bottini 
ossia  le  latrine,  i  pozzi  neri.  -  Docciaio,  chi  fa 
le  docce  di  latta  ;  a  Firenze,  trombaio.  -  Operaio, 
l'artetìce  che  in  una  casa  esercita  il  suo  mestiere, 
come  muratore,  falegname,  fabbro,  imbianchino,  ecc. 

-  Sgomberatore,  sgombratore,  chi,  pagato,  fa  !o  sgom- 
bero. -  Spazzaturaio,  chi  esercita  il  mestiere  di 
spazzare  e  portar  via  le  immondizie. 

Affittacamere,  chi  per  industria  tiene  camere 
mobiliate,  per  affittarle  a  questo  e  a  quello,  a  un 
tanto  al  mese. 

Insieme  di  case  —  Proverbi  e  alcuni  modi  di  dire. 

Mitologia. 

Aggregato,  insieme  di  case.  -  Gasale,  aggregato  di 
poche  case  in  contado.  In  Toscana  è  voce  disu- 
sata, e  si  dice  o  borghicciuolo,  o  piccolo  borgo,  o 
anche  caseggiato.  Casale  rimane  però  come  nome 
proprio  di  molte  borgate  prossime  alle  città.  - 
Caseggiato,  terreno  aperto  con  case  più  o  meno  riu- 
nite; aggregato  di  case  poste  per  lo  più  lungo  una 
strada,  o  sul  fianco  di  una  piazza.  -  Cavalcavia, 
ponte  gettato  tra  una  casa  e  l'altra,  sopra  una  via. 

Ceppo  di  case,  corpo  di  case,  aggregato  di  molte 
case,  attigue  le  une  alle  altre  o  formanti  per  lo  meno 
un  gruppo  compatto,  separato  da  altre  case  per 
per  spazi  più  vasti  di  quelli  che,  per  avventura,  si 
trovassero  nel  ceppo  stesso.  -  Ghetto,  raccolta  di 
più  case  in  cui  abitano  gli  ebrei  in  alcune  città 
cristiane. 

Intercapèdine,  latinismo  di  alcuni  giureconsulti, 
e  anche  di  alcuni  architetti,  per  dire  quello  stretto 
spazio  tra  due  case  che  non  hanno  muro  divisorio 
comune.  L'intercapèdine  non  fa  pubblico  passaggio, 
e  i  muri  di  essa  non  ammettono  finestre,  o  altre 
aperture,  e  in  ciò  difTerisce  dal  chiassuolo.  -  Isola 
0  isolato,  ceppo  di  case  staccate  da  ogni  parte.  - 
Recinto,  spazio  chiuso  da   case,  muro,    piante,  ecc. 

Vicinato,  i  vicini  e  le  case  dove  essi  abitano. 

Proverbi.  —  Beala  quella  casa  che  sa  di  vecchio, 
dove  ci  sono  dei  vecchi.  -  Casa  posta  e  vigna  posta, 
non  si  sa  mai  quel  che  la  costa.  -  Casa  mia,  mam- 
ma mia:  la  nostra  casa  è  la  nostra  mamma.  -  Do- 
v'entra il  sole  non  entra  il  medico.  -  Il  vin  di  casa 
non  imbriaca:  in  casa  ci  si  vive  più  sicuri,  le  al- 
legrezze sono  più  sane.  -  In  quella  casa  c'è  poca  pace 
dove  gallina  canta  e  gallo  tace,  dove  comandano  le 
donne.  -  Triste  quella  casa  dove  gallina  canta  e 
gallo  tace,  in  quella  casa  c'è  poca  pace. 

Alcuni  modi  di  dire.  —  Bocca  chiedi,  oppure, 
chiedi  e  domanda,  quando  in  una  casa  c'è  tutto 
quel  che  uno  desidera.  -  Chi  cerca  lei?,  a  persona 
sospetta  che  entra  in  casa.  -  La  mia  casa  è,  pare 
una  locanda:  <love  capita  sempre  gente.  -  La  mia 
casa  non  è  mica  una  locanda,  lamentandosi  di  chi 
abusi  dell'ospitalità.  -  Non  stanno  bene  due  galli  in 
un  pollaio:  a  comandare  in  una  casa  non  si  può 
essere  in  due.  -  Oh,  di  casal  chi  di  casal,  modo  di 
chiamar  gente  d'una  casa. 


Mitologia.  —  Domacni,  geni  tutelari  della  casa 
presso  gli  Slavi.  -  Doomwoj  (voce  russa),  secondo  la 
credenza  popolare,  folletto  domestico,  piccolo  vec- 
chietto che  s'interessa  di  quanto  riguarda  una  fa- 
miglia, anche  molestando.  -  Lari,  o  Penati,  gli  dèi 
domestici,  i  geni  di  ogni  casa,  come  i  custodi  di 
ogni  famiglia,  figliuoli  di  Mercurio  e  di  Lara.  - 
Nume  tutelare,  il  nume  protettore  della  casa. 

Case  straniere.  —  Ajupa,  casa  di  selvaggi, 
capanna.  -  Attegia,  capanna  o  wigwam  moresco, 
fatto  di  canne  e  stoppia.  -  Balagan,  casa  d'estate 
dei  Camsciadali.  -  Buen-retiro  (spagn.),  casa  di  cam- 
pagna. -  Giirbi,  abitazione  degli  arabi,  capanna  o 
tenda.  -  Harem,  palazzo  o,  piuttosto,  appartamento 
delle  donne  in  Turchia. 

Isbà,  voce  russa,  capanna  coperta  di  paglia,  casa 
colonica.  -  Macsarat,  casa  fortificata  presso  i  Negri. 
-  Yourte,  casa  sotterranea  dei  Camsciadali,  -  Wig- 
loam,  casa  di  selvaggi  americani,  -  Zenana,  nelle 
case  signorili  persiane,  l'appartamento  delle  donne. 

Casa  antica. 

Casa,  la  capanna.  -  Casula,  qualunque  piccola 
capanna,  -  Chors,  o  cohors,  la  casa  colonica  o  fat- 
toria, annessa  ad  una  casa  di  campagna,  dove  si 
teneva  ogni  sorta  di  bestiame,  -  Magalia,  o  mapalia, 
voci  cartaginesi  che  dinotavano  le  case  dei  conta- 
dini: erano  capanne  circolari  o  coniche,  fatte  con 
rami  d'albero  o  con  canne.  -  laberna,  capanna  di 
legno,  antichissima,  presso  i  Romani,  -  lugurium, 
capanna  rustica  e  misera. 

Cella,  magazzino  a  pian  terreno  in  cui  si  ripo- 
nevano i  prodotti  d'ogni  genere;  anche,  le  diverse 
camere  che  contenevano  i  comodi  necessari  per 
bagnarsi.  -  Cellatio,  una  serie  o  insieme  di  piccole 
stanze  che  potevano  servire  a  vari  usi.  -  Chalciui- 
cum,  grande  portico  aggiunto  alla  facciata  d'en- 
trata d'un  fabbricato.  -  Conclave,  nome  generico  di 
ogni  stanza  non  di  passaggio  e  che  si  poteva  chiu- 
dere a  chiave,  -  Crypta,  lungo  corridoio  a  pian 
terreno,  che  riceveva  la  luce  da  una  fila  di  fine- 
stre in  una  delle  pareti  laterali,  simile  ai  nostri 
chiostri,  senonché  questi  hanno  un  colonnato  in- 
vece della  finestra.  -  Cryptoporticus,  costruzione 
uguale  alla  crypta,  ma  con  le  finestre  in  ciascuna 
parte, 

Dormitorium,  la  stanza  da  letto,  in  generale  pic- 
cola. -  Exedra,  grande  e  bella  sala  annessa  ad  un 
ginnasio  o  ad  una  casa  privata  di  prim'ordine;  ta- 
lora coperta  e  talora  esposta  all'aria  e  al  sole;  de- 
stinata 0  alla  riunione  di  persone  dotte,  o  a  rice- 
vere per  la  conversazione.  -  Fornix,  piccola  camera 
a  vòlta,  abitata  dagli  schiavi  e  dalla  povera  gente,  - 
Hibernacula,  le  stanze  da  inverno,  per  lo  più  esposte 
a  ponente. 

Lararium,  tabernacolo  nel  quale  si  riponevano  e 
si  adoravano  le  statue  dei  Lari.  -  Latrina,  come 
oggi,  luogo  comodo,  in  una  casa  privata.  -  Maenia- 
num,  terrazzino  sporgente  sulla  strada  da  uno  dei 
piani  superiori  di  una  casa.  -  Pinacoteca,  gal- 
leria di  quadri.  -  Pluteus,  la  mensola  o  lo  zoccolo: 
basamento  sporgente  dal  muro,  per  appoggiarvi  sta- 
tue, vasi  0  altri  oggetti  d'ornamento.  -  Porttcus, 
portico  0  colonnato,  aperto  da  due  parti. 

Sacràrium,  specie  di  cappella  privata,  nella  casa.  - 
Scalae,  scala  conducente  dal  pian  terreno  ai  piani 
superiori.  -  Solarium,  terrazzo  sopra  il  tetto  e  sopra 
il  portico  d'una  casa,  circondato  da  parapetto  e 
scoperto. 


401 


Thalamus,  gr.  talarnos,  stanza  da  ietto,  ma  più 
specialmente  la  principale,  quella  nella  quale  dor- 
mivano gli  sposi.  -  Zolheca,  gabinetto  segreto  an- 
nesso ad  uno  più  grande. 

Apoteca,  il  luogo  dove  si  mettevano  da  parte  e  si 
custodivano  le  anfore  con  le  provvigioni  de'  viveri 
e  d'altre  cose  destinate  a  vari  usi,  e  dove  si  faceva 
penetrare  il  fumo,  pensando  che  giovasse  ad  accre- 
scere la  fragranza  del  vino.  -  Inlestinum  opus,  le 
opere  in  legno  nell'interno  della  casa,  come  porte, 
intelaiature  di  finestre  e  simili:  ora,  afiìssi.  -  Pseudo- 
urbana,  in  una  fattoria,  la  parte  di  casa  fornita 
di  tutti  i  comodi,  destinata  al  padrone  e  alla  fa- 
miglia di  lui. 


Casa  greca. 

Nei  tempi  omerici,  la  casa  principesca,  o  signo- 
rile, constava  di  tre  parti  :  la  corte,  o  aula,  con  in 
mezzo  l'altare  di  Giove:  ad  essa  si  accedeva  dalla 
strada  per  una  porta  a  due  imposte;  a  lato  di  essa 
era  un  porticato,  poi  magazzini,  stalle,  camere  pei 
servi.  Di  fronte  alla  porta,  la  vera  casa,  e  innanzi 
ad  essa  un  portico  a  colonne;  spazioso  Vatrio,  dal 
quale  si  passava  neWanticasa,  o  prodomos,  altro 
atrio  più  interno,  o  lungo  andito,  nel  quale  si  al- 
loggiavano i  forestieri.  La  vera  casa,  alla  quale  si 
accedeva  dal  prodomo,  constava  della  sala  per  gli 
uomini,  delle  camere   per   le   donne,  della  camera 


Tav,  XXIIT. 


Casa  -  salotto  (veggasi  a  Sala). 


1,  quadro  -  2,  lampadario  -  3,  speccliio  -  4,  porta  -  5,  paracamino  -  6,  sedia  -  7,  statua  -  8,  pianoforte  - 
0,  sgabello  del  pianoforte  -  10,  portiera  -  11,  camino  -  12,  lume  -  13,  orologio  -  14,  poltrona  a  sdraio  - 15,  sgabello 
imbottito  da  salotto  -  16,  divano  -  17,  cuscino  da  divano  -  18,  alDum  da  cartoline  -  19,  vaso  da  fiori  -  20,  porta- 
ritratti -  21,  tavolo  -  22,  seggiolone  a  poltrona  -  23,  reggipiedi  o  posapiedi  -  24,  tappeto  -  25,  tendoni  da  balconi 
-  26,  candelabro  -  27,  soffitto  -  28,  cornicione  del  soffitto  -  29,  tavolino  -  30,  pavimento. 


nuziale,  dell'armeria  e  del  tesoro.  La  sala  per  gli 
uomini  (magaron)  aveva  probabilmente  apertura  sul 
tetto  per  dar  uscita  al  fumo  del  focolare  dove  si 
allestivano  i  cibi  pel  banchetto  che  si  teneva  nella 
medesima  stanza.  La  terza  parte  constava  delle 
stanze  per  la  famiglia  signorile,  che  si  chiamavano 
collettivamente  talami,  e  più  tardi  gineconitide,  ove 
si  perveniva  dal  megaron  per  uno  stretto  corridoio 
e  prima  in  una  sala  per  le  donne  della  famiglia  e 
le  ancelle.  Al  piano  superiore  vi  erano  altre  stanze 
per  la  famiglia  del  signore.  Gineceo,  o  gineconitide, 
era  la  parte  riservata  alle  donne.  Le  mesodme  di 
Omero  erano,  pare,  o  le  nicchie  tra  pilastro  e  pi- 
lastro, 0  gli  stessi  pilastri  alle  pareti  del  megaron. 
Vitruvio  ci  ha  lasciato  la  descrizione  della  casa 
signorile  greca  del   tempo    post-alessanJrino,  e  la 


parte  da  lui  detta  gineconitide  pare  rappresenti  il 
nucleo  della  casa  antica  greca.  Dopo  la  porta  v'era 
un  andito  detto  lirarion,  o  anche  tiron  e  pilon;  a 
destra  e  sinistra  di  esso  vi  erano  stanze  per  usi 
domestici:  la  stalla,  le  celle  pel  portinaio;  si  pas- 
sava dall'andito  nel  peristilio,  detto  anche  aule, 
cortile  aperto  e  circondato  da  colonnati,  meno  al 
lato  verso  mezzogiorno,  dove  invece  v'erano  due 
ante,  o  pilastri  quadrali  divisi  da  un  largo  spazio, 
che  sostenevano  un  cornicione  :  esse  formavano 
l'ingresso  ad  un  locale  che  s'internava  due  terzi 
della  distanza  tra  le  due  ante,  e  lo  chiamavano 
alcuni  prosias,  altri  parastas,  stanza  che  s'apriva 
internamente  nella  corte,  sala  aperta,  forse  quella 
stessa  che  i  Greci  dissero  pastas.  Più  all'interno, 
grandi  stanze  per  la  padrona  e  le  ancelle  filatrici; 


402 


CASA    —    CASA    DI   DIO 


a  destra  e  a  sinistra  della  prostade.  il  talamo  e  Van- 
jìtalamo,  forse  le  camere  delle  figlie.  Partenope,  il 
luogo  più  riposto  della  casa,  che  serviva  di  abita- 
zione alle  donzelle.  Intorno  al  peristilio,  il  triclinio, 
o  stanza  da  pranzo,  e  le  camere   per  i  servi. 

Andron,  o  androni'is,  lo  scompartimento  nella 
casa  greca,  destinato  esclusivamente  ai  maschi.  - 
Nel  gineceo,  ripetiamo,  abitavano  solo  le  donne, 
le  quali  avevano  per  lo  più  un  quartiere  separato 
allorché  appartenevano  a  buone  famiglie.  Stavano 
assai  ritirate,  a  segno  tale  che  non  mangiavano 
nemmeno  coi  loro  mariti  quando  fosse  in  casa  qual- 
che forestiero.  -  Mesaulos,  andito  o  corridoio  in  una 
casa  greca,  che  divideva  Vandronitis  dal  gynea- 
conitis.  •  Catagogio,  casa  di  ricovero  pei   forestieri 

Casa  romana  {domus). 

Constava  di  tre  principali  parti:  Yatrium,  spazio 
quadrato  coperto  da  un  tetto,  con  apertura  nel 
mezzo,  e  assai  sporgente  nell'interno.  Detto  cosi 
probabilmente  dall'italico  ater  (nero,  cioè  annerito 
dal  fumo  del  focolare  domestico),  \jatrium  si  disse 
tuscanicuvi,  forse  perchè  derivato  dall'Etruria.  Quindi 
ne  è  derivato  il  nostro  atrio,  quella  parte  coperta,  e 
d'ordinario  a  vòlta,  che  vien  subito  dopo  la  porta, 
ma  che  non  è  più  la  parte  principale  della  casa, 
anzi  la  parte  primitiva  ;  e  per  questo  a  Siena  e  a 
Benevento  la  cucina  si  dice  tuttora  casa,  come  già 
si  disse  atrium  regiiim  la  casa  di  Numa.  L'atrio 
fu  chiamato  anche  primae  aedes. 

Admissionales,  l'atrio  sulle  case  dei  patrizi  e  dei 
potenti  di  Roma.  -  Ala,  stanza  appartata  di  qua- 
lunque grandezza.  Alae,  le  stanze,  talvolta  laterali 
al  iablinum,  nelle  quali  si  conservavano  le  immà- 
gini degli  antenati.  -  Atriolum,  dimin.  di  atrium; 
anche  retro  atrio. 

Cavediimi,  cortile  coperto  in  parte  dal  tetto, 
spesso  con  portico  intorno.  -  Coenaculum,  la  stanza 
da  pranzo.  -  Chiostra,  cortile  con  portico  intorno. 
-  Complùvio  {compluvium),  spazio  nel  centro  del- 
l'edificio e  nel  quale  si  scaricavano  le  acque  plu- 
viali. -  Conclave,  nome  generico  di  ogni  stanza.  - 
Cubiculum,  la  stanza  da  letto. 

Dialhyrum,  andito  innanzi  alla  porta.  -  Dormito- 
rium,,  una  piccola  camera  da  letto.  -  Faux,  corri- 
doio che  formava  la  comunicazione  fra  le  due  prin- 
cipali divisioni,  l'atrio  e  il  peristilio.  -  Fornix,  pic- 
cola camera  per  gli  schiavi.  -  Fumarium,  una  stanza 
nella  parte  superiore  della  casa,  in  cui  il  fumo  dei 
camini  di  cucina  o  delle  fornaci  da  bagni  si  rac- 
coglieva prima  di  trovare  un'uscita  al  di  fuori.  Era 
anche  usata  come  dispensa  a  maturare  il  vino  e 
a  tenere  secca  la  legna  da  ardere. 

Hemicyclum,  una  stanza  semicircolare,  costruita 
per  lo  più  in  un  giardino,  con  un  sedile  tutt'm- 
torno  per  poterci  stare  a  conversazione.  -  Iliberna- 
cula,  le  stanze  da  inverno.  -  Hypogeum,  la  cantina. 
-  Impluvium,  nella  antica  casa  romana,  quel  piano 
più  basso  del  piano  della  casa  stessa,  nel  cortile, 
fatto  per  raccogliere  l'acqua  dal  tetto. 

Lacunar,  laquear,  speàe  di  cassettone,  o  specchio, 
0  compartimento,  in  un  soffitto  piano,  formato  dalle 
travi  0  correnti  che  sostenevano  il  tetto,  incrocian- 
dosi ad  un  angolo  retto.  -  Oeus,  la  sala  o  galleria, 
della  casa.  -  Ostium,  l'ingresso  (porta  e  vestibolo 
insieme).  -  Peristilio,  il  cortile  con  portico,  da  due, 
da  tre,  da  quattro  lati,  aggiunto  alle  loro  case  dai 
Romani,  probabilmente  dopo  che  ebbero  conosciuto 
la  casa  greca.  -  Prothyrum,  (protiro),  l'entrata  e  l'an- 


dito fra  il  portone  di  strada  e  la  porta  del  quar- 
tiere. -  Puteal,  il  parapetto  della  cisterna. 

Tablinum,  lo  studio,  l'archivio  e  il  salotto  da  ri- 
cevere, posto  fra  l'atrio  e  il  peristilio  :  da  esso  il 
padrone  poteva  sorvegliare  tutta  la  casa;  anche, 
parte  della  casa  degli  antichi  nella  quale  erano  le 
pitture,  ecc.  -  Tesludo,  soffitto  formato  da  quattro 
parti  convergenti  al  centro.  -  lalamus,  la  stanza 
da  letto,  ove  dormivano  gli  sposi.  -  Irichila,  spe- 
cie di  pergolato  per  pranzare  all'aperto.  ■  Triclinium. 
(triclinio),  stanza  da  mangiare,  ov'erano  tre  letti. 
Lo  si  chiamava  biclinium  allorquando  i  letti  erano 
due.  -  Vestibiilum,  una  specie,  si  crede,  di  anti- 
porta ;  fors'  anche,  spazio  dinanzi  ai  palazzi,  cosi 
detto  perchè  vi  si  collocava  un  simulacro  di  Vesta. 

Atriensis  era  il  guardiano  dell'atrio,  il  mastro 
.  di  casa.  -  Ostiario,  il  portinaio.  -  Edile,  magi- 
strato romano  che  aveva  la  sorveglianza  della  casa 
e  degli  altri  edifici. 

Casa  medioevale  italiana. 

I  palazzi  medioevali  ebbero  di  particolare  i 
merli  al  sonimo  dei  muri  esterni,  perché  spesso  si 
convertivano  in  fortezza  contro  le  avverse  fazioni 
cittadine;  e  per  la  stessa  ragione  la  finestra  molto 
alta  del  primo  piano,  e  i  fori  per  introdurre  le 
travi  da  palazzo  a  palazzo  a  fine  di  far  ponti  da 
combattere  le  genti  che  nella  via  dava  l'assalto. 
Le  finestre  erano  spesso  a  sesto  acuto,  intramez- 
zate da  graziose  colonnelle.  Fuori  del  portone,  lun- 
go il  muro  della  facciata  correva  un  ampio  sedile 
di  pietra,  ove  sedeva  sulla  sera  la  famiglia  a  chiac- 
chierare coi  vicini  e  gli  amici.  A  Genova,  nel  secolo 
XII  e  nel  XIII,  le  case  signorili  si  facevano  di 
pietra  sino  al  secondo  piano,  di  mattoni  di  qui 
sino  al  tetto,  il  quale  si  copriva  di  ardesia,  di  La- 
vagna. I  privati  cittadini  di  Venezia,  di  Genova, 
di  Firenze  avevano  abitazioni  più  belle  che  non  i 
re  d'oltr'alpe  :  abitazioni  spesso  con  ampi  por- 
tici e  con  ogni  comodità  :  camere  e  retroca- 
mere, sale  e  retrosale,  gineceo,  andronile,  bagno, 
forno,  atrii  e  scale  magnifiche.  Le  finestre  di  tela 
bianca  e  sottile  inoliata  o  incerata,  e  talvolta  di- 
pinta, lasciavano  penetrare  una  pallida  luce.  Nel 
secolo  XIII,  a  Genova,  i  vetrai  costituivano  già  una 
corporazione  d'arte.  Si  ornavano  le  pareti  di  arazzi 
tessuti  a  figure;  o  di  pelli  conce,  argentate  e  dorate, 
più  che  le  tele  resistenti  all'umidità,  arte  c'ie  i  no- 
stri insegnarono  poi  agli  Spagnuoli  e  ai  Francesi. 
Nella  Spagna  è  tuttora  viva  la  denominazione  di 
cuoi  d'oro;  in  Francia  chiamaronsi  or  basane  (da 
basane,  alluda  o  cuoio  sottile)  e  bergames.  Sebbene 
le  finestre  coi  vetri  fossero  rare  sino  al  XV  secolo, 
pure  si  usarono  in  antico;  non  solo  da  Lattanzio, 
infatti,  si  ha  notizia  del  IV  secolo  di  Cristo,  ma 
le  scoperte  di  Pompei  ci  hanno  rivelato  che  li  si 
usavano  dal  tempo  dei  primi  imperatori.  I  camini,  i 
fumaiuoli  si  usavano  a  Venezia  sino  dal  1069  e 
non  erano  novità. 

Casa.  Casato,  lignaggio,  stirpe.  -  Intera  fami- 
glia. -  Famiglia  di  principi,  di  regnanti,  dina- 
stia. -  Famiglia  religiosa  (veggasi  a  religioso).  • 
('ompagnia  di  commercio,  ditta.  -  Paese  proprio, 
patria. 

Casa.  Termine  del  giuoco  di  tavola  reale» 

Casa  del  popolo.  Veggasi  a  popolo. 

Casa  di  correzione.  Luogo  di  pena  per 
discoli. 

Casa  di  Dio.  La  chiesa. 


CASA    DI    EDUCAZIONE    —    CASERMA 


463 


Oasa  di  educazione.  Il  collegio. 

Gasa  di  forza.  La  prigione. 

Oasa  di  giuoco.  Veggasi  a  giuoco. 

Casa  di  ricovero.  Veggasi  ad  asilo. 

Gasa  di  salute.  Specie  di  ospedale  privato. 
Anche,  manicomio. 

Gasa  di  tolleranza.    Veggasi  a  postribolo. 

Gasa  operaia.  Detto  ad  operaio. 

Gasa  religriosa.  Il  convento. 

Gasacca.  Sorta  di  giacca. 

Gasacchino.  Giacchetta,  sopravveste  da  donna. 

Gasale.  Veggasi  a  casa. 

Gasallngo.  Di  casa  -  Che  sta  molto  in  casa  ; 
famigliare,  di  famiglia, 

Casamatta.  Edilicio  militare,  parte  d'una  for- 
tezza 0  di  una  fortificazione. 

Casamento.  Ceppo,  gruppo  di  case:  veggasi  a 
casa. 

Casaro.  Chi  confeziona  e  custodisce  il  for- 
maggio. 

Casata.  Lignaggio,  stirpe  -  Più  d'una  fami- 
glia dello  stesso  stipite. 

Casato.  Il  cognome  di  una  famiglia  e  di  una 
persona. 

Cascàggine.  Abbandono  del  corpo  per  sonno 
0  per  malattia.  -  Anche,  lezio,  affettazione,  sdi- 
linquimento. 

Cascame,  cascami.  Veggasi  a  seta. 

Cascamòrto.  Chi  ostenta  amore  svenevol- 
mente: chi  fa  il  vagheggino. 

Cascante.  Affetto  da  cascàggine,  debole;  an- 
che, stanco,  sfiaccolato. 

Cascare  (cascante,  cascata,  cascato).  Lo  stesso 
che  cadere. 

Cascarilla.  Corteccia  d'una  pianta  euforbiacea, 
medicinale:  detta  anche  falsa  clUiia,  o  china  aro- 
matica. 

Cascata.  L'atto  del  cadere. 

Cascata.  Salto,  balzo  che  fa  l'acqua  corrente 
precipitando  dall'alto  al  basso,  per  lo  più  in  monte; 
passaggio  per  una  depressione  improvvisa  del  suo 
letto  che  subisce  un  fiuìne  nel  suo  corso,  per  cui 
la  corrente  precipita  con  rumore  dal  più  alto  al 
più  basso  livello.  -  Cascatella,  piccola  cascata. 
-  Cateratta ,  cascata  naturale  di  grande  fiume  ; 
cascata  mollo  ampia  e  profonda.  Salto,  se  i  fiumi 
si  precipitano  verticalmente  o  quasi;  rapida,  se 
scorrono  sopra  un  letto  fortemente  inclinalo.  -  Sco- 
p/i^ra,  cateratta  naturale  dei  fiumi  che  scendono 
dall'alto. 

Catadiipa,  luogo  dove  sono  fragorose  cascate  d'ac- 
qua. -  Dirocciare,  scorrere  in  cascate,  avvallare,  fare, 
produrre  cascata.  -  Polverio,  d'acqua  che  spruzza  da 
una  cascata. 

Cascaticcio.  Di  fiore,  di  frutto  facile  a  cadere. 

Cascatolo.  Cascante,  debole. 

Cascherino.  Garzone  del  prestinaio. 

Gaschétto.  Antica  armatura;  specie  di  elmo. 

Cascina.  Parte  della  casa  colonica;  luogo  dove 
SI  tengono  le  mucche  per  fare  del  loro  latte  il 
burro,  il  formaggio  e  altri  prodotti  del  casei- 
ficio: latteria,  vaccheria.  -  Fienile,  usato  in  Lom- 
bardia per  cascina.  -  Cascinaio,  proprietario  d'una 
cascina;  sovrintendente  ai  lavori  di  essa,  ossia  del- 
Y agricoli  ara. 

Cascina.  Stampo  che  si  dà  al  foìmiaggio^  pro- 
sciugandolo. 

Cascinàio.  Detto  a  cascina. 

Casco.  Gaschétto,  sorta  di  elmo  e  di  cappello 
militare. 


Càscola.  Sorta  di  gratto. 

Caseggiato.  Lo  stesso  che  casamento,  ceppo, 
gruppo  di  case.  -  Veggasi  anche  a  casa. 

Oaseiflcio.  Complesso  delle  industrie  che  tr.U- 
tano  il  latte  per  ricavarne  i  diversi  prodotti  ali- 
mentari che  esso  contiene,  cioè  il  burro,  il  fot'- 
maggio,  la  ricotta,  ecc.  In  Italia  si  hanno  stazioni 
di  caseificio,  nelle  quali  si  studiano  i  processi  im- 
piegati all'uopo  e  si  cerca  di  migliorarli.  La  produ- 
zione del  burro,  del  formaggio  e  del  resto  effettuan- 
dosi anche,  e  sopratulto,  in  quello  stabilimento  in- 
dustriale che  comunemente  si  chiama  latteria,  veg- 
gansi  a  questa  voce  i  termini  relativi  alle  opera- 
zioni, agli  apparecchi,  agli  utensili  diversi,  ai  pro- 
dotti, ecc. 

Caseina.  La  più  importante  sostanza  proteica 
del  latte. 

Casella.  Divisione,  scom2ìartimento  in  un 
mòbile  0  in  checchessia,  per  collocarvi  distinta- 
mente qualsivoglia  cosa. 

Casellante.  Il  cantoniere. 

Casellario  giudiziario.  Detto  a  tribunale. 

Casello.  La  casa  del  cantoniere. 

Casco.  La  sostanza  coagulabile  del  latte. 

Casereccio.  Casalingo,  di  casa. 

Caserma.  Edificio,  per  lo  più  di  vaste  propor- 
zioni, destinalo  ad  alloggiare  soldati;  ordinaria  abi- 
tazione della  milizia  in  città,  e  nells  quale  sono 
stabiliti  gli  uffici  e  i  magazzini  dei  corpi  e  dei  di- 
stretti ;  qualunque  edificio  temporaneamente  desti- 
nato ad  alloggiamento  di  truppe:  quartiere.  Se 
molto  ampia,  vi  ha  sede  un  intero  reggimento; 
in  caso  diverso,  un  battaglione,  uno  squadrone,  o 
qualche  compagnia. 

Camerata,  camerone ,  la  stanzn,  o  corsia,  dove 
stanno  e  dormono  i  soldati.  -  Cella,  la  prigione, 
specialmente  di  rigore.  -  Cucina,  luogo  dove  si 
prepara  e  si  cuoce  il  rancio.  -  Fureria,  la  stanza 
0  le  stanze  dove  il  comandante  di  compagnia  ha 
il  suo  ufficio.  -  Guardiolo,  corpo  di  guardia,  il  li;ogo 
dove  stanno  alcuni  soldati  (uno  di  sentinella),  con 
un  graduato,  a  vigilanza  della  caserma.  -  Magaz- 
zino, locale  in  cui  sono  raccolte  le  armi  e  gli  og- 
getti di  vestiario  per  rifornimento  dei  soldati.  - 
Maggiorità,  i  locali  occupati  dal  comando  e  dagli 
uffici.  -  Sala  d'armi,  stanza  dove  si  conservano  le 
armi,  o  nella  quale  si  fa  la  sellerina.  -  Sala  di 
convegno,  la  sala  di  ritrovo  o  di  conversazione  degli 
ufficiali  0  dei  solt'ufficiali.  -  Sala  di  discijdina,  la 
prigione  per  i  sott'uflìciali.  -  Vivanderia,  locale  de- 
stinato al  vivandiere  per  lo  smercio  de'  suoi  generi 
ai  soldati  :  nell'uso,  cantina.  In  essa,  spesso,  il  vi- 
vandiere prepara  anche  la  cosidetta  mensa,  cioè  la 
tavola  per  gli  ufficiali  e,  separatamente,  per  i  sol- 
t'ufficiali. 

Plancia,  nel  linguaggio  d'uso,  l'assicciuo'a  do^e  i 
soldati  depongono  i  loro  arnesi.  -  Raslielhera,  mo- 
bile sopra  il  quale  si  dispongono  le  arnji  nel  tempo 
che  i  militari  non  le  portano  -  Sacchi  da  campo, 
materiale  da  caserma  fuori  modello:  sostituì.» cono 
le  lenzuola  per  le  truppe  accantonate  od  accanii  ate. 
Tavolaccio,  rozzo  giaciglio  pei  prigionieri  e  pei  corpi 
di  guardia.  Anche,  pancaccio. 

Gavetta  {gamella),  sorta  di  recipiente  di  lamiera, 
nel  quale  è  distributo  il  rancio  ai  soldati.  -  Mai  • 
mitta,  pentola  di  metallo  da  cuocere  il  rancio  e  da 
distribuirlo.  -  Garetta,  o  garitta,  torricella  di  le- 
gname alle  porte  delle  caserme,  delle  fortezze,  ecc., 
per  tenervi  riparata  la  sentinella. 

Armaiuolo,  il  militare  che  accudisce    alla   ri- 


46i 


CASIERE    —    CASO 


pirazione  delle  armi,  e  all'uopo  ha  un'officina  nella 
caserma.  -  Casermiere,  custode  della  caserma.  - 
Piantone,  soldato  incaricato  del  servizio  d'usciere 
presso  i  vari  uffici  o  furerie;  soldato,  senza  fucile, 
messo  di  guardia  ad  un  luogo.  -  Picchetto,  servizio 
(24  ore)  di  ufficiale  subalterno  incaricato  di  sorve- 
gliare il  servizio  interno  del  quartiere.  -  Quarti- 
gtieì-e,  soldato  di  servizio  (pulizia,  ordine  e  sicu- 
rezza) nel  quartiere,  sotto  gli  ordini  del  caporale 
di  settimana.  -  Ranciere,  ranciero,  soldato  o  capo- 
rale che,  per  turno,  attende  all'ammannimento  de! 
rancio.  -  Vivandiere,  colui  che  provvede  di  vino  o 
di  generi  alimentari  i  soldati  nelle  caserme,  negli 
accampamenti,  ecc.;  veste  in  borghese,  ma  è  sog- 
getto alla  disciplina   militare. 

Scalcinato,  nel  gergo  delle  caserme,  detto  di  sol- 
dato 0  di  ufficiale  male  in  arnese,  poco  ordinato, 
inelegante,  impacciato.  -  Scarpone,  altra  voce  del 
gergo  :  ufficiale  non  elegante  (ordinario,  rozzo).  - 
Saltar  la  barra,  locuzione  delle  caserme:  vale  uscire 
dal  quartiere  in  modo  clandestino,  saltando  impedi- 
menti ed  eludendo  custodie. 

Libera  uscita,  permesso  accordato  alla  truppa  di 
assentarsi  dal  quartiere  per  determinate  ore.  - 
Rancio,  vitto  che  si  ammannisce  ai  caporali  e  sol- 
dati. -  Ritirata,  il  rientrare  in  quartiere,  finito  il 
tempo  d'uscita  libera  concesso  ai  militari  di  truppa. 

Servizio  di  quartiere,  tutte  quelle  operazioni  che 
hanno  per  oggetto  il  mantenimento  dell'ordine, 
della  pulizia,  del  vitto  e  dell'igiene  della  truppa 
(frane,  corvée). 

Silenzio,  segnale  che  prescrive  la  chiusura  delle 
sale  di  ritrovo  dei  sottufficiali,  dei  laboratori,  delle 
vivanderie,  e  che  i  militari  non  di  servizio  si  co- 
richino ed  osservino  uno  stretto  silenzio.  •  Specchio, 
tabella  determinante  le  ore  e  la  successione  delle 
varie  operazioni  di  servizio.  -  Sveglia,  il  segnale  di 
tromba  suonato  al  momento  in  cui  i  soldati  devono 
alzarsi  da  letto. 

Prigione  semplice,  punizione  inflitta  ai  caporali 
e  ai  soldati  per  mancanze  alla  disciplina  e  al  ser- 
vizio, di  qualche  gravità,  ma  non  recidive  e  anche 
per  mancanze  leggere,  ma  più  volte  ripetute:  da 
uno  a  trenta  giorni;  per  essa,  il  punito  presta 
servizio  di  giorno  e  dorme  in  prigione  la  notte.-  - 
Prigione  di  rigore,  punizione  inflitta  per  mancanza 
ritenuta  grave:  da  uno  a  quindici  giorni,  e  il  pu- 
nito sta  sempre  chiuso  nella  prigione,  tranne-  un'ora 
0  due,  in  cui  lo  si  fa  uscire   per  prendere  aria.  - 

Sala  di  disciplina  semplice,  punizione  inflitta  ai 
sott'  ufficiali  per  mancanza  alla  disciplina  e  al 
servizio,  di  qualche  gravità,  ma  non  recidiva,  e 
anche  per  mancanze  leggere,  ma  più  volte  ripetute. 
-  Sala  di  disciplina  di  rigore,  punizione  inflitta  ai 
sott'ufficiali  per  mancanze  gravi  alla  disciplina  e 
al  servizio,  e  anche  per  recidività  a  mancare. 

Casermare,  accasermare,  mettere  i  soldati  nelle 
caserme.  -  Casermaggio,  insieme  delle  cose  necessa- 
rie per  alloggiare  comodamente  gli  ufficiali  e  i  sol- 
dati (li  un  corpo  qualunque;  anche,  le  spese  relative. 

Casicro,  casiéra.  Il  guardiano  e  la  guar- 
diana della  casa 

Oasip^liano.  Coabitante  in  una  stessa   casa. 

Gasino.  Piccola  villa.  -  Luogo  di  convegno  in 
città:  nell'uso,  circolo,  club. 

Gasipola.  Meschina  casa. 

Casista.  Il  teologo  che  tratta  dei  casi  di  co- 
scienza. 

Casistica.  Parte  della  teologia. 


Caso  (casuale).  Qualsiasi  avveniìnento  fortuito; 
effetto  non  previsto  o  non  sicuramente  prevedibile 
della  sorte,  della  fortuna;  cagione  alla  quale, 
irrazionalmente,  si  attribuiscono  gli  avvenimenti: 
accidentalità,  cosa  accidentale;  azzardo,  evento,  even- 
tualità, combinazione.  Dicesi  anche  in  significato  di 
sventura  o  disgrazia,  di  un  male  che  incolga 
e  di  qualche  fatto  determinato,  come  pure  di  ciò 
che  si  riferisce  ad  alcuno  o  lo  riguarda.  Il  caso, 
dal  latino  casus  (caduta),  era  per  gli  antichi  una 
specie  di  potenza  occulta,  considerata  come  la  causa 
(Ji  ciò  che  succede.  I!  caso  può  essere  di  svariatis- 
sima  natura:  buffò,  curioso,  singolare,  nuovo,  raro, 
strano;  improvviso,  repentino;  imprevisto,  previsto; 
fortunato,  disgraziato  ;  deplorevole,  pietoso,  ecc.  ecc. 

Avventizio,  che  viene  da  fuori  e  si  aggiunge  per 
caso.  -  Casuale,  proveniente  dal  caso  o  che  ad  esso 
si  può  attribuire;  che  si  fa  o  che  avviene  per  caso, 
accidentale,  accidentario,  accidentalissimo;  d'azzardo, 
eventuale;  fortunevole,  fortuito;  occasionale,  occa- 
sionato. -  Fortunoso,  sottoposto  a  molte  vicende,  a 
molti  casi.  -  Mandato  dal  cielo,  venuto  molto  op- 
portunamente, a  norma    del   caso:   provvidenziale. 

Accidente,  accidenti,  tutto  ciò  che  non  è  essen- 
ziale, ma  fortuito,  in  una  cosa  qualunque.  -  Caso 
emergente  (emergenza),  caso  imprevisto  :  caso  for- 
tuito, ogni  accidente,  per  lo  più  non  preveduto  e  die 
impedisce  ad  alcuno  di  eseguire  la  propria  obbli- 
gazione ;  forzato,  fatto  fuori  dell'uso  naturale;  caso 
particolare,  singolare,  eccezionale;  caso  semplice, 
pratico,  imbroglialo,  difficile,  fatto  caratteristico; 
specifico,  speciale  di  un  determinato  ordine  di  cose, 
tale  da  non  confondersi  con  altri;  straordinario, 
fuori  del  comune;  traverso,  avverso,  contrario;  caso 
vergine,  di  fatto  non  avvenuto  mai,  o  di  cui  non 
si  è  mai  discusso,  ragionato,  sentito  parlare.  -  Chance, 
parola  francese,  di  largo  uso,  che  supplisce,  alle  ita- 
liane: fortuna,  combinazione,  probabilità,  alea,  caso. 

Circostanza,  vale  ricorrenza,  occasione,  con- 
giuntura, condizione,  tempo,  avvenimento.  -  Con- 
comitanza, accompagnamento  di  circostanze,  di 
casi.  -  Evenienza,  lo  stesso  che  occorrenza,  oc- 
casione, avvenimento,  caso.  -  Fattispecie,  il  caso  in 
questione.  -  Forza  maggiore  {caso  fortuito),  accidenti 
a  cui  l'uomo  viene  fatalmente  sottoposto,  non  po- 
tendoli né  prevedere,  né  prevenire.  -  Il  caso  d'una 
persona,  la  circostanza  speciale  in  cui  si  trova.  - 
Incidente,  caso  che  viene  ad  interrompere  acciden- 
talmente. 

A  caso,  senza  determinato  proposito  :  a  casaccio, 
alla  ventura,  alla  ricisa;  a  benefizio  di  fortuna,  a 
beneficio  di  natura;  a  fortuna,  a  sorte,  al  vento; 
a  bàmbera,  a  bandiera,  a  vànvera,  alla  balorda, 
alla  babbalà,  alla  sfatata;  baloccone. 

Casualmente  :  per  caso,  senza  che  si  aspetti  o  sia 
da  noi  predisposto;  per  quella  combinazione  di 
cose  che  si  suole  attribuire  al  caso;  accidentalmente, 
fortuitamente,  per  accidente,  per  fortuito,  per  ab- 
battenza  (Fanfani),  occasionalmente;  per  avventura, 
per  ventura  ;  a  caso  e  a  fortuna  ;  come  piacque  a 
Dio. 

In  caso,  nel  caso,  nel  caso  che,  accennando  a  cosa 
che  possa  succedei'e,  o  si  deve  supporre:  quando, 
qualora  si  verifichi  una  data  evenienza,  condi- 
zione 0  simile;  avvenendo;  se  mai...;  posto  che..., 
in  evento  che...  -  Dato  il  caso,  quando  il  caso  è 
ammesso.  -  Per  il  momento,  per  la  circostanza,  per 
il  caso  prossimo. 

Capitare,  venire,  arrivare  casu.^lmente  in  un 
luogo:  battere,  trabattere;  incontrare;  avere  una 


CASO    —   CASSATICCIO 


46o 


data  sorte,  una  data  fortuna.  •  Essere  in  balia  del 
caso,  della  sorte,  della  fortuna.  -  Imbattersi,  di  cose 
clie  dipendono  dal  caso. 

Caso.  Termine  di  grammatica. 

Caso  di  coscienza.  Detto  a  coscienza. 

Casolare.  Dicesi  di  casa  piccola  e  meschina; 
anche,  di  casa  scoperta,  spalcata  o  in  altro  modo 
diruta. 

Casóne.  Grande  casa. 

Casoso.  Ciii  fa  caso  a  tutto,  è  meticoloso,  ha 
paura  o  sospetto  d'ogni  cosa. 

Casotto.  Piccola  stanza,  piccolo  ricovero,  di 
legno  0  d'altro,  per  guardie  daziarie,  cantonieri  di 
ferrovia,  sentinelle  (e  allora  chiamasi  garitta),  ecc.: 
guardiola,  guardiolo,  chiesola. 

Càspita.  Esclamazione  di  meraviglia. 

Cassa.  Arnese  di  legno,  per  lo  più  con  serra 
fura,  di  varia  capacità,  di  forma  rettangolare,  col 
coperchio  che  si  alza  e  si  abbassa,  da  chiudersi  a 
chiave:  serve  a  riporvi  roba,  specialmente  vesti, 
panni,  biancheria,  ecc.,  e  in  tal  caso  le  sue  parti 
sono,  press'a  poco,  quelle  stesse  del  baule.  Anche, 
mobiletto  di  varie  foggie  e  dimensioni,  per  riporvi 
denaro.  Ogni  arnese  che  ne  contenga  un  altro 
simile.  Anche,  la  stanza  d'un'  amministrazione 
dove  si  fanno  i  pagamenti  e  le  riscossioni,  nonché 
tutta  la  quantità  di  danaro  che  si  ha  a  disposizione 
nella  cassa.  E'  pure  nome  di  vari  istituti  o  aziende, 
che  stabiliscono  fondi  o  depositi  per  uno  scopo 
determinato.  Cosi:  Cassa  di  pensioni  o  di  ritiro,  di 
risparmio,  di  ammortizzazione,  di  depositi,  di  pre- 
stiti ;  cassa  nazionale,  rurale,  ecc.  -  Cassetta  {cas- 
settina,  cassettella),  piccola  cassa  ;  detta  anche  con 
altri  significati.  -  CassoncinOj  cassone,  cassonetto, 
cassettone,  cassa  grande.  -  Cassaio,  chi  fabbrica 
casse. 

Arca,  forziere,  cassa;  la  gran  madia  nella  quale, 
in  alcune  case,  si  intride  la  farina  per  fare  il  pane; 
antic,  albone;  matterà  (Pantani).  -  Arcile,  cassone  a 
foggia  d'arca,  per  tenervi  biade,  farine,  ecc.  -  Arci- 
predola,  specie  di  cassone  da  tener  granaglie  e  altra 
roba  (disus.).  -  Cassa  dello  Stato,  l'erario.  -  Cassa- 
forte, cassa,  per  lo  più  di  metallo,  per  custodia  di 
denaro  e  di  valori,  con  chiave  e  serratura  spe- 
ciale, il  tutto  di  complicato  congegno,  in  modo 
che  sia  impossibile  o  molto  difficile  aprirla:  for- 
ziere (forzieretto,  forzierino,  forzieruzzo),  scrigno. 
Di  solito,  ora,  la  si  costruisce  doppia,  cioè  si  fanno 
due  casse:  una  esterna  che  ne  racchiude  un'altra 
più  piccola,  e  fra  le  due  si  mette  uno  strato  di 
materia  isolante  (sabbia,  amianto,  composizioni  spe- 
ciali), per  difesa  contro  eventuale  incendio.  -  Cas- 
samadia,  specie  di  cassa  che  serve  anche  da  madia. 
-  Cassapanca,  cassone  piuttosto  lungo,  con  coper- 
chio, mobile  da  contadini,  che  vi  tengono  abiti  e 
biancheria:  cofano,  pancaccio  (Fanfani),  suppediano. 
Chiuso,  serve  da  sedile.  -  Cassina,  caminiera,  cassa 
elegante  in  cui  si  tengono  pezzi  di  legna  da  ardere: 
è  di  mogano  o  di  altro  legno  gentile,  coperta  in 
parte  da  una  ribalta  piana  o  concava,  mastiettata 
all'attiguo  piano,  sul  quale  s'aggiunge  talora  uno 
scaffalino  a  pochi  palchetti,  da  tenervi  alcuni  libri 
per  comodo  di  leggerli  accanto  al  fuoco.  -  Cofano, 
cassa  0  forziere,  per  lo  più  d'una  certa  eleganza.  - 
Cofanetto,  piccolo  cofano.  -  Controcassa,  o  contrac- 
cassa,  cassa  che  ne  chiude  un'altra  ;  meno  comunem., 
sopraccassa. 

Madia,  specie  di  cassa  su  quattro  piedi:  arca. 
Cassa  abbarcata  dove  si  versa  la  polvere  per  far 
tartocci.  -  Soppediano,  o  soppidiano,  specie  di  cassa 


bassa  che  anticamente  si  teneva  intorno  al  letto.  - 
Tamhuto,  cassa  simile  al  soppediano.  -  Tramoggia, 
sorta  di  cassa  per  immergere  il  calcestruzzo  nell'ac- 
qua perchè  non  perda  la  forza. 

Operazioni  di  cassa. 
Persone  e   cose  diverse    inerenti. 

Aprire  cassa,  aprire  gli  sportelli,  nell'uso,  in- 
cominciare i  pagamenti;  prelevarne  il  denaro  per 
questi.  -  Fare  il  resto  di  cassa,  riscontrare  quanto 
denaro  resta  in  cassa.  -  Fare  un  voto  o  vuoto  di 
cassa:  portar  via,  appropriarsi  il  denaro  della  cassa 
0  dell'amministrazione  che  si  aveva.  -  Incassare  (in- 
casso), mettere,  chiudere  nella  cassa;  anche,  ritirare 
denaro,  ricevere  un  pagamento,  riscuotere,  in- 
troitare (introito).  -  Riscontrare  [riscontro),  fari-  la 
verifica  di  cassa,  per  constatare  se  la  giacenza  della 
somma  corrisponde  con  i  pagamenti  e  gli  introiti 
fatti.  -  Scassare  (scassatura,  scasso),  levare  dalla 
cassa,  in  tutti  i  sensi,  ina  per  lo  più,  in  significato 
di  forzare  una  cassa,  per  furto.  -  Scassincìre,  gua- 
stare, sconquassare.  -  2  enere  la  cassa,  avere  in  cu- 
stodia il  denaro. 

Cassiere  (cassiera),  chi  tiene  ed  amministra  la 
cassa,  il  danaro:  tesoriere. 

Capitale  liquido,  il  ricavo  ottenuto  da  una  li- 
quidazione, rappresentato  dalla  somma  di  danaro 
che  deve  esistere  in  cassa.  -  Fondo,  resto  di  cassa, 
quel  che  rimane  dopo  la  liquidazione  dei  conti; 
il  capitale  di  riguardo.  -  Libro  di  cassa,  il  registro 
sul  quale  il  cassiere  tiene  conto  delle  somme  in- 
troitate 0  pagate.  -  Pagamento  a  pronta  cassa,  o 
pronta  cassa:  in  commercio,  il  pagare  entro  trenta 
giorni  dalla  compera.  -  Resto  di  cassa,  ciò  che  ri- 
mane in  cassa  dopo  fatta  la  liquidazione  dei  conti. 
-  Servizio  di  cassa,  le  esazioni  e  i  pagamenti.  - 
Vuoto  di  cassa,  mancanza  di  denaro,  per  abuso 
commesso  da  chi  tiene  la  cassa  stessa. 

Registratore  di  cassa,  apparecchio  di  recente  in- 
venzione e  fatto  allo  scopo  di  registrare,  mediante 
opportuno  meccanismo,  gli  introiti,  i  pagamenti  che 
si  effettuano,  volta  per  volta,  in  una  bottega  o  in 
luogo  qualunque;  apparecchio,  per  lo  più,  autogra- 
fico, a  scrittoio,  con  serratura  a  segreto.  Se  ne  hanno 
di  varia  costruzione  :  in  alcuni  (addizionatori  par- 
ziali) ogni  tasto  corrisponde  ad  una  ruota  addi- 
zionatrice, ed  ogni  ruota  quindi  indica  il  totale 
delle  registrazioni  fatte,  e  la  somma  complessiva 
si  ottiene  addizionando  le  diverse  somme  indicate 
dalle  ruote;  in  altri  (addizionatori  totali),  la  somma 
totale  è  data  meccanicamente  dallo  stesso  apparec- 
chio mediante  pressione  sui  tasti.  Al  registratore  è 
annesso  un  apparecchio  stampatore,  che  segna  su  un 
foglio-cassa  tutte  le  singole  registrazioni  e  stampa 
una  tessera  da  rilasciare  a  chi  fa  il  pagamento. 
Annessi  anche  contatori  speciali  per  le  registrazioni 
a  titolo  di  acconto,  di  credito,  di  prelevamento,  di 
cambio,  ecc. 

Cassa.  Fusto  che  ritiene  alcuna  cosa;  parte  del 
fucile,  della  2iistola,  della  carrozza,  di  alcuni 
musicali  istrumenti  e  deWorolojio,  -  Appa- 
recchio di  chirurgia  per  immobilizzazione  della 
gamba.  -  Cassa  del  timpano,  veggasi  a  orecchio. 

Cassaio.  Detto  a  cassa. 

Cassaniàdlia.  Detto  a  cassa. 

Cassapanca.  Veggasi  a  cassa. 

Cassare  (cassato,  cassatura).  Toglier  via  da  carta 
0  da  altro,  cancellare. 

Cassaticelo.  Veggasi  a  cancellare. 


Prkmoli  —  Vocabolario  Noìnenclatore. 


30 


466 


CASSATUBA   —   CASTAGNO 


Gassatura.  Alto  ed  effetto  del  cancellare. 

Cassazione.  Supremo  tribunale. 

Casseretto.  Piano  più  aito  della  nave. 

Cassero.  Anticamente,  la  parte  più  alta  e  più 
torte  d'un  castello. 

Casseruòla.  Arnese  di  cucina. 

Cassetta.  L'arnese,  di  varia  forma  e  materia, 
nel  quale  i  negozianti  raccolgono  il  denaro  del- 
l'introito giornaliero:  in  piemontese,  coppa;  in  to- 
scano, ciòtola.  -  Arnese  per  raccogliervi  oblazioni 
0  il  frutto  delV elemosina.  -  Cassetta  a  setolino,  spe- 
cie di  cassetta  senza  coperchio,  a  tre  basse  sponde, 
nel  fondo  della  quale,  e  talvolta  anche  nelle  fian- 
cate, è  fermato  un  largo  setolino:  si  tiene  a  terra, 
invece  di  stoino  e  anche,  oltre  allo  stoino,  al  primo 
ingresso  degli  appartamenti,  a  uso  di  meglio  ripu- 
lirsi la  suola  delle  scarpe,  quando  si  viene  da  fuori. 

Cassettina  da  fuoco,  cassellina  da  piedi,  e  anche 
•semplicem.,  cassettina,  piccola  cassetta  con  copercliio 
traforato,  affinchè  i  piedi  ricevano  il  calore  prove- 
niente da  brace,  da  cinigia,  da  acqua  calda  posta 
dentro  la  cassettina:  scaldapiedi,  stufetta.  -  Casset- 
tina da  gioie,  o  delle  gioie,  piccola  cassetta  a  mo' 
di  bauletto,  chiusa  a  chiave  per  riporvi  ornamenti 
femminili  d'oro,  con  pietre  preziose,  ecc.  -  Casset- 
tina da  viaggio,  piccola  cassetta  maneggiabile,  per 
lo  più  di  legno  nobile,  con  coperchio  che  serrasi 
con  chiavetta,  per  riporvi,  in  opportuni  comparti- 
menti interni,  boccettine  d'acque  odorose,  o  gentili 
niasseriziuole  di  uso  personale,  specialmente  in  viag- 
gio, arnesi  di  acconciatura,  di  cucito,  d'ornamento 
femminile,  gioielli  e  denaro.  Frane,  nécessaire.  - 
Cassetta  da  sputare,  cassettina  di  sottili  assicelle,  o 
di  metallo  o  d'altro,  senza  coperchio,  eontenento 
segatura  di  legno,  o  rena,  e  tiensi  nelle  stanze  a 
uso  di  sputarvi  dentro,  per  non  lordare  il  pavi- 
mento 0  il  tappeto:  cassetta  della  segatura,  sputac- 
chiera, -  Cassetta  delle  spazzature,  detto  a  spazzare. 

Guardapiedi,  specie  di  cassetta  di  legno  o  anche 
borsa  di  pelo,  guarnita  internamente  di  lungo  pelo 
d'orso,  0  altro,  a  uso  di  mettervi  i  piedi,  per  con- 
servarli caldi,  chi  sta  lunghe  ore  allo  scrittoio  o  in 
viaggio.  In  Toscana,  generalmente  detta  borsa  e  an- 
che sacca.  -  ìeca,  voce  greca  che  si  usa  in  archeo- 
logia cristiana;  vale  custodia,  cassetta,  reliquiaiHo. 

Cassétto.  Piccola  cassetta,  parte  di  una  tavola^ 
di  un  cassettone  o  di  altro  mobile,  che  si  apre 
tirandola  a  sé  per  mezzo  d'una  qualunque  maniglia, 
e  in  cui  si  ripongono  robe  diverse:  cassettino,  ti- 
ratoio, tiratore,  tiretto  (voce  dialettale,  dal  frane. 
tiroir).  -  Fóndo  (agg.),  si  dice  di  quel  cassetto,  sca- 
tola, 0  simile,  che  ha  le  pareti  molto  alte,  e  il  cui 
vano,  per  conseguenza,  è  assai  grande  d'alto  in  basso. 
-  Tirante,  quelle  due  campanelle,  o  maniglie,  che  si 
fissano  alle  parti  laterali  di  un  cassetto  per  tirarlo 
a  sé  quando  si  vuole  aprirlo. 

Cassettone.  Mobile  di  legno  su  quattro  piedi, 
lungo  e  alto  circa  due  braccia,  largo  un  po'  meno, 
nel  quale  sono  collocati  gli  uni  sopra  gli  altri  tre 
o  quattro  cassetti  lunghi,  che  si  tirano  fuori  per 
dinanzi:  Cantarano,  canterale,  canterano.  In  alcuni 
luoghi  di  Lombardia,  e  con  voce  barbara,  comò 
(dal  frane,  commode). 

Cassette,  i  cassetti  quadrangolari  di  legno,  in  nu- 
mero di  tre  0  quattro,  di  dimensioni  appropriate  a 
quelle  del  cassettone,  entro  il  quale  scorrono.  - 
Contraffondo,  asse  orizzontale  dalla  quale  una  cas- 
setta è  separata  dall'altra  per  tutta  l'ampiezza  del 
cassettone.  -  Fiancate,  le  due  parti  laterali  e  verti- 
cali del  cassettone.  -  Fondo,  denominazione  comune 


della  parte  verticale  che  sta  contro  il  muro,  e  di 
quella  orizzontale  che  è  inferiormente  presso  il  pa- 
vimento: fondo  di  dietro  la  prima,  fondo  da  piede 
la  seconda.  -  Guide,  due  regoli  conficcati,  uno  per 
parte  nelle  fiancate,  e  sui  quali  scorre  ciascuna  cas- 
setta. -  Maniglie,  due  prese  d'ottone,  pendenti  una 
per  parte  sul  davanti  di  ciascuna  cassetta  per  ti- 
rarla fuori  con  ciascuna  mano.  Talora  ne  tengono 
le  veci  due  pallini  fermi,  che  servono  di  presa  p'ìr 
tirare  e  per  spingere  le  cassette.  -  Marmo,  lastra 
di  marmo,  riquadrato  e  ben  pomiciato,  che  si  mette, 
per  servir  loro  di  piano,  sui  cassettoni,  sui  comodini, 
sulle  consolle,  ecc.  -  Piano  o  coperchio  del  cassettone, 
la  parte  superiore,  orizzontale  di  esso,  la  quale  per 
lo  più  é  di  legno,  e  talora  di  marmo. 

Cassia.  Pianta  leguminosa  medicinale,  con 
trullo  la  cui  polpa  agisce  da  purgante. 

Cassiere.  Chi  ha  la  gestione  della  cassa,  in 
una  azienda,  e  ne  é  responsale:  tesoriere. 

Cassinènse.  Ordine  religioso. 

Cassino.  Piccolo  veicolo  per  trasporto  delle 
spazzature. 

Cassiopèa.  Veggasi  a  costellazione. 

Cassiterite.  Veggasi  a  stagno. 

Casso.  La  parte  concava  del  corpo,  circondata 
dalle  costole:  busto.  -  Aggettivam.,  vano,  inutile 
(poco  usato). 

Cassóne.  Grande  cassa.  -  Anche,  carro  mi- 
litare, coperto,  di  varia  foggia,  p';r  trasporto  di  mu- 
nizioni. 

Càssula.  Involucro  del  fiore  e  del  seme  d'una 
piaìita. 

Casta.  Ordine  di  cittadini,  ceto. 

Castagna.  Frutto  del  castagno. 

Castagnàccio.  Stiacciata  di  farina  di  castagne. 

Castagneto,  castagnino.  Veggasi  a  castagno 

Castagnétta.  Detto  a  nàcchera. 

Castagno.  Grande  albero  della  famiglia  delle 
queninee,  originario  del  bacino  mediterraneo,  colti- 
vato nelle  regioni  temperate  di  gran  parte  dell'Eu- 
ropa, estesamente  nelle  nostre  montagne,  fino  ad 
una  certa  altezza:  produce  un  frutto  di  consistenza 
coriacea,  con  invoglio  spinoso;  ha  legno  più  leggiero 
di  quello  della  quercia,  ma  elastico,  duro,  tenace,  e 
usato  in  molti  lavori  (botti,  mobili,  travi,  ecc.).  La 
corteccia  serve  per  la  concia.  -  Assolaiato,  di  ca- 
stagno, quando  in  gran  quantità  ricopre  la  terra.  - 
Castagnolo,  castagno  giovane  o  piccolo. 

Castagno  brandigiano,  brandiglione,  carpinese,  ro- 
magnolo, varietà  di  castagno.  -  Castagno  d'Australia, 
pianta  leguminosa,  con  semi  saporiti.  -  Castagno 
d'India,  nome  volgare  dell'ippocastano:  castagno 
cavallino  :  fa  un  frutto  simile  alla  castagna,  ma  non 
buono  da  mangiare.  -  Castagno  selvatico,  grande  al- 
bero che  cresce  naturalmente  nelle  foreste  dell'Eu- 
ropa meridionale  e  i  cui  frutti  servono,  per  lo  più, 
di  alimento  agli  animali.  -  Marrone,  specie  di  ca- 
stagno che  fa  castagne  pregiate  per  grossezza  e  dol- 
cezza di  sapore.  -  Pastinese,  sorta  di  castagno  e  di 
castagna  piuttosto  scura.  -  Porrina,  pianta  di  casta- 
gno che  s'alleva  per  farne  pali,  pertiche  o  legname 
da  lavoro.  -  Rosso,  rossola,  sorta  di  castagno,  che  fa 
castagne  dette  rosse. 

Castagnaio,  coltivatore  di  castagni. 
Castagneto,  bosco  di  castagni,  luogo  piantato  a  ca- 
stagni. Nel  Pistoiese,   cerchiaio.  -  Legno  volpino,  le- 
gno di  castagno  saldo  e  buono,  cosi  detto    pel  suo 
colore  simile  a  quello  del  pelo  di  volpe   -  Matero, 
I   pollone  che  spunta  dalla  ceppa  o  madre   d'un  ca- 
I  stagno  0  d'un  ontano,  o  sim.,  e  che,  tagliato,  serve 


CASTAGNO 


467 


per  far  corbelli,  pali  alle  viti,  ecc.  -  Rafferniata,  fossa 
fatta  per  riparare  i  Castagni  nello  selve. 

Abbacchiare,  far  cadere  le  castagne,  battendo  i 
rami  della  pianta  col  bacchio  (bastone,  pertica). 

Della   castagna  —  Parti  —  Colore 
Sviluppo,  ecc. 

Castagna,  frutto  del  castagno,  di  sostanza  farina' 
cea,  asciutta,  dolcigna.  E  piccola,  grossa,  fresca,  secca' 
vizza,  vinca,  castrata,  pelata,  sdiricciata,  sbucciata' 
sgusciata,  ecc.  -  Castagnàccia,  castagna  non  buona, 
bacata,  guasta.  -  Castagnuccia,  diniin.,  quasi  spre- 
giai, di  castagna.  -  Castagna  domestica,  contrapp.  a 
selvatica;  roggiolona,  ì-óssola,  qualità  di  castagne. 

Castagne  colatie  o  di  casco,  quelle  che,  arrivate  a 
maturità,  cascano  da  sé,  o  colano,  come  dicono  i 
montanari,  perchè  si  aprono  i  ricci  che  le  conten- 
dono: (lette  anche  castagne  fogliaiuole,  forse  perchè 
cascano  come  le  lodile,  o  perciié  si  raccattano  da 
terra  di  mezzo  alle  foglie.  -  Castagne  di  ricciaia, 
ijuelle  che,  non  perfettamente  mature  e  chiuse  an- 
cora nei  ricci,  si  fanno  cadere,, abbacchiandole,  per- 
chè finiscano  di  maturare  poi,  o  si  purghino,  te- 
nendo ammontati  gli  stessi  ricci.  -  Castagne  verdi, 
castagne  fresche,  quelle  raccolte  da  poco,  o  serbate 
verdi,  sia  lasciandole  nei  ricci,  sia  mescolandole  a 
della  rena,  o  sotterrandole  in  luogo  asciutto,  per 
farne  poi  ballotte,  bruciate,  mondine  e  simili.  -  Ca- 
stagne vergate,  rigate  di  nero. 

Guscione,  la  castagna  vuota,  non  venuta  bene,  col 
guscio  soltanto.  Guscione,  o  grugnone,  nella  monta- 
gna pistoiese,  il  cardo,  quando  è  vuoto,  per  non 
aver  fatto  l'anima,  o  che  ha  soltanto  una  mezza  ca- 
stagna non  venuta  a  maturità.  -  Marrone,  sorta  di 
castagna  più  grossa  e  più  farinosa  della  comune,  meno 
schiacciata,  e  talora  anche  quasi  tonda,  quando  il 
riccio  non  ne  contiene  che  una  sola.  -  Vincane,  ca- 
stagna secca,  vinca. 

Parti.  —  Anima,  il  primo  ingenerarsi  della  ca- 
stagna entro  il  riccio.  -  Bellico,  spazio  nella  buccia, 
larghetto,  più  chiaro  e  non  lucente,  dove  la  castagna 
sta  attaccata  al  riccio.  -  Buccia,  la  pellicola  delle 
castagne  sotto  il  guscio.  Due  si  possono  dire  le  bucce: 
una  interna,  tomentosa;  l'altra  esterna,  coriacea,  li- 
scia e  lucente.  -  Camicia,  secondo  il  Palma,  si  dice 
in  Firenze  la  buccia  interna  delle  castagne,  in  altri 
luoghi  detta  sansa,  pecchia,  roccia  e  peluia.  Il  Rigu- 
tini  dice  sansa  quel  po'  di  pellicola  che  rimane  ad- 
dosso alle  castagne  secche  dop  i  la  ventolatura.  - 
Cardino,  il  cardo  piccolo  delh  castagna,  tosto  che 
esce  fuori  dalla  pianta.  -  Culaccino,  la  parte  della 
castagna  opposta  a  quella  detta  fìoricino  e  per  la 
quale  è  attaccata  al  riccio.  In  alcuni  luoghi  detto 
anche  naso  e  nasello,  mentre  in  altri  si  chiama  così 
il  fioricino.  -  Guscio,  la  parte  esterna  della  castagna; 
la  scorza  o  corteccia.  -  Pio  o  piolo,  puntolina  dalla 
quale  le  castagne  germogliano  o.  talliscono.  -  Pistura, 
il  tritume  delle  castagne  pestate,  che  rimane  tra  i 
gusci:  questi  rottami,  scelti  di  nuovo,  si  danno  ai 
maiali  per  ingrassarli.  -  Riccio,  o  cardo,  il  pericarpio 
della  castagna,  ossia  l'invoglio  spinosissimo  in  cui 
sta  rinchiusa  la  castagna,  il  quale  nella  sua  matu- 
rità si  apre,  e  lascia  cadere  a  terra  le  due  o  tre 
castagne  in  esso  contenute  {sgranate,  le  castagne 
fuori  dal  riccio).  -  Sansa,  o  peluia,  pellicola  della 
castagna  sotto  la  buccia.  -  Sansino,  la  seconda  sansa 
macinata  e  stretta  -  Ventolàcchio,  il  tritume  delle 
bucce  prosciugate  e  riarse  delle  castagne  secche,  da 


cui  queste  si  ripuliscono:  da  alcuno  detto  ajiche 
pula,  per  la  somiglianza  che  ha  con  la  pula  delle 
biade;  e  da  pula,  con  piccola  diversità  di  pronun- 
cia, si  sarebbe  formato,  pare,  polume,  nome  che 
danno  i  montanari  pistoiesi  alle  scorze  delle  casta- 
gne secche 

Colore.  —  lane,  colore  della  castagna. 

Sviluppo.  —  Impiolire,  impiotare,  mettere  il  pio, 
il  piolo  e  piare,  il  germinare  o  tallire  delle  castagne 
nel  luogo  ove  sono  ammassate.  -  Inanimirsi,  inani- 
marsi, essere  in  anima,  prendere  l'anima;  anche  far 
la  cria,  come  nel  proverbio:  Per  Santa  Maria  (15 
agosto)  il  marrone  fa  la  cria.  -  Incardirsi,  fare  il 
cardo,  come  nel  proverbio:  A  San  Vito  il  castagno 
incardito  a  San  Marco  inanimito.  -  Vergare,  delle 
castagne  che  si  rigano  di  nero,  quando  stanno  per 
essere  fatte. 

Castagne   cotte    o   altrimenti   trattate.  — 
Preparazioni  con  farina  di  castagne. 

Anseri,  sinonimo  (disus.)  di  vecchioni.  -  Ballotta, 
castagna  lessata  con  la  buccia:  caldallessa,  lessa, 
succiola,  balogia,  figlia,  tigliata.  Nel  vernacolo  ro- 
magnolo, balósa  {ballottata,  mangiata  di  castagne 
lessate  tra  amici).  -  Bruciata,  (più  spesso,  bruciate), 
castagna  arrostita  con  la  buccia  in  una  padella  tutta 
bucherellata  come  un  vaglio:  caldarrosta,  caldarro- 
sto, castagna  arrostita  (in  quasi  tutta  la  Toscana  di- 
cono bruciate;  nel  Pistoiese,  fruciate  e  frugiate,  e 
quindi  fruciandola  la  padella  da  bruciate).  -  Bruciar 
lina,  dimin.  vezz.  di  bruciata. 

Castagne  secche,  o  castagne  bianche,  quelle  fatte 
seccare  nel  seccatoio,  poi  sottoposte  ad  alcune  ope- 
razioni per  sbucciarle,  e  anche  per  mondarle  dalla 
sansa  o  pellicina  che  tenacemente  le  ricopre.  Le  si 
mangiano  intere,  cotte  in  acqua,  o  altrimenti,  ovvero 
le  si  riducono  in  farina  sotto  la  macina  del  mugnaio. 
Per  ischerzo,  si  chiamano  confetti  di  montagna.  -  Ca- 
stróni (disus.),  specie  di  ballotte  castrate  e  salate.  - 
Chicche  di  castagno,  castagne  secche.  -  Marronsecchi, 
sorta  di  marroni  o  castagne  fatte  seccare  in  forno. 

-  Mondine,  castagne  messe  a  lessare  senza  buccia: 
mondole,  mondolone,  pelate.  -  Moscione,  marrone  ap- 
passito. -  Peloni,  in  Toscana,  le  castagne  lessate  dopo 
essere  state  castrate.  -  Sùcciole,  le  ballotte.  -  Tigliata, 
le  castagne  lessate  senza  la  buccia  e  senza  la  sansa. 

-  Vecchiette,  in  alcuni  luoghi  d'Italia,  le  castagne 
cotte  e  affumicate,  o  anche  cotte  nel  vino,  col  gu- 
scio; piemont.,  biscotti.  -  Vecchioni,  castagne  prima 
lessate  in  acqua,  poi  fatte  rasciugare  e  disseccare 
nel  seccatoio:  sono  serbevoli  e  si  mangiano  senz'allra 
cottura.  La  loro  buccia  rimane  alquanto  grinzosa, 
dal  che  la  denominazione  di  vecchioni.  Sono  vec- 
chioni, 0  specie  di  vecchioni,  le  vecchierelle  dei  Pi- 
stoiesi, le  mosciarelle  dei  Senesi,  e  quelle  che  si  eli- 
cono corone  di  marroni,  perchè  unite  per  la  buccia 
in  tante  filze. 

Preparazioni.  —  Castagnaccio,  specie  di  piccola  fo- 
caccia, 0  stiacciata  di  farina  di  castagne  ridotta  in 
panicela  e  cotta  in  teglia  o  fra  due  lastre  di  pie- 
tra ben  riscaldate,  frappostevi,  fra  le  lastre  e  la  pa- 
sta, foglie  di  castagno,  che  nelle  case  montagnare 
a  tal  uopo  si  conservano  in  filze:  migliaccio,  néccio, 
niccio,  pattona.  Anche,  specie  di  torta  di  farina  di 
castagne  impastata  con  acqua  e  mescolativi  per  lo 
più  mandorle,  pinocchi,  noci,  zibibbo;  specialità  fio- 
rentina. -  Castagnàccino  (dimin.  vezzegg.),  casta- 
gnaccio più  piccolo,  ma  tatto  forse  con  maggior  cura 


468 


CASTAGNO   —   CASTELLARE 


del  castagnaccetto.  -  Farina  dolce,  la  castagna  ridotta 
in  faìHna.  -  Migliàccio,  lo  stesso  che  castagnaccio, 
ma  più  comune  in  Firenze,  anzi  la  sola  voce  co- 
mune oramai.  -  Paitona,  polenta  fatta  con  farina  di 
castagne. 

Del  CASTAGNAIO  —  Sue  operazioni  —  Suoi  arnes^ 

Luoghi  —  Locuzioni  e  proverbi. 

Castagnaio,  chi  raccoglie  le  castagne,  le  prepara, 
le  vende.  -  Bruciataio,  bruciataia,  colui  o  colei  che 
fa  0  vende  le  bruciate,  la  pattona  o  la  polenta  di 
castagne:  caldarrostaio.  -  Buzzurro,  a  Firenze,  si 
dice  di  quegli  svizzeri  che  calano  d'inverno  in  Ita- 
lia ad  aprir  vendita  di  pattona,  farina  dolce,  bru- 
ciate, castagne  e  simili,  e  ritornano  in  prima- 
vera ai  loro  monti.  -  Caldarrostaio,  chi  fa  e  vende 
le  caldarroste:  caldarrostaro.  -  Castagnacciaio,  chi  fa 
e  vende  castagnacci.  -  Pallonaio,  chi  fa  e  vende  pat- 
tona: e  dicesi  anche  di  chi,  per  consuetudine  e  per 
essere  in  luogo  dove  gran  parte  di  nutrimento  è  la 
pattona,  ne  mangia  spesso.  -  Ricoglilore,  uomo  o 
donna  fissato  come  garzone  o  garzona  a  ricogliere 
le  castagne  quando  cascano.  -  Succiolaio,  o  ballottato, 
il  venditore  di  caldallesse,  chi  le  prepara,  -  Vento- 
latóre,  ventolatóra,  colui  e  colei  che  ventolano  le 
castagne:  più  spesso,  una  donna. 

Operazioni.  —  Arrostire,  far  le  bruciate,  cuocere 
le  caldarroste.  -  Castrare  le  castagne,  intaccarne  la 
buccia,  con  un  piccolo  taglio,  affinchè  nell'arrostire 
non  iscoppino.  -  Diricciare,  sdiricciare  le  castagne, 
cavarle  dal  riccio.  Diricciare  è  d'uso  nel  Casentino; 
nella  montagna  pistoiese  dicesi  invece  sgranellare  o 
sgranare  le  castagne.  -  Mondare,  levar  la  buccia  :  ri- 
mondare. -  Pestare,  delle  castagne  secche,  premerle  col 
{>igione  nella  bigoncia,  perchè  perdano  la  buccia  e 
a  sansa.  Si  dibucciano  le  castagne  secche  con  varii 
modi  di  percussione.  Il  più  comune  è  ancora  quello 
di  empirne  a  metà  un  sacco,  il  quale,  preso  per  le 
estremità  da  due  uomini,  si  picchia  a  sbracciate  so- 
pra un  ceppo  0  capra,  che  rimane  tra  mezzo  ad 
essi.  -  Raccattare,  raccogliere  le  castagne  da  terra, 
e  si  intende  tanto  delle  castagne  colatie,  quanto  di 
quelle  che  si  abbacchiano.  -  Ravviare,  mettere  in- 
sieme e  raccogliere  le  castagne.  -  Ricogliere,  racco- 
gliere. -  Sbruscolare,  votar  le  bruscole  della  sansa. 
-  Sbucciare  le  castagne,  levar  loro  la  buccia.  -  Sca- 
nicciare,  rompere  il  caniccio  per  buttar  giù  le  ca- 
stagne. -  Scardare,  estrarre  le  eastagne  dai  cardi; 
lo  stesso  che  diricciare.  ■  Seccare,  esporre  le  castagne 
al  sole  0  metterle  in  forno,  perchè  secchino.  -  Sgra- 
nare, toglierle  dal  riccio.  -  Ventolare,  vassoiare,  av- 
vassoiare,  togliere  le  castagne  secche  dalle  due  bucce 
ridotte  in  tritume  con  la  percussione  per  mezzo 
della  vassoia  (ventolacchio,  le  gusce  trite  delle  ca- 
stagne ventolate;  ventolatura,  il  ventolare).  -  Sca- 
rellare,  rimovere  le  carelle  per  buttar  giù  le  castagne 
secche. 

Castagnatura,  raccolta  delle  castagne  (Fanfani);  il 
tempo  nel  quale  si  raccolgono. 

Arnesi.  —  Bùgnolo,  specie  di  cesta  fatta  di  vi- 
mini, e  in  certi  paesi  di  "sala  o  di  paglia,  con  un 
coperchio  o  senza,  per  mantener  calde  le  ballotte, 
quando  chi  le  vende  va  in  giro  per  la  città.  -  Ca- 
strino, piccolo  coltello  ricurvo  adoperato  dai  bru- 
ciatai per  castrare  i  marroni.  -  Collroncino,  grosso 
panno  a  più  doppi,  col  quale  si  coprono  le  bru- 
ciate belle  e  cotte  e  versate  dalla  padella  in  un  re- 
cipiente adattalo,  acciocché  il  calore  non    isvapori. 


e  diventino  morbide  e  polpose.  I  Pistoiesi  dicono: 
mettere  le  bruciate  a  polpare,  lasciarle  impolpare, 
per  esprimere  il  coprirle  col  coltroncino  o  con  altro. 

Ditale,  dito  di  cuoio  o  di  vacchetta,  usato  dai 
montanari  per  levare  le  castagne  dal  riccio.  -  Pa- 
della delle  bruciate,  padella  forata,  per  arrostirle.  - 
Pestone  da  castagne  secche,  specie  di  bastone  con 
tre  denti  a  punta  in  vetta,  usato  per  battere  o  pe- 
stare in  una  bigoncia  i  marroni  e  le  castagne  sec- 
cate e  levar  loro  il  guscio,  per  poi  ventolarle.  -  Pic- 
chiotto,specie  di  martello  di  legno,  con  manico  lungo, 
per  diricciar  le  castagne.  -  Piccia,  grosso  bastone  ar- 
mato di  un  cepparellotto  scanalato  e  rafforzato  da 
chiodi ,  col  quale,  a  braccia  e  con  destrezza, 
il  pestatore  percuote  le  castagne  secche  per  disgu- 
sciarle. -  Pigione,  lungo  bastone  con  una  corona  d'ac- 
ciaio in  fondo  :  serve  per  pestare  le  castagne  nella 
bigoncia.  Corona,  la  parte  del  pigione  d'acciaio  fatto 
a  corona,  che  pesta  le  castagne  secche.  -  Sceglilóia, 
tavola  bislunga,  con  isponde  da  tre  lati,  e  ristretta 
a  canale  dal  quarto,  in  cui  chi  ama  di  conservare 
intatta  la  farina  fa  ripassare  a  mano  le  castagne 
(secche)  per  levarne  via  ogni  rimasuglio  dei  due  gusci. 

Vassoia,  nel  Casentino  e  nel  Pistoiese,  largo  vas- 
soio di  legno  di  faggio,  come  quelli  che  si  adope- 
rano per  pulire  dai  gusci  il  cacao.  L'operazione  del 
vassoiare  o  ventolare  le  castagne  consiste  nello  scuo- 
tere e  tentennare,  come  si  fa  col  vaglio,  e  gettare 
destramente  in  alto  tutto  il  pesto,  e  ritirare  a  sé 
la  vassoia.  Con  questi  diversi  moti,  una  parte  dei 
gusci  è  portata  via  dal  vento  e  cade  a  terra,  e  molti 
più,  venuti  alla  superficie,  ne  sono  levati  con  le 
mani. 

Luoghi.  —  Canicciaia,  palco  sul  quale  si  mettono 
a  seccare  le  castagne.  -  Ricciaia,  luogo  dove  si  ten- 
gono ammontati  i  ricci,  perchè  fermentino  alquanto 
e  siano  più  agevoli  a  diricciare;  e  dicesi  anche  del 
mucchio  stesso  dei  ricci.  -  Seccatoio,  stanza  costruita 
di  pietre  e  di  mattoni,  in  vicinanza  del  castagneto, 
nella  quale  si  fanno  seccare  col  fuoco  le  castagne; 
detto  anche  melato  in  alcuni  luoghi  della  Toscana. 
Caniccio,  il  graticcio  d'assicelle,  il  piano  dei  metati 
dove  si  mettono  a  seccare  le  castagne,  facendovi 
fuoco  sotto. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  La  raccolta  delle  castagna 
è  stata  astiosa,  delle  ricolte  quando  sono  a  posti 
buone,  in  altri  no.  -  Le  castagne  secche  dopo  qual- 
che giorno  perdono  il  vinco,  diventano  vincide.  - 
Pan  di  legno  e  vin  di  nuvoli,  castagne  e  acqua. 

A  San  Simone  con  la  pertica  e  col  bastone,  le  ca- 
stagne cascano.  -  Castagne  secche,  trastullo  delle  vec- 
chie. -  Per  San  Michele,  la  sùcciola  nel  paniere. 

Castagno.  Che  è  di  colore  simile  a  quello  della 
scorza  delle  castagne,  tra  il  rosso  e  il  nero,  in  va- 
rie gradazioni  :  color  baio  (specialmente  di  cavallo), 
caffè,  capellino,  lionato  (lionato  pieno  ;  lionato  scuro), 
lionino;  marrone  monachino,  pulce;  sauro  (chiaro  o 
abbruciato  chiaro  o  scuro),  tabacco  avana  (dai  si- 
gari omonimi),  tanè  (mezzano  tra  il  rosso  e  il  nero). 
-  Castagniccio,  castagnuolo',  castagnolo,  di  color  ca- 
stagno leggiero.  -  Castagnino,  del  colore  castagno 
gentile. 

Castagnola,  castagnuola.  Sorta  di  petardo, 
di  fuoco  artificiale. 

Castaldo.  Il  fattore.  -  L'amministratore  dei 
beni  patrimoniali  d'un  principe  e  d'altri. 

Castamente.  Con  castità,  con  pudore. 

Castellano.  Abitante  o  custode  di  castello  - 
Signore,  feudatario. 

CasteUare.  Detto  a  castello. 


CASTELLETTO    —    CASTIGO 


46y 


Castelletto.    Registro  tenuto  da  una  banca  e 

da  altri  istituti  di  credito. 
Castellina.  Veggasi  a  noce. 

Castello.  Vasto  edificio,  nuinito  di  torri,  nel 
quale  abitavano  i  grandi  signori  tra  i  loro  vassalli: 
manièro,  rocca.  Per  lo  più  situato  in  altura,  per  do- 
minare il  piano,  la  valle  circostante.  Tngl.,  Baty; 
ted.,  Schloss;  frane,  chdteau.  Anche,  luogo  fortifi- 
cato, fortezza  -  Terra  murata  e  fortificata;  piccolo 
paese  con  mura.  -  Castellaccio,  castellucciaccio,  bi- 
còcca, biccirncca,  castello  in  cattivo  stato.  -  Castel- 
lare, castello  rovinato.-  Castelletto,  castellotto,  castel- 
luccio,  castelluzzo,  castello  da  poco.  -  Castellano,  di  ca- 
stello 0  del  castello,  appartenente  a  castello  o  al  castello. 

Akazar  (voce  araba),  castello,  fortino,  che  serve 
anche  di  residenza  ad  un  principe,  o  è  unito  a 
qualche  fortezza,  oppure  ne  domina  qualche   altra. 

-  C'istrnm,  in  latino,  castello.  -  Fortilizio,  piccolo 
castello  fortificato. 

Bertesca,  torri  cella  di  legname  con  feritoia,  tal- 
volta eretta  nei  punti  più  alti  del  castello.  -  Cas- 
sero, la  parte  più  forte  di  un  antico  castello,  inal- 
zata a  foggia  di  torrione,  sopra  le  mura.  -  Cinta,  la 
cerchia  delle  mura.-  Cisterna,  ricetto  a  guisa  di  poz- 
zo, 0  stanza  a  vòlta,  per  raccogliervi  l'acqua  piovana. 

-  Feritoia,  piccola  e  stretta  apertura  nelle  muraglie, 
larga  internamente,  stretta  al  di  fuori,  fatta  per  ve- 
dere da  lontano  e,  all'occorrenza,  sparare  armi  da 
fuoco.  -  Fossa,  fossato,  fosso,  scavazione  di  terreno 
intorno  al  castello,  con  entro  acqua  o  no,  per  impedirne 
l'accesso.  -  Guardiólo,  la  stanza  attigua  alla  porta 
principale  e  nella  quale  stavano  gli  armati  a  cu- 
stodia. 

Maschio  0  mastio,  torrione  solido  e  alto  nel  mezzo 
di  un  castello.  -  Merlo,  parte  superiore  della  mu- 
raglia, non  continuata,  ma  interrotta  a  distanze 
eguali:  beccatello  {merlatura,  complesso  dei  merli; 
merlare,  munire  di  merli).  -  Ponte  levatóio,  ponte 
fatto  in  modo  da  poter  essere,  mediante  apposito 
congegno  (  carrucola  e  catene  di  ferro  )  alzato 
e  abbassato  a  volontà.  -  Postierla,  piccola  porta, 
di  soccorso.  -  Tozzo,  nome,  in  alcuni  antichi  e 
grandi  castelli,  dato  alla  prigione. 

Sala  d'armi,  la  sala  nella  quale  si  custodiva  ogni  sorta  , 
d'arme,  di  difesa  e  di  offesa,  posseduta.  -  Saracinesca, 
cancello  di  travi,  insieme  congiunte,  sostenute  da 
catene  avvolte  a  un  subbio  :  la  si  calava  dall'alto  al 
basso  per  impedire  il  passaggio  ad  armati;  porta 
di  tavoloni  che  stava  incassata  al  disopra  delle  porte 
principali  e  messa  in  modo  che  si  poteva  farla  piom- 
bare, scorrendo  in  adatte  incanalature,  per  chiudere 
le  porte  stesse.  Dopo  il  medioevo  le  saracinesche 
furono  modificate,  facendo  le  travi  del  cancello  mo- 
bili e  indipendenti  le  une  dalle  altre,  in  maniera 
che,  avessero  pure  i  nemici  introdotto  nella  porta 
qualche  ostacolo  atto  a  impedire  la  caduta  dell'or- 
digno, le  travi,  non  impedite  dall'ostacolo  stesso,  si 
piantassero  egualmente  in  terra.  E  questo  nuovo 
congegno  fu  detto  organo.  La  saracinesca  fu  chia- 
mata anche  caditoia,  caditora  e,  anticamente,  ca- 
teratta. -  Spalti,  0  spaldi,  i  ballatoi  che  si  facevano 
in  cima  alle  mura  e  alle  torri.  -^  Torre,  edificio 
costruito  per  rinforzo  delle  mura,  comunemente 
per  difesa,  per  propugnacolo.  -  Torrione,  opera  di 
forma  rotonda  con  la  quale  si  munivano  le  porte 
principali.  -  Trabocchetto,  apertura  mascherata,  in 
qualche  stanza,  all'estremità  superiore  d'un  pozzo 
nel  quale  si  precipitava  qualcuno  con  inganno:  bò- 
tola, piombatolo;  trabocchello,  trabicolo  (disus.).  - 


Ventiera,  riparo  rettangolare  di  tavole  tra  due  merli 
da  potersi  alzare  e  abbassare. 

Burgravio,  feudatario,  signore  di  castello.  -  Ca^ 
stellano,  abitante  o  custode  di  castello;  chi  aveva  il 
governo  o  il  comando  militare  d'un  castello;  feic 
datario,  rocchigiano.  -  Castellana,  la  moglie  del 
castellano.  -  Castellanla,  ufficio  di  castellano. 

Castèllo.  Macchina  per  ficcare  pali  in  terra: 
veggasi  a  pai  o  -  Arnese  di  legni  congegnati  insieme, 
nel  quale  si  stendono  le  stuoie  per  il  baco  da 
seta.  -  Baracca  dei  burattini  :  veggasi  a  burattino. 
-  Ossatura  di  macchina  più  o  meno  complicata. 
0  parte  di  macchina. 

Castigramàtti.  Scherzosam.,  il  bastone. 

Castlfjrare  (castigato).  Infliggere  castigo. 

Castlg-atezza  (castigato).  Veggasi  a  costume. 

Castigo  0  gàstigo.  Il  castigare  o  l'essere  ca- 
stigato, cioè  l'assegnare,  l'infliggere  una  pena  (o  il 
riceverla)  a  chi  sia  caduto  in  fallo,  in  colpa;  pena 
che  si  infligge  specialmente  per  educare:  castiga- 
toria (disus.),  castigamento;  gastigamento,  gastiga- 
tura;  correzione,  disciplina;  giudizio,  giustizia;  le- 
zione; paterna  cura  (Giusti),  penitenza,  punizione; 
riprensione;  vapulazione,  vendetta,  giusta  vendetta. 
Figur.,  bastone,  battitura,  cura,  frusta,  mazza,  medi- 
cina, sferzata,  tirata  d'orecchi,  trebbia,  verga  di  cor- 
rezione 0  di  disciplina.  Iron.,  recipe,  retribuzione, 
ricetta,  ricompensa.  Il  castigo  può  essere  dolce,  leg- 
giero, lieve,  aspro,  duro;  utile,  inutile;  paterno,  se- 
vero, ecc. 

Baston  della  bambagia,  castigo  blando,  ma  non 
senz'effetto.  -  Castigo  efficace,  quello  che  consegue 
l'effetto,  lo  scopo  per  cui  è  dato:  castigamatti;  esem- 
plare, il  castigo  che  ottiene  l'effetto  di  dare  buon 
esempio  e  indurre  al  bene:  amaro  frutto,  medicina 
santa;  salutare,  che  corregge,  induce  a  non  ricadere 
in  fallo;  terribile,  molto  grave,  molto  severo. 

Castigare  -  Essere  castigato  o  no,  ecc. 

Castigare:  assegnare,  dare  castigo;  dare  il  resto, 
correggere;  dare  la  paga,  dare  le  croste;  dare  una 
lezione,  un  ricordo;  dare  quel  che  non  si  desidera; 
emendare;  far  giustizia,  far  pagare  il  fio;  gastigare; 
insegnare  il  galateo;  mettere  in  castigo;  non  lasciare 
incastigato,  impunito;  penitenziare ;  ripigliare,  ri- 
prendere. -  Figur.,  battere,  chiarire,  porre  la  soma, 
sferzare,  tirare  gli  orecchi,  trebbiare.  -  Iron.,  gui- 
derdonare, medicare,  pagare,  pagare  di  buona  mo- 
neta. -  Scherz.,  cavare  il  grillo  dal  capo,  fare  il  cui 
rosso;  far  mangiare  l'aglio  (far  pentire);  insegnare 
a  radere  i  ceci;  mandare  scalzo  a  letto;  mettere  a 
letto  fra  due  lenzuola;  pagare  del  lume  e  dei  dadi; 
porre  il  naso  fra  gli  orecchi;  strappar  gli  orecchi 
per  ricordo. 

Castigare  blandaniente  :  battere,  picchiare  col  ba- 
stone 0  coi  bastoni  della  bambagia;  battere  con  la 
disciplina  di  prete  Matteo  ;  battere  col  manico  del 
velo;  dare  un  cavallo  con  le  mucie. 

Castigare  esemplarmente,  gravemente:  dare  una  le- 
zione, un  esempio;  fare  chiarezza;  castigare  a  mi- 
sura di  carbone  o  di  carboni..-  Aggiustare  uno,  con- 
ciarlo, castigarlo  a  dovere,  come  si  merita  -  Avere 
una  buona  medicina,  un  buon  castigo  da  infliggere. 

Chiedere,  domandare  la   testa  di   qualctmo  (figur.) 
volere  che  sia   castigato.  -  Far  ballare  i   buraitini, 
far  punire  persone  intriganti,  potenti  e  piene  di  ma- 
gagne, mettendo  a  nudo  le  bricconate  commesse. 
Far  camiciuola,  modo  con  cui  si  minaccia  un  ca 


470 


CASTIMONIA  —  CASTRARE 


stigo,  perchè  cosi  dicevano  gli  aguzzini  delle  galere 
ai  forzati  quando  li  volevano  bastonare.  -  Farla 
passata:  non  pensarci  più  a  una  cosa  che  si  voleva 
punire.  -  Mettere  al  dovere,  castigare,  far  agir  diritto. 
-  Pagare  uno,  dargli  il  castigo  che  si  merita.  -  Pur 
nire,  dar  pena,  castigo  conveniente  al  fallo.  -  So- 
narla, far  subire  un  castigo  non  facilmente  appli- 
cabile. 

Far  giustizia  di  sé,  castigarsi. 

Castigatore,  gastigatore,  chi  castiga  -  Castigamatti, 
di  persona  che  sa  mettere  a  posto  gli  irrequieti,  i 
cattivi. 

Essere  CASTIGATO  :  cadere  in  castigo,  in  pena; 
patir  pena,  le  pene;  avere  le  ciotte  (Fanfani)  ; 
espiare;  pagare  il  bando,  il  fio,  lo  scotto;  patir 
pena,  le  pene;  render  conto;  riportar  la  pena; 
scontare  la  pena;  scontarla;  soffrire,  subire  la 
pena.  -  Figur.,  o  scherz:.  andar  al  prete  per  la 
penitenza;  mangiare  i  baccelli  e  spazzare  i  gusci; 
mangiare  i  pesci  e  cercare  le  lische;  mangiar  le 
noci  col  mallo  ;  non  andare  a  Roma  a  pentirsi  ;  ri- 
prender dattero  per  fico  ;  trovare  scarpe  per  i  propri 
piedi.  -  Star  fresco,  di  chi,  per  tallo,  per  colpa,  è 
in  procinto  di  esser  castigato.  -  Star  freschi  come 
la  ruta,  più  che  la  ruta,  pagar  presto  il  fio,  essere 
castigato. 

Non  essere  castigato:  passare  senza  pena,  pas- 
sarla liscia  ;  rimanere  impune,  impunito  ;  avere, 
ottenere  impunità,  impunizione,  incastigazione,  im- 
munità; farla  franca,  farla  netta;  sfuggire  il  ca- 
stigo, salvarsi  dalla  pena;  averla  a  buon  mercato, 
■  Impunemente,  con  impunità,  senza  incontrare  ca- 
stigo, senza  pena,  impunitamente;  a  man  salva.  - 
Impunitario,  nell'uso,  qualcuno  che  sembri  avere  il 
privilegio  di  passarla  sempre  liscia;  impunibile,  in- 
tangibile, privilegiato.  -  Impunito,  che  non  riceve 
castigo,  che  riesce  a  schivare  la  pena;  di  delitto, 
inespiato. 

Luoghi  di  castigo  —  Massime  e  proverbi. 

Parecchi  i  luoghi,  e  molti  propriamente  detti  luo- 
ghi di  pena,  come  l'ergastolo,  la  prigione,  ecc. 
Dicesi  casa  di  correzione  il  luogo,  l'istituto  nel  quale 
si  chiudono  i  discoli;  e  compagnia  di  disciplina,  in 
Italia,  i  riparti  di  milizia  (e  i  luoghi  da  essi  oc- 
cupati) che  incorporano  i  militari  colpiti  da  pene 
disciplinari.  -  Berlina,  luogo  o  palco  sul  quale  si 
esponevano  per  castigo  i  malfattori,  dopo  aver  loro 
applicato  alia  gola  un  collare  di  ferro  e  al  petto  un 
cartello  recante  il  titolo  del  loro  delitto.  -  Gogna  si 
chiamava  il  collare;  ma  si  dava  lo  stesso  nome  anche 
alla  pena  e  al  luogo  nel  quale  veniva  eseguita.  -  Mitera, 
cartoccio  che  talvolta  si  metteva  in  testa  al  con- 
dannato alla  berlina,  conducendolo  in  giro  in  groppa 
a  un  asino  {pena  dell'asino,  condanna  dell'asino)  - 
Orecchi  di  ciuco,  benda  che  metteva  ai  ragazzi  in 
castigo. 

Massime  e  proverbi.  —  A  ogni  tristo  il  suo  di 
tristo.  -  Chi  vial  semina  mal  raccoglie.  -  Chi  rompe 
paga,  e  porta  via  i  ciottoli.  -  D'amaro  seme  nasce 
frutto  amaro  (da  colpa  castigo).  -  Dove  manca  la 
correzione,  abbonda  la  corruzione. 

Gli  altri  hanno  mangiato  la  candela  e  tu  smaltisa 
lo  stoppino,  a  chi  paga  il  fio  per  altri.  -  //  fuoco  fa 
saltar  le  vespe  fuori  dal  vespaio  (il  castigo  fa  lasciare 
la  stanza  del  vizio).  -  La  pena  è  zoppa,  ma  pure 
arriva.  -  La  penitenza  coì^re  dietro  al  peccato.  - 
La  prima  si  perdona,  alla  seconda  si  bastona. 
Tanto  va  la  capra  al  cavolo  che  ci  lascia  il  pelo. 


•  Tanto  va  la  gatta  al  lardo  che  ci  lascia  lo  zam- 
pino (chi  s'avvezza  a  fare  il  male,  prima  o  poi  la 
paga).  -  Tanto  va  la  mosca  al  miele  che  ci  lascia  il 
capo.  -  Tanto  va  la  rana  al  poggio  che  ci  lascia  la 
pelle.  -  Tanto  va  l'orcio  per  acqua  ch'e  si  rompe. 

Una  le  paga  tutte,  oppure  una  ne  paga  cento:  il 
castigo  può  tardare,  ma  infine  sopraggiunge,  e  tutti 
i  falli  si  purgano  in  una  volta.  -  Vcil  più  una  ba- 
stonata che  cento  arri,  vai  più  un  castigo  che  cento 
prediche. 

Gastimonia.  Detto  a  castità. 

Castità  (casto).  Astinenza  dai  piaceri  carnali, 
sensuali  (contr.  di  sensualità,  di  concupiscenza): 
continenza,  purezza,  purità.  Simboli,  il  giglio,  il  fior 
d'arancio.  -  Celebrate  per  la  loro  castità  la  greca 
Penelope,  moglie  d'Ulisse,  la  Lucrezia  romana,  la 
Susanna  ebrea,  ecc.  -  Vesta,  figlia  di  Saturno  e  di 
Opi,  dea  della  castità. 

Castimonia,  castità  di  vita,  abitudine  di  castità.  - 
Castità  coniugale,  nelle  relazioni  fra  marito  e  moglie. 

-  Celibato,  per  certi  preti,  apparente  stato  di  ca- 
stità. -  Continenza,  astensione  dai  rapporti  sessuali. 

-  Onestà,  onore,  nell'uso,  la  virtù,  il  pregio  della 
donna  casta.  -  Virtù   dicesi  anche  per  castità. 

Agnocasto,  arbusto  verbenaceo  con  le  foglie  e  i 
fiori  del  quale  le  sacerdotesse  di  Cerere  formavano 
i  loro  letti,  come  palladio  della  loro  castità.  Allo 
stesso  scopo,  nel  medioevo,  se  ne  faceva  uno  sci- 
roppo nei  chiostri.  -  Cinto  di  castità,  barbaro  e  ri- 
dicolo istrumento  imposto,  nel  medioevo,  dai  ma- 
riti alle  mogli,  per  impedire  che,  nella  loro  assenza, 
altri  potesse  possederle.  -  Voto  di  castità,  voto  di 
astenersi  per  sempre  dai  piaceri  della  carne. 

Casto,  chi  si  astiene  dai  piaceri  carnali  illeciti  o 
è  continente  nei  leciti.  Anche  di  cosa:  casto  letto, 
casto  talamo,  casto  velo,  ecc.  -  Casto  Giuseppe,  di  chi 
ostenta  pudicizia  o  castità  ritrosa,  ben  sapendosi 
come  sia  difficile  possedere  tale  virtù.  -  Caste  orec- 
chie, che  non  sono  abituate,  né  si  possono  abituare 
a  espressioni  triviali,  disgustose,  spudorate.  -  Imma- 
colato, senza  macchia,  castissimo.  -  Pudico,  che  ha 
pudore;  casto  e  modesto.  -  Virtuoso,  detto  anche 
per  casto. 

Mantenersi,  serbarsi  casti,  essere  casti  di  costume, 
far  vita  casta.  -  Essere,  fare  la  casta  Susanna,  at- 
teggiarsi a  donna  di  molta  severità  di  costumi.  - 
Far  la  monaca,  la  monachella,  fìngere  castità. 

Castóne.  Cavità  dell'  anello  contenente  la 
geìnina. 

Castore  e  Polluce.  La  costellazione  dei 
Gemelli. 

Castóreo.  Detto  a  castoro. 

Castòro.  Animale  anfibio  del  nord  dell'Europa 
e  dell'America:  mammifero  rosicante,  di  pelo 
bruno,  folto,  con  grossa  coda,  squamosa  e  forte.  Si 
dà  lo  stesso  nome  al  suo  pelo  e  alla  sua  pelle:  questa 
usata  per  fare  guarnizioni,  manicotti  per  signora, 
colletti  e  pelliccie  per  uomo.  Simile  al  castoro  é  il 
miopotamo,  mammitero  americano.  -  Castóreo,  prin- 
cipio amaro,  usato  come  antispasmodico  e  stimo- 
lante in  forme  nervose  e  isteriche,  nonché  in  2^'>'<*' 
fumeria:  lo  si  .ricava  da  glandole  speciali  del  ca- 
storo, situate  presso  la  coda. 

Castracani.  Detto  a  castrare. 

Castrametazlone.  Arte  di  piantare  un  ac- 
caìtipatnento,  un  campo  da  guerra 

Castraporcelli.  Detto  a  maiale. 

Castrare  (castrato,  castratura).  Togliere  o  am- 
mortire gli  organi  che  servono  al  generare;  pri- 
vare gli  animali  dei  testicoli;  dell'uomo,  evirare. 


CASTRARE    —   CATARRO 


471 


-  Accapponare,  capponare,  di  esteso  significato,  dal 
galletto  ad  altre  bestie  e  all'uomo. 

Castrato,  l'agnello  privo  degli  organi  genitali: 
agnelluccio,  agnellotto;  castratino,  castroncello,  ca- 
stroncino;  castrone;  rozzone;  mannerino;  scherz., 
pasquin  peloso.  -  Alluda,  pelle  di  pecora  e  di  ca- 
strato, 0  di  capra,  conciata  in  allume.  -  Gigotto,  co- 
scia di  castrato:   coscetto,  cosciotto. 

Castratore,  chi  fa  il  mestiere  di  castrare  gli  ani- 
mali, distinguendosi  il  castracani,  il  castraporcelli 
•0  castraporci.  -  Castratura,  l'operazione  del  castrare  : 
accapponaniento,   accapponatura,  castrazione. 

Castrare  (castrato).  Intaccare  le  castagne,  per 
farne  bruciate:  veggasi  a  castagno.  ■  Sopprimere, 
togliere  qualche  parte,  qualche  frase  da  uno  scritto, 
da  un  libro  e  simili:  espurgare.  Uno  degli  alti  che 
può  compiere  il  censore 
Castrato.  Veggasi  a  castrare. 
Castratura^  castrazione.  L'operazione  del 
castrare. 

Castrense.  Di  accampamento,  di  campo 
(militare). 

Castrino.  Piccolo  coltello  adoperato  per  castrare 
le  castagne:  veggasi  a  castagno. 

Castróne.  L'agnello  castrato.  -  Uomo  stolido, 
sciocco. 

Castroneria.   Atto,  detto  da   sciocco:   scioc- 
chezza. 
Casuale  {casualità).  Proveniente  dal  caso. 
Casualità.  Detto  a  ca^o. 
Casualmente.  A  caso. 
Casùpola.  Detto  a  casa. 
Cataclisma  (cataclismoj.  Grande  sconvolgimento 
del  suolo,  del  terreno  (es.,  quello  attribuito  al  dir 
hivio)  ;  grande  inondazione;  disordine  come  di 
terremoto;  riverso,  rovesciamento,  strabalzamento. 
Catacómba  {catacumbaj.  Luogo  sotterraneo, 
specie  di  grotta,  dove   si   rifugiavano  i  primitivi 
cristiani  (veggasi  a  cìHstianesimo),  per   sottrarsi 
alle   persecuzioni,  attendere   al   culto,  seppellire  i 
morti,  ecc. 
Catacresi.  Figura  di  retòrica. 
Catacustica.  Parte   dell'acustica   che  studia 
l'eco,  noto  fenomeno  del  suono. 
Catadriottrica.  Veggasi  a  luce  e  a  ottica. 
Catafalco.  Costruzione  di  legname  che  si  erige 
nel  mezzo  d'una  chiesa,  in  occasione  di  funerale. 
Catafratta,  catafratto.  Veggasi  a  corazza. 
Catalèssi.  Mancanza  di  sillabe  alla  fine  di   un 
verso. 

Catalessi,  catalessia  (catalèttico).  Malattia 
nella  quale  si  sospende  in  un  attimo  l'azione  dei 
sensi  e  del  movimento,  e  le  membra  e  il  tronco 
conservano  quelle  posizioni  che  loro  si  fanno  pren- 
dere. -  Catalettico,  colpito  da  catalessi  ;  che  soffre  o 
che  ha  relazione  a  catalessia. 

Acatalessia,  o  acatalepsia,  incertezza  nella  perce- 
zione :  stato  contrario  alla  catalessi.  -  Estasi,  malat- 
tia somigliante  alla  catalessia,  dalla  quale  non  dif- 
ferisce se  non  in  ciò:  che  i  veri  catalettici  non  hanno 
alcun  sentimento  esteriore  e  niente  ricordano  di 
ciò  che  è  avvenuto  nel  tempo  del  parossismo  del 
male,  né  dopo,  mentre  invece  gli  eslatici  sono  sem- 
pre occupati  da  una  idea  molto  viva  e  si  ricordano 
di  ciò  che  loro  è  avvenuto. 

Catalèttico.  Che  soffre  di  catalessia.  -  Ag- 
giunto di  verso,  greco  e  latino,  al  quale  manca 
una  sillaba  in  fine. 

Catalètto.  Specie  di  bara,  o  di  barella. 
Catalisi.    Fenomeno   chimico  (veggasi  a  chi- 


mica) per  il  quale  una  sostanza  determina,  con  la 
sua  presenza,  reazioni  fra  altre  sostanze  senza  che 
entri  nel  composto  finale. 

Catallettlca.  Detto  a  economia  politica. 

Catalogare  (catalogato).  Fare  il  catalogo. 

Catalóg'no.  Specie  di  gelsomino. 

Catàlogo.  Distinta,  nota,  registro,  in  cui  sono 
registrati,  per  ordine  alfabetico  o  di  materia,  i  nomi 
di  più  cose  congeneri:  carta,  elenco,  enumerazione, 
indice,  lista,  memoriale,  nòvero,  quadro,  ruolo,  ta- 
bella, tavola.  -  Catalogo  del  modellario,  quello  che 
prescrive  gli  stampati,  i  registri,  gli  specchi,  ecc., 
che  ognuno  deve  tenere,  e  le  carte  periodiche  che  si 
devono  compilare  e  spedire.  •  Catalogare,  fare  il  ca- 
talogo; mettere  a  catalogo,  registare  nel  catalogo; 
elencare  (neologismo). 

CatalufTa.  Sorta  di  drappo. 

Catameniale.  Detto  a  mestruo. 

Catamenle.  Veggasi  a  mestruo. 

Catapécchia.  Misera  ca^sa.  -  Luogo  squallido 
di  campagna. 

Cataplasma.   Medicamento,  ivnpiastro,  pre- 
parazione di  farmacia,  tòpico  di  una  certa  con- 
sistenza, preparato   con  farina  o  polpe   emollienti; 
se  a  base  di  senape,  più  propriamente  detto  sena- 
pismo; quando  caustico,  vescicatorio,  vescicante. 
Applicare  il  cataplasma,  ecc.,  veggasi  a   impia- 
stro. 
Cataplessia.  L'apoplessia  fulminante. 
Catapulta.  Detto  ad  arms  (pag.  160,  macchine 
da  guerra)  e  a  guerra  (macchine  da). 

Cataratta.  Affezione  consistente  nell'opacità  della 
sostanza  propria  del  cristallino  dell'occliio  e  della 
sua  càpsula,  con  perdita  delle  facoltà  visive:  si  di- 
stingue in  traumatica,  congenita,    diabetica,    glauco- 
matosa;  capsulare,  lenticolare;  stazionaria,  progres- 
siva; lattea,  molle,  membranosa,  sedimentosa  ;  fusata, 
polare^  puntata,  senile  o  dura,  ecc.,  ecc.  Falsa,  quando 
l'opacità  non  è  nel  cristallino  e  neppure  nella  cap- 
sula. -  Si  opera  asportando  il  cristallino.  -  Chera- 
totomo,  bistori   speciale   che   serve   ad    incidere  la 
cornea  quando  viene  praticata  l'estrazione  della  ca- 
taratta. 
Catarrale.  Di  catarro. 
Catarrina.  Detto  a  scimmia. 
Catarro  (catarrale,  catarroso).   Secrezione,   più 
0  meno  abbondante,  di  muco  o  muco-pus  delle  mu- 
cose infiammate  per  lesione   acuta  o  cronica   (trae 
origine  da  una  causa  esterna  o  interna  che  deter- 
mini uno  stato  di  irritazione  nel   connettivo  sotto- 
epiteliale): mucidaglia,  mucinaglia,  mucosità,  scesa; 
scolo.    Scherz.,    ciabattino.    Nel    catarro    mucoso 
l'irritazione  dà  luogo  ad  una  ipersecrezione  ghian- 
dolare; nel  desquamativo,  ad  un  rammollimento  dello 
strato  epiteliale;   nel  purulento,  alla    migrazione  di 
leucociti  dai  vasi.  Catarro  primitivo,  quello  prodotto 
da  cause  che  agiscono,  direttamente,  ma    in   modo 
primitivo,  sulla  mucosa.   Catarro  secondario,  quello 
che  ha  per  causa   un   processo   patologico   preesi- 
stente sulla  mucosa.  -  Più  comuni  anticatarrali,  cioè 
rimedii  contro  il  catarro:  i  preparati  alcalini  (ben- 
zoato,  solfato  di  soda,  ecc.),  i  trementinacei,  l'aro- 
vina,  l'antrasol,  il  sirol,  Vanemonina   (princinio  at- 
tivo dell'anemone  pulsatilla),  l'erba  polmonaria,  Ve- 
ringio  volgare,  la  poligala,  l'acido  canforico,  la  sa- 
vonéa,  ecc.  -  Anacatartico,  ciò  che  provoca  l'espet- 
torazione,  l'espulsione   del   catarro   dal    petto,  dai 
bronchi,  ecc.;  quindi,  lo   stesso  che  espettorante.  - 
Anapnoici,  i  rimedi    che  tacilitano  l'espettorazione 


472 


CATARTICO    —   CATENA 


-  Pettorale,  bevanda  medicinale  che  giova  alla  spurgo 
del  petto. 

Catarro  auricolare,  veggasi  ad  orecchio.  -  Ca- 
tarro boccale,  della  bocca:  la  stomatite.  -  Ca- 
tarro bronchiale,  dei  bronchi,  della  bronchite.  -  Ca- 
tarro epidemico,  deWinfluenza.  -  Catarro  gastrico. 
della  gastrite.  -  Catarro  intestinale:  veggasi  a  diar- 
rea e  ad  enterite.  -  Catarro  laringeo,  della  la- 
ringe.  -  Catarro  nasale,  del  VMso,  nella  corizza  e 
nella  rinite.  -  Catarro  polmonare,  del  polmone.  - 
Catarro  uretrale,  blennorragia,  gonorrea.  -  Catarro 
uterino,  dell'impero,  -  Catarro  vaginale,  della  vagina. 

-  Catarro  vescicole,  della  vescica.  -  Catarro  vulvare, 
della  vulva. 

Anacatani,  espurgo  per  le  parti  superiori,  cioè 
per  mezzo  della  tosse  o  del  vomito,  più  particolar- 
mente, espettorazione.  ■  Blennopina,  febbre  catar- 
rale. -  Blennorrinia,  la  corizza.  -  Catarreuma,  flusso 
catarroso.  -  Catarsi,  qualunque  evacuazione  natu- 
rale 0  artificiale,  che  avvenga  per  una  via  qual- 
siasi del  corpo,  ma,  più  specialmente,  la  purgazione 
per  secesso.  -  Rantolo,  ansamento  frequente  o  mo- 
lesto con  risuonante  stridore  del  petto,  del  che  è 
cagione  il  catarro. 

Scaracchio,  sputo  catarroso.  -  Somacchio,  catarro 
grosso. 

Catarroso.  —  Chi  o  che  ha   catarro,  ne  soffre: 
catarrone,   scarcaglioso,   sornacchioso.  -  Scatarrone, 
chi   scatarra   sempre.  -  Accatarr amento,  incatarra- 
mento,  produzione  di   catarro,  -  Accatarrarsi,  inca- 
tarrarsi, esser  preso  da  catarro.  -  Scatarrare,  spur- 
gare, scaracchiare,   tirar  fuori  molto  catarro    {sca^ 
tarrata,  atto  ed  effetto).  -  Spettorizzare,    spettorare, 
espettorare,  purgarsi  il  petto  del  catarro  (espettora- 
zione, espettorato).  -  Spurgare,  cacciare,  il  catarro. 
•Catàrtico.  Detto  a  purgante. 
Catarzo.  Qualità  di  seta. 
Catasta.  Massa  di   legna.  -  Anche,  mucchio 
di  cose  riunite  insieme. 
Catastale.  Del  catasto. 
Oatastaltico.  Sinonimo  di  astringente. 
Catastare  (catastato).  Fare  catasta  di  legna  o 
mucchio  di  checchessia.  -  Registrare  nel  catasto. 
Catasto  {catastale).  Descrizione  dei  beni  stabili 
d'un  comune,  d'una  provincia^  d'uno  Stato,  con 
la  stima  del  loro  valore,  del  loro  reddito,  più  l'in- 
dicazione dei  proprietarii:  fatta  per  servire  a  prova 
di  proprietà.  Catasto  dicesi  anche  il  registro  ali  uopo 
e  ì'uflicio  addetto  alle  operazioni  del  caso.  -  Cen- 
simento: allibramento  dei  beni  stabili   a   catasto,  e 
la  loro  valutazione.  -  Censo,  ora,   la   misura   dei 
terreni  d'uno  Stato  per  il  ripartimenlo  delle  impo- 
ste. -  Estimo,   lo   stesso   che  catasto.  -  Catastale,  o 
mappa  di  catasto,  quella  che  comprende  il  territorio 
di  un  comune,  con  l'indicazione  della  superficie  delle 
singole  pezze,  campi,  prati,  boschi  ecc.  -  Parcellare, 
la  stima  catastale  fatta  appezzamento  per  appezza- 
mento. -  Parcelle,  nella   misurazione   catastale   per 
ciascun  comune,  gli  appezzamenti  appartenenti  a  di- 
versi possessori  ed  aventi  una  data  qualità  di  col- 
tura e  destinazione.  -  Per  valbe,  la  stima   catastale 
per  masse  di  coltivazioni  e  per  comuni.  -  Voltura, 
trasmutazione  catastale,  il  voltare  al  catasto  i  pos- 
sessi da  uno  in  un  altro  padrone. 

Accatastare^  catastare,  sottoporre  a  catasto  i  beni  : 
allibrare,  censire,  censuare;  accampionare.  -  Alli- 
brazione,  atto  (allibramento)  ed  effetto  dell'accata- 
stare. -  Capoposto,  quello  che,  tra  i  diversi  condo- 
mini di  un  fondo,  è  portato  primo  nei  libri  cata- 
stali. 


Catàstrofe  (catastròfico) .  Grande  disastro, 
grande  disgrazia.  -  Soluzione  di  un  digamma. 

Catechesi.  Veggasi  a  cristianesimo  e  a  istru' 
zione. 

Cateciiismo.  Insegnamento  della  dottrina  cri- 
stiana (veggasi  a  cristi anesim^o),  e  il  libro  che 
Io  contiene. 

Catechista.  Insegnante,  propagatore  di  catechi- 
smo (veggasi  a  cristianesimo). 
Cetechistico.  Di  catechismo. 
Catechizzare  (catechizzato).  Insegnare  il  cate- 
chismo, la  dottrina  del   cristianesimo.  -  Anche, 
propagare  e  persuadere. 

Catecùmeno.  Detto  a  battesimi  (pag.  264, 
prima  colonna)  e  a  religione. 

Categoria.  Riunione  di  esseri  che  hanno  atti- 
nenza fra  loro  e  sono  disposti  secondo  un  determi- 
nato criterio:  classe,  ordine,  serie;  divisione, 
parte,  tribù,  famiglia,  rango.  -  Termine  della 
filosofia  e  della  milizia.  -  Categòrico,  di  catego- 
ria, appartenente  a  categoria. 

Oateg-oricaniente.  Detto  a  rispondere. 
Categorico.  Di  categoria.  -  Modo  di  rispon- 
deve. 
Catello.  Il  cane,  piccolo.  -  Catellino,  dimin. 
Catena.  Il  legame,  più  o  meno  lungo,  d'anelli 
metallici,  incastrati  uno  nell'altro  e  per  lo  più  di 
ferro,  per  uso  di  tener  fermo  alcunché,  di  appen- 
dere la  pentola  o  il  paiuolo  dal  catnino,  per  colle- 
gare le  parti  d'una  macchina,  ecc.:  ferrea  fune, 
filza  d'anelli.  -  Catenatamento,  incatenatamento,  con 
catena.  -  Catenaccia,  catenone,  grossa  catena.  -  Ca- 
tenella, catenina,  catenuzza,  piccola  catena.  -  Ferri, 
ceppi,  anelli,  catene  con  cui  si  legavano  i  prigio- 
nieri. -  Maglia,  ciascuno  di  quei  piccolissimi  cer- 
chietti di  ferro  o  di  metallo,  che  servono  a  conca- 
tenare checchessia. 

Anello,  ciascuno  dei  cerchi  di  metallo  che  com- 
pongono la  catena.  -  Gancio,  specie  di  uncino  pel 
quale  si  appende  la  catena  o  pel  quale  si  appende 
ad  essa  qualche  cosa.  -  Dentiera,  qualunque  mec- 
canismo fatto  a  sequela  di  denti  sopra  una  catena, 
una  ruota,  una  piastra  o  sbarra  in  guisa  che  l'uno 
governi  l'altro  con  forza  e  velocità  determinata  al 
fine  di  trasmettere,  dirigere  od  arrestare  il  moto.  - 
Paletto,  verga  di  ferro  alla  testata  delle  catene,  per 
tenerle  ferme.  -  Rampo,  uncino  dell'asticciuola  in- 
feriore, dove  questa  è  unita  alla  catena. 

Accavallare,  di  catena  che  si  avvolge  su  sé  stessa. 

-  Smagliare,  scatenarsi,  rompersi  qualche  maglia, 
anello  (la  catena  s'è  rotta,  s'è  smagliata).  -  Scatenìo, 
un  gran  rumore  di  catene. 

Concatenare,  collegare,  unire  mediante  strumenti 
che  serrano  come  di  catena  -  Incatenare  {incatena- 
mento,  incatenato),  mettere  in  catena,  legare  con  ca- 
tena; chiudere  per  mezzo  di  catene.  -  Ribadire,  ri- 
torcere, richiudere  un  anello  della  catena  che  si  sia 
aperto.  -  Scatenare,  levare,  uscir  da  catena  {scate- 
namento, lo  scatenare;  scatenato,  liberato  dalla  catena). 

-  Scatenacciare,  far  rumore  con  catene. 
Catena.  Verga  di  ferro  che  serve  a  collegare  un 

muro  a  un  altro.  -  Pezzo  di  pietra  per  collegare 
qualche  parte  d'un  edificio.  -  Lungo  e  continuato 
tratto  di  montagne:  veggasi  a  monte.  -  Istrumento 
di  agrimensura  (catena  agrimensoria).  -  Parte  del- 
V orologio,  e  l'oggetto  col  quale  lo  si  assicura  al 
panciotto.  -  Sorta  di  m,isura.  -  Oggetto  che  si 
mettti  al  collo  per  ornamento:  monile,  collana  • 
Figur.,  ordine,  serie  di  cose  o  di  persone  (catena, 
di  soldati)  -  Modo  di  disporre  la  rima. 


CATENACCIO   —  CATTIVARE 


473 


Catenaccio.  Il  chiavistello.  ■  Termine  del 
lin,?uaggio  parlamentare:  rialzo  di  dazio. 

Catena  elettrica.  Veggasi  ad  elettroterapia. 

Catenaria.  Detto  a  curra. 

Catenella.  Piccola  catena.  -  Nell'uso,  la  catena 
(d'oro,  d'argento,  ecc.)  alla  quale  si  tiene  attaccato 
Yoì-ologio. 

Càtoi'a.  Detto  a  mandorla. 

Cateratta.  Chiusura,  noi  canali  e  nei  serbatoi, 
che  si  alza  o  si  abbassa  per  far  passare  acque  o 
trattenerle:  chiavica.  -  Naturale  cascata  di  un 
gran  fiume.  -  Malattia  dell'occhio:  cataratta. 

Caterétlco.  Detto  a  caustico. 

OatórTa.  Turba,  folla;  quantità,  moltitu- 
dine. 

Catetere.  Sonda  per  la  vescica. 

Cateterismo.  Operazione  di  chirurgia. 

Catèto.  Detto  ad  angolo  e  a  retta. 

Catilinaria.  Discorso  violento  contro  qualcuno: 
invettiva. 

Catinella.  Vaso  a  forma  di  catino,  più  pic- 
colo. 

Catlnellata.  Veggasi  a  catino. 

Catino.  Vaso  rotondo  e  concavo,  di  metallo  o 
di  terracotta,  ad  uso,  per  lo  più,  di  lavarsi;  ado- 
perato anche  per  far  la  barba,  per  lavarvi  le  sto- 
viglie e  simili:  amola,  bacile,  bacina,  bacinella,  ba- 
cinetta,  bacino;  bacinuzzo;  catinozza,  catinello,  ca- 
tinuzzo;  concolina;  lavabo,  lavamani,  lavamano; 
scafarda.  -  Catinaccio,  peggior,  di  catino;  catino  in 
mal  arnese  o  sporco.  -  Catinelto,  catino  piccolo,  ma 
non  tanto  quanto  il  catinino.  -  Calmino,  catino 
piccolo  piccolo.  -  Calinone,  grande  catino.  -  Cattnuc- 
CIO,  piccolo  catino  e  buono  a  poco. 

Armatura,  i  legnami  di  varia  forma,  sopra  quat- 
tro regoli  che,  si  chiamano  zampe,  congegnati  in 
modo  che  vi  si  adatti  il  bidè,  o  alcuna  cosa  simile; 
anche,  carcassa.  -  Calinata,  quanto  sta  in  un  catino; 
colpo  dato  con  questo.  -  Giro,  il  segno  circolare 
permanente  che  lascia  l'acqua  intorno  al  catino, 
al  brocchetto,  alla  catinella,  o  altro  vaso,  nel  limite 
della  sua  superfìcie,  quando  non  vi  è  frequente- 
mente rinnovata,  né  il  vaso  lavato  ogni  volta.  - 
Portacatino,  reggicatinella,  arnese  sul  quale  si  po- 
sano il  catino  e  la  catinella. 

Bacinella,  specie  di  catinella,  ma  di  rame  o  di 
altro  metallo,  per  uso  specialmente  della  cucina.  - 
Bidè  (frane),  catinella  di  maiolica  o  di  metallo, 
bislunga,  stretta  nel  mezzo:  la  si  pone  sopra  l'ar- 
matura 0  carcassa,  e  sopra  vi  si  sta  seduti  come  a 
cavallo  per  lavarsi  da  sotto.  Si  chiama  così  anche 
la  carcassa  e  la  catinella  prese  insieme.  -  Catinella, 
vaso  assai  cupo,  di  maiolica,  di  porcellana,  o  d'altro, 
di  forma  quasi  emisferica,  che  si  posa  sul  cerchio 
del  lavamano  per  lavarsi  le  mani  e  il  viso  {ca- 
tinellata,  quanto  può  essere  contenuto  in  una  ca- 
tinella). 

Catinaio,  colui  che  va  attorno,  vendendo  catinij: 
e  anche  chi  li  accomoda;  più  comunemente,  spran- 
gaio. 

Catione.  Veggasi  ad  elettrodo. 
Catodo.  L'elettrodo  negativo  di  una  corrente 
in  un  voltametro. 
Catone,  catoneggiare.  Veggasi  a  severità. 
Catòrbia.  Detto  a  prigione. 
Catorcio.  Il  chiavistello. 
Catorzoluto.  Detto  a  scorza. 
Catottrica.  Parte  dell'ohmica. 
Catottroscopia.  Detto  ad  ottica. 
Catrame.  Bitume   solido  che  si   trae,  per  di- 


stillazione e  combustione  dal  pino  e  da  altri  legni 
resinosi:  serve,  per  lo  più,  a  spalmare  le  navi,  i 
canapi  per  difenderli  dall'acqua;  variamente  com- 
combinato,  serve  a  moltissimi  usi  anche  in  medi- 
cina. Con  la  denominazione  di  catrame,  odi  pece 
liquida,  si  designano  vari  prodotti  ;  derivati  dal 
regno  vegetale,  dal  regno  minerale  e  dal  regno 
animale.  Quindi:  il  catrame  di  legno,  di  torba,  del 
carhon  fossile,  Volio  brutto  animale  od  olio  animale 
fetido,  ecc.  Giova  nelle  malattie  catarrali  sciolto  in 
acqua,  in  pillole  o  pastiglie  ;  efficiente  del  vino  Mar- 
sala; adoperato  per  difendere  dalle  corrosioni  del- 
l'acqua marina  cordami,  ferro,  legname  nelle  in- 
dustrie navali.  -  Incatramare,  impeciare,  impegolare, 
spalmare  di  catrame  ;  dare  una  mano,  una  passata 
di  catrame  su  checchessia. 

Antracene,  prodotto  di  distillazione  del  catrame, 
base  d'un  importante  gruppo  di  materie  coloranti  ; 
usato  nelle  malattie  della  pelle.  -  Antrasol,  catrame 
speciale,  utile  nell'eczema  o  in  altre  malattie  della 
pelle.  -  Capnomoro,  prodotto  che  si  ha  dalla  di- 
stillazione del  catrame  di  legno:  parte  ingrediente 
del  fumo.  -  Catramino,  sostanza  estratta  dal  catrame, 
dotata  di  spiccate  proprietà  espettoranti  e  molto 
usata  nei  catarri  cronici,  sdtto  forma  pillolare  o 
sciropposa.  -  Creosoto,  liquido  oleoso  incoloro,  che 
SI  ottiene  dalla  distillazione  del  catrame  di  legno 
di  faggio;  ha  efficacia  caustica  e  antisettica.  - 
Elatina,  liquido  oleoso  estratto  dall'olio  di  catrame. 

Naftalina,  sostanza  della  distillazione  del  catrame 
minerale,  usata  come  disinfettante  per  gli  abiti,  ecc. 
•  Paraffina,  o  paraffino,  altro  dei  prodotti  della 
distillazione  del  catrame.  -  Parvolina,  alcaloide  del 
catrame.  -  Ptece,  catrame  solidificato.  -  Pittacallo, 
aurina  derivata  dal  catrame  di  faggio.  -  Beteno 
(retene),  idrocarburo  nel  catrame  di  alcune  piante 
resinifere  e  di  varie  resine  fossili  :  cristallizza  in 
fogliette  madreporacee;  ossidato,  dà  acido  ftalico.  - 
Saccarina,  prodotto  derivato  dal  catrame,  scoperto 
da  Fahlberg  e  Remsen:  ha  potenza  dolcificante  500 
volte  superiore  allo  zucchero.  -  Toluolo,  idrocarburo 
del  catrame,  da  cui  si  estrae;  si  forma  anche  con 
la  distillazione  secca  del  balsamo  del  tolù  e  del 
sangue  di  drago.  -  Xiloli,  idrocarburi  che  contengono 
due  metili  e  si  trovano  negli  oli  leggieri  di  catrame. 

Catriosso.  Detto  a  pollo  e  a  uccello. 

Cattedra.  La  tribuna  della  scuola,  nella 
quale  siede  l'insegnante.  -  Luogo  ove  siede  il 
papa,  il  vescovo,  assistente  agli  uffici  di  culto, 
Figur.,  Vinsegnainento.  -  Cattedraticamente,  in 
modo  cattedratico.  -  Cattedratico,  di  cattedra,  ap- 
partenente a  cattedra;  che  si  usa  in  cattedra. 

Bugnola,  cattedra  M' Accademia  della  Crusca. 
Il  banco,  dove  siedono  gli  accusati  in  tribu- 
nale. -  Cattedra  di  san  Pietro,  veggasi  a  papa.  - 
Ex-cathedra,  lett.  dall'alto  della  cattedra;  parlare 
ex  cathedra,  cioè  in  modo  dogmatico  e  cattedratico. 

Cattedrale.  La  chiesa  maggiore,  primiziale, 
di  una  diocesi  e  quella  in  cui  sta  la  cattedra  del 
vescovo:  architempio,  chiesa  matrice,  chiesa  metro- 
politana, chiesa  priorale,  mastra  chiesa.  -  Catledra- 
litd,  l'essere  cattedrale. 

Cattedràtico  (cattedraticamente).  Detto  a  cat- 
tedra. 

Cattivamente.  In  modo  cattivo. 

Cattivare,  cattivarsi  (cattivato).  Rendersi 
amico,  conciliarsi  l'amicizia  di  alcuno,  ottenerne 
la  benevolenza,  l'affezione,  rendersene  favore- 
vole l'animo,  specialmente  in  grazia  di  bei  modi  : 
aggraziarsi,  ingraziarsi,  ingrazionirsi  ;   aggradinirsi  ; 


CATTIVERIA    —   CATTIVO 


acquistar  grado,  amicarsi  ;  entrare  nelle  grazie,  farsi 
accetto;  imbonire,  indolcire,  insinuarsi,  introdursi 
nell'animo,  mettersi  nel  cuore;  legarsi  l'animo; 
nropiziare,  propiziarsi,  rendersi  propizio;  acqui- 
stare, acquistarsi,  attirarsi,  guadagnare,  guadagnarsi 
il  favore. 

Cattiveria.  Detto  a  cattivo. 

Cattivézza.  Veggasi  a  cattivo. 

Cattività.  Prigionia,  schiavitii. 

Cattivo.  Contrario  di  buono,  moralmente  e  ma- 
terialmente. Dicesi  di  chi  ha  tendenza  al  male,  al 
vizio,  0  di  cosa  che  arreca  male,  dawno  e  simili  ;  di 
qualità,  disposizione  dell'  animo,  della  mente,  di 
tutto  quanto  riguarda  l'uomo  ;  di  chi  non  sa  o  non 
vuole  adempiere  il  proprio  dovere;  di  chi  è  poco 
atto,  poco  abile j  non  adatto  in  checchessia;  di 
cosa,  per  vizio  o  per  difetto,  non  adatta  all'uso  de- 
stinato ;  di  qualunque  cosa  materiale  che  non  abbia 
le  qualità  necessarie,  secondo  l'essere  proprio  ;  di 
ciò  che  è  guasto,  logoro,  malconcio,  o  brutto  di 
forma,  alterato,  corrotto  e,  comunque,  in  cattiva 
condizione;  di  ciò  che  è  nocivo  alla  salute, 
spiacevole  di  gusto,  di  sapore,  di  odore,  ecc.; 
di  avvenitnento  infausto,  sinistro,  non  propizio; 
di  stagione,  di  tempo  brutto,  ecc.  Chi  è  cattivo 
merita  biasimo,  castigo,  condanna,  puni- 
zione; suscita  antipatia,  disgusto;  perde  la 
fiducia,  la  stima,  ['affezione,  V amorevolezza, 
il  favore,  la  simpatia,   la  protezione,  ecc. 

Cicuta,  pianta  ombrellifera,  da  cui  si  trae  un  ve- 
leno narcotico:  simbolo  della  cattiveria. 

Cattivaccio,  peggior.  di  cattivo,  di  persona,  e  sa 
di  scherzo.  -  Cattivello,  di  ragazzo  tristanzuolo,  ba- 
rabba, biricJiino.  •  Cattivissimo,  molto  cattivo,  de- 
terrimo,  iniquo,  pessimo;  cattivo  come  la  peste  e, 
anche,  semplicemente  peste;  roba  da  cani,  da  chiodi. 
-  Cattivane  (famil.),  detto,  per  lo  più,  a  bambino,  a 
fanciullo  caparbio,  disobbediente.  -  Mediocre,  non 
del  tutto  buono,  né  del  tutto  cattivo.  -  Peggiore, 
più  cattivo.  -  Pessimo,  superlativo  di  cattivo:  di 

fersone  e  di  cose.  -  Cattivamente,  in  modo  cattivo: 
iecamente,  sbiecamente,  malignamente,    malvagia- 
mente, perversamente,  tristamente,  ecc. 

Bieco,  propriamente,  significa  storto;  figurata- 
mente, pravo;  cattivo  arnese,  cattivo  soggetto  (di 
persona),  birbone.  -  Brutale,  cattivo  e,  insieme,  ir- 
ragionevole, violento.  -  Empio,  nell'uso,  specialmente 
e  malamente  ditto  di  chi  è  senza  religione,  ne- 
mico della  religione.  -  Iniquo,  ingiusto,  che  non 
agisce  con  giustizia  (un  abisso  di  iniquità,  di 
uomo  iniquissimo).  -  Maligno,  chi  delle  persone 
e  delle  cose  vede  solo  il  male,  e  tutto  interpreta 
sinistramente.  -  Malo  (lat.),  cattivo.  -  Malvagio, 
cattivo,  perfido,  detto  di  persona.  -  Nefario,  scel- 
lerato. -  Perfido,  sleale,  malvagio.  -  Perverso,  mal 
volto,  pessimo,  ostinatamente:  di  cose  e  di  persone. 
Pravo  (lat.),  perfido,  rio.  -  Beo,  tristo,  iniquo.  - 
Reprobo,  cattivo  e  ribelle;  riprovato  da  Dio.  - 
Scellerato,  chi  commette  delitto,  netandità  {scelle- 
rato!, titolo  d'obbrobrio  o  di  spregio,  se  non  è 
scherz.).  -  Tristo,  malvagio  non  senza  un  certo 
grado  di  turberia:  tristanzuolo. 

Figure  di  persone  cattive. 

Anima  dannata,  persona  cattiva,  perfida,  incor- 
reggibile. -  Arnese,  omaccio  {brutto  arnese,  arnese  da 
galera,  avanzo  di  (/alerà,  degno  della  galera),  arne- 
saccio.  -  Aspide,  persona  d'animo  cattivo.  -  Bello  e 
fello,  bello  e  catt.vo.  -  Bel  mobile,  un  cattivo   sog- 


getto. -  Bestia  nera  (frane,  bète  noire),  per  indicare 
persona  malvista  e  malefica  che  ricorre  spesso  nel 
fatto  0  nell'immaginazione.  -  Bona  lana,  buona  lana, 
di  persona  perversa,  di  persona  trista. 

Canaglia,  di  persona  e,  specialmente,  di  per- 
sone vili,  rotte  alla  mala  vita  {canaglia  berrettina). 
•  Cànchero,  di  persona  cattiva.  -  Cattivo  fin  dal 
guscio,  fin  dalla  nascita.  -  Giaccherò,  uomo  che  si 
sospetta  tristo.  -  Cuore  duro,  freddo,  di  ghiaccio,  di 
marmo,  di  macigno,  di  tigre,  di  iena,  cattivo,  insen- 
sibile, crudele,  spietato,  senza  pietà.  Cosi  anche: 
cuore  col  pelo,  col  pelo  lungo  come  l'orso.  -  Da  ca- 
pestro, di  persona  trista,  degna  della  forca,  che  fa 
cose  degne  della  forca.  -  Demonio,  demnniaccio,  di 
ragazzo  caparbio,  irrequieto,  e  di  persona  brutta  o 
trista,  0  una  cosa  e  l'altra  insieme:  diavolo  (è 
un  diavolo,  pare  il  diavolo,  un  diavolo  scatenato,  un 
diavolo  in  carne  e  ossa;  più  brutto,  più  nero  del  dia- 
volo). -  Duro  di  cuore,  inumano,  che  difficilmente 
si  muove  a  pietà.  -  Faccia  proibita,  da  cattivo.  - 
Faccia  scomunicata,  di  persona  cattiva  e  sospetta.  - 
Fello,  fellone,  di  mal  talento,  inumano,  violento» 
-  Ferraccio,  di  persona  trista,  capace  di  tutto.  -  Fi- 
guro, uomo  tristo.  -  Fungaia,  voce  che,  applicata 
ad  uomini,  ha  sempre  un  senso  tristo,  come  allu- 
dendo alla  qualità  dei  funghi  velenosi.  -  Furia  in- 
fernale, di  persona  brutta  e  rabbiosa:  indiavolato, 
energùmeno. 

Gentaccia,  di  persone  cattive.-  Gente  da  ergastolo, 
malvagia,  perfida.  -  Ira  di  Dio!...  Pezzo  d'ira  di 
Dio!...  di  persona  trista.  -  Mala  bietta,  commetti- 
male, un  poco  di  buono.  -  Malandrino,  propria- 
mente, rubatore  di  strada;  anche,  chi  é  uso  a  cat- 
tive azioni.  -  Mascalzone,  uomo  abbietto  e  dato 
al  mal  fare.  -  Mefistofelico,  da  Mefistofele,  maligno 
{faccia,  sguardo,  sorriso,  insinuazione,  consiglio).  - 
Mostro,  di  persona  cattiva,  feroce.  -  Boba  da  chiodi, 
di  persone  o  cose  pessime.  -  Segnato  da  Dio,  di 
qualche  zoppo,  gobbo,  guercio  o  persona  difettosa 
di  corpo  che  si  mostri  cattiva.  -  Serpente,  serpen- 
tello, di  persona  molto  maligna.  -  Sfriggine,  donna 
trista,  cattiva,  maligna. 

Tizzone  d'inferno  (figur.),  di  persona  cattiva  che 
eccita  al  male.  -  Uomo,  omaccio  cattivo,  che  s'in- 
furia, maltratta,  non  conosce  ragioni.  -  Uomo  di 
mala  stampa,  cattivo  di  natura,  di  carattere,  di 
indole.  -  Uomo  di  sangue  cattivo,  pronto  all'ira, 
alla  vendetta,  all'  odio.  -  Uomo  senza  timor  di 
Dio,  senza  religione  e  senza  amor  del  prossimo.  - 
Vipera  (figur.),  persona  cattivissima,  malefica. 

Cattiveria  —  Modi  di  manifestarsi. 

Cattiveria,  abito  cattivo.  -  Cattivezza,  natura, 
qualità  di  ciò  che  è  cattivo,  malvagio  malvagità, 
perfidia,  perversità,  scelleraggine,  scelleratezza.  - 
Diavoleria,  azione  maligna,  perfida.  -  Empietà,  con- 
dizione morale  dell'empio  e  carattere  delle  sue 
azioni. 

Fellonia,  malvagità;  anche,  slealtà.  -  Impro- 
bità, malvagità.  -  Indegnità,  l'essere  indegno;  azione 
indegna.  -  Malignità,  malvagità  d'animo  per  cui  si 
è  disposti  a  nuocere  ad  altri,  nonché  a  vec'ere  e 
far  vedere  il  peggio  in  ogni  atto  o  detto  d'altri: 
pravità,  nequizia. 

Perfidia,  slealtà,  ostinazione  perversa.  -  Per- 
versità, astr.  di  perverso.  •  Pervertimento,  il  pei- 
vertire  o  pervertirsi.  -  Scellei-aggine,  scellerataggine, 
scelleratezza,  l'essere  scellerato;  azione  da  scellerato. 

Grugnire,  il   brontolare   di   persona   cattiva  o 


CATTIVO   —   CATTOLIGISMO 


473 


dispettosa,  pronunciando  parole  inintelligibili  o  scon- 
venienti e  ingiuste.  -  Imperversare,  infuriare  (veg- 
gasi  a  furia)  contro  persona  o  cosa.  -  Incattivire, 
diventare,  rendere  cattivo,  irritare,  pervertire; 
irritarsi,  pervertirsi:  darsi,  ballarsi  al  callivo,  a 
far  cattive  azioni,  darsi  al  demonio  ;  imbirbonire, 
diventar  tristo,  malfattore.  ■  hhiiavolarc,  entrare 
in  furia  Indiavolato,  che  ha  del  diabolico,  è 
malvagio,  perverso.  -  Infellonire  {infellonito),  di- 
venir fellone,  incrudelire. 

Perfidiare,  ostinarsi  slealmente,  con  perfidia,  contro 
la  verità  :  anche,  solo  con  ostinnzione.  -  Pervertire, 
deviare  dalla  rettitudine,  dal  be^ne,  dall'onestà, 
dalla  giustizia,  dalla  verità.  -  Rincattivire,  di- 
ventar più  cattivo,  peggiorare. 

Locuzioni  -  Proverbi 

Avere  un  diavolo  per  capello,  locuzione  tamiliare 
e  comune  di  qualche  nostra  regione,  e  vale  essere 
inquieto,  cattivo,  nervoso,  operando  e  parlando  in 
modo  conforme  a  tale  stato.  -  Essere  d'una  tinta, 
essere  della  stessa  natura,  ma  sempre  in  senso  tri- 
sto; di  mille  tinte,  di  molle  specie,  e  pure  in  cattivo 
senso.  -  Essere  pecora  marcata,  cattivo  soggetto; 
una  vera  arpia,  una  strega,  di  molta  perfidia  (spe- 
cialmente donna);  un  certo  /epatino,  di  persona  che 
dimostra  cattivo  cuore  ;  un  malanno,  un  gran  ma- 
lanno, di  persona  trista  da  cui  non  si  può  ri- 
cavar bene  di  sorta;  un  poco  di  bona,  di  persona 
che  fa  dir  di  sé.  -  Non  essere  o  non  parere  poi  il 
diavolo,  di  cosa  o  di  persona  tale  da  non  poter  disprez- 
zarla  o  criticarla  tanto.  Anche,  non  esser  tanto  brutto. 

-  0  tingono  o  scollano,  di  persone  manesche  o  ma- 
lefiche. -  Il  male  lo  fece  bene  e  il  bene  lo  fece  male, 
di  un  grande  iniquo  che  fece  tutto  male,  anche  il 
bene.  -  Parer  quello  che  diede  o  tirò  la  lanciata  a 
Cristo,  di  chi  abbia  faccia  sinistra;  anche,  parer 
quello  che  diede  lo  schiaffo  a  Cristo.  -  Tristo  mondo, 
tristi  tempi,  locuzione  frequente  sulla  bocca  di  chi 
si  lamenta  dell'epoca  in  cui  vive. 

Proverbi.  —  A  cattivo  cane  corto  legname,  bi- 
sogna frenare  i  cattivi.  -  Il  diavolo  dove  non  può 
mettere  il  capo  mette  la  coda,  le  perione  cattive 
riescono  sempre  a  fare  del  male.  -  //  lupo  non  fa 
agnelli.  -  La  mal'  erba  non  more  mai,  persone  tristi 
che,  per  quanto  male  si  facciano,  son  sempre   vive. 

-  Prima  d'essere  aceto  fui  vino,  di  persona  fatta 
incattivire  dai  maltrattamenti.  -  Se  il  lupo  sapesse 
come  sta  la  pecora,  pover'a  lei,  i  tristi  delle  cattive 
condizioni  se  ne  approfittano:  è  fortuna  che  non  le 
sappiano  sempre.  -  Tra  il  cànchero  e  la  rabbia  ci 
corre  poco,  di  due  persone  egualmente  tristi,  così 
da  non  saper  farne  differenza.  -  Uomo  rosso  e  cane 
lanuto  piuttosto  morto  e  poi  conosciuto:    cattivi. 

Cattivo.  Per  captivo:  prigioniero,  schiavo. 

Oattolicismo  (cattolico).  La  dottrina,  la  re- 
ligione cattolica  (derivato  dai  cristianesimo);  la 
Cliiesa  che  ha  per  capo  il  papa  e  si  sviluppò 
distinguendosi,  dopo  il  concilio  di  Trento,  dalla 
Chiesa  jyrotestante  per  quanto  riguarda  la  costi- 
tuzione, il  culto,  la  disciplina  e  sopratutto  perchè 
è  basata  sul  dogma:  Chiesa  apostolica.  Chiesa 
del  Dio  vivente.  Chiesa  Universale,  Chiesa  Vati- 
cana, Madre  Chiesa,  Santa  Chiesa;  Magion  di  Dio, 
Vigna  del  Signore;  Congregazione  dei  ledeli,  Il  Cre- 
do designa  la  Chiesa  con  le  sue  quattro  caratteri- 
stiche: «  Credo  nella  Chiesa,  una,  santa,  cattolica, 
apostolica  ».  E  la  Chiesa  di  Roma  aggiunge:  Ro- 
mana. Principali   articoli  di  fede,   specialmente   in 


ciò  che  ha  di  particolare,  quando  la  si  contronti 
alle  dottrine  protestanti:  Cristo  fondò  una  so- 
cietà visibile,  che  è  la  Chiesa,  dandole  per  fonda- 
mento, per  capo,  per  supremo  pastore,  il  jtapa, 
a  questi  sottomettendo  i  vescovi.  La  Chiesa  é  in- 
fallibile tutte  le  volte  che  si  esprime,  sia  per  la 
voce  dei  vescovi,  uniti  al  papa,  sia  per  la  bocca 
del  papa  solo,  per  imporre  a  tutti  un  dogma  di 
fede  0  un  precetto  di  morale.  Unica  giudice  e 
sola  ^'uardiana  della  ve/'t«d  rivelata,  contenuta  nella 
tradizione  e  nella  Bibbia,  la  Chiesa  raccoglie  la 
prinm  nelle  costituzioni  dei  papi,  nei  canoni  dei 
concili,  ne^li  scritti  dei  padri,  e  mantiene  l'inte- 
i;rità  della  se-'.onda  fissando  il  canone  dei  libri 
santi,  stabilendo  le  regole  della  loro  interpretazione, 
controllandone  le  traduzioni.  Essa  delinisce  i  dogmi, 
esamina  le  novità,  condanna  ogni  cosidetta  eresta, 
indica  quel  che  ciascuno  deve  credere.  Cosi,  dap- 
prima, 1  misteri  (veggasi  a  mistero)  della  Trinità 
(padre,  figliuolo  e  Spirito  santo,  tre  persone  in  una 
&0ÌSi)  e  dell' incarnazione  (veggasi  a  Cristo);  poi,  la 
trasmissione  del  peccato  da  Adamo  a  tutti  i  di- 
scendenti, che  nascono  colpevoli,  redenti  però  dalla 
morte  di  Cristo.  Col  giudizio  finale,  universale  o 
estremo,  Dio  giudicherà  i  vivi  e  i  morti,  alla  fine 
del  mondo.  1  frutti  della  redenzione  divina  sono 
agli  uomini  applicati  per  mezzo  dei  sacramenti,  e 
ogni  sacramento  (sono  sette)  è  la  via  principale 
della  grazia,  che  rende  la  nostra  anima  gradita 
a,  JDio,  forma  il  meritò  delle  nostre  opere  e  ci  dà 
diritto  al  cielo.  Al  potere  dottrinale  la  Chiesa  cat- 
tolica unisce  il  potere  legislativo:  mediante  i  ca- 
noni dei  concili  e  più  spesso  per  le  bolle  dei  papi, 
essa  regola  tutto  ciò  che  ha  relazione  al  culto  e 
alla  disciplina;  stabilisce  leggi  e  ne  dispensa.  In 
confronto  con  gli  Stati  civili,  reclama  una  assoluta 
indipendenza  nel  dominio  spirituale  e  per  altre 
questioni  si  regola  in  base  a  un  concordato.  Parti- 
colare ed  esclusivo  carattere  del  cattolicismo  è 
l'alTermazione  dell'autorità  spirituale  (non  senza 
pretesa  a  quella  tetnporalé),  avente  nel  papa  la 
sua  più  alta  espressione.  Il  cattolicismo  mira  a  col- 
pire l'immaginazione  dei  fedeli  con  la  pompa  e  la 
teatralità  d'ogni  sua  cerimonia;  cerca  di  eccitare  il 
fervore  religioso  con  la  divozione  all'  eucaristia, 
con  l'osservanza  dei  sacramenti,  le  mortificazioni, 
le  pratiche  della  quaresima,  i  pellegrinaggi,  le 
predicazioni,  Y indulgenza,  il  culto  della  iWadonno, 
dei  santi,  dei  beati,  ecc.,  ecc. 

Chiesa  ambrosiana,  la  milanese,  istituita  da  san- 
t'  Ambrogio,  con  qualche  rito  speciale  e  qualche 
privilegio.  -  Chiesa  cattolica  francese,  setta  fondata 
a  Parigi,  dopo  il  1830,  dall'abate  Chatel,  per  l'istru- 
zione degli  eretici  nuovamente  convertiti;  e  Nuove 
cattoliche,  congregazione  di  donne  fondata  nella 
stessa  epoca  e  allo  stesso  scopo.  -  Chiesa  greto- 
latina,  la  chiesa  greca  rimasta  unita  alla  cattolica, 
diversamente  dalla  greco-scismatica  -  Curia  romana, 
l'amministrazione  della  Chiesa  cattolica,  nel  suo 
complesso:  veggasi  a  papato.  -  Libera  Chiesa  in 
libero  stato,  nota  formula  di  Cavour. 

Cattolicamente,  in  conformità  alla  religione  cat- 
tolica. -  Cattolicissimo,  esageratamente  cattolico.  - 
Cattolicizzante,  volgente  al  cattolicismo.  -  Cattolicità, 
carattere  catto. ico,  in  conformità  alla  dottrina  catto- 
lica. -  Insieme  dei  paesi  cattolici.  -  Una  delle  note 
della  vera  Chiesa,  che  deve  estendersi  a  tutti  i 
tempi  e  a  tutti  i  luoghi. 

Cattolico,  chi  0  che  professa  il  cattolicismo:  or- 
todosso, papista;   membro  del  corpo   mistico  della 


476 


CATTOLICISMO 


Chiesa  (Tramater)  -  Cattolici  liberali,  parte  dei  cat- 
tolici che  seguono  le  istituzioni  mondane  e  il  pro- 
gresso. -  Caitolici  tedeschi,  nome  dato  agli  aderenti 
d'una  setta  religiosa  fondata  in  Germania  nel  18't4. 
-  Ortodossi,  titolo  preso  dai  seguaci^  della  Chiesa 
d'Oriente,  in  opposizione  ai  Greci  Uniti,  ai  Latini 
e  alle  varie  sette. 

Paesi  bassi  catlolici,  nome  dato,  un  tempo,  al 
Belgio,  in  contrapposto  all'Olanda,  diventata  pro- 
testante. -  Primogenita  della  Chiesa,  pel  Vaticano, 
la  Francia,  prima  che  questa  dichiarasse  la  sepa- 
razione della  Chiesa  dallo  Stato.  -  Stali  cattolici, 
quelli  nei  quali  la  religione  cattolica  è  esclusiva  o 
predominante  -  Vecchi  cattolici,  gli  aderenti  al  vec- 
chio catlolicismo,  movimento  provocato  in  Germania 
da  parecchi  preti  cattolici,  tra  gli  altri  il  celebre 
Dollinger,  i  quali  rifiutarono  di  sottomettersi  alla 
proclamazione  del  dogma  deìV infallibilità  del  papa, 
fatta  dal  concilio  vaticano.  Analogo  movimento  si 
produsse  nella  Svizzera  e  diede  origine  ai  cattolici 
cristiani,  diffusi  a  Berna,  a  Zurigo,  a  Ginevra. 

Capitoli  caitolici,  i  sette  capitoli  inscritti  nel  ca- 
none del  Nuovo  Testamento:  due  di  San  Pietro, 
tre  di  san  Giovanni,  quello  di  san  Giacomo  e  quello 
di  san  Giuda.  -  Emancipazione  dei  caitolici,  legge 
inglese  che  abilitò  i  cattolici  di  tutto  il  regno  Unito 
a  sedere  in  parlamento  e  a  servire  io  Stato.  -  Mae- 
stà cattolica,  titolo  conferito,  nel  1491,  ai  re  di 
Spagna  dal  papa  Alessandro  VI.  -  Re  cattolico,  re- 
gina cattolica,  maeslà  callolica,  titoli  conferiti  ai  so- 
vrani di  Spagna  da  papa  Alessandro  VI. 

Calvaristi,  associazione  per  la  propaganda  della 
fede  cristiana  cattolica.  -  Democristiani,  o  de- 
mocristi  (neol.),  cattolici  con  tendenza  socialista, 
ma  deliberatamente  ossequenti  alla  volontà  del 
pontefice.  -  Gesuiti,  congregazione  mondiale  della 
Chiesa  cattolica  (veggasi  a  gesuita).  •  Maroniti, 
cattolici  di  rito  siriaco,  sul  monte  Libano.  -  Ritua- 
listi, in  Inghilterra,  coloro  che  prediligono  le  ceri- 
monie della  Chiesa  cattolica.  -  Sacramentari,  coloro 
che  negano  la  presenza  reale  di  Cristo  nell'euca- 
ristia:   seguaci   di    Carlostadio,  Zvingli  e  Calvino, 

Acattolico,  non  cattolico:  per  le  relative  comu- 
nioni 0  sette,  veggasi  a  cristianesimo.  -  Anticat- 
tolico, contrario  al  catlolicismo.  -  Erètici,  per  i  cat- 
tolici, coloro  che  non  professano  il  catlolicismo: 
veggasi  ad  eresia.  -  Eterodossia  ("eterodosso),  dot- 
trina contraria  alla  religione  cattolica.  -  Riforma, 
il  luteranesimo.  -  Scisma,  veggasi  a  questa  voce. 

Figure,  simboli,  luoghi  supposti 
Edifici  —  Ordinamento. 

Agnello  di  Dio  {agnus  Dei),  il  Verbo  incarnato  - 
Angelo,  creatura  incorporea,  nunzio  di  Dìo. -Apo- 
stolo, veggasi  a  questa  voce.  -  Colomba,  simbolo  dello 
Spirito  Santo.  -  Diavolo,  angelo  cacciato  dal  pa- 
radiso, demonio. 

Lingue  di  fuoco,  queWe  che  discesero  agli  apostoli 
per  virtù  dello  Spirito  Santo.  -  Madonna,  Maria 
Vergine  (M.  V.).  -  Martire,  chi  abbia  crudelmente 
solferto  per  la  fede.  -  Padre  eterno,  la  prima  per- 
sona della  Trinità,  insieme  col  ^glio  e  con  lo  Spi- 
rilo Santo.  -  Paracielo,  lo  Spirito  Santo.  -  Santo, 
colui  che  da  Dio  é  eletto  nel  numero  dei  beali  e 
dalla  Chiesa  cattolica  tenuto  e  canonizzato  come 
tale.  -  Triade,  tre  persone  delia  Trinità.  -  Verbo 
divino,  Gesù  Cristo. 

Eden,  il  paradiso  terrestre.  -  Inferno,  luogo  di 


pena,  di  espiazione  eterna,  dopo  morti.  -  Limbo, 
luogo  di  pena  immaginato  dalla  Chiesa  cattolica, 
destinato  alle  anime  buone  non  cristiane,  senza  colpa. 

-  Paradiso,  luogo  di  delizie,  soggiorno  dei  beati. 

-  Purgatorio,  luogo  di  pena  non  eterna. 
Edifici  del  culto  cattolico  o  attinenti.  —  Ol- 
tre la  chiesa,  sono  la  badia,  il  battistero,  il 
campanile,  la  cappella,  la  certosa,  il  chio- 
stro, il  convento,  ['episcopio  (palazzo  del  ve- 
scovo), {'oratorio,  Yospizio,  il  santuario. 

Ordinamento,  gerarchia.  —  L'ordinamento  com- 
prende varie  categorie  di  religiosi  (veggasi  a 
religioso)  e  religiose,  comunemente  distinti  sotto 
i  nomi  di  prete,  frate,  sacerdote,  monaca^ 
molti  inscritti  in  un  ordine  con  denominazione 
propria,  tutti  insieme  componenti  il  clero.  Nella 
gerarchia  si  distinguono  l^abate,  Yarciprete,  il  cap- 
pellano, il  chierico,  il  coadiutore,  il  diacono,  il 
parroco,  il  proposto,  il  canonico,  il  vescovo, 
il  cardinale,  il  patriarca,  il  paita. 

Pratiche  del  culto. 

Alcune  funzioni  {offici,  offizì  divini).  —  Sono  la 
messa,  sacrificio  del  corpo  e  del  sangue  di  Oisto; 
il  battesimo,  la  cresima;  le  esequie  o  funerale; 
il  mese  di  Maria,  funzione  celebrata  in  maggio  e  in 
onore  alla  Vergine;  la  novena,  in  onore  di  qualche 
santo  0  della  Vergine^  per  il  periodo  dì  nove  giorni, 
spesso  recitando  il  rosario;  le  ore  canoniche, 
0,  semplicemente,  le  ore,  il  cantare,  che  i  preti  fan- 
no, in  coro,  salmi  e  preci  in  certi  periodi  della 
giornata;  la  processione,  in  onore  di  qualche 
santo,  della  Vergine  o  di  Dio;  le  quaranfore, 
esposizione  del  sacramento  per  tre  giorni  consecu- 
tivi. 

Aspersione,  l'atto  e  l'effetto  dell'aspergere,  ossia 
dello  spruzzare  con  l' acqua  lustrale.  -  Benedi- 
zione, l'atto  del  benedire  che  fa  il  prete,  e  la  cosa 
henedetta:  benedizione  apostolica,  quella  che  im- 
partisce il  papa;  nuziale,  nel  rito  del  matrimonio 
ecclesiastico;  estrema,  in  punto  di  morte;  del  sa- 
cramento, quando  lo  si  espone  e,  cantando  il  Pun- 
ge lingua  o  altre  preci,  il  sacerdote,  voltosi  ai  fe- 
deli, fa  col  sacramento  una  croce.  -  Comunione, 
il  sacramento  dell'  eucaristia:  pane,  cibo  degli 
angeli.  Parte  della  messa  {comunione  spirituale, 
quando  il  cattolico  riceve  il  sacramento  col  desi- 
derio). -  Confessione,  narrazione  dei  propri  pec- 
cati che  il  cattolico  fa  al  prete. 

Digiuno,  astensione  dal  cibo  in  determinate 
epoche  {giorni  magri,  assegnati  al  digiuno  dalla 
Chiesa  cattolica;  neri  o  tutti  neri,  di  intero  digiuno). 

-  Esercizi  spirituali,  meditazioni  che  si  fanno  per 
Io  spazio  di  alcuni  giorni  in  qualche  ritiro,  o  an- 
che nelle  chiese.  -  Giro  di  quarant'ore,  visita  alle 
diverse  chiese  quando  vi  si  tiene  esposto  il  sacra- 
mento, ognuna  alla  sua  volta  nel  corso  di  tutto 
l'anno.  -  Lavanda  dei  piedi,  q^uella  che  si  fa  a  do- 
dici poveri,  il  giovedì  santo,  in  memoria  del  lavar 
dei  piedi  che  fece  G.  G.  agli  apostoli.  -  Mortòrio, 
ufficio  de'morti;  onoranza  nel  seppellire  i  morti,  - 
Novena,  periodo  di  nove  giorni  consecutivi  in  cui 
si  pratica  qualche  particolare  devozione.  -  Offerta, 
quella  che  in  certi  tempi,  o  in  certe  occasioni,  si 
dà  ai  sacerdoti  0  ad  altre  persone  religiose,  in  onore 
di  Dio.  -  Ottava,  prorogazione  della  stessa  solennità 
per  otto  giorni,  con  prediche  consecutive  {ottava- 
rio),  e  il  giorno  ottavo,  dopo  la  festa. 

Parasceve,  preparazione,  e  cosi  dicesi   il  venerdì 


CATTOLICISMO 


477 


santo,  consacrato  alla  memoria  del  redentore.  -  Pro- 
piziazione, sacrifizio  ofTerlo  a  Dio  per  renderlo  pro- 
pizio. —  Quattro  /e?H;)ora,  quiiltro  tenij)i  di  dif,'iuno, 
praticato  in  ciascuna  delle  quattro  stagioni  del- 
l'anno, per  tre  giorni  ogni  volta,  il  mercoledì,  il 
venerdì  e  il  sabato,  nella  prima  settimana  di  qua- 
resima, nell'ottava  di  Pentecoste,  nella  terza  di  set- 
tembre, nella  quarta  di  dicembre.  -  iio(/a2toni  (tem- 
§0  delle  rogazioni),  processioni  che  si  tanno  tre 
i  continui  prima  dell'  «  Ascensione  »,  per  impe- 
trare buon  raccolto.  •  Sacrificio,  otTerta  solenne 
fatta  alla  divinila  per  renderle  omaggio  e  invo- 
carne la  grazia  -  SeUena,  sette  giorni  di  penitenza. 
•  Unzione,  vegga  si  a  sacramento  ■  Via  crucis, 
devozione  per  la  quale,  i  fedeli  passano  davanti  a 
quattordici  rappresentazioni  (quadri  o  sculture)  dei 
tatti  della  Passione,  delle  Staziom  della  Via  Crucis. 
-  Viatico,  sacramento  cbe  si  da  ai  moribondi.  - 
loto,  promessa  che  si  fa  alla  divinità  o  a'  suoi  santi, 
di  cosa  che  si  crede,  torni  loro  gradila. 

Preghiere.  —  Assoluzione,  breve  orazione  del 
mattutino,  che  si  recita,  finito  il  notturno,  prima 
di  cominciare  le  lezioni.  Anche,  le  preci  che  si 
fanno  intorno  alla  bara,  o  al  tumulo  dei  defunti. - 
Atto  di  fede,  la  preghiera  dei  cattolici.  -Esercizi 
di  pietà,  di  religione,  di  culto,  le  funzioni,  le  pre- 
ghiere, ecc.  -  Lezioni,  breve  capitolo  della  Sacra 
Scrittura  o  dei  S.  Padri,  che  si  recita  al  mattutino 
dopo  i  salmi.  -  Litanie,  invocazione  a  Dio  o  ai 
santi,  con  una  serie  d'epiteti  lodativi  ripetuti  suc- 
cessivamente (litanie  a  mazzetti,  a  tre  invocazioni 
per  volta).  -  Orazione,  preghiera  a  Dio;  anche, 
panegirico.  -  Rosario^  la  corona  che  serve  per 
contare  le  poste  del  rosario,  i  paternostri  e  le 
avemarie.  -  Salutazione  evangelica,  avemaria,  pre- 
ghiera alla  Vergine.  •  Salve  Regina  {ti  saluto,  regina), 
invocazione  a  Maria  Vergine.  -  Triduo,  preghiera, 
preghiere  che  si  fanno  in  tre  giorni  consecutivi, 
0  come  preparazione  a  qualche  festa.  -  Vespro,  una 
delle  ore  canoniche. 

Feste  principali.  —  Libri,  arnesi,  ecc. 

Feste  principali.  —  Alcune  sono  fìsse,  altre  mo- 
bili. Fisse:  la  circoncisione  (1  gennaio),  l'epifania 
(6  gennaio),  la  purificazione  dì  M.  V.  (2  febbraio), 
i  santi  Pietro  e  Paolo  (29  giugno),  assunzione  di 
M.  V.  (15  agosto),  la  natività  di  M.  V.  (8  settem- 
bre), Ognissanti  (1  novembre),  l'immacolata  conce- 
zione (8  dicembre),  il  Natale  (25  dicembre).  Mo- 
bili: l'avvento,  la  domenica  delle  palme,  la  /jct- 
sqiia,  la  pentecoste,  o  pasqua  delle  rose,  l'ascen- 
sione di  Cristo  al  cielo,  il  Corpus  Domini,  ecc.  Al- 
tre feste,  in  onore  di  M.  V.  :  la  presentazione  al 
tempio,  il  21  novembre;  l' annunziazione  (del  conce- 
pimento), il  25  marzo;  la  wsttozione (della  Vergine 
a  santa  Elisabetta),  il  2  luglio;  la  candelaia  {can- 
delora, purificazione),  il  2  febbraio,  in  memoria  del 
presentarsi  che  fece  la  Vergine  al  tempio  per  pu- 
rificarsi. -  Giubileo,  festa  bandita  a  intervalli  dal 
pontefice,  con  certe  regole,  per  la  remissione  dei 
peccati.  Ottava,  gli  otto  giorni,  uno  dopo  l'altro, 
durante  i  quali  la  Chiesa  cattolica  celebra  le  gran- 
di feste  di  Natale,  Pasqua  e  Pentecoste;  anche,  il 
giorno  in  cui  l'ottava  sì  chiude. 

Libri  e  simili.  —  La  Bibbia  già  citata.-  Diret- 
torio, calendario  che  serve  di  regola  ai  sacerdoti 
per  la  celebrazione  della  messa  e  la  recitazione 
dell'uificio.  -  Filotea,  libro  di  devozione.  -  Inno, 
composizione  poetica,    atta    ad    essere    cantata,  in 


onore  di  Dio  e  dei  santi.  Inno  ambrosiano,  il  le 
Deum.  -  Lamentazione,  quella  specie  di  poesia  ma- 
linconica composta  dal  profeta  Geremia  e  cantata 
in  chiesa  nella  settimana  santa.  -  Responsorio,  com- 
plesso di  parole,  d'ordinario  tratte  dalla  Sacra 
Scrittura,  che  si  dicono  e  si  cantano  nell'officio 
della  chiesa,  dopo  le  lezioni  o  dopo  i  capitoli  che 
si  ripetono  o  interi  o  in  parte.  -  Rituale,  libro 
usato  nella  Chiesa  cattolica  (dal  1614)  e  in  alcu- 
cune  comunioni  protestanti,  contenente  l'ordine  di 
tulle  le  cerimonie,  di  tutti  i  riti  del  culto,  con  le 
preghiere  scritte  per  l'ammiiiistrazione  di  sacra- 
menti. -  Salterio,  il  volume  dei  salmi  di  David;  lo 
stesso  che  salmista. 

Arnesi  ed  altro.  —  Aspersorio,  arnese,  quasi  in 
forma  di  pennello,  per  aspergere  con  l'acqua  santa. 

-  Olio  santo,  olio  consacrato  per  l'amministrazione 
di  alcuni  sacramenti.  -  Linteo,  pannolino  usato  nei 
riti  religiosi.  -  Saettia,  triangolo  di  legno  sul  quale, 
la  settimana  santa,  si  pongono  le  candele  e  si  spen- 
gono ad  una  ad  una,  prima  di  batter  le  tenebre.  - 
Tabella,  strumento,  di  suono  strepitoso,  usalo  la 
settimana  santa,  invece  delle  campane.  -  Per  altre 
voci,  veggasi  a  chiesa  e  a  sagrestia. 

Cose  e  termini  varii. 

Ascensione,  crocifissione,  passione,  risurrezione, 
veggasi  a  Cristo. 

Carisma,  la  grazia  consolatrice  dello  spirito  santo. 

-  Crisma,  detto  a  sacraìnento.  -  Croce,  slru 
mento  sul  quale  fu  confitto  Cristo.  -  Dottrina  (lai.), 
i  principii  della  religione  cattolica,  e  il  libretto  dove 
sono  formulati,  a  domanda  e  risposta. 

Indulto,  dispensa  dalle  astinenze  quaresimali,  che 
si  accorda  dal  papa  per  mezzo  de'  vescovi.  - 1  No- 
vissimi, le  quattro  estreme  cose  che  aspettano  l'uomo: 
la  morte,  il  giudizio,  l'inferno,  il  paradiso.  -  Iper- 
dulia,  culto  che  si  tributa  alla  Vergine,  come  ma- 
dre di  Cristo,  e  ai  santi.  -  La  novissima  tromba, 
quella  del  giudizio  universale.  -  Liturgia,  l'or- 
dine e  la  scienza  delle  cerimonie  o  dei  riti.  -Parte 
delle  cerimonie. 

Miracolo,  atto  od  opera,  ipoteticamente,  del  po- 
tere divino,  fuori  delle  leggi  della  natura.  -  Missione, 
ufficio  del  missionario,  cioè  del  sacerdote  che  va  a 
predicare  tra  gli  inledeli.  ^-  3Iistero,  tutto  ciò 
che  la  Chiesa  propone  ai  fedeli,  come  punto  di  fede. 
Cerimonia  religiosa  e  soggetto  sacro  da  contem- 
plarsi. -  Paternostro,  le  pallottoline  maggiori  della 
corona,  lenendo  in  mano  le  quali,  si  recita  un  pater 
noster.  Le  minori,  si  dicono  avemarie.  •  Penitenza, 
come  sacramento,  nella  chiesa  cattolica,  è  quel  rito, 
in  forma  di  giudizio,  nel  quale  il  penitente  si  ac- 
cusa dei  propri  peccati  ad  un  sacerdote  approvato, 
il  quale  lo  assolve.  -  Perdono,  indulgenza  concessa 
dal  papa  ai  penitenti  per  la  remissione  delle  pene 
nell'altra  vita.  -  Presepio  {Iz-i-praesèpe:  stalla,  grep- 
pia), la  capannuccia  che  si  fa  per -Natale.  •  Purijì- 
cazione,  la  benedizione  che  ricevono  le  donne  dopo 
il  parto  la  prima  volta  che  vanno  alla  chiesa:  é 
festa  che  la  Chiesa  celebra  il  secondo  giorno  di 
febbraio,  in  memoria  della  presentazione  di  Maria 
al  tempio  quaranta  giorni  dopo  la  nascita  di  Cristo. 

Quaresimale,  quaresimalista,  veggasi  a  quaresima 
e  a  pì'edicatóre.  -  Rito,  modo  di  trattare  este- 
riormente le  cose  di  religione.  -  Rubrica,  regola  che 
si  deve  osservare  nelle  sacre  funzioni. 

Scoìminica  (maggiore  e  minore),  pena  propria  della 
Chiesa  cattolica:  consiste  nel  mettere  al  bando  dalla 


478 


CATTOLICITÀ     —   CAUTELA 


comunione  dei  fedeli.  -  Semidòppio,  uffizio  nel  quale 
non  si  raddoppiano  le  antifone.  -  Simbolo  apostolico, 
ciò  che  comunemente  si  chiama  il  credo,  ossia  l'atto 
di  fede  cattolica.  -  Iransustanziazicne,  veggasi  ad 
eucaristia.  -  Mgilia,  il  giorno  che  precede  qual- 
che festa,  e  nel  quale  si  suol  digiunare. 

Cuttolicltà.  Detto  a  cattolicismo. 

Cattòlico,   veggasi  a  cattolicismo. 

Cattura.  Atto  delV arrestare,  che  fanno  gli 
agenti  della  forza  pubblica.  -  Sequestro  di  merce. 

Catturare  (catturato).  Veggasi  ad  arrestare 

Catùba.  Detto  a  inusicali  istrumetiti. 

Caudatàrio.  Detto  a  sacerdote. 

Caudato.  L'animale  con  la  coda. 

Càule.  Il  fusto  di  più  d'una  pianta,  piccola. 

Oauloma.  Veggasi  a  pianta. 

Causa.  Ciò  che  produce  un  effetto  o,  in  un  modo 
qualunque,  esercita  qualche  influenza.  Fatto,  av- 
venimento, atto,  azione  che  ha  conseguenze.  Ciò 
che  è  origine  o  principio  di  checchessia:  germe, 
radice,  seme,  semenza,  semenzaio,  sorgente.  Figur., 
padre,  madre.  -  Anche  la  ragione,  il  titolo,  il  mo- 
tivo per  cui  si  fa  o  avviene  una  cosa:  cagione, 
argomento,  materia,  occasione;  il  perchè  di 
una  cosa  (lat.,  quia).  -  Per  estensione  di  significato, 
appicco,  pretesto.  -  Causale,  di  causa;  che  si  rife- 
risce ad  una  causa;  procedente  da  una  causa.  -  Cau- 
salità, la  qualità  astratta  di  ciò  che  è  causale. 

Cause  p-sicìie,  quelle  che  agiscono  per  virtù  pro- 
pria e  assoluta,  producendo  immediatamente  il  loro 
elletto;  morali,  le  cause  che  agiscono  in  qualche 
modo  dipendentemente  dalle  fisiche.  -  Cause  morbose, 
quello  che  producono  malattia.  -  Causa  accessoria. 
occasionale;  efficiente,  principale;  incidentale,  per 
incidenza,  per  evento  o  particolarità  di  qualche 
evento;  specifica,  che  determina,  come  i  veleni,  di- 
sturbi speciali  nel  sangue.  -  Concausa  (non  comune), 
causa  che  produce  un  effetto  con  altre:  causa  con- 
comitante, compagna. 

Cagioncella,  dimin.  di  cagione,  e  differisce  da  ca- 
gionuccia,  in  questo:  che  indica  più  la  piccolezza 
che  la  meschinità.  -  Favilla,  una  piccola  causa.  - 
Molla,  il  movente  (la  molla  segreta  delle  anime 
umane). 

A  causa,  modo  avverb.,  che  significa  riterimento 
d'azione  o  simile  alla  cagione,  alla  causa  onde  de- 
riva: a  cagione,  in  causa,  per  causa;  cagion  di  que- 
sto 0  quello;  causa  ciò;  per  un  motivo,-  in  virtù, 
per  virtù  di...;  in  grazia,  per  grazia,  per  via  di...: 
mediante,  stante;  a  riflesso,  in  considerazione,  in 
contemplazione,  per  riguardo. 

Causare,  essere  causa:  apportare,  importare,  por- 
tare un  effetto;  arrecare,  recare  conseguenza;  dare 
argomento,  materia;  far  sì  che...  (avvenga  una  cosa 
0  ì'altra);  fruttare,  germinare,  indurre;  occasionare, 
dare  occasione,  produrre,  provocare,  rampollare; 
tirarsi  dietro.  Figur.,  generare,  produrre.  - 
Causativo,  che  ha  potenza  di  causare;  atto  a  cau- 
sare. -  Causato,  cagionato,  provetto,  originato,  ecc. 

Accagionare,  attribuire  a  cosa  o  a  persona  la 
causa,  0  la  colpa,  di  checchessia:  addossare,  inca- 
gionare, imputare.  -  Concorrere,  di  più  cause  che 
tendono  a  un  medesimo  effetto. 

Acqua  cheta,  per  significare  i  grandi  effetti  che 
spesso  produce  una  piccola  causa,  quando  agisce 
senza  interruzione. 

Felix  qui  potuit  rerum  cognoscere  causam  (felice 
chi  può  conoscere  la  causa  delle  cose),  assioma  di 
Virgilio,  nelle  Georgiche.  Contrariam.,  dice  la  Bibbia: 
«  chi  aggiunge  conoscenza,  aggiunge  dolore  ». 


Causa.  Termine  legale  :  la  questione,  la  lite,  fra 
due  0  più  parti,  davanti  a  un  giudice,  a  un  tri- 
bunale. -  Attuare,  trattare  una  causa:  veggasi  a  lite. 

Causale.  Di  causa. 

Causalità.  Detto  a  causa. 

Causare  (causato).  Produrre  causa. 

Causativo.  Detto  a  causa  (sotto  causare). 

Causìdico.  L'avvocato;  chi  tratta,  difende  una 
causa  giudiciale,  una  lite. 

Càustica.  Detto  a  curva. 

Causticazione.  Applicazione  del  caustico. 

Càustico.  Nome  dato  a  tutte  le  sostanze  che  ' 
alterano  i  tessuti  animali  coi  quali  vengono  a  con- 
tatto, cosi  da  rendere  assolutamente  impossibile  la  con- 
tinuazione della  vita,  per  effetto  di  un'azione,  fisica 
0  chimica,  locale,  che  arriva  fino  alla  mortificazione 
delle  cellule.  Tali:  l'acido  acetico,  il  nitrato  d'ar- 
gento, l'acido  arsenioso,  l'acido  cloridrico,  l'acido 
fenico,  il  permanganato  di  potassa,  la  potassa  cau- 
stica, l'acido  solforico,  il  cloruro  e  il  solfato  di 
zinco,  ecc.  Notissimi  anche  la  pasta  di  Canquoin, 
la  pietra  divina,  i  bacilli  o  cilindri  caustici,  ecc. 
I  caustici  hanno  largo  uso  nella  terapia, 
per  distruggere  le  piccole  neoformazioni  (con- 
dilomi, pòlipi  mucosi,  nei  materni,  porri,  tumori), 
per  modificare  ulcere  o  piaghe,  per  distruggere  virus 
inoculati,  come  sulle  ferite,  ecc.  -  Cateretici,  caustici 
leggieri  o  quelli  adoperati  in  piccola  quantità,  - 
Diabrotiche,  le  sostanze  che  stanno  fra  le  escaro- 
tiche e  le  caustiche.  -  Diacaustico,  corpo  che  può 
riuscire  caustico  per  rifrazione  dei  raggi  caloriferi, 
come  la  lente  biconvessa.  -  Escarotici,  i  caustici  più 
attivi.  -  Pirotici,  medicamenti  caustici. 

Causticazione,  o  cauterizzazione,  operazione  chi- 
rurgica con  la  quale  si  cauterizzano,  si  distruggono 
i  tessuti  ;  è  detta  potenziale  o  chimica,  quando  fatta 
con  i  caustici  acidi  (acido  nitrico,  solforico,  clori- 
drico, acetico,  fenico,  cromico,  lattico,  ecc.),  con 
i  caustici  alcalini  (potassa  caustica,  pasta  di  Vienna, 
caustico  di  Filhos,  ecc.),  oppure  con  i  caustici  me- 
tallici (nitrato  d'argento,  o  «pietra  infernale  »,  sol- 
fato di  rame,  cloruro  di  zinco,  nitrato  di  piombo, 
pasta  corrosiva  di  Graef,  ecc.)  ;  causticazione  attuale, 
quella  che  si  otteneva  un  tempo  con  i  carboni  ac- 
cesi, l'acqua  e  l'olio  bollenti  e  con  altri  mezzi  bar- 
bari, oggi  disusati  e  sostituiti  dai  cauteri  attuali,  dal 
termo-cauterio  di  Paquelin,  dal  galvano-cauterio]: 
comunque  fatta,  essa  si  divide  in  mediata  e  immediata, 
a  seconda  che  l'alta  temperatura  agisce  sui  tessuti 
attraverso  un  corpo  estraneo,  che  ne  attenui  l'a- 
zione, oppure  direttamente.  Secondo  la  forma,  la 
causticazione  si  distingue  in  circolare,  a  raggi,  pa- 
rallela, a  freccia,  a  fascia  ecc.;  secondo  la  sede,  in 
periferica  o  centrale.  E  dicesi,  poi,  subentrante  quando 
l'applicazione  dei  caustici  si  ripete  due  o  più  volte 
nello  stesso  punto,  fino  a  raggiungere  la  profondità 
voluta  -  Caustico  foro,  istrumento  per  portare  il  cau- 
stico: porta-caustico. 

Cautèrio,  istrumento  per  la  causticazione,  costi- 
tuito da  metallo  reso  incandescente  o  direttamente 
dal  fuoco  0  dal  passaggio  in  esso  di  alcuni  vapori 
speciali,  ovvero  da  una  corrente  elettrica  di  una 
certa  intensità.  Nel  primo  caso  si  hanno  i  cauteri 
propriamente  detti,  nel  secondo  il  termocauterio,  nel 
terzo  il  galvano-cauterio  termico.  Vari  di  forma, 
avendosi  cauteri  a  becco  d'uccello,  a  coltello,  a  bot- 
tone, anulari,  cilindrici,  conici  o  a  punta,  nummur 
lari,  prismatici,  stihformi,  ecc. 

Cautamente,  Con  cautela,  con  prudenza. 

Cautèla.   Modo  di   procedere  o  considerazione 


CAUTELARE  —  CAVALCARE 


479 


per  cui  si  usa  circospezione,  prudenza.  ■  Garan- 
zia, malleveria 

Cautelare,  cautelarsi  (cautelato).  Veggasi  a 
malleveria  e  a  prudenza. 

Oautério.  Già  sinonimo  di  caustico:  ora  pa- 
rola adoperata,  in  chirurgia,  quasi  esclusivamente 
a  indicare  gli  ìstrumenti  con  i  quali  si  eseguisce  la 
eausticazione. 

Cauterizzare,  cauterizzazione  [cauteriz- 
zato). Operazione  del  causticare,  eausticazione:  veg- 
gasi a  caustico. 

Cautezza.  Sinonimo  di  prudenza. 

Cauto.  Circospetto,  chi  opera  con  prudenza^ 

Cauzionarlo.  Ciii  dà   cauzione,   malleveria. 

Cauzióne.  Garanzia,  vnalleveì'ia;  sedata  con 
©giretti,  pegno. 

Cava.'  Apertura  nel  suolo,  miniera.  -  Nome 
d'una  vena. 

Cavadenti.  I!  dentista. 

Cavafango.  Macchina  per  la  pulizia  di  un 
porto,  di  un  canale  e  simili. 

Cavagrno.  Sorta  di  canestra. 

Cavalcàbile.  Di  strada  nella  quale  si  può 
cai^alcnre. 

Cavalcare  (cavalcante,  cavalcato,  cavalcatore,  ca- 
valcatrice).  Andare  a  cavallo;  reggere,  maneggiare 
il  cavallo;  cavalciare,  stare  a  cavalcione  sul  dosso, 
nudo  0  sellato,  del  cavallo  e  d'altri  animali.  Nel 
primo  significato:  equitare;  essere,  stare  a  cavallo; 
avere,  tener  sotto  una  giumenta;  inforcare  gli  ar- 
cioni; stare  in  sella;  montare  a  cavallo,  o,  anche, 
semplicemente,  montare.  -  Cavalcàbile,  di  strada  per 
la  quale  si  può  cavalcare;  di  animale  da  potersi 
cavalcare.  -  Cavalcata,  comitiva  di  '  gente  a  cavallo 
(asinata,  cavalcata  sull'asmo/  Fare  una  cavalcata, 
di  cesi  anche  di  una  persona  sola  che  vada  in  qual- 
che luogo  a  cavallo  per  diporto  -  Cavalcatura,  be- 
stia che  si  tiene  o  serve  per  cavalcare:  cavallo, 
asin^,  mulo.  Anche,  il  servizio,  la  spesa  delle  ca- 
valcature. -  Cavalchereccio,  proprio  di  chi  cavalca; 
atto  a  cavalcarvi.  -  Far  cavalcare:  mettere  a  cavallo, 
porre  in  sella,  insellare  (Tramater). 

Del  cavalcape  -  Suor  incidenti 
Scendere  da  cavallo. 

Cavalcare  a  bardosso,  a  bisdosso,  a  cavallo  scudo 
a  dorso  nudo,  a  pelo,  senza  sella;  alla  disdosso,  a 
disiJosso.  -  Cavalcare  all'inglese,  modo  di  tenersi  in 
sella,  di  chi  s'alza  e  s'abbassa  sopra  essa  per  se- 
condare certe  andature  del  cavallo,  e  specialmente 
il  galoppo,  inchinando  il  capo  e  la  vita  verso  il 
collo  della  cavalcatura.  •  Cavalcare  all'italiana,  altro 
modo  di  tenersi  in  sella:  di  chi,  qualunque  sia  l'an- 
datura del  cavallo,  sta  il  più  che  sia  possibile  ade- 
rente alla  sella,  senza  alzarsi  e  abbassarsi,  con  il 
tronco  e  la  testa  sempre,  in  linea  retta  o  quasi.  -  Ca- 
rateare  largo,  tenendo  le  gambe  larghe  :  abitudine 
bruita  e  pericolosa.  -  Cavalcar  lungo,  di  chi,  stando 
a  cavallo,  tiene  le  staffe  molto  lunghe,  ossia  molto 
basse.  Cavalcar  corto,  il  contrario.  -  Insaccar  nebbia, 
la  nebbia,  cavalcar  male.  -  Tener  la  briglia,  caval- 
care adagio. 

Andare  a  bastina,  cavalcare  asini.  •  Andare  a  spron 
batiuto,  andare  di  galoppo,  galoppare:  cavalcare 
in  fretta.  -  Andare  di  trotto,  tra  il  passo  ordinario 
e  il  galoppo  del  cavallo. 

Chiudersi  in  sella,  tenere  le  gambe  bene  in  sella. 
-  Entrare  in  arcione,  non  comune  per   mettersi   in 


sella,  montare  a  cavallo  :  oggi  da  usarsi  appena  in 
poesia.  -  Inforcare  il  cavallo,  gli  arcipni,  la  sella: 
montare  a  cavallo,  salirvi  sopra  con  una  gamba  di 
qua,  l'altra  di  là.  -  Montare  a  cavallo,  di  chi  ve- 
ramente sa  0  si  prova  a  cavalcare.  -  Ricavalcare, 
cavalcare  di  nuovo.  -  Rimontare,  ripete  montare.  - 
Rinsaccare,  rimbalzare  la  persona  sulla  sella;  di- 
cesi che  «  rinsacca  »,  o  «  insacca  »  chi,  andando  a 
cavallo,  s'alza  e  s'abbassa  sulla  sella,  o  per  la  sco- 
moda andatura  del  cavallo,  o  perchè  egli  cavalca 
all'inglese,  o  non  sa  star  bene  a  cavallo.  -  Salire 
in  arcióne,  lo  stesso. , ma  men  comune,  che  mettersi 
tn  sella,  in  groppa.  È  più  della  poesia  che  della 
prosa.  -  Saltare  in  sèlla,  in  arcione,  salire  presta- 
mente e  leggermente  sul  cavallo  sellato.  -  Stare  a 
cavallo:  comprende  non  solo  l'esservi  sopra,  ma  il 
modo  del  guidarlo  e  dell'atteggiarvisi  sopra  più  o 
meno  bellamente  (star  fermo,  forte  in  arcione,  m 
sella,  di  chi  vi  sta  ben  saldo).  -  Stare  a  cavallo 
cerne  un  centauro,  di  chi  ci  sta  bene.  -  Tenersi  in 
arcióne,  non  comune  per  tetiersi  in  sella;  è,  per  lo 
più,  della  poesia.  Tenersi  in  sella,  reggersi  ben  forte 
con  le  coscie  e  i  ginocchi  su  questo  arnese. 

Salto  di  barriera,  salto  che  si  fa  a  cavallo,  pas- 
sando sopra  siepi,  steccati  e  simili. 

Incidenti.  —  Balzare  di  sella,  cadere  da  cavallo. 

-  Passare  o  filare  per  le  orecchie,  quando  il  cavallo 
s'arresta  davanti  all'ostacolo  e  il  cavaliere,  per  l'in- 
pulso  ricevuto,  salta  al  di  là  del  cavallo.  -  Pèrdere 
gli  arcióni,  locuzione  poetica  per  cadere  da  cavallo. 

-  Pèrdere  la  staffa  o  le  staffe,  quando,  a  chi  ca- 
valca, esce  il  piede  dalla  staffa.  -  Rimanere  scaval- 
cato, gettato  giù  da  cavallo.  -  Rimanere  staffato,  del 
cavaliere  che,  cadendo  di  sella,  resta  con  un  piede 
nella  staffa,  correndo  il  pericolo  di  essere  trasci- 
nato via,  per  terra,  dal  cavallo.-  Staffare,  uscire  che 
fa  il  piede  dalla  staffa,  cavalcando;  anche,  l'impac- 
ciarsi che  fa  talora  il  piede  nelle  staffe,  cadendo 
da  cavallo.  -  Votar  l'arcione,  la  sella,  andar  giù  da 
cavallo. 

Scendere  da  cavallo:  metter  piede  o  i  piedi  a 
terra  :  scavalcare,  smontare  ;  votar  l'arcione,  la  sella. 

Trattamento  del  cavallo  -  Azioni  di  questo. 

Atteggiare,  far  eseguire  al  cavallo  diversi  esercizi 
di  maneggio,  per  divertimento.  -  Caracollare,  vol- 
teggiare col  cavallo  a  destra  e  a  sinistra,  a  piccoli 
'salti,  cambiando  o  no  frequentemente  di  mano,  -r 
Dar  di  sprone,  menar  di  sprone,  spronare,  pungere 
il  cavallo-  con  gli  speroni,  ficcarglieli  nei  fianchi, 
perché  corra.  -  Dar  la  carrièra,  incitare  il  cavallo 
ad  andare  di  quella  veloce  andatura  che  dicesi  la 
carriera.  -  Dar  volta  al  cavallo,  farlo  voltare,  tor- 
nare indietro.  -  Premere  il  dorso,  cavalcando.  -  Pun- 
gere il  cavallo,  toccarlo  con  lo  sperone.  -  Sbardel- 
lare,  cavalcare  i  puledri  col  bardellone,  grossa  bar- 
della che  loro  si  mette  quando  si  comincia  a  do- 
marli, a  scozzonarli.  -  Riunire  un  cavallo,  far  si  che 
il  cavallo  si  ristringa  e,  per  cosi  dire,  si  accorci,  il 
che  si  ottiene  stringendo  fortemente  le  cosce  e  la 
briglia.  -  Scozzonare,  avvezzare  i  puledri  alla  sella 
o  alla  carrozza.^  -  Trinciare  il  cavezzóne,  il  tirare 
che  fa  il  cavaliere,  alternativamente,  ora  una,  ora 
l'altra  redina  del  cavezzóne  con  ciascuna  mano,  ma 
senza  scosse  e  gradatamente.  -  Voltare  la  briglia^ 
il  cavallo,  del  cavaliere  che  torna  indietro.  -  Vol- 
teggiare, muovere,  condurre  in  giro 'il  cavallo;  an- 
che, far  varii  esercizi  sul  cavallo,  senza  le  staffe. 

Calcagnata,  colpo  dato  col  calcagno  nel  fianco  al 


480 


CAVALCARE 


cavallo  (quando  non  si  abbiano  gli  sproni),  perchè 
affretti  il  corso  o  per  punirlo.  -  Caracòllo,  volta  in 
tondo  0  mezzo  tondo  che  si  fa  fare  al  cavallo  col 
cambiar  di  mano.  Forse  dallo  spagnuolo  caracol 
(chiocciola),  e  questo  dall'  arabo  Karkara  (volgersi 
in  giro).  -  Fiancata,  colpo  di  sproni  ne'  fianchi  del 
cavallo  (non  comune).  -  Guadagno  di  groppa,  specie 
di  azione  straordinaria  del  cavaliere  nel  maneg- 
giare il  cavallo.  -  Maneggio,  l'esercizio  del  ca- 
vallo fatto  dal  cavaliere.  -  Scapezzonata,  botta  di 
mano  con  tutta  la  forza  del  cavalcatore  e  con  tutto 
quel  moto  che  può  fare  il  braccio.  -  Spronata,  lo 
spronare  e  la  puntura. 

Azioni  del  cavallo.  —  (Contrastare  alla  mano,  di- 
cesi del  cavallo  quando  resiste  agli  sforzi  del  ca- 
valiere. -  Corvettare,  far  corvetta,  movimento  che  fa 
il  cavallo  nel  maneggio  in  aria  e  per  il  quale  si 
alza  (sempre  camminando)  con  le  gambe  dinanzi  pie- 
gate verso  il  petto,  reggendosi  ed  equilibrandosi 
tutto  sulle  anche  e  abbassando  la  groppa  verso 
terra.  -  Essere  restio,  dell'animale  che  non  vuole  an- 
dare. -  Rubar  la  vòlta,  dicesi  de'  cavalli  che,  nel 
maneggiarli,  voltano  prima  che  il  cavaliere  vorrebbe, 

-  Scavalcare,  buttar  giù  di  sella. 

Aria,  cadenza  e  libertà  di  moto,  che  si  accomoda 
alla  disposizione  naturale  di  un  cavallo,  e  lo  fa  ope- 
rare con  obbedienza,  misura  e  proporzione.  Secondo 
alcuni,  sarebbe  semplicemente  un  maneggio  più  rile- 
vato, più  lento  e  più  accorciato  che  il  terra  terra. 
Le  arie  sollevate  sono  cinque:  posata,  ballottata,  cor- 
vetta, salto  e  capriola.  -  Capriòla,  specie  di  salto  e 
una  delle  più  belle  arie  sollevate  del  cavallo,  il 
quale  alza  le  gambe  davanti  e  poi  quelle  di  dietro, 
senza  portarsi  in  avanti.  -  Difesa,  gli  atti,  spesso 
pericolosi  al  cavaliere,  che  il  cavallo  fa  per  sot- 
trarsi al  dominio  di  chi  lo  guida.  -  Evoluzione,  mo- 
vimento del  cavallo  che  gira,  -  Mezz'aria,  aria  ri- 
levata di  maneggio  che  consiste  in  un  seguito  di 
salti  in  avanti,  con  le  estremità  anteriori  più  elevate. 

-  Parata,  azione  del  cavallo,  nella  cavallerizza,  quando 
l'animale  si  rialza  anteriormente,  al  termine  di  un 
esercizio  qualunque.  -  Passata,  per  i  cavallerizzi, 
quelFandar  del  cavallo  con  passi  misurati  e  in  ca- 
denza. -  Parata,  specie  di  corvetta;  operazione  di 
maneggio.  -  Piroetta,  piroletta,  volta,  giro,  senza 
cambiare  di  posto.  -  Salto  del  montóne,  quello  che 
fa  il  cavallo  alzandosi  davanti,  e  quindi  subito  an- 
che di  dietro,  piegando  i  reni.  E  difesa  pericolo- 
sissima, per  la  quale  il  cavaliere,  se  non  sta  più 
che  forte  in  sella,  va  a  cadere  davanti  alla  testa 
del  cavallo.  -  Salto  e  sparo,  quella  difesa  che  fa  il 
cavallo  quando  nel  tempo  stesso  salta  e  spara  calci. 

-  Volta,  movimento  in  tondo;  circolo  tracciato  dal 
cavallo  in  questo  movimento. 

Perscwe  che  cavalcano  ed  altre  -  Luoghi,, 
arnesi  relativi.  -  termini  varii. 

Amizzone,  donna  che  monti  a  cavallo.  -  Caval- 
cante, participio  passivo  di  cavalcare;  ma  s'usa  più 
frequentemente  come  sostantivo  a  indicare  colui  che 
sei;ue  a  cavallo  il  padrone  o  chi,  stando  a  cavallo, 
guida  la  prima  co|  pia  dei  cavalli  delle  mute.  -  Ca- 
valcatore, chi  caval(  a,  chi  è  maestro  di  equitazione. 

-  Cavaliere,  cavalino,  colui  che  sta  a  cavallo;  per- 
sona a  cavallo.  -  Cnvallerizza,  cavalcatrice,  donna 
valente  nel  cavalcare.  Si  dice  però,  più  che  altro, 
di  quelle  dei  circhi  equestri  -  Cavallerizzo,  chi  eser- 
cita ed  ammaestra  i  cavalli  e  insegna  a  cavalcare; 


maestro  di  equitazione.  Anche  chi  sa  star  bene  a 
cavallo.  -  Cavallerizzo  maggiore,  quello  che  ha  la 
cura  generale  dei  cavalli  del  principe.  -  Fantino,  chi 
monta  il  cavallo  nelle  corse  ippiche.  -  Gentleman- 
rider,  letteralmente  gentiluomo  cavalcatore,  cioè  ca- 
valiere. -  Palafreniere,  chi  cammina  alle  staffe  d'un 
gran  signore  a  cavallo  :  staffiere.  -  Sbardellatóre,  chi 
monta  i  puledri  col  bardellone  ;  più  comun.,  scoz- 
zonatore. -  Scozzone,  nome  che  si  dà  a  coloro  i  quali 
cominciano  a  cavalcare  un  cavallo  non  ancora  av- 
vezzo al  freno,  per  domarlo.  -  Scudiero,  chi  un  tempo 
serviva  il  cavaliere  armato.  -  Strator,  scudiero,  aal 
quale  il  ricco  cavaliere  si  faceva  sollevare  sulla  sua 
cavalcatura. 

Luoghi.  —  Accademia,  scuola  di  equitazione.  - 
Cavalcatoio,  luogo  rialto  fatto  per  comodità  di  mon- 
tare a  cavallo  :  montatoio.  -  Cavallerizza,  spazioso 
locale  coperto,  destinato  per  le  esercitazioni  eque- 
stri :  luogo  tenuto  da  un  privato  o,  anche,  unito  a  una 
caserma  di  cavalleria.  Francesemente,  maneggio. 
-  Circo  equestre,  compagnia  di  ginnasti  che  fanno 
esercizi  equestri,  e  anche  il  luogo  della  rappresen- 
tazione. -  Pista,  pésta  (frane,  piste),  quella  parte 
del  terreno  della  cavallerizza  sul  quale,  girando  in- 
torno, i  cavalli  mettono  il  piede.  In  italiano,  meglio 
pesta.  Dicesi  pista  anche  di  quelle  traccie  circolari 
che  i  cavalli,  girando  intorno,  lasciano  sul  terreno, 
anche  fuori  della  cavallerizza. 

Arnesi.  —  Arcione,  arcioni,  parte  della  sèlla  e 
del  basto.  -  Barda,  bardaglio,  bardosso,  strapunto 
0  sacco  imbottito,  che,  alla  carlona,  si  mette  sulla 
groppa  della  cavalcatura,  invece  della  sella  o  del 
basto.  -  Basto,  veggasi  a  questa  voce.  -  Cavalca- 
toio, arnese  mobile  per  montare  a  cavallo.  -  Ca- 
valletto della  cavallerizza,  arnese  al  quale  si  ad- 
destrano i  giovani.  -  Cavallo  ginnastico,  sorta  di 
cavallo  di  legno  per  addestrare  le  reclute  e  i  sol- 
dati all'equitazione.  -  Charivari  (frane),  calzoni 
guerniti  internamente  di  cuoio,  che  un  tempo  si  met- 
tevano per  montare  a  cavallo.  -  Finimento, 
quanto  si  mette  addosso  al  cavallo  che  si  vuol 
montare  -  Frustino,  piccola  frusta,  mazza  o  ar- 
nese in  forma  simile,  flessibile,  usato  dai  cavalcanti 
per  frustare  11  cavallo.  -  Pastóia,  la  fune  che  si  mette 
alle  bestie  da  cavalcare,  per  far  loro  prendere  l'am- 
bio, 0  perchè  non  possano  camminare  a  loro  ta- 
lento. -  Piliere,  travicello  rotondo,  di  mediocre  gros- 
sezza che,  ordinariamente,  è  infitto  profondamente  e 
solidamente  nel  suolo,  in  mezzo  al  maneggio, 
a  cui  viene  attaccato  il  cavallo,  onde  correggerne 
la  malignità  e  l'indocilità.  -  Portamantello,  specie  di 
coperta^  o  valigia,  per  mettervi  il  mantello  o  sim. 
di  chi  viaggia  a  cavallo.  -  Schiniere,  arnese  che 
difende  le  gambe  dei  cavalcatori.  -  Sella,  veggasi  a 
questa  voce.  -  Sperone,  strumento  da  punzecchiare  la 
cavalcatura  :  sprone.  -  Staffe,  parte  della  sella 
{aìidare  o  stare  alla  staffa,  camminare  a  piedi, 
per  omaggio,  presso  le  staffe  di  chi  cavalca;  teìiere 
0  reggere  la  staffa,  far  forza  su  questa  perchè  non 
giri  la  sella  mentre  alcuno  sale  a  cavallo). 

(>osE  E  TERMINI  VARI.  —  Alta  scuola,  l'cducazione 
artistica  del  cavaliere  e  i  più  difficili  esercizi  nel- 
l'equitazione. -  Cavallerizza,  arte  di  uìaneggiare  i 
cavalli  e  di  addestrare  sovra  essi  i  cavalieri  al  ma- 
neggio. -  Equitazione,  l'arte  di  cavalcare.  -  Esercizi 
cavallereschi,  quanto  rende  l'uomo  atto  a  essere 
buon  cavaliere. 

Appoggio,  azione  reciproca  della  mano  del  cava- 
liere e  della  bocca  del  cavallo  per  mezzo  della 
briglia.  -  Cambiamento  di      ^no,  in    cavallerizza. 


CAVALCATA    —    CAVALLERESCO 


481 


passare  da  una  direzione  alla  direzione  opposta, 
diagonalmente,  trasversalmente  o  a  mezza  volta. 

Bruciaculo,  bruciore  die  viene  al  sedere  caval- 
cando troppo,  stando  specialmente  a  pelo  sopra  un 
cavallo,  un  asino  o  sim.   {yli  è  venuto  il   bruciaculo) 

Sproìiaia,  e  meno  comunemente  spronnglia,  piaga 
fatta  nel   ventre  del  cavallo  pel  continuo  spronare. 

Uomo  a  cavallo,  sepoltura  aperta  (proverbio) 

Cavalcata.  Atto  del  cavalcare. 

Cavalcatolo.  Veggasi  a  cavalcare. 

Cavalcatore.  Detto  a  cavalcare. 

Cavalcatura.  Bestia  da  cavalcare. 

Cavalcavia.  Arco  a  guisa  di  j^o^^f  sopra 
una  via. 

Cavalcherecclo.  Detto  a  cavalcare»  -  Ca- 
valcione,' cavalcioni  (a):  modo  di  stare,  di  mettersi 
con  le  gambe  :  veggasi  a  gamba. 

Cavalierato.  Dignità,  grado  di  cavaliere.  • 
Ordine  equestre,  ordine  cavalleresco. 

Cavaliere.  Chi  è  ascritto  ad  un  ordine  ca- 
valleresco; insignito  della  croce,  della  decorazione 
di  un  ordine.  Scherz..  crocesignato,  crucesignato; 
crocifero,  crocefisso.  •  Cavalieressa,  donna  insignita 
di  un  grado  cavalleresco.  -  Reliquiario,  chi  ha  il 
petto  coperto  di  croci,  di  medaglie,  ecc. 

Lavalierato,  titolo,  ufficio,  grado  di  cavaliere: 
l'essere  cavaliere.  -  Cavalleria,  istituzione  dei  ca- 
valieri e  la  professione  dei  cavalieri.  -  Colori  della 
bella,  della  dama,  nastro  o  ciarpa  che  il  cavaliere 
riceveva  da  essa  -  Dottrina,  scienza  cavalleresca,  ri- 
guardante i  cavalieri  antichi.  -  Fraternità  d'armi, 
specie  di  associazione,  di  alleanza  tra  due  cavalieri 
che  si  erano  giurato  di  aiutarsi  a  vicenda  contro 
tutti,  tra  loro  scambiandosi  qualche  arme.  -  Omertà, 
voce  dialettale  sicula:   veggasi  a  cavallei^esco. 

Torneo,  sorta  di  armeggiamento  degli  antichi 
cavalieri. 

Cavalleresco,  da   cavaliere,   attenente  a  cavaliere. 

-  Maestro,  capo  o  superiore  di  certi  ordini  caval- 
lereschi. -  Sir  (ingl.),  sire,  latino  senior,  signore: 
davanti  al  nome,  diventa  titolo  onorifico  di  cava- 
liere 0  baronetto. 

Figure  di  cavalieri  antichi.  —  Cavaliere  di  giu- 
stizia, chi  doveva  fare  le  sue  prove  di  nobiltà.  - 
Cavaliere  errante,  paladino  che,  nel  poema  e  nel 
romanzo  cavalleresco,  girava  il  mondo,  a  cavallo 
e  in  armi,  in  cerca  di  avventure,  per  lo  più  a  di- 
fesa delle  donne,  dei  deboli  e  degli  oppressi. 

Aimone  (i  quattro  figli  di),  fortissimi  cavalieri 
nei  romanzi  e  nella  poesia  cavalleresca  del  ciclo 
carolingio.  -  Amadigt  di  Gaula,  eroe  d'un  romanzo 
cavalleresco.  -  Don  Chisciotte,  cavaliere  ridicolo, 
nel  romanzo  di  Cervantes.  Suo  scudiero,  Sancio 
Pancia;  sua  dama.  Dulcinea  del  Toboso.  -  Fiarpaldo, 
al  tempo  delle  crociate,  nome  dei  cavalieri  novizi 
dell'ordine  di  San  Giovanni  di  Gerusalemme.  -  Gra- 
dasso, d'un  forte  cavaliere  dei  poemi  cavallereschi. 

-  Orlando,  o  Rolando,  famoso  cavaliere  che  aveva 
una  spada  chiamata  Durandal,  o  Durlindana,  e  un 
cavallo  detto  Briglia  d'oro.  •  lavola  Rotonda^  veg- 
gasi a  ordine  cavalleresco. 

Insegne  e  vesti.  —  CERmoNiB.  —  Locuzioni. 
Persone  addette. 

Bastone,  arme  di  cavaliere  negli  antichi  tempi.  - 
Cappamagna,  veste  di  cerimonia  dei  cavalieri  di 
Santo  Stefano.  -  Cimiero,  impresa  che  portavano  i 
cavalieri  in  cima  all'eimo.  -  Cingolo,  cintura  mili- 


tare che  si  dava  ai  giovinetti  ammessi  nella  caval- 
leria, nel  giurare  l'omaggio  e  prendere  possesso 
del  feudo.  -  Ciondolo,  nastro  cavalleresco,  «iecora- 
zione.  -  Croce,  il  distintivo  degli  ordini  cavalle- 
reschi. -  Sorcotto,  anticamente,  camiciotto  da  cava- 
liere. 

Cerimonie  ed  altro.  —  Abbracciata,  cerimonia 
con  la  quale,  un  tempo,  si  conferiva  la  dignità  di 
cavaliere.  -  Noviziato,  tempo  di  prova  per  essere 
armato  cavaliere.  -  Passo  d'arme,  combattimento 
che  si  imponeva  ai  cavalieri  che  si  presentavano 
ad  un  passaggio.  •  Probazione,  il  tempo   di  prova. 

-  Prodezze,  gesta,  fatti  d'arme.  -  Veglia  d'arme, 
cerimonia  per  la  quale  chi  stava  per  essere  creato 
cavaliere  doveva  passare  in  una  cappella  la  notte 
anteriore  al  ricevimento.  -  Voto  del  pavone:  si  fa- 
ceva su  un  pavone  o  un  fagiano  portato  dalle  da- 
me in  un  bacino  d'oro.  -  Vestir  l'abito  di  cavaliere, 
cerimonia  che  si  usava  ricevendo  l'abito  e  le  inse- 
gne di  cavaliere:  vestizione. 

Locuzioni.  —  Armar  cavaliere,  antic,  dare  l'in- 
segna di  cavaliere.  -  Avere  il  nastro  all'occhiello,  la 
croce.  •  Avere  la  croce  nel  sedere,  essere  come  t 
corbelli,  o  come  i  corbelli  di  prato  (iron.  o  spreg.), 
a  chi  0  di  chi  ambisce  la  croce.  -  Ciurmar  cava- 
liere, far  cavaliere  con  cerimonie  e  sicumere, 
quasi  la  vestizione  fosse  una  ciurmerla.  -  Dar  la 
croce,  insignire  della  croce,  far  cavaliere,  conferire 
un  ordine  cavalleresco,  decorare.  -  Non  cavalieri 
ma  cavallari,  di  cavalieri  villani.  -  Parere  un  cal- 
vario (scherz.),  di  chi  ha  il  petto  pieno  di  croci,  di 
decorazioni.  -  Piantar  la  croce  al  paretaio,  mettere 
a  guardia  delle  proprie  usure  e  frodi  la  croce  di 
cavaliere. 

Persone  addette.  —  Donzello,  nel  medio  evo,  i 
figli  maschi  dei  cavalieri,  dei  baroni  e  anche  dei 
re,  fino  al  momento  di  essere  fatti  cavalieri.  -  Pag- 
gio, nel  medio  evo,  il  giovinetto  di  famiglia  nobile 
che  si  allogava  alla  corte  di  qualche  barone  o  prin- 
cipe, per  adempiervi  1'  ufficio  di  domestico  e  ap 
prendervi  i  costumi  dei  cavalieri.  -  Patrino,  padri- 
no del  cavaliere  che  entrava  in  campo.  -  Scudiere, 
scudiero ,  nel  medio  evo ,  colui  che  serviva  il 
cavaliere  nelle  bisogne  della  guerra  o  chi  (se  no- 
bile) apprendeva  l'uso  delle  armi  al  servizio  di  un 
cavaliere,  per  poi  diventare   cavaliere  a  sua  volta. 

Cavaliere.  Cavalcatore:  veggasi  a  cavalcare. 

-  Termine  militare,  eminenza  di  terrene  in  una 
fortificazione. 

Cavaliere  (a).  Nella  parte  superiore,  al  di 
sopra. 

Cavalieressa.  Detto  a  cavaliere. 

Cavalla.  Femmina  del  cavallo. 

Cavallaro.  Veggasi  a  pastore, 

Cavalleggrlero.  Soldato  di  cavalleria. 

Cavallerescamente.  Detto  a  cavalleresco. 

Cavalleresco.  Di  cavaliere,  da  cavaliere.  -  Ca- 
vallerescamente, a  guisa  e  modo  di  cavaliere,  an- 
che in  significato  di  garbatamente,  con  garbo.  • 
Omertà,  voce  dialettale  siciliana  :  il  sentimento  ca- 
valleresco individuale,  indi  il  punto  d'onore  degli 
appartenenti  alla  mafia  e,  per  estensione,  a  ogni 
specie  di  mala  vita. 

Codice  cavalleresco,  insieme  delle  regole,  degli 
statuti  concernenti  un  ordine  cavalleresco.  -  Insegne 
cavalleresche,  quelle  del  cavaliere^  del  commen- 
datorcy  ecc.  -  Ordine  covallerescoy  istituzione 
cavalleresca  alla  quale  uno  è  ascritto.  -  Romanzi, 
poemi  cavallereschi,  o  di  cavalleria,  quelli  che  nar- 
ravano le  iperboliche  gesta  dei  cavalieri  erranti  - 


Frbmoli  —  Voeaholario  Nomenclatore. 


31 


482 


CAVALLERIA    —    CAVALLE ITO 


Scienza,  doUrìna  cavalieresca,  riguardanti  i  cava- 
lieri antichi.  -  Tempi  cavallereschi,  l'epoca  dei  cosi- 
detti  cavalieri  erranti,  come  figura  nei  poemi  e 
nei  romanzi  eroici  ed  eroicomici. 

Campo  chiuso,  termine  cavalleresco,  luogo  dove 
si  combatteva  o  giostrava.  -  Campo  franco  (titolo 
storico),  quello  nel  quale  si  poteva  combattere  li- 
beramente. 

Cavalleria.  Milizia  a  cavallo;  nel  linguaggio 
militare,  arma  di  cavalleria  :  gente  d'arme  a  caval- 
lo, gente  da  cavallo;  gente  in  sulle  selle;  campo 
cavalcante.  Con  la  fanterìa,  costituisce  la  massa 
principale  àeìVesercito.  E'  cosi  composta  da  noi: 
un  ispettorato  di  cavalleria;  nove  comandi  di  brigata; 
ventiquattro  reggimenti;  quattro  depositi  di  alleva- 
mento cavalli,  e  ciascun  deposito  è  composto  di 
una  direzione  militare  e  di  personale  inferiore  civile. 

Cabalcala,  nel  medio  evo,  l'obbligo  del  ser- 
vizio a  cavallo,  che  doveva  prestare,  in  guerra,  il 
possessore. di  un  fondo  detto  caballaria.  Di  qui  il 
nome  e  l'istituzione  della  cavalleria.  -  Cavalchere- 
sco,  attenente  a  cavalleria:  equestre,  ippico. 

Cavalleria  leggiera,  armata  alla  leggiera,  con  scia- 
bola e  moschetto  {cavalleggieri,  i  militi  che  la  com- 
pongono). -  Cavalleria  pesante,  con  lancia,  sciabola 
e  rivoltella:  ne  fanno  parte  il  cavalarmato,  il  ca- 
vallo grosso,  il  dragone,  la  lancia.  -  Ben  montata, 
la  cavalleria  buona.  -  Per  l'antica  cavalleria  greca 
e  romana,  veggasi  ad  esercito. 

Brigata  di  cavalleria:  è  composta  normalmente 
di  uno  stato  maggiore  e  di  due  o  tre   reggimenti. 

Reggimento  di  cavalleria:  formato  su  due  mezzi 
reggimenti,  da  quattro  a  sei  squadroni,  stato  mag- 
giore e  Deposito.  -  Reggimento  di  direzione,  per  le 
truppe  a  cavallo  in  marcia,  quello  comandato  dal- 
l'ufficiale che  sostituisce  eventualmente  il  capo  nel 
guidare  il  reparto.  -  Schiera,  parte  di  una  brigata 
di  cavalleria  in  un  combattimento  (titolo  storico). 
-  Squadrone,  sesta  parte  d'un  reggimento  di  caval- 
leria: diviso  in  quattro  plotoni  {caposquadrone,  il 
comandante).  -  Squadrone  di  direzione,  quello  co- 
mandato dall'ufficiale  che  sostituisce,  eventualmente, 
il  capo  nel  guidare  il  reparto. 

Militi  di  cavalleria 
Manovre,  comandi  —  Induaienti,  arot,  ecc. 

Cavaliere,  soldato  di  cavalleria,  soldato  a  cavallo, 
uomo  d'arme  a  cavallo,  cavalcatore,  equitatore;  an- 
che, semplicemente,  cavallo.  -  Cavaliere  ad  elmo: 
soldato  a  cavallo  dell'antica  milizia  italiana,  cosi 
chiamato  dall'elmo  che  portava  in  testa.  -  Cava- 
liere di  cavalcala,  soldato  a  cavallo  delle  antiche 
milizie  italiane.  -  Dragoni,  archibugieri  a  cavallo 
introdotti  in  Francia  (nel  sec.  XVI)  dallo  Strozzi. 

Guide,  in  alcuni  eserciti,  squadroni  di  cavalleria 
alle  dipendenze  dello  stato  maggiore  generale  e  de- 
stinati al  servizio  di  ordinanza,  perlustrazione,  ecc. 

Lancia  era  un  gruppo  di  tre  cavalieri  :  un  ca- 
porale ben  armato,  con  un  compagno  aggiunto  ad 
un  paggio.  -  Lanciere,  soldato  a  cavallo,  armato  di 
lancia.  -  Lancieri,  denominazione  di  reggimenti  di 
cavalleria  ehe  hanno  l'armatura  e  i  cavalli  più 
gravi,  e  che  in  guerra  combattono  in  massa.  -  Mez- 
zaluna, sorta  d'ordinanza  della  cavalleria  dei  se- 
coli XVI  e  XVII,  disposta  in  due  lunghe  ale  e  le 
compagnie  piegate  a  mezzaluna.  -  Ulano,  cavalleg- 
giero  armato  di  lancia:  questa  specie  di  cavalleria, 
nell'esercito  italiano,  è  chiamata  dei  lancieri.  ■  Ùs- 


saro, Ussero,  soldato  di  cavalleria  con  divisa  all'un- 
gherese. -  Vessillario,  vessillifero,  portatore  di  ves- 
sillo. -  Vessillazione  (titolo  storico),  ala  di  cavalieri 
nelle  legioni  ausiliarie. 

Cappelletti,  milizia  a  cavallo  al  soldo  della  repub- 
blica di  Venezia  -  Ipparco,  generale  di  cavalleria 
presso  gli  antichi.  -  Cavallo  di  Frisia,  pezzi  di  ferro 
0  di  legno,  a  punte,  usati  un  tempo  per  impedire 
il  passaggio  alla  cavalleria. 

Manovre.  —  Caracollo,  evoluzione  di  cavalleria, 
che  ha  per  scopo  il  passaggio  dei  soldati  di  prima 
fila  dalla  testa  alla  coda.  -  Carica  (termine  militare 
di  tattica),  della  cavalleria  che  va  al  galoppo  in 
massa  ad  investire  il  nemico.  -  Carica  a  fondo, 
assalto  con  tutte  le  forze  e  col  maggior  urto  pos- 
sibile. -  Carriera,  corsa  velocissima  specialmente 
della  cavalleria.  -  Cavalcare,  veggasi  a  questa  voce. 
Passo,  l'andatura  lenta.  -  Urto,  proprietà  tattica 
della  cavalleria,  che  scompiglia  le  schiere  nemiche 
con   le  sue  cariche  impetuose  e  veloci. 

Appiedare,  il  far  scendere  i  soldati  da  cavallo.  - 
Smontare,  togliere  i  cavalli  alla  cavalleria.  -  Squa- 
dronare, ordinare  squadroni  tatticamente  secondo 
determinate  disposizioni  tattiche  o  strategiche. 

Comandi.  —  A  cavallo,  comando  di  salire  a  ca- 
vallo. -  Buttasella,  segnale,  comando  ai  soldati  o  ai 
servi  di  scuderia  di  sellare  e  bardare  i  cavalli. 

Indumenti,  armi,  ecc.  —  Colbac,  copertura  del 
capo,  in  pelo  di  foca,  o  altro,  per  la  cavalleria 
leggiera.  -  Elmo,  copertura  del  capo  della  caval- 
leria pesante.  -  Fonda,  tasca  di  pelle  o  di  cuoio, 
usata  dalle  armi  a  cavallo  per  portare  e  custodire 
il  moschetto.  -  Pastrano,  il  mantello  del  soldato  di 
cavalleria.. 

Lancia,  lunga  arme  in  asta.  -  Moschetto,  pic- 
colo fucile  usato  da  alcune  milizie  di  cavalleria, 
i  -  Pistolone,  pistola  d'arcione;  fucile  corto  di  caval- 
leria. -  Sperone,  arnese  per  incitare  il  cavallo: 
sprone,  -  Squadrone,  la  sciabola  dei  soldati  di 
cavalleria    -  Pennone,  stendardo  di  cavalleria. 

Pennone,  drappo  della  lancia.  -  Vessillo  (titolo 
storico,  romano),  insegna,  bandiera  della  cavalleria. 

Foraggio,  la  porzione  giornaliera  di  mangiare 
destinata  al  cavallo.  -  Rimonta,  lo  scartare  i  ca- 
valli poco  buoni  dell'esercito  e  rifornirlo  di  buoni. 

Cavalleria.  Veggasi  a  cavaliere  e  a  caval- 
leresco. 

Cavallerizza,  cavallerizzo .  Detto  a  ca- 
valcare. 

CaA'alletta.  Insetto  simile  al  grillo,  voracis- 
simo e  dannoso  alle  piante:  si  presenta  qua  e  là 
in  branchi;  in  sardo,  tilipérche.  -  Bucapere,  buca- 
pero,  mangiajyero,  berfola,  grillo-talpa,  saltabecca, 
sallacavalla,  zuccaióla,  specie  di  cavallette. 

Cavalletto.  Arnese  di  legno  adoperato  a  so- 
stegno di  qualche  peso,  come  2>onte  di  fabbrica, 
per  sostenere  la  tela  del  pittore,  ecc.  :  capretta, 
gruccetta,  gruccia,  trespolo.  Anche,  aggruppamento 
di  più  travi,  in  forma  di  triangolo,  a  sostegno  di 
tettoie. 

Aìrarecci,  le  travi  trasversali  del  cavalletto,  fra 
gli  asserì  e  i  puntoni.  -  Asinelio,  trave  che  riposa 
sul  vertice  del  cavalletto  e  congiunge  un  caval- 
letto con  l'altro.  -  Bolzone,  la  trave  verticale  e  me- 
diana di  un  cavalletto  contro  il  quale  si  puntano 
i  saettoiii  0  capreoli.  -  Monaco,  travetta  corta,  ver- 
ticale del  cavalletto,  pòsta  tra  le  testate  dei  due 
puntoni.  -  Piede,  mensola  o  cavalletto  che  sostiene 
strumenti,  livelli,  macchine  scientifiche.  -  Pun~ 
tone,  ciascuna  delle  travi  d'un   cavalletto   che  da» 


CAVALLETTO   —  CAVALLO 


483 


lati  vanno  ad  unirsi  nel  mezzo,  formando  angolo 
ottuso.  -  Tirante,  la  trave  maestra  del  cavalletto. 

Cavalletto.  Istrumento  di  tortura. 

Cavallino.  Di  o  da  cavallo,  appartenente  a 
cavallo;  della  specie  del  cavallo:  equino,  ippico.  - 
Nome  d'uso,  in  marina,  di  macchina  sussidiaria  a 
bordo  d'una  nave. 

Cavallo.  Mammifero  erbivoro,  quadrupede  do- 
mestico, da  tiro  e  da  sella:  bestia  cavallina,  corri- 
dore, giumento,  trottatore.  Figur.  poet.,  alipide.  - 
Zoologicamente,  termine  generico,  comprendente  an- 
che l'asino  e  il  mulo,  la  zebra,  il  quagga.  -  Cavalla, 
giumenta,  la  femmina  del  cavallo  {cavalla  da  fruito, 
quella  che  si  tiene  per  razza;  frane,  ponliniére,  la 
cavalla  esclusivamente  destinata  alla  riproduzione). 
-  Altiero,  il  redo  delle  cavalle.  -  Poledro,  o  puledro, 
il  cavallo,  l'asino  o  il  mulo  giovane  e  non  ancora 
domo. 

Cavallaccia,  peggior.  di  cavalla.  -  Cavallina,  di- 
min,  e  vezzegg.  di  cavalla.  -  Cavallaccio,  peggior. 
di  cavallo:  succumedra  (in  Firenze  fu  già  detto 
palio,  0  corso  dei  cavallacci,  quello  che  si  faceva 
per  San  Lorenzo,  perchè  vi  correvano  i  peggiori 
cavalli  che  si  potessero  trovare).  -  Cavalletto,  dimin. 
di  cavallo.  -  Cavallino,  cavallo  più  piccolo  e  più 
grazioso:  scocchetta.  -  Cavallone,  accresc.  di  ca- 
vallo: cavallo  alto  e  grosso.-  Cavallotto,  csiva.ììo  tra. 
le  due  selle,  cioè  né  grande  né  piccolo,  e  piuttosto 
gagliardo.  -  Cavallucciaccio,  dimin.  dispreg.  di  ca- 
vallo, peggio  che  cavalluccio.  -  Poledraccio,  pule- 
draccio,  peggior.  di  puledro.  -  Poledretto,  puledretto, 
dimin.  di  puledro  (femm.,  puledretta).  -  Poledrino, 
0,  più  famigliar.,  puledrìno,  dimin.  e  '  vezzegg.  di 
puledro.  -  Poledruccio,  puledruccio,  dimin.  attenua- 
ti vo  e  spreg.  -  Stacca,  nell'agro  romano,  la  cavalla 
di  tre  anni. 

Cavallereccio,  aggiunto  di  cosa  adatta  a  portarsi 
da  cavalli.  -  Cavallino,  di  cavallo  (bestie  cavalline; 
bestiame  cavallino,  mosca  cavallina,  ecc.):  equino.  - 
Equestre,  di  cavallo,  appartenente  a  cavallo;  delle 
compagnie  a  cavallo;  di  statua,  ecc.  -  Ippico,  di  ca- 
vallo :  servizio  ippico,  in  Italia,  quello  che  riguarda 
i  depositi  di  stalloni  del  governo,  e  a  cui  è  addetto 
uno  speciale  corpo  militare. 

Designazioni  generiche. 

Usi  del  cavallo  —  Insieme  di  cavalli. 

Di  statura  il  cavallo  è  alto,  piccolo,  mezzano  o 
tra  le  due  selle,  grosso,  grasso,  oppure  smilzo,  ma- 
gro, ecc.  E'  poi  intero  (non  privo  degli  organi  ne- 
cessari alla  procreazione),  o  castrato  (casti'one).  Di 
sua  natura  o  pei  servizi  che  rende,  è  buono  o 
cattivo.  -  Bidello,  piccolo  cavallo.  -  Cavallo  buono  : 
un  baiardo,  un  brigliadoro,  un  cavai  di  regno,  un 
frontino.  -  Cavallo  cattivo  o  da  poco:  bucefalo,  bu- 
scalfana, carogna,  cavallaccio,  ronzino,  ronzinazzo; 
rozza,  rozzone;  succumedra  (brenna,  cavallo  secco, 
incarognito,  che  non  si  regge  più;  brocco,  cavallo  in 
mal  essere,  nel  gergo  de'  soldati:  voce  piemontese, 
che  vale  rozza,  ì'onzinoj;  stallio,  stato  molto  nella 
stalla  e  impoltronito. 

Secondo  l'uso  che  se  ne  fa,  si  distingue  il  cavallo 
da  tiro,  a  norma  del  veicolo  che  trascina  detto  ca- 
vallo da  carretta,  da  carro,  da  carrozza;  poi, 
il  cavallo  da  corse,  da  sella  (per  cavalcare), 
da  monta,  per  la  riproduzione,  ecc.  -  Cavallo  da 
•strapazzo,  che  si  adopera  sempre  e  al  quale  non  si 
risparmia    la    fatica.  -    Cavallo  di  branco,    allevato 


con  gli  altri  in  branco  e  tenuto  libero  nelle  praterie. 
-  Cavallo  di  parata,  quello  riserbato  per  occasioni 
solenni  e  il  più  bello  fra  quelli  che  si  posseggono; 
meno  comuneni.,  cavallo  da  comparsa,  e  meii  conm- 
nemente  ancora  cavallo  di  rispetto.  -  Cavallo  di  ri- 
guardo, quello  che  si  adopera  solo  in  certe  occa- 
sioni e  per  il  quale  si  ha  una  cura  speciale.  •  Ca- 
vallo scosso,  senza  cavalcante.  -  Compayno,  attaccato 
con  un  altro  ad  una  vettura.  -  Stallino,  o  stallivo, 
di  cavallo  allevato  nella  stalla,  non  ancora  adope- 
rato, né  cavalcato. 

Corsiere,  corsiero,  destriere,  destriero,  palafreno, 
un  tempo,  cavallo  di  buona  razza,  bello,  vivace,  da 
giostra,  da  battaglia  e  simili;  ora,  cavallo  nobile, 
signorile,  da  sella,  e  corsiero  ;  specialmente,  il  ca- 
vallo da  corsa.  -  Ronzino,  piccolo  cavallo  di  vet- 
tura. -  Stallone,  cavallo  intero,  da  monta,  destinalo 
a  far  razza,  e  in  genere  qualunque  bestia  da  soma: 
cavallo  montatore,  cavallo  da  coprire,  cavallo  da 
razza;  nell'uso,  riproduttore,  rondone,  ronzone  (voci 
antiquate,  disusate);  cavallo  di  guadagno,  volgami, 
guaragno  (disus.);  emissario. 

Agminalis  (lat.),  cavallo  da  soma  che  segue  un 
esercito,  affine  di  portare  i  bagagli.  -  Bilancino,  ca- 
vallo che  s'attacca  per  trapelo  a  una  carrozza,  a 
un  baroccio.  -  Cavallo  di  davanti,  cavallo  delle 
stanghe,  fra  le  stanghe,  cavallo  di  caviglie,  quello 
che  é  messo  immediatamente  davanti  al  cavallo 
delle  stanghe,  in  una  carrozzella.  -  Cavallo  di  bai- 
taglia,  propriamente  quello  che  è  montato  da  un 
principe  o  da  un  generale  d'esercito  in  tempo  di 
guerra.  -  Cavallo  di  maneggio,  o  da  maneggio,  quello 
ammaestrato  nelle  varie  andature  e  mosse  che  si 
fanno  fare  a'  cavalli  nelle  cavallerizze.  -  Cavallo  di 
rilasso,  0  di  ricambio,  il  cavallo  fresco  che  nei 
viaggi  per  le  poste  si  sostituisce  ad  altri  già  affa- 
ticati. .  Cavallo  di  ritorno,  quello  che  torna  da  un 
trapelo,  o  cavallo  di  vettura  che  torna  dal  luogo 
dove  é  stato.  -  Cavallo  di  servizio,  quello  adoperato 
nell'esercito.  -  Cavallo  di  vettura,  quello  che  si 
prende  per  ore  o  per  viaggi,  a  un  determinato 
prezzo,  da  colui  che  ne  tiene  un  certo  numero  per 
darli  a  nolo.  -  Jugalis,  il  cavallo  attaccato  più  vi- 
cino al  timone  per  mezzo  del  giogo.  -  Marrone, 
cavallo  da  tiro  che  si  accoppia  ad  un  altro  non 
ben  domato.  -  Ruffiano,  il  cavallo,  l'asino  o  il  toro 
impiegato  a  riconoscere  se  la  femmina  è  in  caldo. 
-  Trapelo,  il  cavallo  che,  nelle  salite  malagevoli,  si 
aggiunge  in  aiuto  a  quelli  che  tirano  la  carrozza; 
in  alcuni  paesi  si  chiama  la  stropa  (trapelare,  ser- 
vire da  trapelo). 

Mandra,  armento,  branco,  quantità  di  cavalli  ; 
gregge  equino;  scuderia,  stalla.  -  Muta,  numero 
dei  cavalli  della  carrozza.  Lat.,  seiugo.  -  Pariglia, 
coppia  di  cavalli  da  tiro,  simili  nel  mantello  e 
nella  statura  (parigliaccia,  pariglietla,  parigliona,  pa- 
rigliuccia).  -  Produzione,  l'insieme  dei  cavalli  nati 
in  una  stessa  razza  o  nella  stessa  annata.  -  Tiro, 
dicesi  dei  cavalli  attaccati  alle  carrozze,  ai  carri  mi- 
litari, alle  artiglierie,  ecc.  (tiro  a  due,  a  quattro,  ecc.). 

Razze  e  incrgcumenti. 

Denominazioni  straniere  —  Equini. 

Il  cavallo,  animale  solipede  (un  piede  piano,  ter- 
minante in  uno  zoccolo),  è  rappresentato  da  parec- 
chie specie:  diffuso  il  cavallo  propriamento  detto 
(lat.  equus  eaballus),  originario  dell'  Asia;  trovasi 
allo  stato  selvatico  nell'Asia  Centrale.  nell'America 


484 


Meridionale,  ecc.;  è  allevato  in  numerose  razze, 
orientali  e  occidentali  :  tra  quelle  figurano  i  tre  tipi 
del  cavallo  arabo  (bèrbero,  andaluso,  napolitano, 
bloodhorse),  del  cavallo  ntseo  (persiano,  circasso,  turco) 
e  del  cavallo  tàrtaro  {ungherese,  transilvanó).  Alle 
razze  occidentali  il  cavallo  frisone,  il  norico,  Vita~ 
liana  (cremonese,  friulano,  romano,  sardo,  ecc.),  il 
francese,  il  tedesco,  il  percheron,  il  poney,  ecc.  - 
Di  puro  sangue,  cavallo  di  buona  razza,  senza  in- 
crociamento. -  Ippagro,  cavallo  selvatico.  -  Mezzana, 
cavalla  di  qualità  inferiore.  -  Mezzo  sangue,  me- 
ticcio, di  un  cavallo  prodotto  da  uno  stallone  di 
puro  sangue  e  da  una  cavalla  non  di  razza  o  vi- 
ceversa. 

Angiovino,  cavallo  nato  dall' incrociamento  degli 
antichi  cavalli  deil'Anjou  con  quelli  di  razza  inglese 
pura.  -  Anglo-arabo,  prodotto  dall'incrociamento  di 
un  cavallo  inglese  con  uno  arabo. 

Barbero,  cavallo  arabo  o  di  Barberia;  cavallo  da 
corsa,  cavallo  che  corre  il  palio  (oggi  ancora  a 
Siena).  -  Prigione,  cavallo  con  barbette  ai  piedi.  - 
Giannetto  (ginnetto),  cavallo  barbaresco,  piccolo  e 
brioso.  -  Tarpano,  cavallo  selvatico  originario  della 
Tartaria. 

Bardotto,  il  prodotto  dell'  accoppiamento  d'un 
cavallo  con  un'asina.  -  Bimeticcio,  cavallo  nato  dal- 
l'unione di  meticci. 

Baf,  supposto  meticcio  del  toro  e  della   cavalla. 

-  Cob  (ingl.),  piccolo  cavallo,  ma  di  statura  alquanto 
maggiore  di  un  poney.  -  Dauw,  varietà  di  cavallo 
tigrino  somigliante  alla  zebra.  -  Hack,  cavallo  da 
sella,  per  passeggio,  per  caccia  o  militare.  -  Hobin, 
piccolo  cavallo  scozzese.  -  Jumart,  preteso  meticcio 
del  toro  e  della  cavalla  o  del  cavallo  e  della  vacca. 

-  Ginnetto,  sorta  di  cavallo   spagnuolo:   giannetto. 

-  Hunter,  nome  che  si  dà  ai  cavalli  destinati  alla 
caccia.  -  learling,  il  puledro  dai  15  ai  18  mesi, 
epoca  in  cui  lo  si  inizia  ai  lavori.  -  Jumper,  ca- 
vallo da  ostacoli,  abile  al  salto.  -  Pacer  (peser),  il 
cavallo  che  va  d'ambio  -  Poney  (ingl.,  pronun. 
pony),  razza  di  cavalli  a  lungo  pelo,  assai  docili  e 
di  piccolo  corpo.   Originari   di   Scozia  e  d'Irlanda. 

-  Quachèor,  cavallo  da  caccia  o  da  corsa.  -  Race- 
horse  (ingl.),  cavallo  da  corsa.  -  Stud-book,  registro 
dei  cavalli  di  razza  in  Inghilterra. 

Cavallo  marmo  :  ippopotamo.  -  Emione,  animale 
affine  al  cavallo,  che  vive  nei  deserti  dell'Asia.  - 
Quagga,  specie  di  cavallo  selvatico,  detto  tigrino,  il 
quale,  aella  sua  statura,  si  accosta  più  al  cavallo 
che  all'asino.  -  Zebra,  pachiderme  della  famiglia 
equina,  simile  all'asino  e  listato  da  strisele  trasversali. 

Figure  varie  del  cavallo. 

Accappucciato,  dicesi  il  cavallo  che  abbia  la  te- 
sta corta;  anche,  quello  che,  invece  di  portar 
la  testa  in  linea  orizzontale  e  perpendicolare, 
la  tiene  indietro  della  verticale.  -  Allombato,  di 
cavallo  che  abbia  fatto  buoni  lombi,  perchè  ben 
pasciuto  e  convenientemente  esercitato.  -  Alto  di 
monta,  il  cavallo  che  ha  le  gambe  molto  lunghe.  - 

-  Appiombo,  quando  il  peso  del  corpo  è  regolar- 
mente distribuito  sulle  quattro  membra  che  lo  so- 
stengono e  anche  sopra  la  circonferenza  di  ciascun 
piede.  -  Arcato,  o  inarcato,  il  cavallo  con  le  gambe 
naturalmente  curve.  -  Bertone,  cavallo  con  le  orec- 
chie tagliate. 

Calabrése  (non  comune),  il  cavallo  che  ha  lun- 
ghe orecchie  e  che  le  crolla  frequentemente.  -  Ca- 
rico di  spalle,  tipo  perfetto  di   cavallo:  quello   nel 


quale  la  regolarità  della  conformazione  concorre  et- 
ficacemente  alla  libertà  e  all'eleganza  dei  movimenti. 

-  Ghinea,  cavallo  che  va  di  portante.  -  Codino,  un 
cavallo  dalla  coda  mozza.  -  Corlaldo,  cavallo  a  cui 
siano  mozzate  la  coda  e  le  orecchie  (voce  antiquata). 

-  Corto  giuntato,  il  cavallo,  che  ha  il  pastorale  corto 
e  diritto.  -  Crinito,  il  cavallo  a  folto  crine. 

Giuntato  lungo,  con  le  gambe  lunghe.  -  Inarcato, 
con  le  gambe  naturalmente  curve.  -  Incavicchiato, 
con  le  gambe  molto  vicine  che   pure  si  ritorchino. 

-  Insellato,  o  sellato,  col  dorso  molto  incavato,  ep- 
perciò  più  pieghevole  e  meno  resistente.  -  Lungo, 
corto  di  collo,  espressione  di  chiaro  significato. 

Mozzorecchi,  il  cavallo  al  quale  siano  stati  moz- 
zati gli  orecchi.  -  Scarico  di  collo,  di  gamba,  di  ca- 
vallo che  ha  il  collo  sottile,  svelto  o  scarno.  -  Sfian- 
cato, di  cavallo  i  cui  fianchi  cavi  non  sono  al  pari 
delle  costole  e  delle   anche  e  come   ritratti   in  su. 

-  Troiano,  di  cavallo  che  abbia  lunghe  orecchie  e 
le  mova  spesso.  -  Vaiato,  il  cavallo  che  ha  gli  occhi 
differenti,  con  un  cerchietto  bianchiccio  intorno  alla 
pupilla. 

Occhi  di  porco,  del  cavallo  che  li  ha  piccoli.  - 
Orecchie  appannate,  le  orecchie  del  cavallo  attaccate 
troppo  in  basso,  pendenti,  larghe  e  pesanti.  -  Orec- 
chie ardite,  quando  sono  portate  diritte  in  avanti 
durante-  l'esercizio.  -  Orecchie  porcine,  quelle  molto 
distanti  l'una  dall'altra,  lunghe  e  quasi  pendenti.  - 
Testa  di  vecchia,  la  testa  del  cavallo  troppo  lunga 
e  scarna.  -  Testa  incassata,  quando  il  cavallo  la 
porta  di  maniera  che  il  moccolo  e  la  fronte  si  tro- 
vino sulla  stessa  perpendicolare.  -  Ventre  di  lepre, 
quello  smilzo  e  come  ritirato,  a  somiglianza  di  quello 
della  lepre  e  dei  cani  levrieri.  -  Ventre  di  vacca, 
quello  troppo  in  giù. 

Avere  la  testa  ben  incassata,  del  cavallo  che  la 
porta  bene.  -  Cavallo  che  vuol  fare  il  chiasso,  che 
ha  molto  brio.  -  Essere  sotto  di  sé,  del  cavallo  che 
non  ha  la  punta  del  piede  e  della  spalla  sulla  stessa 
linea.  -  Cavallo  sulle  funi,  che  appena  si  regge.  - 
Èssere  tra  le  due  sèlle,  essere  di  mezzana  statura.  - 
Parere  il  eavallo  dell'Apocalisse,  cavallo  grande  e 
rifinito. 

Corpo  del  cavallo. 

Comuni  a  più  d'un  altro  anim€Ue  quadrupede 
sono  parecchie  fra  le  parti  componenti  il  corpo  del 
cavallo.  Cosi  la  festa,  la  gambay  il  piede,  la 
coda,  ecc.,  nonché  molti  degli  organi,  dei  visceri 
{cuore,  fegato,  polmone,  vescica,  ecc.). 

Barbetta,  ciuffetto  di  pelo  sotto  i  garretti  del  ca- 
vallo. -  Barbozzo,  parte  della  testa,  avente  per  base 
la  sinfisi  mascellare  e  limitata  indietro  dal  canale 
e  dalle  ganascie,  in  avanti  dal  mento:  vi  si  ap- 
plica il  barbazzale.  -  Barbale,  o  barbute,  ripiegature 
della  mucosa  della  bocca  nel  cavallo,  una  a  destra 
e  una  a  sinistra  sotto  la  lingua,  in  forma  di  oper- 
coli agli  orifizi  de'  canali  escretori  della  glandola 
salivare  sottomascellare.  Dette  anche  barbette,  bar- 
boncelle,  barbiglioni  e  rdnule.  -  Barre,  gli  spazi  in- 
terdentarl  maggiori  tra  gli  incisivi  e  i  molari  o  tra 
gli  scaglioni  e  i  molari,  su  cui  si  fa  poggiare  il 
morso:  sbarre,  stanghette.  -  Broken-doum,  la  stron- 
catura, oppure  r  allungamento  dei  flessori  del 
piede.  -  Bulesia,  parte  del  piede  tra  l'ugna  e  la 
carne  viva. 

Calcagno,  le  protuberanze  callose  posteriori.  - 
Calli,  0  ugnelle,  protuberanze  callose  aelle  gambe, 
in   vicinanza   delle   articolazioni.   -    Capacervo,   la 


485 


parte  più  prominente,  dietro  l'attaccatura  del  collo 
con  la  schiena.  -  Cinghiata,  vena  cosi  detta  per 
essere  vicina  al  luogo  dove  si  cinghiano.  -  Cignatu- 
ra,  e  men  comunemente  cinghiatura,  parte  del  corpo 
ove  si  stringe  la  cigna.  -  Ciuffo,  parte  anteriore  della 
criniera:  mazzo  di  crini  posti  sulla  parte  sporgente 
della   nuca   e   cadenti  sulla  fronte. 

Corta,  prolungamento  unito  alla  spina  della  schie- 
na :  è  lunga,  corta,  folta,  rada,  ecc.  -  Coda  alla  nor- 
manna, quella  il  cui  torso  fu  in  gran  parte  ampu- 
tato, e  i  crini  pure  tagliati  al  livello  del  punto  di 
amputazione;  all'inglese,  mozzata  corta;  a  tromba 
0  ad  arco,  quando  il  cavallo,  correndo,  la  porta 
owazontalmente,  ciò  che  é  segno  di  molta  vivacità 
e  di  vigore  (anche,  all'inglese).  -  Còda  di  sorcio, 
quando,  sia  naturalmente,  sia  per  malattia,  trovasi 
in  gran  parte  sguernita  di-  crini.  In  Toscana,  più 
comunem,,  coda  di  topo. 

Còllo,  parte  che  si  estende  dalla  testa  al  collo,  e 
coijiprenae  la  gola,  il  filo  del  collo  e  la  criniera.  - 

-  Collo  falso,  quando  largo  in  alto  verso  la  testa 
come  in  basso  verso  il  petto;  di  cèrvo,  il  collo  con 
la  curvatura,  non  già  in  alto,  ma  in  basso,  come 
si  vede  appunto  ne'  cervi;  di  ctg'no,  quando  troppo 
lungo,  per  modo  che  rammenta  il  cigno;  di  fico  o 
còllo  scavezzo,  quando  troppo  magro  ed  affilato  ;  in- 
tavolato, il  collo  troppo  corto,  e  generalmente  duro; 
scarico,  collo  sottile. 

Colpo  di  lancia,  specie  di  incurvamento  con  cer- 
t' apparenza  di  cicatrice  che  scorgesi  nell'incollatura 
del  cavallo:  il  che  prendesi  come  indizio  di  buona 
qualità.  -  Lingua  serpentina,  zoologie,  dei  cavalli 
e  dei  buoi.  -  Montonina,  la  dicono  i  vetturali  quando 
è  troppo  convessa,  e  simile  a  quella  del  montone. 
•  Morso:  chiamansi  primo  e  secondo  morso  alcuni 
denti  del   cavallo. 

Cornetta,  altrimenti  chiamata  sperone  del  cavallo 
(trovasi  alia  parte  posteriore  del  nodello  della  pa- 
stoia), naturale  escrescenza  cornea  più  piccola  del- 
l'unghietta  che  si  vede  alla  faccia  interiore  ed  in- 
feriore del  cubito.  -  Corona,  quella  parte  che 
collega  il  pasturale  al  piede.  -  Còscia,  parte  del 
memJiro  posteriore  che  ha  per  base  l'osso  femore, 
è  forma  colla  sua  porzione  di  dietro,  molto  carnosa, 
le  natiche.  -  Cravatta  esofagea,  striscia  carnosa  in- 
torno all'orifizio  esofageo  dello  stomaco.  -  Crini,  i 
lunghi  peli  del  collo  e  della  coda.  -  Criniera,  i  crini 
del  collo:  chioma,  crinaglia.  Detta  doppia,  quando  i 
crini  sono  in  tanta  copia  che  cadono  egualmente  da 
ambo  i  lati  del  collo. 

Dente,  ciascuno  dei  piccoli  ossi  che  sono  in  bocca. 

-  Denti  di  latte  o  lattaiuoli,  o  dentini,  quelli  che  si 
sviluppano  quando  il  puledro  è  ancora  lattante,  e 
che  poi  cadono  per  dar  luogo  ad  altri  stabili;  ap- 
partengono a  questa  categoria  gli  incisivi.  Dai  due 
anni  e  mezzo  ai  tre,  cadono  i  picozzi,  ossia  la  cop- 
pia di  mezzo,  e  allora  il  puledro  chiamasi  di  primo 
morso;  dai  tre  anni  e  mezzo  ai  quattro,  avviene  lo 
stesso  dei  mezzani,  e  si  ha  iì  puledro  di  secondo 
morso;  dai  quattro  e  mezzo  ai  cinque  ii  puledro 
muta  i  cantoni,  e  dicesi  di  terzo  morso.  -  Dènti  in- 
cisivi, sono  sei  per  ciascuna  mascella,  i  quali  occu- 
pano a  guisa  di  semicerchio  la  parte  anteriore.  I 
primi  due  ili  prospetto  chiamansi  picozzi;  i  due  ac- 
canto, dall'uno  e  dall'altro  lato,  mezzani;  gli  ultimi 
due,  cantoni  o  quadrati  o  fagiuoli.  Questi,  cioè  i  can- 
toni, furono  detti  dagli  antichi  gnomoni  (dal  greco 
gnomones),  quasi  indici  dell'età  del  cavallo.  - 1  dènti 
mascellari  o  molari,  sono  ventiquattro,  situati  pro- 
fondamente nella  bocca,  dodici  per  mascella,  e  sei 


a  ciascun  lato  di  ciascuna  mascella.  Famigliarm., 
macellari,  per  corruzione;  molari  è  più  della  scienza 
che  del  linguaggio  famigliare.  -  Denti  scaglióni,  o  ca- 
nini, 0  angolari,  due  in  ciascuna  mascella,  e  uno 
per  lato  delle  barre:  mancano  ordinariamente  nelle 
cavalle.  Detti  anche  piane  (voce  però  disus.).  -  Pa- 
reggiare, dicesi  del  cavallo  quando  i  suoi  incisivi, 
per  lo  sfregamento  degli  inferiori  contro  i  superiori, 
perdono  la  sporgenza  che  avevano  nella  parte  an- 
teriore e  si  agguagliano.  A  sei  anni,  il  cavallo  ha 
pareggiato  i  picozzi,  a  sette  anni  i  mezzani,  a  otto 
anni  i  cantoni. 

Dorso,  dòsso,  schièna,  parte  che  si  stende  dal  gar- 
rese sino  ai  lombi,  ossia  reni,  dopo  i  quali  è  la 
groppa.  -  Dòrso,  o  schiena  di  mulo,  il  dorso  di  ca- 
vallo convesso,  cosi  come  quello  dei  muli.  L'oppo- 
sto del  cavallo  insellato. 

Falce,  per  similit.,  la  parte  arcata  delle  gambe  di 
dietro.  -  Fianchi,  parte  del  ventre  tra  le  costole  e 
le  anche.  -  bili  morti,  le  setole  superficiali.  -  Filo 
del  còllo,  la  parte  superiore  del  collo  opposta  alla 
gola  e  sulla  quale  cresce  la  criniera.  -  Fiocco,  ciocca 
di  peli  lunghi  e  grossolani  che  crescono  sulla  fac- 
cia posteriore  del  nodello,  e  si  estendono  talvolta 
ai  lati  e  più  in  su  del  medesimo,  specialmente  nei 
cavalli  di  razza  ordinaria.  -  Fittone,  la  parte  dello 
zoccolo  del  cavallo  che  sembra  come  un  allunga- 
mento e  un  ripiegamento  di  due  calcagni  dello 
stesso  piede,  che  s'uniscano  e  vadano  a  terminare 
in  un  angolo  acuto  verso  il  mezzo  della  suola.  - 
Formelle,  soprossi  che  si  presentano  vicino  alla  co- 
rona. -  Fossette,  fontanelle,  conche,  quelle  piccole  ca- 
vità che  si  vedono  sopra  gli  occhi  de'  cavalli,  in 
alcuni  de'  quali  dinotano  vecchiezza,  in  altri  cattivo 
trattamento  o  provenienza  da  stallone  vecchio.  - 
Froge,  estremità  carnose,  cartilagini  delle  nari,  e 
prendesi  al  plurale. 

Ganglio,  corpicciuolo  rossastro  o  grigiastro  nei  fi- 
letti nervosi  o  nei  vasi  linfatici,  -  Garetta,  o  gar- 
retto, la  parte  di  dietro  del  piede,  formata  dalle  ossa 
del  tarso;  per  estens.,  le  gambe.  Il  garretto  e  la 
gamba,  unendosi,  formano  una  piegatura  per  di  die- 
tro a  guisa  d'arco,  dove,  tesi  e  secchi,  fanno  risalto 
i  tendini  estensori  ;  a  questa  piegatura  si  dà  il  nome 
di  falce,  e  anche  di  punta  del  garretto.  -  Garrese, 
voce  usata  da  alcuni  cavallerizzi,  per  esprimere  la 
parte  del  coi-po  del  cavallo  detta  dal  Crescenzio 
sommità  delle  spalle;  oggi  detta  la  croce. 

Ginòcchio,  la  parte  della  gamba  davanti,  costituita 
dagli  ossetti  del  carpo  e  dall'articolazione  dell'a- 
vambraccio con  lo  stinco  o  cannone.  I  veterinari, 
nel  membro  anteriore,  distinguono:  il  braccio,  che 
ha  per  base  l'osso  detto  òmero,  il  quale  si  articola 
con  l'omoplata  della  spalla:  Vavambraccio,  tra  il 
braccio  e  il  ginocchio,  ed  è  formato  da  due  ossa 
riunite,  il  raggio  e  il  cubito;  il  gomito,  l'angolo  che 
guarda  indietro,  formato  dal  braccio  e  dall'avam- 
braccio {Palma).  -  Giubba,  la  chioma,  quando  folta. 
-  Góla,  la  parte  anteriore  e  superiore  del  collo.  - 
Grasciuola,  rialto  formato  dalla  rotula  o  rotella,  nella 
parte  anteriore  dell'articolazione  della  coscia  con  la 
gamba.  -  Gròppa,  la  parte  dai  lombi  in  poi,  ai  cui 
lati  trovansi  le  anche,  e  di  dietro  la  coda.  Gròppa 
avvallata,  quella  che  si  abbassa  dalla  parte  ante- 
riore alla  superiore.  -  Impastura,  la  parte  del  piede 
nella  quale  al  cavallo  si  legano  le  pastoie.  -  Incol- 
latura, lo  stesso  che  collo,  ma  comprende  anche  il 
modo  del  portarlo  e  il  suo  attacco  col  petto  e  con 
la  testa.  -  Nodèllo,  nòcca,  la  parte  al  disotto   dello 


486 


«tinco,  ove  avviene  l'articolazione  di  questo  col  pa- 
sturale. 

Pasturale,  pastorale,  pastia,  parte  della  gamba  so- 

fira  lo  zoccolo  e  la  corona;  falange  tra  lo  stinco  e 
a  corona.  -  l'elle,  membrana  che  copre  e  avvi- 
luppa le  altre  parti  del  corpo.  -  Petto,  parte  ante- 
riore del  torace  immediatamente  al  disotto  del  ter- 
mine della   gola.  -  Picozzi,  due  denti  di  mezzo. 

Piede,  la  parte  che  vien  dopo  il  pasturale,  forma 
l'estremità  della  gamba  e  serve  all'animale  a  reg- 
gersi e  a  camminare.  In  essa,  oltre  il  tuello,  (parte 
interna,  viva  e  molto  sensibile),  le  ossa,  o  ultime  fa- 
langi, che  vi  sono  racchiuse,  si  notano  esternamente 
lo  zc  ecolo,  la  suola,  il  fettone  e  i  talloni.  Zoccolo, 
(detto  anche  da  alcuni,  muraglia,  parete,  corno,  un- 
ghia, unghione)  chiamasi  quella  specie  di  scatola 
cornea,  liscia,  qualche  volta  lucente,  da  cui  è  cir- 
condato il  piede,  sia  davanti,  sia  dai  lati.  Il  suo 
margine  inferiore,  che  ne  è  anche  la  porzione  più 
rilevata  e  consistente,  serve  al  posare  del  piede,  a 
ricevere  la  ferratura.  Parti  distinte:  corona,  il 
margine  superiore  (segna  il  confine  dell'unghia  con 
la  pelle  e  coi  peli  della  medesima);  pwjito,  la  parte 
anteriore  e  mezzana,  la  più  inclinata,  che  cresce  e 
si  allunga  maggiormente;  mammelle,  le  due  parti  più 
convesse,  situate  una  in  dentro  e  l'altra  in  fuori  di 
ciascun  lato  della  punta;  quartieri  o  quarti,  che 
stanno  dietro  le  mammelle  e  che,  prolungandosi,  for- 
mano i  talloni  {quartiere  interno,  quartiere  esterno); 
suola  0  suolo,  la  faccia  inferiore  del  piede,  fatta  a 
vòlta,  di  forma  semilunare,  assai  consistente,  ma 
meno  della  muraglia,  con  la  quale  si  connette;  fet- 
tone 0  forchetta,  parte  rilevata,  di  figura  piramidale, 
di  sostanza  cornea,  più  o  meno  flessibile,  che  con 
la  punta  anteriore  si  prolunga  nel  mezzo  della  suola, 
e  con  la  base,  che  è  biforcata,  si  unisce  da  ciascun 
lato  coi  talloni  (anticamente,  bulesio  o  bulesia).  Vuoto 
del  fettone,  l'incavo  triangolare  che  trovasi  nella  bi- 
forcazione del  fettone  verso  la  sua  base;  talloni,  o 
calcagni,  due  protuberanze  callose,  rotondate,  nella 
parte  posteriore  del  piede,  che  si  ripiegano  inferior- 
mente per  continuare  con  la  suola  {tallone  interno, 
tallone  esterno).  -  Piede  cagnuolo,  quando  ha  la  punta 
rivolta  in  dentro  e  si  appoggia  più  sul  quartiere  e 
sul  tallone  esterni,  che  sugli  interni;  cobno,  o  affritel- 
lato,  quello  in  cui  la  suola  è  convessa  e  sporge  ol- 
tre il  livello  dei  quartieri  e  della  punta  (gravissimo 
difetto  che  la  ferratura  può  palliare,  non  togliere); 
cotógno,  quello  in  cui  i  quartieri  si  voltano  e  re- 
stringono uno  verso  l'altro,  allungando  la  punta 
dello  zoccolo;  ghiaccinolo,  o  scheggióso,  quello  die 
ha  l'unghia  dura  e  secca,  la  quale  facilmente  si 
fende  e  si  spezza,  allorché  vi  si  conficcano  i  chiodi  ; 
grasso,  quello  che  é  più  grosso  e  più  largo  del  nor- 
male, e  che,  avendo  d'ordinario  anche  l'unghia  più 
tenera  e  sottile,  facilmente  si  inchioda  o  si  risente 
della  nuova  ferratura;  incastellato,  quello  che  ha  i 
talloni  troppo  alti  e  avvicinati  tra  loro,  difetto  che 
fa  camminare  malamente  il  cavallo  e  spesso  lo  fa 
zoppicare;  mancino,  quello  la  cui  punta  è  diretta  in 
fuori,  e  sopporta  la  maggior  parte  del  peso  del  corpo 
col  tallone  e  quartiere  interno;  piatto,  o  piano, 
quello  con  la  suola  non  concava,  ma  a  livello  della 
muraglia,  e  questa  in  posizione  più  orizzontale  (di- 
fetto, questo,  più  frequente  nei  piedi  anteriori,  e,  se 
non  vi  si  rimedia  fin  da  principio  con  adatta  fer- 
ratura, produce  il  piede  dì  papero J;  rampino,  il 
piede  che  ha  la  muraglia  quasi  afl'atto  verticale,  e 
perciò  tanto  in  riposo,  quanto  in  moto,  si  appoggia 
sulla  punta;  rovèscio,  quello  i  cui  quartieri  sono  di 


disuguale  altezza,  e  si  rovesciano  all'indentro  o  al- 
l'infuori. 

Porro,  piccola  escrescenza,  dura,  indolente,  quasi 
cornea,  con  peduncolo  o  senza:  appare  indistinta- 
mente su  tutte  le  parti  del  corpo.  -  Punta,  la  parte 
anteriore  del  ferro  del  cavallo,  convessa  ;  e  la  parte 
anteriore  media  più  inclinata  dello  zoccolo.  -  Punta 
della  spalla,  le  parte  ove  la  spalla,  distaccandosi  un 
poco  dal  tronco,  si  unisce  al  braccio  e  forma  una 
prominenza.  Nel  cavallo  ben  conformato,  la  punta 
della  spalla  e  la  punta  del  piede  davanti  devono 
trovarsi  sulla  medesima  linea  verticale:  se  la  punta 
del  piede  rimane  indietro  da  questa  linea,  dicesi  che 
il  cavallo  è  sotto  di  sé.  Il  cavallo  poi  che  ha  le 
spalle  carnose,  o  troppo  sporgenti,  dicesi  carico  di 
spalle.  -  Puntina,  piccolo  soprosso  che  nasce  presso 
la  giuntura  del  ginocchio  o  del  nodello.  -  Quadrato 
(termine  veterinario),  i  due  ultimi  incisivi  del  ca- 
vallo. -  Quadratura,  il  torso  dalle  spalle  alla  groppa 
{snella,  elegante,  pesante,  forte). 

Ràgadi,  nel  linguaggio  veterinario,  fessure  longi- 
tudinali che  si  aprono  alle  piegature  delle  ginocchia 
del  cavallo;  rappe,  se,  invece  di  essere  longitudinali, 
sono  trasversali;  comunem.,  crepacci  e  crepacce.  ■ 
Remolino,  ciulTo  di  peli  incrocicchiati  e  schiacciati 
gli  uni  sugli  altri,  specialmente  nel  petto  o  nella 
gola.  -  Reni,  parte  del  dosso;  la  regione  lombare 
esterna.  -  Riscontro,  la  parte  anteriore  del  torace  che 
è  immediatamente  al  disotto  del  termine  della  gola  ; 
petto. 

Schinelle,  soprossi  che  si  sviluppano  alle  faccie 
laterali  degli  stinchi.  -  Setole,  fessure  che  si  produ- 
cono nella  parete  del  piede,  estendendosi  dalla  co- 
rona in  basso;  sono  complete,  ascendenti,  discendenti, 
superficiali,  penetranti.  Fili  morti,  le  setole  superfi- 
ciali; falsi  quarti,  o  setoloni,  quelle  che  penetrano 
fino  al  vivo,  intaccando  cioè  il  tuello,  e  gittano  san- 
gue; pie  di  bue,  quelle  che  si  sviluppano  sulla  punta 
del  piede.  -  Sólo,  e  meno  pop.  suolo,  la  faccia  infe- 
riore del  piede.  -  Spada  romana,  specie  di  contrap- 
pelo, il  quale  consiste  in  una  continuazione  di  peli 
alzati  e  rovesciati,  che  rappresenta  una  lama  di 
spada.  -  Spalla,  la  parte  superiore  della  gamba  da- 
vanti, 0  membro  anteriore,  che  ha  per  base  l'osso 
omoplata  o  scapula,  limitata  superiormente  dal  gar- 
rese e  dal  collo,  inferiormente  dal  braccio.  Spalle 
incavicchiate  o  incavigliate,  quando  sono  cosi  vicine 
irà  di  loro,  che  paiono  congiunte  insieme  per  mezzo 
d'un  cavicchio.  -  Spinèlla,  specie  di  soprosso  che  si 
genera  sul  lato  interno  dello  stinco  e  all'altezza 
medesima  della  giarda.  -  Sprone,  cornetto  nel  fiocco. 

-  Stinco,  cannóne,  nelle  gambe  davanti,  quella  parte 
che  va  dal  ginocchio  fino  al  pasturale  ed  ha  per  base 
l'osso  del  metacarpo;  e  nelle  gambe  di  dietro  la 
parte  che  si  estende  dal  garretto  al  pasturale,  ed  è 
formata  dalle  ossa  del  metatarso. 

Testa  montonina,  quando  nella  parte  superiore  ha 
una  prominenza  che  rammenta  quella  del  montone. 

-  Torace,  la  cavità  tra  il  collo  e  il  ventre,  circo- 
scritta ai  lati  dalle  costole.  -  Ugnelle,  unghtelle,  un- 
guelle,  le  durezze  nella  parte  interna  delle  gambe 
anteriori  :  calli,  castagne,  occhi.  Si  vedono,  qualche 
volta,  ma  più  piccole,  sulle  gambe  posteriori,  di 
dietro  e  al  disotto  del  garretto.  -  Unghione,  Y un- 
ghia.- Unione,  insieme  d'un  cavallo. 

Vena  dello  sprone,  la  cignaia.  •  Vene  del  riscontro, 
due  vene  che  dalla  parte  anteriore  ascendono  alle 
parti  laterali  del  petto  e  dalle  quali  si  suole  levar 
sangue  a'  cavalli.  -  Ventre    (tamiliarm.  pancia),  ca- 


487 


vilà  che  viene  dopo  il  torace,  -  Vivole,  volgami, 
le  parotidi  (ghiandole  fra  il  collo  e  la  testa,  una 
per  parte)  ;  anche,  gli  ingorghi  ghiandolari  della 
bocca  e  del  collo.  -  Zoccolo,  l'unghia. 

Mantello,  pelo,  macchie,  segni. 

Balzana,  macchia  bianca  circolare,  di  torma  e  di 
estensione  variabile,  situata  all'estremità  degli  arti 
di  molti  cavalli  (balzana  armelUnata  o  ììioscata  quando 
il  bianco  è  misto  a  macohiette  nere;  dentata,  se 
termina  a  foggia  di  dita  o  di  denti).  -  Traccia  di 
balzana,  se  appena  segnata;  se  lino  allo  stinco  bal- 
zana calzata  ;  alta  calzata,  se  fino  alle  ginocchia.  - 
Dorato,  del  pelame  dei  cavalli;  baio,  castagno  do- 
rato, ecc.  -  Fdlago,  mantello  che  è  una  gradazione 
del  morello.  •  Falbo,  o  cervino,  mantello  simile  al 
pelame  de'  cervi,  risultante  da  un  miscuglio  di 
giallo  e  di  nero  e  talvolta  anche  di  bianco.  -  Giubba, 
lo  stesso  che  mantello.  -  Isabella,  noto  color  giallo 
fulvo,  ma  chiaro,  specie  parlando  del  pelame  o 
mmtello  dei  cavalli.  Si  ha  l'isabella  cliiaro,  che  è 
b  nco  con  leggiere  sfumature  di  giallo  ;  l'isabella 
aerato,  ove  il  giallo  eccede,  e  Visabella  carico,  nel 
quale  il  giallo  estingue  quasi  del  tutto  il  bianco, 
onde  è  detto  anche  lupino.  Il  mantello  isabella  spesso 
ha  coda  e  crini  bianchi,  ovvero  neri  con  la  riga  mu- 
lina, 0  di  mulo.  Questa  è  una  lista  di  color  nero, 
più  0  meno  vivace,  che  dal  dorso  si  estende  tino 
alla  coda,  attraversata  talora  da  piccola  lista  di 
egual  colore,  la  quale  divide  in  due  il  garrese  e 
•scende  sulle  spalle.  La  riga  mulina  è  frequente  anche 
nel  mantello  sorcino. 

Mantello,  il  pelame,  l'insieme  dei  peli  del  mam- 
mifero, specialmente  del  cavallo,  e  il  loro  colore; 
manto  (veggasi  più  innanzi  :  denominazioni  del  ca- 
vallo secondo  il  mantello,  ecc.).  Cervato,  quello  di- 
gradante dolcemente  dal  colore  più  carico  delle 
groppe  al  più  chiaro  del  ventre;  lupino,  di  pelame 
simile  al  lupo;  misto,  il  mantello  i  cui  peli  non 
sono  tutti  dello  stesso  colore;  moscato,  sparso  di 
macchiette  nere  come  mosche;  pallaio,  con  macchie 
tonde  a  uso  palle;  pallido,  di  tinta  sbiancata;  sem- 
plice, quello  i  cui  peli  son  tutti  dello  stesso  colore. 
Marchio,  marco,  marca,  segno,  tatto  generalmente 
con  un  ferro  rovente,  in  qualche  parte  del  corpo 
dei  cavalli  per  indicare  la  razza  alla  quale  appar- 
tengono e  la  loro  provenienza.  -  Mosca,  macchia 
sim.  a  una  mosca  nel  mantello. 

Pelame,  qualità  e  colore  dei  peli  e  dei  crini: 
mantello.  -  Pelo  lucido,  lustro,  di  cavallo  ben  tenuto, 
ben  strigliato  e  ripulito.  -  Pé'::(7, macchia  del  mantello. 
-  Pezzatura,  l'essere  pezzato.  -  Pomellato,  aggiunto  di 
una  specie  del  mantello  leardo  o  baio,  o  sauro,  o 
morello,  nel  quale  sianvi  macchie  rotonde  più  chiare 
0  più  scure  che  il  fondo  del  pelame  stesso.  Dicesi 
anche  melato;  onde  il  prov.:  Cavai  melato,  cavai 
malato.  Se  le  macchie  sono  somiglianti  a  ruote,  il 
mantello  dicesi  rotato  o  arrotato.  -  Porcellana, 
mantello  rarissimo  d'una  specie  di  leardo  pomellato, 
con  macchie  cerulee,  bizzarre.  Rara  oramai  anche 
la  voce. 

Rosetta,  macchia  bianca  in  fronte;  più  comun., 
stella. 

Segno,  macchia  nel  pelame;  nome  generico  di 
quelle  macchie  bianche  che  si  vedono  talvolta  sui 
cavalli  di  pelame  scuro.  -  Spada  romana,  specie  di 
contrappelo,  il  quale  consiste  in  una  continuazione 
<ii  peli  alzati-  e  rovesciati,  che  rappresenta  una 
lama  di  spada  la  quale,  essendo  situata  sopra  l'in- 


coUatura  vicino  alla  criniera,  accompagna  tutti  i 
crini  del  cavallo;  molti  vi  veggono  un  indizio  della 
bontà  del  cavallo.  -  Stella,  macchia  bianca  sulla 
fronte  di  alcuni  cavalli.  -  Stella  bevente,  la  macchia 
sulle  labbra  del  cavallo  che  beve  in  bianco.  -  Zaino, 
mantello  equino  baio  o  sauro,  o  morello  senza  mac- 
chie 0  segni  naturali  bianchi. 

Avei-e  il  naso  di  volpe,  del  cavallo  che  ha  mac- 
chie di  pelo  rossigno  al  naso  e  alle  labbra. 

Denominazione  del  cavallo  secondo  il  mantello,  ecc. 

Arrotato,  di  cavallo  che  ha  la  pelle  macchiata  a 
ròte.  -  A    specchietti,    di    cavallo    baio    chiazzato.  - 

Baio,  il  cavallo,  quando  ha  il  mantello  tendente  al 
rosso-bruno.  Secondo  le  gradazioni  baio  dorato,  baio 
chiaro,  baio  oscuro,  baio  bruciato,  ecc.  -  Baio  bru- 
ciato, con  mantello  rossigno,  che  tira  al  giallognolo, 
come  panno  rosso  arrivato  un  po'  dal  ferro  troppo 
Caldo.  -Baio  castagno,  con  mantello  rassomigliante 
alla  scorza  della  castagna  matura,  appena  uscita  dal 
cardo.  -  Baio  chiaro,  con  mantello  in  cui  il  rosso 
è  poco  carico  e  quasi  sbiadilo,  senza  lucentezza;  ed 
è  quasi  eguale  ed  uniforme  per  tutto  il  corpo.  - 
Baio  ciliegia,  con  mantello  che  ha  un  colorito  rosso 
uguale,  molto  vivo,  ma  meno  cupo  del  baio  scuro 
e  più  cupo  del  baio  castagno.  -  Baio  dorato,  con 
mantello  meno  rosso  del  baio  ciliegia,  tendente  al 
giallo  e  lucente  al  sole.  -  Baio  lavato,  con  mantello 
in  cui  il  rosso  é  molto  smorto,  quasi  sbiadito  ed 
é  bianchiccio  al  di  sotto  dei  fianchi,  del  ventre 
e  fra  le  natiche.  -  Baio  marrone,  con  man- 
tello rosso  cupo,  specialmente  sul  dorso  e  sulla 
groppa,  e  che  rammenta  la  buccia  del  marrone  di 
India.  -  Baio  scuro,  o  baio  bruno,  con  mantello  in 
cui  il  rosso  ha  molto  del  nero  ;  ma  il  cavallo  ha 
il  nasello,  l'area  circostante  agli  occhi  e  la  parte 
interna  delle  natiche  di  un  color  rossastro.  -  Baio 
sopra  sauro,  con  mantello  di  cavallo  che  ha  le  estre- 
mità rosse  0  quasi  rossigne,  nere  la  criniera  e 
la  roda. 

Balzano,  il  cavallo  che  ha  bianca  l' estremità 
della  zampa.  -  Balzano  alio  calzato,  il  cavallo  con 
la  balzana  dallo  zoccolo  fin  oltre  il  ginocchio 
e  il  garretto.  -  Balzano  a  quattro,  quando  le  bal- 
zane sono  in  tutte  e  quattro  le  estremità.  ■  Bal- 
zano arzeglio,  se  nel  destro  posteriore.  -  Balzano 
basso  calzato,  con  la  balzana  dallo  zoccolo  fino  al 
livello  del  ginocchio  e  del  garretto.  -  Balzano  cal- 
zato, con  la  balzana  dallo  zoccolo  fin  oltre  la  metà 
dello  stinco.  -  Balzano  da  uno,  da  due,  da  tre,  da 
quattro,  il  cavallo,  secondo  che  ha  la  balzana,  a 
uno.  a  due,  a  tre,  o  a  tutt'e  quattro  i  piedi  (prov.: 
balzano  da  uno,  non  lo  dare  a  nessuno;  balzano  da 
due,  più  forte  d'un  bue  o  vai  meno  d'un  bue;  bal- 
zano da  tre,  cavallo  da  re,  e  anche;  tienlo  pei'  te; 
balzano  da  quattro,  non  é  bono  da  un  cattro,  o  ca- 
vallo da  matto).  -  Balzano  della  briglia,  con  la  bal- 
zana nel  piede  sinistro  dinanzi.  -  Balzano  della 
lancia,  se  la  balzana  é  nell'arto  destro  anteriore. 
-  Balzano  della  staffa,  se  nel  sinistro  anteriore.  - 
Balzano  del  montatore,  se  nel  sinistro  posteriore.  - 
Balzano  segnato,  il  cavallo  con  un  segno  bianco 
presso  lo  zoccolo  al  calcagno.  -  Balzano  trastravato, 
quando  è  obliquo,  cioè  il  bianco  nei  due  piedi 
anteriori  dal  nodello  allo  zoccolo.  -  Balzano  travato, 
con  le  balzane  a  due  piedi  laterali,  cioè  nel  piede 
di  dietro  e  nel  piede  dinanzi  dello  stesso  lato.  - 
lutto  balzano,  lo  stesso,  ma  meno  comune,  che  bal- 
zano da  quattro. 


488 


Bevente  in  bianco,  dicesi  del  cavallo  che  abbia 
una  macchia  bianca  nella  parte  anteriore  d'uno  o 
d'entrambi  i  labbri.  Tali  macchie  si  dicono  anche 
abbeveratoio,  ma  men  comunemente.  -  Bianco  mac- 
chietato  di  nero,  il  cavallo  sparso  di  piccole  macchie. 

-  Burello,  o  burella,  cavallo  bianco  pezzato  di  nero, 
baio,  sauro,  ecc. 

Calzato,  il  cavallo  che  ha  una  macchia  bianca, 
che  dal  piede  si  estende  fino  al  ginocchio  e  sopra. 

-  Castagno,  più  comunem.  baio.  ■  Cavezza  di  moro, 
con  la  testa  morella  e  i  piedi  neri. 

Leardo,  il  cavallo  con  mantello  grigio  o  baio,  con 
miscuglio  di  peli  bianchi  e  neri.  Secondo  che  pre- 
domina l'uno  0  l'altro  di  questi  colori,  ne  vengono 
le  sue  varietà,  spesso  malagevoli  a  determinare, 
cioè  il  leardo  o  bigio  stornello,  il  leardo  o  bigio 
chiaro,  il  bigio  di  ferro,  il  bigio  sudicio,  il  bigio  di 
lavagna,  il  bigio  tardino,  il  bruciato,  l'argentino,  il 
brinato,  il  moscato,  il  pomellato,  ecc.  Nei  vocabolari, 
leardo  è  detto  il  mantello  di  quel  cavallo  che  sia 
di  color  bianco;  e  parrebbe  che  i  due  vocaboli  siano 
sinonimi,  ma  nell'uso  si  suol  fare  differenza  tra  il 
cavallo  leardo  e  il  cavallo  bianco.  Il  bianco  non  è 
di  nascita,  ma  è  il  leardo  o  grigio  che  diventa  tale 
per  l'età.  Il  prov.  «  Cavai  bianco  e  donna  bella 
non  è  mai  senza  martello  »  dinota  che  i  cavalli 
di  questo  pelame  sono  più  soggetti  a  guai  e  ma- 
scalcie. 

Macchiato,  il  cavallo  con  mantello  sparso  di  mac- 
chie naturali.  -  Maltinto,  d'un  mantello  rossiccio 
bruno.  •  Mantellato,  del  cavallo  e  del  cane  con  man- 
tello. -  Melato,  con  macchie  più  o  meno  scure  nel 
mantello.  -  Morello,  il  cavallo  con  mantello  di 
questo  colore,  cioè  d'un  bel  bruno;  morello  bruciato, 
non  tutto  nero;  morello  mal  tinto,  come  affumicato; 
morello  gaietto  o  corvino,  d'un  nero  assai  vivo  e 
quasi  rilucente.  -  Morettina,  dimin.  vezzegg.  -  Moro, 
nero. 

Pezzato,  cnn  mantello  macchiato  di  larghe  mac- 
chie di  più  colori;  il  colore  predominante  dà  il 
colore  primitivo,  susseguito  da  pezzato  indicante 
gli  altri  colori;  morello  pezzato  di  bianco,  bianco 
pezzato  di  baio. 

Babicaìw,  sauro,  baio  o  altro  con  peli  bianchi 
qua  e  là,  specie  nei  fianchi,  nella  groppa  e  nelle 
nàtiche.  Dicesi  rabicanata  la  gamba  intieramente 
coperta  di  questi  peli  ;  ciò  che  si  prende  per  grande 
indizio  della  bontà  del  cavallo.  -  Roano,  o  rovano, 
il  cavallo  con  mantello  formato  da  peli  neri,  bianchi 
e  sauri  mescolati,  un  tempo  detto  anche  ferrante, 
leardo  sagginato.  Sono  varietà  il  rovano  chiaro,  che 
si  avvicina  alla  tinta  di  rosa  scolorila,  e  il  rovano 
vinoso,  che  s'accosta  a  quella  del  vino.  -  Rovano 
cavezza  o  testa  di  moro,  dallo  spagnuolo  cabeza  de 
moro,  dicesi  del  cavallo  rovano  che  ha  la  testa,  la 
criniera,  la  coda  e  le  gambe  nere. 

Sagginato,  di  cavallo  del  color  della  saggina:  di- 
verso dal  baio.  -  Sauro,  con  mantello  tra  il  giallo 
e  il  lionato:  chiaro,  dorato,  affocato,  scuro,  ceciato, 
bruciato,  metallico.  Il  sauro  ha  le  estremità,  la  cri- 
niera e  la  coda  meno  colorite  che  le  altre  parti.  - 
Sdonnino,  tra  sauro  e  morello.  -  Sfacciato,  il  cavallo 
che  abbia  per  il  lungo  della  fronte  una  pezza 
bianca;  si  chiama  poi  cometa  detta  macchia  allorché 
è  lunga  due  terzi  della  testa,  larga  da  capo  e  ap- 
puntata verso  il  labbro.  -  Sorcino,  o  topato,  con 
mantello  colore  del  topo,  ora  di  soli  peli  cenerini, 
ora  di  peli  bruni  e  bianchi  riuniti  insieme.  Dicesi  , 
anche  dusolino  (onde  il  proverbio:  Cavai  dusolino, 
0  da  piazza  o  da  mtUino,  per   dire  che  è  da  com- 


parsa 0  da  soma).  -  Stellato,  con  qualche  macchiai 
bianca,  o  stella,  in  fronte:  stelleggiato.  ■  Stornello, 
storno,  con  mantello  misto  di  bianco  e  nero. 

Tigrato,  il  cavallo  con  macchie  nere  e  più  o  mena 
tonde  e  larghe  nel  mantello.  -  Topato,  con  man- 
tello color  topo.  -  Topino,  di   pellame   rosso-scuro. 

-  Tardino,  con  mantello  simile  alle  penne  del  tordo. 

-  Irotino,  con  mantello  grigio  che  ha  macchioline 
rosse  come  la  trota. 

Ubero,  o  ubiero,  con  mantello  avente  il  colore  del 
fiore  di  pesco,  risultante  da  peli  e  crini  color  tos- 
so e  bianco.  - /amo,  il  cavallo  baio,  sauro  o  morello, 
che  in  alcuna  parte  del  corpo  non  abbia  alcun 
pelo  0  segno  bianco.  -  Zebrato,  con  mantello  a 
strisele,  come  la  zebra. 

Qualità",  caratteri,  condizioni  del  cavallo. 

Agevole  di  bocca,  che  sente  molto  il  freno.  -  Ar- 
dente, del  cavallo  di  buon  sangue,  focoso,  generoso. 

Arrembato,  cavallo  spossato  di  fatica,  che  mal 
può  camminare.  -  Bizzarro,  vivace,  brioso,  balzano, 
strambo.  -  Brioso,  con  un  certo  ardore  indocile.  • 
Buscalfana,  '•-avallacelo  che  sia  estremamente  de- 
bole. -  Cavallo  che  è  una  pecora,  tranquillo,  docile. 

-  Cavallo  di  sentimento,  che  corre  senza  bisogno 
di  frusta.  -  Cavallo  matto,  bizzarro,  difficile  a  gui- 
dare. -  Cavallo  pieno  d'ardore,  di  forza,  di  focosità. 

Corridore,  di  cavallo  veloce  al  corso  (corridore, 
scappatore,  che  mangia  la  strada,  va  come  il  vento, 
velocissimo).  -  Delicato  di  morso,  di  cavallo  che  lo 
teme  (cavallo  che  obbedisce  al  morso).  Di  prima 
morso,  puledro  che  ha  perduto  i  denti  lattaiuoli; 
di  secondo  morso,  che  ha  perduto  i  mezzani  ;  di 
terzo  morso,  quand'è  già  cavallo.  -  fra  le  due  selle, 
il  cavallo  né  troppo  grande,  né  troppo  piccolo.  - 
Fresco,  il  cavallo  riposato.  -  Gagliardo,  resistente 
alla  fatica,  forte.  -  Galoppatore,  che  galoppa  o  è 
atto  a  galoppar  bene.  -  Morbido,  dolce  di  bocca.  - 

-  Onesto,  lo  stesso  che  agevole.  -  Scappatore,  cavallo 
che  corre  lesto.  -  Sicuro,  che  non  inciampa,  che 
non  tira  calci.  -  Trottatore,  che  trotta  o  è  atto  a 
trottar  bene.  -  Zuzzurullone,  che  ha  voglia  di  far 
nulla. 

Bocca  a  piena  mano,  o  bocca  sicura,  del  cavallo 
che  sente  moderatamente  il  morso  e  senza  inquie- 
tudine. -  Bocca  ardente,  del  cavallo  quando  è  ri- 
scaldato, s'irrita,  s'infiamma  per  le  menome  scosse 
date  al  morso.  -  Bocca  delicata,  che  non  può  sof- 
frire alcun  appoggio  del  morso,  per  essere  le  barre 
troppo  alte  o  troppo  taglienti.  -  Bocca  dura,  forte, 
perduta,  del  cavallo  in  cui  gli  effetti  del  morso 
son  quasi  nulli  -  Bocca  falsa,  del  cavallo  quando 
non  risponde  esattamente  alle  impressioni  del  morso. 

-  Bocca  fresca,  del  cavallo  che  fa  continuamente 
schiuma  dalla  bocca,  quando  ha  il  morso.  -  Bocca 
gentile,  del  cavallo  che  ama  il  morso.  -  Bocca 
leale,  del  cavallo  che  risponde  pronto  e  sicuro  agli 
accenni  datigli  col  morso.  Anche,  fina,  seìisibile, 
delicata,  tenera,  leggiera.  -  Buona  bocca  o  bocca 
ferma,  del  cavallo  ctie  non  ha  in  essa  difetto  che 
gli  impedisca  di  obbedire  al  morso,  e  tale  che  il 
morso  stesso  non  la  irriti. 

Ammaestrata,  cavallo  domato;  di  o  da  maneggio, 
maneggiato.  -  Bardato,  provvisto   di  finimento.  - 

Domabile,  ch3  si  può  domare.  Domato,  messo 
dall'uomo  in  condizione  di  servirgli;  anche  cor- 
retto in  certi  difetti.  -  Maneggievole,  maneggiabile, 
che  si  lascia  governare  facilmente.  -  Sbrigliato,  sen- 
za briglia.  -  Strigliato,   acconciato  con  la  striglia- 


Difetti,  vizi. 

Aredtura,  deviazione  delle  ginocchia  (carpo),  con- 
sìstente in  una  curvatura  con  concavità  posteriore, 
prodotta  o  da  debolezza  dei  muscoli  estensori  o  da 
ritrazione  dei  flessori  del  carpo.  -  Arrembatura, 
direzione  difettosa  dell'articolazione  del  nodello,  in 
cui  questa,  invece  di  abbassarsi  dalla  parte  poste- 
riere,  scatta  sempre  in  avanti,  ed  il  piede  non  pog- 
gia completamente  sul  suolo,  ma,  per  lo  più,  quasi 
con  la  sola  punta.  -  Beccheggio,  vizio  che  ha  il 
cavallo  di  alzare  ed  abbassare  la  testa  continua- 
mente dall'innanzi  all'indietro.  -  Credenza  :  dicesi, 
del  cavallo ,  che  piglia  una  credenza  allorché 
prende  un  vizio.  -  Incastellatura,  restringimento 
anormale  dell'unghia  per  la  ferratura. 

Tiro,  ticchio,  viziosa  abitudine,  e  talvolta  an- 
che morbosa,  di  alcuni  cavalli,  per  la  quale  essi 
si  danno  interrottamente  in  preda  a  movimenti 
anormali  e  disordinati.  Tre  sorta  di  tiri  si  cono- 
scono: il  tiro  d'appoggio,  o  tiro  fermo,  che  consi- 
ste in  una  violenta  contrazione  dei  muscoli  del 
collo  e  delle  mascelle,  che  spinge  l'animale  ad  ad- 
dentare e  rosicchiare  la  mangiatoia,  il  timone  del 
carro  o  della  vettura  e  simili,  il  qual  movimento 
è  accompagnato  da  introduzione  ed  espulsione  d'aria 
dallo  stomaco,  e  dà  un  suono  particolare  simile  a 
rutto  ;  il  tiro  a  vento,  o  tiro  in  aria,  che  è  quando 
il  cavallo,  privo  dell'oggetto  che  usa  morsicare, 
leva  in  alto  la  testa,  o  la  rivolge  da  lato;  il  tiro 
delVorso,  che  è  un  movimento  come  di  altalena 
che  fa  il  cavallo,  appoggiandosi  ora  su  un  piede 
ed  ora  sull'altro,  e  qualche  volta  non  movendo 
che  la  testa  e  il  collo. 

Arcato,  il  cavallo  affetto  da  arcatura.  -  Ancaione, 
del  cavallo  che  ha  un'anca  bassa  e  l'altra  rilevata, 
per  cattiva  conformazione  o  per  frattura. 

Arrembato,  si  dice  tanto  del  cavallo  affetto  da 
arrembatura  quanto  del  piede  che  poggia  in  terra 
soltanto  colla  punta.  Riferito  a  piede,  è  sinonimo 
di  rampino;  riferito  a  cavallo  è  anche  sinonimo  di 
diritto.  •  Basso  di  coste,  basso  davanti  o  di  dietro, 
mal  conformato  in  questo  senso.  -  Boccìiiduro,  poco 
sensibile  agli  effetti  del  morso. 

Coronato,  il  cavallo  che  porta  traccia  d'una  spe- 
latura, cicatrizzata,  al  ginnochio.  -  Diritto  sulle  gi- 
nocchia, sui  garretti,  sulle  nocche,  del  cavallo  che  non 
ha  quella  certa  naturai  curvatura  elegante  in  que- 
ste regioni  del  corpo,  ma  le  presenta  invece  si- 
tuate in  linea  retta.  -  Incastellato,  del  piede  del 
cavallo,  quando  i  talloni  e  i  quarti  sono  molto 
ravvicinati,  ristretti,  addossati.  -  Incavicchiato,  di 
cavallo  con  le  gambe  molto  vicine,  cosi  che  pare 
si  tocchino.  -  Ombroso,  il  cavallo  che  s'impaura 
facilmente  {adombrare,  prendere  o  pigliare  ombra). 

Restio,  che  si  impunta,  non  vuol  andare  (avere 
il  restio;  guarire  del  restio).  Anche,  restone  (pro- 
verbio :  cavallo  restio,  fallo  con  Dio;  ossia,  fa  di 
liberartene).  -  Saltatore,  che  ha  il  difetto  di  saltare. 
-  Sboccato,  che  non  cura  il  morso,  e  dicesi  anche 
duro  in  bocca,  ma  si  dice  piuttosto  del  cavallo  che 
è  tale  per  natura.  Sboccato  può  divenire  perchè 
chi  lo  guida  abusa  del  morso.  -  Scodato,  senza  coda 
o  difettoso  di  coda.  -  Sellalo,  il  cavallo  quando  ha 
schiena  che  piega  troppo  verso  la  pancia.  -  Sfiancato. 
con  i  fianchi  cavi,  noH  a  livello  delle  costole  e 
dalle  anche,  e  come  ritratti  in  su.  -  Sgroppato, 
rovinato  nella  groppa.  -  Sitoso,  il  cavallo  che  pi- 
glia  ombra  di   persone,  specialmente  di  ragazzi  e 


489 


donne.  -  Spallato,  il  cavallo  a  cui  siasi  sconcertata 
l'articolazicfie  della,  spalla. 

Un  sant'Antonio,  cavallo  che  ha  difetti  coperti; 
inservibile.  -  Vacchino,  di  cavallo  coi  garretti  trop- 
po in  dentro.  -  Ventre  di  vacca,  del  cavallo  il  cui 
ventre  cade  troppo  in  giù. 

Buttarsi  suWimbraca,  dicesi  dei  cavalli  che  si 
ostinano  a  non  andare.  -  Operar  sulla  spalla:  del 
cavallo  che  l'ha  fuori  della  linea  dovuta.  -  Vaiare, 
dei  cavalli  con  occhi  scompagnati  o  con  un  cer- 
chietto bianchiccio  intorno  alla  pupilla. 

Voce,  andatura,  portamento,  salti,  ecc. 

Annitrio,  il  frequente  annitrire  o  nitrire  :  voce 
poco  comune,  ma  opportuna.  -  Nitrire  {nitrente, 
emettere  la  voce  che  fa  il  cavallo  (m'(n<o,  atto  ed 
effetto):  rignare.  -  Rignare,  per  nitrire,  fu  detto,  e 
dicesi  tuttavia  nel  contado  fiorentino.  Rignano  i 
cavalli  e  i  muli  anche  quando  sono  in  ira  e  mo- 
strano i  denti,  come  per  mordere.  -  Sbuffare,  dicesi 
del  soffiare  che  fa  il  cavallo  quando  se  gli  pari  dinanzi 
alcuna  cosa  che  lo  infastidisca  o  spaventi:  sbuffo, 
atto  ed  efletto.  -  Stronfiare,  dice  di  più  che  sbuf- 
fare, e  tanto  l'uno  quanto  l'altro  si  dicono  anche 
del  semplice  ansare  e  soffiare  per  tatica. 

Ambio,  andatura  del  cavallo  a  passi  corti  e  ve- 
loci, mossi  in  contrattempo.  Lo  stesso  che  ambia- 
tura; ma  tanto  la  prima  voce  quanto  la  seconda 
sono  ormai  quasi  disusate  {ambiare,  andare  d'am- 
bio). -  Andatura,  movimento  eseguito  dal  cavallo 
per  recarsi  da  uno  a  un  altro  luogo:  è  naturale, 
artificiale,  irregolare  (ambio,  trapasso,  traina),  ecc. 

Ballottata,  o  aria  sollevata,  salto  che  fa  il  ca- 
vallo alzandosi  da  terra  con  i  quattro  piedi  con- 
temporaneamente e  facendo,  coi  due  posteriori,  atto 
di  tirar  calci.  -  Battuta,  il  salto  del  cavallo  quando 
tocca  leggermente  il  suolo  con  l'unghia.  -  Bel  mo- 
vimento d'anca,  di  andatura  aggraziata. 

Capannone,  salto  del  cavallo,  maggiore  della 
corvetta.  -  Capriola,  specie  di  salto,  ch'è  una  delle 
arie  sollevate  del  cavallo;  salto  che  i  cavalli  am- 
maestrati fanno  alzando  insieme  le  due  gambe  di- 
nanzi, e  poi  insieme  le  due  di  dietro.  -  Caracollo, 
termine  di  cavallerizza:  il  movimento  del  cavallo 
che  caracolla.  -  Carriera,  la  più  veloce  andatura 
del  cavallo;  il  correre  prolungato  e  concitato. 
Anche,  lo  spazio  percorso  dal  cavallo.  -  Ciambella, 
azione  del  cavallo  che,  senza  avanzarsi  né  indie- 
treggiare, si  muove  misuratamente.  -  Coppia  di 
calci,  atto  del  cavallo  che,  alzando  la  groppa, 
spinge  indietro  con  forza  le  zampe  posteriori.  -  Cor- 
vetta, azione  che  fa  il  cavallo  nel  maneggio,  perla 
quale  si  alza  (sempre  camminando)  con  le  gambe  di- 
nanzi piegate  verso  il  petto,  reggendosi  ed  equili- 
brandosi tutto  sulle  anche  e  abbassando  la  groppa 
verso  terra  {corvettare,  far  corvette). 

Falcata,  specie  di  salto  che  il  cavallo  eseguisce 
in  due  tempi  e  con  diversi  movimenti  :  nel  primo 
piega  le  gambe  di  dietro  con  forza  ed  eleva  quelle 
dinanzi;  nel  secondo,  distendendo  in  modo  subita- 
neo le  gambe  di  dietro,  si  slancia  con  tutto  il  corpo 
in  avanti  e  in  alto.  Anche  sbilancione.  -  Galoppo, 
modo  di  correre  dei  cavalli  ben  noto.  -  Groppata, 
salto  0  aria  sollevata  di  maneggio,  facendo  la  qua- 
le il  cavallo  si  alza  da  terra  molto  più  che  nella 
corvetta,  e  tiene,  essendo  in  aria,  il  davanti  e  il 
dietro  a  uguale  altezza,  senza  mostrare  i  ferri.  E' 
propria  dei  cavalli  giovani,  che  lo  fanno   quando 


490 


CAVALLO 


si  mettono  in  brio.  Detto  anche  capannone.  -  Impen- 
nata, movimento  pel  quale  il  cavallo  si  leva  dritto, 
reggendosi  tutto  sui  piedi:  difesa  la  più  perico- 
losa di  tutte,  perchè,  cascando  il  cavallo  indietro 
a  linea  retta,^  non  è  senza  pericolo  della  vita  del 
cavaliere,  non  solo  per  la  botta  che  questi  riceve 
alla  testa,  ma  perchè  il  pomo  della^sella  gli  dà 
nello  stomaco  o  nel  petto  con  l'urto  è  il  peso  del 
corpo  del  cavallo. 

Levata,  nome  generico  di  tutti  i  moti  che  fa  il 
cavallo  nell'alzarsi  con  le  gambe  dinanzi  e  posarsi 
su  quelle  di  dietro.  Anche  l'atto  e  l'istante  in  cui  il 
piede  del  cavallo  che  cammina  abbandona  il  suolo. 
-  Movimento  del  cavallo,  le  sue  mosse  di  scuola.  - 
Parata,  azione  che  fa  il  cavallo  nel  terminare  qual- 
sivoglia maneggio,  o  in  terra  o  in  aria:  ed  é  un 
atto  che  ha  apparenza  di  corvetta,  senonché  nella 
parata  il  cavallo  si  alza  più  in  aria  che  non  in 
quella,  e  poi  si  ferma  sui  quattro  piedi.  -  Passata, 
l'andar  del  cavallo  con  passi  misurati  e  in  cadenza. 

Passo,  la  più  lenta  delle  andature  del  cavallo.  - 
Passo  rilevato  o  di  scuola,  quando  il  cavallo  alza 
molto  le  estremità  nel  camminare.  -  Pettata,  lo 
sforzo  iniziale  nei  cavalli  da  tiro  per  mettere  in 
moto  il  carro.  -  Piroetta,  piroletta,  moto  che  fa  il 
cavallo  nel  voltarsi  quant'esso  è  lungo,  senza  can- 
giar posto;  frane,  pirouette.  -  Portante,  particolare 
andatura  del  cavallo.  -  Portamento  di  testa,  di  coda, 
del  cavallo,  espressioni  di  chiaro  significato.  -  Po- 
sata, atto  del  cavallo  che  consiste  nel  tener  ferme 
le  zampe  di  dietro  e  alzare  e  ripiegare  quelle  di- 
nanzi un  braccio  circa  da  terra,  posando  tutto  sul- 
le anche. 

Querciola,  di  cavalli  che  cadono  con  le  gambe 
sul  davanti.  -  Raddoppio,  moto  particolare  del 
cavallo  consistente  nel  muovere  alternativamente 
ambedue  i  piedi  dinanzi  o  ambedue  i  piedi  di  die- 
tro insieme  (andar  di  raddoppio).  -  Rallegrata, 
salto  che  il  cavallo  fa  rallegrandosi.  -  Rampino, 
di  cavallo  che,  camminando  o  stando  fermo,  appoggia 
solamente    la   punta   del  piede. 

SaltOf  una  delle  arie  sollevate  del  cavallo.  - 
Salto  del  montone,  quello  che  fa  il  cavallo  quando 
s'impenna  e  si  ficca  il  capo  sotto.  Salto  e  sparo, 
tirar  calci  mentre  salta.  -  Scalpitamento,  scalpitio, 
veggasi  più  innanzi.  -  Scappata,  l'atto  dello  scap- 
pare, e  dicesi  propriamente  della  prima  mossa  con 
furia,  del  correre  del  cavallo,  liberato  dal  ritegno 
che  lo  impediva  (spesso  nella  frase  «  prendere  la 
scappata  »).  -  Sfaglio,  hsdzo  improvviso  del  cavallo. 

Spavenio,  del  cavallo,  ripiegatura  convulsiva  del 
garretto,  quando  il  piede  lascia  il  suolo. 

lesta  incassata,  la  testa  del  cavallo  quando  esso 
la  porta  in  maniera  che  il  moccolo  e  la  fronte  si 
trovino  sulla  stessa  perpendicolare.  -  Traina,  o  trai- 
no, andatura  irregolare  del  cavallo  che  galoppa  con 
le  gambe  anteriori  e  trotta  con  le  posteriori:  quella 
tra  l'ambio  e  il  galoppo.  Dicesi  anche:  andor  d'oji- 
ehelta  e  spalletta.  -  Trapasso,  modo  d'andatura  a- 
normale,  facendo  sentire  tutt'  e  quattro  i  piedi  af- 
frettati insieme  (andar  a  trapasso).  -  Trotto,  anda- 
tura naturale,  tra  il  passo  e  il  galoppo;  trotto 
chiuso,  serrato,  risoluto,  spiccato,  sciolto,  unito,  ecc. 
(trottare,  trottato,  trottatina,  ecc.). 

Volata,  rallegrata  pericolosa,  del  cavallo,  il  quale 
d'improvviso  spicca  un  salto  lunghissimo,  o  si  getta 
a  destra  o  a  sinistra  cosi  rapidamente  che,  se  il 
cavaliere  non  sta  ben  forte  in  sella,  corre  il  rischio 
di  volarne  lui.  -  Volta,  movimento   in   giro   che  il 


cavaliere  fa  fare  al  cavallo.  -  lolta  faccia,  del  ca- 
vallo che  si  volta  di  punto  in  bianco. 

Saponata,  per  similitudine,  il  coprirsi  di  schiuma 
che  fa  il  cavallo,  sudando,  in  corsa  o  dopo  la  corsa. 

Altri  movimenti  diversi  del  cavallo 

Allungare  il  collo,  del  cavallo  quando  allunga  il 
collo,  invece  di  tenerlo  inarcato.  -  Adombrare  e 
aombrare^  de'cavalli  quando,  per  difetto  della  vista 
0  per  altro,  al  veder  certi  oggetti  si  spaventano 
talmente  che  ricusano  di  passarvi  dinanzi,  o  indie- 
treggiano 0  s'impennano.  -  Arpeggiare,  lo  spavenio 
quando  sia  molto  pronunciato.  -  Arrembare,  dive- 
nire arrembato;  e  si  dice  dei  cavalli  non  più  atti 
a  correre. 

Batter  le  castagnette,  di  cavalli  che  si  ripigliano 
con  i  piedi,  cioè  battono,  nel  trottare,  i  piedi  da- 
vanti con  quelli  di  dietro  in  modo  che  i  ferri  man- 
dino un  suono,  il  quale  somiglia  appunto  a  quello 
che  producono  le  castagnette,  o  nàcchere,  agitate  colla 
mano.  Anche,  battere  i  ferri,  scalcagnarsi  e  ritoc- 
carsi. -  Bere  la  briglia  e  il  morso,  di  cavallo  che 
spinge  tiroppo  in  alto  il  morso  (i  cavalli  che  be- 
vono la  briglia  sono  generalmente  testardi).  -  Bere 
nella  briglia,  del  cavallo  che  ha  le  briglie  troppo 
corte  sicché  il  freno  gli  fa  raggrinzare  le  commes- 
sure delle  labbra.  -  Billarder  (frane),  gettare  al- 
l'infuori  le  gambe  davanti. 

Calcitrare,  trar  di  calci  ;  tirare,  sparare  calci  a 
coppia  (veggasi  a  calcio).  -  Caracollare,  volteggiare, 
far  caracolli;  caracollo,  volta  in  tondo  e  mezzo 
tondo  che  si  fa  fare  al  cavallo  cambiando  mano.  - 
Chioccarsi,  lo  stesso  che  batter  le  castagnette.  - 
Correre,  andare  con  velocità,  sia  di  trotto  che  di 
galoppo.  -  Correre  il  palio,  correre  al  palio,  veg- 
gasi a  corse  ippiche  (ventre  a  terra,  di  gran  car- 
riera; cavallo  che  divora  la  strada,  corre  veloce; 
che  vola,  par  che  voli,  ecc.).  -  Crocchiare,  del  ferro 
dei  cavalli  quando  non  è  bene  inchiodato. 

Dare  nelle  smanie,  entrare  in  calore,  -  Difendersi, 
del  cavallo  quando,  per  sottrarsi  al  dominio  di  chi 
lo  guida,  ricorre  alle  difese.  -  Entrare  in  ardenza, 
essere  in  salti,  potersi  frenare  appena. 

Far  ciambella,  far  querciola,  veggasi  addietro.  - 
Fermarsi  in  quattro,  di  botto,  sulle  quattro  zampe.  ■ 
Fremere,  impazientirsi  del  morso,  dello  sprone.  - 
Galoppare,  andar  di  galoiìpo  ;  galoppare  sul  buono, 
0  di  destra;  sul  cattivo  piede,  o  di  sinistra;  galop- 
pare sul  tappeto,  il  cavallo  che  alza  pochissimo  le 
gambe.  -  Giuocare  alla  mora,  tirar  calci.  -  Giuocar 
di  schiena,  alzare  la  groppa,  per  tirar  calci.  -  Gua- 
dagnare, levare,  prendere,  vincer  la  mano,  di  ca- 
vallo che  non  sente  più  il  morso  e  va  sfrenata- 
mente. -  Gustare  il  morso,  abituarcisi. 

imballare,  del  cavallo  che,  scalciando  per  vizio, 
rimane  colle  zampe  di  dietro  impigliate  negli  stan- 
ghine -  Imbizzarrire,  di  cavallo  focoso  che  si  agita, 
fa  qualche  smania,  qualche  capriccio.  -  Imboccare 
il  freno,  il  morso,  riceverlo  in  bocca.  -  Imbrigliare, 
del  cavallo  che  s'impiglia  nelle  redini  cadute.  • 
Impennare,  impennarsi,  del  cavallo  quando  si  leva 
sulle  gambe  di  dietro,  levando  in  aria  quelle  da- 
vanti, per  arte,  per  vizio,  per  giuoco,  per  ispa- 
vento.  -  Incappucciarsi:  dicesi  di  quella  difesa  che 
fa  il  cavallo,  quando,  per  liberarsi  dalla  soggezione 
del  morso,  porta  la  testa  talmente  sotto  e  indietro, 
che  con  la  estremità  della  guardia  l'appoggia  al  petto 
0  alla  gola.  Si  incappucciano  i  cavalli  che  hanno 
il  collo  lungo,  sfilato  e  troppo  pieghevole.  Anche 
accappucciarsi,  armarsi,    impettirsi.  -  Incapestrarsi 


CAVALLO 


491 


avvilupparsi  le  gambe  nel  capestro.  -  Inginocchiarsi, 
cadere  sulle  ginocchia.  -  Intraversare,  del  cavalli 
ciie  vanno  di  traverso  per  mala  conformazione  delle 
gambe  o  delle  anche. 

Masticare  la  briglia,  del  cavallo  di  bocca  dolce 
il  quale,  prendendo  gusto  alla  briglia,  da  sé  slesso 
l'alleggerisce  senza  movimenti  sgarbati.  -  Moì^dere, 
rodere  il  freno,  del  cavallo  che  dà  segno  di  impa- 
zienza. -  Notare,  modo  di  camminare  mandando  i 
piedi  in  fuori.  -  Operar  sulla  spalla,  del  cavallo  che 
nel  camminare  si  butta  in  fuori,  sicché  le  sue  spalle 
non  sono  sulla  linea  che  dovrebbero  descrivere. 

Pesare  o  tirare  alla  mano,  quando  il  cavallo,  in- 
vece di  portare  la  testa  alta,  l'abbandona  e  l'ap- 
poggia sul  morso,  sicché  il  cavaliere  é  costretto  a 
reggerne  quasi  tutto  il  peso.  -  Pigliare  o  prendere 
Ip  mosse,  partirsi,  incominciare  a  correre  al  segno 
dato,  -  Prendere  la  carriera,  non  solo  incominciare 
a  andar  di  carriera,  ma,  incominciata,  continuarla. 

-  Prender  la  mano,  non  obbedire  più  alla  briglia, 
al  guidatore,  correndo  all'impazzata. 

Raddoppiare,  andare  di  raddoppio  (veggasi  più 
sopra).  -  Radere  il  suolo,  del  cavallo  che  non  alza 
a  sufficienza  le  estremità.  -  Rallegrarsi,  fare  la  ral- 
legrata (veggasi  a  pag.  490).  -  Rancare,  o  ranchettare, 
del  cavallo  che,  troppo  serrato  nei  garretti,  muove 
il  piede  descrivendo  una  specie  d'arco.  -  Raspare, 
il  battere  coi  piedi  davanti  che  fanno  i  cavalli 
fermi ,  quasi  razzolando,  -  Recalcitrare ,  ricalci- 
trare, resistere  che  fa  il  cavallo  alla  voglia  di  chi 
lo  guida,  tirando  calci.  -  Rimpennare,  ripete  impen- 
nare (rimpennata,  rimpennatura).  -  Ripigliare,  ri- 
pigliarsi, del  cavallo  che,  correndo,  si  ribatte  coi 
piedi  di  dietro.  -  Ritoccarsi,  di  cavalli  che  battono 
i  pie  di  dietro  con  quelli  davanti.  -  Rompere,  del 
cavallo  quando,  messo  al  trotto,  saltella,  e  vorrebbe 
andar  di  carriera. 

Sbalestrare,  sbalestrare  le  gambe,  del  cavallo 
quando  va  mancino  e  manda  fuori  le  gambe  di- 
nanzi. -  Sbarrare,  in  alcuni  dialetti,  significa  trarre 
calci.  -  Scalciare,  tirare  un  calcio,  una  coppia  di 
calci,  più  calci.  -  Scalpitare,  del  rumore  che  fanno 
i  cavalli  0  simili  coi  piedi  :  scalpitamento,  lo  scal- 
pitare ;  scalpitio,  uno  scalpitare  prolungato  o  af- 
frettato. -  Scappare,  voce  usata  famigliarmente  a 
indicare  i  cavalli  che  corrono  molto  veloci.  -  Segare, 
del  cavallo  quando,  o  perché  spallato,  o  perchè 
abbia  qualche  dolore,  o  a  cagione  di  uno  sforzo, 
alza  una  delle  gambe  davanti  in  modo  che,  prima 
di  posarla  a  terra,  descriva  un  mezzo  cerchio  in  aria. 

-  Sferrar  cate',  tirarli.  -  Snodare  il  passo,  moverlo  lesto. 

Sonare  un  calcio,  famigliarmente,  tirarlo.  -  Spalleg- 
giare, movimento  grazioso  delle  spalle  e  della  testa. 

-  Sparare  calci,  lo  stesso  che  tirarli;  ma  dice  più 
impeto  e  lo  dice  con  più  vivezza,  -  Tagliarsi,  quando 
il  cavallo,  nell'andare,  porta  una  gamba  verso  l'altra 
come  in  croce,  e  si  ferisce  nella  parte  interna  del 
pasturale  o  nel  nodello,  e  qualche  volta  vicino  al- 
l'unghia; ciò  che  accade  più  spesso  nelle  gambe  di 
dietro.  -  Tessere,  con  le  zampe,  mandandole  male.  - 
Tirar  calcij  l'alzare  e  lo  spingere  che  i  cavalli  tanno 
con  forza  all' indietro  i  piedi  posteriori.  -  Trottare, 
andare  di  trotto.  •  Trotterellare,  intrans,  frequent, 
di  trottare. 

Volare,  del  cavallo  che  all'improvviso  spicca  un 
salto  lunghissimo,  qua  o  là,  mettendo  in  pericolo 
il  cavaliere.  -  Voltare,  cambiare  la  direzione  del 
cammino;  girare  a  destra  o  a  sinistra.  -  Volteggiare, 
frequent.  di  voltare.  -  Zampare,  percuotere  con  le 
zampe;  tar  molto  rumore  con  i  piedi. 


Malattie,  lesioni,  ecc. 
Insetti  nocivi  o  FASxmiosi  al  cavallo. 

Acqua  alle  gambe,  malattia  consistente  in  una 
esagerata  e  turbata  attività  nutritiva  del  derma  cu- 
taneo, del  pastorale  e  del  nodello,  risultandone  l'i- 
pertrofia del  corpo  papillare  e  delle  ghiandole  an- 
nesse, -  Adenite  equina,  malattia  frequente  del  ca- 
vallo: tumefazione  infiammatoria  dei  gangli  linfatici 
sottomascellari  del  cavallo;  si  risolve  generalmente 
per  suppurazione.  Detta  anche  barbone,  piccionaia, 
stranguglioni.  -  Anticuore,  o  antipelto,  tumore  car- 
bonchioso che  viene  ai  cavalli  nella  parte  anteriore 
del  petto  e  penetra  fino  al  polmone,  cagionando  in 
brevissimo  tempo  la  morte.  -  Arpeggio,  movimento 
spasmodico  col  quale  certi  cavalli  sollevano  una  o 
?mbedue  le  estremità  posteriori,  in  causa,  credesi, 
di  varie  alterazioni  dei  garretto,  dei  muscoli  della 
gamba,  ecc. 

Ralordòne  addominale,  tifo  cerebrale  dei  cavalli: 
malattia  eminentemente  tossica,  contagiosa,  maligna. 
Più  comunem.,,  capogatto,  capostorno.  -  Bolla  {cancro 
volante,,  carbonchio  della  lingua,  pustola  maligna, 
taglione),  malattia  carbonchiosa,  talvolta  epizootica, 
nelle  vaccine  e  anche  ne'  cavalli,  per  cui  la  lingua 
si  copre  di  grandi  vesciche  ripiene  d'un  umore 
rossiccio,  acre,  assai  corrodente,  incangrenisce  e 
cade  a  pezzi.  Scientificam.,  glossanlrace.  -  Bolsag- 
gine, difficoltà  di  respirazione  nel  cavallo,  cronica, 
senza  febbre,  per  lo  più  incurabile,  e  dipendente 
da  svariate  lesioni  dell'apparecchio  respiratorio  e 
circolatorio,  nonché  dei  visceri  addominali  in  quanto 
restringono  la  cavità  toracica  {imbolsire,  divenir 
bolso,  proprio  dei  cavalli;  bolso,  il  cavallo  che  tosse 
e  respira  difficilmente).'-  Èrokendown  (letteralmente 
spezzato  giù,  azzoppato),  zoppicatura  propria  dei 
cavalli  da  corsa,  e  consiste  in  una  distensione  dei 
tendini  flessori  del  nodello. 

Calli,  le  protuberanze  callose  che  si  formano  sulle 
gambe  del  cavallo,  presso  le  articolazioni.  -  Capo- 
gatto,  malattia,  per  lo  più  dei  cavalli,  che  piglia  il 
capo  producendo  infiammazione  al  cervello.  -  Capo- 
storno, capogatto,  lo  stesso  che  balordone.  -  Cappel- 
letto, tumefazione  che  si  palesa  alla  punta  del  gar- 
retto, prodotta  da  contusioni  o  da  sforzi.  -  Carbon- 
celli,  bollicine  piene  di  sang'ie  guasto  che  vengono 
sul  dorso  de'  cavalli  per  la  compressione  della 
sella.  -  Castagna,  veggasi,  più  innanzi,  tmghiella.  - 
Cheracele,  tumore  nello  zoccolo.  -  Chiovardo,  in- 
fiammazione foruncolare  che  si  manifesta  nel  ca- 
vallo e  in  altri  animali  domestici,  nel  piede,  sopra 
l'unghia  e  la  corona.  Dicesi  semplice  o  cutaneo,  se 
intacca  la  sola  pelle;  lendinoso,  se  offende  i  tendini; 
incoronato,  se  viene  alla  corona  o  sopra  i  talloni,  in 
vicinanza  dell'unghia.  -  Cimurro,  malattia  infet- 
tiva, propria  del  cavallo,  dell'asino  o  dei  bastardi 
di  questi,  trasmissibile  all'uomo.  Falso  cimurro,  ci- 
murro cronico. 

Contraccolpo,  e,  meno  comunemente,  contrattempo, 
ribattìmento  o  pulsazione  de'  fianchi  che  é  carat- 
teristico della  bolsaggine  nei  cavalli.  -  Corba,  curba, 
airva,  esostosi  che  si  manifesta  alla  parte  supe- 
ri one  della  faccia  interna  del  garretto  del  cavallo  in 
forma  di  tumore  osseo.  -  Corizza,  infiammazione 
della  membrana  mucosa  delle  cavità  nasali.  -  Cor- 
neggio, sibilo,  fischio,  rantolo,  la  difficoltà  di  respi- 
razione, rumorosa,  nel  cavallo  in  moto.  -  Costane, 
0  polmoncelli,  tumoretti  callosi  che  vengono  in  varie 
parti  del  corpo  ai  cavalli,  ma  più  specialmente  ai 


492 


lombi.  Costarla  dicesi  anche  il  guidalesco  alle  coste. - 
Crepacela,  crepaccio,  male  negli  stinchi  e  nel  nodello; 
piaga  trasversale.  -  Crepatura,  male  a  cui  vanno 
soggette  le  unghie. 

Doglia  vecchia,  mal  vecchio,  viziosità  dipendente 
da  lesioni  croniche  delle  giunture  e  che  dà  luogo 
a  zoppicature  intermittenti.  -  Farcino,  lo  stesso  che 
mal  del  verme  (veggasi  più  innanzi).  -  Fettone  putre- 
fatto, fettone  riscaldato,  fico  al  fettone,  lesioni  varie  al 
lettone.  -  Fimatosi,  malattie  delle  gambe.  -  Formella, 
tumore  nel  piede:  specie  di  soprosso  o  tumire 
vizzo  per  sua  origine,  poi  duro  e  quasi  osseo,  che 
nasce  sulla  corona  del  piede,  ora  nel  lato  esterno, 
ora  nell'interno,  talvolta  in  ambedue  ad  un  tempo, 
e  più  spesso  ne'  piedi  davanti  che  in  quelli  di  dietro. 

Galla,  galletta,  enfiato  a  guisa  di  nocciolo,  che 
viene  ai  lati  della  giuntura  del  nodello  per  umori 
che  ivi  si  addensano;  è  molle  nel  suo  principio  e 
indolente,  ma  si  indura  col  tempo  e  fa  talvolta 
zoppicar  l'animale.  Anche,  molletta.  -  Ganglio,  tu- 
more che  si  forma  nella  guaina  del  tendine  e  nervo 
(corda  magna),  dal  raccogliersi  in  essa  troppa  quan- 
tità di  sinovia  ;  talvolta  prende  tutta  la  lunghezza 
dello  stinco,  e  dicesi  nervo  indurito.  -  Carpe  (grappe, 
riccioli,  rizzuolij,  o  grappe,  escrescenze  cutanee 
disposte  a  mucchi  e  formanti  una  massa  carnosa, 
bitorzoluta,  qualche  volta  scirrosa,  per  lo  più  di 
colore  rosso,  per  la  loro  figura  somigliante  a  un 
grappolo  d'uva  ;  nascono  dietro  il  pasturale  o  in- 
torno il  nodello  e  gittano  spesso  materia  corrotta,  a 
modo  d'acqua.  Perciò  da  alcuni  detta  anche  acqua 
alle  gambe.  -  Garretto  cerchiato,  quando  vi  sono  in- 
torno intorno  dei  tumori  più  o  meno  grossi  e  per- 
sistenti. -  Germe  di  fava,  macchia  nerastra  nel  fondo 
di  quella  fossetta  che  hanno  i  denti  incisivi  nella 
loro  estremità  libera,  e  che  resta  sovente  anche 
dopo  che  il  cavallo  ha  pareggiato.  -  Ghianda,  ma- 
lattia mortale  dei  cavalli.  -  Giarda,  malattia  nella 
giuntura  sopra  l'unghia.  -  Ginocchiello,  ferita  che 
il  cavallo  si  fa  al  ginocchio  cadendo.  -  Guidar 
lesco,  escoriazione,  piaga;  specialmente  la  piaga  o 
l'ulcera,  più  o  meno  sinuosa  e  profonda  che  for- 
masi sul  garrese  dell'annuale  per  contusione,  o  scor- 
ticatura ivi  prodotta  dalla  sella,  dal  sellino  del  fi- 
nimento, dal  basto  e  simili  arnesi.  Anche,  mal  del 
garrese,  mal  della  croce,  spallaccio. 

Incapestrature,  ferite  lacero-contuse  nelle  piega- 
ture dei  garretti,  ecc.  -  incoronature,  ferite  al  gi- 
nocchio. -  ìjìpolito,  pietra  nel  corpo  del  cavallo. 

Lampasco,  palatina,  l'infiammazione  della  mem- 
brana mucosa,  che  copre  il  palato  e  l'interno  della 
bocca:  rara  ne'  cavalli  attempati,  comune  nei  pu- 
ledri, al  tempo  della  dentizione,  ai  quali  impedisce 
la  masticazione,  ingrossandosi  talvolta  la  membrana 
medesima  sino  a  sopravanzare  i  denti  incisivi.  - 
LeòbrUf  malattia  della  pelle,  con  produzione  di 
croste.  -  Lombaggine,  malattia  che  al  cavallo  rende 
dinicili  i  movimenti  della  parte  lombare.  -  Lupia, 
natta,nome  di  certi  tumori  infiammatori  e  dolenti, 
oppure  freddi  ed  insensibili,  mobili  o  aderenti  alle 
parti  sottostanti,  involti  in  una  membrana  o  no, 
che  si  svolgono  in  mezzo  al  tessuto  cellulare  in 
quelle  parti  su  cui  appoggiano  gli  arnesi  o  bardature. 

Mal  della  luna,  flussione  o  infiammazione  perio- 
dica degli  occhi,  a  cui  va  soggetto  il  cavallo;  cosi 
detta  perchè  si  crede  che  segua  le  variazioni  lunari. 
-  Mal  della  talpa,  tumore  che  si  sviluppa  sulla  som- 
mità della  testa,  dietro  la  nuca:  cosi  detto  perchè 
scava  nei  tessuti.  -  Mal  del  verme,  o  farcino,  malat- 
tia  sviluppantesi   nei  vasi   linfatici;   talora  va  er- 


rando qua  e  là,  e  allora  indica  un'  affezione  gene- 
rale. -  Mal  di  coito,  malattia  che  colpisce  il  cavallo 
e  la  cavalla,  e  tien  dietro  all'accoppiamento.  -  Mal 
pizzone,  pedicèlli,  male  che  si  manifesta  dinanzi  al 
pasturale,  in  vicinanza  dell'unghia,  mandando  dalle 
sue  ulcerette  un  umore  sanguigno  e  puzzolente,  che, 
leccato  dall'animale,  qualche  volta  gli  esulcera  la 
lingua. 

Moccio,  scolo  delle  nari.  -  Morva,  malattia  infet- 
tiva, propria  dei  cavalli  e  degli  asini,  volgarmente 
detta  cimurro  (scolo  nasale).  -  Moscaiole,  ulcerette 
che,  d'estate,  sono  fastidite  dagli  insetti  :  si  formano 
su  questa  o  quella  parte  del  corpo,  specialmente 
sulla  groppa  e  sulle  gambe. 

Passione  celiaca  (scalmatura),  malattia  per  cai  il 
cavallo  defeca  materie  bianche  e  dimagra.  -  Pel- 
licelli,  piaghe  estive.  -  Piumacciolo,  malattia  alla 
bocca.  -  Pòrri  o  porrette,  escrescenze  carnose,  am- 
mucchiate, rotonde,  le  quali  come  le  garpe,  di  cui 
offrono  i  segni,  occupano  tutta  la  circonferenza  del 
pastorale  e  del  nodello,  e  fanno  zoppicar  l'animale. 
Anche,  certe  piccole  escrescenze  dure  e  indolenti, 
quasi  cornee,  con  peduncolo  o  senza,  che  appaiono 
indistintamente  sopra  tutte  le  parti  del  corpo.  Le  più 
piccole  e  meno  elevate  hanno  il  nome  di  verruche. 

Rappe,  ragadi  trasversali  alle  piegature  delle  gi- 
nocchia. -  Resta,  tumoretto  nel  piede.  -  Riprensióne, 
rinfondimento,  congestione  di  umori  che  per  troppa 
fatica  o  riscaldamento  si  fa  nei  vasi  che  stanno 
sotto  l'unghia,  con  infiammazione  di  essa  e  delle 
vicine  parti  del  piede,  sicché  l'animale  si  muove  a 
stento.  -  Riscaldamento,  eruzione  di  tumoretti. 

Schienella,  male  che  si  produce  nelle  gambe  da- 
vanti. -  Sétola,  malore  che  si  sviluppa  nei  piedi.  - 
Sfòrzo,  sforzatura,  distensione  violenta  dei  muscoli, 
dei  ligamenti  e  dei  tendini  che  circondano  le  giun- 
ture, m  conseguenza  di  passi  falsi,  di  sdrucciola- 
menti, di  cadute  e  simili.  -  Sinoca,  malattia  fre- 
quente nei  solipedi,  massime  nel  cavallo,  distinta 
coi  nomi  di  febbre  ardente,  sanguigna,  ecc.,  e  vol- 
garmente con  quelli  di  costipazione  e  di  mal  del- 
l'angio,  -  Soprapposta,  soppósta,  ferita  o  piaga  tra 
l'unghia  e  la  carne  viva,  fattasi  dal  cavallo  correndo. 

Soprósso,  nome  generico  di  certi  tumuri  duri,  cal- 
losi, quasi  ossei,  che  si  formano  specialmente  sulle 
gambe,  sia  per  interni  umori  cattivi,  sia  per  effetto 
di  percosse,  onde  l'osso  si  infiamma  e  gonfia.  Sem- 
plice, il  soprosso  quando  vien  solo  all'interno  o  al- 
l'esterno lato  dello  stinco;  incavigliato  o  trafitto, 
quando  uno  sta  dirimpetto  all'altro;  lendinoso,  quello 
che  vien  presso  il  tendine,  e,  come  il  trafitto,  spesso 
fa  zoppicar  l'animale.  -  Spallaccia,  o  spallaccio,  gon- 
fiezza per  lesione  sulle  sommità  delle  spalle.  -  Spa- 
vénio  e  spavento,  tumore  molle  con  fluttuazione  sen- 
sibilissima che  si  genera  nella  parte  laterale  interna 
del  garretto.  -  Spennacchia,  galla  o  scoppiatura  che 
viene  alla  giuntura  del  ginocchio  dei  cavalli  e  che 
alle  volte  suppura.  -  Sperone,  tubercoletto  nella  nocca. 
-  Spinella,  sorta  di  malattia  del  cavallo.  •  Sprocca- 
tura,  ferita  nel  vivo  del  piede,  cagionata  da  puntura 
0  da  urto  violento  di  corpi  acuti  o  taglienti,  pre- 
muti nel  camminare,  ed  accompagnata  sovente  da 
lacerazione.  -  Stomatite,  infiammazione  della  mu- 
cosa boccale.  -  Storpiatura,  lussazione,  guasto  di  un 
membro.  -  Stranguglióni,  specie  di  barbone,  di  an- 
gina, la  quale  non  attacca  che  una  sola  volta  i  ca- 
valli, e  per  lo  più  quando  spuntano  loro  i  denti 
scaglioni  e  gli  incisivi  di  mezzo;  si  palesa  con  ma 
nifesti  segni  di  infiammazione  in  quasi  tutte  le  parti 
della  testa  e  massime  delle  glandole  salivarL 


CAVALLO 


493 


Talpa  (testudinej,  tumore  che  si  sviluppa  alla  te- 
sta, per  effetto  d'una  botta  o  d'una  fiaccatura  pro- 
dotta dalla  briglia.  -  Tarlo  (tarolo,  tarmaiura),  la 
carie  umida  nello  zoccolo.  -  Tigna,  eruzione  di 
pustole  sulla  cotenna.  -  Tiro  secco,  malattia  o  vizio  per 
cui  il  cavallo  sembra  singhiozzare  di  tanto  intanto. 

Vermocane,  sorta  di  malattia  del  cavallo.  -  Vescicone, 
tumore  molle,  indolente,  più  o  meno  grosso,  che  na- 
sce ai  lati  del  garretto,  tra  il  tendine  e  l'osso. 

Insetti  nocivi  o  molesti.  —  Assillo,  animaletto 
alato,  poco  maggiore  d'una  mosca,  che  punge  aspra- 
mente il  cavallo  e  altri  animali.  •  Estri  e  tafani, 
insetti  pericolosissimi,  molesti  e  nocivi,  detti  mosche 
del  cavallo,  ecc.,  e  scientifìcam.  oestrus  hominis,  per- 
chè nei  paesi  caldi  tormentano  anche  l'uomo.  -  Mo- 
sca culaia,  insetto  noioso  alle  parti  deretane  dei  ca- 
valli. -  Psoropotide,  genere  di  aracnidi,  ordine  degli 
acaridi,  parassita  che  produce  la  scabbia  nel  cavallo. 

-  Tonchio,  grosso  moscone  che  va  intorno  ai  cavalli. 

Azioni  dell'uomo  sul  cavallo. 

Acculare  (a  un  muro,  a  un  albero,  ecc.),  far  an- 
dare un  cavallo  all'indietro,  verso  quel  muro,  quel- 
l'albero, ecc.  -  Addestrare,  ammaestrare  il  cavallo, 
esercitarlo,  assuefarlo  all'esercizio.  Anticamente,  an- 
dare alla  statfa  di  qualche  personaggio,  in  segno 
d'onore.  -  Alleggerire,  rendere  un  cavallo  più  agile, 
più  veloce,  mediante  opportuni  esercizi.  -  Allentare, 
rendere  il  cavallo  lento  nel  corso  ;  dargli  troppa  bri- 
glia. -  Apparigliare,  accompagnare  un  cavallo  da  tiro 
con  un  altro  simile,  nella  statura  e  nel  mantello.  -  i4.s.st- 
curare,  avvezzare  il  cavallo  a  non  temere;  avvez- 
zare sulla  briglia,  abituarlo  a  soffrirla  senza  dare 
verun  segno  di    impazienza  e  a  obbedirne  i  cenni. 

-  Attaccare  (alla  carrozza,  al  carro,  ecc.),  adattare 
il  cavallo  al  veicolo,  perché  lo  tiri  (attaccabile, 
il  cavallo  che  può  essere  attaccato).  -  Atteggiare, 
trattandosi  di  cavallo,  vale  fargli  fare  diversi  eser- 
cizi di  maneggio,  per  sollazzo. 

Bardare,  mettere  la  bardatura,  il  finimento  (ma 
ricco)  a  cavallo  da  sella.  -  Bruschinare,  ripulire  col 
bruschino  i  cavalli  dal  fango  o  dalla  polvere. 

Calcagnare,  dare  del  calcagno  contro  il  ventre  del- 
l'animale, nel  cavalcare.  -  Chiamare  un  cavallo,  ac- 
cennargli con  la  briglia.  Chiamare  un  cavallo  a  de- 
stra 0  a  sinistra,  tirar  l'una  o  l'altra  redine  affin- 
chè il  cavallo  a  quella  parte  si  volga.  Dare  una 
chiamata  al  cavallo,  atto  più  subitaneo  e  risoluto. 
Per  esempio;  se  il  cavallo  va  tranquillo  per  la  sua 
via,  incontrando  un'altra  vettura,  lo  chiamo  a  de- 
stra per  passare  oltre  e  non  la  urtare.  Se  corre,  e, 
cólto  da  paura,  fa  un  moto  di  fianco  e  porta  la  vet- 
tura sull'orlo  d'un  precipizio,  gli  do  una  chiamata 
alla  parte  opposta,  per  rimetterlo  in  mezzo  alla  via. 

-  Cinghiare,  mettere  le  cinghie.  -  Confermare  la 
bocca,  proseguire  la  scuola  tinche  il  cavallo  sia  bene 
assuefatto  al  freno  e  a  tener  basse  le  anche. 

Dar  la  mano  dólce,  lasciar  libere  le  briglie  al  ca- 
vallo, lasciarlo  andare  come  vuole.  -  Dare  le  briglie 
al  cavallo,  allentarle  assai.  -  Dare  una  scossa  al  ca- 
vallo (nella  briglia),  perchè  trotti.  -  Disordinare  un 
cavallo,  rompergli,  per  incapacità  o  altro,  l'andatura 
giusta.  -  Domare,  rendere  il  cavallo  mansueto, 
trattabile,  perchè  serva  da  sella  o  da  tiro.  -  Far 
correre,  veggasi  a  corse  ippiche. 

Ferrare,  mettere  la  ferratura  al  cavallo,  ossia  i 
ferri  ai  piedi:  operazione  del  maniscalco.  •  Fian- 
cheggiare, toccare  il  fianco,  pungere  di  costa.  -  Fre- 


nare, moderare  col  freno,  il  cavallo;   mettergli  il 
freno;  servirsi  del  freno. 

Governare  il  cavallo,  averne  cura,  in  tutti  i  modi, 
fornendogli  da  mangiare,  da  bere,  ecc.  ecc.  -  Gua- 
dagnare la  spalla  del  cavallo,  vale  superare  la  re- 
sistenza del  cavallo.  -  Guazzare  un  cavallo,  menarlo 
al  guazzo,  cioè  in  un  fiume,  o  fosso  d'acqua  cor- 
rente e  farvelo  camminare  per  entro.  -  Guidare, 
governare  e  frenare  con  le  guide,  le  redini  (veggasi 
a  redine),  i  cavalli  da  tiro  si  usa  attivam.eassolutam. 

Imbracare,  cingere  con  la  braca;  mettere  ['imbraca. 
-  Imbrigliare,  mettere  la  briglia  al  cavallo  [imbri- 
gliamento, atto  dell'imbrigliare).  -  Incavalcare,  met- 
tere a  cavallo.  -  Incavezzare,  mettere  la  cavezza. 
•  Lasciare  le  briglie,  abbandonare  le  briglie  sul 
collo  del  cavallo,  cosi  che  esso  può  andare  a  fare 
ciò  che  più  gli  talenta.  -  Maneggiare  un  cavallo, 
ammaestrarlo,  esercitarlo,  guidarlo.  -  Menare  a  mano, 
guidare  il  cavallo  per  la   briglia  o  per  la  cavezza. 

Parare,  impedire  o  trattenere  il  moto  o  il  corso 
della  cavalcatura.  -  Passeggiare,  di  cavallo,  menarlo 
a  mano,  con  lento  passo.  -  Pizzicottare,  dare  piz- 
zicotti, toccare  leggermente  con  la  frusta.  -  Prendere 
coliamo,  modo  di  impadronirsi  d'un  cavallo  selvatico. 

Raccogliere  il  freno,  tirare  la  briglia.  -  Reggere 
al  contrasto,  superare,  vincere  l'ostinazione  del  ca- 
valla. -  Render  la  mano,  allentare  la  briglia.  - 
Riapparigliare,  apparigliare  ancora  un  cavallo  ri- 
masto sparigliato.  -  Ridurre  un  cavallo,  renderlo 
tranquillo.  -  Rimettere,  ricondurre  i  cavalli  e  la 
carrozza  nella  stalla  e  nella  rimessa.  -  Riunire  un 
cavallo,  far  si  che  si  restringa,  il  che  si  ottiene,  nel 
cavalcare,  premendo  forte  eoa  le  cosce  e  tirando 
la  briglia. 

Sbardellare,  domare  un  puledro  col  bardellone. 
Più  comunem.,  scozzonare.  -  Sbrigliare,  raramente 
usato  per  il  contrario  di  imbrigliare,  cavare  o  levar 
la  briglia  al  cavallo.  Più  comunemente  è  usato  a 
modo  di  neutro  nel  senso  di  dare  delle  strappate 
di  briglia  al  cavallo  (sbrigliatura,  quella  strappata 
di  briglia  che  si  dà  al  cavallo  quando  si  ammaestra). 
-  Scavezzare,  levar  la  cavezza.  -  Scodare,  tagliar  la 
coda  a  un  cavallo  o  ad  altro  animale.  -  Scozzonare, 
avvezzare  puledri  alla  sella  o  alla  carrozza  {scoz- 
zonatura, atto  ed  effetto;  anche,  il  prezzo  che  si 
paga  a  chi  scozzona  un  cavallo).  -  Scrinare,  tagliare 
i  crini  ai  cavalli  {scrinatura,  nelle  Maremme  toscane, 
è  un'operazione  che  si  fa  in  sulla  primavera  a'  ca- 
valli tenuti  alla  pastura  in  libertà,  i  quali  per 
mezzo  della  lacciaia  si  pigliano,  si  accaprettano,  si 
castrano,  e  nello  stesso  tempo  si  dirada  loro  la  cri- 
niera). -  Sdrisciare,  o  sdriscire,  dicesi  della  chia- 
mata che  si  fa  con  la  lingua  per  avvertire  dolce- 
mente il  cavallo. 

Sellare,  mettere  la  sella  al  cavallo.  -  Sgroppare 
un  cavallo,  guastargli  la  groppa.  -  Sostenere  un  ca- 
vallo alla  scesa,  aiutarlo,  tirando  le  redini,  a  soste- 
nersi su  una  strada  in  pendio.  -  Spallare,  rovinarlo 
nelle  spalle.  -  Sparigliare,  il  contrario  di  appari- 
gliare. -  Spronare,  pungere  il  cavallo  con  lo  sprone. 
•  Staccare,  il  contrario  di  attaccare.  -  Strapazzare 
un  cavallo,  affaticarlo  troppo.  -  Stregghiare,  stre- 
gliare,  striglijre,  menar  la  stregghia,  o  striglia,  sul 
corpo  dell'animale  per  ripulirlo  da  quella  polvere 
forforacea  che  gli  si  forma  sulla  pelle  e  tra  i  peli 
per  effetto  della  traspirazione  {stregghiatura,  l'azione 
dello  stregghiare).  -  Strofinare,  fregare  il  cavallo, 
stropicciarlo  e  rasciugargli  il  sudore  con  una  man- 
ciata di  paglia  rinnovata,  quando  esso  ritorna  alla 
stalla  molto  sudato. 


494 


Tenere  i  cavalli  sul  cavezzone,  mettere  il  cavez- 
zone:  per  i  cavalli  ritrosi  e  da  domare.  -  Tenere  in 
briglia,  rattenere,  raflrenare  il  cavallo  che  non  si 
abbandoni  a  corsa  troppo  precipitosa.  -  Tener  la 
briglia  corta,  non  lasciare  che  il  cavallo  vada  come 
vorrebbe.  -  Tirare  la  briglia,  per  indurre  il  ca- 
vallo a  fermarsi  o  a  rallentare  l'andatura.  -  Toccare, 
dare  leggermente  con  la  frusta.  -  Tramezzare,  veg- 
gasi  a  stalla.  -  Trinciare,  modo  di  tirare  il  cavez- 
zone. -  Volteggiare,  in  significato  attivo,  significa 
muovere,  condurre  in  giro. 

Appoggi,  azione  reciproca  della  mano  del  cava- 
liere e  della  bocca  del  cavallo  per  mezzo  della 
briglia.  -  Bruscata,  hussolata,  l'atto  del  bruscare  o 
bussolare  ;  anche,  colpo  dato  con  la  brusca  o  bus- 
sola. -  Bruschinata,  atto  del  bruschinare  ;  anche, 
colpo  dato  col  bruschino. 

Lambio  dei  cavalli,  quando  si  cambiano  dalle 
vetture  pubbliche,  tramvai,  omnibus,  ecc.,  per  so- 
stituircene altri  più  riposati.  -  Chiamata,  il  cenno, 
che  si  fa  al  cavallo,  guidandolo.  -  Fiancata,  colpo 
che  si  dà  cogli  sproni  nel  fianco  al  cavallo.  - 
Guadagno  di  groppa,  specie  di  azione  straordinaria 
del  cavaliere  nel  maneggiare  il  cavallo.  -  Maneggio, 
l'esercizio  del  cavallo  fatto  dal  cavaliere.  -  Pizzi- 
cotto, colpo  secco  con  la  sverzino.  -  Bepellone,  sorta 
di  maneggio  del  cavallo  detto  da  alcuni  a  repellane, 
da  altri  sbilancione,  e  anche  falcata.  -  Sbarrozzata, 
e  scossa,  trinciata  di  briglia  o  di  cavezzone.  -  Strap- 
pata di  briglia,  tirata  forte  di  briglie,  perchè  il  ca- 
vallo si  fermi,  o  per  punirlo  del  non  obbedire 
prontamente  agli  accenni  che  gli  si  fanno  con  esse: 
sbrigliata.  -  Strigliata,  operazione  dello  strigliare.  - 
Trinciata,  piccolo  lavoro  di  mano,  che  si  fa  per 
reprimere  il  cavallo  e  tenerlo  in  positura,  tirando 
la  redine  destra  e  sinistra  gradatamente.  -  Volteggio, 
l'arte  del  volteggiare  il  cavallo. 

Arnksi   che   si   mettono  al   cavallo 

0  si  adoperano  per  esso. 

Al  CAVALLO.  —  Armatura,  insieme  di  oggetti 
di  ferro,  d'acciaio,  ecc.,  che  si  mettevano  al  ca- 
vallo nel  medioevo.  -  Barbazzale,  catenella  che  si  at- 
tacca al  morso.  -  Bardatura,  l'insieme  degli  ar- 
nesi che  servono  per  bardare  un  cavallo  da  sella 
finitnento.  -  Sriglia,  arnese  col  quale  si  tiene 
in  obbedienza  e  in  soggezione  il  cavallo.  -  Briglione 
grossa  briglia  usata  per  domare  i  cavalli. 

Cavezza,  fune  (o  cuoio)  per  la  quale  si  tien  le 
gato  il  cavallo,  per  lo  più  alla  mangiatoia.  -  Ghia 
mata,  veggasi  a  morso.  ■  Coperta,  il  panno,  per 
lo  più  di  lana,  che  si  mette  addosso  a'  cavali' 
quando  sono  sudati,  o  per  ripararli  dalla  pioggia  o 
(lai  freddo,  e  che  si  assicura  loro  o  coi  finfmenti 
stessi  0  con  una  cigna  sul  dorso  e  con  lacci  o  si- 
mili sul  petto.  -  Dorsualia,  larga  fascia  di  panno  dai 
colori  smaglianti  o  ricamata,  che,  un  tempo  si  met 
leva  sulla  schiena  dei  cavalli  in  occasioni  solenni 
■  Efippio,  veggasi  a  sella. 

Falsar  edine,  redine  accessoria.  -  Fasciapiede, 
striscia  di  cuoio  che  unisce  il  piede  davanti  del  <?a 
vallo  a  quelli  di  dietro,  percliè  non  tiri  calci.  - 
Ferramento,  l'insieme  di  tutti  gli  arnesi  necessari 
per  la  ferratura  del  cavallo.  -  Freno,  il  morso 

Fìmsta,    sferza  per   incitare  il  cavallo  da  tiro 
frustino,  sferzino,  adoperati  dal  cavalcatore. 

Ginocchiello,  guancialetto  di  cuoio  che  si  mette  al 
ginocchio   dei  cavalli   per   salvarli   dalle  cadute.  - 


Guida,  lo  stesso  che  redine.  -  Imboccatura,  parte 
del  morso.  -  Imbraca,  parte  del  finimento  da 
tiro.  -  Morso,  la  sbarra  di  ferro  che,  trasversal- 
mente, si  introduce  nella  bocca  del  cavallo:  parte 
della  briglia. 

Paracalci,  striscia  di  cuoio  che  si  mette  dietro  ai 
cavalli  attaccati  a  un  legno.  -  Pastoia,  fune  legata 
ai  piedi  delle  bestie  da  cavalcare,  perchè  imparino 
l'ambio.  -  Peretta,  pallottola  con  punte  di  ferro  che 
si  mettono  alla  groppa  dei  barberi,  perchè  corrano 
più  veloci.  -  Pòsola,  detto  a  sella. 

Rampino,  ferro  che  si  mette  ai  cavalli  che  cam- 
minano posando  la  punta  dell'unghia.  -  Medine, 
ciascuna  delle  strisele  di  cuoio  attaccate  al  morso, 
per  guidare.  -  Seghetta,  ferro  semicircolare,  con  denti 
a  sega  dalla  parte  interna,  che  si  mette  al  naso  del 
cavallo  per  domarlo,  o  tenerlo  in  .obbedienza.  - 
Sella,  l'arnese  per  cavalcare.  -  Sferra,  ferro  rotto 
0  vecchio  che  si  toglie,  si  leva  dal  piede  dei  cavalli. 

-  Stivaletto,   calzatura  di  cuoio  da  applicare  ai  ca- 
valli che  hanno  il  difetto  di  tagliarsi. 

Torcinaso,  strumento  da  applicare  al  naso  o  al- 
l'orecchio del  cavallo,  per  tenerlo  fermo.  -  Uliva. 
sorla  di  briglia. 

Per  altri  arnesi,  o  parti  di  essi,  detti  braca,  bub- 
boliera, bubboli,  campanelli,  campanellloni,  comarra, 
cappuccio,  cassetta,  ^:atena,  chiavarda,  codone,  col- 
lana, collare,  falere,  fasciacoda,  fibhione,  filetto,  fi- 
letto masticatorio,  frenello,  frontino,  gancio,  groppiera, 
gualdrappa,  guainone,  martingala,  museruola,  pa- 
gnotta, parocchio,  passante,  petto,  posolmo,  predella, 
primaccino ,  reggipetto,  reggibraca,  reggitirella , 
sguancia,  sellino,  soggoli,  sonagliera,,  sopraschiena, 
sottocoda,  sottogola,  sottopancia,  sovatti,  testiera,  ti- 
rella, veggasi  a  finimento. 

Pel  cavallo.  —  Appannatoio,  panno  per  dare 
l'ultima  ripulita  all'animale.  -  Bi^fOJicmo^o,  recipiente 
a  doghe  di  legno,  con  manico  e  cerchi  di  ferro,  che 
serve  per  dare  da  bere  ai  cavalli  e  per  altri  usi 
della  stalla  e  della  rimessa.  -  Brusca,  o  bussi  la, 
spazzola  da  cavalli  -  Bruscola,   spazzola   d'erica. 

-  Bruschino,  piccola  brusca. 

Carrettone,  carro  a  quattro  ruote  a  cui  si  attac- 
cano i  cavalli  che  si  avvezzano  a  tirare  o  si  vo- 
gliono muovere.  -  Cassetta,  o  casseltino  della  biada, 
specie  dì  piccola  mangiatoia  o  madiella  nella 
quale  si  dà  la  biada  ai  cavalli,  e  si  pone  per  lo 
più  entro  la  mangiatoia  propriamente  detta.  -  Con- 
ca, specie  di  cassetta  di  legno,  di  luce  rettangolare 
e  a  sezioni  verticali  trapezie,  nella  quale  il  cavallo 
mangia  la  profenda,  sia  essa  crusca,  cruschetto,  o 
beverone.  -  Cnrasnetta,  lama  d'acciaio  con  manico 
da  una  parte  e  uncino  dall'altra:  serve  a  pulire 
l'interno  dei  piedi  dei  cavalli. 

Gabbia,  specie  di  sacchetto  a  maglie,  general- 
mente di  corda  di  canapa,  e  anche  di  altri  fili  ve- 
getali, nel  quale  si  mette  erba  o  fieno,  e  che  per 
mezzo  di  una  corda  si  adatta  al  capo  del  cavallo, 
perchè  vi  mangi  quando  n  fuori  della  stalla:  se  ne 
servono  i  carrettonai,  i  i.arocciai  e  simili.  I  vettu- 
rini che  stanno  nelle  piazze  a  servizio  del  pubblico 
danno  il  fieno  ai  loro  cavalli  nel  sacco  di  tela  con 
bocca  tenuta  aperta  da  un  cerchio  di  legno  e  adat- 
tata alla  testa  del  cavallo  per    mezzo  d'una  corda. 

Mangiatoia,  la  cassetta  in  cui  si  mette  il  mangiare 
ai  cavalli.  -  Mordacchia,  Arnese  adoperato  dal  ma- 
niscalco. 

Pastoia,  legame  che  si  .suol  porre  ai  piedi  dei 
cavalli  alla  pastura,  per  tenerli  fermi  in  piccolo 
spazio  {impastoiato,  il  cavallo  impedito,  nei .  movi- 


CAVALLO 


495 


menti,  dalla  pastoia).  -  Patena,  mangiatoia  per  ca- 
valli. •  Pettine,  arnese  di  osso  o  di  bossolo  munito 
di  denti  usato  per  ravviare  la  criniera  e  la  coda 
dei  cavalli.  -  Punierólo,  punteruòlo,  arnese  da  tna- 
niscalco.  -  Raspa,  arnese  da  maniscalco.  •  Ro- 
setta 0  rosola,  arnese  per  tagliare  le  unghie  ai  ca- 
valli. 

Streggia,  strumento  di  ferro  dentato  col  quale 
si  fregano  e  si  ripuliscono  i  cavalli:  striglia.  - 
Strofinaccio,  strolìnacciolo,  tortora,  piccolo  manipolo 
di  paglia,  strettamente  rattorto  e  ripiegato  su  di  sé 
per  fregare  il  cavallo  e  meglio  rimondarlo  dal 
sudiciume,  dopo  di  averlo  stregghiato  e  prima  di 
ripulirlo  con  la  brusca. 

Cibo  e  bevanda  —  Cora 

Avena,  o  vena,  biada  il  cui  seme  è  il  miglior 
nutrimento  pel  cavallo.  -  Beverone,  crusca  o  farina, 
per  lo  più  di  segale,  stemperata  in  moltissima 
acqua,  che  si  dà  talora  ai  cavalli,  specialmente 
nella  calda  stagione.  Si  dice  anche,  ma  men  comu- 
nemente, acqua  bianca  (abbeveraticcio,  rimasuglio 
d'acqua  lasciato  dal  cavallo  nel  bere).  -  Biade, 
quel  che  si  dà  alle  bestie  equine,  come  vena,  fave, 
ecc.  -  Foraggio,  la  porzione  giornaliera  di  mangiare 
destinata  al  cavallo;  qualunque  erba  che  serva  per 
nutrimento  ai  cavalli:  foraggio  fresco,  secco  -  Fre- 
scume, e  men  comunemente  frescura,  mangime  fre- 
sco die  si  dà  ai  cavalli.  Dicesi  pure  verde  e  men 
comunemente  verzura. 

Mangime,  tutto  ciò  che  serve  di  pastura  al  be- 
stiame: si  dice  piuttosto  del  bestiame  bovino  che 
del  cavallino.  Di  quest'ultimo  si  dice  piuttosto  il 
mangiare.  Mash  (ingl.),  sorta  di  pasture  per  i  ca- 
valli. -  Mazzocchio,  mazzi  di  radicchio  tallito  che 
si  danno  da  mangiare  ai  cavalli  per  purga. 

Faglia,  gli  steli,  i  gambi  del  grano,  segati  e 
battutene  le  spighe.  Servono  a  fare  il  Ietto  a'  ca- 
valli e  anche  per  cibameli.  -  Pastone,  crusca  con 
acqua  o  acqua  con  farina  e  a  volte  fave,  da  dare 
ai  cavalli  per  ristorarli.  -  Profenda,  determinata 
misura,  che  suol  essere  di  alcune  giumelle,  di  avena, 
di  fave,  o  d'altro,  che  si  dà  ai  cavalli  in  soprappiù 
del  fieno,  per  mantenerli  vigorosi.  Anticamente  di- 
cevasi  prebenda,  quasi  res  praebenda,  cosa  da  darsi; 
voce  con  la  quale  significavasi  anche  provvisione 
si  di  vivande,  si  di  danari  ;  e  ora  vale  rendita  ferma 
di  cappella  o  di  canonicato.  -  Semolata,  beverone 
pei  cavalli  fatto  con  semola.  -  Sorsata,  sorsatina, 
lo  stesso  che  sorso  e  sorsetto,  e  dicesi  più  comune- 
mente della  poca  acqua  che  si  lascia  bere  ai  cavalli 
accaldati. 

Abbeverare,  dar  da  bere,  condurre  a  bere.  -  Ab- 
biadare, 0  biadare,  dare  la  biada;  vale  anche  assuefare 
alla  biada  i  cavalli  tolti  dalla  pastura.  -  Affienare,  go- 
vernare a  fieno  un  cavallo,  tenerlo  a  fieno.  E  dicesi 
anche  dell'abituare  i  cavalli,  tolti  alla  pastura,  a 
mangiare  il  fieno  secco  (affienata,  l'azione  di  dare  il 
fieno).  -  Dare  il  verde,  o  mettei~e  al  verde  i  cavalli, 
pascerli  con  l'erba,  massime  in  primavera,  per  pur- 
garli e  rinfrescarli. 

Far  bere  in  bianco,  dare  il  beverone  ai  cavalli.  - 
Mettere  all'erba,  di  bestie  e  specialmente  di  cavalli 
in  primavera,  condurli  ne' prati  a  pascere:  pascerli 
di  sola  erba.  -  Pascolare,  pascere,  alimentare; 
condurre  al  pascolo;  mangiare  nel  pascolo.  -  Pro- 
fendare,  dare  ai  cavalli  la  profenda. 


Ai  cavalli  biada  e  strada:  mangiar  bene  e  moto. 

Per  le  cure    speciali  che  il  cavallo   richiede,  in 

caso  di  malattia  o  d'altro,  veggasi  a  veterinaria. 

Luoghi  in  cui  si  tiene  il  cavallo  a  diversi  scopi. 

Persone  che  al  cavallo  accudiscono. 

Abbeveratoio,  luogo  nel  quale  si  conducono  a  bere 
i  cavalli;  anche,  arnese  all'uopo;  se  di  pietra,  di- 
cesi anche  pila  o  vasca.  -  Buona  stalla,  rimessa  pub- 
blica di  cavalli.  -  Circo,  circo  olimpico,  teatro  per 
gli  esercizi  equestri.  -  Deposito  stalloni,  luogo  dove 
si  nutriscono  e  si  allevano  gli  stalloni  e  si  condu- 
cono le  giumente  per  migliorare  le  razze  al  servizio 
della  cavalleria. 

Haras,  stabilimento  d'allevamento  di  cavalli  ove 
sono  riuniti  stalloni  e  cavalle  fattrici.  -  Ippodromo, 
arena  per  le  corse  di  cavalli  e  di  carri. 

Maneggio,  cavallerizza,  la  rotonda  dove  si  fanno 
esercizi  di  cavalcatura.  -  Mosse,  il  luogo  d'onde  i 
barberi,  i  cavalli  montati  dal  fantino,  quelli  attac- 
cati a  bighe,  a  baroccini  o  simili,  partono  a  un  se- 
gnale dato  per  fare  la  corsa  o  correre  il  palio. 
Anche,  il  segnale  stesso.  -  Paddok  (peddok),  prato, 
0  luogo  chiuso  in  cui  si  lasciano  in  libertà  i  pu- 
ledri. -  Puledraia,  luogo  dove  si  tien  la  razza  dei 
cavalli.  -  Pustza,  campagna  (per  il  pascolo  dei  ca- 
valli) in  Ungheria. 

Scuderia,  stalla  nei  palazzi  signorili.  -  Stalla^  lo- 
cale terreno  per  ricetto  di  cavalli  e  d'altri  animali. 

-  Tattersall,  stabilimento  di  compra  e  vendita  pub- 
blica dei  cavalli.  Dal  fondatore  inglese  Riccardo 
Tattersall. 

Persone.  —  AffiUacavalli,  nell'uso,  chi  dà  a  nolo 
cavalli  e  vetture  :  carrozzaio,  carrozziere,  calessante, 
vetturino;  barocciaio,  baroccinaio.  -  \Automedonte, 
chi  guida  cavalli,  cocchiere.  -  Baccalaro,  chi,  dove 
stazionano  vetturini,  bada  ai  cavalli  o  serve,  quando 
bisogna,  i  passeggieri.  -  Barberesco,  chi  ha  in  cu- 
stodia e  governa  i  cavalli  corridori  detti  barberi.  - 
Battistrada,  colui  che  si  manda  avanti  a  cavallo 
per  l'occorrenza  e  la  sicurezza  di  chi  segue. 

Cavalcante,  colui  che,  stando  a  cavallo,  guida  la 
prima  coppia  di  cavalli  delle  mute.  -  Cavaliere, 
persona  a  cavallo.  -  Cavallaio,  mercante  di  cavalli. 

-  Cavallaro,  bifolco  che  attende  al  governo  dei  ca- 
valli: custode  0  guardiano  d'un  branco  di  cavalli. 
Anche,  buttero.  -  Cozzone,  sensale  di  cavalli. 

Domatore,  chi,  per  mestiere,  doma  i  cavalli.  - 
Entraineur  (frane),  colui  che  avvezza  i  puledri  alla 
sella  e  alla  carrozza. 

Gaucho  (pron.  gancio),  mandriano  o  pastore  delle 
Pampas,  abilissimo  cavalcatore,  allevatore  e  caccia- 
tore di  cavalli.  -  Gentlemen-drìver  (ingl.),  de'  gen- 
tiluomi  che  guidano  i  cavalli:  non  il  guidatore  di 
mestiere.  -  Gentleman  rider,  gentiluomo  cavalca- 
tore. -  Groom  (ingl.,  pron.  groùm),  lo  stesso  che 
palafreniere,  paggetto,  valletto,  staffiere.  -  Guidatore, 
guidatrtce,  chi  guida,  e  si  dice  specialmente  di  chi 
guidi  cavalli  perfettamente.  -Lad,  garzone  di  scuderia. 

Maneggiatore,  chi,  per  mestiere,  maneggia  cavalfi. 
*  Maniscalco^  chi  fa  il  mestiere  di  ferrare  i  ca- 
valli. -  Owner  (oner),  proprietario  di  scuderie. 

Palafreniere,  stafiìere:  chi  cammina  alla  staffa  del 
palafreno  o  cavallo  e  lo  custodisce  e  governa.  Ora, 
il  servo  di  re,  di  principi,  di  gran  signori,  che  ha 
cura  de'  cavalli  più  nobili,  e  che  precede,  caval- 
cando, la  carrozza  del  suo   signore,  oppure  gli  ca- 


496 


valca  accanto  alla  carrozza.  ■  Palafreniere  di  spor- 
tello, quello  che  cavalca  presso  lo  sportello  del  suo 
signore. 

Scozzone,  il  domatore  dì  cavalli.  -  Staffiere,  colui 
che  cammina  a  piedi  accanto  alla  staffa  del  suo  si- 
gnore e  gliela  regge  nell'atto  di  salire  e  di  scendere 
da  cavallo  ;  anche,  palafreniere.  -  Stregghiatore,  colui 
che  stregghi'i,  pulisce  il  cavallo  con  la  striglia. 

Toccarello,  chi  fa  girare  e  correre  le  cavalle  sulla 
sterta.  -  Irahier  (voce  inglese  usata  nello  sport; 
vale  allenatore),  il  capo  di  scuderia  che  ha  l'ufficio 
di  preparare  con  opportuni  esercizi  il  cavallo  per 
le  corse.  •  Yockey,  piccolo  domestico  che  monta  a 
cavallo. 

.  Veterinario^  chi  medica  il  cavallo  e  gli  altri 
animali. 

Nomi  di  cavalu  cexebri 
Voci  scientifiche  e  mitologiche  -  Cose  e  termini  varì 

Alfana,  cavalla  del  re  Gradasso,  nell'  Ariosto.  - 
Bucefalo,  il  cavallo  favorito  di  Alessandro  il  Grande 
che  solo  fu  capace  di  domarlo.  -  Ippocampi,  cavalli 
marini  di  Nettuno.  -  Ippogrifo,  cavallo  grifone,  quadru- 
pede fantastico,  biforme,  metà  cavallo,  metà  grifone, 
usato  talvolta  negli  antichi  fregi:  simbolo  di  Apollo; 
cavallo  di  alcuni  eroi  nei  romanzi  cavallereschi.  - 
Pegaso,  cavallo  del  monte  Parnasso;  cavallo  nato  dal 
sangue  di  Medusa,  allorquando  Perseo  tagliò  la  testa 
a  quella  Gorgone:  percosse,  nascendo,  il  piede  in 
terra,  e  fece  zampillare  il  fonte  Ippocrene.  -  Rabicano, 
cavallo  di  Ruggero  nell'Ariosto.  -  Ronzinante,  nome 
famoso  del  cavallo  di  Don  Chisciotte.  -  Veredi,  i  ca- 
valli delle  poste  pubbliche  presso  i  Romani  e  i  Greci 
dei  bassi  tempi. 

Epona,  presso  i  Romani,  la  dèa  protettrice  dei 
cavalli,  degli  asini,  dei  muli  e  dei  carrettieri. 

Voci  scientifiche,  letterarie,  ecc.  —  Ippan- 
tropia,  follia  che  fa  credere  d'essere  cavallo.  - 
Ippiade,  statua  di  donna  a  cavallo.  -  Ippiatra,  ve- 
terinario. -  Ippofagia,  uso  della  carne  equina,  come 
alimento;  e  ippojago,  mangiatore  di  carne  equina. 
-  Ippomanzia,  divinazione  per  mezzo  dei  cavalli.  - 
Ippomulghi,  popoli  che  bevevano  il  latte  di  cavalli, 
come  gli  Sciti. 

Ippometria,  studio  e  arte  deWippometro,  strumento 
che  registra  la  distanza  percorsa  da  un  cavallo  alle 
andature  di  via,  passo  e  trotto.  -  Ippopatologia, 
trattato  delle  malattie  del  cavallo.  -  Ipposteologia, 
descrizione  delle  ossa  del  cavallo.  -  Ippotomia,  ana- 
tomia del  cavallo.  -  Veterinaria,  arte  o  scienza  che 
tratta  e  cura  i  morbi  dei  quadrupedi,  specialmente 
dei  cavalli. 

Acido  ippurico,  estratto  dall'orina  del  cavallo.  - 
Podometro,  i strumento  per  misurare  il  piede  del  ca- 
vallo, per  la  ferratura. 

Voci  mitologiche.  —  Automedonte,  scudiero  e  coc- 
chiere di  Achille.  •  Centauro,  o  ippocentauro,  uomo 
che  era  per  metà  cavallo.  -  Centauri,  popoli  d'una 
contrada  di  Tessaglia,  figliuoli  di  Centauro  e  delle 
cavalle  di  Magnesia,  d' Issione  e  d'una  Nuvola  in 
forma  di  Giunone:  erano  mostri  mezzo  uomini  e 
mezzo  cavalli  ;  sempre  armati  di  clava,  usavano 
l'arco  con  molta  destrezza.  -  Ociroe,  figlia  di  Chirone, 
e  di  Cariclo,  stata  cangiata  in  cavalla  per  aver  ten- 
tato di  saper  l'avvenire.  -  Pegaseo,  lo  stesso  che 
Pegaso.  -  Jppópodi,  uomini  dai  piedi  di  cavallo. 

Cose  e  termini  varì.  —  Accoppiamento,  l'unione 
del  cavallo  maschio  con  la  femmina.  -  Incollatura, 


una  misura,  del  cavallo,  che  comprende  testa  e  collo 
fino  al  petto.  -  Mascalcia,  l'arte  del  ferrare  e  del 
medicare  i  cavalli  e,  in  genere,  i  quadrupedi.  Il 
luogo  dove  si  ferrano  i  cavalli.  -  Palio,  veggasi  a 
corse.  ■  Pesta,  la  strada  con  le  orme  del  cavallo, 
la  traccia  di  quelle  e  le  orme  stesse.  -  Monta,  il 
montare  o  congiungersi  dei  cavalli  di  razza:  salto. 
•  Riforma  (riformare),  il  ritirare  dal  servizio  i  ca- 
valli 0  muli  non  atti.  -  Rimonta,  raccolta  di  ca- 
valli migliori  in  cambio  di  peggiori  ;  scarto  di  ca- 
valli vecchi.  -  Schiuma,  aggregato  di  bolle  bianche, 
che  si  forma  sulle  labbra.  -  Stallaggio,  quel  che  si 
paga  per  l'alloggio  dei  cavalli.  -  Stalle,  allievi  di 
cavalli  0  simili  animali.  -  Stroscia,  del  cavallo  quando 
orina,  lo  strosciare  e  il  guazzo. 

Pace  (pron.  pehsz),  il  tempo  di  galoppo  nei 
cavalli  in  allevamento.  -  Stud-book  (steud-bùch), 
il  libro  genealogico  dei  puro  sangue  adibiti  alla 
riproduzione  e  di  tutti  i  nati  da  essi.  -  Trial,  voce 
inglese  dello  sport  equestre,  e  vale  prova,  saggio.  - 
Troika  (voce  russa  che  vuol  dire  tre),  tiro  a  tre 
cavalli,  come  si  costuma  in  Russia. 

A  briglia  secca,  modo  avverbiale  che  s'usa  par- 
lando di  lungo  tratto  di  strada  fatto  dal  cavallo 
senza  /ristorarlo  mai  di  cibo  o  di  bevanda.  -  A 
pancia  di  cavallo,  fino  alla  pancia  del  cavallo.  • 
Attacco,  legno  col  cavallo  o  coi  cavalli  attaccati.  - 
Rinsaccamento,  quello  scuotimento  che  si  soffre  an- 
dando a  cavallo,  quando  questo  cammina  di  trotto 
0  con  discomoda  andatura.  -  Trucci,  voce  per  in- 
citare il  cavallo,  0  scacciare  il  porco.  -  Truttrù,  voce 
fanciullesca  per  cavallo.  -  Truzzil,  lo  stesso  che 
trucca 

Avere  la  rana,  del  cavallo  che  fa  sentire,  camminan- 
do, un  rumore  simile  al  gracidare.  -  Co»nprore,  vendere 
a  strappacavezza,  di  cavalli  o  simili,  che  si  con- 
trattano sul  mercato  senza  patti  o  garanzia.  -  Pa- 
gare sulla  cavezza,  sborsare  il  prezzo  del  cavallo 
nell'atto  stesso  della  compra. 

Cavallo  da  cardinale,  in  senso  figurato,  la  mula 
su  cui  i  cardinali  solevano  cavalcare.  -  Cavallo  da 
medico,  per  cavallo  senza  sangue,  molto  docile  e 
tranquillo.  -  Cavallo  di  Sciano,  animale  che  riuniva 
in  alto  grado  tutte  le  più  belle  qualità,  ma,  per 
fatalità,  al  suo  possesso  andava  unita  la  rovina  del 
possessore.  -  Cavallo  Iroiano,  quello  di  legno,  in- 
trodotto, come  è  noto,  dai  greci  in  Troia.  -  Cavallo 
del  Ciolle:  proverbiale  e,  si  dice  che  avesse  cento 
e  più  guidaleschi  (ulceri,  piaghe),  sotto  la  coda. 

Modi  di  dire  —  Proverbi. 

Modi  di  dire.  —  A  buon  cavallo  non  manca  sella. 

-  Coi  cavalli  ci  vuole  la  mano  dolce.  •  L'occhio  del 
padrone  ingrassa  il  cavallo. 

Proverbi  sui  pregi  e  sui  difetti  del  cavallo.  - 
Bue,  cavallo  e  porco  vogliono  avere  gran  corpb.  -  Ca- 
vallo da  vettura  è  bravo  se  la  dura.  -  Cavai  comune, 
né  cavezza,  né  fune.  -  Cavai  di  razza  divien  mai 
una  rozza.  -  Cavallo  furioso  è  pazzo  o  scontroso.  - 
Cavallo  strigliato,  cavallo  sano.  -  Cavai  restio,  fallo 
un  Dio.  -  Chi  vuole  un  cavallo  senza  difetti  vada  a 
piedi.  -  Coda  corta  non  para  mosche.  -  Correre  e 
camminare  ogni  cavallo  lo  sa  fare.  •  Dosso  corto, 
cammino  lungo,  -  Gamba  di  fuoco,  gamba  di    ferro. 

-  Ogni  .ronzino  nel  mese  di  maggio  è  cavallo.  -  Tristo 
quel  cavallo  che  va  contro  lo  sperone.  -  Zampata  di 
cavallo  verrino,  fossa  grande,  ecc. 

Cavallo.  Castigo  usato,  anticamente,  nella  scuoto: 


CAVALLO   DI   BATTAGr.TA 


407 


Oavallo  di  battaglia,  cavallo  di  parata. 

Termini  d'uso,  nel  linguaj.'j,'io  del  cantante,  d'al- 
tro artista  o  d'altra  persona,  per  indicare  l'esercizio, 
l'occupazione,  ecc.,  in  cui  si  sa  di  meglio  riuscire, 
di  [irodiirre  il  migliore  effetto. 

Cavallo  di  Frisia.  Impedimento  alla  caval- 
ieiia. 

Cavallone.  Grosso  cavallo.  -  Flutto,  onda. 

Cavallotto.  Antica  moneta  d'argento. 

Cavallo  vapore  o  cavallo  dinamico.  Ter- 
mine di  meccanica. 

Cavalluccio.  Piccolo  cavallo  per  razza. 

Cavalluccio  (a).  Modo  di  portare  a  spalla. 

Cavalocchio.  l)etto  a  vespa  e  a  legale.  -  Fi- 
gur.,  iinbrogfione. 

Cavaiuacchie.  Veggasi  a  tnacchia  e  a  tin- 
tore. 

Caramento.  Atto  del  cavare. 

Cavare  {cavata,  cavato).  Il  levare,  lo  staccare  da 
una  '•ava,  da  una  miniera,  pietre,  marmi,  minerali; 
tirar  fuori  una  cosa  che  sia  dentro  un'altra:  estrarre 
(estrazione,  estratto),  tirar  fuori,  metter  fuori,  ritrarre; 
scavare;  strarre,  straere,  tirar  via,  tórre;  votare, 
vuotare.  Per  cosa  conlitta,  scellere.  Riferito  a  di- 
fetti, a  vizi,  a  mali,  smettere,  cessare  o  far  cessare. 
-  Fare  nella  terra  una  buca,  una  cavità,  perchè  sia 
ridotta  a  fosso,  a  pozzo  e  simili.  -  Anche,  inca- 
vare, fare  una  cavità,  dare  forma  concava.  -  Figur., 
ricavare,  ottenere.  -  Cavamento,  cavatura,  atto  del 
cavare.  -  Cavala,  atto  ed  elfetto  del  cavare.  -  Ca- 
vatolo, atto  a  cavare  o  ad  essere  cavato.  -  Cavo, 
scavamento  e  lo  scavo  medesimo.  -  Incavatura,  traccia 
del  cavamento. 

Ricavare,  ripete  cavare.  -  Scanalare,  incavare  le- 
gno,  pietra   o  metallo. 

Scanalatura,  e'  ''tto  dello  scanalare.  ■  Scavamento, 
l'atto  di  scavare  e  il  punto  della  cosa  scavata.  - 
Sfoderare,  cavar  fuori,  cavar  dal  fodero» 

Cavasonno.  Veggasi  a  sonno. 

CavastiviiU.  Detto  a  stivale. 

Cavastracci.  Arnese  pel  fucile. 

Cavata.  Detto  a  cavare. 

Cavata.  IModo  di  cavare  il  suono  da  un  istru- 
mento  musicale:  veggasi  a  musicali  istr amenti. 

Cavatappi.  Detto  a  turàcciolo. 

Cavatina.  Aria  di  musica,  di  canto.  •  Sorta 
ili  canzone. 

Cavatura.  Il  cavare. 

Cavaturaccioli.  Veggasi  a  turaccioli. 

Cavazione.  Termine  di  sellerina. 

Cavédine.  Sorta  di  pesce  d'acqua  dolce. 

Cavedio.  Cortiletto  nell'antica  casa  romana. 

Caverna  (cavernoso).  Luogo  cavo  e  sotterraneo; 
apertura  nella  roccia  o  simili,  entro  la  quale  si 
può  avere  ricetto;  antro,  cava,  chiostro,  grotta,  speco, 
speculo  (per  le  bestie,  tana).  Talvolta  con  slalan- 
miti  e  stalattiti  come  una  grotta.  -  Cavernoso,  dì 
luogo  fatto  a  caverna  o  con  molte  caverne.  -  In- 
cavernare,  far  caverna  .-  Dai  geologi  distinte  le  ca- 
verne vulcaniche,  di  spezzatura,  ossifere,  preistori- 
che, ecc.  -  Iroglodila,  propr.,  popolo  delle  caverne: 
estensivamente,  per  significare  somma  barbarie  e 
rozzezza. 

Botro,  cavità  scoscesa,  in  cui  scorre  e  talvolta 
stagna  l'acqua.  -  Ipogeo,  caverna  o  vòlta  sotterranea 
in  cui  si  riponevano  le  urne  cinerarie.  -  Spelonca, 
caverna  naturale  e  sassosa;  figur.,  casa  grande  e 
vuota. 

Cavernosità.  L'essere  cavernoso;  avere  cavità. 

Oavernoso.  Di  luogo  fatto  a  caverna.  •  Corpi 


cavernosi,  tessuto  muscolare    spugnoso   del   pene  e 
della  clitoride. 

Cavétto.  Membro  di  architettura,  stretta  in- 
cavatura longitudinale  in  forma  di  canale,  il  cui 
prnlilo  o  sezione  è  un  mezzo  cerchio. 

Cavezza.  Fune,  annodata  a  testiera,  che  serve 
a  imlirigliare  il  cavallo,  e  tenerlo  alla  mangiatoia: 
capestro.  •  Cnvezzaccia,  peggior.  di  cavezza.  •  Ca- 
vezzina.  dimin.  di  cavezza.  -  Cavezzone,  cavezza  di 
grossa  tune  armata  spesso  di  seghetta,  o  di  muse- 
ruola imbottita  e  coperta  di  cuoio:  la  si  mi^tte  alla 
testa  elei  cavalli  da  domare,  per  maneggiarli.  Oetta 
anche  briglia  o  cavezza  di  forza,  brigliozza,  brig liane 
e  cavezza  del  diavolo.  -  Cavezzale,  alten(Mite  a  ca- 
vezza. -  Carezzata,  colpo  di  cavezza;  strappata  di 
cavezza,  sia  che  il  cavallo  la  dia  da  sé  alla  ca- 
vezza, quando  è  legato  alla  mangiatoia,  o  la  dia  al 
cavallo  chi  ne  ha  cura.  -  Incavezzare,  mettere  la 
cavezza,  incapestrare.  -  Incavezzarsi,  avvilupparsi, 
intrigarsi  nella  cavezza.  -  Scavezzarsi,  togliersi  la 
cavezza,  scapestrarsi.  -  Trinciare,  modo  di  tirare  il 
cavezzone. 

Habena,  capistrum,  cavezza  degli  antichi,  che  aveva 
la  forma  attuale  ed  era  fatta  di  pelle  o  di  corde.  - 
Soatto,  0  sovatta,  specie  di  cuoio  col  quale  si  fanno 
cavezze,  guinzagli,  ecc.  -  Venti,  funi  o  strisele  sottili 
di  cuoio  o  catenelle  che  s'attaccano  per  l'un  dei 
capi  alla  cavezza  e  per  le  quali  si  lega  il  cavallo 
a  una  campanella  o  a  due,  a  una  certa  distanza  una 
dali'altra,  quando  viene  strigliato  :  servono  anche 
per  legarlo  alla  mangiatoia  o  per  menarlo  all'abbe- 
veratoio, ecc.;  ma  si  dicono  più  specialmente  venti 
quando  vi  sia  l'idea  di  esser  raccomandati  a  cam- 
panelle, una  a  destra,  l'altra  a  sinistra  del  cavallo, 
quando  si  striglia. 

Cavezza  di  inoro.  Mantello  del  cavallo. 

Cavezzone.  Detto  a  cavezza. 

Cavia.  Il  porcellino  d  India. 

Caviale.  Uova  di  storione. 

Cavicchio.  Piccolo  legnetto  appuntato,  a  guisa 
di  chiodo,  e  adoperato  per  vari  usi.  -  Bornio,  grossa 
caviglia.  •  Cavicchia,  cavicchio  grosso.  -  Cavicchia 
a  vite,  a  somiglianza  delle  spine  di  ferro.  -  Caviglia, 
cavicchia  di  forma  particolare,  di  legno  o  di  metallo, 
che  si  configge  nel  muro  o  altrove,  per  servire  da 
appiccagnolo:  caviglio,  cavigliuolo;  pirolo,  pinolo; 
bischero,  bischerello;  chiavone;  braccio,  viticcio, 
uncino.  Anche,  specie  di  perno  cavatolo,  di  metallo 
0  di  legno  tornito  e  lucido,  che  serve  a  ritegno  di 
oggetti  mobili.  -  Caviglio,  cavicchio  per  lo  più  assai 
piccolo. 

Caviglia.  Sorta  di  cavicchio.  • .  L'osso  della 
gamba  che  arriva  dal  collo  del  piede  al  ginoo 
chio:  malleolo. 

Cavillare  (cavillato).  Ricorrere  al  cavillo. 

Cavillatore.  Detto  a  cavillo. 

Cavlllazione.  Detto  a  cavillo. 

Cavillo  {cavilloso).  Argomentazione,  argonieu- 
to,  in  apparenza  ragionevole,  adoperato  per  imbro- 
gliare altri:  abbriccàgnolo.  ammenicolo,  arzigogolo, 
batucchieria,  cavlllazione,  falsa  ragione,  ragiona- 
mento capzioso,  sottigliezza,  sofisma;  succhiella- 
mento ;  succhiello,  sofisticheria.  Frane,  chicane,  per 
indicare  un  puntiglio,  un  pettegolezzo,  una  disputa 
minuziosa  ed  irosa  su  argomento  futile.  -  Cavillare, 
arzigogolare,  usar  cavilli,  filar  molto  sottile,  sofi 
sticare,  sottilizzare.  -  Cavillatore,  chi  usa  cavilli: 
ammenicolone,  solista,  sofisticuzzo.  -  Cavillosammte, 
in  modo  cavilloso,  che  ha  in  sé  fallacia.-  Cavilloso, 
che  usa  o  che  contiene  cavilli. 


pREMOLi  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


32 


498 


CAVOLO 


Cavità.  L'essere  cavo;  la  parte  incavata  di  un 
corpo  qualunque  :  incavatura,  cavatura,  caverna, 
cavo,  incavo.  Vano.  Cavità  esprime  una  forma  na- 
turale; scavo  una  forma  artificiale.  Sinonimi,  con 
significato  più  o  meno  particolare:  concavità,  zana 
(di  letto  del  mare  e  simili),  cavo  (degli  occhi),  in- 
fossamento,  pozzetta  (delle  ^WATiCì^),  avvallamento  (di 
terreno),  scavo  (es.,  tra  l'indice  e  il  dito  grosso), 
sfonào  (di  muro,  ecc.),  tócca  (nel  suolo,  nel  lastrico 
e  simili),  pozza,  pozzanghera  (buca  riempita  d'ac- 
qua o  di  tango),  scanalatura  (solco  entro  legno  o 
pietra,  in  una  colonna,  ecc).  Anche  caverozzofa,  tos- 
serella,  sinuosità,  vano. 

In  anatomia,  l'interno  del  petto,  della  testa,  del 
ventre,  ecc.  Acetàbolo  del  femore,  parte  cava  del- 
l'osso, in  cui  si  incastra  un  altro  osso;  alveolo,  in- 
cavatura nella  quale  stanno  fìtti  i  denti;  cellula, 
piccola  cavità  nei  tessuti  organici;  setto,  qualunque 
membrana  che  divide  una  cavità  da  un'altra.  -  Ca- 
vità non  comunicanti  all'esterno  del  corpo:  quelle 
delle  membrane  sierose  (pleura,  pericardio,  peritoneo, 
borse  sierose,  ecc.);  quelle  vascolari  (delle  arterie, 
delle  vene,  dei  capillari,  dei  linfatici,  e  anche  del 
cuore,  ecc.);  le  cerebrali.  Cavità  comunicanti  con 
l'esterno:  la  cranica,  costituita  dalle  ossa  del  cranio; 
la  toracica,  formata  dal  segmento  toracico  della  co- 
lonna vertebrale,  dallo  sterno,  dalle  costole  e  dal 
diaframma  in  basso;  la  addominale,  più  vasta  di 
tutte. 

Cavetto,  guscio,  in  architettura,  stretta  incavatura 
longitudinale  in  forma  di  canale,  il  cui  profilo  o  se- 
zione è  un  quarto  di  circolo.  -  Concavità,  l'essere 
concavo,  cioè  cavo  nella  parte  interna:  contrario  di 
convessità.  -  Fondo,  di  cose  molto  cave.  -  Incavo, 
l'elfetto  dell'incavare;  anche,  formato  da  incavature 
fatte  con  arte  su  un  corpo  duro. 

Incavare,  far  cavo,  scavare»  -  Incavarsi,  divenir 
incavato:  affossarsi  (delle  guancia),  infossarsi  (degli 
occhi),  ecc.  -  Scanalare,  incavare,  a  uso  canale,  le- 
gno 0  pietra. 

Incavato,  che  presenta  un'incavatura,  che  si  spro- 
fonda entro  una  superficie:  cavo,  concavato,  con- 
cavo; affondato,  affossato,  avvallato;  incavernato, 
rientrato;  infossato,  soffornato  (di  occhi).  -  lacava- 
lura,  l'operazione  dell'incavare  e  il  punto  dove  si 
è  incavato. 

Cavo.  Avente  cavità,  incavato. 

Cavo.  Forma  da  gettare,  in  fonderia.  •  Grossa 
corda.  -  In  elettrotecnica,  tipo  speciale  di  con- 
duttore per  il  telegrato,  il  telefono,  l'illuminazione, 
la  trazione,  ecc.  -  Lasco,  cavo  o  manovra  che  non 
è  tesa.  -  Cavo  sottomarino,  veggasi  a  telegrafo. 

Cavolaia,  cavolàio.  Veggasi  a  càvolo. 

Cavolfiore.  Detto  a  càvolo. 

Càvolo.  Pianta  erbacea,  ortaggio  mangereccio  di 
varie  specie,  avente  radice  fibrosa,  che  produce  un 
fusto  cilindrico,  foglie  larghe,  mediocremente  car- 
nose, crespe,  attaccate  per  la  costola  al  fusto  e  sparse 
di  polvere  bianco-azzurra.  Con  le  foglie,  specialmente 
le  più  bianche,  si  prepara  il  cosi  detto  sauerkraut 
(cavolo  acido),  che  si  usa  come  alimento  e  condi- 
mento, massime  nei  paesi  settentrionali.  Il  cavolo 
talU.'ice,  cioè  fu  il  tallo  (la  messa  delle  erbe  quando 
sono  per  semenzire).  -  Cavolàccio,  peggior.  di  cavolo. 
Anche,  nome  comune  di  molte  piante  che  cestiscono 
prima  di  fiorire.  -  Cavoletlo,  piccolo  cavolo.  -  Ca- 
rolino, piccolo  cavolo;  anche,  la  pianticella  di  ca- 
volo che  si  leva  dal  semenzaio. 

Càvolo  costoluto,  fornito  di  costole  piuttosto  grosse. 


-  Cavoluccio,  dimin.  spreg.  di  cavolo.  -  Cavolóne,  ac- 
cresc.  di  cavolo;  grosso  cavolo. 

Càvolo  bianco,  càvolo  cappùccio  o  càvolo  a  palla^ 
qualità  di  cavolo  a  foglie  bianchicce,  alquanto  liscie, 
strettamente  addossate  una  sopra  l'altra  in  forma 
di  palla.  Ce  ne  sono  di  nani  e  primaticci,  di  tar- 
divi, di  colore  rosso  o  pavonazzo,  a  palla  conica,  a 
palla  schiacciata,  ecc.  -  Càvolo  broccolo  o  càvolo  a 
bròccoli,  e  assol.  bròccoli:  si  distingue  dal  cavolo 
bianco  o  cappuccio  per  le  foglie  biancheggianti,  più 
lunghe,  e  per  il  fusto  più  alto,  il  quale,  invece  di 
formare  una  palla  rotonda  e  serrata,  dà  origine  ad 
un  fascette  di  ramoscelli  staccati,  terminati  da  al- 
trettanti bottoni  a  fiori,  teneri  e  sugosi,  che  si  man- 
giano come  i  cavoli -fiori.  Detto  anche  cavolo 
romano,  broccoli  romani,  cavolo  broccoluto,  cavolo 
torsuto.  Due  sorla  di  broccoli:  bianchi,  che  hanno 
i  bottoni  dei  fiori  bianchi,  e  violetti  o  pavonazzi, 
che  sono  di  color  porporino  pendente  al  violetto. 
Broccoletto,  broccolino,  broccolone,  dimin.  e  accresc. 

Cavolo  fiore,  cavolfiore,  sorta  di  cavolo  i  cui  nu- 
merosi e  fitti  fiorellini  formano  una  bianca  nappa 
tondeggiante,  o  palla,  la  quale,  cotta,  si  mangia  in 
insalata,  o  in  salsa,  o  altrimenti.  -  Cavolo  lasagnino, 
con  foglie  larghe.  -  Càvolo  néro,  cavolo  che  ha  le 
foglie  bislunghe,  di  un  verde  cupo,  tendente  al  nero, 
bollose  e  concave  per  disotto,  e  perciò  non  capaci 
di  addossarsi  l'una  all'altra  per  formar  palla:  va- 
rietà comunissima  in  Toscana  ivi  distinta  in  cavolo 
vero  maggese  o  primaticcio,  più  grande,  più  crespo 
e  più  colorito,  che  si  semina  in  febbraio;  e  in  ca- 
volo crocino  o  tardivo,  più  piccolo,  che  si  semina 
in  fine  di  giugno.  -  Càvolo  rapa,  cavolo  il  cui  fu- 
sto sopra  alla  radice  si  ingrossa  a  forma  di  rapa: 
questo  ingrossamento  con  le  tenere  foglie  che  lo  ri- 
vestono è  la  parte  ricercata  per  mangiarsi.  Varietà 
secondarie,  il  cavolo  rapa  bianco  e  il  cavolo  rapa 
pavonazzo.  -  Càvolo  riccio,  specie  di  cavolo  bianco, 
cosi  detto  dalla  forma  delle  foglie  tutte  crespute. 
Altre  varietà:  il  bastardo,  il  novellino,  il  romano,  ecc. 

Navóne,  specie  di  cavolo  la  cui  radice  fusiforme 
simile  a  quella  della  carota,  ma  più  grossa,  acconcia 
in  varie  guise,  è  di  buon  sapore  e  assai  nutriente. 

-  Verza  (da  verde),  in  Lombardia,  nell'alta  Emilia 
e  altrove,  dicesi  per  cavob.  -  Verzotto,  specie  di  ca- 
volo con  foglie  grandi,  verdi  e  cesto  a  palla. 

Càvolo  salato,  càvolo  agro,  quello  acconciato  con 
aceto  e  sale,  dopo  essere  stato  prima  affettato  in 
istriscioline  e  fatto  leggermente  fermentare:  è  il 
sauer-kraut  dei  Tedeschi;  frane,  chucroute;  a  Fi- 
renze, salcràutte.  -  Cavolo  strascicato,  quello  cotto 
nell'intinto. 

Bròccolo  (quasi  sempre  al  plurale,  bròccoli),  i  talli 
delle  rape  quando  cominciano  a  fiorire  e  anche  i 
grumoli  di  certe  qualità  di  cavolo.  -  Costola,  la  parte 
più  dura  che  è  nel  mezzo  delle  loro  foglie,  e  regge 
il  tenero  di  esse.  -  Orninolo,  le  foglie  di  dentro,  te- 
nerine  e  congiunte  insieme,  del  cavolo,  dell*  lattuga, 
del  sedano  e  simili  erbe:  a  Pistoia  e  altrove,  cimalo. 

-  Palla,  il  cesto  sodo  del  cavolo  formato  dalie  fo- 
glie accartocciate  e  strette  tra  loro  come  in  una 
palla.  Nei  cavolfiore  è  l'unione  dei  rametti  e  dei 
rudimenti  dei  fiori  che  fa  la  palla.  In  questa  è  an- 
che il  grumolo;  ma  alcuni  cavoli,  come  il  nero, 
fanno  grumolo  e  non  palla.  -Tórsolo,  e  men  comu- 
nemente tórso,  il  gambo  del  cavolo. 

Cavolaia,  colei  che  vende  cavoli;  anche,  luogo 
piantato  di  cavoli  e  tutti  insieme  i  cavoli  piantati 
in  un  campo.  -  Cavolaio,  colui  che  vende  cavoli: 
ortolano.  Men  comune  forse  di  cavolaia  nel  senso 


CAZZARUOLA    —    CEFALALGIA 


490 


di  luogo  piantato  di  cavoli.  -  Qnolata,  gran  piatto 
0  gran  mangiata  di  cavoli  cotti. 

Cavolaia,  genere  d'insetti  lepidotteri,  i  cui  bruchi 
vivono  nei  cavoli,  ai  quali  recano  grave  danno.  - 
Pentatome,  insetti  che  allo  stato  perfetto  volano  pron- 
tamente, ma  non  a  lungo;  s'incontrano  di  sovente 
sul  cavolo  e  sulla  maggior  parte  delle  piante  cru- 
cifere, 

Cazzaruòla.  Arnese  di  cucina. 

Cazzottare  {cazzottato,  cazzottatura).  Detto  a 
percossa  e  a  pugno. 

Cazzòtto.  Veggasi  a  jìercossa. 

Cazzuòla.  Arnese  da  muratore. 

Cecamente.  Senza  consitlerazione. 

Ceccosùda.  Detto    ad    affettare,  affettazione. 

Céce.  Legume  tondeggiante,  appuntato,  in  nu- 
mero al  più  di  due  nello  stesso  guscietto:  comune 
per  i  popoli  meridionali.  -  Abbrustolito,  serve  anche 
come  surrogato  del  caffé.  -  Una  sola  specie  se  ne 
conosce,  e  varia  per  il  colore  del  fiore  e  del  seme. 
Ve  ne  sono  di  bianchi,  di  giallognoli,  di  rossi,  e  la 
distinzione  più  comune  che  se  ne  fa  è  quella  di 
ceci  bianchi  e  ceci  rossi.  Quelli,  detti  anche  ceci  pre- 
mici, sono  più  stimati,  perchè  hanno  la  buccia  meno 
dura,  e  sono  di  più  facile  cottura  {ceci  cottoi);  e 
questi  pure  variano  per  il  seme  più  grande  e  grin- 
zoso, rotondo  e  meno  simile  alla  testa  dell'ariete. 
Altra  varietà  il  ctce  pendolino. 

Céci  maritati,  vivanda  da  povera  gente,  fatta  con 
ceci  cotti  mescolati  con  farina  o  paste.  -  Segreto, 
la  presa  di  potassa  che  si  mette  in  pentola  perchè 
vengano  più  morbidi  i  ceci. 

Cècia.  Specie  di  scaldino. 

Ceciato.  Di  colore  del  cèce. 

Cecino.  Detto  a  fanciullo. 

Cecità.  Lo  stato  di  chi  é  cieco.  •  Figur.,  man- 
canza di  considerazione. 

Cecolina.  Piccolissima  anguilla. 

Cecolino.  Alquanto  cieco. 

Cécubo.  Famoso  vino  antico. 

Cèdere  (cedevole,  cedente,  cedevolezza,  cedenza, 
cedimento,  ceduto).  Sottomersi  alla  volontà  altrui; 
rinunziare,  rilasciare,  ritirarsi.  -  Concedere, 
dare  la  preminenza,  riconoscersi  inferiore.  - 
Dare  in  bàlia;  consegnare  una  cosa,  rinunziando 
ad  ogni  diritto  sulla  medesima.  -  Dichiararsi 
vinto,  arrendersi,  -  Non  resistere,  curvarsi,  pie- 
garsi (di  cosa  che  si  tiri  e  simili).  -  Fendere, 
strapiombare.  -  Cedere  alla  forza,  subirla.  -  Darle 
vinte,  cedere  ai  ragazzi  capricciosi.  -  Far  largo  ad 
uno,  cedergli  il  luogo.  -  Far  posto,  trarsi  indietro 
per  cedere  il  posto  ad  altri.  -  Ricedere,  ripete  ce- 
dere. -  Ripiegare,  volgersi,  cedere. 

Cedévole,  arrendevole,  chinevole,  inchinevole, 
pieghevole,  piglievole,  tenero  (d'animo,  di  indole). 
-  Cessionario,  colui  a  cui  si  fa  la  cessione. 

Cedente,  chi  cede,  che  cede.  -  Cedevolezza,  l'essere 
cedevole.  -  Cedimento,  atto  ed  effètto  del  cedere.  Di 
terreno,  frana.  -  Cedobónis,  cessione  di  tutti  i  beni 
in  favore  dei  creditori.  -  Cessione,  il  cedere  special- 
mente di  beni,  rpgio/ii,  diritti.  -  Piega,  cedere  alla 
pressione  nemica.  -  Retrocessione,  atto  per  cui  si 
cedono  altrui  i  diritti  che  questi  prima  ci  aveva  dato: 
restituzione. 

Cedigrlia.  Segno  di  ortografia. 

Cédola.  Foglio  scritto  contenente  un  obbligo, 
una  promessa,  un  ordine,  ecc.  -  Cartella  del  de- 
bito pubblico.  -  Carta-valore,  cartella  di  rendita. 
Titolo  di  credito.  -  Foglio  di  Banca.  -  Buono  del 
Tesoro.  -  Cedola  d'albergo   {coupon  d'hotel),  specie 


di  tesserli  hospitalis,  che  si  acquista  a  contanti  presse 
un'agenzia,  e  serve  all'alloggio  e  al  vitto  ne'  vari  al- 
berghi per  cui  si  passa,  senza  avere  altra  briga.  •• 
Cedolone,  cedola  grande,  cartello.  -  Coupon,  la  ce- 
dola 0  il  tagliando  che  si  stacca  dalle  cartelle  di 
rendita  per  riscuotere  i  frutti,  o  da  altri  titoli  di 
credito.  -  Vaglia,  cedola  per  cui  mezzo  si  manda 
denaro. 

Cedolone.  Detto  a  cedola. 

Cedraia.  Veggasi  a  cedro. 

Cedrare,  cedrato.  Detto  a  cedro. 

Cedrina.  Veggasi  a  cedro. 

Cedrino.  Di  cedro. 

Cedro  o  cedrato.  Genere  di  piante  auranziacee, 
arboree,  comprese  sotto  il  nome  di  agrumi  (veggasi 
ad  agrume)  e  rappresentate  da  numerose  varietà, 
di  delicatissimo  odore  e  con  legno  usato,  nei  luoghi 
d'origine,  per  vari  lavori.  Cosi  detto  anche  il  frutto. 
Dalla  scorza  e  dalle  foglie  si  cava  l'acqua  distillata, 
acqua  di  cedro,  di  azione  calmante,  corroborante, 
rinfrescante,  cordiale,  antisettica,  antisterica.  Se  ne 
trae  olio  essenziale  adoperato  per  aromatizzare  pa- 
sticcerie, rosoli,  liquori  fini,  nonché  per  la  profu- 
meria. La  scorza,  poi,  come  quella  delle  arance  e 
dei  limoni,  si  candisce  nello  zucchero,  o  sciroppo, 
0  rosolio,  e  serve  per  lavori  di  credenza  e  come 
confortativo  dello  stomaco.  -  Cedrato,  che  ha  odore 
o  sapore  di  cedro.  -  Cedrino,  dimin.  vezzegg.  di  ce- 
,dro.  -  Cedrone,  accresc.  di  cedro.  -  Citrino,  di  cedro, 
simile  al  colore  del  cedro. 

Cedro  coronato  o  della  ghianda,  fasciato  in  parte 
dal  calice  ingrossato,  sicché  somiglia  a  una  ghianda. 
-  Cedro  del  Libano,  grandissimo  albero  con  foglie 
(juasi  simili  a  quelle  del  pino,  con  legno  odoroso, 
in  gran  pregio  presso  gli  antichi.  -  Cedro  di  Firenze, 
della  grossezza  d'un  limone  ordinario,  ripianato 
verso  il  gambo,  con  la  polpa  verdognola.  -  Cedro 
di  Salò  0  del  lago,  ricercato  per  la  buccia,  tanto 
esterna  quanto  interna,  bernoccoluto  alla  sommità. 
Se  ne  estrae  la  famosa  acqua  antinervosa  di  tutto 
cedro.  -  Cedro  giudaico  o  col  picciuolo,  di  forma  co- 
nica piramidale,  terminato  alla  sommità  dal  pisti'lo 
persistente  e  ingrossato,  con  la  buccia  di  color  giallo 
dorato,  la  polpa  acida,  leggermente  amara. 

Bergamotto,  frutto  più  piccolo  dell'arancia  co- 
mune, con  la  corteccia  molto  profumata,  dalla  quale 
si  estrae  V essenza  di  bergamotto:  varietà  del  cedro.  - 
Cedrangolo,-o  cetragnolo,  della  famiglia  dei  cedri,  ma 
assai  forte.  -  Cedroncella,  pianta  con  foglie  e  olezzo 
simili  al  cedro,  detta  anche  apiastro,  appiastro,  ce- 
dornella,  cedronella,  cetrino,  cetrina,  limonaria  (in 
piemontese),  malacetola,  melissa,  melliftllo. 

Cedreleon,  olio  volatile  del  cedro  estratto  dall'In- 
niperus  virginiana.  -  Cedrena,  carburo  d'idrogeno 
liquido,  dell'essenza  di  cedro.  -  Cedrio,  specie  di  re- 
sina che  gocciola  dalle  incisioni  della  scorza  di  ce- 
dro. -  Cedrone,  siroppo  di  cedro  che  si  suol  bere 
infuso  nell'acqua  o  nel  latte.  -  Citrene,  principale 
componente  dell'essenza  di  cedro.  -  Citrico,  ternnne 
farmaceutico:  si  aggiunge  alla  parola  acido,  ed  è 
l'acido  particolare  dei  cedri  e  simili.  -  Cagna,  ma- 
lattia che  infesta  il  cedro  e  le  specie  affini. 

Cedraia,  luogo  piantato  di  cedri.  -  Cedrare,  dare 
odore  o  sapore  di  cedro,  conciare  con  sugo  di  ce- 
dro. -  Scorzare,  levare  la  scorza,   la   buccia:    sbuc- 
ciare. 
Cedroncella.  Detto  a  cedro. 

Céduo.  Dicesi  di  bosco  che  si  taglia  a  periodi 
fissi. 

Cefalalgia,  cefalea.  Male  di  testa. 


500 


CEFALICO   —   CELLULA 


Cefàlico.  Del  capo,  della  testa.  -  Di  rimedio 
buono  pei  mali  di  testa. 

Cèfalo.  Vengasi  a  mtigile. 

Cefalojjratia,  cefalogrrafo;  cefaloma,  ce- 
falonianzia,  cefalometro.  Veggasi  a  testa. 

Cefalometria  o  craniometria.  Veggasi  a 
cranio. 

Cefalotomia.  Detto  a  feto. 

Cefalotorace.  Detto  a  crostaceo. 

Cefalotribo,  cefalotripsia.  Veggasi  a  oste- 
tricia. 

Ceffata.  Ceffone,  schiaffo. 

Ceffo.  Muso  del  cane. 

Ceffone.  Ceffata,  schiaffo. 

Célabro.  Il  cervello. 

Celare  (Gelamento,  celalo).  Occultare,  nascon- 
dere, tenere  segreto.  -  Anche,  tacere  una  cosa, 
di  una  cosa. 

Celata.  Sorta  di  artnatara  antica,  di  elmo; 
e  il  soldato  che  la  portava.  -  Borgognotta,  specie  di 
celata,  ma  con  una  parte  saliente  all'infuori  e  vi- 
siera mobile. 

Celebrante.  Sacerdote  che  celebra  la  messa. 

Celebrare  (celebrato,  celebrazione).  Esaltare,  dare 
gran  lode;  conferire  fama,  rendere  celebre,  dare 
celebrità,  dare  gloria.  -  Dire,  recitare  la  messa. 
-  Adempiere,  compiere,  solennizzare  una  cerim,o- 
nia,  una  festa  e  simili.  -  Rogare  un  contratto. 

Celebratore,  celebratrice,  chi  celebra.  -  Celebrazione, 
atto  del  celebrare;  glorificamento,  glorificazione. 

Celebrazione.  Il  celebrare. 

Celebre.  Che  ha  gran  fama  per  una  ragione, 
un  motivo  qualsiasi,  che  è  famoso,  illustre,  ha  ti- 
toli di  gloria. 

Celebrità.  Grande /awict.  -  Nell'uso  (dal  frane), 
persona  celebre. 

Còlere.  Lesto,  pronto,  veloce;  procedente  o 
fatto  con  velocità. 

Celerinietro.  Apparecchio  per  misurare  un 
tratto  di  via  percorso. 

Celerità.  Lestezza,  prestezza,  prontezza,  velo- 
cità. 

Celeste.  Del  cielo,  appartenente  al  cielo,  abi- 
tante in  cielo.  -  Beato  spirito.  -  Aggiunto  di  co- 
lore, gradazione  dell'azzurro  :  color  marino.  -  Ce- 
leslino,  celeste  chiaro.  -  Cerùleo,  gradazione  del  ce- 
leste. 

Celestiale,  Appartenente  al  cielo,. 

Celestino.  Colore  celeste  chiaro. 

Célia.  Baia,  beffa,  burla;  berta,  facezia, «c/te»'so. 

Celiaca.  Nome  di  un'arteria:  veggasi  a  questa 
voce,  pag.  175,  prima  colonna. 

Celiaco.  Appartenente  àlV intestino. 

Celiare.  Far  la  burla,  fare  uno  scherzo* 

Celibato.  Stato  di  chi  è  celibe. 

Celibe.  Chi  non  ha  moglie;  chi  non  è  unito 
in  matriìnonio  (se  donna,  nubile):  garzone,  gio- 
vanotto, libero,  scapolo,  smogliato.  -  Giovane  an- 
tico, locuzione  popolare  riminese  per  indicare  il 
vecchio  celibe.  -  Lelibato,  lo  stato  di  chi  è  celibe, 
di  chi  si  astiene  dal  matrimonio:  stato  libero.  -Fe- 
de di  stato  libero:  attestato  comprovante  che  non 
si  è  coniugati.  -  Voto  di  castità,  voto  religioso  di 
celibato  perpetuo. 

Far  lo  zio,  rimanere  in  famiglia  senza  prender 
moglie.  -  Far  vita  di  giovinotto,  vita  scapola,  senza 
pigliar  moglie. 

Celidònia.  Sorta   di  pianta  medicinale. 
Celióne.  Chi  è  uso  alla  burla,  allo  sfhcvzo. 
Célia.  Cameretta  di  convento.  -  Cameretta  di 


prigione.  -  Ciascuno  dei  piccoli  buchi  nei  fiali 
dell'  ape. 

Ceneraio.  Detto  a  frate. 

Celletta.  Casella  che  si  costruisce  Vape. 

Celliere.  Dispensa,  cantina. 

Cellula.  Unità  fondamentale  di  ogni  animale 
e  di  ogni  pianta,  studiati  e  descritti  dalla  zoo- 
logia e  dalla  botanica.-  Cellulare,  che  si  riferi- 
sce alle  cellule,  che  risulta  dall'aggregazione  di  cel- 
lule, come  tessuto  cellulare,  ecc.  -  Celluioso,  pieno 
di  cellule.  -  Patologia  cellulare,  studio  delle  altera- 
zioni a  cui  vanno  soggette  le  cellule,  quando  un 
tessuto,  un  organo  o  tutto  l'organismo  passa  dallo 
stato  di  salute  a  quello  di  malattia:  è  fondata  sulla 
teoria  cellulaì^e,  secondo  la  quale  tutti  gli  elementi 
anatomici  derivano  da  cellule  e  ogni  cellula  pro- 
viene da  una  preesistente  (omnis  cellula  e  cellula, 
Wirchow). 

Cellula  animale. 


Si  chiama  cellula,  in  anatomia  descrittiva,  ogni 
piccola  cavità  formata  dai  tessuti,  a  contenuto  di- 
verso ;  cosi  cellule  mastoidee  le  cavità  ossee  del- 
l'apofisi  mastoide,  tappezzate  da  una  sottile  mucosa; 
cellule  etmoidali,  le  numerosissime  cavità  ossee,  più 
0  meno  ampie,  che  si  trovano  nelle  masse  spori- 
giose  dell'  etmoide;  cellule  aeree  o  polmonari,  le 
ultime  cavità  che  si  trovano  sulle  pareti  delle  ve- 
scicole polmonari,  ecc.  In  istologia,  invece,  si  chia- 
ma cellula  l'ultimo  elemento  morfologico  capace  di 
vivere  e  dotato  di  tutte  le  funzioni:  rappresenta 
quindi  l'apparecchio  più  elementare,  che  compone 
col  suo  aggregato  tutto  l'organismo,  sia  animale 
che  vegetale.  Gli  elementi  costitutivi  della  cellula 
non  essendo  sempre  tutti  presenti  e  nello  stesso 
grado  di  sviluppo,  le  cellule  vengono  distinte  in 
complete  e  incomplete.  Molte  le  funzioni  delle  cel- 
lule nella  vita  nutritiva  e  nella  riproduttiva;  va- 
rie le  loro  fasi  vitali,  per  cui  ciascuna  di  esse  na- 
sce da  una  cellula  preesistente,  si  nutre  per  assi- 
milazione di  sostanze  prese  dal  mondo  esterno,  ha 
un  periodo  di  stato,  un  periodo  di  involuzione  e, 
infine,  muore.  Le  cellule  si  moltiplicano  per  scissione 
diretta  o  indiretta  (cariocinesi),  per  gemmazione,  per 
endogenia.  La  cellula  si  compone  essenzialmente  di 
protoplasma,  o  citoplasma,  sostanza  fondamentale 
(a  cui  sono  devolute,  pare,  le  l'unzioni  nutritive  del- 
l'elemento) ,  di  nucleo  (corpuscolo  centrale  torte- 
mente  tingibile  e  nel  quale  avvengono  i  fenomeni 
di  moltiplicazione)  e  di  una  membrana  involgente, 
che  non  esiste  in  tutti  i  casi.  Altri  elementi,  oltre 
questi,  principali,  sono  quelli  designati  con  le  de- 
nominazioni di  nucleoli,  nucleoletti,  centrosomi,  pa- 
ranuclei.  Secondo  la  sua  torma,  che  è  molto  sva- 
riata, la  cellula  è  detta  rotonda,  ovale,  piriforme, 
fusiforme,  stellata,  triangolare,  cubica,  cilindrica, 
esagonale,  poliedrica,  appiattita,  ecc. 

O'ilule  giganti,  elementi  cellulari  enormi  formati 
da  una  grossa  piastra  protoplasmatica,  con  o  senza 
prolungamenti,  e  contenente  numerosi  nuclei:  si 
trovano  normalmente  nel  midollo  giovane  delle 
ossa.  -  Cellule  mieloidi,  gli  elementi  cellulari  del 
midollo  delle  ossa.  -  Cellule  migratorie,  quelle  pro- 
venienti dalla  migrazione  dei  globuli  bianchi  del 
sangue:  escono  dalle  piccole  vene  e  dai  capillari  e 
arrivano  nei  tessuti;  si  trovano  molto  abbondanti 
nel  tessuto  connettivo,  ma  non  mancano  anche 
in  altri  tessuti,  come  negli  epiteli. 


501 


Cellula  vegetale. 

Piccola  massa  di  materia  protoplasmatica  pro- 
tetta da  un  ispessimento  periferico  e  includente 
un  corpo  solido. 

Anteì'ozoo,  la  cellula-maschio.  -  Embriosacco ,  la 
cellula  nella  quale  è  contenuto  l'embrione.  -  Ere- 
moblasti,  cellule  vegetali  che  si  staccano.  -  Fibra, 
la  cellula  a  forma  di  fuso.  -  Gameti,  le  due  cellule 
che  si  coniuirano.  -  Oosfera,  la  cellula  femmina.  - 
Zigospora,  il  risultato  della  fusione  dei  due  gameti. 
■  Zigote,  il  prodotto  della  coniugazione  o  cellula 
figlia. 

Aìeurone,  sostanza  albuminosa  che  trovasi  nel 
protoplasma  di  alcune  speciali  cellule,  quando  vi- 
vono in  colonia.  -  Amido,  il  primo  prodotto  del- 
l'attività assimilatrice  delle  cellule:  si  presenta  in 
forma  di  granulazioni.  -  Larioiplasma,  il  plasma  che 
costituisce  il  nucleo.  -  Cromatina,  una  speciale  so- 
stanza contenuta  nel  carioplasma. 

Cellulosa,  il  costituente  più  importante  della  pa- 
rete cellulare.  -  Cellulosio,  nome  speciale  del  pro- 
toplasma trasformatosi  a  costituire  la  parete  cellu- 
lare. -  Centrosoma,  corpiciattolo  che  talvolta  si  ri- 
scontra rannicchiato  nel  nucleo. 

Clnlema  o  succo  cellulare,  il  liquido  costituente  i 
vacuoli.  -  Clorofilla,  il  più  importante  dei  cloro- 
plastidi  e  quello  che  più  comunemente  si  incontra 
nelle  cellule.  -  Cloroplastidi,  pigmenti  coloranti  che, 
disseminati  nel  protoplasma  di  alcune  cellule,  danno 
alle  piante  il  colore  verde  caratteristico.  -  Coniferina, 
vaniUtna,  le  sostanze  che,  oltre  alla  cellulosa,  figurano 
nelle  cellule  legnose.  -  Cromatina,  elemento  essen- 
ziale della  pirentna.  -  Cromatofori,  piccoli  cristal- 
lini che  si  riscontrano  inclusi  nel  protoplasma 
originale  da  cui  si  distinguono  per  la  propnetà, 
che  hanno,  di  rifrangere  potentemente  la  luce.  I 
cromatofori  costituiscono  una  parte  essenziale  della 
cellula  vegetale. 

Dermalosomi,  i  corpuscoli  solidi  che  costituiscono 
la  parte  solida  della  parete  della  cellula.  -  Destro- 
sio-ce  llulasa,  il  costituente  principale  della  parete 
cellulare.  -  Lignina,  il  cellulosio,  se  almeno  parzial- 
mente è  lignificato.  -Meristemi,  tessuti  spechìi  delle 
piante  destinati  ad  accrescere  il  numero  delle  cel- 
lule. -  Nucleina,  la  sostanza  alhuminoide  che  costi- 
tuisce il  nucleo.  -  Nucleo,  corpiciattolo  globoso  che 
si  trova  sempre  nell'interno  delle  cellule  vegetali: 
è  un  condensamento  di  protoplasma  nella  sua 
parte  più  interna  ed  è  una  delle  parti  essenziali 
costitutive  della  cellula  vegetale.  -  Nucleoli,  corpi- 
ciattoli  che  si  originano  nell'interno  del   nucleo.  - 

OtriceUo  primordiale,  l'ultimo  residuo  irriducibile 
del  protoplasma. 

Paraplasma,  la  parte  di  protoplasma  che  nella 
cellula  occupa  lo  spazio  lasciato  libero  dall'ialo- 
pìasma  e  che  è  interessantissima  nella  nutrizione 
e  nella  moltiplicazione.  -  Parete,  l'inviluppo  solido 
che  protegge  e  limita  esternamente  la  cellula.  E' 
dovuto  ad  una  specie  di  condensamento  del  pro- 
toplasma periferico  e  costituisce  una  delle  parti 
essenziali  della  cellula  vegetale.  -  Pirentna,  il  pro- 
toplasma trasformatosi  a  costituire  il  nucleo  di  una 
cellula  vegetale.  -  Trabecole,  filamenti  protopla- 
smatici che  attraversano  i  vacuoli  e  mettono  in 
comunicazione  il  protoplasma  centrale  e   parietale. 

Vacuali,  gocciolette  di  un  liquido  incoloro,  che 
si  originano  col  progredire  della  cellula  nel  suo 
sviluppo  e  costituiscono  un  tramezzo  fra  il  proto- 
plasma, diviso  cosi  in  centrale  e  parietale. 


Diconsi  a  vescichetta,  a  piastrella,  a  fibra,  stellate, 
ramose,  le  cellule  vegetali  a  seconda  della  forma 
che  presentano.  -  Caliciforme,  la  cellula  che  ha  la 
forma  di  un  bicchiere  a  calice.  -  Cilindrica,  la  cel- 
lula a  forma  allungata.  -  Collenchimalica,  la  cellula 
di  forma  prismatica  allungata  che  presenta  la  pa- 
rete sua  ingrossata  assai  più  negli  spigoli  che 
nella  regione  mediana.  -  Coanociti,  le  cellule  flagel- 
lifere.  -  Epidermica,  la  cellula  caratterizzata  dalla 
forma  generalmente  depressa  e  dall'essere  la  sua 
parete  imgrossata  assai  più  nella  parte  che  è  volta 
all'esterno  ed  è  in  contatto  dell'aria.  -  Flngellifera, 
la  cellula  a  forma  incavata  e  dalla  cui  concavità 
sporge  un  flagello  o  cirrosi.  -  Laminare,  la  cellula 
a  forma  schiacciata. 

Legnosa,  la  cellula  che  costituisce  la  parte  fi- 
brosa del  legno.  Le  cellule  legnose  si  distinguono 
in  tracheidi  e  libriformi.  -  ]\leristematica.  \a,  ceìhiÌA, 
a  forma  poliedrica,  fornita  di  parete  molto  sottile 
ripiena  di  protoplasma  e  nucleata.  -  Ovoide,  la 
cellula  a  forma  ovale. 

Parenchimatica,  la  cellula  fornita  di  sottile  pa- 
rete, di  forma  poliedrica,  contenente  nel  proto- 
plasma granuli  organizzati  e  a  succo  cellulare  acido. 

Poliedrica,  la  cellula  limitata  esternamente  da 
faccie  piane.  -  Procamèta/e,  la  cellula  meristematica, 
se  acquista  una  forma  allungata.  Le  cellule  pro- 
cambiali si  trasformano  in  cellule  prosenchimatichc. 
-  Proparenchimatica ,  la  cellula  meristematica  se, 
progredendo  nello  sviluppo,  non  perde  la  forna 
poliedrica.  Le  cellule  del  proparenchima  si  tra- 
sformano in  cellule  permanenti,  e  si  dicono  paren- 
chimatiche.  -  Ramosa,  la  cellula  che  ha  dei  prolun- 
gamenti irregolari. 

Sclerenchimatica,  la  cellula  caratterizzata  dalla 
grossezza  della  parete,  la  quale  tanto  s'inspessisce 
che  d'ordinario  la  cavità  si  riduce  molto  piccola.  - 
Sferica,  la  cellula  rotonda.  -  Sugherosa,  la  cellula, 
che  forma  il  sughero  delle  piante.  -  Vescicolare,  la 
cellula  a  forma  di  vescica.  -  Vibratile,  la  cellula 
il  cui  protoplasma  emette  dei  filamenti  che  pos- 
sono essere  in  numero  di  otto,  dieci,  dodici,  {quat- 
tordici. 

Areolata,  la  parete  cellulare,  se  presenta  delle 
piccole  cavità  in  forma  di  imbuto.  -  Punteggiata,  la 
parete  cellulare  se  non  presenta  in  tutta  la  sua  su- 
perficie uguale  spessore. 

Altre  designazioni  generali  o  parziali 

Amitosi,  mitosi,  i  due  processi  di  moltiplicazione 
di  cellule  per  divisione,  a  seconda  che  avviene 
direttamente  o  indirettamente.  Sinonimo  di  cario- 
cinesi 0  citodieresi.  -  Bipartizione,  forma  di  mol- 
tiplicazione delle  cellule;  la  cariocinesi.  -  Carioci- 
nesi, una  delle  forme  per  le  quali  le  cellule  vege- 
tali, 0  piante  unicellulari,  si  moltiplicano.  Consiste 
nella  divisione  della  massa  protoplasmatica  in  due 
parti.  -  Coniugazione,  fenomeno  di  moltiplicazione 
cellulare  per-il  quale  due  cellule  si  fondono  a  for- 
marne una  sola  :  egtiale  o  differenziata,  la  coniuga- 
zione a  seconda  che  ha  luogo  fra  masse  protopia- 
smatiche  eguali  o  diverse. 

Eterogamia,  la  coniugazione  differenziata.  -  Ge- 
nesi libera,  forma  di  riproduzione  di  cellule.  Il  pro- 
toplasma della  cellula  madre  si  divide  e  suddivide 
in  parti,  ognuna  delle  quali  secerne  la  propria  pa- 
rete; la  cellula  madre  (juindi  si  rompe,  lasciando 
libere  le  cellule  giovani. 

Inclusioni,    i  corpiciattoli   plasmici  differenziali. 


502 


CELLULARE 


che  si  osservano  sovente  nel  protoplasma  della 
cellula:  cloroplasti,  cromoplasii,  leucoplasti.  ■  Endo- 
somi,  denominazione  generica  di  tutte  le  inclusioni 
che  si  originano  dal  protoplasma  stesso.  Al  con- 
trario, si  dicono  esosomi  le  inclusioni  provenienti 
dall'esterno.  -  Innovazione  o  ringiovanimento,  forme 
di  moltiplicazione  di  cellule  o  piante  unicellulari.  Il 
protoplasma  delia  cellula  madre  si  contrae,  sepa- 
randosi dalla  parete,  che  scompare  per  assorbi- 
mento, lasciando  libero  il  protoplasma  stesso  il 
quale  secerne  una  nuova  parete  cellulare  e  riprende 
le  sue  funzioni  come  un  organismo  rinnovato. 

laloplasma,  la  parte  del  protoplasma  che  costi- 
tuisce la  rete,  o  le  granulazioni,  o  le  fibrille.  -  ho- 
gamia,  la  coniugazione  eguale.  -  Moltiplicazione,  lo 
sviluppo  numerico  delle  cellule  per  sdoppiamento. 
-  Periodi  d.ll'aster  (stella)  e  da  fusi,  i  due  stadi 
tipici  che  attraversano  le  cellule  nella  moltipli- 
cazione per  divisione  indiretta  o  mitosi.  -  Piasti- 
àule,  particelle  o  molecole  organizzate  distinte,  la 
cui  unione  formerebbe  le  cellule.  -  Profasi,  meta- 
fasi,  anafasi,  le  tre  fasi  in  cui  si  compie  la  molti  • 
plicazione  delle  cellule.  -  Proliferazione^  il  molti-- 
plicarsi  delle  cellule  per  divisione  delle  precedenti 
cellule.  -  Protista,  yocsihoìo  scientifico  per  signifi- 
care i  viventi  più  semplici,  gli  elementi  primitivi 
della  struttura  organica  (semplice  protoplasma  senza 
nucleo). 

Rigenerazione,  rinnovazione,  processo  per  il  quale 
il  protoplasma  della  cellula  madre  si  riorganizza 
per  formare  una  nuova  cellula.  Tre  sono  i  diffe- 
renti modi,  nei  quali  si  possono  originare  le  cel- 
lule: rigenerazione,  o  rinnovazione,  coniugazione, 
moltiplicazione.  -  Simplasti,  le  unioni  di  cellule. 

Fast,  le  cellule,  se  hanno  forma  allungata  o  fu- 
siforme. -  Vasi  anulati,  quelli  che  hanno  la  parete 
così  costituita  da  apparire  risultante  da  una  serie 
di  anelli  consecutivi.  -  Vasi  rigati,  quelli  nelle 
cui  pareti  si  osservano  tante  piccole  linee  trasver- 
sali. -  Vasi  spirali,  quelli  che  hanno  una  parete  for- 
mata come  da  un  nastro  avvolto  a  spira. 

Cellulare.  Di  cellula:  che  ha  cellule,  com- 
posto di  cellule.  -  Sistema  di  carcere,  di  prigione. 

Celluloide.  Miscuglio  di  cotone  fulminante  e 
di  canfora  fusa,  con  materie  coloranti  incorporate, 
infiammabilissimo:  serve  alla  fabbricazione  di  pa- 
recchi oggetti,  specialmente  all'imitazione  dell'avo- 
rio naturale,  della  tartaruga,  ecc. 

Celtico.  Nome  dato  alla  sifilide  e,  per  esten- 
sione, alle  malattie  veneree  (veggasi  a  tnalattia). 

Cembalo  {cèmboloj.  Strumento  a  corde  metalli- 
che, per  lo  più  orizzontali,  talvolta  verticali;  pre- 
decessore dell'attuale  pianoforte.  Il  suono  veniva 
in  esso  prodotto  mediante  tanti  pezzettini  di  penne 
di  corvo  inserite  nella  linguetta  dei  saltarelli.  - 
Arpicordo,  nome  che  si  dava  al  clavicembalo  sulla 
fine  dei  secolo  XV.  Più  tardi,  l'arpicordo  venne 
chiamato  spinetta.  •  Archicembalo ,  gravicembalo, 
clavicembalo,  buonaccordo,  arpicordo,  antichi  nomi 
del  cembalo.  -  Spinetta,  strumento  ^corda,  oggi 
disusato,  che  si  suona  come  un  clavicembalo  o  un 
pianoforte,  mediante  piccoli  martelli  posti  in  moto 
dalle  dita  sopra  una  tastiera. 

Pironi,  cilindretti  di  ferro  a  testa  compressa, 
volgendo  i  quali,  con  una  chiave,  si  tendevano  le 
corde. 

Cementare  (cementato).  Unire,  chiudere  con 
cetnento. 

Cementazione.  Atto  ed  effetto  del  dare  ce- 
tnento  o,  anche,  calce. 


Cemento.  Mistura  di  calce  e  ghiaia,  o  d'altra 
materie,  per  collegare  oietre,  mattoni,  ciottoli,  ecc.; 
materia  molle  che,  raffreddandosi,  indurisce  o  re- 
stringe vari  corpi,,  sui  quali  fa  presa;  composi- 
zione di  stucco,  mastice,  mattone  pesto,  calcina  e 
simili  per  chiudere  fessure  nei  vasi,  nei  coperchi, 
nei  tubi  ;  anche  lega  di  metalli.  -  Cemento  ar- 
mato, nuovo  processo  di  arte  muraria  diffuso  da 
Hennebique:  consiste  in  una  travatura  di  cemento 
che  contiene  reti,  sbarre  e  fili  metallici,  ecc.,  som- 
mersi in  detto  cemento  cosi  da  congiungere  per 
maggiore  resistenza  e  leggerezza  le  qualità  del  ce- 
mento con  quelle  del  ferro.  -  Cemento  o  mastice  di 
ferro,  composizione  di  limatura  di  ferro  e  di  sale 
ammoniaco  con  la  quale  si  uniscono  pezzi  di  ferro 
0  di  ghisa  -  Cemento  idraulico,  quello  che  si  in- 
durisce di  più  in  più  con  la  permanenza  nell'acqua. 

-  Cemento  romano,  calce  idraulica. 

Albolite,  cemento  composto  di  carbonato  di  ma- 
gnesia naturale,  misto  a  silice  amorfa:  serve  a  ri- 
vestire gradini,  pavimenti,  scale  di  legno,  ecc.  - 
Caialite,  altra  sorta  di  cemento  di  magnesia:  si 
presta  ad  essere  gettato  in  forme,  come  il  gesso; 
può  servire  anche  a  fare  statue,  oggetti  di  orna- 
mento, palle  da  bigliardo,  mosaici,  ecc.;  a  cemen- 
tare metalli  tra  loro  e  metalli  a  vetri;  a  rendere 
più    dura    la    pietra    calcarea    tenera   e   il  gesso. 

-  Glutine,  cemento  naturale  che  unisce  aggregati 
lapidei.  -  Malta,  cemento  o  materia  glutinosa  atta 
a  tenere  uniti  i  corpi  tra  loro.  -  Mattaione,  compo- 
sto d'argilla  e  calcare,  0  nicc'.ii  marini  calcinati, 
che  indurisce  come  mattone.  -  Peperino,  cemento 
naturale  formato  di  cenere  vulcanica,  ripiena  di 
micca,  quarzo,  ecc.  -  Pozzolana,  specie  di  cemento 
in  cui  alla  rena  si  sostituisce  una  sostanza  vulca- 
nica, chiamata  pozzolana  dal  nome  Pozzuoli  ove 
trovasene  molta:  è  aspra  al  tatto,  dura  (capace  di 
intaccare  il  vetro),  assai  resistente  e  di  vario  co- 
lore. Carattere  essenziale,  la  proprietà  di  formare 
con  la  calce  comune  un  cemento  idraulico,  che  indu- 
risce prontamente  nell'acqua.  -  Solfato  di  calcio,  ce- 
mento che  si  trova  in  natura  come  anldrite  e  come 
gesso. 

Beton  (frane),  il  nostro  calcestruzzo  (cemento, 
sabbia  e  ghiaia)  -  Chatterton,  miscela  di  tre  parti 
(in  peso),  una  di  guttaperca,  una  di  resina  e  una  di 
catrame  di  Stoccolma:  serve  per  fare  giunture  nelle 
parti  di  guttaperca  dell'involucro  dei  cavi  telegra- 
fici, 0  come  isolatore  di  condutture  elettriche.  - 
Portland,  varietà  di  cemento  naturale  in^'lese.  - 
larras,  terra,  non  molto  dissimile  dalla  pozzolana, 
usata  specialmente  in  Svezia,  come  cemento  idrau- 
lico. -  Trass,  specie  di  tufo  vulcanico,  dotato  di 
proprietà  idrauliche,  per  cui  serve  da  cemento. 

Cementare,  collegare,  unire  con  cemento;  cemtn.' 
fazione,  l'atto  e  l'effetto. 

Cempénna  (cempenno).  Chi  è  inetto^  ossia 
non  abile,  e  non  sa  fare,  non  sa  concludere  mai 
nulla,  non  sa  riuscire  in  alcunché.  Anche,  fan- 
nullone; oppure  baloccone,  ossia  che  bada  solo 
al  trastullare. 

Cena  {cenare,  cenàcolo).  Il  pasto  della  sera,  e 
anche  ciò  che  si  mangia  la  sera  o  la  notte,  special- 
mente da  coloro  che  abitualmente  fanno  il  desinare 
a  mezzogiorno.  -  Cenerella,  cena  scarsa.  -  Cenelta, 
piccola  cena;  ma  può  talora  aver  senso  di  lode, 
per  dire  una  cena  buona,  gustosa.  -  Cenettina, 
sottodimin.  e  vezzegg.  di  cena.  -  Cenina,  dimin. 
di  cena,  quasi  sempre  senzi  idea  di  lode.  -  Cenino, 
dicesi  più  specialmente    di   piccola    cena    gaia,  in 


CENACOLO    —   CENOBITA 


503 


compagn  a  d'amici,  piuttosto  che  di  quella  solita 
fatta  in  famiglia.  In  alcuni  luoghi  di  Toscana,  la 
cena  che  si  suol  fare  la  notte  di  Natale  dopo  le 
funzioni  di  Chiesa.  -  Ceuona,  cena  abbondante.  - 
Cenone,  cena  più  lauta  e  più  ricca  della  cenona  - 
Cena  luculliana,  sontuosa.  -  Cena-pranzo,  cena  lauta, 
cena  che  sia  più  di  un  desinare.  -  Cena  sabatina, 
quella  fatta  alla  mezzanotte  del  sabato,  per  poier 
mangiar  carne.  -  Concenazione,  cena  fatta  in  com- 
pagnia. -  Matta  cena,  seconda  cena  che  si  faccia 
dopo  la  ordinaria.  -  Una  cena  :  significa  una  cena 
lauta,  in  più  d'uno. 

Cenante,  che  cena,  chi  cena.  -  Cenare,  mangiare 
la  cena  a  sera.  -  Cenata,  mangiala  della  cena.  - 
Cenato,  alla  maniera  latina  per  colui  che  ha  ce- 
nato {bene  o  mal  cenato,  che  ha  tatto  buona  o  mala 
cena).  -  Ricenare,  cenar  di  nuovo.  -  t<ar  da  cena 
preparare  il  cibo  per  la  cena,  ammanire  la  cena.  - 
Fai'  la  cena  del  galletto:  un  salto  e  a  letto,  andare 
a  letto  senza  cena.  -  Far  la  cena  del  passero,  cenare 
con.  un  po'  di  pan  bagnato.  -  Far  la  cena  di  Salvino, 
non  cenare.  -  Guastarsi  la  cena,  veggasi  a  pasto. 
-  Porsi  a  cena,  mettersi  a  tavola  per  cenare. 

Como,  il  levarsi  da  cena,  l'uscire  in  pubblico 
dopo  cena,  per  tar  serenale,  baldorie  e  gavazza- 
menti.  Aria  di  ballo  degli  antichi  forse  in  uso 
nei  banchetti.  -  Comizzare,  fare  il  corno.  -  Comasta, 
comazzonle,  colui  che  comizza,  che  fa  il  corno. 

Cenacolo,  luogo  nel  quale  si  cena.  -  Cena  Domini, 
dipinto  0  iDassonlievo  rappresentante  il  cenacolo, 
ultimo  luogo  della  cena  di  Cristo.  -  Scotto,  paga- 
mento della  cena  fatto  all'oste. 

Cenàcolo.  Detto  a  cena. 

Cenare  {cenato].  Far  cena. 

Cencerello.  Piccolo  cencio. 

Cenciaia,  cenciaio.  Detto  a  cencio. 

Cenciaiuolo.  Veggasi  a  cencio. 

Cenciata.  Detto  a  cencio. 

Cencio  (cencioso).  Pezzo  di  pannolino  o  di  pan- 
nolino consumato  e  stracciato,  adoperato  per  istro- 
finare,  spolverare,  rigovernare,  pulire  lumi,  penne, 
armi,  metalli,  ecc.:  brandello,  brendolo,  brindello; 
ciarpa,  ciarpetta;  pezzaccia;  rimbrenciolo,  straccio, 
straccinolo.  Anche,  meschina  veste.  -  Cenciaccio, 
cencio  grossolano.  -  Cencerello,  piccolo  cencio:  strac- 
cinolo, stracciacelo.  -  Incartato,  di  cencio  che  ha 
molta  salda  o  è  imbevuto  di  matarie  gommose. 

Biracchio,  straccio,  pezzo  lacero;  brandello,  pez- 
zetto di  veste.  -  Cenci,  o  stracci,  cascami  di  tessuti 
d'ogni  genere  e  qualità,  avanzi  di  panni  usati,  ecc., 
adoperati  per  fabbricar  carta.  -  Ciaffo,  cencio,  cosa 
di  poco  valore,  nel  dialetto  marchigiano.  -  Pèzza 
d'agiamento,  to vaglinola  o  cencio  che  si  tiene  nello 
stanzino  per  ripulire  quel  che  va  ripulito:  ora  fuor 
d'uso,  e  si  dice  solo  antonomasticamente  la  pèzza 
0  il  cèncio.  -  Strofinàccio,  lo  stesso  che  cèncio  da 
spolverare;  ma  pare  che  dica  un  cencio  più  rozzo, 
sebbene  tagliato  appositamente  e,  alle  volte,  anche 
orlato  a  tale  uso.  -  Strofinàcciolo,  cencio,  o  stoppa, 
0  capecchio,  leggermente  bagnato,  da  stropicciare 
cose  lorde,  e  più  specialmente  le  stoviglie  che  si 
rigovernano. 

Cenciaia,  quantità,  mucchio  di  cenci:  ciarpame, 
ciarpume,  stracceria.  -  Fagotto,  involto  di  cenci.  - 
Vilume  di  cenci,  farragine.  -  Zaffo,  cenci,  cose  che 
impiastrano,  impicciano. 

Cenciaio,  lo  stesso  che  cenciaiuolo,  negoziante,  com- 
pratore 0  venditore  di  stracci,  iHgattiere.  -  Cen- 
cioso, coperto  di  cenci,  con  abiti  a  cenci,  straccioni: 
Lrendolone,  brindellone,   sbrendolone   (brindellona. 


sbrendolona),  pezzente,  strappone,  tritone;  pidoc- 
chioso, scannapidocchi.  -  Stracana,  donna  che  strac- 
cia i  cenci  alla  falce. 

Cenciata,  colpo  dato  con  un  cencio  ;  pulita  o  stro- 
finamento con  cenci. 

Cencioni.  Uova  di  mosca 

Cencioso.  Detto  a  cencio. 

Ceneraccio,  ceneràcciolo.  Veggasi  a  6tt- 
cato. 

Ceneràndolo.  Negoziante  di  cenere. 

Cenerata.  [)etto  a  bucato. 

Cenere.  Residuo  della  combustione  della  mag- 
gior parte  delle  materie  organiche;  -specialmente, 
quella  polvere  fine,  bigia,  inconibusliijile,  in  cui  si 
risolve  il  legno  o  altro  coP'')ustibile  vegetale,  che 
sia  stato  arso  interamente.  -  Cenere  calda,  quando  la 
materia  ha  appena  cessato  di  bruciare.  -  Cenere  spenta, 
quam'o  non  c'è  più  scintilla  di  fuoco.  •  Cenerume, 
cenere  mista  ad  altri  residui  del  fuoco.  -  Cinigia, 
cenere  calda,  mista  con  poca  e  minuta  bragia,  ado- 
perata nella  cassetta  da  piedi,  o  altrove,  dove  oc- 
corra di  avere  un  blando  calore.  -  JPofassa,  so- 
stanza contenuta  nella  cenere.  -  Sofia,  sale  alcalino, 
tratto  da  alcune  ceneri.  -  Spodio  bianco,  cenere  di 
ossa. 

Ceneràcciolo,  veggasi  a  bucato. 

Ceneraio,  chi  va  in  cerca  di  cenere  da  comprare 
0  in  denari  o  in  tanta  brace.  -  Cenerata,  cenere 
mescolata  e  bollita  con  acqua  per  ripulire  i  vasi 
da  cucina,  per  il  bucato,  ecc.  -  Cinerazione,  inci- 
nerazione, lo  stesso  che  incenerimento,  atto  ed  ef- 
fetto dell'incenerire,  del  ridurre  in  cenere.  Se  di 
corpo  umano  morto,  cremazione.  ■  Incenerare 
{inceneramento),  spargere  di  cenere,  impolverare, 
sporcare  di  cenere.  -  Incenerire  {incenerimento),  ri- 
durre in   cenere,   abbruciare,  bruciare. 

Posacenere,  raccattacenere,  arnese  per  riporvi  la 
cenere.  -  Cendrier  (fran".),  sopra-mobile  di  metallo 
0  di  terra,  a  forma  di  piattellino  ove  si  depongono 
i  detriti  dello  sigaro,  i  fiammiferi  spenti,  ecc.,  per 
non  sporcare  in  terra  o  sui  mobili. 

Ceneroso,  sparso  di  cenere.  -  Una  striscia,  un  po' 
di  cenere  sparsa;  un  mucchio  di  cenere,  ecc. 

Fenice,  uccello  favoloso  che  rinasceva  dalla  sua 
cenere.  -  Spodomanzia,  divinazione  per  mezzo  della 
cenere.  -  le/Va/iit,  corpi  che  si  trovano  nelle  ceneri 
dei  vegetali. 

Cenerèntola.  Veggasi  a  servo. 

Cenericcio,  cenerino,  ceneróg^nolo.  Di 
colore  bigio,   grigio. 

Ceneróne.  Sorta  di  concime. 

Cennamella.  Detto  a  tnusicali  istrumenti. 

Cenno.  Accennamento,  atto,  gesto,  segno  che 
si  fa  con  la  mano,  col  capo,  con  gli  occhi,  per  far 
capire  ad  altri  qualche  cosa  senza  parlare:  lat., 
nulus.  ■  Anche,  coniando,  ordine.  -  Qualsivoglia 
indizio.  -  Segno  compendioso  di  alcun  discorso. 
-  Breve  avviso  o  notizia  di  alcun  fatto,  di  alcun 
avvenimento. 

Accennare,  far  cenno;  indicare ^  mostrare; 
anche,  ìnenzionarè,  ricordare.  -  Additare,  far 
cenno,  segno  col  dito.  -  Ammiccare,  far  cenno,  far 
segno,  con  gli  occhi,  col  viso,  con  la  testa,  col  go- 
mito, ecc.  -  Dare  d'occhio,  accennare.  -  Riaccennare. 
ripete  accennare.  -  Stringere  l'occhio,  per  cenno,  per 
far  cenno.  -  Tirare  a  uno  la  giubba:  toccargliela 
per  cenno.  -  Tossicchiare,  far  cenno  con  un  po'  di 
tosse. 

Cenobio.  Veggasi  a  convento. 

Cenobita.  Monaco,  frate. 


504 


CENOBITICO 


Cenobitico.  Di  monaco,  di  frate. 

Oenotàfio.  Sorta  di  monumento  funebre. 

Censimento.  jNuiuerazione  degli  abitanti  d'uno 
Stato,  d'una  regione,  d'una  città;  descrizione  e  va- 
lutazione dei  beni  stabili  di  uno  Stato,  di  una  pro- 
vincia, ecc.  -  Anagrafe,  o  ruolo  di  popolazione,  il 
registro  del  censimento.  -  Campione,  registro  prin- 
cipale del  censimento  dei  possidenti,  dei  commer- 
cianti. 

Accampionare,  registrare  uno  stabile  al  campione, 
0  libro  del  censimento,  per  sottoporlo  a  tassa  {ac- 
campionamento ;  accampionato).  -  Censire,  far  il  cen- 
simento; accatastare,  catastare,  censuare,  fare  il  ca- 
tasto, -  Censito,  possidente. 

Censire  {censito).  Detto  a  censimento  e  a  censo» 

Censito.  Chi  ha  censo,  chi  e  2)ossi(lente ;  chi 
paga  il  censo,  è  sottoposto  a  gravezza,  a  tassa. 

Censo  (censire,  ansito).  Patrimonio,  entrata; 
credito  e  rendita  assicurati  sui  beni  ceduti  ad 
altri,  a  perpetuila  o  a  tempo.  -  Censo  vitalizio,  o 
semplicemente  vitalizio,  specie  dì  pensione.-  Cen- 
maria  rendita.,  quella  che  nei  libri  catastali  è  at- 
tribuita a  un  fondo,  a  uno  stabile,  e  che  serve  di 
base  alla  determinazione  dell'imposta.  -  Fare  un 
censo:  accensare,  censire;  costituire  in  censo;  met- 
tere a  censo;  vitaliziare  (di  vitalizio  perpetuo). 

Censito,  che  paga  il  censo;  contr.,  di   proletario. 

Censuario,  chi  paga  il  censo:  pensionarlo;  anciie, 
chi  gode  il  censo.  -  Livellario,  chi  gode  il  censo. - 

Censore.  Antico  magistrato  romano.  -  Chi  ha 
l'uflicio  di  giudicare  un'opera  letteraria  o  altro 
lavoro,  facendone  la  censura:  revisore,  riveditore. 
Chi  si  dà  a  riprendere,  a  correggere.  -  Chi  move 
biasimo.  -  Castra  pensieri,  norcino,  censore  che  re- 
cide i  pensieri  altrui.  •  Censorio,  di  censore. 

Censuare  {censuato).  Veggasi  a  censo  e  a  ca- 
tasto. 

Censura.  Antica  magistratura  romana,  creata 
per  diminuire  l'autorità  consolare,  sotto  il  pretesto 
di  togliere  ai  consoli  il  grave  ufficio  di  informarsi 
intorno  agli  affari  privati  d'ogni  cittadino:  si  com- 
poneva di  due  censori.  -  Rampogna,  biasimo.  - 
Revisione,  riprensione,  critica  di  opera  letteraria. 
-  Ufficio  al  quale  spetta,  specialmente,  la  revisione 
delle  opere  drammatiche.  -  Pena  della  Chiesa.  - 
Accettante  e  stipulante,  chi  è  costretto  a  sentire  le 
censure  che  gli  si  fanno  o  veder  cose  che  gli  spia- 
ciono.  -  Censuratore,  chi  censura,  chi  trova  a  ridire 
su  ogni  cosa  o  persona:  appuntatore,  biasimatore, 
censore,  critico,  ripetitore;  figur.,  bastonator  di 
amici  e  di  nemici.  -  Avere  lo  scirro  del  censurare, 
la  mania  del  biasimare.  -  Censurare,  biasimare. 

Centaurea.  Riondella,  erba  medicinale,  di 
molle  varietà:  d'America,  minore,  odorante,  a  fiori 
giallo-limone,  muschiata,  a  fiori  bianchi,  fioraliso  dei 
giardini,  depressa,  macrocefala,  piumosa,  d'Oriente^ 
delle  montagne,  di  Ragusa,  cineraria,  a  chicchi  nudi, 
dt   Babilonia,   dealbala,  unifiora,   ecc. 

Ciano,  fiordaliso  (frane,  bluet,  bleuet),  specie  di 
centaurea  che  fiorisce  tra  il  grano,  ed  è  cosi  nomi- 
nata dalla  specie  più  comune,  di  colore  azzurro. 

Centauro.  Nome  di  mostro  e  di  costella- 
zione. 

Centellare,  centellinare  {centellato,  centelli- 
nato). Modo  di  bere,  a  centellini,  a  sorsi. 

Centellino.  Piccolo  sorso,  nel  bere. 

Centenario.  Veggasi  a  cento. 

Centesimo.  Di  cento.  -  Piccola  moneta,  cen- 
tesima parte  della /i»'a;  centesimino,  centino;  baga- 
tello;  picciolo;  quattrinello,  quattrino,  quattrinuccio. 


Centiaro.  Parte  dell' ara,  7nisiira  di  superfìcie. 

Centigrado.  Detto  a  cento  e  a  termometro» 

Centig-ramma.  Piccolo  peso,  centesima  parte 
del  gl'animo. 

Centilitro.  Centesima  parte  del  litro. 

Centiniani.  Veggasi  a  gigante. 

Centimetro.  Centesima  parte  del  metro. 

Centina.  Legno  arcato  col  quale  si  arma  e  si 
sostiene  la  volta:  centinatura,  sagoma;  da  alcuni 
detta  anche  modanatura.  -  Arco  a  sesto  acuto,  quello 
la  cui  centinatura  è  formata  da  due  curve  che  si 
intersecano  in  cima  ad  angolo  acuto,  descritte  da 
due  centri  equidistanti  dal  mezzo  della  corda,  e 
con  raggio  che  supera  di  un  'sesto  la  metà  della 
corda.  -  Gola,  modanatura  incavata  a  forma  di  S, 
e  si  chiama  dritta  o  rovescia  secondo  la  parte  che 
si  considera.  -  Mezzovolo,  sorta  di  mondanatura  che 
ha  di  sezione  un  quarto  di  circolo  in  fuori.  -  Mo- 
danature curve,  quelle  che  in  qualche  loro  parte 
compariscono  foggiate  in  arco,  sia  concavo,  sia 
convesso.  -  Modanature  rette,  quelle  sulle  quali  in 
ogni  direzione  si  può  applicare  una  linea  retta.  - 
Sesto,  lo  stesso  che  centinatura,  ma  riferibile  al 
modo  grafico  di  formarla. 

Centinare^  fare  la  centina   la  centinatura. 

Centinatura,  azione  ed  effetto  del  centiiiare;  dicesi 
anche  il  garbo  di  linea  curva  che  si  dà  ai  mobili. 

Centinaio.  Lo  stesso  che  cento. 

Centinare.  Dello  a  centina. 

Centinatura.  Veggasi  a  centina. 

Cento.  Numero  cardinale  contenente  dieci  die- 
cin-^.  -  Centenario,  che  ha  cento  anni;  che  ricorre 
ogni  cento  anni.  Solennità  che  si  ripete  una  volta 
ogni  secolo  da  un  dato  avvenimento.  -  Centesimale, 
ciie  si  riferisce  alla  divisione  per  cento.  -  Centesimo, 
numerale  agg.  di  cento.  -  Centigrado  diviso  in  cento 
gradi.  -  Centilitro,  centesima  parte  del  litro.  -  Cen- 
timetro, centesima  parte  del  metro.  -  Centinaio 
(pi.,  centinaia),  somma  di  cento.  -  Centino,  cente- 
simo. -  Centistero,  centesima  parte  di  stero.  -  Cen- 
tomila, contenente  cento  migliaia.  -  Centuplo,  cento 
volte  di  più.  -  Percentuale,  un  tanto  che  si  dà  per 
ogni  cento;  l'interesse  che  producono  cento  lire.  - 
Sotnia,  voce  russa,  centuria,  centinaio. 

Ettaro,  misura  di  cento  are.  -  Etlogramma,  peso 
di  cento  grammi.  -  Ettolitro,   misura  di  cento  litri. 

-  Ettometro,  misura  di  cento  metri.  -  Quintale,  peso 
di  cento  chili.  -  Secolo,  periodo  di  cento  anni. 

Ecatombe,  sacrificio  di  cento  buoi  o  di  cento  vit- 
time. -  EcatómpoU,  che  contiene  cento  città.  -  Eca- 
tonstilo,  portico  o  edificio  con  cento  colonne. 

Ceniumviro,  magistrato  romano.  -  Centuria,  un 
centinaio  di  cittadini.  -  Compagnia  di  [cento   fanti. 

-  Centurione,  ufficiale  che  comandava  cento  uomini. 

-  Ducenario,    capo    di    duecento    uomini.   -   Extra- 
secolare,  chi  o  che  ha  più  di  cento  anni. 

Centuplicare  (centuplicato),  far  cento  volte  più; 
accrescere,  aumentare  di  molto.  -  Centuplicazione, 
atto  ed  effetto. 

Centog'ambe.  Specie  dì  verme. 

Centone.  Zibaldone  in  poesia  o  in  prosa,  e 
anche  in  ^musica. 

Centopélle.  Veggasi  a  ruminante. 

Centrale.  Del  centro,  che  é  nel  centro. 

Centralità,  centralizzazione.  Veggasi  a 
centro. 

Centrifugro.  Detto  a  centro. 

Centripeto.  Detto  a  centro. 

Centro.  Punto  nel  mezzo  del  cerchio  o  della 
sfera,  dal    quale   tutti  i  punti    della   circonferenza 


CENTUPLICARE 


505 


sono  equidistanti.  In  {genere,  la  parte  di  mezzo,  più 
àll'internOf  più  dentro  di  checchessia:  mezzo, 
dritto  mezzo;  nucleo,  punta,  punto  centrale.  Fij^'ur., 
cuore,  forte,  raeditullo,  midollo,  nocciolo,  tuorlo, 
ventre  (nel  cuore  dell'inverno,  nel  forte  del  bosco, 
nel  ventre  della  terra,  ecc.). 

Centro  d'azione,  punto  dal  quale  parte  la  torza 
diretta,  che  muove  più  agenti  ad  operare  ciascuno 
secondo  la  sua  natura.  -  Centro  delle  forze,  veijgasi 
a  forza.  -  Centro  di  gravità  veggasi  a  gravità.  - 
Centro  di  movimento,  veggasi  a  tuoto.  -  Centro  di 
percossa,  punto  di  una  verga  inflessibile  in  cui,  per- 
cuotendo, si  ha  il  massimo  effetto;  nelle  | sciabole 
si  valuta  a  due  terzi  dall'impugnatura.  -  Centro  di 
pressione,  detto  a  pressione.  -  Centro  di  rotazione, 
punto  intorno  al  quale  si  volge  il  mobile  girante.  - 
Centro  ottico,  punto  nell'interno  di  una  lente.  - 
Centroide,  luogo  dei  centri  di  istantanea  rotazione 
nei  movimenti  di  una  figura  sul  suo  piano.  -  Ec- 
centricità, la  distanza  che  passa  fra  centro  e  centro 
di  due  cerchi  eccentrici.  -  Epicentro,  il  centro  sot- 
terraneo della  superficie  di  un  campo  di  terre- 
moto. 

Centrale,  del  centro,  attenente  al  centro;  che  sta 
nel  centro.  Luogo  ove  sono,  in  piccolo  spazio,  rac- 
colti tutti  gli  organi  più  delicati  dei  grandi  mecca- 
nismi che  servono  a  servizi  pubblici  ed  estesi  (casa, 
ufficio,  ecc.),  -  Centralissimo,  superlativo  di  centrale. 

-  Centrico,  che  passa  pel  centro  o  si  fa  nel  centro. 

-  Centrifugo,  che  tende  ad  allontanarsi  dal  centro 
{forza  centrifuga,  la  forza  repulsiva  che  si  sviluppa 
alla  superfìcie  di  un  corpo  che  giri  sopra  sé  stesso, 
in  tutti  i  punti  rotanti,  o  in  un  corpo  che  giri 
lungo  una  circonferenza).  -  Centripeto,  che  tende  al 
centro  {forza  centripeta,  quella  che  tende  ad  avvici- 
nare i  corpi  al  centro  della  curva  che  percorrono).  - 
Conre.')^/ ICO,  aggiunto  di  più  cose  che  stanno  o  girano 
sopra  un  centro  comune  o  corrispondente;  di  corpi 
per  lo  più  sferici,  uno  nell'altro,  e  che  hanno  il 
medesimo  centro.  -  F -centrico,  fuori  del  centro  ;  che 
non  è  intorno  al  meiiesimo  centro.  -  Paracentrico, 
di  cosa  che  è  o  che  si  muove  intorno  al  centro. 

Centralità,  l'esser  centrale.  -  Centralizzazione,  il 
centralizzare,  atto  ed  effetto.  -  Concentrazione ,  atto 
ed  effetto  del  concentrare. 

Accentrare,  raccogliere  nel  centro.  -  Centralizzare, 
il  convergere  delle  autorità  e  dei  comandi  in  un 
centro:  accrescere  l'autorità  dello  Stato  e  dimi- 
nuire l'importanza  delle  rappresentanze  ed  autorità 
locali.  -  Concentrare,  mettere  al  centro,  ridurre,  spin- 
gere a  un  centro  o  in  un  punto  considerato  come 
tale  ;  far  massa  nel  centro  {concentramento,  l'atto  ; 
concentrazione,  l'effetto).  -  Discentrare,  levare,  allon- 
tanare dal  centro;  nell'uso,  togliere  alle  ammini- 
strazioni centrali  dello  Stato  molte  delle  loro  attri- 
buzioni, per  concederle  ai  comuni,  alle  provincie, 
alle  autorità  autonome.  Contrario  di  accentrare.  E 
cosi  i  due  nomi  discentramento  e  accentramento.  - 
Incentrare,  porre  nel  centro,  entrare  nel  centro.  - 
Riaccentrare,  ripete  accentrare. 

Nel  centro  :  in  mezzo,  nel  mezzo,  per  lo  mezzo, 
per  mezzo  ;  nel  bel  centro,  nel  bel  mezzo.  -  Eccen- 
tramento,  sopra  diverso  centro. 

Centuplicare  {centuplicato,  centupiicaztvne). 
Veggasi  a  cento. 

Centuplo.  Detto  a  cento. 

Centuria.  Veggasi  a  cento,  a  comizio,  a  w?t- 
lizia. 

Centurione.  Capo  di  cento  soldati:  veggasi  a 
ìnilizia. 


Ceppaia.  Parte  del  ceppo  d'un  albero.  -  Smar* 
rare,  ripulire  le  ceppale  con  la  marra,  levando  il 
marcio  o  morto. 

Céppi,  j^e  manette. 

Céppo.  Base  e  piede  dell'albero  ;  parte  vicina 
a  terra  e  su  cui  si  eleva  il  tronco:  ceppo,  ciocco, 
piede  {sproccatura,  sprocco,  il  ceppo  specialmente 
da  ardere).  -  Anche,  toppo  di  legno.  -  Pillo,  grosso 
ceppo  con  manichi  per  pigiare  le  massicciate.  - 
Projime,  puntello  del  ceppo. 

Ceppo.  Origine  di  famiglia.  -  La  festa  del 
Natale,  e  il  regalo  o  la  mancia  che  si  dà  in 
tale  uccasione.  -  Ceppo  di  case,  aggregato,  insieme 
di  molte  case:  veggasi  a  casa. 

Cera.  Secrezione  animale,  specie  di  grasso,  ma- 
teria molle,  gialliccia  (conformata  in  celle  esagone 
nelle  quali  si  trova  il  miele)  di  cui  V ape  compone 
i  propri  fiali,  le  proprie  cellette:  è  costituita  da  tre 
principi,  cerina,  ceroleina  e  miricina;  la  si  adopera 
per  vari  usi  (far  la  candela,  tele  cerate,  lapis  li- 
tografici, dare  il  lustro  alle  scarpe,  preparare  ce- 
rotti e  cataplasmi,  lucidare  pavimenti,  fare  iinfironti 
e  modelli  di  vario  genere,  ecc.).  Anche,  una  secre- 
zione vegetale  di  alcune  piante  indigene  ed  esotiche 
(palma,  mirica,  ecc.).  La  cera  cola,  strugje,  si 
scioglie,  si  consuma,  quando  esposta  al  calori';  cola 
in  gocciole,  e  sgoccciolatiira  si  dice  specialmente 
della  cera,  e  la  cera  sgocciolata.  -  Cereo,  di  cera, 
fatto  con  la  cera.  -  Ceroso,  di  cera.  -  Incerare,  dar 
la  cera;  macchiare  con  cera  {incerato,  inceratura). 

Cera  arsa,  cera  arsiccia:  dicesi  delle  candele  e 
delle  torce  che  già  sono  state  accese,  e  che  si  com- 
perano a  minor  prezzo,  o  si  prendono  a  nolo  in 
ragione  di  consumo.  -  Cera  da  lavoro,  quella  che, 
sutìicie.'itemente  imbiancata,  si  strugge  nei  pozzuoli, 
per  lame  candele,  o  altro  simile  lavoro.  -  Cera  del 
Giappone:  nei  paesi  d'origine,  usata  per  la  fabbri- 
cazione di  candele  e  per  dare  il  lucido  ai  lavori  di 
legno  torniti;  in  Europa,  per  la  fabbricazione  dei 
cerini  e  per  sofisticare  la  cera  d'api.  -  Cera  della 
Cina:  si  raccoglie  da  diversi  alberi,  dai  quali  sgorga 
in  seguito  alla  puntura  su  essi  latta  da  alcuni  in- 
setti. -  Cera  di  canna,  ottenuta  raschiando  la  su- 
perficie della  scorza  della  canna  da  zucchero.  - 
Cera  di  mirica,  per  la  fabbricazione  di  candele  e 
per  sofisticare  la  cera  d'api.  -  Cera  di  Spagna,  la 
ceralacca.  -  Cera  gialla,  quella  non  interamente 
separala  dal  miele,  o  non  imbiancata.  -  Cera  mi- 
nerale depurata,  la  paraffina.  -  Cera  strutta,  cera 
liquefatta.  -  Cera  vergine,  quella  bianca,  gialla, 
molle,  raccolta  in  forma  non  purificata,  come  la 
fanno  le  api;  cera  di  prima  fattura,  cera  gialla. 

Garzala,  la  cera  tirata  e  bianchita.  -  Parajjina  : 
in  commercio  passa  sotto  il  nome  di  cera  gialla; 
mista  ad  acqua  ragia,  dà  una  vernice  che  serve  per 
lucidare  pavimenti  e  anche  per  intonacare  vecchi 
fusti  di  vino.  -  Pròpoli,  specie  di  cera  bruna  con 
la  quale  le  api  turano  le  fenditure.  -  Sehina,  corpo 
analogo  alla  stearina:  si  ottiene  combinando  acido 
sebacico  e  glicerina.  -  Sii,  specie  di  cera  con  la  quale 
gli  antichi  facevano  colori  rossi  e  gialli.  -  Sottano, 
quella  cera,  d'inferiore  qualità,  di  cui  i  ceraiuoli 
cominciano  a  coprire  i  lucignoli  fino  ad  una  certa 
grossezza,  prima  di  dare  alla  candela  quei  che  dì- 
cesi  il  compimento,  che  si  fa  con  la  miglioie  cera.  - 
Stearina,  uno  dei  principi  che  è  nel  grasso  animale. 

Agnusdei,  cera  benedetta  nella  quale  è  impressa  la 
figura  di  un  agnello.  Molti  tengono  questa  specie  di 
amuleto  attaccato  a  capo  del  letto.  -  Candela,  cera 
lavorata  in  forma  cilindrica,  o  leggermente  conica. 


506 


CERA    —    CERAIÒLO 


attorno  a  un  lucignolo,  cui  s'appicca  il  fuoco,  a 
uso  di  far  lame.  Per  la  fabbricazione,  veggasi  a 
ceraiuolo.  -  Cero,  grossissima  candela  di  cera; 
anche,  torcia.  -  Cerume,  colaticcio  di  cera.  -  Lu- 
laixino,  culaccini,  i  pezzetti  che  i  ceraiuoli  tagliano 
dai  rispettivi  lavori.  -  Lacero  della  cera,  più  co- 
muneni.,  calo.  -  Lucignolo  più  fili  di  cotone  filato, 
che  è  come  l'asse  della  candela.  -  Mòccolo,  piccola 
candela  di  grossezza  varia  da  quella  di  uno  stop- 
pino a  quella  al  più  di  un  dito.  -  Quadrone,  lo 
stesso   che   torchio,  ed  è  termine   delle   cererie. 

Stoppino,  lo  stesso  che  lucignolo:  ma  presso  i  ce 
raiuoli  toscani  è  una  specie  di  candela  di  lunghezza 
indefinita,  e  di  grossezza  non  più  che  una  penna 
da  scrivere,  sì  clie  si  può  aggomitolare.  Si  adopera, 
ravvolto  variamente  su  di  sé  in  forma  di  bauletto, 
ovvero  ripiegato  in  piccola  matassa  entro  la  stop- 
piniera.  -  Torcia,  torchio,  quattro  lunghe  candele 
unite  in  quadro,  una  contro  l'altra. 

Ceresina,  prodotto  ottenuto  con  la  cera  vegetale. 

Cerograpa,  preparazione  di  piastre  da  stampare 
con  una  piastra  di  rame  spalmata  di  cera,  in  cui 
si  incidono  le  linee  de!  disegno  e  si  imprime  lo 
scritto,  prendendone  poi  un  clichè  galvanoplastico. 

-  Ceromanzia,  antico  modo  di  divinazione,  fatto  col 
versare  in  acqua  goccie  di  cera  liquefatta,  osser- 
vando le  figure  che  esse  vi  prendevano.  -  Ceratene, 
idrocarburo  prodotto  dalla  distillazione  della   cera. 

Sacchettino  della  cera,  quel  cencio  in  cui  sia  rin- 
volto un  pezzetto  di  cera  bianca,  e  che  si  sfrega 
sulla  parte  liscia  del  ferro,  quando  è  caldo,  sia  per 
pulirlo,  sia  perchè  corra  agevolmente  sul  pannolino 
inumidito.  Dicesi  anche  semplicemente,  per  antono- 
masia,/a  cera  e  dar  laceia  l'azione  del  fregarla  sul 
ferro. 

Lavorazione  della  cera.  —  Varie. 

Bianchire  la  cera,  operazione  che  si  fa  per  to- 
glierle il  colore  gialliccio  e  renderla  bianca.  -  Co- 
lare la  cera,  operazione  con  la  quale  la  cera  strutta 
in  una  caldaia  si  la  passare  per  la  cola,  da  cui 
cade  sul  cilindro,  poi  nell'acqua  {colatura,  l'azione 
del  colare  e  la  cosa  colata;  cera  colata  dalle  can- 
dele). -  Decantare,  il  chiarirsi  della  cera  nella  cal- 
daia. -  Imbiancare  la  cera,  esporla,  ridotta  in  gar- 
zuolo, all'azione  alternata  della  luce  e  della  ru-" 
giada.  -  Lavoro  per  ejfmione,  per  immersione,  ecc., 
veggasi  a  ceratolo.  -  Snervare,  dicesi  della  cera 
troppo  ricotta  che  perde  una  gran  parte  delia  sua 
miglior  sostanza. 

Arcolaio,  arnese  ad  uso  di  guindolo  orizzontale 
per  filar  la  cera.  -  Argagnolo,  ciò  che  regge  il  ba- 
cino in  cui  si  strugge  la  cera  e  fatto  in  modo  che 
la  cera  che  scola  dal  cerchiello  ritorni  nel  bacino 
medesimo.  -  Aspo,  grosso  e  corto  cilindro  formato 
di  stecche,  vicine  le  une  alle  altre,  girevole  su  due 
perni,  sul  quale  s'innaspa  lo  stoppino  al  sortir 
dalla  filiera.  -  Bacine,  vasi  di  rame  stagnato,  poco 
cupi,  a  bocca  molto  più  larga  del  tondo,  murati  in 
fcrnelto.  La  cera  strutta  nelle  bacine  si  versa  con 
un  ramaiuolo  sui  lucignoli  pendenti  dal  cerchiello. 

-  Bacinella,  specie  di  catinella  di  rame  stagnato, 
con  due  maniglie:  serve  a  trasportare  nelle  bacine 
la  cera  dei  pozzuoli. 

Canovacci,  grosse  ed  ampie  tele,  distese  su  al- 
trettante tavole  in  luogo  aperto,  sulle  quali  l'allar- 
gato garzuolo  dall'alternata  azione  della  luce  e  della 
rugiada  riceve  un  primo  imbiancamento,  cui  succede 
un  secondo,  un  terzo,  ecc.,   sempre    ripetendo   l'o- 


perazione della  cola,  e  l'esposizione  sui  canovacci, 
-  Cerchiello,  cerchio  di  ferro  o  anche  di  legno,  ap- 
peso orizzontalmente  al  di  sopra  della  bacina,  mu- 
nito nella  circonferenza  di  numerosi  arpioncini,  o 
gancetti,  a  cui  sono  sospesi  altrettanti  lucignoli  ri- 
piegati, sui  quali  si  versa  successivamente  e  a  più 
riprese,  con  la  mestola,  la  cera  strutta.  -  Cilindro, 
grosso  tubo  di  rame,  imperniato  orizzontalmente  in 
due  sponde  opposte  di  una  vasca,  nella  cui  acqua 
è  immerso  per  un  segmento.  La  cera  strutta,  caduta 
dalla  cola  sul  cilindro  girante,  è  da  questo  trasci- 
nata nell'acqua  fredda  della  vasca,  vi  s'indura  e  si 
riduce  in  garzuolo.  -  Cola  (o  stretto),  cassetta  di 
rame  stagnato,  col  fondo  pieno  di  forellini,  dai 
quali  la  cera  strutta  cade  sul  cilindro.  -  Culatta  dei 
ceri,  la  fascia  di  fondo  messa  perchè  non  si  aprano, 
infilandoli  nello  spunzone  dei  candelieri.  -  Focara, 
specie  di  braciere  ad  uso  di  tenere  strutta  la  cera 
del  bacino. 

Garzuolo,  pezzi  irregolari  in  cui  si  riduce  la  cera 
nell'acqua  della  vasca,  trattavi  dal  cilindro  girante. 
Il  garzuolo,  tratto  dall'acqua  col  mezzo  di  rastrelli, 
è  portato  sui  canovacci  con  barelle,  o  in  panieri 
foderati  di  tela.  -  Getti,  bastoni  di  cera  adoperati 
nella  fusione  a  cera  persa.  -  Pozzetto,  pozzino,  vaso 
in  cui  si  fa  passare  la  cera  strutta  nella  caldaia. 
{gettare  a  pozzetto)  -  Pozzuoli,  caldaie  cilindriche, 
cupe,  a  fondo  ovale,  murate  in  fornello,  nelle  quali 
si  strugge  la  cera  da  lavoro,  per  purgarla  dalla 
terra  e  dai  bruscoli:  quella  cade  nell'acqua  di  cui 
é  coperto  il  fondo,  questi  galleggiano  e  si  tolgono 
con  mestola.  -  Tubetto,  bastoncelli  di  cera  usati 
nella  fusione  a  cera  persa,  in  fonderia. 

Varie.  —  Ceraiolo,  chi  lavora  la  cera  e  fabbrica 
con  essa  candele,  ceri,  torcie,  e  simili;  anche,  colui 
che  raccoglie  la  cera  che  scola  da'  torcetti  accesi 
nelle  processioni  o  negli  accompagnamenti  funebri.  - 
Cereria,  luogo  dove  si  fabbrica  o  si  vende  la  cera. 

Cerofanie,  figure  trasparenti  di  cera.  -  Ceragio, 
nel  medio  evo,  tassa  ecclesiastica  imposta  per  prov- 
vedere le  candele.  -  Ceroplastica,  arte  di  modellare 
in  cera  figure,  ornati  e  simili.  -Eucaristica,  lai, jnt- 
tura  nella  quale  entra  lacera;  specie  di  vernice 
per  mobili,  pavimenti,  ecc. 

Cera  o  cièra.  Sembianza,  aria  di  volto,  di 
faccia. 

Ceraiolo,  ceraiuolo.  Fabbricante  o  nego- 
ziante di  cera  lavorata;  che  fa  lavori  di  cera  (can- 
dele, ceri,  ligure,  ecc.):  candelaio.  -  Cereria,  luogo 
nel  quale  il    ceraiolo  fabbrica  o  vende  la  cera. 

Lavori  del  ceraiolo. 

Il  ceraiolo,  oggidì,  più  che  con  la  cera  delle  api, 
fabbrica  le  candele  con  la  stearina,  estratta  dal 
grasso  animale  (delle  bestie  macellate,  ecc.),  grasso 
che  si  fa  sciogliere  con  vapore  acqueo  e  si  racco- 
glie in  grandi  bacini,  dai  quali  una  pompa  assoi"^ 
lente  lo  trasporta  in  una  vasca  chiusa,  per  la  com- 
binazione chimica  secondo  una  determinata /brmu/o, 
varia  da  fabbrica  o  fabbrica.  Dalla  vasca,  incomin- 
ciata la  trasformazione,  il  grasso  è  fatto  passare 
in  una  grande  caldaia,  e  da  questa  in  apparecchi 
detti  autoclavi,  grossi  e  pesanti  cilindri  die  girano 
velocemente  in  bacini  nei  quali  la  rapidità  del  mo- 
vimento- scompone  e  separa  la  stearina  dàìVoleina, 
d&W acido  stearico  e  da  altre  sostanze  che  servono 
a  fabbricare  sapone  e  altre  cose.  Dagli  autoclavi 
la  stearina  passa  di  nuovo  in  botti,  preparandosi 
alla  lavorazione  materiale,  per  la  compiuta  sua /)r«- 


CERALACCA   —   CERAMICA 


507 


parazioiie  chimica;  poi,  dalle  botti,  è  portata  nelle 
presse,  lunghe  lamiere  di  metallo,  chiuse  in  una 
specie  di  torchio.  La  stearina  passa  tra  una  e  l'altra 
di  esse,  e  la  forte /Jj-essione  esercitala  la  libera  dalle 
ultime  impurità;  infine,  la  si  raccoglie  entro  enormi 
tini.  Allora  incomincia  il  lavoro  meccanico  affidato 
alle  operaie,  le  quali,  per  mezzo  di  catinelle,  tra- 
sportano la  stearina  nelle  macchine,  formate  con 
serie  di  piccoli  tubi  di  ferro  riuniti  in  un  telaio  rettan- 
golare. Ogni  tubo  ha  in  fondo  uno  stantuffo  ed  è,  dal 
basso  all'alto,  attraversato  da  un  filo  di  cotone, 
che  viene  legato  a  una  sbarra  di  ferro.  Fatta  la  pre- 

fiarazione  dei  tubi  con  quel  filo  e  con  la  stearina 
iquefatta,  di  cui  sono  riempiti,  si  opera  il  raffred- 
damento immergendoli  in  vnsche  di  acqua  gelata. 
Quando  la  stearina,  sotto  l'azione  del  freddo,  si  è 
solidificata  quasi  totalmente,  si  gira  una  manovella, 
e  lo  stantuffo  che  sta  in  fondo  a  ciascun  tubo  si 
alza,  spingendo  fuori  il  bianco  cilindrett)  di  stearina. 
Si  dà  un  altro  giro  alla  manovella,  e  la  candela 
cade  dentro  cassette  appositamente  predisposte.  Ma 
non  tutte  le  candele  riescono  perfettamente:  inoltre, 
la  loro  superficie  è  scabrosa.  Allora,  fatte  scorrere 
su  un  pavimento  spalmato  di  grasso,  passano  alla 
macchina  pulitrice,  formata  con  spazzole  girevoli.  Le 
candele,  affidate  a  correggie,  sono  tenute  in  movi- 
mento rotatorio  finché  acquistino  la  lucentezza  per- 
fetta della  superficie  ben  levigata.  Segue  un'altra 
piccola  operazione,  quella  del  taglio;  poi  una  mac- 
chinetta rettifica  nettamente  la  base  e  imprime  il 
iiome  o  il  sigillo  o  la  sigla  della  ditta. 

Lavoro  per  effusione,  quello  di  fare  le  candele  al 
cercinello,  per  versamento  della  cera.  -  Lavoro  per 
filiera,  quello  dello  stoppino,  il  quale  si  fabbrica 
facendone  passare  il  lucignolo  attraverso  la  cera 
strutta,  poi  in  fori  di  una  filiera  o  trafila  successi- 
vr.mente  maggiori.  -  Lavoro  per  immersione,  quello 
di  fare  certe  candele,  minori,  dette  moccoli,  tuffan- 
done il  lucignolo  nella  cera  strutta  dei  pozzuoli. 

Acculare,  acculattare  le  candele,  dare  col  coltello 
la  forma  tondeggiante  alla  parte  inferiore  di  esse. 
-  Allucignolare,  avvolgere  la  cera  intorno  al  luci- 
gnolo, allo  stoppino.  -  Ingrossare  il  lavoro,  crescere 
il  diametro  delie  candele  o  simili  con  l'aggiungere 
loro  nuova  cera,  sino  alla  voluta  grossezza.  -  Ingros- 
sare lo  stoppino,  innasparlo  di  nuovo  su  altro  ci- 
lindro, posto  di  faccia  al  primo,  dal  lato  opposto 
della  bacina ,  facendolo  retrocedere  e  ripassare 
nella  cera  strutta,  scambiato  ciascuna  volta  il  sito 
rispettivo  della  filiera  e  del  forchetto  -  Pianare  (le 
candele),  dar  loro  sul  banco,  con  la  piana,  il  liscio 
e  la  regolarità  di  forma  {pianatura,  l'operazione  del 
pianar  le  candele  ;  candela  rozza,  quella  non  an- 
cora pianata). 

Filatoio,  ordigno  da  torcere  la  bambagia  per  tira- 
re lo  stoppino.  -  Filiera,  trafila  rettangolare  di  ferro, 
collocata  per  coltello  presso  il  forchetto,  e  poco  al 
di  sopra  della  cera  strutta.  Nei  fori  di  essa  passa 
il  lucignolo  intriso  di  cera  al  sortir  del  forchetto  e 
va  a  dipanarsi  sull'aspo.  -  Focara,  arnese  per  lo 
più  di  ferro  fuso  che  serve  ad  accendere  il  fornello 
sotto  la  caldaia,  specialmente  ai  ceraioli.  -  For- 
chetto, filo  di  ferro  forcuto  all'un  dei  capi,  e  questo 
tenuto  immerso  nella  cera  strutta  della  bacina.  Il 
lucignolo  che  in  questo  caso  chiamasi  anche  filo, 
proveniente  da  uno  o  più  gomitoli  che  sono  in  una 
vicina  cassetta,  preso  fra  i  due  rebbi  del  forchetto, 
passa  per  entro  la  cera  strutta,  poi  nella  filiera, 
quindi  sull'aspo.  -  Piana,  pezzo  di  legno,  talora  di 
marmo,  rettangolare,  lungo  qualche   palmo,  un  po' 


men  largo,  piano  al  di  sopra,  convesso  al  di  sotto, 
con  due  incavi  a  modo  di  prese,  per  maneggiarlo. 
Serve  a  pianare  sul  banco  le  candele,  ossia  a  pa- 
reggiarne la  superficie ,  lacendovele  rotolare  in 
due  versi  contrari  alternatamente.  -  Stoppiniera, 
piccolo  arnese  portatile  in  cui  o  su  cui  è  avvolto 
un  lungo  pezzo  di  stoppino,  a  uso  di  più  speditivo 
trasporto  di  lume  dall'un  luogo  all'altro  della  stanza 
o  (Iella  casa.  -  laglia,  strumento  da  tagliare  i  lu- 
cignoli a  quella  lunghezza  che  si  vuole. 

VAtìiE.  —  Avviatura,  il  prezzo  che  si  paga  al 
ceraiolo  per  accendere  la  prima  volta  un  cero  o 
una  torcia  e  simili.  -  Borace,  sale  traslucido,  di  sa- 
pore dolciastro,  usato  dal  ceraiuolo  per  la  fabbri- 
cazione delle  candele  steariche.  -  Fosfato  di  ammo- 
niaca, sale  facilmente  solubile,  di  cui  il  ceraiolo 
utilizza  la  soluzione  per  imbevere  gli  stoppini  delle 
candele  steariche. 

Ceralacca.  Composizione  di  resina,  lacca,  spi- 
rito di  vino  e  vermiglione,  ridotta  in  bacchettine  per 
sigillare:  cera  lacca,  cera  di  Spagna;  col  vermiglione 
le  si  dà  il  colore  rosso;  altro  colore  con  altre  so- 
stanze; serve  da  sigillo  a  lettere  o  altro,  all'uopo 
riducendola  liquida  al  lume  di  candela,  di  lucerna 
o  di  alcool.  Di  varie  qualità:  ordinaria,  fina,  finis- 
sima. -  Ceralacca  odorosa,  quella  nella  cui  compo- 
sizione entri  qualche  resina  o  altra  sostanza  odo- 
rosa, che,  bruciando,  mandi  profumo. 

Bacchettina,  cannello  di  ceralacca,  bastoncino  ge- 
neralmente di  forma  cilindrica  o  cilindroide,  della 
grossezza  d'un  dito,  della  lunghezza  d'un  palmo 
circa;  si  strugge  a  uno  'dei  capi  accendendolo  a 
una  fiamma,  per  sigillare  lettere  o  altro.  Prima  che 
la  ceralacca  si  rassodi,  si  calca  con  sigillo  che  vi 
lascia  l'impronta,  a  maggiore  sicurezza  della  cosa 
sigillata.  In  Toscana  più  comune  cannello.  -  Colo- 
fonia, residuo  della  distillazione  della  trementina, 
base  della  ceralacca.  Si  adopera  per  spalniare  i 
crini  degli  archetti  d'istrumenti  ad  arco;  per  dare 
aderenza  alle  cinghie  di  cuoio  per  trasmissione  di 
movimenti  meccanici,  per  produrre  lampi  nei  fuochi 
artificiali.  Polverizzata  ed  unita  all'  orina,  le  tras- 
mette un  grato  odore  di  viola. 

Inceralaccare,  dare  la  ceralacca.  -  Inceralaccare, 
inceralaccarsi,  insudiciarsi  con  la  ceralacca.  -  Pac- 
chetto di  ceralacca,  più  cannelli  insieme  e  avvolti 
in  una  carta. 

Ceràmica  (ceràmico).  Arte  di  far  vasi  e  og- 
getti vari  di  argilla,  di  terracotta,  di  maio- 
lica, di  porcellana,  con  o  senza  ornamenti  di 
pittura  0  di  scultura  (anche  gli  oggetti  stessi  lavo- 
rati, cioè  le  stoviglie):  arte  ceramica,  arte  del 
vasaio,  figulina,  manifattura  dei  vasi.  -  Antiplastiche, 
quelle  sostanze  che  agiscono  sugli  elementi  della 
pasta,  diminuendone  la  plasticità  e  facilitando  la  scom- 
parsa dell'acqua:  per  le  maioliche  e  le  stoviglie 
comuni,  le  sostanze  antiplastiche  più  comuni  sono 
la  creta,  il  cemento,  le  scorie  vitreo-ferruginose, 
la  sabbia,  ecc.  -  Ceramico,  che  si  riferisce  alla 
ceramica,  all'arte  ceramica.  -  Ceramiche,  lavori  di 
terre  plastiche.  -  Fittile,  d'argilla  {vasi,  figure  fittili; 
comunemente,  terrecotte). 

Bucchero,  sorta  di  argilla,  di  colore  rossastro, 
usata  per  la  fabbricazione  di  vasi  di  lusso.  -  Cao- 
lino, materia  proveniente  dalle  scomposizioni  feld- 
spatiche;  si  divide  in  argilloso,  ghiaioso  e  sabbioso, 
secondo  che  contenga  piccoli  frammenti  di  sabbia 
fine  di  quarzo  e  di  feldspato,  o  che  vi  siano  eli- 
minati quei  cristalli:  adoperato  nella  ceramica.  - 
Engobe,  specie  d'intonaco  di  sostanze  terrose,  bian- 


f{08 


che  o  colorate,  fissate  mediante  un  fondente  ve- 
troso. -  haiences,  le  terre  smaltate,  piatti,  coppe, 
vasi,  a  vagtii  disegni  e  perfette  tinte. 

Grès,  pasta  dura,  pure  adoperata  nella  ceramica, 
molto  omogenea,  sonora,  mezzo  vetrificata,  e  per 
conseguenza  inalterabile  agli  agenti  chimici  ed  im- 
permeabile ai  liquidi.  -  Maiolica,  terra,  simile  a 
porcellana,  così  detta  dall'isola  di  Maiorica.  -  Murra, 
sorta  di  porcellana  antica,  fatta  con  terra  finissima 
di  alcuni  paesi  dell'Oriente.  -  Parian,  specie  di 
porcellana  inglese.  -  Pegmatite,  feldspato  mescolato 
al  quarzo:  costituisce  quella  roccia  la  cui  scomposi- 
zione dà  il  caolino.  -  Forcellatia,  terra  composta 
con  la  quale  si  tanno  stoviglie  di  pregio;  il  più 
pregiato  e  curato  prodotto  ceramico,  tipo  degli  ar- 
ticoli di  terracotta  compatti,  non  porosi.  -  Smalto 
stannifero,  composto  di  ossido  di  stagno,  di  ossido 
di  piombo  in  quantità  minima,  di  sabbia  e  di  car- 
bonato di  potassa,  ridotti  isolatamente  in  polvere 
finissima,  poi  stemperati  insieme.  -  Terracotta,  la- 
voro artistico  in  terra  cotta;  nome  generico  delle 
terraglie,  che  si  ottengono  con  argilla  resa  solida  e 
dura  mediante  la  coltura;  sono  di  varia  specie: 
compatte,  non  porose  (porcellane)  e  porose  (maio- 
lica, laterizi). 

Decalcomania,  metodo  d'impressione  in  colori  per 
la  decorazione  delle  porcellane  e  delle  maioliche  fine. 
•  Decorazione,  lavoro  per  ornare,  in  vario  modo,  le 
ceramiche:  si  fa  per  impressivne  alla  carta,  per 
impressione  alla  gelatina,  per  impressione  alla  spugna. 

Fotografa  ceramica,  riproduzione  di  un  ritratto, 
di  una  qualunque  fotografia  sulla  ceramica.  - 
Graffiti,  metodo  di  decorazione  praticato  sopratutto 
dai  vasai  illirici  :  ricorda  un  metodo  analogo  usato 
dai  pittori  a  fresco.  -  Intagli,  sistema  di  decora- 
zione del  quale  bisogna  usare  con  riguardo  e  con 
molto  tatto  :  gli  intagli,  ripieni  di  smalto  di  vari 
colori,  lasciano  passare  i  raggi  luminosi  e  produ- 
cono riflessi  di  colori  che  brillano  capricciosamente 
su  tutte  le  superficie  vicine  che  ne  sono  suscettibili. 

Lilofania,  invenzione  notevolissima  che  ha  dato 
prodotti  artistici  di  una  gran  bellezza.  -  Posticcio- 
mania,  metodo  che  ha  la  pretesa,  spesso  giustificata, 
d'imitare  vasi  di  porcellana  della  China,  del  Giap- 
pone, di  Sèvres,  ecc.,  mediante  vasi  di  terra  deco- 
rati di  disegni  adatti.  -  Scultura  di  pasta,  su  pasta, 
metodo  di  scultura  a  crudo  dalla  quale  si  traggono 
effetti  assai  graziosi.  -  Scrndimento,  cottura  a  ca- 
lore perduto  che  si  fa  subire  ai  pezzi  lavorati, 
prima  di  ricevere  la  invetriatura.  -  Verniciatura, 
operazione  mediante  la  quale  si  spalma  il  vasellame 
con  una  specie  di  intonaco  impermeabile  e  lucente. 

Antigorio,  smalto  grossolano,  col  quale  si  rico- 
prono le  terraglie.  -  Colori,  le  tinte  varie  che  si 
danno  alle  ceramiche:  molti  si  ottengono  dissol- 
vendo col  calore  e  col  mezzo  di  resine  i  sali  me- 
tallici opportuni,  che  si  rendono  fusibili  con  ag- 
giunta di  oli  essenziali,  e  cosi  si  hanno  i  colori 
desiderati.  Importante,  tra  essi,  Vazzurro  di  cromo. 

CoT^erto,  invetriatura,  intonaco  fusibile  e  vetrifica- 
bile composto  di  pegmatite  in  polvere.  -  Litargirio, 
protossido  di  piombo  fuso  che  non  si  trova  in  na- 
tura e  che,  unito  a  sabbia  silicea  o  ad  argilla  pla- 
stica, serve  come  vernice  delle  terraglie.  -  Vernice, 
quella  coperta  di  vari  colori  che  si  dà  al  vasellame, 
resa  vetrosa  con  la  cottura  in  fornace. 

Calibratrice,  macchina  che  surroga  il  lisciatoio 
del  modellatore  a  mano.  -  Centina,  modello  da  get- 
tatore, detto  anche  sagoma.  -  Girella,  testa  del  tornio 
da  vasellami.  -  Lisciatoio,  specie  di  coltello  di  ferro 


0  di  legno  che  l'operaio  mattonaio  adopera  per  li- 
sciare la  pasta  cretosa  messa  nel  quadro  a  stamp 
-  Stecca,  mestolina  di  legno  o  di  altra  sostanza,  in 
forma  di  mezzaluna,  che  il  vasaio  adopera   per  li- 
sciare la  superficie  del  pezzo  che  sta  lavorando. 

Giare,  grandi  vasi  di  terracotta  che  si  usano  in 
Ispagna,  nel  Portogallo  e  anche  in  Africa  per  chiu- 
dere e  conservare  olio,  grasso,  ecc.  -  Olla,  vaso 
romano  in  cui  si  cuocevano  gli  alimenti.  -  Olla  ci- 
neraria, vaso  di  terracotta  in  cui  si  conservavano  le 
ceneri  degli  estinti.  -  Teocalli,  case  o  templi  dogli 
dèi  del  Messico,  decorati  di  ceramiche. 

Figulina,  l'arte  del  vasellaio.-  Figurinaio,  ehi  xa 
in  giro  a  vendere  le  figurine  di  gesso,  di  creta,  ecc. 

Vasellaio,  chi  con  argilla  fabbrica  vasi  d'ogni  ma- 
niera e  per  qualsiasi  uso  :  figulinaio. 

Cerasta.  Veggasi  a  serpe. 

Cerato.  Forma  medicamentosa  destinata  ad  uso 
esterno,  costituita  da  un  miscuglio  di  cera,  di  olio 
di  mandorle  o  d'oliva,  e,  talvolta,  invece  della  cera, 
di  spermaceti  o  di  cetina:  di  consistenza  intermedia 
fra  quella  degli  unguenti  e  degli  empiastri,  ma  non 
contiene,  come  i  primi,  sostanze  resinose,  né  dei 
saponi,  come  i  secondi. 

Cèrbero.  Il  favoloso  cane  deWinferno. 

Cerbiatta,  cerbiatto.  Detto  a  cervo. 

Cerbottana.  Istrumento  di  caccia:  mazza  per 
tirare  agli  uccelli. 

Cerca.  L'atto  del  cercare;  special m^ntf^  ^lel 
frate  raccogliente  Veleìnosina. 

Cercanti.  Veggasi  a  crociata. 

Cercare  {cercato,  cercatore).  Adoprarsi,  aver 
cura  per  trovare  persona  o  cosa  che  si  desidera, 
oggetti  smarriti,  ecc.;  andare  all'accatto  ;  andare  cer- 
cando, alla  cerca,  in  cerca,  in  procaccio;  andare, 
correre  in  caccia;  cercar  di  rintracciare;  dare,  far 
la  caccia  ;  darsi,  mettersi  all'inchiesta  ;  fare  incetta,- 
ricerca;  braccare,  breccheggiare,  darsi  alla  busca, 
frugare,  andar  alla  rifrusta,  andare  raticoni,  met- 
tersi alla  cerca,  in  cerca.  -  Anche,  richiedere,  di- 
inandare;  investigare,  indagare,  consultare, 
esaminare,  scrutare. 

Adocchiare,  cercare  con  gli  occhi.  ■  Andar  tentoni 
0  tentone  o  a  tentone,  andare  adagio  e  leggieri,  quasi 
tastando  coi  piedi  il  suolo  e  facendosi  la  strada 
con  lo  stender  le  braccia  innanzi,  il  che  si  fa  al 
buio  0  per  non  essere  sentito.  -  Appostare,  osser- 
vare attentamente  dove  si  ricoveri  o  sia  riposto 
checchessia.  -  Braccare,  braccheggiare,  cercare  la 
fiera,  la  selvaggina:  detto  dei  bracchi.-  Bucherare, 
cercare  frugando.  -  Buscacchiare,  andare  alla  busca. 

Cercare  con  insistenza:  cercare  ogni  buco,  cercare 
col  fuscellino  (cercare  con  diligenza  e  anche  con 
pedanteria);  cercare,  ricercare  per  sette  riprese.  - 
Cercar  funghi  in  Arno,  cose  dove  non  sono.  -  Cercar 
in  ogni  buco,  per  tutti  i  buchi,  per  tutto,  premuro- 
samente. -  Cercar  per  mare  e  per  terra,  una  per- 
sona 0  cosa  da  tutte  le  parti.  -  Cercare  uno,  fru- 
garlo per  vedere  se  ha  nulla  di  riposto  indosso. 

Chiedere,  cercare  da  qualcuno  quel  che  ci  oc- 
corre :  domandare.  -  Compulsare,  per  consultare, 
ricercare.  -  Dar  la  caccia,  cercare,  come  rincorrendo, 
qualcuno  o  qualche  cosa.  -  Esplorare  (figur.),  cercar 
di  conoscere  l'animo  d'una  persona,  l'opinione  della 
gente,  le  mosse  dei  nemici,  il  nemico,  ecc.  Nell'uso, 
viaggiare  in  un  paese  sconosciuto  per  studiarlo, 
conoscerlo,  descriverlo.  -  Essere  sulle  peste,  sulle 
traccie:  di  chi  va  in  cerca.  -  Fruconare,  sfruconare, 
frugare  gagliardamente.  -  Frugacchiare,  frequent.  di 
frugare,  ma   con   diminuzione   di  significato,  e  dà 


CERCHIA    —    CEREALE 


o09 


.'idea  di  azione  fatta  in  fretta  e  sbadatamente.  Nel 
Lucchese  dicesi  furicare.  fuzzicare;  e  fuzzico  uno 
strumento  col  quale  si  fuzzica,  e  ordinariam.  dicesi 
per  stecco,  bastone,  ecc.  -  Frugare,  cacciar  le  mani 
in  un  luo^o,  rnspando  per  trovare  una  cosa.  -  fru- 
gare e  frucare,  andar  tentando  con  bastone  o  altro 
che  di  simile  in  luogo  riposto.  -  fìifrugare,  o  n- 
frucare,  frugare  di  nuovo.  -  Frugnolare,  andar  in 
cerca  di  cose  o  persone  con  lanterna  in  mano,  e 
sbatter  in  faccia  la  luce  per  riconoscere. -Fm^yo/rtre, 
di  chi  cerca  qualcosa  fra  oggetti  minuti,  tra  fessure, 
fra  la  terra  o  sim.  -  Fruscolare,  rifruscolare,  rifru- 
stare, cercare  con  diligenza  e  minutamente. 

Indagare,  cercare  con  curiosità,  spesso  indiscreta: 
fare  indagine,  investigare.  -  Inquisire,  cercar  le 
tracce  e  le  prove  e  l'autore  d'un  reato,  d'un  de- 
litto. Per  eslens.,  spiare,  faigare.  -  Investigare, 
cercare  con  ddigenza  per  giungere  a  scoperta  d'im- 
portanza 0  ad  una  verità. 

Perquisire,  eseguire  una  minuziosa  ricerca,  d'or- 
dine dell'autorità  di  polizia  o  giudiziaria.  -  Perscru- 
tare (non  comune),  scrutare.  -  Pescare,  ritrovare 
dopo  aver  cercato  assiduamente;  anche,  cercare  a 
caso  ;  cercare  più  o  meno  fortunatamente.  -  Procac- 
ciare, cercare  con  industria,  j)}-ocurare. 

Razzolare,  per  metafora,  cercare  con  curiosità, 
frugare  in  diversi  luoghi.  -  Ricercare,  rifrustare, 
rifrugare;  anche,  inquisire;  ripete  e  rafforza  cer- 
care. -  ìiifrucare,  rifrugare,  ripete  frucare  e  fru- 
gare. •  Rifrustare,  cercare  per  tutto,  per  tutti  i  buchi, 
tra  le  carie  e  simili.  -  Rintracciare,  seguitar  la 
traccia  per  trovare.  -  Rinvangare,  ricercare,  inve- 
stigare da  capo.  -  Rinvergare,  investigare.  -  Rivan- 
gare (figur.),  ricercare,  riandare  una  cosa  spiacevole. 

-  Rovistare,  ricercare  con  premura;  propriamente, 
andar  per  casa  trascinando  e  movendo  le  masserizie 
da  luogo  a  luogo,   quando  si  cerca  di  checchessia. 

-  Rufolare,  rovistare,  frugacchiare.  -  Ruspare,  raz- 
zolare coi  piedi  che  fanno  le  galline,  i  polli  e  si- 
mili per  cercarsi  il  cibo.  -  Scavizzolare,  cercare  con 
sottile  studio  ;  frugare  con  minuta  ricerca,  o  scom- 
pigliando, cosa  per  cosa,  punto  per  punto,  e  trovar 
come  a  caso.  -  Scoprire  paese,  tastare  terreno,  ve- 
dere come  stanno  le  cose.  -  Scrutare,  cercar  d'in- 
dagare e  scoprire  quel  che  è  misterioso,  segreto, 
complicato.  -  Scrutinare,  scrutare  con  pedanteria,  con 
impacciosità.  -  Spiare  furtivamente  r intenzione  altrui: 
investigare.  -  Spingere  le  ricerche,  le  indagini,  in- 
dagare. -  Squinternare,  cercare  con  sottigliezza,  sot- 
tilizzare. -  Studiare  tutti  i  modi  di  farsi  dimenticare, 
cercare  tutti  i  mezzi  allo  scopo.  -  Stuzzicare,  fru- 
gacchiare con  cosa  appuntata.  -  Tastare,  cercare  col 
tasto  (tastare  il  terreno,  per  sapere  come  stanno 
le  cose.  -  Tentare  uno  con  parole  o  con  fatti:  cer- 
cando d'indurlo,  di  sapere,  ecc. 

Braccheggio,  il  braccheggiare.  -  Cercata,  il  cercare, 
l'atto  del  cercare  e  per  lo  più  alla  lesta.  -  Frugata, 
l'azione  del  frugare.  -  Frugone,  pezzo  di  legno  o  di 
bastone  rotto  e  ogni  altra  cosa  simile  atta  a  fru- 
gare. -  Incetta,  ricerca,  raccolta.  -  Inchiesta,  per 
investigazione,  voce  del  linguaggio  tecnico  ammini- 
strativo. -  Indagine,  ricerca  minuta  di  fatti.  -  In- 
vestigazione, l'investigare  e  il  risultato  (accurata, 
diligente,  minuta,  importuna,  ecc.). 

Perquisizione,  ricerca  minuta  da  parte  dell'auto- 
rità, in  luoghi  sospetti.  -  Quesito,  ricerca  di  carat- 
tere scientifico  o  morale.  -  Ricerca,  il  ricercare  e 
l'effetto  {diligente,  assidua,  utile,  infruttuosa,  ecc.).  - 
Rifrusta,  ricercamento.  -  Rovistio,  il  rovistare  con- 
tinuato. 


Cercatore,  cercatrice ,  chi  cerca:  indagatore 
indagatrice;  investigatore,  investigatrice,  ecc.  -  Fru- 
goìie,  frugona,  persona  che  fruga  per  tutto.  -  Inqui- 
rente, chi  è  incaricato  di  fare  un'inquisizione: 
spesso  un  giudice. 

Indagabile,  che  si  può  indagare,  ricercare,  scru- 
tare. -  Scrutabile,  che  si  può  scrutare. 

Iru  fru,  voce  imitativa  del  raspare,  del  cercare, 
dello  scappare  in  fretta.  -  In  traccia  (modo  av- 
verb.),  alla  ricerca. 

Moni  DI  DIRE.  —  Andare,  cercare  per  monti  e  per 
valli,  per  tutto  e  in  fretta.  -  E'  in  cantina  a  rifare 
il  letto,  oppure  è  sotto  il  letto  che  gioca  al  pallone:  a 
chi  cerca  qualcuno,  mentre  non  gli  si  vuol  rispondere. 

-  Fa  come  quello  che  cercava  l'asino  e  cera  sopra, 
di  chi  cerca  cosa  che  abbia  davanti.  -  Mettere  i 
cani  alla  posta,  esplorare  qua  e  là  per  cercare  od 
ottenere  qualche  cosa.  -  Pigliar  la  lepre  al  covo, 
andar   a   cercare  uno  dove  si  è  sicuri  di  trovarlo. 

-  Saltamiaddosso,  a  clii  vuole  che  la  roba  capiti 
alle  mani  senza  cercarla.  -  Un  pagliaio  se  non  ci 
balte  il  capo  non  lo  trova:  di  chi  non  sa  cercare. 

Cerchia.  Giro,  cinta,  circolo;  circuito,  campo, 
terreno;  àmbito;  competenza;  influenza  d'un'a««- 
torità,  sfera  d'azione.  Detto  specialmente  della  mura 
d'una   città  o  d'un   castello. 

Cerchiaio.  Chi  i  fa  cerchi  da  botte. 

Cercliiare  (cerchiato,  cerchiatura).  Legare  o  ser- 
rare con  cerchio. 

Cerchiatura.  Veggasi  a  cerchio. 

Cerclilello.  Piccolo  cerchio. 

Cérchio.  Figura  geometrica  :  circolo.  -  Ciò  che 
circonda  e  accerchia  checchessia.  -  Cinta,  circuito, 
circondario,  recinto.  -  Fasciame,  specialmente  di  ferro, 
fatto  per  rafforzare  un  oggetto  e  tenerne  salde  le 
parti.  -  Legname  piegato,  bandello,  generalmente  di 
ferro  o  di  legno,  piegato  in  tondo  per  cinger  botti, 
tini,  ruote,  ecc.;  e,  per  traslato,  ogni  altra  materia 
disposta  in  tal  forma:  cerciiia,  cinghia,  cinghio,  cin- 
tura, giro,  tondo.  -  Cerchiello,  ceichiellino,  cerchiet- 
tino, cerchietto,  cerchiolino,    girello,  piccolo  cerchio. 

-  Cerchione,  girone,  grosso  cerchio.  -  Campanella, 
cerchietto  di  ferro  fatto  a  guisa  di  anello  :  serve 
a  fai-  scorrere  tende,  portiere,  e  a  molti  altri  usi. 
•  Cércine,  ravvolto  di  panno,  a  foggia  di  cerchio, 
usato  da  chi  porta  pesi  sul  capo.  -  Listello,  cerchio 
di  ferro.  -  Raperella,  cerchietto  o  bottoncino  d'ot- 
tone per  ornamento  o  per  tener  fìsso  qualcosa. 

Area,  cerchio,  disco.  -  Epiciclo,  quadrante,  semi- 
cerchio, segmento,  sestile,  ecc.,  veggasi  a  circolo. 

Cerchiare,  munire,  circondare  di  cerchio:  ac- 
cerchiare, mettere  i  cerchi,  raccerchiare,  ricerchiare. 
Anche,  pas-sare  per  tutte  le  parti  di  checchessia, 
tornando  dove  si  era  cominciato.  -  Incerchiare,  met- 
ter nei  cerchi.  -  Riaccerchiare,,  ripete  accerchiare.  - 
Cerchiato,  che  ha  un  cerchio  intorno:    accercinato. 

-  Cerchiatura,  ricerchiatura,  atto  ed  effetto  del  cer- 
chiare. 

Cerchiolino.  Piccolissimo  cerchio. 

Cerehióne.  Grosso  cerchio,  per  lo  più  alle 
ruote  d'una  carrozza. 

Cércine.  Ravvolto  di  panno,  a  foggia  di  cer- 
chio. 

Cercóne.  Il  vino  guasto. 

Cereale,  cereali.  Dicesi  cereale  il  frutto  delle 
biade  già  raccolte,  il  grano  o  seme  di  molte  gra- 
minacee; e  cereali  le  biade  già  raccolte,  compresa 
anche  la  meliga,  cioè  le  piante  che  fanno  grano 
da  ridurre  in  farina,  quindi  in  pane  e  polenta; 
ecc.:  biadume,  frumenti,  granaglie,  grani,  semi  fru- 


510 


CEREBELLARE    —    CERETTA 


mentarei;  carne  del  povero,  carne  vegetale.  Cereali, 
quindi  ;  l'avena,  il  forasacco  (sorta  di  avena  che 
nasce  fra  le  biade),  il  formentone,  o  grano  turco, 
il  frumento,  il  miglio,  Yorzo,  il  panico,  il  riso, 
la  saygina,  la  segale,  la  spelèa,  sorta  di  frumento 
forte,  ecc.  -  Farinoso,  il  cereale  che  dà  molta  fa- 
rina. -  Frumentaceo,  frumentario,  di  cereale.  -  JMar- 
zuolo,  di  marzo,  e  si  dice  delle  biade  che  si  semi- 
nano in  questo  mese. 

Civaie,  nome  generico  che  si  dà  alle  biade  e  ai 
legumi.  -  Farràgine,  mistura  di  biade  diverse  che 
si  seminano  per  mietersi  in  erba  e  pascolarne  il  be- 
stiame. -  Granella,  cereali  in  genere,  -  Grano  dei 
Negri,  la  durra.  -  Loglio,  pianta  che  nasce  tra  le 
biade  ed  ha  un  frutto  nero.  -  Mistura,  miscuglio  di 
cereali  che  si  semina  e  si  raccoglie  insieme.  -  Moco, 
specie  di  biada  simile  alla  veccia.  -  Seccia,  stoppia, 
terreno  dove  sono  stati  segati  i  cereali  inA'ernali.  - 
Segale  cornuta  o  grano  speronato,  prodotto  anormale 
(fungo)  che  si  sviluppa  su  le  spighe  di  alcuni  ce- 
reali, specialmente  della  segale. 

Amido,  materia  che  si  estrae  dal  grano  e  da  al- 
tri cereali.  -  Chicco,  il  seme  dei  cereali.  -  Granello, 
il  seme  delle  biade  che  serve  per  alimenti.  -  Glu- 
tine, parte  organica  dei  cereali  e  specialmente  del 
grano;  quella  che  produce  la  fermentazione.  -  Lolla, 
loppa,  pula,  guscio,  veste  dei  cereali.  -  Pulaccio,  loppa 
trita.  -  Pannòcchia,  la  spiga  della  saggina,  del  gran- 
turco, del  miglio,  ecc.  Tùlulo,  la  pannocchia  sgra- 
nata. -  Faglia,  lo  stelo  del  grano  e  d'altre  biade, 
che  cominciano  a  essere  da  mietere  o  che  sono  mie- 
tute. -  Seccia,  paglia  che  rimane  nel  campo  sulle 
barbe  delle  biade,  segate,  e  il  cainpo  stesso  nel 
quale  è  la  steppia.  -  Resta,  sottilissimo  filo  appic- 
cato alla  prima  spoglia  del  granello:  arista.  -  Re- 
sta terminante,  che  nasce  dalla  punta,  come  nel  riso; 
dorsale,  dal  dorso,  come  nell'avena;  diritta,  come 
nell'orzo.  -  Spiga,  la  parte  più  alta  del  fusto  del 
grano  e  simili,  contenente  chicchi.  -  Vanume,  quella 
parte  di  grano  d'altra  semenza  che  secca  senza  ve- 
aire  a  maturità  perfetta.  -  Vigliaccio,  le  spighe  sfug- 
gite alla  battitura. 

Vita  dei  cereali.  —  Malattie  e  insetti  nocivi. 

Lavori.  —  Varie. 

Affienire,  di  biade  che  vengono  su  come  fieno, 
senza  granire.  -  Allettare,  dei  cereali,  abbattersi  e 
cadere  a  terra.  -  Annebbiare,  annebbiarsi,  intristirsi 
per  effetto  della  nebbia.  -  Avere  la  stretta,  essere 
impedita  la  loro  maturità.  -  Biondeggiare  delle  biade, 
il  loro  maturare.  -  Dicollare,  troncarsi  di  spighe 
presso  il  colio. 

In  erba,  propriamente  dicesi  del  grano  o  dei  ce- 
reali che  non  sono  ancora  maturi,  ma  soltanto  in 
Brba,  senza  spiga  o  frutto.  -  Fare  lo  stocco,  lo  spi- 
ffhire  0  tallire  dei  cereali.  -  Impiolare,  di  grani  e 
frutti  che,  ammassati,  cominciano  a  vegetare  per  ri- 
jcaldamento.  -  Ondeggiare  f ondeggiamento),  muo- 
versi delle  biade  quando  investite  dal  vento.  -  Sfron- 
zare,  delle  biade  che  allungano  il  cesto.  -  Tallire, 
fare  il  tall&,  cioè  la  messa  delle  erbe  quando  sono 
per  semenzire. 

Gólpe,  malore  dei  cereali  per  cui  marciscono  e 
si  riducono  in  polvere.  -  Ruggine,  malattia  del  grano 
e  di  altri  cereali.  -  Sprone,  sorta  di  crittogama  delle 
graminacee  e  specialmente  della  segale.  -  Succiamele, 
specie  d'erba  nociva  alle  biade. 

Cercalina,  insetto,  la  cui  larva  è  dannosa  al  grano- 


turco. -  Doliconice,  uccello  passeraceo  dentirostre, 
dannosissimo  ai  cereali.  -  Locusta  migratrice,  insetto 
dannosissimo  ai  grani.  -  Punterolo,  coleottero  dan- 
noso ai  cereali  e  alle  frutta.  -  Zabbro,  insetto  che 
recide  sotterra  il  nodo  vitale  del  cereale. 

Parecchi  i  lavori  ai  quali  si  sottopongono  i  ce- 
reali: la  battitura  (insieme  delle  operazioni  neces- 
sarie e  praticate  per  estrarre  i  grani  dei  cereali 
dalla  spiga);  la  brillatura  (per  ispogliare  i  cereali 
del  guscio,  mediante  la  brilla,  o  brillatoio,  strumento 
all'uopo:  veggasi  a  riso);  la  messe  (raccolta  o  ri- 
colta delle  biade,  dei  cereali;  e  i  cereali  stessi:  ri- 
colta); la  mietitura  (il  tagliare  le  biade  alla  metà 
dell'altezza  j  poco  sotto  la  spiga),  la  mondatura  (il 
levare  la  buccia,  la  scorza  al  riso,  ecc.),  la  scol- 
tellatura  (il  nettare  le  biade,  col  coltello,  dalle  erbe 
nocive);  la  sgranatura  (il  cavare  i  chicchi  dal  gu- 
scio, dal  torsolo,  dalla  spiga),  la  spulatura  (per 
levare  la  pula,  o  lolla),  la  trebbiatura  (bat- 
titura dei  cereali,  ora  per  lo  più  fatta  a  macchina), 
la  vagliatura  (sceverare  col  vaglio  da  grano  o  biada 
la  mondiglia)  e  altre  operazioni  già  menzionate  alla 
voce  agricoltura  (pag.  46,  47,  48),  insieme  con 
gli  arnesi  all'uopo  occorrenti  (pag.  44),  cioè:  il  capistéo 
(arnese  di  legno,  a  forma  di  grande  vassoio,  per 
mondare),  il  coreggiato,  la  bugnola,  il  ventilabro,  la 
saccaia  (legno  sospeso  con  due  tuni  al  palco  del 
granaio  per  tenerci  le  sacca  vuote  e  fuori  del  pe- 
ricolo che  le  rodano  i  topi),  ecc.  -  Allettare,  sten- 
dere le  biade  come  in  un  letto  senza  che  si  pos- 
sano rialzare. 

Biadatolo,  chi  vende  biade,  cereali.  -  Buca, 
specie  di  sotterraneo  per  conservare  le  biade.  - 
Silo:  gli  agricoltori  chiamano  cosi  le  fosse  di  mu- 
ratura 0  naturali  in  cui  si  chiudono  i  vari  foraggi 
verdi,  i  quali,  cosi  compressi,  si  stratificano  e,  sot- 
tratti all'azione  dell'aria  e  dopo  tenue  e  non  dannosa 
fermentazione,  si  conservano  freschi,  costituendo  un 
ottimo  mangime  nelle  stagioni  successive. 

Carestia,  la  condizione  di  un  paese  a  cui,  spe- 
cialmente per  cattive  raccolte,  manchino  le  grana- 
glie. -  Cerere,  dea  delle  messi,  dei  cereali.  -  Legge 
frumentaria,  termine  storico  che  riguardava  l'intro- 
duzione dei  frumenti. 

Cerebellare.  Appartenente  al  cervelietto  :  ar- 
teria, corteccia,  ecc. 

Cerebrale.  Del  cervello. 

Cerebrazione.  Veggasi  a  cervello, 

Cérebro.  Il  cervello. 

Cèreo.  Di  cera;  simile  al  colore  della  cera. 

Cèrere.  La  dèa  delle  messi,  delle  biade,  dell'a- 
gricoltura, figlia  di  Saturno  e  di  Cibele:  dai  Greci 
detta  Demeter.  -  Agelasto,  o  anaclethra,  pietra  sulla 
quale  riposò  Cerere.  -  Ambarvali,  processioni  in 
onore  di  Cerere.  -  Calathus,  canestro,  corbello  sulla 
testa  di  Cerere.  -  Cerealie,  le  feste  che  anticamente 
si  celebravano  dai  Romani,  in  aprile,  in  onore  di 
Cerere.  -  Cyceon,  bevanda  nei  misteri  di  Eleusi.  - 
Daduco,  parte  figurante  nei  misteri  eleusini.  -  E- 
leusina,  soprannome  di  Cerere.  -  Eleusine,  feste  in 
onore  di  lei.  -  Misteri  eleusini,  quelli  che  si  cele- 
bravano ad  Eleusi.  -  Gerofante,  jerofante,  prete  che 
presiedeva  ai  misteri.  -  Proserpina,  figlia  di  Cerere 
e  sposa  di  Plutone.  -  lesmoforie,  feste  in  onore  di 
Cerere  lesmofora  o  legislatrice.  -  Trittolemo,  principe 
al  quale  Cerere  insegnò  l'agricoltura  e  che  istituì  i 
misteri  di  Eleusi. 

Cereria.  Fabbrica  di  cera. 

Ceretta  {ceretta).  Composto   per  dare   il   liscio 


CERFOGLIO    —   CEHIO 


511 


ai  capelli,  ai  baffi.  -  Lucido,  cera    da   scarjta. 
-  Cereltaio,  venditore  di  ceretta. 
Oerfóg^llo.  Pianta  ombrellifera  da  insalata:  si 

coltiva  negli  orti  per  l'uso  continuo  che  se  ne  fa  nelle 
cucine,  come  condimento  delle  vivande:  lia  un  mi- 
glior odore  del  prezzemolo,  al  quale  si  assomiglia 
per  le  foglie.  -  Cerfòglio  muschiato,  specie  che  cre- 
sce nei  prati  di  montagna  e  si  coltiva  negli  orti, 
perché  resiste  al  freddo  più  che  il  cerfoglio  comune; 
s'accosta  nell'odore  al  macerone  e  all'anace,  e  si  fa 
servire  per  condimento  dell'insalata.  -  Cerfoglio  tu- 
beroso, originario  dell'Europa  centrale,  coltivato  per 
i  suoi  tuberi  piccoli,  contenenti  molta  sostanza  ami- 
dacea. -  Ccrofillina,  alcaloide  contenuto  nei  semi  del 
cerfoglio  bulboso. 

Gorinionia.  Atto  rituale ,  formalità  che  si 
compie  in  alcune  funzioni,  specialmente  religiose; 
apparato  di  alcune  funzioni,  più  o  meno  pubbliche 
e  solenni.  Anche,  dimostrazione  di  onoranza  tra 
persone  private:  cirimonia,  complimento,  sicu- 
mèra, smascio,  smorfia,  stampita,  sloggio.  Una  ce- 
rimonia può  essere  breve,  lunga,  piacevole,  noiosa, 
stucchevole,  inaunurale,  solenne  (con  tutta  pompa, 
con  o^ni  formalità),  seria,  ridicola,  ecc.  -  Ceri- 
monia  funebre,  il  funerale.  -  Cerimonia  nuziale, 
le  nozze.  -  Cerimoniale,  che  appartiene  a  cerimo- 
nia: rituale;  complesso  delle  cerimonie  che  si  usano 
dai  principi  o  dai  signori.  -  Cerimonióso,  che  ama 
le  cerimonie  e  ci  tiene;  pieno  di  cerimonie  (aria 
cerimoniosa,  visita  cerimoniosa,  ecc.).  Anche,  in 
senso  di  affettato  (veggasi  ad  affettare,  affet- 
tazione). -  Cerimonialmente,  cerimoniosamente,  in 
modo  cerimonioso,  con  cerimonia,  cerimonievol- 
mente. 

Baciamano,  omaggio  che  il  vassallo  rendeva  al 
signore;  a  Costantinopoli,  l'udienza  che  il  sultano 
dà  agli  ambasciatori,  i  quali  una  volta  gli  bacia- 
vano in  realtà  la  mano,  poi  una  lunga  manica  della 
veste;  più  tardi  non  gli  fecero  che  riverenza.  -  Bi- 
zantinismo, cerimoniale  esagerato.  -  Bon  ton  (il), 
frane;  i  modi,  le  maniere  della  cosidetta  buona 
società,  nel  suo  gusto,  nella  sua  etichetta.  -  Dèdica, 
parole  con  le  quali  si  usa  dedicare  ad  alcuno  qual- 
che cosa:  un  libro,  ecc.  -  Etichetta,  cerimoniale 
di  corte  o  della  nobiltà;  anche,  quelle  cerimonie  e 
convenienze  che  si  usano  nel  conversare  fra  per- 
sone di  qualità.  -  Fillobolia,  cerimonia  antica  che 
consisteva  nel  gettare  foglie  e  iìori.  -  Formalità,  le 
pure  forme  legali,  regolamentari,  sociali,  di  ceri- 
monie e  simili.  -  Funzione,  cerimonia  religiosa, 
pubblica;  cerimonia  del  culto. 

Genuflessioni,  dicesi  d'  atto  d'umiliazione,  di  in- 
chini, di  salamelecchi.  -  Liturgia,  ordine  delle  ce- 
rimonie chiesastiche.  -  Novendiale,  cerimonia  pri- 
vata, il  nono  giorno  che  le  ceneri  erano  state 
chiuse  nel  sepolcro.  -  Onore,  reverenza  in  testimo- 
nianza di  virtù,  e  in  riconoscimento  di  maggio- 
.ranza  e  dignità.  -  Tompa,  pubblica  dimostrazione 
fatta  per  grandezza.  -  Preliminari,  cose  che,  in  una 
cerimonia,  si  fanno  prima  di  venire  all'  oggetto 
principale.  -  Processione,  marcia  solenne  del 
clero  e  dei  divoti.  -  Mito,  ciò  che  si  deve  prati- 
care nelle  cerimonie  di  una  religione. 

Sagra,  in  liturgia  si  chiama  cosi,  principalmente, 
la  cerimonia  religiosa  che  i  sovrani,  all'avveni- 
mento al  trono,  erano  soliti  a  compiere,  affinchè 
fosse  loro  impresso  il  suggello  della  divinità.  -  Sa- 
lamelecche,  saluto  cerimonioso.  -  Sguaiateria,  ce- 
rimonia leziosa.  -  Solennità,  qualità  di  ciò  che 
è   solenne   e   straordinario;   apparato,    pompa   e 


grande  cerimonia  religiosa.  -  Spagnolismo,  ten- 
denza, nelle  pubbliche  amministrazioni,  alle  inu- 
tili e  fastose  formalità,  al  compiersi  delle  azioni 
per  gerarchie;  e,  nella  vita  sociale,  complesso  di 
cerimonie,  fasto,  senso  di  casta,  ecc.,  che  furono  le 
peggiori  qualità  ereditate  dal  popolo   spagnuolo. 

Cerimoniale,  il  libro  delle  cerimonie.  -  Codice, 
libro  cerimoniale,  contenente  gli  insegnamenti  delle 
cerimonie.  -  Mazza  d'argento,  insegna  di  onore,  di 
autorità  e  di  giurisdizione:  precede  nelle  solennità 
i  capitoli  di  alcune  chiese  principali,  le  magistra- 
ture municipali.  I  portatori  di  essa  si  chiamano 
clavigeri,  clavari  e  mazzieri. 

Diritto  di  precedenza,  nell'etichetta  di  corte  o 
diplomatica,  o  anche  parlamentare,  il  diritto  di 
passare  avanti,  passare  prima  degli  altri.  In  lin- 
guaggio parlamentare,  vuol  dire  che  una  data  que- 
stione ha  diritto  di  essere  discussa  prima  delle 
altre:  cosi  la  questione  pregiudiziale,  -  Fòrmula, 
parole,  frasi  d'una  cerimonia.  •  In  forma  privala, 
pubblica  :  di  cerimonia  fatta  con  le  insegne,  i  di- 
stintivi, l'importanza  del  grado  o  senza.  -  Cerimo- 
niere, chi  regola  le  cerimonie:  complimentario, 
cavaliere  complimentario  {è  un  gran  cerimoniere 
scherz.,  chi  sta  troppo  sulle  cerimonie).  -  Maestro  di 
cerimonie,  chi  è  addetto  all'osservanza,  al  regola- 
mento delle  cerimonie.  Anche  gli  ordini  cavallereschi 
hanno  questa  carica.  -  Séguito,  di  persone  di  corte 
0  famigliari  di  nobili  che  seguono  per  onore,  ecc.: 
corteo.  -  Sgloriato,  che  non  si  cura  di  stare  sulle 
cerimonie  e   simili. 

Uffìciante,  chi  funziona  nel  disimpegno  d'una  ce- 
rimonia. -  Ufficiatura,  atto  ed  effetto  dell'officiare, 
del  celebrare. 

Accompagnare  (accompagnamento),  fare  corteo,, 
scorta  d'onore,  in  una  cerimonia.  -  Celebrare  (ce- 
lebrazione), adempiere,  compiere  cerimonie.  -  Ce- 
rimoniare,  fare  le  dovute  cerimonie.  -  Dedicare, 
fare  la  dedica,  offrire  ad  altri  qualche  opera,  spe- 
cialmente libro,  statua,  chiesa,  ecc.  -  Fare  ala, 
mettersi  in  fila  per  onorar  chi  passa.  -  Far  com- 
plimento, di  chi  fa  più  roba  del  consueto  a  un 
pranzo  in  un  ricevimento. 

Inaugurare  (  inaugurazione  ),  cerimonia  del 
prendere  augurio;  consacrare  un  luogo  con  auguri; 
dar  principio  ad  un  corso  pubblico  di  lezioni,  di 
una  scuola;  scoprire  un  monumento,  ecc.  - 
Inguantarsi,  il  troppo  stare  suU'  etichetta,  anche 
senza  il  bisogno  di  farlo.  -  Iniziare  (iniziazione), 
ammettere  in  una  società  con  certe  cerimonie.  - 
Installare  (installazione),  stabilire  in  una  funzione, 
in  una  carica,  con  cerimonie.  -  Investire  (investi- 
mento), conferire  un  diritto  con  cerimonie. 

Profondersi  in  riverenze,  in  baciamani,  esagerare 
nelle  cerimonie^  nei  complimenti.  -  Presentare  uno, 
ammetterlo  alla  presenza  d'una  persona  alla  quale 
si  dice  anche  il  nome  e  i  titoli  di  lui.  -  Solenniz- 
zare (solenizzamento),  celebrare  con  solennità:  veg- 
gasi a  solenìie,  -  Trascurare,  non  avere  la  debita 
osservanza  di  certe  cerimonie. 

Cerimoniale.  Detto  a  cerimonia. 

Cerimonioso.  Veggasi  a  cerimonia,  ad  a/- 
fettare,  affettazione. 

Cerino.  Minuscola  candela.  Sorta  di  fiam" 
mit'ero.  -  Detto  anche  per  stojijnno. 

Cerio.  Metallo  composto  di  silice,  d'ossido  di 
ferro,  di  colore  bianco-grigiastro,  quasi  infusibile, 
volàtile,  friabile:  di  svariatissimo  uso.  Si  trova 
sparso  in  natura,  nei  graniti  di  Norvegia,  in  molti 
minerali  di   Batum,   nelle   serpentine   di   Svezia  e 


5i2 


Finlandia,  nel  marmo  di  Carrara,  in  alcune   argille 
di  Germania,  nelle  ceneri  del  faggio,  dell'orzo,  del 
tabacco.  -  Cererite,  silicato  idrato  naturale  di  cerio. 
Cerna.  Atto  ed  efletto  del  cernere. 
Oernócchio,  Ciocca  di  capelli. 
Cernere  {cernimento,    cèrnita).   Lo   scegliere, 
il  separare,  il  dividere:  far   la   cerna,  la  cer- 
nita; anche,  fare  un'epurazione,  uno  scarto. 

Cerniera.  Specie  di  congiungimento  formato 
dall'unione  di  due  o  più  piastrine  mobili,  imper- 
niato per  aprire,  serrare  o  render  mobili  due  pezzi 
a  cui  sono  attaccate;  sorta  di  congegno  formato 
da  due  o  più  cannelli  di  metallo  inlilzati  in  un 
perno,  per  rendere  mobili  le  due  parti  a  cai  sono 
fissi:  mastiettatura,  mastietto;  chiovola,  chiovolo, 
snodatura.  -    Specie    di   serratura  da    borsa. 

Mastiellare  {maslieltatura),  accomodare  checchessia 
con  Miastietti,  con  cerniere. 

Cèrnita.  Atto  ed  effetto  del  cernere.  -  Sene 
di  modificazioni  organiche,  per  le  quali  le  specie 
viventi  si  modificano,  dando  origine  a  varietà  e 
specie  nuove. 

Cero.  Grossa  candela  di  cera:  veggasi  anche 
a  torcia.  -  Cero  di  legno,  per  figura. 
Cerotirrafla.  Detto  a  cera. 
Ceromanzia.  Veggasi  a  cera. 
Ceroso.  Di  cera. 
Cerosia.  Veggasi  a  zùcc/tero. 
Cerotto.  Medicamento  magistrale  od  officinale, 
di  consistenza    molle,    del    quale    sono    principali 
elementi  la  cera  e  l'olio  di  mandorle,  a  cui  si  ag- 
giungono bianco  di  balena,  acque  aromatiche,  sali, 
polveri.  -■  Cerottino,  ceròttolo,  piccolo  cerotto.  -   Ce- 
rotto di  Drouot,  preparazione  che  contiene  polvere 
di  cantaridi.  -  Diapalma,  cerotto    maturativo,   dis- 
solutivo e  disseccativo.    -    Diaquilonne,    specie    di 
cerotto.  -  Pecétta,  cerotto  o  simile.    -    Rigollot,   ce- 
rotto,   carta   senapata,  forte:   cosi  detto  dal  nome 
dell'inventore. 

Besina,  la  trementina  del  pinus  sylvestris,  che 
si  solidifica  al  contatto  dell'aria:  base  dei  cerotti, 
e  fornisce,  mediante  la  distillazione,  acqua  ragia 
come  le  altre  trementine. 

Cerpellino.  L' occ/tio  con  le  palpebre  ristrette 
e  rovesciate. 

Cerretano.  Cantambanco,  ciarlatano. 
Cerreto.  Detto  a  cerro. 

Cerro  (cerreto).  Albero  somigliante  alla  quercia: 
in  alcuni  paesi  è  usalo  per  fare  botticelle  per  vini 
e  liquori;  ordinariamente  per  combustibile.  -  Cm-o. 
quei- fili  di  trama  che  si  lasciano  senza  lavorarli  e 
che  poi  costituiscono  la  frangia  quando  s'intrec- 
ciano fra  sé.  -  Cerreto,  bo^co  di  cerri. 

Cìertame.  Il  coìnhattimentOf  il  duello  (sin- 
goiar certame). 
Certamente.  In  modo  certo. 
Certezza.  L'essere  certo. 
Certificare   (certificato).    Accertare,    rendere 
certo.   -   Attestare,   asserire.  -   Mostrar  certo   e 
vero. 

Certificato  {certificare),  il  documento  rila- 
sciato da  chi  ne  ha  !a  potestà  e  col  quale  si  at- 
testa un  qualunque  fatto:  attestato,  attestazione,  au- 
tentica; dichiarazione,  tede;  testimonianza  scritta.  - 
-  Carta  che  si  rilascia  agli  alunni  d'una  scuola. 
Bolletta,  certificato,  ricapito,  attestato,  licenza; 
polizza  d'obbligazione,  di  ricevuta,  di  avviso  di 
pagamento.  -  Certificalo  di  morte,  documento  di  de- 
cesso che  rilascia  il  Municipio.  -  Fede  di  battesimo, 
certificato  che  rilascia   la    Chiesa  cattolica  a  prova 


del  battesimo  ricevuto.  -  Certificato  o  fede  di  na- 
scita, documento  d'anagrafe  comprovante  la  data 
e  il  luogo  della  nascita  di  qualcuno.  -  Fede  medica, 
il  certificato  che  rilascia  il  medico,  in  caso  di  ma- 
lattia da  provarsi.  -  Specchietto  (fede  dì  specchietto), 
certificato  d'onesta  condotta  rilasciato  dalle  auto- 
rità. -  Autenticai  e,  legalizzare  un  certificato,  ren- 
derlo valevole,  in  conformità  alle  leggi  o  ai  rego- 
lamenti, per  l'uso  al  quale  è  destinato.  -  Certificare, 
attestare,  asserire,  asseverare,  testimoniare,  di 
chiarare  come  testimonio. 

Certo.  Ciò  che  é  secondo  verità,  chiaro,  evi- 
dente, fermo,  indubitato,  manifesto,  indiscutibile; 
cosa  certa,  propria,  sicura,  fuori  di  dubbio.  E'  certo 
chi  è  2>ersuaso,  sicuro,  sicurissimo,  di  una  cosa. 
Contrario  di  incerto.  -  Dicesi  anche  per  evidente, 

-  Certissimo,  superi,  di  certo:  sicurissimo.  -  intimo, 
dal  greco,  puro,  vero,  certo.  -  termo,  di  cosa  ferran, 
stabile,  certa.  -  Inconfutabile,  che  non  si  può  coit- 
fatare,  discutere.  -  Incontestabile,  che  non  può 
essere  oppugnato  e  non  ha  bisogno  di  testimoni  per 
esser  provato.  -  Incontrastabile,  che  non  si  può  con- 
trastare. -  Incontrastato,  non  contrastato.  -  Incontro- 
verso, accertato,  non  contrastato,  non  messo  in  dubbio 
0  in  discussione.  -  Incontrovertibile,  contr.  di  con- 
trovertibile: che  non  si  può  controvertere,  contra- 
stare, mettere  in  dubbio.  -  Innegabile,  che  non  si 
può  negare,  perchè  accertato.  -  Irrefragabile,  che 
non  si  può  contrastare,  oppugnare.  -  Irrefutabile, 
che  non  può  esser  contrastato.  -  Positivo,  aggiunta 
di  scienza  che  si  fonda  con  certezza  sul  fatto  e 
sull'esperienza. 

Accertare,  far  certo  uno  d'una  cosa  o  chiarire  o 
dar  per  certa  una  cosa:  alTermare,  asserire;  tro- 
vare la  verità;  verificare;  andare  al  fondo  d'una  cosa  ; 
Accertamento,  l'accertare.  -  Affermare  {affermativa, 
affermativo,  affermazione),  dare  per  certo.  -  Certifi- 
care, di  persona,  renderla  certa  ;  di  fatti,  affermarli 
per  certi,  specialmente  con  documento;  rilasciare 
un  certificato.  -  Cerziorare  {cerzior amento,  cer- 
ziorazione), assicurare,  far  certo.  -  Assodare,  mettere 
in  sodo  un  fatto,  accertarlo.  -  Constatare  (constata- 
zione), riconoscere  con  certezza  alcunché.  -  Dabi- 
iare,  non  avere   per   certo,    mettere  in  dubbio. 

Essere  asso  fìsso,  di  cosa  certa  e  sicura.  -  Essere 
sicuro  del  fatto  suo  :  della  cosa,  di  quel  che  avverrà. 

-  Far  certo  uno,  assicurarlo  che  la  cosa  è  cosi.  - 
Lasciare  il  proprio  per  l'appellativu,  il  certo  jier 
l'incerto.  -  Non  dubitare,  avere  per  certo,  certissimo. 

Passare  in  giudicato,  essere  cosa  certa  per  giu- 
dizio già  datone  e  confermato.  -  Raccertare,  far  ]iiù 
certo.  -  Riaccertare,  ripete  accertare.  -  Scommettere 
cento  contro  uno,  parlando  |di  cose  quasi  certe.  - 
Sincerare,  sincerarsi,  accertarsi.  -  Jenersi  certo  d'una 
cosa,  esserne  sicuro. 

Certamente  —  Certezza  —  Modi  di  dire. 

Certamente:  a  certo,  al  certo,  alla  sicura,  asso- 
lutamente, con  certezza,  in  modo  certo,  per  cerio, 
per  lo  certD,  a  dirittura,  addirittura;  bene  intero, 
intesi;  di  fermo,  fermamente;  del  sicuro,  di  posi- 
tivo; indubbiamente,  indubitabilmente,  senza  dub- 
bio; per  verità,  positivamente;  senz'altro,  senza 
fallo,  senza  forse,  senza  quasi;  sicuramente:  con  si- 
curezza, in  modo  sicuro;  veramente,  in  modo  vero. 
Superi.:  certissimamente,  sicurissimamente,  verissi- 
mamente, indubitabilissimamente,  ecc. 

Certezza.  —  L'essere  certo;  persuasione,  senza 
dubbio,  che  una  cosa  sia  in  un  determinato  modo: 


CERTO    —    CERVELLETTO 


513 


certitudine,  sicurezza.  -  Certezza  matemitira,  pre- 
cisa, formale,  indubitata.  -  Certezza  morale,  foudata 
su  probabilità  credibili.  -  Certezza  og(fettiva,  qasiWlà, 
di  ciò  che  é  certo.  -  Certezza  soggettiva,  persua- 
sione intima  (in  persona)  della  verità.  -  Identità, 
ciò  che  fa,  in  modo  cprto,  che  due  o  più  cose  sia- 
no esse  stesse  e  non  altro.  -  Indizio,  fatto  certo 
che  non  fa  sospettar»?  altri  non  certi.  -  Positivi- 
smo, sistema  scientifico  che  non  accetta  altro  che 
il  fatto  e  l'esperienza;  verismo» 

Modi  di  dire  e  provkrbi.  —  Meglio  un  ovo 
oggi  che  una  gallina  domani,  meglio  il  certo  che 
l'incerto.  -  Non  dir  quattro  se  non  Hiai  nel  sacco, 
se  non  sei  certo.  -  Parole  che  sono  tanto  vangelo: 
di  cosa  indubitabile.  -  Non  vendere  gatta  in  sacco: 
non  dir  le  cose  che  non  sono  certe.-  Siate  certi: 
oltre  al  significato  di  «  slate  sicuri  »,  ha  quello  di 
«  accertatevi  t.  -  Un  uccello  in  mano  ne  vai  due 
al  hosco  (prov.). 

Cèrto.  Pronome  e  addiett.  pronominale:  alcuno, 
qualcuno,  una  persona. 

Certosa.  Un  convento  di  certosini. 

Certosina.  Forma  di  intarsio. 

Certosino.  Veggasi  a  frate. 

Oertuno  (per  lo  più  al  plurale).  Alcuno,  taluno, 
qualche  persona. 

Cerùleo.  Di  colore  del  cieloy  cerulo,  azzurro. 

Cerume.  Detto  a  cera  e  a  orecchio» 

Cerusico.  Il  chirurgo. 

Cerussa.  La  biacca. 

Cerva.  La  femmina  del  cervo. 

Cerve llagrg-ine.  Atto  di  chi  ha  cervello  strano. 

Oerveliata.  Specie  di  salsicria. 

Cervelletto.  Òrgano  che  esiste  in  tutti  i  ver- 
tebrati: é  tutta  la  porzione  dell'ence/a^o  che  oc- 
cupa la  fossa  cranica  posteriore,  sopra  il  bulbo  e 
la  protuberanza,  e  rappresenta  la  parte  posteriore 
del  mesencefalo.  La  sua  funzione  non  è  del  tutto 
nota  neppure  oggidì;  ma  si  crede,  in  complesso, 
che  il  cervelletto  sia  un  vero  accumulatore  di  ener- 
gia nervosa  e  sia  Vorgano  dell'equilibrio.  Giace  esso 
in  sotto  d«i  lobi  occipitali  del  cervello,  da  cui  è  se- 
parato per  mezzo  della  tenda,  in  sopra  e  in  dentro 
del  6m/6o  rachidiano  e  in  dietro  del  ponte  di  Va- 
rolio.  E'  sviluppato  specialmente  nei  vertebrati 
superiori,  massime  in  quegli  animali  che  hanno 
movimenti  rapidi  e  complessi  (es.,  quelli  che  vi- 
vono nell'acqua,  nuotando)  ;  ha  forma  ovulare  con 
un  gran  diametro  trasversale  di  centimetri  dieci, 
un  piccolo  diametro  sagittale  di  centimetri  cinque 
e  una  spessezza  verticale  che  è  di  centimetri  sei 
sul  mezzo,  di  cui  quattro  lateralmente.  Il  cervel- 
letto è  quindi  leggermente  appiattilo  dall'  alto  al 
basso,  e  presenta  un  lobo  medio,  detto  verme,  di- 
stinto da  un  verme  superiore  e  uno  Inferiore,  e 
due  lobi  laterali,  detti  emisferi;  e,  per  essa  forma 
appiattita,  si  possono  distinguere  nel  cervelletto 
«na  faccia  superiore  e  una  inferiore,  più  una  ctr- 
conferensa  che  si  suddivide  in  un  margine  ante- 
riore e  uno  posteriore. 

Facce  del  cervelletto. 
Akteuie,    lamelle,    vene,    ecc. 

Faceta  superiore:  visto  da  sopra  e  per  la  pre- 
senza delle  due  incisure  marginali,  anteriore  e  po- 
steriore, il  cervelletto  si  presenta  a  livello  della 
media  più  stretto  che  nelle  laterali.  Il  rilievo  sa- 
gittale che  vi  si  osserva  dicesi  verme  superiore  o 
lobo    medio,   ed    è   continuato    lateralmente,    quasi 


senza  interruzione,  con  la  faccia  superiore  (lobi 
laterali).  I  solchi,  più  o  meno  profondi,  percorrenti 
la  faccia  superiore,  più  o  meno  paralleli  fra  loro 
e  concentrici  all'incisura  marginale  anteriore,  sud- 
dividono la  faccia  superiore  del  cervelletto  in  lobi, 
in  lamine  e  queste  in  lamelle.  Sul  verme  superiore, 
d'avanti  in  dietro,  si  distinguono  i  seguenti  lobi: 
la  testa  del  verme,  o  lobo  centrale,  le  cui  ultime 
valvole  si  distendono  sulla  valvola  del  Vieussens 
col  nome  di  lingula;  il  monliculus,  del  quale  il 
punto  più  elevato  dicesi  cacumen;  e  le  lamine  com- 
messurali  posteriori.  Lateralmente,  per  ciascun  emi- 
sfero, si  ha  un  lobo  quadrilatero  in  avanti  e  un 
semilunare  in  dietro,  separati  da  un  solco. 

Faccia  inferiore:  vi  si  vede  la  vallecula  di  Reil, 
avvallamento  mediano  nel  cui  fondo  sporge  il 
verme  inferiore;  questo  si  presenta  come  un  rilievo, 
formato  anche  di  lamette  trasversali  e  suddivise 
in  globicini,  i  quali,  da  avanti  in  dietro,  sono:  il  no- 
dulo di  Malacarne,  piccolo  rilievo  che  forma  l'e- 
stremo anteriore  del  verme ,  ed  è  contriunto  col 
peduncolo  della  ciocca  mediante  due  lamelle  sottili 
trasparenti  e  semilunari  (vela  cerebelli  posteriora, 
seu  Tarini);  l'ugola  cerebellare,  che  sta  in  mezzo 
alle  due  amigdale;  la  piramide;  l'eminenza  valvo- 
lare 0  commessura  breve  di  Reil.  Nella  faccia  in- 
feriore dell'emisfero  (molto  più  sporgente  del  verme 
in  rapporto  con  la  fossa  occipitale  inferiore)  si 
osservano:  il  lobo  semilunare  inferiore,  che  corri- 
sponde al  contorno  posteriore  di  questa  faccia;  il 
lobo  cuneiforme;  l'amigdala  o  tonsilla,  molto  spor- 
gente in  hasso,  dominante  la  vallecula,  e  del  tutto 
in  avanti  ;  il  fiocco  o  la  ciocca.  La  circonferenza 
del  cervelletto  corrisponde  all'inserzione  della  ten- 
da, e  però  ai  seni  laterali  e  ai  seni  petrosi  su- 
periori della  dura  madre,  ed  è  percorsa  quasi  com- 
pletamente dal  solco  orizzontale  o  solco  circonferen- 
ziale  di  Vicq  d'Azyr,  che  divide  il  lobo  semilu- 
nare superiore  dall'inferiore.  Dal  margine  anteriore, 
in  cui  si  osserva  l'incisura  marginale  anteriore 
che  è  in  rapporto  con  le  eminenze  bigemine,  si 
staccano  i  peduncoli  cerebellari  inferiori.  11  cervel- 
letto risulta  di  sostanza  grigia,  che  ricopre  a  guisa 
di  mantello  (corteccia  cerebellare)  u'i  nucleo  di  so- 
stanza bianca  (sostanza  midollare  del  cervelletto). 
Dicesi  albero  della  vita  la  figura  che  si  ha,  spac- 
cando l'emisfero,  ovvero  il  verme.  La  sostanza  bianca, 
del  verme  ha  per  la  sua  forma  il  nome  di  corpo 
trapezoideo.  Il  cervelletto  è  organo  pieno^  a  diffe- 
renza del  cervello,  ma  nella  massa  bianca  midol- 
lare si  osservano  delle  formazioni  grigie  ;  cosi  neUì 
parte  antero-interna  di  ciascun  em  sfero  trovasi  un 
nucleo  di  sostanza  bianca,  limitato  da  un  orlo  den- 
tellato di  sostanza  grigia  e-l  interrotto  a  borsa  di 
tabacco  in  avanti  e  in  dietro:  dicesi  nucleo  den- 
tato, corpo  romboidale  o  ciliare.  Sotto  il  lobulo  cen- 
trale del  verme  trovasi  un  piccolo  nucleo  solido 
grigio,  nucleo  del  tetto  {micleus  fasligii  di  Stilling) 
e  Ira  l'uno  e  l'altro  per  ogni  lato  altre  due  forma- 
zioni grigie:  il  nucleo  globoso  e  il  nucleo  embolico. 
La  sostanza  bianca  dei  cervelletto  risulta  di  fibre 
midollari,  di  cui  talune  congiungono  le  circonvo- 
luzioni fra  loro  (fibre  associative,  fibre  festonate) 
e  di  fibre  intracilian  ed  extraciliari.  Per  altri  par- 
ticolari, veggasi  a  peduncolo.  La  sostanza  grigia 
si  divide  in  corticale  e  nucleare. 

Arterie  cerebellari,  rami  arteriosi  provenienti  dal- 
l'arteria intervertebrale:  irrigano  il  cervelletto  ; 
sono  tre  per  ogni  lato,  due  inferioì'i  e  una  su- 
pcriore. 


Prbmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


S3 


544 


OERVELLIKRA   —   CERVELLO 


Lamelle  cerebellari,  i  rilievi  appiattiti,  non  fios- 
suosi,  che  si  trovano  sulla  superficie  esterna  del 
cervelletto:  detti  anche  circonvoluzioni  cerebellari. 

Vene  cerebellari,  le  vene  del  cervelletto,  indipen- 
denti dalle  arterie  e  divise  in  mediane  e  laterali. 
Le  mediane  sono  due  :  la  vena  del  verme  superiore, 
che  raccoglie  il  sangue  dalle  parti  vicine  e  termina 
0  nella  vena  di  Galeno  o  nel  seno  retto  ;  e  la  vena 
del  verme  inferiore,  che  si  getta  o  nel  seno  retto  o 
nel  seno  laterale.  Le  vene  laterali  formano  un  grup- 
po superiore  e  uno  inferiore,  in  rapporto  con  le 
omonime  facce  dell'emisfero. 

Malattie  del  cervelletto. 

Oltre  partecipare^  talvolta,  alle  malattie  che  col- 
piscono il  cervello ,  il  cervelletto  può  andar 
incontro  a  lesioni  circoscritte  sue  proprie,  delle 
quali  le  principali  sono:  Vemorragia,  identica  a 
quella  del  rammollimento.  Il  meccanismo  di  produ- 
zione ed  i  caratteri  anatomo-patologici  delle  emor- 
ragie cerebellari  sono  identici  a  quelli  delle  lesioni 
simili  del  cervello.  L'emorragia  cerebellure,  abba- 
stanza rara,  per  lo  più  a  grande  focolaio,  deriva 
dall'arteria  del  nucleo  dentato;  lo  stravaso  sangui- 
gno può  invadere -tutto  un  emisfero  ed  estendersi 
anche  all'altro;  i  piccoli  focolai  emorragici  sono 
rari  ed  hanno  sede  più  spesso  nel  corpo  romboi- 
dale che  nel  verne:  il  rammollimento,  anche  più 
raro  delle  emorragie,  per  la  poca  frequenza  dei 
trombi  obliteranti  nelle  arterie  di  esso,  d'ordi- 
nario coincide  con  lesioni  simili  della  protuberanza 
o  del  bulbo. 

I  tumori  sono'le  lesioni  più  comuni  del  cervel- 
letto e  rappresentati  da  tubercoli,  gomme,  carci- 
nomi, gliomi,  cisticerchi  ed  echinococclii;  più  ra- 
ramente da  lipomi,  mixomi,  psammomi,  angiomi, 
aneurismi. 

L'ascesso,  piuttosto  raro,  ha  la  stessa  origine 
delle  suppurazioni  dèi  cervello;  le  cause  più  fre- 
quenti ne  sono  V osteite  suppurata  del  temporale 
per  carie  e  le  otiti  medie  suppurate.  -  Cerebellite, 
intlammazione  del  cervelletto. 

CervelUera.  Antico  cappelletto  di  ferro,  an- 
tica armatura  che  serviva  a  difendere  il   capo. 

Cervellino.  Di  poco  cervello,  spensierato. 

Cervello.  Cérebro,  celabro;  scherz-,  celloria, 
orinolo:  per  antica  e  impropria  abitudine,  si  chia- 
mò cosi,  in  senso  largo,  tutta  la  massa  nervosa 
centrale  contenuta  nella  scatola  cranica  (veggasi  a 
cranio),  più  esattamente  detta  encefalo,  spet- 
tando il  nome  di  cervello  solo  a  quella  maggior 
porzione  dell'encefalo  la  quale  si  espande  verso  la 
volta  del  cranio,  ne  occupa  le  fosse  anteriore  e 
media,  e  deriva  dalle  tre  vescicole  secondarie  del 
tubo  cerebrale  chiamate  cervello  anteriore,  interme- 
dio e  medio.  Vale  a  dire  che  cervello  devesi  rite- 
nere tutto  quello  che  dell'encefalo  resta  asportan- 
done Vistmxi,  il  ponte,  il  midollo  allungato  e  il  cer- 
velletlo.  Il  cervello  è  situato  nella  cavità  cranica, 
occupando  la  fossa  cranica  anteriore  e  media.  In- 
dietro poggia  sulla  tenda  del  cervelletto,  che  lo 
divide  dalie  altre  parti  dell'encefalo;  in  sopra  e 
lateralmente  è  in  rapporto  con  la  vòlta  del  cranio 
e  con  la  dura  maJre,  che  lo  protegge.  Il  cervello 
pesa  i  quattro  quinti  dell'encefalo,  mentre  l'altro 
quinto  é  dovuto  all'insieme  del  cervelletto,  del  bulbo 
e  della  protuberanza. 

Inteso    nel  senso   anatomico,  il  cervello  è  il  te- 


lencefalo  (grandi  emisferi)  e,  sotto  l'aspetto  fìsiolo» 
gico,  rappresenta  il  substrato  materiale  delle  fun- 
zioni psichiche,  intellettuali  e  morali  {intelUgenzaf 
coscienza f.  memoria,  sensazione^  volontà). 

Forma  e  parti  del  cervello. 

n  cervello  ha  la  forma  di  un  ovoide  tagliato 
per  lungo  neL  senso  sagittale,  e  presenta  perciò  una 
faccia  superiore,  una  inferiore  e  due  estremità  o 
poli,  Vanieriore  o  frontale,  e  il  posteriore  od  occipi- 
tale. La  faccia  superiore  è  nell'insieme  convessa* 
fortemente  da  un  lato  sull'altro;  e  meno  nel  senso 
antero-posteriore  ;  né  la  convessità  è  uniforme,  poi- 
ché vi  fanno  sporgenza  i  quattro  lobi  visibili  dal- 
l'esterno, cioè  il  frontale  e  il  parietale,  il  tempo- 
rale, VoccipitaU,  che  occupano  le  rispettive  fosse 
delle  ossa  craniche.  Essa  è  divisa  in  due  parli  da 
una  scissura  {scissura  interemisferica,  scissura  lon" 
gitudi^alis),  che  separa  gli  emisferi  completamente 
in  alto,  in  avanti  e  in  dietro,  ma  nel  mezzo  e  in 
basso  non  giunge,  fino  alla  base,  incontrando  il 
corpo  calloso;  può  mancare,  e  in  tal  caso  i  due 
emisferi  sono  tra  loro  più  o  meno  saldati. 

Nella  scissura  scende  la  falce  della  durct  madre, 
che  jron  tocca  il  corpo  calloso,  e  ne  è  separata 
dalla  pia  madre,  daÀi' aracnoide  viscerale  e  dalla 
cisterna  del  corpo  calloso.  Questa  faccia  è  in  rap- 
porto con  la  vòlta  del  cranio,  con  le  sature  e 
fontanelle  principali,  coH'arterja  meningea  media, 
€cc.  La  scissura  separa  due  parti,  dette  emisferi 
cerebrali,  non  identici,  ma  molto  simmetrici,  per- 
corsi in  varia  guisa  da  scavature  variamente  pro- 
fonde, chiamate  solchi,  fosse  e  scissure,  e  da  rilievi 
flessuosi,  sorgenti  fra  i  solchi  e  chiamati  circonvo- 
luzioni. Per  la  maggior  profondità  di  talune  scis- 
sure, il  cervello  resta  diviso  in  parti  superficiali 
più  o  meno  distinte  una  dall'altra  e  dette  lobi: 
ciascun  lobo  comprende  un'  gruppo  di  circonvolu- 
zioni. 

Oltre  fa  grande  scissura  interemisferica,  i  solchi 
maggiori  in  ogni  emisfero  sono:  quello  di  i?o/anrfo, 
che  comincia  nel  solco  intere  mi  sferico  e  scende 
innanzi  ed  in  basso;  quello  di  Silvio,  detto  fossa 
per  la  maggiore  profondità  all'inizio,  che  nasce  in 
basso  verso  il  terzo  anteriore  e  sale  biforcandosi 
in  due-rami,  correnti  sul  lato  esterno  dell'emisfero  : 
n  solco  parieto- occipitale,  che  trovasi  nel  terzo  po- 
steriore del  cervello,  lungo  la  superficie  mediale, 
sporge  nella  scissura  interemisferica,  sale  obliqua- 
mente in  dietro  ed  appare  per  breve  tratto  sul  lato 
esterno  degli  emisferi. 

Tali  solchi,  con  altri  minori,  spartiscono  ogni 
emisfero  cerebrale  in  cinque  lobi:  frontale,  parie- 
tale, temporale,  occipitale  e  insulare.  Le  circonvo- 
luzioni occupano,  oltre  la  superficie  superiore  e 
quella  laterale,  anche  quella  inferiore,  sul  lato  fron- 
tale della  quale  sono  da  notarsi,  giacenti  in  appo- 
siti solchi  e  diretti  verso  il  polo  frontale,  i  due 
tratti  olfattori,  nastri  bianchi  a  sezione  triangolare, 
con  l'angolo  approfondito  nel  solco  è  terminanti 
nei  due  bulbi  olfattori,  quasi  rudimentali  nell'uo- 
mo e  poggianti  sulla  lamina  cribrosa  dell'etmoide, 
traverso  cui  apronsi  adito  i  nervi  dell'olfatto.  I 
due  emisferi  cerebrali  sono  riuniti  fra  loro  da 
una  grande  commessura,  detta  corpo  calloso,  che 
appare  m  fondo  alla  scissura  interemisferica  e  si 
piega  innanzi  nel  ginocchio  e  indietro  termini^  col 
cercine. 


CERVELLO 


515 


Nella  superficie  inferiore  del  corpo  calloso  si 
inserisce  anteriormente  il  setto  Incido,  racchiudente 
una  cavità  del  setto  lucido  o  ventricolo  di  Duncan, 
e  indietro  il  fornice  o  trigono,  il  quale,  costituito 
da  due  striscie  midollari  arcuate  e  riunite  nel 
mezzo,  forma  posteriormente  i  due  pilastri  poste- 
riori, e  innanzi  i  due  pilastri  anteriori,  ai  quali 
s'attacca  il  setto  lucido. 

l^a  faccia  inferiore,  irregolare,  poggia  sulla  fossa 
cranica  anteriore  e  media  e  sulla  tenda  del  cer- 
velletto. Lateralmente  è  formata  dalla  taccia  infe- 
riore degli  emisferi,  in  cui  si  osservano,  d'avanti 
indietro:  il  lobo  fronlafe,  la  scissura  di  S  Ivio,  la 
sostanza  perforata  o  quadrilatera,  i  lobi  olfattivi  e 
più  indietro  la  superficie  inferiore  del  lobo  sfeno- 
occipitale,  con  la  circonvoluzione  dell'ippocampo  e 
la  fusiforme. 

Nella  parte  media  si  seguono,  davanti  in  dietro: 
la  scissura  interemisferica,  il  ginocchio,  a  cui  fanno 
sei-'uito  il  &  co  e  i  peduncoli  del  corpo  calloso, 
la  lamina  terminale,  e  immediatamente  il  chiasma 
dei  nervi  ottici,  risultante  dall'incontro  e  da  parziale 
decussazione  delle  due  bendelle  ottiche;  fra  queste 
ultime  bendelle  e  i  due  peduncoli  cerebrali  vedesi 
una  massa  di  sostanza  grigia  (commessMrade//a  òase), 
che  occupa  tutto  lo  spazio  interpeduncolare  e 
l'area  situata  dietro  del  chiasma.  Questa  sostanza 
grigia  è  sepiirata  in  due  segmenti:  l'uno,  anteriore, 
rilevato,  è  il  tubercolo  cinereo  (eminenza  conica, 
al  cui  apice  si  connette  l'ipofisi  mediante  lo  stelo 
pituitario,  e  che  internamente  corrisponde  all'in- 
fundibolo del  terzo  ventricolo);  l'altro,  posteriore, 
triangolare,  compreso  tra  i  due  peduncoli,  è  perfo- 
rato sul  passaggio  delle  piccole  arterie  nucleari,  e 
dicesi  sostanza  perforata  posteriore.  Fra  le  due 
masse  di  sostanza  grigia  si  rilevano  le  eminenze 
mammillari,  di  color  bianco  e  di  forma  emisferica. 

Più  indietro  ancora,  tagliando  i  peduncoli  cere- 
brali ed  asportando  l'istmo  dell'encefalo,  appare  la 
scissura  di  Bichat,  che  viene  limitata  in  alto  e 
indietro  dal  cercine  del  corpo  calloso.  Nell'interno 
di  ciascun  emisfero  si  distende  una  grande  cavità 
detta  ventricolo  laterale,  che  s'inoltra  nei  lobi  fron- 
tale, temporale  ed  occipitale,  con  tre  concamera- 
zioni  cave,  dette  comi.  Il  corno  anteriore,  apparte- 
nente al  lobo  frontale,  è  addossato  al  setto  lucido 
e  inferiormente  è  chiuso  dal  talamo  ottico  e  dal 
corpo  striato.  Il  talamo  è  una  massa  ovoidale  non 
rer'olare,  la  cui  superfìcie  dorsale  forma  il  pavi- 
mento del  ventricolo  laterale  da  una  parte  e  la  pa- 
rete del  terzo  ventricolo  nel  mezzo. 

Dal  corpo  strialo  emanano  due  nuclei,  caudato  e 
lenticolare,  separati  da  una  massa  bianca,  detta  cap- 
sula interna,  lì  corno  inferiore  circuisce  il  pedun- 
colo ed  ha  nella  superficie  inferiore  una  eminenza 
cilindrica  e  curva,  detta  ippocampo  e  contenente, 
nel  suo  margine  concavo,  due  circonvoluzioni  ru- 
dimentali, la  fimbria  e  la  fascia  dentata.  11  corno 
posteriore  diverge  in  fuori  verso  il  polo  occipitale 
con  figura  più  o  meno  triangolare  e  contiene  nella 
parte  laterale  e  superiore  il  tapetum  e  nella  sua 
parte  inferiore  una  breve  prominenza,- detta  piccolo 
ippocampo  0  calcar  avis,  corrispondente  ad  una 
fessura  del  lobo  occipitale,  detta  perciò  calcarina. 

I  ventricoli  laterali  comunicano,  mediante  un 
forame  intei  ventricolare,  o  di  Monro,  con  un  altro 
ventricolo,  detto  terzo,  il  quale  è  stretto  e  lungo; 
trovasi  fra  i  ventricoli  laterali,  ed  il  quarto  ventri- 
colo, sbocca  posteriormente  nell'acquedotto  mediante 
un'apertura  detta  adito  di  Vieu^seus   ed   apresi  al- 


l'esterno nella  fenditura  di  Bichat,  in  cui  si  insi- 
nua la  pia  madre,  che  forma  la  tela  coroidea  del 
terzo  ventricolo.  Il  cervello  presenta,  nel  vano  la- 
sciato libero  dalle  circonvoluzioni  e  dietro  i  pe- 
dunroli,  presenta  inoltre  l'istmo,  le  eminenze  qua- 
drigemine, disposte  due  per  ogni  lato  della  linea 
mediana;  in  avanti  di  esso  si  inserisce  un  corpic- 
ciattolo  ovoide,  la  glandola  pineale  sostenuta  da  due 
strie  midollari,  correnti  lungo  i  margini  interni  dei 
talami  (peduncolo  della  glandola  pineale  o  epifisi, 
ed  abena). 

Circolazione,  emisferi,  lobi,  peduncoli,  ventricoli. 

Si  distingue  la  circolazione  arteriosa  e  la  circo- 
lazione renosa:  per  la  prima,  il  cervello  riceve 
rami  dalla  carotide  interna  e  dsiUa.  arteria  vertebrale; 
l'art,  vertebrale,  dopo  aver  percorso  il  canale  tras- 
versario,  penetrando  dal  fòro  occipitale,  si  addossa  al 
bulbo,  avvicinandosi  a  quella  del  lato  opposto,  a 
livello  della  base  delle  piramidi,  si  riunisce  con 
l'omonima  dell'opposto  lato  in  un  tronco  impari 
(  arteria  basilare  ),  che  percorre  il  solco  basilare 
della  protuberanza,  e  si  divide  in  due  branche  ter- 
minali (arterie  cerebrali  posteriori). 

Circolazione  veiwsa:  le  arterie  del  cervello  cam- 
minano, per  lo  più,  nel  fondo  dei  solchi,  mentre  le 
grosse  vene  si  mantengono  verso  la  superfìcie;  sono 
più  voluminose  delle  arterie,  hanno  punte  sotti- 
lissime, mancano  di  valvole  e  sono  riccamente  ano- 
stomizzate  fra  loro  ;  nascono  dai  capillari  della  so- 
stanza nervosa  e  si  scaricano  nei  seni  della  dura 
madre.  Le  vene  cerebrali  si  dividono  in  superficiali 
e  profonde,  e  quelle,  a  loro  volta,  si  dividono  in 
vene  basilari  e  vene  delle  circonvoluzioni. 

Corteccia  cerebrale,  lo  stato  grigio  o  corticale,  di 
differente  estensione,  sia  in  superficie  che  in  pro- 
fondità; l'estensione  in  superficie  è  maggiore  nei 
brachicefali  che  nei  dolicocefali  (veggasi  a  cranio), 
maggiore  nell'uomo  che  nella  donna  ;  inoltre,  la 
superficie  nascosta  nel  fondo  dei  solchi  è  maggiore 
della  superficie  libera  o  visibile,  nella  proporzione 
da  due  a  uno.  La  estensione  in  profondità,  ossia 
lo  spessore,  varia  secondo  gli  individui,  secondo 
le  età,  secondo  le  regioni  della  corteccia. 

Circonvoluzioni  cerebrali,  le  sporgenze  sinuose 
della  superficie  del  cervello,  rassomiglianti  alle  ri- 
piegature intestinali:  sono  determinate  dallo  svi- 
luppo considerevole  della  sostanza  grigia  corticale, 
di  fronti  alla  superficie  disponibile  offerta  dalla 
cavità  cranica.  Dagli  antichi  considerate  come  irre- 
golari, hanno  invece  un  tipo  costante,  e  sono  sim- 
metriche nei  due  emisferi,  ma  non  mai  tanto  egua- 
li da  potersi  sovrapporre.  Presentano  grandi  varia- 
zioni individuali  ed  etniche. 

Emisferi  cerebrali,  le  due  metà  nelle  quali  è  di- 
visa, grossolanamente,  la  massa  del  cervello,  per 
mezzo  della  scissura  mediana  longitudinale:  sono 
quasi  eguali  di  figura  e  di  peso,  fra  loro  riunite 
dal  corpo  calloso  e  dalle  altre  formazioni  che  vi 
sottostanno  sulla  parte  interna  ed  inferiore.  Ogni 
emisfero  ha  tre  facce,  due  margini  e  due  estremità^ 
presentando  la  forma  di  uno  spicchio  sferico. 

Lobi  cerebrali,  i  gruppi  naturali  di  circonvoluzioni 
che  sono  limitati  dalle  principali  scissure  costanti. 
Si  suole  distinguerne  tre  gruppi  :  primo,  i  lobi  della 
faccia  esterna  dell'emisfero,  comprendente  il  lobo 
anteriore  o  frontale,  il  posteriore  o  occipitale,  il  su- 
periore 0  medio  o  parietale,  e  Y inferiore  o  tempo- 
rale; secondo,  i  lobi  della  faccia  interna,  collocati 


516 


CERVELLO 


sopra  o  sul  contorno  della  circonvoluzione  del 
corpo  calloso,  e  sono  ii  lobo  frontale,  il  parare-' 
landico,  il  quadrilatero  o  precuneo,  il  cuneiforme  e 
Voccipttale;  terzo,  i  lobi  della  faccia  inferiore,  com- 
prendenti il  lobo  frontale  e  il  lobo,  sfenOoccipitale, 
a  cui  si  può  aggiungere  il  lobo  o  bulbo  o  clava 
olfaltoria,  lobo  rudimentale  nell'uomo  e  sviluppato 
negli  animali  osmatici.  -  Peduncoli  cerebrali,  veg- 
gasi  a  peduncolo. 

Ventricoli  cerebrali,  cavità,  a  pareti  contigue, 
che  si  rinvengono  entro  la    sostanza  del    cervello. 

-  Ventricoli  laterali  {sinonimi:  ventricoli  anteriori, 
superiori  o  tricorni),  due  grandi  cavità  sierose, 
simmetriche,  separate  tra  esse  dal  setto  lucido,  col- 
locate ai  lati  della  linea  mediana  e  chiuse  in  alto 
dalla  faccia  inferiore  del  corpo  calloso;  comuni- 
cano col  terzo  ventricolo  per  aue  aperture  situate 
dietro  il  pilastro  anteriore  de!  fornice.  -  Ventricolo 
terzo  (sinonimi:  ventricolo  medio,  inferiore, comune, 
ventricolo  dei  talami  ottici),  cavità  fortemente  schiac- 
ciata, da  destra  a  sinistra,  sotto  forma  di  una  fen- 
ditura assai  allungata  e  collocata  fra  i  talami  ottici. 

-  Ventricolo  quarto  (sinonimi:  ventricolo  del  cervel- 
letto, ventricolo  quinto  di  Wenzel),  cavità  ellissoide 
situata  al  disopra  della  midolla  allungata  e  del- 
Vistmo,  al  disotto  del  lobo  mediano  del  cervelletto 
e  frammezzo  ai  peduncoli  cerebellari  superiori  e 
inferiori.  -  Ventricolo  quinto  (sinonimi  :  ventricolo 
del  setto  lucido,  ventricolo  di  Silvio,  primo  ventri- 
colo cerebrale,  senr^  mediano,  fossa  del  Silvio),  pic- 
cola cavità  che  separa  le  due  lamine  del  setto  lu- 
cido *  Ventricolo  .«lesto  (sinonimi:  ventricolo  di  Ver- 
ga, 0  del  Fornice,  o  triangolare,  o  tricorno  medio), 
cavità  che  esiste  nello  spessore  del  trigono  cere- 
•brale:  la  sua  presenza  è  normale  nel  feto  e  nel 
neonato. 

Malattie  e  lesioni  del  cervello  —  Mostruosità' 

Anemia,  stato  morboso  per  il  quale  si  ha  insut- 
ficienza,  quantitativa  o  qualitativa,  del  sangue: 
può  essere  generale  o  parziale,  nel  -primo  caso  non 
essendo,  per  lo  più,  che  l'espressione  dell'anemia 
di  tutto  l'organismo.  -  Anencefaloemia,  mancanza  di 
sangue  nel  cervello;  sincope.  -  Anencefalonevria  o 
ariencefaloneuria,  mancanza  di  azione  nervosa  sul 
cervello.  -  Anencefalotrojia,  diminuzione  de!  volume 
del  cervello.  -  Anteneasmo,  esaltazione,  furia  da 
frenetico,  specie  di  mania,  nella  quale  l'amma^ 
iato  inveisce  contro  sé  stesso.  -  Apoplessia,  veggasi 
a  questa  voce.  •  Ascesso  cerebrale,  risultato  abituale 
dell'  encefalite  acuta  e  circoscritta  (veggasi  ad  en- 
cefalo). '  Atrofia  cerebrale,  conseguenza  d'un  pro- 
cesso regressivo  del  cervello,  mentre  ['aplasia  (quale 
si  riscontra  nell'idiota,  nel  cretino,  ecc.)  é  do- 
vuta ad  arresto  di  sviluppo:  può  essere  semplice, 
oppure  complicata  a  degenerazione  pigmentaria  e,  in 
qualche  caso,  accompagnata  da  degenerazione  grassa. 

Cerebrìte,  infiammazione  del  cervello.  -  Cerebro- 
sclerosi, alterazione  del  tessuto  cerebrale.  ■  CommO' 
zione  cerebrale,  stato  di  brusca  diminuzione,  più  o 
meno  prolungata,  delie  funzioni  del  cervello,  ca- 
ratterizzata da  perdita  della  coscienza,  da  ottusità 
sensitiva,  da  grande  spossatezza  muscolare,  ecc.,  pro- 
dotta principalmente  dalle  lesioni  traurhatiche  del 
cranio  o  anche  dai  forti  scuotimenti  di  tutto  il 
corpo.  -  Compressione  cerebrale,  insieme  dei  disturbi 
funzionali  prodotti  dall'aumento  della  pressione  in- 
i  tracranica  o  da  tensione  del  liquido  cerebro-spinale. 
I  sintomi  di  essa  si  manifestano  in  seguito  a  tumori. 


a  cisti,  ad  emorragie,  ad  ascessi,  ecc.,  e  sono  so- 
pratutto  la  cefalea,  per  lo  più  gravissima  e  conti- 
nua, il  polso  raro  e  il  vomito.  -  Concussione  cere- 
orale,  denominazione  d'un  complesso  di  fenomeni 
morbosi,  spesso  transitori,  talvolta  anche  mortali, 
sempre  però  imponenti  e  gravi,  dipendenti  da  traumi 
sul  capo  e  dovuti,  si  crede,  al  semplice  scotimento 
meccanico  della  sostanza  cerebrale.  -  Congestione 
cerebrale,  afflusso  improvviso  di  sangue  nei  vasi  del 
cervello.  -  Contusione  cerebrale,  alterazione  essen- 
zialmente ^circoscritta  o  a  focolaio,  determinantesi, 
per  lo  più,  con  la  commozione  cerebrale.  -  Greti' 
nismo,  malattia  endemica:  veggasi  a  cretino. 

Demenza,  mentecataggine,  affezione  cerebrale  che 
consiste  nell'indebolimento,  talvolta  nella  perdita  della 
facoltà  di  pensare  e  di  col  legare  le  idee:  pazzia. 
Edema  cerebrale:  può  essere  conseguenza  della 
congestione  del  cervello;  è  un  reperto  anatomo- 
patologico  comune  nei  cardiaci,  dopo  una  lunga 
agonia.  -  Ematocefalo,  tumore  sanguigno  della  testa 
e  tumore  vascolare  formato  dalla  pia  madre  in  certi 
anencefali.  -  Embolismo  cerebrale,  otturamento  dei  vasi 
prodotto  dagli  emboli  (corpi  che,  trasportati  dalla 
corrente  sanguigna,  otturano  i  vasi,  dando  luogo  ad 
alterazioni  più  o  meno  gravi  :  veggasi  ad  embolo). 
-  Emorragia  cerebrale,  veggasi  ad  apoplessia.  - 
Encefalite,  infiammazione  dell'encefalo  propria- 
mente detto.  -  Encefalocele,  ernia  dell'encefalo  at- 
traverso le  pareti  craniche.  -  Encefaloide,  sarcoma, 
carcinoma  somigliante  alla  sostanza  cerebrale.  -  Kn* 
cefalolito,  calcolo  o  concrezione  del  cervello  -  En- 
cefalomalacia,  rammollimento  cerebrale.  -  -Eììcefalo- 
patia,  nome  generico  dei  disturbi  funzionali  del 
cervello.  -  Encefalorragia,  emorragia  in  qualche 
parte  del  cervello.  -  Epilessia,  catalessi,  aliena-» 
zione  mentale:  malattie  da  cui  è  affetto  l'encefalo.  • 
Ernia  cerebrale,  lesione  chirurgica  del  cervello. 

Frenesia,  nome  che  si  dà  ad  un  delirio  conti- 
nuato e  furioso,  accompagnato  da  febbre  acuta,  pro- 
dotto, per  lo  più,  da  infiammazione  del  cervello  ù 
d'elle  sue  membrane.  -  Idiotismo  o  idiozia,  mente- 
cataggine congenita  e  acquisita:  veggasi  a  idiota 
(porencefalia,  formazione  congenita  di  cavità  nella 
parte  media  della  massa  cerebrale,  congiunta  con 
idiotismo).  -  Infiammazione  cerebrale ,  encefalite 
{frenitico,  della  febbre  infiammatoria  e  della  infiam- 
mazione del  cervello).  -  Iperemia,  aumento  della 
quantità  di  sangue  nei  vasi  :  può  interessare  le  me- 
ningi e  la  sostanza  cerebrale. 

Languore,  lentezza  degli  atti  cerebrali  e  musco- 
lari. -  Lesioni  chirurgiche  del  cervello:  sono  le  le- 
sioni traumatiche  del  cervello  e  di  tutto  l'encefalo, 
alcune  alterazioni  circoscritte,  di  natura  infiamma- 
toria o  neoplastica,  e  certe  deformità  congenite,  di- 
pendenti da  arresto  di  sviluppo.  Possono  dare  ori- 
gine a  sintomi  morbosi  svariatissimi  :  sindrome  dif» 
fusa,  sindrome  locale,  ecc. 

Lipemania,  affezione  cerebrale  che  lascia  nell'io- 
dividuo  una  gran  tristezza  e  oppressione.  -  Melan- 
colia,  affezione  cerebrale  che  dà  uno  stato  patolo* 
gico  di  fissazioni  più  o  meno  intense.  -  Meningite, 
infiammazione  delle  membrane  cerebrali. 

Pachimeningite,  infiammazione  per  lo  più  cronica, 
iperplastica  della  dura  madre,  con  interessamento 
delle  altre  meningi  :  può  essere  encefalica  o  rachi- 
dica.  -  Paralisi  cerebrale,  veggasi  a  paralisi.  - 
Pazzia,  mania,  lesione  dell'intelletto,  nella  quale 
havvi  errore  di  giudizio,  od  allucinazione.  -  Portata, 
insulto  di  sangue  al  cervello,  apoplessia.  -  Prolasso 
cerebrale,  lesione  chirurgica  del  cervello. 


CERVELLONE  —  CERVO  VOLANTE 


517 


Rammollimento  cerebrale,  lesione  caratterizzata  da 
diminuita  coesione,  da  disgregazione,  da  rammolli- 
mento della  polpa  cerebrale  per  mancata  nutri- 
zione, in  conseguenza  di  lenta  encefalite,  di  trom- 
bosi (arrestamento  della  circolazione),  di  ateroma  dei 
vasi  cerebrali.  -  Sclerosi  coebrale,  indurimento  dei 
tessuti  :  ipertrofia  acquisita  del  cervello.  -  Sifilide 
n-rfbraU,  veytrasi  a  sifilide.  •  Slruma,  scrofola, 
specialmente  localizzata  alle  ^'hiandole  cervicali.  - 
Tumori  cerebrali  (veg,i.asi  a  tttiìiore)  :  sono,  per  lo 
più,  tubercoli  solitari,  ynmme  sifilitiche,  gliomi,  sar- 
comi, carcinomi,  psarnmomi;  rarissimi  gli  altri. 

Mostruosità'.—  >lne)/cé'/a7tff,  mostruosità  caratte- 
rizzata dalla  mancanza  di  cervello  o  di  midollo  spi- 
nale, eoi  e  ranio  e  il  canale  vertebrale  aperti.  -  Atelo- 
enci'falia,  sviluppo  incompleto  del  cervello.  -  Cislen- 
cefalo,  mostruosità  nella  quale  il  cervello  è  limitato 
nel  suo  sviluppo  al  punto  che  gli* emisferi  presen- 
tano forme  di  una  vescica  superiormente  bernoc- 
coluta. -  Macrocefalia,  ingrossamento  anormale  di 
cervello  {macrocefalo  chi  ne  è  affetto).  -  Microcefalia, 
sviluppo  del  cranio  e  del  cervello,  inferiore  al  nor- 
male (microcefalo). 

Particolari  e  termini  varì. 

Cervello  anteriore,  veggasi  a  prosencefalo.  - 
Cervello  (di'^tro),  detto  a  tnielence t'alo.  -  Cervello 
intermediario,  a  diencefalo.  -  Cervello  medio,  a 
mesencefalo.  -  Cervello  "posteriore,  a  metence- 
falo.  -  Cervello  terminale,  a  telencefalo. 

Cerebrale,  della  sostanza  o  materia  del  cervello; 
appartenente  al  cervello  ;  usato  anche  come  sinonimo 
di  intellettuale,  cioè  di  persona  il  cui  lavoro  si  eser- 
cita specialmente  col  cervello.  -  Cerebrare,  l'atto  di 
lavorare  col  cervello,  ^jensare,  immaginare,  meditare.- 
Cerebrazione,  insieme  degli  atti  del  cervello  consecutivi 
alla  percezione.  -  Cerebro-spinale,  ciò  che  ha  rapporto 
col  cervello  e  col  midollo  spinale;  coi^ì  asse  cerebro- 
spinala,  insieme  del  cervello  e  del  midollo  spinale, 
liquido  cerebro-spinale,  ecc.  -  Cervellino,  di  poco  cer- 
vello. -  Cervellone,  uomo  di  grosso  cervello.  -  Cer- 
velluto, fornito  *di  cervello.  -  Fos/bro,  famigliarmente 
per  cervello,  forza  di  cervello.  -  Frenastenico,  neolo- 
gismo dal  greco  :  senza  forza  di  mente,  cioè  gli 
idioti,  i  cretini,  ecc  -  Freniatria,  cura  delle  ma- 
lattie mentali;  freniatra,  il  medico;  e  frenocomio 
l'ospedale  relativo.  -  Psichico,  ciò  che  della  cere- 
brazione concerne  la  vita  intellettuale,  morale,  d'e- 
spressione e  d'azione. 

Bilinenrina ,  idrato  di  trimetilossietilammonio , 
diffuso  nell'organismo  animale,  nel  cervello  e  nel 
rosso  d'uovo.  -  Cefalo-rachidiano,  il  liquido  che  in- 
volge il  midollo  spinale  e  il  cervello;  -  Cefalossina, 
estratto  fluido  del  cervello,  con  cui  lo  Sciallen  tentò, 
con  fortuna  incerta,  la  cura  degli  esaurimenti  ce- 
cebrali.  -  Cerebrico  acido,  uno  dei  componenti  della 
materia  bianca  del  cervello.  -  Cerebrina,  materia 
azotata,  contenuta  nel  cervello,  -  Protagone,  sostanza 
cerebrale. 

Encefalolomta,  dissezione  del  cervello;  vuotamento 
del  cranio.  -  Noemotacografo,  noematacometro,  stru- 
menti immaginati  da  Douders  per  determinare  e  mi- 
surare i  cambiamenti  e  i  fenomeni  cerebrali  che  ri- 
sultano dalle  operazioni  intellettuali.  Per  quanto  ri- 
guarda le  facoltà,  le  funzioni  intellettuali  del  cer- 
vello, veggasi  a  ingey ito, intelletto,  infelliyensa, 
mente,  pensiero,  genio. 

Cervellóne.  Uomo  di  grosso  cervello  e  di  poco 
intelletto. 


Oervelloticanaente.  In  modo  bizzarro. 

Cervellòtico.  Secondo  il  proprio  cervello,  non 
secondo  ragione:  strambo,  bizzarro,  balzano. 
stravagatite. 

Cervicale.  Della  cervice,  del  collo. 

Corvicapra.  Specie  di  gazzella. 

Cervie*.  Parte  [losteriore  del  collo. 

Cerviere,  cervièro.  Veggasi  a  lince. 

Cervo.  Quadrupede  selvatico,  ruminante,  a  corna 
caduche  e  ramose,  velocissimo  al  corso:  animale 
dalle  corna  arboree;  cerbio,  cervio;  femmin.,  cerbia 
(dimin.,  cerbietta,  cerbiettina,  ecc.).  Le  sue  corna 
servono  per  fare  manichi  di  coltelli,  di  pugnali, 
pomi  di  bastone,  ecc.  In  farmacia  si  usa  la  polvere 
delle  corna  come  emolliente,  in  forma  di  decotto  o 
di  gelatina.  Con  la  pelle,  provvista  di  pelo,  si  fanno 
tappeti,  coperte,  ecc.;  con  quella  conciata,  guanti, 
calzoni,  ecc. 

Cerbiatto,  il  piccolo  del  cervo;  cerbiattolino,  cer- 
bióttolo,  cerviatto,  cerbietto,  cervetto,  cervietto,  cer- 
viottello,  cerviolto.  -  Poppante  del  cervo:  capriolo, 
capriuolo.  -  Secondo  le  corna,  cervo  a  tre  palchi, 
cervo  palcato. 

Coma  decidue,  quelle  dei  cervi.  -  Cornatura,  qua- 
lità di  corna  (una  bella,  una  brutta  cornatura).  - 
Grido  del  cervo,  belato,  bramito  (belare,  bramire).  - 
Impalcatura  delle  corna  del  cervo,  la  loro  disposi- 
zione: palco.  •  Mudare  (mudazione),  il  rinnovare  le 
corna  che  fa  il  cervo. 

Cervidi,  tribù  di  ruminanti,  che  subiscono  an- 
Tuialmente  la  caduta  delle  corna,  le  quali  ripullulano 
dalle,  cicatrici  fino  a  forinaie  nei  maschi  adulti  un 
valido  organo  di  difesa.  -  Alce,  cervo  dei  paesi  set- 
tentrionali, dalle  grandi  corna  ramose  o  divise  in 
coreggie:  detto  anche  granbestia,  gran  bestia.  •  Bla- 
stocero,  cervo  delle  Pampas  (America  merid.),  con 
corna  erette,  di  tre  o  cinque  ramilicazioni.  -  Bubali, 
specie  di  cervo  della  Libia,  con  grandi  corna  im- 
piantate verso  il  mezzo  della  fronte.  -  Capriolo,  qua- 
drupede appartenente  al  genere  dei  cervi;  ha  le 
corna,  con  tre  rami;  la  sua  carne  è  di  grato  sapore 
quanto  quella  dei  cervi.  Capriola,  la  femmina.  • 
Daino,  specie  di  cervo,  ma  più  piccolo;  é  di  Bar- 
berla,  simile  al  capriolo,  ed  ha  le  corna  curvate 
indietro.  -  Rangifero,  animale  quadrupede,  simile  al 
cervo,  con  tre  ordini  di  corna.  -  Benno  e  renna, 
grossi  ruminanti  della  famiglia  de' cervi  :  entrambi 
hanno  le  corna.  Vivono  nelle  regioni  glaciali,  ove 
i  Lapponi  traggono  utile  dal  latte,  dalle  carni,  dalle 
pelli,  di  cui  i  Samojedi  costruiscono  vele  per  i  loro 
canotti.  -  Busa,  nome  malese  di  alcune  specie  di 
cervi  delle  Indie,  di  corpo  tozzo,  membra  robuste, 
testa  e  collo  brevi.  -  Subulo,  genere  di  mammiferi 
ruminanti,  famiglia  dei  cervi. 

Halali,  voce  onomatopeica  dell'antico  grido  fran- 
cese di  guerra  e  di  caccia;  anche,  la  fanfara  che 
annunciava  la  presa  del  cervo. 

Cervo.  Specie  di  stecconato  fatto  di  pali  ramosi 
e  simili  alle  corna  del  cervo:  lo  si  mette  per  di- 
fesa dei  terrapieni,  e  talvolta  contro  gli  insulti  della 
cavalleria  nemica. 

Cervogia.  La  birra. 

Cervo  volante  (dal  frane  cerf  volani).  Balocco 
di  carta,  ingegnoso  e  noto  trastullo  da  ragazzi,  fatto 
con  carta  stesa  su  stecche  leggere,  con  coda  a  strisce 
aneliate,  e  mandato  in  aria  attaccato  ad  un  lungo 
spago:  aquilone,  in  Toscana;  comèta,  detto  dai  fan- 
ciulli Ininbardi;  stella,  dai  romani.  -  Nome  anche 
d'un  insetto  coleottero  aflìne  allo  scarabeo.  •  Cervo 


oI3 


CERZIORARE     —    CETACEO 


volante  elettrico,  apparecchio  usato  da  Franklin  per 
attirare  l'eleltricità  delle  nubi  t-emporal esche 

Cerziorare,  cerziorazione.  Veggasi  a  certo. 

Cesare,  cesàreo.  Veggasi  a  imjjeratore. 

Cesarismo.  Detto  a  disjjotismo. 

Cesellare,  cesello  (cesellatura).  Veggasi  a  ce- 
seUatove. 

Cesellatore.  Artista  che,  col  cesello',  arricchisce 
Q  abbellisc  e,  con  opere  di  bassorilievo  e  di  incavo, 
i  lavori  in  metallo:  artista  di  cesello;  incisore, 
intagliatore.  Figur.,  bulino  (opera  di  eccellente 
bulino).  -  Minutiere,  l'orefice  che  fa  lavori,  quali 
sono  tutte  le  legature  d'oro  delle  gemme.  Contr.  di 
grossiere.  -  Pianatoi'e,  cesellatore  che  tira  in  piano 
il  lavoro  col  pianatolo. 

Cesellare,  lavorare  col  cesello  su  piastre  d'oro, 
d'argento  o  altro  metallo,  facendovi  figure  o  altri 
ornati:  intagliare  col  cesello;  lavorar  di  cesello,  a 
bulino;  cavare,  incidere,  rintagliare.  Scherz.,  graf- 
fiare, sgraffiare.  -  Camosciare,  punteggiare  finamente 
il  panneggiamento  delle  figure  cesellate,  percotendo 
con  una  asticciuola  d'acciaio  rotta  di  fresco,  la  cui 
sezione  presenti  una  grana  finissima.  -  Ciappolare, 
pulire  con  la  ciappola.  -  Granire^  imprimere  punti, 
ovvero  righe  per  fare  il  panneggiamento  alle  figure 
nelle  opere  di  cesello.  -  Mettere  in  pece,  mettere  le 
piastre  da  cesellare  in  un  letto  di  pece.  -  Svenare, 
far  la  pelle  di  grana  più  fina. 

Cesellatura,  cesello,  opera  fatta  col  cesello:  cesel- 
lamento;  lavoro  di  cesello,  d'intaglio;  incisione;  in- 
tagliatura, intaglio.  -  A  sbalzo,  lavoro  di  cesello  che 
produce  in  rilievo  disotto  le  figure  disegnate  in  pece 
disopra,  -  Grana,  nei  lavori  di  cesello,  le  intacca- 
ture alla  superfice  per  renderla  scabra.  -  Minuteria, 
lavori  gentili  di  ornamento  che  conduconsi  intera- 
mente col  cesello.  -  Rilievo,  opera  di  rilievo:  dicesi 
delle  opere  di  getto,  di  cesello  e  simili,  che  rile- 
vano dal  piano.  -  Taglia,  la   maniera  di    cesellare. 

IsTRUMENTi.  —  Cacciabotte,  specie  di  cesello,  ado- 
perato per  fare  gli  sfondi.  -  Caccianfiiori,  specie  di 
incudine  a  lungtie  corna,  usata  dai  cesellatori  per 
gonfiare  il  metallo  o  far  apparire  la  pri  uà  bozza  sulla 
piastra.  -  Cesello,  specie  di  punzone  di  ferro,  lungo 
un  dito,  grosso  come  una  penna  da  scrivere;  la  sua 
cima  smussa  è  variamente  figurata  in  rilievo,  in 
piano,  ovvero  in  cavo,  per  improntare  in  piastra 
metallica  a  piccoli  colpi  di  martellino:  bulino,  bo- 
line, cesellino;  terrolino  con  che  s'intaglia.  -  Cesello 
piano,  lo  stesso  che  profilatoio.  -  Ciappola,  stru- 
mento d'acciaio,  a  forma  di  piccolo  scalpello,  di  cui 
si  servono  i  cesellatori  e  gli  argentieri  per  lavorar 
metalli  da  smaltare,  e  per  altri  usi.  -  Granito/o, 
specie  di  cesello  appuntato  in  cima,  oppure  tagliato 
quasi  a  foggia  di  lima, a  uso  di  granire.  -  Madiella, 
sorta  di  cassetta  di  legno  ove  i  casellatori  tengono 
la  terra  da  formar  le  staffe.  Occorrono  a  ogni  ma- 
diella l'asse  e  lo  spianatoio.  -  Mazzette  da  cesellare, 
martelletti  grossi  e  corti,  parte  di  ferro  e  parte  di 
legno,  coi  quali  si  dà  sui  ferri  da  cesellare.  -  Mol- 
lettina,  piccola  molla  da  cesellatore.  -  Pianatoio, 
specie  di  cesello  col  quale  si  lavora  sul  metallo.  - 
Profilatoio,  istrumento  per  profilare  le  figure,  i  to- 
gliami  e  gli  altri  ornamenti  dei  vasi  e.  delle  altre 
opere.  -  Raspino,  strumento  di  ferro  rotondo  e  al- 
quanto piegato  nell'estremità,  del  quale  si  servono 
i  cesellatori,  gli  argentieri,  ecc. 
^  Glittica,  arte  di  incidere  sulla  pietra.  -  Toreutica, 
l'arte  di  cesellare,  incidere,  scolpire  e  fondere. 

Cesello.  Detto  a  cesellatore. 

Cesio.  Metallo  alcalino,  scoperto  mediante  l'ana- 


lisi spettrale,  da  Kirckoff  e  da  Bunsen  nei  residui 
di  acque  minerali  a  base  di  soda,  potassa,  calce. 

Cesóie.  Le  forbici. 

Cespite.  Lo  stesso  che  cespo.  -  Principio,  fonte, 
cagione  di  reddito,  di  guadagno.  -  Veggasi  anche 
a  ciìnitero. 

Cespo.  Gruppo  d'erbe,  di  foglie,  di  virgulti  che 
hanno  radice  comune  (veggasi  a  erba,  foglia, 
virgulto):  cespite,  cespuglio,  roveto,  rovo.  -  Ce- 
sposo,  cespuglioso,  pieno  di  cespi,  di  cespugli. 

Cespuglio,  cespugrlioso.  Veggasi  a  cespo. 

Cessare  {cessato).  Non  continuare,  desistere, 
finire,  restare,  terminare;  dismettere,  smettere; 
non  esser  più;  venir  meno. 

Cessazione.  11  cessare,  la  fine:  cessazione,  ces- 
samento. 

Cessionario.  Detto  a  cedere. 

Cessione.  Atto  del  cedere. 

Cesso  [cessino).  La  latrina.  -  Veggasi  anche  a 
8eg(/etta. 

Cesta,  cesto.  Specie  di  paniera,  di  canestro: 
arnese  intessuto  di  vimini,  di  vermene  di  castagno 
0  simili,  a  tondo  piano  quadrangolare,  a  sponde 
poco  rilevate.  -  Cestello,  piccola  cesta.  -  Cestino,  pic- 
colo arnese  a  forma  di  cesta,  o  altrimenti,  e  pure 
intessuto  di  vimini  (veggasi  anche  a  colombo  e  a 
pollo).  -  Cestino  da  portare  v,.  idvola:  è  come  un 
piatto  fatto  di  vimini  sul  quale  si  portano  i  tegami 
e  i  vassoi  delle  pietanze,  per  non  conciare  la  tova- 
glia. Da  taluni  detto  anche  tondino.  -  CpsIo  o  ce- 
stino, veggasi  a  pollo.  -  Cestóne,  specie  di  cesta  per 
someggiare.  -  Coffa,  nel  Genovesato,  specie  di  cesto 
di  cui  si  servono  i  facchini  del  porto  pel  carico  e 
scarico  delle  navi.  -  Corba,  specie  di  cesta  più 
stretta  e  più  alta.  -  Corbello,  piccola  corba  senza 
manichi.  -.  Foraggiera,  specie  di  cesta  o  sacco  a  rete 
che  contiene  il  foraggio.  -  Paniera,  specie  di  cesta 
chiatta  e  bassa,  di  vetrici,  senza  manico  e  senza 
coperchio.  -  Paniere,  arnese  di  più  forme  e  di  più 
materie  fatto  per  lo  più  di  vinchi  e  di  vetrice,  con 
manico:  frane,  corbeille;  milan.,  scorba.  -  Sporta, 
cesta  di  giunchi.  -  Zana,  sorta  di  cesta  fatta  di 
stecche  d'ontano  o  sim.  intrecciate.. 

Cestaio,  chi  fa  le  ceste. 

Cestaio.  Detto  a  cesta. 

Cestello.  Veggasi  a  cesta. 

Cestinare  {cestinato).  Detto  a  giornale. 

Cestino.  Specie  di  cesta.  -  Arnese  per  gettarvi 
carta.  -  Termine  di  linguaggio  giornalistico:  veg- 
gasi a  giornale. 

Cestire  (cestito).  Detto  a  cesto. 

Césto.  La  pianta  che  moltiplica,  sopra  una  ra- 
dice, le  foglie  in  un  mucchio.  -  Cestire,  fare  il  ce- 
sto, accestire. 

Cesto.  Detto  a  pugilato. 

Céstola.  Arnese  di  caccia,  per  pigliar  uccelli: 
tessuto  di  vimini  e  a  forma  di  cestello,  con  spor- 
tellino a  scatto. 

Cesura.  Detto  a  verso  (latino  e  greco). 

Cetaceo.  Che  è  del  genere  dei  ceti  o  balene.  I 
cetacei  sono  mammiferi  acquatici  e,  per  quanto  asso- 
miglino ai  pesci,  h;in'io  sangue  caldo,  respirazione 
polmonare,  sono  vivipari  e  forniti  di  mammelle 
pettorali.  -  Sfiatatóio,  apertura  sul  capo  dei  cetacei 
dalla  quale  rigettan  l'acqua  con  forza  -  Spermaceti, 
materia  oleosa  levata  dal  capo  d'alcuni  cetacei. 

Odontoceti,  cetacei  provvisti  di  denti:  tali  il  ca- 
podoglio, il  narvalo,  il  delfino.  -  Soffiatori  si  di- 
cono i  cetacei  che  espellono  con  violenza  l'acqua 
dall'orifizio  esterno  delle  narici,  situato  sul  capo. 


CETKHKGOIARE    —    CIIlACrUIRRA 


519 


Balena,  il  più  grosso  dei  mammiferi  cetacei.  - 
Capidoglio,  capodoglio,  grosso  celaceo,  con  capo  vo- 
luniiiiosissiiiio,  vivente  in  tutti  i  mari:  dello  anclie 

f  setere.  Specie  più  nota  il  viacrocefato  gigante  dei- 
Oceano.  -  Cascialoto,  cetaceo  che  nella  cavità  della 
testa  rinchiude  un  olio  rappreso  (bianco  di  balena 
0  spevìvn'^eti):  balena  maschio.  -  JP^ocrt,  cetaceo  an- 
fibio -  Mvsuino  0  porco  di  mare,  cetaceo  che  ha  il 
il  muso  corto,  chiamato  da  Lacépède  delfinóttero.  - 
Delfino,  grosso  cetaceo  vivente  nell'Atlantico  e  nel 
Mediterraneo.  -  Narvalo,  grosso  cetaceo  dell'oceano 
Glaciale  artico.  -  Orca,  specie  di  cetaceo  voracis- 
simo, famiglia  dei  delfini.  -  Platanista,  specie  di 
delfino.  -  Siiualo,  specie  di  mostro  marino  celaceo. 

-  Stelleri,  lamantini,  dugonghi,  annoverati  fra  i  ce- 
tacei ordinari  :  hanno  la  conformazione  dei  pesci, 
eccetto  la  coda,  che  è  orizzontale.  Vivono  d'alghe, 
di  fuchi  0  rarech  e  d'altre  piante  marine,  che  ma- 
sticano coi  loro  denti  da  pachidermi.  -  Zen^/oc/owie, 
specie  gigantesca  di  cetacei  fossili. 

Ceterej: giare  (ceteraggiuto).  Detto  a  cetra. 

Ceterista.  Suonatore  di  cetra. 

Ceto.  Classe  di  persone,  ordine  di  cittadini;  cia- 
scuna dello  categorie  in  cui  si  divide  la  società 
umana:  casta,  condizione;  anche  (ma  voci  non 
usate),  nazione,  ragunanza,  repubblica,  sfera.  - 
Casta,  classe  di  persone  che  gode  di  certi  diritti. - 
Ceto  di  nobili,  mercantile,  sacerdotale  (veggasi  a 
nobiltà,  mercante,  sacerdote)  ;  celo  alto,  basso, 
medio,  inlimo;  ceto  femminile,  ecc.  -  Classi  strigliate  : 
della  società  elegante,  asinina  e  bestiale.  -  Crème 
(fiMnc),  il  fior  fiore,  la  parte  eletta,  con  speciale  ri- 
guardo all'eleganza  e  alla  mondanità,  élite,  high-life 
(ingl.),  pschutl,  ecc.  -  l'ine  fìeur  (frane),  il  fior  fiore, 
il  ceto  elegante  e  mondano.  -  Gente  di  bassa,  di 
vile  estrazione,  dell'ultimo  strato  sociale.  -  Gente 
mezzana,  di  medio  ceto.  -  Gran  mondo,  locuzione 
francese  {grand  monde)  per  indicare  il  celo  di  co- 
loro che  per  ricchezza,  agi,  dignità  hanno  speciale 
distinzione.  -  Mondo  elegante,  veggasi  ad  eleganza. 

-  Mondo  intellettuale,  veggasi  a  intelletto.  •  Olimpo, 
parola  usata  per  indicare  il  ceto  chiuso  dell'auto- 
crazia, specie  se  dato  a  vita  mondana.  -  lerzo, 
quarto  Stato,  per  indicare  la  borghesia,  il  pro- 
letariato. -  Homo  novus  (lat).,  uomo  nuovo,  cioè 
sènza  tradizione  e  passato.  -  La  haute  (frane),  una 
delle  tante  parole  per  indicare  la  società  ricca  o 
nobile.  -  Persona,  gente  di  condizione,  di  condizione 
alta.  -  Signoria,  titolo  d'uomo  di  grande  aflare.  - 
Signorotto,  signore  di  mezzo  stato. 

Cetra.  Antico  istrumento  musicale  a  corde,  si- 
mile alla  lira:  cètera,  lira,  pandura,  tricordo;  poet., 
arguto  legno.  -  Lirena,  cattiva  cetra.  -  Ln-one^  cetra 
grande.  -  Eptacordo,  ettacordo,  lira  a  sette  corde.  - 
Kinnor,  la  cetra  degli  antichi  ebrei.  -  Pentacordo, 
cetra  a  cinque  corde.  -  Testuggine,  cosi  detta  la 
lira  per  avere  Mercurio  formato  il  primo  di  tali 
istrumenti  con  un  guscio  di  testuggine. 

Cetereggiare,  suonare  la  cetra:  ceterare,  ceteriz- 
zare,  citareggiare  (voce  antiquata),  sceterare.  -  Ct- 
tarista,  suonatore  di  cetra  :  cetarista,  ceterista,  ci- 
taredo; ceteratore,  ceterizzatore ,  citarizzatore. 

Anfione,  figlio  di  Giove  e  di  Antiope,  regina  di 
Tebe,  le  cui  mura  egli  fabbricò  col  suonare  la  sua 
cetra,  poiché  le  pietre,  sensibili  a  tale  melodia,  si 
univano  da  loro  stesse  nei  luoghi  opportuni,  a 
norma  del  bisogno. 

Cetràngrolo.  Qualità  di  arancio. 

Cetriuolo.  Pianta  cururbitacea  che  ha  steli  sar-  j 
meatosi,  rampicanti,  ispidi,  foglie  scabre,  a  cinque  i 


lobi,  e  fa  frutti  bislunghi  (volgami.,  treciolo),  di 
varia  grossezza,  verrucosi,  con  la  polpa  molle,  ac- 
quosa, che  prima  della  loro  piena  maturità  si  man- 
giano crudi,  nelle  insalate  o  acconci  in  aceto.  - 
Letriohno,  dimin.  di  cetriuolo,  e  si  dice  segnata- 
mente di  quelli  piccoli  e  non  maturi  da  mettere 
solfacelo  per  mangiarli  col  lesso. 

Checchessia.  Una  cosa  qualunque. 

Chelidre.  Sorta  di  serpente. 

Cheliforme.  A  forma  di  forbici, 

Chelotomia.  Detto  a  ernia. 

Chcpi.  Forma  di  cappello. 

Chéppia.  Genere  di  pesci  comuni  :  laccia.  Edi 
mare,  ma  di  primavera  viene  allacqua  dolce 

Cherarjjirio.  Cloruro  d'arge/tto  nativo,  detto 
argento  corneo. 

Chèrica.  Lo  stesso  che  chierica. 

Cliericato.  Veggasi  a  chierico. 

Chèrico.  Detto  a  chierico. 

Chericuto.  ('on  la  chièrica. 

Chèrmes.  Grana  che  serve  a  tingere  in  l'osso. 

Chermisi,  chermisino  (chemasi).  Veggasi  a 
rosso. 

Cherubino  (cherubico).  Detto  ad  angelo. 

Chetare  (chetato).  Indurre  in  calma,  melh  re 
in  quiete.  -  Figur. ,  cessar  di  parlare  o  di  I  ir 
rumore.  -  Attenuarsi  di  un  dolore. 

Cheto.  Chi  0  che  è  in  quiete.  -  Che  non  fa 
rumore.  -  Di  segreto  non  divulgato. 

Chiacchiera  (chiacchierare,  chiacchierata,  chiaC' 
chierino,  chiacchierone).  Cicaleccio  vano,  discorso 
vano,  senza  proposito,  ciancia  (anche  voce  non 
vera,  sparsa  a  carico  di  qualcuno,  piccola  cffl- 
lunnia,  jììccoììl maldicenza):  baia,  borra;  celerà, 
berlingamento,  chiaccherùcola;  ciangola,  ciangolio, 
ciarla,  ciarleria,  ciarpa  ;  cicaleccio,  cicaleria,  cinguet- 
tamento;  favola;  frasca,  frascheria;  gracchiamento; 
moltiloquio,  .novella;  parola  oziosa  ;  paroletta,  pa- 
rola da  donna  o  da  sera;  pippionat;»,  pispilloria,  pis- 
sipissi;  risoffiamento,  sproloquio,  stoltiloquio;  tac- 
coiata,  laccoleria  ;  tantafera,  taiitiiierata,  tàltera, 
latteria;  vaniloquio,  vano  e  ozioso  parlare;  vento, 
vescia,  vescica;  zaccheretta  di  parole,  zara  (voce  an- 
tiquata). -  Chiacchiarella,  chiacchierella,  chiacchia- 
retla,  chiacchierucola,  chiacchieraccia,  chiacchierella, 
cianceita,  ctanciolina,  ciancereila,  diminutivi. 

Accademia  (figur.),  dove  e  quando  si  fanno  molte 
chiacchiere  e  discussioni.- jBer/trj^/imo,  chiacchierata 
allegra  che  si  fa  dopo  cena:  onde  la  frase  fare  il 
berlinghino  per  stare  a  crocchio  dopo  il  pasto.  - 
Biribissaio,  cicaleccio.  -  Brache,  notiziette,  chiac- 
chiere da  donnicciuole. 

Caccola,  notizia  vana,  falsa  o  sciocca.  -  Canzone 
0  (arsola  dell'uccellino,  canzone  dell'oca  :  si  dice 
quando  uno,  favellando,  torna  sempre  sulle  mede- 
sime cose  e  mai  non  viene  a  fine.  -  Chiacchierina, 
chiacchieramento  di  donnicciuoia  o  di  fanciullo.  - 
Chiacchierina,  chiacchiere,  anche,  le  parole  che 
altri  vi  dicono  in  una  conlesa.  -  Chiacchierata, 
discorso  lungo  e  senza  scopo;  cantafera  ,  cantafa- 
vola; ciarlata,  cicalata;  filastrocca,  filastroccola; 
filatera  di  ciancie  ;  lungagnola;  seguito  di  ciancie; 
storia  lunga;  tantaferata;  tirata ,' tiratera.  -  Chiac- 
cheria,  cinguettio,  smania  di  parlare;  talvolta,  sto- 
riella inventata  che  va  per  le  bocche  dei  curiosi  - 
Chiacchericcio,  il  chiacchierare  prolungato  e  molesto 
di  più  persone  fra  loro.  •  Chiasso,  chiassata,  rumore 
festivo.  Si  fa  chiasso  anche  celiando  senza  grande 
rumore;  la  chiassata  è  sempre  strepitosa;  è  anche 
trastullo,  ora  rumoroso,  ora  no.  -  Cuiasselto,  chias- 


520 


CHIACCHIERA 


$ino  :  si  applicano  per  vezzo  ai  bambini,  segnata- 
mente il  secondo.  Diiiiin.,  Chiasseltino,  chiassaccio. 
•  Chiucchiurlaia,  rumore,  strepito,  schiamazzo,  ecc., 
che  facciano  molte  persone"*  parlando  o  gridando 
tutt'insienie. 

Ciaccola,  volgarm.  per  ciancia.  Accresc,  ciacco- 
Iona.  -  Ciambnlio  (ciambotti),  un  ciambolare  conti- 
nuato. -  Ciancerulla,  ciancia  grande  e  grossolana  - 
Ciangola,  più  spesso  usata  in  piur.,  discorso  senza 
proposito  su  cose  varie  e  frivole.  -  Ciangolaia,  il 
ciangolare,  rhiacchieramento  e  dìsputa  inutile.  - 
Ciarla,  abitudine  delle  ciancie;  anche  chiacchiera 
piuttosto  maligna.  -  Ciarlata,  discorso  di  ciarle.  - 
Ciarlataneria  (disus.),  soverchia  loquacità.  -  Ciar- 
leria, il  ciarlare  intemperantemente,  e  quantitcà  di 
di  ciarle.  -  Ciarlìo,  cicalio.  -  Cicalamento,  l'atto  del 
cicalare,  ossia  del  parlar  troppo. 

Cicalata,  discorso  d'un  solo  su  cose  frivole.  -  Ci- 
ealeria,  quasi  l'abitudine  di  cicalare.  -  Cicaleccio, 
il  cianciare  di  molti  insieme,  a  voce  naturale:  ci- 
calamento, cicaleggio,  cicalicelo,  cicalio;  cianaia, 
cianio  ;  ciangolalo,  cornacchiaia.  A  voce  bassa, 
bisbiglio.  Per  simil.,  cinguettio.  -  Cicalio,  un 
chiacchierare  continuato,  e  anche  il  suono.  -  Ci  ci 
CI,  cicalecci  vani.  -  Cinguettata,  il  cinguettare. 

Cornacchiamento,  cornacchia,  cuccovaia,  cuccovata, 
cicalamento,  diceria  sciocca  e  noiosa.  -  Diceria, 
ciarla  lunga,  vana  e  senza  fondamento;  anche  sen- 
za malignità  {correr  voce,  andar  in  giro  la  diceria; 
andar  voce,  nascer  voce,  esser  fama;  diffondersi 
la  diceria  ;  risuonare,  suonare  la  fama)  -  Fiume  di 
parlare,  di  eloquenza,  il  parlare  soverchiamente.  - 
Garrulità,  loqiMcitd,  abitudine  di  parlare  molto. 
Intemerata,  lunga  chiacchierata,  per  lo  più  a  scopo 
di  rinì2*rovero. 

Panglossia  (gr.),  loquacità.  -  Passeraio,  uccellata, 
per  sim.,  confuso  cicaleccio  di  più  persone;  chiac- 
chierio di  più  donne  che  son  raccolte.  -  Passerio, 
un  gran  cicalare  -  Palati  patata,  voce  del  gergo  fran- 
cese per  esprimere  un  continuo  chiaccherio.  -  Pette- 
golezzo, Discorso  fatto  per  lo  più  da  donnicciuole 
0  da  persone  vane  e  a  carico  d'  altri.  -  Pissi,  pis- 
sipissi,  voce  imitativa  di  chiacchiericcio. 
Tanlaferu,  diceria  o  cosa  lunga,  noiosa  e  strana. 
Voce,  diceria,  chiacchiera  che  accenni  a  qualche 
cosa,  senza  precisione. 

Il   CHIACCHIEfìARE. 

Chiacchierabe,  far  discorsi  senza  proposito,  di- 
vulgar ciarle,  spargere  o  ripetere  parole  e  discorsi 
uditi.  -  Chiar.chier amento,  il  chiacchierare  a  lungo, 
l'atto  del  discorrere  vanamente  :  cianciamento,  ciar- 
lamento,  ciarleria,  cicalamento. 

Anfanare,  dire  spropositi,  parlar  fuori  di  propo- 
sito, mal  a  proposito.  -  Anfanare  a  secco,  modo 
prov.,  cicalare  da  briaco,  senza  aver  bevuto  (anfa- 
namento,  anfania).  -  Appallare  con  le  parole,  con- 
fondere altrui  con  lunga  e  noiosa  diceria,  e  dare 
ad  inteiidere  cosy  filse,  d^r  ciance.  -  Appancacciarsi, 
star  a  cianciare. 

Barattare  ima,  due,  mezza  parola,  far  quattro  chiac- 
chiere amichevolmente.  -  Battolare,  nel  Lucchese, 
d'uso  com.,  per  parlare  molto,  presto  e  forte,  da 
battola,  legno  del  molino  che  nel  girare  le  macine 
si  alza  e  si  abbassa  con  gran  rumore.  -  Begolare, 
chiacchierare,  e,  anche,  dir  bugia.  -  Bergolinare, 
motteggiare.  -  Berlingare,  ciarlare,  cinguettare,  a- 
vendo  bea  pieno  il  ventre   ed  essendo  ben    riscal- 


dati dal  vino  [berlingamento,  il  berlingare).  -  L7a- 
terare,  cianciare,  ciarlare. 

Camaldolare,  stare  a  far  chiacchiere,  o  leticare 
come  de  donnucce  del  volgo.  -  Chiacchillare,  per- 
dere il  tempo  in  chiacchiere.  -  Ciambolare,  cianciare 
a  lungo,  ma  senza  sugo.  -  Cianciare,  parlar  di  cose 
vane  :  battere  il  becco,  berlingare  ;  ciabare,  ciango- 
lare, ciangottare,  ciaramellare,  ciarpare;  cicalare, 
cicisbeare,  cinguettare  ;  coccoveggiare,  crocchiare  ; 
cuccureggiare;  tare  il  ciaba;  fare  una  partita,  una 
partitina  a  chiacchiere;  mettere  il  becco  in  molle; 
pettegolare,  pettegoleggiare;  sbaiaffare,  sbaiare; 
scornacchiare,  scotteggiare;  stìlunguellare,  sfrin- 
guellare; spincionare;  stare  a  crocchio;  tattamel- 
lare,  treccolare.  -  Ciaramellare,  cianciare,  e  anche 
avviluppare  altri  con  parole   e  trarlo    in    inganno. 

-  Ciarlare,  aver  la  ciarla,  la  parlantina  :  anche, 
cicalare,  belare,  gracchiare  (sparlare  d'altri).  -  Cin- 
guettare, chiacchierare  a  bassa  voce,  dando  noia  a 
chi  sente.  •  Confabulare,  chiacchierare  a  lungo  con 
qualcuno  su  qualche  argomento  di  poca  importanza. 

-  Crocchiare,  cicalare  e  ragionare  che  si  fa  in  con- 
versazione 0  in  crocchi  {crocchiota,  chiacchierata). 

Esercitare  la  lingua,  di  chi  chiacchiera  molto.  - 
Giorneare,  ciarlare  lungamente,  perdendo  cosi  il 
tempo.  -  Lingueggiare,  frappare,  dondolare,  o  don- 
dolar  la  matlea  o  pascer  di  vento,  ciarlare  e  ciar- 
lare senza  venir  a  capo  di  nulla  ;  sverbicare  (d'uso 
nel  contado  pistoiese),  scotteggiare  (d'uso  a  Siena, 
ove  le  ragazze  si  dicono  anche  scotte),  ciabare  e 
ciambolare  (d'uso  in  più  luoghi  della  Toscana), 
ciambotlare. 

Biciarlare,  ripete  ciarlare.  -  Bifertre,  ridire  cose 
udite  o  vedute  e  che  meglio  sarebbe  stato  il  ta- 
cerne. Dello  stesso  significato:  riftccre,  rifischiare 
e  rifistiare,  spifferare,  sbucinare,  sfnng utllare,  trom- 
bettare e  strombettare,  svesciare,  rinvesaare,  sver- 
tare,  sbocciare,  sbottare,  sbotrare  (di  uso  toscano), 
mandare  al  palio,  sbrodettare,  sciacquerare  (del  luc- 
chese), rifilare,  scornacchiare,  scorbacchiare,  cantare 
d'aiolfo  {scorna  e  chiamento,  scornacchiata).-  Scilinguare, 
chiacciii erare  e  balbettare.  -  Sermonare,  parlare  a 
lungo,  far  sermone,  predicare,  orare.  -  Stracicalare, 
cicalare  eccessivamente,  (^ontraccicalare,  cicalare 
quasi  di  risposta  al  cicalare  altrui.  -  Taltaniellare, 
cianciare  assai. 

Chi  chiacchiera. 

Chtaccherino,  chi  chiacchiera  molto  (specialmente 
di  fanciullo)  e  volontieri  :  ciaramellino,  cicalino, 
cinguettino,  tattamellino. 

CmAccHiERONE,  chi  chiacchiera  assai,  e  spesso 
male  a  proposito:  allinguato,  anfanatore, battolone, 
berlingatore,  berlinghiere,  blaterone;  capoparolaio; 
ciaba,  ciabatore,  ciabone;  ciambolone,  cianciarello, 
cianciatore,  ciancione,  ciancioso;  ciangolone;  cia- 
ramella ;  ciarladore,  ciarlatore  ;  ciarliere,  ciarliero; 
ciarlone  ;  cicalante,  cicalatone,  cicalatore,  cicalone, 
cicaluzza;  cicigna  (donna  ciarliera);  cinguettatore, 
cinguettiere,  cinguettone  ;  cornacchia,  cornacchione; 
crocchiante  ;  dicace,  farabolone;  garoso,  garrulo; 
gazzerotto,  ghiandaione;  gracchiante,  gracchiatore, 
gracchione;  gran  parlatore,  parolaio;  linguardo, 
lingua  svelta,  linguaio;  loquace;  parabolano;  pap- 
polone, racanella;  sbaiaffatore,  sbaiaffone;  svescione; 
tàccola;  trombetta,  trombettiere,  trombetto. 

Abbaiatore,  chiacchierone;  abbaiatorello,  spregia- 
tivo di  abbaiatore.  -  Abburattane,  chi  abburatta 
chiacchiere.  -  Baryellq,  donna  ciarluna;  anche,  furija. 


CHIACCHIERARE     —   CHIAMARE 


621 


Modi  di  dire. 


Proverbi. 


trincata.  -  Bèrgolo,  chi  chiacchiera  volontieri.  -  Bla- 
gueur  (frane),  parola  usata  invece  delle  nostre: 
gradasso,  spaccamonti,  rhiaccluero7ie,  ecc.  -  Botohne, 
per  uomo  garrulo  e  brontolone,  e  per  uomo  stiz- 
zoso ed  impotente.  -  C«/.o(/a/<o:  d'un  chiacchierone 
si  direbbe  che  fa  venire  ti  capogatto.  -  Cecca,  don- 
na ciarlona,  sciamannata.  -  Chiassone,  chiassona, 
persona  che  fa  chiasso,  o  semplice  rumore,  o  grave 
tumulto;  che  ama  il  chiasso,  l'allegria  clamorosa 
{chiassoncino,  chiassoìtcelto,  segnatamente  di  fanciullo, 
radazzo.  Chiassonaccio,  chiassoso,  che  fa  chiasso;.  - 
Ciarlatano,  chi,  a  suon  di  chiacchiere  e  di  pro- 
sopopea, cerca  di  passare  per  un  grande  e  gabbare 
il  mondo.-  Ciarlivendolo,  venditore  di  ciarle  e  fan- 
donie, gabbamondo,  -  Cicerona,  nell'uso,  donna  che 
ciarli  molto,  ma  con  facondia.  -  Cornacchia,  cornac- 
chiome,  gracchia,  gracchione,  graccUlo,  uomo  che 
cicali  assai  e  senza  considerazione.  -  Crocchiane, 
cicalatore,  frequentatore  di  crocchi,  che  crocchia. 

Garrulo,  che  garrisce,  che  ciarla.  Trovasi  anche  i 
garrulante,  garrevole,  garrinello,  garrissaio,  garriz- 
zaio,  garrissario  :  gamiletto  (dimin.).  -  Gazza,  di 
chi  chiacchiera  molto.  -  Ghiarghione,  voce  contadi- 
nesca, ciarlone,  chiacchierone.  -  Gonfiavesciche,  ciar- 
lone, parabolano.  -  Linguacciuto,  che  parla  assai, 
per  lo  più  in  mala  parte.  -  Linguetta,  di  persona 
con  la  lingua  lunga.  -  Linguattola,  di  persona  lin 
guHCciula.  -  Madre  vicaria  (scherz.),  donna  chiac- 
chierona, avvocatessa.  -  Mangiachiacchiera,  sopran- 
nome solito  darsi  a  un  gran  chiacchierone.  -  Met- 
tibocca, comunem.,  chi  vuol  entrare  in  tutti  i  di- 
scorsi che  sente  fare  da  altri,  o  confermando  o  con- 
traddicendo, benché  a  lui  non  si  appartenga.  -  Pa- 
rabolone, parolaio,  fanfarone.  -  Parolaio,  ciarlone, 
uomo  tutto  parole,  aggiratore,  bindolo.  -  Pettegola, 
donna  che  braca  e  ciancia  molto. 

Raganella,  e  a  Siena  racanella,  specie  di  ranoc- 
chio: e,  come  le  raganelle  gracidano  la  sera  d'e- 
state continuam.,  cosi  chiamasi  raganella  chi  parla 
sempre  senza  posa  e  chi  su  tutto  trova  da  ridire. 
-  Rifischioìie,  chi  va  a  rifischiare  le  cose.  -  Ripor- 
tanovelle,  chi  ridice  tutto  ciò  che  ha  sentito  dir 
male  :  commettimale.  -  Sciacquino,  e  sciacquino,  chiac- 
chierone pettegolo,  cialtrone.  •  Strillozzo,  per  chiac- 
chierone, cicalone,  fu  detto  già  a  Siena.  -  Taccole- 
vole,  che  taccola,  che  quasi  chiacchiera,  ciarliero.  - 
Taltamella,  tattamellino,  taccolino,  di  chi  cicala  assai, 
senza  proposito.  -  Tromba  del  comune,  svesciane,  rin- 
vesciarda,  e  femm.  svesciatrice,  vesciona,  vesciaia,  chi 
é  ciarlone  e  ridice  facile  le  cose  vedute  o  udite.  - 
Remora,  strumento  del  molino  che  sempre  fa  ru- 
more: per  metaf.,  s'applica  ad  uno  che  non  si  cheta 
mai  -  Uomo  di  grande  o  piccolo  abbordo,  impronto 
e  abbondante  parlatore.  -  Vendi  parole,  parolaio. 


Andare  eoi  cembalo  in  colombaia,  far  sapere  fatti 
che  sarebbe  meglio  celare.  -  Aver  gran  chiacchiera, 
ciarlare  nell'atto,  o  esser  ciarlone  e  parolaio  per 
abitudine.  -  Avere  il  mazzo  delle  carte  in  mano,  te- 
nere il  campanello,  cianciare  più  degli  altri.  -  Aver 
la  ciangola  in  balia,  esser  padrone  di  ciarlare,  o 
saper  ciarlare  poco  o  molto,  secondo  il  bisogno.  - 
Aver  male  alla  lingua,  esser  un  gran  ciarlone,  un 
petulante.  -  Avere  una  pesca. j  in  corpo,  di  gran 
ciarlone  o  ciarlona. 

Essere,  diventare  la  favola  della  gente,  del  mondo, 
del  paese,  di  tutti:  essere  portato  a  bocca,  per 
cose  che  ai  più  sono  dispiaciute,  per  sciocchezze.  - 


Essere  la  tromba  della  comunità,  del  vicinato,  chi  va 
a  raccontare  a  tutti  ogni  cosa.  -  Essere  un  gazzet- 
tino, conoscere  tutti  i  fattarelli,  dilettarsene,  raccon- 
tarli, indiscretamente. 

bar  due  chiacchiere,  quattro  chiacchiere,  trattc- 
ténersi  a  conversare  alla  buona,  per  passatempo,  fra 
amici.  -  bare  il  berlinghino,  star  a  ciarlare.  -  Fare 
un  cantar  da  ciechi,  non  Unirla  più,  non  ristar  di 
parlare.  -  Fare  un  mercato:  si  dice  quando  più  per- 
sone, adunate  insieme,  rumoreggiano  cicalando.  - 
Fare  un  poj'e/aio,  fare  un  cicalio,  un  chiacchiericcio. 

-  Unire  a  andarsene  in  accordatura  chiacchierar 
molto  senza  conclusione. 

Metter  di  bocca,  dire,  nel  favellare,  più  che  non 
è,  aggiungervi  del  proprio.  -  McUcrsi  a  bottega,  non 
finir  mai  di  cianciare.  -  Non  morire  a  uno  la  lingua 
in  bocca,  esser  loquace,  essere  e'fii'ace   nel  parlare. 

Parere  un  buratto,  una  ruota  di  mulino,  un  mu- 
lino a  vento,  di  un  grsn  c!iiacchierone.  -  Star  a 
chiacchiera,  star  chiacchier  nido,  stare  a  crocchio: 
dicesi  anche  fare  una  partitina  a  chiacchiera.  - 
Stare  sulle  ciarle:  esserne  vago,  deliziarsene.  -  lener 
l'invito  del  diciotto,  essere  soverchiamente   loquace. 

-  trattenere  con  chiacchiere,  a  chiacchiere,  a  ba'ln, 
chiacchierando.  -  Ubriacare  di  chiacchiere,  parlar 
tanto  a  uno  da  stordirlo. 

Ghiaccili  bichiacchi,  chicchi  bichicchi,  chiccheri 
ciaccheri,  parole  e  modi  che  non  vogliono  dir 
nulla,  e  valgono  a  designare  chi  cicala  assai  e 
conchiude  poco.  -  Discorsi,  chiacchiere  che  voglion 
la  tara,  da  non  prendersi  senzn  tara,  ai  quali  si  può 
credere  solo  in  parte.  -  Le  chiacchiere  o  le  parole 
0  le  ciarle,  e  simili,  non  s'infilzano,  cioè  non  se  ne 
può  far  capitale,  perchè  non  si  conservano  come  le 
scritture,  e  dicesi  per  mostrare  che  non  ci  appagano 
le  parole,  ma  vogliamo  dei  fatti.  E  le  chiacchiere 
le  buggerate,  ecc.  non  s'infilano  è  modo  di  confor- 
tare altrui  a  cessare  di  chiacchierare,  o  di  scher- 
zare, perchè  attenda  o  lasci  attendere  ai  fatti.  - 
Le  cicale  dopo  aver  cantalo  e  cantato  scoppiano,  im- 
precazione, augurio  a  un  ciarlone  molesto  o  ma- 
ligno. -  Un  fare,  un  parlare  da  commesio  viaggiatore, 
con  molte  chiacchiere  e  rigiro. 

Hanno  fatto  chiacchiere,  biasimando  ciò  che  altri 
sparge  sul  conto  altrui  con  più  o  meno  fondamento. 

-  Mi  hai  rotto  i  tiwp:ini:  a  un  chiacchierone.  - 
Non  facciamo  tanti  dt scoiasi  !  Senza  tanti  discorsi! 
Pochi  discorsi,  troncando  chiacchiere,  parole  senza 
valore  -  Se  sapesse  tenere  la  lingua,  sarebbe  una  per- 
sona d'oro,  di  persona  troppo  ciarliera.  -  Tu  non 
mori   di  pipita  !,  a  un  gran  ciarlone 

Chi  ha  buona  lingua  ha  buone  spalle:  rischia  di 
pigliarsi  molte  botte.  -  Le  chiacchiere  non  fanno  fa- 
rina, non  concludono.  -  Lingua  lunga,  corta  mano, 
di  vantatori,  ciarloni.  -  Vaso  o  botte  vuota  suona 
meglio,    di  ciarloni,  di  vaniloquio. 

OMaochierare  (chiacchierato,  chiacchier atore). 
Far  chiacchiera  o  discorso  senza  proposito. 

Chiacchierata.  Detto  a  chiacchiera. 

Chiacchiericcio.  Veggasi  a  chiacchiera. 

Chiacchierino.  Detto  a  chiacchiera  e  a 
ntistro. 

Chlaccherio.  Detto  a  chiacchiera. 

Chiaccherone.  Detto  a  chiacchiera. 

Chiama.  Il  chiamare. 

Chiamare  {chiama,  chiamato).  Pronumnart;  a 
voce  alta  il  nome  di  qualcuno  perchè  venga;  nomi- 
narlo perché  risponda;  far  venire  alcuno;  convocare 
ad  adunanza:  richiamare,  richiedere,  gittare  un 
richiamo;  invitare,  fare  invito;  invocare,  fare  ir- 


522 


CHIASSATA 


vocazione.  -  Appellativo,    alto    ad  appellare,  che 
serve  ad  appellare.  -  Chiamante,  chi  o  che  chiama. 

Ammiccare,  chiamare  con  cenni.  -  Appellare,  chia- 
mare per  nome,  nominare.  -  Avocare  (avocazione), 
chiamare  a  sé.  -  Baciare,  dar  voce,  vacare,  chiamar 
forte.  -  Chiamare  a  banco,  chiamare  alcuno  a  retìder 
ragione  del  suo  operato.  -  Chiamarsi...,  avere  un  dato 
nome.  -  Convocare,  chiamare  gli  interessati,  i  cre- 
ditori a  concordare  dei  patti,  delle  transazioni,  ecc. 

Evocare  (evocazione),  chiamar  fuori  dal  regno  delia 
morte  le  anime,  gii  spiriti,  ecc.  -  Mandar  a  chia- 
mare: far  venire,  mandare  per...,  soprachiamare. 

Riappellare,  ripete  appellare.  •  Richiamare,  ripete 
0  rinforza  chiamare  ;  anche,  lar  venire,  comparire, 
tornare.  -  Richiedere,  mandar  a  chiamare,  far  ve- 
nire. -  Riconvocare,  ripete  convocare.  -  Socchiamare, 
chiamare  piano. 

Chiamamento,  chiamata,  atto  del  chiamare,  chia- 
mazione.  -  Contrappello  o  conlracchiama,  secondo 
appello  in  cui  sono  chiamati  per  la  seconda  volta 
quelli  che  non  risposero  prima.  -  Controchiamata, 
chiamata  che  rimanda  a  un'altra. 

Modi  per  chiamare  :  Brav'mmo,  ditemi  un  po'  - 
Che  si  fa?  -  Di',  senti,  sentimi  un  po'.  -  EhiI  chia- 
mando persone  di  confidenza  o  che  non  si  cono- 
scono. •  Oi,  0,  oél,  chiamando  per  interrogare.  - 
Chiama  e  rts;jo?idi,  quando  uno  sbalestra  con  la  ri- 
sposta e  non  sta  all'argomento. 

Ohlamata.  Detto  a  chiamare. 

Ohlana.  La  pianura,  sulla  quale  stagnino 
acque. 

Ghianti.  Nome  sotto  il  quale  vanno  abusiva- 
mente in  commercio  i  vini  toscani,  il  Chianti  es- 
sendo una  limitata  regione  di  Toscana,  avente  per 
centro  Radda  e  stendentesi  a  settentrione  fin  presso 
Greve,  a  mezzodì  fin  presso  Siena. 

Chiappa.  Effetto  del  chiappare,  del  prendere. 
-  Volgarm.,  natica,  parte  del  deretano. 

Chiappanuvoli.  Persona  che  abbia  stolta  sii- 
perbia. 

Chiappare  [chiappa,  chiappato).  Pigliare,  pren- 
dere, alla  sprovveduta  o  con  inganno.  -  Prendere 
in  fallo.  -  Percuotere,  colpire 

Chiapparello,  chlapperello.  Artifizio  del 
discorso. 

Chiara.  L'albume  dell'Move 

Chiaramente.  In  modo  chiaro. 

Chiarata.  Sorta  di  medicamento. 

Chllarello,  chiaretto.  Qualità  di  vino. 

Chiarezza.  Qualità  di  ciò  che  è  chiaro.  - 
Fama  onorata,  celebrità.  -  Ordine  giudizioso 
dtflle  idee  e  modo  buono  di  esporle  nel  discorso. 
•  Pregevole  qualità  dello  stile. 

Chiarificare,  chiarificarsi  (chiari fi,cazione). 
Render  chiaro  un  liquido. 

Chiarimento.  Il  chiarire,  il  render  chiaro. 

Chiarine,  chiarina.  Veggasi  a  musicali 
tstrumenti. 

Chiarire  (chiarimento,  chiarito).  Detto  a  chiaro. 

Chiarissimo.  Nell'uso,  titolo  di  distinzione. 

Chiarità.  Lo  stesso  che  chiarezza. 

Chiaritóio.  Stanza  per  chiarire  l'olio.  -  Sorta 
di  filtro. 

Chiaritura  Detto  a  chiaro. 
Chiaro.  Contrario  di  oscuro:  dicesi  di  ciò  che 
è  lucente,  bene  illuminato,  pieno  di  splendore;  an- 
che per  sereno,  o  limpido.  -  Di  cosa  non  dubbia, 
corta,  facile  a  capire.  -  Di  scrittura  agevole, 
intelligibile;  di  voce,  di  suono,  sonoro,  riso- 
nante; di  colore^  poco  carico.  -  Con  varie  grada- 


zioni di  significato:  aperto,  esprimente,  espressivo, 
evidente,  ignudo  indubitato  (fuori  di  dubbio), 
netto,  nudo,  palpabile,  senza  pieghe,  specchiato,  spie- 
gato ;  rivelato,  svelato.  Anche,  famoso,  celebre,  ri- 
nomato, illustre. 

Chiaro  come  uno  specchio  o  più  d'uno  specchio, 
molto  chiaro,  perfettamente  chiaro.  -  Equivoco, 
non  chiaro,  ambiguo,  dubbio.  -  Esplicctivo,  atto  a 
dichiarare,  a  spiegare.  -  Esplicito,  espresso,  chiaro. 
Lampante,  limpidissimo.  -  Lucido,  chiaro,  rilu- 
cente, terso.  -  Nitido,  chiaro,  lucido,  pulito,  splen- 
dido. -  Patente,  chiaro,  manifesto.  -  Perspicuo,  assai 
chiaro,  evidente.  -  Fiseòj/e,  manifesto,  chiaro,  palese. 

Chiarezza,  l'esser  chiaro,  qualità  di  ciò  che  é 
chiaro;  evidenza  di  concetto,  diidea,  chiarità,  lu- 
cidezza, lucidità,  nitidezza,  politezza.  -  Perspicuità, 
chiarezza  e  precisione  di  stUe;  trasparenza  dello 
stile. 

Chiarificazione,  operazione  di  chimica,  atta  alla 
depurazione  dei  liquidi,  alla  separazione  cioè  delle 
materie  straniere  che  si  trovano  in  sospensione:  e 
per  questo  scopo  si  usa  generalmente  l'albumina  o 
bianco  di  uovo  e  nelle  arti  il  sangue  degli  animali 
portato  all'ebollizione  col  liquido  da  chiarificare, 
0  il  carbonio  o  la  colla:  chiarizione. 

Chiarimento,  il  chiarire;  figur.,  spiegazione. 

Chiarificare,  render  chiaro  un  liquido.  -  Chia- 
rificarsi, divenir  chiaro,  schiararsi,  schiarirsi. 

Chiarire,  render  chiaro;  rappresentar  chiaramente; 
chiarificare,  dilucidare,  mettere  in  chiaro;  rischia- 
rare, rischiarire;  schiarare,  schiarire;  spiegare,  dar 
spiegazione,  far  capire,  dileguare  le  tenebre  della 
mente,  spianare  il  vero.  -  Appurare  wna  circostanza, 
mettere  in  chiaro,  chiarire  una  circostanza.  -  Aveì- 
chiarezza  d'una  cosa,  essere  al  chiaro.  -  Cantare,  dì 
cose  chiare,  che  parlano  da  sé  (c'è  qui  la  ricevuta 
che  canta).  -  Richiarire,  ripete  chiarire.  -  Schiarare, 
schiarire,  render  chiaro  (del  cielo,  schiararsi,  schia- 
rirsi, diventar  sereno).  •  Veder  le  cose  chiare,  senza 
misteri. 

Chiaritura,  la  cosa    chiarificata 

Chiaram^ente,  in  modo  chiaro;  francamente,  con 
chiarezza,  in  modo  da  non  lasciar  dubbio:  a  lettere 
da  cartelloni;  a  lettere  di  scatola;  a  lettere  maiuscole 
e  di  cinabro:  a  chiare,  a  chiarissime  note;  a  note 
aperte,  apertissime;  alla  spalancata,  alla  spiegata; 
apertamente;  a  piena  bocca;  chiaro  e  aperto;  cospi- 
cuamente, dichiaratamente,  distintamente;  esplicita- 
mente,, espressamente,  evidentemente;  in  buona 
prosa,  in  buon  linguaggio;  limpidamente,  lucida- 
mente, luminosamente;  manifestamente,  palesemente, 
pienamente,  segnalatamente,  segnatamente,  senza 
metafora;  solennemente,  spalancatamente,  spedita- 
mente, vivamente. 

Carte  in  tavola:  dire  le  cose  chiare.  -  È  una  cosa 
chiara  come  il  sole,  più  chiara  del  sole,  chiarissima. 
•  Il  morto  è  sulla  bara,  esser  cosa  chiara,  fatto  lam- 
pante. -  Non  te  lo  dico  in  cifra,  ma  a  tanto  di  let- 
tere: molto  chiaramente.  -  Si  vede  a  occhi  chiusi:  di 
cose  chiare. 

Chiaro.  Chiarezza,  luce.  -  La  parte  illuminata 
in  una  pittura. 

Chiaróre.  Tenue  splendore. 

Chiaroscuro.  Maniera  di  pittura. 

Ciiiaroveprffente,  chiaroveg-genza.  Veg- 
gasi a  indovino  e  profeta. 

Chiasma.  Detto  a  occhio. 

Chiassata.  Burla,  scherzo;  giuoco  fatto  per 
sollazzo. 


CHIAVE 


52;ì 


Chiasso  {chiassone,  chiassoso;  chiassata).  Clamore, 
rumore.  -  Anche,  burla,  scherzo. 

Cbiasso.  Stretta  via. 

Chiassóne.  Amante  del  chiasso. 

Chiassuolo.  Angusta  via. 

Chiatta.  Sorta  di  barca. 

Chiatto.  Schiacciato,  piatto. 

Chiavaccio.  Il  chiavistello. 

Chiavacuore.  Sorla  di  fermaglio. 

Chiavarda.  Grande  chiave  col  cappello  bi- 
slungo. Anche,  grosso  perno  di  ferro,  a  capocchia 
bislunga  e  la  punta  talvolta  a  vite:  serve  per  col- 
legare strettamente  due  o  più  pezzi.  -  Chiappone, 
grossa  e  forte  chiavarda.  -  Inchiavardare,  stringere, 
fermare  con  chiavarde. 

Chiave.  Ordigno  per  aprire  e  chiudere  la  ser- 
ratu/ra,  fornito  di  mappa  e  scontri,  maschio  e 
femmina.  In  gergo,  detta  ingegnosa..  Serve  a  chiu- 
dere diversi  oggetti,  diversi  mobili,  diverse  cose: 
Y armadio,  il  baule,  la  borsa,  il  cassetto,  la 
porta,  lo  sct'igi'io,  lo  scrittoio,  Vuscio,  la  va- 
ligia, ecc.  ■  Chiavetta,  chiavettina,   piccola  chiave. 

-  Mazzo  di  chiavi,  unione  di  più  cniavi,  infilzate 
insieme  in  uno  spago,  in  un  anello,  o  in  una  ca- 
tenella. 

Chiavarda,  chiave  grande  col  cappello  bislungo. 
•  Chiave  comuìif,  quella  che  apre  tutti  gli  usci  di 
una  data  casa,  di  un  dato  luogo:  frane,  passe-par- 
tout. -  Chiave  doppia,  quella  che,  senza  anello,  ha 
gli  ingegni  a  ciascuna  delle  due  estremità  del  fu- 
sto per  due  toppe  diverse;  generalmente  per  la 
porta  di  strada  e  per  quella  del  quartiere.  Detta 
anche  chiave  a  due  ingegni.  Per  maggior  comodo, 
questa  specie  di  chiavi  si  fanno  anche  col  fusto 
Spezzato  in  due  e  tenuto  unito  da  una  mastiettatura. 

-  Chiave  falsa,  chiave  che  apre  una  serratura,  ben- 
«ché  fatta  per  aprirne  un'altra  alquanto  diversa: 
contracchiave,  grimaldello.  •  Chiave  inglese,  chia- 
ve con  ingegni  diti'erentissimi  dagli  ordinari  e  cor- 
rispondente a  una  toppa  molto  complicata,  che  pur 
dicesi  inglese,  forse  perchè  inventata  in  Inghilterra. 
Perduta  questa  chiave,  l'uscio  non  s'apre  più,  e 
bisogna  rompere  la  serratura.  -  Chiave  maschia, 
quella  il  cui  fusto  è  pieno,  e  per  lo  più  termina  in 
pallino:  così  detta  per  distinguerla  dalla  chiave 
femmina,  che  ha  il  fusto  tutto  vuoto  da  un  capo 
all'altro,  se  dojppia,  o  solo  nell'estremità  inferiore, 
dove  sono  gli  ingegni  e  che  s'infilza  nell'ago  della 
loppa.  -  Contracchiave,  chiave  che  ne  contraffa 
un'altra;  anche,  la  seconda  girata  che  si  dà  con 
la  chiave  nella  toppa,  affinchè  la  stanghetta  esca 
dell'altro  in  fuori,  per  modo  che  non  si  possa  più 
levare  dalla  parte  di  dentro,  o  aprire  di  fuori  con 
grimaldelli;  il  che  si  dice  mettere  a  contracchiave, 
serrare  a  contracchiave,  o  contracchiavare  -  Monsi- 
gnore (frane),  istrumento  da  ladro  per  sforzare 
le  serrature. 

Parti  della  chiave  —  Altke  voci. 

Ago  della  toppa,  asticciuola  da  ferro  sulla  quale 
s'infila  la  chiave  femmina.  •  Anello,  la  parte  con- 
trapposta agli  ingegni,  l'occhio  all'estremità  del  can- 
nello, che  SI  tiene  fra  le  dita  per  girare  l'ingegno 
■nella  toppa.  -  Bocchetta,  piastretta  di  metallo  o 
cernietta  per  guarnire  il  buco  dove  entra  la  chiave. 

Calcio  della  molla,  ripiegatura  di  essa,  contro  la 
quale  la  chiave  nel  suo  volgersi  striscia  e  preme, 
e  cosi  mette  in  libertà  la  stanghetta,  mossa  essa 
pure  dalla  chiave  che  ne  spinge  or  l'uno  or  l'altro 


dei  due  denti  o  tacche  -  Canna,  il  fusto  della  chiave 
femmina.  -  Copeichio  della  loppa,  la  larga  lamina 
di  ferro,  talora  anche  di  ottone,  parallela  al  fondo. 
Framezzo  al  coperchio  e  al  fondo  sono  gli  ingegni 
della  toppa  e  le  altre  parti  della  medesima.  -  Fer- 
nette, le  lastrettine  ripiegate  a  squadra  e  perciò 
parallele  al  piano  di  posizione  (sia  esso  il  fondo  o 
il  coperchio):  imboccano  in  quelle  tacche  della 
chiave  che  sono  perpendicolari  al  fusto  di  essa.  - 
Fusto,  parte  della  chiave  che  è  tra  l'anello  e  gli 
ingegni.  -  Ingegni  della  chiave,  parte  di  essa  nella 
quale  sono  appunto  gli  ingegni,  cioè  certi  tagli  in 
cui  entrano  i  corrispondenti  ingegni  della  toppa. 
Più  specialmente  codesti  tagli,  secondoché  sono  o 
paralleli  ovvero  perpendicolari  al  fusto  della  chiave, 
ritengono  il  nome  di  ingegni  propriamente  detti,  o 
quello  di  fernette.  -  Ingegni  della  loppa,  termine 
generico  di  certe  lastrettine  di  ferro,  fermate  con- 
centricamente sul  fondo  della  toppa,  talora  anche 
sulla  parte  interna  del  coperchio,  e  che  entrano  in 
corrispondenti  tacche  o  tagli  della  chiave,  i  quali 
pure  chiamansi  ingegni.  -  Mandala,  tutto  quello 
spazio  che  il  volgere  della  chiave  fa  percorrere  in 
una  volta  alla  stanghetta,  e  si  dice:  poca  mandata; 
molta  mandatala,  cosi  pure:  toppa  a  una  sola 
mandata,  a  due  mandate,  secondo  che  occorre  di 
volgere  la  chiave  per  un  solo  giro,  ovvero  per 
due,  affinchè  la  stanghetta  percorra  l'intero  spa- 
zio, sia  nel  serrare,  sia  nell'aprire.  -  Materozzolo, 
corto  pezzo  di  bastone  alla  cui  cima  si  lega  una 
0  poche  chiavi  per  non  smarrirle.  Ora,  il  ma- 
terozzolo non  s'usa  più,  né  più  si  nomina,  se 
non  dai  contadini:  le  chiavi  generalmente  si  infi- 
lano in  una  campanella.  •  Olivella,  l'ingegno  delle 
chiavi  a  forma  d'oliva.  -  Pallino,  il  bottoncino  che 
termina  la  chiave  maschia.  D'altre  cose  o  strumenti 
simili.  -  Scudetto,  specie  di  borchia,  o  pezzo  di  la- 
mina metallica,  con  traforo  per  lo  più  conforme 
agli  stessi  contorni  degli  ingegni  della  chiave  e 
fermato  sul  buco  dell'uscio,  per  agevolare  l'intro- 
duzione della  chiave  e  anche  per  ornamento.  -  Se- 
greti d'una  chiave,  gli  ingegni  complicati  e  difficili, 
così  che  non  si  possa  aprire,  pure  avendo  la  chiave, 
se  non  da  chi  li  conosce.  -  Stanghetta,  spranga 
quadrangolare  la  quale,  col  volgere  della  chiave 
in  un  verso  o  nell  altro,  esce  fuori  della  toppa  o 
vi  rientra,  e  così  chiude  od  apre.  -  Toppa,  sorta 
di  séì^iratura  fatta  in  piastra  di  ferro  con  ingegni 
corrispondenti  a  quelli  della  chiave. 

Campanella  da  chiavi,  piccolo  cerchiello,  gene- 
ralmente d'acciaio,  interrotto  in  un  punto,  da  po- 
tarsi un  poco  slargare,  per  infilarvi  le  chiavi  affine 
di  non  perderle:  uno  dei  due  capi  ha  un  piccolo 
.incavo,  nel  quale  entra  un  piccolo  martellino  del- 
l'altro capo,  e  così  la  campanella  sta  chiusa.  Se  ne 
fanno  anche  di  altre  foggie.  -  Cartellino,  pezzo  di 
piastra  di  metallo,  o  un  piccolo  e  sottil  disco  di 
legno  legato  con.  spago  o  catenella  all'anello  di  una 
chiave,  e  sul  quale  è  l'indicazione  del  luogo  dove 
èssa  apre. 

Chiavare  (voce  disus.),  serrare  a  chiave.  -  Chiu- 
dere a  doppia  chiave,  a  doppia  seì-ratura  -  Cotitrac- 
chiavare,  serrare  un  uscio  a  contracchiave.  •  Girare 
la  chiave  neU' uscio,  nella  toppa  (un  giro  di 
chiave;  una  giralina,  ecc.),  farla  .agire.  •  Inchia- 
vare,  serrar  con  chiave.  •  Schiavacciare,  far  ru- 
more colle  chiavi,  sia  introducendole  nella  toppa 
e  girandovele,  sia,  avendone  diverse  riunite  in  un 
mazzo,  facendole  battere  insieme.  •  Setrar  la  porta 
a  doppia  ciliare,  serrare  la  porta  girando  due  volte 


524 


CHIAVE    —    CHIEBICO 


la  chiave  nella  serratura.  -  Cri  cri,  rumore  di  chiave 
che  si  giri  nella  serratura. 

Chiavaio,  chi  fa  le  chiavi:  più  propriamente, 
chiavaiuolo.  Ma  l'uso  toscano  porta  in  generale 
magnano.  -  Chiavavo,  antiquato  per  f/ìtamiMo/c;  chi 
fabbrica  chiavi,  sebbene  anche  quest'ultimo  di  raro 
uso.  Vive  in  qualche  dialetto. 

Cleidomanzia,  divinazione  per  mezzo  d'una  chiave. 

Uhlave.  Qualsiasi  istrumento  di  metallo  che 
serva  a  stringere  o  ad  allentare  leviti  o  i  dadi  di 
esse,  a  caricare  V orologio  e  simili  ordigni.  -  Istru- 
mento del  dentista.  -  Arnese  per  accordare  istru- 
menti  musicali.  -  Termine  di  musica,  figura  mu- 
sicale. -  Contraccifra  per  cui  si  spiega  e  si  intende 
la  cifra. 

Chiaverina.  Antica  arme  in  asta. 

Ohiavetta.  Ordigno  che  serve  a  dare  o  a  le- 
vare l'accesso  all'acqua,  al  vapore,  al  gas  o  simili, 
contenuti  in  un  recipiente:  bocchetta,  cannella, 
robinetto.  -  Copiglia,  specie  di  bietta  biforcata  alla 
punta,  che  confitta,  chiude,  l'occhio  di  un  perno, 
di  una  chiavetta  e  simili,  e,  allargate  le  punte, 
serve  a  impedire  che  escano  fuori  dalla  maniglia. 

Chiàvica.  Buca,  più  o  meno  coperta  e  dissi- 
mulata, in  una  via  o  in  un  cortile  per  dare  sfogo 
alle  acque  piovane.'  acquaio,  bottino,  cateratta, 
chiavicone,  chiodino,  smaltitoio,  saracinesca,  chiusa, 
fogna,  sportello,  tombino  (piemont.),  nsciale,  u- 
scialone.  -  Compluvio',  grande  apertura  rettangolare 
nella  casa  romana  e  che  raccoglieva  dal  tetto  le 
acque  per  la  cisterna,  o  impluvio.  -  Ribalta,  spor- 
tello che  chiude  e  apre  la  chiavica.  -  Caterattaio, 
chi  è  impiegato  ad  alzare  e  abbassare  le  cateratte 
o  chiaviche. 

Oliiai;  istello.  Istrumento  di  ferro  che,  scor- 
rendo entro  anelli  confitti  nelle  imposte  dell'ascio, 
della  finestra,  ecc,  serve  a  tenerle  unite  e  ser- 
rate: chiavaccio,  catenaccio,  catorcio,  catorchio, 
paletto;  saliscendi,  scendisale;  in  Toscana,  pestio; 
a  Siena,  peschio.  Consiste  in  un  pezzo  d'asta  ci- 
lindrica di  ferro,  detto  bastone,  il  quale,  mediante 
una  maniglia,  si  tira,  cioè  si  fa  scorrere  colla  mano 
dentro  a  parecchi  anelli  conficcati  nelle  due  impo- 
ste d'uscio  0  finestrone,  si  che  ne  attraversi  la 
commessura.  (Codesta  specie  di  serrarne  ponesi  an- 
che all'uscio  di  un'unica  imposta,  ma  allora  l'e- 
stremità del  bastone  è  fatta  entrare  in  una  boc- 
chetta 0  in  un  anello  ingessato  nel  corrispondente 
stipite.  Talora  il  chiavistello  si  serra  esso  medesimo 
a  chiave,  mediante  un  boncinello,  o  stafletta,  al 
disotto  della  maniglia,  il  quale  entra  nella  fe- 
ritoia di  una  toppa  alla  piana,  e  ne  riceve  la  stan- 
ghetta. -  Catenaceino,  piccolo  catenaccio,  piccolo 
chiavistello.  -  Chiavaccio,  chiavistello  più  grosso 
degli  ordinari.  -  Paletto,  specie  di  chiavistello,  in 
cui  al  bastone  è  sostituito  un  paletto,  cioè  una 
spranga  schiacciata,  quadrangolare,  scorrevole  en- 
tro piegalelli,  che  sono  slallette  ripiegate  in  quadro 
e  fermate  su  una  piastra  di  ferro,  ovvero  sempli- 
cemente incastrate  o  conficcate  nel  legname  della 
porta.  Il  paletto,  invece  di  maniglia,  come  il  chia- 
vistello, ha  per  presa  un  pa/itno  fermo,  ovvero  una 
campanella  cascante.  Grossi  paletti  sogliono  sosti- 
tuirsi ai  chiavistelli  nelle  porte  meglio  ornale. 
Con  piccoli  paletti  sono  d'ordinario  serrate  le  im- 
poste delle  finestre,  i  telai  delle  persiane,  ecc.  - 
Paletto  a  molla,  paletto  che  non  iseorre  entro  i 
piegatelli,  ma,  imperniato,  miiovesi  angolarmente 
d'alto  in  basso,  a  modo  di  leva  di  primo  genere, 
talvolta  rettilinea,  più  sovente    piegata  a  squadra. 


Codesto  moto  angolare  o  d'altalena  si  produce  ti- 
rando uno  dei  capi  del  paletto  con  una  cordicella: 
allentata  questa,  il  paletto,  per  la  forza  di  una 
molla,  è  ricondotto  alla  primiera  sua  posizione, 
cioè  nel  dente  del  nasello.  Onesto  paletto  a  molla 
si  pone  nella  parte  superiore  di  una  porta,  o  finestra, 
0  dovunque  non  s'arrivi  comodamente  con  la  mano. 
Il  paletto  a  molla  dai  magnani  è  più  comunemente 
chiamato  paletto  a  mazzacavallo,  per  una  certa 
somiglianza  al  mazzacavallo  con  cui  negli  orti  si 
attinge  l'acqua  da  una  cisterna  o  da  una  gora, 
cioè  canale  d'acqua  corrente. 

Paletto  d' assicurar  azione  :  si  chiama  così  il 
paletto  apposto  internamente  all'  uscio  di  casa, 
0  dell'appartamento,  ma  che  si  tira  dalla  parte 
di  fuori,  quando  tutta  la  famiglia  va  via  per 
molto  tempo.  In  questo  paletto  tengon  luogo  di 
presa  più  asticciuole  di  ferro  saldamente  piantate 
in  fila  orizzontale  sulla  larghezza  del  corpo  del 
paletto,  verso  la  parte  di  mezzo.  Serrato  l'uscio  con 
le  solite  chiavi,  rimane  a  tirare  il  paletto  interno: 
a  tal  fine  si  ha  una  bacchetta  di  ferro,  lunga  circa 
due  palmi,  con  occhio  o  gruccia,  all'un  dei  capi;  e 
una  snodatura  verso  il  mezzo,  libera  e  cascante. 
Questo  arnese  si  introduce  in  un  foro  dell'uscio, 
che  sovrasta  alle  asticciuole,  fra  l'una  e  l'altra 
delle  quali  cadrà  necessariamente  l'anterior  parte 
snodata  della  bacchetta,  la  quale,  volgendo  l'anello 
o  la  gruccia  colla  mano,  spingerà  il  paletto  a  de- 
stra 0  a  sinistra,  secondo  che  occorre.  Il  foro  del- 
l'uscio suol  tenersi  coperto  con  uno  scudetto,  ossia 
lastrettina  ovale  o  tonda  girevolmente    imperniata. 

Inchiavacciare,  mettere  \1  chiavaccio,  serrar  lu- 
scio  col  chiavaccio. 

Ghiazza.  Veggasi  a  maccMa. 

Chiazzare  {chiazzato).  Detto  a  macchia. 

Chicca.  Veggasi  a  confetto. 

Oliicchera.  Sorta  di  tazza  per  il  caffè  e  (a 
cioccolata.  -  Schiccherare,  bere,  vuotar  chicchere. 

Oliicchessia.     Chiunque,  qualunque pcr.sooa. 

Chicco.  Granello  di  grano,  di  caffè  esimili; 
acino  di  uva,  di  melagrana  o  d'altri  frutti. 

Chiedere  (chiesto).  Ricercare  altri  di  qualche 
cosa  con  parole,  domandare. 

Chiedimento,  chieditorc.  Veggasi  a  do- 
mandare. 

Chièrica.  Tratto  raso  che  il  chierico  e  gli 
altri  ecclesiastici  portano  sul  cocùzzolo  della  testa: 
cherca,  cherica,  chierca;  corona,  rasura,  tonsura. 

Chiericato  (chericalo).  Qualità  del  chierico.  - 
Ordine  clericale  o  sacerdotale. 

Chierico  {chérico).  Chi  abbraccia  lo  stato  ec- 
clesiastico; chi  ha  la  prima  tonsura;  persona  ec- 
clesiastica, prete;  contrario  di  laico:  cherico, 
chierco,  clerico;  abate,  abatino,  converso,  pretino, 
seminarista;  sclierz.,  caccola  di  san  Pietro,  succia  in- 
polle. Porta  sul  capo  la  chierica.  -  Chenchetlo, 
cherichino,  chericonzolo,  chericotto,  chericuzzo,  dimin. 
e  spreg.  -  Essere  in  minoribus,  stare  sugli  ordini 
minori,  esser  chierico. 

Accolito,  chierico  che  ha  ricevuto  il  quarto  degli 
ordini  minori.  -  Caudatario,  quel  cherico  che  ha 
l'ufficio  di  sostenere  lo  strascico  delle  vesti  de'  ve- 
scovi, de'  prelati  o  del  papa,  il  quale  strascico 
volgarmente  si  chiama  coda.  ■  Ceroferario,  quel 
chierico  che  porta  i  lumi  nella  messa  solenne,  nelle 
processioni,  ecc.  -  Chierico  di  camera,  uno  de'  pre- 
lati del  tribunale  della  Camera  apostolica.  -  E.<oy- 
cista  (tit.  eccles.),  chierico  che  ha  ricevuto  il  terzo 
degli  ordini  minori. 


CHIESA 


525 


B 


Parabolani,  i  chierici  che,  un  tempo,  si  dedica- 
vano al  servizio  degli  intermi,  specialn  ente  degli 
appestati.  -  Regolare,  il  chierico  soggetto  a  regola 
claustrale;  un  di  mezzo  tra  il  frate  e  il  prete, 
come  gli  scolopi,  i  barnabiti,  ecc.  -  Somasco,  chie- 
rico regolare  della  congregazione  fondata  da  san 
Gerolamo  Emiliani.  -  Teatino,  chierico  regolare  di 
una  Congregazione  fondata  da  Gaetano  Thiene  con 
obbligo  di  non  chiedere  nulla  ed  aspettare  che  la 
divina  provA'idenza  mandi  con  che  mantenersi. 
Veste    di    nero  quasi  come  i  preti. 

Accontato,  il  quarto  degli  ordini  minori.  -  Chie- 
ricato, il  ceto,  la  classe  degli  ecclesiastici,  il  clero; 
ordine  clericale  o  sacerdotale;  qualità  del  chierico  : 
che.'icato,  elencato.  -  Irregolarità,  impedimento  per 
cui  si  vieta  ai  chierici  di  pigliare  ordini  sacri.  - 
Titolo,  in  senso  giuridico,  ragione,  diritto  e  anche 
benefizio,  o  il  patrimonio  che  deve  avere  il  chie- 
rico, per  essere  ammesso  agli  ordini  sacri. 

Collare,  striscia  di  cuoio,  o  di  cartoncino,  rico- 
perta di  drappo  nero,  su  cui  si  appunta  altra  striscia 
bianca  di  pannolino:  la  portano  al  collo  i  chierici. 

Sottana,  veste  lunga  dal    collo    fino  a'  piedi,  che 
er    lo   più    usano   portare    i   preti    e   i   chierici. 
»icesi  anche  da  alcuni  tonaca  e  zimarra;  ma  tonaca 
propriamente  è  quella  dei  frati. 

Seminario,  istituto  dove,  a  retta,  si  istruiscono 
i  chierici  fino  a  che  non  son  preti.  -  Seminarista, 
allievo  interno  del  seminario. 

Chiesa.  L'edificio  consacrato  all'esercizio  del 
culto;  tempio  dei  cristiani,  nel  quale  si  celebra  il 
sacrifizio  della  messa  e  altri  divini  uffizi:  albergo 
santo,  casa  d'adorazione,  basilica,  casa  di  Dio,  con- 
sacrate mura;  delubro,  luogo  santo,  sacello,  sacrario, 
sacra  stanza,  sacro  ostello;  santi  tabernacoli;  la 
inyna,  la  casa  del  signore.  I  fedeli  vi  si  recano  per 
starvi  in  preghiera,  in  adorazione  e  per  assistere 
ai  vari  uffici  celebrati  dal  sacerdote,  dal  prete.  ■ 
Chiesastico,  di  chiesa,  attinente  a  chiesa,  ecclesia- 
stico. 

Secondo  V architettura,  una  chiesa  può  essere 
di  vario  stile:  gotica,  bmbarda,  del  rinascimento,  ecc., 
in  ogni  caso  monumentale,  (juando  non  disadorna 
0  grossolanamente  costruita,  ma  bella,  edificata  con 
eccellenza  d'arte,  ricca  d'opere  di  scultura,  di 
pittura  e  d'altri  lavori  artistici,  massime  di  qual- 
che monumento  funebre  insigne  per  sé  o  per  i 
personaggi  che  ricorda.  E',  o  no,  divisa  in  più  parti 
(natÀ  0  navate)  da  pilastri  o  da  colonne;  e  dicesi 
a  croce  greca,  se  il  braccio  trasversale  è  nel  mezzo 
dell'asta  perpendicolare,  o  a  croce  latina,  se  il 
braccio  trasversale  è  ad  un  terzo  circa  dell'asta 
perpendicolare  Dicesi  poi  on^itoT/ìen^o  la  direzione 
dell'asse  longitudinale  d'una  chiesa,  da  ovest  a  est 
{linea  santa).  -  Secondo  la  religione,  la  confes- 
sione di  fede,  è  cristiana  (vengasi  a  cristianesimo), 
cattolica  (veggasi  a  cattolicismo),  anglicana,  lute- 
rana, protestante,  latina,  greca,  ecc.,  ecc.  (veggasi  al 
successivo  articolo  chiesa  (unione  di  fedeli).  -  Una 
chiesa  è  madre  o  figlia,  principale  o  secondaria,  di 
città  0  dt  campagna;  è  povera  o  ricca,  con  poca  o 
molta  rendita,  ecc. 

C^tesd^a,  piccola  chiesa,  chiesettina,  chiesicciuola; 
anche,  per  cappella.  -  Chiesicciuola,  chiesa  di 
mezzana  grandezza,  ma  povera.  -  Chiesina,  chiesa 
assai  piccola.  -  Cinesino,  piccola  chiesa,  ordinaria- 
mente destinata  all'uso  di  qualche  pia  congrega- 
zione. -  Chiesona,  rhiesoi.e,  chiesa  grande  e  con 
pingui  rendite.  -  Chiesuola,   chiesetta  di  campagna, 


isolata;  chiesa  piccola  e  misera:  chiesuccia,  peg- 
giorativo. Entrambe  le  voci  usate  anche  a  indicare 
chiese,  più  grandi  d'un  oratorio  o  d'una  cappella, 
nelle  quali  si  adunano  solo  pochi  fedeli  a  orare,  o 
dove  di  tempo  in  tempo,  o  tutte  le  feste,  per  pri- 
vata istituzione,  vada  un  sacerdote  a  celebrarvi  la 
messa. 

Chiesa  apostolica,  fondata  da  un  apostolo;  colle- 
giata, quella  che  ha  un  capitolo  di  canonici  senza 
la  cattedra  vescovile;  con/i7o/are,  la  chiesa  intitolata 
a  più  santi;  curala,  che  ha  cura  d'anime,  parroc- 
chia; madre,  quella  da  cui  dipendono  altre  chiese; 
matrice,  quella  nella  quale  è  il  fonte  battesimale; 
chiesa  metropolitana,  o,  semplicemente,  metropolitana, 
la  chiesa  principale,  delle  metropoli,  e  nella  quale 
utfizia  l'arcivescovo:  chiesa  arcivescovile, primaziale; 
patriarcale,  la  chiesa  retta  da  un  patriarca  ;  ricet- 
tizia,  la  chiesa  in  cui  il  prete  esercita  un  mini- 
stero per  adire  a  un  benefizio  ;  suburbicaria,  cia- 
scuna delle  chiese  di  Roma  fuori  dalle  mura;  suf- 
fraganea,  chiesa  sottoposta  al  metropolitano;  titolare, 
la  chiesa  che  dà  il  titolo  specifico  a  ciascun  car- 
dinale. -  Diocesi,  chiesa  con  giurisdizione  di  ve- 
scovo, 0  d'altro  prelato,  e  il  territorio  in  essa 
compreso. 

Basilica,  tempio,  chiesa  principale  :  chiesa  costruita 
0  adattata  sugli  avanzi  di  edifici  pagani,  già  luogo  di 
comizi,  terme  e  simili. 

Cappella ,  piccola  chiesa  o  stanza  dove  si 
dice  solamente  la  messa,  o  si  fa  qualche  festa  in 
certi  giorni  dell'anno.  Anche,  piccolo  edificio  appog- 
giato al  corpo  principale  della  chiesa.  -  Cap- 
pellina, piccolo  oratorio  o  tabernacolo  aperto,  con 
una  sacra  immagine.  -  Cattedrale,  la  maggiore  delle 
chiese  di  una  diocesi  e  quella  in  cui  sta  la  cat- 
tedra del  vescovo.  -  Certosa,  chiesa  e  convento 
insieme.  -  Chiesa  abbaziale,  quella  dove  uffizia  Va- 
bate,  e  che  suole  essere  nell'edificio  della  badia  o 
abbadia.  -  Cura,  chiesa  parrocchiale  e  per  conse- 
guenza con  cura  di  anime;  anche,  tutte  le  persone 
che  sono  sotto  la  cura  spirituale  del  parroco;  e  lo 
spazio  di  terreno  nel  quale  abitano  {cura  d'anime, 
di  chiesa  che  ha  giurisdizione  ecclesiastica  sopra  un 
dato  numero  di  persone). 

Oratorio,  chiesina  o  simili  per  orazioni,  per  lo 
più  con  accesso  al  pubblico;  piccola  chiesa  senza 
cura  d'anime.  -  Parrocchia,  la  chiesa  retta  dal  par- 
roco, e  il  luogo  su  cui  esercita  la  sua  funzione: 
chiesa  curala.  -  Pievania,  chiesa,  cura,  ministero 
del  pievano.  -  Pieve,  chiesa  parrocchiale  che  ha 
sotto  di  sé  priorie  e  rettone,  e  per  lo  più  di  ville 
e  castelli;  anche,  tutto  il  paese,  il  popolo  retto  dal 
pievano.  •  Prioria,  chesa  che  ha  cura  d'anime, 
ed  è  di  mezzana  dignità  fra  la  parrocchia  e  la 
pieve. 

Rettoria,  chiesa  con  rettore. 

Sacello,  la  chiesina  dove  si  mettono  i  morti  prima 
di  seppellirli.  -  Sagra,  chiesa  dove  si  fa  la  sacra; 
0  titolo  di  chiesa  -  Santuario,  chiesa,  tempio, 
cappella  celebre  per  reliquie  e  per  accorrenza  di 
fedeli.  -  Succursale,  o  sussidiaria,  chiesa  la  quale 
serve  invece  di  una  parrocchia  che  sia  troppo  di- 
scosta. 

Tempio,  edificio  sacro,  non  senza  una  certa 
magnificenza,  e  con  un  certo  carattere  di  monu- 
mentalità,  dedicato  al  culto  religioso:  chiesa,  ba- 
silica, delubro. 

Moschea,  tempio  dei  maomettani.  -  Pagoda, 
tempio  dell'India,  della  Cina,  ecc.  -  Sinagoga^ 
la  chiesa  degli  Ebrei, 


526 


Parti  della  chiesa 
Edifici  e  luoghi  uniti  o  contigui. 

La  chiesa  ha  comuni  con  quasi  ogni  altro  edificio 
la  facciata,  il  muro,  la  porta,  la  finestra,  il 
tetto,  il  pavimento,  il  soffitto,  ecc. 

Ahato,  parte  dei  templi  antichi  il  cui  accesso  era 
vietato  a  lutti,  fuorché  al  sacerdote.  -  AUide,  parte 
emicicloidale  e  per  lo  più  a  volta  che  termina  la 
chiesa  dietro  il  maggior  altare,  e  dove  si  colloca 
il  coro.  -  Atrio,  l'ingresso  esteriore  di  un  tempio, 
il  vestibolo.  -  Balaiislrata,  ordine  di  colonnette, 
con  basamento  e  cimasa,  davanti  ad  un  altare  o 
in  altro  posto  -  Ballatoio,  ringhiera  intorno  alle 
cupole;  specie  di  terrazzino,  che  rigira  la  base 
interna  o  esterna  della  cupola  di  una  chiesa,  ov- 
vero ricorre  internamente  nella  chiesa  medesima, 
e  gli  serve  di  piano  lo  stesso  cornicione  quando 
abbia  molto  aggetto.  Talora  vedesi  anche  sulle  fac- 
ciate di  alcune  chiese  e  di  certi  castelli.  -  Basili- 
cale, termine  archeologico:  dicesi  delle  facciate 
delle  chiese  che  non  hanno  cuspide.  -  Baitialerio, 
luogo  dove  si  dà  il  battesimo:  ordinariamente  si- 
tuato entro  una  cappella,  oppure  foggiato  a  guisa 
di  piccolo  tempio  in  un  lato  della  nave  laterale 
verso  nord,  all'ingresso  della  chiesa:  in  esso  tro- 
vasi il  fonie,  che  contiene  l'acqua  battesimale: 
nelle  funzioni  del  battesimo  e  del  matrimonio  si 
fa  uso  della  credenza,  ripostiglio  di  vasi  e  arredi 
di  vario  prezzo  e  lusso  a  seconda  della  mercede 
fornita  ai  preti  per  l'opera  loro:  essa  si  suole  ap- 
parecchiare altresì  quando  dicono  la  messa  i  pre- 
lati. -  Bracci,  o  corni,  le  due  parti  o  navate  d'una 
chiesa  che,  attraversandone  il  corpo  per  mezzo, 
le  danno  la  figura  d'una  croce  greca  latina.-  Buca, 
oratorio  sotterraneo. 

Campata,  arcata  di  comunicazione,  in  una  chiesa, 
fra  la  nave  mediana  e  le  navi  minori.  -  Cappella, 
luogo  nelle  chiese  o  nelle  case  dove  è  situato  un 
altare  per   celebrare.   Nelle   chiese   grandi  le  cap- 

f ielle  sono  spesso  come  tante  piccole  cliiese  lungo 
e  pareti  laterali,  destinate  al  culto  speciale  di  qual- 
che santo,  ecc.  -  Carnaio,  anticamente,  sepoltura 
comune  delie  chiese  nella  quale  si  gettavano  alla 
rinliisa  i  cadaveri.  -  Confessione,  nelle  chiese  cat- 
toliche, la  parte  sotterranea,  sotto  l'aitar  maggiore, 
contenente  le  reliquie  dei  santi  (termine  archeolo- 
gico). -  Coretto,  piccola  stanza  con  finestra,  per  lo 
Sili  chiusa  da  grate,  che  corrisponde  in  chiesa,  e 
alla  quale  si  può  assistere  alle  sacre  funzioni  senza 
andar  fra  la  gente  e  senza  esser  veduto  {yrata,  l'infer- 
riata del  coretto).  -  Coro,  luogo  dove  si  canta; 
anche,  tutto  lo  spazio  destinato  a  tal  uso,  situato 
dietro  l'aitar  maggiore  o  tra  l'aliare  e  la  navata: 
i  preti  e  i  Irati  vi  si  raccolgono  per  salmeggiare  o 
cantare  gli  uffici  divini.  -  Cnpta  o  critta,  sotter- 
raneo di  varie  sorta,  specialmente  sotto  una  chiesa, 
che  serve  di  tomba  e  per  custodia  di  sacre  reli- 
quie. -  Croce,  crociata,  la  parte  della  chiesa  ciie  ha 
fonila  di  croce.  -  Cupola,  vòlta  le  cui  sezioni  oriz- 
zoiiiali  sono  circoli,  e  le  verticali  riescono  o  semi- 
circoli 0  composte  di  due  archi  di  circolo;  vòlta 
che,  rigirandosi  intorno  a  un  medesimo  centro,  si 
regge  in  sé  medesima,  e  serve  comunemente  alla 
maggior  maestà  degli  edifici  sacri  {occhio,  apertura 
al  centro  della  cupola  e  sul  tamburo;  muro  circo- 
lare sul  quale  la  cupola  posa).  -  Cùspide,  parte  su- 
periore della  facciata,  terminante  a  punta. 

Edicola,  cappella,  tabernàcolo,  -    Galleria,  cor- 


ridoio in  una  parte  elevata  dell'edilìcio.  -  Chiglia, 
costruzione  acuminata  sul  tetto  della  chiesa  di 
stile  archiacuto.  -  Iconostasi,  nelle  chiese  greche,  la 
chiusura  ornata  d'immagini  sacre,  che  è  fra  il  sa- 
cramento e  lo  spazio  dei  fedeli.  -  Labirinto,  aggre- 
gato di  linee  segnate  sul  pavimento  di  certe  chiese 
del  medio  evo,  disposte  cosi  che  ehi  vi  entrava  do- 
veva far  molti  giri  prima  di  uscirne.  -  Lady  (pron. 
ledi),  specie  di  cappella  frequentemente  aggiunta 
all'estremità  orientale  delle  chiese  inglesi  e  dedicata 
alla  Vergine.  -  Nave  o  navata,  per  similitudine, 
quella  parte  della  chiesa  che  è  tra  il  muro  e  una 
fila  di  colonne  o  di  pilastri,  o  tra  due  file  di  que- 
sti. -  Pinnàcolo,  la  sommità,  il  fastigio,  l'alto  del 
tetto.  -  Portale  per  portone,  detto  specialmente,  in 
architettura,  delle  porte  monumentali  de'templi. 

Presbiterio,  parte  estrema  della  chiesa  dov'è  l'ai- 
tar maggiore  e  destinato  ai  preti.  -  Pronao,  por- 
tico che  precede  una  chiesa  ed  è  attaccato  e  fa 
parte  della  facciata.  Anche,  portico  che  precede  un 
edificio  qualunque  e  gli  serve  d'ingresso.  -  Pro- 
stilo,  pronao.  -  BiaVo,  la  scalinata  dinanzi  a  una 
chiesa  o  sinìili.  -  Bosa,  finestrone  circolare  nelle 
facciate  o  nell'abside. 

Sacrario,  luogo  della  chiesa  in  cui  si  depongono 
le  cose  ad  uso  sacro.  -  Sagrestia,  luogo  in  cui 
si  ripongono  e  si  custodiscono  le  cose  sacre  e  gli 
arredi  della  chiesa,  e  dove  il  celebrante  e  i  suoi 
ministri  prendono  gli  ornamenti  e  gli  abiti  sacri.  - 
Sancla  sanctorum,  parte  del  tabernacolo  della  Legge 
Antica,  nella  quale  non  entrava  altri  che  il  sommo 
sacerdote  una  volta  sola  all'anno  ;  nelle  chiese  cat- 
toliche, il  luogo  dell'altare  maggiore,  cinto  ordina- 
riamente di  balaustrata  e  detto  anche  presbiterio. 
-  Scalinata,  scalèa,  ordine  di  scalini  avanti  una 
chiesa  od  altro  edifizio  {gradinata,  lo  stesso  che 
scalinata)  :  ora  intendesi  più  comunemente  quella 
che  è  tra  la  balaustrata  e  l'altare  elevato.  -  Sotter- 
ranei, luoghi  scavati  sotterra  nelle  chiese,  e  nei 
quali  sono  sepolcri. 

Tabernacolo,  nicchia  o  cappelletta  con  una  im- 
magine sacra.  -  Iransetto,  nave  trasversa  d'una 
chiesa  cristiana;  il  braccio  più  corto  della  croce 
latina.  -  Tribuna,  nicchia  grande  in  capo  o  nei 
fianchi  di  un  tempio;  abside,  ambone.  -  Tricùspide 
finimento  in  tre  punte  della  fa'^ciata  -  Triforio, 
gallerie  che  si  sviluppano  all'ingiro  della  navata 
centrale  d'una  chiesa  e  precisamente  al  disopra 
delle  navi  laterali.  -  Vetri  colorati  e  istoriati,  veg- 
gasi  a  vetro. 

Edifici  e  luoghi  uniti  o  contigui. 

Campanile,  torre  dove  si  tengono  sospese  le 
campane:  talora  annesso  al  corpo  dell'edificio  della 
chiesa,  talora  separato.  -  Campanile  a  ventola,  pic- 
colo muro  sul  tetto,  con  una  o  più  aperture  per  lo 
campane.  -  Camposanto,  spazio  attiguo  alla  chiesa 
nel  quale,  un  tempo,  sì  seppelliva.  -  Canonica 
(non  comunem.,  cura),  luogo  per  abitazione  dei 
canonici,  e  anche  dei  preti  addetti  ad  una  chiesa: 
ordinariamente  annesso  alla  chiesa  stessa .  Cosi 
detta  perche  è  secondo  ciò  che  prescrivono  i  ca- 
noni. -  Capitolo,  luogo,  stanza  ed  anche  cappella 
ove  si  tengono  le  adunanze  capitolari,  sia  per  le 
nomine  alle  cariche  che  per  gli  interessi  della  co- 
munità religiosa  o  per  dispute  teologiche.  -  Coro, 
la  stanza  o  cappella  attigua  alla  chiesa  dove  le 
monache  stanno  a  cantare. 

Dexlri,  nel  medio  evo,  il  luogo  presso  una  chiesa 


527 


fei^nato  con  croci,  entro  il  quale  ognuno  godeva 
t!  diritto  d'asilo.  -  Pievania,  la  casa  del  pievano. 
•  Prepositura,  la  casa  del  preposto.  -  Sagrato,  sa- 
crato, derivato  da  sagrare,  consacrare:  vale,  volgar- 
mente, quello  spazio  libero  che  è  davanti  alla  chie- 
sa, spesso  elevato  sul  suolo  circostante  e  a  cui  si 
sale  per  alcuni  gradini.  Un  tempo,  il  luogo  consa- 
crato, attiguo  alla  chiesa,  nel  quale  si  seppellivano 
i  morti. 

Altbe  parti  e  annessi  interni,  —  Decorazioni. 

Acquasantino,  la  pila  (veggasi  più  innanzi).  -  Al- 
tare, nelle  chiese  cattoliche,  tavola  di  pietra  con 
ciborio  0  quadro  davanti,  dove  si  fanno  le  funzioni; 
chiamasi  maggiore  quello  di  cima  che  spesso  ha 
dietro  il  coro;  bassi  o  laterali  quelli  dalle  parti. 
Ma  per  lo  più  prendono  il  nome  da  un  santo,  - 
Ancona,  quadro  o  tavola  grande  che  fa.  parte  di 
ogni  altare.  -  Corno  dell'epistola,  la  destra  per  chi 
guarda  l'altare.  -  Mensa,  la  parte  superiore  del- 
l'altare rivestita  di  drappo  e  di  una  tovaglia  con 
orlatura  di  merletto,  e  la  cui  parte  anteriore  chia- 
masi dossale,  -  Reconditorio,  piccolo  chiusino  sito 
nel  mezzo  della  mensa,  di  marino  o  di  pietra,  ben 
fermato  con  stucco  o  gesso,  e  dentro  il  quale  stan- 
no riposte  le  reliquie  dei  santi.  -  Residenza,  soi-ta 
di  trono  che  si  colloca  sull'altare,  nelle  chiese  di 
rito  cattolico,  per'esporvi  Vostensorio  o  «  santissimo  » 
(fiancate,  i  lati  della  residenza).  -  Tabernacolo,  cap 
pelletla  nella  quale  si  dipingono  o  si  conservano 
immagini  sacre:  detto  anche  ciborio  (la  fenda,  il 
baldacchino,  parti  del  tabernacolo). 

Ambone,  pulpito,  leggio,  nelle  chiese  antiche,  di 
forma  molto  varia,  come  un  balconcello,  un  pog- 
getlo,  un  seggiolone,  ecc.  -  Contorta,  luogo  elevalo 
(palco  o  ringhiera)  nelle  chiese  dove  stanno  i  can- 
tanti e  i  suonatori:  è  come  un  gran  palco  spor- 
gente, su  in  alto  dalle  pareti  della  chiesa,  sorretto 
da  mensole  (cantoria  di  legno,  di  marmo,  a  terraz- 
zino, a  colonnini). 

Cate/ii/co,  edificio  di  legname,  perìo  più  di  forma 
quadrata  e  piramidale:  Io  si  inalzain  mezzo  alla  chiesa 
in  occasione  di  funerale.-  Cattedra,  luogo  elevato 
e  coperto  di  baldacchino  dove  seggono  il  pontefice 
o  i  vescovi  quando  assistono  alle  funzioni.  -  Ceppo, 
la  cassetta  delle  elemosine.  -  Confessionale,  specie 
di  casotto  di  legno,  o  stanzuccia,  o  nicchia  nel 
muro  dove  sta  il  sacerdote  ad  ascoltar  la  confes- 
sione, •  CrocCf  l'insegna  con  la  croce  che  precede 
le  processioni,  e  i  trasporti  funebri  dei  cristiani.  - 
Crocifìsso,  immagine  di  Cristo  confitto  in  croce, 
fatta  di  legno,  d'avorio,  d'argento,  d'oro,  ecc. 

Faldistorio,  una  delle  sedie  che  usano  i  prelati 
nelle  chiese.  -  Fonte  battesimale,  vasca  di  pietra  o 
di  marmo  (sorretla  da  uno  o  più  piedi  o  da  carat- 
teristica zoccolatura),  la  quale  serve  per  ammini- 
strare il  battesimo;  anche,  la  cappella  in  cui  è 
posta  la  p\Ì3L.  -  Lavabo,  acquaio  delle  sagrestie  dove 
i  preti  si  lavano  le  mani  prima  di  pararsi 'e  dir 
"tnessa.  -  Manganelle,  cassapanche  affisse  al  muro, 
in  coro,  mastietlate,  che  si  alzano  e  si  abbassano. 

Organo,  noto  istrumento  musicale  a  tastiera. 

Pergamo,  pulpito,  luogo  rilevato,  fatto  di  le- 
gname o  di  pietra,  dove  sale  e  da  dove  parla  ai 
fedeli  il  predicatore. 

Pila  0  piletta  dell'acqua  santa,  recipiente  di  pie- 
tra o  di  marmo,  dov'è  l'acqua  benedetta  e  che 'si 
pone  nella  chiesa,  presso  all'entrata.  -  Piletta,  lo 
stesso  che  pila,  ma  dicesi    cosi    più    specialmente 


quella  che  è  infissa  nel  muro  e  più  piccola  ;  men* 
tre  la  pila  è  generalmente  più  grande  e  sorretta  da 
una  o  più  colonnine.  -  Piscina,  vasca  nella  quale 
si  getta  l'acqua  che  ha  servito  a  lavare  i  vasi  sa- 
cri; quella  del  battesimo  ecc.  -  Predella,  scdigWone 
di  legno,  a  pie  degli  aitai  ,  sopra  il  quale  sta  il  sa- 
serdote  quando  celebra  la  messa.  -  Prospera,  panca 
o  sedile  del  coro. 

Santuario,  altare    dove    si  custodiscono    reliquie. 

Stalli,  i  sedili  di  legno  con  dorsale  pei  cori  delle 
chiese  cattoliche.  Per  similitudine,  i  sedili  pei  sena- 
tori e  pei  deputati,  nelle  aule  del  Senato  e  della 
Camera. 

Decorazioni.  —  Sono,  in  una  chiesa,  i  lavori  di 
pittura,  di  scultura,  di  cesello,  di  intaglio, 
di  intarsio,  di  mosaico,  di  stucco,  di  vernice, 
ecc  -  Angioli,  figurine  (putti),  per  lo  più  di  legna 
dorato,  che,  in  occasione  di  feste,  si  sfoggiano  co- 
me decorazione  nelle  nostre  chiese,  specialmente 
ai  lati  dell'altare.  -  Croce,  riproduzione,  in  vario 
modo  fatta,  dell'istrumento  sul  quale  peri  Gesù 
Cristo  {calvario,  piccolo  monticello  di  legno,  o  d'al- 
tro, sul  quale  è  posta  la  croce).  -  Festone,  orna- 
mento di  verzura  o  simile,  intrecciato  a  forma  di 
lista  intorno  a  porte,  ad  altari,  ecc.,  in  occasione 
di  feste,  ecc.  -  Figv/re  gotiche,  propriamente,  quelle 
figure  a  rilievi  marmorei,  rigide,  angolose,  simmetri- 
che, senza  prospettiva  o  scorcio  che  adornano  le 
chiese  medioevali  -  Fiorita,  quantità  di  verzura,  fo- 
glie, fiori  che  si  sparge  nelle  chiese  per  qualche 
processione  o  simile.  -  Gloria,  pittura  rappresen- 
tante angeli  e  santi  in  cielo.  -  Immagini,  tutte  le 
figure  sacre  disegnate,  dipinte  o  scolpite:  di  Cri- 
sto, della  madonna,  di  questo  o  quel  santo; 
pitture  0  sculture  rappresentanti  qualche  miracolo, 
ecc.  -  Quadri,  pitture  sul  legno  o  sulla  tela  acco- 
modate in  telaio,  rappresentanti  o  santi,  o  fatti  di 
santi,  0  della  Scrittura,  la  passione  di  Cristo,  la 
via  crucis,  ecc. 

Arnesi,  arredi  diversi,  ecc. 

Addobbi,  complesso  dei  vari  oggetti  che  servono 
a  parare,  a  ornare  una  chiesa.  -  Argenti,  ori  di 
chiesa  :  i  calici,  le  pissidi,  ecc.  -  Arredi  sacri, 
quelli  che  servono  ai  sacerdoti  per  le  funzioni;  tra 
essi  si  possono  comprendere  anche  gli  indumenti 
sacerdotali  (veggasi  a  sacerdote  e  a  veste),  non- 
ché i  libri  di  preghiera,  di  divozione,  ecc.  (veggasi 
a  libro:  libri  religiosi).  -  Vasi  sacri,  i  calici,  le 
pissidi,  ecc. 

Accenditoio,  mazza  o  canna  per  uso  d'accendere 
le  candele  sugli  altari.  -  Agiosidero,  ferro  usato 
invece  di  campana  presso  i  Greci,  per  chiamare  la 
gente  alla  chiesa.  -  Agiosimandro,  strumento  di 
legno  stato  in  uso  nella  antiche  chiese  per  convo- 
care il  popolo  in  assemblea*  -  Ampollina,  ciascuno 
dei  due  vasetti  di  cristallo,  con  manichette  laterale 
e  beccuccio,  che  servono  pel  sacrificio  della  messa: 
in  uno  di  essi  è  il  vino,  nell'altro,  l'acqua.  Le  am- 
polline si  tengono  sul  piattino  o  vassoino,  di  cri- 
stallo 0  di  ceramica.  -  Arca,  cassa  coi  cristalli  sul 
davanti,  dentro  cui  i  cattolici  conservano  il  corpo 
dei  loro  santi  -  Asperges,  sperge,  sperges,  asperso- 
rio: arnese  per  spruzzare  l'acqua  benedetta  -  Asta, 
candelabro  senza  piede,  che  recasi  nelle  processioni, 
con  sopra  una  candela  accesa. 

Badalone,  gran  leggio  in  mezzo  al  coro.  -  Bal- 
dacchino, arnese  che  si  tiene  affisso  o  si  porta  so- 
pra le  cose  sacre;  è,  per  lo  più,  di  forma  quadra  e 


i;28 


■di  drappo,  con  drappelloni  e  fregi  pendenti  intorno: 
pallio,  tentorio.  -  Banda,  ascia  con  striscia  di  panno 
usata  per  insegna  nelle  processioni  e  negli  accom- 
pagnamenti funebri.  -  Bandinella,  drappo  col  quale 
si  copre  il  leggio  nelle  chiese.  -  Barella,  specie  di 
palco  con  cui  si  portano  sulle  spalle,  per  mezzo  di 
quattro  o  più  aste  o  braccia  che  ne  sporgono,  le 
sacre  immagini  nelle  processioni.  -  Battola,  stru- 
mento di  legno  col  quale  si  chiamano  i  fedeli  agli 
ufGci  divini  nella  settimana  santa  -  Sorso,  sacchetto, 
in  cima  ad  un  bastone,  adoperato  in  alcune  Pro- 
vincie per  accattare  in  chiesa.  Dicesi  anche  di  quei 
cartoni  rivestiti  di  drappo  in  cui  si  ripone  il  cor- 
porale. -  Bossolo,  cassetta  della  limosina.  -  Bruco, 
attaccagnolo,  per  lo  più  di  metallo,  dei  segnali  che 
si  pon^iono  nei  messali  e  nei  brettari. 

Calice^  vaso  sacro  a  guisa  di  coppa  o  bicchiere, 
di  metallo  prezioso,  del  quale  si  serve  il  sacerdote 
nel  sacri  tìzio  della  messa  (ammétta  o  anche  pala 
del  calice,  quadrello  di  finissima  biancheria  ben 
insaldata  o  retta  da  un  cartone,  ad  uso  di  coprire 
il  calice  nel  tempo  della  messa  dall'offertorio  alla 
conmnione).  -  Campanello,  noto  arnese  che  tiene 
il  chierico  e  agita  in  certi  passi  della  messa. 

Candelabro,  candeliere  da  chiesa,  grande  a  più 
braccia,  e  anche  più  piccolo  e  di  lusso  per  casa.  -' 
Candeliere,  arnese  in  cui  si  ficcano  le  candele  per 
tenervele  accese;  è  composto  di  base  tonda,  trian- 
golare 0  quadrata,  di  fusi  con  balaustri  e  vasi  stroz- 
zati nel  collo  e  piattello  in  cima,  ovvero  con  pa- 
della e  punta  nei  gran  candelieri  di  chiesa.  -  Canna, 
la  canna  che  ha  in  cima  uno  stoppino  e  uno  spe- 
gnitoio :  adoperata  per  accendere  e  spegnere  i  ceri. 
•  Cappelletto,  coperchino  che  sta  in  alto  sul  turi- 
bolo ad  esso  unito  mediante  catenine.  -  Cartagloria, 
cartella  che  si  pone  sull'altare  e  su  cui  è  scritto 
il  gloria  in  excelsis,  con  altre  preci.  -  Cenno,  il  cam- 
panello che  annuncia  il  viatico,  -  Cero,  cera  la- 
vorata e  ridotta  in  forma  di  grosso  cilindro,  molto 
più  grosso  di  quel  della  candela,  con  lucignolo  nel 
mezzo,  e  per  uso  di  accendersi  nelle  chiese  durante 
le  sacre  funzioni.  -  Cero  pastinale,  quello  che  si  ac- 
cende nelle  funzioni  cattoliche  in  tutto  il  tempo 
pasquale.  -  Cielo,  l'ampio  e  ricco  drappo  che  forma 
la  parte  superiore  del  palio  sostenuto  dalle  mazze, 
0  aste  (bastoni  dorati).  -  Coltrone,  tenda  imbottita 
agli  usci  delle  chiese  per  parare  il  freddo.  -  Conopeo, 
il  velo  del  ciborio,  e  quello  che  copre  la  pisside 
delle  particole  consacrate;  il  velo  che  si  frappo- 
neva fra  il  sacerdote  e  il  fonte  battesimale  nel  tuf- 
farsi che  facevano  in  questo  le  donzelle  che  si  bat- 
tezzavano nei  primi  tempi  cristiani.  -  Corporale, 
il  pannicello  di  lino  bianco  che  si  tiene  nella  òorsa, 
e  che  il  prete  distende  sulla  mensa  nel  dir  messa, 
per  posarvi  sopra  il  calice  e  l'ostia  consacrata.  - 
Credenza,  tavola  che  si  apparecchia,  per  lo  più, 
quando  dicono  la  messa  i  prelati,  per  mettervi  su 
le  cose  occorrenti  alla  celebrazione  del  rito.  -Cuc- 
chiaino, arnese  col  quale  si  prende  l'incenso  dalla 
navicella  per  metterlo  nell'incensiere. 

Direttorio,  calendario  che  serve  di  regola  ai  sa- 
cerdoti per  la  recitazione  della  messa  e  la  celebra- 
zione dell'ufficio.  -  Diittco,  sorta  d'altarino,  d'an- 
cona; anche,  registro  col  nome  dei  vescovi  e  dei 
benefattori.  -  Drappelloni,  quei  pezzi  di  drappo  che 
SI  mettono  agli  archi  e  alle  porte  delle  chiese  in 
occasione  di  paramenti  per  feste.  -  Ex-voto,  oggetti 
che  i  fedeli  attaccano  a  qualche  immagine  in  segno 
del  voto  fatto,  di  grazie  avute  o  sperate.  -  Parisse: 
i  Romani  chiamavano  così  certi  grandi  vasi  pioni  di 


acqua,  che  erano  situati  all'ingresso  dei  templi  per 
lavarsi  e  purificarsi  prima  d'entrarvi.  -  Fascia  (ti- 
tolo eccles.),  quella  della  cresima.  -  Filatteri,  fet- 
tucce 0  nastri,  generalmente  svolazzanti,  che  si 
pongono  in  mano  alle  figure  d'angeli,  od  altre, 
sulle  quali  è  il  nome  od  un  detto  allegorico  al 
personaggio  che  lo  tiene  in  mano.  -  Fusciacca  e 
volgarm.,  fuciacco:  panno  del  Cristo  che  si  porta  a 
processione. 

Gallone,  sorta  di  nastro  intessuto  d'oro,  d'argento 
0  di  seta.  Le  pianete,  i  piviali  ed  altri  paramenti 
di  chiesa  hanno  il  gallone.  Sono  gallonate  anche  le 
livree.  Galloncino,  stretto  gallone.  -  Gloria,  sole  in 
legno  0  in  ferro  doralo,  ornante  i  fondi  degli  al- 
tari e  dei  cori  e  le  teste  dei  santi.  -  Guanciale,  ar- 
nese quadrangolare,  ripieno  di  crine  o  simili,  sul 
quale,  invece  che  sul  leggio,  si  sostiene  o  si  solleva 
il  messale.  -  Incensiere,  lo  stesso  che  turibolo.  - 
Inginocchiatoio,  arnese  di  legno  con  due  piani  oriz- 
zontali, uno  basso  sul  davanti,  a  modo  di  scalino  per 
inginocchiarvisi  ;  l'altro  gli  sorge  accosto  parallelo 
e  più  elevato,  da  servire  di  appoggiatoio  alle  braccia 
e  ai  gomiti.  Semplice  e  nudo,  l'inginocchiatoio  si 
tiene  accanto  al  letto  o  altrove  nella  camera  dalle 
persone  divote,  per  dirvi  le  orazioni  della  mattina 
e  della  sera.  Coperto  di  drappo  e  con  guanciale, 
serve  nelle  chiese  a  persone  di  dignità. 

Lampada  (corrottamente,  lampana),  vaso  senza 
piede,  nel  quale  si  tiene  acceso  un  lumicino  alimen- 
tato da  olio  e  che  si  sospende  per  lo  più  innanzi 
a  cose  sacre.  -  Lampadario,  più  lampade  riunite  di- 
nanzi a  un  altare  o  sorrette  o  portate  da  un  vitic- 
cio di  ferro  o  d'altro  metallo.  -  Lanternone,  certe 
grosse  lanterne  con. vari  ornamenti,  la  cui  fiamma 
è  in  una  specie  di  cassetta  metallica  vetrata,  por- 
tate in  cima  a  un'asta  dalie  compagnie  religiose,  an- 
dando a  processione.  •  Leggio,  mobile  usato  nelle 
chiese  per  tenerci  aperto  il  messale  o  i  corali  o  la 
musica.  -  Lumen  Cristi,  specie  di  viticcio  con  tre 
candele  benedette  che  si  accendono  il  sabato  santo. 
Anche  candela  benedetta  che  i  devoti  tengono  a 
capo  del  letto  o  altrove. 

Macchina,  quell'arnese  sopra  il  quale  si  portano  in 
precessione  la  Madonna  o  qualche  santo.  -  Mantel- 
lina, sorta  di  drappo  di  seta  e  d'altro  che  copre  le 
immagini  di  chiesa  che  devon  essere  esposte  alla 
devozione  dei  fedeli.  -  Margarita,  nella  chiesa  greca, 
il  vaso  nel  quale  si  conserva  l'ostia  consacrata,  - 
Mesciroba,  mesciacqua;  specialmente  per  le  chiese. 
-  Miracolo,  immagine  messa  in  chiesa  per  grazia 
ricevuta:  voto.-  Nappo,  mesciacqua  d'argento  o simile, 
usato  nelle  chiese  o  nelle  case  signorili.  -  Navicella, 
vaso  a  foggia  di  piccola  nave  e  nel  quale  si  tiene 
l'incenso. 

Ombrellino,  quello  che  si  porta  sopra  il  sacra- 
mento, il  viatico.  -  Ostensorio,  vaso  sacro  (d'oro, 
d'argento,  ecc.),  in  cui  si  pone  l'ostia  consacrata 
per  l'esposizione  del  Sacramento  (lunetta,  la  parte 
dell'ostensorio  in  cui  si  adatta  l'ostia  consacrata; 
sfera,  la  parte  che  circonda  l'ostia). 

Paci  (paxtecum,  strumenti  della  pace),  piastrelle 
di  metallo  incise  e  damaschinate,  che  l'officiante  dà 
a  baciare  ai  credenti.  -  Padiglione,  setino  grande  ai 
cornicioni  degli  archi  nelle  chiese,  per  le  feste.  - 
Pala  d'oro,  tavola  dipinta  a  scompartimenti  e  tem- 
pestata di  gemme  e  d'oro  (cosi  dapprima  fu  chia- 
mata quella  latta  eseguire  a  Costantinopoli,  nel 
1105,  dal  doge  Ordelaffo  FdMer).-Paliotlo,  arnese,  per 
lo  più  di  stoff"a,  messo  davanti  all'altare.  -  Palla, 
quadretto  di  tela  per  coprire  il  calice  dell'offertorio 


CHIESA 


529 


alla  comunione.  -  Panca,  sedile  di  legno  pei  fe- 
deli in  chiesa.  -  Panno  del  Cristo,  panno  di  velluto 
ricamato  che  si  mette  alla  croce,  in  arco,  quando 
portata  in  processione.  -  Parato,  ornamento  o  drappo 
col  quale  si  adornano  le  pareti.  -  Patena,  vaso  sa- 
cro, a  somiglianza  di  piattello,  che  serve  per  co- 
prire il  calice.  -  Perellina,  oggetto  in  forma  di  pera: 
vi  si  infilano  le  ciocche  dei  fiori  secchi  da  met- 
tere sui  gradini  dell'altare.  -  Pielrino,  dado  o  altra 
forma  di  pietra  bucata  per  mettervi,  nelle  chiese, 
Io  stendardo,  il  crocefisso  o  altra  immagine.  -  Pisside, 
vaso  sacro  nel  quale  si  conserva  il  sacramento  del- 
l'altare: somiglia  al  calice,  ma  ha  la  coppa  più 
larga  e  meno  profonda.  -  Propiziatorio,  coperchio 
dell'arca  dell'Alleanza  che,  presso  gli  Ebrei,  era  pro- 
priamente il  trono  della  divinità.  -  Purificatoio, 
pannolino,  o  piccolo  fazzoletto,  che,  ripiegato,  si 
pone  sul  calice  per  asciugarlo  e  purificarlo  dopo 
l'abluzione:  serve  anche  ad  asciugare  le  dita  e  la 
bocca  del  celebrante  la  messa. 

Raganella,  lo  strumento  col  quale  i  ragazzi  fanno 
rumore  in  chiesa  e  fuori,  nella  settimana  santa, 
quando  non  si  suonano  le  campane.  -  Raggerà,  la 
parte  dell'ostensorio   ch'è  fatta  come  di  tanti  raggi. 

-  Rascie,  le  strisele  bianche  e  nere  messe  alla  fac- 
ciata della  chiesa  per  mortorio.  -  Reliquia,  corpo 
od  oggetto  tenuto  per  sacro;  corpo  o  cosa  rimasta 
d'un  santo.  -  Reli(iuiario,  custodia  di  reliquie  sacre. 

-  Rigabello,  strumento  usato  nelle  chiese  prima  che 
si  introducesse  l'organo. 

Saettia,  saettile,  triangolo  di  legno  sul  quale,  la 
settimana  santa,  nel  tempo  che  si  canta  l'uffizio,  si 
pongono  le  candele,  e  le  si  spengono  poi  ad  una  ad 
una  di  salmo  in  salmo. 

Santino,  immagi  netta  di  santo  stampata  in  legno 
o  in  rame  e  per  lo  più  miniata.  -  Scarabattola,  ta- 
voletta con  martelli  di  legno  mobili:  lo  stesso  che 
tabella.  -  Secchiolina,  o  secchiolino,  piccola  secchia, 
per  lo  più  d'argento,  entro  la  quale  si  reca  l'acqua 
benedetta.  -  Semanterion,  istrumento  rumoroso  per 
chiamare  i  fedeli,  presso  i  Greci.  -  Setino,  drappo 
che  si  mette,  specialmente  alle  porte  delle  chiese, 
nelle  feste.  -  Spegnitoio,  arnese  di  latta,  stagno  o 
simili,  a  torma  quasi  di  campanello  o  cartoccio, 
adoperato  per  ispegnere  le  candele  sugli  altari,  ecc. 
■  Stendardo,  vessillo  ecclesiastico,  bandiera  di 
chiesa.  -  Strato,  tappeto  (termine  ecclesiastico).  - 
Sudario,  quello  col  quale  la  Veronica,  secondo  la 
leggenda,  asciugò  Gesù.  -  Stazione,  ognuno  dei  quadri 
a  cui  si  fa  sosta  nella  Via  Crvci».  -  labella,  assi- 
cella, con  un  martello  di  legno,  imperniato  che  i 
ragazzi  suonano  per  le  vie,  la  settimana  santa.  -  Ta- 
vola dell'ufficio,  quella  sulla  quale  é  indicata,  giorno 
per  giorno,  la  festa  d'ogni  santo  e  la  relativa  preghie- 
ra. -  Toakas,  tavole  che  sostituisono  le  campane, 
in  Moldavia.  -  lorcetto,  quattro  lunghe  candele  bian- 
che, attaccate,  che  formano  un  pezzo  solo  e  servono 
per  certe  funzioni  religiose  nelle  chiese,  per  proces- 
sioni e  per  accompagnamenti  funebri.-  -  Torchio,  dop- 
piere, candela  grande,  o  più  candele  saldate  insieme, 
torcia,  •  Tovaglia^  pannolino  bianco  col  quale 
si  copre  il  piano  della  mensa.  -  Turibolo,  vaso,  per 
lo  più  di  metallo,  usato  nei  divini  uffici  e  nel  quale 
si  brucia  Vincenso:  incensiere. 

Velo,  quello  col  quale  si  copre  il  sacramento  in 
certe  occasioni.  -  lento,  ciascuno  dei  quattro  cor- 
doni che  con  le  estremità  superiori  sono  appiccati 
ai  lati  dello  stendardo  e  per  le  inferiori  sono  te- 
nuti a  mano,  perchè  lo  stendardo,  nell'andare,  stia 
sempre  ritto.  -  Ventola  (comun.  al  pi),   arnese  di 


legno  dorato,  con  uno  o  più  viticci  in  basso,  da  at 
taecarsi,  nelle  chiese,  a  sostegno  di  candele.-  Vite. 
plur.  viti,  grossi  candelieri,  per  lo  più  a  spira, 
portati  dai  chierici  in  alcune  cerimonie. 

Altre  cose  minobi. 

Acqua  benedetta,  quella  usata  nelle   pratiche 

del  culto  cattolico.  -  Acqua  lustrale,  l'acqua  santa, 
dagli  antichi  usata  a  spegnere  un  tizzo  di  fuoco 
levato  dai  sacrifizi.  -  Agnusdéi,  immagine  fatta  per 
lo  più  di  cera  benedetta,  rappresentante  l'agnello 
di  Dio. 

Bandinella,  drappo  o  panno  a  due  calate,  col  quale 
si  copre,  in  chiesa,  il  leggio. 

Cenere,  quella  d'olivo  arso  che  il  prete  cattolico 
mette  sulla  fronte  ai  credenti,  il  primo  giorno  di 
quaresima.  -  Crisma,  l'olio  consacrato  per  alcuni 
sacramenti.  -  Gesù  Cristo  in  sacramento,  l'ostia  con- 
sacrata. 

Incenso,  resina  o  composizione  d'una  resina  che 
stilla  da  un  albero  dell'Arabia  e  dell'India  e  viene 
bruciata  specialmente   nelle  cerimonie  religiose. 

Libriccino,  stoppino,  legato  in  forma  di  libro,  che 
portasi  in  chiesa  per  accenderlo  la  mattina  dei  mor- 
ti :  serve  anche  su  per  le  scale  o  altrove.  -  Lisca 
(per  simil.,  titolo  eccles.),  ramo  della  palma  messo 
alla  croce  dalla  domenica  delle  Palme  fino  all'A- 
scensione. 

Olio  santo,  olio  consacrato  per  l'amministrazione 
di  alcuni  sacramenti.  -  Ostia,  quel  pane  che  si 
consacra  alla  messa:  lat.,  oblata;  vivanda  mistica. 

Palma,  la  fronda  benedetta  che  si  distribuisce 
la  domenica  delle  Palme.  -  Palmizio,  ramo  di  palma 
benedetto.  -  Pane  benedetto,  quello  che,  nella  Chiesa 
Anglicana,  si  suole  benedire  la  domenica,  alla 
messa  parocchiale,  per  distribuirlo  ai  fedeli.  -  Pane 
mistico,  cibo,  mensa  degli  angeli,  l' eucaristia,  - 
Panellini  benedetti,  (luelli  che  vengono  distributi 
in  certe  feste.  -  Particola,  ostia  piccola  consacrata 
per  comunicare  i  fedeli.  ■  Vivanda  mistica  (poet. 
lett.),  l'ostia. 

Sacramenti,  in  generale,  cose  sante,  sacre.  -  San- 
tissimo, l'ostia  consacrata. 

Strega,  specie  di  stoppino  ordinario  che  si  fa 
con  due  lucignoli  coperti  di  poca  cera  e  ritorti 
insieme,  a  uso  d'accendere  le  candele  nelle  chiese. 
Generalmente,  i  sagrestani  se  la  faano  da  sé  immer- 
gendo i  lucignoli  negli  avanzaticci  e  ne'  colaticci 
della  cera  fatti  struggere  al  fuoco  in  un  vaso  qual- 
siasi. 

Sacerdoti  e  altre  persone 

CHE  COMPIONO  qualche  UFFICIO  NELLA  CHIESA  E  ANNESSI 

Nella  chiesa  funziona  principalmente  il  sacer- 
dote (ministro  di  Dio,  prelato,  ecc.),  designato  con 
vari  nomi,  secondo  la  religione  a  cui  appartiene: 
detto,  genericamente,  prete  il  cattolico;  pastore 
l'evangelico,  il  protestante;  rabbino  l'ebreo;  bonzo 
il  buddista;  bramino,  il  sacerdote  di  Brahma;  pope, 
il  sacerdote  della  chiesa  greca  orientale;  feghi,  il 
musulmano,  ecc.  Altre  e  diverse  denominazioni 
ha  poi  il  prete  secondo  il  grado  che  occupa 
nella  gerarchia  ecclesiastica  {arcidiacono,  arciprete, 
canonico,  curato,  parroco,  vescovo,  cardinale,  ecc.)  e 
secondo  le  diverse  funzioni  che  compie  {assistente 
cappellano,  celebrante,  cresimante,  chierico,  decano, 
ecc.)  :  veggasi  a  prete.  L'insieme  dei  preti   costi - 


pREMOLi  —  Vocabolario  Nomenclatore 


84 


030 


tuisce  il  clero.  Per  gli  uffici,  le  cerimonie,  le  pra- 
tiche di  rito,  da  parte  dei  sacerdoti  come  di  ogni 
fedéle^  veggasi  a  culto. 

Aprocrisiario,  nome  che  davasi  anticamente  ai 
deputati  di  una  chiesa,  o  d'un  monastero,  e  ai  mi- 
nistri del  papa  presso  l'imperatore.  -  Cancelliere, 
dignità  ecclesiastica,  così  detta  dai  cancelli  dentro 
ai  quali  chi  ne  era  investito  dava  udienza,  per  non 
essere  oppresso  dalla  calca  del  popolo.  -  Cantore, 
dignitario  ecclesiastico  che,  nelle  chiese  cattedrali,  ha 
la  sopraintendenza  al  canto  del  coro.  -  Diaconessa, 
donna  investita  di  qualche  dignità  sacra  e  che, 
specialmente  sui  primi  tempi  della  Chiesa,  attende- 
va a  certi  ministeri. 

Diacono,  chi  canta  il  vangelo;  sacerdote  che  ha 
ricevuto  il  secondo  degli  ordini  sacri. 

Ecclesiarca,  antico  titolo  del  prefetto  della  chiesa: 
ora  santese,  mansionario,  scabino.  -  Ecclesiastico, 
uomo  dedicato  alla  chiesa;  contr.  di  secolare.  -  Man- 
sionario, chi  uffizia  la  chiesa,  chi  assiste  alla  chiesa 
e  l'ha  in  custodia.  -  Padre  spirituale,  il  confes- 
sore, -  Predicatore,  chi  la  ìa. predica.  -  Preposto, 
di;,'nitario  nelle  chiese  metropolitane,  cattedrali  e 
collegiali  -  Quaresimalista,  frate  o  prete  che  fa  il 
quaresimale:  veggasi  a.  quaresima.  -  Turiferario, 
accolito  0  altro  ecclesiastico  che  nelle  sacre  fun- 
zioni porta  il  turibolo. 

Accattino,  chi  accatta  sull'uscio  di  chiesa  o  al- 
trove per  qualche  opera  pia  -  Agapete,  fanciulle  che, 
nei  primi  tempi  del  cristianesimo,  servivano  nelle 
chiese,  non  legate  però  da  alcun  voto.  -  Assettino, 
chi  assetta  la  chiesa;  per  lo  più,  il  garzone  del 
paratore. 

Banderaio,  chi  fa  paramenti  da  chiesa. 

Campanaro,  chi  tira  le  corde  del  campanile 
per  suonare  una  campana  o  più  campane.  -  Cap- 
pella, insieme  dei  cantanti  (cantori)  e  dei  sonatori 
addetti  a  una  chiesa.  -  Caudatario,  colui  che  so- 
stiene l'estremità  delle   vesti   prelatizie  dalla  coda. 

-  Ceroferario,  chi  porta  le  viti,  cioè  i  ceri  nelle 
funzioni  di  chiesa.  -  Chierico,  il  sagrestano,  o  scac- 
cino, che  in  chiesa  veste  da  prete.  -  Corista,  chi 
utiicia  nel  coro  ■  Crocifero,  colui  che  porta  la 
croce;  nome  di  una  confraternita  di  chierici  re- 
golari. 

Maestro  di  cappella,  quello  che  dirige  la  musica 
di  chiesa.  -  Mazziere,  chi,  portando  un  lungo  ba- 
stone (mazza),  regola  le  processioni.  -  Operaio  di 
chiese,  di  monasteri,  ecc.,  chi  sopraintende  all'opera, 
all'amministrazione  di  quelli. 

Paracera,  chi  andava  a  riparar  la  cera  nelle 
processioni.  -  Paratore,  chi  addobba  chiese;  festa- 
iitolo,  se  le  addobba  a  festa.  Festaiuoli,  però,  dicon- 
si  più  specialmente  coloro  che  contribuiscono,  di 
propria  borsa,  a  rendere  più  solenne  una  festa  della 
parrocchia,  e  anche  quelli  che  pensano  a  preparare 
i  mazzi,  la  fiorita,  ecc.  -  Patrono,  chi  ha  fondato 
una  chiesa  o  un  benefizio.  -  Precentore,  il  primo  e 
talvolta  \\  secondo  cantore,  o  il  maestro  del  coro  : 
dignità  di  alcune  chiese  collegiate. 

Sagrestano,  sagrista,  chi  è  addetto  alla  sagrestia. 

-  Scaccino,  servitore  di  chiesa  che  spazza,  tiene  in 
ordine  le  panche,  spolvera,  ecc.  -  Servo  di  chiesa, 
sagrestano,  cherico.  -  Sottosagrestano,  il  secondo  sa- 
grestano d'una  chiesa.  -  Spazzino,  chi  spazza  le 
chiese.  -  Turiferario,  chi,  anche  non  prete,  nelle  fun- 
zioni ecclesiastiche  porta  il  turibolo.  -  Zelatore  e 
zela  trite,  chi  raccoglie  offerte  o  rate  per  chiese, 
santuari,  opere  religiose,  ecc. 

i4 sper^er«,  benedire  con  acqua  santa:  aspersorio, 


asperges,  sperges,  l'arnese  all'uopo  ;  aspersione,  l'atto 
e  l'elfetto.  -  Bandire,  far  un  annunzio  in  chiesa.  - 
Consacrare,  benedire  una  chiesa,  aprirla  al  culto,  - 
Dedicare,  intitolare  la  chiesa  a  un  santo,  alla  ma- 
donna, ecc.  {dedicazione,  consacrazione  di  un  tempio, 
e  l'annua  festa  in  memoria  di  tale  consacrazione). 
Esporre  il  sacramento,  collocare  la  pisside  sullo 
sportello  del  tabernacolo;  collocare  il  sacramento 
in  luogo  visibile,  dove  stia  alla  venerazione  dei 
fedeli  (Giro  delle  guarani' ore  o  esposizione  del  giro, 
esposizione  del  sacramento  a  turno,  nelle  varie 
chiese).  -  Interdire  una  chiesa,  chiuderla  al  culto. 
Parare,  addobbare,  generic,  ornare  di  molti  mo- 
bili sontuosi  e  di  drappi  e  pendoni.  Parare  è  più 
proprio  delle  chiese;  addobbare  delle  case.  -  Pro- 
cessionare, andare  in  processione.  -  Profanare  la 
casa  del  Signore,  termine  ecclesiastico,  togliere  a 
un  luogo  il  carattere  religioso,  riducendolo  a  uso  co- 
mune. -  Riconsacrare,  ripete  consacrare.  -  Sconsa- 
crare, contr.  di  consacrare.  -  Uffiziare,  celebrare  un 
uffizio  del  culto. 

Cose  e  termini  vari 

Agenda,  come  termine  ecclesiastico,  vale  servizio 
0  uffizio  della  chiesa.  -  Senefizio,  prebenda  ec- 
clesiastica, con  obbligo,  per  lo  più,  di  recitare  gli 
uffici  divini,  di  celebrar  messe  o  altro;  ufficio  sa- 
cro che  abbia  rendite,  e  anche  le  rendite  stesse.  - 
Collatore,  chi  conferisce  o  ha  il  diritto  di  conferire 
un  benefizio  ecclesiastico;  compatrono,  chi  è  patro- 
no con  un  altro  d'un  benefizio  ecclesiastico  ;  inve- 
stire, investirsi,  d'un  benefizio,  conferirlo,  prenderne 
possesso. 

Capitolo,  collegio  dei  canonici  o  comunità  di  ec- 
clesiastici, che  amministrano  le  basiliche  e  le  chiese 
cattedrali;  anche  il  luogo  o  la  sala  dove  si  rac- 
colgono a  consiglio  -  Cappellania,  benefizio  eccle- 
siastico, annesso  ad  un  altare  o  ad  una  cappella; 
benefizio  semplice,  con  l'obbligo  di  dire  un  certo 
numero  di  messe  (cappellania  corale,  coadiutorale, 
ab  extra,  curata,  laicale,  ecc.).  -  Computo  ecclesia- 
stico, il  calendario  che  regola  le  feste  mobili.  -  Con- 
grua^ dote  di  una  parrocchia  che  non  si  possa 
mantener  da  sé. 

Dono,  l'offerta  a  una  chiesa,  per  spirito  religioso. 

-  Economato,  l'amministrazione  dei  beni  ecclesiastici. 

-  Economo  generale,  il  sopraintendente  all'ammini- 
strazione dei  beni  ecclesiastici;  sub-economo,  l'am- 
ministratore dei  benefici  vacanti.  -  Eleniosinaf 
le  oblazioni  che  si  fanno  in  chiesa  o  agli  ordini  men- 
dicanti. 

Fabbriceria^  il  corpo  delle  persone  che  am- 
ministrano le  rendite,  i  proventi  di  spettanza  di  una 
gran  chiesa  o  d'un  convento,  curano  gli  edifici, 
regolano  le  spese  del  culto,  ecc.  (fabbriciere,  mem- 
bro d'una  fabbriceria).  -  Oblazione,  offerta,  qualunque 
dono  volontario  fatto  alla  chiesa,  ad  un'opera  pia, 
ecc.  -  Obituario,   registro   parrocchiale  dei   defunti. 

-  Onori  della  chiesa,  le  preminenze  che  si  accor- 
dano ai  patroni,  ai  fondatori,  ai  donatori  d'una 
chiesa,  ecc. 

Opera,  in  Toscana,  l'ente  morale  costituito  sopra 
tutto  ciò  che  riguarda  la  fabbrica  delle  chiese  o 
dei  monasteri,  la  conservazione,  i  miglioramenti 
di  essi,  l'amministrazione  delle  rendite  e  i  miglio- 
ramenti da  farsi.  Lo  stesso  che  «  fabbriceria  >.  - 
Patronato,  diritto  di  chi  eresse,  dotò,  fondò  chiese 
0  benefizi;  anche,  diritto  di  conferir  benefizi. 

Sacra,   anniversario  della   consacrazione  di  una 


531 


chiesa.  -  Sposa  di  Cristo,  denominazione  che  si 
dà  spesso  alla  Chiesa  cattolica.  -  Titolare,  il  santo 
a  CUI  è  dedicata  una  chiesa.  -  Vedovaìiza  di  una 
chiesa,  quando  priva  del  pastore. 

Dittico,  registri  nelle  chiese,  col  nome  de'vescovi 
e  dei  benefattori.  -  Polizzino  della  confessione  o  pa- 
squale, bigliettino  usato  dalle  chiese  cattoliche  pir 
verificare  chi  ha  soddisfatto  al  precetto  pasquale. 
-  Orto  di  delizie,  raccolta  di  cose  spirituali. 

Amministrare,  governare,  reggere  una  chiesa.  - 
Pagare  le  decime  alla  chiesa,  precetto  imposto  nel 
catiolicismo  ai  fedeli. 

Chiesa.  Comunione  spirituale  di  tutti  coloro 
che  professano  una  religione,  specialmente  il 
cristianesimo:  chiesa  di  Dio,  santa  madre  chiesa; 
sposa  dell'altissimo,  sposa  di  Cristo;  la  nave  o 
navicella  di  san  Pietro  (la  Chiesa  cattolica).  -  Gè- 
nisalamme  terrena  e  celeste,  la  chiesa  militante  e 
trionfante.  -  Santa  bottega,  perifrasi  sarcastica  po- 
polare per  indicare  la  chiesa.  •  Ecclesiastico,  di 
chiesa,  della  chiesa. 

Chiesa  madre,  titolo  della  Chiesa  cattolica.  -  Chie- 
sa invisibile,  secondo  la  teologia  protestante,  l'in- 
sieme di  tutti  i  veri  credenti.  -  Chiesa  militante,  i 
fedeli;  trion fante,  i  santi,  i  beati;  purgante,  le 
anime  del  purgatorio.  -  Chiesa  visibile,  secondo  la 
teologia  protestante,  l' insieme  di  tutti  i  membri 
delle  singole  comunità  ecclesiastiche. 

Libera  Chiesa  in  libero  Stato,  parole  del  Cavour 
morente,  il  quale  nella  libertà  e  con  la  libertà  ve- 
deva la  soluzione  della  così  detta  questione  romana. 
Chiesa  alta,  Chiesa  episcopale,  la  Chiesa  anglicana. 
Ambrosiana,  la  Chiesa  milanese,  fondata  da  san- 
t'Ambrogio. -  Armena,  Chiesa  ne!  culto  affine  alla 
greca:  fu  istituita  sotto  il  regno  di  Tiridate  I.  - 
Cattolica,  la  romana  apostolica  (veggesi  a  cattoli- 
cisnio).  -  Copta,  Chiesa  derivata  dall'antica  Chiesa 
monofisita  del  secolo  V  e  avente  a  capo  un  patriarca 
residente  al  Cairo,  dal  quale  dipendono  dodici  ve- 
scovi e  Vakina  di  Abissinia.  -  Gallicana,  la  catto- 
lica in  Francia,  sorta  a  rivendicare  una  certa  au- 
tonomia nazionale  della  Chiesa  francese  contro  la 
Corte  pontificia.  Sanzionato  da  Luigi  XIV,  il  gal- 
licanismo tu  abolito  nel  1870  dal  Concilio  Vaticano. 
-  Greca  {orientale,  ortodossa),  la  Chiesa  cristiana 
dell'Oriente,  distinta  in  unita  e  scismatica:  questa 
senza  la  supremazia  del  papa,  il  dogma  dello  Spi- 
rito Santo,  ecc.;  quella  consenziente  con  la  latina, 
avendo  adottato  (1489)  la  formola  alla  quale  ade- 
rirono Greci  e  Latini.  -  Latina,  la  Chiesa  cattolica 
romana.  -  Maronita,  Chiesa  cosi  detta  dal  nome  di 
Giovanni  Marone,  prete  del  secolo  V,  che  la  fondò: 
ha  seguaci  nel  Libano.  -  Ortodossa,  la  Chiesa  cri- 
stiana scismatica  dell'Oriente.  -  Universale,  la  cat- 
tolica. 

Chiese  riformate,  quelle  rappresentate  dal  calvi- 
nismo, dal  luteranismo,  dal  protestantismo  (veggasi 
a  cristianesimo).  -  Confessione,  ognuna  delle  di- 
verse Chiese  o  sette  cristiane  e  anche  i  diversi 
credenti. 

Donatisti,  seguaci  di  Donato  il  Grande,  vescovo 
di  Cartagine,  il  quale  fondò  una  setta  che  reclamava 
dalla  Chiesa  purezza  di  costumi.  -  Greco^melchita, 
rito  speciale  della  Chiesa  greca  unita,  con  a  capo 
un  arcivescovo  che  risiede  ad  Aleppo.  -  Nestonana, 
setta  che  faceva  due  persone  diverse  di  Gesù  Cri- 
sto. -  Non  conformisti,  nome  generalmente  dato, 
ia  Inghilterra,  alle  varie  sette  che  non  seguono  la 
■itessa  dottrina,  né  osservano  la  stessa  disciplina 
della  Chiesa  anglicana,  come  sono  i  presbiteriani  o 


puritani,  professanti  lo  stretto  calvinismo,  gli  ana- 
battisti, i  quaccheri,  ecc.  -  Nonintrusionisti,  partito 
dissidente  della  Chiesa  scozzese. 

Bituaiisti,  in  Inghilterra,  coloro  che  prediligono 
le  cerimonie  della  Chiesa  cattolica.  -  Romanismo: 
gli  inglesi  chiamano  cosi  il  culto  della  Chiesa  ro- 
mana. -  Quartodecimani,  coloro  che  seguivano  la 
tradizione  di  Giovanni  e  Filippo  e  degli  antichi 
capi  della  Chiesa  orientale,  i  quali  celebravano  la 
pasqua  giudaica  il  14  nisan. 

Attributi,  autorità',  poteri,  ecc. 

Per  il  modo  col  quale  è  governata  la  Chiesa  no- 
stra (a  capo  della  quale  è  il  papa),  per  il  suo 
ordinamento  gerarchico,  il  clero,  il  culto  ecc.,  veg- 
gasi a  cattolicisino,  culto,  papato, prete;  e  per 
vari  altri  termini,  generali  e  particolari,  veggasi 
anche  ad  ecclesiastico.  Ogni  Chiesa  pretende  es- 
sere rappresentante  di  Dio  e  da  lui  delegata  a 
diffondere  e  a  tutelare  la  vera  fede. 

Autorità  spirituale,  quella  della  Chiesa  sopra  le 
anime  dei  credenti.  -  Braccio  ecclesiastico,  la  potestà 
ecclesiastica.  -  Braccio  secolare  fu  chiamata  l'auto- 
rità temporale,  a  cui  ricorreva  la  spirituale  per 
fare  eseguire  le  sentenze. 

Canone,  legge  o  disposizione  ecclesiastica  che 
concerne  la  fede  o  la  disciplina,  -  Carattere  battesi- 
male, sacerdotale,  qualità  incancellabile  impressa  da 
alcuni  sacramenti.  -  Cesareopapismo,  la  completa 
subordinazione  della  Chiesa  allo  Stato.  -  Chiavi  di 
San  Pietro,  l'autorità  ecclesiastica  cattolica  e  l'in- 
segna papale.  -  Cose  di  fede,  i  dogmi  della  Chiesa. 

Disciplina  ecclesiastica,  quella  parte  delle  leggi 
della  Chiesa  che  si  riferisce  ai  riti  e  ad  alcune  pre- 
scrizioni, le  quali  non  riguardano  propriamente  il 
dogma,  né  l'essenza  della  morale.  -  Dogma,  punto, 
massima,  principio  religioso  che  non  si  può  discu- 
tere, tenuto  per  verità  incontrastabile  e  insegnato 
come  tale. 

Ecumenicità,  astr.  d'ecumenico  (generale),  specialm. 
dei  concili  della  Chiesa.  -  Giurisdizione  ecclesiastica, 
in  origine,  il  diritto  che  aveva  la  Chiesa  di  decidere 
sulle  liti  fra  ecclesiastici,  poi  anche  in  quelle  fra 
ecclesiastici  e  laici.  -  Gregge,  il  popolo,  contrapp. 
a  pastore,  che  è  l'autorità  ecclesiastica.  -  Ispira- 
zione,  nella  Chiesa,  sarebbe  l'immediata  comunica- 
zione di  rivelazioni  divine,  specialmente  bibliche, 
per  opera  dello  Spirito  Santo. 

Libertà  ecclesiastica,  per  la  Chiesa,  il  diritto  di  am- 
ministrare, di  reggersi  con  indipendenza.  -Liturgia, 
dottrina  delle  cerimonie  ecclesiastiche.  -  Ordini,  i 
gradi  dei  ministri  della  Chiesa,  alcuni  detti  minori 
(ostiariato,  lettorato,  esorcitato,  accolitato),  altri  mag- 
giori (sacerdozio,  diaconato,  suddiaconato). 

Patristica,  la  storia  critica  e  la  cognizione  parti- 
colare delle  opere  dei  Padri  della  Chiesa.  -  Popolo 
di  elezione,  il  popolo  d'Israele;  e  poi  il  cristiano.  - 
Potere  spirituale,  quello  esercitato  sui  fedeli  dalla 
Chiesa,  che  (specialmente  la  cattolica)  assolve,  con- 
danna, scomunica,  invoca  la  grazia,  concede  l'in- 
d'ulgenza,  ecc.  -  Prammatica  sanzione,  legge  del 
Governo  civile  in  materia  ecclesiastica.  -  Precetti 
della  Chiesa,  i  comandamenti,  le  regole  delle  quali 
essa  impone  l'osservanza.  -  Principato  ecclesiastico, 
il  potere  temporale  esercitato  dal  papato. 

Simbolo  degli  Apostoli,  volgarmente  credo:  regola 
del  credere  cattolico.  -  iemporalità,  i  frutti  dei  be- 
nefici vacanti.  -  Terra,  beni  mondani.  -  Tradizione, 
di  cose  che  non  sono  nella  Scrittura,  ma  ne'  Santi 


532 


CHIESINO   —  CHIMICA 


Padri.  •  Tradizione  apostolica,  complesso  delle  que- 
stioni riferentisi  alla  fede  e  alle  costituzioni  eccle- 
siastiche. -  Verità  rivelata,  ciò  che  nella  Chiesa  é 
ritenuto  vero  per  virtù  di  rivelazione. 

Camera  apostolica,  il  tribunale  ecclesiastico.  - 
Concilio,  adunanza  di  ecclesiastici  intenta  a  cose 
di  fede  e  di  disciplina.  -  Concilio  ecumenico,  con- 
cilio generale.  -  Concistoro,  adunanza  dei  cardinali 
convocati  dal  papa  per  parlare  in  materia  di  fede. 

-  Sinodo,  concilio,  specialmente  d' ecclesiastici  di 
secondo  ordine  (adunanza  sinodale,  lettera  sinodale, 
delle  chiese  protestanti). 

Cose  e  termini  vari. 

Accomandigia,  protezione,  protettorato  della  Chiesa 
0  dei  Comuni  in,  uso  un  tempo,  a  sicurezza  dei 
beni  e  delle  persone.  -  Anatema,  in  origine,  indi- 
cava un  dono  che  si  appendeva  in  alto  negli  antichi 
templi  greci  (armi,  spoglie  di  nemici  o  di  rei,  ecc.). 
Nel  linguaggio  biblico,  indica  una  cosà  esecrata,  ma- 
ledetta; e  così  la  Chiesa  romana  se  ne  valse  per 
iscagliare  le  sue  scomuniche,  con  la  forraola:  Ana- 
thema  esto  o  sit  (sia  maledetto).  -  Armi  spirituali, 
le  scomuniche  e  simili.  -  Atti  di  fede,  di  speranza, 
di  carità,  di  contrizione,  formole  consacrate  dalla 
Chiesa,  con  le  quali  i  sentimenti  religiosi  di  fede, 
di  speranza,  ecc.,  sono  espressi.  -  Fulminazione 
(termine  canonico),  condanna  solenne,  pubblica.  - 
Sacristizio,  la  sospensione,  per  interdetto,  di  tutte  le 
funzioni  religiose.  -  Scomunica,  pena  ecclesia- 
stica con  la  quale  si  priva  qualcuno  della  comuni- 
cazione che  era  in  diritto  di  avere  con  una  società 
religiosa. 

Canonista,  chi  sa  o  professa  diritto  canonico. - 
Confessori,  per  la  Chiesa,  i  santi  non  martiri  che 
predicarono  la  fede,  e  non  possono  essere  registrati 
quali  apostoli,  pontefici,   martiri,    dottori,   vescovi. 

-  Dottori  della  Chiesa,  quei  santi  padri  la  cui  dot- 
trina è  dichiarata  come  testo  nella  chiesa.  Dottori 
della  Chiesa  greca:  Atanasio,  Basilio,  il  Nazianzieno, 
il  Grisostomo;  della  latina:  Agostino,  Girolamo, 
Ambrogio,  Gregorio.  -  Gonfalonieri  della  Chiesa, 
difensori  della  causa  pontificia  nelle  contese  fra 
la  Chiesa  romana  e  l'impero.  -  Padri  (santi  padri, 
padri  della  Chiesa),  nome  dato  ad  alcuni  dottori 
della  Chiesa  che  scrissero  apologie  di  essa,  com- 
menti alla  Bibbia,  confutazioni  di  eresie. 

Beato,  chi  è  venerato  dalla  Chiesa  cattolica,  ben- 
ché non  ancora  canonizzato  santo.  -  Benedetto,  agg., 
tutto  quanto  abbia  ricevuto  la  benedizione  della 
Chiesa. -JRepro&o,  riprovato  da  Dio,  dannato. -«SaMfo, 
che  è  consacrato,  appartiene  agli  utfici  divini  (ma 
degli  arredi  piuttosto  sacro  ;  santo  ha  significato  mo- 
rale più  completo);  chi  è  ritenuto  dalla  Chiesa,  per 
le  provate  sue  virtù,  nel  numero  de'  comprensori. 

Asse  ecclesiastico,  complesso  dei  beni  della  Chiesa 
incamerati  dallo  Stato  dopo  la  soppressione  delle 
corporazioni  religiose.  -  Exequatur,  decreto  gover- 
nativo che  dà  effetto  a  un'elezione  o  collazione  ec- 
clesiastica, come  a  una  disposizione  di  un  governo 
estero.  -  Manomorta,  beni  inalienabili  delle  isti- 
tuzioni perpetue,  specialmente  di  beneficenza,  e  dei 
beni  della  Chiesa. 

Ohleslno.  Piccola  chiesa. 

Chiesta.  Il  chiedere,  il  doìnandare. 

Chiesuola.  Piccola  e  misera  chiesa.  -  Parte, 
setta,  fazione. 

Chlotiaerla,  chietino.  Veggasi  a  ipocrita. 

Ghlfolle  {chifel).  Piccolo  pane. 


Ghigrlia.  Parte  della  nave. 

Chilifero.  Veggasi  a  digestione. 

Chili tlcare,  chiliflcazione  {chili ficató).  Detto 
a  digestione. 

Ohillasino  {chiliastó).  Veggasi  a  Cristo. 

Chilo.  Sugo  della  digestione.  -  Il  chilo- 
grammo. 

ChUogrrammetro.  Unità  di  lavoro  meccanico, 
equivalente  a  quello  necessario  per  inalzare  un  chi- 
logrammo all'altezza  di  un  metro. 

Chilogrammo  (chilogramma).  Il  peso  equi- 
valente a  mille  grammi,  ossia  a  cento  decigrammi, 
a  dieci  ettogrammi.  Nell'uso,  un  chilo.  •  Quintale, 
peso  di  cento  chilogrammi. 

Chilolitro.  La  misura  di  mille  litri;  veggasi 
a  litro. 

Chilometro.  La  misura  di  mille  metri:  veg- 
gasi a  metro.  •  Chilometraggio,  francesismo  d'uso 
per  dire  <t  percorso  chilometrico  ». 

Chimèra.  Favoloso  mostro.  -  Jdea,  inven- 
zione, fantasia  inverosimile,  fantasticheria» 

Chimerico.  Veggasi  a  fantasticheria, 

Chlmerizzare  {chimerizzalo).  Crearsi  chimere 
nella  fantasia,  con  la  fantasia. 

Chimica.  Scienza  che  studia  la  costituzione  e 
le  proprietà  dei  corpi  e  le  intime  alterazioni  che 
essi  subiscono,  per  azione  scambievole  o  di  agenti, 
fisici.  Va  distinta  in  chimica  generale  e  speciale, 
secondo  che  essa  consideri  le  proprietà  e  le  altera- 
zioni intime  dei  corpi  sotto  un  aspetto  generale,  o 
scenda  invece  alla  investigazione  minuta  di  quelle 
proprie  alle  singole  sostanze.  In  questo  secondo 
caso,  per  la  speciale  importanza  e  il  numero  dei 
composti  del  carbonio,  questi  vengono  studiati 
dalla  cosidetta  chimica  organica,  appunto  perchè 
quei  composti  si  riscontrano  in  prevalenza  nelle 
sostanze  organiche,  o  che  tali  furono. 

La  chimica  inorganica  studia  tutti  gli  altri  corpi;  1 
nomi  di  chimica  agraria,  hromatoloyica,  docimastica, 
clinica,  fisiologica,  industriale,  ecc.,  più  che  ad  indi- 
care speciali  sezioni  della  chimica,  tendono  piuttosto 
a  designare  le  varie  applicazioni  di  essa.  Il  nome 
di  chimica  deriva  forse  dall'antico  nome  di  Chemt 
(Egitto),  dove  sono  da  rintracciarsi  per  lo  meno  i 
principi  di  questa  scienza.  Succedette  aWalcJiimia, 
ma  la  chvnica  moderna,  come  scienza,  è  dovuta  al 
Lavoisier.  Le  modificazioni  permanenti  e  profonde 
che  avvengono  nei  corpi,  posti  a  contatto  gli  uni 
con  gli  altri,  diedero  luogo  a  moltissime  teorie,  che 
vanno  da  quella  del  flogisto  all'altra  detta  binaria,  da 
quella  atomica  alla  elettrochimica,  da  quella  di 
sostituzione  a  quella  dei  tipi  e  dei  simboli.  Della 
chimica  ora  si  fanno  varie  distinzioni.  Fra  le  altre 
molte  applicazioni  della  chimica  annoveransi:  as- 
saggi concernenti  la  grande  industria  chimica  (solfo, 
gas  dei  forni  a  piriti,  analisi  dei  yari  corpi,  ricerca 
delle  impurità,  dosamenti,  ecc.);  composizione  ed 
analisi  dei  vetri;  assaggi  concernenti  l'arte  cera- 
mica, malte  e  cementi,  materiali  combustibili  e 
illuminanti,  materie  grasse  (sego,  cera,  stearina),  olì, 
grassi,  ecc.;  assaggio  degli  olì  minerali  lubrificanti, 
delle  resine,  delle  vernici,  dei  saponi,  delle  fibre  tessili 
e  della  carta,  dei  terreni,  degli  ingrassi,  dei  prodotti 
agrari,  alimentari  e  delle  bevande  ;  esame,  determi- 
nazione e  composizione  delle  materie  coloranti; 
ricerca  e  dosamento  di  amido,  zucchero,  tannino; 
composizione,  assaggio  ed  analisi  dei  corpi  esplosivi; 
analisi  delle  urine,  ecc. 

Chimica  pura,  quella  che  tratta  della  differenza 
sostanziale  della  materia,  dei  rapporti  in  cui  sono 


DHIMICA 


533 


gli  elementi  tra  di  loro  e  delle  loro  unioni,  delle 
leggi  che  governano  le  loro  combinazioni.  -  Chi- 
mica analitica,  quella  che  tratta  dei  metodi  per  in- 
da;jare  le  parti  di  cui  si  compongono  i  corpi.  - 
Chimica  applicata,  quella  che  si  occupa  del  modo 
di  mettere  a  profitto  fatti  chimici,  per  I  arte  medica, 
l'agricoltura  e  la  tecnica  {biochimica,  fitorhiinica, 
zoochimica,  chimica  agrana  e  fisiologica).  -  Chimica 
agraria,  quella  applicata  all'agricoltura.  -  Chimica 
bromatologica,  quella  che  si  occupa  degli  alimenti, 
studiandone  la  composizione  chimica,  il  valore  nu- 
tritivo, ecc.,  e  le  ailulterazioni.  -  Chimica  cosmica, 
quella  che  investiga  i  composti  chimici  al  di  là 
(Iella  terra  e  che  si  può  elfetluare  solo  con  Vana- 
lisi  spettrale.  -  Chimica  docimastica,  chimica  anali- 
tica che  insegna  a  determinare  la  natura  e  le  pro- 
porzioni dei  metalli  utili,  contenuti  nei  miscugli 
naturali  e  artiticiali.  -  Chimica  farmaceutica,  la 
scienza  dei  medicamenti  o  farmaci  nella  loro  ori- 
gine, nella  loro  composizione,  nella  loro  prepara- 
zione, nelle  proprietà  e  negli  scopi  farmaceutici.  - 
Chimica  fisiologica,  studio  dei  corpi  organizzati  o  dei 
corpi  a  struttura  fibrosa  e  cellulare  e  dotati  di  or- 
gani e  di  vita  passata  o  presente.  -  Chimica  legale, 
quella  che  si  occupa  di  ricerche  chimiche  analitiche 
a  scopo  giuridico.  -  Chimica  iriorganica,  lo  studio 
dei  metalli  o  dei  metalloidi  nelle  loro  modificazioni 
permanenti  e  profonde,  distruggendoli  e  ricompo- 
nendoli. -  Chimica  organica,  quel  ramo  della  cni- 
mica  generale  che  studia  gli  organismi  vegetali  e 
animali  nella  loro  intima  essenza  o  nei  loro  compor- 
tamenti. E'  la  chimica  del  carbonio.  -  Chimica  teo- 
retica, quella  che  tratta  dei  fenomeni  di  affinità  e 
delle  leggi  per  le  quali  gli  elementi  si  uniscono 
insieme;  studia  i  rapporti  che  corrono  fra  le  qua- 
lità chimiche  e  le  fisiche  e  indaga  quale  sia  la  ra- 
zionale costituzione  delle  unioni. 

Alochimica,  parte  tecnica  della  chimica  riguar- 
dante il  sale  di  cucina.  -  Biochimica,  lo  studio  dei 
principi  immediati  degli  organismi.  Si  divide  in 
fikchimica,  pei  vegetali,  e  in  zoochimica,  per  gli 
animali.  -  Chimiatria,  dottrina  medica,  fondata  da 
Paracelso,  secondo  la  quale  tutti  i  fenomeni  della 
salute  e  della  malattia  debbono  essere  spiegati  coi 
principi  della  cliimica.  -  Elettrochimica,  studio 
della  trasformazione  dell'energia  chimica  in  energia 
elettrica.  -  Fitochimica,  chimica  vegetale:  a  Pries- 
tley e  a  Ingenhouff  spetta,  al  principio  del  secolo  de- 
cimonono, la  dimostrazione  dell'assorbimento  dell'om- 
dride  carbonica  dell'aria  nelle  piante,  per  azione 
della  luce  solare.  -  Fotochimica,  studio  dei  processi 
chimici  che  intervengono  per  azione  della  luce.  - 
latrochimica,  quella  che  si  riferisce  all'arte  medica. 
Microchimica  {analisi  microchimica  o  microanalisi)  : 
si  dà  questo  nome  (usato  per  la  prima  volta  da  Do- 
bereiner,  nel  1821)  a  quei  procedimenti  analitici 
che  servono  a  svelare  piccolissime  quantità  di  una 
sostanza,  usando  il  microscopio.  Molte  reazioni 
microchimiche  si  utilizzano  per  le  ricerche  di  zoo- 
chimica (l'esame  dei  sedimenti,  dei  calcoli  urinavi, 
degli  sputi,  delle  macchie  di  sangue,  di  sperma,  ecc.). 
Importante  la  microchimica  anche  per  lo  studio 
della  struttura  dei  metalli,  delle  leghe,  delle  meteo- 
riti, ecc.  -  Termochimica,  parte  della  termologia 
che  si  occupa  dello  studio  delle  quantità  di  calore 
che  si  svolgono  nei  fenomeni  chimici.  -  Zoochimica, 
la  conoscenza  delle  differenti  sostanze  che  si 
trovano  nell'organismo,  l'insieme  della  loro  costitu- 
zione, delle  loro  proprietà,  delle  loro  trasforma- 
zioni, ecc 


Corpi  e  materia. 

Tutti  quanti  gli  oggetti  materiali  che  ci  circon- 
dano e  che  fanno,  in  qualche  modo,  impressione 
sui  nostri  sensi  portano  il  nome  generico  di  corpi. 
E  la  parte  sostanziale  che  costituisce  questi  corpi 
dicesi  materia.  La  massa,  ad  esempio,  del  globo 
non  è  che  materia.  1  corpi  presentano  fra  loro 
rilevanti  dilferenze,  e  da  ciò  la  varietà  dei  corpi, 
i  quali,  a  loro  volta,  danno  luogo  a  svariati  feno- 
meni, divisi  in  due  differenti  ordini,  e  cioè:  feno- 
meni fisici  e  fenomeni  chimici.  Tre  gli  stati  dei  corpi: 
il  solido,  il  liquido,  Vaerifornie.  I  corpi  pos- 
sono passare  dallo  stato  solido  allo  stato  liquido  e 
viceversa;  cosi  pure  dallo  stato  liquido  allo  stato 
gasoso  e  viceversa.  Questi  tre  stati  fisici  della  ma- 
teria sono  dati  dai  diversi  gradi  di  coesione  e  di 
distanza  delle  molecole,  costituite  da  atomi  uguali 
0  differenti,  a  seconda  che  i  corpi  sono  semplici  o 
composti.  1  corpi  sono  divisibili  e  compressibili, 
tanto  allo  stato  solido  come  allo  stato  liquido  e 
gasoso.  -  Corpo  semplice,  o  elementare,  dicesi  una 
sostanza  che,  sottoposta  all'inlluenza  degli  agenti 
naturali  od  aggredita  dai  reattivi  più  poderosi  dei 
nostri  laboratori,  non  si  decompone  in  prodotti  piti 
semplici  0  secondari.  -  Composto,  il  corpo  che  ha 
composizione  determinata,  costante,  e  le  cui  parti 
sono  tutte  identiche  fra  loro.  -  Eterogeneo,  di  corpi 
dilTerenti  per  natura  chimica  o  altre  qualità  fisiche 
e  chimiche. 

Corpi  azotati,  quelli  costituenti  la  parte  attiva 
degli  alimenti  plastici  e  dei  concimi.  -  Corpi  ga- 
sosi,  quelli  nei  quali  la  coesione  è  stata  sostituita 
dalla  forza  di  espansione.  -  Corpi  liquidi,  quelli  nei 
quali  la  coesione  è  debole  e  le  diverse  molecole  • 
sono  mobilissime  e  scorrono  le  une  sulle  altre.  - 
Corpi  organici,  quelli  derivati  dal  carbonio  :  con  la 
combustione,  danno  acqua  e  acido  carbonico.  - 
Corpi  organizzati,  quelli  che  derivano  dal  carbonio, 
ma  che,  a  dillerenza  dei  corpi  organici,  non  si  pos- 
sono produrre  che  sotto  l'influenza  dell'energia  vi- 
tale. -  Corpi  pedici  sono  un  gruppo  di  sostanze 
non  azotate,  derivanti  da  un  principio  comune; 
hanno  la  proprietà  di  formare  con  l'acqua  una  ge- 
latina. -  Corpi  polimeri,  quelli  aventi  la  stessa 
composizione  centesimale,  pur  avendo  pesi  mole- 
colari diversi.  -  Corpi  solidi,  quelli  nei  quali  la 
coesione  è  forte.  -  Pirofori,  corpi  che  assorbono 
l'ossigeno  dell'aria  con  tanta  avidità  da  arroven- 
tarsi spontaneamente  pel  calore  sviluppato  in  co- 
desta ossidazione. 

Atomo,  particella  di  materia  considerata  come 
indivisibile.  -  Base,  il  corpo  semplice  o  composto, 
ossido  e  idrossido  metallico,  che,  combinato  con 
un  acido,  dà  luogo  ad  un  sale. 

Elementi,  quei  corpi  i  quali,  sottoposti  a  tutti  i 
mezzi  di  decomposizione  di  cui  dispone  il  chimico, 
si  dimostrano  formati  da  una  sola  qualità  di  ma- 
teria, 0,  meglio,  non  si  possono  scindere  in  corpi  di 
natura  diversa. 

Materia,  tutto  ciò  che  ha  peso  e  che  non  può 
essere  creato,  né  distrutto,  ma  solamente  modificato: 
la  parte  sostanziale  che  costituisce  i  corpi.  -  Mole- 
cola, la  più  piccola  quantità  di  corpo  semplice  e 
composto  che  esista  allo  stato  libero.  -  Molecole  co- 
stituenti, le  particelle  minime  che,  unite,  formano 
i  corpi  composti. 

Principio,  elemento.  -  Principi  immediati,  i  pro- 
dotti che  si  formano  negli  organi  degli  esseri  ve- 
getali ed  animali,  nei  quali  rinvengonsi  alio  stato 


534 


di  mescolanza  :  oggi  si  possono  chiamare  principi 
immediati  anche  i  composti  analoghi  che  il  chimico 
sa  produrre  artitìciahiìente. 

Fenomeni  chimici,  quelli  che  modificano  l'intima 
costituzione  di  un  corpo,  fenomeni  fisici,  quelli 
che  si  hanno  in  un  corpo,  senza  che  si  modifichi  la 
sua  costituzione.  -  Mescolanza,  l'unione  meccanica 
di  più  corpi  differenti  e  indipendenti  gli  uni  dagli 
altri.  -  Miscele  calorifere,  unioni  di  corpi  solidi  e 
liquidi  che,  messi  a  contatto  fra  loro,  in  determinate 
proporzioni,  producono  una  elevazione  di  tempera- 
tura: cosi  la  calce  viva  con  l'acqua.  -  Miscele  fri- 
gorifere, mescolanze  di  acidi,  sali  o  altro,  atte  a 
produrre  dei  notevoli  abbassamenti  di  temperatura 
negli  oggetti  posti  a  contatto.  -  Miscele  tonanti,  mi- 
scugli di  gas  ossigeno  e  idrogeno  o  simili,  che,  al 
contatto  di  corpi  accesi,  scoppiano  con  violenza. 

Stato  nascente,  lo  stato  nel  quale  si  trovano  i 
corpi  al  momento  in  cui  hanno  abbandonato  una 
combinazione. 

Chimismo,  complesso  di  tutti  i  fenomeni  naturali 
che  hanno  la  loro  spiegazione  nei  cambiamenti  di 
composizione,  secondo  le  leggi  della  chimica. 

Terminologia  chimica. 

Adesione,  proprietà  che  hanno  certi  corpi  di  at- 
taccarsi ad  altri.  -  Affinità  chimica,  la  causa  che 
determina,  produce  e  regola  gli  atti  o  i  fenomeni 
chimici  ;  o,  meglio,  la  risultante  delle  forze  in  yirtù 
delle  quali  i  corpi  reagiscono  e  si  scambiano  fra 
loro.  -  Arborizzazione,  nome  che,  per  similitudine, 
si  dà,  in  chimica,  alle  cristallizzazioni  che  assu- 
mono forme  somiglianti  alle  ramificazioni  di  un  al- 
bero. -  Attrazione  elettrica,  la  forza  determinante 
la  scomposizione  di  un  composto  binario,  me- 
diante un  corpo  semplice  o  altro  composto  bi- 
nario. -  Azione  chimica,  la  trasformazione  e  il  cam- 
biamento della  composizione  e  della  proprietà  dei 
corpi.  Viene  attuata  principalmente:  con  la  combi- 
nazione diretta,  con  V indiretta  e  con  l'addizionale; 
con  la  decomposizione  operata  da  agenti  fisici  e  chi- 
mici e  dai  termenti;  con  la  semplice  sostituzione, 
0  surrogamento  di  un  corpo  ad  un  altro  ;  con 
la  sostituzione  doppia  o  doppia  decomposizione  ; 
con  la  semplice  sottrazione;  con  Vallotropia;  con 
l'isomeria;  con  la  dissociazione. 

Basicità,  la  proprietà  che  hanno  gli  acidi  di  po- 
tersi saturare  con  uno  o  più  equivalenti  di  base. 
-  Basificazione,  termine  indicante  il  passaggio  di 
un  corpo  allo  stato  basico.  -  Calore,  forza  viva 
che  risulta  dai  movimenti  insensibili  delle  molecole 
dei  corpi.  -  Calore  molecolare  dei  corpi  composti,  il 
prodotto  del  calore  specifico  di  un  composto  per  il 
suo  peso  molecolare.  -  Caloria,  la  quantità  di  calore 
necessario  per  elevare  di  un  grado  di  temperatura 
un  chilogramma  di  acqua,  -  Coesione,  proprietà  della 
materia,  in  virtù  della  quale  le  molecole  dei  corpi 
si  tengono  fra  loro  unite. 

Combinazione,  l'intima  unione  di  due  corpi  i  quali 
reciprocamente  perdono  le  loro  speciali  qualità,  per 
acquistarne  di  nuove.  -  Binaria,  la  combinazione 
che  risulta  di  due  soli  corpi  indecomposti.  -  Com- 
binazione diretta,  l'unione  chimica  di  due  o  più 
corpi  fra  loro ,  con  produzione  di  un  corpo 
unico  più  complesso.  -  Combinazioni  esotermiche, 
quelle  prodotte  dalla  sola  energia  dei  loro  elementi, 
senza  il  concorso  di  un  lavoro  estraneo  e  con 
isviluppo  di  calore.  -  Combinazioni  endotermiche, 
quelle  che  richiedono  sempre,  per  prodursi,  qualche 


energia  estranea  a  quella  dei  corpi  o  componenti 
messi  in  presenza. 

Composizione  centesimale  dei  composti,  la  quantità 
di  ciascun  elemento  contenuto  in  100  parti  in  peso 
del  composto  stesso.  -  Contatto,  il  fatto  chimico  pel 
quale  un  corpo  determina  una  combinazione  o  de- 
composizione per  il  solo  fatto  di  sua  presenza  non 
prendendo  parte  alla  reazione.  -  Cristallizzazione,  pro- 
prietà di  certi  corpi  di  assumere  delle  forme  rego- 
lari e  geometriche  che  si  chiamano  cristalli,  quando 
passano  dallo  stato  liquido  o  gasoso  allo  stato  solido. 

Densità,  il  rapporto  che  esiste  tra  il  peso  di  un 
certo  volume  di  un  corpo  e  il  peso  di  un  eguale 
volume  di  acqua  distillata  a  4°,  -  Densità  o  peso  spe- 
fico  dei  liquidi,  una  delle  costanti  che  concorrono 
a  caratterizzarli  e  a  identificarli,  nonché  a  stabi- 
lirne la  purezza.  Per  stabilirla  tre  sono  i  prin- 
cipali metodi:  della  pesata  o  della  boccetta;  degli 
areometri,  della  bilancia  di  Mohr.  Uno  strumento, 
col  quale,  con  la  più  grande  facilità,  si  può  deter- 
minare la  densità  di  tutti  i  liquidi,  con  una  ap- 
prossimazione di  un  decimillesimo,  è  la  bilancia  di 
Mohr-Westphel.  -  Dissociazione,  proprietà  di  molte 
molecole  composte  di  rigenerare  gli  elementi  che  le 
costituivano  mediante  temperatura  elevatissima.  - 
Disossidazione,  processo  chimico  che  toglie  l'ossi- 
geno a  una  sostanza  ossidata.  -  Dualismo,  compo- 
sizione di  due  a  due  degli  equivalenti  dei  corpi 
semplici,  donde  risulta  un  nuovo  corpo. 

Effervescenza,  ardore,  bollore,  agitazione. 

E/'florescenza,  rifioritura  di  materie  saline  sui 
muri,  0  altrove.  -  Effusione,  di  gas  o  altre  sostanze 
che  si  espandono.  -  Energia:  rappresenta  la  quan- 
tità di  calorico  sensibile  o  latente  posseduta  da  un 
corpo.  -  Energia  chimica,  quel  particolar  modo  di 
movimento  che  risiede  nelle  minime  parti  dei  corpi 
e  che,  nell'atto  della  loro  combinazione,  si  tra- 
storma  nelle  altre  specie  di  movimento,  o  di  energie 
fìsiche  (calore,  elettricità,  luce).  -  Forza,  tutto  ciò 
che  è  capace  di  modificare  lo  stato  di  riposo  o  di 
movimento  di  un  corpo,  forza  chimica,  quella  per 
cui  le  molecole  formano  i  corpi.  Forza  di  coesione, 
che  unisce  le  molecole,  di  affinità,  di  combinazione, 
per  cui  le  molecole  di  natura  diversa  si  combinano; 
morta,  che  è  ammorzata  da  un  ostacolo.  Forza 
viva,  la  metà  del  prodotto  della  massa  di  un  corpo 
pel  quadrato  della  sua  velocità.  -  Fusione  acquea,  o 
acquosa,  la  liquefazione  di  certi  corpi  contenenti 
acqua  tra  le  loro  particelle.  I  sali,  in  genere,  allo 
stato  cristallino,  per  l' azione  del  calore,  danno  la  fu- 
sione acquea.  Fusione  ignea,  quella  per  forza  di 
calore  senz'intermezzo    di  liquido. 

Influenza  di  massa,  azione  per  la  quale  due  corpi 
si  scacciano  da  una  combinazione  mutuamente.  - 
Isomeria,  o  isomerismo,  la  proprietà  di  cui  sono  for- 
niti quei  corpi  composti  che  sono  identici  fra  loro 
per  natura  e  preparazione  degli  elementi,  ma  non 
pertanto  differiscono,  specialmente  nelle  loro  pro- 
prietà fisiche  e  chimiche  e  talora  fisiologiche,  - 
Miscibilitd,  proprietà  delle  sostanze  liquide  di 
unirsi  ad  altre  sostanze,  pure  liquide.  -  Ni- 
trificazione ,  operazione  con  la  quale  la  terra  e 
le  pietre  porose,  inzuppate  di  materie  a«imali,  s'ap- 
propriano spontaneamente,  o  col  tempo,  i  nitrati  di 
calce,  di  magnesia  e  di  potassa,  e  diventano  nitrose. 

Occlusione,  l'assorbimento  dei  gas  latto  dai  metalli. 
Ossidazione,  l'atto  della  combinazione,  per  via  diretta 
0  indiretta,  dell'ossigeno  con  un  corpo,  risultandone 
un  ossido  0  un  composto  più  ricco  di  ossigeno.  - 
Ossigenazione,   qualunque    dissoluzione  o   combina* 


(-.HlMiCA 


635 


zione  dell'ossigeno  con  un  altro  corpo,  vi  sia  o  no 
produzione  diretta  di  nuovi  corpi. 

Peso  molecolare  d'  un  corpo  dicesi  la  somma  dei 
pesi  degli  atomi  che   ne  costituiscono  la  molecola. 

-  Peso  specifico,  la  densità.  -  Porosità,  proprietà  della 
materia  per  la  quale  le  sue  molecole  non  sono  in 
assoluto  contatto,  ma  separate  da  intervalli  detti 
pori.  -  Propnetà  chimiche,  le  azioni  che  producono, 
per  combinazione  o  decomposizione,  corpi  nuovi, 
diversi  dalla  composizione  elementare  dei  costituenti, 
e  ciò  a  seconda  del  calore,  della  elettricità,  della 
luce,  della  pressione,  dello  stato  nascente,  AqW allo- 
tropia, che  sono  gli  stati  ditlerenti  che  presentano 
i  corpi  semplici,  o  de\ì' isomer'ia  o  stati  dillerenti  dei 
corpi  composti.  -  Proprietà  fìsiche,  quelle  proprietà 
che  maggiormente  servono  a  far  caratterizzare  i 
corpi:  cosi  lo  stato,  se  solido,  liquido  o  gasoso;  il 
colore,  l'odore,  il  sapore,  lo  splendore,  la  traspa- 
renza ossia  la  proprietà  che  hanno  i  corpi  di  la- 
sciarsi attraversare  dalla  luce;  la  malleabilità,  quella 
di  lasciarsi  ridurre  in  lamina,  la  duttilità,  quella 
di  lasciarsi  ridurre  in  fili;  la  tenacità,  cioè  la  resi- 
stenza; la  durezza,  la  conducibilità  del  calore  e 
dell'elettricità,  la  densità  o  peso  specifico,  la  dilata- 
bilità, proprietà  di  aumentare  o  diminuire,  di  vo- 
lume, la  cristallizzazióne. 

Punto  critico,  la  temperatura  in  cui  un  liquido  e 
il  suo  vapore  saturato  hanno  la  medesima  densità. 

-  Punto  di  saturazione,  quel  limite  oltre  il  quale  un 
liquido  ricusa  di  sciogliere  una  dose  ulteriore  del 
corpo  che  tiene  in  soluzione.  -  Piitt'efazione, 
decomposizione  profonda  ;  accompagnata  da  uno  svi- 
luppo di  prodotti  volatili,  che  subiscono  le  sostanze 
animali  e  vegetali  sotto  l'influenza  di  microbi  pato- 
geni. 

Quantivalenza,  i  differenti  poteri  di  combinazione 
delie  varie  molecole;  la  capacità  di  saturazione  fi- 
nale dei  riidicali  semplici  o  composti. 

Reazione,  fenomeno  che  avviene  quando  due  so- 
stanze chimiche  si  uniscono  per  dare  luogo  a  un 
composto,  oppure  quando  due  corpi  composti,  o  un 
individuo  chimico  e  un  corpo  composto  agiscono  tra 
loro.  -  Saponificazione,  lo  sdoppiamento  dei  grassi,  cioè 
la  trasformazione  di  queste  sostanze  in  glicerina  e 
in  acidi  grassi,  allo  scopo  di  avere  liberi  questi  ultimi, 
o  di  averli  combinati  con  le  basi  salificabili  minerali, 
sotto  forma  di  saponi.  -  Saturazione,  il  punto  in  cui, 
mantenendo  immutata  la  temperatura,  un  liquido 
non  discioglie  più  alcuna  quantità  di  un  altro  corpo 
che  da  esso  sia  solubile.  Anche,  là  capacità  di  combi- 
nazione di  un  acido  rispetto  alle  basi;  e  la  valenza 
chimica  dei  radicali.  -  Sedimento,  residuo  che  si 
ottiene  dalla  precipitazione  di  un  dato  corpo  per 
mezzo  di  una  reazione  chimica. 

Solubilità,  proprietà  per  cui  certi  corpi,  solidi,  li- 
quidi 0  gasosi  possono  perdere  le  loro  proprietà 
chimiche,  liquefarsi  nell'acqua  o  in  altro  veicolo 
0  dissolvente  e  incorporarvisi.  -  Soprassaturazione, 
il  fenomeno  che  presenta  eccezionalmente  un  sol- 
vente capace  di  tener  disciolto  un  corpo  in  una  quantità 
superiore  a  quella  che  sarebbe  consentita  dalla  tem- 
peratura in  cui  si  trova.  -  Sostituzione  semplice,  o 
semplice  scambio,  o  spostamento,  il  fatto  chimico  nel 
quale  un  elemento  entra  a  far  parte  d'un  composto, 
surrogando  in  esso  un  altro  elemento  di  affinità  più 
debole. 

Valenza,  proprietà  fondamentale  degli  atomi,  con- 
sistente nell'attitudine  loro  ad  unirsi  con  un  atomo 
di  idrogeno.  Un  corpo  è  monovalente,  bivalente,  ecc., 
a  seconda  che  nelle  combinazioni  può  sostituire  o 


unirsi  a  uno,  due,  ecc.  atomi  di  idrogeno.  -  Vapo- 
rizzazione, conversione  di  un  solido  o  ai  un  liquide 
in  vapore  o  in  gas,  con  o  senza  applicazione  del 
calore. 

Continua  la  terminologia  chimica. 

Analisi,  scomposizione  d'un  tutto  nelle  su  ' 
parti,  nei  suoi  elementi,  per  studiarli  partitamente 
-  Anasterhiosi,  disunione,  separazione;  decomposi- 
zione chimica  di  un  corpo  nei  suoi  elementi.  -  Ato- 
mistica ^forj'a,  quella  che  tratta  delle  proporzioni  degli 
atomi  nei  corpi  semplici  e  in  quelli  formati  dalk' 
loro  aggregazioni. 

Baseolni/ia,  trattato  intorno  alle  basi;  filosofia, 
dottrina  fondamentale.  -  Ebulliometria,  quel  sistema 
col  quale  si  stabilisce  la  quantità  di  alcool  etilico 
esistente  in  un  liquido  acquoso,  notando  il  grado 
di  temperatura  a  cui  bolle.  -  Elettrolisi,  la  decom- 
posizione di  un  corpo  operata  con  la  corrente  elet- 
trica. -  Equazioni  chimiche,  quelle  che  indicano  i 
corpi  che  insieme  agiscono,  mettendo  in  evidenza 
quali  e  quanti  sono  i  prodotti  dell'azione  chimica; 
fanno  conoscere  quali  cambiamenti  avvengono  nei 
corpi  agenti,  dimostrando  anche  quali  sono  le 
quantità  dei  corpi  che  si  devono  adoperare  per  a- 
vere  un  determinato  risultamento. 

tatti,  ipotesi,  teorie,  segni  di  progresso  della  chi- 
mica, che  è  scienza  speculativa,  e  sperimentale.  Tali 
la  teoria  del  flogisto  di  Ithahl,  i  fatti  sperimen- 
tali del  Lavoisier,  la  dottrina  elettro-chimica  di  Davy, 
le  ipotesi  degli  atomi  di  Dalton,  la  teoria  dei  tipi 
del  Serhardt,  le  ipotesi  del  Kekulè,  del  Koerner,  ecc. 
Fornitila  razionale,  quella  che  esprime  realmente 
i  componenti  di  un  dato  composto.  -  Foì^mule 
chimiche,  l'unione  delle  espressioni  simboliche  de- 
gli elementi,  o  atomi,  che  formano  un  corpo  com- 
posto. -  Formule  brute,  quelle  che  hanno  per  iscopo 
di  rappresentare  la  composizione  qualificativa  e 
quantitativa  dei  corpi,  indipendentemente  da  qual- 
siasi ipotesi  e  senza  riguardo  alcuno  alla  disposi- 
zione e  all'aggruppamento  degli  atomi  nelle  molecole. 
Formule  razionali,  quelle  nelle  quali  i  simboli 
vengono  disposti  o  architettati  per  modo,  da  faci 
litare  la  interpretazione  di  un  certo  numero  di 
metamorfosi  e  la  cognizione  della  chimica  costitu- 
zione dei  corpi  da  esse  rappresentati.  -  Formule  di 
struttura  o  di  costituzione,  quelle  che  hanno  per 
iscopo  di  dimostrare  il  modo  col  quale  gli  atomi, 
che  compongono  le  molecole,  sono  collegati  fra 
loro  per  iscambio  di  valenze. 

Lavoro,  lavoro  di  una  forza,  il  prodotto  della  forza 
per  il  cammino  per  corso.  -  Legge  dell'isomorfismo: 
i  corpi  composti  d'un  egual  numero  di  atomi,  di- 
sposti nella  medesima  maniera,  cristallizzano  sotto 
forme  identiche,  o  pressoché  identiche.  -  Leggi 
che  governano  l' affinità  chimica,  dette  anche  le 
basi  incrollabili  della  chimica  :  la  legge  della  con- 
servazione della  materia,  detta  legge  dei  pesi  e  di 
Lavoisier  ;  quella  delle  proporzioni  definite  (di 
Proust)  ;  la  legge  di  Wenzel  e  di  Richter,  o  legge 
dei  numeri  proporzionali;  la  legge  delle  proporzioni 
multiple,  0  legge  di  Dalton,  e  quella  di  Gay-Lussac, 
0  delle  combinazioni    in  volume  dei  corpi  gassosi. 

Ossimetria,  processo  per  dosare  i  volumi,  mercè 
la  saturazione  delle  basi  cogli  acidi.  -  Processo,  ter- 
mine chimico,  serie  d' operazioni  necessarie  per 
ottenere  un  prodotto. 

Saggi,  assaggi,  in  chimica,  tutte  le  operazioni  che 
hanno  per  oggetto  di  riconoscere   se   in   certe  ma- 


53t) 


CHIMICA 


terie,  naturali  o  artificiali,  si  contenga  un  dato 
corpo;  ovvero,  se  una  data  sostanza  si  trovi  nelle 
condizioni  di  purezza,  di  forza  ecc.,  che  si  richie- 
dono perché  possa  utilmente  servire  agli  usi  cui 
viene  destinata.  -  Trattamento,  operazione  chimica 
in  genere  per  conseguire  un  dato  effetto.  •  Via 
umida,  processo  chimico  col  quale,  per  la  soluzione 
e  separazione  od  analisi  delle  materie,  si  adoperano 
liquidi  alla  temperatura  ordinaria  ed  a  quella  di 
ebollizione  degli  stessi  liquidi,  mentre  per  via  secca 
si  adoperano  generalmente  sostanze  solide,  che  ven- 
gono portale  ad  alte  temperature. 


Angora  la  terminologia 

Agenti  chimici,  quelle  sostanze  che  si  adoperano 
per  le  operazioni  chimiche.  -  Allo  stato  nascente 
dicesi  un  corpo  nel  momento  in  cui  si  distacca 
da  una  delle  sue  combinazioni.  -  Amalgama,  unione 
0  lega  del  mercurio  con  un  metallo. 

Neutro,  dicesi  un  corpo  che  non  sia  né  acido,  né 
basico.  -  Anidridi,  generalmente,  le  combinazioni 
di  un  metalloide  coll'ossigeno.  -  Argento  vivo,  il 
mercurio.  -  Artificiali,  d'alcuni  prodotti  ottenuti 
per  arte  e  simili  ai  naturali.  -  Astersivo,  dicesi  di 
quei  liquidi  che  hanno  facoltà  corrosiva  e  che  si 
usano  per  pulire  le  superficie  dei  corpi  ossidati. 

Atmosfera,  in  chimica,  quel  qualsiasi  fluido 
elastico,  gas  o  vapore,  che  involge  un  determinato 
corpo,  esercitando  su  di  esso  una  pressione;  così  si 
dirà  che  un  corpo  si  trova  in  un'atmosfera  d'azoto, 
ecc.  -  Aurifero,  nome  che  si  dà  a  tutti  quei  com- 
posti che  contengono  oro  in  combinazione  o  in 
mescolanza  ìntima. 

Basico:  dicesi  di  un  corpo  qualunque  che  pre- 
senti i  caratteri  di  una  base.  -  Bialomico,  un  corpo 
che,  avendo  la  medesima  composizione  di  un  altro, 
contiene  un  numero  doppio  di  atomi.  -  Biossido,  in 
generale,  é  la  combinazione  di  un  elemento  con  due 
atomi  di  ossigeno.  -  Bisolfato,  nome  generico  di 
quei  solfati  che  contengono  il  doppio  di  acido  sol- 
forico di  quello  che  sarebbe  necessario  alla  satu- 
razione della  base.  -  Bivalente:  dicesi  dei  corpi 
semplici  i  cui  singoli  atomi  corrispondono  a  due 
atomi  di  idrogeno  e  quindi,  per  combinarsi,  richie- 
dono la  suturazione  a  mezzo  di  due  atomi  monovor 
lenti. 

Caput  mortuum,  termine  per  indicare  ogni  re- 
siduo solido  non  volatile. 

Caustico,  sostanza  che  altera  i  tessuti  animali. 
Caustici  polenziali,  quelli  che  hanno  virtù  di  con- 
sumare i  tessuti.  -  Concreto,  termine  chimico  ap- 
plicato alla  parola  sostanza,  per  indicare  le  ma- 
terie solide,  specialmente  quelle  che,  sciolte  in  un 
liquido,  separandosene,  ripigliano  la  solidità. 

Detritus,  residui  d'una  sostanza  o  di  un  corpo 
distrutto  e  ridotto  in  frammenti  per  processo  di 
disorganizzazione  o  di  necrobiosi,  o  per  effetto  di 
reazioni  chimiche. 

Dissolvente,  il  corpo  che  discioglie  o  assimila  uno 
0  più  altri  corpi:  l'acqua  è  il  dissolvente  tipico. 

Escretore,  o  escrelorio,  dicesi  di  certi  vasi  o  reci- 
pienti coi  quali  si  estrae  o  si  separa  una  materia 
da  un'altra.  -  Etere  imponderabile:  è  considerata 
come  tale,  oggidì,  la  sostanza  esistente  fra  gli  inter- 
spazi degli  atomi  e  delle  molecole  dèi  corpi,  a 
spiegazione  della  trasmissione  delle  varie  forme  di 
energia  (luminosa,   elettrica,  ecc.).   Fra    Yetere  im- 


ponderabile e  il  corpo  più  leggero  (idrogeno)  ora- 
mai si  ammette  che  esista  un  altro  stato  di  materia 
ponderabile. 

Fiore  :  dicesi  delle  sostanze  polverizzate,  e  spe- 
cialmente dei  sublimati.  -  Fondenti,  sostanze  che 
si  mescolano  ai  minerali  o  ai  prodotti  metallurgici, 
dai  quali  si  vuol  separare  il  metallo  per  fusione.  Si 
distinguono  in  fondenti  per  la  torrefazione  e  in 
fondenti  per  la  fusione.  -  Insolubile,  che  non  si  può 
sciogliere  nell'acqua  od  in  altri  solventi  liquidi.  • 
Isomeri,  i  composti  di  natura  diversa,  quantun- 
que siano  combinazioni  degli  stessi  elementi  nelle 
stesse  proporzioni.  -  Lega,  sostanza  risultante  dall'u- 
nione di  due  0  più  metalli,  ottenuta  per  fusione. 

Monoatomico,  costituito  di  un  solo  atomo;  di  corpi 
che  si  combinano  con  un  solo  equivalente.  -  Mo- 
nobasico, che  equivale  ad  una  base  monovalente.  - 
Neutrale,  d'un  corpo  che  non  ha  i  caratteri  degli 
acidi,  né  degli  alcali. 

Oleastro,  nome  generico  dato  ai  sali  risultanti 
dalla  combinazione  dell'acido  oleico  con  le  basi  sali- 
ficabili. -  Oleici,  d'acidi  di  corpi  grassi,  -  Omologo, 
di  corpi  che  compiono  analoghe  funzioni,  e  tras- 
formazioni. 

Pirocarbonato,  termine  usato  sopratutto  in  foto- 
grafia e  precisamente  quando  si  adopera  il  carbo- 
nato di  sodio  e  l'acido  pirogallico.  -  Poliatomico, 
con  radicali  a  più  atomi  o  equivalenti  d'un  corpo.  - 
Precipitato,  deposito  ottenuto,  quando  per  l'azione 
di  un  corpo  sopra  una  soluzione,  se  ne  separa  una 
sostanza  solida,  che  occupa  il  fondo  del  vaso. 

Badicale:  dicesi  ogni  atomo,  oppure  ogni  gruppo 
di  atomi,  capace  di  trasportarsi  da  una  in  altra 
combinazione,  senza  perdere  la  propria  individua- 
lità. Un  radicale  è  semplice  se  formato  da  un  solo 
atomo  ;  è  composto  se  costituito  di  un  gruppo  di 
atomi  I  radicali  composti  hanno,  in  generale,  la 
desinenza  in  ile,  come  solforile,  idrossile,  fosforile, 
ecc.  -  Reagenti  o  reattivi,  i  corpi  che  si  usano  nel- 
l'analisi chimica  per  caratterizzare  altri  corpi:  veg- 
gasi  a  reagente.  -  Refrattario,  di  corpo  che  resiste 
all'azione  chimica.  -  Riduttori,  i  corpi  che  diminui- 
scono in  un  composto  la  proporzione  dell'ossigeno. 
-  Ródenti,  le  sostanze  chimiche  usate,  specialmente 
nelle  tintorie,  per  distruggere  i  mordenti  e  prepa- 
rare altre  tinte. 

Solvente,  o  veicolo,  il  liquido  nel  quale  una  so- 
stanza si  scioglie.  Vari  possono  essere  i  solventi: 
Vacqua  che  è  il  solvente  più  comune  e  generale; 
Yalcool,  Yetere,  il  solfuro  di  carbonio,  il  cloro- 
formio, il  benzolo,  Yetere  acetico,  Yalcool  amilico, 
Yetere  di  petrolio,  la  glicerina,  le  essenze,  gli  olii 
grassi,  Yacido  acetico,  Yacetone,  ecc.  -  Spirito,  la 
parte  più  sottile  e  ignea  di  tutti  gli  enti,  il  liquore 
più  igneo  che  si  trae  dalle  cose  per  distillazione  o 
in  altra  guisa.  -  Soluzioni  titolate,  quelle  che  conten- 
gono una  quantità  nota  di  sostanze  reattive.  A 
seconda  della  quantità  di  sostanza  reattiva  che 
contengono,  si  dividono  in  empiriche  e  normali. 

(/Httono,  opposto  alla  teoria  dualistica.  -  Fo/a<t7e  : 
dicesi  dei  corpi  che  si  possono  ridurre  in  gas  o 
in  vapore. 

Attaccare  :  dicesi  dell'azione  corrosiva  che  eser- 
citano certi  corpi  sopra  altri.  -  Bruciare,  l'azione 
di  alcune  sostanze  sopra  altre.  -  Combinarsi,  l'in- 
tima unione  di  due  o  più  corpi  eterogenei.  - 
Costituire  t  corpi,  concorrere  a  formarli  per  mezzo 
delle  molecole  affini.  -  Crepitare,  scoppiettare,  lo 
scoppiettare  che  fanno  i  sali  esposti  al  fuoco.  • 
Cristallizzare,  d'ogni  corpo  che,  passando  allo  stata 


o37 


solido,  piglia  forme  di  cristalli.  -  Ossidare,  passare 
allo  stato  di  ossido,  -  Saturare,  saturarsi,  di- 
ventar saturo. 

Notazione  chimica,  abbreviature  per  rappresentare 
i  corpi  composti.  -  Simboli  chimici  :  sono  72,  quanti 
i  corpi  indecomposti  sufficientemente  studiati  e  ben 
conosciuti.  I  simboli  son  tratti,  per  lo  più,  dai  latino 
e  composti,  per  la  massima  parte  dei  corpi,  di  due 
lettere,  di  cui  l'una,  maiuscola,  è  l'iniziale  del  no- 
me medesimo  dell'elemento,  mentre  la  seconda, 
minuscola,  é  destinata  ad  evitare  le  anfibologie  e  a 
distinguere  i  corpi  rappresentati  con  delle  parole 
che  cominciano  con  le  medesime  lettere.  P.  e:  al- 
luminio (Alluminium)  Al;  sodio  (Natrum)  Na;  zinco 
(Zincum)  Zìi. 

Bi,  in  chimica,  abbreviazione  usata  per  indicare 
il  corpo  semplice  bismuto.  -  Ica,  desinenza,  in  chi- 
mica, che  indica  il  maggior  grado  di  ossidazione  di 
un  acido  ossigenato.  -  Ipo,  prefisso  che  significa 
sotto,  usato  dai  chimici  a  indicare  che  un  àcido  cor- 
risponde a  un  grado  inferiore  d'ossidazione  del  pre- 
cedente: acido  iposolforoso,  che  ha  meno  ossigeno  del 
solforoso.  -  Oso,  desinenza  che  in  chimica  indica  i 
gradi  inferiori  d'ossidazione   degli  acidi  ossigenati. 

Ossi,  prefisso  che  si  pone  innanzi  al  nome  par- 
ticolare di  ciascun  acido  e  di  ogni  sale  che  da 
questo  risulta.  -  Para,  parola  che  si  premette  a 
molti  composti  della  serie  aromatica  per  indicare 
il  posto  dei  relativi  gruppi.  -  Per,  accrescitivo  la- 
tino, col  quale  cominciano  molti  nomi  di  chimica, 
come  perossido,  persolfuro,  ecc.,  e  indica  combina- 
zioni contenenti  la  proporzione  più  elevata  di  os- 
sigeno, di  solfo,  ecc.  -  Proto,  particella  che  si  pre- 
mette alla  denominazione  del  primo  composto  de- 
finito di  due  elementi  :  protossido,  protocloniro,  ecc. 

Nomenclatura  chimica. 

In  generale,  la  nomenclatura  chimica  è  l'insieme 
delle  parole  che  servono  a  designare  le  sostanze  chi- 
miche, semplici  0  composte.  Si  hanno  corpi  elemen- 
tari e  corpi  composti,  e  ciascuno  di  questi  ultimi 
porta  un  nome  generico  e  un  nome  specifico.  Si 
hanno  metalli  e  metalloidi;  leghe  e  amalgame;  ani- 
dridi o  acidi  anidri  (prodotto  della  combinazione 
di  un  metalloide,  ossia  di  un  corpo  elettro-negativo 
con  l'ossigeno);  ossidi  metallici,  od  ossidi  basici,  le 
combinazioni  dei  metalli,  ossia  dei  corpi  elettro- 
positivi, con  l'ossigeno,  detti  anche  semplicemente 
basi.  Ossiacidi,  o  idratiacidi,  o  idrossidi  acidi  :  sono 
il  prodotto  dell'azione  chimica  che  avviene  fra 
un'anidride  e  l'acqua  ;  idracidi  e  acidi  in  generale: 
acidi  sono  le  combinazioni  contenenti  idrogeno, 
che  può  essere  in  parte  o  in  totalità  sostituito  da 
dei  metalli  ;  idracidi  diconsi  tutti  gli  acidi  che 
sono  privi  di  ossigeno,  a  differenza  di  quelli  che 
ne  contengono  e  che  chiamansi,  come  sopra  fu 
detto,  ossiacidi.  La  regola  di  nomenclatura  per  gli 
idracidi  è  quella  di  far  seguire  al  nome  dell'ele- 
mento elettro-negativo  la  particella  o  desinenza 
idrico  (acido  cloridrico,  solfidrico,  bromidrico,  io- 
didrico,  ecc.).  Un  acido  è  monobasico,  bibasico,  tri- 
basico, secondo  che  contiene  uno,  oppure  due  otre  ato- 
mi d'idrogeno,  facilmente  sostituibili  con  dei  me- 
talli. -  Il  nome  di  residuo  alogenico  (che  vuol  dire 
generatore  di  sali)  si  dà  all'atomo,  o  al  gruppo  di 
atomi  che  sono  combinati  all'  idrogeno  basico  di 
un  acido  degli  alogeni:  è  cioè  la  molecola  di  un 
acido,  meno  l'idrogeno  basico.  Gli  idrossidi,  o  idrati 
basici^  risultano  dall'azione  chimica  che  ha   luogo 


fra  un  ossido  metallico  e  l'acqua.  Prendono  an- 
ch'essi il  nome  di  basi.  In  luogo  d'idrati,  oggi,  però, 
si  chiamano,  di  preferenza,  idrossidi  metallici  o 
idrossidi  basici. 

Funzione  acida  ha  un  corpo  quando  l'idrossile 
é  unito  ad  un  radicale  elettro-nei^'utivo;  ha  funzio- 
ne basica  tutte  le  volte  che  l'idrossile  è  unito  ad 
un  elemento  elettro-positivo.  Le  basi  idrate  si  divi- 
dono in  monoacide,  biacide,  triacide,  ecc.  -  Sali  ot- 
sigenati,  od  ossisali,  sono  quei  prodotti  che  si  otten- 
gono, per  lo  più,  facendo  agire  gli  ossiacidi  con  le 
basi.  -  Sali  acidi,  quelli  che  derivano  dagli  acidi 
in  cui  l'idrogeno  basico  è  stalo  sostituito  solo  in 
parte  da  una  quantità  equivalente  di  metallo.  -  Sali 
neutri,  quelli  in  cui  l'idrogeno  solificabile  o  basico 
dell'acido,  da  cui  deriva,  è  stato  completamente 
sostituito  da  un  metallo.  Si  hanno  poi:  sali  basici, 
doppi,  misti,  non  ossigenati,  solfoacidi  e  solfosalì. 

Nomenclatura  dei  corpi. 

Per  i  corpi  organici  non  si  ha  regola  di  sorta.  I 
nomi  della  maggior  parte  di  detti  corpi,  noti  come 
composti  del  carbonio,  sono  formati  in  modo  affatto 
arbitrario.  Composti  grassi,  o  della  serie  grassa, 
quelli  che  possono  essere  derivati  dal  metano, 
che  è  il  carburo  fondamentale  di  questa  serie.  Com- 
posti aromatici,  o  della  serie  aromatica,  quelli  che 
derivano  dal  benzolo,  o  carburo  fondamentale  di 
questa  serie.  -  Idrocarburi  diconsi  i  carburi  d'i- 
drogeno, 0  idrocarburi  dei  corpi  neutri,  formati 
solamente  di  carbonio  e  d'idrogeno.  -  Alcoli,  alcooli, 
composti  ternari,  neutri  anch'essi,  che  derivano  per 
sostituzione  d'uno  o  più  ossidrili  a  uno  o  più  atomi 
di  idrogeno  negli  idrocarburi.  -  Glicoli,  gli  alcoli 
bivalenti,  il  cui  primo  termine  venne  da  Wurtz  chia- 
mato glicole.  -  Vengono  poi  i  carbinoli,  i  corpi 
omologhi,  con  serie  omologhe,  e  il  cui  studio  chia- 
masi omologia;  i  fenoli,  gli  alfenoli,  gli  acidi  fe- 
noli; gli  eteri,  che  sono  di  due  ordini:  gli  eteri 
propriamente  delti  e  gli  eteri  misti;  gli  eteri  imi- 
dati  o  imidoeteri,  i  mercaptani,  detti  anche  alcoli 
solforati;  i  glucosidi,  sostanze  che  si  rinvengono 
nei  vegetabili  e  che  godono  della  comune  proprietà 
di  sdoppiarsi,  sotto  l'influenza  dei  fermenti,  degli 
acidi  allungati  o  degli  alcali,  in  glticosìo  e  in 
altri  composti.  Fra  i  più  importanti,  annoveransi  : 
Vamigdalina,  l'acido  mironico,  la  salicina  e  Var- 
burina.  -  Le  aldeidi  non  sono  che  alcooli  deidro- 
genati. -  Gli  acetoni,  o  chetoni,  sono  aldeidi  degli 
alcooli  secondari,  -  Vengono  poi  i  chinoni,  gli  acidi 
organici  {solfonici  e  fé» olsol fonici),  le  anidridi,  le 
ammine  o  ammoniache  composte,  gli  amidi,  gli  alca- 
lamidi,  gli  anilidi,  gli  imidi,  gli  acido-amidi  ed 
amido  acidi,  i  nitrili,  le  carbiltammine  o  isonitrili, 
le  amidine,  le  imine;  i  composti  nitrati,  i  nitrosati 
0  nitroso-composti,  i  composti  azoici  e  diazoici,  le 
ossime,  le  idrazine  gli  idrazoni,  ossazoni,  e  di-idra- 
zoni,  le  idrazoine,  le  basi  piridiche  o  chmoliche;  le 
pirazine,  le  pirimidine  e  piridazine;  le  chinoline  e 
chtnossaline;  pirazolo  e  gliossalina,  pirazoline,  pira- 
zoloni ;  le  azine ;  i  composti  organometallici;  gli 
alcaloidi  vegetabili;  le  ptomaine  e  leucomaine,  gli 
albuminoidi,  ecc. 

Coefficiente  di  solubilità,  la  quantità  di  una  so- 
luzione satura  che  100  parti  di  solvente  possono 
sciogliere.  -  Satura  dicesi  una  soluzione  quando 
contiene  tutta  la  quantità  di  sostanza  di  cui  è  ca- 
pace. La  quantità  di  questa,  che  100  parti  di  sol- 
vente possono  sciogliere,  si  indica,  per  lo  più,  col  nome 


538 


di  coefficente  di  solubilità.  Si  hanno  soluzioni  sature 
a  freddo  e  altre  sature  a  caldo  a  diverse  tempe- 
rature. -  Soprasature,  quelle  soluzioni  sature  a  caldo 
che,  raifreddate,  non  lasciano  separare  il  soprap- 
più  di  composto  che  tenevano  sciolto,  in  ragione 
della  maggiore  temperatura. 

Laboratorio  chimico. 

Utensili,  apparecchi,  strumenti,  ecc. 

Laboratorio  chimico.  Luogo  dove  si  fanno  prepa- 
razioni chimiche  e  farmaceutiche  od,  in  genere, 
esperimenti  scientifici.  Appoggiata  ad  una  delle 
pareti  deve  trovarsi  una  cappa,  chiusa  a  vetri,  con 
porta  pure  a  vetri,  che  si  possa  aprire  dal  basso 
in  alto  e  viceversa.  11  piano  e  la  parete  costituita 
dal  muro  debbono  essere  rivestiti  di  mattonelle 
porcellanate.  Nel  punto  ove  la  cappa  sbocca  nel 
camino  devono  trovarsi  alcuni  becchi  a  gas  per 
attivare  meglio  l'aspirazione.  Agli  angoli  del  piano 
della  cappa  debbono  trovarsi  prese  di  gas,  da  met- 
tere in  comunicazione  al  momento  del  bisogno,  con 
fornelli  a  gas,  lampade  Bunsen,  ecc.  La  cappa  ser- 
ve per  le  evaporazioni  ogniqualvolta  si  debbono 
sviluppare  vapori  o  gas,  che,  inalati,  possono  nuo- 
eere  alla  salute.  Nell'interno  della  cappa  van  tenuti 
sempre  pronti  dei  supporti  circolari  di  diverse  al- 
tezze, con  le  rispettive  reti  metalliche  destinate  a 
sostenere  i  recipienti  {bagnimaria,  capsule,  ecc.), 
nei  quali  si  voglia  eseguire  evaporazioni  o  scaldare, 
per  qualche  motivo.  Nel  mezzo  della  stanza  è,  o 
deve  trovarsi,  il  tavolo  da  lavoro,  ricoperto  di  mat- 
tonelle porcellanate.  Un  sistema  di  tubazione  deve 
condurre  l'aqua  e  il  gas  alle  diverse  prese  munite 
di  rubinetto.  Sul  banco  devono  trovarsi  disposti 
con  ordine:  tubi  d'assaggio  di  diverse  dimensioni, 
col  relativo  supporto;  recipienti  adatti  per  contenere 
le  pipette,  i  bastoncini  di  vetro,  ecc.  Sul  tavolo, 
la  bottiglia  a  getto,  o  spuzzeita,  ripiena  di  acqua  di- 
stillata, e  alcune  bottiglie  di  cristallo  a  doppio 
tappo,  contenenti  i  solventi  diversi  dall'acqua,  che 
si  usano  più  di  frequente  nelle  analisi,  come  Val- 
cool,  Vetere,  il  cloroformio,  il  solfuro  di  carbonio  e 
r  alcool  amilico.  In  altro  recipiente  di  vetro  si 
dovranno  mettere  alcune  spatole  di  porcellana,  al- 
cuni cucchiai  d'osso  e  metallici  e  alcuni  sostegni  di 
tubi  d'assaggio. 

In  uno  scaffale  i  preparati  chimici,  che  servono 
alla  preparazione  delle  soluzioni  reattive  o  che,  in 
qualunque  modo,  si  adoperano  nelle  analisi.  Nei 
cassetti  di  questo  scalì'ale:  i  diversi  tappi  di  su- 
ghero,  di  gomma  elastica,  di  carta  da  filtro,  ecc., 
ecc.  In  altro  armadio,  gli  strumenti  necessari: 
capsule  di  porcellana,  di  platino,  di  vetro,  bicchieri 
a  calice,  cilindri,  vasi  a  precipitato,  cristallizzatori, 
imbuti,  lenti  assortite  d'orologio,  tubi  a  bolle,  termo- 
metri, matracci,  palloni,  storte,  boccie  alla  Woulfe, 
burette  e  pipette  graduate,  sifoni,  palloncini  graduati, 
tubi  ad  U,  campanelle,  alcune  delle  quali  graduate; 
bagno  o  vaschetta  a  mercurio,  tubi  diritti  o  piegati 
ad  angolo  retto  o  a  doppia  squadra,  tubi  di  sicu- 
rezza; picnometri,  areometri,  mortai  di  vetro  e  di 
porcellana,  crogiuolo  di  platino  con  coperchio,  cap- 
sula, spatola  e  filo  di  platino,  crogiuolo  e  capsula 
d'argento,  laminelta  d'oro,  alcuni  elementi  Bunsen  ; 
ii  cannello  ferruminatorio,  sostegni  per  imbuti,  so- 
stegni di  ferro  con  anelli  e  morsetla  per  sostenere; 
apparecchi  diversi,  pinze  di  ferro,  per  crogiuoli  e 
capsule  ;  una  pinza   con  estremità    di    platino,    un 


estrattore  completo  di  Soxhlet,  un  apparecchio  a 
spostamento  Robiquel,  un  apparecchio  digestore  del 
Payen;  imbuti  con  rubinetti,  imbuti  a  tappo  smeri- 
gliato e  con  rubinetto,  refrigeranti  di  Liebig,  refri- 
geranti a  serpentino,  boccia  fiorentina,  palloncini 
per  distillazione  frazionata,  tubi  rettificatori  di  Ze 
Bell-Menningen  ;  l'apparato  Geiffler  pel  dosamento 
dell'acido  carbonico,  lampade  a  gas  modello  Bun- 
sen, fornello  a  muffola,  fornello  per  analisi  elemen- 
tare, storta  di  ferro  per  la  preparazione  dell'ossigeno, 
relativo  gasometro  e  sacchi  di  gomma  elastica  e 
altri  strumenti,  che  sono  direttamente  usati  nelle 
analisi  o  che  servono  alla  costruzione  di  apparecchi. 

Altri  apparecchi  e  strumenti  servono  per  ricer- 
che speciali,  apparecchi  e  strumenti  che  vanno 
ogni  giorno  più  aumentando.  Ad  esempio:  l'appa- 
recchio evaporatore  del  Fran  Kand,  per  V  esame 
dell'acqua;  quello  di  Schelbach,  per  determinare  l'a- 
cido nitrico  col  metodo  di  Schullze;  la  storta  di 
Wan-Ulyn  pel  dosaggio  dell'azoto  ammoniacale  e 
dell'azoto  organico;  Vidrotimetro  di  Boutron  e  Bon- 
det,  per  i  saggi  dei  vini  e  dei  liquori  ;  l'alambicco 
Salleron,  gli  alcoolometri  di  Gay-Lussac  e  di  Cartier, 
il  liquometro  alcoolimetrico  di  Uusculus,  V  ebullio- 
metro di  Benevolo,  V enobarometro  di  Houdart,  Vap- 
parecchio  Róse-Herzfeld  per  determinare  i  fuselòls 
nei  vini;  per  l'esame  di  farine  e  fecole,  Valeurome- 
tro  di  Boland,  l'apprezzatore  di  Bobine,  il  feculome- 
Irò  di  Bloch;  per  l'esame  del  latte  e  degli  olì,  il 
cremometro  di  Chevallier,  il  lattodensimetro  di  Que- 
venne,  il  lattobultirometro  di  Marchand;  l'apparecchio 
di  Rose  e  Molinari  per  la  determinazione  del  gras- 
so nel  latte,  l'oleometro  di  Fischer,  per  le  analisi 
zoochimiche  e  tossicologiche,  1'  ureometro  D'Esbach 
e  quello  di  Hiifner.V  albuminometro  di  Esbach,  il 
dializzatore  di  Graham,  ecc.  Figura,  inoltre,  nel  la- 
boratorio, una  stufa  di  Wiesnegg,  con  termoregolatore, 
sistema  Reichert.  Altri  armadietti  dovranno  conte- 
nere i  reagenti,  in  bottigliette  di  vetro  giallo,  e  un 
altro  ancora  servirà  per  tenervi  gli  strumenti  che 
occorrono  per  montare  apparecchi,  come  lime  assor- 
tite, foratappi,  schiacciatappi,  coltelli,  martelli,  tana- 
glie, lime,  ecc.  Indispensabile  altresì  nel  laboratorio 
chimico  una  pompa  ad  acqua  coi  relativi  recipienti 
e  con  tubo  laterale  per  filtrare  a  pressione  ridotta 

Altra  stanza  annessa  al  laboratorio  deve  servire* 
da  studio,  da  piccola  biblinifca  e  per  tenervi  custo- 
diti alcuni  strumenti,  i  quali  non  potrebbero  tro- 
var posto  nel  laboratorio  propriamente  detto,  per 
l'estrema  loro  delicatezza,  quali  la  bilancia  di  pre- 
cisione e  relativi  pesi,  lo  spettroscopio,  il  baro- 
metro, il  microscopio,  ed  accessori,  il  saccari- 
metro, il  colorimetro  Houton-Labillardière.  Vi  dovrà 
essere  un  tavolo,  sul  quale  si  potranno  portare  al- 
cuni di  questi  strumenti,  quando  si  dovranno  a- 
doperare.  Il  microscopio  si  dovrà  tener  pronto 
sotto  campana  di  vetro,  sopra  una  mensola  vicino 
ad  una  finestra,  da  cui  riceva  la  necessaria  luce. 
Il  laboratorio  dovrà  trovarsi  in  comunicazione  con 
un  cortile,  per  lo  scarico  delle  immondizie  e  anche 
per  operazioni  speciali  da  non  potersi  eseguire  in 
ambiente  chiuso. 

Laboratorio  di  saggio  —  Deve  essere  provvisto 
di  forni  di  coppellazione  a  carbone,  a  gas,  a  vento, 
Perrot,  di  rampa  a  gas  per  lo  spartimento  di  cop- 
pelle; di  stampi  di  bronzo  o  di  ottone  per  la  fab- 
bricazione delle  coppelle;  di  lingottiere  per  ridurre 
in  verghe  il  metallo  fuso;  di  crogiuoli  da  ricuocere, 
di  areometro  di  Beaumé,  di  laminatoio,   di  trapano 


CHIMICA 


:m 


verticale  per  forare  verghe,  ecc.  Aggiungansi:  tasti, 
scalpelli  d'acciaio  di  differenti  durezze,  forbici  da  me- 
tallo, grattabugie  (spazzolini  cilindrici  di  filo  di  ot- 
tone), staccasaggi,  per  rimuovere  i  bottoni  dalle  cop- 
f ielle  (specie  di  piccoli  cacciaviti).  Per  riempire  il 
orno  di  carbone,  rinnovare  questo,  e  per  maneg- 
giare coppelle  e  crogiuoli,  sono  necessari  ferri  di- 
ritti ed  a  paletta,  ferri  uncinati,  mollette  per  cop- 
pelle (lunghe  e  a  punta  sottile),  tanaglie,  ecc.  I 
forni  e  tutti  gli  altri  strumenti  richiesti  per  le  ope- 
razioni da  eseguirsi  a  fuoco  saranno  compresi,  e 
razionalmente  distribuiti,  in  un  unico  locale.  In  un 
locale  attiguo  al  primo  saranno  distribuiti  la  rampa 
(apparecchio  destinato  alia  esecuzione  dello  spar- 
timento  e  che  consiste  in  una  serie  di  lampade  a 
gas,  saldate  tutte  ad  un  tubo  adduttore  orizzontale), 
gli  apparecchi  per  i  saggi  dell'argento  per  via 
umida,  gli  apparecchi  per  le  operazioni  volume- 
triche ed  elettrolitiche;  la  cappa,  gli  armadi  dei 
reagenti  e  un  banco  conveniente.  In  un  terzo  lo- 
cale si  troveranno  le  bilancie  disposte  su  piani  di 
marmo  ben  orizzontali  e  illuminati.  Nei  laboratori 
di  saggio  si  procede  al  saggio  alla  pietra  di  para- 
gone delle  leghe  d'oro  e  d'argento,  con  pietre  di  pa- 
ragone, iocchini,  acidi  per  tocchini,  ecc;  al  saggio 
dell'argento  per  coppellazione;  al  saggio  dell'argento 
per  via  umida  ;  al  saggio  delle  leghe  d'oro  e  di 
rame,  dei  minerali  principali,  alla  verifica  delle 
monete  false,  distinguendo  le  contraffazioni,  le  mo- 
nete imbottite,  alterate,  tosate,  ecc. 

Apparecchi  e  strumenti  vari. 

Apparecchi,  l'insieme  dei  vasi  o  degli  utensili 
necessari  per  una  operazione  chimica.  -  Alcalimetro, 
strumento  per  misurare  la  bontà,  la  quantità,  la 
potenza  degli  alcali.  -  Allunga,  vaso  di  vetro, 
con  due  bocche,  usato  per  le  distillazioni.  -  Alcoo- 
lometri,  areometri  graduati  appositamente  per  le 
mescolanze  di  acqua  e  di  alcool,  e  i  gradi"  indi- 
cano il  percentuale  in  alcool  assoluto  in  quelle  me- 
scolanze. -  Autoclavi  apparecchi,  che  servono  per 
compiere  reazioni  sotto  pressione.  Sono  specie  di 
pentole  o  caldaie  con  coperchio,  che  può  solida- 
mente avvitarsi.  La  pentola  di  Papin  sarebbe  il  più 
antico  autoclave.  -  Azotometri,  apparecchi  che 
servono  a  raccogliere  e  a  misurare  l'azoto  che  si 
sviluppa  allo  stato  di  gas  nell'analisi  elementare 
delle  sostanze  organiche.  Il  primo  azotometro  ado- 
perato, e  ora  in  uso  in  tutti  i  laboratori  di  chi- 
mica, è  quello  proposto  da  Ugo  Schiff. 

Bagno^  vaso  nel  quale  sta  rena  o  altra  cosa  ro- 
vente per  uso  di  stillare  ;  apparecchio  di  laboratorio 
destinato  ad  ottenere  un  riscaldamento  uniforme. 
•  Bagnomaria,  vaso  ripieno  di  acqua  bollente,  in 
cui  si  mettono  altri  vasi  che  contengono  le  so- 
stanze da  riscaldare.  -  Bilancie:  per  analisi  quan- 
titative occorre  una  bilancia  della  portata  di  gr. 
200  e  sensibile  almeno  a  gr.  0,001,  la  quale,  quin- 
di, caricata  ed  equilibrata  con  gr.  200,  trabocchi 
per  aggiunta  di  gr.  0,001.  Per  quantità  inferiori  al 
milligrammo,  siccome,  per  l'estrema  loro  piccolezza, 
non  si  potrebbero  adoperare,  si  è  fatto  ricorso  ad 
un  metodo  speciale,  fondato  sull'uso  del  cosidetto 
cavaliere  -  Bilancia  di  Mohr  o  Wesiphal,  specie  di 
bilancia  idrostatica,  usata  per  la  determinazione 
della  densità  dei  corpi. 

Buretta,  tubo  di  vetro  provvisto  di  scala,  usato 
per  versare  un  liquido  gradatamente,  in  piccole  e 
determinate  quantità. 


Cannello  ferruminatorio,  o  dardifiamma,  strumento 
usato  per  saldare  i  metalli  e  per  smaltare;  in  chi- 
mica e  nella  mineralogia  adoperato  per  le  ricerche 
qualitative  dei  corpi  inorganici.  -  Colorimetri,  istru- 
menti  che  servono  a  misurare  l'intensità  di  colore 
dei  liquidi  o  delle  soluzioni  colorate,  come  estratti 
coloranti,  sostanze  tintorie,  vini,  birre,  liquidi  zuc- 
cherini, ecc.  -  Coppella,  coppa  porosa,  che  serve 
di  fondo,  ai  forni  per  estrarx-e  l'argento. 

Densimetri,  od  areometri,  strumenti  atti  a  de- 
terminare comodamente  e  rapidamente,  se  non 
esattissimamente,  la  densità  dei  liquidi.  Si  distin- 
guono in  densimetri  a  pesi  e  densimetri  a  scala,  i 
primi  ormai  poco  usati;  i  secondi  invece  molto  co- 
muni. Punto  d'affioramento,  quello  in  cui  il  liquido 
lambisce  l'asta  dell'areometro.  Il  densimetro  più 
semplice  è  quello  di  Brisson;  altro  molto  semplice 
é  il  volumenometro  di  Gay-Lussac;  il  più  comune 
è  l'areometro  di  Baumè.  Sonvi  inoltre  dei  densi- 
metri speciali,  costruiti  in  modo  che.  immersi  nella 
soluzione  di  una  data  sostanza,  indicano  diretta- 
mente il  peso  o  il  volume  della  sostanza  contenuta  in 
100  parti  della  soluzione:  tali  i  saccarometri,  gli 
alcoolometri,  i  mostometri,  i  glucomeln,  ecc.  -  Dige- 
stori, apparecchi  destinati  a  macerar  una  sostanza, 
capace  di  condensare  il  vapore  del  solvente  usato 
a  macerarla.  -  Distillatoio  e  distillatorio,  l'apparec- 
chio per  la  distillazione.  -  Dracma,  antica  mi- 
sura di  capacità  che  vige  ancora  in  Inghilterra  e 
negli  Stati  Uniti  :  corrisponde  a  1. 0,00-35  - 1. 0,0036. 

Essiccatori,  apparecchi  che  servono  per  essiccare 
le  sostanze:  sono  diversi  a  seconda  che  l'essicca- 
zione deve  essere  fatta  a  freddo,  oppure  a  più  alta 
temperatura.  Per  l'essiccazione  a  freddo  si  usano 
apparecchi  di  vetro  a  forma  di  scatola  o  di  cam- 
pana, chiusi  a  smeriglio  in  cui  è  messa  una  so- 
stanza (cloruro  di  calcio  od  acido  solforico)  atta 
ad  assorbire  l'umidità.  L'essiccazione  nel  vuoto  si 
fa  coi  medesimi  apparecchi,  ai  quali  è  applicata 
una  tubulatura  con  rubinetto  da  cui  estrarre  l'aria 
mediante  la  pompa.  Per  l'essiccazione  ad  alta  tem- 
peratura servono  apposite  stufe. 

Fornello,  quello  nel  quale  si  stilla,  si  lambicca 
e  si  fanno  altre  operazioni  -  ia»*6icco,  strumento 
per  distillare.  -  Linguetta,  striscetta  di  feltro  per 
colare  un  liquido.  -  Matraccio,  sorta  di  fiasco  o 
globo  di  vetro  usato  nei  laboratori  chimici.  -  Na- 
vicella, piccolo  recipiente,  fatto  a  barchetta,  per 
certe  analisi  chimiche. 

Oleometri,  densimetri  che  portano  scale  con- 
venzionali: sono  fondati  sulla  densità  e  indicano  se 
un  dato  liquido  è  puro  o  mescolato  ad  altri.  -  Ozo- 
nometro,  apparecchio  per  misurare  l'ozono. 

Picnometro,  boccetta  a  collo  sottile,  che  si  pesa, 
prima,  ripiena  d'acqua,  poi  ripiena  del  liquido  di 
cui  si  vuol  conoscere  la  densità,  alla  stessa  tempe- 
ratura :  dividendo  quindi  il  peso  netto  del  liquido 
in  esame  per  quello  dell'acqua,  si  ha  il  peso  spe- 
cifico del  liquido  stesso.  -  Pipetta,  tubo  di  vetro 
(che  termina  in  punta  affilata  ed  è  nel  mezzo  mu- 
nito di  un  rigonfiamento)  per  trasportare  il  liquido 
da  vaso  a  vaso  senza  agitarlo.  -  Pirometri,  termome- 
tri destinati  a  far  conoscere  'le  temperature  assai 
elevate.  -  Polarimetri,  strumenti  per  misurare  la 
rotazione  del  piano  di  polarizzazione,  dalla  dire- 
zione primitiva,  prodotta  da  una  sostanza  posta 
dinanzi  al  fascio  luminoso  polarizzato.  I  più  in 
uso,  nei  laboratori  chimici,  sono  quelli  tipo  Wild 
e  tipo  Laurent  a  luce  monocromatica.  Servono  per 
riconoscere  e  caratterizzare  molte  sostanze,  per  fa- 


540 


CHIMICA 


nalisi  degli  zuccheri  o  delie  sostanze  che  ne  con- 
tengono, dei  vini,  dei  latti  condensati,  dei  citrati, 
degli  alcaloidi,  degli  olì  essenziali,  dell'urina.  -Pro- 
vetta, 0  campanella,  piccolo  recipiente  usato  fre- 
quentemente nei  laboratori  per  i  piccoli  saggi,  le 
reazioni,  le  sublimazioni,  ecc.,  scaldando  i  liquidi 
col  mezzo  della  fiamma  incolore  -  Provino,  stru- 
mento di  vetro  o  di  metallo  per  misurare  la  den- 
sità e  gravità  dei  liquidi. 

Saccarimetri,  o  saccaromeiri,  i  polarimetri  desti- 
nati esclusivamente  alla  analisi  degli  zuccheri.  So- 
no semplici  polarimetri  nei  quali  hawi  una  grada- 
zione centesimale  apposita  per  lo  zucchero,  oppure 
sono  polarimetri  detti  a  compensazione.  Uno  dei  più 
usati  è  quello  di  Brix  o  di  Balling.  -  Serpe,  canna 
con  più  ritorte  a  uso  di  distillazione,  -  Serpentino, 
tubo  a  spirale  in  cui  si  fa  condensare  del  vapore 
o  passare  una  corrente  di  liquido  caldo.  ■  Sifone, 
tubo  ricurvo  con  bracci  disuguali  usato  per  tra- 
vasare. -  Solfidrometro,  tubo  graduato,  destinato  a 
riconoscere  la  quantità  d'idrogeno  solforato  che 
si  trova  sciolta  in  un'acqua  solforosa.  -  Storia,  vaso 
da  stillare,  col   collo  storto. 

Termometro,  istrumento  di  vetro  per  deter- 
minare la  temperatura  di  un  corpo.  I  termometri 
sono  generalmente  a  mercurio  e  fatti  a  tre  diffe- 
renti divisioni:  la  Reaumur,  la  centigrada  e  la  Fah- 
renheit. -  Tubi  d'assaggio,  piccoli  tubi  di  vetro 
sottile,  ma  resistenti  al  fuoco,  lunghi  circa  10-12 
centimetri,  larghi  1-2,  assai  usati  nei  laboratori 
chimici  per  piccole  ricerche  analitiche  o  di  assaggi. 
-  lubulato,  dicesi  delle  storte,  dei  palloni,  che  por- 
tano più  gole  0  tubuli. 

Altri  APPARECcm. 

Molti  e  vari:  aceiometri,  acidimetri,  agitatori,  a  mano 
o  a  motore,  alambicchi,  albuminometri,  alcoolometri. 
Apparecchi  d'assorbimento,  per  analisi  elementari: 
servono  per  la  determinazione  del  punto  di  so- 
lidificazione delle  essenze;  per  la  determinazione 
del  peso  molecolare;  per  determinare  la  composi- 
zione dell'acqua  mediante  il  gas  tonante;  solfori- 
metrici ;  per  la  ricerca  dell' a'senico;  per  svol- 
gimento d'  idrogeno  solforalo  ;  per  la  determi- 
nazione dell'azoto  organico  e  1  ammoniacale  ;  per 
l'analisi  delle  terre;  per  la  determinazione  dei  gas 
della  combustione;  Payen  digestori;  per  acido  sol- 
foroso; per  analisi  dei  gas;  per  concentrazione  nel 
vuoto;  per  la  distillazione,  termometro,  bagnomaria 
(refrigerante  fJebig);  per  decomposizione  dell'ac- 
qua, depurazione  dei  gas,  determinazione  del  punto 
di  fusione  ;  per  la  saponificazione  delle  essenze  ; 
per  esame  delle  urine  per  spostamento;  per  svolgi- 
mento dell'idrogeno,  puro  e  inodoro,  dell'ossigeno; 
estrattori  Regnault  di  vetro  soffiato;  Rohrbeck  per 
l'analisi  dei  gas;  altri  per  la  determinazione  dell'a- 
cido carbonico;  Scheibler  per  lavare  i  gas;  Schròdt, 
per  l'analisi  dei  gas;  Schultze  e  Tiemann,  per  la 
determinazione  dell'azoto  nitrico;  apparecchi  per 
la  sterilizzazione  del  latte  nell'allattamento;  per 
seta;  per  determinare  la  composizione  dell'acido 
cloridrico;  per  la  decomposizione  dell'acqua, 
dell'  acido  cloridrico  e  dell'  ammoniaca,  me- 
diante l'elettrolisi.  Usansi  altresì:  boccette  per  so- 
luzioni colorate,  lampade  e  microlampade,  matracci, 
palloni,  pinze,  sterilizzatori,  stufe,  termoregolatori, 
termostati,  vaschette,  capsule  e  crogiuoli  d'argento  e 
di  lamina;  aspiratori  di  vetro,  di  ottone  e  di  zinco; 
bacchette  e  bastoni  dì  vetro,  bacinelle,  bacini  di  grès. 


di  rame  ;  bagni  ad  aria  e  di  sabbia  ;  bagni-maria 
bambagia  di  vetro  (lana  di  vetro)  ;  bariletti  di  vetro; 
bastardelle  ;  becchi  di  Bunsen,  collettori  Reeb,  bevute 
Erlenmeyer  ed  Hedelbrand,  bicchieri  a  calice  per  rea- 
zioni, per  evaporazioni,  per  precipitazioni;  boccette 
e  bottiglie  segnate  per  idrotimetro;  per  determinare 
il  peso  specifico,  per  lavaggio  dei  gas,  per  lavare  i 
i  filtri,  per  la  separazione  delle  essenze;  bottiglie 
Mariotte,  bottiglie  Woulf,  a  due  e  a  tre  tubulature, 
e  per  decantazione,  a  quattro  tubulature;  bolle  Aubry 
per  distillazioni,  galleggianti  per  preparati  anatomici, 
Liebig  per  potassa  caustica,  Mohr  ;  burette  idrotime- 
triche;  calcimetri,  per  determinazioni  di  anidride 
carbonica;  calorimetri;  campane  e  campanelle  dt 
vetro;  cannelli  ferruminatori;  capsule  d'argento,  di 
corno,  di  ferro  smaltato,  di  porcellana,  di  stagno, 
di  "Vetro,  di  gelatina;  carte  da  filtro,  carte  reattive; 
casseruole  di  ferro  smaltato;  centrifughe;  cilindri  di 
vetro  per  essiccazione  e  cilindri  graduati;  coni  dt 
caria  e  di  platino;  coprioggetti,  per  microscopia; 
cremometri;  cristallizzatori  di  porcellana,  di  vetro; 
crogiuoli  d'argento,  di  platino,  di  porcellana;  cuc- 
chiai di  bosso,  di  corno,  di  gomma  indurita,  di 
nichel  puro,  di  osso  bianco,  di  porcellana,  di  vetro; 
cuspidi  di  platino;  densimetri,  dializzatori;  ebullio- 
metri; elettrodi  di  platino;  essiccatori;  eudiometri; 
fornelli  a  combustioìie  per  analisi  organiche;  for- 
nelli a  gas  di  spirito,  di  terra  refrattaria;  galacto- 
metri  ;  galleggianti  per  burette  ;  gasometri  :  glucoso- 
metri]  idrotimetri;  imbuti  di  argentana,  di  rame, 
di  porcellana,  di  vetro,  per  filtrare  a  caldo,  per  fil- 
trare a  vapore;  incubatrici;  lamine  d'argento,  di 
platino  ;  lampade  Berzelius,  Bunsen,  per  idrotimetro, 
Berthel,  a  gas,  a  corona,  con  regolatore  d'aria,  con 
una,  due,  tre  spire,  ad  anello  con  morsetta,  Muen- 
cke  (per  alte  temperature).  Teche  (con  regolatore 
d'aria);  lattobutirrometri;  lattodensimetri;  lenti  d'in- 
grandimento; levigatori  (Appiani,  Nobel,  ecc.);  ma- 
tracci d'ogni  genere  e  svariatissimi;  microscopi; 
mortai  di  agata,  di  bronzo,  di  porcellana,  di  vetro; 
mostimetri  ;  navicelle  per  analisi  organiche,  solita- 
mente di  porcellana;  oleoacidimetri ;  oleometri;  os- 
sigeno fon;  palloni  di  vetro  di  Jena,  con  tubulatura 
laterale,  per  distillazione  nel  vuoto,  per  distillazione 
continua,  frazionata,  ec  -..  per  alambicchi,  per  idro- 
timetri, ecc.;  pesa  acidi,  ac^to,  alcali,  etere,  mosto, 
estratti,  filtri;  piastre  Wilt  e  piattelli,  di  porcellana; 
picnometri  ;  pinze;  pipette  ;  pissette  ;  porta-aghi , 
porlafìltri,  portaoggetti;  premitappi ;  provalatte  ;  prò- 
vavini;  provette  con  becco  e  con  bordo,  graduate, 
graduate  a  gocce;  reagentari;  refrigeranti  a  bolla, 
a  serpentino,  AUihn  di  vetro  a  4  bolle,  Liebig  ; 
reti  metalliche,  con  fondo  di  amianto,  piane,  con- 
cave, ecc.;  rettificatori;  riscaldatori  istantanei  del- 
l'acqua; saccarometri;  sifoni,  soprapiattini  (vetri  da 
orologio);  spaccafiamma;  sterilizzatori  ad  aria  calda, 
a  vapore,  a  vapore  Koch,  a  soluzione  di  soda,  in 
rame  per  ferri  chirurgici,  a  due  atmosfere,  ecc.  ; 
storte  di  ghisa  inesplosibili,  per  lo  svolgimento  del- 
l'ossigeno; storte  dt  grès,  di  vetro,  di  vetro  di  Jena; 
stufe  di  rame,  ad  acqua,  a  paraffina,  per  essicca- 
zione ad  aria,  ad  olio,  glicerina,  ecc.;  per  disinfe- 
zione: pinze  per  tubi,  burette  per  refrigeranti;  sup- 
porli per  filtrare,  per  lampade  ad  alcool,  per  pi- 
pette di  legno,  per  refrigeranti  Liebig,  per  tubi  di 
assaggio,  ecc.;  tartrimetro,  per  la  determinazione 
del  cremortartaro  e  dell'acicfo  toi.ile;  tazze  di  por- 
cellana graduate,  di  vetro  per  pile;  termometri; 
per  alambicco,  a  massima,  a  minima  ;  termostati  ; 
treppiedi  di  ferro  per   lampade:  triangoli  di  fili  di 


CHIMICA 


541 


terrò,  per  crogiuoli  e  lampade,  di  nicliel,  con 
tre  punte  di  platino,  di  argilla  spostabili;  tubi 
di  gomma:  bianca  per  gas,  rossa  mineralizzata, 
speciale  per  laboratorio,  di  porcellana  biscetta, 
di  vetro,  fusibili  alla  lampada  e  infusibili  (per 
analisi  organiche)  di  vetro  di  Jena,  speciali  per  tubi 
chiusi,  per  analisi  elementari,  ecc.;  tubetti  di  vetro 
soffiato,  per  polveri  igroscopiche,  da  saggio;  tubi  di 
sicurezza,  per  condensazione,  per  distillazioni  fra- 
zionate, per  essiccazione  a  cloruro  di  calcio,  gra- 
duati per  la  purezza  degli  eteri,  per  il  colori- 
metro di  Hehner  ;  iireometri  e  urometri;  va- 
schette di  ferro,  di  ghisa,  di  porcellana,  di  terra 
bianca,  di  vetro:  vasi  vari  e  di  vetro  cilindrici  per 
pile;  vetricoprioggelti,  di  cobalto;  vinometri,  viscosi- 
metri, ecc. 

Apparecchio  di  Berjot,  a  spostamento  ad  aria 
rarefatta;  di  Briet,  serve  per  l'acqua  satura  di  gas 
anidride  carbonica;  di  Gadda,  forma  di  alambicco; 
di  Kipp,  che  serve  per  preparare  l'anidride  carbo- 
nica e  altri  gas;  di  Mitscherlich,  per  la  ricerca 
tossicologica  del  fosforo  ;  di  JSoubeirann  per  la  fab- 
bricazione dell'edere  ;  di  Will  e  Varrentrap  per  il  do- 
samento dell'  azoto,  sotto  forma  di  ammoniaca  ; 
di  Hermann  -  Lachappelle,  usato  per  la  preparazione 
delle  acque  minerali  artificiali;  di  l^oulfe,  che 
serve  nei  laboratori  comodamente  per  sciogliere  i 
gas  nell'acqua  e,  quindi,  per  preparare  l'acido  clo- 
ridrico, l'acqua  di  cloro,  l'ammoniaca.  -  Torre  di 
Glover,  apparecchio  col  quale,  nelle  fabbriche  di 
acido  solforico,  si  utilizzano  i  composti  nitrosi 
presenti  nell'acido  solforico  della  torre  di  Gay 
Lussac;  inoltre  si  raffreddano  i  gas  solforosi  pro- 
venienti dai  forni  a  solfo  e  a  pirite  ;  si  concentra 
l'acido  solforico  a  spese  appunto  del  calore  di  que- 
sti gas. 

Operazioni  CHIMICHE. 

Sono  la  frantumazione,  la  conquassazione,  l'estin- 
zione, la  polverizzazione,  per  dividere  i  corpi  e  se- 
pararne le  parti  attive  dalle  inerti.  La  soluzione,  la 
decantazione,  la  filtrazione,  la  lavatura,  la  chiarifi- 
cazione, la  spremitura,  la  precipitazione,  la  dialisi 
sono  operazioni  relative  alla  soluzione  dei  corpi 
e  alla  separazione  delle  parti  solubili  da  cpielle 
che  non  lo  sono.  La  fusione,  la  vaporizzazione,  il 
disseccamento,  V ebollizione,  la  distillazione,  la  subli- 
mazione, la  solidificazione,  la  cristallizzazione,  la 
calcinazione,  e  la  torrefazione  hanno  per  iscopo  di 
separare  le  sostanze  con  l'intervento  del  calore.  Le 
pesate,  la  misurazione  per  volumi,  la  determinazione 
della  densità  dei  liquidi  sono  altrettante  operazioni 
chimiche. 

Acidimetria ,  operazione  di  analisi  volumetrica 
(v.  più  innanzi,  pag  553)  titolata,  mediante  la  quale  si 
determina  la  quantità  degli  acidi  liberi;  come  ad 
esempio  :  la  determinazione  dell'acido  nei  limoni, 
dell'acidità  del  vino  e  delle  urine;  la  quantità  reale 
di  acido  solforico  nell'acido  solforico  del  commercio, 
ecc.  -  Alcolometria,  o  alcoolomelria,  la  determinazione 
della  quantità  di  alcool  che  trovasi  in  un  liquido. 

Bagno  d'arena,  operazione  chimica  per  la  quale 
si  mettono  a  riscaldare  vasi  in  uno  strato  di  sab- 
bia esposta  al  fuoco,  ottenendo  con  ciò  uniformità 
e  lentezza  di  riscaldamento. 

Calcinazione:  con  questa  parola  gli  antichi  inten- 
devano indicare  la  calcificazione  dei  metalli,  o  la 
loro  trasformazione  in  ossidi  o  calci.  Oggidì  si  so- 
gliono indicare  con  tale   parola    tutte    le    decom- 


posizioni provocate  da  un'alta  temperatura  sulle  so- 
stanze, sia  allo  scopo  di  modificarne  la  natura,  come 
pure  per  separarne  alcuni  componenti.  -  Carboniz- 
zazione, la  calcinazione,  quando  si  eseguisce  sopra 
sostanze  organiche  fuori  dal  contatto  dell'aria,  in- 
sieme alle  sostanze  minerali  fisse  contenute  in  quelle, 
e  si  ottiene  per  residuo  una  massa  carbonosa.  - 
Chiarificazione,  operazione  per  separare,  sotto  for- 
ma di  deposito,  o  di  schiuma  e  filamenti  galleg- 
gianti, le  materie  che  intorbidano  un  liquido.  -  Co- 
latura, filtrazione  incompleta  delle  sostanze  li- 
quide che  si  fa  allorché  importa  solo  di  separarne 
le  parti  indisciolte  più  grossolane.  -  Coppellazione, 
l'operazione  che  consiste  nel  fondere  il  piombo  ar- 
gentifero estratto  da  certe  galene,  in  un  fondo  a 
riverbero,  facendovi  passare  una  corrente  di  aria, 
che  ossida  il  piombo,  lasciando  inalterabile  l'ar- 
gento. -  Cristallizzazione:  molti  corpi  solidi,  fusi 
o  disciolti,  nei  rispettivi  solventi,  quando  ven- 
gono convenientemente  raffreddati,  o  venga,  nei  de- 
biti modi,  sottratto  loro  il  veicolo,  o  diminuito  in 
qualunque  modo  il  potere  solvente  di  questo,  si  so- 
lidificano, assumendo  forme  regolari  e  geometriche,  a 
cui  si  dà  il  nome  di  crixtalli.  Chiamasi  cristallizzazione 
il  fenomeno;  crislaUizzahili  i  corpi  che,  possono  as- 
sumere forma  cristallina;  incristallizzabili,  quelli  che 
non  ne  sono  suscettibili.  Amorfi,  infine,  diconsi  i 
corpi  quando  non  hanno  forma  cristallina. 

Decantazione,  la  separazione  da  un  liquido  di  una 
sostanza  solida,  che  vi  si  trovi  mescolata  e  che,  dopo 
sufficiente  riposo,  si  è  deposta  sul  fondo.  Si  ese- 
guisce inclinando  dolcemente  il  vaso,  che  lo  con- 
tiene, e  ricevendo  il  liquido  che  scola  in  altro  re- 
cipiente sottoposto.  -  Decozione,  veggasi  a /a»'>«acta. 

Decrepitazione,  calcinazione  per  la  quale  si  asporta 
l'acqua  di  interposizione  di  certi  sali  (sai  marino). 

-  Defecazione,  quegli  atti  della  chiarificazione  me- 
diante i  quali  si  separano  i  principi  estranei  ai  liquidi 
che  si  vogliono  chiarificare:  cosi  l'albumina  mesco- 
lata a  caldo  al  liquido  si  coagula,  e  coagulando  si 
trattiene  le  materie  estranee.  -  Dialisi,  operazione, 
di  natura  fisica,  che  serve  alla  separazione  delle  so- 
stanze, molto  usata  nell'analisi,  specialmente  tossi- 
cologica, nonché  in  certe  ricerche  scientifiche  e 
nelle  industrie.  Gli  strumenti  che  si  impiegano  di- 
consi dializzatori,  dei  quali  il  più  semplice  é  quello 
di  Mohr.  -  Digestione,  soluzione  ad  un  grado  di 
calore  che  è  superiore  a  quello  dell'ambiente,  ma 
inferiore  a  quello  del  punto  di  ebollizione  del  sol- 
vente. -  Digesto,  il  prodotto  della  digestione  (dige- 
stum,  digeste).  -  Disaijgrey azione,  operazione  antica 
importantissima:  ha  per  iscopo  di  trasformare  un 
corpo  insolubile,  o  poco  solubile  nell'acqua  e  ne- 
gli acidi,  in  un   altro  corpo    che  possa  sciogliersi. 

-  Disseccamento:  allorché  da  una  soluzione  vo- 
gliasi, mediante  evaporazione,  ottenere  la  sostan- 
za che  tiene  sciolta,  allo  stato  di  secchezza,  e 
senza  che  contenga  più  acqua  o  altro  liquido  in- 
terposto, allora  Vf  vaporazione  dicesi  a  secchezza  o 
essiccamento.  -  Dissoluzione,  soluzione,  ma  con  svi- 
luppo di  azione  chimica,  che  muta  o  altera  la  com- 
posizione e  la  proprietà  dei  corpi  posti  a  contatto 
tl'un  liquido.  -  Distillaziotiej  operazione  fatta 
allo  scopo  di  separare  sostanze  fisse  da  sostanze  vo- 
latili col  mezzo  del  calore. 

Disseccazione,  operazione  chimica  con  la  quale  si 
toglie  ai  corpi  solidi  o  liquidi  l'acqua  di  interposi- 
zione che  contengono.  -  Dosamento,  operazione  con 
la  quale,  in  chimica,  si  determina  la  quantità  di 
materia  utile,  considerata  in  istato  puro,  contenuta 


542 


in  una  data  sostanza,  fornita  di  corpi  più  o  meno 
eterogenei.  -  Disidrogenazione,  sottrazione  dell'i- 
drogeno che  entra  nella  combinazione  di  un  corpo 
composto.  -  Disidratazione,  separazione  dell'acqua 
di  combinazione  nei  composti  idrati,  essiccamento. 

Ebollizione,  mezzo  di  soluzione  e  di  estrazione  di 
sostanze  solubili  dai  loro  miscugli  con  sostanze  in- 
solubili e  per  promuovere  reazioni  chimiche  per 
via  liquida,  per  discacciare  gas  diseiolti  nei  liquidi 
e  per  facilitare  la  soluzione  dei  corpi  solidi.  - 
Espressione,  quella  operazione  per  la  quale  si  estrae, 
con  l'aiuto  di  una  forza  meccanica,  a  una  sostanza 
molle  0  solida  il  liquido  che  essa  contiene.  L'e- 
spressione si  pratica  a  freddo  o  a  caldo,  sia  a 
mezzo  di  un  torchio  a  mano,  sia  a  mezzo  di  una 
pressa  meccanica.  -  Evaporazione,  operazione  allo 
scopo  di  concentrare  una  soluzione  o  di  separare 
le  sostanze  disciolte  esportando  una  parte  del  sol- 
vente, sia  per  evaporazione  spontanea  all'aria,  sia 
coll'aiuto  del  calore. 

Filtrazione,  altro  mezzo  (oltre  la  decantazione)  di 
separazione  di  un  liquido  da  materie  solide  insolu- 
bili. E'  assai  più  esatto  e  perciò  usato  sopratutto 
nelle  analisi  qualitative  e  quantitative.  La  filtrazione 
per  carta  è  la  più  importante  e  si  ta  con  filtri  lisci 
0  senza  pieghe,  con  filtri  con  pieghe,  con  apparecchi 
per  filtrare  sotto  pressione,  attraverso  tessuti  di  lana, 
per  porcellana,  per  mezzo  del  cotone  o  della  lana 
di  vetro,  per  amianto,  per  cotone,  canapa  e  altri 
materiali,  come  carbone,  pietre  porose,  sabbia,  ecc. 
•  Fusione,  operazione  fisica  che,  sebbene  possa  avere 
altri  scopi,  ha  pur  quello  di  separare  i  corpi  gli 
uni  dagli  altri.  Quando  è  applicabile  ai  composti 
cristallizzati  con  acqua  di  cristallizzazione,  può  es- 
sere di  due  specie,  cioè  la  fusione  acquosa  e  la  fu- 
sione ignea.  Il  grado  di  temperatura  a  cui  il  corpo 
fondesi  dicesi  temperatura  o  punto  di  fusione.  I  corpi 
che,  scaldati,  sono  suscettibili  di  divenir  liquidi,  di- 
consi  fusibili;  quelli  che  non  lo  sono  nemmeno  alle 
più  alte  temperature   diconsi  infusibili  o  refrattari. 

Incenerimento,  la  calcinazione,  allorquando  viene 
applicata  alle  sostanze  organiche,  contenenti  so- 
stanze minerali  fisse,  allo  scopo  di  distruggere  le 
prime  ed  ottenere  le  seconde.  -  Infusione,  operazione 
di  fartnacia. 

Lavaggio,  operazione  consistente  nel  porre  la  ma- 
teria, che,  mediante  lavatura,  si  vuol  separare  da  altre 
sostanze  solubili  che  l'inquinano,  a  contatto  di  un 
liquido  capace  di  sciogliere  queste  ultime  e  nel  se- 
parare poi  quello  con  un  mezzo  meccanico  qua- 
lunque, che  è,  per  lo  più,  la  decantazione,  seguita 
da  filtrazione.  -  Liquefazione,  passaggio  dallo  stato 
solido  allo  stato  liquido  per  effetto  del  calore.  - 
Lisciviazione,  di  soluzione  che  si  eseguisce  versando 
sopra  una  sostanza,  disposta  in  strati  più  o  meno 
spessi,  un  liquido  freddo  o  caldo,  che,  filtrando 
attraverso  la  medesima,  scioglie  tutto  ciò  che  in- 
contra di  solubile.  E'  detta  anche  soluzione  per  spo- 
stamento. -  Lozione,  operazione  per  la  quale,  otte- 
nuto il  sedimento  di  un  corpo,  si  libera  da  questo 
il  liquido  che  lo  impregna  e  che  contiene  dei  prin- 
cipi solubili,  a  mezzo  appunto  di  lavacri  del  sedi- 
mento con  un  liquido  appropriato,  che  si  porta  a 
più  riprese  in  contatto  con  esso. 

Macerazione,  modo  di  soluzione  a  cui  si  sottopon- 
gono specialmente  le  sostanze  vegetali  ed  animali 
onde  estrarne  le  parti  solubili.  -  Misurazione  per 
volumi  :  si  fa  col  sistema  metrico  decimale,  nel 
quale  le  misure  di  capacità  sono  il  litro  e  i  suoi 
multipli  e  sottomultipli. 


OzoHOìnetria,  processo  per  misurare  l'ozono  in  un 
dato  ambiente. 

Precipitazione,  la  separazione  rapida,  per  lo  più 
al  massimo  stato  di  divisione,  di  una  sostanza  da 
un  liquido,  per  aggiunta  di  altre  sostanze;  dicesi 
precipitato  il  corpo  che  si  separa,  e  precipitante 
quello  che  determina  la  precipitazione. 

Riduzione,  la  separazione,  totale  o  parziale,  di 
ossigeno,  cloro,  bromo,  jodo  e  solfo  dai  composti  di 
questi  mediante  i  mezzi  riducenti  (idrogeno,  car- 
bonio, ecc.). 

bintesi,  1  operazione  che  prende  gli  elementi  co- 
stitutivi di  un  corpo  e  lo  ricostituisce,  o  anche  la 
riunione  di  corpi  semplici  per  formarne  composti, 
0  corpi  composti  per  formarne  altri  più  complessi. 
-  Soluzione,  operazione  consistente  nello  sciogliere  un 
corpo  in  un  adatto  veicolo  solvente:  può  avvenire 
tanto  per  corpi  solidi  che  per  liquidi  e  gassosi  : 
cosi  lo  zucchero,  la  glicerina,  il  gas  ammoniaco  si 
sciolgono  nell'acqua.  -  So/wztowc  detg'as;  si  eseguisce 
conducendoli  in  corrente,  entro  l'acqua  o  altro  sol- 
vente, in  speciale  apparecchio,  noto  sotto  il  nome 
di  Woulfe  -  Spartimento,  l'operazione  con  la  quale 
si  isola  l'oro  contenuto  nei  cornetti,  asportando 
l'argento,  mediante  l'azione  dell'acido  nitrico  bol- 
lente. -  Spostamento,  operazione  identica  alla  li- 
sciviazione, dalla  quale  è  venuto  il  nome  di  metodo 
a  spostamento,  operazione  che  si  pratica  general- 
mente in  un  gran  vaso  cilindrico  terminante  infe- 
riormente ad  imbuto,  e  per  lo  meno  quattro  volte 
più  lungo  che  largo  :  ove  comincia  la  parte  conica 
di  questo  apparecchio  hawi  un  diaframma  buche- 
rellato, sul  quale  passa  la  sostanza  da  lisciviare:  e 
in  basso  vi  è  un  rubinetto  per  la  scolatura  del  li- 
quido carico  dei  principi  solubili.  -  Spremitura, 
operazione  con  la  quale  si  sottopongono  miscugli  di 
sostanze  solide  e  liquide  alla  pressione,  allo  scopo 
di  determinare  l'espulsione  delle  parti  liquide.  - 
Sublimazione,  operazione  con  la  quale  da  un  mi- 
scuglio di  sostanze  solide,  mediante  il  calore,  se  ne 
separa  una  volatile.  Differisce  dalla  distillazione 
propriamente  detta,  poiché  in  questa  il  prodotto 
della  distillazione  è  liquido,  mentre  nella  sublima- 
zione è  solido. 

Torrefazione,  la  calcinazione,  quando  viene  ese- 
guita in  presenza  dell'aria.  La  torrefazione  prende 
il  nome  di  scorificazione  o  coppellazione,  quando  i 
prodotti  della  medesima  sono  fusibili.  -  Ustione, 
specie  di  incenerimento  in  vaso  chiuso:  lo  si  applica 
soltanto  alle  materie  organiche  vegetali  o  ani- 
mali. 

Vaporizzazione,  fenomeno  per  cui  la  maggior 
parte  dei  corpi  liquidi,  e  anche  non  pochi  solidi, 
hanno  la  tendenza  a  trasformarsi  in  vapore  anche 
all'ordinaria  temperatura.  La  vaporizzazione  può  es- 
sere spontanea,  quando  si  compie  senza  ricorrere  a 
sorgenti  calorifiche,  e  allora  aicesi  vaporizzazione 
per  evaporazione  spontanea,  e  anche  semplicemente 
evaporazione  spontanea.  Quando  1'  evaporazione  si 
aiuta  col  calore,  prende  il  nome  di  concentrazione. 
Si  ha  poi  l'evaporazione  a  fuoco  diretto  o  a  fuoco 
nudo. 

Combinare,  mettere  insieme  due  o  più  corpi  ete- 
rogenei, in  modo  da  formare  un  tutto.  •  Disossidare, 
levare  l'ossido  dai  corpi  che  lo  contengono  in  com- 
binazione. -Disidratare,  togliere  completamente  l'ac- 
qua alle  sostanze  che  si  vogliono  essiccare.  -  Estrar- 
re, procedimento  per  ottenere  un  estratto.  -  Iru- 
quartare,  formare  la  lega  d'  oro  o  di  argento,  e 
sottoporla  all'azione  dell'acido  nitrico,  per  operare 


CHIMICA 


543 


lo  sparti  mento  dei  metalli  eterogenei  che  siano 
uniti  all'oro.  -  Ossigenare,  combinare  semplicemente 
l'ossigeno  con  un  altro  corpo  ;  anche,  aumentare 
l'ossigeno.  -  Precipitare,  separare  un  corpo  allo 
stato  solido  da  un  liquido  ov'era  sciolto.  -  Ridurre, 
togliere  ossigeno  a  un  ossido  metallico  per  ridurlo 
allo  stato  primitivo.  -  Rodere,  di  reagenti  che  in- 
taccano. -  Tenere  in  fusione,  d'una  sostanza  che  si 
tiene  per  un  certo  tempo  entro  un  liquido  perchè 
acquisti  certe  proprietà.  -  Sublimare,  affinare  per 
distillazione,  e  più  specialm.  volatilizzare  un  corpo 
solido,  che  si  condensa  poi  nelle  parti  superiori 
del  vaso  apposito.  -  lartarizzare ,  affinare  per 
mezzo  del  tartaro.  -  Volatilizzare,  rendere  volatile. 

•     Analisi  chimica. 


Analisi^  il  complesso  delle  operazioni  che  ten- 
dono a  svelare  la  natura  degli  elementi  di  un  com- 
posto, senza  occuparsi  della  loro  quantità  (analisi 
qualitativa  o  elementare),  o  anche  la  proporzione 
loro  di  peso  e  di  volume  nel  composto  stesso  (ana- 
lisi quantitativa  o  centesimale).  Le  operazioni  e  ma- 
nipolazioni principali  per  l'analisi  chimica  si  di- 
stinguono in  meccanicìie,  fisiche  e  chimiche.  Fra  le 
prime  si  notano:  la  frantumazione,  \^ polverizzazione 
la  porfirizza zione,  là  tevigazione,  la  decantazione, 
la  ptraziona,  l'evaporazione,  Vebullizione,  la  distilla- 
zione, Vessicazione,  la  calcinazione,  la  fusione  e 
sublimazione,  la  disaggregazione.  Si  passa  poi  ai 
reattivi  o  reagenti,  corpi  i  quali,  messi  a  con- 
tatto con  altri,  son  capaci  di  determinare  una  me- 
tamorfosi. La  maggior  parte  si  usano  disciolti  nel- 
l'acqua e  sono  i  reattivi  per  via  umida;  altri  si 
uniscono  ai  corpi  che  si  trattano  col  calore  e  sono 
i  reattivi  per  via  secca.  Reattivi  generali,  quelli  che 
servono  a  distinguere  un  gruppo  di  corpi,  gli  altri 
diconsi  speciali.  Reattivo  caratteristico  per  uno  o 
più  corpi,  quello  che  dà  una  reazione  propria  di 
quello  solo  o  di  quei  soli  corpi  e  non  avviene  con 
altri.  Sensibile,  il  reattivo  che  vale  a  scoprire  mi- 
nime tracce  di  un  corpo.  I  reattivi  si  distinguono 
nelle  seguenti  categorie:  dissolventi  neutri  (acqua, 
alcool,  etere,  solfuro  di  carbonio,  benzina,  ecc); 
acidi  (solfidrico,  cloridrico,  solforico,  nitrico,  idro- 
pMsilicico,  fosforico,  ecc.);  ossidi  idrati  (ammoniaca, 
potassa,  soda,  calce,  barite);  sali  (solfuri,  cloruri, 
ioduri,  cianuri,  ferrocianuri,  carbonati,  fosfati,  ni- 
trati, solfati,  ecc.);  sostanze  diverse  (bromo,  iodio 
cloro,  lamine  metalliche  varie,  carte  reattive).  Impor- 
tante nell'analisi  chimica  è  pure  l'esame  dei  caratteri 
organolettici  (colore,  odore,  sapore,  tatto)  e  fisici 
(pesantezza,  stato  fisico,  cristallizzazione  solubilità, 
ecc.)  dei  corpi.  Le  ricerche  preliminari  (analisi  per  via 
secca)  si  fanno  con  la  fiamma  (ossidante  e  riducente), 
a  mezzo  del  cannello  ferruminatorio  (chalumeau  dai 
francesi,  blow-pipe  degli  inglesi,  lòthrohr  dei  tedeschi), 
costituito  da  un  tubo  speciale  formato  di  tre  pezzi  di 
ottone  distinti  :  soffiandovi  dentro,  si  dirige  il  dardo 
della  fiamma  sulla  sostanza  che  si  vuole  esaminare, 
che  si  sostiene  o  con  le  pinze  o  sul  carbone.  Ov- 
vero col  cannello  De  Lu^a,  a  serbatoio  d'aria,  o  col 
cannello  a  mantice,  costituito  quest'ultimo  da  due 
bottiglie  di  eguale  capacità,  munite  di  aperture  in- 
feriori, per  le  quali  comunicano  mediante  tubi  di 
naoutchouc;  quello  in  alto  si  riempie  d'acqua,  la 
quale  cade  nella  bottiglia  sottoposta,  spingendo  l'a- 
ria interna  entro  un  cannello  fisso,  comunicante 
con  una  lampada  ad  olio  o  a  gas.  per  mezzo  di  un 


tubo.  Le  lampade  usate  comunemente  sono  quella 
ad  olio  di  Berzelius,  ma  più  sovente  quella  di  Bunsen, 
nella  quale  ultima,  girando  un  anello,  si  regola  il 
passaggio  dell'aria,  e  a  seconda  dei  bisogni,  si  ha 
la  fiaiuma  del  gas  molto  luminosa  e  poco  calorifica, 
ovvero  pochissimo  luminosa  e  molto  calorifica.  Nella 
fiamma  Bunsen  si  hanno  tre  parti  principali,  in 
ognuna  delle  quali  si  possono  poi  distinguere  sei 
zone  di  reazione.  Per  via  secca  si  possono  fare  altri 
sette  saggi:  in  tubo  di  vetro  chiuso  ad  una  estre- 
mità; in  tubo  di  vetro  aperto  ad  ambe  le  estremità; 
prova  sul  carbone  al  dardo  del  cannello;  colorazione 
della  fiamma  libera;  uso  del  borace  e  del  sale 
di  fosforo;  uso  di  reagenti  speciali,  reazioni  alla 
fiamma.  Indispensabile  spesso  la  spettroscopia. 'Néi- 
l'analisi  chimica  per  via  umida  si  provano  solu- 
zioni di  particelle  del  corpo  da  analizzare  in  acqua 
e  in  acidi,  o  si  ricorre  alla  disaggregazione,  o  dis- 
soluzione, 0  dissociazione,  per  mezzo  dei  reattivi. 
Si  procede  in  seguito  ali  esame  dei  soluti,  in- 
tendendo nel  loro  vero  senso  le  parole:  scalda, 
fa  bollire,  evapora,  concentra,  tira  a  secco,  cal- 
cina, scalda  al  rosso,  ecc.  Si  passa  poi  all'esame  dei 
precipitati  (che  si  possono  ottenere  coi  vari  reagenti 
generali),  alla  ricerca  delle  basi  e  alla  separazione 
delle  varie  basi  di  ogni  gruppo.  Dopo  la  ricerca 
delle  basi  si  fa  quella  degli  acidi. 

Analisi  spettrale,  operazione  fondata  sul  fatto  della 
dispersione  della  luce  solare  per  mezzo  di  un  prisma 
di  cristallo  messo  in  un  apparecchio  detto  spettro- 
scopio, e  per  mezzo  del  quale  un  fascio  di  luce 
bianca  viene  sdoppiato  in  sette  radiazioni  dal  rosso 
al  violetto.  -  Analisi  spettroscopica,  quella  basata  sul 
riconoscimento  dei  corpi,  dalla  colorazione  che  im- 
partono alle  fiamme  o  ad  altre  sorgenti  calorifiche 
in  cui  si  arroventano,  mediante  l'uso  dello  spet- 
troscopio. 

Analisi  organica  elementare,  quella  che  determina 
la  proporzione  di  carbonio,  idrogeno,  ossigeno,  azoto, 
fosforo,  solfo  che  possono  entrare  a  formare  una 
sostanza  organica.  -  Analisi  organica  immediata, 
quella  che  ha  per  iscopo  il  riconoscimento  e  la  se- 
parazione dei  principi  organici. 

Analisi  tossicologica,  quella  parte  dell'analisi  chi 
mica  che  ha  per  iscopo  principale  lo  studio  dei 
processi  chimici,  che  servono  a  svelare  le  sostanze 
venefiche. 

Analisi  volumetrica,  l'analisi  quantitativa  per  pe- 
sata, detta  anche  ponderale  o  gravimetrica;  consiste 
nel  separare  dai  composti  i  loro  componenti,  sia  allo 
stato  libero,  sia,  il  che  ha  luogo  più  di  frequente, 
sotto  forma  di  un  nuovo  composto,  di  composizione 
definita  e  nota  e  nel  pesare  i  prodotti  che  si  otten- 
gono coll'esattezza  maggiore  possibile.  Il  peso  del 
componente  allo  stato  libero,  nel  primo  caso  dà  di- 
rettamente la  sua  quantità,  mentre  nel  secondo  caso, 
essendo  noto  il  rapporto  quantitativo  fra  i  compo- 
nenti del  nuovo  composto,  dalla  quantità  di  questo 
si  deduce  con  semplici  calcoli  di  proporzione,  la 
quantità  di  quelli.  1  risultati  sono  della  più  grande 
precisione.  -  Alcalimetria,  serie  di  operazioni  d'analisi 
volumetrica  titolata,  mediante  le  quali  si  determina 
0  si  viene  a  conoscere  la  quantità  degli  alcali,  come, 
ad  esempio,  la  potassa  e  il  carbonato  di  potassa 
nelle  potasse  commerciali. 

Intorbidamento,  l'opacamento  che  si  produce  in 
una  soluzione  per  mezzo  di  un  reattivo,  quando  il 
precipitato  che  si  forma  è  tenue  e,  rimanendo  so- 
speso nel  liquido,  gli  toglie  la  trasparenza.  -  Opale- 


544 


scenza,  il  lievissimo  intorbidamento  che  avviene 
in  una  soluzione  per  mezzo  di  un  reattivo  e  che  è 
tale  da  non  togliere  la  trasparenza  alla  soluzione 
stessa. 

Composti    chimici 
fra  i  più  importanti,  più  noti  e  più  usati. 

I  composti  chimici  importantissimi  e  quelli  la  cui 
importanza  non  è  sopratutto  chimica  sono  trattati 
in  speciali  articoli  nel  corso  dell'opera,  alfabetica- 
mente distribuiti.  -  Acetati,  sali  che  risultano  dalla 
combinazione  dell'acido  acetico  con  una  base.  L'o- 
cttato  di  potassio  serve  in  medicina,  come  antiset- 
tico, e  in  analisi  per  ricerche  chimiche.  L'acetato 
dt  ferro  serve  come  mordente  in  tintoria,  come 
l'acetato  d'alluminio.  -  Acetilene,  gas  che  si  ottiene 
trattando  con  l'acqua  il  carburo  di  calcio  o  altri 
carburi.  -  Acetilurt,  combinazioni  dell'  acetilene 
con  alcuni  metalli:  sono  esplosivi.  ■  Acidi,  com- 
posti chimici  contenenti,  unito  ad  un  gruppo  di  ele- 
menti fortemente  elettronegativi,  l'idrogeno,  sosti- 
tuibile, in  tutto  0  in  parte,  da  altri  elementi  più 
elettro-positivi.  In  generale,  hanno  sapore  più  o  meno 
acido  ed  arrossano  la  tintura  di  laccanmifa.  In  ogni 
acido  si  distinguono  due  parti:  l'idrogeno  basico, 
positivo,  e  la  parte  rimanente,  elettronegativa,  cioè 
il  residuo  ologenico.  -  Acidi  grassi,  classe  costi- 
tuita da  alcune  serie  di  acidi  organici  e  così  chia- 
mata perchè  comprende  molti  acidi  che  entrano 
nella  costituzione  dei  grassi  (veggasi  a  grasso). 

Alcali,  quelle  sostanze  di  azione  basica  energica, 
che  hanno  per  tipo  la  potassa  caustica.  Alcali. fissi 
la  potassa  e  la  soda  caustiche  ;  alcali  volatili, 
Yanirnoniaca  ;  alcali  organici,  le  basi  organiche, 
come  ad  esempio,  la  morfina.  Aleali  terrosi,  la 
barite,  la  calce,  la  stronziana).  -  Alcaloidi., 
sostanze  organiche  azotate,  quasi  tutte  velenose,  in 
grado  più  o  meno  eminente,  e  di  natura  basica,  cioè 
tali,  che  si  possono  combinare  agli  acidi  per  dar 
luogo  a  dei  sali.  Moltissimi  alcaloidi  si  trovano  nel 
regno  vegetale,  alcuni  anche  nel  regno  animale, 
dove  si  formano  specialmente  durante  la  putrefa- 
zione (ptomaine).  Altri  si  ottengono  artificialmente, 
come  pure  si  possono  preparare  per  sintesi  alcuni 
alcaloidi  naturali. 

Aldeidi,  molti  corpi  di  costituzione  chimica  si- 
mile e  che  sono  prodotti  di  ossidazione  degli  alcoli. 
ì]q]  semplice  nome  di  aldeide  si  intende  il  prodotto 
di  ossidazione  dell'alcool  comune  (etilico).  -  Aldeide 
benzoica,  il  costituente  principale  dell'olio  essenziale 
di  mandorle  amare:  a/tódecmnameca,  il  principale 
costituente  dell'olio  di  cannella,  usato  in  profumeria 
e  in  liquoreria;  aldeidati,  composti  salini  formati 
dall'aldeide  in  combinazione  con  le  basi. 

Alogeni,  sali  aloidi  o  generatori  di  sali,  gli  ele- 
menti del  gruppo  del  cloro,  e  sono  :  cloro,  bromo, 
iodio  e  flaore.  •  Aloidi  furono  detti  da  Herzelius 
quei  sali  che  derivano  dagli  elementi  alogeni,  cioè 
i  cloruri,  i  bromuri,  gli  ioduri,  i  fluoruri.  -  Amalgama, 
lega  A%\  mercurio  con  gli  altri  metalli,.  -  Amidi, 
composti  organici  azotati  formati  dalla  sostituzione 
di  radicali  acidi  all'  idrogeno  dell'  ammoniaca  - 
AmidofenoU,  corpi  leggermente  acidi  come  il  fenolo, 
e  nello  stesso  tempo,  anche  basici,  perchè  con  gli 
acidi  foriuanq  sali.  -  Amilici  alcoli:  la  teoria  ammette 
otto  alcoli  amilici,  isomeri  e  si  conoscono  tutti:  quattro 
alcoli  amilici  primarii,  tre  secondarli  e  uno  terziario, 
l'iù  propriamente,  il  nome  di  alcool  amilico  spetta 
àW  alcool  primario  normale.  -  Ammoniache  composte 


0  amine,  basi  organche  che  si  possono  conside- 
rare come  derivanti  dell'ammoniaca  per  sostituzione 
dell'idrogeno  con  radicali  alcoolìci. 

Anidridi,  i  composti  detti  anche  impropriamente 
acidi  anidri,  che,  fissando  gli  elementi  dell'acqua, 
si  trasformano  in  acidi.  -  Antracene,  idrocarburo 
solido  che  si  trova,  in  piccola  quantità,  nel  catrame 
di  carbon  fossile,  ma  che  si  condensa  in  gran  quan- 
tità nella  parte  meno  volatile,  ossia  negli  ultimi 
prodotti  che  si  ottengono  dalla  distillazione  del  ca- 
trame stesso  (  olii  antracenici).  -  Antrachinone,  pro- 
dotto di  ossidazione  deli' antracene.  -  Apóbasi  o  apo- 
alcaloidi,  i  prodotti  che  si  ottengono  per  disidra- 
tazione di  molti  alcaloidi.  Più  propriamente  si  do- 
vrebbero nominare  amido  -  alcaloidi.  -  Argento 
{sali  di),  oltre  al  nitrato  e  al  cloniro,  sono  usati 
il  solfalo,  l'acetato,  l' ioduro,  il  bromuro,  il  cianuro 
ecc.-  Aria  epatica,  l'acido  solfidrico  (idrogeno  sol- 
forato, acido  idrotionico,  monosolfuro  d'idrogeno).  - 
Arseniali,  sali  dell'acido  arsenico.  Più  importanti  i 
seguenti:  arseniato  di  soda  (a.  bisodico);  l'arseniato 
di  potassa;  l'arseniato  di  ammoniaca;  l'arseniato  di 
mercurio  ;  di  rame,  di  ferro.  •  Arseniti,  i  sali  del- 
l'acido arsenioso.  Noti:  l'arsenilo  di  rame,  di  po- 
tassa, di  soda.  -  Azo/lavina,  sostanza  colorante  deri- 
vata dal  catrame,  appartenente  al  gruppo  degli  azo- 
derivati.  -  Azzurri,  veggasi  ad  azzurro. 

Baì'io  {sali  di):  noto  specialmente  il  solfato,  - 
Barite,  nome  col  quale  si  designano  tanto  gli  ossidi 
che  l'idrato  di  bario,  cioè  i  prodotti  seguenti  :  os- 
sido e  protossido  di  bario  {bdiVite  anidra  o  caustica); 
biossido  e  perossido  di  bario  (barite  ossigenata); 
idrato  di  bario  (barite  idrata).  -  Benzoati,  i  sali 
dell'acido  benzoico:  costituiscono  prodotti  essen- 
zialmente adoperati  in  medicina,  come  i  benzoati 
(li  magnesia,  litina,  soda,  calce,  mercurio,  bismuto, 
ammoniaca,  betandftolo,  guaiacolo,  ecc.  -  Benzolo, 
idrocarburo  che  si  trova  nel  catrame  di  carbon  fos- 
sile e  che,  comunemente,  si  chiama  anche  benzina. 
-  Bicarbonati  {carbonati  acidi),  i  carbonati  in  cui 
un  solo  atomo  di  idrogeno  dell'acido  carbonico 
idrato  è  stato  sostituito  da  un  metallo.  I  bicarbo- 
nati alcalini  sono  i  più  importanti  :  cosi  i  bicarbo- 
nati di  potassio  e  i  bicarbonati  di  sodio. 

Bicromati,  sali  dell'acido  cromico  contenenti 
una  maggior  quantità  d'acido  rispetto  al  metallo, 
che  non  i  cromati.  Importanti:  i  bicromati  di  am- 
moniaca, di  potassa,  di  soda.  -  Bismuto  (sah 
di),  importanti  :  il  nitrato  basico  {magistero  di  bi- 
smuto), il  gallato  {dermatol),  il  benzoato,  il  salicilato 
il  naftolato,  il  tannato.  -  Boracite,  tetraborato  di 
magnesia  con  cloruro  ed  idrato  di  magnesia.  -  Bo- 
rali, sali  dell'acido  borico  che  non  hanno  grande 
importanza  commerciale,  eccettuato  il  borato  sodico 
{borace). 

Bromati,  sali  dell'acido  bromico,  il  quale  non 
esiste  che  in  soluzione.  Sono  i  bromati  alcalini 
usati  specialmente  nell'analisi  chimica  (bromato  di 
potassio  e  bromato  di  sodio).  -  Bromuri,s3di  dell'a- 
cido bromidrico  :  i  più  usati  sono  quelli  di  potassio 
e  di  sodio.  Nella  medicina  e  nella  farmacia  tro- 
vano impiego  anche  i  bromuri  di  ammonio  (bromi- 
drato  di  ammoniaca),  di  litio,  di  bario  (per  la  pre- 
parazione dell'acido  bromidrico  puro),  di  ferro 
{bromuro  ferroso)  di  nichelio,  di  meì'cuno  e  final- 
mente i  bromuri  d'oro,  di  piombo,  di  bismuto,  di 
arsenico  e  di  cerio,  di  rubidio,  cadmio  e  stìonzto, 
nonché  alcuni  òrojttMn' di  alcaloidi,  quali  i  bromidrati 
di  chinina,  cinconina,  eserina,  morfina.  -  BromOf 
veggasi  a  questa  voce. 


545 


Cacodilah,  sali  cristallini  formati  dall'acido  ca- 
■odilico  con  le  basi  {cacodilato  di  sodio  e  cacodilalo 
di  mercurio),  -  Cadmio  (sali  di):  importanti  il  sol- 
furo, usato  in  pittura  ;  il  soìiato,  velenoso,  usato  in 
oculistica  ;  il  cloruro,  il  ioduro,  il  bromuro,  usati 
in  fotografìa.  -  Calcio  (sali  di),  molto  sparsi  e  ab- 
bondanti in  natura,  come  il  marmo,  la  creta^  il 
gesso,  i  fosfati  naturali.  Fabbricati  artilicialmente: 
Vipoclorito  (cloruro  di  calce),  il  solfito,  il  cloruro, 
il  solfuro,  ecc.  -  Carbonati,  i  sali  dell'acido  carbo- 
nico, molto  sparsi  in  natura.  Il  marmo,  la  creta, 
la  pietra  litografica,  i  carbonati  di  potassa  e 
di  soda,  quelli  di  bario,  stronzio,  magnesio, 
ammotiiaca,  litiiia,  zinco,  bismuto,  ecc.  -  Car- 
borundum, carburo  di  silicio  cristallizzato. 

Carburi,  composti  dei  metalli  col  carbonio,  che 
si  ottengono  sottoponendo  ad  altissima  temperatura 
gli  ossidi  metallici,  misti  a  carbone.  Importanti  i 
carburi  di  calcio  e  di  silicio.  Preparati  in  questi 
ultimi  anni  i  carburi  di  :  litio,  bario,  stronzio, 
cerio,  lantanio,  torio,  berillio,  allamiìiio, 
manganese,  uranio,  ecc.  -  Cianuri,  sali  dell'a- 
cido cianidrico.  -  Citrati,  i  sali    dell'acido  citrico' 

-  Clorati,  sali  dell'acido  dorico.  -  Cloroidrati,  o 
idroclorati,  veggasi  a  cloridrico  (acido). 

Cloruri,  0  muriati,  veggasi  a  cloro.  -  Cromali,  i 
sali  dell'acido  cromico.  -  Cromo  (sali  di),  le  com- 
binazioni del  cromo  con  i  vari  acidi. 

Destrina,  prodotto  di  trasformazione  dell'amido 
sotto  l'azione  di  un  fermento  detto  :  «  diastatico». 
Si  trova  nella  carne  di  alcuni  erbivori.  Usata,  su 
larga  scala,  per  l'apparecchio  dei  tessuti,  •  Diossi- 
benzoli  o  diossibenzeni,  fenoli  derivanti  dal  benzene 
con  due  ossidrili.  -  Egoli,  composti  mercuriali  che 
si  ottengono  combinando  col  mercurio  i  derivati 
parasolfonici  dei  vari  fenoli,  nella  molecola  dei 
quaU  è  stato  previamente  introdotto  un  nitro-gruppo. 

-  Èteri,  veggasi  ad  etere.  -  Etile,  radicale  dall'or- 
dinario alcool  e  dell'etere.  -  Etilene,  idrocarburo 
che  si  ottiene  quando  si  scalda  una  miscela  di  al- 
cool, con  eccesso  di  acido  solforico  concentrato. 
Gas  incoloro  che  brucia  con  fiamma  luminosa  e 
che  trovasi  in  quantità  notevole,  nel  gas  illumi- 
nante. 

fegato  di  solfo,  denominazione  generica  dei  sol- 
furi alcalini  solubili  nell'acqua,  ma  più  specialmente 
il  solfuro  di  potassio.  -  Fenati,  veggasi  a  fenico 
acido.  -  Fenilidrazina,  sostanza  usata  nei  laboratori 
per  varie  reazioni  chimiche  e  che  ha  servito  ad  una 
delle  più  belle  ed  importanti  sintesi  della  chimica 
odierna,  la  sintesi  degli  zuccheri,  -  Fenoftaleina,  so- 
stanza che  si  forma  dal  fenolo,  usata  come  indica- 
tore in  analisi  volumetrica.  -  fenoli,  i  derivati 
idrossilici  degli  idrocarburi  aromatici.  -  Fermenti, 
organismi  cellulari  animali  o  vegetali  che  si  svilup- 
pano e  crescono  a  spese  dei  corpi  organizzati  :  veg- 
gasi a  fermento. 

Ferro  {sali  di),  veggasi  a  ferro.  -  Ferrocianuro 
di  piombo,  polvere  bianca,  usata,  in  unione  al  clo- 
rato di  potassio,  qualche  volta  nelle  paste  da 
fiammiferi,  o  come  esplodente  -  Fluoruri,  veggasi  a 
fluoro.  -  Forfurolo,  sostanza  che  si  trova  negli 
spiriti  greggi  e  nei  prodotti  della  rettificazione  de, 
medesimi.  Si  usa  come  reattivo  dell'o/to  di  sesamo' 

-  Formene,  il  metano,  che  è  il  primo  termine  di 
una  serie  di  idrocarburi  saturi,  detta  appunto  serie 
formemica  o  metanica.  -  Formiati,  sali  dell'acidot 
formico.  -  Formai,  formolo  o  formaldeide  (al-' 
deide   metilica,   metilal,   metanal,  ossimetilene),   pò 


Prbmoli  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


tente  antisettico,  che  diede  origine  a  numerosissimi 
preparati. 

Fosfati,  sali  dell'acido  fosforico.  -  Fosfiti,  i  sali 
derivanti  dall'acido  fosforoso,  e  si  distinguono  in 
acidi  e  neutri.  Usati,  ma  raramente,  il  fosfito  di 
calce  e  il  fosfito  di  soda. 

Gallati,  sali  dell'acido  gallico.  -  Glicerati,o  gli- 
cerolati,  i  derivati  a  Ideici  della  glicerina.  -  Glice- 
rammina,  base  liquida  che  fornisce,  decomponendosi, 
la  dibromidrina.  -  Glicendi  e  glicerofosfati,  veggasi 
a  glicerina. 

Glucosidi,  classe  assai  numerosa  di  sostanze,  molto 
sparse  nel  regno  vegetale,  le  quali,  per  azione  degli 
acidi  0  degli  alcali,  o  di  fermenti  speciali,  si  sdop- 
piano in  uno  s«*6Y7<-ero  (ordinariamente  glucosio) 
e  in  altre  sostanze  di  natura  diversa  (acidi,  alcooli, 
fenoli,  aldeidi).  -  Grassi,  nome  dato,  generalmente, 
a  quelle  sostanze  di  origine  animale  o  vegetale, 
che  hanno  composizione  analoga  a  quella  degli  olì, 
ma  che  sono  solide  alla  temperatura  ordinaria. 

Iconogeno,  potente  riduttore,  che  precipita  l'oro, 
l'argento,  il  mercurio  dalle  loro  soluzioni  :  molto 
usato  in  fotografia  come  sviluppatore. 

Idracidi,  acidi  formati  da  un  elemento  con  idro- 
geno, e  non  contengono  ossigeno.  Con  le  basi  formano 
dei  sali  il  cui  nome  ha  desinenza  in  uro  (solfuro, 
cloruro,  bromuro),  -  Idrato  (che  contiene  acqua  in 
combinazione),  prodotto  dalla  combinazione  di  un 
ossido  coH'acqua.  Nella  nomenclatura  chimica,  idrato 
indica  appunto  il  composto  ottenuto  da  un  ossido 
coH'acqua  (idrato  potassico,  sodico,  ammonico  ecc.) 
-  Idrati  di  carbonio  o  idrocarburi,  composti  di  car- 
bonio 0  idrogeno,  che  formano  il  nucleo  principale 
della  chimica  organica.  Si  distinguono  in  saturi, 
non  saturi  e  di  serie  aromatica  (benzina).  Si  tro- 
vano come  componenti  principali  negli  organismi.  - 
Idrochinone,  prodotto  di  sostituzione  della  benzina, 
in  chimica  è  detto  anche  benzenediol.  -  Idrofluo- 
sihcati  0  ftiiosilicati,  sali  dell'acido  fluosilicico  - 
Idrolati,  sinonimo  di  acque  aromatiche  ed  acque  di- 
stillate aromatiche. 

Idroliti  animali,  brodi,  ossia  soluzioni  di  sostanze 
animali  :  liquidi  tenenti  in  soluzione  i  principi  solu- 
bili dei  tessuti  animali,  e,  per  lo  più,  del  tessuto  mu- 
scolare dei  medesimi.  -  Idrosofiti,  sali  che  si  formano 
in  soluzione,  facendo  reagire  lo  zinco  sopra  una  solu- 
zione concentrata  e  fredda  di  anidride  solforosa,  o 
di  un  bisoljito.  L'idrosolfito  di  soda  serve  neira?ia- 
lisi  chimica,  per  la  determinazione  dell'ossimoro 
nelle  acque,  nel  sangue,  ecc.  -  Idrossilammina,  base 
che  dà  sali  cristallizzati  h&ì\  definiti,  dei  quali  il 
più  comune  è  il  cloridato,  che  usasi  qualche  volta 
in  medicina,  ma  specialmente  in  fotografia,  come 
rivelatore,  e  nei  laboratori  chimici.  -  lodali,  sali 
dell'acido  iodico.  -  Ioduri,  sali  dell'acido  iodi- 
dricò  -  Inodoriti,  sali  dell'acido  ipocloroso. 

Ipofosfiti,  sali  dell'  acido  ipofosforoso,  dei  quali 
usansi  in  medicina  gli  ipofosfiti  di  sodio,  di  calce, 
di  ferro,  ecc.  -  Iposolfiti,  sali  dell'acido  iposolforoso, 
non  ancora  potuto  ottenere  allo  stato  libero.  I  più 
usati  sono  quelli  di  calce  e  soda. 

Ialine,  gruppo  di  idrati  di  carbonio  azotati,  di 
natura  colloide,  che  si  ottengono  per  sdoppiamento 
dei  jalogeni.  -  lalogeni,  glico-proleidi,  di  composi- 
zione ancora  non  ben  nota. 

Lattati,  sali  dell'acido  lattico.  -  Latte  di  solfo, 
liquido  lattiginoso  che  si  ha  per  precipitazione  d'un 
solfuro  con  un  acido.  -  Lievito  o  fermento  :  comu- 
nemente quei   microrganismi  {saccaromiceti,   ecc.) 


95 


546 


che  producono  la  fermentazione  alcoolica  delle  so- 
stanze zuccherine. 

Continua  la.  serie  dei  composti. 

Magistero  di  bismuti^  polvere  cristallina,  bianca, 
che  si  ottiene  quando  si  diluisce,  con  molta  acqua, 
ima  soluzione  di  bismuto  nell'acido  nitrico.  Usato 
largamente  in  medicina,  in  profumeria  e  nell'aiia- 
bsi  chimica.  •  Magnesio  {sali  di),  veggasi  a  magne- 
sio. -  Maltosio,  idrato  di  carbonio  che  proviene  dal- 
l'amido per  azione  della  diastasi,  che  lo  scinde  in 
maltosio  e  destrina.  -  Manganati,  mezzi  ossidanti,  di 
color  verde,  che,  all'aria,"  e  per  azione  degli  acidi, 
diventano  rossi,  trasformandosi  in  permanganati, 
i  quali  sono  sali  molto  più  utilizzati. 

Margarati,  sali  tormati  dall'acido  margarico  com- 
binato colle  basi.  -  Margarico,  acido  che  si  leva 
dal  sego. 

Mefite,  nell'antica  chimica,  il  prodotto  della  com- 
bustione dello  solfo  (acido  solforoso)  e  di  sali  con 
eccesso  di  base,  formati  dall'acido  carbonico: 
contengono  aria  mefitica,  cioè  acido  carbonico. 
-  Mercaptali,  composti  solforati  analoghi  agli  ace- 
fali. -  Mercurio  {sali  di),  detto  a  mercurio  -  Me- 
taìli,  veggasi  a  metallo.  -  Metalloide,  veggasi  a 
questa  voce.  -  Melano  o  formene,  idruro  di  melile, 
protano:  chiamasi  così  il  gas  delle  paludi.  -  Metila- 
mine,  le  amine  corrispondenti  all'  alcool  metilico, 
basi  energiche,  assai  importanti.  -  Metilene,  bicar- 
bonato d'idrogeno  ipotetico,  supposto  radicale  del- 
l'alcool metilico.  -  Metilici  composti,  veggasi  a  m,e- 
tilico  (alcool)  -  Mezzeltoni,  sinonimo  di  stra- 
monio. -  Minio,  l'ossido  rosso  di  piombo. 

Naftoli,  veggasi  a  naftalina.-  Natrium,  nome 
latino  del  sodio.  -  Nichelio  {sali  di),  veggasi  a  ni- 
chelio. -  Nitrati,  sali  derivanti  dalle  combinazioni 
dei  metalli  con  l'acido  nitrico.  -  Nitrili,  corpi 
isomeri  formati  per  trasformazione  al  calore  delle 
carbilamine  -  Nitriti  o  azoliii,  i  sali  prodotti  dal- 
l'unione dell'acido  nitroso  e  azotoso  con  le  basi  sa- 
lificabili. II  nitrito  d'amile  si  usa  in  medicina  con- 
tro l'asma  e  le  irritazioni  nervose  ;  il  nitrito  di 
potassio  è  usato  nell'analisi  chimica.  Il  nitrito  di 
sodio  è  usato  per  la  preparazione  dei  colori  del 
catrame,  -  Nilrobenzina  {nilrobenzolo,  olio  od  es- 
senza  di  mirbana):  si  ottiene  facendo  agire,  in  de- 
terminate condizioni,  l'acido  nitrico  sul  benzolo: 
usato  in  profumeria.  -  Nitrocloroformio,  corpo  in- 
coloro, solido  ad  una  temperatura  inferiore  a  15°,  cri- 
stallizzabile in  cubi,  solubile  nell'acqua:  s'infiamma 
facilmente  e,  scaldato,  detuona.  -  JSitroglicerina,  detto 
a  dinamite.  -  Nitrosoderivati,  composti  che  si 
hanno  trattando  le  amine  secondarie  con  acido  ni- 
troso. -  Nilroelani,  composti  che  si  ottengono  trat- 
tando gli  ioduri  dei  radicali  alcoolici  con  nitrato  d'ar- 
gento. -  Nitrogene,  veggasi  ad  azoto.  ■  Nitromelano, 
il  nitroetano  per  ecccellenza. 

Nitroprussiati,  sali  risultanti  dall'azione  dell'acido 
nitrico  sui  ferrocianuri.  I  più  importanti  sono  : 
quello  di  sodio,  usato  nell'ana/ist  chimica  per  la 
ricerca  dell'alcool,  e  quello  di  rame,  usato  come 
reattivo. 

0,  simbolo  chimico  dell'ossigeno.  Anticamente,  in- 
dicava una  preparazione  d'oro  e  allume. 

Oleati,  sali  flell'acido  oleico.  -  Olefine,  idrocar- 
buri del  tipo  deWetilene.  -  Orpimento,  solfuro  di 
arsenico.  -  Ossacidi,  acidi  che  rnntensiono  ossigeno: 
danno  origine    a   dei  sali  il  cui  nome  termina  in 


alo  (solfato,  clorato,  bromato),  -  Osmicv  acido,  detta 
ad  osmio.  -  Ossalali,  i  sali  dell'acido  ossalico.  • 
Ossidi,  veggasi  a  ossido. 
Pentano,  idrocarburo  che  trovasi  nel  petrolio  greggio. 

-  Pentihci  composti,  quelli  organici  della  serie  grassa, 
contenenti  cinque  atomi  di  carbonio  e  che  hanno  coms 
idrocarburo  tondamentale  il  pentano.  Tali  il  cloruro 
di  amile,  il  nitrato  di  amile,  Vamilene,  o  pentale,  ecc. 

-  Percarbonati,  sali  che  si  ottengono  sottoponendo 
all'elettrolisi,  a  bassa  temperatura,  una  soluzione  di 
un  carbonato.  I  percarbonati  di  potassa  e  di  soda 
furono  proposti  come  decoloranti.  -  Perclorati,  sali 
deWacido  perclorico,  liquido  volatile,  usato  in  so- 
luzione, nell'analisi  chimica,  per  la  ricerca  e  la  de- 
terminazione del  potassio.  -  Permanganati,  veg- 
gasi a  ìnanganato,  -  Perossidi,  detto  a  ossido.  - 
Persolfati:  si  ottengono  sottoponendo  all'azione  del- 
la corrente  elettrica  una  soluzione  concentrata  di 
un  solfato  in  acido  solforico,  mantenuta  fredda.  U- 
sati  per  reazioni  e  sintesi  in  chimica  organica,  per 
l'imbianchimento  delle  libre,  come  disinfettanti,  e 
in  fotografia  i  persolfati  di  ammoniaca  e  di  potassio. 

Picrati,  sali  dell'acido  picrico.  •  Piombati,  sali 
insolubili  che  si  ottengono  fondendo  un  carbonato 
alcalino  o  alcalino  terroso  con  litargirio.  -  PirogaU 
lati,  sali  dell'acido  pirogallico.  -  Poliglicoli,  veg- 
vasi  a  glicolo.  -  Potassio  {sali  di),  le  combinazioni 
del  potassio  con  vari  acidi. 

Propilici  composti,  composti  organici,  derivanti  dal 
propano  e  contenenti  il  gruppo  o  radicale  mono- 
valente detto  propile.  -  Proteina,  sostanza  albumi- 
noide  degli  organismi,  azotata,  di  composizione  molto 
complessa.  -  Protobromuro,  primo  grado  di  combi- 
nazione d'un  corpo  semplice  col  bromo.  -  Proto- 
cloruro,  primo  grado  di  combinazione  d'un  corpo 
semplice  col  cloro.  -  Protoioduro,  primo  grado  di  com- 
binazione d'un  corpo  semplice  con  l'iodio.  -Protossidi, 
i  composti  di  ossigeno  e  di  un  metallo,  che  fanno 
l'ufficio  di  base. 

Prussiati,  antica  denominazione  dei  cianuri  me- 
tallici, semplici  0  doppi:  usati   nella  tintoria.   - 

Ptomaine,  sostanze  basiche  scoperte  da  Francesco 
Selmi  fra  i  prodotti  della  putrefazione  e  che  si 
producono  per  iscomposizione  degli  albuminoidi. 

Ancora  i  composti. 


Rame  {sali  di),  veggasi  a  ram.e.  -  Realgar,  com- 
binazione di  arsenico  e  di  zolfo.  -  Besinali,  combi- 
nazioni degli  acidi  resinolici,  contenuti  in  alcune 
resine,  coi  metalli,  e  dicesi  specialmente  di  acidi 
contenuti  nella  colofonia.  -  Ródamine,  rosinduline, 
rossi,   colori  artificiali  derivati  dal   catrame. 

Saccarati,  i  composti  che  si  formano  per  l'azione 
delle  basi  {soda,  potassa,  calce,  stronziana,  ba- 
rite) sul  saccarosio.  Importanti  i  saccarati  di 
calce,  stronziana  e  barite,  specialmente  i  due  primi. 
-  Saccarosio,  lo  zucchero.  -  Sale,  nome  dato  da 
Lavoisier  al  prodotto  della  combinazione  di  un  ossi- 
acido  con  un  ossido  metallico:  nella  chimica  mo- 
derna, il  prodotto  della  sostituzione  di  un  metallo 
all'idrogeno  basico  degli  acidi,  e  il  prodotto  della 
combinazione  di  un  acido  con  una  base:  sono  acidi 
neutri,  doppi,  misti,  ossigenali,  non  ossigenati.  -  Sa- 
licilati, sali  dell'acido  salicilico.  -  Saloli,  gli  eteri 
fenolici  di  vari  acidi  aromatici  e  principalmente 
l'acido  salicilico.  Tipo,  il  salolo  ordinario,  o  sa- 
licilato di  fenile. 

Saponi,  i  sali   degii   acidi  grassi,  che  si  ottén- 


54  7 


pono  decomponendo  (  saponificando  )  le  sostanze 
grasse  con  gli  alcali  caustici,  coi  carbonati  alcalini 
o  con  alcuni  ossidi  alcaliiio-terrosi,  terrosi  o  metal- 
lici. -  Seghi,  miscugli  di  i^hreridi,  solidi  e  piuttosto 
duri,  nei  quali  prevalgono  ìa  palìinlina  e  h  stearina. 

-  Serie,  insieme  di  idrocarburi  che  si  deducono  l'un 
l'altro,  mediante  l'agtiiiinta  di  uno  stesso  gruppo  di 
di  atomi,  e  anche  di  sostanze  organiche,  che  hanno 
analoga  costituzione  chimica  e  analoga  proprietà  {se- 
rie  organica).  -  Serie  aromatica,  classe  speciale  di 
sostanze,  rici^he  in  carbonio  e  povere  di  idrogeno, 
che  si  distinguono,  la  maggior  parte,  per  una  fra- 
granza aromatica.  -  Silicati,  veggasi  a  silice. 

Solfati,  i  sali  dell'acido  solforico.  -  Solfidratì, 
combinazioni  dell'acido  solfìdrico  e  di  idrogeno  sol- 
forato con  le  basi  saliUcabili,  quali  la  calce,  la  po- 
tassa, la  soda,  ecc.  -  Solfiti,  sali  derivanti  dall'u- 
nione dell'acido  solforoso,  con  le  basi  salificabili, 

-  Solfoacidi,  non  esistenti  allo  stato  libero,  ma  di 
cui  si  conoscono  i  sali,  detti  solfosali.  -  Solfoboli, 
speciali  solfuri,  il  cui  radicale  funge  da  base  nei 
solfosali,  -  Solfobotilico  acido,  scoperto  da  Wurtz: 
si  forma  per  l'azione  diretta  dell'acido  solforico  sul- 
l'alcool butilico.  -  Solfocianidrico  acido,  corpo  che 
si  estrae  dal  solfocianuro  di  potassio.  -  Solfociano- 
geno,  corpo  scoperto  da  Liebig,  solido,  amorfo,  gial- 
lastro, insolubile.  -  Si  hanno  poi  acidi  solfogliceri- 
co,  sotfoindigotico,  solfoporporico,  accennati  a  zol- 
fo. -  Solfocianuri ,  i  sali  dell'acido  solfocianico.  - 
Solfoidrati,  combinazioni  dello  zolfo  con  idrogeno 
e  col  metallo.  -  Solfuri,  combinazioni  dello  zolfo 
con  un  altro  elemento.  -  Spiriti,  alcoolati  o  acque 
spiritose  che  si  ottengono  distillando  con  alcool 
sostanze  contenenti  sostanze  volatili,  o  soluzioni 
alcooliche  di  olì  essenziali,  o  soluzioni  alcooliche 
di  qualche  etere.  -  Spirito,  Yalcool  del  commer- 
cio, che  si  forma,  come  è  noto,  nella  fermenta- 
zione cosidetta  alcoolica  dei  liquidi  contenenti  zuc- 
chero. -  Stagno  (sali  di),  veggasi  a  stagno. 

Stearina  o  acido  stearico,  combinazione  dell'acido 
stearico  con  la  glicerina.  -  Stronzio  {sali  di),  detto 
a  stronzio. 

Sublimato  corrosivo,  veggasi  a  mercurio.  -  Sudan 
{colori  di),  derivati  dal  catrame,  appartenenti  al 
gruppo  degli  azocolori.  -  Succinati,  i  sali  dell'acido 
succinico. 

Tallina,  alcaloide  artificiale,  derivato  dalla  chi- 
nolina, usato  in  medicina  sotto  forma  di  solfato, 
0  di  tartrato.  -  Tallio  {sali  di),  velenosi,  usati  per 
preparare  vetri  speciali,  dotati  di  forte  potere  ri- 
frangente. 

Tannati,  i  composti  dell'acido  tannico.  -  Tartrati, 
i  sali  dell'acido  tartarico.  -  Tartrazina,  detto  a 
colori,  -  Terpeni,  gli  idrocarburi,  il  cui  tipo  é  il  ter- 
pene dell'essenza  di  trementina.  -  Tiofenoli,  com- 
posti formantisi  per  l'azione  del  solfuro  di  fosforo 
sui  fenoli.  -  liolo,  miscut^lio  di  idrocarburi  solfo- 
rati, resi  poi  solubili  coll'acido  solforico.  -  Tolui- 
dina,  base  organica,  analoga  alt'  anilina.  -  Toluolo, 
idrocarburo  che  si  trova,  insieme  al  benzolo,  nel 
catrame  di  carbon  fossile,  usato  come  solvente  e 
per  la  preparazione  dei  colori  artificiali. 

Uranio  {sali  di),  detto  ad  uranio. 

Urati,  sali  dell'acido  urico.  -  Urea,  usata  in  me- 
dicina come  diuretico:  esiste  nell'orina  e  si  può  ot- 
tenere anche  artificialmente.  -  Uretani,  gli  eteri  del- 
l'acido carbammico,  cioè  le  combinazioni  di  questo 
acido  con  gli  alcooli  :  veggasi  a  ètere. 

Valerianati,  sali  dell'acido  valerianico.  -  Va- 


nadato  ammoniaco,  detto  a  vanadio,  -  Verdi,  vio- 
lamine,  violetti,  detti  a  colore. 

Zimasi,  nome  dato  ai  fermenti  amorfi  o  chimici, 
denominati  anche  diastasi,  enzimi.  -  Zinco  {sah  di), 
vegliasi  a  zinco.  -  Zuccheri,  serie  numerosissima  di 
soslanze  organiche,  composte  di  carbonio,  idrogeno  ed 
ossigeno.  Si  suddividono  in  monosaccaridi  od  esaosi 
(glucosio,  levulosio,  galattosio,  sorbosio,  manno- 
sio,  ecc),  disaccaridi  o  esabiosi  (saccarosio,  zucchero 
di  latte,  maltosio,  melabiosio,  ecc.),  trisaccaridi  e 
esatriosi  (raflinosio)  e  polisaccaridi  (amido,  cellulosa, 
destrina,  gomma). 

Chimico.  Aggettivamente,  di  chimica,  appar- 
tenente alla  chimica.  Sostantivamente,  chi  studia  o 
insegna  chimica,  o  se  ne  occupa.  -  Dottore  in  chi- 
mica, laureato  in  questa  scienza. 

Chimismo.  Complesso  degli  atti  chimici  che 
si  compiono  nei  diversi  tessuti,  organi  o  liquidi  or- 
ganici, relativamente  a  una  determinata  lunzione 
(chimismo  gastrico,  respiratorio,  ecc).  Anche  studio 
chimico  completo  d'una  speciale  funzione,  in  con- 
dizioni normali  o  patologiche. 

Chimo.  Massa  degli  alimenti  trasformati  nella 
digestione» 

Ciiimoslna  Veggasi  a  digestione. 

China.  Calata,  scesa,  pendio  di  terreno,  in 
monte,  in  colle,  ecc. 

China  o  chinachina.  Scorza  amara  di  al- 
beri indigeni  del  Perù,  adoperata  in  medicina,  per 
la  sua  azione  tonica  e  febbrifuga,  in  farmacia  per 
preparare  estratti,  tinture  alcooliche,  decotti,  be- 
vande, ecc.  -  Polvere  dei  Gesuiti,  nome  dato,  nel  se- 
colo XVII,  alla  corteccia  di  china  perchè  i  Gesuiti 
furono  quelli  che  più  specialmente  si  occuparono 
di  farne  conoscere  le  virtù:  detta  anche  polvere  della 
contessa,  polvere  del  cardinale,  corteccia  peruviana. 
•  Calisaya,  la  corteccia  della  china  regia.  -  China 
aromatica,  o  falsa  china,  la  cascarilla. 

Chinato,  fatto  con  china,  contenente  china  (vino 
chinato,  ecc.)  -  Chinimetria,  modo  di  dosare  la  chi- 
nina della  corteccia  di  china. 

Cincona  (cinchona),  genere  di  piante  rubiacee  che 
forniscono  le  varie  specie  di  china.  Specie  :  la  cin- 
cona condaminea  o  china  grigia  ;  la  china  gialla  ;  la 
ranciala;  la  china  a  grandi  foglie,  che  dà  le  più 
note  fra  le  chine  rosse,  ecc, 

Acetischinina,  modificazione  alla  preparazione  del- 
l'acetato di  chinino,  che  dà  dei  cristalli  pressoché 
insapori,  pure  conservando  le  proprietà  del  chinino. 

Acido  chinico  :  si  ottiene  come  prodotto  seconda- 
rio nella  fabbricazione  della  china  :  polvere  cri- 
stallina, solubile  nell'acqua.  Si  usa  come  agente  cu- 
rativo nella  diatesi  urica  alla  dose  di  gr.  0,50  per 
volta,  6  0  7  volte  al  giorno.  -  Chinafenina  o  chi- 
naferina,  carbonato  di  chinina  e  di  fenetidina,  effi- 
cace nella  tosse  convulsiva  e  nella  cefalea..  -  China' 
tina,  chinina  ossidata.  -  Chinina,  chinino,  alcaloide; 
che  si  trova  nella  scorza,  nel  fusto,  nel  rami  delle 
diverse  varietà  di  cincona,  uno  dei  più  efficaci 
rimedi  che  possediamo,  notissimo  e  usato  in  me- 
dicina come  febbrifugo.  -  Chinoidina,  miscuglio 
di  vari  alcaloidi,  contenuti  nelle  corteccie  di  china. 
-  Cinconidina,  isomero  della  cinconina,  di  azione 
convulsiva  negli  animali  superiori  (cane,  gatto,  co- 
niglio) -  Cinconina,  prodotto  accessorio  nell'  estra- 
zione della  china:  agisce  sulla  circolazione  in  modo 
analogo  alla  chinina.  -  Omocinconicina,  alcaloide 
della  china  cùprea.  -  Litrachinina,  alcaloide  della 
china  cuprea.  — 

Cinconismo,  l'avvelenamento  provocato  dalle  alte 


548 


CHINARE    —    CHIODO 


dosi  di  un  sale  di  chinina.  -  Chinometro.  apparec- 
chio speciale  destinato  a  dosare  la  chinina  in  una 
corteccia. 

OMnare  (chinato).  Piegare  in  basso,  abbas- 
Sdire;  volgere  verso  terra,  di  cosa  e  anche  di  per- 
sona (chinarsi,  inchinarsi,  fare  mc7imo);  reclinare, 
reclinarsi.  -  Chino,  piegato  in  basso,  detto  per  lo 
più  del  corpo  umano  :  abbassato,  con  la  persona 
chinata.  -  Prono,  inclinato,  chinato,  inchinato. 

Chincaglie ,  chincagliere ,  chincaglie- 
ria. Veggasi  a  mereiaio. 

Ohinéa.  Il  cavallo  che  va  di  portante. 

Ohinetoscopio.   Detto  a  cinematografo. 

Chinino.  Estratto  di  china:  chinina.-  Bromo- 
chinol,  polvere  bianca,  leggera,  amara  che  ha  le 
stesse  proprietà  terapeutiche  del  chinino. 

Chino.  Detto  a  chinare. 

Chinolina.  Base  organica  che  si  trova  nel  ca- 
trame di  carbon  fossile. 

Chioccare  {chioccalo)  Detto  a  frusta  e  a  per- 
cossa. 

Chioccia.  La  gallina  che  cova. 
Chiocciare ,  chiocciata.    Veggasi   a    gal- 
lina. 

Chiòccio.  Detto  a  gallina. 

Chiocciola.  Veggasi  a  lumaca,  a  scala  e  a 
vite. 

Chiocciolino.  Detto  a  lumaca  e  a  ciatn- 
bella. 

Chiocco.  Veggasi  a  frusta. 

Chioccolare  (chioccolato).  Modo  di  fischiare. 

Chiòccolo.  Grosso  fischio. 

Chlodagione.  Detto  a  chiodo. 

Chiodàia.  Veggasi  a  chiodo. 

Chiodaiuolo.  Detto  a  chiodo. 

Chiodame.  Veggasi  a  chiodo. 

Chioderia.  Detto  a  chiodo. 

Chiodi  di  garofano.  Veggasi  a  garofano. 

Chiodo.  Pezzo  di  metallo,  comunemente  di  ferro, 
aguzzo,  ossia  a  punta  da  un'estremità,  con  cappello 
0  capocchia  dall'altra:  è  di  fusto  per  lo  più  pii'a- 
midalmente  quadrangolare  o  anche  rotondo  ;  usato 
per  conficcare,  per  attaccare  quadri,  ecc.:  chio- 
vello,  chiovo,  aguto  (voce  antiquata).  -  Chiodettino, 
chiodetto,  piccolo  chiodo  :  chiodello,  chiodino  - 
Chiodane,  grosso  chiodo  :  bollone,  bollettone,  bui- 
lettone,  chiavarda.  -  Capocchiuto,  chiodo  con  la  ca- 
pocchia. 

Aguto,  chiodo  lungo  e  sottile.  -  Anello,  specie 
di  chiodo  a  vite,  o  a  punta,  o  ad  ingessatura,  con 
un  foro  in  luogo  di  capoccia.  -  Arpione,  specie  di 
chiodo  uncinato  e  piegato  a  squadra,  che  si  con- 
ficca con  la  coda  nel  muro  o  in  un'altra  cosa  sta- 
bile. -  Borchia,  scudetto  o  disco  di  metallo,  legno 
e  materie  consimili,  lavorato  in  varie  toggie:  serve 
a  guisa  di  chiodo,  per  ornamento  e,  specialmente, 
da  appiccagnolo.  -  Bulletta,  sorta  di  chiodo  piccolo 
con  capocchia  larga:  specialmente  quelli  delle  scarpe 
e  quelli  dei  tappezzieri  per  tende,  poltrone  e  im- 
bottiture in  genere.  Bullette  a  freddo,  bullette  di 
Francia,  bullette  con  la  testata  a  tre  facce,  a  quattro 
faccie,  liscia,  a  piolino,  tonde,  a  punta  di  diamante, 
quadrine,  migliarine  (le  più  piccole),  acciaioiine.  sL, 
perchè  sono  a  gradazione  numerata,  si  hanno  bul- 
lette del  quattro,  del  sei,  ecc.  Si  hanno  pure  bullette 
da  impannate,  bullette  da  imbroccare,  le  quali  servono 
ai  calzolai,  ecc.  Bulletta  a  freddo,  quella  che  ha 
rotondo  il  fusto  proporzionatamente  minore  della 
capocchia,  e  questa  senza  puntini.  Balletta  a  caldo, 
quella  che  si  ta  con  verghetta  di  ferro  arroventata: 


ha  quadrangolare  il  fusto  e  la  capocchia  propor- 
zionatamente più  grossa.  •  BulkUona,  bulletta  grossa; 
anche,  grossa  bulletta  spesso  con  capocchia  di 
ottone,  a  volte  dorata,  per  ornamento  di  mobili  an- 
tichi 0  all'antica.  -  Bullone,  francese  bullon,  da 
houle,  latino  bulla,  grosso  chiodo  che  comprende  la 
vite  (con  gambo  parzialmente  o  totalmente  filettato), 
il  dado  e  la  testa. 

Cappellotto,  sorta   di  bullette  di  larga  capocchia. 

-  Cavicchia,  cavicchio,  specie  di  chiodo  di  legno  che 
si  conficca  nel  muro,  nel  legno  o  altro,  e  dicesi 
anche  piuolo.  -  Chiavarda,  chiodo  grande  a  cap- 
pello bislungo,  perno  di  ferro  a  capocchia  da  un 
iato,  avvitato  dell'altro.  -  Chiodi  a  gancio,  ripiegati 
in  forma  di  gancio.  -  Chiodi  dell'Mno,  del  due,  del 
tre....,  secondo  le  grandezze.  -  Chiovelli,  chiodi  ci- 
lindrici che    si  ribadiscono  a  caldo  sulle   lamiere. 

Maglietta,  campanellina  metallica,  fatta  come  un 
omega  maiuscolo,  che  si  mette  dietro  ai  quadri  per 
attaccarli.  -  Piuolo,  legnetto  aguzzo,  a  guisa  di  chiodo, 
che  si  ficca  nei  muri,  in  terra  o  altrove  per  ser- 
virsene a  diversi  usi.  -  Punta,  sorta  di  buUettina 
0  chiodino  senza  capo.  -  Bivetto,  voce  abusiva  u- 
sata  dai  meccanici  e  in  commercio  per  indicare 
i  chiodi  a  due  teste. 

Cappello,  cappella,  la  capocchia  dei  chiodi  (ca- 
pocchia si  dice  più  comunemente  dello  spillo).  - 
Capo,  testa,  lo  stesso  che  cappello;  la  parte  opposta 
alla  punta.  -  Capocchia,  il  capo  dei  chiodi  piut- 
tosto grosso.  -  Ceca,  porzione  del  foro  fatto  dalla 
saetta  del  trapano  per  metterci  la  testa  del  chiodo. 

-  Puntini,  piccole  protuberanze  emisferiche  che  si 
vedono  in  alcuni  chiodi  e  in  quasi  tutte  le  parti 
al  disotto  della  capocchia,  intorno  alla  base  del 
fusto. 

Agutame,  quantità  di  aguti,  di  chiodi.  -  Bullettame, 
quantità  di  bullette  d'ogni  genere  come  articolo  di 
commercio.  -  Chiodagione,  chiodame,  quantità  di 
chiodi  di  qualità  diverse.  -  Mitraglia,  quantità  di 
chiodi  vecchi  di  vario  genere,  rottami  o  simili. 

Bullettaio,  chi  fa  o  vende  bullette:  comunemente, 
chiodaiolo,  chiodaiuolo.  ■  Chioderia,  fucina  dove  si 
fanno  i  chiodi.  -  Rifenditoio,  l'officina  in  cui  si  fanno 
le  barre  di  ferro  che  poi  si  riducono  in  chiodi. 

Ciò  che  si  fa  con  i  chiodi  -  Istrumenti  relativi. 

Abboccare  un  chiodo,  farlo  entrare,  ma  non  a 
fondo.  -  Accecare,  ficcar  la  capocchia  d'  un  chiodo 
nel  legno  tanto  che  pianeggi.  -  Cianfrinatura,  rin- 
calzaniento  degli  orli  delle  lamiere  e  delle  teste  dei 
chiodi,  fatto  col  cianfrino,  bulino.  -  Conp,ccare,  in- 
chiodare, configgere,  ficcare.  -  Dischiodare,  schio- 
dare, levare,  togliere  i  chiodi.  -  Ferrare  grasso,  coi 
chiodi  troppo   nel    vivo  ;  ferrare  magro,  l'opposto. 

-  Imbullettare,  fermare  con  bullette.  -  Inchiodare, 
fermare  con  chiodi:  chiodare,  chiovare,  chiovellare; 
imbullettare,  inchiovare,  inchiavare.  -  Inchiodatura, 
atto  e  effetto  dell'inchiodare  :  chiodatura,  config- 
gimento,  conficcazione,  conficcatura,  inchiodamento. 

-  Mettere,  piantare  ficcare,  conficcare  un  chiodo, 
farlo  entrare.  -  Ribadire,  ritorcere  la  punta  del  chiodo 
e  ribatterla  inverso  il  suo  capo  nella  parte  opposta 
della  materia  confitta,  accioccnè  non  possa  allentare, 
stringa  più  forte  e  non  dia  impaccio.  -  Ribadimento 
ribaditura,  il  ribadire  ;  e  anche  la  parte  del  chiodo 
che  è  ribadita.  -  Ribattere,  rintuzzare,  a  replicati 
colpi  di  martello,  il  chiodo  conficcalo  da  banda  a 
banda  e  al  quale  si  fa  mozza  la.  punta,  si  che  la 


CHIODO   ISTERir.0   —   CHIRURGIA 


549 


parte  ribattuta  diventi  come  una  seconda  capocchia. 
Affinchè  poi  da  codesti  colpi  non  venga  sconficcato 
il  chiodo,  bisogna  fare  una  ben  salda  pressione  sulla 
capocchia  di  esso  o  appoggiandola  sull'incudine, 
ovvero  posandovi  fortemente  le  bocche  chiuse  d'una 
tenaglia.  Riballimcnto,  l'azione  d^l  ribattere  ;  ri- 
battitura la  parte  ribattuta  del  chiodo.-  Schiodare, 
togliere  i  chiodi  {schiodatura,  atto  ed  effetto). 

Accecatoio^  saetta  da  trapano  che  si  adopera  per 
fare  in  cima  a  un  foro  una  cèca  per  poterci  adat- 
tare la  testa  del  chiodo  o  della  vite,  sicché  non 
risalti  alla  superficie.  -  Cacciachìodo,  arnese  che 
serve  a  conficcare  e  togliere  chiodi,  senza  ammac- 
care né  punta,  né  capocchia.  -  Cacciatoia,  specie  di 
scalpello  col  quale  si  cacciano  dentro  o  fuori  perni, 
chiavette,  chiodi  e  simili.  -  Cannuccia,  asticciola  di 
ferro  lunga  circa  due  palmi,  foggiata  all'un  dei  capi 
a  modo  di  bocciolo,  in  cui  tenere  e  incassare  ver- 
gelle di  ferro  infocate  quando,  divenute  troppo 
corte,  scotterebbero  le  mani  all'artefice.  -  Cassetta, 
padellina  di  ferro  nella  quale  si  lascia  cadere  cia- 
scuna bulletta  elaborata  a  caldo.  Le  bullette  prepa- 
rata a  freddo  si  fanno  cadere  sulla  tavoletta,  che  è 
un'assicella  a  basse  sponde,  e  si  lavorano  con  le  ce- 
soie a  toppo  e  con  la  morsa.  -  Cesoie  a  toppo,  ar- 
nese col  quale  il  bullettaio  reci^^e  in  pezzi  il  fil 
di  ferro  da  farne  altrettante  bullette  a  freddo:  cia- 
scun pezzo  si  fa  con  due  tagli,  uno  moltissimo 
obliquo:  che  è  già  un  principio  di  punta,  l'altro 
poco  obliquo,  da  ridursi  in  capocchia.  Ambedue 
queste  operazioni  si  eseguiscono  alla  morsa,  -  Chio- 
daia, lo  stampo  adoperato  per  fare  la  capocchia  ai 
chiodi.  -  Conirocchiodaia,  chiodaia  che  converte  in 
capocchia  le  punte  dei  chiodi  roventi,  quando  si 
ribadiscono  sopra  le  piastre  di  metallo.  -  Guancia- 
lini, due  pezzi  di  acciaio  incastrati  suU'  interno 
canto  vivo  di  ciascuna  bocca  della  morsa;  in  esse 
sono  intaccature  e  canaletti  che  si  corrispondono, 
fra  cui  sono  presi  e  stretti  i  pezzi  di  fil  di  ferro, 
ai  quali,  con  pochi  colpi  di  martello,  si  rifinisce  la 
punta  e  si  forma  la  capocchia.  -  Il  martello  del 
bullettaio  non  ha  penna:  l'unica  bocca  è  corta,  al- 
quanto curva,  cioè  ripiegata  in  dentro,  verso  il 
manico.  -  Morsa,  arnese  non  dissimile  da  quello 
del  magnano,  ma  non  con  bocche  larghe  e  piano 
per  disopra,  e  fra  due  guancialini,  per  rifinire  la 
punta  e  formare  la  capocchia  alla  bulletta  a  freddo. 

Repoussoir  (frane),  il  ferro  per  cacciare  i  chiodi. 

OModo  isterico.  Veggasi  a  isterismo, 

Otaioma  (chiomato).  Tutti  insieme  i  capelli 

Chiomato.  Che  ha  chioma,  ha  molti  capelli» 

Chiosa,  chiosare  (chiosato),  Veggasi  a  com- 
mento. 

Chiosco.  Sorta  di  padiglione. 

Chiostro  (chiostra).  Veggasi  a  convento. 

Chiotto.  Di  chi  sta  in  atteggiatnento  queto 
e  dimesso. 

Chiòvolo.  Detto  a  giogo. 

CMozzotta.  Sorta  di  barca. 

Ohiragra  (chiragroso).  La  gotta  della  tnano. 

Chiroginnasta.  Detto  a  pianoforte. 

Chirogrrafario,  chirogrrafo.  Veggasi  a  cre- 
dito, a  debito,  a  scrittura. 

Chirologia,  chironomia.  Veggasi  a  mano. 

Chiromante.  Detto  a  indovino  e  a  mano. 

Chiromanzia.  Veggasi  a  mano. 

Chiróttero.  Veggasi  a  pipistrello, 

Chlrurgrla  (chirurgico).  Vasto  ramo  della  me- 
dicina comprendente  la  patologia  chirurgica,  che 
studia  i  processi  morbosi,  per  convenzione  detti  di 


spettanza  chirurgica,  e  la  medicina  operatoria  o 
chirurgica  operatoria,  che  descrive  tutte  le  opera- 
zioni, indicandone  i  diversi  metodi:  cerusia,  ceru- 
sica,  cirusica  (voci  antiquate).  -  Chirurgicamente, 
secondo  le  regole  della  chirurgia.  •  Chirurgico, 
agg.  di  chirurgia.  -  Chirurgo,  chi  esercita  la  chi- 
rurgia. 

Achiurgia,  quella  parte  della  chirurgia  operativa 
che  si  riferisce  al  maneggio  degli  strumenti  e  alle 
operazioni  cruente.  -  Anematuryia,  dottrina  chirur- 
gica riguardante  le  operazioni  incruente.  -  Chirur- 
gia plastica,  arte  di  ricostruire  certe  parti  del 
corpo  distrutte  accidentalmente.  -  Clinica  chirurgica, 
quella  che  si  occupa  della  illustrazione  e  della 
cura  dei  casi  chirurgici.  -  Galmnochirurgia,  appli- 
cazione del  galvanismo  alla  chirurgia.  -  Ostetri- 
cia, parte  della  chirurgia  relativa  all'assistenza  delle 
donne  incinte,  delle  partorienti,  dei  neonati. 

Alcunì  termini  di  chirurgia. 

Anestesia  chirurgica,  o  artificiale,  indebolimento 
o  privazione  della  sensibilità  prodolla  da  agenti 
all'uopo  (anestetici),  allo  scopo  di  facilitare  le  ope- 
razioni chirurgiche  ed  evitare  agli  infermi  il  do- 
lore da  esse  prodotto  :  veggasi  ad  anestesia.  -  An- 
tisepsi, medicatura  antisettica,  dovuta  a  Lister  e  con- 
sistente nell'applicare  sostanze  atte  a  distruggere  i 
germi  delle  infezioni  chirurgiche  o  a  impedirne  lo 
sviluppo.  -  Cloroformizzazione,  applicazione  del  clo- 
roformio per  facilitare  V  operazione  chirurgica  e 
produrre  l'anestesia.  -  Medicatura  o  medicazione,  il 
tuattamento  che  il  chirurgo  fa  all'  ammalato,  per 
lo  più  dopo  un'operazione,  applicando  i  rimedi,  fa- 
sciando, ecc.  Medicatura  asèttica,  quella  che  importa 
assenza  assoluta  di  germi  infettivi. 

Briglia,  neoformazione  patologica,  di  origine  in- 
fiammatoria, -  Catagma,  frattura,  •  Cateratta,  ad- 
densamento dell'  umor  cristallino  che  appanna  o 
toglie  la  vista.  -  Cauterio,  fonticolo,  piccola  piaga 
prodotta  ad  arte  e  mantenuta  suppurante  per  produrre 
una  revulsione.  -  Cicatrice,  prodotto  della  neoforma- 
zione connettivale  e  vasale  che  ripara  le  perdite  di 
sostanza  dei  tessuti.  -  Corpi  estranei,  quelli  intro- 
dotti accidentalmente  nel  corpo  umano  e  dei  quali 
si  cerca  di  fare  l'estrazione. 

Intenzione,  il  modo  in  cui  avviene  la  cicatrizza- 
zione, distinguendosi  la  prima  i.  (riunione  imme- 
diata dei  margini),  e  la  seconda  ì.  (in  seguito  a 
suppurazione).  -  Lembo  anaplastico,  il  pezzo  ta- 
gliato nella  pelle  sana  per  restaurare  le  parti  vi- 
cine. -  Nòcciolo,  il  capo  dei  foruncoli;  corpo 
bianchiccio,  a  mo'  di  grumo,  ed  elastico,  formato 
dal  tessuto  cellulare  strangolato  o  cangrenato  nel 
centro  del  foruncolo.  -  Nodo,  concrezione  che  si 
forma,  attorno  alle  articolazioni  delle  dita  della 
mano  o  del  piede  nelle  persone  gottose,  o  sulle 
ossa  per  causa  venerea:  meglio  nodosità.  -  Noli  me 
tangere  (non  mi  toccare),  certe  ulcere  che  i  diversi 
mezzi  terapeutici  adoperati   non  fanno  che  irritare. 

-  Punta,  soluzione  di  continuità  prodotta  dall'intro- 
duzione nei  tessuti  viventi  d'uno  strumento  acuto. 

-  Seno,  l'intossamento  che  sopraggiunge  nel  fondo 
di  una  ferita  o  di  un'ulcera  e  in  cui  s'accumula 
la  marcia.  -  Stertore,  russo  particolare  prodotto 
durante  l'anestesia  chirurgica  o  durante  lo  stupore 
apoplettico  ;  anche  il  russo  che  precede  la  morte.  - 
Tumore,  prominenza  o  gonfiamento  in  generale. 

Agglutinanti,  le  sostanze  che,  per  la  loro  potenza 


550 


adesiva,  sono  applicate  dalla  chirurgia  nella  confe- 
zione di  apparecchi  inamovibili  per  la  cura  di  certe 
fratture  e  di  certe  malattie  articolari.  -  Asèttico,  il 
materiale  in  cui  è  assicurata  la  mancanza  di  germi 
viventi  con  gualche  procedimento  di  asepsi  ;  e  me- 
todo asettico  quello  pel  quale  in  una  operazione 
chirurgica  si  usano  materiali  asettici.  -  Assorbente, 
di  materie  che,  assorbendo  il  sangue,  producono 
la  crosta  e  fanno  cessare  le  emorragie.  -  Catagma- 
tico,  ciò  che  è  atto  a  favorire  la  consolidazione 
delle  fratture.  -  Cesareo,  detto  di  parto  compiuto 
per  atto  operatorio  mercè  il  taglio  della  parete  ad- 
dominale e  dell'utero,  onde  si  estrae  il  feto.  Dicesi 
anche  isterotomia  addominale;  gastroisterotomia.  - 
Emostatico,  di  medicamento  atto  a  frenare  Yenior- 
ragia.  •  Sèttico,  che  produce  putrefazione.  -  Trau- 
matico, quanto  ha  relazione  con  ferite  e  piaghe. 


Operazioni  chirurgiche. 


Abrasione,  operazione  con  la  quale,  mediante  ap- 
positi istrumenii,  o  si  asportano  dalla  superfìcie  dei 
tessuti  prodotti  patologici  o  si  distacca  un  tessuto 
da  un  altro.  -  Ago-filo-pressura,  operazione,  oggi  di- 
susata, con  la  quale  si  comprimeva,  a  scopo  emo- 
statico, un'arteria. 

Agopressiira,  o  agopressione,  metodo  per  frenare 
l'emorragia  passando  un  ago  sotto  al  vaso  sangui- 
nante e  comprimendolo  fra  l'ago  e  la  pelle.  -  Ago- 
puntura, trattamento  di  tumori  con  punture  d'ago 
fìtte  e  profonde.  »  Agoignipuntura,  agopuntura  pra- 
ticata con  un  ago  incandescente.  -  Ago-torsione,  me- 
todo di  emostasi,  nel  campo  delle  ferite  (ora  disusato). 
-  Allacciatura,  operazione  con  la  quale,  applicando  un 
laccio  di  seta  o  d'altro  al  di  sopra  di  un'arteria, 
si  cerca  impedire  che  ne  esca  il  sangue  nei  casi  di 
ferite,  oppure  si  cerca  di  chiudere  al  sangue  l'af- 
flusso in  un  sacco  aneurismatico.  -  Amputazione,  ri- 
mozione, distacco  di  un'estremità  o  di  un  organo  pro- 
minente dalla  linea  di  contorno  del  corpo  (veggasi  ad  [ 
amputare)  :  si  pratica  con  istrumenti  adatti,  per  lo  i 
più  taglienti,  si  separa  dal  corpo  un  arto,  un  organo, 
o  parte  di  esso,  ecc.  Applicata  alle  parti  molli,  di- 
cesi eccisione,  estirpazione  ;  alle  ossa,  remssione,  • 
Anabrosi,  distruzione  dì  parti  animali  per  mezzo 
di  caustici.  -  Anaplastia  o  anaplasia,  arte  di  rista- 
bilire la  forma  normale  delle  parti  mutilate.  -  Ana- 
plerosi,  arte  di  far  rinascere  una  parte  del  corpo: 
sinonimo  di  protesi.  -  Anatresi,  perforazione,  tra- 
panazione chirurgica.  -  Ancìiilosi,  fissazione  ad  an- 
golo di  una  parte  articolare  rispetto  all'altra,  che 
residua  per  lo  più  ad  infiammazioni  distruttive 
delle  articolazioni,  spesso  tubercolare.  -  Anjiartrosi, 
aderenza  di  tessuti  patologici  tutt'intorno  all'artico- 
lazione che  la  immobilizzano  interamente.  -  Apone- 
vrotomia,  operazione  con  la  quale  si  scontinuano 
le  aponeurosi,  raccorciate  congenitamente  o  acqui- 
sitamente, a  scopo  per  lo  più  ortopedico.  -  Aspor- 
tazione, in  chirurgia,  equivale  ad  estirpazione,  ossia 
all'atto  di  strappare,  di  portar  via  una  parte.  -  Au- 
toplaslia,  0  autoplastica,  modo  di  protesi  chirurgica 
consistente  nel  surrogare  una  parte  distrutta,  pren- 
dendo sul  malato  stesso  i  materiali  necessari  per 
tale  riparazione. 

Basioclastia,    basioclisia,    brefotomia,    veggasi  a 

ostetricia. 

Hlefdroplastia,  atto  operativo  col  quale  si  ripri- 

^tina,   tutta  o  in   parte,  la   palpebra   mancante.  - 


Broncoplastia,  operazione  con  la  quale  si  ripara  alle 
perdite  di  sostanza  della  laringe  e  della  trachea, 

Catartismo,  riduzione  di  frattura  o  d'un'ernia.  - 
Cateterismo,  operazione  chirurgica  con  la  quale  ai 
introduce  per  vario  scopo  un  catetere,  una  sonda 
o  altro  strumento  analogo  in  un  canale  o  in  una 
cavità  naturale  del  corpo.  -  Coleresi,  cauterizzazione 
leggiera.  -  Cauterio,  apertura  che  si  fa  in  qualche 
parte  del  corpo  con  un  caustico,  perchè  sgorghino 
gli  umori.  -  Cauterizzazione,  operazione  mediante 
la  quale  si  applica,  sui  tessuti  normali  e  patologici, 
il  cauterio  (volgarm.,  bottone)  riscaldato  a  diversa 
temperatura,  per  iscopo  terapeutico.  -  Causticazione, 
sinonimo  di  cauterizzazione  (veggasi  a  caustico). 

Cheilectomin,  operazione  con  la  quale  si  asportano 
le  labbra.  -  Cheiloplastia,  operazione  con  la  quale 
si  ripristinano  le  labbra  distrutte  o  alterate.  -  Che- 
ratotomia, incisione  eseguita  sulla  cornea.  -  Cistec- 
tasia,  distorsione  artificiale  della  vescica.  -  Cistecto- 
mia,  asportazione,  totale  o  parziale,  della  vescica 
urinaria.  -  Cistoplastia,  operazione  della  fistola  ve- 
scico-vaginale.  -  Cistotomia,  operazione  con  la  quale 
si  apre  la  vescica  per  estrarne  i  calcoli. 

Compressione,  operazione  con  la  quale  si  impe- 
disce e  si  attenua  l'emorragia.  -  Contrapertura,  in- 
cisione che  si  pratica  con  un  ago  apposito  o  col 
gammautte  verso  il  punto  più  basso  d'una  piaga  o 
per  altre  operazioni. 

Dissezione,  sezione,  taglio:  operazione  con  la 
quale  si  tagliano  metodicamente  e  si  mettono  allo 
scoperto  le  varie  parti  di  un  cadavere,  con  lo  scopo 
di  studiarne  le  disposizioni  e  la  struttura. 

Elettropuntura,  applicazione  dell'elettricità  sugli 
aghi  infissi  nei  tessuti  onei  liquidi  dell'organismo. 

Empiema,  apertura  al  basso  del  petto,  per  dare 
apertura  al  pus.  -  Enucleazione,  estirpazione  d'un 
tumore.  -  Estirpazione,  operazione  con  la  quale 
si  toglie  via  una  parte  ammalata  (tumore,  polipo, 
ecc.). 

Flebotomia,  incisione  d'una  vena,  per  trarne  san- 
gue; salasso.  •  Forcipressura,  operazione  di  arre- 
stare, durante  un'operazione,  l'emorragia  serrando 
in  una  pinzetta  i  vasi  tagliati. 

Castro -enterostomia,  operazione  chirurgica  che 
consiste  nel  mettere  in  comunicazione  lo  stomaco 
con  un'  ansa  intestinale.  -  Gastrorrafia,  sutura  delle 
piaghe,  delle  ferite  dello  stomaco.  -  Incannucciata, 
l'incannucciare  e  l'operazione  eseguita.  -  Isteroto- 
mia, operazione  cesarea. 

Laparotomia,  atto  operatorio  che  consiste  nell'in- 
cidere  la  parete  addominale  e  il  peritoneo  allo 
scopo  di  esplorare  gli  organi  addominali  e  praticarvi 
alcuna  operazione.  -  Litotomia,  operazione  della 
pietra:  veggasi  a  vescica.  -  Litotresia,  azione  di 
perforare  i  calcoli  vescicali  per  diminuire  la  resi- 
stanza,  quando  si  devono  fragmentare.  -  Litotripsia, 
o  litotrisia,  operazione  che  consiste  nel  ridurre  in 
frammenti  i  calcoli  urinarii  nella  vescica.  -  Oncotomia, 
apertura  d'un'ulcera,  d'un  tumore. 

Operazione,  in  chirurgia,  taglio  o  qualsivoglia 
altro  effetto  che  i  chirurghi  producono  coi  loro 
istrumenti  sul  corpo  degli  infermi.  -  Ovariotomia, 
operazione  con  la  quale,  dopo  praticato  il  taglio 
delle  parti  addominali,  si  esportano  parzialmente  o 
in  totalità  le  ovaie. 

Paracentesi,  operazione  per  estrarre  parti  acquoso 
da  una'  cavità.  -  Perieresi,  incisione  circolare  per 
togliere  un  tumore.  -  Pròtesi,  parte  della  terapia 
eliirurgica  che  ha  per  oggetto  di  sostituire,  con  una 
preparazione   artificiale,   un    organo  o  un  membro 


551 


che  fu  tolto  afìatto  o  in  parte  o  di  nascondere  una 
deformità.  -  Puntura,  introduzione  di  uno  strumento 
pungente  in  qualche  parte  del  nostro  corpo,  alio 
scopo  di  procurare  l'uscita  di  liquidi  o  gas  infetti. 

Radicatura,  operazione  mediante  la  quale  s' in- 
troduce sotto  la  cute  degli  animali  un  corpo,  estra- 
nilo, nell'intento  di  determinarvi  un'infiammazione 
od  una  suppurazione.  -  Resezione,  operazione  che 
consiste  nel  l'asportare  porzione  di  un  osso,  conser- 
vando il  più  che  sia  possibile  delle  parti  molli  cir- 
costanti, le  quali  si  tolgono  invece  insieme  con  esso 
neW amputazione.  -  Riduzione,  l'operazione  chirur- 
gica che  si  fa  per  rimettere  a  posto  un  osso  frattu- 
rato 0  lussato,  0  le  parti  molli  che  hanno  prodotto 
un'ernia,  -  Riposizione,  aggiustatura  di  un  membro 
rattratto  o  fratturato. 

Sbrigliamento,  taglio  di  strozzamento.  -  Scarifi- 
cazione, operazione  con  la  quale  si  fanno  piccole 
incisioni.  -  Sclerodomìa,  sezione  chirurgica  di  un 
tessuto  duro  o  della  sclerotica.  -  ■S'tn^esi,  riunione  : 
tutte  le  operazioni  che  hanno  per  iscopo  di  riunire 
le  parti  divise  e  di  riavvicinare  quelle  che  sono 
disgiunte  ;  il  contrario  della  dieresi.  -  Siringotomia, 
operazione  della  fistola  all'ano.  -  Strappamento, 
operazione  chirurgica  per  la  quale  si  fa  l'estrazione 
violenta  di  certe  parti,  lacerando  i  vincoli  che  le 
uniscono  alle  parti  vicine.  -  Sutura,  cucitura  delle 
labbra  di  una  ferita  di  cui  si  vuole  ottenere  la 
riunione  immediata:  è  frontale,  falsa,  vera,  ecc. 
(sutura  metallica,  con  fili  d'argento  o  di  ferro  finis- 
simi). 

Tarsorrafia,  operazione  chirurgica  con  la  quale  si 
riduce  alle  dimensioni  normali  l'apertura  palpebrale 
dilatata  per  paralisi  del  muscolo  orbicolare  delle 
palpebre  o  per  esoftalmo.  -  Tassi,  o  taxis,  riduzione, 
sopratutto  delle  parti  molli.  -  Tenotomia,  taglio  di 
tendine  o  parte  qualunque  troppo  tesa.  -  Toracen- 
tesi,  atto  operatorio  che  consiste  nel  forare  la  pa- 
rete toracica  con  un  trequarti  per  estrarre  il  liquido 
prodottosi  nella  pleura  o  nel  pericardio.  -  Toraco- 
tomia,  operazione  che  consiste  nel  praticare  l'aper- 
tura del  torace.  -  Tracheotomia,  operazione  me- 
diante la  quale  si  pratica  un'apertura  più  o  meno 
larga  nel  canale  aereo.  -  Trapanazione,  applicazione 
metodica  del  trapano,  per  dare  uscita  a  marcia  rac- 
colta sotto  una  superficie  ossea,  o  rialzare  porzioni 
d'osso  0  di  altri  corpi  affondati. 

Vivisezione,  esperimento  od  operazione  che  si  pra- 
tica su  animali  vivi,  allo  scopo  di  stabilire  il  fun- 
zionamento degli  organi  o  il  valore  di  atti  ope- 
rativi. 

Modi  di  opehare  chirurgicamente. 

Affaldellare,  ridurre  in  faldelle,  cioè  in  quella  certa 
quantità  di  fila  su  cui  solevano  i  chirurghi  disten- 
dere i  loro  unguenti. 

Allacciare,  fare  un'allacciatura.  -  Amputare,  fare 
un'amputazione.  -  Rruciare,  applicare  un  ferro  ro- 
vente sopra  qualche  parte  oll'esa,  anche  la  pietra 
infernale,  il  nitrato  d'argento.  -  Asportare,  estirpare, 
(di  tumori  e  simili).  -  Bendare,  fasciare  con  benda 
una  ferita  e  simili.  -  Cauterizzare,  bruciare  con 
ferro  infocato,  con  caustico,  qualche  parte  offesa  del 
corpo  per  medicarla.  -  Circoncidere,  fare  la  circon- 
cisione (veggasi  ad  ebreo).  -  Cloroformizzare,  ope- 
razione con  la  quale  si  applica  il  cloroformio 
come  anestetico. 

Disarticolare,  amputare  nella  contiguità,  separare 


metodicamente  le  superficie  articolari  di  una  arti- 
colazione. -  Estirpare  un  tumore,  un  cancro,  strap- 
parlo, toglierlo.  -  Incannucciare,  fare  un'incannuc- 
ciata a  una  gamba,  a  un  braccio.  -  Operare,  fare 
un'operazione.  -  Ridurre,  rimanere  a^  posto  le  parti 
smosse  {unernia,  una   frattura,  una  lussazione). 

Sleccare,  fasciare  con  stecche  una  gamba  o  un 
braccio  rotto.  -  Stuellare,  fare  Io  stuello  o  la  tasta 
(veggasi  più  innanzi:»  altre  cose  adoperate  in  chi' 
rurgia).  ■  Sventrare,  demolire  la  parte  malsana,  in- 
fetta. 

Tamponare,  etimologicamente  tappare:  frenare  le 
emorragie  introducendo  stuelli  o  batuffoli,  fortemente 
compressi  nella  cavità  onde  sgorga  la  emorragia,  si 
da  comprimere  i  vasi.  -  lastare,  mettere  una  tasta 

ISTRUMENTI    CH[lUIIUilCI 

Sono  molteplici  e  vari  di  forma,  secondo  l'uso  al 
quale  devono  servire;  e  si  chiama  armamentario 
chirurgico  il  complesso  di  tali  istrumenti,  siano 
essi  destinati  agli  usi  comuni  della  pratica  o  rac- 
colti a  scopo  d'insegnamento  e  di  erudizione. 

Istrumenti  diagnostici  per  la  percussione  e  l'ascol- 
tazione: fonendoscopio,  istrumento  che  raccoglie  i 
suoni  spontanei,  o  provocati,  originantisi  negli  or- 
gani umani;  matita  dermatografica;  martelli  per 
percussione;  plessimetri  (per  praticare  la  percussione 
mediata);  stetoscopi  (per  praticare   l'ascoltazione). 

Istrumenti  diagnostici  per  la  temperatura,  il  polso,  la 
respirazion,  il  sistema  nervoso  e  1'  orina  :  apparec- 
chi pneumatici;  bagni  a  vapore  per  "letto;  bottiglie 
di  Wolf,  per  la  respirazione  di  Farady,  con  e  senza 
msufflatore;  cardiometri,  craniometri;  cromocito- 
metri  (per  constatare  la  quantità  di  emoglobina  che 
contiene  il  sangue);  dinamometri  di  Collin;  eso- 
cardio  (pel  massaggio  del  ventre])  ;  estesiometri 
(strumenti,  a  guisa  di  compasso,  per  misurare  la 
sensibilità  tattile)  semplici,  di  Weber,  o  compassi 
tattili,  estesiometri  dinamometrici  (che  funzionano 
da  barestesiometri,  da  termo-estesiometri  e  come 
algesimetri);  algesimetro  di  J.  Gheron  (per  la  misura 
della  sensibilità  dolorifica;  il  barestesiometro  di  Eu- 
lenburg  (per  la  misura  del  senso  di  pressione)  ; 
l'estesiometro  di  Liegrois  e  misuratore  della  sensi- 
bilità cutanea,  col  peso,  col  tatto  e  col  calore;  go- 
niometri (per  misurare  gli  angoli  delle  diverse  parti 
del  corpo  tra  loro);  sfigmografi  o  sfigmometri  (stru- 
menti che  misurano  e  consegnano  in  note  grafiche 
i  diversi  polsi  per  un  dato  tempo)  di  diversi  au- 
tori; spirometri  (per  misurare  la  capacità  respira- 
toria 0  vitale)  ;  sfigmoscopì  (strumenti  che,  aggiunti 
al  cardiofago,  segnano  il  polso  di  quelle  arterie  con 
cui  sono  in  contatto);  termostesiometri;  termometri 
a  massimo,  al  minuto,  clinici,  a  prisma;  toracometri 
(per  misurare  i  movimenti  di  inspirazione  e  di  espi- 
razione) ;  albuminometri  (per  dosare  l'albumina; 
urometri  (misuratori  della  densità  dell'urina);  emo- 
metri  (misuratori  della  pressione  e  della  forza  con 
la  quale  il  sangue  circola  nei  vasi)  ;  strumentini 
per  aspirare  una  goccia  di  sangue,  ecc. 

Istrumenti  anatomici  e  d'autopsia:  accetta  Dubini  ; 
aghi  per  cucire  i  cadaveri  ;  diversi  ;  bistori;  coltello 
pel  cervello,  cefalotomo,  e  coltello  per  cartilagini,  en- 
condrotomo;  costotomo  (per  tagliare  le  coste  od  altro 
osso  simile);  craniometro;  forbici,  martelli,  pinzette, 
port'aghi;  rachiotomo  (sega  particolare  per  aprire  lo 
speco  vertebrale  senza  ledere  la  midolla);  scalpelli 
vari,  schizzetti,  seghe,  sonde,  spatole  pel  cervello 


5S2 


CHIRURGIA 


specilli  (piccole  tente  od  esploratori),  stiletti  esplora- 
tori ;  tubi  insufflatori;  uncini  e  uncinetti,  con  manico, 
con  catena  e  doppi,  ecc. 

Istrumenti  per  microscopia:  aghi  fissi  in  manico 
e  a  lancetta;  bistori  fine  e  a  doppio  taglio,  for- 
bice fina  retta  e  curva;  microscopi;  microtomi; 
pinzette  fine  e  a  pressione  continua;  rasoi  e  spa- 
tola doppie  per  tagli  microscopici. 

Istrumenti  che  possono  essere  contenuti  nelle  cosi- 
dette  buste  tascabili  :  aghi  a  sutura  comuni,  con  cruna 
e  molla,  assortiti,  con  manico,  da  setone  (per  ec- 
citare la  suppurazione,  introducendo  tela,  seta  od 
altra  sostanza,  con  apposito  ago,  attraverso  le  parti), 
per  ago-puntura,  ago  vaccino  semplice  e  a  lancetta 
di  platino  indiato,  nonché  doppio;  bistori  ;  cateteri; 
forbici  d'ogni  genere,  lancettoni;  pinze  e  pinzette; 
portapietre;  rasoi,  siringhe,  sonde,  spatole,  spilli, 
stiletti,  trequarti,  uncini  ed  uncinetti.  Per  cui  si 
hanno:  buste  chirurgiche  comuni  di  svariate  dimen- 
sioni e,  specializzando,  buste  per  amputazione,  buste 
per  anatomia,  per  dentisti,  per  levatila,  per  massag- 
gio, per  microscopia,  per  sutura,  ecc. 

Istrumenti  d'oculistica  e  di  oftalmoscopia,  veggasi 
ad  oculistica. 

Istrumenti  per  amputazione:  aghi  sutura,  appa- 
recchi emostatici,  bistori  forti  per  disarticolazione 
e  altri  usi  ;  chiodi  d'  avorio  per  pseudo-artrosi  ; 
coltelli  d'amputazione,  a  due  taglienti  o  interessi  ; 
pinzette  per  la  compressione  ad  ago,  per  la  lega- 
tura delle  arterie,  per  medicazioni  antisettiche,  ecc.; 
sega  ad  arco,  articolata  doppia,  piccola  a  dorso 
mobile;  tenaculum,  con  portafili  e  senza;  tenaglie 
a  bocca  di  leone,  taglia  spilli  e  torcifilo;tornichetto 
semplice  e  a  coulisse;  compressori  semplici  ed  ela- 
stici; fascie  elastiche  ;  serratine  dritte  e  curve;  un- 
cini semplici  e  doppi  ad  anello   ecc. 

Istrumenti  per  trapanazione  e  resezione:  aghi  di  Re- 
verdin  e  di  Roubaix:  albero  di  trapano  Collin,  Pa- 
steur, a  mano,  ecc.;  bistori  per  resezione,  retto  con- 
vesso, retto  smusso,  retto  bottonuto,  retto  di  Lan- 
genbeck,  per  resezione  convessa  Langenbeck,  a  punta, 
bottonuto,  di  F'arabeuf  ;  coltello  piramidale,  cucchiai 
raschiatoi  di  svariate  dimensioni;  forbice  incisiva 
di  Liston  con  molla,  senza  molla,  a  lama  dentata 
retta  e  ad  angolo,  a  perno  mobile,  modello  Char- 
rière;  leva  doppia,  a  raschiatoio,  a  manico;  mar- 
tello di  piombo;  pinze  incisive;  pinzette  perforatrici, 
emostatiche,  per  legatura  delle  arterie,  ecc.;  raschia- 
toio a  manico  e  a  cucchiaio;  periostotomi  rotondi, 
a  punta,  a  forma  di  coltello,  doppio,  a  cucchiaio 
piegato  ad  angolo;  scalpello  di  Bruos,  di  Mac  Even, 
di  Leonhardt,  di  Billroth  per  l'osteotomia  sottocu- 
tanea, di  Giordano  (protettore),  ecc.;  seghe  nume- 
rose e  di  numerosi  modelli  a  seconda  dell'uso; 
sgorbie  rette  e  taglienti  rotondo;  sonde  articolate  e 
raschiatoio,  per  passare  la  sega  a  catena,  per  rese- 
zione, Doyen  con  limitante  graduato,  ecc.;  spacca- 
dura  madre  (Poirier),  stacca-tendini  ;  tenaglie  inci- 
sive di  diversi  modelli,  per  le  ossa  e  per  seque- 
stri; uncini  da  uno  e  più  denti. 

Istrumenti  per  l'erniotomia,  veggasi  ad  ernia. 

Istrumenti  pel  trattamento  dell'ano  contro  natura, 
delle  fìstole  fessure,  dei  restringimenti  anali  e  del 
retto:  bottoni  Murphy  per  sutura  intestinale;  arnesi 
per  l'innesto  dell'uretra  sull'intestino;  bistori  a 
guaina  di  Blondin,  di  Wells  per  fistola,  curvo  a 
specillo  di  Breschet  per  fistola,  per  fistole  acute, 
bottonuto,  curvo  bottonuto;  cannula  a  doppia  cor- 
rente per  iniezioni,  cannule  elastiche  di  gomma 
per  la  dilatazione  del  retto;    fJemmer   Steiner  pa- 


rallelo, di  Sussenbauer  parallelo,  inglese  elastico, 
retto  e  curvo;  dilatatori  rettali  di  Beybard,  di 
Costallat,  di  Huguier,  di  Larrey  a  Demarquay,  di 
Nélaton,  di  Bermond;  enterotomi  (sorta  di  pinze, 
con  le  quali  si  distrugge,  per  compressione  lo  spe- 
rone di  *un  ano  preternaturale)  ;  speciali  guide 
destinate  a  condurre  in  vescica  le  tenaglie  da  cal- 
colo, nell'ipocistotomia  o  apertura  cruenta  della  ve- 
scica orinarla)  ;  pinze,  pinzette ,  portapomate  nel 
retto;  sonda  per  fistola  anale;  specoli  anali  di  Fer- 
gusson,  di  Ktister,  di  Weiss,  di  Ricord,  di  Semrig, 
Amussat,  BischofT,  Lanest;  cinture  per  emorroidi, 
per  prolasso  del  retto,  ecc. 

Istrumenti  per  gli  organi  genitali  dell'uomo  e  della 
donna,  veggasi  a  genitali. 

Istrumenti  per  l'ovariotomia:  veggasi  ad  ovaio. 

Istrumenti  per  l'operazione  della  fìsloìa  vescico- 
vaginale:  oltre  aghi,  bistori,  forbici,  port'aghi,  specoli, 
si  hanno  portafili,  portalacci,  uncini  e  valve  svariato 
e  speciali,  la  pinzetta  di  Schroeder  uncinata,  per 
afferrare  l'utero,  quella  a  doppi  uncini  per  attirare 
il  collo  dell'utero  e  la  pinzetta  port'ago  di  Mathieu 
per  la  sutura  della  fistola  vescico-vaginale. 

Istrumenti  per  malattie  della  pelle,  per  trapanazione, 
resezione,  amputazione  e  legatura  delle  arterie  :  bistori 
antisettico,  convesso,  falcato,  retto,  a  punta  ot- 
tusa; cucchiaio  raschiatoio  forato  di  Wolf,  doppio 
schiaccia  commedoni,  raschiatoio  comune  doppio  ; 
forbice  di  Ricter  curva  sul  taglio;  pinzette  strappa- 
peli  di  varie  forme  e  dimensioni,  per  sclerosi  ;  ras- 
patore  per  la  cura  della  tricotizie;  scarificatori  di 
Lutze  e  di  Balmano  Squire;  piccolo  scarificatore 
del  prof.  Vanghetti,  ecc. 

Istrumenti  per  operazioni  dell'orecchio:  aghi  per 
traforare  la  membrana  del  timpano;  bistori  per  fo- 
runcoli; cateteri,  cucchiai;  diapason,  dilatatori,  fi- 
schietti, insufflatori;  lampada  ('.ollin  a  riflettore; 
leva  con  cucchiaio  per  corpi  stranieri;  manubri; 
otoscopì  {speculum  auricolare  degli  antichi);  pere 
per  doccie  ;  pinze  e  pinzette  per  l'estrazione  dei 
polipi  ;  rarefattori,  riflettori,  portafilaccie,  portalacci; 
serranodi,  sonde,  specchi  riflettori,  uncinetti,  spe- 
culi auricolari,  cornette  acustiche,  ecc. 

Istrumenti  per  i  polipi  delle  fosse  nasali  e  delta 
faringe:  cannule,  cateteri,  cucchiai  raschiatori,  di- 
latatori e  doccie  nasali;  forbici,  pinze  e  pinzette; 
polipotomo  (strumento  per  la  sezione  del  peduncolo 
dei  polipi)  ;  polverizzatori,  scalpelli,  schizzetti,  se- 
ghe, serranodi,  sonde,  speculi,  specchio  faringeo  di 
Michel,  tamponi,  ecc. 

Pel  labbro  leporino  e  per  l'esplorazione  della  bocca  : 
abbassalingue,  aghi  ;  apparecchio  per  rottura  della 
mascella  inferiore,  apribocca;  bistorini;  dita  sno- 
date con  cucchiai  raschiatori;  forbici,  pinze,  pin- 
zette, pinzettine  ;  polverizzatori  con  abbassalingua  ; 
speculi  apribocca  e  boccali  ;  spilli  comuni  e  lanceo- 
lati; strumento  di  Collin  per  ritirare  le  legature 
della  lingua. 

Per  la  stafilorrafia  (operazione  destinata  a  riunire 
le  fessure  del  palato  molle):  aghi  tubolari  fissi  in 
manico  di  diversi  modelli  e  di  diversi  autori, 
per  passare  i  drenaggi,  jier  fissare  il  peduncolo,^ 
portalacci,  ecc.;  bisturi,  fili  d'argento,  forbici,  pin- 
zette, port'aghi,  serranodi,  tenaglino  per  torcere  e 
tagliare  il  filo  agli  spilli,  torcifili,  ecc. 

Per  le  tonsille:  bistori  retto  e  curvo,  pinze  e  pin- 
zette; tonsillotomi  (strumenti  pel  taglio  delle  ton- 
sille, anche  nel  senso  d'esportazione  operatoria  di 
esse);  uncini  doppi  e  semplici,  fissi  in  manico. 

Istrumenti  di  ostetricia:  veggasi  a  ostetricia. 


55:^ 


Per  esplorazioni  ed  operazioni  della  laringe  :  ab- 
bassalingua, specchi  riflettori  e  specchi  laringei  ; 
compresse  pel  collo;  esofagoscopi  (per  l'ispezione 
diretta  dell'esofago  con  l'aiuto  dell'illuminazione  ar- 
tificiale); fantocci  del  prof.  Labus,  per  esercitazioni 
laringoscopiche  ;  laringoscopì  (per  l'esame  della  la- 
ringe meuiante  specchi  e  luce  proiettatavi);  ma- 
schera Labus  per  esercitazioni  laringoscopiche;  pen- 
nelli, pinzette,  specchi,  specchietti,  spugne,  porta- 
caustici,  uncini  llnestrati  e  pieni  ; -polopotomotomi; 
polverizzatori,  inalatori,  insufllatori,  ecc. 

Istrumenti  per  r  emfago  e  per  l'alimentazione  for- 
zata: candeletta  dilatatrice  dellesofago,  dilatatori 
esofagei;  esofagotonio  (per  l'apertura  cruenta  dell'e- 
sofago); esofagometro  (per  la  misurazione  del  ca- 
libro dell'esofago);  pinze,  pinzette,  imbuti;  pescatori 
esofagei  di  diversi  sistemi  e  forme  ;  pompa  di  \Vy- 
m.inn  per  estrarre  i  veleni  dallo  stomaco,  o  iniet- 
tare sostanze  alimentari;  sifoni  per  lavacri,  per 
aspirare  i  liquidi  :  sonde  esofagee;  estrattore  Fer- 
gusson,  ecc. 

Istrumenti  per  tracheotomia  (incisione  della  trachea 
per  compiere  atti  operativi,  o  per  ovviare  all'occlu- 
sione della  glottide):  apparecchi  di  intubazione  con 
le  cannule,  tracheotubi,  cannule,  tracheotomi,  ditali 
protettori,  laringe  artificiale,  dilatatori  di  varia 
forma  e  materia;  pinzette,  pinzettine,  tenacoli, 
uncini  e  uncinetti  ;  retrattore  della  ghiandola  tiroide 
(Stockloew);  forbice  broncotoma  (Tardieu);  estur- 
batori ;  misuratori  delle  cannule  di  intubazione. 

Istrumenti  per  i  denti:  veggasi  a  dentista. 

Irequarti  aspiratori  e  istrumenti  per  drenaggio 
(operazione  chirurgica  con  la  quale  si  assicura  Io 
scolo  di  liquidi  patologici  e  delle  secrezioni  delle 
ferite  all'esterno  dell'organismo):  aspiratori  (Potain, 
Parona,  Dieulafoy,  Riva,  ecc.),  cannula  per  tora- 
centesi  di  Elios;  tubi  da  drenaggio,  schizzettoni  ; 
toracentesio  Cavezzali;  trequarti  (strumenti  per  vuo- 
tare e,  all'occorrenza,  lavare  la  vescica)  semplici, 
esploratori,  con  rubinetto,  per  idrocele,  per  para- 
centesi  e  toracentesi;  sonde  e  specilli  passa-drenaggi  ; 
cannula  tagliante  Koaberle;  tenaglia  Neuber  perfo- 
ratrice dei  drenaggi,  gomma,  ecc. 

Istrumenti  per  l' estrazione  dei  proiettili:  apparecchio 
elettrico  per  constatare  la  presenza  dei  proiettili  nelle 
ferite;  esploratore  di  Lecomte;  specillo  di  Néla- 
laton  per  la  ricerca  dei  proiettili,  flessibile,  di  sta- 
gno, d'Esmarck;  tirapalle  di  Collin,  di  Grossi,  di 
Tiemann  a  punta  d'arresto,  tirafondo,  americano,  di 
Gotzeter,  a  forbice  modello  inglese,  di  Bezzi  con 
tre  corone,  ecc. 

Istrumenti  per  applicare  il  cloroformio  :  apparecchio 
d'Esmarck,  diJuncker;  flacone  graduato  giallo  con 
rubinetto  di  Leiter;  maschera  di  Leiter,  di  Rocker 
antisettica;  pinza  per  la  lingua,  comune,  a  termaglio, 
stretta,  di  Houzè,  fermaglio  di  Mathieu,  ecc. 

Istrumenti  per  le  fasciature  gessate:  apparecchio 
per  adattare  le  fasciature  gessate  di  Sayre;  coltelli 
pel  gesso,  d'Esmarck;  forbici  di  Bardeleben,  di 
Bruns,  di  Luti»,  per  tagliare  le  fasciature  alla  Li- 
ster,  di  Bruns  a  tenaglia,  ecc.;  seghe  pel  gesso,  di 
Kaftch,  di  Henghel  a  cresta  di  gallo,  circolare  di 
Collin;  tenaglie  semplici,  con  vite,  con  fermo,  di 
vari  autori  ;  spille  a  punta  nascosta;  apparecchi  per 
arrotolare  le  bende,  ecc. 

Istrumenti  per  ipodermoclisi  (iniezione  nel  cel- 
lulare sottocutaneo  di  una  quantità  di  siero  artifi- 
ficiale):  ipodermoclismi  Cantani  e  di  Barlareax  e  per 
iniezioni  sottocutanee,  o  metodo  ipodermico  (l'iniet- 
tare i  farmaci  in  soluzione  nel  cellulare  sottocuta- 


neo, per  farli  rapidamente  assorbire);  aghi  per 
esplorazioni  in  metallo,  od  ebanite,  aghi  per  si- 
ringa Pravaz,  per  ipodermoclisi,  semplici  e  con  fori 
laterali,  siringa  o  aspiratore  del  dott.  Pizzocaro, 
pel  carbonchio;  per  sieroterapia;  per  tubercolosi, 
del  prof.  Maragliano. 

Istrumenti  elettro-medicali  :  veggasi  ad  elettrote 
rapia. 

Istrumenti  scarificatori:  ridestatore  di  Fkum- 
scheidt;  sanguisuga  artificiale  di  llerteloup,  ad  uno 
e  a  due  succhiatori;  scarificatori  da  8  a  16  lame 
per  l'applicazione  delle  coppette. 

Istrumenti  singoli. 

Abrasolo,  strumento  col  quale  si  staccano  dalle  ossa 
il  periostio  e  gli  attacchi  dei  tendini  dei  muscoli 
e  delle  capsule  articolari  in  alcune  operazioni.  - 
Acantobolo,  nome  dato  da  Paolo  d'Egina  a  una  pic- 
cola pinzetta  fatta  per  istrappare  i  peli  ed  estrarre 
corpi  estranei  (spine,  scheggie  di  legno,  ecc).  -  Ago, 
lo  stiletto  adoperato  dai  chirurghi  per  le  suture  e 
altre  operazioni.  Si  hanno  aghi  da  sutura  e  aghi  da 
legatura  ;  aghi  da  cataratta,  da  inoculazione,  da 
ago-puntura,  da  labbro  leporino,  aghi  termoelettrici, 
da  salone,  da  guaina,  ecc.  -  Aiuto-forcipe,  istrumento 
di  ostetricia.  -  Alfonsino,  antico  istrumento  (se- 
colo XVI)  destinato  a  estrarre  dai  tessuti  i  proiettili 
d'arme  da  fuoco.  -  Anchilotomo,  voce  antiquata  con 
la  quale  si  indicava  qualsiasi  coltello  curvo,  e  più 
particolarmente  quell'istrumento  tagliente  che  ser- 
viva a  recidere  il  frenulo  della  lingua.  -  Apparec- 
chio, nome  generico  di  varie  cose,  principalmente 
dei  mezzi  usati  per  la  immobilazione  delle  parti. 
Si  hanno  :  apparecchi  semplici  o  contentivi  {fa- 
noni, docce,  stecche,  casse,  cuscini,  ecc.),  apparecchi 
amovibili,  apparecchi  inamovibili,  apparecchi  elet- 
trici, ecc. 

Archetto,  istrumento  composto  di  varie  stecche  di 
legno  e  lamine  di  ferro  curvate,  che  si  sovrappone 
alle  membra  fratturate  o  per  altra  lesione  dolenti, 
acciocché  su  di  esse  non  premano  le  coltri.  -  Aspirar 
tore,  nome  degli  strumenti  coi  quali  si  vuotano  le 
raccolte  liquide  patologiche,  in  cavità  naturali  o  neo- 
formate,  senza  che  in  esse  possa  penetrare  l'aria.  - 
Aulacomela,  sonda  munita  di  una  scanalatura  per 
guidare  l'istrumento  tagliente  nelle  operazioni  chi- 
rurgiche. -  Autolabio,  pinzetta  che  si  chiude  o  si  strin 
gè  da  sé  stessa,  per  l'elasticità  delle  sue  branche. 

Barra,  pezzo  di  legno  o  di  sughero  usato  dai 
chirurghi  e  introdotto  fra  i  mobri  del  paziente,  per 
tenere  aperta  la  bocca  durante  le  operazioni  della 
cavità  orale  -  Basiocestro,  istrumento  puntato,  specie 
di.  cefalotomo.  -  Bdellometro,  specie  di  pompa  che 
sostituiva  le  sanguisughe.  -  Becco,  pinza  usata  dai 
chirurghi  per  estrarre  denti  e  corpi  stranieri.  -  JBi- 
stori,  istrumento  chirurgico  a  forma  di  un  piccolo 
coltello  da  tasca.  -  Blefarostato,  istrumento  desti- 
nato a  mantenere  divaricate  le  palpebre,  per  opera- 
zióni sul  bulbo.  -  Bottone,  strumento,  con  in  cima 
una  pallottola,  col  quale  si  incende  alcuna  parte 
del  corpo  -  Braccialetto,  nome  generico  di  appa- 
recchi coi  quali  si  circonda  il  braccio,  per  fissarvi 
la  medicatura  o  altro.  -  Brusco,  lima  a  raspa,  per 
raschiare  le  ossa. 

Candeletta,  istrumento  liscio,  flessibile,  di  varia 
forma  e  di  vario  diametro,  adoperato  specialmente 
per  penetrare  nell'uretra  maschile,  a  scopo  esplora- 
tivo o  curativo.  -  Cannula,  nome  di  vari  istrumenti 


554 


o  apparecchi   risultanti  da  cilindri  tubolari,  aperti 
ai  loro  estremi,  di  svariate  torme  e  di  diverse  so- 
stanze   (metallo,  vetro,    vulcanite,  ecc.),  -  Catetere, 
sonda  cava  per  la  vescica,  nella  quale  si  introduce 
per  l'uretra,  alio  scopo  di  vuotarne  il  contenuto  o 
di  esplorarne  la   cavità.  -    Causticoforo,  istrumento 
o  parte   di   uno    strumento   destinato  a  portare  il 
caustico.  -  Cauterio,  strumento  col  quale  si  ese- 
guisce la  causticazione.  -  Cefalotribo,  o  cefalotritore, 
veggasi  a  ostetricia.  -  Cerca-falle,  apparecctiio  che 
serve  a  cercare  i  proiettili   metallici  in  una  ferita. 
-  Chelectómo,    nome  degli   istrumenti    che   servono 
per  la  puntura   esplorativa  dei  tumori.  -  Cherato- 
scopo,  nome  degli  istrumenti  che  servono  ad   ese- 
guire  un'   incisione   della    cornea.  -  Chiave,  nome 
generico  di   molti  strumenti  ed   oggetti   che,  nella 
torma' 0  nell'ufficio,  hanno  una  certa  analogia  con 
la   chiave  comune.  -  Chiodo   di  Scarpa,  cilindretto 
per  tenere  dilatato  il  canale  nasale  dopo  l'incisione 
del  sacco    lagrimale  -  Ciappola,   piccolo  strumento 
per  facilitare   la   rimozione   del  nastrino  col  cilin- 
dretto nell'allacciatura  temporanea  delle  arterie  col 
metodo   di    Scarpa.  -  Cionotomo,   forbici  curvate  a 
gomito,  che  servono   per   la  resezione  dell'ugola.  • 
Cistolomo,  nome    generico    di   un   gran  numero  di 
strumenti  usati  per  aprire  la  vescica  nell'operazione 
della  pietra.  -  Clamp  (ingl.),  nome  di  grosse  pinze 
con   le   quali    si   afferrano   i  tessuti,  per  lo  più  a 
scopo  di  emostasi  temporanea.  -  Compressore,  nome 
generico  degli  istrumenti  o  degli  apparecchi  desti- 
nati a  comprimere  una  parte   limitata  o  estesa  del 
corpo,  a  scopo  curativo,  contentivo,  emostatico,  ecc. 
Crayiioclaste  e  cramotomo,  veggasi  a  ostetricia.  - 
Croce,  nome  di  vari  apparecchi  e  di  fasciature  a  forma 
di  croce  {croce  della  testa,  croce  del  tronco,  ecc.). 
Dilatanti,  in  chirurgia,  le  candelette. 
Ecraseur,  istrumento  chirurgico,  per  estirpazioni 
interne  :  consiste  di  una  catena  che,  manovrata  dal- 
l'esterno, prende  e  strozza  :  serranodi.  -  Esfogliatore, 
sorta   di  strumento  da  chirurgia  che  serve  a  sfal- 
dare un  osso  0  tendine  affetto  da  necrosi. 
Forcipe,  veggasi  a  ostetricia. 
Glossocoma,  apparecchio  di  cui  gli  antichi  si  ser- 
vivano per  la  riduzione  delle  fratture  e  delle  lus- 
sazioni della  coscia  e  della  gamba.  -  Guida,  nome 
dato  a  varii  strumenti,  in  forma  di  docce  o  di  ca- 
nali stretti,  adoperati  particolarmente  nell'operazione 
della  cistotomia  e  in  quella  delia  fistola  anale. 

Lancetta,  istrumento  dei  chirurghi  per  levar  san- 
gue {lancettata,  colpo  e  ferita  di  lancetta).  -  Lito- 
tritore,  istrumento  per  la  litotrisia;  nome  di  vari 
istrumenti,  più  o  meno  complicati  e  destinati  a  di- 
viderei calcoli  vescicali  per  pressione  o  per  frantuma- 
zione. -  Morsa,  strumento  chirurgico  col  quale  si  tiene 
fermo  il  calcio  del  litotritore^  quando  occorre  spez 
zare  un  calcolo.  -  Osteolomo,  istrumento  a  forbice 
per  tagliare  le  ossa.  -  Otturatore,  nella  chirurgia 
plastica,  apparecchio  formato  di  piastre  d'argento, 
di  avorio,  di  gomma  elastica  ecc.,  il  quale  serve  a 
turare  fori  o  a  rimpiazzare,  per  quanto  è  possibile, 
le  perdite  di  sostanza  nelle  pareti  di  un  organo  o 
in  un  setto  che,  anatomicamente,  separa  le  cavità. 
Padiglione,  estremità  allungata  di  una  sonda.  - 
Pinza  (pinzetta),  strumento  usato  dal  chirurgo  per 
osservare  o  fissare  gli  oggetti,  composto  di  due 
branche  saldate  fra  di  loro  ad  un'  estremità,  mo- 
bili ed  allontanate  in  tutto  il  resto,  ovvero  riu- 
nite a  mezzo  di  una  cerniera  nella  loro  parte  me- 
diana. 

Scarpa  del  Mascagni,  strumento  per  schizzettalure 


interne.  -  Seritella,  cistitomo  modificato  per  l'estra- 
zione dei  frammenti  della  capsula  del  cristallino  e 
delle  cataraffe  secondarie  dalla  parte  della  cornea. 

-  Sonda,  strumento  che  s'introduce,  sia  nelle  cavità 
per  riconoscervi  le  malattie,  sia  nelle  piaghe  e  nelle 
fistole,  per  verificarne  lo  stato  od  evacuarne  il  con- 
tenuto. -  Specillo,  stiletto  d'acciaio  o  d'argento  pie- 
ghevole e  terminato  in  un  piccolo  bottone,  il  quale 
serve  ad  esplorare  fistole,  ferite  e  passare  fettuccie 
e  simili.  -  Specolo,  istrumento  in  genere  per  dila- 
tare qualche  cavità,  per  esplorazione,  rimedio,  ecc. 

-  Siringi-nodi,  cauterio  galvanico  che  si  usa  per 
l'ablazione  di  certi  tumori,  ecc. 

Tenaculum,  istrumento  per  la  legatura  delle  ar- 
terie. -  Tenotomo,  sorta  di  scalpello  per  operare  la 
tenotoraia.  -  lenta,  strumento  per  esplorare  le  ca- 
vità naturali  o  accidentali  (fistole,  piaghe  sinuose  e 
simili).  -  lermocauterio,  strumento  che  serve  per 
cauterizzare  :  è  a  becco  cavo,  di  platino,  mantenuto 
incandescente  coU'insufflazione  di  una  miscela  d'aria 
e  di  vapore  di  benzina  o  simili.  -  Tirapalle,  stru- 
mento impiegato,  specialmente,  per  estrarre  i  proiettili 
di  arme  da  fuoco  penetrati  nelle  diverse  parti  del 
corpo.  -  Trapano,  sorta  di  succhiello  o  lama  d'ac- 
ciaio piramidale,  per  trapanare  le  ossa,  allo  scopo 
di  levare  il  pus  o  per  rialzamenti  d'ossa.  -  Trequarti, 
strumento  usato  per  far  punture  (toracentesi,  para- 
centesi  e  in  generale  per  dar  esito  a  liquidi  palo- 
logici)  e  anche  come  mezzo  diagnostico  di  alcune 
malattie. 


Altre  cose  usate  in  chirurgia  -  Luoghi,  ecc. 

Benda,  pezzuola  di  tela,  di  garza,  ecc.,  avvolta 
intorno  ad  una  parte  ammalata.  -  Bendaggio,  si- 
stema di  applicazione  delle  bende  intorno  ad  una 
parte  del  corpo  :  è  compressivo,  espulsivo,  inamovi- 
bile, ecc.  -  Binocolo,  fasciatura  chirurgica  per  co- 
prire, entrambi  gli  occhi  e  fatta  ad  X.  -  Borsa,  fa- 
sciatura, in  forma  di  sacco,  che  serve  per  contenere 
una  parte  malata. 

Capestro,  specie  di  fasciatura  adoperata  per  fissare 
la  mascella  dopo  la  riduzione  di  lussazione.  -  Cap- 
pellino, specie  di  fasciatura  della  testa  e  dei  mon- 
coni di  amputazione.  -  Catgut  (voce  inglese),  fili 
da  legatura  o  da  sutura  dei  tessuti,  fatti  a  prefe- 
renza con  intestino  di  gatto  (ma  anche  di  altri  ani- 
mali) e  aventi  la  proprietà  di  assorbirsi  dopo  po- 
chi giorni  -  Ciarpa,  fasciatura  destinata  a  sostenere 
l'arto  superiore.  -  Cintura,  fascia  di  tela,  semplice 
od  elastica,  di  flanella,  di  cuoio,  di  metallo,  ecc., 
destinata  a  cingere  in  vario  modo  la  parte  infriore 
del  tronco.  -  Compressa,  pezzo  di  lino,  di  lint  o  di 
garza,  senza  orli  e  rattoppi,  di  varia  forma  e  gran- 
dezza, destinato  a  ricoprire  le  medicature,  a  riem- 
pire vuoti,  a  esercitare  una  compressione,  ecc.  - 
Fila,  le  fila  d'una  tela  vecchia  disfatta  per  curare 
ferite,  piaghe,  emorragie.  -  Ovatta,  bambagia  sba- 
razzata da  ogni  principio  estraneo  e  resa  antiset- 
tica con  diverse  sostanze. 

Piumacciuolo,  ammasso  di  filacce  morbide,  a  strato 
filamentoso  limitato  e  ordinato,  adoperato  dai  chi- 
rurghi a  scopo  emostatico  o  medicamentoso.  -  Ri- 
tentivo, specie  di  fasciatura. 

Setone,  striscia  di  tela  fine,  sfilata  ne'  margini, 
oppure  di  seta,  o  meglio  anche  cordoncino  di  co- 
tone che  si  passa  attraverso  la  pelle  e  il  tessuto 
cellulare  di  c^rte  parti,  nelle  quali  si  vuole  ecci- 
tare l'infiammazione  e  la  suppurazione.  •  Sindone. 


i;HIRURGO    —    CHIUDERK 


555 


piumacciolo  che  si  introduce  nel  cranio  trapanato.  - 
Stuello,  o  tasta,  rotoletto  di  filaccia  o  strisciolina 
di  tela,  di  garza,  che  si  introduce  in  un  seno  fisto- 
loso 0  nei  margini  d'una  ferita,  per  tenerli  aperti. 

Caustici,  preparazioni  usate  in  chirurgia  per  cau- 
terizzare la  pelle,  distruggere  le  escrescenze,  modifi- 
care le  piaghe. 

Cloroformio,  liquido  spiritoso  volatile,  infiam- 
mabile, formato  dallalcool  sottoposto  all'azione  del 
cloro.  Lo  si  la  aspirare  ai  malati,  nelle  forti  ope- 
razioni chirurgiche,  perchè  li  assopisce.  -  Pietra  in- 
fernale, composto  di  acqua  forte  od  acido  nitrico  e 
di  argento,  a  cui  si  dà  la  forma  di  cilindro  del  vo- 
lume di  un  piccolo  lapis. 

Ambulanza  chirurgica,  luogo  nel  quale  si  curano 
i  feriti  e  si  praticano  operazioni  chirurgiche;  an- 
che l'istituto  stesso,  con  il  complesso  degli  istru- 
menti  e  di  tutte  le  altre  cose  chr  lo  corredano.  - 
-  Istrumentario,  luogo  dove  stanno  in  deposito  gli 
strumenti,  specialmente,  di  chirurgia,  ecc. 

Chirurgo,  ('.hi  esercita  la  chirurgia  per  ridare 
salute  agli  infermi,  limitandosi  alla  guarigione 
di  quelle  malattie  che  devono  essere  curate  con  la 
applicazione  della  mano,  dei  ferri,  degli  strumenti, 
come  mezzi  essenziali  di  guarigione  :  cerusico,  dot- 
tore in  chirurgia,  medico  operatore  ;  operatore.  - 
Al  chirurgo  occorre  franchezza  di  mano  e  mano 
leggera.  -  Castraporci,  cattivo  chirurgo.  -  Maniscalco, 
chirurgo  da  poco.  -  Macellaro,  chirurgo  spietato  o 
che  taglia  senza  criterio,  e  anche  chi  fa  grande 
strazio  od  espone  a  grande  strage  gli  uomini.  -  Nor- 
cino, un  tempo,  specie  di  chirurgo  che  soleva  cu- 
rare alcuni  mali  delle  parti  genitali.  Si  dice  ora 
per  cattivo  chirurgo.  -  Operante,  operatore,  il  chi- 
rurgo che  eseguisce  un'operazione.  -  Pedicure,  veg- 
gasi  a  piede,  -  Oculista,  chirurgo  per  le  malat- 
tie degli  occhi.  .  Avvezzo  all'ago  del  cerusico,  di  chi 
è  abituato  alle  operazioni  chirurgiche. 

Chissisia.  Chicchessia,  qualunque  persona. 

Chitarra.  Istrumento  a  sei  corde,  le  tre  più 
gravi  fasciate  :  serve,  per  lo  più,  da  accompagna- 
mento. -  Chitarrina,  chitarrino,  piccola  chitarra.  - 
Chitarriglia,  chitarra  più  piccola  dell'  ordinaria.  - 
Balalaika,  specie  di  chitarra  di  forma  triangolare 
in  uso  fra  i  contadini  russi.  -  ISablum,  sorta  di  chi- 
tarra ebraica. 

Manico,  la  parte  della  chitarra  che  si  tiene  con 
la  sinistra,  e  su  cui  sono  i  tasti.  -  Saltaleone,  il  filo 
d'ottone  sottilissimo  avvolto  a  spirale  ed  elastico  - 
Tasti,  piccole  liste  d'ottone  o  d'avorio,  parallele,  in- 
castrate trasversalmente  a  determinate  distanze. 

Chitarrista,  chi  suona  la  chitarra:  citaredo  cita- 
rista, ceteratore,  ceterizzatore. 

Chitarreggiare,  suonare  la  chitarra:  ceterare,  ce- 
terizzare,  citareggiare  ;  schitarrare  (schitarramento). 

PassagaUo,  suono  sulla  cliitarra  o  sini.,  intermezzo 
ai  versi  degli  improvvisatori. 

Chitarregrerlare,  chitarrista.  Veggasi  a  chi- 
tarra. 

Chltarrino.  Piccola  chitarra. 

Clilù.  Specie  di  assiolo. 

Ohiucchierlaia.  Cicaleccio,  chiacchiera. 

Chiudenda.  Riparo  che  serve  per  chiudere. 

Chiudere  {chiuso).  Serrare,  rinserrare,  riserrare; 
apporre  alle  aperture  l'ordigno  adatto  a  impedire  il 
passaggio;  fermare  imposte  di  finestre,  di  usci;  ri- 
piegare una  cosa  in  modo  che  si  accostino  le  varie 
parti  0  estremità;  far  agire  una  serratura  a 
chiave,  a  molla:  dar  volta  alla  chiave,  volger  la 
''biave;    abharrare ,    barrare,    imbarrai'e,    sbarrare. 


sprangare,  mettere  la  barra,  la  spranga,  la  stanga  ; 
incatenacciare,  mettere,  tirare  il  catenaccio,  il  chia- 
vistello. Oltre  il  significato  di  assicurare  con  chiu- 
sura, di  stringere,  ecc.,  la  voce  chiudere  esprime 
altre  azioni:  circondare  un  giardino,  un  campo  con 
una  siepe  ;  sbarrare  una  strada,  una  via  con  qual- 
siasi impedimento,  con  milizia  e  simili;  impedire 
l'ingresso  a  un  porto,  a  una  città,  a  un  valico;  to- 
gliere la  comunicazione  fra  una  stanza  e  l'altra  con 
un  tramezzo;  completare  un  muro  divisorio;  tu- 
rare, tappare  una  bottiglia  o  qualsiasi  vaso;  avvi- 
cinare gli  affissi  d'un  armadio,  far  rientrare  il  cas- 
setto di  un  mobile;  calare  il  coperchio  d'un  bau- 
le; mettere  in  graticcio,  ecc. 

Varì  modi  di  chiudere  —  Chiuso 

Abbarrare,  sbarrare,  chiudere  con  barre.  -  Acce- 
care, acciecare,  turare  un'apertura,'  intasare  ca- 
nali, condotti  e  simili  {accecamento,  l'atto;  acceca- 
tura, atto  ad  efletto  ;  accecatoio,  l'arnese  all'uopo).  - 
Accerchiare  (accerchiato),  chiudere  come  in  un 
cerchio.  -  Acchiudere  (acchiuso),  lo  stesso  che  chiu- 
dere; specialmente,  una  cosa  in  un'altra:  accludere 
(accluso),  inchiudere,  per  lo  più  riferito  a  lettere, 
plichi,  ecc.  -  Asserragliare,  chiudere  le  vie,  i  paesi 
con  serragli,  con  barricate  (veg^'asi  a  barricata). 
■  Assiepare,  chiudere  con  siepe:   siepare,  impruiiare. 

Barrare,  rinforzare  una  chiusura  con  una  barra. 
Barricare,  chiudere  con  barricate. 

Calettare  (calettato),  chiudere  ermeticamente;  com- 
mettere vari  pezzi  di  legno  a  dente,  o  in  altra 
forma,  in  modo  che  combacino  esattamente.  -  Cir- 
condare, chiudere  o  stringere  intorno  il  campo  o 
l'esercito  nemico  per  oftesa,  o  le  cose  proprie  per 
difesa.  -  Circoscnvere,  chiudere  intorno  intorno; 
limitare,  chiuder  dentro.  -  Chiudere,  lat.,  chiudere. 

Escludere,  chiuder  fuori.  -  Fermare,  per  chiudere, 
francesismo. 

Imprunare,  chiudere  i  passaggi  mediante  pruni.  - 

Incannucciare,  chiudere  o  coprire  di  cannuccie.  - 
Incassare,  chiudere,  mettere  in  una  cassa  {incas- 
satura, operazione  dell'incassare).-  Inchiavardare, 
serrare  con  chiavarda,  o  con  altro  arnese  simile. 

-  Ingraticciare,  chiudere  con  graticci  {ingraticciata, 
'graticciata,  riparo  di  graticci;  ingraticciatura,  l'ope- 
razione dell'ingraticciare).  -  Ingraticolare,  graticolare, 
chiudere  un'apertura  con  una  graticola:  ingraticciare 
(iwjraticolatura,  l'operazione  dell'ingraticolare).  -  In- 
saccare, chiudere  in  un  sacco;  chiudere  più  coseo 
persone  in  un  luogo  ristretto,  a  furia,  in  disordine: 
imbisacciare,  mettere  nel  sacco  {insaccamento,  l'ope- 
razione dell'insaccare;  insaccagione;  insaccatura,  atto 
ed  effetto).  -  Intasare,  chiudere  o  serrare  le  fessure 
con  diligenza;  empire  o  empirsi  il  taso  (veggasi  più 
innanzi)  ;  ostruire ,  chiudere  ogni  spiraglio  del 
fornello  perchè  la  esplosione  della  mina  riesca 
violentissima  {intasamento,  l'intasare;  intasatura, 
atto  ed  eff"etto).  •  Interchiudere,  chiudere  in  mezzo 
0  tagliar  fuori.  -  Internare,  per  chiudere,  rinserrare. 

-  Intoppare,  impedire,  chiudere  l'uscita,  lo  sfogo, 
per  lo  più  a  un  liquido  {intoppamento,  atto  ed  "ef- 
fetto). 

Mettere  il  luccìietto,  chiudere,  e,  figuratamente, 
impedire  di  parlare.  -  Mettere,  tenere  sotto  chiave, 
chiuso,  nascosto.  -  Murare  una  porta,  un  uscio,  una 
finestra,  chiuderli  con  muramento:  rimurare. 

Oppilare,  riserrare,  chiudere;  indurre  oppilazione, 
cioè  otturamento  dei  meati  del  corpo.  -  Ostruire, 


est) 


cagionare  impedimento,  ostruzione,  cioè,  special- 
mente, la  malattia  per  cui  il  fegato  e  la  milza  in- 
grossano e  funzionano  male.  -  Otturare,  turare  (o<- 
turamenio,  l'atto  ;  otturazione,  atto  ed  effetto). 

Piombare,  impiombare,  suggellare  a  fuoco  col 
piombo  {'piombatura,  effetto  del  piombare). 

Racchiudere,  chiudere  in  sé.  -  Recingere,  circoseri- 
vere,  circondare,  chiudere  in  giro.  -Richiudere,  ripete 
chiudere.  -  Bmcftmdere,  chiuder  dentro;  assolutam., 
chiudere  uno  dove  non  possa  uscire,  per  castigo.  - 
Rinsaccare,  insaccare  di  nuovo  (r insaccamento,  nuo- 
vo insaccamento).  -  Rinserrare,  turare,  serrar  dentro 
{rinserr amento,  il  rinserrare).  -  Rintoppare,  ripete  e 
rafforza  intoppare  {rintoppo,  il  rintoppare).  -  Riporre, 
chiudere  o  serrare  alcuna  cosa,  per  conservarla  e 
nasconderla.  -  Riserrare,  ripete  serrare  {riserramento, 
il  riserrare  ;  riserrata,  il  riserrare  e  il  luogo  serrato). 

-  Ristoppare,  riturare  le  fessure  con  la  stoppa  o 
simile  materia.  -  Risverzare,  riturare  con  sverze.  - 
Riturare,  ripete  e  rafforza  turare. 

Sbarrare,  tramezzare  con  sbarre;  chiudere  con 
forti  ripari  ;  impedire  il  passaggio  con  barre.  - 
Schiudere,  contr.  di  chiudere;  aprire  {schiudimento, 
lo  schiudere).  -  Serrare,  chiuder  bene,  stretto; 
serrare  uscio,  finestra,  ecc.,  chiudere  più  fortemente, 
e  per  lo  più  s'intende  con  serrame,  sia  esso  o  stanga, 
0  puntello,  0  contrafforte,  o  chiave,  o  gruccia,  o 
altro.  -  Sigillare,  chiuder  bene,  ermeticamente; 
detto,  a  preferenza,  di  lettere,  pacchi  e  simili,  ai 
quali  si  mette  un  sigillo,  o  più  sigilli  di  cera- 
lacca e  simili.  -  Socchiudere,  chiudere  non  intera- 
mente. -  Sprangare,  mettere  la  spranga.  -  Steccare, 
circondare,  munire  di  steccati.  -  Slecconare,  chiudere 
con  stecconi,  stecconati.  -  Stoppare,  turare  con  stoppa 
0  altro;  per  estens.,  chiuder  bene.  -  Ta|3;?are,  met- 
tere il  tappo,  chiudere,  turare,  ecc.  -  Tenere  chiuso, 
inchiuso,  rinchiuso,  in  luogo  dal  quale  non  si  può 
uscire;  tenere  sotto  chiave  -  Turare,  tappare,  co- 
prire; chiuder  bene  con  turo  o  turacciolo  (il 
fiasco,  la  bottiglia,  un  buco,  ecc.).  ■  • 
Zaffare,  turare  con  lo  zaffo  {zaffam,ento). 
Chiuso.  —  Participio  passato  di  chiudere:  ser- 
rato, sigillato,  tappato,  ecc.  -  Chiuso  chiuso,  chtusis- 
Simo,  chiuso  perfettamente.  -  Chiuso,  sostantivam., 
luogo  chiuso;  chiusura,  clausura,  claustro,  serraglio. 

-  Cieco,  di  condotti  o  simile,  tappato;  qualunque 
vaso  otturato.  -  Racchiuso,  chiuso  in  sé;  recinto, 
circondato,  chiuso  all'  intorno  ;  rinchiuso ,  chiuso 
dentro;  riposto,  chiuso  e  nascosto,  ecc.;  semichiuso, 
chiuso  a  metà;  socchiuso,    chiuso  incompletamente. 

Al  poloento,  al  chiuso,  in  luogo  riparato  dal  vento. 

-  A  sigillo,  chiuso  bene.  -  Ermeticamente,  di  ciò  che 
è  chiuso  in  modo  perfetto. 

Chiudenda,  chiusura 
Alcuni  oggetti  e  arnesi  all'uopo. 

Dicesi  chiudenda  di  qualunque  riparo  che  im- 
pedisce il  passo:  chiusa,  serraglia,  serraglio,  siepe 
morta;  e  chiusura,  chiudimento,  l'atto  e  l'effetto  del 
chiudere. 

Assito,  riparo,  chiudenda  di  assi;  intavolato;  ap- 
paiamento, serraglio  di  panconi;  panconcellatura, 
rinchiusa  di  tavole;  chiudenda  dell'assi;  turata  di 
tavole;  impalancato,  intavolato,  tavolato. 

Barra,  sbarra,  serraglio.  -  Barricata,  riparo  per 
impedire,  chiudere  il  passaggio.  -  B^jnern,  steccato. 

-  Broccato,  palancato,  steccato;  lavoro  di  ditesa  fatto 
con  pali  puntoti. 


Cancellata,  chiusura  con  cancello,  -  Chiusa,  ri- 
paro di  pruni,  di  pali,  di  canne  e  simili,  per  chiu- 
dere l'entrata  a  un  campo,  a  un  orto,  ecc.  -  Chiu- 
sino, coperchio  di  pietra  che  si  mette  alla  bocca  di 
avelli,  di  fogne,  ecc.  -  Circonvallazione,  trincea  con 
parapetto  fortificato  che  gli  assedianti  stabiliscono 
intorno  al  proprio  campo. 

Ferrata  (disus.),  ferriata,  inferriata,  lavoro  di 
ferro  battuto,  o  laminato,  o  fuso,  disposto  in  guisa 
da  impedire  l'ingresso  e  l'uscita  dalle  finestre  e  da 
altre  aperture.  -  Inferriata  a  mandorla,  quella  i  cui 
bastoni  non  s'incrociano  a  squadra,  e  perciò  i  vani 
hanno  figura  di  rombo,  o  anche  di  romboide.  - 
Inferriata  diritta,  quella  i  cui  bastoni  sono  nello 
stesso  piano  del  muro,  o  sono  paralleli  al  mede- 
simo. -  Inferriata  inginocchiata,  quella  i  cui  bastoni 
longitudinali,  si  ripiegano  due  volte  a  squadra,  e 
la  parte  inferiore  dell'inferriata  fa  corpo. 

Girone,  lo  stesso  che  recinto.  -  Graticolato,  chiu- 
sura fatta  con  verghe  di  metallo  o  di  legno  per 
impedire  il  passaggio. 

Impalancata,  impalancato,  chiusura  con  palanche. 
-Imposta,  telaio  per  lo  più  di  legno,  che  serve 
a  chiudere  un'apertura;  ciascuno  di  quei  due  pezzi 
di  legname  che  sono  girevoli  sui  cardini  e  fissati 
negli  stipiti  0  nel  telaio  maestro,  e  servono  a  chiu- 
dere porte,  usci,  finestre.  -  Invetriata,  invetrata, 
vetrata,  vetriera,  la  chiusura  fatta  con  vetri 
all'apertura  di  finestre  o  anche  di  armadio,  di 
usciale  e  simili,  Men  bene  e  contro  l'uso  comune, 
alcuni  scrittori  moderni  chiamano  vetrata,  o  vetriera, 
quella  specie  di  cassa  od  armadio  a  vetri,  in  cui 
i  librai,  gli  orefici  e  altri  tengono  esposti  all'  al- 
trui vista,  fuori  della  bottega,  una  parte  delle  loro 
merci.  In  Toscana  é  solo  dell'uso  invetriata  e  ve- 
trata; quella  degli  orefici,  ecc.,  si  chiama  vetrina,  o 
mostra.  -  Palancato  (steccato),  chiusa  fatta  con  pa- 
lanche. -  Palizzata,  chiusura,  riparo  o  rafforzamento 
fatto  con  pali.  -  Passonata,  specie  di  palafitta  per 
fondamenti  di  fabbriche. 

Recinto,  luogo  chiuso,  e  anche  il  circuito,  il  con- 
torno che  lo  chiude:  ricinto,  chiuso,  rinchiuso; 
corona,  chiusa.  -  Rete,  noto  lavoro  di  fili  metal- 
lici intrecciati  e  rattorti.  -  Ring,  voce  dello  sport: 
vale  chiuso,  recìnto. 

:'■  Serra,  riparo  di  muro,  argine  di  chiusura  artifi- 
ciale per  reggere  il  terreno  e  simili.  -  Serraglio, 
luogo  chiuso  dove  i  principi  orientali  tengono  le 
loro  mogli.  -  Serrami,  denominazione  generale  di 
un  ordigno  qualunque,  per  Io  più  di  ferro,  che 
serve  per  serrare  qualche  cosa.  Anche,  serratura, 
-  Steccato,  riparo  di  città  o  di  accampamento,  e 
anticamente  luogo  chiuso  dove  si  esercitavano  i 
combattenti:  palamento,  steccaia,  stecconata,  stec- 
conato; barraggio,  barriera;  passonata,  travito.  Se 
fatto  di  legno,  assito.  -  Stecconato,  chiusura  fatta  di 
stecconi. 

Tramezzo,  muro  fatto  di  mattoni,  per  piano  o 
per  ritto,  che  divide  una  parte  d'una  stanza  dal- 
l'altra -  Uscio,  le  imposte  che  serrano  l'uscio. 

Oggepti,  arnesi  :  bietta,  pezzo  di  legno  o  d'altro 
per  stringere  serrature  o  per  altro  ufficio.  -  Cate- 
naccio, il  chiavistello.  -  Cerniera,  mastiettatura 
sottile  di  borsa,  portamonete,  scattole  e  simili: 
serve  per  chiuderle  e  aprirle.  -  Chiavarda,  stru- 
mento di  ferro  da  chiudere  o  stringere  o  collegare 
checchessia. 

Diaframma,  valvola,  saracinesca,  barra,  anello 
che  divide,  partisce  o  chiude.  -  Fermaglio,  og- 
getto qualunque  per  trattenere  o  sostenere  qualcosa 


CHIUDERE    —    aAMBELLOTTO 


557 


(non  cuiuuiie).  -  Otturatore,  bietta,  in  genere,  di 
ogni  forma. 

Palanca,  specie  di  riparo  fatto  con  piante  o  pali 
posti  in  piedi,  gli  uni  presso  gli  altri,  e  inzalVali  di 
terra.  -  l'alo,  pezzo  di  legno  per  fare  steccati,  ecc. 

Saliscendi,  pezzo  di  legno  o  di  ferro  che  im- 
perniato da  una  parte  dell'affisso,  cala  dall'altra 
sul  nasello  per  chiudere.  -  Sbarra,  tramezzo  alto, 
usato  a  chiusura,  impedimento  o  trinceramento.  - 

Sigillo,  oggetto  metallico  con  una  impronta  che 
segna  cosa  che  si  chiude  o  si  autentica.  -  Siytllo 
d'Ermete,  chiusura  a  oggetti  di  vetro  fatta  col  vetro 
stesso  liquefatto.  -  Spranga,  legno  o  ferro  che  si 
conficca  attraverso  per  chiudere  o  per  tenere  unite 
le  comuìessure 

Turacciolo,  arnese  che  serve  a  chiudere  bot- 
tiglie e  altro.  -  Taro,  cosa  che  serve  a  turare,  spe- 
cialmente de'  fiaschi.  Anche,  i  bicchierini  che  si 
mettono  sui  fiaschi.  -  Valvola,  specie  di  porti- 
ciuola  ingegnosa  che  facilita  o  impedisce  l'entrata 
0  l'uscita  dell'aria  o  di  qualunque  liquido  o  fluido. 

ZaìJo,  pezzo  di  legno,  da  un  capo  più  sottile  che 
dall'altro,  col  quale  si  turano  buchi  e  bocche  di 
vasi,  per  impedire  l'uscita  di  qualche  fluido. 

Calcastoppa,  arnese  meccanico  da  far  chiusure  ar- 
tificiali e  mobili.  -  Robinetto  (dai  francese),  spe- 
cie di  chiavetta,  per  diversi  usi.  -  Steccone,  legno 
piano,  appuntato,  per  uso  di  fare  steccati  e  palan- 
cati. 

Varie.  —  Atresia,  occlusione  o  imperforazione 
di  un'apertura  naturale  :  atresia  dell'ano,  della  va- 
gina, della  vulva,  dell'uretra,  dell'utero.  Si  ha  an- 
che un'  atresia  auditiva^  congenita  o  acquisita.  - 
Claustrofobia,  l'angoscia  che  certi  neuropatici  pro- 
vano nel  trovarsi  in  luoghi  chiusi.  -  Reclusione, 
l'essere  o  lo  stare  rinchiuso.  -  Sfintere,  muscolo  che 
chiude  un'apertura.  -  Tanfo,  puzzo  di  muffa,  di 
rinchiuso.-  Jaso,  tartaro,  gromma  del  vino;  gromma 
che  impedisce,  chiude  l'uscita  a  un  liquido. 

Ghlunque.  Detto  a  persona. 

OMurlo.  Uccello  trampoliere  che  frequenta  i 
luoghi  acquitrinosi:  ha  il  becco    lungo  e  ricurvo. 

Chiusa.  Veggasi  a  chiudere  (chiudenda,  chiu- 
sura). -  Detto  anche  per  diga.  -  Figur.,  fine  di  un 
discorso,  di  un  sonetto  o  di  altro  componi- 
meli lo  letterario. 

Ghlusino.  Detto  a  chiudere  {chiudenda,  chiu- 
sura), a  coperchio,  a  fogna. 

Chiuso.  Detto  a  chiudere. 

Chiusura.  L'atto  e  l'effetto  del  chiudere.  - 
Termine  parlamentare:  veggasi  a  parlamento. 

Ciaba.  Detto  a  calzolaio. 

Clabare  {ciabato).  Chiacchierare  molto:  veggasi 
a  chiacchiera. 

Ciabatta  (ciabattata).  Sorta  di  calzatura,  di 
scarpa;  specie  di  pantofola;  scarpa  vecchia: 
cianta,  ciavatta  ;  scarpa  vecchia  che  si  porta  per  casa 
senza  calzare  sul  calcagno.  -  Babbuccia,  scarpa  o  pia- 
nella da  camera,  di  pelle  o  di  lana.  -  Cianta^  ciantella, 
ciabatta  che  ha  il  quartiere.  -  Pattino,  in  alcune  Pro- 
vincie, la  ciabatta;  e  alcuni  chiamano  |)a<tóm  q  uelle 
soprascarpe,  arcuate  per  di  sotto  da  una  spranghetta 
di  ferro,  con  le  quali  si  sdrucciola  sul  ghiaccio.  Ma 
in  Toscana  qxiesta  voce  é  al  lutto  disusata.  -  Cia- 
battare, fruscio,  rumore  che,  camminando,  si  fa  con 
le  ciabatte,  con  le  scarpe.  -  Ciabattata,  pianellata, 
scarpata,  zoccolata,  colpo  dato  con  una  ciabatta,  una 
pianella,  ecc.  -  Strascicare,  camminare  strusciando 
sul  terreno  il  suolo  della  calzatura. 

Ciabattare  (ciabattato).  Detto  a  ciabatta. 


Ciabattino.  Chi  rattoppa  le  scarpe:  calzolaio, 
ciaba,  ciabattaio,  ciabattiere,  ciabattiero;  zabattiere 
(voce  antiquata).  Adopera  gli  stessi  arnesi  del  cal- 
zolaio. -  Acciabattare,  il  racconcie»*'?  le  ciabatte: 
racciabattare. 

Ciabattone.  (]hi  abborraccia  nel  fare:  abbor- 
racciatore. 

Ciabone.  (]lii  ha  il  vizio  di  chiacchierare:  veg- 
gasi a  chiaccliiera. 

Ciaccherino.  Lo  scapestrato 

Ciàcchero.  Birbante,  birbone. 

Ciaccia,  ciacciare  (ciaccialo).  Veggasi  a  fac- 
cendiere. 

Claccione.  Detto  a  faccendiere. 

Ciaccona.  Sorta  di  ballo. 

Cialda,  cialdone.  Sorta  di  ciambella. 

Cialdonaio.  Detto  a  ciambella. 

Cialtrone.  Uomo  sciatto  nel  vestire  e  trasan- 
dato nel  l'operare  :  anche,  mascalzone. 

Ciambella.  Pasta  dolce  a  forma  d'anello  o  di 
schiacciatinn ;  cialda,  cialdone;  brigidino;  chioc- 
colino. Anche,  pane  in  forma  di  anello  più  o  meno 
grande  (pane  a  ciambella;  ciambella  di  pane).  - 
Ciambella  lavorata,  quella  variamente  figuiata  nel- 
la sua  parte  superiore.  -  Ciambellaccia,  peggior. 
di  ciambella  in  tutti  i  sensi.  -  Ciambelletta,  dimin. 
di  ciambella  in  tutti  i  sensi.  -  Ciambellina,  dimin,, 
quasi  vezzegg.  di  ciambella,  in  tutti  i  sensi;  a  modo 
di  positivo,  si  dicono  ciambelline  certe  paste  di  fior 
di  farina  e  chiaro  d'uovo  (leggerissime  e  cotte  in 
teglia,  una  accanto  all'  altra  in  forma  di  grata)  che 
si  vendono  dai  fornai  per  friggerle  in  padella,  in- 
zuppate appena  nel  brodo  e  indorate.  -  Ciambel- 
luccia,  dimin.,  spreg.  di  ciambella   in  tutti  i  sensi. 

-  Ciambellona,  accresc.  di  ciambella  in  tutti  i  sensi. 

-  Cianibellone,  accresc.  di  ciambella  in  tutti  i  sensi  ; 
più  grande  della  ciambellona.  Ciambellone,  dice  il 
Fanfani,  é  ciambella  assai  più  grande  delle  comuni, 
fatta  di  una  pasta  non  molto  dolce,  intrisa  con 
chiaro  d'uovo,  che  prima  di  metterla  in  forno  si 
sobbolle. 

Berlingozzo,  ciambella  a  spicchi  ;  grossa  ciambella 
con  uova  e  zucchero.  -  Buccellato,  sorta  rli  ciambella 
in  uso  a  Lucca.  -  Cannone  (milanese,  canon),  cialda, 
cialdone.  -  Cialda,  sorta  di  brigidino,  ma  più  largo, 
intriso  di  fior  di  farina,  che  si  stringe  tra  due 
forme  di  ferro  calde  e  si  cuoce  alla  fiamma.  Rimane 
sottile  e  bianchissimo,  come  le  ostie  per  la  comu- 
nione. -  Cialdone,  dolce  fatto  d'una  pasta  di  fior  di 
farina,  zucchero,  uova  e  anaci  pestati  fine  fine,  che 
si  taglia  in  pezzetti  come  una  nocciola,  e  questi, 
schiacciati  tra  due  forme  ben  calde,  rimesse  sulla 
fiamaia,  divengono  sottilissimi,  accartocciati,  croc- 
canti e  d'un  color  giallino  bruciaticcio.  General- 
mente, riceve  dalle  forme  una  specie  di  venatura  a 
losanghe  o  a  quadretti  rilevata  sopra  tutta  la  su- 
perficie esterna.  Si  mangia  cosi  fatto  o  con  la 
panna  montata  o  col  gelato  (cialdoncino,  dimin.  e 
vezzegg.).  -  Pan  speziale,  a  Bologna,  larghe  e  vistose 
ciambelle  condite  con  ispezie,  miele  e  frutta  can- 
dita (frane,  pain  d'épices  ;  lat.,  liba;  in  Romagna, 
panmelato)  :  pan  certosino. 

Ciambellaia,  donna  che  fa  o  vende  ciambelle  dolci. 

-  Bozzolaro,  chi  vende  ciambelle  inzuccherate.  - 
Cialdonaio,  chi  fa  o  vende  cialde  o  cialdoni.  -  Ciam- 
bellaio, uomo  che  fa  o  vende  ciambelle  dolci. 

Ciambellano.   Gentiluomo   di   camera  in  una 
Corte. 
Ciambellotto.  Sorta  di  tela. 


558 


CIAMBOLARE 


Ciambolare  (ciambolato).  Ciarlare,  cicalare  far 
cJiiacchiera. 

Ciammèngrolà  (giammengola).  Bagattella, 
inezia. 

Oiampanelle  {dare  in).    Detto  a  corrisjìon,' 

deve. 

Ciana  (cianesco).  Trecca,  donna  del  volgo. 
"Cianati.  Veggasi  a  cianico  (acido). 

Cianca.  Detto  a  gamba. 

Ciancia.  Baia,  bagattella,  cianciafruscola,t»<?;:;m. 
-  Anche,  discorso  vano,  frivolo,  senza  fondamento  ; 
chiacchiera.  -  Ciarla,  abitudine  alle  ciancie.  - 
Multiloquo,  pieno  di  ciancie. 

Oianciafrùscola.  Bagatella,  fandonia,  ine- 
zia. 

Cianciare  {cianciato,  cianciatore).  •  Veggasi  a 
chiacchiera  (il  chiacchierare). 

Ciancióne.  Detto  a  chiacchiera  (chi  chiacchiera). 

Ciati  osco.  Da  ciana. 

Cianfrusaglia  (cianfrusaglie).  Bagattella,  fan 
donia,  inezia,  miscuglio. 

Ciàng-ola.  Ciarla,  chiacchiera. 

Ciangolare  (ciangolato).  Modo  di  pronuncia; 
modo  di  scilinguare. 

Cianico  {acido).  Liquido  bruciante,  volatilissimo, 
d'odore  penetrante,  ottenuto  dalla  decomposizione 
delle  sostanze  azotate  e  stillando  l'acido  cianurico 
secco  :  si  estrae  dalle  foglie  del  pesco.  -  Cianati. 
nome  generico  dei  sali  formati  dalla  combinazione 
dell'acido  cianico  con  le  basi. 

Ciano.  Uomo  dell'infimo  vnlgo. 

Cianidrico  (acido).  Liquido  incolore,  di  odore 
simile  a  quello  delle  mandorle  amare  :  potente  ve- 
leno, •  Cianuri,  sali  dell'acido  cianidrico. 

Cianogeno.  Gas  incoloro,  radicale,  organico: 
punto  di  partenza  d'una  importante  serie  di  com- 
posti, cianuri,  che  forma  combinandosi  coi  me- 
talli o  coi  radicali.  -  Paracianogcno,  sostanza  nera, 
isomera  del  cianogeno. 

Cianosi  (cianotico).  Colore  livido  che  precede 
la  morte. 

Cianta,  ciantella.  Detto  a  cidbatfa, 

Clanujnc.  Bordaglia,  canaglia. 

Cianuri.  Veggasi  a  cianogeno, 

Ciappcrone.  Sorta  di  cappuccio  o  berrettone. 

Ciàppola  (ciappolare,  ciappolaio)  Istruineato  da 
cesellatore.  -  Piccolo  istrumento  di  chirurgici. 

Ciappolare  {ciappolato).  Pulire  con  la  ciappola. 

CiaranioUa.  Sorta  di  focaccia. 

Ciarla*  Detto  a  chiacchiera. 

Ciarlare  (ciarlato,  ciarlatore).  Veggasi  a  chiao- 
chiara. 

Ciarlatanata.  Detto  a  ciarlatano. 

Ciarlataneria.  Veggasi  a  ciarìatano. 

Ciarlatanesco.  Di  o  da  ciarlatano. 

Ciarlatano  {ciarlatanata,  ciarlataneria).  Chi,  in 
pubblico,  spaccia  rimedi,  cava  i  denti  o  fa  altro, 
sfruttando  la  credulità  del  pubblico:  biomante, 
buffone;  cantambanco,  cerretano;  cantamban- 
caio,  cavadenti;  ciurmadore,  ciurmatore;  cireo- 
latore: salimpanco,  montimbanchi,  saltimpanco; 
Dulcamara  (dal  famoso  Dulcamara  AtWEli^ir  d'a- 
more), empirico,  pseudo  medico.  -  Ciarlatanata, 
azione  di  ciarlatano:  cantamliancata,  ciurmerla.  - 
Ciarlataneria,  qualità  e  mestiere  del  ciarlatano;  il 
fare  il  ciarlatano;  ciarlatanismo.  -  Ciarlatanesco,  A] 
0  da  ciarlatano  ;  l3ulTonesco. 

Barnum,  sinonimo  di  ciarlatano,  dal  nome  di  un 
celebre  americano,  proprietario  di  un  museo  di  cose 
e  persone  strane  e  curiose,  che  fu   molto  noto  in 


tutto  il  mondo  per  le  strombazzature  di  cui  fu  og- 
getto. 

Biomanzia,  determinazione  medico-giuridica  per 
la  quale  si  stabilisce  se,  all'atto  della  nascita,  un 
corpo  era  vivo  o  morto;  un  tempo  era  l'arte  dei 
biomanti,  ciarlatani  che  da  qualche  indizio  presu- 
mevano indovinare  la  durata  della  vita  di  un  uomo. 

Bacchetta  magica,  piccola  verga  adoperata  dal 
ciarlatano. 

Battere  la  gran  cassa,  fare  il  ciarlatano.  -  Dare  la 
fortuna  (volgarm.),  degli  imbroglioni,  sonnambuli  e 
simili,  che  danno  i  numeri  del  lotto  o  indicano  bu- 
giardamente agli  altri  il  mezzo  di  arricchire.  -  La 
biscia  morde  il  ciarlatano,  arguta  locuzione  per  in- 
dicare l'effetto  di  operazioni  imprudenti  o  maligne 
che  riescono  malamente  e  ricadono  sul  loro  autore. 

Ciarliero.  Detto  a  chiacchiera  (chi  chiac- 
chipra). 

Ciarlone.  Detto  a  chiacchiera  (chi  chiac- 
chiera). 

Ciarpa.  Specie  di  fascia  :  sciarpa.  -  Parte  del 
vestiario.  -  Anche,  cencio,  •  Fasciatura  usata  in 
chirurgia.  -  Becca,  specie  di  ciarpa  di  seta  nera 
portata  ad  ai'macollo  dai  professori  di  università 
aventi  il  grado  di  priori  nelle  varie  facoltà.  -  dar- 
pame,  ciarpume,  quantità  di  ciarpe. 

Ciascheduno.  Lo  stesso  che  ciascuno. 

Ciascuno.  Pronome  di  persona,  considerata 
individualmente  in  confronto  d'altri. 

Ciato.  Sorta  di  misura. 

Cibare,  cibarsi  (cibato).  Dare,  prendere  cibo; 
dar  a  mangiare,  tnangiare. 

Cibaria.  Detto  a  cibo. 

Cibo.  Cosa  da  mangiare;  la  quantità  di  ci- 
baria che  si  consuma  volta  per  volta  :  mangiare, 
mangiarino,  mangime  (per  le  bestie),  manicare  ;  nu- 
drimento  ;  imbandigione  (il  cibo  messo  in  tavola)  ; 
vettovaglia,  vitto,  vivanda;  pappalecco,  prebenda, 
pasciona;  strame  (delle  bestie). 

Bocconcino,  di  cibo  gustoso,  delicato,  squisito.  - 
Bocconcino  della  creanza,  il  piccolo  avanzo  di  una 
pietanza  che  nessuno  prende  dal  piatto  comune,  per 
non  parer  più  ghiotto  degli  altri.  -  Boccon  santo,  di 
cibo  squisito.  -  Cibo  da  leccarsi  i  baffi,,  assai  sa- 
porito. -  Cibo  cattivo,  cibacelo,  robaccia,  veleno.  - 
Cibo  solilo,  ordinario,  di  famiglia.  -  Eccitante,  di  cibo 
che  risveglia  l'appetito  o  dà  calore  ai  sensi.  - 
Pinirigincso,  di  cibo  irritante  piacevolmente  il  pa- 
lato. -  Rignoso,  di  cibo  che  produce  il  rigno,  che  fa 
rigo  aro. 

Ambrosia,  nella  mitologia,  cibo  e  bevanda  degli 
dèi.  -  Cibaccola,  cattiva  cibaria.  -  Cibaria,  nome 
generico  di  tutto  quanto  serve  al  nutrimento  del- 
l'uomo: cibario;  materia,  sostanza  alimentare;  coìn- 
tnestibile,  cosa  mangiativa,  mangereccia;  muni- 
zione da  bocca;  bucolica;  boccolica;  panatica.  - 
iyatòlld,  tanta  quantità  di  cibo  che  satolli,  tolga  la 
voglia  di  mauL'iare  ancora.  -  Vettovaglia,  com- 
posizione, qualità  e  quantità  di  viveri  per  assicfirare 
la  sussistenza  alle  truppe  e  ai  quadrupedi.  -  Vitto, 
il  vivere  mediante  il  cibo  la  cui  provvisione  dicesi 
vettovaglia.  -  Vivanda,  cibo  apparecchiato  per 
mangiare. 

Adulterare,  falsificare,  detto  di  cibi,  ecc.  -  Cibare, 
dar  il  cibo,  l'  alimento,  la  vivanda;  nutrire.  - 
Cibarsi,  prendere  cibo,  nutrirsi  di  checchessia.  - 
Eccitare,  stimolare  troppo  e  male.  -  Favorire,  ac- 
cettare qualche  cibo.  -  Far  prò,  del  cibo,  quando, 
facilmente  digerito,  ristora  piacevolmente.  -  Imboc- 
care (imboccamento),  mettere  ad  altri  il  cibo  in  bocca. 


CICLOGRAFO 


559 


-  imboccatura,  l'atto  dell'imboccare.  -  Dishoccare, 
cavare  di  bocca;  rimboccare,  rimandare  in  bocca 
(rimboccatura,  rimbocco). 

Cibaria,  legge  suntuaria  di  Roma  antica,  che  li- 
mitava le  spese  della  mensa. 

Cibòrio.    Parte   i]dValtare  :  il  tabernacolo. 

Cibrèo.  Detto  a  j)oUo  e  a  vii'anda. 

Cica.  Punto,  niente. 

Cicala.  Insetto  alato  che  sta  sugli  alberi  e,  d'e- 
state, manda  un  suono  stridulo  e  noioso:  cica,  ci- 
cada,  arcade  dei  campi.  -  Cicalino,  piccola  cicala.  - 
Le  cicadaric  comprendono  gli  stridenti  o  le  cicale: 
loro  caratteri  comuni  sono  quattro  ali,  anche  nelle  fem- 
mine, generalmente  venate  o  reticolate.  Antenne 
brevi,  terminanti  a  spazzola.  -  Cicadella,  tribù  di 
cicadarie,  a  cui  appartengono  insetti  con  le  antenne 
situate  fra  gli  occhi.  -  Cicadelline,  famiglia  della 
specie  più  piccola:  passano  la  loro  breve  vita  nel 
silenzio.  -  h algore  lanternaia,  tipo  che  sta  accanto 
alle  cicale,  insetto  singolarissimo  per  bellezza  e 
struttala:  ha  la  proprietà  di  brillare  durante  la  notte 
e  nel  buio,  superando  in  fosforescenza  e  in  splen- 
dore la  lucciola.  -  Palaia,  specie  di  cicala.  -  Ple- 
beja,  cicala  plebea  o  del  frassino,  cicala  comune: 
manda  uno  stridore  acutissimo. 

Manna,  linfa  zuccherina,  che  si  condensa  al  con- 
tatto dell'aria,  promossa  con  le  punture  dalle  cicale 
che  vivono  sui  frassini  in  Sicilia,  ecc.,  e  che  si 
manda  nelle  farmacie.  -  Ocelli,  occhi  semplici,  in 
numero  di  tre,  disposti  in  triangolo  sull'apice  della 
fronte  delle  cicale.  -  Specchio,  tamburo,  membrane 
separate  da  un  tramezzo  corneo  che  costituiscono 
il  meccanismo  col  quale  la  cicala  maschio  produce 
lo  stridore  detto  canto. 

Frinire,  il  cantare  della  cicala:  stridere  (stridio, 
stridore),  strillare. 

Cicalare  (cicalalo).  Cianciare,  parlare  troppo. 

Cicalata.  Detto  a  chiacchiera  e  a  discorso. 

Cicaleccio.  Veggasi  a  chiacchiera^  a  ctw- 
guettiOf  a  discorso. 

Cicalini.  Sorta  di  biscotto. 
•    Cicalino,  cicalone.  Chi  chiacchiera  molto. 

Cicalio.  Detto  a  chiacchiera  e  a  cinguettìo. 

Cicatrice.  Segno  che  lascia  una  ferita,  una 
piaga  nel  chiudersi:  margine,  marginetta;  saldatura, 
sfregio,  segno,  tacca.  -  hilandre,  carne  che,  sporgendo 
in  una  piaga,  ne  impedisce  la  cicatrizzazione.  -  Raf- 
frigno,  cicatrice  brutta,  mal  rimarginata:  fico  secco, 
frinzello.  -  Schianza,  pelle  di  cicatrice.  -  Stigma; 
puntura;  cicatrice. 

Cicatrizzante,  di  rimedio  atto  a  sollecitare  la  ci- 
catrizzazione: consolidativo,  diseccativo,  essiccativo; 
riunitivo,  seccativo,  incarnante,  incarnativo;  vulne- 
rario. Rimedi  cicatrizzanti  furono  chiamati  quei 
tossici  che  si  suppose  avessero  una  speciale  pro- 
prietà di  favorire  o  accelerare  la  cicatrizzazione. 

Cicatrizzare,  far  fare  la  cicatrice,  determinare  la 
cicatrizzazione:  ammarginare,  rammarginare,  rimar- 
ginare, riammarginare  ;  conglutinare,  consolidare  ; 
sanare,  seccare;  chiudere,  racchiudere,  richiudere, 
risaldare,  saldare.  -  Cicatrizzarsi,  far  la  cicatrice, 
per  venire, a  cicatrizzazione;  immarginare,  immar- 
ginarsi; rammarginare,  ricongiungersi;  riunirsi;  ri- 
stagnarsi il  sangue.  -  Cicatrizzazione,  il  cicatrizzare,, 
il  cicatrizzarsi;  formazione  della  cicatrice,  consoli- 
damento, consolidazione;  rammarginamento,  risal- 
damento,  risaldatura;  riunione,  sintesi  (gr.). 

Cicatricola.  Detto  ad  novo. 

Cicca.  Avanzo  di  sigaro. 

Ciccatolo.  Detto  a  sigaroo 


Ciccare  (ciccato).  Veggasi  a  sigaro. 

Cicchettare  {cicchettalo).  Here  il  cicchetto. 

Cicchetto  (cicchettare).  i3icchierino  di  acqua- 
vite: •  bicchierino  di  liquore  dozzinale,  come  grap- 
pa, mistrà  e  simili. 

Ciccia.  Voce  famil.  per  carne. 

Cicciolo.  Vpg;;;isi  a  inaiale. 

Ciccione,  ciccioso,  cicciuto.  Pingue,  grasso. 

Cicérbita.  Pianta  erbacea  da  insalata. 

Cicerchia.  Sorta  di  legume  somigliante  al 
pisello;  ha  i  liori  solitari  e  i  viticci  con  due  fo- 
glie, i  baccelli  ovali,  bislunghi,  schiacciati,  con  due 
orlicci  membranacei  lungo  il  dorso:  dà  un  forag- 
gio verde,  sano,  nutritivo  (per  cui  è  detta  anche 
ingrassabue),  e,  lasciata  granire,  dà  semi  da  ridursi 
in  farina  per  ingrassare  i  porci.  V'ha  anche  tra  la 
povera  gente  di  campagna  chi  mangia  questi  semi 
in  minestra  e  in  insalata,  a  guisa  degli  altri  legu- 
mi.  Per  il  colore,  distinguesi  in  cicerchia  bianca, 
cioè  di  fior.e  e  seme  bianco  ;  cicerchia  nera,  di  fiore 
rosso  e  seme  nericcio;  cicerchia  brizzolata,  e  men 
comunemente  screziata,  di  fiore  e  seme  variegato. 
I  semi  si  mangiano  freschi  o  secchi,  come  i  ceci  : 
sono  però  più  usati  come  mangime  per  i  vola- 
tili, dopo  essere  stati  ridotti  in  farina  o  cotti. 
Torrefatti  e  infranti,  servono  quale  surrogato  del 
caffè,  alla  guisa  dei  ceci.  -  Cicerchina,  dimin.  di  ci- 
cerchia; anche,  una  specie  di  cicerchia,  che  è  il 
Lalhyriis  cicera  dei  botanici  e  VErvum  ervilia.  • 
Cicerchiola,  dimin.  usato  nel  proverbio:  «Quando 
mette  la  querciola,  e  tu  semina  la  cicerchiola».  - 
Cicerchióne,  accresc.  di  cicerchia:  nome  dato  alla 
cicerchia  selvatica  e  a  un'  altra  specie  di  cicerchia, 
che  è  il  Lathyrus  angiilatus,  a  fiori  di  color  cilestro 
chiaro  o  rossiccio:  cresce  abbondantemente  fra  le 
messi.  -  TrageUini,  varietà  di  cicerchia. 

Cicero.  Sorta  di  carattere  da  stampa:  veggasi  a 
tipografia. 

Cicerone.  Detto  ad  oratore. 

Cicitrna.  Nome  di  un  rettile  anfibio. 

Cicisbeo  [cicisbeare).  Vagheggino,  galante. 

Ciclamino  (pan-porcino).  Pianta  montanina,  fa- 
miglia delle  primulacee,  con  fiori  olezzanti,  rossi  o 
bianchi  e  foglie  tonde  e  carnose  1  viola  delle  Alpi. 
Varie  specie  :  ciclamino  d'Europa,  a  fiori  bianchi,  di 
Napoli,  di  Cilicia,  di  Persia,  ricurvo,  hederifolium, 
vernum,  persicum,  giganteum,  sanguineum,  ecc. 

Ciclico.  Relativo  ai  cicli  o  a  un  dato  ciclo.  - 
Aggiunto  di  poetna  o  di  poesia,  -  Ciclica  linea, 
l'orbita  entro  la  quale  si  muove  un  astro. 

Ciclismo.  Parola  derivata  dal  greco  Kijklos, 
circolo:  mtto  ciò  che  si  riferisce  agli  esercizi  con 
la  bicicletta:  uno  degli  sport  oggi  più  diffusi.  -  Ci- 
clista, chi  va  in  bicicletta,  in  velocipede.  - 
Knicier-boclier,  foggia  d'abito  da  alpinista,  da  cicHsta; 
propr.,  le  grosse  calze  o  gambali  di  lana.  -  Routier, 
velocipedista  viaggiatore,  non  corridore;  su  strada, 
non  su  pista.  -  Scratch,  voce  ingl.  dello  sport  (vale 
scancellare,  raschiare),  la  corsa  in  cui  i  corridori  ed 
i  ciclisti  partono  alla  medesima  distanza.  -  Tande- 
mista,  il  ciclista  che  monta  il  tandem.  -  Velòdromo, 
il  campo  delle  corse  ciclistiche.  -  Volata,  nel  lin- 
guaggio ciclistico,  Vultimo  scatto  per  arrivare  al 
traguardo.  Per  altre  voci,  veggasi  a  corse. 

Ciclo.  Periodo  di  tempo,  di  storia,  o  di  leg- 
gende. Anche,  circolo.  -  Tutto  il  corso  di  una 
malattia. 

Cicloide.  Detto  a  curva. 

Ciclografo.  Istrumento  da  architetto  e  da  in- 
gegnere. 


560 


CICLONE    —    CIELO 


Ciclóne.  Veggasi  ad  uragano. 

Ciclope.  Veggasi  a  gigante. 

Ciclòpico.  Diccsi  di  muro  o  d'altra  costru- 
fatta  di  enormi  massi  collegati  senza  cemento  (dalle 
antiche  costruzioni  di  tal  guisa). 

Ciclostile.  Specie  di  poligrafo,  di  apparecchio 
per  riprodurre  più  volte  uno  scritto. 

Cicogna.  Grosso  uccello  acquatico,  con  lungo 
becco.  -  Cicoyiiino,  il  parto  della  cicogna.  -  Ibis, 
uccello  trampoliere,  simile  alla  cicogna.  -  SimhiI, 
nome  indigeno  di  un  uccello  del  Sudan,  famiglia 
delle  cicogne,  -  Gloterare,  schiamazzare,  il  gridare 
della  cicogna. 

Antigone,  figlia  di  Laomedonte,  la  quale,  creden- 
dosi più  bella  di  Giunone,  fu  convertita  in  cicogna. 

Cicoria  {cicoriaceo).  Erba  amara  che  si  mangia, 
specialmente  in  insalata:  cicorea,  radicchio.  Ha 
il  calice  doppio,  il  ricettacolo  un  po'  peloso  e  la 
corona  dei  semi  con  cinque  denti.  -  Cicoria  selva- 
tica, erba  con  fiore  celeste;  peduncoli  biflori  e  fo- 
glie frastagliate.  -  Pelosella,  specie  di  cicoria 

Radicchio,  la  cicoria  in  erba;  varietà  di  cicoria 
le  cui  grosse  e  lunghe  radici,  crude  o  cotte  e  pri- 
vate dell'  interna  anima,  che  è  legnosetta,  si  man- 
giano in  insalata.  Dicesi  radicchio  anche  la  fronda 
stessa  della  pianta  che,  cruda,  mangiasi  nell'istesso 
modo.  -  Radicchio  scoltellato,  colto  col  coltello.  - 
Barbe,  cesti,  mazzi  di  radicchio.  -  Mazzocchio,  tallo 
di  radicchio. 

lardssa,  genere  di  piante  cicoriacee:  una  trentina 
di  specie,  e  la  più  interessante  è  il  tarassaco  dente  di 
leone,  dalla  quale  si  ricava  un  estratto  che  si  ado- 
pera particolarmante  contro  le  febbri. 

Polvere  di  cicoria,  polvere  fatta  con  la  cicoria  ab- 
brustolita, e  che  si  usa  anche  mescolata  col  caffè. 

Cicuta.  Pianta  ombrellitera  da  cui  si  trae  un 
veleno  narcotico:  simbolo  della  perfidia.  Specie: 
cicuta  maggiore  (conmm  maculatum),  assai  vele- 
nosa; cicuta  acquatica,  cicuta  aglina  (oetusa  cyna- 
pium),  cicuta  rossa  (geranium  robertianum).  -  Cicuta 
piccola,  erba  velenosa,  da  non  confondersi  col  prez- 
zemolo, che  viene  adoperato  nei  commestibili.  -  Ci- 
cutaria, genere  di  piante  affini  alla  cicuta.  -  Coni' 
dna,  estratto  dalla  cicuta.,  alcaloide  non  ossige- 
nato. 

Ciecamente.  Da  cieco;  senza  considera- 
zione. 

Cieco.  Chi  è  privo  della  vista,  che  non  vede 
affatto  né  da  uno,  né  dall'altro  occ/tio;  ceco,  orbo; 
avocolo,  vocolo;  non  vedente;  bendato  e  sepolto  in 
una  continua  notte.  -  Cecoliuo,  bambino  cieco;  an- 
che, alquanto  cieco.  -  Cieconalo,  chi  non  vide  mai. 
-  orbo,  si  dice  per  cieco,  privo  di  vista;  ma  anche 
per  guercio  o  di  chi  ha  vista  corta. 

Anopsta,  privazione  della  vista,  cecità;  mancanza 
dei  due  occhi.  -  Cecità,  mancanza  della  funzione 
visiva,  tanto  assoluta  e  permanente  che  tempora- 
nea; cechità,  ciechità,  ciechezza,  cecaggine;  orbita; 
notte. 

Divenir  cieco,  restar  privo  della  vista;  perdere 
la  veduta.  -  Divenir  quasi  cieco,  appannarsi,  cau- 
sarsi, offuscarsi,  oscurarsi  la  vista,  la  facoltà  vi- 
siva. 

Esser  cieco:  avere  gli  occhi  che  non  servono,  la 
vista  che  non  serve  più;  peccar  nella  vista  (ligur., 
gli  occhi  non  dicono  il  vero,  non  vedono);  avere  il 
viso  spento;  avere  il  veder  nel  tatto  ;  avere  spente 
le  lucerne;  avere  gli  occhi  d'osso,  gli  occhi  tra  i 
peli,  gh  occhi  di  dietro,  gli  occhi  nella  callotlola; 


avere  le  traveggole;  avere  mangiato  cicerchie;  aver 
mangiato  loglio. 

Abbacinare,  accecare  con  bacino  rovente;  offu- 
scare la  vista.  -  Abbagliare,  offuscare  gli  occhi  con 
soverchia  luce.  -  Accecare,  render  cieco,  privare 
della  vista  [accecamento,  atto  ed  effetto).  -  Far  ve- 
dere  i  ciechi,  restituir  loro  la  vista.  -  Ralhiminare  un 
cieco,  rendergli  la  vista. -Stereo  sportello:  scherz., 
di  chi  è  cieco  da  un  occhio. 

Batòcchio,  il  bastone  col  quale  si  fanno  strada  i 
ciechi.  -  Tiflografo,  istrumento  che  permette  ai 
ciechi  di  scrivere:  ha  per  base  un  triangolo  immo- 
bile, sotto  il  quale  un  meccanismo  fa  rimuovere  la 
carta  man  mano  che  progredisce  la  scrittura.  -  li- 
flotipografìa,  stampa  in  rilievo  per  uso  dei  ciechi. 
-  Tiflotrofìo,  istituto  di  beneficenza  nel  quale  si  ac- 
colgono e  si  istruiscono  i  ciechi,  insegnando  loro 
per  mezzo  del  tatto  e  con  apparecchi  all'uopo. 

Modi  di  dire.  —  Ha  un  occhio  chiuso,  è  cieco  da 
un  occhio.  -  I  ciechi  vanno  tastando.  -  Mezzanotte, 
soprannome  di  chi  è  cieco  da  un  occliio. 

Ciechi  celebri:  Edipo,  Omero,  Tobia,  Belisario,  ecc. 

Cieco.  Chi  non  conosce  il  vero  o  ciò  che  è 
giusto,  è  buono.  -  Di  via,  di  fossa  che  non  ha 
uscita.  -  Porzione  deWintestino;  anche  di  canale^ 
chiuso  in  fine.  -  Di  lettera  senza  firtna.  -  Di  fi- 
nestra murata. 

Cielo.  Lo  spazio  in  cui  si  muovono  gli  astri  ; 
quella  parte  di  tale  spazio  che  vediamo  sopra  di 
noi  in  forma  di  vòlta;  azzurro  smalto,  balcon  so- 
vrano, campo  azzurro  ;  cupola  celeste  ;  etereo  opa- 
lino, etereo  padiglione  ;  eterni  tabernacoli,  eterno 
regno  ;  reggia  del  cielo,  empirea  reggia  ;  santuario 
di  Dio;  sfera  celeste,  sommo  smalto;  stellata  ròta; 
suprema  o  superna  ròta;  suprema  o  superna  vòlta; 
tempio,  tenda  d' Iddio,  terrazzo  supremo  ;  vitrea 
campana;  patria  celeste,  celestiale,  eterna,  santa. 
Poet.,  Urano.  Anche,  l'alto,  lassù,  ecc.  Gli  spazi  del 
cielo  ;  i  rossi  più  porporini  del  cielo  ;  lo  spettacolo 
di  un  cielo  stellato  ;  V ampiezza,  la  distesa,  Vimmen- 
sita  del  cielo  ;  qualche  strappo  di  sereno  in  un 
cielo  nuvoloso  ;  un  pezzo  di  cielo...,  espressioni  di 
chiaro  significato. 

Celeste,  del  cielo,  che  appartiene  al  cielo,  che  a- 
bita  in  cielo,  sidereo;  color  del  cielo  {Vazzun^o, 
il  turchino  del  cielo  ;  per  simil.,  uno  zaffiro,  un 
puro  zaffiro).  -  Celesti,  gli  spiriti  beati;  celesti  ar- 
monie, quelle  del  cielo.  -  Celestiale,  appartenente  al 
cielo  0  agli  spriti  celesti;  degno  di  cielo  o  del 
cielo  ;  che  vien  dal  cielo  (dono,  grazia,  forza).  - 
Empireo,  della  parte  più  alta  del  cielo. 

Il  cielo  è  buio,  sereno,  turbo,  annuvolato,  cinereo, 
plumbeo,  buio,  oscuro,  seuro,  limpido,  ecc.  -  Cielo  albeg- 
giante, del  cielo  biancheggiante  al  sorgere  deìValbà; 
aperto,  scoperto,  senza  nubi  ;  carico  d'elettricità,  del 
cielo  quando  minaccia  tempesta;  azzurro  sfumato, 
in  leggera  tinta  opalina  ;  chiuso,  annuvolato  ;  cielo 
costellato,  sparso  di  stelle  (veggasi  a  stella);  dt 
bronzo,  ostinatamente  sereno  ;  limpido,  terso,  senza 
nubi  (veggasi  a  nube)  ;  plumbeo,  color  del  piombo, 
grigio  oscuro;  ragnato,  con  nuvolette  bianche; 
scarico,  libero  di  nebbia  ;  sereno,  chiaro,  senza 
nuvole  ;  spazzato,  senza  nuvole  ;  stellato,  pieno  di 
stelle  ;  tiralo,  cielo  splendido,  senza  nessun  in- 
gombro; tetro,  buio,  tristo,  cupo,  nero;  torbo,  an- 
nuvolato. 

Annuììolarsi,  rannuvolarsi,  coprirsi  di  nubi  (veg- 
gasi a  nube).  -  imbrunire,  del  cielo  che  si  o- 
scura,  specialmente  verso  sera.  -  Rasserenare,  ras- 
serenarsi, riprendere  serenità,  cioè  lo  stato  del  cielo 


561 


senza  nubi,  con  perfetta  trasparenza  dell'atmosfera 

Schiarire,  schiarirsi,  dopo  dissipate  le  nub. 

Cappa  della  Terra,  denominazione  che  si  dà 
qualche  volta  al  cielo.  -  Cieli  cristallini,  trasparenti 
e  concentrici:  se  ne  ammettevano  due.  •  Cielo  em- 
pireo, propriamente,  quello  del  fuoco  o  della  luce; 
ligur.,  la  stanza  dei  beati  spiriti,  detta  anche  l'ul- 
timo cielo,  paradiso,  -  Etere,  aria,  cielo".  -  Fir- 
mamento,  cielo  stellato.  -  Miglior  mondo  (un),  il 
cielo,  in  opposizione  alla  Terra.  -  Mondo  astrale, 
il  cielo  stellato.  -  Sfera  celeste,  il  cielo  per  gli  an- 
tichi astronomi  e  filosofi,  i  quali  annoveravano 
dieci  cieli,  così  disposti  in  ordine  di  lontananza 
dalla  Terra:  i  cieli  della  luna,  di  Mercurio,  di  Ve- 
rere,  il  Sole,  Marte,  Giove,  Saturno  :  l'ottavo  cielo 
pra  quello  stellato,  delle  stelle  fisse  o  firmamento  ; 
il  nono  quello  al  quale  si  attribuiva  il  moto  di  tre- 
pidazione, e  che  ogni  secolo  faceva  un  grado  ;  il  de- 
cimo era  il  «  primo  mobile  »,  il  quale  nel  suo  mo 
vimento  rapiva  tutti  gli  altri  cieli.  Anche  Dante 
annovera  vari  cieli,  da  lui  chiamati  ruote. 

Brahmaloca,  cielo  di  Brahma.  -  Eliseo,  campi  E- 
lisi,  soggiorno  delle  anime  elette,  presso  i  pagani. 
-  Limbo,  luogo  fra  il  cielo  e  Vinferno. 

Purgatorio,  luogo  nel  quale  le  anime  espiereb- 
bero  le  loro  colpe,  prima  di  entrare  nel  cielo.  - 
Suarga,  degli  Indiani,  cielo  d'Indra. 


Corpi  celesti  —  Meteore. 


A  tutti  i  corpi  celesti  si  dà,  genericamente,  il 
nome  di  astro,  cosi  come  al  sole,  alla  luna,  ad 
ogni  pianeta,  ad  ogni  stella,  ecc.  -  Circumpolari, 
le  stelle  comprese  nella  callotta  celeste,  che  na  per 
centro  il  polo  e  per  raggio  la  latitudine  del  luogo, 
e  che  quindi  mai  tramontano.  -  Cometa,  corpo 
celeste  che  sta  fra  il  pianeta  e  le  nubolose.  -  Co- 
stellazione, aggregato  di  più  stelle.  -  Nebulosa, 
termine  astronomico,  quasi  nébule,  nebbie  del  cielo. 
-  Nebulose,  macchie  biancastre  e  fisse  che  si  scor- 
gono nel  cielo  a  occhio  nudo;  quelle  stelle  che 
mandano  una  luce  velata  come  attraverso  uno  strato 
di  nebbia.  -  Perseidi,  meteore  d'agosto.  -  Sirio,  alfa 
del  Cane  maggiore,  o  Canicola,  la  più  fulgida  stella 
del  cielo.  -  Sporadi,  astri  disseminati  ne'vasti  spazi 
del  cielo,  fuori  dalle  costellazioni. 

Aerolito,  e  aerolito,  pietra  caduta  in  terra  da  una 
regione  ultra  atmosferica. 

Arcobaleno ,  meteora  arcuata  coi  colori  del 
prisma  che  appare  nel  cielo  dopo  la  pioggia,  detta 
anche  non  popolarmente  iride.  Giunone.  •  Aurora 
boreale,  meteora  vaporosa  e  luminosa  che  apparisce 
verso  il  polo  artico,  frequente  nei  climi  settentrio- 
nali (veggasi  ad  aurora).  -  Bolide,  globo  di  fuoco 
che,  di  quando  in  quando,  solca  l'atmosfera,  lasciando 
dietro  sé  una  luminosa  striscia.  -  Crepuscolo,  la  luce 
che  si  vede  prima  e  dopo  il  tramontar  del  sole.  - 
Fulmine,  scarica  elettrica.  -  Ch'andine,  l'acqua 
che  cade  dal  cielo  congelata.  -  Lampo,  luce  che 
risplende  fra  le  nubi  nell'istante  dell'esplosione  elet- 
trica. -  Neve,  pioggia  rappresa  dal  freddo  nell'aria. 
•  Nube,  nuvola,  vapore  che  si  condensa  nell'aria.  - 
Pioggia,  l'acqua  che  cade  dal  cielo.  -  Schiaria,  in- 
tervallo di  luce  in  un  cielo  fatto  cupo  dalla  nebbia 
e  dalle  nubi.  -  Tuono,  fragore  che  produce  nell'at- 
mosfera la  scarica  dell'elettrico,  ripercosso  dai  monti 
0  dagli  ostacoli. 


Termini  astronomici. 


Apice,  punto  della  sfera  celeste  verso  il  quale, 
in  un  dato  istante,  tende  il  movimento  della  Terra 
nella  sua  orbita.  -  Circolo  crepuscolare,  piccolo  cir- 
colo della  sfera  celeste  parallelo  all'orizzonte  e  ab- 
bassato sotto  l'orizzonte  di  diciotto  gradi.  Segna  il 
confine  del  crepuscolo.  -  Circolo  orano,  meridiano 
celeste.  -  Coluro,  ciascuno  dei  due  cerchi  massimi 
della  sfera  celeste  che  passano  pei  poli  dell'equa- 
tore e  per  i  quattro  punti  cardinali  dello  zodiaco. 

-  Equatore,  veggasi  a  questa  voce. 
Meridiano,  circolo  massimo  della  sfera   celeste  e 

terrestre  che  tocca  i  due  poli  e  sega  l'equatore  ad 
angoli  retti.  -  Nadir,  punto  del  cielo  che  è  diret- 
tamente sotto  i  nostri  piedi.  -  Orizzonte,  quello 
tra  i  circoli  massimi  della  sfera  celeste  e  terrestre 
dal  quale  essa  è  divisa  in  due  parti  eguali,  uno 
superiore  e  visibile,  l'altro  inferiore  e  invisibile. 

Parallelo,  ciascuno  dei  circoli  minori  della  sfera 
celeste  o  terrestre  paralleli  all'  equatore.  -  Plaga, 
parte  di  cielo  o  di  mondo.  -  Punii  cardinali,  i  quat- 
tro punti  dell'orizzonte  che  segnano  a  noi  ia  dire- 
zione (est,  ovest,  nord,  sud). 

Radiante  {raggiante),  quel  punto  o  quella  regione 
del  cielo  da  cui  diverge  uno  sciame  di  stelle  ca- 
denti. -  Regione,  parte  del  cielo;  punto   cardinale, 

-  Sinodo,  unione  di  due  o  più  stelle  o  pianeti  nello 
stesso  luogo  ottico  del  cielo. 

Tempo,  stato  o  condizione  del  cielo,  dell'atmo- 
sfera, del  mare.  -  Zenit,  il  punto  della  sfera  celeste 
a  cui  accenna  la  linea  verticale  prolungata  ideal- 
mente in  alto:  opposto  di  nadir.  -  Zodiaco,  zona 
celeste,  entro  cui  avvengono  i  moti  dei  pianeti  co- 
nosciuti dagli  antichi:  è  limitata  da  due  circoli  ce- 
lesti equidistanti  dall'eclittica  e  distanti  fra  loro 
circa  18  gradi.  -  Zone,  parti  del  cielo  che  corri- 
spondono alle  zone  dalla  Terra. 

Culminazione,  massima  altezza  di  un  astro  nel 
suo  passaggio  al  meridiano.  -  Congiunzione,  avvici- 
namento apparente  di  due  astri,  e  dicesi  svperior- 
se  appare  al  di  là  del  sole,  inferiore  se  al  di  qua. 

-  Elongazione,  allontanamento  apparente  di  due  astri. 

-  Occultazione,  passaggio  di  un  astro  dietro  un 
altro. 


Voa  scientifiche,  mitologiche,  ecc. 

COSE  E  termini  VArI. 


Astrochimica,  studio  della  natura  chimica  dei 
corpi  celesti,  fondato  principalmente  sull'uso  dello 
spettroscopio.  -  Astrofotograjia,  applicazione  della 
fotografia  al  rilievo  delle  parti  della  vòlta  cele- 
ste e  specialmente  delle  macchie  solari.  -  Astro- 
nomia, la  scienza  che  si  occupa  dell'osservazione 
e  dello  studio  dei  corpi  celesti.  -  Meccanica  celeste, 
r  astronomia  teorica,  ossia  quella  che  tratta  delle 
leggi  a  cui  obbediscono  gli  astri  nei  loro  movimenti. 
-  Lranografia,  descrizione  della  sfera  stellata  e  delle 
costellazioni,  e  uranografo  chi  fa  una  uranografia. 

Astrografo,  strumento  che  serve  a  tracciare  le 
carte  celesti,  nelle  osservazioni  astronomiche,  con- 
temporaneamente all'osservazione  stessa.  -  Atlante 
astronomico,  insieme  di  carte  rappresentanti  parte 
del  cielo.  -  Carte  celesti,  quelle  che  rappresentano 
le  costellazioni,  come  stanno  sul  firmamento,  non- 


Premoli.  Vocabolario  Nomenclatore. 


36 


5t)2 


CIERA    —    CILICIO 


che  tutu  i  circoli  maggiori  o  minori  della  sfera, 
con  i  loro  gradi  e  minuti.  -  Planisfero,  rappresen- 
tazione sopra  un  piano  della  sfera  celeste  o  terre- 
stre 0  d'una  sfera  in  generale. 

Osservatorio ,  edificio  elevato,  che  domina 
tutto  l'orizzonte,  dove  si  osservano  i  fenomeni  ce- 
lesti. -  Specola,  luogo  eminente  dà  dove  si  può 
contemplare  il  cielo  a  scopo  scientifico. 

Atlante,  titano,  figlio  di  Giapeto,  fratello  di  Pro- 
meteo :  fa  da  Giove  condannato  a  sostenere  con  le 
spalle  la  vòlta  del  cielo. 

Saturno,  detto  altrimenti  il  Tempo,  figlio  del 
Cielo  e  della  Terra.  -  Terra  o  Tello,  moglie  del 
Cielo:  aveva  prodigiosa  quantità  di  mammelle,  e  sì 
piene  che  nutriva  tutto,  il  genere  umano.  -  Titano, 
figlio  del  Cielo  e  della  Terra.  1  suoi  figliuoli  erano 
giganti,  nominati  anch'Msi  Titani.  -  Urania,  la  Ve- 
nere celeste. 

Varie.  —  Anagogia,  elevazione  dell'animo  alle 
cose  celesti.  -  Apoteòsi,  ammissione  d'un  uomo  nel 
cielo;  traslazione  fra  gli  dèi.  -  Beatitudine,  stato  delle 
anime  assunte  in  cielo.  -  La  corte  del  cielo,  gli  angioli 
e  i  santi.  -  Origine,  aiuto,  grazia,  benedizioni  celesti, 
che  vengono  dal  cielo.  -  Predestinato  alla  gloria  ce- 
leste, chi  deve  salire  in  cielo.  -  Nel  seno  di  Dio, 
nell'altra  vita  beata,  in  cielo.  -  E'  un  sereno  che 
smaglia,  di  cielo  limpidissimo.  -  /  due  occhi  del 
cielo,  il  sole  e  la  luna»  •  Un  cielo  che  rid»  di 
splendori  continui. 

Ciera  (céra).  Sembianza,  aria  di  volto,  di  fac- 
cia, 

Olfósl.  Curvatura  anormale  della  colonna  ver' 
tebrale* 

Cifra.  Nome  generico  dei  segni  scritti  o  stam- 
pati, e  comprende  lettere,  numeri  e  simili:  cifera, 
carattere,  segno,  figura,  nota.  -  Il  carattere  con  cui 
si  rappresenta  ciascun  numero,  -  Anche  scrii- 
tura  convenzionale,  intesa  solo  da  coloro  tra  i 
quali  fu  convenuto  il  modo  di  comporta.  -  Cifrare, 
scrivere  in  tal  modo  -  Liferista^  chi  sa  farlo  - 
Cifrario,  quadro  dei  segni  convenzionali  e  delle 
corrispondenti  spiegazioni  per  cui  mezzo  si  inter- 
preta la  scrittura  cifirata,  se  ne  ha  la  chiave^ 
detta  anche  contraccifra,  controcifera  -  Cifrato,  di 
rosa  scritta  in  cifre.  -  Decifrare,  spiegare  la  scrit- 
tura convenzionale,  in  cifra. 

Cifra.  Abbreviatura  del  nome,  in  un  quadro, 
in  un  sigillo  e  simili.  -  Monogramma,  cifra  com- 

f)Osta  delle  principali  lettere  di  un  nome.  -  Sigla, 
ettera,  cifra  abbreviativa. 

Cifrare  {cifrato).  Segnare  con  cifra. 

Clgaretta.  Veggasi  a  sigaretta. 

Cigaro.  Detto  a  sigaro. 

Ciglia.  Plurale  di  ciglio.  -  Prolungamenti  di 
cai  sono  forniti  alcuni  elementi  anatomici. 

Ciglio  (plur.  ciglf,  ciglia)  La  parte  del  Tolto 
che,  sopra  l'occhio,  con  un  piccolo  arco  di  peli, 
serve  ad  arrestare  gli  insetti  e  i  corpuscoli  che  po- 
trebbero offendere  la  vista,  a  rennere  nel  sonno 
insensibili  i  raggi  luminosi  e  a  distendere  sopra 
l'occhio  un  umore  che  serve  a  mantenerlo  in  uno 
stato  permanente  di  freschezza:  cigliatura.  Le  ci- 
glia sono  folte,  rade,  nere  o  d'altro  colore;  rag- 
fitunte  0  riunite,  cioè  senza  divisione  fra  un  ciglio 
e  l'altro.  -  Cigliuto,  chi  ha  ciglia  lunghe  e  folte.  - 
Ciliare,  che  appartiene  alle  ciglia. 

Accigliatura,  intraccciglio,  lo  spazio  compreso  fra 
ciglio  e  i?lio.  -  Arco  delle  cvjlin,  l'archetto  di  peli 
«he  sta  sopra  l'oochio.  -  Blefaridi,  le  ciglia  palpe- 


brali. -  Sopracciglio,  l'arco  peloso  che  è  sopra  gli 
occhi. 

Accigliare,  accigliarsi  (acciglialo,  accigliamento, 
accigliatura),  aggrottare  le  ciglia.  -  Aggrottare 
le  ciglia,  riunire  le  ciglia  per  qualche  pensiero 
cupo,  fastidioso;  far  la  ciera  brusca,  la  faccia 
scura;  far  broncio;  cipigliare,  corrugare,  corru- 
garsi il  volto;  guurdare  torvo.  -  Inarcare  le  ci- 
glia, sollevare  le  ciglia  a  modo  d'arco,  per  ammi- 
razione, per  meraviglia,  ecc. 

Blefaroplastia ,  rinnovamento  artificiale  delle 
ciglia.  -  Blefarometro,  istruraento  adoperato  per  la 
cura  della  trichiasi,  ossia  del  rovesciamento  delle 
ciglia  all'indielro.  -  Ptilosi,  la  caduta  delle  ciglia 
in  seguito  all'irritazione  del  margine  libero  delle 
palpebre.  -  Iricorrizi,  cigli  anormali /Soprannume- 
rari, che  possono  cagionare  malattie  d'occhi  -  Xe- 
rasia,  malattia  dei  capelli  e  delle  ciglia,  che  im- 
pedisce loro  di  crescere,  rendendoli  simili  ad  una 
peluria  coperta  di  polvere. 

Ciglio.  Sommità  che  abbia  forma  acuta. 

Ciglione.  Terreno  erboso,  rilevato  sopra  la 
fossa  0  la  strada  e  soprastante  al  campo:  specie 
di  argine,  di  ripa  -  Liglionare,  munire  di  ci- 
glioni. 

Cigliato.  Detto  a  ciglio. 

Cigna  (cignare,  cignata).  Lo  stesso  che  dn- 
ghia. 

Cignale.  Lo  stesso  che  cinghiale, 

Cignere.  Mettere  intorno,  cingere,  circon- 
dare. 

Cigno.  Uccello  palmipede  acquatico,  bianchis- 
simo, con  gran  busto,  lungo  collo,  piedi  nero-ros- 
sastri :  cecero,  cecino  (voci  antiquate)  ;  uccello  di 
Fetonte.  Detto  anche  cigno  reale.  Ha  per  tipo  il 
cigno  selvatico,  che  abita  le  regioni  settentrionali 
dell'Europa  e  dell'Asia,  e  viene  qualche  rara  volta 
anche  da  noi.  Per  cigno  selvatico  s'intende  anche 
il  cygnus  musicus,  che  più  frequentemente  si  fa 
vedere  ne'  nostri  paesi  :  ed  è  probabilmente  quello 
tanto  celebrato  da^li  antichi  pel  supposto  suo  can- 
tare, morendo.  Gli  ornitologi  ne  conoscono  altre 
specie,  tra  le  quali  il  cigno  nero  {c^gwis  atratus) 
dell'Australia.  -  Dreusare,  sibilare,  nbih,  grido  del 
cigno.  -  Duvet,  peluria  sottostante  alle  penne  di 
alcuni  palmipedi:  oche,  cigni,  ecc. 

Cicno  0  Cigno,  re  dei  Liguri,  il  quale  pianse 
tanto  la  disgrazia  del  suo  amico  Fetonte  che  fu 
cangiato  in  cigno.  -  Leda,  moglie  di  Tindaro,  molto 
amata  da  Giove,  il  quale,  per  sedurla,  si  cangiò  in 
cigno. 

Il  cigno  di  Leda,  nota  scultura  di  Michelangelo. 

Cignone.  Grossa  cinghia. 

Cigolare  (ciaolalo).  Scricchiolare  ;  stridere  (di 
ruota  0  d'altro);  schiamazzare  (di  passero  o  di 
altro  uccello).  -  Cigolio,  il  cigolare  prolungato. 

Cigolio.  Detto  a  cigolare  e  a  stridere. 

Cilécca.  Beffa,  burla  che  si  fa  ad  altri,  mo- 
strando di  dargli  checchessia  e  poi  non  dando- 
glielo: invogliare,  suscitare  inutilmente  la  voglia, 
il  desiderio.  -  Far  cilecca:  far  astio,  far  baco  baco, 
far  lima  lima. 

Ciliare.  Proprio  del  ciglio. 

Cilicio  {cilizioy  Veste,  grossolana  e  ruvida,  an- 
ticamente portata  per  penitenza;  sorta  di  cintu- 
ra pungènte,  o  altro  simile  tormento  portata  indosso 
per  penitenza:  ciliccio,  tonaca  cilicia,  panno  ciuc- 
cino; sacco,  veste  di  penitenza,  vestimento  ciliccio; 
dura  veste;  canavaccio.  -  Ciliccino,  àliciario,  di 
cilicio. 


Cn^IEGIA   —   CILINDRO 


S63 


ciliegia.  Il  tratto  del  ciliegio. 

Ciliegio.  Noto  albero  domestico,  producente 
piccoli  frutti  di  color  rosso,  per  lo  più  a  cioc- 
chette  :  ciriecio.  Ne  è  usato  il  legno  per  lavori  di  sti- 
pettaio, di  eJbanista,  di  tornitore,  imitando  bene  il 
mogano.  In  alcuni  luoghi  di  montagna  se  ne  usa 
l'olio  come  commestibile  e  per  ardere.  Varietà  di 
ciliegi  :  r  amarasca,  o  amareno,  il  corniolo,  ecc.  - 
Cilegiuolo,  ciliegio  nano.  -  Lazzerolo,  lazzeruolo, 
specie  di  ciliegio  che  fa  frutti  piuttosto  agri,  più 
grossi  deile  ciliegie  e  con  tre  noccioli.  Azzarola, 
azzeruolOf  lazzcruola,  lazzuola,  il  frutto.  -  Visciolo, 
ciliegio  di  monte:  bisciolo.  Visciola,  bisciola,  a- 
griotta,  il  frutto. 

Ceratine,  principio  che  costituisce  quasi  tutte  le 
gomme,  trasudanti  da  ciliegi,  da  mandorli,  da  su- 
sini. 

Ciliegia,  frutto  del  ciliegio,  drupa  quasi  rotonda, 
carnosa,  liscia,  lucente,  di  color  vario,  tra  il  gial- 
lognolo e  il  bianco,  il  rosso  e  il  nerastro,  con 
nòcciolo  a  commettiture  più  o  meno  prominenti  : 
cerasa,  ciriegia.  Si  mangia  allo  stato  naturale  (an- 
che cotta  e  in  guazzo)  ;  serve  anche  a  preparare 
conserve,  siroppi,  bevande  alcocliche  e  una  specie 
di  vino;  alcune  qualità  si  essiccano  al  sole.  Le 
ciliegie  si  mettono  in  tavola,  in  un  corbello,  in 
una  cesta  e  simili  recipienti  di  vimini. 

Comuni,  in  Toscana,  le  varietà  dette  amariva, 
marasca  (selvatica  e  acida),  marchiana,  palnmbina, 
visciola,  zuccara.  Altre  varietà  chiamansi  marinelle^ 
morette,  moscadelle. 

Parti  della  ciliegia  :  buccia,  la  parte  esteriore 
che  avvolge  il  frutto:  picciuolo,  il  gambo  del 
frutto  ;  polpa,  la  parte  carnosa  che  si  mangia  ; 
nòcciolo,  l'osso,  la  parte  lignea,  nella  quale  si  con- 
serva il  seme  ;  sticco,  sugo,  l'umore  liquido  che  si 
spreme  dal  frutto. 

Distinzioni:  Ciliegetta,  dimin.  meno  comune  di  cilie- 
gina. -  Ciliegina,  dimin.  vezzegg.  (ciliegine  primatic- 
cie, sbiancate  e  poco  saporite).  -  Ciliegiuccia,  ciliegia 
poco  grossa  e  poco  bella  -  Ciliegiona.  grossa  ci- 
liegia -  Ciliegiaccia,  peggior.  di  ciliegia  (ciliegiaccia 
strafatta,  ammuffita,  marcia).  -  Ciliegia  acquaiuola, 
di  un  bel  colore  rosso,  quando  è  perfettamente  ma- 
tura, di  grato  sapore,  e  così  detta  per  essere  assai 
acquidosa.  -  Ciliegia  a  cuore,  pallida,  duretta  e  ter- 
minante in  punta,  a  modo  di  cuore,  dalla  parte  op- 
posta al  gamno.  -  Ciliegia  agriotta  o  visciolona,  di 
polpa  molle  e  delicata,  tra  dolce  e  agra,  di  color 
rosso  sanguigno  cupo  e  con  gambo  corto.  -  Ciliegia 
amaraschina,  detta  anche  assolutane  amarasca  o 
amarena,  frutto  del  cerasus  caproniana  griotta , 
globoso,  depresso,  di  color  porporino  scaro,  quasi 
nero,  con  la  polpa  rossa,  un  poco  acerba  e  amara, 
col  nocciolo  tondo.  Serve  specialmenie  a  preparare 
il  noto  liquore  detto  amaraschina  o  maraschino  Coi 
succo  si  fa  siroppo.  Il  picciuolo  •■  ì  nocciuoli  sgu- 
sciati fornisceno  aroma  per  liquori,  rosolii  è  con- 
fetti; servono  pure  per  l'estrazione  d3iracido  cia- 
nico (prussico).  -  Ciliegia  bianca,  di  color  bianco 
cereo,  di  torma  bislunga,  arrotondata,  leggermente 
piatta  alla  base,  di  polpa  molto  aderente  al  noc- 
ciolo. -  Ciliegia  corniola,  di  un  rosso  incarnato, 
leggermente  cuoriforme,  di  pasta  piuttosto  dura,  non 
molto  profuùiata,  ma  gustosa  e  con  un  senso  di 
freschezza  che  le  altre  ciliegie  non  sogliono  avere: 
molto  stimata  per  i  guazzi.  -  Ciliegia  duracina,  di 
polpa  consistente,  rossa  al  di  fuori  e  sbiancata  in- 
ternamente :  detta  anche  cuor  di  piccione.  •  Ciliegia 
Inxlrina,  piccola,  di  un  rosso   chiaro  e  con  buccia 


molto  levigata  e  lucida,  onde  il  nome.  Varietà:  la 
lustri na  bianca  (frutto  di  media  grandezza),  la  nera 
(grossa,  sugosa),  la  rosa  precoce  (frutto  piccolo,  con 
polpa  insipida).  -  Ciliegia,  moscadella,  di  polpa  so- 
da, sbiancata,  screziata  di  punti  rossicci,  di  sapoi 
dolce  aromatico,  -  Ciliegia  nera,  grossa,  di  polpa 
tenera,  molto  dolce,  di  color  rosso  cupo  nella  per- 
fetta maturità  :  molto  sugosa  ;  strisciata  sul  pa- 
ne, lo  colorisce  di  un  rosso  vivo,  comunicandogli 
un  grato  sapore.  -  Ciliegia  napoletana,  di  polpa  me- 
no consistente  della  ciliegia  duràcina,  di  colore 
rosso  cupo  vinato,  tanto  di  fuori  che  di  dentro.  • 
Ciliegia  zuccaia,  o  zucchetta,  frutto  grosso,  ma  in- 
sipido, -  Ciliegiuola,  frutto  del  cilegiuolo,  grosso 
quanto  un  pisello,  di  un  sapore  acidissimo,  non 
disaggradevole  nella  perfetta  maturità.  -  Corniola, 
specie  di  ciliegia  più  colorita  e  più  dura  delle  al- 
tre. -  Marchiana,  aggiunto  di  ciliegia  molto  grossa 
(nel  dialetto  lombardo,  grafión).  -  Visciola,  frutto 
del  ciliegio  di  monte  o  visciolo:  piccolo,  alquanto 
bislungo,  di  color  rosso  quasi  cupo,  acidetto.  Quello 
della  pianta  coltivata  per  uso  domestico  ha  il  sa- 
pore, la  grossezza  e  le  altre  qualità  delle  ciliegie 
comuni. 

Cominciano  a  vergognarsi:  scherz.,  delle  ciliegie 
che  maturano.  -  Lustrare:  si  dice  di  quel  lucido 
che  sogliono  avere  le  ciliegie  mature  e  più  special- 
mente quelle  che  hanno  appunto  il  nome  di  lustrine. 
-  Far  le  buccole:  così  i  ragazzi  quando  accoppiano 
le  ciliege  agli  orecchi. 

Ciliegiaio,  venditore  di  ciliegie,  A  modo  d'agg. 
nel  proverbio:  t  Aprile  carciofaio,  maggio  ciliegia- 
io i .  -  Ciliegeto,  luogo  ove  siano  piantati  molti  ci- 
liegi. Non  comune. 

Cherry,  l'acquavite  estratta  da  ciliegie.  -  Kirsch- 
Wasser  (letteralmente,  in  tedesco,  acqua  di  ci- 
liegie), liquore  forte  preparato  con  la  distillazione 
della  ciliegia  agra,  detta  marasca.  Il  cherry  brandy 
degli  inglesi.  -  Maraschino,  specie  di  roscolio  estratto 
dalle  marasche.  -  Marena,  bibita  fatta  con  sciroppo 
di  ciliege  amarasche. 

Cilindrare  (cilindrato;  eilindratarej.  Far  pas- 
sare sotto  il  cilindro. 
Cilindrasse.  Detto  a  nervo. 
Cilindratoio.  Veggasi  a  cilindro» 
Cilindratura.  Detto  a  cilindro. 
Cilindrico.  Di  cilindro. 
Cilindro.  Solido  lungo  e  rotondo  che  ha  le  basv 
piane  e  parallele  e  il  diametro  sempre  eguale  in  tutta 
la  sua  lunghezza;  solido  generato  dal  rivolgimento 
di  un  rettangolo   intorno  a  uno   de' suoi  lati.  Per 
estensione,  tutto  ciò  che  si  avvicina  a  tal  forma.  - 
Qualunque  arnese  che   abbia   forma  di  cilindro,  e 
serva  a  frangere,  uguagliare  checchessia.  -  Cilindri- 
■amente,  in  figura  cilindrica.  -  Cilindrico,  di  cilin- 
dro, in  forma  di  cilindro   -  Cilindroide,  solido  di 
torma  som'giiante  a  un  cilindro. 

Bossolo,  cilindro  di  latta  con  coperchio  ed  una 
manigKa.  per  lo  più  di  funicella:  serve  a  riporvi 
l'untume  psr  iarri.  o  per  altri  usi  militari.  -  Curro, 
legno  cilindrico  che  si  mette  sotto  pietre  o  altre 
cose  molto  pesanti ,  per  muoverle  facilmente.  -  Elica, 
veggasi  a  questa  voce,  -  Fusello,  grosso  cilindro  di 
legno,  per  /ar  muovere,  nelle  cartiere,  le  stanghe 
dei  mazzi.  Mulinello,  qualunque  cilindro  sul  quale 
si  attorcigliano  metalli  o  catene  diverse.  -  Pirone. 
sorta  di  cilindro.  -  Rocchetto,  strumento,  di  forma 
cilindrica,  ad  uso,  per  lo  più,  di  incannare.  -  Rullo, 
rotolo,  cilindro  a  vari  usi.  -  Subbio,  subbiello,  ar- 
nese per  la  tessitura:  legno  rotondo  al  quale  si 


564 


CILIZIO    —    CIMITERO 


avvolge  la  tela  ordita.  -  Stantuffo,  cilindro  che 
fa  parte  di  una  tromba  o  di  altra  macchina.  - 
Timpano,  sorta  di  gran  cilindro  cavo.  -  Tubo,  ci- 
lindro cavo  di  vetro,  di  piombo,  di  gomma  elastica, 
di  ferro,  ecc.  -  Zono,  rullo,  cilindro. 

Alesare,  termine  tecnico  dei  meccanici  (dal  fran- 
cese aléser):  significa  tornire  la  superficie  interna  di 
un  cilindro  forato,  -  Cilindrare,  far  passare  chec- 
chessia sotto  un  pesante  cilindro  o  fra  due  cilindri, 
perchè  ne  esca  compresso,  levigato  e  lustro,  avendo 
acquistato  il  lucido  (lustro):  dare  il  lustro,  gual- 
care, manganare,  soppressare  col  mangano.  -  Cilin- 
dratoio, arnese  o  macchina  per  cilindrare;  anche, 
istrumento  che  rende  rotonda  la  superficie  interna 
d'un  corpo  di  tromba,  del  cilindro,  di  una  macchina 
a  vapore,  del  torchio  idraulico,  di  tutti  i  fori  in- 
somma che  debbano  essere  cilindrati,  e  dello  stesso 
calibro,  in  tutta  la  loro  lunghezza.  •  Cilindratura, 
l'operazione  del  cilindrare:  manganatura. 

Cilizio.  Lo  stesso  che  cilicio. 

Cima.  La  parte  più  alta  di  una  cosa  (anche 
l'estremità  di  cosa  lunga):  acume,  acumine, 'apice, 
auge  (il  punto  supremo  al  quale  si  possa  giungere 
in  checchessia);  cacume,  corno,  cresta,  penna,  vetta 
(dì  monte);  cocuzzo,  cocuzzolo,  collo,  colmo,  corona 
fdi  albero,  di  edificio  e  simili);  comignolo;  cuc- 
cuma, culmine;  erto  (sostantivo);  fastigio  (termine 
letter.,  sommità,  sublimità)  ;  parte  più  rilevata,  più 
alto  punto;  pinnacolo,  punta;  sommità,  sommo; 
testa;  verruca  (di  collina);  vèrtice;  zùccolo  (v.  a.). 

Cima  dove  non  arrivano  che  gli  uccelli  :  alta,  sco- 
scesa. -  Imo,  da  cima  a  fondo.  -  Kuhn,  parola  te- 
desca che  significa  cima,  vetta.  -  Sommità,  il  sommo 
di  un'altezza.  -  Spitze:  ted..  punta,  cima,  detto  di 
alcune  sommità  alpine.  -  Testa,  la  sommità  d'una 
cosa.  -  lestata,  cima  della  parte  superiore  di  cosa 
solida. 

Belvedere,  luogo  in  cima  a  un  edificio,  terrazzo, 

-  Crinale,  nell'uso  toscano,  la  sommità  dei  monti, 
quando  si  prolunga  in  linea  continuata.  -  Zenit, 
punto  immaginario  del  cielo  corrispondente  col  ver- 
tice del  nostro  capo.  -  Cùspide,  la  parte  superiore 
di  un  edificio. 

Cimare,  spuntare,  tagliare  in  vetta  un  albero: 
diveltare,  svettare.  -  Scamozzare  (scamozzato),  to- 
gliere piccola  parte  dalla  cima.  -  Scocuzzolare  (sco- 
cuzzolato), levare  il  cocuzzolo. 

In  cima,  sulla  cima:  in  cima  in  cima;  in  capo  al 
monte,  al  sommo  d'una  parte. 

Glmare  {cimato,  cimatura).  Spuntare,  svettare. 

-  Scemare  il  pelo  al  pannolano. 

Gimasa.  Membro  ed  ornato  di  architettura; 
lineamento  o  membro  ornamentale  di  un  edificioy 
di  una  cornice  e  simili:  cimazio,  cartella,  frontale, 
frontespizio,  frontone;  zoforo. 

Cimatura.  Veggasi  a  j)annolano. 

Cìmbalo.  Istrumeuto  musicale:  i  piatti, 

Cimbòttolo.  Colpo  nel  cadere. 

Cimbràccola.  Dicesi  di  donna  sciatta  e  spre- 
gevole. 

Cimeliarca.  Detto  a  biblioteca. 

Cimelio.  Oggetto  antico  e  prezioso. 

Cimentare,  cimentarsi  {cimentato  cimento). 
Porre,  porsi  a  cimento,  a  prova.  Porre,  porsi  a 
rischio,  a  pericolo. 

Cimento.  Esperimento,  prova.  Anche,  peri- 
colo, rischio.  ■  Nome  di  un'antica  accademia. 

Cimice.  Insetto  parassita,  di  pessimo  odore,  che 
si  annida  nei  letti  e  nei  buchi  delle  pareti,  generato 
e  moltiplicato  dalla  mancanza  di  pulizia.  -  Cimicione, 


grossa  cimice.  -  Cimicioso,  pieno  di  cimici  :  sudicio, 
sporco.  -  Incimito,  pieno  di  cimici.  -  Cimiciaio,  luogo 
pieno  di  cimici.  -  Cimice  mosca  {reduins  persona- 
tus):  specie  che  assale  i  ragni  per  mangiarli  o  esserne 
mangiata.  -  Cimici  idrometre:  hanno  capo  lineare  o 
filiforme,  munito  di  due  lunghe  antenne;  rostro 
sottile  e  capillare;  zampe  lunghe  ed  eguali. 

Cimici  rosse  del  cavolo  o  piccole  cimici  del  cavolo, 
insetti  parassiti  di  questo  vegetale.  -  Geocorisi  o  ci- 
mici terrestri,  famiglie  di  eterotteri.  -  Halobdtidi, 
cimici  d'acqua  salsa. 

Idrocorist  o  idrocori,  cimici  acquatiche,  carnivore, 

-  Idrometra  delle  paludi  (hydrometra  paludum),  detta 
cimice  ago  dal  naturalista  Geoffroy:  vive  a  schiere 
negli  stagni.  -  Ligee,  cimici  rosse  dei  giardini  che 
si  trovano  per  lo  più  al  piede  degli  alberi  e  su  pel 
tronco,  riunite  a  cinquantine,  strette  le  une  accanto 
alle  altre:  vivono  del  succo  dei  vegetali  e  pungono 
le  capsule  di  varie  specie  di  malve,  -  Pentatome, 
cimici  selvatiche.  -  Reduvìi,  cimici  mascherate  di 
nero,  di  bruno,  con  zampe  rossiccie  e  coperte  di 
scarsi  peli,  conosciute  anche  ^ol  nome  di  cimici 
del  letame.  -  Siromasti:  i  naturalisti  chiamarono 
cosi  talune  cimici  del  gruppo  della  pentatoma  gri- 
gia, che  invece  esalano  un  odore  simile  a  quello 
della  mela. 

Cimiciaria,  nome  volgare  dell'accasa  cimicituga 
di  Linneo,  per  il  suo  ingrato  odore  adoperata  in 
decozione  allo  scopo  di  scacciare  le  cimici. 

Cimiciaio,  cimicione.  Detto  a  cimice, 

Cimicrttola.  Specie  di  uva. 

Cimiero.  Termine  d' araldica:  ornamento  di 
penne  o  d'  altro  che  i  cavalieri  portavano  in  cima 
all'elmetto  (veggasi  ad  élmo).  -  Pennàcchio,  spen- 
nacchio, arnese  di  più  penne  unite  insieme,  che  si 
porta  al  cimiero  o  al  cappello. 

Cimitero.  Li.ogo  (per  lo  più  un  campo  cinto 
da  muro)  nel  quale  si  dà  sepoltura  ai  cadaveri 
o  si  procede  alla  loro  crem,azione,  conservandone 
le  ceneri:  asilo  di  morti,  ultimo  asilo;  campo  dei 
defunti,  camposanto,  cimiterio,  necropoli;  luogo 
sacro,  terra  santa;  abitazione  dei  morti,  sagrato; 
funerea  campagna,  ultima  dimora;  lugubre  soggior- 
no; città  crocesignata,  città  dei  morti,  della  morte; 
funebre  via;  paesi  del  nulla;  la  «casa  che  non 
paga  pigione  »  ;  sotterratolo  ;  la  «  casa  di  tutti  ». 
E',  per  lo  più,  scompartito  da  viali  e  talvolta  pian- 
tato d'alberi  (quasi  sempre  cipressi).  -  Camposanto 
dei  cattolici,  dei  protestanti,  degli  ebrei,  ecc.,  di- 
stinzione dei  cimitero  secondo  la  religione. 

Catocomòa,  cimitero  sotterraneo,  dei  primitivi  cri- 
stiani, in  )rigine  cava  di  pietra.  1  cristiani  usavano 
anche  raccogliervisi  per  la  celebrazione  de'  loro 
misteri  e  per  sotti-arsi  alle  persecuzioni.  -  Necropoli, 
cimitero  vasto,  monumentale.  -  Riposo,  luogo  dove 
uno  fu  seppellito.  -  Sepolcreto,  luogo  nel  quale 
sono  molti  e  antichi  sepolcri.  -  Sepolcro,  luogo  ove 
si  depongono  i  morti  (qualunque  luogo  accolga  le 
nostre  spoglie  è  sepolcro:  il  mare,  una  voragine,  ecc.) 

-  Sepoltura,  il  luogo  preparato  a  ricevere  le  spoglie 
mortali:   sepoltura  civile,  religiosa,  gentilizia,  per- 


,  ecc. 


Parti  del  cimitero. 


Arca,  la  sepoltura  dei  corpi  santi.  -  Avello:  era 
un  sepolcro  di  particolare  forma  ;  la  voce  poi  si  e- 
stese  a  significare  qualunque  tomba. 

Camera  di  deposito,  stanza  dei  cimiteri  (e  anche 
degli  ospedali),  ove  si  depongono  i  cadaveri  prima 


CIMITERO 


S65 


di  sotterrarli:  camera  mortuaria;  necrocomio.  - 
Cappella,  piccolo  edificio,  stanza,  consacrato  al 
culto.  Ancne,  tomba  di  famiglia,  cioè  l' edificio 
nei  quale  hanno  sepolcro  i  membri  d'una  famiglia. 
-  Carnaio,  vecchia  denominazione  di  sepoltura  co- 
mune. -  Cella,  grotta  mortuaria,  luoghi  riposti  per. 
seppellimento  di  morti,  -  Cenerario  o  cinerario, 
luogo  0  vaso  nel  quale  si  depositano  le  ceneri  dei 
defunti  nei  paesi  in  cui  si  pratica  la  cremazione; 
urna  cineraria,  urna  funeraria.  -  CenotaHo,  sepolcro 
o  monumento  vuoto,  senza  il  corpo  del  morto.  - 
Cespite,  il  tumolo  o  rialzo  di  terra  che  sta  sopra 
al  cadavere  sepolto  nella  fossa.  -  Cippo,  colonnetta 
rotonda  o  quadra,  mezza  colonna  o  colonna  tronca, 
senza  capitello,  talora  sormontata  da  un  busto  e 
recante  iscrizione  in  memoria  e  lode  di  un  defunto. 
Anche,  un  parallelepipedo  fatto  allo  stesso  scopo: 
colonnetta  sepolcrale,  pietra  acherontea,  pila,  ròcchio 
di  colonna.  -  Cipresso,  albero  piantato  nei  cimiteri, 
come  simbolo  di  morte,  di  lutto.  -  Colombario,  luogo 
con  nicchie,  o  caselle,  ove  si  ripongono  le  urne  con 
le  ceneri  dei  morti.  -  Colonna  spezzata,  quella  che 
si  mette  sulla  fossa  di  persona  cara  morta  nel  fior 
degli  anni.  -  Crematoio,  forno  crematorio,  apparec- 
chio 0  edificio  per  la  cremazione,  ossia  per 
l'abbruciamento  dei  cadaveri.  -  Croce,  segno  che  si 
sovrappone  alle  sepolture  nei  cimiteri  cristiani.  - 
Cubicolo  (cubiculum),  camera  sepolcrale  nelle  ca- 
tacombe. 
Erma,  per  estens.,  una  colonnetta  squadrata  (con  la 

{)arte  inferiore  più  piccola  e  con  una  testa  qua- 
unquej  che  gli  antichi  mettevano  nelle  crociere 
delle  strade  maestre,  oggi  nei  cimiteri.  -  Famedio 
{casa  della  fama,  casa  della  gloria),  voce  foggiata 
dal  latino  a  indicare  la  parte  d'un  cimitero  mo- 
numentale ,  l'edificio  nel  quale  si  accolgono  le 
salme  o  si  collocano  ricordi  (monumenti,  iscrizioni, 
ecc.)  di  uomini  illustri,  nativi  della  città  a  cui  il 
cimitero  appartiene.  -  Fossa,  baca  che  si  fa  nel 
terreno  per  sepoltura. 

Giardinetto,  piccolo  spazio  di  terreno  nel  quale, 
pagando  una  tassa  al  comune,  si  dà  sepoltura  di- 
stinta a  un  morto:  è  per  un  cerio  periodo  di 
tempo  0  a  perpetuità.  -  Ipctro,  spazio  scoperto 
intorno  a  una  tomba.  -  Ipogèo,  costruzione  sotter- 
ranea nella  quale  gli  antichi  depositavano  i  loro 
morti,  -  Rurgan,  tumulo  in  Russia. 

Lapide,  pietra  che  copre  la  sepoltura;  e  anche 
quella  lastra  di  marmo  sulla  quale  si  incide  una  iscri- 
zione sepolcrale.  -  Lòculo,  nicchia,  cavità  o  altra 
simile  cosa  destinata  a  contenere  le  urne  cine- 
rarie. -  Mastaba,  tomba  egiziana  che  serviva  alle 
sepolture  private 

Mausoleo,  monumento  funebre  eretto  da  Artemisia 
al  marito  Mausolo;  ora,  monumento  alquanto  ma- 
gnifico per  depositarvi  o  dove  è  depositato  il  corpo 
del  morto.  -  Mensa,  pietra  sepolcrale,  piana  e  ret- 
tangolare, collocata  sulle  spoglie  del  defunto:  la 
più  semplice  forma  di  monumento.  Nel  mezzo  vi 
era  un  foro  per  versare  unguenti  sull'estinto.  - 
Mormmeìito,  opera  d'arte  o  altro  alla  memoria  di 
alcuno  o  di  alcuna  cosa.  -  Mora,  specie  di  piramide 
di  sassi  che,  anticamente,  si  inalzava  per  onorare 
alcuno  o  anche  per  semplice  atto  pietoso.  -  Morgue 
(frane),  cella  mortuaria  dove  si  espongono  i  cada- 
veri degli  sconosciuti  per  il  riconoscimento. 

Opa,  lunetta  semicircolare,  a  vòlta,  praticata 
nelle  pareti  dei  colombari  romani.  Generalmente, 
contiene  due  urne  cinerarie,  -  Ossario,  camera  od 
edificio  destinato  a  conservare  le  ossa  dei  defunti. 


Piramide,  veggasi  a  questa  voce.  -  Sarcofago^ 
sepolcro  nel  quale  gli  antichi  riponevano  i  ca- 
daveri che   non   si  volevano  abbruciare. 

Tavolo  anatomico,  apparecchio  per  autopsie,  per 
sezioni  anatomiche.  Tipo  moderno  il  tavolo  ana- 
tomico a  ventilazione,  che  è  una  tavola  di  marmo  o 
di  zinco,  girevole  orizzontalmente  intorno  al  proprio 
centro.  Consiste  di  tre  parti  principali,  che  si  so- 
vrappongono -  piedestallo,  cassa,  tavola  -  e  di  due 
accessorie  Interne  (cerchio,  diaframma);  si  dispone 
il  piedistallo  sopra  un  canale  in  muratura  (co- 
struito sotto  11  pavimento),  il  quale  faccia  capo 
a  una  canna  da  camino. 

Pietra  tumulare,  quella  che  copre  una  tomba.  - 
Tavola  di  pietra,  pietra  piatta  sopra  una  tomba.  - 
Tomba,  luogo  ove  si  depongono  i  morti,  più  o 
meno  elevato  dal  suolo  e  anche  sotterra:  area, 
avello,  sepoltura.  -  Tumulo,  sepolcro  o  tomba,  con 
sollevamento  da  terra.  -  Urna  reneraria  od  os- 
suaria,  quella  che  serve  a  conservare  le  ceneri  e 
le  ossa  elei  morti. 


Persone  che  nei  cimiteri  compiono  qualghs  ufficio 
Voci  varie. 


Becchino,  colai  che  compie  l'uffioio  di  sotterrare, 
seppellire  i  morti,  scavando  la  fossa  e  in  questa 
calando  la  cassa,  la  bara  che  li  racchiude  :  bec- 
camorti, pizzicamorti,  scavamorti,  scavator  di  fosse, 
sotterratore,  soti errapersone.  Il  becchino  attende 
anche  All'esumazione,  ossia  al  disotterramento  dei 
morti  o  dei  loro  avanzi  (esumare,  disumare,  dis- 
seppellire, disotterrare,  dissotterrare,  cavar  fuori 
dalla  sepoltura).  -  Ispettore,  capo  dei  necrofori,  di- 
rigente la  pompa  funebre,  il  funerale.  -  Libitinario, 
intraprenditore  che  forniva  le  cose  necessarie  ai 
funerali:  ora  impresario  delle  pompe  funebri.  -  JVie- 
crofori,  i  portamorti  municipali,  cioè  coloro  che, 
messo  il  morto  entro  la  cassa,  lo  depongono  sul 
carro  funebre  e  lo  accompagnano  al  cimitero,  per 
consegnarlo  a  chi  ne  è  custode. 

Epitassia,  compositore  di  epitaffi.  -  Prefiche, 
donne  prezzolate  le  quali,  presso  i  Romani,  spar; 
gevano  lagrime  durante  le  esequie,  -  Quadratario, 
il  riquadratore  e  intagliatore  di  pietre  o  marmi 
sepolcrali.  -  Sciupa-solai,  epigrafisti  che  sciupano 
con  le  loro  bugie  il  solaio  dei  cimiteri. 

Concessione  a  porpetuità,  terreno  ceduto  in  perpe- 
tuo per  la  sepoltura  di  una  persona  o  di  una 
famiglia. 

Fuochi  fatui,  fiammelle  che  si  sprigionano,  la 
notte,  dai  cimiteri  o  dai  terreni  troppo  grassi.  - 
Mummia,  corpo  imbalsamato  presso  gli  antichi 
Egiziani  ;  corpo  trovato  disseccato  sotto  la  terra.  - 
Sepoltuario  o  sepultuario,  libro  nel  quale  sono  re- 
gistrate e  descritte  le  sepolture  delle  famiglie. 

Bara,  cassa  sulla  quale  si  chiude  il  morto  per 
trasportarlo  al  cimitero,  -  Esaforo,  letto  funebre 
sul  quale  sei  schiavi  portavano  i  morti  alla  se- 
poltura -  Lacrimatorio,  piccolo  vaso  che  serviva 
a  raccogliere  le  lagrime,  o  piuttosto  che  conteneva 
i  profumi.  -  Mortorio,  onoranza  o  cerimonia  nel 
trasportare  al  cimitero  e  seppellire  un  m,orto: 
esequie,  funerale. 

Epicedio,  poesia  funebre  che  si  recitava  prima 
che  si  seppellisse  il  cadavere  -  Epitaffio,  epitafio, 
inscrizione  mortuaria,   sepolcrale  ;  epigrafe   che  si 


o66 


CIMOLO 


CINEMATOGRAFO 


incide  sulla  tomba  :  nenia  sepolcrale  ;  pitaffio  ;  an- 
ticarri., pataffio.  -  lalemos,  canto  funebre  degli  an- 
tichi Greci.  -  Minologia,  canto  funebre  delle  don- 
ne greche.  -  Nenia,  orazione  funebre,  canto  funebre 
presso  gli  antichi  Romani. 

Filobolia,  azione  di  gettare  foglie  e  fiori  sulle 
tombe  -  lafofobia,  terrore,  ossessione  della  sepol- 
tura; paura  di  essere  sepolto  vivo.  -  Ustione,  azio- 
ne di  bruciare,  cremazione. 

Biascicare  il  lastrico  delle  bugie,  leggere  a  stento 
le  bugiarde  epigrafi  poste  dai  sciupasolai  nei  cimi- 
teri. -  Visitare  il  camposanto,  recarsi  al  cimitero, 
specialmente  il  e  di  dei  morti  »,  in  omaggio  ai  de- 
funti. 

Cimolo.  La  cima  tenera  della  pianta,  o  la 
parte  più  tenera  del  cespo. 

Olmòsa»  ciniossa.  L' estremità  laterale  del 
drappo,  del  tessuto  ;  vivagno  del  panno  (se- 
condo alcuni,  cimossa  dicesi  del  pannolano,  viva- 
gno della  tela). 

Cimurro.  Malattia  che  colpisce  specialmente  il 
cavallo  e  il  cane,  determinando  un  flusso  d'u- 
mori, di  moccio,  dalle  nari.  Detto  anche  farcino, 
morva;  volgami.,  ciamorro  o  moccio.  •  Nell'uomo, 
forte  raffreddore, 

Cinabrese.  Sorta  di  terra  color  rosso  mattone, 
per  tingere  un  muro  o  simili.  -  Terra  dello  stesso 
colore  la  sinopia,  detta  anche  bolo  armeno,  bolaV' 
vieno. 

Cinabro.  Antico  nome  del  minio,  ora  applicato 
al  solfuro  rosso  di  mercurio,  colore  smagliante 
che  si  può  ottenere  anche  mescendo  alquanto  di 
rosso  nel  giallo  cromo;  analogo  al  vermiglione. 
Impuro,  serve  generalmente  all'estrazione  del  mer- 
curio. Soltanto  quello  molto  puro,  cristallino  (non 
molto  comune),  può  servire  come  colore.  Il  cinabro 
di  antimonio  si  usa  nella  pittura  ad  olio  e  all'ac- 
quarello, come  pure  nella  preparazione  di  tele  e 
carte  dipinte.  -  Cinabro  verde,  combinazione  di 
giallo  cromo,  azzurro  di  Prussia  e  spato  pesante: 
•serve  nella  verniciatura,  per  gradazioni  di  tinte. 

Cinanche.  Specie  d'angina,  per  cui  i  malati 
mettono  fuori  la  lingua,  quasi  come  i  cani  an- 
santi: schinanzia. 

Cinantropia.  Strana  forma  di  isterismo. 

Cincia.  Lo  stesso  che  cingallegra. 

Cinciallegra.  Lo  stesso  che  cingallegra. 

Cinciglio.  Ornamento  di  veste  militare. 

Cincinno.  Detto  a  capelli. 

Cinciscliiare  (cincischiato,  cincischio).  Il  ta- 
gliare male.  -  Difettoso  modo  di  pronunzia. 

Cincischio.  Detto  a  tagliare* 

Cinciscliióne.  Di  chi  non  sia  àbile,  manchi 
di  attitudine,  di  idoneità,  sia  lento,  incerto, 
inetto  nei  fare, 

Cincuna  (cinchona).  Pianta  rubiacea,  che  dà 
alla  farmacia  la  corteccia  della  china. 

Cinconismo.  Avvelenamento  prodotto  dalle 
alte  dosi  d'un  sale  di  chinina  (veggasi  a  china). 

Cinedo.  Detto  a  ragazzo. 

Cinegètica.  L'arte  della  caccia. 

Cinemàtica.  Parte  della  meccanica  riguar- 
dante le  legisti  del  moto, 

Cinematògralo.  Meccanismo  che,  combinato 
con  una  lanterna,  dà  proiezioni,  servendo  a  pro- 
durre le  cosidette  vedute  animate;  serie  di  foto- 
grafie che,  passate  rapidamente  davanti  agli  occhi 
dello  spettatore,  danno  l'illusione  del  moto,  della 
vita.  -  Cinematografia,  quanto  riguarda  il  cinema- 
tografo,  sia   negli   apparecchi,   sia    nel    funziona- 


mento. -  Cinematografico,  di    cinematografo,  a  mo' 
di  cinematografo  ;  appartenente   al  cinematografo. 

A  mano,  automatico,  il  cinematografo  a  seconda 
del  modo  ael  quale  le  pellicole,  o  films,  vengono 
messe  in  movimento.  -  A  forchetta,  il  cinematografo 
che  serve  per  grandi  proiezioni  in  pubblico  e  nei 
teatri.  -  Cinematografo  a  un  tamburo,  a  doppio 
tamburo,  secondo  che  le  pellicole  si  avvolgono 
intorno  a  uno  o  a  due  cilindri.  -  Cinemicrofono- 
grafo,  combinazione  del  cinematografo  col  micro- 
fonografo Dessaud.  -  Cinetoscopio,  apparecchio  che 
ha  qualche  somiglianza  col  cinematografo. 

Parti  del  cinematografo  e  annessi. 

Film,  nastro  di  celluloide  sui  quale  si  trova  una 
serie  non  interrotta  di  positive  fotografiche  :  pelli- 
cola.  Il  film  può  essere  circolare  o  a  estremi  liberi. 
•  Positivo,  ciascuna  delle  fotografie  della  pellicola. 
-  Ruota  dentata,  dispositivo  speciale  che  fa  presa 
in  appositi  fori  praticati  lungo  i  margini  del  film 
e  ferma  il  positivo  davanti  all'apertura,  mentre 
l'otturatore  rimane  aperto  e  lascia  passare  la  luce 
proveniente  dalla  lanterna.  •  Tamburo,  cilindro  in- 
torno al  quale  si  trova  avvolto  il  film.  •  Doppio 
tamburo,  sistema  di  due  cilindri  costruito  alio 
scopo  che  il  film,  via  via  che  si  svolge  dal  cilin- 
dro superiore,  si  arrotoli  dall'altra  parte  sul  cilin- 
dro inferiore,  dopo  essere  passato  davanti  all'ob- 
biettivo. 

Lanterna,  l'apparecchio  a  luce  artificiale  me- 
diante il  quale  i  positivi  vengono  proiettati  sullo 
schermo.  -  A  petrolio,  a  stoppino  multiplo,  incan- 
descente, ad  alcool,  a  luce  ossidrica,  a  gas  acetilene, 
elettrica  ad  arco:  diversi  tipi  di  lanterne,  -  Corpo 
della  lanterna,  l'affusto.  -  Illuminante,  la  sorgente 
luminosa,  qualunque  essa  sia.  -  Condensatore,  lente 
che  deve  concentrare  e  intensificare  la  luce  ema- 
nata dall'illuminante.  •  Condensatore  doppio,  quello 
composto  da  una  coppia  di  lenti  piane  o  convesse, 
montate  vicinissime  l' una  ali'  altra.  -  Obbiettivo, 
lente  che  serve  all'ufficio  di  ingrandire  l'immagine 
illuminata  dal  condensatore  e  di  proiettarla  sullo 
schermo.-  Crown-glass,  flint  glass,  i  due  tipi  più 
accreditati  di  obbiettivi.  ■  Trousse,  una  serie  di  ob- 
biettivi di  ricambio. 

Otturatore,  apparecchio  che  alternativamente  co- 
pre e  scopre  l'obbiettivo.  -  A  rullo,  a  piastrina 
mobile,  a  cerniera,  a  dischi  eccentrici,  l'otturatore  a 
seconda  della  sua  struttura. 

Bacinella,  recipiente  contenente  allume  e  acqua, 
posto  dinanzi  al  condensatore,  allo  scopo  di  raf- 
freddare il  fascio  luminoso  ed  evitare  lo  incen- 
diarsi delle  pellicole.  -  Cestello,  specie  di  cesta  di 
vimini,  nella  quale  si  raccolgono  le  pellicole  nei 
cinematografi  a  un  solo  tamburo.  -  Supporto,  il  so- 
stegno sul  quale  posa  la  lanterna  da  proiezioni.  - 
Il  treppiede  a  gambe  rientranti,  il  treppiede  fisso,  i 
supporti  più  accreditati.  -  Schermo,  la  superficie  di 
tela  o  carta  bianca  sulla  quale  si  proiettano  le  im- 
magini :  telone.  Vi  sono  tre  tipi  di  schermi  :  a  ten- 
dina, se  si  arrotola  attorno  a  un  asse  ;  a  telaio,  se 
montato,  o,  meglio,  incorniciato  in  un  quadro;  a 
parete,  se  appeso  alla  parete.  -  Opaco,  lo  schermo 
che  arresta  I  immagine:  si  usa  quando  la  proie- 
zione vi  vien  fatta  di  fronte.  -  Trasparente,  lo 
schermo  che  si  lascia  attraversare  dalla  proiezione: 
si  usa  quando  l'apparecchio  cinematografico  posa  a 
tergo. 


CINERARIO  —  CINICO 


567 


Occhielli,  i  fori  mediante  i  quali  il  telone  si  al- 
laccia al  telaio.  -  fiwi/o,  il  cilinciro  intorno  al  quale 
si  ;Wolge  lo  schermo  mediante  un  sistema  di  car- 
rucole dx  comando 


Funzionamento,  ecc. 


Proiezione,  ciascuna  delle  immagini  luminose  che 
si  delineano  sullo  schermo.  -  Proiettare,  fare  oro- 
iezioni,  riprodurre  inmiagini  in  proiezione.  -  Scin- 
tille luminose,  i  punti  bianchi  che  lo  spettatore 
vede  sullo  schermo  durante  una  proiezione  davanti 
a  bollicine  che  rendono  difettosi  i  positivi.  -  Tre- 
molio, le  oscillazioni  rapide  e  dannose  delle  im- 
magini cinematografiche  proiettate  sullo  schermo. 

Centrare,  dell  accordo  esatto  dei  diversi  movi- 
menti che  devono  compiere  le  parti,  costituenti 
un  cinematografo.  -  Lacerarsi,  il  rompersi  delle 
pellicole  in  conseguenza  della  eccessiva  velocità. 

Operatore,  la  persona  incaricata  di  dirigere  il 
movimento  del  cinematografo. 

Cineràrio.  Vaso  per  contenere  gli  avanzi  della 
cremazione. 

Cinèreo.  Bigio,  grigio.  -  Sostanza  cinerea,  la 
sostanza  grigia  del  cervello. 

Clnesla.  Arte  degli  esercizi  corporali  ;  gintui- 
stica  a  scopo  curativo. 

Cinesiologia.  Veggasi  a  igiene  e  a  te- 
rapia. 

Cinesitecnia-  Detto  a  ìnovimento. 

Cinesiterapia.  Ramo  della  terapia  fisica. 

Cinètica.  Detto  ad  energia. 

Cinetoscopio  {Kinetoscopio).  Apparecchio,  in- 
ventato da  Edison,  nel  quale  il  rapido  passaggio, 
davanti  agli  occhi,  d'una  serie  di  fotografie  sterescopi- 
che  riproducenti  le  diversi  posizioni  che  uno  o  più 
corpi  in  movimento  hanno  ad  intervallo  di  minime 
frazioni  di  minuto  secondo,  offre  all'  osservatore 
l'illusione  che  il  movimento  sia  ripetuto  sotto  i 
suoi  occhi.  Differisce  dal  cinematografo  perchè  in 
questo  le  proiezioni  delle  fotografie  passano  davanti 
uno  schermo,  mentre  nel  cinetoscopio  si  osservano 
mediante  lenti. 

Cingallegra.  Uccelletto  piccolo,  di  vivaci  mo- 
vimenti e  di  canto  piacevole:  cincia,  cinciallegra. - 
Cinguettare,  garrire  (cinguettìo,  garrito),  il  mandar 
fuori  la  voce  che  fa  la  cingallegra. 

Cingere  {cingimento ,  cinto).  Avvincere,  cir- 
condare. -  Mettere,  mettersi  una  cintola,  una 
cintura.  -  Legare  una  veste  nel  mezzo  della 
persona.  -  Fermare  alla  vita  una  cintura,  e  simili. - 
Porre,  attaccare  a  cintola  un'arMie,  mu' armatura. 

Cinghia.  Striscia  di  pelle,  di  cuoio,  di  soatto, 
0  sovatto  e  di  altro  tessuto,  ad  uso  di  cingere, 
legare  o  sostenere  checchessia  e  munita  di  una 
fibbia  per  allacciarla:  cigna,  cignolo;  cinto,  cin- 
tura; coreggia,  correggia;  laccio,  soga.  -  Cinghione, 
cignone^  grossa  cinghia. 

Bretelle,  cinghia  da  calzoni:  bertelle,  dande, 
stracche,  straccali.  -  Cigna,  comunem.,  quella  larga 
striscia  di  cuoio  o  di  tessuto  di  canapa,  la  quale, 
attaccata  dalla  parte  destra  della  sella,  va  ad  affib- 
biarsi, passando  strettamente  sotto  la  pancia  del 
eavallo,  nel  riscontro  o  contraccigna  che  è  dalla 
parte  sinistra  della  sella.  Anche  il  sellino  ha  la 
cigna.  Dicesi  pure  cigna  il  largo  e  grosso  passamano 
0  gallone   per   mezzo   del    quale   si  tirano  su  e  si 


abbassano  i  crislalli  della  carrozza.  Talora  la  cigna 
è  di  cuoio,  ma  più  generalmente  di  tessuto.  -  Ci- 
gne,  due  striscia  di  largo  passamano  applicate  ai 
baule.  -  Contraccigna,  contraccinghia,  veggasi  a 
sella.  -  Correggia,  o  cinghia  continua,  meccanismo 
di  trasformazione  del  movimento,  e  serve  a  tra- 
sformare un  movimento  circolare  continuo  in  un 
altro,  pure  circolare  e  continuo,  intorno  ad  un  asse 
quasi  sempre  parallelo,  modificando  la  velocità  in 
grandezza  o  anche  in  senso.  -  Sopraccinghia,  cinghia 
che  sta  sopra  un'altra;  sopraccigna. 

Affibbiare,  congiungere  insieme,  per  mezzo  della 
fibbia,  i  due  capi  della  cinghia.  -  Cinghiare,  ci- 
gnare  {cinghiato,  cigna. o),  legare,  stringere  con  cin- 
ghia; mettere  le  cinghie  al  cav«Wo;  cingere,  riein- 
gere.  -  Cignatura  (meno  comuneiu.,  cinghiatura), 
i  atto  del  cignare  o  cinghiare;  anche,  la  parte  del 
corpo  ove  si  stringe  la  cigna.  -  Cingimento,  cimjhia- 
mento,  atto  del  cignare  o  cinghiare.  -  Cinghiala, 
cignata,  percossa  con  la  cinghia.  -  Ricinghiare,  ri- 
pete cinghiare. 

Cinghiale.  Porco  selvatico  mammifero  dell'or- 
dine dei  pachidermi  multungulati:  si  nutre  di  sostanze 
vegetali,  insetti,  conigli,  topi,  talpe,  vermi:  cignale. 
Poeticam.,  apro.  Gli  si  dà  la  caccia  per  la  sua  carne 
saporita.  -  Cignala,  cignalessa,  la  femmina  del  ci- 
gnale: cinghiala.  -  Cignaletto,  cignalino,  cignalotto, 
(cinghialetto,  ecc.),  il  piccino  del  cinghiale. 

Babirussa,  suino  o  ci^^nale  di  Celebes,  di  mole 
considerevole:  ha  denti  canini  grandissimi,  curvi, 
esterni.  -  Cheropótamo,  il  cignale  dai  ciujfetti. 

Grifo,  cefifo,  muso  del  cinghiale.  -  Sétola,  il  pelo 
gross«»  del  cignale  e  del  porco.  -  Zanna,  dente  ri- 
curvo di  cinghiale. 

Grufolare,  ficcare  il  grifo,  cercando  di  che  man- 
giare: aggrufolare,  rufolare,  sgrufolare;  razzolare 
col  grifo.  -  Grugnire  (grugnito),  il  t:  andar  fuori  la 
voce  che  fanno  il  cinghiale  e  il  porco:  rognire, 
rugghiare,  ruggire. 

Atalanta,  figlia  di  Jasio,  re  eli  Arcadia  e  di  Oli- 
mene e  moglie  di  Meleagro,  da  cui  ebbe  Partenopea: 
era  molto  inclinata  alla  caccia,  e  ferì,  prima  d'ogni 
altro,  il  cinghiale  Caledonio. 

Cinghiare  {cinghiato).  Mettere  la  cinghia» 

Cingimento.  L'atto  del  cingere^  del  dv- 
condare. 

Cingolo.  Cintolo,  cintura.  -  Cordiglio  di 
frate. 

Cinguettare  {cinguettamento,  cinguettato).  Far 
cinguettio.  -  Anche,  cicalare,  far  chiacchiera 
stucchevolmente.  -  lì  parlare  dei  fanciulli  quando 
cominciano  ad  usare  della  favella. 

Cinguettio.il  cinguettare,  cinguettamento,  canto 
di  uccelli:  cantaiera,  canzone,  chiacchiericcio,  con- 
certo; falso  bordone;  garrito  (di  rondini  e  simili); 
laio  (mesto  cinguettìo);  pigolìo  (di  uccelletti);  pi- 
spilloria, pissi  pissi;  rima  (poet.);  svernamento, 
trillo. 

Cinguettare  {cinguettamento,  cinguettato),  il  mandar 
fuori  la  voce  che  fanno  certi  uccelli  cantatori: 
cantare,  cianciare,  ciaramellare,  garrire,  piare  (poet.), 
pigolare,  spincionare,  svernare,  trillare.  -  Passeraio, 
il  cinguettìo  di  molte  passere  insieme  (Tramater). 

Ciniatria.  La  cura  medica  del  cane. 

Cinicamente.  Da  cinico. 

Cinico.  Aggiunto  d'una  setta  di  filosofi  greci 
(Veggasi  a.  filoso fia)  che  ostentavano  disprezzo  per 
gli  agi  della  vita  e  per  le  convenienze  sociali,  senza 
rispetto  0  riguardo  a  checchessia.  -  Cinicamente,  da 
cinico,  in   modo  praticato  da  un  cinico.  -  Cinico, 


568 


CINIGU 


CINTURA 


proprio  0  degno  di  cinico.  -  Cinismo,  dottrina  e 
tenore  di -vita  dei  onici;  impudenza,  sfacdataggine 
da  cinico. 

Oinigia.  La  cenere  mescolata  con  brace. 

Ciniglia.  Piccolo  cordone  di  seta. 

Cinismo.  Detto  a  cinico. 

Cinnamomo.  Albero  dalla  scorza  del  quale  si 
ottiene  la  cannella. 

Cinocèfalo.  Specie  di  scimmia. 

Cinòfilo.  Amico  del  cane, 

Cinog^lossa.  Sorta  di  erba  medicinale. 

Cinosùra.  La  costellazione  dell'Orsa  minore.  • 
La  stella  polare. 

Cinquanta.  Dieci  volte  cinque,  -  Cinquante- 
simo, di  cinquanta.  -  Cinquantina,  la  somma  di  cin- 
quanta. -  Cinquantamila,  che  contiene  cinquanta 
migliaia.  •  Cinquantamillesimo,  add.  numer.  ordin. 
di  cinquantamila.  -  Quiqiiagesimo.  chi  ha  cinquan- 
t'anni:  cinquantenne.  -  Quiguagenario,  cinquante- 
simo. Si  dice  poi  quinquagesimo  primo,  secondo,  ecc. 

Giubilare,  che  appartiene  al  giubileo,  festa  di 
ogni  cinquant'anni.  -  Fentecontaedro,  che  ha  cin- 
quanta faccie.  -  Pentecontarca,  chi  comandava  cin- 
quanta uomini  0  un  pentecontoro,  naviglio  a  cin- 
quanta rematori.  -  Pentecoste,  festa  dello  Spirito 
Santo,  cinquanta  giorni  dopo  pasqua.  -  Quinqua- 
gesima, domenica  che  precede  la  pasqua  di  circa 
cinquanta  giorni. 

Cinque.  Che  contine  un'unità  più  del  quattro. 
•  Cinquecento,  che  contiene  cinque  centinaia.  -  Cin- 
quemila, che  contiene  cinque  migliaia.  -  Quinario, 
di  cose  in  numero  di  cinque;  di  numeri  formati 
prendendo  il  cinque  per  base  o  divisibili  per  cin- 
que. -  Quinquangolare,  qumqnangolato,  che  ha  cin- 
que angoli.  -  Quinquelustre,  di  cinque  lustri  (25 
anni).  -  Quinquennale,  che  dura  o  che  ricorre  ogni 
cinque  anni;  -  Quinquenne,  che  ha  l'età  di  cinque 
anni.  -  Quinquennio,  periodo  di  cinque  anni:  cin- 
quennio. -  Quinticolore,  di  cinque  colori.  -  Quinto, 
add.  num.  ord.  di  cinque;  sostantivam.,  la  quinta 
parte.  -  Quintuplo,  cinque  volte  maggiore  (quintu- 
plicare, moltiplicare  per  cinque).  -  Quintultimo,  il 
quinto  avanti  l'ultimo. 

Incinquare  (incinquato),  raddoppiarsi  cinque 
volte. 

Cinquina,  quantità  che  arriva  al  numero  di  cin- 
que. Unione,  accozzo  di  cinque  numeri,  nel  lottOf 
nella  tombola,  ecc. 

Cinquino,  moneta  di  cinque  centesimi.  -  Lustro,  pe- 
riodo di  cinque  anni.  -  Penta,  prelisso  che  significa 
cinque  ed  entra  nella  composizione  di  molti  nomi 
scientifici,  come  pentacarpo,  pentaedro,  pentaplero, 
pentalobo,  che  significano  cinque  frutti,  cinque  fac- 
cie, cinque  ali,  cinque  lobi,  ecc.  -  Pentacordo,  istru- 
mento  musicale  a  cinque  corde.  -  Pentàgono,  figura 
che  ha  cinque  angoli  e  cinque  lati.  -  Pentàmetro, 
verso  di  cinque  piedi.  -  Pentdpoli,  contrada  con  cin- 
que città.  -  Pentastilo,  che  ha  cinque  colonne  di 
faccia.  -  Pentarchia,  governo  di  cinque  capi.  -  Pen- 
tdmero,  insetto  con  cinque  articoli. 

Quinquereme,  antica  nave  che  aveva  cinque 
ordini  di  remi:  cinquerème.  -  Quintana,  febbre  che 
torna  ogni  cinque  giorni.  -  Quintessenza,  quinta  es- 
senza, ciò  che  v'ha  di  più  sottile.  -  Quintetto,  pezzo 
di  musica  a  cinque  parti.  -  Quintidi,  quinto  giorno 
della  decade.  -  Quintile  (aspetto),  posizione  di  due 
pianeti  allontan.  delia  quinta  parte  dallo  zodiaco. 

Cinquecentista.  Detto  a  cinquecento  (il). 

Cinquecènto.  Addiettivo  numerale  cardinale, 
che  contiene   cinque   centinaia.  -  Cinquecentomila: 


che  contiene  cinquecento  migliaia.  -  Quingentesimo 
cinquecentesimo. 

Cinquecento  (il).  Il  secolo  XVI.  -  Cinquecenti- 
sta,  scrittore  o  artista  del  cinquecento. 

Cinquefoglie,  cinquefoglio.  Veggasi  a  fra- 
gola. 

Cinquemila.  Detto  a  cinque. 

Cinquennio  (quinquennio).  Detto  a  cinque. 

Cinquerème  (quinquereme).  Antica  nave  a 
cinque  ordini  di  remi. 

Cinquina.  A'^eggasi  a  cinque. 

Cinta.  Circuito  di  mura,  di  fossi  e  simili  ;  un 
muro  di  cinta;  accerchiamento,  cerchia,  cerchio, 
corona;  giro  di  muro,  recinto.  Riparo  di  muraglie, 
di  fossi,  di  steccati,  o  di  esercito  che  circonda  una 
fortezza,  un  campo.  -  Contraccinta,  cinta  interna 
che  si  contrappone  alla  cinta  esterna.  •  Murare  una 
terra,  cingere  una  città,  un  castello,  un  parco,  ecc., 
costruirvi  una  cinta  di  mura. 

Cintino.  Veste  che  si  porta  di  sotto,  per  Io  più 
dal  clero. 

Cinto.  Cintolo,  cintura,  -  Cinto  erniario,  veg- 
gasi ad  ernia. 

Cintola.  La  parte  della  vita,  del  busto  dove 
si  mette  la  cintura  o  si  stringe  la  veste. 

Cintolo.  Piccola  fascia  o  nastro  che  cinge. 

Cintura  (cinto).  Fascia  o  striscia  di  cuoio,  o 
d'altro,  con  la  quale  si  stringono  i  fianchi  o  le  vesti 
intorno  al  mezzo  della  persona;  la  parte  dei  vestiti 
con  cui  si  fermano  alla  cintola  (la  cintura  dei  cal- 
zoni, della  sottana,  ecc.):  cinta,  cinto;  cintola,  cin- 
tolo; cingolo,  cintiglio;  bandella,  ciarpa;  cesto,  co- 
reggia; fianchetta;  scheggiale  (cintura  femminile), 
zona;  gr.,  perizoma.  -  Cintura  dicesi  anche  una  fa- 
scia di  tela  semplice  od  elastica,  di  flanella,  di  cuoio, 
di  metallo,  ecc.,  destinata  a  cingere  in  vario  modo 
la  parte  inferiore  del  tronco,  a  scopo  igienico  e 
curativo.  -  Cinturetta,  cinturettina,  piccola  cintura. 

Bdlteo,  cingolo  militare.  -  Calimbè,  cintura  che 
copre  la  nudità  dei  negri.  -  Cilicio,  cintura  di 
penitenza.  -  Cinctorium,  anticamente,  sorta  di  cin- 
tura portata  alla  vita  per  sospendervi  la  spada.  - 
Cinctus,  anticamente,  una  cintura  messa  di  sopra 
alla  tunica.  -  Cingolo,  cintura,  cordone  da  reli- 
giosi. -  Lingula,  sorta  di  cingolo  di  lana  pecorina. 
-  Cintola,  largo  nastro  con  cui  le  donne  si  cingono 
il  vestito  intorno  al  mezzo  della  vita  (se  ne  appun- 
tano le  due  estremità  davanti  con  uno  spillo,  ov- 
vero si  uniscono  con  gangherini,  con  una  fibbia, 
ecc.):  è  latta  più  per  ornamento  che  per  bisogno, 
con  coda  o  senza,  e  per  lo  più  della  stessa  roba  del 
vestito.  -  Cinturino,  cintura  militare,  alla  quale  si 
attaccano  la  giberna,  la  baionetta,  la  sciabola,  la 
spada,  ecc.  :  cinturone.  Quando,  invece  che  a  cintola, 
è  portata  ad  armacollo,  dicesi  bandoliera.  •  Efod, 
specie  di  cintura  dei  preti  ebrei.  -  Fibula,  cintura 
di  castità  degli  atleti  e  degli  attori  romani.  -  Fm- 
sciacca,  cintura,  cintola  annodata  in  fiocco  davanti 
o  di  dietro  della  vita,  con  largo  fiocco  e  con  due 
lunghi  capi  pendenti  in  basso.  -  Redimiculo,  cintura, 
parecchie  volte  ripiegata,  delle  antiche  dame  romane. 
Telamone,  balteo,  cintura,  fasciatura.  -  Sciarpa, 
banda  di  seta,  o  d'altro,  che  si  cinga  alla  vita,  an- 
che come  emblema  di  autorità.  -  Tracolla,  cin- 
golo che  va  dall'omero  destro  al  fianco  sinistro.  - 
Ventriera,  sorta  di  tasca  lunga  e  stretta,  di  pelle, 
che  tiensi  legata  o  affibbiata  intorno  alla  vita,  a  modo 
di  cintola,  per  portar  danaro  addosso  in  viaggio. 
L'adoperano  anche  i  cacciatori,  che  vi  tengono  1» 
munizione  e  le  altre  minute  robe  per  la  caccia. 


CINTURINO    —  CIONDOLONI 


669 


Cingere,  legare,  circondare  con  una  cintura  o  con 
cinghia,  ecc.  -  Discingere  (discinto),  scingere,  discio- 
gliere, togliere  la  cintura;  slacciare,  sciogliere.  - 
Siiccingere,  succignere,  cingere  sotto  la  cintura  vesti- 
menta  lunghe,  specialmente  da  donna,  rimboccan- 
dole, 0  altrimenti  raccorciandole,  si  che  restino  alte 
da  terra,  per  non  lordarsele,  o  per  rendere  più 
libero  il  lavoro,  o  più  spedito  il  camminare.  Tali 
verbi,  per  altro,  non  si  usano  più,  e  ora  si  dice  piut- 
tosto alzare. 

Fiocco,  frangia,  nappa,  ornamenti  della  cin- 
tura. -  Riséga,  il  segno  rosso  che  lascia  sulla  pelle 
una  cintura  troppo  stretta. 

Cinturino,  cinturone.  La  cintura  dei  mi- 
litari. -  Pezzo  accessorio  nella  confezione  delle 
mutande  e  della  camicia.  -  Coda  del  cinturino, 
una  delle  estremità  di  esso,  che  si  prolunga  libera 
e  serve  ad  affibbiare  lo  sparato  del  ginocchio,  do- 
po che  si  è  abbottonato.  -  Codetta,  l'altra  estremità 
libera  del  cinturino,  la  quale  sta  a  riscontro  della 
coda,  ed  è  men  lunga  di  essa  :  nella  codetta  è  un 
occhiello  per  ricevervi  la  gruccia  della  fibbia. 
Talora  alla  codetta  supplisce  un  semplice  occhiello 
fatto  nella  larghezza  dello  stesso  cinturino.  -  Pen- 
dagli, strisele  di  cuoio  poste  in  appendice  al  cin- 
turino militare,  per  appendervi  la  spada   e  simili. 

Cinzia.  La  luna. 

Ciò.  Quella,  questa,  cotesta  cosa;  quellOf  que- 
sto, cotesto. 

Ciocca.  Mucchietto  di  capelli,  -  Riunione  di 
fiori,  di  frutta  e  di  foglie  attaccate  sulla  cima  di 
ramicelli. 

Ciocciare  {docciato).  Poppare,  succhiare  il 
latte:  veptgasi  ad  allattatnento ,  pag.  61  (Del 
latte  e  del  succhiarlo). 

Ciocco.  Pezzo  di  legna  da  ardere:  ceppo.  - 
Di  uomo  balordo,  stujndo. 

Cioccolata  [cioccolatte).  Composto  di  diversi 
ingredienti,  per  lo  più  zucchero  e  caccao,  e  abbron- 
zato. Anche  la  bevanda  che  se  ne  fa,  mettendolo  a 
bollire  in  acqua  o  latte  :  cioccolatte,  cioccolato  ; 
dal  Porta  detto  decotto  di  caccao.  -  Il  composto  si 
prepara  in  panetti  o  panini  di  forma  diversa;  lo 
si  aromatizza  in  vario  modo,  e  si  ha  la  cioccolata 
alla  vaniglia,  alla  cannella,  ecc.  Lo  si  prende  insieme 
al  latte,  alla  crema,  alla  tapioca,  al  salep,  ecc.  ;  an- 
che sotto  forma  di  sorbetto  e  come  ingrediente  di 
più  d'un  dolce.  -  Cioccolata  di  lichene,  mista  di 
lichene  d'Islanda  polverizzato.  -  Bastone,  pezzo  di 
cioccolata  lungo  e  stretto.  -  Cioccolatino,  pezzo  di 
cioccolata  rivoltato  in  un  foglietto.  -  Gianduja  : 
così  vengono  detti,  a  onore  di  Torino,  ove  se  ne 
fanno  degli  squisitissimi ,  certi  piccoli  boli  o 
morselletti  di  cioccolata  sopraffina  e  tenera,  di  for- 
ma irregolare,  che  si  vendono  ravvolti  in  carta 
argentata.  I  più  piccoli  si  dicono  anche  giandidni. 

-  Langue  de  chat  (frane),  foggia  di  pasta  o  di  cioccolata 
simile  alla  lingua  del  gatto.  -  Barbagliata,  voce  dia- 
lettale lombarda  .ndicante  una  miscela  di  latte  e 
cioccolata.  Anche,  bavarese.  -  Capoé,  pasta  di  cac- 
cao con  la  quale  si  fa  la  cioccolata  senz'altro  in- 
grediente. -  Nera,  bibita  di  cioccolata.  -  Pani  di 
cioccolata  e  tavolette  di  cioccolata,  una  certa  quan- 
tità di  cioccolata  ridotta  in  forma  di  piccole  lastre. 

-  Panini  di  cioccolata,  pezzetti  quadrangolari  di 
cioccolata  avvolti   in   foglietti  variamente  colorati. 

-  Pasticche  di  cioccolata,  piccoli  dischi  di  ciocco- 
lata, di  grandezza  varia,  tra  quella  d'un  soldo  e 
quella  d'un  centesimo,  con  una  superficie  piana  e 
una  convessa,  che  si  vendono  avvolti  in  pezzettini 


di  carta  e  anche  senza.  -  Tavolette  di  cioccolata, 
panini^  pani  piuttosto  grossi. 

Bittneridcee,  piante  il  cui  genere  comprende  gli 
alberi  del  caccao.  -  Teobromina,  alcaloide  del  teo- 
broma.- Teobroma  (Theobroma  Cacao),  letteralmente, 
dal  greco,  vale  cibo  degli  dèi:  albero  dell'America 
tropicale,  i  cui  semi  sono  eccellente  nutrimento  agli 
indigeni  e  formano  l' ingrediente  principale  della 
cioccolata.  -  Tuberi  di  cipero  commestibile:  tostati, 
sono  un  surrogato  del  cafTè  e  delia  cioccolata. 

Cioccolatliera,  bricco,  vaso  in  cui  si  bolle  in  ac- 
qua la  cioccolata  per  farne  bevanda  :  é  simile  alla 
cafi'ettiera,  se  non  che  il  coperchio  suol  avere  un 
foro  pel  passaggio  del  manico  del  frullino,  il  quale 
foro  può  chiudersi  col  suo  tappino,  che  è  una  lin- 
guetta imperniata  sul  coperchio  e  girante  paralle- 
lamente ad  esso.  -  Chicchera,  tazza  per  versarvi 
la  cioccolata.  -  Frullino  da  cioccolata:  asticciuola 
tonda  di  legno,  a  cui  in  basso  è  inserito  un  ingros- 
samento mazzocchiuto,  .variamente  intagliato  e  tra- 
forato: si  usa  per  agitarlo  rapidamente  nella  cioc- 
colata. -  Spula,  la  tavola  di  legno  che  adoperano 
i  droghieri  per  sbucciare  il  caccao  e  per  pulire 
il  riso. 

Cioccolattiere,  colui  che  fabbrica  e  vende  la  cioc- 
colata in  pani.  Anche,  colui  che  in  bottega  fa  bol- 
lire, mesce  e  serve  la  cioccolata  in  bevanda.  - 
Appanettare,  fare  in  panetti  la  cioccolata.  -  Frul- 
lare la  cioccolata,  agitarla  (dopo  averla  stempe- 
rata) e  renderla  schiumosa  col  frullino,  il  cui 
manico  è  fatto  girare  su  di  sé,  alternativamente,  in 
due  contrari  versi,  con  le  palme  delle  mani  distese 
e  accoppiate.  -  Stemperare,  sciogliere  nell'acqua, 
nel  latte,  ecc.  -  Torrefare  (torrefatto,  torrefazione), 
abbrustolire,  tostare,  arrostire. 

Cioccolattino.  Detto  a  cioccolata. 

Cioclietta.  Veggasi  a  pulce. 

Ciocia.  Sorta  di  calzatura  della  poveraglia 
romana  e  napoletana.  Quindi  ciociaro,  ciociara,  uo- 
mo, donna  della  campagna  romana  o  della  campa- 
gna napoletana.  -  Per  estens.,  chi  porta  ciocie. 

Ciociaro  (ciociara).  Detto  a  ciocia. 

Cioè.  Avverbio  usato  per  dichiarazione,  per 
spiegazione  di  parole  precedenti  :  ciò  viene  a  dire; 
ciò  voleva,  volle,  vuol  dire;  o  sia,  ossia;  ovvera- 
mente,  ovvero;  sarebbe  come  a  dire;  tanto  è  dire; 
tanto  viene  a  dire;  vale  a  dire,  vai  quanto  dire; 
vogliam  dire,  voglio  dire,  vuol  dire.  Lat.,  hoc  est, 
idest.  vel. 

Ciòfo.  Di  uomo  sciatto  nella  condotta  e  nel 
vestire. 

Ciómpo.  Di  uomo  sciatto  nella  condotta,  nel 
contegno,  ecc.  -  Anticamente,  lo  scardassatore  di 
seta. 

Cioncare  (cioncato).  Il  bere  sconciamente,  esa- 
geratamente :  sbevazzare. 

Ciondolare  (ciondolato).  Il  pendere,  ondeg- 
giando. -  Il  portare  a  ciondoloni.  -  Modo  di  an- 
dare. 

Cióndolo.  Cosa  che  ciondola  ;  ornamento  che 
tiensi  appeso  al  collo,  alla  catenella  dell'orologio  e 
simili:  berlocco  (idiotismo,  dal!  frane,  bréloque): 
ciondino,  medaglione,  pendaglio,  pendagliene,  pen- 
dente, pendone,  penzolo;  picchiapetto.  ■  Scherz., 
orecchino.  -  Per  dispregio,  ogni  vano  orna- 
mento della  persona. 

Ciondolóne.  Chi  perde  il  tempo  gironzolando 
da  ozioso,  da  fannullone. 

Ciondolóni.  Veggasi  a  pendere  e  a  por- 
tare. 


STO 


aOTOLA   —    CIRCA 


Gióppa  {cioppetta,  cioppone).  Sorta  di  antica 
veste,  da  uomo  e  da  donna. 

Oiótola.  Piccolo  vaso  per  bere,  concavo  e 
senza  piede.  Anche,  scodella.  -  Vaso  simile  di  le- 
gno per  tenervi  denaro,  polverino,  ecc.  -  Ciotola 
da  guazzi,  specie  di  ciotola  coperchiata,  per  lo  più 
di  metallo  o  di  cristallo,  ora  liscio  e  andante,  ora 
sfaccettata  con  arte.  In  essa  si  servono  in  ta- 
vola i  guazzi  0  conserve,  cioè  frutte  nello  spirito, 
con  rosolio,  sciroppo  e  simili.  Da  alcuni  detta  an- 
che guazziera,  compostiera. 

Ciottolare  (ciottolato).  Colpire  con  ciòttolo,  con 
sasso.  -   Selciare   con   ciòttoli  una  strnfTo.  una 
via. 
Ciottolata.  Colpo  di  ddttolo. 
Ciottolato.  Pieno  di   ciottoli.  •  L  acciottolato 
d'una  strada,  d'una  via. 
Ciottolino,  piccolo  ciòttolo. 
Ciòttolo  (ciottolino).  Piccolo  sasso  arrotond  ato 
dalla  corrente  delle  acque. . 

Cipiglio.  Increspatura  della  fronte,  con  con- 
trazione delle  ciglia,  per  ira,  sdegno  o  altro  turba- 
mento dell'animo.  -  Modo  di  guardare  da  a- 
d  irato. 

Cipolla*  ^^ota  pianta  erbacea,  bulbosa,  agrun^e 
d'orto  che  ha,  presso  la  radice,  un  ingrossamentc 
di  forma  globosa,  depressa,  ossia  schiacciata  nel 
senso  verticale,  composto  di  piti  scorze  o  foglie 
concentriche,  sovrapposte  le  une  alle  alle  altre,  il 
anale  ingrossamento  chiamasi  appunto  cipolla.  Per 
il  suo  odore  e  sapore,  il  tubero  della  cipolla  serve 
come  condimento  ;  anche  come  alimento.  Contiene 
elementi  alcalini  utili  nella  gotta;  il  bulbo  è  diu- 
retico. Le  cipolline  si  conservano  nell'aceto.  Si  man- 
giano cipolle  cotte  nel  vino,  nell'aceto,  nello  spi- 
rito, nel  succo  di  varie  vivande,  ecc.-  Cipollaccia, 
peggior.  di  cipolla.  -  Cipollino,  cipollina,  cipolletta, 
dimin.  di  cipolla,  e  dicesi  propriamente  quella  che 
non  ha  fatto  o  almeno  non  ha  ingrossato  il  bulbo, 
e  si  mangia  fresca.  Questi  nomi  possono  indicare 
anche  una  varietà  di  cipolla  di  bulbo  piccolo.  - 
Ctp Alone,  cipollona,  grossa  cipolla.  -  Cipolluccia, 
e  min.  dispreg.  di  cipolla. 

Cipolla  da  estate,  o  savonese,  bianca  e  dolce.  - 
Cipolla  fiorentina,  rossa,  tonda  e  schiacciata,  molto 
forte.  -  Cipolla  porrata,  malìgia  o  lunga,  varietà  di 
cipolla  che  ha  il  bulbo  oblungo,  di  fortissimo  sa- 
pore, e  della  quale  in  alcuni  luoghi  mangiasi  il 
fusto  fresco  col  piccolo  bulbo.  Detto  anche  cipol- 
lone. •  Cipolla  rossa,  qu  ella  che  ha  rossa  la  prima 
foglia  e  l'interno  bianco  o  leggermente  accennante 
al  rosso:  suole  essere  imp  regnata  di  un  umore  più 
acre  e  di  un  odore  più  fo  rte,  più  pungente.  -  Ci- 
polla vernina,  varietà  di  cipolle  che  mettono  più 
tardi  delle  altre  e  si  serbano  in  reste  per  l'inverno. 
-  Latte  di  gallina,  specie  di  cipolla  che  fa  il  fiore 
bianco  lattato.  -  Porro,  pianta  del  genere  delle  ci- 
polle :  ha  sapore  più  acre,  più  forte.  -  Scalogno,  ci- 
pollino bianco,  fatto  a  pera,  di  capo  più  piccolo: 
la  parte  di  molte  salse. 

Bulbo,  la  radice  rotonda  o  bislunga.  -  Fune  di 
resta,  quella  specie  di  treccia  o  cordone,  che  ri- 
mane della  resta,  dopo  spiccatine  i  capi.  -  Resta, 
una  certa  quantità  di  cipolle  da  serbarsi  intrec- 
ciate insieme  per  le  loro  fronde  appassite  e  quasi 
secche,  formanti  una  specie  di  fune,  da  cui  riman- 
gono fuori  i  capi  (mettere  in  resta,  disporre  in  re- 
sta cipolle,  agli,  sorbe  o  altro,  per  più  comodo 
trasporto  e  più  facile  conservazione).  -  Spicchio, 
una  delle  particelle  componenti  il  bulbo  -  Spoglia, 


la  buccia.  -  Velo,  quella  sottilissima  pellicola  arida 
che  ricopre  esteriormente  il  bulbo  delle  cipolle. 
Detta  anche  razzola.  Lat.,  talia. 

Cipollaio,  luogo  piantato  di  cipolle.  -  Cipollaio, 
0,  piuttosto,  cipoìlaro,  venditore  di  cipolle.  -  Cipol- 
lata, vivanda  fatta  di  cipolle  e  di  zucche  trite. 
Così  i  vocabolari!  ;  ma  nell'uso  è  piuttosto  vivanda 
di  sole  cipolle,  cotte  in  padella.  -  Sfogliare,  levare 
la  foglia  della  cipolla  o  d'altro. 

Cipolla.  La  railice  di  ogni  erba  che  abbia 
somiglianza  con  la  cipolla.  —  Il  ceppo  dal  quale 
spunta  il  fiore  in  molte  maniere.  -  Il  ventriglio  del 
pollo.  -  Indurimento  doloroso,  callosità  del 
piede. 

Cipollaio,  cipollina.  Veggasi  a  cipolla. 

Cipollata.  Detto  a  cijjolla  e  a  discorso. 

Cipollato.  Detto  ad  alabastro  e  a  martno. 

Cipollino.  Veggasi  a  cipolla  e  a  marmo» 

Cippo.  Tronfio  di  colonna,  di  pilastro,  per 
lo  più  con  iscrizione,  in  un  cimitero  o  altrove. 

Cipressa,  cipressaia.  Veggasi  a  cipresso. 

Cipresso.  Albero  d'alto  fusto,  famiglia  delle 
conifere,  piramidale,  con  foglie  sempre  verdi. 
I  coni  (frutti)  di  questo  albero  sono  corroboranti, 
balsamici,  antiverminosi,  astringenti,  poco  usati  in 
farmacia;  il  legno,  ritenuto  incorruttibile,  si  usa 
per  costruzione  di  porte,  intelaiature  di  finestre, 
mobili  di  vario  genere,  ecc.  L' olio  essenziale  fu 
proposto  come  rimedio  contro  le  affezioni  delle  vie 
respiratorie.  I  botanici  distinguono  il  cipresso  ma- 
schio^  femmina,  gaggia,  di  Filadelfia,  di  Porto- 
gallo, ecc. 

Cipressa,  cipresso  con  rami  non  verticali  e  rac- 
colti, ma  distesi  orizzontalmente  ;  cipresso  più  basso 
e  senza  cima  appuntata.  -  Filao,  cipresso  sonoro 
dell'isola  Borbone  -  Savina,  specie  di  cipresso.  - 
Schuberfia,  laxodion,  generi  di  cipressi.  -  Tuia,  al- 
bero esotico,  simile  al  cipresso,  coltivato  nei  giar- 
dini e  nei  parchi.  Di  più  specie:  tuia  glauca,  gigantea, 
ecc.  -  Cipressaia,  luogo  piantato  a  cipressi  :  dicesi 
anche  cipresseto.  -  Ragia,  umore  viscoso,  che  esce 
dal  cipresso,  dal  pino,  dall'abete,  ecc. 

Ciparisso,  giovinetto  bellissimo  amato  da  Apollo 
che  lo  convertì  in  cipresso. 

Cipria.  Polvere  bianca,  fina  e  profumata,  per 
lo  più  adoperata  nella  toeletta:  dalle  signore  per  spar- 
gerne le  mani,  la  faccia  e  i  capelli;  dagli  uomini  dopo 
essersi  fattala  barba,  per  togliere  il  bruciore  prodotto 
dal  rasoio.  Detta  già  polvere  di  Cipro  e  polvere 
cipria,  forse  alludendo  all'isola  di  Cipro,  per  la 
quale  fu  chiamata  Ciprigna  la  dèa  Venere.  Detta 
anche  polveie  di  riso,  polvere  alla  marescialla  (odo- 
rosa, cne  si  porta  sulla  persona  e  che  già  si  poneva 
sulle  parrucche,  ora  sui  capelli).  Spreg.,  farina  di 
riso.  -  Giaggiuolo,  base  della  cipria,  mescolata  al- 
l'amido. -  Incipriare,  impolverare,  impoìverirsi,  im- 
polverarsi, dare,  darsi  la  cipria.  -  In  fai  inaia,  di 
donna  molto  incipriata.  -  Piumino,  nappettina  di 
piume  di  cigno  o  d'altra  materia  soffice,  per  darsi 
la  cipria. 

Circa.  Avverbio  accennante  approssimazione  di 
tempo,  di  spazio;  awche  rispetto  o...,  per  ciò  che 
spetta  a...;  iìttomo;  a  un  di  presso,  press'a  poco, 
quasi;  dal  piii  al  meno:  all'incirca,  a  un  bel 
circa,  circumcirca,  così  all'incirca,  in  digrosso; 
poco  più,  poco  meno;  su  per  giù,  suppergiù;  giù 
di  lì,  nel  torno;  approssimativamente,  presuntiva- 
mente; a  occhio  e  croce;  alla  lontana  (es.,  «  so  il 
il  fatto,  ma  così....  alla  lontana  >  ).  -  Forse  (es., 
guadagnerà  frrse  trenta  lire  il  mese).  -  Significa 


CIRCENSE    —    CIRCOLAZIONE   DEL    SANGUE 


57i 


anche  a  proposito  di:  a  riguardo,  in  proposito,  sopra 
il  fatto.  -  Avere  àrea...  :  poter  avere  (es.,  «  poteva 

0  potrebbe  avere  trent'anni  »;  esser  lì,  batter  li 
(es.,  «  la  distanzi»  batte  lì  sulle  cinque  miglia  >); 
tìg.,  accostarsi,  approssimarsi,  avvicinarsi  (es.,  «  que- 
sto colore  si  approssima  al  giallo,  si  avvicina  al 
giallo,  dà  sul  giallo),  rasentare:  dar  rasente; 
pendere,  volgere  a.,  (pendere,  volgere  al  bianco, 
ecc.);  aver  sapore,  sentore  di.. 

Circense.  Di  anfiteatro,  di  circo,  del  circo, 
agonale. 

Circo.  Edificio  di  forma  ovale  destinato  ai  giuo- 
chi che  facevano  anticamente  i  Romani:  anfi- 
teatro, arena.  Ora  lo  spazio  destinato  agli  spet- 
tacoli equestri  nella  platea  dei  politeama,  dei  teatri 
di  legno  posticci,  ecc,:  circo  equestre,  circo  ippico, 
ippodromo,  teatro  equestre  ;  agone,  ludo,  palestra.  E 
circo  equestre  si  chiama  anche  la  compagnia  (uo- 
mini, cavalli  ed  altri  animali)  che  eseguisce  esercizi 
ippici,  ginnici,  pantomime  e  altri  giuochi  a  pubblico 
spettàcolo. 

L'antico  circo,  edificio  di  forma  ovale,  partico- 
larmente destinato  alle  corse,  serviva  pure  per  i 
combattimenti  dei  pugili  ed  altre  gare  ginnastiche, 
in  seguito  anche  per  le  sanguinose  lotte  dei  gla- 
diatori. V'era  nel  mezzo  la  spina,  rialzo  longitu- 
dinale nella  direzione  dell'asse  maggiore  ;  una  meta 
alle  estremità.  Intorno  alla  spina  dovevano  fare  il 
loro  giro  i  carri,  partendo  dalle  carceres,  ossia  da- 
gli stalli  che  erano  ad  una  delle  estremità  del 
circo  ;  dalla  parte  opposta  sorgeva  la  porta  trion- 
fale, e  per  questa,  acclamati,  uscivano  i  vincitori. 
-  Stadio  era  una  specie  di  circo,  nel  quale  gli  atleti 
gareggiavano  nella  corsa. 

Carceri,  il  luogo  in  cui  si  tenevano  i  cavalli,  i 
carri,  ecc.  -  Cavea,  negli  antichi  circhi,  era  lo  spazio 
per  gli  spettatori.  -  Emiciclo,  la  parte  in  cui  erano 

1  gradini  o  scaglioni  sui  quali  sedevano  gli  spet- 
tatori. -  Euripo,  fossato,  che  si  riempiva  d'acqua, 
fra  gli  spettatori  e  l'arena.  -  Pista  (meglio,  pésta), 
la  parte  del  suolo,  nel  circo,  sul  quale,  girando 
intorno,  i  cavalli  mettono  il  piede.  -  Podio  (podium), 

f)iccolo  muro  formante  galleria  intorno  all'arena; 
uogo  in  cui  si  collocavano  i  senatori  e  i  magi- 
strati. -  Precinzione,  divisione  segnata  da  una  fila 
di  gradini  più  larghi  (prima,  seconda  precinzione).  - 
Pulvinare,  oggi,  parte  d'un  anfiteatro.  •  Detto  anche 
agger.  -  Spogliariiim,  veggasi  a  gladiatore.  •  Vomitori, 
parti  per  le  quali  uscivano  gli  spettatori,  -  Ballo 
atteggiato,  ballo  pantomimico,  composto  di  differenti 
passi  e  differenli  figure.  -  Pantomima,  azione  sce- 
nica, fatta  a  gesti. 

Esercizi,  giuochi  del  circo. 

Acrobata,  danzatore  sulla  corda.-  Clown [vocq  in- 
glese: pron.  claon),  pagliaccio  da  circo  o  da  scena, 
talvolta  anche  acrobata  o  artista  di  merito.  -  Ca- 
vallerizzo, chi  ammaestra  ed  esercita  i  cavalli.  - 
Mìtho,  attore  mimico,  istrione  che,  con  altri,  fa 
la  pantomima.  -  Saltatore,  saltatrice,  chi,  uomo  o 
donna,  fa  salti  o  simili  destrezze  ginnastiche  in 
luoghi  pubblici.  -  Tony  (ingl.,  semplicione),  in  molti 
circhi  equestri  il  pagliaccio  che  fa  lo  stupido  di 
mestiere.  -  Toreador,  o  torero,  termine  generico, 
spagnuolo,  per  indicare  colui  che  prende  parte  alle 
lotte  contro  il  toro  nei  circhi  (corrida). 

Circolante.  Detto  a  circolare  e  a  girare. 

Circolare  {circolato).  Moversi  in  giro,  girare 
(dell'aria,  del  sangue^  degli  umori).  -  Commutarsi 
tra  persone  e  persone,  passare  dalle  mani  di  una 
in  quelle  d'un'altra  :  detto  specialmente  del  denaro. 


-  Essere  posto  in  giro,  in  commercio:  detto  di 
merce,  -  Figur ,  divulgarsi,  rendersi  noto:  di 
notizia,  di  annunzio  e  simili.  -  Circolante,  che 
circola,  gira.  -  Circolatorio,  di  circolazione.  -  Cir- 
colazione, atto  ed  effetto  del  circolare. 

Circolare.  Che  ha  forma  o  figura  di  circolo.  • 
Maniera  di  moto.  -  Sorta  di  lettera. 

Circolarmente.  In  circolo,  come  circolo;  cir- 

.  cularmente;   a   cerchio,    a    tondo,   in    circuito,  in 

giro,  in  tondo,  intorno;  orbicularmente,  tondamente. 

Circolatorio.  Addiellivo  di  circolazione, 
.Circolazione.  Atto  ed  effetto  del  circolare,  - 
Il  movimento   normale    delle  persone  e  dei  veicoli 
in  una  via,  -  11  corso,  lo  spaccio  della  m,oneta. 

Circolazione  della  materia.  Veggasi  a  fi- 
siologia. 

Circolazione  del  sangrue.  E  anche  semplice- 
mente circolazione:  il  movimento  del  sangue  nel 
sistema  di  canali  (vasi  sanguigni)  che  lo  contengono; 
movimento  provocato  dagli  impulsi,  negativi  e  po- 
sitivi, che  il  sangue  riceve  dalle  pareti  contrattili 
ed  elastiche  dei  vasi,  o  canali,  sussidiati  dall'azione 
di  molti  organi  circostanti.  La  causa  vera  del  mo- 
vimento, dalle  arterie  attraverso  i  capillari  verso 
le  vene,  è  dovuta  all'ineguaglianza  di  pressione  che 
il  cuore  determina  nello  arterie  (aumento)  e  nelle 
vene  (diminuzione),  per  il  fatto  cùe  la  corrente 
sanguigna  dal  punto  più  forte  si  estende  al  più 
debole.  La  circolazione  dicesi  completa  o  incompleta 
secondo  che  il  sangue  venoso  segue,  o  no,  una  via 
indipendente),  ossia  si  mcscola,*_o  no,  al  sangue  ar- 
terioso. Dicesi,  poi,  semplice  o  doppia  secondochè 
il  sangue  passa  una  volta,  oppure  due,  attraverso 
il  cuore,  nel  compimento  del  suo  giro  circolare: 
nei  pesci  è  semplice  e  completa;  nei  batraci  adulti 
è  doppia  e  incompleta;  negli  uccelli  e  noi  man> 
miferi  è  doppia  e  completa,  ecc.  3i  dà  il  nome  dR 
piccola  circolazione  al  segmento  dell'apparecchio  cir- 
colat(u-io  compreso  fra  il  ventricolo  destro  del  cuore 
e  il  seno  sinistro,  rappresentato,  cioè,  AzWarteria 
polmonare  e  da'  suoi  rami,  dalia  reto  capillare  dei 
polmone  e  dalle  quatltro  vene  polmonari.  E  si  chiama 
grande  circolazione  tutto  ciò  che  resta  dell'appa- 
recchio circolatorio,  ossia  il  segmento  compreso  ira 
il  ventricolo  sinistro  o  il  sano  destro,  costituito 
dall'aorta  e  dalle  sue^ramificazioai,!  dai  capillari 
generali  e  dalle  vene  cave,  capillari  del  polmone 
e  dalle  quattro  vene  poi  nionari.  Circolazione  portale, 
poi,  è  detto  un  arco  di  derivazione  delia  grande 
circolazione,  il  quale  passa  attraverso  il  fegato.  la 
tutti  questi  casi  la  parola  (  circolazione  »  è  usata 
impropriamente,  poiché  non  si  riferisce  aJ  un  giro 
completo.  Altrettanto  dicasi  delle  espressioni  cir- 
colazione arteriosa,  capillare,  renosa,  linfatica,  che 
indicano  il  movimento  del  s  mgue  o  della  linfa 
in  una  determinata  sezione  dell'apparecchio  va- 
scolare. -  Tanto  nella  grande  quanto  nella  piccola 
circolazione,  nel  sistema  arterioso  come  nelvtiioso, 
e  alle  volte  contemporaneamente,  si  determiuano 
disturbi  generali  o  parziali,  permanenti  o  transitori, 
da  aumentata  o  da  diminuita  attività  cardiaca,  otc. 
In  generale,  essi  disturbi  variano  a  seconda  che  si 
tratta  di  aumento  o  di  diminuzione  della  pressione 
arteriosa  e  venosa,  il  cui  squilibrio  si  riverbera 
anche  nel  sistema  capillare,  tanto  della  grande 
quanto  della  piccola  circolazione.  L'edemi  e  il 
versamento  nelle  grandi  cavità  sierose  sono  l'espres- 
sione dei  disturbi  più  rilevanti. 

Circolazione  arteriosa,  quella  che  avviene  nelle 
arterie,  le  quali  con  le  loro  contrazioni  trasformano 


572 


CIRCOLO    —    CIRCONDARE 


in  forza  continua  la  forza  dei  ventricoli  del  cuore, 
che  agisce  soltanto  ad  urti.  Nelle  arterie  la  pres- 
sione e  la  velocità  del  sangue  sono  maggiori  che  negli 
altri  vasi.  ■  Circolazione  capillare  :  il  movimento 
del  sangue  nei  capillari  è  uniforme  ed  in  generale 
rallentato  rispetto  a  quello  delle  arterie.  Nella 
corrente  dei  capillari  (e  anche  delle  piccole  arterie 
e  vene)  si  distingue  un  asse  centrale  in  cui  si  ac- 
cumulano e  si  travolgono  tutti  1  globuli  rossi,  e 
una  zona  plasmatica  o  periferica  lungo  la  quale 
decorrono  i  globuli  bianchi.  -  CircGlazione  collaterale, 
quella  che  si  stabilisce,  in  seguito  alla  legatura 
d'un'arteria,  mercè  i  rami  collaterali  o  secondari, 
i  quali  partono  dal  punto  superiore  ed  inferiore 
dell'allacciatura,  si  incontrano  e  formano  fra  loro 
continue  anastomosi,  ristabilendo  così  la  circolazione 
soppressa.  -  Circolazione  fetale:  è  caratterizzata  dal 
mescolamento  del  sangue  arterioso  e  venoso  a  causa 
del  forame  ovale  o  di  Botallo,  dalla  confluenza  di 
tutto  il  sangue  nel  seno  destro  e  dalla  mancanza 
del  segmento  della  circolazione  delta  circolazione 
piccola  0  polmonale.  -  Circolazione  renosa,  il  mo- 
vimento del  sangue  nelle  vene,  le  quali  portano 
questo  liquido  dalla  periferia  verso  il  centro.  Il 
corso  del  sangue  nelle  vene,  uniforme  e  continuo, 
è  dovuto  essenzialmente  all'impulso  proveniente  dal 
cuore  e  regolarizzato  dall'azione  delle  arterie.  La 
velocità  della  corrente  è  maggiore  di  quella  dei 
capillari  e  minore  di  quella  delle  arterie,  e  va  au- 
mentandosi verso  il  cuore. 

Circolazione  artificiale,  trasfusione  di  sangue  de- 
fibrinato,  o  anche  trasfusione  diretta  di  sangue  in 
un  organo  isolato  o  in  sito,  allo  scopo  di  studiarne 
il  funzionamento  o  lo  scambio  materiale,  con  le  loro 
variazioni,  sotto  determinate  condizioni  sperimentali. 
Eccellente  mezzo  di  indagine  a  cui  la  fisiologia  deve 
numerose  conquiste.  -  Circolazione  cefalica  crociata, 
maniera  di  circolazione  artificiale,  immaginata  da 
Leon  Fredericq. 

Angiologia,  parte  dell'anatonia  che  tratta  dell'ap- 
parecchio della  circolazione^  del  cuore  e  dei  vasi 
sanguigni  in  generale.  -  Emadografo,  strumento  per 
misurare  la  velocità  -del  sangue  nei  diversi  tempi 
di  cui  si  compone  una  rivoluzione  del  cuore,  sia 
nelle  arterie,  sia  nelle  vene. 

Circolo.  Figura  geometrica,  piana,  chiusa  da 
una  linea  curva,  detta  circonferenza,  tutti  i 
punti  della  quale  distano  egualmente  dal  centro: 
cerchio,  circular  figura,  circulo,  figura  tonda,  ri- 
tondo ;  corona,  ghirlanda,  giro.  -  Concentrici,  i  circoli 
che  hanno  lo  stesso  centro.  -  Contorno,  linea  che 
descrive  un  circolo,  una  circonferenza.  -  Emiciclo, 
mezzo  circolo:  semicircolo,  semicerchio;  mezzaluna 
mezzo  cerchio.  -  Epiciclo,  piccolo  circolo  il  cui 
centro  è  sulla  circonferenza  d'un  altro  più  grande.  - 
0  di  Giotto,  il  circolo  perfetto,  fatto  a  mano  libera. - 
Orbis  (lat.),  circolo,  globo,  disco. 

Azione  di  inscrizione,  l'inscrivere  un  circolo  in 
un  poligono  in  modo  che  i  lati  siano  tangenti.  - 
Osculazione,  punto  di  contatto,  ossia  di  tangenza.  - 
Rivoluzioìie,  movimento  che  fa  il  giro  di  un  circolo. 

Ciclografo  arcografo,  strumento  destinato  a  trac- 
ciare archi  di  circolo  o  circoli,  senza  servirsi  dei 
loro  centri,  quando  questi  sono  troppo  distanti  per 
essere  convenientemente  accessibili.  -  Ciclometria, 
noisura  dei  circoli.  -  Compasso,  istrumento  per  trac- 
ciare circoli.  -  Quadratura  del  circolo,  locuzione 
(per  accennare  a  cosa  impossibile)  tolta  da!  lin- 
guaggio della  geometria,  per  il  fatto  che  la  superficie 
del  cerchio  non  si  può  rappresentare  con  un  numero 


finito,  qualunque  unità  si  scelga.  -  Tetr agonismo, 
quadratura  del  circolo:  titolo  d'un'opera  di  Ar- 
chimede. 

ArcOf  qualunque  porzione  della  circonferenza 
di  an  circolo.  -  Centro,  punto  nel  mezzo  del 
cerchio,  dal  quale  tutti  i  punti  della  circonferenza 
sono  egualmente  distanti.  -  Corda,  retta  dall'  una 
all'  altra  estremità  di  un  arco  o  di  altra  cur- 
va. -  Diametro,  la  retta  che,  passando  per  il 
centro,  tocca  due  punti  della  circonferenza,  o 
quella  che  tocca  i  due  vertici  opposti  del  qua- 
drilatero -  Grado,  misura  matematica  del  cer- 
chio. -  Osculatore,  che  tocca  un  circolo,  o  un'altra 
figura,  senza  tagliarla.  -  Quadrante,  la  quarta  parte 
della  circonferenza  del  cerchio.  -  Quarto  tondo,  la 
quarta  parte  d'un  circolo.  -  Raggio,  linea  diritta 
dal  centro  alla  circonferenza.  -  Secante,  linea  che 
taglia  un  circolo.  -  Segmento,  parte  di  un  cerchio 
compresa  fra  un  arco  e  la  sua  corda.  -  Semidiametro, 
il  raggio  del  circolo  e  della  sfera.  -  Sestante,  la  sesta 
parte  d'un  circolo.  -  Settore,  la  porzione  di  circolo 
racchiusa  da  due  raggi  e  dall'arco  tra  essi  com- 
preso. -  Tangente,  linea  che  tocca  un  circolo,  senza 
entrarvi. 

Circolare:  di  circolo,  circulare;  circulatorio ;  or- 
bicolare,  orbiculare;  rotondo  e  simili.  -  Conoide, 
corpo  simile  al  cono,  ma  a  base  non  perfettamente 
circolare.  -  Verticali,  i  circoli  e  i  piani  perpendi- 
colari all'orizzonte 

Circolo.  Il  cerchio  e,  più  specialmente,  quello 
della  sfera.  -  Anche,  circolazione  del  sangue. 

Circolo.  Crocchio,  capannello,  adunanza.  - 
Nell'uso,  ciò  che  gli  Inglesi  chiamano  chd)  :  casino, 
luogo  nel  quale  si  riuniscono  più  persone  (soci) 
per  divertimento  o  per  discutere,  talvolta,  di  cose 
politiche  0  d'altro,  di  comune  interesse. 

Circolo  vizioso.  Modo  sofistico  di  argomen- 
tazione :  petizione  di  principio  ;  idem  per  idem  ; 
sofisma. 

Circoncidere  (circonciso).  Veggasi  ad  ebreo. 

Circoncisione.  Detto  ad  ebreo. 

Circondare  (circondato).  Cingere  da  ogni  par- 
te ;  mettere  o  mettere  altre  cose  o  persone  intorno 
a  checchessia,  in  modo  da  formare  quasi  un  cer- 
chio :  abbracciare,  accerchiare,  acchiudere,  accon- 
venire,  aggirare,  assiepare,  attorneggiare,  attorniare, 
avvinghiare,  avvolgere;  cercliiare,  chiudere  in- 
torno, cingere,  cinghiare,  circomprendere,  circon- 
scrivere, circonvenire,  circuire,  comprendere,  con- 
chiudere, contornare,  contorniare  ;  essere,  mettersi, 
stare  dintorno  ;  far  calca  intorno  ;  far  corona,  far 
siepe;  fasciare,  incerchiare,  inchiudere  nel  mezzo, 
inghirlandare,  interchiudere,  intornare,  intorniare; 
rattorniare,  ricerchiare,  ricignere,  ricingere,  rigi- 
rare, rinserrare  ;  siepare,  serrare  dintorno  ;  strin- 
gere, togliere,  tórre  in  mezzo. 

Accerchiare,  propriamente,  chiudere  come  in  un 
cerchio:  cerchiare,  -  Affollare  uno,  adunarglisi 
intorno,  circondarlo.  -  Cingere,  cignere,  propriam,, 
legare  con  cinghia;  anche,  attorniare  a  difesa  o 
ad  offesa.  -  Circonfondere,  circonfundere,  detto  di 
liquidi:  versare  attorno.  Di  luce,  avvolgere  con  i 
raggi,  splendere  intorno  a  checchessia.  -  Circuire, 
andare  attorno  ;  circondare  persona  con  fini  non 
buoni.  Usato  anche  in  senso  militare.  -  Recingere, 
ricingere',  ripete  cingere.  -  Ricircondare,  ripete  cir- 
condare -  Scingere,  contr.  di  cingere.  -  Sopraccin- 
gere, cingere  o  cingersi  dalla  parte  di  fuori.  -  Stec- 
care, circondare  di  steccato.  -  Stringere,  circon- 
dare un  luogo  da  ogni    parte,  in   modo  che  siano 


CIftCONDARIO   —   CISPA 


573 


occupate  tutte  le  vìe  che  vi  mettono  capo.  -  Val- 
lare, circondare  un  vallo  per  fortificazione. 

Ctrcondabile,  da  potersi  circondare. 

Circondato  :  accerchiato,  acchiuso,  aggirato,  at- 
torniato, avvolto,  cerchiato,  cinto,  ecc.;  dintornato, 
interciiito,  ecc.  (tutti  i  participi  passati  dei  verbi 
sopracitati) 

Ambiente,  aria,  gas  o  liquido  dal  quale  un  corpo 
è  circondato.  -  Avibilo,  circuito,  giro.  -  Cinta,  cir- 
condamento  di  mura  o  d'altro.  -  Circonferenza,  li- 
nea che  termina  lo  spazio  di  qualunque  figura.  • 
Circuito,  la  lunghezza  del  confine  che  attornia  un 
dato  spazio.  -  Circuizione,  azione  del  circuire.  ■ 
Corona,  tutto  quanto  circonda  (corona  d'amici,  d'a- 
dulatori, di  colline,  di  poggi,  di  mura,  di  torri,  di 
merli,  ecc.). 

Circondarlo.  Estensione  di  paese  formante 
una  divisione  amministrativa  :  distretto.  -  Capoluo- 
go, la  città,  il  comune  nel  quale  hanno  sede  le  au- 
torità e  gli  uffici  circondariali.  -  Sottopre  fello,  fun- 
zionario che  presiede  l'amministrazione  politica 
d'un  circondario. 

Circondurre  (ctrcondotto).  Raggirare,  cù*- 
cuii'e. 

Circonferenza.  Linea  che  termina  il  circolo, 
la  figura  circolare  ;  il  contorno  del  circolo  ;  cer- 
chio, circuito,  periferia,  perimetro;  corona,  din- 
torno, ghirlanda  ;  giro,  giro  del  circolo  ;  ruota  ; 
tondo  -  Cicloidale,  che  si  riferisce  alla  cicloide, 
curva  descritta  da  un  punto  di  una  circonferenza 
girante  su  una  linea  retta. 

Corona,  spazio  tra  due  circonferenze  concentri- 
che. -  Diametro,  linea  retta  che  va  da  un  punto 
della  cireonferenza  all'altro,  passando  pel  centro,  - 
Epiciclo,  piccolo  circolo  il  cui  centro  è  sulla  cir- 
conferenza di  un  altro  più  grande.  -  Epicicloide, 
curva  generata  da  un  pun*o  di  una  circonferenza 
girante  su  un'altra.  -  Isoperimetre,  di  quelle  figure 
che  hanno  egual  perimetro.  -  Ottante,  l'arco  di  45°, 
che  occupa  l'ottava  parte  dell'intera  circonferenza. 
-  Periferia,  la  circonferenza  di  un  cerchio  e  il  pe- 
rimetro di  ogni  altra  figura  curvilinea.  -  Perimetro, 
nome  dei  lati  o  del  contorno  di  una  superficie 
qualunque  :  quando  il  contorno  è  di  iin  circolo,  si 
dice  meglio  circonferenza.  -  Quadrante,  la  quarta 
parte  dalla  circonferenza,  l'arco  di  90  gradi  ;  qua- 
lunque parte  della  circonferenza,  divisa  in  gradi  e 
minuti.  -  Raggio,  la  linea  che,  partendo  dal  centro 
d'un  cerchio,  arriva  fino  alla  circonferenza.  -  Seg- 
ménto, parte  di  un  cerchio,  compresa  tra  qualsivo- 
glia arco  e  la  sua  corda.  -  Sestile,  sesta  parte  delia 
circonferenza  del  cerchio. 

Azione  di  rettificazione,  il  rettificare  una  circon- 
ferenza, il  trovare  una  linea  retta  eguale. 
Circonflèsso.  Detto  ad  accento. 
Circonflettere  (circonflesso).   Indurre   circon- 
flessione, jnegare,  curvare:  poco  usato. 
Circonflessióne.  Atto  del  circonflettere. 
Circonfondere    (circonfuso).    Lo    sjjargere 
checchessia  intorno  o  attorno  a  una  cosa  :  poco  u- 
sato.  -  Circonfuso,  circondato  da  liquidi. 

Circonlocuzione.  Giro  di  parole  per  espri- 
mere ciò  che  con  vocaboli  proprii  non  si  può,  o 
anche  per  nascondere  o  non  dir  chiaro  il  proprio 
pensiero  :  perifrasi. 

Circonrallare ,  clrconTallazione.  Veggasi 
a  foriificazione  e  a  strada. 

Circonvenire  {^circonvenuto;  circonvenzione). 
Aggirare,  circuirey  tendere  insidia. 


Circonvenzióne.  Inganno  concertato,  insi- 
dia: atto  del  circonvenire,  del  circuire. 

Circonvicino.  Intorno  intorno,  vicino. 

Circonvoluzióne.  In  anatomia,  piegatura,  spe- 
cie della  superficie  del  cervello,  -  In  geometria,  si- 
nonimo di  rivoluzione. 

Circoscrivere  (circoscritto).  Restringere,  limv 
tare,  localizzare.  -  Racchiudere,  chiudere  in- 
torno intorno.  •  Descrivere  con  circuito  di  parole 
con  jìerifrqsi.  -  Termine  di  geometria.  -  Cir- 
coscritto,  di  fi^'ura  geometrica  tirata  in  modo  da 
toccarne  e  abbracciarne  un'altra. 

Circoscrizione.  Atto  ed  effetto  del  circoscri- 
vere. -  La  descrizione  di  checchessia  con  cir- 
cuito (li  parole,  con  jìcrifrasi.  -  Limitazioni 
amministrativa  di  territorio. 

Circospetto.  Che  è  cauto,  avvisato,  ha  circo- 
spezione, cautezza,  jyrudenza. 

Circostante.  Che  sta  informo. 

Circostanza  (circostanziale).  Luogo  contiguo, 
vicino;  spazio,  tratto  circostante  (per  lo  pm  ai 
plurale). 

Circostanza  (circostanziale,circostanziato).Q,\]iZ.- 
lità  che  accompagna  un  fatto;  condizione  di  cose 
o  di  tempo;  caso,  congiuntura,  occasione;  con- 
tingenza, emergenza  (contingente,  emergente),  in- 
contro,  occorrenza.  -  Circostanziale,  di  circostanza. 
-  Circostanziato,  fatto  con  ogni  circostanza,  speci- 
ficato. 

Circuire  (circuimento,  circuito).  Intorniare,  cir- 
condare; girare  attorno,  percorrere  in  giro,  - 
Figur.,  trarre  in  inganno,  tendere  insidia,  cer- 
care, fingendo  bei  modi,  di  attrarre  alcuno  alla 
propria  volontà,  con  uno  scopo,  per  Io  piìi,  non 
onesto:  aggirare,  andare  con  l'erbolina  in  mano, 
attorniare,  avvolpinare,  circondurre,  intorniare,  me- 
nar con  parole,  porre  il  campo  intorno,  porre  l'as- 
sedio, raggirare.  -  Circuimento,  il  circuire.  -  Cir- 
cuito, ingannato,  insidiato,  raggirato,  ecc.  -  Circui- 
zione, il  circuire,  atto  ed  effetto. 

Circùito.  La  lunghezza  del  confine  che  at- 
tornia e  circoscrive  un  dato  spazio:  cerchia,  cinta, 
circonfereìiza,  giro,  perimetro,  pomerio,  pro- 
cinto, recinto;  rifondata,  ritondità,  rotondità.  - 
Termine  di  elettricità.  -  Circuito  di  parole,  cir- 
conlocuzione, j)erifrasi. 

Circuizióne.  Il  circuire. 

Cirlegia,  clriegio.  Veggasi  a  ciliegio. 

Circumnavigazione.  Giro  del  mondo  fatto 
per  mare;  navigazione  intorno  al  mondo 

Circumpolare.  Detto  a  costei/azione  e  a 
stella. 

Cirenèo.  Detto  a  vittima. 

Ciriòla.  Piccola  anguilla. 

Cirro.  Forma  di  nube:  cirro-cùmuli,  cirrostrati. 
ecc.  -  Parte  di  alcuni  animali,  consistente  talvolta 
in  penne  lunghe,  in  forma  di  crine,  talvolta  in 
piume. 

Cirròsi.  Veggasi  a  fegato  e  a  infestino. 

Ciscranna.  Sorta  di  serfia. -Qualsivoglia  two- 
bile.  -  Figur.,  di  donna  vecchia  e  disutile. 

Clsoine.  Piccole  forbici. 

Cispa.  Umore  \iscoso  che  cola  dall'occhio  sul- 
l'orlo e  neir  angolo  della  pàlpebra,  riseccandosi: 
cacca  d'occhi,  càccole;  lema,  lemosità,  lippitudine; 
savore.  -  Cispellino,  che  ha  gli  occhi  abitualmente 
cisposi.  -  Cisposità,  qualità  di  chi  ha  la  cispa;  male 
per  cui  le  palpebre  sono  ripiene  di  cispa:  cispilà. 
-  Cisposo,  di  persona  o  di  occhio  affetto  da  cispo- 


574 


Sila:    caccoloso;    cispellino,    cispo.    lippo.  lipposo, 
\  elato  di  savore. 

Cista.  Detto  a  macao. 

Ciste.  Lo  stesso  che  cisti. 

Cistercense.  Aggiunto  di  un  ordine  religioso. 
,  Cisterna.  Sorla  di  pozzo,  ricetto  murato,  sot- 
terraneo, coperto,  0  scoperto,  nel  quale  si  raccoglie 
p  si  conserva  l'acqua  piovana,  o  quella  portatavi, 
per  vari  usi:  conserva  d'acqua;  impluvio;  piscina; 
pozza,  rattenitoio  d'acqua;  ricettacolo  dell'acqua, 
ricetto  dell'acqua  o  delle  acque;  vasca.  Consta  di 
un  /50220,  circondato  da  uno  scavo,  riempilo  di  sabbia 
silicea,  questo  e,  quello  in  comunicazione  per  alcune 
aperture  al  fondo  del  primo;  l'acqua  entra  nello 
scavo,  passando  per  cassettoni-jillri,  contenenti  car- 
bone, e  attraversando  tutto  lo  strato  di  sabbia^  per 
depurarsi.  Si  preride  l'acqua  con  secchi  o  con  pompa. 

Cisternaccia,  cisterna  cattiva,  mal  ridotta.  •  Cister- 
veLta,  cisleniina,  dimin.  di  cisterna.  -  Cisteimona, 
rislenione,  grande  cisterna.  -  Pvrgatore,  ricetto  mu- 
ralo, per  lo  più  pieno  di  ghiaia  e  di  rena,  per  ricevere 
e  purgare  le  acque  piovane,  prima  che  passino  nella 
vicina  cisterna,  quando  questa  è  per  .uso  di  bere. 
Detto  anche  pur^afono  .(dell'uso  famigliare)  epur- 
gatoio. 

Cannone,  doccione  di  terta,  canale  di  piombo  o 
d'altra  materia  per  servire  di  sfogo  alla  cisterna.  • 
Ixipida,  la  pietra  che  còpre  la  buca  del  pozzo  nero, 
0  serve  di  coperchio  alle  fogne  e^alle  cisterne.  - 
Mazzacavallo,  specie  di  altalena  per  attingere  acqua 
dalla  cisterna  o  da  pozzo  poco  profondo,  o  che  non 
abbia  tettuccio:  usata  particolarmente, negli  orli,  per 
inaffiarli.  Consiste  in  una  forte  .perUca  bilicata  e 
imperniata  in  cima  di  una  trave,  o  di  un  palo  bi 
forcuto  piantalo  verticalmente  in  terra;  a  una  estre- 
mità della  pertica  è  pendente  un  bastone,  e  a  que- 
sto la  secchia,  che  si  tuffa  nell'acqua  per  riempir- 
nela,  e  si  solleva  agevolmente  per  l' aiuto  del  con- 
trappeso fermato  all'opposta  estremità  della  pertica. 

Cisterna.  In  anatomia,  spazio  cavo  contenente 
sostanze  liquide. 

Cisti.  Dal  greco,  vescica.  In  medicina,  sorta  di 
tumore,  produzione  patalogica  formata  da  una  ca- 
vità non  comunicante  con  l'esterno  e  contenente 
una  sostanza  liquida,  molle,  di  rado  solida.  Paò' 
essere:  semplice,  cioè  formata  da  un  sola  cavità,  o 
mvlliloculare ;  da  rtYenzione  (per  ostacolo  al  deflusso 
glandolare);  da  rammollimento  (semplice  o  per  pre- 
cedente emorragia)  ;  intorno  a  corpi  stranieri  (pa- 
:  tassili).  -  Cisti  tdatica,  cisti,  più  o  meno  yolumi- 
'  nosa,  che  di  solito  si  sviluppa  nel  fegato  e  forma 
nnidaiide',  stalo  larvale  o-  vescicolare  dell'  echino- 
cocco, quale  si  trova  nell'uomo.  -  Cisti  sebacea,  tu- 
more formato  da  un  sacco  sviluppatosi  a  spese  di 
una  glandola  sebacea  e  riempita  di  cellule  epider- 
miche e  di  materia  grassa.  -  Cistoma,  nome  dato  da 
Virchow  alle  vere  cisti  d»  nuova  formazione  per 
distinguerle  da  quelle  provenienti  da  cavità  preesi- 
stenti -  Natta,  cisti  che  sopravviene  nel  capo  o 
m  altra  parte  della  persona.  -  Piocisti,  cisti  mar- 
erosa.  -  Sleaioma.  cisti  cutanea  contenente  sebo  con 
epnelij.  Vòmica,  raccolta  incistata  di  pus  entro 
un  viscere 

Ctslico,  di  cisti  '.    in    anatomia,   aggiunto  di  ogni 
formazione  che  si  riferisce   alla    vescicola   biliare; 
II»  patologia,   distintivo  di  ogni  processo  o  modifica- 
zione die  si  riferisce  alle  cisti. 
Cisti  cerco   La  tenia,  o  verme  solitario. 
Clstlde.  Lo  stesso  che  ciste,  cisti.  ■  In  botanica. 


complesso  di  cellule  sporgenti,  considerate  come 
parti  accessorie  dell'apparalo  riproduttore. 

Cistifèllea.  Serbatoio  membranoso  della  bile 
nella  faccia  inferiore  del  fegato.  ■  Colecistectomia, 
colecistotomio.  operazioni  chirurgiche  sulla  cistifel- 
lea. 

Cistite.  Infiammazione  della  vescica  ;  secondo 
l'evoluzione,  può  essere  acuta,  subacuta,  cronica, 
per  la  sintomatologia,  é  muco- purulenta,  purulenta,, 
emorragica,  dolorosa  ;  rispetto  all'anatomia  patolo- 
gica, è  mucosa,  parenchima  tosa,  del  collo,  del  corpo 
della  vescica,  pseudomembranosa,  tubercolare,  can- 
cerosa; per  l'etiologia,  si  ha  la  cistite  canlarica, 
blennorragica,  traumatica,  calcolosa,  per  congestione, 
per  ritenzione,  gottosa,  reumatica,  a  fri^re,  infettiva 

Cistro.  Detto  a  musicali  istrumenti. 

Citàbile.  Che  può  essere  citalo,  si  può  citare. 

Citare  [citalo,  citazione).  Addurre,  allegare  per 
autorità  o  per  prova;  nominare,  menzionare, 
mentovare,  ricordare  brani  di  scritti,  di  discorsi 
e  simili  :  far  ricordanza,  far  ricordo  ;  portare,  pro- 
durre, rapportare,  riterire,  riportare;  chiamare  in 
testimonio;  dar  libro  e  carta;  far  parlare;  tórre  di 
bocca;  porgere  agli  occhi;  porgere  innanzi;  porre, 
recare  in  campo.  Neil' uso,  riprodurre,  ristampare. 

-  Citazione,  il  citare  brani  di  scritti,  e  il  brano  stesso 
così  riferito:  allegamento,  allegagione,  alleganza, 
allegazione.  -  Ibidem,  accennando  più  d'una  volta 
a  un  luogo  citato.  •  Loco  dialo,  lai.,  nel  luogo  citato. 

-  Stiracchiare,  citazione  nella  quale  il  testo-è  tratto 
e  quasi  stirato  artificiosamente  per  provare  quello 
che  non  proverebbe. 

Citare  (citante,  citato,  citatoria,  citazione).  Chia- 
mare in  causa,  in  lite,  innanzi  al  magistrato,  per 
mezzo  di  usciere,  a  voce  o  in  iscritto,  assegnando 
un  tempo  det  rminato.  Si  cita  anche  come  testimo- 
nio di  accusa  o  di  difesa.  •  Citare  a  comparire,  chia- 
mare davanti  al  giudice,  al  tribunale,  ■  Citante, 
chi  cita,  fa  l'azione  di  citare:  legalm.,  attore.  -  Ci- 
tato, contrario  di  citante:  legalm.,  convenuto.  -  Cita- 
tòrio,  che  serve  o  che, è  destinato  a  citare  alcuno 

Citatoria  (lat.,  libello),  atto  giudiziario  col  quale 
si  cita  alcuno,  chiamandolo  a -comparire  in  causa: 
atto,  cartella,  lettera,  polizza  di  citazione;  cedola, 
cedolone,  citazione,  domanda  in  giudizio;  lettera  ci- 
tatoria; mandato  di  comparizione;  precetto,  postu- 
lazione, richiesta;  bollettino,  cavalluccio.- Fare,  man- 
dare, portare,  notificare  (atto  dell'usciere  che  con- 
segna il  documento  a  persona)  una  citazione.  Rice 
vere  una  citazione,  ecc.  -  Compulsoria,  citazione 
fatta  per  conto  del  fìsco.  -  Per  citazione  direttissima. 
secondo  il  nostro  codice,  forma  rapida  di  processo, 
senza  istruttoria  preliminare. 

Mandar  citazione:  adire  il  tribunale;  andare  alia 
giustizia  ;  chiamare  in  giudizio,  citare  dinanzi  ai 
tribunali;  compulsare  (forzare  a  comparire  in  giu- 
dizio); far  citare;  far  pagare  alcuno  in  sul  tappeto 
(costringerlo  per  via  di  Corte)  ;  far  venire  a  banco, 
far  le  spese,  mandare  spesa;  menare  a  giudice,  pre- 
cettare, toccare  (denunziare  il  termine  perentorio 
fissato  dal  giudice  al  pagamento);  torre  azione. 

Citarèdo.  Detto  a  cetra. 

Cltareg-grlare  {citareggiato).  Suonare  la  cetra. 

Citarista.  Vengasi  a  cetra. 

Citatòria.  Veggasi  a  citare  (secondo  articolo) 

Citazióne.  L'azione  del  citare, 

Clterèa.  DeUo  a  Venere. 

Citiso.  Piccolo  albero  della  famiglia  delle  legu- 
minose, con  foglie  che  servono  da  purgante  e 
con  frutto  tossico  :  ahorniello,  avorniello,  Ijsiburno.  - 


CITRATO    —   CITTA 


575 


Ciiisina,  sostanza  velenosa  estratta  dai  semi  di  ci- 
tiso, dotata  di  proprietà  ipercinetica  (atta  ad  ecci- 
tare la  mobilità  di  un  organo). 

Oitrato.  Veggasi  a  citrico  (acido). 

Citrico  (acido).  Acido  che  si  trova  molto  dif- 
fuso nel  regno  vegetale,  o  allo  stato  libero  o  in 
combinazione  col  calcio  e  col  potassio,  specialmente 
nel  litnone,  mìVaranciOf  nel  cedro,  in  minore 
quantità  nel  succo  del  ribes,  del  tamarindo,  delle 
more,  della  mortella,  dell'  uva  spina,  ecc.  La  sua 
azione  si  avvicina  molto  a  quella  degli  acidi  deboli 
e  specialmente  del  tartarico.  Ha  le  stesse  applicazioni 
del  succo  di  limone;  serve  anche  nella  tintura  e 
nella  stampa  di  tessuti.  -  Citraconico  acido,  uno  dei 

Erodotti  dell'azione  del  calore  sopra  l'acido  citrico, 
a  sapore  acido,  molto  amaro;  liquido  incoloro  e 
inodoro.  -  Citrato,  sale  formato  dall'acido  citrico 
combinandosi  con  una  base.  I  citrati  sono  acidi  o 
neutri,  ma  i  più  comuni  sono  questi  ultimi  e  alcuni 
citrati  doppi.  Più  usati  quelli  di  ammonio,  di  cal- 
cio, di  ferro,  di  magnesio,  di  litio  o  di  potassio,  di 
sodio,  il  sodico-potassico,  il  citro-fosfato  sodico 
quelli  di  alluminio,  d'argento,  di  mercurio,  ecc. 

Citrino.  Di  cedro,  simile  al  color  del  cedro. 

Citriuolo.  Veggasi  a  cetriuolo. 

Citrullo.  Stolido,  sciocco. 

Citta  Zittella,  fanciulla:  veggasi  a  fanciullo. 

Città.  Luogo  più  0  meno  atnpio,  aggregato  più 
0  meno  vasto  di  abitazioni  civili,  di  pubblici  edi- 
fici (in  mezzo  ai  quali  si  aprono  piazze,  corrono 
vie)  e,  per  lo  più,  cinto  da  mura,  con  poi*e:  'erra, 
municipio,  oppido  (voce  ant,  per  città  fortificata), 
urbe  (latinismo,  da  urbs,  che  significa  città  e,  per 
antonomasia,  Roma.  FtAnc,  ville;  ingl.,  town;  ted., 
Stadt.  Si  dice  città  anche  di  tutti  insieme  gli  abi- 
tanti, tutta  la  popolazione,  -  Una  città  può  es- 
sere in  pianura  (in  piano,  in  basso),  in  colle,  in 
mente  (in  alto,  m  monte,  a  cavaliere  d'un'altura); 
in  riva  a  un  fiuìne,  a  un  lago,  al  mare,  su  una 
laguna  o  circondata  da  palude;  attraversata  da 
un  canale  o  da  una  rete  di  canali.  È  grande, 
piccola,  media,  secondo  l'estensione  de*  suoi  fabbri- 
cati e  lo  spazio  che  occupa;  popolosa  (con  gran 
nunicro  di  abitanti),  o  scarsa  di  popolazione,  o  spo- 
p->laia,  deserta,  quasi  vedova  di  abitanti  (quando  gli 
abitanti  vi  sono  pochissimi,  e  allora  ha  aspetto  di 
abbandono,  di  solitudine);  viva,  vivace,  animata,  se 
laboriosa  o  allegra;  morta,  se  abbandonata  e  in  ro- 
vina, 0  anche  quando  non  vi  ferve  alcun  vigore  di 
vita.  Vi  si  fa  sentire  lo  strepito,  il  frastuono,  ossia 
il  rumore  proprio  di  una  città  attiva,  o  vi  domina 
tristemente  il  silenzio.  La  città  vive  tranquilla  in 
calma,  in  quiete,  in  pace,  o  si  agita  (città  in 
s  bbuglio,  città  sollevata,  ecc.)  per  tumulto,  per 
rivoi'izione,  per  istato  di  guerra  con  altri  paesi 
o  anche  oer  lotte  interne  di  fazione,  di  partito. 
Tra  i  molti  e  diversi  edifìci  d'una  città,  civili,  re- 
ligiosi, militari,  ecc.  (vegg.  a  «t^t^cio),  principali: 
il  palazzo  del  Comune,  o  municipio,  la  scuola, 
la  chiesa,  il  teatro,  il  tnercato,  V  ospedale, 
(un  tempo,  anch«  il  lazzaretto),  il  cimitero,  la 
stazione  ferroviaria,  il  gasometro,  il  maceUo 
pubblico,  la  posta,  il  telegrafo,  il  museo,  la 
biblioteca;  le  diverse  sedi  del  magistrato  civile 
«  militare,  di  questo  o  ({\x&\V ufficio  governativo  o 
municipale,  di  questa  o  quella  autorità,  di  questo 
0  quell  istituto  (di  arti,  di  lettere,  di  scienze); 
V albergo,  il  carcere,  la  caserma,  lo  stabilimento 
di  bagni  (veggasi  a  bagno).  In  qualche  città,  Var- 
senale,  la  zecca,  X  ippodromo,  ecc.  Di  solito. 


oltre  le  vie  e  le  piazze,  una  città  comprende  anche 
il  giardino  pubblico,  il  viale  o  i  viali  di  pas- 
seggio, il  portico,  talvolta  il  parco,  il  bastio- 
ne, la  logggia,  la  galleria,  il  ponte;  è  deco- 
rata da  più  d'un  monumento,  da  qualche  fon- 
tana. Oltre  la  casa  del  privato,  vi  sono  la  bot- 
tega q'\\  magazzino  del  commerciante,  ^officina 
dell'mdustriale,  lo  «««rtfo  dell'artista  e  del  profes- 
sionista, Yagenzia  di  vario  genere,  la  Banca,  la 
Borsa,  la  Cassa  di  Rispannio  (veggasi  a  ri- 
8parmio),ìe  sedi  delle  società  di  assicurfizio^te ; 
il  bazar,  V  edicola  o  chiosco  del  venditore  di 
giornali,  i  posti  pubblici  del  telefono,  ecc.  Nella 
città  si  esercita  il  commercio,  l'industria,  ogni 
arte,  ogni  mestiere,  e  vi  si  tratta  ogni  affare/ 
ai  muri  vi  si  affi^'ge  l'avviso,  gli  svanatissimi  car- 
telli della  pubblicità  e  altri  stampati  che  escono 
dalla  tipografia;  vi  si  pubblica  il  giornale,  la 
rivista,  il  libro,  ecc.;  vi  si  dà  spettacolo  in 
molteplici  modi,  vi  si  celebra  questa  o  quella  festa; 
vi  si  tratta  di  politica  e  di  quanto  interessa  la 
vita  sociale.  Ai  bisogni  d'una  città  si  provvede 
con  vari  servizi  pubblici,  quali  V  edilizia,  Villur 
minazione,  la  pulizia  urbana,  l'assistenza  ai  ma- 
lati  poveri,  la  distribuzione  dell' ocg«a  potabile; 
lo  spegnimento  d'ogni  eventuale  incendio  per  mezzo 
del  pompiere,  ecc.;  con  altre  funzioni  si  provvede 
9.\Vigiene,  alla  beneficenza,  a.ìV istruzione,  al- 
l'ordine pubblico,  e  via  yia.  Nella  città,  oltre  le 
persone,  oltre  la  folla,  sono  in  movimento  la 
carrozza,  la  tramvia,  la  bicicletta,  Vautomo- 
bile  e  ogni  altra  sorta  di  veicolo. 

Assediare,  stringere  d'assedio  la  città,  circon- 
dandola di  milizie.  -  Demolire,  abbattere,  at- 
terrare una  parte  della  città  o  tutta  la  città.  - 
Distruggere,  atterrare  le  mura  e  gli  edifici,  ri- 
ducendo la  città  in  rovina,  -  Fondare,  fabbricare, 
edificare,  costruire  una  città:  propriam.,  inco- 
minciarne la  costruzione.  Quindi:  anno  di  fondazione, 
quello  in  cui  i  lavori  furono  iniziati;  città  fondata 
nel.. ,  ecc.  {ab  urbe  condita,  nell'anno  della  fondazione 
di  Roma).  -  Fortificare,  munire  di  fortificazione, 
con  opere  di  di  tesa.  -  Incendiare,  appicc^tre  l't/t- 
cendio.  -  Saccheggiare,  sottoporre  a  saccheggio, 
mettere  a  sacco,  a  ruba 


Diversi  aspetti 

Diverse  condizioni  della  citta'. 


Città  alta,  città  bassa,  la  parie  più  alta  o  più 
bassa  di  una  città  in  costa.  -  Città  aperta,  senza 
cinta,  senza  mura.  -  Città  cadavere,  per  simil., 
città  rovinata  ;  città  chiusa,  circondata  da  mura. 

Cittadella,  diminut.  di  città,  per  cittadetta,  me- 
glio detto  di  fortezza  non  grande,  di  rocca  edifi- 
cata, per  lo  più,  allo  scopo  di  tenere  soggetta  la  città. 
-  Cttadetta,  cittadettina,  piccola  città,  città  non 
mo io  poDolosa.  -  Cittadone,  grande  città.  -  Cittaduzza 
spreg,  di  città:  piccola,  da  poco,  o  brutta. 

Città  commerciale,  specialmente  dedita  al  com^ 
uiercio»  -  Città  continentale,  insulare,  marittima, 
secondo  che  si  trova  in  terraferma,  su  un'isola  o 
in  riva  al  mare,  con  porto,  -  Città  di  passaggio, 
quella  lungo  una  grande  strada  e  quindi  molto  fre- 
quentata; al  contrario,  città  fuori  di  mano.  •  Città 
di  primo,  di  secondo,  di  terzo  ordine,  relativamente 
al  maggiore  o  minor  grado  di   importanza;   indo- 


576 


CITTA 


Striale,  quella  nella  quale  è  molto  esercitata  l'm- 
dustria;  lacuale,  edificata  sopra  un  lago,  con 
scalo  0  ponte  di  approdo;  maremmana,  situata 
nella  tnarenirna;  montana,  in  monte,  alpestre; 
mtkrata,  cinta  da  mura;  -  Citld  santa,  quella  nella 
quale  è  un  santuario  venerato  per  eccellenza. 

Capoluogo,  città  o  terra  dove  risiede  l'autorità 
primaria  d'un  distretto.  -  Città  anseatica,  ciascuna 
delle  città  (più  di  novanta)  della  Germania  e  dei 
Paesi  Bassi  che  formarono  la  lega  anseatica  per 
difendere  la  libertà  e  il  commercio  contro  le  usur- 
pazioni dei  principi  limitrofi  e  dei  pirati  del  Baltico 
e  del  mare  del  Nord.  -  Città  capitale,  e  assolutam. 
capitale,  la  città  dove  risiede  il  governo  di  una 
nazione  :  gr.,  metropoli;  affettatamente,  la  dominante. 
Vi  hanno  sede  il  capo  dello  Sfato,  i  diversi  mi- 
nisteri (veggasi  a  ministero)  e  il  Parlamento.  - 
Capitale  morale,  locuzione  di  Bonghi,  riferita  a  Mila- 
no. -  Città  celeste,  compendio  del  mondo  {compendium 
orbis)  fu  detta  Roma.  -  Città  del  fiore,  Firenze.  - 
Città  delle  lagtine,  o  della  laguna,  Venezia.  -  Città 
di  provincia,  qualsivoglia  città  che  non  è  capitale; 
ma  più  spesso  intendesi  delle  piccole  città.  -  Città 
eterna,  Roma.  -  Città  federata,  città  libera  in  tutto, 
tranne  in  alcuna  cosa  convenuta  per  trattato  (cosi 
le  città  che  avevano  vincoli  con  Roma,  pure  essendo 
indipendenti).  -  Città  franca,  quella  nella  quale  le 
merci  entrano  senza  pagar  dazio.  Il  privilegio  stesso.  - 
Città  imperiale,  l'antica  città  libera  germanica.  - 
Città  libera,  nome  e  condizione  di  alcune  città  ger- 
maniche, rette  dai  loro  magistrati  o  con  proprie 
franchigie.  -  Città  maestra,  così  i  Veneti  chiamarono 
la  parte  più  notevole  della  loro  città.  -  Città  nettunia, 
sul  mare.  -  Città  regia,  vescovile,  arcivescovile,  an- 
ticam.,  quella  posseduta  da  re,  da  vescovo,  da  ar- 
cÌA''escovo.  -  Città  sorelle,  d'una  stessa  nazione.  -  Città 
sotterrata,  Pompei.  -  Città  universale,  Roma. 

Cosmòpoli  (neol,),  città  mondiale,  -  Ecatompile 
(cento  porte),  così  dette  la  Tebe  egizia  e  Babilonia. 
-  Emporio,  città  dell'abbondanza  (Parigi,  Londra 
empori  dell'Europa  moderna).  -  Metrocomia,  la  città 
che  comprende  sotto  di  sé  borghi  e  paesi.  -  Me- 
tropoli, oltreché  capitale,  anche  la  primaria  città 
d'una  regione,  d'una  provincia,  r  Mondo  sotterraneo, 
delle  città  sepolte.  -  ISecropoli  (figur.),  città  spopo- 
lata. -  Piazza  di  guerra,  città  fortificata:  fortezza.  • 
Propugnacolo,  citta  forte. 

Dodecàpoli,  lega  di  dodici  città,  come  quella 
of^stituitasi  in  EtruTÌat.  -  Pentdpoli  (gr.,  cinque  ci«a): 
pyesero  questo  nome  vari  territori  comprendenti 
cinque  città.  -  Tetràpoli,  riunione  politica  di  quattro 
città. 

Parti  delta  ciTrA*: 

VIE,  PIAZZE,    MURA   E     ALTRE   COSTRUZIONI. 


Acròpoli,  cittadella,  e  specialmente  quella  d'A- 
tene. -  Arterie,  le  strade,  le  vie  principali  d'una 
gran  cilià.  -  Barriera,  voce  presa  dal  francese  per 
significare  quel  luogo  della  cinta  daziaria  ove  si 
gabellano  le  merci  che  si  introducono  in  città: 
dazio.  -  Bastione,  terrapieno  intorno  alla  città, 
un  tempo  fatto  a  scopo  di  fortificazione:  ora,  per 
lo  più,  luogo  di  passeggio.  -  Bivio,  incontro,  im- 
boccatura di  due  vie,  di  due  strade,  e  il  luogo  ove 
fanno  capo.  -  Borgomaestre :  si  dissero  così  le  vie 
principali  delle  città;  denominazione  analoga  al 
corso  -  Boulevard,   baluardo   (voce  d'origine  te- 


desca, bohl  werk,  riparo  di  tavole),  terrapieno,  ba 
stione. 

Calle,  piccola  via  o  strada  ;  a  Vanezia,  nome  delU 
vie  di  terra  attraversanti  la  città  in  tutte  le  dire- 
zioni -  Cavalcavia,  arco  od  altro  a  somiglianza  di 
ponte  sopra  la  via,  da  una  parte  all'altra,  per  co 
modità  di  passaggio.  -  Cerchia,  cerchio,  le  mura  che 
cingono  la  città,  e  nelle  città  non  murate,  quella 
linea  attraversando  la  quale,  per  entrarvi,  le  derrate 
pagano  una  tassa  prestabilita:  cinta  daziaria.  -  Centro, 
parti,  angoli,  lati  della  città,  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Chiassetto ,  chiassatello ,  chiassarello, 
chiasso,  chiassuolo,  viuzza  stretta  e,  generalmente, 
poco  pulita.  -  Chiovina.  fogna  sotterranea  ove  scolano 
immondezze.  -  Cinta,  le  mura  d'una  città  o  d'un 
paese  e  tutto  il  perimetro  compreso  in  quelle.  - 
Cisterna,  cisternone,  serbatoio  d'acqua. 

City,  il  principale  quartiere  di  Londra,  sede  del 
Municipio  (Mansion  House)  e  del  podestà  {Lord 
Major).  -  Cloaca,  specie  di  grande  fogna  o  canale 
sotterraneo,  destinato  a  ricevere,  e  scaricare  le  im- 
mondizie di  una  città.  -  Contrada,  in  alcune  Pro- 
vincie dell'alta  Italia,  lo  stesso  che  via,  strada.  Si 
dice  anche  per  vicinato,  paese,  regione.  -  Corso, 
nome  che  si  usa  dare  alla  via  o  alle  vie  principali 
d'una  città.  -  Crocevia,  crocivio,  crocicchio,  rincontro 
di  più  vie. 

Dazio,  per  porta,  barriera,  è  locuzione  milanese 
molto  comune  per  indicare  la  porta  della  città  ove 
solevano  essere  i  doganieri.  -  Dogana,  il  luogo  (e 
anche  l'amministrazione)  in  cui  si  riscuote  la  tassa 
all'entrata  o  all'  uscita  di  certe  merci.  -  Fogna, 
chiavica,  condotto  sotterraneo,  per  raccogliere  e 
menar  fuori  dall'abitato  le  acque  piovane  e  quelle 
che  nelle  case  servono  ad  altri  usi.  -  Fondamenta, 
a  Venezia,  le  vie  che  fiancheggiano  un  canale  o  la 
laguna. 

Giardino  pubblico,  già  citato  :  veggasi  a  giar- 
dino, -  Giro  delle  mura  della  città,  il  circuito  di 
questa  lungo  le  mura.  -  Girone,  circuito  delle  mura 
di  città  0  di  fortezza.  -  Guide,  due,  o  anche  quat- 
tro strisele  parallele  di  lastre  in  alcune  vie  acciot- 
tolate, per  un  più  comodo  carreggiare. 

Idrante,  le  bocche  d' acqua  d' un  acquedotto 
praticate  a  varie  distanze,  e  servono  per  inaffiare 
o  per  ispegnere  incendi.  -  Intercapèdine,  strétto 
spazio  tra  due  case  che  non  hanno  un  muro  divi- 
sorio. -  Isola,  isolato,  gruppo  di  case  staccate,  cinto 
d'ogni  parte  da  vie.  -  Làpide,  lastra  di  pietra  sul 
muro  di  qualche  casa  o  edificio,  per  ricordare  un 
illustre  uomo  o  un  fatto  memorando.  -  Lastricato. 
lastrico,  copertura  della  via  con  lastre  di  pietra 
commesse  insieme.  Nelle  città  moderne  si  fanno 
lastrici  anche  di  legno  e  d' altre  materie.  -  Lieu 
d'aisance  (tran e),  latrina  pubblica.  -  Liston  o 
lista,  nel  dialetto  veneziano,  l'andana  nel  mezzo 
della  mirabile  piazza  di  San  Marco  in  Venezia.  - 
Località,  parte  di  città  in  generale  ;  il  posto,  la  si- 
tuazione di  un  luogo  che  deve  servire  a  un 
dato  uso. 

Marciapiede,  spazio  di  via  o  di  strada  più  rile- 
vato e  lastricato,  lungo  gli  edifici,  riservato  a  chi 
va  a  piedi.  -  Mura,  il  recinto  entro  il  qu^le  sono 
i  varii  quartieri  componenti  la  città.  -  Murazzi,  a 
Venezia,  gran  muro  a  scaglioni,  in  blocchi  di  mar- 
mo d'Istria,  fermati  con  cemento  idraulico,  fatto 
costruire  dalla  Repubblica  di  San  Marco,  nel  1744, 
dal  forte  di  San  Pietro  fino  a  Chioggia.  -  JVecro- 
poli,  parte  di  città  o  sotterraneo  destinato  alle  se- 
polture :  cimitero.  -  Parco,  già  citato  :   veggasi  a 


577 


questa  voce.  -  Piazza,  luogo  spazioso  nelle  città, 
circondato  da  edifìci.  -  Piazza  d'armi,  vasto  spazio 
di  terreno  libero,  per  gli  esercizi  militari,  nella 
città  0  nelle  vicinanze.  -  Pomerio,  fosso  che  re- 
cinge la  città.  -  Ponte,  già  citato  :  veggasi  a  questa 
voce.  -  Torta,  l'apertura  per  dove  s'  entra  (si  ha 
Ventrata,  Vaccesso)  e  si  esce  dalla  città,  dal  quar- 
tiere, dai  luoghi  fortificati;  anche,  l'ediiicio  nel 
quale  è  realmente  una  grandiosa  apertura  adornata 
secondo  alcuno  stile  ;  edificio  che  sovente  però  non 
serve  che  di  adornamento  alla  città,  mirando  a  no- 
bilitare e  fregiare  l' ingresso  alla  medesima.  Tal- 
volta non  è  che  uno  spazio  attraversato  da  una 
cancellata,  lasciato  fra  due  edifici,  ne'  quali  sono 
gli  uffici  daziarii  e  gli  alloggiamenti  pe'  gabellotti. 
-  Postierla,  piccola  porta  d'una  città  o  fortezza. 

Quadrivio,  luogo  dove  fanno  capo  quattro  strade, 
ovvero  dove  due  strade,  incrociandosi,  ne  formano 
quattro.  -  Quai,  voce  francese  che  significa  argine, 
diga  lungo  un  fiume,  presso  un  porto,  lungo  una 
ferrovia,  fatto  di  pietre  da  taglio  per  rendere  più 
agevole  il  cammino  e  lo  scarico  delle  merci.  Cor- 
rispondenti italiani:  lungo  (lung'Arno,  lungo  Te- 
vere, lungo  Po);  banchina,  se  dei  porti  ;  andana,  se 
delle  stazioni.  -  Quartiere,  parte  di  città.  -  Recinto, 
il  giro  delle  mura  o  terrapieno  d'una  piazza  forte 
o  città  (termine  militare).  -  Rione,  quartiere  e 
scomparto  di  una  città  :  denominazione  data,  per 
ordine  di  Augusto,  a  ciascuno  dei  quattordici 
scompartimenti  in  cui  aveva  diviso  la  città  di  Ro- 
ma. -  Rovine,  gli  avanzi  d'una  città  distrutta  ; 
veggasi  a  rovina. 

Sestiere,  nome  di  certe  circoscrizioni  cittadine  |in 
alcune  città,  come  in  altre  si  dicono  quartieri,  per 
designare  uno  di  quegli  aggruppamenti  di  isole  o 
di  ceppi  di  case  che  talora  altresì  "hiamansi  rioni, 
circondai-i,  mandamenti,  parrocchie  e  simili  ;  ma 
però  il  sestiere  e  il  quartiere  possono  comprendere 
una  0  più  parrocchie.  -  Smaltitoio,  per  orinatoio, 
pisciatoio.  Monumenti  vespasiani,  orinatoi  pubblici 
in  forma  di  edicola  e  di  torrette.  -  Spalletta,  alzata 
di  un  muro  che  si  fa  lungo  il  corso  de'  fiumi,  spe- 
cialmente nelle  città,  e  anche  quella  che  si  fa  a 
ciascuna  parte  laterale  di  un  ponte.  -  Square,  giar- 
dinetto per  lo  più  cintato  che  serve  per  adornare 
una  piazza  pubblica  :  dall'  inglese  square,  piazza 
quadrata.  -  Sleccato,  riparo  della  città,  o  di  altro 
luogo,  fatto  di  legname  ;  dicesi  anche  di  piazza,  o 
di  luogo  chiuso  da  steccato.  -  Suburra,  voce  an- 
tica, romana,  che  serve  ancora  ad  indicare  il  quar- 
tiere 0  la  via  della  città  ove  sono  i  postriboli. 

Terziere,  la  terza  parte  di  una  città.  -  Tom- 
bino, in  romagnolo,  un  ponticello  di  piccolo  arco. 
Tombin,  in  milanese,  chiavica;  tombon,  basso  ar- 
chivolto in  cui  sprofonda  un  canale  che  immette 
in  un  altro.  -  Via,  strada  fiancheggiala  da  case,  da 
edifici.  -  Vicinanza,  vicinato,  le  case  vicine  a  quella 
in  cui  si  abita.  -  Vicolo,  lo  stesso  che  chiasso, 
chiassuolo,  ma  più  pulito. 

Funzioni  che  si  ESERarANO  nella  citta' 

Lavori  ordinaru. 

Persone  che   attendono    a   speciali   servizii. 


Funzioni  principali  quelle  esercitate  dall'Ammi- 
aistrazione  comunale  e  dalle  autorità,  civili  e  mi- 
litari, che  rappresentano  lo  StatOy  sussidiate  dalla 
bti/rocrazia  da  esso  dipendente. 


Amministrare,    tenere    Vakmmiiiistr azione,    il 

governo  amministrativo,   compito  che   spetta   alla 
rappresentanza  del  comune. 

Acciottolare,  ciottolare,  fare  nelle  vie  della  città 
uno  strato  di  ciòttoli:  veggasi  a  via.  Cosi  anche 
[)er  lastricare  e  derivati.  -  Fognare,  fare  la  fogna- 
tura, la  fogna.  -  Inaffiare,  bagnare  le  vie,  le 
piazze  con  acqua,  per  pulirle  o  per  rinfrescarle, 
d'estate.  -  Ingrandire,  aumentare  il  numero  degli 
edifici,  estendere  i  limiti  della  città;  ingrandirsi, 
lo  svilupparsi  della  città  che  allarga  la  propria 
àrea  e  acquista  maggiore  importanza. 

Lastricare,  fare  il  lastricato,  il  lastrico.  -  Ma- 
cadamizzare, selciare  le  strade  secondo  il  sistema 
suggerito  da  Mac  Adam  :  consiste  in  un  selciato 
compresso  artificialmente  con  macchine  a  grandi 
ruote,  cosi  che  i  ciottoli  formino  un'amalgama  for- 
tissima. -  Selciare,  fare  il  selciato.  -  Sgombrare  la 
neve,  farla  spazzar  via  :  veggasi  a  neve.  •  Spazzare, 
fare  la  spazzatura,  scopare  nelle  vie,  nelle  piaz- 
ze, ecc.  -  Sterrare,  disfare  il  pavimeìito  di  una 
via,  di  una  strada.  E  sterralo  il  luogo  non  lastri- 
cato 0  nel  quale  il  lastrico  sia  stato  tolto.  -  Sven- 
trare {sventramento),  metaforicam.,  una  città,  de- 
molirne la  parte  malsana. 

Accalappiacani,  clii  ha  l'incarico  di  sequestrare 
per  le  vie  i  cani  vaganti  senza  museruola:  acca- 
lappiatore, acchiappacani,  ammazzacani.  -  Randista, 
appartenente  alla  banda  musicale,  al  concerto  co- 
munale. -  Bottinaio,  chi  vuota  i  bottini,  le  latrine, 
i  pozzi  neri  nella  città.  -  Facchino,  uomo  che  at- 
tende al  trasporto  delle  robe  nelle  piazze,  nelle 
stazioni  ferroviarie,  nei  porti,  ecc.  -  Guardia  civica, 
il  vigile  urbano.  -  Ispettore  delle  pompe  funebri,  ca- 
po dei  necrofori.  -  Guardia  daziaria,  agente  del 
dazio.  -  Messo,  nell'  uso,  fattorino  municipale.  - 
Necròforo,  chi  ha  l'incarico  di  trasportare  i  morti 
e  accompagnare  il  carro  funebre  al  cimitero.  - 
Lampionaio,  chi  ha  l'ufficio  di  accendere  i  lam- 
pioni nelle  vie:  tose,  lumaio;  in  qualche  luogo, 
lampista  (dal  frane).  -  Pizzardone,  voce  romana: 
la  guai-dia  di  città  ;  in  milanese,  cappellon.  -  Foni- 
piere,  chi  appartiene  al  corpo  municipale  istituito 
per  lo  spegnimento  degli  incendii.  -  Spazzaturaio, 
chi,  al  soldo  del  Comune,  spazza,  ripulisce  le  vie: 
letamaiuolo    (disus.),    mondezzaio,    raccogliconcio. 

-  Paladini  si  dicono  in  Toscana  coloro  che,  pagati 
per  lo  più  dal  Comune,  vanno  per  le  strade  con 
la  pala  raccogliendo  il  concio  per  la  città.  Ma  lo 
spazzaturaio  raccoglie  la  spazzatura  piuttosto  che 
il  concio:  il  paladino  questo  piuttosto   che  quella. 

-  Spazzino,  lo  stesso  che  spazzaturaio;  ma  il  pri- 
mo pare  più  proprio  di  quelli  che  vengono  pagati 
dal  Municipio  a  un  tanto  al  giorno  per  tener  nette 
le  strade,  e  il  secondo  di  quelli  che  ne  fanno  un 
mestiere  per  conto  proprio,  vendendo  poi  le  spaz- 
zature: scopatore,  scopino  (romanesco).  Spreg.,  spaz- 
zinaccio.  -  Stabbiarolo,  lo  spazzino.  -  Tramviere,  ad- 
detto al  servizio  della  traìnvia.  -  Vigile  urbano, 
tiuardia  cittadina,  dipendente  dal  Municipio  e  co- 
stituente il  corpo  dei  vigili  urbani. 


Cose  e  termini  varu. 


Arme  della  città,  lo  stemma.  -  Gonfalone,  ban- 
diera comunale,  municipale,  custodita  nel  muni- 
cipio. 

Panorama,  veduta  della  città  e  d'una  certa  esten- 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


3T 


578 


sione  di  paese,  da  parte  di  un  osservatore  posto  in 
luogo  elevato. 

Piano  regolatore,  disegno  architettonico  che  dirige, 
corregge  e  segna  le  località  ai  fabbricati,  perchè  la 
città  venga  e  si  accresca  con  una  certa  regolarità 
artistica.  -  Pianta,  disegno  d'una  città,  d'uri  edificio 
e  simili,  rappresentante  la  posizione  e  le  propor- 
zioni relative  delle  sue  diverse  parti.  -  Poleografia, 
descrizione  di  città.  -  Stato  d'assedio,  dichiarazione 
legale  che  sopprime  ogni  franchigia  o  privilegio, 
chiude  i  tribunali  ordinari  e  rimette  il  governo  di 
una  città  o  di  una  provincia  all'autorità  militare. 

Addobbi,  solennità  religiosa,  edilizia  e  igienica, 
speciale  di  Bologna.  -  Airombra  del  campanile,  li, 
nella  sua  città,  in  quella  città.  -  Patrono,  il  santo 
protettore  della  città. 

Civico,  della  città,  municipale,  del  municipio.  - 
Civile,  attenente  ai  cittadini  o  alla  cittadinanza.  - 
Edilizio,  che  ci  riferisce  alle  fabbriche  d'una  città  : 
lavori  edilizi,  leggi,  regolamenti  edilizi.  -  Urbano,  di 
città,  di  costumi  cittadineschi. 

Alla  cittadina,  alla  cittadinanza,  all'usanza  dei 
cittadini,  come  si  usa  in  città.  -  Indttadarsi,  inur- 
barsi, andare,  entrare  in  città;  prendervi  stanza.  - 
Urbanismo,  la  tendenza  moderna  delle  popolazioni 
di  accentrarsi  nelle  città- 


Degli  abitanti. 

Abitante,  chi  abita  in  città  o  in  qualunque  altro 
luogo:  veggasi  Ad  abitare,  -  Tra  gli  abitanti  d'una 
città  si  distinguono  il  ricco  e  il  povero,  il  pos- 
sidente e  il  mendicattte ,'  il  lavoratore  e 
VoziosOf  ecc.,  ecc.,  con  altre  designazioni  (indi- 
cate più  sotto),  secondo  le  diverse  qualità  personali 
che  distinguono  Vuorno. 

Associazione,  riunione  di  più  cittadini,  per  ano 
scopo  0  un  interesse  comune:  società. 

Camorra,  veggasi  a  questa  voce.  -  Canaglia,  la 
vile  gente,  pronta  a  malfare.  In  ciascuna  città  grande 
i  plebei  hanno  loro  particolari  nomi;  in  Firenze 
si  dicono  ciani,  beceri,  smargiassi  (anticamente 
ciómpi  si  dissero  gli  scardassieri  e  anche  gli  uo- 
mini sciatti,  di  costumi  e  di  maniere  vili);  in 
Torino  e  Milano  si  dicono  barabba;  in  Napoli  e  nel 
Napoletano,  lazzaroni,  vappi,  guappi.  -  Campanilista, 
chi  è  affetto  da  campanilismo,  cioè  da  soverchio  e 
cieco  amore  per  la  propria  città,  il  proprio  paese: 
sciovinismo,  corrispondente  e  brutto  francesismo.  - 
Casta,  classe  di  cittadini  separata,  distinta  dalle 
altre  per  leggi  o  con  diritti  e  doveri  particolari.  - 
Ceto,  ordine,  classe  di  persone:  classe  sociale.  - 
Cittadinanza,  titolo  e  grado  di  cittadino;  l'insieme 
dei  cittadini,  il  popolo.  In  essa  si  distingue  Vari- 
stocrazittf  la  nobiltà,  la  borghesia,  il  ceto 
operaio,  il  clero,  la  plebe,  il  volgo.  Per  altre 
distinzioni  {alta  società,  bassi  fondi,  ecc.),  veggasi  a 
cittadino.  -  Cittadino,  chi  appartiene  alla  popo- 
lazione di  una  città;  chi  in  questa  dimora  abi- 
tualmente e  vi  ha  il  proprio  domicilio. 

Forestiere,  forestiero,  chi  o  che  non  è  della 
stessa  città,  pure  appartenendo  alla  stessa  nazione.  - 
Guarnigione,  il  complesso  delle  milizie  di  stanza 
nella  città.  -  Inclita  (1'),  nell'uso,  la  milizia. 

Mafia,  veggasi  a  questa  voce.  -  Magistrato,  per- 
sona 0  consesso  di  persone  con  facoltà  di  far  ese- 
guire leggi  e  di  ghidktLve.  -  Puòblico,  il  complesso 
della  gente.  -  Popolazione,  il  numero  delle  persone 
che  popolano  una  città,  un  paese.  Popolazione  flut- 


tuante, complesso  dei  forestieri  -  Società,  lo  stesso 
che  associazione  ;  anche,  l'unione  degli  uomini  nella 
convivenza  civile. 


Dintorni  della  citta* 


Agro,  la  campagna  intorno  alla  città.  -  Bastila, 
bastia,  steccato:  riparo  fatto  intorno  alla  città  o  agli 
eserciti,  composto  di  legname,  sassi  o  altra  simile 
materia.  -  Borgo,  riuniune  di  più  case,  centro  di 
popolazione,  alle  volte  con  qualche  dipendenza  da 
città  vicina;  anche,  parte  non  centrale  di  una 
città. 

Circondario,  quel  tratto  di  paese  che  stendesi 
intorno  e  dipende  da  una  città,  centro  o  luogo 
principale.  -  Contado,  campagna,  tutta  la  parte  di 
territorio  che  è  fuori  della  città,  e  nella  quale  sono 
i  poderi,  le  ville,  i  villaggi.  -  Corpi  santi  (titolo 
stor.),  zona  intorno  alla  città  a  cui  si  estendeva 
la  giurisdizione  del  vescovo. 

Dintorni  della  città,  la  vicinanza  immediata,  il 
territorio  circostante.  -  Forese,  che  sta  fuori  di 
città;  uomo  di  contado.  Ma  ora  tal  voce  è  assolu- 
tamente fuori  d'uso;  e  cosi  tutti  i  suoi  derivati.  - 
Fuori  di  porta,  della  porta,  fuori  porta,  i  sobborghi.  - 
Paraggi,  dintorni  o  luoghi  fuori  di  mano.  -  Sob- 
borgo, borgo  vicino  o  contiguo  a  città,  e  che  da 
essa  dipende:  suburbio.  E  suhirbano,  del  suburbio. 

Amfipoli,  situato  fra  due  città. 

La  citta'  antica. 

Grecia.  —  Academia,  giardini  di  Academo,  fuori 
di  Atene,  dove  insegnava  Platone.  -  Acròpoli,  rocca 
delle  antiche  città  greche:  famosa  quella  di  Atene.  - 
Agora,  la  piazza;  anche  l'edifìcio  nel  quale  il  popolo 
si  adunava  per  esercitare  gli  uffici  della  vita  civile 
0  per  trattare  faccende  private.  Anfiteatro,  veg- 
vasi  a  questa  voce.  -  Areopago  {colle  delle  ore),  luogo 
non  lungi  dall'acròpoli  di  Atene,  nel  quale  si  adunava 
il  tribunale,  ossia  il  Consiglio  degli  areopagisti. 

Basilica,  nell'antica  Atene,  l'edificio  nel  quale  si 
trovavano  gli  uffici  dell'arconte  basilèo.  -  Cinosargo, 
passeggiata  ombrosa  fuori  di  Atene,  ove  teneva  scuola 
Antistene.  -  Ginnasio,  specie  di   palestra,  più  sem- 

{>lice,  a  forma  di  cortile,  con  portici  a  colonne  e 
ocali  annessi,  coperti,  per  la  lotta.  -  Liceo,  ginnasio 
presso  Atene,  cosi  detto  perchè  presso  il  tempio  di 
Apollo  Liceo  (cioè,  luminoso):  passeggiata  ombrosa 
fuori  dalle  mura.  Vi  insegnò  Aristotile. 

Naumachia,  l'edi/lcio  costruito  per  darvi  finte 
battaglie  navali.  -  Pecile,  famoso  portico  in  Atene  t 
vi  fu  dipinta  la  battaglia  di  Maratona.  -  Pnta- 
néo,  edificio  pubblico  nelle  città  greche  :  serviva 
ad  ospitare  gli  ambasciatori,  i  pensionanti  dello 
Stato,  gli  ospiti  pubblici,  a  tenere  le  udienze  dei 
Tribunali,  a  conservare  gli  dèi  penati,  a  mantenere 
il  fuoco  sacro.  In  Atene  serviva  pure  da  pubblico 
granaio.  -  Propilei,  il  superbo  vestibolo  dell'acropoli 
d'Atene. 

Stoa,  portico  a  colonne,  spesso  per  ornamento,  a 
templi,  a  palazzi,  a  piazze,  a  strade,  talvolta  come 
edificio inoipendente,  ad  uso  di  passeggio.-  Teatro^ 
veggasi  a  questa  voce.  -  Tolos,  cùpola,  edificio  a 
vòlta,  luogo,  in  Atene,  nel  quale  stavano  i  Pritani. 

Roma  e  Italia.  —  Basilica,  nell'ant.  Roma,  edificio, 
originariam.  costruito  a  rettangolo,  con  portici  su  tatti 


CITTADELLA    —    CITTADINO 


579 


i  lati:  serviva  da  tribunale,  da  luogo  per  le  adunanze 
del  senato  e  come  una  specie  di  Borsa.  -  Caesareum, 
curia  in  onore  di  Augusto.  -  Campidoglio,  uno  dei 
sette  colli  di  Roma,  dove  erano  la  ròcca  e  il  tempio, 
perchè  la  difesa  della  patria  fosse  cosa  sacra:  detto 
Saturnio,  poi  Tarpeo,  -  Campo  di  Marte,  luogo  nel 

2uale  la  gioventù  romana  si  addestrava  alle  armi. - 
'ampo  marziale,  piazzale  sul  Celio,  ove  si  solevano 
fare  le  corse  di  cavalli  quando  le  acque  del  Tevere 
avessero  invaso  il  campo  di  Marte.  -  Castra  prae- 
toria,  l'alloggiamento,  l'accampamento  dei  soldati 
pretoriani.  -  Cloaca  massima,  gran  cloaca,  con  vòlte 
a  tre  ordini  di  pietre,  fabbricata  al  tempo  di  Tar- 
quinio  Prisco,  per  prosciugare  una  parte  di  Roma 
(e  cloacario  chiamarono  i  Romani  il  denaro  assegnato 

{)er  espurgare  le  cloache).  -  Comizio  (comitium), 
uogo  nel  quale  il  popolo  romano  si  adunava  ad 
esercitare  i  propri  diritti  politici  e  per  dare  i  suoi 
suffragi.  -  Criptopòrtico,  crittopòrtico,  portico  chiu- 
so, con  finestre,  per  uso  di  passeggiarvi  al  fresco, 
d'estate.  -  Curia,  edificio  nel  quale  si  curavano  le 
cose  divine  (come  la  Curiae  Veteres)  e  quelle  in  cui 
si  trattavano  le  cose  del  senato  (come  la  Curia 
Ostilia,  ecc.). 

Diribitorio  (diribitorium),  grandioso  edificio  nel 
quale  i  Diribitores  facevano  la  numerazione  e  lo 
spoglio  dei  voti.  -  Foro,  la  piazza  nelle  città  ro- 
mane, ornata  di  monumenti;  il  luogo  nel  quale  si 
accentrava  la  vita  cittadina  e  si  trattavano  le  cose 
della  maggiore  importanza.  -  Grecostasi,  luogo,  vicino 
ai  rostri,  nel  quale  i  legati  delle  nazioni  attendevano 
l'udienza  del  senato.  -  Horrea  piperatoria,  i  granai 
pubblici  fatti  costruire  da  Domiziano. 

/  sette  colli,  le  alture  su  cui  sorse  Roma:  Aven- 
tino, Campidoglio,  Gianicolo,  Viminale,  Quirinale, 
Palatino  e  Vaticano.  -  Palestra,  locale  in  cui  i 
giovani  si  addestravano  alla  lotta  e  al  pugilato.  - 
Piscina  pubblica,  in  Roma,  bacino  in  cui  il  popolo 
prendeva  il  bagno  e  si  dava  al  nuoto.  -  Pretorio, 
il  quartiere,  in  Roma,  nel  quale  alloggiavano  i 
pretoriani.  -  Quintana,  luogo,  dietro  il  pretorio,  dove 
si  vendevano  le  prede  e  i  prigioni,  e  si  faceva  il 
mercato  degli  utensili. 

Rostri  {rostro),  la  tribuna  nel  foro  romano.  -  Rupe 
Tarpea,  luogo  dal  quale  si  precipitavavo  i  rei.  - 
Senaculum,  luogo,  presso  il  tempio  della  Concordia 
e  la  basilica  Opimia,  nel  quale  il  senato  teneva  le 
adunanze;  nei  municipi,  la  sala  dei  decurioni.  - 
Septizonium,  edificio  di  Roma,  a  sette  piani,  o  zone, 
uno  sopra  l'altro.  -  Stadio,  specie  di  circo.  •  Su- 
burra, strada  delle  meretrici  a  Roma.  -  Tenne, 
bagni  pubblici:  veggasi  anche  a  bagno.  -  Velabro, 
luogo  paludoso  dell'antica  Roma:  lo  si  attraver- 
sava in  barca. 

Veggasi  inoltre  alle  voci  anfiteatro^  circo, 
monumento,  teatro,  tempio  e  a  cittadino 
{del  cittadino  ateniese;  del  cittadino  romano). 

Vahie.  —  Arengo, arringo,  rengo,  luogo  pubblico  nel 
quale  si  teneva  consiglio  o  parlamento,  e  si  parlava  al 
popolo  raccolto  -  Camartt,  il  campo  di  Marte  nel- 
l'antica Firenze.  -  Conigium  (coniculo),  nelle  carte 
del  medioevo  genovesi,  la  fogna.  -  Emporeo,  luogo 
ove  convenivano  mercatanti  da  molti  paesi,  por- 
tandovi 0  asportandone  mercanzie.  -  Esedra,  essedra, 
luogo  aperto  con  gedili,  con  portici  o  senza,  cor- 
rispondente al  peripato  dei  Greci.  -  Perilascium, 
parlaselo,  parlagio,  perlascio,  nel  medioevo,  l'anfi- 
teatro. -  Seplasia,  piazza  di  Capua,  nella  quale  si 
vendevano  i  profumi  più  preziosi. 
Gittadella.  Rocca,  fortezza  »on  grande. 


Cittadina.  Femminile  di  cittadino. 
Cittadinamente.  Da  cittadino. 
Cittadinanza.  Detto  a  cittadino. 
Cittadinescamente,  cittadinesco.  Veggasi 
a  cittadino. 

Cittadino.  Membro  della  città;  chi  abita  in 
città;  chi  appartiene  ad  uno  Stato  e  deve  rispet- 
tarne le  leggi:  uomo  di  città.  Negli  Stati  moderni 
il  cittadino  ha  diritto  alla  libertà,  ^Wegiiagliaììr 
za  civile  e  politica,  alla  tutela  della  giustizia, 
all'esercizio  del  voto. 

Cittadina,  la  donna  abitante  in  città.  -  Ciltadi~ 
name,  collett.  spregiat.  di  cittadino.  -  Cittadinello, 
vezzegg.  ironico  di  cittadino.  -  Concittadino,  uomo 
della  stessa  città  d'un  altro:  compaesano,  conter- 
raneo. -  Cosmopolita,  cittadino  del  mondo.  -  Cupo- 
lino, affezionato  alla  cupola;  chi  non  parte  mai 
dalla  città.  -  Primate,  uomo,  cittadino  principale: 
altolocato,  dignitario,  grande,  maggiorente,  magnate; 
personasrgio,  gran  personaggio,  pezzo  grosso,  pró- 
cero  ;  sàtrapo  (titolo  storico),  seniore,  signorazzo  ; 
uomo  della  prima  bussola,  de'  primi,  primario,  uo- 
mo di  grande  affare.  -  Regnicolo,  chi  é  cittadino 
di  uno  Stato,  gode  dei  diritti  ed  é  assogget- 
tato ai  doveri  relativi.  -  Suddito  :  si  chiama  cosi 
il  cittadino  per  rispetto  al  governo  e  allo  Stato  da 
cui  dipende.  -  Uncle  Sam,  ingl.,  il  cittadino  degli 
Stati  Uniti,  scherzosa  spiegazione  delle  iniziali 
U.  S. 

Aristocratico,  cittadino  appartenente  slIV  aristo- 
crazia. -  Artigiano,  chi  esercita  un  mestiere.  - 
Artista,  cultore  di  un'  arte.  -  Rorghese,  apparte- 
nente alla  borghesia,  cittadino,  uomo  di  condi- 
zione fra  il  nobile  e  il  plebeo;  detto  volgarmente 
per  distinguerlo  dal  soldato  o  da  chi  porta  assisa 
militare.  -  Rorghesuccio,  diminuì,  e  spregiat.  di 
borghese. 

Cincinnato,  cittadino  che,  dopo  aver  combattuto 
con  valore  per  la  patria,  si  ritira  a  vita  modesta.  - 
Classici,  neir  antica  Roma,  i  cittadini  appartenenti 
alla  prima  classe,  -  Commerciante,  chi  attende  al 
commercio.  •  Impiegato,  chi  occupa  un  impiego, 
nelle  pubbliche  o  nelle  private  amministrazioni.  - 
Industriale,  chi  esercita  un'  industria.  -  Militare, 
appartenente  alla  milizia.  -  Nobile,  appartenente 
alla  nobiltà.  -  Operaio,  il  cittadino  che  esercita 
un  mestiere.  -  Paria,  da  noi,  per  similitudine,  le 
persone  conculcate,  miserabili.  -  Plebèo,  uomo  della 
plebe.  -  Popolano,  della  classe  del  popolo.  -  Pro- 
fessionista, chi  esercita  una  professione,  come  av- 
vocatOy  come  medico,  come  ingegnere,  ecc.  - 
Proletario,  l'ultima  classe  dei  cittadini. 

Alta  società,  gran  mondo  (francesismi),  la  classe 
dei  nobili  e  dei  ricchi  e  del  loro  modo  di  trattare 
e  di  conversare.  -  Casta,  ordine  di  cittadini  privi- 
legiati. -  Classi  dirigenti,  volgarmente,  quelle  in 
mezzo  alle  quali  si  scelgono  i  cittadini  ai  quali  af- 
fidare i  poteri,  le  pubbliche  amministrazioni  :  alto 
ceto,  classi  alte,  classi  superiori.  -  Il  colto  e  l'in- 
clita, modo  abbreviato  per  indicare  il  colto  pubblico 
e  l'inclita  guarnigione.  -  Il  fior  fiore  della  cittadi- 
nanza, la  parte  eletta,  più  distinta,  quella  che,  con 
locuzioni  straniere,  si  chiama  fine  fleure,  high  life. 
-  Mondo  elegante,  il  complesso  delle  persone  che 
vivono  agiatissimamente,  curandosi,  più  che  altro, 
dei  piaceri,  dei  divertimenti,  della  moda  e  simili: 
bel  mondo,  società  dorata.  -  Mondo  intellettuale, 
collettivamente,  i  cittadini  che  si  occupano  di  let- 
tere, di  arti,  di  scienze,  ecc.  :  mondo  colto,  istruito; 
mondo  «iell'intelligenza,  della  scienza  ;  gente  dotta; 


580 


CITTA  DONE    —    CIVAIE 


mondo  dell'intelletto.  -  Onorazioni,  le  persone  delle 
classi  alte.  -  Ordine,  classe  di  cittadini.  -  Pari,  la 
classe  ereditaria  dei  feudatari  nel  medio  evo.  - 
Parias,  nell'India  Britannica,  classe  numerosa  e 
tenuta  a  vile,  non  appartenente  ad  alcuna  delle 
quattro  caste  dell'ordinamento  braminico  e  che  si 
crede  la  discendenza  degenere  degli  aborigeni  non 
Arii  sottomessi  dagli  Inai-bramani. 

Cittadinanza,  titolo  e  grado  di  cittadino;  il  vin- 
colo di  pertinenza  di  un  cittadino  al  proprio  Stato; 
tutti  insieme  i  cittadini.  Detto  anche  per  urbanità, 
maniera  cittadinesca.  -  Accordare,  dare,  concedere  la 
cittadinanza,  far  cittadino,  annoverare  tra  i  citta- 
dini. Cosi  :  acquistare,  avere,  chiedere,  ottenere,  ecc. 
la  cittadinanza.  -  Nominare  cittadino  uno,  dargli  la 
cittadinanza.  -  Naturalizzare  e  naturalizzazione, 
il  concedere  ad  uno  straniero  i  diritti  di  naziona- 
lità e  di  cittadino.  -  Rubare,  usurpare  la  cittadi- 
nanza, ottenerla  senza  diritto,  con  frode.  -  Concit- 
tadinanza, V  essere  concittadino,  ossia  della  stessa 
città.  -  Diritto  di  cittadinanza,  condizione  legale 
di  chi  ha  diritti  e  doveri  di  cittadino  in  uno  Stato. 
-  Julia  lex,  quella  che,  concedendo  agli  Italici  il 
diritto  di  cittadinanza  romana,  pose  fine  alla  guerra 
marsica  (91-88  a.  C).  -  Nostrijicazione  (lat.),  conces- 
sione del  diritto  di  cittadinanza. 

Civile,  attenente  ai  cittadini  o  alla  cittadinanza; 
di  cosa  0  fatto  che  si  agita  fra  gli  abitanti  di  una 
stessa  città  o  provincia  (discordie,  guerre,  odii  ci- 
vili, ecc.).  Come  termine  legale:  conc 'mente  lo 
stato  0  le  relazioni  dei  cittadini.  -  Civilmente,  se- 
condo lo  stato,  la  condizione  di  cittadino. 

Civismo,  complesso  delle  virtù  che  costituiscono 
il  buon  cittadino.  -  Diritto  di  nazionalità,  la  con- 
dizione caratteristica  di  ogni  cittadino  che  appar- 
tiene ad  uno  Stato.  -  Diritto  di  reciprocanza,  il  di- 
ritto di  un  cittadino  d'essere  trattato  da  uno  Stato 
estero  come  questo  tratta  i  proprii  cittadini.  -  Di- 
scordie, odii  civili,  tra  cittadini  d' un  medesimo 
paese.  -  Dominium,  diritto  di  proprietà  che,  in  ori- 
gine, spettava  ai  cittadini  romani.  -  Guerra  civile, 
quella  che  si  fa  tra  i  cittadini  d'una  stessa  na- 
zione. -  Naturalità,  diritto  di  cittadinanza  conferito 
a  uno  straniero.  -  Per  nascita,  per  propria  volontà, 
per  matrimonio  e  per  naturalità,  di  chi  acquista  la 
cittadinanza  in  base  a  tali  fatti.  -  Referendum  (lat. 
per  riferire),  voto,  giudizio  del  cittadini  su  una 
data  questione:  a  imitazione  di  un  caratteristico 
istituto  politico  svizzero.  -  Sciovinismo,  parola  ri- 
presa dai  puristi  :  vale  ad  indicare  quello  spiacente 
orgoglio  cittadino,  spesso  istintivo,  che  fa  deviare 
dal  retto  giudizio. 

Stato  (termine  legale),  il  complesso  dei  diritti  e 
doveri  di  un  cittadino. 

Cittadinamente,  in  modo  conveniente  a  cittadino; 
alla  maniera  di  cittadino,  civilmente.  -  Cittadine- 
scamente,  in  modo  cittadinesco,  alla  cittadina,  a 
mo'  dei  cittadini.  -  Cittadinesco,  di  cittadino,  da 
cittadino,  proprio  di  cittadino  ;  civile.  -  Incittadi- 
nare,  incittadinarsi,  prendere  o  imitare  i  costumi  e 
i  modi  dei  cittadini. 

Del    cittadino    ateniese. 
Del  cittadino  romano. 

Un  uomo  poteva  essere  cittadino  ateniese  o  per 
nascita  o  per  istraordinaria  concessione.  Cittadino 
vero  e  proprio  era  chi  discendeva  da  cittadini  e  ve- 


niva, bambino,  registrato  nella  sua  fratria,  il  terzo 
giorno  della  festa  delle  Apaturie.  I  cittadini  del- 
l'Attica erano  divisi  in  dieci  tribù,  ciascuna  con 
un  proprio  nome,  e  ciascuna  divisa  in  demi,  di- 
stretti geografici  0  circoscrizioni  intitolati  al  nome 
di  antiche  famiglie.  Fratria  si  chiamava  una  sud- 
divisione del  demo  ;  trittee  erano  tre  divisioni  della 
tribù,  quasi  eguali  tra  loro  e  comprendenti  un 
certo  numero  di  piccoli  demi,  oppure  uno  o  due 
demi  importanti. 

Civis,  nell'antica  Roma,  chi  godeva  il  diritto  di 
dare  il  voto  nei  comizi,  di  avere  cariche  nella  ma- 
gistratura, di  appellarsi  al  popolo  nel  caso  di  con- 
danna a  morte  da  parte  dei  magistrati.  -  I  citta- 
dini romani,  anche  sotto  la  repubblica,  non  erano 
tutti  eguali  per  dignità  e  diritti.  I  privilegi  della 
piena  cittadinanza  romana,  della  quale  godevano 
solo  i  cives  optimo  jure,  consistevano  nei  seguenti 
diritti  {iura),  pubblici  e  privati.  Diritti  pubblici  : 
ius  suffraga,  diritto  di  voto  ;  ius  honorum,  diritto 
di  poter  essere  eletto  ad  una  magistratura;  ius 
provocationis,  diritto  di  appellarsi  al  popolo  nelle 
cause  criminali.  Diritti  privati  :  ius  eommercii,  di- 
ritto di  proprietà  legale  ;  ius  connubii,  diritto  di 
contrarre  matrimonio  legale.  Questi  diritti  appar- 
tenevano, in  principio,  solo  ai  patrizi,  e  furono 
poi  ottenuti  dalla  plebe  per  una  serie  di  leggi.  Il 
diritto  completo  di  cittadinanza  si  otteneva  per 
nascita;  poteva  anche  essere  conferito  per  legge  o 
da  un  magistrato  munito  dell'  imperium.  Un  citta- 
dino di  nascita  era  inscritto  nel  registro  della  sua 
tribù  e  della  sua  centuria,  dopo  compiuto  il  dicias- 
settesimo anno.  Lo  schiavo  era  considerato  come 
cosa;  gli  schiavi  redenti  {liberti)  erano  registrati, 
avevano  i  diritti  di  voto  e  di  proprietà,  non  lo 
ius  honorum;  e  non  l'avevano  i  loro  figli  (libertini). 
Cives  sine  suffragio  (senza  voto)  erano  i  cittadini 
di  alcune  città  italiane,  alle  quali  Roma  concedette 
una  libertà  incompleta.  Ogni  cittadino,  riguardo 
allo  Stato,  era  un  caput,  cioè  un'unità  politica,  e 
la  perdita  del  diritto  di  cittadinanza  si  chiamò 
quindi  capitis  deminutio. 

Oittadóne.  Grande  città. 

Oitto.  Ragazzo,  fanciullo, 

Giuca.  Le  femmina  deii'asinq. 

Clucaio.  Asinaio:  detto  ad  asino 

Ciuccio.  L'asino. 

Ciuco.  L'asino.  Figur.,  uomo  ignorante. 

Ciuflfare  (ciulfato).  Acciuffare,  prendere  pel 
ciufio  0  con  violenza. 

Ciuffo.  Ciocca  di  capelli  sulla  fronte.  -  Gruppo 
di  penne  sul  capo  di  qualche  uccello. 

Ciuffolotto.  Ucccello  canoro  tra  i  becchirossi 
e  i  curvirostri.  -  Pinicolo,  specie  di  ciufi"olotto. 

Ciuffona,  clxifione.  Di  persona  con  un  gran 
ciuffo  di  capelli. 

Ciurlare  (ciurlato).  Veggasi  a  promessa, 

Oiurletto.  Nome  di  varie  specie  di  uccelli,  spe- 
cialmente del  calandro  e  del  trantpoliere. 

Ciurlone.  Detto  a  colpo. 

Ciurma.  Anticamente,  tutti  insieme  i  rematori 
di  una  galera;  ora,  il  basso  personale  di  una  nave. 
Anche,  moltitudine  di  gente,  per  lo  più  vile. 

Ciurmàglia.  Gente  vile,  canaglia. 

Ciurmare  {ciurmato).  Dare  a  intendere,  ingan- 
nare, trarre  in  inganno. 

Ciurmatore,  ciurmatrice.  Artefice  di  in- 
ganno. 

Civaie  (sing.,  civaia).  Nome  generico  d'ogni  le- 
'  game,  come  ceci,  lenti,  cicerchie  e  simili. 


CLARINETTO 


581 


Civaiuòlo.  Chi  vende  le  civaie. 

Clvanzo.  Idiotismo  per  avanzo. 

Civetta.  Uccello  rapace,  notturno,  dal  becco 
grosso  e  adunco,  con  occhi  gialli;  coccoveggia,  cuc- 
cuveggia  (voci  antiquate);  nel  Lucchese,  cuccumeg- 
gia.  Adoperato  per  la  caccia  (veggasi  a  questa  voce; 
caccia  con  le  panie,  pag.  337).  Simboleggiava  la 
saggezza;  insieme  con  l'ulivo,  era  simbolo  della  pa- 
ce, nello  stemma  di  Atene.  -  Civettina,  piccola  ci- 
vetta. -  Civettóna,  grossa  civetta. 

Chiurlare,  chiurlo,  caccia  con  la  civetta.  -  Civet- 
tare, uccellare  con  la  civetta,  andare  a  civetta.  - 
Corvettare  volando:  il  saltare  su  e  giù  dalla  gruccia 
che  fa  la  civetta.  -  Squittire,  stridere,  emettere  la 
voce  che  fa  la  civetta. 

Calza,  panno  che  si  mette  alle  zampe  delle  civette. 
-  Filone,  lo  spago  che  si  attacca  ai  piedi  delle  ci- 
vette. -  Giniccia,  il  bastone  della  civetta.  -  Guan- 
cialetto, l'imbottitura  nella  gruccia  della  civetta.  - 
Pastoie,  0  geli,  legature  alle  zampe,  fatte  alle  civette, 
con  una  striscia  di  pelle. 

Assiuolo,  assiolo,  uccello  notturno  molto  simile 
alla  civetta.  -  Nottola,  nome  dell'afugello  di  Minerva, 
e,  presso  i  Latini,  della  civetta  (gr.  glauce).  -  Po 
dargo  nano,  uccello  che  ricorda  la  nostra  civetta, 
tanto  nella  mole  che  nel  costume  :  vive  nelle  selve 
dell'Asia  Merid.  e  dell'Australia. 

Civetta.  Donna  che  si  abbiglia  per  piacere, 
si  mette  in  mostra  e  si  lascia  vagheggiare  dagli 
uomini:  donna  che  uccella  amanti,  sta  suU' a»wo- 
reggiare;  cacciatrice;  chiavacuori,  inchiodacuori  ; 
cicisbea,  cuccumeggia  ;  femmina  affai  lata  ;  lusin- 
ghiera; maliarda;  pigliatrice;  rubacuori,  spezzacuori; 
squarciacuori,  vagheggiatrice,  voltacuori;  sirena; 
uccellatrice,  usurpatrice,  vagheggiatrice.  -  Civetta 
spennata,  spreg.,  civetta  vecchia.  -  Civettìi, n,  civet- 
tuola, civettuzza,  civettaccìa.  -  Civettala,  ragazza  ci- 
vetta. -  Civettóna,  femmina  che  civetta  continua- 
mente. 

Civettare,  lo  stesso  che  far  la  civetta:  frascheg- 
giare. -  Civetteria,  disposizione  a  far  la  civetta;  atti 
e  modi  da  civetta:  civettismo,  cicisbeatura,  cicisbe- 
ismo, leziosaggine,  moineria.  Anche  il  diletto  che 
la  femmina  in  genere  e  la  donna  in  ispecie  prova 
al  vedersi  desiderata  dal  maschio.  -  Flirt  (ingl.). 
l'amoreggiare  più  per  arte  e  desiderio  di  piacere 
che  per  amore.  -  Incivettire  {incivettita),  divenir  ci- 
vetta. -  Smòrfia,  atto  svenevole,  da  civetta. 

Civettare  (civettato).  Far  la  civetta,  -  Andare 
a  caccia  con  la  civetta.  -  Di  uomo,  fare  il  l'a- 
gJieggino, 

Civetteria.  Qualità  e  atti  della  donua  che  è 
civetta. 

Civettino.  Giovane  leggiadro  e  galante. 

Civettóne.  Grossa  civetta. 

Civettone.  Uomo  che  fa  sempre  il  vagheg- 
gino. 

Civettuòlo.  Civettino,  galante. 

Civico.  Attenente  alla  città;  corpo,  istituto, 
ufficio,  ecc.,  composto  di  cittadini;  municipale,  del 
municipio. 

Civile.  Dotato  di  civiltà;  che  concerne  la  ci- 
viltà; attenente  ai  cittadini  e  alla  cittadinanza  (veg- 
gasi a  cittadino).  -  Modo  di  comportarsi,  di  vivere 
da  persona  per  bene.  -  Contrapposto  ad  «celesta- 
etico;  contr.  di  barbaro  e  di  rozzo,  -  Azione 
civile,  veggasi  a  lite. 

Civilista.  Chi  è  dotto  nel  diritto  civile,  mas- 
sime l'avvocato. 


Civilizzare  [civilizzato).  Apportare  la  civiltà, 
rendere  civile  ;  ridurre  a  vita  civile. 

Civilmente.  In  modo  civile,  con  civiltà;  se- 
condo la  condizione  di  cittadino. 

Civiltà.  Slato  di  società  nella  quale  gli  uomini 
abbiano  gentilezza  di  animo,  cultura  di  mente,  no- 
biltà di  costumi,  e  vivano  sotto  l'impero  di  leggi; 
stato  di  un  popolo  di  cui  le  facoltà  morali  e  intel- 
lettuali hanno  raggiunto  un  certo  grado  di  perfe- 
zione :  modo  di  vivere  civile,  in  opposizione  a  bar- 
barie; cultura,  polizia.  Anclie  costume  e  maniera 
di  vivere  e  comportarsi,  condotta,  contegno  y>vo- 
prio  di  persona  civile.  -  Barbarie  decorata,  una  falsa 
civiltà.  -  Incivilimento,  voce  che,  come  il  neologismo 
civilizzazione,  indica  più  propriam.  il  passaix^'io  dallo 
stato  barbaro  al  civile:  prog fesso,  rinciviiiiuento. 
-  Civile,  dotato  di  civiltà;  che  segue  i  dettami  della 
civiltà:  civilizzato,  incivilito,  progredito;  contr.  di 
barbaro  e  di  rozzo.  -  Incivile,  che  manca  di 
civiltà  0  tratta  con  inciviltà.  -  Incivilld,  mancanza 
di  civiltà;  ineducazione,  inurbanità. 

Alba  della  civiltà,  il  suo  stato  primordiale:  fi^ur., 
i  4  primi  vagiti  della  civiltà  »,  la  «  civiltà  in  fascie  », 
e  simili.  -  kultur  Kampf,  voce  tedesca,  e  significa 
lotta  per  la  civiltà.  -  Muraglia  della  Cina,  fìgur., 
ostacolo  che  impedisce  o  si  oppone  ai  moti  progres- 
sivi ed  evoluti  della  civiltà.  -  Religione  civile,  re- 
ligione che  cammina  con  la  civiltà,  e  l'aiuta,  non 
l'impedisce.  -  Rinascimento,  rinascita,  risorgimento, 
nomi  dati  al  meraviglioso  fenomeno  storico  da  cui 
procede  tutta  la  civiltà  moderna;  il  risorgere,  con 
novello  vigore,  di  istituzioni,  d'  arti,  di  lettere,  di 
scienze,  ecc.  :  fioritura,  nuova  primavera,  rifiori- 
mento, risveglio,  rivolgimento.  -  Splendore  di  civiltà, 
quando  questa  ha  raggiunto  un  alto  grado  (i  fulgidi 
splendori  della  civiltà  latina).  -  So/e  dell" av venire,  &o\e 
simbolico  che  conforterà  l'umano  genere  nella  futura 
civiltà,  secondo  i  socialisti.  -  Sulla  soglia  della  ci- 
viltà, al  suo  esordire.  -  Tracce  di  un'antica  civiltà, 
ciò  che  rimane  ad  attestarne  l'esistenza  e  i  ca- 
ratteri. 

Livilizzatore,  chi  o  che  apporta  civiltà.  -  Pionieri, 
coloro  che  aprono  o  preparano  la  strada  dell'jnci- 
vilimento.  -  Sacerdoti  della  civiltà,  gli  scrittori  che 
la  promovono. 

Adoperare  lo  spegnitoio:  parlando  di  civiltà,  di 
scienza,  mirare  a  spegnerle  o  a  impedirne  lo  svi- 
luppo. -  Civilizzare,  apportare  civiltà,  rendere  ci- 
vile, informare  a  civiltà:  incivilire,  rincivilire;  di- 
rozzare, disruvidire  ;  digrossare  ingentilire.  -  Rin^ 
civilire,  ripete  e  rafforza  incivilire. 

Civismo.  Veggasi  a  patriottismo. 

Clàmide.  Anfica  sopravveste  militare. 

Clamóre.  Il  gHdare  simultaneo  di  più  per- 
sone; rumore,  per  lo  più,  di  molti  insieme. 

Clamorosamente.  Con  clamore. 

Clamoróso.  Che  fa  gran  clamore. 

Clandestino.  Occulto,  nascosto.  -  Di  coti- 
fratto  0  matrimonio  segreto.  -  Di  avveni- 
mento divulgato  celatamente. 

Clarétto.  Qualità  di  vino. 

Clarinettista.  Veggasi  a  clarinetto. 

Clarinetto,  {strumento  musicale,  di  bossolo, 
composto  di  quattro,  talora  di  cinque  pezzi,  inca- 
strati a  forza  l'uno  in  capo  all'altro:  il  primo  di 
essi,  sormontato  dal  bocchino,  l'ultimo  formante  la 
campana:  clarino,  chiarino,  chiarina.  -  Clarinetto 
trt  do,  in  la,  ecc.;  più  usato  quello  in  si  bemolle. 

Clarone,  strumento  a  fiato  con  suono  più  basso 
e  più  strepitoso  di  quello  del  clarino.  -  Corno  bas- 


582 


CLARINO    —    CLERO 


setto,  specie  di  clarino.  -  Corno  inglese,  specie  di 
oboe.  -  Oboe,  specie  di  clarinetto  con  imboccatura 
a  zampogna.  -  Quartino,  istrumento  simile  al  cla- 
rinetto, ma  più  piccolo. 

Ancia,  strisciolina  di  legno  presa  da  un  segmento 
longitudinale  d'un  bocciuolo  di  canna,  toltine  la 
buccia  durissima  da  una  parte  e  il  legno  molle  e 
spugnoso  dall'altra.  -  Bariletto,  quel  pezzo  del  cla- 
rinetto a  cui  è  unito  il  becco  con  1'  ancia  sonora. 
Nei  clarinetti  moderni  è  quella  parte  di  tubo  che 
si  intercala  fra  il  becco  e  la  parte  superiore.  - 
Bocchino,  specie  di  corto  e  grosso  becco,  di  ebano, 
tondo  di  corpo,  augnato  in  cima,  recante  al  di  so- 
pra un'apertura  longitudinale,  coperta  da  un'ancia. 
-  Campana,  l'ultimo  pezzo  della  canna  del  clari- 
netto, allargato  in  basso. 

Clarinettista,  sonatore  valente  di  clarinetto  ;  con- 
certista di  clarinetto.  Anche,  semplicemente,  clari- 
netto. 

Clarino.  Lo  stesso  che  clarinetto. 

Glasse.  Ordine  metodico  nel  quale  sono  di- 
stinte 0  divise  molte  cose  ;  ordine  al  quale  appar- 
tiene un  cittadino;  categoria;  divisione,  famiglia, 
parte,  serie.-  Divisione  di  cose  e  persone  del  mede- 
simo genere  e  specie,  secondo  le  qualità,  i  distin- 
tivi, il  grado.  -  Complesso  di  soldati  reclutati  nello 
stesso  anno  (veggasi  a  leva).  Anche,  pochi  soldati 
0  reclute  disposti  in  riga  per  istruzione.  -  Classi 
dirigenti,  classi  sociali,  veggasi  a  cittadino.  -  Clas- 
sificare, distribuire  in  classe  :  classare.  -  Classificato, 
messo  in  classe,  assegnato  ad  una  classe.  -  Classifi- 
cazione, il  classificare  ;  la  distribuzione  in  classi  : 
classazione,  divisione,  spartimento. 

Classe.  Aula  scolastica,  della  scuola. 

Classicismo,  clàssico.  Veggasi  a  letteratu- 
ra, ad  arte,  ad  opera,  a  perfezione,  a  scrit- 
tore. 

Classificare,  classificazione  {classificato). 
Detto  a  classe. 

Claudicare  ,  claudicazione  f claudicante). 
Veggasi  a  zoppo. 

Claudio.  Sorta  di  susino.  ^ 

Clàusola.  Particella  del  discorso.  -  Proposi- 
zione particolare  in  un  contratto. 

Claustrale,  Detto  a  convento  e  a  religioso. 

Clausura.  Veggasi  a  convento. 

Clava.  Detto  a  bastone. 

Clavicénibalo.  Detto  a  cèmbalo  e  a  piar- 
noforte. 

Clavicilindro.  Detto  a  pianoforte. 

Clavicola.  Osso  della  spalla:  si  divide  ordi- 
nariamente in  una  diafisi  (leggermente  schiacciata 
dall'alto  in  basso,  e  jerciò  fornita  di  due  facce  e 
di  due  margini)  e  in  due  estremità,  una  esterna, 
acromiale,  l'altra  interna,  mediale,  detta  sternale  e 
più  grossa  dell'altra.  -  Sterno,  osso  appianato  dal  - 
l'avanti  all'indietro  ed  oblungo,  che  si  articola  con 
la  clavicola  e  con  le  cartilagini  costali. 

Clemàtide.  Genere  di  piante  ranunculacee, 
ricco  di  più  che  ottanta  specie,  alcuna  delle  quali 
coltivate  per  ornamento. 

Clemente.  Chi,  per  indole  mite,  per  bontà  di 
animo,  concede  perdono  ai  falli,  alle  offese  o, 
quanto  meno,  tempera  il  castigo:  non  severo, 
ma  tollerante,  buono,  indulgente. 

Clemenza.  L'essere  clemente  :  clemenzia,  con- 
discendenza, tolleranza.  -  Clementia,  deità  allego- 
rica di  Roma  imperiale. 

Clepsìdra.  Veggasi  ad  orologio. 


Cleptomania,  cleptomane.  Veggasi  a  ru- 
bare. 

Clericale.  Di  chérico  o  cfiièrico;  apparte- 
nente al  clero;  militante  nel  partito  nero,  parti- 
giano del  potere  temporale  del  papa,  ossia  dell'au- 
torità politica  della  Chiesa  cattolica  :  chericale, 
chericale,  nero,  pretino;  retrivo,  retrogrado,  tem- 
poralista, vaticanista.  -  Oltramontani,  ardenti  cle- 
ricali ;  clericali  stranieri  che  parteggiano  per  gli 
interessi  mondani  della  Chiesa,  per  il  potere  tem- 
porale. -  Paolotto,  clericale,  ipocrita.  -  Sanfedista, 
clericale,  dal  nome  (Esercito  della  santa  fede)  che 
il  cardinale  Ruffo  diede  alle  sue  orde.  -  Clericali- 
smo, il  partito  e  il  programma  dei  clericali  ;  qua 
lità  di  chi  è  tale:  partito  nero,  vaticanismo;  chie- 
resia  politicante. 

Aristocrazia  nera,  la  clericale;  quella,  special- 
mente, di  Roma  e  degU  antichi  Stati  della  Chiesa 

Intransigenza  clericale,  proposito  ed  azione  per 
cui  si  vorrebbe  tutto  subordinare,  indiscutibilmente, 
ai  dogmi  della  Chiesa  e  agli  ordini  di  chi  la  go- 
verna. -  Oscurantismo,  nell'uso,  la  tendenza  dei  re- 
trogradi a  osteggiare  i  progressi  della  scienza.  - 
Setta  clericale,  il  partito,  la  fazione  dei  cle- 
ricali. 

Anticlericale,  chi,  uomo  o  partito,  è  avverso  alle 
dottrine  del  clero  e,  sopratutto,  alle  sue  infram- 
mettenze politiche.  -  Mangiapreti,  anticlericale  ar- 
rabbiato. 

Clericàto.  Chiericato,  chericato,  ordine  cleri- 
cale 0  sacerdotale  :  veggasi  a  chierico,  a  clero 
e  a  sacerdote. 

Clericalismo.  Il  partito  e  il  programma  cle- 
ricale. 

Clèro.  Universalità  degli  ecclesiastici,  dei  mi- 
nistri d'una  religione  ;  più  ristrettamente,  complesso 
dei  preti  d'un  paese,  d'una  chiesa,  d'una  diocesi  e 
simili  :  chericato,  chiericato,  clericàto  ;  cleresia  ;  eie* 
ricume  (spreg.)  ;  frataria,  frateria,  monacaria  ;  pre- 
taria,  preteria. 

Chericìieria,  tutti  i  cherici,  tutti  i  preti.  -  Clero  basso 
0  basso  clero,  i  preti  semplici.  -  Clero  cattolico,  cri- 
stiano, protestante,  ecc.,  secondo  che  appartiene  al  cat- 
tolicismo,  al  cristianesimo,  alla  Chiesa  prote- 
stante, ecc.  -  Clero  regolare,  i  frati;  veggasi  a 
frate.  -  Clero  secolare,  i  preti  :  veggasi  a  prete. 
-  Gerarchia,  ordine  di  diversi  gradi  dello  stato  ec- 
clesiastico. -  Laicato,  la  gente  laica  che  non  ap- 
partiene al  ceto  ecclesiastico,  contrapposto  a  clero 
0  clericàto  :  veggasi  a  laico.  -  Ministri  di  Dio,  i 
sacerdoti,  i  componenti  il  clero.  -  Mitrati,  i  pre- 
lati. -Neri,  i  preti,  il  clero.  -  Presbiterio,  il  corpo 
del  clero  di  una  diocesi  presieduto  dal  vescovo. 


Gerarchla  del  clero. 


Abate,  chiunque  vesta  abito  clericale,  anche  su 
periore  e  capo  di  una  badia.  -  Accòlito,  chierico 
che  ha  ricevuto  il  quarto  degli  ordini  minori  o 
accontato.  -  Archimandrita,  per  metafora,  capo  di 
religione,  vescovo  o  arcivescovo.  -  Arcidiàcono,  ti- 
tolo e  dignità  canonicale  (arcidiaconato)  e  in  al- 
cune antiche  diocesi  il  capo  del  capitolo:  veggasi 
a  canonico.  -  Arciprete,  dignità,  ufficio  ecclesia- 
stico in  talune  parrocchie  e  in  certi  capitoli.  E 
arcipretura  l'ufficio,  la  dignità,  la  prebenda  del- 
l'arciprete. -  Arcivescovo,  quegli  che  sta  a  capo  di 
una  diocesi  ed  ha  qualche   giurisdizione  su  altro 


583 


vescovo  0  più  vescovi.  E  arcivescovado  l'abitazione 
dell'arcivescovo,  o  luogo  dove  egli  ha  la  sua  giu- 
risdizione. -  Avvocalo  concistoi'iale ,  funzionario 
della  Corte  pontificia. 

Canonico,  prete  di  grado  superiore,  che  gode  una 
prebenda,  un  benefizio  ;  dignitario  tacente  parte  di 
un  capitolo.  Canonicato,  la  dignità   e  la  prebenda; 
capitolo,  luogo  nel  quale  si  adunano   i  canonici  o, 
anche,  altri  religiosi.  -  Cantore,  ordine  minore  del 
clero,  specialmente  quello  che   nel    canto  ecclesia- 
stico dirige  il  coro.  -  Cappellano,  prete  che  presta 
i  suoi  ulìici  a  certe  classi  di  persone,  o  a  persone 
speciali;  il  sacerdote  che  aiuta  il    parroco  nel  suo 
ministero;  il  titolare  d'un  benefizio    o   cappellania. 
Cappeltanato,  l'ufficio  del  cappellano.  -  Cappellano  co- 
rale, quello  che  ha  l'obbligo  di  andare  al  coro.  -  Car- 
dinale, in   origine,   prete    titolare   di  una  chiesa 
principale    (cattolica)  ;   ora    dignitario   dell'  ordine 
componente  il  Sacro  Collegio,  di  cui  è  capo  il   pa- 
pa   -  Catechista,   chi    riceveva   un    quinto    ordine, 
oggi  abolito.  -  Ceroferario,  uno  dei    quattro  ordini 
ecclesiastici  minori.-  Chierico  o  cherico,  persona  ec- 
clesiastica, contr.ario  di  laico,  -   Coadiutore,  prete 
che  ha  coadiutoria  o   coadiulorato,  cioè  l'ufficio  di 
coadiuvare  il  parroco,   ma   che    è   meno   di   esso 
nella  gerarchia   ecclesiastica.   -   Corepiscopo,   nome 
che  si  dava  anticamente  a  certi  prelati,  i  quali  fa- 
cevano le  funzioni   del  vescovo  nella  campagna   - 
Correttore,  sacerdote  che,  nelle   congregazioni   dei 
laici  0  compagnie,  amministra  loro  i  sacramenti  e 
invigila  sopra  l'osservanza  della  disciplina.  -  Cro- 
cifero, colui  che  porta  la  croce   dinanzi  al  papa  o 
al  vescovo  nelle  funzioni  religiose.  -  Curaiolo,  chi 
amministra  una  comunità  religiosa.   -  Curato,  vol- 
garmente, in  certi  paesi,  come  in  Lombardia  e  in 
Toscana,   chi   ha   cura   d'anime:  parroco  di  cam- 
pagna. 

Decano,  il  primo  dignitario  delle  chiese  catte- 
drali e  collegiate,  insignito  di  decanato.  -  Diacono, 
chi  ha  preso  il  secondo  degli  ordini  sacri  {diaco- 
nato), fra  il  suddiacono  e  il  sacerdote.  Ufficio  dia- 
conale, di  diacono. 

Economo  spirituale,  chi  fa  da  curato  in  una 
parrocchia  vacante;  il  sacerdote  che  regge  per  al- 
cun tempo  una  cura  lasciata  vacante  dal  titolare.  - 
Elemosiniere,  carica,  dignità  di  corte;  prelato  che 
dispensa  le  elemosine.  -  Esarca,  nome  che  si  dava, 
nella  Chiesa  greca,  ad  un  dignitàrio  ecclesiastico 
che  veniva  immediatamente,  in  grado,  dopo  il  pa- 
triarca. Fu  altresì  titolo  del  vicario  dell'imperatore 
di  Oriente  che  governava  la  provincia,  detta  l'E- 
sarcato di  Ravenna,  rimasta  direttamente  dipendente 
dall'Impero  anche  nel  tempo  delle  dominazioni  barba- 
riche. -  Esorcista,  chierico  che  ha  ricevuto  il  terzo 
degli  ordini  minori  {esorcistato,  il  grado  e  la  fa- 
coltà di  esorcista  ;  esoreistico,  da  esorcista  e  da  e- 
sorcismo). 

Gerarca,  chi  ha  la  suprema  dignità:  quindi  il 
papa  nella  religione  cattolica.  Cerar  calo,  il  tempo 
che  dura  in  una  persona  l'autorità  e  la  dignità  di 
gerarca.  -  Inquisitore,  titolo  di  chi  presiedeva  all'm- 
qaisizione.  -  Legato,  titolo  dei  cardinali  che,  un 
tempo,  andavano  nei  governi  della  Chiesa;  ora,  chi 
è  dal  pontefice  mandato  ambasciatore  presso  i 
sovrani.  -  Legato  a,  o  da  latere:  cardinale  spedito 
da)  papa  a  trattare  qualche  negozio  importante; 
un  tempo,  al  governo  d'una  provincia,  con  facoltà 
grandissime.  -  Lettore  (s'intende,  di  teologia),  chi 
esercita  il  secondo  dei  quattro  minori  ordini  della 
'Chiesa,  o  lettorato. 


Mansionario,  cappellano,  ovvero  colui  che  ufficia 
la  chiesa,  che  assiste  alla  chiesa  e  l'ha  in  cu- 
stodia. -  Metropolita,  nella  Chiesa  latina,  arcive- 
scovo; nella  Chiesa  greca,  anche  solamente  ve- 
scovo. -  Missionario,  sacerdote  spedito  per  le  rais- 
soni  in  paesi  dove  si  professa  una  religione  diversa 
dalla  cristiaiu:  missionante,  evangelizzatore. 

Non  resident  (ingl.),  prete  anglicano  che  faccia 
ministrare  il  suo  ufficio  da  un  vicario.  -  Nunzio 
apostolico,  nome  di  prelato  che  rappresenti  il  pon- 
tefice nelle  cose  religiose  o  politiche:  ambasciatore 
pontificio.  -  Osttario,  chi  ha  Yostianato,  ossia  il 
primo  dei  quattro  ordini  minori. 

Padre,  nome  che  si  dà,  per  venerazione,  ai  dottori 
della  Cliiesa  e  ad  altri  scrittori  sacri,  agli  istitutori 
degli  ordini,  ai  religiosi  claustrali,  ai  loro  superiori  e 
al  papa.  -  Fapa,  il   capo   della  chiesa  cattolica.  - 
Parroco^  sacerdote  preposto  ad  una  parrocchia.  - 
Patriarca,  nome   dato  ai   primi  padri,  del  Vecchio 
Testamento;  ora,  titolo  di  dignità  ecclesiastica   su- 
periore  a   quella   degli  arcivescovi.  -  Penitenziere, 
chi    ha   autorità  di  assolvere  nei  casi  riservati;  in 
Roma,  sacerdote   incaricato  di   confessare  nelle' tre 
chiese  patriarcali  (Laterano,  Vaticano  e  Santa  Maria 
Maggiore).  -  Pievano,  il    prete  rettore  della  pieve- 
piovano.  Pievanato,  la  dignità   dei    pievano,  -  Pre- 
bendario, chi    gode   prebenda.  -  Prefetto,    titolo    di 
parecchi  funzionari   della  Curia  Romana,  ossia  del 
governo   pontificio.  -  Prelato^  chi   ha   la   dignità 
ecclesiastica  con  giurisdizione  (cardinale,  vescovo) 
Prelatura,   la   dignità   e,   anche,   la   residenza   dei 
prelato.   -    Preposto    {proposto,  prevosto),   ufiicio  e 
titolo  di  dignità  e  di  benefizio  ecclesiastico  in  alcuni 
capitoli  0  chiese  cattedrali    collegiate.    Prepositura 
la  dignità  e  l'ufficio  {preposiluraìe).  -  Brete,  chi  d 
promosso  al  presbiterato;  quegli   che   é  dedicato  a 
Dio  per   amministrare   le  cose  sacre.  -  Primicerio 
nome   di   dignità  ecclesiastica;  l'ufficiale   maggiore' 
della  sede  apostolica  e  del  palazzo  Laterano.  -  Pri- 
mate, prelato  investito  di  giurisdizione  sopra  molti 
altri  vescovi  e  arcivescovi.  -  Priore,    capo    di  par- 
rocchia, dignità  inferiore  al  piovano;  anche,  rettore 
d  una  parrocchia.  -  Priorato,  la  dignità.  -  Proposto 
lo  stesso  che  preposto.  -  Protodiacono,  un  tempo,  nei 
monasteri,  il  primicerio  dei  diaconi.  ■  Protonotario 
grado  di  preminenza  della  Curia  romana,  e  special- 
mente  di    coloro  che  ricevono  gli  atti  di  pubblici 
concistori,  e    li    spediscono  in  forma.  -  Provicario, 
chi  fa  le    veci    del    vicario.  -  Provinciale,    frate  a 
capo  d'una  provincia,  insignito  di  provincialato. 

Referendario,  il  prelato  che  deve  riferire  dinanzi 
al  papa  le  liti  e  le  cause,  in  segnatura  di  giustizia 
e  di  grazia.  -  Rettore,  priore.  -  Sagrista,  prelato 
che  sostiene  le  veci  di  sagrestano  nel  palazzo 
pontificio;  anche,  quel  canonico  che  nel  capitolo  è 
destinato  a  sopravvedere  le  cose  sacre.  -  Seminarista, 
chi  è  in  educazione  in  un  seminario  per  riuscire 
sacerdote.  -  Succedaneo,  vicario.  -  Suddecano,  chi 
viene  dopo  il  decano.  Suddecanato,  la  sua  di'-^nità. 
-  Suddiacono,  chi  ha  ricevuto  il  primo  de^li  ordini 
maggiori  {suddiaconato).  ° 

Terziario,  religioso  appartenente  al  terzo  ordine 
di  San  Francesco.  -  Turiferario,  accolito  o  altro 
ecclesiastico  che,  nelle  sacre  funzioni,  porta  il  tu- 
ribolo. 

VescovOf  prelato  inferiore  immediatamente  a 
patriarca  o  ad  arcivescovo.  -  Vicario,  chi  tiene 
luogo  e  vece  d'altri:  di  vescovo  o  di  parroco.  Vica- 
rialo, ufficio  del  vicario;  giurisdizione,  luo^o  e 
tempo  di  governo  d'un  vicario.  -  Vicario  apostolico 


584 


CLERO 


prelato  residente  in  paesi  cdUuIici.  -  Hcario  fu- 
raneo,  quello  deputato  dal  vescovo  a  trattare  gii 
affari  nelle  parrocchie  di  campagna.  -  Vicario  ge- 
nerale, sacerdote  amministrante  una  diocesi,  o  un'a- 
bazia, sotto  l'autorità  del  vescovo  o  dell'abate.  -  Vi- 
celegato, prelato  che  fa  le  veci  del  legato. 


Uffici,   cerimonie,    diritti,    beni 
Adunanze,  luoghi,  titoli,  pene. 


Autorità,  gerarchia  ecclesiastica,  del  clero;  spettante 
al  clero.  -  BenipsiOf  ufficio  sacro  che  abbia  ren- 
dite. -  Cura,  cura  d'anime,  il  ministero  del  parroco 
e  la  chiesa  che  è  sotto  la  sua  sorveglianza.  -  Data, 
patronato,  facoltà  di  conferire  un  benefizio  eccle- 
siastico. -  Esercizi  sperituali,  e  assol.  esercizi:  quelli 
degli  ecclesiastici  per  penitenza  o  meditazione.  - 
Funzione,  cerimonia  religiosa  pubblica.  -  Giudizio 
ecclesiastico,  complesso  degli  atti  coi  quali  si  esercita 
la  giurisdizione  ecclesiastica;  indica  però  anche  la 
stessa  cognizione  e  decisione  delle  cause.  Se  queste 
vertono  intorno  a  diritti  ecclesiastici,  il  giudizio  è 
civile;  se  invece  trattasi  di  reato  ecclesiastico,  è 
criminale.  •  Pontificale,  utficio  divino  celebrato  dal 
vescovo.  -  Provincia,  ufficio  conventuale;  e  vice 
pi'ovincia  ufficio  che  fa  da  provincia.  -  Sacerdozio, 
ufficio  e  dignità  di  sacerdote.  -  Sacro  ministero, 
l'ufficio  esercitato  dal  clero.  -  Ufficio,  uffizio,  le 
sacre  funzioni  ;  le  ore  canoniche. 

Imposizione,  cerimonia  del  porre  altrui  le  mani 
sulla  testa  nel  conferire  gli  ordini  sacri  :  imposizione 
delle  mani.  -  Noviziato,  il  tempo  nel  quale  un  frale 
ó  una  monaca  è  ìiovizio,  cioè  appena  entrato  in 
religione.  -  Obbedienza,  uno  dei  voti  che  fanno  i 
membri  delle  società  religiose,  insieme  a  quelli 
della  povertà  e  della  castità.  -  Osservanza,  la  regola 
sfessa,  per  lo  più  religiosa.  -  Ordinazione,  confe- 
rimento d'una  dignità  ecclesiastica.  -  Ore  canoniche, 
i  salmi  e  le  preci  che  a  certe  ore  recitano  gli  ec- 
clesiastici: veggasi  ad  ora.  •  Regola,  statuti  che 
i  religiosi  di  un  ordine  debbono  osservare.  - 
Rito,  cerimonia  o  cosa  di  cerimonia  religiosa, 
l'ordine  seguito  -  Rubrica,  regola  da  osservarsi 
nelle  funzioni  sacre.  -  Scrutinio,  esame  dei  cate- 
cumeni. 

Aspettativa,  un  tempo,  il  diritto  accordato  a  un 
ecclesiastico  di  essere  provveduto  di  un  benefizio, 
appena  si  facesse  vacante.  -  Beni,  possessioni,  rendite, 
decime,  asse,  patrimonio  ecclesiastici,  appartenenti 
al  clero  {nudità  religiosa,  l'essere  privi  di  beni 
temporali).  -  Canoni  sacri  o  canoni  ecclesiastici,  il 
complesso  del  diritto  canonico,  cioè  la  legge  eccle- 
siastica. -  Cartuccia,  l'onorario  che  si  paga  per 
l'opera  prestata.  ■  Diritto  canonico,  diritto  eccle- 
siastico, fondato  sui  canoni  della  Chiesa,  le  sacre 
scritture,  ecc.  :  veggasi  a  diritto.  -  Doppia  (T.  eccl.), 
distribuzione  di  paga  doppia  dell'ordinario.  -  Emo- 
lumento, guadagni  provenienti  da  certi  servigi  ec- 
clesiastici. -  Incerti  di  stola,  quei  guadagni  che  toccano 
ai  preti,  e  specialm.  a  parroci,  oltre  le  rendite. -il/a- 
nimorte,  beni  inalienabili  dei  religiosi.  -  Mensa, 
la  rendita  propria  di  un  vescovado.  -  Prebenda, 
diritto  spettante  a  persona  ecclesiastica,  per  cui  essa 
riceve  da  una  chiesa  cattedrale  o  collegiale  certe 
rendite  {prebenda  parrocchiale,  canonicale,  ecc.).  - 
Prevenzione,  diritto  del  patrono  di  prevenire  i  col- 
latori   ordinari   dei   benefizi,   nominandoli.  -  Stato 


ecclesiastico,  la  condizione  di  chi  appartiene  al  clero. 

Conciliàbolo,  concilio  religioso  tenuto  da  chi  non 
ne  ha  l'autorità.  -  Concilio,  adunanza  generale  dei 
prelati  della  Chiesa.  -  Concistoro,  l'adunanza  dei  car- 
dinali; id.,  degli  anziani  della  Chiesa  evangelica.  - 
Ordine,  congregazione  di  religiosi;  anche,  regola: 
veggasi  a  religioso.  Ordini  maggiori,  il  suddiaco- 
nato, il  diaconato  e  il  presbiterato.  Ordini  minori, 
i  primi  quattro  di  chi  si  ordina  sacerdote.  -  Pieve, 
tutto  il  popolo,  il  paese  retto  dal  pievano.  -  Plura- 
lismo, riunione  di  due  o  più  uffici  ecclesiastici  in 
una  sola  persona.  -  Presbiterato,  uno  degli  ordini 
sacri  per  cui  si  conferisce  il  sacerdozio.  -  Sinodo, 
concilio,  specialmente  d'ecclesiastici,  di  secondo  or- 
dine. 

Discretorio,  luogo  dove  si  radunano  i  superiori 
per  conferire  insieme  circa  gli  affari  dell'ordine.  - 
Diòcesi,  il  territorio  sul  quale  il  vescovo  o  altro 
prelato  ha  giurisdizione.  -  Luoghi  diaconici,  quelli 
nei  quali  si  serbano  le  vesti  e  i  vasi  sacri.  -  Ora- 
torio, luogo  sacro  dove  si  fa  orazione,  preghiera,  - 
Residenza  personale,  l'obbligo  d'  un  ecclesiastico  di 
risiedere  in  un  determinato  luogo;  la  casa  dove 
risiede.  -  Sede  parrocchiale,  vescovile,  pontifìcia,  ecc., 
la  residenza  del  parroco,  del  vescovo,  del  papa,  ecc. 
-  Seminario,  stabilimento  per  l' educazione  e 
l'istruzione  dei  giovani  destinati  al  sacerdozio  (semi- 
naristi). 

A  latere,  titolo  di  dignità  per  lo  più  eccles.  ;  di 
qualche  prelato  mandato  dal  papa  con  poteri  straor- 
dinari. -  Cameriere,  titolo  di  prelato  al  servizio 
del  papa.  -  Don,  troncamento  di  donno:  titolo  di 
onore  che  si  premette  al  nome  di  sacerdoti,  ecc.  - 
Endnentissimo,  agg.  superi.,  titolo  dei  cardinali.  - 
Eminenza,  attributo  e  titolo  dei  cardinali  della  Chiesa 
Romana:  si  dava  pure  agli  elettori  ecclesiastici  del 
Sacro  Romano  Impero,  -  Monsignore,  titolo  che  si 
dà  al  canonico  e  ad  altro  prelato.  -  Monsignore 
di  mantellone,  che  ha  il  titolo  solo  finché  vive  il 
papa,  e,  morto  questi,  sta  in  aspettativa  che  il  suc- 
cessore lo  riconfermi,  come  suol  fare.  -  Monsigno- 
rato,  dignità  e  grado  di  monsignore.  -  Monsignor  etto, 
monsignorino,  giovane  prelato.  -  Pastore,  titolo  dei 
componenti  il  clero  della  Chiesa  protestante  e  del- 
l'evangelica. -  Reverendo,  titolo  che  si  dà  ad  ogni 
ecclesiastico  inferiore. 

Degradazione,  spogliamento  o  privazione  di  un 
grado,  d'  una  dignità,  d'  un  ufficio  che  uno  abbia 
nella  Chiesa,  accompagnato  da  cerimonie  e  formalità 
umilianti.  -  Interdetto,  pena  ecclesiastica  per  cui 
si  vieta  di  celebrare  la  messa,  seppellire  defunti  e 
amministrare  sacramenti.  -  Levar  la  messa,  puni- 
zione disciplinare  che  il  vescovo  dà  a  un  prete, 
proibendogli  di  celebrare  la  messa.  -  Sospendere 
a  divinis,  interdire  a  un  sacerdote  l'esecuzione  del 
suo  ministero. 


Indumenti,  ornamenti,  ecc. 


Abito  religioso,  quello  dei  preti,  dei  frati,  delle 
monache  :  abito  talare,  veste  talare,  sacre  bende 
(più  propriam.  delle  monache).  Scherzev.,  gon- 
nellone. 

Almuzia,  antichissimo  abito  canonicale.  -  Am^ 
mitto,  quel  pannolino,  con  due  nastri  da  legare,  che 
il  sacerdote  si  pone  in  capo  quando  assume  le  ve- 
sti sacre.  -  Analabo,  parte  degli  abiti  dei  monaci 
greci,  fatta  a  modo  di  scapolare.  -  Batolo,  il  panno- 


585 


che  copre  le  spalle  di  quelli  che  sono  costituiti  in 
alcune  dignità  eccleciastiche;  e  mezzo  batolo  idi  stri- 
scia  di  panno,  nero  o  paonazzo,  che  portano  sulla 
spalla  destra  i  sacerdoti  semplici  e  che  vuol  simu- 
lare il  batolo  ripiegato.  -  Bendane,  strida  o  benda 
che  pende  dalla  mitra.  -  Berretta  a  spicchi,  coper- 
tura del  capo  degli  ecclesiastici,  di  l'orma  quadra, 
di  color  nero,  di  lana  o  di  seta,  con  tre  punte,  dette 
spicchi,  e  una  nappettina,  sfioccata  e  rotonda,  supe- 
riormente in  mezzo  ad  esse. 

Callotta,  berrettino  da  prete  che  si  applica  dietro 
al  capo.   Più  comun.,  papalina,  zucchetto,  zuccotto. 

-  Camice,  veste  lunga  di  pannolino  bianco,  che 
portano  le  persone  ecclesiastiche  nella  celebrazione 
degli  uifìizi  divini,  sotto  il  primo  paramento.  Càmice 
liscio,  pieghettato,  ricamato,  con  la  balza  di  trina, 
ecc.  -  Cingolo,  cordone,  munito  di  fiocchi  all'estre- 
mità, con  cui  il  sacerdote  che  si  para  legasi  il  ca- 
mice. In  Toscana,  anche  cordiglio.  -  Cappello  a 
tegolo,  quello  dei  preti  spagnuoli;  portato  un  tempo 
dai  gesuiti.  ■  Càsula,  veste  che  il  prete  indossa  sugli 
altri  paramenti.  -  Cintino,  veste  corta  che  copre  dai 
fianchi  in  giù,  usata  per  tonaca  nelle  tunzioni  dai 
preti  che  non  hanno  zimarra.  -  Cocólla,  veste  da  mo- 
naco. -  Collare,  collarino,  specie  di  cravatta  di  car- 
tone coperta  di  panno  nero  e  di  camburi,  con  una 
specie  di  pettino;  anche,  parte  del  vestimento  ecclesia- 
stico intorno  al  collo,  di  lana  o  di  seta  e  di  varii 
colori  secondo  i  gradi,  ricoperto  di  tela  bianca  o 
azzurra,  e  terminato  con  due  nastri  o  con  fibbie 
di  metallo.  Dal  giro  rialzato  pende  davanti,  sui 
petto,  una  specie  di  bavaglino,  detto  pazienza.  - 
Cotta,  breve  sopravveste  di  bianco  pannolino,  e  con 
larghe  maniche,  che  portano  i  preti  nell'  esercizio 
degli  uffici  divini. 

Dalmatica,  paramento  del  diacono  e  del  suddia- 
cono, sopra  gli  altri  paramenti.  -  Domino,  camauro 
de'  preti,  col  cappuccio  per  difesa  dal  freddo.  -  Efod, 
veste  del  sommo  sacerdote  presso  gli  Ebrei,  formata 
di  due  parti  in  quadro,  tessuta  e  ricamata  d'  oro, 
di  bisso,  di  porpora  e  di  gemme.  -  Fécasi,  sorta 
di  calzare  candido  di  cui  servivansi  i  sacerdoti  ate 
niesi  ed  egizii.  -  Ferraiolino,  striscia  di  seta  o  di 
drappo  che  i  preti  si  legano  al  collo,  e  portano  sopra 
la  zimarra.  -  Gonnellone,  quella  dei  preti  e  dei  frati. 

-  Gufo,  pelliccia  che  portano  i  canonici  di  alcune 
collegiate. 

Indumento,  abito  di  chiesa.  -  Infula,  benda  sacra 
e  fascia,  a  modo  di  diadema,  di  cui  si  servivano  i 
sacerdoti  antichi  ;  per  similitudine,  dicesi  anche 
della  tiara  pontifìcia  e  della  mitra.  -  Lucerna,  ii 
cappello  dei  preti;  più  comun.,  nicchio. 

Manipolo,  vestimento  sacro,  a  foggia  di  breve 
stola,  proprio  del  suddiacono.  Anche  i  sacerdoti  lo 
portano  al  braccio  sinistro  nel  dire  messa.  -  Man- 
telletto,  sorta  d'insegna  e  d'ornamento  di  prelati  o 
di  altre  dignità,  che  copre  le  spalle  e  il  petto.  - 
Mitra,  ornamento  che  portano  in  capo  i  vescovi  e 
altri  prelati,  quando  si  parano  pontificalmente:  mi- 
tera,  mitria  {mitrare,  miterare,  mettere  conferire  la 
mitra).  -  Mazzetta,  veste  usata  dai  vescovi  e  da  altri 
prelati  ;  sorta  di  bavero  che  dal  collo  arriva  al 
gomito,  di  vari  colori  secondo  i  gradi  e  la  liturgia. 
Anche,  quello  dei  pellegrini.  - Mcc/iio,  il  cappello  da 
prete. 

Pallio,  striscia  di  lana  bianca,  distintivo  dei  me- 
tropolitani ;  arnese  benedetto  dal  papa,  che  lo  dà 
agli  arcivescovi,  i  quali  l'usano  in  alcuni  giorni 
solenni.  -  Paramento,  abito  sacerdotale  nelle  fun- 
zioni ;   più   comunem.,    parato.   -    Parato  di  tócca 


d'oro  per  la  messa  cantata.  -  Pazienza,  un  certo  a- 
bito  di  religiosi,  che  pende  egualmente  davanti  e 
di  dietro,  senza  maniche  e  aperto  lateralmente. 
Anche,  come  si  disse,  parte  del  collare.  -  Pel- 
liccia, sorta  d' abito  canonicale.  -  Pianeta,  veste 
che  il  sacerdote  mette  sopra  il  camice,  quando  ce- 
lebra la  messa.  -  Pirvile,  veste  ecclesiastica  e  pa- 
ramento sacro  con  fermaglio,  usato  in  molte  fun- 
zioni dal  papa,  dai  cardinali,  dai  vescovi,  dai  sa- 
cerdoti e  anche  da  alcuni  laici  in  Uoma,  come 
cantori  e  avvocati  concistoriali.  Si  dice  anche  plu- 
viale perché,  in  origine,  serviva  di  difesa  contro  la 
pioggia,  quando  si  cominciarono  le  processioni 
fuori  della  chiesa  {impivialarsi,  mettersi  il  piviale). 

Pivialista,  chi,  nelle  processioni,  indossa,  porta  il 
.piviale. 

Plicata,  sorta  di  pianeta  piegata  davanti,  usata  in 
quaresima 

Babat,  nome  francese  del  baverino,  diviso  in  due 
bande  e  listato  di  bianco,  che  portano  i  preti 
francesi.  -  Roccetto,_  rocchétto,  cotta,  con  maniche 
strette  e  lunghe,  che  portano  i  prelati  e  altri  ec- 
clesiastici costituiti  in  dignità.  -  Sandali,  sorta  di 
calzare  che  usano  i  vescovi  e  altri  prelati  quando 
portano  gli  abiti  pontificali.  -  Scapolare,  parte  del 
vestimento  di  vari  ordini  religiosi,  formato  da  una 
larga  striscia  di  stoffa,  che  copre  il  petto,  le  spalle 
e  raggiunge  i  piedi.  -  Soprammitto,  specie  di  mezza 
stola  che  mettevano  in  capo  domenicani  e  carme- 
litani. -  Sottana,  veste  lunga  dal  collo  fino  ai  piedi, 
che  per  lo  più  usano  portare  i  chierici.  -  Stola, 
striscia  di  drappo  che  si  pone  il  sacerdote  al  collo 
sopra  il  camice.  -  Stolone,  foggia  di  stola  più  larga, 
a  guisa  di  pianeta  piegata,  che  si  pone  il  diacono 
nelle  domeniche.  Anche^  fregio,  ornamento  d'oro, 
con  ricami  e  simili,  che  è  dalle  due  parti  davanti 
del  piviale.  -  Superumerale,  sorta  di  piviale  :  lo 
stesso  che  efod  (titolo  storico).  Anche  lo  scapolare 
o  pazienza  dei  frati. 

Talare,  la  vest3  lunga  dei  preti.  -  Taled  (ebr.), 
velo  sacerdotale  del  capo.  -  Tiara,  sorta  di  orna- 
mento 0  corona  sacerdotale  presso  gli  antichi,  e 
oggidì  vale  lo  stesso  che  mitra.  La  corona  del 
papa.  -  Tonaca,  veste  usata  dai  religiosi  clau- 
strali. -  Tonacella,  paramento  del  diacono  e  del 
suddiacono.  -  Tricorno,  nicchio.  -  Triregno,  mitra 
propria  del  sommo  pontefice,  tutta  chiusa  di  sopra 
e  circondata  da  tre  corone. 

Umerale,  velo  da  spalla  pel  sacerdote  ufifieiante: 
talvolta  ha  raggi  e  sfere  dietro,  con  grembialini  e 
fiocco.  -  Velo  del  coUare,ìa.  striscia  bianca  che  gli  eccle- 
siastici tengono  sopra  il  collare,  da  mutarsi  quando  è 
sudicia.  -  Veste  razionale,  pezzo  quadrato  di  stoffa, 
ricamata  e  adorna  di  dodici  gemme,  che  il  gran  sa- 
cerdote sacrificatore  portava  come  insegna  sul 
petto.  -  Vestiario,  come  termine  ecclesiastico,  si- 
gnifica guardaroba.  -  Zimarra,  la  sottana  dei 
preti  ;  anticamente  la  portavano  i  letterati,  gli  uo- 
mini di  conto,  e  le  donne  (munita  d'un  gran  col- 
lare) sopra  la  gonnella. 

Ornamenti.  —  Anello,  ornamento  sacro  dei  ve- 
scovi e  d'altri  pastori,  i  quali  lo  portano  come 
sposi  delle  loro  diocesi.  -  Bande,  le  due  parti  da- 
vanti del  piviale,  da  capo  a  piedi,  che  sogliono  a- 
dornarsi  di  ricami.  -  Cordone,  quello  che  hanno  al 
cappello  i  preti,  gli  ufficiali  militari,  ecc.  -  Fimbria, 
la  parte  esterna  verso  terra  degli  abiti  ecclesiastici  : 
cosi  fimbria  della  cotta,  del  camice,  ecc.  -  Stolone, 
già  detto. 


S86 


CLESSIDRA   —    CLIMA 


Cose  e  termini  vàru. 


Argomenti  disciplinari,  della  disciplina  ecclesia- 
stica. -  Capitolare,  che  appartiene  al  capitolo.  In 
tempo  di  sedi  vacanti,  T  eietto  dal  capitolo ,  di- 
verso dal  vicario  generale,  eletto  dal  vescovo.  Come 
teriuine  storico,  la  serie  delle  operazioni  e  dei  decreti 
emanati  da  un'  assemblea  ecclesiastica  o  laica.  - 
Diocesano,  della  diocesi  (sinodo,  vescovo,  catechi- 
smo diocesano).  -  Dimissoria,  attestato  del  vescovo 
a  un  prete  perchè  possa  esercitare  il  suo  ministero 
in  un'  altra  diocesi,  o  a  un  chierico  per  essere 
ordinato  altrove.  -  Ecclesiastico,  di  chiesa;  uomo 
di  chiesa  ;  di  persona  addetta  al  clero.  -  Irregolare, 
chi  è  giudicato  incapace  a  ricevere  gli  ordini  sacri 
e  ad  amministrare  i  sacramenti.  -  Ordinato,  pro- 
mosso agli  ordini  sacri.  -  Santo,  sacro  ministero, 
quello  del  clero.  -  Sinodatlico,  diritto  o  tributo  dei 
parroci  per  la  tenuta  del  sinodo.  -  Unto  del  Si- 
gnore, persona  consacrata  in  nome  del  Signore, 
sacerdote,  re. 

Aver  cura  d'anime,  si  dice  di  un  sacerdote  che 
è  a  capo  della  direzione,  degli  interessi  religiosi  di 
una  popolazione.  -  Buttare  il  collare  su  un  fico,  at- 
taccare il  collare  a  un  fico,  spretarsi,  cessare  di  ap- 
partenere al  clero.  -  Celebrare  un  concilio,  un  si- 
nodo, tenerli  con  gran  solennità.  -  Entrare,  essere 
ricecuto  nell'ordine,  a  tar  parte  d'una  congregazione 
religiosa.  -  Entrare  in  sacris,  avere  il  primo  degli 
ordini  maggiori,  il  suddiaconato.  Così  :  entrare  ne- 
gli ordini  minori  o  maggiori.  -  Esaltare,  portare  a 
gran  dignità,  ad  alto  grado,  specialmente  ecclesia- 
stico. -  Essere  o  non  essere  in  sacris,  essere  o  no 
ordinato  diacono  o  suddiacono.  -  Laicizzare,  ren- 
dere laico.  -  Lasciar  il  collare,  l'abito  ecclesiastico. 

-  Mettersi  il  collare,  avviarsi  alla  carriera  del  prete. 

-  Ordinare,  conferire  gli  ordini  ecclesiastici.  -  Pa- 
rarsi :  si  dice  di  sacerdote  che  si  mette  le  vesti 
sacerdotali  per  una  funzione  (dir  messa,  ecc.).  - 
Prendere,  ricevere  l'ordine,  entrare  a  far  parte  di 
una  congregazione  di  religiosi.  -  Secolarizzare,  scio- 
gliere dai  voti  religiosi.  -  Sposare  una  chiesa,  di- 
venire padre  spirituale,  parroco.  -  Tonsurare,  fare 
la  tonsura  (tonsurato,  chi  l' ha  ),  la  chérica.  - 
Vestire  Vabito  ecclesiastico,  darsi  alla  vita  ecclesia- 
stica. 

Agapete,  fanciulle  che,  nei  primi  tempi  del  cri- 
stianesimo, servivano  le  chiese,  non  legate  a  voto. 

-  Càccole  di  San  Pietro  (spreg.  plebeo  non  com.), 
i  chierici.  -  Diaconessa,  nome  che  si  dava,  nei  primi 
tempi  della  Chiesa,  alle  vedove  o  alle  vergini  ch'erano 
destinate  a  certi  sacri  ministeri.  Donna  della  con- 
fessione protestante  che  si  dedica  all'insegnamento. 

-  Pecorella,  figur.,  anima,  rispetto  al  sacerdote,  al 
pastore.  -  Uomo  di  tonaca,  prete  o  frate. 

Chierica,  rasura  tonda  che  si  fanno  i  chierici 
sul  cucuzzolo  del  capo:  cherca,  cherica,  chierica, 
corona,  tonsura.  -  Giustizie,  possessi  territoriali  ec- 
clesiastici nel  medio  evo.  -  Interim  d  Augusta,  de- 
creto di  Carlo  V  che  permetteva  il  matrimonio  dei 
preti  e  faceva  altre  concessioni.  -  Interstizio,  il 
tempo  che  deve  correre  per  passare  da  un  ordine 
sacro  all'altro.  -  Melchisedec  e  Melchisedecco,  simbolo 
del  sacerdozio.  -  Tonsura,  la  chierica;  atto  prepa- 
ratorio agli  ordini  sacri. 

Clessidra.  Sorta  di  orologio  ad  acqua  o  a 
polvere. 

Oliente.  Chi  ricorre  all'opera  di  un  professionista, 
sia  avvocato,  medico^  ecc.  -  Chi  è  frequentatore. 


avventore  di  una  bottega.  -  Anche,  l'aderente,  il 
partigiano.  -  Presso  i  Romani  si  chiamava  cosi  il 
plebeo  che  si  metteva  sotto  il  patrocinio  di  un 
ottimate  di  un  patrizio,  che  diventava  il  patrono.  - 
Clientela,  tutti  insieme  i  clienti. 

Clientela.  Veggasi  a  cliente. 

Clima  [climatico).  L'insieme  delle  condizioni 
atmosferiche  e  delle  loro  variazioni  che  colpiscono 
i  nostri  organi,  in  modo  sensibile,  cioè  la  tempe- 
ratura, Vumidità,  i  cambiamenti  della  pressione 
atmosferica,  la  purezza  dell'aria,  la  presenza  di 
miasmi  deleteri  e  infine  il  grado  di  trasparenza  e 
di  serenità  del  cielo  :  aere,  aria,  costituzione  atmo- 
sferica. Anche  :  spazio  di  terra  e  di  cielo  compreso 
da  due  circoli  paralleli  all'equatore  e  tanto  distanti 
fra  loro  che  il  maggior  di  dell'uno  differisca  d'un'ora 
0  di  mezz'ora,  in  più  o  in  meno,  dal  maggior  di 
dell'altro.  -  Spazio  di  terra  o  di  cielo  compreso  tra 
linee  parallele  passanti  pei  punti  della  stessa  tem- 
peratura media  annuale.  -  Regione,  paese  rispetto 
all'aria  che  vi  si  respira  e  alla  temperatura  che  vi 
predomina.  L'aria  stessa  e  la  temperatura  di  un 
paese,  di  una  provincia,  di  un  luogo.  —  Clima  fisico, 
il  clima  considerato  secondo  la  prima  definizione. 
Clima  matematico,  quello  che  dipende  solo  dall'azione 
del  sole.  -  Il  clima  influisce  sulla  vegetazione,  sulla 
salute,  ecc.  Sul  clima  influiscono  le  diverse  mete- 
ore deW atmosfera,  cioè  la  brina,  la  nebbia,  la 
rugiada,  la  nube,  la  2>ioggia,  la  neve,  la  gran- 
dine, il  vento.  Indicazioni  sul  clima  sono  date 
da  vari  istrumenti,  quali  il  barometro,  Vevapo- 
rimetro  (misuratore  della  evaporazione),  il  geo- 
termometro (veggasi  a  termometro),  Y  igrometro 
e  Vigroscopio  (veggasi  ad  timidità),  il  pirelio- 
metro,  che  misura  il  calore  solare;  il  pluvio- 
metro, misuratore  della  pioggia;  il  termografo,  speciale 
termometro,  ecc. 

Il  clima  può  essere  buono  o  cattivo;  elemente, 
mite,  dolce,  temperato,  oppure  aspro,  rigido,  incle- 
mente; freddo  o  caldo;  secco  o  umido;  salubre  o 
insalubre.  -  Benigno,  dolce,  salubre,  senza  rigore  ;  e 
quindi  begninitd  di  clima.  -  Infetto,  quando  nell'aria 
sono  diffusi  germi  di  infezione,  e  si  ha  quindi 
\3i  malaria.  -  Maligno,  non  confacente  alla  salute; 
e  quindi  malignità  di  clima.  -  Torrido,  della  zona 
terrestre  tra  i  due  tropici:  caldissimo.  -  Tropicale, 
del  tropico:  molto  caldo. 

Climatico,  del  clima,  appartenente  al  clima,  ri- 
guardante il  clima.  -  Climatografia,  descrizione  dei 
climi.  -  Climatologia,  studio  dei  climi;  e  climatologo 
chi  è  dotto  in  ciò,  chi  professa  la  climatologia.  - 
Climatoterapia,  studio  dei  climi  nel  riguardo  me- 
dico. -  Metereologia,  quella  parte  della  climato- 
logia che  studia  i  fenomeni  atmosferici.  Metereo- 
lago,  chi  è  dotto  in  ciò,  chi  professa  la  metereo- 
logia. 

Attimetria,  la  parte  della  climatologia  che  studia 
le  radiazioni  solari.  -  Equatore  termico,  la  linea  che 
segna  sulla  superficie  terrestre  i  punti  di  massima 
temperatura  media.  -  Isobare,  le  linee  isobariche, 
ossia  quelle,  che  uniscono  i  luoghi  che  presentano 
una  eguale  pressione  media.  -  Linee  tsochimene, 
le  linee  isoterme  invernali.  -  Linee  isotere,  le  linee 
isoterme  estive.  -  Linee  isotermiche,  quelle  che  uni- 
scono tutti  i  punti  della  superficie  terrestre  nei 
quali  si  ha  un  uguale  clima  matematico.  -  Meiobariche, 
le  linee  isobariche,  che  segnano  le  medie  minime  o 
più  basse.  -  Pleiobariche,  le  linee  isobariche  che  se- 
gnano le  medie  massime  o  più  elevate.  -  Poli  termici, 
i  punti  della  Terra  corrispondenti  alle  minime  tem- 


CLIMATKRICO 


CLORALIO 


387 


perature  medie.  -  Zona  glaciale,  temperata,  torrida, 
veggasi  a  temperatura. 

Acclimazione  (meglio  che  acclimatazione),  processo 
per  cui  l'uomo,  gli  animali,  i  vegetali,  riescono  a 
vivere  e  a  propagarsi  in  paesi  diversi  da  quelli  di 
cui  sono  originari.  Quindi  acclimarsi,  assuefarsi 
al  clima;  non  acclimatarsi,  francesismo.  -  Cm'a  cli- 
matica, nome  di  moderni  istituti  di  beneficenza  che 
provvedono  a  trasportare  fanciulli  cagionevoli  o 
gracili  in  luoghi  atti  a  migliorare  le  loro  condizioni 
di  salute.  -  Influire,  dell'azione  che  esercita  il  clima 
sugli  organismi  vegetali  ed  animali. 

Climatèrico.  Dicesi  di  ciò  che  è  pericoloso, 
infausto,  fatale;  anche  in  significato  dì  variabile. 

Ollnlca.  Applicazione  della  niedicitia  o  della 
chirurgia  alla  cura  di  questa  o  quella  malattia, 
cura  insegnata  al  letto  stesso  del  malato.  Anche, 
luogo  appartato  in  un  ospedale,  s  annesso  alle 
facoltà  mediche,  dove  è  impartito  l'insegnamento 
per  essa  cura.  -  Clinica  ambulante,  nome  che  si  dà, 
impropriamente,  all'esame  e  alla  cura  di  ammalati 
che  non  giaciono  nell'ospedale,  ma  si  fanno  visitare 
per  far  poi  ritorno  alle  loro  case.  -  Clinica  privata, 
l'esercizio  medico  privato,  considerato,  sotto  il  ri- 
guardo scientifico,  come  auto-insegnamento.  -  Clinica 
propedeutica,  clinica  preparatoria ,  addestramento 
all'esame  dei  malati.  -  Clinica  stabile:  per  contrap- 
posto all'ambulatorio,  é  la  clinica  di  ospedale  pro- 
priamente detta.  -  Camera  incisoria,  stanza,  ordina- 
riamente annessa  alle  cliniche,  nella  quale  si  dissecano 
i  cadaveri  a  beneficio  della  scienza  medica  e  del- 
l'umanità: sala,  camera  operatoria,  anatomica,  per 
Y anatomia  e  la  patologia.  -  Policlinico,  stabi 
limento  destinato  alla  cura  delle  malattie  e  all'in- 
segnamento pratico  della  medicina. 

C^mjco  (greco  ìcline,  letto),  aggiunto  dell'arte  medica 
quale  suole  impartirsi  al  letto  dell'infermo.  Chiamasi 
clinico  anche  il  professore  di  clinica  e  quanto  ri- 
guarda la  clinica.  Si  dice  cosi  quadro  clinico  l'insieme 
dei  sintomi  che  presenta  un  ammalato;  lezione  clinica, 
quella  data  sull'infermo;  medicina  clinica,  forma 
clinica   (di  una  malattia),  caratteri  diniciy  ecc. 

Clinico.  Appartenente  alla  clinica;  medico  o 
chirurj^o  che  fa  clinica 

Clìpeo.  Sorta  di  scudo. 

Clisàgrra.  Localizzazione  della  gotta. 

Clisopompa.  Detto  a  clistere. 

Clistere.  Acqua  o  altro  liquido  che  si  introduce 
negli  intestini,  per  la  parte  deretana,  mediante  la 
siringa  (o  l'istrumento  designato  con  la  stessa  de- 
nominazione di  clistere)  :  clisma  (lat.) ,  clistero, 
clistiere,  cristiero,  crisma;  serviziale,  lavativo; 
schizzetto  d'  acqua  Nell'uso,  enteroclisma  ;  in  ter- 
mine farmaceutico,  archileo.  Fu  detto  anche  ar- 
gomento. -  Canna  da  serviziale,  e  anche  assolutamente 
canna,  quando  il  contesto  escludi  l'ambiguità,  tubo 
di  stagno,  lungo  circa  due  palmi,  p  ù  o  meno  grosso, 
il  cui  vano,  perfettamente  cilindrico,  si  riempie  di 
liquido  per  cacciarlo  nell'intestino  retto  col  mezzo 
dello  stantufìo.  -  Cannello,  tubetto  di  legno  o  d'avorio 
d'osso  0  di  metallo,  tatto  al  tornio,  e  che  s'innesta 
alla  cima  della  canna  da  serviziale.  Dal  cannello, 
introdotto  nello  sfintere,  il  liquido  sospinto  dallo 
stantuffo  passa  nell'intestino.  Il  cannello  è  talora 
rafforzato  dal  cappelletto.  -  Cannello  torto,  cannello 
di  stagno,  che  termina  in  becco  ricurvo,  perchè 
uno  possa  darsi  da  sé  il  clistere.  Disusato  da  dopo 
l'invenzione  à^Wirrigatore.  -  Cataclismo:  Ippocrate 
usò  questa  parola  greca  come  sinonimo  di  clistere. 
•  Clisopompa,  grossa  siringa  a  pompa,  per  lo  più  di 


stagno:  é  l'istrumento  più  comune  per  la  sommi- 
nistrazione dei  clisteri.  Svariatissime  le  forme  di 
ci  isopompe,  tutte  fondate  sul  principio  delle  pompe 
aspiranti  e  prementi.  -  Clissore,  tubo  di  caucciù, 
lungo  un  metro,  munito  ad  un'estremità  di  una 
cannula  rettale  e  all'altra  di  un  imbuto.  Ne  è  un 
perfezionamento  1'  enteroclisma.  -  Enteroclisma,  ser- 
batoio posto  molto  in  alto,  munito,  o  no,  di  chiave, 
dal  tondo  del  quale  parte  un  lungo  tubo  di  gomma 
elastica,  terminante  in  un  becco  diritto,  destinato 
ad  essere  introdotto  nel  retto.  Serve  bene,  special- 
mente come  mezzo  irrigatorio  dell'intestino,  perchè, 
aprendo  la  chiave,  il  liquido  in  esso  contenuto,  per 
l'altezza  a  cui  si  trova  il  recipiente,  discende  con 
pressione  ed  entra  con  facilità  nel  retto,  nel  quale 
siasi  introdotto  il  beccuccio.  -  Irrigatore,  sorta  di 
macchinetta  che  serve  per  clisteri,  per  iniezioni. 

Cappellétto,  specie  di  ghiera  di  stagno,  la  quale, 
infilata  nel  cannello,  va  ad  invitarsi  alla  cima  della 
canna  da  serviziale  per  tenerlo  più  saldo.  -  Mazza 
della  canna  da  serviziale,  bastone  cilindrico,  di  le- 
gno, talora  anche  di  metallo,  lungo  poco  più  della 
canna,  che  dall'un  dei  capi  termina  o  in  palla  o  in 
mela,  per  maneggiarlo  comodamente,  e  dicesi  il  ma- 
nico della  mazza;  l'altro  capo  è  munito  del  rocchetto, 
il  quale,  fasciato  di  stoppa,  serve  a  spingere  il  li- 
quido. -  Rocchetto  :  cosi,  per  una  certa  somiglianza, 
chiamano  gli  stagnai  la  estremità  della  mazza,  dove 
sono  infilati  e  fermati  paralleli  due  dischi  metallici, 
di  poco  minori  della  cavità  della  canna  da  servi- 
ziale, distanti  circa  tre  dita  l'uno  dall'altro,  spazio 
da  essere  riempito  dagli  stretti  ravvolgimenti  della 
stoppa,  sino  alla  richiesta  grossezza  dello  stantuffo. 

-  Stantuffo,  sianlufo,  stoppàccio,  stoppacciuolo,  o  meglio 
stoppacciolo,  che  alcuni  anche  scrivono  latinamente 
embolo:  ingrossamento  cilindrico  tatto  con  fiocchetti 
di  canapa,  o  di  lino,  allargati  e  strettamente  ravvolti 
intorno  al  rocchetto  della  mazza,  e  di  tal  grossezza 
che  lo  stantuffo  che  ne  risulta  entri  giusto  giusto, 
anzi  con  forza,  nella  cavità  della  canna  del  lavativo, 
per  ispingere  il  liquido  di  cui  essa  è  ripiena.  Lo 
stantutfo ungesi di  olio  per  agevolamelo  scorrimento. 
In  Firenze  più  alla  buona,  pane;  di  rado,  stantuffo: 
mai,  stoppacciuolo. 

l'are,  dare,  amministrare  un  serviziale,  applicarlo. 

-  Reggere  un  clistere,  tenerlo  finché  non  abbia  agito. 

-  Sventare  lo  schioppo,  la  canna  del  lavativo,  far 
che  perda  quel  po'  d'aria  che  vi  fosse  rimasta. 

Clitoride.  Detto  a  vulva. 

Clivo.  Piccola  collina,  piccolo  colle.  -  Super- 
ficie a  gronda  nella  base  del  cranio. 

Clizia.  11  girasole. 

Cloaca.  Specie  di  grande  fogna.  -  Saccoccia 
all'estremità  del  tubo  intestinale  negli  uccelli  e  nei 
rettili:  serve  da  serbatoio  alle  orine  e  agli  escre- 
menti. 

Clònico.  Detto  a  convulsione. 

Cloràlio.  Liquido  prodotto  dalla  reazione  del 
cloro  secco  sopra  l'alcool.  Il  cloralio  idrato  ha  la 
proprietà  di  coagulare  gli  albuminoidi,  e  riesce 
quindi  antiputrido  e  antifermentativo.  È  un  ottimo 
ipnotico;  trattato  con  una  soluzione  di  potassa  o  di 
soda,  si  scompone  in  acido  formico  e  clorofoi'mio; 
surrogato,  come  ipnotico  e  antiepilettico,  dal  bro- 
malio  0  bramale.  Come  sedativo,  molto  raccoman- 
dato Vamilencloralio,  prodotto  della  combinazione 
del  cloralio  con  l' idrato  di  ainilene.  -  Cloralosio, 
combinazione  del  cloralio  anidro  col  glucosio:  ado- 
perato contro  r  insonnia.  -  Cloralismo,  insieme  di 
siniomi  nervosi:  sniemoratezza,  debolezza  irritabile, 


588 


COAGULAZIONE 


paresi,  ecc.,  dovuti  ali'  abuso  acuto  e  cronico  di 
cloralio. 

Clorato.  Detto  a  dorico  (acido). 

Clèrico  {acido).  Acido  liquido,  di  color  giallo- 
verdastro,  energico  agente  di  ossidazione:  lo  si  ot- 
tiene trattando  con  l' acido  flussilicico  il  clorato 
baritico  e  svaporando  convenientemente.  -  Acido 
cloroso,  gas  giallo-verdastro  ingenerantesi  per  iscom- 
posizione  dell'acido  dorico  operata  da  sostanze  orga- 
niche ;  é  buon  disinfettante  e  colorante  usatissimo. 

-  Clorato,  ogni  sale  risultante  dalla  combinazione 
dell'  acido  dorico  con  una  base.  Importanti,  per 
l'industria,  quelli  di  potassa,  di  soda,  di  barite 
(protossido  di  bario);  e  si  hanno  pure  quelli  di 
ammonio,  di  anilina,  di  calce,  di  cromo,  di  rame, 
di  ferro,  di  magnesia,  di  piombo,  ecc. 

Cloridrico  {acido).  Combinazione  di  doro  e  di 
idrogeno:  si  trova  allo  stato  libero  nei  terreni 
vulcanici  e  nelle  acque  che  ne  derivano,  nei  tuberi 
delle  patate,  nel  succo  gastrico,  ecc.  Di  uso  fre- 
quente nelle  arti  e  nelle  operazioni  chimiche;  in 
medicina,  serve  come  antisettico,  disinfettante,  to- 
nico, stimolante,  ecc.,  e  come  antidoto  degli  alcali. 

-  Cloridrati,  cloroidrati,  idroclorati,  i  composti  che 
risultano  dall'azione  dell'acido  cloridrico  sulle  basi 
organiche  e  sugli  alcaloidi.  Sono  pure  dei  cloruri, 
ma,  più  propriamente,  si  chiamano  idroclorati  o  clo- 
roidrati. •  Cloridrine,  sostanze  che  si  ottengono  per 
azione  dell'acido  cloridrico  sui  glicoli.  -  Parapeptone, 
il  prodotto  dell'  acido  cloridrico  sulla  fibrina  e  su 
tutte  le  sostanze  albuminose. 

Cloro  Corpo  semplice,  metalloide,  molto  diffuso 
in  natura,  uno  degli  elementi  del  sai  marino,  che 
entra  nella  composizione  di  parecchi  minerali  e  corpi 
organici.  Si  usa  su  larga  scala  per  imbianchire  le 
sostanze  vegetali;  allo  stato  libero,  per  ottenere 
prodotti  chimici,  come  cloruri,  clorati,  permanga- 
nati, ecc.  -  Acido  cianurico,  prodotto  che  si  ottiene 
facendo  passare  una  corrente  di  gas  cloro  secco 
suir  urea  in  fusione.  -  Acque  clorurate,  quelle  che 
contengono  in  prevalenza  cloruro  di  sodio.  -  Ani- 
dride nitrica,  prodotto  della  reazione  del  cloro  sul 
nitrato  d'argento,  ambedue  in  istato  di  perfetta  sec- 
chezza. -  Bicloruri,  prodotti  risultanti  dall'  azione 
del  cloro  con  un  metallo  o  con  un  radicale  com- 
posto e  in  cui  l'elemento  elettromagnetico  è  contenuto 
in  maggiore  proporzione  che   nei   semplici  cloruri. 

-  Cloroanidridi,  derivati  dalla  sostituzione  del  cloro 
agli  idrossidi  degli  acidi.  -  Cloruri  e  miiriati,  i  com- 
posti del  cloro  coi  metalli,  coi  metalloidi,  o  con 
alcuni  radicali  organici.  Importanti  i  cloruri  di  al- 
luminio, di  ammonio,  di  antimonio,  di  argento,  di 
bario,  di  benzile,  di  calce,  di  calcio,  di  carbonio, 
di  etile,  ecc.  Veggasi  anche  a  cromo,  fosforo, 
magnesio,  nicJielio,  oro,  platino,  rame,  ecc. 
Il  cloruro  anidro  si  usa  in  alcune  reazioni  chimi- 
che; il  cloruro  cristallizzato  in  tintoria,  come  mor- 
dente e  come  disinfettante  ;  il  cloruro  di  ammonio 
è  usato  nella  saldatura  e  nella  zincatura  dei  me- 
talli, nella  tintura  e  stampa  dei  tessuti,  nella  fab- 
bricazione di  alcune  materie  coloranti  e  di  varii 
mastici  ;  per  la  preparazione  di  alcune  pile;  come 
reagente  nell'analisi  chimica  e  qualche  volta  anche 
in  medicina.  Usato  il  tricloruro  di  antimonio  per 
bronzare  i  metalli,  colorare  i  cuoi,  preparare  altri 
composti  di  antimonio,  e  in  medicina  come  cau- 
stico ;  il  elortiro  d'argento  serve  nella  galvanopla- 
stica e  in  fotografìa;  il  cloruro  di  calce  come  de- 
colorante, per  imbianchire   tessuti,  ecc. 

Clorometria,  insieme  dei  processi  analitici  per  la 


determinazione  della  quantità  di  cloro  attivo  con- 
tenuto nei  cloruri  decoloranti  del  commercio. 

Clorofilla.  La  materia  che  colora  in  verde  la 
foglia  dei  vegetali. 

Cloroformio.  Liquido  che  produce  l' insensi- 
bilità e  si  usa  quindi,  specialmente,  in  chirurgia: 
chimicamente,  è  il  tricloro  metano  o  cloruro  di  me' 
tile  triclorato.  -  Cianoformio,  corpo  oleoso  e  non 
volatile  ottenuto  da  Faisley  scaldando  a  100°,  in 
un  recipiente  chiuso,  cloroformio  con  alcool  e  cia- 
nuro di  potassio.  -  Cloroformizzare,  applicare  il  clo- 
roformio. -  Cloroformizzazione,  atto  ed  effetto  del 
cloroformizzare;  la  narcosi  prodotta  dal  clorofor- 
mio, all'uopo  adoperandosi  un  mascherino  di  Es~ 
smarch  o  di  Skinner,  essenzialmente  fatto  di  ossa- 
tura metallica  rivestita  o  di  flanella  molto  porosa, 
ovvero  di  due  o  tre  strati  di  garza  idrofila.  Si  ado- 
perano pure  gli  apparecchi  di  Shato,  di  Sanson,  dt 
Girard,  di  Junker,  ecc.  Sul  mascherino,  applicato 
al  naso  e  alla  bocca,  si  versa  lentamente,  gocccia 
a  goccia,  il  cloroformio. 

Clorosi.  Malattia  muliebre,  cloro-anemia,  cioè 
anemia  il  cui  carattere  distintivo  è  costituito  dalla 
scarsezza  della  sostanza  colorante  normale  dei  glo- 
buli rossi  del  sangue:  è  propria  della  pubertà. 

Cloruro.  Veggasi  a  cloro. 

Coabitare  )  coabitazlone  (coabitante).  L'a» 
bitare  insieme.  -  Coabitazione,  in  medicina  legale, 
consumazione  del  matrimonio. 

Coacervare  (coacervato,  ccfacervazione).  Am- 
mucchiare, far  mncchio. 

Coadiutóre  (coadiutorìa).  Chi  coadiuva  altri  o 
ne  fa  le  veci,  specialmente  in  qualche  pubblico 
ufficio,  -  Grado  nel  clero.  -  Termini  equivalentii 
aggiunto,  aiuto,  collega,  cooperatore,  supplente. 
Scherz.,  cirenèo.  -  Coadiutorìa,  l'ufficio  del  coa- 
diutore. 

Coadiuvare  (coadiuvante,  coadiuvato).  Prestare 
aiuto  ad  altri  in  checchessia.  -  Coadiuvante,  chi 
agisce  in  tal  senso.  -  Coadiuvato,  chi  riceve  l'aiuto, 
gode  l'assistenza,  ecc. 

Coagulante.  Detto  a,  coagulazione. 

Coagulare,  coagularsi  (coagulabile,  coagur 
lato).  Detto  a  coagulazione. 

Coagulazione.  Il  passaggio  di  una  sostanza 
non  cristallizzata,  di  natura  liquida  o  semiliquida, 
allo  stato  semisolido  o  solido  :  assodamento,  coa- 
gulamento, concrezione,  rappigliamento  ;  agglutina- 
mento, agglutinazione;  congelamento,  congelazione, 
conglutinamento,  quagliatura.  -  Accagliamento,  del 
latte  e  simili.  -Rasseglio,  detto  di  liquido  unto,  di 
brodo,  ecc. 

Coàgulo,  dicesi  della  massa  solida  o  rappresa 
di  un  liquido  coagulato.  -  Coalescenza,  eoalitd,  coor 
lizione,  riunione  o  congiungimento  di  parti  prima 
separate.  -  Grumo,  il  coagulo  del  sangue  fuori 
dalle  vene  e  del  latte  nelle  poppe;  anche  di  f(t- 
rina  o  di  altra  polvere  che  si  raggruppa  e  si 
rappallottola  :  grumetto  ;  bozzolo,  ròciolo  (di  fa- 
rina). 

Coagulàbile,  atto  a  coagularsi.  -  Coagulativo,  che 
ha  virtù  di  coagulare  :  coagulante.  -  Coagulato,  fat- 
tosi a  grumi,  a  grumetti  :  assodato,  cacióso,  con- 
densato, incagliato,  ingrumito,  divenuto  denso, 
condensato,  rappreso. 

Coagulare,  dare  consistenza  a  un  liquido,  in 
modo  che  diventi  solido  o  quasi  :  appendere,  rap- 
prendere, rappigliare  ;  accagliare,  condensare,  ras- 
sodare, strignere,  stringere.  -  Coagularsi,  farsi  so- 
lido, 0  quasi,  proprio  dei  corpi  che  erano  allo  statp 


COAGULO 


COCENTEMENTE 


589 


liquido:  agglutinarsi,  aggrumare,  assevare;  ca- 
gliare, cagliarsi;  conglutinarsi;  quagliare,  quagliarsi; 
rapprendersi,  rappigliarsi. 

Ooàgriilo.  Detto  a  coagulazione. 

Coalescenza.  Detto  a  coagtilazione. 

Coalizione.  Dicesi  deWalleanza  di  due  o  più 
governi  o  partiti  in  un  interesse  comune. 

Coane.  Veggasi  a  naso. 

Coartare,  coartazione  (coartato).  Lo  sfor- 
zare, il  costringere  altri  a  checchessia. 

Coattivo.  Che  ha  forza  di  costringere. 

Coatto.  Veggasi  a  domicilio. 

Coazione.  Atto  del  costringere,  costringi- 
mento; violenza  all'altrui  volontà. 

Cobalto.  Specie  di  metallo  da  cui  si  ricava 
l'azzurro.  ■  Cabrerite,  arseniato  idrato  di  nichel, 
cobalto  e  magnesio.  -  Cobaltamminici,  denomina- 
zione generica  delle  combinazioni  che  si  ottengono 
trattando  i  sali  di  cobalto  con  ammoniaca.  -  Co- 
ballina,  arseniuro  di  cobalto  con  solfo  e  poca  quan- 
tità di  ferro.  -  Eritina,  arseniato  di  cobalto.  -  Saf- 
flor,  arseniato  di  cobalto.  -  Smaltina,  minerale  di 
cobalto,  cosi  detto  ;)erchè  serve  alla  fabbricazione 
dello  smalto  o  smaltino,  ossia  dell'  azzurro  di  co- 
balto. -  Cobaltatura,  l'operazione  praticata  per  ri- 
vestire   di  cobalto  un  oggetto. 

Còbbola.  Antico  genere  di  componimento  in 
poesia. 

Còca.  Arboscello  del  Perù,  dalle  cui  foglie  si 
trae  un  infuso,  una  bevanda  gradevole  e  legger- 
mente eccitante,  indicata  come  vantaggiosa  nella 
cura  dell'esaurimento  nervoso.  -  Cocaina,  alcaloide 
che  si  trova  nelle  foglie  di  coca,  insieme  a  varii 
altri  alcaloidi:  è  dotato  di  una  importantissima  a- 
zione  anestetica  locale  ;  usato  quindi,  massime  per 
uso  esterno,  in  pennellazioni,  istillazioni,  polveriz- 
zazioni, iniezioni,  ecc.  -  Cocainidina,  nuovo  alca- 
loide della  coca,  con  proprietà  analoghe  a  quella 
della  cocaina. 

Cocainismo,  avvelenamento  per  abuso  di  cocaina  : 
cocainomania.  -  Coqueros,  i  mangiatori  di  coca, 
indigeni,  nell'America  meridionale. 

Cocca.  Tacca  della  freccia,  nella  quale  entra 
la  corda  dell'arco.  -  Bottoncino  del  fuso.  •  La 
punta  di  un  fazzoletto,  di  un  grembiale,  di 
uno  scialle  e  simili. 

Coccarda.  Contrassegno,  fregio,  specie  di  rosa, 
fatta  di  nastro  o  di  panno,  che  si  porta  al  cap- 
pello, al  braccio,  al  bavero  dell'  abito  come  di- 
stintivo nazionale,  gentilizio,  ecc.:  brigidino,  rosa, 
rosetta  di  nastro,  rosolaccio.  -  Pasticcino,  coccarda 
dei  servitori. 

Cocchiata.  Carrozzata,  andata  in  carrozza. 
-  Anche,  serenata  di  musici  e  suonatori. 

Cocchiere.  Chi  guida  il  cocchio,  la  carrozza: 
auriga,  aurigatore,  automedonte;  bottaro,  carroz- 
ziere, diligenzaio  ;  guidaiolo,  guidatore  di  cocchi,  di 
cavalli  ;  postiglione  (il  cocchiere  delle  vetture  da 
posta)  ;  sferzator  di  cavalli  ;  vetturale,  vetturino 
(cocchiere  di  piazza).  -  Fare  il  cocchiere  o  da  coc- 
chiere :  andare,  stare  a  cassetta;  guidar  cocehi, 
cavalli  ;  aurigare.  -  Star  bene  a  cassetta,  essere  un 
bravo  cocchiere.  -  Pastranella,  sorta  di  ferraiolo, 
a  vari  baveri,  portato  dai  cocchieri. 

Cocchio.  Nobile  carro;  ricca  carrozza. 

Cocchiume.  Tappo  di  botte;  la  bocca  stessa. 

Còccia.  Il  guscio  del  testàceo.  -  La  guardia 
della  spada  e  della  sciabola. 

Coccige.  Osso  formante  la  base  della  colonna 


vertebrale.  -  Coccigodinia,  dolore  in  corrispon- 
denza del  coccige. 

Coccinella.  Piccolo  insetto  coleòtt&ro  :  il 
volgo  lo  usa,  schiacciandolo  e  applicandolo  sulle 
parti  dolenti,  massime  nei  dolori  di  denti  e  della 
faccia. 

Coccineo.  Di  cocco. 

Cocclnigrlia.  Insetto  (femmina  del  cocco)  dal 
quale  si  trae  il  carminio  (veggasi  a  rosso)  ;  il 
carminio  stesso.  -  Gallinsetli,  insetti  così  chiamati 
per  l'apparenza  di  galle  che  prendono  le  femmine 
quando,  dopo  aver  condotto  vita  libera  sulle  parti 
più  tenere  delle  piante,  vi  si  fissano  col  rostro. 

Coccio.  Pezzo  di  vaso  rotto;  rottame.  •  Fi- 
gur.,  di  persona  infermiccia  o  malsana:  veggasi  a 
inalato. 

Cocciuòla.  Enfiagione  sulla  pelle,  per  lo  più 
cagionata  dalla  zanzara. 

Cocciutàggine,  cocciuto.  Veggasi  ad  osti- 
nato. 

Cocco.  Specie  di  palma  americana  che  pro- 
duce noci  grosse  come  poponi,  le  quali,  quando 
sono  fresche,  contengono  un  liquido  dolce  e  rin- 
frescante ;  secche,  una  sostanza  bianca  e  solidifi- 
cata, che  mangiasi  come  mandorle,  e  se  ne  fanno 
bibite.  Col  guscio  si  lavorano  vasi,  coppe,  ecc.  - 
Noce  di  palma,  il  frutto  del  cocco  :  seme  del  phiy- 
telephas  macrocarpa,  che  può  servire  come  succe- 
daneo del  caffè.  -  Calumba,  la  radice  del  cocco.  - 
Coccinico  acido,  quello  contenuto  nel  burro  di 
cocco.  -  Coccinina,  grasso  neutro,  derivante  dalla 
combinazione  dell'acido  coccinico  con  la  glicerina. 
-  Coir,  i  filamenti  che  avvolgono  i  frutti  del 
cocco. 

Latte  di  cocco,  succo  bianco,  lattiginoso,  dolcia- 
stro della  noce  di  cocco.  -  Olio  di  cocco,  sostanza 
grassa,  consistente  come  il  burro,  che  si  estrae 
dalle  noci  di  cocco  :  molto  usata  nella  preparazione 
dei  saponi,  della  stearina,  del  burro  artificiale  e 
come  costituente  di  unguento.  Il  vero  cold-cream 
è  puro  olio  di  cocco  aromatizzato.  -  Vegetalina, 
grasso  di  noce  di  cocco. 

Cocco.  Il  maschio  della  cocciniglia.  -  Specie 
di  fungo. 

Coccodrillo.  Grosso  rettile,  simile,  nella  forma, 
a  una  gran  lucertola:  crocodilo.  -  Alligatóre,  sorta 
di  coccodrillo  americano.  -  Caimano,  rettile  affine 
al  coccodrillo,  vivente  nei  fiumi  dell'America.  - 
Gaviale,  coccodrillo  del  Gange.  -  Icneumone,  ani- 
male nemico  del  coccodrillo  (ne  mangia  le  uova)  : 
mangusta,  ratto  di  Faraone.  -  Stenosauro,  teleosauro, 
coccodrilli  fossili. 

Crocodilópoli,  città  nella  quale  si  adoravano  i 
coccodrilli.  -  Lagrime  di  coccodrillo,  veggasi  a  la~ 
grinta. 

Còccola.  Il  frutto  di  alcuni  alberi  e  di  alcu- 
ne piante.  -  Còccola  di  Levante,  o  indiana,  il  frutto 
d'un  arbusto  rampicante  delle  Indie,  del  Malabar, 
dell'Arcipelago  Indiano;  usato  esternamente,  in 
forma  di  pomata,  come  antiparassitario,  contro  i 
pidocchi,  le  piattole,  la  tigna. 

Coccolóne ,  coccolóni.  L'  atteggiamento 
della  persona  che  sta  ripiegata  e  sedente  sulle  cal- 
cagna. 

Coccolóne.  Colpo  di  apoplessia  fulmi- 
nante. 

Cocente.  Chi  arde,  brucia  :  veggasi  a  bru- 
ciare. 

Cocentemente.  In  modo  cocente. 


590 


COCIORE    —    COOICK 


Cocióre.  Scottatura,  bruciore  :  veggasi  a  bru- 
ciare. 

Cocitura.  Atto  ed  effetto  del  cuòcere. 

Coclea.  Cavità  A^Worecchio. 

Coclearia.  Sorta  di  pianta  medicinale. 

Cocólla.  Sopravveste  da  frate  ;  indumento  del 
clero. 

Cocomeraio.  Detto  a  cocòmero. 

Cocòmero.  Frutto  d'una  cucurbitacea  che  sta 
fra  la  zucca  e  il  popone,  rotondo,  a  polpa  rossa, 
acquosa  e  dolce  ;  a  buccia  verde  e  liscia,  con  pic- 
ciuolo piccolo  e  corto,  semi  neri  o  rossicci  :  cogò- 
mero,  melàngolo.  Largamente  usato  come  disse- 
tante; i  semi  tanno  parte  dei  cosi  detti  semi  freddi 
e  si  adoperano  per  preparare  l'unguento  di  tal 
nome  e  la  cosidetta  semata.  -  Anguria,  termine 
dialettale  usato  in  Lombardia,  nel  Veneto  e  nell'E- 
milia, per  cocòmero.  -  Cocomerdccio,  peggior.  di  co- 
comero; cocomerino,  dimin.;  cocomerone,  accresc.  - 
Cocòmero  di  Pistoia,  grossissimo,  di  buccia  verde- 
scura talora  con  qualche  striscia  giallo-terrosa.  Ha 
la  polpa,  nella  perfetta  maturità,  di  un  bel  rosso 
acceso,  granellosa,  saporitissima  ;  i  semi  neri.  - 
Cocòmero  di  Prato,  molto  grosso.  -  Cocomero  mo- 
scodello  imperiale,  qualità  di  polpa  gialla,  molto 
dolce.  -  Cocòmero  napoletano,  più  piccolo  degli  or- 
dinarli e  di  buccia  più  sottile  e  trasparente,  di 
seme  biancastro,  talora  col  contorno  nero,  o  di  se- 
me rosso.  -  Cocomero  vettòne,  quello  che  si  ha  in 
settembre  dai  tralci  rimessi.  •  Cocòmero  vernino, 
quello  che,  generalmente  piccolo,  si  può  conservare 
per  l'inverno,  tenendolo  appeso  al  palco  o  sulla 
paglia.  -  Zucca:  si  dice  del  cocòmero  quando  è 
biancastro  e  cattivo,  sciapito.  -  La  buccia,  il  gam- 
bo, parti  del  cocòmero.  •  Granello,  seme  del  cocò- 
mero. -  Grumolo,  l'interno,  il  midollo  del  cocò- 
mero, senza  semi,  che  a  volte  i  cocomerai  d'alcune 
Provincie  staccano  e  vendono  da  sé  in  forma  di 
cannello.  Grumoletlo,  grumolino,  dimin.  -  Tassèllo, 
il  pezzetto  quadro  di  buccia  e  di  polpa  che  si  leva 
col  coltello  da  un  cocomero  {fare  un  tassello),  per 
accertarsi  se  sia  maturo,  e  poi  si  rimette  a  posto. 

Cocomeraia,  cocomeraio,  luogo  nel  quale  si  colti- 
vano i  cocomeri.  -  Cocomeraio,  anche,  chi  vende  co- 
comeri interi,  o  a  fette  o  a  taglio.  -  Comprare,  ven- 
dere un  cocomero  a  taglio,  cioè  saggiandone  prima 
con  un  taglietto  quadro  (tassello)  la  qualità.  -  Tas- 
sellare, fare  un  tassello  al  cocòmero  per  assaggiarlo, 
per  vedere  se  è  buono.  -  Brucia  Pistojat,  grido  dei 
fiorentini  venditori  di  cocomeri  (e  lo  dicono  per- 
chè da  Pistoia  si  hanno  i  cocomeri  più  belli  e  più 
rossi).  -  E'  marma  la  bocca,  gridano  i  cocomerai 
toscani,  e  specialmente  i  pistoiesi,  per  accennare 
che  il  cocomero  è  stato  in  ghiaccio,  e  quindi  fre- 
schissimo. 
Cocuzza.  Capo,  testa. 

Cocùzzolo  {cocuzzo).  Il  vertice  della  testa: 
sommità,  cima.  -  Sommità  o  fondo  del  cap- 
pello. 

Coda.  Prolungamento  della  spina  dorsale  nei 
quadrupedi;  estremità  del  corpo  in  altri  animali, 
come  nei  pesci  ;  fascio  di  penne  nella  parte  dere- 
tana degli  uccelli:  codrizzo,  strascino.  -  Coda  a 
ventaglio,  o  a  granata,  quella  del  cavallo  quando 
si  sparpaglia  alzandosi  ;  o  del  pavone  quando  l'a- 
pre, o  del  tacchino  quando  fa  la  ruota;  prensile, 
quando  con  essa  gli  animali  possono  attaccarsi  a 
qualche  cosa:  cosi  quella  delle  scimmie;  spelac- 
chiata, la  coda  povera  dei  peli. 

Coda,  codetta,  codina,   codinzolo,   piccola  coda.  - 


-  Codone,  coda  grossa,  lunga.  -  Codióne,  parte  e- 
strema  delle  reni  negli  animali,  più  che  in  altri 
apparente  nei  volatili  ;  e  si  potrebbe  chiamare  cosi 
quel  che  in  Piemonte  dicesi  portacoda;  dei  polli, 
scherzosam.,  <  il  boccone  del  prete  > .  -  Lonza,  no- 
me che  danno  i  macellai  alla  coda  degli  animali 
macellati.  -  Sopracculo,  punta  che  si  vede  sopra  il 
culo  dei  polli  :  volgarm.,  stizza. 

Godale,  di  o  da  coda  ;  appartenente  alla  coda  : 
caudale.  -  Godalo,  che  ha  coda. 

Movere,  alzare,  dimenare  la  coda  :  movimenti  che 
con  essa  si  fanno.  -  Scodinzolare,  muovere  la  coda 
per  vivezza  o  per  allegria  (di  cani,  uccelli  e  sim.). 

-  Serrare  la  coda,  degli  animali  che  la  stringono 
a  sé. 

Scodare,  tagliare  la  coda.  -  Coda  all'inglese,  ope- 
razione che  consiste  nel  tagliare,  con  metodo  sot- 
tocutaneo 0  scoperto,  i  muscoli  sacro-coccigei  del 
cavallo,  allo  scopo  di  fargli  portare  la  coda  a 
tromba,  all'inglese. 

Coda.  Parte  estrema  di  checchessia.  -  Parte  dei 
capelli  che  le  donne  portano,  per  lo  più  di  die- 
tro, ravvolti  insieme.  -  Strascico  del  manto  di 
principi,  di  cardinali,  ecc.,  e  della  veste  muliebre. 

-  Parte  della  cometa.  •  Di  aglio  o  di  porro,  la 
parte  opposta  al  bulbo.  -  Coda,  si  dice  anche  dei 
versi  che  si  pongono  in  fine  del  sonetto,  -  Finale 
di  un  pezzo  di  musica,  -  Traine,  voce  francese, 
usata  dalle  sarte  per  strascico,  coda.  -  A  coda  di 
rondine,  maniera  di  intaccatura,  di  incavo  an- 
golare. 

Codardia.  L'essere  codardo. 

Codardo.  Senza  coraggio;  paurosissimo,  vi 
gliacco. 

Codazzo.  Cortèo,  séguito. 

Codeina.  Alcaloide  dell'oppio;  calmante  ner- 
voso, molto  usato  per  la  tosse. 

Codétta.  La  coda  dell'occ/tio.  -  Parte  del  fu- 
cile. -  Cordoncino  della  frusta.  -  Estremità  del 
tomaio  della  scarpa. 

Codiare  (codiato).  Veggasi  a  seguire. 

Codice.  Corpo  di  leggi  ordinate  secondo  i  prin- 
cipii  del  diritto^  a  fine  di  regolare  gli  atti  o  pu- 
nire i  delitti  dei  cittadini.  -  Raccolta  di  leggi,  sta- 
tuti e  decreti  nazionali,  intorno  alle  discipline  mi- 
litari, -  Il  libro  delle  leggi  e  dei  rescritti  degli  im- 
peratori (codice  di   Giustiniano,   teodosiano,   ecc.). 

-  Codice  civile,  la  raccolta  delle  leggi  riguardanti  il 
diritto  privato.  -  Codice  napoleonico,  i  cinque  libri 
di  leggi  pubblicati  sotto  Napoleone  I.  -  Codice  pe- 
nale, quello  che  stabilisce  le  pene  per  i  delitti,  le 
contravvenzioni,  ecc.  -  Codice  rurale,  riguardante 
le  cose  di  campagna,  relativo  all'agricoltura.  -  Co' 
dici  barbarici,  quelli  legislativi  promulgati,  nella 
prima  metà  del  secolo  VI,  dai  re  narbari  occupanti 
le  terre  dell'antico  impero  romano.  -  Novelle,  co- 
dice ordinato  da  Giustiniano,  comprendente  ogni 
materia  legislativa:  diritto  pubblico,  diritto  marit- 
timo, commerciale,  civile,  penale. 

Codice  d'amore,  quello  che  era  nelle  antiche 
<  corti  d'amore  >.  -  Codice  delta  lingua,  il  voca- 
bolario. -  Codice  farmaceutico,  collezione  ufficiale 
di  ricette  e  di  formole  per  la  farmacia.  -  Sacro 
codice,  la  Bibbia. 

Codificare,  raccogliere  in  codice.  -  Codificazione 
(francesismo),  l'atto  doH'inscrivere  alcuna  legge  nel 
codice.  -  Commentare  un  codice,  illustrarne,  spie- 
garne, chiarirne,  criticarne  anche,  gli  articoli.  •  Pro- 
mulgare un  codice,  pubblicarlo  e  metterlo  |ia  atti- 
vità. Promulgazione,  atto  ed  effetto. 


CODICE   —   COLASCIONATA 


591 


Codice.  Dicesi  anche  di  libro  manoscritto,  o 
propriamente  dei  manoscritti  antichi,  i  quali  sono 
0  sopra  cartapecora  o  carta  bambagina.  Celebri  al- 
cuni che  si  conservano  in  varie  biblioteche,  coi 
nomi  delle  quali  sono  designati,  come  i  codici  della 
Marucelliana,  della  lUccardiana,  della  Vaticana, 
detti  anche  marucelliani,  riccardiani,  vaticani,  ecc. 
-  Codice  acefalo,  mancante  d'alcuna  parte  in  prin- 
cipio. -  Codice  cartaceo,  carta  bambagina.  -  Codice 
in  miniatura,  ornato  di  dipinti  all'acquarello  :  ven- 
gasi a  miniare.  -  Codice  membranaceo,  composto 
di  membrane  d'animali.  -  Palinsesto,  codice  antico 
membranaceo,  sulle  cui  pagine  era  già  scritta  un'o- 
pera, che,  di  poi  cancellata,  fu  sostituita  da  un'al- 
tra negli  spazi. 

Codice  cavalleresco.  Secondo  una  designa- 
zione moderna  l'insieme  delle  consuetudini  che  re- 
golano il  duello  e  le  cosidette  «  vertenze  d'  o- 
nore  d  . 

Codicillo.  Aggiunta  o  variante  a  testamento. 

Oodllungo.  Specie  di  cingallegra. 

Codino.  Piccola  coda. 

Codino.  Chi  non  è  amante  del  progresso  : 
retrogrado,  reazionario.  -  Codini  furono  chiairiati 
coloro  che,  prima  della  Rivoluzione  trancese,  erano 
favore-voli  alle  antiche  forme  sociali  e  politiche.  - 
Mangialiberali,  codino  arrabbiato. 

Codione.  L'estremità  inferiore  delle  reni.  -  Veg- 
gasi  anche  a  coda. 

Codirósso.  Uccelletto  dal  becco  sottile  e  con  la 
coda  rossa. 

Codlrossolóne.  Specie  di  tordo. 

Codone.  Gran  coda,  -  Nome  d'una  specie  di 
anitra. 

Coefficiente.  Veggasi  ad  elemento  e  a  quan- 
tità. 

Coegruale.  Che  è  eguale  in  tutto  ad  altra  per- 
sona o  cosa. 

Coenzione.  Vegi  a  si  a  matrimonio. 

Coepiscopo.  Delto  a  vescovo 

Coercitiva  (forza).  Detto  a  magnetismo. 

Coercizióne.  Costrizione,  azione  del  costrin- 
gere. 

Coerède.  Compagno  veh'eredità. 

Coerente.  Chi  ha  coerenza. 

Coerenza.  Lo  stretto  nesso  dei  giudizi  specu- 
lativi tra  loro  e  di  questi  con  la  pratica  ;  qualità 
di  chi  o  di  ciò  che  è  coerente;  il  pregio  di  man- 
tenersi in  armonia  con  sé  stesso,  con  le  proprie 
idee  e  le  proprie  azioni  ;  condotta  logica.  -  Ùoe- 
rente,  chi  si  mantiene  in  concordia  con  sé  stesso, 
cioè  non  in  contraddizione,  in  contrasto,  nelle 
parole  o  nei  fatti:  cònsono,  corrispondente,  eguale 
a  sé  stesso. 

Coesione  Forza  che  unisce,  forza  A'unione: 
aderenza,  inerenza,  inesione. 

Coesìstere,  coesistenza  (coesistente).  Esistere, 
essere  in  realtà. 

Coetàneo.  Della  stessa  età:  contemporaneo, 
coèvo. 

Coeternità,  coeterno.  Veggasi  ad  etemo. 

Coèvo.  Della  stessa  età. 

Cofanetto.  Piccolo  còfano,  piccolo  scrigno, 
scrignetto. 

Cofano.  Sorta  di  cassa  o  forziere  ;  cassapan- 
ca,  scrigno',  vaso  rotondo,  col  fondo  piano,  nel 
quale  si  portano  le  cose  da  luogo  a  luogo;  reci- 
piente nel  quale  si  contengono  le  munizioni  da 
guerra  delle  bocche  da  fuoco  e  fatto^  generalmente 
a   cassetta    o   sedile   per   sedervisi    i   serventi  del 


pezzo.  -  Opera  di  fortificazione.  -  Cofanetto,  pic- 
colo cofano,  piccolo  scrigno. 

Coffa.  Specie  di  piccola  piattaforma  semicirco- 
lare, fissata  in  aito  fra  le  congiunture  degli  alberi 
di  una  nave.  -Voce  dialettale  genovese  designante 
una  specie  di  cesto  del  quale  si  servono  i  facchini 
del  porto. 

'  ogitabondo.  Preoccupato  da  qualche  pen^ 
siero. 

Cogitativa,  cogitativo,  cogitazióne.  Veg- 
gasi a  pensiero. 

Cògliere  (còlto).   Spiccare  dalla   pianta.  •  In- 
vestire, colpire.  Per  sincope,  córre. 
Coglitura.  Azione  del  cògliere. 
Cognata,  cognato.  Detto  a  parentela. 
Cognazióne.  Legame  di  parentela. 
Cògnito.  Ben  noto  :  veggasi  a  conóscere. 
Cognizione.  Nozione  acquisita  di   checchessia. 
-  Conoscenza  particolare  di  una  cosa.  -  La  pre- 
senza di  una  cosa  qualunque  nella  coscienza  dello 
spirito,  e  stato  per  cui  lo  spirito  si  trova  in  una 
certa  attinenza  con  la  cosa  che  conosce. 

Cognome.  Il  nome,  dopo  il  proprio,  comune 
alla  discendenza:  casato. 

Cognominare,  cognominarsi  {cognominato). 
Veggasi  a  noìne. 
Coiàme.  Quantità  di  cuoio. 
Coiàttolo.  Ritaglio  di  cuoio. 
Coibente.    Dicesi   di  materia  che  impedisce  il 
passaggio  nel  suo  interno  ad  alcune   forme   dell'  e- 
nergia  (calore,  elettricità)  rispetto   alle   quali  è 
coibente,  cioè  impermeabile. 
Coibenza  L'essere  coibente. 
Coincidenza.   Il   coincidere:  concorso,  in- 
contro. -  Figur.,  avcenimento  simultaneo  di  due 
fatti  0  circostanze;  caso. 

Coincidere  (coincidente,  coincidenza,  coinciso). 
Cadere,  concorrere,  incontrarsi  in  uno  stesso  punto 
0  nello  stesso  tempo.  -  Di  superfìcie,  comba- 
ciare. 

Cointeressare  (cointeressato).  Veggasi  ad  in- 
teresse. -  Cointeressato,  chi  o  che  ha  comune  in- 
(pioqs^  'n  checchessia:  socio;  anche,  compare, 
complice. 

Coinvòlgere  (coinvolto).  Comprendere,  avvol" 
gere  alcuno  in  xm'accusa,  in  una  Wfe,  ecc.:  im- 
plicare, inci celare,  rendere  complice. 

Coito.  Accoppiamento  dei  due  sessi  per  la  ge- 
nerazione  della  specie  umana. 

Cola.  Arnese  per  colare  il  vino.  •  Altro  stru- 
mento per  colare  la  calcina. 
Colà.  Avverbio  che  significa  in  quel  luogo, 
Oola^rnfjo.  Piccolo  arnese,  o  colatoio,  per  co- 
lare il  brodo. 

Colagogo.  Detto  a  bile  e  a  purgante. 
Colare  (colato,  colatura).  Far  passare  la  cosa 
liquida  in  panno  o  altro  (veggasi  a  filtro).  -  Far 
passare  la  calcina  per  la  cola:  veggasi  a  calce.  - 
Far  passare  per  colo  ;  riferito  a  grano,  -  Versare 
un  liquido  goccia  a  goccia.  -  Fondere,  riferito  a 
metallo,  -  Scorrer  giù,  gocciolare.  -  Colaticcio, 
ciò  che  cola  o  scola  da  checchessia  :  materia  li- 
quida colata,  feccia,  rimasuglio.  Anche,  la  cera 
scolata  dalle  candele:  biòccolo,  candelotto,  cerume, 
colatura,  gocciolatura,  premitura.  -  Colatóio,  qual- 
siasi arnese  da  colare:  cola,  colino,  colo,  stamigna; 
torcifeccio,  torcifecciolo.  -  Colatura,  atto  del  colare; 
la  materia  colata.  -  Colino,  piccolo  ;unese  da  cu» 
dna,  per  colare. 
Colascionata.  Sorta 


592 


COLASCIONE 


Colascione.  Istrumento  musicale  a  forma  di 
litUo. 

Go lassù.  Lo  stesso  che  colà,  però  dimostrando 
altezza. 

Oolatìo.  Addiettivamente  :  cascato  da  sé  da 
una  pianta:  detto  specialmente  della  castagna. 

Colatoio.  Arnese  per  colare  :  filtro. 

Colatore.  Un  canale  di  scolo. 

Colatura.  Atto  del  colare  e  la  materia  co- 
lata :  veggasi  a  filtro.  -  L'acqua  che  risulta  da 
una  decozione. 

Colazione.  Il  pasto  che  si  fa  alla  mattina: 
colezione.  •  Colazionaccia,  di  colazione  pessima.  • 
Colazioncina,  di  colazione  non  eccessivamente  ab- 
bondante, ma  gustosa  per  qualità  di  cibo.  -  Cola- 
zionciona,  di  colazione  buona  e  abbondante.  -  Co- 
lazionetta,  colazinncella,  di  colazione  non  abbon- 
dantissima, ma  gustosa  e  soddisfacente.  -  Calazio- 
nuccia,  di  colazione  poco  soddisfacente. 

Asciolvere,  denominazione  poco  in  uso  per  indi- 
care la  colazione  del  mattino,  che  toglie  il  digiuno  : 
sciòlvere,  sciacquadenti  ;  frane,  déjeuné.  •  A  for- 
chetta, 0  in  forchetta,  la  colazione,  se  si  mangiano 
cibi  solidi  e  da  pigliarsi  con  la  forchetta:  contrapp. 
alla  colazione  di  caffè  e  latte.  -  Prima  colazione,  il 
pasto  che  si  suol  fare  appena  alzati.  -  Seconda  co- 
lazione,  il  pasto  che  suol  farsi  nella  mattinata,  fra 
le  undici  e  mezzogiorno.-  Lunch  oluncheon  {in^.), 
colazione,  per  lo  più,  sontuosa.  -  Pique-nique,  me- 
renda, colazione  o  sollazzo,  in  cui  ognuno  paga  la 
sua  parte  o  porta  qualcosa  da  mangiare,  Ital.  fare 
alla  romana  ;  in  toscano,  a  testa  e  borsa.  -  Sciac - 
qui'denti,  di  colazione  misera  per  qualità  e  quan- 
tità di  cibi.  -  Spuntino,  piccola  colazione,  leggera  ; 
piccolo  mangiare  che  si  fa  fuori  dell'ordinario,  e 
tanto  per  sostenere  lo  stomaco  ed  arrivare  all'ora 
consueta  del  cibo. 

Far  colazione:  asciòlvere,  colazione,  rompere  il 
digiuno,  sciòlvere;  sdigiunare,  sdigiunarsi. 

Còlchico.  Genere  di  piante,  tipo  della  fami- 
glia delle  colchicacee.  -  Colchico  autunnale,  la  spe- 
cie più  nota  e  più  apprezzata.  -  Colchicina,  alca- 
loide riscontrato  nel  colchico  autunnale. 

Coleo.  Sorta  di  pianta  ornamentale. 

Coledoco,  n  dotto  escretore  del  fégato. 

Colèi.  Pronome  di  persona  (femmin.) 

Colelogia.  Trattato  della  bile. 

Colendissimo.  Rispettabile:  titolo  d'onore,  di 
rispetto. 

Coleottero.  Varietà  di  insetto;  e  coleòtteri,  or- 
dine d'insetti  il  più  ricco  di  tutti,  le  cui  specie 
superano  i  cinquantamila,  suddivisi  in  pentameri, 
eteromeri,  tetrameri,  trimeri,  ecc.:  hanno  quattro 
ali,  di  cui  le  anteriori,  o  elitre,  generalmente  dure, 
coriacee,  convesse,  che  servono  di  astucci,  non  al 
volo,  macchiettati  per  lo  più  di  colori  vivissimi. 
Insetti  coleòtteri  sono  quelli  detti  brachelitri,  cara- 
bidi  (carnivori),  clavicorni,  lamellicorni,  longicorni, 
seiricorm,  rincòfori,  silófagi,  platisomi,  eupodi,  cla- 
vipalpi,  ecc. 

Bupresto,  genere  di  coleòtteri  pentameri.  -  Ca- 
landra, coleottero  di  più  specie  (calandra  grana- 
ria, punteruolo,  ecc.).  -  Càrabo,  coleottero  di  più 
specie,  a  colori  metallici  e  di  carattere  feroce.  - 
Cerambice,  genere  di  coleòtteri  longicorni  aventi  il 
corpo  di  color  verde  bronzino.  -  Cervo  volante,  ge- 
nere di  coleòtteri  affini  agli  scarabei  e  nocivi  agli 
alberi  di  cui  rodono  il  legno.  -  Cicindela,  genere 
di    coleòtteri  velocissimi,   voraci,   che   abitano   in 


luoghi  sabbiosi.  -  Coccinella,  coleottero  a  corpo  e- 
misferico,  in  qualche  specie  con  elitre  rosse.  -  Coia- 
spidi, tribù  di  coleotteri  tetrameri.  -  Fungicoli,  afi- 
dofagi,  pselati,  insetti  della  famiglia  dei  coleòtteri 
trimeri.  -  Lucciola,  coleottero  dal  ventre  risplen- 
dente. -  Melasomi,  tossicorni,  steneletri,  trachelidi, 
insetti  della  famiglia  dei  coleòtteri  eteromeri.  -  Me- 
lolotUa  0  maggiolino,  coleottero  comune  in  Italia. 
Ne  ò  una  specie  lo  scarafaggio.  -  JSecròfori, 
nome  dato  a  certi  coleòtteri  che  costumano  sep- 
pellire piccoli  aaimaluzzi  per  deporvi  le  uova.  • 
Silfa,  genere  d' insetti  coleòtteri,  di  cui  si  cono- 
scono circa  sessanta  specie,  quasi  interamente 
nere,  accetto  la  S.  thoracica,  con  protorace  rosso, 
e  la  S.  tripunctata,  che  ha  gialle  le  elitre.  - 
Tenebrióne,  genere  di  coleòtteri  che  fuggono  la 
luce. 

Colèra  {colèrico,  coleroso).  Morbo  epidèmico, 
grave,  che  dà  vomiti,  diarrea,  talvolta  uccidendo 
in  poche  ore  ;  dovuto  ad  uno  speciale  bacterio  pa- 
togeno detto,  dalla  sua  forma,  bacillo  virgola  (vi- 
brione), e  scoperto  da  Koch  :  cholera  morbus,  co- 
leramorbo,  colerragia,  morbo  asiatico.  Volgarm., 
zingaro.  Si  presenta  sotto  varie  forme  patologiche  : 
colera  asiatico  (detto  anche  malattia  nera,  morde- 
chi,  mordixim,  tipo  indiano,  vedi-vandi),  indigeno  o 
sporadico  (in  forma  tenue),  secco,  tifoide.  -  Colera 
infantile,  enterite  coleriforme.  -  Colera  fulminante, 
il  colera  quando  assume  forma  si  terribile  da  uc- 
cidere entro  poche  ore.  -  Colera  sporàdico,  catarro 
tumultuario  gastro-enterico,  con  vomiti,  ecc. 

Colerico,  che  ha  rapporto  col  colera.  -  Colerifor- 
me, che  rassomiglia  al  colera  solo  per  alcuni  sin- 
tomi, ma  non  nell'essenza.  -  Coleroso,  chi  è  aifetto 
di  colera. 

Algido,  periodo  critico  del  colèra  :  algóre.  -  Co- 
lerina,  colera  leggiero  o  diarrea  comune  in  tem- 
po di  colera. 

Anticolerico,  quanto  ha  azione  contro  il  colera, 
la  cura  del  quale  si  fonda  sui  mezzi  atti  ad  espel- 
lere dall'organismo  i  germi  patogeni  e  le  loro  tos- 
sine e  sui  mezzi  atti  a  scongiurare  i  pericoli  ine- 
renti alle  perdite  profuse  che  l'organismo  subisce 
col  vomito  e  con  la  diarrea,  nonché  per  V  intossi- 
cazione generale  dovuta  all'  assorbimento  dei  pro- 
dotti tossici  specifici. 

Colere  (culto).  Usato  in  poesia  per  venerare. 

Colèrico.  Di  colèra. 

Colerina.  Detto  a  colèra. 

Colibrì.  Piccolissimo  uccello,  dagli  splendidi 
colori  e  il  più  leggiadro  che  si  conosca,  proprio 
dell'America  tropicale.  Circa  quattrocento  specie.  - 
Uccello  mosca,  la  più  piccola  specie  di  colibrì. 

Còlica.  Dolore  di  ventre,  disturbo  deWitite- 
stino;  doglia  còlica,  mal  di  fianco,  mal  di  pancia; 
passione  colica.  -  Celocòlica,  colica  prodotta  dal- 
l'ernia. -  Colica  biliare,  quella  prodotta  dal  cal- 
colo biliare:  colica  epàtica,  del  fegato.  -  Colica 
chiusa,  volgami.,  la  colica  intestinale  unita  ad  im- 
possibilità di  defecazione.  -  Colica  del  miserere,  co- 
lica miserere,  volgarm.,  i  dolori  tormentosi  prodotti 
dal  volvulo  intestinale.  -  Colica  emorroidaria,  pro- 
dotta da  emorroidi.  -  Colica  flatulenta,  prodotta 
0  accompagnata  da  accumulo  di  gas  neh'  intestino. 
-  Colica  isterica,  forma  di  isterismo.  -  Colica  ne- 
fritica, dolori  violenti  nella  regione  dei  reni,  de- 
terminati dalla  presenza  d'un  calcolo.-  Colica  pan- 
creatica, dolore  violento  nella  regione  epigastrica: 
accompagna  le  lesioni  del  panci-eas,  specialmente 
le  infiammazioni  e  la  calcolosi.  -   Colica  satuminOt 


Còijco  —  Colla  zioNABE 


593 


detta  anche  colica  da  piombo,  colica  dei  pittori 
quella  prodotta  da  intossicazioni  in  chi  lavora  o 
inanej,'gia  (come  i  tipogralì,  i  fonditori  di  caratteri) 
il  minerale  di  piomho.  Colica  secca,  forma  di  co- 
lica, di  intossicazione  saturnina,  die  si  osservava 
un  tempo,  endemicamente,  a  bordo  delle  navi,  nelle 
regioni  torride.  -  Colica  stercoracea,  dipendente  da 
accumulo  di  feci  nell'  intestino.  -  Colica  uterina, 
dolore  nWutero. 

l'ottave  a  yà)tgheri  la  peccin  (pancia),  avere  la 
co  ica. 

Colico.  Aggiunto  di  parecchie  arterie,  rami 
delle  mesenteriche,  che  vanno  al  grosso  intestino, 

-  Acido  còlico,  complicatissima  combinazione  che 
trovasi  nella  bile. 

«Colino.  Piccolo  arnese  da  cucina,  per  co- 
lare. 

Colito.  Infiimmazione  del  colon. 

Colla.  Detto  a  tortura. 

Colla.  Sostanza  vischiosa,  composta  di  gelatina 
per  la  massima  parte,  e  che  si  ricava  con  lunga  e- 
bollizione  da  ritagli  di  grosse  pelli,  dalle  corna, 
dalle  unghie,  dalle  ossa  degli  animali,  nonché  da 
diverse  materie  vegetali  :  serve  ad  attaccare,  ad 
unire  insieme  una  cosa  all'altra.  Si  hanno  colle 
al  mastello,  di  pasta,  di  amido,  di  fecola,  di  gomma, 
di  guttaperca,  a  base  di  olii,  di  materie  resinose, 
ecc.  Colla  fresca,  fatta  di  recente  o  molto  attiva; 
risentita,  ripresa,  rifatta,  con  attività  rinnovata.  - 
Collagene,  di  sostanze  mucose,  appiccicaticele,  pro- 
prie in  organi  giovani.  -  Colluno,  che  è  come  colla. 

Colla  da  bocca,  quella  che  serve  per  appiccicare 
fogli.  -  Colla  d'Armenia,  di  caseina  elastica,  marina, 
varietà  di  colla.  -  Colla  di  pesce,  quella  ottenuta 
dalle  vesciche  natator.e  degli  storioni  :  ittiocolla 
(se  ne  fa  gran  consumo  come  sostanza  alimentare  ; 
serve  pure  per  clisteri,  per  iniezioni  e.  in  farma- 
cia, per  fare  capsule  ed  empiastri  adesivi.  Ad  uno 
strato  di  essa  deve  la  sua  proprietà  adesiva  il  taf- 
fetà inglese  o  drappo  incollato).  -  Colla  forte,  quella 
adoperata  dai  falegnami  e  che  trovasi  specialmente 
nelle  ossa.  -  Lolla  liquida,  quella  che  si  ottiene  di- 
sciogliendo colla  forte  e  gelatina  in  aceto.  -  Colla 
navale,  specie  di  mastice,  preparato  mescolando  in- 
sieme, in  opportune  proporzioni,  dell'olio  di  nafta, 
del  caucciù  e  della  gomma  lacca:  si  usa  pei  lavori 
navali.  -  Colla  semplice,  quella  che  si  estrae  dalle 
cartilagini. 

Collodina,  colla  vegetale.  -  Glutine,  materia  vi- 
scosa collosa.  -  Gin  marina,  colla  fortissima  fatta 
con  caucciù,  olio  di  catrame  e  gomma  lacca.  -  Ittio- 
colla, colla  di  pesce.  -  ilifl.s/«ce,  resina  attaccaticcia; 
ragia  del  lentischio  ;  colla  dei  legnaiuoli.  -  Oidium 
lactis,  ifomicete  che  forma  uno  strato  biancastro 
sul  latte,  sul  pane,  sulla  colla  di  amido.  -  Osteo- 
colla,  colla  fatta  togliendo  la  materia  minerale 
delle  ossa  e  sciogliendo  la  gelatina. 

Pegola,  materia  attaccaticcia  ;  il  luogo  dove  si 
trova.  -  Salda,  la  colla  d'amido.  -  Silocolla  (voce 
greca),  antica  denominazione  della  colla  forte,  fatta 
con  cuoio  e  nervi  di  bue,  e  per  ciò  detta  anche 
taurocolla. 

Agglutinare,  attaccare,  unire  ;  della  colla  e  di 
altre  sostanze  agglutinanti,  adesive,  come  il  cauc- 
ciù, il  collodion,  la  destrina,  la  guttaperca,  lo  spa- 
radrappi, ecc.:  incollare.  -  Far  la  colla,  struggerla 
al  fuoco.  -  Incollare  (incollamento,  incollatura),  dare 
la  colla,  attaccare  insieme  con  la  colla  e  simili  : 
conglutinare,  immasticciare,  ragglutinare,  rincollare. 

-  Incollamento,  incollatura,    operazione    dell'  incol- 

Prrmoij.  -  Vnrnbilario  Nomenclatore. 


lare.  -  Reggere,  tenere,  della  colla  che  fa  presa,  è 
resistente.  -  l'aiolina,  arnese  per  scaldare  la  colla. 

Collaborare  (collaborato,  collaboratore).  Far 
laroro,  lavorare  insieme  con  altri,  in  un  modo 
qualsiasi,  massime  in  un  giornale,  in  una  rivista, 
in  nnopera  letteraria,  scientifica  e  simili.  -  Lol- 
laboratore,  chi  collabora,  si  dà  a  collaborare,  spe- 
cialmente in  un  giornale,  ecc.  Altrimenti,  adiu- 
tore, coadiutore,  coadiuvante;  socio,  compagno  di 
lavoro;  cooperatore,   aiutatore  (veggasi  ad  aiuto). 

Collaborazione,  atto  ed  elìetlo  del  collaborare; 
aiuto,  cooperazinne.  -  Fare  il  bilancino  a  uno, 
aiutarlo  con  la  collaborazione. 

Collaboratore.  Detto  a  collaborare. 

Collaborazione.  Detto  a  collaborare. 

Collana.  Vezzo  o  catena  d'oro  o  di  gioie  che 
si  porta  intorno  o  pendente  al  collo:  cascata,  c;i- 
tena,  filza  di  perle  e  simili  :  collare,  guinzaglio 
(spreg.)  ;  monile  ;  nusca  (voce  antiquata)  ;  riviera 
(frane,  d'uso,  da  rivière).  -  Giardiniera,  specie  di 
collana  da  donna.  -  Parure,  frane;  in  italiano,  li- 
nimento, ch'é  composto  della  collana  e  de^li  orec- 
chini. -  Sautoir  (frane),  lunghe  catene  che  girane 
intorno  al  collo  e  cadono  in  punta  a  mezza  vita.  ■ 
Toìir  de  cou,  voce  frane,  della  moda,  colluna. 

Collana.  Raccolta  di  opere  letterarie.  -  Parte 
essenziale  del  finimento  del  cavallo. 

Collare  (collalo).  Veggasi  a  tortura. 

Collare.  Striscia  di  cuoio  o  d'altro  che  si  mette 
intorno  al  collo  delle  bestie,  per  lo  più  dei  cani  : 
collaro,  mello.  Finimento  di  cuoio  pei  cavalli  da 
tiro,  imbottito  e  di  figura  pressoché  ovale,  che  ha 
talora  all'esterno  un  giro  di  una  verghetta  di  ferro, 
di  acciaio  o  di  ottone,  spesso  moljile.  Parte  del 
vestimento  del  chierico  e  d'altra  persona  del  clero: 
collare  bianco  del  papa,  collare  rosso  del  cardi- 
nale, ecc.  -  Apparecchio  di  ortopedia. 

Armilln,  collare.  -  Balleus.  collare  d'ornamento, 
specie  di  pendaglio,  molto  più  lungo  del  sottogola  e 
collocato  sotto  questo,  verso  il  luogo  dove  comincia 
il  petto.  Decorato  di  ricami,  di  chiodi  d'oro  e  d'ar- 
gento. -  Bavero,  collaretto  che  è  come  rimboccato, 
cioè  arrovesciato  o  ripiegato  sopra  di  sé  nei  ve- 
stiti da  uomo.  -  Gorgeretto,  collaretto  di  bisso  o  di 
altra  tela  molto  fine,  che,  per  essere  increspato 
quasi  a  foggia  di  lattusa,  fu  detto  anche    lattughe. 

-  Gorgiera,  collaretto  di  tela    finissima   increspata. 

-  Grandiglia,  gorgiera  o  collare  antico  alla  spa- 
gnuola  :  bai'ero  alto  -  Monile,  sottogola  trasformato 
in  collare  di  puro  ornamento,  e  guarnito  a  tal  uo- 
po di  pendenti  di  metalli  preziosi,  artisticamente 
lavorati,  di  perle,  ecc.  -  Pazienza,  parte  del  col- 
lare dei  preti.  -  Renard  (frane),  collare  fatto  di 
pelli  di  volpi  caudate  ed  unghiate,  da  portarsi 
attorno  al  collo. 

Collaretto.  Il  bàvero  del  mantello. 

Collarino  Parte  della  colonna.  -  (Ciascuno  dei 
pezzi  che  reggono  il  manico  della  campana. 

Collasso  (collapso).  Rapido  diminuire  delle  forze, 
con  rallentamento  delle  funzioni  cardiache  e  cere- 
brali, con  un  complesso  sintomatico  come  diminu- 
zione della  temperatura,  del  polso,  della  respira- 
zione, ecc. 

Collaterale.  Condizione,  grado  di  parentela. 
•  Chi  accompagna,  cammina  a  fianco. 

Collatóre.  Colui  che  conferisce  o  ha  il  diritto 
di  conferire  un  benefizio  ecclesiastico. 

Collaudare,  collaudazione,  collàudo.  Veg- 
gasi a  lavoro. 

Collazionare   (collazionato).   -  Confrontare  la 

38 


594 


COLLAZIONE 


copia  di  nnn  scriffura  col  suo  originale:  porre  a 
riscontro  ;  parasionare,  riscontrare,  scontrare.  -  Col- 
lazione, atto  dei  collazionare:  confrontazione,  con- 
fronto, riscontro. 

Coliazione.  Conferimento  di  benefizio  ec- 
clesiastico. -  Confronto  di  scrittura. 

Colle.  Piccolo  monte;  monte  poco  elevato  e 
coltivo  ;  piccola  elevazione  di  terreno,  per  lo  più 
coperta  di  ridente  vegetazione  ;  secondo  alcuni,  e- 
ievazione  di  terreno  fra  Valtura  e  la  collina:  col- 
letto, collicello,  montagnetta,  montagnola,  monti- 
cello,  monticciuolo;  aprico,  ameno  o  no.  Il  colle 
è  declive,  ossia  di  lieve  pendio,  oppure  acclive, 
cioè  ripido,  erto,  in  salita  ;  è  tondo,  liscio,  oppure 
aspro,  dirupato,  diruto,  scosceso  (veggasi  2i  dirupo); 
verdeggiante  o  brullo,  arido;  ricco  o  povero  di  ve- 
getazione. 

Clivo,  collinetta.  -  Collina,  piccolo  colle  ;  som- 
mità e  schiena  del  colle  ;  più  colli  piccoli  e  con- 
tinuati. Collinetta,  collinetto,  dimin.  -  Collina  a 
sdraio,  leggermente  acclive.  -  Costa,  salita,  e  talora 
il  colle  stesso  die  fa  salire  la  via.  -  Cuccurù  e 
cHccureddu,  denominazione  usata  in  Sardegna  per 
indicare  la  sommità  delle  colline  -  Poggio,  altura 
che  sta  per  elevazione  tra  il  colle  e  il  monte. 
Paggetto,  poggetlino,  pogijerello  ;  poggiolino,  pog- 
ginolo; costarella,  piagge! ta,  piaggia,  pendice.  -  Tim- 
pone,  nelle  Calabrie,  collina  isolata. 

Acquapendente,  declivio,  pendice,  pendio,  ver- 
sante del  colle.  -  Balza,  piccolo  piano  di  colle  o 
di  monte,  che  dà  sopra  un  dirupo  o  luogo  sco- 
sceso. -  Cacume,  sommità,  cima,  vetta,  culmine.  - 
Crine,  la  cresta,  la  punta,  di  forma  rotonda.  - 
Dosso,  la  parte  esteriore  più  rilevata  :  dorso,  schie- 
na. -  Greppo,  il  fianco  di  un  poggio  dirupato  e 
scosceso.  -  Pendice,  fianco  di  altura  che  pende  al 
basso. 

Colligiano,  abitante  di  colle  ;  uomo  di  colle,  di 
collina.  -  Scollinare,  passare  o  girar  colline. 

Collega.  Compagno  d'  ufficio ,  di  magi- 
strato, ecc. 

Collegamento  (collegazione').    Atto    ed  effetto 
del  collegare,  AqW  unire. 
Colleganza.  Stretta  relazione  fra  due  cose. 
Collegare,   collegarsi   (collegato).    Congiun- 
gere, congiungersi,  unire,  unirsi  in  modo  che  una 
parte  non  possa  staccarsi  dall'altra  ;  fare  alleanza, 
mettersi  in  lega. 
Oollcgatore.  Veggasi  a  pila. 
Collegazione   (collegamento).    Atto    ed    effetto 
del  col  legare,  AAVunire. 
Collegiale.  Veggasi  a  collegio. 
Collegiata.  La  chiesa  che  ha  capitolo  di  ca- 
nonici. -  Tutti  insieme  gli  alunni  di   un   collegio 
0  di  un  seminario. 

Collegio.  Istituto  di  istruzione  e  di  educa- 
zione: collegio  convitto,  convitto;  conservatorio, 
educandato  (di  giovinette),  educatorio;  ritiro  (più 
specialmente  delle  fanciulle);  artifiziale  famiglia.  Il 
colledo  è  laico,  civile,  o  ecclesiastico  (seminario  ,  o 
militare.  Vi  insegnano  il  maestro,  il  ftrofessore 
e  talvolta  anrhe  il  rettore. 

Collegiale,  del  collegio,  di  collegio  ;  alunno,  con- 
vittore di  un  collegio,  discepolo,  scolaro  ;  femmin., 
educanda,  alunna.  -  Alunni  interni,  d'un  convitto, 
contrapp.  a  esterni,  ì  quali  ricevono  in  collegio  l'i- 
struzione, ma  non  vi  restano  a  mangiare  e  a  dor- 
mire. -  Soldatini,  allievi  piccoli  del  collegio  mi- 
litare. 

Camerata,  quei  tanti  giovani  che,  secondo  l'età, 


sogliono,  nel  collegio  o  nel  seminario,  tenersi  in- 
sieme, sotto  la  custodia  d'un  prefetto.  -  Anche,  de- 
nominazione comune,  tanto  alle  sale  da  studio  che  a 
quelle  dove  i  collegiali  dormono.  -  Cenacolo,  refettorio 
(e  determinatamente  quello  di  Cristo  all'ultima  sacra 
cena).  -  Corridoio,  stanzone  lungo  sul  quale  danno  le 
celle,  le  camere.  - Doìmentorio,  dormitorio,  camerone 
dove  i  collegiali  stanno  a  dormire.  -  Refettorio, 
stanza  grande,  sala  in  cui  gli  alunni  si  raccolgono 
a  mangiare.  •  Refettoriale  (scherz.),  spettante  al 
refettorio. 

tensore,  chi  veglia  alla  disciplina.  •  Istitutore,  chi 
sorveglia  i  collegiali  o  presta  aiuto  al  maestro.  - 
Prefetto,  nei  collegi  o  nei  seminari,  chi  vigila  la 
camerata.  -  Rettore,  chi  regge  e  dirige  il  collegio: 
direttore.  -  Rettrice,  direttrice,  di  collegio  femminile. 
-  1  ice-rettore,  chi  succede  in  autorità  al  rettore  o  ne 
fa  le  veci. 

Corrèdo,  complesso  degli  indumenti  e  degli  og- 
getti d'uso  personale  che  l'allievo  deve  portare  con 
sé.  -  Posto  gratuito,  beneficio  pel  quale  l'alunno 
non  paga  la  retta.  -  Retta,  il  prezzo  che  si  paga 
per  essere  accolti  nel  collegio.  -  Stare  in  serbo, 
stare  in  collegio.  -  Uscita,  l'uscire  del  collegio,  di 
ragazzi.  Giorno  d'uscita,  quello  nel  quale  all'alunno 
è  concesso  di  uscire. 

Piantone  armato,  punizione  per  cui  il  giovane, 
nel  collegio  militare,  è  messo  al  muro  con  zaino  e 
fucile. 

Collegio.  Congregazione,   unione   di   parecchie 
persone   per   esercitare   un   pubblico  ufficio  o  per 
uno  scopo  comune  (collegio  degli  avvocati,  dei  me- 
dici, dei  professori,  ecc.).  -  Anche,  accolta  di  persone 
per  esercitare  un  ufficio  religioso.  -  '  'ollegio  eletto- 
rale, veggasi  ad  elezione.  -  Sacro  collegio,  riunione 
dei  cardinali  che  formano  il  concistoro  e  il  con- 
clave. 
Collera  (collerico).  Stizza,  ira. 
Collerico.  Stizzoso,  facile  all'ira. 
Colletta.  Raccolta  per  elemosina.  ■  Orazione 
della  messa. 

Collettivamente.  In  modo  collettivo,  in- 
sieme. 

Collettivismo,  coUettiTlsta.  Veggasi  a  so- 
dalisnio. 

Collettivo.  Che  comprende  molti,  è  fatto  da 
molti,  è  comune  a  molti;  complessivo.  -  Ag- 
giunto di  nome  generico  e  di  qualche  società. 

Collettizio.  Accogliticcio,  raccogliticcio:  veg- 
gasi ad  adunare  e  a  raccogliere. 

Colletto.  Parte  A&Wa  camicia,  della  veste  e 
simili,  che  si  accosta  al  collo:  collaretto,  collarino, 
goletta,  collo.  Può  essere  in  piedi,  rovesciato,  rim- 
boccato, alla  marinara,  ecc.;  è  stirato,  piegato, 
gualcito,  sudicio  ecc.  ■  Collettino,  collettone,  dimin.  e 
accresc.  -  Colletto  /isso,  attaccato  alla  camicia.  - 
Colletto  staccato,  o  volante,  collo  tìnto,  goletto; 
solino,  solino  da  collo. 

Baverina,  goletta,  solino  di  tela,  ricamata  o  smer- 
lata, che  si  mette  al  collo  dei  vestiti  muliebri,  e  che 
ricasca  più  o  meno  sulle  spalle.  -  Faux-col  (frane), 
letteralmente,  falso  collo,  cioè  colletto.  -  Goletto, 
fascinola  di  pannolino,  o  altro,  bianco  o  colorato, 
che  serve  di  cravatta,  ma  fa  un  solo  giro  del  collo, 
e  si  serra  di  dietro  per  mezzo  di  gàngheri  o  di 
l'Ottoni.  11  goletto  ora  è  liscio,  ora  increspato,  e  ta- 
lora gli  si  rapporta  sul  davanti  un  fiocco  della  me- 
desima roba,  per  dargli  somiglianza  di  cravatta, 
l.a  forma  del  colletto  è  variabile  secondo  la  moda; 
ma  il  nome  rimane  il  medesimo.  Si  chiama  anche- 


COLLETTORE 


595 


goletto  0  solino  quella  parte  della  camicia  da  uomo 
che  veste  il  collo  e  che  sopravanza  al  fazzoletto 
da  collo  0  cravatta.  -  Goleltone,  grossa  striscia  di 
maglia  o  di  lana,  a  più  colori,  che  portasi  l'inver- 
no avvolta  al  collo,  invece  di  cravatta,  l'iù  co- 
mun.,  ciarpa,  sciarpa.  -  Soliuo,  collo  o  collaretto 
ilella  camicia.  -  Solinone,  solino  a  vela,  gran  col- 
letto ;  piemontese,  parafanghi. 

Collettore.  Ctii  fa  raccolta  di  cose  d'a/Ve. 
-  Chi  raccoglie  firme  o  riscuote  somme  :  esat- 
tore. 

Collettore.  Veggasi  a  dinamo,  a  motore^  a 
pila. 

Collettoria.  La  posta  rurale. 

Collezione.  Accolta,  raccolta  di  cose  conge- 
neri, per  lo  più  d'arte,  di  numismatica,  ecc.  -  In 
senso  più  largo,  museo.  -  Collezione  bizantina,  le 
raccolte  degli  scrittori  le  cui  opere  danno  la  storia 
dell'impero  romano  d'Oriente,  da  Costantino  alla 
presa  di  Costantinopoli.  -  Gipsotèca,  raccolta  di 
^'essi  riproducenti,  per  ragione  di  studio  e  di  col- 
tura artistica,  i  migliori  e  più  celebrati  lavori  del- 
l'arte scultoria,  specie  classica.  -  Collezionista,  chi 
fa  collezioni,  raccolte  :  museante  (non  comune).  - 
Far  collezione,  adunare,  riunire,  raccogliere,  fare 
raccolta,  fare  incetta. 

Collezionista.  Detto  a  collezione. 

CoUicello.  Piccolo  colle. 

Collidere,  collìdersi.  Veggasi  ad  urto. 

Collljjriano.  Detto  a  colle. 

Collimare  {collimalo).  Avere  uno  stesso,  sco- 
po; tendere  a  uno  stesso  punto;  essere  d'accor- 
do ih  una  determinata  cosa.  -Veggasi  anche  a  co- 
spirare. 

Collimatóre.  Veggasi  a  telescopio. 

Collina.  Sommità  e  schiena  del  colle. 

Colliquamento.  Detto  a  liquefare, 

ColliquatìTo.  Detto  a  consum,are,  a  diar- 
rea, a  l'ebbre,  a  sudore. 

Collirio.  Medicamento  per  l'occhio  e  per  le 
palpebre  :  liquido  carico  di  sostanze  attive  proprie 
a  combattere  le  affezioni  oculari.  Oltre  le  soluzioni 
acquose,  si  chiamano  colliri  anche  certe  pomate, 
certe  polveri,  ecc.  Si  distinguono  colliri  solidi,  li- 
quidi e  gassosi.  I  solidi  poi  si  suddividono  in  sec- 
chi e  molli.  Sono  colliri  solidi  le  lamelle  oftalmi- 
che e  i  colliri  secchi  graduali  di  Leperdriel,  for- 
mati di  carta  senza  colla,  imbevuta  di  una  solu- 
zione medicamentosa.  Colliri  molli  sono  le  pomate 
oftalmiche.  Numerosissimi  i  colliri  liquidi.  Gassosi, 
i  colliri  costituiti  da  tinture  eteree,  dall'ammo- 
niaca, ecc. 

Collisione.  Lo  scontro,  Vurto  di  due  corpi 
duri  insieme.  -  Anche,  contrasto  fra  più  persone. 

Collo.  Parte  cilindrica,  assottigliata,  del  corpo, 
la  più  stretta  del  tronco,  del  busto  :  scherz.,  gio- 
gàia. Unisce  il  torace  alla  testa.  Inferiormente,  si 
allarga  a  guisa  di  cono  e  continua  col  petto;  ma 
indietro  ha  un  limite  poco  distinto,  rappresentato 
dair«pó/ist  spinosa  della  vertebra  prominente,  men- 
tre in  avanti  la  delimitazione  esatta  è  formata 
dalla  forchetta  sternale,  dAÌV articolazione  sterno-cla- 
vicolare,  dalla  clavicola  e  dall'  acromion.  Lungo 
queste  sporgenze  ossee  scorre  la  linea  tronco-cervi- 
cale. In  alto  lo  separano  dal  capo  il  margine  in- 
feriore, più  0  meno  sporgente,  della  mandibola,  il 
processo  mastoideo,  una  linea  estesa  dall'  angolo 
della  mandibola  all'apice  dell'ayjò/ist  mastóide,  la 
linea  semicircolare  dell'occipitale  e  la  protuberanza 
occipitale  esterna.  Così   limitato,   il  collo    contiene 


però  alcune  parti  di  organi  delle  regioni  limitrofe, 
come  il  cervelletto  e  altri  organi  situati  nella 
fossa  cranica  posteriore,  e  in  basso  gli  àpici  poi' 
nionari  e  i  fòrnici  pleurali.  Nel  suo  insieme,  il 
collo  risulta  di  un  fusto  osseo,  rappresentato  dalla 
colonna  cervicale,  che  contiene  il  midollo  cervicale 
con  i  suoi  involucri:  questo  fusto  è  coperto  di 
parti  molli  che  indietro  comprendono  le  masse 
muscolari  della  nuca,  e  in  avanti  quelle  dei  muscoli 
anteriori  del  collo,  che  si  dividono  in  due  gruppi, 
separati  dall'osso  joide.  Si  deve  tener  conto  anche 
della  stratificazione  di  essi  in  superficiali q profondi 
e  delle  loro  fasce,  le  quali  dividono  il  collo  in 
quattro  logge. 

Il  collo  può  essere  lungo,  corto;  largo,  stretto;  fine, 
grosso;  esile,  forte;  bello,'brutto;  liscio,  morbido,  sodo, 
oppure  rugoso,  avvizzito  (che  ha  perduto  la  sodezza 
0  freschezza),  ecc.;  grasso,  magro,  incordato  (steso  e 
(lurn  rame  corda,  0  che  sembra  mostrare  le  corde), 
irrigidito,  ecc. 

Coilo  ,:nc  mostra  le  corde,  secco.  -  Collo  da  Niobe, 
0  di  Niobe,  bello,  ben  fatto:  di  donna.  -  Collo  d'a- 
vorio, 0  d'alabastro,  di  giglio,  collo  molto  bianco. 
-  Collo  di  cicogna,  di  giraffa,  d'oca,  collo  lungo.  1^] 
giraffa  chi  ha  il  collo  molto  lungo.  -  Collo  di  ci- 
gno, bianco,  lungo  e  onduloso.  -  Collo  nudo,  collo 
scoperto;  e  scollato  aggiunto  di  veste  che  lascia  il 
collo  scoperto:  frane,  décolleté;  scollo,  ampia  aper- 
tura nella  camicia  o  nella  veste  da  donna.  -  Gora, 
sp'jno  Hi  sudiciume  su  per  il  collo  o  su  per  la 
persona. 

Cervicale,  ciò  che  appartiene  alla  nuca  ;  aggiunto 
di  varie  fornìazioni,  tanto  nella  regione  anteriore 
che  nella  posteriore  o  iiucale.  Si  chiamano  cosi 
ossa,  muscoli,  fasce,  vasi,  nervi  e,  topoj^raficamente, 
talune  regioni.  -  Inter  cervicale,  che  é  all'  interno 
del  collo.  -  Intervertebrale,  che  è  tra  le  vertebre.  - 

Macrocefalo,  d'animali  antidiluviani  caratterizzati 
da  grossa  cervice.  -  Microtrachéle,  che  ha  il  collo 
corto  0  piccolo.  -  Sotto-occipitale,  che  é  sotto  l'oc- 
cipite. 


Regioni  del  collo.  —  Parti. 


Per  il  rilievo  del  muscolo  sterno-cleido-mastoideo 
e  il  margine  superiore  del  muscolo  cuculiare,  si 
considera  il  collo  diviso  in  quattro  regioni  :  una 
anteriore,  una  posteriore  e  due  laterali.  L'anteriore, 
suddivisi  dal  solco  joideo  in  due  sottoregioni  (la 
sopra  e  la  sotto-joidea),  contiene  :  la  glandola  sotto- 
mascellare, il  pavimento  della  bocca,  più  in  basso 
la  laringe,  la  parte  superiore  della  trachea,  la  fi^- 
ringe,  la  parte  superiore  dell'esofago,  il  corpo  ti- 
roide, nonché  numerosi  vasi  e  nervi.  La  regione  la- 
terale comprende  :  il  muscolo  sterno-cleido-mastoideo, 
che  copre  lo  spazio  giugulo-caroideo,  nel  quale  é 
compreso  il  fascio  nervo-vascolare  del  collo,  con 
nervi  importanti,  e  il  triangolo  sopra-clavicolare, 
per  cui  passano  l'arteria  succlavia  e  il  plesso  bra- 
chiale. La  regione  posteriore  comprende  :  la  colonna 
cervicale,  con  i  muscoli  annessi,  o  muscoli  della 
nuca,  e  parte  dell'armena  vertebrale,  con  le  branche 
dorsali  delle  arterie  e  dei  nervi  cervicali. 

Angolare,  uno  dei  muscoli  del  collo.  -  Aponeurosi 
cervicali,  le  membrane  connettivali  che  involgono 
il  collo  in  totalità,  o  gli  organi  e  i  gruppi  musco- 
lari di  esso.  -  Arterie  cervicali,  alcuni  rami  dell'ar- 
teria succlavia  che  irrigano  il   collo.   -   Auchenion,. 


590 


regione  del  collo  negli  animali,  sotto  la  nuca.  - 
Carotidi,  le  due  grandi  arterie  del  collo  che  por- 
tano il  sangue  alla  testa.  -  Cervice,  lo  stesso  che 
collo,  ma  più  specialmente  si  chiama  cosi  la  re- 
gione' posteriore  del  collo,  la  nuca.  ■  Collòttola, 
parie  posteriore  del  collo,  fra  la  nuca  e  il  mezzo 
delle  spalle:  cannone  del  collo,  nodo  del  collo. 
CoUottolone,  collottola  assai  grossa  e  grassa.  -  Co- 
lonna cervicale,  il  segmento  superiore  della  co- 
lonna vertebrale,  che  corrisponde  alla  regione  del 
collo  ed  è  composto  delle  sette  vertebre  cervicali. 
-  Corde  del  collo,  i  due  muscoli  principali.  -  Cuti- 
cagna, cuticola,  pelle  delia  collòttola.  -  J^so/rtfifo,  il 
canale  che  dalla  faringe  va  sino  allo  stomaco:  an- 
che, canna,  gorgozzule,  strozza.  -  Fauci,  la  sbocca- 
tura della  faringe  verso  la  cavità  della  bocca: 
forcella.  -  Faringe,  cavità  posta  nella  parte  supe- 
riore del  collo  che  fa  seguito  alla  bocca  e  continua 
con  l'esofago,  -  Foìitavella  della  gola  o  del  collo, 
ingoio,  quel  seno  che  s'incava  ove  la  gola  confina 
col  torace. 

Gangli,  o  glandola  cervicali,  tutti  i  nodi  o  gangli 
linfatici  che  si  trovano  nella  regione  del  collo,  spe- 
calmente  quelli  che  sono  in  relazione  col  fascio 
nerveo-vascolare  del  collo,  col  muscolo  sterno- 
cleido-mastoideo  e  con  i  muscoli  della  nuca.  - 
Gioita,  glòttide,  veggasi  a  laringe.  -  Gozzo,  quella 
pinguedine  che  al  collo  hanno  alcuni,  e  che  in 
certi  paesi,  specialm.  nelle  donne,  si  stima  pregio, 
più  che  difetto:  gozza,  gozzile,  e,  nel  lucchese, 
gogio.  -  Gola,  propriam.,  la  parte  interna  del  collo 
"per  dove  passano  i  cibi  e  le  bevande  dalla  bocca 
allo  stomaco.  -  Grande  e  piccolo  retto  anteriore  della 
testa  :  muscoli  del  collo. 

Interspinali,  i  muscoli  che  riempiono  gli  spazi 
fra  le  sei  ultime  vertebre  del  collo  e  la  prima  del 
dorso.  -  Laringe,  parte  che  forma  la  tuberosità  che 
appare  nella  parte  anteriore  e  superiore  del  collo, 
-  Legamenti  cervicali,  gli  occipiti  atlantoidei,  ante- 
riore e  posteriore,  o  legamenti  otturatori,  anteriori 
e  posteriori.  -  Muscoli  del  collo,  lo  sterno-cleido~ma- 
stoideo,  il  grande  retto  anteriore  e  piccolo  retto  an- 
teriore delta  testa,  il  muscolo  lungo  del  collo,  lo  sca- 
leno anteriore  e  lo  scaleno  posteriore,  ecc. 

Nervi  cervicali,  le  prime  otto  paia  dei  nervi  spi- 
nali. -  Nodo  del  collo,  la  congiuntura  del  capo  col 
collo  :  anche,  le  nocche  del  collo.  -  Nuca,  regione 
posteriore  del  collo,  che  presenta  nella  parte  alta 
una  depressione  detta  fossetta  della  nuca:  occipite, 
occipizio.  -  Osso  ioide  :  non  si  articola  direttamente 
con  nessun  altro  osso  ;  è  situato  nella  parte  ante- 
riore e  media  del  collo,  tra  la  laringe  e  la  base 
della  lingua.  Ha  forma  di  parabola,  con  la  conves- 
sità anteriore  e  la  concavità  posteriore,  -  Plesso 
cervicale,  intreccio  nervoso,  costituito  dalle  branche 
anteriori  dei  primi  quattro  nervi  cervicali.  -  Pomo 
d'Adamo,  parte  prominente  della  regione  anteriore 
del  collo,  dovuta  a  sporgenza  cartilaginea  sottocu- 
tanea. -  Scaleno  anteriore  e  posteriore,  muscoli  del 
collo  che  agiscono  sopra  le  vertehre  cervicali.  - 
Splenio,  muscolo  oblungo  ed  appianato,  posto  nella 
parte  posteriore  del  collo  e  superiore  del  dorso, 
diviso  superiormente  in  due  porzioni  -  Sterno- 
cleido-mastoideo,  muscolo  che  serve  a  muovere  la 
testa  nelle  diverse  direzioni. 

Trachea,  asperarteria,  il  canale  che  dalla  laringe 
discendendo  pel  collo  va  nel  petto,  ove  dividesi  nei 
bronchi,  canali  che  si  diramano  nei  polmoni  : 
canna  del  polmone  e,  per  simil..  fiiitola.  -  Vene  cer- 
vicali: seguono  in  massima  parte  la  direzione  delle 


arterie  omonime,  e  quasi  tutte  sono  affluenti  delia 
vena  succlavia,  -  Vertebre  cervicali  o  del  eolio,  ossa 
che  prolungano  la  spina  dorsale  o  colonna  verte- 
brale: sono  in  numero  di  sette,  raramente  di  otto. 


Azioni  esercitate  sul  collo. 


Accollare,  mettere  sul  collo  (accollalo;  aeeolla- 
lura,  accollo,  atto  ed  effetto  ;  e  riaccollare  ripete 
accollare.  -  Afferrare,  sei  rare  il  collo,  prendere  al 
collo,  per  il  collo.  -  Aorcare,  strangolare  con  l'ar- 
randtliare  una  lune  al  collo.  Nella  campagna  to- 
scana odesi  spesso,  a  mo' d'imprecazione:  «  il  dia- 
volo, il  hoja  che  t'aorchi  » .  Decollare,  decapitare, 
scapezzare,  non  comun.,  e  discapezzare,  tagliar  la 
testa.  Dicesi  anche,  in  ischerzo,  fondare,  cimare,  far 
la  pera,  far  la  barba  :  non  bello.  Decollare  non  si 
direbbe  che  di  martiri  e  di  antichi  supplizi  {de- 
collazione, decapitazione,  dicapitamnito).  -  Dinoccare. 
dinoccolare,  rompere  la  nuca  o  piuttosto  dislogare, 
dislogarsi  la  nuca  o  le  giunture  del  collo,  o  simili  ; 
anche,  snodolare. 

Perdere  la  collottola,  aver  mozzo  il  capo.  -  Por- 
tare al  collo,  a  collo,  portare  appeso  al  collo  ;  in 
collo,  attorno  al  collo.  -  Rompersi  l'osso  del  collo, 
di  cliiaro  significato  :  scollarsi.  Rompersi,  troncarsi 
il  nodo  del  collo,  morire  cadendo  precipitosamente, 
0  da  alto,  da  cavallo,  ecc.  Figur.,  rovinarsi,  andare 
in  rovina.  -  Scannare,  tagliare  le  canne  della 
gola  :  sbozzare.  -  Scollacciarsi,  scoprirsi  troppo  il 
collo  (scollato,  scollacciato,  sgolato,  con  il  collo  o  la 
gola  scoperti).  -  Snodolare,  rompere  la  giuntura  del 
collo;  rompersi  il  collo.  -  Stravòlgere  (stravòlto), 
tòrcere  con  violenza.  -  Strozzare,  strangolare,  uc- 
cidere alcuno,  soffocandolo  con  forte  pressione  nella 
strozza  {strozzamento,  strangolamento,  ecc.).  -  Torci- 
collare,  andare  col  collo  storto,  come  fanno  i  bac- 
chettoni, che  anche  si  chiamano  torcicolli,  colli  torti 
0  collitorti. 

A  collo,  ellitticam.,  per  attaccato  o  appeso  al 
collo  {vestito  a  collo,  fino  al  collo).  -  Biccin gongolo, 
voce  burlesca,  adoperata  dal  Bronzino  e  che  sembra 
significhi  «  pugno  dato  nel  collo  » ,  -  Collata,  scollata, 
colpo  di  mano  dato  sul  collo, 

Golino,  colpo  coll'inforcatura  della  mano  dato  nel 
collo.  -  Sergozzone,  o  sorgozzone,  colpo  a  manu 
chiusa  nel  gozzo  o  nella  gola,  all'insù. 


Mosthuosita',  infermità',  ecc.,  del  collo. 


Atrachelia,  mostruosità  caratterizzata  dalla  man- 
canza di  collo.  -  Collare,  eruzione  erpetica  che  fa 
il  giro  del  collo.  -  Contratture  cicatriziali,  lesioni 
della  cute  consecutive  a  scottature,  le  quali,  spe- 
cialmente nei  bambini,  sono  frequenti.  -  havo,  ma- 
lattia cutanea  caratterizzata  dalla  formazione  di 
croste,  ecc.  ;  specie  di  pustola  maligna.  -  Fiacca- 
collo,  rompicollo.  -  Flemmone,  infiammazione  del 
tessuto  cellulare,  ossia  del  tessuto  connettivo  fi- 
brillare. 

Gangola,  glandola  o  glandule  del  collo  gonfiate 
per  malattia  e  portate  a  suppurazione.  -  Incorda^ 
tura,  effetto  dell'incordarsi:  tensione  morbosa  dei 
muscoli,  specialmente  di  quelli  del  collo  (mal  del- 
l'incordato), -  Malis,  quei  tumoretti  che  producono 
le  punture  degli  inselli  al  collo.  -  Scrofola  e  ««ro- 


COLLUTORIO 


597 


f'ula  (lat.,  siriana),  certi  in^Tossiiiiieiiti  delle  i,'laii- 
dole  linfatiche  conglobate  dalla  i);ule  inferiore  della 
faccia  e  della  superiore  del  collo.  Nel  Lucchese, 
natte.  In  altri  dialetti  scrofole  è  voce  generica  per 
indicare  malattie  glandulose.  -  SlorciroUo,  incorda- 
tura nel  collo,  per  reuma,  per  attiliidine  sforzata  o 
simili,  per  cui  si  è  costretti  a  tenere  il  collo  im- 
mobile e  storto;  storta,  torcicollo.  E  si  chiama 
Minerva  un  apparecchio,  specie  di  collare,  desti- 
nato a  combattere  il  torcicollo  muscolare  perma- 
nente. -  Traclielagra,  o  trachelismo,  contrazione  spa- 
smodica dei  muscoli  del  collo.  -  Tnmorry  nome 
generico  delle  lesioni  neoplastiche  del  collo,  sva- 
riatissiiue. 


CO8B   CHK    SI   PORTANO,    SI   METTONO   AL   COLLO. 


Brolocco  (frane,  breloque),  sorta  di  scatoletta, 
d'oro  0  d'altro,  che  viene  portata,  per  ornamento, 
dalle  signore  pendente  al  collo,  infilata  in  una  ca- 
tenella, dagli  uomini  alla  catena  dell'  orologio.  - 
Campanaccio,  campanella,  piccola  campana  0  cam- 
panello che  si  mette  al  collo  del  bestiame  bovino  od 
ovino.  -  Catena,  e  più  comunemente  catenella  0  cate- 
nino,  piccola  catena  d'oro  portata  al  collo  dalle  donne, 
pendente  sul  davanti,  alla  quale  si  appende  una 
croce,  un  orologio  0  un  semplice  picchiapetto.  Ta- 
lora è  una  lunga  catenella  di  maglie  piccolissime, 
che  fascia  con  più  giri  il  collo,  e  che  si  chiama 
cateniìM  di  Venezia,  perché  in  questa  città  se  ne 
fabbricano  moltissime  con  finezza  ed  eleganza.  - 
Collana,  ornamento  larghetto  del  collo,  composto 
di  oro  0  di  gioielli,  oppure  di  più  fila  di  gemme; 
frane,  collier.  Anche,  parte  del  fitiimento  del 
cavallo.  -  Collare,  striscia  di  cuoio  0  d'altro,  che 
si  mette  al  collo  delle  bestie,  specialmente  al  cane. 

-  Cravatta,  stoffa  che  si  mette  intorno  al  collo, 
dentro  0  sotto  il  colletto.  •  Fazzoletto  da  collo, 
pezzo  di  pannolino,  lana,  bambagino  0  seta, 
quadrato,  ripiegato  in  due  diagonalmente,  che  por- 
tano le  donne  al  collo  per  coprirsi  le  spalle  0  il 
seno.  -  Fisciù,  specie  di  fazzoletto  da  collo,  ma 
scempio,  triangolare,  anche  di  velo  0  d'altro  si- 
mile, talora  ornato  di  gale   0   altrimenti    guarnito. 

-  Folar,  fazzoletto  di  seta  leggera,  per  lo  più  co- 
lorato variamente,  da  mettersi  al  collo. 

Gorgièra,  guarnizione  da  collo,  di  pannolino  o  di 
altro,  increspata  a  cannoncini,  e  fortemente  insal- 
data, si  che  stia  ritta  intorno  al  collo.  -  Monile, 
ornametifo  per  lo  più  d'oro  che  le  signore  por- 
tano al  braccio  0  al  collo.  -  Pendente,  gioiello  che 
pende  dal  collo  0  dagli  orecchi,  -  Scollo,  fazzoletto 
0  sciallino  usato  dalle  signore  per  coprire  lo 
scollo:  di  trina,  tutto  trapunto,  ecc.  -Soggolo,  velo 
0  panno  col  quale  le  monache  fasciano  la  gola  e 
il  collo  ;  parte  della  briglia.  -  Sopraccollo,  quanto 
è  me-so  sopra  il  collo.  -  Sottogola,  nell'uso,  stri- 
scia di  pelle  con  la  quale  i  militari,  le  guardi*  di 
pubblica  sicurezza,  ecc.,  tengono  fermo  il  berretto 
0  il  cappello,  passandola  sotto  il  mento.  In  chi- 
rurgia, setone  alla  nuca  per  dare  sfogo  a  qualche 
umore.  -  Vezzo,  denominazione  generica  di  ogni 
ornamento  del  collo,  che  non  sia  né  catena,  né  col- 
lana ;  e,  oltreché  di  gemme,  dicesi  anche  di  una  o 
più  filze  di  corallo,  di  margheritine  e  simili. 

Collo.  La  parte  alta  0  la  parte  più  stretta  di 
un  corpo  rigonfio,  quindi  dei  fiasco,  della  botti- 
glia e  d'altri  vasi  o  istrumenti.   -   Collo,  la  parte 


più  stretta  tra  il  corpo  e  la  testa  in  molte  opere 
d'arte.  -  Collo,  tardello,  c<iriro  di  mercanzie,  le- 
gato insieme:  balla,  involto,  sacco.  -  La  parte  più 
ristretta  di  un  organo:  collo  deW'iitero,  della  ve- 
scica, del  femore,  dell'om*»'©,  ecc.  -  Collo  del 
piede,  detto  a  piede. 

Collocamento.  Il  collocare. 
Collocare  (collocato,  collocazione).  Porre,  met- 
tere in  un  luogo,  0  nel  suo  proprio  luogo; 
mettere  in  un  posto,  assegnare  un  posto;  allogare, 
postare;  installare,  ecc.  -  Collvcamenlo,  il  collocare, 
il  mettere,  collocazione,  collocatura;  locatura,  lo- 
cazione. -  Collocalo,  messo;  situato,  sito  (voce  ri- 
provata dai  puristi),  jiiantato.  -  Es.<iere  collocalo,  a- 
vere  una  determinata  positura,  o  posizione,  un 
certo  utteggiaìHf.n.to;  esseie  in  un  luogo;  giacere, 
risiedere,  .stare,  trovarsi.  -  Collocazione,  il  collocare 
e  il  modo  col  quale  una  cosa  é  collocata. 

Collocutore.  Detto  a  colloquio. 
Collodlna.  Detto  a  colla. 
Collodio.  Prodotto  che  si  ottiene  trattando  la 
cellulosa  con  un  miscuglio  di  acido  solforico  e 
nitrato  di  potassio:  pirossilina  solubile;  soluzione 
eterea  di  polvere  di  cotone;  cotone  preparato  e 
ridotto  a  gomma  trasparente  per  mezzo  dell'acido 
solforico  e  nitrico.  Serve,  in  chirurgia,  per  difendere 
parti  ammalate;  in  fotografia;  in  farmacia,  come 
vescicante  {collodio  canlaridato),  ecc.  -  Collodiare, 
dare  il  collodio.  -  Collodialo,  spalmato  di  collodio. 

Collog-eno.  Corpo  che  produce  colla. 

Colloide.  Che  ha  l'aspetto  di  gelatina  •  Colloidi, 
sostanze  organiche  incristallizzabili. 

Colloquio.  Ragionamento,  discorso  fatto  tra 
persona  e  persona,  due  0  più,  sopra  un  determinato 
argomento  e  a  un  determinato  scopo,  quasi  sempre 
in  seguito  ad  un  appuntamento,  ad  un  convegno: 
abboccamento,  abbocco;  conferenza,  conferimento, 
congresso,  consiglio,  conversazione;  intervista  (neo- 
logismo giornalistico);  ragionamento;  seduta  (con 
autorità,  con  avvocati,  ecc.),  sessione;  tu  per  tu.  - 
Idillio,  colloquio  d'amore.  -  Intervista,  la  forma  de- 
terminata 'i  un  dato  colloquio  a  scopo  d'informazione 
pubblica  ■  limo  colloquio,  locuzione  cauta  ed  arguta, 
spesso  usata  per  indicare  velatamente  ciò  che  non  è 
propriamente  un  colloquio.  -  Téle  a  téle  (frane.)  vale 
colloquio  intimo,  segielo:  locuzione  spesso  usata 
invece  delle  nostre  da  solo  a  solo,  a  tu  per  tu,  a 
quattro  occhi,  da  soli. 

Abboccare,  accozzare  uno  con  l'altro,  far  si  che 
due  persone  si  trovino  a  colloquio  ;  procurare  al- 
trui un  colloquio.  -  l'uggir  le  parole,  evitare,  sfug- 
gire, scansare  il  colloquio.  -  Interloquire,  prendere 
parte  in  un  colloquio,  m  una  discussione,  senza  es- 
servi chiamati.  -  Sedere  a  chicchiera,  trattenersi  in 
frivolo  colloquio. 

Avere  un  colloquio:  abboccarsi,  accontarsi,  aver 
parole;  essere  a  colloquio;  fare,  tener  colloquio; 
mutare,  scambiar  parole;  parlamentare;  parlare, 
parlarsi  a  quattr'occhi;  stare  a  parole,  in  parole, 
a  parlamento;  tenere  sermone.  -  Tirar  da  banda 
alcuno,  chiamarlo  a  colloquio  segreto;  chiamare  a 
sparte,  in  disparte,  a  parte. 

Colloso.  Veggasi  a  colla. 

Collotorto.  Bacchettone,  bigotto. 

Collottola.  Detto  a  collo. 

Colludere,  collusione.  Veggasi  a  inganno. 

Collusivo.  Detto  a  inganno. 

Collutòrio.  Medicamento  liquido  che  si  impiega 
nella  cura  delle  malattie  della  bocca.  I  collutori 
sono  semiliquidi  0  sciropposi   e   si    applicano    alle  " 


598 


COLLUVIE    —    COLOMBO 


hole  gengive  e  alle  pareti  interne  della  bocca,  mentre 
i  gargarismi  vengono  applicati  anche  alle  fauci. 
Si  applicano  alle  gengive  e  alle  pareti  della  bocca 
col  mezzo  di  pennelli  o  di  piccole  spugne. 

Collùvie.  Ammasso,  abbondanza  di  cose  o 
concorso  di  esse  in  qualche  punto.  Veggasi  anche 
a    insietne^  a  moltitudine. 

Collvittazione.  Baruffa,  rissa. 
Colmare  {colmata,  colmato).  Far  colmo,  empire, 
riempiere,  riempire,  far  pieno  un  vaso  o  altro 
recipiente:  incoimare,  ricolmare;  dare  o  fare  la 
colmatura.  -  Ricolmare,  ripete  e  rafforza  colmare.  - 
Di  terreno,  alzarlo  con  l'introdurvi  le  acque  tor- 
bide dei  fiumi,  allo  scopo  che  vi  depongano  il 
fango.  Colmata,  l'operazione  del  colmare  il  terreno, 
e  questo  stesso  colmato. 

Colniatnra,  la  parte  di  ciò  che  empie  il  vaso,  la 
quale  rimane  sopra  la  bocca  di  esso  :  colmo.  -  In 
architettura,  lo  spazio  tra  la  corda  e  la  curva 
dell'arco. 

Colmsire  {colmato).  Dare  in  abbondanza  chec- 
chessia, ad  uno  (colmare  di  favori,  di  cortesie,  di 
doni, ecc.):  allagare,  arricchire,  caricare;  concedere. 

Colmata,  colmatura.  Veggasi  a  colmare 
(primo  articolo). 

Colmeggiare  {colmeggialo).  Detto  a  livello  e 
a  superficie. 

Colmlgno.  Veggasi  a  tetto. 

Colmo.  Il  punto  più  elevato,  più  alto.  La 
massima  altezza,  per  lo  più  di  acque  correnti  ; 
anche,  cima.  -  Il  massimo  grado  di  checchessia  : 
estremo,  fondo,  maggior  colmo,  punto  supremo; 
sommo  ;  sommo  giogo  ;  fastigio.  -  Pezzo  onorifico 
(capo  alzato)  in  araldica. 

Colmo.  A  sovrabbondanza  pieno.  -  Rilevato, 
convesso. 

Colo.  Sorta  di  vaglio. 

Colofonia.  Residuo  della  distillazione  della 
trementina  con  l'acqua:  appartiene  al  gruppo  delle 
resine.  -  Pece  greca;  serve  nella  confezione  dei 
proiettili.  -  Resineina,  liquido  prodotto  dalla  distil- 
lazione della  colofonia  con  la  calce. 

Colomba.  La  femmina  del  colombo. 

Colomba.  Chiglia,  spina  di  nave. 

Colombaccio.  Detto  a  colombo. 

Colombaia.  Veggasi  a  colombo  (pag.  bOl). 

Colombario.  Veggasi  a  cimitero  (parti  del). 

Colombella.  Detto  a  colombo.  -  Genere  di 
molluschi  petlinibranclii. 

Colombina,  colombino.  Sterco  di  colombo. 

Colombo.  Uccello  notissimo,  volatile  domestico, 
appartenente  alla  famiglia  delle  columbidae  e  al 
genere  columba.  Caratteri:  tarso  scudettato  sul  da- 
vanti, reticolato  nella  parte  posteriore,  coperto  di 
penne  su  un  piccolo  spazio  della  porzione  superiore, 
non  eccedente  la  metà  dell'estensione  totale.  Ha  il 
becco  rigonfio  lateralmente  verso  la  base;  ha  volo 
torte,  alto,  rapido,  e,  per  naturale  istinto,  torna  al 
luogo  ove  tiene  abitualmente  il  nido.  Si  conoscono 
circa  sessanta  specie,  sparse  nel  mondo,  alcune  sel- 
vatiche. Entrambi  i  sessi  covano  e  imbetcano  nel 
nido  i  pulcini,  per  lo  più  due,  mettendo  loro  nel 
gozzo  il  cibo  stato  già  qualche  tempo  nel  proprio 
ventriglio.  Fu  considerato  simbolo  della  innocenza, 
del  candore,  della  tedeltà  coniugale,  e  dai  poeti 
antichi  anche  come  simbolo  della  passione  amorosa. 
Sacro  a  Venere,  che  amava  trasformarsi  in  colomba 
e  attraversava  gli  spazi  celesti  su  un  carro  tirato 
da  colombe.  Detto  anche  colombaccio,  palvmho  ; 
uccello    di    Venere.  Piccione   o  pippione,  lo   stesso 


che  colombo  domestico,  ma  nell'uso  s'intende  par- 
ticolarmente di  colombi  giovani  e  che  si  mangiano. 
Colomba,  la  femmina  del  colombo  :  coloml3ella, 
colombina,  picciona  (specialmente  quella  che  si  tiene 
per  la  razza).  Nel  cattolicismo,  figura  simbolica 
dello  spirito  santo.  -  Colombino,  piccolo  colombo  : 
palumbino,  piccioncello,  piccioncino,  pippioncino, 
pippionetto.  -  Colombino,  di  colombo,  proprio  del 
colombo,  simile  al  colombo.  Colore  di  colombo  o 
di  tortora. 

Corpo,  voce,  atti  del  colombo. 

Con  altri  volatili  il  colombo  ha  comuni  il  becco, 
Vaia,  la  penna,  la  coda,  il  piede,  ecc.  -  Calze, 
il  ciuffo  di  penne  che  i  colombi  hanno  al  piede.  - 
Cappette,  le  penne  bianche  che,  commiste  al  colore 
generale,  formano  la  brinatura;  e  il  colombo  in 
tal  caso  dicesi  brinato.  -  Coltellacci,  le  remiganti 
(ossia  le  maggiori  penne  delle  ali)  secondarie.  - 
Gozzo,  veggasi  a  questa  voce.  -  Spalla,  la  parte 
dell'ala  coperta  dalle  penne  più  piccole,  dagli  or- 
nitologi dette  penne  copritrici.  -  Venti  della  coda, 
le  timoniere  (le  penne  che  servono  alla  direzione  del 
volo).  -  Verghe,  le  strisele  delle  ali,  e  si  dà  molla 
importanza  al  loro  colore  ben  distinto. 

Gemito,  il  suono  più  basso  del  tubare  ordinario 
che  il  maschio  va  emettendo,  col  capo  basso,  senza 
acquetarsi,  quando,  trovato  il  luogo  opportuno  pel 
nido,  non  vede  comparire  la  femmina.  -  Murmure, 
voce  del  colombo. 

Grugare,  il  tubare,  ma  più  variato  -  Spincionare, 
dicesi  di  un  certo  fischio  che  fanno  il  piccione  e 
il  fringuello.  -  lubare,  il  mandar  fuori  che  fanno 
i  colombi  la  loro  voce,  sommessa,  grave  e  guttu- 
rale: mormorare.  Di  tortora,  gemere.  -  Tubante, 
gemente  ;  tubamento   mormoramento. 

«  Hu  hu  »  e,  talvolta,  «  hu  hua  »,  sillabe  che  espri- 
mono il  gemito  del  maschio,  quando  chiama  la 
femmina  e  si  lagna  della  sua  troppo  prolungata 
assenza.  -  «  Ma  ru  hi  ku,  ma  ru  kn  kuuuu  »,  voce 
cupa  che  il  maschio  (tenendola  lunga  in  fine)  va 
emettendo,  quando,  con  la  coda  a  ventaglio  e  la 
testa  ritta,  gira  intorno  alla  femmina  per  conqui- 
starla. -  «  Ma  ru  ku  ku  mur  ku  ku  ma  ru  ku  ku  » , 
suoni  sommessi  e  gutturali  che  costituiscono  press'a 
poco  la  voce  dei  colombi,  cioè  il  tubare. 

Acciuffarsi,  prendersi  per  il  ciuffo:  proprio  dei 
colombi,  quando  litigano  per  gelosia,  cercando  nella 
zuffa  di  dar  colpi  di  becco  sulla  parte  molle  del 
becco  dell'avversario.  -  Essere  nelle  scacciate,  dei 
colombi  che  stanno  appaiandosi,  e  il  maschio  scaccia 
continuamente  la  fenmiina  da  ogni  luogo,  finché 
non  torni  al  nido.  -  Imbeccare,  impippiare,  modo 
con  cui  il  colombo  somministra  il  cibo  a*  suoi  pic- 
coli, ben  tre  volte  al  giorno,  dopo  di  aver  riempito 
di  molto  grano  l'ingluvie  e  di  aver  bevuto  copio- 
samente. -  Tronfiare,  stronfiare,  del  colombo  che, 
gonfio  e  pettoruto,  insegue  la  compagna,  gruu'nando. 
Anche,  del  gallo,  o  del  tacchino,  quando  fanno 
la  rota  (e  tronfio,  il  colombo  che  tronfia). 

Designazioni  generiche  e  particolari. 

Calzonaccio  (scherz.),  il  piccione  che  ha  le  calze. 
-  Colómbo  a  coda  divisa,  quando  ha  la  coda  for- 
mata di  due  parti;  basso,  con  le  gambe  un  po' 
corte;  bastardone,  il  colombo  grasso,  ossia  il  co- 
lombo da  carne;  capitombolante,  die  ha  la  curiosa 


COLOMBO 


o99 


particolaiità  di  fare  un  capitombolo  ali'indietro 
duratile  il  volo. 

Colombo  che  ha  la  barba,  il  gazzo  con  penne  colorate 
che,  oltre  alla  gola  propriamente  detta,  si  estendano 
molto  al  disotto;  intricato,  se  le  penne  si  estendono 
lungo  il  petto;  decoralo,  se  s'incontrano  gruppi  di 
penne  colorate  sopra  il  collo  e  il  petto;  codronalo, 
se  vi  è  qualche  penna  sul  groppone  o  codrione.  - 
Colombo  che  ha  le  braghe,  se  ha  le  penne  colorate 
sulle  cosce  ;  che  ha  le  calze,  se  vi  sono  penne  co- 
lorate sulle  zampe,  in  vicinanza  del  tarso. 

Colombo  con  venti  bianchi,  il  colombo  che  ha  bianca 
qualche  remigante  principale  o  qualche  timoniera; 
dalla  frappa,  con  una  o  alcune  penne  bianche  sul 
petto;  farfalla,  il  colombo  con  tutte  le  remiganti 
principali  bianche;  [lizzato,  con  macchiette  diverse 
qua  e  là;  lungo,  il  colombo  con  la  coda  molto  lunga 
e  il  capo  esteso  assai  nel  senso  della  lunghezza;  ma- 
gnano, se  ha  un  colore  di  fondo  qualunque,  ma  con 
macchie  sparse  irregolarmente  di  nero  o  anche  di 
altra  tinta  scura,  mista  col  bianco;  quadrinolo,  con 
punteggiature  sulle  penne  copritrici  delle  ali  dispo- 
ste in  modo  da  formare  degli  angoli 

Colombo  sassaiuola,  preferito  per  popolare  le  co 
lambaie  di  campagna  (ha  l'istinto  di  cercare  il  pro- 
prio nutrimento  anche  lontano);  colombo  scavezzato, 
con  la  coda  piegata  alquanto  in  su;  schisilo,  il  co- 
lombo triganino  con  tutte  le  penne  colorate  d'una 
stessa  tinta,  semplice  o  variegata  ;  smaglialo,  con 
una  sfumatura  più  evidente  nelle  penne  delle  remi- 
ganti; triganato,  o  trigono,  con  un  colore  più  carico 
del  fondo  sulle  copritrici  delle  ali;  zarzanello,  il 
colombo  che  su  un  qualsiasi  colore  di  fondo  ha 
nelle  penne  una  regolare  sfumatura  di  esso,  fino  al 
bianco. 

Classificazione  dei  colombi  domestici. 

Razze,  specie,  varietà'. 

Varie  le  classificazioni  fatte  (quelle  di  Darwin, 
di  Buffon,  del  Giachetti,  del  Baldanus),  compren- 
dendo "  nella  denominazione  generale  di  colombi 
domestici  quelli  che  vivono  sotto  l'immediata  cura 
dell'uomo  e  si  dividono  in  tre  grandi  categorie 
(colombi  da  carne,  colombi  da  uccell'era,  colombi 
da  corsa  o  messaggieri),  e  di  colombi  semidomestici 
quelli  delle  colombaie,  d'alto  volo,  che  cercano  nu- 
trimento per  la  campagna  e  talora  ritornane  alla 
vita  selvaggia.  -  Colombi  da  carne,  categoria  che 
comprende  i  colombi  torraiuoli,  i  mondani  di  tutte 
le  razze,  i  coronati  o  giganti  di  Gtava,  i  boscherecci 
del  Capo.  -  Colombi  da  uccelliera,  categoria  di  co- 
lombi che  comprende  anche  le  tortore  ridenti  (do- 
mestiche). -  Colombi  da  corsa,  o  messaggieri,  o  viag- 
giatori, quelli  allevati  ed  educati  a  servire  come 
portatori  di  messaggi  (veggasi  più  innanzi).  Nelle 
diverse  classificazioni  furono  distinti  i  colombi  goz- 
zuti, barbi,  cravattati,  mascherati  capitombolati,  bat- 
titori, ecc.;  i  colombi  tenuirostri  (torraiuoli,  mon- 
dani 0  reali ,  volanti ,  ecc.),  cantori  (tamburi , 
trombettieri,  barbottoni  o  riditori),  monaci  (parruc- 
chi  0  giacolaini,  conchiglie),  pavoni  (pavoncelli  e 
tremolanti),  galline  (tronfi,  triganini  o  barchetti- 
gazzi);  fortirostri,  tenuirostri,  cmvirostri;  volteggia- 
tori (tragherini,  coditremoli,  cimati),  coronati,  bosche- 
recci; colombi  utili  (quelli  di  campagna)  e  di  lusso 
(i  domestici).  Per  la  colorazione  o  per  le  forme  si 
distinguono:  il  colombo  giacinto,  il  colombo  tim- 
pano, il    torraiuolo   (veggasi   più  sotto);  i  colombi 


dal  collare,  dalla  maschera,  dalla  chierica,  o  preti; 
i  colombi  clipeati  (con  clipeo  o  scudo  colorato), 
cappuccini  (con  una  sorta  di  chioma  che  loro  av- 
volge il  capo  a  guisa  di  cappuccio),  increspati  (detti 
anche  reggiani  o  reggianini,  a  cravatta,  arricciati, 
sericei,  verrttcosi,  ecc.). 

Colombaccio,  colombo  selvatico,  palombo,  palombac- 
cio,  specie  di  colombo  che  non  dill'erisce  dal  torra- 
iuolo se  non  per  la  maggiore  grossezza.  Ha  per  lo 
più  le  piume  cenerine  azzurrognole,  col  petto  di 
una  tinta  rosso-vinosa  e  alcune  macchie  bianche 
sparse  intorno  all'occhio  e  sui  lati  del  collo:  nidi- 
fica su  per  gli  alberi,  si  ciba  di  ghiande  d' ogni 
specie,  ed  é  particolarmente  avido  di  fave,  onde  è 
detto  in  alcuni  luoghi  colombo  favaccio  e  favaro.  - 
Colombella,  palombella,  uccello  minore  del  colora-, 
baccio  e  che,  come  questo,  emigra  nell'inverno  ed 
arriva  a  branchi  fra  noi  al  principio  di  marzo  ;  gli 
assomiglia  nel  color  delle  penne,  se  non  che  ha  i 
lati  del  collo  e  porzione  inferiore  della  testa  di  un 
bel  verde  lucente,  cangiante  in  porporino. 

Colombo  a  cravatta,  con  una  specie  di  collare 
increspato  sul  davanti  del  collo.  Principali  varietà: 
berrettino  (turchino  chiaro,  con  strisce  nere  alte  ali), 
berrettino  con  ciuffo  e  frappa  (identico  al  precedente, 
ma  con  ciuffo  sulla  testa  e  cravatta);  rondone  (color 
cenere  chiaro,  volgente  un  po'  al  giallognolo,  con 
strisce  nere);  fagiano-rondone  (con  fondo  beriettino 
molto  chiaro  e  picchiettature  cupe);  lattato  (se  di 
color  quasi  latteo);  lattato  petto  d'oro  (se,  olire  al 
color  latteo,  ha  il  ciuffo,  la  cravatta  ed  il  color 
giallo),  tigrato  (con  ali  punteggiate  di  color  più 
chiaro  del  fondo),  capraio  (con  punteggiature  alle 
ali  più  distinte  che  nei  tigrati). 

Colombo  bagadotto,  di  alta  statura,  con  il  collo 
e  le  zampe  eccessivamente  lunghi,  becco  pure  lungo 
e  ricurvo;  barbOj  con  testa  quadrata,  becco  corto, 
colore  scuro;  domenicano,  piccione  col  petto  bianco 
e  il  dorso  nero;  gentile,  colombo  più  grosso,  di  co- 
lore più  variabile,  che  nidifica  anche  fuori  dalla 
colombaia,  in  una  stalla,  in  un  atrio,  o  in  altro 
simile  luogo  ;  goura,  grosso  come  un  pollo,  con  una 
cresta  di  penne  sul  capo;  mondano,  colonibo  che, 
pel  colore,  presenta  tutte  le  gradazioni  immaginabili; 
paiestino  o  corvattino,  ccn  il  capo  spianato,  il  becco 
assai  grosso  nella  base  e  molto  corto,  con  le  piume 
del  collo  in  ogni  parte  arricciate,  sicché  sembra 
avere  la  cravatta;  pavoncella,  il  colombo  che,  pas- 
seggiando, porta  le  penne  della  coda  spiegate  a 
ventaglio,  come  fa  il  pavone;  terzone  o  bastardo 
0  bastardella,  colombo  di  corporatura  mezzana  e 
per  lo  più  di  penne  bianche,  nato  dall'accoppia- 
mento del  colombo  grosso  e  del  torraiuolo  (in  certi 
luoghi,  come  nel  Valdarno  e  nel  Casentino,  lo  si 
dice  anche  terzualo  e  ter  z  ir  uà  lo). 

Colombo  torraiuolo,  e  corrottamente  terraiuolo, 
colombo  più  piccolo,  meno  domestico,  meno  prolifico 
dei  grossi,  che  presceglie  per  dimora  le  torri,  le 
fabbriche  inabitate,  e  va  errando  per  la  campagna, 
cercandosi  la  pastura  (detto  anche  colombo  vagante 
e,  in  vari  luoghi  della  Toscana,  colombo  marino, 
perchè  abita  i  fianchi  dirupati  de'  monti  di  quella 
costiera  e  gli  alti  scogli  delle  isole  del  Mediter- 
raneo). -  Columba  livia  selvaggia,  torraiolo  selvaggio, 
razza  madre  di  tutti  i  colombi  domestici,  ad  ec- 
cezione del  domestico  coronato  di  Giava  (columba 
coronata) ,  del  domestico  boschereccia  del  Capo,  e 
la  tortora  dal  collare,  che  proviene  dalla  colomba 
ridente  d'  Egitto. 

Colombo  triganino,  speciale   del   Modenese,   ben 


600 


proporzionato,  con  ardito  incedere,  volo  lungo,  molto 
prolifico,  con  penne  variopinte  e  delicate.  Detto  bigio, 
se  prevale  il  color  cenerino  piombato;  bissone,  con 
penne  somiglianti  nelle  macchie  alle  squame  della 
biscia;  caldano,  biondo  giallognolo,  color  del  fuoco; 
dorato,  giallo  pallido;  maltiuto,  di  color  nero  imper- 
fetto; ?(ero,  con  laverà  tinta  del  nome;  pietra  chiara, dì 
color  cenere  chiaro,  pietra  scura,  ecc.;  sauro,  come 
il  mantello  dei  cavalli  di  tal  nome;  gazzo,  il  triga- 
nino  che  ha  solo  certe  parti  colorate  a  preferenza 
di  altre  (cosi  detto  per  una  certa  somiglianza  con 
la  gazza);  legittimo,  il  gazzo  che  non  ha  alcun  di- 
fetto e  colorata  la  testa,  compreso  il  pileo  e  la  gola, 
e  le  ali,  la  coda  (sopracoda  e  sottocoda  compresi). 
Tiuchetto,  specie  di  colombo  oscuro,  tutto  nero  o 
bruno,  col  ^'iro  degli  occhi  di  colore  scarlatto,  il 
becco  giallognolo  e  i  piedi  rossi  ;  turco,  con  grossa 
escrescenza  alle  narici,  estendentesJ  intorno  agii 
occhi;  volantino,  piccione  domestico  usato  per  ri- 
chiamo. 

Colombi  messaggieri. 

Detti  anche  colombi  portalettere,  piccioni  viaggia- 
tori: quelli  che  possono  servire  (in  tempo  di  guerra) 
alla  corrispondenza  fra  piazze  forti,  in  caso  d' asse- 
dio, a  quella  del  continente  con  le  isole;  delle  piazze 
forti  assediate  con  le  truppe  mobilizzate  dalla  flotta 
dei  guardiacoste  e  degli  aeronauti  col  continente  e 
con  le  isole;  delle  unità  alpine  coi  forti  di  sbarra- 
mento; inoltre,  per  la  surrogazione  delle  linee  te- 
legrafiche distrutte  dal  nemico,  ecc.;  in  tempo 
di  pace,  dove  non  funzionano  telegrafo  e  telefono, 
per  impianto  di  stazioni  agrarie  sui  monti,  per  la 
colonnizzazione  delle  isole,  ecc.  Sono  di  vari  tipi, 
belgi,  olandesi,  inglesi,  francesi,  italiani,  e  tra  questi 
i  Iriganini,  da  tempo  immemorabile  adoperati  a 
Modena  e  a  Reggio.  -  Orientamento:  fu  detto  pei 
colombi  un  sesto  senso,  risiedente,  secondo  alcuni,  in 
un  organo  speciale,  mobile,  fluttuante  e  sensibilis- 
simo, che  funziona  unito  all'  organo  dell'  udito,  al 
di  dietro  del  padiglione  delle  mucose  dell'orecchio. 
Secondo  altri,  l'orientamento  degli  uccelli  giratori 
è  determinato  dalle  correnti  atmosferiche. 

Allenati,  i  piccioni  che  hanno  subito  un  trenaggio 
di  almeno  tre  anni  e  che  non  hanno  più  bisogno 
di  successive  istruzioni  -  Colombi  da  corsa,  tutti 
quanti  i  colombi  messaggieri.  -  Liberi,  quei  colombi 
messagfrieri  che  non  vennero  mai  ammaestrati  con 
regolare  trenaggio.  -  Messaggieri  alati,  i  piccioni 
viaggiatori.  -  Piccioni  corrieri,  quelli  che  in  Grecia, 
nei  tempi  eroici,  annunziavano  i  nomi  dei  vincitori 
dei  giuochi  olimpici. 

Cerna,  la  scelta  da  farsi  tra  i  piccioni  che  si  vo- 
gliono addestrare  ai  viaggi,  per  non  deteriorarne  la 
razza.  -  Cibo  dei  piccioni  messaggieri:  l'avena,  le 
fave  cavalline  e  i  piselli  secchi,  con  una  razione  di 
grano  o  canapa  di  tanto  in  tanto,  per  variare  il 
nutrimento;  acqua  fresca,  sempre  cambiata  e,  nella 
stagione  delle  cove,  ferruginosa.  -  Colombaia,  pic- 
colo edificio  per  ricovero  dei  colombi,  costruito,  per 
lo  più  di  mattoni,  a  levante,  con  palchetti  di  legno, 
ecc.,  e  suolo  di  cemento. 

Corse  di  prova,  i  primi  esercizi  a  cui  si  sotto- 
pongono i  colombi  messaggieri.  da  uno  a  dieci 
chilometri,  scartando,  man  mano,  quelli  che  non 
danno  soddislacenti  risultati.  -  Corse  preparatorie, 
quelle  che  vengono  indette  e  preparate  dalle  Società 
colomliofile,  per  l'addestramento.  -  Dispaccio  per  co- 
lombi messaggieri:  in  origine  (Egitto)    scritto  «opra 


sottilissime  laminette  di  iiielallo,  che  si  fermavano  ad 
un'ala  poi  arrotolato  (Assiria)  ad  un  piede  con  legacci 
di  seta,  alla  coda  dai  Greci,  al  collo,  in  tubetti  di  penne 
d'oca  0  d' ardea.  ad  una  timoniera  centrale  nelle 
Fiandre,  in  Inghilterra  e  in  Francia,  ora  ad  una  delle 
timoniere  centrali,  fissandolo  in  prossimità  della 
barba,  o  ad  uno  dei  tarsi,  con  un  filo  d'alluminio. 
Peso  del  dispaccio  e  dell'astuccio:  da  mezzo  grammo 
ad  un  grammo.  I  dispacci  per  colombi  messaggieri 
divennero  poi  dei  preparati  fotomicroscopici  sopra 
pellicina  di  collodion:  sedici  pagine  di  stampa  ogni 
pellicina;  diciotto  esemplari  di  tali  pellicine  affidati 
ad  un  solo  piccione  messaggiero,  con  un  totale  di 
cinquemila  dispacci,  del  peso  inferiore  a  mezzo  gram- 
mo. -  t-'oste  aeree,  i  servizi  che  i  piccioni  messaggieri 
prestavano  e  prestano. 

Trenaggio,  l'ammaestramento  dei  piccioni  al  volo. 
E'  graduale  o  forzato  :  graduale,  quando  si  addestrano 
i  colombi  a  piccole  tappe,  con  tre  giorni  almeno 
di  riposo  fra  una  tappa  e  l'altra;  forzato,  quando 
si  lanciano  piccioni,  per  metà  ammaestrati  o  liberi, 
da  grandi  distanze,  raddoppiando  ogni  giorno  il  per- 
corso senza  interruzione.  -  Trenati,  i  piccioni  che 
hanno  ultimato,  con  esito  felice,  le  prove  di  resi' 
stenza  e  di  orientamento.  -  Piccione  di  buon  sangue  e 
con  ogni  cura  trenato,  il  migliore  del  genere.  -  Tri- 
gonieri,  gli  ammaestratori  dei  colombi. 

Bata'i'q,  lettere-dispacci  che  il  governo  d' Egitto, 
a  mezzo  di  colombi,  spediva  dovunque  per  annun- 
ziare i  diversi  gradi  di  accrescimento  del  Nilo.  Por- 
tavano impresso  l'anno,  il  giorno,  l'ora  e  il  luogo 
di  spedizione,  come  oggi  si  pratica  dagli  uffici  po- 
stali. Per  sicurezza,  si  inviavano  due  corrieri  conia 
stessa  corrispondenza.  -  Colombaie  postali,  quelle 
che,  un  tempo,  contenevano  i  colombi  viaggiatori,, 
sotto  le  ali  dei  quali,  secondo  l'uso  orientale,  veni- 
vano fissate  le  carte-dispacci.  -  Colombaie  sacerdotali  : 
erano  nei  templi  di  Venere,  presso  i  Siculi  e  i 
Greci:  vi  si  allevavano  piccioni  messaggieri.  -  Posta 
militare  coi  colombi:  stabilita  presso  molti  Stati 
europei,  cominciò  in  Italia  nel  1875,  ad- Ancona,  e 
ora  trovasi  in  istato  di  superare  le  eguali  istitu- 
zioni straniere  -  Turtvrillae,  case  romane  consa- 
crate al  culto  di  Venere  Pandemia,  sulle  quali  er- 
gevaiisi  delle  torricelle  :  vi  si  allevavano  i  colombi 
messaggieri  d'  amore. 

Allevamento  oei  colombi. 
Arnesi  belativi. 

Appaiamento  iX appaiare,  l'acco/jp/rtre  per  la  ripro- 
duzione) dei  colombi:  si  fa  dopo  la  dovuta  selezione 
per  gli  incrociamenti,  educando  le  coppie  a  prender 
possesso  dei  nidi.  Segno  non  dubbio  dell'avvenuto 
appaiamento,  il  correr  dietro  continuo  del  maschio 
alla  sua  femmina,  insistendo  perchè  voli  al  suo 
nido.  -  Colombicoltura,  arte  di  allevare  i  colombi; 
il  modo  col  quale  debbono  essere  costruite  le  co- 
loiiihaie,  e  collocate  le  coppie  che  debbono  popolare 
le  coloiiihaie,  la  scienza  degli  oggetti  che  occorrono 
per  allevare  i  piccioni,  ecc.;  °:  colombicultori,  gli 
allevatori  di  colombi. 

Aliìneìitazione  artificiale  dei  colombi:  usata,  quando 
si  vuol  popolare  una  nuova  colombaia,  levando  dei 
piccoli  piccioni  dal  nido  a  circa  quindici  giorni. 
Si  fa.  aprendo  il  becco  e  introducendovi  grano,  e 
ciò  fino  a  che  non  arrivano  a  mangiare  da  sé.  - 
Alimento  dei  colombi  in  genere  :  la  veccia  è  il  grano 
a  cui  si  dà  la  preferenza,  reputato  il  migliore  e  pia 


COI 


salutare  alimento  dei  colombi.  Oltre  la  veccia,  si 
somministra  ai  colombi  :  frumento,  giavone,  miglio, 
frumentone,  riso  e  altri  grani,  nonché  piccole  fave. 

-  Cornino,  pasta  preparata  da  tempo  immemorabile 
dai  colombiciiltori,  per  somministrare  il  sale  ai 
colombi.  Cosi  delta,  perchè  contiene  anche  cornino 
(cominum  eyiiiiìndn),  seme  ridotto  in  polvere  di  una 
pianta  dicotiledone  ^ombrelli^ra);  consta  di  pol- 
vere di  mattoni,  cruschello,  miglio,  sale  e  comino. 

-  Riduzione  delle  ora  e  dei  piccoli  piccioni,  cerna  o 
selezione:  si  possono  riunire  i  fi?li  unici  di  due 
coppie  presso  una  sola  coppia,  purché  abbiano  la 
stessa  età,  e  una  stessa  coppia  può  allevare  tre 
e  anche  quattro  figli,  sempre  però  della  stessa  età. 

Arnesi.  —  Abberei-atoio,  recipiente  che  contiene 
1  acqua  sempre  pulita  dagli  escrementi;  di  solito,  é 
di  ■■'•acotta,  con  fori  laterali.  -  Appaiatolo,  accop- 
piatoio, stanzino,  gabbia,  cestino,  o  luogo  appartato, 
ove  si  pongono  i  colombi  e  le  colombe  per  appa- 
iarsi: cestino.  -  Asserello,  asserella  (non  comune), 
tavola,  o  anche  una  semplice  pertica,  fermata  oriz- 
zontalmente e  parallelamente  al  muro  della  coiom- 
baia  dalla  parte  di  fuori,  e  sulla  quale  i  colombi 
amano  di  posarsi  e  starvi  lungamente,  o  per  ispol- 
Hnarsi,  o  per  mantenersi  non  troppo  lontani  dal  com- 
pagno che  stia  al  di  dentro  covando.  -  Borghi,  o 
cestellini^  cesti  fatti  con  sottili  e  pieghevoli  botton- 
cini, di  salice  o  d'altro,  con  la  forma  di  ellisse lide 
aperta,  da  una  parte  con  appendice  o  sostegno,  che 
si  collocane  uno  a  destra  e  l'altro  a  sinistra  di  ogni 
scompartimento  degli  scaffali  delle  colombaie,  e  costi- 
tuiscono i  nidi  dei  colombi,  speciidmente   messaggieri. 

-  Casotti,  le  abitazioni  delle  singole  coppie  di  pic- 
cioni: divisi  in  due  compartimenti  eguali,  per  mezzo 
di  una  piccola  separazione  di  dieci  centimetri  di  al- 
tezza, con  un    nido  per   compartimento.  -  Cassetta 

0  trogolo,  attrezzo  ove  si  colloca  il  cibo  pei  colombi. 
Può  avere  differenti  foggie.  -  Cassette,  piccoli  ricetti 
scompartiti  fra  due  tavole  orizzontali  parallele,  con 
tramezzi  verticali  di  assicelle,  nei  quali  i  colombi 
si  formano  da  sé  il  nido,  portandovi  bruscoli  e  pa- 
gliuzze. -  Cesto  delle  ova,  quello  nel  quale  le  coppie 
li  depongono:  vi  mettono  i  colombicultori  un  pez- 
zetto di  panno,  affìncliè  le  ova  stiano  più  calde  e 
siano  meglio  protette  dalle  rotture;  altri,  invece  del 
panno,  mettono  del  feltro,  per  lasciar  liberi  e  mondi 
dagli  insetti  parassiti  i  novelli.  -  Colombo  di  gesso, 
figura  di  colombo,  di  gesso  o  di  legno,  che  si  mette 
sopra  una  pertica,  fuori  dalla  colombaia,  per  allettare 

1  colombi  a  tornare  quando  vanno  tuori. 
Fontanina,  vaso   di   terracotta,  per  dar  da  bere 

ai  piccioni.  -  Gabbia-trappola,  grande  gabbia,  quadra 
che  si  adatta,  esteriormente,  all'ingresso  della  co- 
lombaia, e  serve  a  regolare  l'ingresso  e  la  uscita 
dei  piccioni.  E'  munita  di  una  grande  tavoletta, 
sporgente  venti  centimetri,  per  agevolare  l'accesso,  e 
d'una  apertura,  praticata  nel  mezzo  della  facciata 
principale,  che  s' apre  la  mattina  e  si  chiude  la 
sera,  per  l'accesso  all'interno.  -  Gabbione,  sorta  di 
gabbia  avente  la  foggia  di  cubo  o  parallelepipedo, 
situata  davanti  alla  finestra  a  mezzodì  annessa  a 
tutte  le  migliori  colombaie:  è  formata  con  tante 
stecche  di  legno,  oppure  con  rete  di  fì'o  di  ferro. 
E'  disposto  in  modo  che  i  colombi,  uscendo  dalla 
finestra,  vi  si  trovino  dentro  e  possano  godere  aria, 
sole,  minuta  pioggia,  ecc.  -  Scaffale,  arnese  di  legno, 
di  assai  facile  costruzione,  chiuso,  in  tanti  scompar- 
timenti, secondo  il  numero  delle  coppie  di  colombi 
viaggiatori  da  collocarvi.  In  ciascuno  scompartimento 


si  colloca  una  coppia  di  colombi.  Ai  Iati  degli 
scompartimenti  si  collocano  due  cesti,  ove  i  colonibi 
depongono  le  uova.  -  Sciao-tse  {cinese),  fischietto  leg- 
gerissimo che  i  cinesi  fissano  alla  coda  dei  colombi 
e  che  suona  quando  questi  volano. 

C0L0.MHAIA  -  Prodotti  dki  colombl 

Colombaia,  piccola  stanza,  specie  di  terrazza 
chiusa  sopra  il  tetto  delle  case  di  campagna,  per 
tenervi  i  colombi:  ant.,  colondjaro;  colombaia;  pic- 
cionaia. In  Francia  si  distingue:  la  colombaia  fco- 
lombier  0  fuie),  edificio  rotondo  0  quadrato,  in  cui 
si  mettono  i  piccioni  torraiuoli,  allo  scopo  di  au- 
mentare la  rendita  di  un  podere,  e  Vuccelliera  (vo- 
lière), che  è  l'abitazione  destinata  ad  allevare  co- 
lombi di  razze  distinte  0  di  lusso.  Si  hanno  co- 
lombaie a  foggia  di  torriceile  rotonde,  ovvero  qua- 
drate ed  annesse  agli  edifici  rustici.  Buche  della 
colombaia,  quelle  aperture,  per  lo  più  tonde,  che,  in 
più  0  nien  grande  numero,  si  fanno  nel  muro  della 
colombaia,  e  per  le  quali  passano  i  colombi.  Posta, 
posto,  scompartimento  della  coppia  di  piccioni  nella 
colombaia  Per  appaiare  i  colombi  ed  abituarli  ad 
impadronirsi  della  posta  che  loro  si  assegna,  si  suole 
chiuderli  entro  la  medesima,  facendo  uso  di  un  pic- 
colo cancello,  che  chiude  i!  davanti  della  posta.  -  Di- 
ritto del  colombaio,  privilegio  nobiliare  di  allevare 
colombi  di  alto  volo. 

Nido  dei  colombi:  consiste  in  un  piatto  fondo  di 
venticinque  centimetri  di  diametro  e  dell'altezza  di 
cinque  centimetri,  in  terracotta,  non  verniciata.  - 
Piccionaia,  luogo  apposito  per  i  piccioni. 

Carne  dei  colombi:  eccellente  e  salubre  in  quel- 
l'età in  cui  i  giovani  piccioni  si  sono  coperti  di 
penne,  perché  ha  una  certa  consistenza  e  rimane 
ancora  tenera  e  piena  di  succo.  La  carne  dei  gio- 
vani piccioni  triganini,  segnatamente  arrostita,  su- 
pera, per  squisitezza,  quella  delle  altre  razze,  e  quella 
dei  bassardoni  è  la  meno  saporita  di  tutte.  -  Colom- 
bina, il  fimo  dei  piccioni,  a  distinguersi  dalla  pol- 
lina, che  è  quello  dei  polli,  dei  polli  d'India,  di 
anitre,  di  oche,  insomma  degli  uccelli  da  cortile. 
Ritenuta  una  dei  migliori  concimi,  per  la  molta  quan- 
tità di  azoto,  di  acido  solforico  e  di  altri  principi 
che  contiene,  necessari  alla  nutrizione  delle  piante. 
-  Liquido  dell'inyluvie  o  latte  del  piccione:  analogo 
al  latte  dei  mammiferi,  e,  propriamente,  al  primo 
latte,  cioè  al  colostro;  contiene  tutti  gli  elementi 
del  latte,  meno  lo  zucchero,  e  viene  segregato  dalla 
mucosa  dell'ingluvie.  -  Oca  non  fecondate,  qneUe  che 
appaiono  chiare  per  trasparenza,  senza  indizio  al- 
cuno di  embrione  ;  dopo  parecchi  giorni,  i  liquidi 
contenuti  nelle  ova  si  guastano  e  li  si  vedono  torbidi 
scorrervi  dentro.-  Ova  prossine  n  schiudersi:  quando 
l'embrione  è  prossimo  a  sbucciare,  accostando  l'uovo 
all'orecchio,  si  sente  distintamente  il  rumore  che 
fa  col  becco  per  rompere  il  guscio,  indizio  sicuro 
del  prossimo  schiudersi  delle  ova.  -  Oi;a  squagliate: 
sono  trasparenti,  hanno  guscio  di  color  turchiniccio, 
che  diventa  sempre  più  manifesto,  quanto  più  in- 
vecchiano. In  queste  uova  l'embrione  è  morto,  nei 
primordi  della  sua  formazione. 

Prodotti  delle  colombaie:  i  giovani  piccioni,  che 
forniscono  un'ottima  carne,  e  la  colombina,  apprez- 
zato concime  (un  chilogrammo  per  colombo). -jRe- 
gistro  delle  ova,  carta  0  registro  effettivo  che  il  co- 
iombicultore  usa  affiggere  all'uscio  delle  colombaie, 
per   notarvi   il   giorno  in  cui  ciascuna  coppia  dei 


602 


COLOMBO    —    COLONIA 


propri  colombi  depone  il  primo  uovo  e  molte  parti- 
colarità, per  dedurne  il  numero  dei  colombi  ottenuti 
psU'annata,  gli  allevamenti  fatti,  i  prezzi,  ecc.  Con- 
tro luce,  0,  meglio,  contro  il  sole,  si  verifica  poi 
*e  le  ova  furono  fecondate. 

Malattie  dei  colombi. 
Parassiti  e  nemici  dei  colombi. 

Apoplessia:  il  colombo  che  ne  è  colpito  (per  lo 
più,  dopo  essersi  abbandonato  ad  eccessi  sessuali) 
cade  improvvisamente  a  terra,  e  perde  sangue  dal 
becco;  spesso,  muore  subito.-  Diirrea,  flusso  di  ven- 
tre, per  lo  più  causato  da  insalubrità  della  colora- 
I  aia,  dall'insufficiente  nutrizione  o  dalla  cattiva 
ijUilità  degli  alimenti.  -  Difterite,  micosi  delle  vie 
aeree.  -  Epilessia,  malattia  convulsiva,  che  può,  ta- 
lora, far  seguito  al  torcicollo.  -  Fate  mw^a:  tutte  le 
volte  che  la  muta  delle  penne  non  è  generale  di- 
cesi falsa  muta,  e  ne  risultano  accidenti  gravissimi: 
difficoltà  di  respirazione,  umore  vischioso  alla  bocca, 
ecc.-  Follicolite  esofagea,  putrefaz'one  del  gozzo  o  in- 
gluvie: lebbra.  -  Indigestione:  affligge  il  colombo  che 
trattiene  lungamente  nel  gozzo  degli  alimenti,  i  quali 
fermentano. 

Male  dell'ala,  malattia  d'indole  artritica  che  im- 
pedisce al  colombo  il  volo,  per  un  tumore  duro, 
teso,  che  s' ingrossa  sempre  più,  fino  ad  arrivare 
alla  grossezza  di  una  noce.  Qualche  volta  svilup- 
pasi alle  zampe,  e  il  colombo  zoppica.  -  Micosi  delle 
vie  aeree,  malattia  degli  organi  respiratori  dei  co- 
lombi: colpisce  i  colombi  adulti  e  manifestasi  con 
sintomi  assai  svariati  e  numerosi;  detta  unche  dif- 
terite. -  Mutamento  delle  penne:  avviene,  ordinaria- 
mente, dal  luglio  al  novembre,  ed  è,  per  i  colombi 
domestici,  una  vera  malattia,  come  la  dentizione  per 
altri  animali.  -  Putrefazione  del  gozzo  o  ingluvie,  o 
follicolite  esofagea:  deriva  da  irritazione,  infiamma- 
zione, che  finisce  con  la  suppurazione;  avviene  quando 
i  neonati  o  muoiono  subito,  o  sono  tolti  dal  nido, 
tanto  che  l'alimento,  preparato  per  i  novelli,  resta 
nel  gozzo.-  Torcicollo,  malattia  mortale,  se  è  violenta; 
spesso  è  una  parziale  apoplessia  che  colpisce  una 
parte  del  cervello. 

Parassiti.  Appartengono  ai  vermi,  agli  insetti  ed 
agli  aracnidi:  tra  i  vermi,  la  tenia  crassula,  specie 
già  stata  osservata  più  volte  nell'intestino  dei  co- 
loijibi  domestici;  l'ascaris  maculosa,  trovala  anche 
nella  tortora;  il  trichesomum  tennissimmn.  Fra  gli 
insetti  è  frequente  il  pidocchio  delle  penne  (Lipeurus 
bacillus),  che  si  osserva,  di  preferenza,  nelle  barbe 
delle  penne  remiganti  e  timoniere,  e  la  pulce  dei 
piccioni  (Pulex  columhae).  Fra  gli  aracnidi,  il  più 
dannoso  è  Vargiis  reflexus,  denominato  volgarmente 
zecca.  -  Polipo,  sorta  d'escrescenza  carnosa,  che  nasce 
rapidamente  nel  gozzo  del  colombo. 

Nemici  dei  colombi  sono:  il  falco  peregrinus,  i  fal- 
chi migratavi,  il  gufo  reale  Fra  le  mustele,  sono 
assai  dannose  la  faina,  comunissima  tra  noi,  la  puz- 
zola e  la  martora.  11  gatto  è  pure  depredatore  di 
colombaie,  come  anche  le  specie  di  sorci  mus  decu- 
nianus  e  mus  rattus,  che  assalgono  i  colombi  e  s'im- 
padroniscono dei  prodotti,  ova  e  piccini.  -  Argante 
riflesso^  0  rincoprio  del  colombo:  aracnide  parassita, 
a  corpo  ovoide,  e  dardo  munito,  da  ogni  lato  della 
faccia  inferiore,  di  due  ordini  di  denti:  predilige  i 
giovani  piccioni,  che  uccide,  se  trovasi  in  gran 
numero.  Volgarmente,  zecca,  flagello  delle  colombaie. 
Colon.  Seconda  porzione  del  grosso  intestino, 


la  parte  più  lunga  compresa  tra  il  cieco  e  il  retto. 
Si  divide  in  quattro  porzioni:  una  ascendente,  una 
trasversale,  una  discendente  e  una  ileo-peloica.  - 
Coliche  arterie,  quelle  che  si  staccano  dalle  arterie 
mesenteriche  verso  il  colon.  -  Colicodinia,  colico- 
plegia,  voci  che,  rispettivamente,  significano  :  dolore 
al  colon,  rattrappimento  dell'intestino.  -  Ma/aW«e  del 
colon:  la  colite  (infiammazione  propria  di  questa  se- 
zione dell'intesino)  e  altri  processi  flogistici,  infettivi, 
ulcerosi  e  neoplastici  dell'intestino  in  genere  e  del 
crasso  in  ispecie,  e  cioè:  l'enterite, la  dissenteria,  le 
ulcerazioni,  i  neoplasmi.  La  dilatazione  del  colon  può 
essere  come  una  forma  morbosa  a  sé,  indipendente 
dal  resto  del  tubo  intesiuale.  -  Operazioni  chirurgiche 
sul  colon:  la  colopessìa  (per  la  cura  del  prolasso  del 
retto),  la  co/oca/ia(  ratta,  per  lo  più,  in  seguito  a  ferite), 
la  colotomia  (apertura  del  colon  per  estrarne  corpi 
estranei,  asportare  polipi,  sbrigliare  restringimenti 
ecc.);  la  coloproctia  (per  aprire  all'esterno,  la  via 
alle  feci  attraverso  il  colon),  ecc. 

Colonia  [coloniale).  Dicesi  di  jìopolazione  d'un 
paese  mandata  o  che  va  ad  abitare  un  altro  paese 
con  le  stesse  leggi  della  città  o  del  paese  che  la  manda 
0  dal  quale  parte.  Anche,  possedimento  di  uno  Stato 
europeo  oltre  mare.  -  Fondare  una  colonia,  crearla, 
impiantarla.  -  Catichi,  in  Grecia,  gli  abitanti  d'una 
colonia.  -  Colonato,  al  tempo  dell'impero  romano,  la 
condizione  di  coloro  che,  per  contratto  o  per  nascita, 
erano  legati  al  fondo  che  coltivavano.  -  Coloniale,  di 
odacolonia.  -  Generi  coloniali,  qneìU  che  vengono  dalle 
colonie:  caffè,  zucchero  e  simili.-  Colonizzare,  fondare 
colonie  in  un  paese;  popolare  una  regione  con  colonie 
di  lavoratori.  -  Colonizzazione,  l'atto  degli  emigranti 
per  rispetto  al  paese  nel  quale  vanno  a  stabilirsi.  - 
Espansionismo,  neologismo  che  indica  le  teorie  di 
coloro  che  sono  favorevoli  alle  conquiste  coloniali 
e  militari. 

Colonie  agricole,  le  persone  (coloni)  mandate  a 
coltivare  un  terreno  in  un  altro  paese.  -  Colonia  mi- 
litare, milizia  tenuta  ad  abitare  un  paese  lontano, 
con  lo  stesso  statuto  e  con  le  stesse  leggi  della  na- 
zione che  la  msLXìdsL.  -  Hinterland,  letteralmente  in 
tedesco  dietro  il  paese,  voce  usata  per  indicare  il 
territorio  interno  di  una  colonia  su  cui  si  esercita 
influenza  od  egemonia.  -  Settlement,  ingl.,  stabilimento, 
colonia:  nome  dato  ai  territori  concessi  agli  stra- 
nieri nell'interno  della  città  in  Cina.  -  Seltler,  co- 
lono che  prende  possesso  d'un  territorio  incolto  in 
America,  in  Australia,  ecc. 

Corpo  speciale  d'Africa,  la  colonia  militare  ita- 
liana nell'Eritrea  e  nella  Somalia.  -  Bnluk,  squadie 
nelle  quali  si  dividono  le  mezze  compagnie  (nust- 
tabur)  nei  reggimenti  di  fanteria  indigena  del 
corpo  speciale  d'Africa.  -  Buluk-Basci,  denominazione 
collettiva  dei  sottufficiali  delle  truppe  indigene  del 
corpo  speciale  d'Africa.  -  Jw.s-6asci,  denominazione 
collettiva  degli  ufficiali  indigeni  del  corpo  spe- 
ciale d'Africa. 

Politica  coloniale,  la  tendenza  che  un  governo  ha 
a  conquistare  o  acquistare  paesi  lontani.  -  Sistema 
coloniale,  il  complesso  delle  leggi  amministrative, 
politiche,  commerciali  applicate  da  un  governo  eu- 
ropeo nelle  colonie  stabilite  in  altre  parti  del  mon- 
do ;  più  specialmente,  il  regime  restrittivo  che  i  go- 
verni europei  imposero  al  commercio  coloniale  dopo 
il  secolo  XVI  e  che  conservarono  fino  a  quando  i 
dettami  della  scienza  economica  non  ebbero  fatto 
trionfare,  più  o  meno,  il  principio  della  libertà  de- 
gli scambi. 
I       Colònia.  Metodo  di  cura,  all'aria  libera,  degli 


6o;{ 


I 


alienati  in  gruppi.  -  In  batteriologia,  colonia  dicesi 
lo  sviluppo  dei  niicrorganis.il i  in  mezzi  nutritivi 
appropriati. 

Colonia  (colonico)  Yeg^asi  aJ  agricoltore. 

Coloniale.  Vejigasi  a  colonia  e  a  droga. 

Colonna.  Membro  arcliitettonico,  per  lo  più  di 
pietra  (anclie  di  marmo,  di  travertino,  di  porlido, 
di  legno,  di  mattoni  stuccati,  di  ferro,  di  ghisa,  di 
bronzo,  ecc.),  di  forma  tonda,  che,  a  guisa  di  al- 
bero, si  inalza  verticale,  isolata,  e  sostiene  arco, 
architrave,  vòlta  o  altra  parte  di  edilìcio:  pi- 
lastro cilindrico;  stela,  stele  (termine  archeologico). 
E  di  forme  o  di  proporzioni  varie  secondo  i  di- 
versi ordini  architeltoni;  sta  da  sola  come  »no/f»- 
inento.  Può  essere  alta  o  bassa  ;  svelta,  sottile, 
slanciata,  oppure  tozza,  rigonfia,  ecc.;  a  nn  pezzi, 
a  due  pezzi,  a  tre  pezzi,  oppure  d'un  pezzo,  d'un 
blocco,  -  Co/oHHe/fa,  dimin.  di  colonna;  meno  piccola 
però  della  colonnina  e  del  cotonuino. 

Atticurgo,  sorta  di  colonna  quadrata.  -  Colonna 
ermetica,  che  aveva  una  testa  d'uomo,  invece  di 
capitello.  -  Colonna  lactaria,  colonna  presso  la  quale 
si  trovavano  le  nutrici  di  Uoma.  -  Colonna  manvr 
biaria,  ornata  di  trofei. 

Colonna  maestra,  la  principale  d"un  edificio.  -  Co- 
lonna miliare,  termine  storico,  quella  che  nel  centro 
di  Roma  segnava  il  punto  di  partenza  delle  strade 
del  mondo.  -  Colonna  monumentale,  quella  a  cui  è 
soprapposta  una  statua  o  un  trofeo  e  s' inalza 
isolata  in  una  piazza  o  altrove,  in  onore  di  un 
gran  personaggio,  o  a  ricordanza  di  un  l'atto  memo- 
rabile. -  Colonna  rostrata  :  si  inalzava  ai  vincitori 
delle  battaglie  navali,  e  fu  così  detta  perchè  ornata 
con  i  rostri  tolti  alle  navi  nemiche.  Le  più  famose 
furono  quello  di  Caio  Duilio.  -  Colonna  trionfale, 
colonna  monumentale. 

Colonna  infame  (stor.) ,  inalzata  a  monumento 
d'infamia. 

Cippo,  specie  di  mezza  colonna,  o  colonna  tronca, 
e  perciò  senza  capitello,  talora  sormontata  da  un 
busto,  talora  portante  soltanto  sulla  faccia  anteriore 
una  iscrizione  sepolcrale  o  altra.  -  Colonnine,  piccole 
colonne  tornite,  lavorate,  che  formano  una  balau- 
strata, la  ringhiera  d'un  ballatoio,  il  parapetto  d'un 
terrazzo.  -  Mezza  colonna,  quella  che  è  tagliata  a 
metà  secondo  il  piano  verticale  che  passa  per  il 
suo  asse,  a  fine  di  addossarla  al  muro.  Estendesi 
pure  ad  indicare  colonne  che  sporgono  dalla  parete 
per  due  terzi  del  loro  diametro.  -  Obelisco,  colonna 
isolata  a  forma  di  aguglia.  -  Filastro,  specie  di 
colonna  quadrata,  sulla  quale  si  reggono  gli  archi 
degli  edifici.  -  Stili,  colonne  cilindriche  rustiche  e 
irregolari. 

Colonna  a  bozze,  quella  che,  nella  sua  lunghezza,  è 
divisa  come  in  tanti  rocchi  o  pezzi,  fra  i  quali  se  ne 
alternano  altri  di  maggiore  grossezza,  tondi  o  qua- 
drangolari, che  si  chiamano  bozze;  accorpata,  co- 
lonna al  terzo  inferiore  del  fusto  e  a  doppia  ra- 
stremazione (assottigliamento  della  colonna  dal  fondo 
o  dal  terzo  in  su);  affusata,  affusolata,  che  va  assotti- 
gliandosi delicatamente  verso  l'estremità:  assottiglia- 
ta, diminuita;  a  spira,  a  spirale,  la  colonnetta  che 
sembra  latta  di  un  bastone  avvolto  regolarmente 
in  sé  stesso,  come  se  ne  vedono  alcune  nelle  antiche 
opere  di  architettura,  e  più  specialmente  nelle  ba- 
laustrate; sorta  di  colonna  a  s-^zione  poligona,  cogli 
angoli  arrotondati,  ovvero  scanalata,  le  generatrici 
della  quale  descrivono  un'elica  attorno  al  suo  asse; 
coclide,  quella  che  ha  nell'interno  una  scala  che  dà 
accesso  alla  vetta;  doppia  o  gemellata,  quella  il  cui 


Insto  è  formato  di  tre  lati  simili  eguali,  ossia  coste 
di  pietra,  accomodate  l'una  dentro  all'altra,  e  sca- 
nalata, affinché  le  commessure  siano  meno  visibili; 
quadrata,  quadra,  piana,  quella  che  ha  il  fusto  di 
sezione  rettangolare  (anche,  e  più  propriamente, 
pilastro);  scanalata,  accanalata,  o  striata,  quella  sulla 
cui  superficie  sono  intagliati  canali  o  solclii,  mezzo 
tondi,  longitudinali;  striala,  cioè  a  strie,  a  scana- 
lature, a  solchi;  spirale,  colonna  torta,  colonna  a 
chiocciola,  quella  nella  quale  sono  profondamente 
intagliate  poclie,  ma  grossissime  spire,  a  foggia  di 
vite;  tutta  tonaa,  quella  che  iia  il  fusto  intero,  di 
sezione  circolare;  wntVa,  diritta  e  senza  scanalature; 
zuoforica,  sostenente  la  figura  d'un  animale. 

Colonne  binate,  geminate,  doppie,  quelle  che  si 
inalzano  a  due  a  due,  talora  su  di  un  solo  piedi- 
stallo, talora  su  due  distinti,  ma  vicinissin>i;  o/i- 
tiche,  quelle  gemelle  e  annodate  tra  loro  nel  fusto. 

l'.^KTl    OKLLA    COLO.N.N.V    -    ORNAMENTI. 

Principali,  la  base,  il  fusto,  il  capitello  (veggasi 
ad  architettura,  a  capitello). 

Abaco,  parte  di  sopra  del  capitello  della  colonna, 
di  varia  forma  secondo  i  diversi  ordini  architettonici: 
comprende  \d.gola  rovescia,  il  gocciolatoio,  il  cimazio. 
-  Apofige,  linea  curva  o  parte  di  cerchio  tagliata  a 
guisa  di  cavetto,  sopra  la  lista  dell'imoscapo  della 
colonna.  -  Architrave,  la  trave  principale,  pog- 
giante orizzontalmente  sulle  colonne.  -  basamento, 
base,  parte  inferiore  di  una  colonna  o  di  un  pie- 
destallo: gr.,  stilobate.  Comprende  l'imoscapo,  il 
tondino,  il  toro,  il  plinto,  il  listello,  la  scozia,  il 
filetto,  il  pianetto.  -  Benda,  il  listello  che  termina 
in  alto  e  al  basso  il  fusto  della  colonna;  ossia  il 
sommoscapo  e  l'imoscapo  della  colonna. 

Calato,  la  parte  più  interna  della  colonna  co- 
rinzia. -  Canale,  solco  mezzo  tondo  incavato  lungo 
il  fusto  delle  colonne.  -  Canale  della  voluta,  solchi 
concavi  che  seguono  nei  capitelli  dell'ordine  jonico 
le  spire  della  voluta.  -  Cembra  o  cembia,  imoscapo, 
ratta  o  listello  col  quale  il  fusto  della  colonna  si 
connette  alla  base.  -  Collarino,  membretto  liscio, 
sporgente  in  fuori:  in  esso  termina  superiormente 
il  fusto  della  colonna. 

Dado,  una  delle  tre  parti  di  cui  si  compone  il 
piedestallo  della  colonna  e  precisamente  la  più  es- 
senziale che  forma  il  corpo  di  mezzo  fra  lo  zoccolo 
che  appoggia  direttamente  sul  suolo  e  la  cornice 
che  vi  sta  sopra.  -  Epistilio,  l'architrave  delle 
colonne. 

Fusto,  la  parte  principale  della  colonna,  quella 
che  ne  forma  il  tronco,  esclusi  il  capitello  e  la 
base:  sotto  il  fusto  è  sovente  la  base,  al  di  sopra 
il  capitello;  varia  di  forma  e  di  proporzione  se- 
condo l'ordine  a  cui  appartiene,  lo  stile  e  l'epoca  : 
corpo,  fuso,  scapo.  -  Imoscapo,  parte  inferiore  del 
■fusto  dove  si  unisce  alla  base  e  si  riscontra  negli 
ordini  ionico  e  corintio;  nel  dorico-greco,  che  é 
senza  base,  è  la  parte  che  direttamente  appoggia 
sul  terreno.  -  Sommoscapo,  il  superiore,  dov'è  il 
restringimento  che  termina  sul  collarino. 

Occhio,  il  circoletto  centrale  nella  cui  periferia 
termina  l'ultima  spira  della  voluta.  Vi  si  suole  in- 
tagliare un  fiore  o  altro  ornamento,-  Piedistallo, 
il  sostegno  che  inalza  la  colonna  dalla  superficie 
del  suolo  ad  una  certa  altezza.  La  sua  cornice  su- 
periore si  chiama  cimasa;  tronco,  o  dado,  la  parte 
maggiore  tra  la  cimasa  e  il  basamento;  zoccolo,  la 
parte    inferiore,    più    larga    e   di    forma   quadri- : 


tìOi 


anche,  dado,  plinto  (gr.).  -  Plinto,  parte  inferiore 
della  base  delle  colonne  e  dei  pilastri  che  appoggia 
direttamente  sul  terreno  quando  manca  il  piede- 
stallo, e  di  forma  generalmente  quadrata. 

Ratta,  ciascun  estremo,  inferiore  o  superiore, 
della  colonna;  guscio  estremo  della  colonna;  mo- 
danatura concava  che  unisce  l'imoscapo  al  som- 
moscapo. -  Ratta  di  sopra  o  sommoscapo,  l'estremitcà 
superiore  della  colonna.  -  Ratta  di  sotto,  ratta  da 
piedi,  imascapo,  l'estremità  inferiore  della  colonna. - 
Rocchio,  porzione  di  fusto  della  (  olonna  in  forma 
cilindrica  e  talora  leggermente  conica. 

Spira,  la  base  di  una  colonna,  il  cui  profilo  va 
serpeggiando.  -  Toro,  superficie  di  rivoluzione  ge- 
nerata da  un  mezzo  cerchio  che  ruota  intorno  ad 
un  cilindro:  si  pone  nella  base  delle  colonne.  - 
Ventre,  entasi,  la  maggior  grossezza  che  si  dà  or- 
dinariamente alla  colonna  nel  terzo  inferiore  della 
sua  altezza.  -   Vivo  d'una  colonna,  il  fusto 

Cateto,  asse  di  una  colonna.  -  Diametro  d'una  co- 
lonna, linea  che  ne  misura  la  larghezza.  -  Modulo, 
diametro  o  mezzo  diametro  servente  di  misura. 

Ornamenti.  —  Armille,  specie  di  anelletti  al 
capitello  orico.  -  Astragalo,  ornamento  a  profilo, 
quasi  sempre  circolare  o  a  forma  di  cordone,  col- 
locato nel  sommoscapo  o  neìVimoscapo  delle  colonne 
di  ordine  meno  semplice.  -  Becco  di  civetta,  moda- 
natura, la  cui  sezione  ha  un  angolo  curvilineo  che, 
in  certo  qual  modo,  assomiglia  al  becco  della  civetta, 
per  lo  più  usato  nel  capitello  dell'ordine  corintio.  - 
Caulicoli,  steli  che,  avvolgendosi  sopra  sé  stessi, 
formano  le  volute  dei  capitelli  corinzi  e  compositi  : 
meno  comunem,,  caviceli.  -  Cannello,  specie  l'i 
bastone  scolpito  nella  parte  inferiore  di  ciascun 
canale  della  colonna  scanalata,  si  che  paia  riempirlo 
ora  più  ora  meno,  o  per  semplice  ornamento,  o 
per  dare  alla  colonna  una  maggiore  solidità  reale  e 
anche  apparente.  -  Cimazio,  modanatura  superiore 
del  capitello  corintio  composta  di  un  listello,  di 
una  gola  rovescia  o  di  un  apofige. 

Fogliame  d'olivo,  fogliame  ornamentale  usato  a 
decorazione  dei  capitelli  e  dei  fregi  romani  d'ordine 
corintio.  -  Foglie,  ornamento  rappresentante  appunto 
foglie  che  sogliono  riferirsi  a  quelle  di  una  specie 
di  acanto  o  altre  che  si  scolpiscono  intorno  al 
capitello,  particolarmente  nell'ordine  corintio  e  nel 
composito.  Secondo  la  loro  posizione,  si  dicono  dei 
caulicoli  superiori  o  inferiori.  -  Fiore,  rosetta  del 
capitello  dorico.  -  Fregio,  la  fascia  per  lo  più  ornata 
di  rosette  e  simili.  -  Gorbia,  scanalatura. 

Paternostri,  filari  di  grani  scolpiti  a  ornamento 
delle  colonne.  -  Pianuzzi,  quegli  spazi  stretti  e 
lisci  che  separano  l'una  dall'altra  le  scanalature  della 
colonna  quando  esse  non  sono  perfettamente  con- 
tigue. -  Scanalatura,  incisione  o  incavo  longitudi- 
nale sul  fusto  delle  colonne  o  dei  pilastri  :  ca- 
nalatura.  -  Scozia,  modanatura  concava  che  spesso 
fa  parte  d'una  colonna.  -  5'^/'^a,  specie  di  cavo  nelle 
colonne,  detto  anche  scanalatura,  canale,  ecc.  - 
Toro,  grossa  modanatura  rotonda,  che  entra  varia- 
mente nella  composizione  della  base  della  colonna 
(detta  anche  tondino,  bastone,  astragalo). 

Riunione,  disposizioamc  m  colonne 


Edikici  a  colonne. 


('ose  e  termini  vari. 


Areo^lilo,  una  delle  cinque  sorta  di  intercolonni 
dell'architettura  i/reca,  con  le  colonne  disfanti  otto 
0  dieci  moduli  una  dall'altra.  -  Balaustrata,  ordine 


di  colonnette  lavorate  in  varie  forme,  con  basamenta 
e  cimasa;  balaustro.  -  Balaustro,  dicesi  anche  per 
piccola  balaustrata  e  per  colonnino  della  balaustrata. 
-  Balaustrino,  piccolo  balaustro.  -  Colonnata,  o  co- 
lonnato, sistema  o  aggregato  di  colonne,  sia  per 
uso  e  comodità  del  pubblico,  sia  per  decorazione 
dei  monumenti  -  Diastilo,  ordinamento  e  disposizione 
di  colonne  binate,  nel  senso  della  facciata:  de- 
cora un  edificio.  -  Buttilo,  una  delle  cinque  ma- 
aniere  di  piazzare  le  colonne. 

Intercolomiio,  intercolu  n'o^  lo  spazio  tra  colonna 
e  colonna.  -  Intercolonnio  tos  ano  semplice:  si  fa  ac- 
canto a  una  colonna  disegnandone  una  eguale.  -  Inter- 
colonnio  con  arco  senza  piedestallo:  si  fa  dando  alle 
colonne  una  distanza  fra  asse  ed  asse,  perché  l'arco 
possa  avere  la  conveniente  ampiezza. 

Mèta,  nelle  corse  degli  antichi,  gruppo  di  tre  co- 
lonne coniche,  punto  di  partenza  e  d'arrivo.  -  Mn- 
notriglifo,  intercolonnio  della  larghezza  d'un  triglifo 
tra  due  colonne  o  pilastri. 

Oltastilo,  disposizione  di  otto  colonne  di  fronte 
nei  pronao  e  nel  portico  di  un  tempio,  nella  fac- 
ciata di  una  chiesa  o  di  un  edificio  qualsiasi.  -  Pie- 
noslilo  (gr.),  l'intercolonnio  largo  una  volta  e  mezza 
il  diametro  delle  colonne. 

Sistilo,  intercolonnio  di  due  diametri.  -  Stilata, 
serie  di  colonne,  solitamente  metalliche,  che  servono 
di  sostegno  ai  ponti  (voce  del  linguaggio    tecnico). 

Edifici.  —  Anfiprostilo,  edificio  che  ha  colonne  da- 
vanti e  di  dietro.  -  Decastilo,  edificio  con  dieci  co- 
lonne. -  Diptero,  edificio  con  due  ordini  di  colonne 
per  ogni  lato.  -  Dodecastilo,  edificio  con  dodici  co- 
lonne. -  Morioptero,  edificio  rotondo,  senza  muri, 
con  tetto  sostenuto  da  colonne.  -  Octastilo,  edificio 
a  otto  colonne. 

Pentastilo,  porticato  a  colonnato  di  cinque  colonne 
di  fronte.  -  Periptero,  luogo  circondato  di  colonne; 
tempio  avente  colonne  da  quatto  parti.  -  Peristilio, 
colonnato  nell'interno  d'un  edificio  ;  insieme  delle 
colonne  d'un  edificio.  -  Picnostilo,  edificio  con  co- 
lonne serrate  o  avvicinate.  -  Polistilo,  edificio  con 
molte  colonne.  -  Propileo,  portico  a  colonne  da- 
vanti a  un  tempio.  -  Prostilo,  edificio  con  colonne 
solo  davanti.  -  Pseudo  diptero,  editi  ciò  che  aveva 
solo  una  fila  di  colonne. 

Sistilo,  edificio  in  cui  le  colonne  sono  allontanate 
di  due  diametri.  -  Tetrastilo,  che  ha  quattro  co- 
lonne nel  prospetto. 

Varie.  —  Accollare,  l'intrecciamento  che  talvolta 
si  fa  con  rami  e  foglie  od  altri  ornamenti  intorno  al 
fusto  delle  colonne,  per  cui  questi  si  chiamano  co- 
lonne  accollate.  -  Accoppiare,  accoppiamento,  il  di- 
sporre le  colonne  a  due  a  due.  -  Affusare,  affusel- 
lare  (atfusellato),  assottigliare  verso  l'estremità,  in 
guisa  di  fuso.  -  Incolonnare,  incolonnamcnto.  il  met- 
tere su  colonna,  disporre  a  guisa  di  colemie.  -  Ra- 
stremare, dsire  la  rastremazione,  cioè  quel  continuato 
restringimento  della  colonna  che  procede  dalla  sua 
base,  ovvero  dall'inferiore  terzo  del  suo  fusto,  fin 
presso  il  capitello,  -  Scannellare,  più  coni,  che  scor 
nalare:  incavare  la  colonna,  tracciando  su  essa  come 
piccoli  canali.  -  Sfondare,  far  tondo. 

Ulirella,  arnese  di  ferro,  fatto  a  guisa  di  'orbice 
che  si  usa  per  alzare  e  trasportare  colonne  e  altro. 

Cariatide,  figura  di  donna  o  d'uomo,  impiegata 
invece  di  colonna  o  di  pilasrto.  -  Telamone,  figura 
d'uomo  sostenente  una  cornice.  -  Le  colonne  d'Er- 
cole, per  significare  un  limite  morale  non  sorpas- 
sabile. 


COLORANTE 


G03 


Stinta,  attributo  dell'  anacoreta  siriaco  Simone, 
che  visse  assai  tempo  sopra  una  colonna.  -  Stilo- 
metria,  arte  di  misurare  le  colonne. 

Colonna.  Voce  di  vario  si^-nificato,  indicando: 
qualunque  sostegno,  anche  non  cilindrico,  che 
jibbia  una  certa  somiglianza  con  la  culonna;  quan- 
tità di  soldati  posti  in  una  certa  ordinanza  (vengasi 
a  ìtìilizia);  ciascuna  delle  partizioni  fatte  in  una 
pagina ,  per  scrivervi  o  notarvi  distintamente 
checchessia;  divisione  di  pagina  in  un  giornale, 
in  un  libro  e  simili;  parte  della  scala  a  chioc- 
ciola; (|uantità  di  materia  fluida,  che  ha  una  base 
e  un'altezza  determinata;  in  anatonna,  organo 
o  porzione  d'organo  di  forma  allungata  cilindrica; 
nel'a  marina  da  guerra,  corpo  di  navi  che  proce- 
dono tutte  sulla  stessa  linea,  Figur.,  sostegno,  ap- 
poggio, aiuto. 

Colonnata,  colonnato.  Veggasi  a  colonna. 

Colonna  vertebrale.  Insieme  di  tutte  le  ver- 
tebre (veegasi  a  vertebra),  trenlatrè  nell'adulto, 
le  quali,  sovrapposte  le  une  alle  altre,  formano  una 
colonna  nella  parte  posteriore  del  tronco  soste- 
nente la  testa  e  sostenuta  dal  baiino:  filo  delle 
reni;  ràchide  (p'.);  spina  del  dorso,  spina   dorsale. 

-  Spinale,  appai  tenente  alla  spina  del  dorso. 
Arteria  bastlnie,  tronco    vn-nnUire   formalo  dalia 

riunione  delle  due  arterie  vei' ebrali  :  veggasi  a  ver- 
tebra. -  Atlanti',  prima  virtjjia  cervicale,  sulla 
quale  riposa  la  li  sta.  -  Corage,  osso  della  pelvi,  che 
forma  l'ultima  esireiuità  della  colonna  vertebrale; 
si  articola  coli' apice  del  sacro,  ed  è  composto  di 
quattro  o  cinque  vertebre  che  corrispondono  alle 
vertebre  della  coda  di  altri  animali.  Quadrifido, 
diviso  0  tagliato  in  quattro  parti,  ed  è  uno  degli 
aggiunti  dati  dagli  anatomici  al  coccige. 

Ileo,  ilio,  nome  di  due  ossa  attaccate,  a  destra  e 
a  sinistra,  posteriormente  alle  testate  e  davanti  al- 
le ossa  del  pube;  dicesi  pure  osso  del  fianco. 

Midolla  spinale  o  alliuigata.,  la  porzione  del  cer- 
vello allungata  per  tutte  le  vertebre  fino  all'osso 
sacro.  -  ò<ne  midollari,  sf  stanza  interiore  della  mi- 
dolla spinale.  -  Ct7«os/3jna/p,  il  punto  della  midolla 
spinale  dal  quale  si  originano  le  fibre  del  nervo 
simpatico,  che  vanno  alle  fibre  raggiate  dell'  iride. 
•  Muscolo  infraspinato,  quello  situato  sotto  la  spina. 

Quadrigemini,  quattro  piccoli  corpi  che  sono  al- 
l'estremità superiore  della  midolla  allungata.  -  Sa- 
cro, osso  sacro;  formato  dalla  riunione  delle  vertebre 
sacrali,  ha  la  figura  di  una  piramide  triangolare 
schiacciata  dall'innanzi  all'indietro  ;  è  situato  nella 
parte  posteriore  del  bacino,  immediatamente  al  di- 
sotto della  quinta  vertebra  lombare.  -  Scio,  osso 
che  è  contiguo  alle  vertebre  del  dorso  e  che  è  inter- 
posto fra  i  due  ossi,  gli  innominati,  che  sono 
situati  ai  lati  dell'osso  sacro. 

Sfilare,  uscir  dal  suo  luogo  una  o  più  vertebre 
delle  reni.  -  Sfilare  uno,  rompergli  con  un  colpo  il 
fil  delle  reni,  la  colonna  vertebrale;  direnare,  sfi- 
lar le  reni. 

Deformazioni  e  malattie. 

tifosi,  curvatura  anormale  della  spina  dorsale, 
all'indietro,    cioè    con    la    convessità     posteriore. 

-  Lordasi,  deviazione  della  colonna  vertebrale  a  con- 
vessità anteriore.  -  Gobba,  o  gibbosità,  deformazione 
risultante  da  deviazione  della  colonna  vertebrale, 
senza  carie  delle  vertebre  (veggasi  a  gobbo);  anche, 
prominenza  ossea  anormale  del  tronco  avvenuta  in 


conseguenza  di  carie  d'una  o  più  vertebre  o  per 
semplice  deformazione  delle  vertebre,  delle  coste  o 
dello  sterno.  -  liarltiocijosi  (gr.),  incurvamento  in- 
dietro della  colonna  vertebrale.  -  Rachiolordosi,  in- 
curvamento in  avanti  della  colonna  vertebrale.  - 
Scoliosi,  curvatura,  deviazione   laterale  della  spina. 

Mielite,  nome  dato  alla  maggior  parte  delle  malattie 
intrinseclie  della  midolla  spinale  -  licchialyta,  do- 
loie  del  midollo  spiri;ile  per  alterazione  nervosa, 
indipendente  da  infiarinniizione.  -  Spinile,  affezione 
della  midolla  spinale,  caratterizzati  dalla  incoordi- 
nazione dei  movinipn  i.  dafaboliz  <  ne  dei  moti  ri- 
flessi e  da  diveisi  tuihamenti  subii  ettivi  ed  obbiet- 
tivi della  seiisibililà. 

Colonnello.  '1  itolo  t^  grado  di  ufliciale  superiore 
al  quale  è  affidato  il  comando  di  un  reggimento 
0  la  direzione  di  un  s^ervizio,  di  un  ufficio  militari' 
importante.  -  Tenente  colonnello,  titolo  e  grado  di 
ufficiale  superiore,  inmediatamente  soggetto  al  co- 
lonnello 

Colonnino.  Piccola  colonna.  -Colonna  di  scrt'- 
tura. 

Colòno.  Veggasi  ad  agricoltore  e  a  colònie. 

Coloramento.  Il  colorare. 

Colorante.  Chi  colora;  che  serve  a  co?©?-»»**  ; 
colorifero;  colore.  Sostanze  coloranti,  quelle  eh'? 
hanno  il  colore  o  un  colore,  e  servono  per  la  tintoria 
0  per  altri  usi  industriali,  artistici,  ecc  ,  applicate  sulle 
superficie  solide,  sullt  terrecotte,  lìeUn 2nttura,  nella 
ceramica,  sullo  .smalto,  sulle  fibre  tessili  per  tin- 
gere i  fili  e  i  tessuti,  per  colorare  il  t'etro,  ecc. 
Colori  stabili  danno  quelle  di  origine  organica,  e 
note  tra  esse  la  cocciniglia,  il  chermes,  la  laccamuffa, 
la  robhia  ;  i  legni  del  Brasile,  di  sandalo,  di  amaranto, 
di  reseda,  i  gambi  del  sorgo,  i  fiori  di  zoffra\tone, 
Voricello,  Vindaco,  la  malva  nera,  il  verde  delle  foglie, 
il  cardo,  la  corteccia  di  quercilrone,  il  grano  salacene, 
le  bacche  di  sambuco,  la  radice  di  curcuma,  ecc.  - 
Le  proprietà  tintorie  dei  coloranti  dipendono  dalla 
loro  natura  basica  o  acida  e,  per  ognuna  di  queste 
due  grandi  classi,  variano,  secondo  la  loro  costitu- 
zione chimica,  cioè  secondo  la  natura  dei  radicali 
costituenti  le  loro  molecole  e  talora  anche  secondo 
la  loro  mutua  posizione. 

Denominazioni  generiche. 


Auxocromi,  nome  dato  ai  gruppi  salificabili  aventi 
la  proprietà  speciale  di  favorire  la  formazione  delle 
sostanze  coloranti  e  di  accrescerne  il  potere.  -  Co- 
loranti  aggellivi  e  sostantivi;  coloranti  metallici,  ecc., 
veggasi  a  colore. 

Lromoforo,  gruppo  atomico  dalla  presenza  del  quale 
dipende,  vuoisi,  il  colore  di  un  corpo:  quando  il 
cromoforo  entra  nella  molecola  di  una  sostanza,  ne 
nasce  dapprima  un  corpo  più  o  meno  colorato,  il 
quale  però  non  é  un  vero  colorante.  -  Cromogeni, 
nome  dato  a  quei  corpi  che  contengono  solo  il  cro- 
moforo e  non  sono  coloranti  ;  per  diventare  tali,  è 
necessario  che  racchiudano  uno  o  più  radicali,  ca- 
paci di  comunicare  ad  essi  proprietà  salificanti.  Non 
sono  quindi  i  colori  stessi,  ma  sono  solo  i  loro 
generatori.  Bacteri  cromogeni,  quelli  che  hanno  la 
proprietà  di  produrre  sostanze  coloranti,  e  i  mi- 
crococchi che  danno  il  color  rosso  e  il  color  giallo 
al  sudore.  -  Decolorante,  la  sostanza  atta  a  produrre 
decolorazione  (veggasi  più  innanzi).  -  Mordente,  la  so- 
stanza che  serve  a  fissare  i  colori  sulle  fibre.  - 
Mordenzato,  il  tessuto  stato  immerso  in  un  mordente. 


606 


COLORANTE 


-  Reattivo,  termine  di  chimica:  elemento  o  com- 
posto che,  a  contatto  di  altri  elementi  o  composti, 
produce  una  reazione,  cioè  una  combinazione  o 
una  decomposizione,  che  si  manifesta  pej  mezzo 
di  speciali  fenomeni.  Solvente,  ciò  che  serve  a 
sciogliere  le  sostanze  coloranti. 

Estratti  coloranti,  consistono  nel  residuo  dell'eva- 
porazione delle  decozioni  acquose  di  alcune  radici, 
bacche,  ecc.,  e  vengono  poste  in  commercio  sotto  forma 
liquida  o  sciropposa,  oppure  in  pasta  o  allo  stato 
secco,  in  quadrelli,  in  polvere  e,  qualche  rara  volta, 
in  cristall.ni.  Hanno  un  colore  che  va  dal  bruno  al 
giallastro.  I  più  importanti  estratti  di  legni  da  tinta 
sono  quelli  di  campeggio,  di  legno  giallo,  di  legno 
dei  Brasile,  ecc.  -  Inchiostri,  veggasi  a  inchiostro. 

Materie  coloranti  artificiali,  denominazione  data 
alle  sostanze  derivate  dal  catrame  di  carbon  fossile: 
superano,  per  la  loro  vivacità  e  pel  loro  splendore, 
tutte  le  altre  ed  offrono  all'arte  della  tintura  gamme 
di  colori  (li  una  ricchezza  inesauribile.  Quasi  tutte 
le  materie  coloranti  organiche  appartengono  alla 
serie  aromat  ca.  -  Materie  tanniche,  quelle  usate  per 
la  concia  e  la  tintoria.  -  Materie  tintorie,  le  ma- 
terie coloranti  di  origine  organica:  chiamansi  così 
in  commercio  perchè  danno  colori  più  stabili  e  sono 
le  più  usate.  -  Scorie  o  rosticci,  masse  che  si  for- 
mano nei  processi  di  preparazione  e  di  affinazione 
dei  metalli,  specialmente  della  ghisa.  Servono,  fra 
l'altro,  alla  preparazione  di  colori,  che  si  ottengono 
con  scorie  polverizzate,  impastate  con  olio  di  lino 
e  mescolate  a  qualche  colore  del  catrame,  o  a  co- 
lori minerali. 

Decolorazione,  operazione  con  la  quale  si  toglie  a 
un  corpo  mediante  il  carbone  animale  o  vegetale, 
oppure  per  mezzo  del  cloro,  dell'alluminio,  ecc.)  la 
sua  materia  colorante.  La  luce,  l'aria  e  l'acqua  sono 
pure  mezzi  di  scoloramento.  -  Fabbricazione  dei  co- 
lori :  i  principali  materiali  greggi  che  si  lavorano 
sono  il  benzolo  e  suoi  omologhi  (toluolo,  scilolo),  la 
naftalina,  l'antracene,  contenuti  nel  catrame  di  car- 
bon fossile.-  Legge  di  Wilt:  di  due  materie  coloranti, 
di  costituzione  simile,  quella  che  forma  i  sali  più 
stabili,  ha  il  maggior  potere  colorante.  -  Stampa 
dei  tessuti,  tintura  localizzata:  veggasi  a  tintoria. 

-  Tintoria:  da  Witt  fu  ultimamente  paragonata  ai 
fenomeni  della  soluzione,  mentre  altri  l'hanno 
considerata  come  un  fatto  meccanico  e  altri  ancora 
{teoria  chimica)  credono  alla  combinazione  tra  le 
libre  e  il  colorante. 

Sostanze  coloranti  usate  nella  tintoria 

E   NELLA    stampa   DEI   TESSUTI. 

Sono  moltissime:  tra  esse,  V acetato  di  calce,  l'ace- 
toso di  cromo,  gli  acidi  acetico,  arsenioso,  citrico, 
^ormico,  lattico  (per  la  tintura  della  lana  e  la 
stampa  del  cotone),  pirogallico,  tartarico,  ecc.;  il  clo- 
rato di  sodio,  il  cloruro  di  ammonio,  di  manganese, 
di  rame,  molti  cromati,  molti  nitrati,  ecc.,  e  gran 
numero  dei  cosidetti  colori  del  catrame,  o  arlifi 
ciali  (citati  più  innanzi).  Veggasi  inoltre  alle  voci 
designanti  ogni  singolo  colore:  azzurro,  giallo, 
rosso,  verde,  ecc. 

Alizarina,  colorante  fornito  dalla  robbia,  dalla 
quale  si  traggono  anche  la  pseudoporporina,  la  por- 
porina, la  garanzina,  o  carbone  di  robbia,  il  carmino 
di  robbia,  ecc.  Colora  in  rosso  il  cotone  morden- 
zato con  allumina,  in  rosa  con  lo  stagno,  in  vio- 
letto col  ferro,  in  bruno  col  cromo;  colorala  lana. 


mordenzata  con  allumina  o  allume  di  cromo  e  crema 
di  tartaro.  -  Allossantina,  sostanza  simile  alla  pre- 
cedente, e  che  colora  in  violetto.  -  Ancusina,  prin- 
cipio colorante  rosso  della  radice  di  ancusa.  -  Ani- 
lina (dallo  spagnuolo  ami,  indaco),  sostanza  che  è 
la  materia  prima  di  molti  coloranti  per  la  tintura 
e  la  stampa  dei  tessuti  (^/^eggasi  più  innanzi:  Co- 
lori del  catrame).  -  Argille  ocracee,  o  terra  rossa, 
gialla,  verde,  ecc.,  materie  coloranti,  di  tinta  vi- 
vace per  l'ossido  di  ferro  che  conten 'ono.  -  Aza- 
lina,  azocoloranti,  azzurro  di  alizarina,  di  anilina, 
d'indaco,  ecc.,  veggasi  più  innanzi  {colori  del  ca- 
trame). 

Baccelli  di  Sabba  {concino  orientale),  frutti  di 
varie  specie  d'acacia  usati  nella  tintura  dei  tessati 
neri,  perchè  ricchi  di  tannino.  -  Benzooliva,  colore 
artificiale  imp  egato  per  la  tintura  e  stampa  del  co- 
tone e  del  lino,  in  azzurro-indaco.  -  Berberina:  si 
estrae  dalla  scorza  dell'arbusto  detto  crespino  e  s*^x\Q 
per  tingere  in  giallo  specialmente  la  lana  e  la  seta 
e  il  cotone  mordenzato  al  tannino. 

Carmino  di  alizarina,  usato  per  tingere  la  lana 
in  rosso  scarlatto.  -  Carmino  d' indaco,  usato  per 
la  tintura  della  lana  e  della  seta.  -  Carmino  di  por- 
pora, nome  che  si  dà,  in  commercio,  alla  muresside: 
serve  nella  tintoria  e  nella  stampa  dei  tessuti  per 
ottenere  colorazioni  rosee,  rosso-porpora  ed  ama- 
ranto, belle,  ma  di  poca  durata.  -  Cartamina,  car- 
tamo, coloranti  rossi  per  i  tessuti.  -  Catechina:  dà 
i  veri  Vidal,  usati  per  tingere  il  cotone  in  nero 
e  in  bruno  bluastro.  -  Catecil,  estratto  dell'ocacm 
catecù:  serve  nella  tintura  della  lana  e  meglio  in 
quella  dei  cotone,  dando  tinte  resistenti  alla  luce 
e  al  bucato.  -  Catlù  di  Lavai  {calta  italiani^),  usato 
per  tingere  il  cotone,  dopo  un  baijno  in  sali  di  ferro, 
di  rame,  o  di  bicromato  potassico. 

Chermes,  la  cocciniglia  del  leccio:  se  ne  trag- 
gono polveri  usate  già  (ora  quasi  esclusivamente 
dai  Turchi)  per  tingere  in  colore  ros-!0  stoffe  di  lan  i 
e  di  seta.  -  Ctanol,  polvere  che  tinge  la  lana  in 
azzurro  celeste  puro.  -  Cloruro  di  stagno  ammoni'  • 
cale,  o  pinksalt,  per  dar  la  carica  alla  seta  (bianca 
0  tinta  di  colori  chiari).  -  Coca-coca,  radice  peru- 
viana, usata  per  tmgere  in  rosso.  -  Cocciniglia, 
materia  colorante  rossa  per  i  tessuti  e  per  la  prepa- 
razione di  lacche.  -  Cromati,  importantissimi  colo- 
ranti gialli,  specialmente  quelli  di  piombo,  di  bario, 
di  zinco,  ecc.  -  Curcuma,  materia  colorante  giall  i. 

Dividivi,  libidibi,  libi-divi,  i  frutti  della  Gaesalpi- 
nia  coriaria,  usati  per  tingere  in  nero  i  tessuti.  - 
Flavina  (in  commercio,  anche  sotto  il  nome  di  au- 
rantina),  sostanza  colorante  del  quercitrone,  o  quer- 
cia dei  tintori:  serve  per  tingere  il  cotone,  la  lana, 
la  seta.  Dà  varie  tinte:  aranciato,  giallo-verdognolo, 
ecc.  -  Fluorescina,  colorante  diretto  (in  giallo  rosso) 
per  la  lana  e  la  seta.  -  Fastello,  colorante  giallo  ptr 
i  tessuti. 

Galle,  sostanze  usate  in  tintoria,  nonché  per  estrarle 
il  tannino.  -  Galloflavina,  sostanza  colorante  usala 
per  tingere  in  giallo  oliva  la  lana  mordenzata  :  1 
cromo,  e  per  stampare  in  giallo  su  lana  e  cotone, 
con  mordenti  di  cromo.  -  Giallo  cotone,  colorante 
per  il  cotone  in  bagno  di  sapone  e  solfato  di  soda. 
-  Giallo  lana,  usato  per  tingere  la  lana,  generalmente 
con  mordente  di  cromo.  Per  altre  voci,  veggasi  a 
giallo. 

Indaco,  una  delle  più  preziose  sostanze  coloranti 
azzurre.  -  Indulina,  materia  colorante  azzurra  per 
i  tessuti.  -  Kamala,  usala  nelle  Indie  per  tingere  la 
seta  in  giallo. 


COLORANTE 


607 


Lattalo  di  alluminio:  serve  per  la  stampa  dei  tes- 
suti di  cotone. 

Malveina,  sostanza  i  cui  sali  sono  specialmente 
usati  per  le  j^radazioni  in  bianco  della  seta  -  Mo- 
rindina,  estratto  della  radice  di  morinda,  usata  a 
colorare  in  rosso  bruno  le  fibre  mordenzate  come 
per  il  rosso  turco. 

Narceina,  alcaloide  contenuto  nell'oppio  ed  usato 
per  la  stampa  dei  cotoni.  -  Neri,  nome  generico  di 
molte  sostanze  coloranti:  vejjgasi  a  nero.  -  Nigro- 
sina, materia  colorante  azzurra  che  si  ottiene  ossi- 
dando l'anilina.  -  Nitrati,  nome  di  molte  sostanze 
(nitrato  di  rame,  di  potassio,  di  stagno,  ecc.)  usate 
per  tingere  o  come  mordenti.  -  Nilroxolfnro  di  ferro, 
usato  per  ottenere  tinte  nere  sulla  lana. 

Oltretnare,  colorante  pei  tessuti  e  per  altri  usi. 

-  Orceina,  sostanza,  di  un  bel  colore  violetto,  che 
si  estrae  dall'  oricello,  cioè  da  vari  licheni  marini 
e  terrestri.  -  Oriana,  terra  d'  Oriana,  arnotta,  so- 
stanza formata  da  un  principio  giallo  e  da  un  prin- 
cipio rosso.  -  Ossalati,  i  sali  dell'  acido  ossalico  : 
l'ossaUito  di  cromo  è  usato  nella  stampa  dei  tessuti  ; 
V ossalalo  stannico  nella  stampa  all'alizarina,  e  lo 
stannoso  come  agente  riduttore  e  corrodente  nella 
stampa  dt^lla  seta  e  della  mezzaseta.  Vossalato  di  anti- 
monio e  di  potassio  si  usa  nella  tintoria  e  nella  stampa 
dei  tessuti.  Ossalato  di  cromo,  us;>to  nella  tintoria 
e  nella  stampa  dei  tessuti,  in  sostituzione  del  tartaro 
emetico. 

Permanganati,  veggasi  più  innanzi  {coloranti  per 
usi  diversi).  -  Piocianina,  la  bili  verdina,  o  l'indigo- 
tina, derivata    dall'  indicano,   colorante  in  azzurro 

-  Porpora,  nome  dato  dagli  antichi  a  una  prezio- 
sissima sostanza  colorante  violetta,  con  riflessi  ros- 
sastri, ricavata  da  alcuni  molluschi  gasteropodi  del 
Mediterraneo  -  Porporina,  sostanza  colorante,  tratta 
dalla  robbia.  -  Prussiato  rosso  o  ferricianuro  di 
potassio:  usato  in  tintoria,  al  quale  scopo  si  mette 
in  commercio  anche  allo  stato  polverulento  e  me- 
scolato a  cloruro  di  potassio. 

Safranina,  materia  impici^ata  per  tingere  in  rosso 
il  cotone  e  per  la  slampa  dei  tessuti  Ne  derivano: 
l'azzurro  di  indoiiia,  il  giroflè,  o  violetto  di  metilene, 
ecc.  -  Soìghina,  sorgolina,  principi  coloranti  del 
sorgo,  -  Santalina,  o  acido  santalico,  principio  co- 
lorante del  sandalo,  -  Smeraldina,  sostanza  verde 
lolorante,  ottenuta  dalla  reazione  del  clorato  di  po- 
tassio sul  cloridrato  di  anilina. 

Solfati,  sali  dell'acido  solforico;  nome  di  molte 
sostanze  tintorie:  il  solfato  di  nichelio,  quello  di 
rame,  o  vetraiolo  azzurro,  detto  anche  copparosa 
azzurra,  e  usato  specialmente  per  tingere  la  lana 
in  nero;  il  solfato  di  zinco,  o  copparosa  bianca; 
il  solfato  ferrico,  o  persolfato  di  ferro,  per  la 
tintura  in  nero  della  seta  e  del  cotone,  ecc.  -  Sol- 
far iannri,  solforianati,  riocinati,  rodinati,  i  sali 
dell'acido  solfocianico:  quelli  di  ammonio  e  di  sodio 
usati  tutti  nella  tintura  e  nella  stampa  dei  tessuti. 

-  Solfuri,  le  combinazioni  dello  zolfo  con  un  altro 
elemento.  -  Sommdcco,  materia  tannante,  principal- 
mente usato,  in  tintoria,  per  la  tintura  del  cotone. 

-  Wongshy,  i  frutti  della  gardinia  grandiflora,  che 
contengono  una  sostanza  usata  per  tingere  in  giallo 
il  cotone,  la  seta,  la  lana. 

Materie  coloranti  per  vari  usi. 

Per  molte  di  queste  sostanze  veggasi  a  concia, 
a  fuoco  artificiale,  a  miniare,  a  ossido,  a 
jnltore,  nonché  al  nome   proprio  di  ogni  singolo 


colore  e  più  innanzi,  a  colori  del  catrame.  -  Acido 
pirogallico,  usalo  in  fotografia  e  tintoria.  -  Acido 
rosolico,  usato  per  colorare  vernici  a  spirito  per 
metalli,  come  indicatore  nell'analisi  volumetrica  e 
per  preparare  altri  colori.  -  Acqua  ossigenata:  serve 
per  tingere  i  capelli  in  biondo.  -  Alcanna,  arbusto 
dell'Arabia  e  ora  coltivato  anche  nelle  Indie,  a 
(>eylan,  in  Persia,  a  Màlabar:  le  foglie  servono 
specialmente  per  tingere  in  giallo  le  mani,  le  unghie 
(Egitto,  Arabia,  India),  e  si  utilizzano  per  tingere 
seta  e  legno  bianco,  a  cui  danno  il  colore  del  mogano 

-  Alchermes,  chermes,  kermes,  alchermisi,  materi» 
colorante  scarlatta  fornita  da  un  insetto  (la  tem- 
mina)  alfine  alla  cocciniglia,  detto  pure  alchermes, 
disseccato  all'uopo:  serve  per  colorire  alcuni  li  uori 
e  specialmente  quello  detto  pure  alchermes.  -  AÙnme 
di  cromo,  solfato  doppio  di  potassio  e  di  cromo, 
usato  nella  concia  delle  pelli  al  cromo.  -  Arnotta, 
l'orellana  od  ariana  (veggasi  più  oltre).  -  Azzurro 
di  Berlino  {azzurro  di  Parigi,  blu.  di  Prussia),  idro- 
cianato ferrico,  usato  nella  verniciatura  per  le  me- 
si-olanze  col  giallo,  allo  scopo  di  ottenere  tutta  la 
gamma  dei  verdi.  Velenosissimo. 

Biacca  (cerussa),  carbonato  di  piombo  o  di  zin- 
co, atto  a  dar  corpo  alle  vernici  e  ai  colori;  usato, 
in  sostituzione  di  essa,  il  solfuro  di  zinco.  Biacca 
di  Pleyter,  bianco  di  zinco  o  ossido  di  zinco,  gesso 
di  Bologna  o  gesso  marcio,  materie  bianche.  -  Bia- 
detto 0  biavo,  materia  colorante  di  color  celeste, 
usata  dai  pittori,  per  dipingere  ad  olio  e  ad  acque- 
rello. -  Bianco  di  barite,  o  bianco  permanente,  costi- 
tuito dal  solfato  di  bario  o  di  barite  (allomorfite, 
baritina,  spato  pesante):  usato  in  sostituzione  della 
biacca,  nella  pittura.  -  Bistro,  colore  che  si  prepara 
con  la  fuliggine,  polverizzandola  ripetutamente  con 
acqua  e  impastando  il  residuo  solubile  con  acqua 
gommata,  poi  seccando.  Si  usa  per  pitture  all'  ai> 
quarello  o  per  miniature,  ma  non  per  colori  ad  olio. 

-  Bruno  o  nero  di  seppia,  inchiostro  di  molta 
potenza  colorante,  secreto  dalla  sappia. 

Cadmio  {solfuro  di),  usato  in  pittura  sotto  il  nome 
di  giallo  di  cadmio  o  giallo  brillante.  -  Carbonato 
di  soda,  per  il  lavaggio  delle  lane,  l'imbianchimento, 
la  tintoria,  ecc.  -  Carbonato  di  zinco,  usato  nelle 
aVti  come  colore  bianco.  -  Carminio,  rosso  splendido 
e  trasparente,  usato  nella  pittura  ad  acquerello,  nella 
miniatura  per  tingere  fiori  artificiali,  fare  belletti^ 
per  la  stampa  delie  tele  e  per  colorire  liquori.  Si 
ottiene  versando  nel  decotto  di  cocciniglia  allume 
0  sale  di  tartaro.  In  commercio  prendono  questo 
nome  varie  sostanze.  -  Ceruleum,  colore  azzurro  di 
cielo,  composto  di  ossido  di  cobalto  ed  ossido  di 
stagno,  spesso  misti  a  gesso  o  ad  altri  bianchi:  si 
usa  specialmente  nella  pittura  ad  olio  e  ad  acque- 
rello. -  Chica  {corneru,  vermiglione  americano),  so- 
stanza colorante,  che  si  ricava  per  decozione  ac- 
quosa :  usata  dai  selvaggi  per  tingersi  il  capo  in 
rosso;  anche  per  tingere  il  cotone  e  la  lana  in  aran- 
ciato. -  Linabrino  o  cinabro  d'imitazione,  di  un  bel 
rosso  vivo,  fiammante:  serve  nella  verniciatura.  - 
Cinabro,  o  vermiglione,  solfuro  di  mercurio,  colore 
rosso  vivissimo,  stabile  all'olio:  annerisce  e  fa  ai'- 
nerire  i  colori  a  base  di  composti  di  piombo.  -  Ci- 
nabro, corallina,  fucsina,  viola  di  catrame,  oltremare, 
caramele  alcalino:  sostanze   coloranti  per  i  saponi. 

-  Cloruro  d'antimonio,  impiegato  per  colorare  i  cuoi. 

Colla  al  mastello,  la  massa  gelatinosa,  non  seccata, 
che  si  ottiene  dai  residui  di  guanti,  ecc.:  adoperata 
dai  pittori  e  nella  preparazione  dei  colori.  -  Coppa- 
rosa  verde,  o  solfato  ferroso,  vetriolo  verde,  romano. 


608 


COLOR ANTK 


marziale,  calibeato  o  di  ferro:  serve  in  tintoria  per 
produrre  i  colori  neri;  si  impiega  nella  fabbrica- 
zione dell'inchiostro;  nella  tintura  ad  indaco,  come 
riducente;  per  la  preparazione  dell'azzurro  di  Ber- 
lino e,  quindi,  per  la  tintura  in  azzurro.  -  Creta, 
carl'onato  di  calce,  usato  per  fare  matite,  ottenere 
tinte  lìttenuate,  ecc.  -  Cromati  di  piombo,  usati  es- 
senzialmente in  pittura.  -  Cromato  di  potassio, 
usato  in  tintoria  e  nella  preparazione  dell'inchiostro 
(con  campeggio),  nonché  per  preparare  altri  colori 
di  cromo,  come  il  giallo,  l'aranciato,  ecc. 

Ematossilina,  polvere  bruna,  usata  in  tintoria  e, 
come  indicatore,  nella  tecnica  microscopica  e  nel- 
l'analisi volumetrica.  -  Emocianina,  la  sostanza  co- 
lorante naturale  dell'uva:  serve  egregiamente  a  dare 
il  colore  rosso  ai  vini  che  ne  sono  deficienti. 

Fegato  di  zolfo:  entra  nella  composizione  di  tin- 
ture per  capelli  e  barba.  -  Fenolftaleina,  usata  come 
indicatore  nell'analisi  chimica  volumetrica.  •  Fiele 
di  bue,  liquido  vischioso,  color  giallo  verdognolo, 
usato  dai  cavamacchie;  inoltre,  per  dare  maggiore 
lucentezza  ai  colori,  per  miniature  e  per  dipingere 
sull'avorio.  Impastato  con  gomma  e  nero  fumo,  dà 
un  eccellente  inchiostro  di  china.  Serve  anche  come 
condensante  ed  agglutinante  nella  fabbricazione  delle 
carte  a  colori.  -  Fiorrancio,  pianta  erbacea  i  cui  fiori 
freschi,  spremuti,  danno  un  sugo  che,  unito  all'al- 
lume, fornisce  un  color  giallo  da  miniatura.  -  Fito- 
lacca,  pianta  le  cui  bacche  si  usano  per  tingere  con- 
fetture e  per  rinforzare  il  colore  del  vino.  -  Fucsina 
solfonata,  usata  per  tingere  anche  le  sostanze  ali- 
mentari (non  cosi  la  fucsina  ordinaria).  -  Fulig- 
gine, materia  che  serve  come  colore,  stemperata 
con  olio  0  vernice;  con  essa  si  prepara  anche  il 
bislro.  -  Fusdggine,  veggasi  a  pittore.  -  Fustina, 
principio  colorante  dello  scotano. 

Gomma  gotta,  usata  come  sostanza  colorante  gial- 
la, per  la  fabbricazione  di  alcune  vernici,  nella  stam- 
pa di  carte  da  tappezzeria,  nella  pittura  ad  acque- 
rello. -  Grafite,  carburo  di  ferro:  nella  verniciatura 
serve  moltissimo  per  le  tinte  grigie  in  tono  forte. 
Serve  per  le  ferramenta,  per  certe  imitazioni  di  me- 
talli, per  preparare  matite.  -  Indicano,  principio  at- 
tivo deWindaco  (veggasi  più  innanzi  :  colori  del 
catrame),  -  Ioduro  di  piombo,  polvere  di  color  giallo 
citrino,  adoperata  in  pittura.  -  Iridio  (ossido  di), 
adoperato  per  colorare  in  nero  od  in  grigio  la  por- 
cellana. 

Laccamuffa,  lo  stesso  che  tornasole.  -  Lapislazzuli, 
ridotto  in  polvere,  era  un  tempo  adoperato  come 
sostanza  colorante.  -  Lucido  da  scarpe,  da  stivali, 
ecc.,   veggasi  a  lucido. 

Magistero  di  bismuto,  ingrediente  di  varie  com- 
posizioni per  la  profumeria.  -  Minio,  ossido  di 
piombo  ;  di  un  rosso  giallastro,  usato  per  preparare 
colori  ad  olio  e  vernici,  per  coprire  oggetti  di  fer- 
ro, ecc.  -  Mirtillo,  colorante  del  vino. 

Nitrato  d'argento:  entra  nella  composizione  di  un 
gran  numero  di  tinture  per  barba  e  capelli,  di  in- 
chiostri indelebili,  ecc.  -  Nitrato  di  bario,  di  stron- 
zio, coloranti  per  /noco  artificiale.  -  Nitronaftoli 
prodotti  usati  nell'industria  dei  colori.  -  Noci  {foglie 
di):  servono  nelle  arti  a  colorare  in  bruno  (sotto 
forma  di  tintura)  i  legni  bianchi  e  porosi. 

Oltremare,  importante  preparazione,  di  parec- 
chie tinte  e  di  svariatissimo  uso.  -  Oriana  (_oiella- 
na,  terra  d' Oriana,  arnotta,  annatto),  materia  pre- 
parata con  la  polpa  che  ricopre  i  semi  completa- 
mente maturi  della  Bixa  orelìana.  La  sostanza 
colorante  è  formata  da  un  principio  giallo  {mellina) 


e  da  un  principio  rosso  (hiodna)  :  si  usa  F  oriana 
in  tintoria,  nonché  per  colorare  le  vernici  ad  olio 
e,  molto  frequentemente,  per  colorare  il  burro  ed 
il  formaggio.  -  Oro  musivo,  solfuro  di  stagno,  o  stan- 
nico: serve  a  bronzare  o  dorare  oggetti  di  legno, 
di  gesso,  di  ottone,  di  rame,  di  carta,  ecc.  -  Oj7)Ì- 
mento  (arsenico  solforato  giallo).  Sesqoisolfuro  di 
arsenico,  color  giallo  d'oro  {auri  pigmentumj,  qual- 
che volta  di  lucentezza  perlacea  :  serve  come  ma- 
teriale colorante  e  per  preparati  arsenicali.  -  Ossidi, 
combinazioni  dell'  ossigeno  con  un  metallo  o  un 
metalloide,  di  varia  ed  estesissima  applicazione: 
veggasi  ad  ossido. 

Pastello,  materia  colorante  azzurra  che  si  trae 
dalle  foglie  d'una  piccola  pianta  erbacea,  spontanea 
nei  terreni  calcari  dell'  Europa.  -  Pecurano.  mine- 
rale che  fornisce  i  preparati  di  urano  ai  laboratori 
e  colori  (rossi  e  gialli)  per  porcellane,  -  Ptrmanga- 
nati,  sali  che  si  formano  per  l'azione  degli  acidi  sui 
manganati.  Il  permanyanalo  potassico  o  camaleonte 
minerale  si  usa  su  vasta  scala  per  imbianchire  fi- 
lati, tessuti,  pelli  scamosciate  :  in  tintoria,  stampe- 
ria ;  per  colorire  il  legno  bianco  e  dargli  l'aspetto 
del  noce  o  del  palissandro;  per  la  confezione  di 
tinture  da  barba  e  capelli.  Il  permanganato  di  sodio 
si  usa,  in  sostituzione  del  precedente,  come  deco- 
lorante. -  Petrolio,  olio  minerale,  fotogeno,  lucelina, 
olio  di  sasso,  olio  di  pietra:  usato  nella  fabbrica- 
zione delle  vernici  e  dei  colori  ;  come  smacchiato- 
re, ecc.,  oltre  agli  usi  più  noti.  -  Pittaìiol,  acido 
eupittonico,  sostanza  colorante  isolata  prima  dal  ca- 
trame di  legno  e  poi  ottenuta  sinteticamente  :  co- 
lora in  aranciato  le  fibre  animali  in  bagno  acido  e 
in  violetto  in  bagno  ammoniacale.  -  Prussiato  giallo 
0  ferrocianuro  di  potassio,  usato  in  tintoria  e  nella 
preparazione  deWazzurro  di  Berlino. 

Rabarbarina,  materia  colorante  gialla  contenuta 
nelle  diverse  specie  di  rabarbaro.  -  Rossetti,  terre 
lavorate  chimicamente  che  danno  un  rosso  più  o 
meno  vivo:  entrano  nella  verniciatura.  -  Rosso  di 
allossana,  rosso  di  terra,  veggasi  a  rosso. 

Saccarati  di  ferro  e  di  antimonio  :  usato  il  primo 
per  la  tintura  delle  pelli  ed  il  secondo  come  mor- 
dente, invece  del  tartaro  emetico,  per  la  tintura  con 
alcuni  colori  di  catrama.  -  Sangue  di  drago,  resina 
usata  nella  preparazione  delle  vernici  colorate.  - 
Solfato  di  manganese,  usato,  in  tintoria,  come  il  clo- 
ruro di  manganese,  nella  decorazione  della  porcel- 
lana -  Solfato  di  piombo:  serve  molto  a  sofisticare 
la  biacca,  il  giallo  di  cromo  e  altri  colori  -  Solfuri 
d'arsenico  ;  tanto  il  realgar  che  l'orpimento  si  usano 
nella  pittura  ad  olio,  per  la  stampa  dei  tessuti  (per- 
calli), e,  nella  tintoria,  come  riducenti  nel  bagno 
d'indaco.  Nel  commercio  dei  colori,  l'orpimento  pol- 
verizzato, della  miglior  qualità,  prende  il  nome  di 
giallo  reale  o  giallo  del  re.  -  Solfuro  di  bario,  usato 
per  preparare  dei  colori  bianchi,  insieme  al  solfuro 
di  zinco.  Si  impiega  pure  per  colorare  il  legno.  - 
Stibina,  o  stibnite,  antimonite,  antimonio  grigio,  tri- 
solfuro  d'antimonio.  La  stibina  più  pura  »i  usa  di- 
rettamente come  colore  di  vernici. 

Titanio  {ossido  di),  usato  per  dare  una  tinta  gialla 
agli  oggetti  di  porcellana  eu  usato  come  mordente 
in  tintoria.  -  Tornasole,  materia  colorante  blu 
per  latmtoria,  i  lavoratori  di  chimica,  ecc  -  Tur- 
chinetto, denominazione  generale  di  ogni  materia  co- 
lorante azzurra  che  talora  si  unisce  in  piccoli  quan- 
tità alla  salda,  per  dare  ad  alcuno  bianch'^rie  una 
leggiera  tinta  azzurrognola;  non  dispiace  all'occhio, 
ivroduce  anche  l'eiretio  di  conservarne  per  un  mag- 


COLORANTE 


609 


gior  tempo  la  nettezza.  Il  turchinetto  ora  è  quella 
materia  colorante  che  più  particolarmente  si  chia- 
ma indaco  e  si  trae  da  alcune  piante  dei  paesi 
equatoriali  ;  ora  è  quel  colore  minerale  che  chia- 
masi azzuiTO  di  Pnissia,  o  prussiato  di  ferro,  e  dai 
chimici  moderni  cianidrato  di  ferro.  -  Vinolina,  mi- 
scuglio di  materie  coloranti  in  rosso,  derivate  dal 
catrame,  usata  per  colorare  fraudolentemente  i  vini. 
-  Zafferano^  usato  per  dare  il  color  giallo  alle 
sostanze  alimentari.  -  Zoozantina,  o  zooxantina, 
principio  colorante  giallo  speciale  nelle  penne  dei 
volatili. 

Sostanze  impiegate  per  la  preparazione  di  colori. 

Acido  acetico,  usato  in  tintoria  e  nella  fabbrica- 
zione dei  colori  del  catrame  (veggasi  più  innanzi).  - 
acido  arsenico,  già  adoperato  molto  nella  preparazione 
di  alcune  sostanze  coloranti,  specialmente  del  rosso 
d'anilina  :  ora  però  è  meno  usato  a  questo  scopo  - 
Acido  cromico,  usato  nella  fabbricazione  di  alcuni 
colori  di  anilina.  -  Acido  fluoridrico,  ingrediente  de- 
gli inchiostri  per  disegnare  sul  vetro.  -  Acido  gallico, 
usato  nella  fabbricazione  degli  inchiostri  e  di  al- 
cuni colori  artificiali.  -  Acido  nitrico,  di  grande  im- 
Siego  nella  preparazione  di  una  lunga  serie  di  pro- 
otti  nitrati,  come  nitrobenzina,  nitrotoluene,  nitro- 
naftalina,  che  danno  poi  origine  ad  una  infinità  di 
sostanze  coloranti,  per  preparare  1'  oltremare  vio- 
letto, ecc.  -  Acido  salicilico,  usato  per  la  fabbrica- 
zione delle  sostanze  coloranti  (crisamine).  -  Acido 
solfoanilico,  per  la  preparazione  di  colori  artificiali 
(azocolori).  -  Acido  solforico,  per  la  preparazione  d  i 
colori  di  anilina  e  per  sciogliere  l' indaco,  per  la 
preparazione  di  molte  materie  coloranti  del  catrame 
(colori  solfonici).  -  Acido  solfuccinico,  nella  fabbri- 
cazione dei  colori  di  catrame. 

Acridina,  sostanza  dalla  quale  e  da'suoi  derivati 
si  ricavano  colori  artificiali  con  cui  si  tinge  il  cuoio 
e  il  cotone.  -  Algarovilla,  o  fave  del  Perù,  per  la 
fabbricazione  àeìVinchiostro.  -  Ammoniaca,  in  so- 
luzione, per  la  preparazione  di  materie  coloranti, 
nella  tintoria  e  nella  stampa  dei  tessuti,  nell'imbian- 
chimento della  carta  (come  anticloro).  -  Anilina, 
veggasi  più  innanzi  (a  colori  del  catrame).-  Antra- 
cene,  idrocarburo  solido  che  forma  la  base  di  un 
gruppo  di  colori  del  catrame.  -  Antrachinone,  pro- 
dotto di  ossidazione  dell' antracene,  che  serve  alla 
preparazione  della  alizarina  artificiale.  -  Azzurro 
ai  rame,  azzurro  di  montagna,  miscuglio  di  varie 
sostanze  per  ottenere  gradazioni  di  colore  diverso. 

Benzidina,  usata  per  la  preparazione  di  alcuni 
colori  artificiali  {congo,  crisamino),  nonché  dell'az-an- 
eiato  palatino,  ùeìì'azzurro  e  del  rosso  di  benzidina. 
-Benzolo,  usato  per  preparare  l'anilina  pura.  -  Bi- 
nitrobeiìzolo  o  metanitrobenzolo,  combinazione  del 
benzolo  con  una  certa  quantità  di  acido  nitrico: 
usato  nella  fabbricazione  di  alcuni  colori  (crisoidi- 
na,  bruno  di  Bismarck,  ecc.).  -Borace:  serve  nella 
fabbricazione  di  colori  vetrificabili,  per  decorazione 
del  vetro  e  della  porcellana,  come  mordente  nella 
stampa  dei  tessuti.  -  Bromo,  usato  nella  prepara- 
zione di  alcuni  colori  di  anilina  e  di  resorcma,  per 
lo  più  combinato  a  radicali  alcoolici  (bromuro  di 
metile,  etile). 

Carbonato  di  potassa  :  serve  a  preparare  il  prus- 
fiato  rosso  e  giallo,  il  cromato  e  il  bicromato  po- 
tassico, ecc.  -  Carbonato  di  soda,  per  le  fabbriche 
di  materie  coloranti.  -  Bicromato  di  ammoniaca, 
usato  talvolta  in  sostituzione  del  bicromato  potas- 


sico. -  Clorato  di  potassio,  osato  in  tintoria,  special- 
mente per  la  produzione  del  nero  di  anilina.  -  Clo- 
ruro di  ammonio:  si  usa  nella  tintura  e  nella  stampa 
dei  tessuti,  nella  fabbricazione  di  alcune  materie  co- 
loranti e  di  vari  mastici. 

Cloruro  di  benzile,  per  preparare  colori  artificiali 
iverde  malachite).  -  Cloruro  di  metile,  per  la  prepa- 
razione di  alcuni  colori  di  anilina.  -  Cloruro  di 
ram^,  usato  iu  tintoria  o  nella  preparazione  di  al- 
cuni colori  del  catrame  (inetilvioletto).  -  Cloruro  di 
zinco,  per  preparare  alcuni  colori  di  anilina.  -  Co- 
balto: il  fosfato  di  questo  costituisce  un  prodotto 
importante  per  la  preparazione  dell'azzMn-o  di  co- 
balto 0  di  Ihénard:  gli  altri  sali  si  impiegano  pure 
nella  preparazione  di  alcuni  colori  di  cobalto.  Il 
sale  di  Fischer  si  trova  in  commercio  sotto  il  nome 
di  giallo  di  cobalto,  preferito  a  tutti  gli  altri  sali 
nella  decorazione  della  porcellana  e  del  vetro.  -  Cre- 
solo:  serve  pure  alla  preparazione  di  alcuni  colori 
artificiali  (surrogato  dello  zafferano,  aranciato  vit- 
toria) ;  quello  misto  a  fenoli  alla  preparazione  di 
alcuni  altri  (corallina,  ecc.).  -  Creta  nera,  per  vari 
usi  :  veggasi  a  creta. 

Fòsforo,  usato  per  la  preparazione  d'alcuni  co- 
lori d'anilina.  -  6?/Mtfos20,  per  la  fabbricazione  dei  colori 
di  zucchero.  -  Iodio,  per  la  preparazione  di  alcuni 
colori  di  anilina.  -  Melazzo  o  melassa,  residuo  della 
fabbricazione  dello  zucchero:  usato  per  la  fabbri- 
cazione dei  colori  di  zucchero  (melazzo  bruciato^  e 
del  lucido  da  scarpe. 

Naftalina,  idrocarburo  solido  usato  principalmente 
come  materia  prima  per  la  fabbricazione  di  un  gran 
numero  di  colori  artificiali.  -  Naflilammina,  pro- 
dotto che  si  prepara  industrialmente  per  la  fabbri- 
cazione di  una  serie  di  colori  artificiali  (azocolori, 
dinitronaftolo,  rosso  di  Magdala,  ecc.),  e  si  ottiene 
dalla  naftalina.  -  Naftolo,  base  di  molti  colori  ar- 
tificiali. -  Nitrato  di  sodio  o  nitro  cubico,  salnitro 
del  Chili  0  del  Perù,  usato  nella  preparazione  di 
alcuni  colori  di  anilina.  -  Nitrito  di  sodio  o  azotilo 
di  soda,  usato  su  vasta  scala  per  la  preparazione  di 
alcuni  colori  del  catrame  (azocoloranti).  -  Nitroben- 
zina, nitrobenzolo,  essenza  di  mirbana,  mononitio- 
benzolo,  olio  di  mirbana:  serve  per  la  preparazione 
dell'anilina  pura,  per  la  fabbricazione  dell'azzurro 
e  del  nero  di  anilina,  per  Ja  preparazione  della 
chinolina,  della  benzidina,  ecc. 

Oli  del  catrame:  ì  principali,  che  nel  catrame  si 
trovano  in  quantità  più  abbondante,  ed  hanno  mag- 
gior interesse  per  la  fabbricazione  delle  materie  co- 
loranti sono,  la  benzina,  il  toluene,  lo  xilene,  l'acido 
fenico,  la  naftalina,  V antracene.  -  Oli  di  resina  o  di 
colofonia,  usati  nella  preparazione  del  nero  fumo 
per  l'inchiostro  da  stampa. 

Perossido  di  manganese,  pirolusite,  magnesia  nera, 
sapone  dei  vetrai,  il  più  importante  minerale  di 
manganese  :  ierve  nelle  industrie  dei  colori.  -  Piri- 
dina:  si  ricava  dall'olio  animale  di  Dippel  e  serve 
alla  preparazione  di  alcuni  colori  di  anilina  (deri- 
vati piridinici  della  rosanilina).  -  Potassa  caustica, 
idrato  potassico  {alcali  caustico  vegetale),  nsAta.  nella 
preparazione  dei  colori  d'anilina. 

Sale  comune  {cloruro  di  sodio,  muriato  o  clori- 
drato  di  soda):  serve,  fra  l'altro,  nella  grande  in- 
dustria, per  le  preparazione  di  colori.  -  Sali  di 
rame:  vari  composti  di  rame  costituiscono  Uiolti 
colori  minerali,  come  il  verde  di  Brema,  il  verde 
di  Casselmann,  il  verde  montagna,  il  verde  di  Schweln- 
furth.  -  Solfato  di  sodio,  o  solfato  di  soda,  o  sale  di 
Glauber:  si  usa  in  enormi  quantità  per  la  prepara- 


Pbemoli.  —  Vocabolarto  Nomenclatore. 


39 


GIO 


COLORANTE 


zione  dell'  oltremare  o  azzurro  Guimet.  -  Solfato 
di  rame,  o  vetriolo  azzurro,  turchino,  di  Cipro 
0  di  Venere,  copparosa  azzurra:  serve  a  preparare 
vari  colori  di  rame  ;  in  tintoria,  specialmente  per 
tingere  la  lana  in  nero  e  come  riserva  nella  tintura 
coll'indaco  a  freddo.  -  Solfuro  di  rame,  usato  per 
la  produzione  di  neri   d'anilina. 

Toluidina,  base  o  rganica  usata  per  la  prepara- 
zione di  alcuni  colori  artificiali.  -  Toluolo,  o  toluene 
(metilbenzolo,  idruro  di  benzile),  idrocarburo  usato 
per  la  preparazione  di  colori  artificiali.  -  Ivzia  o 
cadmia,  usata  nella  fabbricazione  dei  colori  artifi- 
ciali, sotto  il  nome  di  polvere  di  zinco,  nonché  nella 
stampa  delle  stoffe  e  in  tintoria.  -  t/ramna,  sale  so- 
dico della  fluorescina,  usato  nella  preparazione  di 
altri  colori  usitatissinii,  quali  Yeosina,  la  cianosina, 
le  flossine,  Vei'itrossina.  ecc.  -  Vanadato  ammonico, 
usato  in  tintoria  per  la  produzione  del  nero  d'a- 
nilina. 

Lacche,  legni,  radiche,  ocre,  terbe  coloranti,  eco 

Lacche,  nome  dato  ai  colori  formati  da  una  ma- 
teria colorante  fissata  sopra  una  base  terrosa  o 
metallica:  veggasi  a  lacca.  -  Una  specie  di  lacca  si 
prepara  anche  con  i  cosi  detti  grani  d'Avignone,  bac- 
che 0  coccole  di  spincervino  o  di  ranno.  -  Lacche 
insolubili  si  formano  col  principio  colorante  del 
sandalo  ;  altre  si  preparano  con  la  gomma  lacca, 
prodotto  resinoso  che  si  forma  sui  rami  di  alcuni 
alberi  delle  Indie  orientali. 

Tra  i  lei^ni  e  le  radiche  per  tinta  sono  da  anno- 
verare: l'alcanna,  il  legno  di  campeggio,  il  cardo 
tintorio,  i  fiori  di  cartamo,  la  radice  di  curcuma,  i 
grani  di  Avignone  o  grane  gialle,  il  legno  del  Bra- 
sile, il  legno  giallo,  il  legno  del  Madagascar,  la  mo- 
rinda,  la  radice  à'orcanetlo,  Yoricello,  il  quercitrone, 
il  sandalo  rosso,  lo  scotano  o  fustetto,  la  terra  Oria- 
na, ecc.  Sostanze  coloranti  che  si  ottengono  da  ve- 
getali sono  pure  il  catecù,  il  kino,  Vindaco,  la  lacca- 
muffa e  la  robbia.  Attualmente,  bene  spesso  la  ma- 
teria prima  viene  sostituita  dalla  sostanza  attiva 
contenutavi,  preparandone  un  estratto  acquoso.  Così 
trovansi  in  commercio  gli  estratti  coloranti.  -  Per 
altre  e  maggiori  indicazioni  veggasi  a  legno.  -  Le- 
gni artificiali  :  l'imitazione  dei  legni  duri  si  ottiene 
applicando  superficialment  e  ai  legni  comuni  vari  co- 
lori, oppure  facendoveli  imbevere  e  penetrare  in 
tutta  la  massa.  Cosi  si  ottengono  imitazioni  dei  le- 
gni di  cedro,  di  ebano,  ecc.  -  Brasilina,  principio 
colorante  che  risulta  dalla  decomposizione  di  un 
glucoside  speciale  contenuto  nei  legni  rossi  o  da 
tinta. 

Ocre  si  chiamano  certi  prodotti  naturali  formati 
d'argilla  e  di  ossido  idrato  di  ferro  o  di  ossido  di 
ferro,  oltre  a  piccole  quantità  di  creta,  di  fosfato 
barico  ferrico,  ecc.:  veggasi  ad  ocra. 

Terre  :  sono  molte,  di  varia  composizione,  e  danno 
svariati  colori  minerali.  Cosi  la  terra  di  Colonia, 
la  terra  sigillata,  la  terra  di  Siena,  quella  di  Ve- 
rona, di  Boemia,  del  Tiro  lo,  di  Cipro,  ecc  :  veg- 
gasi a  terra,  -  Terre  colorate,  nome  generico  di 
molti  prodotti  naturali,  o  artificialmente  preparati, 
che  servono  essenzialmente  al  pittore  -  Terra 
adombra,  color  caffé  sporco,  con  tono  violaceo. 

Anlossantina,  materia  col  orante  dei  fiori. 

Colori  del  catrame  o  artificiali. 

Sono  i  derivati  del  catrame  di  carbon  fossile,  ai 
quali,  in  ultima  analisi,  appartengono  tutte  le  ma- 


terie coloranti  artificiali  Estesissimi  i  loro  usi  nella 
tintura  e  nella  stampa  dei  filati,  dei  tessuti,  della 
carta,  nella  preparazione  di  vernici  colorate  per  le 
gni,  metalli,  ecc.  Si  usano  altresì  per  la  colorazione 
delle  sostanze  alimentari  (paste,  confetture),  degli 
siroppi,  dei  vini.  -  Non  ha  più  ragione  di  esistere 
scientificamente  la  divisione  delle  materie  coloranti 
in  naturali  ed  artificiali,  poiché  ora  si  fabbricano 
artificialmente  materie  coloranti  che  si  incontrano 
in  natura.  I  colori  del  catrame,  o  artificiali,  si  di- 
stinguono come  segue  : 

Nitro-coloranti  ;  si  formano  per  l'azione  dell'a- 
cido nitrico  su  vari  fenoli  e  loro  derivati,  sugli 
idrocarburi,  ecc.,  e  sono,  per  lo  più,  colori  gialli  o 
aranciati,  ed  acidi,  che  deflagrano  o  detonano,  quando 
vengono  bruciati.  Il  loro  impiego  è  diminuito  assai, 
dopo  che  furono  introdotti  in  tintoria  gli  azocoloranti. 
Nitro-coloranti  sono  l'acido  picrico  e  parecchie  va- 
rietà di  giallo. 

Azossi  e  idrazocoloranti,  colori  giallo-aranciati 
solubili  nell'acqua:  veggasi  a  giallo. 

AzocoLonANTi,  sostanze  coloranti,  caratterizzate 
dal  contenuto  in  azoto  e  dal  modo  con  cui  gli  atomi 
di  questo  si  trovano  collegati  nella  loro  molecola.  I 
colori  appartenenti  a  questo  gruppo  sono  numero- 
sissimi, per  la  maggior  parte  gialli  o  aranciati,  rossi 
0  bruni.  In  gran  parte  sono  colori  acidi,  meno  po- 
chi basici,  fra  cui  la  crisoidina  e  il  bruno  di  Bi- 
smarcli.  Tutti  si  sciolgono  nell'acido  solforico  con- 
centrato, colorandolo  in  giallo  bruno  o  in  rosso. 
Sono  rimasti  tutti  in  commercio.  Azocoloranti  sono  : 
vari  gialli  acidi,  lo  scarlatto  cocciniglia  ;  la  crisoi- 
dina, che  colora  in  ranciato  la  lana  e  la  seta  di- 
rettamente, e  il  cotone  dopo  un  mordente  al  tan- 
nino ;  parecchi  sostituti  di  oricello,  molti  ranciati  ; 
molti  azzurri  di  diamina;  la  narcema,  che  serve 
per  l'impressione  del  cotone;  il  nero  lana;  il  bruno 
acido,  il  bruno  resorcina,  il  bruno  cuoio,  il  bruno 
cannella,  il  bruno  d'oro,  ecc.;  il  gruppo  del  Congo, 
per  la  colorazione  stabile  del  cotone,  senza  mor- 
dente; i  colori  di  Sudan,  le  tropeoline,  la  benzopor- 
porina,  i  colori  bordeaua;,  ecc.  Veggasi  a  giallOf 
nero,  ranciato,  rosso,  violetto. 

Nitrosocolobanti  :  si  formano  per  l'azione  dell'a- 
cido nitrico  0  dei  nitriti  alcalini;  sono  colori  bruni 
0  verdi  ;  fra  essi,  il  verde  solido,  il  verde  naftolo,  il 
gambino,  che  colora  in  verde  il  tessuto  mordenzato 
al  ferro,  ecc. 

Coloranti  ossichetonici  o  derivati  dell'aliza- 
rina :  traggono  la  loro  origine  dall'antracene;  sono 
colori  generalmente  rossi,  ranciati  o  gialli,  e  danno, 
con  gli  ossidi  metallici,  lacche  insolubili,  diversa- 
mente colorate.  Molto  impiegati  per  tingere  la  lana 
e  il  cotone,  mordenzati  al  ferro,  al  cromo,  all'al- 
lume. Tali  :  il  giallo  alizarina;  il  nero  alizarina,  che 
colora  in  nero  la  lana  mordenzata  all'ossido  di  cro- 
mo ;  ìa  porporina,  che  colora  in  rosso  il  cotone,  ecc. 

Coloranti  del  trifenilmetano  :  questo  idrocar- 
buro è  la  sostanza  madre  di  una  serie  di  coloranti, 
e  i  coloranti  trifenilmetanici  sono  i  veri  colori  di 
anilina  (che  si  trova  in  piccolissima  quantità  nel 
catrame  e  si  prepara  invece,  vantaggiosamente,  ri- 
ducendo il  nitrobenzolo  e  con  altri  processi^.  Sotto 
questo  nome  generico  di  colori  d' anilina  si  inten- 
devano, una  volta,  le  materie  coloranti  derivate  dal 
catrame  di  carbon  fossile,  poiché,  da  principio,  era 
all'anilina  e  ai  suoi  omologhi  che  si  ricorreva  per  pro- 
durle. I  derivati  dell'anilina  ebbero  i  vari  nomi  di 
anileina,  rosolano,  indisina,  armalina,  violeina,  ecc. 
Molto  usati  Vauranina,  che  colora  in  giallo  la  seta. 


COLORANTE 


Gli 


il  cotone,  la  carta;  la  ptromna,  che  colora  il  rosso; 
i  colori  dì  eosina,  per  tingere  (in  rosa,  rosso-gial- 
liccio, 0  in  cremisi-turchiniccio)  e  stampare  la  seta, 
la  lana,  il  cotone  e  la  carta  da  tappezzeria.  Di  so- 
lito, i  coloranti  del  trifenilmetano  si  dividono  in 
quattro  gruppi,  cioè:  del  verde  malachite,  delia  ro- 
sanilina  o  fucsina,  dell'acido  rosolico  e  della  ftalei- 
na. Più  importanti  :  il  verde  malachite  (vengasi  a 
verde),  che  colora  la  seta,  la  lana,  la  juta,  il  cuoio, 
il  cotone  mordenzato,  il  verde  brillante,  il  verde 
Guinea,  ecc.;  la  fucsina  {rubina,  magenta,  rosso  ani- 
lina, roseina).  che  colora  lana,  seta  e  cuoio  diret- 
tamente in  rosso;  parecchie  sorta  di  violetto;  il 
blu  di  difenilammina ;  il  blu  d'anilina,  che  colora 
in  blu  verdiccio  la  seta  e  la  lana;  il  blu  di  China, 
il  blu  di  cotone;  ra?*rj)ia  (acido  rosolico),  che  serve 
a  preparare  lacche  spiritose  ;  la  corallina  gialla  per 
lacche  coloranti  di  tappeti  ;  la  fenofialeina,  che 
serve  come  indicatore  nell'analisi  volumetrica  ;  l'it- 
ranina,  la  crisolina,  che  tingono  in  giallo,  seta  e 
lana  ;  le  primerose,  che  colorano  il  cotone  in  rosso 
gialliccio;  Veosina,  Veritrosina,  analoga  sdVeosina;  la 
glossina,  le  rose  bengale,  la  cianosìna,  la  rodamina, 
la  ciclamina,  ecc. 

Indofenoli,  ossazine  e  tioazine,  azine.  —  Tre 
gruppi  di  minore  importanza  ;  gli  indofenoli  sono 
coloranti  blu  o  violetti  ;  principali,  tra  le  ossazine 
e  le  tioazine,  gli  ossazincoloranti  e  i  coloranti  tia- 
zinici  0  tionilcoloranti,  che  danno  blu  e  violetti  ma- 
gnifici (cosi  la  gallocianina,  la  muscarina,  il  blu 
gallamina,  il  blu  fluorescente,  ecc.),  la  coreina  e  al- 
tri. Le  azine  (basi  che  contengono  il  grunpo  cro- 
niogeno detto  gruppo  azinico)  comprendono  le  eu- 
rodine,  le  safranine  (che  formano  una  serie  di  sali 
rossi,  azzurri,  verdi),  le  induline,  le  rosinduline,  u- 
sate  per  tingere  in  azzurro  o  in  verde  il  cotone 
mordenzato  al  tannino;  la  flavidulina,  per  la  stampa 
del  cotone. 

Indaco  artificiale.  —  Scientificamente,  detto  in- 
digotina: polvere  violetta  scura  che,  diluita  con  ac- 
qua, dà  una  soluzione  blu.  In  commercio  è  sosti- 
tuito daWacido  propiolico  e  dal  carmino  d'indaco  ar- 
tificiale, che  colora  in  blu  la  lana,  in  bagno  acido. 

Coloranti  della  chinolina  e  dell' acridina.  — 
La  chinolina  è  base  di  una  classe  di  sostanze  co- 
loranti molto  usate,  tra  le  quali  la  cianina  (che 
serve  in  fotografìa),  il  rosso  di  chinolina,  il  verde 
anilina,  il  giallo  chinolina,  ecc.  -  Colori  di  acridina; 
il  giallo,  il  rondato,  il  rosso,  lo  scarlatto  di  acridina, 
la  fosfina  (nota  in  commercio  come  giallo  di  Fila- 
delfia), ecc. 

Coloranti  tiorenzenilici  :  la  tiofl,avina,  polvere 
cristallina  che  tinge  in  giallo-verde  puro  il  cotone; 
la  primulina  (detta  anche  carnolina,  policromina,  au- 
reolina,sulfina),  che  colora  in  giallo  il  cotone  non  mor- 
denzato, e  serve  a  produrre  il  rosso,  il  bruno,  ecc., 
sul  cotone  ;  la  primulina,  che  tinge  in  giallo  il  co- 
tone non  mordenzato;  il  giallo  di  clor amina,  ecc. 

Mordenti,  corrodenti,  deoolobanti,  ecc. 

Mordenti  :  le  sostanze  che  servono  a  fissare  i  co- 
lori sulle  fibre,  poiché  non  tutte  le  sostanze  colo- 
ranti tingono  direttamente  le  fibre;  anzi,  la  maggior 
parte  di  esse,  per  fissarsi  stabilmente,  hanno  bisogno 
di  trasformarsi  in  composti  insolubili,  in  presenza 
delle  fibre.  I  mordenti  risultanti  da  miscele  sono 
poi  designati  con  nomi  di  fantasia:  antimonina, 
egalina,  ìatlolina,  ecc. 


Mordenti  principali:  i  sali  d'allumina,  di  ferro, 
di  stagno,  di  cromo,  di  glucinio,  il  tartaro  emetico, 
l'ossalato  d'antimonio,  l'arseniato  e  il  silicato  di  soda, 
il  tannino  e  gli  estratti  tannanti  vari,  l'allume,  gli 
olì  d'oliva  e  di  ricino,  l'albumina,  la  caseina,  la 
colla;  più  raramente,!  sali  di  rame,  di  piombo,  di 
manganesi';  alcuni  lattati,  alcuni  sali  di  bismuto,  di 
cadmio,  di  mercurio,  di  torio,  d'itterio,  di  zirconio, 
di  cerio,  di  uranio,  ecc.  -  Mordenti  modificalori  o 
produttori  del  colore,  quelli  che  non  solo  sono  de- 
stinati a  fissare  la  sostanza  colorante  sulla  fibra, 
ma  possono  anche,  in  certi  casi,  servire  appunto  a 
modificare  e  a  produrre  del  colore,  come,  ad  esem- 
pio, i  sali  di  ferro,  i  quali  danno  con  gli  estratti 
tannici  delle  tinte  brune  o  nere.  -  Mordenti  deco- 
loranti, quelli  che  servono  a  distruggere  tinte  pro- 
dotte sulle  fibre  da  alcuni  sali  metallici  o  terrosi, 
come  sarebbero  gli  acidi  soforico,  tartarico,  ossalico. 
-  Mordenti  modifìcatori  sono  altresì  le  soluzioni  di 
sapone,  gli  acidi  e  gli  alcali  diluiti,  che  servono  a 
modificare  la  tinta  già  fissata  sul  tessuto. 

Corrodenti:  sostanze  che  agiscono  chimicamente, 
cioè,  in  termine  d'arte,  mangiano  il  colore.  Si  dice 
stabile  un  colorante,  quando  non  è  alterato  dagli 
agenti  esterni.  Tecnicamente,  si  distingue  la  stabilità 
alla  luce,  all'acqua,  al  vapore,  alla  follatura,  all'aC' 
qua  di  sapone,  alle  liscivie  alcaline  deboli  ed  agli 
acidi  molto  allungati.  -  Ipocloriti  o  cloruri  decolo- 
ranti, sali  dell'acido  ipocloroso,  che  hanno  la  pro- 
prietà di  distruggere  i  colori  vegetali,  specialmente 
in  presenza  di  un  acido.  Il  cloruro  decolorante  più 
utilizzato  nelle  industrie  è  quello  di  calce. 

Decoloranti.  -  Acido  arsenioso,  usato  come  mor- 
dente e  come  decolorante.  -  Acido  ossalico,  come 
decolorante  della  paglia.  -  Acido  solforoso,  per  de- 
colorare i  succhi,  invece  del  nero  animale,  per  im- 
bianchire seta,  lana,  piume,  spugne,  colle,  gelatine, 
paglia,  ecc.  -  Acqua  ossigenata,  per  decolorare  il 
permanganato  di  potassio  e  le  materie  coloranti 
organiche.  -  Carbone  di  sangue,  dotato  di  forte  po- 
tere decolorante.  -  Iposolfito  di  calcio  o  tiosolfato  di 
calcio,  usato  per  imbianchire  tessuti,  carta,  paglia 
e  per  preparare  in  grande  il  cinabro  d'antimonio.  - 
Iposolp.to  0  sottosolfito  o  tiosolfato  di  soda,  detto 
anche  anitc/oro;  usato  nell'imbianchimento  della 
carta  e  dei  tessuti  col  cloro;  in  tintoria  e  come 
mordente  nella  stampa  dei  tessuti;  nella  fabbrica- 
zione dei  colori  d'anilina.  -  Percarbonati,  per  le  loro 
proprietà  ossidanti  furono  proposti  come  decolo- 
ranti, in  sostituzione  del  perossido  di  sodio,  del- 
l'acqua ossigenata,  dei  persolfati.  •  Persolfati,  usati 
nell'imbianchimento  delle  fibre.  -  Saponaria,  sapo- 
naia,  saponella:  le  foglie  e  le  radici  di  questa  pianta, 
per  il  loro  contenuto  in  saponina,  si  usano,  da  tempi 
antichi,  per  imbianchire  le  stoffe  di  lana.  -  Sodio 
{iposolfito  di),  usato  nell'imbianchimento  della  carta 
e  dei  tessuti  col  cloro,  nella  stampa  dei  tessuti  come 
mordente,  nella  fabbricazione  dei  colori  d'  anilina, 
ecc.  -  Solfito  di  sodio,  per  l' imbianchimento  dei 
filati  e  tessuti. 

Solventi.  -  Acetina,  ètere  glicerinacetico,  usato 
come  solvente  di  colori  nella  stampa  dei  tessuti.  - 
Acido  lattico,  come  solvente  di  alcuni  colori.  -  Clo- 
ridrine,  prodotti  clorurati  della  glicerina:  si  usano 
come  solventi  di  resine  per  vernici  e  di  colori.  - 
Cloro:  per  la  maggior  parte,  si  produce  nell'indu- 
stria e  viene  immagazzinato  nei  cloruri  decoloranti 
(cloruro  di  calce,  acqua  di  Javèl);  è  usato,  su 
larga  scala,  per  imbianchire  le  sostanze  vegetali 
(fibre,  paglia,   carta).  -  Solvent  napUa:  cosi  sono 


612 


COLORARE   —  COLORE 


chiamati  gli  idrocarburi  liquidi,  che  bollono  a  tem- 
peratura più  elevata  e  che  si  usano  come  solventi, 
massime  per  depurare  l'antracene. 

Varie.  •  Albumina,  usata  per  chiarificare  vini, 
aceti,  liquori,  succhi  vari,  ecc.,  nonché  per  dare  a 
certi  oggetti  lucentezza  speciale,  come  di  vernice.  - 
Carbonato  di  ammoniaca,  per  la  lavatura  delle  lane. 
-  Nitrato  di  piombo,  o  nitro  di  Saturno,  usato  in 
tintoria  e  nella  stampa  dei  tessuti  per  sviluppare 
alcuni  colori  (giallo  ai  cromo)  e  come  mordente.  A 
q,.est'  ultimo  scopo  si  usa  in  soluzione  alcalina 
(piombilo  di  soda),  di  solito  misto  a  glucosio.  -  JVt- 
trazolo,  impiegato  nella  tintura  e  nella  stampa  dei 
tessuti  come  sviluppatore  di  colori,  per  lo  più  in 
varie  gradazioni  di  aranciato.  -  Salep,  nome  dei 
tuberi  di  alcune  orchidee,  adoperati,  fra  l'altro,  come 
addensanti  per  colori,  in  sostituzione  delle  gomme 
e  della  destrina.  -  Salepit  o  salepide,  addensanti  per 
colori,  a  base  di  polvere  di  salep.  -  Tartare  emettco, 
tartaro  di  antimonio  e  potassio,  tartaro  stibiato,  usato 
in  grande  quantità,  specialmente  per  l'applicazione 
dei  colori  d'anilina  sul  cotone. 

Sostanze  coloranti  nocive  e  proibite 

Nella  preparazione  delle  sostanze  alimentari  e 
nella  colorazione  dei  recipienti  destinati  alla  con- 
servazione delle  sostanze  alimentari  stesse  sono,  in 
Italia,  proibiti  molti  colori  inorganici  e  parecchi 
organici,  cioè: 

Incyrganici:  indaco  di  rame,  blu  di  montagna, 
ceneri  azzurre  ;  gialli  di  cromo ,  di  Cassel ,  di 
Napoli;  orpimento,  realo;ar,  solfuro  di  cadmio; 
oro  musivo,  ioduro  di  piombo,  niassicot;  giallo  di 
barite,  giallo  bottone  d'oro;  cinabro  verde;  verde 
Milory,  di  Brema,  verderame,  verde  di  montagna,  di 
Schede,  di  Schweinfurth,  di  Vienna,  verde  Paolo  Ve- 
ronese, inglese,  veronese;  minerale;  cinabro,  rosso 
d'antimonio,  minio,  cromato  di  piombo  rosso,  li- 
targirio,  bianco  di  piombo  ;  solfato  di  piombo,  bianco 
di  zinco,  bianco  di  Griffiths. 

Organici:  gommagutta,  acido  picrico  (trinitro- 
fenolo),  dinitrocresolo  (giallo  d'oro,  surrogato  dallo 
zafferano),  giallo  Martius  (giallo  naftalina,  giallo 
zafferano,  giallo  d'oro),  giallo  metanilico.  Oltre  questi, 
sono  pure  proibiti  i  colori,  organici  e  inorganici, 
che  contengono  le  stesse  sostanze  nocive  (composti 
di  antimonio,  arsenico,  bario,  ad  eccezione  di  questi: 
solfato,  cadmio,  cromo,  mercurio,  piombo,  rame, 
stagno,  zinco,  sotto  qualunque  forma  si  trovino  tali 
metalli)  e  altre  sostanze  tossiche.  I  colori  proibiti 
per  le  sostanze  alimentari  lo  sono  anche  per  la 
colorazione  dei  giuocattoli;  ma  a  quest'uopo  sono 
tollerati  :  il  cinabro  e  il  cromato  neutro  di  piombo, 
perchè  adoperati  con  colori  all'olio  o  applicati  me- 
diante vernice  aderente  e  insolubile;  l'ossido  di 
piombo,  in  combinazione  insolubile  nelle  vernici  ; 
i  solfuri  di  antimonio  e  di  cadmio,  incorporati  nella 
massa  del  caucciù;  il  solfato  di  bario;  l'ossido  di 
stagno;  i  composti  insolubili  di  zinco  e  di  stagno, 
incorporati  nella  massa  del  caucciù  o  applicati 
con  vernice  aderente  e  insolubile.  Infine,  nella  co- 
lorazione delle  stoffe  per  mobili,  per  abiti  e  per 
tappezzerie,  nonché  delle  carte  per  queste  ultime, 
dei  fiori,  delle  foglie,  dei  frutti  artificiali,  delle 
candele,  degli  oggetti  di  cartoleria,  ecc.,  sono  proi- 
biti i  colori  arsenicali. 
Coloranti  (sostanze).  Veggasi  a  colorante. 
Colorare  (colorato).  Dare  il  colore,  un  colore, 
i  colori  a  checchessia;  colorire,  dipingere,  pingere. 
Si   colora   in   vari   modi:  con  questa  o  quella  so- 


stanza colorante;  a  olio,  a  colla;  ad  acquarello, 
all'acquarello  ;  a  encausto  (con  cera  strutta),  a  frescr, 
a  guazzo,  a  pastello.  -  Caricare,  colorare,  colorieo 
con  molto  colore.  -  Colorirsi,  prender  colore,  di- 
venir colorito:  incolorare,  incolorire,  incolorirsi. 
Colorabile,  che  può  prendere  il  colore,  un  colore. 

-  Colorato,  che  ha  colore  ;  di  questo  o  quel  colore, 
fuori  del  nero  o  del  bianco  :  pinto.  -  Avere  un  cobre, 
tener  colore,  essere  colorato.  E  colorati  diconsi  quei 
corpi  che  assorbono  una  parte  dei  raggi  colorati 
della  luce  e  altri  ne  riflettono.  -  Coloritissimo, 
molto  colorito,  carico  di  colore,  -  Colorito,  maniera 
di  colorire;  il  colore  stesso  col  quale  sono  colorite 
persone  e  cose.  -  Coloritore,  che  colorisce  bene  o 
male. 

Colorazione,  il  colorare,  effetto  del  colorare:  co- 
loramento, coloratura,  colorito,  -  Mano,  sfumatura,  ve- 
natura, una  lieve  colorazione.  Per  quanto  poco  ancora 
si  sappia  sulla  vera  causa  del  colore,  si  arrivò 
tuttavia  a  conoscere  che  la  colorazione  è  una  pro- 
prietà caratteristica  di  intere  classi  di  composti 
chimici,  e  che  esiste  un  certo  nesso  fra  la  colora- 
zione e  la  struttura  chimica.  -  Colorazione  dei  ve- 
getali, veggasi  a  vegetale. 

Colorare  (colorato).  Dare,  darsi  il  belletto.  - 
Figur.,  dare  apparenza,  con  artificio.  Quindi,  co- 
lorato per  apparente,  Artificioso. 

Coloratamente.  Simulatamente,  con  finzione. 

Colorazione.  Il  colorare. 

Colore.  Impressione  che  la  luce,  variamente 
riflessa  dai  corpi,  produce  sull'occhio;  e  i  colori 
sono  la  scomposizione  della  luce:  coloramento,  iri- 
descenza, tinta.  -  Anche,  la  materia,  naturale  o 
preparata  (artificiale),  per  uso  di  colorare,  tingere, 
dipingere  (ad  acquarello,  a  colla,  a  olio,  a  guazzo, 
a  tempera,  ecc.):  veggasi  a  colorante  e  a  pit- 
tore. I  colori  servirono  spesso,  in  tempi  antichi 
e  moderni,  come  distintivi  di  fazioni  politiche  e  di 
nazioni,  nei  giuochi  romani  del  circo;  e  la  Chiesa 
cattolica  usa  ancora,  secondo  i  tempi  e  i  misteri 
che  celebra,  cinque  diversi  colori:  bianco,  rosso, 
verde,  paonazzo  o  violaceo,  e  il  nero.  - 1  colori  dello 
spettro  solare  sono  apparentemente  sette,  cioè  :  rosso, 
arancio  o  ranciato,  giallo,  verde,  azzurro, 
indaco f  violetto.  Sono  detti  semplici,  e  dalla 
loro  combinazione  risultano  quelli  composti.  -  (Jolore 
generale,  il  colorito  :  veggasi  a  pittura.  -  Cromatico, 
di  colore,  che  ha  colore. 

Colorante,  che  colora.  -  Colorito,  maniera  di 
colorire  ;  i  colori  stessi  coi  quali  sono  dipinte 
persone  e  cose;  carnagione.  -  Colorista,  chi  sa  ben 
colorire.  -  Coloritore,  chi  colorisce  bene  o  male.  - 
Coloraccio,  di  colore  poco  bello.  -  Colorino,  di  colore 
debole  o  delicato.  -  Coloniccio,  colore  da  poco.  - 
Colorone,  colore  che  dà  nell'occhio. 

Bicolore,  di  due  colori,  dicromatico.  -  Brizzolato, 
mescolato  di  due  o  più  colori  sparsi  minutamente. 

-  Concolore,  dello  stesso  colore.  -  Molticolore,  mul- 
ticolore, di  molti,  di  più  colori  :  policromatico,  poli- 
cromo. -  Monocromatico,  d' un  solo,  d'  uno  stesso 
colore.  -  Quadricolore,  di  quattro  colori.  -  Tricolore, 
di  tre  colori.  -  Variegato,  di  color  vario,  di  vari 
colori.  -  Variopinto,  di  vari  colori  belli  e  vivaci. 

Tavolozza,  figur.,  di  più  colori  insieme.  -  Tinta, 
colore  già  disteso  sulla  parete,  sulla  stoffa,  sul 
quadro,  ecc. 

Di  colore,  contrario  a  nero  o  a  bianco.  -  Incolore, 
senza  colore:  dei  corpi  opachi  che  s'avviano  al  bian- 
co: acromàtico.  -  Yerso  il  giallo,  il  rosso,  ecc.,  di 
colore  che  si  avvicina  a  questi. 


613 


Distinzioni  generiche. 

Colori  araldici,  il  rosso,  l'azzurro,  il  verde,  il 
nero;  artifiriali,  i  colori  ottenuti  con  sostanze  na- 
turali (il  Wagner  li  ha  chiamati  materie  coloranti 
chimiche,  e  sono  tutte,  in  ultima  analisi,  dei  derivati 
dal  catrame  di  carhon  fossile  e  perciò  noti  anche 
col  nome  di  colori  del  catrame.  Le  sostanze  già 
pronte  per  dipingere  sono  dette  anche  ttiUe);  com- 
plementari, due  colori,  quando,  uniti  insieme,  for- 
mano il  bianco;  d'applicazione,  quelli  che  si  danno 
alle  stoffe  per  mezzo  meccanico  (l'impressione  o  di 
stampa  (veggasi  a  colorante);  epoptici,  i  colori 
formati  per  interferenza;  primitivi,  in  fisica,  i  sette 
colori  dello  spettro  solare;  prismàtici,  prodolti  dal 
prisma,  istrumento  di  vetro  che  decompone  la  luce; 
semplici,  quelli  delle  luci  omogenee  separate  da  un 
prisma. 

Colori  metallici,  detti  anche  colori  di  bronzo,  pol- 
veri di  bronzo,  porporine:  sono  preparati  coi  cascanii 
della  lavorazione  dei  metalli  e  delle  leghe,  e  pren- 
dono vari  toni  di  colore,  dal  rosso  al  violetto.  Ora 
si  preparano  anche  per  via  chimica,  riducendo  con 
idrogeno  gli  ossidi  metallici,  o  precipitando  i  me- 
talli dalle  loro  soluzioni  con  zinco  e  ferro.  Queste 
polveri,  impastate  con  mucilaggine,  con  vernici  o 
altre  sostanze  adesive,  servono  a  spalmare  oggetti 
metallici,  di  gesso,  di  legno  e  simili,  per  dar  loro 
un'apparenza  speciale  d'oro,  d'argento,  di  bronzo,  di 
ghisa,  ecc.  Come  surrogati  dei  colori  metallici  si 
usano  anche  certi  colori  di  tungsteno,  che  vanno 
sotto  i  nomi  di;  bronzo  di  tungsteno,  bronze  Ma- 
genta, violetto  di  tungsteno.  -  Colori  minerali,  quelli 
formati  da  ossidi  e  da  sali  metallici,  che  si  trovano 
già  allo  stato  naturale,  oppure  si  preparano  artifi- 
cialmente. Tali  le  ocre,  la  malachite,  il  lapislazzuli, 
la  terra  di  Cassel,  la  creta,  ecc.  Vengono  in  com- 
mercio in  polvere,  in  pani,  in  bottoncini,  o  in  altre 
forme.  -  Colori  sostantivi  o  diretti,  quelli  che  ten- 
gono direttamente;  colori  aggettivi  o  indiretti,  quelli 
che  hanno  bisogno  di  un  mordente.  -  Glori  vege- 
tali: sono  costituiti  da  succhi  di  legni,  erbe,  frutti 
diversi  e  vengono  di  solito  in  commercio  in  polvere 
0  in  pasta,  mentre  i  succhi  vengono  allo  stato 
secco  0  liquido.  Tra  i  più  importanti,  l'indaco,  l'o- 
ricello,  il  catrame  e  quelli  provenienti  dalla  robbia 
(garanzina,  alizarina,  ecc.). 

Qualità',  gradazioni  dei  colori. 

Afjinitd  di  toni,  maggiore  vicinanza  di  tale  o  tal 
altro  tono  a  un  tono  principale.  -  Allegrezza,  brio 
di  colori,  la  loro  vivacità,  la  loro  freschezza:  accen- 
sione, evidenza  di  colori.  -  Armonia,  di  colori  che 
formano  un  insieme  simpatico,  gradevole  all'occhio. 
-  Asprezza,  contrasto  troppo  vivo.  -  Contrasto  di 
colori,  quando  non  armonizzano,  non  si  fondono 
bene  tra  loro:  contrasto  di  gradazioni;  disarmonia. 
■  Digradazione,  il  digradare  da  un  tono  a  un  altro 
meno  vivo.  -  Fondo,  il  colore  generale  sul  quale 
compaiono  altri  più  vivi.  -  Fusione,  dei  colori  che 
prendono  le  necessarie  gradazioni:  unità.  -  Gamma. 
termine  letterario  pittorico,  per  indicare  gradazione.  - 
Gradazione  dei  colori,  il  passare  che  fa  un  colore 
all'altro  con  una  certa  dolcezza  o  sfumatura  :  digra- 
damento, grado,  punto.  -  Iride,  di  colori  che  muoiono 
dolcemente  gli  uni  negli  altri.  -  Scala  dei  colori,  il 
loro  degradamento  dal  più  chiaro   al   più  scuro.  - 


Simpatia  dei  colori,  armonia.  -  Tono  di  un  colore, 
il  suo  grado  d'intensità. 

Colore  abbagliante,  splendido,  tanto  da  offuscare, 
quasi,  gli  occhi;  acceso,  di  colore  tendente  al  rosso 
e  rosso  molto  vivo;  andante,  colore  unito,  semplice; 
armonizzante,  che  intona  con  altro  colore;  oono,  che 
si  mantiene,  che  non  è  falso;  brizzolato,  macchiet- 
tato, colore  diverso  dal  fondo  o  mescolato  di  due 
colori  minutamente;  caldo,  vivace,  denso,  forte, 
cangiante  (allocroico),  che  cambia  secondo  che  è 
guardato  ila  varie  parti  e  sotto  diverso  riflesso  di 
luce:  gatteggiaiite,  opalizzante;  carico,  intenso,  pieno, 
profondo,  satollo;  cattivo,  che  non  regge;  chiaro, 
colore  annacquaticcio,  annacquato,  coloretto,  colo- 
rino, debole,  dilavato,  lavato,  leggero,  pallido,  sfu- 
mato, tenue  (contrario  di  scuro,  e  dicesi  dei  colori 
che  tendono  al  bianco,  al  rosa,  al  ce'estino,  al  bigio 
perla),  ecc.;  chiassoso,  molto  vivace;  crudo,  duro, 
freddo,  rigido;  cupo,  contr.  di  chiaro. 

Colore  fallace,  falso,  che  non  regge,  non  resiste; 
llorido,  vivace;  freddo  o  caldo,  secondo  che  vi  pre- 
domina l'azzurro-grigio  o  il  giallo-rosso;  forte^  che 
resiste,  non  smarrisce;  fosco,  scuro,  quasi  nero; 
fresco,  non  invecchiato  dal  tempo;  fuso,  eguale, 
bene  unito,  bene  amalgamato,  stemperato  (contrario 
di  ineguale);  gaio,  allegro,  piacevole;  gentile,  graizioso 
0,  anche,  pallidetto;  incerto,  di  tinta  non  ben  de- 
finita; intermedio,  non  deciso,  tra  un  colore  e  l'altro 
(mezzatinta,  mezzo  colore);  iridescente,  che  ha  iri- 
descenza, ossia  riflette  i  colori  ddì'iride;  leggiero, 
contr,  di  carico;  marezzato,  serpeggiato,  a  onde; 
mezzatinta,  colore  tra  il  chiaro  e  lo  scuro;  wior- 
tigno,  smorto;  opaco,  senza  luce,  senza  splendore; 
opalescente,  che  presenta  i  colori  iridescenti  dell'o- 
pale; pallido,  di  colore  poco  vivo,  che  tende  al  bianco, 
sbiancato;  pesante,  poco  piacevole,  duro,  troppo 
denso;  piazzato,  chiazzato,  di  colore  svanito,  a 
piazze;  ncco,  di  molta  vivezza;  rutilante,  del  colore 
rosseggiante  di  certi  liquidi  o  vapori,  come  avviene 
dell'acido  nitrico  o  del  sangue  arterioso 

Colore  sbiadito,  scolorato,  scolorito  :  colore  morto, 
dilavato,  morticcio,  pallido,  sbiadato,  slavato,  smar- 
rito; scialbo,  pallido,  scolorito;  screziato,  spruzzato 
d'altro  colore;  scuro,  contrario  di  chiaro,  poco 
luminoso,  molto  carico;  severo,  contrario  di  gaio;  ■ 
sfacciato,  troppo  vivo;  slavato,  più  che  sbiadito; 
sentimentale,  di  grande  delicatezza;  smagliante,  ri- 
splendente, vivacissimo  ;  smorto,  contrario  di  vivace, 
debole,  scolorato,  sbiadito,  sordo,  sucido;  squallido, 
fortemente  smorto;  stabile,  non  fallace,  ossia  che 
regge,  non  si  altera,  non  si  guasta^  non  si  smarrisce, 
non  perde,  non  stinge  ;  svanito,  che  ha  perduto  della 
sua  tinta,  stinto. 

Colore  torbo,  non  chiaro,  confuso;  trasparente, 
diafano,  che  si  illumina  sotto  i  raggi  della  luce  ; 
vistoso,  che  dà  nell'  occhio,  fa  spicco  ;  vago,  bello, 
grazioso,  gentile  ;  vivo,  molto  evidente,  acceso,  al- 
legro, ardente,  risentito,  vivace,  vivido. 

Colori  diversi, 

Acquamare,  acquamarina,  color  turchino  chiaro  : 
acqua  di  mare,  acquadimare.  -  Acquarello,  co- 
lore stemperato  con  acqua.  -  Albino,  di  colore  ten- 
dente al  bianco  :  bigio,  cenerognolo,  cenerino,  tinta 
simile  a  quella  della  cenere  comune.  -  Amarantino, 
di  colore  dell'amaranto,  come  l'amaranto  (rosso  e 
porporino).  -  Amelistino,  color  d'  ametista,  pietra 
preziosa  diafana,  violacea.  -  Aranciato,  di  color  d'a- 
rancio, croceo,  ranciato  :  arancio,  arancione.  - 


614 


nOI-ORE 


Argento,  colore  simile  a  quello  del  metallo  di 
questo  nome.  -  Asfalto,  colore  cavato  dalla  nafta  o 
dal  litantrace  ;  affine  al  color  della  mummia,  en- 
trambi danno  la  tinta  bruno-scura  delle  mummie 
egizie.  -  Alramento,  inchiostro,  o  color  nero  come 
inchiostro.  •  Avana,  colore  nocciuola  chiaro,  com'è 
appunto  quello  del  tabacco  di  tal  nome.  -  Azzuolo, 
color  turchino  cupo.  -  Azzurro,  colore  alquanto 
più  pieno  del  cilestro  e  meno  del  turchino. 

Baio,  colore  rosso,  bruno,  simile  a  quello  della 
castagna.  -  Biadetto  o  biavo  :  aggiunto  di  colore,  si- 
gnifica azzurro  chiaro,  celeste,  ecc.  -  Bianco:  di- 
cesi dei  corpi  che  riflettono  tutti  i  raggi  colorati 
della  luce.  -  B'ìgio,  gradazione  di  colore  fra  la  tinta 
della  cenere  e  quella  dèi  piombo.  -  Blu-gendarme 
(frane),  colore  turcliino  verdastro,  usato  nelle  as- 
sise militari.  -  Biondo^  giallo  pendente  al  casta- 
gno chiaro.  -  Bronzino,  color  del  bronzo.  -  Bruno, 
colore,  piuttosto  caldo,  che  tende  al  nero.  -  Bru- 
schino, colore  di  vino  rosso  coperto,  ossia  molto  ca- 
rico, come  quello  del  baiaselo. 

Caffè,  colore  simile  a  quello  della  pianta  di  que- 
sto nome.  -  Cagnazzo,  colore  quasi  simile  al  pao- 
nazzo. -  Carnicino,  del  colore  della  carne  :  incar- 
natino, rosa  pallido.  -  Canarino,  di  colore  simile  a 
quello  dell'uccelletto  di  questo  nome.  -  Capellino, 
colore  simile  al  castagno,  così  detto  perchè  i  ca- 
pelli hanno  spesso  questo  colore  -  Castagnino,  il 
colore  castagno  gentile.  -  Castagno,  simile  a  quello 
della  castagna  fresca.  -  Ceciato,  del  colore  del  cece. 

-  Celeste,  cilestro,  sorta  di  colore  somigliante  a  quello 
di  cui  appare  colorito  il  cielo  sereno.  -  Celestino, 
che  tira  al  celeste.  -  Cenerino,  cinèreo,  color  della 
cenere.  -  Cenerognolo,  che  ha  color  della  cenere, 
ma  non  è  cenerino.  -  Ceraso,  color  di  ciliegia.  - 
Cereo,  del  colore  di  cera.  -  Ceruleo,  cérulo,  grada- 
zione del  celeste,  di  color  cielo,  e  dicesi  propria- 
mente del  mare,  dal  rifiesso  ch'esso  fa  del  co- 
lore di  quello.  -  Chermisi^  chermisino,  colore  rosso 
fine  :  cremisi,  cremisino.  -  Citrino,  color  del  cedro. 

-  Colore  d'angiolo,  rosa  chiaro,  -  Croceo  (titolo  let- 
ter.  poet.),  color  zafferano.  -  Dorè,  color  ranciato, 
rancio,  specialm.  quello  che  si  dà  alla  pelle  fine 
da  scarpe  per  signora. 

Elettrico,  detto  del  colore  di  stoffe  azzurre  can- 
gianti. -  Ferrigno,  ferrugineo,  colore  di  ruggine,  si- 
mile a  quello  del  ferro.  -  Fiammetta,  colore  rosso 
chiaro.  -  Foncé  (frane),  aggettivo  di  colore  usato  in- 
vece di  scuro  cupo.  -  Fuliggine,  colore  fosco,  a  uso 
di  dipingere  e  che  si  prepara  appunto  con  la  fulig- 
gine dei  camini.  -Fulvo,  colore  simile  a  quello  del 
pelo  del  leone,  dell'oro  o  della  rena. 

Gezzo,  dei  colore  dei  mori  di  Barberia,  che  non 
sono  neri  affatto.  -  Gialletto,  aggiunto  d'ogni  colore 
che  s'accosti  al  giallo;  come  giallognolo.  -  Giallo, 
colore  simile  a  quello  dell'oro.  -  Glauco,  colore  tra 
il  bimco  e  il  verde.  -  Gridellino,  aggiunto  di  co- 
lore tra  bigio  e  rosso  (frane,  lillà)  -  Giuggiolino. 
di  colore  della  giuggiola.  -  Grigio,  bigio,  di  mezzo 
Ira  il  mro  e  il  bianco,  simile  al  cenerognolo.  Gra- 
dazioni :  grit;io  blu,  grigio  nero,  grigio  perla.  -  In- 
carnato, carnato,  il  colore  della  carne,  misto  di  rosso 
e  bianco,  molto  simile  al  rosa.  -  Jacintino  o  gia- 
cintino 0  iacinteo ,  del  color  del  giacinto.  -  Isabella, 
giallo  biancastro.  -  Lacca  bruna,  color  di  caffè,  af- 
fine al  bruno  di  Firenze,  che  è  un  color  caffè  ros- 
siccio trasparente.  -  Lattiginoso,  simile  nel  colore  al 
latte.  •  Leonato,  lionato,  di  colore  simile  a  quello 
de!  pelo  leonino;  oggi  si  dice  non  solo  del  tanè 
chiaro,  ma  anche  di  tutti  gli  altri  gradi  di  esso  co- 


lore. -  Lividastro,  tendente  al  livido.  -  Livido,  di 
colore  plumbeo  o  turchiniccio  che  prende  la  pelle 
per  cadute,  battiture,  affezioni,  malattie  o  morte. 

Malva,  del  colore  di  questo  vegetale.  -  Marengo, 
bruno  misto  di  piccoli  punti  bianchi.  -  Marrone,  il 
colore  simile  a  quello  della  castagna  di  questo  no- 
me (marrone  chiaro,  cupo,  sbiadito,  ecc.).  -  Mona- 
chino, colore  scuro,  che  tende  al  rosso.  -  Morello, 
violaceo,  se  non  si  tratta  di  cavalli. 

Nero,  colore  esfremo,  opposto  a  bianco.  -  Noc- 
ciòla., colore  del  frutto  di  questo  nome.  -  Nuvolato, 
colore  misto  fra  1'  azzurro,  il  violetto  e  il  bianco. 

-  Oliva,  colore  del  frutto  di  questo  nome:  olivastro.  - 
Oltremare,  colore  az.  urro  che  si  fa  col  lapislazzuli. 

-  Ombra,  colore  più  o  meno  curo,  che,  digradando 
verso  il  chiaro,  rappresenta  l'ombra  chiara  dei  cor- 
pi, e  serve  a  dar  rilievo  alla  cosa  rappresentata.  - 
Opalino,  del  colore  dell'opale  (bianco  azzurrognolo 
latteo).  -  Oro,  colore  simile  a  quello  del  metallo 
di  questo  nome. 

Paglierino,  color  paglia  delicato.  -  Paonazzo,  co- 
lore tra  azzurro  e  nero  rossastro.  -  Pastello,  colore 
di  terra  o  d'altra  materia,  macinato,  stemprato  e 
condensato.  -  Pensée  (frane),  color  viola  scuro.  - 
Pazienza,  un  certo  color  tabacco.  •  Pepe  e  sale,  co- 
lorazione  nera   con   punteggiature   bianche,   fitte. 

-  Perla ,  colore  simile  a  quello  della  pietra 
preziosa  di  questo  nome.  -  Persichino,  colore  del 
fior  di  pesco.  -  Perso,  misto  di  purpureo  e  di  nero.  - 
Piombino,  plumbeo,  che  ha  color  di  piombo,  un 
grigio  che  leggermente  fende  all'azzurro.  -  Porpora, 
porporino,  veggasi  a  rosso.  -  Porràceo,  del  colore 
del  porro.  -  Pulce,  del  colore  simile  a  quello  del- 
l'insetto di  questo  nome. 

Bando,  ranciato,  aggiunto  del  colore  della  mela- 
rancia matura  ;  frane,  dorè.  -  Bòggio,  colore  simile 
alla  ruggine.  -  Uòsa,  colore  simile  a  quello  del 
fiore  di  questo  nome  (di  varie  gradazioni).  -  Ros- 
so, colore  simile  a  quello  del  sangue  e  della  por- 
pora. -  Bùggine,  del  colore  della  rùggine. 

Sanguigno,  il  colore  simile  al  sangue.  -  Scarlatto, 
colore  rosso  molto  vivo.  -  Scuro,  tendente  al  nero.  • 
Solfino,  zolfino,  sorta  di  colore  simile  allo  zolfo.  • 
Soriano,  bigio  e  lionato. 

Tabacco,  colore  simile  a  quello  della  sostanza  di 
questo  nome.  -  lane  (frane),  sorta  di  colore  lio- 
nato scuro;  colore  della  castagna.  -  Turchiniccio, 
colore  un  po' turchino.  -  TurchinOf  del  coloie 
del  cielo  sereno  (più  cupo  che  azzurro).  -  l/.»» 
vastro,  color  d'oliva  verso  la  maturazione.  -  Ulivi- 
gno,  di  colore  che  tiene  del  livido,  che  è  a  guisa 
d'ulivo  ;  olivastro.  -  Uvàceo,  del  colorp  dell'uva. 

Verdazzurro,  colore  che  s'avvicina  a  quello  del- 
l'aria e  della  marina.  -  Verde,  aggiunto  del  colore 
che  hanno  le  erbe  e  le  foglie,  quando  sono  fre- 
sche. -  Verdeterra,  colore  che  regge  alla  luce  e  si 
mescola  con  gli  altri  senza  danno.  -  Vermiglio,  ro- 
lor   rosso  acceso.  -  Vinato,  di  co'or  di  vino  rcg  o* 

-  Viola,  colore  di  questo  noto  fiore:  color  gridel- 
lino cupo.  -  Violetto,  color  blu  di  mammola:  nello 
spettro  occupa  una  delle  estremità.  -  Vitellino,  il 
colore  del  tuorlo  dell'uovo.  -  Zaino,  tuttlo  nero  o 
tutto  bianco. 

Effetti  subiti  dai  colori. 

Trattamento  dei  colori.  -  Alcuni  arnesi  all'uopo. 

Armonizzare,  essere  in  armonia,  in  accordo.  - 
Cangiare,  essere,  divenir  cangiante  :  gatteggiare  (so- 
migliare ai  colori  variatissimi  degli  occhi  del  gatto). 


COLORE    —    CÓLPA 


015 


opalizzare  (somigliare  all'opale).  -  Colorirsi,  pren- 
der colore,  incolorare,  incolorire,  incolorirsi.  -  La- 
sciare il  colore,  perderlo.  -  Morire,  di  colori  che  fi- 
niscono lentamente,  con  lente  gradazioni  o  perdendo 
la  tinta.  -  Non  accompagnare  bene,  far  troppo  stacco 
da  un  colore  altallro,  esservi  disarmonia.  -  Pendere 
al  rosso,  al  verde,  ecc.,  avvicinarsi  a  questi  :  in- 
clinare, tirafe  a  ...  -  Sbiadire,  perdere  il  colore,  sco- 
lorarsi, scolorire,  discolorarsi,  perdere  la  tinta,  stin- 
gere, stingersi  ;  scaricare,  smontare;  smarrire,  smar- 
rirsi, svanire.  -  Scoloramento,  sculorimenlo.  atto  ed 
effetto  dello  scolorare ,  dello  scolorire ,  ossia  del 
perdere  il  colore:  discoloramento,  discolorazione; 
slavatura  smarrimento.  -  Scolorante,  contrario  di  co- 
lorante  (tale,  ad  es.,  Vacqua  ossigenata).  -  Scolorato, 
che  ha  perduto  il  colore  o  la  vivezza  del  colore.  - 
Sfumare,  digradare  in  modo  che  il  colore  scuro  sia 
dolcemente  confuso  col  chiaro.  -  Smontare,  perdere 
la  vivezza.  -  Trascolorare,  trascolorarsi,  mutar  colore. 
Abbronzare,  rendere  bruno  (abbronzamento,  ab- 
bronzatura, abbronzo);  accendere,  rendere  più  vivo 
un  colore.  -  Azzuffare  colori,  confonderli.  -  Brizzo- 
lare  (brizzolatura),  macchiare,  mescolare  di  due  o 
più  colori,  sparsi  minutamente.  -  Colorare,  dare 
il  colore,  un  colore,  i  colori.  E  coloritore  chi  co- 
lorisce bene  o  male.  -  Confondere  i  colori,  non  saperli 
distinguere  uno  dall'altro.  -  Dilavare,  stemperare, 
portar  via  come  lavando;  rendere  pallido,  smorto. 

-  Fermare  il  colore,  fissarlo,  passandoci  sopra  con 
la  vernice,  con  olio.  -  Impastare,  distendere  e  me- 
scolare insieme  i  colori  {rimpastare  ripete  e  raf- 
forza impastare).  -  Indorare,  applicare  il  colore  d'oro 
(veggasi  a  doratore  e  a  vernice,  dicesi  anche 
dell'effetto  che  producono  i  colori  del  sole).  -  Intor- 
bare il  colore,  offuscarne  la  lucentezza.  -  Invermi- 
gliare, dar  colore  vermiglio;  tingere  di  vermiglio 
(veggasi  a  rosso).  -  Lumeggiare,  dare  opportuna- 
mente i  colori  chiari-  per  f^r  risaltare  le  tinte,  i 
colori. 

Macinare  le  tinte,  i  colori, stritolarli  ben  bene  sulla 
pietra  col  macinello  per  incorporarli  con  acqua  o 
olio  0  renderli  buoni  per  dipingere  (veggasi  a  pit- 
tore e  a  vernice).  -  Marezzare  {marezzato,  ma- 
rezzatura), dare  il  marezzo,  cioè  un  ondeggiamento 
di  colore  variato  (veggasi  a  tintoria). 

Picchiettare,  punteggiare  un  corpo  con  vari  colori 
{picchiettatura,  il  picchiettare).  -  Preparare  ad 
acqua ,  a  colla ,  a  olio ,  secondo  che  si  stem- 
perano i  colori  con  acqua,  colla,  ecc.  -  Rammorbi- 
dire, attenuare  le  tinte.  -  Ravvivare  (ravvivamento), 
rendere  più  vivace,  più  vivo.  -  Ricolorare  e  ricolo- 
rire, ripete  colorare  e  colorire.  -  Scolorare,  levare, 
far  perdere  o  perdersi, il  colore.  -  Screziare,  spruz- 
zare d'altro  colore;  rendere  di  vari  e  minuti  colori. 

-  Smorzare,  ammortire,  diminuire  l'intensità,  la  vi- 
vacità. -  Sterzare,  unire  insieme  i  colori  in  modo 
che  facciano  bella  gradazione  e  varietà.  -  Stingere, 
levare,  far  perdere  il  colore,  tór  via  la  tinta.  -  Tem- 
perare, dare  la  tempera  o  ter,:p>-n.  (veggasi  a  pittore). 

-  Tingere,  dare  un  colore. 

Cianometro,  strumento  ideato  da  Saussure  per  mi- 
surare le  varie  intensità  del  colore  azzurro  dell'aria. 

Colorimetri,  strumenti  che  servono  a  misurare  l'in- 
tensità di  colore  dei  liquidi  o  delle  soluzioni  colorate. 
E  colorimetria  il  processo  seguito  all'uopo.  -  Distil- 
lerie del  catrame,  quelle  fabbriche  speciali  dove  è 
dapprima  lavorato  il  catrame  di  carbon  fossile  delle 
fabbriche  a  gas.  -  Macina  da  colori,  specie  di  mor- 
taio per  triturare  le  tinte.  -  Macinello,  strumento  di 
legno,  ferro  o  altra  materia  per  macinare  i  colori 


sopra  una  pietra  larga,  piana  e  liscia.  -  Mesticheria, 
bottega  ove  si  vendono  mestiche,  o  colori  bell'e 
mesticati,  preparati  per  uso  delle  diverse  arti.  -  Pe- 
stacotori, macinacolori. 

Cose  e  termìni  varii. 

Acromasia,  acromatismo,  proprietà  che  hanno 
alcuni  apparecchi  diottrici  di  rifrangere  egualmente 
tutti  i  colori,  ovvero  di  neutralizzare  e  correggere 
gli  eiletti  della  dispersione  dei  colori,  cioè  del- 
\' aberrazione  di  rifrangibilitd.  -  Aureola,  l'insieme 
di  quei  colori  che  appaiono  intorno  a  un  oggetto, 
quando  lo  si  guarda  fissamente.  -  Dicroismo,  pro- 
prietà che  hanno  certe  sostanze  minerali,  trasparenti, 
di  presentare  un  colore  ditTerento,  secondo  che  le 
si  prendono  a  forte  o  a  piccolo  spessore.  Tale  fe- 
nomeno è  presentato  in  alto  grado  dalla  bicolorina. 

-  Policroismo,  proprietà  di  certi  corpi  (policroici) 
di  offrire  differenti  colorazioni  in  diverse  direzioni 
0  secondo  il  diverso  loro  spessore.  -  Tricroismo, 
stato  di  un  corpo  che  olire  tre  apparenze  di  colori, 
secondo  i  punti  di  vista. 

Acromatopsia,  o  daltonismo,  incapacità  a  distinguere 
i  colori:  frequente  negli  squilibrati.  -  Paracronia 
(gr.),  illusione  di  colori.  -  Paracromatopsia,  incapacità 
ìli  distinguere  i  colori.  -  Pseiidocromia,  stato  della 
vista  che  falsa  i  colori. 

Litocromia,  sorta  di  litografia  a  colori.  -  Ono- 
cromatica,  pittura  a  un  solo  colore:  monocromatica. 

-  Policromia,  arte  di  decorare  gli  edifici  e  gli  og- 
getti in  genere  applicando  i  colori,  oppure  valendosi 
di  materiali  di  diverso  colore. 

Ottica,  scienza  che  tratta  della  luce,  dei  colori  e 
della  visione. 

Colore.  Il  colorito,  la  carnagione  del  volto 
umano.  -  Figur,,  apparenza^  finzione,  pretesto. 

-  Colore  del  suono,  proprietà  per  la  quale  si  di- 
stingue, data  la  medesima  intonazione,  il  suono 
di  uno  strumento,  o  di  una  voce,  da  quello  di  un 
altro  strumento  o  di  un'altra  voce.  -  Colore  locale, 
la  verità  di  espressione,  la  fedeltà  della  riproduzione 
in  un'opera  della  letteratura  o  dell'arte  che  rap- 
presenti persone  e  cose  di  un  dato  ambiente,  di 
una  data  epoca,  ecc. 

Coloi'ire  (colorito).  Dar  colore,  dipingere,  tin- 
gere. -  Figur.,  raj> presentare  una  cosa  con  fe- 
deltà e  vivezza,  darle  risalto.  -  Colorista,  chi  sa  ben 
colorire  (detto  di  artista  valente  in  tale  arte):  co- 
loritore. -  Coloritore,  chi  colorisce  bene  o  male. 

Colorirsi  (colorilo).  Prendere  colore,  divenir 
colorito:  incolorare,  incolorire,  incolorirsi. 

Colorista.  Chi  sa  ben  colorire,  dare  artisti- 
camente il  colore.  -  Di  pittore  che  sente  e  rende 
con  forza  il  colore. 

Colorito.  Maniera  di  colorire  ;  il  colere  stesso. - 
Colore  della  canagione:  carnato,  colore,  tinta. 

Coloritore.  Chi  fa  l'ufficio  di  colorire. 

Coloro.  Pronome  di  persona:  quei,  quelli, 
queglino,  quellino,  quei  tali,  quelle  tali. 

Colossale.  "Veggasi  ad  enorme,  a  statua. 

Colossèo.  Grande  anfiteatro  in  Roma. 

Colosso.  Uomo  di  enorme  corporatura,  gir  ■ 
gante.  -  Grandissima  statua. 

Colostro.  Il  primo  latte  della  donna  dopo  il 
parto  (veggasi  ad  allattamento):  calostro,calostra 
(pistoiese). 

'  Cólpa  (colpevole,  colposo).  Atto  della  libera  vo- 
lontà che  devia  dalla  legge  o  non  l' adempie  ; 
riprovevole  azione,  che  merita  castiyo,  punizio- 


616 


COLORE  —  COLPA 


ne,  biasimo,  rimprovero  (anche,  cagione  prin- 
cipale d'  un  fatto  che  ha  conseguenze  spiacevoli)  : 
azione  cattiva  ;  demerito,  difetto,  difficoltà  ;  errore, 
fallo;  macchia,  malo  mancamento,  mancanza,  me- 
rito, menda  ;  peccato,  taccheretla,  torto.  E'  colpa 
l'essere  cattivo;  il  mancare  al  proprio  dovere, 
ai  dettami  della  giustizia,  della  m,orale,  dell'o- 
nore, della  verità,  della  virtù;  il  non  essere 
onesto  ;  il  non  avere  rispetto  a  persone  o  a  cose; 
l'usare  frode,  inganno,  violenza  ;  l'essere  cru- 
dele, superbo,  ecc.  La  colpa  può  essere  leg- 
(fiera,  grave;  momentanea,  occaùonale,  passeggiera, 
transitoria,  oppure  abituale,  continuata,  reiterata, 
ostinata,  persistente,  prevista  o  non  prevista  dalla 
legge,  dal  codice;  seguita  o  no,  da  pentimento, 
da  rimorso;  tale  da  meritare,  o  non  meritare, 
scusa,  perdono;  confessata,  evidente,  manifesta, 
palese,  riconosciuta,  oppure  disnmulata,  nascosta,  se- 
greta, ecc.;  dipendente  da  passione,  da  calcolo,  da 
interessef  da  invidia,  da  odio,  dd,  sospetto,  da 
superbia,  da  vizio,  da  mancanza  di  onestà,  di 
rettitudine,  di  giudizio,  di  senno,  di  prudenza, 
di  attenzione,  di  abilità,  di  affetto,  di  bene- 
volenza, ecc.  -  Emendàbile,  della  colpa  che  si 
può  correggere,  purgare  ;  innocente,  la  colpa  com- 
messa senza  il  concorso  deliberato  della  volontà; 
odiosa,  che  suscita  odio,  ripugnanza  ;  orribile,  tanto 
L'rave  da  inspirare  orrore  ;  tìirpe,  vergognosa,  in- 
fame. 

Ambito,  reato  commesso  a  line  di  ottenere  un  uf- 
ficio. -  Crimine,  colpa,  delitto  grave.  -  Delitto,  colpa 
gravissima,  atto  criminoso,  punito  a  termini  di  leg- 
ge. -  Difetto,  mancamento,  trasgressione.  -  Er- 
rore, difetto,  sbaglio,  che  può  essere  imputato  a 
colpa.  -  Felix  culpa  (oh,  colpa  fortunata!),  quella 
del  peccato  originale,  che  meritò,  secondo  sant'  A- 
gostino,  di  avere  un  si  grande  Salvatore  (Cristo).  - 
Peccato,  nel  linguaggio  chiesastico,  trasgressione 
volontaria  alla  legge  di  lUo  e  ai  precetti  della 
(Chiesa.  -  Peccalo,  colpa  originale,  contratto  col  na- 
scimento, dai  nostri  progenitori,  da  Adamo. 

Reato,  ogni  infrazione  alla  legge  penale  {estremo 
d'un  reato,  quanto  occorre  perchè  sia  tale). 

Scàndalo,  mal  esempio,  colpa  grave,  qualunque 
cosa  sia  occasione  ad  altri  di  cadere  in  colpa,  in 
peccato. 

Colpévole,  chi  ha  commesso  una  colpa;  accolpato, 
incolpato  ;  peccatore.  -  Aggiunto  di  chi  ha  colpa  di 
un  fallo,  di  un  vizio  e  simili:  colpabile;  immondo, 
lordo,  macchiato  (di  colpa,  di  peccato),  nero.  -  Col- 
poso, voce  dei  legali  :  differisce  da  colpevole  in  quanto 
che  colposo  esclude  l'intenzione  e  la  premeditazio- 
ne. Comunemente,  agg.  di  atto,  sentimento  e  simili 
che  include  colpa:  criminoso,  delittuoso,  incrimina- 
bile, reprensibile,  riprovevole.  -  Convinto,  di  chi  ri- 
conosce 0  è  indotto  a  riconoscere  la  propria  colpa. 
-  Recidivo,  chi  ricade  nella  stessa  colpa  (recidiva, 
recidività,  la  sua  condizione).  E  recidività,  astratto 
di  recidivo.-  Pervicace,  ostinato  nella  colpa.  -  Reo, 
imputato,  colpevole;  chi  è  convinto  di  una  colpa 
appostagli  :  rio  (poet.).  -  Reo  confesso,  convinto,  chi 
ha  riconosciuto  la  propria  colpa. 

Colpevolezza,  l'essere  colpevole,  in  colpa;  lo 
stato  di  chi  è  in  colpa:  colpabilità,  imbrattamento 
di  colpa,  labe,  lebbra,  lezzo;  macchia  della  colpa; 
peso  della  coscienza,  aggravio  delia  coscienza.  - 
Imputazione,  l'ascrivere  a  colpa,  a  delitto:  accusa. 
•  Discolpa,  argomento  o  fatto  addotto,  messo  in- 
nanzi, per  togliere  la  colpevolezza.  -  Reità,  l'essere 
revi.  colpevole  convinto. 


Colpevolmente  :  colpabilmente,  colposamente,  con 
colpa,  in  modo  colpevole. 

Avere  colpa;  cadere,  sentirsi  in  colpa,. 

Confessarla,  o  no,  espiarla,  ecc. 

Averci  che  fare  in  una  cosa,  averne  colpa.  -  Avere 
sconcilo  Cristo  di  croce,  avere  grandi  colpe,  essere 
molto  colpevole.  -  Avere  la  camicia  sudicia,  sentirsi 
in  colpa;  averne  fatta  qualcuna  piuttosto  brutta.  - 
Avere  macchiata  la  coscienza,  avere  la  coscienza 
sporca,  essere,  sentirsi  in  colpa.  -  Bruttarsi  le  mani, 
la  coscienza,  cadere  in  colpa.  -  Commettere  una  col- 
pa: fare,  detto  di  sbaglio,  di  errore,  di  colpa.  -  De- 
turparsi,  commettere  azioni,  colpe  che  disonorano. 

-  Essere,  cadere  in  colpi,  essere  colpevole  ;  divenir 
colpevole  ;  essere  reo  ;  trascorrere  in  colpa.  -  Essere 
in  disgrazia  di  Dio,  avere  commesso  una  colpa  grave. 

-  Incappare  in  una  colpa,  cadervi.  -  Inciampare  nel 
codice,  commettere  qualche  azione  da  essere  chiamati 
a  renderne  conto.  -  Mncchiirsi  d'  una  colpa,  ren- 
dersi colpevole  ed  espois.  alle  conseguenze.  -  Per- 
petrare, mandare  ad  effetto  cosa  cattiva,  commet- 
tere, consumare,  trarre  ad  effetto  (perpetrazione). 

-  Perpetuare  una  colpa,  ostinarsi  in  essa  :  perfi- 
diare. -  Rasentare  il  codice  penale,  rasentare  la  ga- 
lera, commettere  colpe  gravi  in  barba  alla  legge  e- 
vitando  l'azione  penale.  -  Recidivare,  commettere  la 
stessa  colpa  una  seconda  volta,  una  terza  volta,  ecc. 

-  Trasgredire,  non  rispettare,  violare  i  comanda- 
menti ;  mancare  a,\V obbedienza. 

Aggravarsi,  esagerare  da  sé  la  propria  colpa.  - 
Chiamarsi  ia  colpa,  confessarsi  reo  :  accagionarsi, 
addebitarsi,  ascriversi,  attribuirsi  a  colpa  ;  farne  la 
rivelazione,  rivelarla,  scoprirla,  metterla  a  nudo,  m 
evidenza,  a  conoscenza,  ecc.  -  Confessare,  dichia- 
rare, dire,  riconoscere  la  colpa  che  si  è  commes- 
sa ;  farne  confessione.  •  Dire,  recitare  il  confiteur, 
incolparsi  di  danni  avvenuti.  -  Incolparsi,  attri- 
buirsi la  colpa;  accagionarsi,  addebitarsi,  addos- 
sarsi, imputarsi,  recarsi  a  colpa,  ecc. 

Dissimulare,  simulare,  fingere,  non  rivelare,  net- 
scondere  la  propria  colpa.  -  Fare  lo  gnorri,  fare 
l'indiano,  fingere  di  non  sapere  quando  ci  si  imputa 
una  colpa.  -  Mentire  una  colpa,  nasconderla  con 
bugia,  con  menzogna.  •  Sconfessare,  negare, 
smentire  altri  che  ci  attribuisca  una  colpa,  che  ci 
accusi  di  averla  commessa  con  lui.  -  Espiare,  mon- 
dare, purgare  la  colpa  per  mezzo  della  pena  o 
della  penitenza  ;  rendere  ragione,  soddisfare,  sòl- 
vere  ;  subire  il  castigo.  •  Espiabile,  che  si  può 
espiare  :  mondabile.  -  Espiatòrio,  fatto  per  espiare. 

-  Espiazione,  atto  ed  effetto  dell'espiare:  castigo, 
péna,-  purgazione  ;  reintegramento,  sconto,  soddisfa- 
cimento, soddisfazione. 

Scontare  la  colpa,  scontarla  :  subirne  le  conse- 
guenze :  essere  castigato.  -  Pagare  il  fio,  scontare, 
espiare  giustamente  la  propria  colpa.  -  Piangere  le 
proprie  colpe,  pentirsene,  averne  pentimento  f 
rammaricarsene,  dolersene,  deplorarle. 

Dare  colpa  o  toglierla.  -  Termini  varI. 

Accagionare,  incolpare  (incolpazione),  attribuire 
a  colpa:  accollare,  accusare,  addebitare,  addossare, 
affibbiare;  apporre;  ascrivere;  cagionare,  causare; 
far  carico,  far  debito;  gi tiare  la  colpa;  imputare; 
mettere,  recare  a  colpa  ;  mettere  in  conto.  -  Aggrct' 
vare  uno,  dargli  o  accrescergli  colpa;   esagerare  lik 


COLPABILITÀ     —   COLPIRE 


617 


colpa.  -  Buttar  la  colpa  sopra  uno,  sulle  spalle  di 
uno,  incolparlo.  -  Convincere,  far  riconoscere  a  qual- 
cuno la  propria  colpa;  renderlo  persuaso  di  averla 
commessa  e  della  sua  entità.  -  Dare,  rovesciare, 
versare  la  broda  addosso  ad  uno,  dargli  tutta  la  colpa. 

-  Far  aggravio,  attribuire  a  colpa:  dare,  far  carico, 
far  debito.  -  Far  dire  spropositi  a  tino,  incolparlo 
di  cose  che  non  ha  detto  o  detto  in  un  certo  modo. 

-  Fare  a  scaricabarili  (figur),  buttarsi  la  colpa  ad- 
dosso l'un  l'altro.  -  Gridare  crucifìge  contro  persona, 
dirne  plagas,  iniputarjjli  molte  colpe.  -  Incriminare, 
qualificare  colpa  un'azione  e  simili;  dichiararla  col- 
posa. -  Pigliarla  con  alcuno,  dargli  la  colpa  di  una 
cosa  che  ci  offende.  -  Rovesciare,  versare,  la  colpa, 
la  broda  addosso  agli  altri,  scagionarsene,  attribuen- 
dola   ad  altri. 

Assolvere,  dichiarare  innocente,  prosciogliere,  pro- 
sciorre;  dare  l'assoluzione,  la  remissione.  -  Atte- 
nuare, diminuire,  wj iWfirarc  la  colpa;  concedere  le 
attenuanti  (veggasi  più  innanzi).  -  Condonare,  passar 
sopra  a  un  fallo  che  riteniamo  non  grave.  -  Discol- 
pare, scolpare,  dimostrare  in  uno  la  mancanza  di 
colpa,  o  attenuarla:  discarcare,  discaricare,  disgra- 
vare,  sgravare,  scagionare,  giustificare.  -  Elimi- 
nare, non  ammettere,  escludere.  -  Giustificare, 
scagionare,  scolpare,  toglier  la  colpa:  dimostrare 
l'innocenza;  scusare  pienamente.  -  Redimere,  liberare 
dalla  colpa,  specialmente  dal  vizio:  dare,  procurare 
la  redenzione. 

Chiappar  sul  coro,  cogliere  uno  nell'atto  di  com- 
mettere azione  caf  va.  -  Coinvolgere,  dicesi  di  per- 
sona, cioè  trascinarla  con  altri  in  un  reato.  -Do- 
mandare, volere,  olfrire  la  testa  di  qualcuno,  vale 
domandare,  ecc.,  il  sacrifìcio  di  alcuno,  cioè  che  uno 
faccia  da  vittima,  o  per  espiazione  di  colpa  o  per 
soddisfazione  di  vendetta.  -  Fiscaleggiare,  fare  il 
fiscale,  l'inquisitore  con  qualcuno  o  su  qualcosa  per 
rintracciare  materia  di  colpa.  -  Prendere  sul  fatto, 
in  fallo,  cogliere,  sorprendere.-  Sco|jnVe  una  colpa, 
conoscerla  e  farla  conoscere.  -  Svergognare,  far 
vergognare,  indurre  in  vergogna  alcuno  della  colpa 
commessa. 

Imputazionb,  difesa,  perdono,  ecc.  -  Senza  colpa. 

Accusa,  accusazione,  imputazione,  incolpazione. 

-  Ammenda,  emenda,  espiazione  della  colpa  {ammen- 
dare, emendare,  ammendarsi,  emendarsi,  fare  ara- 
menda).  -  Assoluzione,  atto  ed  effetto  dell'assolvere, 
dello  scagionare  d'un'accusa,  d'una  colpa:  proscio- 
glimento, scioglimento.  -  Attenuante,  dicesi  di  circo- 
stanza che  attenua  la  responsabilità:  da  qualche 
giurista  detta  discriminante,  il  che  accennerebbe  ad 
eliminazione  di  pena.  Contrario  di  aggravante.  - 
Azione  penale,  quella  intentata  per  punire  il  delitto 
0  la  colpa. 

Catharsi,  voce  greca  antica  (Kafharsis)  che  indica 
espiazione,  purificazione.  -  Discolpa,  argomento  o 
fatto  portato  per  discolpare,  giustificare  {accettare, 
menar  buona  una  discolpa;  dire  a,  per  discolpa; 
presentare  una  lunga  discolpa,  ecc.).  -  Espiazione, 
l'espiare,  il  fare  ammenda  o  penitenza;  lo  scontare 
la  pena.  -  Impunità,  il  non  essere  punito  della 
colpa.  -  Imputabilità,  quanto  è  necessario  a  deter- 
minare la  colpevolezza. 

Penitenza,  come  azione  espiatoria,  significa  tutte 
le  buone  opere  e  le  pene  che  il  confessore  impone 
al  penitente,  in  soddisfazione  delle  colpe  di  cui 
'assolve.  -  Preterintenzionalità,  elemento  morale  per 
cui.  solitamente,  è  diminuita  la  responsabilità  del 


delitto.  -  I^retesto,  ragione  apparente  con  la  quale 
si  cerca  o  si  crede  di  scusare  una  colpa. 

Remissione,  il  condonare,  tutta  o  in  parte,  una 
colpa.  -  Scappatoia,  scusa  o  azione  messa  avanti 
per  ripiego.  -  Scusa,  la  ragione,  più  o  meno  buona 

0  valevole,  che  si  adduce  per  giustificare  o  attenuare 
una  colpa.  -  Venia,  perdono,  di  colpa  leggera. 

Senza  colpa.  -  Incolpabile,  che  non  può  essere 
incolpato.  -  Incolpevole,  chi  è  senza  colpa,  non  col- 
pevole: innocente,  che  ha  innocenza,  è  inconta- 
minato, puro,  vergine  di  biasimo,  superiore  a  ogni 
sospetto.  -  Insussistenza,  non  esistenza  di  colpa. 

Modi  di  dire.  -  Proverbi  e  massime. 

Dio  gli  perdoni,  parlando  di  colpe  altrui.  -  Giorno 
del  giudizio,  quello  nel  quale  si  dovrà  pagare  il  fio 
delle  colpe.  -  Mea  culpa,  mea  maxima  culpa  (della 
liturgia  della  messa  e  divenuto  comune),  di  chi 
riconosce  una  colpa  e  se  ne  duole,  se  ne  pente.  - 
Uccel  di  bosco,  dicesi,  per  estensione  famigliare,  di 
chi,  commesso  alcun  crimine,  evita,  con  la  fuga  © 
stando  nascosto,  di  rendere  conto  delle  proprie  colpe 
e  divenire,  probabilmente,  uccel  di  gabbia,  ossi? 
essere  messo  in  prigione. 

Per  causa,  per  dato  e  fatto,  per  detto  e  fatto,  pe^ 
merito,  modi  di  dire  accennando  a  causa  e  a  colpa. 

Proverbi  e  massime.  —  Acqua  torbida  non  fa 
specchio,  di  chi  è  colpevole.  -  Chi  imbratta  spazzi, 
chi  ha  colpa  faccia  penitenza,  -  Il  colpevole  che 
si  pente  non  è  perduto.  -  Il  male  colpisce  chi  lo  fa.  ■ 

1  nodi  vengono  al  pettine,  locuzione  per  dire  che, 
ad  un  certo  punto,  gli  errori  e  le  colpe  maturano, 
non  passano  senza  effetto,  ma  se  ne  coglie  neces- 
sariamente l'amaro  frutto.  -  La  gallina  che  canta 
{o  che  schiamazza)  ha  fatto  l'ovo,  per  signi.lcare  : 
chi  dice  mollo  degli  altri  fa  sospettare  sul  conto  suo.  - 
L'errore  d'un  istante  diviene  tormento  di  tutta  la  vita, 

hon  aver  né  colpa  né  peccato  d'una  cosa:  non 
averne  colpa  affatto.  -  Non  parlar  di  corda  in  casa 
dell'impiccato,  non  toccare  argomenti  che  possono 
ricordare  altrui  cose  triste  o  vergognose.  -  Ognuno 
ha  le  sue  taccherelle,  ha  le  sue  piccole  colpe.  -  Poca 
macchia  guasta  una  bellezza,  di  chiaro  significato.  - 
Potere  alzare  il  viso  :  non  avere  colpe,  macchie.  - 
Tal  susina  mangia  il  padre  che  al  figliuolo  allega  i 
denti,  i  figli  pagano  spesso  le  colpe  dei  padri. 

Colpabilità  {colposo).  Detto  a  colpa. 

Colpeggiare  {colpeggiato).  Detto  a  colpire. 

Colpevole.  Chi  o  che  ha  colpa. 

Colpevolezza   Detto  a  colpa. 

Colpevolmente.  Con  col2)a 

Colpire  {colpito).  Dare  un  colpo,  cogliere  col 
colpo  :  accoccare,  appostare,  assestare,  azzeccare  un 
colpo;  appiccare,  appiccicare,  appioppare  un  colpo; 
acchiappare;  arrivare  con  uno  o  più  colpi;  chiap- 
pare ;  far  colta  ;  giungere,  giugnere  con  un  colpo  ; 
incartare,  incogliere;  inferire,  infliggere  un  colpo; 
investire;  prendere;  toccare. 

Vari  modi  di  colpire. 

Abbassare  una  botta,  una  bastonata  e  simili,  darla 
colpire.  -  Abbriccare  un  colpo,  vibrarlo.  -  Accennare, 
mostrar  di  colpire,  di  voler  colpire.  -  Accoccare, 
avventare,  menare  un  colpo.  -  Allentare,  allungare 
un  colpo,  lasciarlo  andare.  -  Appostare,  prendere  la 
mira,  per  colpire.  -  Avventare,  dare  con  una  certa 
violenza  e,  per  lo  più,  inaspettatamente;  lanciare 
con  impeto. 


618 


COLPABILITÀ      —    COLI'IUE 


Bastonare,  colpire  col  bastone.  ■  Battere,  dar 
colpi  in  checchessia.  -  Beccare,  cogliere,  colpire.  - 
Bersagliare,  colpire  prendendo  di  mira,  come  in 
un  bersaglio.  -  Calare,  menare  un  colpo,  un 
fendente  da  alto  in  basso.  -  Cogliere,  investire, 
giungere,  trovare,  atlastare,  beccare,  incartare,  ac~ 
chiappare  o  chiappare,  arrivare  a  persona  o  a  cosa 
con  il  colpo  0  i  colpi.  -  Colpeggiare,  dare  e  ripetere 
colpi.  -  Córre  in  pieno  o  in  piena,  quando  colpo  o 
sim.  ferisce  direttam.  o  conia  parte  più  forte  del- 
l'arme 0  di  altro,  meglio  che  andando  per  diritto. 
Gontr.,  corre  scarso.  -  Cozzare,  percuotere,  colpire, 
ferire,  con  le  corna.  -  Dare,  colpire,  tirare  (es,; 
«  gli  diedero  a  quel  cane,  ma  non  lo  colsero  »). 
Dare  nel  pieno,  colpire,  percuotere  dove  è  maggiore 
la  massa.  -  Dare  ritti  e  rovesci,  colpi  per  ogni 
verso;  a  tutt' andare.  -  Ferire,  colpire,  dare  nel 
segno  ;  cagionare  una  ferita.  -  Ferire  in  un  punto, 
prender  la  mira  e  tirare  a  quello.  -  Frustare,  colpire 
con  la  frusta. 

Infilzare,  passare  da  banda  a  banda,  colpire  con 
l'arme  di  punta,  in  modo  cìie  l'arme  resti  dentro 
alla  passata.  -  Investire,  colpire  con  forza  ;  assalire 
con  violenza  per  costringere  una  fortezza,  una  po- 
sizione fortificata  ad  arrendersi.  -  Lasciar  andare 
un  colpo,  dello  stile  fam.,  esprime  quasi  la  volontà 
sforzata  a  dare  un  colpo  trattenuto  fino  all'impa- 
zienza, e  quindi  il  colpo  può  uscire  più  violento.  - 
Martellare,  dare  colpi  terribili  con  martello  o 
con  una  qualunque  arme  ;  spesseggiare  i  colpi.  - 
Menare,  amenare,  ammenare,  dare  colpi  o  simili 
a  uno  :  d'  uso  comune  negli  Abruzzi,  è  sostituisce 
quasi  sempre  il  verbo  battere  (M'a  menato,  mo' ti 
meno).  ■  JSerbare,  percuotere,  colpire  col  nerbo. 

Pacchinare,  prendere  a  pacchine,  cioè  a  colpi 
dati  a  mano  aperta  sulla  parte  di  dietro  del  capo. 
-  Percotere,  percuotere,  colpire  per  offendere  ;  dar 
colpo,  battere,  bussare  :  dare  una  percossa.  -  Per- 
forare, forare,  trAiìggere,  enirAve  dentro,  e  si  dice  di 
ogni  colpo  che  s'incarna.-  Pigliar  di  mira,  pigliar 
come  bersaglio,  per  colpire  persona  o  cosa.  -  Piombare, 
menare  furiosamente  colpi  da  alto  in  basso.  -  Piat- 
tonare, prendere  a  piattonate,  a  colpi  dati  di  piatto 
con  sciabola  e  simili.  -  Poggiare  un  colpo,  darlo, 
menarlo.  -  Ribattere,  battere,  colpire  nuovamente 
0  ripetutanente  :  ricozzare  ;  anche,  rispondere  a  un 
colpo  ricevuto,  parandolo  e  dandone  un  altro. 

Scagliare,  lanciare,  mandare  un  colpo  a  distanza  ; 
scaraventare.  -  Schiaffeggiare,  veggasi  a  schiaffo. 
•  Schioccare,  fare  schiocchi  ;  colpi  di  frusta.  -  Scu- 
lacciare, battere  sul  culo  colle  mani.  -  Scuòtere,  dì 
colpo  che  mette  in  agitazione.  -  Sferzare,  colpire 
con  la  sferza  o  ferza  (spago),  con  la  frusta.  -  Si- 
lurare,  colpire  di  siluro  o  torpedine,  istrumenti  di 
distruzione  bellica  in  mare.  -  Sorbare,  colpire,  me- 
nare colpi,  percuotere,  -  Tirare  a  segno,  tirare  pei' 
colpire  (veggasi  a  tiro  a  segno).  -  Torpedinare,  si 
usa  nel  senso  di  colpire  con  torpedine.  -  Iracolpir 
si,  darsi  colpi  a  vicenda,  tra  più  persone  -  Trafìg 
gere,  colpire,  ferire  (per    lo    più  con  arme  a  pun- 
ta), in  modo  da  passare  da  banda  a  banda,  da  parte 
a  parte,  del    corpo  o  dei  membro    colpito.  -   Ver- 
gheggiare,   colpire,    percuotere,    ripetutamente,  con 
verga,  con  bastone;  verherare,  bastonare.  -  Vi- 
brare, dare  con  forza  e  con  lestezza  ;  crescere  effi- 
cacia al  brandire. 

Colpire  giusto  —  Colpir  male,  ecc. 

Accertare  il  colpo,  mirare  e  colpir  bene  :   aggiu- 
tare.  -  Assestare  un  Culpo,  darlo  in  quel  punto  nel 


quale  si  è  posto  la  mira.  -  Cogliere  in  pieno,  di 
colpo  ben  diretto.  -  Colpire  nel  segno,  cogliere  nel 
segno,  modi  di  dire  affinissimi;  ma  forse  il  primo 
può  indicare  forza  maggiore  e  il  secondo  la  mag- 
giore difficoltà  0  la  casualità  del  darvi  dentro:  az- 
zeccare, dar  dentro,  dar  diritto,  dar  giusto  ;  dare 
in  brocca,  dare  in  mezzo,  dare  nel  quattrino  ;  dare, 
trarre  nel  segno  ;  imberciare,  imbrecciare,  imbroc- 
care, imbrocciare  ;  riuscire  ;  toccare  il  segno.  -  Es- 
sere a  tiro,  a  una  distanza  da  poter  colpire.  -  In- 
filare, colpire  dritto  ;  e  infilatura,  V  effetto  dell'  in- 
filare e  la  cosa  infilata;  il  suo  stato,  il  suo  modo, 
la  sua  qualità. 

Sbalestrare,  non  colpire  giusto,  uscire  dal  segno 
con  la  balestra  o  no  {sbalestramento,  atto  ed  effet- 
to). ■  Tracolpire,  andar  di  là  col  colpo. 

Colpire  (colpito).  Figur.,  fare  grande  impres- 
sione nell'animo,  per  meraviglia,  oppure  inflig- 
gendo biasimo,  ingiuria  e  simili.  -  Mettere  in 
discredito,  togliere  stima  o  valore,  coprire  di 
vergogna 

Cólpo.  Atto  ed  effetto  del  colpire  con  la  mano, 
con  un'  arme,  con  un  arnese  qualunque  :  bussa, 
percossa,  bottata,  botta  ;  ferita  ;  latta,  martel- 
lata, picchio  ;  tiro,  tocco  (di  tamburo)  ;  tonfo  (del 
cadere),  tratta  (di  artiglieria)  ;  tuffo  (del  cadere 
nell'acqua).  -  Shock,  voce  ing.,  ted.  e  frane,  usata 
anche  in  Italia  per  colpo. 

Il  colpo  è  forte,  pesante,  o  debole  leggero  ;  da  poco 
0  fatale,  micidiale,  mortale;  moderato  o  violento,  ecc., 
lascia  0  non  lascia  il  segno.  -  Colpaccio,  colpo 
sgarbato,  rude,  violento.  -  Colpetlino,  colpetto,  dimin. 
-  Colpo  certo,  che  non  fallisce,  ma  coglie  nel  se- 
gno, riesce  ;  di  grazia,  il  colpo  decisivo  ;  diritto, 
(diritta  mira),  colpo  ben  diretto  ;  falso,  andato  a 
male  ;  anche  colpo  finto,  accennato  in  un  punto  e 
dato  in  un  altro  ;  maestro,  quello  che  ottiene  l'ef- 
fetto con  gran  bravura  e  maestria  ;  netto,  pronto, 
spedito;  pieno,  che  riesce  di  effetto  completo,  non 
cade  a  vuoto  ;  sopra  mano,  di  colpo  dato  alzando 
la  mano  sopra  la  spalla  (al  contr.,  sottomano);  spic- 
ciativo, di  grazia,  estremo  ;  tondo,  dato  a  tondo  o 
in  giro  ;  traverso,  traversone,  obliquo. 

Vakie  sorta  di  colpi. 

Bacchettata,  colpo  di  bacchetta.  •  Badilata,  colpo 
dato  col  badile  -  Baionettata,  colpo  di  baionet- 
ta, -  Bastonata,  colpo  o  percossa  di  bastone  (pena 
d'uso  antichissimo).  -  Berrettata,  colpo  dato  col  ber- 
retto. -  Biscottino,  piccolo  colpo  dato  ad  altri  fa- 
cendo scattare  la  punta  delle  dita  indice  e  medio 
fortemente  a  contrasto  dalla  punta  del  pollice.  - 
Botta,  colpo,  percossa,  per  lo  più  col  bastone  :  bot- 
to. -  Succiata,  colpo  di  buccia,  -  Buffetto,  colpo 
leggero  con  due  dita,  cioè  di  un  dito  che  scocchi 
di  sotto  a  un  altro.  -  Bussata,  colpo,  percossa. 

Calcio,  colpo  dato,  con  la  zampa,  da  cavalli, 
asini,  muli  e  simili.  Anche,  pedata,  dell'uomo.  - 
Cannata,  colpo  di  canna.  -  Cappellata,  colpo  dato 
col  cappello.  -  Carambolo,  colpo  dato  per  chiasso, 
sempre  sulle  spalle  a  uno,  per  modo  che  prima  si 
urti  col  gomito,  poi  col  pugno,  ma  quasi  contem- 
poraneamente, cosi  che  cni  lo  riceva  ha  due  colpi 
a  un  tratto.  -  Cazzotto,  termine  triviale  per  indi- 
care il  colpo  dato  di  sottomano,  col  pugno  chiuso. 
-  Ceffata,  ceffone,  colpo  dato  a  mano  aperta  sul 
viso  :  schiaffo.  -  Cenciata,  colpo  con  un  cencio  su- 
dicio per  lo  più  tinto.  -  Ciabattata,  colpo  con  la 
ciabatta.  -  Cignata,  cinghiata,  colpo  dato   con  la 


19 


cigna,  con  la  cinghia.  •  Ciottolata,  colpo  con  un 
ciòttolo,  nn  sasso.  -  Ciurlane,  colpo  dato  a  mano 
chiusa,  voltando  il  braccio.  -  Coltellata,  colpo  di 
coltello.  -  Contraccolpo,  il  colpo  resoci  da  un 
oggetto  che  percuotiamo  -  Culata,  volgarm.  colpo  col 
deretano  (dare,  battere  una  culaia). 

Fendente,  che  fende,  colpo  di  sciabola,  dall'alto 
in  basso  -  Fiancata,  urto  dato  col  fianco.  -  For- 
cata, colpo  con  la  forca.  -  horchetlata,  colpo  dato 
con  la  forchetta.  ■  Frustata,  colpo  con  la  frusta. 

Ganciata,  il  prendere  con  un  gancio;  colpo  con 
un  gancio.  -  Ginocchiata,  colpo  dato  col  ginoc- 
chio 0  preso  nel  ginocchio.  -  Colino,  colpo  dato 
col  dito  sotto  la  gola.  -  Ingozzatura,  colpo  con  la 
mano  dato  sul  ^appello,  tanto  da  farlo  scenflero 
giù  giù.  -  Colate,  guanciata,  colpo  con  la  ^ota,  la 
guancia.  -  Cumitata,  colpo  dato  col  gòìnito.  - 
Granfiata,  colpo  con  la  granfia,  il  segno  che  ne  re- 
sta o  l'effetto.  -  Grucciata,  colpo  con  la  gruccia. 

-  Guancialata,  colpo  col  guanciale. 

Labbrata,  colpo  di  mano  aperta  (dil  a  jiarte  del 
dosso)  nella  faccia  d'uno,  cogliendolo  nelle  labbra.  • 
Latta,  lattone,  colpo  dato  sul  cappello  a  mano  aperta. 

-  Manata,  colpo  con  la  mano.  •  Manrovèscio, 
marrovéscio,  colpo  dato  con  braccio  all'indietro.  - 
Mascellone,  colpo  sulla  mascella,  nel  viso.  -  Maz- 
zata, colpo  dato  con  una  mazza,  una  canna,  un  ba- 
stone. -  Mazzolata,  colpo  dato  col  mazzolo.  -  Me- 
stolata, colpo  dato  con  la  mestola  o  il  mestolo.  - 
Mostaccione,  colpo  a  mano  aperta  nel  mostaccio, 
quasi  pigli  tutto  il  mostaccio.  -  Musata,  colpo  col 
muso,  nel  muso. 

Nerbata,  colpo  col  nerbo,  o  nervo,  adoperato  a 
uso  di  frusta,  -  Nocchino,  colpo  sul  capo  con  la 
nocca  delle  dita. 

Pacca,  colpo  a  mano  aperta:  bussa.  -  Pacchina, 
colpo  sul  capo,  nel  cocuzzolo  con  dita  stese.  -  Pa- 
lata, colpo  con  la  pala.  •  Palettata,  colpo  con  la 
paletta  o  piccola  pala.  -  Pallata,  colpo  dato  con 
palla.  -  Pancata,  un  colpo  con  la  pnnca^  -  Pan- 
chettata,  colpo  di  panchetta.  -  Patta,  colpo  dato  a 
mano  aperta  (d'uso  specialmente  a  Livorno).  -  Pedata, 
colpo  dato  col  piede.  -  Percossa^  battitura,  colpo 
botta.  -  Perticata,  colpo  di  pertica.  -  Piattonata, 
colpo  di  sciabola  dato  di  piatto  (piattonatura,  effetto 
del  piattonare).  -  Piccata,  colpo  di  picca.  -  Pietrata, 
colpo  (li  pietra  scagliata.  -  Pizzicotto,  colpo  secco 
dato  nelle  carni  con  due  dita.  -  Pugnalata,  colpo  di 
pugnale.  ••  Pugnoj  colpo,  percossa  con  la  mano 
chiusa.  -  Puntata,  colpo  di  punta;  atto  del  puntare. 

-  Punzone,  forte  colpo  dato  con  le  nocche  o  la  mano 
puntata. 

Ridato,  colpo  di  riga.  -  Ripicchio,  contraccolpo, 
ripercossa. 

Rovescione,  colpo,  più  che  manrovescio.  -  Salac- 
chino,  colpo  dato  con  due  o  tre  dita  stese.  -  Sca- 
paccione, scappellotto,  colpo  dato  con  la  mano  aperta 
nella  parte  posteriore  del  capo.  -  Scarpata,  colpo 
dato  con  la  scarpa.  -  Schiaffo,  colpo  dato  nel 
viso  a  mano  aperta.  -  Schidionata,  colpo  di  schidio- 
ne, e  di  spiedo.  -  Schienata,  colpo  di  schiena  - 
Sciabolata,  colpo  di  sciabola.  -  Scilacca,  scilaccata, 
colpo  di  frusta,  cigna,  piatto  della  sciabola,  quadrello 
o  simili.  -  Scilecca,  colpo  dato  a  secco  con  la  punta 
delle  dita  riunite.  -  Scossa,  scossone,  scotimento, 
colpo  che  mette  in  agitazione.  ■  Sculacciata, 
sculaccione,  colpo  dato  con  la  mano  sul  culo  ;  anche, 
colpo  col  deretano,  col  sedere,  -  Secchiata,  colpo  di 
secchio.  -  Sergozzone,  sorgozzone,  colpo  dato  nella 
gola,  nel  gozzo,  a  mano  chiusa  e  all'insù.  -  Sfer- 


zata, colpo  con  la  sferza  o  ferza  (spago),  -  Sfregio, 
nel  dialetto  napoletano,  colpo  di  rasoio,  dato  a 
tradimento  sul  volto,  solitamente  a  scopo  di  vendetta 
amorosa.  -  Sgabellata,  colpo  di  sgabello.  -  Sgrugnata, 
scrugnone,  colpo  nel  grugno,  nel  muso.  -  Spallata, 
colpo  dato  con  la  spalla.  -  Spalmata,  colpo  sulla 
mano  o  con  la  mano  aporia.  -  Speronata,  o  spronata, 
colpo  dato  con  Io  sprone.  -  Staffilata,  colpo  di 
staffile.  -  Stangata,  colpo  di  stanga;  grave  colpo 
in  genere.  -  Stivalata,  colpo  dato  con  lo  stivale.  - 
Stoccata,  colpo  di  stocco,  di  punta  di  ogni  arme 
maneggevole.  -  Strappala,  colpo  dato  per  strappare, 
lacerare,  rompere  (  strappatella  strappatina , 
strappata  leggiera).  -  Stratta,  strattone,  scossa,  colpo 
violento  che  si  riceve  nella  persona. 

Tegolata,  colpo  di  tegola.  -  Testata,  colpo  di 
testa:  capata.  -  Torsolata,  colpo  di  torsolo. 

Unghiata,  colpo  con  l'unghia,  e  il  segno  che  ne 
resta.  •  Urto,  colpo  di  un  corpo  che  urta,  cozza 
con  un  altro  :  cozzo.  -  Zagagliata,  colpo  di  zagaglia 
(sorta  d'arme  in  asta).  -  Zampata  colpo  di  zampa.  - 
Zannata,  colpo  e  segno  della  zanna  {dente  curvo 
di  alcuni  aniuìali).  -  Zizzola,  colpo  materiale  e 
morale.  -  Zollata,  colpo  di  zolla  (pezzo  di  terra).  - 
Zuccata,  colpo  dato  con  una  zucca  o  con  la  zucca 
(cioè  con  testa). 

Voci  varie,  —  Quantità'  e  rumore  di  colpi. 

Esplodere  (esplosione),  risuonare,  del  colpo  d'arme 
da  fuoco,  che  scoppia.  -  Bar  civetta,  abbassare  la  testa 
per  evitare,  schivare,  scansare  un  colpo.  -  Misurare  un 
colpo,  avvicinare  un  piede,  ecc.,  pigliando  quasi  la 
misura  per  darlo,  minacciando.  •  Parare,  impedire  un 
colpo  0  stornandolo  od  opponendogli  cosa  che  lo  svolga 
0  lo  arresti.  -  Ribadarsi,  per  causarsi,  cercar  di  schi- 
vare un  colpo.  -  Rimettere  il  colpo,  renderlo.  -  Ripa- 
rare, rij^ararsi,  difendersi  da.  nn  colpo:  schermirsi. - 
Ripercuotere  (ripercotimento,  ripercussione),  dei  suono 
che  ripete  il  rumore  del  colpo.-  Sparare,  scaricare, 
far  colpo  con  arme  da  fuoco.  -  Stordire,  far  ri- 
manere sbalordito,  come  sordo;  privare  de'  sensi 
e  del  moto  per  colpo  o  percossa,  massime  sul  capo.  - 
Sviare  il  colpo,  divergerlo  dalla  mira;  anche  di 
colpo  che  falla  il  segno. 

Quantità  di  colpi:  una  gragnuola,  una  tempesta 
di  colpi  ;  tippetappe,  tippete-tappete,  tuppete-tappete, 
cioè  colpi  e  tiri,  ecc.  -  /  colpi  si  facevano  più  spessi 
e  più  forti,  frequenti. 

Rumore  di  colpi.  —  Paf  e  paffe,  suono  imitativo 
di  colpo,  schiacciato.  -  Pfum-pfum,  voce  imitante 
un  colpo  sordo  in  corpo  sonante.  -  Pif,  voce  ono- 
matopeica di  colpo,  scliiaffo  o  simile.  -  Schioccata, 
schiocco,  rumore  di  colpo  secco,  violento.  -  2ac, 
voce  onomatopeica  per  indicare  un  colpo  secco  di 
molla  che  scatta.  -  Tic  e  ticche,  voce  imitativa  di 
colpo  secco.  Il  tic-tac  o  tic-toc  dell'orologio,  ecc.  - 
Tippe,  tappe,  tippete,  tappete,  voci  imitative  di  ru- 
mori, di  colpi,  di  cadute.  -  Toppete,  imitativa  di 
colpo.  De'  bambini  che  battono  un  colpo  in  terra.  - 
Tuffe,  taffe,  voce  imitativa  di  rumore,  di  colp', 
specialmente  di  colpi  che  cadono  in  un  liquido,  r 
Tarn,  voce  i  Hifativa  di  colpo  sordo,  d'uscio  che 
sbatacchia  o  simili. 

Botto  bollo,  di  botto,  sul  colpo. 

^olpo.  Violenta  impressione  che  un  corpo  fa 
sull'oggetto  contro  cui  è  scagliato,  -  Di  armi  da  fuoco, 
sparoj  scarica,  tiro,  e  l'effetto  che  se  ne  produce.  - 
Tiocco  di  pennello  dato  dal  pittore.  -  Subitaneu 
ovvenimento,  o  caso  iinpeasato,  che  impressiona. 


620 


COLPOSO  —   COLTELLO 


fa  impressione.  •  Astuzia,  inganno,  stratagemma, 
insidia,  •  Colpo  d'accidente,  colpo  apoplettico,  apo- 
plessia. '  Colpo  d'aria,  corrente  d'aria,  per  cui 
si  prende  una  co'^tipazione,  una  flussione,  un  raf- 
freddore, '  Colpo  di  grazia,  ironicam ,  colmo  di 
rovina.  -  Colpo  d'occhio  (francesismo),  accortezza, 
avvedutezza,  il  saper  conoscere,  a  prima  vista, 
una  cosa.  Detto  specialmente  di  chi  è  abile  in  un 
affare,  o  negli  affari.  -  Colpo  di  Staio,  quell'espe- 
diente estremo,  quasi  sempre  violento,  a  cui  un 
governo  ricorre  quando  i  mezzi  legali  gli  sembrano 
insufQcienti.  -  Colpo  di  vento,  buffata  forte  di 
vento. 

Cannonata,  fitcilala.  pistolettata,  ecc.,  il  colpo,  lo 
sparo  del  cannone,  del  fucile,  della  pistola,  ecc. 

Colposo.  Detto  a  colpa. 

Còlt%.  Operazione  del  raccogliere  frutta,  fiori, 
erbe  e  simili.  -  Dell'acqua  che  si  raccoglie  pel 
mulino. 

Coltella.  Grande  coltello. 

Coltellacci.  Detto  a  vela. 

Ooltellam©.  Detto  a  coltello. 

Coltellata.  Colpo  di  coltello. 

Coltelliera.  Veggasi  a  coltello. 

Coltellinaio.  Detto  a  coltello. 

Coltello.  Arnese,  istrumento  per  tagliare,  for- 
mato da  una  lama,  a  punta  o  rotonda,  col  taglio 
(anche  con  due  tagli)  da  un  lato,  infìssa  nel  manico 
o  pieghevole:  ferro,  ghiado  (voce  poetica,  anticam. 
asata  anche  in  prosa).  Arnese  che  serve  in  cucina, 
sulla  mensa  (cominciò  a  far  parte  del  coperto  nel 
leccio  XIX,  mentre  prima  ciascun  convitalo  lo  por- 
tava seco,  chiuso  in  una  vagina).  Può  essere  di 
ferro,  d'argento,  d'oro,  di  legno,  d'osso,  ecc.,  con 
manico  della  stessa  o  d'  altra  materia.  E'  arrotato, 
di  rota,  quando  l'arrotino  ne  ha  di  recente  rifatto 
il  taglio;  affilato,  se  ha  il  filo  in  condizione  di  tagliar 
bene;  intaccato  (con  intaccatura),  quando  il  taglio 
ha  una  o  più  tacche,  cioè  rotture  o  mancamento  nel 
filo;  spuntato,  senza  punta,  con  la  punta  rotta;  ta- 
gliente 0  no;  damaschinato,  incrostato  d'oro  e  d'ar- 
gento. -  Coltellaccio,  peggior.  di  coltello:  coltello 
grosso,  0  mal  fatto  o  mal  ridotto.  -  Coltelletto,  dimin. 
di  coltello:  coltello  meno  piccolo  d'un  coltellino, 
che  serve,  specialmente  a  tavola,  per  tagliare  la 
frutta,  il  formaggio,  oppure  ha  la  lama  che  si  ripiega 
e  si  chiude  nel  manico  (coltellino  da  tasca).  -  Col- 
tellone,  coltello  grosso,  per  trinciare  e  simili.  -  Col- 
tellotlo,  coltello  di  media  grandezza.  -  Coltelluccio, 
dimin.  0  spreg.  di  coltello:  coltello  meschino  di 
forma  o  per  l'uso  a  cui  deve  servire. 

Varie  sorta  di  coltelli. 

Ablatore,  coltello  per  tagliare  la  coda  dei  montoni. 
-  Bistori,  bistorino,  bisturi,  bisturino,  coltello  usato 
in  chirurgia.  -  Castracani,  castraporci,  coltelluccio 
di  cattivo  taglio.  -  Castrapulci,  coltelluccio  di  poca 
lama  o  di  cattivo  taglio.  -  Cabrino,  coltello  per 
incidere  castagne  da  arroUire.  -  Cheratotomo,  coltello 
per  l'operazione  dell<t  cataratta. 

Coltella,  specie  di  coltello  che  ha  la  lama  alquanto 
lunga,  ma  sottile  e  le^'gera;  coltello  grande,  a  lama 
grande  e  fissa:  coltellaccio  Pestarola,  coltella  da 
tritare.  Coltella  o  coltello  da  cucina,  quello  più 
grande  degli  ordinarli,  che  serve  per  ispezzare  o 
tacliare  cose  mangerecce  in  cucina:  detto  anche 
coltello,  da  battere.  -  Coltellaccia,  coltellaccio,  antica 
arme,  poco  dissimile  dalla  scimitarra.  -  Coltellino 
da  frutta,  più  piccolo  degli  ordinari,  e  nei  servizii 


di  lusso  con  manico  e  lama  tutta  d'argento  e  talora 
anche  d'oro  o  dorata.  Frane,  coltello  da  dessert. 

Coltello  a  lama  fissa,  coltello  diritto,  ad  asta,  ina- 
stato. -  Coltello  a  lama  mobile,  a  colpo,  a  cricchio, 
a  molla,  quando,  aperto,  resta  fisso  per  mezzo  d'una 
molla  e  senz'alzare  la  molla  non  si  richiude:  coltello 
serramanico.  -  Coltello  curvo,  coltello  torto,  a  guisa 
di  scannabecco .:  squarcina.  -  Coltello  da  tasca,  detto 
anche  coltello  da  serrare,  quello  la  cui  lama  è  gire- 
volmente imperniata  sul  manico,  e  dentro  di  esso 
e  ripiegata  quando  il  coltello  è  serrato.  -  Coltello 
da  tavola,  quello  con  lama  inastata  e  ferma  sul 
manico,  come  è  anche  il  coltello  da  cucina.  -  Col- 
tello da  trinciare,  coltello  trinciante,  detto  anche  solo 
trinciante,  coltello  a  punta,  più  grosso  che  quello 
da  posata,  e  col  quale  si  trincia  la  vivanda.  -  Col- 
tello in  asta,  che  non  si  chiude.  -  Coltello  inglese, 
istrumento  a  lama  lunga,  convessa  sul  tagliente, 
curvata  a  doccia  ad  una  delle  estremità,  fissa  su 
un  manico  curvo  ;  se  ne  servono  i  maniscalchi  inglesi 
per  tagliare  lo  zoccolo  ed  eguagliare  il  piede  del 
cavallo.  -  Coltello  per  sparadrappi:  serve  per  gli 
sparadrappi  preparati  con  tela,  a  lama  non  troppo 
larga,  per  distendere  l' impiastro  uniformemente  e 
in  modo  che  ben  aderisca  al  tessuto.  -  Coltello  senza 
manico,  con  lama  piana,  o  semicircolare,  usato  per 
dividere  le  radici,  anche  le  più  dure  e  tenaci. 

Cricco,  sorta  di  coltello  a  lama  fissa:  aprendolo, 
incastra  nei  buchi  d'una  molla,  e  cosi   resta  fisso. 

-  Lancetta,  sorta  di  coltello  da  chirurgia,  svariatis- 
simo.  -  Lisca,  il  coltello  da  tasca  fuori  di  misura. 

-  Microtomo,  coltello  o  strumento  destinato  a  tagliare 
in  sottilissime  fette  i  corpi  animali  o  vegetali  per 
sottoporli  alla  osservazione  microscopica. 

Paloscio,  quello  che  i  francesi  chiamano  coltello 
da  caccia.  -  Paranza,  coltello  in  uso  ne'  duelli  della 
mafia.  -  Pistoiese,  coltello  di  lama  larga,  corta,  per 
lo  più  diritta,  con  due  tagli:  si  porta  nella  caccia 
0  in  viaggio.  -  Pugnale,  arme  da  taglio,  a  foggia 
di  coltello.  -  Rasoio,  specie  di  coltello  per  radere 
la  barba,  -  Roncolo,  coltello  tascabile  fatto  a  roncola; 
coltellaccio  adunco  e  inastato. 

Scarnatoio,  specie  di  coltello  a  due  manichi  per 
scarnire  le  pelli.  -  Scorticatoio,  coltello  tagliente  da 
scorticare;  anche  il  luogo  nel  quale  si  scorticano 
le  bestie  grosse  macellate.  -  Scortichino,  coltello  da 
scorticare.  -  Serramanico,  attributo  di  coltello  la 
cui  lama  si  ripiega   nel  manico,  come  i  temperini. 

-  Tagliapesce,  specie  di  coltello,  a  lama  corta,  lar- 
ghissima, alquanto  concava,  per  tagliare  il  pesce 
grosso:  anche,  mestola  da  pesce.  -  Temperino,  sorta 
di  coltellino  con  una  o  più  lame  e  a  volte  con  cisoie 
e  altri  piccoli  arnesi. 

Dolabra,  sorta  di  coltello,  un  tempo  adoperato 
nei  sacrifizi.  -  Iatagano,  coltello  turchesco  a  uso 
sciabola,  con  la  punta  ricurva.  -  Kingial,  sorta  di 
coltello  turco  ricurvo.  -  Navaja  (lat.  novacula),  specie 
di  gran  coltello  spagnuoloa  serramanico.  -  Secespite, 
gran  coltello,  un  tempo  usato  nei  sacrifizi,  per  iscan- 
nare  la  vittima,  o  per  estrarne  le  viscere  e  suddi- 
viderle. -  Tagano,  specie  di  coltello  moresco. 

Parti  del  coltello.  -  Sua  fabbricazione. 

Bilico,  il  bottone,  alquanto  allargato,  e  a  lembo 
sporgente  all'  intorno.  Per  effetto  di  questo  sporto 
e  della  preponderanza  del  manico,  la  lama  non  tocca 
la  tavola,  e  la  tovaglia  non  ne  resta  bruttata.  - 
Bottone,  quella  parte  del  coltello  che  è  tra  la  lama 
e  il  codolo,  ingrossata  e  tondeggiante,  per  fare  come 


COLTIVABILE 


COLTIVARK 


G21 


ritegno  e  limite  alla  entratura  del  codolo  nel  ma- 
nico, ovvero  allargata  a  guisa  di  un  fondello,  cioè 
anima  di  bottone,  per  servire  di  bilico.  -  Còdolo, 
parte  di  qualunque  lama  assottigliata  che  si  assicura 
neirimpuj;nalnra;  la  parte  più  sottile,  e  non  lavo- 
rata, (Iella  lama  del  coltello  o  allro,  la  quale  si  ferma 
nel  manico.  -  Costola,  la  parte  ingrossata  della  laiii;i, 
opposta  al  taglio. 

t'also  taglio,  l'estreinit.à  affilala  della  costola.  - 
Filo,  l'estrema  linea  del  taglio  del  coltello  e  d'ogni 
altro  strumento  destinato  a  tagliare,  -  Filo  morto, 
quello  che,  soverchiamente  assottigliato,  riesce  vano 
e  cedevole,  e  si  ripiega  su  di  sé  nell'alto  del  tagliare. 

-  Filo  vivo,  quello  che  è  taglientissimo  e  sodo.  - 
Ghiera,  vera,  cerchietto  metallico  che  cigne,  orna 
e  rafforza  le  due  estremità  del  manico,  quando  questo 
non  è  di  metallo. 

Lama,  la  piastrella  di  ferro  o  d'acciaio,  stretta 
e  lunga,  a  cima  per  lo  più  rotondata,  a  lati  paralleli, 
uno  di  essi  tagliente.  Lamacnia,  lama  non  buona. 
Lametta,  dimin.  di  lama,  ma  più  spesso  di  tem- 
perini che  di  coltelli.  Lamei^tna,  sottodimin^di  lama 
Lamuccia,  dimin.  e  spreg.  di  lama.  -  Lama  diritta, 
quella  il  cui  taglio  è  in  linea  retta:  è  utile  quando 
si  fa  alla  penna  d'oca  il  taglio  di  incisura  sul  la 
gliaretto,  che  su  questo  la  punta  di  lama  falcata 
facilmente  si  romperebbe.  -  Lama  falcala,  quella 
che  dalla  parte  del  taglio  ha  una  leggiera  curvatura, 
creduta  più  opportuna  nel  temperare  le  penne,  spe- 
cialmente se  lo  spacco,  dopo  averlo  accennato,  si 
compia  con  lo  spaccatoio.  -  Tallone  della  lama,  la 
parte  inferiore  di  essa,  alquanto  più  stretta  che  non 
è  la  base  della  lama,  e  che  ha  un  foro  in  cui  passa 
il  pernio,  e  questo  è  fermato  al  collarino  del  innnico. 

ManicOf  quella  parte  per  la  quale  si  tiene  in 
mano  il  coltello  nell'  adoperarlo,  e  nella  quale  è 
piantato  il  codolo  della  lama  :  è  di  legno,  o  d'osso, 
o  di  metallo  o  di  altro.  -  Molla,  spranghetta  di  ferro 
che,  incastrata  nel  dorso  d'un  coltello  o  d'un  tem- 
perino, ne  forma  la  lama.  -  Punta,  l'estremità  della 
lama  opposta  al  codolo,  la  quale  nei  coltelli  da  tavola 
suol  essere  rotonda,  ma  è  talora  anche  acuminata, 
specialmente  nei  trincianti.  -  Spica,  la  parte  greggia 
della  lama  che  s' introduce  nel  manico. 

Svenatura,  piccola  sfaldatura  nei  tagli  dei  coltelli 
o  simili.  -  Tacca,  quel  poco  di  mancamento  che 
talvolta  è  nel  taglio  del  coltello  o  d'altro  ferro.  - 
Taglio,  il  lato  assottigliato  e  tagliente    della  lama. 

Operazioni  principali  per  la  fabbricazione  dei 
COLTELLI.  -  Battitura  alla  fucina:  seguita  in  ge- 
nerale da  un  digrossamento  con  la  lima,  ha  per 
iscopo  di  dare  la  prima  forma  al-  taglio  del  pezzo. 

-  Tempera  e  ricottura:  danno  all'acciaio  la  cfualità 
essenziale  per  un  oggetto  tagliente,  la  durezza.  - 
Montatura  o  commettitura:  mediante  questa,  ogni 
articolo  riceve  il  suo  manico  indispensabile  e  di- 
versi accessori  che  variano  secondo  la  natura  del- 
l' articolo.  -  Affilatura  e  brunitura  al  rosso  :  danno 
r  ultima  mano  a  questo  articolo  e  lo  mettono  in 
grado  di  essere  messo  in  commercio.  -  Acciaiatila 
ra,  operazione  con  la  quale  il  coltellinaio  applica 
una  striscia  di  ferro  acciaiato  a  una  lama  di  rasoio 
o  di  coltello,  per  rendere  il  filo  più  tagliente.  - 
Arrotamento,  operazione  che  ha  per  effetto  di  di- 
grossare il  pezzo  battuto  e  dargli  il   primo   taglio. 

-  Brunitura:  toglie  i  tratti  lasciati  dalla  mola,  dà 
vivacità  al  taglio  e  all'oggetto  un  primo  pulimento. 

-  Montatura,  la  riunione  e  la  commettitura  dei  di- 
versi pezzi  che  devono  fermare  l'oggetto.  -  Pulimento 
a  nero:  si  dà  con  brunita  simili  a  quelli  che  s'im- 


piegano per  il  pulimento  allo  smeriglio;  fa  sparire 
il  filo  morto  che  impedisce  agli  strumenti  già  ar- 
ruolati di  tagliare  perfettamente. 

Acciaiolo,  acciaiolino,  arnese  d'acciaio  col  quale 
si  dà  il  filo  ai  coltelli.  -  Brunitoio,  mola  di  legno, 
in  generale  di  un  diametro  medio,  la  cui  circonfe- 
renza é  ricoperta  di  smeriglio,  in  polvere  più  o  meno 
sottile.  -  Pucina,  incudine,  ìnaHello,  ecc., 
arnesi  adoperali  dal  coltellinaio.  -  Mola,  ruota  da 
arrotare  e  affilare  armi,  coltelli  e  simili.  -  Pietra 
di  Levante,  specie  di  schisto,  sul  quale  si  mette  un 
poco  d'olio  d'oliva,  che  i  coltellinai  egli  intagliatori 
adoperano  per  affilare  le  lancette  e  i  bulini. 

Cose  e  termini  vari. 

Coltellame,  assortimento  di  coltelli;  quantità  di 
coltelli  assortiti.  -  Coltellata,  colpo  di  coltello,  ferita 
di  coltello.  -  Coltelliera,  scatola  o  astuccio  da  coltelli. 

Coltellinaio,  chi  fabbrica  o  vende  coltelli  (anche 
forbici  e  simili  strumenti):  coltellaro.  -  Cultriforme, 
che  ha  la  forma  di  un  coltello.  -  Ponticino,  rocche t- 
tino,  cavalletto,  piccolo  arnese  di  metallo,  o  anche 
di  cristallo,  che  tiene  sollevata  l'estremità  anteriore 
della  posata,  specialmente  del  coltello,  affinchè  da 
questa,  comunque  intrisa  di  vivanda,  non  venga 
bruttata  la  tovaglia. 

Affilare,  ridurre  a  taglio  più  fine  il  coltello  o  altro 
istrumento  tagliente  :  arrotare  ;  lavoro  deìV arrotino, 

•  Aguzzare,  rendere  aguzzo,  acato;  far  ÌSk  punta. 

•  Intaccare,  far  tacche  al  taglio  del  coltello  o  simile 
strumento.  -  Raffilare,  dare  il  filo  al  coltello  {raffi- 
latura, atto  ed  effetto).  -  Smerigliare,  brunire  con 
lo  smeriglio. 

Accoltellare  {accoltellato),  ferire  di  coltello.  -  Ac- 
coltellarsi, battersi  e  ferirsi  con  i  coltelli  :  scoltel- 
larsi.  -  Metter  mano  al  coltello,  correre  al  coltello, 
prenderlo,  impugnarlo,  con  intenzione  di  ferire.  - 
Seminare  le  budella,  di  chi  ha  avuto  qualche  col- 
tellata e  perde  quindi,  attraverso  la  ferita,  le  budella. 

Taglia  come  cuce,  di  coltello  non  atto  a  tagliare; 
intendendo  che,  come  non  è  buono  a  cucire,  cosi 
non  è  buono  a  tagliare.  -  Taglia  quel  che  vede,  di 
coltello  non  atto  a  tagliare,  intendendo  che  non 
taglia,  così  come  non  vede.  -  Il  coltello  che  am- 
mazzò Forse,  cosi,  per  un  giuoco  di  parole  (Forse, 
nome  d'uomo  immaginario,  o  forse,  particella  du- 
bitiva),  dicesi  di  un  coltello  che  non  taglia. 

Coltivabile.  Che  si  può  coltivare. 

Ooltivamento.  Il  coltivare. 

Coltivare  (coltivato;  coltivamento,  coltivazione). 
VdiVe  i  lavori  di  agricoltura  necessari  per  ren- 
dere fertile,  far  produrre  un  terreno,  ottenere 
frutto  dalle  piante,  ecc.:  appoderare,  coltivare;  an- 
che, bonificare.  -  Coltivamento,  coltivazione,  appo- 
deramento, cultura,  coltura,  fertilizzazione  del  suo- 
lo: l'arte  e  i]  modo  di  coltivare  il  terreno  e  anche 
le  piante.  Il  luogo  stesso  coltivato.  -  Coltivato,  ag- 
gettiv.,  stato  soggetto  a  coltivazione  :  coltivo,  còlto, 
culto  ;  terreno  dimestico,  contr.  a  selvatico  (non 
coltivato).  Sostantiv.,  coltivato,  coltura,  domesticato, 
seminato,  vangato, vangatalo. -Postime,  terreno  divelto 
ove  siano  piante  o  vi  siano  state:  posticcia,  divello. 
-  Coltivo,  da  coltivare  o  coltivato.  -  Scasso,  d'antica 
coltivazione,  purgalo  da  sassi  o  barbe  nocive. 

Coltivatore,  V agricoltore;  anche,  il  colono. 

Incoltezza,  mancanza  di  coltura.  -  Incolto,  non  col- 
tivato. 

Coltivare  {coltivaio).  Applicato  a  persona  :  trat- 
tare un   interesse,   con   attenzione  speciale;  aver 


622 


COLTIVATO    —    COMANDARE 


cura;  riguardo  speciale;  carezzare,  crcondare 
di  care;  colmar  di  riguardi  ;  essere  tutto  pensieri, 
pensierini  per  alcuno;  assediare,  opprimere,  soffo- 
care di  gentilezze  (reggasi  a  cortesia).  Anche,  stare 
attorno  ad  una  persona  per  acquistarne  la  benevo- 
lenza: vezzeggiare.  -  Riferito  ad  arti,  a  lettere,  a 
scienza  e  simili,  attendervi  con  alacrità,  farne  pg- 
i(etto  del  proprio  studio,  dedicarvisi,  applicarsi.  - 
Hiferito  ad  amicizia,  porre  ogni  studio  per  con- 
servarla ed  accrescerla.  -  Riferito  a  passione,  a 
vizio,  fomentare,  incitare,  promuovere 

OoltlTàto.  Detto  a  coltivare  (prima  voce). 

Coltivazióne.  L'arte  o  il  modo  del  coltivare^ 
e  il  luogo  stesso  coltivato. 

Coltivo.  Detto  a  coltivare  (prima  voce). 

Còlto.  Luogo  coltivato  (veggasi  a  coltivare).  ■ 
Figur.,  istruito,  erudito,  dotto. 

Coltrare  {coltrato).  Lavoro  di  agricoltura: 
lavorare  il  terreno  col  coltro. 

Cóltre.  La  coperta  da  letto. 

Cóltrice.  Arnese  da  letto,  in  forma  di  mate- 
rassa. 

Coltrino.  Panno  impuntito  per  trasportare  un 
malato  o  un  morto. 

Coloro  Istrumento  di  agricoltura:  specie  di 
vòmero,  di  aratro,  che  va  più  a  tondo  di  quello 
comune  {coltro  dm7to,TOancmo),  secondo  che  ha  l'o- 
recchio a  destra  o  a  sinistra). 

Coltroncino  Arnese  da  letto,  piccolo  col- 
trone. 

Coltróne.  La  coperta  da  letto,  ripiena  di 
cotone. 

Coltiira.  Holtivamento  coltivazione  (veggasi  a 
coltivare,  prima  voce).  -  Nell'uso,  dottrina,  eru- 
dizione»  •  In  significato  generale  ed  esteso,  1  in- 
dustria di  clii  alleva  bestiam,e  utile,  cioè  del  pa- 
store e  del  mandriano,  come  pure  dell'  agricoltore, 
del  giardiniere,  dell'ortolano,  del  vignaiuolo,  ecc.  - 
Incertezza,  mancanza  di  coltura,  quasi  ignoranza, 
rozzezza. 

Colubrina.  Antica  arme  A' artiglieria,  più 
lunga  e  più  grossa  del  cannone  ordinario. 

Colubro.  Poeticam.,  serpe. 

Colui.  Pronome  di  persona  (femmin.,  colei;  più- 
rale,  coloro):  que',  quegli,  quel,  quello;  tal,  tale; 
tal  di  tale. 

Columella.  Detto  a  frutto. 

Oolùro.  Cerchio  massimo  della  sfera  celeste: 
veggasi  a  cielo  (pag.  361,  seconda  colonna). 

Colza.  Pianta  oleifera,  da  olio.  •  Acido  trassi- 
co,  combinazione  che  si  estrae  dall'olio  di  colza. 

Coma.  Morbosa  disposizione  al  sonno:  cata- 
fora  (Traraater).  -  Causa  immediata  :  l' esaurimento 
della  sostanza  grigia  del  cervello  o  la  distruzione 
della  sostanza  stessa,  o  la  compressione  cerebrale. 
Le  varie  gradazioni  di  intensità  che  il  coma  può 
presentare  hanno  dato  luogo  alle  denominazioni  (in 
ordine  crescente)  di  assopimento,  sopore,  catafora 
coma  sonnolento,  caro.  -  Coma  diabetico,  forma  che 
si  presenta  negli  ammalati  di  diabete.  -  Coma  vi- 
gile, 0  roma  agripnode,  varietà  costituita  da  un  in- 
sieme di  depressione  e  di  eccitazione  psichica,  di 
abbattimento  e  di  delirio,  di  sonno  e  di  veglia. 

Comandaménto.  Comando  (veggasi  a  coman- 
dare), ordine,  precetto.  ■  Comandamenti  della 
Chiesa,  le  leggi  chiesastiche,  di  diverse  epoche,  fatte 
per  r  ordme  e  1'  uniformità  del  culto.  ■  Comanda- 
menti di  Dio,  i  dieci  precetti  che  Dio  avrebbe  dato 
a  Mosè,  e  per  esso  agli  uomini,  detti,  per  antono- 
masia, tavole  della  legge,  tavole  del  Decalogo. 


Comandante.  Chi  ha  autorità  di  comanda- 
re; chi  ha  il  comando  supremo,  è  capo  di  un 
esercito,  di  nn  armata  o  simili  :  comandante  in 
capo,  supremo  ;  capitano  ;  generale,  generale  in 
capite,  in  capo,  generalissimo;  condottiero,  conduci- 
tore,  conduttore  d'eserciti;  maestro  di  milizia,  mae- 
stro di  guerra,  principe  della  milizia.  Celebri:  Ce- 
sare, Napoleone,  Wellington,  Garibaldi,  Moltke,  ecc. 

-  Anche,  chi  ha  il  comando,  il  governo  di  una  cit" 
fa,  di  una  fortezza  e  simili.  -  Capo,  chi  è  il 
primo  tra  più,  che  ha  la  direzione,  il  comando.  - 
Comandante  in  sott'  ordine,  dipendente  da  un  solo 
c.ipo.  -  Comarca,  voce  greca  che  significa  capo,  co- 
mandante di  un  villaggio.  -  Despota,  comandante  as  • 
soluto,  tiranno.  -  Dittatore,  magistrato  investito 
di  suprema,  di  assoluta  autorità.  -  Imperator  (lat.), 
comandante  d'esercito.  -  Padrone  del  mondo,  chi  co- 
manda a  molte  nazioni.  -  Sceicco,  in  arabo,  anzia 
no,  capo  ;  è  titolo  di  comandanti  arabi.  ■  Superiore, 
chi  è  insignito  di  grado,  di  autorità,  di  comando. 

-  Zar,  tsar,  per  antonomasia,  nell'uso  detto  di  chi 
comanda   assolutamente. 

Comandare  {comandante,  comandato).  Ordina- 
re, imporre  con  autorità;  essere  com,andante; 
imporre  come  superiore;  commettere  espressamente 
che  si  faccia  alcuna  cosa  ;  manifestare  la  propria 
volontà  perchè  sia  eseguita.  Anche,  reggere,  essere 
preposto  al  governo  di  una  città  o  d'  altro  ;  es- 
sere padrone,  essere  in  grado  di  far  subire  ].\ 
propria  autorità  o  il  proprio  volere  ;  dirigere  un 
corpo  di  lavoranti,  ecc.  dare,  imporre,  porre  co- 
mando ;  disporre  ;  distringere  ;  far  comandamento, 
far  precetto;  imperare,  imporre,  intimare;  ingiun- 
gere, ingiugnere  ;  jubere  (.lat.)  ;  mandare,  ordinare, 
prescrivere  ;  stanziare,  volere. 

Comandante,  ordinante,  chi  comanda,  ordina.  - 
Comandato,  nell'uso,  chi  riceve  il  comando,  l'ordine. 

-  Comando,  anche,  l'ufficio,  la  residenza  di  chi 
comanda.  -  Imperativo,  che  ha  intenzione  di  comando. 

-  Imperiosa,  che  dimostra  di  voler  imperare  sugli 
altri,  di  voler  imporre  con  minacele  burbanzose. 

Assumere  il  comando,  prenderlo;  entrare  in 
carica,  in  ufficio,  per  esercitare  il  comando.  - 
Avere  il  mestolo  in  mano,  comandare.  -  Avere,  te- 
nere, esercitare  il  comando,  metterlo  in  pratica.  - 
Capitaneggiare,  essere  a  capo,  avere  il  comando  (per 
lo  più,  di  persone).  -  Comandare  a  bacchetta,  auto- 
ritariamente. -  Decretare,  ordinare  con  decreto.  - 
Dettar  legge,  comandare,  imporsi.  -  Diramare  un 
ordine,  un  comando,  comunicarlo  a  molti  per  let- 
tera 0  per  mezzo  di  persona.  -  Disporre,  stabilire, 
comandare  ;  di  cosa  o  persona ,  usarne  a  volontà. 
Di  articolo  di  legge  che  dispone,  cioè  prescrive, 
rende  obbligatorio.  -  Dominare,  governare,  coman- 
dare a  proprio  talento  ;  dominare  una  persona,  co- 
mandarle a  bacchetta,  tenerla  soggetta.  -  Eseguire 
un  ordine,  obbedire  a  un  comando.  -  far  alto  e 
basso,  comandare  a  bacchetta.  -  Far  caldo  e  freddo 
quando  ci  pare,  comandare,  imporre  a  talento,  a  ca- 
priccio. -  Fare  il  comandante,  di  chi  comanda,  spa- 
droneggia, e  non  ne  ha  l'autorità.  -  Fare  il  ditta- 
tore, da  dittatore,  da  chi  comanda  autoritariamente. 

-  Far  l'omo  addosso,  comandare  a  bacchetta,  spe- 
cialmente a  chi  non  si  dovrebbe.  -  Ficcar  le  mani 
in  pasta,  giungere  ad  aver  parte  nel  comando,  nella 
direzione  d'una  qualche  cosa. 

Imporre,  imporsi,  rendersi  necessario,  autorevole 
e  autoritario  più  per  audacia  od  arte  che  per  giu- 
sto valore.  -  Infliggere,  far  subire  un  comando  in- 
crescioso, spiacevole,  penoso.  -  Ingiungere,  dare  or- 


COMANDOLO    —  COMBATTERE 


(i23 


dine  ;  s'intende  d'ordine  autorevole.  -  Intimare,  or- 
dinare in  modo  assoluto  e  con  autorità.  -  Irreggi - 
meritare  (lett.,  inscrivere  in  un  reggimento),  usasi  ta- 
lora nel  senso  di  imporre  un  comando  e  una  di- 
sciplina che  toglie  l'autonomia  e  la  libertà  personale. 
-  Mandare,  comandare  per  mezzo  d'  altri  ;  coman- 
dare che  si  vada.  -  Montare  in  capo,  comandare 
a  UDO. 

Ordinare,  comandare,  dare  un  ordine  circa  una 
cosa;  commettere,  imporre.  -  Portare  i  calzoni,  di 
donna  che  vuol  comandare.  -  Preterire  il  comando, 
trasgredirlo.  -  Ricomandare,  ripete  comandare.  - 
Sbraciare,  per  similitudine,  comandare,  darsi  im- 
portanza, ostentare  il  potere,  ecc.  -  Signoreggiare, 
dominare.  -  Sovraneggiare,  fare,  comandar  da  so- 
vrano. 

Comando  :  l'atto  del  comandare  ;  la  cosa  che  si 
comanda;  autorità  di  comandare;  supremo  potere. 
Nel  primo  caso,  cenno,  comandamento,  comandazione 
(disus.);  commissione,  dettame,  disposizione;  imperio 
imposizione;  ingiunzione,  intimazione;  mandato, 
nulo  (lai.)  ;  ordinamento,  ordinazione,  ordine  ; 
precettiva,  precetto,  prescritto.  -  Comando  assohito, 
comando  imprescindibile,  inviolabile,  stretto,  stret- 
tissimo, solenne.  -  Comando  di  re,  assoluto,  senza 
replica.  -  Comando  dittatorio,  da  dittatore,  categorico, 
indiscutibile.  -  Comando  perentorio,  quello  del  quale 
non  si  possono  prorogare  i  termini.  -  Disposizione, 
ordine,  risoluzione,  decreto  fatto  da  chi  ne  ha  la 
potestà.  -  Imperiosità,  l'essere  imperioso  ;  atto  del 
comandare  con  alterigia,  ron  superbia.  -  Impo- 
sizione, l'azione  del  comandare  e  del  costringere  che 
si  accetti  una  data  cosa- Ingi  mzione,  ordine,  comando 
reciso.  -  Intimazione,  azione  dell'intimare,  cioè  di 
far  sapere  con  autorità  di  superiore  o  di  giudice.  - 
Ordine,  atto  verbale  o  scritto  con  cui  un  superiore 
comunica  la  sua  volontà  all'inferiore.  -  Ukase  (dal  i 
russo),  ordine,  comando,  prescrizione:  si  applica  a 
certi  ordini  emanati  in  tono  perentorio  e  dispotico. 

Modi  di  dire.  -  Termini  vari.  —  Chi  la  vuol  a 
lesso  e  chi  arrosto:  quando  sono  in  molti  a  comandare 
e  di  diversi  pareri.  -  Chi  vuol  vada,  e  chi  non  vuole 
mandi:  dei  comandi  mal  eseguiti  -  Legare  l'asino 
dove  vuole  il  padrone,  fare  a  modo  di  chi  comanda.  - 
Non  stanno  bene  due  galli  in  un  pollaio:  a.  comandare 
in  una  casa  non  si  può  essere  in  due.  -  Prendere 
uno  per  il  suo  strofinaccio,  comandare  a  bacchetta, 
anche  i  più  bassi  servigi. 

Addietro!,  intimando  a  qualcuno  che  torni  via  o 
si  scosti.  -  Alto  là!,  intimazione  che  si  fa  a  taluno 
di  non  muoversi.  -  In  tono  di  comando,  con  voce 
di  comando,  -  Tela!,  minacciando,  ordinando. 

Bacchetta,  bastone,  spada  dd  comando,  emblemi 
del  comando. 

Oomandolo.  Veggasi  a  telaio^ 

Oomare.  La  donna,  la  madrina  che  tiene  a 
battesimo  o  a  cresima.  -  La  madre  del  bat- 
tezzato. 

Gombaciare  {combaciamento,  combaciato).  Es- 
sere congiunto  od  unito  (veggasi  ad  unire);  adat- 
tarsi di  due  superficie  in  modo  da  trovarsi  a 
contatto  in  ogni  loro  punto.  -  Far  combaciare, 
unire  insieme. 

Combattente.  Chi  combatte  :  veggasi  a  com- 
battere. 

Oombattere  {combattimento,  combattente,  com- 
battuto). Far  battaglia  ;  stare  a  fronte  d'altri  con 
Yarm^  o  le  armi;  contrastare  cosa  o  persona; 
venire  a  duello  ;  azzuffarsi  :  appiccar  battaglia  ; 
Uattagliare,  battere,  battersi  ;  certare  (lat.)  ;  cimen- 


tarsi; combattersi,  contendere  il  terreno;  commettere 
battaglia  ;  contendere  ;  contrastare  al  netnico  ; 
contrastarsi;  essere  aUe  mani;  far  gran  puntaglia, 
far  giornata,  far  guerra  ;  far  para,  picchia  e  mar- 
tella; far  mischia,  far  tippe  tappe,  tippete  tappete, 
tuppete,  tappete  ;  guerreggiare  ;  inpegnar  la  pugna  ; 
lavorar  di  mani,  menare  le  mani;  iiiett.rsi  m  bat- 
taglia, militare  ;  misurarsi,  misurarsi  con  le  armi  • 
muovere  in  battaglia  ;  partire,  provarsi  in  battaglia; 
pugnare  ;  rabbuffarsi ,  ruotar  l'armi  ;  scontrarsi, 
tamburarsi,  tener  campo,  tenzonare,  tenzonarsi  • 
travagliar  la  zuffa  ;  trovarsi,  venire  alle  prese;  venire 
al  paragon  dell'armi,  venire  a  battaglia,  a  giornata, 
ali  assalto,  a  conflitto,  in  conflitto  ;  venire  ai  ferri 
al  cimento,  all'armi,  al  sangue,  alle  strette;  venire' 
in  prova;  volgere  le  mani;  zuffare. 

Combattente,  che  o  chi  combatte,  sta  combattendo: 
belligerante,  combattitore,  pugnatore.  -  Campione, 
chi  combatteva  in  un  campo  o  in  uno  steccato  per 
la  propria  0  per  l'altrui  ditesa. -Pw^nace,  agguerrito; 
atto  a  pugnare,  a  combattere.  -  Pugnante,  che  pugna; 
combatte.  -  Oppugnatore,  chi  o  che  oppugna.  -  Se- 
datore, colui  che  ha  dato  una  sfida,  un  invito  a 
combattere.  -  Spadaccino,  schermitore,  abile  nella 
sellerina.  -  Teómaco ,  gigante  che  combatteva 
contro  gli  dèi. -Veggasi  Ad  atleta,  a.  gladiatore, 

Davide  e  Golia,  citati  come  esempio  di  un  com- 
battente debole  che  la  vince  sul  forte.  -  Neutrale, 
che  non  piglia  parte  né  contro  l'uno,  né  contro 
1  litro  dei  contendenti. 

Antagonismo,  azione  di  due  o  più  persone  in  gara, 
in  contesa  in  combattimento,  fra  loro. 

Combattim£ato  (veggasi  a  questa  voce  e  a  bat- 
taglia), az  0  le  del  combattere. 

Combattiv'cld  (francesismo),  tendenza  al  combat- 
tere ;  anche,  al  far  lite,  al  questionare  e  simili.  - 
Cambattuto,  chi  é  preso  di  mira  dal  combattente, 
da  colui  0  da  coloro  che  vogliono  combatterlo. 

Vari  modi  di  combattere. 

Aggomitolarsi,  di  milizie  che  combattono  alla  spic- 
ciolata: anche  riunirsi  insieme  per  resistere  alla 
carica  di  cavalleria.  -  Appiedare,  il  far  scendere  i 
soldati  da  cavallo  perchè  combattano  a  piedi.  - 
Badaluccare,  scaramucciare  col  nemico.  -  Battagliare, 
far  battaglia;  piuttosto  in  senso  figurato.  -  Certare 
(lat.),  combattere. 

Combattere  a  corpo  a  corpo,  detto  tanto  di  per- 
sone isolate  quanto  di  riparti  uniti  :  combattere  da 
vicino,  uno  contro  l'altro.  -  Combattere  a  oltranza, 
fin  all'ultimo;  a  tutt'oltranza,  all'ultimo  sangue.  - 
Combattere  in  campo  chiuso,  un  tempo,  entro  la 
lizza,  cinta  da  una  palizzata:  contr.,  in  campo 
aperto,  in  uno  spazio  libero.  -  Conlrabbattere,  ri- 
spondere all'offesa  con  la  difesa  ;  rendere  colpo  per 
colpo.  -  Disputare  il  terreno,  il  passo  al  nemico, 
combattere  accanitamente  far  si  che  il  nemico  non 
s'avanzi.  -  Entrare  nelle  spade,  per  gettarsi  nella 
mischia  di  combattenti  ad  arme  bianca  o  da  taglio. 

Far  testa,  opporsi  caldamente  al  nemico.  -  Fare 
una  punta,  spingersi  in  armi  sino  ad  un  dato  punto 
estremo.  -  Furare,  appiccare  improvviso  combatti- 
mento. -  Fronteggiare,  far  fronte,  tener  testa,  re- 
sistere, combattendo.  -  Impugnare,  combattere,  op- 
pugnare. -  Incrociar  la  spada,  le  spade,  combattere. 

Ingaggiar  battaglia,  per  appiccare,  impegnare 
attaccare,  mettersi  a  combattere.  •  Ingrossare  far 
divenire  grosso,  e  si   dice  delle  battaglie   quando 


624 


COMBATTERE    —   COMBATTIMENTO 


divengono  più  calde  e  più  strette  pel  maggior 
numero  o  concentramento  o  furia  dei  combattenti. 

Oppugnare,  combattere,  assaltare.  -  Percuotere, 
azzuffarsi.  -  Piombare,  correre  impetuosamente  e 
gittarsi  addosso  al  nemico.  -  Pizzicare,  ligur.,  as- 
saltare alla  spicciolata  i  fianchi  o  la  coda  del  ne- 
mico. -  Propugnare,  combattere  per  difesa.  -  Pugnare, 
combattere  corpo  a  corpo. 

Raccoccare,  ripetere  i  colpi  di  ogni  arme,  contro 
il  nemico.  -  Raffrontare,  rivolgere  di  nuovo  la 
fronte  al  nemico.  -  Rendere  colpo  per  colpo,  rispondere 
ai  tiri  altrui  con  egual  numero  di  tiri.  -  Riattaccare, 
rattaccare  ;  attaccare  di  nuovo.  -  Rtcombatlere,  com- 
battere di  nuovo.  -  Rinforzare,  far  più  rapido  e 
insistente  il  combattimento.  -  Rinnegare  (fìgur,), 
combattere  contro  il  proprio  paese,  la  propria 
jmtria.  -  Ripugnare,  pugnare  di  nuovo;  far 
resistenza  con  le  armi  in  pugno,  contrapponen- 
dosi a  colui  che  assalta.  -  Rispondere,  far  testa; 
opporsi,  combattendo,  alla  intimazione  di  arren- 
dersi e  a  qualunque  provocazione.  -  Riversarsi, 
ritornare  con  maggior  impeto,  o  in  maggior  numero, 
ad  assalire  il  nemico.  -  Rompere,  entrare  per 
mezzo  ai  nemici  e  guastarne  le  file.  -  Rovesciare, 
mandare  sossopra  le  squadre  del  nemico  ;  abbatterne 
le  opere  di  di  tesa. 

Salutare  il  nemico,  batterlo  di  repente  coi  primi 
colpi,  nell'appressarsi  a  lui  o  nel  comparirgli  di- 
nanzi. -  Scaramucciare,  combattere  tra  pochi,  senza 
venire  a  battaglia.  -  Scendere  nell'agone,  venire  alle 
mani,  azzuffarsi.  -  Sopravvenire,  venir  sopra  improv- 
viso, imminente,  quando  meno  s'aspetta.  -  Sorgere, 
levarsi  in  massa  per  combattere  contro  il  nemico.  - 
Sorprendere,  assaltare  d'improvviso  la  fortezza,  il 
campo,  l'esercito  in  tempo,  luogo  e  modo  non  pen- 
sato dai  nemico.  -  Sortire,  uscire  dai  ripari  per 
assaltare  il  nemico.  -  Sostenere,  ricevere  l'assalto,  la 
carica,  senza  scomporsi,  senza  disordinarsi,  né  ar- 
retrare. -  Spronare  correre  velocemente  e  galoppando 
addosso  al  nemico.  -  Urtare,  dar  di  petto  nelle  file 
nemiche,  caricando  con  grande  impeto  e  violenza. 
-  Veìiire  alla  baionetta,  combattere  con  questa  arme, 
corpo  a  corpo.  -  Venire  al  ferro,  attaccare  battaglia. 


Vicende  del  combatteke. 


Voci  varie. 


Abbassare  le  armi,  deporle,  cessar  di  combattere, 
in  segno  e  atto  di  voler  arrendersi.  -  Aprirsi  un 
varco,  farsi  strada  a  forza,  combattendo.  -  Darsi  a 
patti,  a  condizione,  arrendersi.  -  Disimpegnare,  soc- 
correre con  pronto  aiuto  o  riscossa  coloro  che  si 
trovano  alle  prese,  costretti  in  lotta  disuguale.  - 
Distendere,  mettere  il  nemico  in  terra  e  lasciarvelo 
steso  morto.  -  Distaccare  il  combattimento,  cessare  o 
lasciar  di  combattere. 

Espugnare,  [vincere  per  forza,  propriamente  un 
luogo  forte  e  munito.  -  Essere,  trovarsi,  venire  a 
tu  per  tu,  cioè  di  fronte,  in  attitudine  di  combatti- 
mento e  di  disputa  senza  che  più  alcun  mezzo  o 
riguardo  sia  frapposto,  -  Forbire  le  armi,  apparec- 
chiarsi a  combattere.  -  Impegnare,  obbligare  il  ne- 
mico a  combattere,  trarvelo  a  forza  di  provocazioni. 
-  Intreguare,  mettersi  nella  tregua,  far  tregua. 

Piegare,  costringere  il  nemico  a  cedere.  -  Posare 
le  armi,  sospendere  le  ostilità.  -  Prender  campo, 
guadagnar  terreno  a  danno  del  nemico.  -  Prender 
posizione,  locuzione  dal  linguaggio  militare  estesa  a 
quello  politico;  disporsi  alla  lotta.-  Premere,  vin- 
cere, rimanere  superiore  in  un  combattimento,  in  una 
battaglia,  e  simili. 


Riattestare,  rifar  testa  :  rimettere  e  rimettersi  in 
ordine  per  combattere.  -  Rimettere  la  spada  nel  fo- 
dero, cessar  di  combattere.  -  Ristorare,  accrescere 
il  numero  o  le  forze.  -Riversare,  sconfiggere.  -  Rom- 
pere, sconfiggere,  cacciare  in  fuga  il  nemico.  -  Sban- 
dare, disperdere  in  rotta, il  nemico.  -  Sbaragliare, 
disperdere,  sgominare,  mettere  in  rotta.  -  Scaglio- 
nare, disporre  le  truppe  sul  terreno  a  modo  di  sca- 
glioni sporgenti,  a  distanze  determinate  e  sulla  dia- 
gonale.  -  Schierare,  disporre  la  truppa  a   schiere. 

-  Sconfiggere,  rompere  il  nemico  in  battaglia,  inflig- 
gergli una  sconfitta.  -  Scoprirsi,  uscire  dai  ripari, 
venire  all'aperto  per  combattere.  -  Soccombere,  ri- 
manere perdente.  -  Sgominare,  disordinare,  scompi- 
gliare, mettere  sossopra.  -  Spiegare,  allargare,  aprire, 
distendere  le  squadre,  disporle  su  larga  fronte. 

Tenere  la  mano  sull'elsa,  star  pronto  alla  battaglia. 

-  Vincere,  riportare  vittoria. 

Varie.  —  Disfidare,  chiamare  l'avversario  a  com- 
battere insieme  :  sfidare  ;  mandare,  lanciare  una 
sfida.  -  Intimare,  dichiarare  la  guerra.  -  Provo- 
care, chiamare  a  battaglia,  sfidare  l'avversario,  con- 
durre per  eccitamenti  a  combattere. 

Freccia  del  Parto,  locuzione  che  suona  come  col- 
po ultimo,  dato  a  tradimento:  dai  Parti,  popolo 
scita,  famosi  arcieri  e  cavalieri,  i  quali,  combatten- 
do, avevano  la  tattica  di  fuggire,  per  poi  rivoltarsi 
e  saettare  di  freccie  il  nemico.  -  Furia  francese,  lo- 
cuzione per  significare  l' impeto  di  quel  popolo,  il 
suo  modo  impetuoso  di  combattere. 

Combàttere  (combattuto).  Riferito  a  male,  a 
vizio,  a  passione,  ecc.,  significa  sforzarsi  di  vin- 
cerli, porre  in  opera  ogni  espediente,  ogni  mezzo 
per  farli  cessare  o  per  correggerli. 

Combattorsi.  Essere  a  combattimento  ;  farai 
battaglia, 

Gombattiiuento  II  combattere:  più  generico 
di  battaglia  e  con  effetti  meno  sanguinosi  ;  batta- 
glia reciproca  e  parziale  che  non  decide  le  sorti  di 
una  guerra.  -  Agonale,  agonistico,  relativo  a  com- 
battimento, ad  agone,  e  anche  al  luogo  nel  quale  si 
gareggia  di  forza  e  d'ingegno.  -  Battagliero,  bellico- 
so, temperato  al  combattimento,  atto  al  battagliare. 

-  Tumultuario,  il  combattimento  pieno  di  tumulto. 

Modi  di  combattimento. 

Abboccamento,  scontro  improvviso  fra  due  corpi 
nemici.  -  Avvisaglia,  combattimento  di  pochi  o  di 
poca  importanza;  combattimento  repentino,  tumul- 
tuario, lieve,  per  lo  più  tra  due  corpi  che  cercano 
vicendevolmente  di  spiare  le  posizioni  e  le  mosse 
del  nemico.  -  Badalucco,  scaramuccia.  -  Batracomio- 
machia, combattimento  delle  rane  e  dei  topi  (titolo 
d'un  poema  attribuito  ad  Omero).  -  Battaglia, 
veggasi  a  questa  voce.  -  Boxe  (ingl.),  combattimento 
a  colpi  di  pugno. 

Carroselu),  giostra,  torneo.  -  Certame,  voce  poe- 
tica, per  combattimento.  -  Collisione,  scontro,  urto, 
combattimento.  -  Combattimento  a  oltranza,  a  tutta 
oltranza,  fino  all'estremo  delle  forze,  fino  all'ultimo 
sangue.  -  Combattimento  corpo  a  corpo,  singoiar  ten- 
zone; combattimento  uno  per  uno,  spada  a  spada, 
testa  a  testa,  uomo  per  uomo  ;  da  solo  a  solo,  a  tu 
per  tu  ;  a  petto  a  petto,  da  petto  a  petto  ;  faccia  a 
faccia;  à  viso  a  viso;  fronte  con  fronte.  -  Combat- 
timento di  pie  fermo,  senza  lasciare  il  posto.  -  Contr 
battimento  giudiziario,  antica  maniera  di  duello.  - 
Conflitto,  combattimento,  battaglia  :  anche  contra- 
sto senza  armi. 


COMBATTIVITÀ     —   COMBUSTIBILE 


623 


Disfida,  conibattiniento  tra  pochi  ;  anche,  sfida. 
■  tinello,  combattimento  fra  due  persone,  a  corpo 
a  corpo,  fatto  con  armi  ujjuali,  per  disfida.  -  £spM- 
gnazione,  combattimento  sostenuto  per  espugnare 
un  luogo  forte  e  munito.  -  Fatto  d'armi,  combatti- 
mento in  senso  largo  e  generico,  dalia  battaglia 
campale  al  duello  ;  combattimento  di  poche  pro- 
porzioni. -  Fazione,  denominazione  generica  di  ogni 
azione  militare;  combattimento,  fatto  d'armi.  -  Gi- 
gantomachia.  combattimento  di  giganti.  -  Giostra, 
combattimento  a  cavallo,  con  lancia;  torneamento, 
tornèo. 

Lotta,  combattimento  di  forza  e  destrezza,  corpo 
a  corpo.  -  Match  (ingl.),  il  mettere  a  fronte  due 
partiti  per  una  lotta  di  forza  e  di  destrezza.  -  Mi- 
schia, combattimento  confuso,  nel  quale  i  bellige- 
ranti vengono  alle  strette  e  si  mescolano  gli  uni 
cogli  altri.  -  Monomachia,  combattimento  da  solo  a 
solo.  -  Naumachia,  combattimento  navale.  -  Nembo, 
in  senso  figurato,  grande  quantità  di  combattenti 
lanciati  con  rapidità  e  fragore  alla  battaglia,  all'as- 
salto. -  Oplomachia,  combattimento  di  gladiatori,  ar- 
mati di  tutto  punto.  -  Oppugnazione,  azione  di  com- 
battere una  piazza  per  acquistarla  :  assedio. 

Prova,  azione  di  segnalato  valore.  -  Pugilato,  lotta 
a  pugni.  -  Pugna,  modo  della  battaglia,  che  è  lotta 
corpo  a  corpo.  -  Quadriglia ,  combattimento  in 
quattro. 

Riscossa,  qualsivoglia  ricupero  di  cosa  perduta 
per  forza  d'armi  ;  soccorso  dato  dalle  seconde  alle 
prime  schiere,  piegate  dal  nemico.  -  Rissa,  zuff"a, 
con  lo  scambio  di  percosse. 

Scaramuccia,  combattimento  di  poca  importanza, 
spesso  tra  non  molti  soldati  ;  zuffa,  combattimento 
di  piccoli  distaccamenti,  fra  piccole  schiere.  - 
Sellerina,  combattimento  con  la  sciabola  o  la 
spada,  per  impararne  il  maneggio.  -  Schermaglia, 
combattimento  confuso  di  spadaccini.  -  Sciamachia, 
0  sciomachia,  combattimento  contro  la  propria  om- 
bra; anche,  ombra  o  simulacro  di  combattimento. 

-  Scontro,  combattimento  di  nemici,  nell'affacciarsi 
repentino  ed  improvviso.  -  Singoiar  duello,  singoiar 
tenzone,  a  soli,  non  in  battaglia.  -  Soprassalto,  as- 
salto repentino,  improvviso,  furioso.  -  Soprattacco, 
attacco  superiore  di  forze  militari.  -  Stormo,  adu- 
nanza di  uomini  per  combattere;  combattimento  di 
reparto  di  cavalleria  che  agisce  appiedato  o  in  fila 
sparsa,  non  serrata;  strepito  del  combattimento; 
moltitudine,  adunanza  d'uomini  per  combattere. 

Taurocatapsia,  tauromachia,  combattimento  con- 
tro il  toro.  -  lenzone,  lo  stesso  che  duello,  se  è 
singolare;  scontro,  combattimento  fra  due  drappelli 
0  due  distaccamenti  di  armati.  Termine  caduto  in 
disuso  da  gran  tempo  e  adoperato  solo  nel  linguag- 
gio antiquato  o  ricercato  o  in  poesia.  Anche,  combat- 
timento di  parole.  -  Titanomachia,  combattimento  di 
titani,  di  giganti.  -  Urto,  impressione  che  fa  un 
esercito  nell'afifrontarsi  con  violenza  contro  un  al- 
tro. -  Zuffa,  combattimento  particolare,  ma  da  vi- 
cino e  con  bravura  ;  combattimento  non  lungo,  ma 
più  0  meno  accanito,  fra  milizie. 

Varie. 

Arme  falsa:  dicesi  di  finto  attacco.  -  Assembra- 
mento, riunione  di  gente  armata  per  combattere.  - 

-  Falso  allarme,  manovre  strategiche,  offensiva,  po- 
sizione, ecc.,  veggasi  a  guerra.  -  Incolonnamento, 
il  cambiamento  della  formazione  in  linea  a  quello 


in  colonna  ;  detto  anche  ripiegamento.  -  Linea  di 
combattimento,  quella  distesa  sulla  quale  i  combat- 
tenti si  dispongono  a  incontrarsi. 

Ordinanza,  forma  secondo  la  quale  voglionsi  di 
sporre  i  combattenti  :  in  genere,  disposizione  e  or- 
dine di  truppa.  -  Piega,  il  rivolgimento  delle  truppe 
durante  il  combattimento.  -  Rinfiancamento,  rinfor- 
zamento,  massime  nei  fianchi,  -  Sequèla,  serie  di 
combattimenti;  una  schiera  di  seguaci  di  questo  o- 
quel  Capo  ;  una  quantità  di  soldati  o  cavalieri  for- 
manti il  seguito  d' un  personaggio  importante.  - 
Supposto,  parte  di  cui  si  compone  un  tema  di  eser- 
citazione di  combattimento.  -  Unità  di  combatti- 
mento, la  compagnia  per  la  fanteria,  la  batteria  di 
sei  pezzi  per  l'artiglieria  di  campagna.,  ecc.  -  Van- 
taggio, tutto  ciò  che  giova  più  all'  una  che  all'altra 
parte  dei  combattenti,  e  ne  rende  migliore  la  con- 
dizione. 

Campo  (veggasi  a  pagina  378,  seconda  co- 
lonna), luogo  aperto  dove  si  combatte  in  duello 
0  in  giostra,  e  anche  quello  dove  si  fa  giornata  o 
si  accampa  l' esercito.  -  Campo  chiuso.  Uzza,  per  1 
tornei,  nel  medioevo.  -  Campo  franco  o  sicuro,  si- 
curtà accordata  ai  combattenti  rivali  per  alcun 
tempo.  -  Piazza,  terreno  sul  quale  si  combatte. 

Combattività.  Francesismo,  da  combativité,  per 
tendenza,  inclinazione  a  combattere,  a  questionare. 

Combinare,  combinarsi  (combinato).  Mettere, 
mettersi  insieme;  accozzare,  unire,  unirsi;  ac- 
cordare, mettere  d  accordo,  concertare;  accor- 
darsi, concertarsi. 

Combinatore.  Organo  di  certi  apparecchi  te- 
legrafici scriventi  :  veggasi  a  telegrafo. 

Combinazione.  Il  combinare  e  il  combinarsi  ; 
unione;  amalgama,  intriso,  mescolanza,  accozzo 
di  più  numeri  (veggasi  a  numero).  Nell'uso,  av- 
venimento fortuito,  caso.  -  Termine  di  chiìnica 
e  del  Parlamento. 

Combriccola.  Società,  unione  di  gente  per  lo 
più  intesa  a  mal  fare  ;  accozzo,  compagnia  di  mal- 
fattori, di  birbanti,  di  birboni  (veggasi  a  birbone): 
camarilla,  camorra,  chiesuola,  cocca,  conciliabolo, 
confrediglia,  congrega,  consorteria,  conventicola, 
conventicolo,  cricca  ;  fitta  (di  tristi,  di  malfattori, 
ecc.),  lega;  màfia;  orda,  frotta  (di  gente  facino- 
rosa); manata,  manetta;  pandemonio,  setta;  teppa 
(milanese).  -  Camarilla,  nel  linguaggio  politico  par- 
lamentare spagnuolo,  piccola  unione  di  persone  che 
esercitano  un'influenza  segreta  o  sopra  un  sovrano 
0  sull'animo  di  un  ministro. 

Comburente.  Corpo  che,  combinandosi  con  un 
altro,  produce  il  fenomeno  della  combustione  (veg- 
gasi a  bruciare);  nella  combinazione  chimica  rap- 
presenta il  principio  elettro-negativo,  mentre  il 
combustibile  rappresenta  l'elettro-positivo. 

Combustibile  {combustione,  combusto).  Che  può 
essere  bruciato  ;  ogni  e  qualunque  materia  (animale, 
minerale,  vegetale)  atta  a  bruciare,  a  i^v  fuoco  (al- 
cune servono  anche  a  far  luce,  a  dare  illumina- 
zione). Combustibili:  la  legna,  e  ogni  legno;  il 
carbone,  il  gas,  Volio,  il  petrolio,  ecc.;  anche  il 
bianco  di  balena,  la  candela,  la  torcia,  l'alcool, 
il  fiammifero  (di  legno  e  di  cera)  e  ciò  che, 
d'altro,  si  introduce  in  un  lume,  in  una  lam- 
pada ,  in  una  lanterna ,  in  un  fanale  e 
simili.  -  Combustibilità,  la  proprietà  che  hanno  i 
corpi  di  essere  combustibili,  ossia  di  bruciare: 
contr.,  incombustibilità  (incombustibile).  -  Combu- 
stione, il  bruciare,  per  lo  più  in  senso  chimico.  - 
Rendere,  detto  di  cose  da  ardere,  o  di  caldani  eoa 


Premoli.  -  Vocabolario  Nomenclatore. 


40 


626 


COMBOSTIONE    —    COMETA 


brace,  ecc.,  vale  mandar  calore.  -  Bracino,  chi  vende 
al  minuto  legne,  brace,  carbone,  combustibili  in 
genere. 

Combustibili  liquidi,  combustibili  solidi,  a  seconda 
del  loro  stato:  liquidi,  gli  oli  vegetali  e  minerali, 
lo  spirito  di  vino  e  simili  ;  solidi,  la  cera,  il  sego, 
ecc.  -  Combustibili  animali:  il  sego,  lo  spermaceti, 
la  cera,  qualche  oliò^  ecc.  -  Combustibili  minerali: 
agglomerati  e  modellati,  antracite,  bogheod,  coke 
(carbone),  litantrace,  magnesio,  petrolio,  ecc.  -  Com- 
bustibili vegetali,  il  legno  d'ogni  sorta^  la  sua  cor- 
teccia, certe  radici,  la  paglia,  ecc. 

Agglomerati  e  viodellati,  combustibili  compressi, 
fibbricati  con  carbone  o  altro;  materie  foggiate  a 
rotelle  o  a  mattoncelli,  conservate  dopo  avere  ser- 
vito alla  concia  delle  pelli.  -  Antracite,  combustibile 
fossile,  prodotto  intermediario  tra  la  grafite  o  piom- 
baggine e  il  vero  carbon  fossile.  -  Benzina,  carburo 
di  idrogeno  che  si  forma,  in  gran  copia,  nella  di- 
stillazione secca  delle  sostanze  carboniose,  special- 
mente dei  combustibili.  -  Bitume,  nome  dato  a 
varie  sostanze  combustibili,  prodotti  naturali,  com- 
posti di  carbonio,  idrogeno  e  ossigeno  con  partico- 
lare odore  di  catrame.  -  Briquettes,  mattonelle 
combustibili  preparate  con  polvere  di  carbon  fossile 
e  qualche  materia  glutinante. 

Canapuli,  fusti  aridi  e  dipelati  della  canapa,  ma- 
teria anche  questa  molto  accendibile.  -  Carbolena, 
qualità  di  mattonelle,  fatte  con  polvere  di  legno  e 
di  carbon  fossile  impastato  con  olio.  -  Elaterite, 
sostanza  minerale  classificata  fra  i  combustibili,  in- 
sieme coi  bitumi. 

Fastelli,  fascine,  tutte  di  rami  minuti,  senza  alcun 
bastone,  adoperate  per  avviare  il  fuoco.  -  Formelle, 
piccole  forme  fatte  col  tritume  o  polvere  di  cerro 
0  di  quercia,  del  seme  di  lino,  delle  mandorle  e 
sim.,  avanzi  delle  conce:  usate  per  combustibile.  - 
Grasso,  materia  biancastra,  untuosa,  soda,  la  quale 
s'accumula,  più  o  meno  abbondantemente,  in  alcune 
parti  interne  degli  animali  a  sangue  caldo,  special- 
mente dei  mammiferi  :  a  uso  di  combustibile;  è  tratto 
particolarmente  dai  ruminanti,  e  si  dice  sego.  - 
Lignite,  sostanza  d'origine  vegetale  proveniente  dalla 
decomposizione  delle  piante  che  hanno  assunto  una 
forma  più  o  meno  carbonizzata  :  si  ha  la  lignite 
comune,  terrosa,  fibrosa,  piceiforme,  legno  fossile, 
giaietto  o  gagate  o  ambra  nera.  -  Litantrace,  sostanza 
combustibile,  nera,  fragile,  di  lucentezza  vetrosa  o 
grassa,  sopraccarica  di  carburo  d'idrogeno.  -  Mellite, 
sostanza  minerale  rara,  che  accompagna  le  ligniti 
di  certi  depositi  d'argilla. 

Oli  minerali,  i  liquidi  (idrocarburi)  di  consistenza 
oleosa  che  si  ottengono  con  la  distillazione  secca 
del  carbone  fossile,  della  lignite,  della  torba  e  degli 
schisti  bituminosi.  -  Moia  o  morsa,  fango  nero  che, 
in  certe  contrade  dell'America  Meridionale,  brucia 
senza  fiamma  e  con  intenso  calore  :  probabilmente, 
di  origine  vulcanica.  -  Paraffina,  idrocarburo  solido 
derivante  dalla  distillazione  secca  del  legno,  della 
torba,  di  certi  schisti  bituminosi,  e  che  si  riscontra 
anche,  come  prodotto  naturale,  in  alcuni  petrolii. 
E'  solido,  con  l'aspetto  della  cera,  un  po'  translu- 
cido, combustibile  con  bella  fiamma,  tanto  che  se 
ne  fanno  candele  (veggasi  a  candela),  e  si  usa  in 
qualche  altro  caso  in  cambio  della  cera.  -  Robiola, 
pani  0  forme  di  vallonéa  e  di  residui  di  pelle  che 
si  usavano  per  ardere  (così  detti  dal  nome  di  certi 
piccoli  formaggi  a  forma  schiacciata). 

Sagginali,  Insti  riseccati  del  formentone,  buoni  per 
far  fuoco.  -  Scopa,  nome  volgare  delle  eriche,  che  sono 


arbusti  a  ramoscelli  sottili,  con  foglie  piccole  e 
strettissime:  con  la  scopa  secca  si  avvia  il  fuoco 
ne'  camini,  si  riscalda  il  forno,  ecc.  Nel  Pistoiese 
e  in  altre  parti  di  Toscana  si  dice  stipa.  -  Segatura 
di  legno  :  serve  come  combustibile  in  forni  speciali, 
per  la  preparazione  di  acido  pirolignoso  e  ossalico, 
come  corpo  coibente,  per  imballaggio,  ecc.  ■  Ser- 
menti, rami  secchi  di  vite  che  servono  a  far  fuoco  : 
sarmenti.  -  Stipa,  scopa,  più  sorta  di  minuti  arbusti 
che  levano  fiamma  prontamente. 

Torba,  sostanza  più  o  meno  bruna  che  si  forma 
sotto  le  acque  per  l'ammassamento  e  l'alterazione  di 
diverse  piante  acquatiche:  si  ha  la  torba  fibrosa  o 
fogliacea,  legnosa,  picea,  terrosa,  antica.  -  Torsoli, 
tutoli,  del  formentone,  quei  ricettacoli  quasi  legnosi 
della  pannocchia,  toltine  i  grani  :  servono  a  conservare 
il  fuoco  e  far  brace. 

Combustione.  Combinazione  chimica  di  un 
corpo  con  l'ossigeno  dell'aria,  accompagnata  da  svol- 
gimento di  luce  e  di  calore.  Il  fenomeno  del  bru- 
ciare. -  Combustione  respiratoria,  veggasi  a  respi- 
razione. -  Combustione  umana  spontanea,  veggasi 
a  corpo  umano. 

Combatta.  Veggasi  a  compagnia  e  a  con- 
fusione. 

Còme.  Avverbio  comparativo  che  significa:  a- 
guisa,  in  guisa;  a  mo',  a  modo,  in  qual  modo,  se- 
condo che;  allo  stesso  modo  che...,  siccome;  tal 
quale,  tal  e  quale  ;  né  più  né  meno  ;  in  tal  maniera, 
a  somiglianza,  a  sembianza;  a  pare,  a  pari,  al  pari,, 
al  paro.  Anche,  quanto,  mentre,  subito  che, 
quando.  Riferito  a  persona,  ne  indica  la  condi- 
zione, l'ufficio,  la  qualità.  Preceduto  da  articolo, 
acquista  forza  di  sostantivo  e  vale:  via,  modo  di 
fare  o  conseguire  una  cosa. 

Comecché.  Benché,  quantunque,  in  qualun- 
que modo. 

Comecchessìa.  In  qualunque  modo,  comunque. 

Comedóne  (lat.).  Gran  mangiatore:  veggasi  a 
mangiare. 

Come  se.  A  modo,  siccome,  quasi. 

Cometa  (cunetario).  Corpo  celeste  che  sta  fra^ 
il  pianeta  e  la  nebulosa,  ed  è  fornito  di  raggi 
luminosi  in  forma  di  chioma,  di  coda,  di  barba,  per  il 
che  la  cometa  si  dice  chiomata  (crinita),  codata,  bar- 
bata. Chiamasi  anche  stella  cometa,  crinita  stella,  stella 
aconitica,  stella  cornata;  astro  caudato;  auricriniia, 
argirocoma  (dai  capelli  d'argento).  -  Cometale,  come- 
tario, da  cometa.  -  Comete  telescòpiche,  quelle  visi- 
bili solo  per  mezzo  del  telescòpio.  -  Cometoide, 
cometa,  supposta  stella,  splendente  di  propria  luce. 
-  Comete  periodiche,  quelle  di  cui  si  potè  predire 
e  verificare  il  ritorno  a  periodi  fissi.  -  Cometografia, 
scienza  delle  comete. 

Capo  d'una  cometa,  il  nucleo  luminoso.  -  Chioma,. 
massa  nebulosa  o  vaporosa  che  circonda  il  nucleo 
da  ogni  parte,  in  modo  da  confondersi  quasi  con 
essa,  formandone  insieme  la  testa.  -  Coda,  il  prolun- 
gamento della  chioma,  talvolta  breve  e  raccolto,  ta- 
l'altra  lungo  e  spiccato.  -  Nucleo,  la  parte  centrale, 
quel  punto  luminoso  che,  se  solo,  potrebbe  anche 
scambiarsi  per  una  stella  o  per  un  pianeta. 

Orbita,  il  cerchio  descritto  dalla  cometa  nel  suo 
moto.  -  Parallasse  della  cometa,  l'angolo  formato  al 
centro  di  essa  dai  due  raggi,  dei  quali  uno  diretto 
al  centro  della  Terra,  l'altro  al  punto  della  super- 
ficie ove  si  trova  l'osservatore.  -  Zodiaco  delle  comete,. 
zona  celeste  che  non  viene  mai  oltrepassata  dall» 
comete. 


CÒMICA    —    CÒMICO 


627 


Còmica  {compagnia  e  vena).   Detto  a  còìnico. 

Comicamente.  In  modo  comico,  ridicolo. 

Còmico.  Artista  da  teatro,  che  fa  la  professione 
di  recitare  in  teatro:  attore  di  commedia, di  farsa 
(anche  di  dramìna^  di  tragedia),  commediante; 
attore  scenico  ;  comèdo,  commèdo;  recitante  di  com- 
medie; rappresentante,  recitatore  di  commedie;  per- 
sonaggio di  teatro;  istrione,  strione  (spreg.)i  virtuoso. 
Per  gli  attori  antichi,  reggasi  a  commedia  e  a 
tragedia. 

Còmica  (temmin.),  l'attrice.-  Duellante,  chi  recita 
senza  essere,  comico  di  professione.  -  Figlio  d'arte, 
comico  nato  da  comico.  -  Istrionessa,  slrionessa 
(spreg.),  cattiva  attrice.  -  Maschera^  personaggio 
tipico  dell'antica  commedia. 

Istrionica,  l'arte  degli  istrioni.  -  Istrionico,  strio- 
nico,  di  comico,  da  comico. 

Comicità,  l'arte  o  la  qualità  naturale  dell'attore 
che  riesce  brioso,  vivace,  brillante  e  riesce,  special- 
mente, a  destare  l'ilarità;  anche  la  qualità  dello 
scrittore  della  cotnmedia.  •  Umore,  sommo  grado 
della  comicità.  -  \erve  (frane),  brio,  calore,  anima 
nel  recitare.  -  Vis  comica,  forza  comica,  potenza 
drammatica.  -  Tipi  comici,   veggasi  a  maschera^ 

l  componenti  una  compagnia  comica. 
Jb  Alcune  loro  qualità'  ed  azioni. 

Compagnia,  l'insieme  dei  comici  che  recitano  in 
un  teatro:  frane,  troupe.  E  in  essa  si  distinguono 
le  prime  e  le  seconde  parti,  secondo  la  maggiore  o 
minore  valentia  di  chi  recita,  o  l'entità  della  parte 
recitata. 

Amoroso,  attore  che  fa  la  parte  d'innamorato, 
detto  anche  attor  giovine.  Quindi  amorosa  l'attrice 
giovine.  -  Architeatro,  un  tempo,  il  primo  dei  cò- 
mici. -  Brillante,  l'attor  giocoso,  che  recitale  parti 
umoristiche,  facete,  allegre.  -  Capocomico,  direttore 
di  compagnie  comiche.  -  Caratterista,  attore  che 
nelle  commedie  rappresenta  un  personaggio,  per  lo 
più  di  una  certa  età,  di  carattere  alquanto  singolare, 
bonario  e  piacevole:  buffo,  padre  nobile,  parte  in 
parrucca.  Recita  anche  parti  serie. 

Generico,  l'attore  che  fa,  è  abile  a  fare  tutte  le 
parti,  a  rappresentare  diversi  tipi.  -  Gracìoso,  il 
brillante,  o  meglio  il  burlone  dell'antica  commedia 
spagnuola.  -  Madre  nobile,  chi  fa  le  parti  sene,  per 
lo  più  di  vecchia.  -  Maaru,  nel  gergo  dei  comici,  la 
madre  della  giovine  attrice. 

Padre  nobile,  colui  che  nelle  commedie  fa  le  parti 
di  vecchio  grave  e  dignitoso:  per  lo  più,  lo  stesso 
caratterista.  -  Personaggio  muto,  attore  che  figura 
sulla  scena,  ma  non  parla;  comparsa.  -  Prima  don- 
na, seconda  donna,  la  prima,  la  seconda  attrice,  in 
ordine  di  grado  e  di  merito.  -  Primo  uomo,  primo 
attore.  -  Protagonista,  l'attore  principale,  in  una  com- 
media, in  un  dramma,  ecc.  -  Servetta,  la  ragazza 
che  recita  la  parte  di  cameriera  (frane,  soubrette). 
-  Tiranno,  chi  fa  la  parte  del  tiranno,  nel  dram- 
ma, nella  tragedia. 

Amministratore,  chi  tiene  l' amministrazione,  i 
conti,  neir  interesse  della  compagnia.  -  Segretario, 
chi  coadiuva  il  capocomico  nel  disimpegno  del  suo 
ufficio.  -  Suggeritore,  rammentatore,  chi  suggerisce 
la  parte  agli  attori  sulla  scena. 

Acvisatore,  chi  avvisa  a  domicilio  gli  attori  di 
ciò  che  li  concerne,  per  ordine  del  direttore  della 
compagnia.  -  Buttafuori,  chi  avvisa  gli  attori  quando 
debbono   entrare  in  iscena,  uscire   sulla  scena.  E 


mandafaora,  scritto  indicante  chi  deve  uscire:  lo 
tiene  in  mano  il  buttafuori.  -  Figurante,  comparsa, 
chi  sulla  scena  fa  solo  atto  di  presenz"»,  senza  par- 
lare. -  Servo  di  scena,  chi  fa  servizio  sul  palco- 
scenico. 

Cabotinage,  voce  francese,  familiare,  che  si  dà  ai 
commedianti  di  poco  valore,  girovaghi,  guitti,  ciar- 
latani. -  Cattivo  còmico:  cane  (voce  d'uso),  arlecchi- 
no, imbrattascene,  pulcinella,  truffaldino,  zanni.  - 
Guitto,  attore  comico  d'infimo  ordine  e  di  vita  mi- 
sera e  randagia. 

Affiatamento,  voce  d'uso:  risultato  che  ottengono 
gli  artisti  comici  o  i  musicanti  allorquando  si  sono 
bene  accordati  nell'  esecuzione.  -  Azione,  scena,  il 
modo  di  contenersi  durante  la  recitazione;  l'insieme 
degli  atteggiamenti  e  dei  gesti  che  valgano  a  colo- 
rire la  parte.  -  Battuta,  uno  o  più  periodi  del  dia- 
logo che  il  comico  deve  sucessivamente  recitare, 
parlando  o  rispondendo  ad  altro  attore.  -  LontrO' 
scena,  la  parte  che  l'attore  fa  sulla  scena,  mentre 
l'altro  parla,  e  cosi   entrambi,   alternativamente.  - 

Parte,  quel  tanto  che  l'attore  deve  recitare  ;  an- 
che, il  personaggio  che  deve  rappresentare  (frane, 
róle). 

Fare  una  parte,  recitarla.  -  Far  tutte  le  parti,  del 
comico  che  fa  da  generico.  -  Fare  un  teatro,  essere 
della  compagnia  che  recita  in  un  teatro.  -  Immede- 
simarsi, investirsi  d'un  personaggio,  d'una  parte, 
degli  attori,  rappresentar  bene  il  carattere  del  per- 
sonaggio, della  situazione.  -  Impaperarsi,  nell'  uso, 
cadere  in  una  pàpera,  sbagliare  nella  recitazione, 
dire  una  o  più  parole  invece  di  quelle  proprie  della 
commedia.  -  Lazzare,  far  lazzi,  dei  comici  buffi.  - 
Sostenere  la  parte  di  un  personaggio,  recitarla,  rap- 
presentarla. -  Truccarsi,  nel  linguaggio  teatrale,  mu- 
tarsi di  volto,  cangiare  abito  e  fisonomia.  -  Trucca- 
tura, voce  dei  comici:  l'arte  di  adattare,  trasfor- 
mando, la  fisonomia  e  la  persona  alla  necessità 
della  parte  nel  dramma. 

Cose  e  voci  varie. 

Mastice,  sorta  di  pasta  che  serve  ai  comici  per 
attaccare  i  baffi.  -  Sirma,  veste  con  strascico  che 
gli  istrioni  indossavano,  recitando  tragedie.  -  Socco 
calzare  usato  dagli  istrioni  antichi  nella  commedia. 

-  Scenario,  scritto  indicante  l'ordine  in  cui  debbon  o 
uscire  i  recitanti:  lo  si  applica  al  muro  dietro  la 
scena,  perchè  ciascuno  di  essi  lo  possa  vedere. 

Cavallo  di  battaglia,  o  di  parata,  la  commedia  o 
altro  componimento  drammatico  nel  quale  l'attore 
0  l'attrice  riesce  meglio,  spiega  tutta  la  sua  bravura. 

-  Piazza,  per  i  comici  e  i  giocolieri,  la  città  o  il 
villaggio  dove  esercitano  la  loro  arte.  -  Repertorio, 
catalogo  delle  opere  che  sogliono  gli  attori  recitare 
in  teatro.  -  Tournée,  parola  francese  usatissima  per 
indicare  quel  giro  che  gli  attori  in  voga  o  suonatori 
di  grido  o  le  compagnie  drammatiche  fanno  all'estero 
0  per  varie  città;  giro  artistico. 

Agenzia  teatrale,  ufficio  nel  quale  si  scritturano 
i  comici,  si  provvede  in  vario  modo  ai  bisogni  delle 
compagnie,  -  Impresario,  chi  assolda  una  compagnia 
perchè  reciti  in  uno  o  più  teatri.  -  Scritturare,  ob- 
bligare per  scrittura  un  comico  a  un  dato  teatro, 
per  un  dato  tempo  ;  e  scrittura  il  relativo  contratto 
fra  impresa  e  artista. 

Còmico.   Di   commediante  e   di   commedia; 

anche  (sostantiv.),  autore  di  commedie.  -  Ciò   che 

è  burlesco,  ha  carattere  di  burla.  -  Si  dice  anche 

j  per  ridicolo.  -  Lazzo,  atto  giocondo,  comico.  •  Laz- 


628 


COMIGNOLO    —    comìzio 


zaeeio,  lazzetto,  peggior.  e  dirain.  di  lazzo.  -  Tragi- 
còmico, compositore  di  tragicommedie  :  veggasi  a 
draìnma.  -  Umorista  o  umorìstico,  comico,  per  ri- 
dere, lepido. 

Comig'nolo,  La  parte  più  alta  del  tetto.  ■  Spe- 
cie di  émbrice. 

Oominciamento.  Il  cominciare. 

Cominciare  (cominciarne uto,  cominciante,  co- 
minciato). Dar  principio  ad  una  cosa,  ad  un  lavo- 
ro, ad  un'  azione  qualsiasi  :  accingersi  ;  aprire  (di 
trattative  e  simili),  avviare  (di  affare,  special- 
mente, e  di  lavoro)  ;  dar  cominciamento,  dar  den- 
tro ;  dar  di  mano,  di  piglio  ;  dare,  far  preludio  ; 
dar  fuoco  alla  girandola,  al  vespaio  ;  dar  vela  ai 
venti  ;  entrare  in  azione,  in  cammino,  nell'arringo  ; 
fare  il  passo  della  soglia,  dell'uscio  ;  imbarcarsi  (per 
wrv impresa  e  simili),  imprendere,  intraprendere; 
incamminare  una  cosa,  incamminarsi  in...;  incoare; 
incominciare,  iniziare,  incrunar  l'ago  ;  mettere,  por 
mano,  mettersi  a  fare  ;  pigliar  la  volta;  prendere  a  fare, 
principiare;  rompere  il  ghiaccio,  rompere  il  guado; 
salire  in  bigoncia,  spiccare  la  carriera. 

Abbozzare,  incominciare  un  lavoro,  per  lo  più 
d'arce.  -  Avviare,  cominciare  a  far  una  cosa;  man- 
dare innanzi  un  affare,  l'esercizio  d'una  bottega 
e  simili.  -  Esordire,  incominciare  la  carriera;  inco- 
minciare a  dar  saggio  di  sé,  a  presentarsi  in  pub- 
blco  :  detto  per  lo  più  dell'  artista,  specialmente 
di  quelli  da  teatro  {cantante,  còmico),  ecc.).  - 
Fondare,  iniziare  la  costruzione  d'una  città;  met- 
tere le  prime  basi  d'una  scienza,  d'una  scuola  d'arte 
0  d'altro.  -  Imbastire,  ordire,  fìgur.,  fare  il  principio 
d'  un  lavoro,  avviarlo.  -  Inaugurare,  di  impresa, 
di  missione,  iniziarla  ;  di  monumento,  di  edifi- 
cio, di  esposizione  e  d'altro,  metterlo  allo  scoperto 
con  cerimonia  solenne. 

iniziare ,  dare  l' inizio ,  il  principio  di  una 
cosa  qualunque  ;  farsi  iniziatore  ;  avviare,  incam- 
minare, incanalare,  mettere  in  corso  un  affare  ; 
istradare,  stradare  ;  gettare  le  fondamenta  ;  incardi- 
nare un  negozio.  -  Intavolare,  incominciare  una  di- 
scussione, una  trattazione  e  simili.  -  Introdurre, 
dare  incominciamento,  mettere  in  uso.  -  Mettersi 
bene,  cominciare  e  prometter  bene.  ■  Proemiare,  fare 
un  proemio,  una  prefazione.  -  Promuòvere,  essere, 
farsi  promotore,  iniziatore,  fautore  d'alcuna  cosa, 
perché  incominci  ad  avere  effetto.  -  Ravviare,  rico- 
minciare. -  Hicominciare,  ripete  cominciare;  comin- 
ciare di  nuovo.  -  Riprendere,  ricominciare. 

Cominciamento  :  il  cominciare,  la  primissima  parte 
di  Viìi' azione:  imbarco;  incamminamento,  incoa- 
zione, incominciamento,  iniziamento,  introduzione; 
primo  germe,  primo  ingresso.  Figur.,  abbici,  alba, 
antipasto,  aurora,  -  Esordio,  cominciamento  di  di- 
scorso, di  componimento  e  simili.  -  Inizio,  comin- 
ciamento di  un'istituzione,  di  un'impresa  e  simili: 
il  periodo  in  cui  tali  cose  sono  ancora  nel  loro 
primo  sviluppo  ;  avviamento,  avviatura  ;  istrada- 
mento,  straclamento  ;  primo  passo  ;  primordio.  Fi- 
gur., fanciullezza,  infanzia,  mattino,  primavera.  - 
All'inizio:  a  pie  del  pero;  in  baccelli. 

Inaugurazione,  detto  di  monumento  e  simili.  - 
Iniziale,  agg.  di  cosa  che  stia  od  avvenga  al  prin- 
cipio di  un'  azione  o  simili  :  cominciativo,  incoa- 
tivo, iniziative;  institutivo,  introduttivo,  introdut- 
torio ;  principiativo,  -  Iniziativa,  l'atto  di  chi  si  fa 
iniziatore  di  qualche  impresa,  inducendo  altri  a 
parteciparvi:  idea  genetica,  prima  idea.  -  Prefazio- 
ne, parie  con  la  quale  incomincia  un  libro  .-proe- 
mio. -  Preliminare   (più  spesso  al  plurale),  prima, 


iniziale  disposizione  delle  cose  attinenti  a  un  trat- 
tato da  farsi.  -  Premessa,  le  prime  parole  di  un 
discorso.  -  Preludio,  principio,  proemio  :  special- 
mente di  musica  (frane,  ouverture).  -  Principio, 
di  periodo  di  tempo. 

Comincunte:  che  comincia,  è  sul  principio:  en- 
trante, esordiente,  incipiente  ;  in  erba  ;  novellino, 
nuovo  ;  j)rincipiante  (questa  designazione  si  ap- 
plica a  chi  incomincia  ad  esercitare  nnarte,  una 
professione,  ecc.  ;  a  chi  è  ancora  poco  pratico 
nel  proprio  mestiere).  -  Elementare,  di  studio  o 
d'altro  dal  quale  si  incomincia.  -  Incipiente,  comin- 
ciante, che  è  sul  cominciare.  -  Primo,  di  ciò  che 
comincia  un  ordine  di  cose. 

Locuzioni.  —  Alfa  ed  omèga,  il  principio  e  la 
fine.  -  Da  capo,  di  nuovo,  una  seconda  volta,  ri- 
cominciando. -  Di  prima  uscita,  sul  bel  principio, 
sul  cominciare. 

Rarba  bagnata  è  mezzo  fatta  :  il  più  sta  nel  co- 
minciare. -  Chi  ben  comincia  é  a  metà  dell'  opera.  - 
Chi  comincia  male  finisce  peggio.  -  Incominciando, 
pensa  al  fine.  -  Suona  che  io  ballo  :  comincia  che  io 
seguiterò. 

Cominciare  {cominciamento,  cominciato).  Avere 
principio  (di  cose  immateriali);  principiare  (di 
cose  iiiateriali). 

Comino.  Pianta  aromatica  :  veggasi  a  finoc- 
chio. 

Comitato.  Giunta,  commissione^  per  consul- 
tarsi in  cose  d'interesse  speciale  militare;  gruppo 
di  persone  a  cui  è  affidata  l'autorità  di  discutere, 
sorvegliare,  dirigere,  ecc.;  anche  gruppo  di  persone 
che  prendano  una  qualsiasi  iniziativa  (comitato  di 
beneficenza,  di  soccorso,  di  festeggiamenti,  ecc.).  -  Co- 
mitato delle  corse,  veggasi  a  corse  ippiche.  -  Comi- 
tato di  salute  pubblica,  il  più  famoso  dei  Comitati  ri- 
voluzionari in  Francia  :  ebbe  vero  potere  esecutivo 
al  tempo  della  Convenzione  e  precedette  il  primo 
trionfo  del  sistema  rivoluzionario.  -  Comitato  elet- 
torale, veggasi  ad  elezione.  -  Comitato  generale,  in- 
quirente, segreto,  veggasi  a  Parlamento. 

Comitato.  Nel  medioevo,  il  territorio  soggetto 
a  un  conte. 

Comitiva.  Brigata,  compagnia. 

Còmlto.  Chi,  anticamente,  comandava  la  ciur- 
ma e  sopraintendeva  alle  vele  d'una  nave. 

Comiziale.  Detto  a  comizio  e  a  verso. 

Comizio.  In  origine,  adunanza  e  il  luogo  nella 
quale  il  popolo  romano  dava  i  suoi  suffragi,  i  suoi 
voti,  per  Velezione  di  un  magistrato  o  per  al- 
tro ;  ancora  dicesi  di  adunanza  pubblica  nella  qua- 
le, mediante  voto.,  si  fanno  elezioni,  si  trattano 
questioni  di  pubblico  interesse,  si  formula  una  pro- 
testa, ecc.:  accolta,  adunata,  assemblea,  assem- 
bramento ;  conferenza,  consesso,  consiglio,  conci- 
lio, congrega,  congresso,  consulta  ;  convocamento; 
dieta;  radunata,  ragunata,  raunata.  Ingl.,  meeting 
(pron.  miting).  -  Comiziale,  aggiunto  di  giorno  in 
cui  si  tenevano  o  era  lecito  tenere  i  comizi.  -  Mi- 
tingaio, oratore  di  comizio,  o  da  comizio.  -  Morbo 
comiziale,  gli  attacchi  epilettici,  ritenuti  di  malau- 
gurio durante  i  comizi  romani  e  che  perciò  ne  cau- 
savano l'immediato  scioglimento. 

Comizio  agrario,  associazione  di  persone,  che 
hanno  interessi  agricoli. 

Comizi  romani.  —  Si  tenevano  con  intendimenti 
diversi,  e  si  distinguevano  con  varie  denominazioni: 
Comizi  calati  {comitia  calata),  assemblee  formate  di 
patrizi,  convocati  dal  gran  pontefice,  per  udire  li. 
lettura  del   calendario  mensile,   confermare   testa- 


COMMA    —    COMMEDIA 


629 


menti,  assistere  alla  consacrazione  dei  sacerdoti  e 
alla  cerimonia  {ieWsideteslaiio  ,soaor?<m,  per  la  quale 
un  uomo  rinunciava  alla  fami'dia  o  al  dovere  di 
celebrare  alcuni  riti  ereditari  di  sua  spettanza.  - 
Comizi  curiali  fcomitia  curiata),  assemblea  di  pa- 
trizi che,  ai  tempi  della  repubblica,  si  riuniva  sol- 
tanto per  conferire  Vimperium  ai  consoli  e  ai  pre- 
tori, e  per  decidere  della  guerra  e  della  pace.  -  Nei 
comizi  centuriati  {comitia  centuriala)  il  popolo  era 
convocato  secondo  la  divisione  in  classi  e  in  cen- 
turie, istituita  da  Servio  Tullio:  erano,  in  teorica, 
l'assemblea  dell'esercito  (ed  esercilus  si  chiamò  qual- 
che volta  tale  adunanza)  ;  erano  convocati  solo  da 
un  magistrato  investito  di  imperium  (dittatore,  con- 
sole, pretore),  e  si  tenevano  di  solito  nel  Campo 
Marzio,  diviso,  mediante  sbarra,  in  tanti  saepta,  o 
recinti,  uno  per  ogni  centuria.  -  Comizi  tributi  {co- 
mitia tributa),  ampliamento  dei  comitia  plebis,  che, 
da  principio,  erano  tenuti  dai  tribuni  (magistrati 
che  incondnciarono  presto  a  interrogare  la  plebe, 
invitandola  a  votare  per  tribù),  poi  dai  consoli  e 
dai  pretori,  e  si  consideravano  come  un'assemblea 
costituzionale.  Tuttavia  questa  assemblea  si  chia- 
mava comitia  tributa  quando  presieduta  da  magi- 
strati, patrizi  0  curuli,  e  concilium  plebis  quando 
presieduta  da  magistrati  plebei. 

Comma.  Piccola  particella  di  jyeriodo.  -  Pa- 
ragrafo di  legge.  -  Il  minimo  intervallo  di  musica 
percettibile  all'orecchio. 

Gommata.  Veggasi  a  tragedia. 

Commatismo.  Detto  a  concisione. 

Commèdia.  Componimento  scenico,  dramma- 
tico, d'argomento  e  stile  piacevole,  di  soggetto  per 
lo  più  domestico,  distinto  dalla  farsa  per  maggiore 
intreccio,  maggior  mole,  maggiore  importanza,  e  dal 
dramma,  che  è  di  soggetto  più  serio,  più  grave, 
Accostandosi  aìh  tragedia  :  comedia;  dramma  co- 
mico, dramma  satirico,  a  lieto  fine;  composizione 
aristofanesca;  materia  da  coturni  e  non  da  socchi; 
fìgur.,  sòcco. 

La  commedia  segue  le  regole  generali  dell'arte 
drammatica;  è  in  prosa  o  in  versi  (veggasi  a 
verso)  ;  a  tesi  o  no  ;  brillante  o  seria.  E'  recitala,  rap- 
presentata nel  teatro  da  artisti  detti  commedianti, 
còmici  (veggasi  a  cdm,ico),  tra  i  quali,  secondo  la 
parte,  si  distinguono  l'amoroso,  o  attor  giovine, 
il  brillante,  il  caratterista,  il  primo  attore,  la  prima 
attrice,  Yamorosa,  ecc.  -  Commediaccia,  cattiva  com- 
media ;  anche,  commedia  tanto  o  poco  immorale.  - 
Commedia  da  marionette,  ridicola.  -  Commedietta, 
commedina,  commediola,  commedia  breve  :  azioncel- 
la,  di  intreccio  semplice.  -  Lommediona,  commedione, 
grande  commedia,  recitata  con  grande  apparato  ; 
anche,  commedia  lunga.  -  Commediuccia,  commedia 
da  poco,  di  poco  valore.  -  Comèdico,  di  com- 
media. 

Commedia  aneddotica,  quella  il  cui  fondo  è  un  a- 
neddoto;  a  soggetto, ocomm.  dell' arte,  commedia  estem- 
poranea, quella  che  si  recitava  in  epoca  anteriore 
al  Goldoni  ;  a  tesi,  cioè  fatta  per  la  dimostrazione  di 
una  verità  o  di  un  concetto  morale  ;  di  cappa  e  spada, 
detta  dai  francesi  quella  commedia  che  non  ha  unità 
d'azione  e  di  luogo;  di  carattere,  quella  nella  quale, 
più  che  l'interesse  derivante  dall'intreccio,  l'autore 
cerca  di  dare  colore  ed  evidenza  al  carattere  dei  singoli 
personaggi  ;  di  costumi,  quella  che  ha  per  oggetto 
la  pittura  dei  costumi  d"  un  popolo  ;  di  genere, 
quella  paragonata  a  qualche  quadro  di  genere  e 
rappresentante  scene  intime  ;  d'  intreccio  o  d'intrigo, 
quella  che,  per  la  molteplicità  degli  incidenti,  ha  lo 


scopo  d'interessare  e  divertire;  episodica,  quella, 
nella  quale  le  scene  hanno  poco  legame  fra  loro; 
moderna  o  sociale,  dei  tempi  moderni,  dei  fatti  della 
società;  pastorale,  quella  in  cui  gli  attori  rappre- 
sentano pastori;  storica,  che  rappresenta  i  costumi 
de'  tempi  passati. 

Comitragedia,  tragedia  da  ridere  o  commedia  da 
piangere.  -  Commedia  italiana,  la  rappresentazione 
di  un'  azione  die  si  svolge  tra  personaggi  conven- 
zionali, che  rappresentano,  per  una  specie  di  assi- 
milazione ,  compresa  da  tutti,  i  membri  della  so- 
cietà reale.  Ne  erano  personaggi  principali  :  il  pa- 
dre Cassandro,  vecchio  borghese  o  maestro  di  casa 
ridicolo  e  ingannato  ;  Colombina  o  Isabella,  sua  fi- 
glia, ecc.;  Cecchino,  amante  di  (colombina;  Pagliac- 
cio, il  servo  fannullone  e  gì  iotto;  Eyidio,  il  bello; 
Leandro,  lo  sciocco.  -  Commediavaudeville :  cosi 
chiamano  i  francesi  la  commedia  nella  quella  s'inter- 
calano delle  ariette,  allo  scopo  di  dilettare  anche  col 
canto.  -  Idillio,  componimento  poetico,  segnatamente 
presso  i  Greci,  quasi  simile  all'  egloga,  la  materia 
del  quale  è,  per  lo  più,  di  eventi,  azioni  ed  amori 
pastorali.  -  Scherzo,  produzione  scherzosa.  -  Piaz- 
zata, commedia  improvvisata  da  ciarlatani  sulle 
piazze:  arlecchinata,  pagliacciata.  -  Poc/ìode  (frane), 
specie  di  commedia  o  farsa  in  più  atti,  dalle  tro- 
vate mverosimili  e  dal  fondo  scurrile,  scettico,  ele- 
gante. -  Produzione,  per  dramma  o  commedia  o  tra- 
gedia. -  Pulcinellata,  commedia  con  la  maschera  de 
pulcinella.  -  Tragicommedia,  rappresentazione  che 
partecipa  della  tragedia  e  della  commedia. 

Struttura  della  commedia.  —  Personaggi. 
Voci  varie. 

La  commedia  può  essere  di  un  atto  o  di  più  atti, 
come,  del  resto,  ogni  componimento  drammatico, 
tranne  quello  detto  monologo;  è  scritta  a  forma  di 
dialogo,  pure  come  il  dramma,  la  tragedia,  ecc.  Per 
queste  voci,  quindi,  come  per  molte  altre  {finale, 
intreccio,  parte,  prologo,  prova,  recita  o  rappresen- 
tazione, ripresa,  scena,  sceneggiatura,  svolgimento,  ecc.) 
veggasi  a  drammatica  (arte).  Cosi  anche  per  va- 
rie locuzioni  nostre  e  straniere,  quali  :  donnée,  lecer 
de  rideau,  tenere  il  cartello,  ecc. 

Attore,  interlocutore,  personaggio,  protagonista,  veg- 
gasi a  dram,matica.  -  Istrione,  attore  còmico,  in 
senso  spregiativo.  -  Màschere,  personaggi  dell'  an- 
tica commedia  dell'arte  (Arlecchino,  Brighella,  Sten- 
terello, ecc.):  veggasi  a  màschera. 

Barudda,  tipo^  di  servo  furbacchione,  vantatore, 
pauroso.  -  Bartoccia,  contadino  bonaccio  e  burlone 
dell'Umbria.  -  Colombina,  nome  di  donna,  uno  dei 
tipi  più  graziosi  delle  commedie  di  Goldoni.  -  Co- 
rallina, uno  dei  personaggi  della  vecchia  commedia 
a  soggetto  e  uno  dei  più  graziosi  tipi  goldoniani.  - 
Grazioso  (gracioso),  personaggio  buffo  della  comme- 
dia spagnuola.  -  Guaiassa,  nell'antica  comniedia  del- 
l'arte, il  tipo  della  napoletana,  donna  matura,  forte, 
linguacciuta.  -  Jocrisse,  personaggio  sciocco  e  ridi- 
colo della  commedia  francese. 

Commediante,  recitatore  di  commedia,  cdm,ico.  - 
Commediografo,  scrittore  di  commedie  :  autore  sce- 
nico, mimografo,  poeta  comico;  anche,  semplice- 
mente, poeta,  comedo,  commediaio  (voci  disus.),  - 
Calzare  il  socco,  o  commediare  (non  us.),  scrivere 
commedie.  -  Verve  (frane),  brio,  calore,  anima,  tanto 
dell'artista  quanto  dello  scrittore  di  commedie.  - 
Vis  còmica,  locuzione  comune  ed  efficace  indicante 


630 


COMMEDIANTE    —   COMMENTO 


forza  comica,  potenza   drammatica,  la   qualità   ne- 
cessaria allo  scrittore  per  ottenere  il  suo  eflelto. 
Talia,  musa  della  commedia. 

Commedia  greca  e  romana. 

Gi'ECA.  —  Commedia  attica  antica,  quella  apparsa 
in  Atene,  nel  V  secolo  a.  C,  e  della  quale  furono 
principali  autori  Gratino,  Cratete,  Eupoli  e  Aristo- 
fane ;  aveva  carattere  politico  e  satirico  insieme.  - 
Commedia  di  mezzo,  quella  durata  fra  il  390  e  il 
320  a  C:  non  ebbe  cori  e  si  ridusse  ad  una  cari- 
catura dei  costumi  del  tempo.  -  Commedia  nuova 
(320-250),  quella  di  Menandro  e  di  Difìlo,  comme- 
dia di  carattere  :  da  essa  derivò  quella  di  Plauto  e 
di  Terenzio  e,  più  tardi,  quella  di  Molière  e  di 
Goldoni. 

Gli  attori  si  chiamavano,  generalmente,  upocritai 
(responsori).  Principali  :  il  protagonista,  che  aveva 
la  parte  più  importante  ;  il  deuteragonista,  che  aveva 
la  seconda  parte,  per  lo  più  parte  di  donna;  e  il 
tritagonista,  che  ne  aveva  più  d'una.  Talvolta  i  due 
attori  principali  dovevano  fare  altre  parti  accesso- 
rie, oltre  quella  che  loro  spettava.  -  Maschera  co- 
mica, quella  che  serviva  alla  commedia:  general- 
mente provvista  di  una  parrucca  o  di  una  corona, 
non  aveva  però  l'alto  froìitale  della  maschera  tra- 
gica e  non  accresceva  la  statura  dell'attore.  -  Pa- 
rabase,  parabasi,  specie  di  digressione  e  di  inter- 
mezzo nella  commedia  gre^a. 

Il  vestiario  dell'  antica  ommedia  era,  più  che 
quello  della  tragedia,  simi'.e  al  vestiario  comune; 
ma  il  petto  e  lo  stomaco  degli  attori  venivano  ri- 
dicolm^,nte  gonfiati  con  guanciali.  Alcuni  avevano 
solo  una  tunica  attillata,  o  somàtion,  che  li  faceva 
apparire  quasi  ignudi  ;  altri  portavano  sopra  il  so- 
màtion  ni  corto  xiton,  con  una  manica  o  con  due; 
sulla  tunica  si  metteva  talvolta  un  imàtion,  o  qual- 
che artra  veste  in  forma  di  scialle  e  consistente  in 
una  pelle  di  capra  (sisuraj  o  in  un  mantello  rozzo 
e  grossolano  ftribónion).  I  calzari  più  antichi  erano 
detti  upodèmata  ed  embàdes  ;  più  eleganti  per  gli 
uomini  quelli  detti  daconicai,  e  per  le  donne  quelli 
detti  persicai.  Queste  calzature  erano,  pare,  specie 
di  pantofole  basse,  come  quelle  che  i  Romani  chia- 
mavano socci.  I  coreuti  della  commedia  erano  ve- 
stiti in  foggie  diverse,  secondo  il  carattere  del  coro. 
Gli  attori  della  commedia  nuova  vestivano  gli  abiti 
della  vita  ordinaria. 

Romana.  —  La  commedia  romana  era  di  due  spe- 
cie: la  palliata,  di  argomento  greco,  l'azione  della 
quale  si  svolgeva  in  Grecia  e  nella  quale  gli  attori 
portavano  il  pallium  (imàtion)  ;  e  la  togata,  in  cui 
gli  attori,  vestiti  con  la  toga,  recitavano  un  dram- 
ma di  argomento  italico.  Le  togatae  erano  divise  in 
trabeatae,  o  commedie  che  rappresentavano  i  costu- 
mi delle  persone  di  alto  grado,  e  in  tabemariae, 
che  riproducevano  le  usanze  del  popolo.  Da  queste 
si  distinguevano  le  rhintonacae,  farse  condotte  su  fa- 
vole mitologiche,  portate  a  Roma  da  Rintone  di  Ta- 
ranto. Talvolta  la  commedia  latina  era  una  mesco- 
lanza di  due  azioni  greche:  tal  fatto  si  chiamava 
contaminatio,  e  le  favole  contaminatae.  Una  palliata 
cominciava,  per  lo  più,  con  un  prologo,  specie  di 
riassunto  dell'argomento,  col  quale  l'autore  si  rivol- 
geva agli  spettatori,  come  nella  parabasi  dell'antica 
commedia  attica.  Le  parti  degli  attori  (la  musica 
non  dovendo  essere  bandita)  si  dividevano  in  di- 
verbia  e  in  cantica,  cioè  in  dialoghi  parlati  e  mo- 
Hologhi  (talvolta  anche    dialoghi)  cantati.   -  Prete- 


stata era  detta  la  commedia  nella  quale  compari- 
vano i  grandi  con  la  toga  detta  praetesta.  ■  I  Romani, 
poi,  chiamavano  motoria  la  commedia  molto  movi- 
vimentata,  e  stataria  quella  nella  quale  era  poco 
movimento  ;  mista  quella  che  partecipava  di  un  ge- 
nere e  dell'altro.  -  Altre  azioni  drammatiche,  an- 
tecedenti all'epoca  in  cui  la  letteratura  greca  fu  co- 
nosciuta in  Italia,  erano  dette:  Fabulae^fescemiinae 
(forse  da  Fescennium,  città  dell'  Etruria),  Satiirae 
(mescolanza  di  cose  varie).  Mimi  e  Atellanae  (da 
Atella,  città  della  Campania).  Tutte  queste  foggie  di 
drammi  erano  improvvisazioni  nelle  quali  avevano 
preponderanza  il  comico  e  il  rustico. 

Al  tempo  di  Plauto  e  di  Terenzio,  gli  attori  si 
raccoglievano  in  compagnie,  dette  greges,  sotto  la 
direzione  di  un  capo,  detto  dominus  gregis.  Le  ma- 
schere, adoperate  già  nelle  atellane  da  tempi  anti- 
chissimi, furono  introdotte  nelle  palliate  solo  dopo 
Terenzio.  -  Socco,  scarpino  o  sandalo  pianissimo  o 
basso,  alla  contadina  :  i  commedianti  se  ne  ser- 
vivano sul  teatro  quando  rappresentavano  persone 
di  bassa  o  mediocre  condizione.  E  socci  dicevano  i 
Romani  per  indicare  la  commedia,  come  cothurni 
per  indicare  la  tragedia. 

Commediante.  Attore,  còmico. 

Commediògrafo.  Lo  scrittore  della  com- 
media. 

Coiumemorare,  commemorazione  {com- 
memoràbile, commemorativo).  Veggasi  a  ricordare. 

Commenda.  Detto  a  coìntnendatore. 

Commendare  (commendabile,  commendato).  Lo- 
dare, dar  lode,  per  lo  più  altamente. 

Commendatizia  (commendatizio).  Scritto,  let' 
tera  per  raccomandazione. 

Commènda,  commendatario.  Veggasi  a  be- 
nefizio ecclesiastico. 

Commendato.  Detto  a  vassallo. 

Commendatore.  Titolo  di  un  grado  elevato, 
negli  ordini  equestri,  al  disopra  di  quello  del  ca- 
valiere. -  Commenda,  grado  al  quale,  in  qualche 
ordine  cavalleresco f  è  unita  una  rendita. 

Commendevole.  Commendabile,  lodevole:  che 
merita  lode. 

Commensale.  Che  sta  alla  medesima  mensa. 

Commensuràbile.  Che  si  può  misurare. 

Commensurabilità.  Veggasi  a  misura. 

Commensurare  [commensurato).  Il  misurare 
insieme. 

Commentare  {commentato).  Far  commento. 

Commentarlo.  Detto  a  coìnmento  e  a  libro. 

Commentatore.  Chi  fa  il  comtnento. 

Commento.  Interpretazione  delle  idee,  delle 
dottrine  e  delle  parole  di  un  libro,  di  un'opera 
letteraria,  scientifica,  o  del  senso  di  un  passo  ;  serie 
ordinata  di  annotazioni  ad  un'opera:  annotamento, 
annotazione;  apostilla;  chiosa,  cemento;  delucida- 
zione; glosa,  glossa;  nota,  notazione,  noterella, 
notola;  postilla;  schiarimento,  scolio;  spiegazione. - 
Commentarioletlo,  commentar  ietto,  commenticulo,  breve 
commento.  -  Commentari,  presso  i  Romani  le  me- 
morie scritte  da  una  persona  intorno  alle  proprie 
azioni.  -  Esegesi,  spiegazione  o  commento;  com- 
mento delle  leggi.  Esegesi  allegorica,  dogmatica, 
storica,  interpretazione  e  commento  della  Bibbia.  • 
Glossema  (gr.),  voci  aggiunte  al  discorso  per  spie- 
garne altre,  premesse,  che  sembrano  oscure. 

Commentare,  far  commenti  all'opera  di  un  autore, 
aggiungendovi  note  e  spiegazioni  :  annotare,  chiosare 
codicillare,  cementare;  far  chiosa,  chiose,  le  chiose; 
glosare,  glossare;  illustrare,  interpretare,  postillare; 


COMMERCIABILE    —  COMMERCIO 


631 


spiegare,  dare  spiegazione.  -  Parajrasare,  indurre 
in  parafrasi  (veggasi  a  interpretazione).  -  Stra- 
comentare,  commentare  minutamente. 

Commentatore:  autore  di  commenti,  chi  com- 
menta; cliiosatoré;  dimostratore,  esplicatore,  espo- 
sitore; glosatore,  glossatore;  glossografo,  glossologo ; 
illustratore,  interprete;  metafraste,  spiegatore; 
sponitore. 

Esegeta,  interpretatore  della  Bibbia.  -  Scoliaste, 
lo  scrittore  che,  anticamt^nte,  apponeva  brevi  note 
marginali,  postille,  al  testo  degli  scrittori  greci 
e  latini  ;  alterata  la  lingua  e  decadute  le  lettere, 
l'ufficio  degli  scoliasti  diventò  importantissimo. 

Commerciabile.  Detto  a  commercio. 

Commerciale  Di  commercio,  riflettente  il 
commercio. 

Commercialmente.  Da  commerciante,  secondo 
gli  usi  del  commercio. 

Commerciante.  Chi  esercita  il  commercio. 

Commerciare  {commerciato).  Far  commercio. 

Commercio.  Scambio  di  merce  con  altra  merce 
o  con  denaro,  in  uno  stesso  luogo  o  tra  paese  e  pae- 
se; l'esercizio  d'acquistare  o  coìnprare  e  vendere 
merci,  fare  a  baratto  di  esse  o  farne  cambio,  traffi- 
care derrate,  negoziare  cambiali,  titoli,  ecc.;  libera 
facoltà  di  trafficare  e  trattare  insieme  fra  diverse 
nazioni,  e  il  traffico  stesso  :  arte  del  mercatare,  com- 
merzio;  mercadanzia,  mercanteria,  mercatanzia,  mer- 
catura; movimento  e  scambio  di  merci  (da  paese 
a  paese);  negoziazione,  negozio;  operosità  commer- 
ciale; rivenderla,  venderla;  traffico.  Il  commercio  è 
interno  (esercitato  entro  i  confini  di  paesi),  esterno 
(fatto  con  Yesfero),  terrestre  (con  trasporti  per  via 
di  terra),  marittimo  (per  via  di  mare),  in  grande, 
in  piccolo,  ecc.  E'  animato,  attivo,  fiorente,  florido, 
vivace,  VIVO,  oppure  arenato,  fermo,  incagliato,  cioè 
con  poco  movimento  d'afl"ari  o  in  condizioni  difficili. 

Commercio  all'ingrosso,  in  digrosso,  ingrosso:  di 
commercio  in  grande;  al  minuto,  o  commercio  mi- 
nuto, quando  fatto  in  piccole  partite  di  merci  e  di 
seconda  mano;  coloniale,  il  commercio  esercitato  in 
relazione  con  la  colònia  o  le  colonie;  di  transito, 
quando  soggetto  a  dazio  in  una  dogana  e  diretto 
a  un'altra;  internazionale,  che  si  fa  tra  nazione  e 
nazione;  libero,  senza  dazi.  -  Commercio  del  Levante, 
dell'Asia.  -  Dettaglio,  commercio  minuto  (francesi- 
smo). -  Mercimonio,  traffico  illecito.  -  Monopolio, 
traffico  esclusivo  privilegiato.  -  Ramo,  parte  speciale 
di  commercio.  -  Speculazione,  commercio,  ma  per 
lo  più  in  cattivo  senso. 

Commerciabile,  che  si  può  commerciare;  tutto 
quanto  è  materia  da  commercio,  oggetto  di  commer- 
cio: contrattabile,  mercantesco,  mercantile,  merca- 
tantevole,  mercatabile,  mercatorio;  trafficabile.  - 
Incommerciabile,  che  non  può  essere  commerciato; 
che  non  è  mercantile. 

Commerciale,  di  commercio,  riflettente  il  commer- 
cio :  mercantesco,  mercatantesco,  mercantile,  merca- 
torio. -  Lettera,  stile,  lingua,  ecc.,  mercantile,  com- 
merciale. 

Commercialmente,  in  commercio,  secondo  l'uso 
commerciale;  mercantilmente,  mercatantilmente. 

Il  commerciante.  -  Altre  persone 

CHE  attendono  IN  QUALCHE  MODO  AL  COMMERCIO,  ECC. 

Commerciante,  chi  commercia,  che  si  dà  al  com- 
mercio in  genere,  chi  occupa  il  proprio  tempo  e  i 
propri  capitali  nel   commercio:  barattatore  (voce 


ant.);  faccendiere;  mercadante,  mercatante,  merca 
tore;  negoziante,  negoziatore;  trafficante,  traffica- 
tore;  venditore.  -  Commerciante  da  poco,  mercan 
tuzzo,  mercatantuzzo,  mercatantuzzolo.  -  Gran  com 
merciante,  il  commerciante  di  molta  importanza, 
ricco:  grosso  mercante,  mercantone,    mercatantone 

-  Piccolo  commerciante,  quello   che  ha  un  ristretto 
giro  d'affari.  -  Solvibile,  il  commerciante  che  ha 
mezzi  per  soddisfare  i  suoi  impegni,  per  pagare. 

Accomandante,  chi,  in  qualità  di  semplice  capita 
lista  non  responsabile,  somministra  i  fondi  a  una 
ditta,  senza  far  parte  della  ragione  sociale,  né  in 
gerirsi  dell'amministrazione.  -  Accomandatario,  chi 
amministra  la  società  in  accomandita,  dà  il  nome 
alla  ditta  e  risponde  con  tutto  il  proprio  avere. 

Agente,  persona  che  agisce  per  conto  altrui; 
intermediario  fra  chi  compera  e  chi  vende.  -  Azio- 
nario 0  azionista,  proprietario  di  una  o  più  azioni; 
0  colui  che  ha  parte  in  un'  intrapresa. 

Bagarino,  voce  dialettale  romana,  estesasi  in  Lom- 
bardia e  altrove,  per  indicare  colui  che  fa  incetta 
di  biglietti  di  teatro  o  di  altre  cose  molto  ricercate, 
allo  scopo  di  rialzarne  artificiosamente  e  disonesta- 
mente il  prezzo.  E  bagarinaggio  ciò  che  fa  il  ba- 
garino. -  Buzzurro,  nell'uso,  lo  svizzero  che  viene 
in  Italia,  d'inverno,  a  vendere  bruciate,  polenta,  ecc. 

Caratista,  chi  è  socio  in  una  società  commerciale 
in  accomandita  semplice  (da  carato,  quota).  -  Com- 
messo,  l'incaricato  d'affari  in  una  casa  di  commercio; 
chi  agisce  per  incarico  di  un  principale.  -  Commesso 
viaggiatore  (anche,  semplicemente,  viaggiatore), 
persona  incaricata  da  una  casa  di  commercio  di  por- 
tare in  altre  città,  in  altri  paesi,  campioni  del  genere 
e  far  vendite  per  la  casa  e  stabilire  relazioni.  -  Com- 
missionario, chi  fa  commissioni  per  una  ditta,  ven- 
dendo e  anche  comperando,  sempre  per  conto  della 
medesima..-  Committente,  chi  incarica  un  terzo  (il  com- 
missionario) di  trattare  faccende,  negozi  per  proprio 
conto;  chi  dà  una  commissione.  -  Complimentario, 
il  socio  0  il  primo  tra  i  commessi  d'una  casa  che  ha 
il  mandato  di  rappresentarla,  trattare  gli  affari,  fir- 
mare, ecc.  -  Consegnante  o  depositante,  colui  che 
consegna  o  depone  merci  presso  altri.  -  Console, 
agente  commerciale  e  politico  in  un  paese  straniero. 

Depositario,  colui  che  riceve  il  deposito,  merci 
o  simili  in  consegna.  -  Dettagliatore,  venditore  a 
taglio,  a  ritaglio,  a  minuto  od  al  minulo. 

Ferravecchio,  chi  compra  e  rivende  la  roba  usata 
d'ogni  genere.  -  tornitore,  chi  provvede  all'ingrosso 
i  piccoli  negozianti. 

Gente  mercantile,  data  al  commercio.  -  Gerente, 
colui  che  dirige  tutto  l'andamento  di  una  casa  com- 
merciale, incontrandone  la  responsabilità.  -  Giovane 
di  banco,  chi  aiuta  il  negoziante  in  un  banco,  in 
una  bottega.  -  Grossiere,  grossista,  chi  commercia 
a  grandi  partite  e  non  al  minuto  :  fornitore.  -  Guor 
stamestieri,  chi  fa  dannosa  concorrenza  ad  altri, 
rendendo  a  un  prezzo  più  basso  e  spesso  con  altra 
roba  di  qualità  inferiore. 

Imprenditore,  chi  opera  per  conto  altrui,  ma  con- 
ducendosi liberamente  nel  maneggio  della  cosa  come 
fosse  propria,  -  Incettatore  o  endicaiuolo,  chi  incetta 
0  compera  robe  per  serbarle  a  scopo  di  rivenderle 
poi  con  lauto  guadagno.  -  Institore,  colui  che  viene 
da  altri  preposto  all'esercizio  d'un  commercio. 

Liberista,  chi  è  favorevole  al  libero  scambio  fra 
nazione  e  nazione,  senza  restrizione  né  accettazione 
di  alcun  dazio  protettore  di  prodotti  o  d'industrie. 

-  Libero  scambista,  chi  propugna  il  sistema  del  com- 
mercio libero,  specialmente  in  rapporto   al  sistema 


632 


COMMERCIO 


degli  scambi  internazionali.  -  Liquidatore,  chi  è 
cliiamato  a  liquidare,  (veggasi  più  innanzi:  vicende, 
peripezie,  ecc.,  del  commercio). 

Mediatore,  chi  è  autorizzato  ad  intromettersi  fra 
le  parti,  al  fine  di  agevolare  atti  di  commercio: 
sensale.  -  Mereiaio^  chi  ha  bottega  di  merce- 
ria, cioè  di  cose  minute  attinenti  al  vestiario.  - 
Monopolista,  operatore  di  monopoli:  veggasi  più  in- 
nanzi {operazioni  di  commercio). 

Negoziante,  chi  conduce  o  tratta  affari,  maneggi 
pubbici  0  privati:  commerciante,  negoziatore. 

Pazzariello,  in  Napoli,  specie  di  banditore  popo- 
lare, il  quale,  vestito  con  abiti  chiassosi,  con  bastone 
in  mano,  seguito  da  flauti  e  tamburi,  grida  la  merce. 

-  Piazzista,  agente  di  commercio  che  fa  affari  per 
conto  di  terzi  nella  città  o  circondario.  -  Principale, 
capo  di  una  casa  di  commercio.  -  Procuratore,  chi 
è  investito  del  mandato  di  procura.  -  Promotore, 
chi  inizia  e  fonda  un'impresa,  commerciale  o  d'altra 
natura.  -  Protezionista,  che  favorisce  il  protezioni- 
smo, cioè  il  sistema  economico  che  suol  difendere 
le  industrie  nazionali,  per  mezzo  delle  dogane  dalla 
concorrenza  dei  prodotti  forestieri. 

Raccomandatario,  la  persona  incaricata  di  rappre- 
sentare una  ditta  mercantile  o  una  società  di  com- 
mercio. -  Ragione  di  commercio,  nome  della  persona 
sola  o  in  società  che  si  mette  in  commercio.  -  Rap- 
presentante, la  persona  che  tratta  gli  affari  d'una 
ditta  0  d'una  società  commerciale,  ifuori  dalla  sede 
di  questa.  -  Migattiere,  rivenditore  di  vesti  e  di 
masserizie  usate.  -  Rilevatario,  chi  compera  e  su- 
bentra nell'esercizio  di  un  commercio.  -  Miven- 
dugliolo  {rivendiigliola),  chi  rivende  oggetti  di 
poco  prezzo:  barattiere,  bottegaio,  negoziante  al 
minuto;  mercatino;  rivendàgnolo,  rivendaiuolo,  ri- 
venditore; ritagliatore;  treccone,  treccona. 

Sensale,  mediatore,  chi  si  intromette  tra  vendi- 
tore e  compratore.  E  sensaria  V  opera  del  sensale 
0  mediatore  per  la  conclusione  di  qualche  negozio; 
mercede  a  lui  dovuta,  o  prezzo   della   mediazione. 

-  Sindaco,  nelluso  comune  conmierciale,  titolo  che 
si  dà  a  colui  che  viene  designato  alla  cura  degli 
interessi  dei  creditori  e  ad  invigilare  su  tutti  gli 
affari  d'un  tallimento.  -  Socio  d'industria,  colui  che, 
privo  di  mezzi,  si  associa  ad  un  capitalista  per 
esercitare  il  commercio  o  l'industria  per  cui  ha 
cognizioni  tecniche.  -  Socio  capitalista,  colui  che 
mette  il  capitale  per  un'industria,  per  un  commercio 
qualsiasi,  con  una  o  più  persone.  -  Spacciatore, 
rivenditore,  bottegaio.  -  Speculatore,  chi  compera 
mercanzie  o  valori  nella  lusinga  che  abbiano  ad 
aumentare  di   prezzo,  per   rivenderle  con   profitto. 

-  Spedizioniere,  chi  s'incarica  di  far  trasportare 
merci  da  un  paese  ad  un  altro,  d' ordine,  per 
conto  altrui,  e  mediante  un  relativo  compenso. 

Case,  ditte,  società'  di  commercio. 

Luoghi  nei  quali  il  commercio  si  esercita. 

Istituti  di  commercio. 

Case,  ditte,  società'.  -  Agenzia,  ufficio  nel  quale 
si  trattano  atlari  di  vario  genere,  per  lo  più  a  conto 
di  terzi.  -  Anseatica,  da  hansa,  vecchia  voce  teuto- 
nica che  significa  associazione,  e  passò  a  indicare 
una  confederazione  commerciale  e  politica  tra  molte 
città  della  Germania.  -  Azienda,  dicesi  comune- 
mente per  ditta,  società,  ecc.;  anche,  per  ammi- 
nistrazione. -  Casa  di  commercio,  ditta,  o  sede 
separata  di  una  ditta.  -  Compagnia,  grande  associa- 


zione di  commercianti,  di  speculatori;  comunanza, 
d'interessati  in  negozi  e  in  traffici  mercantili.  Fa- 
mosa la  Compagnia  delle  Indie.  -  Corpo  dei  com-^ 
merciantt,  dei  negozianti,  il  loro  insieme,  la  loro 
classe. 

Ditta,  società  di  commercio  che  agisce  sotto  un 
dato  nome,  ha  la  stessa  firma:  nome  della  casa 
commerciale,  del  negozio  e  simili.  -  Fattorie  (lit. 
stor.),  le  case  di  commercio  delle  antiche  repubbli- 
che in  paesi  lontani.  -  Impresa,  compagnia  che 
si  obbliga  di  fornire,  mediante  una  somma  stabilita, 
merci,  derrate,  ecc.,  entro  un  tempo  fissato.  -  Lega, 
unione  di  più  nazioni  per  la  reciproca  protezione 
del  proprio  commercio.  -  Magona,  o  mahona,  maona, 
nel  medio  evo,  compagnia  di  trafiìco  a  Genova  e  a 
Lucca.  -  Ragione  sociale,  nome  che  viene  assunto 
da  un'azienda  commerciale,  quando  si  tratta  di  so- 
cietà. 

Società  commerciale,  riunione  di  più  persone  con 
l'intento  di  dedicarsi  al  commercio,  versando  all'uopo 
capitali.  -  Anonima,  la  società  che  ta  traffico  per 
azioni  (in  inglese,,  limited);  in  accomandila  o  co- 
mandila, società  di  commercio  o  compagnia  dì  ne- 
gozio, per  cui  una  o  più  persone  somministrano 
una  somma  di  danaro  pel  traffico  agli  accomandatari, 
mettendo  anche  la  loro  opera,  senz'obbligo  però  di 
responsabilità  verso  i  creditori  del  negozio  oltre  la 
somma  consegnata. 

Luoghi.  —  Banca,  veggasi  a  questa  voce.  - 
Bancogiro,  il  banco  che  teneva  in  mano  il  denaro 
di  tutta  la  piazza,  prima  che  si  stabilissero  banchi 
stabili  :  era  cosi  detto  perchè  toccava  in  turno  a 
tutti  i  banchieri  principali  per  un  tempo  determi- 
nato, e  chiamavasi  avere  il  giro.  -  Sorsa,  luogo 
nel  quale  si  riuniscono  gli  uomini  di  commercio  e 
di  finanza,  -  Bottega,  luogo  dove  il  commerciante 
ciante  vende.  -  Deposilo,  quantità  di  cose  dello 
stesso  genere  raccolte  a  scopo  di  commercio;  anche, 
il  luogo  in  cui  le  si  mettono:  magazzino.  -  Do- 
gana, luogo  nel  quale  si  presentano  le  merci  per 
farle  esaminare  e  sottoporre  a  dazio,  d'entrata 
o  d'uscita.  -  Dock,  voce  inglese,  significa  porto  ar- 
tificiale, ad  uso  specialmente  del  commercio,  perchè 
circondato  di  magazzini  per  deposito  delle  merci.  - 
Emporio,  magazzino  vasto  dove  si  vende  di  tutto. 

Fiera,  grande  mercato.  -  Filiale,  la  casa  commer- 
ciale dipendente  da  un'altra,  madre  o  principale.  - 
Fondaco,  magazzino  dove  si  vendono  a  ritaglio  panni 
e  drappi,  e  più  comunemente  coloniali,  commestibili 
o  altre  merci.  -  Magazzini  generali,  vasti  locali  in 
cui  si  depositano  merci,  senza  pagare  dazio  o  do- 
gana, con  diritto  di  ritirarle  a  riprese,  pagando  al- 
lora in  proporzione  le  spese  relative.  -  Mercato, 
luogo  nel  quale  si  compra  e  si  vende.  -  Piazza, 
luogo  0  città  di  commercio.  Dicesi  anche  per  mer- 
cato e  dei  contratti  che  si  fanno  al  mercato.  - 
Porto,  luogo  nel  quale  le  navi  caricano  o  sca- 
ricano le  merci. 

Rappresentanza,  ufficio  di  chi  rappresenta  altri, 
per  affari  o  per  qualsiasi  titolo.  -  Sbocco,  in  com- 
mercio, il  luogo  donde  i  prodotti  di  un  paese 
escono  pel  mercato  mondiale.  -  Sede,  stabilimento 
principale  o  succursale.  -  Succursale,  la  casa  che 
dipende  da  un'altra  :  lo  stesso  che  filiale. 

Istituti.  —  Camera  di  commercio,  l'unione  di 
negozianti  distinti,  che  vengono  eletti  a  rappresen-- 
tare  gli  interessi  del  ceto  commerciale,  in  una  città, 
in  un  circondario,  in  una  provincia.  -  Collegio  degli 
arbitri,  adunanza,  riunione  degli  arbitri  nominati 
a  giudicare  nell'interesse  delle  parti  contendenti. 


COMMERCIO 


633 


Sindacato,  unione  o  coalizione  temporanea  di  un 
dato  numero  di  capitalisti  allo  scopo  di  compiere 
insieme  certe  operazioni  finanziarie.  -  Tribunale  di 
commercio,  quello  delegalo  a  trattare  le  cause  com- 
merciali. -  Università  commerciale,  istituto  di  re- 
cente fondazione,  per  dare  istruzione  opportuna  ai 
giovani  che  mirano  ad  entrare  nella  carriera  com- 
merciale. Il  primo,  in  Italia,  fondato  a  Milano. 

Del  commercure  e  della  merce. 

Commerciare,  far  commercio,  esercitare  il  com- 
mercio: esercire  un  negozio;  essere,  mettersi,  stare 
al  commercio;  far  andare  un  tralTico,  far  mercatanzia, 
far  negozi;  mercare,  mercantare,  mercatare,  mer- 
catantare,  mercantigiare  ;  speculare  ;  trafficare  ;  ven- 
dere ;  vivere  di  mercanzia.  Si  conmiercia  ogni  pro- 
dotto dell'  agricoltura  ,  dell'  industria  ,  ecc. 
Trattandosi  di  denaro,  di  capitale,  impiegarlo 
in  speculazioni  di  qualsiasi  genere  :  far  fruttare, 
investire,  mettere  a  interesse.  -  Commerciare  con 
negozio  fìsso,  avere,  tenere,  esercitare  la  bottega. 

Accudire  ai  propri  affari,  attendere  al  proprio 
commercio.  -  Aprire  un  credito,  dare  mercanzie  a 
uno,  per  una  data  somma,  mettere  una  certa  somma 
a  disposizione  di  lui,  combinando  il  modo  e  il 
tempo  di  pagamento.  -  Assortire,  formare  e  ordinare 
degli  articoli,  variati  per  qualità  o  per  prezzo  in 
modo  che  ne  risulti  un  complesso  armonico,  adatto 
a  tutte  le  esigenze.  -  Assumere  doveri,  acquistare 
diritti  :  quando  un  viaggiatore  di  commercio  incontra 
obblighi  e  ragioni  che  per  contratto  devono  essere 
mantenuti.  -  Aver  che  fare,  incontrare  relazione, 
trattare  con  alcuno  questo  o  queìVaffare  ;  aver 
commercio.  -  Aver  credito  o  aver  fido  :  avere  fiducia 
commerciale  -  Avere,  dare  una  commissione,  cioè 
l'incarico,  l'incombenza  di  fare  o  provvedere  chec- 
chessia. -  Avere  partecipazione  :  interesse  comune 
con  alili  in  qualche  operazione.  -  Avere  il  mono- 
polio, aspirare  al  monopolio,  volere  il  vantaggio 
esclusivo  di  una  data  cosa. 

Barullare,  trafficare  a  modo  di  barullo,  rivendere 
al  minuto.  -  Cessare  dal  commercio,  lasciare  ogni 
maniera  di  negozi;  ritirarsi  dal  commercio  o  dagli 
affari.  -  Chiudere,  serrare,  smetter  bottega  o  la  bottega , 
il  negozio,  cessare  dal  traffico.  -  Comprare,  vendere 
al  minuto,  all'ingrosso,  in  blocco,  espressioni  di 
chiaro  significato  :  veggasi  a  comprare  e  a  ven- 
dere. -  Comperare,  vendere  d  forfait  (frane),  a 
rischio  e  pericolo.  -  Dare  esito  agli  affari,  alle 
merci,  sbrigarli,  spacciarli.  -  Dare  il  benestare,  ap- 
provare 0  confermare  un  affare,  un  conto,  una 
commissione.  -  Denunciare  un  trattato  di  commercio 
(per  lo  più,  fra  due  stati),  preavvisarne  la  scadenza, 
non  accennando  all'intenzione  di  rinnovarlo.  -  Det- 
tagliare (dettaglio),  francesismo  per  commerciare  al 
minuto. 

Esportare,  portar  fuori  di  paese,  portare  da  un 
luogo  all'altro;  far  commercio  di  esportazione, - 
Far  commercio  a  denari  ripresi,  pagare  dopo  il 
ricavo  delle  merci  prese  a  credito.  -  Far  concorrenza, 
di  chi  inizia  lo  stesso  commercio,  mette  la  medesima 
industria,  apre  la  bottega,  il  negozio  o  l'istituto  del 
medesimo  genere  per  attirare  a  sé  gli  avventori,  i 
guadagni  d'altri.  -  Far  la  piazza,  nel  linguaggio 
dei  viaggiatori  di  commercio,  sfruttare  la  piazza, 
recarsi  presso  i  vari  clienti  che  sono  in  una  data 
città,  sollecitando,  procacciando  affari  e  commissioni. 
-  Far  mercato  di  una  cosa,  commerciarne  illeci- 
tamente, vergognosamente.  -  Fatturare,   affatturare. 


di  vino  0  altri  liquori,  falsarli  per  imitare  i  buoni  : 
falsificare. 

Gettare  sul  mercato,  di  valori,  mercanzie,  portarne 
in  quantità,  talvolta  alterandone  i  prezzi.  -  Im- 
portare,  introdurre  merci  nello  Stato;  far  commercio 
di  itnj}ortazione.  -  Incettare,  fare  incetta:  ac- 
caparrare (veggasi  più  innanzi  a  «  operazioni  di  com- 
mercio »  e  a  comprare). 

Lanciala,  detto  di  cosa  o  persona  che  si  mette  in 
mercato  e  si  fa  audacemente  e  accortamente  co- 
noscere al  pubblico.  -  Lavorare  a  posta,  per  com- 
missione. -  Levare  mercanzie,  farle  provenire.  - 
Liquidare,  ritirarsi  dal  commercio  ;  verbo  usato, 
anche,  familiarmente  nel  senso  di  finire,  rovinare, 
spacciare. 

Mandare  carta  bianca  al  corrispondente,  man- 
dargli foglio  sottoscritto,  lasciandolo  in  libertà 
di  apporvi  quanto  gli  piace.  -  Mercanteggiare, 
far  traffico  illecito  ;  figur.,  stiracchiare    sul  prezzo. 

-  Monopolizzare,  sottoporre  a  monopolio.  -  Pi- 
gnorare, staggire  la  roba  altrui  per  pegno  di 
pagamento  ;  prendersi  un  pegno  per  via  di  tribunale. 

-  Provvisionare,  fare  o  dar  provvisione,  cioè  mercede 
di  servizio  prestato.  -  Realizzare,  riscuotere  (detto 
di  credito),  ricavare,  ridurre  in  denaro  (detto  di 
cose  vendute).  -  Riprendere  (a  denari  o  quattrini 
ripresi),  di  mereiai  o  sim.  che  prendono  dai  grossi 
commercianti  la  merce  e  la  pagano  via  via  che 
l'hanno  venduta. 

Sbattere,  in  termine  commerciale  :  detrarre.  - 
Smerciare,  esitare  la  merce,  spacciarla,  venderla.  - 
Sbloccare,  liberare  dal  blocco  commerciale.  -  Spedire 
merci  contro  assegno,  mandare  merci  con  obbligo  al 
destinatario  di  pagare,  per  ritirarle,  una  determinata 
somma.  -  Slanciarsi  nel  commercio,  darsi  vivacemente 
a  imprese  commerciali,  -  Staggire,  ritenere  cosa  o 
persona  per  usarla,  all'occorrenza,  pel  pubblico  ser- 
vizio. -  Trarre,  fare  una  tratta,  una  cambiale.  - 
Uscir  dagli  affari,  cessare  dal  commercio. 

Vendere  allo  scoperto,  speculare  sui  prezzi  delle 
mercanzie,  assumendo  commissioni  senza  coprirsi, 
cioè  senza  acquistare  subito  le  materie  prime,  per 
attendere  che  ribassino.  In  Borsa,  operare  allo  sco- 
perto significa  speculare  sui  prezzi  dei  titoli  che 
non  si  possiedono,  impegnandosi  a  pagare  le  dif- 
ferenze di  prezzo  e  ad  acquistare  i  titoli  per  con- 
segnarli alla  scadenza  dei  contratti.  -  Vender  cara 
la  propria  mercanzia,  di  chi  sa  far  valere  la  sua 
roba  più  di  quel  che  vale.  -  Vendere  con  reputa- 
zione, senza  scapito  o  con  profitto. 

Della  merce.  —  Si  designano  col  nome  generico 
di  merce  le  robe  tutte  che  si  mettono  in  com- 
mercio, si  trafficano,  si  comprano  e  si  vendono  : 
anche  in  certi  casi,  articolo.  -  Articolo  corrente, 
d'occasione,  di  lusso,  ecc.,  veggasi  a  merce.  -  At- 
tualità, di  articolo,  di  merce  che  siano  in  voga,  di 
moda,  ricercati   e  quindi  di  grande  spaccio. 

Campionario,  campione,  saggio  di  qualunque  mer- 
canzia: meglio,  mostra.  -  Collo  (ingl.  coil,  frane. 
colis),  termine  generico,  usatissimo  in  commercio 
per  indicare  le  unità  di  mercanzia:  balla,  fardello. - 
Genere,  le  cose  che  si  comprano  e  si  vendono.  -  Grossa, 
dodici  dozzine.  -  Materie  prime,  i  prodotti  che  si 
mettono  in  commercio  così  come  ci  vengono  dalla 
natura.  -  Oggetti,  generi,  articoli  di  fantasia,  quelli 
di  moda,  d'ornamento,  che  non  hanno  un  uso  de- 
terminato. -  Partita,  parte,  porzione,  quantità  di 
mercanzie.  -  Specialità,  per  prodotto  speciale,  par- 
ticolare, cosa  eccellente  nel  suo  genere. 

Home-made  (ingl.),  fatto  in  casa:  formola  com- 
merciale dei  manufatti  nazionali  inglesi.  ■  Live  stock. 


634 


COMMERCIO 


locuzione  inglese  del  commercio:  bestiame  vivo.  - 
Made  in  Germany,  marca  commerciale  che  si  suole 
apporre  ai  manufatti  che  hanno  maggiore  probabilità 
di  spaccio  nelle  esportazioni  in  Inghilterra  e  nelle 
colonie  inglesi.  -  Standard  (stendardo,  modello,  regola, 
norma,  tipo),  voce  inglese  usata  in  commercio,  per 
indicare  che  la  qualità  di  una  merce  o  di  un  pro- 
dotto dell'industria  è  quella  tipica,  normale  (qumdi 
eletta).  -  Stock  (ingl.,  stùpe,  fondamento),  vocabolo 
che,  neir  uso  commerciale  e  industriale,  serve  a 
significare  un  grande  deposito  di  merci  o  di  valori 
disponibili  nei  magazzini  o  sopra  una  piazza. 

Atti,  operazioni  di  commercio. 

Abbandono,  cessione  agli  assicuratori  delle  mer- 
canzie state  prese,  perdute  o  detenute,  affine  di 
ricuperare  la  somma  assicurata;  rinuncia  che  fa 
un  negoziante  de'  suoi  beni  ai  creditori. 

Abbuono,  lo  sconto  sopra  una  somma  di  de- 
bito; detto  anche  per  ribasso.  -  Accaparramento, 
lo  stesso  che  monopolio  (veggasi  più  innanzi).  -  Ac- 
quisto, compera,  il  comprare,  -  Aggiotaggio,  la 
compera  o  la  vendita,  reale  o  simulata,  che  si  fa 
dei  valori  pubblici,  o  anche  di  un  dato  genere  di 
merci,  per  farne  aumentare  o  abbassare  sensibil- 
mente il  prezzo. 

Ammortizzazione,  neologismo  usato  dai  legisti  e 
cosi  in  commercio,  invece  di  riscatto,  affrancamento, 
estinzione  di  un  livello,  di  un  censo,  di  un  credito, 
di  un  diritto,  ecc.  {ammortizzare,  ammortizzato).  - 
Assicurazione,  sicurtà:  in  commercio  è  considerata 
come  quell'atto  o  quel  contratto  pel  quale  si  gua- 
rentisce, mediante  compenso,  l'equivalente  di  una 
cosa  per  tutto  il  tempo  che  può  andare  soggetta  a 
rischio.  -  Alti  commerciali,  tutte  le  azioni  atte  ad 
esplira-e  il  commercio. 

Blocco,  atto,  di  uno  Stato,  di  un  governo,  diretto 
a  impedire  completamente  il  libero  commercio  in 
confronto  di  uno  o  più  paesi.  Famoso  il  blocco 
continentale  imposto  da  Napoleone  I  a  danno  del- 
l'Inghilterra, chiudendo  al  commercio  di  questa  la 
Francia  e  gli  altri  paesi  a  lui  soggetti.  E  blocco 
marittimo  la  chiusura  d'un  porto,  d'una  rada  o 
di  tutto  il  territorio  marittimo  d'uno  Stato,  per 
mezzo  delle  navi  da  guerra. 

Cairnt'ere  (dal  greco  catos,  rettamente,  acconciamente 
e  merizo,  io  distribuisco),  voce  usata  nel  medio  evo 
e  conservata  ai  di  nostri  a  indicare  l'autorità  che 
ha  il  Comune  di  fissare  i  prezzi  per  la  vendita  al 
minuto  del  pane,  della  carne,  ecc.  -  Cambio,  permuta 
di  una  cosa  qualunque  con  un'altra;  più  comunem., 
scambio  (veggasi  innanzi).  -  Caparra,  pagamento 
anticipato  di  una  parte  della  mercanzia  che  si  dà 
al  venditore  in  sicurtà  del  cotitratto.  -  Carico, 
scarico,  entrata,  uscita  delle  merci,  espressione  di 
chiaro  significato.  -  Commissione,  trattazione  di 
affari  commerciali  per  conto  del  committente,  a 
nome  del  commissionario:  detto  anche  per  prov- 
vigione. -  Compere,  vendite,  incassi,  pagamenti,  spese, 
ecc.,  operazioni  giornaliere  del  commerciante  scritte 
sulla  prima  nota,  da  riportarsi  fedelmente  sul  libro 
giornale.  -  Consegna,  atto  commerciale  consistente 
nel  consegnare  la  nota  di  merci  vendute  per  conto 
d'un  terzo.  -  Corrispondenza,  comunicaz.  per  via 
di  lettera  da  un  paese  all'altro  tra  commercianti, 
fra  casa  e  viaggiatore. 

Dilazione,  indugio  o  maggior  tempo  che  un  indi- 
viduo concede  a  un  altro  per  fare  o  dare  alcunché. 


-  Domanda,  lo  stesso  che  richiesta  ;  detto  anche  per 
consumo. 

Esazione  o  riscossione,  l'atto  per  cui  si  effettua 
un  pagamento,  si  riceve  in  denaro  il  compenso  pat- 
tuito per  la  vendita  di  merci  o  d'altro.  -  Esercizio 
provvisorio,  quello  che,  per  date  circostanze,  con- 
cedono i  creditori  al  fallito.  -  Esportazione,  il 
portare  una  merce  da  uno  Stato  in  un  altro. 

Fornitura,  l'obbligo  che  uno  assume  per  contratto 
di  fornire  un  dato  genere  a  una  pubblica  ammini- 
strazione. -  Funzioni  commerciali,  il  complesso  di 
tutti  gli  atti  commerciali.  -  Gestione,  svolgimento  di 
tutto  il  traffico  di  una  azienda. 

Informazione,  notizia  sullo  stato  morale  e  finan- 
ziario di  una  ditta  commerciale.  -  Importazione, 
l'introdurre  merci  estere  nel  nostro  paese.  -  Incasso, 
il  denaro  riscosso,  per  lo  più  in  vendite,  affari 
di  commercio.  -  Incetta,  compera  su  vasta  scala  di 
mercanzia  per  rivenderla  con  molto  profitto,  facen- 
done monopolio.  -  Introduzione,  il  portare  mercan- 
zie in  un  paese,  in  una  città. 

Lavoro  a  posta,  lavoro  di  commissione.  -  Liqui- 
dazione, l'operazione  consistente  nel  porre  un  ter- 
mine a  qualunque  compra  od  esercizio  e  nel  pro- 
cacciare la  vendita  di  tutte  le  merci  secondo  che 
si  presenta  l'occasione  ;  nel  riscuotere  gli  effetti  ed 
i  crediti,  nel  pagare  un  debito,  ecc. 

Mandato  commerciale,  commissione,  procura:  di- 
stinto dal  mandato  civile  per  la  commercialità  del- 
l'oggetto e  il  presunto  carattere  oneroso.  -  Media- 
zione, intromissione  del  mediatore,  del  sensale, 
allo  scopo  di  far  concludere  compre  e  vendite  o 
altre  operazioni  di  commercio.  Anche,  la  retribu- 
zione all'  uopo.  -  Monopolio,  o  endica,  incetta 
che  uno  fa  di  tutta  una  mercanzia,  per  essere  poi 
solo  a  rivenderla  a  prezzo  molto  maggiore.  -  Mostra, 
esposizione  di  articoli,  di  merci,  di  cose  da  vendere. 

-  Mutuo,  prestito  di  danaro  con  interesse  e  mediante 
pegno.  -  Negozio,  operazione  di  commercio  di  qual- 
che importanza. 

Permuta,  in  senso  generale,  scambio  di  valori,  di 
titoli,  d'oggetti,  ecc.  ;  contratto  pel  quale  si  dà  una 
cosa  per  averne  un'altra  in  iscambio.  -  Prestazione, 
nel  linguaggio  dei  commercianti,  burocratico,  tutti 
quei  servigi  personali  che  rivestono  un  carattere 
intellettuale,  non  manuale.  -  Prèstito,  sovvenzione, 
anticipazione  di  denaro.  -  Procura,  atto  scritto,  col 
quale  si  conferisce  a  taluno  incarico  di  operare  in 
nostro  nome  :  può  essere  generale  e  speciale,  fatta  ]  er 
atto  pubblico  o  privato.  Anche,  l'ufficio  di  procura- 
tore. Procura  ad  negotia,  quella  per  rappresentare 
il  mandante  nelle  operazioni  commerciali  o  finan- 
ziàrie; ad  lites,  quella  per  rappresentare  il  mandante 
dinanzi  alle  autorità  giudiziarie;  generale,  quella  per 
la  quale  il  mandante  costituisce  un  altro  sé  stesso 
nel  mandatario.  -  Profferta,  offerta  di  prezzo  su 
quel  che  si  vuol  comprare;  la  cosa  profferita.  - 
Promessa,  accettazione,  obbligazioni  commei;ciali.  - 
Provvigione  o  provvisione,  il  tanto  per  cento  dovuto 
ad  un  commissionario  per  qualche  operazione  di 
commercio,  specialmente  su  cambiali,  fondi  pubblici 
0  altri  titoli  venduti  o  comprati  per  conto  del 
committente. 

Regolamento,  in  commercio,  l'avere  regolato  con 
danaro  od  effetti  una  partita.  -  Protezionismo,  il 
proteggere  un'industria  o  ui  commercio  con  privilegi, 
esenzioni  o  dazi.  -  Pubblicità,  complesso  dei  mezzi 
(avvisi,  inserzioni  nei  giornali,  ecc.)  coi  quali  si 
richiama  l'attenzione  del  pubblico  sopra  nn  deter- 
minato articolo  di  commercio. 


COMMERCIO 


635 


Regresso,  facoltà  di  rivalersi  contro  altri.  -  Ricavo, 
utile  risultante  da  un'operazione  commerciale.  -  Ri- 
giro, in  commercio,  vendite  e  compre.  -  Rimessa, 
di  fondi  0  di  eljfeiti,  nel  linguaggio  commerciale, 
l'invio  di  danari  o  di  cambiali.  -  Scambio,  il  pren- 
dere 0  il  dare  una  cosa,  una  o  più  merci  per  altre 
o  in  cambio  di  altre.  E  libero  scambio  la  libertà  di 
commercio,  cioè  d' importazione  e  di  esportazione 
fra  paese  e  paese,  senza  l'impaccio  di  dazi  onerosi. 
Anche,  la  dottrina  economica  in  tal  senso.  -  Scarico, 
nel  linguaggio  del  commercio,  vale  uscita  di  merce 
o  di  denaro.  -  Sconto,  riduzione  di  jìrezzo;  opera- 
zione fatta  su  una  cambiale.  Sconto  extra,  sconto 
speciale,  generalmente  oltre  lo  sconto  mercantile. 
Sconto  mercanti^,  quello  che  si  fa  sul  prezzo  totale 
della  mercanzia  quando  il  pagamento  di  essa  ha 
luogo  prima  del  termine  accordato.  Sconto  per  pronta 
cassa:  beneficio  che,  in  commercio,  usufruisce  un 
pagamento.  -  Smercio,  lo  smerciare,  lo  spacciare,  il 
vendere.  -  Spaccio,  esito,  vendita,  e  la  bottega  rela- 
tiva, limitatamente,  nell"  uso,  a  certi  generi  :  sale, 
tabacco,  ecc.  -  Star  del  credere,  quel  compenso  che 
dal  committente  viene  corrisposto  al  commissiona- 
rio, quando  questi  garantisce  il  buon  fine  di  un'ope- 
razione a  credito. 

Tenuta  dei  libri,  il  tenere  le  ragioni  di  una  casa 
di  commercio:  tenere  i  libri  e  i  conti  di  un'azienda, 
di  un'  amministrazione.  -  Tolta,  requisizione, 
incetta.  -  Transito,  passaggio  senza  tassa  accordato 
nell'interno  d'  uno  Stato  a  merci  estere,  dirette  al- 
l'estero. -  Trasporto^  complesso  delle  operazioni 
che  si  fanno  per  mandare  a  destinazione  le  merci. 
■  Uso  di  piazza,  consuetudine,  costume,  proprio  di 
un  paese.  -  Vendita,  il  vendere. 

Conti,  movimento  del  denaro.  —  Tariffe,  ecc. 

Arbitraggio,  il  calcolo  della  differenza  dei  valori 
e  dei  titoli,  come  guadagno,  nel  giro  da  una  piazza 
air  altra.  -  Attivo,  tutto  1'  avere  di  un  negoziante  ; 
capitali,  beni  stabili,  mobili,  crediti,  ecc.  -  Azione, 
ciascuna  delle  parti  in  cui  è  diviso  un  capitale  e 
il  d(>cumento  che  la  rappresenta;  somma  di  denaro 
somministrata  dagli  associati  per  un  negozio  o 
un'impresa,  in  proporzione  della  quale  azione  si 
entra  a  parte  degli  utili  che  se  ne  ricavano. 

Benuscita,  somma  di  denaro  che  si  dà  ad  altri, 
perchè  consenta  a  rinunciare  a  un  suo  diritto,  come 
di  lasciar  prima  del  tempo  una  casa,  una  bottega, 
cedere  un  acqusito  e  sim.  -  Bilancio,  V  attivo  e 
il  passivo ,  lo  specchio  particolareggiato  della  con- 
dizione attiva  e  passiva  di  un  commerciante  o  di 
una  società  commerciale,  industriale,  di  una  ban- 
ca, ecc. 

Calmiere,  tariffa  fissata  dall'autorità  pei  generi  di 
prima  necessità  esposti  o  soggetti  a  pubblica  ven- 
dita. -  Capitale,  somma  di  danaro  o  valori  di- 
versi che  i  mercanti  o  gli  interessati  di  una  società 
di  commercio  impiegano  nei  traffici,'  o  in  una  qual- 
siasi impresa.  Capitale  liquido,  il  ricavo  ottenuto  da 
una  liquidazione,  rappresentato  da  una  somma  di 
danaro  che  deve  esistere  in  cassa.  -  Caratura,  quo- 
ta, anche  variabile,  di  parte  del  capitale  di  una  so- 
cietà commerciale  in  accomandita  semplice.  -  Cir- 
colazione, giro  e  rigiro  del  denaro  o  delle  merci, 
da  luogo  a  luogo,  da  persóna  a  persona.  Le  com- 
mutazioni a  cui  vanno  soggetti  denari  e  merci.  - 
Commissione,  compenso  o  rimunerazione  dovuta  dal 
committente  al  commissionario,  in  ragione  d'un  tanto 
per  cento  sul  montare  della  merce  venduta  o  com- 


perata per  conto  del  primo.  -  Contabilità,  nell'uso, 
l'insieme  dei  conti  tenuti  da.lì'am,ministr azione, 
e  anche  il  relativo  uflicio.  -  Conto,  calcolo,  com- 
punto di  quanto  si  deve  dare  od  avere.  -  Credito, 
la  fiducia  nell'onestà  di  chi  contrae  impegni  com- 
merciali. 

Denaro,  capitali,  somma,  merce  giacenti,  non  ri- 
tirati, non  messi  in  circolazione.  -  Diritto  d'entra- 
tura, quel  valore  che  s'  attribuisce  a  un  mulino,  a 
una  fabbrica,  a  un  fondaco  già  avviati  e  accreditati 
in  commercio.  -  Entrata,  complesso  dell'avere;  e  in 
commercio  si  notano  alla  partila  entrata  tutte  le  somme 
che  si  ricevono.  -  Firma,  sottoscrizione  di  una  let- 
tera 0  di  qualunque  altro  scritto.  -  Fondi  di  commer- 
cio, capitale  composto  di  tutti  i  valori  commerciali 
di  una  casa,  d'un  negozio,  gli  attrezzi  compresi,  la 
clientela,  ecc.  -  Interesse,  Y  utile  che  si  ricava 
dall'impiego  del  capitale. 

Mediazione,  il  compenso  che  si  corrisponde  per 
la  senseria.  -  Numero,  voce  adoperata  da  alcuni 
commercianti  per  indicare  il  conto  di  interessi  fatto 
coi  numeri,  ossia  con  la  moltiplica  dei  giorni  per  la 
somma. 

Passivo,  tutto  ciò  che  rappresenta  la  spesa,  l'u- 
scita, la  perdita  di  un'azienda  commerciale.  -  Per- 
centuale, tasso  d'interesse,  per  conto,  o  di  provvi- 
gione. -  Prezzo  corrente,  di  listino,  di  catalogo, 
prezzo  stabilito  per  la  vendita  delle  mercanzie.  - 
Prezzo  del  cambio,  quello  a  cui  si  vende  una  som- 
ma che  deve  essere  pagata  in  un'altra  città,  -  Pro- 
dotto netto,  la  somma  che  viene  pagata  sopra  un 
effetto,  diffalcando  lo  sconto  convenuto.  -  Provvi- 
gione, il  tanto  per  cento  dovuto  ad  un  commissio- 
nario per  qualche  operazione  di  commercio  ;  spe- 
cialmente su  cambiali,  fondi  pubblici  o  altri  titoli 
venduti  o  comprati  per  conto  del  committente. 

Ricavo  netto,  il  montar  della  merce,  dedotte  tutte 
le  spese,  ossia  anche  la  somma  risultante  dalla  ven- 
dita delle  mercanzie,  dedotte  le  spese.  -  Scadenza,  il 
termine  di  tempo,  il  giorno  in  cui  si  deve  pagare, 
effettuare  il  pagamento  di  una  cambiale  e  simili.  - 
Scadenza  fissa,  quella  che  stabilisce  il  giorno  del  pa- 
gamento ;  a  termine,  quella  che  dalla  presentazione 
dell'  effetto  stabilisce  il  tempo  da  cui  decorrono  i 
mesi  e  i  giorni  accordati  come  respiro  o  mora. 

Tariffa,  prezzo  determinato  per  certe  opera- 
zioni commerciali  ;  quadro  che  segna  il  prezzo  di 
certe  derrate.  -  Tasso,  frutto  che  si  ritrae  dal  ca- 
pitale di  cento  lire  impiegato  per  un  anno  :  inte- 
resse. -  Uscita,  la  totalità  delle  spese  di  una  ditta 
commerciale,  ed  anche  di  tutte  le  somme  che  si 
pagano.  -  Valuta  in  conto  :  un  effetto  ceduto  in 
conto  di  un  debito.  -  Valuta  intesa,  tarm.  comm., 
fissata  per  il  pagamento. 

Carte,  libri  e  altre  cose 
adoperate    dal    commerciante, 

Atti  pubblici,  scritture  private,  note  dei  mediatori, 
fatture  accettate,  corrispondenze,  telegrammi,  libri 
delle  parti  contraenti,  testimoni:  mezzi  di  prova 
delle  obbligazioni  commerciali.  -  Azione,  certificato 
che  giustifica  il  versamento  fatto  ad  una  società  o  ditta 
di  commercio  per  la  formazione  del  capitale.  -  Bol- 
letta, polizza  di  ricevuta  ;  avviso,  invito  a  pa- 
gare; biglietto  di  dazio,  di  dogana.  -  Bolletta 
d'entrata,  quella  rilasciata  dagli  impiegati  per  prova 
del  pagamento  dei  diritti  d'entrata  d'una  merce.  - 
Bono,  buono,  obbligazione  che  si  rilascia,  invece  di 


636 


COMMEKOIO 


denaro,  per  acquisto  di  mercanzia  da  saldarsi  alla 
liquidazione.  -  Bordereau  (tranc),  nota  che  distin- 
gue le  varie  specie  di  monete  per  eseguire  un  pa- 
gamento. -  Brogltazzo,  lo  scartafaccto  sul  quale  si 
prendono  le  prime  note  del  dare  e  dell'avere. 

Cambiale,  veggasi  a  questa  voce.  -  Catalogo, 
libro  in  cui.  per  ordine  alfabetico  o  di  materie, 
sono  descritti  i  nomi,  col  prezzo  di  vendita  delle 
merci.  -  Circolare,  lettera,  per  lo  più  a  stampa, 
che  il  commerciante  manda  a  molti  ;  avviso  che  il 
viaggiatore  manda  al  cliente,  annunziando  il  suo 
prossimo  passaggio.  -  Copia  commissione,  stesa  della 
commissione,  e  anche  la  copia  della  medesima.  - 
Copia  fatture,  libro  su  cui  dai  mercanti  si  copiano  le 
fatture.  -  Copialettere,  libro  su  cui  il  commerciante 
copia  lettere,  fatture,  telegrammi,  ecc.;  anche  copia- 
lettere la  macchinetta  di  cui  si  fa  uso  negli  scrit- 
toi per  imprimere  su  una  carta  ad  hoc  la  lettera 
originale,  scritta  con  inchiostro  copiativo.  -  Cre- 
denziale, lettera  di  credito,  lettera  di  credenza: 
fido. 

Distinta  di  pagamento,  noia  o  lista  indicante  di- 
stintamente le  diverse  valute  con  le  quali  si  effettua 
un  pagamento.  -  Distinta  di  sconto,  lista  o  nota  de- 
gli efietti  commerciali  che  si  cedono  ad  altri  per 
conseguire  lo  sconto.  -  Effetti  di  commercio,  titolo 
generico  di  quelle  carte  o  di  quei  titoli  fiduciari 
che  si  possono  legalmente  spendere  o  far  circolare 
come  denaro,  biglietti  all'ordine  o  pagherò,  lettere 
di  cambio,  mandati,  lettere  di  credito,  ecc.  -  Fat- 
tura, nota  0  lista  di  vendita  :  conto  ;  nota  di  pesi, 
numeri,  misure  e  altre  distinzioni  delle  cose  che 
i  mercanti  mandano  o  ricevono,  coi  loro  prezzi. 

Inventario,  nota  di  tutti  gli  oggetti  che  si  tro- 
vano in  un  luogo  per  ricordo  utile,  per  consegne; 
stato  dimostrativo  di  tutto  quanto  possiede  e  deve 
il  commerciante.  -  Lettera  d'avviso,  quella  che  an- 
nunzia una  spedizione  o  qualche  scadenza.  -  Let- 
tera di  credito,  quella  per  cui  una  persona  che 
viaggia  può  procurarsi,  nella  città  dove  arriva,  la 
somma*  di  denaro  che  gli  occorre.  -  Lettera  di  porto, 
quella  che  accompagna  la  merce  e  che  indica  il 
luogo  e  la  persona  mittente  e  destinataria.  -  Let- 
tera di  vettura  :  prova  il  contratto  di  trasporto,  e 
può  essere  un  titolo  negoziabile  per  girata. 

Libri  di  commercio,  libri  delle  merci,  degli  effetti, 
de'  conti  correnti,  delle  spese  e  delle  scadenze,  del 
copialettere,  degli  inventari,  ecc.  -  Libro  degli  in- 
ventari, quello  nel  quale  il  commerciante  al  termine 
d'ogni  anno  registra  tutto  ciò  (he  possiede  e  tutto  ciò 
che  ha  a  debito;  cioè  i  valori  attivi  e  passivi.  -  Libri 
mercantili  e  commerciali,  i  registri  sui  quali  i  ne- 
gozianti, i  banchieri  e  simili  scrivono  regolarmente 
tutte  le  loro  operazioni.  Quelli  voluti  dalla  legge 
sono  detti  principali,  cioè  il  libro  giornale,  il  libro 
copialettere,  il  libro  degli  inventari.  Ausiliari,  tutti 
gli  altri  libri  secondari  non  obbligati  dal  codice. 

Lista  di  negoziazione,  la  nota  di  effetti  pagabili 
per  lo  più  su  piazze  estere,  ceduti  da  un  commer- 
ciante ad  un  altro.  -  Lista  di  vendita,  di  pagamento, 
di  sconto,  la  distinta  di  sconto  che  è  la  nota  degli 
effetti  di  commercio  ceduti  ad  altra  persona  prima 
del  tempo  della  loro  scadenza.  -  Listino  (del  mer- 
cato, di  piazza,  di  Borsa),  nota  dei  prezzi  correnti, 
del  cambio 

Mandato  commerciale,  vale  asì^egno,  cheque.  - 
Marca,  quello  scritto  convenzionale  per  cui  il  com- 
merciante legge  sulla  merce  il  prezzo  di  costo.  - 
Marca  di  fabbrica,  contrassegno  per  riconoscere 
mercanzie,  opere  d'artefici,  prodotti  speciali,  ecc.  - 


Mastro  (libro  mastro,  maestro),  libro  sul  quale  j 
commercianti  inscrivono  le  singole  partite  dei  loro 
clienti. 

Nota  di  pegno,  fede  di  deposito,  documento  che 
comprova  il  deposito  fatto  d'una  merce  o  d'un 
titolo.  -  Patente,  diploma,  o  titolo,  di  cui  devono 
essere  muniti  coloro  che  esercitano  un'arte,  un'in- 
dustria, un  commercio.  -  Posizione,  nel  linguaggio 
commerciale,  vale  inserto,  pratica,  fascicolo,  incar- 
tamento riguardante  un  afìare  o  una  persona.  - 
Prezzo  corrente,  libro  annotazione,  copialettere,  copie 
commissioni,  mastrino,  libro  incassi,  libri  del  viag- 
giatore di  commercio. 

Ricapito,  carta  qualunque  di  credito.  -  Scadenzario, 
libro  nel  quale  sono  registrate  le  scadenze.  -  Scrit- 
tura di  obbligazione ,  dichiarazione  di  pagare  entro 
un  dato  tempo  e  a  certe  condizioni.  -  Titoli  fiduciari, 
effetti  di  commercio.  -  faglia  telegrafico,  lettera 
assicurata  per  espresso:  mezzi  per  trasmettere  qualche 
somma  in  via  d'urgenza.  -  Vaglia  bancario,  carto- 
lina-vaglia, lettera  assicurata:  mezzi  per  trasmettere 
denaro  in  via  ordinaria.  -  Warrant  (ingl.),  vale 
garanzia,  malleveria,  ricevuta  rilasciato  ad  un  com- 
merciante, il  quale  ha  depositata  la  sua  merce  in 
speciali  magazzini  (docks). 

Vicende  del  commercio. 

Andamento,  la  condizione  normale  di  attività,  di 
servizio,  in  cui  si  trova  un  commercio.  -  Avaria, 
danno  che  subiscono  le  merci,  specialmente  in 
viaggio.  -  Atviamtnto,  la  corrente  d'  affari  stabiliti 
in  una  bottega,  in  un  negozio  e  simili. 

Bancarotta,  cessazione  dei  pagamenti  da  parte 
di  un  commerciante;  fallimento,  per  lo  più  do- 
loso. -  Cessazione  dei  pagamenti  :  atto  di  una 
ditta,  quando  ha  sospeso  di  pagare,  di  far  fronte  ai 
propri  impegni.  -  Concordato,  convenzione  che  i 
creditori  stabiliscono  col  fallito  secondo  le  formalità 
di  legge.  -  Concorrenza,  gara  fra  commercianti 
nel  disputarsi  i  clienti.  -  Cristi  turbamento,  are- 
namento dannoso  d'aflari. 

Fallimento,  veggasi  a  questa  voce.  •  Guerra  di 
tariffe,  guerra  doganale,  guerra  economica  tra  paese 
e  paese,  relativamente  al  commercio  e  all'industria. 
-  Krach  o  krack,  voce  neologica  per  indicare  una 
crisi  bancaria,  un  improvviso  disastro  di  case  di 
commercio,  di  grandi  aziende.  -  Moì^a,  qualunque 
ritardo  nell'adempimento  di  una  obbligazione.  - 
Omologazione  per  parte  del  Tribunale  :  il  concordato 
reso  valido  e  obbligatorio  per  tutti  i  creditori. 

Ristagno,  ritardamento  o  impedimento  qualunque 
al  procedere  dei  negozi,  -  Sinistro,  disgraziato  ac- 
cidente, perdita  di  merce,  avarie  gravi  di  un  ba- 
stimento, portante  un  carico,  ecc.  -  Stagione  morta, 
quella  in  cui  il  commercio  totale  o  parziale  lan- 
guisce. -  Sviluppo  dei  commerci,  la  loro  espansione, 
il  loro  progredire. 

Andare  a  furia  o  a  ruba,  di  merci  che  hanno 
grande  esito.  -  Andare  a  gambe  all'aria,  fallire,  ca- 
dere in  fallimento.  -  Avere  il  brevetto,  di  chi  non 
cade  mai  anche  quando  si  arrischia  nei  pericoli. 
Per  lo  più,  di  persone  audaci,  di  bricconi. 

Convocare  i  creditori:  chiamare,  radunare  i  cre- 
ditori per  questioni  importanti  o  per  proporre  loro 
un  accomodamento.  -  Far  punto,  dichiarare  di 
non  poter  andare  più  avanti  e  di  accordare  un 
tanto  per  cento  ai  creditori  -  Mettere  in  istralcio, 
dicesi  di  negozio  che  si  deve  liquidare.  -  Non 
far  faccende,  avere  negozio  sviato.  -  Rendere  come 


COMMERCIO 


COMMINARE 


637 


una  fattoria,  d'un  traffico  che  rende  molto.  -  Ri- 
prendere il  costo,  rifarsi  del  costo,  chiudere  l'im- 
presa commerciale  ricavando  appena  il  prezzo  delle 
merci  vendute. 

Sospendere  i  pagamenti,  fallimento,  bancarotta  : 
stato  del  commerciante  quando  è  obbligato  a  cessare 
dal  commercio.  -  Stare,  essere  in  capitale,  man- 
tenersi senza  guadagni,  né  scapiti.  -  Troncar  le 
gambe,  rovinare  uno  con  la  concorrenza.  -  Tutte  le 
spade  forano  (tutte  le  concorrenze  portano  danno). 

Cose  e  termini  varì. 

Codice  di  commercio,  quello  contenente  le  leggi 
commerciali,  d'un  dato  paese  o  internazionali.  - 
Diritto  commerciale,  quello  che  regola  i  rapporti  in 
fatto  di  cose  relative  alle  industrie,  ai  commerci; 
questo  fa  parte  del  diritto  privato.  -  Economia  po- 
litica, scienza  che  tratta  del  commercio,  delle  finanze, 
della  ricchezza,  ecc.  -  Giurisdizione  commerciale, 
quella  che  riguarda  l'esercizio  delle  azioni  commer- 
ciali. -  Merceologia,  scienza  dei  vari  trafQci.  -  Proi- 
bitivismo, li  proibire  il  commercio  libero.  -  Prescri- 
zione, ragione  acquistata  per  trascorso  di  tempo.  - 
Prescrizione  della  marca  da  bollo,  della  carta  bollata: 
obbligo  imposto  dalla  legge  perchè  una  ricevuta,  un 
assegno,  una  obbligazione,  un  contratto,  ecc.,  abbia 
valore.  -  Sistema  manchesteriano,  sinonimo  di  libero 
scambio.  -  Solidità,  i  mezzi  pecuniari  che  un  nego- 
ziante, un  banchiere,  o  altri,  può  disporre. 

Clientela,  complesso  dei  clienti,  ossia  di  coloro 
che  ricorrono  al  commerciante  per  rifornirsi  di 
varie  cose.  -  Corso  del  cambio,  la  proporzione  in 
cui  stanno  in  giornata  i  pagamenti  da  farsi  da  due 
piazze;  il  prezzo  fluttuante. nelle  diverse  piazze  di 
commercio  in  quanto  serve  di  regola  per  le  contrat- 
tazioni di  cambio. 

Monete  di  commercio,  quelle  coniate  da  uno  Stato 
per  i  bisogni  del  commercio  con  l'estero,  nella  loro 
lega  e  forma  originaria:  veggasi  a  ìuoneta.  -  Mercu- 
riale, stato  dei  prezzi  correnti.  -  Operosità  commer- 
ciale: nel  senso  di  movimento  e  scambio  di  merci 
da  paese  a  paese.  -  Pesi  e  misure,  complesso  delle 
unità  per  le  varie  grandezze  che  sono  oggetto  di 
commercio:  veggasi  a  peso  e  a  misura.  -  Refe- 
renze, in  commercio,  informazioni,  indirizzi.  - 
Tara,  defalco  che  si  fa  ai  conti,  quando  si  vogliono 
saldare.  Defalco  dal  peso  lordo  per  avere  il  peso 
netto  di  una  merce;  tara  fìssa,  quella  che  viene  cal- 
colata a  un  tanto  per  cassa,  ecc.;  tara  reale,  quella 
che  consiste  nel  solo  peso  degli  invogli.  -  Trat- 
tato di  commercio,  patto  che  si  conclude  tra  due 
0  più  Stati,  e  col  quale  si  regola  il  commercio,  fis- 
sando le  tariffe  doganali,  ecc. 

Favorita,  la  bandiera  dello  Stato  col  quale  un 
altro  Sato  ha  le  migliori  relazioni  commerciali.  - 
Spettabile,  aferesi  di  rispettabile,  asrgettivo  comunis- 
simo del  gergo  commerciale.  -  Transatlantico,  ag- 
giunto di  imprese,  istituzioni,  commercio,  ecc.,  tra 
r  Europa  e  le  Americhe. 

Limited  (voce  inglese,  limitato,  circoscritto),  nel 
linguaggio  commerciale,  significa  a,  responsabilità  li- 
miiata.  -  Locus  regit  actum,  termine  giuridico,  usato 
in  diritto  commerciale.  Significa:  le  formalità. di  un 
atto  devono  seguire  le  leggi  del  luogo  in  cui  è  sti- 
pulato. -  Ring,  in  tedesco  anello;  per  estensione, 
speciale  forma  di  trust  o  sindacato  o  monopolio, 
nel  linguaggio  commerciale. 

In  cambio,  in  baratto.  -  Per  conto,  di  merce  che 
in  un  magazzino  si  riceve,  si  vende,  si  serba  per 
altri,  sia  fabbricante,  sia  privato.  -  Per  procura. 


la  parola  con  la  quale  firma  il  procuratore,  l'isti' 
tore,  ecc.  -  Salvo  arrivo:  condizione  alla  quale  è 
subordinata  la  merce  in  viaggio. 

Mercurio,  figlio  di  Maia;  dìo  dell'eloquenza,  del 
commercio  e  dei  ladri,  messaggiero  degli  dèi,  spe- 
cialmente di  (iiove.  -  Pagasi,  i  portatori  nelle  caro- 
vane commerciali  (Africa  orientale). 

Coruinercio.  Figur.,  il  conversare,  il  far  con- 
versazione 0  il  comunicare  tra  persona  e  per- 
sona. -  Commercio  epistolare,  carteggio,  corrispon- 
denza. 

Conimessione.  Atto  dei  comméttere. 

Commésso.  Addetto  a  una  bottega,  ad  un 
negozio:  impiegato  di  commercio.  -  Chi  ha  un 
incarico  invece  d'un  altro.  -  Viaggiatore  di 
commercio. 

Commésso,  (-ommettitura,  tmione,  -  Sorta  di 
musaico  e,  anche,  di  tarsia. 

Commessura.  Commettitura,  unione. 

Commestibile.  Tutto  ciò  che  è  buono  a  man- 
giare e  serve  di  «iiwienfo,  di  cibo:  mangiativo, 
mangereccio  mangiabile;  alimentare,  alimentario, 
cibario.  -  Guastarsi,  andare  a  male.  -  Scattivare, 
levare  il  cattivo,  il  guasto,  alle  cose  mangiabili, 
specialmente  fruiti.  -  Stantio,  di  cosa  da  mangiare, 
escluse  le  erbe,  le  carni  e  le  cose  grasse,  che,  passato, 
il  tempo,  hanno  perduto  bontà  e  sostanza. 

Meta,  tariffa  in  materia  di  commestibili;  calmiere. 

-  Piccia,  più  pani,  comunemente  due,  o  altre  cose 
mangerecce  attaccate.  -  Serqua,  numero  di  dodici;  ma 
solamente  d'uova,  di  noci  e  d'altre  cose  mangerecce. 

-  Tassello,  pezzetto  che  si  cava  come  saggio  da 
certe  robe  mangerecce  non  ancora  manomesse. 

Barullo,  chi  compra  all'ingrosso  cose  da  mangiare, 
per  rivenderle  al  minuto.  -  Truccone,  basso  incetta- 
tore di  commestibili  per  rivenderli  più  cari. 

Commiéttere  (commesso).  Dare  ad  altri  l'in- 
carico 0  ì'ordiìie,  il  comando  di  fare  checches- 
sia. -  Dare  in  consegnuy  in  custodia.  -  Affi- 
dare, riferito  ad  ufficio  e  simili.  -  Avventurare, 
mettere  in  balia,  in  potere  d'altri.  -  Fare,  ope- 
rare: detto  di  colpa,  di  errore,  di  delitto  e 
simili.  -  Congegnare,  mettere  insieme,  unire,  far 
combaciare. 

Commettimale.  Veggasi  a  discordia. 

Commettitui-a.  Commessione,  giuntura,  unio- 
ne. 

Commiatare  {commiatarsi).  Detto  a  coìn- 
miato  e  a  salato. 

Coiumiàto.  Licenza  di  partire,  domandata  o 
data.  -  Anche,  licenziamento,  scacciata.  -  Chiusa 
d'una  canzone  e  simili:  licenza.  -  Apobaterio,  an- 
ticamente ,  discorso  0  poema  di  congedo.  - 
Accomiatare,  dar  commiato,  licenziare:  commia- 
tare, scommiatare;  congedare;  dare  il  volo;  spac- 
ciare. -  Accomiatarsi,  prendere  commiato,  andare 
via,  licenziarsi;  dare  l'addio,  l'ultimo  addio;  dipar- 
tirsi; prendere  il  volo.  -  Accomiatarsi  insalutato 
hosp'ite,  andarsene  senza  salutare  alcuno. 

Commilitone.  Compagno  di  milizia. 

Comminare  (^comminante,  comminato;  commi- 
natorio, comminazione).  Termine  legale  che  significa 
minacciare,  far  ìninaccia.  Anche,  stabilire  per 
legge  una  pena  contro  i  trasgressori  della  legge  : 
destinare,  metter  pena;  prescrivere,  sancire.  -  Com- 
minante, comminatorio  (term.  legale),  che  commina: 
d'articolo  di  legge.  -  Comminato,  stabilito  dal  codice 
penale  e  simili.  -  Comminazióne  (term.  leg.),  il  com- 
minare, lo  stabilire  per  legge  la  pena  per  un  dato 
crimine  (e  anche  la  pena  cosi  comminata);  commj- 


638 


COMMINATORIO 


COMMUTAZIONE 


natoria;  clausola  comminatoria,  penalità,  sanzione 
penale. 

Comminatòrio,  comminazione.  Detto  a 
coniìninare. 

Coninilserare,  commiserazione.  Veggasi  a 
conijìassione  e  a  pietà. 

Commissariato.  Ufficio  del  commissario. 

Commissàrio.  Chi,  temporaneamente,  ha  il  ca- 
rico di  alcuna  cura  pubblica,  di  qualche  pubblico 
ufficio:  delegato.  Anche,  mandatario.  -  Com- 
missario di  leva,  veggasi  a  leva.  -  Commissario  regio, 
persona  che  il  governo  manda  a  dirigere,  in  ispe- 
ciali  circostanze,  l'amministrazione  di  un  Com,une, 
■  Commissariato,  ufficio  del  commissario;  tempo  che 
dura;  il  luogo  di  residenza. 

Commissionario.  Rappresentante  d'una  o  più 
case  di  commercio. 

Commissióne.  Azione  del  commettere.  Incom- 
benza, incarico  dato  ad  altri  di  fare  o  provvedere 
checchessia;  e  la  cosa  stessa  che  fu  commessa.  - 
Operazione  di  commercio,  specificatamente  deter- 
minata, da  farsi  per  conto  del  committente.  -  Com- 
penso al  commissionario  in  ragione  della  merce 
venduta  o  comprata  per  mezzo  del  committente. 

Procaccia,  chi  fa  commissioni  da  un  luogo  al- 
l'altro, portando  lettere  e  roba. 

Commissione.  Nell'uso,  nucleo  di  persone  elet- 
te 0  costituitesi  per  iniziare  o  dar  corpo  ad  una 
qualsiasi  imjyresa:  comitato,  delegazione,  deputa- 
zione, giunta;  rappresentanza.  -  Riunione  di  più 
ufficiali  per  deliberare  intorno  ad  una  data  cosa.  - 
Commissione  di  beneficenza,  elettorale,  -parlamentare 
(veggasi  a  parlamento),  ecc. 

Commissione  di  disciplina^  tribunale  militare,  per 
giudicare  mancanze  passibili  di  pene.  -  Commissione 
di  vigilanza,  quella  che  per  delegazione  del  Par- 
lamento vigila  sopra  qualche  servizio  pubblico.  - 

-  Commissione  sanitaria,  per  la  tutela  deWiffiene. 

-  Controcommissione,  commissione  composta  a  sin- 
dacarne 0  contrariarne  un'altra.  -  Giurì,  commis- 
sione incaricata  di  esaminare  e  di  giudicare  su  spe- 
ciali questioni. 

Commistióne.  Il  mescolare. 

Commisto.  Mescolato:  veggasi  a  mescolare. 

Commisurare,  commisurazione  (commisu- 
rato). Il  misurare  una  cosa  con  un'altra.  Anche, 
agguagliare,  fare  eguale;  proporzionare,  ridurre 
nella  stessa  proporzione. 

Committente.  Chi  dà  una  comtnissione  :  ter- 
mine di  commercio. 

Commodato.  Detto  a  contratto. 

Commodòro.  Ufficiale  di  marina. 

Commorazióne.  Veggasi  ad  oratore. 

Commosso.  Detto  a  commuòvere. 

Commovente.  Che  commuove,  atto  a  com- 
muòvere. 

Commòvere  {commosso).  Lo  stesso  che  com- 
muòvere. 

Commovimento.  Il  commuòvere  e  il  com- 
muoversi. 

Commozióne.  Detto  a  commuòvere. 

Commozióne.  Stato  morboso,  male  indotto 
nel  nostro  organismo,  o  in  una  parte  di  esso,  per 
effetto  di  scossa  violenta,  di  urto,  di  percossa,  di 
caduta  e  simili. 

Commuòvere,  commuòversi  {commovente, 
commosso).  Toccare,  agitare  il  sentimento,  sentirsi 
agitare  da  qualche  «//etto,  averne  turbamento; 
appassionare,  appassionarsi   (veggasi  a  passione). 


-  Commoventemente,  in  modo  da  commuòvere,  pa- 
teticamente (veggasi  a  patètico),  pietosamente. 

Commuòvere  :  agitare,  produrre  agitazione  ;  ba- 
lestrare il  cuore  :  cercare,  ricercare  la  via,  le  vie 
del  cuore  :  concitar  l'animo  ;  destare  il  cuore  ;  emo- 
zionare; ferire  il  cuore;  impressionare  grandemen- 
te, destare,  fare,  suscitare  grande  impressione; 
muovere  gli  affetti  ;  parlare  al  cuore  ;  percòtere  al 
cuore,  il  core  ;  scuòtere,  toccar  1'  animo  ;  traspor- 
tare ;  trapassare  il  cuore  ;  trovare  la  via,  le  vie  del 
cuore,  dell'anima;  vincere.  -  Elettrizzare,  agitare, 
scuotere  o  commuovere  fortemente.  -  Imbombolare, 
far  intenerire  fino  alle  lagrime.  -  Intenerire,  com- 
muovere dolcemente  e  disporre  all'affetto.  -  Sollur 
cherare,  commuovere  per  effetto  di  tenerezza. 

Commuòversi  :  agitarsi,  conturbarsi,  entrare  in 
susta  ;  fermentare  ;  intenerirsi  ;  perturbarsi  ;  ribol- 
lire, riscuotersi,  scuotersi;  scaldarsi,  smuoversi,  tur- 
barsi. -  Andare  in  sollùchero,  commuoversi  per  ef- 
fetto di  tenerezza.  -  Avere  un  tuffo  nel  sangue,  fare 
un  tuffo  il  sangue,  per  violenta  commozione.  -  Im- 
bambolarsi,  intenerirsi  fino  alle  lagrime.  -  Intene- 
rirsi, solliicherarsi,  veggasi  a  tenerezza.  -  Scal- 
darsi, animarsi,  accalorarsi  per  forte  sentimento, 
per  passione  e  simili. 

Commosso  :  agitato  da  una  sensazione,  da  un  sen- 
timento qualsiasi,  cioè  per  dolore  o  per  gioia  ; 
per  amore,  per  ira,  per  odio;  per  efletto  di 
compassione,  di  pietà,  di  paura,  di  orrore, 
di  sospetto,  di  speranza,  di  meraviglia,  di 
entusiasmo,  di  f^de,  ecc.;  per  impressione  che 
dà  il  bello,  un'opera  A' arte,  un  grande  spetta- 
colo e  simili  :  commoto,  mosso,  sommosso  ;  alte-- 
rato,  esagitato,  intenerito,  palpitante,  tòcco.  -  Bai 
zare  il  cuore,  essere  commossi.  -  Palpitare,  essere 
commosso  ;  ardere. 

Commovente,  che  commuove,  tocca  il  sentimento: 
appassionato,  commortivo,  emozionante.  -  Lacrimo- 
so, commovente,  degno  di  lagrime,  di  pianto.  -  Sen- 
sazionale,  contiene  l' idea  della  commozione  come 
quella  dell'impressione,  del  colpo,  della  meraviglia, 
non  esclusa  l'iperbole.  -  Toccante,  per  commovente, 
è  gallicismo  {touchant). 

Andar  dritto  all'  animo,  di  parola  o  d'  altro  che 
riesca  commovente.  -  Essere  commovente,  facoltà  di 
commuovere. 

Commozione,  il  commuoversi,  i!  sentimento  vario 
di  chi  si  commuove  :  agitazione,  commovimento; 
emozione,  empatia  ;  intenerimento  ;  passione,  pul- 
sazione (fìgur.);  scommovimento,  scommozione,  scos- 
sone ;  sollucheramento  ;  stemperamento  ;  trabocco 
di  cuore  ;  turbamento.  -  Batticore,  batticuore,  tre- 
macuore, commozione  specialmente  per  paura-.  - 
Emozione,  commozione  specialmente  leggiera,  pas- 
seggiera.  -  Stupore  malinconico,  per  violenta  emo- 
zione. 

A  sensazione,  modo  più  che  comune,  tradotto  let- 
teralmente dal  francese:  dicesi  di  dramma,  di  ro- 
manzo, ecc.,  che  sia  d' effetto,  che  impressioni  o 
commuova  lo  spettatore  o  il  lettore.  -  Emotività, 
la  facilità  che  taluno  ha  di  commuoversi  ;  impres- 
sionabilità, sensibilità.  Contrario  di  apatia,  di  tw- 
differenza.  -  Pateticume,  abuso  del  patetico  per 
commuovere. 

Comniutare,  commutazione  (commutàbile, 
commutativo,  commutamento).  Il  cambiare,  il  »wm. 
tare,  il  permutare. 

Commutatore.  Veggasi  Si  corrente  elettrica. 

Commutazióne.  Atto  ed  efl'etto  del  commu- 
tare. -  Angolo  di  commutazione,  veggasi  a  sole  e  a 


COMODAMENTE 


COMPAGNIA 


639 


ten'a.    -   Diametro  di  commutazione,  veggasi  a  di- 
naino. 

Comodamente.  Tn  modo  comodo. 

Comodare  (comodato).  P'ar  comodo,  tornar  co- 
modo. -  Far  jnacere. 

Comodino.  Mobile  che  si  tiene  vicino  al  letto, 
appoggiato  al  muro,  il  (juale  serve  per  tenervi  la 
boccia  dell'acqua,  il  vaso  da  notte,  la  candela  coi 
fiammiferi,  ecc.  Suole  avere  la  tavola  di  marmo,  una 
specie  di  armadietto  a  una  sola  imposta.  -  Casset- 
tino,  piccola  cassetta  che  nei  comodini  è  immedia- 
tamente al  disotto  del  piano  e  al  disopra  dello  spor- 
tello. -  Piano,  la  parte  superiore  del  comodino,  sia 
questa  di  marmo  o  di  legno,  sulla  quale  si  posa  la 
bottiglia  dell'acqua,  il  lume,  ecc. 

Comodino.  Di  persona  che  si  adatta  a  tutto  e 
della  quale  per  lo  più  si  abusa.  -  Prestanome,  veg- 
gasi a  nome. 

Comodità.  Agio,  comodo,  condizione  accon- 
cia; occasione  favorevole.  -  Qualità  di  ciò  che  è 
comodo.  -  Opportunità. 

Còmodo.  Sostantivo  maschile  :  tutto  quanto  può 
soddisfare  alle  necessità,  ad  un  bisogno  della  vita 
0  di  soddisfacimento  al  senso,  ai  sensi  ;  acconcezza, 
agiamento,  agiatezza,  agio,  comodezza,  comodità, 
confortàbile  (neol.^.  -  Anche,  destro,  opportunità. 
-  Contr..  incomodità,  incòmodo^  disagio,  imba- 
razzo. 

Comfort  (voce  inglese),  il  complesso  delle  agia- 
tezze informate  non  tanto  al  fasto  e  al  bello  quanto 
alla  pratica  e  all'uso,  e  sopratutto  all'igiene,  traendo 
profitto  di  ogni  progresso  meccanico  e  scientifico.  - 

Còmodo  (aggettivo),  ciò  che  ha  o  presenta  co 
modità  ;  è  agevole,  opportuno,  convenevole,  uti- 
le :  agiato,  confortevole.  -  Accomodare,  tornar  bene. 
essere  comodo.  -  Acconciami,  venire,  tornare  in  ac- 
concio. -  Esser  l'accomoda,  di  chi  fa  sempre  il  co- 
modo degli  altri.  -  Essere  nella  sua  beva,  essere  nel 
suo  elemento,  comodo.  -  Fare  buon  giuoco,  pigliarsi 
i  propri  comodi  in  certe  circostanze.  -  Preparare  il 
letto  a  uno,  fare  i  comodi  di  lui.  -  Star  comodo,  a- 
vere  comodità,  stare  ad  agio,  sentirsi  a  giuoco.  - 
Stare  poccioso,  con  tutti  i  propri  agi.  -  Stare  sbra- 
cato, di  chi,  per  sua  comodità  o  per  meglio  respi- 
rare, 0  per  sentir  meno  caldo,  sta  con  i  calzoni  sbot- 
tonati alla  cintura,  e  tanto  o  quanto  aperti  sul  di- 
nanzi :  onde  gli  antichi  dissero  far  vita  sbracata, 
per  vivere  con  tutti  i  comodi.  -  ìrovare,  trovarsi  il 
letto  rifatto,  trovare  te  comodità  pronte. 

Comodamente,  con  comodità:  accomodatamente; 
agiatamente  ;  a  bell'agio,  a  buon  agio,  a  grandissimo 
agio  ;  acconciamente,  con  tutti  i  comodi  ;  a  pam- 
pana  ;  a  panciolle  ;  a  cui  pari  ;  con  tutto  agio. 

Comodone,  persona  che  vuole  e  si  procura  tutti  i 
comodi,  sa  fare  i  propri  comodi:  agiatino,  amante 
delle  proprie  comodità  ;  bellandare  ;  comondone, 
comodista  ;  cor  contento  ;  divoto  di  sant'Agio  ;  Don 
Agiati,  Don  Pacifico,  Donna  Placida  ;  Giuseppe  Tad- 
deo; messer  Bellandare;  Sant'Agio;  sèr  Accomoda, 
sèr  Agio  di  Val  di  Riposo;  Signore  de' suoi  como- 
di ;  Veneranda. 

Proverbi,  modi  di  dire  :  chi  va  a  cavallo  da  gio- 
vane va  a  piedi  da  vecchio.  -  Qui  la  roba  si  trova 
più  a  tiro  :  più  comoda  a  prendere.  -  Sarebbe  l'asso, 
ili  cosa  che  farebbe  comodo. 

Còmodo  (commodo).  Il  cesso,  la  latrina. 

Comodóne.  Detta  a  còmodo. 

Compadrone.  Veggasi  a  padrone. 

Compaesano.  Dello  stesso  paese  ;   conterra- 


neo, concittadino  (veggasi  a  cittadino),  terraz- 
zano. 

Compaginare  (compaginato).  Modo  di  congiun- 
gere, di  unire. 

Compàgine.  Concatenamento,  complesso,  in- 
sieme di  cose,  unione. 

Compagna,  Femminile  di  compagno. 

Compagnévole.  Sociabile,  affabile;  che  sta 
volontieri  in  compagnia. 

Compagnia.  Insieme,  adunanza,  gruppo  di 
persone,  raccolte  per  conversare  o  per  altro.  - 
Anche,  congregazione,  confraternita,  e  il  luogo 
dove  essa  si  aduna.  -  Comunanza  di  interessati  nel 
commercio  o  in  altri  affari  :  compagnia  di  assi- 
curazione, ecc.  -  Riparto  di  milizia,  unita  di 
combattimento.  -  Gruppo  di  commedianti  (veggasi 
a  còmico),  di  ginnasti,  di  saltatori,  d'altre  persone 
che  danno  pubblico  spettacolo. 

Assemblea,  di  più  persone  (soci,  ecc.),  per  discu- 
tere.- ^ssociastowe,  riunione  di  persone  in  società 
per  uno  scopo  politico,  professionale,  ecc.  -  Banda, 
compagnia  di  malandrini,  malfattori;  unione  di 
ladri  0  di  simile  gente  trista:  associazione  di  mal- 
fattori ,  brigatacela ,  masnada ,  orda ,  smammata. 
Anche,  compagnia  di  suonatori  di  istrumenli  a  fiato. 

-  Baraonda,  brigata  di  gente  allegra  e  chiassosa.  - 
Brigata,  una  certa  quantità  di  persone  riunite  in- 
sieme, specialmente  a  fine  di  divertirsi:  brancata, 
cafila,  camerata,  carovana,  caterva,  chiappo,  comitiva, 
coorte,  corona,  corteggio,  corteo;  drappello  eletto; 
falange,  fiotto,  frotta;  gabbiata,  gregge,  gruppo; 
legione;  manata,  manipolo,  mano,  mazzo,  mucchio; 
partita,  popolo;  pugno  d'uomini;  ridda;  schiera, 
sembraglia;  torma,  verzicola. 

Carovana,  qualunque  grossa  compagnia  di  persone, 
d'animali  e  di  cose.  -  Combibbia,  brigata  di  persone 
che  si  adunano  per  bere.  -  Combriccola,  società  o 
riunione  di  gente  per  malo  scopo.  -  Combutta,  bri- 
gata di  più  persone,  senza  ordine  e  senza  distin- 
zione di  grado  o  di  classi.  Anche,  confusione.  - 
Comitiva,  brigata  ;  anche,  gente  che  accompagna, 
fa  corteo,  seguito.  -  Congregazione,  confraternita, 
compagnia  di  religiosi.  -  Coro ,  compagnia  di 
cantori. 

Gesangrevein,  voce  tedesca  che  significa  compa- 
gnia 0  società  corale.  -  Lega,  unione  di  due  o  più 
persone,  spesso  a  fine  non  buono.  -  Orchestra, 
compagnia  di  suonatori  da  teatro  e  in  teatro.  -  Radu- 
nata, unione  di  più  persone  per  qualche  fine.  -  Ruga, 
in  bolognese,  vale  bruco  e  anche  compagnia  di  pei'sone. 

-  Sodalizio,  compagnia  di  persone  raccolte  insieme 
per  un  fine  spirituale,  a  scopo  di  beneficenza,  di 
mutuo  soccorso  e  simili.  -  Squadra,  quantità  de- 
terminata di  gente  non  militare,  quando  fa  qualche 
fatica  a  servizio  dell'esercito. 

Associarsi,  riunirsi  in  società,  formare  un'  as- 
sociazione. 

Compagnia.  L'accompagnare,  lo  stare  insieme  : 
consorteria,  consorzio;  conversaraento ,  conversa- 
zione (v.  a.)  ;  frequentazione,  frequenza.  -  Corteo, 
compagnia,  codazzo  di  persone.  -  Entourage  (frane), 
compagnia,  clientela,  seguito  di  un  dato  personag- 
gio. -  Scorta,  chi  scorge,  guida,  accompagna.  -  // 
terzo  incomodo  :  di  persona  che  entra  non  gradita 
tra  altri  due  o  più. 

Sociabile,  compagnevole,  sociale,  socievole,  che 
ama  la  compagnia;  e  socievolezza,  socialità,  l'essere 
socievole. 

Andare  in  compagnia,  accompagnare.  -  Aver 
sempre  alle  costole  uno,  non  levarselo  di  torno,  non 


640 


COMPAGNO   —   COMPASSIONE 


uscir  di  torno.  -  Essere  della  lega,  della  combric- 
cola. -  Essere,  entrar  nel  branco  (spreg.),  essere  della 
compagnia.  -  Far  compagnia,  essere,  stare  in  com- 
pagnia d'alcuno  ;  stare  intorno  ;  stare  insieme  ;  te- 
ner compagnia.  -  Imbrancarsi,  mettersi  nel  branco, 
unirsi  alia  comitiva:  per  lo  più,  entrare  in  cattiva 
compagnia.  -  Impancarsi,  sedersi  a  panca,  unirsi  in 
compagnia.  -  Prendere  nel  branco,  accogliere  alcuno 
nella  comitiva,  accoglierlo  nella  propria  casta,  ecc. 

-  Star  sempre  cucito  a  uno,  non  escirgli  mai  di 
torno. 

In  compagnia.  —  Modo  avverbiale  :  accompa- 
gnato da....;  con  la  compagnia  di...  -  Meco,  nosco, 
seco,  teco,  vosco,  con  me,  con  noi,  con  sé,  con  te, 
con  voi,  ecc.  -  Seco  lui,  seco  loro,  con  esso  lui,  con 
essi  loro,  ecc.  -  Ira  amici,  in  compagnia  di  amici, 
insieme  ad  amici,  ecc. 

Proverbi  e  locuzioni.  —  Chi  ha  compagnia  ha 
signoria.  -  Chi  molto  pratica  molto  impara.  -  Chi 
va  a  letto  co'  cani,  si  leva  con  le  pulci,  e  chi  vive 
tra  lupi  impara  a  urlare  (di  cattiva  compagnia).  - 
Compagnia  d'  uno,  compagnia  di  ninno  ;  compagnia 
di  due,  compagnia  di  Dio;  compagnia  di  tre,  com- 
pagnia di  re;  compagnia  di  quattro,  compagnia  da 
matto.  -  Due  bene,  tre  meglio,  quattro  male,  cinque 
peggio.  -  Con  la  farina  non  si  fa  pane  •  Poca  bri- 
gata, vita  beata.  -  Uno  e  nessuno  è  tutt'uno. 

Ci  par  attaccato  colla  pece:  di  persona  o  cosa 
che  non  si  stacca  da  un'altra.  -  Ttitti  i  pievani  me- 
nano un  chierico,  scusandoci,  scherzosam.,  dell'avere 
persone  con  noi  quand'andiamo  in  casa  d'altri. 

Compagno.  Chi  accompagna  alcuno,  special- 
mente in  viaggio;  chi  è  in  compagnia  d'alcuno. 
Collega  d'ufficio  o  di  qualche  istituto,  ecc.  - 
Dicesi  di  marito  rispetto  alla  moglie,  -  Secondo 
grado  nella  massoneria.  -  Titolo  che  si  danno 
fra  loro  i  socialisti.  -  Femmin.,  compagna,  compa- 
gnessa.  -  Il  compagno  è  quasi  sempre  un  amico 
0  persona  che  prova  piacere  della  nostra  compagnia 
o  ne  ha  interesse. 

Accòlito,  detto  talvolta  per  compagno,  seguace.  - 
Camerata,  propriamente,  compagno  nell'abitare 
e  nel  mangiare.  Anche,  compagno  di  studio,  di 
divertimento,  ecc.  -  Collaboraù)re,  compagno  di 
lavoro:  cooperatore.  -  Commensale,  compagno  di 
mensa:  convitato.  -  Commilitone,  compagno  di  mi- 
lizia: camerata,  compagno  d'armi.  -  Compagnone, 
chi  sta  volontieri  in  compagnia,  e  la  cerca  per  darsi 
buontempo.  -  Complice  ^  compagno  in  un  delitto. 
•  Condiscepolo,  compagno  di  scuola.  -  Confratello, 
compagno  in  una  congregazione,  in  un  ordine 
religioso.  -  Consodale,  consorte,  lo  stesso  che  com- 
pagno. -  Dama  di  compagnia,  d'onore,  la  donna  che 
fa  da  compagna  ad  una  regina,  ad  una  principessa, 
ad  una  signora  d'alto  grado.  -  Fidus  Achates,  nome 
dato  da  Virgilio,  nell'Eneide,  ad  Acate,  fido  compa- 
gno di  Enea.  E  ora  si  dice  spesso,  ironicam.,  per 
indicare  il  compagno  inseparabile  di  alcuno.  -  Fra- 
tello d'armi,  d'esilio,  di  ventura,  chi  è  compagno  in 
queste  vicende.  -  Lousttc,  voce  francese  derivata  dal 
tedesco  lustig,  gaio,  gioviale:  compagno  allegro; 
buffone  della  compagnia.  -  Indivisibile,  di  chi  non 
si  stacca  mai  dal  compagno:  ombra.  -  Padre  com- 
pagno (scherz.),  accompagnatore  di  vizi,  di  crapule. 

-  Scudiero,  antioamente,  compagno  subalterno  del 
cavaliere.  -  Sinefebi,  compagni  di  gioventù.  - 
Socio,  compagno  di  affare,  di  commercio,  di 
industria  e  simili.  -  Sodale,  per  compagno,  specie 
di  studi  o  di   intellettualità.  -  Vicino:   dicesi   per 


compagno,  casigliano,  coinquilino,  collega,  confra- 
tello, ecc. 

Accompagnare,  far  da  compagno,  tener  com- 
pagnia. -  Associare,  associarsi,  prendersi  per  com- 
pagno, per  socio. 

Proverbi.  -  Dimmi  con  chi  vai  e  ti  dirò  chi  sei. 

-  Duro  con  duro  non  fa  buon  muro.  -  Ogni  simile 
appetisce  il  suo  simile.  -  Tal  guaina  tal  coltello  (i 
compagni  si  somigliano). 

Compagno.  Ciò  che  è  eguale;  ciò  che  ha  le 
stesse  qualità;  ciò  che  è  simile,  in  tutto  o  in 
parte.  -  Accompagnare,  mettere  insieme  o  vicine  due 
cose  simili  o  somiglianti.  Contr.  di  scompagnare, 
discompagnare. 

Companàtico.  La  pietanza  che  si  mangia  col 
pane. 

Comparare  {comparativo,  comparato).  Il  para- 
gonare e,  anche,  il  mettersi  a  paragone. 

Comparàtico.  L'essere  compare,  padrino  nel 
battesimo. 

Comparativo.  Chi  dimostra  per  paragonare. 

-  Termine  di  gratnmatica.  -  Veggasi  a  scienza. 

Comparatore.  Veggasi  a  misura. 

Comparazióne.  Confronto,  paragone. 

Compare.  Il  padrino  nel  battesimo;  il  pa- 
dre del  battezzato. 

Comparire  (comparso).  Manifestarsi .  arrivando 
in  alcun  luogo  :  apparire,  apparere  ;  affacciarsi, 
mostrarsi,  presentarsi,  spuntare;  ìatsì  vedere  in 
bella  mostra.  -  Venire  alla  luce,  essere  pubblicato, 
divulgato:  di  giornale,  di  libro  e  simili.  -  Pre- 
sentarsi in  giudizio  o  dinanzi  a  qualche  autorità. 

-  Dell'artista  che  si  presenta  al  pubblico  sulla  sce- 
na. -  Far  figura,  comparire  bene.  -  Venire  in  ballo, 
comparire. 

Compariscente,  appariscente,  che  ha  bella  appa- 
renza, heWaspetto.  -  Comparita,  il  comparire,  il 
mostrarsi,  il  presentarsi.  E  far  comparita,  far  bella 
mostra.  -  Comparizione,  il  comparire:  appariinento, 
apparizione;  comparizione,  comparimento;  apparita, 
comparita,  comparsa. 

Compariscente.  Veggasi  a  comparire. 

Comparita.  Detto  a  comparire. 

Comparizióne.  Il  comparire,  il  mostrar- 
si, ecc. 

Comparsa.  L'atto  del  comparire,  del  mo- 
strarsi, ecc.  -  Figurante  di  teatro.  -  Atto  dine- 
cusa  0  citazione  a  presentarsi  in  giudizio. 

Compartecipare  (compartecipante,  comparte- 
cipato). Il  partecipare  insieme. 

Compartécipe.  Detto  a  partecipare. 

Compartimento,  Scompartimento,  divisione 
di  una  superficie,  di  un  mobile,  di  un  carroz- 
zone ferroviario,  ecc. 

Compartire  (compartito).  Il  dividere  in  parti 
uguali  ;  il  distribuire  egualmente.  -  Concedere 
una  grazia  e  simili. 

Compassare  (compassato).  Misurare  col  conìr 
passo. 

Compassato.  Veggasi  ad  esatto. 

Compassionare  (compassionato).  Avere  com- 
passione. 

Compassióne  (compassionevole).  Sentimento  di 
pietà  verso  gli  altri  ;  dolore  per  la  disgrazia,  la 
sventura,  il  male  d'altri  :  commiseramento,  com- 
miserazione; compassionamento,  compatimento.  Con- 
tr., insensibilità,  indifferenza.  -  Arida,  gretta, 
meschina,  la  compassione  che  reca  poco  beneficio; 
finta,  non  sincera  ;  pelosa,  interessata,  manifestata  a 


COMPATTEZZA 


6il 


scopo  di  egoismo  ;  profonda,  forte,  sentita  ;  tìan- 
quilìa,  misurala,  senza  esagerazione,  ecc. 

Compatimento,  compassione  e,  insieme,  indul- 
genza. -  Compianto,  rimpianto,  la  compassione  di- 
chiarata. -  Misericòrdia,  l'aver  compassione  d'al- 
tri nelle  sue  miserie  e  prestargli  aiuto,  soccorso. 
-  Rincrescimento,  più  che  disjnacere  e  meno  di 
compassione.  -  Siìttpafia,  letteralmente  vale  com- 
passione ;  ma  pei  moralisti  significa  tendenza  alFet- 
tuosa  che  una  persona  ha  verso  un'altra. 

Eleo,  dèa  della  conipassione. 
Compassionare,  avere,  sentire  compassione,  riguar- 
dare alcuno  con  un  sentimento  di  pietà  per  mali 
avvenutigli:  commiserare,  compatire,  compiangere; 
dispiacersi  di  alcuno;  prenderne  compassione;  in- 
crèscere,  rincrescere  ;  provare  compassione  ;  rim- 
piangere ;  tórre  a  misericordia.  -  Ardere,  struggersi 
di  compassione,  sentirla  fortemente.  -  Essere  com- 
passionevole, pietoso,  sensibile  agli  altrui  mali,  mise- 
ricorde,  misericordioso,  avere  compassione  e  dimo- 
strarla. Contr ,  dpata,  in  differente,  insensibile; 
cuore  duro.  -  Far  la  bocca  pari,  dimostrare  rincresci- 
mento. 

Imbietolire,  essere  preso  da  compassione  (anche 
da  amore)  e  darne  segno  esteriormente  :  intenerirsi, 
avere  tenerezza. 

Compassionevole,  di  persona  o  cosa  che  desta  com- 
passione, move  a  compassione,  è  degna  di  compas- 
sione: commiserabile,  commiserevole,  commovente; 
infelice;  lacrimevole,  lagrimabile,  lagrimevole;  la- 
mentabile, lamentoso  ;  miserando,  miserevole  ;  pia- 
gnevole  ;  pietoso  ;  rincrescevole.  -  Compatibile,  che 
merita  compatimento.  -  Compianto,  fatto  oggetto  di 
compassione,  di  pietà  :  lacrimato,  lagrimato,  lamen- 
tato, ecc.  Contr.,  incompianto,  ecc.  -  Essere  una 
passione  :  una  pietà,  una  cosa  penosa,  che  desta 
compassione.  -  Far  compassione  a  sassi,  destare  com- 
passione vivissima. 

Compassionevolmente,  in  modo  compassionevole  : 
commiserabilmente,  commiserevolmente,  miserabil- 
mente, miseramente. 

Ahimé!  esclamazione,  quasi  ironica,  usata  per 
rimpiangere  alcunché.  Altre  simili  :  Domine,  aiu- 
tami ;  per  amor  di  Dio  ;  per  carità  !  Dio  degli  dèi  ! 
Apriti  cielo  !  ecc.  -  Una  mano  sulla  coscienza,  o 
sul  cuore!,  se  si  tratta  di  compassione  che  uno 
deve  avere.  -  Povero  diavolo!,  comunemente,  per 
dimostrare  compassione  d'uno,  disgraziato. 

Compasso.  Istrumento  geometrieo  che  serve  a 
descrivere  un  circolo,  a  misurare  una  linea  e  ad 
altri  usi:  sesta,  sesto.  Può  essere  ^sso,  ad  occhio, 
a  vite  Usato  anche  in  medicina  per  misurare  le 
parti  esterne  o  interne  del  bacino,  del  capo,  la 
circonferenza  del  torace,  ecc.  -  Acale,  nella  mito- 
logia, nipote  di  Dedalo,  inventore  del  compasso  e 
della  sega. 

Balaustro,  balaustrino,  specie  di  piccolo  compasso 
che  serve  per  tracciare  i  piccoli  cerchi.  L'apertura 
delle  due  aste,  o  gambe  del  compasso,  è  data  dallo 
sforzo  di  una  molla  regolata  da  una  vite.  -  Com- 
passo afemétrico,  istrumento  per  misurare  il  senso 
tattile:  veggasi  a  tatto. 

Compasso  a  fermo  o  a  punto,  quello  la  cui  apertura 
è  tenuta  ferma  per  mezzo  di  un  arco  metallico,  il 
quale,  saldato  a  una  delle  gambe,  entra  e  scorre 
alquanto  a  forza  nella  grossezza  dell'altra.  -  Com- 
passo a  grossezza  o  compasso  sferico,  quello  le  cui 
punte  sono  voltate  indentro  e  serve  a  misurare  il 
diametro  delle  palle  e  altre  grossezze.  -  Compasso 
a  molla  :  è  di  ferro  e  tutto  d'un  pezzo,  cioè  senza 


nocella  in  cima,  dove  il  ferro,  allargandosi,  si  assot- 
tiglia ed  è  rivolto  a  foggia  delle  molle  da  cami- 
netto :  le  gambe,  che  per  forza  della  molla  tende- 
rebbero ad  aprirsi  da  sé,  sono  tenute  a  segno  con 
vite  e  galletto.  -  Compasso  a  mutazioni,  quello  in 
cui  la  parte  inferiore  di  una  delle  due  gambe  è 
amovibile,  per  potervi  sostituire  altri  pezzi  della 
stessa  lunghezza,  ma  di  varia  forma,  come  matita,  ti- 
ralinee, stellette,  ecc.  -  Compasso  a  punte  semplici: 
strumento  geometrico,  consistente  in  due  braccia  di 
acciaio  di  lunghezza  eguale  terminate  a  punta  e  gi- 
ranti a  cerniera  intorno  a  un  a.'^se  comuiie. 

Compasso  azinmttale,  specie  di  bussola  usata  per 
trovare  l'azimut  di  un  astro.  -  Contpasso  da  ellissi: 
strumento  geometrico  che  serve  a  descrivere  cir- 
coli. -  Compasso  da  tre  punte,  quello  con  tre  gambe 
riunite,  in  cima,  da  una  sola  nocella  e  da  potersi 
aprire  e  adattarsi  con  ciascuna  delle  loro  punte  ai 
tre  vertici  di  un  triangolo  qualunque,  o  a  tre  punti 
di  altra  figura  poligona.  -  Compasso  di  proporzione, 
specie  di  compasso  le  cui  aste  o  gambe  sono  rap- 
presentate da  due  lamine  rettangolari  d'ottone,  su 
cui  sono  segnate  linee  o  numeri  -  Compasso  di  ri- 
duzione: è  un  compasso  ad  uso  di  ricopiar  figure  e 
farle  minori  o  maggiori,  ma  proporzionali.  E'  fog- 
giato ad  X. 

Compasso  geometrico  (detto  anche  di  propor- 
zione 0  militare),  inventato  da  Galileo,  fondato 
sulle  proprietà  dei  triangoli  simili  e  usato  per  ri- 
solvere i  problemi  di  matematica  nìilitare.  -  Coin- 
jmsso  in  asta:  è  una  stecca  in  forma  di  riga,  di  me- 
tallo 0  anche  di  legno,  con  due  corte  punte  di 
ferro  perpendicolari  ad  essa  e  quindi  parallele. 
Una  è  ferma  verso  l'estremità  della  stecca,  l'altra 
scorrevole  su  di  essa  per  frega  mento,  mediante  una 
stalTa.  -  Compasso  ricurvo,  quello  le  cui  parti  sono 
ricurve,  cioè  voltate  in  fuori,  in  senso  opposto,  e 
serve  a  misurare  internamente  i  vani  di  tubo,  vasi 
0  simili. 

Aste,  0  gambe,  le  due  parti  principali  del  com- 
passo. -  Nocella,  la  parte  superiore,  in  cui  sono 
riunite  e  mastiettate  le  due  gambe  del  compasso.  - 
l'unte,  le  parti  inferiori,  acuminate,  delle  aste.  - 
Rotella,  piccola  ruota  dentata,  dei  diametro  di  cinque  a 
dieci  millim.,  formata  da  una  sottile,  ma  rigida  foglia 
metallica,  la  quale  si  unisce  ad  una  gamba  del 
compasso  e  serve  a  segnare,  sulla  carta,  le  linee 
punteggiate.  -  Tagliacerchio,  una  delle  aste  del  com- 
passo, e  precisamente  quella  che  gira  a  segnare  la 
circonferenza,  mentre  l'altra  sta  appuntata  e  fissa 
al  centro. 

Compassare,  misurare  col  compasso. 

Compatibile.  Che  può  stare  insieme  con  al- 
tra cosa  ;  che  si  può  accoppiare,  conciliare  :  ac- 
coppiabile, compassibile,  conciliabile.  -  Compati- 
bilità, l'essere  compatibile;  la  possibilità  di  unire 
0  esercitare  due  o  più  cariche,  tra  loro  diverse, 
nella  stessa  persona.  -  Compatibilmente,  per  quanto 
la  cosa  è  compatibile:  conciliabilmente.  -  Incompa- 
tibile, che  non  si  può  compatire. 

Compatibilità.  L'essere  compatibile. 

Compatimento.  Detto  a  conijìassione. 

Compatire  {compatimento).  Avere  comjìassio- 
ne.  Anche,  sopportare.  -  Farsi  compatire,  far 
cosa  che  meriti  biasimo. 

Compatri  otta,  compatriota.  Della  stessa 
patria;  anche,  dello  stesso  paese. 

Compatrono.  Chi  è  patrono  con  altri. 

Compattezza,  compatto.  Veggasi  a  sodo 


Premoli. 


Vocabolario  Nomenclatore. 


41 


642 


COMPENDIARE   —    COMPETENZA 


Compendiare  {compendiato).  Ridurre  in  com- 
pendio; rendere  breve. 

Oonipendiàrio.  Detto  a  compendio. 

Compendio.  Lo  scritto  o  il  discorso  ridotto 
in  breve:  abbreviamento,  abbreviatura;  frane,  a- 
bregé;  breviario;  catechismo;  concisione;  elisire, 
epitome,  estratto;  prontuario,  prospetto;  rassunto, 
riassunto,  riduzione,  riepilogo,  ristretto;  scorcio 
espositivo,  sinossi,  sintesi,  sommario,  sostanza,  spec- 
chietto, spoglio,  stratto,  succinto,  sunto;  transunto. 

Compendiario,  compendioso,  detto  o  fatto  in  com- 
pendio: breve,  ristretto;  conciso,  succinto.  Compen- 
diario dicesi  anche  l'autore  di  un  compendio.  - 
Compendiatore,  chi  compendia:  abbreviatore,  accoz- 
zatore,  brachigrafo,  compendiario.  -  Compendiosita, 
l'essere  compendioso. 

Apergu  (frane),  spiegazione  abbreviata,  compen- 
diata. -  Appendix  de  Diis,  compendio  di  mitologia 
che  si  aggiunge  a  certe  opere  classiche.  -  Argomento, 
espressione  compendiosa  di  ciò  che  è  contenuto  in 
un  capitolo.  -  Euchiridion,  libro  manuale,  porta- 
tile. -  Leggenda,  lista  e  spiegazione  compendiosa  dei 
segni  e  delle  abbreviazioni  d'una  carta,  ecc.  -  Ma- 
nuale, trattato  sommario  e  portatile.  -  Monogramma, 
lettere  intrecciate  o  avvicinate  per  figurare  il  nome 
o  i  nomi  d'una  persona:  la  sua  cifra.  -  Précis 
(frane),  prontuario,  racconto  o  descrizione  in  com- 
pendio. 

Quadro  sinottico,  rappresentazione  grafica  o  si- 
mile, di  numeri  o  nozioni  compendiosamente  e- 
spressi  e  disposti  in  modo  che  si  possano  osser- 
vare, per  dir  cosi,  con  un'  occhiata  :  diagramma, 
prospetto,  specchietto,  specchio  ;  sinopsi,  tabella, 
tavola  dia,  grammatica;  tavola  sinottica. 

Résumé  (frane),  sunto,  compendio.  -  Ricapi- 
tolazione, riassunto  di  un  discorso,  ecc.,  per  lo 
più  nel  venire  alla  conclusione.  -  Semeiograjia,  veg- 
gasi  ad  iscrizione.  -  Sintonia,  brevità  di  espres 
sione.  -  Sumniario,  breve  ristretto  ;  compendio  degli 
argomenti  principali  trattati,  nelle  parti,  nei  capitoli 
d'un'opera,  tipograficamente  disposto  col  capoverso 
in  fuori  e  le  righe  seguenti  in  dentro  (composizione 
a  cappello).  -  Stenografia,  modo  abbrevviato, 
compendioso,  di  scrittura.  -  Syllabus  o  sillabo, 
voce  latina,  derivata  dal  greco,  che  vale  indice,  com- 
pendio. -  Transunto,  estratto  di  un  discorso,  di  una 
scrittura. 

Compendiare  (compendiato),  fare  un  compendio: 
restringere,  stringere,  riassumere,  detto  di  scritto, 
di  discorso  e  simili:  abbreviare,  accorciare,  co- 
stringere; epitomare;  raccogliere  in  breve,  raccor- 
ciare, rassumere;  recare  a  brevità,  in  picciol  volu- 
me; ridurre  in  compendio,  in  guscio;  riepilogare, 
fare  un  riepilogo;  scorciare,  smidollare  un  libro 
(cavarne,  trarne  il  meglio)  ;  transuntare. 

Compendiosamente,  in  compendio,  per  compendio 
in  breve,  in  brevità,  con  brevità:  abbreviatamente, 
alla  succinta,  alle  molte  poche,  a  mo'  di  riassunto; 
asciuttamente;  comprensivamente,  co  icisamente;  in 
brevi  parole,  in  quattro  e  qualtr'otto  ;  serratamente, 
sinteticamente;  sommariamente,  sommatamente,  stret- 
tamente; succintamente,  sugosamente. 

Compendioso.  Veggasi  a  compendio. 

Compenetrare  (compenetrato  ;  compenetrazio- 
ne). Investire,  attraversare  un  corpo,  una  mate- 
ria; modo  di  penetrare. 

Compenetrazione.  Detto  a  penetrare. 

Compensàbile.  Detto  a  compenso. 

Compensare,  compensazione  (compensalo, 
Dare  com,peniiO,  contraccambio,  retribuzione  e  si- 


mili per  un   servizio   ricevuto  o  per   un   obbliga 
assunto. 

Compensare  (compensato).  Agguagliare,  pareg- 
giare, rendere  pari,  rendere  eguale  una  cosa  ad 
un'  altra.  -  Anche,  supplirne  il  difetto;  ripa- 
rare, risarcire  un  danno;  corrispondere  al  male 
col  bene.  -  Ammendare,  espiare  un  fallo,  -  Di 
peso,  contrabbilanciare,  contrappesare. 

Compensarsi  (compensato).  Prendersi  il  ricam- 
bio di  un  favore.  -  Rivalersi  di  una  perdita,  di 
un  danno. 

Compensativo.  Detto  a  compenso. 

Compensatore.  Parte  del  cronometro.  - 
Compensatore  magnetico,  ciascuno  dei  pezzi  di  ferro 
aggiunti  alla  bussola  marina  per  eliminare  l' in- 
fluenza nociva  delle  masse  di  ferro  esterno. 

Compensazione.  Compensazione,  compenso; 
retribuzione,  ricompensa;  contraccambio  di  /o- 
vore  e  simili  -  Processo  vitale  per  cui  vengono 
riparate  nell'organismo  le  alterazioni  morbose.  - 
Modificazione  introdotta  n^Worologio.  -  Modo  di 
estinguere  nn' obbligazione.  -  Stanza  di  comperi/- 
sazione,  veggasi  a  Banca,  pag.  24o.  prima  colonna. 

Compenso.  Ciò  che  serve  a  compensare,  cioè 
a  dare  o  a  fare  alcunché  in  retribuzione  di  \m 
servigio  ricevuto:  compensagione,  compensamento, 
corrispettivo;  frutto,  gratificazione,  guiderdo- 
ne; mercede;  meritamento,  merito,  misura;  paga, 
pagamento,  xtremio;  prezzo;  provvedimento, 
recognizione,  retribuimento ,  retribuzione,  rimu- 
nerazione, risarcimento,  ristorazione,  soZaWo;  tem- 
peramento. -  Figur.,  quel  che  si  fa  per  compensare 
un'azione  commessa;  la  cosa  che  può  stare  a  riscon- 
tro con  un'altra  che  si  voglia  compensare  :  contrap- 
peso, equivalenza;  riscatto. 

Competenza,  compenso  dovuto  all'avvocato  o  ad 
altro  professionista,  a  persone  di  alcuni  uffici  o 
servizi  pubblici,  ecc.  -Fiche  de  considaiion  (frane),  per 
risarcimento,  compenso  a  qualche  danno  sofferto. 
-  Gratificazione,  premio  che  si  dà  in  ricompensa  di 
alcuna  fatica  straordinaria.  -  Indtnnitd,  rimborso; 
compenso  di  denaro.  -  mconipensa,  contrac- 
cambio, compenso  dato  a  un  beneficio,  a  un  far 
vore  ricevuto. 

Compensare,  dare  compenso,  contraccambio  per 
un  servizio  reso:  contraccambiare;  gratificare;  gui- 
derdonare, provvedere;  rendere,  retribuire,  restau- 
rare; rimeritare;  rimunerare;  sciogliere  un  obbligo; 
sdebitarsi. 

Compensativo,  atto  o  diretto  a  compensare:  rimu- 
nerativo, rimuneratorio;  remunerante,  rimunerante. 

Compenso.  L'ipertrofia  di  tutto  o  di  una  parte 
del  cuore. 

Compera.  Atto  del  comperare  o  comprare,  e 
la  cosa  comperata,  comprata:  compra.  -  Compei'a, 
un  tempo,  a  Genova,  si  chiamava  cosi  ogni  azione 
inscritta  alla  Ranca. 

Comperare  f compera).  Lo  stesso  che  com,-' 
prare. 

Competente.  Chi  ha  competenza. 

Competenza.  Voce  di  vario  significato  :  atto- 
ili  competenza  ;  capacità  di  pronunziarsi,  di  giur- 
dicare  in  una  determinata  cosa  o  in  più  cose.  - 
Autorevolezza,  cognizione,  intelligenza,  intendi- 
mento; sapere,  per  cui  si  è  in  grado  di  trattare, 
in  qualunque  modo,  una  data  questione,  questo  o 

3ueir  affare,  ecc.  Quindi  competenza  in  materia 
'arte,  di  critica,  di  lavoro,  di  letteratura,  di 
scienza,  ecc.  -  Giurisdizione,  cerchia  di  auto- 
rità. -  Di  casa,  di  lite,  di   affare  (terni,  legale)^ 


COMPKTENZA    —    COMPLESSIONE 


643 


pertinenza  di  essi  alla  giurisdizione  di  un  dato 
giudice  o  tribunale. 

Competente,  chi  o  che  è  competente  di  cono- 
scere  e  giudicare  ;  chi  si  intende  di  checcliessia 
ed  è  quindi  in  grado  di  dar  norma  in  proposito  : 
abile;  conoscitore,  consumato  (in  un'arte  e  simili); 
intelligente,  intendente,  intenditore,  buon  intendi- 
tore ;  maestro;  profondo,  protomaestro  ;  sciente  ; 
versato,  versatissimo,  in  una  determinata  cosa.  An- 
che, convenevole,  adatto,  conforme  al  dovere  ; 
proporzionato,  opportuno  -  Competente  dicesi  pure 
chi  ha  legittima  giurisdizione  o  autorità  sopra 
una  data  causa,  un  dato  affare:  di  giudice  o  di 
tribunale. 

Competentemente,  da  competente,  in  modo  com- 
petente, con  competenza.  Anche,  convenientemente. 

Competere,  spettare  l'autorità  di  un  giudizio  e  si- 
mili; di  causa,  di  lite,  spettare  alla  giurisdizione 
di  un  dato  giudice  o  tribunale. 

Competenza.  La  gara  nel  chiedere  dignità 
©  altro.  -  Atto  del  competere,  del  gareggiare. 

Competenza.  Quanto  si  compete  a  uno,  spe- 
cialmente di  compensi  ad  avvocati,  a  gente  d'uffi- 
cio e  simili.  -  Il  complesso  di  tutte  quelle  cose, 
viveri  e  denaro,  che  si  devono  ai  militari  secondo 
i  regolamenti  e  lo  stato  loro. 

Competere  {competente,  competitore,  competi- 
trice).  Entrare,  mettersi  in  concorso,  in  contra- 
sto, in  disputa,  in  gara,  in  lotta,  in  questio- 
ne, in  lite.  E  competitore,  competitrice,  chi  si  mette 
in  tali  condizioni.  -  Veggasi  a  competenza. 

Oampetìtore  {competitrice).  Concorrente,  ga- 
reggiante, emulo,  rirafe. 

Compiacente.  Chi  volontieri,  spontaneamente, 
si  presta  a  rendere  favore,  a  fare  /servigio  ad 
altri  e  simili  ;  chi  facilmente  asseconda  la  volon- 
tà, il  desiderio  d' altri  ;  chi  di  buon  grado  fa 
l'altrui  piacere  :  compiacevole  ;  condiscendente, 
cortese,  gentile,  piaceroso,  servizievole. 

Compiacènza.  Diletto,  piacere  che  si  prova 
in  alcuna  cosa,  massime  di  una  buona  azione.  - 
Il  desiderio  di  compiacere,  di  essere  compiacente 
verso  altri.  -  Soddisfazione  intima  per  cosa  che 
appaghi  i  nostri  desideri.  -  Bontà,  degnazione,  cor- 
tesia. -  Contr.,  scompiacenza,  scortesia. 

Simbolo  della  compiacenza,  il  far  di  pesco. 

Compiacére  {compiacimento,  compiaciuto).  Es- 
sere compiacente;  fare  cosa  grata,  favore  o  ser- 
vigio ad  altri  ;  fare  la  volontà  d'altri.  E  compia- 
cersi il  prendere  gusto,  piacere  d'una  cosa  o  in 
una  cosa;  avere  intima  so lìdis fazione,  essere 
contento,  rallegrarsi  d' alcuna  cosa.  -  Degnarsi. 
avere  degnazione.  -  Compiacimento,  il  compiacere 
e  il  compiacersi.  -  Contr.,  scompiacere,  dispia 
cere;  scompiacersi,  sdegnare. 

Compiacimento.  Detto  a  compiacere. 

Compiànsrere  {compianto).  Compassionare,  a- 
vere  compassione;  esprimere  il  proprio  dolore 
per  il  male  o  la  sventura  altrui. 

Compianto.  Condoglianza,  espressione  di  do- 
iore.  -  Rimpianto,  2>taw^o  0  lamenro  fatto  da  più 
persone  insieme. 

Compicciare  (compicciato).  Riuscire,  conclude- 
re, in  un'arte,  in  un  lavoro. 

Compiejrare  {compiegalo).  Fare  un  piego  :  ac- 
cludere, allegare,  includere;  mettere  dentro,  pei 
lo  più  una  carta,  una  lettera  in  un'altra  e  simili. 

Compiere,  compire  {compimento,  compiuto, 
compito).  Condurre  a  fine,  finire.  -  Dar  corso  ad 
un  affare,  ad  un  incarico.  -  Mandare  ad  effetto. 


-  Sbrigare  una  t'accenda.  -  Adempiere  ad  un  do- 
vere. -  Soddisfare  un  desiderio.  -  D'un  periodo 
di  tempo,  terminare,  venire  a  line. 

Compieta.  I/ultiraa  delle  ore  canoniche  (veg- 
gasi a  ora). 

Compilare  {compilato,  compilatore,  compilazio- 
ne). Comporre,  formulare,  stendere  uno  scritto; 
comporre,  scrivere  un'opera  letteraria  e  simili  ; 
estendere,  stendere  una  relazione;  redigere  un  gior- 
nale. -  Compilatore,  compilatrice,  chi  compila,  chi 
scrive:  raccoltore,  raccoglitore;  accozzatore,  redat- 
tore. -  In  tribunale,  il  giudice  estensore  della  senten- 
za. -  Compilazione,  il  compilare  e  la  cosa  compilata: 
accozzamento,  accozzo;  compilamento,  compilatura; 
redazione.  -  Stesura,  il  distendere  uno  scritto. 

Compimento.  Il  compiere,  il  compire;  fine. 

Compire  (compiuto).  Lo  stesso  che  compier  e, 
terminare,  finire. 

Compitare  {compitato,  compitazione).  Maniera 
di  leggere. 

Compitezza.  Urbanità,  creanza. 

Compito.  Dicesi  di  dpei'a,  di  lavoro  assegnato 
ad  altri  o  a  sé  stesso,  determinatamente.  -  Attribu- 
zione; funzione,  impresa,  incarico;  cura,  man- 
sione, ministero,  missione;  ufficio.  -  Lavoro  di 
scuola:  pedantescamente,  elaborato.  -  Anche,  in 
significato  di  dovere,  che  da  noi  si  assuma  o  qual- 
cuno ci  conferisca. 

Compito.  Urbano:  che  ha  creanza,  belle  ma- 
niere. 

Compiutamente.  In  modo  completo. 

Compiuto.  Finito;  completo. 

Compleanno.  Il  giorno,  nel  quale  uno  compie 
gli  anni:  anniversario. 

Complementare.  Di  o  da  completamento;  che 
completa,  rende  completo.  -  Complementari,  due 
angoli  la   cui  somma  é  uguale  a  un   angolo   retto. 

-  Due  colori  dello  spettro  solare,  che,  sovrapposti, 
danno  il  bianco. 

Complemento.  Parte  aggiunta  (veggasi  ad  ag- 
giungere, aggiunta)  che  serve  a  formare  un  tutto 
completo.  -  Ciò  che  manca  ad  un  tutto,  afTmchè 
sia  intero. 

Complessionare  {complessionato).  Detto  a  com- 
2ilessione. 

Complessióne.  Abito  (termine  medico),  dispo- 
sizione del  nostro  corpo;  modo  in  cui  un  animale 
appare  costituito;  disposizione  del  suo  corpo,  sua 
condizione  fìsica:  abito  di  corpo;  composizione, 
compressione  (voce  antiquata);  costituzione,  costitu- 
zione fisica;  costruzione;  idiocrasi  (costituzione  pro- 
pria di  ciascun  individuo),  idiocrasia,  idiotropia 
(voci  greche);  natura;  organizzazione;  sanguinila; 
temperamento.  -  Di  complessione,  l'uomo  o  l'animale 
è  sano  o  malato;  debole  o  forte;  gracile,  de- 
licato, oppure  resistente,  robusto;  in  buone  o  in 
cattive  condizioni  generali  di  salute.  -  Complèsso, 
di  grossa  e  robusta  complessione.  -  Complessionare 
{complessionato),  dare  o  formare  la  propria  comples- 
sione. -  Dare  una  complessione,  costituire,  confor- 
mare, formare,  naturare;  imbozzimare,  impastare. 

Abito,  costituzione  fisica  di  un  organismo  o  sua 
disposizione  a  contrarre  questa  o  quella  malattia, 
piuttosto  che  altre:  quindi,  specie  di  malattia  latente 
che  modifica  la  costituzione  del  corpo.  Così:  abito 
scrofoloso,  tisico,  apoplettico,  ecc.  -  Aspetto,  cospet- 
to, conspetto,  aria,  presenza,  l'apparenza  della  per- 
sona; l'esteriorità  della  complessione.  -  Corpora- 
tura, tutto  il  complesso  del  corpo  per  riguardo 
piuttosto  al  volume:   alta,   grande,   grossa,   grassa,. 


644 


COMPLESSIVAMENTE   —   COMPONENTE 


piccola,  ecc.  -  Diàtesi,  la  costituzione,  la  disposizione 
j/itirna  del  corpo,  variante  da  persona  a  persona, 
tanto  in  islato  di  salute  che  di  malattia.  Si  chiamò 
cosi,  anticamente,  un  modo  particolare  di  sanità  o 
di  malattia.  -  Fisico,  l'esteriore  di  una  persona,  la 
f];iura,  la  complessione,  il  temperamento.  -  Stì'ultura: 
riguarda  la  forma  e  la  compagine  delle  membra  e 
la  lorza  loro.  -  Statura,  la  corporatura.  -  Valetudine, 
complessione,  temperamento. 

complessivamente.  In  complesso,'  in  tutto. 

Complessivo.  Del  complesso,  che  riguarda 
il  complesso,  non  i  particolari  (venerasi  a  parti- 
colare) 

Complèsso.  Aggregato,  unione,  insieme  di  più 
ogijetti,  di  più  cose  dello  stesso  genere;  ciò  che 
risulta  dall'/oiioMe  delle  parti  componenti  un  tut- 
to, 0,  anche,  di  varie  cose  messe  armonicamente 
insieme:  campàgine,  corpo;  fascio,  massa,  pienezza; 
popolo;  Sintesi;  universale,  universalità.  -  Agget- 
tivam.,  composto  di  più  parti  collegate  fra  loro. 

Complessivamente,  in  complesso,  nel  complesso; 
in  tutto  e  per  tutto,  tutto  compreso;  collettivamente, 
comprensivamante;  cumulativamente;  in  fascio,  in- 
sieme; tarahara,  tarabaralla;  traugioli  e   barugioli. 

Complessivo,  del  complesso,  che  riguarda  il  com- 
plesso: generale,  sommario,  totale,  universale. 

Complèsso.  Detto  talvolta  per  complessione. 

Completamente.  In  modo  completo. 

Completamento.  Il  completare,  far  comple- 
to, •  Compimento,  fine. 

Completare  (completato).  Rendere  completo. 

Complèto.  Aggiunto  di  ciò  a  cui  nulla  manca 
nella  qualità,  nella  misura,  ecc.:  assoluto;  compito, 
compiuto;  di,  tutto  punto;  finito;  indeficiente;  inte- 
gro, intero;  pieno,  pienissimo,  plenario;  totale, 
totalissimo,  totalità.  Contr.,  deficiente,  incompleto, 
mancante,  manchevole  (  veggasi  ^.mancare),  monco. 

-  Complementare,  di  o  da  completamento;  che  comple- 
ta :  completivo,  completorio  ;  suppletivo,  suppletorio.' 

-  Complemento,  quanto  si  aggiunge  ad  una  cosa  per 
completarla.  •  Avere,  avere  avuto  tutti  i  sacramenti; 
non  ci  manca  nn  ette,  una  virgola,  modi  di  dire  per 
indicare  cosa  completa.  -  Calzato  e  vestito,  dicesi  di 
cosa  che  ha  tutte  le  sue  parti  compiute. 

•  Completare  (completato),  compire,  aggiungere 
ad  alcunché  quel  tanto  che  occorre  e  basta  per  ren- 
derlo intero  e  perfetto:  colmare;  dare  il  pieno;  inte- 
grare; portare  a  compimento,  al  compito;  ricolmare; 
riempire,  ristorare,  ritondare.  -  Servire  come  di  si- 
gillo in  ceralacca,  di  ciò  che  completa  in  tutto  e 
per  tutto.  -  Dove  andò  la  nave,  vada  il  brigantino: 
si  faccia  cosa  completa. 

Completamento,  il  completare:  compimento,  com- 
pitezza, cowii^iewcwfo,  completazione  ;  fine,  fini- 
mento; riempimento;  rifinimento;  supplemento,  sup- 
plimento  (v.  a.) 

Completamente,  in  modo  completo:  affatto,  com- 
piutamente, del  tutto;  integralmente,  interamente, 
interissimamente,  totalmente,  ecc.:  per  molte  altre 
voci  e  locuzioni  varie,  veggasi  a  tutto. 

Complicare  {complicato).  Rendere  complicato, 
intricato  ciò  che  è  o  dovrebbe  essere  semplice; 
rendere  difficile  ciò  che  è  o  dovrebbe  essere  fa- 
cile; intrigare,  imbrogliare:  creare  intrigo,  im- 
invoglio:  imbrigare,  impigliare,  intorbidare.  -  Com- 
plicato, imbrogliato  ;  anche,  molteplice.  -  Compli- 
cazione, il  complicare  ;  ammassamento  di  più  cose 
insieme;  difficoltà,  impaccio,  impedimento,  in- 
gombro,   intralciamento;    intreccio.  Figur.,  consu- 


macervello,  diavoleria,  quinta  ruota  del  carro,  rom- 
picapo. 

Complicazione.  Ammassamento  di  più  cose 
insieme.  -  Il  sopraggiungere  di  una  lesione,  di 
un'affezione  o  di  una  malattia  nel  corso  di  una 
infermità  già  dichiarata.  Anche,  il  coesistere  di  ma- 
lattie 0  affezioni  diverse,  o  di  sintomi  non  dipen- 
denti dalla  stessa  malattia. 

Complice.  Chi  è  a  parte,  con  altri,  nell'esecu- 
zione di  qualche  atto  malvagio,  cattivo,  disone- 
sto ;  chi  partecipa  alla  perpetrazione  di  un  de- 
litto ;  acconsenziente  ;  compagno  di  delitto^,  com- 
pare, connivente,  consapevole  ;  correo  ;  manuten- 
golo; partecipatore,  partecipe,  partigiano;  socio 
nel  delitto.  -  Complicità,  qualità  di  chi  è  complice: 
correità,  partecipazione.  -  Connivenza,  tacito  con- 
senso a  opera  non  buona,  a  cosa  disonesta. 

Essere  complice:  essere  a  parte,  essere  coinvolto; 
prestar  favore,  prestar  mano;  reggere  la  mula;  te- 
nere il  piede,  mentre  altri  scortica;  tenere  il  sac- 
co, tenere  la  scala,  tener  mano.  -  Rendere  complice, 
far  partecipare;  trascinare  alcuno  in  una  cattiva 
azione  :  intingere. 

Complicità.  L'essere  complice. 

Coniplimentare  {complimentato').  Detto  a  co»n-- 
plimento. 

Complimento.  Atto,  parola,  frase,  discorso 
che  si  fa  in  segno  di  ossequio  o  per  cortesia, 
per  urbanità:  avvenevolaggine  ;  cerimonia  ;  felicita- 
zione, fregagione  (figur.),  graziosita  ;  mottuzzo,  o- 
maggio,  rispetto;  salamelecche,  salunalecchi.  I  com- 
plimenti possono  essere  sinceri  o  ricercati,  affettali 
(veggasi  ad  affettazione),  melali,  sdilinquiti;  gra- 
ziosi, gentili,  calorosi,  sviscerali,  oppure  sgarbati, 
freddi,  rudi;  spontanei  o  stentati,  maligni,  maliziosi, 
pieni  di  sottintesi;  schietti  o  ironici,  sarcastici;  seti 
0  leziosi,  esagerati,  ecc.  -  Agrodolci,  i  compli- 
menti che  si  ifanno  contro  voglia,  o  con  intenzione 
di  beffare.  -  Interessati,  i  complimenti  fatti  allo 
scopo  di  trarne  profitto.  -  Ufficiali,  i  complimenti 
che  si  fanno  per  dovere,  per  ufficio,  per  conve- 
nienza. 

Complimentare,  far  complimenti  o  atti  di  osse- 
quio :  far  cerimonie  (veggasi  a  ceriìnonia),  fare  i 
convenevoli,  tare  salamelecchi  ;  dire  un  mondo,  un 
monte  di  cose  belle,  graziose,  gentili.  -  Felicitare, 
rallegrarsi,  complimentosamente,  di  alcunché  con 
altri.  -  Ripetere,  dar  risposta  a!  complimento.  -  Stare 
sui  convenevoli,  amare  molto  i  complimenti,  le  ce- 
rimonie. Troncare,  tagliar  corto  con  i  complimenti. 
-  Non  faccia  tante  storie:  a  chi  si  perde  in  com- 
plimenti. 

Complimentario,  chi  è  incaricato  dei  complimenti, 
delle  accoglienze,  ecc.,  in  una  festa  o  simili.  -  Compli- 
mentoso, pieno  di  complimenti,  che  fa  molte  ceri- 
monie :  cerimonioso,  officioso,  ossequioso.  -  Atti 
complimentosi  sono  talvolta  la  carezza,  il  bacio, 
il  saluto,  V  augurio  e  simili.  Così  anche  la 
smorfia  e  le  moine,  il  lezio.  •  Complimentosa- 
mente, con  complimenti,  a  mo'  di  complimento  : 
cerimoniosamente,  cerimonievolmente,  cirimoniosa- 
mente.  Figur.,  profumatamente. 

Complimentoso.  Detto  a  complimento, 

Compllre  (compiilo).  Metter  conto,  essere  u- 
tile. 

Complotto.  Voce  d'uso  per  combriccola,  co- 
spirazione, congiura,  intrigo,  trama. 

Complùvio.  Parte  della  casa  romana. 

Componente.  Veggasi  ad  elemento. 


COMPONICCHIARE 


645 


Oomponicchlaro  {componicchiato).  Comporre, 
scrivere  poco,  a  stento,  alla  carlona. 

Oomponiineiito.  Ogni  sorta  di  poesia  o  di 
prosa  d'invenzione,  o  di  musica;  composizione, 
scritto;  creazione  di  un'opera  d'arte  ;  lavoro  di 
insigne  artista  ;  lavoro  di  pittura,  ~  Elucubra- 
zione, componimento  accurato. 

Comporre  (composto).  Porre  insieme,  mesco- 
lare varie  cose,  per  farne  una.  -  Mettere  insieme, 
formare.  -  Assettare,  accomodare.  -  Aggiu- 
stare, conciliare,  riferito  a  differenza,  a  con- 
trasto, a  lite.  -  Convenire,  restar  à^accordo,  - 
Lavoro  del  compositore  di  tipografia.  -  Compo- 
nente, che  serve  a  comporre.  -  Composto,  formato 
dall'unione  di  più  cose,  di  più  parti,  di  più  di  un 
eletnento;  non  setnplice. 

Comporre  {composto).  Lo  scrivere,  il  dise- 
gnare, ossia  fare  il  disegno,  un  disegno,  inven- 
tando :  riferito  a  lavori  letterari,  musicali,  arti- 
stici. 

Comportabile.  Veggasi  a  tollerare. 

Comportare  {comportato).  Soffrire,  sopportare, 
tollerare. 

Comportarsi  {comportato).  Modo  di  procedere: 
condotta,  contegno.  <■ 

Comporto.  Tolleranza  del  creditore  verso  il 
debitore,  -  Lasso  di  tempo  che  si  concede. 

Composito.  Il  quinto  ordine  di  architet- 
tura. 

Compositoio.  Arnese  adoperato  dal  composi- 
tore di  tipografia. 

Compositore.  Nell'uso,  l'autore  di  un'opera 
in  musica:  contrappuntista.  -  L'operaio  che,  nella 
tipografia,  compone  gli  scritti  da  stamparsi, 
mettendo  insieme,  lettera  per  lettera,  le  parole  : 
compositore  tipografo,  combinatore.  E  compositoio 
l'arnese  col  quale  egli  compone  le  linee,  ad  una  ad 
'ina,  con  la  dovuta  aggiustatezza. 

Composizione.  L'atto  o  il  modo  del  com,- 
porre,  e  la  cosa  stessa  composta,  sia  musica, 
poesia,  prosa  (componimento)  e,  anche,  il  dise- 
gno di  una  pittura.  -  Patto,  accordo  di  pagamento 
'veggasi  a  pagare)  -  Aggiustamento  di  una  lite. 
di  una  contesa:  accordo,  concordia. 

Composizióne.  Il  comporre,  ossia  il  mesco- 
lare insieme  cose  varie,  sicché  ne  formino  un'altra: 
mescolamento,  mescolanza,  mescuglio,  miscuglio, 
mistura;  amalgama,  combinazione,  commistura,  com- 
posta, composto  ;  confezione,  preparato,  prepara- 
zione. 

Composizióne  (composto).  Y.  Mescolaiiza, 
Letteratura,  Musica,  Pittura,  Stamperia. 

Composta.  La  conserva  di  frutta. 

Compostamente.  Detto  a  contegno  e  a 
/razia. 

Compostezza.  La  grazia  del  contegno.  -  La 
:iio(lestia  d'abito  e  di  costumi. 

Composto.  Ciò  che  risulta  dal  coìnporre  o 
lai  mescolare.  -  Termine  di  chimica.  -  Riferito 
■i  persona:  chi  é  modesto  nell'abito,  nel  costume, 
nel  contegno. 

Comprare  (comprato,  compratore).  Acquistare  a 
prezzo;  far  propria  una  cosa  mediante  denaro: 
accattare,  comperare,  tar  compera,  far  compra;  far 
levata,  fare  spesa,  incettare  ;  investire  denaro  in 
checchessia;  pigliare,  provvedere,  spendere  (fì- 
gur.,  corrompere).  Si  compera  nella  bottega,  sul 
mercato,  ecc;  e  nel  comprare,  come  nel  ven- 
dere, si  esplica  l'azione  del  commercio. 

Comprare  a  calo,  col  patto  di  pagare  soltanto  al 


parte  che  si  consuma  e  rendere  il  rimanente.  -  A 
comodo,  a  respiro,  a  tempo,  a  condizione  di  pagare 
più  tardi  ;  a  contanti,  a  pronti,  a  pronti  contanti,  a 
quattrini  sonanti,  col  denaro  alla  mano  ;  a  credenza, 
a  debito,  non  pagando,  senza  pagare;  all'asta,  al- 
l'incanto, dove  si  vende  &ÌVasta  ;  a  peso,  fissando 
il  prezzo  a  norma  del  peso  ;  a  peso  d'oro,  pagando 
caro  ;  co'  piedi,  a  larghi  patti  (non  comune)  ;  di 
prima  o  di  seconda  mano,  direttamente  o  indiretta- 
mente; di  scarriera,  per  iscarriera,  fuori  dal  traf- 
fico comune;  di  sottomano,  indirettamente;  anche, 
di  nascosto,  furtivamente  ;  in  blocco,  molta  roba 
insieme;  tutta  una  data  quantità  di  roba;  anche 
senza  conteggiare  particolarmente  il  prezzo  delle 
merci;  m  buona  fede,  senza  sospettare  inganno, 
frode;  in  erba,  prima  che  i  frutti  siano  maturi;  la 
gatta  in  sacco,  a  occhi  chiusi  ;  per  un  pezzo  di 
pane,  per  un  sacco  d'ossa,  più  che  a  buon  mercato, 
per  pochissimo  prezzo;  comprare  vile,  a  basso 
prezzo.  -  Entrare  in  digrosso,  ingrossarsi,  comprare 
all'ingrosso.  -  Far  come  i  cam  bai-boni  che  portano 
i  denari  in  bocca,  comprare  e  pagare  a  contanti.  - 
Mettere  i  denari  in  terra,  in  bestiame,  ecc.,  com- 
prare terra,  bestiame,  ecc.  -  Pagare  una  cosa  a  uno, 
comprargliela.  -  Ricomprare,  comprare  un'altra  volta 
la  roba  simile  :  riscattare,  redimere,  affrancare. 

Accaparrare,  fissare  la  compra  di  una  cosa,  dando 
0  ricevendo  caparra.  •  Far  tutt'  un  baragozzo, 
tutto  un  accordo,  comprando  cose  di  \ario  genere. 
-  Incettare,  comprare  in  blocco,  per  rivendere  a 
maggior  prezzo  :  fare  incetta. 

Prezzolare,  assoldare  qualcuno  a  malvagio  fine.  - 
Profferire,  fare  un'offerta  di  prezzo,  per  comprare: 
esibire.  -  Ricedere,  cedere  di  quello  che  abbiamo 
comprato.  -  Sfiorare,  di  cose  di  prezzo,  averne, 
comprarne  il  meglio,  il  fiore.  -  Stimare  a  compra 
e  vendita,  per  il  prezzo  che  deve  avere  una  cosa  a 
comprarla  o  a  venderla.  -  Stiracchiare  il  quattrino: 
fare  a  tira  tira  sui  prezzi  fino  alla  minima  diffe- 
renza. -  Vantaggiare  alcuno,  risparmiargli  nel  com- 
prare e  avanzargli  nel  vendere. 

Compra,  comprato,  compratore.  —  Compra,  ac- 
quisto, di  checchessia,  per  un  determinato  prezzo  ; 
acquisizione,  accattatura;  compera,  comperamento  : 
compramento;  incetta,  levata,  tòlta.  -  Buona,  cat- 
tiva spesa,  di  compera  vantaggiosa  o  no.  -  Provvi- 
sione, acquisto  o  raccolta  di  quanto  serve  ad  un 
bisogno.  -  Ricompra,  il  ricomprare,  l'atto  e  il  di- 
ritto. 

Comprato  :  comperato,  acquistato  con  denaro  :  ac- 
quisitizio  ;  per  sincope,  compro.  -  Venale,  che  si  com- 
pra e  si  vende.  -  Esser  lana  delle  proprie  pecore,  di 
roba  comprata  con  i  propri  denari. 

Compratore,  chi  compra  :  acquirente,  acquisitore, 
acquistante  ;  levatore  ;  rilevatario.  -  Cliente,  com- 
pratore abituale  in  una  bottega  e  simili.  -  Monopo- 
lizzatore,  chi  compra  tutto  per  avere  il  monopo- 
lio, ossia  essere  padrone  del  mercato  in  un  luogo, 
del  commercio  in  un  paese  -  Ojferente,  chi  si  pre- 
senta come  compratore.  -  Presentarsi  come  comprar 
tore:  affacciarsi  (all'asfa,  alla  vendita,  ecc.);  offrir 
di  comprare;  esibire  un  prezzo  per  l'acquisto. 

Voci  varie  —  Proverbi.  —  Il  giusto,  nelle  com- 
pre e  vendite,  quel  che  una  cosa  costa,  quel  che  deve 
essere  pagata.  -  Redenzione,  riscatto,  ricompra.  -  Re- 
dibizione, azione  intentata  dal  compratore  contro  il 
venditore  di  mala  fede  per  costringerlo  a  ripren- 
dersi la  cosa  venduta.  E  redibitorio,  che  dà  luogo 
alla  redibizione.  -  Redimibilità,  astr.  di  redimibile, 
cioè  condizione  della  cosa  che  si  può  riscattare.  - 


6^6 


COMPRENDERE    —    COMUNE 


Retratto,  la  facoltà  accordata  ad  una  persona  di 
farsi  surrogare  al  compratore,  rimborsando  a  que- 
sti il  prezzo  e  le  altre  spese  di  compera.  -  Riscatto, 
il  riscattare.  -  Taglia,  prezzo  del  riscatto. 

Pro\  erbì  :  A  chi  compera  non  bastano  cent  occhi, 
e  a  chi  vende  ne  basta  uno.  -  Chi  compera  a  minuto 
pasce  i  figliuoli  degli  altri  e  affama  i  suoi.  -  Chi 
eompra  a  tempo  {a  credenza)  vende  nove  per  altri 
e  un  per  sé. 

Comprèndere  (comprensibile,  comprensivo,  com- 

fìresoj.  Afferrare  con  V intelletto,  abbracciare  con 
a  mente;  capire,  conoscere,  intendere.  - 
Comprendimento,  facoltà,  potenza  del  comprendere; 
comprensione.  Contr.,  incomprensibile,  incon- 
cepibile, che  è  come  avvolto  nel  mistero.  - 
Comprendonio  (voce  fam.;,  comprendimento,  intel- 
letto. -  Comprensibile,  che  si  può  comprendere.  - 
Comprensione,  atto  e  anche  potenza  del  comprende- 
re. -  Comprensiva,  intelletto,  intelligenza.  -  Com- 
preso, inteso,  capito.  -  Contr.,  incompreso,  non  in- 
teso, non  capito. 

Comprèndere  (  comprensibile  ,  comprensione , 
comprensivo,  compreso).  Sinonimo  di  racchiudere, 
contenere,  circondare,  spesso  riferito  a  cose 
immateriali:  abbracciare,  chiudere;  coinvòlgere; 
implicare;  inchiudere,  includere,  inconcludere; 
involgere,  involvere.  -  Comprensione,  il  comprende- 
re :  inchiusione,  inclusione  ;  inclusiva.  -  Implica- 
zione, veggasi  a  implicare.  -  Comprensivamente,  in 
modo  comprensivo,  inclusivamente.  -  Comprensivo, 
atto  a  comprendere,  a  contenere  :  inclusivo.  -  Com- 
preso, incluso  ;  complicato.  -  Raggrupparsi,  riepilo- 
garsi, stare,  trovarsi,  essere  compreso  in  alcunché. 

Comprensibile.  Detto  a  comprèndere. 

Comprensióne.  Di  parola,  l'estensione  del 
suo  significato. 

Comprensiva,  comprensivo.  Veggasi  a  com,- 
prendere. 

Comprensore.  Dicesi  dello  spirito  che  fruisce 
della  visione  di  Dio. 

Comprèso.  Quanto  si  comprende  in  un  dato 
spizio,  in  un  circuito,  in  un  giro.  -  Chi  sente  in- 
tensamente un  affetto,  è  pieno  di  pensiero,  ha 
preoccupato  1  animo. 

(Comprèssa.  Pezzetta  di  pannolino,  di  tela  di 
lino  0  di  canape  usata  in  chirurgia  (pag.  55),  per 
comprimere  qualche  parte  del  corpo  :  è  morbida, 
pieghevole,  senza  bordi  e  rattoppi,  di  varia  forma 
e  grandezza,  piegata  a  più  doppi,  destinata  a  co- 
prire e  contenere  quella  parte  di  medicazione  che 
è  ad  immediato  contatto  con  la  superficie  ammalata, 
a  riempire  qualche  vuoto,  o  ad  esercitare  partico 
lare  compressione  sopra  qualche  parte  del  corpo. 
Si  hanno  compresse  bucherellate,  a  due  o  tre  capi, 
a  croce  di  Malta,  a  fionda,  graduata,  rotonda  od  or 
bicolare,  ecc. 

Compressione.  Il  comprimere,  il  prèm,ere.  ■ 
Termine  di  chirurgia  e  di  patologia. 

Comprèsso.  Veggasi  a  premere. 

Compressore.  Nome  generico  di  moltissimi 
apparecchi  usati  in  chirurgia. 

Comprimario.  Detto  a  cantante. 

Comprimente.  Atto  a  comprimere,  a  prè 
mere. 

Comprimere  (compresso).  Pigiare  da  ogni  parte. 
prèmere.  -  Figur.,  raffrenare,  frenare,  tenere  in 
freno. 

Comprlmitore.  Detto  a  premere. 

Compro   Comprato  :  veggasi  a  comprare. 

Compromésso.  Veggasi  a  contratto. 


Comprométtere  {compromettente,  compromesso) 
Rimettere  ad  altri  la  decisione  di  una  lite  o  di  una 
differenza.  -  Impegnare  la  parola  per  un  contrat- 
to. -  Mettere  in  pericolo,  a  rischio. 

Compromettersi  (compromesso).  Mettersi,  e- 
sporsi  a  rischio,  in  pericolo.  -  Scoprire,  far  co- 
noscere il  proprio  giuoco,  scoprirsi,  smascherarsi. 
-  Destare  sospetto  su  cosa  che  si  vorrebbe  nascon- 
dere. 

Compromissàrio.   Veggasi  a  lite. 

Comproprietà.  La  proprietà,  il  possesso, 
insieme  con  altri. 

Comproprietario.  Proprietario  con  altri;  aven- 
te proprietà  con  altri. 

Comprovare  (comprova,  comprovato,  compro- 
vazioni). Provare,  dar  prova;  confermare  col  con- 
corso di  molte  prove. 

ComproT azione.    Detto  a  prova. 

Compulsare  (compulsato).  Forzare  altri  a  com- 
parire in  giudizio.  -  Studiare,  constdtare  carte, 
documenti,  ecc. 

Compùngere  (compunto).  Affliggere,  dar  do- 
lore ;  dare  compunzione.  -  Compunto,  che  ha  com- 
punzione 

'Compunzione.  Afflizione  d'animo,  con  penr- 
timento  del  proprio  errore,  della  propria  colpa. 

Computare  f computabile,  computato).  Calcola- 
re, contare  -  Annoverare,  mettere  in  nòvero,  in 
conto. 

Computazióne.  Computo,  conto. 

Computista.  Detto,  a  contàbile. 

Computisteria.    Vegsasi  a  contabilità. 

Computo.  Detto  a  calcolo  e  a  conto. 

Comunale.  Del  Comune,  municipale.  -  Con- 
sueto, ordinario,  sòlito. 

Comunanza.  Vavere  checchessia  in  comune 
con  altri  o  con  tutti.  -  Ciò  che  é  di  noi  o  in  noi, 
come  di  altri  o  in  altri  :  quindi,  comunanza  di  idee, 
di  sentimenti,  di  affetti,  ecc.  -  Eguaglianza  di  qua- 
lità. -  Universalità  dei  cittadini,  società  civile  ; 
accomunanza,  comunione,  comunità;  collettività.  - 
Accomunare,  mettere  in  comune. 

Comunardo.  Chi  appartenne  al  governo  della 
Comune,  in  Francia;  chi  ne  fu  o  ne  è  partigiano. 

Comune  (agg.).  Che  appartiene  a  tutti,  a  molti, 
ai  più;  che  ha  qualità  generali;  che  si  ha  insie- 
ìne  con  altri  (beni,  qualità,  ecc.).  Contrario  di  spe- 
ciale, di  particolare  ;  quindi  generale,  uni- 
versale, indiviso  ;  anche,  ordinariOf  nell'  uso 
dei  più  ;  volgare.  -  Sanale,  francesismo  per  vol- 
gare, triviale,  nel  senso  anche  di  usuale  e  di  co- 
mune. -  Solidale,  solidario,  comune  a  parecchi,  cia- 
scuno essendo  obbligato  per  il  tutto.  -  Usuale,  di 
abitudine  comune. 

Accomunamento,  atto  di  rendere  comune  ad  altri 
una  cosa  propria  :  accomunazione.  -  Associazio- 
ne, unione  di  persone  aventi  interessi  comuni.  - 
Cenobita,  chi  fa  vita  in  comune.  -  Comunismo,  co- 
munità, veggasi  a  queste  voci.  -  Falanstero,  veggasi 
a  socialismo.  -  Stato  di  conventualitd ,  detto  a 
convento. 

Accomunare,  far  comune  ad  altri,  rendere  co- 
mune: comunare,  comunicare;  far  comunione,  met- 
tere in  comunione  ;  raccomunare,  recare  in  comu- 
ne ;  generalizzare.  -  Cooperare,  operare  in  comune, 
mettersi  in  cooperazione.  -  Generalizzare,  ren- 
dere generale.  -  Socializzare,  neol.  che  vaie  rendere 
sociale,  cioè  di  proprietà  comune  (veggasi  a  socia- 
lismo). 

Comune.  Termine  storico,  nome   generico  dei 


647 


piccoli  Stati  italiani  che  erano  liberi  o  avevano  un 
libero  reggimento  amministrativo,  ancorché  dipen- 
dessero politicamente  da  un  altro  Stato  o  da  un 
principe.  Ora,  il  complesso  di  tutti  i  cittadini  di 
una  stessa  città;  aggregato  di  famiglie  che,  per  ne- 
cessita materiali,  si  dovettero  stabilmente  circoscri- 
vere in  un  determinato  territorio,  creando  un  solo 
complesso  di  uomini,  di  cose  e  di  interessi;  divi- 
sione amministrativa  del  regno  d'Italia  e  d'altri 
Stati.  Può  essere  Comune,  ossia  avere  una  propria 
amministrazione,  tanto  una  città  (pianto  un  borgo 
e  un  villaggio.  -  Comunale,  o  municipale,  che  ap- 
partiene al  Comune,  che  dipende  dal  Comune;  che 
non  è  di  proprietà  privata.  -  Quindi,  palazzo  co- 
munale, scuola  comunale,  medico  comunale,  ecc.  - 
Rappresfentanza  comunale  :  la  Giunta,  che  esercita 
potere  esecutivo,  e  il  Consìglio  comunale,  che  rap- 
presenta il  potere  deliberativo  o  legislativo. 

Comune  urbano,  di  città;  rurale,  ài  campagna; 
murato,  cinto  da  mura.  -  Comune  chiuso:  per  assi- 
curare la  riscossione  dei  dazi  e  dei  sopradazi  le  Am- 
ministrazioni municipali  provvedono  alla  chiusura 
materiale  o  simbolica  del  territorio  comunale.  -  Co- 
muni contermini,  quelli  che  sono  confinanti  e  pos- 
sono essere  uniti,  qualora  i  Consigli  comunali  ne 
facciano  domanda.  -  Ente-Comune,  che  ha  persona- 
lità giuridica,  vale  a  dire  ha  una  capacità  giuri- 
dica, sebbene  limitata  dalle  leggi.  -  Municipio,  o 
comunità  (poco  usato),  il  Comune  considerato  come 
corpo  morale  amministrativo;  l'autorità  che  lo  reg- 
ge ;  il  luogo  stesso  ove  hanno  sede  l'autorità  me- 
desima e  gli  uffici. 

Capoluogo,  il  Comune  nel  quale  siede  l'ufficio  di 
più  comuni  contermini  che  provvedono  consorzial- 
mente a  tutte  le  spese  obbligatorie  e  ai  vari  ser- 
vizi. -  Capoluogo  della  provincia,  il  Comune  dove 
siede  il  Consiglio  provinciale.  -  Circoscrizione,  la 
linea  di  confine  di  ciascun  Comune:  (la  determi- 
nazione 0  mutazione  di  essa  é  fatta  a  termini  di 
legge):  confine.  -  Corpi  Santi:  zona  intorno  alla 
città  a  cui  s' estendeva  la  giurisdizione  del  ve- 
scovo. -  Frazioni  del  comune,  nuclei  naturali 
di  popolazione  sorti  in  una  data  zona  del  ter- 
ritorio comunale,  che,  per  distanza,  posizione  topo- 
grafica 0  altra  circostanza,  costituisce  un'  indivi- 
dualità diversa  da  quella  del  Comune  a  cui  è  aggre- 
gata, rappresentando  interessi  distinti  e  per  sé  stessi 
importanti. 

Abitanti,  il  complesso  della  popolazione,  di  co- 
loro che  abitano  (veggasi  ad  abitare),  hanno  di- 
mora, per  lo  più  stabile:  nel  Comune,  vi  sono  con- 
tribuenti, elettori  (veggasi  ad  elettore  e  a  citta- 
dino), ecc.  E  amministrati  si  chiamano  gli  abitanti, 
in  confronto  all'autorità  che  regge  Vamniinistra- 
zione,  ossia  il  governo  del  Comune. 


Rami  principali  dell'amministrazione  comunale. 


Aziende  municipalizzate,  o  municipalizzazione, 
complesso  di  quei  servizi  ad  economia  che  esegui- 
sce direttamente  li  Comune  per  mezzo  de'suoi  im- 
piegati, operai,  facchini  e  altri  inservienti.  -  Be- 
neficensa:  rappresenta  e  comprende  gli  obblighi, 
de\oluii  al  Comune,  di  provvedere  al  servìzio  sa- 
nitario per  i  poveri;  inoltre,  l'obbligo  morale  di 
soccorrere  le  miserie  private  e  di  intervenire  a  sol- 
lievo delle  calamità  pubbliche.  -  Dazio,  vigilanza 
sull'introduzione  nel  Comune  di  certe  derrate,  di 


certe  merci,  per  sottoporle  a  tassa.  -  Edilizia, 
quanto  riguarda  le  costruzioni  che  si  fanno  nel  (co- 
mune, la  condizione  delle  vie,  delle  strade  e  simili. 

Fiere  e  mercati,  mezzi  per  1'  esercizio  del  com- 
mercio :  il  Comune  delibera  e  provvede,  sia  per 
crearli  come  per  sopprimerli,  cambiarne  sede  o 
epoca,  ecc.:  veggasi  a  mercato. 

Illuminazione  :  il  (lomune.  per  ragioni  d'or- 
dine pubblico,  provvede  all'illuminazione  e  deter- 
mina il  tempo  in  cui  debbono  restare  accesi  i  fa- 
nali notturni.  -  Inumazione  dei  cadaveri,  il  servizio 
mortuario,  ossia  il  trasporto  dei  cadaveri  al  cimi- 
tero :  servizio  delle  pompe  funebri.-  Istituzioni  a 
prò  della  generalità  degli  abitanti,  tutte  quelle, 
tranne  le  Òpere  pie,  destinate  a  vantaggio  degli  abi- 
tanti e  che  il  (Comune  ha  qualità  e  azione  per  rap- 
presentare nell'interesse  pubblico.  -  Istruzione  pub- 
blica (veggasi  a  istruzione),  quella  elementare, 
che,  in  Italia,  è  a  carico  dei  Comuni. 

Ijxvori  pubbUci,  tutti  quelli  che  si  riferiscono  al- 
l'edilizia, alla  conduttura  delle  acque,  hUsl  fogna- 
tura, agli  impianti  per  l'illuminazione,  ecc.  -  Leva 
militare,  complesso  delle  operazioni  devolute  al  Co- 
mune per  la  leva,  la  chiamata  dei  giovani  al  ser- 
vizio militare. 

Operazioni  elettorali,  complesso  dei  lavori  che  ser- 
vono a  preparare  ed  effettuare  un'elezione,  ammi- 
nistrativa 0  politica.  Quindi,  inscrizione  degli  aventi 
diritto  all'elettorato  e  formazione  delle  relative  li- 
ste o  moli  elettorali;  convocazione  dei  comtst  (veg- 
gasi a  comizio),  mediante  chiamata  degli  elettori 
e  invio  a  ciascuno  di  essi  della  relativa  scheda;  pre- 
disposizione dei  locali  opportuni  per  la  votazio- 
ne, ecc. 

Polizia  locale,  vigilanza  dell'ordine  pubblico  lo- 
cale demandata  al  sindaco,  quale  ufficiale  del  go- 
verno, sotto  la  direzione  delle  autorità  superiori.  - 
Polizia  urbana,  provvedimenti  d'interesse  pubblico 
che  abbracciano  tutta  la  vita  cittadina  ;  vigilare  sulla 
sicurezza  delle  fabbriche,  regolare  il  corso  delle 
vetture  e  dei  carri,  dare  disposizioni  per  lo  sgombro 
delle  nevi,  dar  norme  suH'  esercizio  dei  mestieri 
di  piazza,  sulle  manifatture  incomode,  sulla  ven- 
dita dei  commestibili,  imporre  le  mete  o  calmieri 
sulla  vendita  al  minuto,  ecc. 

Riscossioìie  dei  tributi  :  questi  sono  riscossi  per 
opera  dall'  esattore  comunale,  il  quale  gode  delle 
prerogative  che  spettano  agli  enti  creditori.  -  Ser- 
vizio sanitario,  esecuzione  di  provvedimenti  a  tu- 
tela deWigiene  e  della  salute  pubblica  e  cioè  :  vi- 
gilanza sanitaria  e  cura  dei  poveri;  vigilanza  igienica 
degli  uffici,  dei  laboratori,  delle  scuole;  distribuzione 
gratuita  di  disinfettanti  ;  provvedimenti  perché  si 
abbiano  cimiteri  e  acqua  potabile  ;  somministra- 
zione gratuita  di  chinino  in  luoghi  malarici  ;  ali- 
mentazione curativa  dei  pellagrosi,  ecc.  -  Servizi 
pubblici,  quello  sanitario,  l'illuminazione,  la  pulizia 
delle  piazze,  delle  vie,  delle  strade,  il  rifornimento 
d'acqua  potabile,  il  servizio  delle  tramvie  e  delle 
vetture  pubbliche,  ecc.  -  Stato  Civile,  istituzione 
mediante  la  quale  si  constatano  e  si  registrano  le 
nascite,  i  matrimoni  e  le  morti  che  avvengono  nel 
territorio  comunale. 


Beni,  proventi,  ecc.,  del  Comune  —  Spese. 


Acque  comunali,  quelle  che  sgorgano  in  terreni  di 
proprietà  del  Comune  o  quelle  delle  quali  il  Comune 


648 


COMUNE 


ha  acquistata  la  proprietà  per  convenzione  o 
per  qualunque  altro  titolo.  L'  uso  di  queste  acque 
può  essere  ripartito  fra  i  comunisti  dietro  paga- 
mento di  una  tassa  e  sotto  speciali  condizioni.  - 
Acque  pubbliche,  quelle  appartenenti  al  dominio 
dello  Stato  ;  su  esse  i  sindaci  sono  chiamati  ad 
esercitare  un'attiva  e  permanente  sorveglianza  per  la 
difesa  delle  sponde,  delle  strade  e  dei  ponti  che 
attraversano  un  fiume  o  un  torrente,  e  per  la  tutela 
del  corpo  delle  acque  stesse. 

Beni  comunali,  quelli  che  costituiscono  il  pa- 
trimonio e  il  demanio  comunale.  -  Demanio  comu- 
nale, proprietà  comunale  che  non  dà  alcun  reddito 
0  rendita,  perchè  goduta  dai  cittadini  collettiva- 
mente in  uso  pubhiico,  come  :  i  giardini,  le  strade, 
le  piazze,  le  vie,  i  monumenti,  ecc.  -  Palì'imonio 
comunale,  quanto  coslituisce  la  proprietà  del  Co- 
mune ed  è  suscettibile  di  reddito  o  rendita. 

Diritti  e  piivative  comunali,  quelli  che  si  conver- 
tono in  tributi,  in  tasse.  -  Diritto  di  pascolo,  godi- 
mento in  natura  concesso  dai  Comuni  ai  propri  co- 
munisti dietro  pagamento  di  una  tassa  stabilita  se- 
condo la  specie  del  bestiame  e  la  durata  del  pa- 
scolo. 

Entrate  comunali:  sono  i  redditi  patrimoniali, 
r  accquisto  di  crediti,  le  imposte  e  le  tasse,  i  con- 
tributi dello  Stato  o  di  altri  enti,  i  redditi  delle 
aziende  municipalizzate,  i  lasciti,  i  doni,  ecc.  -  Im- 
poste comunali,  le  tasse.  -  Pedaggio,  tassa  che  si 
paga  passando  da  un  luogo;  disposizione  restrittiva 
della  libertà  di  circolazione  a  cui  ricorrono  i  Co- 
muni per  compensare  le  spese  di  sistemazione  di 
strade  o  di  costruzione  di  ponti,  quando  mancano 
loro  i  mezzi  necessari.  -  Plateatico,  diritto  di  af- 
fitto pei  banchi  che  i  Municipi,  specialmente  nelle 
grandi  città,  fanno  costruire  nei  mercati  e  nei  ven- 
ditori pubblici.  -  Privilegi  fiscali  dei  Comuni,  pre- 
rogative che  spettano  agli  enti  creditori,  vale  a  dire 
procedura  privilegiata,  ossia  più  spedita  di  quella 
ordinaria. 

Sovrimposta  fondiaria,  facoltà  ai  Comuni  di  so- 
vrimporre centesimi  addizionali  sull'imposta  che  lo 
Stato  applica  alla  proprietà  immobiliare  rustica  e  a 
quella  urbana,  cioè  ai  fabbricati.  -  Staderatico,  di- 
ritto di  peso  pubblico  e  misura  pubblica  dei  ce- 
reali e  del  vino,  vale  a  dire  corrispettivo  per  il 
servizio  che  il  (Comune  rende  ai  suoi  amministrati, 
a  sirura  garanzia  delle  loro  contrattazioni. 

Tassa,  o  tributo,  nome  generico  di  ogni  grava- 
me fiscale  che  il  Comune  impone  a'  suoi  ammini- 
strati. Sono  moltissime,  e  si  hanno,  specialmente 
nelle  grandi  città,  le  diverse  tosse  sulle  insegne,  sulle 
imposte,  ecc.  -  Tassa  d'esercizio  e  rivendita:  con  questa 
i  Comuni  colpiscono  l'esercizio  di  una  professione, 
d'un'arte,  d'un  commercio  e  d'un'industria  e  la  vendita 
di  qualunque  merce.  -  Tassa  di  famiglia  o  focatico: 
colpisce  la  fortuna  di  chi  ha  in  Comune  il  domi- 
cilio civile  0  l'abituale  dimora,  sulla  base  del  red- 
dito netto  che  la  famiglia  realizza,  sia  nel  luogo  di 
residenza,  che  in  altri  Comuni.  -  Tassa  di  licenza, 
quella  con  la  quale  si  vuol  colpire  le  cosi  dette  li- 
cenze d'esercizio  che  rilascia  la  Questura,  d'accordo 
con  la  Giunta,  ai  caffè,  alle  osterie,  agli  alberghi, 
agli  stabilimenti  sanitari,  alle  agenzie  di  colloca- 
mento e  a  tutti  gli  altri  esercizi  soggetti  alla  vi- 
rilanza  speciale  della  P.  S.  -  Tassa  sull'occupazione 
di  spazi  ed  aree  pubbliche  :  il  suolo  pubblico  può 
essere  occupato  dietro  concessione  del  Comune,  il 
ouale  esige  una  tassa  proporzionale  all'  estensione 
dell'area  occupata  e  all'importanza  della  posizione. 


Tassa  sulle  aree  fabbricabili,  quella  che  colpisce  l'au- 
mento di  valore  dei  terreni  (plusvalore)  ordinariamente 
generato  -dalle  forti  richieste  di  compera  per  l'ap- 
petibilità che  man  mano  vanno  acquistando  i  ter- 
reni stessi,  quando  nelle  adiacenze  si  provvedono 
servizi  pubblici  :  ferrovie,  strade,  gas,  luce  elettrica, 
tramvie,  fognatura,  acqua  potabile,  ecc.  -  Tassa  sul 
valore  locativo  :  colpisce,  in  forma  proporzionale  o 
progressiva,  chi  tiene  a  propria  disposizione  in  Co- 
mune una  casa  o  un  appartamento  fornito  di  mo- 
bili. 

Spese.  —  Si  distinguono  in  facoltative  e  obbliga- 
torie. Spese  facoltative:  quando  i  mezzi  lo  consen- 
tono, i  Comuni  possono  deliberare  spese  che  propria- 
mente non  sono  comprese  nelle  obbligatorie,  sem- 
prechè  esse  rivestano  il  carattere  di  vera  utilità 
pubblica.  -  Spese  obbligatorie,  pei  Comuni,  sono  quelle 
per  l'ufficio  e  l'archivio  comunale  ;  per  gli  stipendi 
del  segretario  e  degli  altri  impiegati  ed  agenti  ;  per 
il  servizio  delle  riscossioni  e  dei  pagamenti  delle 
imposte  dovute  dal  Comune;  per  il  servizio  sanitario 
dei  medici-chirurghi,  delle  levatrici  a  beneficio  esclu- 
sivo dei  poveri,  in  quanto  non  sia  provvisto  da 
istituzioni  particolari,  e  per  altri  servizi  di  sanità; 
per  la  conservazione  del  patrimonio  comunale  e  per 
l'adempimento  degli  obblighi  relativi;  per  il  pagamento 
dei  debiti  esigibili  ;  per  la  sistemazione  e  manutenzio- 
ne delle  strade  comunali  come  per  la  difesa  del- 
l'abitato contro  i  fiumi,  i  torrenti  e  per  le  altre  opere 
pubbliche,  in  conformità  delle  leggi,  delle  conven- 
zioni e  delle  consuetudini,  per  la  costruzione  eli  man- 
tenimento dei  porti,  dei  fari,  peraltro  opere  marittime; 
per  il  mantenimento  e  restauro  degli  edilìzi  ed  ac- 
quedotti comunali,  delle  vie  interne  e  delle  piazze 
pubbliche,  là  dove  le  leggi,  i  regolamenti  e  le  con- 
suetudini non  provvedono  diversamente  ;  per  i  ci- 
miteri ;  per  l' istruzione  elementare  dei  due  sessi  ; 
per  l'illuminazione,  dove  sia  stabilita;  per  i  regi- 
stri dello  Stato  Civile  ;  per  l'associazione  alla  rac- 
colta ufficiale  degli  atti  del  Governo  ;  per  la  festa 
nazionale  ;  per  le  elezioni  ;  per  le  quote  di  concorso 
alle  spese  consorziali  ;  per  il  carcere  mandamentale 
e  per  la  custodia  dei  detenuti  ;  per  la  polizia  lo- 
cale e,  generalmente,  per  tutte  quelle  spese  che  sono 
poste  a  carico  dei  Comuni  da  speciali  disposizioni  le- 
gislative. 

Magistrati,  funzionari,  impiegati  del  Comune. 

Primo  magistrato  d'  ogni  Comune,  il  sindaco, 
che  è  a  capo  della  Giunta  e  del  Consiglio  Comu- 
nale. In  caso  di  assenza  o  di  impedimento  del  sin- 
daco 0  dell'  assessore  espressamente  delegato,  sup- 
plisce, di  regola,  l'assessore  anziano  o  il  più  anziano 
dei  consiglieri  in  mancanza  di  assessori  titolari  o 
supplenti.  -  Ufficiale  dello  Stato  Civile,  qualifica  con 
la  quale  il  sindaco,  o  chi  per  esso,  riceve  le  di- 
chiarazioni di  acquisto  o  perdita  di  cittadinanza,  i 
decreti  di  naturalità,  le  dichiarazioni  di  domicilio, 
le  pubblicazioni  di  matrimonio  ;  provvede  a  ri- 
lasciare le  copie  0  gli  estratti  degli  atti  relativi  ; 
informa  il  pretore  nel  caso  muoia  persona  che  la- 
scia superstiti  figli  minorenni,  ecc. 

Giunta  Comunale,  o  Municipale,  il  corpo  degli  as- 
sessori, con  a  capo  il  sindaco  :  amministra,  go- 
verna il  Comune  ;  viene  eletta  dal  Consiglio  (  omu- 
nale  nel  proprio  seno,  a  maggioranza  di  voti,  e  si 
compone  d'un  numero  vario  di  membri,  secondo  la 
maggiore  o  minore   popolazione.  La  nomina   della 


649 


Giunta  deve  esser  fatta  dal  Consiglio  Comunale  in 
sessione  ordinaria  d'  autunno  o  anche  prima.  - 
Assessore,  chi  fa  parte  della  Giunta  municipale  e 
talvolta,  per  delej^azione  o  per  anzianità,  disimpe- 
gna funzioni  da  sindaco:  attende  ad  un  ramo  com 
pleto  dell'  amministrazione  comunale,  e  si  chiama 
assessore  elfettivo.  •  Assessore  anziano,  quello,  fra  gli 
assessori  eifettivi,  che  ha  riportato  maggiori  voti, 
oppure  quello  che  trovasi  da  più  lungo  tempo  in 
carica  :  rappresenta  il  sindaco,  quando  assente. 
-  Assessore  delegato,  facente  funzione  di  sindaco.  - 
Assessore  supplente,  quello  che  coadiuva  o  sostitui- 
sce l'assessore  elfettivo. 

Consiglio  Comunale  {municipalità),  il  consesso  dei 
consiglieri,  eletti  dal  popolo  :  pure  composto  di  un 
vario  numero  di  meiid)ri  secondo  la  popolazione, 
rappresenta  ed  esercita  il  potere  legislativo  del  Co- 
mune, riunendosi  in  sessione  ordinaria  due  volte 
all'anno  (primavera  e  autunno),  talvolta  in  sessione 
straordinaria  ;  nomina  diverse  Commissioni  ;  deli- 
bera, in  prima  istanza,  sui  ricorsi  contro  le  opera- 
zioni elettorali;  esamina  il  bilancio  del  Comune  e 
quello  delle  istituzioni  che  gli  appartengono;  deli- 
bera intorno  a  tutti  gli  atti  amministrativi  previsti 
dalla  legge,  proposti  dalla  Giunta  o  da  qualche  Con- 
sigliere, ecc.,  relativi  all'istruzione,  all'igiene 
pubblica,  al  servizio  sanitario,  a  tutti  i  servizi  pub- 
blici, nonché  sui  regolamenti,  sulle  istituzioni  che 
appartengono  al  Comune,  e  via  via.  -  Consigliere, 
merahro  del  Consiglio  comunale  :  detto  anche  padre 
coscritto,  mentre  i  Romani  come  patres  conscripti 
designavano  i  senatori. 

Commissario  regio,  ufficiale  del  Governo  al  quale 
vengono  affidate,  in  via  straordinaria,  le  funzioni 
ctie  la  legge  conferisce  al  sindaco  e  alla  Giunta.  In 
casi  d'urgenza,  assume  anche  i  poteri  del  Consiglio 
comunale,  ma  non  può  vincolare  il  relativo  bilan- 
cio per  un  tempo  superiore  a  un  anno.  -  Commis- 
sione, nome  generico  di  vari  gruppi  di  persone,  per 
lo  più  nominate  dal  Consiglio  comunale,  le  quali 
contribuiscono  in  vario  modo  alle  funzioni  ammi- 
nistrative. Tali  la  Commissione  per  la  revisione  del 
bilancio,  quella  per  la  revisione  delle  liste  elettorali, 
quella  per  gli  accertamenti  delle  tasse,  ecc. 

Segretario  comunale,  chi  è  responsabile  di  ogni 
incombenza  che  debba  essere  eseguita  dagli  uffici 
comunali  :  egli,  insieme  col  sindaco,  è  responsale 
del  regolare  andamento  amministrativo;  provvede 
a  conservare  titoli,  atti,  carte  o  scritture  di  spet- 
tanza del  Comune.  -  Comandante,  nome  di  alcuni 
funzionari  preposti  a  corpi  municipali.  Così:  il  co- 
mandante dei  pompieri;  il  comandante  delle  guardie 
civiche  0  dei  vigili,  ecc.  -  Economo,  ufficiale  del  Co- 
mune, agente  responsabile  '•he  provvede  alle  pic- 
cole spese  dell'amministrazione.  -  Esattore  comunale 
0  consorziale,  agente  di  riscossione  nominato  dal 
Comune  o  dal  consorzio  di  più  Comuni.  -  Ispet- 
tore, carica  e  qualifica  di  più  d'  un  funzionario, 
che  invigila  ed  esercita  un  ufficio  di  controllo  e 
di  esame  su  diversi  rami  di  servizio.  -  Magazzi- 
niere, altro  agente  responsabile,  il  quale  tiene  in 
custodia  le  cose  mobili  appartenenti  al  Comune.  - 
Tesoriere,  chi  ha  in  custodia  il  tesoro,  la  cassa  del 
LiOmune:  camarlingo.  -  iewa^rice,  stipendiata  per 
il  servizio  sanitario.  -  Maestro  [maestra),  chi  in- 
degna nelle  scuole  elementari  del  Comune.  -  Me- 
dico, ufficiale  sanitario.  -  Ufficiale  sanitario,  chi 
sovrintende  all'ufficio  comunale  d'igiene  che  esiste 
nei  maggiori  Comuni.  -  Veterinario,  ufficiale  sa- 


nitario che  attende  al  pubblico  macello  e  alla  cura 
del  bestiame. 

Agenti  responsabili,  categoria  di  funzionari  che 
rispondono  in  proprio  dei  danni  che  possono  deri- 
vare al  Comune  per  colpi,  per  negligenza,  per  in- 
dugio frapposto  nel  richiedere  i  provvedimenti  ne- 
cessari a  bcongiurarli,  per  mancata  cura  nelle  spe- 
dizioni, nel  maneggio  di  valori,  nelle  tenute  delle 
scritture,  nel  ricevimento  dei  depositi,  ecc.  Sono 
considerati  tali  i  tesorieri,  i  cassieri,  gli  ispettori, 
gli  economi,  i  magazzinieri,  i  ricevitori  di  diritti 
pecuniarii,  ecc.  -  Coriii  organizzati  :  sono  quelli 
nei  quali  esiste  organizzazione  militare,  cioè  un 
ordinamento  rigidamente  gerarcliico,  con  vincolo 
di  dipendenza  e  di  disciplina  stabilito  da  norme 
regolamentari.  Tali  i  pompieri,  le  guardie  muni- 
cipali, daziarie,  forestali,  campestri,  ecc.,  semprechè 
riuniti  in  un  certo  numero  di  persone. 

Impiegati,  nome  generico  (veggasi  ad  imjnegato) 
delle  persone  che  fanno  un  lavoro  qualsiasi  negli 
uffici  comunali.  -  Milizie  comunali,  i  soldati  in  con- 
gedo illimitato,  a  qualunque  categoria  appartengano, 
costituiscono  la  milizia  comuna'e.  In  qualunque 
contingenza  essi  possono  essere  chiamati  a  prestare 
servizio  militare  nel  territorio  del  proprio  Comune 
per  ventiquattro  ore,  non  più  -  Salariati,  categoria  alla 
quale  appartengono  tutti  coloro  che  prestano  opera 
manuale,  e  tali  s'intendono  le  guardie  daziarie,  le 
guardie  municipali,  eccetto  il  loro  capo,  le  guardie 
campestri,  i  pompieri,  il  pedone  postale,  il  custode 
del  cimitero,  il  custode  delle  scuole,  i  messi  comu- 
nali, gli  uscieri,  il  portiere,  i  necrofori,  i  becchini  e 
quanti,  per  la  natura  delle  loro  prestazioni,  si  chia- 
mano anche  inservienti  o  servienti  comunali.  -  Corpe 
di  musica,  la  banda,  detta  comunale  o  munici- 
pale. -  Donzello,  nome  proprio  dell'usciere  muni- 
cipale. -  Necrofori,  corpo  di  agenti  delegati  al  tra- 
sporto della  salma  al  cimitero.  -  Pompieri,  gli  a- 
genti  organizzati  per  l'estinzione  degli  incendii  : 
veggasi  a  pompiere.  •  Vigili,  le  guardie  munici- 
pali 0  di  città. 

Atti,   provvedimenti,  ecc. 

Amministrazione,  complesso  delle  funzioni 
con  le  quali  si  regge,  si  governa  un  Comune  ; 
r  ente  stesso  all'  uopo,  ossia  la  «  municipalità  >. 
Vanno  finanziario  o  di  esercizio,  dell'  amministra- 
zione comunale  incomincia  col  1."  gennaio  e  ter- 
mina col  3i  dicembre  dell'  anno  stesso.  Materia 
dell'esercizio  finanziario  è  la  contabilità  del  bilancio 
e  quella  del  patrimonio  comunale.  ■  Appalto,  con- 
ferimento, per  concorso,  di  un  servizio,  di  un  la- 
voro, dell'esazione  dei  tributi  e  simili.  -  Bilancio 
del  Comune,  il  programma  finanziario  che  il  po- 
tere legislativo  del  Comune,  ossia  il  Consiglio,  im- 
pone at  potere  esecutivo,  cioè  alla  Giunta  Munici- 
pale presieduta  dal  sindaco  per  l'anno  ed  esercizio 
finanziario  1."  gennaio-31  dicembre:  veggasi  a  bi- 
lancio. 

Calmiere  (dal  greco  calos,  rettamente,  acconcia- 
mente, e  merizo,  io  distribuisco),  usato  nel  medio 
evo  e  conservato  ai  di  nostri,  è  l'autorità  che  ha 
il  Comune  di  fissare  i  prezzi  per  la  vendita  al  mi- 
nuto del  pane,  della  carne,  ecc.  -  Catasto,  ope- 
razione relativa  ai  beni  del  Comune;  anche  il  re- 
gistro e  l'ufficio  relativi.  -  Contabilità  del  Comune,  lo 
specchio,  l'immagine  dell'opera  amministra trice  liqui- 
da necessaria,  propria  del  Comune.  -  Conto  di  hi- 


650 


lancio:  é  compilato  dal  tesoriere,  dà  i  risultati  dell'e- 
sercizio e  dimostra  le  entrate  e  le  spese  proprie  del- 
l'anno, i  residui  provenienti  dall'  esercizio  prece- 
dente a  scarico  della  gestione  contabile  dell'eser- 
cizio in  corso  ;  infine,  stabilisce  il  fondo  di  cassa 
e  i  residui  attivi  e  passivi  da  esso  derivanti  da 
riportarsi  poi  nel  nuovo  esercizio.  -  Conto  comu- 
nale, il  rendiconto  dell'  amministrazione  dell'  anno 
precedente  che  su  rapporto  dei  revisori  il  Consiglio 
Comunale  esamina  e  approva  nella  sessione  di  pri- 
mavera d'ogni  anno:  lo  si  distingue  in  coìito  morale, 
0  amministrativo,  in  conto  di  bilancio,  o  del  te- 
soriere, e  in  conto  patrimoniale,  ■  Conto  morale  o  am- 
ministrativo, l'annuale  esposizione  riassuntiva  me- 
diante la  quale  il  potere  esecutivo,  ossia  la  Giunta 
Comunale,  dimostra  di  avere  dato  esecuzione  al 
programma  finanziario  che  le  fu  imposto.  -  Conto 
patrimoniale:  compilato  e  firmato  dalla  Giunta,  di- 
mostra le  variazioni  avvenute  in  confronto  dell'ul- 
timo bilancio,  nonché  la  consistenza  del  patrimo- 
nio in  fine  dell'esercizio.  -  Conto  del  tesoriere:  dà 
i  risultati  dell'esercizio  di  bilancio  e  dimostra  l'en- 
trata e  la  spesa  proprie  dell'anno,  i  residui  prove- 
nienti dall'esercizio  precedente  a  scarico  della  ge- 
stione contabile  dell'esercizio  in  corso  ;  stabilisce 
il  fondo  di  cassa  e  i  residui  attivi  e  passivi  da 
esso  derivanti  e  riportati  poi  nel  nuovo  eser- 
cizio. 

Contratti  (veggasi  a  contratto),  atti  coi  quali  il 
Comune  stabilisce  impegni  con  terzi  :  sono,  in  mas- 
sima, deliberati  dal  Consiglio  Comunale  ;  spetta  alla 
Giunta  Municipale  di  determinarne  la  condizione  e 
conchiuderli.  All'uopo,  si  preparano  i  capitolati  di 
oneri,  le  stime,  le  perizie,  i  disegni,  le  scritture  e 
tutto  ciò  che  occorre  per  definire  le  convenzioni 
nell'interesse  dell'azienda  comunale.  I  contratti  sono 
resi  esecutori  dal  prefetto  o  dal  soltoprefelto,  i  quali 
invigilano  se  sono  state  osservate  tutte  le  forme 
prescritte.  -  Contravvenzione,  Atto  col  quale  si 
stabiliscono  le  infrazioni  ai  regolamenti,  sottopo- 
nendole al  pagamento  di  ammenda,  di  multa,  di 
tassa.  -  Contributo,  concorso,  volontario  od  obbli- 
gatorio, dei  Comuni  nelle  spese  e  nelle  opere  pub- 
bliche. 

Incanto,  asta  indetta  dall'Amministrazione  co- 
munale. -  Prestito,  debito  che  i  Comuni  possono 
incontrare  per  estinzione  di  altri  debiti  più  one- 
rosi, per  la  costruzione,  ampliamento  e  il  ristauro 
degli  edifici  per  l'istruzione  elementare;  per  la  co- 
struzione di  linee  ferroviarie  e  di  complemento, 
per  le  opere  di  bonificazione,  per  la  esecuzione  di 
opere  di  risanamento,  per  la  pubblica  igiene,  e  le 
acque  potabili,  per  assumere  direttamente  qualche 
servizio  pubblico,  ecc.-  Pubblicazioni:  gli  avvisi 
del  Comune  vanno  affissi  in  luoghi  pubblici,  nelle 
sale  municipali  e  nell' a/6o  pretorio.  Valgono  come 
notificazione  a  domicilio,  quando  la  persona  inte- 
ressata risulta  irreperibile.  -  Pubblicazioni  di  ma- 
trimonio, veggasi  a  matrìTnonio. 

Ratifica,  discussione  e  riconoscimento  degli  atti 
compiuti  dalla  Giunta,  in  via  d'urgenza,  da  parte 
del  Consiglio  Comunale.  -  Referendum:  la  rappre- 
sentazione cittadina,  non  volendo  assumere  una  de- 
terminata responsabilità  o  dubbiosa  nell'  interpre- 
tare il  proprio  mandato  in  affari  di  maggior  mo- 
mento, invita  il  popolo  a  referendum.  Questo,  come 
obbligatorio,  è  entrato  nella  nostra  legislazione 
soltanto  per  la  municipalizzazione  dei  pubblici  ser- 
vizi. Però  se  ne  videro  anche  altri  esempi  per  li- 
bera iniziativa  dei  Municipii,  per  essere  illuminati 


dal  voto  popolare  prima  di  deliberare  in  merito  a 
qualche  speciale  interesse  cittadino.  -  Regolamenti, 
gli  ordinamenti  che  disciplinano  l'ececuzione  d'una 
legge,  l'andamento  di  un  servizio,  come  l'igiene,  l'e- 
dilizia, ecc.:  veggasi  a  t'egolamento. 

Storno  di  fondi,  cambiamento  di  destinazione 
delle  somme  impegnate  in  bilancio  per  sopperire 
ad  altre  necessità,  le  cui  spese  non  risultano  af- 
fatto stanziate  o  si  mostrano  insufficientemente  pre- 
viste. La  facoltà  di  distrarre  le  somme  da  una  ca- 
tegoria all'altra  è  del  Consiglio  Comunale.  La  Giunta 
può  distrarle  soltanto  da  un  articolo  all'altro  della 
stessa  categoria.  -  Tariffe  della  Giunta,  quelle  pei 
servizi  interni  di  facchinaggio  e  dei  veicoli,  per 
gli  omnibus,  le  vetture,  le  tramvie,  ecc.,  ecc.  -  Vi- 
site sanitarie,  quelle  per  la  tutela  dell'igiene:  il  sin- 
daco, nell'ambito  del  proprio  Comune,  in  casi  di 
epidemie  o  di  epizoozie,  ordina  le  visite  sanitarie, 
incaricando  degli  studi  relativi  una  speciale  Cora- 
missione 


Luoghi,  edifici,  meri.  ecc. 


Albo  {comunale  o  municipale  o  pretorio),  in  ogni 
comune,  il  luogo  dove  si  affiggono  le  pubblicazioni 
matrimoniali,  gli  avvisi,  i  concorsi  e  tutti  quegli 
altri  atti  o  deliberazioni  che  sia  necessario  far  co 
noscere  al  pubblico.  -  Anagrafe,  l'ufficio  nel  quale 
sono  raccolti  i  registri,  i  documenti  comprovanti 
la  condizione  personale  (data  e  luogo  di  nascita, 
matrimonio,  ecc.)  di  ogni  appartenente  al  Comune. 
Oltre  i  registri,  vi  sono  anche  cartoncini,  eartellette 
intestate  a  ogni  persona  e  disposte  in  ordine  alfa- 
betico, entro  apposite  cassette:  il  tutto  detto  anche 
casellario.  ■  Archivio  del  Comune,  luogo  dove  si 
conservano  gli  atti  e  le  scritture  dell'Amministra- 
zione. La  responsabilità  per  le  carte  depositate 
nell'archivio  e  nell'ufficio  comunale  è  ordinaria  e 
continua  nel  segretario  comunale  e  nel  sindaco.  - 
Barriera,  porta,  cancellata  o  altra  costruzione  dove 
vigilano  le  guardie  per  l' esazione  del  dazio.  - 
Biblioteca,  museo,  pinacoteca,  istituti  ed  edi- 
fici bene  spesso  di  proprietà  del  Comune  e  da  esso 
amministrati  -  Casa  comunale,  municipio,  pa- 
lazzo comunale  o  municipale,  la  residenza  dell'au- 
torità comunale  e  degli  uffici.  Frane,  hóte  de  ville. 
■  Cassa,  l'ufficio  del  cassiere.  -  Economato,  ufficio, 
sede  dell'economo  e  il  luogo  nel  quale  si  accolgono 
e  si  custodiscono  oggetti  smarriti,  raccolti  e  conse- 
gnati al  Municipio,  ecc.  -  Macello  pubblico,  luogo, 
edificio,  nel  quale,  sotto  la  vigilanza  dei  veterinari 
agli  stipendi  del  Comune,  si  provvede  all'  abbatti- 
mento del  bestiame,  con  le  norme  necessarie  per 
la  tutela  della  pubblica  igiene.  -  Magazzino  co- 
munale, luogo,  edificio  nel  quale  si  custodiscono  i 
mobili  e  gli  oggetti  varii  di  proprietà  comunale.  - 
Manicomio,  istituto  provinciale  per  la  cura  degli 
infermi  di  mente,  alle  spese  del  quale  devono  con- 
correre anche  i  Comuni.  -  Ospedale,  edificio  per 
il  ricovero  e  l'assistenza  medica  degli  ammalati, 
d'obbìigo  per  i  comuni  d'un  certo  numero  di  abi- 
tanti, quando  non  esista  già  per  effetto  di  benefi- 
cenza privata.  -  Sala  consigliare,  sala  del  Consiglio, 
la  sala  nella  quale  tiene  la  sua  adunanza  iì  Con- 
siglio comunale.  -  Segreteria,  ufficio  del  segre- 
tario, -  Ufficio  comunale,  la  sede  propria  della 
Giunta  e  del  Consiglio  comunale,  l'ufficio  del  se- 
gretario e  ogni  altro  ufficio  del  Comune.   -  Ufficio 


COMUNELLA    —    COMUNICARE 


651 


d'igiene,  quello  dei  medici  delegati  a  vigilare  l' i- 
giene  nelle  scuole,  alle  visite  sanitarie,  alla  vacci' 
nazione  come  prolilassi  del  vainolo,  ecc.  -  Ujjxcio 
tecnico,  quello  nel  quale  hanno  sede  e  lavorano  gli 
ingegneri  al  servizio  del  Comune, 

Gonfalone,  la  bandiera  del  Conmne. 

Atti  dello  Stato  Civile,  nell'uso,  i  registri  nei  quali 
si  inscrivono  le  dichiarazioni  di  nascita,  di  nioì'- 
te  e  gli  atti  di  niatrinionio:  servono  a  far  fede 
della  posizione  civile  di  ogni  cittadino,  riguardo 
alla  famiglia  e  alla  società.  -  Cam\ìtone  del  Lo- 
mune,  libro  maestro  o  registro  principale  del  pub- 
blico censimento,  delle  gabelle  e  simili.  -  Inrentinio 
dei  beni  commiati,  nota  descrittiva  dei  beni  mobili 
e  immobili  del  Comune,  che  la  legge  prescrive  per 
rendere  intangibile  la  proprietà  del  Comune,  ina- 
lienabile, né  in  alcun  modo  ipotecabile  senza  il 
concorso  di  cause  giustificanti  e  senza  il  consenso 
del  Consiglio  Comunale  e  dell'Autorità  tutoria.  - 
Liste  elettorali,  gli  elenchi  alfabetici  dei  cittadini 
aventi  diritto  e  inscritti  per  l'esercizio  del  voto  in 
una  elezione  (liste  eietlorali  amministrative  ;  li^te 
elettorali  politiche). 

Matricola,  elenco  dei  militari  di  prima,  seconda 
e  terza  categoria  in  congedo  illimitato,  che  i  Co- 
muni hanno  l'obbligo  di  far  compilare  e  di  usare 
nei  casi  di  servizio  della  milizia  comufiale,  di  chia- 
mate sotto  le  armi  per  istruzione,  per  mobilitazioni 
e  per  servizio  di  pubblica  sicurezza.  -  Matricola 
dei  contribuenti,  elenco  dei  contribuenti  che  il  Co- 
mune deve  pubblicare  nelle  epoche  indicate  dai 
regolamenti  di  ogni  singola  tassa,  prima  della  com- 
pilazione dei  ruoli.  -  Regesto,  repertorio  cronologico 
degli  atti  governativi  o  comunali,  o  privati  -  Re- 
gistro di  popolazione,  specchio,  raccolta  dei  dati  di 
stato  civile  riguardanti  l'abitazione,  la  professione 
di  tutte  le  persone  domiciliate  o  residenti  nel  ter- 
ritorio dal  Comune.  -  Ruoli:  i  Comuni  possono  com- 
pilare matricole,  ruoli  principali  e  ruoli  suppletivi 
per  le  tasse  previste  nel  bilancio  dell'anno  in  corso 
e  dei  due  precedenti.  Decorso  il  termine  pei  re- 
clami contro  le  risultanze  della  matricola,  pubbli- 
cate a  norma  dei  regolamenti  di  ogni  singola  tassa, 
la  Giunta,  in  base  alla  matricola  stessa,  fa  compi- 
lare il  ruolo  delle  partite  non  contestate  o  definite, 
e,  dopo  averlo  fatto  vistare  dal  prefetto  e  pub- 
blicare, per  otto  giornij  lo  mette  in  riscossione.  Il 
ruolo,  essendo  titolo  esecutivo,  obbliga  al  paga- 
mento delle  rispettive  quote,  non  soltanto  i  contri- 
buenti inscritti,  ma  anche  i  loro  eredi.  -  Stato  d'a- 
nime, forma  nuova  di  cosa  antica,  tolta  dal  neolo- 
gismo francese  état  d'dmes:  registro  della  popola- 
zione. 


Cose  e  termini  varii. 


Accentramento,  atto,  metodo  per  cui  il  governo 
esercita  funzioni  o  diritti  che  spetterebbero  ai  Co- 
muni 0  da  essi  sarebbero  meglio  disimpegnati.  - 
Aggregazione  e  disgregazione  dei  Comnni,  la  loro 
unione  e  !a  loro  divisione  in  base  a  provvedimenti 
del  governo  diretti  a  disciplinare  lo  sviluppo  e  la 
conveniente  distribuzione  delle  popolazioni.  -  Au- 
tonomia del  Comune,  la  sua  libertà  d' azione  di 
fronte  allo  Stato,  all'  ingerenza  governativa  :  li- 
bertà, franchigia.  -  Consorzio  di  Comuni,  più  Co- 
muni associali  per  l'esecuzione  d'un'opera  pubblica. 
-  Costituzione  di  servitù  :  le  servitù  comunali  si  ri- 


feriscono ai  fondi  patrimoniali  del  Comune,  non 
già  al  suolo  pubblico:  quindi  le  concessioni  relative 
ai  fili,  ai  tubi,  alle  rotaie,  ecc.,  sopra  e  sotto  il  suolo 
stradale  non  costituisce  servitù.-  Decentramento,  con- 
dizione di  fatto  0  misura  governativa  per  cui  i 
Comuni  hanno  una  certa  libertà  d'azione  di  fronte 
allo  Stato  ;  deferimento  ai  Comuni  di  poteri  o  di 
funzioni  che  il  governo  esercitava  prima  o  ancora 
potrebbe  esercitare  direttamente.  -  Divisione  dei 
Comuni:  una  borgata  o  frazione  di  Comune  che 
abbia  una  popolazione  non  minore  di  quattromila 
abitanti  può  es.sere  costituita,  per  decreto  reale,  in 
Comune  distinto  se  la  maggioranza  de' suoi  elettori 
ne  ottiene  il  voto  favorevole  dal  Consiglio  provin- 
ciale. -  Emancipazione  dei  Comuni,  svincolo  dei 
Comuni  dalla  tutela  governativa.  -  Ingerenza  go- 
vernativa, facoltà  per  cui  il  governo  approva  o  re- 
spinge atti  d'indole  amministrativa  od  economica, 
secondo  tornano  o  meno  d'interesse  al  Comune  o 
alla  generalità  dei  cittadini.  -  Interessi  colletliii  dei 
Comuni,  somma  dei  bisogni  a  cui  deve  provvedere 
la  rappresentanza  cittadina:  strade,  piazze,  igiene, 
nettezza  urbana  del  suolo  e  dell'abitato;  polizia  lo- 
cale, illuminazione,  istruzione  elementare  ;  assi- 
stenza medico-chirurgica-ostetrica  acqua  potabile, 
canali,  fognatura;  cimiteri,  servizi  funebri,  mer- 
cati, lavatoi,  bagni  pubblici,  ecc.  -  lutela  dei  Co- 
muni: è  giudiziaria  quando  si  riferisce  al  ri- 
spetto e  all'  osservanza  della  legge  e  dei  regola- 
menti d'ordine  generale  ;  economica,  quando  ha  per 
oggetto  la  salvezza  delle  finanze,  degli  interessi 
e  del  patrimonio  comunale;  il  temperamento  fra 
la  pretesa  dell'ente  e  la  riluttanza  dei  contribuenti; 
la  moderazione  degli  interessi  intercomunali,  fra  Co- 
mune e  Provincia  e  fra  Comune  ed  altri  enti  mo- 
rali, opere  pie,  consorzi,  ecc.,  ecc.  L'organo  del'a 
tutela  giuridica  è  rappresentato  dal  prefetto;  la 
tutela  economica  è  esercitala  dalla  Giunta  Provin- 
ciale Amministrativa .  -  Tutela  estrinseca,  quella  che 
esercita  la  Giunta  Provinciale  Amministrativa.  - 
Tutela  intrinseca,  l'insieme  di  quelle  restrizioni  e 
norme  che  il  legislatore  credt^tte  opportuno  im- 
porre ai  Comuni.  -  Usi  civici,  godimento  in  natura 
di  beni  comunali,  derivante  a  persone  del  Comune 
da  diritto  civico  originariamente  riconosciuto  per  un 
determinato  titolo;  per  es.,  concessione  baronale  o  al- 
tre convenzioni  speciali.  Gli  usi  civici  sono  gratuiti  e 
quindi  differiscono  dal  godimento  in  natura  con- 
cesso ad  alcuno,  dietro  pagamento  di  tasse.  -  Vi- 
gilanza governativa  o  controllo  giuridico  :  consiste 
nel  vegliare,  da  parte  di  chi  rappresenta  il  gover 
no,  a  che  tutti  gli  atti  del  Comune  siano  informati 
a  legalità,  secondo  le  leggi. 

Campanilismo,  esagerato  e  cieco  amore  pel  pro- 
prio Comune. 

Comunella.  La  unione  di  più  persone,  per 
uno  scopo  comune,  per  lo  più  non  buono. 

Gomunello.  Piccolo  Comune. 

Comunemente.  In  modo  comune,  generale, 
universale;  lat.,  vulgo. 

Comunicanti.  Le  due  arterie  che  jmettono  in 
comunicazione  le  arterie  cerebrali   inferiori  con  la* 
cerebrale  posteriore.     Veggasi  a  tubo. 

Comunicare  ^  comunicazione  (comunica- 
bile, comunicativa,  comunicativo,  comunicato).  Ren- 
dere comune  ad  altri  ;  partecipare,  rendere  par- 
tecipe, trasfondere,  far  entrare  neW animo,  nella 
mente  (di  sentimento,  di  idee  e  simili  ;  far  sapere, 
informare,  dare  notizia;  trasmettere.  Il  progresso 
ha  moltiplicato  i  mezzi  di  comunicazione  mediante 


652 


COMUNICARE    —    CONCEDERE 


il  telefono,  il  telegrafo,  il  colombo  viaggia- 
tore, ecc.  E  per  mezzi  di  comunicazione  si  intenT 
dono  anche  quelli  di  trasporto.  -  Infondere,  far 
nascere  in  altri.  -  InsliUare,  procurare  d' infon- 
dere quasi  a  stilla  a  stilla,,  a  goccia  a  goccia.  - 
Ricomunicare,  ripete  comunicare.  -  Metter  dentro 
alle  segrete  cose,  far  partecipe  altri  di  consigli, 
disegni,  propositi  che  pochissimi  sanno  o  devono 
sapere  -  Passare  una  ambasciata,  una  cosa  a  uno, 
comunicargliela. 

CoiiiWfìicahile  che  può  facilmente  essere  comuni- 
cato. Contr.,  incomunicabile.  -  Trasmissibile,  che  si 
può  trasmettere,  comunicare.  -  Comunicativa,  fa- 
coltà di  spiegare,  per  mezzo  della  parola,  le 
proprie  idee,  i  propri  sentimenti.  -  Comanicativo, 
alto  a  comunicarsi.  -  Comunicato,  nell'uso,  notizia, 
scritto  che  si  presenia  ad  un  giornale,  perchè  lo 
pubblichi.  -  Comunicatoria,  detto  a  vescovo.  -  Co- 
municazione, atto  ed  effetto  del  comunicare;  cor- 
rispondenza tra  persona  e  persona:  partecipa- 
zione, trasmissione.  -  Partecipazione,  nota  ufficiale 
0  lettera  privata  con  la  quale  è  fatta  una  comuni- 
cazione. 

Comunicare  (comunicazione).  Avere  un  adito, 
pel  quale  poter  entrare  od  uscire.  -  Mettei-e, 
comunicare,  dare,  sboccare,  avere  un'uscita. 

Comunicalorio,  finestrino  nella  chiesa  d'  un  mo- 
nastero, attraverso  il  quale  il  sacerdote  comunica 
le  monache.  -  Comunicazione,  via,  adito,  aperto  per 
passare  da  luogo  a  luogo.  L'uscio  o  l'andito,  per 
via  del  quale  da  un  quartiere,  o  da  una  casa,  si 
può  passare  in  un  altro.  In  linguaggio  militare,  qua- 
lunque passaggio,  ponte,  o  via,  per  cui  i  reparti 
di  truppa,  o  le  parti  di  una  fortificazione  si  con- 
giungono tra  loro.  -  Anche,  relazione  o  azione 
reciproca  tra  cosa  e  cosa.  -  Imbocco,  imboccatura, 
apertura,  passaggio.  -  Vie  di  comunicazione,  i 
mezzi  di  viabilità  che  la  natura  e  l'arte  offrono 
all'uomo  per  superare  le  distanze,  trasportando  sé 
stesso  e  i  prodotti  delle  sue  industrie  da  un  punto 
all'altro  della  Terra. 

Oomunicare ,  comunicarsi  (comunicando, 
comuìiicato)   Veggasi  ad  eucaristia. 

OomunicatiTa ,  comunicativo.  Veggasi  a 
comunicare  (prima  voce). 

Comunicazióne.  L'azione  e  il  mezzo  del  co- 
municare. 

Comunione.  L'avere  a  comune,  in  comune  : 
unione.  -  L'accostarsi  aWeucaristia. 

Comunismo.  Dottrina  e  sistema  politico-so- 
ciale che  vorrebbe  ridurre  ogni  cosa  in  comune  : 
collettivismo. 

Comunità.  Municipio,  Comune.  -  Società  di 
persone  che  vivono  insieme  con  determinate  leggi. 

-  Congregazione,  confraternita.  -  Falanstero,  veg- 
gasi a  socialismo. 

Comunitativo.  Della  comunità,  del  Co- 
mune. 

Comunque.  In  qualunque  modo,  ad  ogni  modo, 
in  che  modo  si  sia  ;  comecchessia,  come  che  sia, 
comechè. 

Conato.  Lo  stesso  che  sforzo,  tentativo. 

Conca.  Vaso  assai  grande  e  concavo,  di  terra 
cotta  0  di  rame,  che  serve  a  vari  usi,  specialmente 
per  fare  il  bucato:  benna,  canale,  truogolo,  va- 
seglio.  -  Vaso  grande  di  qualsivoglia  materia  e  di 
bocca  larga.  -  Parte  dell' orecc/i*o.  -  Seno  di  ma- 
re,   circondato    da    campagna    aperta    e    bassa.   - 

-  Luogo  basso  rinserrato  fra  i  monti.  -  Lavoro  di 
idraulica.  -  Conchino,  piccola  conca.  -   Sessola, 


popolarmente,  conca  di  legno  per  pulire  civaie  o 
per  altri  usi  (infilar  perle  a  Venezia).  -  Concaio, 
chi  fa  0  vende  conche.  -  Concata,  tanta  roba  quanta 
può  stare  in  una  conca. 

Concàio.  Detto  a  conca. 

Concambio.  Contraccambio,  cambio. 

Concamerazione.  Termine  di  zoologia  e  di 
fisica,  relativo  al  suono. 

Concassazione.  Operazione  di  farmacia. 

Concatenamento.  Veggasi  a  concatenarCf 
a  relazione,  a  unire. 

Concatenare  {concatenata,  concatenazione). 
Collegare,  unire,  connettere  per  mezzo  di  istru- 
menti  che  servano  come  da  catena.  -  Avere  re- 
lazione, sia  di  avvenimento,  sia  di  idea,  delle 
varie  parti  di  un  discorso,  ecc.  -  Concatenamento, 
concatenazione,  il  concatenare,  atto  ed  effetto  :  con- 
nessione, relazione  di  cose  fra  loro.  -  Concatena- 
tura,  il  punto  di  unione  di  questa  o  quella  parte 
d'una  cosa  con  l'altra. 

Concatenazione.  Detto  a  concatenare. 

Concausa.  La  causa  concomitante  con  altre 
nel  produrre  un  dato  effetto. 

Concavità.  L'essere  còncavo  ;  la  parte  con- 
cava di  un  corpo. 

Concavo.  Corpo  cavo  nella  parte  interna  (con- 
trario di  convesso);  corpo  con  la  superfìcie  inte- 
riore piegata  in  arco:  a  coppa,  cavato,  cavo,  pro- 
fondo, rientrante,  rifìnato  in  dentro;  scavato,  sco- 
dellare; ventricoso.  -  Biconcavo,  concavo  verso  l'in- 
terno, da  ambe  le  parti.  -  Concavato,  di  cosa  fatta 
0  divenuta  concava,  mentre  prima  non  era  tale.  - 
Incavato,  che  presenta  un'incavatura  ;  che  si  spro- 
fonda entro  una  superficie  :  affondato,  incavernato, 
incordato,  rientrato.  -  Rendere  cavo,  cavare,  inca- 
vare, scavare 

Concavità,  qualità  di  ciò  ch'è  concavo  ;  la  super- 
ficie interna  della  mezza  sfera  o  di  un  segmento 
di  sfera  vuoti  internamente  ;  cavo,  devesso,  vano. 
-  Incavatura,  cavità,  notevole  esistente  in  chec- 
chessia: avvallamento,  cavatura,  caverna,  cavo; 
infossamento,  pozzetta  (delle  gote),  rientramento, 
sfondo,  sinuosità.  -  Caverozzola,  fossa,  fossarella, 
pozzanghera,  incavatura  nel  suolo,  nel  lastrico.  - 
Acetàbolo,  alvèolo,  incavatura  anatonica,  ecc.;  se 
artificiale,  scavo. 

Concedere  (concedibile,  concedimento,  concesso), 
11  dare  o  il  permettere  cosa  domandata  o  de- 
siderata ;  soddisfare  alle  richieste  e  alle  preghiere 
altrui  (da  superiore  e  potente  a  inferiore  e  debole)  : 
accordare,  assentire  ;  essere,  mostrarsi  grazioso  ;  e- 
saudire,  graziare,  largire  ;  prestare  grazia.  Anche, 
ammettere,  menar  buono.  -  Abbondare,  concedere 
molto.  -  Cavare  o  levare  il  core  a  uno,  farsi  conce- 
dere tutto  quel  che  si  può  desiderare.  -  Concedersi, 
accordare  a  sé  stesso  checchessia  ;  darsi  qualche 
soddisfazione  ;  permettersi,  prendersi.  -  Condisceu" 
aere,  cedere,  conformarsi  per  grazia  al  volere  al- 
trui. -  Esaudire  (esaudimento,  esaudito),  accondi- 
scendere alle  istanze,  alle  preghiere:  adempiere; 
corrispondere,  dare  benigno  orecchio^  rispondere, 
soddisfare.  -  Essere  di  manica  larga,  essere 
molto,  troppo  facili  nel  fare  concessioni.  -  Facoltiz- 
zare  (termine  buracratico),  permettere,  dare  auto- 
rità, permesso  di  fare  una  determinata  cosa.  - 
Impartiate,  concedere  giustamente.  -  Indùlgere  (in~ 
dulgente,  mdulto),  concedere  benignamente;  avere, 
sentire,  mostrare  indulgenza.  -  Menar  buono,  con- 
cedere volontieri.  -  Riaccordare,  concedere  di 
nuovo,  una  seconda  volta:  riconcedere. 


CONCHIGLIA 


653 


Concedente,  chi  concede,  concessore.  -  Concedibile, 
;he  si  può  concedere.  -  Concessionario,  chi  ha,  ri- 
ceve la  concessione;  detto,  speciahiiente,  di  chi 
ottiene  un  appalto.  -  Concessione,  il  concedere,  il 
concedimento,  azione  ed  effetto:  indulto,  i  ermesso.  - 
Atto  di  governo,  di  magistrato,  di  amministrazione 
qualunque  che  permette  l'esecuzione  di  un'opera 
pubblica.  -  Tacita  concessione,  non  dichiarata,  né  a 
voce,  né  per  iscritto.  -  Concessivo,  che  esprime  con- 
cessione. -  Concesso,  conceduto.  -  Condiscendenza, 
l'essere  condiscendenti,  il  condiscendere.  -  Paro- 
malogia  (gr.),  apparente  concessione. 

Inaccordabile,  che  non  si  può  accordare,  conce 
dere,  ammettere  :  inammissibile. 

Concento.  (Concorde  suono  delle  voci  e  degli 
istrumenti:  armonio. 

Concentrare,  concentrarsi  {concentramento, 
concentrato,  concentrazione).  Raccogliere,  raccogliersi 
nel  centro  ;  ridurre,  spingere  a  un  centro  o  in 
un  punto  considerato  come  tale;  assorbire.  -  Con- 
centrarsi si  dice  anche  per  meditare,  e  per  in- 
tensificare ^attenzione.  -  Immagazzinare,  nel  lin- 
guaggio scientifico  e  tecnico,  concentrare  in  breve 
spazio  gran  quantità  di  energia. 

Concentrazione.  11  concentrare.  -  Termine 
di  farmacia. 

Concentrico   Che  ha  il  medesimo  centro. 

Concepibile.  Che  si  può  concepire» 

Concepimento  (concezione).  Atto  del  conce- 
pire. 

Concepire  {concepimento,  concepito,  concezione). 
Il  ricevere  e  il  fecondare,  che  fa  la  femmina,  il 
germe  dal  quale  si  produce  il  feto.  Atto  com- 
plesso dal  quale  risulta  la  generazione  di  un 
nuovo  essere,  di  una  nuova  vita  (come  tale  com- 
prende altri  atti  che  sono  il  coito,  la  fecondazione 
e  i  primi  cambiamenti  deWovulo  fino  alla  forma- 
zione del  blastoderma,  ossia  del  primo  abbozzo 
A.%\V embrione,  che  si  forma  nell'area  germinativa). 
-  Astrattamente,  avere  un'*<Zea,  un  pensiero.  - 
Ricevere,  sentir  nascere  un  affetto  neWanimo.- 
Concepimento,  concezione,  il  concepire ,  atto  ed  ef- 
fetto :  ingeneramento,  ingravidamento,  ingenerazio- 
ne :  impregnamento,  impregnazione. 

Concepista  (lat.).  Detto  a  scrittore. 

Conceria.  Luogo,  opificio  dove  si  fa  la  con- 
Hn  ;  l'officina  e  l'arte  del  conciatore. 

Concernere  (concernente).  Riguardare,  appar- 
tenere, avere  relazione. 

Concertante.  Termine  di  musica:  dicesi  dello 
stile  in  cui  gli  istrumenti  o  le  voci  spiegano  la  loro 
azione  melodica,  assumendo  ciascuno  una  parte  prin- 
cipale, protagonistica. 

Concertare  (concertato).  Preparare,  dirigere  un 
concerto  musicale.  -  Figur.,  mettere,  mettersi 
d'  accordo,  accordarsi,  prendere  consiglio  insie- 
me per  un'  azione,  di  solito  segreta.  -  Comùinare, 
combinarsi  ;  intendersi,  prendere  intelligenza,  sta- 
bilire. -  Ordire  una  congiura  e  simili.  -  Contr., 
impedire,  porre  impedimento,  ostacolo  ;  mandare  a 
monte,  guastare,  rovinare,  sconcertare. 

Concertato.  Veggasi  a  concerto. 

Concertatore.  Veggasi  ad  orchestra. 

Concertista.  Chi  dà  un  concerto,  suona  nel 
concerto. 

Concèrto.  Consonanza  di  voci,  di  suoni,  -  Trat- 
tenimento musicale  in  cui  più  istrumenti  suonano 
insieme,  d'  accordo,  in  armonia  ;  accademia  musi- 
cale, accademia  di  i strumentisti  ;  componimeuto 
strumentale,  simile  alla  sonata  ;  la  musica  stessa 


che  si  eseguisce,  si  suona;  audizione  di  musica, 
audizione  musicale  ;  tornata  musicale.  Di  solito,  ha 
tre  tempi,  non  ijuatlro,  come  le  forme  classiche  del 
quartetto  e  della  sinfonia.  -  Concertare,  dare  un  con- 
certo. -  Concertato,  pezzo  musicale  scritto  per  più 
strumenti  :  cosi  i  quartetti,  i  sestetti,  i  finali  di 
un'opera.  -  Concertstilck  (voce  ted.),  pezzo  di  concer- 
to -  Quartetto,  quintetto,  sestetto,  terzetto,  concerto 
di  quattro,  cinque,  sei,  tre  suonatori.  -  Serenata, 
concerto  vocale  e  strumentale  dato  di  sera,  sotto  le 
finestre  di  qualche  casa.  -  Concertista,  chi  suona,  o 
canta  da  solo  in  un  concerto.  Artista,  cantante, 
0  suonatóre,  di  molta  perizia  e  che  ben  sa  ren- 
dere i  grandi  autori  nella  loro  vera  espressione. 

Concerto.  Ordine,  appuntamento,  accordo. 

Concessionario.  Detto  a  concedere. 

Concessióne.  Il  concèdere. 

Concettare,  concettizzare  {concettato,  con- 
cettizzato), n'ormare  concetto. 

Concetto  {concettoso).  Ciò  che  la  mente  intende 
e  comprende  per  mezzo  della  riflessione  :  idea, 
pensiero.  -  Anche,  disegno,  idea  fondamentale 
di  un'opera  letteraria  o  artistica;  stima,  j/i«(/*2to; 
parere,  opinioìie ;  reputazione,  fama;  il  si- 
gnificato riassuntivo  di  un  discorso  o  di  uno 
scritto.  -  Concettoso,  pieno  di  concetti,  di  idee,  di 
pensiero;  sentenzioso;  conciso,  detto  o  fatto  con 
coticisione. 

Concettóso.  Veggasi  a  concetto  e  a  conci- 
sione. 

Concettualismo.  Detto  a  filosofia. 

Concezióne.  Concepimento,  il  concepire.  - 
Immacolata  concezione,  festa  del  cattolicismo  (veg- 
gasi a  pag.  477,  prima  colonna). 

Conchìfero.  Detto  a  conchiglia. 

Conchiglia.  Nicchio  marino  :  la  piccola  conca 
0  crosta  di  cui,  sono  rivestiti  alcuni  animali  mari- 
ni, questo  e  quel  mollusco;  denominazione  ge- 
nerale dei  molluschi  muniti  di  conchiglia.  Si  forma 
di  calcare  o  carbonato  di  calce,  e  d'una  materia  ani- 
male, 0  di  natura  mucosa.  Sinon.,  chiocciola,  conca, 
nicchiolino.  -  Conchiferi,  denominazione  generale 
dei  mollusdhi  muniti  di  conchiglia,  -  Conchiglidceo, 
covchilidceo,  che  ha  natura  o  apparenza  di  conchi- 
glia. -  Conchiliforme,  a  forma  di  conchiglia.  -  Con- 
chiliologia, trattato  intorno  alle  conchiglie. 

Bivalve,  la  conchiglia  con  due  valve,  o  pezzi  di- 
stinti, collegati  assieme  da  uno  o  due  muscoli  ad- 
duttori, contraendosi  i  quali  il  nicchio  si  chiude, 
mentre  rilassandosi  si  apre.  Cosi  nei  lamellibrunchi. 

-  Equivalve.  a  valve  eguali.  -  Inequilaterale,  a  coste 
ineguali.  -  Inequivalve,  a  valve  disus-'uali.  -  Multi- 
loculare,  che  ha  molte  loggie  o  cavità.  -  Maltivalve, 
la  conchiglia  con  molte  valve,  come  quella  dei  chi- 
toni. -  Quadrivalve,  con  cinque  valve.  -  Subbivalvé, 
che  ha  quasi  due  valve.  -  ìrivalve,  con  tre  valve. 

-  Univalve,  la  conchiglia  formata  da  un  pezzo  solo, 
come  quella  dei  gasteropodi  e  dei  cefalopodi. 

Colorata,  la  conchiglia  a  colori  ben  definiti,  data 
l'intensità  delle  tinte.  -  Dell' attualitd,  le  conchiglie 
di  animali  contemporanei  della  specie  uomo.  -  Fos- 
sile, la  conchiglia  di  animali  preesistenti  alla  com- 
parsa dell'uomo  sulla  Terra.  -  Iridescente,  la  con- 
chiglia che  contemporaneamente  presenta,  nelle  di- 
verse sue  parti,  tutti  i  colori  dell'iride.  -  Liscia,  la 
conchiglia  che  ha  la  superficie  esterna  levigata.  - 
Operculcita,  la  conchiglia  fornita  di  una  specie  di 
coperchio,  con  cui  l'animale  copre,  a  sua  volta,  l'a- 
pertura del  nicchio.  -  Rigata  o  striata,  la  conchi- 
glia che   presenta  una  superficie  esterna  a  strie,  a 


654 


CONCHILIACEO    —    CONCIA 


denotare  i  successivi  accrescimenti  della  conchiglia 
stessa.  -  Volute,  le  conchiglie  con  avvolgimento  a 
spirale. 

Acetàbolo,  seno,  cavità  di  una  conchiglia.  Bisso, 
ciuffo  filamentoso  di  alcune  conchiglie,  -  Cardine 
0  cerniera,  nelle  conchiglie  bivalvi,  il  punto  in 
cui  si  uniscono  le  due  valve.  -  Columella,  asse  an- 
teriore d'una  conchiglia  spirale.  -  Epifragma,  pezzo 
che  chiude  la  conchiglia.  -  Opèrcolo,  pietra  calcare 
0  cornea,  che  serve  a  chiudere,  più  o  meno  com- 
pletamente, l'apertura  di  certe  conchiglie  univalvi. 
-  Madreperla,  materia  bianca  periata,  formata  dagli 
strati  interni  del  guscio  di  molti  molluschi.  Sorta 
di  conchiglia  che  produce  la  perla.  -  Occhio,  cen- 
tro della  voluta  d'una  conchiglia.  -  Seno,  la  cavità 
della  conchiglia.  -  Spira,  la  linea,  il  rilievo  trac- 
ciato sul  guscio  della  conchiglia.  -  Stria,  striatura, 
il  raggio,  il  filetto  partente  dal  centro.  -  Sutura,  il 
punto  di  riunione  dei  giri  della  spira  ;  nelle  con- 
chiglie volute,  il  segno  di  divisione  che  si  scorge 
fra  le  diverse  spire  ;  valva,  ciascuna  delle  parti 
dure  che  costituiscono  una  conchiglia.  -  Voluta,  la 
parte  spirale  d'una  conchiglia. 

Aliotide,  genere  di  conchiglie  marine,  note  sotto 
la  denominazione  volgare  di  orecchie  di  mare  e  fre- 
quenti nelle  latitudini  tropicali.  -  Ammoniti,  be- 
lemniti,  conchiglie  fossili,  notissime  per  la  loro  im- 
portanza in  biologia.  -  Arseila,  sorta  di  conchiglia 
di  mare.  -  Buccino,  nome  comune  ad  un  gran  nu- 
mero di  conchiglie  univalvi  ;  genere  di  molluschi 
gasteropodi  pettinibranchi,  a  testa  piatta,  tentacoli 
lunghi,  conchiglia  ovale,  conica,  scanalata.  Buc- 
cino lima,  buccino  ondato,  ecc.  -  Folade,  genere  di 
conchiglie.  -  Gnatodonte,  genere  istituito  da  Gray 
per  classificare  una  conchiglia  propria  delle  acque 
dolci  dell'America  meridionale.  -  Limbe,  conchiglie 
narittime  che  suonano  :  conchiglie  a  corno.  -  Nic- 
ehio,  specie  di  conchiglia  aperta.  -  Spondili,  con- 
chiferi marini  ;  genere  tipico  (spondylus),  le  cui 
specie  si  trovano  attaccate  a  rupi,  a  coralli,  ad  al- 
tre conchiglie,  ecc.,  nei  mari  di  clima  caldo  e  tem- 
perato. 

Calcare  conchiglifero,  la  roccia  calcarea  che  porta 
racchiusi  in  sé  resti  di  conchiglie.  -  Lumachella, 
marmo  che  contiene  avanzi  di  conchiglie. 

Conchiliàceo ,   conchillfonne.    Veggasi   a 
conchiglia. 
Cenchino.  Piccola  conca. 
Conchiudere  {conchiusione).  Concludere,  veni.'e 
a  conclusione. 

Concia.  Arte  o  maniera  di  conciare  il  cuoio, 
0  le  pelli  (veggasi  a  pelle  conciata)',  la  materia 
stessa  che  si  adopera  all'  uopo  :  concio,  molticcio, 
monticcio.  Il  luogo  stesso  nel  quale  si  conciano  le 
pelli.  Secondo  la  maniera  di  procedere,  si  distinse 
la  concia  in  rammorto,  a  guado,  dei  sugatti,  in 
morticelo,  di  crudo,  ecc.  -  Oltre  le  pelli,  si  conciano 
le  materie  alimentari,  le  lane  e  altre  materie  tes- 
sili, i  filati,  i  tessuti  vegetali,  i  legni,  ecc.,  perchè 
resistano  all'azione  degli  agenti  esteriori.  All'uopo  si 
adoperano  molte  sostanze,  che  hanno  azione  diversa  : 
i  grassi,  gli  olii  e  le  resine  conciano  la  pelle  pei 
azione  meccanica,  interponendosi  in  modo  perma- 
nente tra  le  maglie  del  tessuto.  L'alcool  comune,  lo 
spirito  di  legno  e  altri  liquidi  alcoolici,  diversi 
èteri  e  varie  essenze  conciano  pure  per  azione  mec- 
canica, sensa  fissarsi  sulle  fibre  in  modo  perma- 
nente I  sali  di  allumina  e  quelli  degli  ossidi  dello 
stesso  gruppo  conciano,  ad  un  tempo,  per  azione 
meccanica  e  chimica,  ed  è  coh  essi  che  si  lavorano 


le  pelli  in  alluda.  Ma,  fra  tutte  le  materie  con- 
cianti, quelle  che  riuniscono  al  più  alto  grado  la 
proprietà  di  comunicare  alla  pelle  le  qualità  di  un 
buon  cuoio  sono  le  vegetali.  Si  designa  col  nome 
di  tanno  qualsiasi  materia  vegetale  che  contenga  il 
tannino,  o  acido  tannico,  principio  attivo  dell'ope- 
razione della  concia  ;  nella  pratica,  si  indica  con 
tal  nome  la  corteccia,  riconosciuta  tannifera,  di  al- 
cuni alberi,  più  specialmente  quella  della  quercia. 
Essenze  per  la  concia,  meno  ricche  però  di  tan- 
nino, forniscono  anche  il  castagno,  il  frassino,  il 
larice,  il  faggio,  il  pioppo,  il  salice,  la  betulla,  l'on- 
tano, il  tiglio  e  molti  altri  alberi.  Sono  pure  uti- 
lizzati allo  stesso  scopo  le  foglie  del  sommacco,  di 
alcune  specie  di  eriche,  i  frutti  di  alcune  acacie  e 
di  alcune  mimose,  del  lentischio,  la  noce  di  areca, 
il  mallo  di  noce,  la  pannocchia  di  ontano,  la  cor- 
teccia di  carubo,  la  noce  di  galla,  molto  ricca  di 
tannino  ;  i  gambi  della  cicuta  e  della  mortella,  le 
foglie  di  tamarindo,  di  susino,  di  carciofo,  di  car- 
done,  le  bacche  del  pino,  la  feccia  A'uva  ;  Valgaro- 
villa,  0  fave  del  Perù,  il  barbatimas,  o  barbatimao, 
corteccia  d' una  mimosa  ricchissima  di  tannino  ; 
l'estratto  di  catechù,  l'olio  di  aiosa,  la  corteccia  di 
Cerro;  i  dividivi  [libidibi,  libi-divi),  frutti  della  Cae- 
salpinia  coriaria  ;  la  berberina,  alcaloide  che  si  e- 
strae  dalla  radice  della  berberide;  l'allume  di  cro- 
mo, solfato  doppio  di  potassio  e  di  cromo,  usato 
nella  concia  delle  pelli  al  cromo;  il  concino,  so- 
stanza particolare,  specialmente  della  scorza  della 
quercia,  per  conciare  le  pelli  ;  la  ratania,  radice 
astringente,  ricca  di  tannino  di  una  pianta  (Kra- 
meria  triandra)  che  alligna  nelle  Ande  ;  iì  rove, 
galla  prodotta  da  un  insetto  su  una  specie  di  quer- 
cia, ecc. 

Conciare,  trattare  le  pelli  con  la  concia,  per 
farne  cuoio  o  per  conferire  loro  qualità  speciali 
(es.,  l'alluda,  pelle  di  pecora,  di  castrato,  di  capra 
conciata  in  allume  ;  la  bazzana,  la  vacchetta,  lo  zi- 
grino, ecc.):  acconciare,  dare  il  concio,  monticciare. 
-  Concio,  conciato.  -  Conciatura,  il  conciare. 

Conciatore,  l'artigiano  che  concia  le  pelli  :  con- 
ciaio, conciaiolo,  conciaiuolo,  conciapelii,  cuoiaio  ; 
galigaio,  pelacani,  pellaio.  -  Cerbolattaio,  cerbolattaro, 
lavorante  di  pelli  di  cervo  e  d'  altre  pelli  fine.  - 
Conciaiolo,  operaio  che  attende  ai  bassi  lavori  delle 
conce.  -  Marocchinaio,  conciatore  che  lavora  il  ma- 
rocchino. -  Patinatore,  chi  patina  le  pelli,  dà  loro 
il  lucido.  -  Scamosciatore,  conciatore  di  pelli  in  olio. 


Metodi  e  operazioni  di  concia 


Anzitutto,  si  procede  alla  divisione  delle  pelli,  che 
possono  arrivare  alla  concia  sotto  tre  aspetti  : 
fresche,  disseccate,  salate  (se  provenienti  da  lontani 
paesi).  Prima  operazione,  poi,  secondo  il  metodo 
antico,  quella  del  dissanguamento,  alla  quale  se- 
guono la  macerazione,  lo  scarnamento,  l'assaoritura 
e,  infine,  la  concia  propriamente  detta.  Tutte  que- 
ste specialmente  per  i  cuoi  duri,  con  varie  modi- 
ficazioni per  le  pelli  morbide  di  vitello,  di  capra, 
di  pecora,  ecc. 

(JpERAZiONi  preparatorie.  —  Dissanguamentoi  con- 
siste nel  tuffare  le  pelli  nell'acqua  corrente  (per  quanto 
è  possibile)  e  lasciarvele  inzuppare  per  due  o  tre 
giorni,  se  si  tratta  di  pelli  fresche,  agitandole  ogni 
tanto,  perchè  riescano  ben  lavate  e  dissanguale.  Per 
le  pelli  non  fresche  occorre   una   immersione   più 


i:ONClA 


«55 


prolungata  ;  inoltre,  bisogna  distenderle,  pigiarle, 
passarle  al  cavalletto  e  al  coltello  tondo,  infine  am- 
morbidire ài  tracio  stesso  delie  pelli  fresche.  -  Jl/a- 
cerazione,  operazione  detta  anche  del  mettere  in 
carne:  si  fanno  macerare  le  pelli  nell'acqua  di  cal- 
cina 0  nell'acqua  d'orzo  fermentato,  per  aprirne  i 
tori  e  le  fibre,  per  facilitarne  1'  accesso  al  tanno, 
e  pelli  sono  ammucchiate  in  truogoli  pieni  di 
latte  di  calcina,  facendole  passare  da  un  bagno  de- 
bole a  bagni  gradatamente  più  forti.  Questo  vec- 
chio metodo  fu  generalmente  surrogalo  dalla  la- 
vorazione alla  concia,  esponendo  le  pelli  in  una 
sttifa,  all'azione  del  vapore  d'acqua,  passando  quindi 
le  pelli  in  bagni  graduati  dt  concia,  o  succo  di  tan- 
no infortito,  del  quale ,  comunemente,  si  accelera 
r  azione  con  aggiunta  di  acido  solforico.  -  Scarnn- 
mento  o  pelatura  :  succede  alla  macerazione  delle 
pelli,  precede  il  passaggio  alla  concia  e  si  effettua 
immecliatamente  all'uscire  dalla  stufa;  si  effettua  sul 
cavalletto  e  adoperando  il  coltello  tondo,  a  forma  di 
naezzaluna.  Lavate  poi  di  nuovo  le  pelli,  le  si  mettono 
sul    cavalletto    per    assottigliarne    le    parti    troppo 

f;rosse  e  ritagliare  quelle  inutili  sugli  orli.  Si  pu- 
iscono  prima  le  due  parli  delle  pelli  per  mezzo 
d'un  coltello  detto  queurse,  lama  di  pietra  per  affi- 
lare, con  taglio  rotondo  e  montata  come  la  lama  di 
acciaio  del  coltello  da  scarnare.  Infine,  dopo  una 
lavanda  in  acqua  chiara,  le  si  riportano  un'ultima 
volta  sul  cavalletto,  le  si  calcano  con  un  coltello 
smussato,  perchè  ne  grondi  l'acqua  della  lavatura,  fin- 
ché questa  esca  chiarissima.  -  Assaorilura  :  chiude  la 
sene  delle  operazioni  preparatorie  e  inizia  quelle  della 
concia  propriamente  detta  ;  prepara  le  pelli  a  ri- 
cevere l'azione  delle  soluzioni  da  concia,  gradual- 
mente più  concentrate.  All'uopo,  le  pelli  vengono 
messe  in  trosce  contenenti  una  soluzione  di  tanno 
prima  molto  debole  (mezza  concia)  e  infortita  dal- 
l'esposizione all'aria.  Invece  di  tanno  ordinario, 
servono  anche  la  noce  di  galla,  le  foglie  di  som- 
macco  e  qualche  altra  materia  da  concia  in  pol- 
vere. Si  rialzano  quotidianamente  le  pelli,,  aggiun- 
gendo tanno  già  adoperato  al  bagno;  le  si  rimet- 
tono, le  si  agitano,  si  lasciano  riposare  per  qual- 
che giorno,  per  passarle  quindi  in  un  bagno  di 
tanno  nuovo,  del  quale  tratto  tratto  si  accresce  la 
forza,  agitando  ogni  volta  le  pelli. 

Concia  propriamente  detta.  —  Si  fanno  passare 
le  pelli  dal  primo  bagno  al  mortaio,  in  fondo  al 
quale  è  steso  uno  strato  di  vecchio  tanno,  sovrap- 
ponendovi poi  uno  strato  di  tanno  nuovo  ;  le  si 
distendono,  separate  le  une  dalle  altre  mediante  la 
sostanzaj  per  conciare,  e  cosi  via  via,  coprendo 
l'ultimo  strato  di  tanno  con  tavole  che  si  cari- 
cano di  grosse  pietre.  Allora  si  fa  arrivare  nella 
troscia  dell'  acqua  carica  di  tanno ,  la  cui  a- 
zione  si  estende  a  tutta  la  grossezza  della  tro- 
scia, penetra  bene  dappertutto,  disciogliendo  il 
tannino  contenuto  nella  materia  per  conciare  e 
facendolo  penetrare  nei  pori  delle  pelli.  Si  lascia 
riposare  circa  un  mese,  poi  le  pelli  sono  por- 
tile nelle  trosce  di  conceria  in  una  disposi- 
zione analoga.  Sono  cambiate  tre,  quattro  e  anche 
cinque  volle  di  troscia.  Nella  prima  la  polvere  di 
tanno  é  stesa  dalla  parte  dov'era  il  pelo  ;  la  vi  si 
lascia  a  contatto  con  la  pelle  per  circa  tre  mesi. 
Quindi  viene  il  lato  della  carne;  la  polvere  tannifera 
è  più  grossa  per  la  parte  del  pelo,  e  il  contatto 
può  prolungarsi  un  mese  di  più,  o  anche  maggior- 
mente. In  terzo  luogo  si  torna  alla  parte  del  pelo, 
che  subisce  quest'ultimo  trattamento  per  quattro  o 


cinque  mesi.  -  Concia  alla  flotta:  consiste  nel  far 
passare  le  pelli  in  dissoluzioni  di  tannino  di  più 
in  più  concentrale.  -  Concia  in  bianco:  fatta  con 
pelli  sopratullo  destinate  a  far  guanti.  Operazione 
che  consiste  nel  sodarle  entro  mastelli,  per  un'ora 
almeno,  con  una  pasta  chiara  composta  di  farina 
di  grano,  di  tuorli  d'uo\a  fresche,  di  allume  e  di 
sale  comune.  -  Concia  mediante  composti  cromici, 
metodo  proposto  per  ottenere  un  cuoio  perfetta- 
mente impermeabile.  -  Metodi  meccanici:  il  pro- 
gresso ha,  naturaliiienle,  semplificato  o,  almeno, 
abbreviato  i  termini  di  tempo  per  le  varie  opera- 
zioni, offrendo  all'industria  i  mezzi,  ossia  gli  agenti 
chimici,  atti  ad  accelerare  il  lavoro  in  tulli  i  suoi 
rami  e  introducendo  macchine  che  rapidamente  ser- 
vono a  mettere  in  carne,  a  calcare,  a  scarnare,  ad 
assottigliare,  ecc. 

Operazioni  varie.  —  Addobbo,  operazione  che 
consiste  nel  mettere  le  pelli  già  purgate  nelle  |tro- 
sce;  mediante  una  serie  di  bagni  e  parecchie  alza- 
ture,  si  dà  alle  pelli  la  mezza  concia.  -  Allumatura, 
l'azione  àeìVallumare,  ossia  di  dare  l'allume  alle 
pelli.  -  Bagno,  il  tenere  in  molle  i  cuoi  nell'ac- 
qua cotta,  ecc.  -  Camosciatura,  operazione  fatta  per 
ammorbidire  e  colorare  le  pelli,  adoperando  l'olio 
di  merluzzo,  di  balena,  ecc.  -  Digrassamento:  dopo 
la  rimondatura,  si  ottiene  tuffando  le  pelli  per 
un'ora  in  un  ranno  di  potassa  tepida.-  Impiumatura, 
l'operazione  (ÌQWimpiumare  (veggasi  più  innanzi).  - 
Incollatura,  operazione  fatta  allo  scopo  di  avere 
cuoi  verniciati.  -  Pareggio,  ultima  operazione  che 
subiscono  i  cuoi:  consiste  in  una  specie  di  livel- 
latura. -  Rasatura,  il  rasare  le  pelli,  ossia  il  to-> 
gliere  loro  completamerite  il  pelo.  •  Rimondatura: 
consiste  nel  togliere  alle  pelli  i  residui  d^^l  pelo,, 
dopo  lo  spelamento  operato  da  principio.  -  Rtncot- 
tatnra,  arricciatura  della  pelle  concia.  •  Rùcalda- 
mento:  si  passano  le  pelli  in  una  stufa  leggermente 
riscaldata,  per  metterle  in  feriiientazione.  -  >alda- 
tura,  operazione  che  si  fa  subire  ai  cuoi  p^r  averli 
verniciati.  -  Scamosciatura,  operazione  fitta  per 
dare  alle  pelli  una  morbidezza  uguale  a  quella 
delle  stoffe  per  abiti,  conservando  ad  esse,  nel  tempo 
stesso,  la  loro  solidità  e  un'impermeabilità  relativa. 

-  Scoltellatura,  taglio  fatto  nella  pelle   scorticando. 

-  Stia,  ammassamento  di  un  gran  numero  di  pelli 
in  monte,  perchè  si  rasciughino  dopo  tratte  dalla 
troscia  e  dai  mortaio.  -  Tintura  delle  pelli:  si  ef- 
fettua col  passare,  dalla  parte  della  pelle,  una 
spazzola  carica  del  liquido  tintoriale.  Le  pelli  de- 
stinate ai  guanti  di  Svezia,  o  che  ricevono  tinte 
chiare,  sono  immerse  nel  bagno  di  tintura;  allora 
si  distinguono  sotto  il  nome  di  pelli  tinte  al  tuffo. 

Abbancare,  abbancatura,  distendere  le  pelli  su  ta- 
vole per  ungerle.  -  Addobbare,  preparare  le  pelli 
per  la  concia  ;  fare  l'addobbo.  -  Addocilire,  rendere 
cedevole  al  tatto.  -  Allucidare,  rendere  lucide  le 
pelli,  dar  loro  il  lucido.  -  Allumare,  dare  l'allu- 
me. -  Bollerare,  stemperare,  rimestare,  squassare 
col  bollerò  l'acqua  di  calcina,  perchè  non  faccia 
posatura  prima  che  vi  siano  poste  le  pelli. 

Calcare,  pigiar  fartemente  la  pelle  o  il  cuoio  coi 
piedi,  per  agguagliarla.  -  Calciare  le  pelli,  pestarle 
coi  piedi  nell'acqua.  -  Camosciare  {camosciatura), 
dare  la  concia  alla  pelle  di  camoscio  :  scamosciare. 

-  Conciare  a  pelliccia,  conservando  il  pelo,  come  si 
fa  con  le  pelli  di  volpe,  di  martora,  ecc. 

Digrassare  le  pelli,  levarne  ogni  rimasuglio  di 
carnosità.  -  Dissanguare,  ammollare  le  pelli  nell'ac- 
qua per  toelierne  il  sangue  che  vi    si    trova  attac- 


6S6 


CONCIA 


calo.  -  Egualizzare  le  pelli,  farne  sparire  tutte  le 
ineguaglianze  di  superficie.  -  Grucciare,  tenere  di- 
stese le  pelli  ad  asciug;are. 

Iwphmare,  immergere  le  pelli  di  capra  in  un 
bagno  colorante  leggerissimo.  -  Incatramare,  con- 
ciai'e  col  catrame  -  Ingranare,  far  prendere  alle 
pelli  il  colore  del  sommacco  -  Marocchinare,  ri- 
durre a  marocchino.  ■  Mettere  in  molle  le  pelli, 
metterle  in  macerazione.  -  Mettere  le  pelli  in  cal- 
cina, coprire  con  la  calcina  le  pelli  nel   truogolo. 

Patinare,  dare  alle  pelli  la  patina,  cioè  quello 
strato  sul  quale  si  può  dare  il  lucido.  -  Pelare, 
levare  alle  pelli  il  pelo,  sul  cavalletto,  con  ferro 
appropriato,  chiamato  ferro  da  pelare.  -  Purgare 
le  pelli,  togliere  loro  ogni  residuo  di  calcina,  pas- 
sando su  di  esse  il  ferro  da  purgare,  primiera- 
mente dalla  parte  del  buccio,  poi  nuovamente  da 
quella  della  carne. 

Rammagliare,  togliere  alle  pelli  i  carnicci  ri- 
masti. -  Rammortare,  mettere  in  concia  le  pelli,  in 
bagno,  per  conciarle;  e  rammorto,  impasto  di 
scorza  di  leccio  macinata  e  bagnata.  -  Riconciare 
{riconciamento),  ripete  conciare.  -  Rifessare,  riu- 
nire le  parti  di  quelle  pelli  che  erano  state  ta- 
gliate per  scattivarle. 

Scamosciare  le  pelli,  levarne  il  buccio,  si  che 
paiano  di  camoscio  ;  conciare  pelli  al  modo  di 
quella  del  camoscio.  -  Scarnare,  togliere  il  carniccio 
alle  pelli  già  dipelate  e  ben  lavate  in  acqua  chiara. 
-  Scarnicciare,  levare  i  carnicci  alle  pelli.  ■  Spun- 
tare, levare  il  pelo  vano  dalle  pelli  di  lepre.  - 
Stoppeggiare,  strisciare  forte  le  pelli  con  una  ma- 
nata di  stoppa.  -  Sugherare,  strisciare  le  pelli  col 
sughero,  perchè  mandino  fuori  la  grana. 


Luoghi,  recipienti,  arnesi  per  la  concia. 


Addobbo,  il  tino  o  il  truogolo  in  cui  si  fa  la 
prima  concia.  -  Calcinaio,  fossa  o  vasca  nella  quale 
i  conciatori  mettono  il  cuoio  in  calcina,  -  Calci' 
nato,  truogolo  riempito  d'acqua  di  calcina,  entro 
cui  s'ammontano  ben  distese  le  pelli  sia  fresche, 
sia  venute  in  carne,  affondandole  con  pali,  e  dopo 
avere  ben  bollerata  1'  acqua  suddetta.  -  Fossa,  la 
buca  nella  quale  si  conciano  le  pelli.  -  Mortaio, 
buca  quadra,  scavata  in  terra,  e  più  profonda  che 
non  è  la  troscia.  Nei  mortai  si  termina  la  concia 
dei  cuoi,  collocandoveli  con  alternazione  di  co- 
stole e  di  pancie  con  altrettanti  strati  di  pasta.  - 
Troscia,  buca  quadra,  scavata  in  terra,  profonda 
mezzo  uomo,  o  poco  più,  nella  quale  si  dà  l'ad- 
dobbo ai  cuoi,  ossia  si  mettono  in  bagno.  -  Truo- 
golo, specie  di  caldaia  in  cui  si  fa  scaldare  l'acqua 
alluminata  e  il  sego  per  la  concia  del  sugatto 
(veggasi  a  cuoio). 

Acciaiolino,  piccolo  acciaiolo  per  mantenere  il 
filo  rovesciato  ad  alcuni  ferri  taglienti.  -  Acciaiuolo, 
asticciuola  d' acciaio  tonda,  o  leggermente  conica, 
colla  quale  il  conciatore  raffila  tutti  i  suoi  ferri, 
quando  non  sia  necessaria  la  ruota.  -  Rollerò,  ar- 
nese formato  da  una  piastra  di  ferro  curva,  dal 
cui  mezzo  sorge  un  lungo  manico  di  legno:  usato 
per  rimescolare  1'  acqua  di  calce  in  cui  sono  im- 
merse le  pelli  ;  serve  a  sollevare  la  posatura  dell'ac- 
qua del  calcinaio.  -  Cavalletto,  specie  di  capra  o 
banco,  con  due  piedi  corti  da  una  sola  parte,  perciò 
molto  inclinato;  largo  poche  spanne,  lungo  tre  o 
q'iattro  volte   tanto,   convesso   per  di    sopra,    sul 


quale  è  distesa  la  pelle  (col  pelo  infuori)  che  si 
vuol  sottoporre  allo  scarnamento.  -  Cavalletto  a  mu- 
ro, quello  sul  quale  si  stendono  le  pelli  per  rasarle 
con  la  lunetta.  -  Coltello  tondo,  coltello  da  scarnare, 
in  forma  di  mezzaluna,  con  manichi. 

Ferro  da  pelare,  curvo  quasi  a  mezzaluna,  ta- 
gliente dalla  parte  concava:  maneggiasi  con  due 
manichi  di  legno.  Pochissimo  dissimili  da  questo 
sono  altri  due  terri  che  si  adoprano  sul  cavalletto 
cioè  il  ferro  da  scarnare  e  il  ferro  da  purgare.  - 
Ferro  rovescio,  usato  per  assottigliare  e  rasare  le 
pelli.  -  Liscia,  arnese  di  vetro  simue  a  un  fungo 
per  lisciare  il  cuoio.  -  Lunetta,  la  coltella  piatta,  e 
con  un  foro  nel  mezzo,  adoperata  dai  conciatori 
per  scarnire  e  raffilare  le  pelli. 

Macchina  per  assottigliare  :  armata  di  un  coltello 
d'una  lunghezza  necessaria  e  animata  da  un  movi- 
mento alternativo  di  e  nquecento  oscillazioni  al  mi- 
nuto, leva  via  in  uu  ■  olpo  solo  tutta  la  crosta  della 
pelle  troppo  grossa,  la  quale  è  utilizzata  vantaggio- 
samente. -  Macina,  grosso  disco  di  pietra,  simile  a 
quello  da  infrangere  le  ulive,  da  dirompere  la  ca- 
napa, mosso  da  forza  d'acqua  o  di  giumento.  Detta 
macina  ritta  perchè  si  volge  come  una  ruota  verti- 
calmente, 0  per  coltello,  nel  piatto,  o  pila  di  pie- 
tra, dove  ponesi  il  buccio  o  altra  roba  da  schiac- 
ciare. -  Mulino  da  tanno,  la  macina.  -  Mastra,  ar- 
nese dei  conciatori.  -  Orbello,  sorta  di  piastra  per 
spianare  il  coiame. 

Pennellessa,  sorta  di  pennello  dei  conciatori.  - 
Pillo,  istrumento  usato  dai  bottinai  per  mestare  il 
cesso,  e  dai  conciatori  per  pestare  il  cuoio  e  le  pelli 
nel  tinello  di  purga.  -  Puntariiolo,  ferro  acutamente 
conico  per  allargare  e  tondeggiare  i  fori  fatti  nel 
cuoio  con  la  lesina.  -  Scarnatoio,  specie  di  coltello  a 
due  manichi  per  scarnire  le  pelli.  -  Sdramba,  pu- 
gnello  di  stoppa  o  sfilacciatura  di  stuoia  usata  a  stro- 
finare le  pelli  per  digrassarle. 


Cose  e  termini  vari. 


Acqua  cotta,  acqua  bollita  in  caldaia,  con  enlro 
una  determinata  dose  di  concio.  -  Affondatura,  solco 
rimasto  nelle  pelli  mal  conciate.  -  Allumatura,  ro- 
sicchiatura  fatta  da  bestie  selvatiche  a  pelli  messe 
a  seccare. 

Rorra,  ammasso  di  peli  che,  nella  concia,  si  ra- 
schiano dalle  pelli  degli  animali,  per  lo  più  bovini. 
Con  la  borra  si  imbottiscono  basti,  selle,  guancia- 
li, ecc.  -  Ruccia,  parte  della  pelle  pecorina  dove  è 
la  lana.  -  Ruccio,  o  fiore,  nelle  pelli,  il  diritto,  os- 
sia la  parte  su  cui  è  il  pelo. 

Carne,  la  parte  opposta  del  buccio.  -  Carniccio, 
limhellucci,  quei  ritagli  membranosi  che  si  levano 
dalle  pelli  col  terrò  da  scarnare;  raschiature  dei 
carnicci,  dei  ritagli  delle  pelli  seccate,  da  cai  si 
cava  la  colla  animale  -  Costola,  il  lembo  del  pezzo 
dove  è  il  taglio.  -  Cuoio,  veggasi  a  questa  voce. 

Fiati,  le  parti  della  pelle  vicina  alle  zampe  di 
dietro,  che,  scarnite,  divengono  sottili,  sottili.  -  Fico, 
escrescenza  rimasta  nella  pelle  conciata.  -  Fiori- 
toio,  acqua  calcinata  in  un  truogolo  dove  i  concia- 
tori tengono  o  scarniscono  le  pelli.  -  Formèlle,  for- 
mètte,  girelle  tonde  e  piane,  fatte  della  corteccia 
polverizzata  della  quercia  o  del  cerro,  la  quale,  dopo 
che  ha  servito  alla  concia  del  coiame,  e  tuttora 
molle,  vien  ridotta  in  forme,  come  quelle  del  cacio, 
di  un  palmo  di  diametro,  grosse  circa  due  dita,  le 


CONCIA    —   CONCIME 


657 


quali  servono  ad  ardere,  atte  specialmente  a  con- 
servare per  molto  tempo  al  fuoco. 

Letto,  la  prima  pelle  purgata,  che  si  lascia  ben 
distesa  sul  cavalletto  e  sopra  la  quale  si  purgano 
su 'cessivamente,  ad  una  ad  una,  tutte  le  altre.  - 
Limbello,  ipezzo,  ritaglio  di  pelle  di  bestie  fatto  dai 
conciatori. 

Pancia,  la  parte  del  pezzo  opposta  alla  costola. 
-  Patina,  strato  d'unto,  di  vernice,  che  si  dà  alle 
pelli  conciate.  -  Pellame,  nome  collettivo  che  dà  il 
conciatore  a  tutte  le  pelli  conce,  escluse  quelle  di 
bue,  alle  quali  si  dà  la  particolare  denominazione 
di  cuoio.  -  Pelo  di  bestiaccia,  o  pelo  di  vaccino,  pelo 
che  il  conciatore  ha  levato  dalle  pelli,  se  corto: 
Vendesi  ai  contadini  per  concime  o  governo  delle 
viti  ;  se  lungo,  io  pigliano  i  sellai,  i  bastai,  e  chia- 
masi borra.  -  Pezzo,  mezza  pelle  di  bue,  divisa 
per  lungo  in  due,  perchè  sia  più  maneggevole,  e 
meglio  prenda  la  concia.  -  Rasatura,  quel  che  cade 
rasando. 

Sbrosciatura,  inchiostro  per  le  pelli  di  capra,  già 
usato  per  la  seta.  -  Sciavero,  gli  avanzi  delle  pelli 
vendute  a  taglio. 

Aggrovigliarsi,  aggrovigliare,  l'accartocciarsi  delle 
pelli.  -  Da  buccio,  dalla  parte  di  fuori  della  pelle. 
Da  carne,  dal  di  dentro. 

Per  altre  voci  veggasi  a  cuoio  e  a  ^jeMe  con^ 
data. 

Cóncia.  Accomodamento  che  si  fa  al  vino,  alle 
acque  d'odore  e  simili,  infondendovi  checchessia. 

Oonclaiuolo.  Chi  fa  la  concia  :  conciatore 

Conclalana.  Detto  a  lana. 

Conciare  (conciato).  Il  fare  la  concia.  -  In- 
fondere alcunché  nel  vino  o  in  altro,  per  dar  co- 
Ice  0  sapore.  -  Figur.,  guastare;  insudiciare, 
sporcare,  rendere  sporco. 

Conciatore.  Chi  fa,  per  mestiere,  la  concia 
delle  pelli. 

Conciatura.  L'operazione  della  concia. 

Conciliàbile.  Che  si  può  conciliare. 

Conciliàbolo.  Qualunque  adunanza,  più  o 
meno  segreta  e,  per  lo  più,  a  fine  non  buono;  qua- 
si, congiura.  -  Veggasi  anche  a  concilio. 

Conciliante.  Detto  a  conciliare. 

Conciliare  {conciliante,  conciliativo,  ronciliatore, 
conciliazione).  Accordare,  mettere  (T accordo.  -  Ren- 
dersi amico  qualcuno,  guadagnarne  Vajfetto,  l'af- 
fezione. -  Indurre,  promuovere.  -  Pacificare, 
mettere  in  pace  due  o  più  contendenti.  -  Acco- 
modare una  questione,  una  lite.  -  Armonizzare, 
mettere  in  armonia.  -  Nel  primo  significato  :  con- 
cordare, ristabilire  in  concordia;  contemperare; 
recare  a  concordia  ;  tirare  a  lega. 

Conciliabile,  che  si  può  'conciliare,  si  può  met- 
tere d'accordo.  •  Conciliabilità,  condizione  o  na- 
tura di  ciò  che  è  conciliabile.  Contrariam ,  in- 
conciliabilità. -  Conciliante,  aggiunto  di  persona 
che  facilmente  si  concilia,  è  pacifica,  incline 
alla  pace  :  accomodativo,  arrendevole,  concilia- 
tivo. Contr.,  inconciliabile,  nemico.  -  Conciliativo, 
atto  a  conciliare.  -  Conciliatore,  chi  concilia;  inter- 
mediario per  la  pace.  Anche,  il  magistrato  che  giu- 
dica sulle  controversie  di  poca  importanza:  veggasi 
a  giudice.  -  Conciliazione,  atto  ed  effetto  del  con- 
ciliare :  pacificamento  (veggasi  a  pace)  ;  composi- 
zione amichevole  di  una  controversia.  -  Propizia- 
zione, conciliazione;  perdono.  -  Ravvicinamento,  nel 
senso  di  conciliazione,  è  il  frane,  rapprochement. 

Conciliativo.  Detto  a  conciliare. 

Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


Conciliatore.  Veggasi  a  conciliare  e  a  giu- 
dice. 

Conciliazióne.  Detto  a  conciliare,  a  pace, 
ad  accordo,  ecc. 

Concilio.  In  origine,  assemblea  di  una  parie 
del  popolo  nell'antica  Homa,  in  opposizione  a  co- 
mizio ;  poi,  adunanza,  assemblea  ecclesiastica 
di  vescovi,  convocata  per  trattare  di  cose  relative 
alle  discipline  e  agli  interessi  ecclesiastici,  alla  fe- 
de, ecc.;  congregazione,  sinodo.  In  senso  generale, 
tutta  la  congregazione  dei  fedeli. 

Acéfalo,  concilio  non  presieduto  dal  papa.  - 
Conciliabolo,  adunanza,  crocchio  segreto,  concilio 
illegale,  di  prelati  scismatici  o  convocati  irregolar- 
mente; un  tempo,  in  senso  non  cattivo.  -  Concilio 
diocesano,  quello  convocato,  indetto,  dal  vescovo  tra 
i  principali  del  suo  clero.  -  Concilio  ecumenico,  o 
generale,  quello  al  quale  sono  chiamati,  sotto  la 
presidenza  del  papa  o  di  un  suo  legato,  tutti  i  ve- 
scovi dell'orbe  cattolico.  -  Concilio  nazionale,  quello 
tenuto  da  più  autorevoli  ecclesiastici  di  uno  Stato; 
propriamente,  quelli  sostituiti  agli  ecumenici  nei 
regni  cristiano-germanici  e  convocati  dal  re.  -  Con- 
cilio provinciale,  assemblea  dei  più  autorevoli  ec- 
clesiastici di  una  o  più  provincie.  -  Sinodo,  conci- 
lio,  specialmente  d'ecclesiastici  di  secondo  ordine. 

Celebrare,  convocare,  presiedere  un  concilio;  se- 
dere in  concilio  ;  trasferire,  chiudere,  sciogliere  il 
concilio  ;  proposto,  imposto,  condannato  dal  concilio: 
espressioni  di  chiaro  significato.  -  Conciliario,  di 
concilio,  relativo  al  concilio:  sinodale.  -  Conci- 
liarmente, in  forma  di  concilio,  per  mezzo  di  con- 
cilio :  sinodalmente. 

Cànoni,  leggi  ecclesiastiche  stabilite  e  ordinate 
da'papi  e  da'  concili.  -  Collezione  de'  concili,  raccolta 
degli  atti  di  essi.  -  Congregazione  del  Concilio,  isti- 
tuita in  Roma  da  Pio  VII,  per  la  celebrazione  del 
concilio  di  Trento.  -  Lettera  capitolare,  che  espone 
i  canoni  del  concilio.  -  Padri  del  concilio,  i  vescovi 
che  ne  fannno  parte. 

Concimàia.  Luogo  dove  si  ammassa  il  con- 
cime. 

Concimare  {concimato).  Detto  a  concime. 

Concimatura,  concimazióne.  Veggasi  a  con- 
cime. 

Concime  {concimare,  concimazione).  Materia,  so- 
lida, liquida  o  in  polvere,  atta  a  favorire  la  ferti- 
lità della  terra,  riparandone  le  perdite,  favorendo  la 
vegetazione,  rifornendo  i  sali  nutritori  di  cui  le 
piante  hanno  bisogno  :  concio  ;  governo,  grassime, 
grassume  ;  ingrasso  ;  letame,  litame  ;  materia  da 
ingrasso  ;  pacciume,  pattume  (veggasi  a  immon- 
dizia) ;  sostanza,  fertilizzante  ;  stabbio  (non  com.), 
sugarne.  -  Concimi  animali,  più  potenti  dei  vege- 
tali, sono  :  lo  stallatico,  gli  escrementi  umani  e  di 
uccelli,  il  sangue,  la  carne  muscolare,  i  pesci  in 
putrefazione,  le  ossa,  i  ritagli  di  conceria,  e  altre 
sostanze,  mescolate  con  materie  azotate.  -  Concimi 
chimici,  quelli  che  si  preparano  con  crini,  peli, 
penne,  residui  di  corna,  di  unghie  e  di  pesci,  ri- 
tagli di  pelle,  stracci  di  lana;  anche,  i  tosfati  di 
calce,  il  cloruro  di  sodio,  di  potassio,  il  solfato  di 
ammoniaca,  ecc.  Essi  devono  fornire  al  terreno  gli 
elementi  della  fertilità,  e  precisamente  1'  acido  fo- 
sforico, l'azoto,  la  potassa,  la  calce,  di  cui  difetta. 
E  dicesi  azotometria  la  manipolazione  chimica  per 
fissare  il  titolo  in  azoto  dei  concimi  artificiali.  - 
Concimi  composti,  o  commerciali,  gli  ingrassi  arti- 
ficiali risultanti  dal  miscuglio  dì  varie  sostanze  mi- 
nerali, vegetali  ed  animali,  e  preparati  secondo  certi 

42 


658 


CONCIME    —    CONCIONE 


principii  scientifici.  -  Concimi  minerali,  la  calce,  la 
marna,  la  sabbia,  il  gesso,  il  calcinaccio,  la  cenere, 
le  terrecotte,  il  sale  agrario,  ecc.  -  Concimi  misti, 
quelli  genericamente  compresi  sotto  il  nome  di  le- 
tame: anche,  i  terricciati,  i^  guano,  gli  escrementi 
umani,  i  concimi  chimici  moderni.  -  Concimi  ve- 
getali, quelli  provenienti  dalla  scomposizione  dei 
fusti,  dei  semi,  ecc.,  delle  piante. 


Concimi  diversi. 


Bovina,  vaccina,  escrementi  delle  bestie  per  con- 
cime. -  Cainiie,  minerale  di  soda  usato  come  con- 
cime. -  Cenerone,  mistura  di  cenere  e  letame.  - 
Cessino,  materia  che  si  cava  dal  cesso  e  serve  per 
l'ingrassamento  delle  terre.  -  Cloruro  di  potassio, 
sostanza  bianca  cristallina,  solubile  nell'acqua:  si 
trova  in  natura  cristallizzato,  solo  o  con  altri  mi- 
nerali, nell'acqua  del  mare,  e  in  sorgenti  salate; 
si  adopera  in  agricoltura  come  concime  e  nelle  in- 
dustrie per  preparare  altri  sali  di  potassio.  -  Co- 
lombina, sorta  di  guano  prodotto  dai  piccioni.  - 
Cóncio,  sterco  delle  bestie,  per  lo  più  mescolato  con 
la  paglia  o  le  foglie  poste  loro  sotto  per  letto.  - 
Concio  spento,  letame  bagnato  dalle  pioggie.  -  Crag, 
conglomerato  usato  dagli  Inglesi  per  concimi  dei 
terreni  argillosi. 

Escrementi  di  montone,  sterco  che  si  adopera  senza 
convertirlo  in  letame.  -  Faletami,  stramaglie,  leta-- 
mi.  -  Farina  di  carne,  sostanza  preparata  con  gli 
avanzi  della  fabbricazione  della  carne,  e  che  serve 
per  cibo  ai  maiali  o  per  concime.  -  Farina  d'ossa, 
polvere  d'ossa  di  animali  (macinati  in  appositi  mu- 
lini) adoperata  per  concime.  -  Feccie,  sanse  o  pan- 
nelli, residui  di  frutti,  materie  che  possono  servire 
per  ingrasso. 

Grassio,  terra  mista  a  concime.  -  Guanino,  estratto 
di  guano.  -  Guanite,  fosfato  ammonio  -  magnesiaco 
rinvenuto  cristallizzato  nel  guano.  -  Guano,  sale 
organico  che  risulta  dall'ammassamento  degli  escre- 
menti di  una  moltitudine  innumerevole  di  uccelli, 
in  certe  isole  :  prezioso  concime.  Si  dà  pure  il  nome 
di  guano  a  qualunque  ammasso  naturale  di  ma- 
terie escrementizie,  come  quelle  dei  pipistrelli  nelle 
caverne,  quelle  delle  foche,  ecc,  -  Guano  di  pesce, 
fatto  coi  cascami  dei  pesci  nelle  grandi  pescherie 
della  Norvegia. 

Ingrasso  fiammingo,  miscela  d'  orina  e  d' escre- 
menti umani  conservata  in  cisterne  fatte  a  vòlta, 
costruite  al  disotto  del  livello  del  suolo:  contiene 
il  venti  per  cento  di  azoto.  -  Ingrasso  liquido  ;  for- 
mato dalla  totalità  delle  deiezioni  animali,  che  si 
raccoljrono  in  una  cisterna.  Si  adopera  specialmente 
ìh  Germania  e  in  Svizzera.  -  Letame,  paglia  in- 
fracidila sotto  le  bestie  e  mescolata  col  loro  sterco: 
stallatico.  -  Letame  smaltilo,  letame  maturo. 

Rlarcime,  la  parte  putrida  del  letto  delle  bestie 
che  si  mette  a  marcire  per  farne  concio.  -  Marga  o 
marrione  :   fertilizzante  pel  calcare  che  contiene. 

Nero  animale  o  carbone  d'osso,  fosfato  necessario, 
per  lo  meno  molto  utile,  allo  sviluppo  delle 
piante:  contiene,  oltre  gli  elementi  inorganici,  una 
forte  proporzione  di  sangne  e  di  materia  putrida.-  Ni- 
trato di  sodio,  sale  bianco,  usato  abbondantemente 
come  concime  azotato,  e  nella  fabbricazione  del  ni- 
trato di  potassio.  -  Nitrofosfato,  concime  artificiale 
(fosfato  calcico  e  composti  azotati).  -  Perfosfati  {sti- 
perfosfati),  ingrassi  artificiali  che  si  ottengono  trat- 
tando la  cenere  d'ossa  e  i  fosfati  minerali  con  acido 


solforico.  -  Polveraccio,  sterco  di  pecora  secco  e  scusso. 
-  Posta,  ciascuno  dei  mucchi  di  fieno  lasciati  nei 
prati  per  spargerli  come  ingrasso.  -  Poudrette  (frane), 
la  materia  fecale  disseccata  :  contiene  il  dodici  per 
cento  d'azoto. 

Spazzatura,  immondizia  che  si  toglie  via  con  lo 
spazzare  e  che  serve,  per  lo  più,  da  concime.  - 
Stabbio,  concio,  sughi,  voci  vive  nel  dialetto  di  Ro- 
magna e  di  Toscana.  -  Stallatico,  sterco  di  bestia-^ 
me,  misto  allo  strame  che  ne  forma  il  giaciglio: 
fimo,  grassume  ;  litamaccio,  litame  ;  marciume  di 
stalla;  stabbio,  stabulatura,  sugo.-  Temccta^o,  stal- 
latico 0  altro  concio  misto  con  terra.  -  Terriccio, 
terra  decomposta  con  sostanze  vegetali  e  animali 
buona  per  ingrasso,  e  quella  che  si  trova  nel  cavo 
e  al  ceppo  degli  alberi  vecchi. 


Del  concimare  —  Dove  si  mette  il  concime,  ecc. 


Concimare,  dare  il  concime;  governare  col  con- 
cime; spargerlo  o  sotterrarlo  nel  terreno:  alleta- 
mare,  dare  il  concio,  imbottinare,  ingrassare;  leta- 
mare, letaminare  ;  satollare  di  fimo,  stabbiare,  su- 
gare. -  Imbottinare  il  letame,  versarvi  il  bottino  per 
farlo  migliore.  -  Imbovinare,  spargere  la  bovina  nel- 
l'aia. -  Levare,  ammassare,  trasportare,  portar  via, 
rivoltare,  ricoprire  il  concio:  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Riconcimare,  ripete  concimare. 

Ammendamento  chimico,  ogni  mezzo  che  tende  a 
correggere  la  composizione  della  terra.  -  Caloria, 
ristoro  che  si  dà  ai  campi  stracchi  concimandoli  o 
seminandovi  altro.  -  Concimatura,  l'azione  e  il  tempo 
del  concimare.  -  Concimazióne,  il  concimare:  conci- 
matura ;  ingrassamento  ;  letaminamento,  letamina- 
tura,  letaminazione;  stercorazione.  -  Sovescio,  l'ope- 
razione di  sotterrare  nel  campo,  all'epoca  del  mas- 
simo vigore  della  sua  vegetazione,  una  pianta  statavi 
apposta  seminata  per  fertilizzare  il  terreno.  Nel  set- 
tembre si  seminano  nel  campo  lupini,  fave,  ecc.,  e 
quando  queste  erbe  sono  cresciute  a  giusta  misura, 
vi  si  butta  sopra  il  seme  del  grano,  e  si  ricopre 
tutt'  insieme.  11  sovescio  si  fa  a  quelle  terre  che 
sono  già  state  seminate  a  grano,  e  che  si  vogliono  rin- 
granare  l'anno  dopo. 

Concimaia,  luogo  nel  quale  si  ammassa  e  si  tiene- 
a  macero  il  concime  :  buca  del  concime,  del  con- 
cio, del  letame  ;  conciaia  ;  fossa  di  letame  ;  immon- 
dezzaio, mondezzaio;  letamaio,  padule  ;  sterquilinio, 
sterquilino;  sugala.  -  Letamiere,  letto  di  letame  co- 
perto di  terra  che  si  fa  a  bella  posta  negli  orti  per 
seminarvi  le  insalate  e  altre  piante  per  averle  in 
anticipazione.  -  Rosta,  fossa  a  ventaglio,  a  pie  degli 
alberi,  per  raccogliervi  acqua,  o  materiale  da  in- 
grasso. 

Barella,  la  carretta  con  la  (juale  si  porta  il  con- 
cime dalla  stalla  alla  concimaia. 

Mescino,  specie  di  secchio  di  legno  raccomandato 
a  una  pertica  usalo  dai  contadini  per  levare  dalle 
conserve  il  concime  liquido. 

Proverbio  :  Chi  non  suga  non  sega,  chi  non  boni- 
fica, non  concima  il  terreno,  ne  ricava  poco. 

Concinnità  Adornezza,  eleganza,  per  lo  più 
di  un'orazione,  d'un  discorso. 

Concio.  Detto  a  concia  e  a  concime. 

Concionare  (concionato).  Far  concione,  di- 
scorso. 

Conclóne,  iirringa,  sermone,  discorso  in  pub- 
blico. 


CONCISAMENTE 


659 


Oonclsamente.  Detto  a  concisione. 

Concisione.  Qualità  di  stile  o  di  persona  che, 
nel  parlare  o  nello  scrivere^  adopera  la  minor 
possibile  quantità  di  parole,  per  manifestare  le  pro- 
prie idee  :  breviloquenza,  brevità,  brevis  oratio  (lat.); 
densità  e  rapidità  del  discorso;  discorso  breve; 
espressione  concettosa  del  pensiero  ;  laconismo  ; 
polarizzazione  del  linguaggio;  rattezza;  succintezza. 
-  Commatismo,  stile  conciso.  -  Sintomia,  brevità 
di  espressione. 

Concisamente,  con  concisione,  senza  superfluità  di 
parole:  alla  Davanzati,  alla  succinta,  alia  Tacito; 
brevemente,  breviter  (lat.);  concettosamente  ;  in 
breve,  in  brevi  parole  ;  laconicamente  ;  sentenzio- 
samente, sinteticamente  ;  stretto,  succintamente  ;  su- 
gosamente. 

Conciso,  breve,  succinto  nell'esporre  le  idee,  nel 
narrare  (e  dicesi  anche  del  discorso  o  dello  scritto 
che  ne  risulta)  ;  alfieriano,  breviloquente,  brevipar- 
laute  ;  concettoso,  corto  ;  incisivo,  laconico  ;  secco, 
sentenzioso,  sentimentoso,  serrato,  spiccio,  stringa- 
to, stringatissimo  ;  succinto  ;  tacitiano.  -  Laconico, 
molto  conciso  e  vibrato,  come  parlavano  gli  abi- 
tanti della  Laconia.  -  Laconizzare,  stare  sui  laco- 
nismi, usare  concisione,  essere,  tenersi  conciso.  - 
Serrare  il  nodo,  essere  molto  conciso. 

Concistoriale.  Di  concistoro. 

Concistoro  (concistoriale).  Adunanza  dei  cardi- 
nali (veggasi  a  cardinale)  chiamati  dal  papa,  per- 
chè manifestino  il  loro  parere  intorno  a  cose  im- 
portanti :  concestorio  (voce  ant.),  concistorio,  con- 
sisterò (v.  a.).  -  Adunanza  dei  canonici  sotto  la 
presidenza  del  vescovo.  -  Nella  Chiesa  protestante, 
l'autorità  spirituale  rappresentante  il  sovrano  come 
depositario  del  potere  ecclesiastico.  -  Al  tempo  del- 
l'impero romano,  il  Consiglio  imperiale,  e  anche  la 
sala  in  cui  si  riuniva.  -  Concistoriare,  tenere  il  con- 
cistoro. 

Avvocato  concistoriale,  o  referendario,  quello  che, 
nell'aula  concistoriale,  riferisce  al  papa  e  ai  cardi- 
nali intorno  alle  cose  più  importanti  della  Chiesa. 

Concitamento.  Il  concitare. 

Concitare  (concitarsi,  concitato).  Il  commuò- 
vere violentemente.  -  Stimolare,  provocare.  ■ 
Agitare,  turbare.  -  Concitarsi,  agitarsi,  mettersi  in 
agitazione,  turbarsi.  -  Concitamento,  l'azione  del 
concitare.  -  Concitazióne,  commovimento,  agitazione 
di  anima;  turbamento. 

Concittadinanza.  Detto  a  cittadino. 

Concittadino  (concittadina).  Veggasi  a  citta- 
dino. 

Conclamazióne.  Veggasi  a  morto. 

ConclàTe.  Luogo  nel  quale  si  adunano  i  car- 
dinali per  l'elezione  del  papa;  l'adunanza  stessa, 
il  collegio,  il  concilio  dei  cardinali  adunati  a  tale 
scopo;  e  i  cardinali  si  adunano,  soli,  nella  cappella 
Sistina,  per  gli  scrutini,  ossia  per  le  votazioni,  che 
di  solito  si  fanno  due  volte  al  giorno,  il  mattino  e 
la  sera.  -  Conclavista,  prelato  che  entra  in  conclave 
con  i  cardinali,  per  accompagnarli  e  servirli:  ser- 
vente. Oltre  gli  ecclesiastici,  tra  i  serventi  del  con- 
clave figurano  anche  laici.  "Tra  tutti,  si  annoverano: 
il  sacrista  e  confessore  del  Sacro  Collegio,  il  sottosa- 
crista, l'assistente  al  prefetto  del  Sacrario,  il  coadiu- 
tore del  Sacrario,  il  segretario  del  Sacro  Collegio,  il 
cameriere  del  segretario,  un  uditore  e  un  sostituto  ; 
parecchi  maestri  di  cerimonie,  alcuni  celebranti,  uno 
o  più  medici,  il  farmacista,  il  -prefetto  delle  cucine, 
un  coadiutore;  cuochi,  sottocuochi,  barbieri  e  molti 
operai  (fabbri,  falegnami,  ecc.).  -  Dapiferi  Cporta- 


tori  di  dapes,  vivande),  nobili  scelti  dai  cardinali 
e,  un  tempo,  incaricati  di  portar  loro  i  pasti.  Ora 
si  portano  i  cibi  nella  prima  sala  della  Ruota:  qui 
i  prelati  proposti  alla  custodia  del  conclave  visi- 
tano, col  coltello  in  mano,  le  diverse  vivande,  non 
lasciando  entrare  nò  un  pasticcio,  né  un  volatile,  né 
un  frutto,  perché  potrebbero  contenere  uno  scritto. 
Fatta  la  visita,  il  mazziere  proclama  ad  alta  voce 
il  nome  del  suo  cardinale,  perché  iì  cameriere  con- 
clavista, che  trovasi  al  di  dentro,  prenda  i  piatti  e 
li  porti  nelle  celle  del  destinatario.  Distribuita  ogni 
cosa,  si  chiude  la  Ruota  con  apposite  formalità. 

Accesso  alle  Ruote:  anticamente  si  lasciava  quaK 
che  finestra  nel  conclave,  per  introdurre  il  vitto  ai 
cardinali;  dopo  il  1513  si  sostituirono  le  Ruote,  i  lo- 
cali da  aprirsi  solennemente,  nelle  ore  stabilite,  dal 
maggiordomo  (accompagnato  dalla  guardia  svizzera), 
che  é  il  vero  cellerario  del  conclave.  Per  accedere  alle 
Ruote  bisogna  essere  munito  di  un  bastoncino  or- 
nato dello  stemma  del  cardinale  che  lo  ha  concesso. 

-  Cella,  specie  di  cameretta  nella  quale  sta  il  car- 
dinale in  conclave,  e  sulla  porta  di  essa  figura  la 
stemma  del  prelato  che  ne  è  ospite.  -  Clausura, 
condizione  imposta  ai  cardinali  in  conclave,  do- 
vendo essi  stare  in  luogo  chiuso  e  senza  comunica- 
zioni col  difuori.  -  Segregazione,  norma  rigorosa  per 
la  quale  nessuno  può  entrare,  conversare  segreta- 
mente coi  cardinali,  mandar  loro  ambasciate  o  let- 
tere, ecc.  Un  cardinale  o  un  conclavista  può  bensì 
parlare  con  estranei,  ma  alle  Ruote  o  ai  parlatori, 
e  sempre  a  voce  alta. 

Costituzioni  del  conclave,  le  norme,  le  discipline 
dettate  da  Gregorio  X  e  confermate  dai  successori. 

-  Diritto  di  esclusiva,  diritto  di  veto  arrogatosi  da  al- 
cuni monarchi  per  escludere  questo  o  quel  candi- 
dato all'  elezione  pontificia  o  per  imporre  una  de- 


erminata  nomina. 


Modi  di  elezione. 


Congregazioni  del  conclave.  —  I  cardinali,  con- 
vocati dopo  la  morte  del  papa,  si  adunano  nella 
sala  dei  paramenti,  e  vi  tengono  la  prima  congre- 
gazione generale,  giurando  di  osservare  le  bolle  re- 
lative alla  vacanza  della  sede  pontificia  e  le  norma 
del  conclave,  delle  quali  danno  lettura  il  segreta- 
rio del  Sacro  Collegio  e  i  maestri  delle  cerimonie. 
Il  camerlengo  (veggasi  a  cardinale)  presenta  1'  a- 
nello  piscatorio  e  il  piombo  del  pontefice  defunto,  e 
un  oggetto  e  l'altro  vengono  spezzati.  La  seconda  con- 
gregazione sceglie  i  due  prelati  che  dovranno  pro- 
nunziare uno  l'orazione  funebre  del  papa,  nell'ultimo 
dei  novendiali  (esequie),  l'altro  il  discorso  di  rito, 
dopo  avvenuta  l'elezione  del  pontefice  ;  sceglie  an- 
che i  due  cardinali  che  saranno  incaricati  di  vigi- 
lare i  lavori  di  costruzione  nei  locali  destinati  al 
conclave.  La  terza  congregazione  dà  lettura  delle 
risposte  che  i  sovrani  mandano  alle  notifiche  della 
morte  del  papa,  presenta  il  rendiconto  dei  cardinali 
incaricati  di  sorvegliare  l'andamento  dei  lavori 
nei  locali  del  conclave  e  nomina,  a  scrutinio  se- 
gréto, il  confessore  del  conclave.  La  quarta  congrega- 
zione nomina  due  medici  e  un  chirurgo  a  disposi- 
zione del  conclave.  La  quinta  congregazione  nomina 
un  farmacista  e  due  aiutanti,  due  barbieri  e  due 
assistenti,  a  servizio  del  conclave.  Nella  sesta  con- 
gregazione l'ultimo  dei  cardinali  tira  a  sorte  le  celle 
del  conclave,  le  quali  sono  tante  quanti  i  cardinale 


660 


CONCLAVISTA 


CONCLUDERE 


viventi  e  portano  ciascuna  un  numero  d'  ordine  ; 
in  essa,  pure  i  maestri  delle  cerimonie  esibiscono  i 
brevi  che  li  autorizzano  ad  entrare  in  conclave: 
essi  sono  due  partecipanti  e  due  sopra  numero. 
Nella  ReUima  congregazione  i  cardinali  dichiarano  il 
numero  e  i  nomi  dei  famigliari  (conclavisti),  non 
più  di  due,  che  intendono  condurre  con  sé  al  con- 
clave; nominano  altresì  trentacinque  domestici  per 
il  servizio  ordinario  del  conclave,  e  questi  sono'chia- 
mati  scopatori.  L' ottava  congregazione  sceglie  due 
cardinali  e  affida  loro  l'incarico  di  esaminare  la  li- 
sta dei  conclavisti.  Nella  nona  congregazione  si  pro- 
cede, mediante  scrutinio  segreto,  all'eiezione  dei  tre 
cardinali  ai  quali  deve  essere  affidata  la  sovrinten- 
denza del  conclave,  cioè  assicurare  la  clausura,  prov- 
vedere alla  decorosa  manutenzione  dei  locali  e  far 
sì  che  nulla  manchi  a  quanti  si  troveranno  chiusi 
nel  conclave.  Nella  decima  congregazione,  ultima 
riunione  dei  cardinali  prima  della  clausura,  si  pro- 
cede alla  scelta  dei  falegnami,  dei  fabbriferrai,  dei 
muratori,  dei  vetrai,  degli  stagnai,  ecc.,  che  devono 
eseguire  i  lavori. 

Modi  di  elezione.  —  Sono  tre:   il  primo,  detto 
per  quasi  inspirazione,  si  verifica  allorquando  tutti 
i  cardinali,  come  per  inspirazione  dello  Spirito  Santo, 
ne  proclamano  uno  sommo  pontefice  unanimemente, 
a  viva  voce.  Il  secondo  modo,  quello  detto  per  com- 
promesso, e  avviene  quando  i  cardinali  che  vogliono 
adottarlo  affidano  ad  alcuni  di  loro  (compromissari) 
la  facoltà  di  eleggere  il  nuovo  papa,  secondo  le  norme 
che  si  indicano  e  si  determinano.  Avuto  il  mandato, 
i  compromissari  si  ritirano  in  luogo  appartato  e  trat- 
tano dell'  elezione  ;  il  voto  però  dovrà  poi  essere 
reso  per  iscritto.  Il  terzo  modo,  quello  detto  per  scru- 
tinio, o  per  scrutinio   ed  accesso,  e  comprendente 
tre  parti:  V antescrutinio,  che  corrisponde  alla  ve- 
rifica degli  elettori,  alla   preparazione   delle  urne, 
delle  schede,  alla  scelta  degli  scrutatori,  ecc.;  lo  scru/- 
tinio   propriamente  detto,  cioè  l'  atto  di  voto,  fatto 
per  iscritto   sopra  una  scheda  appositamente   pre- 
parata e  col   nome  e  cognome  del    votante,  più  il 
suo  sigillo,  per  maggiore  autenticità;  e  i\  postscru- 
tinio,  che  corrisponde  allo   spoglio  dei   voti  e  alla 
redazione   del   verbale   di   elezione.  E'  proclamato 
eletto  il  cardinale  che  abbia  raccolto  i  due  terzi  al- 
meno dei  voti.  Fatta  la  revisione,  proclamato  l'e- 
letto, le  schede  vengono  abbruciate.  Il  nuovo  papa 
sceglie  il  nome   che  intende   assumere,  e  il  primo 
maestro  delle  cerimonie  fa  rògito  di  tutto.  £  due  car- 
dinali diaconi  più  anziani  conducono  l'eletto  dietro 
l' altare  della   cappella,  lo  vestono   degli  abiti  già 
preparati,  gli  calzano  le  scarpe  rosse,  lo  ornano  della 
croce  ricamata  in  oro,  della  sottana  bianca  di  cremi- 
sino, di  rocchetto,  di  mazzetta  e  di  berrettino  di  raso 
rosso.  Così  vestito,  il  nuovo  papa  prende  posto  sulla 
sedia  pontifìcia  e  riceve  tutti  alla  prima  adorazione; 
ogni  cardinale  gli  si  inginocchia  davanti,  gli  bacia 
il  piede  e  la  mano  destra,  poi,  alzatosi,  gli  dà  sulle 
due   guancie  il  bacio  della  pace.  Il  camerlengo   gli 
consegna  ['anello  piscatorio,  sul  quale  il  conclavista 
farà  incidere  lo  stemma  del  nuovo  papa. 
Oonclavista.  Detto  a  conclave. 
Ooncludonte,  concia  lenteniente.  Veggasi 
a  concludere. 

Goncludonza.  Detto  a  concludere. 
Conclùdere  {concludente,  conclusivo,  concluso). 
Procedere,  venire  a  conclusione,  alla  conclusione. 
-  Chiudere  un  discorso,  uno  scritto.  -  Condurre 
a  termine,  stabilire  definitivamente  un  affare.  - 
Dimostrare,  provare,  dare  la  prova,  trattandosi  di 


un  argomento,  di  un  avvenimento  e  simili.  - 
Dedurre,  argomentare,  fare  argomentazione.  - 
Di  discorso:  raccogliere  le  vele  (figur.),  recare  a 
oro;  riepilogare,  venire  alle  corte,  alle  brevi,  al- 
l'ergo, al  quia  ;  venire  a  mezza  lama,  a  mezza  spada. 
-  D'alTari  :  accordarsi,  accozzare  una  pratica  ;  chiu- 
dere concretare;  fermare,  pórre  la  pietra  in  calci- 
na ;  ridurre  nel  pellicino  ,  stringere,  stabilire  ;  ti- 
rare il  collo  a  un  negozio  ;  venire  al  dunque,  ve- 
nire al  concreto.  -  Contr.,  sconcludere,  non  con- 
cludere (veggasi  più  innanzi). 

Concludente,  che  conclude,  dà  le  conclusioni,una 
conclusione:  esauriente,  efficace;  e  concludente- 
mente, in  modo  concludente,  efficacemente,  esau- 
rientemente ;  con  risultato  effettivo  ;  praticamente- 
in  modo  positivo.  -  Conclusivo,  illativo,  atto  a  con 
eludere  ;  e  conclusivamente,  in  modo  conclusivo.  - 
Concluso,  portato  a  conclusione  :  illalo  (dedotto  per 
conclusione). 

Dedurre,  trarre  conclusione,  conseguenza,  deduzio- 
ne, per  via  verosimile,  da  discorso  o  da  tatto  d'altri. 
E  deduttivo  ciò  che  è  atto  a  dedurre  o  fatto  per  de- 
duzione. -  Devenire  {devenuto),  possedere  in  modo 
conclusivo  e  fare  qualche  cosa.  -  Essere  alla  stretta 
di  un  affare,  stare  per  concluderlo.  -  fare  un  tac- 
cio, dare  un  taccio^  tagliar  corto,  modi  di  dire  che 
significano  concludere.  -  Inferire,  dedurre,  tirare  a 
conclusione.  -  Levare  il  vin  dai  fiaschi,  concluder 
una  cosa.  -  Spiccicarsi  da  una  persona  o  cosa,  con- 
cludere. -  Tirare  la  somma,  sommare,  venire  alla 
conclusione  di  molti  discorsi.  -  Venire  al  tandem, 
all'ergo,  fam.,  vale  venire  al  nocciolo  della  questione, 
alla  conclusione,  alla  spiegazione. 

Dunque  si  leva  il  vino  dai  fiaschi  f  E'  tempo  di 
levare  il  vino  dai  fiaschi  :  modi  comunissimi  in  To- 
scana per  dire:  «  si  conclude  o  non  si  conclude  ?  »  ; 
è  tempo  di  concludere  qualche  cosa. 

Conclusione  :  atto  ed  effetto  del  concludere  ;  ter- 
mine, fine  di  un  affare,  somma  e  sostanza  d'una 
cosa  :  chiusa,  compendio,  perorazione,  riepilogo 
di  un  discorso  :  conclusione  ;  concludenza  ;  somma 
della  somma  (conclusione  ultima).  -  Conclusionac- 
eia,  cattiva  conclusione.  -  Deduzione,  conseguenza, 
induzione,  illazione  che  si  trae  da  certe  premesse 
0  da  argomenti  che  altri  adducano  o  da  fatti  che 
li  riguardino.  -  Esito  finale,  decisione,  risoluzione, 
esito  definitivo.  -  Illazione,  conclusione,  conse- 
guenza che  si  trae  da  una  premessa,  da  un  argo- 
metito. 

In  conclusione.  —  Alla  fine  del  salmo,  in  con- 
clusione ;  alla  fin  fine,  alle  corte  I,  esclamazione  fatta 
perchè  si  venga  a  una  conclusione,  a  una  decisio- 
ne ;  al  postutto.  -  A  conti  fatti,  in  conclusione,  pe- 
sato il  prò  e  il  contro  :  alla  fine  del  conto,  in  fin 
dei  conti,  da  ultimo.  -  Dunque,  come  concludendo. 

-  Ecco  tutto  I,  concludendo,  dopo  essersi  spiegati 
francamente.  -  Ergo  (lat.),  per  dunque.  -  final- 
mente, di  conclusione,  in  conclusione,  per  conclusione. 

-  In  fatti,  infatti,  in  conclusione,  insomma.  -  In 
fondo,  in  sostanza,  in  conclusione;  alla  fine.  -  In 
somma,  insomma  ;  in  somma  della  somma  (per  rin- 
forzo) .  in  sostanza.  -  Picchia  e  mena,  alla  fine.  - 
Quand  méme,  conclusione  intercalare  frane,  a  cui 
rispondono  i  nostri  a  ogni  costo,  a  dispetto  dei  santi. 

-  Te  deuni  (sono  le  prime  parole  dell'inno  attribuito 
a  sant'Andjrogio)  dicesi  in  modo  familiare,  con 
forza  esclamativa,  per  dire  alla  fine,  finalmente.  - 
Tutti  i  salmi  finiscono  in  gloria,  vale  a  dire  :  la 
conclusione  è  sempre  quella.  -  Vaso  delle  Dauaidi, 
dicesi  di  cosa  senza  fondo,  sconclusionata,  che  nulla 


CONCLUSIONE    —    CONCORRERE 


661 


conserva,  tanto  in  senso  materiale  che  morale.  - 
Voild  tout,  formula  francese  conclusiva,  che,  dopo 
una  dimostrazione,  sembra  più  efficace  delle  equi- 
valenti nostre. 

Non  concludere  :  non  finire,  non  riuscire  ad 
utile  risultato  ;  interrompere  le  trattative  di  un 
affare,  d'un  negoziato;  mandare  a  monte,  sconcertare; 
sconcludere,  sospendere,  tener  sospeso,  tirare  in 
lungo  ad  arte,  tergiversare.  -  Cempennare,  confon- 
dere le  cose  in  modo  da  non  cavarne  alcuna  con- 
clusione, alcun  costrutto  :  gingillare  ;  non  compic- 
ciare, non  levare  le  mani  da  nulla.  -  Fare  una  ve- 
scia, non  concludere,  non  raggiungere  il  proprio  in- 
tento, il  proprio  scopo.  -  Finire  o  andarsene  in  ac- 
cordature, trattare  a  lungo  di  una  cosa,  senza  ve- 
nire a  capo  di  nulla.  -  Non  decidei'e,  di  cosa  che 
non  conclude,  che  non  ha  valore  né  importanza 
0  è  inopportuno.  -  Non  saper  levare  un  ragno 
da  un  buco,  non  concluder  nulla.  -  Pietiner  sur 
place,  locuzione  del  gergo  francese  :  non  concluder 
nulla.  •  Restare  in  aria,  non  venire  ad  una  conclu- 
sione. 

Inconcludente,  che  non  conclude.-  -  Inconcluso,  che 
non  fu  portato  a  conclusione.  -  Sconclusionato,  che 
non  conclude,  non  connette,  non  compiccia  nulla.  - 
Tentennone,  chi  non  finisce,  non  conclude  mai  nulla: 
baloccone,  cempenna;  ciampicone,  ciondolone, 
fanninnolo,  gingillone  (gingillona)  ;  sconclusionato, 
tirinone.  -  Levami  d'oggi  e  mettimi  in  domani  :  di 
persona  o  cosa  che  non  conclude  nulla. 

Conclusione.  Atto  ed  effetto  del  concludere. 
•  Parte   di  un  ragionamento,  di   un  discorso,  di 
uno  scritto.  •  Risoluzione  presa  in  un  affare.  - 
In  filosofia,  la  terza  proposizione  di  un  sillogismo. 
Conclusivamente.  Veggasi  a  concludere. 
Conclusivo.  Detto  a  concludere. 
Concoide.  Sorta  di  linea  curva.  -  Maniera  di 
frattura* 

Concolore.  Dello  stesso  colore. 
Concomitante.  Che  accompagna  :  detto  di  cau- 
sa, di  accidente  e  simili.  Anche,  simultaneo.  - 
Sintomo  che  concorre  con  altri  sintomi    principali 
d'una  malattia.  -  Veggasi  inoltre  a  suono. 

Concomitanza.  Acccompagnamento  ;  l'esser  in 
compagnia.  -  Simultaneità,  l'essere  simultaneo. 
-  In  senso  cattolico,  veggasi  a  Cristo. 
Concóne.  Grande  conca. 
Concordàbile.  Che  si  può  concordare. 
■    Concordante.  Veggasi  a  concordare,  a  geo- 
logia e  a  verso. 

Concordanza.  Il  concordare,  il  corrispon- 
dere ;  conformità,  convenienza,  accordo,  armonia 
di  cose  tra  loro  ;  connessione,  relazione  ;  con- 
certo. -  Termine  di  grammatica.  -  Termine  di 
musica^  indicante  convenienza  di  suoni  grati  al- 
l'orecchio. -  Indice  delle  voci  usate  nella  Bihbia, 
con  la  designazione  dei  luoghi  ove  ricorrono.  I 

Concordare  {concordante,  concordanza,  concor- 
dato). Accordare,  mettere  A' accordo;  stabilire  d'ac- 
cordo; essere  concorde,  d'accordo,  in  cowco»'rfta; 
convenire,  consentire,  avere  o  dare  consenso  ;  tem- 
perare. -  Come  verbo  neutro  :  accordarsi,  affarsi,  an- 
dar d'accordo  ;  battere  a  un  segno  ;  conciliare  ; 
concordarsi,  conformarsi,  consuonare,  convenire, 
convenirsi  ;  corrispondere  ;  essere  conforme,  e- 
guale  ;  ragguagliarsi,  rinvergare,  riscontrare  ;  tor- 
nare a  coppella.  Contr.,  sconcordare,  indurre  con- 
trasto, sconcordanza,  dissonanza  ;  mettere  in  di- 
scordia. -  Concordante,  che  è  d'  accordo,  in  con- 
cordia, in  corrispondenza,  corrispondente.  -  Concor- 


danza, veggasi  a  questa  voce  ;  conformezza.  -  Con- 
cordalo, sorta  di  contratto.  -  Accordo,  transa- 
zione. -  Veggasi  anche  a  papato.  -  Concòrde,  che 
concorda,  è  in  concordia  :  d'  un  animo  e  d'  una 
volontà  ;  d'un  core  solo.  -  Concordévole,  atto  a  con- 
cordarsi. 

Concordato.  Veggasi  a  concordare,  a  fal- 
limento, a  Stato, 
Concordemente.  Veggasi  a  concordia. 
Concordia.  Conformità  nel  volere  e  nell'ope- 
rare  ;  volontà  uniforme;  accordo,  concordan- 
za,  concordanza  di  intenzione;  convenienza  di 
volontà;  amicizia,  armonia;  concilio,  consenso; 
pace,  unanimità,  uniotie,  unita.  Contr.,  discor- 
dia. -  Concordia,  dèa  onorata  ad  Olimpia  e  a  Ro- 
ma, figlia  di  Giove  e  di  Temi-  Formala  della  con- 
cordia, libro  della  concordia,  veggasi  a  luterane- 
simo. 

Coerente,  chi  si  mantiene  concorde  eon  sé  stesso; 
consono;  eguale  a  sé  stesso;  sempre  di  un  tenore; 
che  non  è  in  contraddizione  con  sé  stesso.  - 
Conciliàbile,  che  si  può  conciliare,  indurre  a  con- 
cordia. -  Concorde,  di  persona  o  di  cosa  che  si  ac- 
corda, si  mette,  sta  in  concordia  con  altre. 

Amicizia,  sentimento  che  spinge  l'uomo  verso 
l'uomo  e  gli  rende  piacevole  il  vivere  in  buona 
concordia  con  lui.  -  Coerenza,  concordia  di  giudizi 
coi  fatti  e  simili  ;  concorso  armonico  di  cose.  • 
Coro,  di  gente  concorde  in  una  cosa.  -  Fratellanza, 
amorevole  concordia  fra  gli  uomini.  -  Unanimità, 
concordia  di  tutti.  -  Unione,  concordia  di  più  per- 
sone 0  partiti  ad  un  determinato  scopo. 

Dare  il  la,  di  persona  che  dà  l' intonazione,  il 
carattere,  la  tinta,  l'espressione  a  cui  gli  altri  si  ac« 
cordano.  Nel  linguaggio  musicale,  dare  l'accordo. - 
Essere  di  animo  o  dell'animo  o  d'un  animo  con  al- 
cuno, essere  d'accordo.  -  Essere  pane  e  cacio,  essere 
due  anime  in  un  nocciuolo,  d'  amore  e  d'  accordo 
dello  stesso  pensiero,  dello  stesso  sentimento;  an-^ 
che,  essere  in  grande  dimestichezza  con  alcuno.  - 
Fare  o  rifare  la  pace,  tornare  in  concordia. 

Pro  bono  pacis  (lat.),  per  amore  di  concordia.  - 
Proverbio  :  Val  più  un  pane  con  amore  che  un  cap- 
pone con  dolore. 

Concordemente:  accordevolmente,  ad  una,  all'u- 
nissono,  a  pieni  voti,  a  punto  e  a  volere;  a  una 
voce  dicentes  (lat.);  concordantemente,  concordata- 
mente, concordevolmente  ;  con  concordia,  di  con- 
cordia, in  concordia,  con  pari  voglia,  consonante- 
mente ;  d'amore  e  d'accordo,  di  consenso  ;  di  pace 
e  d'accordo,  di  pari  consentimento;  di  patto,  di 
bel  patto,  di  pieno  patto;  in  un  animo;  unanime- 
mente, unitamente. 
Concorporale.  Di  un  solo  e  medesimo  corpo. 
Concorrente.  Chi  fa  concorrenza.  —  Veg- 
gasi anche  a  forza. 

Concorrenza.  11  concorrere.  -  Nell'uso,  gara, 
emulazione  di  chi  fa  lo  stesso  commercio  d'  un 
altro  e  aspira  allo  stesso  vantaggio:  rivalità  di 
commercio.  -  Fare  un  contraltare,  un  ridosso,  far 
concorrenza:  veggasi  a  bottega.  -  Vogare  sul  re- 
mo, far  concorrenza.  -  Concorrente,  chi  si  mette  in 
gara,  in  concorrenza:  antagonista,  emulo. 

Concorrere  {concorrente,  concorso).  L'andare 
insieme,  il  convenire,  l'accorrere  da  più  parti  in 
un  luogo.  -  Confluire,  raccogliersi  in  '•opia,  detto 
di  fluidi.  -  Competere,  gareggiare,  mettersi  in  gara 
con  altri.  -  Essere,  divenire  rivale  nel  cercar  di 
ottenere  alcunché,  specialmente  una  carica,  un 
grado,  un  impiego,   un  premio,   un  ufficio 


662 


CONCORSO    —    CONDENSATORE 


E  concorrente  chi  si  trova  in  tali  condizioni,  o 
prende  parte  ad  un  concorso. 

Concorso.  L'accorrere  di  molta  gente  in  un 
luogo  :  calca,  folla,  moltitudine.  -  Affluenza,  af- 
flusso, di  un  fluido,  di  un  liquido.  -  Esperi- 
mento, esame  a  cui,  talvolta,  devono  sottoporsi 
gli  aspiranti  a  un  grado,  a  un  premio,  a  un  uf- 
ficio e  simili.  -  Concorso  di  creditori,  veggasi  a 
fallimento.  •  Candidato,  il  concorrente.  ■  Cai- 
listee,  le  gare  e  i  concorsi  di  bellezza. 

Adire,  aspirare  a  un  concorso  ;  prendervi  parte, 

-  Aggiudicare,  assegnare  il  posto,  il  premio,  ecc., 
ad  alcuno  fra  i  concorrenti.  E  delibera,  nell'  uso 
l'aggiudicazione.  -  Aprire  un  concorso,  indirlo,  pro- 
clamarlo, chiamare  gli  interessati  a  parteciparvi.  - 
Brigare,  adoperarsi  con  arte  (per  lo  più  in  senso 
cattivo)  per  riuscire  vittoriosi  in  un  concorso: 
brogliare,  fare  intrigo.  -  Essere  bocciato  (da  bocciare), 
avere,  subire  una  bocciatura,  non  riuscire  in  un 
concorso,  kell'  uso,  volgarm.,  anche  essere  trom- 
bato. 

Ooncozlóne.  Veggasi  a  cuocere. 

Ooncrearè,  concreazione  (concreato).  Veg- 
gasi a  creare. 

Concretare,  concertarsi  (concertato).  Veg- 
gasi a  concreto. 

Concreto.  Ridotto  in  una  sola  massa,  conden- 
sato, reso  denso.  Di  cosa  che  ha  per  termine  un 
oggetto  reale,  effettivo,  materiato,  positivo,  pra- 
tico. Contr.  astratto.  -  Termine  di  fUosofia.  - 
Concretare,  far  concreto,  ridurre  al  concreto  :  pro- 
priamente, riferito  a  idea.  -  Anche,  concludere, 
compicciare,  venire  a  capo  d'una  cosa.  -  Concre- 
tarsi, divenir  concreto  (di  progetto,  proposito 
e  simili);  effettuarsi,  avere  effetto. 

Concrezióne  (concreto).  Formazione  di  un 
corpo  duro  per  estraposizione  di  materia  intorno 
ad  un  nucleo.  Es.,  la  stalattite,  la  stalagmite,  ecc. 

-  Minerale  deposto  dalle  acque:  roccia.  -  In 
medicina,  l' inspessimento  della  materia  e  il  corpo 
che  risulta  da  tale  azione  {concrezione  biliare,  uri- 
naria, ecc.).  -  Concrezionarsi,  produrre  concrezione; 
divenir  consistente. 

Concubina  (concubinato).  La  donna  che  con- 
vive con  un  uomo  senza  essergli  moglie. 

Concubinario ,  concubinato.  Veggasi  a 
marito  e  a  moglie. 

OoncubJnesco.  Di  concubina  o  di  concu- 
binato. 

Concùbito.  Veggasi  a  sesso. 

Conculcare  (conculcato,  conculcazione).  Calpe- 
stare, calcare  col  piede,  ripetutamente  o  con  di- 
sprezzo. -  Tener  soggetto,  opprimere.  -  Vilipen- 
dere, oltraggiare,  colpire  d'oltraggio.  -  Anche, 
violare,  detto  specialmente  di  diritto,  di  legge, 
di  sentimento  e  simili.  -  Conculcatore,  conculca- 
trtce,  chi  o  che  conculca,  opprime,  oltraggia.  - 
Conculcazione,  il  conculcare,  atto  ed  effetto. 

Conculcatore,  conculcatrice.  Detto  a  con- 
culcare. 

Conculcazióne.  Il  conculcare. 

Concuòcere  (concotto,  concoztonp.}.  Veggas»  a 
■suocere  e  a  digestione. 

Concupiscenza.  Detto  a  sensualità. 

Concupiscibile.  Detto  a  sensualità. 

Concussione.  Estorsione  di  denaro. 

Concussore.  Veggasi  a  denaro. 

Condanna.  Il  condannare  o  1'  essere  condan- 
nato :  giudizio  sfavorevole  ;  sentenza  contraria  : 
rondannamento,  condannazione;  dannazione.  -  Se- 


vera censura.  Anche,  biasimo.  -  La  pena  a  cui 
si  è  condannati.  -  Condanna  capitale,  condanna  a 
morte,  sentenza  del  capo.  -  FM/mt«a2tone,  con' ianna 
solenne,  pubblica.  -  Veme,  nell'alto  tedesco  medio- 
evale, condanna,  punizione. 

Condannabile,  che  è  da  condannare,  merita  con- 
danna 0  severo  biasimo:  condannevole,  dannabile, 
riprovevole.  -  Condannatorio,  che  porta  condanna  : 
detto  di  sentenza. 

Condannare,  profferire,  infliggere  condanna  con- 
tro alcuno  ;  giudicare,  punire,  sentenziare,  imporre 
una  pena;  dar  torto,  il  torto;  mandare  in  pri- 
gione, alla  galera,  alia  morte  ;  dannare.  -  Figur., 
censurare  severamente,  colpire  con  severo  biasimo. 
-  Non  approvare,  ma  dichiarare  falsa,  cattiva  la 
dottrina,  Vopinione,  ecc.,  di  qualcuno.  -  Con- 
dannare a  morte,  infliggere  la  pena  capitale,  man- 
dare al  supplizio  ;  condannare  alla  testa,  nella 
testa;  consegnare  al  boia,  al  carnefice;  mandare 
alla  giustizia;  destinare  alla  forca,  alla  ghigliottina, 
alla  fucilazione,  ecc.  -  Condannare  in  contumacia, 
nell'assenza  del  colpevole.  -  Punire,  infliggere  con- 
danna, castigo.  ■  Ricondannare,  ripete  condannare. 

Aggravare,  infliggere  una  condanna  maggiore; 
aumentare  la  pena  e  renderla  niù  severa.  -  Exe- 
cuter  (frane),  condannare,  giudicare,  spacciare,  fi- 
nire. -  Recriminare,  chiedere  che  sia  condanr^ato 
il  calunniatore  o  accusarlo  di  colpe,  o  accusar  di 
errore  chi  ci  trova  in  errore. 

Condannato,  chi  ha  avuto  una  condanna;  chi  è 
in  carcere  a  scontare  una  pena.  Dicesi  anche,  e 
specialmente,  di  chi  deve  subire  l' estremo  sup- 
plizio, la  morte:  sentenziato.  -  Averla,  pigliarla 
fra  capo  e  collo,  o  fra  ti  capo  e  il  collo,  buscarsi 
inaspettatamente  una  sentenza  in  contrario,  una 
condanna.  -  Essere  condannato,  cadere  in  ammenda, 
in  pena,  nella  condanna,  ecc.;  essere  colpito  dal 
codice  penale. 

Casellario  giudiziario,  registro  in  cui  sono  anno- 
tate tutte  le  condanne  pronunziate  contro  una  per- 
sona. -  Esecuzione  (assolutam.),  l'esecuzione  di  una 
condanna. 

Condannatorio.  Veggasi  a  condanna  e  a 
sentenza. 

Condecente.  Detto  a  conveniente. 

Condegno.  Conforme,  eguale,  pari  al  inerita. 
alla  colpa  e  simili.  Anche,  decoroso,  che  ha  de- 
coro. 

Condensare ,  condensarsi  {condensamento, 
condensato,  condensazione).  Rendere  o  diventare 
denso. 

Condensàbile.  Veggasi  a  denso. 

Condensamento,  condensazione.  Veggasi 
a  denso. 

Condensatore.  Apparecchio  per  condensare, 
rendere  denso.  -  Drdigno  che  serve  a  stringere  in 
poco  spazio  molta  quantità  d'aria,  di  fluido  elettrico, 
di  vapore  e  simili.  In  elettricità,  si  chiama  cosi  o- 
gni  sistema  di  conduttori  disposti  in  modo  da  au- 
mentare la  capacità  d'uno  di  essi.  E  con'ìensazione 
elettrica  si  chiama  il  fenomeno  per  cui  si  aumenta 
la  capacità  elettrica  di  un  conduttore,  prodotto 
dalia  presenza  di  altri  conduttori  nelle  sue  vici- 
nanze. Antiche  forme  di  condensatore  elettrico  la 
bottiglia  di  Leida  e  il  quadro  frankliniano.  -  Con- 
densatore, cantante,  vecchio  apparecchio  che  serve 
alia  trasmissione  di  suoni  articolati,  specialnKjnte 
della  musica  e  del  canto.  -  Dilatazione  elettrica,  lo 
stiramento  in  un  senso  e  la  dilatazione  in  un  altro 
subiti  dai  dielettri  ;i  interposti  fra  le  armature  di 


CONDENSAZIONE 


CONDIZIONE 


663 


un  condensatore.  -  Farad,  la  capacità  di  un  con- 
densatore che  viene  caricato  alia  dillerenza  di  po- 
tenziale di  un  volta  mediante  la  quantità  di  elet- 
tricità di  un  coulomb. 

Condensazione.  Il  condensare,  rendere  dei- 
sOf  divenir  denso.  -  Condensazione  elettrica,  veg- 
gasi  a  condensatore. 

Condilo.  Eminenza  ossea  o  cartilaginosa,  o- 
blunga,  facente  parte  di  xxn' articolazione  a  gin- 
glimo. 

Condiloma.  Detto  a  pelle  (dell'uomo). 

Condimento  {condire,  condito).  Ciò  che  serve  a 
dare  o  a  rendere  più  piacevole,  più  vivo,  il  sa- 
pore di  qualunque  cibo  o  vivanda:  accompa- 
gnatura, acconcime,  conditura,  rifritto,  salsa,  sa- 
vore, soffritto.  I  condimenti  si  possono  distinguere 
come  segue  :  zuccherini,  che  comprendono  lo  zuc- 
chei'o  e  le  sostanze  affini,  il  miele,  ecc.;  salati, 
rappresentati,  in  principal  modo,  dal  sale  di  cu- 
cina ;  acidi ,  rappresentati ,  specialmente ,  dal- 
Yaceto;  grassi,  dal  burro,  d'AV  olio,  dalla  su- 
gna, ecc.;  aromatici,  rappresentati  dal  pepe, 
dalla  senape,  dalla  cannella,  dalla  vaniglia, 
dalla  noce  moscata,  dal  garofano,  dallo  zen- 
zero, dall'anice,  dal  cumino,  dal  sedano, 
dalle  diverse  erbe  aromatiche  usate  nella  cucina, 
quali  il  basilico,  il  prezzemolo,  la  maggio- 
rana, il  rosmarino,  la  cipolla.  Vaglio,  ecc. 
Altri  condimenti  :  l'acetosa,  pianta  di  umore  ad- 
detto ;  l'aneto,  pianta  affine  al  finocchio  ;  i  bot- 
toni dei  fiori  di  cappero  ;  il  cardamomo,  le  foglie 
di  isópo,  suffrutice  sempre  verde,  che  nasce  spon- 
taneo nei  luoghi  montuosi  ;  la  mostarda,  l'ori- 
gano (per  la  preparazione  di  conserve  alimentari), 
la  salvia,  la  santoreggia,  pianta  labiata;  il  timo 
serpollino,  ecc. 

Battuto,  erbe  battute  per  dar  sapore  alle  vivan- 
de. -  Kren  {Cochlearia  armoracia),  originaria  dal- 
l'Europa orientale  temperata,  radice  che,  grattu- 
giata, serve  di  condimento  e  di  salsa  alle  carni.  - 
Odori,  erbe  odorose,  erbe  da  odori,  collettivamente, 
certe  erbe  odorifere  e  saporite  che  si  mettono  per 
condimento  nelle  vivande.  -  Odorini,  vezzegg.  di 
odori.  -  Pinzimonio,  condimento  d'olio,  pepe  e  sale, 
specie  per  sedani.  -  Sapa  o  savore,  il  mosto  cotto, 
usato  per  condimento  o  per  salsa.  -  Sbruffo 
{insalata,  maccheroni  con  lo),  sconcia  costumanza 
della  plebe  napoletana  che  consiste  nel  condire  tali 
cibi  spruzzandoli  con  condimenti  da  prima  posti  e 
mescolati  in  bocca. 

Condire:  dare  magjgiore  o  più  grato  sapore  alle 
vivande  per  mezzo  dei  condimenti,  particolarmente, 
con  olio,  aceto,  pepe,  sale  :  acconciare,  aggustare, 
assaporare,  assaporire:  conciare,  confezionare;  dar 
condimento,  dar  sapore  ;  insaporare,  insaporire  ;  ri- 
fare le  vivande  ;  saporare.  -  Condito,  participio  pas- 
sato e  aggettivo  da  condire;  sostantiv.,  lo  stesso 
che  condimento.  -  Sciocco,  detto  di  vivande  vale  per 
insipido,  senza  sale  o  condimento. 

Condiscendente.  Chi  è  arrendevole,  facile, 
pronto  nel  cedere  al  desiderio,  alla  domanda, 
alla  volontà  altrui;  chi  si  adatta,  si  accomoda,  si 
piega  volontieri  ;  bonario  (veggasi  a  questa  voce  in 
buono,  pag.  331,  seconda  colonna),  compiacente. 
-  Condiscendenza,  arrendevolezza,  bonarietà,  ecc.  : 
arrendibilità,  cedevolezza,  condiscendimento,  con- 
nivenza, docilità,  duttilità,  facilita,  morbidità, 
piegljevolezza,  trattabilità.  -  Condiscendere,  essere. 
mostrarsi  condiscendente  :  acconsentire,  dare  il  pro- 


prio consenso  ;  concedere,  compiacere,  permet- 
tere, secondare. 

Condiscendenza.  L'essere  condiscendente. 

Condiscendere  {condisceso).  Essere  condi- 
scendente, arrendevole  :  concedere,  ecc. 

Condiscepolo.  Compagno  di  scuola. 

Condito.  Sostantiv.,  condimento. 

Condividere  [condiviso).  Dividere  con  altri; 
spartire. 

Condizionale.  Di    condizione,  di  patto  ;  che 

racchiude  condizione,  patto.  -  Tempo,  modo  del 
verbo.  -  Termine  dePa  filosofia  aristotelica. 

Condizionalmente.  Sotto  condizione,  a 
patto. 

Condizionare  {condizionato).  Condire,  dare  il 
condimento  alle  vivande.  -  Dare  ad  una  cosa  le 
necessarie  condizioni  ;  sottoporre  a  patto. 

Condizionatamente.  Sotto  condizione,  a 
patto. 

Condizione.  Convenzione,  patto.  -  Determina- 
zione del  valore  della  seta.  -  Fatto  futuro  e  in- 
certo, dal  quale  dipende,  o  si  fa  dipendere,  un  di- 
ritto, un'obbligazione.  -  Condizione  patologica. 
stato  di  malattia. 

Condizione.  Modo  di  essere  di  chicchessia, 
stato  di  una  cosa.  -  Origine  di  famiglia,  di 
classe,  di  ceto.  -  Dignità,  grado,  ordine,  rango, 
sfera.  -  Stato  di  salute,  di  finanza,  di  vita,  per 
cui  uno  è  sano  o  malato,  tncco  o  povero, 
in  bisogno  o  no;  favorito  o  no  dalla  fortuna; 
libero  o  schiavo;  felice  o  infelice;  e  relati- 
vamente agli  altri,  fatto  oggetto  di  affezione,  di 
amore,  di  stima,  di  rispetto,  di  com-passio- 
ne, di  pietà,  di  ammirazione,  d'invidia,  op- 
pure di  odio,  di  disprezzo,  di  sospetto,  d'ira.. 
ecc.  Pure  rispetto  agli  altri  :  d'accordo,  in  con- 
cordia, in  pace,  oppure  in  discordia,  in 
guerra,  in  lite,  ecc.,  ecc.  Rispetto  all'età,  uno  è 
giovane,  veccJiio,  ecc.;  di  animo  è  buono,  o 
cattivo;  di  corpo,  di  forma  fisica,  bello  o  brut- 
to, ecc. 

Buono,  cattivo  essere,  buona,  cattiva  condizione, 
sotto  diversi  aspetti.  -  Disagio,  mancanza  di  agio 
di  agiatezza;  stato  in  cui  uno  si  trova  spiacevol- 
mente. -  Falsa  posizione  (figur.),  di  cattiva  condi- 
zione 0  circostanza  della  vita.  -  Fase,  le  varie 
condizioni  successive  di  un'  operazione,  special- 
mente di  guerra.  -  Letto  di  rose,  condizione  piena 
di  piacevolezza.  -  Letto  di  Procuste,  condizion 
dura,  da  qualunque  lato  si  prenda.  -  Mezzo  e  mezzo 
così  cosi:  piuttosto  male  che  bene,  condizione  p  n 
cattiva  che  buona.  -  Qualità,  condizione  distinta  - 
Sorte,  condizione,  stato,  essere,  fortuna.  -  Slan- 
limento,  nell'uso,  condizione  stabile,  fissa,  perma- 
nente. -  Struggibuco,  l'estremo  di  tristi  condizioni 
che  l'uomo  può  sopportare.  -  Zwangslage,  voce  te- 
desca, vale  costrizione,  condizione  coatta  imposta 
dalle  circostanze  (veggasi  a  circostanza),  dalle 
necessità. 

Arrivismo,  neologismo  frequente:  indica  la  ma- 
lattia morale  delia  gitala  età  in  cui  viviamo,  cioè 
il  bisogno  di  arrivare  presto,  a  qualunque  rosto, 
ad  una  condizione  elevata.  E  arrivista  chi  si  ado- 
pera nel  senso  dell'arrivismo.  -  Cambiamento  ih. 
scena,  il  cambiarsi,  a  un  tratto,  la  condizione,  (la 
buona  in  cattiva  o  viceversa.  -  Mutamenti  di  sta:), 
i  fatti  che  lo  mutano,  come  il  m,atrimonio,  una 
interdizione,  ecc. 


664 


CONDIZIONE 


CONDOTTA 


Condizione  sociale  —  Condizione  economica. 


Condizione  sociale:  lo  stato  in  cui  si  trova  una 
persona  nella  società;  condizione  umana.  Può 
essere  alta,  buona,  elevata,  privilegiata,  splendida; 
mediocre;  bassa,  meschina,  povera,  ìimile,  infima.  - 
Agio,  agiatezza.  -  Altezza  (figur.),  grandezza  di 
condizione,  di  stato.  -  Bassezza,  stato,  condizione, 
mnile,  abbietta.  -  Celebrità,  fama,  gloria,  condi- 
zione onorifica,  alto  grado  di  distinzione  raggiunto 
da  una  persona  in  società;  nel  mondo.  -  CetOf 
classe  sociale  a  cui  si  appartiene.  -  Gerarchia, 
complesso  degli  uffici  sociali,  risultanti  dai  vani 
gradi  di  soggezione  o  di  comando.  -  Grandezza, 
l'essere  grande  per  dignità,  per  fama,  per  ric- 
chezza, per  virtù,  ecc.  -  In  basso,  in  condizione 
meschina,  di  bassa  sfera.  -  Oscurità,  mancanza  di 
fama  e  d'onori. 

Altolocato,  d'alta  condiziome.  -  Asino  risalito,  per 
ingiuria,  che  di  piccolo  é  venuto  in  grande  stato. 
.  Di  bassa  lega,  di  condizione  vile:  di  bassa  mano 
-  Gente  nuova,  gente  arricchita  e  chiamata  agli 
onori  di  fresco.  -  Gente  sorta  dal  nulla,  di  persone 
salite  da  infimo  ad  alto  grado.  -  Indipendente,  chi 
non  dipende  da  altri,  è  libero  di  sé.  -  Malnato, 
nato  da  gente  ignobile.  -  Oscuro,  non  nobile  di 
nascita.  ■  Frivolo,  chi  non  ha  gradi  ufficiali.  - 
Rilevaticcio,  di  persona  venuta  su  dal  nulla.  -  Ri- 
nato, di  uomo  migliorato  di  condizione,  insignorito. 
•  Risalito,  chi  ha  migliorato  condizione  ed  è  venuto 
in  auge.  -  Scalzacane,  scalzacani,  uomo  di  vilissima 
condizione.  -  Spostato,  persona  che,  sbagliato  indi- 
rizzo, non  sa  cosa  fare. 

Condizione  economica  :  lo  stato  p,nanziario  di  una 
persona  o  di  un  ente  sociale;  economia  di  un 
paese,  ossia  la  sua  ricchezza  e  la  sua  attività  di 
produzione  ;  potenzialità  economica  ;  stato  dipen- 
dente da  quanto  si  ha  come  un  patrimonio,  come 
possesso,  come  rendita,  come  frutto  del  proprio 
lavoro,  del  proprio  ingegno,  ecc.  -  Mezzi,  denomi- 
nazione generica  dei  beni,  degli  averi,  delle  so- 
stanze che  si  posseggono  e  di  cui  si  può  disporre, 
spendendo.  -  Malessere,  detto  spesso  per  cattiva 
condizione  finanziaria:  disagio  economico.  -  Mezzi 
ristretti,  insufficienti,  scarsi  ;  povertà.  Contr.,  mezzi 
larghi,  dovizia,  ricchezza. 


Locuzioni. 


Proverbi. 


Avere  sempre  ago  e  filo,  essere  sempre  ben  prov- 
visto, in  buona  condizione  di  vita,  di  finanze.  - 
Ballai^e  sul  velluto,  essere  in  condizioni  floride.  - 
Cavar  dal  nulla  uno,  procurargli  una  posizione,  una 
condizione  prosperosa,  lucrosa.  -  Cavar  uno  dal 
fango,  toglierlo  da  una  vita  quasi  ignominiosa. 

Èssere  d'una  data,  della  stessa,  nella  slessa  data, 
di  due  0  più  cose  o  persone,  essere  della  stessa 
qualità  o  condizione  -  Esser  giù,  in  cattive  con- 
dizioni fisiche  e  morali.  -  Essere  in  buone  acque, 
in  buone  condizioni.  -  Essere,  tornare  in  fiore,  in 
auge,  in  eccellenti  condizioni.  -  Essere  per  le  bu- 
che, in  cattive  condizioni.  -  Essere  un  pesce  fuor 
d'  acquei,  in  una  ccndizione,  in  un  ambiente  che 
non  è  il  nostro  ;  trovarsi  male,  a  disagio. 

Farsi  tin  personale  (idiotismo),  farsi  una  pro- 
fessione buona,  lauta.  -  Farsi  un  covo,  il  covo,  il 


suo  covo,  farsi  una  posizione  comoda,  anche  con 
mezzi  illeciti.  -  Farsi  uno  stato,  farsi  una  condi- 
zione civile,  utile,  onorevole.  -  Levare  uno  da  un 
posto  basso,  sollevarlo  a  migliore  condizione.  -  Met- 
tere il  chiodo,  un  chiodo,  assicurarsi  una  posizione, 
attecchire.  -  JSon  essere  più  in  sé,  non  nel  proprio 
vero  essere,  non  in  condizione  normale. 

Reintegrare,  rimettere  uno  nel  primo  essere,  nella 
prima  condizione,  una  cosa  nello  stato  di  prima.  - 
Rendere  lieta,  splendida  là  sorte  di  uno,  metterlo  in 
ottima  condizione.  -  Ridursi,  trovarsi,  ritrovarsi  a 
mal  partito,  in  cattive  condizioni.  -  Risorgere  da 
morte  q  vita,  di  miglioramenti  grandi  e  improvvisi. 
-  Ristorare,  rimettere  in  migliore  stato.  -  Ritrovarsi 
male,  cadere  in  miseria,  in  perdizione,  prendere 
una  mala  via,  essere  a  mal  partito. 

Salire,  lo  stesso  che  montare  :  guadagnare  di 
grado,  di  fortuna  ;  ma  può  indicare  maggior  agio  e 
durata  e  regola.  -  Sgabellarsela,  uscire  da  una  con- 
dizione penosa.  -  Stare,  essere  in  grande  piede,  vale 
vivere  largamente.  -  Vedersi  morto,  di  chi  si  trova 
a  mal  partito.  -  Venir  su  dalle  ciabatte,  dal  nulla. 

Proverbi.  —  A  nave  rotta  ogni  vento  è  contra- 
rio ;  e  nello  stesso  senso  :  ai  cani  e  ai  cavalli  ma- 
gri vanno  addosso  le  mosche.  -  Anche  un  pagliaio  è 
grande  e  se  lo  mangia  un  asino.  -  Chi  fila  porta 
una  camicia,  e  chi  non  fila  ne  porta  due.  -  Chi  ha 
denti  non  ha  pane,  e  chi  ha  pane  non  ha  denti.  - 
Per  altri  proherbi  veggasi  a  fortuna. 

Oondos"liànza.  L'  atto  del  condolersi  con  un 
amico  di  qualche  sua  sventura;  espressione,  a 
voce  0  in  iscritto,  del  sentimento  di  dolore  e  di 
pietà  cha  suscita  in  noi  la  disgrazia  d'altri  :  con- 
dolenza  (v.  a.);  carità  del  compianto.  -  Condolersi, 
condolere  (condoluto),  dolersi  delle  sventure  altrui; 
esprimere  ad  alcuno  il  rincrescimento  che  provia- 
mo per  una  sua  sventura  :  compiangere,  rimpian- 
gere ;  avere  compianto.  -  tare  il  mi  dispiace  a, 
uno,  fargli  le  condoglianze. 

Oondominio.  Il  dominio  che  si  ha  insieme 
con  altri. 

Condonàbile.  Da  condonare. 

Condonare  {condonato,  condóno).  Rilasciare 
spontaneamente  al  debitore,  tutto,  o  in  parte,  ciò  che 
deve,  che  ha  di  debito  :  dimettere;  lasciare  ;  dar  di 
frego.  -  Perdonare,  concedere  perdono.  -  Detto  di 
pena,  vale  graziare,  far  grazia.  -  Condonàbile, 
da  condonare  ;  atto  ad  essere  condonato.  -  Condo- 
nazióne, condóno,  il  condonare  in  atto  ed  effetto  : 
grazia. 

Condótta.  La  maniera  di  condursi,  di  gover- 
narsi, sia  nel  modo  di  vivere,  di  operare,  di  fare, 
per  so  stessi  o  in  relazione  col  proprio  simile,  sia 
in  qualche  affare  :  comportamento,  diportamento  ; 
forma  di  vivere  ;  menamento  di  vita  (modo  anti- 
quato) ;  portamento  ;  reggimento,  regime,  regola  ; 
stile  (figur.),  strada;  tenore  di  vita.  La  condotta 
di  ogni  persona  è  il  risultato  del  suo  carattere, 
della  sua  indole,  il  complesso  delle  sue  azioni 
(veggasi  ad  azione),  per  le  quali,  genericamente, 
ciascuno  riesce,  o  è  giudicalo,  buono  o  cattivo  ; 
sorretto  dalla  virtù  o  abbandonato  al  vizio;  in- 
spirato alla  lealtà,  M'onesta,  alla  sincerità,. 
all'altruismo,  alla  filantropia,  a^Uai  giustizia, 
alla  verità,  oppure  aW ipocrisia,  alla  disonestà, 
a  tutto  quanto  ha  per  fine  o  per  effetto  il  male; 
forte  di  senno  o  facile  alla  follia,  ecc.  Per  il  che 
ciascuno  incorre  nella  lode  o  nel  biasimo,  nella 
stima,  nel  rispetto,  nell'  ammirazione  degli 
altri,  oppure  nella   disistima,  nel  disjtrezzo,  nel- 


CONDOTTA 


t)65 


Vodio.  Cardine,  perno,  nella  condotta  di  tutti  do- 
vrebbe essere  il  sentimento  del  dovere,  dell'ono- 
re, contro  Vegoistno,  Y  interesse  e  simili.  Nella 
condotta  si  manifestano  Vagitazione  o  la  calma, 
le  diverse  qualità  deWanitno,  deìV intelletto,  dello 
spirito. 

Balorda,  la  condotta  da  balordo  o  ds.  sciocco  ; 
bizzarra,  la  condotta  stravagante,  fantastica  (veg- 
gasi  a  bizzarro);  circospetta,  avvisata,  cauta,  guar- 
dinga, prudente,  riserbata,  secondo  prudenza; 
civile,  conforme  a  civiltà  ;  coerente,  secondo  coe- 
renza ;  coraggiosa,  sorretta  dal  coraggio  ;  cor- 
retta, la  condotta  castigata,  costumata,  regolare,  vir- 
tuosa, monda  da  ogni  pecca,  da  ogni  fallo,  da  ogni 
colpa,  quindi  lodevole,  commendevole  ;  da  misan- 
tropo, la  condotta  di  chi  è  alletto  da  misantro- 
pia; degna,  meritevole,  conveniente;  enerpitca, /or- 
te  ;  dignitosa,  secondo  dignità,  cioè  conveniente 
a  persona  di  onorevole  condizione;  equivoca,  am- 
bigua, dubbia,  falsa,  simulata,  a  base  di  finzione', 
esemplare,  la  condotta  purissima,  specchiata,  che  può 
e  dovrebbe  servire  d'esempio  agli  altri  ;  est^^osa,  ca- 
pricciosa, subordinata  al  capriccio  ;  fiacca,  de- 
bole ;  filantròpica,  inspirata  a  filantropia,  ad  a- 
more  per  gli  uomini  in  generale  ;  franca,  ardita  e 
libera. 

Condotta  frivola,  la  condotta  di  chi  dkimportanza 
a  nulla  ;  generosa,  per  nobiltà  e  grandezza  d'animo, 
a  generosità  ;  giudiziosa,  assennata,  conforme  alle 
buone  regole  sociali,  per  efletto  di  giudizio,  di  sen- 
no ;  ibrida,  incoerente,  indecisa,  contradditoria  ; 
impeccabile,  non  soggetta  a  peccato,  ad  errore, 
a  colpa;  impulsiva,  per  impulso,  per  impeto,  senza 
riflessione;  infame,  tale  da  meritare  tw/awia,  ob- 
brobrio, vituperio;  inqualificabile,  biasimevolissima; 
insensata,  da  pazzo  ;  irreprensibile,  superiore  ad 
ogni  taccia,  ad  ogni  biasimo:  correttissima;  leggiera, 
incostante,  volubile;  liberale,  diretta  a  benefi- 
care le  persone  degne  ;  licenziosa,  con  troppa  li- 
bertà di  costume  ;  logica,  conforme  a  ragione, 
a  convenienza,  a  dovere;  machiavellica,  abile,  destra, 
astuta,  furbesca,  da  furbo  ;  mefistofelica,  da  Mefisto- 
fele,  diabolica,  da  diavolo  ;  modesta,  umile,  secondo 
modestia,  secondo  umiltà;  morigerala,  con  os- 
servanza del  buon  costume;  castigata,  corretta, 
virtuosa. 

Condotta  nobile,  dignitosa  e  virtuosa  insieme;  pau- 
roso, influenzata  dalla  paura;  paziente,  di  chi 
ha  pazienza;  politica,  la  condotta  relativa  alle 
questioni  politiche  (veggasi  a  politica);  anche,  se- 
condo astuzia;  proba,  giusta,  onesta  ;  regolare,  se- 
condo le  buone  regole  del  vivere  sociale  ;  retta,  giu- 
sta, onesta  ;  riprovevole,  biasimevole  ;  scandalosa, 
tale  da  suscitare  scandalo  ;  schietta,  aperta,  sin- 
cera, leale,  senza  infingimenti  ;  seria,  secondo  se- 
rietà ;  servile,  da  servo,  non  libera,  non  digni- 
tosa ;  severa,  secondo  severità,  ossia  secondo  as- 
soluta rettitudine. 

Condotta  sospetta,  non  sincera,  ma  dubbia,  equivoca; 
specchiata,  nobilissima,  virtuosissima,  esemplare; 
subdola,  ingannevole,  sospetta  ;  subordinata,  non  li- 
bera, ma  vincolata  alla  volontà  di  altri  ;  superba, 
orgogliosa,  secondo  superbia,  secondo  orgoglio; 
temeraria,  improntata  a  temerità,  a  eccessivo  co- 
raggio, troppo  audace  ;  timida,  pusillanime,  pau- 
rosa (veggasi  a  timido)  ;  turpe,  abbietta,  abomi- 
nevole, scandalosa  ;  vergognosa,  disonorevole,  vitu- 
perevole, tale  da  far  vergogna;  vii!e,  spregevole, 
abbietta  ;  virile,  gagliarda,  forte,  risoluta,  degna  del- 
fuoma 


La  condotta  sotto  diveksi  aspetti. 


Abitudine,  modo  di  condotta,  con  atti  ripetuti 
e  metodici.  -  Attitudine,  disposizione  naturale 
che  ci  rende  atti  ad  alcuna  cosa.  -  Cachet  (frane), 
suggello,  impronta,  stampa;  indole,  modo  di  condotta. 

-  Contegno,  la  condotta  di  una  persona  verso 
un'altra  e  il  modo  di  diportarsi  in  ogni  occasione, 
più  0  meno  secondo  le  regole  del  vivere  civile; 
V atteggiamento  che  si  ha  normalmente  o  si  as- 
sume in  determinate  occasioni,  -  Costume,  con- 
dotta consuetudinaria,  abitudinaria,  propria  e  par- 
ticolare di  un  luogo  e,  di  solito,  a  più  persone;, 
anche,  la  condotta  morale.  -  Dèmarche  (frane), 
modo  di  camminare;  nel  senso  morale,  condotta,  con- 
tegno, pratica.  -  Il  fare  d'uno,  il  suo  modo  di  vivere, 
di  trattare,  d'agire,  di  comportarsi.  -  Linea  di  con- 
dotta, francesismo  {ligne  de  condiate),  per  modo  di 
condursi,  tenore  di  condotta.  -  Metodo,  genere  di 
vita.  -  Morale,  la  scienza  dei  costumi  ;  complesso 
delle  regole  alle  quali  si  deve  informare  la  buona 
condotta.  -  Portamento,  modo  particolare  di  operare 
e  di  procedere.  -  Programma,  indicazione  generale 
di  condotta  -  Regime  o  reggime,  in  generale,  il  si- 
stema di  condotta,  di  governo.  -  Regola,  norma 
dell'operare,  della  condotta. 

Affettazione,  maniera  di  condotta  artificiosa, 
ricercata  ;  più  specialmente,  del  contegno.  -  Aggiu- 
statezza, conveniente  e  congrua  maniera  di  operare 
e  di  essere.  -  Ambiguità,  c^ondotta  non  onesta  o 
poco  onesta,  basata  sull'equivoco,  incline  a.lV in- 
ganno :  doppiezza.  -  Austerità,  rigore  di  giudizio 
0  di  costume  ;  indifferenza  ai  piaceri  mondani.  - 
Avventatàggine ,  avventatezza,  noncuranza  dell'avve- 
nire, spensieratezza. 

Cinismo,  tenore  di  vita,  condotta  da  cinico.  - 
Costumatezza,  buona  condotta,  buon  costume.  - 
Dirizzone,  condotta  tenuta  senza  consiglio  o  se- 
guitata con  ostiìiazione.  -  Discretezza,  discrezione, 
moderazione  nel  comportarsi,  nel  procedere, 
dando  a  ciascuno  amorevolmente  ciò  che  gli  spetta. 

-  Entrain  (frane),  calore,  vivacità  nel  dire  e  nel 
fare. 

Impudenza,  sfacciatàggine  di  sentimento  e  di 
condotta.  -  Intransigenza,  irremovibilità,  ostina- 
zione nel  volere  e  nel  fare.  -  Previdenza,  virtù 
di  chi  sa  subordinare  la  propria  condotta  ai  futuri 
eventi.  -  Prudenza,  dirittura  di  mente  per  cui  ?i 
sa  condursi  opportunamente  di  fronte  alle  cose  da 
farsi  o  da  sfuggire. 

Reazione,  il  reagire,  cioè  il  contrastare  con  la 
propria  alla  condotta  di  altri.  -  Regolatezza,  tenore 
normale  di  condotta  secondo  quella  che  è  la  re- 
gola. -  Scapatàggine,  mancanza  di  riflessione  e  di 
giudizio  rimproverata  ai  giovani,  e  che  li  conduce 
a  far  cose  non  lodevoli,  però  non  malvagie:  spen- 
sieratezza. -  Stoicismo,  tenore  di  vita,  condotta  da 
stoico.  -  Trascuratezza,  condotta  abituale  di  chi 
pecca  di  negligenza.  -  Zurro  o  zurlo,  esaltazione 
d'animo  per  qualche  passione;  il  momento  e  gli 
atti  coi  quali  esso  esaltamento  si  manifesta. 

Atti  e  modi  diversi  di  condotta. 


Nella  convivenza  umana  la  condotta  di  ciascuno 
è  spesso  causa  di  bene  o  di  ìnule  ;  riesce  a  sé 
stessi  0  ad  altri  di  beneficio,  di  vantaggio,  di 


666 


danno  ;  raramente  non  ha  conseguenza  o  effetto  ; 

corrisponde,  il  più  delle  volte,  all'esercizio  di  un  dir 
ritto  0  ali'  adempimento  di  un  dovere;  conduce 
talvolta  dtìì'errore,  alla  colpa,  quindi  al  castigo, 
al  la  pena,  e  non  sempre  dà  luogo  al  pentimento: 
b-iie  indirizzata,  invece,  oltre  la  lode,  può  procu- 
rare anche  premio.  In  ogni  caso  è  ad  essa  con- 
sentila una  libertà  relativa,  secondo  i  dettami 
della  legge,  che  disciplina  il  vivere  sociale.  Buona 
«  quindi  proficua  riesce  la  condotta  allorquando  da 
€s>a  0  per  essa  si  ha  V  aiuto,  la  beneficenza, 
il  favore;  si  crea  Y  amicizia,  si  mantiene  la 
concordia,  la  pace;  si  esercita  la  difesa,  la 
protezione,  la  solidarietà;  si  obbedisce  a  un 
sentimento  di  compassione,  di  pietà  e  in  qual- 
siasi modo  si  dà  buon  esempio,  col  sussidio  della 
benevolenza,  dell'amore  del  prossimo,  ecc.  Al 
contrario,  quando  la  condotta  ha  per  iscopo  o  per 
effetto  la  calunnia,  la  discordia,  la  frode,  la 
guerra,  Vinganno,  Yingiuria,  Vinsidia,  l'of- 
fesa ;  quando  muove  da  invidia,  da  ira,  da 
malafede,  da  odio,  da  violenza,  da  ogni  deplo- 
revole passione;  quando  determina  la  discordia, 
il  disordine,  la  guerra,  la  lite,  la   rissa,  ecc. 

Asinità,  modo  di  procedere  indiscreto  e  villano. 
-  Atti  esteriori,  quelli  coi  quali  l'uomo  si  manifesta, 
fa  conoscere  la  propria  condotta.  -  Azione  arri- 
schiata, senza  la  dovuta  riflessione.  -  Azione  su- 
dicia, brutta,  infame,  riprovevole.  -  Azioni,  cose  da 
cani,  azioni  dure,  tiranniche,  da  tiranno. 

Bassezza,  abiettezza,  viltà.  -  Bévue,  voce  fran- 
cese, spesso  usata  nel  linguaggio  mondano  e  vuol 
dire  topica,  sbadataggine,  inavvertenza.  -  Bislaccheria, 
azione,  cosa  da  bislacco,  da  stravagante,  da  biz- 
zarro. ■  Bistorta,  storcimento,  irregolarità  della 
condotta  o  d'altro.  -  Bruttura,  azione  brutta,  scon- 
cia. -  Buffonata,  azione,  atto  da  buffone:  pagliac- 
ciata. -  Buoni  uffici,  interposizione  benevola  fra 
contendenti. 

Canata,  azione  dura  e  vile.  -  Capestreria,  atto 
di  persona  scapestrata;  anche  frivolezza,  origi- 
nalità. -  Capriccio,  atto  che  ha  del  fantastico  e 
dell'irragionevole.  -  Cialtronata,  cialtroneria,  azione, 
atto  da  cialtrone.  -  Cianata,  atto,  azione,  o  par- 
lare da  ciana,  da  donna  volgare.  -  Colpo  di  mano, 
atto  qualunque  per  cogliere  all'  impensata.  -  Cor- 
belleria, cosa  non  vera  o  fatta  senz'avvedutezza.  - 
Cose,  azioni  da  coltello,  turpi,  degne  da  punirsi  col 
coltello,  degne  di  vendetta. 

Fanciullàggine,  ragazzata,  azione  da  fanciullo. 
•  Fantocciata,  fantoccieria,  cosa  da  fantoccio,  buffa, 
ridicola  (veggasi  a  ridicolo):  bambocceria,  pueri- 
lità, cosa  da  bambino.  -  Fattucchieria,  stregheria, 
stregoneria.  -  Fratata,  azione  screanzata  ;  discorso, 
pregiudizio  da  frate.  -  Freddezza,  lentezza  di  pro- 
cedere -  Giuccata,  smorfie,  azioni  sventate.  -  Gua- 
sconata, fare  da  guascone,  ossia  da  millantatore.  - 
Ingerenza,  l'azione  di  intromettersi  nelle  faccende 
d'altri:  intromissione  (veggasi  a  intromettersi). 

Maialata,  azione  da  maiale.  -  Malefatta,  cattiva 
azione.  -  Manovra,  azione  fatta  con  calcolo;  quasi 
raggiro,  intrigo.  -  Marionettata,  azione,  atto  da 
marionetta,  da  burattino.  -  Mattana,  risoluzione 
di  scatto,  mattesca,  pazzesca.  -  Mattia,  azione  spen- 
sierata, buffonesca.  -  Mena,  trama,  maneggio,  raggiro, 
intrigo.  -  Misura,  ciò  che  si  decide  di  tare,  come 
mezzo  per  arrivare  a  uno  scopo. 

Personalità,  atto  nemico,  mosso  contro  la  persona, 
più  che  contro  la  cosa.  -  Piazzata,  cosa,  azione, 
atto  da  uomo  volgare.  -  Picca,  ripicco,  puntiglio. 


•  Prodezza,  azione  considerata  (iron.)  come  folle,  o 
piena  di  bravura,  di  coraggio. 

fìipiego,  provvedimento,  espediente  per  cavarsi 
da  imbarazzo. 

Sbravazzata,  azione  da  bravaccio,  da  millanta- 
tore. -  Scappata  (figur.),  trascorso  morale,  infra- 
zione non  grave.  -  Scappatoia,  sotterfugio,  scusa 
mendicata.  -  Scappavia,  partito  ingegnoso  per  u- 
scire  d' impiccio,  d' imbarazzo.  -  Sciattezza,  sciat- 
teria, atto  e  modo  da  sciatto,  ossia  da  negligente, 
da  trascurato.  -  Soperchieria,  atto  di  prepotenza. 

-  Sotterfugio,  l'agire  di  soppiatto,  di  nascosto.  - 
Sproposito,  azione,  parola  imprudente,  temeraria, 
ardita.  -  Stratagemma,  astuzia,  inganno.  -  Strego- 
neria, azione  di  strega  o  stregone,  e,  per  estens., 
azione  coperta  e  maligna  :  stregheria. 

Tattica,  accortezza  nel  provvedere;  abilità  di 
condotta  (veggasi  ad  abile). 

Troiata  (volgarm.),  azione  o  cosa  sudicia.  Più 
comunera.,  troieria.  -  Vendetta,  onta  o  danno 
che  si  fa  ad  altri  per  offesa.  -  Vie  coperte,  tacite, 
segrete,-3iZÌom  di  chi  si  dà  al  fingere.  -  Me  obli- 
que, storte,  azioni  cattive,  inique.  -  Vie  diritte,  rette, 
azioni  corrette.  -  Volgarità,  azione  volgare,  triviale. 

Figure  di  persona,  secondo  la  condotta. 

Affannone,  chi  si  dà  un  gran  daffare  per  ogni 
piccola  cosa.  -  Aguzzino,  per  similitud.,  chi  mal- 
tratta, è  crudele  nel  trattare. 

Anguilla,  chi  è  solito  trovare  scappatoie.  -  Arpia, 
di  chi  è  molto  avaro.  -  Arruffapópoli,  demagogo, 
tribuno  da  strapazzo,  sobillatore  di  popolo. 

Benpensante,  di  persona  che  pensa  bene,  retta- 
mente, secondo  la,  legge,  e  si  comporta  in  questo 
senso.  -  Birbante,  birba,  birbone,  briccone.  -  Biri- 
chino, di  ragazzo  impertinente.  -  Bon-vivant  (frAnc). 
persona  di  umore  facile,  gaio  e  di  vita  comoda, 
che  ama  non  dar  noie,  né  riceverne.  -  Buffone, 
ciurmatore,  ciarlatano.  -  Burattino,  marionetta, 
uomo  ridicolo,  leggiero,  volubile. 

Camorrista,  veggasi  a  camorra.  •  Capo  ameno, 
uomo  allegro  o  bizzarro.  •  Capo  strigliato  (iron.), 
licenzioso,  scapestrato.  -  Cempénna,  chi  non  sa 
fare,  è  inetto.  -  Ciondolona,  donna  cialtrona.  -  Col- 
lolorto,  bacchettone,  bigotto.  -  Cunctator  (lat.),  in- 
dugiatore, temporeggiatore,  chi  sa  con  pruaenza  de- 
streggiarsi. 

Discolo,  scapestrato  (di  ragazzo).  -  Eroe,  chi 
si  distingue  per  grande  coraggio  ed  abnegazione. 

Fanàtico,  che  agisce  per  fanatismo,  per  su- 
perstizione. -  Fannullone,  ozioso,  dedito  al- 
l'osto. -  Ficcanaso,  persona  che  in  tutto  vuol  en- 
trare, che  vuol  sapere  tutti  i  fatti  altrui,  che  in 
tutti  i  discorsi  vuol  metter  bocca,  non  richiesto.  - 
Ficchino,  lo  stesso  quasi  che  ficcanaso;  ma  dicesi  più 
specialmente  di  chi,  anche  non  invitato,  cerca  di 
andare  o  a  pranzi,  o  a  ritrovi  e  conversazioni,  o  a 
spettacoli  gratuiti.  -  Faccendiere,  chi  volontieri  si 
intriga  in  ogni  cosa,  i-  Farabutto,  ingannatore.  - 
Forabosco,  persona  entrante,  che  ha  l'arte  di  intro- 
dursi agevolmente  presso  altri. 

Galantuomo,  uomo  leale,  onesto.  -  Gattamorta, 
di  persona  che  finge  di  essere  semplice  e  non  lo  è. 

-  Gingillone,  uomo  che  non  cava  le  mani  da  nulla. 

-  Guappo,  nel  dialetto  napoletano,  bravaccio,  spa- 
valdo. -  Guastamestieri,  chi  fa  malamente  ogni  cosa 
e  cambia  spesso  mestiere  ;  chi  fa  un  lavoro  per 
poco  prezzo. 


CONDOTTA 


6J7 


I-tnbroglione,  artefice  di  imbrogli,  di  inganni. 
-  Indelicato,  eutemisnio  neologistico  che  vale  spesso 
truffatore,  ladro.  -  JpoctHta,  simulatore,  sor- 
nione. 

Lanzichenecco  (figur.),  di  chi  si  vende  a  sostegno 
dell'altrui  violenza  :  giannizzero,  pretoriano.  -  La- 
vativo, di  persona  uggiosa,  ch'è  sempre  fra  i  piedi, 
o  che  non  risponde  alle  più  esatte  norme  della 
consuetudine  e  della  delicatezza.  -  Lazzarone,  a  Na- 
poli e  anche  fuori,  dicesi  di  persona  oziosa  e  di 
abbietto  animo.  -  Libei'tino,  uomo  sfrenato,  rotto  al 
vizio,  scostumato. 

Macchietta,  persona  bizzarra,  che  per  condotta, 
per  costume  o  pel  vestire  è  ridicolmente  e  piace- 
volmente notevole.  -  Mafioso,  veggasi  a  mafia.  - 
Malcostumato,  scostumato.  -  Maestro  di  frodi,  di 
chi  è  abilissimo  nella  frode,  nell'  inganno.  - 
Mandrillo,  volgarmente,  uomo  pieno  di  lussuria.  - 
Martire,  chi  si  sacrifica  per  la  fede,  per  nn'idea, 
€  simili.  -  Mascalzone,  uomo  abbietto,  dato  a! 
mal  fare.  -  Mestone,  chi  mesta,  intriga  volontieri.  - 
Meticoloso,  chi  nell'  esecuzione  di  certe  cose,  o  nel 
suo  modo  di  vivere  e  di  trattare  con  la  gente,  ha  os- 
servazioni eccessivamente  piene  di  sottigliezze.  - 
Millantatore,  chi  vanta  forza,  coraggio,  virtù,  ecc., 
che  spesso  non  ha. 

Ninnolóne,  uomo  che  non  leva  le  mani  da  nulla: 
fannullone.  -  Piovra  (figur,),  persona  che  assorbe  o 
strugge  inesorabilmente  altri.  -  Puntuale,  di  persona 
esatta,  precisa  ne'  suoi  impegni.  -  Rompicollo,  per- 
sona atta  ad  arrecare  altrui  danno  ;  uomo  malvagio, 
tristo. 

Sbarazzino  e  sbarazzina,  uomo  o  donna  da  strada, 
che  ne  fa  di  tutte.  -  Sbravazzone,  più  com.,  smar- 
giassane :  millantatore  -  Scapato,  uomo  allegro,  vi- 
vace, poco  riflessivo,  poco  serio.  -  Strafottente,  voce 
volgare:  chi  sente  e  specialmente  ostenta  dispregio 
per  usi,  convenienze,  persone,  ecc. 

Tiranno,  persona  crudele  e  ingiusta.  -  Uomo, 
donna,  ragazzi  a  estri,  che  si  porta  bene  o  male  a 
momenti;  che  è  pieno  di  ghiribizzi.  -  Vagheg 
gino,  giovane  che  fa  il  galante.  -  \iveur  (frane), 
chi  fa  vita  di  piacere,  solo  occupandosi  del  di- 
vertimento. -  Volpone,  uomo  molto  furbo,  per- 
sona piena  di  astuzia  e  frodolenta. 

FlGUKE  TU'IOHE 

(storiche,    letterarie,    ecc.). 

Abele,  tipo  della  persona  buona  e  vittima  della 
propria  bontà.  -  Arpagone,  Mida,  tipi  di  grande 
avaro,  -  Azzeccagarbugli,  noto  personaggio  dei 
Promessi  Sposi  di  Manzoni  :  dicesi  per  imbroglio- 
ne. -  Bertoldo,  personaggio  d'un  vecchio  racconto 
popolare:  vale  uomo  sciocco  o  da  poco.  -  Caino, 
tipo  del  fratello  e  dell'uomo  malvagio,  crudele,  di- 
sumano. -  Dama  del  biscottino,  uno  dei  tipi  creati 
dal  Porta,  signora  dell'aristocrazia  nera  ;  ora,  dama 
ascritta  a  società  cattoliche.  -  D'Artagnan,  tipo  dei 
Tre  Moschettieri  di  Dumas  :  dicesi  per  uomo  au- 
dace, spavaldo,  cavalleresco,  generoso.  -  Don  Basilio, 
tipo  del  calunniatore  ipocrita,  personaggio  del  Bar- 
biere di  Siviglia.  -  Don  (Jnsciotte  (spagnuolo.  Don 
Quijote),  eroe  umoristico  d'un  romanzo  di  Cervantes: 
dicesi  di  chi  si  erige  a  difensore  fanatico  delle  cause 
difficili  0  perdute.  -  Don  Giovanni  (Don  Juan), 
<ii,'ura    d'una    antica    leggenda    spagnuola,   trattato 


drammaticamente  da  G.  Tellez,  da  Molière,  da  Cor- 
neillf,  da  Byron,  ecc.:  tipo  di  dissoluto.  -  Don 
Rodrigo,  personaggio  dei  Promem  Sposi  di  Man- 
zoni, tipo  del  prepotente,  del  tirannello.  -  Dulca- 
mara, ciarlatano,  tipo  personificato  neìVElisir  d'a- 
more. 

Eminenza  grigia,  soprannome  dato  al  confidente 
di  Richelieu:  ora,  consigliere  occulto  e  potente.  - 
Figliuol  prodigo  (della  parabola  dell' evangelo  di 
san  Luca),  persona  sviata,  la  «  pecorella  che  torna 
all'ovile».  -  Filibustiere,  nome  storico  di  antichi 
avventurieri  :  detto  ora  per  predatore. 

Ganimede,  secondo  la  mitologia,  bellissimo  figlio 
di  Tros,  re  di  Troia  :  ora  vagheggino.  -  Gingil- 
lino, chi  con  arti  ipocrite  riesce  ad  ottenere  chec- 
chessia. -  Girella,  tipo  di  persona  incostante,  vo- 
liibile,  specialmente  in  politica.  -  Giuda,  menti- 
tore, traditore  (veggasi  a  tradimento).  -  Ludro 
(voce  veneta  e  lombarda),  cavaliere  d'industria,  a- 
stuto,  birbante.  -  Massinelli,  tipo  del  teatro  dialet- 
tale milanese:  giovane  pieno  di  lieta  e  idiota  bo- 
narietà. 

Maramaldo,  V  uccisore  di  Francesco  Ferruccio  : 
dicesi  ora  per  sanguinario  vigliacco.  -  Mecenate,  e  - 
valiere  romano,  protettore  dei  letterati,  al  tempo  d 
Augusto:  e  dicesi  ancora  di  chi  protegge  i  fette - 
rati,  gli  artisti,  ecc.  -  Messalina,  la  moglie  deii'im 
peratore  romano  Claudio  :  ora,  dicesi  di  donnn  [us- 
suriosa  (veggasi  a  lussuria).  -  Ninfa  Egeria,  nnià 
o  camera  italica,  sposa  e  ispiratrice  di  Numa  I  om- 
pilio  :  dicesi  tuttavia  per  significare  inspiratore,  con- 
sigliere, consigliera. 

Onesto  Jago!  (ingl.,  the  honest  Jago,  espressione 
frequente  nelì'0/e//o  di  Shakspeare)  :  dicesi  ora,  sar 
casticaniente,  di  chi  ha  parvenza  di  onestà  e  na- 
sconde la  frode,  il  tradimento.  -  Otello,  protagoni- 
sta del  noto  dramma  di  Shakspeare  ;  ora  dicesi  di 
uomo  gelosissimo  (veggasi  a  gelosia).  -  Rodomonte, 
personaggio  cieWOrlando  Furiosi  di  Ario4o:  detto 
ora  di  smargiasso,  spaccone,  millantatore,  -  Rogan- 
tino,  antica  maschera  romana:  detto  ora  di  chi  è 
prepotente.  -  Susanna,  Lucrezia,  tipi  di  castità. 
-  Tartufo,  tipo  dell' ijwcrif a  creato  da  Molière.  - 
Tecoppa,  tipo  del  teatro  dialettale  milanese  :  delin- 
quente, ma  non  brutale.  -  Traviata,  donna  di  mal 
costume,  però  non  ispregevole,  secondo  il  tipo 
della  Dame  aux  camélias  di  Dumas  e  del  melo- 
dramma di  Verdi. 

Alcune  voci  straniere.  —  Barbe-Bleu,  personag- 
gio burlesco  d' un  racconto  di  Perrault  :  ora,  si 
indica  cosi  una  persona  che  fa  paura  senza  essere 
paurosa.  -  Bohème  (frane),  artista  spensierato,  in- 
docile, ribelle  alle  convenienze  sociali  :  si  applica 
questo  nome  (che  significa  zingaro  boemo)  anche  ad 
altre  persone.  -  Dandy,  veggasi  ad  eleganza.  - 
Demi-mondaine  (frane),  donna  che  vive  delle  sue 
grazie  e  delle  grazie  altrui.  -  Escamoteur  (frane, 
chi  fa  il  giuoco  dei  bussolotti),  chi  è  uso  a  far  im- 
brogli, tessere  inganni.  -  Flaneur,  chi  sta  in  ozio, 
osservando  e  curiosando.  -  Lion,  detto  ad  ele- 
ganza. 


iìlVERSI   MODI   DI   comportarsi. 


Buttar  via  t  riguardi,  la  vergogna,  la  paura,  la 
soggezione,  non  aver  più  riguardi,  per  andare  dritto 
dritto  al  proprio  scopo.  -  Cavarsela,  condursi  in 
modo  da  scansare  difficoltà,  pericoli  e   simili. 


668 


CONDOTTA 


-  Cogliere  l'occasione,  agire  quando  e  secondo  s* 
presenti  l'opportunità  ;  approfittare  del  buon  mo- 
mento, della  buona  occasione.  -  Comportarsi  bene, 
male,  ecc.,  mantenere  un  determinato  modo  di  con- 
dotta, di  vita;  condursi,  contenersi  (regolarsi  in 
una  circostanza),  diportarsi,  governarsi,  oprare,  por- 
tarsi, regolarsi.  -  Compromettersi,  mettersi  a  rischio, 
a  pericolo,  di  solito  per  imprudenza.  -  Correre  la 
cavallina,  scapricciarsi  in  gioventù,  darsi  alla  vita 
libera  e  avventurosa. 

Dare  addosso,  dar  contro  a  uno,  combatterlo,  mo- 
strarglisi  nemico.  -  Destreggiarsi,  condursi  abil- 
mente in  un'impresa.  -  Essere,  fare  come  il  mar- 
chese Colombi,  essere  ridicolmente  irresoluto,  inde- 
ciso, tra  aìì''opinione  e  1'  altra.  -  Far  bene,  far 
male  (e  molte  altre  locuzioni  in  questo  o  in  quel 
senso).  -  Fare  il  giuoco  di  uno,  operare  in  modo  da 
aiutare  l'opera  di  un  altro,  facilitargli  la  via,  spe- 
cialmente parlando  di  opere  subdole.  -  Fare  i  suoi 
passi,  far  le  pratiche,  usar  le  cure,  adoperarsi  per 
ottenere  qualche  cosa  o  per  tar  valere  i  propri  di- 
ritti. -  Farne  un  affare,  un  caso,  un  delitto  dì  Stato, 
di  chi  fa  scalpore  per  un  nulla. 

Gingillare,  gingillarsi,  perdere  il  tempo  in  cose 
da  nulla. 

Girar  largo,  muovere  da  lungi,  sia  con  le  parole, 
sia  coi  fatti  per  arrivare  al  fine  che  si  ha  in 
mente,  acciò  la  gente  non  se  ne  apponga.  -  Lavo' 
rare  uno,  renderlo  maneggevole,  in  modo  che  esso 
acconsenta  spontaneamente  a  fare  ciò  che  noi  de- 
sideriamo. -  Legar  l'asino  dove  vuole  il  padrone, 
subordinare  la  propria  condotta  alla  volontà  altrui, 

-  Menare  il  can  per  l'aia,  tirarla  alla  lunga  con  uno 
scopo  determinato,  specie  per  guadagnar  tempo.  - 
Mettere  le  mani  avanti,  il  premunirsi  che  uno  fa 
contro  un  colpo  dell'avversario,  una  possibile  ob- 
biezione, un  attacco,  ecc.  -  Mettersi  nei  panni,  nei  piedi 
d'altri,  immedesimarsi  nelle  condizioni  (per  lo 
più  diffìcili)  di  un'altra  persona. 

Non  badare  alle  facciate,  non  curarsi  della  for- 
ma esteriore.  -  ISon  intendere  a  sordo,  saper  fare 
suo  prò  delle  cose  udite.  -  Non  voler  mosche  sul 
naso,  volrìr  essere  libero  nelle  proprie  azioni. 

Partire  in  battaglia,  agire  energicamnnte  contro 
chicchessia  o  checchessia.  -  Regolarsi,  governarsi 
secondo  la  circostanza,  a  norma  degli  eventi.  -  Ren- 
dere la  pariglia  (figur.):  il  contraccambio,  il 
cambio. 

Singolareggiare,  fare  il  singolare,  Yorifjinale.  - 

-  Stare,  non  stare  alle  mosse,  sapersi  o  no  fre- 
nare. 

Temporeggiare,  pigliare  tempo,  indugiare  ac- 
cortamente. -  Tenere  buona,  cattiva  condotta,  di 
chiaro  significato.  -  Tirar  dritto  per  la  propria 
strada,  per  quel  che  si  vuole,  o  si  deve  badare  a- 
gli  altri.  -  Titubare,  tentennare,  stare   in   dubbio. 

-  Tralignare,  mancare  ai  buoni  esempi  dei  geni- 
tori. -  Traviare,  uscire  dal  cammino  della  virtù. 


Comportarsi  bene  —  Compobtarsi  male. 


Bene.  —  Andare  per  il  filo  della  sinopia,  andare 
per  il  solco,  arar  diritto,  condursi,  contenersi  bene  ; 
andare  per  la  retta  via  ;  stare  in  carreggiata  ;  rigar 
dritto;  tenere  buona  condotta,  tenere  la  linea 
retta.  -  Andare  per  la  sua  strada,  babare  a  casa 
sua,  badare  ai  fatti  proprii,  senza  intromettersi 
nelle  faccende  altrui.    -    Dare  buon  conto  di  sé,  di 


chi  ha  saputo  o  potuto  condursi  in  modo  ir- 
reprensibile. -  Emendare,  emendarsi,  veggasi  a 
correggere.  -  Fare  il  passo  secondo  la  gamba, 
misurarsi  nei  mezzi.  -  Fermarsi,  darsi  a  vita 
più  regolare;  mettere  giudizio.  -  Largheggiare, 
trattare  con  larghezza  soverchia. 

Lasciar  correre  l'acqua  al  suo  molino,  lasciar 
andare  le  cose  come  vanno,  non  fare  l'intro- 
mettente. -  Mantenere  le  buone  osservanze,  tenere 
una  condotta  regolare.  -  Mettere  il  cervello  o  la  testa 
a  partito,  dicesi  di  persona  che  fu  prima  incurante 
dei  fatti  suoi,  trascurata,  dissipata,  ecc.,  e  poi  si 
emenda,  si  ravvede.  -  Non  sgarrare  d'un  punto, 
condursi  bene.  -  Poter  mostrare  la  faccia,  poter 
rendere  conto  delle  proprie  azioni,  della  propria 
condotta. 

Ravvedersi,  riconoscere  i  propri  errori  e  averne 
pentiinento.  -  Regolarsi  a  modo,  a  misura,  se- 
condo le  convenienze,  l'opportunità.  -  Render  conto 
delle  proprie  azioni  (figur.),  saper  rispondere  d'o- 
gni nostra  azione.  -  Rimettersi  al  bòno,  di  persona 
scapata  che  si  ripiglia,  si  riprende,  torna  a  miglior 
condotta.  -  Stare  in  briglia,  contenersi,  usare  mo- 
derazione. -  Stare  in  carreggiata,  mantenersi  nella 
via  giusta.  Contr.,  uscire  di  carreggiata.  -  Stare  in 
tuono,  condursi  bene.  -  Star  nei  gangheri,  stare  a 
dovere,  contenersi,  sapersi  frenare.  -  Star  sopra 
di  sé,  sapersi  governare.  -  Tenersi  in  guardia  con- 
tro sé  stessi,  vigilare  sulla  propria  condotta. 

Male.  —  Agire  alla  sordina,  occultamente  e, 
spesso,  ipocritamente.  -  Rarcamenare,  barcamenarsi, 
comportarsi,  condursi  in  un  modo  piuttosto  che 
nell'altro,  secondo  il  proprio  tornaconto:  tergi' 
versare. 

Cadere  nel  fango,  avvilirsi  con  azioni  indegne.  - 
Colmare  il  sacco,  avere  passato  i  limiti,  la  discre- 
zione. -  Declinare  dalla  via  giusta,  deviare,  uscire 
dalle  norme  di  una  condotta  retta.  -  Degradarsi, 
commettere  azioni  disonorevoli,  indegne,  così  da 
meritare  vergogna,  infamia. 

Fare  a  mosca  cieca,  procedere  a  tentoni,  a  ca- 
saccio. -  far  fare  il  burattino  a  uno,  fargli  fare 
brutta  figura,  mancandogli  di  parola,  mentre  egli  si 
era  già  impegnato  per  conto  nostro.  -  Fare  una  fi- 
nestra sul  tetto  a  uno,  fargli  un  sopruso,  un  brutto 
tiro.  -  harle  pulite,  commettere  azioni  brutte,  sal- 
vando le  apparenze.  -  Farle  sporche,  agire  mala- 
mente. -  Farne  delle  nere  e  delle  bige,  di  tutti  i  co- 
lori. -  farne  delle  sue,  di  azioni  riprovevoli.  -  fi- 
scaleggiare, occuparsi  indiscretamente  e  maligna- 
mente dei  fatti  altrui.  -  Fregare  (volgarm.),  per 
accoccarla,  farla  ad  imo,  giuocargli  qualche  tiro. 
-  Gettare  il  manico  dietro  la  scure,  per  disperazione 
0  dispetto,  lasciar  andare  a  male  tutto,  appigliarsi 
al  peggior  partito.  -  Incanagliarsi,  agire  da  cana- 
glia, mettersi  con  la  canaglia:  ingagliofTarsi. 

Maltrattare,  trattar  male.  -  Mancare  al  dovere, 
venir  meno  a  questa  norma  fondamentale  della 
buona  condotta.  -  Aon  essere  uno  stinco  di  santo, 
tutt'altro  che  santo,  cioè  di  condotta  discutibile 

Pagare,  ripagare  a  misura  di  carbone,  ad  usura, 
cioè  ricambiando  male  per  male  in  misura  mag- 
giore. -  Passare  i  termini,  passare  ogni  modo,  ogni 
termine,  ogni  discrezione:  tenere  condotta  eccessiva 
in  vario  senso.  -  Pescar  nel  torba,  fare  il  suo  prò, 
occultamente  aggirandosi  sia  nei  dissidi  privati, 
sia  nei  pubblici.  -  Prendere,  pigliare  una  cosa  a 
veglia,  insistervi  con  indiscrezione.  -  Prevaricare, 
uscire  dai  limiti  e  dai  precetti. 

Sbravazzare,  fare  il  bravazzone,  il  millantatore. 


CONDOTTA    —   CONFACENTE 


669 


lo  smargiasso,  lo  spavaldo.  -  Scarognare,  far  la  ca- 
rogna, agire  malamente.  -  Scavalcare  (figur.),  pren- 
dere il  posto  a  uno,  facendolo  cader  di  grazia,  di 
merito.  -  Schioccarla,  sonarla  a  uno,  fargliela,  giuo- 
cargli  un  brutto  tiro.  -  Straviare,  fuorviare,  uscire 
dalla  retta  via.  -  Tenere  il  piede  in  due  staff?,  te- 
nere condotta  equivoca  con  l'unico  scopo  di  mirare 
al  proprio  interesse  ;  servire  a  un  partito  e  al- 
l'altro. -  Tergiversare,  eludere  una  decisione  o  ri- 
sposta, 0  schermirsi  e  sottrarsi  a  una  quistione.  - 
Traccheggiare,  tentennare,  temporeggiando,  nelle  cose. 
Trascorrere,  lasciar  andare  oltre  i  termini  conve- 
nevoli; cader  in  eccesso,  in  esagerazione.  -  Tra- 
viare, uscire,  far  uscire  di  strada,  sviarsi,  scostarsi 
dal  buon  costume. 

Zoppicare,  non  essere  corretti,  franchi  nella  pro- 
pria condotta,  specialmente  in  una  determinata 
taccenda. 


Locuzioni  —  Proverbi. 


Anima  buscheronat,  a  chi  ci  abbia  fatto  qualche 
tiro.  -  Pan  di  ricatto,  quando  uno  rifa  agli  altri 
quel  che  gli  hanno  fatto.  -  Su  la  via  di  Damasco, 
nota  locuzione  per  significare  su  la  via  del  ravve- 
dimento, verso  la  buona  via  del  ricredersi.  -  Tran- 
tran,  voce  popolare  e  familiare  :  andazzo,  maniera 
solita  di  condotta,  di  vita. 

Era  meglio  se  ti  lasciavano  sciolto  il  bellico:  a 
ragazzo  o  persona  molesta  che  non  vuol  fare  bene. 

Non  lo  farà  più  fin  a  quest'altra  volta:  di  chi 
siamo  sicuri  che  ripeterà  la  stessa  mancanza,  lo 
stesso  errore. 

Provebbi.  —  Chi  ha  mangiato  i  baccelli,  spazzi 
i  gusci:  chi  ha  fatto  male,  paghi.  -  Chi  ha  man- 
giato la  candela  rifard  il  lucignolo  :  ognuno  deve 
sottosfare  alle  conseguenze  che  ha  cercato  da  sé.  - 
D'un  cattivo  ceppo  non  può  venire  buona  scheggia  : 
di  chi  traligna.  -  La  biscia  morde  il  ciarlatano,  ar- 
guta locuzione  per  indicare  l' effetto  di  operazioni 
imprudenti  o  maligne  che  riescono  malamente  o 
ricadono  sul  loro  autore,  -  Tutti  i  nodi  vengono  al 
pettine,  tutte  le  male  azioni  si  scoprono  e  si  pa- 
gano. 

Gondotta.  Porto,  trasporto.  -  Ufficio  del 
medico  condotto  e  luogo  nel  quale  egli  esercita. 
Cosi  anche  del  veterinario.  -  Capitaneria,  riferito 
a  milizia  ;  anche,  assoldamento  di  milizie  merce- 
narie. -  Condotta  delle  acque,  veggasi  ad  irriga- 
zione. 

Condottiera.  La  donna  che  conduce,  guida 
altre. 

Gondottlere,  condottiero.  Chi  conduce  al- 
tri, guida.  -  Capitano,  capo,  comandante. 

Gondotto.  Lo  stesso  che  acquedotto,  canale, 
doccia,  fogna,  passaggio,  tubo.  -  Cannonata, 
insieme  delle  canne  (cannoni)  che  formano  un  con- 
dotto d'acqua. 

Abboccare,  mettere  la  bocca  di  un  condotto  o  si- 
mili in  un  altro,  per  introdurvi  vapore,  ecc.  -  Ac- 
cecare un  condotto,  farvi  entrare  o  buttarvi  delle 
materie,  riempirlo.  -  Intasare,  empiersi  di  taso, 
di  quanto  impedisce  il  corso  libero  di  un  con- 
dotto: otturarsi. 

Gondotto.  Termine  di  anatotnia  (veggasi  a 
pag.  86,  prima  colonna). 

Gondncente.  Nell'uso,  chi  prende  in  affitto 
(affittaiuolo)  0  in  appalto  (appaltatore).  •  Soldato 


0  caporale  addetto  al  servizio  dei  muli  da  basto 
e  dei  carri. 

Gonduclbllità.  La  proprietà  che  hanno  i  corpi 
di  trasmettere  il  calore,  {'elettricità. 

Gonducimento.  Il  condurre. 

Gondurre  {conducente,  conducimento,  condotto, 
conduttore).  Menare,  essere  guida  o  scorta  ad  altri, 
accompagnare,  scortare;  trasportare,  far  tras- 
porto, far  giungere  persona  o  far  arrivare  cosa  in 
un  dato  luogo  :  conducere,  portare,  portare  in  volta  ; 
recare,  rimenare,  tradurre.  -  Costruire  un  fosso,  un 
canale,  una  via,  facendolo  passare  per  un  dato 
luogo  0  giungere  a  un  cerio  punto.  -  Di  strada, 
di  via,  far  capo,  riuscire  a  un  punto.  -  Condurre 
attorno,  in  giro,  far  girare,  far  muovere,  menare 
in  volta.  -  Condur  dietro,  far  seguire.  -  Condur 
via,  allontanare,  cavare,  levare,  ritrarre,  strappare, 
togliere,  trar  fuori  da  un  luogo,  condur  lontano. 

-  Guidare,  condurre  esercito  o  armata  nella  mar- 
cia, alla  battaglia,  all'assalto  e  nelle  altre  imprese 
militari.  -  Manodurre,  condurre  a  mano,  con  la 
mano,  per  la  mano.  -  Menare,  condurre  perniano. 

-  Menare,  condursi  dietro  uno,  con  sé. 
Passeggiare,  menare  a  passeggio   (di    cavallo  e 

simili).  Rimenare,  ripete  menare.  -  Ricondurre,  ri- 
pete condurre.  -  Strascicare,  condurre  altrui  per 
forza.  -  Tradurre,  trasportare;  nell'uso,  condurre 
in  arresto,  in  prigione.  -  Traghettare,  condurre, 
trasportare,  far  passare  da  una  parte  all'altra  (per 
lo  più,  d'un  fiume,  d'un  lago  e  simili). 

Conduceìite,  chi  conduce:  conduttore,  conduttrice 
(e  dicesi  specialmente  di  chi  guida  un  veicolo). 
•  Conducimento,  il  condurre  ;    condotta,   menata.  - 

-  Conduttore,  anche,  chi  acquista  l'uso  di  una  data 
cosa  a  prezzo  e  a  tempo  determinato., 

Gondursl  {condotto).  Mantenere  un  determinato 
modo  di  vita,  di  condotta,  ■  Avere  forza  o  vita 
abbastanza  per  fare  checchessia. 

Gonduttore.  Chi  o  che  conduce.  -  Mezzo  di 
cui  si  serve  il  chirurgo  per  dirigere  uno  strumento 
tagliente  nella  profondità  dei  tessuti,  come  la 
sonda,  ecc. 

Conduttore  elettrico,  cordone  o  catena  metallica 
che  dà  libero  passaggio  al  fluido  elettrico  e  lo  con- 
duce ovunque  si  voglia  raccoglierlo  o  adoperare 
0  disperderlo.  -  Cavo,  tipo  speciale  di  conduttore 
destinato  a  trasmettere  la  corrente  elettrica  per 
uso  di  telegrafia,  di  telefonia,  d' illuminazione,  di 
trazione,  ecc.;  specialmente,  quello  isolato  adope- 
rato per  la  trasmissione  dell'elettricità  attraverso  il 
suolo,  i  laghi,  i  fiumi.  •  Carica,  la  quantità  di  elet- 
tricità che  possiede  un  conduttore,  quando  è  sa- 
turo. -  Elettrodo,  estremità  iniziale  di  un  condut- 
tore elettrico.  -  Piccolo  circuito  o  corto  circuito,  in- 
terposizione di  un  conduttore  di  poca  resistenza 
fra  due  reofori  :  ne  consegue  riscaldamento  e  in- 
cendio. 

Gonduttura.  Termine  d'uso  per  fogna,  ca- 
nale e  simili. 

Gonèstabile.  Anticamente,  comandante  di  mi- 
lizia, governatore  di  fortezza. 

Confabulare  (confabulato).  Conversare,  tener 
conversazione  ;  discorrere,  parlare  con  altri  di 
cose  non  importanti. 

Confabulazione.  La  conversazione,  il  col- 
lòquio. 

Confacentc,  confacerolo.  Chi  si  confà,  è  ac- 
costante, adatto,  conferente,  conforme,  conve» 
niente,  favorevole,  giovevole  ;  proporzionato  (in 
proporzione),  utile,  ecc.  -  Dicesi  anche  per  cor- 


670 


CON FARE 


CONFESSIONE 


roborante.  -  Affarsi,  cosa  che  si  affa  ad  alcuno, 
conforme  a'suoi  gusti,  alla  sua  attitudine,  ecc.:  con- 
fare, confarsi. 

Confare  (confacente).  Avere  le  qualità  neces- 
sarie per  essere  adatto,  conforme,  quindi  in 
grado  di  giovare,  convenire,  essere  conveniente, 
star  bene;  avere  conformità,  proporzione  e  simili. 

Oonfarreazione.  Antica  forma  di  matri- 
monio. 

Confederare  confederarsi  (confederato,  confe- 
derazione). Detto  specialmente,  di  popoli,  di  socie- 
tà, di  Stati,  federare,  unire,  unirsi  in  confedera- 
zione; anche  in  alleanza.  -  Confederato,  chi  fa 
parte  di  una  confederazione,  federato.  -  Confe- 
derazione, V unione  in  tal  senso,  cioè  la  lega  po- 
litica di  popoli,  di  Stati,  ecc.,  con  interessi  e  doveri 
comuni:  confederamento,  consociazione,  federazio- 
ne, unione  confederativa.  -  Es.,  la  Confederazione 
svizzera,  la  Confederazione  germanica,  ecc. 

Confederato.  Detto  a  confederare. 

Confederazione.  Veggasi  a  confederare  e 
ad  unione. 

Conferenza.  Abboccamento,  colloquio  di  due 
o  più  persone  -  Forma  di  discorso.  -  Riunione 
di  appartenenti  alla  diplomazia.  •  Nel  linguaggio 
forense,  il  conferire  di  un  avvocato  col  cliente 
intorno  ad  un  determinato  affare.  -  Conferenza  del- 
VAia,  veggasi  a  pace 

Conferenzière  Chi  tiene  una  conferenza,  un 
discorso  in  pubblico. 

Conferiménto.  Atto  del  conferire. 

Conferire  {conferimento,  conferito).  Accordare, 
concedere,  dare.  -  Confrontare,  mettere  a  con- 
fronto, a  riscontro  una  cosa  con  l'altra.  -  Tenere 
conferenze,  colloquio,  discorso.  -  Trasmettere, 
assegnare,  detto  di  qualità  o  di  proprietà,  ecc. 

-  Concorrere,  cooperare.  -  Far  prò,  giovare, 
aggiungere  valore  (conferire  alla  bellezza,  al  decoro, 
alla  dignità  e  simili).  -  Conferimento,  atto  ed  effetto 
del  conferire,  dell'assegnare,  ecc. 

Conferma.  Il  confermare.  -  Anche,  notizia 
0  prova  di  un  fatto  o  di  una  cosa 

Confermare  {confermativo,  confermato,  confer- 
matorio,  confermazione).  Il  ripetere  cose  già  dette 
(anche  da  altri),  par  attestare  la  verità;  avvalo- 
rare ciò  che  si  ebbe  occasione  di  asserire:  ac- 
certare nuovamente;  racconfermare,  raffermare,  ri- 
confermare.- Dare  o  ridare  validità  ad  \m  patto. 

-  Rinnovare  un  contratto  -  Mantenere,  tener 
fermo  alcuno  in  una  carica,  in  un  grado,  in  un 
ufficio  e  simili.  -  Riconoscere  legittimo,  valido,  ecc.: 
approvare.  -  Come  termine  ecclesiastico,  cresi- 
mare, dar  la  cresima.  -  Omologare,  ratificare. 
Raffermare,  confermare.  -  Riconfermare,  ripete  e  raf- 
forza confermare.  -  Ribadire  il  chiodo,  riconfermare 
con  altre  prove,  altre  ragioni,  ecc.  -  Sanzionare, 
confermare,  approvare.  -  Sconfermare,  contr.  di 
eonfermare. 

Conferma,  il  confermare:  confermamento,  confer- 
mazione ;  rafferma,  raffermamento,  raffermazione  ; 
riassicuramento,  riconferma,  riconfermazione  ;  rati- 
ficamento,  ratificazione;  figur.,  sigillo,  suggello.  - 
Confermativo,  che  serve  a  confermare.  -  Confeimar 
torio,  che  ha  valore  di  confermare.  -  Conferma- 
zióne, conferma, azione  del  confermare.- La  crcstw^a. 

Confermativo.  Detto  a  conferm^are. 

Confermazione.  Il  confermare.  -  La  cre- 
sima. -  Parie  di  una  orazione. 

Confessare  {confessato,  confessione).  Dichiarare, 
dire,  manifestare  una  colpa,  un  delitto,  un  fallo 


0  una  qualunque  cosa  che  possa  essere  biasimévo- 
le, riconoscendola  come  di  azione  propria:  ammet- 
tere di  essere  colpevole  ;  far  confessione,  palesare, 
propalare  ;  scaricar  la  coscienza.  Si  conlessa  per 
candore  (ingenua  sincerità),  per  effetto  di  penti- 
mento, di  rimorso,  ecc.  -  Professare  pubblica- 
mente una  fede.  -  In  senso  chiesastico,  far  ufficio 
di  confessore,  avere  facoltà  di  ascoltare  in  con- 
fessione. -  Aprire  l'animo,  confessare;  dire  il  pro- 
prio sentimento,  il  proprio  pensiero:  aprirsi.  -  Re- 
citare il  confiteor,  dichiararsi  colpevole.  -  Riconfes- 
sare, ripete  confessare.  -  Sconfessare,  contr.  di  con- 
fessare: negare.  -  Confessione,  atto  del  confes- 
sare :  riconoscenza  del  fallo,  ecc.  In  termini  legali, 
giudiziale,  se  fatta  dalla  parte  o  dal  suo  procura- 
tore davanti  a  un  giudice  ;  str agiudiziale,  se  fatta 
fuori  di  giudizio.  -  Confesso,  il  reo,  che  ha  confessato. 
Confessarsi  (confessatoj.  Fare  la  confessione^ 
accedere  al  confessionale. 

Confessionale.  Arnese,  luogo  dove  il  prete 
ascolta  la  confessione.  -  Aggettivam.,  veggasi  a 
fede,  ad  opinione. 

Confessione.  Atto  del  confessare.  -  Parte  sot- 
terranea di  antica  chiesa,  ove  si  riponevano  le  re- 
liquie dei  martiri.  -  Tutti  insieme  coloro  che  pro- 
fessano una  data  fede,  e  la  fede  stessa. 

Confessione  (confessarsi,  confessato,  confessio- 
nale). Atto  del  confessarsi.  -  Facoltà,  nel  prete,  di 
confessare  e  di  assolvere.  Il  sacramento  cattolico 
per  cui  il  divoto  si  confessa  al  prete  :  confessio- 
ne auricolare  (perchè  il  confessore  presta  orec- 
chio); lavacro  della  confessione;  penitenza  ;  sacra- 
mento della  penitenza  ;  tribunale  della  penitenza.  - 
Confessione  generale,  parziale,  buona,  sacrilega,  falsa 
(contraria  a  verità,  a  coscienza),  ecc. 

Assoluzione,  l'atto  col  quale  il  confessore  perdo- 
na, rimette  i  peccati  al  penitente:  benedizione  as- 
solutoria, perdono,  proscioglimento,  remissione  dei 
peccati.  -  Caso  riservato,  quando  il  confessore  non 
può  assolvere  il  penitente.  -  Sigillo  della  confessio- 
ne, il  segreto  imposto  al  confessore. 

Confessarsi,  dire  al  prete  le  proprie  mancanze,  i 
propri  peccati  (veggasi  a  peccato):  accomodare  le 
cose  sue  con  Dio,  accomodarsi  con  Domeneddio, 
accomodarsi  dell'anima,  accostarsi,  presentarsi  al 
tribunale  della  penitenza;  accusarsi  in  faccia  a  Dio; 
andare  alla  grattugia;  confessare  in  penitenza;  di- 
sporre delle  proprie  cose  spirituali  ;  fare  la  propiia 
confessione,  fare  le  proprie  divozioni,  farsi  accusa 
dei  propri  peccati;  lavarsi  dei  peccati;  prender  peni- 
tenza ;  rappacificarsi,  riconciliarsi  con  Dio  ;  rasset- 
tarsi nella  coscienza;  stare  al  confessionale;  alla 
graticcia  ;  umiliarsi  a  pie  del  prete  ;  venire  a  pe- 
nitenza dei  peccati.  -  Chiamale  il  confessare,  d'un 
cattolico  morente.  -  Pigliar  Pasqua,  confessarsi  a 
Pasqua.  -  Riportare  il  filato,  andare  a  confessarsi. 
-  Btconci7tars«,  confessar  i  ancora  av;inti  la  comunione. 
Penitente,  chi  va  a  confessarsi,  si  confessa  :  espia- 
tore, che  espia;  peccatore  confitente;  figur.,  peco- 
rella smarrita  che  torna  all'ovile.  -  Pasqualino,  che 
si  confessa  solamente  a  Pasqua.  -  Confileor,  peccavi 
(hi.),  formole  di  confessione.  -  Exomologèsi,  confes- 
sione pubblica  dei  primi  tempi  della  Chiesa. 

Confessionale  (meno  comun.,  confessionario),  spe- 
cie di  casotto  o  d'inginocchiatoio  nelle  chiese  cat- 
toliche, dove  il  sacerdote  confessa:  nicchia,  pre- 
della. -  Graticola,  latta  bucherellata  che  è  nelle 
parti  laterali  del  confòòsionario,  attraverso  la  quale 
si  parlano  il  confessoie  e  il  penitente  ;  grata,  grat- 
tugia (scherz.). 


CONFESSIONI   —    CONFIDENZA 


671 


Confessioni.  Veggasi  a  libi'o  e  a  martire. 
Oonfessorato.  Detto  a  confessore. 

Confessore.  Il  prete  che  ascolta  la  confessione, 
amministra  il  sacramento  della  penitenza:  con- 
fessante, confessatore  ;  direttore  della  coscienza,  di- 
rettore spirituale;  padre  spirituale;  penitenziere,  peni- 
tenziere maggiore.  -  Confessore,  nell'antica  chiesa,  il 
cristiano,  che  professava  pubblicamente  la  fede  di 
Cristo,  anche  durante  le  persecuzioni.  Fu,  talvolta, 
chiamato  cosi  il  salmista,  il  cantore,  il  tonsurato. 
-  Confessore  di  manica  larga,  che  assolve  facil- 
mente. -  Confessore  ordinano,  confessore  delle  mo- 
nache. -  Confessorino,  dimin.  vezz.  di  confessore  : 
prete  giovine,  garbato  nel  confessare.  -  Penitenziere, 
specialmente,  il  confessore  che  ha  facoltà  di  scio- 
gliere i  casi  riservati.  -  Ascoltare,  ricevere,  dare,  to- 
gliere, levare  la  confessione,  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Assòlvere,  veggasi  a  peccato.  •  Stare, 
essere,  entrare,  chiudersi  nel  confessionale.  -  Tradire 
il  segreto  della  confessione,  del  prete  che  racconta 
i  peccati.  -  Confessorato .  ministero  del  confessore. 

Confettare  (confettato).  Far  confezione  di  una 
cosa  ;  preparare  un  confetto  f  acconciare  con  sue- 
c7iero,  questo  o  quel  frutto  e  simili,  come  fa 
specialmente  il  confettiere,  il  pasticciere  :  can- 
dire (meglio  detto  che  confettare),  cuocere  con 
zucchero,  nello  zucchero  ;  giulebbare  ;  sciloppare, 
siroppare. 

Confetteria.  Detto  a  confettiere. 

Confettièra.  Sorta  di  tazza  da  contenere  con- 
fetti, confetture  :  vaso  da  confettiere,  da  pastic- 
ciere. 

Confettière.  Fabbricante  o  negoziante  di  con- 
fetti, di  paste,  dolci  e  simili:  bozzolaro,  brigidinaio, 
cantucciaio,  cialdonaio,  confettatore,  confetturiere, 
confortinaio,  dolciere,  pasticciere.  Chi  fa  le  di- 
verse operazioni  del  confettare  (meglio  detto  can- 
dire), del  brillantare  (coprire,  smaltare  dolci  con 
zucchero  chiarito),  ecc.,  e  prepara  la  caramella, 
la  ciambella,  il  confetto,  la  frittella  e  ogni 
sorta  di  altra  pasta  dolce.  Propriamente,  dicesi 
bozzolaro  chi  vende  ciambelle  inzuccherate  e  simili 
paste  dolci;  non  comune,  ma  dell'uso;  pasticcinaio 
chi  fa  dolci  più  fini  e  più  vari;  pasticciere  il  più 
aristocratico  di  tutti.  -  Confetturière,  colui  che  fa  e 
vende  non  solo  confetti,  ma  altri  svariatissimi  dolci 
di  simil  genere,  canditi,  conserve,  pasticcini,  ecc., 
e  anche  liquori.  -  Confetteria,  confettureria,  luogo 
dove  si  fanno  e  si  vendono  confetti  e  simili  dolci  : 
biscotteria,  dolceria,  pasticceria. 

Confètto.  Piccolo  dolce  di  zucchero  cotto,  va- 
riamente formato  e  di  vano  gusto:  mandorla,  pi- 
stacchio, coriandolo,  nocciuola,  pezzetto  di  candi- 
to, ecc.,  coperto  di  zucchero,  sciloppato  e  cotto  : 
chicca,  confettino,  treggèa,  zuccherino.  -  Confettuc- 
r.io,  peggior.  di  confetto.  -  Confettino,  dimin.  vez- 
zegg.  di  confetto.  -  Confettuccio,  confetto  da  poco. 

Confetti  a  sorpresa,  quelli  che,  aperti,  hanno 
qualche  graziosita  nascosta.  -  Confetti  da  burla, 
molto  amari.  -  Confetti  di  san  Rocco,  còccole  di  gi- 
nepro, ricoperte  di  zucchero:  sono  diuretiche.  - 
Confetti  in  sciroppo,  quelli  pieni  di  sciroppo.  -  Con- 
fetti parlanti,  contenenti  un  carticino  con  qualche 
motto.  -  Confetti  vermifughi,  quelli  nei  quali  alla 
mandorla  è  sostituito  il  seme  santo,  cioè  l'assenzio 
raarino.  -  Confetture,  nome  generico  dei  confetti  o 
simili  dolci.  -  Dolciumi,  quantità  e  varietà  di  con- 
fetti ;  termine  collettivo  e  dispregiativo  di  tutti  i 
cibi  dolci,  come  confetti,  canditi,  pasticcini,  ecc.  - 
Tréggea,  miscuglio  di  confelti.  -  Vassoiata  di   con- 


fetti, quanti  di  questi  si   possono   mettere  su    un 
vassoio- 

Anacini  (sempre  in  plurale),  si  chiamano  a  Fi- 
renze certi  confelti  piccolissimi,  che  hanno  per  a- 
nima  un  anacio,  e  che  a  Pistoia  si  chiamano  piz- 
zicata, e  anticamente,  anche  a  Firenze,  treggèa.  Si 
dicono  pure,  e  molto  comunemente,  anaci  in  ca- 
micia. -  Fave  romane,  sorta  di  confetti  in  forma  di 
fava.  -  Marrons  glacés,  marroni  canditi.  -  Mentina, 
piccola  pasticca  di  menta.  -  Nocciole  confettate,  ri- 
vestite di  zucchero.-  Praline,  per  i  francesi,  la  man- 
dorla tostata  nello  zucchero. 

Confettiera,  vaso  per  confetti:  e  si  hanno  con- 
fettiere di  metallo  dorato,  d'ebano,  di  raso,  di  car- 
tone, di  carta,  colorate,  dorate,  con  figurine,  con 
nappe  di  seta,  ecc.  -  Confettiere,  chi  fa  e  vende 
confetti. 

Confetto.  Forma  medicamentosa  officinale:  veg- 
gasi a  farmacia  e  a  medicamento. 

Confettureria.  Detto  a  confettiere. 

Confetturiere.  Veggasi  a  confettiere. 

Confezionare  (confezionato).  Fare,  preparare  un 
medicinale,  una  inistura,  e  simili.  -  Termine 
d'uso  della  crestaia,  della  modista,  della  sar- 
ta, ecc. 

Concezione.  Il  confezionare  una  composizio- 
ne medicinale  di  vari  ingredienti  fatta  con  miele, 
zucchero,  ecc.,  a  guisa  di  cosa  confettata:  veggasi 
a  fartnacia.  -  Voce  d'uso,  derivata  dal  francese 
che  abbraccia  tutte  le  operazioni  necessarie,  tutto 
il  lavoro  occorrente  per  mettere  insieme  un  ve- 
stito, un  capo  di  biancheria,  un  cappellino  da 
signora,  ecc. 

Conficcare  {conficcato^  conficcatura).  Ficcare, 
cacciar  dentro,  far  entrare,  ficcare  una  cosa  aguz- 
za in  un'  altra  ;  fermarla  con  chiodo,  ecc.;  affig- 
gere, attaccare  con  chiodi  o  in  altro  modo.  -  Con- 
ficcatura, l'effetto  e  anche  l'atto  del  conficcare. 

Confidare  {confidente,  confidato).  Avere  confi- 
denza, avere  fiducia  ;  palesare,  dire  un  segre- 
to, in  segreto  ;  rivelare  ad  alcuno  cosa  che  ci  dolga, 
ci  spiaccia:  sfogarsi.  -  Lusingarsi,  avere  lusin- 
ga; tener  quasi  per  certo. 

Confidente.  Chi  gode  della  confidenza  d'al- 
cuno, ricevendone  i  segreti.  -  Anche,  familiare. 
-  La  sjìia  di  polizia. 

Confidenza.  Comunicazione,  che  si  dà  o  si  ri- 
ceve, di  un  segreto.  -  Quella  certa  familiarità, 
quel  modo  di  contegno  che  nasce  dalla  stima,  e 
per  cui  si  parla,  ci  si  apre  con  uno.  -  Confidenza, 
tra  uomo  e  donna,  più  che  familiarità.  -  Espan- 
sione, confidenza  affettuosa  con  la  quale  si  mani- 
festano i  propri  sentimenti. 

Confidente,  chi  gode  la  confidenza  d'alcuno,  rice- 
vendone i  segreti:  custode  di  segreti,  depositario  di 
confidenze  :  fedele,  fidato  ;  figur.,  segretario.  - 
Confidenziale,  di  confidenza  :  detto  o  fatto  in  con- 
fidenza ;  infimo,  di  intima  amistà  o  segretezza  ; 
che  dimostra  confidenza.  -  Confdenzioso,  che  piglia 
facilmente  delle  confidenze.  -  Confidenzialmente,  in 
0  per  confidenza  ;  in  modo  confidenziale  ;  come  in 
confessione,  sotto  sigillo  di  confessione.  -  Espan- 
sivo, chi  facilmente  si  confida,  sfoga  i  propri  affetti: 
persona  di  natura  espansiva.  -  Troppo  familiare  : 
indica  confidenza  soverchia  verso  coloro  ai  quali 
devesi  rispetto  e  deferenza. 

Aprire  l'animo,  aprirsi,  confidare,  confidarsi  con 
alcuno  ;  dirgli  ciò  che  si  ha  nell'animo,  che  ci  sta  a 
cuore,  e  che  prima  si  teneva  segreto,  -  Chiamare 
Mwo  a  parte  rf'  una   cosa,  partecipargliela,  fargliene 


672 


CONFIDENZIALE 


CONFORMISTA 


J)arte.  -  Comunicarsi  pensieri,  dolori,  segreti,  ecc., 
àrsi  reciproche  confidenze.  -  Dare  un  dito  e  pren- 
dere un  braccio,  di  chi  abusa  della  confidenza.  - 
Non  aver  mangiato  la  polenta,  i  fagiuoli  con  uno: 
non  aver  i  quella  confidenza  che  egli  vorrebbe  dare  a 
credere.  A  chi  si  piglia  confidenze  soverchie;  an- 
c!ie,  non  sé  mica  mangiata  la  pappa  insieme.  -  Non 
dare  spago  a  uno,  non  ammetterlo  alle  nostre  con- 
fidenze, non  trattarlo  con  confidenza.  -  Sbottonarsi, 
aprirsi  con  un  amico  o  persona  di  confidenza.  - 
Spalancare  il  core  agli  amici,  confidar  loro  tutti  i 
propri  segreti.  -  leneie  uno  o  tenersi  a  rispettosa 
distanza,  non  dare  confidenza.  -  Versare  i  propri 
dolori,  i  propri  dispiaceri  in  seno  a  uno,  confidarli. 
-  Versare  l'animo  proprio  nel  seno  di  un  amico  fe- 
dele, nello  stesso  senso. 

A  fjualtr'  occhi,  in  confidenza,  senza  che  altri  ci 
senta.  -  Inter  nos,  fra  noi,  senza  che  nessuno  ci 
senta,  in  confidenza.  -  Major  et  longinquo  reverentia, 
sentenza  latina  a  cui  risponde  l'adagio  italiano: 
confidenza  toglie  riverenza, 

Confidenziale.  Detto  a  confidenza  e  a  let- 
tera. 

Configgere  {confitto).  Lo  stesso  che  conficcare, 
ficcare. 

Configurare  {configurato).  Far  somigliante  nella 
figura.  -  Dare  configurazione,  forma.  -  Anche, 
sim  boleggiare. 

Configurazione.  Il  configurare.  -  V.^  figura, 
la  forma  che  una  cosa  ha. 

Confinante.  Che  si  tocca  nel  confine,  col 
confine.  -  Anche,  attigu' ,  vicino. 

Confinare  (confinante,  confinato,  confinazione). 
Essere  confinante,  a  confine  con  altri.  -  Esiliare, 
mandare  in  esilio,  a  confino. 

Confine.  Linea  che  separa  uno  Stato  o  un  paese 
dall'altri i.  eie  circoscrive  un  terreno,  una  casa,  una 
proprietà,  ecc.;  confino,  deninicazione,  limite,  linea 
di  demarcazione,  termine.  Arche,  la  pietra  che  se- 
gna il  confine  :  cippo,  pielr;i  miliare.  -  Demarca- 
zione, limite  d'un  terreno,  di  una  contrada,  d'uno 
Stato.  -  Frontiera,  luogo  nei  confini  del  dominio, 
a  fronte  di  altro  Stato  :  larriera.  -  Linea  di  con- 
fine, il  confine  di  un  \>■.^^se.  -  Marca,  confine,  paese 
di  confine.  -  Paese,  cttid,  dogana  di  confine,  sul  con- 
fine, al  confir:e  ira  uno  Stato  e  1'  altro,  -  liando, 
estremità,  confine.  -  Spartiacque,  termine  geografi- 
co: il  renfine  tra  due  legioni  fluviali.  -  Termine, 
p.etra  ©  altro  che,  piantato  in  terra,  a  certe  distanze, 
segna  i  cmfini  d'una  proprietà.  -  Tlialweg  (ted., 
via  della  valle),  voce  u^ata  dai  geografi  e  dagli  uo- 
mini di  Stato,  per  precisare  i  confini  fra  certi  Stati, 
il  cui  limite  è  segnato  dai  fiumi.  -  Varco,  punto 
per  cui  si  passa  oltre  il  confine;  passo  difficile, 
importante.  -  Zone  grigie,  locuzione  di  Crispi,  ri- 
fcientesi  in  genere  alla  terra  di  confine  ove  i  po- 
poli di  varia  razza  si  confondono. 
Orismografa,  descrizione  dei  confini. 
Confinante,  che  sta  sul  confine,  presso  il  con- 
fine ;  aggiunto  di  proprietà,  stabifi,  territori  e 
simili,  che  si  toccano  :  adiacente,  contiguo,  con- 
termine,  convicino,    finitimo,    limitrofo;    vicino. 

-  Confinare,  essere  confinante,   terminare,  toccarsi. 

-  Confinaztone,  il  segnar  linea  di  confine;  regola- 
mento dei  confini;  delimitazione,  stabilimento'  dei 
confini. 

Determinare  il  confine,  fissare,  porre,  segnare,  sta- 
bilire, tracciare  il  confine  ;  fare  la  delimitazione,  la 
hmitnzwnp.  -  Passare  il  confne,  uscire  dai  confini, 
andare   dtre  il  confine,  varcare  i  confini,  i  limiti. 


>'eiruso,  specialmente  militare,  sconfinare,  sfrontie- 
rare.  -  Violare  i  confini,  entrando  senza  permesso 
nei  diritti,  nelle  proprietà  del  vicino. 

Monti  che  partono  iL..  (poet.),  che  segnano  il 
confine.  -  Non  plus  ultra,  locuzione  latina  per  in- 
dicars  un  termine  non  sorpassabile. 

Confino,  confine.  Specie  di  esilio:  pena  che 
consiste  nell'obbligare  persona  a  stare  in  un  deter- 
minato luogo  :  pena  meno  aspra  del  domicilio  coatto: 
relegazione,  rilegamento,  terrafine  (v.  a.).  -  Confi- 
nare, infliggere  la  pena  del  confine:  condannare, 
mandare,  obbligare  a  confine  ;  ecilÌR'*»  ;  '•elegare, 
rilegare,  terrafinare  (v.  a.),  sbandire,  mandare  in 
bando.  -  Confinato,  relegato,  rilegato,  sbandito. 

Confisca  (confiscazionej.  Il  confiscare:  sorta  di 
sequestro  per  cui  si  assegnano  al  fisc^  le  proprie- 
tà, i  beni  del  condannato. 

Confiscare  {confiscato,  confiscazione).  Infliggere 
la  confisca,  a  profitto  del  fisco. 

Conflagrare,  conflagrazione  (conflagrato). 
Lo  scoppiare  di  un  grande  incendio  (ardere,  bru- 
ciare) e  di  una  sommossa,  di  una  rivoluzione)  ; 
anche,  di  un  dissidio,  di  un  urto  fra  due  potenze, 
fra  nazioni  e  popoli  (francesismo).  -  Termine  di 
geologia,  veggasi  a  Terra. 

Conflitto.  Veggasi  a  battaglia  e  a  conibat- 
timento. 

Confluente,  confluenza.  "Veggasi  a  fiume, 
ad  unione,  a  vaiuolo. 

Confluire  {confluito).  Detto  a  fiutne. 

Confóndere  {confondimento,  confuso).  Il  gene- 
rare confusione.  -  Accozzare,  mescolare  cose 
disparate.  -  Fare  imbroglio  ;  mettere  in  disor- 
dine, in  scompiglio;  sbalordire.  -  Scambiare  nel- 
l'intendere,  o  nel  giudicare  una  cosa  per  l'altra.  - 
Colpire,  sorprendere  altri  con  tali  e  tante  ragioni 
da  rendergli  impossibile  il  ribattere,  il  replicare.  - 
Avvilire,  umiliare.  -  Conquidere,  sbaragliare,  vin- 
cere. -  Confondimento,  cosa  che  fa  confondere. 

Confondersi  Cconfuso).  Restare  imbrogliato, 
smarrirsi  ;  conturbarsi,  rimanere  in  ttirbamenfo.  - 
Perdere  la  facoltà  di  parlare,  di  ragionare,  im- 
balordirsi, impaperarsi,  perdere  il  filo,  perdere  1« 
staffe,  restare  in  asso.  -  Balbettare,  pronunciar 
male  le  parole,  per  difetto  di  lingua  e,  anche,  per 
confusione,  turbamento  di  spirito  e  simili.  -  Con- 
fondimento, atto  ed  effetto  del  confondere. 

Confondimento.  Veggasi  a  confóndere  e  a 
confondersi. 

Conformare,  conformarsi  (conformato).  Ren- 
dere, diventare  conforme,  della  stessa  forma.  - 
Adattare,  rendere,  rendersi  adatto.  -  Accordare, 
accordarsi,  mettere,  mettersi  d'accordo.  -  Anche, 
cedere  alla  volontà  d'altri;  sottostare  a  un  ordi- 
ne, obbedire;  osservare,  uniformarsi,  detto  di 
legge,  di  precetto  e  simili.  -  Conformativo,  che 
si  conforma.  -  Conformazióne,  il  conformare,  il  con- 
formarsi. 

Conformazione.  La  forma  delle  varie  cose, 
-  La  fornia  o  la  disposizione  naturale  degli  organi 
nel  corpo  umano. 

Conforme.  Della  stessa  forma;  simile,  eguale 
per  indole,  per  qualità,  ecc.;  concòrde,  d'accor- 
do, in  concardia.  -  Preposiz.,  giusta,  secondo, 
secondqchè.  -  Avverbialrn.,  in  conformità,  secon- 
dochè,  siccome,  come.  -  Conformità,  astratto  di 
conforme,  qualità  di  ciò  che  è  conforme. 

Conformista,  Chi  professa  la  religione  an- 
glicana. 


CONFORMITÀ      —    COXFROVTO 


fiT.I 


Conformità.  L'essere  conforme. 

Confortare  {confortato).  Oàre  conforto  ;  in- 
fondere nuova  forza;  d^re  speranza;  afforzare, 
convalUIare  ;  incorare,  incupire.  -  Confortarsi, 
prender  conforto,  consolarsi  ;  più  che  rassegnarsi, 
indursi  a  rassegnazione. 

Confortativo,  confortatorio.  V^eggasi  a  con- 
fortfi 

Confortazione.  Consolazione,  conforto. 

Confortévole.  Detto  a  conforto. 

Confortili  aio.  Chi  faceva  e  vendeva  confortini. 

Confortino.  Sorla  di  pasta  dolce. 

Conforto.  Alleggerimentodidolore;quanlo  serve 
ad  alleviare  il  dolore,  il  dispiacere,  il  Hi«7e nostro 
«  di  altri  :  aiuto,  alleviamento  ;  balsamo  ;  conforta- 
mento,  conforta^rione,  confortazione;  gioia  (flgur  ):  le- 
nitivo; medicina  (figar.);  racconsolamento,  riconso- 
lamento,  riconsolazione  ;  refrigerio,  rimedio,  ri- 
storo, rugiada  (figur.);  sollazzo,  sollevamento,  sol- 
lievo ;  temperamento  di  dolore  ;  unguento   (figur  ). 

-  Anche,  ciò  che  serve  a  ristorare  a  dare  un  certo 
benessere  fisico.  -  Persuasione,  esortazione.  ■  Ec- 
citamento, incitamento,  incoramento,  istigazione. 

Balsamo   (fi?jr.),  risloramento,  ristoro,  conforto. 

-  Consolazione,  la  persona,  la  cosa  che  ci  dà  con- 
solazione. -  Cordiale  (fisur.),  di  cosa  che  conforta 

-  La  coìisolazione  dei  dannali,  il  provar  conforto 
del  nostro  male  perchè  è  diviso  con  altri.  -  Refri- 
gerio, sollievo  che  si  prova  per  conforto  che  venga 
a  ano  spasimo,  a  un  male,  a  un  bisogno.  -  Ricon- 
forto, novo  conforto.  -  Rincoramento,  il  rincorare. 

-  SoUeramento,  per  sollievo  (non  comune).  -  Ri- 
storo, conforto  materiale  o  morale.  -  Solliero,  il  ria- 
versi, fisico  o  morale,  d^  un  affanno.  -  Contr.,  scon- 
forto, dolore,  scoraggi s'oento,  perdita  di  coraggio. 

Confortare,  alleggerire  lo  pene  altrai,  dar  '^sol- 
lievo nel  dolore  ;  ridare  forza  a  chi  si  trova  mo- 
ralmente abbattuto  :  addolcire  il  dolore,  asciugare 
le  lagrime  ;  cohciliare,  consolare  ;  corroborare  ;  dare, 
ridare  conforto,  lena,  polso,  riposo;  dare  spasso 
alle  pene  ;  disacerbare,  disaffann&re,  disasperare,  di- 
sasprire, disattristare  ;  invigorire,  raolcere  la  cura 
(poet.);  racchetare,  racconsolare,  rasserenare,  rat- 
temperare, recare  a  conforto,  riconfortare,  ricreare, 
rilevare,  risollevare,  ristorare;  sgombrare  T  acer- 
bezza ;  snllexare,  sollevar  l'animo  ;  sostenere,  tener 
consolato  ;  togliere,  trarre  di  pena  ;  vigoreggiare.  - 
Anche,  dare  speranza  ;  infondere  nuova  forza. 

Andare  al  cuore,  di  cose  che  consolano.  -  Asciu- 
gare gli  occhi  altrui,  confortare.  -  Edificare  (figur.), 
dare  una  consolazione,  una  nobile  soddisfazione 
che  ricostituisce  l'animo  (contegno  morale  che  edi- 
fica; parole  che  edificano).-  Lidoraie  il  boccone,  la 
pillola,  addolcire  una  notizia,  un'azione  amara  con 
qualche  altra  di  conforto.  -  Lusingare,  confortare, 
dare  soddisfazione  (porcle  che  lusinqano  Fanimo  no- 
stro, o  assol.  che  liisirigauo).  -  Uefri^erare,  dar  re- 
frigerio. -  Riconfortare,  ripete  e  rafforza  confortare. 

-  Riconsolare,  ripete  consolare,  racconsolare.  -  Ri- 
metter l'aninta  in  corpo,  di  cosa  consolante,  confor- 
tante. -  Sconfortare,  contr.  di  confortare. 

Confortarsi,  arnursi,  munirsi,  pro\^"edersi,  ve- 
stirsi di  coraggio  :  darsi  pace,  disattristarsi  ;  far 
cuore,  farsi  coraggio  ;  farsi  animo,  di  buon  ani- 
mo ;  pigliar  consolazione,  pigliar  cuore  :  placarsi  ; 
pigliar  consolazione  \  racconfortarsi,  rassegnarsi,  a- 
veft  rassegnazione;  rialzarsi  di  spirito;  rattem- 
perarsi, riconfortarsi,  rimettersi,  rincorarsi  ;  scari- 
carsi del  duolo,  sdogliarsi  ;  sollevarsi  dalle  pene  ; 
sostenersi  ;  \'igorire,  vigorirsi.  -  Illiquidirsi  il  cuore 


0  simili,  venire  meno  dalla  consolazione.  -  Riaversi, 
sentirsi  riavere,  confortarsi,  consolarsi. 

Confortante,  che  conforta,  consola  :  consolante  ; 
refrigerante  (che  dà  refrigerio),  ecc.  -  Confortativo, 
che  ha  virtù  di  confortare  :  confortévole.  -  Confor- 
tatore, chi  conforta,  dà  conforto  :  consolatore,  rac- 
consolatore.  Greco,  paraclito,  paracielo:  veggasi  a 
t^nvento.  -  Medico  dell'  av.ima^  dello  spirilo,  di- 
cesi di  chi  valga  a  lenire,  cure,  noie  della  vita.  - 
Tu  sei  mio  fratello,  mii  sorella  e  mia  madre  :  di 
persona,  unico  conforto.  -  Confortatorio,  di  confor- 
to, che  reca  conforto:  consoiatono. 

Confortabilmente,  in  modo  da  confortare.  -  Con- 
solatamente,  in  modo  consolato,  comodo. 

Conforto  xei  mal;  (proverbi).  Chi  non  sa  soffrire 
non  sa  vivere.  -  Dietro  al  moìite  c'è  la  ^-ìitna.  -  Gioia 
e  sciagura  sempre  non  dura.  -  La  lanlan'.a  quanto 
più  è  arruffata  e  meglio  s'acomoda  -  Miseria  con- 
fortata non  è  miseria.  •  Un'ora  di  buon  sole  rasciuga 
molti  panni. 

Confratello.  Compagno  di  confraternita  : 
membro  della  stessa  congregazione;  collega  d  uno 
stesso  sodalizio  ;  consocio.  Fr^mmin ,  consorella. 

Confratèrnita.  Associazione,  congregazione 
di  laici,  laicale,  per  opere  ed  esercizi  spirituali, 
per  prestare  assistenza  pubblica  in  vario  modo  (soc- 
j  correre  feriti,  trasportare  morti,  ecc.),  compagnia; 
comunità;  oratorio.  -Celebre  la  Confraternita  o  Com- 
pagnia  della  Misericordia  istilaita  (allo  scopo  di 
trasportare   malati  e  defanti;  a  Firenze,  nei  124i. 

1  suoi  membri  vanno  in  giro  incappucciati.-  Arci- 
confraternita,  confraternita  principale,  tra  le  altre, 
per  dignità  ;  confraternita  per  eccellenza. 

Accoppiatore,  membro  d"  una  confraternita  che 
ha  r  ufficio  di  disporre  i  confratelli  a  due  a 
due  nelle  processioni.  -  Capo  di  guardia,  grado  del- 
l'arciconfraternita  della  Misericordia.  -  Confratello, 
compagno  di  confraternita.  -  Fratelli,  i  soci  d' uiia . 
confraternita.  -  Grembiuli,  ano  dei  tre  stati  di  cui 
si  compone  la  confraternita  della  Misericordia  {\o- 
bili.  Grembiuli.  Clero).  -  Magistrato,  direzione  d'aaa 
confraternita  -  Mis^ricordaio,  misericordiante,  fra- 
tello della  Misericordia.  -  Porti,  portatori  della  Mi- 
sericordia. -  Provveditore,  V  amministratore  d'  una 
confraternita  laicale.  -  Scarlafaccio,  scartafoglio,  in- 
fimo grado  nella  cornpi^'nia  della  .Misericordia. 

Confricare,  confricazione  {confricato).  Veg- 
gasi a  fregare. 

Confrontare  f confrontàbile,  confrontato).  Met- 
tere a  confronto.  -  Tornar  bene  al  confronto. 

Confronto.  Atto  ed  effetto  del  confrontare, 
ossia  mettere  a  fronte,  a  paragone,  a  riscontro 
una  cosa  con  un'altra  (anche  persona),  per  notarne 
le  somiglianze,  le  differenze:  confrontaoiento,  con- 
frontazione,  parallelo;  raffronto,  riscontramento,  ri- 
scontro. -  Osservare,  considerare  due  o  più  cose, 
paragonandone  le  parti.  -  Contrasto,  di  cose  op- 
poste messe  a  contatto,  a  confronto,  a  riscontro.  - 
Rapporto,  ris  iltato  dal  confronto  di  due  quantità, 
di  due  grandezze  della  stessa  specie. 

Affrontare,  mettere  a  fronte,  a  confronto.  -  Ag- 
guagliare, agguagliarsi  (in  certi  casi),  confrontare, 
confrontarsi  con  presunzione.  -  (dilazionare,  ri- 
scontrare, confrontare  la  copia  d'  una  scrittura.  - 
Far  cont  apporto,  far  riscontro  :  di  due  cose  aventi 
qualità  opposte,  che  son  messe  di  frante.  -  Fare 
una  cosa  a  competenza  d'un  altro,  da  stare  a  con- 
fronto. -  Fare  un  parallelo,  un  confronto,  un  con- 
trapposto. -  Mettere  a  comune,  a  contrasto,  i  confronto. 

Iricomparabile,  di  cosa  tanto  bella  e  buona   che 


Pkevcu.  -  Vocabolario  Nomenclatore. 


43 


674 


CONFUSAMENTE    —    CONFUSIONE 


non  si  può  mettere  a  confronto  con  altre.  -  I  con- 
fronti sono  odiosi,  locuzione  francese.  -  altre  voci, 
altri  modi  di  dire,  veggasi  a  paragone.  , 

Confusamente.  In  modo  confuso,  con  con- 
fusione. 

Confusionario.  Chi  fa  confusione. 

Confusione.  Il  confondere  e  lo  stato  (mesco- 
lanza disordinata)  delle  cose  o  persone  confuse: 
abborraccio  (abborracciamento  di  più  cose  insieme), 
acccozzaglia,  accruscaglia,  anarchia  (figur.),  avvi- 
luppatura  ;  babèle,  babilonia,  bobbia,  buglióne  (mol- 
titudine confusa  di  cose  diverse),  bulima,  busche- 
rio ;  confondimento,  congerie,  conturbamento  ;  dia- 
voleto, diavolio;  disordinamento,  disordine;  farrà- 
gine ;  garbuglio,  ginestreto,  guazzabuglio  ;  imbratto, 
infernalità,  ingarbugliamento,  insalata,  intrigo,  in- 
viluppo ;  matassa,  mescolanza,  miscela,  mistione, 
oUapodrida  ;  pandemonio,  pecoreccio,  poltiglia,  pu- 
tiferio; rapaio,  repubblica  (figur.  volg.),  rimesco- 
lanza, rovistio  ;  scombuiamento,  scombussolio,  scom- 
piglio, sconcerto,  sinagoga,  subbuglio  ;  tafferuglio, 
torre  di  Babele,  tramazzo,  trambusto,  tramestìo  ; 
vilume,  viluppo,  vòrtice  ;  zenzoverata,  zuppa.  -  An- 
che, turbamento  dell'animo,  perturbamento,  per- 
turbazione; rossore,  vergogna. 

Armeggio,  confusione  di  atti  e  di  cose  delle 
quali  chi  vede  non  capisce  distintamente  il  fine.  - 
Arruffio,  grande,  continua,  disordinata  confusione 
di  cose.  -  Babele,  luogo  di  confusione,  di  disordine 
e  di  corruttela.  -  Bailamme,  confusione  di  gente  e 
di  voci  :  baccano,  bosco  a  baccano,  mare  magno, 
viavai.  -  Baraonda,  riuaione  di  gente  che  proceda 
confusamente  e  senz'  ordine.  -  Batùffolo,  massa  di 
cose  confuse,  ingarbugliate.  -  Buglione,  accozzaglia 
confusa  di  gente,  o  mistura  di  cose  ;  ma  sempre  in 
senso  spregiativo.  -  Buréggio,  confusione  in  tempo 
di  fiera  o  mercato  per  il  gran  da  fare,  e  richiamo 
di  persone,  come  è  in  una  bottega. 

Caos  (caosse),  massa  informe  e  rozza,  composta 
degli  elementi  confusi  gli  uni  cogli  altri.  Secondo 
i  libri  sacri,  confusione  di  tutti  gli  elementi  prima 
che  fosse  formato  il  mondo.  -  Cibrèo,  in  senso  tras- 
lato, confusione  di  cose,  pasticcio,  -  Combutta,  in- 
sieme di  persone  senza  ordine,  senza  distinzione. 

Disordine,  confusa  e  cattiva  condizione  di  cose. 
-  Falò,  arruffio,  scompiglio.  -  Farràgine,  agglome- 
razione confusa  di  cose  o  di  persone.  -  Imbrò- 
glio, cosa  imbrogliata,  confusa,  naturalmente  o  per 
intenzione.  -  Ingarbugliamento,  confusione  di  cose. 
■Intrigo,  imbroglio,  raggiro,  artificiosa  confusione. 

Matassa  (figur.),  cosa  confusa,  intricata.  -  Me- 
scolanza, la  cosa  mescolata  e  confusa.  -  Mischia, 
un  mescolarsi  di  gente  per  abbaruffarsi.  -  Olla-po- 
drida  (spag.,  pron.  o  glia  podrida  ;  significa  :  olla, 
peritola  putrefatta),  confusione  di  carni  e  di  ver- 
dure d'ogni  svariata  specie,  cotte  insieme  :   cibrèo. 

Pandemònio,  luogo  nell'inferno  immaginato  dai 
poeti  e  destinato  al  parlamento  dei  dèmoni  :  figur., 
confusione.  -  Panicolaio,  cosa  o  luogo  pieno  di  con- 
fusione. -  Parapiglia,  subitanea  e  vivace  confusione 
di  molte  persone.  -  Patassio,  movimento  confuso  di 
persone.  -  Pottiniccio,  confusione  o  guazzabuglio  di 
cose,  specialmente  liquide  ;  anche,  di  scritture  e  si- 
mili ;  specialmente,  di  cose  in  malo  modo  appiccicate 
insieme.  -  Poutpourri  (frane),  lo  stesso  che  olla  po- 
drida; nell'uso,  insieme,  confusione  di  pezzi  musi- 
cali presi  da  varie  opere. 

Rapaio  (figur.),  di  casa  o  luogo,  o  composizione 
dove  e'  è  confusione,  imbroglio  o  peggio,  -  Romba 
(figur.),  confusione  ;  battibuglio.  -  Sbaralla,  lo  sba- 


rattare, confusione.  -  Scompiglio,  confusione  grande, 
-  Sconcerto,  grave  turbamento.  -  Sinagoga  (spreg,), 
qualunque  adunanza,  luogo  di  confusione.  -  Sub- 
buglio, confusione  grande,  con  una  certa  agitazione,^ 
di  gente,  non  senza  qualche  clamore.  -  Tafferuglio, 
questione  oscura  o  simulata  di  gente  fra  loro  ;" ris- 
sa, litigio  confuso.  -  Torre  di  Babele,  Babilonia 
(figur.),  gran  confusione. 

Zibaldone,  unione  confusa  tanto  di  cose,  che  di 
parole,  di  persone,  ecc.  -  Zuppa  (figur.),  di  cose 
malamente  riuscite,  sciupate,  confuse. 


Confondere.  -  Confondersi.  -  Confusionario. 
Confuso.  -  Confusamente. 


Confondere  :  fare,  generare,  mettere,  portare,  pro- 
durre confusione  ;  mettere  insieme  senza  ordine 
e  senza  criterio;  accoppiare  senza  distinguere;  pren- 
dere una  cosa  per  un'altra  ;  accozzare  insieme  cose 
disparate  ;  accruscugliare,  avviluppare  ;  disordinare,^ 
mettere  in  disordine,  guazzabugliare;  impaniccia- 
re, ingarbugliare  ;  mescolare  disordinatamente  ;  per- 
mischiare  ;  ravviluppare.  -  Scambiare,  nell'  inten- 
dere 0  nel  giudicare  o  nel  capire,  una  cosa  con 
un'altra.  -  Convincere,  persuadere  altri,  con 
argomenti,  con  ragioni  tali  che  non  sappia  più  re- 
plicare -  Avvilire,  umiliare.  -  Generare  confu- 
sione nella  mente  di  qualcuno;  far  perdere  il  filo 
delle  idee,  del  discorso  ;  rendere  confuso  chi  parla  ; 
arruffar  la  testa  ;  cavar  di  scherma  ;  far  girare  il 
capo  ;  imbrogliare  il  cervello  ;  turbare  la  mente^ 
sbalordire  ;  disorientare  ;  scombuiare,  scombusso- 
lare ;  tur  di  bomba. 

Affastellare,  mettere  insieme  alla  rinfusa,  confu- 
samente. -  Affastellare  la  lingua  morta  con  la  viva, 
diavoli  e  santi,  fare  una  confusione  grande  e  stolta. 

-  Andare,  mandare  in  fascio  :  in  rovina,  in  confu- 
sione. -  Appiastricciare,  confondere   imbrogliando. 

-  Armeggiare,  fare  o  dire  cosa  all'impazzata,  con- 
fusamente, a  caso. 

Complicare,  mescolare  in  confuso  ;  rendere  com- 
plesso, intrigato,  non  facile  a  sciogliersi.  -  Confon- 
dere gli  Ebrei  coi  Samaritani,  confondere  cose  o 
persone  diverse,  opposte  ;  far  gran  confusione.  -  Di- 
sordinare, creare  confusione,  disordine.  -  Far  am- 
m,attire,  confondere  del  tutto  la  mente  a  qualcuno. 

-  Fare  d' ogni  erba  un  fascio,  d'  ogni  lana  un  peso 
(figur.),  di  chi  mette  insieme  alla  rinfusa  ;  di  per- 
sona che  ne  fa  o  n'ha  fatte  di  tutti  i  colori.  -  Fare 
o  essere  un  quarantotto,  cioè  un  subbuglio,  un  tu- 
multo, una  confusione  (manifesto  ricordo  delle  Cin- 
que giornate  del  marzo  18i3  a  Milano). 

Infruscare,  mescolare  e  confondere  talmente  le 
cose  che  in  nessun  modo  si  possa  discernere  una 
dall'altra.  -  Imbrogliare,  confondere  una  cosa  con 
l'altra  ;  fare  imbrogli.  -  Imbrogliare  il  cervello,  la 
testa,  confondere  le  idee.  -  Impappinare,  interro- 
gare in  modo  che  uno  non  sappia  più  rispondere. 

-  Ingaràbullare,  ingarbugliare,  confondere  e  scom- 
pigliare insieme  ;  arruffare.  -  Levare,  cavar  uno  dt 
tono,  confonderlo,  turbarlo. 

Mettere  a  fascio,  più  cose  in  fascio,  ammassare 
confusamente.  -  Mettere  a  soqquadro,  mettere  sotto- 
sopra, in  confusione,  in  iscompiglio.  -  Mettere  m 
un  mazzo,  confondere  più  cose  disparate,  o  non 
fare  eccezione:  di  persone  o  cose  come  equivalenti 


CONFUTABILE   —   CONGIUNTUnA 


675 


per  poco  valore.  -  Non  avere,  non  esserci  capo  né 
coda  :  di  cosa  nella  quale  non  e'  è  regola,  ordine 
di  nessuna  sorta. 

Ravviluppare,  confondere  e  confondersi.  -  Ricon- 
fondere, ripete  e  rafforza  confondere.  -  Sbarattare, 
disunire,  mettendo  in  confusione.  -  Scombuiare,  scom- 
pigliare, mettere  sottosopra.  -  Sconfondere,  tr.  e  riti, 
intens.  pop.  di  confondere.  -  Tirar  giù  pampini 
e  uva  :  abbacchiare  e  mettere  insieme  ogni  cosa  più 
disparata.  -  lurbare,  creare  confusione,  turba- 
mento. 

Confondersi  ,  mescolarsi  insieme  disordinatamen- 
te :  appiastricciarsi,  arruffarsi,  incrociarsi  disordi- 
natamente, intrecciarsi.  -  Darsi  briga,  prendersi 
cura  0  pensiero  molesto  per  checchessia.  -  Anche, 
conturbarsi  d'animo,  di  mente,  per  effetto  di  ver- 
gogna e  simili,  cosi  da  perdere  quasi  la  parola; 
abbalordirsi,  annaspare  ;  annaspicare,  avvilupparsi 
nelle  parole;  imbalordirsi,  imbiancare,  imbiancarsi; 
impaperarsi,  impappinarsi,  impigliarsi  ;  incoccarsi, 
infrascarsi,  infrancescarsi,  innaspare,  intrefolarsi  ; 
non  ritrovarsi  ;  perdere  la  bussola,  la  scherma,  la 
tramontana,  le  staffe;  restare  imbrogliato;  restare, 
rimanere  sciocco  ;  restare  in  asso,  restare  senza 
voce,  restare  soprappreso;  rimaner  confuso;  rima- 
nere bianco,  rimanere  come  prete,  rimanere  in  sulle 
secche  ;  turbarsi.  -  Andare  in  frasca,  confondersi  ; 
non  sapere  più  che  uno  si  dice.  -  Cader  l'ago,  re- 
stare a  bocca  aperta,  restare  senza  voce,  modi  di  dire 
riferibilmente  a  chi  si  confonde. 

Confusionario,  chi  confonde  facilmente  per  di- 
fetto di  ragionamento,  per  troppa  fretta,  ecc.:  ar- 
meggione, arruffone;  confusionista;  faccendone;  gru- 
folone,  guastamestieri,  guazzabuglione;  inibro- 
glione,  impiccione,  impigliatore  ;  ingarabuUone, 
ingarbuglione,  intruglione;  mesticcione,  pasticcio- 
ne ;  scompigliatore. 

Confuso,  indistinto,  non  distinto,  che  è  costi- 
tuito di  cose  disparate,  messe  insieme  in  modo  che 
difficilmente  si  possa  distinguerle:  babèlico,  cao- 
tico; farraginoso,  incomposto,  impanicciato,  impa- 
stato ;  intricato,  ravvolto,  rimescolato,  tumultuario. 
-  Pallido  per  confuso,  non  bene  determinato,  in 
senso  figurato  si  dice  chi  ha  confusione  nella 
mente  :  perplesso,  sconcertato,  scompigliato,  tur- 
bato. -  Avere  la  testa  come  un  pallone  (iperb.), 
essere  molto  confuso,  sbalordito.  -  Far  confuso  uno, 
confonderlo,  svergognarlo.  -  Restar  di  sale  (o  come 
la  moglie  di  Lot),  dì  stucco,  di  sasso,  in  grande  con- 
fusione e  sbalordimento. 

Confusamente,  con  confusione,  in  modo  da  creare 
confusione:  a  babboccio,  a  caso,  a  macca,  a  cata- 
fascio ;  affollatamente  ;  alla  rinfusa,  all'avviluppata, 
all'inviluppata  ;  a  rifascio  ;  avviluppatamente  ;  av- 
voltatamente  ;  come  un  sacco  di  gatti  ;  disordinata- 
mente ;  imbrogliatamente,  imbrogliatissimamente; 
in  buglione,  in  confusione,  in  confuso,  indistinta- 
mente ;  in  massa,  in  mucchio;  intralciatamente,  in- 
tricatamente ;  mescolatamente,  mistamente,  nel  bu- 
glione ;  rinfusamente  ;  sossopra,  sottosopra  ;  tutti, 
tutto  in  un  monte.  -  Et  ab  hoc  et  ab  hac  (lat.), 
confusamente.  -  I  diavoli,  tutti  i  diavoli  dell'infer- 
no, quando  e'  è  un  grande  scompiglio  o  nascono 
molti  ostacoli  impreveduti.  -  Péle  mèle,  frane,  alla 
rinfusa.  -  Uno  scombussolio,  un  putiferio,  un  dia- 
volo a  quattro,  quando  si  procede  o  avviene  alcun- 
ché molto  confusamente,  tumultuariamente. 

Confutàbile.  Detto  a  confutare. 

Confutare  (confutativo,  confutato,  confutazione). 
Dimostrare  l'erroneità  di  un'argomentazione,  di 


un'opinione,  d'un  discorso;  addurre  argomento 
e  ragioni  contro  la  tesi  d'altri:  infirmare,  oppugnare 
il  ragionamento  d'altri  :  il  che  avviene  quando 
ci  si  trova  a  discutere.  -  Confutàbile,  che  si  può 
confutare.  Contr.,  inconfutabile,  certo.  -  Confuta- 
tivo, confutatorio,  atto  a  contutare.  -  Confutazione, 
l'azione  del  confutare  ;  discorso,  ragionamento  che 
serve  a  confutare;  vittoria  ottenuta  nel   disputare. 

Confutazióne.  Detto  a  confutare. 

Congedare  {congedo).  Dare  congedo,  licenzia- 
re, mandar  via.  -  Dare  il  congedo  alla  milizia.  - 
Accomiatare,  congedare,  licenziare.  -  Congedarsi, 
prendere  congedo,  prendere  commiato.  -  Levare 
a  uno  l'incomodo,  il  disturbo,  andar  via  per  non 
incomodarlo.  -  Congedato,  licenziato,  mandato  via. 
-  Soldato  in  congedo,  dopo  terminata  la  sua  fer- 
ma nell'esercito. 

Congèdo.  Licenza  di  partire.  -  Genericam., 
commiato.  -  Facoltà  di  lasciare  il  servizio  (di 
milizia,  ecc.).  -  Licenza,  concessione  ad  un  impie- 
gato, 0  ad  altri,  di  allontanarsi  per  un  certo  tem- 
po dall'ufficio  0  dal  servizio.  -  Termine  parlamen- 
tare :  veggasi  a  Farlamento. 

Congegnare  (congegnato).  Congiungere,  unire. 

Congegno.  Qualsivoglia  apparecchio,  arnese  o 
istrumento,  o  macchina,  le  cui  parti  sono  in- 
gegnosamente messe  insieme  :  ordigno.  Tali  1'  «»•- 
pione,  la  cerniera,  la  fibbia,  il  gancio,  ecc.  • 
Fabbrica  (figur.),  artifizio,  congegno,  struttura.  - 
3Ieccanica,  la  scienza  dei  congegni. 

Congelamento.  Il  congelare  e  il  congelarsi. 

Congelare,  congelarsi  (congelato).  Rappi- 
gliarsi per  effetto  del  freddo.  -  Anche  coagula- 
re, coagularsi. 

Congelazione.  Veggasi  a  freddo  e  a  coa- 
gulare. 

Congènere.  Dello  stesso  gènere.  -  Aggiunto 
di  tnuscolo. 

Congenito.  Che  viene  dalla  nàscita,  dall'or- 
ganizzazione primitiva  dell'  individuo  :  una  ma- 
lattia 0  altro. 

Congèrie.  Agglomerazione,  massa,  mucchio, 
quantità  di  cose.  -  Anche,  confusione. 

Congestióne.  Accumulamento  di  sangue  o 
altro  liquido  in  una  parte  del  corpo  :  flusso. 

Congettura.  L' idea  che  ci  facciamo  d'una 
cosa  ;  induzione  di  cosa  che  si  pensi  possa  essere 
0  essere  stata  :  ipòtesi.  •  Congetturale,  di  conget- 
tura, fondato  su  congetture.  -  Congetturalmente,  con- 
getturando, per  congettura.  -  Congetturare,  farsi 
un'idea,  un'ipòtesi  :  immaginare,  supporre. 

Congetturale.  Veggasi  a  congettura. 

Congetturare  (congetturato).  Far  congettU' 
ra;  procedere  per  via  di  ipotesi. 

Congio.  Antica  misura  romana. 

Congiungere  (congiunto).  Mettere,  attaccare 
insieme;  incastrare,  innestare,  saldare.  -  Unire 
in  qualsiasi  modo  e  a  qualsivoglia  fine.  -  Unire  in 
matrimonio.  -  Congiungersi,  attaccarsi,  saldarsi, 
unirsi,  ecc. 

Congiungimento.  Atto  ed  effetto  del  con- 
giungere, del  congiungersi;  ^qW attaccare ,  del- 
l'attaccarsi ;  à&W'unire,  dell'unirsi  :  presa. 

Congiuntamente.  Unitamente,  insiem,e. 

Congiuntiva.  Veggasi  a  palpebra. 

Congiuntivite.  Detto  a  palpebra. 

Congiuntivo.  Che  congiunge,  serve  a  congiun- 
gere, ad  attaccare,  ad  unire. 

Congiuntura.  Punto  d'unione.  -  Avveni- 
mento, caso,  circostanza,  occasione. 


676 


CONGIUNTO   —    CONICAMENTE 


Congiunto.  Unito,  messo  insieme  (veggasi  ad 
unire)  ad  altri.  -  Furente. 

Congiunzióne.  Congiungimento,  unione.  - 
Figur.,  amistà,  relazione  intima.  -  Particella, 
come  termine  di  grammatica.  -  Avvicinamento 
apparente  di  un  astro  con  un  altro  :  detta  supe- 
riore (per  Mercurio  e  Venere),  se  di  là  dal  sole  ; 
inferiore,  se  al  di  qua,  fra  la  Terra  e  il  sole. 

Congiura.  Unione,  lega  segreta  stretta  fra  più 
persone  contro  un  sovrano,  un  governo  e  simili  : 
complotto,  congiuramento,  congiurazione;  conspira- 
zione,  cospirazione;  giura,  macchina  infernale,  mac- 
chinazione, paltò,  trattato  segreto.  Scherz..  sinedrio. 
Famosa  la  congiura  di  Catilina,  quella  dei  Pazzi,  ecc. 
-CoHa7iaòo/o,  adunanza  segreta,  inferiore,  per  carattere 
e  importanza,  alla  congiura.  -  Cospirazione,  meno 
grave  di  congiura  e,  per  lo  più,  di  carattere  poli- 
tico :  intesa,  accordo  tra  parecchi  ad  uno  scopo. 
•  Lega,  unione  di  due  o  più  persone,  spesso  a  line 
non  buono.  -  Ir  ama,  maneggio  segreto  (meno  di 
congiura)  per  danneggiare  altri.  -  Trallato,  trama 
segreta  di  congiura. 

Congiurare,  conspirare,  cospirare,  ordire  una  con- 
giura; tramare,  intessere  una  trama;  macchinare.  - 
Boicottare  (voce  d'uso),  congiurare  contro  qualcuno, 
rifiutando  ogni  rapporto  di  compra  e  vendita;  inter- 
dire. -  Ordire  (ordimento,  ordito)  una  congiura,  archi- 
tettarla, prepararla,  condurla  innanzi,  allo  scopo;  dis- 
porre i  mezzi  per  mandarla  ad  effetto:  tramare.  - 
Congiurato,  chi  partecipa  ad  una  congiura:  con- 
giurante, congiuratore  ;  cospirante,  cospiratore  (per 
lo  più,  in  senso  politico);  giuralo. 

Catilinismo,  mania  di   congiure,  di  cospirazioni. 

Parola  d'intesa  o  d'ordine:  che  serve  d'intesa  a 
persone  indettate,  congiurate.  -  Il  sordo  tramenio 
d'una  congiura,   l'agitarsi  segreto  dei  congiurati. 

Congiurare,  congiurato.  Veggasi  a  con- 
giura. 

Conglobare  (conglobalo).  Raccogliere  in  forma 
di  globo.  -  Adunare,  mettere  insieme,  racco- 
gliere. ■  Conglobato,  veggasi  ad  unione. 

Conglomerare  {conglomerato).  Mettere  insie- 
me, raccogliere,  aggomitolando. 

Conglomerato.  In  geologia  e  in  mineralogia, 
massa  di  sostanza  dissimile  stata  per  lungo  tempo 
separata,  riunita  poi  da  qualche  fenomeno  tìsico, 
come  le  arenarie,  il  caranto,  ecc.:  agglomerato. 

Conglutinare  (conglutinamento,  conghuinato, 
conglutinazione).  Agglutinare,  attaccare;  congiun- 
gere, unire. 

Congratularsi  {congratulato,  congratulazione) 
Rallegrarsi,  esprimere  ad  altri  il  piacere  che  si 
prova  per  una  buona  ventura  toccatagli  ;  felici- 
tarsi per  un' opera  ben  riuscita,  per  un'onorifi- 
cenza ricevuta  e  simili;  significare,  a  parole,  che 
s!  partecipa  all'  esultanza  di  chi  ha  motivo  di  es- 
sere contento,  felice:  congioirsi,  dare  il  buon  prò, 
dare  il  mi  rallegro,  gratularsi,  letiziarsi.  -  Congra- 
tulaziane,  il  congratularsi,  atto  del  congratularsi  e 
le  parole  che  si  dicono,  o  si  scrivono,  all'uopo: 
congralulaniento,  felicitazione,  rallegramento.  Anche, 
comiMìneuto. 

Congratulazióne.  Detto  a  congratularsi. 

\  Congrèga.  Gruppo  di  persone,  di  laici,  in 
adunanza,  ad  uno  scopo  per  lo  più  non  buono. 
-  Congregazione,  ttuione. 

Congregàbile.  Che  si  può  congregare,  di- 
sposto a  congregarsi.  -  Fatto  per  vivere  in  com- 
pagnia. 


Congregamento.  Il  congregare  e  il  con- 
gregarsi. 

Congregare  {congregato).  Radunare,  unire, 
ordinariamente  per  un  fine  determinato  e  di  co- 
mune interesse.  -  Congregarsi,  unirsi,  ecc. 

Congregazióne  {congregazionista).  Accolta, 
associazione,  compagnia  di  persone  religiose  o 
secolari.  -  Comunità  ecclesiastica,  corporazione  reli- 
giosa, regola,  sodalizio  religioso  (veggasi  a  reli- 
gioso). ■  Coti  fraternità,  compagnia  di  laici  o, 
anche,  di  religiosi.  -  Congrèga,  congregazione  di 
laici.  -  Congregazione  di  carità,  corpo  morale  elet- 
tivo al  qualg  è  affidata  l'amministrazione  delle  o- 
pere  di  beneficenza  (opere  pie)  che  mancano  di 
una  speciale  destinazione  e  amministrazione.  I  suoi 
membri  sono  eletti  dal  Consiglio  comunale.  -  Con- 
gregazione di  frati  0  di  monache,  frateria,  ordine 
monastico.  -  Congregazioni  sante,  le  sezioni  ammi- 
nistrative del  Collegio  dei  cardinali  a  Roma  (veg- 
gasi a  papato).  -  Mechilarisli,  congregazione  mo- 
nastica e  letteraria  degli  Armeni  :  ha  la  sode  prin- 
cipale in  Venezia.  -  Sinodo,  congregazione  degli 
ecclesiastici  di  secondo  ordine,  presieduti  dal  ve- 
scovo, 0  assemblea  di  quelli  di  un  distretto,  sotto 
l'autorità  di  un  ufficiale  o  di  un  arcidiacono. 

Affiliazione,  aggregazione  di  qualcuno  a  una  cor- 
porazione, 0  confraternita,  o  società,  per  lo  più  se- 
greta. -  Breve,  statuto  o  capitolo  d'una  congrega- 
zione. -  Confratello,  nome  che  si  danno  tra  loro  i 
membri  d' una  congregazione.  -  Congregazionista, 
appartenente  ad  una  congregazione.  -  Consorella, 
ciascuna  delle  donne  appartenenti  ad  una  congre- 
gazione. 

Congresso.  Adunanza  di  persone  convenute  da 
più  parti  d'un  paese,  anche  da  più  paesi,  per  trattare 
sopra  questioni  letterarie,  scientifiche,  politiche,  ecc. 

-  Adunanza  ristretta  di  diplomatici,  di  rappresen- 
tanti di  Stati  0  altri  Enti  per  trattare  importanti 
affari.  -  Adunanza  di  appartenenti  ad  una  mede- 
sima professione,  ad  un  medesimo  partito  e  si- 
mili, per  trattare  dei  propri  interessi.  Quindi,  con- 
gresso diplomatico,  medico,  clmmrgico,  geografico  ; 
congresso  operaio,  democratico,  repubblicano,  socia- 
lista, ecc.:  conferenza,  consiglio,  consulta;  areo- 
pago, pratica.  Veggasi  ad  adunanza,  a  consesso. 

-  Adunanza  di  uf.'lciali  per  trattare  cose  attinenti 
alla  guerra  o  alla  disciplina  militare.  -  Nella  Re- 
pubblica Francese,  la  riunione  del  Senato  e  della 
Camera  dei  deputati.  -  Negli  Stati  Uniti  d'America, 
la  riunione  di  tutti  i  poteri  legislativi. 

Adunare,  inaugurare,  aprire,  convocare,  chiudere, 
tenere  il  congresso,  un  congresso:  espressioni  di 
chiaro  signiticato. 

Còngrua.  Detto  a  j^àrroco. 

Congruente,  congruènza.  Veggasi  a  coìi- 
veniente.  -  Termine  di  geometria. 

Congruo.  Dicevole,  conveniente. 

Conguagliare  {conguagliato).  Pareggiare,  ren- 
dere pari  (di  conto  e  sin)ili)  ;  eguagliare,  rendere 
eguale. 

Oongnaglio.  Pareggio  di  conto,  del  dare  e 
deìY avere,  ecc. 

Conia.  Chiasso,  burla.  -  Sollazzo,  diverti- 
mento. 

Coniare  {coniato).  Ridurre  il  metallo  in  me- 
daglia, in  moneta. 

Coniatore,  coniatura.  Veggasi  a  inedaffUa 
e  a  moneta. 

Cònica.  Veggasi  a  cono. 

Conicamente.  In  fiimra  di  cono» 


CONICO   —   CONIGLIO 


677 


Oonico.  A  forma  di  éono. 

Oonifero.  Glie  produce  coni  :  aggiunto  di  Vct- 
rie  spe;ie  di  alberi  e  di  arbusti,  come  V  ahete^  il 
cipte-isOf  il  larice,  il  i^ino,  ecc.  Queste  piante 
hanno  grande  importanza  economica  perchè  forni- 
scono vari  ed  utili  legnami  e  il  maggior  numero 
di  rissine  (veggasi  a  rèsina).  -  ('onifere  sono  pure 
il  cefalostigma,  il  cefalotasso,  il  podocarpo,  la  sali- 
fburiiì,  la  sequoia,  ecc.  -  Slrobile,  frutto  coni  fero, 
come  la  pina. 

Ooulg-Ua.  Veggasi  a  galera  (nave). 

Oonig-lièra.  Detto  a  cotiiglio. 

Coniglio.  Animale  domestico,  quadrupede  mam- 
mifero, del  genere  lepre,  ma  più  corto  di  piedi  e 
timidissimo  (e  si  dice,  infatti,  coniglio  di  chi  è 
molto  pauroso).  Da  Strabone  detto  peynicioso  ani- 
male; zoologicamente,  lepus  ciiniciilus,  cosi  chiamato, 
dicesi,  per  la  sua  inclinazione  a  scavare  delle  nic- 
chie 0  cunicoli  in  cui  nascondersi,  Ingeiisce  una 
grande  quantità  di  sostanze  alimentari,  ma  ne  di- 
.iierisce  ui'a  minima  quantità,  in  causa  di  una  de- 
bole potenza  digestiva.  Prende  dall'ano  le  sue  feci, 
che  ingerisce  una  seconda  volta,  e,  se  gli  si  impe- 
disce di  far  ciò,  muore.  Resiste  alla  deficienza 
d'acqua.  Meravigliosa  nel  coniglio  e  proverbiale  è 
la  precocità  di  sviluppo  della  facoltà  di  riproti T'- 
zione.  La  femmina,  può,  in  un  anno,  partorire  ben 
cento  piccoli  e  più 

Caratteri  del  coniglio  selvatico:  testa  corta,  lar- 
ga, orecchie  piccole,  corte,  occhio  vivace,  brillante, 
taglia  piccola;  peso,  un  chilogrammo  e  mezzo 
circa,  pelliccia  grigio-scura.  Del  coniglio  dome- 
stico: testa  lunga,  stretta,  orecchie  lunghe,  oc- 
chio dolce,  mite  ;  taglia  media  e  grande,  pesa  da 
due  a  otto  chilogrammi  ed  ha  pelliccia  di  vario  co- 
lore. -  Cacherello,  sterco  dei  conigli,  delle  capre, 
delle  pecore,  dei  topi,  ecc.  -  Zigare,  della  voce  di 
conigli  0  simili. 

Conigliaccio,  peggior.  di  coniglio,  ■  Conigliolino, 
dimin.,  di  conigliolo.  -  Conigliolo,  coniglio  giovine. 

-  Conigliuzzo,  diminutivo  di  coniglio. 

Coniglio  da  carne,  quello  apprezzato,  per  il  sa- 
pore, la  bontà  della  sua  carne,  come  il  coniglio  gi- 
gante di  Fiandra,  il  russo,  l'ariete,  ecc.;  da  jìelliccia, 
il  coniglio  apprezzato  sopratutto  per  la  pelliccia, 
come  quello  d'  Angora,  l'argentino,  il  russo,  ecc.; 
da  pelo,  il  coniglio  che  si  fa  distinguere  ed  apprez- 
zare sopratutto  per  il  pelo,  come,  ad  esempio,  quello 
d'Angora,  il  cui  pelo  serve  a  fare  speciali  tessuti  (e 
la  raccolta  si  fa  tre  o  quattro  volte  all'anno,  co- 
minciando dai  quattro  mesi  d'età  del  coniglio).  -  Le- 
poride,  secondo  alcuni,  il  prodotto  dell'  accoppia- 
mento fra  la  lepre  e  il  coniglio.  E'  grosso  come  un 
coniglio  comune. 

Coniglicoltura,  l'allevamento,  l'addomesticamento 
dei  conigli  e  la  creazione  di  sempre   nuove  razze. 

-  Conigliera,  luogo  dove  si  tengono  chiusi  i  conigli. 
Nel  XVI  secolo  si  parlava  già  di  conigliere.  -  Le- 
poraria,  parchi  speciali,  nei  quali  i  Romani  chiu- 
devano conigli,  lepri,  cervi,  ovini  selvatici,  ecc.  - 
Letto  dei  piccoli:  la  coniglia  selvatica,  qualche  giorno 
prima  di  partorire,  abbandona  la  tana  abituale  e  va 
a  scavarne  un'altra  e  ne  guarnisce  il  fondo  con  fo- 
glie, erbe  secche  e  con  dei  peli,  che  si  strappa  dal 
ventre:  cosi  i  piccoli  vengono  ricevuti  in  un  letto 
soffice  e  caldo  -  Pelliccia,  o  mantello,  il  complesso 
dei  peli,  più  o  meno  lunghi  e  fini,  secondo  le  razze, 
da  cui  è  coperto  completamente  il  corpo  dei  coni- 
gli. -  Falso  ermellino,  nome  sotto  il  quale  è  ven 
(luta  la  pelliccia  del   coniglio   russo,  a^sai   stimata 


per  il  bel  colore  bianco  purissimo.  -  Prodotti  del 
coniglio  :  la  carne,  con  tutte  le  proprietà  nutriti- 
ve delle  altre  carni,  e  più  a  buon  prezzo  ;  la  2)elle 
e  il  pelo,  che  servono  alla  confezione  di  pelliccie  e 
di  tessuti  per  la  fabbrica  di  cappelli  da  uomo  e  da 
donna;  sopratutto,  poi,  alla  fabbricazione  delle  false 
pelliccie,  imitanti  a  perfezione  la  lontra,  il  castoro, 
la  volpe  argentea,  la  cinciglia,  la  talpa,  lo  zibelli- 
no ;  ecc. 

Ventre  a  terra:  il  modo  con  cui  la  coniglia  di- 
mostra il  suo  desiderio  di  esser  fecondata  :  si  di- 
stende davanti  al  maschio  col  ventre  a  te.'-ra,  cogli 
arti  posteriori  ed  anteriori  allungati,  con  le  orec- 
chie abbassate  e  livolte  in  dietro  sul  collo. 


Razze  di  conigli. 


Sono  parecchie,  dette  ad  orecchie  {ad  orecchie  non 
pendenti,  ad  orecchie  pendenti)  e  senza  orecchie,  di- 
stinguendosi altresì  il  formato  medio,  il  formato 
sotto  0  sopra  la  media,  ecc.  Appartengono  al  for- 
mato medio  delle  razze  ad  orecchie  non  pendenti  molti 
conigli  di  buon  diametro  e  con  peli  rasi  :  il  coni- 
glio ordinario,  con  colore  della  pelliccia  vario;  il 
leporide,  con  pelo  rosso,  occhio  vivacissimo,  movi- 
menti bruschi  ;  il  coniglio  a  pelliccia,  o  argentato, 
con  pelliccia  grigia;  il  papiglione,  con  pelliccia 
pezzata  e  cerchio  nero  attorno  agli  occhi  ;  il  nero 
focato;  il  giapponese,  con  pigmentazione  a  tre  co- 
lori ;  il  coniglio  d'Angora  con  peli  lunghi  e  sericei. 
-  hormato  sopra  la  media:  il  coniglio  gigante  delle 
Fiandre.  -  Formato  sotto  la  media  :  il  coniglio  russo, 
con  pigmentazione  nera  centrifuga;  il  coniglio  olan- 
dese, piccolo,  a  petto  sempre  bianco.  -  Razze  ad  orec- 
chie pendenti.  Grande  formato:  il  coniglio  ariete.  • 
Razze  senza  orecchie,  for inaio  medio  o  al  disopra  : 
il  coniglio  senza  orecchie. 

Coniglio  ariientino  (detto  anche  coniglio  ricco,  da 
■pelliccia,  di  Champagne,  tedesco,  chinchillas),  razza 
conosciuta  anche  anticamente,  allevata  su  larga  scala 
a  Champagne  e  Troyes.  Si  distinguono  due  sotto- 
razze  :  l'argentino  chiaro  e  l'argentino  scuro  ed  al- 
tri ne  fanno  tre  :  (^l'jp'eo-argentato,  òrMuoargentato, 
cre??irt-argentato.  L'  argentino-ch\a.ro  è  chiamato  an- 
che chinchillas.  Ì^Iolto  stimata  la  loro  pelliccia.  •• 
Coniglio  ariete,  detto  anche  di  Rouen,  ad  orecchie 
pendenti,  lope  dagli  inglesi  ;  lope  a  remi,  quando  le 
orecchie  sono  stese  orizzontalmente  da  ciascun  lato 
della  testa,  formando  una  linea  diritta;  lope  a  corna, 
quando  le  orecchie  discendono  obliquamente  dai 
due  lati  della  testa;  lope  piai,  se  le  orecchie  ca- 
dono direttamente  in  basso  ;  demi  lope,  se  una  sola 
orecchia  cade  in  basso.  Conosciuto  in  Francia  come 
lapin  belier,  belier  normand,  belier  de  Rouen.  Testa 
grossa,  orecchie  lunghissime  e  cadenti,  pelliccia  gri- 
gio-fulva 0  ros'sastra,  stimata  per  le  sue  dimensioni. 
Carne  eccellente. -Co)n'9/iorf'.-ln(/o>-a,  cosi  chiamato  per 
la  lunghezza  del  pelo  che  lo  ricopre  e  che  ha  somi- 
glianza con  quello  della  capra  e  del  gatto  d'Angora. 
-  Coniglio  giapponese,  detto  anche  tricolore,  perchè 
la  sua  pelle  è  torimta  di  tre  colori  :  razza  di  re- 
cente creazione  e  che  di  giapponese  ha  soltanto  il 
nome. 

Coniglio  gigante  di  Fiandra,  detto  anche  coniglio 
fiammingo,  grosso  belga,  grosso  olandese,  di  Patago- 
nia, americano,  d'Italia,  d'Alost,  attualmente  alle- 
vato su  grande  scala  nel  Belgio  :  è  un  gigante  della 
specie.  -  Coniglio  nero  e  fuoco,  detto   anche   black 


678 


CONIGLIOLO   —    CONOSCENZA 


<ind  tan,  razza  di  creazione  recente,  d'  origine  in- 
glese, mantello  nero,  con  il  contorno  degli  occhi 
color  fuoco,  e  pure  di  color  fuoco  la  gola,  il  ven- 
tre, la  faccia  inferiore  della  coda,  le  orecchie,  ecc. 

-  Coniglio  olandese,  detto,  in  Francia,  anche  nimrd: 
è  il  nano  della  specie  e  pesa  da  seicento  grammi 
ad  un  massimo  di  due  chilogrammi  ;  prolifico,  ro- 
busto, con  carne  buona  e  pelliccia  di  poco  valore. 

-  Coniglio  ordinario  o  comune,  quello  che  ha  più 
punti  di  somiglianza  col  coniglio  selvatico  :  allevato 
presso  i  contadini  in  semi-libertà  nei  cortili  e  nelle 
stalle. 

Coniglio  russo,  detto  anche  ad  estremità  nere,  chi- 
nese,  d' Imalaia,  polacco,  di  Windsor,  nigripede,  a 
naso  nero,  derivante,  pare,  dall'accoppiamento  fra  il 
coniglio  [argentino  grigio  e  il  coniglio  chinchilla, 
con  due  sottorazze  :  la  piccola  e  la  grande.  Prolifi- 
co, forte,  con  carne  buona  e  mantello  bianco  pu- 
rissimo, con  naso,  orecchie,  piedi  e  coda  nerissimi. 
La  pelliccia,  assai  stimata,  è  venduta  sotto  il  nome 
di  falso  ermellino.  -  Coniglio  selvatico,  il  progenitore 
di  tutte  le  razze  domestiche,  più  piccolo  delle  razze 
addomesticate:  ha  testa  più  corta,  orecchie  meno  lun- 
ghe, coda  corta,  di  solito  rialzata,  con  mantello  di 
color  bruno-grigiastro,  nuca  rossa,  gola  e  ventre 
biancastri,  orecchie  grigio  scure.  E'  oggetto  di  cac- 
cia per  mezzo  di  reti,  di  lacci,  col  gambero,  col  fu- 
retto, col  fumo,  per  soffocazione.  Si  alleva  anche  in 
parchi  chiusi. 

Papiglione  {lepiis  circinnatus),  detto  anche  papi- 
gitone  inglese,  papiglione  francese,  coniglio  egiziano, 
coniglio  di  Tansac:  chiamato  papiglione,  per  le  mac- 
chie nere  che  ha  sulla  pelliccia  bianca.  E'  una 
razza  creata  recentemente  in  Inghilterra.  Pelo  fino, 
sericeo,  lucido  ;  prolifica,  con  rapido  sviluppo,  pesa 
da  sette  a  otto  chilogrammi  ;  carne  buona.  -  Razza 
senza  orecchie,  caratterizzata  dall'assenza  talvolta  di 
una,  e,  talvolta,  di  tutte  due  le  orecchie. 

Oonig-liolo.  Detto  a  coniglio. 

Cònio.  Arnese  per  coniare  e  l'impronta  che  ne 
risulta  :  veggasi  a  medaglia  e  a  moneta.  -  Sorta 
di  erba  velenosa. 

Ooiiiufiale.  Di  coniugi;  matrimoniale,  di  m,a- 
trimonio. 

Coniug-are  {coniugato).  Unire  in  m,utrimonio. 
'  Ridurre,  dire  per  ordine  i  tempi  e  le  persone  del 
verbo. 

Coniugazione.  Atto  ed  efletto  del  coniugare. 

Coniuge  (plur.,  coniugi).  Marito,  consorte.  Plur., 
le  due  persone  (il  marito  e  la  moglie)  unite  in 
matrimonio. 

Connata.  Veggasi  disfoglia. 

Connaturale.  Detto  a  natura. 

Connaturare  (connaturato).  Far  di  eguale  e 
simile  natura. 

Connazionale.  Della  stessa  nazione,  della 
stessa  jtfitvia. 

Connessióne,  connessità.  L'  essere  connes- 
so ;  relazione  intrinseca  di  certe  cose  intellettuali 
o  morali  tra  loro. 

Connesso.  Veggasi  ad  annessi,  annesso. 

Connèttere  {connesso).  Mettere  insieme,  unire. 
•  Non  connettere,  discorrere  male  e  disordinata- 
mente. 

Connettivo.  Detto  a  pelle. 

Connivente,  connivenza.  Veggasi  a  còìn. 
plice. 

Connotati.  Segni  riconoscitivi  della  persona, 
specialmente  della  faccia,  indicati   nel  passa- 

iJOì'tO 


Connubio.  Maritaggio,  matrimonio,  congiun- 
zione, ustione. 

Connumerare  {connumerato).  Annoverare,  con- 
tare, mettere  in  numero. 

Cono.  Figura  geometrica,  prodotta  dalla  rivolu- 
zione di  un  triangolo  rettangolo  intorno  all'angolo 
retto  ;  solido  a  base  circolare  gradatamente  termi- 
nante in  punta.  -  Acutangolo,  il  cono  che  forma  al 
vertice  un  angolo  acuto  -  Rettangolare,  il  cono 
che  forma  al  vertice  un  angolo  retto  -  Retto,  il 
cono  quando  la  perpendicolare  abbassata  dal  vertice 
va  a  cadere  nel  centro  della  base.  -  Scaleno,  aggiunto 
di  triangolo,  i  lati  del  quale  sono  disuguali  fra  loro. 

-  Tronco,  il  cono  quando  appare,  ed  è  di  fatto,  moz- 
zato nella  sua  altezza. 

Altezza  del  cono,  la  perpendicolare  abbassata  dal 
vertice  sulla  base.  -  Asse,  linea  dal  vertice  al  centro 
della  base.  -  Direttrice,  curva  della  base,  cosi  detta 
perchè  la  linea  fissata  al  vertice,  che  descrive  il 
cono,  deve  dirigersi  dal  contorno  di  questa  curva. 

-  Sezioni,  i  piani  secondo  i  quali  il  cono  fu  moz- 
zato. -  Vertice,  il  punto  nel  quale  va  a  finire  su 
in  alto  il  cono 

Apside:  dicesi  tanto  del  punto  più  vicino  quanto 
di  un  punto  più  lontano  da  un  foco  in  una  co- 
nica. 

Conoidale,  che  si  riferisce  alla  conoide.  -  Conoide, 
corpo  simile  al  cono,  ma  a  base  non  perfettamente 
circolare.  -  Cònica,  si  chiama  l'ellisse  se  il  piano 
seguente  è  obliquo  tanto  all'asse  quanto  al  lato 
della  superfìcie  conica.  Cosi  Viperbole,  se  il  piano 
è  parallelo  all'asse;  la  parabola  se  il  piano  è 
parallelo  al  lato.  E  superficie  conica  dicesi  quella 
generata  da  una  retta  che  passa  per  un  punto  fisso 
(vertice)  o  incontra  una  linea  data.  -  Cònico,  ag- 
giunto di  tutto  ciò  che  si  riferisce  al  cono  o  ne 
ha  la  figura:  quindi  faccia  conica,  sezione  conica, 
superfìcie  conica,  ecc.  -  A  pan  di  zucchero,  di  for- 
ma conica.  -  Obconico,  in  forma  di   cono  rovèscio. 

-  Sub-conico,  che  ha  quasi  la  forma  di  cono. 
Cono  vulcanico,  detto  a  vulcano.  -  Piramide, 

corpo  a  punta,  la  cui  base  è  un  poligono.  -  Stro- 
bilo, strobile,  frutto  a  forma  di  cono.  -  Turbina, 
ruota  conica  con  elice. 

Cono.  Medicamento  destinato  o  a  produrre  sul 
fuoco  fumi  aromatici  e  medicamentosi,  ovvero,  per 
lenta  evaporazione  al  calore  ordinario,  esalazione 
di  sostanze  medicinali,  per  lo  più  antisettiche  {ina- 
lazioni). -  Coni  aromatici  :  constano  di  balsamo  del 
Perù,  della  Mecca,  garofani,  lacca  carminata,  vani- 
glia, ambra  grigia  e  nmschio.  Sono  fumigazioni  deo- 
doranti e  aromatiche.  •  Coni  fumanti  si  possono 
fare  anclie  con  succino,  balsamo  del  Tolù,  storace, 
benzoino.  vaMnella,  zucchero,  cascarilla;  anche  con 
nitrato  di  potassio,  sandalo  citrino,  balsamo  e  car- 
bone di  legno  leggiero. 

Conocchia.  Arnese  per  filare.  -  Pannocchia 
di  lino. 

Conoscente.  Che  ha  cmioscenza. 

Conoscenza  {conoscimento).  La  facoltà  di  co- 
noscere.  -  Contezza,  notizia.  •  Legame  tra  per- 
sone, meno  di  aìnicizia:  amicizia  superficiale, 
pratica,  rapporto,  relazione.  -  Come  cognizióne 
veggasi  a  conoscere.  -  Conoscente,  aggettiv.,  che 
ha  conoscenza  con  altri,  conosce  altri  ;  sostantiv., 
conoscertza,  relazione  ;  meno  che  amico. 

Aderenze,  amicizie,  conoscenze,  protezioni.  -  Avere 
conoscenza,  essere  conoscente,  trovarsi  in  relazione. 

-  Avere  conoscenza  della  persona,  conoscere  di  per- 
sona, di  veduta,  di  vista.  •  Avere  molle  conoscenze^ 


CONOSCERE 


679 


molte  aderenze,  molte  relazioni.  -  Essere  di  cono- 
scenza, conoscersi.  -  Far  conoscenza  porsi  a  con- 
tatto con  alcuno,  /l'CQ'Mewfare/ prendere  pratica; 
imparar  a  conoscere.  -  Stringere  conoscenza,  inco- 
minciar a  conoscere  una  persona  e  ad  avere  con- 
tatto con  essa. 

Conoscere  {conoscenza,  conoscimento,  conoscito- 
re, conosciuto).  Avere  un'  idea,  un  concetto  esatto 
d'una  cosa  o  d'  una  persona  ;  apprendere  con  l'in- 
telletto l'essere  degli  oggetti;  avere  piena  contezza, 
cognizione  o  coscienza  di  checchessia  ;  sapere, 
riferito  ad  arte,  a  scienza,  a  letteratura,  a  storia  e 
simili.  -  Essere  in  cognizione,  essere  in  sé.  -  Anche, 
avere  riconoscenza,  gratitudine.  -Con  varie  grada- 
zioni di  significato  :  acconoscere  (v.  a.),  aver  co- 
gnizione, aver  lume  ;  essere  esperto,  pratico,  sperto 
d'una  cosa  ;  fare  una  certa  conoscenza  ;  imparare; 
portare  esperienza,  pratica;  venire  a  conoscenza, 
in  conoscenza,  a  conoscimento.  -  Conlr.,  ignorare, 
essere  ignorante,  avere  ignoranza. 


Vabì  modi  di  conoscere  cose  e  persone 
e  cercar  di  conoscere.  -  locuzioni. 


Accorgersi,  avere  una  prima  cognizione  di  cosa 
che  non  si  sapeva  e  alla  quale  non  si  badava. 

A  [figurare,  raffigurare,  riconoscere,  ravvisare  uno 
ai  lineamenti  della  faccia  o  di  altro  segno.  -  Annu- 
sare, conoscere,  riconoscere  quasi  col  naso,  col  fiu- 
tare, dall'  odore  (il  cane  riconosce  il  padrone  al- 
l'annuso ;  il  furbo,  i  gaglioffi).  -  Anticonoscere  {an- 
ticonoscenza), il  conoscere  le  cose  prima  che  siano. 

-  Apprendere,  conoscere,  discernere,  imparare,  - 
Appurare,  investigare  per  conoscere  con  precisione 
e  mettere  in  chiaro  una  cosa.  -  Avere  buon  naso, 
distinguere  quel  ch'è  buono  e  quel  che  non  è  tale. 

-  Avere  competenza,  avere  cognizioni  intorno  a 
checchessia  :  veggasi  a  competenza.  -  Avere  di- 
mestichezza con  un  mestiere,  con  un'arte,  un  la- 
voro, conoscerlo,  sapere  come  si  debba  farlo,  essere 
abile  nel  farlo.  -  Aver  pratica  iVuna  cosa  o  d'una 
persona,  conoscerla  bene,  esserne  pratico.  -  Avere 
un'idea,  conoscere  superficialmente.  -  Avvertire, 
avvisare,  avere  intuizione,  quasi  cognizione  di  una 
cosa  prima  che  si  renda  manifesta,  massime  di  pe- 
ricolo, di  fenoìneno  e  simili.  -  Badare,  far  «£- 
tenzione  a  cosa  o  a  persona,  per  conoscerla. 

Comprendere,  di  sentimenti,  indovinarli,  co- 
noscerli per  poterli  giudicare  :  afferrare  con  l'intel- 
letto, cajnre,  intendere.  -  Conoscere  per  filo  e  per 
fcgno,  conoscere  molto  bene,  specialmente  accen- 
nando ai  difetti  d'una  persona.  -  Conoscere  una  cosa 
a  tasto,  al  tasto,  bene  e  facilmente.  -  Conoscere  una 
persona  di  vista,  averla  conosciuta  un  po',  ma  senza 
averci  relazione. 

Distinguere,  conoscere,  riconoscere  una  cosa 
fra  altre  consimili  ;  scorgere  e  notare  la  differen- 
za :  discernere.  -  Esplorare,  andare  investigando 
per  conoscere  i  segreti  altrui  ;  spiare  le  mosse  del 
nemico  in  guerra;  percorrere  un  paese  che  non 
si  conosce.  -  Essere  informato  d'una  cosa,  conoscerla 
esattamente.  -  Essere,  venire  a  conoscenza  d'una  cosa, 
conoscerla,  saperne,  -  Farsi  un  criterio,  farsi  un'idea 
d'una  cosa,  delle  cose.  -  Famigliarizzarsi,  riuscire 
a  conoscer  bene  (es.,  famigliarizzarsi  col  pericolo, 
■con  una  lingua,  ecc.).  •  Formarsi  l'idea  d'una  cosa, 
acquistare  una  cognizione  esatta,  chiara.  -  Imposses- 


sarsi, acquistare  pieno  possesso  d'  una  cognizione. 

-  Intendersene  (riferito  a  una  cosa  qualsiasi),  cono- 
scere bene,  essere  jtratico.  -  Mostrarsi  al  corrente 
delle  cose,  dimostrare  che  si  conoscono,  si  sanno  i 
fatti  più  recenti. 

Percepire,  apprendere  con  la  mente;  intendere. 

-  Preconoscere,  conoscere  avanti,  prevedere  cosa 
0  fatto  prima  che  succeda.  -  Ravvedere,  ravvedersi, 
riconoscere  il  proprio  errore,  la  propria  coljya, 
e  averne  pentimento.  -  Mavvisare,  ricono- 
scere al  viso.  -  Riconoscere,  raffigurare,  ravvisare; 
conoscere  ancora  cose  o  persone  già  vedute;  ade- 
rire ed  ammettere,  confessando.  -  In  senso  militare, 
esaminare  diligentemente  il  luogo,  il  terreno,  il 
tempo,  la  piazza,  le  mosse  altrui,  per  giudicare  e 
chiarire  tutto  ciò  che  torna  a  proprio  vantaggio.  • 

-  Anche,  confessare  d'aver  ricevuto  un  dono,  un 
beneficio  e  simili;  avere  riconoscenza,  gratitudi- 
ne. -  Contr.,  disconoscere,  misconoscere,  scono- 
scere: veggasi  a  ingratitudine. 

Sapere  vita,  morte  e  miracoli  d'una  persona,  co- 
noscerla bene.  -  Saperla  lunga,  su  una  questione  o 
simili,  conoscerla  bene,  esserne  bene  informati.  - 
Scoprir  terreno,  chiarire  o  cominciare  a  ravvedersi 
di  certe  cose.  -  Scrutare,  cercare,  indagare,  inve 
stigare,  allo  scopo  di  conoscere.  -  Vedere  dentro 
in  una  cosa,  conoscerla  ne'  suoi  particolari  ed  es- 
sere in  grado  di  parlarne  con  cognizione  di  causa. 

-  Venire  in  chiaro  d'una  cosa,  riuscire  a  cono- 
scerla. 

Locuzioni.  •—  Avere  per  alfabeto  (i  difetti  di  alcuno 
0  altro),  conoscer  bene,  conoscere  a  fondo.  -  Co- 
noscere de  visu,  per  aver  veduto,  non  udito.  -  Co- 
noscere i  polli,  accorgersi,  cominciare  a  conoscere 
la  verità  senza  illusioni  sugli  uomini  e  sulle  cose. 

-  Conoscere  i  suoi  polli,  conoscere  con  chi  si  ha 
a  che  fare.  Nello  stesso  senso,  conoscere  l' umore 
della  bestia.  -  Distinguere  il  bianco  dal  nero  e  il  pan 
dai  sassi:  non  essere  minchioni,  conoscere.  -  A^^are 
uno,  affermare  di  non  conoscerlo,  -  i\'o?t  distingue 
il  pan  da' sassi,  di  chi  non  conosce  affatto,  non  ha 
criterio.  -  Portar  vasi  a  Samo,  nottole  ad  Atene, 
frasconi  a  Vallombrosa,  indulgenze  a  Roma,  parlare 
di  cose  che  tutti  conoscono.  -  Saper  misurare  in 
quant'  acqua  uno  si  trovi,  conoscerne  lo  stato.  -  Te- 
nere il  bandolo  della  matassa,  it  ^filo  di  un  intrigo, 
conoscere  il  segreto  di  alcunché. 

A'segni  si  conoscono  le  balie,  al  suono  il  campa- 
nello, al  frutto  l'albero,  ai  paragone  l'oro,  alla  coda 
la  volpe,  al  pelo  e  al  basto  l'asino  ;  a'  calci  si  cono- 
sce il  mulo  ;  dall'unghia  il  leone.  •  li  conosco,  ma- 
scherina! familiarmente  vale:  non  m'inganni,  so  il 
tuo  giuoco. 

Ego  te  intus  et  in  cute  novi,  ti  conosco  dentro  e 
fuori  della  pelle.  -  Ex  professo,  con  piena  cono- 
scenza. -  Felix  qui  potitit  rerum  cognoscere  causam 
(felice  chi  potè  conoscere  la  cagione  delle  cose), 
aforisma  di  Vii'gilio,  nelle  Georgiche.  -  Intus  et  in 
cute  (lat.;  dentro  e  fuori  la  pelle),  locuzione  usata 
col  verbo  conoscere,  per  significare  che  si  conosce 
intimamente  una  persona. 


Far  conoscere,  -  Farsi  conoscere. 


Adombrare,  aombrare,  raffigurare,  simboleggia- 
re; accennare,  dare  indizio  che  valga  a  far  co- 
noscere alcunché.  •  Appalesare,  far  conoscere,  ren- 
dere noto  ;  far  sapere,  manifestare,  palesare  ri- 


680 


CONOSCERE 


velare.  -  Aprire  gli  occhi  a  uno,  fargli  conoscere  il 
vero.  -  Chiarire,  far  conoscere  chiaramente  una 
cosa  che  era  o  sembrava  oscura,  dubbia.  -  Diìno- 
strare,  manifestare,  far  palese,  in  modo  da  to- 
gliere ogni  dubbio. 

Fare  una  cosa  al,  nel  cospetto  di  persona,  fare  in 
modo  che  tutti  vedano,  sappiano,  conoscano.  -  Far 
vedere,  dar  a  conoscere,  mostrare,  dimostrare.  -  Iden- 
tificare {identificazióne),  provare  la  medesimezza,  il 
vero  essere  di  cosa  o  persona  mal  nota  o  falsa- 
mente nota.  -  Indicare,  additare,  far  conoscere, 
far  presente,  mostrare. 

Lanciare  (figur.},  nel  linguaggio  d'uso,  far  cono- 
scere accortamente  una  cosa  (articolo  di  commercio, 
giornale,  ecc.);  anche,  mettere  in  vista  una  perso- 
na. -  Manifestare,  dire  ad  atti  il  proprio  pen- 
siero; palesare,  rendere  palese.  -  Mettere  al  corrente, 
far  conoscere  le  ultime  notizie,  le  ultime  novità.  - 
Mettere  le  carte  in  tavola,  dire  tutto  quanto  si  sa,  si 
conosce  intorno  a  una  determinata  cosa,  quando  se 
ne  fa  questione.  -  Mettere  una  cosa  alla  luce  del 
sole,  palesarla;  farla  conoscere  a  tutti. 

Notificare,  far  noto,  manifestare,  significare.-  Pub- 
blicare, rendere  jnibblico,  far  noto  al  pubblico,  e 
pubblicità  quel  mezzo  di  far  conoscere,  che  i 
francesi  dicono  reclame.  -  Rappresentare,  dare 
un'  idea,  fai»  conoscere  per  mezzo  di  rappresen- 
tazione, di  figura.  -  Rendere,  far  consapevole,  av- 
visare informare  ;  far  conoscere,  far  sapere.  -  Ri- 
velare, far  conoscere  una  cosa  segreta,  miste- 
riosa. -  Scoprire  gli  altari,  o  gli  altarini,  venir 
a  conoscere  e,  anche,  far  conoscere  le  magagne  di 
qualcuno.  -  Signijìcare,  far  conoscere,  palesare  con 
parole  ;  comunicare.  -  Spiegare,  chiarire,  far 
conoscere  il  senso  di  un  discorso,  di  uno  scritto,  ecc., 
che  altri  non  capisca.  -  lenere  a  giorno  qualche  cosa, 
tener  informato  uno  di  qualche  cosa. 

Fabsi  conoscere.  —  Comparire,  darsi  a  conosce- 
re, farsi  conoscere.  -  Compromettersi,  farsi  co- 
noscere sotto  un  aspetto  sfavorevole  ;  scoprire  un 
proprio  difetto,  scoprirsi.  -  Dichiararsi,  palesarsi, 
manifestare  il  proprio  pensiero,  il  proprio  scopo  e 
simili.  -  Mettersi  alla  berlina,  farsi  conoscere  non 
onorevolmente.  -  Mettersi  in  evidenza,  mettersi  in 
mostra,  fare  in  modo  da  rendersi  noto:  acquistare 
una  certa  fama.-'  Rivelarsi,  farsi  conoscere  a  un 
tratto,  quasi  in  modo  inaspettato  e  recando  una 
certa  sorpresa. 


Cognizione,  conospenza,  conoscibile,  ecc. 


Agnizióne,  riconoscimento  (propriam.,  dramma- 
tico). -  Anliconoscenza ,  preconnswiza,  conoscenza 
delie  cose  prima  che  siano.  -  Barlume,  conoscenza 
incerta  di  checchessia;  luce  debole,  languida,  pal- 
lida. 

Cognizione,  il  conoscere  e  la  cosa  conosciuta;  la 
facoltà  e  il  modo  di  conoscere  ;  1'  atto  o  la  condi- 
zione di  chi  conosce  rispetto  alla  cosa  conosciuta; 
lo  stato  per  cui  lo  spirilo  si  trova  in  una  certa 
attinenza  con  l'oggetto  che  conosce;  la  presenza  di 
una  cosa  qualunque  nella  coscienza  dello  spirito; 
in  senso  obbiettivo,  ossia  per  la  cosa  conosciuta, 
nozione.  -  Accorgimento,  conoscimento,  conoscitura 
(v.  a.),  notizia;  saputa  (veggasi  a  sapere).  -  Co- 
gnizióne attuale,  quella  che  tutto  distingue  nel  suo 
oggetto.  -  Cognizione  diretta,  la  percezione  intellet- 
tiva, l'intuizione  primitiva.  -  Cognizione  negativa. 


quella  formata  per  ragionamento  in  base  a  qualche 
relazione  naturale  o  arbitraria  degli  enti  con  ci6 
che  si  conosce  positivamente.  -  Cognizione  oggettiva, 
l'intuizione.  -  Cagnizione  positiva,  la  percezione  im- 
mediata delle  cose.  -  Cognizione  riflessa,  quella  de- 
rivante dall'analisi  che  la  mente  fa  in  sé  stessa  de- 
gli oggetti  da  essa  conosciuti.  -  Cognizione  scienti- 
fica, quella  che  si  eleva  ad  una  ragione  suprema, 
presiedente  ad  un  intero  sistema  di  cognizione.  - 
Cognizione  suggestiva,  persuasione  per  assenso  della 
mente  all'oggetto  intuito.  -  Cognizione  virtuale,  quella 
che  nulla  o  non  tutto  ancora  distingue  nel  suo  og- 
getto. 

Consapevolézza,  avere  conoscenza  di  una  cosa,  es- 
serne consapevole  ;  il  sapere  di  che  si  tratta. 

Discrezione,  facoltà  di  conoscere  il  bene  dal  male. 
-  Idea,  rappresentazione  che  la  mente  fa  a  sé 
stessa  di  qualche  cosa.  -  Nozione,  idea  che  si  ha 
di  una  cosa.  Nel  linguaggio  filosofico,  la  cognizione 
che  è  possibile  avere  d' un  oggetto  ;  nel  linguaggio 
comune,  cognizione  elementare  ed  imperfetta. 

Occultismo,  pretese  conoscenze  naturali  che  sona 
ottenute  con  processi  misteriosi,  ovvero  con  segreta 
e  magica  arte.  -  Percezione,  facoltà  per  cui  lo  spi- 
rito umano  può  apprendere  attraverso  gli  organi 
dei  sensi  e  col  mezzo  degli  organi  medesimi  le  qua- 
lità degli  oggetti  ;  facoltà  fli  conoscere,  considerata, 
in  quanto  acquista  idee  di  oggetti  sensibili.  -  Pre- 
cognizione, cognizione  anteriore  preparatoria.  -  Pre- 
conoscenza, il  preconoscere.  -  Prenozione,  nozione 
precedente.  -  Probabilità,  quel  grado  del  conoscere 
in  cui  la  nostra  mente  può  formarsi  una  piena,  as- 
soluta persuasione,  per  mancanza  di  un  motivo  sut- 
lìciente. 

Recognizione,  ricognizione,  cognizione  riflessa  ;  atto 
in  virtù  del  quale  si  confessa  riconoscere,  dopo  un 
tratto  di  tempo,  la  verità  di  qualche  punto  di  di- 
ritto o  di  qualche  fatto  o  una  obbligazione  con- 
tratta. -  Riconoscimento,  il  riconoscere,  il  ravvisa- 
re. Anche,  segno  per  essere  riconosciuto.  -  Rivela- 
zióne, il  rivelare  e  la  cosa  rivelata.  Termine  di 
teologia.  -  Sindèresi,  interiore  sentimento  e  cono- 
scimento di  ciò  che  é  bene  e  male. 

Conoscibile  :  atto  ad  essere  conosciuto  ;  e  cono- 
scibilità la  qualità  relativa.  -  Conoscitivo,  che  si  può 
conoscere;  atto  a  conoscere  o  a  far  conoscere.  - 
Cosa  che  cade  sotto  i  sensi,  cosa  conoscibile,  cono- 
sciuta. -  Riconoscibile,  che  può  essere  riconosciuto. 

Inconoscibile,  che  non  si  può  conoscere  ;  ciò  che 
non  è  e  non  può  essere  conosciuto,  perchè  tra- 
scende l'umana  natura.  Vale  come  agnosticismo,  ter- 
mine di  filosofia  -  Indiscernibile,  che  non  si  può 
discernere.  -  Inscrutabile,  che  non  si  può  scrutare, 
investigare  ;  arcano,  segreto,  -  Insondàbile  (fran- 
cesismo), meglio  detto  inesplorabile.  ■  Irriconoscibile, 
che  non  si  può  più  riconoscere,  ravvisare. 

Conoscitore  —  Conosciuto  e  sconosciuto. 
Segni  dai  quali  si  conosce,  ecc. 

Conoscitore,  chi  conosce,  chi  s'intende  d'una  cosa, 
ne  è  competente:  intenditore.  -  Consapévole,  sciente 
del  fatto;  chi  sa,  conosce  una  cosa  qualsiasi  (veg- 
gasi a  sapere).  •  Edotto,  latinismo  per  informato, 
ammaestrato,  conoscitore  di  un  fatto,  d'  una  que- 
stione e  simili.  -  Specialista,  chiunque  abbia  com- 
piuta conoscenza  non  solo  di  una  data  disciplina, 
ma  più  specialmente  di  una  branca  o  parte  di  essa. 


CONOSCIBILE 


CONSEGUENZA 


681 


Conosciuto  (participio  e  aggett.),  ciò  che  si  co- 
nosce, di  cui  si  ha  conoscenza:  cognito,  manifesto. 
noto,  palese.  -  Conosciuto  a  prova,  di  nome,  di 
fama,  per  fama:  secondo  i  fatti,  secondo  la /"rtwia. 
-  Celebre,  conosciuto  da  moltissimi,  per  fama, 
per  rinomanza.  -  Cqnosciuto  più  della  betlonica,  cono- 
sciutissimo.  -  Consaputo,  noto,  conosciuto.  -  In  vita, 
dicesi  di  persona  il  cui  nome  corre  vivo  e  noto  per 
ora  gentium  (sulla  hocca  di  tutti)  ed  è  quindi  cono- 
sciutissimo.  -  Manifesto,  conosciuto,  noto  evidente- 
mente; chiaro,  esplicito.  -  Noto  in  Giudea,  di  persona 
notissima,  spesso  sfavorevolmente.  -  Noto  lippis  et 
tonsuribiis  (lat.),  conosciuto  da  tutti;  lettcralin., 
noto  ai  cisposi  e  ai  barbieri  (da  un  verso  di  Ora- 
zio), -  Notorio,  noto  a  tutti.  -  Precognito,  conosciuto 
[trinia.  -  Pubblico,  conosciuto  da  tutti.  -  fìicono- 
sciuto,  ravvisato,  raffigurato.  -  Troppo  noto,  in  cat- 
tivo senso. 

Cose  fritte  e  rifritte,  cose  notissime,  dette  e  ri- 
dette. -  Conosciutamente,  in  modo  conosciuto.  -  Es- 
ser scritto  sui  boccali  di  Monlelupo,  esser  cosa  vecchia, 
conosciuta.  -  //  mercante  si  conosce  alla  fiera:  gli 
uomini  si  conoscono  alle  occasioni.  -  Lo  conoscono 
anche  le  lastre  :  di  persona  conosciutissima. 

Sconosciuto,  non  conosciuto,  ignoto^  incognito. 

Segni.  —  Emblema,  lìgura  simbolica,  per  lo  più 
con  un  motto,  dalla  quale  si  conosce  il  carattere 
d'  alcunché.  ■  Etichetta,  nell'uso,  cartellino  che  si 
applica  a  qualche  recipiente,  ecc.,  per  indicare  e 
farne  conoscere  il  contenuto.  -  3Ia)'ca,  contras- 
segno che  si  pone  alle  mercanzie.  -  Passaporto, 
carta  di  riconoscimento  per  poter  passare  da  un 
paese  all'altro.  -  Scontrino,  marca  di  contrassegno, 
di  riconoscimento  per  entrare  in  qualche  luogo  e 
simili,  ■  Segnale,  nome  generico  degli  oggetti,  de- 
gli arnesi  che  servono  da  segno.  -  Segno,  ciò  che 
serve  naturalmente  a  far  conoscere  e  a  dare  indi- 
zio di  checchessia.  -  Simbolo,  veggasi  a  questa 
voce,  che  è  di  vario  significato.  -  Tessera,  sche- 
dina, cartoncino  e  simili  di   riconoscimento. 

Conoscibile.  Che  si  può  conoscere. 

Oonosciuiento.  L'atto  e  l' effetto  del  cono- 
scere. 

Conoscitivo.  Veggasi  a  conoscere. 

Conquassanti  (dolori).  Veggasi  a  utero. 

Conquassare  [conquassamento ,  conquassante, 
conquassato).  Mettere  in  urto  una  cosa  con  l'altra, 
in  modo  che  si  sbatta  e  si  fracassi  ;  scuotere,  dare 
una  scossa.  -  Fracassare,  rovinare,  ridurre  in 
rovina. 

Conquasso.  Fracasso,  rovina. 

Conquidere  (conqtiiso).  Abbattere,  ridurre  a 
mal  termine,  vincere.  ■  Disturbare,  importunare, 
molestare,  turbare:  dare  disturbo,  molestia, 
turbamento.  ■  Sconquidere,  rinforza  conquidere. 

Conquista.  L'atto  e  l'effetto  del  conquistare,  e 
la  cosa  conquistata;  ottenimento  per  forza  d'armi, 
in  guerra,  o  con  grande  fatica  e  forte  contrasto 
(dicesi  per  lo  più  di  libertà,  di  paese,  di  Stato  e 
simili):  conquisto,  acquisto;  di  paese,  invasione, 
occupazione,  ricuperamento.  -  Anche,  buon  suc- 
cesso neW amoreggiare,  nel  far  la  corte,  ossia 
nel  corteggiare.  -  Imperialismo,  sistema  di  go- 
verno injperiale,  ambizione  di  costituire  un  impero 
mediante  conquiste,  -  Riconquista,  il  riconquistare. 

Conquistare,  fare,  compiere  la  conquista  ;  inva- 
dere un  paese,  impadronirsi  d' una  città,  d' una 
fortezza;  occupare  tirannicamente  uno  Stato:  ac- 
quistare con  le  armi  ;  togliere  agli  altri  e  far  pro- 
prio. -  Riconquistare,  ripete  conquistare,  o  conqui- 


stare il  perduto.  -  Ricuperare,  riacquistare  ;  ripren- 
dere, jirendere  di  nuovo. 

Conquistatore  (conquistatrice),  chi  conquista  :  in- 
vasore, soggiogatore,  vincitore;  chi  riesce  a  con- 
quistare, a  vincere.  Scherz.,  ladro  in  grande. 
Famosi  conquistatori,  Alessandro,  Cesare,  Attila, 
Tamerlano,  Napoleone,  Garibaldi.  -  Anche,  chi 
ha  fortuna  nell' amoreggiare,  nel  far  la  corte  alle 
donne.  -  Africanista,  chi  ha  la  passione  (afri- 
canismo) della  conquista  in  Africa,  specialmente 
degli  europei  (neologismo).  •  Conquistadores,  ne- 
gli antichi  possedimenti  spagnuoli  in  America,  i 
conquistatori  delle  contrade  del  nuovo  mondo.  - 
Jingoista,  dall'inglese  Jingo,  uomo  recente,  detto 
di  coloro  che  in  Inghilterra  (guerra  del  Transvaal) 
e  negli  Stati  Uniti  (guerra  di  Spagna)  erano  fer- 
venti fautori  della  politica  imperiale  o  di  con- 
quista. 

Consacrare  (consacrato,  consacrazione).  Ren- 
dere sacro,  dedicare  al  culto;  destinare,  dedi- 
care a  checchessia  :  consagrare,  consecrare,  sa- 
crare. -  Instituire  solennemente,  detto  di  vescovo, 
di  papa,  di  prete.  -  Riconsacrare,  riconsecrare  : 
ripete  consacrare.  •  Consacrazione,  il  consacrare  e 
la  cerimonia  relativa:  consagrazione,  consecrazione ; 
dedicazione,  sagra. 

Consacrazióne.  Veggasi  a  consacrare. 

Consanguineità,  consanguineo.  Veggasi 
a  parentela  e  a  sangue. 

Consapévole.  Sciente  del  fatto  ;  chi  è  in  grado 
di  sapere  e  sa  una  determinata  cosa.  -  Far  con- 
sapevole, avvertire,  avvisare,  far  conoscere; 
far  consapente,  conscio,  persuaso,  sapevole,  sa- 
puto. ■  Consapido  (agg.),  il  fatto,  l'avvenimento,  ecc., 
di  cui  alcuno  è  consapevole.  -  Consapevolmente,  veg- 
gasi a  sapere. 

Consapevolezza.  L'essere  consapevole. 

Consaputo.  Detto  a  consapevole. 

Conscio.  Chi  sa,  è  consapevole. 

Consecutivamente.  Di  seguito,  di  con» 
finito. 

Consecutivo.  Che  viene  dopo,  immediata- 
mente ;  di  seguito,  continuo.  ■  Veggasi  a  ma- 
lattia. 

Consegna  Atto  del  consegnare,  del  dare. 
•  Castigo,  pena,  che  si  infligge  al  soldato.  -  In 
commercio,  nota  di  merce  venduta  per  conto  di 
un  terzo.  -  Veggasi,  inoltre,  a  guardia  e  a  seti- 
tinella. 

Consegnare  (consegnato).  Affidare,  ilare  ad 
altri  con  un  fine  e  formalità  determinate  ;  dare  in 
guardia,  in  custodia.  -  Cedere,  consegnare  una 
cosa,  rinunciando  ad  ogni  diritto  su  di  essa  ;  dare 
in  mano,  in  potere  altrui.  -  Riconsegnare,  ripetere 
la  consegna;  consegnare  di  nuovo. 

Consegna,  il  consegnare  e  la  cosa  consegnata  ;  il 
rimettere;  ricevere,  dare,  prendere  l'amministra- 
zione, il  posto,  il  governo,  ecc.  -  Consegnazione, 
l'azione  del  consegnare.  -  Consegnatario,  quegli  al 
quale  fu  consegnata  alcuna  alcuna  cosa  in  custodia 
0  in  deposito  :  depositario. 

Consegnatario.  Detto  a  consegnare. 

Conseguente.  Posteriore,  che  segue,  viene 
dopo  ;  che  deriva  come  conseguenza.  •  La  prO' 
posizione  che  risulta  dalle  premesse. 

Conseguenza.  La  cosa  che  è  conseguita  ad 
un'altra;  ciò  che  é  risultato,  effetto  di  un  fatto, 
dìxmavvenimento;  nel  discorso,  la  conclusione, 
il  corollario  &&\V argomentazione  detta  sillogi- 
8tno;   momento,  itnportanza,  -  Come  termine 


682 


CONSEGUIBILE   —   CONSERVABE 


legale,  quel  che  risulta  dalle  premesse:  conseguen- 
zia,  conseguenza.  -  Conseguenziario,  di  persona 
troppo  rigida  e  ostinata,  nel  tirare  le  conseguenze, 
nell'andare  fino  alle  ultime  conseguenze,  movendo 
anche  da  premesse  non  giuste.  •  Conseguentemente, 
in  0  per  conseguenza:  di  conseguenza. 

Lasciare  il  tempo  come  lo  si  trova,  di  cosa  che 
non  ha  conseguenze,  che  non  lascia  traccia   di  sé. 

-  Salto  nel  buio,  per  estensione  figurata,  vale  im- 
presa dissennata,  coatta,  disperata,  di  cui  non  si 
possono  prevedere  le  conseguenze. 

Conseguibile,  conseguimento.  Veggasi  a 
eonseguire. 

Conseguire  {conseguente,  conseguito).  Come 
verbo  attivo,  ottenere  cosa  alla  quale  si  aspira  ; 
avere  in  contraccambio,  in  ricotnpensa,  in  pre- 
mio 0  come  conseguenza.  ■  Come  verbo  neutro, 
derivare  come  conclusione  di  un  ragionamento 
o  da  un  ordine  di  osservazioni.  ■  Conseguitare,  sì^c- 
cedere,  venir  dopo  ordinatamente.  -  Conseguente, 
■che  consegue. 

Conseguitare  {conseguitato).  Venir  dopo,  suc' 
cedere  ordinatamente ,  seguire. 

Consènso.  Il  consentire,  il  concedere  ad  al- 
cuno di  far  cosa  che  desideri  o  domandi;  il  tro- 
varsi d'accordo  con  altri;  conformità  di  giudi- 
zio, di  opinione,  di  volontà:  accessione,  accesso, 
accettazione  (veggasi  ad  accettare),  acconsenti- 
mento,  adesione,  approvazione,  annuenza,  assenso, 
consentimento,  conserto.  -  Acquiescenza,  adesione, 
consenso  che  si  dà,  tacitamente  o  formalmente,  a 
una  sentenza,  a  un  atto  qualunque;  il  rimettersi 
all'altrui  volere  o  parere,  o  il  non  opporsi  dove  pure 
si  potrebbe.  -  Aderenza,  consentimento,  corrispon- 
denza 0  vincolo  amichevole  con  alcuno.  -  Adesione, 
l'acconsentire  al  parere  o  alla  deliberazione  presa 
o  da  prendersi  da  altri;  consenso,  partecipazione 
a  un  atto  qualsiasi.-  Approvazione,  V approvare; 
il  consenso  che  si  dà  di  fare  alcuna  cosa  o  il  rico- 
noscimento di  essa,  dopo  fatta.  -  Beneplàcito,  ap- 
provazione, consenso  intero  ;  volontà,  disposizione; 
arbitrio.  -  Compiacimento,  consenso,  atto  del  coìn- 
piacere  e  del  compiacersi.  •  Consenso  tacito,  quando 
si  acconsente  senza  dichiarazione. 

Consentire,  acconsentire,  dare  il  proprio  con- 
sentimento; accordarsi,  mettersi  d'accordo ,  con- 
cordare, concordarsi  ;  convenire  in  una  stessa  opi- 
nione 0  affermazione  ;  cedere  alla  pressione  ; 
concedere,  permettere;  accedere,  accogliere, 
accondiscendere;  accontentarsi,  acquiescere,  aderire, 
annuire,  assentire  ;  condiscendere,  conformarsi, 
contentarsi;  dare  il  consenso,  darla  in  favore;  non 
rifiutare,  non  opporre  rifiuto;  obbedire,  pre- 
stare il  consenso  ;  rispondere  favorevolmente,  ve- 
nire a  placebo  ;  riferirsi,  riportarsi  al  giudizio 
altrui.  -  Annuire,  acconsentire,  dar  segni  d'assenso. 

-  Approvare,  dare  il  proprio  consenso  ad  una  cosa 
fatta  0  da  farsi.  -  Permettere,  concedere,  dare 
consenso,  facoltà  di  fare  alcunché.  -  Riconsentire,  ri- 
pete consentire.  -  Starci  (popol.),  acconsentire  a  par- 
tecipare {starci  a  un'impresa,  a  un  rischio  e  si- 
mili). 

Ricusare,  non  accettare,  non  acconsentire,  rifiu- 
tare. -  Ripugnare,  non  consentire;  avere  ripu- 
gnanza. -  Sconsentire  (consentimento),  contr.  di 
acconsentire. 

Consenziente,  che  consente,  dà  consenso:  accon- 
senziente,  accostante,  aderente,  annuente;  consen- 
taneo. 


Consènso.  Sinonimo  di  simpatia  (fisiologica- 
mente). 
Consensuale.  Detto  a  contratto. 

Consentàneo.  Che  consente,  è  conforme,  con- 
veniente. 

Consentimento.  Atto  ed  effetto  del  consen- 
tire :  consenso.  -  Uniformità  di  giudizio,  di  opi- 
nione, di  volontà. 

Consentire  {consentito).  Veggasi  a  consenso. 

Consertare  {consprtato).  Intrecciare,  unire. 

Consèrto  {conserte).  Veggasi  a  braccio  (pa- 
gina 319,  prima  colonna:  «Movimenti  delle  brac- 
cia, con  le  braccia»)  e  a  mano. 

Conserva.  Frutta  o  altra  sostanza  alimentare 
contettata,  giulebbata,  nello  zucchero:  acconcio, 
©omposta,  confettura,  confezione,  conservetta.  - 
Anche,  medicamento  officinale,  di  consistenza 
molle.  -  Bottarga,  conserva  alimentare,  specie  di 
caviale.  -  Conserve  alimentari,  sostanze  animali  o 
vegetali  preparate  per  conservarle  più  a  lungo,  senza 
che  si  alterino.  -  Cotognata,  cotognata,  conserva  o  gela- 
tina delle  mele  cotogne.  -  Marmellata  (francesismo), 
conserva  di  pere  e  mele  e  simili,  cotte  come  il  co- 
tognato.  -  Mismis  (arabo),  conserva  di  albicocche.  - 
Polpa  di  tamarindo,  conserva  di  tamarindo. 

Conciare,  mettere  in  conserva  frutta  e  altri  vege- 
tali :  giulebbare. 

Conserva.  Luogo  riposto  dove  si  conservano  e 
mantengono  le  cose,  e  le  cose  stesse  conservate  ; 
luogo  ove  si  serbano  le  acque  d'una  fontana.  - 
Veggasi  a  navigare. 

Conservàbile.  Detto  a  conservare. 

Conservantismo.  Veggasi  a  novità  e  a  po- 
litica. 

Conservare  {conservato,  conservatore,  conserva- 
trice, conservazione).  Ten»e  nel  suo  essere,  nel  suo 
stato  alcuna  cosa  ;  mantenere  in  buono  stato  ;  te- 
nere in  custodia,  custodire  ;  tenere.  -  Conservarsi, 
mantenersi  nello  stato;  reggersi  in  buona  salute, 
resistere,  serbarsi  (veggasi  a  serbai'e).-  Conservà- 
bile, atto  ad  essere  conservato;  conserbevole,  ser- 
bevole.  -  Conservativo,  quanto  è  adatto,  o  meglio, 
ha  la  proprietà  di  conservare.  -  Conservatore  (con- 
servatrice), chi  0  che  conserva  ;  custode,  mante- 
nitore,  preservatore.  -  Conservazione,  il  conservare: 
conserva,  conservamento  ;  mantenimento,  manoten- 
zione,  manutenzione;  preservamento.  -  Contr.,  di- 
struzione, guasto,  rovina. 

Giulebbarsi  una  cosa,  conservarla,  come  si  conser- 
vano frutte  nel  giulebbe.  -  Imbucare,  metter  nelle 
fosse  dove  si  conserva.  -  Mettere,  tenere  al  fresco, 
in  luogo  dove  l'aria  è  fresca,  perchè  la  roba  si 
conservi  meglio.  -  Riserbare,  serbare  con  prudenza, 
avvedutezza.  -  Ritenere,  mantenere,  serbare.  - 
Sahare,  conservare,  salvando  da  pericolo  di  di- 
struzione 0  deperimento.  -  Serbare,  conservare  per 
usar  poi.  -  Tenere  una  cosa  sotto  tma  campana  di 
cristallo,  tenerla  ben  conservata,  conservarla  gelo- 
samente. 

Non  c'è  una  logia,  quando  un  oggetto  si  conserva 
nuovo  pulito,  colorito,  intatto. 

Affumicazione,  antico,  semplice  e  pratico  pro- 
cesso adottato  per  conservare  le  carni  per  mezzo 
del  fumo.  -  Celle  frigorifere,  piccole  camere  a  pa- 
reti metalliche,  attorno  alle  quali  si  produce,  con 
vari  sistemi,  un  grande  abbassamento  di  tempe- 
ratura, per  conservare  commestibili,  specialmente 
carni.  -  Pepinière,  traslato  francese,  usato  invece  delle 
nostre  voci  semenza,  vivaio,  seminario,  -  Salamoia, 


CONSERVATIVO    —    CONSIGLIO 


683 


acqua  salata  per  conservarvi  roba.  -  Vivaio,  ricetto 
d'acqua  murato,  per  conservarvi  pesci  ;  luojjo  dove 
si  pongono  le  pianticelle  per  poi  trapiantarle. 

Conservativo.  Detto  a  conservare. 

Conservatore.  Chi  conserva.  -  In  politica,  quasi 
sinonimo  di  moderato:  avverso  alle  riforme,  ne- 
mico delle  innovazioni  politiche  ;  pallesco.  -  Titolo 
di  chi  soprintende  a  raccolte  artistiche,  a  gabinetti 
di  storia  naturale,  ecc.  -  Conservatore  delle  ipoteche, 
veggasi  ad  ipotéca.  -  Conservatori,  antico  niagi- 
8trato  fiorentino.  -  lorcaiuolo,  il  monarchico  bor- 
ghese conservatore  (a  stento  rimorchiato  dal  par- 
tito progressista)  che,  senza  molto  contribuirvi  per 
iniziativa  individuale,  vagheggia,  non  sempre  in 
astratto,  un  governo  forte,  risoluto  che  non  si  lasci 
dominare  dalla  folla  e  dalla  piazza.  -  Junker,  gio- 
vane nobile,  nella  vecchia  Prussia;  seguaci  del  par- 
tito conservatore,  con  carattere  feudale. 

Conservatòrio.  Un  convento  di  monache  o 
altro  luogo  monastico  di  educazione.  -  Istituto  di 
rmisica,  liceo  musicale.  -  Conservatorio  d' arti  e 
mestieri,  veggasi  a  ìuestiere. 

Conservazióne.  Detto  a  conservare. 

Conservo.  Veggasi  a  religioso  e  a  servo. 

Consesso.  Riunione,  adunanza  di  persone 
ragguardevoli  :  collegio,  comitato,  compagnia, 
concilio,  conclave,  -  Anfizionia,  consesso  di  ma- 
gistrati politici  e  religiosi  dell'  antica  Grecia.  -  A- 
reopdgo,  consesso  di  scienziati,  di  statisti.  -  Cenàcolo, 
riunione  di  persone  dello  stesso  partito.  -  Sinèdrio, 
per  similit.,  consesso  di  giudici,  di  sacerdoti. 

Consideràbile.  Veggasi  a  considerare. 

Considerando.  La  motivazione  di  una  sen- 
tenza, di  un  ordine  del  giorno  e  simili. 

Considerare  {considerabile,  considerato).  Pon- 
derare, osservare  attentamente,  con  attenzione; 
guardare,  ragguardare,  avvertire,  notare  ;  avere 
in  pregio,  in  isti  ma  (veggasi  a  stima):  avere,  te- 
nere in  considerazione;  aver  riguardo;  far  consi- 
derazione; porre  il  guardo,  tener  conto.  -  Abbadare, 
badare,  considerare,  guardare  con  attenzione,  con 
■cura.  -  Bilanciare,  considerar  bene,  ponderare.  - 
Collustrare,  considerare  accuratamente.  -  Far  tut- 
t'uno,  considerare  o  trattare  più  cose  o  persone 
nella  stessa  maniera.  -  Guardare  alla  corteccia  delle 
cose,  alla  superficie,  superficialmente.  Meditare, 
considerare  attentamente  con  l'intelletto  alcuna  ma- 
tèria speculativa.  -  Mettersi  al  livello  de'tenipi,  con- 
siderare le  cose  secondo  il  t'ampo  che  corre.  -  Mi- 
surare, considerare,  stimare.  -  Osservare,  considerare 
diììgentemente.- Ponderare,  fermarsi  con  la  mente 
a  considerare  le  ragioni  o  le  circostanze  di  un  fat- 
to, per  giudicarne  e  prenderne  consiglio.  -  R  igguar' 
dare,  guardare  o  considerare  attentamente.  -  Ri- 
considerare, ripete  e  rafforza  considerare.  -  Riflettere, 
ponderare.  -  Riguardare ,  considerare ,  avere  in 
conto.  -  Riservare,  tenere  in  disparte' o  considerare 
separatamente  o  con  differenza  esclusiva.  -  Squa- 
drare, considerare  con  diligenza  cose  o  persone,  or- 
dinarie sul  terreno.  -  Tenere  a  calcolo,  considerar 
bene  una  cosa,  per  giovarsene  rispetto  a  altre  pos- 
sibili. -  Tener  per  nulla,  non  considerare.  -  Vaglia- 
re, considerar  bene. 

Considerabile,  da  essere  considerato,  considere- 
vole; degno  di  considerazione;  notabile,  notevo- 
le ;  copioso,  grande  ;  abbondante,  in  abbon- 
danza. -  Attendibile,  da  considerarsi  e  da  crs- 
édere.  -  Considerabilmente,  in  modo  considerabile; 
considerevolmente,  notevolmente.  Contr.,  inconside- 
-revolmente.  -  Inattendibile,  che  non  può  essere  preso 


in  considerazione.  •  Inconsiderabile,  che  non  si  può 
considerare. 

Consideratamente,  con  considerazione,  con  pon- 
derazione, ponderatamente  (weggASÌ  a.  ponderare). 
•  Contr.,  sconsideratamente,  cecamente. 

Considerazione,  il  considerare,  atto  della  mente  per 
cui  si  considera:  meditazione,  osservazione,  pensiero, 
riflessione.  Anche,  buona  opinione,  stitna.  -  Animad- 
versione  (poco  usato),  i'etìetto,  il  risultato  del  con- 
siderare. -  Avvertenza,  V  avvertire,  il  fare  una 
certa  considerazione  su  qualche  cosa.  -  Cecità  (fì- 
gur.),  mancanza  di  considerazione,  di  avvedutezza, 
di  sagacia.  -  Considerazioncella,  dim.:  di  conside- 
razione. -  Consideratezza,  l'abitudine  del  considera- 
re. -  Riflesso,  considerazione  da  ogni  parte  condotta. 

-  Rispetto,  in  logica,  il  modo  nel  quale  si  prende  a 
considerare  una  cosa. 

Consideratamente.  Detto  a  considerare. 

Considerazióne.  L'atto  del  considerare.  - 
Buona  opinione,  stim,a. 

Considerevole.  Considerabile  :  veggasi  a  con- 
siderare 

Consigliare,  consig-liarsi  {consigliato).  Dare, 
prendere  consiglio.  -  Indurre  a  fare  una  cosa, 
persna^lere. 

Consigliatamente.  Con  buon  consiglio, 
ponderatamente. 

Consigliera,  consigliere.  Chi  dà  con- 
siglio. 

Consigliere.  Membro  di  un  Consiglio  (veg- 
gasi la  seconda  voce). 

Consiglio.  Avvertimento  che  si  dà  a  qualcuno 
circa  il  da  farsi  in  una  determinata  cosa,  in  qual- 
che affare,  ecc.  ;  proponimento,  suggerimento  del 
modo  0  del  mezzo  col  quale  togliersi  di  dubbio 
0  di  imbarazzo  nella  condotta,  nel  contegno, 
in  ciò  che  si  vogl.a  o  si  debba  fare:  ammonizione, 
avvertenza,  avviso,  dettame,  detto,  istruzione,  ra- 
gione detta,  suggerimento.  -  Risoluzione,  senno. 
Il  consiglio  può  essere  buono,  cattivo,  leale,  sin- 
cero, amorevole,  gentile,  appassionato,  disinteressato, 
mite,  audace,  prudente,  opportuno,  malizioso,  iìisidioso, 
pazzo,  da  pazzi,  ecc.  -  Consiglio  che  vale  un  fico, 
che  vale  un  Perù,  cioè  senza  valore,  o  prezioso,  uti- 
lissimo. -  Consiglio  o  rovescio,  tutt'altro  che  buono. 

-  Parenèst,  esortazione,  consiglio  della  virtù.  -  Pa- 
rere, consiglio  che  si  richiede,  consulto  giuridico 
per  chiarire  un  punto  controverso.  -  Sconsiglia- 
tezza, mancanza  di  consiglio.  -  Una  buona  parola: 
un  buon  consiglio,  un  discorso  opportuno.  -  Scon- 
siglio, dissuasione  (veggasi  a  dissuadere). 

Consigliare,  di  consiglio.  -  Consigliatamente,  con 
buon  consiglio,  ponderatamente  (veggasi  a  pon- 
derare). 

Consigliare,  suggerire  ad  altri  opportune  nor- 
me per  contenersi  in  una  data  circostanza  :  amnio- 
nire,  avvisare;  dar  consiglio,  dare  per  consiglio; 
mandar  consiglio;  sovvenire  di  consiglio.  -  Accer- 
tare i  consigli,  consigliare  con  sicurezza.  -Con' 
saltare,  interrogare  alcuno  per  averne  consiglio.  - 
Dissuadere,  consigliare  ad  altri  di  astenersi  dal 
fare  alcunché  o  da  un  determinato  proposito.  - 
Guidare  (figur.),  indirizzare  con  i  consigli;  inse- 
gnare ad  altri  la  via.  -  Predicare,  ammonire  enfa- 
ticamente ;  con  molte  parole  •  Dare,  avere,  ricevere 
lume  :  di  indicazioni,  consigli,  ammaestramenti,  - 
Esortare,  eccitare  mediante  consigli.  -  Inculcare, 
ripetere  un  consiglio,  in  modo  di  farlo  penetrare 
nella  mente.  -  Portar  legne  alla  selva,  dar  consigli 
j  a  chi  non  ne   ha  bisogno.  -  Riconsigliare,  ripete 


G84 


CONSIGLIO    —   CONSOLATO 


consigliare.  -  Suggerire,  insinuare,  rammentare  o 
consigliare,  a  chi  non  sa  come  cavarsela,  cosa  da 
dirsi  0  da  farsi. 

Sconsigliare,  veggasi  a  dissuadere.  -  Sconsiglia- 
tamente, senza  consiglio. 


Chi  consiglia  —  Locuzioni  e  proverbi. 


Chi  consiglia  :  consigliante,  consigliatore,  consi- 
gliera, consigliere;  consulente,  consultatore,  consul- 
tore ;  indirizzatore,  inspiratore,  ispiratore  ;  suggeri- 
tore. 

Conso,  presso  gli  antichi  Romani,  dio  del  buon 
consiglio,  lo  stesso,  credesi,  che  Nettuuo  equestre, 
onorato  con  tempietti,  a  metà  sepolti  nella  terra, 
per  mostrare  che  i  consigli  devono  essere  segreti. 
In  onore  di  lui  si  celebravano  feste  (consuali)  ogni 
anno,  nel  mese  di  agosto. 

Egeria,  ninfa  proclamata  consigliera  di  Nu- 
ma.  E  quindi  :  essere  la  ninfa  Egeria  di  uno,  es- 
sere l'inspiratore  di  alte  cose,  buon  consigliero, 
specialmente  di  persone  influenti.  -  Eminenza  gri- 
gia, di  consigliere  occulto  e  potente.  -  Eubidia,  dèa 
dei  buoni  consigli.  -  Genio,  buon  genio,  supposto 
spirito  che  dà  buoni  con&igVu  -  Mentore  :  dicesi  di 
guida  saggia  e  paterna,  di  consigliere  fidato.  -  Uo- 
mo, donna  di  consiglio,  capace  di  consigliar  bene. 
-  Vecchio  della  Montagna,  dicesi  per  indicare  in- 
spiratore occulto  (ironicamente). 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Chi  fa  di  testa,  paga 
di  borsa:  di  chi  non  vuol  dar  retta  a  consigli  e  ci 
rimette  un  tanto.  -  Chi  vi  ha  detto  che  veniate  a  darci 
delle  lezioni?,  a  chi  dà  consigli  gratuiti,  inopportuni, 
non  chiesti.  -  Dà  retta  a  un  minchione,  consigliando 
senza  pretesa  qualcuno  a  far  cose  di  giudizio.  - 
Dar  retta  ad  alcuno,  ascoltarlo,  piegarsi  ai  suoi 
consigli.  -  Insegnare  alle  aquile  a  volare,  ai  gatti 
a  rampicare,  ad  Annibale  il  far  la  guerra,  dar  con- 
sigli a  chi  non  ne  ha  bisogno.  -  Non  ho  bisogno  di 
suggeritori,  a  importuni  consiglieri,  -  Non  ti  la- 
sciare svolgere:  non  lasciarti  sconsigliare.  -  Parli 
bene:  a  chi  ci  dà  buoni  consigli.  -  Secondo  il  mio 
consiglio,  il  mio  vedere,  il  mio  intendimento:  si  dice, 
qualche  volta,  manifestando  modestamente  il  nostro 
pensiero,  specialmente  consigliando.  -  Vox  clamantis 
in  deserto,  voce  di  chi  parla  nel  deserto,  cioè  avver- 
timento non  ascoltato. 

A  ben  s'appiglia  chi  ben  si  consiglia.  -  A  consi- 
glio di  matti  (o  a  cattivo  consiglio)  campana  di  le- 
gno. -  Consiglio  non  richiesto,  inganno  manifesto.  - 
Il  consiglio  non  va  lodato,  ma  seguilo.  -  Ogni  pazzo 
vuol  dar  consiglio.  -  Sotto  consiglio  non  richiesto 
gatta  ci  cova. 

Consiglio.  Collegio  di  persone  elette  per  esa- 
minare e  risolvere  gli  affari  affidati  alla  loro  cura 
per  legge  o  per  particolari  statuti.  In  generale,  l'a- 
dunanza di  un  corpo  morale,  allo  scopo  di  discu- 
tere e  deliberare  ;  il  corpo  amministrativo  costi- 
tuito presso  questa  e  quella  anvministraziouQ 
(del  Comune^  della  Provincia,  d'  una  Banca, 
ecc.),  come  il  Consiglio  del  Contenzioso  diplomatico, 
il  Consiglio  d'amministrazione  dell'Asse  ecclesiastico, 
il  Consiglio  superiore  di  Sanità,  il  Consiglio  delle 
miniere,  il  Consiglio  forestale,  e  via  via. 

Consiglio  aulico,  suprema  Corte  nell'antico  regno 
della  Germania.  -  Consiglio  Camerale,  quello  della 
Camera  di  commercio.  -  Consiglio  Comunale,  veg- 
gasi a  comune.  -  Consiglio  dell'ordine,  corpo  che 


presiede  a  un  collegio  di  avvocati,  a  un  ordine 
cavalleresco  e  simili.  -  Consiglio  di  amministra- 
zione, riunione  degli  amministratori  di  una  So- 
cietà di  commercio,  d'un  corpo  morale,  d'un  reg- 
gimento della  milizia,  ecc.  -  Consiglio  dei  mi- 
nistri, veggasi  a  governo.  -  Consiglio  di  difesa^ 
veggasi  a  fortezza.  -  Consiglio  di  disciplina,  spe- 
cie di  ti'ibunale  militare,  per  giudicare  le  trasgres- 
sioni ledenti  la  disciplina.  -  Consiglio  di  famiglia, 
veggasi  a  famiglia.  -  Consiglio  di  guerra,  detto 
a  guerra.  -  Consiglio  di  leva,  veggasi  a  leva.  - 
Consiglio  di  prefettura,  veggasi  a  jìrefetto.  -  Con- 
siglio di  Stato,  veggasi  a  Stato  -  Consiglio  gene- 
rale, quello  che  rappresenta  la  tutela  degli  inte- 
ressi di  un  dipartimento  in  Francia,  -  Consiglia 
provinciale,  veggasi  a  provincia.  -  Consiglio  pro- 
vinciale scolastico,  veggasi  a  scuola.  •  Consiglio  se- 
greto,  quello  tenuto  con  esclusione  del  pubblico. 

Designazidni  storiche.  —  Consiglio,  nell'antica 
Roma,  era  un  collegio  di  giureconsulti  (assessores), 
che  assistevano  i  magistrati  giudicanti  (consoli,, 
pretori,  ecc.). 

Consiglio  degli  Anziani,  in  Francia,  quello  isti- 
tuito dalla  Costituzione,  nell'anno  UI  (1795),  per 
comporre  il  governo,  insieme  col  Direttorio  e  col 
Consiglio  dei  Cinquecento.  -  Consiglio  degli  Stati, 
uno  dei  corpi  che  formano  l'Assemblea  federale 
svizzera.  Consiglio  dei  Dieci,  commissione  segreta 
della  Repubblica  Veneta.  -  Consiglio  dei  lorbidi, 
detto  a  tribunale.  -  Consiglio  dell'  impero,  una 
delle  supreme  autorità  amministrative  in  Russia.  - 
Consiglio  di  credenza,  consiglio  di  Stato,  o  Consi- 
glio segreto,  nelle  antiche  repubbliche  italiane.  - 
Consiglio  federale,  nell'impero  tedesco,  il  corpo  co- 
stituito dai  plenipotenziarii  nominati  dai  capi  degli 
Stati  componenti  l'impero  stesso.  -  Consiglio  Grande 
0  Piccolo,  denominazione  con  la  quale,  nelle  re- 
pubbliche italiane  del  medioevo,  si  indicavano  i 
due  Consigli,  uno  più,  l'altro  meno  numeroso,  nei 
quali  erano  divise  le  attribuzioni  del  potere  legi- 
slativo. -  Consiglio  nazionale,  uno  dei  due  corpi 
che  costituiscono  l'assemblea  nazionale  svizzera.  - 
Gran  Consiglio,  nella  Svizzera,  la  rappresentanza 
popolare  legislativa  nei  singoli  Cantoni. 

Consigliere,  colui  che  fa  parte  di  un  Consiglio. 
-  Presidente  del  Consiglio,  veggasi  a  ministro. 

Consìmile.  Veggasi  ad  eguale,  a  simile. 

Consistente.  Viscoso,  denso,  tenace;  duró^ 
sodo. 

Consistenza.  Densità,  l'essere  denso.  - 11  con- 
sistere, r  essere.  -  Stabilità  di  checchessia,  in  ra- 
gione del  suo  essere, 

Consistere  {consistente,  oonsistenza).  L'  essere. 
Avere  l'essenza,  il  fondamento. 

Oonsobrlno.  Veggasi  a  figlio. 

Consociare,  consociarsi  (consociato).  Veggasi 
a  socio. 

Consociato,  consocio.  Chi  è  socio,  stretto  in 
associazione,  in  società. 

Consociazione.  Riunione,  associazione;  lega, 
società,  unione. 

Consolante.  Detto  a  consolazione. 

Consolare,  consolarsi  (consolato),  Veggasi  a 
consolazióne. 

Consolare.  Di  console,  del  console. 

Consolativo,  consolatorio.  Detto  a  conso- 
lazione. 

Consolato.  La  dignità  consolare  ;  ora,  la  re- 
sidenza del  console.  -  In  Francia,  dall' il  novem- 
bre 1799  al  19  maggio   180i,  la  suprema   autorità. 


CONSOLIDARE 


685 


•dello  Stato.  -  Consolalo  del  mare,  antico  magi- 
stralo  che  aveva  giurisdizione  marinaresca,  sulle 
cose  mercantili  e  militari.  -  Consolato  operaio,  veg- 
gasi  ad  operaio. 

Consolatore.  Chi  dà  consolazione. 

Consolazióne.  Atto  ed  effetto  del  consolare  e 
del  consolarsi,  ossia  di  alleviare  il  dolore  altrui 
0  il  proprio;  anche,  di  appagare  un  vivo  deside- 
l'io,  di  dare,  procurare,  o  darsi  contorto:  alle- 
viamento, confortamento,  confortazione,  grioia;  pa- 
rola d'  unzione  ;  racconsolamenlo,  riconsolaniento, 
riconsolazione;  refrigerio,  ristoro  dell'anima;  sol- 
lazzo, sollevamento,  sollievo;  temperamento  di  do- 
lore. Figur.,  balsamo,  medicina,  pillole  di  parole 
lenitive;  rimedio,  rugiada,  unguento;  venta- 
glio contro  i  pensieri  molesti. 

Consolare  :  addolcire  il  dolore  ;  addolcire  gli  af- 
fetti ;  conciliare  con  la  mala  fortuna;  confortare, 
dare,  recar  conforto;  Awq  allegrezza;  dar  riposo; 
disacerbare,  disaffannare,  disasperare,  disasprire,  di- 
sattristare ;  far  coraggio,  far  core  ;  mòlcere  la  cura 
(poet.);  porgere  sollievo,  refrigerio  ;  racchetare,  rac- 
consolare, riconsolare  ;  rasserenare  il  core  ;  rattem- 
perare, rattemprare  il  dolore,  1'  affanno  ;  recare  a 
conforto  ;  riconfortare,  ricreare,  risollevare  ;  risto- 
rare gli  affanni;  sgombrare  ogni  acerbezza;  tener 
consolato  ;  togliere  di  pena.  -  Figur.,  asciugare  le 
Jagrirao;  asciugare,  tergere  i\  pianto;  cicatrizzare 
le  piaghe;  risuscitare  da  morte  a  vita;  risuscitare 
la  speranza,  la  ^?«ce,  la  caìnia  in  un  cuore,  ecc. 

Consolarsi:  aprire  il  cuore  ai  conforti,  confortar- 
si ;  darsi  pace,  disattristarsi,  disgravarsi  d'ogni  ma- 
linvonia,  d'ogni  tristezza;  pigliar  consolazione, 
placarsi;  rasserenarsi;  rialzare  lo  spirito;  sca- 
ricarsi del  duolo  ;  sdogliarsi  ;  sollevarsi  dalle  pene; 
tergere  il  pianto  (figur.);  togliersi,  trarsi  dal  dolore, 
dal  pianto  e  simili  ;  uscir  di  doglia,  di  pianto. 

Consolante,  che  dà  consolazione:  confortante, 
consolatore.  -  Consolatamente,  con  consolazione. 

Consolativo,  consolatòrio,  atto  a  consolare.  -  Con- 
solatore, chi  consola  :  confortatore,  racconsolatore. 
Anche,  conforto,  posapena.  -  Inconsolabile,  chi  è  in 
preda  a  si  grave  dolore,  è  colpito  da  si  grande 
sventura  da  non  poter  essere  consolato. 

Proverbi.  —  Anche  tra  le  spine  ìiascono  le  rose. 
•  Niente  s'asciuga  cosi  presto  come  le  lagrime.  -Non 
nevica  tutto  il  verno,  -  Non  tutte  le  pecore  sono  per 
il  lupo.  -  Ogni  male  ha  la  sua  ricetta.  -  Altri  pro- 
verbi a  conforto. 

Cònsole  [consolo).  Il  rappresentante  di  uno  Stato 
in  una  città  di  altra  nazione;  agente  di  governo, 
agente  diplomatico  (veggasi  a  diplomazia)  per  gli 
affari  di  diritto  privato  ;  rappresentante  commer- 
ciale e  anmnnistrativo  di  uno  Stato  all'estero.  » 
Agente  consolare,  chi  disimpegna  alcune  funzioni 
del  consolato,  in  via  provvisoria.  -  Console  generale, 
quello  che  risiede  nel  luogo  principale  di  uno  Stato, 
e  a  lui  fanno  capo  i  consoli  residenti  nei  luoghi  di 
minore  importanza.  -  Consoli,  supremo  magistrato 
nella  maggior  parte  dei  Comuni  italiani,  nel  me- 
dioevo, in  numero  di  due,  quattro  e  più  {consoli 
del  Comune,  dei  placiti,  dei  mercanti,  ecc.).  -  Pro- 
console, neir  antica  Roma,  il  governatore  di  una 
provincia  senatoria.  -  Vice-consale,  ufficiale  che  fa 
le  veci  del  console:  esercita  un'autorità  limitata  e 
assiste  il  console  generale. 

Consolare,  nell'antica  Roma,  titolo  col  quale  si 
■designava  chi  era  stato  console.  Ora,  dicesi  di  ciò 
che  é  relativo  al  console  (grado,  insegna,  ufficio, 
giurisdizione,  podestà).  -  Consolarla,  consoleria  (voci  i 


in  disuso),  consolato.  ■  Consolato,  la  dignità,  l'uf- 
ficio di  console  ;  anche,  il  luogo  di  sua  residenza. 
Credenziale,  lettera  di  credenza,  documento  col 
quale  il  governo  accredita  presso  un  altro  Stato 
il  console  o  l'ambasciatore.  -  Exequatur,  in  diritto 
pubblico,  l'atto  che  conferisce  ad  un  console  il  di- 
ritto di  esercitare  le  sue  funzioni.  -  Medaglie  con- 
solari, quelle  coniate  in  onore  dei  tre  consoli  della 
Repubblica  Francese:  Bonaparte,  Cambacères,  Le- 
brun. 


Dei  consoli  rovan'i. 


Cònsoli  {cómules)  si  chiamarono,  nell'antica  Ro- 
ma, i  due  supremi  magistrati  (istituzione  del  509 
a.  C.)  ai  quali  era  affidato  l' esercizio  del  potere 
esecutivo  (dirigere  guerre,  chiamare  milizie,  armarle, 
comandarle,  ecc.);  ed  erano  essi  i  rappresentanti 
repubblicani  nel  potere  regio  :  restavano  in  carica 
solo  un  anno.  Ma  talvolta,  per  le  necessità  della 
guerra,  si  prolungava  l'ufficio  col  titolo  di  procon- 
solato. I  consoli  si  chiamarono  dapprima  praetores, 
cioè  capi  militari,  e  iudices,  giudici.  Erano  eletti 
nei  comizi  ccnluriati.  Quando  a  capo  dello  stesso 
esercito,  comandavano  ciascuno  metà  dello  milizie, 
e  ogni  due  giorni  ne  avevano  la  direzione  assoluta, 
a  Roma,  invece,  ciascuno  aveva  alternativamente, 
per  un  mese,  superiorità  sul  collega,  superiorità  a- 
yente  per  emblema  i  fasci  (fasces).  Come  i  pretori, 
i  censori  e  gli  edili  curuli,  i  consoli  portavano  nei 
giorni  comuni  la  toga  praetexta,  orlata  d'una  stri- 
scia di  porpora  ;  nei  festivi,  una  toga  tutta  di  por- 
pora. Solo  essi  e  i  pretori  erano  investiti  dell' tm- 
perium,  cioè  del  comando  militare  loro  conferito  dai 
comizi  curiati.  Quando  un  console  moriva  o  rinun- 
ziava  alla  magislralura,  il  collega  di  lui  convocava 
i  comizi  per  l'elezione  di  un  console  supplente 
{consul  suffectus).  Folestas  era  detta,  pei  consoli  e 
per  gli  altri  magistrati,  l'autorità  necessaria  al 
l'esercizio  del  loro  ufficio;  ius  edicendi,  il  diritto 
di  emanare  ordini  ;  coercitio,  o  ius  multae  dictionis, 
il  diritto  di  infliggere  ammende  ai  delinquenti; 
twto,  il  diritto  di  opporsi  agli  atti  di  un  collega. 
Spettava  ai  consoli  l'ordinamento  e  la  cura  dei  ludi 
romani,  feste  e  giuochi  pubblici  ;  quando  vincitori, 
si  decretava  loro  il  trionfo,  la  più  alta  ricompensa. 
Essendo  solo  in  campo,  il  console  era  detto  ar- 
mato, mentre  quello  che  rimaneva  a  Roma  chia- 
mavasi  togato. 

Insegne  consolari  erano  i  fasci  (fasces),  riunione 
di  verghe  o  di  bacchette,  portate  dai  littori  (licto- 
res  :  dodici  per  ciascun  console)  e  ai  quali  in  campo 
si  aggiungeva  la  scure.  Essi  fasci  simboleggiavano 
il  diritto  di  infliggere  un  castigo  corporale^  mentre 
in  origine,  per  la  scure  che  ne  usciva  fuori,  signi- 
ficavano anche  il  diritto  di  condannare  ad  una 
pena  capitale.  -  Monete  consolari,  quelle  coniate 
sotto  i  consoli,  d'  oro,  d'  argento,  di  rame,  con  la 
testa  di  Roma  da  una  parte  e  con  una  biga,  una 
quadriga,  ecc.,  dall'altra,  senza  inscrizione. 

Consòlida.  Pianta  medicinale,  famiglia  delle 
borraginee,  molto  comune  nelle  praterie  acqui- 
trinose. 

Consolidamento.  Il  consolidare  e  il  con- 
solidarsi. 

Consolidare,  consolidarsi  (consolidato). 
Rendere,  diventare  solido;  assodare,  assodarsi, 
rendere,  divenir  sodo,  duro,  forte;   assicurare. 


686 


CONSOLIDATO   —   CONSUMARE 


assicurarsi,  rendere,  rendersi  sicuro.  -  Raffermare, 
confermare  ;  affermarsi,  crescere  di  autorità, 
di  pote7iza.  -  Di  legge  che  si  consolida.  -  Come 
termine  legale,  veggasi  ad  eredità. 

Consolidato.  Veggasi  a  Debito  ])ubblico. 

Consolidazióne.  Atto  ed  effetto  del  conso- 
lidare. 

Consonante.  Che  ha  suono  eguale.  -  Lettera 
AqW  al  falcio  che  non  si  può  pronunziare,  non  ha 
suono  se  non  quando  unita  a  vocale.  -  Aspirala, 
la  consonante  che  si  pronunzia  con  aspirazioni  di 
fiato,  come  si  nota  nel  linguaggio  dei  Tedeschi, 
degli  Inglesi,  degli  Spagnuoli  e,  in  Italia,  dei  To- 
scani (per  la  lettera  e).  -  Dentale,  quella  nella  pro- 
nunzia della  quale  i  denti  hanno  la  principal  par- 
te. -  Gutturale,  di  consonante  che  si  pronunzia  con 
la  gola.  -  Labiale,  della  consonante  che  si  pronun- 
zia con  le  labbra.  -  Labiodentale,  dì  consonante  che 
si  pronunzia  con  la  labbra  o  coi  denti.  -  Linguale, 
palatina,  di  consonante  che  si  pronunzia  con  la  lin- 
gua 0  col  palato.  -  Liquida,  dicesi  di  quattro  con- 
sonanti, L,  M,  N,  R. 

Consonanza.  Accordo  gradito  all'orecchio, 
armonia  di  voci,  di  suoni.  -  Somiglianza  o  iden- 
tità di  suono   -  Termine  di  musica. 

Consonare  (consonante,  consonato).  Il  concor- 
darsi di  un  suono  con  l'altro,  di  una  voce  con 
l'altra.  -  L'essere  in  accordo,  in  armonia. 

Cònsono  Conforme,  della  stessa  forma.  - 
Concorde,  in  concordia.  -  Confacente,  corri- 
sjìondcìite. 

Consorella.  Ciascuna  delle  donne  appartenenti 
a  una  medesima  congregazione. 

Consorte.  La  moglie,  il  marito. 

Consorteria.  Sinonimo,  poco  usato,  di  com- 
pagnia, di  società.  -  In  senso  politico,  fazione 
e,  anche,  il  partito  detto  conservatore. 

Consorzio.  Unione  di  persone  o  di  corpi  mo- 
rali, società.  -  Consorzio  delle  acque,  veggasi  a 
irrigazione.  ■  Consorzio  dei  Comuni,  associazione, 
lega  di  Comuni  :  veggasi  a  Comune. 

Consostanziale ,  consostanzialità.  Ter- 
mini di  teologia,  relativi  alla  divinità. 

Constare.  Risultare,  essere  composto  di  tali 
e  tali  altre  parti.  -  Di  ciò  che  risulta  accertato, 
certo,  chiaro,  nìanifesto. 

Constatare  (constatabile,  constatato).  Accertare, 
riconoscere  per  certo:  appurare,  stabilire,  verifi- 
care, riconoscere  vero.  -  Constatabile,  che  si  può 
constatare  ;  da  constatarsi.  -  Constatazione,  atto  ed 
effetto  del  constatare. 

Consuetamente.  Per  abitudine,  per  u- 
sanza. 

Consueto.  Di  abitudine,  di  usanza  ;  abi- 
tuale, usitato,  sòlito. 

Consuetudinario.  Di  consuetudine,  fondato 
sulla  consuetudine. 

Consuetudine.  Voce  di  vario  significato,  se- 
condo i  casi  corrispondente  alle  voci  abitudine, 
costume,  metodo,  modo,  usanza,  règola. 

Consulente.  Persona  che  si  interroga  per 
consiglio,  procuratore,  avvocato.  •  Consigliere. 
-  Medico  che  dà  consulti  verbali  o  scritti. 

Consulta.  Corpo  di  consiglieri  permanenti.  - 
Consiglio  di  Stalo.  -  Adunanza  a  fine  di  con- 
sttltare.  -  Sacra  Consulta,  antica  commissione 
composta  di  cardinali,  delegata  a  deliberare  intorno 
a  cose  del  jtaputo. 

Consultare  [consultivo,  consultato).  L'interro- 
gare alcuno  per  averne  consiglio,  il  parere  in 


cosa  dubbia  o  di  particolare  interesse  ;  esaminare, 
compulsare  documenti,  libri  e  simili  ;  prenderli  in 
esame,  farne  studio  speciale  ;  sfogliare  un'opera, 
un  volume  ;  interrogare  un  libro  ;  scartabellare, 
spulciare  una  storia,  un  vocabolario  e  simili  ;  toc- 
care il  polso  a  un  autore.  -  Sopracchiamare,  chia- 
mare a  consulto  altro  medico,  altri  medici. 

Consultarsi,  prendere  un  consulto  o  anche,  sem- 
plicemente, un  consiglio  da  altri  :  chiamare  a  con- 
siglio, a  consulto  ;  chiedere  per   maestro  ;    doman-  « 
dare,  pigliar  consiglio  ;  prendere  parere,  il  parere  ; 
tenere  consiglio  con  alcuno. 

Consultazione,  il  consultare,  il  consultarsi,  atto  ed 
effetto  ;  richiesta  di  avviso,  di  consiglio,  di  delibe- 
razione. -  Quesito  proposto  al  giureconsulto.  - 
Consultivo,  atto  a  consultare  o  dare  ad  altri  consi- 
glio 0  parere.  -  Consulto,  consiglio  che  fa  il  me- 
dico con  altro  o  altri  medici  intorno  a  una  ina- 
lattia  e  al  modo  di  curarla.  -  Esame  fatto  da  uno 
0  più  giureconsulti.  -  Consultore,  cousultrice,  chi  dà 
il  proprio  parere  intorno  a  una  determinata  cosa 
0  questione,  sulla  quale  è  invitato  a  pronunciarsi,, 
specialmente  per  ragioni  d'  ufficio.  Genericamente, 
consigliere,  consigliatrice  :  chi  è  chiamato  a  dare 
consiglio,  parere.  -  Consultori,  magistrati  della  Si- 
gnoria veneta,  uno  di  Stato,  l'altro  teologo.  -  Con- 
sultorio, che  appartiene  a  consulto.  -  Esegeti,  giu- 
reconsulti che  i  giudici  consultavano,  ad  Atene, 
nelle  cause  capitali. 

Consultazióne.  Veggasi  a  cansultare. 

Consultivo.  Detto  a  cousultare. 

Consulto.  Veggasi  a  consultare  e  a  me» 
dico. 

Consultore ,  consultrice.  Detto  a  con- 
sultare. 

Consiiniabile.  Detto  a  consumare.     _ 

Consumare  {consumamento,  consumato,  consu- 
mazione, consumo).  Togliere  l'essere,  ridurre  adagio 
adagio  al  niente;  distruggere,  logorare,  ridurre 
in  istato  di  non  poter  più  servire  (riferito  all'azio- 
ne che  sulle  cose  esercitano  la  natura,  il  tempo, 
l'uso);  finire  a  poco  a  poco  e  per  intero  (di  ali- 
mento, di  bevanda  e  simili),  mangiare,  bere 
tutto;  spendere  tutto  il  denaro  che  si  ha,  dar 
fondo  al  2}fitriìnonio  ;  rifinire,  struggere,  riferito 
a  passione.  Con  varie  gradazioni  di  significato  : 
dare  lo  schianto  ;  far  la  festa,  far  tabula  rasa  ;  fru- 
stare; godersi,  liquidare;  mangiare,  papparsi;  sfan- 
fanare,  sfruttare. 

Colliquativi  rimedi:  si  dissero  cosi  certe  sostanze 
credute  capaci  di  distruggere  o  consumare  il  corpo. 
-  Consumàbile,  atto  ad  essere  consumato.  -  Consu- 
mativo,  atto  a  consumare.  -  Consumato,  venuto  me- 
no per  consumo  ;  consunto,  logoro.  Contr.,  non 
consunto,  inconsunto,  infatto.  -  Consumatore,  con- 
sumatrice, chi  0  che  consuma  :  edace  ;  logoratore, 
logoratrice,  ecc.  -  Strubbione,  che  consuma  molto, 
anche  sciattando.  -  Consuntivo,  atto  a  consumare.  - 
Corrosivo,  corrodente,  che  corrode,  consuma: 
proprietà  di  diverse,  sostanze.  -  Vota-case  (figur.), 
chi  consuma  o  fa  consumare  ogni  cosa. 

Atrofizzare,  atrofizzarsi ,  rendere,  rendersi  con- 
sunto (di  corpo  animale)  per  difetto  di  alimento, 
di  nutrizione.  Termine  di  fisiologia.  -  Corródere, 
consumare,  ródere  a  poco  a  poco.  ■  Dar  di  balla 
al  patrimonio,  ai  denari,  consumarli.  -  Dar  la  via 
alla  roba,  consumarla,  venderla.  -  Dispèrdere,  dis- 
sipare, consumare ,  come  gettando  a  piene  mani  : 
(  dispergere,  distruggere.  -  Esaurire,  il  consumare 
{  una    cosa    fino    all'  ultimo   rimasuglio.  •  Frustare 


r 


CONSUMATO   —   CONTABILITA 


687 


^^olgarm.),  logorare  adoprando  senza  riguardo.  - 
Intaccare,  consumare  in  parte,  incominciar  a  con- 
sumare ;  produrre  un  guasto,  guastare.  -  Logo- 
rare, consumare  checchessia  per  uso  troppo  lungo 
e  frequente  ;  rendere  logoro  un  vestito  o  altra 
cosa.  -  Minare,  in  senso  figurato,  cousumare,  di- 
struggere, scalzare,  recar  danno  di  nascosto.  - 
Sdrucire,  logorare  ;  disfare  il  cucito.  -  Sciupare, 
consumare  malamente  (denaro,  roba,  ecc.),  spen- 
dere senza  profitto,  sprecare.  -  Sperperare,  consu- 
mare senza  senno  i  propri  beni.  -  Straziare,  fare 
strazio,  mandar  a  male,  dissipare,  gettar  via.  - 
Strubbiare,  consumare  ;  di  panni,  cibi,  civaie,  an- 
che sciattando.  -  Strucinare,  sciupare  sdrucendo  o 
simili.  -  Strusciare  (voce  romagnola),  logorare  e 
sciupare  stropicciando.  In  milanese,  strasd. 

Consumarsi,  diminuire  o  cessar  dì  essere  per 
consumo,  per  uso  :  andarsene  in  consumo,  e  anche 
semplicemente  andarsene;  finire,  logorarsi,  i^eWre, 
tornare  a  niente,  venir  meno.  In  senso  figur.  e  ri- 
ferito a  passione,  struggersi.  -  Macinarsi  in  una 
cosa:  logorarsi,  crucciarsi  profondamente. 

Consumazione,  consumo,  il  consumare  :  consuma- 
mento,  consunzione,  esaurimento  ;  corrosione,  rodi- 
mento, roditura;  spèrpero,  struggimento;  tabe.  - 
Nell'uso,  bibita,  bevanda.  -  Consumo,  la  quantità 
delle  cose  che  si  consumano  da  una  persona,  da 
una  famiglia  o  da  un  popolo,  per  i  bisogni  ordi- 
narli delia  vita.  Uso  della  ricchezza.  -  Consun- 
zione, consumazione.  -  Il  decrescimento  progressivo 
della  forza  e  del  volume  del  corpo  umano  per 
malattia,  per  tabe.  -  Dilapidazione,  sperpero,  spreco, 
consumo  esagerato  e  infruttuoso,  specialmente  di  de- 
naro. -  Logorio,  il  logorare  o  il  logorarsi  continuato. 
-  Rovina,  consumo  quasi  completo  d'una  cosa.  - 
Strage  (figur.),  grande  consumo,  massime  di  ali- 
menti, di  bevande  e  simili.  -  Strubbio,  deteriora- 
mento per  troppo  uso. 

Locuzioni.  —  Bere  il  vino  in  agresto,  mangiarsi 
il  grano  in  erba,  consumare  prima  del  tempo.  - 
Cascare  a  pezzi,  di  cose  logore,  consumate.  -  Ha 
mandato  in  liquidazione  tutto  il  suo:  di  chi  ha  con- 
sumato ogni  cosa.  -  Consumerebbe  il  ben  di  sette 
chiese,  di  uno  sciupone 

Consumato.  Veggasi  a  brodo. 

Consumazióne.  Il  consumare  e  il  consu- 
marsi. -  Nell'uso,  una  bevanda  o  altro  che  si 
prenda  al  caffè,  al  ristorante  e  simili.  -  Compi- 
mento, detto  del  matrimonio. 

Consumo.  Detto  a  consumare. 

Consuntivo.  Veggasi  a  consutnare  e  a  bi- 
lancio. 

Consunto.  Veggasi  a  consumare  e  a  tisi. 

Consuócera,  consuocero.  Veggasi  a  suò- 
cero. 

Consustanziale.  Veggasi  a  Cristo. 

Consustanzialità.  fermine  delia  dottrina  lu- 
terana :  veggasi  a  luteranesimo. 

Contàbile.  Neologismo  derivato  dal  francese 
comptable,  corrispondente  alle  voci  nostre  compu- 
tista, ragioniere  :  chi  esercita  l'arte  di  tener  conti, 
tenere  la  contabilità,  far  computi;  calcolatore, 
conteggiatore,  contista.  Scherz.,  abbachiere,  ab- 
bachino, abbachista.  -  Bilanciere,  termine  ammi- 
nistrativo: chi  è  incaricato  di  preparare  le  ragioni 
per  far  presto  il  bilancio.  -  Computisteria,  ufficio 
del  contabile. 

Contabilità.  Neologismo  (dal  frane.)  per  com- 
putisteria, ragioneria:  la  tenuta  dei  conti,  e  anche 
jarte  di  tenerli  ;  àbaco  ;  scienza  dei  numeri,  arit- 


metica. -  Tutta  V amtninistrazione  d'una  azienda 
qualsiasi,  che  deve  appunto  consistere  nei  computi 
e  nella  tenuta  dei  libri,  ai  fine  precipuo  di  nulla 
dimenticare  delle  spese,  delle  entrate,  dei  movi- 
menti di  capitale,  dei  profitti,  delle  perdite,  ecc.  - 
L'ufficio  0  la  sezione  dell'ulìicio  dove  si  trattano 
gli  alfari  di  contabilità.  Anche,  Io  scrittoio  del 
computista. 

Contabilità  agraria  chiamasi  quella  propria  di 
un'azienda  agricola,  deW agricoltura.  Ne  sono  ele- 
menti il  capitale  valore  del  terreno,  il  prezzo  annuo 
d'affitto,  i  canoni  gravanti  sul  podere,  Vaflitto  d'ac- 
qua, il  capitale  in  denaro,  le  macchine  e  gli  istru- 
menti  agricoli,  gli  arnesi  di  stalla,  per  la  fabbrica- 
zione del  formaggio,  per  la  vinificazione,  ecc.;  gli 
ingrassi  e  i  concimi  diversi,  le  diverse  sementi,  il 
bestiame,  le  arnie,  la  mano  d'opera,  le  assicurazioni, 
le  spese  generali,  i  profìtti  e  le  perdite,  ecc.,  ecc.  - 
Contabilità  dello  Stalo,  veggasi  a  Stato.  -  Tregge  di 
contabilità,  quella  che  regola  l'amministrazione  del 
patrimonio  dello  Stato  e  determina  il  modo  di  te- 
nere i  conti  delle  riscossioni  e  dei  versamenti, 
delle  pubbliche  entrate  e  delle  spese,  la  compila- 
zione dei  singoli  bilanci  e  del  bilancio  generale 
dello  Stato,  ecc.  -  Logismografìa,  ragioneria  con  si- 
stemi moderni;  metodo  speciale  di  registrazione  in 
partita  doppia.  -  Nomenclatura  dei  conti,  in  compu- 
tisteria, la  denominazione  dei  conti  secondo  la  serie 
a  cui  appartengono. 

Elementi  e  cose  diverse  della  contabilita'. 

Appunto,  la  somma  che  forma  il  saldo  di  un 
conto,  0  anche  il  preciso  costo,  il  prezzo  di  un  ar- 
ticolo che  si  paga  a  contanti.  -  Avere,  voce  abbre- 
viativa che  si  scrive  in  capo  di  pagina,  alla  destra 
di  un  conto,  sul  libro  mastro  o  altro  registro,  per 
indicare  che  le  somme  portate  sotto  tale  intesta- 
zione sono  tutte  a  credito  della  persona  o  della 
ditta  alla  quale  il  conto  è  intestato.  -  Attività,  attivo, 
tutto  r  avere  di  un'  amministrazione,  di  un 
commerciante:  capitali,  beni  stabili,  merci,  crediti 
esigibili,  mobili,  ecc.  -  Benestare,  approvazione  che 
si  dà  ai  conti.  -  Capo  d'entrata,  spesa,  ciascuno  de- 
gli articoli  di  cui  si  compone  l'entrata.  -  Capo  di 
uscita,  0  di  spesa,  ciascuno  degli  articoli  di  cui  si 
compone  l'uscita.  -  Conto,  computo  del  dare  e 
dell'avere  (conto  aperto,  corrente,  scalare,  ecc.). 

Dare:  si  scrive  all'alto  della  pagina  sinistra  di 
un  conto  corrente,  per  indicare  che  tutte  le  somme 
portate  sotto  tale  intestazione  sono  a  debito  di 
qualcuno.  -  Diritto  di  rivalsa,  rimborso  di  un  conto 
di  ritorno  (veggasi  a  conto).  -  Entrata,  la  totalità 
delle  somme  che  si  ricevono.  -  Entrata  e  uscita,  le 
due  partite  del  dare  e  dell'avere,  in  cui  dividonsi 
i  libri  d'amministrazione.  -  Interesse,  frutto  del 
caììitale  (interesse  semplice,  composto,  ecc.). 

Pareggio,  eguaglianza  fra  entrate  e  spese,  spe- 
cialmente nei  bilanci  di  uno  Stato.  -  Partila,  nota, 
conto  dei  debiti  e  dei  crediti,  sul  registro  e  sul 
mastro.  -  Partita  aperta,  partita  semplice,  doppia, 
di  storno,  ecc.,  veggasi  a  conto.  •  Partiduplismo, 
sistema  di  scritture  computistiche  bilancianti.  - 
Passività,  passivo,  tutto  quanto  costituisce  le  spese, 
le  perdite  e  tutto  ciò  che  si  deve.  -  Perdite  e  pro- 
fìtti, conto  particolare  sul  quale  si  inscrivono  le 
somme  entrate  e  quelle  uscite  ;  partita  del  mastro 
che  comprende  anche  le  spese  generali. 

Regola,  complesso  dei  calcoli  da  farsi  per  giun- 
gere a  un  determinato  risultato.  -  Regola   di  cow." 


688 


CONTABILITA 


pagnia,  quella  per  cui  un  guadagno  o  una  perdita  si 
ripartisce  tra  più  persone.  -  iìe^o/o  d'interesse,  veggasi 
a  interesse.  ■  Regola  di  sconto,  detto  a  sconto.  • 
Regola  di  società,  quella  per  la  quale  si  ripartiscono 
fra  diversi  associati  i  benefici  o  le  perdite  della 
gestione  amministrativa.  -  Reliquato,  ciò  che  ri- 
mane della  conclusione  d'un  conto  in  dare  e  in  a- 
vere:  residuo,  restanza,  rimanenza. 

Saldo,  pareggio  fra  debito  e  credito  •  Sbilancio, 
differenza  in  più  delle  spese  o  delle  uscite  in  con- 
fronto delle  rendite  o  delle  entrate.  -  Scàrico,  u- 
scita.  -  Scorporo,  la  somma  scorporata,  tolta  da  una 
partita.  -  Scrittura,  registrazione,  conto  (veggasi  più 
innanzi  :  operazioni  di  contabilità).  -  Somme  intan- 
gibili, quelle  che  non  si  possono  toccare,  non  si 
possono  spendere.  -  Sopravvenienze,  le  attività  o  le 
passività  patrimoniali,  che  si  accertano  dopo  for- 
mato lo  stato  patrimoniale.  -  Spareggio,  contrario  di 
pareggio.  -  Uscita,  la  totalità  delle  spese  :  veggasi 
a  spendere,  •  Salvo  buon  fine,  clausola  che  si 
pone  in  una  ricevuta  quando  si  ricevono  effetti.  - 
Essere  allo  scoperto:  non  essere  pagato;  di  partita 
non  ancora  bilanciata. 


Operazioni  di  contabilita'. 


Accertamento,  conto,  verifica  di  conti  -  Bilan- 
cio, quadro  o  ristretto  di  conto,  sul  quale  si  met- 
tono a  ragguaglio  il  dare  e  Y avere:  bilancio  di  as' 
sestamento,  di  previsione  o  preventivo,  consuntivo, 
ecc.  -  Chiusura  dei  libri,  Tappuramento  che  si  fa, 
di  solito  a  fine  d'anno,  dei  conti,  delle  varie  ope- 
razioni annue  registrate  nei  libri  medesimi.  -  De 
falco,  il  defalcare,  ossia  il  detrarre,  il  sottrarre  una 
somma  da  un  conto.  -  Distrazione  di  somme,  il 
convertirle  ad  altri  usi  che  non  siano  quelli  pei 
quali  furono  inscritte  in  bilancio.  -  Impostazione, 
lo  stabilire,  l'impostare,  specialmente  dì  partite,  di 
conti.  -  Prelevamento,  distrazione  di  una  somma  per 
far  fronte  a  spese  speciali.  -  Preventivo,  veggasi  a 
bilancio. 

Quadratura,  il  corrispondersi  di  addizioni  fatte  su 
colonne  diverse.  Anche,  operazione  o  complesso 
di  operazioni  per  trovare  il  valore  numerico,  o 
letterale,  di  una  superficie.  Il  più  rigoroso  e  il  più 
generale  metodo  usato  attualmente  è  quello  fondato 
sui  principii  del  calcolo  differenziale  e  integrale.  - 
Rendiconto,  per  rendimento  di  conti,  XQ?>ocon{o\x\%o\. 
derivato  dal  francese  compterendu ;  il  render  conto 
e  l'esposizione  letta  o  scritta.  -  Revisione,  esame 
dei  conti,  da  parte  del  revisore.  -  Riporto^  il  ri- 
portare, il  trascrivere,  specialmente  di  numeri.  - 
Riscontro  di  cassa,  confronto  del  danaro  esistente 
col  libro  di  cassa.  -  Scrittura  doppia,  quella  che  ha 
per  fondamento  due  conti,  i  cui  risultati  sono  e- 
guali  ;  scrittura  semplice,  metodo  di  conteggio  a- 
vente  per  base  un  solo  conto,  per  lo  più  quello 
dei  consegnatari  e  corrispondenti.  -  Stanziamento, 
lo  stanziare,  l'appostare  una  cifra  per  un  dato 
scopo.  -  Tenuta  dei  libri,  la  funzione  del  contabile, 
che  deve  tenere  i  libri,  ossia  le  registrazioni  sui 
libri  al  corrente.  -  Verificare,  verificazione,  accer- 
tamento di  conti. 

Accendere  un  conto,  una  partita,  aprire  un  conto, 
nna  partita,  inscrivere  in  un  giornale  o  libro  di 
uegozio  una  partita  che  dà  debito  e  credito  ad  al- 
cuno. Contr.,  chiudere,  estinguere,  spegnere.  -  Ac- 
creditare, porre  a  d'edito,  portare  una  somma   a 


credito  del  conto  di  qualcuno.  -  Addebitare,  de- 
bitare,  porre  a  debito,  il  contrario  di  accreditare. 
Allibrare,  notare  a  libro  conti  e  simili.  -  Appurare 
un  conto,  verificarlo,  metterlo  in  chiaro.  -  Ascrivere, 
mettere  a  partita.  -  Assestare,  mettere  in  buon  or- 
dine, in  regola,  la  contabilità.  -  Carteggiare,  guar- 
dare un  libro,  carta  per  carta.  -  Compilare,  alle- 
stire, presentare  un  bilancio,  un  conto,  espressioni 
di  chiaro  significato.  -  Conteggiare,  fare  il  conto 
del  dare  e  dell'attere. 

Dar  di  frego  a  una  partita,  cancellarla,  annul- 
larla. -  Defalcare  e  diffalcete,  dedurre,  ridurre,  sce- 
mare, detrarre,  toglier  via  da  un  conto  una  data 
parte  del  danaro  o  da  una  cosa  parte  della  mede- 
sima. -  Fare  lo  spoglio  dei  creditori  e  dei  debitori, 
riscontrare,  vedere  quali  e  quanti  sono  e  come 
siano  le  loro  partite.  -  Far  giocar  le  cifre,  farle 
apparire  come  si  vuole,  non  secondo  le  vei'e  risul- 
tanze dei  conti. 

Impiantare,  impostare  una  partita,  aprirla  negli 
appositi  libri,  facendo  risultare  il  dare  e  l'avere.  - 
Intestare  scrivere  nel  libro  a  conto  di  una  per- 
sona. -  Mettere  a  disavanzo,  a  conto  di  perdita.  - 
Mettere  a  caìnpione  la  partita  d'uno,  al  libro  dei 
conti.  -  Mettere  a  libro,  intestare,  registrare  mia 
partita  di  dare  e  avere.  -  Mettere  a  pxdito,  le  par- 
tite, ordinarle  in  modo  che  appaiano  con  tutta 
chiarezza  nelle  loro  risultanze.  -  Mettere  a  specchio, 
in  elenco  o  specchio.  -  Mettere  a  uscita,  a  perdita, 
tra  le  spese.  -  Mettere  in  conto,  a  conto,  segnare  a 
partita,  conteggiare  i  frutti,  gli  interessi.  -  Passare 
una  partita,  trascriverla.  -  Porre  o  passare  un  cre- 
dito alla  partita  perdite:  significa  aver  perduto  un 
tale  o  tal  altro  credito.  -  Preventivare,  stanziare, 
stabilire,  fare  un  bilancio  preventivo.  -  Regolare  i 
conti,  i  libri,  metterli  in  regola,  ordinarli,  asse- 
starli. -  Resecare,  detrarre,  togliere.  -  Residuare, 
formare  il  residuo.  •  Riscontrare,  verificare.  -  Ri- 
trovare il  conto  d'una  cosa,  trovare  un  errore  di 
conteggio;  rimettere  insieme  tutte  le  partite  fino  a 
una  ;  ricordarsi  di  conti  dimenticati. 

Scorporare,  separare ,  togliere  da  una  partita 
{scòrporo,  lo  scorporare  e  la  cosa  scorporata).  - 
Stanziare,  ordinare,  stabilire,  assegnare  i  fondi  per 
le  spese  occorrenti.  -  Stornare,  girare  una  parlila 
da  un  conto  ad  un  altro,  o  più  propriamente  eli- 
minare una  registrazione  mediante  un'altra  regi- 
strazione in  senso  inverso. 

Tenere  la  scrittura  in  regola,  tenerla  a  bilancia, 
mettere  al  corrente,  in  pari,  la  scrittura,  espressioni 
di  chiaro  significato.  -  Trarre  il  pareggio,  trarre  il 
saldo  dei  conti. 


Carte,  libri,  ecc. 
Cose   e   termini   varii. 


Broglinzzo,  copiafatture,  giornale,  polizza,  ma- 
stro, prima-nota,  protocollo,  registro,  scadenzario, 
scartafaccio,  tabella,  ecc.,  veggasi  ad  amministra- 
ziotie  (pag.  73  e  74).  -  Cartella,  arnese,  per  lo 
più,  di  cartone,  per  custodirvi  fogli,  documenti, 
lettere,  ecc.  Anche,  foglio  nel  quale  è  fatta  qualche 
registrazione.  -  Controcartella,  cartella  in  cui  siano 
registrate  partite  di  dare  e  d'avere,  in  corrispon- 
denza d'una  simile  dall'altra  parte.  -  Copialettere, 
noto  arnese  usato  dai  contabili  e  da  quasi  tutti  i 
commercianti   (veggasi   a  commercio,   pag.  636, 


l'.UNTADlNAME  —  CONTADINO 


689 


prima  colonna).  -  Estratto  di  conto,  copia  di  un 
conto  corrente  da  spedire  e  da  consegnare  a  qual- 
cuno. -  Fattura,  conto  particolaregfriato  sopra  un 
foglio  volante.  -  Giornale  mastro,  libro  di  scrit- 
tura doppia,  sinottico,  detto  anche  all'americana.  - 
Libro  in  doppia  partita,  cosi  detto  perchè  Io  stesso 
articolo,  a  diiferenza  di  quello  tenuto  in  partita 
semplice,  ove  le  operazioni  vengono  trascritte  a 
nonna  che  si  fanno,  trovasi  scritto  due  volte  sotto 
i  di'\ei'>i  titoli  di  Debito  e  Credi/o. 

Nota,  estratto  di  conto  esposto  con  brevità  e 
chiarezza.  -  Partìtario,  libro  di  registrazione  con- 
tenente i  conti  dei  debitori  e  dei  creditori.  - 
Quadro,  indice  sistematico  dei  conti  in  un  libro  di 
scritture  bilancianti.  -  Quitanza,  ricevuta,  dichiara- 
zione in  iscritto  pel  saldo  o  per  un  acconto  rice- 
vuto da  un  debitore.  -  Saldaconti,  il  libro  dei  conti 
correnti.  -  Stracciafoglio  ffogliazzoj,  quaderno  sul 
quale  si  vanno  giornalmente  notando,  per  semplice 
ricordo,  le  partite  prima  di  passarle  ai  libri  mag- 
giori. -  Svolgimenti,  prospetti  nei  quali  è  partico- 
lareggiato un  dato  conto. 

Contàbile,  chi  tiene  la  contabilità».  -  Liquidatore, 
chi  è,  nello  scioglimento  di  un'azienda,  incaricato 
di  chiarire  e  regolare  i  conti  in  confronto  degli  a- 
venti  interesse.  -  Logisti,  magistrati  dell'antica  A- 
tene,  i  quali,  assistiti  dagli  euthynes,  esaminavano 
i  conti.  -  Logotéta,  ufficiale  dell'impero  greco,  che 
aveva  l'incarico  di  rivedere  i  conti.  -  Relatore,  chi 
riferisce  intorno  allo  stato  della  contabilità  ;  nella 
milizia,  carica  di  ufficiale  superiore  a  cui  è  affidata 
la  suprema  direzione  dell'  amministrazione  e  della 
contabilità  del  corpo  cui  appartiene.  -  Revisore  dei 
conti,  controllore,  sindaco,  chi  rivede  i  conti  :  rive- 
ditore. 

Anno  amministrativo,  il  periodo  intercorrente  fra 
il  giorno  in  cui  si  aprono  i  conti  e  quello  in  cui 
si  chiudono.  -  Anno  finanziano,  periodo  annuo 
di  gestione  della  contabilità  di  Stato.  -  Item  (lat.), 
parola  che  si  mette  talvolta  al  principio  di  ogni 
articolo  facente  seguito  ad  altri. 

Contadinarae.  Veggasi  a  contadino. 

Contadinescainente .  A  mo'  di  conta- 
dino. 

Contadinesco.  Detto  a  contadino» 

Contadino  (contadina).  Chi  abita  nel  contado, 
nella  campagna.  -  Chi  lavora  la  terra,  special- 
mente a  podere:  agricoltore.  Nel  primo  caso,  a- 
bitatore  di  vici  rustici  ;  campagnuolo,  campaiuolo  ; 
forese,  foretano;  paesano  (idiotismo  lombardo);  ruri- 
cola,  rustico,  terrazzano;  uomo  della  villa,  uomo  rusti- 
cano, rustico,  vicano,  villano,  villico.  -  Contadinaccio, 
contadino  rozzo.  -  Contadinello,  piccolo  contadino; 
giovane,  ragazzo  :  villanello  (terni,  letter.  vezzegg.). 
-  Contaginone,  contadino  grande  e  grosso  ;  anche, 
con  gran  podere  e  grosse  rendite.  -  Contadinotto, 
giovane  contadino.  -  Contadinuccio ,  di  contadino 
che  ha  un  poderucolo  o  ha  poca  capacità.  -  Fore- 
setto,  foresello,  foresotto,  foresozzo,  dimin.  e  vezzegg. 
di  forese,  specialmente  nel  genere  femminino  (voci 
fuori  d'uso).  -  Lavoratore  della  terra,  perifrasi  neo- 
logica ed  eufemistica  invece  di  contadino.  -  Pac- 
chiano (voce  napoletana),  uomo  del  contado.  -  Vil- 
lanzone: si  suol  dire  a  un  contadino  grande  e  rozzo 
di  modi,  e  anche,  per  similitudine,  a  persona  di 
civile  condizione,  ma  rozza  e  screanzata.  -  Zappa- 
terra (spreg.),  contadino  ignorante,  meschino,  che 
sa  appena  lavorar  con  la  zappa. 

Contadina,  femminile  di  contadino.  -  Forosetta 
(titolo   letter.  scherz.),   contadinella,   villanella.   - 


Massaia,  la  moglie  del  contadino,  in  quanto  manda 
avanti  la  casa;  donna  che  ha  cura  della  roba  e 
la  risparmia.  -  Pacchiana,  voce  napoletana,  villanella, 
forosetta. 

Contadiname,  contadinanza,  il  complesso  e  un 
certo  numero  di  contadini.  -  Contadinata,  azione  o 
atto  da  contadino.  -  Contadinescamente,  alla  conta- 
dinesca: cioè,  alla  maniera,  alla  foggia,  secondo  gli 
usi  dei  contadini.  •  Contadinesco,  di  contadino: 
campagnuolo,  di  o  da  campagna  ;  rusticano,  ru- 
stico ;  villanesco. 

Figure  e  condizioni  di  contadini. 
Alcuni  loro  atti. 

Bifolco,  l'agricoltore  che  guida  i  buoi  mentre  a- 
rano  la  terra.  Si  dice  anche  di  persona  villana, 
ignorante.  -  Capoccia,  il  capp  di  casa  nelle  famiglie 
di  contadini,  e,  per  analogia,  persona  che  sta  so- 
pra gli  altri  in  dignità  od  ufficio.  -  Colòno,  voce 
derivata  dal  latino  colere:  coltivatore  dei  campi, 
quel  contadino  che  divide  col  padrone  le  rendite 
della  terra  e  che  si  dice  anche  mezzaiuòlo,  mezza- 
dro. -  Contadino  a  podere,  fuori  di  podere,  licen- 
ziato dal  podere.  -  Contadino  sul  suo,  che  lavora  la 
propria  terra  da  sé. 

Garzone,  uomo  o  donna  che  i  contadini  tengono 
per  le  faccende  più  necessarie.  E  aggarzonare,  met- 
tersi come  garzone  presso  un  contadino.  -  Gatto 
frugato  (scherz.),  contadino  confuso  nel  vedere  le 
meraviglie  della  città.  -  Massaio,  il  marito  della 
massaia.  -  Mezzaiolo,  contadino  che  sta  a  mez- 
zeria. 

Pigionale,  il  contadino,  che,  per  non  essere  a  po- 
dere, né  aver  impiego  fisso,  olire  il  proprio  lavoro 
ora  a  questo,  ora  a  quello.  -  Poderante,  il  conta- 
dino che  lavora  un  podere  di  sua  proprietà.  - 
Raccattaconcio,  contadino  che  va  a  raccattare  con- 
cime per  istrada  con  un  corbellino. 

Bosino,  contadino  dell'alto  Milanese.  Anche,  colui 
che  va  per  la  città,  cantando  e  recitando  hosindte. 
-  Buttero,  mandriano  a  cavallo  della  campagna  ro- 
mana, dal  tipico  vestire,  col  mantello,  le  ciocce  e 
il  cappello  a  cono.  -  (j,occiaro,  ciociaro,  contadino 
della  campagna  romana,  cosi  detto  dalle  ctocce  o  ciocie, 
calzare  fatto  di  semplice  dado  di  cuoio,  ripiegato  sul 
piede  e  fisso  alla  gamba  con  corregge.  -  Stagliatiere, 
nelle  Calabrie,  capo  di  una  compagnia  di  quindici 
0  venticinque  zappatori. 

Fellah,  contadino  egiziano  o  arabo.  -  Ilota,  nome 
delle  popolazioni  achee  ridotte  in  istato  servile 
dai  Dori  od  Eraclidi,  al  tempo  di  Sparta.  -  Mujich 
0  mujick,  forma  francese  di  una  parola  russa  che 
vale  contadino.  -  Muscik,  in  russo,  contadino, 
villano. 

Co^HO  e  conio,  quella  data  quantità  d'olio  che  si 
dà  al  padrone  per  l'uso  del  frantoio,  o  che  danno 
i  contadini  estranei  quando  fanno  olio  nel  frantoio 
altrui,  0  a  chi  ha  loro  prestato  degli  orci.  -  Dis- 
detta, licenziamento  del  contadino  dal  podere.  - 
fitto  di  polli,  l'obbligo  che  il  contadino  si  assume 
verso  il  padrone  di  mandargli,  per  certe  occorrenze 
dell'anno,  un  numero  determinato  di  polli.  Nel 
Fiorentino  questo  obbligo  va  sotto  la  generica  de- 
nominazione di  patti.  -  Giogatico,  mercede  al  con- 
tadino che  coi  propri  buoi  ara  il  terreno  altrui  ;  in 
Romagna,  il  tributo  in  natura  (sacchi  o  stala  di 
grano)  che  il   mezzadro  paga  al   padrone,  perchè 


Premoli.  -  Vocabolario  Nomenclatore. 


44 


690 


CONTADO    —    CONTATTO 


questi  somministra  il  capitale  del  bestiame.  -  Mas- 
seria, sistema  colonico  per  cui  il  padrone  del  po- 
dere fa  a  mezzo  dei  prodotti  col  contadino.  Anche, 
e  più  comun.,  mezzeria,  mezzadria:  colonia.  - 
Scusa  pigione,  poderetto  che  un  contadino  licen- 
ziato prende,  tanto  per  non  rimanere  disoccupato. 
Pagarsi,  rifarsi  sull'aia,  del  contadino  che  ruba 
al  tempo  della  partitura.  -  Posare  il  gabbano,  da  con- 
tadino diventar  ricco  e  fare  il  signore. 

Cose  e  termini  vari  attinenti  al  contadino. 


Casa  rustica  chiamasi  l'abitazione  del  contadino 
nella  quale  talvolta  sono  anche  la  sfalla,  il  pol- 
laio, la  colombaia,  Varnia,  luoghi  per  tenere 
il  bestiame  grosso  e  minuto,  per  riporre  i  di- 
versi istrumenti  di  agricoltura,  il  fienile,  il 
pagliaio,  Vaia,  Y  orto ,  la  concimaia,  la  ti- 
naia, Yorciaia,  il  chiaritoio  e  il  frantoio  per 
Yolio,  il  granaio,  il  grano  e  ogni  altro  ce- 
reale, ecc.  -  Isbà,  in  Russia,  casa  di  contadini. 
-  Balco  dicono  i  contadini  quel  palco  o  stan- 
zone a  tetto  che  è  in  alto  della  casa  presso  di 
essa,  ove  tengono  il  fieno  o  la  paglia  per  le 
bestie.  -  Buca,  escavazione  nel  terreno  dietro  le 
case  dei  contadini  per  i  loro  bisogni.  -  Cércine, 
ravvolto  di  panno  in  forma  di  cerchio  che  si 
usa  dai  contadini,  perchè  il  carico  che  portano 
in  testa  non  faccia  loro  male.  -  Kaftan,  abito  na- 
zionale del  contadino  russo,  di  colore  azzurro  cupo 
all'esterno,  internamente  di  color  solferino,  lungo 
oltre  il  ginocchio,  con  maniche  ampie,  riprese  al 
polso  e  larga  cintura  di  seta.  -  Raggiera,  adorna- 
mento del  capo  delle  contadine  della  Brianza  :  in- 
sieme di  spadine  d'argento  che  formano  attorno  al 
capo  raggiera  o  corona  di  raggi.  -  Taccolino,  qua- 
dralo di  seta  0  di  lana  che  portavano  in  capo  le 
contadine  della  regione  romana. 

Pellagra,  malattia  particolare  tra  i  nostri  con- 
tadini che  mangiano  grano  guasto. 

Jacquerie,  voce  storica  che  indica  una  solleva- 
zione di  contadini  in  Francia,  nel  13S8,  contro  la 
nobiltà.  Oggi  dicesi  di  ogni  sedizione  violenta. 

Proverbio  :  /  contadini,  scarpe  grosse  e  cervelli 
fini;  cioè,  i  contadini  sono  accorti. 

Contado.  La  campagna  intorno  alla  città. 
Un  tempo,  il  distretto  di  campagna  sottoposto  alla 
giurisdizione  di  un  conte.  Figur.,  gli  abitanti  del 
contado. 

Contagio  (contagioso).  Morbo,  male  che  si  co- 
munica  per   contatto:    male   appiccaticcio,   epi- 
demia, contagione.  -  Figur.,  riferito  anche   a  vi- 
zio, ad  errore  e  simili.  -  Contagionista,  medico  o 
altri  che  crede  alla  contagiosità  di  certe  malattie. 
-  Contagioso,   agg.   di   morbo   appiccaticcio,  epide- 
mico; di  male  che  si  appicca,  si  trasfonde. 
Contagione.  Lo  stesso  che  contagio. 
Contagiosità.  Veggasi  ad  epidemia. 
Contagioso.  Detto  a  contagio,  a  epidemia. 
Contaglóbull.  Istrumento  per  esame  del  san- 
gue. 

Contagoccie.  Apparecchio  destinato  a  som- 
ministrare a  goccie  i  farmaci  liquidi  e  le  soluzioni 
medicamentose.  I  principali  contagoccie  usali  nelle 
farmacie  sono  quelli  di  Lebaigne,  di  Suichard,  di 
lAmonsen,  di  Janin.  I  contagoccie  si  distinguono  an- 
che colle  espressioni:  a  presa  e  a  palla,  con  tappo 
ad  impugnatura,  ecc. 


Contaminare  {contaminato).  Insudiciare,  spor- 
care, cagionar  macchia,  moralmente  :  bruttare, 
imbrattare,  insozzare,  macchiare  ;  coprire  di  diso- 
nore, ^'infamia;  viziare,  corrompere;  am- 
morbare, infettare  ;  inquisire,  imbruttire,  render 
brutto;  ammorbare,  infettare  (veggasi  a  infe- 
zione). -  Contaminarsi,  insudiciarsi  moralmente; 
infettarsi,  ecc.  -  Contaminato,  afìetto,  infetto,  mo- 
ralmente guasto:  imbrattato,  inquinato,  m.ac- 
chiato,  polluto,  sporco,  sudicio,  ecc.  -  Contami- 
nazione, l'effetto  del  contaminare  e  del  contami- 
narsi :  infezione. 

Contaminarsi  (contaminato).  Veggasi  a  con- 
taminare, a  infezione,  ecc. 

Contaminazióne.  Detto  a  contaminare  e  a 
infezione. 

Contante.  Effettivo,  numerario:  aggiunto  di 
denaro. 

Contare  (contata,  contato).  Riscontrare  il  nu- 
mero, il  nòvero  al  quale  ascende  una  data  quan- 
tità di  persone  o  di  cose:  annoverare,  numerare; 
computare,  connumerare  ;  fare  i  conti,  il  conto.  - 
Annoverare,  enumerare  denari  nell'atto  di  pagare 
-  Ascrivere,  mettere  in  conto.  -  Calcolare,  far  cal- 
colo. -  Narrare  ;  raccontare.  -  Fare  assegna- 
mento, avere  fiducia,  speranza  in  alcuno  o  in 
qualche  cosa.  -  Avere  autorità.  -  Contante,  che 
conta,  annovera:  contatore,  contatrice.  -  Contata,. 
riscontro  fatto  sommariamente.  -  Contazione,  il 
contare.  -  Ricontare,  contare  di  nuovo. 

Contata.  Modo  di  contare. 

Contatore.  Nome  di  moltissimi  e  vari  appa- 
recchi 0  istrumenti  che  servono  a  misurare  il 
moto  di  un  corpo,  il  lavoro  di  una  macchina; 
la  quantità,  che  si  consuma,  di  gas,  di  elettri- 
cità e  simili  ;  ad  annoverare  il  numero  delle  per- 
sone che  entrano  in  un  dato  luogo,  il  percorso  che 
fa  una  carrozza,  ecc. 

Contatto.  Il  toccarsi  (veggasi  a  toccare)  di 
due  linee  o  superficie,  e  il  punto  nel  quale  si  toc- 
cano, contiguità.  -  Figur.,  amicizia,  rapporto^ 
relazione.  -  Semplice  o  doppio  contatto,  veggasi  a 
magnetismo.  -  Angolo  di  contatto,  l'angolo  for- 
malo dalle  linee  che  due  palle  descrivono  nello 
spazio,  quando  si  muovono  una  verso  l' altra,  in 
direzioni  oblique  o  perpendicolari,  per  toccarsi.  - 
Punti,  linee,  superficie  di  contatto,  le  parti  in  cui 
due  corpi  si  toccano.  -  Punto  di  contatto,  quello  ir^ 
cui  una  linea  retta  tocca  una  curva  o  quello  in 
cui  due  linee  curve  si  toccano. 

Aderente,  detto  di  cosa  mobile  e  [minuta  vicina 
ad  altra  cosa  in  guisa  da  toccarla  :  adesivo,  attac- 
cato, strettamente  unito,,  in  unione.  -  Aderenza, 
l'aderire,  l'essere  a  contatto.  Figur.,  amicizia, 
conoscenza.  -  Aderire,  essere,  venire  a  contatto. 
Figur.,  acconsentire,  dare  consenso.  -  Contiguo,. 
che  è  allato,  che  si  tocca  con  altra  cosa. 

Adesione,  forza  molecolare  per  cui  due  corpi  re- 
sistono e  stanno  a  contatto,  quando  si  voglia  di- 
staccarli ;  quella  stessa  forza  che  presiede,  pare,  ai 
fenomeni  di  capillarità,  di  imbibizione,  di  osmosi. 
^\  esercita  fra  solidi  e  solidi,  fra  solidi  e  liquidi, 
fra  solidi  e  gas.  Figur.,  consenso,  partecipazione 
ad  un  atto  qualsiasi.  -  Azione  di  contatto,  azione  di 
presenza,  forza  catalitica,  quella  per  cui  succede 
che  un  dato  corpo  impressiona  in  tal  modo  uno  o 
più  corpi  di  altra  natura  da  provocarvi  un  muta- 
mento molecolare,  senza  che  esso  partecipi  alla  rea- 
zione,  se   non  in  apparenza,  col   suo   essei-e   pre- 


CONTE   —    CONTEGNO 


691 


sente.  -  Elettricità  di  contatto,  reggasi  a  galvani- 
smo. -  Metamòrfosi  di  contatto,  mutazione  subita 
da  una  roccia  antica  per  il  suo  contatto  con  una 
roccia  eruttiva  incandescente.  -  Tangenza,  punto  di 
contatto. 

Conte  (contessa).  Titolo  (dal  lat.  comes)  di  no- 
biltà, tra  quello  di  barone  e  di  marchese.  Sotto 
Costantino,  si  chiamarono  conti  (comites)  tutti  gli 
ufficiali  del  suo  seguito,  e  la  corte  fu  detta  comitatus. 
I  re  Iranchi,  merovingi  e  carlovingi,  davano  a  uno 
dei  loro  conti  il  titolo  di  comes  palatii  nostn 
(conti  del  nostro  palazzo),  conte  palatino,  e,  nel 
secolo  IX,  quello  di  comes  sacri  palatii  (conte  del 
sacro  palazzo).  -  Burgravio,  \eltera.\mente  conte  del 
castello.  -  Conte  delle  cose  private  del  principe,  nel- 
Tamministrazione  di  Costantino,  il  ministro  dell'e- 
rario del  principe  e  del  Demanio.  -  Conte  delle 
sacre  largizioni,  sotto  (Costantino,  il  ministro  di  fi- 
nanza. -  tonte  palatino,  nel  medio  evo,  quello  che 
definiva  le  liti  per  le  quali  si  appellava  al  principe.  - 
Conti  domestici,  nella  amministrazione  di  Costantino, 
i  due  rapi  della  guardia  imperiale,  divisa  in  sette 
scholoe  0  compagnie.  -  Conti  in  presenza,  idem,  ge- 
nera i  che  seguivano  l'imperatore  in  viaggio.  - 
Con/i  dello  stabulo,  nell'impero  romano,  i  soprain- 
tendentì  alle  scuderie  imperiali.  -  Ziipano,  dignità 
della  Servia,  della  Croazia,  ecc.,  che  corrispondeva 
a  quella  del  conte  ;  oggi,  nella  Dalmazia,  rettore 
delle  compagnie  e  confraternite. 

Comitale,  aggettivo  di  conte  (latino  comes,  co- 
mitis,  compagno,  indi  comitalis).  -  Comitissa  (lat.), 
contessa,  la  moglie  del  conte.  -  Contea,  proprietà  a 
cui  è  annesso  il  titolo  di  conte.  -  Conte  che  non 
conta,  0  conte  senza  contea,  conte  o  nobile  senza 
quattrini.  -  Visconte,  dignità  o  grado  inferiore  al  conte. 

Contèa.  Dominio  del  conte.  -  Compartimento 
amministrativo  nel  Regno  Unito  di  Granbretagna, 
Irlanda,  Scozia  e  colonie. 

Contegg-Iare  {conteggiato).  Fare  i  conti  d'una 
operazione,  di  un'  azienda,  ecc.  :  ufficio  proprio, 
specialmente,  del  contàbile.  •  Valutare  nel  conto. 

Conteggio.  Prospetto  o  dimostrazione  di  conto. 

Contegnosamente.  Detto  a  contegno. 

Contegnoso.  Che  sta  in  contegno. 

Contegno  [contegnoso).  Maniera  di  comportarsi 
in  confronto  di  altri  ;  maniera  di  agire  in  una 
data  faccenda  (modo  di  vivere,  condotta)',  anda- 
mento, andare,  atto  ;  contenenza,  contenimento,  con- 
tinenza; maniera,  modo;  procedere,  procedura; 
stile.  Anche,  atteggiamento.  -Il  contegno  d'una 
persona,  naturalmente,  dipende  per  lo  più  dalle 
condizioni  dell'ammo,  A^Windole;  è  soggetto  agli 
impeti  disordinati  della  passione,  disciplinato 
dalle  regole  delV educazione  e  del  galateo. 

Caratteri  vari  del  contegno. 

Acerbezza,  acerbità,  trattamento,  duro,  di  chi  è 
severo,  quasi  crudele.  -  Affettazione  (veggasi  ad 
affettare,  affettazione),  cura  smaniosa  di  far 
nostre  alcune  maniere  che  non  sono  della  nostra 
natura  o  sono  inadeguate  alle  nostre  forze,  o  sen- 
timenti che  non  sono  della  nostra  coscienza.  -  Age- 
volezza, trattamento  gentile  di  chi  si  presta  a  ren- 
dere facile  alcuna  cosa  che  altri  desideri  o  voglia 
fare.  -  Ambiguità,  maniera  equivoca  di  esprimersi 
cosi  da  generare  dubbio  in  chi  ascolta;  contegno 
non  sincero.  -  Aria  di  me  ne  impipo,  espressione 
di  volto,  di  contegno  che  manifesta  arroganza  e 
superbia  sdegnosa.  -  Atto,  azione,  gesto,  maniera. 


Bifolcheria,  atto,  manieraccia  da  bifolco  (non  us.). 

-  Bizantinismo,  sommessione  strisciante  di  persone 
altolocate,  specialmente  di  fronte  al  governo.  - 
Bonarietà,  maniera  amabile  di  chi  è  bonario  (veg- 
gasi a  buono,  pag.  331,  seconda  colonna).  -  Brio, 
vivacità  (li  contegno  -  Broncio,  segno  di  cruc- 
cio, di  malumore,  che  si  fa  col  volto  -  Brutto 
giuoco.,  mal  giuoco:  mal  tratto,  offesa  -  Buaccio- 
lata,  atti  0  parole  da  buacciolo,  cioè  da  ignoran 
tello  -  Buonumore,  disposizione  d'animo  per  cui  si 
ha  un  contegno  piacevole,  allegro. 

Caccabàldole,  carezze,  lezii,  moine,  vezzi.  -  Ca- 
valleria rusticana  (figur.),  garbatezza  da  villano.  • 
Calma,  maniera  tranquilla  di  contenersi  e  di 
trattare.  -  Capestreria,  modo  capriccioso  di  dire 
0  di  fare;  atto  da  scapestrato.  -  Cnmpitezza, 
maniera  d'uomo  compito:  civiltà,  urbanità,  crean- 
za. -  Compostezza,  aggiustatezza,  modestia  di  con- 
tegno, di  abito,  di  costume.  -  Compunzione,  af- 
flizione d'animo,  con  pentimento  degli  errori  com- 
messi. Anche,  contegno  assunto  per  fingere  penti- 
mento, 0  dimostrarsi  devoto,  umile  -  Convenienza, 
modo  di  trattare  tra  persone  educate.  Ragioni  di 
convenienza,  un  certo  tal  rispetto  alle  convenzioni 
sociali.  -  Cinismo,  contegno  da  cinico.  -  Cordia- 
lità, cordiale  affetto;  contegno  alTettuoso. 

Decoro,  nell'uso,  dignità  di  contegno.  -  Delica- 
tezza, nell'uso,  garbo,  gentilezza.  -  Dimestichezza, 
familiarità.  -  Distinzione,  atti  e  parole  che  mo- 
strano preferenza,  stima  verso  alcuno.  •  Durezza, 
acerbità  di  trattamento. 

Familiarità,  dimestichezza,  intrinsichezza;  l'a- 
vere intima  e  continua  consuetudine  con  altri.  - 
Fare,  atteggiamento,  contegno  abitudinario  :  ma- 
niera. -  Finezza,  delicatezza,  garbatezza,  cortesia.  - 
Forma,  maniera,  modo  di  trattare.  -  Franchezza, 
lealtà,  sincerità  di  contegno;  destrezza,  disin- 
voltura. -  Freddezza,  eccessivo  ritegno;  indif- 
ferenza. 

Garbaccio.  sgarbatezza,  azione  sgarbata.  -  Garbo, 
buona  maniera  di  trattare  :  garbatezza,  urbanità.  - 
Gena,  voce  dialettale  piemontese ,  per  soggezione, 
imbarazzo,  disagio  morale.  -  Gentilezza,  l'essere 
gentile  ;  atto  o  detto  di  cortesia  verso  qualcuno. 

-  Ch^azia,  la  maniera  naturale  che  rende  piace- 
vole, in  ispecial  modo  gli  atti,  il  parlare,  le  forme. 

-  Graziosita,  atto  grazioso,  più  che  cortese. 
Impertinenza,  atto  o  parlare  sconveniente  e  senza 

il  dovuto  rispetto  alle  persone  cui  si  dirige:  poco 
meno  che  insolenza.  -  Impolitezza,  per  scortesia, 
sgarboi  francesismo.  -  Importunità,  atto  di  chi 
riesce  importuno,  dà  molestia,  dà  noia.  -  Inciviltà, 
atto,  azione  incivile,  inurbano,  rozzo,  malcreato, 
villano.  -  Incompostezza,  scompostezza,  sguaiatag- 
gine; atti,  agire  da  sguaiato  -  Indelicatezza,  nel- 
l'uso, mancanza  di  riguardo,  di  rispetto  ;  anche,  a- 
zione  tanto  o  poco  lesiva  dell'  onorabilità  (veggasi 
ad  onore).  -  Indiscretezza,  indiscrezione,  contrario 
di  discrezione,  cioè  della  moderazione  per  cui, 
nel  modo  di  trattare  gli  altri,  si  distinguono  le  per- 
sone bene  educate  :  improntitudine  ;  abuso  della 
propria  autorità,  della  propria  superiorità  e  si- 
mili. -  Intrinsichezza,  familiarità.  -  Indolenza,  a- 
bito  e  contegno  di  chi  è  pigro,  lento  al  lavoro  e 
a  tare  checchessia.  -  Indulgenza,  facilità  al  per- 
dono. -  Inurbanità,  l'essere  inurbano,  non  gen- 
tile, senza  garbo,  sgarbato  (veggasi  a  sgarbo).  - 
Intrattabilità,  Y  essere  intrattabile  :  di  persona  che 
ha  carattere,  indole  sgarbata,  iraconda,  superba, 
rozza,  rigida,  ruvida. 


692 


CONTEGNO 


Lezio,  leziosaggine,  atto  svenevole  (più  coniun.,  al 
plur.  ìezii,  moine).  ■  Malacreanza,  contrario  di  crean- 
za, -  Malagrazia,  cattiva  grazia,  sgarbo,  malpiglio.  - 
Maltrattamento,  cattivo  trattamento;  il  maltrat- 
tare. •  3Ialumore,  disposizione  d"animo  per  cui 
si  è  scontrosi  nel  contegno.  -  Maniera,  modo  di  fare, 
d'essere,  di  contenersi.  -  Manieraccia,  manierina, 
manieruccia,  maniera  cattiva,  graziosa,  volgare.  - 
Maniere,  aria  da  sultano,  di  persona  dispotica.  - 
Maniere  comuni,  che  non  hanno  nulla  di  distinto  o 
d'insolito,  di  superbo  o  di  umile.  -  Modaccio,  cat- 
tiva maniera.  -  Modino,  dimin.  vezzegg  di  modo.  - 
Modo,  maniera  di  trattare,  di  comportarsi.  -  Modus 
tenendi  (lat.),  il  modo  di  contenersi  in  una  data 
circostanza.  -  Moina  (per  lo  più  al  plurale),  alto 
e  parola  lusinghevole.  -  Mossa,  atto  o  parola  sgar- 
bata e  di  sdegno. 

Noncuranza  (astr.  di  noncurante),  contegno  di- 
chi  ha,  od  ostenta,  quasi  disprezzo  per  gli  altri. 

-  Originalità,  atto,  modo,  di  chi  è  originale,  cioè 
bizzarro,  stravagante,  strano.  -  Ostentazione, 
pomposa  mostra  di  sé. 

Pateticume,  svenevolezza,  sentimentalismo  -  Pe- 
danteria, abitudine  o  atto  da  pedante.  -  Piglio, 
un  certo  modo  di  guardare  con  aria  piuttosto 
spavalda  o  provocante.  -  Portamento,  modo  abi- 
tuale di  atteggiarsi  :  atteggiamento,  posa.  - 
Posatezza,  l'essere  posato,  pacato,  quieto  :  paca- 
tezza. -  Prosopopèa,  una  certa  gravità  presuntuosa: 
manifestazione  di  superbia  e  di  vanità.  -  Pro- 
vocazione, l'azione  del  provocare.  -  Puntiglio, 
pretensione  di  essere  preferito  o  di  soprastare  ad 
altri  ;  anche,  capriccio  con  ostinazione. 

Reverenza,  riverenza,  venerazione,  rispetto. 

Micercatezza  (astr.  spreg.  di  ricercato),  studio 
soverchio  nel  modo  di  contenersi,  di  parlare,  ecc. 
(veggasi  anche  ad  affettare,  affettazione).  - 
Rigidezza,  rigidità  (astr.  di  rigido),  durezza  di  ma- 
niere, austerità,  severità.  -  Riguardo,  riserbo,  ri- 
spetto, delicatezza,  verso  alcuno.  -  Risentitezza,  ri- 
sentimento (astr.  da  risentito),  condizione  ed  espres- 
sione di  chi  sente  sdegno  per  offesa  ricevuta  e 
simili.  -  Riserbo,  circospezione,  riguardo.  -  Riserba- 
tezza,  riservatezza,  moderazione,  modestia.  - 
Riserva,  circospezione,  prudenza.  -  Risolutezza, 
qualità  e  contegno  di  chi  dimostra  verso  altri  pron 
tezza  ed  energia  :  presenza  di  spirito.  -  Rispetto, 
considerazione,  liguardo,  riverenza.  -  Ritenutezza, 
ritegno,  modo,  misura,  moderazione  nel  parlare, 
nell'operare,  ecc.  -  Ritrosia,  ripugnanza  all'altrui 
volontà:  di  chi  non  è  arrendevole  -  Ritrosità, 
meno  coni,  di  ritrosia,  indica  più  l'azione  che  l'in- 
dole. -  Rustichezza,  rusticità  (astr.  di  rustico),  spe- 
cialmente l'atto,  il  fare:  rozzezza:  veggasi  a  rozzo. 

-  Ruzzo,  il  ruzzare,  lo  scherzare  (veggasi  a  scher- 
zo), e  dicesi  più  specialmente  del  saltare  e  dello 
scherzare  che  fanno  i  fanciulli. 

Salamelecche,  salamelecco,  inchino  servile,  adu- 
latorio, interessato  :  complimento.  -  Salvatichezza, 
selvatichezza,  l'essere  selvatico,  rozzo.  -  Sbarazzi- 
nata, azione  da  sbarazzino,  ossia  da  giovane  di  mali 
costumi  e  rissoso;  quasi  da  birbone.  -  Scartata, 
rabbuilo,  partaccia,  il  montare  in  collera,  in  ira. 
■  Sciattezza,  sciatteria,  atto  e  modo  di  chi  dimostra 
soverchia  negligenza  nel  contegno,  nel  vestire, 
ecc.  -  Scioltezza,  un  certo  garbo  di  portamento,  r/i- 
sinvoltura.  -  Scompostezza,  contr.  di  compostezza  : 
discompostezza.  -  Scontrosàg^jine,  scontrosità,  atteggia- 
mento, alto  di  chi  usa  modi  aspri  e  dispettosi; 
di  chi  è  permaloso.  -  Sconvenienza,  atto  indeli- 


cato, inurbano,  non  conveniente.  -  Scorrettezza 
qualità  o  atto  di  contegno  non  regolare,  ma  dilet- 
toso, in  difetto.  -  Scortesia,  contr.  di  cortesia 
atto  ed  effetto.  -  Sdolcinatura,  leziosaggine,  affetta 
zione,  seìitimentalismo,  -  Semplicità,  naturalezza,, 
ingenuità,  modestia.  -  Serietà,  contegno  grave.  - 
Sgarberia,  sgarbo,  atto  più  o  meno  villano  nel 
trattare.  -  Sguaiatezza,  atto,  maniera  da  sguaiato. 
Singolarità,  nell'uso,  stranezza,  originalità  di  con- 
tegno. -  Smoderatezza,  mancanza  di  moderazione, 
-  Smorfia,  scontorcimento  ridicolo  del  viso;  le- 
ziosaggine. -  Sommessione,  sommissione,  obbedienza, 
riverenza,  rispetto  ai  superiori  (veggasi  a  ubbi- 
dire e  a  rispetto).  -  Spostatura,  atto  sgarbato.  - 
Sprezzatura,  maniera  piena  di  trascuratezza,  di  non- 
curanza superba.  -  Sprezzatura  signorile,  di  chi  si 
dà  un'aria  altezzosa.  -  Squisitezza,  delicatezza  di 
contegno,  finezza  di  modi.  -  Squisitudine,  affetta- 
zione. -  Sussiego,  gravità  boriosa  o  dura  ;  sicumera, 
severità  ostentata.  -  Svenevolezza,  svenevolaggine, 
svenia,  lezio,  leziosaggine. 

Tàttica  (figurai.),  abilità  di  contegno,  sottile 
avvedutezza  nel  trattare;  furberia,  astuzia.  - 
Tenerezza  (figur  ),  affetto,  compassione.  -  Tene- 
rume, tenerezza  ridicola.  -  Tono,  nell'uso,  il  con- 
tegno che  una  persona  assume.  Varia  che  si  dà.  - 
Tratto,  modo  di  comportarsi,  maniera  ;  dimostra- 
zione di  cortesia  e  di  valore,  o  anche  di  perfidia  e 
viltà.  -  Un  bel  tratto,  una  bella  mossa. 

Urbanità,  modo  di  trattare  ingentilito,  garbato, 
proprio  dei  cittadini,  all'opposto  delle  maniere  rozze, 
per  lo  più  usate  dalla  gente  di  campagna.  -Verecondia, 
il  contegno,  la  virtù  di  cii  rifugge  dalle  cose 
brutte  0  men  che  oneste.  -  Verso,  garbo.  -  Vezzo, 
carezza.  -  Volgarismo  (spreg.),  maniere,  costumi 
volgari. 

Zerbineria,  atto,  contegno  da  zerbino,  da  va- 
gheggino. -  Zoticàggine ,  zotichezza,  atto  o  ma- 
niera da  zotico,  da  rozzo.  -  Zucchero  (figur.), 
modi,  trattamento  dolce. 


Aggettivi 
che  contraddistinguono  i  vabii  modi  di  contegno. 


Acre  (figur.),  acerbo,  acrimonio,  aspro,  cru- 
dele, fiero,  veemente,  ruvido,  sgarbato.  -  Allegro, 
con  allegrezza.  -  Altiero,  con  orgoglio.  -  Am- 
biguo, non  chiaro,  non  schietto,  non  sincero.  -  An- 
dante, alla  buona,  semplice.  -  Animoso,  forte,  so- 
stenuto da  coraggio.  -  Antipatico,  tale  da  destare 
antipatia.  -  Aristocratico,  da  persona  deirrt»*i,vfo- 
crazia,  o  da  superbo.  -  Asciutto,  grave,  riservato, 
di  chi  fa  poche  parole.  -  Assennato,  giu-dizioso,  da 
persona  di  senno.  -  Astioso,  subordinato  a  rancore, 
a  odio  e,  anche,  a  invidia.  -  Autorevole,  di  chi 
ha  e  gode  autorità. 

Balordo,  senza  discernimento.  -  Bieco,  malva- 
gio, cattivo.  -  Bonaccione,  accrescitivo  di  bonaccia, 
e  vale  bonario,  tranquillo,  alla  buona,  semplice  (veg- 
gasi a  buono)  -  Braccato,  molto  ricercalo.  -  Brioso, 
pieno  di  brio.  -  Brutale,  scortese,  villano,  auda- 
ce, violento,  turpe,  ecc. 

Chacheroso,  svenevole,  schizzinoso.  -  Calmo,  sor- 
retto da  calma  :  quieto,  tranquillo.  -  Cattedratico, 
di  chi  posa  a  saccente.  -  Càustico,  mordace,  ironico 
(veggasi  ad  ironia^,  pungente.  -  Cianesco,  proprio 
o  degno  di  ciane,  ossia  di  donne  volgari.  -  Cinico, 


CONTEGNO 


693 


pieno  di  indiflerenza  e  di  sprezzo.  -  Civile,  da 
persorja  bene  educata,  garbata.  -  Codardo,  influen- 
zato da  paura.  -  Compromettente,  tale  da  e- 
sporre  a  biasimo,  a  caslij,'0,  a  danno.  -  Corti- 
gianesco, da  cortigiano,  servile,  inspirato  ad  adu- 
lazione. -  Costante,  secondo  costanza.  -  Citi- 
dele,  senza  compassione,  senza  pietà. 

Debole,  senza  forza,  senza  energia.  -  Decoroso, 
dignitoso,  secondo  decoro,  secondo  dignità.  -  De- 
licato, gentile,  con  garbo.  -  Democratico,  da  persona 
della  democrazia;  nell'uso,  uomo  alla  buona, 
semplice.  -  Dim,esso,  più  che  reverente,  umile.  • 
Disinvolto,  franco,  senza  impaccio.  -  Dispòtico,  da 
despota,  informato  a  despotisnio.  -  Disumano, 
crudele,  spietato.  -  Dommdlico  ((ìgur.),  da  pedante. 
-  Duro,  aspro,  incivile,  zotico. 

Egoistico,  da  egoista,  per  egoismo. 

Facchinesco,  da  facchino,  da  uomo  ineducato.  - 
Familiare,  con  dimestichezza,  con  fanii'iarità, 
con  intrinsichezza.  -  Fiacco,  debole,  cascante.  -  Fie- 
ro, forte,  risoluto,  sostenuto,  pieno  di  energia.  - 
Folle,  avventato,  da  matto,  sconsiderato.  -  Furbesco, 
da  furbo. 

Garbato,  con  garbo.  -  Generoso,  inspirato  a  gè- 
nerosità.  -  Gentile,  cortese.  -  Giudizioso,  soste- 
nuto da  giudizio,  da  senno.  -  Goffo,  sgraziato, 
senza  grazia.  -  Grave,  austero,  severo.  -  Grazioso, 
con  grazia,  con  garbo:  amabile,  piacevole,  simpa- 
tico. -  Grossolano,  rozzo. 

Imbronciato,  da  persona  che  tiene  il  broncio.  - 
Impeccabile,  correttissimo,  non  soggetto  a  fallo,  a 
peccato.  -  Impegnoso,  ardito  e  quasi  provocante.  - 
Imprudente,  senza  prudenza.  -  Imperturbabile,  che 
non  si  turba,  non  subisce  turbamento  :  perfetta- 
mente tranquillo,  sicuro.  -  Impolitico,  non  accorto, 
non  da  furbo.  -  Impudente,  inverecondo,  sfacciato.  - 
Incivile,  contrario  all'urbanità.  -  Indulgente,  secondo 
indulgenza.  -  Ingenuo,  improntato  ad  inge- 
nuità, a  schiettezza,  a  sincerità.  ■  Inqualificabile, 
meritevole  del  massimo  biasimo:  vergognoso.  - 
Inquisitorio,  da  inquisitore,  del  contegno  di  chi  ri- 
cerca astiosamente  le  colpe,  gli  errori  e  volentieri 
li  esagera,  per  condannarli.  -  Insinuante,  il  contegno 
di  chi  sa  e  trova  modo  di  acquistarsi  la  benevo- 
lenza d'altri  0  di  mettere  nell'  animo  la  persua- 
sione di  qualche  cosa.  -  Insolente,  arrogante,  facile 
e  pronto  2LÌVinsolenza.  -  Inurbano,  scortese.  -  Ira- 
condo, dominato  dall'tVa.  -  Irregolare,  non  secondo 
la  buona  regola  o  la  regola  comune  :  anormale.  - 
Irreprensibile,  correttissimo,  castigatissimo,  non  su- 
scettivo di  biasimo  :  perfetto. 

,  Leggiero,  incostante  e  di  poca  serietà.  -  Libero, 
s  nza  riguardi.  -  Licenzioso,  troppo  libero,  contro  il 
buon  costume,  offensivo  della  morale.  •  Liscio, 
senza  convenevoli.  -  Malgrazioso,  poco  grazioso, 
sgarbato.  -  Mellifluo,  il  contegno  di  persona  che  ha 
parole  di  dolcezza  non  sincera.  -  Minaccioso,  signi- 
ficante minaccia,  anche  senza  profl"erirla.  -  Mogio, 
timido,  dimesso.  -  Inàbile,  degno,  eletto,  elevato,  ge- 
neroso, preclaro.  -  Noncurante,  sprezzante  o  trascu- 
rato. -  Obbligante,  che  lega  l'animo  altrui  o  per  cor- 
tesia o  per  beneficio.  -  Ossequioso,  rispettoso,  rive- 
rente. 

Pacifico,  da  persona  che  ama  la  pace,  la  tran- 
quillità, il  quieto  vivere.  -  Padronesco,  da  padro- 
ne. -  Pazzesco,  da  pazzo.  -  Petulante,  arrogante, 
insolente,  pretenzioso,  villano.  -  Posato,  serio,  co- 
stumato, ecc.  -  Prepotente,  di  chi  usa  prepotenza. 
Procace,  sfacciato,  protervo.  -  Proditorio,  inganne- 
vole, con  tradimento.  -  Provocante,  il  contegno  as- 


sunto con  intenzione  di  i>rovocare  o  tale  da  pro- 
vocare. -  Prudente,  secondo  prudenza.  -  Pudico, 
casto,  secondo  castità,  secondo  pudore. 

Ridicolo,  da  buffone,  tale  da  far  ridere,  de- 
gno di  scherno.  -  Riguardoso,  rispettoso,  regolato 
dal  rispetto.  -  Bozzo,  rustico,  ruvido,  zòtico  ;  con- 
tadinesco, da  contadino. 

Saggio,  savio,  pieno  di  senno.  -  Scandaloso,  tale 
da  suscitare  scandalo.  -  Scherzevole,  scherzoso,  fa- 
cile 0  pronto  allo  scherzo.  -  Schietto,  franco,  sin- 
cero. -  Sciatto,  da  persona  trascurata;  troppo  di- 
messo, volgare.  -  Sciocco,  da  stupido.  -  Sciolto, 
disinvolto.  -  Scontroso,  non  arrendevole  e  tal- 
volta sbarbato.  -  Sconveniente,  contrario  alla  con- 
venienza, ai  riguardi  che  altri  si  merita:  indegno. 

-  Screanzato,  senza  creanza,  -  Secco,  a.sciutto,  a- 
spro,  duro.  -  Serio,  secondo  serietà.  -  Servile,  da 
servo,  troppo  umile.  -  Severo,  austero,  grave.  - 
Sfacciato,  con  impudenza,  con  sfacciatàggine.  - 
Sgarbato,  senza  garbo.  -  Sguaiato,  senza  garbo, 
né  grazia.  -  Signorile,  da  signore,  da  persona  di- 
stinta. -  Sinistro  (figur.),  cattivo.  -  Solenne,  mae- 
stoso, grande.  -  Sommesso,  dimesso,  umile.  -  So- 
stenuto, il  contegno  di  chi  sta  piuttosto  a  sé,  da 
solo.  -  Spavaldo,  sfrontatamente  inconsiderato.  - 
Spigliato,  disinvolto.  -  Spregevole,  vergognoso,  vile. 

-  Sprezzante,  il  contegno  di  chi  ha  od  ostenta  di- 
sprezzo. -  Stravagante,  bizzarro,  strano.  -  Sve- 
nevole, sgraziato,  lezioso.  -  Sversato,  senza  garbo  né 
grazia  ;  senza  creanza.  -  Sùbdolo,  ingannevole  :  il 
contegno  di  chi  vuol  trarre  in  inganno. 

Trónfio,  da  superbo,  per  superbia.  -  Umile, 
dimesso,  senza  ombra  di  alterigia.  -  Verecondo, 
onesto,  secondo  onestà.  -  Villano,  scortese,  offen- 
sivo, sgarbato.  -  Vile,  obbietto,  vituperevole  ;  an- 
che, estremamente  pauroso.  -  Violento,  caratteriz- 
zato dalla  violenza.  •   Virtuoso,  inspirato  a  virtù 

-  Vivace,  brioso,  di  spirito  pronto.  -  Vizioso,  domi- 
nato dal  vizio.  -  Volgare,  basso,  triviale.  •  Volù- 
bile, incostante,  senza  fermezza. 

Zòtico,  rozzo  e  villano. 


Figure  di  persona  secondo  il  contegno. 


Abbordane,  chi  usa  avvicinare  altri  e  intrattener- 
si, di  primo  acchito,  senza  averci  confidenza.  -  Ac- 
cessibile, accostevole,  di  persona  facile  a  dare  ascolto, 
a  lasciarsi  vedere  e  trattare  :  abbordevole  (france- 
sismo), di  facile  accesso.  -  Adulatore,  chi  sta  sul- 
Y adulare.  -  Affàbile,  chi  tratta  con  amorevo- 
lezza. -  Ammazzasette,  smargiassane,  spavaldo.  - 
Angoloso,  di  persona  che  non  si  sa  come  trattare. 
-  Antipaticone,  antipaticona,  uomo,  donna  molto  an- 
tipatici. -  Arlecchino  (figur.),  uomo  instabile. 

Bécero,  persona  dell'infima  plebe,  insolente  e  sfron- 
tata. -  Bracatone,  trascurato.  -  Braccatore  di  denaro, 
di  titoli,  di  croci,  cercatore  di  denaro,  ecc.  :  brac- 
cheggiatore.  -  Bracino,  persona  sciatta,  sgarbata,  ine- 
ducata. -  Buffone,  chi  fa  ridere  con  motti,  lazzi 
e  simili  :  burattino.  -  Bùrbero,  chi  è  severo,  ri- 
gido (riferito  anche  al  volto,  allo  sguardo).  -  Bur- 
bero benefico,  chi  è  severo  in  apparenza,  ma,  in  fon- 
do, buono,  caritatevole. 

Cascante  (figur.),  chi  fa  il  lezioso,  il  vagheggino, 
lo   zerbino.  -    Cavallo   matto,  di  persona   sventata,      ^ 
strana   di   modi.  -  Cera,  aria,  viso   brusco,  di    chi 
tratta  senza  dolcezza,  con  risentimento,  spec.  infe 
riori.  -  Cervello  a  ciabatta,  di  persona  sciamannata, 


694 


CONTEGNO 


trascurata.  -  Ciaìw,  uomo  che  abbia  il  fare  e  il 
modo  d'una  ciana,  d'una  donna  sciatta,  voljrare.  - 
CoUotorto,  bacchettone,  bigotto,  ostentato  divoto, 
ipòcrita.  -  Commediante,  chi  recita  esagerato  o 
parla  con  gesti  e  parole  con  cadenza  a  effetto.  - 
Compassato,  che  procede  circospetto,  che  misura 
tutto,  calcola  tutto.  -  Contegnoso,  che  sta  in  conte- 
gno; anche  chi  ha  contegno  freddo,  grave,  riser- 
vato, ostentato.  -  Cor  contento,  figura  di  persona  al- 
legra. -  Cortigiano,  adulatore.  -  Coso,  di  uomo  o  ra- 
gazzo rozzo,  sgarbato,  goffo. 
Dama  del  biscottino,  signora  che  affetta  religiosità. 

-  DinorcMato,  di  persona  svogliata  che  si  rilassa, 
casca,  si  sdraia  per  tutto.  Anche,  chi  finge  di  non 
desiderare  una  cosai.  -  Dolciume  (figur.),  di  persona 
che  ha  un  lare  di  dolcezza  nauseante.  -  Donchisciot- 
tesco, di  persona  o  azione  che  abbia  alcun  che  di 
spavaldo,  petulante,  coraggioso,  ingenuo  talora,  ma 
per  questioni  che  non  ne  valgono  il  conto. 

Effeììiinato,  chi  ha  contegno,  costume  più  da 
donna  che  da  uomo.  -  Entrante  (uomo,  donna),  per- 
sona che  con  belle  maniere,  o  anche  impertinen- 
temente, si  introduce  appresso  chicchessia. 

faccia  franca,  faccia  tosta,  impudente,  senza  ver- 
gogna, sfacciato,  -  Facilone,  persona  che  troppo 
facilmente  si  adatta  ai  voleri  altrui.  -  lamigliare, 
familiare,  di  persona  che  tratta  con  modi  aifabili. 

-  Ficcanaso,  dicesi  di  chi  vuol  ingerirsi,  infram- 
mettersi  nelle  faccende  altrui  e  che  non  lo  riguar- 
dano. -  Ficchino,  chi,  non  invitato,  cerca  di  andare 
a  pranzi,  a  conversazioni,  a  ritrovi,  ecc.  -  Foderato 
di  lamiera,  di  persona  che  non  ha  nessuna  genti- 
lezza, nessuna  delicatezza.  -  Franco,  chi  ha  una 
certa  arditezza,  però  contenuta  in  dati  limiti.  - 
Frasca  (figur.),  persona  leggiera,  volubile. 

Gattamorta,  cni  finge  di  essere  semplice,  di  non 
capire.  -  Gente  per  bene,  di  garbo,  educata.  -  Gio- 
vialone,  uomo  molto  piacevole.  -  Grossier  (frane), 
grossolano  {triviale,  sgarbato,  rozzo).  ■  Imperatore 
(scherz.),  di  chi  ha  gran  sussiego.  -  Lezioso,  di  per- 
sona che  fa  lezii. 

Manieroso,  che  ha  maniere  di  un'affabilità  affet- 
tata. -  Mercatino,  uomo  o  donna  di  parole  e  modi 
triviali,  becero,  ciana.  -  Musone,  che  di  solito  o  fa- 
cilmente tiene  il  broncio. 

Pavone  (figur.),  chi  si  compiace  esageratamente 
di  sé  stesso.  -  Permaloso,  chi  ha  per  male,  per  of- 
fesa ogni  cosa.  -  Persona  a  modo,  ammodo,  savia, 
prudente  ;  di  grande  abbordo,  che  impone  alla  pri- 
ma ;  senza  discrezione,  fastidiosa,  senza  riguardo.  - 
Piazzaiuolo,  becero,  di  maniere  villane.  -  Picchiane, 
bravaccio,  plebeo.  -  Pettegolo,  uomo  d'animo  pic- 
colo, pieno  di  curiosità  puerili,  chiacchierino,  fa- 
cile al  pettegolezzo.  -  Poseur  (frane),  persona  af- 
fettata nel  parlare  e  nel  comportarsi.  •  Provocatore, 
chi  provoca  (veggasi  a  provocare). 

Rospo  (figur.),  uomo  ritroso  e  sgarbato. 

Sbadato,  chi  non  bada  a  quel  che  fa:  spensie- 
rato -  Ser  contrapponi,  chi  trova  sempre  a  ridire: 
contradditore  sistematico.  -  Simpaticone,  simpaticona, 
uomo,  donna  simpaticissimi.  -  Sior  ìodaro,  tipo 
comico  (del  teatro  veneziano)  del  brontolone  (veg- 
gasi a  brontolare).  -  Smanierato,  sgarbato,  senza 
maniere.  -  Sornióne,  di  persona  intrattabile,  o  che 
tiene  in  sé  i  suoi  pensieri,  né  si  lascia  intendere. 
-Spinoso  (figur.),  di  persona  ruvida,  intrattabile. - 
Stuzzichino,  chi  irrita,  stuzzica,  provoca,  tormenta 
con  piccolezze;  persona  importuna  e  fastidiosa.  - 
Syenevolone,  svenevole,  chi  ha  modi  affettati,  le- 
ziosi, sgraziati.  . 


Testa  secca,  uomo  difficile  a  trattarsi,  puntiglioso 
e  caparbio. 

Uomo  brusco,  senza  complimenti.  -  Uomo  brutale, 
incapace  di  gentilezza,  di  modi  feroci,  bestiali  (veg- 
gasi a  brutale).  -  Uomo  chiuso,  che  non  espone 
mai  agli  altri  le  sue  idee,  i  suoi  sentimenti.  -  Uo- 
mo di  tatto,  di  fine  accorgimento.  -  Uomo  rotto,  di 
modi  difficili,  poco  trattabile.  Zoticone,  uomo  di 
natura  dura,  villana,  intrattabile.  -  Per  altre  desi- 
gnazioni, altre  figure,  veggasi  a  condotta» 

Del  contegno  in  azione. 


Accarezzare,  carezzare  (figur.:  veggasi  a  ca- 
rezza), trattare  con  maniere  cortesi,  gentili.  - 
Affettare,  affettazione,  già  ricordato.  -  Am- 
mantarsi, camuffarsi,  farsi  bello  di  meriti  che  non 
si  hanno.  -  Andare  a  seconda  d'alcuno,  andare  ai 
versi,  compiacerlo.  -  Andare  pei  fatti  suoi,  raccolto, 
senza  dar  noia  ad  alcuno.  -  Andare,  stare,  essere 
composti,  avere  compostezza.  -  Applaudirsi  (figur.), 
compiacersi,  pavoneggiarsi.  -  Aspreggiare,  trattare 
con  asprezza. 

Badare,  guardare  al  fatto  suo,  non  occuparsi 
delle  faccende  altrui.  -  Benignarsi,  ridicola  lezio- 
saggine per  degnarsi,  compiacersi.  -  Bistt  attore,  mal- 
trattare. -  Buttarsi  al  serio,  di  chi,  di  gioviale  che 
era,  si  fa  serio  ad  un  tratto  per  dispetto  avuto  delle 
parole  altrui. 

Cacciarsi,  ficcarsi  con  qualche  sforzo  o  sfaccia- 
taggine. -  Camminare,  venire  incontro  pari,  o  pari 
pari:  ostentare  compostezza.  -  Ceder  la  mano,  dar 
la  preminenza.  -  Colombeggiare,  far  come  i  colombi, 
usare  i  modi  dei  colombi.  -  Coltivare  una  persona, 
starle  attorno  per  cattivarsene  la  benevolenza.  • 
Comportarsi,  contenersi,  aver  contegno.  -  Contenersi, 
tenere  un  contegno,  diportarsi,  saper  fare,  rego- 
larsi. 

Degnare  alcuno,  trattare  con  lui  non  guardando 
alla  sua  bassa  condizione.  -  Entrare  innanzi  a  uno, 
fare  il  sopracciò  ;  parlare  senz'essere  chiamato  ; 
presentarsi  senza  diritto  a  fare  la  parte  d'un  su- 
periore. -  Erigersi  a  censore,  a  giudice,  ecc.,  darsi 
l'aria,  il  tono  di  censore,  di  giudice,  ecc. 

Fare  a  confidenza,  approfittare  dell'  altrui  bontà 
0  debolezza  o  della  comodità  per  giovarsi  di  qual- 
cosa. -  Far  complimento,  di  chi,  per  riguardo  o  sog- 
gezione, non  mangia,  non  si  fa  avanti.  -  Far  degli 
spregi:  azioni  dispettose  e  noiose.  -  Far  festa  ad 
uno,  fargli  lieta  accoglienza.  •  fare  il  bello  spi- 
rito, fare  il  lepido,  il  grazioso,  ecc.  -  Fare  il  bel- 
lumore,  fare  il  burlone  (veggasi  a  burla).  -  Fare 
il  contegnoso,  serbare  un'  apparenza  dignitosa  ;  so- 
stenersi, tenersi  su  ;  stare  sulle  sue,  stare  in  sus- 
siego ;  non  rendersi  familiare.  -  Fare  il  gra- 
zioso, affettare  maniere  graziose.  -  Fare  il  muso, 
il  broncio  -  Fare  ti  musone,  il  sornione.  -  Fare 
il  prezioso,  fingersi  alieno  da  una  cosa  per 
farsi  pregare  a  farla.  -  Fare  il  sostenuto,  di  chi 
si  dà  importanza,  sussiego.  -  Farsi  ardito,  diven- 
tare indiscreto  negli  atti,  nelle  parole.  -  Farsi 
desiderare,  di  chi  si  mostra,  va  di  rado  in  conver- 
sazione, o  tarda,  invitato,  a  tare  una  cosa  -  Farsi 
scorgere,  comportarsi  in  modo  da  richiamare  l'at- 
tenzione della  gente.  -  Fregarsi  intorno  a  uno,  star- 
gli sempre  intorno  con  mire  interessate. 

Impennare,  impennarsi,  inalberarsi  per  cosa  detta 
0  fatta  che  non  vada  a  genio.  -  Impiparsene,  im- 
piparsi, non  curarsi  di  persona  o  cosa,   non  farne 


695 


conto.  -  Inselvatichire,  diventare  rustico.  -  Inzucche- 
rare, trattare  con  modi  dolci,  lusinj^hieri. 

3Ialtrattare,  trattar  male,  con  ingiurie  o  cat- 
tive maniere.  -  Montare  in  cattedra,  darsi  tono, 
darsi  sussiego.  -  Mostrarsi  bene  o  male,  presentarsi 
bene  o  male,  saper  fare,  o  no,  buona  figura.  -  0- 
stentare,  mostrare  con  intenzione  o  alfettazione  o 
con  vanto  non  sincero:  veggasi  ad  ostenta- 
zione. 

Padroneggiarsi,  essere  padrone  di  sé,  sapersi  do- 
minare, stare  in  contegno.  -  Pavoneggiarsi,  far 
bella  mostra  di  sé,  ostentare  con  vanità.  -  Piegare 
il  dorso,  e  familiar.  il  groppone,  essere  inchinevole, 
strisciante,  dimesso.  -  Pigliare  uno  di  punta,  bru- 
scamente e  quasi  con  violenza  o  con  arroganza  o 
poco  per  il  verso.  -  Pigliare  col  miele,  trattare  con 
le  buone,  con  maniere  dolci.  -  Portarsi,  nell'uso, 
lo  stesso  che  comportarsi.  -  Prendere  confidenza, 
prendersi  libertà,  usare  famigliarmente  con  chi  è 
da  più  di  noi.  -  Prendere  le  cose  per  il  loro  verso, 
per  il  verso  giusto:  non  essere  permalosi,  sofistici. 

-  Prendere  uno  con  le  buone,  con  le  cattive,  a  ro- 
vescio, per  il  suo  verso,  ecc.,  espressioni  di  chiaro 
significato. 

Raccogliersi,  ricomporsi  con  una  certa  dignità.  - 
Rimangiare,  trattare  aspramente,  -  Rincantucciarsi, 
ritrarsi  impermalito.  -  Ruzzare,  trattare  con  una 
tal  quale  confidenza. 

Sbatacchiarsi,  fare  atto  di  disperato  dolore,  di 
capriccio  violento.  -  Sbertucciare  (fìg.),  trattar  male. 

-  Sdilinquire,  fare  svenevolezze.  -  Singolareggiare, 
fare  il  singolare,  il  bizzarro,  l'originale  -  Sostenere 
a  faccia  fresca,  a  faccia  tosta,  di  chi  ha  una  tal  quale 
dose  di  sfacciataggine.  -  Star-e  al  suo  posto,  guardare 
ai  fatti  proprii,  non  essere  inframmettente  nelle  cose 
d'altri.  -  Stare  in  contegno,  stare  sul  grave,  soste- 
nuto. -  Stare  in  guardia,  di  chi  è  cauto,  guardingo, 
prudente.  -  Stare  sopra  di  sé,  contegnoso  o  so- 
speso, in  dubbio.  -  Stare  sul  grande,  ostentare  gran- 
dezza, signorilità.  -  Stare  sulle  continenze,  stare  in- 
dietro per  atto  di  riverenza,  non  voler  essere  il 
primo  a  passare  dentro  a  un  luogo.  -  Stare  sulle 
sue,  star  contegnosi  e  riservati  negli  atti  e  nelle 
parole  ;  non  dar  confidenza.  -  Stringersi  nelle  spalle, 
di  chi  dimostra  indifferenza  o  intenzione  di  non 
voler  interessarsi,  occuparsi  d'una  determinata  cosa; 
anche,  espressione  di  tacito  diniego.  -  Strapazzare, 
maltrattare,  non  far  conto;  dire  impertinenze,  usar 
villanie  o  sim.  -  Strisciare  iìichini  e  riverenze,  essere 
troppo  ossequioso.  -  Strofinarsi,  usare  atti  servili  ad 
alcuno,  da  cui  speransi  favori.  -  Studiare  continua- 
mente il  proprio  conlegno,  occuparsene  soverchia- 
mente, affettatamente. 

Tenere  le  mani  a  sé,  in  atto  rispettoso,  non  dar 
noia,  non  toccare.  -  Trasmodare,  uscire  dai  modi, 
eccedere.  -  Trattare,  modo  di  comportarsi  con 
altri  :  quindi,  traitar  bene,  male,  civilmente,  con  a- 
micizia,  con  dolcezza,  con  durezza,  con  gentilezza, 
con  severità,  ecc.  (espressioni  di  chiaro  significato). 
-  Trattarsi  alla  mercantile,  senza  tauti  riguardi, 
senza  complimenti.  -  Trattarsi  del  tu,  di  tu,  in 
tutta  confidenza.  -  Vezzeggiare,  far  vezzi,  carezze, 
gentilezze. 


AVVERBÌ. 


Modi  avverbiali. 


Locuzioni. 


Acremente,  aspramente,  con  asprezza,  rudezza  di 
contegno,  ecc.  -  Aggraziatamente,  con  garbo,  con 
grazia.  -  Asinescamente,  da  asino,  ineducatamente.  - 


Bellamente,  garbatamente  e  bene.  -  Buonamente,  con 
buone  maniere  ;  alla  buona,  con  le  buone  ;  alle 
belle,  all'amichevole;  bonariamente,  con  le  blande. 

Castigatamente,  in  modo  castigato^  secondo  il 
buon  costume.  -  Cinicamente,  con  cinismo,  da  ci- 
nico. -  Compitamente,  con  modi  compiti ,  gar- 
bati. -  Compostamente ,  con  compostezza,  grazio- 
samente. -  Compuntamente,  in  modo  compunto,  con 
devozione  affettata  o  simulata.  -  Contegnosamente, 
in  Hìodo  contegnoso.  •  Dimessamente,  in  modo  di- 
messo, umile.  -  Dispettosamente,  da  dispettoso,  per 
dispetto.  -  Duramente,  con  asprezza. 

branco  (avverb.),  con  franchezza,   risolutamente. 

-  Freddamente,  con  freddezza.  -  Garbatamente,  con 
garbo,  •  Glacialmente,  con  grande  freddezza.  -Ma- 
nieratamente, in  modo  manierato,  complimentoso.  - 
Oscenamente,  in  modo  osceno.  -  Pontificalmente, 
in  modo  pontificale,  con  prosopopea,  con  sicumera. 

A  faccia  aperta,  amorosamente.  -  A  faccia  fresca, 
senza  turbarsi.  -  A  faccia  tosta,  con  imperturbabi- 
lità, con  indifferenza,  o  da  sfacciato.  -  il  fondo, 
con  impeto,  gagliardamente,  vivamente  :  anche,  ap- 
puntino, perfettamente.  -  A  freno  sciolto,  e  più  co- 
mun.  a  briglia  sciolta,  senza  ritegno.  -  A  fronte 
scoperta,  senza  timore  di  vergogna  per  sicura  co- 
sciènza. -  Alla  buona,  senza  sfarzo,  senza  complimenti. 

-  Alla  familiare,  alla  buona,  come  si  usa  in  fami- 
glia. -  Alla  grandaccia,  alla  maniera  dei  gran  si- 
gnori. -  Alla  sversata,  sgarbatamente.  »  Ammoao,  a 
modo,  con  garbo,  piano  (ammodino,  vezzegg.).  - 
A  sangue  freddo,  pensatamente,  senza  scaldarsi.  - 
Con  le  belle,  belline,  con  maniere  astute,  lusinghiere. 

Con  le  brusche,  con  modi  o  parole  aspre,  senza 
complimenti.  -  Con  le  buone,  senza  modi  cattivi.  - 
Con  le  brutte,  con  le  cattive  (sottinteso  :  maniere), 
in  malo  modo.  -  Come  un  eroe  di  Metastasio,  da  me- 
lodramma, con  gesto  eroico,  ma  non  corrispondente 
alla  natura  del  soggetto. 

In  malo  modo,  malamente,  sgarbatamente.  -  In 
aria,  con  aria  solenne,  o  dimessa,  superba,  o  umile, 
ecc.,  di  chi  si  dà  contegno  in  questo  senso.  -  Per 
amore,  per  rispetto,  per  riguardo;  anche,  sponta- 
neamente, senza  essere  costretto.  -  Per  un  certo  ri- 
guardo,  modo  avverb.  indicante  il  rispetto  a  deter- 
minate convenienze,  -  Sans  facon  (frane),  alla  buona. 
-,  Senza  cerimonie,  senza  tante  cerimonie,  in  modo, 
brusco,  senza  rispetto, 

A  ciccia  0  carne  di  lupo  zanne  di  cane,  tratta- 
mento secondo  il  contegno,  coi  prepotenti,  -  Anima 
miai,  si  dice  altrui  per  esprimere  sommo  affetto,  e 
anche  solamente  per  un  modo  di  dire  carezzevole. 

Bel  cero!,  di  uno  che  sta  li  grullo,  impalato.  - 
Là  là,  a  chi  oltrepassa  i  limiti  della  conve- 
nienza. 

Locuzioni.  —  Alleggeì'ire  la  mano,  trattare  meno 
severamente.  -  Ammazzar  bestie  e  cnstiani,  fare  il 
bravo,  lo  spavaldo.  -  Andar  a  contrapposto  a  uno, 
pigliarlo  con  maniere  disgustose,  non  saperlo  pren- 
dere. -  Andar  da  uno  con  l'erbolina  in  mano,  con 
le  belle  maniere  per  guadagnarselo.  -  Aver  in  tasca 
la  nebbia,  non  lar  nessun  conto,  infischiarsi  di 
tutto  -  Aver  l'amaro  in  bocca  e  sputar  dolce,  di 
chi  ha  il  rammarico  in  corpo,  il  dispetto  e  lo  na- 
sconde, e  fa  il  viso  ridente. 

Benedire  con  tutte  due  le  mani,  mandar  in  pace. 

-  Confettare  una  rapa,  far  garbatezze  a  chi  non  le 
merita.  -  Cucirsi  a  uno,  stargli  sempre  ir  torno.  - 
Dare,  avere  la  zampata,  lo  sgraffio,  dare,  avere  uno 
sgarbo.  -  Dar  la  pera,  mandar  via  da  un  luogo, 
con  buono  o  mal  garbo.  -  Dorare,  indorare  la  pil 


696 


CONTEGNOSO   —    CONTENTO 


loia,   far   accettare   con   garbo  e  con  grazia  o  con 
palliativi  un  partito  amaro,  una  cosa  incresciosa. 

Essere  battezzati  colVagresto,  essere  aspri,  scon- 
trosi. -  Essere,  fare  il  formicolonef  il  sorbo,  rima- 
nere fermo,  duro  davanti  alle  provocazioni.  -  Es- 
sere 0  star  grosso  con  alcuno:  mostrarsi  con  esso 
imbronciato  e  non  favellargli. 

Faire  bonne  mine  d  mauvais  jeu  (frane),  fare 
buon  viso  a  cattiva  fortuna,  non  perdersi  d'  animo 
in  un  frangente,  in  un  pericolo,  in  un  rovescio  di 
fortuna.  -  Far  boccuccia,  far  difficoltà,  storcere  il 
muso,  e  di  chi  sente  dispiacere.  -  Far  da  comparsa, 
far  una  parte  poco  dignitosa,  servendo  d'ornamento 
altrui  senza  poter  avere  alcun  valore,  parte,  pre- 
ponderanza. -  Fare  a  uno  il  sedere  rosso,  raaltrat 
tarlo.  -  Fare  il  Giorgio,  lo  gnorri,  l'indiano.  -  Fare 
il  mu^o  lungo  un  braccio,  metter  muso.  -  Fare  il 
secutus  a  uno,  piaggiarlo,  corteggiarlo.  -  Far  la 
gatta  di  Masino,  far  vista  di  essere  semplice  e  di 
non  intendere  quello  che  si  dice.  -  Far  la  rota, 
di  chi  si  pavoneggia.  -  Fare  l'indiano,  dissimulare, 
fingere:  fare  il  nesci,  far  l'inglese.  -  Fare  una 
figura  barbina,  familiarmente,  fare  una  figura  mi- 
sera, ridicola.  -  Fare  un  vaglia  a  uru>  (iron.),  man- 
darlo a  quel  paese,  al  diavolo. 

Mandar  uno  a  farsi  benedire,  mandarlo  alla  ma- 
lora. -  Mettersi  o  infilarsi  la  giornea,  assumere  tono 
sconveniente,  di  sentenziosa  autorità. 

Par  che  faccia  l'elemosina,  di  chi  dà  o  fa  qual- 
che cosa  per  altri  con  mal  garbo  o  disprezzo. 
-  Parere  d' aver  mangiato  una  minestra  di  fusi  : 
andare  impettito,  impalato.  -  Prender  cappello,  a- 
versene  a  male,  impermalirsi. 

Stare,  attaccarsi  alle  falde  d'uno,  stargli  attorno 
per  averne  aiuto,  ricompensa.  -  Stare  a  cane  con 
uno,  trattarlo  con  tutto  il  rigore.  -  Stare  in  sul 
mille,  tenere  gravità  e  sussiego.  -  Stare,  mettersi 
sul  grave,  tenere  un  contegno  di  uomo  grave.  - 
Trattare  in  guanti,  coi  guanti,  in  guanti  gialli,  con 
tutti  i  riguardi. 

Il  miele  si  fa  leccare,  il  fiele  si  fa  sputare,  le 
buone  maniere  giovano.  -  Non  ci  si  può  discorrere,  di 
persone  che  non  sono  trattabili.  -  Si  prendon  più 
mosche  con  una  gocciola  di  miele  che  con  un  barile  di 
aceto,  con  l'asprezza  non  si  riesce  a  cattivarsi  la 
g-ente.  -  Sottil  filo  cuce  bene  (proverbio),  la  delica.- 
tezza  è  potenza. 

Oontegrnoso.  Che  sta  in  contegno. 

Contemperamento.  Il  contemperare. 

Contemperare  {contemperamento,  contempe- 
rato). Ridurre  una  cosa  al  temperamento  di 
un'altra.  -  Mitigare,  moderare  la  natura  d'una 
cosa  con  l'influenza  di  un'altra,  d'indole  diversa.  - 
Anche,  neutralizzare.  -  {Contemperamento,  il  con. 
temperare  :  contemperanza,  contemperazione  ;  miti, 
gazione,  temperamento. 

Contemplare  f  cantemplante ,  contemplativo 
contemplato).  Affissare  la  tnente,  il  pensiero  in 
cosa,  per  lo  più  intellettuale  o  spirituale; 
speculare.  -  Guardare,  osservare  fissamente 
con  ammiraziotie,  -  Nel  linguaggio  avvocatesco 
è  usato  nel  senso  di  indicare,  determinare,  conside- 
rare, stabilire,  designare,  prevedere,  comprendere.  - 
Contemplativa,  la  facoltà  di  contemplare.  -  Con- 
templativo, dedito  al  contemplare,  rivolto  alla  con- 
templazione: ascetico.  -  Contemplazione,  l'atto  del 
contemplare. 

Contemplativa,  contemplativo.  Veggasi 
a  contemplare. 


Contemplazione,  l'etto  a  contemplare. 
Contempo.  Veggasi  a  tempo. 
Contemporaneamente.  5fello  stesso  tempo. 

Contemporaneo  {contempoì^aneità).  Dello  stes- 
so tempo,  della  stessa  età.  -  Simultaneo,  sincrono 
(veggasi  a  tempo). 

Contèndere,  contendersi  (contendente,  on 
tendimento,  conteso).  Disputare,  questionare,  lare 
quistione.  -  Contestare.  -  Gareggiare,  mettersi 
in  gara,  competere.  -  Contrastare  per  otte- 
nere una  cosa  o  per  impedirla  ad  altri. 

Contendimento.  11  contendere. 

Contenenza.  Il  «ontenuto  (veggasi  a  conte- 
nere). -  Il  contegno. 

Contenere  {contenente,  contenenza,  contenuto). 
Tenere  dentro  di  sé,  comprendere,  implicare, 
includere.  -  Racchiudere,  chiudere  in  sé,  essere 
capace;  capire.  -  Abbracciare,  cingere,  involgere, 
avvolgere,  circondare.  -  A  contenere  cose  di- 
verse serve  ogni  vaso,  ogni  recipiente;  servono 
Varmadio,  Vastuccio,  il  baule,  la  borsa,  la 
cassa,  il  cassetto,  il  sacco,  V  involto,  la  sca- 
tola, la  tasca,  la  valigia,  ecc. 

Conlenente,  che  contiene,  comprende,  ecc.  -  Con- 
tenenza, il  contenuto:  ciò  che  si  contiene  in  un 
vaso,  e  simili;  continenza.  -  Contenuto,  nell'uso, 
ciò  che  si  comprende  in  qualche  opera,  in  qualche 
trattazione  scientifica,  letteraria  e  simili;  quasi 
concetto,  soggetto:  base,  essenza,  fondamento, 
fondo;  mateiHa,  sostanza;  sostrato,  substrato,  - 
Im^ìlicito,  che  è  contenuto  o  desunto  da  altro.  - 
Incliisivamente,  compresamente,  con  inclusione,  per 
inclusiva  ;  compresavi,  compreso  (awerbialm.). 

Capacità,  volume  di  una  cosa  che  ne  contiene 
un'altra;  capimento,  contenenza,  lipi  di  capa- 
cità, condensatori  atti  a  comparare  e  rappresentare 
le  unità  di  capacità  o,  più  spesso,  dei  sottomultipli 
di  questa.  -  Inclusione,  l'includere,  il  comprendere, 
il  contenere.  -  Tenuta,  il  tenere,  il  contenere.  -  Ca- 
pire, di  cosa  che  possa  entrare,  essere  contenuta 
in  un'  altra.  -  Ricevere,  capire,  contenere,  so- 
stenere. 

Contenersi  (contenuto).  Tenere  una  certa  con- 
dotta, un  certo  contegno.  -  Temperarsi,  raffrenare, 
frenare  l'appetito  di  checchessia  ;  tloininare  una 
passione  ;  non  lasciarsi  trasportare  dall'ira  o  da 
altro  sentimento;  non  perdere  la  pazienza;  non  u- 
sare  violenza  ;  sapersi  moderare.  -  Figur.,  mor- 
dere il  freno. 

Conttennendo.  Dispregevole,  che  merita  di- 
sprezzo. 

Contentare  {contentarsi,  contentamento,  conten- 
tato, contentezza).  Fare,  rendere,  essere  contento. 
•  Appagare  un  desiderio.  -  Compiacere,  sod- 
disfare. -  Rendere,  considerarsi  felice.  -  Italie» 
grare,  rallegrarsi. 

Contentatura.  Veggasi  a  contento. 

Contentezza.  Stato  dell'animo  contento. 

Contentino.  Aggiunta,  giunta. 

Contentivo.  Apparecchio  tatto  per  tenere  ac- 
costate le  labbra  di  una  piaga  e  i  frammenti  di 
un  osso  frantumato. 

Contento  Appagamento  d'animo,  soddisfa- 
zione. -  Cosa  che  dà  contento  a  noi  e  ad  altri.  - 

Contento  (aggett.).  Chi  è  lieto,  felice,  soddi- 
sfatto per  un  desiderio  appagato,  una  speranza 
realizzata,  una  buona  fortuna,  uno  scopo  rag- 
giunto ;  per  il  buon  esito  di  un  affare,  di  una 
impresa,  per  tutto  quanto  possa  arrecare  alle- 
grezza, buonumore,  conforto,  consolazione, 


CONTENTO 


697 


gioia,  ecc.  •  Arancio,  arancione,  colori  che  espri- 
mono contentezza,  soddisfazione,  quiete  del  cuore, 
sentimento  ed  amore  di  ciò  che  è  bello,  buono, 
vero,  grande.  -  Ltinaiia,  pianta  erbacea  che  ha  lo 
stelo  ritto,  fiori  alquanto  grandi,  a  figura  di  luna 
piena:  simboleggia  cuor  contento. 

Arcicontento,  contentissimo,  contentone.  -  Con- 
tento come  pasque,  come  una  pasqua,  molto  con- 
tento, tranquillo  nella  contentezza.  -  Contento  più 
di  una  sposa,  di  molta  contentezza.  -  Di  buona 
bocca,  di  facile  accontentatura.  -  Di  buona,  di  fa- 
cile contentatura,  che  si  accontenta  di  quello  che 
ha  e  si  adatta  facilmente  in  uaa  data  condizione: 
accomodativo,  adattabile,  discreto,  facile,  modesto 
nei  desideri.  -  Giocondo,  chi  è  quetamente  sano  e 
contento,  è  allegro,  ha  allegrezza.  -  Lieto,  che  ha 
letizia  e  la  dimostra.  -  Pago,  appagato,  soddi- 
sfatto nei  desideri.  -  Raggiante  (figur.),  di  per- 
sona molto  contenta,  molto  lieta  e  che  si  fa  rico- 
noscere tale  nell'aspetto.  -  Stracontento,  più  che 
contento,  superlativamente  contento,  ultracontento. 

Contentamento,  il  contentare  e  il  contentarsi.  - 
Ccntentaturo,  disposizione  dell'animo  a  contentarsi, 
e,  per  lo  più,  si  usa  con  gli  aggettivi  facile  o  dif- 
ficile. -  Contentezza,  stato  dell'animo  conlento,  gioia, 
piacere,  soddisfazione.  -  Giocondità,  ciò  che 
rende  giocondo  :  allegrezza,  letizia. 


Contentare.  —  Contentarsi. 

Essere,  dimostrarsi  contento  -  Locuzioni  e  proverbi. 

Esclamazioni. 


Contentare,  accontentare,  rendere  contento,  far 
felice,  rallegrare.  -  Acquetare,  acqiiietare,  rendere 
contento,  e  tranquillo  alcuno  che  fosse  in  pena  per 
alcunché.  -  Allietare,  far  lieto;  letificare.  -  Appa- 
gare, rendere  pago,  soddisfare.  -  Dilettare,  dar  di- 
letto, contento,  piacere.  -  Gettar  Voffa,  uno  sbruffo, 
per  quietare  l'avidità  di  qualche  persona  venale.  - 
Giocondare,  rendere  contento,  giocondo.  -  Soddisfare, 
appagare,  dare  soddisfazione;  satisfare.  -  Spic- 
ciare uno  (tìgur.),  contentare  ad  esuberanza. 

Contentarsi,  chiamarsi,  reputarsi  contento;  meno 
che  essere  contento,  e  si  dice  specialmente  di  chi, 
temendo  di  peggio,  si  limita  nei  desiderii,  nelle 
voglie,  appagandosi  di  poco  o  anche  di  cosa  non 
buona  :  aver  bazza  ;  aver  ben  caro,  aver  bene,  aver 
per  buono  ;  dicatti,  di  catto  ;  avere  per  grazia,  per 
somma  grazia;  chiamarsi  per  contento;  darsi  per 
pago;  far  Gesù  con  quattro,  con  cento  mani;  lec- 
carsi le  dita;  reputar  favore;  restare,  star  con- 
tento; ricevere  da  buon  patto;  tenere  come  una 
grazia;  tenere  in  grande,  in  grandissima  grazia. 

Andare  a  nozze,  essere  contento  d'  una  cosa  che 
si  imprenda  a  fare.  -  Arciaccontentarsi,  più  che 
accontentarsi.  -  Sentirsi  allargare  il  cuore,  a  una 
buona  notizia,  a  un  buon  esito  -  Sentirsi  rinascere, 
per  effetto  di  contentezza,  consolazione. 

Essere,  dimostrarsi  contento.  —  Avere  una  certa 
aria  dì  soddisfazione,  di  chi  si  mostra  contento.  - 
Darsi  una  fregatina  di  mani,  stropicciarsi  le  mani, 
dal  contento,  per  la  contentezza.  -  Essere,  tuffarsi 
nel  givìt'hbe,  in  una  contentezza  lusinghiera,  piena 
di  spei  a  ize  illusorie.  -  Far  tanto  di  core,  essere 
pienamente  soddisfatto.  -  Gongolare,  di  gran  conten- 


tezza, mal  rattenuta,  e  dimostrata  nei  minimi  atti. 

-  Ingalluzzare,  ingalluzzire,  ringalluzzare,  ringalluz- 
zire, ringalluzzirsi,  mostrarsi  di  una  certa  allegrezza 
con  atti  superbi  o  quasi  ;  imbaldanzire.  -  Sguaz- 
zare nella  contentezza,  essere  contentissimo.  -  Ti- 
rare un  sospirane  di  contentezza,  modo  di  espri- 
mere, manifestare  il  proprio  contento. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Andare  in  broda,  in 
brodo  di  giuggiole,  mostrare  gran  conlento  per  una 
cosa,  gongolare  ;  andare  in  estasi  per  notizie,  lodi, 
contentezza  di  poco  rilievo:  andare   in   solluchero. 

-  Avere  il  cuore  nello  zucchero,  essere  molto  con- 
tento, star  contento  a  lungo.  -  Contentarsi  dì  quel 
che  si  strappa  coi  denti:  del  puro  mangiare.  -  Cor 
contento  e  sacco  al  collo,  di  chi  si  contenta  in  ogni 
modo,  di  tutto.  -  Essere  nella  luna  di  niiele.  pago 
deWnmore.  -  Gli  par  d'avere  un  vescovo  in  tasca: 
di  chi  si  mostri  molto  contento.  -  La  camicia  non 
gii  tocca  il  sedere,  di  chi  non  sta  nei  panni,  è 
molto  contento.  -  Non  aver  da  lamentarsi:  per  in- 
dicare quasi  una  soddisfazione,  una  mezza  conten- 
tezza. -  Non  poter  stare  nella  pelle,  essere  mollo 
allegro  e  contento.  -  Notare  in  un  mar  di  latte,  essere 
contentissimi.  -  Stare  a  quel  che  dà,  a  quel  che 
passa  il  convento,  accontentarsi  di  quel  che  e'  è  in 
casa.  -  Toccare  il  cielo  con  un  dito,  di  chi  riesce 
a  ottenere  quanto  non  sperava. 

A  fame  pane,  a  sete  acqua,  a  sonno  panca  (la 
natura  si  contenta  di  poco).  -  Assai  ha  chi  si  con- 
tenta. -  Chi  non  ha  gran  voglia  è  ricco.  -  Chi  non 
può  ber  nell'oro,  beva  nel  vetro.  -  Chi  si  contenta 
gode.  -  Col  poco  si  gode  e  con  l'assai  si  tribola.  - 
Contentezza  passa  ricchezza.  -  Ctior  contento  non 
sente  stento.  -  Meglio  perdere  il  dito  che  la  mano.  - 
Meglio  un  mòccolo  che  andare  a  letto  al  buio. 

Esclamazioni  di  contentezza.  —  Bella  cosa!,  co- 
me espressione  di  gran  contento  o  desiderio.  -  Deo 
gratias,  modo  di  esprimere  contento  d'una  cosa.  - 
LausdeoI,  laus  Deot,  esclamazione  di  contentezza 
quando  finisce  una  cosa  noiosa  o  che  andava  per 
le  lunghe,  o  quando  ci  viene  una  cosa  lungamente 
aspettata.  -  Tandem!  (lat.),  finalmente:  esclamazione 
di  soddisfazione  dopo  molto  aspettare.  -  Viva  Dio, 
vivaddio  I,  esclamazioni  di  contento,  di  soddisfa- 
zione meritata. 


Scontento  —  Scontentezza  —  Scontentare. 


Scontento  (aggettiv.),  chi  non  è  contento,  ma 
per  indole  è  sempre  malcontento  di  tutto  e  di 
tutti  ;  chi  prova  cruccio,  disgusto,  dispiacere, 
dolore,  od  è  di  malumore:  discontento,  lagnoso 
(non  usato),  malcontento,  mal  soddisfatto,  miscon- 
tento,  non  pago,  non  soddisfatto;  querulo,  queru- 
lissimo. -  Bisbetico,  brontolone;  persona  inconten- 
tabile. -  Criticone,  veggasi  a  critica.  -  Di  gusto 
difjicile,  detto  di  chi  non  si  contenta  mai.  -  Incon-' 
tentabile,  di  chi  non  si  contenta  mai;  di  chi,  in 
un'opera,  aspira  alla  perfezione  e  non  è  mai  sod- 
disfatto del  proprio  lavoro.  -  Indiscreto,  chi  non 
si  contenta  dell'onesto  :  avido,  insaziabile.  -  In- 
soddisfatto, chi  non  ha  soddisfazione,  a  ragione  o 
a  torto.  -  Piagnucolone,  chi  muove  lamento  con 
tinuamente  e  noiosamente.  -  Schizzinoso,  di  chi  è 
sempre  poco  contento  di  tutto  :  schifiltoso,  sofi- 
stico. •  Stronfione,  chi  abitualmente  stronfia,  non  è 
mai  contento. 

Scontentezza,  astratto  di  scontento:  dispiacere. 


698 


CONTENUTO   —   CONTINUARE 


discontentamento,   mala    contentezza,   discontento,  j 
malcontento,  sconsolamento,  sconsolazione,  sconten- 
tamento, sconsolazione  (l'azione   di  rendere   scon- 
tento). -  Incontentahilitd,  qualità  di  chi  è  inconten- 
tabile ;  l'essere  incontentabile. 

ScoNTENTAHE,  rendere  scontento,  generare  mal- 
contento ;  addolorare,  arrecar  dolore,  ofTendere, 
cagionare  offesa:  discontentare.  -  Sconsolare,  contr. 
di  consolare,  dar  consolazione. 

Locuzioni,  proverbi,  ecc.  —  Far  la  bocca  torta, 
mostrarsi  scontenti  di  qualche  cosa.  -  Far  le  sue 
doglianze  di  una  cosa,  lamentarsi  di  questa,  non 
esserne  contento.  -  Non  dirette  mai  basta,  di  chi 
non  si  accontenta  mai.  -  Non  ini  sgomento  a  man- 
tenervi; mi  sgomento  a  contentarvi:  a  persone  che 
non  si  contentano  mai.  -  Non  trovar  basto  che  gli 
entri,  di  chi  non  si  contenta  mai  del  suo  stato.  - 
Nou  uccellare  a  pispole,  non  contentarsi  di  poco.  • 
Trovar  chi  faccia  meglio:  a  chi  non  si  contenta. 

Cercare  miglior  pane  che  di  grano  (essere  incon- 
tentabile). -  Chi  ha  cattivo  giuoco  rimescola  le  carte, 
chi  si  trova  in  cattivo  stato  cerca  che  cambi  go- 
verno, politica,  amministrazione.  -  Chi  troppo  vuole 
nulla  ha.  -  Il  giuoco,  il  letto,  la  donna  e  il  foco 
non  si  contentan  mai  di  poco.  •  La  più  cattiva  ruota 
del  carro  sempre  scricchiola,  dicesi  dei  malcontenti. 

Che  consolazione!,  quando  siamo  obbligati  a  fare 
cosa  ingrata. 

Contenuto.  Detto  a  contenere. 

Contenzióne.  Discussione,  disputa,  lite. 

Contenzioso.  Litigioso.  -  Tribunale,  foro,  ecc. 
in  cui  si  agitano  le  liti  e  le  differenze.  -  Conten- 
zioso amministrativo,  tribunale  speciale,  che  aveva 
giurisdizione  civile  e  penale.  -  Contenzioso  diplo- 
matico. Consiglio  presso  il  ministero  degli  Esteri, 
creato  per  dare  parere  di  diritto  internazionale  in 
genere.  -  Coìitenzioso  finanziario,  ufficio  di  avvoca- 
tura speciale,  che  ha  per  incarico  di  sostenere  la 
difesa  dello  Stato,  dell'erario,  nelle  liti  civili  contro 
privati  0  amministrazioni  private. 

Conteria.  Sorta  di  ornamento. 

Contermino.  Confinante,  a  confine. 

Conterràneo.  Che  è  della  stessa  terra,  che  sta 
ad  abitare  nella  medesima  terra. 

Contèsa.  Alterco,  lite,  litigio,  lotta,  polemica, 
quistione,  rissa.  -  Riotta,  contesa  si  di  fatti,  si 
di  parole.  -  Riottare,  fare  private  contese  di  pa- 
role e  di  fatti.  -  Riottoso,  facile  a  riottare  :  liti- 
gioso. 

Contessa  Moglie  o  vedova  del  conte. 

Contessere  (contessuto).  Intessere,  tèssere. 

Contestàbile.  Conestàbile  :  anticamente,  co- 
mandante di  tnilizia,  governatore  di  fortezza. 

Contestare  {contestalo).  Non  ammettere,  non 
accettare,  non  acconsentire,  non  approvare  ; 
contrastare,  far  contrasto;  opporsi,  fare  opposi- 
zione ;  contendere,  controvertere,  impugnare,  ne- 
gare, oppugnare. 

Contestazióne.  Il  contestare;  contrastamento, 
contrasto.  ■  Contestazione  di  lite,  veggasi  a  lite. 

Contestimone.  Veggasi  a  testimonio. 

Contesto.  L'insieme  di  un  discorso  o  di  uno 
scritto  nel  collegamento  delle  sue  parti 

Contèsto.  Contessuto,  tessuto  insieme  :  veggasi 
a  tèssere. 

Contestuale.  Detto  a  testimonio. 
Contezza.  Informazione,  notizia.  •   Il  cono- 
scere checchessia:  cognizione. 


ConticinO'  Piccolo  conto. 

Contiguità,  contiguo.  Veggasi  a  contatto 
e  a  vicino. 

Continentale.  Di  continente,  del  continente. 

Continente  (continentale).  La  terraferma,  cioè 
(in  contrasto  al  mare  e  alle  isole)  la  parte  terre- 
stre del  nostro  globo,  della  Terra;  paese  medi- 
terraneo. 

Quarta  abitabile,  la  parte  della  Terra  scoperta 
dalle  acque:  complesso  dei  continenti.  -  Continen- 
tale, del  continente,  che  riguarda  11  continente: 
opposto  a  isolano. 

Continente.  Chi  ha  continenza,  temperan- 
za. -  La  causa  che  sostiene  una  tnalattia. 

Continenza  {continente).  Moderazione  degli 
appetiti,  per  lo  più  sensuali  ;  temperanza.  Anche, 
costumatezza.  -  Continenza  di  causa,  veggasi  a 
lite. 

Contingente.  Che  non  dipende  da  causa  nota 
e  certa,  ma  è  accidentale,  per  caso.  •  Quota  di 
tassa. 

Continurenza.  L'essere  contingente  ;  possibilità 
di  avvenire  o  non  avvenire  ;  ciò  che  accade  o  può 
accadere  ;  avvenimento^  caso,  circostanza,  oc- 
casione. 

Contingibile.  Che  può  accadere,  avvenire. 

Contino  vare  {continovato).  Lo  stesso  che  con- 
tinuare. 

ContinoTato.  Vengasi  a  continuare. 

Continovo.  Che  non  cessa,  è  continuo. 

Continuamente.  Del  continuo,  senza  inter- 
ruzione :  veggasi  a  continuare. 

Continuare  {continuativo,  continuato,  continua- 
zione). Proseguire  una  cosa  senza  interrómpere. 
Seguitare  a  fare  una  cosa  (più  popol.:  detto  di 
studi,  di  scuole,  opere  e  simili).  -  L'essere  attac- 
cato, congiunto,  unito,  in  unione.  -  Come  verbo 
attivo  :  durare  (es.,  durare  una  fatica,  una  certa 
vita);  fare,  operare  ulteriormente;  fare  con  costan- 
za, con  insistenza,  con  perseveranza,  con  per- 
sistenza ;  mandare  innanzi  ;  non  desistere,  non  fi- 
nire ,  non  interrómpere;  perpetuare,  render 
perpetuo;  prolungare  (far  continuare  più  del 
solito,  del  fissato)  ;  mandare  innanzi  ;  non  ces- 
sare, non  smettere,  non  tralasciare;  proseguire; 
seguitare,  seguire.  -  Come  verbo  neutro,  indica  azione 
0  cosa  che  seguita  ad  esplicarsi,  a  procedere,  a 
succedere,  dura,  senza  tregua,  prosegue,  va  in- 
nanzi. Figur.,  filare,  tirar  diritto.  -  Continovo,  di 
una  cosa  che  si  ripete  continuamente,  anche  fino 
alla  noia.  -  Continuabile,  da  continuarsi  o  da  potersi 
continuare.  -  Continuativo,  che  esprime  continua- 
zione :  durevole  (veggasi  a  durare).  -  Permanente, 
che  è  stabile,  che  rimane,  che  dura. 

Continuamente,  di  seguito,  senza  interruzione  di 
sorta  :  a  dilungo,  ad  ogni  punto,  ad  ora,  ad  ora,  a 
giorno  e  a  vespro,  al  caldo  e  al  gelo,  al  continuo, 
all'aer  chiaro  e  al  fosco  ;  al  sole  e  alla  luna,  alla 
distesa,  a  tutte  l'ore,  a  tutt'ore  ;  con  assiduità,  con- 
tinuatamente; dall'alba  allo  squillo,  dall'alba  an- 
cora in  fasce  al  sole  sepolto,  dal  levar  del  sole 
alle  stelle,  dall'una  all'altra  avemaria,  dal  mattino 
d'oggi  a  quello  di  domani,  da  mane  a  sera;  di  con- 
tinuo, di  lungo,  dì  e  notte,  d'  ora  in  ora  ;  festa  e 
giorno  di  lavoro  ;  incessabilmente,  incessantemente, 
incessatamente,  instancabilmente  ;  la  notte  e  il  di  ; 
ogni  di,  ogni  ora  ;  ogni  punto  di  tempo  ;  ogni  sem- 
pre mai  ;  ora  per  ora  ;  per  continuo,  per  costante  ; 


CONTINUATAMENTE    —    CONTO 


699 


per  di  e  per  notte,  perdurabilmente;  quando  an- 
notta e  quando  aggiorna;  segui tamente,  sempre, 
sempre  mai;  senza  interruzione,  senza  intervallo, 
senza  intralasciamento  ;  senza  ripigliar  fiato  ;  sera 
e  mattina  ;  successivamente  ;  tutta  fiata,  tuttavia, 
tutta  volta,  tuttodì,  tutto  giorno,  tutto  il  di,  tutto 
il  tempo,  tutt'ora,  tutt'ore,  tutto  tempo;  via  via 
(man  mano,  là  là,  di  volta  in  volta). 

Continuato,  che  viene  prolungato  nella  sua  du- 
rata od  estensione;  anche,  d'opera  interrotta  e  ri- 
presa, mentre  continuo  indica  ciò  che  non  cessa 
mai. 

Continuazione,  il  continuare,  la  cosa  stessa  con- 
tinuata :  continuamento,  procedimento,  processo, 
prolungamento:  prosecuzione,  proseguimento;  se- 
guenza,  seguimento,  seguito  ;  successione,  successo. 
Contr.,  cessazione.  -  Continuità,  l'essere  continuo  ; 
qualità  di  ciò  che  è  continuo  :  incessanza,  insisten- 
za, perennità,  perpetualità,  perpetuità  ;  persistenza. 
■  Delle  parti  di  un  corpo,  unione  non  interrotta.  - 
Lacuna,  interruzione  di  continuità.  -  Legge  di  con- 
tinuila, veggasi  a  quantità. 

Continuo,  che  ha  continuazione,  che  «  senza  in- 
tervallo ;  aggiunto  di  azione  o  simile  che  non 
cessa  ;  assiduo,  costante,  durevole  ;  eterno,  fisso, 
incessabile,  incessante,  indeficiente,  instancabile  ; 
non  intermesso,  non  interrotto,  ostinato;  perenne, 
permanente,  perpetuo ,  persistente  ;  stanziale.  - 
Una  dietro  l'altra,  di  cose  continue. 

Non  continuare  :  cessare,  finire,  smettere,  tra- 
lasciare. -  Discontinuo,  non  continuo.  -  Scontinuare, 
togliere  la  continuazione. 

Continuatamente.  Detto  a  continuare  (con- 
tinuamente). 

Continuativo.  Veggasi  a  continuare. 

Ojntinviazióne,  continuità.  Atto  del  con- 
tinuare ;  l'essere  continuo. 

Continuo.  Veggasi  a  continuare. 

Contitolare.  Dello  stesso  titolo:  detto,  per  lo 
più,  di  santo. 

Conto.  Operazione  ordinaria  di  aritmetica,  di 
contabilità,'  computo  di  quanto  ciascuno  deve 
dare  e  avere,  e  la  dimostrazione  di  esso  computo, 
cioè  il  prospetto  dell'  entrata  e  dell'  uscita  :  càlcolo, 
computo,  ragione,  rapporto.  -  Contarello,  conterello, 
conticino,  piccolo  conto.  -  Calcolabile,  computabile, 
che  si  può  0  si  deve  calcolare,   mettere  in   conto. 

-  Contr.,  incalcolabile,  incomportabile. 

Bilancio,  ristretto  di  conti  nel  quale  si  pone  in 
ragguaglio  il  dare  e  l'avere.  -  Calcolo,  previsione 
approssimativa  secondo  certi  indizi  di  quel  che 
sarà  una  cosa  ;  o  più  operazioni  di  aritmetica  o  di 
algebra  per  cui,  date  certe  quantità,  se  ne  scopre 
e  si  trova  il  rapporto  con  altre.  -  Cómpiito,  il  sem- 
plice calcolo  ;  il  conteggiare,  il  far  conti  ;  anche, 
conto  piuttosto  complicato.  -  Conguaglio,  pareggio, 
confronto  di  conti:  ragguaglio.  -  Conteggio,  la  serie 
di  operazioni  per  mezzo  delle  quali  si  fa  un  conto: 
adeguazione,  computo,  conteggiamento  ;  conteggio 
(conteggio  continuato,  ripetuto).  -  Douloureuse,  nel 
gergo  francese,  il  conto  (la  carte  a  payer). 

Partila,  nota  di  debito  e  di  credito  che  si  ta  sui 
libri  di  conto  (partita  accesa  o  spenta,  aperta  o  chiusa, 
ecc.).  -  Partita  doppia:  del  dare  e  dell'avere.  -  Par- 
tila di  un  cliente,  la  notazione  delle  operazioni  com- 
merciali fatte  col  cliente  e  scritte  sul  libro  mastro. 

-  Partita  di  storno,  rettifica  per  mezzo  di  nuova 
scritturazione  che  devesi  fare  allorquando  una  per- 
sona venga  erroneamente  addebitata  o  accreditata, 
trascrivendo   le   partite   del  giornale   al  mastro.  - 


Partita  spenta,  conto  pareggiato,  saldato.  -  Rag- 
guaglio, il  ridurre  un  conto  al  pari,  a  giusta  ra- 
gione. -  Sdaglio,  computo  alla  grossa.  -  Stocasmo, 
calcolo  di  probabilità. 


Qualità'  e  condizioni  diverse  di  un  conto. 

Arte  di  fare  i  conti. 

Persone  che  se  nk  occupano.  —  Libri  e  oggetti 

all'uopo. 

Conto  accertato,  precisato,  liquido.  -  Co7ito  ac- 
ceso, aperto,  conto  iniziato  ;  conto  al  quale  si  pos- 
sono aggiungere  partite  di  credito  o  di  debito  ; 
conto  registrato,  vivo,  -  Conto  allo  scoperto,  non 
assicurato,  di  dubbia  estinzione.  -  Conto  a  metà, 
quello  in  parti  eguali  fra  due  soci.  ■  Conto  a  parte, 
separato  dagli  altri  o  non  computando  altre  partite 
che  dovrebbero  andare  in  conto.  -  Conto  arretrato. 
non  pagato  a  tempo  debito.  -  Conto  corrente,  com- 
plesso delle  registrazioni  da  cui  risultano  i  rapporti 
reciproci  di  dare  e  di  avere  tra  due  persone.  - 
Conto  da  speziale,  grosso,  da  tarare  e  di  molto.  - 
Conto  di  precisione,  quello  che  si  stabilisce  defini- 
tivamente, dopo  la  revisione.  -  Conto  di  ragguaglio, 
veggasi  a  peso  e  a  misura.  -  Conto  di  riporto, 
quello  fatto  per  dividere  una  data  somma  fra  più 
persone,  in  base  a  determinate  condizioni,  quanti- 
tativi e  interessenze.  Può  essere  semplice  in  ragione 
diretta,  semplice  in  ragione  inversa;  composto  in 
ragione  diretta,  composto  in  ragione  inversa,  com- 
posto in  ragione  mista.  -  Conto  di  ritorno,  nota 
particolareggiata  degli  elementi  che  concorsero  a 
costituire  l'ammontare  di  un  protesto.  -  Conto 
fermo,  conto  ancora  in  sospeso.  -  Conto  generale, 
di  tutto  il  dare  e  l'avere.  -  Conto  giuridico,  che 
presenta  il  dare  e  l'avere  delle  persone,  -  Conto 
giusto,  onesto,  non  alterato,  non  esagerato,  conforme 
a  giustizia  ed  onestà.  -  Conto  grosso,  magro,  pic- 
colo, meschino,  enorme,  da  nulla,  espressioni  di 
chiaro  significato.  -  Conto  individuale,  riferibile  ad 
una  sola  persona.  -  Conto  in  sospeso,  conto  pendente, 
quello  del  quale  si  deve  discutere  la  conclusione; 
anche,  conto  che  subisce  ritardo  di  pagamento.  - 
Conto  liquidabile,  che  si  può  liquidare,  saldare,  e- 
stinguere.  -  Conto  liquido,  quando  le  parti  sono 
d'accordo  su  tutti  gli  articoli.  Contr.,  illiquido,  non 
accertato.  -  Conto  pagato,  pareggiato,  saldato,  dopo 
fattone  il  pagamento.  -  C  nh  particolare,  quello  che 
si  riferisce  ad  una  classe  di  persone.  -  Conto  pre- 
ventivo, fatto  in  previsione  di  una  spesa.  Anche, 
semplicemente,  preventivo  o  presuntivo.  -  Conto 
reso,  invece  di  resoconto  (dal  frane,  compie  rendu). 
-  Conto  saporito,  conto  caro;  nell'uso,  salalo.  - 
Confo  scalare,  quello  che  dimostra  una  liquidazione 
di  interessi  e  di  capitali,  quando,  per  effetto  di  paga- 
menti fatti  a  parziale  ammortizzazione  o  anche  per 
ulteriori  sovvenzioni,  il  capitale  subisce  oscillazioni, 
diminuendo  o  aumentando.  Si  distinguono  i  conti 
scalari  a  interesse  semplice  e  quelli  a  interesse  com- 
posto, secondo  il  modo  di  valutazione  degli  inte- 
ressi. -  Conto  simulato,  fattura  supposta  che  si 
manda  ad  alcun  crorispondente  por  fargli  conoscere 
le  spese  occorrenti  per  la  vendita  o  la  compera  di 
qualche  merce.  -  Conto  specifico,  rispecchiante  le 
trasformazioni  delle  singole  specie  di  proprietà.  - 
Conto  spento,  chiuso,  pagato,  saldato.  -  Conto  stali- 


700 


CONTO 


stico,  0  economico,  quello  indicante  lo  stato  patri- 
moniale, per  dimostrare  gli  aumenti  o  le  diminu- 
zioni. 

Ammontare,  importo  totale,  cifra  di  un  conto: 
ascendere.  -  Appunto,  la  somma  che  forma  il  saldo 
di  un  conto,  o  anche  il  preciso  costo,  il  prezzo  di 
un  articolo  che  si  paga  a  contanti.  -  Eccedenza  di 
quantità,  di  numero,  di  peso,  quello  che  in  un  con- 
teggio risulta  in  più.  -  Importo,  il  costo  (veggasi  a 
costare)  e  anche  quel  che  risulta  da  un  conto  ; 
somma.  -  Sindacabilità,  condizione  di  conto  che 
deve  essere  sindacato,  esaminato  per  l'approvazione, 
0  no. 

Essere  pari  e  patta,  di  conto  nel  quale  si  equi- 
valgono il  dare  e  l'avere.  -  Riscontrare,  di  conto, 
tornare,  esser  giusto.  -  Tornare,  non  tornare,  di 
conto  che  risulta  giusto  o  no.  -  Tornar  bene^  di 
conti  fatti  esattamente.  -  Venire  ad  essere,  ri- 
sultare. 

Arte,  persone,  libri,  ece  —  Abaco,  abbaco,  arte 
di  fare  i  conti  ;  il  conto  stesso  ;  libretto  delle  regole 
di  aritmetica.  -  Computisteria,  arte  o  pi'ofessione 
del  computista  ;  anche,  l' ufficio.  -  Contabilità, 
l'arte  e  il  modo  di  tenere  i  conti.  -  Logistica,  si- 
stema particolare  di  contabilità  (veggasi  a  questa 
voce). 

Abbachista  (spreg.),  chi  fa  conti,  conteggiatore.  - 
Calcolatore  (non  us.),  chi  sa  far  bene  i  calcoli,  i 
conti  (bravo  calcolatore,  perito  calcolatore,  ecc.).  - 
Computista,  chi,  per  professione,  tiene  i  conti  di 
un'amministrazione,  di  un'azienda.  -  Revisore,  chi 
rivede  o  è  incaricato  di  rivedere  i  conti.  -  Sindaco, 
chi  in  certe  amministrazioni,  o  in  certi  casi,  è 
chiamato  alla  revisione  dei  conti.  Così  nel  falli- 
mento, ecc. 

Abbaco,  abaco,  istrumento  di  conteggio,  quadro 
con  fili  metallici,  sui  quali  si  fanno  scorrere  pic- 
cole pallottole  di  legno  o  d'altro,  rappresentanti  le 
unità,  le  decine,  ecc.).  -  Casella  postale,  ciascuna 
divisione  che  risulti  sulla  carta  da  linee  orizzon- 
tali e  verticali  per  farci  conti,  o  da  assi  egualmente 
disposte  perchè  non  si  mescolino  cose  che  devono 
stare  da  sé.  -  Catalogo,  lunga  enumerazione.  - 
Conto,  il  foglio  di  carta  sul  quale  un  conto  è  tra- 
scritto :  distinta,  fattura,  fatturina,  lista,  nota,  nò- 
tula, parcella,  partita,  prospetto,  quadro,  resoconto, 
specifica.  Neil'  uso,  qualche  volta,  memorandum.  - 
Estratto  di  conto,  copia  senza  dettaglio  di  un  conto 
corrente  da  spedirsi  o  da  consegnarsi.  -  Gettone, 
pezzo  di  metallo  o  d'altro  che  serve  per  accertare 
numeri  o  calcoli.  -  Libro  dei  conti,  quello  nel 
quale  si  tengono  le  partite  d' entrata  e  uscita.  - 
Lista,  nota,  conto  lungo.  -  Macchine  ed  arnesi  per 
far  conti,  veggasi  a  pag.  158,  seconda  colonna.  - 
Taglie  (tacche),  pezzetti  di  legno  eguali  e  comba- 
cianti,  sui  quali  si  registrano  somministrazioni  me- 
diante targhe.  -  Tavola,  quadro  numerico,  rappre- 
sentante risultati  di  calcoli,  di  osservazioni  o  di 
esperienze  relative  ad  una  serie  di  oggetti  o  di  ele- 
menti della  stessa  specie.  -  Vacchetta,  libro  di  conti, 
coperto  per  lo  più  di  pelle  di  vacca. 


Operazioni   di   conto   o   sui   conti. 
Locuzioni  b  proverbi. 


Abbono,  abbuono,  approvazione  d'un  conto.  -  An- 
che,  defalco.   -   Benestare,    V  approvazione  che    si 


fa  di  spese,  conti,  domande,  ecc.  -  Falcidia,  voce 
usata  per  tara,  sottrazione,  defalco.  -  Pareggiamento, 
il  pareggiare  (asso!,  dei  conti);  pareggio;  pareg- 
giarsi dei  conti,  delle  partite,  dell'entrata  con  le 
spese.  -  Rendiconto,  il  render  conto,  e  l'esposizione 
letta  0  scritta  (lat.,  redde  rationem)  ;  rendimento  di 
conti,  resoconto.  -  Revisione,  il  rivedere,  1'  esami- 
nare un  conto  e,  all'  uopo,  correggerlo.  -  Ribasso, 
diminuzione  nel  conto,  in  una  spesa.  -  Saldo,  pa- 
reggio di  ogni  debito  e  credito  per  effetto  di  pa- 
gamento. -  Sconto,  lo  scontare,  il  detrarre  un  tanto 
da  un  conto  a  favore  di  chi  deve  pagarlo.  -  Sin- 
dacato, rendimento  di  conto.  -  Sindacato,  la  revi- 
sione di  chi  sindaca:  il  sindacare.  -  Stima,  conteggio 
di  approssimazione.  -  Tara,  defalco,  difalco,  che  si 
fa  a  un  conto,  pagando. 

Abbonare,  approvare  un  conto,  riconoscerlo  per 
buono;  menar  buono  un  conto  non  liquido;  de- 
trarre una  parte  del  debito.  -  Accendere  un  conto, 
una  partita,  scrivere  nel  giornale  e  sul  libro  ma- 
stro una  partita  che  dà  debito  e  credito  ad  alcuno. 
-  Aggiustare  i  conti,  le  partite,  mettersi  in  pari  ; 
verificare  e  accertare  le  partite  per  stabilire  la  si- 
tuazione fra  debitore  e  creditore:  accomodare,  as- 
sestare, liquidare,  purgare,  ragguagliare,  rendere 
ragione.  -  Annullare,  cancellare  un  conto,  perché 
saldato  o  riconosciuto  inesigibile.  -  Appurare  i 
conti,  verificarli.--  Aprire  un  conto,  iniziarlo,  im- 
postare, impostare  a  libro,  intestare;  scrivere  a  li- 
bro ;  impostare  una  partita,  farne  l'impostazione.  - 
Aver  poco  abbaco,  saper  poco  conteggiare.  -  Calco- 
lare, determinare  una  quantità,  un  conto  mediante 
il  calcolo  :  contare ,  numerare  ;  fare  il  con- 
guaglio; mettere,  porre  a  ragione;  raccogliere  il 
conto,  riscontrare  le  ragioni.  -  Cancellare  le  partite 
d'un  libro,  chiuderle,  perché  saldate.  -  Chiamare  uno 
ai  conti,  obbligarlo  a  venire  a  rendere  i  conti.  - 
Chiudere  un  conto,  non  aggiungervi  altre  somme.  - 
Contare,  fare  il  conto,  precisare  il  numero  di  parecchie 
cose,  specialmente  piccole:  numerare.  -  Compu- 
tare, far  computi,  mettere  a  conto.  -  Conteggiare, 
fare  i  conti,  far  di  conto,  far  la  ragione  ;  gettar 
l'abbaco  ;  levare  il  conto  ;  ragguagliare  le  partite.  - 
Conteggiarsi,  fra  due  fare  il  conto  del  dare  e  del- 
l'avere. 

Defalcare,  difalcare,  toglier  via  da  un  conto  : 
falcidiare.  -  Fare  cifra  tonda,  nell'uso,  togliere  una 
frazione,  le  frazioni  di  conto.  -  Far  gli  abbachini, 
fare  le  prime  operazioni  dell'abbaco.  -  Fare  i  conti, 
liquidare  le  partite.  -  Fare  il  bilancio,  il  conto  delle 
spese  e  delle  entrate.  -  Fare  il  numero  tondo,  ter- 
minante con  zero,  quella  che  pare  si  conteggi  me- 
glio, come  meglio  rilevante.  -  Fare,  rifare,  riscon- 
trare, rivedere,  pagare,  saldare  il  conto,  espressioni 
di  chiaro  significato.  -  Fare,  tirare  una  croce  sopra 
un  conto,  una  partita,  un  debito,  ecc.,  cancellarlo. 

Intestare  un  conto,  una  partita,  inscrivere  a  ma- 
stro. -  Liquidare,  di  conti,  appurarli  e  vedere  chi 
deve  avere.  Anche,  pagare,  dopo  aver  fatto  i  conti 
e  dividere,  ciascuno  pigliando  il  suo.  -  Mettere  un 
caposaldo,  mettere  un  termine  a  un  conto,  sommando 
il  dato  e  il  ricevuto.  -  Pigiar  la  penna,  per  fare  il 
conto-  più  grosso. 

Raccogliere  i  conti,  tirarli.  -  Ragguagliare,  met- 
tere in' pari.  -  Regolare  i  conti,  nell'uso,  liquidarli, 
venire  al  pagamento.  -  Rendere  ragione,  renilere 
conto.  -  Ricomputare,  ripete  computare.  -  Ricontare, 
ripete  contare.  -  Ripassare,  rivedere,  ricontare,  ri- 
scontrare. 

Saldare  un  conto,  pagarlo,  pareggiarsi.  -  Scalare, 


CONTRAFFABE 


701 


scemare,  calare,  scontare.  -  Sconlare,  detrarre  dal 
conto  in  ragione  di  pagamenti  o  lavoro.  -  Sinda- 
care, rivedere  il  conto  minutamente  (sindacamento, 
sindacazione).    -    Sistemare   un    conto,    regolarlo.  - 

-  Squartare  lo  zero,  fare  i  conti  con  estrema  esat- 
tezza e  precisione. 

Tirare  un  conto,  farlo.  -  lirare,  portare  innanzi 
il  conto,  farlo  lungo,  seguitare,  aggiungere.  -  Tirare 
sul  conto,  far  la  tara. 

A  far  bene  i  conti,  a  conteggiar  tutto.  -  Per  eli- 
minazione, rivedendo  un  conio,  quando  si  comincia 
dalle  partite  certe  e  incontestabili.  -  Tra  ihiioli  e 
baruyioli,  contato  tutto,  anclie  le  inezie. 

Pare  la  lista  del  bucato:  di  nota  o  conto  lungo  e 
scritto  male.  -  Non  si  vende  la  pelle  prima  che  si 
ammazzi  l'orso,  non  si  fa  conti  senza  l'equivalente. 

-  Sbaglio  non  paga  debito:  un  conto  sbagliato  si 
deve  rifare 

Conto.  Capitale,  assegnamento  (fìgur.),  nei 
modi:  far  conto  di,  o  sopra  una  cosa;  ragione, 
(coi  verbi  chiedere,  dare,  rendere),  conto  di  denari  o 
d'altro.  -  Meritare  il  conto,  valere  la  pena,  il  pre- 
gio. -  Metter  conto,  essere  profìcuo,  vtile.  -  Tener 
conto  di  checchessia,  averne  cura.  -  Tener  di  conto, 
risparmiare,  far  risparmio  di  checchessia  (rife- 
rito a  persona,  averne  cura). 

Cónto  (poet.).  Conosciuto  (veggasi  a  conóscere), 
noto. 

Contòrcere  {contorcimento,  contorzione,  contorto). 
Rivolgere,  attòrcere,  tòrcere  ripetutamente. 

Contòrcersi  {contorto).  Rivolgere  di  membra, 
che  si  fa  talvolta,  per  dolore  e  simili. 

Contorcimento.  Il  contorcere  e  il  contor- 
cersi. 

Contornare  {contornato).  Di  qualiii  que  cosa 
che  serva  a  circondare  un'  altra  e  si  luette  al- 
l'uopo. -  Contorno,  in  pittura,  lineamento  estremo 
delle  figure.  -  Anche,  ciò  che  si  mette  intortio  a 
una  vivanda  :  guarnizione  (meno  proprio).  -  Cer- 
chia, cerchio,  cinta,  cititura,  cornice,  coro- 
na, orlo,  zona.  -  Linea  o  fregio  di  tipografia 
messo  intorno  a  una  pagina.  -  Dintorno,  vici- 
nanza, contorno.  -  Perimetro,  circonferenza; 
lutto  il  contorno  lineare  di  una  fortezza  e  di  cia- 
scuna delle  sue  opere. 

Contorno.  Detto  a  contornare. 

Contorsióne.  11  contorcere  e  il  contorcersi, 
atto  ed  effetto  :  veggasi  a  tòrcere. 

Contorto.  Non  diritto,  ma  storto. 

Contrabbandare  {contrabbandato).  Frodare  il 
dazio,  la  dogana. 

Contrabbandiere.  Veggasi  a  dazio,  a  do- 
gana. 

Contrabbando.  Frode  contro  il  dazio  o  la 
dogana.  -  Contrabbando  di  guerra,  tutto  ciò  che 
di  armi  e  munizioni  o  soccorsi  può  essere  portato 
al  nemico,  eludendo  la  sorveglianza. 

Contrabbasso.  Istrumento  musicale  a  forma 
di  gran  violino,  a  tre  o  quattro  corde. 

Contrabbilanciare  (contrabbilanciato).  Op 
porre  peso  a  peso.  -  Mettere  o  stare  in  equi- 
librio. 

Contraccambiare,  contraccambio  {con- 
traccambiato). Dare  il  contraccambio,  il  ricambio, 
talvolta  a  titolo  di  ricompensa. 

Contraccàmbio.  Sinonimo  di  ricambio,  di 
riconìpensa, 

Contraccassa.  Veggasi  a  cassa. 

Contracchiave.  Detto  a  chiave. 


Contracchierlia.  Pezzo  di  rinforzo  alla  cJii 
glia  della  nave. 

Contrae  cifra.  Detto  a  cifra. 

Contraccóda.  Maniera  di  fortificazione. 

Contraccólpo.  Il  colpo,  Vurto  reso  da  un  og- 
getto percosso:  ripercossa,  ripercotimento,  ripercus- 
sione; ripicchio,  ripici'O.  -  Contraccolpo,  il  rincu'o 
di  un'arme  da  fuoco.  -  In  fìsica,  V  inipressioi  e 
che  talvolta  risentono  certi  esseri  animati  al  o 
scoppio  di  un  fulmine,  che  pure  non  li  tocca. 

Oontraccorrento.  Veggasi  a  corrente. 

Contrada.  Regione,  tratto  di  paese.  -  Strada 
di  luogo  abitato. 

Contraddanza.  Sorta  di  [ballo,  di  danza 
a  intreccio,  tra  parecchie  persone. 

Contraddire  ,  contraddirsi  {contraddetto , 
contradditore,  contradditorio).  Far  contraddizio- 
ne ;  cadere  in  contraddizione. 

Contraddistinguere  {contraddistinto).  Veggasi 
a  distinguere. 

Contradditore.  Veggasi  a  contraddizione. 

Contraddittoria.  La  proposizione  contraria 
a  un'altra. 

Contraddittorio.  Immediatamente  contrario. 

-  Veggasi  anche  a  testimonio. 
Contraddizióne,  contradizióne.    L'atto  di 

contraddire  e  di  contraddirsi  :  contraddetta,  con- 
traddetto (sostantivam.),  contraddimento:  con~ 
trasto,  incoerenza,  mancanza  di  coerenza,  in- 
conseguenza ;  obloquio  (lat.),  ojtposizione,  osta- 
colo. -  Antilogia  {antilogico),  contraddizione  fra 
due  espressioni  o  due  punti  di  una  medesima  o- 
pera.  •  Antinomia  {antinomico),  contrarietà  di  prin- 
cipi in  checchessia;  contraddizione  fra  due  leggi 
0  due  disposizioni  di  una  medesima  legge.  -  Con- 
tradditoriamente, in  modo  contraddittorio.  -  Cov- 
traddittore,  chi  contraddice  :  oppugnatore  (veggasi 
ad  oppugnare).  -  Contraddittorio,  immediata- 
mente contrario;  e  contradditorie  due  proposizir-ni 
che  si  contraddicono.  Veggasi  anche  a  testi- 
monio. 

Contraddire  :  contradire,  dire  contro,  dire  il 
contrario  di  ciò  che  altri  dice  ;  addurre  fatto  o 
ragione  contro  le  affermazioni  o  ì'opinione  al- 
trui ;  contestare,  contraddicere  (lat.),  contrapporre, 
contrariare  ;  dare  a  traverso  ;  fare  il  contrabbasso 
(figur.)  ;  ribattere,  rimbeccare.  -  Combattere  al- 
cuno in  quel  che  dice  o  contrariarlo  in  quel  che 
vuole.  -  Discutere  ciò  che  altri  asserisca,  abbia 
asserito.  -  Per  formale  discussione,  oppugnare.  ■ 
Rispetto  ad  una  determinata  asserzione,  smentire. 

Essere  lo  spirito  di  contraddizione,  di  chi  con- 
traddice sempre,  sistematicamente.  -  Taquiner,  frane, 
contraddire  per  cose  di  poco  conto. 

Contraddirsi,  contradirsi,  affermare,  dire  cose 
contrarie  alle  precedenti  ;  cadere  in  contraddi- 
zione, contrariarsi,  darsi  contro,  disconfessare,  di- 
sdirsi, dare  una  calda  e  una  fredda  ;  essere  incon- 
seguente; mandar  da  una  bocca  caldo  e  freddo. 

incontestàbile,  che  non  si  può  contraddire,  né 
mettere  in  dubbio. 

Contraddote.  Veggasi  a  dote. 

Contraddittorio.  Veggasi  a  contraddizione 
e  a  testimonio. 

Contraente.  Chi  fa  un  contratto. 

Contrafagotto.  Veggasi  a  fagotto. 

Contraffare  {contraffatto,  contraffazione).  - 
L'imitare  altri  nelV atteggiamento,  nelle  mosse, 
nel  modo  di  parlare,  ecc.  -  Fare  come  altri  fa', 

-  Fare  una  cosa  simile  a  un'altra,  per  inganno  o  per 


702 


CONTRAFFATTO    —   CONTRARIO 


servirsene  frodo) en temente:  falsificare.  •  Trasfi- 
gurare, trasformare,  alterare  la  figura,  la  for- 
ma. -  Contravvenire,  non  iibhùìire.  -  Contraffarsi, 
trasfigurarsi,  trasvestirsi;  camuffarsi  in  modo  da 
non  essere  riconosciuto. 

Contraffatto.  Chi  è  brutto  della  persona, 
di  corporatura  :  deforme,  storpio. 

Oontraffattura.  Imitazione  :  veggasi  ad  imi- 
tare e  a  falsificare. 

ContraflFórte.  Contrammuro,  muro  di  rin- 
forzo; riparOf  fortificazione.  -  Anche,  monte 
avanzato.  ■  Arnese  per  tenere  fortemente  serrata 
una  porta. 

ContraCForza.  Detto  a  forza. 

Contrafi^aga.  Veggasi  a  fuga  (termine  di  mu- 
sica). 

Contragrgabtola.  Detto  a  vela. 

Contraggrcnio.  Avversione,  antipatia. 

Contragffuardia.  Opera  di  fortificazione. 

Contrallèva.  Detto  a  lèva. 

Contraltare.  Il  paliotto  d'un  altare:  frontale, 
palio.  -  Qualsiasi  cosa  fatta  per  togliere  credito  o 
arrecare  danno  ad  altra  consimile  già  esistente. 

Contraltlno.  Il  tenore  di  mezzo  carattere. 

Contralto.  Veggasi  a  cantante. 

Contramandare,  contramm andare  fcon- 
tramandato,  conirommandatoj.  Revocare,  rivocare. 

Contrammarcia,  contrammarciare.  Veg- 
gasi a  marcia. 

Contrammarèa.  Detto  a  marèa. 

Contrammina,  contramminare.  Veggasi 
a  mina. 

Contrammiraglio.  Detto  ad  ammiraglio, 

Contrammuro.  Veggasi  a  muro. 

Contrannaturale.  Anormale,  contro  natura. 

Contrappaiata.  Veggasi  a  remo.  -  In  aral- 
dica, la  figura  di  pali  a  smalti  opposti. 

Contrappasso.  Veggasi  a  ballo. 

Contrappello.  Secondo  appello,  seconda 
chiamata  per  nome. 

Contrappelo.  Detto  a  pélo. 

Contrappèso.  Veggasi  a  peso. 

Contrapporre,  contrapporsi  {contrapposto, 
contrapposizione).  Porre,  porsi  all'  incontro,  con- 
tro ;  opporre,  opporsi,  fare  opposiziotie ;  essere, 
dimostrarsi  contrario,  in  contrasto  ;  mettersi  in  con- 
trasto. 

Contrapprócclo.  Detto  a  fortificazione. 

Contrappuntista.  Chi  compone  musica. 

Contrappunto.  Parte  della  scienza  musicale: 
veggasi  a  musica. 

Contràrglne.  Detto  ad  argine. 

Contrariamente.  Al  contrario. 

Contrariare  [contrariato).  Operare  contro,  in 
senso  contrario. 

Contrarietà.  L'essere  contrario,  in  oppo- 
sizione. -  Anche,  incompatibilità,  avversa  for- 
tuna. 

Contrario.  Di  natura,  di  indole  opposta  ;  in 
contrasto  (detto,  per  lo  più,  di  cosa  ;  anche,  di 
opinione,  di  qualità,  di  sentimento,  ecc.); 
avverso,  nemico  (di  persona)  :  adverso,  avverse- 
vole  ;  contraddicente,  contraddittorio  (veggasi  a 
contraddizione),  contrapposto,  contrastante,  con- 
troverso, cozzante;  disfavorevole,  diverso;  incon- 
gruente; opposito,  opposto  (in  opposizione);  re- 
pugnante, ripugnante  (con  ripugnanza)  ;  sfavo- 
revole, straniero. 

.   Alièno,  non  appartenente  ad  una  categoria  di  cose; 
■li  persona,  non  inclinato  a  checchessia,  chi  non  ha 


l'animo,  la  tendenza  e  simili  ad  una  cosa:  discosto, 
lontano,  indifferente,  maledisposto,  mal  vago: 
restìo;  ribelle;  riluttante,  ritroso;  schifevole, 
schifiltoso,  schivo;  selvaggio;  tardo.  Essere  a 
lieno:  ripugnare,  avere  ripugnanza.  -  Antagonista, 
chi  contrasta  ad  altri  la  vittoria  nella  lotta,  in 
una  gara,  in  un  concorso  e  simili:  emulo,  oppu- 
gnatore, rivale.  -  Antagonistico,  che  è  in  anta- 
gonismo ;  che  agisce  per  antagonismo.  -  Antipa- 
tico, che  desta  antijjatia,  quindi  contrariamente 
alla  siìnpatia.  -  Antitètico,  di  cose  in  antitesi,  in 
opposizione  fra  loro.  -  Avversativo,  che  dinota  av- 
versità, opposizione  alle  cose  dette.  -  Avverso,  che 
ci  è  contrario,  che  si  oppone;  anche,  chi  non  ci  è 
amico,  ma  ci  ha  in  antipatia,  in  odio.  -  Contrap- 
posto, di  ragioni,  di  opinioni  addotte,  messe  contro 
altre  ;  di  persona  o  cosa  che  ha  qualità  opposte  a 
quelle  d'un'altra.  -  Infausto,  non  fausto,  non  fortu- 
nato, non  felice.  -  Inverso,  ostile,  a  rovescio,  op- 
posto ;  diametralmente  opposto,  alle  due  estremità 
opposte  di  una  linea.  -  Ostile,  avverso,  nemico.  - 
Refrattario,  di  corpo  che  resiste  al  calore,  è  di  dif- 
fìcile fusione:  figur.,  ricalcitrante,  riluttante  ;  an- 
che, ostinato  (veggasi  ad  ostinazione).  -  Renitente, 
che  ha  renitenza,  ossia  repugnanza  a  fare  chec- 
chessia; anche,  di  chi  rifiuta  di  acconsentire,  di 
ubbidire.  -  Rovescio  (aggettiv.),  contrario,  oppo- 
sto, capovolto,  inverso,  contrario  di  diritto. 

Antagonismo,  opposizione,  azione  contraria  di 
due  forze,  di  due  sistemi,  di  due  organi,  o  anche 
gara  fra  due  persone.  -  Antilogia,  antinomia, 
contrarietà,  contraddizione.  -  Antiperistasi,  azione 
di  due  qualità  contrarie,  una  delle  quali  accresca 
forza  all'altra.  -  Antipode,  chi  abita  in  luogo  della 
terra  opposto  diametralmente  a  un  altro  ;  e  anti- 
podi i  luoghi  in  tale  condizione.  -  Antistrofe,  strofa 
contrapposta  all'altra  strofa.  -  Antitesi,  contrap- 
posto di  parola  a  parola,  di  concetto  a  concetto  ; 
di  qualità  in  opposizione  con  un'altra.  -  Avversità, 
fatto  avverso,  calamità,  disgrazia,  infortunio,  ro- 
vescio di  fortuna.  -  Contraddizione,  contra- 
rietà, opposizione.  -  Contraltare,  qualsivoglia  cosa 
fatta  0  istituita  per  screditare  o  danneggiare  altra 
consimile.  -  Contrarietà,  V  essere  contrario  ;  qua- 
lità di  ciò  che  è  contrario;  contrasto,  discre- 
panza, incongruenza,  opposizione,  oppugnamento, 
repugnanza.  Anche,  disgrazia,  incompatibilità. 
-  Contravviso,  opinione,  avviso  contrario  al  prece- 
dente. -  Obiezióne,  opposizione  a  una  proposta,  a 
un'asserzione  altrui.  -  Opposizione,  contraddi- 
zione; l'addurre  contro.  -  Prolesta,  atto  di  opposi- 
zione ai  sentimenti  e  alle  idee  altrui.  -  Heaziòne, 
azione  contraria  in  vario  senso.  •  Rèvoca,  atto  col 
quale  si  contraddice  a  un  comando,  a  un  ordine  e 
simili,  e  lo  si  annulla:  rivocazione.  -  Renitenza,  a^- 
stratto  di  renitente.  -  Rifiuto,  contrarietà,  oppo- 
sizione alla  volontà  o  al  desiderio  d'  altri.  -  Rilut- 
tanza, astr.  di  riluttante.  -  Ritrosia,  astratto  di  ri- 
troso. -  Rovescio  (sostantiv.),  parte  secondaria  op- 
posta ad  un'altra  principale;  contr.  di  diritto.  - 
Sidsimo,  dimostrazione  smorfiosa  di  conti arielà  a 
far  checchessia. 

Contrariamente  (avverbio  usato  anche  come  pre- 
posizione): in  modo  e  in  senso  contrario;  al  con- 
trario ;  all'incontrarlo,  in,  per,  per  lo  contrario; 
inversamente;  oppositamente,  oppostamente  ;  ad  ec- 
cezione, ad  onta,  alla  rovescia,  a  rovescio,  arrove- 
scio, di  rintoppo,  di  traverso;  viceversa.  -  Frane, 
à  rebours,  a  rebrousse-poil,  di  contrappolo,  alla  ro- 
vescia. 


CONTRARRE   —    CONTRASTO 


WS 


Contrariare,  operare  contro,  in  senso  contrario  : 
contraffare,  contrastare  ;  dare  addosso  ;  far  diffi- 
coltà, mover  dubbio,  mettere  ostacolo,  trovare 
un  pretesto;  levarsi  contro;  opporre;  far  con- 
traddizione. -  Avversare,  essere  avverso,  contrario 
a  persone  o  cose;  figur.,  combattere,  contraddire, 
contrastare,  far  contrasto  ;  essere  in  opposizione, 
esser  picca;  fare  a  pugni,  resistere  ;  stare  contra, 
contro,  di  contro  ;  opporsi,  sfavorire  (veggasi  a 
favore).  -  Congiurare  (figur.),  di  cose  che  oppon- 
gono una  contrarietà  inopportuna.  -  Contrapporre, 
contrapporsi,  porre,  porsi  entro,  essere  contrario  ; 
oppugnare,  propugnare.  -  Contrastare,  opporsi, 
far  si  che  una  persona  non  riesca  nel  suo  intento: 
oppugnare.  -  Disapprovare,  dichiararsi  contrario  nel 
giudicare  una  data  cosa,  non  apjrrovare.  -  Fare 
a  calci  (e,  più  comun.,  a  cozzi),  ligur.,  di  cose  con- 
trarie, ripugnanti:  recalcitrare.  - /n<7-a /«are,  di  cosa 
che  s'inframmette  e  impedisce  Yoxù'mQ  regolare.  - 
Os/flco/ore,  impedire,  opporre  ostacolo.  -  Obiettare, 
obiettare,  fare  obbiezione,  obiezione.  -  Reagire,  agire 
in  contrario,  contrastare,  opporsi,  ricalcitrare.  -  Ri- 
luttare, avere  contrarietà,  essere  in  contrasto. 

LocdZiONi,  ecc.  —  Avere,  essere  lo  sjnrito  di  con- 
traddizione, di  chi  si  oppone  sempre  a  quello  che 
gli  altri  dicono  o  fanno.  -  Essere  come  l'acqua  e  il 
fuoco,  di  due  persone  incompatibili,  avverse  d'in- 
dole. -  La  natura,  la  sorte  gli  fu  matrigna:  con- 
traria, nemica.  -  Rivoltare  la  medaglia,  mostrare  il 
lato  opposto  di  una  cosa  o  di  una  persona.  -  Ta- 
gliare, troncare  la  strada  a  uno,  contrariarlo  in 
modo  da  paralizzarne  l'azione.  -  Tener  cammino 
contrario  (figur.),  fare  al  contrario  di  quel  che  vor- 
rebbero 0  fanno  i  più.  -  Tirar  sassi  in  colombaia, 
in  piccionaia,  far  cosa  contraria  agli  interessi  pro- 
pri e  degli  amici  e  soci. 

An,  anti,  dis,  prefissi  esprimenti  cosa  contraria 
ed  opposta  (anarchico,  antipode,  dispiacere,  ecc.). - 
Anzi,  particella  avversativa  usata  talvolta  per  dire: 
ma  piuttosto,  ma  invece,  all'opposto.  -  Pereat  (lat.), 
perisca,  muoia,  cioè  abbasso  (voce  in  uso  dagli  stu- 
denti tedeschi),  motto  per  manifestare  contrarietà, 
disapprovazione.  -  Viceversa,  inversamente. 

Contrarre  (contraente,  contratto).  Fare,  con- 
chiudere un  contratto.  -  Prendere  una  malattia, 
un  vizio.  -  Acquisire,  acquistare,  procacciarsi, 
procurarsi,  ottenere. 

Contrarsi  (contratto).  Veggasi  a  contrazione. 

Contrascarpa.  Detto  a  fosso. 

Contraspalto.  Veggasi  a  fortificazione. 

Contrassegnare  (contrassegnato).  Il  distin- 
guere con  un  contrassegno,  un  distintivo. 

Contrassegnatura.  Veggasi  a  ministro. 

Contrassegno.  Marca,  distintivo,  segno  che 
serve  per  riconoscere  (veggasi  a  conoscere)  chec- 
chessia 0  di  riscontro. 

Contrassoggetto.  Termine  di  musica  :  veggasi 
a  fuga. 

Contrastàbile.  Che  si  può  contrastare:  è 
dubbio. 

Contrastrada.  Detto  a  strada. 

Contrastare  (contrastante,  contrastato).  Contra- 
riare, mostrarsi  contrario  ;  far  contrasto,  fare 
opposizione  ;  opporsi,  resistere  ;  combattere, 
contendere,  discutere,  disputare. 

Contrastarsi  (contrastato).  Farsi  vicendevol- 
mente contrasto. 

Contrasto.  Il  contrastare  e  il  contrastarsi.  - 
Lite,  questione,  lotta.  -  Impedimento  di  cosa  che 
sta  di  contro  o  è  in  02)posizione   con    un'altra; 


intoppo.  -  Anche,  la  differenza  che  corre  tra  due 
cose  opposte,  messe  a  riscontro  fra  loro.  -  In  senso 
morale,  discordia.  -  Contrastàbile,  che  si  può  con- 
trastare ;  contr.,  incontrastabile  ;  da  non  mettersi 
in  dubbio:  inconvertibile,  inoppugnabile,  irrefu- 
tabile. -  Contrastabilmente,  dubbiosanìente.  -  Incon- 
trastato, senza  contrasto;  certo.  •  Irrefragabile,  c\\z 
non  si  può  contrastare,  oppugnare  :  irrefutabile,  in- 
negabile, che  non  si  può  negare. 

Alterco,  litigio,  baruffa,  rissa.  -  Animosità, 
inimicizia,  condizione  d'animo  o  atto  di  chi  è  ne- 
mico. -  Antagonismo,  l'azione  di  due  forze,  una 
in  contrasto  con  l'altra.  -  Antilogia,  antinomia, 
veggasi  a  contraddizione,  -  Antiperì stasi,  veggasi 
a  contrario.  -  Antìtesi,  contrasto  di  due  oggetti 
fra  loro  opposti,  per  cui  si  oppongono  parole  a  pa- 
role, sentimenti  a  sentimenti.  -  Attrito,  contrasto 
di  forze,  di  volontà,  di  sentimenti,  ecc. 

Battaglia,  contrasto  fra  milizie,  fra  armati.  - 
Battibecco,  contrasto  di  parole:  altercazione,  alter- 
co; bisticciamento,  disputa,  diverbio,  letichio,  \\i\- 
^\o;  pettegolezzo,  questione,  scenaccia,  scenata.  - 
Collisione,  scontro,  urto,  contrasto  tra  più  per- 
sone. -  Conflitto,  combattimento,  opposizione.  - 
Controversia,  differenza  di  opinioni  ;  in  senso  più 
generale,  contrasto,  quistione.  -  Conlrastamento,  il 
contrastare  :  contestazione,  gara,  lite.  -  Controal- 
tare,  detto  a  contrario.  •  Disappunto  per  contra- 
rietà, aspettazione  delusa,  cosa  che  non  cade  al  suo 
punto,  ma  sopravviene  inopportunamente.  -  Disputa, 
discussione,  contrasto  di  parole.  -  Dissapore,  turba- 
mento di  concordia  fra  due  persone  ;  breve  e 
leggero  contrasto  tra  persone  di  solito  concordi  : 
disaccordo,  dissenso,  momentanea  discordia,  di- 
scussione. -  Dualismo,  contrasto  fra  due  principi, 
due  forze  fisiche,  ecc.:  antagonismo,  rivalità. 

Guerra  (figur.),  contrasto  violento.  -  Oppugna- 
mento,  contrasto  di  argomentazioni,  di  qualità,  ecc. 
■  Resistenza,  contrasto  fisico  o  morale  all'impulso  al- 
trui. -  Tempesta  in  un  bicchier  d'acqua,  dissidio, 
diatriba  di  breve  durata,  di  poca  conseguenza, 
per  causa  futile.  -  Tenzone,  contrasto,  combatti- 
mento ;  figur.,  discussione.  -  Tu  per  tu,  diverbio, 
contrasto.  -  Vertenza,  nell'uso,  conflitto,  contrasto. 

Contrastare,  lo  stare,  il  mettersi  a  contrasto  ; 
(in  linguaggio  militare  garpgqiare  col  nemico  in 
arte  e  valore)  :  alzar  la  cresta,  andar  contro,  ar- 
meggiare, avversare  ;  combattere,  competere, 
contendere,  contrapporre,  contrariare,  coz- 
zare; dare  contro;  entrare  nello  steccato;  fare 
alto,  fare  centro,  fare  contro,  fare  faccia,  far  forza, 
lar  fronte,  far  impeto,  far  testa;  fronteggiare,  im- 
prender briga;  indir  guerra;  mettersi  a  partito; 
mostrare  i  denti,  mostrare  il  viso,  mostrare  la 
fronte;  opporsi;  rimbeccare  fronte  a  fronte;  stare 
a  tu  per  tu,  stare  innanzi  ;  tener  a  dovere,  a  se- 
gno, in  rispetto  ;  tener  capo,  tener  fronte,  tener  la 
fronte,  tenere  altrui  il  bacino  della  barba;  tenzo- 
nare; voltar  la  fronte.  -  Contestare,  non  ammettere; 
opporsi  a  che  si  conceda,  controvertere,  impugnare, 
negare;  mettere  in  contrasto.  -  Discutere,  con- 
trastare alle  asserzioni,  alle  opinioni  altrui.  -  Di- 
sputare, impugnare  Y  opinione  altrui  o  difendere 
la  propria. 

P'are  a  cazzotti,  di  cose  che  si  urtano,  che  non 
sono  in  armonia.  -  Fare  a  cozzi  coi  muricciuoli,  di  chi 
contrasta  con  persone  che  non  si  vincono.  -  Fare 
a  picca,  contendere  con  emulazione.  -  Fare  a  pu- 
gni, contrastare.  -  Fare  a  tira  tira,  di  due  o  più 
che    si   contendono   una   cosa,   avendone  ciascuno 


704 


CONTRATTAGLIO  —  CONTRATTO 


una  parte  in  mano,  adoperandosi  per  averla  tutta. 

-  Far  da  cuscinetto,  familiarmente  e  anche  ironi- 
camente, di  persona  che  si  frappone  e  si  presta  ad 
attutire  urti  e  contrasti  tra  individui  o  partiti. 

Mettere  a  dormire,  considerare  una  questione,  una 
pratica,  come  esaurita  e  risolta,  benché  tale  non  sia. 

-  iSon  trovarsi  in  un  letto  di  rose,  trovarsi  a  disa- 
gio, in  difficile  alternativa  o  contrasto.  -  Pigliarsela 
con  tutto  il  mondo,  contrastare  con  tutti.  -  Porre 
in  cordroversia,  impugnare  che  una  cosa  sia  cosi  o 
cosi,  disputandone  con  qualcuno.  -  Prendere  ti  so- 
pravvento ad  alcuno,  intimorirlo  o  incutergli  tale 
concetto  che  non  sia  più  capace  di  contrastare. 

Rimanere,  restare  a  contrasto,  di  corpo  che  ri- 
mane preso  fra  altri  due  (m'è  rimasto  un  dito  tra 
l'uscio  e  la  soglia).  -  Rompere  la  prima  lancia,  en- 
trare nel  primo  scontro,  nella  prima  battaglia,  nella 
prima  quistione.  -  Tagliar  la  strada  a  uno,  contra- 
stargli in  modo  da  paralizzarne  l'azione.  -  Tirai  e 
a  palle  infocate,  muovere  guerra  aspra  e  faziosa 
contro  persona  o  istituzione.  -  Trovare  una  via  di 
mezzo,  trovare  l'espediente  per  eliminare  un  con- 
trasto. 

Contrastarsi  :  opporsi  gli  uni  agli  altri,  per  av- 
versione, oppure  per  contendersi  alcunché  :  batta- 
gliare, lottare,  ecc. 

Contrattagllo.  Veggasi  a  disegno. 

Contrattamente.  Per  contrazióne» 

Contrattare  {contrattato,  contrattazione).  Ve- 
nire a  contratto;  trattare  allo  scopo  di  coni- 
prarCf  di  vendere,  di  impegnare  e  simili; 
trattar  un  a,ffare. 

Contrattazióne.  Veggasi  a  contratto. 

Contrattempo.  Tempo  contrario  o  differente 
dal  tempo  ordinario  ;  breve  spazio  di  tempo  ;  fuor 
di  tempo.  -  Inaspettato  avvenimento,  che  disturba 
i  nostri  disegni.  -  Disappunto,  noia  non  preve- 
duta. -  Nella  musica,  nel  ballo,  nella  scherma  e  si- 
mili, il  tempo  contrario  al  tempo  consueto  o  nor- 
male 

Contràttile,  contrattilità.  Detto  a  contra- 
zióne. 

Contratto.  Accordo  in  forma  precisa  e,  per  lo 
più,  scritta,  e  1'  atto  stesso,  il  documento  che  ne 
risulta,  bene  spesso,  per  gli  effetti  di  legge,  in 
carta  bollata  (veggasi  a  carta,  pag.  436,  seconda 
colonna)  ;  accordo  di  due  o  più  persone  per  costi- 
tuire, regolare  o  sciogliere  fra  loro  un  vincolo  giu- 
ridico; capitolato,  capitolazione,  convenzione;  fer- 
ma ;  sinallagma  ;  stipulazione.  Si  procede  a  con- 
tratto per  questo  o  quell'alare,  di  varia  natura, 
per  cose  riguardanti  Vagricoltura,  il  commer- 
cio, l'industria,  la  Borsa,  l'affitto  di  case  o  di 
poderi,  ecc.  Il  contratto  si  compone,  generalmente, 
d'una  serie  di  articoli,  esprimenti  determinate  con- 
dizioni; porta  la  data  della  stipulazione  e  le  firme 
(veggasi  a  firma)  dei  contraenti.  Per  gli  effetti  di 
legge,  viene  presentato,  in  originale  e  in  copia,  d\- 
V  Ufficio  di  Registro  e  sottoposto  a  tassa.  Un  con- 
tratto arreca,  o  no,  guadagno  a  chi  lo  stipula; 
riesce  di  vantaggio  o  di  danno.  Requisiti  ne- 
cessari per  la  validità  di  un  contratto  sono:  la  ca- 
pacità di  contrattare,  il  consenso  delle  parti  con- 
traenti, un  oggetto  di  terminato  che  possa  essere  ma- 
teria di  convenzione,  una  causa  lecita  per  obbligarsi. 
Non  hanno  capacita,  cioè  non  possono  contrattare,  i 
minori,  gli  interdetti,  gli  inabilitati,  le  donne  ma- 
ritate (senza  il  consenso  del  marito),  ecc.  -  Il  ter- 
mine di  un  contratto  giuridico  può  essere  di  due 
sorta  :  sospensivo  o  primordiale  ;  estintivo   o    finale. 


Contrattino,  contratto  breve  o  di  poca  importanza. 
-  Contrattone,  contratto  grande  o  assai  lucroso.  - 
Contrattticcio,  di  poca  o  nessuna  entità.  -  Contrat- 
tàbile, che  si  può  contrattare.  -  Contrattuale,  di 
contratto,  che  riguarda  il  contratto:  convenzionale. 


Caratteri  del  contratto. 
Maniere   diverse  di   contratto. 


Contratto  accessorio,  quello  aggiunto  ad  un  altro, 
principale;  contratto  aleatòrio,  dipendente  da  avve- 
nimenti fortuiti  ;  quello  in  forza  del  quale  il  van- 
taggio di  uno  0  anche  di  tutti  e  due  i  contraenti 
dipende  da  un  caso  incerto  (perciò  detto  anche 
contratto  di  sorte)  ;  a  premio,  sorta  di  contratto  che 
impegna  solo  colui  che  vende  (però,  quando  si 
stringe  il  contratto,  viene  stabilito  l' indennizzo  al 
venditore,  qualora  chi  compera  credesse  utile  a  sé 
rifiutare  il  pagamento)  ;  articolato,  composto  d' una 
serie  di  articoli;  a  tempo,  che  deve  durare  non 
sempre,  ma  per  un  determinato  periodo  di  tempo 
ed  ha  una  scadenza  prestabilita  ;  a  titolo  gratuito  o 
di  beneficenza,  quello  in  cui  uno  dei  contraenti  in- 
tende procurare  un  vantaggio  all'altro,  senza  equi- 
valente ;  a  titolo  oneroso,  quando  ciascuno  dei  con- 
traenti intende,  mediante  equivalente,  procurarsi 
un  vantaggio;  autentico,  legalmente  valido;  a  vita, 
quello  che  ha  vigore  finché  vivano  i  contraenti  o 
uno  di  essi. 

Contratto  bilaterale,  che  obbliga  le  due  parti 
contraenti  (cosi  l'affitto,  l'enfiteusi,  la  vendita,  ecc.); 
clandestino,  segreto  e  legalmente  non  valido  ;  com- 
minativo,  quando  il  vantaggio  si  conosce  sino  dal- 
l'epoca della  stipulazione  ;  condizionato,  incondizio- 
nato, subordinato,  o  no,  a  certe  clausole;  consensuale, 
anticamente,  quello  valido  e  perfetto  mediante  il 
solo  consenso  delle  parti,  senza  formalità  legali  ; 
estimatorio,  quello  per  cui  si  dà  a  taluno  una  cosa 
perchè  la  venda  a  un  prezzo  determinato  ;  fermo, 
in  Borsa,  quello  che  obbliga  i  due  contraenti  a 
tutte  le  variazioni  dei  valori  ;  innominato,  quello 
non  ancora  particolarmente  determinato  dalla  legge, 
né  delineato  dalle  dottrine  giuridiche. 

Contratto  oneroso,  gravoso,  fatto  a  condizioni 
gravi,  svantaggiose;  perento,  distrutto,  impedito; 
prorogàbile,  che  si  può  prorogare;  risolvibile, 
che  si  può  risolvere,  sciogliere,  annullare  prima 
della  data  prestabilita;  unilaterale:  quando  di  due 
parti  una  sola  si  obbliga  ;  valido,  latto  in  perfetta 
regola  e  tale,  quindi,  da  avere  effetto  legale;  vi- 
ziato, non  valido  per  mancanza  di  certe  formalità 
(viziato  nella  sostanza  o  nella  forma). 

Maniere  diverse  di  contratto.  —  Abbona- 
mento, contratto  pel  quale,  pagando  una  determi- 
nata somma,  si  gode  d'  un  servizio  o  d'  una  cosa 
per  un  dato  tempo  (teatro,  bagni,  viaggi,  parruc- 
chiere, visite  mediche,  ecc.):  contratto  aperto  ed 
esibito  a  molti.  -  Accessione,  l'obbligarsi  d'  entrare 
come  parte  in  una  convenzione  conclusa  con  altri. 
-  Accollo,  contratto  col  quale  si  dà  o  si  assume  un 
lavoro  a  determinate  condizioni.  -  Anticresi,  con- 
tratto che  dà  diritto  al  creditore  di  far  suoi  i 
frutti  dell'immobile  del  suo  debitore,  scontandoli 
dagli  interessi  e  dal  capitale.  -  Appalto,  contratto 
che  si  fa  da  una  o  più  persone,  in  virtù  del  quale 
esse  si  obbligano  di  provvedere  uno  Stato,  una  Pro- 
vincia, un  Comune,  ecc.,  di  un  dato  servizio,  di  una 


CONTRATTO 


705 


mercanzia,  della  costruzione  di  un  lavoro,  ecc.  - 
Assicurazione^  contralto  pel  quale  un  commer- 
ciante guarentisce,  mediante  compenso  l'equivalente 
della  merce  per  tutto  il  tempo  in  cui  è  soggetta  a 
rischio.  -  Associazione,  un  contratto  o  un  trat- 
tato di  società,  per  il  quale  più  persone  si  uniscono 
al  fine  di  operare  di  concerto.  -  Atti  contrattuali: 
scritture  di  contratti. 

Baratto,  contratto  col  quale  ciascuno  dei  con- 
traenti dà  una  cosa  per  riceverne  un'altra  (barat- 
tare le  noci  con  còccole,  fare  un  cattivo  baratto).  - 
Carrozzino,  neologismo  di  uno  speciale  linguaggio, 
politico  e  giornalistico,  per  indicare,  specie  nelle 
pubbliche  anuninistrazioni.  un  contratto  manifesta- 
mente e  fraudolentemente  lucroso  per  alcuno:  afTa- 
raccio,  barocco,  baragozzo,  baròcolo  ;  contratto  cat- 
tivo, contratto  usuraio  ;  pasticcio,  piastriccio;  scroc- 
co, ritràngolo,  trabalzo.  -  Carta  partita,  contratto 
stipulato  per  il  caricamento  a  bordo  di   una  nave. 

-  Commodato,  contratto  pel  quale  una  persona  dà 
a  un'altra  una  cosa  gratuitamente  per  un  uso  deter- 
minato. -  Compromesso,  atto  col  quale  due  o  più 
persone  si  rimettono  alla  deliberazione  di  uno  o 
più  arbitri,  per  comporre  qualche  differenza  ;  op- 
pure si  obbligano^  sotto  certe  condizioni,  di  stipu- 
lare un  dato  contratto.  -  Concordato,  convenzione 
tra  due  parti  allo  scopo  di  aggiustare  le  loro  diffe- 
renze 0  di  regolare  il  modo  di  soddisfare  agli  ob- 
blighi reciproci.  -  Veggasi,  anche,  a  fallimento 
e  a  papato.  -  Condizione  risolutiva  :  sottintesa 
nei  contratti  bilaterali,  pel  caso  in  cui  una  delle 
parti  non  soddisfi  alla  sua  obbligazione.  -  Conven- 
zione, accordo,  patto  fra  due  o  più  persone  sopra 
un  affare  (convenzione  tacita,  espressa;  convenzione 
fra  coviiìiercianti,  di  compra  e  vendita,  ecc.,  ecc).  - 
Convenzioni  ferroviarie,  veggasi  a  ferrovia. 

Enfiteusi,  contratto  per  cui  si  cede  il  dominio 
utile  d'un  fondo  in  perpetuo  o  per  un  tempo  lun- 
go, pagando  un  canone  annuo  (comunem.,  livello). 

-  Fitto,  contratto  di  chi  dà  o  prende   in  affitto. 

-  Investitura,  voce  milanese  usata  per  contralto  di 
locazione  o  d'affitto  :  scritta.  •  Locazióne,  contratto 
d'affitto  0  di  lavoro.  -  Locazione  a  soccida,  con- 
tratto per  cui  una  delle  parti  dà  all'altra  una  quan- 
tità di  bestiame  da  allevare  mediante  compenso  di 
una  parte  dei  frutti.  -  Mandato,  contratto  che  ob- 
bliga una  persona  a  compiere  un  affare  per  conto 
di  altra  persona.  -  Nesso,  specie  di  contratto  a  de- 
nari contanti.  -  Noleggio,  nolo,  contratto  col  quale 
taluno  si  assume  l'obbligo  di  trasportare  persone  o 
cose  da  un  luogo  all'altro,  per  via  d'acqua,  contro 
il  pagamento  di  un  corrispettivo. 

Obbligazione,  scrittura  privata  per  cui  uno  s'ob- 
bliga a  dare,  a  fare  o  non  fare  una  cosa.  Obbli- 
gazione con  clausola  penale,  quelle  che,  in  caso  di 
infrazione,  sono  passibili  di  pena,  a  termini  del  co- 
dice. Obbligazioni  condizionali,  sospensive,  risolutive, 
potestative,  causali  e  miste,  possibili  e  impossibili, 
quando  dipendono  da  un  evento  futuro  e  incerto.  Si 
hanno  pure:  obbligazioni  divisibili  e  indivisibili;  ob- 
bligazioni solidarie,  divise  in  solidarietà  passiva  e  at- 
tiva; obbligazioni  uniche  o  multiple,  ecc.  -  Obbligo,  lo 
stesso  che  obbligazione,  ma  per  atto  privato  finan- 
ziario. -  Patto,  convenzione  particolare.  -  Patto 
risolutivo  :  che  scioglie  dall'obbligazione.  -  Pegno, 
ciò  che  si  dà  per  arra  o  per  sicurtà  del  debito  in 
mano  del  creditore;  contratto  pel  quale  si  consegna 
al  creditore  una  cosa  mobile  per  la  sicurezza  del 
debito.  -  Permuta,  contratto  col  quale  si  dà  una 
cosa  per  averne  un'altra   in   scambio:   permuta- 


mento, permutazione.  -  Quasi- contratto,  fatto  volon- 
tario e  lecito  dal  quale  risulta  un'obbligazione 
verso  un  terzo  e  un'obbligazione  reciproca  tra  le 
parti.  -  Resihazione,  convenzione  per  cui  le  parti 
consentono  di  considerare  come  non  avvenuto  un 
atto  da  esse  prima  compiuto. 

Scritta,  contratto  scritto.  -  Scrittura,  contratto 
per  lo  più  privato  -  Scrittura  di  obbligazione,  di- 
chiarazione di  pagare  entro  un  dato  tempo  e  a 
certe  condizioni.  -  Soccida  {soccio},  contratto  per  cui 
una  delle  parti  dà  all'altra  una  quantità  di  bestia- 
me, perchè  lo  custodisca,  lo  nutra  e  ne  abbia  cura 
a  norma  delle  condizioni  fra  esse  stabilite.  -  So- 
cietà, considerata  quale  vincolo  giuridico,  è  un 
contratto  col  quale  più  persone  mettono  qualche 
cosa  in  comune  e  poi  ne  dividono  il  guadagno. 

Transazione,  contratto  di  rinuncia  fatta  da  due 
parti  contendenti  a  una  parte  delle  proprie  pretese 
0  diritti  ;  contratto  d'accomodamento  :  acconcio,  ac- 
cordo, componimento,  conciliazione;  temperamento, 
transatto.  -  Trattato,  convenzione,  per  lo  più,  tra 
uno  Stato  e  l'altro.-  Vendita  a  contanti  e  rivendita 
a  termine,  contratto  di  riporto  o  doppia  compra- 
vendita. -  Vitalizio,  contralto  per  cui  un  assegna- 
mento, una  pensione,  una  rendita  si  corrisponde, 
annualmente  o  mensilmente,  ad  una  persona  du- 
rante la  sua  vita,  contro  «cessione  di  capitale,  ri- 
nunzia di  qualche  diritto,  ecc. 


Parti,  clausole 
requisiti,  vicende,  effetti  di  un  contratto. 


Articolo,  parte  di  un  contratto  determinante  un 
obbligo,  un  diritto,  ecc.  -  Capitolato,  scritto  che 
contiene  una  serie  di  patti  o  di  condizioni  propo- 
ste ;  talvolta,  annesso  ad  un  contratto  per  parti- 
colareggiarne  gli  obblighi.  -  Capitolato  d'appalto,  in- 
sieme di  articoli  o  di  capitoli,  costituenti  gli  ob- 
blighi di  un  appaltatore  di  opere,  o  di  sommini- 
strazioni, e  le  qualità  obbligatorie  degli  oggetti  som- 
ministrati. -  Clausola,  stipulazione  particolare  inse- 
rita in  un  contratto,  in  un  trattato  :  condizione,  ri- 
serva. Clauiola  condizionale,  che  afferma  o  nega 
sotto  condizione  ;  risolutiva,  quella  in  forza  della 
quale  si  potrà  sciogliere  il  contratto.  -  Data,  in- 
dicazione dell'epoca  in  cui  un  contratto  è  stipulato. 
-  Effettivo,  clausola  nel  contratto,  quando  il  paga- 
mento dove  essere  fatto  con  la  moneta  indicata.  - 
Patti  accidentali,  quelli  che,  esserci  o  non  esserci, 
non  guastano  il-  contratto.  -  Postilla,  rappresenta- 
zione, figura  aggiunta  fatta  posteriormente  a  qual- 
che atto  0  contratto.  -  Preliminare,  prima  disposi- 
zione delle  cose  attinenti  al  trattato  da  farsi.  -  Re- 
quisiti essenziali ,  secondari ,  accidentali,  elementi 
stabiliti  dalla  legge  per  l'esistenza  e  la  validità  dei 
contratti.  -  Risoluzione,  la  condizione  o  la  clausola 
risolutiva,  sempre  sottintesa,  nei  contratti  bilaterali, 
pel  caso  in  cui  una  delle  parti  non  soddisfaccia 
alla  sua  obbligazione.  -  Star  del  credere,  speciale 
provvigione  dovuta  al  commissionario  quando  as- 
suma il  rischio  dell'insolvibilità  delle  persone  con 
le  quali  ha  contrattato.  -  Termine  perentorio,  limite 
imprescindibile  di  tempo  per  la  conclusione  di  un 
affare. 

Agevolezza,  facilitazione,  vantaggio  che  si  ha  sui 
contratti.  -  Aggio,  vantaggio  sopra  contratti  e  ri- 
scossioni. -  Alea,  azzardo,  rischio,  al  quale  un  con- 


Fremoli.  —  Vocaoolario  Nomenclatore. 


45 


706 


CONTBATTO 


tratto  può  essere  sottoposto,  -  Arra,  più  comunem. 
caparra.  -  Azione  redibitoria,  l'azione  del  compra- 
tore, il  quale,  per  vizio  del  contratto,  ha  diritto  di 
sciogliere  i  patti. 

Caducità,  di  testamenti  o  contratti  che  perdono  ogni 
valore  per  non  essersi  adempita  qualche  condizione, 
0  per  altro  difetto.  -  CànmiCf  regola,  legge,  nor- 
ma da  seguire  ;  anche,  prezzo  convenuto.  -  Ca- 
parra, somma  che  il  sensale  o  un  contraente  dà  in 
mano  all'altro  contraente  come  pegno  d'accettazione 
del  contratto  già  stretto:  arra,  arrabone,  gaggio 
(frane),  deposito,  presta  (caparramento ,  atto  del 
caparrare  :  accaparramento,  incaparraniento).  -  Ce- 
lebrazione, conclusione  solenne  di  un  atto  (matri- 
monio, ecc.)  0  di  un  contratto. 

Disdetta,  atto  col  quale  si  annulla  la  precedente 
convenzione,  si  scioglie  un  contratto  {avere,  dare, 
mandare  la  disdetta).  -  Errore  di  diritto  :  annulla 
il  contratto  solo  quando  ne  è  la  causa  unica  prin- 
cipale. -  Esercizio  del  diritto  di  riscatto,  rescissione 
per  lesione:  modi  per  risolvere  un  contratto  di  ven- 
dita. -  Integrazione,  quel  processo  o  atto  per  cui  le 
parti  si  coordinano  fra  loro,  organandosi  in  un 
tutto.  -  Laudemio,  recognizione  che  si  paga  per  la 
rinnovazione  del  contratto  enfiteutico. 

Nullità,  la  condizione,  dipendente  da  vizio  o  di- 
fetto di  forma,  per  cui  un  atto,  un  contratto,  ecc., 
non  può  avere  efficacia  legale  ed  è  per  sé  stesso 
nullo,  cioè  come  non  avvenuto.  -  Omologazione 
(gr.),  atto  dell'autorità  civile  che  conferma,  approva 
e  convalida  un  contralto  fatto  davanti  a  un  notaio. 
-  Regresso,  diritto  accordato  ad  una  delle  parti 
contraenti  contro  quella  che  ha  prompsso  la  ma- 
nutenzione del  contratto  o  della  qualità  della  cosa 
o  che  altrimenti  è  tenuta  a  prestare  indennità. 

Scioglimento,  l'atto  col  quale  si  pone  fine  ad  un 
contratto  o  ad  altra  condizione  giuridica  (matrimo- 
nio, società,  ecc.).  -  Sicurtà,  c3i\iz\one,  malleveria, 
a  cui  si  presta  un  individuo  per  la  sicurezza  e  la 
esatta  osservanza  dei  patti  di  un  contratto  :  assi- 
curazione. -  Soscrizione  o  sottoscrizione,  la  firma 
apposta  sotto  una  lettera  o  sotto  qualunque  altra 
scrittura  per  autenticare  il  contenuto  o  per  obbli- 
garsi ad  un  pagamento.  -  Stipulazione  di  un  con- 
tratto, il  concluderlo  e  il  metterlo  in  iscritto.  - 
Strappo,  nell'uso,  infrazione,  trasgressione  dei  patti 
di  un  contratto.  -  Transazione,  la  rinuncia  che  due 
0  più  contendenti  fra  loro  fanno,  ciascuno,  a  una 
parte  delle  proprie  pretese  o  diritti,  per  finire  una 
questione  e  venire  a  un  accomodamento  soddisfa- 
cente per  tutti.  -  Validità  di  un  contratto,  la  sua 
forza  di  sussistenza  giuridica.  -  Verifica,  accerta- 
mento dell'autenticità  di  un  contratto. 


Persone  che  partecipano  ad  un  contratto. 
Loro  atti.  —  Locuzioni  e  proverbì. 


Accettante  e  stipulante,  formola  usala  nei  con- 
tratti a  indicare  che  le  parti  intendono  obbligarsi 
scambievolmente.  -  Contraente,  ciascuna  delle  pa)h', 
ossia  delle  persone  che  addivengono  a  un  contratto. 
-  Direttario,  nel  contratto  di  enfiteusi,  il  proprie- 
tario del  suolo.  -  Locatario,  chi  prende  in  affitto  o 
assume  l'esecuzione  di  un  lavoro.  -  Locatore,  chi 
dà  in  affitto  o  conferisce  ad  altri  1'  esecuzione  di 
un  lavoro.  -  Mediatore,  chi  fa  da  sensale.  -  No- 
taio, notaro,  ufficiale   pubblico   al   quale  bisogna 


ricorrere  per  la  stipulazione  di  alcuni  contratti  a 
altri  istrumenti.  -  Prestanome,  chi  contratta  invece 
di  un  altro  che  non  voglia  farsi  conoscere  :  figur., 
copertina,  copertoio,  uomo  di  paglia.  -  Testimonio, 
persona  che  talvolta  si  chiama  per  convalidare  un 
contratto,  specialmente  se  verbale.  -  Utilista,  il 
proprietario  dei  frutti,  nei  contratti  d'enfiteusi. 

Accettare,  annullare,  fare,  firmare,  sottoscrivere, 
stendere  un  contratto,  espressioni  di  chiaro  signifi- 
cato. -  Accordarsi  in  un  contratto,  convenire,  re- 
stare d'accordo,  venire  a  patti.  -  Caparrare,  sta- 
bilire un  contratto,  dando  o  ricevendo  caparra  per 
il  medesimo  :  accaparrare,  inarrare,  incaparrare.  - 
Celebrare  un  contratto,  farlo  in  piena  regola.  -  Con- 
trapporre, fare  eccezione  su  un  patto  o  sulla  vali- 
dità di  un  contratto.  -  Contrarre,  stabilire  per  con- 
tratto. 

Contrattare,  trattare  l'acquisto  o  la  vendita  (veg- 
gasi  a  comprare,  a  vendere),  di  una  cosa,  com- 
binare un  negozio,  un  affare:  far  contrattazione, 
far  contratto,  mercanteggiare,  negoziare.  -  Contrat- 
tamento,  contrattazione,  il  contrattare,  negoziato, 
trattativa. 

Disdire,  dare  la  disdetta.  -  Essere  in  contratto,  es- 
sere li  li  per  concluderlo.-  Essere  tenuto  in  solido: 
legato  con  altri  all'osservanza  di  un  contratto  o  del 
pagamento  di  un  debito.  -  Infirmare,  invalidare,  op- 
pugnare la  validità.  -  Locare,  dare  in  affitto.  •  Pat- 
tuire, venire  a  patti,  ad  accordi,  a  contratto.  -  Per-^ 
mutare,  fare  una  permuta. 

Rescindere,  risecare,  tagliare  ;  figur.,  annullare  un 
contratto.  -  Rinvestire  una  cosa  in  un'altra,  con- 
vertirla in  quella,  contrattandola.  -  Rogare,  atto  del 
notaio  che  stende  e  sottoscrive  un  contratto.  - 
Rompere  un  contratto,  annullarlo. 

Stipulare,  mettersi  d'accordo  sulle  condizioni  di 
un  contratto  ;  mettere  il  contratto  in  carta  ;  obbli- 
garsi  legalmente  per  iscritto,  per  contratto.  -  Stru- 
mentare (termine  legale),  fare  uno  strumento,  un 
contratto.  -  Stracciare  t  patti,  i  capitoli  (figur.), 
mancare  all'osservanza  di  un  contratto.  -  Stringer» 
un  contratto,  stipularlo,  concluderlo.  -  Tirarsi  per  i 
capelli,  discutere  sopra  un  contratto  per  avere 
patti  vantaggiosi. 

Paraffato,  parafraio,  parafrazione,  francesismi  da 
parafe:  nelle  scritture  dei  commercianti  e  negli 
uffici  di  cancelleria,  si  usa  dire  clie  ciascun  foglio 
è  stato  paraffato  o  parafato  dai  giudici  del  tribu- 
nale. Sicché  il  paraffare  vale  come  approvare, 
autenticare,  confermare,  convalidare,  omologare,  op- 
pure firmare,  sottoscrivere.  -  Rescissione,  annulla» 
mento  giudiziale  di  un  contratto  giuridico. 

Locuzioni,  pbovebbì.  —  A  forfait,  francesismo 
che  corrisponde  alla  locuzione  italiana:  a  rischio  e 
pericolo  (nell'uso,  significa  anche:  in  blocco,  a  un 
tanto  complessivo,  per  l'esecuzione  di  un  impegno 
contrattuale).  -  A  termini  di  contratto,  secondo  i 
patti  in  esso  stabiliti.  -  Reninteso,  modo  di  dire 
che  si  adopera  come  condizione  nei  patti  contrat- 
tuali -  Pro  rato  et  grato  (lat.),  espressione  indi- 
cante che  un  contratto  é  valido  ed  accetto.  -  Salvo 
errore,  nei  contratti,  espressione  che  indica  e  de- 
termina qualche  clausola  particolare. 

Carta  canta  e  villan  dorme,  allusivamente  all'ef- 
ficacia di  un  contratto  scritto.  Nello  stesso  senso: 
Chi  bene  istrumeiUa  dorme  sicuro  ;  lettere  in  carta, 
denaii  in  arca;  lo  scritto  non  si  manda  in  bucato; 
carta  vista  mal  non  acquista.  -  Prima  scrivi  e  poi 
canta',  prima  canta  e  poi  scrivi.  -  Una  lira  va  « 
viene:  non  ci  si  bada,  contrattando. 


CONTKATTO    —    GONrKOM.O 


707 


Contratto.  Che  li  a  subito  contrazióne. 

Contrattuale.  Di  contratto. 

Contrattura.  Vengasi  a   contrazione. 

Contrawalazióne.  Secondo  trinceramento  col 
quale  si  cinge  la  piazza  che  si  vuole  stringere 
d'assedio. 

Contrawelaccia,  contrawelacclna.  Detto 
a  vela. 

Contravveleno.  Rimedio  contro  il  veleno. 

Contravvenire  (contravvenuto).  Non  ubbidi- 
re. -  Contraffare  alla  legge  o  a  un  regolamento, 
cadere  in  contravvenzione  ;  non  osservare,  tra- 
sgredire. 

Contravvenzióne.  Il  contravvenire  alla  legge 
0  al  regolamento,  il  trasgredire  ;  infrazione,  inos- 
servanza ,  prevaricamento ,  prevaricazione  ;  tras- 
gressione, violazione.  Nell'uso,  più  specialmente, 
la  pena,  la  multa  che  dall'autorità  viene  inflitta 
per  tale  inosservanza,  previo  atto  di  accertamento 
da  parte  dei  funzionari  all'  uopo  delegati,  -  Lon- 
travventore,  chi  cade  in  contravvenzione  ;  conten- 
tore,  infrattore,  inosservante,  prevaricatore,  tras- 
greditore,  trasgreditrice,  trasgressore,  violatore.  - 
Denunziare,  elevare  una  contravvenzione,  dichia- 
rarla, farla.  -  Infliggere  una  contravvenzione,  farla 
subire. 

Contrawite.  Detto  a  vite. 

Contrazióne.  Il  contrarsi,  l'effetto  del  con- 
trarsi ;  in  senso  generale,  il  ritirarsi  o  l'accorciarsi 
di  un  corpo  sopra  sé  stesso,  per  effetto  del  ravvi- 
cinamento delle  proprie  molecole  (quindi  contrazione 
dei  muscoli,  dei  nervi,  della  faccia,  della  parola, 
della  sillaba,  ecc.);  più  specialmente  e  sotto  l'a- 
spetto fisiologico,  la  contrattilità  in  alto  :  attrap- 
peria  (v.  a.),  attrazione,  coartazione  ;  contraimento 
(v.  a.),  contrattura  ;  raggricchiamento,  raggrinza- 
mento ;  rattraimento  (v.  a.)  ;  ratlrappamento,  rat- 
trappatura;  rattrazione,  ritiramenlo.  -  Contraisi, 
restringersi  e  raccorciarsi;  aggranchiare,  aggran- 
chiarsi, attrapparsi  ;  raggranchiarsi,  raggricciarsi, 
raggrinchiarsi,  raggruzzarsi,  raggruzzolarsi;  rattrap- 
pirsi, rientrare,  rinf(  derarsi  ;   ristringersi,  ritirarsi. 

Contrattilità,  ipercinesi  (mobilità  eccessiva,  con- 
vulsa) tonica,  permanente,  involontaria,  che  si  ma- 
nifesta con  l'assoluto  o  relativo  aumento  dell'atti- 
vità di  uno  0  più  muscoli  della  vita  animale  e  che 
si  osserva  nelle  malattie  dell'encefalo,  del  midollo 
spinale,  e  inoltre  nelle  lesioni  nervose  periferiche, 
che  la  producono  in  forma  diretta  o  riflessa,  ecc.  - 
Rictus,  contrazione  spasdomica  dei  muscoli  del 
volto  si  da  porgere  l'aspetto  del  riso  forzato.  -  Ri- 
flessi tendinei,  contrazioni  o  scosse  più  o  meno  com- 
plicate, più  0  meno  durature,  che  si  provocano  ec- 
citando meccanicamente  i  tendini.  -  Ruga,  grinza, 
raggrinzamento  della  pelle.  -  Spasmo  clànico,  alter- 
nazione di  contrazioni  e  di  rilassamenti  dei  muscoli. 
-  Tic,  voce  francese  dal  tedesco  tikeVf  toccare  lieve- 
mente :  indica  un  moto  convulso,  abituale  e  co- 
sciente, risultante  dalla  contrazione  involontaria  di 
uno  o  più  muscoli  del  corpo,  spesso  riproducente, 
in  modo  intempestivo,  qualche  gesto  riflesso  o  au- 
tomatico della  vita  ordinaria. 

Contrectaziòne  (lat.).  Appropriazione  indebita. 

Contribuente.  Chi  paga  la  tassa t  Vini- 
posta. 

Contribuire  (contribuito,  contribuzione).  Con- 
correre, con  la  spesa,  con  la  fatica,  con  gli  uffici 
e  simili  a  checchessia;  cooperare,  dare:  di  più 
persone  insieme,  gallicismo  riprovato  nel  senso  di 
conferire,  giovare.  -  Contribuente,   chi   contribuisce. 


chi  paga  le  imposte,  le  tasse  :  contributore.  -  Con- 
tributo, il  tanto  di  denaro  che  si  paga.  -  Contri- 
buzione, azione  del  contribuire.  In  diritto  commer- 
ciale, operazione  con  la  quale  si  fanno  concorrere 
a  riparare  una  perdita  o  un  danno  quelli  per  ca- 
gione dei  quali  si  è  subito  il  danno  o  la  perdita. 
-  Coìtiribuz'.one  di  guerra,  veggasi  a  guerra. 

Contribuzióne.  Il  contribuire. 

Contrina.  Veggasi  a  rete. 

Contristare  [contristato).  Rendere  triste,  ca- 
gionar dolore. 

Contristarsi  (contristato).  Prendere  malin- 
conia. 

Contritamente.  Detto  a  pentimento. 

Contrito,  contrizióne.  Veggasi  a  penti- 
mento. 

Contro.  Preposizione  e  avverbio  che  dinota  o%>- 
posizione,  contrarietà,  contrasto,  e  si  costruisce 
con  l'oggetto  diretto  e  con  l'oggetto  indiretto,  me- 
diante le  particelle  a  e  di.  Si  unisce  a  formare 
molte  parole  che  valgono  a  significare  azione 
opposta  :  contraddire,  contrariare,  contrastare,  con- 
travvenire, ecc.  Nello  stesso  significato:  a  carico,  a 
contrario,  addosso,  a  disfavore,  all'incontra,  all'  in- 
contro, avverso;  contra,  in  centra;  in  contrasto, 
in  disfavore,  in  odio,  in  onta,  in  opposito,  in- 
verso; verso.  -  Di  contro,  dalla  parte  opposta,  di 
faccia,  diritnpetto.  -  In  confronto,  termine  giuri- 
dico per  contro.  -  Dar  contro  a  uno,  contrariarlo, 
contraddirlo  (veggasi  a  contrario  e  a  contrad- 
dizione). -  Far  contro  ad  alcuno,  opporsi,  fare 
opposizione. 

Controalisèl.  Detto  o  vento. 

Controapertura.  Veggasi  a  ferita. 

Controattacco.  La  marcia  che  si  fa  contro 
il  nemico,  mentre  questi  si  avanza  per  assalire, 
per  dare  battaglia,  per  combattere. 

Controbatteria.  Una  batteria  opposta  ad 
un'altra. 

Controbattuta.  Veggasi  a  fiume. 
■   Controcassa.  Detto  a  cassa. 

Controcalco.  Detto  a  disegno. 

Controcifra.  La  chiave  della  cifra. 

Controcorrente.  Veggasi  a  corrente  e  a 
corrente  elettrica. 

Controdata.  Veggasi  a  data. 

Controdecreto.  Veggasi  a  decreto. 

Controdote.  Veggasi  a  dote. 

Controfinestra.  Veggasi  a  finestra. 

Controfiòcco.  Detto  a  vela. 

Controforza.  Detto  a  forza. 

Controfosso.  Veggasi  a  fosso. 

Controgoverno.  Detto  a  governo. 

Controindicazióne.  Veggasi  a  malattia. 

Controllare  (controllato).  Sottoporre  a  con- 
trollo. 

Controllo  (francesismo,  da  contróle).  Voce  di 
uso  per  indicare  Vesame  che  qualcuno  esercita 
sull'operato  di  altri  (atti  di  amininistr azione, 
di  contabilità),  per  verificarne  l'andamento,  o 
sopra  cose  diverse,  per  accertare  che  abbiano  le 
qualità  necessarie  (merci  e  simili),  si  trovino  nelle 
volute  condizioni  (controllo  di  cassa  o  d'altro),  ecc.: 
ispezione,  revisione,   riscontro,   sindacato,  verifica. 

Controllare,  sottoporre  a  controllo,  mettere  a  con- 
frotìto  :  ispezionare,  rivedere,  rivedere  le  ragioni, 
riscontrare,  sindacare,  verificare.  -  Controllore,  chi 
ha  l'incarico  di  esercitare  il  controllo:  impiegato 
al  controllo,  ispettore,  revisore;  riscontriere ;  sin- 
daco (controllore,  revisore  di  conti);  verificatore. 


708 


CONTROLLORE   —   CONVENIENTE 


Controllorf.  Detto  a  controllo. 

Controluce.  Termine  di  pittura. 

Oontrolunetta.  Specie  di  incastro. 

Contromandare  (contromandato).  Dare  un 
contrordine:  rivocare  un  ordine,  un  comando. 

Contromarca.  Veggasi  a  segno  e  a  teatro. 

Contromarcia.  Detto  a  marcia. 

Contromina.  Veggasi  a  mina. 

Contromolla.  La  molla  clie  agisce  in  con- 
trasto con  un'altra. 

Contronota.*  Detto  a  nota  (musicale). 

Controprogetto.  Veggasi  a  progetto. 

Controproposta.  Detto  a  proposta. 

OontroproTa.  Veggasi  a  prova. 

Controquerela.  Detto  a  querela. 

Oontroranda.  Detto  a  vela. 

Contrordine.  Veggasi  a  ordine. 

Controricevuta.  Detto  a  ricevuta. 

Controrisposta.  Veggasi  a  rispondere. 

Controrivoluzióne.  Detto  a  rivoluzione. 

Controsaluto.  Detto  a  saluto. 

Controscèna.  Veggasi  a  comico  e  sparlare. 

Controsenso.  Assurdità,  assurdo. 

Controstampare  (controstampato).  Veggasi  a 
stampa. 

Controstimolante.  Veggasi  a  stimolo. 

Controstòmaco.  Figur.,  contro  volontà. 

Controversia.  Questione,  lite.  ■  Differenza  di 
opinione, 

Contro versista.  Chi  tratta  materie  di  contro- 
versia, specialmente  di  teologia. 

Controverso.  Soggetto  a  controversia  ;  rf«66to. 

Controvèrtere  (controvertibile,  controvèrso). 
Mettere  in  disjfufa,  in  life^  in  quistione. 

Contubèrnio.  Schiera  di  soldati  nella  m,iliisia 
romana. 

Contumace.  Cadute  in  contum,acia.  -  Segre« 
gato  dagli  altri. 

Contumàcia.  Il  disubbidire  al  giudice,  spe- 
cialmente col  non  presentarsi  e  col  non  farsi  rap- 
presentare, quando  chiamati  a  comparire  in  giu- 
dizio: latitanza.  -  Contumace,  chi  incorre  in  contu- 
macia; chi  o  clie  sta  nascosto  per  istuggire  alla 
giustizia:  disubbidiente,  latitante,  refrattario,  ri- 
calcitrante. -  Contumaciale,  di  contumacia. 

Contumàcia.  Segregazione  di  persone  o  cose 
infette  o  ritenute  sospette,  per  un  tempo  determinato. 

Contumaciale.  Di  contumacia  ;  attenente  a 
contumacia. 

Contumèlia  f contumelioso).  Villania,  ingiuria. 

Contundente,  contundere.  Veggasi  a  con- 
tusióne. 

Conturbare,  conturbamento  (conturbato). 
Detto  a  turbare. 

Contusióne.  L'atto  e  il  segno  del  contundere, 
ossia  del  produrre  un'ammaccatura  nelle  parti  molli 
del  nostro  corpo,  senza  ferita, né  squaicio,  o  di 
una  cosa,  il  che  avviene  quando  si  batta  fortemente 
un  corpo  con  un  altro  più  duro:  ammaccamento, 
attrizione,  fiaccatura,  percossa  ;  pesca,  ripressione 
(termine  di  mascalcia).  Fisiologicam.,  suggellazione. 
Giovano,  nella  cura  delle  contusioni,  Vacqua  vegeto- 
minerale,  V arnica,  le  foglie  e  il  frutto  di  mirto,  ecc.  - 
Attrizione,  il  maggior  grado  di  contusione;  anche, 
stritolamento,  triturazione  di  parti.  -  Ecchimosi,  lo 
spandimento  del  sangue  nel  tessuto  connettivo  sot- 
tocutaneo per  effetto  di  contusione  o  per  diatesi.  - 
Occhiata,  contusione  nell'occhio. 

lAvido,  lividore,  liridura,  quel  nericcio  che  fa  il 
sangue  sulla  pelle  per  contusione,  percossa,  caduta,  ecc. 


Contundente,  di  strumento  atto  a  cagionare  con- 
tusioni. -  Contùndere,  battere,  urtare  con  un  corpo 
duro  :  ammaccare,  amatutire  (ammaccare  a  forza  di 
busse);  ammaccare,  calcare,  lasciare  il  segno;  ma- 
colare.  -  Contuso,  che  ha  sofferto  una  contusione  ; 
ammaccato  ;  maculo,  maculato  ;  pieno  di  lividi. 

Contutore.  Veggasi  a  tutore. 

Convalescente,  convalescenza.  Veggasi  a 
malattia. 

Convalidare  (convalidato,  convalidazione).  Cor- 
roborare, fortificare,  render  forte,  per  lo  più  rife- 
rito a  dottrina,  a  opinione  e  simili  ;  rendere 
valido,  dare  conferma  o  sanzione  a  un  decreto,  a 
un  diritto ,  a  un  contratto,  ecc.  :  affermare, 
confermare,  consacrare,  ratificare,  sanzionare, 
rivalidare,  validare;  avere  per  fermo,  per  istabile, 
per  rato.  -  Convalidarsi,  figur.,  prendere  maggior 
forza.  -  Convalidazione,  il  convalidare  :  conferma, 
omologazione,  rafferma,  ratiabizione  (l'aver  per 
rato),  ratifica,  ratificamento,  ratificazione. 

Convallaria.  Nome  di  erbe  asparagacee,  che 
crescono  spontanee  nei  luoglii  boschivi  e  si  colti- 
vano nei  giardini  per  il  Iure  fiore  odoroso.  Una,  la 
convallaria  maialis,  detta  anche  campanella,  mu- 
ghetto ;  altra,  detta  sigillo  di  Salomone. 

Convalle.  Detto  a  valle. 

Conveg-no.  Luogo  dove  più  persone  si  sono 
dato  appuntamento ,  parola  di  trovarsi  insieme, 
l'atto  stesso  del  trovarsi:  posta,  ritrovo.  -  Ap- 
puntamento,  accordo,  intesa,  fra  due  o  più  persone 
per  trovarsi  insieme  in  un  dato  luogo,  ad  una  de- 
terminata ora:  appicco,  ferma.-  Rendez-vous  (frane), 
ritrovo,  appuntamento,  convegno.  -  Hendevosse,  per 
convegno,  appuntamento  ;  brutto  francesismo  ara- 
messo  solo  per  ischerzo.  -  Bruciare  il  pagliaccio,  il 
pagliericcio  a  uno  (volgarm.),  piantarlo,  mancare  a 
una  promessa,  a  un  convegno.  -  Convenire  (non 
popol.),  andare,  trovarsi  a  convegno,  di  più  per- 
sone nello  stesso  luogo.  -  Fissare  un  convegno  :  dar 
l'impegno,  fissar  l'appuntamento,  fissar  l'ora.  -  Con' 
venuto,  chi  si  trova  a  un  convegno  ;  chi  sta  in 
adunanza^  in  riunione  con  altri.  -  Puntuale,  chi 
è  diligente,  preciso  e  arriva  al  convegno  nel  mo- 
mento prefissato. 

Convenévole.  Conforme  al  dovere,  oppor- 
tuno, adatto,  conveniente.  -  Al  plurale,  atto  di 
amorevolezza,  di  onore;  cerimonia,  compli- 
ìnento.  Contr.,  sconvenevole,  sconveniente. 

Convenevolmente.  In  modo  conveniente; 
con  decoro. 

Conveniente.  Che  conviene,  che  si  adatta  allo 
scopo,  che  é  opportuno  :  acconcio,  adatto,  ade- 
guato, analogo,  ben  trovato,  buono  ;  comodo, 
competente,  congruente,  congruo,  convenevole  ;  cor- 
rispondente; dicevole;  opportuno,  proporzio- 
nato, proprio;  sano,  utile,  vantaggioso,  venturoso. 
-  Contr.,  sconvenevole,  incongruente,  inconveniente, 
sconveniente,  disadatto,  sproporzionatOf  ecc. 

Convenientemente  :  accomodatamente,  accomode- 
volmente,  acconciamente,  acconciatamente,  adegua- 
tamente, a  dovere,  ad  hoc  (lat.),  a  modo  e  a  verso; 
a  verso;  appropriatamente,  avvenentemente,  avve- 
nevolmente;  competentemente,  condecentemente , 
condecevolmente  ;  congruamente,  congruentemente  ; 
debitamente,  decentemente,  decorosamente,  degna- 
mente, dicevolmente,  doverosamente,  dovutamente; 
idoneamente,  in  modo  acconcio  ;  onestamente.  - 
Contr.,  sconvenientemente  (veggasi  a  inconveniente 
e  a  sconveniente). 


CONVEMKNTEMENTE    —    COPTN'ENTO 


709 


Convenienza,  l'essere  conveniente,  qualità  di  ciò 
che  è  conveniente:  acconcezza,  aggiustatezza;  con- 
facenza,  confacimento;  congruenza,  congruità;  de- 
cenza, decoro,  dicevolezza,  discrezione.  -  Contr., 
sconvenienza,  disconvenienza,  disdicevolezza,  incon- 
gruenza, ecc.:  vei-'gasi  a  incoiivenietite  ^i  3i  scon- 
ve  niente. 

Co.NVENiRK,  essere  conveniente,  opportuno  :  acco- 
modare, acconciarsi,  adattarsi,  addicersi,  addirsi, 
affarsi  ;  andar  a  fagiuolo,  andar  bene  ;  attagliarsi  : 
calzare  ;  confarsi  ;  esser  bene,  essere  di  ragione  ; 
fare  al  caso,  al  bisogno,  al  proposito  ;  fare  per  la 
bottega  ;  metter  conto,  mettersi  a  bene  ;  quadrare, 
quadrare  a  cappello  ;  rispondere  al  bisogno,  al 
caso  ;  stare  a  cappello,  a  martello,  a  misura,  a 
modo,  a  pelo;  star  bene;  tornare  a  sesto,  tornare, 
venir  bene;  tornar  comodo,  vantaggioso;  valere  il 
pregio  dell'opera,  valere  tant'oro.  -  Cosa  degna  di 
Uìia  persona,  che  gli  si  confà,  gli  si  addice. 

Al  di  là  del  convenevole,  oltre  il  convenevole,  più 
che  non  convenga.  -  E^l  modus  in  rebus  (lat.),  nelle 
cose  bisogna  rispettare  le  convenienze,  bisogna  a- 
vere  una  certa  misura,  una  certa  moderazione.  - 
Se  vi  accomoda,  se  vi -piace,  modo  di  dire  che 
signilica  :  se  vi  conviene. 

Convenientemente.  In  modo  conveniente. 

ConTeniie  {conveniente,  convenienza,  convenuto). 
Venire  a  convetjno,  trovarsi  con  altri.  -  Essere 
conveniente.  -  Essere  (Raccordo  ;  essere  dello 
stesso  parere,  della  medesima  o}>inione.  -  Avere 
conformità,  somiglianza  o  reiasione,  in  gene- 
rale. -  Consentire,  dare  consenso.  -  Essere  di  6t- 
sogno,  di  necessità.  -  Chiamare  in  giudizio. 

Conventicola.  Segreta  adunanza  di  persone, 
per  lo  più  con  line  sedizioso  ;  coìnbrìccola  ;  pic- 
cola congiura. 

Convento.  Luogo  nel  quale  convivono  i  frati  o  le 
monache,  cioè  religiosi  dell'uno  o  dell'altro  sesso: 
abbazia,  cenobio,  chioslro,  certosa;  claustro,  clau- 
stura;  collegio  di  frati;  coiimnità,  conservatorio;  ere- 
mo, frateria,  imbiancatuio  della  salute;  monasterio, 
monastero,  monistero  ;  ospizio  ;  sacre  mura,  sacro 
asilo,  sacro  loco,  sacro  nido  ;  ritiro.  -  Anche,  i  frati 
stessi  e  le  monache  che  abitano  in  convento.  - 
Conventuale,  di  convento  o  appartenente  a  con- 
vento :  cenobitico,  claustrale,  monastico.  -  Disci- 
plina, la  regola  stabilita.  -  Regola,  statuto  di  un 
ordine.  -  Stato  di  conventualitd,  la  condizione  dei 
irati  e  delle  monache. 

Abazia,  abbazia,  badia,  più  specialmente  la  chiesa 
dell'afra^e.  -  Ai-chimonastero,  convento  principale  ; 
badia.  -  Badia,  convento  di  frati,  specialmente  della 
regola  di  San  Benedetto.  -  Certosa  (lat.  cerlusia; 
frane,  cìmrtreuse),  nome  dato  a  diversi  conventi  di 
frati  certosini.  Celebre  la  Grande  Chartreuse  presso 
Grenoble,  in  Francia,  dove  si  fabbricava  un  fa- 
moso liquore,  detto  pure  chartreuse.  -  Commenda, 
abbazia  o  monastero  posseduto  da  un  laico.  -  Con- 
servatorio, convento  di  monache  o  altro  luogo  si- 
mile, dove  si  adunano  fanciulle.  -  Discretorio,  luogo 
dove  si  radunano  i  superiori  per  conferire  insieme 
circa  gli  affari  di  un  ordine  monastico.  -  Mandra 
(gr.),  chiostro,  monastero.  -  Monastero,  lo  stesso, 
in  genere,  che  convento  :  ma  nel  convento  stanno 
i  frati,  nel  monastero  i  monaci.  -  Opera,  in  To- 
scana, l'ente  morale  costituente  sopratutto  ciò  che 
riguarda  la  fabbrica  delle  chiese  o  dei  monasteri, 
la  conservazione,  i  miglioramenti  di  essi,  l'ammini- 
strazione delle  rendite  e  i  miglioramenti  da  tarsi. 
-  Pardclito,    o    Paracielo   (gr.    consolatore),  celebre 


convento  fondato  da  Abelardo,  presso  Troyes.  - 
Provincia,  estensione  di  paese  in  cui  tutti  i  mona- 
steri di  un  ordine  sono  sottoposti  allo  stesso  capo. 

Pahti  del  convento. 

Titoli,  gradi  delle  persone  che  vi  stanno. 

Cose  e  termini  vari. 

Cànova,  luogo  ove  si  ten,i,'ono  il  vino,  l'olio  e 
altre  grasce.  -  Cella,  cameretta  dei  frati  e  delle  rao- 
nache.  -  Chiostro  (chiostra),  logi^ia  intorno  ai  cor- 
tili dei  conventi  o  di  altro  edificio  sacro;  il  cor- 
tile stesso  contornato  di  logge  e  di  portici.  -  Clau- 
sura, la  parte  di  un  convento  da  cui  non  possono 
uscire  i  religiosi.  -  Comunicatorio,  finestrino,  nella 
chiesa  d'un  monastero,  per  cui  si  comunicano  le 
monache.  -  Corridoio,  stanzone  lungo  su  cui 
danno  le  celle. 

Dormentorio  e  dormitorio,  la  parte  del  convento 
ove  sono  le  celle.  -  Foresteria,  forestieria,  quartiere 
nel  quale  si  ricevono  i  visitatori.  -  Parlatorio, 
stanza  dei  monasteri  in  cui  si  parla  alle  monache, 
attraverso  una  grata.  -  Porteria,  di  cesi  duna  o 
più  stanze  al  terreno,  presso  la  porta  del  convento, 
0  d'  altri  simili  luoghi,  per  dimora  del  frate  guar- 
diano. -  Refettorio,  luogo  dove  i  religiosi,  le  mo- 
nache e  quelli  che  vivono  in  comunità,  d'ambo  i 
sessi,  si  riuniscono  a  tavola.  -  Salutatorio,  il  par- 
latorio. 

Botola  (volgarmente  bódola),  quella  specie  di  bus- 
sola, di  legno  o  di  pietra,  a  foggia  di  una  mezza 
tramoggia,  cioè  a  tre  soli  lati,  e  che  si  pone  ester- 
namente alle  finestre  delle  prigioni  e  dei  monasteri, 
specialmente  di  monache.  -  Grata,  l'inferriata  che 
hanno  le  monache  nel  parlatorio.  -  Ruota,  specie 
di  cassetta  rotonda  che,  girando  su  un  pernio  nel- 
l'apertura di  un  muro,  serve  alle  monache  chiuse 
in  un  monastero  per  dare  e  ricevere  robe.  -  Taz- 
ziera,  specie  di  cassetta  aperta,  con  manico,  a  vari 
scompartimenti,  dove  nei  conventi  si  mettono  i 
piatti  dopo  sparecchiata  la  mensa.-  Tramoggia,  or- 
digno posto  alle  finestre  dei  monasteri  (e  delle  pri- 
gioni) alfinchè  dal  di  fuori  non  si  possa  vedere 
nell'interno  dell'edificio. 

Titoli,  gradi,  ecc.  —  Abate,  superiore  di  un 
monastero  (comunem.,  padre  abate).  •  Abbadessa,  co- 
lei che  fra  le  monache  presiede  al  governo  con 
autorità  di  superiora  :  badessa.  -  Agapète,  vergini 
che  un  tempo  vivevano  in  comunità,  conventual- 
mente. -  Apocrisiario,  tesoriere.  -  Archimandrita, 
superiore   di  un  convento  greco. 

Camerlinga,  nei  conventi  di  monache,  quella 
che  sopraintende  all'  azienda,  alle  spese.  -  Ca- 
marlingo, colui  che  compie  lo  stesso  ufficio  nei 
conventi  di  frati:  camerlengo.  E  camarlingato, 
l'ufficio  della  camarlinga  e  del  camarlingo  -  Ca- 
novaia,  canovaio,  chi  è  addetto  alla  canova  nella 
cantina:  cantiniere.  -  Cellerario,  il  frate  inca- 
ricato di  provvedere  alle  spese  giornaliere.  -  Ce- 
nobiarca,  capo  dei  cenobiti.  -  Cenobita,  chi  vive 
appartato  dalla  società  e  sotto  regola  monastica.  - 
Comunità,  tutti  i  monaci  di  un  convento.  -  Con- 
versa, monaca  che  attende  ai  servizi  del  convento. 
-  Converso,  frate  laico.  -  Coirettore,  superiore  d'un 
convento  di  Minimi. 

Decano,  decana,  il  superiore,  la  superiora  in  al- 
cuni conventi.  -  Definitore,  colui  che  è  preposto  ai 
monasteri  per  assistere  il  generale  o  il  provinciale 
nella   amministrazione   degli    affari   dell'ordine.  - 


710 


CONVENTUALE 


CONVERSAZIONE 


Donati,  le  persone  che  un  tempo  entravano  in  un 
convento  con  il  loro  patrimonio  e  vi  rimanevano 
come  laici. 

forestieraio,  chi  ha  l'ufficio  di  accogliere  i  fore- 
stieri nei  conventi.  -  Frate,  uomo  di  chiostro  e 
.  di  religione.  -  Generale,  titolo  del  superiore  di  un 
ordine  fratesco.  -  Guardiano,  in  alcuni  ordini  reli- 
giosi, il  capo  del  convento;  in  altri,  il  portinaio. 
E  guardianato  l'ufficio  relativo,  nonché  il  tempo, 
la  durata  di  esso. 

Monaco,  persona  che,  nel  ritiro  e  nella  solitu- 
dine, vive  in  preghiere  e  in  altre  pratiche  reli- 
giose. -  Novizia,  norizio,  chi  fa  il  tempo  di  novi- 
ziato, di  prova.  -  Operaio  di  monasteri,  chi  sopra- 
intende  all'  amministrazione.  -  Padre  provinciale 
(anche  solo  provinciale),  chi  è  designato  come  il  capo 
dei  conventi  di  una  provincia.  -  Priora,  la  madre 
superiora  d' un  monastero  di  monache.  -  Priore, 
il  padre  superiore  di  una  casa  di  religiosi.  -  Pro- 
fesso, chi  ha  fatto  professione  in  un  monastero, 
e  dicesi  comunemente  dei  religiosi  regolari. 

Ripentite  (le),  donne  chiusesi  in  un  convento  a 
far  penitenza.  -  Suora,  la  monaca.  -  Superiora, 
superiore,  chi  dirige  un  convento.  E  superiorato 
l'ufficio,  il  grado  relativo.  -  Tabulario,  monaco  in- 
caricato di  indicare  agli  altri  le  loro  funzioni.  - 
Vicario,  chi  fa  le  veci  del  superiore.  -  Zelatore,  pro- 
curatore dei  Minimi. 

Cose  e  termini  varii.  —  Acedia,  vocabolo  usato 
anticamente  per  indicare  una  specie  di  malin- 
conia, che  dominava  nei  chiostri.  -  Capitolo  di 
penitenza,  l'adunanza  dei  claustrali  di  un  mona- 
stero per  confessarsi  ai  loro  superiori.  -  Clausura, 
divieto  ecclesiastico  fatto  ai  secolari,  specialmente 
di  sesso  diverso,  di  entrare  nei  monasteri,  -  Esen- 
zione, in  diritto  canonico,  sottrazione  di  un  con- 
vento»o  di  un  dignitario  ecclesiastico  dalla  giuri- 
sdizione di  qualsiasi  autorità  ecclesiastica.  -  Voti, 
la  solenne  promessa  di  obbedienza,  di  castità  e 
di  povertà  negli  antichi  ordini  monastici. 

A  risentirsi:  si  diceva,  nei  conventi  di  stretta  clau- 
sura, perché  nessuno  rivedeva  più  i  vivi,  tranne  il 
medico  e  il  confessore. 
Conventuale.  Di  convento. 
Convenuto.  Chi  é  chiamato  in  giudìzio. 
Convenzionale.  Di  convenzione,  di  contratto. 
-  Di  convenzionalismo,  ài  manierismo.  -Veggasi 
anche  a  pena. 
Convenzionalismo.  Detto  a  ìnanierismo. 
Contenzióne.  Il  convenire:    accordo,  patto, 
contratto,    •    Convenzioni    di   guerra,    veggasi    a 
guerra.  -  Convenzioni  ferroviarie,  veggasi   a  fer- 
rovia. 
Oonverg-enza.  Atto  del  convergere. 
Convèrgere  {convergente,    convergenza).  Andar 
a  terminare  in  un   medesimo   punto,   partendo  da 
due  punti  diversi:  detto  di  linee  (veggasi  a ii^ew) 
e  simili.  -  Volgersi  da  parti  diverse  di  più  cose  o 
persone  insieme,    a   un    punto  solo.  -  Convergente, 
che  converge.  -  Convergenza,    l'andamento    di   più 
linee  o  cose  in  tal  direzione  che  sempre  più  s'ac- 
costino tra  loro. 

Convèrsa.  Veggasi  a  mònaca  e  ad  em- 
brice. 

Conversare.  Far  conversazione.  -  Usare  e 
trattare  insieme  ;  praticare. 

Conversazióne.  Il  parlare  che  fanno,  fra 
loro,  più  persone,  intrattenendosi  a  discorrere  di 
varie  cose,  per  passare  il  tempo,  per  comunicarsi 
notizie,  idee,  ecc.;  la  gente  stessa  che.  unita,  con- 


versa insieme:  confabulazione,  dialogo;  conver- 
sare, ragionare.  La  conversazione  riesce  allegra,  a- 
mena,  briosa,  chiassosa,  animata,  piacevole,  uggiosa, 
frittola,  sentimentale,  languida,  noiosa,  tempestosa,  ecc. 
Fiorita,  fioritissima,  dicesi  la  conversazione  quando 
vi  prendono  parte  molte  o  scelte  persone;  spmiosa, 
quando  fatta  con  brio,  con  dello  spirito  ;  variata, 
quando  si  parla  di  cose  varie.  La  conversazione 
cade  quando  languisce  ;  e  si  lascia  cadere  quando 
non  si  aiuta  a  parlare,  non  si  dà  animo  con  altre 
domande  e  risposte.  -  Conversazioncella,  conversa- 
zioncina,  conversazione  di  pochi  o,  anche,  di  per- 
sone garbate  e  modeste.  -  Conversévole,  che  con- 
versa, atto  a  conversare. 

Causerie  (frane),  il  parlare  brioso,  grazioso,  gar- 
bato intorno  a  svariati  argomenti.  -  Chiacchierio, 
cicaleccio  (veggasi  a  chiacchera),  conversazione 
disordinata  o  frivola.  -  Circolo,  quantità  di  persone 
riunite  a  conversazione,  specialmente  nelle  alte 
sfere.  -  Crocchio,  circolelto  di  persone  riunite  a 
conversare.  -  Parlour  (ingl.),  parlatorio  o  sala  di 
conversazione.  -  Veglia,  riunione  di  persone  per  con- 
versare, giuocare,  ecc. 

Conversare,  fare,  tenere  conversazione;  parlare, 
discorrere  con  qualcuno  senza  proposito  o  motivo 
speciale  :  barattar  qualche  parola  ;  comunicare  in- 
sieme; confabulare,  conferire;  dialoghizzare,  dialo- 
gizzare (non  com),  far  camerata  ;  mettersi  in  pa- 
role ;  mutare,  scambiar  parole  con  qualcuno  ;  ra- 
gionare; sermonizzare  (|non  com.).  -  Andare,  met- 
tersi, stare  a  crocchio,  far  crocchio,  stare  a  con- 
versazione. -  Barattare  una,  due,  tre,  quattro  par 
role,  conversare  un  pò.  -  fare  una  partita,  tma  par- 
titina  a  chiacchiere,  conversare  un  poco  per  pas- 
sare il  tempo.  -  Lasciar  morire  il  discorso,  lasciar 
cadere  la  conversazione.  -  Parlare  del  più  e  del 
meno,  del  vento  e  della  pioggia,  conversare  vaga- 
mente, di  cose  inconcludenti  e  noiose.  -  Raccattare 
una  parola,  raccoglierla  nella  memoria  ;  anche,  pren- 
dere occasione  per  muovere  discorso  con  chi  la 
proferisce.  -  Rinfrancescare,  tornar  col  discorso  a 
cose  ridette,  inutili  o  non  gradite  a  chi  ascolta.  - 
Tener  conversazione,  ricevere  persone  in  casa,  spe- 
cialmente la  sera.  Il  fatto  del  conversare.  -  Tener 
veglia:  tenere  conversazione.  -  Trattenere  una  con- 
versazione, trovare  gli  argomenti  per  discorrere. 

Chi  conversa.  —  Causeur  (frane),  parlatore  ele- 
gante, brioso,  che  intrattiene  piacevolmente,  ma 
talvolta  frivolo,  indiscreto,  superficiale,   non  serio. 

-  Chiacchierone,  ciarlone,  veggasi    a  chiacchiera. 

-  Chiotto,  persona  che  non  prende  parte  al  con- 
versare degli  altri,  e  più  ascolta  che  non  parli,  per 
suo  fine  occulto.  -  Uomo,  persona  ritirata,  che  con- 
versa poco  con  gli  altri. 

Voci  e  locuzioni  varie.  —  Fuoco  di  fila  (figur.), 
l'intrecciarsi,  rapido,  di  botte  e  risposte  con  brio. 

-  Luoghi  comuni,  le  cose  che  tutti  sanno,  i  discorsi 
soliti.  -  Soggetto  di  conversazione,  Vargomento, 
il  tema  dei  discorsi  che  si  fanno.  -  Tono  svogliato 
della  conversazione,  quando  questa  langue. 

C'è  da  pioterei  tessere  su  qualche  conversazione.  - 
Certe  conversazioni  sono  un  tormento,  quando  an- 
noiano rnolto  0  disgustano.  -  E'  cosi  legato  che 
pare  un  collegiale:  di  persona  impacciata  nel  con- 
versate. -  Nasce  un  frale  (scherz.),  quando  in  con- 
versazione a  un  tratto  si  chetano  tutti.  -  Passiamo 
a  una  nota  più  gaia,  invito  a  discorrere  di  cose 
più  divertenti. 

Causeuse    (frane),   specie   di   divano   per    due 


CONVERSEVOLE 


CONVULSAMENTE 


711 


persone,  le  quali  possono  conversare  una  di  fronte 
all'altra. 

Conversevole.  Detto  a  ronversazione. 

Conversióne.  Atto  ed  elletto  del  convertire  e 
del  convertirsi;  mutazione  di  vita,  di  fede,  di 
religione,  da  malo  a  bene  (in  questo  senso  anche 
convertimento,  ftentinìenfo,  resipiscenza).  -  Ui- 
volginiento,  giro  intorno  a  un  centro.  -  Movimento 
di  una  schiera  sul  lianco  destro  o  sul  sinistro.  - 
In  chimica,  l' atto  per  cui  una  sostanza  muta  di 
qualità  o  di  composizione.  -  Come  termine  d'alge- 
bra, veggasi  a  pro2}orzione.  -  Conversione  della 
rendila,  veggasi  a  rendita. 

Convertire,  cambiare,  trasmutare,  mutare. 
Figur.,  volgere;  cambiare  movimento.-  Anche, 
indurre  altri  a  lasciare  una  religione  per  abbracciarne 
un'altra,  ovvero  a  cambiare  in  meglio  il  tenore  di 
vita  (contr.,  pervertire):  condurre  3il)ìo;  emen- 
dare, detergere  la  coscienza  ;  far  ravvedere  ;  far 
rivolgere  la  mente  dal  male  a!  bene;  illuminare; 
persuadere  a  pentimento  ;  rallumare,  ravvivare  ; 
recare  a  penitenza,  recare  a  via  di  salute  ;  rimet- 
tere sulla  buona  strada.  -  Convèrtere,  lo  stesso  che 
convertire,  eccettochè  nel  senso  morale.  -  Ricon- 
vertire, ripete  convertire.  -  Rinvertire,  cambiare  una 
cosa  in  un'altra,  convertendola.  -  Convertibile,  che 
8i  può  convertire  ;  atto  a  rivolgersi,  girevole.  Veg- 
gasi a  proposizione. 

Convertirsi,  passare  da  una  ad  altra  religione, 
dal  m,ale  al  bene:  abiurare,  aprire  il  cuore  a  Dio; 
emendarsi  (veggasi  ad  emendare)  ;  fare  abiura  ; 
pentirsi  (\eggasi  à  pentimento)  ;  ravvedersi  (veg- 
gasi a  ravvedere),  rendersi  a  Dio,  riconciliarsi 
con  Dio,  rifarsi  santo  ;  ritornare,  tornare  alla  grazia 
di  Dio,  a  pace  con  Dio,  nella  misericordia  di  Dio; 
voler  pace  con  Dio.  -  Sulla  via  di  Damasco,  vale 
sulla  via  della  conversione. 

Converso.  Rivolto,  contrario,  opposto.  -  Veg- 
gasi a  convento  e  a  frate. 

Convèrtere.  Detto  a  conversióne. 

Convertibile.  Veggasi  a  conversione  e  a 
2)roposizione. 

Convertimento.  Rivolgimento,  conversione. 

Convertire,  convertirsi  (convertito).  Detto  a 
conversióne. 

Oonvessióne.  Detto  a  liquido.  -  Convessióne, 
0  convezióne,  il  trasporto  operato  da  particelle 
mobili  del  calore  o  dell'elettricità. 

Convessità.  L'essere  convesso. 

Convèsso.  Di  superficie,  di  corpo  più  rile- 
vato nel  mezzo  che  ai  lati  o  intorno;  che  ha  la 
superficie  esteriore  rilevata  o  piegata  in  arco  (contr., 
concavo)  :  a  cupola,  a  coppolato  ;  fatto  a  colmo, 
curvo  ;  fatto  a  schiena  d'asino  ;  gibboso,  gobbo  ; 
inarcato,  scrignuto,  ritondetto,  uinbelicato.  -  Bicon- 
vesso, convesso  verso  l'interno,  da  ambe  le  parti.  - 
Bombe  (frane),  convesso,  a  baule. 

Convessità,  qualità  di  ciò  che  è  convesso;  la 
curva  esteriore  di  un  corpo  tondeggiante  in  fuori  ; 
la  configurazione  esterna  dei  corpi  sf^^rici,  ellittici, 
ecc.  (contr.,  cavità)  :  convesso  (soslan  iv.),  curva- 
tura, curvezza,  gibba.  -  Stozzo,  strumento  per  fare 
la  parte  convessa  a  un  metallo. 

Oonvicino.  Confinante  (veggasi  a  confine),  vi- 
cino. 

Convincente,  convincentemente.  Detto  a 
persuadere. 

Convincere  (convinto).  Dimostrare  ad  alcuno 
un  assunto  in  modo  che  non  possa  ribattere  ra- 
gione :  vincere  nella  discussione  (veggasi  a  discu- 


tere) ;  anche,  infondere  certezza,  e,  in  questo  caso, 
propriamente  persuadere.  -  Provare  ad  altri  il 
suo  delitto,  il  suo  errore,  il  suo  torto.  -  Con- 
vincersi, farsi  una  persuasione,  acquistare  una  cer- 
tezza ;  essere  certo,  persuaso.  -  Convincimento,  il 
convincere    e  il    convincersi.  -  Convinto,  persuaso. 

-  Convinzióne ,  l'effetto  del  convincere  o  dell'essere 
convinto. 

Convinto.  Persuaso  :  veggasi  a  persuadere.  - 
Convinto  dicesi  il  reo,  quando  il  giudice  ne  ha 
dimostrato  la  colpevolezza. 

Convitare  (convitato).  Chiamato  a  convito,  a 
banchetto  ;  far  conviti. 

Convitato.  Detto  a  convito  e  a  banchetto. 

Convito.  Solenne  pasto,  buon  pranzo,  al 
quale  sono  invitate  o  intervengono  spontaneamente 
parecchie  persone:  agape,  banchetto,  cenacolo; 
commensazione,  commessazione  Cin  senso  di  crà- 
pula,' orgia)  ;  convivio,  èpula,  fidizio  ;  mangiare, 
mensa  ;  pappatoria  (scherz.)  ;  simposio,  sissizio  ; 
tinello.  -  Convito  funebre,  un  tempo  molto  usato 
nelle  famiglie,  e  quasi  di  carattere  religioso,  dopo 
0  durante  le  esequie  di  un  morto  ;  pasto  del  morto, 
taffio.  -  Convito  nuziale,  quello  fatto  in  occasione 
di  nozze:  tavola  sposai izia.  -  Convivium,  gran  cena 
presso  i  Latini  (simposio  presso  i  Greci),  diretta  da 
un  rex  o  arbiter  bibendi  (simposiarca,  arcitriclino). 

-  Sacro  convito,    il    sacramento  deìV eucaristia,  - 

Convivale,  conviviale,  di  convito,  appartenente  a 
convito  :  conviviale,  simposìaco. 

Convitare,  chiamare  a  convito,  invitare  a  mensa: 
accogliere  a  tavola,  ainmensare,  apparecchiare; 
corteggiare,  corteseggiare  ;  dar  da  desinare,  dar  de- 
sinare ;  dare  trattamento,  dar  un  pranzo  ;  imban- 
dire, imbandire  la  mensa;  tenere  corte  bandita, 
tener  tavola.  -  Convitante  (non  us.),  chi  ha  convi- 
tato :  anfitrione,  archiconviva,  capo  del  convito, 
convitatore,  dietarca,  imbanditore,  Lucullo,  simpo- 
siarca. -  Convitato,  chi  é  invitato  a  mangiare  in 
casa  d'altri:  commensale,  conviva,  convivante  ;  in- 
vitato, sodale,  tavolante  (e  tavolata  il  complesso 
dei  convitati).  -  Convivare,  essere  commensale.  - 
Venite  a  fare  penitenza  con  me,  locuzione  d'uso,  e 
indica  invito  a  pranzo  fatto  con  modestia. 

Cormo,  il  dio  dei  lieti  conviti:  lo  si  figurava  quale 
giovane  alato. 

Convitto,  convittore.  Veggasi  a  collegio. 

Convivale.  Detto  a  convito. 

Convivare  (convivante).  Detto  a  convito. 

Convivènza.  Atto  del  convivere. 

Convìvere  (convivente,  convivenza,  convissuto). 
Il  vivere  insieme  abitualmente. 

Conviviale.  Detto  a  convito. 

Convocare  (convocante,  convocato).  Invitare, 
chiamare  ad  un'adunanza,  ad  un'assemblea, 
ad  una  seduta  e  simili. 

Convocazióne.  Il  convocare:  appello,  chia- 
ma, chiamata,  convocamento. 

Convogliare  (convogliato).  L'accompagnare, 
il  seguire  checchessia,  il  far  compagnia,  per 
maggiore  sicurezza  di  trasporto,  o  anche  a  titolo 
di  onore. 

Convòglio.  Accompagnamento,  accompagnatura. 
-  Treno  ferroviario. 

Convòlvolo.  Pianta  che  getta  viticci,  si  ag- 
grappa ed  ha  i  fiori  a  campanello  :  vilucchio.  Dà 
il  nome  fconvolvulacee)  a  un  ordine  di  piante  di- 
cotiledoni, erbacee  e  fruttescenti ,  comprendente 
molte  specie. 

Convulsamente.  Detto  a  convulsione. 


712 


CONVULSIONARIO  —  COPERTA 


Convulsionario.  Veggasi  ad  epilessia  e  a 
giansenismo. 

Convulsióne  {convulsivo,  convulso).  Moto  irre- 
golare e  involontario  dei  muscoli  del  corpo,  accom- 
pagnato da  scosse  più  o  meno  violente,  cagionate 
da  irritazione  nervosa  ;  in  termini  scientifici,  forma 
di  movimento  anormale  caratterizzata  da  esaspera- 
zione dell'altività  motoria  (ipercinesi)  e  manifestan- 
tesi  talvolta  con  rapida  alternativa  di  contrazione  e  di 
rilassamento  o  di  flessione  ed  estensione  (convul- 
sione clonica):  accesso  convulsivo  ;  scossa  :  smania, 
smaniamento;  spasimo,  spasmo;  tal'altra  con  contra- 
zione permanente  (convulsione  tonica). 

Benedetto  (volgarm.),  leggiera  convulsione  da  cui 
sono  presi  talvolta  i  bambini.  -  Corpologia,  movi- 
mento convulsivo  delle  dita.  -  Clorasmo,  movimento 
convulsivo  irregolare  e  tumultuoso.  -  Convulso, 
forma  di  disturbo  affine  alla  convulsione,  ma. meno 
?i)lonto.  -  Corea  {ballo  di  San  Vito,  ballismo,  core- 
mania,  morbo  gesticolatorio),  ipercinesi  caratterizzata 
da  vari  ed  opposti  movimenti  di  pochi  o  molti 
gruppi  muscolari.  -  Crampo,  contrazione  convulsiva. 
-  Eclampsia  puerperale,  affezione  determinata  da  una 
serie  di  convulsioni  toniche,  poi  cloniche,  con  per- 
dita dell'intelligenza  e  dei-  sensi,  simile  ad  accesso 
epilettico.  -  Epilessia,  nota  malattia  caratterizzata 
da  (;onvulsioni.  -  Morbo  comiziale,  nome  dato  dai 
Romani  all'epilessia.  -  Prosopalgia,  tic  doloroso 
della  faccia:  -  Riso  sardonico,  specie  di  convulsione 
che  contrae  dall'una  e  dall'altra  parte  i  muscoli 
delle  labbra,  così  chiamata  perchè  somiglia  all'ef- 
fetto che  produce  un'erba  che  nasce  in  Sardegna: 
quest'erba,  simile  alla  cedronella,  contrae  i  mu- 
scoli di  chi  la  mangia  e  determina  nella  morte  un 
riso  spasmodico. 

Singhiozzo,  sospiro  convulsivo  e  raddop- 
piato. -  Tètano,  convulsione  che  irrigidisce  i  mu- 
scoli. -  Trisma,  trismo,  spasmo  tetanico  dei  muscoli 
elevatori  della  mascella  inferiore.  -  Tic,  o  ticchio, 
movmiento  convulsivo  abituale:  forma  morbosa  ca- 
ratterizzata da  moti  convulsivi  clonici  e  tonici  dei 
muscoli  mimici. 

Convulsamente,  in  modo  convulsivo,  con  convul- 
sione. -  Convulsivo,  di  convulsione;  che  dà  con- 
vulsione 0  da  essa  deriva:  convulso,  epilettico, 
spasi moso,  spasmodico,  spasmoso.  -  Convulsivi,  gli 
agenti  che  aumentano  la  irritabilità  delle  fibre  mu- 
scolari e  che,  ad  alta  dose,  provocano  contrazioni 
spasmodiche  passeggere  o  convulsioni.  E  convulsivi 
stupefacenti  si  chiamano  gli  agenti  che  determinano 
la  perdita  dell'intelletto  e,  di  solito,  producono 
convulsioni.  -  Convulso,  che  ha  convulsione,  preso 
da  convulsioni  (figur.,  di  stile  disordinatamente 
concitato). 

Antispasmodici,  denominazione  generica  dei  me- 
dicamenti, dei  rimedi  che  si  impiegano  contro  le 
affezioni  convulsive,  le  contrazioni  anormali,  spa- 
smodiche, dei  muscoli.  Tali:  Vacqua  antisterica, 
Vaconito,  la  belladonna,  i  bromuri,  il  laudano,  la 
melisma,  la  morfina,  l'oppio,  il  giusquiamo,  lo  stra- 
monio, la  valeriana,  ecc. 

Convulsivo.  Detto  a  convulsióne. 

Conzo.  Vecchia  misura  veneta. 

Coobatore,  coobazióne.  Veggasi  a  distilla- 
zione. 

Coonestare  {coonestamento ,  coonestato).  Dare 
apparenza  di  attesto;  far  riconoscere  tale.  -  An- 
che, giustificare. 

Cooperare  (cooperato,  cooperatore).  Aiutare, 
dare  aiuto  all'opera,  al  lavoro  d'altri  ;  concorrere 


ad  un  effetto:  avere,  prendere  parte  ;  coadiuvare 
coaiutare,  collaborare;  dar  mano,  prestar  mano, 
intervenire.  -  Nell'uso  teatrale,  prestarsi  gentilmente 
significa  cooperare  ad  una  rappresentazione  o  si- 
mili, a  benefìcio  altrui.  -  Cooperatore,  chi  coopera, 
collabora:  aiutatore,  coadiutore.  Chi  è  membro  di 
una  società  coperativa. 

Cooperativa,  cooperativo.  Veggasi  a  so- 
cietà (cooperativa). 

Cooperazióne.  Azione  del  cooperare,  del  la- 
vorare insieme  :  aiuto,  collaborazione,  concorso  ; 
intervenimento,  intervento,  intervenzione  ;  sinergia. 

Funzione  ed  essenza  di  un'associazione  cooperativa, 
fondata  sulla  mutualità  ed  avente  per  iscopo  non 
la  speculazione,  ma  il  mutuo  aiuto  o  il  vantaggio 
di  tutti  i  partecipanti  (per  maggiori  particolari 
veggasi  a  società). 

Coordinare  (coordinato,  coordinazione).  Met- 
tere in  ordine;  ridurre  in  un  solo  ordine  più 
cose. 

Coordinata.  Termine  di  geometria. 

Coordinazióne,  il  coordinare  :  veggasi  a  o»*— 
dine. 

Coorte.  Riparto  di  milizia.  -  Parte  dell'antica 
legione  romana.  -  Manipolo,  schiera. 

Copa.  Veggasi  ad  elegìa. 

Copalve.  Veggasi  a  trementina. 

Copale.  Detto  a  rèsina. 

Coperchiare  (coperchiato).  Mettere  il  coper- 
chio. 

Copèrchio.  Arnese  che  serve  a  coprire  vasi, 
oggetti  di  cucina  e  altro  :  chiusa,  chiusino,  chiuso, 
copertoio,  copertorio,  copertura,  coverchio,  cover- 
toio,  covertura  ;  mezzuglio.  Nei  vasi  di  cucina,  il 
coperchio  è  una  lamina  circolare  di  rame,  di  ferro, 
0  di  terra,  largo  poco  più  che  la  bocca  del  vaso, 
e  che  serve  a  coprirlo  semplicemente  o  anche  a 
chiuderlo.  I  coperchi  di  rame  hanno  un  manico 
laterale  lungo,  di  ferro,  munito  di  occhio,  per  es- 
sere appesi  a  chiodi  o  ad  arpioni  ;  i  coperchi  di 
terracotta  hanno  una  piccola  presa,  generalmente 
in  forma  di  grosso  bottone  o  di  palla  che  sorge 
sul  mezzo  della  loro  parte  superiore  alquanto  rile- 
vata. Il  coperchio  dicesi  pure  testo  e  copricella, 
quando  sia  di  terracotta;  se  di  rame,  sempre  co- 
perchio. -  Coperchio  piano,  quello  che  si  posa  sem- 
plicemente sopra  la  bocca  dei  vasi,  per  coprirla  in 
tutto  0  in  p:irte  :  ha  il  manico  diritto,  ovvero  una 
maglia  ferma  sulla  parte  superiore.  -  Coperchio  da 
serrare,  quello  il  cui  margine  è  intorno  intorno  ri- 
piegato a  squadra,  e  calza  bene  alla  bocca,  agguan- 
tandola per  di  fuori,  ovvero  imbocca  in  esso  giu- 
sto giusto,  se  il  coperchio  è  di  rame;  o  lento  e 
agevole,  se  è  di  terra,  con  battente.  -  Copertola,  co- 
perchio molto  grande.  -  Tcgghia,  vaso  di  terra,  o 
di  ferro,  con  il  quale  si  copre  il  tegame. 

Coperchiare,  mettere  il  coperchio,  coprire,  cuo- 
prire,  coverchiare,  incoperchiare.  stufare  -  Levare 
il  coperchio,  detto  di  vasi  da  cucina,  toglierne  il 
testo  0  la  copricella  dalla  bocca  :  scoperchiare,  sco- 
prire, scoverciare  (scoperchiatura,  scoverchiatura). 
-  Mettere  il  coperchio,  chiudere  la  bocca  del  vaso 
col  coperchio,  o  testo  o  copricella  che  sia. 

Copèrta.  Il  panno,  il  drappo  o  altro  che  si 
mette  sul  letto  o  sulla  persona,  sulla  schiena  d'un 
cavallo,  ecc.,  per  coprire  o  coprirsi  :  coltra, 
coltre,  coltrone,  copertura,  coverta.  La  coperta  da 
letto  è  un  panno,  per  lo  più  di  cotone,  a  opera,. 
0  fatto  ad  uncinetto,  che  si  suol  porre  sopra  tutti 
gli  altri  copertoi,  cioè  lenzuola,  coltrone,  panno  di 


COPERTA    —    COPPA 


713 


lana,  ecc.  D'estate,  la  coperta  si  usa  anche  di  cambrì 
operato,  e  anche  di  seta.  In  tutti  i  casi,  ha  la  balza 
e  un  penero  torno  torno,  fuorcliè  da  capo.  -  Boi'.- 
casino,  panno  da  coltri.  -  Coltre,  nel  signiTicato  di 
coperta  da  letto,  si  dice  ben  di  rado  in  Toscana, 
poiché  con  tal  voce  si  indica  più  specialmente  quel 
drappo  nero  col  quale  si  usa  coprir  la  bara  o  i 
carri  funebri,  nel  portare  i  morti  alia  chiesa  o  alla 
sepoltura.  -  Coltroncino,  piccolo  collrone  e  an(;lie 
piccola  coperta  scempia,  ma  alquanto  grave,  per  lo 
più  orlata,  che  si  pone  sul  letto,  sopra  tutte  le  al- 
tre, e  ricopre  solamente  le  gambe  e  i  piedi.  Può 
anche  essere  semplice  diminutivo  di  coltrone;  col- 
trone più  leggero  o  piccoletto.  -  Coltrone,  coperta 
da  letto  doppia,  cioè  fatta  di  due  panni,  o  lini,  o 
altro,  fra  i  quali  è  trapuntata  della  bambagia.  - 
Coperta  di  lana,  quella  fatta  di  questa  materia, 
garzata,  ma  non  cimata,  e  perciò  con  pelo  lun- 
ghetto, folto,  accotonato,  che  nasconde  interamente 
le  fila  del  tessuto.  In  Piemonte  detta  catalogna.  - 
Coperte,  in  plurale,  termine  collettivo,  e  comprende 
quanto  si  ha  sul  letto,  a  uso  di  ricoprirsi,  dalle 
lenzuola  in  fuori,  -  Copertdla,  copertina,  veggasi 
più  innanzi,  a  coprire.  -  Copertoio:  i  contadini  di 
alcune  parti  di  Toscana  chiamano  cosi,  anche  oggi, 
una  grossa  coperta  da  letto.  Ha  in  tal  senso  molti 
esempi  ;  ma  non  é  più  dell'uso  cittadino.  -  Coper- 
tone, grande  e  grossa  coperta  che  si  stende  sopra 
un  carro  e  simili,  per  difendere  dalla  pioggia  le 
cose  caricate.  -  Gualdrappa,  coperta  che  si  stende 
sulla  sella  del  cavallo.  -  MantelUno,  coperta  da  bam- 
bino. -  Pannolano,  coperta  di  panno  di  lana  che 
si  mette  sul  letto  ;  per  estens.,  coperta  di  cotone.  - 
Sargi,  coperta  ordinaria  da  letto,  di  cotone,  a  righe 
varie  e  con  frangia.  -  Velamtnto,  velame,  detto  a 
velo. 

Copèrta.  La  parte  superiore  e  scoperta  d'una 
nave.  -  Figur.,  jn-etesto^  scusa. 

Copertamente.  Di  nascosto,  segretamente,  in 
segreto. 

Oopertella.  Qualunque  cosa  serva  a  coprire  un 
mobile. 

Copertina.  La  fodera  di  libro,  il  ritaglio  di 
tessuto  0  d'altro  che  si  mette  su  un  mobile. 

Coperto.  Participio  di  coprire.  -  Posto  ap- 
parecchiato a  mensa  per  ciascun  invitato.  -  In 
linguaggio  militare,  relazione  diretta  fra  l'uomo  di 
prima  riga  e  quello  di  seconda.  -  Essere  al  co- 
perto, essere  al  sicuro. 

Copertóio.  Cosa  che  serve  a  coprire. 

Copertóne.  Grossa  coperta. 

Copertura.  Copri  mento:  cosa  che  serve  a  co- 
prire, ad  avvòlgere,  talvolta  |provvisoriamente  : 
cojjèrchio,  copèrta,  fodera,  involucro,  rin- 
voltura. 

Copia.  Riproduzione  di  scritto,  di  disegno  e 
simili  ;  riproduzione  del  cosidetto  originale  :  dupli- 
cato, fac-simile  ;  ricopia,  ricopiatura,  ritratto  ;  tra- 
scrizione. -  Anche,  imitazione.  •  Copia  conforme, 
formola  adoperata  nelle  copie  di  scritture,  per  in- 
dicare che  la  firma  non  è  originale.  -  Copia  di 
scritto,  di  scrittura:  copiato,  duplicato;  trascritto, 
trascrizione.  -  Copia  d'una  pittura,  d'una  scultura 
e  simili:  imitazione,  riproduzione;  pittura,  scul- 
tura non  di  propria  invenzione,  ma  ricavata  dal- 
l'orignale. 

Contraffazione,  copia  abusiva,  con  imitazione  della 
scrittura  o  dell'impressione.  -  Copione,  copia  di  la- 
voro teatrale  (commedia,  dramma,  tragedia,  ecc.).  - 
Doppio,  duplicato,  raddoppiato,  di   scritto,   registro 


e  simili  di  cui  si  abbiano  due  copie.  -  Esemplare, 
ciascuna  copia  stampata  di  un  libro.  -  Facsimile, 
imitazione  u  copia  esatta,  impressa  o  incisa,  di  un 
breve  scritto,  o  di  un  brano  di  scrittura,  della 
firma  di  alcuno,  e  specialmente  di  riputato  scrit- 
tore. -  Innanzi,  l'esemplare  d'una  cosa  da  copiare. 

-  Minuta,  scritto  originale  sul  quale  si  fanno  tutte 
le  copie.  -  Originale,  lo  scritto,  il  disegno,  ecc., 
sul  (juale  si  fa  la  copia.  -  Prova,  copia  di  stampa 
che  si  dà  a  leggere  e  a  correggere  :  bozza,  stam» 
pone.  -  Triplicata,  terza  copia. 

Copiare,  ritrarre  una  o  più  copie  dall'on^ma/tf  : 
fare,  pigliare,  trarre  copia;  levare;  rescrivere,  ri- 
scrivere; ricavare,  ricopiare,  rilevare;    trascrivere. 

-  Figur.,  prendere  da  allri  quasi  alla  lettera  -  Co- 
piatura, atto  ed  elTetto  del  copiare.  -  Playio,  reato 
di  chi  copia  scritti  letterari!  altrui,  lavori  musicali 
o  simili,  dandoli  per  propri. 

Collazionare  {collazióne),  verificare  Tesa I  tozza, o 
meno,  di  una  copia  con  l'originale.  ■  Copiare  alla 
lettera,  senza  cambiar  nulla,  senza  far  di  suo.  - 
Copiare  un  disegno,  decalcare,  rilevare,  riportare, 
ritrarre,  togliere  dal  modello.  -  Copiare  uno  scritto, 
trascriverlo.  E  perchè  figuri  meglio  :  mettere  a 
buono,  al  pulito,  in  bella  copia,  in  netto,  in  pu- 
lito. -  Lasciare  in  bianco,  di  compositori  e  copisti 
che  omettono,  nel  trascrivere,  qualche  brano.  - 
Sopraccopiare,  copiar  di  sopra.  -  Vidimare,  colla- 
zionare e  mettere  il  visto,  per  certificare  che  la  co» 
pia  è  conforme  all'originale. 

Copiato  (participio  e  aggett.),  cavato,  estratto, 
fatto  per  copia,  tratto.  -  Antigrafo,  che  non  è  ori- 
ginale, ma  copiato.  -  Apògrafo,  copiato  dall'ori- 
ginale. 

Chi  copia.  —  Amanuense,  colui  che,  prima  del- 
l'invenzione della  stampa,  riproduceva  le  copie 
di  un  libro,  di  un  manoscritto.  -  Antiquario,  colui 
che,  prima  dell'invenzione  della  stampa,  lavorava 
a  copiare  gli  antichi  codici.  -  Copiatore,  chi  copia, 
specialmente  di  cose  d'  arte.  -  Copista,  chi  copia, 
per  professione,  scritture,  codici,  musica,  ecc.  •  60- 
pisteria,  luogo  dove  si  copiano,  a  prezzo,  scritture 
e  più  specialmente  musica;  l'ufficio  dei  copisti. 

Cose  e  arnesi  per  copiare.  —  Copiativo,  di  in- 
chiostro  o  di  matita,  che  lascia  riprodurre  la 
scrittura  su  altra  carta  e  serve  specialmente  a  ri- 
copiar gli  scritti  col  copialettere  a  macchina.  -  Ci- 
clostile,  sorta  di  poligrafo  nel  quale,  i»er  mezzo  di 
un'asticciuola  a  punta  metallica,  si  incide  ai?a  carta 
preparata.  -  Copialettere,  veggasi  a  questa  voce.  -  Ho- 
grafo,  macchina  per  copiare.  -  Pantografo,  strumento 
che  serve  a  copiare  meccanicamente  i  contorni  di  qua- 
lunque disegno,  sia  in  grandezza  naturale  che  su  altra 
scala.  -  Poligrafo,  apparecchio  fatto  con  pasta  di 
colla  di  pesce  e  glicerina:  serve  a  trarre  copie.  - 
Papinografia,  processo  di  copiatura  per  moltiplicare 
manoscritti  e  disegni  mediante  un  inchiostro  spe- 
ciale. 

Copia.  Esemplare  di  un  libro. 

Còpia.  Dovizia,  abbondanza. 

Copialettere.  Registro  di  commercio,  nel 
quale  si  tiene  copia  delle  lettere  scritte.  -  Macchi- 
netta per  riprodurre  una  lettera. 

Copiare  {copiato).  Trascrivere  letteralmente, 
far  copia. 

Copiosamente.  In  abbondanza. 

Copiosità.  Grande  abbondanza. 

Copióso.  Abbondévole,  in  abbondanza. 

Copista,  copisteria.  Veggasi  a  copia. 

Còppa.  Sorta  di  bicchiere,  di  vaso  in  forma 


714 


COPPA    —    COPRIRE 


di  cono  rovesciato.  -  Carchesio.  coppa,  usata  dagli 
antichi  Greci,  con  due  manichi,  più  larga  di  bocca 
che  di  fondo.  -  Cilice,  specie  di  coppa  a  due  ma- 
nichetti,  con  piede  svelto  e  grazioso.  -  Coppella,  pic- 
cola coppa  0  vasétto,  fatto  per  lo  più  di  cenere  di 
corna,  o  di  ossa  d'animali  macinate,  per  cimentarvi 
(separando,  per  mezzo  del  fuoco,  le  impurità)  Var- 
gento  e  Yoro  :  e  coppellare,  la  relativa  operazione, 

-  Plateau,  frane,  per  vassoio,  piatto,  guantiera, 
coppa. 

Coppa.  La  parte  posteriore  della  testa.  -  Mi- 
sura abruzzese,  eguale  ad  are  12|H.  -  Lettera  del- 
l'antico alfabeto  greco,  rappresentante,  come  nu- 
mero, il  90.  -  Veggasi  a  fontana» 
'  Coppàia.  Sorta  di  macchina  per  tornire:  veg- 
gasi a  tornio.  -  Orciaia  :  veggasi  a  olio. 

Coppàie.  Detto  a  rèsina. 

Copparòsa.  Nome  dato  dagli  antichi  chimici 
ad  alcuni  solfati  metallici. 

Copparòsa.  In  patologia,  neoplasia  dei  vasi  e 
del  tessuto  connettivo  che  scambiasi  frequentemente 
coll'acne  disseminato  e  ha  sede  sul  naso,  sulla 
fronte,  sulle  guancie  e  sul  mento. 

Coppe.  Uno  dei  quattro  semi  delle  minchiate: 
veggasi  a  carte  da  giuoco. 

Ooppàu.  Detto  a  gomma  e  a  rèsina. 

Coppèlla.  Detto  a  còppa. 

Coppellare  {coppellato,  coppellazione).  Cimen- 
tare Vargento  e  Voro  nella  coppella. 

Coppellazióne.  Il  coppellare. 

Coppétta.  Specie  di  campanella  di  vetro,  che 
si  applica,  su  di  una  parte  qualunque  del  corpo, 
dopo  di  aver  fatto  il  vuoto  nel  suo  interno,  con  lo 
scopo  di  richiamare  nella  parte  un  maggiore  af- 
flusso di  sangue.  Si  distingue  la  coppella  secca  e 
quella  scari jicata. 

Coppia.  Due  cose  insieme,  un  paio  :  accòzzo, 
ambo;  di  cavalli,  pariglia.  -  In  meccanica,  sistema 
di  due  forze  parallele.  -  In  elettricità,  sinonimo  di 
elemento  di  pila.  -  A  coppia,  uno  accanto  all'altro. 

-  A  due  a  due,  di  cose  accoppiate.  -  Abbinare,  ap- 
paiare, accoppiare,  mettere  in  coppia.  -  Appicciare, 
mettere  le  cose  a  picele,  a  coppie.  -  Copulare,  ac- 
coppiare, procurare  la  còpula  dei  bruti  per  la  ge- 
nerazione.   -    Riaccoppiare,    ripete    accoppiare. 

Coppière.  Chi  mesce  da  bere  alla  mensa  dei 
grandi  ;  bottigliero,    coppiere,   mescitore,  pincerna. 

-  Servir  di  coppa,  servir  la  tavola,  fare  da  cop- 
piere. 

Coppiola.  Due  coipi  di  fucile  tirati  uno  dopo 
l'altro,  immediatamente.  -  Difetto  di  un  tessuto  per 
essere  in  qualche  punto  rimasto  addoppiato  il  filo. 
di  ripieno. 

Coppo.  Orcio,  vaso  da  olio.  -  Misura  da 
grano. 

Copra.  Polpa  della  noce  di  cocco. 

Copragógo.  Rimedio  che  agisce  da  pur- 
gante. 

Coproscitlco,  coprolito.  Veggasi    a  sterco. 

Coproeniési.  Detto  a  vòmito. 

Coprofagia.  Pervertimento  del  gusto. 

Coprostasi.  Detto  a  defecare. 

Copribusto.  Sorla  di  corpetto,  di  camiciolina, 
portalo  dalle  donne  sul  busto:  carnicina.  Nell'uso, 
sottovita. 

Copricapo.  Copertura  per  il  capo,  per  la  te- 
sta: berretto,  cappello,  cuffia,  ecc.  -  Clapca, 
sorta  di  copricapo  usalo  in  Polonia.  -  Papalina, 
sorta  di  ber  reità  tonda  che  si  porla  in  casa. 

Ooprifu  oco.  Il  cenno  che  si  dava  la  sera,  con 


una  campana  o  con  una  tromba,  perchè  si  spegnes- 
sero i  fuochi  e  si  rincasasse. 

Coprimento.  Il  coprire. 

Coprire  (coprimento,  coperto,  copertura).  Met- 
tere una  cosa  sopra  a  un'altra,  ripararla  perchè  la 
nasconda  o  la  difenda  :  ammantare,  celare,  circon- 
dare (figur.)  ;  coperchiare  (mettere  il  coperchio), 
covertare,  covrire,  cuoprire;  far  velo,  nasconde- 
re, occultare  ;  porre  il  coperchio  ;  occupare  ;  rico- 
prire, ricovrire,  ricuoprire  ;  smaltare,  coprire  di 
smalto,  turare  (veggasi  a  chiudere)  ;  velare,  ve- 
stire. Contr.,  scoprire.  -  Detto  di  vasi  da  cucina 
coprire  vale  chiuderne  la  bocca  col  copercJiio,  ac- 
ciocché le  vivande  cuociano  al  più  presto,  non  ne 
svapori  il  liquido  e  rimangano  più  saporite.  Dicesi 
anche  delle  vivande  stesse.  -  Di  vesti  o  di  panni 
da  letto,  difendere  il  corpo  dal  freddo  o  dall'  im- 
pressione dell'aria.  -  In  linguaggio  militare,  frap- 
porre impedimento  perchè  il  nemico  non  possa  né 
vedere,  né  offendere. 

Armatura,  ciò  che  in  certi  casi  (costruzioni,  fab- 
briche e  simili)  serve  a  coprire,  a  parare,  a  pro- 
teggere. -  Bacucco,  arnese  di  j)anno  che,  messo  in 
capo  a  uno,  serve  a  coprirgli  il  volto.  -  Baldacchino, 
arnese  di  chiesa;  sopraccielo  di  letto.  -  Calotta, 
cappuccio,  ecc.,  coperture  della  testa.  •  Copertella, 
copertina  con  la  quale  si  coprono  le  sedie,  le  pol- 
trone, ecc.,  per  ripararle  dalla  polvere.  -  Coperta, 
veggasi  a  questa  voce.  -  Copertina,  la  fodera  di  un 
libro  ;  il  ritaglio  di  un  tessute  che  si  mette  sui 
mobili,  per  difenderli  dal  tocco  di  chi  vi  si  appog- 
gia :  veggasi  a  mobile.  -  Copertoio,  arnese  atto 
a  coprire  checchessia.  -  Copertura,  il  coprire  e  la 
cosa  con  cui  si  copre.  -  Crosta,  materia  durachc 
ne  copre  una  più  molle.  -  Cùpola,  costruzione 
fatta  per  copertura  di  edifìci,  per  lo  più  sacri.  - 
Fòdera,  tela,  panno,  pelle  concia,  ecc.  per  ricoprire 
alcune  cose  (fodera  dell'ombrello)  o  rivestirne  al- 
tre (fodera  della  veste).  -  Ombrello,  noto  arnese 
per  mettersi  al  coperto  della  pioggia.  -  Opèrcolo,  co- 
perchio della  conchiglia.  -  Parafuoco,  dello  a 
fuoco.  -  Paralume,  veggasi  a  lume.  -  Portico, 
costruzione,  per  lo  più  intorno  o  ai  lati  d'un  cor- 
tile, dove  si  sta  al  coperto.  -  Schermo,  difesa,  ri- 
paro. -  Tegumento,  ciò  che  copre  come  una  metn- 
bruna.  -  Tenda,  tela  che  si  stende  per  ripararsi 
dal  sole,  dalla  luce,  dalla  pioggia,  dall'aria.  -  Tetto: 
dicesi  alle  volle,  figuratam.,  per  copertura.  -  Tra- 
sparente, dello  a  tenda.  -  Velo,  leggerissima  stoffa 
che  copre,  non  nascondendo  completamente. 

Affogare,  soffocare  (figur.),  coprir  troppo.  -  Co- 
prire, cuoprire  un  ufficio,  una  cattedra,  le  spese,  in- 
vece di  tenere  una  cattedra,  rifarsi  delle  spese.  -  Im- 
bacuccare, mettere  il  bacucco.  -  Incannucciare,  co- 
prire di  canna,  con  canne,  con  cannucce.  -  In- 
vòlgere, avvòlgere,  coprire  con  involucro  ;  fare  un 
invòlto.  -  Mascherare  (figur.),  coprire  la  faccia  con 
maschera;  nascondere;  anche,  fingere,  nascon- 
dere un  pensiero,  un'intenzione.  -  Palliare,  cercar 
di  coprire  e  rendere  meno  sgradita  una  cosa  vi- 
ziosa (palliativo,  ciò  che  si  adopera  all'uopo).  - 
Ricoprire,  ripete  coprire.  -  Riparare,  mettere  a  ri- 
paro, coprire,  difendere.  -  Rivestire,  coprire  una 
materia,  un  oggetto  con  altra  materia  (es.,  smal- 
tare; coprire  di  smallo).  -  Seppellire,  coprire  di 
terra.'-  Verniciare,  coprire  di  vernice.  -  Turare, 
tappare,  coprire;  chiuder  bene  con  turo  o  turac- 
ciolo (il  fiasco,  la  bottiglia,  un  buco,  ecc.). 

C-^prirsi,  mettersi  addosso  un  abito,  una  veste, 
un  mantello,  un  soprabito  e  simili;  nascondere 


COPRIRE   —  coRAnnio 


715 


la  nudità,  il  mido.  Anche,  mettersi  in  testa  ber- 
retto, capjH'llo,  cuffia,  ecc.  Oltre  il  coper- 
chio propriamente  detto,  molti  altri  arnesi,  molti 
altri  oggetti  servono  a  coprire  ;  e  si  hanno  il  co- 
pripiottì  (veggasi  a  piatto),  il  copripiedi  (veggasi 
a  letto),  il  coprihuslo,  ecc.  -  [mbncurcarsi,  mettersi 
il  bacucco,  coprirsi  col  bacucco.  -  Scoprirsi,  contr. 
di  coprirsi. 

CoPKBTo,  participio  di  coprire:  ammaiato,  avvi- 
luppato; bendato  (coperto  con  benda);  cosparso 
(coperto  di  polvere,  ecc.),  scurato  (coperto  d'om- 
bra), smallato,  velato.  Contr.,  scoperto.  -  Essere 
tutto  wi  pizzo,  un  celiato,  ecc.,  essere  tutto  co- 
perto di  pi^zi;  di  velluto,  ecc.  -  Sparire  sotto  un 
tappeto  di  loglie,  di  fiori,  esserne  tutti  coperti. 

Copritura.  L'azione  del  coprire. 

Copto.  Vtggasi  a  cristianesinìo. 

Copula.  Congiungimento  dei  bruti  per  la  ge~ 
iterazione.  -  In  logica,  il  nesso  fra  il  predicato 
e  il  soggetto.  E  copulativo,  ciò  che  serve  di  nesso. 

Copulare  (copulato).  Procurare  la  còpula  per 
la  generazione. 

Copulazióne.  In  botanica,  la  forma  più  sem- 
plice di  propagazione  sessuale  :  si  verifica  in  certe 
piante  crittogame.  -  Il  matrimonio  ecclesiastico. 

Coracina.  Detto  a  corvo. 

Coraco-brachiale.  Muscolo  del  braccio,  che 
nasce  dalla  sommità  dell'  apofìsi  caracoidea  della 
scapola  e  finisce  verso  la  metà  della  faccia  interna 
dell'omero. 

Cora^g'io,  Disposizione  dell'animo  per  la  quale 
si  compiono  cose  ardite,  grandi,  noncurando  il 
pericolo,  il  male;  forza  e  sicurezza  d'animo 
nell'afirontare  le  difficoltà,  gli  sbaragli,  per  rag- 
giungere un  lodevole  scopo:  animo,  animosità,  ar- 
dimento, ardire,  arditaggio  (v.  a.);  bravura;  buon 
ardire  ;  coraggiosità,  core  ;  fidanza,  franchezza,  in- 
trepidezza, prestezza  ;  sicuranza  (v.  a.)  ;  sicurezza, 
sicurtà,  spirito  ;  valore,  vigore.  -  Coraggio  brutale, 
senza  pietà.  -  Coraggio  civile,  ^quello  che  spinge 
l'uomo  a  valorose  prove  per  la  difesa  del  diritto, 
per  il  bene  del  suo  paese.  Anche,  la  forza  d'animo 
che  sostiene  nell'affrontare  il  pubblico  disprezzo  o 
la  noncuranza  o  l'impopolarità,  facendo  opera  buo- 
na, dicendo  il  vero.  -  Ironie,  un  qualunque  tristo 
coraggio.  -  Coraggio  eroico,  supremo,  da  eroe.  - 
Coraggio  leonino,  coraggio  grande  e  impetuoso, 
quasi  da  leone. 

Ardimento,  ardire,  arditezza,  forma  audace  di 
coraggio;  coraggio  di  tentar  cose  rischiose.  -  Au- 
dacia, quando  il  coraggio  eccede  o  è  malamente 
usato;  ardire  soverchio  e  inconsulto;  avventatàg- 
gine, avventatezza;  folle,  stolto  ardimento  ;  spaval- 
deria, -  Avvenlaidggine,  avventatezza,  atto,  carattere 
della  spensieratezza,  più  che  del  coraggio.  - 
Baldanza,  ardimento  e  sicurtà  d' aiiimo.  ■  Gran- 
de fiducia  nelle  proprie  forze  che  si  mani- 
festa in  parole  e  in  tentativi  arditi  :  baldezza  ; 
franchezza,  fidanza.  Anche,  audacia.  -  Bravura,  di- 
sposizione dell'animo  ad  affrontare  risolutamente  i 
pericoli.  -  Eroismo,  ciò  che  costituisce  il  carattere 
dell'eroe;  atto,  virtù  da  eroe.  -  Fegato  (figur.),  co- 
raggio, ardimento,  audacia.  Nello  stesso  senso  e 
pure  figur.,  stomaco.  -  Grandezza  d'animo,  virtù 
che  sprezza  i  pericoli  e  non  cura  le  cose  che  atti- 
rano la  moltitudine. 

Iattanza,  audacia  baldanzosa,  vanagloriosa:  mil- 
lanteria. -  Improntitudine,  atto  audace,  esigenza, 
pretesa  ingiusta  e  pericolosa  :  indiscrezione.  - 
Intrepidezza,  intrepiditd,    gran    forza    d'animo,  co- 


raggio a  tutta  prova.  -  Levatura,  bravura  di  co- 
raggio, di  fortezza,  d'ingegno.  -  Prodezza,  valore, 
valentia  ;  opera  da  prode  ;  azione  generosa  ;  va- 
lentia, valoria  (disus.).  -  Sangue  freddo,  nell'uso,  il 
coraggio  unito  alla  calma;  il  coraggio  di  chi  non 
si  turba  davanti  ai  pericoli,  alle  difficoltà,  ecc. 

Spirito,  intelletto,  ingegno,  coraggio,  vigore.  - 
Slrenuitd,  qualità  di  chi  o  di  ciò  che  è  strenuo, 
valoroso.  -  Temerità,  coraggio  eccessivo,  pazzesco, 
cieco;  anche,  impudenza.  -  Valore,  bravura 
militare  che  consiste  nell'  animo  intrepido,  nelle 
membra  forti  e  nella  disciplina  costante;  coraggio 
aggiunto  ad  abilità  nell'uso  delle  armi-.  -  Valoria, 
abitudine  del  valore  continuato.  -  Veemenza,  im,- 
peto  focoso  di  chi  move  coraggiosamente  contro 
un  pericolo,  un  ostacolo. 

Coraggiosamente,  con  coraggio,  animosamente, 
arditamente,  audacemente,  a  viso  aperto,  baldamente, 
bravamente;  francamente;  impavidamente,  intrepi- 
damente; prodemente,  strenuamente;  valentemente, 
valorosamente.  -"  A  viso  aperto,  con  fermo  coraggio, 
senza  rispetto  umano  o  paura.  -  Eroicamente,  da 
eroe,  con  grande  coraggio.  -  Temerariamente,  con 
temerità.  -  Valorosamente,  con  valore.  •  Veemente- 
mente, con  impeto  e  audacia. 


Coraggioso.  —  Figure  di  persone  coraggiose. 


Coraggioso,  chi  ha  coraggio,  che  è  dotato  di  co- 
raggio: animoso,  ardimentoso,  ardito;  baldo;  d'a- 
nimo invitto  ;  di  grande,  di  sicuro  animo  ;  forte, 
franco;  impavido,  imperterrito,  intimido,  intrepido  ; 
sicuro,  sprezzatore  di  pericoli  ;  strenuo.  -  Ardito, 
chi  ha  prontezza  d' animo  nell*  intraprendere  cose 
difficili  e  pericolose.  -  Arditello,  ardttuccio,   dimia. 

-  Arrischiato,    pieno    di    ardimento,    di    coraggio. 

-  Audace,  molto  o  eccessivamente  ardito  ;  che  ha 
audacia.  •  Avventato,  precipitosamente  e  inconside- 
ratamente ardito.  -  Baldanzoso,  baldo,  che  ha  o 
dimostra  baldanza.  Dimin.,  baldanzosetto.  -  Bravo, 
animoso,  valoroso.  -  Eroe,  uomo  straordinaria- 
niente  coraggioso  in  imprese  virtuose.  -  Eroina, 
donna  di  virtù  eroica.  -  Gagliardo  (sottinteso  d'a- 
nimo), pieno  di  coraggio.  -  Impàvido,  che  affronta 
con  sicurezza  il  pericolo,  che  non  ha  ombra  di 
paura  :  imperterrito.  -  Intrepido,  che  non  trema, 
non  ha  paura,  non  si  lascia  commuovere  da  peri- 
coli 0  da  minacele.  -  Prode,  valoroso;  dotato  di  bra- 
vura, di  accortezza  e  di  prudenza  insieme.  -  Strenuo, 
bravo,  prode,  valoroso,  vigoroso,  ardimentoso.  - 
Temerario,  troppo  ardito,  eccessivamente,  irragio- 
nevolmente audace  ;  anche,  impudente.  -  Valente, 
prode,  coraggioso,  aitante,  abile,  capace,  insieme.  - 
Valoroso,  che  dimostra  quella  specie  di  valore 
ch'è  accompagnato  dal  coraggio. 

Anima  buscherona,  di  persona  audace  e  con  ten- 
denza a  fare  cose  strane.  -  Cuor  di  leone,  cuore  di 
Oliando:  dicesi  di  persona  coraggiosissima.  -  Falco 
(figur.),  persona  ardita,  ma  piuttosto  in  senso  cat- 
tivo. -  Fanfarone,  chi  finge  coraggio  :  millantatore. 

-  Fegataccio,  uomo  capace  d'ogni  audacia.  -  Gendar- 
me, di  uomo,  e  anche  di  donna,  che  dimostra  ar- 
dimento, non  senza  una  certa  brutalità.  -  Stoico, 
chi  è  reso  coraggioso  e  calmo  dalla  propria  filo- 
sofia -  Tomo,  di  persona  ardita,  e,  iron.,  peggio.  - 
Virago,  donna  ardita  come  un  uomo. 

Achille,  eroe  greco,  celebrato  per  la  sua  bra- 
vura. -  Amàzzone  (figur.),  donna  ardita  o  guerriera. 


716 


-  Baiardo  (il  cavaliere  senza  macchia  e  senza  •paura) 
condottiero  francese  segnalatosi  per  gran  valore  in 
Italia,  al  tempo  di  Carlo  Vili  :  ora  dicesi  di  un 
valoroso  a  tutta  prova.  -  Bravo  dei  bravi,  sopran- 
nome dato  al  maresciallo  francese  Ney.  -  Fetonte  e 
Icaro,  nella  mitologia,  citati  per  la   loro   temerità. 

-  Leonida,  a  ricordo  dell'eroe  greco,  dicesi  di  chi 
straordinariamente  dimostri  coraggio  e  forza  di  re- 
sistenza. -  Paladino,  cavaliere,  avventuriero,  nel 
medioevo  :  si  dice  ora  di  chi  difende  arditamente 
altri  o  una  qualunque  causa  generosa.  -  Spartiate, 
chi  ha  il  rude  coraggio  degli  antichi  cittadini  di 
Sparta. 


Avere,  dimostrare  coraggio 
Farsi   coraggio,   —   Incoraggiare. 


Alzare,  rizzare  il  capo  o  la  cresto,  •  mostrar  co- 
raggio, imbaldanzire,  anche  assumendo  un'  aria  di 
minaccia.  Nello  stesso  senso:  alzare  il  viso;  alzare, 
rizzare  la  coda  ;  mettere,  rimetter  fuori  le  corna,  le 
unghie.  -  Andar  franco  a  una  com,  farla  senza  ti- 
more. -  Animarsi,  farsi  animo  o  dimostrarne  più  del 
solito,  -  Armarsi  di  coraggio,  infondere  coraggio  a 
sé  stessi.  -  Arn'sc/w'are,  arrischiarsi,  arrisicare,  met- 
tersi a  rischio,  a  pericolo;  anche,  avere  corag- 
gio, ardire.  -  Attentare,  arrischiare,  aver  animo.  - 
Avere  animo,  aver  del  fegato,  avere  coraggio.  -  A- 
vere  ti  coraggio  civile  di....,  di  chi  non  si  perita  a 
esporre,  difendere  un'  opinione  contro  il  parere 
deila  maggioranza.  -  Aver  pelto  a  una  cosa,  essere 
capaci  di  affrontarla  e  di  sostenerla.  -  Avere  sangue 
nelle  vene,  avere  del  coraggio.  -  Avere  secura  fronte, 
avere  fermezza  coraggiosa.  -  Avventuy^arsi,  arri- 
schiarsi (avventuroso,  avventuriere),  mettersi  co- 
raggiosamente a  repentaglio.  -  Azzardare,  azzar- 
darsi, mettersi  animosamente  a  rischio,  a  pericolo. 

Bastar  l'animo,  sentirsi,  stimarsi  capace  in  una 
cosa  difficile  o  ardita.  -  Bravare,  mostrarsi  con  atti 
e  con  parole  superiore  a  qualunque  pericolo  -  Es- 
sere di  sicuro  animo,  essere  coraggioso.  -  Essere, 
diventare,  sentirsi,  parere  tm  leone:  d'uomo  forte  e 
coraggioso.  -  Esser  muso  da  ciò,  essere  uomo  atto 
a  fare  una  tal  cosa  che  richiegga  coraggio  e  abi- 
lità. -  Essere  un  falco,  avere  coraggio,  ardire. 

Fare  il  bell'umore,  essere  ardito,  stravagante,  fa* 
stidioso.  -  Farsi  franco,  farsi  animoso.  -  Guardare 
in  viso  :  senza  paura.  -  Imbaldanzire,  prendere  bal- 
danza, farsi  ardito;  ingailuzzare,  ingalluzzire,  in- 
galluzzirsi, ingarzullire,  ingarzullirsi  ;  ringalluzzirsi, 
ringalluzzolare,  ringarzullirsi  ;  essere  un  gran  gallo, 
fare  il  gallo,  -  Inanimire,  inanimirsi,  incoragijire, 
incoraggirsi,  pigliar  cora,::^i,'io,  farsi  animoso,  crescere 
nell'ardimento.  -  Incorng'/iarsi,  prender  coraggio,  af- 
francarsi, confortarsi;  darsi,  farsi  animo  ;  diventare 
animoso;  far  buon  cuore,  farsi  più  franco;  inani- 
mare, inanimire;  incoraggirsi;  prender  fiducia, 
prender  forza  ;  ravvalorarsi.  -  Mettere  fuori  l'un- 
ghia, mostrarsi  arditi,  risentiti.  -  Non  aver  paura 
dei  brulli  musi,  non  lasciarsi  intimorire  dalle  pre- 
potenze. -  Non  dubitare  di  fare  una  cosa,  averne  il 
coraggio,  quantunque  pericoloso.  -  Non  mancare  il 
fegato,  avere  il  coraggio  di  fare  una  cosa  arri- 
schiata. 

Osare,  avere  un  ardimento  che  è  o  può  parer  te- 
merario. -  Pigliar  gambone,  prendere  arditamente  il 
sopravvento  nel  far  cose   non   approvabili.  -  Pren- 


dere ansa,  ardire  illecitamente.  -  Bianimarsi,  ripren- 
dere coraggio.  -  Bimbaldanzire,  ripete  e  rafforza 
imbaldanzire.  -  Bimbizzarrire,  pigliar  baldanza.  - 
Bingalluzzare  e  ringalluzzire,  mettere  una  certa 
baldanza  da  gallo.  -  Bipigliar  animo,  ripigliare  co- 
raggio. 

Sapersi  levare  t  moscerini  d'attorno  o  le  mosche 
dal  naso,  liberarsi  arditamente  da  impacci,  da  in- 
sidie, da  noie,  ecc.  -  Sfidare,  affrontare  con  au- 
dacia un  pericolo,  la  morte  e  simili.  -  Stare  di 
buon  animo,  stare  tranquillo,  non  perdersi  di  corag- 
gio nelle  avversità. 

Incoraggiare,  dare,  infondere  coraggio  :  accalo- 
rare, accalorire,  animare,  avvalorare;  dar  baldan- 
za; dare  buon  animo,  dar  cuore;  dare,  porgere  ar- 
dire; dare, porgere  incoraggiamento;  francheggiare; 
inanimare,  inanimire;  incoraggire,  incorare,  in- 
cuorare; invalorire,  ravvalorare;  render  coraggioso, 
rassicurare,  rialzare  lo  spirito,  rianimare  ;  rimbal- 
dire,  rimettere  il  .^ato  in  corpo  (ilgur.)  ;  rincorag- 
gire  ;  rinfiammare  il  petto,  i  petti  ;  spronar  l'ar- 
dire, svegliare  il  cuore.  -  Avvivare,  rianimare,  rav- 
vivare. -  Confortare,  spingere,  incoraggiare;  dare 
conforto,  incoraggiamento  a  fare  una  cosa.  -  Cor- 
roborare alcuno  (non  coni.),  fargli  coraggio  ;  solle- 
varlo dall'abbattimento.  -  Dar  ansa,  dar  occasione, 
incoraggiare.  -  Dar  lena,  infondere  coraggio.  -  Dar 
■gambone,  far  prendere  il  sopravvento  contro  coloro 
che  comandano.  -  Bincoraggiare  e  rincoraggire,  ri- 
pete e  rafforza  incoraggire  e  incoraggiare. 

Incoraggiamento,  l'incoraggiare:  avvaloramento, 
conforto  ;  incoraggimento,  incoramento,  incuora- 
mento,  rincoramento,  rassicurazione. 


Scoraggiamento,  scoraggiare,  scoraggiarsi,  ecc. 
Voci  varie. 


Scoraggiamento,  lo  scoraggiare  e  Io  scoraggiarsi  ; 
condizione  e  sentimento  di  chi  è  scoraggiato:  ab- 
bandono, cadimento  d'animo;  depressione  d'animo, 
depressione  morale  ;  disconfortanza  (v.  a.)  ;  discon- 
forto; discoraggiamento;  rotta  (disus.);  sbigotti- 
mento, sconforto,  scoramento.  -  Accasciamento,  grave 
indebolimento  dell'animo,  per  cui  si  perde  il  co- 
raggio e,  insieme,  la  fiducia  in  sé  stessi:  abbatti- 
mento, annichilimento,  avvilimento,  costernazione; 
debolezza,  demoralizzazione  ;  esanimazione,  esina- 
nizione. 

Scoraggiare,  diminuire  o  togliere  ad  altri  il  co- 
raggio: avvilire;  disanimare,  disconfortare,  disco- 
raggire,  discorare;  invilire,  ravvilire,  sbaldanzire; 
scoraggire,  scorare,  scuorare  ;  sgagliardire  ;  sma- 
gliare il  cuore;  togliere  animo.  -  Accasciare,  depri- 
mere l'animo  :  togliere  la  forza  morale  ;  costernare, 
demoralizzare;  invilire,  opprimere,  sopraffare,  vin- 
cere. 

ScoRAGGiAPsr,  sentirsi  mancare  o  diminuire  ii 
coraggio:  abbandonarsi  d'animo;  cader  di  coraggio, 
cader  d'animo,  cadere  nel  vile,  cadere  il  core;  di- 
scorarsi, impusillanirnire;  mancar  d'animo;  perdere 
il  coraggio,  perdersi  di  coraggio,  d'animo,  di  spi- 
rito ;  sbaldanzirsi,  sconfortarsi,  scoraggirsi;  smar- 
rirsi, smarrirsi  d'animo.  -  Accasciarsi,  provare  un 
senso  di  abbattimento  morale,  di  scoraggiamento: 
abbiosciarsi,  arrendersi  d'animo,  attarparsi  ;  avvi- 
lirsi, buttarsi  giù;  cascar  le  braccia;  costernarsi; 
diventar  piccin  piccino;  farsela  sotto  (figur.  e  voi- 


COKAG(;iOSAMKNTK     —     CORAZZA 


717 


garm.);  fiaccarsi,  infiacchirsi,  infrollirsi  ;  perdere  il 
sangue  (figur.)  ;  restar  senza  sangue,  sentirsi  ca- 
scare il  cuore,  il  fegato,  la  coratella  (figur.);  sgo- 
mentarsi ;  umiliarsi.  -  Non  aver  faccia,  non  bastar 
l'animo  a  fare  una  cosa.  -  Non  darsi  l'animo,  non 
aver  coraggio  di  fare  una  cosa.  -  Peritarsi,  non 
avere  ardire  di  fare  checchessia.  -  Sdarsi,  dar  giù 
d'animo.  -  Venir  meno,  perdersi  d'animo. 

Scoraggiato,  che  si  è  perduto  di  coraggio:  ab- 
battuto, avvilito,  sgomentato,  sgomento.  -  Acca- 
scialo, abbattuto  moralmente,  disanimato:  abbac- 
chiato, attrito,  avvilito;  disfatto,  invigliacchito; 
mogio  mogio;  stramazzato  (figur.).  -  Imbracca,  di 
persona  che  si  scoraggia  e  non  prosegue  in  un  la- 
voro, in  un'impresa  di  qualche  dilììcoltà.  -  Peri- 
toso, chi  non  osa  far  checchessia  :  pauroso,  pusil- 
lànime, timido. 

Varie.  —  Agnello  vestito  della  pelle  di  leone  :  di 
chi  vuol  mostrare  di  avere  coraggio,  e   gli  manca. 

-  Cuore  di  coniglio  e  pelle  di  leone  :  di  chi  non  ha 
il  coraggio  in  proporzione  delle  forze.  -  Col  pepe  e 
col  sale,  0  col  sale  e  col  pepe,  di  cosa  ardita.  - 
Lunga  lingua,  caria  mano,  dei  generosi  o  coraggiosi 
a  parole.  -  Animo  !,  in  forza  d' interiezione,  vale  : 
sta  di  buon  cuore,  confida,  ardisci,  abbi    coraggio. 

-  Animo,  se  li  dà  l'animo,  se  vinci  la  ripugnanza, 
se  hai  coraggio,  ecc.  -  Che  fegato!,  dicesi  ligurata- 
mente  per  accennare  a  persona  molto  ardimentosa  o 
ad  un  atto  di  grande  coraggio.  -  Macte  animo,  o 
macie  virtuie,  espressione  latina  di  esortazione  e 
d'augurio,  -  .^f  ti  dà  (o  vi  da)  l'animo,  per  dire  : 
se  hai  bastante  coraggio  e  voglia.  -  Unymbus  et 
rostro  (con  le  unghie  e  col  becco):  dicesi  di  chi  si 
difenda  coraggiosamente  e  accanitamente. 

Proverbi.  —  A  can  che  fugge,  dògli  dagli.  -  Ce 
una  pazzia  ch'è  wi  gran  giudizio  (ardire  a  tempo 
è  prudenza).  -  Chi  non  risica  non  rosica.  -  Fortuna 
i  foì'ti  incita,  i  timidi  rifiuta  (lat.,  atidaces  fortuna 
juvat).  -  lìdti  son  braci  quando  il  nemico  fugge 

Ooragsriosamente.  Detto  a  coraggio, 

Corag-g-iosità.  Lo  stesso  che  coragtjio, 

Coragrsioso.  Che  ha  coraggio. 

Corale.  Appartr'neiiti>  a  coro. 

Corallaio,  corallat'o.  Veggasi  a  corallo. 

Cora. lina.  Colore  d'anilina.  -  Specie  di  alga 
marina  vernuluga.  -  Nome  dafo  alle  fibre  delle  fo- 
glie d'uni  sj  ecie  di  agave  usate  in  sostituzione 
dell'osso  di  balena. 

Corallino.  Di  < ora/lo;  del  colore  del  corallo. 

-  Specie  di  sei  pente. 

Corallo.  Polipo  pietroso  marino,  costituente  un 
genere  di  celenterati  antozoi,  con  polipaio  com- 
patto, ramoso,  composto  di  calce  carbonata  e  ma- 
teria colorante,  ('on  lo  stesso  nome  di  corallo  si 
chiama  il  prodotto  animale  che  se  ne  ha,  calcareo 
e  pietraio,  per  Io  più  di  color  rosso  più  o  meno 
intenso,  adoperato  a  far  gioielli  e  oggetti  di  orna- 
mento. Ha  la  forma  di  un  arboscello  sparso  di  a- 
ghetti  e  di  granelli  calcarei,  che  ravvolge,  a  guisa 
di  corteccia,  un  tronco  lapideo  Ve  n'è  anche  del 
bianco  e  del  nero.  Lo  si  pesca  strappandolo  con 
funi  apposite.  Si  ha  il  corallo  greggio  e  quello  la- 
vorato, cioè  tagliato,  ridotto  in  varie  forme  (orec- 
chini, spille,  collane,  ecc.).  -  Corallifero,  coralli- 
geno,  che  produce  corallo  (scogliera  corallifera).  - 
Corallino,  di   corallo,    del    colore  del  corallo. 

Antipate,  corallo  nero  menzionato  da  Dioscoride. 

-  Carbonetto,  corallo  di  color  rosso  cupo.  -  Coral 
lessa,  corallo  scadente.  -  Corallo  arabo,  frammenti 
di  fusto  semplicemente  puliti  e  traforati  da  buchi. 


secondo  il  loro  asse,  per  essere  quindi  riuniti  in 
collane.  -  Corallo  artificiale:  molto  inferiore  al 
naturale,  tanto  per  lo  splendore  quanto  per  la  le- 
vigatura, e  specialmente  per  la  durezza.  La  pasta 
(he  lo  compone  consta  di  polvere  di  marmo  cri- 
stallina, il  cui  cemento  è  1  ittiocolla  e  anche  olio 
che  sia  molto  essiccante,  e  si  comprime  in  certe. 
forme  o  stampi,  lasciandola  quindi  essiccare.  -  Co- 
rallo nobile  o  rosso,  nome  dato  al  corallo  nel  com- 
mercio (suddiviso  in  rosso  cremisi  cupo  e  in  rosso 
più  chiaro).  -  Corallo  vermiglio,  rarissimo,  mentre 
più  comune  è  quello  bianco  velato. 

Atòllo,  voce  di  origine  maldiva,  dato  a  certe 
isole  coralline  dell'Oceano  Indiano  e  del  Pacifico. 
Queste  isole  hanno  forma  anulare.  -  Banchi  di  co- 
rallo, colonia  di  polipi  corMUeri.  -  Madrèpora,  po- 
lipaio a  cellule  raggiate,  sostanza  analoga  al  corallo. 
■  Secche,  banchi  di  corallo  posti  sugli  scogli  o  sugli 
altipiani. 

Corallaio,  chi  taglia  e  ripulisce  il  corallo;  chi 
sopraintende  alle  fabbriche  del  corallo.  -  Plongeur 
(frane),  pescatore  di  perle  o  di  corallo  che  si  tuffa 
sott'acqua.  -  Chianare,  operazioue  con  la  quale  si 
infilzano  più  pezzi  di  corallo  e  si  premono  forte- 
mente per  smussarne  gli  angoli  e  scorzarli.  -  Co- 
rallina, barca  di  forma  lunga  e  sottile,  usata  dai 
pescatori  di  corallo.  -  Coscioni,  reti  di  filo  poco 
torlo  e  filaccioso,  che  si  dilatano  nell'acqua,  a  guisa 
d'ombrello,  sugli  scogli  e  sui  banchi,  e  si  aggrappano 
ai  cespi  di  corallo.-  il^/a,  macina  ;  specie  di  ruota 
per  foggiare  vetro,  corallo  e  simili.  -  Scafandro,  or- 
digno che  si  adopera  alla  pesca  del  corallo. 

Corame.  Il  cuoio  lavorato.  -  Sorla  di  tela. 

Coranipópolo.  Davanti  al  popolo,  pubblica- 
mente, in  pubblico. 

Corano.  Veggasi  a  maonieffismo. 

Corata.  Visceri  o  interiori  del  t>etto. 

Coramèlla.  Il  fegato  e  gli  altri  visceri  man- 
giabili drlle  bestie  bovine,  delle  ovine,  ecc. 

Corazza.  Antica  armatura  del  busto,  fatta 
!'i  cuoio,  di  acciaio  o  di  rauie  (ora  usata  solo  dai 
corazzieri)',  caniicia  di  maglia,  corsaletto,  corsetto; 
giaco,  maglia;  panciera,  paiizerone,  pettabotta,  petto 
a  polla,  pettorale;  piastrone. 

Catafratta,  corazzatura  completa  per  soldati  e 
anche  per  cavalli.  -  Corazzino,  mezza  corazza,  co- 
razza senza  panciera.-  Corazzone  (termine  storico), 
specie  di  corazza.  -  Coietto,  corazza  di  cuoio  che 
si  metteva  sotto  le  vesti,  pendente  dal  collo  al 
cuore.  -  Panzerone,  corazza  per  il  petto  e  per  il 
ventre.  -  Petlabbotla,  corazza  che  resisteva  al  pu- 
gnale   e  alla  pistola.   -  Piastrone,  grossa   corazza. 

-  Schienale,  corazza  intiera,  con  petto  e  schiena.  - 
Usbergo,  corazza  metallica. 

Cufletto,  casacca  senza  maniche,  fatta  di  pelle  di 
dante,  o  di  bufalo,  ecc.,  che  si  portava  sotto  la  co- 
razza, nel  secolo  XVII  e  nel  XVIII. 

Corregge,  strisele  di  cuoio,  con  fìbbie,  che  servi- 
vano ad  unire,  sopra  le  spalle,  il  petto  e  la  schiena 
della  corazza.  -  Corsaletto  si  chiamò  anche  quella 
specie  di  camiciuola  a  cui  era  fermata  la  corazza. 

-  Pectorale,  la  piastra  davanti,  il  petto  d'  una  co- 
razza ;  anche,  l'intera  corazza.  -  Petto,  la  parte  an- 
teriore della  corazza  che  si  riuniva,  per  mezzo  di 
corregge,  sopra  le  spalle  e  con  lamelle  di  ferro  o 
con  chiodi  da  voltare  o  con  ganci,  nei  fianchi,  alla 
schiena.  -  Resta,  ferro  liscio  o  lavorato,  pieghevole 
0  fisso,  avvitato  nel  lato  destro  della  corazza  del 
cavaliere,  per  appoggiarvi  il  troncone  della  lancia, 
correndo  all'assalto. 


718 


CORAZZA    —    CORDONARE 


Corazzato  (termine  storico),  chi  faceva  le  corazze. 
-  Catafratto,  soldato  difeso  da  corazza  :   corazzato. 

Corazzare,  corazzarsi  (corazzato),  mettere,  met- 
tersi la  corazza  :  ingiachirsi.  -  Figur.,  difendere, 
difendersi. 

Corazza.  Copertura  di  lastre  di  ferro  che  si  fa 
ad  una  nave  da  guerra,  la  quale  si  chiama  appunto 
corazzata.  -  Complesso  di  parti  dure,  esterne, 
che  proteggono  il  corpo  di  certi  animali,  come  gli 
armadilii,  i  gamberi,  le  tartarughe. 

Corazzare,  corazzarsi  {corazzato).  Detto  a 
corazza. 

Corazzata.  La  nave  (da  guerra)  rivestita  di 
corazza  (lastra  di  ferro,  d' acciaio)  e  armata  con 
potenti  pezzi  di  artiglieria.  Parti  principali  d'una 
corazzata  :  albero,  coffa,  fumaiuoli,  torrette  di  co- 
mando, cannoni,  ponte  di  batteria,  coperta,  batteria, 
corridoio,  ponte  di  corridoio,  magazzini,  ponte  co- 
razzato, poppa,  prua,  compartimento  delle  macchi- 
ne del  timone,  timone,  elica,  stiva,  deposito  di 
munizioni,  macchine,  caldaie,  cambuse,  dinamo, 
macchine  per  gli  argani  ;  deposito  dell'acqua,  spe- 
rone, doppio  fondo,  chiglia,  piano  di  coperta.  Le 
bocche  da  fuoco,  ossia  i  cannoni  (veggasi  a  can- 
none), sono  oggi  costruite  in  bronzo  compresso  od 
in  acciaio  e  nichel  e  possono  avere  proporzioni  co- 
lossali (del  calibro  di  43-45  centimetri,  da  100  ton 
nellate,  aventi  una  carica  di  2oO  a  400  kg.  di  pol- 
vere, con  proiettili  di  700  a  lOOoO  kg.). 

Corazziere.  Soldato  a  cavallo,  armato  di  co- 
razza. In  Italia,  i  corazzieri  formano  un  corpo  di 
pochi  e  scelti  cavalieri,  di  alta  statura,  che  fanno 
il  servizio  di  palazzo  e  di  campo  intorno  al  so- 
vrano. Anche,  guardie  reali. 

Còrba.  Sorta  di  canestra^  di  cesta.  -  Sorta 
di  misura. 

Corbacchino,  corbacchióne.  Detto  a  corvo. 

Corbame.  L'ossatura  d'una  nave. 

Corbellare  (corbellato,  corbellatura).  Burlare, 
prendere  in  burla. 

Corbellatura.  Canzonatura;  burla,  beffa; 
scherzo. 

Corbellerìa.  Idea  bizzarra:  veggasi  a  biz- 
zarro. -  Fandonia.  -  Atto  irriflessivo  ;  scioc- 
chezza. 

Corbello.  Sorta  di  canestra.  -  Anche,  uomo 
sciocco 

Corbézzolo.  Arboscello  sempre  verde,  che  fa 
un  frutto  (corbezzola)  simile,  ma  più  grosso  d'  una 
ciliegia;  albatro,  albuto,  rossello.  La  corbézzola 
(detta  anche,  ma  meno  comunemente,  albata,  cor- 
bezza,  rossella)  è  una  bacca  globosa,  con  molti  semi 
0  tubercoli  all'esterno,  che  la  rendono  scabra,  di 
color  croceo  miniato,  insipida,  aspra;  ma  acquista 
nelle  piante  coltivate  un  sapore  dolcigno,  non  dis- 
agi;radevole,  e  la  grossezza  d'una  susina.  Pressata, 
fornisce  vino,  che  si  converte  facilmente  in  buon 
aceto.  Le  foglie  hanno  proprietà  astringenti,  toni- 
che. -  Corbezzolina  e  corbezzolone,  accrese.  di  cor- 
bézzola. 

Córbo.  Detto  a  corvo. 

Cori  tona.  Veggasi  a  sacerdote. 

Corcare  (corcato).  Detto  a  coricare» 

Corcoro.  Veggasi  a  tiglio. 

Corda.  Fila  di  cànapa,  di  lino,  di  seta  e  simili 
attorte  insieme,  per  uso  di  legare,  tirare,  soste- 
nere: funicella.  Veggasi  a  fune.  -  Alzàia,  la  funi- 
cella che,  altiiccala  all'albero  dei  navicelli,  serve  a 
tirarli  pei  fiumi,  contro  corrente.  -  Cànapo,  grossa 
fune,  fatta  per  lo  più  di  canapa.  -  Capestro,  corda 


con  la  quale  si  legano  per  il  capo  gli  animali 
grossi.  -  Càppio,  legatura  di  corda  fatta  in  modo 
che,  tirando  uno  dei  capi,  si  scioglie.  -  Cavo,  grossa 
corda  che  si  adopera  sulle  navi.  Anche,  lo  speciale 
cordone  che  si  affonda  nei  mari,  aJ  uso  del  tele- 
grafo. -  Abbindolare,  accavallare,  accavigliare,  al- 
zare,  allentare,  ammollare,  attòrcere,  rilassarsi^ 
tendere,  tendersi,  ecc.,  veggasi  a  fune. 

Còrda.  Filo  di  minugia,  o  di  metallo,  che  serve 
a  dare  il  suono  a  certi  istrumenti  musicali  ;  e  di- 
cesi cantino  la  corda  di  minugia,  più  specialmente 
quella  del  violino,  che  dà  le  note  più  acute;  cor- 
done  la  corda  più  grossa  negli  istrumenti  a  manico. 
•  La  prolunga  adoperata  per  tirare  i  pezzi  di  ar- 
tiglieria, detta  braca  quando  si  tratti  di  pezzi 
della  marina.  -  Sorta  di  misura  siciliana  -  Del 
panno,  il  fondo  dell'ordito.  -  In  geometria,  la 
retta  condotta  entro  un  circolo  da  un  punto  a  un 
altro  della  circonferenza,  non  toccando  il  centro.  - 
In  matematica,  dicesi  di  certi  organi  che  hanno  la 
forma  di  corda.  -  In  patologia,  l'ingorgo  oblungo  e 
più  o  meno  doloroso  dell'  uretra,  non  infrequente 
nei  casi  di  blennorragia  :  veggasi  a  gonorrea.  - 
Specie  di  tortura  in  uso  in  altri  tempi.  -  Corda 
del  timpano,  nervo  che,  partendo  dal  nervo  fac- 
ciale, attraversa  la  cassa  del  timpano  e  va  a  fi- 
nire nel  linguale  :  serve  a  trasmettere  la  sen- 
sazione del  gusto.  -  Corda  d'Ippocrate,  o  corda 
magna,  lo  stesso  che  tendine  d'Achille. 

Corde  del  collo,  i  due  muscoli  principali  del 
collo.  -  Corde  vocali,  i  legamenti  della  glottide  che 
producono  la  voce.  -  Cor^  armoniche,  corde  false, 
corde  vibranti,  veggasi  a  musicali  istrumenti. 

Cordacelo.  Veggasi  a  fune. 

Cordàio,  cordaiólo.  Funaio  :  veggasi  a  fune. 

Cordame.  Detto  a  fune. 

Cordeg-g^iare  fcordeggiatoj.  Veggasi  a  panno» 

Cordellina.  Cordicella,  p^cola  fune» 

Cordellóne.  Sorta  di  drappo. 

Corderia.  Veggasi  a  fune. 

Cordiale.  Il  brodo  che  si  beve  con  uova 
stemperate  dentro.  -  Gli  antichi  chiamavano  cor- 
diali i  medicinali  che  servivano  a  confortare  il 
cuore  e  lo  stomaco,  cioè  gli  analettici,  gli  anodini, 
i  sedativi.  Ora,  invece  di  cordiale,  preferibilmente 
detto  corroborante. 

Cordiale  (aggettivo).  Amorevole,  affettuoso;  che 
dimostra  buon  cuore,  amorevolezza. 

Cordialità.  Dimostrazione  d'affetto;  espan- 
sione di  cuore;  amorevolezza.  Figur.,  un  piatto 
di  buona  ciera,  un  piatto  di  buon  viso.  -  Entente 
cordiale  (frane),  neologismo  politico  che  significa, 
letteralmente,  interpretazione  benevola  e  si  riferisce 
alle  prove  di  equità,  di  buon  volere,  di  cordialità, 
che  si  scambiano  tra  loro  i  capi  di  due  Stati  nel 
risolvere  una  questione  politica. 

Cordicella.  Funicella,  piccola  fune. 

Cordièra.  Striscia  di  legno,  d'  avorio  e  simili 
sul  violino  e  su  altri  istrumenti  musicali,  alla 
quale  si  attaccano  le  corde. 

Cordierite   Veggasi  a  tnagnesia. 

Cordiforme.  A  forma  di  cuore. 

Cordiprlio.  Funicella  portata  da  qualche  frate 
e  da  qualche  sacerdote. 

Cordino.  Piccola  fune.  -  Corda  adoperata  nel 
giuoco  del  pallone.  -  Imbroglio  della  vela. 

Cordòglio.  Affanno,  dolore.  -  Rammarico,  la- 
mento. -  Pianto  che  si  fa  per  i  morti. 

Cordonare  (cordonato).  Corbellare,  burlare; 
minchionare,  prendere  in  burla. 


CORDONATA    —    CORNEA 


719 


Cordonata,  cordonato.  Veggasi  a  strada  e 
a  giardino. 

Cordóne.  Corda,  di  solito,  più  piccola  della  co- 
mune e  di  materia  grossolana:  cordoncello,  cordi- 
glio, cordoncino.  Anche,  parte  della  corda,  della 
fune,  ossia  ciascuno  dei  fili  di  canapa  che  la  com- 
pon^no.  -  Specie  di  corda  di  cotone  bianco  che 
serve  agli  armati  di  pistola  per  assicurarla  du- 
rante il  maneggio.  -  Decorazione  di  molti  ordini  ca- 
vallereschi. -  In  architettura,  risalto  di  pietra  o 
mattoni  che,  nelle  fortificazioni,  divide  la  sommità 
del  piede  della  scarpa  esterna  dal  parapetto.  - 
Ck)nduttore  isolato  che  si  usa  per  la  costruzione 
delle  linee  di  grande  portata,  per  il  telegrafo,  il 
telefono,  V  illuminazione,  ecc.  Anima,  la  parte 
centrale  di  un  cordone  elettrico,  formata  di  uno 
0  più  fili  conduttori.  -  In  linguaggio  militare, 
corpo  di  milizie  che  attorniano  un  luogo  per 
impedirne  l'entrata  o  1'  uscita.  -  Cordone  sanitario, 
0  di  sanità,  complesso  dei  provvedimenti  che  si 
prendono  per  impedire  o  l'invasione  o  la  diffusione 
di  malattie  contagiose. 

Ciniglia,  tessuto  di  seta  vellutato,  a  foggia  di 
bruco.  -  Cordellina,  sorta  di  cordone,  di  cordon- 
cino. -  Cordoncino,  cordicella  di  cotone,  di  seta  o 
d'altro,  tessuta  o  intrecciata:  serve  per  affibbiare, 
legare  e  ornare  gli  abiti  e  le  biancherie.-  Cingolo, 
cordone  che  cinge  il  fianco.  -  Cordone  a  serpe,  a 
treccia.  -  Dragona  (frane,  dragonne),  cordone  al- 
lacciato all'impugnatura  di  un'arme  da  taglio,  con 
fiocco  pendente.  -  Tirante,  cordone  di  un  sacco, 
d'una  borsa,  della  scarpa,  ecc. 

Accordonato,  fatto  a  cordone  -  Cordonnare,  met- 
tere i  cordoni;  cingere  con  cordoni. 

Cordóne.  In  anatomia,  ogni  organo  in  forma 
di  piccola  coT'^di.  -  Cordone  ombelicale,  veggasi  a 
ombelico.  -  Cordone  spermatico,  veggasi  a  testì- 
colo. -  Cordoni  cuneiformi,  quelli  in  cui  viene  di- 
visa la  midolla  spinale. 

Cordone  pistillare,  fascette  di  vasi  che,  nei  ve- 
getali, conduce  il  polline  all'embrione. 

Cordovano.  Qualità  di  cuoio. 

Corea.  Termine  medico  dato  a  certe  malattie 
nervose  caratterizzate  specialmente  da  contrazioni 
toniche  dei  muscoli,  involontarie,  anche  nel  sonno. 
Volgarm..  hallo  di  San  Vito. 

Coréggia.  Peto,  scoreggia,  vento. 

Coréggia,  corrèggia.  Striscia  di  cuoio.  - 
Coréggia  continua,  striscia  di  cuoio  fortemente  u- 
nita  per  le  estremità,  formando  così  una  fascia  con- 
tinua :  serve  per  trasmettere  il  moto  da  un  asse  di 
rotazione  a  un  altro 

Coreggiàto.  Istrumento  villereccio,  per  uso  di 
battere  il  grano  e  le  biade  :  scoreggiato.  Cosi  detto 
dalla  coreggia  mobile  attaccata  alla  pertica,  che  va 
in  volta.  Sue  parti  :  il  bastone,  detto  anche  manfa- 
nile, manfano;  il  pedale,  o  manico,  grosso,  forte  e 
uguale  ;  la  calocchia,  la  vetta  attaccata  al  manfanile 
per  mezzo  della  gómbina,  striscia  di  cuoio,  detta 
anche  coreggia. 

Coreggiuólo.  Striscia  di  cuoio  per  vari  usi, 
specialmente  per  legaccio  di  scarpa  e  per  legatura 
di  libro  (veggasi  a  legatore). 

Coreggiuólo.  Veggasi  a  olivo. 

Corco.  Piede  di  verso  greco  e  latino. 

Coreografia.  L'arte  del  coreografo,  l'arte  di 
comporre  i  balli  e  le  pantomime  pei  teatri  :  veg- 
gasi a  ballo  (pag.  234,  seconda  colonna).  -  Fa.n- 
tomima,  azione  teatrale  mimica.  -  Provini,  prime 
prove  dei  balli. 


JSallerino,  ballerina,  gli  artisti  principali  in 
un'azione  coreografica.  -  Corpo  di  ballo,  le  ultime 
parti.  -  Mima,  ballerina  e  attrice  in  genere.  -  Mimo, 
attore  drammatico  che  non  parla.  -  Tramagnino, 
figurante  corifeo,  giocoliere  negli  spettacoli  teatrali 
di  ballo. 

Coreògrafo.  Veggasi  a  coreografia. 

Coretto.  Veggasi  a  corazza  e  a  tribuna. 

Coriàceo.  Detto  a  cuoio  e  a  fibra  (fibroso). 

Coriambo.  Piede  di  verso  greco  o  latino. 

Coriàndolo.  Detto  a  carnevale  e  a  con- 
fetto. -  Pianta  ombrellifera,  coinunissima  e  nota 
per  i  suoi  semi,  che  hanno  proprietà  eccitante,  car- 
minativa, digestiva,  stomatica. 

Coribante.  Veggasi  a  mitologia. 

Coribantlsmo.  Forma  antica  di  malattia. 

Coricare  (coricato).  Metter  giù,  mettere  a  terra; 
mettere  a  giacere:  accoricare,  accolcare,  accor- 
care,  adagiare,  corcare;  reclinare,  richinare. 

Coricarsi  (coricato).  Stendersi  in  letto;  porsi 
giù  per  giacere;  AndaiT  di  dormire;  prostendersi, 
sdraiarsi. 

Coriconiachia.  Veggasi  a  giuochi  (antichi). 

Corifèo.  Detto  a  coro  e  a  partigiano. 

Corimbo.  Grappolo  di  còccole  d'edera.  -  Ac- 
conciatura di  cajielli  in  voga  presso  le  matrone 
greche  e  romane 

Corindóne.  Veggasi  a  spato. 

Corintio^  corinzio.  Ordine  di  architettura: 
quello  la  cui  colonna,  per  lo  più,  è  alta  dieci  dia- 
metri ;  il  suo  capitello  è  ornato  di  un  doppio,  e 
anche  di  un  triplice  ordine  di  foglie  con  viticci.  E* 
il  più  svelto  e  il  più  gentile  degli  ordini. 

Córlo.  Detto  a  utero. 

Corion.  Veggasi  a  pelle  e  a  feto. 

Corista.  Veggasi  a  coro  e  a  musicali  istru' 
menti. 

Corista.  Chi  canta  nel  coro.  -  Istrumento  del 
quale  si  servono  i  musici  di  un  concerto,  di  un'o»'- 
chestra,  per  avere  il  tòno. 

Corizza  (coriza).  Infiammazione  catarrale  della 
mucosa  nasale,  caratterizzata  da  scolo  abbondante 
della  sua  secrezione  :  blennorrinia,  catarro  nasale, 
raffreddore  di  testa,  rinite. 

Corna.  Plurale  di  corno.  •  In  anatomia,  nome 
di  vari  organi  o  parti  di  organi  aventi  forma  si- 
mile a  quella  del  corno.  Es.,  corna  del  coccige,  della 
midolla  spinale,  del  sacro,  dell'utero,  ecc.  -  Le  due 
ali  estreme  di  un  esercito  in  ordine  di  battaglia. 

Cornacchia  (cornacchina).  Veggasi  a  còrvo. 

Corn amento.  Veggasi  ad  orecchio. 

Cornamusa.  Istrumento  musicale  più  noto  sotto 
il  nome  di  piva. 

Cornare  (cornato).  Far  cornamento:  veggasi  a 
orecchio. 

Cornata,  cornatura.  Veggasi  a  corno. 

Còrnea.  Una  delle  tuniche  componenti  l'oc- 
chio:  membrana  trasparentissima  che,  a  guisa  del 
Vetro  d'un  orologio,  molto  convesso,  chiude  l'aper- 
tura anteriore  della  sclerotica  e  che,  incastonandosi 
per  la  sua  circonferenza,  nel  margine  dell'apertura 
sclerale,  completa  anteriormente  il  guscio  oculare.  - 
Corneale,  che  appartiene  alla  cornea.  -  Corpuscoli 
corneali,  cellule  che  si  trovano  nel  tessuto  proprio 
della  cornea  e  sono  di  due  specie:  migranti  o  ame- 
boidi, e  fisse  0  immobili.  -  Epitelio  corneale,  sottile 
tessuto  alla  superficie  anteriore  ed  esterna  della 
cornea.  -  Tessuto  corneale,  quello  che  costituisce 
propriamente  la  cornea  e  che  appartiene  ai  tessuti 
di  sostanza  congiuntiva  (forma  trasparente). 


720 


CORNEO    —   CORNICE 


Arco  senile,  allerazione  della  cornea  dovuta  a 
metamorfosi  adiposa  degli  elementi  di  questa  mem- 
brana, alla  sua  superficie.  -  Celama,  specie  di  ul- 
cera della  cornea  trasparente.  -  Cheratite,  infiam- 
mazione della  cornea.  -  Cheratocentesi,  puntura  e 
incisione  di  tutto  lo  spessore  della  cornea.  -  Che- 
ratoma,  tumore  della  cornea.  -  Leucoma,  macchia 
bianca  che  succede  ad  una  piaga  o  ad  una  ulcera- 
zione della  cornea. 

Cheratoplastici,  i  rimedi  restauratori  della  cor- 
nea :  tali  il  difluordifenile,  lo  iodoformio,  l'epider- 
mina,  l'ittiolo,  l'acido  picrico,  il  tioformio,  ecc.  - 
Cheratotomo,  strumento  adoperato  per  operazioni 
della  cornea. 

Còrneo.  Di  corno  ;  che  ha  natura  di  corno.  - 
Attributo  comunrt  a  tutti  gli  organi  vegetali  duri  e 
flessibili  come  il  corno.  -  Cheratina,  sostanza  orga- 
nica fondamentale,  che  si  trova  nelle  corna,  nelle 
unghie  e  nelle  coste  delle  piume.  -  Prodnzioni  cor- 
nee, accidentali  vegetazioni  molto  analoghe  alle 
corna  degli  animali. 

Corneg'g'io.  Difficoltà  di  res2iirazione. 

Cornetta,  cornétto.  Fiaschetta  da  jwlvere 
pirica.  -  Varietà  di  trontba.  -  Piccola  bandiera 
di  milizia,  e  bandiera  di  marina,  usata  come  segno 
di  comando. 

Cornétto.  Veggasi  a  naso,  a  musicali  isfì'u- 
malti,  a  orecchio. 

Cornice.  Cintura,  ornamento  di  edificio,  spor- 
gente in  fuori.  E'  la  combinazione  di  varie  mo- 
danature, fatte  a  scopo  di  separare  o  delimitare  le 
diverse  parti  dell'edificio.  Ultimo  superior  membro 
della  trabeazione,  rappresentante  la  gronda  del 
tetto.  Comprende  :  il  listdlo,  le  gole,  il  gocciolatoio, 
te  fasce,  gli  ovoli,  il  tondino,  il  regoletto,  il  dentello, 
le  nienwle,  le  sottogole,  il  fvsainolfl,  i  capitelli  dei 
Irifi,  i  modiglioni,  combinati  diversamente,  secondo 
i  vari  ordini  -  Corniciame,  termine  collettivo  e- 
sprimente  lavori  di  cornici. 

Cornice  a  cassetta  :  ha  i  regoli  piani,  a  larghezza 
nelle  debite  proporzioni,  e  le  tien  dietro  una  fu- 
saruola,  o  altro,  e  quindi  il  fondo  piano.  -  Cornice 
architravata ,  quella  soprapposta  immediatamente 
all'architrave,  cioè  senza  interposizione  di  fregio.  - 
Cornice  arrampicante,  quella  che  segue  la  pendenza 
di  un  fronloiie  o  simile.  -  Cornicioncino,  piccolo 
cornicione  col  quale  si  rifiniscono  alcune  parti  in 
muratura  della  casa,  alcuni  njobili,  come  armadi, 
o  simili,  per  ornamento.  -  Cornicione,  la  cornice, 
quando  è  sola  e  fa  corona  alla  cima  di  un  palazzo, 
di  una  chiesa,  di  una  loggia  o  d'altro  sontuoso  edi- 
ficio. -  Coiniciove  archit, arato,  quello  posto  sul- 
l'architrave e  sulla  corona  senza  Iregio.  -  Fronte- 
spizio, cornice,  o  allro  consimile  membro,  il  quale. 
in  forma  di  triangolo,  avvero  di  arco,  fa  finimento 
alla  più  alta  parte  della  fronte  dell'edificio,  ovvero 
orna  la  parte  superiore  di  una  porta,  di  una. fine- 
stra, ecc.  Frontispizio  acido,  o  cùspide,  quello  che 
forma  in  alto  un  angolo  acuto.  Frontespizio  curvo, 
quello  che  si  rialza  in  forma  d'  arco.  -  lìigìiinetla, 
piccolo  cornicione  che  passa  sotto  le  finestre  di 
ciascun  piano. 

Cariatide,  figura  o  mezza  figura  che  si  mette 
talvolta  a  .sostegno  d'una  cornice.  -  Cavetto,  moda- 
natura architettonica  concava  (detta  anche  trochilo, 
guscio)  per  le  cornici,  ecc.,  avente  di  solito  il  pro- 
filo del  quarto  di  circonferenza.  -  Cimazio,  cimasa, 
membro  della  cornice,  altrimenti  detto  òvolo,  uo- 
volo.  -  Dentello,  ornamento,  a  guisa  d'un  ordine  di 
denti,  che  ricorre  sotto  una  cornice.  -  Doccia,  ca- 


nale che  forma  la  modanatura  superiore  della  cor- 
nice di  coronamento  d'un  edificio,  e  serve  per  ri- 
cevere lo  scolo  delle  acque  piovane  dal  tetto,  per 
poi  smaltirle,  allontanandole  dai  muri  dell'  edificio 
stesso.  -  Epitide,  membro  superiore  di  una  cornice: 
le  serve  di  coronamento.  -  Gocciolatoio,  membro 
che  ricorre  sotto  la  cornice,  con  maggiore  aggetto, 
perchè  l'acqua  sgoccioli  e  cada  abbastanza  lontano 
dal  piede  dell'  edificio.  -  Grondatoio,  sorta  di  ci- 
masa con  un'onda  grossa  nei  frontespizi  sopra  le 
cornici  dell'ordine  dorico. 

Modanatura,  nome  generico  dato  ai  corpi  più  o 
meno  sporgenti  che  entrano  nel  comporre  il  pro- 
filo di  una  cornice.  -  Modiglione,  specie  di  mensola 
che  è  sotto  il  gocciolatoio  dei  cornicioni.  -  Soffitta 
della  cornice,  la  parte  di  sotto  della  cornice  tra 
un  modiglione  e  l'altro,  nella  quale  sogliono  inta- 
gliarsi rosoni  0  altri  simili  ornati.  -  Sopraccorni- 
ciane,  ornamento  sopra  il  cornicione.  -  Sottogron- 
dale, la  parte  di  sotto  del  gocciolatoio,  che  è  in- 
cavata per  impedire  che  le  gocce  dell'acqua  non 
incorrano  contro  l'edificio,  ma  se  ne  spicchino  e 
cadano  liberamente.  -  Spiovente,  superficie  inclinata, 
che  talvolta  si  pone  sopra  la  modanatura  finale  di 
una  cornice  e  simili,  affinchè  l'acqua  sgoccioli  sol- 
lecitamente. 

Cornice.  Telaio  di  legno  o  d'altro,  in  cui  si 
incastrano  dipinti,  specchi  e  simili.  -  Regolo  inta- 
gliato lungo  con  dei  canti  a  gole,  spigoli,  mezzi 
cordoni,  ecc.,  che  si  vende  a  un  tanto  il  metro,  e 
serve  per  stipettai,  riquadratori,  ecc. 

Cornice  a  bastoncinOj  fatta  d'un  semplice  bastou 
cino  indorato  o  inargentato.  -  Cornice  alla  Raffaello 
0  della  Madonna  della  Seggiola,  con  un  gran  fondo 
di  legno  e  una  buca  tonda  nel  mezzo,  a  grandezza 
della  pittura.  -  Cornice  alla  Salvadora,  inventata 
da  Salvador  Rosa.  -  Cornice  a  méstolo,  cosi  detta 
dagli  intagli  che,  a  guisa  di  mestoli,  vi  si  vedono 
sopra  appiccicati.  -  Cornice  a  pdmpani,  coi  pam- 
pani  fuori  dell'mtelaiatura.  -  Cornice  a  sbalzo,  fatta 
in  modo  che  figuri  l'ondeggiamento  dell'acqua 
mossa  dal  vento.  -  Cornice  dorata,  quella  sulla 
quale  è  stesa  una  foglia  d'oro  o  una  tinta  che  la 
imiti.  -  Cornice  intagliata,  quella  adorna  d'intagli, 
come  fogliami,  mascheroncini,  ecc.,  rilevati  sul 
piano  di  essa.  -  Cornice  liscia,  quella  che  non  è  a- 
dorna  d'intagli  ;  ma  può  essere  ricca  per  la  materia 
e  pregevole  per  l'eleganza  della  forma.  -  Cornice 
scempia,  a  intaglio:  ha  sempre  lo  sguscio  che  fa 
da  battente  sulla  lucf  del  quadro  per  reggarlo,  ed 
ha  il  bastone  sopra  lo  sguscio.  -  Passe-partout  (frane), 
cornicetta  di  cartone. 

Cordoncino,  fregio  di  lejrno  in  alcune  cornici  da 
quadro.  -  Magliella,  specie  di  campanelline  che  si 
applicano  lateralmente  alle  cornici  da  quadri,  per 
poterle  appendere  alle  pareti.  -  Règoli,  ciascuno 
dei  quattro  lati  della  cornice.  -  Sguscio,  incavo  di 
cornice,  a  guscio. 

Corniciame,  corniciamento,  qualunque  lavoro  di 
cornici.  -  Corniciato,  che  ha  cornice.  -  Cornicia- 
tura, il  lavoro  del  far  la  cornice  ai  quadri  e  si- 
mili. Men  comune  di  incorniciatura;  ma  pare  che 
dica  meglio  l'effetto  del  lavoro  e  della  forma.  - 
Incorniciare,  mettere  in  cornice  un  quadro  a  obo, 
un  acquerello,  una  fotografia  e  simili.  -  Incornicia- 
tura, l'operazione  e  la  spesa  dell'  inco-niciare.  - 
Rincorniciare,  ripete  incorniciare.  -  Scorniciamento, 
lo  scorniciare,  l'atto  e  il  lavoro.  -  Scorniciare,  ri- 
durre in  forma  di  cornice.  -  Saetta,  sorta  di  ferro 
da  cornici.  -  Scorniciatoio,  arnese  per  scorniciare. 


CORNICIAME   —   CORO 


"21 


y 


Corniciamo.  Dello  a  cormce. 

Corniciato,  (ìlie  ha  cornice. 

Cornicióne.  Membro  di  architettura.  •  Vo;,'- 
gasi  anche  a  cornice  (primo  articolo). 

Cornicolato.  Veggasi  a  corno. 

Cornigrero.  Detto  a  corno. 

Corniola.  Detto  a  còrniòlo. 

Corniola.  Specie  di  agata  :  cornalina,  sarda, 
sardonica. 

Corniolo.  Albero  monlnno,  di  legno  duro,  con 
tìori  gialli  e  frutti  rossi  :  e»  miale,  cornio;  volgarm. 
cornaro.  -  Corniola,  frutto  di  ques' albero:  ha  la 
forma  della  giuggiola  lunga,  il  nocciolo  durissimo, 
la  polpa  morbida  nella  maturità,  ma  molto  acida, 
lazza,  onde  da  pochi  si  mangia,  e  serve  per  lo  più 
a  far  conserve  per  le  bevande  dell'estate  ;  è  di  un 
bel  color  rosso,  ma  ve  ne  sono  anche  di  gialle  e 
di  bianche. 

Cornipede.  L'animale  con  piedi  cornei. 

Corno  (al  plurale,  più  comunem.,  corna).  Osso 
acuto,  spesso  ritorto,  che  spunta  sulla  testa  di  al- 
cuni animali  quadrupedi,  ruminanti  (veggasi  a  ru- 
minante) :  armadura,  ramora,  rampini  (voci  disus.). 
Anche,  ciascuna  delle  punte  carnose  che  hanno  sul 
capo  la  chiòcciola  e  la  lumaca.  Il  corno  dei 
quadrupedi,  separato  dall'animale  e  lavorato,  è 
messo  in  commercio  'a  diversi  usi.  Le  corna  sono 
caduche  o  persistenti.  -  Ceraloide,  che  ha  la  forma 
d'un  corno.  -  Còrneo,  di  corno.  -  Cornigero,  che 
porta  corna.  -   Cornuto,  che  ha  corna,  porta  corna. 

Acuticorne,  con  corna  acute.  -  Bicorne,  che  pre- 
senta due  corni  o  prolungamenti,  -  Clavicome,  con 
antenne  ingrossate.  -  Conuco/a<o,  a  figura  di  due  corni 

-  Criptocero,  con  antenne  nascoste.  -  Criso:ero,  che  ha 
corna  dorate.  ■  Longicorne,  con  lunghe  corna.  Ma- 
crocero, con  grosse  corna.  -  Monocero,  l'animale 
con  un  solo  corno.  -   Ossicero,  con  antenne  acute. 

-  Rinocero,  rinoceronte,  animale  con  un  corno  sul 
naso.  -  Tricorne,  tricorno,  di  tre  corna.  -  Uni- 
corne, con  un  solo  corno. 

Antenna,  specie  di  corna  degli  insetti.  -  Cerd- 
sforo ,  apòfisi  da  cui  nasce  il  corno  in  certi  ani- 
mali. -  Cornatura,  la  foggia,  la  disposizione  delle 
corna  d'un  animale.  -  Corona,  la  parte  del  corno 
che  è  più  vicina  alla  radice  ;  minute  corna  alla 
sommità.  -  Impalcatura,  palco,  ordine  di  corna.  - 
Ramosità,  condizione  delle  corna  con  più  rami.  - 
Ramo,  parte  del  corno  che  si  sviluppa  dal  tronco 
principale  (corna  ramose).  -  Tentacolo,  corno  col 
quale  l'insetto  tasta. 

Cozzare,  urtare,  urtarsi  le  corna  :  accozzare,  dar 
cozzate,  dar  di  petto  ;  fare  ai  cozzi  ;  prendersi  a 
cornate,  venire  alle  cornate.  -  Cozzata,  colpo  con  le 
corna  :  cornata.  -  Cozzatina,  dim.  vezz.  di  cozzata. 

-  Cozzatura,  l'atto  e  l'effetto  del  cozzare.  -  Cozzo, 
cozzata,  non  com.  {fare  ai  cozzi,  urtarsi  con  le 
corna)  :  urto.  -  Incornare  (incornatura),  fare  le 
corna.  -  Scornare,  rompere  un  corno  o  le  corna.  - 
Spuntare  le  corna,  cominciare  a  nascere. 

Bragafuli,  sorta  di  corno  che  gli  eroi  nordici 
usavano  come  tazza  da  bere.  -  Chera,  corni  mo- 
dellati, più  0  meno  bene,  in  argento  o  altro  metallo, 
anticamente  in  uso  per  bere.  -  Cornucòpia,  vaso  a 
forma  di  corno,  simbolo  dell'abbondanza. 

Corno.  Istrumento  musicale,  specie  di  tromba 
il  cui  coìyo  è  rivolto  su  sé  stesso  in  due  o  tre 
lunghi  giri  circolari  compresi  tra  il  bocchino  e  la 
campana.  Era,  in  antico,  uno  strumento  militare, 
prima  forse  un  corno  di  bue,  poi  d'avorio  e  di  me- 


tallo; quello  dallato  é  un'invenzione  eUusca;  oggi, 
anche  un  istrumento  usato  dai  cacciatori,  dalle 
guardie  ferroviarie,  ecc.  -  E  con  lo  stesso  nome 
si  chiama  anche  uno  strumento  di  metallo  o  di 
cuoio  per  il  polverino  d'innescatura.  -  Il  corno,  istru- 
mento musicale,  produce  la  serie  fJegli  armonici  1, 
2,  3,  4,  5,  6,  ecc.,  i  quali  vengono  abbassati  al 
suono  più  vicino  inferiore  o  con  l' introduzione 
della  mano  sul  padiglione  o  coi  cilindri,  le  cui 
valvole  mettono  in  comunicazione  il  tubo  princi- 
pale dello  strumento  con  i  tubi  aggiunti,  f  suoni 
si  ottengono  con  la  pressione  del  labbro  in  apposito 
bocchino. 

Corno  a  chiavi,  o  italiano,  istrumento  che  si  suo- 
na in  tredici  toni.  -  Corno  a  macchina,  a  pistone, 
quello  adottato  universalmente.  -  Corno  bassetto, 
istrumento  intermedio  fra  il  clarinetto  e  il  fagotto. 

-  Còrno  cromatico,  provveduto  di  buchi  e  di  chiavi. 

-  Corno  inglese,  istrumento  di  invenzione  moderna 
e  appartenente  alla  famiglia  dell'oboe.  -  Corno 
russo,  con  una  sola  nota. 

Scorneggiare,  suonare  il  corno.  -  Tuffate  diconsi 
le  note  del  corno  ottenute,  oltreché  con  l'insuffla- 
zione, con  l'introduzione  della  mano  nel  padiglione. 

Corno.  Bernoccolo  che  ci  si  fa  sulla  fronte 
cadendo.  -  Figur.,  alterigia,   arroganza,   orgoglio. 

-  Estremità  d'una  schiera,  d'un  esercito  in  batta- 
glia. -  In  anatomia,  organo  o  parte  di  organo 
somigliante,  per  forma,  al  corno  dei  ruminanti.  - 
Corno  d'Ammone,  sorta  di  conchiglia.  -  Corno  di 
cervo,  preparazione  dell'antica  farmacopèa.  -  Corno 
ducale,  veggasi  a  doge.  -  Cornu,  detto  a  vela. 

Cornucopia.  Vaso  a  forma  di  corno,  simbolo 
A&IV  abbondanza. 

Cornuto.  Veggasi  a  corno  e  a  marito. 

Coro  (corale).  In  origine,  la  piazza  ove  aduna- 
vansi  i  cittadini  a  cantare  inni  in  onore  del  dio  pa- 
trono della  città  (veggasi  a  cantare  e  a  canto). 
Arione  di  Corinto  (verso  il  600  a  C),  per  il  primo, 
insegnò  ad  un  coro  a  danzare  in  cerchio,  intorno 
a  un  altare  e  a  cantare  un'ode  ditirambica  scritta 
apposta  per  una  data  occasione.  -  Adunanza  di  più 
interlocutori  nella  commedia  e  nella  tragedia 
antiche  (per  molte  voci  relative  veggasi  a  teatro), 
ora  nel  dramma  in  musica.  -  Adunanza  di  cantori; 
insieme  di  cantanti  e  di  suonatori  per  l'esecuzione 
di  un  pezzo  musicale;  adunanza  d'uomini,  spe- 
cialmente religiosi,  congiunti  insieme  ad  orare  e 
salmeggiare.  -  Anche,  il  componimento,  il  pezzo 
musicale  cantato  da  più  voci  nelle  opere  in  mu- 
sica. -  Corale,  appartenente  a  coro  [canto,  parte 
corale;  libri  corali,  grandi  libri,  per  lo  più  di  car- 
tapecora, stampati  per  il  coro). 

Coro  reale,  quello  in  cui  la  unione  armonica 
delle  quattro  voci  umane  è  tale  che  ciascuno  abbia 
una  melodia  diversa  dalle  altre.  -  Gesangverein, 
voce  tedesca  che  significa  compagnia  o  società  co- 
rale. Tali  società  sono  costituite  in  quasi  tutte 
le  città  della  Germania,  allo  scopo  di  coltivare  il 
canto  e  di  procurarsi  uno  spasso. 

Chorodidascalo,  chi  istruiva  artisticamente  i  cori. 

-  Cordgo,  fra  i  Greci,  il  capo  del  coro;  magistrato 
ateniese  che  provvedeva  i  cori  alle  rappresenta- 
zioni teatrali  o  per  certe  solennità  religiose.  -  Co- 
rifèo, capo  dei  cori  ;  chi,  nelle  antiche  rappresen- 
tazioni, dirigeva  i  coristi  e  i  cantanti.  -  Corista, 
capo  del  coro,  colui  che  ordina  il  coro  o,  an- 
che, chi  canta  in  esso.  -  Guida,  ogni  primo  corista 
delle  quattro  voci.  -  Maestro  di  cappella,  chi  dirige 


Premoli.  -  Vocabolario  Nomenclatore. 


46 


722 


CORO   —   CORONA 


i  cantori  di  una  chiesa.  -  Mesocoro,  chi  batteva  il 
tempo  con  una  stecca  di  legno. 

Antifona,  canto  alternato;  ora,  propriamente, 
versetto  che  si  recita  o  si  canta  prima  o  dopo 
i  salmi.  -  Antislrofe,  seconda  stanza  o  strofa 
di  un  canto,  lirico,  dei  cori.  ■  Corodia,  canto 
in  coro;  l'opposto  di  monodia.  -  Episodio,  breve 
azione  intrecciata  ai  canti  del  coro,  nell'antica 
tragedia  greca.  -  Epodo,  terza  strofa  o  parte  dei 
cori. 

Cantorino,  libretto  a  mano  per  uso  del  coro  : 
vi  sono  le  note  delle  cose  da  cantarsi.  Anche,  il 
libro  nel  quale  sono  contenute  le  regole  del  canto 
fermo. 

Còro.  Parte  della  chiesa  intorno  all'aitar  mag- 
giore, nella  quale  si  canta  :  àbsida,  abside.  La 
stanza  o  cappella  attigua  alla  chiesa  dove  le  mo- 
nache stanno  a  cantare.  -  Coro  alla  romana,  quello 
dietro  l'altare.  -  Coro  ordinario,  quello  davanti  al- 
l'altare. -  Corale,  che  obbliga  al  coro  (benefizio, 
cappellania,  ecc.).  -  Distribuzioni  corali,  le  propine 
dei  cantori  che  intervengono  al  coro. 

Manganelle,  cassapanche  affisse  al  muro,  in  coro, 
mastiettate,  che  si  alzano  e  si  abbassano.  -  Miseri- 
cordia 0  pazienza,  mensoletta  di  varia  forma, 
spesso  molto  ornata,  saldamente  attaccata  alla  fac- 
cia inferiore  della  tavola  mobile:  forma  il  se- 
dile di  uno  stallo  di  coro.  -  Stallo,  ciascuna  delle 
cattedre  in  cui  siedono,  nel  coro,  i  dignitari  eccle- 
siastici, canonici,  prelati,  ecc. 

Cantore,  dignità  ecclesiastica,  nelle  chiese  cattedrali. 
Chi  ne  è  rivestito;  chi  ha  la  sopraintendenza  al 
canto  del  coro.  -  Corista,  nelle  chiese  collegiate,  più 
specialmente  il  cappellano  che  nota  i  benefizianti 
presenti  al  coro.  -  Corale  (meno  comunem,  corisla), 
religiosa  che  ufficia  nel  coro. 

Coro.  Ciascuno  dei  nove  ordini  di  angeli  :  reg- 
gasi ad  angelo. 

Corografia  (corogràfico,  corògrafo).  Descrizione 
di  un  paese,  -  Corografico,  appartenente  a  coro- 
grafia. -  Coìògrafo,  che  professa  la  corografia.  - 
Mappa  corogràfica,  quella  che  rappresenta  una  re- 
gione, una  provincia  o  simile,  con  l'indicazione  di 
alcune  particolarità  più  notabili,  come  canali,  ponti, 
case  isolate,  strade,  molini,  opifici,  ecc. 

Coroidèa,  coroidite.  Veggasi  ad  occhio. 

Corólla.  Parte  del  fiore  che  ne  involge  gli 
stami  e  i  pistilli;  involucro  interno  dei  fiori,  nel 
quale  avviene  la  fecondazione  della  pianta. 

Corollàrio.  La  conseguenza  di  una  propo- 
sizione già  dimostrata. 

Corologia.  Detto  a  geografia. 

Corona  (coronamento,  coronare,  coronato,  coro- 
nazione). Ornamento,  in  forma  di  cerchio,  da  porre 
alla  fronte,  o  sul  capo,  per  onore,  per  distinzione 
tli  grado:  diadema,  serto.  Portato,  specialmente,  da 
un  re  e  da  altro  sovrano.  Corona  d'oro,  di  gem- 
ine, di  diamanti,  di  brillanti,  ecc.  Figur,,  maestà 
re,,'ia,  e  talvolta  prendesi  per  il  regno  e  per  lo 
slesso  re.  Anche,  ghirlanda  di  fiori,  di  foglie  di 
iilloro,  di  mirto  e  simili.  -  In  ai'aWica,  figura  in- 
dicante il  grado  di  nobiltà.  -  La  corona  d'alloro  si 
dava  ai  poeti,  ai  grandi  artisti  ;  la  corona  di  quer- 
cia ai  valorosi.  La  corona  di  Bacco  era  di  pampini, 
(jli  ambasciatori  portavano  la  corona  d'o/tt'o;le 
vittime,  di  pino  e  di  cipresso.  -  Coroncina,  coron- 
ciona,  dimin.  e  ascresc.  di  corona.  -  Becchetti,  i 
lienli  della  corona.  -  Gemme  della  coróna,  i  gio- 
jelli   che  usano   per   tradizione   i  principi.  -  Co" 


ronaio,  chi  fa  o  vende  corone.  -  Coronario,  che  è 
circolare,  a  guisa  di  corona. 

Corone  diverse.  —  Baronale,  comitale,  ducale, 
marchionale,  nobiliare,  patriziale,  principesca,  reale, 
la  corona  a  seconda  che  è  distintivo  di  barone,  di 
conte,  ecc.  -  Civica,  o  di  quercia,  o  d'elee,  la  co- 
rona che  si  conferiva  a  chi  salvava  un  cittadino 
romano  in  battaglia.  -  Di  ferro,  o  ferrea,  antica 
corona  dei  re  d'Italia.  -  Etrusca,  corona  di  foglie 
d'oro,  a  foggia  di  quelle  di  quercia,  con  ghiande 
di  gemme  e  con  nastri  dello  stesso  metallo.  -  Lau- 
rea dicevano  i  Romani  quella  corona  d'alloro  di 
cui  gli  atleti  vincitori,  o  coloro  che  avevano  tatto 
0  conchiuso  la  pace,  si  cingevano  la  fronte.  -  Mu- 
rale, corona  ornata  di  torri  e  di  torrette  (come 
quella  che  si  raffigura  in  capo  all'Italia):  si 
conferiva  a  chi  avesse,  per  il  primo,  dato  la  sca- 
lata alle  mura  di  una  città  assediata.  -  Nuziale, 
natalizia,  conviviale,  sacerdotale,  la  corona  a  se- 
conda delle  persone  che  la  cingevano  e  delle  cir- 
costanze speciali  in  cui  veniva  cinta:  nozze,  na- 
scita, convito,  ecc.  -  Oleagina,  corona  di  foglie 
d'olivo  che  si  dava,  per  ricompensa,  a  chi  a- 
vesse  consigliato  qualche  buon  espediente  per  la 
vittoria.  -  Ossidionale,  quella  che  assegnavasi  a 
chi  liberasse  una  terra  dall'assedio.  -  Ovante,  la 
corona  che  i  Romani  concedevano  a  chi  otte- 
neva il  trionfo  minore.  -  Badiata,  la  corona  che 
si  assegnava  agli  dèi,  agli  eroi  deificati,  poi  ad  Au- 
gusto, ecc.  -  Bostrale,  rostrata,  o  navale,  o  classica, 
quella  che  veniva  data  a  chi  primo  uncinava  una 
nave  nemica,  e  vi  saltava  dentro.  -  Sacra,  la  co- 
rona che  fu  simbolo  di  autorità  regia  o  imperiale. 

-  Sepolcrale,  la  corona  (di  fiori  freschi,  di  fiori 
finti  0  d'altro)  che  si  depone  sopra  una  tomba, 
sopra  una  bara,  durante  il  trasporto  funebre,  ecc.  - 
Sutile,  corona  di  fiori  recisi,  senza  foglie,  portata 
dai  Salii.  -  Trionfale,  la  corona  assegnata  a  chi  ot- 
teneva il  trionfo  nell'antica  Roma.  Ve  n'era  di  tre 
sorta  :  una  di  foglie  d'alloro,  senza  le  còccole,  por- 
tata dai  generali  durante  il  loro  trionfo;  una  di 
foglie  d'alloro  fatte  d'oro,  tenuta  sospesa  sopra  il 
capo  del  generale  da  un  ufficiale  pubblico  ;  un'altra 
d'oro,  di  considerevole  valore,  e  la  si  mandava  in 
dono  al  generale  che  aveva  ottenuto  il  trionfo.  - 
Vallare  (vallaris  o  castrensis),  quella  che  davasi  a 
chi,  tra  i  Romani,  entrava  pel  primo  nelle  trincee 
nemiche:  era  tutta  d'oro, con  palizzate  (vellum). 

Abacot  (frane),  berretto  con  doppia  corona.  - 
Agrostemma,  o  corona  dei  campi,  sorta  di  fiore.  - 
Anadèma,  corona  o  fascia  che  portavano  i  vinci- 
tori dei  giuochi.  -  Aurèola,  corona  di  raggi  intorno 
alla  testa  d'un  santo:  nimbo,  raggiera.  -  Corolla, 
piccola  corona  di  fiori  artificiali  fatti  di  sottili  tru- 
cioli di  corno,  dipinti  a  vari  colori.  -  Corollarium, 
corona  fatta  di  sottilissime  foglie  di  metallo,  inar- 
gentate 0  dorate,  che  i  Romani  regalavano  agli  at- 
tori favoriti.  -  Corona  di  spine,  quella  di    Cristo» 

-  Corona  lunga,  ghirlanda  o  festone  di  fiori,  per 
ornare  persone  o  fabbricati,  in  occasione  di  festa  : 
era  portata  al  collo.  -  Diadèma,  fascia  bianca  ed 
azzurra  portata  dai  re  asiatici  intorno  alla  tiara. 
Più  tardi,  larga  lascia  bianca  fissata  intorno  al  capo 
e  legata  di  dietro  con  un  fiocco,  adottata  da  altre 
nazioni  come  segno  di  sovranità.  Anche,  orna- 
mento femminile  da  porsi  sul  capo,  dinanzi,  a 
foggia  delle  corone  reali:  fatto  d'oro  e  di  pietre 
preziose,  o  d'altre  materie,  a  semicerchio,  o  a  cer- 
chio intero.  -  Kokoschwik,  il  diadema  che,  secondo  il 
costume  nazionale,  portano  le  donne  russe.  -  Tn- 


CORONALE 


CORPO 


23 


regno,  la  triplice  corona  del  papa,  simbolo  della 
Chiesa  paziente,  militante  e  trionfante:  tiara. 

Coronare,  coronato,  ecc.  —  Coronare,  mettere  la 
corona;  più  comunem.,  incoronare:  conferire  la 
corona  a  sovrani,  a  poeti,  a  trionfatori  :  dare,  im- 
porre, mettere  corona,  la  corona;  fregiare,  india- 
demare,  inghirlandare.  Dicesi  anche  in  significato 
di  eleggere  (veggasi  ad  elezione),  conferire  la  po- 
testà regia,  intronizzare,  mettere  in  trono  ;  un- 
gere re;  ungere  imperatore  ;  consacrare,  sacrare  un 
papa.  -  Ricoronare,  incoronare,  ripete  coronare.  - 
Scoronare,  togliere  la  corona;  far  decadere  dal 
trono,  dal  regno. 

Incoronato  (partic.  e  agg.),  che  ricevette,  che 
porta  la  corona  :  cerchiato,  gemmato,  indiademato, 
mitrato,  redimito,  turrito. 

Incoronazione,  l'incoronare  ;  la  cerimonia  dell'in- 
coronare, tanto  re  e  poeti,  quanto  l' inghirlandare 
la  testa  per  ornamento  o  altro  :  coronamento,  inco- 
ronamento, inghirlandamento;  consacrazione,  ele- 
zione. 

Lemnisco,  striscia  di  porpora  con  la  quale  si  le- 
gavano le  corone. 

Coróna.  Opera  di  fortificazione.  -  Filza  di 
pallottole  del  rosario.  -  Nome  di  due  costella- 
zioni :  veggasi  a  costellazione.  -  Nome  d'una  in- 
finità di  ordini  cavallereshi.  -  In  anatomia,  ciò  che 
ha  forma  circolare.  -  In  botanica,  appendice  che 
in  alcune  piante  sovrasta  alla  faccia  della  corolla. 
-  In  musica,  linea  curva  con  un  punto  nel  mezzo: 
serve  a  prolunguare  la  nota  o  la  pausa  su  cui  è 
posta.  -  Porzione  di  superficie  piana  racchiusa  fra 
due  circonferenze  concentriche.  -  Nome  di  più  di 
una  moneta.  -  Parte  del  cavallo  che  collega  il 
pasturale  al  piede.  -  Impuntura  intorno  al  quar- 
tiere della  scarpa.  -  Manico  della  camjiana,  che 
s'unisce  al  mozzo.  -  Corona  polare,  la  più  bella 
fase  dell'aurora  magnetica.  -  Corona  solare,  detto  a 
sole. 

Coronale.  Veggasi  a  fronte  e  a  piede. 

Coronamento.  Quanto  termina  superiormente 
un  edificio. 

Coronare  {coronato).  Cingere  di  corona. 

Coronario.  Circolare,  a  guisa  di  corona. 

Coronato.  Detto  a  frutto. 

Coronazióne.  Veggasi  a  corona. 

Coroncìna.  Piccoia  corona,  e  specialmente 
quella  del  rosario. 

Corpacciata.  Atto  ed  effetto  del  mangiare 
soverchiamente. 

Corpacciuto.  Chi  è  grosso  di  corporatura  : 
veggasi  ad  obéso. 

Corpétto.  Panciotto,  sottoveste. 

Corplccluòlo.  Piccolo  corpo. 

Corplno  da  notte.  Corsetto,  cappotto,  che  si 
mette,  la  sera,  sopra  la  camicia,  specialmente 
dalle  donne. 

Corpo  Tutto  ciò  che  ha  una  esistenza  mate- 
riale e  che  può  quindi  cadere  sotto  i  sensi  ;  tutto 
ciò  che  ha  lunghezza,  largJiezza  e  j^^'ofon- 
dità;  qualsivoglia  sostanza,  o  materia,  che 
abbia  qualità  proprie  e  specifiche  :  cosa,  cosa 
corporea,  cosa  materiale  ;  qualunque  porzione  di 
materia.  In  natura  nulla  esiste  che  abbia  più 
di  tre  dimensioni  o  meno  di  tre;  però  in  geo- 
metria si  considera  il  limite  esterno  di  ogni 
corpo,  ossia  ciò  che  determina  la  sua  forma  e  lo 
separa  dallo  spazio,  quasi  come  staccato  dal  mede- 
simo e  mancante  di  profondità.  Questo  limite  di- 
cesi superficie  ed  ha  due  sole  dimensioni,  la  lar- 


ghezza e  la  lunghezza.  Il  limite  della  superficie,  e 
anche  il  luogo  in  cui  si  riuniscono  due  superficie 
contigue,  è  considerato  come  avente  una  sola  di- 
mensione, la  lunghezza,  e  dicesi  linea.  Il  limite 
della  linea  e  il  luogo  d'incontro  di  due  linee  chia- 
masi punto.  Limitatamente  al  volume  e  alla  superfi- 
cie, un  corpo  può  essere  grande,  grosso,  pic- 
colo, colossale,  enorme;  piano,  concavo, 
convesso,  curvo;  quadrato,  rotondo  ;  cònico 
(veggasi  a  còno),  cùbico  (veggasi  a  cubo),  ecc. 
Anticamente  si  conoscevano  solo  quattro  corpi  sem- 
plici (acqua,  aria,  terra,  fuoco),  e  si  chia- 
mavano elementi.  Oggi  se  ne  conoscono  più  di  set- 
tanta veramente  semplici,  ossia  indecomponibili: 
alluminio,  antimonio,  argento,  argonio,  arsenico,  a- 
zoto,  bario,  bismuto,  ecc.  Molti  di  essi  .sono  de- 
signati come  metalli  (veggasi  a  metallo),  altri 
come  metalloidi  (veggasi  a  metalloide).  Si  dicono, 
poi,  colloidi  i  corpi  che,  a  differenza  dei  cristalloidi, 
restano  al  disopra  del  diaframma  animale  e  nel- 
l'osmosi non  passano  nel  liquido  sottostante  :  tali 
la  colla,  la  gomma,  la  gelatina,  Yamido,  ecc. 

Corpòreo  (corporeità),  del  corpo,  specialmente  di 
quello  umano.  Contr.,  incorpòreo  (senza  corpo),  in- 
corporeità. Detto  anche  in  significato  di  spirituale  : 
veggasi  a  spirito. 

Atomo,  per  simil.,  dicesi  di  corpo  piccolissimo.  - 
Bruscolo,  voce  toscana  designante  qualsiasi  corpic- 
ciuolo  minuto  e  specialmente  quelli  che  entrane 
negli  occhi.  -  Cilindro,  corpo  solido,  lungo  e  ro- 
tondo. -  Corpo  animale,  veggasi  ad  animale.  - 
Corpo  umano,  veggasi  più  innanzi.  -  Corpùscolo, 
àtomo  sospeso  nell'aria,  di  varia  forma  ;  in  botanica, 
organo  sessuale  femmin,  delle  gimnosperme.  -  Glòbo, 
corpo  rotondo  per  tutti  i  versi  :  sfera.  -  Massa, 
quantità  indeterminata  di  qualsivoglia  materia  am- 
montata insieme.  -  Mezzo,  corpo  solido,  liquido  o 
aeriforme,  in  cui  segue  qualche  fenomeno.  -  Micrococco, 
microbo  molto  piccolo,  di  forma  rotonda:  si  pre- 
senta al  microscopio  isolato  o  in  catene  o  in  am- 
massi gelatinosi  amorfi.  -  Microrganismo,  essere 
piccolissimo  invisibile  ad  occhio  nudo  e  che  vive 
in  altri  esseri  o  in  sostanze  organiche:  bactèrio. 
-  Pólvere,  minuzzolo  di  terra  arida;  ogni  altra 
cosa  ridotta  a  guisa  di  polvere.  -  Zoòfilo,  corpo 
che  partecipa  della  pianta  e  dell'animale. 

Il  corpo   nei   scoi   vari   statl 
Corpi  diversi. 


Aeriforme,  uno  dei  tre  stati  in  cui  si  possono 
trovare  i  corpi  in  natura,  gli  altri  due  essendo  il 
solido  e  il  liquido.  Pervengono  a  tale  stato  (fluido, 
elastico,  gassoso)  il  maggior  numero  dei  corpi,  per 
la  forza  del  calore,  che  ne  disgiunge  le  molecole, 
convertendoli  prima  in  liquidi,  poi  in  vapori.  -  A- 
morfo,  il  corpo  che  non  presenta  una  forma  rego- 
lare e  in  qualche  modo  simmetrica.  -  Animale,  il 
corpo  organico  che,  oltre  alle  funzioni  assimilativa 
e  riproduttiva,  compie  anche  quelle  di  selezione 
cogli  altri  organismi  e  che  é  dotato  di  sensibilità. 
-  Animato,  il  corpo  che  vive  ed  ha  un'anima.  - 
Arido,  il  corpo  privo  d'umori  e  che  presenta,  alla 
superficie,  una  certa  asprezza  al  tatto.  -  Artificiale, 
il  corpo  ottenuto  artificialmente,  con  ai^ificio. 

Bruto,  aggetti vam.,  dicesi  di  un  corpo  non  organiz- 
zato. -  Celeste,  terrestre,  il  corpo  a  seconda   che  si 


724 


trova  sulla  terra  o  negli  spazi  celesti.  -  Colorato,  il 
corpo  che  presenta  una  colorazione,  un  colore  ben 
definito  e  costante.  -  Composto,  il  corpo  che  l'ana- 
lisi chimica  ha  dimostralo  risultare  dalla  combina- 
zione di  due  0  più  corpi  indecomposti.  -  Decompo- 
nibile, che  si  può  decomporre.  -  Diafano,  il 
corpo  che  si  lascia  attraversare  dalla  luce.  -  Diama- 
gnetico, il  corpo  che  viene  respinto  dalla  cala- 
mita. -  Duro,  il  corpo  che  oppone  considere- 
vole resistenza  alla  forza  che  tenta  scalfirlo.  -  E- 
dotto,  il  corpo  separato,  per  processi  tecnici,  dalla 
materia  pri  na  nella  quale  preesisteva.  -  Elettro- 
positivo, elettro-negativo,  veggasi  ad  elettricità. 

Fluido,  il  corpo  le  cui  molecole  hanno  si  poca 
aderenza  fra  loro  che  tendono  sempre  a  separarsi 
le  une  dalle  altre.  -  Fràgile,  il  corpo,  se  al  mi- 
nimo colpo  si  frantuma.  -  Gassoso,  volatile,  il  corpo 
le  cui  molecole  tendono  ad  allontanarsi  le  une 
dalle  altre.  -  Granelloso,  di  corpo  che  si  mostra 
come  formato  da  piccoli  granelli.  -  Grasso  (corpo), 
principio  immediato,  rappresentato  dai  corpi  neu- 
tri, acidi  0  salini,  solubili  nell'etere  e  nell'alcool, 
insolubili  0  poco  solubili  nell'acqua,  brucianti  con 
fiamma  voluminosa  o  con  produzione  di  nero  fumo: 
si  trovano  sciolti  o  finemente  divisi  nei  liquidi 
normali  (chilo,  latte,  ecc.)  e  patologici. 

Ialino,  voce  usata  dagli  scienziati  per  indicare 
quei  corpi  che  hanno  le  trasparenza  del  vetro.  - 
Imponderabile,  il  corpo  che  non  presenta  un  peso 
sensibile  agli  strumenti  più  delicati.  Si  disse  anche 
dei  corpi  di  natura  sconosciuta:  la  luce,  il  calore, 
l'elettricità,  il  magnetismo.  -  Inanimalo,  il  corpo 
che  non  ha  vita.  -  Incoloro,  se  non  ha  alcun  co- 
lore ben  definito.  -  Indecomposto,  il  corpo  che,  sot- 
toposto a  tutti  i  mezzi  ofi'erti  dalla  scienza,  non 
potè  essere  scomposto  negli  elementi  che  lo  costi- 
tuiscono. -  Inerte,  il  corpo  che  nella  mescolanza 
non  reagisce.  -  Inorganico,  il  corpo  le  cui  parti 
elementari  coesistono  in  equilibrio  statico.  Inorga- 
nici sono  i  corpi  semplici  (metalli,  metalloidi),  gli 
ossidi,  le  anidridi,  gli  acidi  minerali,  i  sali  aloidi 
(cloruri,  ioduri),  i  sali  (carbonati,  solfati,  nitrati, 
ecc.).  -  Iridescente,  il  corpo  che  presenta,  dispersi 
alla  sua  superficie,  i  diversi  colori  deWiride,  va- 
rianti però  di  posto  col  variare  dell'angolo  d'inci- 
denza dei  raggi  luminosi. 

Legnoso,  costituito,  nelle  piante  dicotiledoni,  da 
canale  midollare,  dal  legno  propriamente  detto  e 
dall'alburno.  -  Liquido,  il  corpo  le  cui  molecole  sono 
scorrevoli  le  une  sulle  altre,  in  modo  che  esso  prende 
la  forma  del  recipiente  che  lo  contiene.  -  Mine- 
rale, corpo  inorganico,  senza  forza  vitale.  -  Molle, 
il  corpo  che  non  offre  alcuna  resistenza  alla  forza 
che  tenta  scalfirlo.  -  Nattirale,  il  corpo  che  si  tro- 
va in  natura  cosi  come  si  presenta.  Allo  stato  na- 
tivo, frase  che,  riferita  a  corpo,  ha  il  medesimo  si- 
gnificato di  «naturale».  -  Neutro,  d'alcuni  corpi 
privi  d'azione. 

Opaco,  il  corpo  che  non  si  lascia  attraversare  dai 
raggi  della  luce.  -  Organico,  il  corpo,  i  cui  ele- 
menti coesistono  in  forza  e  in  equilibrio  dinamico 
e  sono  capaci  di  compiere  delle  funzioni.  Corpi  or- 
ganici :  carburi  di  idrogeno  ;  composti  della  serie 
aromatica  ;  aldeidi,  alcaloidi  ;  glucosidi  ;  idrati  di 
carbonio,  grassi.  -  Organizzati  (corpi):  dicesi  delle 
piante,  degli  animali,  o  di  quelle  parti  di  essi  che 
costituiscono  da  sé  un  ordito  disposto  a  norma 
delle  leggi  di  organizzazione. 

Pellucido,  il  corpo  che  si  lascia  attraversare  dalla 
luce  solo  parzialmente.   -   Permeabile,  il  corpo  at- 


traversabile dalla  luce,  dall'aria,  dall'acqua,  ecc.  - 
Pseudo-iredescente,  il  corpo  che  presenta  i  diversi 
colori  dell'iride  dispersi  alla  sua  superficie,  ma  fissi 
in  posto. 

Semplice,  il  corpo  indecomposto.  -  Solido,  il 
corpo  le  cui  molecole  sono  avvinte  fortemente  le 
une  alle  altre,  di  modo  che  esso  ha  una  forma 
ben  definita.  -  Sonoro,  il  corpo  che,  percosso,  e- 
mette  un  suono. 

Tenace,  il  corpo  che  offre  considerevole  resistenza 
alla  forza  che  tenta  frantumarlo.  -  Vegetale,  il 
corpo  organico,  che  è  capace  solo  delle  funzioni 
assimilativa  e  riproduttiva:  conservazione  quindi 
individuale  e  conservazione  della  specie.  -  Vitreo, 
l'umore  che  riempie  la  cavità  dell'occ/wo,  poste- 
riormente. -  Vivente,  il  corpo  che  presenta  il  fe- 
nomeno della  vita  ed  esiste  in  forza  dell'equi- 
librio dinamico  delle  sue  parti.  -  Volatile,  corpo 
solido  0  liquido  che  può  ridursi  in  gas  o  va- 
pore, sia  alla  temperatura  ordinaria,  come  l'etere, 
l'alcool,  l'acqua,  sia  per  l'azione  di  un  calore  più 
0  meno  elevato,  come  lo  zolfo,  il  mercurio,  l'ar- 
senico. 

Parti  di  un  corpo- superficie,  volume,  ecc. 

Atomi,  gli  elementi  semplici  e  indivisibili,  che 
costituiscono  i  corpi.  -  Cellule,  gli  elementi  che  co- 
stituiscono ogni  corpo  organico  :  veggasi  a  cellula. 
-  Componente,  ciascuna  delle  sostanze  che  compon- 
gono un  corpo. 

Elementi,  le  parti  indivisibili  che  costituiscono 
la  massa  di  un  corpo:  veggasi  ad  elemento.  - 
Grana,  particella  di  un  corpo,  separata.  -  Meato, 
canale,  via  dei  corpi  per  cui  essi  traspirano.  - 
Membro,  parte  di  checchessia  organato  a  modo 
di  corpo.  -  Molecola,  particella  minima  di  un 
corpo  ;  la  quantità  più  piccola  che  possa  essere  in 
un  corpo  allo  stato  libero;  ciascuno  degli  elementi 
analizzabili  che  costituiscono  un  corpo.  -  Monade, 
elemento  semplice  e  indivisibile  dei   corpi  viventi. 

Ossatura,  la  disposizione  e  il  complesso  delle  ossa 
nel  corpo  animale.  -  Pori,  gli  interstizi  che  esi- 
stono tra  gli  elementi  che  costituiscono  un  corpo; 
veggasi  a  poro.  -  Protoplasma,  il  contenuto  delle 
cellule  dei  corpi.  -  Sostanze  elementari,  sostanze 
semplici,  indecomponibili,  di  cui  sono  fatti  i  corpi. 

Capacità,  il  volume  dello  spazio  che  un  corpo 
occupa.  -  Cèntro,  punto  nel  mezzo  di  un  corpo 
sferico.  -  Peso,  gravità  di  un  corpo.  -  Profondità, 
una  delle  tre  dimensioni  del  corpo  solido;  altezza 
da  sommo  ad  imo.  -  Quadratura,  ciascuna  facciata 
d'un  corpo  quadrangolare.  -  Spigolo,  canto  vivo 
dei  corpi. 

Superficie,  la  faccia  esterna  di  un  corpo  ;  li- 
mite del  corpo.  -  Volume,  il  corpo  considerato 
nella  sua  estensione,  nello  spazio  che  occupa.  - 
Volume  specifico,  il  quoziente  del  peso  molecolare 
per  la  densità  :  sotto  eguali  condizioni  di  tempera- 
tura e  di  pressione,  è  in  numero  costante. 

Proprietà',  tambiamenti,  fenomeni  dei  corpi. 

Affinità,  dicesi  quando  l'aggregazione  unisce  mo- 
lecole di  natura  diversa.  -  Aggregazione  molecolare, 
proprietà  che  hanno  le  molecole  dei  corpi  di  atti- 
rarsi e  mantenersi  vicendevolmente  ravvicinate,  in 
modo   da   opporre   un  certo  ostacolo,  più  o  meno 


grande,  alle  potenze  che  tendono  a  separarle.  -  Ca- 
lotte, l'effetto  di  un  moto  vibratorio  delle  molecole 
dei  corpi.  -  Calorificazione,  sviluppo  di  calore  che 
si  verifica  negli  organismi  ed  è  il  risultato  del 
compimento  di  tutte  le  funzioni.  -  CanMiritii,  pro- 
prietà di  certi  corpi,  i  quali,  combinandosi  con  la 
sostanza  delle  parti  sulle  quali  vengono  applicati, 
ne  alterano  il  tessuto  e  ne  distruggono  la  strut- 
tura :  vegliasi  a  catiatico.  -  Coesione,  la  l'orza  che 
tiene  tra  loro  avvinte  le  diverse  parti  che  costitui- 
scono un  corpo.  -  Compressibilità,  la  proprietà  che 
hanno  i  corpi  di  ridursi  in  volume  sottoposti  ad 
una  pressione.  -  Consistenza,  densità,  tenacità 
dei  corpi. 

Decomponibilità ,  V  attitudme  dei  corpi  a  es- 
sere decomposti,  scomposti,  sciolti:  veggasi  a 
sciogliere.  -  Decomposizione,  il  decomporsi  di  un 
corpo.  -  Densità,  stato  di  un  corpo  la  cui  materia 
è  unita  e  stretta  insieme  :  veggasi  a  denso.  -  Di- 
latabilità, la  proprietà  che  hanno  i  corpi  di  au- 
mentare il  proprio  volume  sotto  l'azione  di  certe 
cause.  -  Divisibilità,  la  proprietà  che  hanno  tutti 
i  corpi  di  dividersi  in  parti. 

Ebollizione,  fenomeno  per  il  quale  un  corpo  passa 
bruscamente  dallo  stato  liquido  allo  stato  gassoso. 

-  Elasticità,  la  proprietà  che  hanno  alcuni  corpi, 
una  volta  deformati,  di  ritornare  alla  forma  primi- 
tiva, non  appena  cessa  di  agire  la  forza  che  ne 
causava  la  deformazione.  -  Espansione,  stato  di  un 
corpo  che  ha  aumentato  le  sue  dimensioni  per  ef- 
fetto della  forza  repulsiva  del  calorico  interposto 
fra  le  sue  molecole.  -  Estensione,  la  proprietà  ge- 
nerale della  materia  per  cui  tutti  i  corpi  occupano 
dello  spazio.  -  Evaporazione,  il  passare  di  un 
corpo,  lentamente,  Jdallo  stato  liquido  allo  stato 
di  gas,  di  vapore. 

Fenomeno,  qualunque  effetto  che  si  osserva  nei 
corpi.  -  Grana,  la  costituzione  molecolare  d'un  corpo. 

-  Impenetrabilità,  la  proprietà  generale  della  ma- 
teria per  la  quale  due  corpi  non  possono  contem- 
poraneamente occupare  il  medesimo  spazio.  -  Li- 
quefazione, il  passare  di  un  corpo  dallo  stato  so- 
lido allo  stato  liquido.  -  Permeabilità,  facoltà  che 
hanno  i  corpi  di  essere  attraversati  dall'aria,  dal- 
l'acqua, dalla  luce,  dal  calore,  ecc.  -  Porosità,  pro- 
prietà dei  corpi  consistente  nell'  essere  forniti  di 
spazi  (pori)  o  distanze  intermolecolari.  -  Potere 
assorbente,  facoltà  che  hanno  vari  corpi  di  lasciar 
penetrare  nella  loro  massa  altri  corpi  o  agenti 
fisici. 

Rarefazione,  il  fenomeno  per  il  quale  i  corpi  di- 
minuiscono la  propria  densità;  maggiore  sviluppo 
d' un  corpo  per  lo  scostarsi  delle  sue  molecole, 
senza  aumentare  di  peso  e  di  materia.  -  Solidifi- 
cazione, passaggio  di  un  corpo  dallo  stato  liquido 
allo  stato  solido.  -  Solidità,  proprietà  per  cui  le 
parti  di  un  corpo  resistono  alla  forza  che  li  vuole 
disgiungere.  -  Solubilità,  la  proprietà  che  hanno  i 
corpi  di  sciogliersi.  -  Sopraffusione,  fenomeno  per 
cui  un  corpo,  dopo  fuso,  rimane  liquido  ad  una 
temperatura  più  bassa  di  quella  che  ne  determina 
la  formazione.  -  Tenacità,  proprietà  speciale  dei 
corpi  solidi  per  la  quale  è  più  o  meno  stabile  l'ag- 
gregamento delle  loro  molecole,  e  più  o  meno  dif- 
ficile il  produrre  in  esso  una  deformazione. 

Cose  e  termini  varì. 

Ogni  corpo  é  soggetto  alle  leggi  della  fisica, 
della   chimica,  a   quelle   speciali    della  sua  na 


tura,  alle  condizioni  proprie  di  vita,  alle  in- 
fluenze àeW atmosfera,  dell'aria,  all'azione  del 
caldo,  del  freddo,  deìVurnidità,  ai  diversi  te- 
nonieni  che  sono  propri  delV astronomia,  della 
geologia,  della  meteorologia,  ecc.  E'  mòbile  e 
immobile.  Può  conservarsi  intatto,  inalterato, 
oppure  mutare  o  subire  tnodificazione  e,  in 
certi  casi,  metamorfosi;  subire  guasto,  rottura 
(veggasi  a  rompere),  annientamento,  distru- 
zione. 

Aderire,  di  corpi  che  combacino  alla  superficie  : 
veggasi  ad  adesione.  -  Afjìoscire,  ammosciare,  ap- 
passire,  avvizzire,  divenire  o  rendere  floscio, 
molle,  moscio,  ecc.  -  Ammencire,  rendere,  far  di- 
venir mencio  ;  diventar  mencio,  cioè  floscio,  non 
consistente.  -  Avvizzire,  avvizzimento,  perdere  fre- 
schezza, appassire.  -  Comporre,  ottenere  per  sin- 
tesi un  corpo.  -  Contòrcere,  contorcerai,  veggasi  a 
torto.  -  Dimezzarsi,  ridursi  a  metà.  -  Decom- 
porre, obbligare  un  corpo  a  separarsi  nei  suoi 
elementi.  -  Deformare,  togliere,  la  form.a  a  un 
corpo.  -  Forìnare,  dare  forma  a  un  corpo.  - 
Frantumare,  ridurre  un  corpo  in  minutissimi 
pezzi  :  ròm,pere  minutamente.  -  Incorporarsi,  di 
un  corpo  che  si  compènetra  in  un  altro.  -  Risol- 
vere, scomjìorre.  -  Scorporare,  figur.,  cavare  dal 
corpo.  -  Sciògliere,  sciogliersi,  veggasi  a  soluzió- 
ne. -  Scortecciare,  togliere  a  un  corpo  la  parte  su- 
perficiale, la  corteccia,  la  scorza.  -  Screpolare,  pro- 
vocare delle  fenditure,  delle  crepe  in  un  corpo.  - 

-  Sezionare,  dividere  un  corpo  in  diverse  parti  u- 
guali  :  partire,  dividere.  -  Spezzare,  dividere  un 
corpo  in  più  pezzi  :  veggasi  a  pezzo. 

Analisi,  la  decomposizione  di  un  corpo  com- 
posto nei  corpi  semplici  che  lo  costituiscono.  - 
Sintesi,  la  composizione  di  un  corpo  composto 
ottenuta  combinando  insieme,  nelle  proporzioni  vo- 
lute, i  corpi  semplici  che  lo  costituiscono.  -  Scorcio, 
operazione  che  mostra  la  superfìcie  essere  resa  ca- 
pace della  terza  dimensione  del  corpo,  mediante  la 
prospettiva,  la  quale  fa  apparire  le  figure  di 
maggiore  quantità  ch'esse  non  siano,  -  Stereometro, 
apparecchio  per  determinare  il  volume  dei  corpi 
in  polvere. 

Corpo.  Tutta  la  massa,  insieme  unita,  di  molte 
parti  ridotta  in  una;  es.,  corpo  di  città,  di  case,  di 
buoi,  ecc.  -  Riferito  a  collegio,  ad  associazione, 
a  società,  tutti  insieme  coloro  che  li  compongono. 

-  In  linguaggio  militare,  membro  deWesercito  che 
forma  unità  e  può  stare  da  sé  secondo  le  leggi,  i 
regolamenti.  -  Nella  marina,  la  nave  distinta  dalle 
merci  che  vi  sono  caricate.  -  In  diritto,  il  fatto 
materiale  che  deve  essere  accompagnato  dall'animo 
(intenzione). 

Corpo  avanzato,  gruppo  di  soldati  che  precede  il 
grosso  dell'esercito. 

Corpo  callóso,  fascia  bianca,  molle  e  fibrosa,  che 
si  scorge  separando  i  due  emisferi  del  cervello.  - 
Corpo  d'acqua,  la  massa  liquida  che  scorre  in  un 
fiume,  in  un  cariale  e  simili.  -  Corpo  d'armata  : 
veggasi  ad  esercito.  -  Corpo  del  diritto,  veggasi  a 
diritto.  -  Corpo  della  piazza,  veggasi  a  fortezza, 

-  Corpo  del  reato,  o  del  delitto,  veggasi   a  delitto. 

-  Corpo  di  ballo,  detto  a  coreografia,  -  Corpo 
di  guardia,  veggasi  a  guardia.  -  Corpo  diploma- 
tico, detto  a  diplomazia.  -  Corpo  di  ricupera- 
zione, quello  formato  da  soldati  scelti,  tenuti  ia 
riserva  per  terminare  la  battaglia  o  ricuperare 
la  vittoria. 

Corpo  franco,  veggasi  a  tnilixia.        Corpo  legi- 


726 


CORPO  A  CORPO 


CORPORATURA 


slativo,  assemblea  legislativa  ;  il  Farlaniento. 
-  Coi'po  0  ente  morale,  istituto  civile  riconosciuto 
dalle  leggi,  avente  personalità  giuridica,  e  che  per- 
ciò gode  dei  diritti  secondo  le  leggi  e  gli  usi 
osservati  come  diritto  pubblico. 

Corpo  a  corpo.  Modo  di  combattimento  ; 
il  battersi  in  singoiar  tenzone;  duello. 

Corporale.  Di  còrpo,  appartenente  al  corpo 
umano.  -  Pannolino  che  il  sacerdote  cattolico 
adopera  nella  messa.  •  Detto  di  pena:  per- 
sonale. 

Corporali  bisogni.  Quelli  specialmente  dello 
scarico  degli  intestini  :  veggasi  a  defecazione,  - 
In  significato  più  largo,  i  bisogni  naturali  o  primi- 
tivi -.circolazione,  digestione,  nutrizione,  re- 
spirazione. 

Corporalmente.  Veggasi  a  corpo  um-ano. 

Corporatura  La  forma,  la  complessione 
del  corpo  umano  ;  Y  insieme  che  esso  presenta 
allo  sguardo:  lattezza, /tfirwra,  fusto  ;  membratura, 
organismo,  persona,  personale  ;  statura,  struttura  ; 
taglia,  taglio  ;  torso.  -  La  corporatura  è  regolare, 
normale,  comune,  media,  mezzana,  oppure  anormale, 
irregolare,  colossale,  enorme,  stentata,  misera,  ecc. 
Di  corporatura  l'uomo  (o  anche  l'animale)  è  bello 
0  brutto  ;  alto  o  basso  (veggasi  a  statura),  ma- 
gro 0  grasso  ;  esile,  gracile,  mingherlino,  sot- 
tile, oppure  torte,  grosso,  robusto  ;  ben  fatto, 
regolarmente  conformato,  oppure  gobbo,  monco, 
sciancato,  storpio;  elegante  o  goffo;  agile 
(veggasi  ad  agilità),  snello,  svelto,  oppure  tozzo, 
lento  nei  movimenti;  diritto  o  curvo;  delicato, 
fine  0  grossolano,  ecc. 

Busto,  dicesi  talvolta  per  l' intera  persona.  - 
Fusto,  detto  della  corporatura  dell'uomo.  -  Perso- 
nale, corporatura  di  uomo  vivente.  -  Statura, 
stato  del  corpo  in  quanto  all'  altezza  e  alla  pic- 
colezza. -  Taglia,  taglio,  comprende  l'altezza  e  la 
proporzione  delle  forme  :  frane,  taille.  -  Torso,  la 
persona  senza  il  capo. 

Incavatura,  bella  proporzione  tra  il  petto,  i 
fianchi  e  la  schiena.  -  Polisomatia,  corpulenza,  gros- 
sezza di  membra. 


Figure  di  persone  secondo  la  corporatura. 


Abbozzato,  di  persona  e  di  volto  de  forine,  mal- 
formato. -  Abbozzo  d'uomo,  o  di  donna,  persona  mal 
formata  e  non  proporzionata  nelle  sue  parti,  im- 
perfetta nel  complesso.  -  Abòrto  (fìgur.),  aborto  di 
natura,  persona  mal  conformata:    scorbio,  sgorbio. 

-  Aitante,  alto  e  forte  della  persona  ;  bene  svilup- 
pato di  membra  ;  di  bella  complessione  ;  alto  e  ben 
complesso,  di  belle  forme  ;  ben  formato,  ben  pian- 
tato ;  bell'asta,  bella  tacca  ;  fatto  senza   risparmio. 

-  Alcione  (figur  ),  uomo  poco  diritto  della  persona. 

-  Anguilla  (tigur.).  di  una  persona,  e  specialmente 
di  donna,  svelta  e  agilissima,  che  nel  camminare 
muove  molto  il  corpo,  o  che,  ruzzando,  sfugge  fa- 
cilmente di  mano.  -  Anténna  (figur.),  di  persona 
alta  di  statura  e  sottile.  -  Atticciato,  grosso,  tar- 
chiato di  membra,  di  persona:  fatticcio,  grassoccio, 
membruto,  sodo  ;  mostacco,  mostaccone.  -  Atticcia- 
tello,  atticcia totlo,  dimin.  di  atticciato. 

Bacchillona,  bacchinone,  donna,  uomo  di  grossa 
corporatura,  ma  buoni  a  poco.  -  Barca  (figur.),  d'uo- 
mo 0  di  donna  molto  corpulenti.  -  Bastracone,  uomo 
grosso  e  forzuto.   -  Bel  fusto  (famil.  iroii.),  di  per- 


sona alta,  ma  di  poca  testa.  -  Benfatto,  di  persona 
che  ha  belle  forme  (anche,  di  persona  d'animo 
gentile  e  generoso).  -  Biancone,  d'uomo  di  torme 
grossolane.  -  Ben  piantato,  ben  formato  ;  anche,  di 
chi  ha  piedi  grandi.  -  Bilenco,  sbilenco,  storto.  - 
Bóffi.ce,  bofficione,  di  persona,  ma  specialmente  di 
una  donna  che  sia  grassa  e  avvenente.  -  Botta, 
persona  corpulenta,  con  gambe  corte.  -  Bottaccino 
(figur.),  di  persona  piccola  e  grassoccia.  -  Bozzac- 
chiuto,  uomo  piccolo,  grossacciuolo,  mal  fatto,  spro- 
porzionato. -  Brindellone,  persona  sciatta,  uomo 
lungo  e  malfatto,  che  cammina  dondolandosi. 

Caramógio,  persona  piccola  e  contraffatta.  -  Car- 
nesecca,  donna  vecchia  e  secca.  -  Ciclope  (figur.), 
d'un  uomo  alto,  grosso  e  forte.  -  Colosso  (figur.), 
gigante.  -  Complessionato  (bene  o  male),  di  uomo 
che  ha  buona  o  cattiva  complessione.  -  Complesso, 
di  persona  che  ha  piuttosto  grossa  complessione.  - 
Contraffatto,  brutto,  storpiato  della  persona.  -  Cor- 
pacciuto, più  che  corpulento  :  può  significare  pin- 
guedine non  grave  e  non  disforme.  -  Corpulento, 
di  grossa  corporatura.  -  Corto  di  vita,  di  collo,  di 
capo,  di  gambe,  ecc.,  espressioni  di  chiaro  signifi- 
cato. -  Coso,  per  uomo  stupido  e  mal  fatto. 

Delicato,  di  gentile  complessione,  o  di  salute  poco 
costante:  contrario  di  robusto.-  Di  mezza  tacca,  dt 
mezza  taglia,  di  corporatura  media,  tra  grande  e 
piccolo,  ■  Dinoccolato,  uomo  abbandonato  della  per- 
sona, e  svogliato  e  lento  nell'opera.  -  Diritto  come 
un  cero,  come  un  fuso,  di  persona  diritta,  di  vita 
spianata. 

Elefante  (figur,),  persona  di  enorme  corporatura. 
-  Ercole,  Sansone,  uomo  di  robustissima,  fortissima 
corporatura.  -  Fatticcio,  atticciato  di  grosse  mem- 
bra. -  Fatto  a  pennello,  di  persona  ben  fatta.  - 
Figura  gotica,  dicesi  familiarmente  di  quelle  per- 
sone che  vanno  all'  antica  e  che  mancano  di  li- 
nee eleganti  ;  male,  anzi  ridicolmente  sagomate. 

Gentile,  detto  di  forme,  contrario  di  grosso: 
esile.  -  Gigante,  gobbo,  nano,  pigmèo,  veg- 
gasi a  queste  voci.  -  Golia  (figur.),  di  persona 
molto  alta  e  tarchiata.  -  Gravaccióna,  di  persona 
molto  grave  di  corporatura.  -  Imbarcato,  di  uomo 
incurvito,  diventato  curvo. 

Lillipuziano,  di  corporatura  minuscola,  nano.  - 
Mangano,  persona  grossa  d'ossatura,  di  fattezze  or- 
dinarie. -  Marcantonia  e  marcantonio,  di  donna  o 
uomo  di  torme  piuttosto  complesse  e  floride.  - 
Mezza  cicca  :  cosi  dice  il  volgo  d'un  uomo  piccolo 
e  sparuto.  -  Mezzo  sigaro,  dicesi,  meno  volgarmente, 
come  mezza  cicca,  di  persona  magra  e  sparuta,  - 
Micco,  uomo  disadatto  e  grosso  della  persona  e  di 
brutto  aspetto.  -  Mingherlino,  debole,  esile.  -  Mi- 
nuto, detto  di  persona,  significa:  di  membra  deli- 
cate e  sottili.  -  Monco,  chi  manca  di  qualche 
membro,  specialmente  mano  o  braccio  :  tronco, 
mutilato. 

Nottolone,  uomo  lungo,  disadatto  e  che  nel  cam- 
minare butta  la  persona  qua  e  là.  -  Obeso,  chi 
è  grosso,  pingue.  -  Ossuto,  fornito  di  grandi  ossa; 
che  mostra  di  avere  grandi  ossa. 

Pataccone,  uomo  grosso  e  grossolano.  -  Person- 
ciìia  e  personcina,  piccola  persona,  di  piccola  sta- 
tura. -  Personcione,  persona  grande,  disadatta  e  sve- 
nevole.. -  Pezzo  da  sessanta,  di  donna  fatticcia  e 
bella.  -  Pezzo  d'uomo,  grande,  tarchiato.  -  Pieno, 
pienotto,  detto  di  alcuna  parte  del  corpo  o  di  tutta 
la  persona  alquanto  piena  di  carne.  -  Pifferane  e 
pinserone,  uomo  grosso,  paffuto  e  serio,  -  Pina,  di 


CORPORAZIONE  —   CORPO   UMANO 


727 


persone  e  specialmente  di  donna  friovane  tuttora' 
che  abbia  carni  sode  e  sia  ben  formata. 

Quartato,  di  corporatura  grossa,  traversa:  qua- 
drato. -  Rosticcio,  ragazzo  o  persona  meschina  tìsi- 
camente, quasi  deforme;  più  comunem.  graticcio.  - 
Sbiobbo,  di  persona  piccola  e  con  membri  storti  per 
rachitide,  o  che  abbia  un  poco  la  bazza  lunga.  - 
Scampolo  d'uomo,  meschino  di  (igura.  -  Scarabocchio 
(fìgur.),  di  persona  mal  fatti  o  trista  ;  uomo  pic- 
colo e  contraffatto.  -  Scarto  d'uomo,  non  formato. 
-  Schiattone  o  stiattone,  di  giovane  o  ragazzo  che 
siano  fatticci,  sani  e  di  bella  presenza.  -  Scontra f- 
fatto,  di  fattezze  deformi  nelle  parti  principali  del 
corpo  -  Scudiscione,  di  persona  alta  e  secca.  -  Se- 
nera  (ligur.),  di  un  uomo  sbiancato  e  magro.  - 
Sformato,  disformato,  di  persona  d'una  strana  gras- 
sezza: grasso  e  grave.  -  Sgangherato,  di  corporatura 
disfatta.  -  Sghengo,  uomo  contraffatto  della  per- 
sona, piccolo,  cioè,  con  gambe  torte,  ecc.  -  Slan- 
ciato per  snello,  svello,  dal  frane,  èlancé.  -  Smilzo, 
che  è  sottile  nella  vita.  -  Spersonito,  di  persona 
sparuta  e  piccola,  contrario  di  impersonato.  -  Stem- 
piato, di  eccessiva  altezza  e  grossezza.  -  Stiac- 
cianoci,  persona  di  corpo  mal  disposto  e  piccolo  - 
Storto,  per  gobbo  o  comechessia  contraffatto  della 
persona.  -  Striminzito  come  un'aringa,  senza  figura  : 
piccolo  e  magro. 

Tànghero,  uomo  grosso,  piuttosto  zotico.  -  Tar- 
cagnotto  e  tracagnotto,  di  persona  (anche  di  donna) 
non  alta,  ma  grassa  e  robusta.  -  Tarchiato,  di  com- 
plessione quadrata,  forte.  -  Tocco  d'uomo,  di  grosse 
membra  e  di  alta  statura.  -  Tomboletto,  tombolotto, 
persona  non  tanto  alla,  ma  tarchiata,  grassa  e  tonda 
a  foggia  di  tombolo.  -  Tonfacchiotto,  uomo  piccolo 
e  grasso.  -  Torsone,  persona  di  grossa  corporatura. 
-  Tozzo  e  tozza,  uomo  o  donna  che  ha  la  persona 
piccola  e  grossa.  -  Trabiccolo,  uomo  che  sia  cur- 
vato dagli  anni  o  da  imperfezione  fìsica.  -  Tra- 
verso, d'uomo  muscoloso,  di  largo  petto  e  di  larghe 
spalle,  robusto. 

Uomo  fatto,  sviluppato  tìsicamente.  -  Uomo  fatto 
come  un  liuto,  col  corpo  grosso,  il  capo  e  il  collo 
fine  :  degli  idropici.  -  Vascello  (figur.),  di  persona  e 
specialra.  donna,  spropositata.  -  Zaffo,  o  tappo  da 
botte,  persona  troppa  piccola  e  grassoccia.  -  Zoppo, 
impedito  di  gamba  o  di  piede. 

Che  macchina  t,  d'un  pezzo  d'uomo  o  di  donna.  - 
Esser  bene  o  mal  conformato,  essere  bene  o  mal  di- 
sposto di  forme,  d'organismo,  di  corporatura.  -  Es- 
sere in  carne,  rimettersi  in  carne,  essere  o  divenire 
alquanto  complesso.  -  E'  una  massa  di  carne,  di  car- 
vaccia:  di  persona  mal  fatta  e  grassa.  -  Pare  un  punto 
interrogativo,  di  persona  sbilenca.  -  Pare  un  ròc- 
chio, di  uomo  0  donna  tozzi,  senza  garbo.  -  Pare 
un  tonfo;  è  un  tonfo:  di  persona  grossa  e  non 
alta 

Per  molte  altre  voci  e  locuzioni,  veggasi  anche 
&  bambino,  donna,  a  fanciullo,  a  giovane, 
a  persona,  a  uomo,  a  vecchio. 

Corporazióne.  Una  compagnia  di  più  per- 
sone con  propri  statuti  :  congregazione. 

Corporeità.  L'essere  corpòreo;  avere  corpo. 

Corporeo.  Del  corpo  umano. 

Corpo  umano.  Il  complesso  delle  membra 
che  costituiscono  l'uomo,  la  donna,  il  bam- 
bino ,  il  fanciullo ,  ecc.  ;  la  parte  materiale 
dell'  uomo  per  opposizione  all'  anima  :  albergo 
dell'anima,  animata  terra  ;  busto  /  caduco,  ingom- 
bro, carcassa,  carcere  terreno,  carnaccia,  carne, 
carne   d'Adamo,   cera  mortale,   corporea  tela,   cor- 


poreo velo,  creata  argilla,  creta,  creta  mortale  ; 
fianco,  forma,  frale  (poet.),  frale  spoglia,  fusto  ;  im- 
pedimento mortale  ;  incarco,  ingonìbro  delle  mem- 
bra; io  mortale;  le  midolle  e  gli  ossi,  limo  umano: 
macchina,  macchina  umana  ;  materia,  materia  ca- 
duca, materia  vegetabile  e  sensibile,  mortale  gonna, 
mortale  gonnella,  mortai  laccio,  mortai  prigione, 
mortai  velo;  nostra  scorza,  nostra  umanitade;  peso 
delle  membra;  peso  terreno,  pondo,  potenza  sensi- 
bile, potenza  vegetante;  salma,  sostanza  corporea; 
spoglia,  spoglia  mortale,  spoglie  mortali  ;  taberna- 
colo (lìgur.,  il  corpo,  sede  dell'anima);  terra  ani- 
mata, terra  sensibile;  terrena  scorza,  terrena  soma, 
terreno  carcere,  terreno  incarco  ;  terrestre  cordo- 
vano ;  veste  dura  del  corpo,  vita.  Il  corpo  umano; 
dalla  nascita  passa  per  diversi  periodi,  o  età, 
e  infine  è  soggetto  alla  ìnorte  (diventa  cadavere), 
per  cui  cessa  la  vita  ;  è  maschio  o  femmina  ; 
può  essere  bello  o  brutto,  robusto  o  gracile, 
di  alta,  di  bassa,  di  media  statura,  grasso  o 
tnagro,  sano  o  malato,  e  in  diverse  altre  con- 
dizioni accennate  sotto  la  voce  corjtoratura  e 
alle  varie  singole  voci.  vSi  trova  nei  due  diversi 
stati  di  sonno  o  di  veglia. 

Corpaccio,  corpaccióne,  corpo  grosso  e  mal  sa- 
gomato. -  Corpicciuolo,  corpicello,  corpicino,  corpo 
piccolo  ;  corpo  piccolo  e  aggraziato  o  delicato.  - 
Corpone,  di  corpo  sformato  come  una  botte  (cor- 
pone  sformato).  -  Corpnccio,  corpo  esile  e  di  foriuO 
non  belle. 

Corporale,  di  corpo,  che  si  riferisce  a  corpo.  -  Cor- 
poreità, corporalità,  l'essere  corporeo,  materialità. 
Contr.,  incorporeità.  •  Corpòreo,  del  corpo,  fatto  di 
corpo,  che  ha  il  corpo  :  corporale,  cosa  corporata 
(v.  a.).  Contr.,  incorpòreo  (che  non  ha  corpo),  spi- 
rituale. -  Parietale,  di  varie  parti  del  corpo.  - 
Somàtico,  corporale,  fisico. 

Corporalmente:  con  o  col  corpo,  in  corpo,  in 
corpo  ed  anima;  umanamente,  visibilmente. 

Esteriore,  figura,  qualità  del  corpo.  -  Fisico,  l'este- 
riore di  una  persona,  la  figura,  la  complessione,  il 
temperamento.  -  Forma  sostanziale,  complesso  delle 
qualità  corporee.  -  Individuo,  ciascun  esse-e  or- 
ganizzato, considerato  per  sé.  -  Macchina  umana, 
ì\  corpo  umano,  e  specialmente  lo  stomaco  e  quella 
parte  dell'uomo  nella  quale  funzionano  i  visceri.  ■ 
Organismo,  macchinismo  animale,  l'orditura,  il 
movimento  e  il  complesso  degli  organi  del  corpo 
umano  e  animale.  -  Persona,  il  corpo  dell'uomo 
vivente  considerato  nella  sua  parvenza:  e  vale 
anche  uomo,  considerato  moralmente. 


Parti  principali. 


Nel  corpo  umano  si  distinguono,  principalmente, 
cinque  parti  :  la  testa,  i'  collo,  il  tronco,  o  btir 
sto,  gli  arti  superiori,  o  braccia  (veggasi  a  brac- 
cio) e  gli  arti  inferiori  o  gambe  (veggasi  a  gam- 
ba). Nella  testa,  poi,  sono  da  distinguere  due  parti: 
la  faccia  e  il  cranio;  nel  tronco,  altre  due 
parti:  il  torace,  o  petto,  e  ['addome,  parte  del 
ventre  ;  negli  arti  superiori,  la  spalla,  il  braccio 
(òmero),  Vavambraccio,  col  cùbito,  poi,  più  in  giù, 
la  mano;  negli  arti  inferiori,  Xanca,  il  fèmore 
{coscia),  il  ginocchio,  la  gamba  e  il  piede. 

Anca,  regione  costituita  dalla  parte  laterale  del 
bacino  che  si  continua  con  la  coscia  ;  l'osso  che  è 
tra  il  fianco  e  la  coscia.  -  Apparato,  l'insieme  de- 


728 


COBPO   UMANO 


gli  organi  destinati  a  compiere  collettivamente  una 
determinata  funzione  generale  del  corpo  umano* 
Digerente,  circolatorio,  respiratorio,  riproduttore,  i 
diversi  apparati  che  costituiscono  il  corpo  uma- 
no ;  e  apparecchio  delta  locomozione  quello  che 
comprende  le  ossa,  i  legamenti.  -Appendice,  parte 
dei  corpo  umano  connessa  o  contigua  ad  un'  altra, 
considerata  principale. 

Baciììo,  parte  inferiore  del  tronco,  contenente 
le  estremità  del  tubo  digerente  e  gli  organi  genito- 
urinari.  -  Bronchi,  divisioni  delia  trachea.  -  Car- 
ne, la  parte,  anzi  le  parti  più  molli  del  corpo,  rico- 
perte dalla  pelle.  -  Cavità,  vuoto  nell'interno  del 
corpo.  -  Cintola,  la  parte  del  corpo  sopra  i  fianchi. 
-  Colonna  vertebrale,  insieme  di  tutte  le  ver- 
tebre. -  Culo,  il  deretano.  -  Cuore,  organo  della 
circolazione.  -  Dorso,  tutta  la  parte  posteriore  del 
corpo,  dalla  nuca  fino  ai  fianchi  (e  talora  dicesi 
per  tutto  il  tronco)  :  dosso,  schiena.  -  Estremità, 
le  mani  e  i  piedi  ;  specialmente  i  piedi. 

Fegato,  viscere  che  secerne  la  bile.  -  Fian- 
co, la  parte  del  corpo  tra  le  costole  e  l'anca 
e,  per  estensione,  anche  la  coscia  superiore.  - 
Grembo,  spazio  dal  bellico  fino  alla  metà  delle 
coscie,  quando  la  persona  sta  seduta  o  accoccolata 
(si  suole  più  comunemente  riferire  a  donna).  -  In- 
forcatura, la  parte  del  corpo  dove  finisce  il  tronco 
e  cominciano  le  gambe.  -  Intestino,  canale  degli 
alimenti.  -  Lato,  parte  destra  o  sinistra  del  corpo. 

Membra,  le  parti  principali  del  corpo  umano 
prese  nel  complesso.  -  Metnbro,  parte  principale 
del  corpo  umano  unita  al  tronco  per  mezzo  di  ar- 
ticolazione. -  Milza,  viscere  a  sinistra  del  ven- 
tre. -  Nodo  vitale,  regione  del  bulbo  o  midollo 
allungato. 

Organo,  ciascuna  delle  parti  del  corpo  umano 
che  servono  a  speciali  funzioni.  Organi  centrali, 
il  cervello,  il  cuore,  i  polmoni  (veggasi  a  pol- 
mone), lo  stomaco.  -  Ossatura,  telaio,  scheletro, 
ordine  e  componimento  delle  ossa,  considerate 
senza  la  carne.  -  Osso,  parte  solidissima  del  cor- 
po, bianca  e  priva  di  senso,  -  Pelle,  membrana 
che  avviluppa  e  copre  esteriormente  tutte  le  parti 
del  corpo.  -  Parti  basse,  le  parti  vergognose.  - 
Parti  molli,  tutte  quelle  che  non  sono  dure  e  re- 
sistenti. -  Petto,  cavità  conoide  che  occupa  il 
mezzo  del  tronco.  -  Polmone,  organo  principale 
della  respirazione. 

Regione,  spazio  determinato  nel  corpo  umano  o 
dei  differenti  organi  relativamente  alle  parti  vi- 
cine, come  regione  del  fegato,  regione  epigastrica, 
ecc.  -  Sclieletro,  X  insieme  delle  ossa  private  di 
ogni  parte  molle,  e  mantenute  nella  loro  posizione 
propria.  -  Seno,  parte  tra  la  fontanella  della  gola  e 
il  bellico.  -  Sistema,  l'unione  di  quelle  parti  simil- 
mente organizzate  che  si  estendono  per  tutto  o 
quasi  tutto  il  corpo  ;  muscolare,  osseo,  linfatico,  san- 
guigno, i  diversi  sistemi  del  corpo  umano.  -  Solidi, 
le  ossa,  i  muscoli,  i  nervi,  le  arterie,  le  vene,  i 
cartilagini,  i  ligamenti,  le  membrane,  ecc.,  tutto  ciò 
insomma  che  non  è  liquido. 

Tessuto,  aggregato  cellulare  costituito  da  ele- 
menti omogenei.  •  Tubo  alimentare,  il  tubo  gastro-en- 
terico. -  Vaso,  canale,  condotto,  ciascuno  dei  moltis- 
simi canali  ramosi  per  entro  ai  quali  scorrono  il 
sangue  e  la  linfa.  -  Vena,  vaso  o  canale,  che  ri- 
porta il  sangue  dalle  arterie  al  cuore.  -  Vergogna 
(figur.),  le  parti  pudende.  -  Vescica,  ricettacolo  del- 
l'ormo. -  Vita,  parte  del  corpo,  dalle  anche  alle 
spalle. 


Altre  parti.  —  Umori,  ecc. 


Animella,  valvola,  valvula,  sottilissime  membrane 
siffattamente  locate  entro  ai  meati  dei  vasi  o  di 
alcune  altre  cavità,  che  agevolmente  consentono  ai 
fluidi  che  vi  corrono  di  proseguire  il  loro  corso 
per  il  canale,  non  di  ritornare  addietro.  -  Arco 
diastaltico,  il  complesso  dei  nervi  formanti  archi 
nervosi  riflessi,  il  cui  insieme  costituisce  il  midollo 
spinale.  -  Arteria,  vena  che  batte  e  porta  il  san- 
gue dal  cuore  alle  parti  del  corpo.  -  Articola- 
zione, nodo,  giuntura,  annodatura  delle  ossa  fra 
loro.  -  Arto,  articolo,  giuntura  o  membro  artico- 
lato, come  le  braccia  e  le  gambe. 

Bernòccolo,  rilievo  o  gibbosità  esistente  in  qual- 
che parte  del  corpo  umano  per  irregolarità  delle 
ossa  e  più  specialmente  nella  testa  :  bitòrzolo,  pro- 
minenza, protuberanza.  -  Cartilàgine,  una  delle 
parti  similari  del  corpo,  la  più  dura  dopo  le  ossa. 

-  Cassa,  ogni  cavità  delle  articolazioni  dove  girano  i 
capi  delle  ossa:  detta  anche  uovolo,  ovolo.  -  Cellule, 
gli  elementi  che,  variamente  conformati,  costitui- 
scono, aggregandosi  ogni  corpo  vivente  :  veggasi  a 
cellula.  -  Corpo  calloso,  fascia  bianca,  molle  e  fi- 
brosa, che  si  scorge  esaminando  i  due  emisferi  del 
cervello.  -  Fossa,  follicolo,  folliculo,  alcune  cavità 
del  corpo,  e  specialmente  la  membrana  fatta  a 
modo  di  borsa  che  forma  le  loro  parti.  -  Frenulo, 
piegatura  membranacea  che  allaccia  e  ritiene  un 
organo  del  corpo. 

Glandola  o  gianduia,  corpo  molle,  granelloso  e 
soffice,  per  lo  più  bianco,  che  si  trova  in  più 
parti  degli  animali.  -  Gonfosi,  quella  specie  di  artico- 
lazione che  non  è  se  non  l'unione  di  due  ossa,  in 
cui  uno,  a  guisa  di  chiodo,  sembra  conficcarsi  nel- 
l'altro. 

Lacuna,  ricettacolo  dal  quale  stilla  qualche  umore. 

-  Legamento,  ciascuno  dei  moltissimi  cor- 
doni 0  strisele  di  tessuto  fibroso  che,  per  lo  più, 
tengono  unite  le  ossa  fra  loro.  -  Lobo,  porzione  ro- 
tonda ed  eminente  d'un  organo  del  corpo  animale, 
p.  e.  del  fegato,  del  polmone.  -  Meato,  vaso  o  canale 
per  cui  il  corpo  traspira.  -  Membrana,  nome 
generico  di  tessuti  larghi  e  sottili,  rappresentanti 
specie  di  tele,  destinati  ad  assorbire  o  segnare  certi 
fluidi  0  ad  avviluppare  certi  organi. 

Membro  virile,  e  assol.  membro,  organò  della  fe- 
condazione: pene.  -  Muscoli,  le  parti  carnose  dure, 
costituite  a  fasci,  che  aderiscono  alle  ossa,  costi- 
tuenti lo  scheletro  :  veggasi  a  muscolo.  -  Ner- 
vo, ciascuno  dei  cordoni,  bianchi  e  cilindrici,  for- 
mati di  filamenti  intrecciati,  che  comunicano  col 
cervello  e  con  la  midolla  spinale,  e  sono  i  con- 
duttori delle  sensazioni  e  delle  volizioni. 

Papilla,  nome  di  alcune  glandolette  minutissime- 
del  corpo.  -  Peduncolo,  parte  che  è  quasi  un  pro- 
lungamento di  un  organo  :  peduncoli  del  cervello, 
del  cervelletto,  della  glandola  pineale,  ecc.  -  Pelo^ 
ciascuno  dei  sottilissimi  filamenti  che  crescono  in 
alcune  parti  del  corpo.  -  Periosleo  e  periostio,  mem- 
brana tenace,  fibrosa  e  bianca,  che  veste  esterior- 
mente le  ossa.  -  Poro,  protuberanza,  orifizio  esi- 
stente,su  tutte  ie  parti  del  corpo,  apertura  delle 
ghiandole  sudorifere.  -  Protuberanza,  prominenza,, 
risalto,  bernòccolo. 

Setto  (sepimento,  tramezzo),  qualunque  organo 
che    serve    a    dividere    una    cavità    dall'  altra.    - 


CORPO     UMANO 


729 


Sfintere,  nome  di  muscoli  a  forma  d'anello  che  servono 
a  chiudere  aperture  o condotti  naturali.-  Sopraccorpo, 
corpo  che  ne  copre  un  altro.  -  Snodatura  o  no- 
cella, piegatura  delle  giunture  o  articolazioni.  -  So- 
spensorio, nome  di  alcuni  ligamenti  e  muscoli,  cosi 
detti  dal  loro  ufficio.  -  Vescicola,  alcune  parti  di 
organi  che  risultano  d'una  memhrana  conformata  a 
sacco. 

Umori,  ecc.  —  Ghititie,  liquore  che  sta  nelle 
giunture  del  corpo,  ed  è  sottile,  bianco,  chiaro  a 
guisa  del  bianco  dell'uovo.  -  Linfa,  umore  del 
corpo  simile  ad  acqua.  -  Midolla,  il  sugo  che 
riempie  l'interno  delle  ossa  lunghe.  -  Pituita^  flem- 
ma, muco,  sierosità  :  voce  già  usata  ad  indicare 
la  parte  più  sottile,  quasi  la  parte  acquosa  de- 
gli umori  animali,  e  principalmente  del  sangue  : 
quindi  tale  fu  detto  segnatamente  1'  umore  che  si 
forma  nelle  cavità  nasali.  -  Sangue,  umore  ver- 
miglio che  scorre  nelle  vene  e  nelle  arterie.  -  Si- 
novia, liquore  viscido  che  serve  a  lubrificare  tutte 
le  articolazioni  del  corpo.  -  Tartaro,  quella  specie 
di  gromma  o  materia  calcinosa  che  si  genera  nei 
vasi  del  corpo  animale.  -  Tufo,  per  simil.,  dicesi 
degli  umori  formati  e  rassodati  nelle  articolazioni  a 
guisa  di  tufo. 


Stati^   proprietà',   funzioni,   ecc. 

DEL    CORPO    umano. 


Abitudine,  complessione,  costituzione  del  corpo 
umano,  lo  stato  fisico  dell'organismo.  -  Animalismo. 
complesso  delle  proprietà  del  corpo  umano.  -  A- 
zienda  vitale,  il  complesso  delle  funzioni  del  corpo 
animale.  -  Bellezza,  l'esattezza  delle  proporzioni  di 
tutte  le  sue  parti.  -  Bilateralismo,  lo  stesso  che 
simmetria  bilaterale:  cioè,  disposizione  simmetrica, 
ai  due  lati  della  linea  mediana,  di  organi  o  parti 
similari.  -  Bisogno,  sensazione  interna  che  av- 
verte della  necessità  di  eseguire  certi  atti  o  di  pro- 
curarsi certe  cose  indispensabili  al  mantenimento 
della  vita  e  alla  riproduzione,  o  cose  che  l' uso 
e  una  lunga  abitudine  hanno  reso  necessarie.  Vi 
sono  tanti  gruppi  di  bisogni  quante  sono  le  grandi 
funzioni  fisiologiche,  e  perciò  si  distinguono  :  i  bi- 
sogni primitivi  (di  circolazione,  di  digestione 
e  di  respirazione)  ;  i  bisogni  sensitivi  (bisogno 
voluttuoso  e  di  esercitare  i  sensi  speciali)  ;  bisogni 
cerebrali  propriamente  detti  (morali  e  intellettuali). 
Bisogni  naturali,  nell'uomo  e  negli  animali,  sono 
la  fame  e  la  sete,  cioè  il  ìnangiare  e  il  bere, 
la  defecazione,  la  voglia  di  camminare,  il 
dormire,  il  prendere  riposo;  anche,  il  procu- 
rarsi qualche  divertimento,  qualche  piacere,  a 
ricreazione  della  mente,  dello  spirito. 

Calore  naturale,  del  corpo,  quando  non  ha  feb- 
bre. -  Combustione  respiratoria,  veggasi  a  respi- 
razione. 

Complessione,  l'abito,  la  disposizione  fisica  del 
corpo  umano.  -  Conformazione,  il  modo  nel  quale 
è  conformato  >1  corpo  umano  per  la  correlazione 
delle  parti  :  corporatura.  -  Contrazióne,  veg- 
gasi a  questa  voce.  -  Costituzione,  la  complessione. 
-  Elasticità,  proprietà  di  resistere,  più  o  meno, 
alla  pressione.  -  Escrezione,  separazione  dal  sangue  e 
dal  corpo  umano  degli  umori  inutili  e  delle  parti 
più  grosse  degli  alimenti,  come  sono  le  fecce,  l'o- 
rina, il  sudore,   la   traspirazione   che  la  natura  e- 


spelle  al  di  fuori.  -  -  forza  espulsiva,  la  facoltà  di 
espellere  dal  corpo  le  materie  nocive  alla  sanità.  ■ 
Funzione,  operazione,  azione  dei  differenti  organi 
del  corpo,  eseguita  conforme  alla  loro  naturale  de- 
stinazione. 

Organizzazione,  organamento,  il  formarsi  degli 
organi  del  corpo  animale.  -  Ossificazione,  il  pro- 
cesso della  formazione  delle  ossa  ;  sviluppo  del- 
l'osso 0  del  sistema  osseo.  -  Potere  assorbente, 
quello  dei  vasi  non  sanguigni  che  portano  dentro 
al  corpo  tutto  ciò  che  è  atto  ad  entrarvi,  massime 
l'aria  e  l'acqua.  -  Protagono,  principio  immediato, 
fosforato,  dell'organismo  animale,  che  si  troverebbe 
specialmente  nel  cervello  umano,  e  dal  quale,  se- 
condo Liebreich,  deriverebbero  tutti  gli  altri  gruppi 
definiti,  esistenti  in  quest'  organo,  come  cerebrina, 
lecitina,  ecc.  -  Risoluzione,  mutamento  fisico  di  na- 
tura, di  stato. 

Secrezióne,  proprietà  vitale  per  cui  i  tessuti  pro- 
ducono alcuni  umori  dai  materiali  del  sangue  {se- 
cretorio, aggiunto  di  quei  vasi  od  organi  che  ser- 
vono alla  secrezione).  -  Senso,  facoltà  o  potenza 
per  la  quale,  a  mezzo  dei  nervi,  la  mente  perce- 
pisce gli  oggetti  esterni.  Anche,  l'atto  di  questa  fa- 
coltà ;  la  sensibilità  considerata  negli  apparati 
dei  cosidetti  organi  dei  sensi.  -  Sensualità,  ten- 
denza a  soddisfare  i  piaceri  del  senso.  -  Sessoy 
la  distinzione  fisica  tra  il  maschio  e  la  femmina.  - 
Soppressione,  lo  svanire,  il  cessare  dell'evacuazione 
di  qualche  umore  escrementizio:  onde,  soppressione 
dei  mestrui,  dei  lochi,  delle  emorroidi,  delle  orine, 
ecc.  -  Sudore,  segregazione,  attraverso  i  pori  della 
pelle,  di  un  liquido  complesso,  di  composizione 
varia  secondo  le  varie  regioni  del  corpo.  -  Tem- 
peramento, quella  particolare  maniera  di  essere 
e  di  funzionare  dell'organismo  umano,  dipendente 
dal  tipo  speciale  di  organizzazione  delle  varie 
parti  costituenti  dello  stesso  e  della  proporzione 
fra  le  dette  parti. 


Alcune    condizioni    morbose 
del  corpo  umano. 


Aerósi,  produzione  d'aria  nel  nostro  corpo.  -  Af- 
flosciamento,  l'affloscire,  il  divenir  floscio.  -  Ana- 
pezia,  dilatazione  dei  canali  e  dei  vasi.  -  Ancilosi, 
anchilosi,  processo  morboso  per  il  quale  le  artico- 
lazioni perdono  l'abito  del  moto.  -  Anestesia,  inde- 
bolimento 0  perdita  della  sensibilità.  -  Artrite^ 
artritide,  infermità  che  cagiona  dolore  nelle  giun- 
ture ;  processo  infiammatorio  che  interessa  tutti  i 
tessuti  costituenti  l' articolazione.  -  Atresia,  oc- 
clusione di  un  foro  o  di  un  canale  naturale  :  sino- 
nimo di  imperforazione.  -  Atrofia,  impicciolimento 
0  diminuzione  degli  elementi  anatomici  di  un  tes- 
suto 0  di  un  organo  fisiologico  (veggasi  a  fisiolo- 
gia), 0  patologico  (veggasi  a  patologia).  -  Auto- 
fagia,  consumo  che  fa  il  corpo  vivo  della  propria 
sostanza,  quando  non  tragga  alimento  dall'esterno 
0  ne  sia  insufficiente  la  quantità,  rispetto  ai  bi- 
sogni. 

Cachessia^  stato  di  indebolimento  generale  del- 
l'organismo profondamente  alterato  in  seguito  a 
malattie  croniche.  -  Cloasma,  anomalia  pigmentaria 
consistente  in  una  macchia  giallo-bruna  di  varia 
forma,  occupante  diverse  regioni  del  corpo  (tronco, 
faccia,  ecc.).  -  Consunzione,  tisi.  -  Discrasia,  cat- 


730 


CORPO    UMANO 


tiva  costituzione  dell'organismo.  -  Disorganizzazione, 
alterazione  profonda  nella  struttura  di  un  organo 
del  corpo.  -  Flaccidezza,  floarezza,  stato  di  mollezza 
dei  tessuti  organici:  nenciosità. 

Imperforazione,  infermità  la  qHiale  consiste  nel 
non  essere  forato  alcun  organo  del  corpo  che  lo 
dovrebbe  essere:  cosi  imperforazione  della  vagina, 
dell'uretra,  ecc.  -  Laanizione,  esaurimento,  sfini- 
mento, spossamento  dell'organismo,  per  mancanza 
di  alimento,  di  nutrizione;  perdita  completa 
di  forza  ;  massimo  grado  di  debolezza.  -  Incon- 
tinenza, uscita  dei  fluidi  dal  corpo  quando  non 
possono  essere  trattenuti  convenientemente  dai  mu- 
scoli 0  da  simili  ritegni  a  ciò  destinati;  onde  si 
dice  incontinenza  d'orina,  di  fecce,  V  impotenza  a 
ritenerle.  -  Inerzia,  difetto  di  attitudine  a  can- 
giare spontaneamente  ;  non  una  mancanza  di  atti- 
vità della  materia,  ma  una  resistenza  tenace  ad 
ogni  cambiamento,  di  qualunque  natura  sia.  -  In- 
fossamento, d'alcune  parti  del  corpo  umano  che  si 
avvallano  per  mancanza  di  carne.  -  Ingorgo,  au- 
mento di  volume  d'una  parte,  per  lo  più  uno  dei 
sintomi  dell'  infiammazione  :  tumefazione,  gonfiezza 
(veggasi  a  gonfio).  -  Intasamento,  oppilazione,  ot- 
turamento 0  riserramento  dei  meati  del  corpo,  che 
si  riempiono  di  taso,  ossia  di  tartaro.  -  Intume- 
srenzo,  aumento  di  volume  del  corpo  o  di  alcune 
sue  parti.  -  Ipertrofia,  accrescimento  di  un  organo 
caratterizzato  da  un  aumento  di  volume  degli  ele- 
menti anatomici,  i  quali  rimangono  in  quantità 
normale,  diversamente  da.\Y  iperptasia ,  che  è  l'au- 
mento numerico  degli  elementi  anatomici  di  un 
tessuto. 

Malattia,  nome  generico  di  intìnite  forme  di 
alterazione  o  di  indebolimento  della  vita  comples- 
siva del  corpo.  -  Male,  qualunque  infermità  cor- 
porale, per  cui  non  si  è  più  in  istato  di  salute. 
-  Marasmo,  condizione  morbosa  per  cui  un  corpo  si 
consuma,  senza  febbre.  -  Necrosi,  mortificazione  del 
tessuto  delle  ossa.  -  Nodosità,  concrezione  calcarea 
od  ossificazione  molle  che  si  forma  attorno  le  arti- 
colazioni lungo  tempo  irritate,  come  nella  gotta.  - 
Paractropia,  posizione  difettosa  di  una  parte  del 
corpo.  -  Passimento  (non  us.),  difetto  d'umore,  causa 
l'età  0  il  troppo  calore.  Si  applica  più  sovente  ai  vege- 
tali che  ai  corpi  animali.  -  Perforazione,  apertura 
nella  continuità  degli  organi,  prodotta  da  una  le- 
sione esterna  o  risultante  da  affezione  interna  e 
senza  concorso  di  alcuna  causa  vulnerante. 

Soprosso,  grossezza  che  apparisce  nei  membri  pf  r 
un  osso  rotto  o  sconnesso  e  mal  racconcio.  •  Stenosi, 
restringimento  dei  pori  e  dei  vasi  ;  soppressione 
delle  evacuazioni.  -  Stitichezza,  l'essere  stitico  :  co- 
stipazione, difficoltà  di  defecazione,  stipsi.  - 
Torpore,  impedimento  di  moto,  stordimento;  senso 
di  peso  in  una  parte  del  corpo,  con  diminuzione 
di  sensibilità. 


Movimenti,  ecc. 
Lesioni.  —  Atti  operativ. 


Per  i  movimenti  più  comuni  del  corpo,  veggasi 
alle  voci  andare,  ballare,  camminare,  cor- 
rere, saltare,  volare.  Veggasi  anche  a  bici- 
cletta, a  cavalcare,  a  corsa,  a  ginnastica,  a 
giuochi,  a  moto,  a  nuoto,  a  scherma.  •  Arti- 
colare, movere  le  parti   del  corpo  alle  giunture,   o 


articolazioni.  -  Atteggiamento,  lo  stare  in  una 
determinata  posizione  del  corpo;  movenza,  gesto, 
posa.  -  Cadere,  perdere  la  posizione  ritta,  perco- 
tendo  a  terra. 

Contùndere,  contundersi,  veggasi  a  contusione.  ■ 
Dinoccarsi,  dinoccolarsi,  scomporsi  nelle  nocche,  di- 
slogarsi delle  nocche  ;  ma  dicesi  del  collo,  e  più 
propriamente  delle  mani.  -  Ferire,  ferirsi,  veggasi 
a  ferita.  -  Fratturare,  fratturarsi,  veggasi  a  osso. 
-  Giacere,  stare  col  corpo  disteso.  -  Lacerare, 
lacerarsi,  stracciare,  stracciarsi;  mettere,  ridursi  in 
pezzi.  -  Lussare,  lussarsi,  veggasi  ad  osso.  -  Slogare, 
slogarsi,  veggasi  ad  osso. 

Atti  operativi.  —  Amputazione,  operazione  di 
chirurgia,  per  la  quale  si  separa  dal  corpo  un 
arto  0  parte  di  esso  :  veggasi  ad  amputare.  - 
Disarticolazione,  il  disartiQolare,  lo  sciogliere  le  arti- 
colazioni, il  portar  via  un  membro  non  segando  l'osso, 
ma  separandolo  dall'altro,  a  cui  si  congiunge,  ta- 
gliando r  articolazione.  -  Disoppilamento,  distasa- 
mento, il  disoppilare,  il  distasare,  contr.  di  intasare, 
che  significa  riempiere,  riempiersi  di  taso,  di  tar- 
taro. -  Dissezione,  operazione  chirurgica  con  la 
quale  si  tagliano  metodicamente  e  si  mettono  allo 
scoperto  le  varie  parti  di  un  corpo  allo  stato  di 
cadavere,  per  studiarne  la  struttura  e  la  disposi- 
zione: autopsia,  autossia.  -  Distorsione,  movimento 
ruvido  che  consiste  nel  torcere  risolutamente  una 
parte  del  corpo  in  sé  stessa.  -  Divulsione,  il  divel- 
lere; e  dicesi  propriamente  dai  medici  per  signifi- 
care strappamento  o  lacerazione  di  qualche  organo 
0  membro.  -  Protesi,  l'aggiungere  al  corpo  umano 
qualche  parte  di  cui  è  privo.  -  Smembramento,  se- 
parazione di  un  corpo  dall'altro.  -  Smidollare,  dis- 
midollare, trarre  la  midolla. 


Termini  scientifici. 


Anatomia,  studio  del  corpo  umano  per  mezzo 
della  dissezione.  -  Antropografia,  descrizione  anato- 
mica del  corpo  umano.  -  Antropometria,  misura  del 
corpo  umano  (a  scopi  scientifici)  considerato  sotto 
l'aspetto  delle  dimensioni  e  delle  proporzioni  delle 
sue  diverse  parti,  in  tutte  le  varietà  di  razza,  di 
sesso,  ecc.  -  Antropomorfologia ,  scienza  che  studia 
e  descrive  la  forma  e  la  struttura  delle  diverse 
parti  del  corpo  umano.  Sinonimo  di  anatomia  de- 
scrittiva. -  Antroposomatologia,  trattato  della  strut- 
tura del  corpo  umano. 

Biologia,  scienza  che  tratta  e  studia  le  legci 
della  vita  nell'organismo  e  le  funzioni  delle  varie 
parti  di  questo,  S'a  nell'uomo  che  negli  animali.  - 
Chirurgia,  cura  delle  malattie  del  corpo  umano 
richiedenti  l'uso  degli  istrumenti  e  dei  tòpici.  - 
Elettroendoscopia,  esame  delle  cavità  del  corpo  u- 
mano  mediante  V elettroendoscopio,  piccola  lampada 
a  incandescenza.  •  Fisiologia,  studio  delle  cause 
naturali,  delle  azioni  e  delle  funzioni  dei  vari  or- 
gani del  corpo  umano  vivente,  nello  stato  di  sa- 
nità. 

Istologia,  la  scienza  che  riguarda  i  tessuti  del 
corpo  umano.  -  Medicina,  la  scienza  e  l'arie  di 
curare  le  malattie.  -  Ortopedia,  arte  di  prevenire 
0  di  correggere  nei  fanciulli  le  deformità  del  corpo. 
-  Plutometria,  sovrabbondanza  di  parti  del  corpo 
(es.,  sei  dita).  •  Somatologia,  studio,  trattato  del 
corpo  umano. 

Biomelro,  strumento  misuratore   delle  vibrazioni 


CORPULENTO    —    CORRENTE 


731 


del  corpo  umano.  -  Cirtomelro,  strumento  in  uso 
per  misurare  le  convessità  o  le  sporgenze  morbose 
della  superficie  del  corpo  e  specialmente  della  re- 
gione precordiale  e  del  torace.  -  Elellromegaloscopio, 
specie  di  elettroendoscopio.  -  Endoscopio,  strumento 
per  esaminare  le  cavità  del  corpo  umano. 

Corpulènto.  Grosso  e  grave  di  corpo  :  obeso. 

Corpulenza.  L'essere  corpulento. 

Corpùscolo.  Minutissimo  corpo.  ■  L'  àtomo 
sospeso  neH'rtria. 

Oorpusdòmini.  Veggasi  a  festa  e  a  pasqua. 

Corpùto.  Corpacciuto,  obeso. 

Corre  (còlto).  Cogliere,  raccogliere. 

Corredare  (con  edato).  Fornire  di  corredo, 
di  masserizie,  di  strumenti  ;  provvedere  d' al- 
cunché. -  Figur.,  adornare,  ornare. 

Corrèdo.  Fornimento  ;  provvista  di  bianche- 
ria, di  vestiario,  ecc.,  che  si  fa  in  determinate 
occasioni  :  nascita  di  un  bambino,  entrata  in 
collegio  di  un  giovinetto,  dotazione  di  roba  ad  una 
sposa,  ecc.  -  Tutto  quanto  occorre  alla  milizia, 
specialmente  le  poche  cose  per  uso  del  soldato.  - 
Figur.,  provvista  di  cose,  anche  immateriali,  che 
possono  tornar  utili  nella  vita  (corredo  di  cogni- 
zioni, di  erudizione,  di  sapere,  ecc.):  capitale,  ric- 
chezza, tesoro.  -  Corredare,  fornire  di  corredo  :  ar- 
mare, attrezzare,  dotare,  guarnire,  munire,  muni- 
zionare, provvedere. 

Corrèggere  (corretto,  correzione).  Togliere  o 
scemare  un  difetto;  togliere  un  errore,  riferito 
a  componimento,  a  scritto  e  simili  (di  altre  cose, 
accomodare,  acconciare,  racconciare):  ammen- 
dare, brunire  (figur.)  ;  dare  una  ripassata,  dar  pu- 
limento ;  lavare  il  viso  (figur.);  limare,  lisciare; 
piallare,  pulire  ;  rabberciare,  raccomodare,  raddriz- 
zare, raggiustare,  rammendare,  rassettare,  rettifi- 
care ;  rimendare,  ripassare,  ripassare  la  lima,  ri- 
passare la  pialla,  ripulire,  riscorbiare,  rivedere, 
scamatare,  stazzonare.  -  Dicesi  anche  per  catn- 
biare,  mutare,  riformare,  migliorare,  rendere 
migliore;  nonché  per  ammonire,  riprendere, 
rimproverare,  far  ritnprovero.  -  In  senso  morale, 
rimettere  sulla  via  diritta,  giusta,  chi  sia  caduto  in 
colpa,  si  sia  dato  al  vizio,  tenga  riprovevole 
condotta  e  simili.  -  Correggere  le  bozze,  compito, 
ufficio  del  correttore  di  tipografia. 

Correggibile,  che  si  può  correggere,  che  può  cor- 
reggersi. Contr.,  incorreggibile.  -  Correttamente,  in 
modo  corretto,  ammendatamente,  limatamente.  - 
Correttezza,  qualità  di  ciò  che  é  corretto:  finitezza, 
pulitezza,  perfezione.  -  Correttivo,  dicesi  di  cosa 
che  ne  corregge  un'altra,  modificandola  in  wjesrito; 
modificante.  -  In  farmacologia,  la  sostanza  che 
vale  a  mitigare  l'azione  di  un  medicamento,  - 
In  agricoltura,  la  sostanza  che  serve  a  disporre  il 
terreno  a  ricevere  e  a  conservare,  in  debite  pro- 
porzioni, il  calore  e  l' umidità,  ad  essere  più  o 
meno  compatto,  ecc.  -  Corretto,  purgato  da  errori. 

Chi  corregge.  —  Vari  modi  di  correggere.  -- 
Censore,  chi  accenna  a  difetti  da  correggere  ; 
iron.,  chi  ha  a  ridire  su  tutto.  -  Correttore,  chi  cor- 
regge, correggitore  ;  limatore,  pulitore,  revisore. 

Addirizzare  o  raddrizzare  le  gambe  ai  cani,  ten- 
tare di  correggere  ciò  che  è  o  chi  é  incorreggibile  ; 
correggere  una  cosa  riuscita  malamente.  -  Ammo' 
nire,  dare  insegnamento  a  fine  di  correggere.  - 
Dare  una  Hcorsa,  ripassare  qualche  cosa,  per  ve- 
dere se  occorrono  correzioni,  provvedimenti,  ecc. 
-  Dom,are  (fig.  e  fam.),  correggere  e  rendere  una 
persona  pieghevole  e  docile.  -  Emendare,  modifica- 


re, cambiare  tanto  o  poco  l'essenza  d'una  cosa,  cor- 
reggendone i  difetti  :  rappezzare,  rifriggere,  rimpa- 
stare, ripassare,  ritoccare,  raddrizzare.  -  Redarguire, 
correggere  severamente,  sgridare.  -  Rettificare,  cor- 
reggere un  errore,  in  modo  che  la  cosa  errata  di- 
venti esatta  ;  rimettere  nella  linea  retta,  giusta, 
piana.  -  Ricorreggere,  ripete  correggere.  •  Riformare, 
veggasi  a  riforma.  -  Rigenerare.  -  Riprendere, 
correggere,  ammonire  con  biasimo.  -  Ritoccare, 
correggere  qualche  piccolo  difetto  in  un  lavoro, 
per  lo  più  cl'arte.  -  Rivedere,  leggere  scritti,  conti  e 
simili,  per  discernervi  errori,  inesattezze,  omis- 
sioni, ecc.  -  Scorreggere  (scorrezióne),  correggere  male, 
facendo  nuovi  errori.  -  Temperare,  temprare,  correg- 
gere il  soverchio  di  checchessia  ;  diminuire  l'inten- 
sità ;  ridurre  a  giusti  limiti. 

Correggersi,  emendarsi,  abbandonare  un  vizio, 
liberarsi  da  un  difetto,  ravvedersi  di  un  errore, 
riconoscere  un  torto.  -  Raddrizzarsi,  migliorarsi, 
volgendo  in  traslato  il  senso  materiale  della  pa- 
rola. -  Ripigliarsi,  correggersi,  rimettersi  sulla  buona 
via,  tornare  sulla  via  diritta. 

Correzione,  il  correggere,  e  anche  la  modifica- 
zione fatta  correggendo,  la  parola  o  la  frase  che  si 
sostituisce,  più  giustamente,  a  un'  altra.  -  In  senso 
morale,  quanto  si  dice  a  uno   perché   si  corregga. 

-  Ammonimento,  ammonizióne,  insegnamento  a  fine 
di  correggere,  e  anche  la  cosa  che,  ammonendo,  si 
suggerisce  ;  avvertenza,  avvertimento  (veggasi  ad 
avvertire),  avviso  ;  botta  ;  memento,  mònito,  mo- 
nizione ;  precetto,  premonizione;  raccomandazione 
(veggasi  a  raccomandare),  ricordo.  -  Emenda, 
l'emendare  e  l'emendarsi.  -  Modificazione,  atto  del 
modificare,  del  cambiare,  del  riformare,  del  ritor- 
cere. -  Pentimento,  per  correzione,  voce  ripresa 
dai  puristi.  -  Puntatura,  operazione  di  riscontro 
nelle  registrazioni  per  correggervi  gli  errori.  An- 
che, punteggiatura,  spunto.  -  Rettificazione,  il  ret- 
tificare :  correzione.  -  Ripassata,  riveduta,  scorsa 
che  si  dà  ad  uno  scritto  per  un'ultima  correzione. 

-  Temperamento,  modo  di  correggere  o  di  guidare. 
Varie.  —  Ad  correctionem  (lat  ),  per  correzione. 

-  Errata  (neutro  latino  :  cosa  errata),  dicesi  la  ta- 
vola degli  errori  corsi  in  un  libro,  con  la  loro 
correzione  di  contro.  Anche,  errata-corrige  (correggi 
gli  errori).  -  Figliuol  prodigo,  di  persona  che  siasi 
ravveduta,  -  Maddalena  pentita,  di  donna  ravvedu- 
tasi. -  E'  il  suo  martello:  di  chi  non  ne  lascia  pas- 
sare una  a  un  altro. 

Corrèggia,  corregglare.  Veggasi  a  sco- 
reggia. 

Correggia  o  coreggia.  Striscia  di  cuoio. 

Correggibile.  Che  si  può  cot^eggere. 

Correità,  còrrèo.  Veggasi  a  complice  e 
a  reo. 

Correlativo.  Concernente,  in  relazione. 

Correlazióne.  Reciproca  relazióne  tra  due 
oggetti.  Termine  di  geometria. 

Correligionàrio.  Della  stessa  reZt'srtowe  ;  fra- 
tello di  fede.  -  jNell'uso,  anche  chi  é  della  stessa 
opinione,  dello  stesso  partito  d'altri,  in  politica. 

Corrente.  Ogni  massa  d'acqua  che  percorre 
la  superficie  delle  terre  emerse,  sia  fiume,  tor- 
rente, ecc.  :  correntia,  correnzia,  corsia,  corso  ; 
dorso,  fiumana  ;  grossa  (acqua)  ;  onda  ;  ràpida 
(v.  u.).  -  Andare,  scendere  per  la  corrente,  secondo 
la  corrente.  -  A  seconda,  alla  seconda,  della  cor- 
rente, vei'so  la  corrente,  espressioni  di  chiaro  signi- 
ficato. -  Contr  acqua,  contro  corrente,  a  ritroso 
della  corrente. 


732 


CORRENTE  —  COHRENTE  ELETTRICA 


Filo  delVacqna,  la  corrente  di  un  fiume.  -  Fi- 
lone, la  colonna  d'acqua  che,  posta  verso  il  mezzo 
della  corrente,  cammina  con  una  velocità  che  è 
maggiore  di  quella  dell'acqua  laterale.  -  Portata, 
la  quantità  di  materiale  cne  una  corrente  trasci- 
nasi dietro.  -  Sezione  bagnata  da  una  corrente,  lo 
spazio  da  essa  occupato  nel  senso  della  larghezza, 
ed  è  determinata  da  una  retta  ottagonale  con  la 
direzione  della  corrente  stessa.  -  Velocità  di  una 
corrente,  lo  spazio  da  essa  percorso  in  una  unità 
di  tempo. 

L'asta  ritrometrica,  il  galleggiante  semplice  e  coni' 
posto,  il  tubo  di  Pitot,  il  mulinello  di  Voltman,  sono 
apparecchi  usati  per  la  determinazione  della  velo- 
cità di  una  corrente.  -  Reòmetro,  strumento  che 
serve  a  misurare  la  velocità  dell'acqua  corrente. 

Corrènte.  Movimento,  corso  d'aria,  partico- 
larmente dal  di  fuori  al  di  dentro  d'una  stanza, 
per  qualche  apertura:  vento.  -  Corrente  marina, 
veggasi  a  mare. 

Corrènte.  Travicello  sottile  che  si  mette  nei 
palchi  0  nei  tetti,  fra  trave  e  trave.  -  Correntame, 
quantità  di  correnti  ;  correnti  riuniti  insieme  per 
la  fabbrica,  piccoli  e  grandi;  e  l'ordine  stesso  dei 
correnti  al  loro,  luogo. 

Corrènte  (aggettivo).  Accettato  e  praticato  da 
tutti  :  detto  di  lingua,  di  moneta,  di  prezzo  e 
simili.  -  Detto  di  anno,  di  giorno,  di  mese,  di 
secolo,  quello  nel  quale  si  parla  o  si  scrive,  o  al 
quale  si  riferisce  il  discorso. 

Corrente  elettrica.  Flusso  di  elettricità 
che  attraversa  un  conduttore  le  cui  estremità 
sono  a  potenziali  diversi  :  consiste  in  un  seguito, 
apparentemente  non  interrotto,  di  scariche  elettri- 
che intermolecolari.  La  sorgente  elettrica  può  essere 
una  dinamo,  un  rocchetto  di  Ruhmkorff,  una  pila, 
ecc.  -  Dicesi  indotta  la  corrente  generata  sotto  l'in- 
fluenza di  un'altra  corrente,  d'una  calamita  o  della 
Terra;  inducente,  o  induttrice,  quella  che  determina 
l'esistenza  di  una  corrente  indotta;  inversa,  la 
corrente  indotta  diretta  in  senso  contrario  della 
corrente  induttrice.  -  Controcorrente,  corrente  elet- 
trica di  senso  contrario  ad  un'altra,  percorrente  il 
medesimo  circuito.  -  Exira-corrente,  la  corrente  che, 
per  induzione,  si  sviluppa  in  un  conduttore  dopo 
che  una  corrente  è  cessata. 

Anoda  dicesi  la  superficie  per  la  quale  una  cor- 
rente elettrica  penetra  in  un  corpo;  e  anodo  l'e- 
lettrodo positivo,  nelle  decom.posizioni  elettrolitiche 
fatte  all'  infuori  della  pila  ;  in  elettrofisiologia,  il 
polo  positivo  nel  quale  si  ha  una  diminuzione  del- 
l'eccitabilità allorché  una  corrente  elettrica  attra- 
versa un  nervo.  -  Catoda,  la  superficie  da  cui  una 
corrente  elettrica  abbandona  un  corpo  da  essa  de- 
composto ;  e  catodo  l'elettrodo  negativo  di  un  ba- 
gno galvanico  sul  quale  si  portano  l' idrogeno 
e  i  metalli.  -  Poli,  punti  attraverso  i  quali  le 
correnti  passano  dal  generatore  nel  circuito.  - 
Senso  della  corrente,  la  direzione  seguita  dall'elet- 
tricità positiva  e  che  si  effettua  dal  polo  positivo 
a  quello  negativo  della  sorgente  di  elettricità  (pila 
o  accumulatore). 

Correnti  alternate,  qpielle  che  periodicamente  si 
invertono  di  senso  :  si  distinguono  in  monofasi,  bi- 
fasi,  trifasi,  polifasi.  Il  concetto  di  tale  sistema  è 
dovuto  a  Galileo  Ferraris,  il  quale  fece  la  scoperta 
(1888)  del  campo  magnetico  rotante,  campo  unico 
risultante  dalla  composizione  di  più  campi  magne- 
tici coesistenti  in  una  data  parte  dello  spazio.  - 
Correnti  asiatiche,   correnti    mobili    sottratte  all'a- 


zione della  Terra,  con  le  quali  si  verificano  facil- 
mente le  leggi  di  Ampère  relative  sdì' elettrodina- 
mica. -  Correnti  d'Ampère,  correnti  ipotetiche  che 
circolerebbero  intorno  alle  singole  particelle  ele- 
mentari di  un  magnete.  -  Correnti  d'aurora  magne- 
tica, forti  e  irregolari  correnti  che  si  generano  nei 
periodi  boreali  e  perturbano  i  fili  telegrafici  e  te- 
lefonici. -  Corrente  d' auto-induzione  o  di  self  indu- 
zione, quelle  dovute  al  fenomeno  dell'autoindu- 
zione :  extracorrenti.  -  Correnti  derivate,  quelle  che 
si  originano  incidentalmente  da  un  punto  del  cir- 
cuito di  altra  corrente.  -  Correnti  di  Foucault,  le 
correnti  di  induzione. 

Correnti  d'induzione,  lo  stesso  che  correnti  in- 
dotte. -  Correnti  d'induzione  elettrodinamica,  quelle 
la  cui  esistenza  è  determinata  da  un  generatore 
puramente  elettrico.  -  Correnti  d'induzione  elettro- 
magnetica, quelle  dipendenti  dall'azione  di  una  ca- 
lamita. -  Correnti  d' induzione  leidelettrica,  quelle 
dovute  alle  scariche  della  bottiglia  di  Leida.  -  Cor- 
renti d'induzione  tellurica,  quelle  che  una  corrente 
inducente  provoca  nella  Terra,  agendo  anche  come 
un  magnete.  -  Correnti  di  polarizzazione,  correnti 
generate  in  un  elettromotore  voltaico,  le  quali,  es- 
sendo di  direzione  opposta  alla  principale,  tendono 
a  indebolirla.  -  Correnti  di  ritorno,  parte  della  ca- 
rica d'un  lungo  cordone,  o  filo,  che  ritorna  verso 
la  sorgente  quando  si  abbia  una  brusca  interru- 
zione. -  Corrente  diretta,  la  corrente  indotta  che 
segue  la  direzione  dell'inducente. 

Correnti  faradiche,  le  correnti  prodotte  da  un 
apparecchio  di  induzione  (voee  usata  in  elettrote- 
rapia). •  Correnti  foto-elettriche,  quelle  che  si  svi- 
luppano allorquando  si  espone  una  lamina  metal- 
lica immersa  in  un  elettrolito,  mentre  un'altra  la- 
mina, immersa  nello  stesso  elettrolito,  è  lasciata 
nell'oscurità.  -  Correnti  galvaniche,  correnti  di  pila. 
-  Correnti  intermittenti,  quelle  generate  in  un  cir- 
cuito che  viene,  a  determinati  spazi  di  tempo,  ;i- 
perto  e  chiuso  successivamente,  come  nel  rocchetto 
di  Ruhmkorff.  -  Correnti  magneto-elettriche,  quelle 
generate  dal  movimento  d'un  magnete  in  un  cir- 
cuito fisso,  oppure  in  un  circuito  mobile  girante 
fra  i  poli  di  un  magnete  fisso. 

Correnti  ondulatorie,  correnti  la  cui  intensità 
cresce  o  decresce  regolarmente  ;  correnti  monofasi 
che  si  invertono  periodicamente  di  senso;  correnti 
di  va  e  vieni,  per  dir  cosi  ;  correnti  sinusoidali.  - 
Correnti  primarie,  correnti  prodotte  da  un  elettro- 
motore che  serve  poi  a  generare  correnti  indotte  ; 
anche,  le  correnti  che  attraversano  il  circuito  in- 
ducente del  rocchetto  di  Ruhmkorff  o  di  altro  ap- 
parecchio di  induzione.  -  Correnti  telluriche,  cor- 
renti molto  variabili  che  percorrono  una  linea  te- 
legrafica i  cui  due  estremi  sono  a  terra.  •  Correnti 
termo-elettriche,  quelle  sviluppate  dal  calore:  v>'^» 
gasi  a  2>Wa.  -  Correnti  terrestri,  veggasi  a  w/a- 
gnetismo  (terrestre).  -  Correnti  voltiane,  quelle  gè» 
nerate  da  una  pila. 


Azione  delle  correnti 
Azioni  sulle  correnti.  —  Leggi,  ecc. 


Sotto  la  indicazione  generica  di  azione  della  cor' 
rente  elettrica  si  designano,  in  generale,  gli  elTetti 
della  medesima,  siano  essi  magnetici,  acustici,  ca- 
lorifici, luminosi,  meccanici,  chimici,  fisiologici,  pei 


CORRENTE  ELETTRICA 


733 


quali  veggasi  ad  elettricità,  elettrofisiologia, 
elettrolisi,  dinamo,  fulmine.  -  Azione  catafo' 
rica  dicesi  lo  spostamento  di  un  liquido  attraverso 
ad  un  setto  poroso  sotto  l'influenza  della  elettricità 
e  nel  senso  della  corrente.  -  Elettrolisi,  decomposi- 
zione elettro-chimica  d' un  corpo,  ed  elettrolito  il 
corpo  sul  quale  si  esercita  l'azione  decompositrice 
della  corrente  elettrica. 

Leggi  d'Ampère:  1/,  il  polo  australe  è  in  tutti  i 
casi  deviato,  nelle  esperienze  di  Oersted,  verso  la 
sinistra  dell'osservatore  che  si  può  concepire  steso 
sopra  il  filo  con  la  faccia  rivolta  verso  l'ago  e  i 
piedi  dalla  parte  del  polo  positivo,  di  modo  che  la 
corrente  gli  entri  dai  piedi  ;  2.",  due  correnti  ad  an- 
golo si  attirano  se  ambedue  si  avvicinano  o  am- 
bedue si  allontanano  dal  vertice  dell'angolo,  si  re- 
spingono se  una  vi  si  avvicina  e  l'altra  se  ne  al- 
lontana; 3.%  due  elementi  consecutivi  di  una  me- 
desima corrente  si  respingono  ;  4.*,  una  corrente 
qualunque  produce  il  medesimo  effetto  di  una  cor- 
rente sinuosa  di  eguale  intensità.  -  Leggi  di  Fa- 
raday, relative  alle  azioni  chimiche  della  corrente  : 
1.^,  l'azione  chimica  è  identica  in  tutti  i  punti  di 
un  medesimo  circuito;  2.*,  la  quantità  d'elettrolito 
decomposta  in  un  tempo  dato  è  proporzionale  al- 
l'intensità della  corrente.  -  Legge  di  Joule:  la  quan- 
tità di  calore  sviluppato  dal  passaggio  di  una  cor- 
rente è  sempre  proporzionale  al  quadrato  dell'  in- 
tensità della  corrente,  alla  resistenza  del  condut- 
tore, al  tempo.  -  Legge  di  Lenz  :  la  direzione  della 
corrente  indotta  è  sempre  tale  da  opporsi  al  mo- 
vimento della  corrente  inducente.  -  Legge  di  Mat- 
teucci:  quantità  di  elettricità  liberano  quantità  di 
materia  chimicamente  eqmxAlenti.  ■  Legge  di  Volta: 
il  contatto  fra  due  corpi  eterogenei  qualunque  svi- 
luppa elettricità  in  modo  che  i  due  corpi  acqui- 
stano stati  elettrici  opposti. 


Condizioni,  potere,  fenomeni,  ecc. 

DI  UNA  corrente  ELETTRICA. 


Autoinduzione,  l'induzione  prodotta  da  una  cor- 
rente nel  suo  circuito  al  momento  dell'  apertura  e 
della  chiusura,  o  anche  quando  subisce  una  varia- 
zione repentina  d'intensità.  -  Circuito,  la  linea  per- 
corsa da  una  corrente  elettrica.  -  Circuito  indotto, 
la  linea  percorsa  da  una  corrente  indotta.  -Cir- 
cuito indurente,  la  linea  percorsa  da  una  corrente 
inducente.  -  Coefficiente  di  autoinduzione,  il  valore 
del  flusso  che  attraversa  il  circuito  quando  la  in- 
tensità della  corrente  è  uguale  all'unità. 

Direzione  di  una  corrente,  quella  secondo  la  quale 
si  propaga  l'elettricità  positiva.  -  Disposizione  a  so- 
lenoide :  si  dice  di  una  serie  di  correnti  circolari 
mobili  intorno  a  un  asse  circolare.  -  Durata,  il 
tempo  durante  il  quale  una  corrente  circola  senza 
interruzione.  -  Endosmosi  elettrica,  trasporto  di  un 
liquido  attraverso  un  diaframma  poroso  sotto  l'a- 
zione di  una  corrente.  -  Forza  elettromotrice,  la 
quantità  di  elettricità  che  una  corrente  mette  in 
moto.  -  Forza  termo-elettromotrice,  la  forza  elettro- 
motrice di  una  corrente  termo-elettrica.  -  Frequenza, 
il  numero  dei  periodi  compiuti  dalla  corrente  al- 
ternata in  un  minuto  secondo. 

Induttanza,  coefficiente  di  auto-induzione.  -  Indu- 
zione, il  fenomeno  per  il  quale  una  corrente  può 
determinare  l'esistenza  di  un'altra.  -  Ioni,  i  gruppi 


atomici  carichi  di  elettricità  in  cui  si  scompongono 
le  molecole  dei  liquidi  sottoposti  all'azione  elettro- 
litica della  corrente  elettrica  continua  fatta  passare 
attraverso  ad  essi.  -  Intensità  di  una  corrente,  la 
quantità  d' elettricità  che  attraversa  nell'  unità  di 
tempo  la  sezione  del  circuito.  -  Potenziale,  il  la- 
voro occorrente  a  trasportare  in  un  dato  punto,  da 
una  distanza  infinita,  contro  le  forze  che  si  eser- 
citano nel  campo,  un  punto  avente  una  carica  uni- 
taria di  elettricità.  -  Potere  termo-elettrico,  il  fattore 
che  determina  la  forza  termo-elettfomotrice.  -  Punto 
d'inversione,  il  limite  di  temperatura  che  segna  il 
ridursi  a  zero  della  forza  elettromotrice  nelle  cor- 
renti termoelettriche.  -  Resistenza,  l'ostacolo  che  il 
circuito  offre  al  passaggio  della  corrente  elettrica. 
-  Sei/ìtndMzione,  anglicismo  corrispondente  all'italiano 
autoinduzione.  •  Sinusoide,  la  curva  che  rappresenta 
una  corrente  monofase. 


Unita'  di  capacita',  di  misura 


Ampère,  unità  pratica  di  misura  dell'  intensità 
della  corrente  elettrica.  -  Ampère-ora,  la  quantità 
di  elettricità  che  attraversa  in  un'ora  la  sezione  di 
un  conduttore  percorso  da  una  corrente  d'intensità 
costante  ed  eguale  ad  l  ampère  (un  ampère-ora 
equivale  a  3600  coulombs).  -  Ampère-giri,  il  pro- 
dotto del  numero  totale  delle  spire  di  una  bobina 
regolarmente  avvolta  per  l'intensità  della  corrente 
che  vi  circola. 

Farad,  unità  pratica  di  capacità  del  sistema  elet- 
tromagnetico C.  G.  S.  :  è  la  capacità  che  un  cou- 
lomb può  caricare  al  potenziale  d'  un  volta.  -  Mi- 
crofarad, nome  di  capacità  elettrostatica  ;  equivale 
ad  un  milionesimo  di  farad.  •  Henry,  nuovo  ter- 
mine di  elettrotecnica  usato  per  indicare  Vunitd  a- 
dottata  per  la  misura  del  coefficiente  d' induzione. 
Dal  nome  del  fisico  elettricista  americano  Giuseppe 
Henry.  -  Ohm,  l'unità  di  resistenza  di  un  filo  con- 
duttore 0  di  un  circuito.  Da  cui  si  ha  il  mega-ohm, 
uguale  a  un  milione  di  ohms,  e  il  micro-ohm,  equi- 
valente a  un  milionesimo  di  ohm. 

Unità  di  intensità  di  corrente,  quella  di  una  cor- 
rente tale  che,  se  un  cm.  di  lunghezza  del  suo 
circuito  viene  piegato  in  arco  di  un  cm.  di  rag- 
gio, esercita  una  forza  di  una  dina  sopra  un'unità 
di  polo  magnetico  posto  al  centro.  -  Volt,  misura 
di  unità  di  potenziale  ;  unità  di  misura  della  forza 
elettro-motrice  di  una  corrente.  -  Voltaggio,  dall'in- 
glese voltage,  voce  di  elettrotecnica  indicante  il  nu- 
mero dei  volts  (potenziale  elettrico).  -  Watt,  unità 
di  misura  elettro-magnetica  :  è  uguale  a  10  unità 
assolute  di  potenza,  ossia  alla  potenza  capace  di 
compiere  il  lavoro  di  107  erg  per  minuto  se- 
condo. 


ISTRUMENTI,   APPARECCHI.   —   AlTRI    OGGETTI. 


Amperòmetro,  istrumento  che  misura  l'intensità 
di  una  corrente  elettrica,  esprimendola  su  un  qua- 
drato in  ampéres.  Diversi  i  principi  su  cui  sono 
fondati  gli  amperometri.  Alcuni  di  questi  stru- 
menti sono  basati  sull'azione  della  corrente  sopra 
un  ago  calamitato,  che  oscilla  liberamente  ed  è 
tenuto  in  posizione  fissa  da  due  magneti  perma- 
nenti; altri  si   fondano   sulla  proprietà   dei  corpi 


734 


CORRENTEMENTE    —    CORRERE 


magnetici  di  venire  attirati  dalie  porzioni  di  campo 
magnetico,  ove  la  intensità  é  maggiore;  altri  an- 
cora sulla  trazione  di  un  nucleo  di  ferro  munito 
di  una  spirale  antagonista,  in  un  solenoide;  altri 
sono  a  campo  magnetico  fisso  e  costante  ;  altri,  fi- 
nalmente, sono  detti  termici,  e  si  basano  sul  prin- 
cipio di  Joule,  secondo  cui  gli  elTetti  calorifici  della 
corrente  sono  proporzionali  al  quadrato  dell'inten- 
sità. -  Bilancia  elettrica:  parecchi  fisici  applicarono 
la  bilancia  alla  misura  dell'  intensità  delle  cor- 
renti elettriche.  Es.,  la  bilancia  di  Becquerel,  elet- 
tromagnetica; la  bilancia  Lallemand,  elettro-di- 
namica, ecc.  -  Bussola  Schweigger,  apparecchio  per 
misurare  l'intensità  della  corrente  elettrica. 

Calorimotore  di  Offenhaus,  apparecchio  elettrico 
allo  scopo  di  ottenere  correnti  di  grande  intensità. 
-  Cassette  di  resistenza,  strumenti  per  misurare  la 
resistenza  di  un  conduttore  d' una  corrente  elet- 
trica. -  Circuito  elettrico,  insieme  degli  apparecchi 
attraversati  da  una  corrente.  -  Circuito  metallico, 
quello  nel  quale  la  corrente  è  sviluppata  attraverso 
a  due  fili  conduttori,  uno  di  partenza  dalla  mac- 
china e  l'altro  di  ritorno  dalla  medesima.  -  Cir- 
cuito misto,  quello  nel  quale,  invece  del  filo  con- 
duttore di  ritorno,  serve  la  terra,  con  cui  comunica 
tanto  la  macchina  quanto  l'innesco.  -  Commutatore, 
strumento  che  serve  a  chiudere  il  circuito  della  pila 
e  a  rovesciare  la  direzione  della  corrente  che  va 
in  un  dato  apparecchio,  o  a  far  passare  la  corrente 
da  un  circuito  all'altro.  -  Corto  circuito,  collegamento 
diretto,  o  mediante  condutture  di  resistenza  prati- 
camente nulla,  di  due  punti  di  un  circuito  elettrico 
in  cui  siano  in  azione  un  generatore  di  corrente  o 
un  sistema  di  generatori. 

Disgiuntore,  apparecchio  per  interrompere  la  cor- 
rente elettrica.  -  Dosometro  elettrolitico,  istrumento 
destinato  a  indicare  l'intensità  d'una  corrente  nelle 
applicazioni  terapeutiche  dell'elettricità.  -  Elettro- 
dinamometro, apparecchio  misuratore  dell'  intensità 
d'una  corrente  elettrica,  fondato  sulle  azioni  elet- 
trodinaniche. 

Galvanometro,  apparecchio  che  serve  a  misu- 
rare r  intensità  delle  correnti  :  è  fondato  sulle 
leggi  che  regolano  le  esperienze  di  Oersted.  -  Gi- 
roscopio, apparecchio  nel  quale  una  corrente  d'in- 
duzione determina  l'accelerata  rotazione  di  un  ago 
0  di  un  disco  metallico  su  un  pernio.  -  Isolatore, 
ogni  apparecchio  che  impedisce  la  comunicazione 
della  corrente  elettrica. 

Reocordo,  filo  metallico  di  cui  si  può  ridurre  in 
un  circuito  una  porzione  qualunque  per  portarne 
la  resistenza  a  un  limite  voluto.  -  Reòfori,  istru- 
menti  di  varia  forma  che  si  adattano  alle  estremità 
degli  elettrodi  per  condurre  la  corrente  elettrica; 
anche  un  semplice  filo  conduttore.  -  Reometro,  veg- 
ga si  a  galvanotnetro.  •  Reòscopo,  strumento  che 
serve  a  mettere  e  a  far  riconoscere  l'esistenza 
delle  correnti  elettriche.  -  Reòstato,  apparecchio  che 
serve  ad  accrescere  o  diminuire  la  lunghezza  del 
circuito  che  percorre  una  corrente  elettrica,  ad  ac- 
crescere 0  diminuire  l'intensità,  essendo  questa  in 
ragione  inversa  della  lunghezza  del  circuito.  -  Reó- 
*omo,  interruttore  di  un  circuito  elettrico.  -  Re- 
iropo.  istrumento  che  serve  negli  apparecchi  d'in- 
duzione a  rendere  una  corrente  non  continuata, 
senza  mutare  il  senso,  nonché  a  isolare  correnti 
dirette  e  inverse.  -  Ricevitrice,  macchina  dinamo- 
elettrica che  riceve  una  corrente  e  funziona  da 
motore  :  veggasi  a  dinamo. 
Shunt    (voce   inglese),  conduttore   di   nota  resi- 


stenza elettrica  posto  in  derivazione  sulla  corrente 
principale,  allo  scopo  di  suddividere  quest'ultima 
su  due  vie,  in  guisa  che  una  sola  frazione  cono- 
sciuta di  essa  percorra  il  conduttore  principale.  - 
Solenoide,  speciale  disposizione  di  conduttore  elet- 
trico (reoforo).  -  Voltàmetro,  istrumento  destinato  a 
misurare  la  quantità  della  corrente  per  un  certo 
tempo,  mercè  azioni  elettrolitiche.  ■  Voltmetro,  gal- 
vano; netro  destinato  a  misurare  in  volt  una  diffe- 
renza di  potenziale  elettrico.  -  Wattmetro,  appa- 
recchio che  misura  la  forza  di  una  corrente. 

Altri  oggetti.  —  Bagno  elettrolitico,  vasca  con- 
tenente soluzioni  saline  da  scomporre  con  una  cor- 
rente elettrica.  -  Disco  di  Faraday,  disco  di  rame 
girevole  fra  le  branche  di  una  calamita  a  ferro  di  ca- 
vallo, sulla  cui  periferia  è  appoggiata  una  lamina 
in  comunicazione  col  polo  di  una  batteria.  -  Fee- 
ders  (ingl.),  nell'industria  elettrica,  i  cavi  principali 
di  una  rete  di  distribuzione  di  corrente  elettrica. 
-  Filo  elettrico,  lungo  cordone  di  metallo,  isolato, 
sopra  pali,  che  trasporta  la  corrente  da  una  all'al- 
tra stazione  e  suscita  quelle  battute  convenzionali 
donde  emerge  il  segno  chiaro  della  domanda  e  della 
risposta.  -  Girandola  elettrica,  palla  di  sughero, 
traversata  da  un  ago,  munita  di  quattro  alucce  di 
foglia  d' oro,  disposte  in  modo  da  formare  una 
ruota,  la  quale  viene  messa  in  giro  da  una  cor- 
rente elettrica  -  Goccia  di  sega,  piccolo  bottone 
piatto  e  arrotondato  sui  lembi,  sul  quale  viene  ad 
appoggiarsi  la  manetta  a  molla  di  certi  commuta- 
tori, per  istabilire  la  corrente  elettrica.  -  Serrafilo, 
ordigno  metallico  che  serve  ad  unire  insieme  le 
estremità  di  due  fili  conduttori.  -  Spina,  turacciolo 
0  bischero  metallico  che  serve  a  mettere  in  comu- 
nicazione le  strisele  di  rame  che  si  vedono  sulle 
cassette  di  resistenza  e  su  certi  commutatori. 

Correntemente.  Prestamente,  presto. 

Correntézza.  L' essere  corrente  (riferito  a 
lingua,  prezzo,  ecc.)  ;  facilità,  l'esser  facile. 

Correntista.  Chi  ha  conto  corrente  presso 
una  banca,  un  banchiere,  ecc. 

Correo.  Chi  è  complice  in  un  reato. 

Correre  {corrente,  corso).  L'andare  con  grande 
velocità,  camminare  a  lunghi  salti,  alzando  molto 
le  calcagna  da  terra  ;  mettersi  in  corsa  (veggansi  a 
questa  voce  i  sinonimi,  le  locuzioni,  i  vocaboli  in- 
dicanti i  vari  modi  di  correre,  ecc.).  -  Affrettarsi  a 
far  checchessia,  far  presto.  -  Lo  scorrere  di  un 
liquido.  -  Passare,  trapassare:  di  tempo,  di  sta- 
gione, ecc.  -  Passare  una  determinata  distanza 
fra  un  luogo  e  un  altro,  o  da  un  punto  a  un  al- 
tro. -  Percorrere,  trascorrere,  camminando,  ecc.  - 
Di  paese,  devastare,  saccheggiare  (veggasi  a  sac- 
cheggio), spogliare.  -  Di  moneta,  essere  da  tutti 
accettata.  -  Il  dilungarsi  di  una  via,  di  una 
strada.  -  Il  muoversi  dell'acqua  d'un  fiume,  di 
un  torrente,  d'un  ruscello,  ecc.  -  Il  movimento 
del  sangue  nel  corpo  animale.  -  Figur.,  esserci 
differenza  nel  valore,  nel  pregio  e  simili,  da 
cosa  a  cosa,  da  persona  a  persona.  -  Il  diffondersi 
di  una  notizia.  -  Correre  pericolo,  rischio,  risico, 
mettersi  in  pericolo,  a  rischio.  -  Correr  voce, 
andar  in  giro  la  ciancia,  la  chiacchiera;  esser 
fama.   -   Inseguire,   correr  dietro   a  chi  fugge. 

Accorrere,  concorrere,  rincorrere,  ecc.,  veggasi  a 
corsa.  -  Ricorreì-e,  intercorrere,  correre  di  nuovo; 
ritornare  di  anniversario,  di  festa,  ecc.  -  Rotare, 
correre  su  ruota.  -  Scarrierare,  scavallare,  sgam- 
bettare, veggasi  a  corsa.  -  Scorrazzare,  correre 
in  qua  e  là  ;  fare  scorrerie. 


CORRERU   —   CORRETTORE 


735 


Corrente,  corso  d'acqua,  d'aria,  ecc.  -  Figur., 
accettato  e  praticato  da  tutti. 

Correria.  Scorribanda,  scorreria. 

Oorrespettlvità.  Reciproca  corrispondenza 
-  Rapporto,  relazione. 

Correspettlvo.  Che  ha  relazione  con  qual- 
che cosa. 

Corresponsióne.  Il  coiTispotidere. 

Correttamente.  In  modo  corretto:  veggasi  a 
correggere. 

Correttezza.  Qualità  di  ciò  che  è  corretto  : 
veggasi  a  correggere.  -  Finitezza,  perfezione. 

Correttivo.  Atto  a  correggere.  -  Dicesi  di 
cosa  che  ne  corregge  un'altra,  specialmente  come  ter- 
mine di  farmacia  ;   es.,    il    caffé    e  la  cumarina 


il  cattivo  correttore.  -  Revisore,  propriamente,  chi 
corregge  le  bozze  licenziate  dall'autore,  il  quale,  a 
sua  volta,  di  solito,  legge  e  corregge. 

Correttore  in  prima  chiamasi  chi  legge  per  cor- 
reggere (prima  correzione)  le  bozze  in  colonna  uscite 
dalle  mani  del  compositore  o  fatte  sul  lavoro  della 
macchina  compositrice.  Egli  corregge  i  refusi  (let- 
tere guaste  e  sbagliate),  le  omissioni  (pesci),  le  pa- 
role ripetute  (gamberi)  e  tutte  le  inesattezze  tec- 
niche della  composizione.  Deve  avere  il  cosiddetto 
occhio  tipografico  per  riconoscere  molte  cose  (lettere 
di  diverso  carattere,  lettere  in  corsivo,  anziché  in 
tondo,  ecc.),  che  potrebbero  sfuggire  all'occhio  di 
un  profano  all'arte.  -  Correttore  in  seconda,  chi  ha 
l'incarico  di  fare,  dopo  quella  d'indole  tecnica,  una 


Tav.  XXIV.    —  faggio  di  correzioni 


eaesio  «3»   eot>t"e»!lortl  «vi  t>ox»d» 

La  seuol^  italiana  comincia  quando  [ft  scuola  ^/,  t-- 
fr^cese  finisce;  Ifl  {orpassa,  ma  essif  viene  /_g)  T@ 
in  iiltiijio,  e  dopo  aver  approfittfto  della  sua     j^ 
antevatt.  è  in  Francia,  insomma,  cke  Ij  mi*  /^ 

hiatura  è  nata)  sotto]  la^ua|  forma]  originale  ;     /_  )(_ 
è  là  1  die  furono  inventati  e  perfezionati  gli     _ 
istrujjifiti  dèi  miniaturjti.  La.'^rola  è  d'ori-  ji^  lì  t^ 
■  gine  iàùìimerì  francesi  (illuminare),  e  tutt'af-    7c> 
fatto  analoga  a  quella  che  é  in  uso  m^T^g? 


giorni,  illustrare  "[J]?  ^ante  lo  riconosce  nel    L_ 
-ùo  bran'o  del  Purgatorio,  allorquando  saluta 


c 


w  Oderlsi,  miniaturista  italiano  del  XI11|  secolo: 
''"^  [Pònoi-  di  quell'irta 

Vlh'alluminare  è  cbf&niata  in  Parisi 


^37" 


> 


r-ìi. 


\  t        I  stesso  semo,  ma  in  origine  si  apolicAva  esclusi- 
<   j  Più  tardi,  la  parola  miniatura  pjvftlae  nellol 

vamenté  allo  scriba  che  impiegava  iUmìnium,     i  e* 

L'alluininatare  si  ^anjawoj  coUo  scrivano.  N«i 
monasteri/  si  esigeva  dal  novtójl"  una  certa    JJ  i' 
1    ^educazione  artistica,  notabilmentfe  presso  le 
(j    fiCertose,  che  noi   abbiamo  veduto  ^  severe 
jÌM'        per  gli  seribajcauivft  volontà 
[p     Ll!2i*      Al  tati  l^olo,  le  due  l'rofessionl  si  sepa- 
Jt  «arono,  tantolfra  il  clgro  die&ra  i  laici, 
fi  juando  i   romanzi,  le  cfonBCbe   in   lingua 

volgare,  eon^in^-jarono  a  venir  di  moda,  i  mi- 
1— j  /«<M«  niaturisti  jii   rniooraf  a  gara  per  metterai  al 

servizio  dei  princi|>i  e  dei   grandi   che  vole*     ' 
^(>         vano  fare  ornare  qiwscf  boMìCì  di  libri,  ffdu-    L- 

chi  ili  Hcrry,  d'Aiyou  e  di    Borgna  avevano      lO^ 
l-jj-^***    dei    miniaturisti   ^niti   ojle  Joro   case.   CarloJ         J^U 
llT-i'    ^m  aveva  dato  l'esempio,  ed  i  suoi,  fra  i  quali 

figuraao  Giovanni  Foaquet,  tìicvauni  Fouquet|  |-~l  + 
Giovanni  Bourdichon,  Bartolomeo  Guetté.ldl 
I  h)     -^  pittori  del  re  •!  .' 


V)\M.  P.  Louisf/   t.g  LivM.|«  Uinìatuit  i»ì  omscritti  •• 


^nfisr 


sono  correttivi  dell'odore;  il  miele,  lo  zucchero, 
ecc.,  correttivi  del  sapore.  In  generale,  sono  corret- 
tivi gli  zuccherini,  gli  sciroppi,  le  acque  e  le  pol- 
veri aromatiche.  -  Rispetto  all'  agricoltura,  veggasi 
a  terreno. 

Corretto.  Participio  di  correggere. 

Correttore.  In  generale,  chi  o  che  corregge; 
chi  sa  0  deve  correggere.  -  Ai  tempi  dello  Stato 
latino,  il  capo  di  provincia.  -  Nella  repubblica  di 
Venezia,  titolo  dei  cinque  incaricati  di  giudicare  la 
vita  del  doge  morto. 

Correttore  (ài  tipografia).  Chi,  in  una  tipo- 
grafia, compie  r  ufficio  di  correggere,  sulle 
bozze,  sugli  stamponi,  gli  errori  di  composizione  : 
correggitore,  pulitore,  revisore.  -  Corruttore  (iron.). 


oc:r»*s  tt-ti  I 


%i' 


lettere  ernie  (refusi) 

lettere  Uà  voltare 

lettere  da  ccpovolgere 

•llu-gire;  «wicitur» 

restriofcre 

lettere  ó.  (lo.norr. 

l-tleri  de  B((iunc«e 

[.aroU  Ax  posporre 


ligbe  a.  posporre 
teucra  0»  .csiun|£et> 

parole  capovoie» 
.;r|.li  i.  legare 
too4o ,  i  invece  del  due  e 
riga  da  all.Qorc 

lettere  da^acewncer* 


La  scuola  italiana  comincia  quando  la.  scuola' 
francese  Unisce;  la  sorpassa,  ma  esaa  viena 
in  ultimo,  e  dopo  aver  approfittato  della  sua 
anletiatu.  È  in  Francia,  insomma,  che  la  mi* 
oiatura  è  nata  sotto  la  sua  forma  originale; 
è  là.  che  furono  inventati  e  perfezionati  gli 
JBtrumenti  dei  miniaturisti.  La.  parola  è  d'ori» 
glne  francese,  allumer  (illuminare),  e  tutt'f.f- 
fatto  analoga  a  quella  che  é  in  uso  ai  nostri 
giorni,  ilUscrare. 

Dante  lo  riconosce  nel  suo  brano  del  Pur» 
gatnrio,  aJlorquando  saluta  Oderisi,  mioicLta- 
rista  Italia/io  del  XIII  seooto: 

L'onar  di  quell'-arle 

CK ailumiiiare  6  efilsmata  in  Porrsi. 

Più  tardi,  la  parola  miniatura  prevalse  nello 
stesso  senso,  ma  in  origine  si  applicava  esclusii- 
vamente  aHo  scriba  che  impiegava  il  minium. 

L'àlliiininatore  si  trasfuse  collo  scrivano.  Nei 
monasteri  ai  esigeva  dai  novizi  iina  certa 
educatìone  artistica,  notabilmente  presso  le 
Certose,  che  noi  abbiamo  veduto  si  sedere 
per  gli  scriba  di  cattiva  voIontA. 

Al  XUl  secolo,  le  due  professioni  si  separ 
rarono,  tanto  fra  il  clero  ciio  fra  i  laici. 

Quaitdo  i  romanzi,  le  cronache'  ifl  lingua 
volgare,  cominciarono  a  venir  di  moda,  i  mi- 
niaturisti fecero  à  gara  per  mettersi  al  ser- 
vizio dei  principi  $  dei  grandi  che  valevano 
fare  .ornare  questi  libn. 

I  duchi  di  Becry,  d'Aujou  e  di  Borgogna 
avevano  dei  miniaturisti  presso  le  loro  case. 
Carlp  VII  aveva  dato~  l'esempio,  ed  ■  suoi, 
fra  I  quali  figurano  Giovanni  Fouquet,  Gio- 
vanni  Botirdichon,  Bartolomeo  Guetté,  pren- 
devano il  titolo 'di   •  pftloii  del  re»  ('>. 

l'I  M  P.  J-0U1SV  :  l.t  Livi. .  Miniatuie  dei  luaoitiitti  « 
.((0  .'04  X  setuenii 


correzione  letteraria  {correzione  in  seconda),  curando 
cioè  la  sintassi,  la  proprietà  del  linguaggio,  i  nomi 
propri,  le  date,  i  termini  scientifici,  ecc.  Questa 
seconda  correzione  si  fa,  per  lo  più,  dopo  che  le 
colonne  di  stampa  siano  state  unite,  per  formare 
le  pagine.  E  deve  il  correttore  verificare  se  l'tTn- 
paginazione  fu  eseguita  a  regola  d'arte,  se  non  vi 
sono  righini  in  testa  di  pagina,  rtghini  superflui, 
divisioni  di  parole  sbagliate,  ecc.  ;  verificare  se  il 
numero  delle  pagine  e  dei  capitoli  corrisponde  a 
quello  dei  fogli  precedenti  ;  se  il  testo  è  seguente 
all'ultima  riga  del  foglio  antecedente  ;  se  i  carat- 
teri dei  titoli  e  dei  capitoli  sono  conformi  ai  pre- 
cedenti, e  via  via.  -  Correzione  di  terza,  quella  ese- 
guita sul  foglio  di  macchina,    allo   scopo   di  fare, 


1«it«rc  4*  aggiungei 


736 


CORREZIONALE   —   CORRISPONDENZA 


prima  che  si  stampi,  le  correzioni  eventualmente 
omesse,  o  le  correzioni  di  errori,  di  spostamenti, 
ecc.,  determinati  dal  trasporto  del  carattere  da 
stampa,  ossia  delle  pagine,  delle  forme,  in  mac- 
china. Finita  la  terza,  si  fa  il  cosidetto  rincontro  dt 
macchina,  per  accertare  che  tutte  le  correzioni 
siano  state  eseguite. 

Segni  per  le  correzioni. 

Principali,  per  dire  di  uso  più  comune,   sono    i 
seguenti  : 

jrLITTFJTlTHH 

H   N 

li  1  i"LTT 

I  er  le  aggiunte: 

I — ^  Ih—  w—  5— 

Tali  segni,  essendo  arbitrari,  si    possono  variare 
all'infinito.  Invece  i  segni  convenzionali,  essendo  si- 
stematici, hanno  ciascuno  il  loro  significato. 
Ecco  quelli  più  in  uso: 
Per  abbassare  gli  spazi  o  un  bian- 

co  qualunque X 

»    sopprimere    lettere,   parole  e 

frasi "^ 

»    rivoltare  una  lettera  o  parola 

capovolta     : "§> 

»     cambiare    una   lettera  d'altro     /^ 
carattere ^-^ 

»     tirare  in  fuori  una  linea  .    .  \ 

j     rientrare    o    fare    un    a-capo     i 

nell'interno  del  testo    .    .    .    ' 

»     allineare   le   righe  verticalm.      C| 

»     la   trasposizione   di   parole  e      igjTI 

di  frasi , 

»     la  trasposizione  di  righe  .    .      1-j    . 

»     riunire  o  restringere  gli  spazi  .  x 

fra  le  parole v  J 

B     mettere  o  aumentare  gli  spazi  ^  ^ 

fra  le  parole J  V. 

»     avvicinare    o   restringere    gli       ^ ^ 

spazi  fra   una   linea  e  l'altra       ^ 

»     allargare  gli  spazi  tra  una  li-        n.  .    -^ 
nea  e  l'altra *■ ^ 

»     andar  di  seguito,  sopprimendo      ^ 

Va-capo C 

»     segnare  un  apòstrofo  e  lettere      •     „ 
esponenti =   = 

»     una  correzione  pentita,  ossia 
da  non  eseguirsi 

1     allineare  le  parole  orizzontal- 
mente  

»    pulire  lettere  e  parole  .    .    , 


Correzionale.  Veggasi  a  «riftwnoie  ed  a  pena. 
Correzióne.  Atto  ed  effetto   del  correggere. 

Veggasi  anche  a  correttore  (di  tipografia).  -  Ri- 
prensione, castigo,  emendazione  (veggasi  a  emen- 
dare), rimprovero.  -  Termine  di  ostetricia. 

Corridoio.  Andito,  passaggio  interno  e  lungo 
in  una  casa,  in  un  edificio:  ambulacro,  ambula- 
torio, androne;  corridore,  corritoio;  galleria; 
passaggetto,  passatoio,  passetto.  -  Nei  teatri,  il  cam- 
mino coperto  intorno  e  dietro  ogni  ordine  di  pal- 
chi. Anche,  l'andito  pel  quale  si  va  dall'una  al- 
l'altra batteria  delle  casamatte.  Può  prendere  il 
lungo  di  tutto  0  di  parte  dell'edificio,  può  dividere 
dall'uno  o  dall'altro  lato  le  stanze,  andare  da  scala 
a  finestrone,  da  chiesa  a  sagrestia,  da  uno  ad  altro 
edificio.  Fra  l'andito  e  il  corridoio,  la  differenza 
par  questa:  che  l'andito  non  è,  in  generale,  molto 
lungo  e  piuttosto  stretto,  mentre  il  corridoio  è  as- 
sai lungo  e  largo.  Il  corridoio  può  aver  pregi  ar- 
chitettonici, l'andito  mai. 

Ambulacro,  ambulatorio,  luogo,  per  lo  più  chiuso, 
nel  quale  si  passeggia.  -  Anditino,  piccolo  andito, 
piccolo  corridoio  che  lascia  libere  le  stanze  di  un 
quartiere.  -  Andito,  passaggio  stretto  e  più  o  meno 
lungo,  a  solo  uso  di  passaggio,  cioè  per  dare  alle 
stanze  una  comunicazione  o  necessaria  o  più  li- 
bera ;  anche,  stretto  e  breve  corridoio  tra  due  mu- 
raglie, a  uso  di  passarvi.  -  Andituccio,  diminutivo  e 
anche  dispregiativo  di  andito;  andito  angusto,  o- 
scuro  e  meschino,  -  Androne,  luogo  coperto,  stret- 
to e  lungo,  che  dalla  porta  di  strada  mette  alla 
scala  0  alla  corte,  nelle  case  che  non  hanno  atrio 

0  vestibolo.  Se  corto  e  stretto,  andito.  -  Corsia, 
passaggio  in  un  ospedale,  in  un  teatro,  ecc.  - 
Couloir  (frane),  colatóio  e  corridoio.  -  Passaggetto, 
piccolo  andito  o  passaggio.  -  Scappavia,  corridoio, 
andito  che  dà  un'altra  uscita. 

Corridore.  Veggasi  a  corsa,  a  soldato.  •  Cor- 
ridori si  chiamano  alcuni  trampolieri,  molti  galli- 
nacei e  tutti  gli  uccelli  nei  quali  manca  o  è  poco 
spiegata  la  facoltà  di  volare. 

Corriera.  Lii  carrozza  o  la  nave  che  porta 
il  corriere  postale,  la  posta. 

Corriere.  Persona  incaricata  di  trasportare  cor- 
rispondenza 0  altro:  corriere,  espresso  (voce  d'uso), 
messaggero,  messo,  staffetta,  uomo  a  posta.  Nel 
medio  evo,  colui  che  precedeva  i  viaggiatori,  per 
riconoscere  se  le  strade  erano  sicure.  -  Figur.,  chi 
va  in  cerca  di  notizie  e  le  riporta.  -  Corriere  di 
gabinetto,  chi  porta  i  dispacci  di  sovrani  o  di  mi- 
nistri. -  Staffetta,  corriere  a  cavallo.  -  Tatari,  in 
Turchia,  i  corrieri  a  cavallo,  -  Veredari  (da  vere- 
des,  cavallo  leggiero  ed  agile  al  corso),  corrieri  a 
cavallo  d'un  tempo. 

Corrispettivo.  Ricompensa,  compenso. 

Corrispondente  (aggettivo).  Veggasi  a  corri- 
spondere e  a  geometria. 

Corrispondente  (sostantiv.).  Chi  manda  rego- 
larmente notizia  a  un  giornale,  a  una  Banca, 
a  un  ufficio  commerciale,  ecc.  -  Membri  carrispon- 
denti,  quelli  di  società  letterarie  e  scientifiche. 

Corrispondentemente.  Detto  a  corrispon- 
dere. 

Corrispondènza.  Il  corrispondere,  il  con- 
cordare. 

Corrispondenza.  Comunicazione  per  via  di 
lettera,  di  cartolina  postale,  di  telegramma,  ecc., 
da  un  paese  all'altro,  tra  commercianti  o  altre  per- 
sone :    carteggio,   commercio   epistolare,   posta,  ri- 

1  spondenza,  scambio   di  lettere.  -  Lo  scritto,  la  co- 


CORRISPONDERE 


CORRUZIONE 


737 


municazione  telegrafica  o  telefonica  che  alcuno 
manda  ad  un  giornale,  ad  una  casa  di  com- 
mercio, ecc.  -  Agenzia,  ufficio  di  corrispondenza, 
impresa  industriale  per  la  trasmissione  telegrafica 
di  notizie  ai  giornali.  -  Letteratura  epistolare,  arte 
o  maniera  del  carteggio.  -  Partecipazione,  comuni- 
cazione, corrispondenza  orale  o  scritta. 

Corrispondente,  chi  è  con  altri  in  corrispondenza 
epistolare.  -  Destinatario,  la  persona  alla  quale  è 
diretta  una  cosa  qualsiasi  :  lettera,  merce,  danaro, 
ecc.  -  Mittente,  chi  spedisce  la  lettera,  la  corri- 
spondenza. 

Carteggiare,  tenere  carteggio,  corrispondenza  con 
alcuno:  dirigere,  indirizzare,  scrivere  lettere.  -  £m- 
dere,  dare  evasione,  sbrigare  la  corrispondenza, 
trattare ,  rispondere.  -  Intercettare  la  corrispon- 
denza, sequestrarla  per  esaminarne  il  contenuto.  - 
Preparare  la  posta,  approntare  la  corrispondenza 
da  spedire,  da  mettere  in  posta.  -  Replicare,  re- 
scrtvere,  riscrivere,  tornar  a  scrivere.  -  Rispondere, 
carteggiare  in  risposta.  -  Tenere  la  corrispondenza, 
ricevere  le  lettere,  prenderne  nota  e  preparare  le 
risposte.  -  Troncare  la  corrispondenza,  non  rispon- 
dere. 

Copialettere,  il  libro  che  riceve  la  copia  di  tutte 
le  lettere  scritte  dal  commerciante  ai  suoi  corri- 
spondenti. -  Tessera,  pezzetto  di  avorio,  usato  dagli 
antichi  romani  per  corrispondenza  o  come  segno  di 
riconoscimento. 

Corrispóndere  {corrispondente,  corrisposto).  Far 
esatto  riscontro,  confarsi,  concordare;  avere 
pi'oporzione,  conv^enienza,  essere  conveniente', 
essere  consimile,  simile,  conforme,  eguale,  a- 
datto  nel  genere,  nell'indole,  ecc.;  essere  adeguato, 
riuscire  pari  a  chicchessia  o  a  checchessia;  essere 
in  accordo,  in  armonia.  -  Di  vocabolo,  a  con- 
fronto di  un  altro,  avere  lo  stesso  significato. 

Corrispondente,  che  si  conviene  con  altra  cosa 
nella  forma,  nell'  indole,  ecc.  (veggasi  a  conve- 
nire): armonico,  concordante,  confacente,  confor- 
me, consentaneo,  cònsono  ;  rispondente. 

Corrispondentemente,  con  corrispondenza,  in  con- 
formità, in  relazione  ;  conformemente,  consentanea- 
>i»^nte,  giusta,  giusto  ;  a  proporzione,  a  sensi,  a  te- 
n  >re,  a  termini  ;  secondo. 

Corrispondenza,  l'essere  corrispondente,  cònsono, 
simile  ad  altra  cosa  :  convenienza,  proporzione, 
relazione;  riflesso,  riscontro.  Figur.,  ritratto 

OorrìTO.  Facile  a  credere  o  a  fare  alcuna 
cosa,  talvolta  senza  considerazione,  da  sconside- 
rato :  agevole,  corrente  ;  disposto,  inclinato,  in- 
cline; proclive,  projyenso.  -  Avventato,  frettoloso, 
furioso,  impetuoso,  precipitoso,  subitaneo,  troppo  cor- 
rivo. -  Correntezza,  facilità,  l'essere  corrivo.  -  Corri- 
vcmpnte,  facilmente,  senza  considerazione. 

Corroborante.  La  sostanza  (alimento,  bevanda, 
medicinale),  il  rimedio  che,  preso  per  un  certo 
tempo,  ha  la  proprietà  di  rinforzare  in  modo  du- 
revole la  costituzione  fisica,  il  corpo,  la  salute, 
specialmente  l' apparato  gastrico,  lo  stonìaco: 
accostante,  attonante  (non  us.),  confacente  allo  sto- 
maco ;  confortante,  confortativo  ;  corroborativo,  cor- 
roboratore, cordiale  ;  fortificante,  fortificativo  ;  sto- 
macale; stomachico;  tònico.  -  Corroborare,  dare 
forza,  specialmente  all'  apparato  gastrico  :  abbrac- 
ciare lo  stomaco,  acconsentire,  aromatizzare,  atto- 
nare;  confortare,  dar  conforto;  mettere  in  tono  lo 
sioiiaco,  rinforzare  lo  stomaco. 

Corroborare  {corroborante,  corroborativo,  cor- 
roborato). Fortificare,  dar  forza,  specialmente  allo 


stomaco  ;  l'azione  dei  corroborante.  -  Figur., 
avvalorare,  dar  valore,  aiuto,  sostegno,  in  senso 
materiale  e  immateriale. 

Corroborativo.  Atto  a  corroborare,  corrobo- 
rante. 

Corrodente.  Che  corrode,  è  corrosivo. 

Corródere  {corrodente,  corrodimento,  corroso). 
Intaccare,  rodere,  smangiare,  consumare  a  poco 
a  poco:  azione  di  ogni  agente  -  Corrodente,  che 
corrode,  corrosivo.  -  Corrodimento,  corrosione,  atto 
ed  effetto  del  corrodere. 

Corrodimento.  Il  corrodere. 

Corrómpere  {corrotto).  Determinare,  esercitare, 
indurre  corruzione   -  Viziare,  determinare  vizio. 

Corrom  pimento.  Veggasi  a  corruzione. 

Corrosióne.  Il  corródere,  l'effetto  del  corro- 
dere, del  ródere,  del  consumare  a  poco  a  poco. 

Corrosivo.  Che  corrode  ;  sostanza  che  fa  tale 
effetto  ;  sostanza  che,  a  contatto  delle  parli  vive 
di  un  corpo,  le  altera,  le  disorganizza  (cosi  gli  a- 
cidi  minerali,  gli  alcali  caustici,  il  protocloruro  di 
mercurio  o  sublimato  corrosivo),  ecc.:  arsivo,  catere- 
tico,  corrodente;  erosivo,  escarotico;  incisivo,  mordi- 
cante,  mordicativo;  rodente,   roditore,  scorticativo. 

Corrottamente,  corrotto.  Veggasi  a  cor- 
iniziane. 

Corrucciare,  corrucciarsi  {corrucciato).  Veg- 
gasi a  cruccio  e  ad  ira. 

Corrùccio.  Disgusto,  cruccio;  adiramento,  ira. 

Corrugare,  corrugarsi  {corrugato).  Veggasi 
a  ruga. 

Corruscare  {corruscante,  corruscato).  Veggasi  a 
fiamma,  a  lampo,  a  splendore. 

Corrusco.  Rilucente,  risplendente,  splendido  : 
veggasi  a  splendore. 

Corruttela.  Depravazione,  corruzióne. 

Corruttibile,  corruttibilità,  corruttivo. 
Veggasi  a  coi'ruzione. 

Corruttore.  Detto  a  corruzione. 

Corruzióne.  Il  corrompere,  il  corrompersi  o  il 
lasciarsi  corrompere;  stato  di  pervertimento  mo- 
rale; depravazione,  perverftjnewfo  di  costume; 
stato  di  deformità  morale  in  cui  si  trovano  l'uo- 
mo o  la  società  dominati  dal  vizio  ;  l'atto  dell'in- 
durre altrui,  con  denaro  o  donativi,  a  tradire  il  pro- 
prio dovere,  ad  agire  contro  la  propria  coscien^ 
za.  -  Stato  dei  pubblici  funzionari  che  si  siano 
lasciati  corrompere  con  donativi  :  compra  e  vendita 
occulta;  corrompimento,  corruttura  (non  us.);  pu- 
trèdine; seduzione,  sodducimento,  sodduzione,  su- 
bornamento, subornazione.  -  Delitto  contro  l'Am- 
ministrazione pubblica.  -  C/oaca  (figur.),  luogo  di  gente 
viziosa,  corrotta.  -  Cloaca  massima,  per  gran  corru- 
zione. -  Corruttela,  diffusione  di  mali  morali,  di 
vizi  e  simili;  propaganda  immorale;  figur.,  cloaca, 
contagio,  fradiciume,  mefite,  morbo,  putridume 
(veggasi  a  putrefazione),  sentina,  veleno.  -  Cor- 
ruzione di  minorenni,  delitto  contro  il  buon  co- 
stume. -  Fradicio,  figur.,  corruzione.  -  Offa,  prezzo 
della  corruzione:  beccata,  boccone,  imbeccata,  in- 
goffo, wiowctrt,offella  (volgarm.),  palmario,  palmata, 
pasto  gittato  in  gola,  salario  del  peccato,  sbruffo 
(termine  giornalistico),  toccamani,  unto  (figur.).  - 
Putridume,  corruzione,  marcio,  guasto  organico. 

Corrompere,  indurre  altri  con  denaro  o  con  do- 
nativi, a  tradire  il  proprio  dovere  (in  senso  morale, 
pervertire,  indurre  a  pervertiìnento)  :  arruffia- 
nare per  moneta;  avvelenare  coi  denari;  chiudere 
la  bocca;  chiudere  gli  occhi;  commuovere,  com- 
prare; dare  il  boccone,  dare  ingoffo  o  beveraggio. 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


47 


738 


CORRUZIONE      —    CORSA 


dare  l'offella,  dare  lo  sbruffo;  empire  la  tasca; 
gettar  polvere  negli  occhi;  guadagnare  gli  orecchi; 
inquinare;  largheggiare  di  mancie;  prendere  per 
la  gola  ;  recare  a  sé  ;  scuòtere,  sedurre,  sodducere, 
soddurre,  subornare  ;  tastar  di  moneta,  tentar  con 
promesse,  tirare  per  la  gola;  ungere  le  mani,  ugner 
le  ruote,  ugner  la  vite,  ugner  le  carrucole  con  un- 
guento di  zecca:  ungere  le  girelle. 

Lasciarsi  corrompere,  cedere  alla  corruzione,  far 
cosa  non  onesta  per  denaro  ;  allentare  per  prezzo, 
avere  il  boccone  ;  barattar  1'  anima  ;  far  per  pecu- 
nia ;  lasciarsi  dicrollare,  lasciarsi  prendere  al  boc- 
cone, lasciarsi  smuovere  a  denari,  a  promessa  ;  pi- 
gliare il  boccone,  la  pagnotta,  l'imbeccata,  l'offa,  lo 
sbruffo  ;  prender  l' amo,  prender  prezzo  ;  prosti- 
tuirsi, puttaneggiare  ;  vendere  a  prezzo,  vendere  l'a- 
nima al  diavolo,  vendersi. 

Bocca  unta  non  può  dir  di  no:  di  chi  si  è  la- 
sciato corrompere.  -  Il  martello  d'argento  spezza 
tutte  le  porte:  dal  danaro  tutti  si  lasciano  corrom- 
pere. 

Corrotto  (participio  di  corrompere),  affetto  da 
corruzione  (costumi,  tempi  corrotti,  ecc.),  comprato, 
guasto,  pervertito,  poUuto,  compro,  venduto.  -  Cuor 
marcio,  corrotto.  ■  Razza  sfatta,  razza  disfatta  da 
corruzione.  -  Essere  corrotto,  avere  il  sapone,  chiu- 
der l'occhio,  parlare  a  corpo  pieno,  prendere  l'im- 
beccata. -  Incorrotto,  senza  coriuzione:  onesto, 
purOf  natura  vergine. 

Corruttibile,  che  è  facile  a  lasciarsi  corrompere, 
suscettibile  di  corruzione.  -  Corruttibilità,  qualità  e 
condizione  di  chi  è  corruttibile:  venalità.  -  Incor- 
ruttibile, non  corruttibile,  onesto. 

Corruttore,  chi  corrompe  altri  con  denaro  o  si- 
mili: corrompitore,  mercatore  di  coscienze.  In  senso 
morale,  pervertitore  (veggasi  a  pervertimento). 
■  Corruttivo,  che  corrompe. 

Corruzióne.  Decomposizione  delle  parti  orga- 
niche che  rimangono  sotto  l'intluenza  delle  leggi  fi- 
siche e  chimiche  e  si  risolvono  nei  loro  elementi: 
inquinamento,  infezione,  putre/azione. 

Córsa.  Il  correre,  Y  andare,  correndo  e  senza 
fermarsi,  a  un  punto,  a  una  mèta,  gareggiare  al 
corso:  giramento,  gualdana,  scorribanda,  scorri- 
bandola.  -  Gara  (in  uso  da  antico  tempo)  tra  uo- 
mini che  corrono  in  un  anfiteatro,  in  un'arena  o 
lungo  una  strada  ;  gara  di  cavalli  o  d'altri  animali 
che  corrono  il  palio  (veggasi  a  corse  ipjnche).  - 
Il  moto,  l'andare  di  una  carrozza  o  d'altro  vei- 
colo, sopra  strada  comune,  sopra  guide.,  sopra  ro- 
taie, ecc.  -  Gara  con  la  bicicletta,  con  Vautomo- 
bile  (anticam.,  con  le  bighe,  le  quadrighe,  ecc.).  - 
Corsaccia,  corsa  mal  fatta  o  mal  riuscita.  -  Corserella, 
piccola,  breve  corsa.  -  Corsettina,  brevissima  corsa. 

Corsivamente,  a  corsa,  correndo.  -  Corsivo,  cor- 
rente, che  corre:  detto,  propriam.,  dell'acqua  dei 
fiumi.  -  Córso^  il  correre,  lo  scorrimento  dell'acqua 
e  simili. 

Ciclismo,  tutto  ciò  che  si  riferisce  agli  esercizi  che 
si  fanno  con  la  bicicletta.  -  Corsa  dei  tori,  veggasi 
a  toro.  -  Diaulo,  esercizio  ginnastico  che  usavasi 
nella  Grecia  antica  :  doppia  corsa.  -  Dromo,  in 
Grecia,  la  gara  di  corsa.  -  Lampa dedromia,  corsa 
che  si  faceva  anticamente,  portando  fiaccole.  -  Po- 
dismo  (podistico),  neologismo,  dal  frane,  pod'sme,  u- 
salo  a  indicare  le  corse  a  piedi,  con  vittoria  di  chi 
dimostri  maggiore  resistenza  e  velocità  nel  cam- 
minare.  -  Regata,  corsa  di  battelli,  di  gondole.  - 
Sport,  voce  inglese  che  indica  tutto  quanto  si  ri- 
ferisce alle  corse. 


Carriera,  propriam.,  l'andatura  più  veloce  dev 
cavallo;  per  similitud.,  la  corsa  velocissima  falta 
a  piedi  da  persona.  -  Corsa  alla  lunga,  quella  che 
si  fa  correndo  in  linea  retta,  o  quasi,  da  un  punto 
all'altro.  -  Corsa  alla  tonda,  quella  che  si  fa  gi- 
rando, due  0  più  volte,  intorno  a  uno  spazio  cir- 
colare. -  Corsa  nulla,  quella  che  deve  essere  ri- 
cominciata, nel  caso  che  ciascuno  dei  concorrenti 
abbia  soddisfatto  alle  condizioni  imposte  dal  pro- 
gramma. -  Corsa  sfrenata,  con  la  massima  velo- 
cità possibile,  con  velocità  eccessiva.  -  Insegui- 
mento, corsa  fatta  per  inseguire.  -  Passo  ginnastico, 
passo  di  corsa.  ■  Ricorsa,  ripresa  della  corsa.  - 
Rincorsa,  il  dare  addietro  per  lanciarsi  avanti  con 
impeto.  -  Scorrazzamento,  lo  scorrazzare.  -  Scor- 
ribanda, scorribandola,  giravolta,  corsa,  scorreria. 
•  Volata,  nel  linguaggio  ciclistico,  l'ultima  scatto 
per  arrivare  al  traguardo. 


Modi  e  vicende  del  correre. 


Abbrivare  (figur.),  incominciare  a  muoversi,  a 
prendere  la  corsa.  -  Accorrere  (accorrente,  accorso), 
correre  a  un  luogo,  andare  di  più  persone  per  un 
determinato  motivo  ;  affollarsi,  andare  in  folla  ; 
affluire,  convolare,  muovere,  trarre;  correre  in 
aiuto,  -  Concorrere,  correre  di  più  persone  al  me- 
desimo luogo.  -  Correre,  andare  con  velocità,  (al- 
zare le  calcagna  e  in  modo  che  si  alzi  il  pie 
fermo  prima  che  l'altro  tocchi  terra  :  affrettare  il 
passo;  andare,  moversi  rapidamente,  ratto;  andare 
a  corsa,  a  corso,  a  grandi  passi,  di  corsa,  di  corso, 
più  che  di  passo  ;  cacciare  il  capo  innanzi,  cac- 
ciarsi a  correre;  camminare  forte,  a  tutte  gambe ;^ 
dare,  fare  una  corsa,  una  galoppata,  forzare  la 
marcia;  levarsi,  marciare,  mettersi  a  corsa;  me- 
nar delle  calcagna,  menar  le  seste;  mettersi  le  car- 
rucole ai  piedi  ;  muoversi  ratto  ;  pigliar  la  corsa  ; 
pigliare  o  prendere  le  mosse  ;  prender  carriera  ; 
scarpinare,  scarponare,  sgambare,  sgambettare,  spro- 
nar le  scarpe  ;  zampettare. 

Correre  velocemente,  velocissimamente:  andare  a  bri- 
glia sciolta,  a  furia,  a  gran  corsa,  a  gran  furia,  alla 
bersagliera,  a  più  non  posso,  a  precipizio,  a  ratto 
corso,  a  rompicollo,  a  rotta  di  collo,  a  scavezzacollo 
(velocemente  e  con  pericolo),  a  spron  battente,  a 
spron  battuto,  a  staffetta,  a  tutta  corsa,  a  tutta  bri- 
glia, a  tutta  forza,  a  tutte  gambe,  a  volo,  di  volo  ; 
aridare  come  il  pensiero,  il  lampo,  il  telegrafo,  il 
vento  ;  andare  come  se  il  diavolo  porti,  come  tormen- 
tato && pecette  (stimoli  attaccati  con  pece  ai  bàrberi); 
andare  come  un'anima  dannata,  come  un'anima  persa, 
come  un  bàrbero,  un  daino,  un  cervo,  una  lepre,  un 
levriere;  andare  di  carriera,  di  gran  corsa;  andare 
in  coccia  e  furia  ;  andare  in  fretta,  frettolosamente, 
sfrenatamente,  senza  freno  ;  avere  l'ali  ai  piedi  ; 
correre  con  dieci  gambe  ;  divorare  la  via,  mettersi 
l'ali  ;  passare  come  una  saetta  ;  raddoppiare  i  passi; 
spacciare  11  terreno. 

Correre  lentamente,  poco:  correre  (iron.)  come  una 
piàttola,  come  una  tartaruga,  come  una  testùggine, 
come  una  gatta  di  marmo  o  un  gatto  di  piombo. 

Discorrere  (non  us.),  correre  intorno,  scorrere; 
correre  qua  e  là,  fare  scorrerie  ;  correre,  scendere 
dall'alto  al  basso.  -Distanziare,  andar  più  velocemente 
d'altri,  lasciar  addietro.  -  Fare  la  corsa,  giuocare  a 
correre,  fare  a  corri  corri.  -  Fendere  l'aria,  correre 


r.OKSALETTO 


739 


velocemente.  -  Galoppare,  andar  di  galoppo.  -  In- 
calzare, correre  alle  spalle  d'alcuno,  inseguendolo.  - 
Inseguire,  correr  dietro  a  chi  fugge.  -  Irrompere, 
correr  dentro,  entrare  con  tanta  forza  da  rompere 
un  ostacolo,  se  vi  fosse.  -  Percorrere^  correre 
per  tutta  la  lunghezza.  -  Perseguire,  inseguire;  an- 
che, in  significato  di  perseguitare.  -  Precorrere, 
correre  avanti,  arrivare  prima.  ■  liasentare, 
camminare  vicinissimo  e  quasi  parallelo  alla  su- 
perficie di  checchessia,  senza  toccarla  :  radere,  an- 
dar rasente.  -  Bicorrere,  tornare  a  correre.  -  Rin- 
correre, correre  dietro  ad  uno  che  fugga.  -  Rotare, 
correre  sopra  ruote  (di  veicolo).  -  Scarrierare, 
andar  di  carriera  in  qua  e  in  là.  -  Scavallare,  cor- 
rere con  vivacità  per  ruzzare,  per  far  moto.  - 
Scorrazzare,  correre  in  qua  e  in  la,  interrotta- 
mente  ;  fare  una  scorreria.  -  Scorrere,  pas- 
sare rapido  ;  correre,  muoversi  su  una  data  li- 
nea 0  luogo  tracciato  (scorsa^  lo  scorrere).  -  Sgam- 
bettare, dimenare  le  gambe,  correndo.  -  Sopracor- 
rere, correre  sopra.  -Trarre,  correre,  andare  di  più 
persone  a  uno  stesso  luogo.  -  Trascorrere,  scorrere 
avanti  e  velocemente,  passare  oltre  correndo.  -  Trot- 
tare, andare,  correre  al  trotto,  di  trotto.  ■  Volare, 
correre  rapidamente,  a  volo,  di  volo.  -  Zampettare, 
cominciar  a  muovere  le  zampe,  i  piedi:  detto,  per 
lo  più,  di  bambini. 

Vicende,  ecc.,  del  correre.  —  Arrancare,  di  chi 
si  affatica  per  arrivare  un  altro.  -  Cadere,  preci- 
pitate a  terra.  -  Far  bandiera,  passare,  correndo,  da- 
vanti agli  altri.  -  Far  cilecca,  di  chi,  inseguito  da  un 
altro,  che  è  li  li  per  arrivarlo,  gli  fa  d'improvviso  una 
voltata  e  gli  fugge  in  senso  contrario.  -  Far  man- 
giare, far  mordere  la  polvere,  lasciare  addietro  altri 
ne'  a  c>rsa.  -  Fa»'  tardi  nel  correre,  arrivare  troppo 
tardi.  -  Fare  una  pettata,  correre  tanto  da  affati- 
carsi il  petto.  -  Inciampare,  urtare  coi  piedi 
in  qualche  cosa.  -  Mancare  il  respiro,  di  chi  ha 
la  respirazione  penosa  per  avere  corso  troppo. 
■  Aon  aver  milza,  di  chi,  correndo  molto,  non 
sente  ingrossarsi  il  respiro.  -  Restare,  rimanere  adr 
dietro,  dietro,  indietro,  rimanere  alle  spalle  d'altri 
in  una  corsa.  -  Rubar  le  mosse,  partire  prima  del 
segnale  convenuto.  -  Sferrarsi,  di  chi  si  dà  a  correre 
tanto  velocemente  da  perdere  i  ferri,  se  fosse  un 
cavallo.  -  Sgambare,  stancare  le  gamhe  (veggasi  a 
gamba)  nel  correre. 

Allenamento,  il  graduale  abituarsi  allo  sforzo  mu- 
scolare per  acquistare  maggiore  resistenza  nella 
corsa  {allenare,  allenarsi,  allenato).  -  Appiombo, 
quando  il  peso  del  corpo  del  cavallo  è  regolar- 
mente distribuito  sulle  quattro  membra  che  lo  so- 
stengono e  anche  sopra  la  circonferenza  di  cia- 
scun piede.  -  Abbrivo,  atto  ed  effetto  dell'abbrivare. 
-  Falsa  partenza,  quando  i  corridori  in  gruppo  non 
prendono  le  mosse  a  tempo  e  in  buon  ordine,  se- 
condo le  prescrizioni  e  il  cenno  di  chi  dirige  la 
corsa.  -  Fiatacctna,  affanno  che  viene  dal  correre  o 
da  fatica. 


Chi  corre.  —  Luoghi  per  le  corse. 
Cose  e  termini  vari. 


Aeronàuta,  chi  corre  nell'aria;  veggasi  ad  aero- 
nautica. -  Battistrada,  chi  precede  il  corridore. 
-  Brachidromico,  che  corre  poco.  -  Ciclista,  chi 
<  orre  in  bicicletta,  in  tandem,  in  monociclo,  in  tri- 


ciclo, in  velocipede,  ecc.  -  Corridore,  chi  é  forte  ed 
esperto  nella  corsa;  chi,  per  diletto  o  per  lucro, 
prende  parte  {concolore)  a  una  gara  di  corsa.  -  Diau- 
lodromo,  corridore  che  percorreva  due  volte  il  tra- 
gitto senza  fermarsi.  -  Dolinodromo,  corridore  che 
percorreva  il  dolicos,  distanza  di  dodici  stadi.  - 
Gagnant,  frane,  per  vincitore,  nei  giuochi  delle 
corse.  -  Qplilodromo,  corridore  armato  negli  antichi 
giuochi.  -  Podista,  il  concorrente  in  una  corsa  a 
piedi.  -  Routier  (frane),  corridore  specialista  per 
le  corse  di  resistenza  su  strada.  -  Sprinter  (ingl.), 
corridore  specialista  per  le  corse  di  velocità  su 
pista.  -  Squalificato,  il  corridore  che,  per  qualche 
inosservanza  del  programma  o  del  regolamento  della 
corsa,  perde  il  diritto  di  concorrere  al  premio.  • 
Sladiometra,  corridore.  -  Staffetta,  chi  corre  a  ca- 
vallo, speditamente,  a  portare  alcuna  lettera  o  avviso. 
Le  staffette  oggi  sono  in  uso  solo  presso  i  re,  i 
principi  e  i  militari.  -  Staffiere,  colui  che  corre  a 
piedi  accanto  alla  staffa  del  suo  signore  e  gliela 
regge  nell'atto  di  salire  e  di  scendere  da  cavallo; 
anche,  palafreniere.  -  Stayer  (ingl.),  corridore  spe- 
cialista per  le  corse  di  resistenza  su  pista.  -  Tande- 
mista,  ciclista  che  corre  in  tandem. 

AnfiteatrOf  edificio  per  le  corse  e  altri  spetta- 
coli :  arena,  circo.  -  Lizza,  arena  per  le  corse.  - 
Mèta,  presso  i  Romani,  i  confini  del  circo,  formati 
da  tre  pilastri  piramidali,  intorno  ai  quali  giravano 
i  carri  ;  ora,  in  genere,  il  punto  fissato  come  ter- 
mine di  una  corsa.  -  Pista,  il  terreno  battuto  destinato 
alle  corse,  specialmente  ciclistiche;  neologismo  d'uso, 
dal  frane,  piste;  in  italiano,  pésta.  -  Stadio,  l'arena 
in  cui  si  disputava  il  premio  della  corsa  nei  giuo- 
chi olimpici  ;  arena  per  le  corse  a  piedi  e  per  eser- 
cizi ginnastici.  -  Velodromo,  il  campo  delle  corse  ci- 
clistiche. 

Campionato,  nel  linguaggio  delle  corse,  dicesi  di 
quelle  prove  in  cui  si  gareggia  per  essere  procla- 
mato campione  ;  1'  onore  d' essere  campione.  -  Co- 
prire, nel  linguaggio  delle  corse,  ha  il  senso  di  per- 
correre (coprire,  dicesi,  venti,  cinquanta  chilom.,  ecc.). 

-  Match  (ingl.,  pron.  mete),  significa  scommessa,  par- 
tita nelle  corse  di  ciclisti,  di  cavalli,  di  corridori, 
di  automobili,  ecc.  -  Record,  voce  inglese  che  si- 
gnifica registro,  documento,  testimone.  Nell'uso  spor- 
tivo, tenere  un  record,  stabilire  un  record  vuol  dire 
«  essere  proclamato  il  più  forte,  il  più  abile,  far 
ciò  che  in  un  dato  genere  non   fu  ancora   fatto». 

-  Schract,  voce  ingl.  dello  sport  (vale  scancellare, 
raschiare),  la  corsa  in  cui  i  corridori  e  i  ciclisti 
partono  alla  medesima  distanza. 

Pàlio,  panno  o  drappo  dato  in  premio  a  chi  vince 
nella  corsa. 

Córsa.  Nell'uso,  ciascun  viaggio  che  si  fa  con 
una  corriera,  con  una  tramvia,  in  f'errotnaf 
specialmente,  o  con  altro  mezzo  di  trasjjorfo.  E,  di 
viaggio  ferroviario,  si  dice  col  primo,  col  secondo, 
con  Vultimo  treno,  ecc.,  per  dire  (secondo  l'orario 
stabilito)  con  la  prima,  con  la  seconda,  con  l'ulti- 
ma corsa,  ecc.  -  Anche  il  tragitto  che  fa  una  vet- 
tura, una  carrozza  da  piazza.  -  Corsa,  esercizio 
di  un  supposto  diritto  che  si  arrogavano  le  potenze 
marittime  di  concedere  ai  privati  facoltà  di  ar- 
mare, durante  una  guerra,  le  loro  navi  e  di  assa- 
lire i  bastimenti  commerciali.  -  Celerimetro,  appa- 
recchio per  misurare  la  lunghezza  di  un  tratto  di 
via  percorso. 

Corsale.  Corsaro,  pii'ata. 

Corsaletto.  Veggasi  a  corazza  e  a  insetto» 


740 


CORSARO   —    CORSE   IPPICHE 


Corsaro.  Ladrone  di  mare  :  corsale,  pirata. 

Corseggiare.  Fare  il  pirata. 

Corse  Ippiche.  Prove  fatte  per  stabilire  la 
velocità  e  il  fondo  dei  cavalli  in  gara  tra  loro; 
pubblico  spettacolo  di  più  cavalli  che  corrono,  al 
galoppo  0  al  trotto,  per  vincere  un  premio:  palio. 
Vi  sono  le  corse  'piane  (liscie),  generalmente  riser- 
vate ai  cavalli  puro  sangue;  le  corse  ad  ostacoli, 
alle  quali  sono  ammessi  anche  i  cavalli  di  mezzo 
singue,  e  che  si  eseguiscono  su  terreno  intersecato 
dj  ostacoli,  naturali  o  artiliciali  ;  le  corse  al  galoppo 
e  le  corse  al  trotto,  riservate  a  una  categoria  spe- 
ciale di  cavalli,  allenati  per  correre  a  questa  an- 
datura. Nell'antica  Roma  le  corse  di  cavalli  si  fa- 
cevano nel  circo,  e  i  cavalli  erano  montati  a  pelo 
e  senza  staffe.  -  Meeting  (pron.  miting),  il  complesso 
delle  giornate  di  corsa.  -  Pàlio,  corsa  con  cavalli 
montati  dal  fantino,  o  guidati  da  chi  sieda  su  un 
veicolo.  Tale  distinzione  si  la  sempre  quando  le 
due  voci  si  usino  cosi  assolutamente  e  senza  ag- 
giunte. Del  resto,  si  dice  corsa  de'  barberi  e  imlio 
de'  cocchi.  Si  potrebbe  notare  che  il  palio  è  quasi 
sempre  alla  lunga,  la  corsa  alla  tonda.  -  Post,  quella 
gara  in  cui  un  proprietario  deve  inscrivere  due  o 
più  cavalli,  e  ne  può  far  correre  uno,  o  più,  se- 
condo le  condizioni.  -  Rècord,  gara,  concorso,  spe- 
cie nel  linguaggio  delle  corse  e  dei  giuochi.  -  Te- 
nere il  record,  essere  proclamato  il  più  forte,  il 
più  abile  in  un  genere  di  corse.  -  Riunione,  le  corse 
sottoposte  al  regolamento  del  Jockey-club.  -  Sta- 
gione delle  corse,  la  primavera  e  l'autunno.  -  Turf 
(ingl.,  pron.  terf),  tutto  ciò  che  riguarda  le  corse 
ai  cavalli.  -  Veggasi  a  cavalcare  e  a  cavallo. 

COBSE  AL   GALOPPO.   —   CORSE   DIVERSE. 

Le  corse  al  galoppo  sono  riservate  al  cavalli  puro 
sangue.  -  Catch-weigld  (pron.  catsch-ueht),  corsa  a  peso 
libero.  -  Corsa  alla  lunga,  su  una  strada  diritta,  senza 
fantino  e  con  le  pecette.  -  Corsa  a  reclamare,  a  ven- 
dere, quella  nella  quale  si  stabilisce  che  il  cavallo 
vincitore  sarà  venduto  a  un  dato  prezzo.  -  Corsa 
morta,  di  cavalli  che  arrivano  alla  meta  contempo- 
raneamente. -  Corsa  nulla,  che  deve  essere  rico- 
minciata, non  avendo  nessuno  dei  concorrenti  sod- 
disfatto alle  condizioni  del  programma. 

Corse  classiche,  le  maggiori  corse  d'allevamento 
d'ogni  paese.  -  Corse  di  cocchi,  quelle  che  si  tace- 
vano a  Firenze,  la  vigilia  di  S.  Giovanni.  -  Corse  di 
consolazione,  per  quei  cavalli  che  in  una  riunione 
non  hanno  vinto  né  primi,  he  secondi  premi,  o  non 
hanno  preso  parte  alle  altre  corse.  -  Corse  di  di- 
stanza o  di  resistenza,  quelle  che  eccedono  le  nor- 
mali distanze. 

Criterium,  la  corsa  dei  puledri  e  dei  corridori 
giovani,  fatta  allo  scopo  di  pronostico  per  l'avve- 
nire 0  per  giudicare  il  valore  dei  cavalli.  -  Cross- 
Country  (pron.  cross-chenntri),  corsa-caccia  (lette- 
ralmente tradotto  :  attraverso  i  campi  :  in  questa 
corsa  i  cavalli  non  sono  obbligati  a  seguire  una 
pista  tracciata,  ma  corrono  attraverso  i  campi,  su- 
perando gli  ostacoli  che  si  presentano. 

Derby,  corsa  di  puledri  di  tre  anni;  corsa  fa- 
mosa di  cavalli  che  ha  carattere  nazionale  in  In- 
ghilterra, ove  la  si  fa  annualmente.  -  Drag,  corsa- 
caccia  artificiale  fatta  a  cavallo  coi  cani,  nei  paesi 
ove  scarseggia  la  selvagj;ina.  -  Event  (i-venl),  avveni- 
monto:  e  dicesi  per  accennare  ad  una  corsa  priu- 
cipale. 


Fantasia,  corsa  e  giuoco,  degli  Arabi  e  d'altri 
popoli  di  Oriente:  in  occasione  di  gioia  o  per  fare 
onore  ad  alcuno,  gli  uomini  lanciano  i  cavalli  e 
ritornano  gridando  e  sparando  lunghi  fucili.  -  Gor 
loppata,  corsa  al  galoppo.  -  Great-event,  o  event, 
ingl.,  corsa  nota  e  importante. 

Gymkana  (parola  anglo-indiana),  specie  di  corsa- 
cotillon  fatta  all'aperto  o  in  un  ippodromo,  con 
tutto  il  concorso  dell'ippica  e  dell'equitazione,  non- 
ché con  una  grande  destrezza  nell'eseguire  speciali 
e  bizzarri  giuochi.  -  Handicap  (pron.  endkep),  corsa 
che  ha  per  iscopo  di  porre  i  cavalli  di  velocità  in- 
feriore 0  di  minori  forze  in  condizioni  di  poter 
gareggiare  con  cavalli  di  merito  superiore,  e  ciò 
mediante  la  diversa  distribuzione  dei  pesi.  E  han- 
dicap libero  quello  in  cui  nessun  pagamento  d'en- 
trata 0  di  forfeit  viene  fatto  prima  che  sia  accet- 
tato il  peso.  -  Heat  (hiht),  corsa  nella  quale  bisogna, 
per  vincere  il  premio,  ripetere  più  volle  la  di- 
stanza fissata.  -  Hunter's  race  [honter  rees),  corsa 
per  cavalli  da  caccia.  -  Hunt  steeple-chase,  corsa  alla 
quale  prendono  parte  soltanto  cavalli  da  caccia.  - 
Hurdlerace  (pron.  herd'l  res),  corsa  con  ostacolo  di 
siepi  che  si  inalzano  sulla  pista. 

.Jagd  Rennen  (ted.),  corsa-caccia.-  Military,  coxis^ 
al  galoppo  riservata  solo  agli  ufficiali  in  servizio, 
con  cavalli  di  .servizio.  -  Nursey-stake,  corsa  nella 
quale  sono  impegnati  solo  giovani  puledri. 

Omnium,  handicap  con  cavalli  d'ogni  razza,  età 
e  provenienza.  -  Ortodromia  (gr.),  corsa  in  linea 
retta.  -  Plates  (plets),  le  corse  a  premio  fisso.  - 
Selling  race,  corsa  a  reclamare.  -  Steeple-chase,  voce 
inglese  che  indica  una  corsa  con  ostacoli  artificiali 
su  terreno  piano.  -  Sweepstakes  (suipsteks),  corsa  il 
cui  premio  è  formato  dalle  entrature  e  dai  forfeits 
dei  concorrenti 

Tetraoria,  corsa  su  carri  tirati  da  quattro  cavalli. 
-  Trial  {trail)  prova,  corse  fatte  sulla  pista  per  e- 
saminare  le  attitudini  dei  cavalli.  -  Trial-Stakes 
{trail-steks),  corsa  criterium  fra  cavalli  d'una  stessa 
età.  -  Triennial-Stakes,  corsa  la  cui  inscrizione  vin- 
cola per  tre  anni  ed  a  cui  si  iscrivono  le  cavalle 
gravide. 


Corse  al  trotto. 


Trotter,  ippodromo  o  campo  per  le  corse  al 
trotto.  -  Irotting,  correre  al  trotto. 

Abbuono,  compenso  di  tempo,  di  distanza,  di 
peso  che  i  cavalli  di  più  veloce  andatura  danno 
agli  altri  per  equiparare  le  varie  forze.  -  Battei ia: 
indica  che  la  corsa  ha  luogo  in  più  riparti  e  non 
si  può  eseguire  in  una  partenza  sola.  Il  nu- 
mero dei  cavalli,  in  una  batteria,  non  può  essere 
maggiore  di  sei.  -  Classe  al  trotto  :  in  Italia,  le  corse 
al  trotto  possono  essere  fissate  per  classe,  tenendo 
a  base  il  valore  individuale  dei  cavalli,  sicché  a 
ciascuna  classe  siano  ascritti  soltanto  cavalli  di  va- 
lore approssimativamente  eguale  constatato  per  le 
velocità  raggiunte,  segnate  nel  registro  dei  recordi 
presso  la  sede  della  consociazione  e  pubblicate  nel- 
l'Annuario ufficiale.  -  Controtempo:  dicesi  quando 
un  proprietario  si  impegna  a  far  correre  al  trotto 
il  suo  cavallo  su  una  distanza  stabilita  nel  tempo 
designato  o  meno.  In  tal  caso,  gli  viene  concesso, 
per  questa  prova,  di  farsi  accompagnare  da  un  al- 
tro cavallo  attaccato  o  montato,  a  seconda  che  la 
corsa  sia  sulky  o  a  sella.  -  Corsa  in  partita  obbli- 


CORSK   IPPICHE 


741 


yata,  quella  nella  quale  un  cavallo,  per  vincere, 
deve  arrivare  primo  due  o  tre  volte,  ecc.,  secondo 
che  la  partita  è  in  due,  tre  o  più  prove.  -  Han- 
dicap :  per  il  trotto  si  stabilisce  mediante  resa  di 
distanza  e  abbuono  di  tempo. 

Rottura,  passaggio  dal  trotto  regolare  al  galoppo, 
-  Rovesciamento,  ciò  che  accade  quando  i  veicoli, 
per  malizia  o  per  casualità,  si  urtano  tra  loro  e 
alcuno  viene  rovesciato.  -  Tiro:  si  dice  quando  la 
corsa  si  fa  con  cavalli  attaccati  al  veicolo.  -  Urto, 
quando  un  veicolo  corre  addosso  all'altro. 

Trottatore,  il  cavallo  nel  quale  l'andatura  del 
trotto  é  notevole  per  velocità;  cavallo  allenato  per 
le  corse  al  trotto.  -  Standard,  espressione  con  la 
quale,  in  America,  si  designano  i  cavalli  trottatori 
che  raggiungono  un  dato  minimo  di  velocità. 

Comitato  tecnico-arbitrale,  quello  che  ha  la  dire- 
zione generale  e  il  controllo  di  tutto  quanto  ri- 
guarda la  parte  tecnica  della  Consociazione  ippica 
del  trotto  e  per  tutto  ciò  che  si  riferisce  allo  sta- 
tuto 0  al  regolamento  della  medesima.  -  Driver 
(drai-veur),  il  guidatore  che,  nelle  corse  al  trotto, 
guida  il  cavallo  attaccato.  -  Giudice,  la  persona  in- 
caricata di  sorvegliare  affinchè  la  corsa  sia  ese- 
guita nella  giusta  andatura  e  nel  modo  prescritto 
dal  regolamento. 

Bandiera,  nelle  corse  al  trotto,  oltre  a  indicare 
la  partenza,  è  un  segnale  che  alcune  società  danno 
ai  guidatori  per  indicare  al  pubblico  i  vincitori  dei 
primi,  dei  secondi  e  dei  terzi  premi  -  Biglietto  cir- 
colante, distintivo  che  dà  libero  accesso  a  tutti  gli 
ippodromi  della  Consociazione  pel  trotto.  -  Campa- 
nello: presso  le  società  per  il  trotto  serve  al  giu- 
dice [starter)  a  dare  il  segnale  della  partenza.  -  Co- 
lori, distintivo  della  divisa  che  il  proprietario  di 
una  scuderia  stabilisce  per  i  suoi  guidatori.  -  Fru- 
sta, in  uso  nelle  corse  al  trotto,  quando  effettuate 
in  pariglia  :  deve  essere  non  più  lunga  di  m.  2.60 
e  priva  di  còrdolo  (battuta).  Il  frustino  (nell'uso, 
fuetto)  non  deve  oltrepassare  la  misura  di  m.  1.50. 
-  Punti,  in  partita  obbligata,  i  numeri  d'ordine  in 
cui  i  cavalli  sono  piazzati  all'arrivo  in  ogni  sin- 
gola prova  :  determinano  1'  aggiudicazione  del  se- 
condo 0  del  terzo  premio.  •  Sediòlo,  l'antico  vei- 
colo usato  in  Italia  (fino  al  1881)  per  le  corse  al 
trotto,  bello  e  ricco  d'intagli  e  d'oro,  ma  pesante.  - 
Sulky,  veicolo  leggerissimo  a  due  ruote,  di  prove- 
nienza americana,  usato  nelle  corse  al  trotto. 

Piede  fermo:  dopo  tre  false  partenze,  lo  starter 
può  obbligare  i  concorrenti  a  partire  da  piede  fer- 
mo. Ciò  si  usa  sempre  negli  handicap. 


Luoghi  per  le  corse. 
Parti,  annessi.  —  Ostacoli,  ecc. 


Ippodromo,  campo  nel  quale  i  cavalli  tanno  le 
loro  prove  di  cosa  :  celebri  gli  ippodromi  di  Ep- 
som,  di  Newmarken,  d'Ascot,  di  Goodwood,  di 
Croydon,  ecc.,  in  Inghilterra;  di  Longhchamps,  di 
Chantilly,  di  Maison  Lafitte,  di  Auteuil,  di  Vin- 
cennes,  in  Francia;  delle  Capannelle,  di  Tor  di 
Quinto  (Roma),  di  San  Siro  a  Milano,  ecc.,  in 
Italia.  -  Box  (ingl.),  forma  particolare  di  sfalla 
nella  quale  si  tiene  il  cavallo,  prima  e  dopo  la 
corsa.  -  Paddock  (ingl.),  prato  o  altro  luogo  chiuso 
nel^  quale  si  fanno  passeggiare  i  cavalli  da  corsa.  - 
Palio,  luogo  dove  si  fa  il  palio,  la  corsa.  -  Pelouse 


(p4iiz,  frane),  il  prato  interno  dell'ippodromo.  - 
Pesage  (frane),  il  recinto  riservato  dove  si  pesano 
i  fantini  e  dove  stanno  i  cavalli  prima  della  corsa. 
-  Pesta,  pista,  spazio  circoscritto  di  terreno  sul  quale 
corrono  i  cavalli.  -  Recinto,  luogo  dove  si  compiono 
tutte  le  operazioni  inerenti  alle  corse.  -  Stand  (ingl.), 
tribuna  (ielle  corse.  ■  Steccato,  stecconato,  impalan- 
cato, riparo  di  legno  col  quale  si  circoscrive  il 
campo  delle  corse,  perchè  gli  spettatori  non  inva- 
dano la  pista.  -  Terreno,  il  prato  delle  corse.  - 
Tondo,  il  recinto  interno  delle  corse.  -  Tribuna, 
il  grande  palco  nel  quale  sono  i  posti  riservati  a 
pagamento;  anche,  il  palco  riservato  ai  soci.  - 
Turf  {terf),  terieno  che  serve  d'esercizio  ai  cavalli 
da  corsa:  prato  delle  corse. 

Arrivo,  il  punto  preciso  ove  termina  la  corsa: 
il  palo  d'arrivo  è  indicato  mediante  un'  asta  sor- 
montata da  un  disco  posto  esattamente  di  fronte  al 
palco  del  giudice  d'arrivo,  il  quale  osserva  attra- 
verso un  traguardo.  -  Mòsse,  il  luogo  da  dove  i 
barberi,  i  cavalli  montati  dal  fantino,' quelli  attac- 
cati a  bighe,  a  baroccini,  o  simili,  partono  a  un 
segnale  dato  per  fare  la  corsa  o  correre  il  palio. 
Anche,  il  segnale  stesso.  -  Partenza,  il  punto  da 
cui  si  movono  i  cavalli  alle  corse.  -  Ripresa  o  ri- 
jiarata,  la  mèta,  il  termine  ove  debbono  arrivare  i 
cavalli  che  corrono  il  palio;  luogo  dove  si  ripren- 
dono i  cavalli  delle  corse.  -  Traguardo,  congegno 
che  serve  ai  giudici  per  osservare  l'ordine  d'ar- 
rivo dei  cavalli. 

Banchina,  rialzo  di  terra  che  si  usa  nella  corsa 
ad  ostacoli.  -  Barriera:  nella  corsa  ad  ostacoli,  è 
composta  di  due  barre  fisse  sovrapposte  orizzontal- 
mente, dell'altezza  varia  da  un  metro  a  un  metro 
e  venti  centimetri.  Anche,  la  chiusura  in  legno  che 
circonda  l'ippodromo.  -  Brook,  fosso  pieno  d'acqua, 
uno  dei  principali  ostacoli  dello  steeple-cltase.  -  Check 
(cèc),  voce  inglese  che  significa  impedimento,  osta- 
colo, ed  è  usata  specialmente  nelle  caccie  a  ca- 
vallo :  veggasi  a  caccia.  -  Drop,  ostacolo  che  ri- 
chiede un  salto  particolare.  -  Ostacoli,  gli  impedi- 
menti che  si  mettono  nelle  corse  stee^ple-chase  e 
che  devono  essere  saltati  dai  cavalli  :  consistono  in 
siepi,  barriere,  muricciuoli  di  diversa  altezza,  rialzi 
di  terra  (banchine),  barriera  doppia  (gabbia),  fossi, 
ecc.  -  Pali,  aste  di  segnalazione  negli  ippodromi; 
palo  di  distanza,  semplice  asta  posta  a  cento  metri 
dal  punto  d'arrivo,  se  il  percorso  è  di  un  miglio 
inglese;  di  centoventi  metri,  se  la  percorrenza  è 
fissata  di  metri  2413,  ecc.  ;  il  palo  di  partenza, 
collocato  di  fronte  al  traguardo,  è  un'asta  con  so- 
vrapposto un  disco.  -  Riviera,  ostacolo  in  uso 
nelle  corse  steeple-chase,  lungo  quattro  metri  circa. 
-  Talus,  ostacolo  nelle  corse  [steeple-chase,  formato 
da  un  rialzo  di  terra,  alle  volte  largo  qualche 
metro. 


Del  cavallo  da  corsa. 

Sue   qualità'    ingenite,   conferite,  O  ATTRIBUItE. 

Sue  CONDIZIONI  rispetto  alla  corsa. 


Cavallo  da  corsa,  o  corridore,  il  cavallo  atto  na- 
turalmente a  gareggiare,  allevato  e  allenato  per  ciò. 
-  Cob,  piccolo  cavallo,  però  di  statura  alquanto  più 
aita  di  un  poney.  -  Intero,  designazione  del  cavallo 
inscritto  come  puledro  alle  corse,   prima  di  essere 


742 


CORSE   IPPICHE 


adibito  alla  riproduzione.  -  Jearling,  o  yearling,  il 
puledro  dai  quindici  ai  diciotlo  mesi,  epoca  in 
cui  lo  si  inizia  al  lavoro.  -  lumper  {giumpeur),  ca- 
vallo saltatore,  da  ostacoli. 

Leader  {lideur),  il  cavallo  che  si  mette'alla  testa 
quando  si  fanno  galoppare  cavalli  giovani.  -  Mai- 
den  (médn),  novizio,  cioè  il  cavallo  che  apparisce 
nuovo  nell'ippodromo,  fino  a  quando  non  ha  vinto 
una  corsa.  -  Meticcio,  il  prodotto  di  incrociamento  ; 
e  bimeticcio  il  cavallo  che  proviene  dall'  unione  di 
prodotti  meticci.  •  Mezzo  sangue,  meticcio,  cioè  il 
cavallo  prodotto  da  uno  stallone  di  puro  sangue  e 
da  una  cavalla  non  di  razza  o  viceversa.  -  Miler, 
il  cavallo  che  sul  miglio  inglese  sviluppa  la  sua 
maggior  potenza  di  forza  e  velocità. 

Pacer  {peser),  camminatore  d' ambio,  cioè  con 
l'andatura  nella  quale  il  cavallo  nmove  contempo- 
raneamente ambedue  le  gambe  laterali,  invece  delle 
diagonali,  come  si  richiede  nel  trotto.  -  Poney,  ca- 
vallo di  piccola  taglia  che   si   monta  e  si  attacca. 

-  Puro  sangue,  il   cavallo  inglese  da  corsa. 
Racer    (ingl.),    corridore.    -  Race-horse  (res-hors), 

cavallo  da  corsa.  -  Racing  like  {laich),  cavallo  che 
p  esenta  la  perfezione  del  cavallo  da  corsa.  -  Road- 
ster  (roodster),  il  prodotto  dei  cavalli  puro  sangue 
e  degli  antichi  cavalli  di  Norfolk.  -  Rimning-mate, 
il  cavallo  galoppatore  che  accompagna  il  trottatore. 

-  Steepler  {slipleur),  il  cavallo  da  ostacoli  ;  cavallo 
particolarmente  allenato  per  le  corse  ad  ostacoli. 

Qualità*  ingenite,  conferite  o  attribuite.  — 
Crack,  il  cavallo,  che  nella  opinione  generale,  ha 
molte  probabilità  di  vittoria  alle  grandi  corse.  - 
Di  prima  forza,  di  cavallo  di  gran  bravura.  -  Fa- 
va, ito,  il  cavallo  che  gode  la  preferenza  degli  scom- 
mettitori. -  Fit,  il  cavallo  che  ha  raggiunto  il 
punto  massimo  della  condizione  mediante  l'allena- 
rne ito  (cioè,  che  è  pronto  per  correre).  -  Outsider 
(uutssaider),  il  cavallo  che  non  gode  opinione  di 
probabilità  di  vittoria  ;  cavallo  poco  promettente  e 
lasciato  in  disparte.  -  Performer,  il  cavallo  di  cui 
la  performance  è  riconosciuta.  -  Qualificato,  il  ca- 
vallo che  riunisce  tutte  le  condizioni  fissate  dal 
programma  di  una  corsa. 

Brooken-dow  (daun),  zoppicatura  particolare  dei 
cavalli  da  corsa:  consiste  in  una  distensione  dei 
tendini  flessori  che  sorreggono  il  nodello. 

CONDIZICiNI    del   cavallo   RISPETTO   ALLA   CORSA.    — 

Cravache,  il  cavallo  che,  trovandosi  vicino  alla  meta, 
viene  con  il  frustino  eccitato  ad  un  ultimo  sforzo. 

-  Distanziato,  il  cavallo  che  si  trova  più  addietro 
del  palo  di  distanza,  a  cento  metri  dalla  meta,  al- 
lorché il  vincitore  vi  arriva.  -  Gagnant  (frane),  il 
cavallo  vincitore.  -  Licht-weight  (ingl.),  quel  cavallo 
che  nella  corsa  a  ragguaglio  {Handicap)  porta  il 
minimo  peso. 

Partente,  il  cavallo  che  prende  parte  alla  corsa; 
il  cavallo  che,  inscritto  per  una  corsa,  non  viene 
ritirato.  -  Piazzato  (frane,  place),  nel  linguaggio 
delle  corse,  di  cesi  di  un  cavallo  quando  sia  stato 
riconosciuto  ufficialmente  come  arrivato  fra  i  primi. 

Stayer  (ingl.),  il  cavallo  resistente,  e  si  dice  di 
quel  corridore  che  ha  fatto  prova  di  resistenza  su 
lungo  percorso.  -  Top-weigt  (top-uet),  il  cavallo  che 
porta  il  peso  maggiore  in  una  corsa  handicap.  - 
Walke  over  (twkover),  il  cavallo  che  corre  da  solo, 
senza  competitori,  sia  perchè  questi  manchino  o 
perchè  siano  stati  ritirati.  -  Vincitore,  il  cavallo  che 
primo  ha  superato  il  percorso  fissato  nel  pro- 
gramma della  corsa  ;  il  cavallo  che  arriva  primo 
alla  meta,  al  traguardo. 


Stato,    classe,    origine,    ecc. 
del  cavallo. 


Condizione,  lo  stato  che  si  vuol  procurare  al  ca- 
vallo perchè  più  confacente  a  fargli  manifestare  il 
massimo  delle  attitudini  ;  e  attitudine  dicesi  il  com- 
plesso delle  disposizioni  naturali  di  un  cavallo  o 
di  una  razza  o  una  sua  speciale  destinazione  :  alla 
sella,  al  tiro  leggiero  o  pesante,  ecc.  Si  dice  poi 
che  il  cavallo  è  in  buona  o  perfetta  condizione; 
che  non  è  ancora  in  condizione,  o  che  è  in  cattiva 
condizione,  quando  l'esercizio  e  il  regime  dell'alle- 
namento furono  spinti  troppo  oltre.  -  Cuoì^e,  di  ca- 
vallo, abilità,  resistenza  a  correre  in  una  data  ve- 
locità. 

Fondo,  complesso  di  qualità  che  rendono  un  ca- 
vallo forte,  resistente,  veloce;  quindi,  di  molto  fondo 
il  cavallo  che  è  veloce  e  resistente  a  un  tempo;  di 
poco  fondo,  se  manca  di  tali  qualità.  -  Forma,  in- 
sieme di  condizioni  in  cui  si  può  trovare  il  cavallo 
e  per  le  quali  è  in  grado  di  raggiungere  la  mag- 
giore velocità  che  gli  sia  possibile.  La  forma  ha 
fondamento  nel  fondo  e  analogia  con  la  condizione. 
•  Performance  (performens),  il  merito  di  un  cavallo 
riconosciutogli  in  seguito  alle  prove  compiute.  - 
Qualità,  insieme  del  merito  d' un  cavallo  rispetto 
alle  corse. 

Campo,  l'insieme  dei  cavalli  impegnati  in  una 
corsa,  e  dicesi  buon  campo  quando  corrono  buoni 
cavalli  ;  cattivo  campo,  quando  i  cavalli  sono  di  me- 
diocre valore.  -  Classe,  distinzione  dei  cavalli  a  se- 
conda della  genealogia  e  delle  prove  compiute  nel- 
l'annata :  prima  classe,  comprendente  i  quattro  o 
cinque  migliori  cavalli  dell'annata  ;  seconda  classe, 
quelli  mediocri;  terza  classe,  concorrente  nelle 
corse  a  reclamare.  -  Genealogia,  l'origine  paterna  e 
materna  dei  cavalli  da  corsa:  all'uopo  fu  istituito 
lo  Stud  Book,  0  libro  genealogico,  e  si  rilascia  un 
certificato  f pedigree):  veggasi  più  innanzi.  -  Lotto, 
riunione  di  cavalli  che  prendono  parte  a  una  corsa. 
-  Scuderia,  V  insieme  del  trainer,  dei  fantini,  dei 
cavalli,  ecc.,  appartenenti  allo  stesso  proprietario. 


Andatura,  azioni 

movimenli,  ecc.,  del  cavallo  corridore. 

Misure,  pesi. 


Abbrivo  (abbrivare),  il  prendere  le  mosse  che  fa 
il  cavallo.  -  Ambio,  andatura  particolare  del  ca- 
vallo (veggasi  a  pag.  489,  seconda  colonna).  - 
Andatura,  movimento  eseguito  dal  cavallo  per  re- 
carsi da  uno  a  un  altro  luogo:  è  naturale,  arti- 
ficiale, irregolare  (ambio,  trapasso,  traina),  ecc.  • 
Azione,  V  andatura  di  un  cavallo  al  galoppo,  al 
trotto  :  levata,  radente,  vibrata,  distesa,  raccorciata. 

Buone  mosse:  locuzione  usata  quando,  nelle  corse 
o  nei  palli,  tutti  i  cavalli  partono  insieme  al  se- 
gnale, dato.  -  Cattive  mosse,  quelle  dei  cavalli  o  dei 
sulky  che  non  si  muovono  a  tempo.  -  Canter, 
(piccolo  galoppo),  galoppo  preparatorio  alla  corsa. 
-  Death-heat,  espressione  inglese  indicante  che  due 
cavalli  arrivano  contemporaneamente  alla  meta  e 
rimangono  ambedue  vincitori.  -  Gara,  il  conten- 


COKSE    IPPICHE 


7i3 


dersi  che  fanno  i  concorrenti,  e  il  mantenere  I 
primi  posti  durante  la  corsa,  sia  al  galoppo,  sia  al 
trotto.  -  Galoppo,  di  corsa,  varietà  del  galoppo, 
in  quattro  tempi  ineguali,  in  cui  fare  che  gli  arti 
agiscano  associati  a  paia,  anteriore  e  posteriore, 
isolati  lasciando,  dopo  l'appoggio  precipitato,  un 
tempo  assai  breve  di  sospensione,  durante  il  quale 
il  corpo  è  in  aria.  -  Lolla,  la  fase  decisiva  della 
corsa,  che  si  inizia  a  circa  100  metri  dalla  meta. 

Pace  {pehsz,  passo),  il  tempo  di  galoppo  dei  ca- 
valli in  allenamento,  in  corsa,  oppure  alla  caccia  ; 
anche,  l'ambio.  -  Partenza,  principio  della  corsa  ; 
e  punto  di  partenza  quello  dal  quale  i  cavalli  pren- 
dono le  mosse.  -  Falsa  partenza,  quando  i  cav;illi 
partono  prima  del  segnale.  -  PaWen^a  òmohc,  quan- 
do i  cavalli  partono  in  plotone,  allo  stesso  mo- 
mento, -  Reush  (rèussc),  salto:  lo  sforzo  finale  di 
un  cavallo  all'arrivo.  -  Salto,  mossa  del  cavallo 
per  superare  un  ostacolo.  Anche,  in  significato  di 
monta.  -  Salto  della  barriera,  o  della  barra,  della 
sbarra,  salto  della  siepe  col  cavallo.  -  Stile,  l'an- 
datura, il  garbo  che  hanno  i  cavalli  nel  correre. 

Taglio  di  strada,  atto  del  fantino  o  del  guida- 
tore che,  durante  la  corsa,  nel  passare  di  fianco, 
invece  di  deviare  dalla  sua  linea  solo  quando  lo 
ha  sorpassato  di  due  lunghezze  di  cavallo,  gli  si 
serra  addosso  repentinamente  con  una  diagonale,  in 
modo  da  obbligare  l'altro  fantino,  o  guidatore,  a 
trattenere  il  proprio  cavallo,  con  perdita  di  tempo 
e  non  senza  pericolo.  E'  un'  infrazione  al  regola- 
mento, punita  con  severità.  -  Testa  a  testa:  dicesi 
quando  i  cavalli  arrivano  insieme  alla  meta.  - 
Traina,  o  traino,  andatura  irregolare  del  cavallo 
che  galoppa  con  le  gambe  anteriori  e  trotta  con  le 
posteriori:  quella  tra  l'ambio  e  il  galoppo. 

Avere  la  corda:  del  cavallo  che  occupa  il  posto 
interno  più  vicino  al  centro  dell'ippodromo.  E'  con- 
siderato un  notevole  vantaggio,  avendo  il  percorso 
più  breve  :  tenere  la  corda.  -  Bucare,  passare  a- 
vanti,  nella  corsa,  ad  altri  cavalli.  -  l'aire  pana- 
che  (frane),  quando  nel  salto  il  cavallo  inciampa 
e  si  capovolge,  con  sotto  il  cavaliere.  -  Fare  ban- 
diera, passare  correndo  innanzi  agli  altri.  -  Fare 
il  giuoco,  dicesi  quando  due  cavalli,  della  stessa  o 
di  diversa  scuderia,  tengono  d'accordo  una  con- 
dotta tale  da  favorire  uno  a  confronto  degli  altri 
concorrenti. 

Partir  bene,  dei  cavalli  quando  al  momento  della 
mosse  partono  in  plotone.  -  Rubar  le  mosse,  quando 
nelle  corse  partono  prima  che  sia  dato  il  segnale, 
e  ciò  0  per  malizia  del  fantino  o  per  troppa  viva- 
cità del  cavallo.  -  Rubar  la  volta,  quando  nelle 
corse  i  cavalli  partono  prima  che  sia  dato  il  se- 
gnale. -  Runnig  {réunning),  correre  al  galoppo.  - 
Tenere  lo  steccato,  rasentarlo. 

Misure,  pesi.  —  Incollatura,  la  diflerenza  di  un 
collo  fra  cavallo  e  cavallo.  -  Lunghezza,  lunghezza 
di  cavallo,  presa  come  unità  nella  classificazione 
dei  cavalli  all'arrivo.  -  Mezza  lunghezza,  quella 
del  cavallo  che  arriva  prima  d'un  altro,  soltanto 
per  una  distanza  pari  alla  metà  lunghezza  del  suo 
corpo.  -  Miglio,  misura  ingese  di  1609  metri  adot- 
tata per  determinare  la  distanza  nelle  corse  al 
trotto. 

Peso:  le  condizioni  di  una  corsa  stabiliscono  il 
peso  che  ogni  cavallo  deve  portare,  e  in  esso  è 
compreso  tutto  quanto  l'animale  porta.  -  Pfuud, 
peso  inglese  pari  a  chilogr.  0,453,592  usato  come 
unità  di  carico  ai  cavalli  nelle  corse.  -  Pound 
{paund)j   libbra  inglese,  di  453  gr.,  nelle  corse.  - 


Hecord,  il  tempo  minore  impiegato  dai  cavalli  vin- 
citori di  un  primo  premio  nel  percorrere  la  di- 
stanza stabilita  per  le  singole  prove  delle  corse  al 
trotto.  -  Scarico,  il  minor  peso  che  un  cavallo  porta 
in  una  corsa  in  confronto  di  quello  fissato  per  al- 
tro cavallo.  -  Sopraccarico,  il  peso  che,  secondo  le 
condizioni  del  progrannna,  si  impone  ai  cavalli  in 
ragione  della  loro  età  e  dei  premi  che  hanno  vinto. 
-  Testa,  misura  nelle  corse.  -  Per  una  testa,  misu- 
ra per  cui  un  cavallo  in  corsa  supera  il  competi- 
tore. Cosi  per  mezza  testa,  per  due  teste,  ecc. 

Persone  che  partecipano  alle  corse 

LE     dirigono,      conducono     I     CAVALI,!,     ECC. 

Allenatore  (ingl.,  trainer),  chi  prepara  un  cavallo 
per  le  corse,  per  le  caccie,  ecc.  -  Anabale,  chi  cor- 
reva a  cavallo  negli  antichi  giuochi.  -  Commissari, 
i  membri  dei  Consigli  direttivi  delle  varie  Società 
pel  galoppo  e  del  Jockey-Club.  -  Consiglio  ippico, 
il  consesso  delle  persone  (note  per  la  loro  compe- 
tenza in  cose  ippiche)  che  si  consultano  in  ordine 
ai  provvedimenti  da  prendersi  nell'interesse  dei  d(;- 
positi  di  cavalli  stalloni,  del  miglioramento  dell'in- 
dustria cavallina,  ecc. 

Fantino  o  Jocliey  (ingl.),  chi  monta  il  cavallo  da 
corsa  :  deve  avere  requisiti  particolari.  -  Messo  a 
piedi,  si  dice  il  fantino  a  cui  sia  vietato  di  mon- 
tare in  corsa.  -  Monta  di  un  jockey,  l'impegno  che 
egli  assume  (con  un  proprietario  di  cavalli)  di 
montare  in  una  o  più  corse  e  anche  durante  tutta 
l'annata 

Gentlenien-riders,  gentiluomini  appartenenti  a  so- 
cietà ippiche,  i  quali  si  dilettano  a  gareggiare  in  corse 
d'ostacoli.  -  Giudice  d'arrivo,  chi,  osservando  al  tra- 
guardo, giudica  l'ordine  in  cui  arrivano  i  cavalli.  - 
Guardia  del  tei^eno,  chi  accudisce  al  mantenimento 
e  al  buono  stato  della  pista. 

Handicapper,  chi  ha  l'ufficio  di  assegnare  [il  ca- 
rico di  ciascun  cavallo  al  galoppo  o  l'abbuono  di 
distanza  al  trotto.  -  Heat  Lad,  primo  uomo  d'una 
scuderia  da  corsa  :  quegli  che  comanda  dopo  il 
trainer  e  lo  sostituisce,  in  sua  assenza,  nel  farne 
eseguire  gli  ordini.  -  Jockey-Club,  circolo  o  luogo  di 
riunione  dei  membri  fondatori  d'una  Società  per  le 
corse. 

Lad,  ragazzo  garzone  di  scuderia;  jockey  prin- 
cipiante. -  Owner  (oner),  voce  inglese  che  significa 
proprietario  (di  cavalli,  di  scuderie).  -  Red-coat  (a- 
bito  rosso),  in  certe  corse,  abito  da  caccia  da  gen- 
tiluomini. 

Starter  (starteur),  giudice  alla  partenza;  chi  re- 
gola e  dà  il  segnale  della  partenza  ai  concorrenti 
di  una  corsa.  -  Steward  {stiùard),  commissario  in- 
caricato delle  diverse  attribuzioni  relative  alle  riu- 
nioni di  corse.  -  Tipsler,  la  persona  che  dà  in- 
formazioni sui  cavalli  impegnati  nelle  corse.  - 
Trainer,  chi  prepara,  addestra  sistematicamente  i 
cavalli  alle  corse;  chi  fa  l'ufficio  di  trenare.  - 
Turfman,  chi  frequenta  regolarmente  i  campi  di 
corsa. 

Trattamento,  governo  del  cavallo. 

Alcun'e  cose  all'uopo. 

Condizioni  per  farlo  partecipare  a  una  corsa. 

Allenamento,  modo  per  sviluppare  nel  cavallo  i) 
massimo  di  forza  e  tutte  le  qualità,  cioè  agilità,  ve« 


744 


CORSE   IPPICHE 


lecita  e  resistenza  {allenare,  alienarsi,  allenato).  • 
Preparazione,  complesso  del  lavoro  preparatorio  al 
quale  si  assoggetta  il  cavallo,  affinchè  sia  in  grado 
di  correre  il  "giorno  in  cui  si  dovrà  presentare  sul 
terreno,  per  disputare  un  premio.  Ne  fa  parte  la 
purga,  due  volte  durante  il  periodo  di  allenamento. 
•  Sudata,  uno  dei  mezzi  migliori,  almeno  più  usati, 
per  mettere  un  cavallo  in  buone  condizioni  al  mo- 
mento di  fare  una  corsa.  -  Trial  (trail),  prova  che 
si  fa  dei  cavalli  prinìa  della  corsa.  -  Walking  (uo- 
king),  dei  cavalli,  passeggiata. 

Classifì,care,  dividere  i  concorrenti  in  classi  e  sta- 
bilirli in  categoria,  secondo  il  loro  merito  e  va- 
lore. -  Dare  le  mosxe,  dare  il  segno  di  muoversi  ai 
barberi,  o  ai  cavalli,  montati  dal  fantino  o  attac- 
cati a  qualche  legno.  -  Disqualificare,  far  perdere, 
per  inosservanza  dei  regolamenti,  a  chi  l' abbia  (sia 
cavallo,  fantino,  guidatore)  il  diritto  di  correre  in 
una  0  più  corse,  o  per  sempre.  -  Mettere  il  cavallo 
d  la  cravache  (frusta  corta  del  cavallerizzo),  frustarlo, 
per  eccitarlo  all'ultimo  sforzo.  -  Piazzare,  stabilire 
l'ordine  in  cui  i  concorrenti  ad  una  corsa  passano 
il  traguardo.  -  Squalificare  :  vale  escludere  un  cor- 
ridore dal  concorso  e  dal  premio  per  infrazione  ai 
regolamenti.  -  Trenare,  metodo  razionale  per  svi- 
luppare le  attitudini  di  un  cavallo. 

Arnesi.  --  Bandiera,  arnese  cne  serve  per  se- 
gnare la  partenza.  -  Campana:  serve  per  avvertire 
i  jockey  che  devono  tarsi  pesare,  poi  del  momento 
che  devono  montare  a  cavallo  ed  entrare  nella 
pista,  -  Canapo,  grossa  fune  di  canapa  che,  nelle 
corse  dei  barberi  e  anche  talora  in  altre  coi  fan- 
tini, si  mette  davanti  al  petto  dei  cavalli,  perchè 
stiano  in  fila  alle  mosse,  e  poi,  date  queste,  si  la- 
scia cadere  a  terra.  -  Embrocazione,  specie  d'un- 
guento col  quale  si  fanno  frizioni  ai  muscoli  delle 
gambe  e  delle  coscie,  prima  e  dopo  una  corsa,  per 
dar  loro  maggiore  elasticità  e  maggior  forza.  -  Fru- 
stino (nell'uso,  fuetto),  piccola  frusta  adoperata  per 
stimolare  il  cavallo  ai  maggiori  sforzi  prima  di  ar- 
rivare alla  meta  -  Palio,  il  drappo,  splendido  e  pre- 
zioso, che  si  dava  in  premio  ai  vincitori  nelle  corse 
dei  cavalli.  -  Peretta,  pallottola  a  punte  posta  sul 
dorso  del  cavallo  che  corre  il  pallio,  perchè  sia 
più  veloce  al  corso,  sentendosi  pungere. 

Condizioni  per  far  correre  un  cavallo.  —  Cor- 
rere o  pagare,  condizione  per  cui  si  stabilisce  che 
l'intera  somma  fissata  quale  entratura  resti  per- 
duta qualora  il  cavallo  venga  ritirato.  Ingl.,  play 
or  play  (pley-or-pley).  -  Entratura,  la  somma  che  il 
proprietario  di  uno  o  più  cavalli  paga  per  avere  il 
diritto  di  far  correre.  Ingl.,  stakes  (stécls).  -  For- 
feit (forfit),  quella  somma  che  si  deve  pagare  ad 
epoche  determinate  ed  a  termini  del  programma 
per  annullare  l'iscrizione  dei  cavalli  m  corsa.  - 
Iscrizione,  dichiarazione  scritta  fatta  dal  proprie- 
tario che  intende  far  correre  il  proprio  cavallo  in 
una  determinata  corsa.  -  Licenza,  autorizzazione 
per  montare  in  corsa  data  ai  fantmi  dal  Jockey 
Club,  se  al  galoppo,  e  dalla  Consociazione,  se  per  il 
trotto. 

Proposizione,  insieme  delle  proposizioni  enun- 
ciate per  una  corsa  :  equivale  a  programma.  -  Qua' 
lificaztone,  insieme  delle  condizioni  necessarie  per- 
chè un  cavallo  possa  prendere  parte  a  una  corsa. 
-  Quota  (cóle),  l'espressione  in  cifre  delle  probabi- 
lità che  ha  un  cavallo  di  riuscire  vincitore  in  una 
corsa. 


Premi,  scommesse. 
Libri,    certificati,    eco 


Aggiudicazione,  assegnamento  di  premi  ai  cavalli 
nelle  corse.  -  Allocazione,  lo  stabilire  nei  program- 
mi delle  corse  le  somme  devolute  in  premio  {allo- 
care, allocato).  -  Cup,  premio  d'onore  in  forma  di 
vaso.  -  Gran  premio  (frane,  grand  prix),  premio 
eccezionale  per  l'entità  della  somma  assegnata. 
Grand  prix,  specialmente,  il  «  gran  premio  »  di 
Parigi.  -  Kings-plates,  premi  reali  inglesi,  consi- 
stenti in  oggetti  d'arte  dati  per  le  corse. 

Scommesse.  —  Match  {mete),  scommessa  partico- 
lare, in  una  corsa  di  due  cavalli.  -  Monhey  (ingl.), 
scommessa  di  500  sterline  alle  corse.  -  Odds  (ingl.), 
le  scommesse  poste  sui  singoli  cavalli.  -  Poney  o 
pony  (ingl.),  nelle  scommesse,  la  posta  di  cinque- 
cento lire.  -  Posta,  la  somma  che  si  scommette.  - 
Potile,  specie  di  scommessa  in  cui  si  mettono  as- 
sieme poste  uguali.  -  Scotnmessa,  somma  in  de- 
naro che  si  arrischia  puntando  su  uno  o  più  ca- 
valli che  corrono. 

Betting,  l'insieme  degli  scommettitori  riuniti  nel- 
l'ippodromo 0  in  altro  luogo.  -  Black-leg  (ingl.),  chi 
scommette  poco  onestamente  nelle  corse  di  cavalli. 

-  Bookmaker  {bùch-mècher),  colui  che  tiene  il  libro 
delle  scommesse  nelle  corse,  e  grida  le  poste 
{cótes)  dei  cavalli  e  invita  al  nobile  rischio.-  Pari- 
mutuai,  frane,  {totalizzatore),  ufficio  di  riparti- 
zione uguale  su  le  puntate  di  un  cavallo  vincitore. 

-  Ring  (ingl.),  l'insieme  dei  giuocatori,  bookmakers 
e  scommettitori,  alle  corse.  -  Totalizzatore,  banco 
delle  scommesse  alle  corse  :  in  esso  il  totale  delle 
somme  scommesse  è  diviso  in  modo  proporzionale 
al  numero  delle  puntate. 

Libri,  certificati,  ecc.  —  Annuario,  raccolta  uf- 
ficiale di  tutti  i  risultati  delle  corse  eseguite  nel- 
l'annata, aggiunte  le  statistiche  dei  premi  vinti 
dalle  singole  scuderie,  le  inscrizioni  in  anticipo  di 
anni,  ecc.  -  Bollettino,  la  relazione  ufficiale  del  ri- 
sultato che  ebbero  le  corse.  -  Book  (buch),  libro 
sul  quale  gli  scommettitori  registrano  le  loro  scom- 
messe. -  Certificato,  documento  che  stabilisce  l'età 
e  la  provenienza  del  cavallo.  -  Libro  d'oro  {Stud' 
book),  il  registro  genealogico  dei  trottatori  italiani 
che  hanno  dato  buona  prova  nel  turf.  -  Pedigree 
{pédigr),  certificato  che  porta  la  prova  legale  del- 
l'origine di  un  cavallo.  -  Prontuario,  calcolo  delle 
velocità  sui  differenti  percorsi  al  trotto,  ragguagliati 
sul  miglio  inglese.  -  Regolamento,  l'insieme  della 
legislazione  che  regge  le  corse.  -  Scala,  alle  corse, 
la  tabella  dei  pesi.  -  Stud-book  {steud-bùch),  il  libro 
genealogico  dei  cavalli  puro  sangue  destinati  alla 
riproduzione,  nonché  dei  puledri  nati  da  essi  e  dei 
puro  sangue  importati.  -  Tabelle,  prospetti,  quadri 
scritti  0  stampati,  nei  quali  figurano  cose  diverse. 
E  si  hanno:  la  tabella  di  monta  Cnella  quale  sono 
notati  i  fantini  inscritti,  in  ragione  del  numero  e- 
stratto  e  dei  forfeits  dichiarati  sul  campo),  la  ta- 
bella sulla  quale  si  notano  i  cavalli  nell'ordine  del 
loro  arrivo,  con  le  distanze,  o,  se  al  trotto,  col 
tempo  impiegato;  la  tabella  nella  quale  figura  il 
riparto  delle  somme  vinte  al  totalizzatore,  ecc.  - 
Tabella  dei  pesi,  ragguaglio  che  serve  di  norma  al- 
Vhandicapper  per  assegnar^  i  pesi  ai  cavalli  che 
corrono  in  un  handicap.  -  Ticket,  il  biglietto  che 
rilascia  il  totalizzatore  a  chi  paga   la   scommessa: 


CORSETTO   —    CORTE 


745 


v'è  scritto  il  nome  del  cavallo  sul  quale  si  punta 
insieme  col  numero  della  corsa. 


Cose  e  termini  varj. 


Ammenda,  multa  che  un  jockey  o  un  guidatore 
deve  pagare  per  infrazioni  al  regolamento  delle 
corse,  -  Distanza,  il  percorso  fissato  nei  programmi 
per  le  varie  corse.  -  Fondo  di  corsa,  le  somme  di 
pertinenza  della  Società  di  corse.  -  Maneggi  frau- 
dolenti, i  mezzi  illeciti  usati  da  taluno  per  pren- 
dere parte,  senza  diritto,  ad  una  corsa,  per  conse- 
guire un  premio,  per  vincere  o  far  vincere  scom- 
messe, ecc.  -  Pronostico,  nelle  corse,  giudizio  delle 
probabilità  che  un  cavallo  ha  di  vincere.  -  Pro- 
testa, diritto  che  ogni  cointeressato  in  una  corsa  al 
trotto  ha  di  reclamare  contro  una  irregolarità  o 
frodi.  -  Sospensione,  punizione  che  si  infligge  agli 
interessati  in  una  corsa  nella  quale  abbiano  tras- 
gredito alle  disposizioni  del  regolamento.  -  Squali- 
ficazione, penalità  con  la  quale  si  proibisce  di  cor- 
rere o  di  inscrivere  cavalli  a  corse:  si  infligge  essa 
anche  ai  cavalli,  nonché  ai  proprietari,  ai  fantini, 
ai  guidatori  che  manchino  alle  norme  del  regola- 
mento. 

Colori,  distintivo  della  divisa  dei  fantini  o  gui- 
datori di  una  scuderia.  -  Cronòmetro,  congegno,  in 
forma  d' orologio,  che  segna  esattamente,  fino  ai 
quinti  di  minuto,  il  tempo  impiegato  dai  cavalli 
tvella  corsa.  -  Giubba,  la  casacca  dei  fantini  o  dei 
guidatori,  portante  i  colori  della  scuderia.  -  Ippo- 
dometro,  apparecchio  per  misurare  le  distanze  per- 
corse da  un  cavallo.  -  Mail-coach,  l'antica  vettura 
inglese  da  posta,  a  quattro  cavalli,  dal  mondo  ele- 
gante dello  sport  usata  per  andare  alle  corse  e  alle 
caccie.  -  Read-Coat  (abito  rosso),  tenuta  di  caccia 
prescritta  per  certe  prove  riservate  ai  gentlemens, 
specialmente  in  corse  ad  ostacoli. 

Haras  (frane  ),  stabilimento  in  cui  si  allevano 
stalloni  e  cavalle  fattrici  :  vi  si  trattengono  i  pu- 
ledri e  le  puledre  fino  al  momento  di  mandarli  al- 
l'istruzione come  jearling.  -  Stud  (ingl.),  lo  stesso 
che  haras. 

Equirie,  feste  celebrate  nell'antica  Roma,  in  onore 
di  Marte,  il  27  febbraio  e  il  14  marzo.  Si  tene- 
vano corse  di  cavalli.  -  Ippotecnia,  arte  di  allevare 
e  di  ammaestrare  i  cavalli. 

Corsétto  (corsage,  frane).  La  parte  superiore 
della  veste  muliebre.  -  Detto  anche  per  lorica,  ar- 
matura di  difesa  per  il  petto  e  il  dosso. 

Corsìa.  Spazio  libero  al  passaggio  nelle  camere: 
corridoio,  -  Andana  di  porto.  -  Spazio  vuoto 
nella  galèa  o  in  altra  nave,  per  camminare  da 
poppa  a  prua.  -  Stanzone  di  ospedale. 

Corsiere,  corsiero.  Il  cavallo  da  corsa. 

Corsi  e  ricorsi.  Veggasi  a  storia. 

Corsivamente.  A  corsa,  corrente. 

Corsivo  {corsio).  Che  corre,  detto  propriam.  del- 
l'acqua di  un  fiume.  -  Agg.  di  carattere  calligra- 
fico (veggasi  a  calligrafia),  detto  anche  inglese.  - 
Termine  di  tipografia  indicante  un  carattere  da 
stampa  simile  allo  scritto. 

Corso.  Il  correre,  la  corsa.  -Scorrimento  del- 
l'acqua di  un  fiume,  ecc.  -  Spazio  di  tempo.  - 
Procedimento  naturale  di  checchessia.  -  Serie  di 
studi  (veggasi  a  studio)  o  di  lezioni  in  una  data 
scienza.  -  In  Italia,  un  tempo,  la  via  nella  quale  si 
facevano   corse   di   cavalli;    ora,   comunemente,  si 


chiamano  cosi  tutte  le  vie  di  primo  ordine  di  una 
città.  -  Corso  del  cambio,  termine  di  Banca:  veg- 
gasi a  pag.  2ì'k,  prima  colonna.  ■  Corso  della  mo- 
neta, l'avere  valore  legale. 

Corso  forzoso.  Validità  che  il  governo  impone 
al  biglietti  di  Banca  o  di  Stato:  circolazione  for- 
zosa ;  corso  forzato,  corso  legale. 

Cortàldo.  Il  cavallo  con  la  coda  e  le  orecchie 
mozzate. 

Cortamente.  Con  cortezza,  brevemente,  in 
breve. 

Córte.  Spazio  scoperto  nell'interiìo  d'una  casa 
0  di  altro  edifìcio:  cortile.  In  alcune  regioni  del- 
l'Alta Italia,  cascina. 

Corte.  Palazzo  di  re,  di  principe,  di  qual- 
siasi sovrano:  palazzo  reale,  reggia.  -  Aulico,  di- 
cesi di  cosa,  faccenda  o  persona  addetta  alla  corte. 

-  Abiti,  carrozze,  livree,  ecc.  di  corte,  appartenenti 
alla  corte,  propri  della  corte.  -  Cappella,  teatro, 
ecc.,  reale,  della  corte,  annessi  alla  corte.  -  Cari- 
che, cerimoniale,  dame,  ecc.,  di  corte,  che  sono  della 
corte. 

Casa  bianca,  il  palazzo  nel  quale  risiede  il  pre- 
sidente degli  Stati  Uniti  d'America,  a  Washington. 

-  Cremlino,  castello  imperiale  russo,  a  Mosca.  - 
Eliseo,  il  palazzo,  a  Parigi,  nel  quale  risiede  il  pre- 
sidente della  Repubblica  Francese.  -  Konak,  nofne 
del  palazzo  reale  in  Serbia  e  in  altri  paesi  balca- 
nici. -  Louvre,  anticamente,  il  palazzo  dei  re  di 
Francia,  a  Parigi.  -  Quirinale,  il  palazzo  del  re 
d'Italia^  a  Roma.  -  Sacri  Palazzi,  la  residenza  del 
papa.  -  Vaticano,  immenso  palazzo  a  Roma,  nel 
quale  risiede  la  Corte  papale.  -  Yldiz-kiosk,  la 
reggia  ottomana. 

Casa  reale  o  real  Casa,  complesso  degli  alti  fun- 
zionari di  corte  e  degli  uffici  da  essa  dipendenti.  - 
Cosi:  Gasa  imperiale,  imperiai  Casa,  ecc.  -  Corte 
papale.  Corte  Romana,  la  corte  del  papa.  •  In  alto 
luogo,  0  un  altissimo  personaggio,  perifrasi  neolo- 
gica politica  per  nominare  il  re  o  la  corte. 


Persone  della  Corte. 


Camerazzo,  inserviente  che  fa  il  basso  servizio 
delle  camere.  -  Cameriere,  cortigiano  addetto  unica- 
mente aila  persona  del  principe.  -  Cameriere  se- 
greto, titolo  d' onore  nelle  corti.  -  Cappellano  di 
corte,  il  sacerdote  che  ufficia  nella  cappella  di 
corte.  -  Cavallerizzo  del  re,  della  regina:  ufficiale 
che  seguita  a  cavallo  la  carrozze  reali.  -  Cavalle- 
rizzo di  sportello,  quello  che  sta  ai  fianchi  della 
carrozza.  -  Cavallerizzo  maggiore,  chi  ha  la  cura 
generale  dei  cavalli  del  principe.  -  Ciambellano, 
ciamberlano,  ufficiale  di  corte,  .sopraintendente  agli 
appartamenti  di  un  principe  e  al  suo  tesoro.  - 
Coppiere,  chi  serve  di  coppa,  mesce  da  bere  a 
corte.  -  Cortigiano,  addetto  a  corte,  uomo  di 
corte. 

Dama  d'onore,  signora  al  seguito  della  regina  - 
Elemosiniere,  là  persoi\a  incaricata  di  far  le  elemo- 
sine. -  Fatui,  i  bulToni  di  corte.  -  Favorita,  la  bella 
del  re,  ufficialmente  conosciuta  come  tale  a  corte. 
-  Favorito,  persona  prediletta  dal  monarca  e  dalla 
Corte:  mignoncello,  mignone.  Spreg ,  cagnotto.  - 
Gentiluomo  di  corte,  di  camera,  nobile  impiegato 
nella  casa  reale.  -  Giullare,  buffone  di  corte.  - 
Gran  cacciatore,  uno  degli  alti  dignitari  di  corte  ; 
chi  sopraintende  alle  caccie,  alle  bandite  del  re.  - 


746 


CORTE     —    CORTEGGIARE 


Gran  coppiere,  uno  degli  alti  dignitari  di  corte: 
capo  dei  coppieri  della  mensa  reale.  -  Gravide,  ti- 
tolo (con  annessi  privilegi)  della  più  alta  feudalità 
spagnuola  ;  ora,  semplice  grado  di  nobiltà  alla  corte 
di  Spagna,  senza  privilegi,  tranne  quello  di  stare  a 
capo  coperto  davanti  al  re.  -  Grande  scudiere,  gen- 
tiluomo che  presiede  alle  scuderie  reali.  -  Gran 
scudiero  trinciante,  dignità  della  corte  ungherese. 

Intendente  della  Casa  reale,  impiegato  che  attende 
all'amministrazione  di  essa  casa.  -  Introduttore  degli 
ambasciatori,  chi  li  presenta  al  sovrano. 

Mastro  delle  cerimonie,  titolo  del  cerimoniere 
nelle  corti.  -  Maestro  di  palazzo,  titolo  di  chi  oc- 
cupa certe  cariche.  -  Maggiordomo,  chi  nella  corte 
dei  principi  o  nelle  case  signorili  sopraintende  al- 
l'amministrazione, alla  servitù  ;  credenziere,  dispen- 
siere, maestro  di  casa,  maiordomo  (v.  a.),  -  Mag- 
giordomato,  la  carica  del  maggiordomo.  -  Ministro 
della  Casa  reale,  chi  amministra  le  entrate  e  le 
spese  della  Casa  reale. 

Paggio,  famigliare,  giovane  servo,  per  lo  più 
di  corte  :  fante,  vallettino,  valletto.  Paggetto,  dimin 
vezzegg.  di  paggio.  -  Palatino,  dignitario  di  corte, 
specialmente  della  Corte  pontificia  (cameriere  pala- 
tino, conte  palatino,  ecc.).  -  Scalco,  il  maggior- 
domo che  sopraintende  ai  conviti.  -  Scudiere,  un 
tempo  chi  portava  lo  scudo  al  cavaliere  ;  detto  poi 
per  staffiere.  -  Siniscalco,  maggiordomo,  gran  sinis- 
calco, capo  dei  siniscalchi.  -  E  siniscalcato,  ufricio 
del  siniscalco.  -  Staffiere,  servo  di  corte,  che 
regge  le  staffe:  scudiere  (disus.),  scudiero. 

Andare  a  corte,  di  chi  è  ammesso,  o  va  quando 
voglia,  a  corte  in  occasione  di  ricevimenti,  ai  feste 
e  simili. 


Cose  e  termini  varì.  —  Proverbi. 


Gala,  cerimoniale  (veggasi  a  cerimonia)  solen 
ne,  specialmente  nelle  corti,  e  nel  quale  si  spiega 
un  grande  sfoggio,  un  gran  lusso.  E  dicesi  mezza 
glia  quando  il  cerimoniale  è  limitato.  -  Livrea^ 
l'abito  dei  servitori  di  corte.  In  Francia,  era  !a 
somma  di  denaro  che  la  Casa  del  re  donava  ai 
grandi  ufficiali  di  corte,  invece  delle  uniformi  che 
loro  si  regalavano  prima.  -  Lucerna,  il  cappello  a 
navicella  che  portano  alcuni  ufficiali  superiori, 
dello  Stato  e  di  Corte.  -  Notitia  dignitatum,  ma- 
nuale di  Stato  compilato  alla  fine  del  secolo  IV 
dopo  Cristo,  comprendente  l'elenco  di  tutti  gli  uf- 
fici aulici,  civili  e  militari,  dell'Impero  Romano  di 
Oriente  e  d'Occidente. 

Proverbi.  —  Chi  ha  preti  o  parenti  in  corte,  for- 
tuna gli  risurge  (ha  modo  di  guadagnare).  -  Corte 
e  morte,  e  morte  e  corte,  fa  tutt'uno.  -  Fumo,  fiore 
e  corte  è  tutt' uno.  ■  I  'favori  di  corte  sono  come 
sereni  d'inverno  e  nuvoli  d'estate  (durano  poco).  - 
Il  cortigiano  è  la  seconda  specie  de'  ribaldi.  -  Ogni 
servo  gallonato  è  un  vizioso  affaccendato. 

Córte.  Sinonimo  di  tribunale.  E  a  questa  voce 
veggasi:  Corte  d'amore,  Corte  d'appello,  Corte  di 
cassazione.  Corte  marziale.  Corte  suprema.  -  Corte 
d'assise,  veggasi  più  innanzi.  -  Corte  dei  conti,  veg- 
gasi a  governo.  -  Alta  Corte  di  giustizia,  detto  a 
senato. 

Corte  bandita.  Solenne  e  pubblico  ban- 
chetto, nei  tempi  feudali. 

Cortéccia.  La  scorza  dell'  albero ,  della 
pianta.  Molte  di  tali   scorze  sono  usate  in  far- 


macia, come  la  corteccia  di  cascarilla,  la  cosidetta 
polvere  dei  Gesuiti,  o  corteccia  della  china,  ecc. 
-  Corteccia  dicesi  anche  la  crosta  del  pane,  - 
Bitòrzolo,  gonfietto  che  si  forma  sulla  corteccia 
delle  piante  {bitorzoletto,  piccolo  bitorzolo  ;  bitor- 
zoluto, che  ha  bitorzoli).  -  Scortecciare  {scortecciato), 
togliere  la  corteccia,  la  scorza. 

Corte  d'Assise.  Tribunale  criminale  che  giu- 
dica certi  delitti,  con  l'intervento  dei  giurati.  Un 
2>rocesso  vi  si  svolge  sotto  la  direzione  d'un  pre- 
sidente, il  quale  interroga  l'accusato  o  gli  accusati, 
interroga  i  testimoni  (veggasi  a  testimonio),  ne 
accoglie  la  deposizione  e  infine,  dopo  le  arringhe 
del  Pubblico  Ministero  [oratore  della  legge,  che  so- 
stiene l'accusa)  e  degli  avvocati,  che  parlano  in  di- 
fesa degli  accusati,  formula  i  quesiti  da  sottoporre 
ai  giurati,  perchè  emettano  il  verdetto,  in  base  al 
quale  la  Corte  pronunzia  la  sentenza.  -  Banco 
degli  accusati,  il  posto  destinato  agli  imputati,  os- 
sia agli  accusati,  presso  i  quali  vigilano  due  o  più 
carabinieri. 

Difesa,  il  collegio  degli  avvocati  che  espongono 
e  cercano  di  far  valere  gli  argomenti,  veri  o  pre- 
sunti, favorevoli  agii  accusati.  -  Giurati,  i  giudici 
del  fatto  :  cittadini  componenti  la  giuria,  chiamata 
a  pronunciare  il  verdetto  davanti  alla  Corte  d'As- 
sise. Gli  Ebrei  avevano  i  sophetim,  ì  Romani  i  se- 
lecti  iudices,  gli  Ateniesi  gli  eliasles.  -  Parte  civile, 
la  parte  che  abbia  interesse  in  una  causa  penale  ; 
quando  vi  comparisce,  si  fa  rappresentare  e  so- 
stiene l'esistenza  del  reato  e  il  proprio  diritto  ad 
essere  risarcita  di  un  danno,  materiale  o  morale. 
Usciere,  ufficiale  giudiziario,  agente  giudiziario 
a  servizio  della  Corte  e  d'altri  tribunali. 

Corteggiamento.  Atto  del  far  la  corte,  del 
corteggiare. 

Corteggiare  (corteggiamento,  corteggiato,  cor- 
teggiatore). Fare  dichiarazioni  o  dimostrazioni  d'a- 
more  a  una  donna  :  aliare  intorno,  andare  dietro 
a  una  ragazza,  a  una  donna,  assediare  una  donna; 
correr  dietro;  dare  di  bruscolo;  fare  il  bello,  il 
cascamorto,  il  galante,  l'agnus  dèi  ;  far  la  coda,  far 
la  corte,  far  la  rota,  far  l'asino,  far  l'occhietto,  far 
l'occhio  di  triglia;  guardare,  pedinare,  puntare, 
rincorrere  una  donna;  ronzare  attorno,  star  dietro 
a  una  donna;  stare  attaccati  alle  gonnelle;  vor- 
gheggiare. 

Amoreggiare,  quando  la  donna  corrisponde  a 
chi  le  fa  la  corte.  -  Fare  il  corteggiatore  di  profes- 
sione, di  chi  fa  la  corte  a  tutte  le  donne  nelle 
quali  incappa  per  via;  correr  dietro  a  tutte  le 
donne.  -  Far  pariglia  col  gallo  della  Checca,  di  chi 
corteggia  tutte  le  donne,  belle,  brutte,  giovani,  vec- 
chie. -  Salutar  d'amore,  corteggiare  con  i  cenni,  con 
gli  sguardi.  -  Stare  alla  faiola,  corteggiare  una 
donna,  tenerla  a  bada,  senza  sposarla. 

Corteggiamento,  atto  del  corteggiare  ;  cicisbeato, 
cicisbeatura  ;  corte,  vagheggiamento. 

Corteggiata,  la  donna  alla  quale  si  fa  la  corte: 
assediata,  bella,  circondata.  -  Trovar  ricapito,  es- 
sere corteggiata,  avere  adoratori. 

Corteggiatore,  chi  fa  la  corte,  chi  corteggia: 
adoratore,  amadore,  calabrone  ;  cavalier  d'amore, 
cavalier  servente;  dori  Giovanni;  farfallino,  farfal- 
lone ;  ganimede;  idolatra;  moscardino,  moscone; 
pij^'o  ;  ronzone  ;  vaglieggino,  vagheggione. 

Proci,  corteggiatori  di  mogli  altrui. 

Corteggiare  {corteggialo).  Accompagnare  al- 
cuno e  fargli  atti  cerimoniosi  (veggasi  a  cerimo- 


CtìKTEGOIO 


?47 


nia),  allo  scopo  di  guadagnarsi  l'amicizia,  la  sim- 
patia, il  favore. 

Cortéggio.  Corteo,  seguito. 

Corteo.  Codazzo  di  persone  che  fanno  com- 
pagnia, fanno  seguito  a  qualcuno  per  ceri- 
monia, per  onoranza,  per  dovere  d'uflicio  e  si- 
mili. -  Ricorteo,  nuovo  corteo.  -  llorieare,  fare  il 
corteo.  -  Ricorteare,  rifare  il  corteo 

Cortése.  Gentile,  che  tratta  con  cortesia;  che 
è  benigno,  compiacente,  gentile,  liberale,  pia- 
cevole. 

Cortesia.  L'essere  cortese,  affabile,  il  trattare 
con  affabilità,  con  amorevolezza,  con  garbo, 
per  elfetto  di  gentilezza  d'animo,  verso  persone 
con  le  quali  non  si  hanno  obblighi;  atto  di  gen- 
tilezza che  si  fa  ])er  simpatia  :  attenzione,  benignità, 
civiltà,  garbatezza,  umanità.  Vezz.,  pensierino  :  spreg., 
cortigiania.  -  Contr.,  scortesia,  inciviltà,  mancanza 
di  riguardo,  malacreanza,  inurbanità  •  Cortesia 
pne,  delicata,  sperimentata  (dimostrata  a  fatti,  ripe- 
tutamente), squisita  ;  affettata,  non  sincera  o  esage 
rata  (veggasi  ad  affettare,  affettazione).  -  Af- 
fabilità, cortesia  usata  verso  inferiori.  -  Degnazione, 
il  degnare  e  il  degnarsi,  il  compiacere  e  il  com- 
piacersi. -  Finezza,  garbatezza,  cortesia,  attenzione. 

-  Galanteria,  cortesia  usata  dal  bel  mondo.  -  Gen- 
tilezza, atto  Odetto  di  cortesia.  -  Gentilhomerie  (frane), 
la  qualità  del  gentiluomo,  quindi  gentilezza,  cor- 
tesia, garbatezza,  umanità,  ecc.  -  Graziosita,  cor- 
tesia affettata.  -  Officiosità,  cortesia,  urbanità,  gen- 
tilezza, per  rispetto,  per  dovere  e  simili.  -  Ri- 
guardo, cortesia,  atto  di  cortesia   per   deferenza. 

-  Squisitezza,  cortesia  usata  con  garbo. 
Accarezzare  (figur.),  tratiare  con  cortesia.  -  Cor- 
teseggiare, fare  cortesie.  -  Degnare,  degnarsi,  di  alto 
personaggio  che  usa  cortesie  verso  inferiori.  -  Essere 
tutto  pensiero  per  una  persona,  usargli  cortesia.  -  Far 
cortesia:  si  dice  di  chi  crede  di  essere  generoso, 
trattando  in  una  data  maniera.  -  Fare  galanteria 
a  uno,  trattarlo  cortesemente.  -  Usare  cortesia,  darne 
prova.  -  Vincere  di  cortesia,  usare  cortesie  a  chi 
non  se  le  merita. 

Cortese,  chi  usa  cortesia  ;  di  cosa  che  denota  cor- 
tesia: atto,  accoglienza,  invito,  parole,  modi,  ma- 
niere, tratto  cortese.  Contr.,  discortese,  scortese, 
inurbano.  -  Gentile,  buono  e  cortese.  -  Grazioso, 
che  ha  cortesia,  grazia.  -  Obbligante,  gallicismo 
per  gentile,  cortese.  Contr.,  disobbligante,  per  scor- 
tese, inurbano,  ecc.,  e  anche  in,  signilicato  di  sprez- 
zante, ossia  che  ha  o  affetta  disprezzo.  -  Officioso, 
chi  fa  volentieri  buoni  servigi  agli  altri. 

Cortesemente,  con  cortesia.  -  Di  grazia,  per  cor- 
tesia, per  piacere,  modi  di  dire  quando  si  domanda 
un  favore.  -  Per  cerimonia,  più  per  cortesia  che 
per  altro. 

Cortesia  di  bocca  assai  vale  e  poco  costa  (prov.)  : 
è  efficace  perchè  piace  e  non  costa  denari.  -  No- 
blesse  oblige,  cavalleresco  motto  francese  significante 
che  a  coloro  i  quali  hanno  titoli  di  nobiltà  o  bel 
nome  si  impone  il  dovere  di  essere  cortesi  verso 
gli  altri  ;  o  anche  che,  in  certi  casi,  la  cortesia  è 
d'obbligo  per  qualche  fatto  determinato  o  per  me- 
riti speciali  delle  persone.  -  Quanto  più  si  frega  la 
groppa  al  gatto,  più  rizza  la  coda,  di  persone  che 
abusano  e  s'approfittano  delle  cortesie.  -  Una  cor- 
tesia è  un  fiore. 

Cortézza.  L'esser  corto. 

Corticale.  Del  còrtice.  -  Ciascuno  degli  strati  che 
formano  l'involucro  esterno   del   troncO;  dei  rami, 


delle  radici  e  dei  frutti  di  ogni  vegetale  le- 
gnoso. 

Córtice.  Sostanza  cenerognola  del  cervello,  so- 
vrapposta alia  midollare,  del  rene  e  delle  ovaie. 

Corticlna.  Piccola  corte,  cortile. 

Cortigiana.  Donna  di  mal  aliare:  prostituta. 
Anticamente,  sacerdotessa  di  Venere.  -  Anche, 
favorita  di  re,  di  principe,  ecc.  (veggasi  a  corti- 
giano). 

Cortigianeria  (cortigianìa).  Atto  da  corti- 
giano; piaggeria,  adulazione. 

Cortigiano.  Chi  sta  a  corte,  frequenta  la  reg- 
gia; chi  serve  i  signori.  V\gn.v.,  chi  piaggia  e  adula 
i  potenti.  Nel  primo  significato:  cortigiano,  genti- 
luomo, gentiluomo  aulico,  gentiluomo  di  corte; 
persona  accosta  alla  corte;  uomo  di  corte,  uomo 
di  palazzo.  -  Spreg.,  anima  perduta,  arnese  da  reg- 
gia, cagnotto,  fetore  di  corte,  lustrascarpe,  striscione. 

-  Concortigiano,  collega  cortigiano,  compagno  in 
corte.  -  Cortigianello,  cortigiano  giovane,  dappoco, 
non  ancora  astuto.  -  Corligianone,  accresc.  di  cor- 
tigiano; scaltro,  consumato  nelle  arti  di  corte.  - 
Cortigiamizzo,  dimin.  spreg.  di  cortigiano.-  Favorito, 
prediletto  di  re,  di  principe,  ecc.:  creatura  (figur.), 
cucco,  mignoncello,  mignone. 

Cortigiana,  presso  i  Greci,  nome  che  si  dava  a  donne 
dedicate  al  culto  di  Venere  e  d'Amore;  poi  corte- 
giana  significò  donna  di  palazzo.  Anche,  la  bella  di 
un  sovrano,  di  un  principe.  Famose  cortigiane  fran- 
cesi :  Ninon  de  Lenclos,  Marion  Delorme,  la  mar- 
chesa di  Pompadour,  la  Dubarry,  ecc.  -  Baiadera, 
donna  indiana,  come  antica  sacerdotessa  di  Ve- 
nere: dicesi  anche  per  cortigiana.  -  Favorita,  la 
prediletta  fra  le  cortigiane;  Vatnante  preferita  di 
re,  di  principe,  ecc.  -  Taide,  famosa  cortigiana  dei 
tempi  di  Alessandro  Magno. 

Accortigianare,  rendere  altri  cortigiano.  -  Accor- 
tigianarsi,  farsi,  diventare  cortigiano.  -  Corteg- 
giare, essere  cortigiano,  fare  il  cortigiano;  stare  a 
corte,  in  corte. 

Cortigianeria,  cortigiania,  atto  da  cortigiano.  Di- 
cesi anche  per  adulazione.  -  Servilismo,  disposi- 
zione cortigianesca  e  abbietta  di  servire  potenti, 
prepotenti  o  fortunati.  -  Cortigianamente,  a  modo 
di  cortigiano  -  Cortigianesco,  di,  da  cortigiano,  ap- 
partenente a  cortigiano  {arti,  cerimonie,  invidia, 
scaltrezza  cortigianesche,  ecc.).  -  I  cortigiani  hanno 
le  scarpe  risolate  di  bucce  di  cocòmero  (prov.),  per- 
dono facilmente  il  favore.  Per  altri  proverbi  veg- 
gasi a  corte. 

Cortile.  Area  scoperta  nell'interno  di  una  casa, 
luogo  spazioso  e  talvolta  ornato  di  loggie:  dà  aria 
e  luce  alle  stanze,  non  guardanti  sulle  vie:  piccola 
corte,  cortella.  Nell'uso,  si  chiama  cortile,  a  prefe- 
renza, la  corte  che  è  in  un  palazzo  (cortile  signe- 
resco  0  signorile)  ed  ha,  per  lo  più,  Y acciottolalo,  <> 
ciottolato,  pavimento  fatto  con  ciottoli  allogati  e 
picchiati  su  un  letto  di  rena,  con  la  quale  sono 
anche  riempiti  gli  interstizi  fra  ciottolo  e  ciottolo 
talvolta  lastricato  di  pietra  o  di  marmo.  -  Corti- 
dna,  piccola  corte.  -  Cortilaccio,  cortile  mal  tenuto. 

-  Cortile  rustico,  parte  delle  fabbriche  rurali,  for- 
mata dai  bassi  comodi.  -  Cortiletto,  piccolo  cortile  ; 
cortile  piccolo  e  grazioso.  -  Cortilino,  piccolis- 
simo cortile.  -  Cortilone,  cortile  vasto.  -  Cortiluccio, 
cortile  piccolo  e  non  bello.  -  Cortiluzzo,  dimin. 
spreg.  di  cortile. 

Atrio,  specie  di  cortile  con  colonne  e  pilastri. 

-  Cavedium,  nell'antica  casa  romana,  il  cortile  a  por- 
tico parzialmente  coperto  dal  tetto.  -  Chiostra,  qual- 


748 


CORTINAGGIO  —   COSA 


siasi  corte,  particolarmente  quando  ,  angustissima» 
non  ammette  carri.  -  Chiostro,  il  cortile  di  un 
convento,  di  un  monastero,  contornato  da  loggia 
e  da  portici.  -  Corticella,  piccola  corte;  nel  medio 
evo,  piccolo  atrio  rustico  circondato  da  stalle  e  da 
altri  edifìci.  -  Patio  (spagn.),  cortile  interno  con  por- 
ticato. -  Portico,  costruzione  aperta  intorno  a  un 
cortile,  sorretta  da  colonne.  -  Vestibolo,  sorta  di 
cortile  0,  più  propriamente,  l'anticorte. 

Androne,  passaggio  coperto  dal  portone  al  cor- 
tile -  Cancello,  chiusura,  con  barre  di  ferro,  tra 
l'androne  e  il  cortile.  -  Chiavica,  fogna  nel  cortile. 

Cortinàggio.  Le  cortine  del  letto. 

Cortina.  Tenda  c'«e  fascia  il  letto.  -  Anche, 
tenda  che  si  mette  alle  porte  delle  stanze.  -  Parte 
di  fortificazione.  -  Parte  a  vòlta  di  un  teatro. 
-  Ogni  cosa  che  abbia  forma  di  cupola. 

Corto.  Di  poca  lunghezza,  detto  di  cosa  mate- 
riale (di  cosa  immateriale,  breve)  ;  che  ha  difetto 
di  lunghezza  per  arrivare  ad  un  dato  segno  (appli- 
cato ad  uomo,  vale  di  poco  intelletto)  :  curio  ;  fi- 
gur.,  insufficiente,  scarso.  -  Di  festa  o  di  qual- 
siasi avvenimento  che  dura  poco.  -  Detto  di  vista: 
che  discerne  male  gli  oggetti  un  po'  lontani  ;  mio- 
pia. -  Lungo,  contr.  di  corto. 

Accorciamento,  l'accorciare,  il  render  corto:  rac- 
corciamento,  raccostamento  ;  scorciamento,  scorta- 
mento  ;  fisiologicam.,  retrazione,  contrazione.  - 
Retrazione,  stato  di  una  parte  del  corpo  che  si  ri- 
tira 0  che  è  trascinata  verso  il  centro.  Talvolta, 
sinonimo  di  accorciamento.  -  Anche,  azione  di  re- 
stringersi in  sé  stesso.  -  Rientro,  quel  tanto  di  ac- 
corciamento che  subisce  il  panno,  o  altro,  quando 
bagnato. 

Abbreviare,  far  breve,  corto.  -  Accorciare,  ren- 
der corto  :  accorcire,  accostare,  accozzare,  raccor- 
ciare, raccostare;  ridurre,  restringere,  scorciare, 
scorcire,  scortare,  scortire,  stringere.  -  Accor- 
ciarsi, diventar  corto,  più  corto  ;  contrarsi,  subire 
contrazione  ;  rientrare.  -  Accorciativo,  atto  ad  ac- 
corciare (sostantiv.,  abbreviazione  di  nome).  -  Ac- 
corciatoia, scorciatoia,  veggasi  a  strada. 

Brachicladico,  brachicrónico,  brachidattilico,  bra- 
chidromico,  voci  che,  rispettivamente,  significano  : 
a  rami  corti  ;  di  breve  durata  ;  a  dita  corte,  che 
corre  poco. 

Corvétta  (corvettare).  Movimento  del  cavallo. 
E  corvettare,  fare  le  corvette. 

Corvétta.  Legno,  nave  da  guerra  più  piccola 
della  f  egata.  -  Corvetta  a  barbetta,  quella  che  ha 
la  baueria  scoperta,  cioè  porta  soltanto  i  cannoni 
sul  ponte  scoperto. 

Corvina.  Qualità  di  uva. 

Corvino.  Di  corvo,  del  colore  del  corvo; 
nero. 

Còrvo.  Grosso  uccello,  nero  (in  Australia,  però, 
esistono  corvi  bianchi),  carnivoro,  tipo  della  lami- 
glia  dei  corvidi:  corbo,  mulacchia,  pola.  -  Brève, 
specie  di  corvo  dell'India.  -  Calco,  uccello  somi- 
gliante al  corvo  e  con  enorme  becco.  -  Coracina, 
varietà  di  corvo.  -  Corbacchino,  corbicino,  piccolo 
corvo.  -  Corbacchione,  grosso  corvo.  -  Cornàcchia, 
uccello  della  specie  del  corvo:  coraccia,  corba- 
sterella,  gracchia,  gracchio  (cornacchina,  cornacchina, 
cornacchione,  cornacchiotto,  coìuacchiuccia).  -  Cor- 
nacchia campereccia  o  delle  sementi,  uccello  utile, 
perchè  distrugge  una  gran  quantità  di  insetti  no- 
civi. -  Cornacchia  delle  mandorle,  cornacchia  piut- 
tosto grossa  :  cornacchia  ciarliera.  -  Cornacchia 
mantellata,  cornacchia    nera    e   grigia.  -    Corvetto, 


specie  di  corvo,  dello  anche  tàccola.  -  Corvo  dallo 
scapolare,  con  piume  in  parte  bianchiccie.  -  Gazza 
uccello  della  famiglia  dei  corvi  :  gàzzero,  pica.  • 
Ghiandaia,  varietà  di  corvo.  -  Pyrrhocorace,  corvo 
a  becco  rosso.  -  Sula  bianca,  corvo  bianco.  -  Tac- 
cola, specie  di  cornacchia. 

Corvino,  di  corvo,  appartenente  a  corvo. 

Crocidare,  il  gridare  del  corvo  :  crocchiare,  cro- 
citare,  crozziare,  gracchiare  (gracchiamento,  grac- 
chiata, gracchio),  stridere.  -  Cra,  era,  voce  imi- 
tativa. 

Còrvo.  Piccola  costellazione.  •  Antica  mac- 
china da  guerra. 

Cosa.  Tutto  ciò  che  è,  in  qualunque  modo,  ma 
terialmente  o  no;  denominazione  generale  o  gene- 
rica di  ogni  essere,  di  ogni  oggetto  ;  anche,  di 
atto,  di  azione,  di  fatto,  di  avvenimento,  di 
affare,  di  negozio;  detto  perfino  per  argo- 
mento, giudizio,  intenzione,  parola,  senti- 
mento, ecc.,  ecc  ;  bisogna,  coso  (volgami.)  ;  fac- 
cenda, materia,  mercanzia,  merce ,  minestra 
(figur.)  ;  novella  ;  opera  ;  res  (lat.),  roba,  stoffa, 
storia.  -  Ogni  cosa  anzitutto,  se  materiale,  è  ani- 
male,  minerale  o  vegetale.  E'  poi  concreta 
(veggasi  a  concreto)  o  astratta  (veggasi  ad  a- 
str atto),  possibile  o  impossibile.  Si  trova  in  uno 
dei  vari  stati  di  un  corpo:  è  naturale  o  artifi- 
ciale; in  un  determinato  stato,  soggetta  all'azione 
A&Wz.  natura  e  alle  vicende  del  tempo:  è  eguale, 
simile,  o  no,  ad  altre  cose;  ha,  o  non  ha,  con  esse 
relazione,  somiglianza,  ecc.  Ogni  cosa  altresì  deve 
essere  o  diventare;  ha,  per  sé  stessa  o  in  comune 
con  altre,  un  aspetto,  una  caratteristica,  una 
figura,  una  forma,  un  pregio,  una  qualità;  si 
trova  in  buona  o  in  cattiva  condizione.  Presenta, 
0  no,  qualche  difetto,  qualche  guasto;  è  sog- 
getta a  consumo  (veggasi  a  consumare),  a  dan- 
no, a  rovina.  In  ogni  cosa  si  distingue  il  tutto 
e  la  parte.  Una  cosa  è,  può  essere,  comune, 
normale,  ordinaria  (veggasi  a  ordinario),  rego- 
lare, solita,  oppure  anormale,  bizzanra  (veggasi  a 
bizzarro),  fenomenale,  irregolare,  strana  (veggasi 
a  strano),  straordinaria  (veggasi  a  staordina- 
rio),  ecc.  Presenta  l'immagine  o  dà  l'idea  del 
bello  0  del  brutto,  del  bene  o  del  male,  del 
vero  0  del  falso;  ha  in  sé  alcunché  di  buono 
0  di  cattivo.  Agisce  diversamente  sul  senso  e 
colpisce  in  vario  modo  il  sentimento.  E'  causa 
di  piacere  o  di  dolore,  di  speranza,  di  pau- 
ra, oppure  non  desta  alcuna  impressione  e  la- 
scia neìV indifferenza.  Provoca  ammirazione, 
entusiastno,  oppure  disprezzo,  odio  o  altra 
passione  di  cui  è  suscettivo  Yanimo.  Ogni  cosa^ 
poi,  si  trova  in  assetto,  in  buon  ordine,  oppure 
in  confusione,  in  disordine.  Concorre  a  cercare 
0  a  stabilire  accordo,  armonia,  concordia, 
oppure  contrasto,  discordia,  ecc.  Ogni  cosa, 
infine,  fatta  o  da  farsi,  è  facile,  o  difficile,  rie- 
sce utile  0  di  danno:  richiede,  o  no,  abilità, 
coraggio,  prudenza,  sapere,  scieìiza,  senno  ; 
arreca  fortuna  o  disgrazia. 

Certe  cose,  modo  di  dire  che  accenna  a  cose 
brutte,  sconvenienti.  -  Checchessia,  una  qualunque 
cosa  :  che  che  sia,  checché  sia  ;  qualsivoglia  cosa, 
quelchesisia.  -  Ciarpa,  ciarpe,  dicesi  di  ogni  cosa 
vecchia,  che  per  ora  non  serve,  ma  che  può  talora 
tornar  comoda.  -  Cosaccia,  peggior.  di  cosa.  -  Co- 
sarella,  coserella,  cosa  di  poca  importanza,  pic- 
cola cosa.  -  Cosarellina,  cosettina,  la  cosa  di  im- 
portanza relativa;  anche,  cosa  graziosa.  -    Cose  di 


COSA 


749 


famiglia,  buone  e  che  non  costano  molto,  -  Cose  di 
scarto,  veggasi  a  scarto.  •  Casetta,  cosina,  diinin. 
spreg.  di  cosa.  -  Cosuccia,  sprjg.  -  Qualcosa,  qual- 
che cosa:  alcuna  cosa,  alcunché;  qualcosellina, 
qualcosina,  qualcosuccia  ;  un  po'  di  una  cosa  ;  un 
certo  che,  un  minimo  che,  una  gocciolina. 

Attrezzo,  arnese,  ordigno,  istriiinento  per  vari 
usi.  -  Bagattèlla,  cosa  dà  poco  o  frivola  :  inezia, 

-  Capo,  comunemente  dicesi  di  ogni  oggetto  ri- 
guardato in  sé;  un  paio  di  calzoni,  una  sottoveste, 
una  sottana,  ecc.,  é  un  capo  di  vestiario;  un  paio 
di  mutande,  una  camicia,  ecc.,  é  un  capo  di  biaii- 
cheria,  e  cosi  dicendo.  -  Materiale  (scolaxtiro,  fer- 
roviario, scientifico,  di  guerra,  ecc.j,  invece  di  ar- 
redo, di  cosa  :  voce  riprovata,  ma  consacrata  dal- 
l'uso. -  Manifatto,  manufatto,  cosa,  lavoro  fatto  a 
mano.  -  Oggetto,  tutto  ciò  che  si  presenta  ai  sensi 
0  all'intelletto,  come  cosa  intorno  alla  quale  si  può 
occuparsi.  -  Opera,  cosa  fatta  (letteraria,  artistica, 
ecc.).  -  Roba,  ogni  specie  di  averi  e  di  cose  {robina, 
robetlina,  robicciola,  robetta,  robuccia). 

Caso,  avvenimento  accidentale,  cosa  fortuita.  - 
Circostanza,  caso,  condizione,  occasioìie  -  Fe- 
nomeno, qualunque  effetto  osservato  nei  corpi, 
del  quale  si  cercano  ie  ragioni  e  la  spiegazione. 
Nell'uso,  còsa  straordinaria.  -  Fortuna,  condizione, 
stato  di  cose.  -  Incidente,  cosa,  avvenimento,  av- 
ventura che  accade  nel  corso  di  un  negozio.  - 
Fin  de  siede  (frane),  motto  invalso  nel  secolo 
scorso,  verso  la  fine,  per  indicare  cosa  audace, 
nuova,  eccentrica,  anche  paradossale,  assurda,  ecc. 

-  Frutto  di  stagione,  cosa  accomodata  ai  tempi.  - 
Scopo,  V  oggetto  dell'  intenzione:  quella  cosa, 
quel  risultato  o  simili  a  cui  si  mira  con  l'opera. 


Cose  diverse 

secondo    la   qualità*   o   la    quantità*. 

Insieme  di  cose.  —  Varie. 


Accomodaticcio,  cosa  accomodata  in  modo  da  la- 
sciar vedere  la  fretta  e  l'accomodatura.  -  Acqua  da 
occhi,  cosà  di  poco  rilievo.  -  Briccica,  cosa  da  nulla, 
gingillo,  inezia.  -  Bubbola,  bagattella,  inezia;  an- 
che, fandonia,  cosa  non  vera.  -  Ciarpa,  di  cosa 
vecchia,  di  nessun  pregio  :  scarto.  -  Cosa  da  stra- 
pazzo :  da  servirsene  senza  riguardo.  -  Cose  da  but- 
tarsi al  màcero,  non  buone. 

Dramma,  la  minima  parte  di  qualunque  cosa. -Ftc/ii 
secchi,  cose  di  poco  valore,  senza  succo,  senza  fibra, 
né  umore,  parlando,  di  opere,  ecc.,  quelle  a  cui  manca 
la  scintilla  geniale,  creatrice.  -  Riunto,  unto  di 
nuovo  ;  si  applica  a  cose  vecchie  alle  quali  si  vuol 
dare  aspetto  migliore.  -  Scegliticcio,  la  parte  peg- 
giore delle  cose  dopo  avere  scelto.  ■  Sceltume,  l'a- 
vanzo delle  cose  eattive  separato  dalle  buone.  - 
Zibaldone,  raccolta  di  più  cose  tratte  da  libri. 

Insieme  di  cose,  -  Accozzaglia,  insieme  di  cose 
non  omogenee.  -  Assortimento,  svariata  e  ordinata 
quantità  di  cose,  di  merci  dello  stesso  genere, 
ma  di  qualità  diverse.  -  Ciarpame,  insieme  di  cose 
vecchie,  male  andate.  -  Cibreo,  miscuglio  di  più 
cose.  -  Congerie,  grande  ammasso  di  cose  che 
hanno  del  confuso.  -  Doppio,  di  due  cose  della 
stessa  sp'^'^ie  che  servono  a  un  uso  medesimo. 

FUa,  insieme  di  cose  disposte  in  serie  longitu- 
dinale. -  Infilata,  serie  di   cose   infdate  insieme.  - 


Infilzatura,  serie  di  cose  infilzate.  -  Rete,  intreccio, 
complesso  di  cose.  -  Scorta,  in  generale,  provvista, 
fondo  in  serbo,  -  Serie,  ordine  e  disposizione  di 
cose  fra  loro  correlative.  -  Sfilala,  lungo  ordine 
di  cose. 

Voci  varie,  —  Acrcs^-irio,  la  cosa  meno  impor- 
tante unita  alla  princijinle.  -  Attributo,  qualità 
necessaria  o  accessoria  di  una  cosa. 


Quello  che  delle  cose 
0  sulle  cose  si  fa  più'  comunemente.  —  Locuzioni. 


Abbellire,  far  bella  una   cosa  :    veggasi    a   bello. 

-  Accatastare,  mettere  una  cosa  sopra  l'altra,  alla 
rinfusa;  far  catasta,  mucchio.  •  Accomodare, 
rimettere  in  buono  stato  una  cosa  guasta  ;  mettere 
in  ordine.  •  Accompagnare,  mandare,  mettere  una 
cosa  insieme  con  l'altra;  metterle  insieme  per  ra- 
gione di  somiglianza.  -  Acconciare,  accomodare, 
aggiustare,  adornare  ;  fare  ornaìnento  a  una  cosa. 

-  Accumulare,  fare  un  cumulo,  un  nmcchio  di  cose 
dello  stesso  genere.  -  Adulterare,  alterare,  falsifi- 
care. -  Assortire  (assortimen-to,  assortito),  mettere 
insieme  cose  svariate  dello  stesso  o  di  diverso 
genere.  -  Aumentare,  accrescere,  procurare  au- 
mento. -  Avere  una  cosa,  possederla,  esserne  in 
possesso. 

Barattare,  dare  in  cambio,  cuìnbiare  una  cosa 
con  un'altra.  -  Bruttare,  far  brutto;  macchiare, 
cagionar  macchia;  lordare,  sporcare. 

Coman'lare  una  cosa,  volere  che  si  faccia.  - 
Cominciare,  dar  principio  ad  una  cosa.  -  Cotn- 
jtrare,  acquistare  a  prezzo,  far  propria  una  cosa 
mediante  denaro.  -  Consegnare,  dare  ad  altri 
con  determinate  formalità.  -  Consumare,  ridurre 
una  cosa  al  nulla  o  in  condizione  di  non  servire 
più.  -  Continuare,  proseguire  una  cosa,  senza 
interrompere.  -  Coprire,  porre  alcuna  cosa 
sopra  checchessia.  Gontr.,  scoprire.  ■  Curare, 
rivolgere  l'attenzione,  il  pensiero,  l'affetto  a  chec- 
chessia. -  Custodire,  avere  in  custodia. 

Dare  una  cosa,  passarla  ad  altri.  -  Disfare,  il 
guastare  o  il  distruggere.  -  Desiderare  una  cosa, 
averne  desiderio.  •  Disprezzare,  avere  in  di- 
sprezzo. -  Dividere,  d'un  tutto  fare  più  parti 
e  distribuirle.  -  Donare,  dare  in  dono,  in  regalo. 

-  Fare  una  cosa  :  agire,  eseguire,  operare,  produrre 
alcunché.  -  Finire,  condurre  a  fine,  a  compi- 
mento, a  termine  una  cosa.  -  Formare,  dar  forma 
a  una  cosa. 

Gettare,  buttar  via  una  cosa.  -  Guastare,  far 
guasto,  danno  ad  una  cosa.  -  Inventare,  fare  una 
invenzione.  -  Manométtere,  cominciare  a  servirsi 
di  quelle  cose  che,  a  poco  a  poco,  o  a  parte  a 
parte,  si  consumano.  Figur.,  guastare.  -  NascoU' 
dere,  mettere  una  cosa  in  luogo  o  in  modo  che 
altri  non  possa  vederla.  Gontr.,  far  conoscere,  far 
vedere.  -  Ottenere,  conseguire  la  cosa  che  si  de- 
sidera 0  si  vuole. 

Perdere,  restar  privi  d'alcuna  cosa  già  posse- 
duta. -  Prendere,  porre  una  mano  su  una  cosa 
e  stringerla.  -  Prestare,  dare  in  prestito.  -  Pre- 
tendere, voler  conseguire  una  cosa,  spesso  senza 
ragione.  -  Omettere,  tralasciare. 

Restituire,  rendere  ad  altri  cosa  toltagli.  - 
Ricevere,  prendere  quello  che  è  dato  o  presen- 
tato. -  Rifiutare,   non   accettare  una   cosa,   ricu- 


750 


COSCETTO 


sarla,  opporre  rifiuto,  negare.  -  Rimettere  a  nuovo, 
racconciare  tanto  bene  un  oggetto  vecchio,  da  farlo 
comparire  come  se  fosse  nuovo.  -  Rompere,  ri- 
durre una  cosa  in  due  o  più  pezzi.  -  Rovinare, 
ridurre  in  rovina.  -  Rubare,  togliere  ad  altri 
per  inganno  o  per  violenza.  -  Scoprire,  contr.  di 
coprire;  anche,  fare  una  scoperta.  -  Tògliere, 
prendere  ad  altri,  portar  via  una  cosa.  -  Trascu- 
rare^ mettere  in  non  cale  una  cosa  -  Trasfoìtnare, 
cambiar  forma  ad  una  cosa.  -  Trasportare,  il 
portare  una  cosa  da  luogo  a  luogo.  -  Trovare, 
rinvenire  una  cosa;  conoscerla,  scoprirla  acciden- 
talmente. -  Vendere^  alienare  da  sé  una  cosa,  ce- 
dendola ad  altri  per  prezzo.  -  lolere  una  cosa,  a- 
verne  volontà,  o,  anclie,  desiderio. 

Cose  che  capitano  ai  vivi,  locuzione  famigliare  per 
accennare  a  disgrazie  (veggasi  a  disgrazia).  • 
Cose  dell'altro  mondo,  fenomenali,  strane,  inverosi- 
mili. -  Cose  da  far  ridere  t  polli,  che  hanno  in  sé 
del  ridicolo;  anche,  cose  da  sciocco.  -  Mandare 
0  lasciar  andare  l'acqua  per  la  china,  lasciare  le 
cose  come  vanno. 

Da  cent'anni  e  cento  mesi  torna  l'acqua  a  su' 
paesi,  le  cose  tornano  sempre  come  prima.  -  Dal 
tetto  in  giù  :  delle  cose  umane.  -  Dal  tetto  in  su  : 
delle  cose  soprannaturali.  -  In  se  ipsa  (lat.),  in  sé, 
nella  cosa  stessa. 

Coscètto  (cosciotto).  Veggasi  a  pecora. 

Coscia.  Parte  del  corpo  animale,  dall'anca  fino 
alla  piegatura  del  ginocchio  ;  nei  quadrupedi,  re- 
gione poco  circoscritta  e  in  qualche  modo  circo- 
scritta al  tronco.  -  Coscia  artificiale,  vegga  :;i  a  gam- 
ba. -  Cosciale,  apparecchio  di  protesi  per  supplire 
alla  coscia  amputata,  -  Crurale,  delle  cosce,  appar- 
tenente alle  cosce  (vene,  muscoli,  ecc.). 

Acetàbolo,  cavità  rotonda  dell'osso  dei  fianchi, 
dove  si  articola  l'osso  della  coscia:  colile,  cotilo, 
cavità  cotiloidea.  E  cotiloideo,  appartenente  al  co- 
tilo, all'acetabolo.  -  Anca,  la  parte  superiore  della 
coscia,  con  le  ossa  del  bacino,  -  Anguinaia,  parte 
tra  l'una  e  l'altra  coscia  e  il  ventre:  inguine.  - 
Arterie  della  coscia  :  sono  la  femorale  o  crurale 
(iliaca  esterna  dopo  uscita  dal  bacino),  la  femoro- 
po])litea  (una  delle  arterie  superiori),  ecc.  -  Artico- 
lazione coxo- femorale,  l'unione  mobile,  tipo  della 
enartrosi  dell'acetabolo  iliaco  e  della  testa  del  fe- 
more. -  Femore,  l'osso  della  coscia.  -  Forcata, 
forcalura,  inforcata  e  inforcatura,  la  parte  del  corpo 
ove  finisce  il  tronco  e  cominciano  le  cosce.  -  Ischio, 
l'osso  con  cui  l'osso  della  coscia  nell'estremità  su- 
periore fa  l'articolazione  ;  e  talvolta  si  prende  per 
la  parte  a  quella  vicina.  -  Lacca,  anca  o  coscia 
dei  quadrupedi  ;  natica  dell'uomo. 

Muscoli  della  coscia:  il  sartorio,  il  retto  an- 
teriore, il  tensore  della  sinoviale  del  ginocchio,  nella 
regione  anteriore;  il  semi-tendinoso,  il  semi-membra- 
noso nella  regione  posteriore;  il  pettineo,  il  retto 
interno,  i  tre  adduttori  e  il  vasto  interno  nella  re- 
gione crurale;  il  vasto  esterno,  il  tensore  della  apo- 
neurosi fascia-lata,  nella  regione  esterna.  Il  pettineo 
è  posto  nella  parte  anteriore  e  superiore  della  co- 
scia ed  è  oblungo,  schiacciato,  triangolare;  il  sar- 
torio si  attacca  alla  spina  iliaca  anteriore  superior- 
mente al  lato  interno  della  tuberosità  della  tibia.  - 
Flessore  della  coscia,  denominazione  che  compren- 
de i  muscoli  grande  psoas  e  iliaco  esterno.  -  Gracile, 
nome  di  un  muscolo  anteriore  e  interno  della 
coscia.  -  Quadrato,  muscolo  piccolo,  piano  e  qua- 
drato, situato  fra  le  tuberosità  dell'ischio  e  il  gran 
trocantere. 


Nervi  della  coscia:  il  femoro-cutaneo,  che  appar- 
tiene alla  coscia  e  alla  cute  ;  il  femoro-genitale, 
nervo  del  plesso  lombare  che  innerva  la  cute  della 
coscia,  dello  scroto  e  delle  grandi  lablDra  ;  il  grande 
ischiatico,  0  sciatico,  che  è  il  nervo  più  lungo  e  vo- 
luminoso proveniente  dal  plesso  sacrale  e  destinato 
ai  muscoli  posteriori  della  coscia,  a  tutti  i  muscoli 
e  tegumenti  della  gamba  e  dei  piedi. 

Nodo  della  coscia,  l'articolazione  del  femore.  - 
Parte  domestica  della  coscia,  la  parte  superiore 
della  coscia,  dal  lato  interno.  -  Trocantere,  le  due 
tuberosità  (grande  e  piccola)  che  presenta  l'estremità 
superiore  del  femore. 

Incotto  (volgarm.,  vacche),  sorta  di  macchia  o  li- 
vidore che  viene  alle  volte  alle  donne  nelle  coscie, 
quando  tengono  il  fuoco  sotto  la  gonnella  in  tempo 
di  verno.  -  Ischiade,  o  sciantello,  veggasi  a  scià' 
fica,  -  Osjìte,  infiammazione  delle  coscie. 

Accosciarsi,  restringersi  nelle  cosce,  abbassandosi. 
-  Dilaccare,  levar  le  lacche,  cioè  le  cosce.  -  Sco- 
sciare, discosciare,  allargare  smisuratamente  le  co- 
sce in  guisa  che  si  sloghino;  anche,  strappare  le 
cosce  {scosciata,  lo  scosciare;  scoscio,  lo  scosciare 
e  lo  scosciarsi). 
Còscia.  Parte  del  ponte.  -  Sponda  del  carro. 
Cosciale.  L'armatura  o  la  parte  della  veste 
che  copre  la  coscia. 

Cosciènte.  In  fisiologia,  chi  possiede  quel  modo 
della  sensibilità  che  permette  di  giudicare  della 
propria  esistenza. 

Cosciènza.  Facoltà  per  cui  l'uomo  sa  distin- 
guere il  bene  dal  male;  interno  sentimento  e 
conoscimento  che  si  ha  di  sé  stessi  e  di  ogni 
propria  azione  e  il  giudizio  che  se  ne  fa  secon- 
do la  relazione  che  le  azioni  nostre  hanno  con  i 
principi  della  morale:  consapevolezza,  conscienza, 
coscienzia;  interno  (figur.);  sindèresi.  In  senso  fi- 
siologico, veggasi  a  sensibilità.  Si  dice  che  la 
coscienza  rimprovera,  muove  rimprovero  per 
i  fatti  commessi  ;  che  desta  il  pentimento,  il  ri- 
morso. Si  attribuiscono  alla  coscienza  la  voce,  il 
grido,  l'ammaestramento  ;  anche,  le  punture,  gli  sti- 
moli, ecc.,  per  trattenere  dal  mal  fare.  Comune- 
mente, si  parla  pure  del  tribunale  della  coscienza  (in 
quanto  essa  giudica  e  condanna),  del  morso  o  del 
vetme  della  coscienza  (cioè  del  rimorso),  del  san- 
tuario della  coscienza  (per  darle  carattere  sacro), 
del  segreto  o  del  mistero  della  coscienza  (nessuno 
potendo  vedervi),  ecc. 

Anima  si  dice  anche  per  coscienza.  -  Coscienza 
assonnata,  istupidita,  sorda,  muta,  che  non  vigila, 
non  sa,  non  ascolta  le  voci  dell'animo,  tace;  callosa 
(figur.),  coscienza  indurita;  e/as/ica,  a  mo//a,  la  coscien- 
za di  chi  agisce  in  modo  da  giustificare  caviliosa- 
mente ogni  cattiva  azione  o  atti  interessati  ;  infles' 
sibile,  che  non  ammette,  non  perdona  alcun  fallo  ; 
monda,  netta,  pulita,  senza  rimorso  ;  piena  di  gui- 
daleschi, che  ha  molto  a  rimproverarsi  ;  rigida, 
severa,  di  rettitudine  assoluta  e  incrollabile.  -  ('o- 
scienza  di  mugnai,  d'osti,  di  maniche  larghe,  men- 
cia, floscia,  debole,  farisaica,  gesuitica  (cioè  falsa), 
contaminata,  agitata,  espressioni  di  chiaro  signi- 
ficato. 

Autoscienza,  coscienza  dell'to,  o  coscienza  di  sé 
stessi  :•  il  più  alto  grado  della  coscienza  in  tutta  la 
serie  animale.  -  Coscienza  animale,  la  facoltà  di 
poter  concepire  la  legge  del  dovere.  Foro  in- 
terno, la  coscienza  (tit.  eccles.).  -  Mondo  interiore, 
la  coscienza,  e,  insieme,  l'intelligenza. 
I       Aggravio,  carico  di  coscienza,   di    cosa   che  pesi 


COSCIENZIATO   —    COSI 


7ol 


sulla  coscienza.  -  Casistica  e  casista,  vej.'gasi  a  teo- 
logia. -  Caso  di  coscienza,  in  teologia,  questione 
intorno  a  ciò  che  la  religione  permette  o  proibisce. 

-  Dettame,  della  coscienza,  precetto,  insegnamento, 

-  Esame  di  coscienza,  il  riandare  la  propria  co- 
scienza per  riconoscere  i  peccati  di  cui  si  è  resa 
rea.  -  Fenomeno  di  coscienza,  quanto  avvertiamo  in 
noi  stessi.  -  Fondaccio,  la  parte  più  nascosta  e  pro- 
fonda d' un  "oggetto:  quindi,  fondaccio  della  co- 
scienza. -  Gesuitismo,  sinonimo  di  falsa  e  cedevole 
coscienza  secondo  le  necessità,  di  subdola  arte  di 
governo,  di  ipocrisia  profonda  e  malvagia.  -  Li- 
bertà di  coscienza,  permesso  a  ciascuno  di  credere  ciò 
che  vuole  in  materia  di  religione,  di  fede.  - 
Peccato,  mancamento  ai  doveri  di  coscienza,  spe- 
cialmente in  senso  religioso.  -  Resipiscenza,  risve- 
glio deìVanimo,  da  male  a  bene.  Figur.,  ricono- 
scimento d' errore.  -  Rossore  (figur.),  vergogna, 
perturbamento  d'animo,  di  coscienza.  -  Scrupolo, 
difficoltà  eccessiva  e  delicatezza  timorosa  nelle  cose 
di  coscienza.  Sindèresi,  rimcrdimento  di  co 
scienza.  -  Somma  dei  casi  di  coscienza:  il  loro 
compendio. 


Modi  di  dire.  —  Aforismi,  proverbì,  ecc. 


Andarcene,  rimetterci  di  coscienza,  facendo  qual- 
che azione  meno  che  onesta,  meno  che  bella.  -  A- 
vei'e  anima  o  l'anima,  avere  coscienza.  -  Avere  al- 
l'anima 0  sull'anima,  avere  sulla  coscienza;  essere 
responsale,  -  Avere  delle  taccherelle  sulla  co- 
scienza, avere  qualche  fallo  a  rimproverarsi.  - 
Avere,  recare  a  coscienza,  avere  scrupolo,  rimorso.  - 
Avere  la  camicia  sudicia,  avere  la  coscienza  poco 
pulita.  -  Avere  V  inferno  nell'anima,  la  coscienza 
molto  turbata,  agitata.  -  Avere,  non  avere  coscienza, 
di  chi  adempie,  o  no,  il  proprio  dovere. 

Farsi  coscienza  o  scrupolo  di....,  guardarsi  dal 
fare  una  cosa,  per  non  macchiare  la  coscienza.  - 
Fate  l'esame  di  coscienza,  a  chi  dimentichi  il  male 
fatto  e  si  lamenti  del  cattivo  trattamento  altrui.  - 
Ingrossare  la  coscienza,  diventar  sempre  meno  scru- 
poloso. -  Mancare  di  coscienza,  averne  poca  o  niente 
del  tutto.  ■  Mettersi,  porsi  le  mani  o  una  mano  al 
petto,  esaminare  la  propria  coscienza,  -  Mettersi 
sull'anima  qualche  cosa,  gravarsene  la  coscienza.  - 
Non  patire  di  dubbi  (iron,),  di  chi  non  ha  un  bri- 
ciolo di  coscienza. 

Patir  di  dubbi,  chi  ha  scrupoli,  -  Polarizzarsi, 
in  senso  morale,  orientarsi,  convergere  di  anime  e 
di  coscienze  a  un  dato  punto.  -  Poter  alzare  la  fronte, 
portare  il  capo  alto,  essere  tranquillo  di  coscienza. 
Nello  stesso  senso,  poter  tenere  la  fronte  scoperta  o 
il  cappello  alto.  -  Prender  consiglio  dalla  coscienza, 
interrogarla  per  regolarsi  nella  condotta,  nel 
contegno  e  simili.  -  Pungere,  rimordere,  della  co- 
scienza che  rimprovera.  -  Recarsi  la  mente  al  petto, 
esaminare  la  propria  coscienza,  agire  o  giudicare 
coscienziosamente.  -  Render  conto  alla  coscienza, 
riconoscere,  davanti  a  sé  stessi,  una  colpa,  una 
cattiva  azione  e  sentirne  il  rimorso.  -  Rimetterci  un 
tanto  d'anima,  dice§1*  quando  commettiamo  un'a- 
zione disonesta  o  scapitiamo  nella  coscienza  per 
altra  ragione.  -  Riprendere  sé  stessi,  la  propria  co- 
scienza. -  Ródere,  della  coscienza  che  fa  sentire  ri- 
morso di  una  colpa. 

Scherzare,  non  ischerzare  con  la  coscienza,  essere 
poco  o  molto  scrupoloso.   -    Scrupoleggiare,  avere. 


nutrire  scrupoli.  -  Star  bene  con  la  coscienza,  averla 
tranauilla.  Contr.,  star  male  di  coscienza.  -  Tirar 
via,  bever  grosso,  non  avere  scrupoli.  -  Transigere 
con  la  coscienza,  avere  coscienza  elastica. 

Come  la  cotta  dei  preti,  che  si  tira  da  tutte  le 
parti  :  di  coscienza  eJ astica.  -  Commercio  libero, 
suoni  il  quattrino,  e  poi  costoro  si  trovan  d'accordo 
anche  a  vender  la  patria  :  di  traffichi  della  co- 
scienza. -  La  buona  compagnia  che  l'uovi  francheggia, 
la  coscienza.  -  La  coscienza  é  come  il  solletico  (chi 
lo  cura  e  chi  no).  -  La  coscienza  è  come  la  trippa: 
vien  da  tutte  le  parti.  •  La  coscienza  é  un  giudice 
inesorabile.  -  La  coscienza  non  dorme,  rode.  -  La 
coscienza  vale  per  mille  accusatori  e  per  mille  testi' 
moni.  -  Non  c'è  supplizio  più  grave  che  la  coscienza 
degli  errori  commessi.  -  Poca  scienza  e  molta  co- 
scienza  (sottinteso  :  bisogna  avere,  è  meglio  avere). 

A  discarico,  a  scarico,  a  sgravio  di  coscienza, 
cioè  a  discolpa,  per  tranquillità  di  coscienza.  - 
Contro  coscienza,  contro  il  sentimento  del  dovere, 
contro  i  dettami  della  coscienza  ;  anche,  contro  vo- 
lontà. 


Coscienzioso.    —    Incosciente. 
Coscienziosamente  . 


Cosciente,  che  ha  coscienza,  in  senso  fisiologico. 
-  Coscienzioso,  chi  ha  coscienza  ;  chi  regola  la  pro- 
pria condotta  secondo  i  dettami  della  coscienza; 
chi  mette  il  massinao  impegno,  il  massimo  giudizio 
in  quello  che  fa:  corretto,  coscienziato,  onesto; 
persona,  uomo  di  coscienza,  scrupoloso;  /"raw- 
cheggiato  da  una  retta  coscienza.  -  Galantuomo,  nei 
paesi  dell'Italia  meridionale,  colui  il  quale  veste 
civilmente  da  signore.  In  senso  morale,  chi  sente 
le  voci  della  coscienza.  -  Meticoloso,  si  dice  tal- 
volta per  scrupoloso. 

Incosciente  (inconscio),  agg.  di  persona  che  non 
ha  coscienza  di  quello  che  fa,  è  senza  senno.  An- 
che, di  chi  ha  coscienza  poco  o  nulla  sensibile,  è 
cattivo,  è  malvagio.  ■  Incoscienza,  qualità  e  stato 
di  chi  è  incosciente.  -  Irresponsale,  irresponsabile, 
che  non  può  essere  tenuto  responsabile  (veggasi  a 
responsabilità)  ;  anche,  incosciente. 

Coscienziosamente,  secondo  coscienza  :  a  coscien- 
za, conscenziosamente,  in  coscienza,  onestamente 
(veggasi  ad  onesto),  scrupolosamente.  -  Incoscien- 
temente, senza  avere  coscienza  di  ciò  che  si  fa. 
Anche,  involontariamente,  contro  volontà. 

Coscienziato,  coscienzioso.  Veggasi  qui  so- 
pra, a  coscienza. 

Còscio.  La  coscia  del  bestiame  grosso  macel- 
lata :  veggasi  a  macellaio.  -  Aggiunto  d'una  sorta 
di  pero. 

Coscritto,  coscrizióne.  Veggasi  a  [leva  e  a 
soldato,  -  Padri  coscritti,  veggasi  a  senatore. 

Cosecante.  Termine  di  geometria:  veggasi  ad 
arco. 

Coséno.  Detto  ad  angolo  e  ad  arco. 

Coserella.  Piccola  cosa. 

Così.  Avverbio  esprimente  similitudine:  a  quel 
modo,  a  questa  foggia,  così  egualmente,  di  tal  modo, 
in  cosiffatta  guisa,  in  questi  termini,  in  tal  guisa; 
in  questo  o  in  quel  modo,  in  tal  modo;  parimente, 
per  cosiffatta  maniera,  per  siffatto  modo,  per  simil 
guisa;  similmente.  -  Cosi  cosi,  mediocremente,  in 
modo  0  in  senso  ìnediocre,  ■  Cosi  e  cosi,  modo  di 


752 


accennare  a  cose  che  già  si  sanno,  o  di  riferire  detti 
d'altri  senza  spiegarli:  questo  e  questo,  questo  e  que- 
st'altro. -  Cosi  fatto,  cotale,  simile,  tale.  -  Per  questa 
strada,  in  questo  modo.  -  Sic  (lai.),  cosi,  cioè  cosi 
proprio,  e  si  mette  tra  parentesi  citando  testual- 
mente parole  altrui  delle  quali  si  vuole  far  notare 
con  intenzione  la  stranezza  o  l'errore  di  giudizio 
o  di  forma.  -  Su  quest'andare,  di  questo  passo,  cosi. 
-  Tale,  cosi,  cosiffatto,  in  questo  modo  :  spesso  in 
relazione  con  che,  quale.  -  Tale  e  quale,  assoluta- 
mente, com'è,  cosi  com'è. 

Cosicché.  Modo  avverbiale,  e  si  scrive  anche 
cosi  che:  a  segno  che,  a  tal  che,  a  talché,  a  tale 
che,  altaiche;  cotalchè;  di  guisa  che,  di  guisachè; 
di  modo  che,  dimodocliè,  di  qualità  che  ;  di  sorta, 
di  sorte  che  ;  in  forma  che,  in  guisa  che,  inguisa- 
chè,  in  maniera  che,  in  modo  che,  in  tale  che,  in- 
tantochè;  per  forma  che,  per  tal  segnale  che,  per 
tanto  che  ;  sicché,  si  che  ;  tal  che,  talché;  talmente 
che,  talmentechè,  tantoché. 

Cosmetico.  Preparato  per  conservare  i  capelli 
o  ammorbidire  ìa.  pelle,  la  carnagione  :  unguento 
cosmetico,  potnata.  Da  cosmetici  servono  i  bagni 
aromatici,  le  mandorle,  i  saponi,  il  cosidetto  latte 
di  vergine,  o  verginale  (cosmetico  con  tintura  al- 
coolica  di  benzoino),  ecc. 

Cosmicamente.  Veggasi  a  sole  e  a  sfella. 

Cosmico.  Del  mondo,  AeW universo,  -  Veg- 
gasi anche  a  sole  e  a  stella. 

Còsmo.  Il  inondo^  Vuniverso» 

Cosmocrazia.  Veggasi  a  monarchia. 

Cosmofislca.  Detto  ad  universo. 

Cosmoglobo.  Due  emisferi  di  vetro  rappresen- 
tanti i  due  emisferi  celesti,  col  globo  terracqueo  in 
mezzo. 

Cosmogonìa  (cosmogònico),  cosmografia  (co- 
smografìcó),  cosmologia  (cosmologico).  Veggasi  a 
mondo. 

Cosmòpoli.  Neologismo,  per  città  mondiale. 

Cosmopolita.  Chi  si  vanta  cittadino  del 
mondo  ;  chi  professa  di  non  avere  preferenza  o 
affetto  per  un  paese,  di  avere  per  patria  il  mon- 
do :  veggasi  specialmente  a  patria.  -  Anche,  Va- 
nimale  sparso  su  tutta  la  Terra  ;  il  fossile  dei 
terreni  paleozoici. 

Cosmopolitismo.  Detto  a  patria. 

Cosmorama.  Rappresentazione  (in  quadri  suc- 
cessivi) dell'universo. 

Cosmoteologia.  Detto  a  teologia. 

Còso.  Un  qualunque  oggetto. 

Cospàrgere,  cospèrgere  {cosparso,  cosperso). 
Veggasi  a  sjìargere. 

Cospetto.  Presenza  di  persona;  figura,  a- 
spetto,  -  Cospetto!,  esclamazione  di  meraviglia. 

Cospicuo.  Discernibile,  visibile:  che  si  può 
vedere.  -  Pregevole  (veggasi  a  pregio),  no- 
tevole. 

Cospirare  (cospirante,  cospirato).  Mirare  con 
altri  ad  uno  stesso  scopo. 

Cospirazióne  (cospiratore).  Complotto,  coti- 
giura. 

Còsso.  Piccolo  enfiato  della  faccia.  -  Male  del 
còsso,  dolore  all'orecc/j-io. 

Còsta.  Lo  stesso  die  costola,  -  Fianco  del 
monte.  -  Confine  della  terra  col  mare.  ■  Parte 
del  coltello.  -  Parte  principale  dell'ossatura  d'una 
nave.  -  Di  costa,  da  lato. 

Costà.  In  codesto  luogo. 
Costaggiù.  In  codesto  luogo,  abbasso. 

Costale.  Dello  a  costola. 


Costante.  Che  ha  costanza.  -  Costante  di  ca- 
lamitazione, veggasi  a  magnetismo.  -  Costante  so- 
lare, veggasi  a  sole. 

Costanza.  Forza  d'animo,  fermezza,  perseve- 
ranza in  buoni  propositi  ;  il  saper  persistere  e  re- 
sistere; constanzia,  energia,  fermezza  di  carat- 
tere; inflessibilità,  obdurazione;  perseveranza,  per- 
sistenza  ;  sana  ostinazione  ;  sodezzji,  stabilità  di 
animo.  Contr.,  incostanza,  volubilità.  Si  rappresenta 
la  costanza  con  una  figura  di  donna  avente  una 
cornucopia  nella  sinistra  e  una  fiaccola  nella  de- 
stra -  Assiduità,  costanza  nel  fare  o  nell'attendere 
a  checchessia.  -  Impenitenza,  qualità  di  chi  è  osti- 
nato nel  male,  non  si  pente  di  un  errore,  non 
corregge  un'opinione  falsa,  un  giudizio  ingiusto  e 
simili.  -  Perseveranza,  il  durare  con  coraggio  e  fer- 
mezza in  un  proposito  o  in  un'  impresa,  non  o- 
stante  le  tentazioni,  gli  ostacoli,  le  contrarietà.  - 
Pertinacia,  pervicacia,  ostinazione.  -  Tenacia,  te- 
nacità (figur.),  costanza  di  propositi  a  tutta  prova, 
nel  voler  fare  una  qualunque  cosa. 

Avere  il  capo  fermo,  durare,  perseverare,  persi- 
stere, reggere,  resistere,  tener  duro,  tener  fermo,  ecc., 
avere  costanza.  -  Essere  come  torre  che  non  crolla, 
di  persona  salda  nei  propositi.  -  Non  stingere  mai, 
di  persona  che  non  cambia.  -  Stare  attorno  ad  una 
cosa,  attenderci  con  assiduità. 

Costante,  chi  ha,  dimostra,  costanza  ;  di  cose  im- 
materiali (affetto,  amore,  opinione,  desiderio, 
sentimento,  volontà,  ecc.)  che  non  si  alterano, 
non  cambiano  e  durano  :  adamantino,  di  porfido, 
durevole  ;  fermo,  forte  (figur.),  inalterabile,  inalte- 
rato, indomato,  indomito,  indomo,  invariabile,  ir- 
removibile; perseverante,  pertinace,  saldo,  sodo, 
stabile,  tenace  (figur.).  Contr.,  incostante,  volubile. 
-  Assiduo,  agg.  di  persona  che  persiste  in  un'ope- 
razione (se  dell'operazione  stessa,  continuo)  :  in- 
defesso, instancabile,  infaticabile.  -  Fedele,  detto 
specialmente  di  chi  è  costante  nell'ancore,  nel- 
Vaìnicizia,  neW obbedienza,  ecc.  -  Pertinace,  co- 
stante, tenace  nell'operare.  -  Costantemente,  con  co- 
stanza, fermamente,  immutabilmente,  inalterabile, 
indefessamente,  infaticabilmente,  perseverantemente, 
persistentemente,  pertinacemente,  saldamente,  saldo, 
sodamente. 


Massime,  proverbì,  ecc. 
Simboli    della    costanza. 


Massime  e  proverbi.  —  Al  primo  colpo  non  cade 
l'albero  (bisogna  essere  costanti  nelle  cose,  nelle 
imprese).  -  A  pan  duro  dente  acuto.  -  Buona  incu- 
dine non  teme  martello  (il  martello  significa  la  vio- 
lenza, l'incudine  la  resistenza).  -  Buono  studio  rompe 
rea  fortuna.  -  Chi  comincia  e  non  s'arresta,  va  lon- 
tano e  arriva  presto.  -  Chi  indura,  vale  e  dura.  - 
Chi  la  dura  la  vince.  -  La  costanza  è  complemento 
di  tutte  le  umane  virtù.  -  Tempo  viene  a  chi  i'o- 
spetta.  -  Vince  colui  che  soffre  e  dura. 

Gutta  cavai  lapidem  (lat.),  la  goccia  scava  la 
pietra,  •  Usque  ad  finem  (lat.),  ^no  alla  fine;  locuzione 
usata  per  indicare  insistenza,  costanza,  pertinacia. 

Simboli  della  costanza.  —  Trattandosi  di  affetti, 
ne  è  simbolo  la  camelia.  -  La  camelia  a  fior  d'ane- 
mone (volgarm.  varata)  indica  costanza  e  perfezione. 
-  La  camelia  a  foglie  di  mirto  simboleggia  la  co- 
stanza virtuosa.  •  La  camelia  a  grossi  nervi,  di  co- 


COSTARE    —    COSTERNARE 


753 


lore  rosa  pallido,  simboleggia  la  costanza  unita  alla 
suscettibilità.  -  La  camelia  a  pennacchi  (poniponia),  a 
fiore  bianco,  candido,  macchiato  di  rosso  alla  base, 
indica  costanza  e  alterezza.  -  La  camelia  embriciata, 
con  foglie  di  un  verde  cupo,  il  fiore  d'un  cremisino 
brillante,  indica  costanza  e  fiducia.  -  La  camelia 
purpurea  è  simbolo  della  costanza  unita  all'ardore. 

Onagro,  pianta  nota  sotto  il  nome  di  asino  sel- 
vatico 0  coscia  di  sant'Andrea,  originaria  d'Ame- 
ri.ca  :  è  simbolo  délV incostanza. 

Costare  (costato,  costoso).  Avere  un  dato  prez- 
zo; cagionare  una  determinata  spesa. 

Costassù.  In  codesto  luogo;  in  alto. 

Costato.  Veggasi  a  costola. 

Costeggiare  (costeggiato).  Andar  per  mare, 
lungo  le  coste  ;  modo  di  navigazione.  ■  Il  co7'- 
rere  costeggiando.  -  Per  similit.,  seguitare  l'anda- 
mento d'una  costa  di  ni  onte,  di  strada,  -  Lavoro 
agricolo  che  si  fa  con  ì'aratro  (veggasi  a  questa 
voce,  pag    130,  prima  colonna). 

Costei.  Femmin.  di  costui. 

Costellato.  Il  cielo  sparso  di  stelle. 

Costellazióne  (asterismo).  Unione,  aggregato 
di  più  stelle,  che  conjpongono  una  figura  im- 
maginaria da  cui  prendono  il  nome  :  asterismo, 
conserto,  figura,  segnale,  segno  celeste.  -  Circumpo- 
lari, gli  astri  e  le  costellazioni  distanti  dal  polo 
celeste  meno  che  l'orizzonte  dell'osservatore  e  quindi 
sopra  l'orizzonte  durante  tutto  il  periodo  della  loro 
rivoluzione  diurna.  -  Cumuli,  gli  aggruppamenti  di 
molte  stelle  sopra  una  piccola  estensione.  -  Zo- 
diaco, zona  celeste  comprendente  dodici  costel- 
lazioni. 

Acquario,  costellazione  meridionale,  undecima 
delle  costellazioni  zodiacali  ;  la  costellazione  nella 
quale  si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra,  nel  mese 
di  gennaio.  -  Aquila,  costellazione  nell'emisfero  set- 
tentrionale, al  nord  dell'eclittica.  -  Ariete,  la  co- 
stellazione sulla  quale  si  trova  il  sole,  rispetto  alla 
Terra,  nel  mese  di  marzo.  -  Auriga,  costellazione 
dell'emisfero  settentrionale. 

Balena,  costellazione  dell'emisfero  meridionale.  - 
Bilancia,  costellazione  sulla  quale  si  trova  il  sole, 
risi  e  to  alla  Terra,  nel  mese  di  settembre.  -  Boote, 
costellazione  del  cielo  boreale.  Stella  di  prima  gran- 
dezza ne  è  la  Capra.  -  Calisto,  o  Callisto,  costella- 
zione della  Grande  e  della  Piccola  Orsa.  -  Cama- 
leonte, piccola  e  poco  brillante  costellazione  del 
cielo  australe.  -  Cancro,  costellazione  sulla  quale 
si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra,  nel  mese  di  giu- 
gno. -  Cane  maggiore  celeste,  costellazione  dell'emi- 
sfero meridionale,  con  la  stella  detta  comunemente 
Canicola,  che  è  la  più  luminosa,  dai  Greci  detta  Sirio, 
dagli  Egiziani  Sothi,  -  Cane  minore,  costellazione 
dell'emisfero  settentrionale.  -  Canicola,  il  tempo 
in  cui  la  Canicola  nasce  e  tramonta  col  sole,  dal 
21  di  luglio  al  26  d'agosto.  -  Capricorno,  costella- 
zione sulla  quale  si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra, 
nel  mese  di  dicembre.  -  Carro,  gran  carro  o  carro 
di  Boote,  il  più  notevole  gruppo  stellare  del  nostro 
cielo,  al  quale,  di  solito,  si  riferiscono,  mediante 
allineamenti,  le  posizioni  delle  altre  stelle  per  rico- 
noscerle. 11  suo  timone  forma  la  coda  aeìV  Orsa 
maggiore.  -  Cassiopea,  costellazione  di  sei  stelle  vi- 
cina all'Orsa  minore.  -  Castore  e  Polluce,  la  costel- 
lazione detta  anche  dei  Gemelli.  -  Centauro,  costella- 
zione che  splende  nel  cielo  australe.  -  Chioma  di 
Berenice,  costellazione  boreale.  -  Cinosura,  V  Orsa 
minore.  -  Cocchiere,  costellazione  boreale.  -  Corona, 
nome   di   due  costellazioni,   una  nell'emisfero  bo- 


reale, fra  Ercole  e  Boote,  l'altra  nell'  emisfero  au- 
strale. -  Corvo,  piccola  costellazione  meridionale, 
una  delle  antiche  dell'astronomia  greca.  -  Cratere, 
costellazione  australe,  al  sud  del  Leone  e  della  Ver- 
gine. -  Crociera,  costellazione  australe. 

Delfino,  piccola  costellazione  dell'emisfero  boreale. 
Ira  l'Aquila  e  il  Pegaso.  -  Dorado,  costellazione  del 
cielo  australe.  -  Drago,  costellazione  dell'emisfero 
settentrionale.  -  Dragone,  costellazione  boreale,  al- 
lungantesi  in  più  circonvoluzioni  fra  le  due  Orse  e 
la  Lira. 

Elice  0  Elica,  1*0  sa  maggiore.  -  Ercole,  costella- 
zione boreale.  -  Eridano,  estesa  costellazione  au- 
strale. -  Esculapio,  costellazione  dell'emisfero  set- 
tentrionale. -  Gemelli  o  Gemini,  una  delle  costella- 
zioni dello  zodiaco:  in  essa  si  trova  il  sole,  ri- 
spetto alla  Terra,  nel  mese  di  maggio 

Idra,  costellazione  australe.  -  Leone,  una  costel- 
lazione dello  zodiaco,  sulla  quale  si  trova  il  sole, 
rispetto  alla  Terra,  nel  mese  di  luglio  (Regolo,  stella 
di  questa  costellazione).  -  Le  sette  gallinelle,  la  co- 
stellazione delle  Pleiadi.  -  Libra,  o  Libbra,  costella- 
zione e  uno  dei  dodici  segni  dello  zodiaco.  -  Lira, 
costellazione  dell'emisfero  settentrionale.  -  Nave 
d'Argo,  costellazione  del  cielo  australe. 

Ofiuco  (serpentario),  una  delle  costellazioni  bo- 
reali, comprendente  più  di  cento  stelle  visibili  ad 
occhio  nudo,  una  di  seconda  grandezza  e  cinque 
di  terza.  -  Orione,  costellazione  dell'emisfero  meri- 
dionale :  comprende  sette  stelle,  quattro  delle  quali 
formano  un  quadrilatero  e  le  altre  tre  sono  dette 
Cinto  d'Orione.  -  Orsa  (gr.  Aklos),  due  celebri  co- 
stellazioni del  cielo  boreale:  V Orsa  Maggiore,  detta. 
anche  Gran  carro,  o  carro  di  David,  si  compone  di 
sette  bellissime  stelle,  quattro  delle  quali  figurano 
le  ruote  e  tre  il  timone,  e  di  circa  trecento  visi- 
bili ad  occhio  nudo.  L'0>sa  Minore,  della  stessa 
configurazione,  ha  la  stella  detta  Polare  all'estre- 
mità del  timone  del  piccolo  carro.  -  Ottante,  pic- 
cola costellazione  vicina  al  polo  antartico,  fra  i  215'- 
355°  di  ascensione  retta  fra  80°  ^e  jSS"  di  declina- 
zione australe. 

Pavone,  piccola  costellazione  del  cielo  australe.  - 
Pegaso,  costellazione  boreale.  -  Perseo,  costellazione 
dell'  emisfero  boreale  (Perseidi,  le  meteore  d'agosto 
in  questa  costellazione).  -  Pesci,  costellazione 
sulla  quale  si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra,  nel 
mese  di  febbraio.  ■  Plaustro,  V  Orsa  maggiore.  - 
Pleiadi,  la  costellazione  che  è  nella  fronte  del 
Toro. 

Sagittario,  la  costellazione  sulla  quale  si  trova  il 
sole,  rispetto  alla  Terra,  nel  mese  di  novembre.  - 
Scorpione,  costellazione  tra  la  Bilancia  e  il  Sagit- 
tario: su  essa  si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra, 
nel  mese  di  ottobre.  -  Ser-pentario,  costellazione  bo- 
reale. -  Sestante,  piccola  costellazione  australe  sotto 
il  Leone  zodiacale. 

loro,  nome  della  costellazione  sulla  quale  si  trova 
il  sole,  rispetto  alla  Terra,  nel  mese  di  aprile.  - 
Triangolo,  nome  di  due  costellazioni  :  Triangolo 
australe  e  Triangolo  boreale.  -  Trioni,  le  due  Órse 
celesti.  -  Unicorno,  costellazione  della  via  Lattea, 
fra  il  Grande  e  il  Piccolo  Cane,  con  più  di  cento 
stelle  visibili  a  occhio  nudo,  per  lo  più  inferiori 
alla  quarta  grandezza.  -  Vergine,  costellazione  sulla 
quale  si  trova  il  sole,  rispetto  alla  Terra,  nel  mese 
di  agosto. 

Costereccio.  Detto  a  maiale. 

Costerèlla.  Piaggerei  la,  piccola  spiaggia. 

Costernare»  costernarsi  {costernato).  Alter 


Premoli.  -  Vocabolario  Nomenclatore. 


48 


75i 


COSTERNAZIONE 


COSTOLA 


rire,  atterrirsi  ;  spaventare,  far  paura  ;  spaven- 
tarsi. -  Accasciare,  accasciarsi  ;  far  perdere,  per- 
dere la  forza  morale,  il  coraggio. 

Costernazióne.  Sbis-'ottimento,  paura.  -  Ac- 
casciamento, perdita  di  coraggio,  di  forza 
morale. 

Costi.  In  codesto  luogo. 

Costiera.  Riviera,  spiaggia.  -  Aggettivam.,  la 
navigazione  di  cabotaggio. 

Costipare  (costipamento,  costipativo,  costipato). 
Veggasi  a  raffreddore  e  a  stitichezza. 

Costipazióne.  Infreddatura,  raffreddore,  - 
Riserramento,  stitichezza. 

Costituente.  Ogni  elemento  che  entri  nella 
costituzione  di  un  corpo.  -  ^assemblea  degli  in- 
caricati di  rinnovare  la  costituzione  di  uno  Stato. 
Celebre  quella  degli  Stati  Generali  in  Francia  (1789). 

Costituire  (costituito).  Comporre  (degli  elementi 
che  entrano  a  formare  una  cosa)  :  constituire, 
dare  l'essere,  la  sostanza,  formare  Yessenza.  - 
Fondare,  ordinare,  stabilire.  -  Eleggere  una 
persona  in  qualche  grado,  in  qualche  ufficio.  - 
Riferito  a  legge,  fare,  deliberare.  -  Assegnare  in 
proprietà  (dote,  patrimonio,  ecc.).  -  Ricostituire, 
ripete  costituire. 

Costituito,  formato  (anche  di  cose  immateriali)  ; 
materiato,  organato.  -  Costitutivo,  atto  a  costituire. 
-  Costituzione,  modo  in  cui  il  corpo  dell'uomo  è  co- 
stituito :  complessione.  E  modo  onde  è  composta 
una  cosa. 

Costituirsi  (costituito).  Presentarsi  all'  autorità 
giudiziaria  ;  darsi  prigioniero. 

Costitutivo.  Detto  a  costituire. 

Costituto.  Veggasi  a  giudice  e  a  debito. 

Costituzionale.  Detto  a  costituzióne,  a  di" 
ritto,  a  governo,  a  malattia. 

Costituzióne.  Legge  fondamentale  di  uno  Stato, 
dalla  quale  è  determinata  e  limitata  l'autorità  del 
governo  monarchico:  costituzione  politica;  forma 
di  governo;  governo  parlamentare;  ordine  vigente, 
regime,  sistema.  Anche,  regime  basato  sulla  vo- 
lontà po'  olare,  espressa  per  mezzo  del  Parlamento 
(e  in  qu  o  senso  la  più  antica  in  Europa  è  quella 
inglese)  :  governo  libero,  ordine  libero,  regime  par- 
lamentare. Dicesi  pure  costituzione  il  documento 
che  precisa  i  diritti,  i  doveri,  ecc.,  del  sovrano  e 
del  popolo  :  carta,  magna  carta,  statuto,  -  Costitu- 
zione di  rendita,  veggasi  a  rendita,  -  Costituzione 
in  mora,  veggasi  a  debito.  -  Costittizioni  apostoliche 
o  Clementine,  codice  di  regole  attribuite  agli  apo- 
stoli da  san  Clemente  Romano.  -  Costituzioni  ro- 
mane, veggasi  a  legge.  •  Estravaganti,  le  costitu- 
zioni dei  papi  posteriori  alle  Clementine.  -  Magna 
Charta,  lo  statuto  inglese:  data  fin  dal  1213.  -  No- 
velle, le  costituzioni  romane  emanate  dopo  la  chiu- 
sura delle  compilazioni  ufficiali. 

Costituzionale,  conforme  alla  costituzione;  retto, 
governato  secondo  la  costituzione  ;  costituzionario, 
parlamentare,  parlamentario  ;  statutale,  statutario. 
Contr.,  incostituzionale,  tutto  ciò  che  viola  la  co- 
stituzione. -  Costituzionalmente,  in  modo  costitu- 
zionale. 

Costo.  Il  prezzo  di  una  cosa;  il  suo  valore. 
•  Nome  di  radici,  di  tronchi  o  di  scorze  mal  de- 
terminate, di  origine  incerta. 

Costola.  Ciascuno  degli  ossi  ricurvi  in  forma  di 
arco  appiattito,  che  costituiscono  la  cassa  toracica; 
ciascuna  delle  ossa  lunghe  e  ricurve,  che,  par- 
tendo dalla  spina  dorsale,  vengono  al  petto  e  ne 
racchiudono  i  visceri;   costa.  Sono,  nell'uomo,  in 


numero  di  dodici  per  ciascun  lato,  come  archi  os- 
sei, irregolari,  convessi  all'  esterno,  concavi  all'in- 
terno, di  ineguale  larghezza. 

Costale,  appartenente  alle  costole,  o  coste.  -  Co- 
stolame,  costolatura,  aggregato  di  tutte  le  costole.  - 
Costolato  0  costulato,  fatto  a  costole,  a  guisa  delle  co- 
stole, fornito  di  costole.  -  Costoluto,  fornito  di  co- 
stole piuttosto  grosse.  -  Intercostale,  che  è  tra  le 
coste  (arterie,  muscoli,  nervi,  spazi  intercostali). 

Costato,  la  parte  concava  del  corpo  circondata 
dalle  costole,  il  complesso  delle  costole  :  cassa, 
casso,  costereccia,  costereccio  ;  cos'.olame,  costola- 
tura ;  lato.  -  Coste  asternali,  addomiuali  o  vertebrali, 
dette  anche  spurie,  o  false,  le  ultime  cinque,  che 
non  si  articolano  direttamente  con  lo  sterno,  ma 
indirettamente.  -  Coste  fluttuanti,  o  coste  ondeggianti, 
le  due  ultime  coste  inferiori,  cosidette  perchè  più 
mobili  e  più  libere  delle  altre.  -  Coste  vere,  le  co- 
stole che,  partite  dalla  spina  dorsale,  vanno  ad  at- 
taccarsi direttamente  allo  sterno  :  dette  anche  coste 
sternali  o  vertebra-sternali.  -  Gabbia  toracica,  specie 
di  cono  tronco-cavo,  posato  sopra  il  diaframma, 
costituito  da  un  sistema  di  costole  che  proteggono 
i  principali  organi  vitali  :  il  cuore,  i  polmoni,  lo 
stomaco.  -  Regione  costale,  la  parte  del  tronco  oc- 
cupata dalle  costole. 

Angolo  costale,  sporgenza  sulla  faccia  esterna  del 
segmento  posteriore  delle  coste.  -  Arteria  interco- 
stale superiore,  ramo  dell'arteria  costo-cervicale.  - 
Arterie  intercostali  anteriori  e  posteriori:  sono  due 
per  ciascuno  spazio  intercostale.  -  Articolazione  costo- 
clavicolare,  unione  della  prima  costola  con  la  cla- 
vicola. -  Articolazione  costo-sternale,  unione  delle 
prime  sette  coste  allo  sterno.  -  Articolazione  costo- 
vertebrale,  unione  del  capitello  delle  coste  che  ap- 
poggia contro  il  corpo  delle  vertebre  dorsali.  -  Ar- 
ticolazione costo-trasversale,  articolazione  delle  coste 
con  le  apofisi  trasverse  delle  vertebre  dorsali. 

Cartilagini  costali,  lamine  elastiche,  foggiate  a 
segmento  di  cerchio  ;  prolungano  in  avanti  la  por- 
zione ossea  delle  coste.  -  Colonna  vertebrale,  o 
spina  dorsale,  l'insieme  delle  vertebre  posate  una 
sull'altra,  a  dolce  sfregamento,  da  cui  partono  le 
costole  e  nelle  cui  cavità  rimane  custodito  il  mi- 
dollo spinale.  -  Muscoli  intercostali,  quelli  che  oc- 
cupano e  completano  gli  undici  spazi  intercostali  : 
sono  distinti  in  esterni  ed  interni.  Si  distinguono 
inoltre  i  muscoli  costo-addominale,  costo-cor acoideo, 
costo-inferiore,  costo-pubico,  costo-scapolare,  ecc.  - 
Muscolo  intercostale,  lungo  muscolo  che  abbassa  le 
coste  e  può  estendere  la  porzione  dorsale  del  ra- 
chide. -  Nervi  intercostali,  le  branche  anteriori  dei 
dodici  nervi  dorsali  o  toracici.  -  Pleura  cos'ale, 
veggasi  a  pleura.  -  Pleurapofisi,  le  parti  ossee 
delle  coste  considerate  come  dipendenze  vertebrali. 
•  Spazi  intercostali,  quelli  compresi  fra  una  costola 
e  l'altra.  -  Sterno,  l'osso,  di  varia  forma  nei  di- 
versi vertebrati,  a  cui  si  attaccano  anteriormente  le 
costole.  -  Vene  intercostali:  sono  in  pari  numero 
delle  arterie. 

Scostolare,  levar  la  costola,  le  costole.  -  Stron- 
carsi una  costola,  rompersela. 

Costalgia,  dolore  nevralgico  intercostale.  -  Costo- 
tomo,  grosse  forbici,  curve  nella  parte  tagliente,  con 
una  lama  concava  e  1'  altra,  più  larga,  convessa, 
entrambe  robuste;  usate  per  tagliare  le  coste  o  al- 
tro osso  simile. 

Costola.  Parte  ingrossata  della  lama  del  col- 
tello. -  Nei  vegetali,  prolungamento  del  picciuolc 


f-OSTOLAME    —    COSTUME 


755 


attraverso  la  foglia.  -  Veggasi  anche  a  libro  e  a 
tìiacellaio, 

Gostolàme,  costolatura.  Veggasi  a  co- 
stola. 

Costoletta.  La  costola  di  agnello,  di  montone 
0  di  vitello,  fritta  in  padella  o  arrostita  sulla  gra- 
ticola come  la  bistecca:  braciola,  hraciuola;  co- 
stata, costola,  costolina  ;  lonza,  -  Coslolella  alla  mi- 
lanese, propriam.,  costola  di  vitella  col  suo  osso, 
panata  e  fritta  in  padella;  ma  si  dice  anche  d'altri 
tagli  di  carne  di  vitella  cucinati  come  la  vera 
costoletta.  -  Costoletta  panata,  lo  stesso,  a  Firenze, 
che  costoletta  alla  milanese,  oramai  quasi  più  co- 
mune. -  Coteletta,  invece  di  costoletta,  brutto  e  inu- 
tile francesismo  (da  cotelette). 

Costolóne.  Spigolo  della  vòlta. 

Costoro.  Veggasi  a  costui. 

Costoso.  Che  costa  caro,  è  di  molto  prezzo. 

Costoluto.  Detto  a  costola. 

Costretto.  Participio  di  costringere. 

Costringere  (costretto,  costringimento,  costrit- 
tivo, costrizione).  Sforzare,  violentare  ;  obbligare 
altri  a  far  cosa  suo  malgrado  ;  frenare,  ratfre- 
nare,  reprimere,  astringere,  stringere  insieme: 
aggiogare,  aslrignere;  coartare,  cogliere  allo  stretto, 
compulsare  ;  constringere,  costrignere  ;  far  filare 
uno,  far  forza,  far  rigar  dritto,  far  tenere- l'olio  da 
uno  ;  forzare  la  mano  ;  gravare,  indurre  ;  legare, 
mettere,  prendere  alle  strette  ;  mettere  un  gancio 
alla  gola;  pigliare  di  filo,  prendere  con  le  brusche; 
ristringere  ;  serrare  il  busto  addosso  ;  stringere  fra 
l'uscio  e  il  muro;  stringere  i  panni  addosso  ;  tirare 
pei  capelli,  tirare  pei  panni  ;  trascinare,  trascinare 
per  le  orecchie  ;  vincolare. 

Avere,  mettere  le  mani  ne'  capelli  a  uno,  fargli 
fare  a  modo  nostro,  averlo  in  nostra  balia.  -  Fic- 
care una  persona  in  un  impresa,  in  un  imbroglio, 
cacciarvela  per  forza,  contro  voglia.  -  Injluenzare, 
costringere  il  pensiero.  -  Iugulare,  costringere  a  far 
cosa  contro  volontà,  col  coltello  alla  gola.  -  Rico- 
stringere,  ripete  costringere.  -  Ristringere,  conden- 
sare, rendere  duro.  •  Serrare  i  panni  addosso, 
costringere  altri  a  parlare,  a  confessare,  a  fare  a 
nostro  modo. 

Astringeìite  (figur.),  che  ha  facoltà  di  costringere  : 
costringente.  -  Coattivo,  che  costringe  con  minaccia 
di  pena.  -  Coercitivo,  che  ha  scopo,  forza  di  co- 
stringere. -  Costrittivo,  che  serve  a  tenere  bene  ap- 
plicata una  cosa  a  suo  luogo.  -  Colpo  di  Stato 
(scherz.),  d'un  atto  col  quale  costringiamo  altri  a 
fare  a  modo  nostro.  -  Costringimento,  costrizione,  atto 
ed  effetto  del  costringere  :  astringimento,  costringi- 
mento ;  coartazione,  coazione,  coercizione,  costrin- 
zione,  forza,  forzamento.  -  //  dente  o  la  ganascia, 
dichiarazione  di  chi  ha  volontà  risoluta  di  esigere 
che  altri  faccia  una  cosa,  quand'anche  dovesse  sof- 
frirne gravissimo  danno. 

Costretto,  che  fa  una  cosa  per  forza,  contro 
volontà:  accannato,  forzato,  involontario,  necessi- 
tato, obbligato,  stretto,  tirato  pei  capelli,  tirato  pei 
panni,  tirato  con  gli  argani.  -  Essere  costretto,  avere 
il  coltello  alle  gola  ;  cedere  alla  violenza  ;  essere 
giuocoforza;  essere  con  la  corda  o  (più  comunem.) 
col  cordino  alla  gola  ;  fare  una  qualunque  cosa  a 
cazzotti,  a  dispettaccio,  a  dispetto,  a  marcia  forza, 
a  marcio  dispetto,  a  marcio  grado,  a  spinte,  a  spin- 
toni, a  viva  forza,  contro  grado,  forzatamente,  mal- 
grado, malvolontieri,  nolente,  nolentemente,  per 
marcia  necessità,  per  viva  forza,  senza  libero  spi- 
rito, sforzatamente  ;  spinte,  non  sponte  ;  fare  il  la- 


tino a  cavallo  ;  non  poter  fare  a  meno,  non  poter 
fare  diversamente. 

pROVERKÌ.  —  Cosa  fatta  per  forza  non  vale  una 
scorza.  -  Mai  catena  ha  fatto  buon  cane. 

Costrittivo.  Veggasi  a  costringere  e  ad  m- 
nione. 

Costrizióne.  Detto  a  costringere. 

Costruire  {costruito,  costruzióiw).  Detto,  special- 
mente, di  opere  murarie  e  simili,  vale  alzare,  edi- 
Jicare,  erigere,  fare  un  edificio,  murare,  fabbri- 
care; ma  quest'ultimo  verbo  si  applica  piuttosto 
ai.  manufatti  (veggasi  a  lavoro).  Come  termine 
grammaticale,  significa  ordinare  le  parti  di  un'ora- 
zione, di  un  discorso.  -  Costruito,  costruito,  edi- 
licato,  fabbricato,  fatto.  -  Costruttore,  chi  co- 
struisce. -  Costruzione,  l'operazione  del  costruire, 
ddVedificare,  del  fabbricare  :  construtlura,  con- 
struzione;  edificazione,  erezione;  fabbricazione,  fon- 
dazione, opera.  -  Riferito  a  discorso,  modo  in  cui 
un  periodo,  una  frase  o  altra  parte  è  disposta. 

Avere  il  male  della,  pietra,  del  calcinaccio,  avere 
la  mania  di  costruire.  -  Ricostruire,  ripete  costrui- 
re, edificare. 

Costrutto.  Ordinazione  delle  parti  del  di- 
scorso. -  Profìtto,  utile,  utilità;  risultato. 

Costruttore.  Chi  costruisce  o  fa  costruire; 
chi,  per  conto  proprio  o  per  conto  d'altri,  assume 
l'impresa  di  edificare,  cioè  di  erigere,  di  alzare, 
un  edificio  o  di  fare  altri  lavori  in  muratura, 
in  base  a  una  stima,  ossia  a  un  conto  preventivo 
delle  spese  occorrenti:  edificatore,  fabbricatore. 
Egli  compie  molteplici  operazioni  e  all'uopo  si  serve 
di  vari  arnesi  :  per  questi  e  per  quelli  veggasi  ad 
edificare  e  a  muratore.  -  Armatore,  chi  allesti- 
sce una  nave  o  più  navi  a  proprie  spese,  o  anche 
per  conto  d'altri.  -  Capomastro  [capomaestro),  chi, 
per  un  prezzo  convenuto,  prende  a  costruire  fab- 
briche, incaricandosi  di  tutto  il  necessario,  facendo 
dal  muratore  eseguire  le  opere  disegnate  dall'ar- 
chitetto.  -  Impresario,  nell'uso,  nome  che  si  dà  a 
chi  assuma,  in  accollo  o  altrimenti,  costruzioni  o 
altri  lavori  :  assuntore,  intraprenditore. 

Costruzióne.  Operazione  del  costruire,  del- 
Vedifiiare;  nell'uso,  anche  Yedificio.  -  Costru- 
zione navale,  tutto  ciò  che  riguarda  la  costruzione 
d'una  nave.  -  Costruzione  delle  equazioni,  veggasi 
ad  equazione. 

Costui.  Pronome  indicante  una  terza. persona: 
cotesti,  cotesto,  cotestui  ;  questi,  quest'  individuo, 
quest'uomo,  ecc.  -  Femmin.,  costei,  cotesta,  cotestei, 
ecc.  -  Plur.,  costoro,  cotestoro,  ecc. 

Costumanza.  Consuetudine,  abitudine,  co- 
stume, usanza. 

Costumare  (costumato).  Avere  la  consuetudine, 
Vabitudine  di  fare  una  determinata  cosa.  -  Esserci 
il  costume,  l'usanza  di  fare  checchessia.  -  Accostu- 
mare, dar  costume,  educazione. 

Costumatamente.  Secondo  costumatezza. 

Costumatezza.  Buona  condotta;  buon  co- 
stume, morigeratezza,  urbanità.  -  Anche,  pu- 
dore. 

Costumato.  Di  chi  ha  buon  costume. 

Costume  (più  comunem.  al  plur.,  costumi). 
Consuetudine  propria  e  particolare  di  una  persona, 
di  un  luogo,  di  un  tempo  :  costumanza,  forma,  ma- 
niera, modo  di  vivere,  stile,  usanza,  uso.  Figur,, 
tempo  (es.,  il  motto  latino  o  tempora  o  mores,  la- 
mentando i  cattivi  costumi).  Si  distinguono:  i  co- 
stumi morali,  dominati  dalla  religione  e  dalla  mo- 
rale; i  politici,  dipendenti  dall'indole  delle   istitu- 


756 


zioni  politiche  di  un  paese  ;  i  sociali,  dominati 
dalla  condizione  generale  delia  civiltà,  delle  lettere 
o  delle  arti.  Come  ogni  azione  dell'uomo,  come  la 
sua  condotta,  il  suo  contegno,  il  costume  (o  i 
costumi  d'una  o  più  persone,  o  d'un  luogo  o  d'una 
epoca)  può  essere  di  svariatissima  natura,  di  diver- 
sissima indole,  cosi  da  jisultare,  o  sembrare,  buo- 
no 0  cattivo,  civile  o  barbaro,  o  selvaggio  ; 
inspirato  a  inorale,  a  virtù  o  z,  vizio;  onesto, 
puro  0  infetto  da  corruzione;  meritevole  di  lo- 
de o  ài  biasimo,  ecc.  E'  poi  vecchio  o  nuovo, 
antico  0  moderno,  ecc. 

Costumi  adamitici  (figur.),  primitivi,  semplici,  in- 
genui, come  dei  tempi  di  Adamo  ;  antidiluviani 
(fìgur.),  antichissimi,  ridicolmente  vecchi  ;  èor^tam, 
lussuriosi,  scandalosi,  vituperevoli;  «/"/"ewiiwa^i,  molli, 
non  virili,  non  da  uomo,  ma  da  donna  (veggasi  ad 
effeminato)  ;  efferati,  crudeli  (veggasi  a  ci^Ur 
dele)  ;  corretti,  secondo  rettitudine,  secondo  one- 
stà (contr.,  scorretti);  facili  (specialmente  di  don- 
ne), poco  o  nulla  severi  ;  illibati,  purissimi  ;  im- 
puri,  contrari  alla  moralità  ;  immorali,  contro  la 
morale  ;  irreprensibili,  superiori  ad  ogni  censura  ; 
leggieri,  da  gente  volubile  o  sventata,  spensierata 
(veggasi  a  spensierato)  ;  liberi,  secondo  libertà 
(ma  talvolta  anche  in  senso  di  licenziosi);  lussu- 
riosi, secondo  lussuria;  mondani,  tali  da  soddi- 
sfare il  piacere,  il  bisogno  di  godimento,  il  torna- 
conto materiale,  piuttosto  che  corrispondere  ai  det- 
tami della  virtù  (personalmente,  da  buontem- 
pone, da  zerbino,  ecc.);  obbrobriosi,  vergognosis- 
simi; osceni,  impudichi,  offensivi  del  pudore  (veg- 
gasi ad  osceno)  ;  patriarcali,  semplici,  primitivi 
(veggasi  a  semplice);  pazzeschi,  da  pazzo;  rozzi, 
da  persona  rozza,  da  popolo  rozzo  ;  scandalosi, 
tali  da  destare  scandalo  ;  sensuali,  dominati  da 
sensualità;  severi,  inspirati  a  scrupolosa  rettitu- 
dine ;  specchiati,  onestissimi,  illibati  ;  tradizionali, 
osservati  per  tradizione  ;  virtuosi,  secondo  virtù; 
vergognosi,  tali  da  far  vergogna,  da  meritare  ver- 
gogna, apportare  infamia:  vituperabili,  vitupe- 
revoli. 

Austerità,  rigore,  severità  di  giudizio  o  di  costu- 
me ;  indifferenza  ai  piaceri  mondani.  -  Castigatezza, 
purezza  di  costumi,  costumatezza.  -  Corruttela,  de- 
pravazione, con-uzione  dei  buoni  costumi  :  con- 
tagio, fradicio,  fradiciume,  morbo,  pervertimento, 
peste,  putridume,  veleno.  -  Costumatezza,  la  virtù 

Eer  cui  ci  asteniamo  da  male  azioni,  da  libidini  : 
non  costume,  continenza,  decenza,  modestia,  mo- 
rigeratezza, purità,  temperanza,  urbanità.  An- 
che, effetto  pratico  di  quel  che  chiamasi  pudore. 
-  Débauché  (frane),  sregolatezza  di  costumi  ;  spe- 
cialmente, eccesso  nel  bere,  nel  mangiare  e  nel 
darsi  al  piacere  carnale.  -  Illibatezza,  purezza  di 
costumi. 

Lassismo,  rilassatezza  di  costumi.  Sistema  d'opi- 
nioni che  favoriva  la  lussuria  nel  secolo  Vili.  - 
Libertà  di  costume:  indica  licenza,  rasenta  la  li- 
cenza. -  Licenziosità,  scostumatezza.  -  Malcostume, 
cattivo  costume.  -  Medio-evo,  dicesi,  familiarmente,  di 
istituti  e  di  costumanze  che  sembrano  opposte  e  in 
contrasto  con  la  modernità  pratica,  attiva,  scienti- 
iìca.  -  Morbidezza,  effeminatezza.  -  Oscenità,  astratto 
di  osceno.  -  Raffinatezza,  raffinamento,  perfe- 
zione di  costumi.  -  Scapestrataggine,  astr.  di  sca- 
pestrato. -  Scapigliatura,  l'essere  scapigliato,  dis- 
soluto. -  Scostumatezza,  mancanza  di  buon  co- 
stume. •  Sregolatezza,  mancanza  di  regola  nei  co- 
stumi,  per  cui   si  vive  disordinatamente,  nel  di- 


sordine di  ogni  cosa.  -  Uso,  maniera  di  operare 
ammessa  in  paese  :  abitudine,  consuetudine,  mo- 
da, occupazione,  usanza,  ecc. 

Costumare  e  altri  verbi.  —  Costumatamente. 
Costumato. 

Accostumare,  accostumarsi,  far  prendere  o  pren- 
dere un  costume,  un'abitudine:  abituare,  abi- 
tuarsi. -  Cambiare  il  costume,  di  costume,  va- 
riarlo, tramutarlo,  rimutarlo  (rimutamento  di  co- 
stumi). -  Costumare,  usare,  essere  consueto  a  fare  ; 
esserci  il  costume,  1'  usanza  di  far  checchessia,  o 
aver  vigore  un  dato  costume,  una  data  usanza. 
Anche,  educare,  formare  Veducazione.  -  Deviare 
(figur.),  di  costume  che  da  buono  diventa  cattivo  o 
in  qualche  modo  peggiora.  Nello  stesso  senso,  svol- 
tare. -  Imbastardire  i  costumi,  alterarli,  togliere 
loro  o  perdere  la  caratteristica,  1'  originalità.  -  In- 
femminire, diventare  effeminato.  -  Inforastierire, 
diventar  forastiero  di  modi  e  di  costumi.  -  Pu- 
lire i  costumi,  ingentilirli  ;  rendere  il  costume  gen- 
tile. Nello  stesso  significato,  ammorbidire,  rammor- 
bidire. -  Sbarbare  le  cattive  costumanze,  sradicarle. 
-  Variare:  dicesi  delle  modificazioni  a  cui  sono  sot- 
toposti i  costumi. 

Costumatamente,  con  costumatezza:  morigerata- 
mente, castamente,  pudicamente,  decentemente,  pu- 
ramente, urbanamente  (con  urbanità). 

Costumato,  dotato  di  costumatezza  :  accostumato, 
ben  costumato,  castigato,  continente,  morigerato, 
pudico  (che  ha  pudore),  .Contr.,  scostumato,  di 
mala  vita  (veggasi  a  scostumatezza),  malcostu- 
mato ;  gente  da  processo,  di  malaffare,  senza  morale. 

Alcune  figure  di  persona  secondo  i  costumi. 
Locuzioni  e  proverbi.  —  Voci  varie 

Angelo,  si  dice  figuratamente  d'una  persona  di 
costumi  illibati,  d'una  pietà  straordinaria  ;  in  que- 
sto significato  si  dice  anche  al  femminile.  -  Angelo 
Michele,  d'uomo  che,  per  purità,  paia  simile  ad  un 
angelo.  -  Catone,  uomo  di  costumi  rigorosi  e  amico 
di  libertà;  ma,  più  che  altro,  di  chi  ne  fa  ostenta- 
zione. -  Censore,  di  chi  è  abituato  a  censurare  o  é 
esagerato  nella  censura.  -  Ciómpo,  persona  di  co- 
stumi sciatti,  vili.  -  Corrigendo,  di  quei  giovani  di 
mal  costume  e  di  prava  natura  che  sono  chiusi  in 
speciali  istituti  per  essere  ridati  alla  società  cor- 
retti. -  Donna  allegra  (iron.),  di  facili  costumi.  - 
Lassista,  partigiano,  seguace  del  lassismo.  -  Liber- 
tino, di  costumi  liberi.  -  Macchietta,  persona  biz- 
zarra che,  per  condotta,  per  costume  o  pel  vestire, 
è  ridicolmente  o  piacevolmente  notevole.  -  Puri- 
tano, per  estensione,  persona  che  ostenti  grande 
severità  nei  costumi  e  nei  principi  politici.  -  Uomo 
della  vecchia  stampa,  uomo  di  vecchio  stampo,  che 
conserva  gli  antichi  costumi.  -  Vergine  e  martire 
(iron.)  :  di  donna  molto  libera.  -  Far  l'uomo  fiero, 
di  chi  si  atteggia  a  molta  severità  di  costumi.  - 
Far  l'uomo  sodo,  di  persona  che  simula  una  seve- 
rità di  costumi  che  non  possiede. 

/  buoìii  costumi  sono  la  tutela  di  un  popolo.  - 
Tal  madre,  tal  figlia,  di  somiglianza  nei  costumi. 

Ginecónomi,  magistrati  ateniesi,  i  quali  erano 
incaricati  d' invigilare  che  le  donne  si  contenes- 
sero nei  limiti  della  decenza  e  della  modestia  con- 
veniente  al    loro   sesso.   -  Morale,    la    scienza 


757 


dei  costumi.  -  Polizia  dei  costumi,  i  provvedimenti 
amministrativi  contro  la  prostituzione,  la  stampa 
oscena  e  simili.  -  Tropologia,  discorso  dei  co- 
stumi. 

Gostume.  Maniera,  moda  di  vestire. 

Costura.  Parte  della  ealza.  •  Cucitura  (veg- 
gasi  a  cucire)  che  fa  costola. 

Costurino.  Maglia  rovescia  della  calza,  nella 
parte  di  dietro  :  rovescino. 

Oosaccla.  Dimin.  e  peggior.  di  cosa. 

Cotale.  Pronome  relativo  di  qualità:  corrisponde 
a  quale  e  a  tale. 

Cotangente.  Tangente  del  compimento  di  un 
ant/olo. 

Cotanto.  Veggasi  a  tanto. 

Còte.  Pietra  da  arrotino. 

Cotecclo.  Giuoco  che  si  fa  in  due,  e  fino  a  sei 
o  anche  più,  con  quaranta  carte,  il  cui  valore  è 
nell'ordine  seguente  ;  asso,  re,  donna,  fante,  7,  6,  5, 
4,  3,  I.  Ogni  giuocatore  ha  sul  tavolo  tre  marche 
bianche.  Il  maggiore,  dopo  avere  scartato,  fa  ta- 
gliare al  suo  vicino  di  sinistra  e  incomincia,  da 
destra,  la  distribuzione  delle  carte,  dandone  cinque 
per  ciascun  giuocatore,  fino  al  sesto  compreso  ;  gli 
altri  restano  senza  per  quel  turno.  Se  i  giuocatori 
sono  sei,  giuocano  tutti  ;  se  meno,  il  maggiore  dà 
a  tutti,  compreso  sé  stesso,  cinque  carte,  dopo  di 
che  scopre  due  carte  e  le  pone  sul'a  tavola  con  le 
rimanenti.  L'eletto  (il  primo  a  destra  del  mazziere), 
giuoca  una  carta,  e  gli  altri  devono  rispondere  se- 
condo il  colore  0  rifiutare.  Il  giuocatore  che  ha 
preso  ritira  le  carte  davanti  a  sé,  lasciandole  sco- 
perte, acciocché  tutti  possano  vederle  :  poi  giuoca 
una  carta  ;  gli  altri  rispondono,  e  cosi  di  seguito 
fino  all'esaurimento  delle  cinque  carte  che  ciascuno 
ha  in  mano,  ossia  per  cinque  giuocate.  Quindi  si 
conta  :  l'asso  vale  6  punti,  il  re  5,  la  donna  4  e  il 
fante  3.  Il  giuocatore  che  ha  fatto  l'ultima  mano 
conta  sei  punti  in  più  ;  chi  ha  fatto  maggior  nu- 
mero di  punti  perde  una  marca;  cosi  perdono  due 
o  più  giuocatori  se  fanno  lo  stesso  numero  massi- 
mo. Altro  caso  :  se  chi  tenta  di  dare  cappotto  fa 
solo  le  prime  quattro  mani  e  l'ultima  la  fa  un 
altro  giuocatore,  quest'ultimo  prende  una  marca  dal 
giuocatore  che  voleva  dar  cappotto.  Chi  prepara  e 
arrischia  un  cappotto,  se,  dopo  quattro  mani,  crede 
di  non  poter  riuscire  nel  suo  intento,  giuoca  la 
quinta  carta  e  ha  diritto  di  rendere  nullo  il  giuoco. 
E  allora  il  mazziere  torna  a  fare  il  mazzo.  Se  un 
giuocatore  ha  brutte  carte  e  crede  di  non  poter 
salvarsi,  può  dimandare  (quando  viene  il  suo  turno 
e  se  prende  la  prima  mano)  le  grosse  ad  un  giuoco, 
in  modo  di  poter  arrivare  all'ultima  e  fare  come 
nel  caso  precedente.  Non  arrivando,  perde  una 
marca.  Quando  abbia  perduto  le  prime  tre  marche 
bianche,  il  giuocatore  viene  fornito  di  altrettante 
marche  rosse,  quante  ne  possiede  di  bianche  o  di 
rosse  il  giuocatore  che  ne  ha  meno.  Se  poi  perde 
anche  le  rosse,  è  fuori  partita  ;  cosi  i  giuocatori  si 
eliminano  successivamente,  e  1'  ultimo  che  rimane 
guadagna  le  quote  pagate  da  tutti  gli  altri.  Dato  il 
caso  che  gli  ultimi  giuocatori  perdano  tutti  con- 
temporaneamente, facendo  gli  stessi  punti,  1*  unica 
marca  che  resta  loro,  nessuno  vince,  e  si  restitui- 
scono a  ciascun  giuocatore  le  quote  pagate 

Coténna.  Pelle  del  maiale.  -  Pelle  della  testa 
dell'uomo. 

Cotennoso.  Dicesi  del  sangue  coperto  di 
coagulo,  di  cotenna  infiammatoria. 

Cotesto.    Aggettivo   pronominale    che   serve  a 


indicare  persona  o  cosa  prossima  alla  persona  che 
ascolta. 

Cotestel,  cotestoro,  cotestul.  Veggasi  a 
costui. 

Cotechino.  Specie  di  saltarne  insaccato,  di 
maiale. 

Coticola.  Specie  di  schisto  che  Yatn'Otino  a- 
dopera  per  affilare  rasoi,  lancette,  ecc. 

Cotidiano.  Quotidiano,  di  ogni  giorno. 

Cotilèdone.  Placenta  dei  semi  maturi  della 
pianta.  -  Veggasi  anche  a  ruminante. 

Cotllite.  Detto  a  fèmore. 

Cótilo.  L'acetabolo  della  coscia» 

Cotógna.  Frutto  del  cotogno. 

Cotognato.  Confettura  o  conserva  di  mele  o 
pere  cotogne. 

Cotógno.  Albero  rosaceo,  del  genere  del  pero, 
tribù  delle  pomee,  spontaneo  nei  paesi  del  Levante 
e  nelle  regioni  meridionali  d'Europa.  Specie  prin- 
cipali: cotogno  comune,  della  Cina,  del  Giappone, 
ecc.  -  Cotógna,  frutto  del  cotogno,  di  un  bel  colore 
giallo,  quando  maturo;  é  coperto  di  leggera  lanù- 
gine; ha  un  odore  grato  e  penetrante,  ma  la  polpa 
é  molto  aspra  e  poco  sugosa,  sicché  non  lo  si 
mangia  crudo,  ma  sempre  cotto  nello  sciroppo  e 
sotto  la  cenere:  i  suoi  semi  sono  rivestiti  di  una 
lanugine  gommosa  abbondante,  che  si  impiega  util- 
mente in  medicina.  Dicesi  pera  cotogna  la  varietà 
dal  frutto  lungo  e  turbinato  a  guisa  di  pera;  e 
mela  cotogna  quella  che  ha  la  forma  globosa.  La 
cotogna  di  Portogallo  ha  la  polpa  più  tenera  e  più 
odorosa.  -  Cotognino,  che  ha  odore  e  sapore  di  co- 
togno. -  Cotognata,  conserva  o  gelatina  che  si  fa 
cuocendo  le  mele  o  le  pere  cotogne  con  zucchero. 

Cotonato.  Imbottito  di  cotone. 

Cotone.  Nome  di  varie  piante  (arbusti,  erbe 
annuali,  erbe  perenni),  che  producono  un  frutto  i 
cui  semi  sono  avviluppati  da  una  morbida  lanu- 
gine filamentosa,  con  la  quale  si  fa  la  bambagia  f 
la  bambagia  stessa,  usata  a  fare  tessuti  (veggasi  a 
tessuto).  In  base  alle  qualità,  ossia  ai  caratteri  fi- 
sici, si  distinguono  tre  grandi  categorie  :  il  cotone 
asiatico,  quello  americano  e  quello  egiziano.  Del 
cotone  asiatico  esistono  due  tipi  :  il  Gossypium  ar- 
boreum  o  religiosum,  pianta  sacra  degli  Indù  ;  e  il 
Gossypium  erbaceum,  dal  quale  provengono  tutte  le 
varietà  di  cotone  asiatico  che  si  trovano  in  com- 
mercio. I  cotoni  dell'India  sono  di  moltissime  va- 
rietà, designate  dai  nomi  delle  località  in  cui  sono 
coltivate  ;  e  si  hanno  i  cotoni  Jambooser,  i  Broachj 
gli  Oomraioutee,  gli  Hinghenghant,  i  Surate  (a  fibra 
abbastanza  lunga,  fine  e  forte),  i  Dhollerah  (con 
fibra  resistente,  ma  troppo  carichi  d'impurità),  poi 
i  Tinneveliy,  i  Bengala,  gli  Sciìides,  i  Kurrachées,  per 
ordine  di  qualità.  11  Coconnadah  si  distingue  come 
giallastro,  o  giallo-rossiccio,  e  perchè  facilissimo  a 
tingere.  (Caratteri  fisici  che  distinguono  le  diverse 
qualità  di  cotone  sono  :  il  colore,  la  lunghezza  delle 
fibre,  la  finezza,  la  resistenza,  Yelasticitd,  Vomoge~ 
neità,  la  lucentezza.  Variabile  il  colore  :  bianco  ni- 
veo,  bianco  latteo,  o  leggermente  giallo  nei  cotoni 
d'America  ;  giallo  bruno  caratteristico  nel  cotone 
egiziano  (bianca  la  varietà  Abassi)  ;  bianco  grigia- 
stro 0  giallognolo  nei  cotoni  indiani.  -  Principali 
qualità  di  cotone  impiegate  nell'industria  :  Sea- 
Island,  il  più  fine  e  il  più  lungo  (serve  per  la  pro- 
duzione dei  filati  più  fini);  Makó-Egitto,  il  più 
forte  che  si  conosca,  relativamente  al  suo  diametro 
(impiegato  specialmente  per  la  fabbricazione  di  fi- 
lati da  mercerizzare  e  dei  filati  cucirini);  Brasile- 


738 


Fernambuco,  di  color  bianco,  o  leggermente  giallo, 
e  di  fibra  lunga;  New-Orléans-Savannah-Mobile-Texas, 
bianco,  di  fibra  abbastanza  fine  (usato  per  fabbri- 
care telerie,  velluti  di  cotone  e  fustagno);  cotoni 
asiatici,  generalmente  di  color  bianco  grigiastro 
(per  i  filati  più  bassi,  per  le  grosse  maglierie  e  per 
i  tessuti  di  qualità  inferiore). 

Si  distingue  inoltre  il  cotone  a  seta  lunga  o  a 
Rfia  corta,  cioè  a  filo  lungo  o  corto  ;  il  cotone  da 
filare;  il  cotone  erbaceo  o  arboreo;  in  falda  e  in 
fiocchi;  il  cotone  da  imbastire  (ordinario,  del  peg- 
giore), il  cotone  jilato  (per  cucire)  ;  in  biòccoli,  non 
ancora  scardassato;  in  pelo,  non  torto  o  tessuto; 
spoppato,  sfatto,  che  non  sta  bene  insieme. 

Alta  subngia,  la  miglior  qualità  di  cotone.  -  Bam- 
bagia, cotone  filato,  più  grosso  di  qualità;  cotone 
appena  torto  che  serve  a  fare  lucignoli  e.  altro.  - 
Caragach,  sorta  di  cotone  di  Smirne.  -  Cotone  arbo- 
rescente 0  vivace,  specie  notevole,  coltivata  nel  Bra- 
sile, nell'Asia  meridionale,  in  America,  ecc.  -  Co- 
tone erbaceo,  annuale  o  biennale,  con  fusto  liscio, 
ramificato.  -  Cotone  imito,  cosi  detto  per  avere  il 
fusto  peloso,  -  Escalemberg,  cotone  di  Smirne  o 
delle  montagne.  -  Filo  di  Scozia,  sorta  di  co- 
tone filato.  -  Jumel  (frane),  sorta  di  cotone 
dell'  Egitto.  -  Malto,  sorla  di  cotone  egiziano.  - 
Mobile  (pron.  mobil),  qualità  pregiata  di  cotone. 
-  Ovatta,  cotone  in  falde  e  spalmato  con  chiara 
d'uovo. 

Cotoni  meoicinali  e  cotoni  esplosivi. 
Tessuti    di   cotone.  —  Cose   e  termini  vari. 

Il  coione  è  molto  usato  in  medicina  come  mezzo 
di  medicazione,  in  chirurgia  per  la  preparazione  di 
pezzuole  (o  d'altro),  imbevute  di  materie  medica- 
mentose. Tali  :  il  cotone  assorbente  o  idrofilo,  o  pu- 
rificato; il  cotone  al  sublimato  corrosivo,  Vemosla- 
tico,  al  percloruro  di  ferro;  all'acido  fenico;  il  co- 
tone collodio,  fulminante  o  nitrocellulosio,  o  pirossi- 
lina, ecc.  -  Organtina,  tessuto  di  cotone  per  medi- 
cazioni. 

CeUuloide,^ìrìhc\\g\\o  di  cotone  fulminante  e  di 
canfora  fusa,  adoperato  per  vari  usi.  -  Cotone  bini- 
trico,  cotone  collodio,  materia  assorbente  nelle  di- 
namiti a  base  esplosiva:  si  adopera  solo  o  in  u- 
nione  alla  canfora.  -  Fulmicotone,  cotone  fulminante, 
prodotto  esplosivo  risultante  dall'azione  dell'acido 
azotico  sul  celluioso  del  cotone.  -  Pirossilina,  co- 
tone fulminante,  trinitrato  cellulosico. 

Tessuti.  —  Carbasus,  stoffa  di  cotone  usata  dagli 
antichi  Romani.  -  Cotonina,  sorta  di  tessuto  di  co- 
tone per  vestiti.  -  Cretonne  (frane),  tela  di  cotone 
stampata  o  bianca,  usata  specialmente  per  camicie. 
-  Crivelloito,  tessuto  di  cotone  molto  rado  e  molto 
ingommato. 

Masulipatan,  stoffa  di  cotone  delle  Indie.  -  Mollet- 
ton  (frane),  stoffa  di  lana  o  di  cotone,  o  anche  di 
seta,  pelosa  da  una  o  da  ambo  le  parti,  soffice  e 
calda.  -  Mousseline  (frane),  il  più  fine  e  più  leg- 
gero dei  tessuti  di  cotone. 

Pannicino,  tessuto  ordinario  di  cotone.  -  Percalle, 
peixallo,  tessuto  di  cotone  bianco,  operato  a  fiori  o 
a  disegno,  che  serve  per  tende,  parati,  ecc.  -  Pic- 
chè (dal  frane  piqué),  stoffa  di  cotone  formata  di 
due  tessuti,  il  superiore  tramato  a  rombi  o  a  qua- 
dratini, con  filo  fine  e  forma  il  dritto,  l'altro  con 
filo  grosso  e  forma  come  l'imbottitura. 


Tela,  tessuto  di  cotone;  anche,  di  canapa,  di 
lino,  ecc.  -  Tela  d'ovatta,  specie  di  tela  compatta 
ottenuta  dalla  fibra  dopo  l'operazione  della  batti- 
tura. -  Velo  di  carda,  specie  di  tela  soffice  e  sot- 
tile che  si  ottiene  dalla  tela  d'ovatta,  a  mezzo  della 
carda.  -  Velvet,  velluto  di  cotone.  -  Zephir,  voce 
francese  che  indica  un  tessuto  leggiero  di  cotone 
0  di  lana. 

Cose  e  termini  vari.  —  JBalla,  quantità  di  co- 
tone avvolto  in  grossa  tela.  -  Cotonificio,  il  labora- 
torio per  la  preparazione  del  cotone.  -  Cotonoso, 
con  molto  cotone,  con  aspetto  di  cotone.  -  Filo, 
piccola  parte  lunga  e  sottile  che  si  trae  dal  cotone 
con  la  filatura  (veggasi  più  innanzi).  -  Gomitolo, 
palla  di  filo.  -  Gossipina,  la  cellulosa  del  cotone.  - 
3Iatassa,  matassina,  una  certa  quantità  di  filo. 

Nappa,  insieme  di  fili  legati  in  modo  che  for- 
mino mazzocchio.  -  Titolo  o  numero  d'un  filato,  il 
rapporto  fra  una  determinata  lunghezza  di  filo  e 
il  suo  peso.  -  Asclepiade,  genere  di  piante  della 
pentandria  diginia  e  della  famiglia  delle  apocinee  : 
le  sue  numerose  specie  passano  per  medicinali 
e  danno  produzioni  utili  alle  arti.  Da  una  di  esse, 
detta  albero  da  seta,  si  cava  una  specie  di  cotone. 
-  Gossipium  arboreum,  herbaceum  e  barbadense,  tre 
specie  di  piante  del  cotone.  -  Ochroma  lagopus, 
pianta  bombacea,  nativa  delle  Antille,  con  semi  dai 
quali  si  trae  una  bambagia  detta  Edredon  vegetale 
(lana  vegetale). 

Earias,  genere  d'insetti  lepidotteri,  della  famiglia 
dei  nitteolidi,  con  numerose  specie,  di  cui  alcune 
egiziane,  dannose  al  cotone. 


Lavorazione  del  cotone. 


Filatura. 


Sono  parecchie  le  operazioni  alle  quali  il  cotone 
viene  assoggettato,  le  principali  comprese  sotto  le 
denominazioni  di  filatura,  tessitura,  candeggio,  tin- 
toria e  stampa,  le  quali  si  succedono  in  ordine  di 
lavoro.  -  La  filatura  comprende  le  varie  opera- 
zioni che  si  fanno  subire  al  cotone  per  ridurlo  a 
comporre  un  filo.  -  La  tessitura  è  l'insieme  delle 
operazioni  e  V  arte  relativa  con  la  quale  si  com- 
pone il  tessuto,  di  cotone  o  d'  altra  materia  tes- 
sile. Il  candéggio  è  un  altro  complesso  di  opera- 
zioni fatte  allo  scopo  di  imbiancare  il  cotone.  La 
tintoria  e  la  stamperia  abbracciano  le  opera- 
zioni con  le  quali  al  cotone,  e  ad  altre  materie 
tessili,  si  applica  una  materia  colorante  o  si  im- 
primono disegni.  Per  tingere  il  cotone  servono 
l'azzurro  stabile,  V  indusina  o  nigì'osiìia  solubile, 
l'azzurro  di  antracene,  ì'azzurro  di  alizarina,  il  blu 
di  metilene,  la  bronzodiamina,  il  bi'uno  di  toluene, 
il  cattù  di  Lavai,  ecc.  (veggasi  a  colorante, 
pag.  606,  seconda  colonna).  E  si  dice  stato  igrome- 
trico l'umidità  necessaria  alla  riuscita  delle  opera- 
zioni di  filatura  e  di  tessitura  :  si  aggira  sugli  80 
gradi  di  umidità. 

Operazioni  della  filatura  :  sono,  in  prima  linea, 
quelle  [apritura  del  cotone  e  mischia,  battitura,  car- 
datura, pettinatura)  che  hanno  per  iscopo  di  sepa- 
rare le  fibre  le  une  dalle  altre,  per  pulirle  dalle 
impurità  e  per  separarle  da  quelle  meno  buone  ; 
poi,  le  operazioni  fatte  per  condensare  le  fibre 
scelte  secondo  qualità  stabilite,  le  quali  diventano 
poi  definitive  {stimamento  della  fibra,  filatura  pre- 
paratoria, filatura  definitiva). 

Accoppiamento,  operazione  che  ha  pei"   iscopd  di 


7a9 


togliere  le  ineguaglianze  che  possono  esistere  nei 
singoli  ammassi  di  libra  che  vengono  accoppiati.  - 
Alimentazione,  operazione  che  si  pratica  per  mezzo 
del  graticcio,  sul  quale  si  appoggiano,  a  intervalli, 
tre  0  quattro  tele  che  si  svolgono,  sovrapponen- 
dosi sul  graticcio,  e  vi  aderiscono  per  il  proprio 
peso.  -  Aspatura,  formazione  delle  matassine,  per 
mezzo  di  un'aspa:  è  a  filzuoli  (quando  una  matas- 
sina  è  divisa  in  tante  lunghezze  eguali),  o  incro- 
ciata (ottenuta  imprimendo  all'asta  guida-fili  un 
movimento  alternativo.  -  Battitura,  operazione  che 
ora  si  fa  col  battitoio,  descritto  più  innanzi. 

Cardatura,  operazione  che  subisce  il  cotone  dopo 
la  battitura  :  ha  lo  scopo  di  separare  le  fibre  le 
une  dalle  altre,  liberandole  dalle  impurità  che  pos- 
sono ancora  trovarvisi,  e  dalle  fibre  morte  o  imma- 
ture e  corte  {carderia,  sala  della  cardatura).  -  For- 
mazione dei  pacchi,  riunione  di  un  certo  numero 
di  matassine  :  detta  riportata  o  falsa,  quando  ri- 
chiede, per  un  dato  titolo  di  filato,  un  numero  di 
matasse  che,  per  il  titolo  adottato,  dovrebbe  essere 
quello  corrispondente  a  un  altro  titolo.  -  Mischia, 
operazione  necessaria  all'  omogeneità  dell'  impasto, 
consistente  nel  sovrapporre  le  fibre  di  una  balla  su 
quelle  di  un'altra. 

Provinatura  e  revisione  dei  filati,  operazioni  di- 
rette a  correggere  le  variazioni  nel  numero  del  fi- 
lato, mediante  opportune  correzioni  allo  stiramento, 
e  a  scoprirne  gli  eventuali  difetti.  ■  Ritorcitura, 
operazione  necessaria  per  avere  il  filato  ritorto,  a 
due  0  più  capi.  -  Scelta,  operazione  preparatoria, 
che  precede  la  mischia,  consistente  nello  scegliere 
la  fibra  adatta  per  lunghezza,  colore  e  qualità  al 
filato  da  produrre.  -  Sjilaccialura,  operazione  con 
la  quale  la  fibra,  appena  tolta  dalle  balle,  viene  a- 
perta  grossolanamente.  -  Stiramento,  operazione  per 
mezzo  della  quale  una  certa  quantità  di  fibre,  di- 
stribuite su  una  superficie  o  su  una  lunghezza  data, 
si  distribuiscono  su  una  superficie  o  una  lunghezza 
maggiore.  -  Torsione  del  lucignolo,  operazione  fatta 
e  determinata  in  modo  che  esso  lucignolo  possa  a- 
vere  la  resistenza  necessaria  al  suo  svolgimento 
dalla  spola  nei  banchi  a  fusi,  senza  rompersi. 

Accotonare,  arricciare  il  pelo  ai  pannilani.  -  Bi- 
nare, addoppiare,  avvolgere  due  o  più  fili  assieme 
sopra  un  fuso  o  un  rocchetto.  -  Riaccotonare,  ri- 
pete accotonare.  -  Sbambagiare,  di  cotone  che  si  sfi- 
laccia, perché  mal  lavorato  o  usoconsunto. 


Apparecchi,   macchine,  arnesi,    ecc. 
per  la  filatura  del  cotone. 


Apritoio,  macchina  che  rende  più  soffice  e  più 
pura  la  fibra  del  cotone,  prima  di  passarla  alla  ca- 
mera di  misehia.  L' apritoio  più  usato  è  il  Crighton. 
Gli  apritoi,  in  genere,  sono  orizzontali  o  verticali. 
-  Banco  a  fusi,  apparecchio  atto  a  dare  una  forte 
stiratura  a  pressione  ai  nastri  ottenuti  dallo  stira- 
toio e  dar  luogo  cosi  al  lucignolo.  -  Banco  finitoì^e, 
o  banco  in  fino,  banco  sopraffino,  banchi  a  fusi 
che  completano  l'opera  degli  altri  due  banchi  per 
dare  il  lucignolo  atto  alla  filatura  propiHamente 
delta.  -  Banco  ripassatore,  o  banco  intermedio,  se- 
condo dei  banchi  a  fusi  :  agisce  sul  lucignolo  come 
il  banco  sgrossatore  sul  nastro.  -  Banco  sgrossature, 
0  banco  in  grosso,  il  primo  dei  banchi  a  fusi:  serve 
a  ridurre  una  coppia  di  nastri,  binandoli  e  legger- 


mente torcendoli,  a  mezzo  di  un'aspa,  in  lucignolo 
grosso.  -  Battitoio,  meccanismo  formato  da  una  ro- 
busta aspa  tripla  munita  di  regoli  d'acciaio,  a  se- 
zione trapezia,  che  compie  circa  mille  giri  al  mi- 
nulo  :  serve  per  togliere  la  polvere  e  le  impurità 
dalla  fibra,  rendendola  maggiormente  soffice.  -  Bo- 
bina, rocchetto  su  cui  si  avvolge  il  filo;  fuso  pieno 
di  cotone. 

Cappelli  giranti,  sbarre  di  ghisa  che  facilitano  la 
cardatura  dei  primi  fiocchi  di  cotone,  che  sono  più 
grossi  e  più  chiusi.  -  Carda,  macchina  adoperata 
nella  cardatura  :  serve  a  pulire  il  cotone.  Ve  ne 
sono  di  vario  meccanismo  :  quella  detta  carda  a 
cilindri  funziona  per  mezzo  di  cilindri  singolar- 
mente chiamati  lavoratore,  nettatore,  trasportatore, 
spogliatore.  Per  alcune  voci  della  cardalira,  secondo 
gli  antichi  sistemi^  veggasi  a  cardatore.  -  Cari- 
catore automatico,  specie  di  tramoggia  in  cui  si 
getta  a  mano  il  cotone  :  in  esso  alcune  punte,  pe- 
scando nella  massa  di  cotone  che  continuamente 
viene  loro  addossata,  si  caricano  di  fiocchi  di  fibre. 
-  Casse  a  polvere,  apparecchi  per  continuare  la  pu- 
litura del  cotone.  -  Cilindri  d'aspirazione  o  gabbie, 
apparecchi  ventilatori  che  raccolgono  il  cotone  nel 
battitoio,  per  spingerlo  fra  pesanti  rulli,  premuti 
gli  uni  contro  gli  altri  da  robuste  leve  a  contrap- 
peso. -  Cilindro  introduttore,  o  cilindro  a  pressione 
scanalato,  cilindro  che  serve  ad  introdurre  la  tela 
d'ovatta  nella  carda.  -  Condensatore,  apparecchio 
che  serve  a  ridurre  il  velo  in  nastro. 

Filatoio,  nome  generico  di  macchine  che  servono 
a  dare  alle  fibre  la  loro  posizione  definitiva,  me- 
diante una  determinata  torsione  che  le  colleghi  le 
une  alle  altre  in  modo  da  formare  un  filo  continuo 
e  resistente.  -  Fuso,  asta  di  terrò,  a  forma  legger- 
mente conica,  sulla  quale  si  avvolge  il  filo  pro- 
dotto dalla  Ring  o  dalla  Selfacting. 

Gran  tamburo,  parte  essenziale  della  carda,  ci- 
lindro munito  di  una  guarnizione  di  punte  :  pu- 
lisce completamente  le  fibre  e  le  dispone  tutte  pa- 
rallelamente, nel  senso  longitudinale.  -  Graticci,  li- 
ste di  legno  collegate  assieme,  a  forma  di  catena, 
mosse  meccanicamente  e  per  cui  la  fibra  di  cotone 
passa  dal  rompi-balle  alla  mischia. 

Griglia,  arnese  tormato  da  sbarre  orizzontali  di 
ferro  :  contro  esso  vengono  sbattuti  i  fiocchi  di  fi- 
bre trasportati  dall'aspa,  appena  lasciati  i  cilindri 
di  alimentazione,  e  con  ciò  perdono  le  impurità.  - 
Guarnizione  delle  carde,  placca  o  nastro  di  cuoio, 
0  di  tessuto,  in  cui  sono  infisse  punte  metalliche 
della  stessa  forma  e  lunghezza,  uniformemente  di- 
stribuite. 

Ouvreuse  (frane),  cioè  la  lavoratrice,  macchina 
che  lacera  e  sparpaglia  i  fiocchi,  i  quali  vengono 
raccolti  da  una  tromba  aspirante,  lunga  venticinque 
metri,  e  mandati  al  battitore. 

Idroforo,  apparecchio  speciale  per  dare  umidità 
alle  sale  del  cotonificio.  -  Lupo,  vecchia  macchina 
consistente  in  uno  o  due  cilindri  guarniti  di  denti 
di  ferro  o  di  legno  i  quali  ruotano  in  un  cassone 
pure  munito  di  denti,  per  modo  che  nel  loro  mo- 
vimento i  denti  mobili  passano  frammezzo  ai  denti 
fissi  :  un  tempo,  adoperata  per  la  pulitura  del  co- 
tone. -  Navetta  (toscano,  spola,  navicella),  arnese  di 
bosso,  a  forma  di  navicella,  nella  cui  cavità  cen- 
trale si  inette  la  spola. 

Pettinatrice,  macchina  che  fa  penetrare  le  sue 
punte  tra  un  ammasso  di  fibre,  asporta  le  piccole 
impurità  e  le  fibre  più  corte,  e  mette  le  rimanenti 
ben  parallele  le  une  rispetto  alle  altre.  -   Pettine, 


760 


COTONIFICIO    —   CRANIO 


alberino  parallelo  all'asse  dello  scaricatore,  munito 
di  bracciuoli  con  lamina  dentata:  abbassandolo,  au- 
menta lo  stiramento  sul  velo;  alzandolo,  tende  il 
velo,  yi  hanno  pettini  circolari,  rettilinei,  ecc. 
•  Regolatore  a  pedali,  apparecchio  che  agisce  sul 
cilindro  alimentatore  dell'apritoio.  -  Riyig,  filatoio 
continuo  ad  anelli  :  macchina  composta  principal- 
mente di  due  cilindri  che,  spinti  a  grande  velocità, 
stirano  e  avvolgono  con  torsione  su  di  un  fuso  due 
lucignoli  uno  sull'altro,  formando  cosi  il  fi,lato  o 
filo.  -  Ritorcitoio,  macchina  impiegata  per  la  ritor- 
citura 0  torsione  dei  filati  e,  nella  sua  funzione, 
simile  al  filatoio.  -  Rompi-balle  (ingl.,  Bal-breaker), 
apparecchio  consistente  in  una  serie  di  coppie  di 
cilindri  muniti  di  punte,  fra  le  quali  passano  le  fi- 
bre di  cotone  e  che  sostituisce  la  sfilacciatura  a 
mano. 
Saw-gin,  macchina  che  serve  a  sgranellare  il  cotone. 

-  Scaricatore,  tamburo  di  ghisa  sul  quale  avviene 
il  condensamento  del  cotone,  dopo  lo  stiramento 
del  gran  tamburo.  -  Selfacting,  macchina  speciale 
e  complicatissima  che  viene  adoperata,  invece  della 
ring,  per  produrre  il  filato  e  specialmente  la  trama. 

-  Spola,  arnese  che  serve  a  passare  il  ripieno  o 
filo  di  trama  nel  passo  aperto  dell'ordito.  -  Stira- 
toio 0  laminatoio,  macchina  che  serve  a  rendere 
più  regolarmente  parallele  le  fibre  e  per  formare 
un  solo  nastro  con  quattro  o  sei  nastri  di  velo  di 
carda.  E'  formato  da  quattro  coppie  di  cilindri  sti- 
ratori e  da  una  coppia  di  cilindri  raccoglitori. 

Vaso  per  carda,  recipiente  di  latta  o  di  carta- 
pesta, alto  circa  un  metro,  in  cai  viene  raccolto  il 
velo  di  carda  arrotolato.  -  Winding  Frame,  locu- 
zione inglese  dei  tessitori  cotonieri  :  incannatoio, 
macchina  che  prende  il  filo  dai  fusi  e  lo  avvolge 
su  speciali  rocchetti. 

Prodotti,  ecc.  —  Cascami,  rifiuti  delle  varie  ope- 
razioni del  cotonificio.  -  Filato  o  filo,  prodotto  della 
filatura.  -  Impasto,  fibra  di  cotone  risultante  dalla 
miscela  di  due  o  tre  qualità  di  cotone. 

Lucignolo,  prodotto  della  trasformazione  del  velo 
di  carda  attraverso  i  vari  banchi  a  fusi.  -  Ordito, 
(sinonimo  di  catena,  tela,  pezza),  il  complesso  dei 
fili  destinati  a  formare  la  larghezza  e  la  lunghezza 
di  una  stolfa.  -  Ritorto,  filo  formato  da  parecchi 
capi  di  Water  ritorti  assieme. 

Trama,  filo  a  torsione,  soffice,  che  viene  inserito 
a  mezzo  della  navetta  nell'ordito.  -  Water,  filo 
molto  resistente  che  serve  nella  tessitura  per  gli 
orditi. 

Aod  aver  seta:  dicesi  delle  fibre  scartate  dalla 
carda  o  non  adatte  a  dare  un  buon  filato. 

Cotoniflcio.  Fabbrica,  industria,  filatura  del 
cotone. 

Ootonina.  Sorta  di  tela  di  cotone. 

Gotonóso.  Che  ha  natura  o  somiglianza  di  co- 
tone. 

Ootórnlce  (coturnice).  Specie  di  pernice,  di 
quaglia. 

Cotta.  Breve  sopravveste.  -  Specie  di  toga. 

-  Colta  di  maglia,  specie  di  armatura:  camicia 
di  maglia  de^'li  Egizi  e  dei  Cinesi  antichi,  usata 
anche  dai  Romani.  -  Cotta  saladina,  quella  che 
portavano  i  nobili,  dopo  le  crociate,  sopra  l' u- 
sbergo. 

Gottardìta.  Specie  di  veste  antica,  da  uomo  e 
da  donna. 

Cotticelo.  Alticcio,  in  istato  di  ubbriachezza. 
Cottimante,  cottimista.  Veggasi  a  lavoro. 
Cóttimo.  Detto  a  lavoro. 


Cotto,  cottoio.  Veggasi  a  cuòcere. 
Cottura.  Atto  e  grado  del  cuòcere. 
Coturnato.  Detto  a  coturno  e  a  tragedia. 

Coturno.  Sorta  di  stivale,  usato  dagli  antichi 
nel  rappresentare  la  tragedia.  •  Coturnato,  calzato 
di  coturno. 

Cova,  covatura.  Il  covare. 

Oovaccino.  Schiacciatura  di  pasta. 

Govaccio,  covàcciolo.  Covo,  tana. 

Covare  {covato).  Lo  stare  che  fanno  la  gallinaf 
Vuccello,  ecc.,  sulle  loro  uova,  per  farle  schiu- 
dere: cova,  covatura.  ■  Covata,  quantità  d'uova  co- 
vate in  una  volta.  -  Covatrice,  veggasi  a  gallina. 
-  Covatura,  atto  e  tempo  del  covare.  -  Covino,  covo 
per  le  uova  ;  cestino  in  una  gabbia  di  uccelli. 

Covata.  Detto  a  covare 

Covatrice.  Congegno  per  far  schiudere  le  uova 
di  gallina.  -  Incubatrice  per  bambino  (veggasi 
a  pag.  239,  seconda  colonna). 

Covatura.  Veggasi  a  covare. 

Covile.  Covo  di  animale,  del  bestiaìne,  e 
propriamente  di  fiera. 

Covino.  Veggasi  a  gabbia  (di  uccelli). 

Cóvo.  Luogo  nel  quale  dorme  V animale;  co- 
vaccio,  covàcciolo,  tana.  -  Figur.,  letto. 

Covóne.  Fascio  di  paglia'  o  di  messe  tagliata, 
che  si  fa  nella  mietitura:  covo,  fastello,  man- 
nella,  manella,  mannello,  manello,  manipolo,  ma- 
nutello. 

Cozióne.  Detto  a  calore  e  a  cuocere. 

Cozzare  (cozzato).  Percuotere,  ferire  con  le 
corna  (veggasi  a  corno)  -  Figur.,  urtare,  urtarsi, 
dare,  darsi  urto  con  impeto. 

Cozzata,  cozzo.  Il  colpo  dato  cozzando.  - 
Urto. 

Cozzóne.  Negoziante  o  sensale  di  cavalli.  - 
Veggasi  anche  a  tnatrimonio. 

Crampo.  Contrazione  dolorosa  che  si  prova, 
per  lo  più,  alla  gaìuba  e  allo  stomaco  :  gran- 
chio. -  Crampo  degli  scrittori,  yegg&si  a  scrittore, 
•  Crampo  di  petto,  sinonimo  di  angina  pectoris, 
grave  malattia  del  cuore. 

Cranico.  Di  cranio. 

Crànio.  Parte  superiore  e  posteriore  della  te- 
sta, scatola,  cassa  ossea  ovoidale  chiusa  {cavità 
craniana  o  cranica),  contenente  Vencefalo,  ossia 
il  cervello,  il  cervelletto  e  l' istmo  encefalico  : 
scatola  cranica  ;  teschio,  testa.  -  Cranico,  del  cra- 
nio, che  ha  rapporto  col  cranio  :  craniano.  -  Cra- 
nioti,  i  vertebrati  con  cranio. 

Varie  forme  di  cranio. 
Mostruosità'.  —  Studio,  ecc.,  del  cranio. 

Brachicefalo,  o  testa  corta,  il  cranio  in  cui  il 
diametro  trasverso  si  avvicina  al  diametro  antero- 
posteriore  o  longitudinale;  cranio  che,  visto  dall'alto, 
presenta  la  forma  di  un  uovo,  ma  più  troncato  e 
arrotondato  indietro.  Brachicefalia,  tale  stato,  e 
brachicefalo  anche  l' uomo,  il  popolo  che  ha  tale 
cranio.  -  Dolicocefalo,  o  testa  lunga,  nome  dato 
da  Retzius  ai  crani  umani  formati  in  guisa  che, 
veduti  dalla  parte  superiore,  sono  ovali,  con  il  dia- 
metro longitudinale  superiore  d'un  quarto  circa  al 
diametro  trasversale  {dolicocefalia,  lo  stato,  ecc.).  - 
Scafocèfalo,  cranio  a  guisa  di  navicello,  allungato  e 
compresso  lateralmente.  -  Indice  cefalico  {cranico, 
se  lo  si  ottiene  sullo  scheletro),  criterio  per  deter- 


7<)1 


minare  il  tipo  cranico:  si  ottiene  misurando  la  lar- 
ghezza trasversale  del  cranio  e  moltiplicandola  per 
cento,  poi  dividendola  per  la  misura  di  lunghezza, 
o  diametro  antero-posteriore.  Il  numero  che  risulta 
da  questo  rapporto  è  l'indice  :  quando  questo  è  75 
0  meno,  il  cranio  è  dolicocefalo  ;  quando  è  85  e 
più,  brachicefalo. 

Acrocefalia,  mostruosità  caratterizzata  dalla  forma 
aguzza  e  conica  del  cranio.  -  Atelencefalia,  mostruo- 
sità caratterizzata  dallo  sviluppo  incompleto  del- 
l'encefalo e  del  cranio.  -  Macrocefalia,  sviluppo  del 
cranio  e  del  cervello  superiore  al  normale,  quindi 
una  testa  preternaturalmente  Voluminosa:  dicesi 
anche  cefalomegoplasia.  -  Microcefalia,  sviluppo  del 
cranio  e  del  cervello,  inferiore  al  normale  [micro- 
cefalo). 

Craniognomica,  scienza,  arte  di  riconoscere  le  fa- 
coltà e  ledendenze  intellettuali  dell'uomo  dalla  con- 
formazione del  cranio.  -  Craniologia,  studio  del 
cranio,  la  scienza  che  tratta  del  cranio;  e  cranio- 
logo chi  si  dedica  specialmente  alla  craniologia.  - 
Craniologico,  che  si  riferisce  alla  craniologia.  -  Cra- 
niomanzia,  arte  di  indovinare  le  disposizioni  mo- 
rali di  un  uomo  dall'  esame  esterno  del  cranio.  - 
Craniometria,  o  cefalometria,  misurazione  del  teschio 
umano  a  scopi  diversi  e  specialmente  per  distin- 
guere sesso,  età  e  razza.  -  Cranioscopia,  sinonimo 
di  craniologie.,  introdotto  da  Gali.  -  Frenologia,  fi- 
siologia  del  cervello  :  fu,  per  lungo  tempo,  sino- 
niniO  di  dottrina  di  Gali,  e  si  confuse  anche  con 
la  psicologia.  Frenologo,  chi  insegna  e  professa 
frenologia. 


Parti  del  cranio. 


Accessorio,  nervo  del  cranio  che  anima  alcuni 
muscoli  del  collo.  -  Base,  la  parte  inferiore  de' 
cranio,  piatta  e  irregolare.  -  Basio-occipitale,  il  cen 
tro  dell'arco  neurale  del  penultimo  segmento  del 
cranio  nellp  scheletro  archetipo.  -  Basio-sfenoideo, 
il  centro  dell'arco  neurale  del  penultimo  segmento 
del  cranio  nello  scheletro.  -  Bregma,  punto  più  alto 
del  cranio,  detto  anche  vertice. 

Calotta  cranica,  parte  superiore  del  cranio.  - 
Calvdria,  parte  superiore  del  cranio,  fatta  a  vòlta, 
dove  si  manifesta  la  calvizie,  ossia  la  mancanza 
dei  capelli.  -  Cuffia  aponeurotica,  l'aponeurosi  del 
muscolo  occipito-frontale.  -  Cuffia  del  cranio,  la 
parte  superiore  o  vòlta  della  cavità  del  cranio.  - 
Cuoio  capelluto,  la  cute  spessa  che  dà  impianto  ai 
capelli  e  che  si  stende  tutt'attorno  al  cranio. 

Dacrion,  il  punto  del  cranio  in  cui  s'incontrano 
fosso  unguis,  l'osso  frontale  e  l'apofisi  ascendente 
del  mascellare  superiore.  -  Diatripesi,  forma  d'in- 
castro delle  ossa  craniche.  ■  Doccia,  o  fossa  sagit- 
tale, scanalatura  nella  parte  media  della  faccia  in- 
terna della  volta  del  cranio.  -  Emissari  del  Santo- 
rini,  piccole  diramazioni  venose  che,  perforando  le 
ossa  craniche,  fanno  comunicare  le  vene  interne  ed 
esterne  del  capo.  -  Endocranio,  superficie  interna 
del  cranio  ;  la  dura  madre  cranica.  -  Etmoide,  osso 
impari  situato  tra  la  cavità  del  cranio,  le  fosse  na- 
sali e  le  due  cavità  orbitali. 

Fontanelle  {fontes  pulsatiles),  apertui'e  che  si  tro- 
vano nella  parte  ossosa  del  cranio  dell'  infante.  - 
Fori  condoloidei,  quattro  fori,  o  aperture,  che  met- 
tono in  comunicazione  le  cavità  del  cranio  con  la 
parte  inferiore  dell'osso  occipitale.  -  Fossa  craniana 


anteriore,  la  più  elevata  di  tutte  e  formata  dalle 
porzioni  orbitali  del  frontale,  dalla  lamina  cribrosa 
dell'etmoide  e  dalle  appendici  alari  ensiformi  del- 
l'etmoide. -  Fossa  craniana  media,  insieme  di  due 
fosse  laterali  riunite  dalla  sella  turcica:  è  formata 
dalla  superficie  superiore  e  laterale  del  corpo  dello 
sfenoide,  dalla  superficie  centrale  delle  grandi  ali 
di  quest'osso  e  dalla  faccia  superiore  della  rupe  del 
temporale.  -  Fossa  craniana  posteriore:  è  costituita 
dall  occipitale,  dalla  faccia  posteriore  della  pira- 
mide e  interna  della  porzione  mastoidea  del  tem- 
porale. -  Frontale,  osso  piatto,  impari  e  simmetrico, 
ricoperto  dal  muscolo  frontale  e  dalla  pelle  della 
fronte.  -  Fronte,  parte  anteriore  del  cranio,  deli- 
mitata dal  contorno  dell'osso  frontale. 

Lamina  vitrea,  la  lamina  interna  delle  ossa  della 
volta  cranica.  -  Mastoide,  corpicciolo  osseo  a  forma 
di  nocciolo,  retrostante  all'orecchio.  -  Nervi  encefa- 
lici, i  nervi  craniani.  -  Obelion,  regione  del  cranio 
nel  punto  in  cui  la  sutura  sagittale  diventa  sem- 
plice, verso  la  quarta  porzione  della  sua  estensione, 
dividendola  in  cinque.  -  Occipitale,  osso  piano  sim- 
metrico :  ha  la  figura  di  un  rombo.  -  Occipite,  parte 
posteriore  del  cranio,  delimitata  dal  contorno  del- 
l'osso occipitale. 

Parietale,  regione  del  cranio  racchiusa  tra  il 
fronte  anteriormente  e  l'occipite  posteriormente.  - 
Parietali,  le  due  ossa  congiunte  che  occupano  la 
parte  centrale  superiore  laterale  del  cranio  :  sono 
quadrilatere,  esternamente  convesse,  internamente 
concave.  -  Pericranio,  il  periostio  della  parete  e- 
sterna  del  cranio.  -  Protuberanza,  eminenza  della 
superficie  ossea:  mammillari,  quelle  sulla  faccia  e- 
sterna  del  cranio;  occipitali,  le  due  creste  ossee 
scabrose  salle  superficie  esterna  ed  interna  dell'osso 
occipitale. 

Sella  turcica  (sella  equina,  fossa  pituitaria),  fos- 
setta profonda,  quadrilatera,  che  si  trova  sulla  linea 
mediana  della  superficie  superiore  dello  sfenoide  e 
che  accoglie  la  glandola  pituitaria  {clivo,  piano  in- 
clinato che  forma  la  faccia  posteriore  di  una  la- 
mina quadrilatera  che  limita  indietro  la  sella  tur- 
cica,  detta  anche  dorso  della  sella  turcica).  -  Seni, 
cavità  esistenti  nello  spessore  di  alcune  ossa  del 
cranio  e  distinte  con  denominazioni  speciali:  [seno 
occipitale  posteriore,  seno  occipitale  trasverso,  ecc.  - 
Sfenoide,  osso  a  forma  di  pipistrello  che  sostiene, 
alla  base  del  cranio,  tutti  gli  altri  pezzi  ossei 
della  scatola.  -  Sinartrosi  o  articolazioni  immobili 
occupano  il  dorso  e  la  faccia.  -  Sincipite,  osso 
nella  parte  posteriore  del  cranio,  sopra  la  nuca, 
e  la  parte  del  capo  che  ad  esssa  corrisponde.  -  Squa- 
mosa,mastoidea, petrosa,  detta  rocca  temporale,  porzio- 
ni che  si  distinguono  nelle  ossa  temporali,  che  stanno 
sulle  parti  laterali  del  cranio,  al  disotto  dei  parie- 
tali, e  formano  le  tempie.  -  Stefanion,  punto  late- 
rale più  sporgente  del  cranio,  così  chiamato  per- 
chè sopporta  il  contorno  delle  corone  (in  greco, 
stefanon).  -  Sutura,  il  modo  col  quale  si  articolano 
le  ossa  del  cranio  e  della  faccia.  Sutura  parietale. 
quella  che  unisce  le  due  ossa  parietali. 

Tempie,  parte  laterale  del  cranio  fra  il  margine 
frontale  e  l'orecchio.  -  Temporali,  ossa  pari  e  assai 
irregolari  :  stanno  sulle  parti  laterali  del  cranio  al 
disotto  dei  parietali,  e  formano  le  tempie  (tempora), 
così  dette  perchè  vi  spuntano  i  priqai  capelli 
bianchi. 

Vòlta  del  cranio  (anticam.,  bregma),  il  sincipite, 
ossia  la  parte  media  e  anteriore  del  cranio  sopra  la 
fronte  ecf  estendentesi  ai  lati  fino  alle  tempie.  -  Zi- 


762 


CRANIOLOGIA 


gomo,  nome  delle  due  ossa  alle  parti  laterali  del 
cranio,  quasi  triangolari,  le  quali  si  uniscono  al- 
l'osso frontale  e  vengono  avanti  fino  all'  angolo  e- 
sterno  deWorbita  (veggasi  a  occhio). 


Alcune    affezioni    del    cranio. 
Operazioni.  —  Istrumenti. 


Cefalalgia,  dolore  piuttosto  leggiero  e  transitorio 
che  occupa  una  regione  qualunque  o  tutta  l'esten- 
sione del  cranio.  -  Cloroma,  tumore  verdastro  pro- 
veniente dal  midollo  delle  ossa  craniche.  -  Com- 
pressione cerebrale,  fatto  grave  prodotto  spesso  da 
affondamento  delie  ossa  del  cranio.  -  Cranioschisi, 
nome  generico  di  tutte  le  aperture  congenite  del 
cranio.  -  Craniotabe,  rammollimento  delle  osssa  del 
cranio  :  malattia  propria  dei  bambini.  -  Eligma, 
depressione  delle  ossa  craniche,  senza  frattura,  de- 
terminata da  strumento  contundente.  -  Piocèfalo, 
raccolta  di  pus  nella  cavità  cranica.  -  fìafosinftsi 
(gr.),  concrezione  della  sutura  del  cranio. 

Basiotripsia,  basiotrissia,  frantumazione  del  cranio, 
operazione  di  ostetricia.  -  Cranioclasia,  craniotomia, 
veggasi  a  ostetricia.  -  Diacope,  incisione  operata 
sul  cranio,  senza  asportare  alcun  pezzo.  -  Effra- 
zione, frattura  del  cranio  con  frattura  dell'  osso 
fratturato.  -  Encefalotomia,  dissezione  del  cervello; 
vuotamento  del  cranio.  -  1  rapanazione  del  cranio, 
perforazione  delle  ossa  del  cmnio  per  mezzo  del 
trapano  :  veggasi  a  chirurgia. 

Basiotribo,  cefalopagotonio,  cefalotribo,  cranioclaste, 
forcipe,  ecc.,  istrumenti  di  ostetricia.  -  Depres- 
sorio,  strumento  chirurgico  usato  per  abbassare  la 
dura  madre,  dopo  la  trapanazione  e  collocare  fra 
essa  e  il  cranio  il  cos'ideilo  sindone  o  pannolino  ro- 
tondo :  meningotilace.  -  Sindone,  piumacciolo  che  si 
introduce  nel  cranio  trapanato. 

Craniologia,,  craniomanzla,  craniome- 
tria, cranioscopia.  Veggasi  a  cranio. 

Craniotabe.  Detto  a  cranio. 

Crantero.  Veggasi  a  dente. 

Cràpula,  crapulone.  Veggasi  a  gozzovi- 
glia. 

Crasi.  Qualità  o  stato  speciale  del  sangue.  - 
Veggasi  anche  a  vocale. 

Crassezza,  crasso.  Veggasi  a  denso  e  a  igno- 
ranza. 

Cratère.  Bocca  di  vulcano. 

Cravatta.  Pezzuola,  striscia  di  seta  o  d'altro, 
per  lo  pili  annodata,  che  si  porta  intorno  al  collo: 
ciarpina,  corvatta,  croatta  (v.  a  ),  crovatta  ;  pez- 
zuola ;  sciarpetta.  Qualche  cravatta  è  sciolta  e  con 
essa  si  fa  il  nodo;  altre  hanno  il  nodo  già  fatto; 
alcune  hanno  anche  il  fiocco.  ■  Ciarpa,  specie  di 
cravatta  di  tessuto  che  si  mette  al  collo,  facendone 
un  fiocco,  e  che  scende  come  due  fettuccie  sul  petto. 

-  Cravattina,  piccola  cravatta.  -  Cravaltona,  grande 
cravatta.  -  Cravattone,  fascia  di  lana  che  si  porta  al 
collo,  per  ripararsi  dal  freddo:  fascettone,  fazzo- 
letto da  collo;  goleltone,   guardagote,  guardanaso. 

-  Golétto,  fascinola  di  panno  lino,  o  altro,  bianca 
o  colorata,  che  serve  di  cravatta,  ma  fa  un  solo 
giro  del  "collo  e  si  serra  di  dietro  per  mezzo  di 
gangheri  o  di  bottoni. 

Anima  della  cravatta,  pezzo  di  tela  addoppiata, 
frammessevi  trasversalmente  stecchettine  di  balena 
o  fili   di  crino:  ravvoltala  nella  cravatta,  l'anima 


impedisce  a  questa  di  raggrinzarsi  e  scomporsi,  nel 
portarla.  -  Lunetta,  pezzetto  d'acciaio  o  d'altra  ma- 
teria, a  foggia  di  piccola  mezzaluna  :  attaccata  al 
nodo  della  cravatta,  e  messa  per  la  parte  concava 
contro  il  bottone  della  camicia,  serve  a  tenere  in 
posto  la  cravatta  stessa.  -  Molletta,  pezzo  di  me- 
tallo che  si  attacca  nella  parte  posteriore  di  al- 
cune cravatte  a  nodo  fisso  e  nel  quale  si  infila  il 
capo  (rivestito  d'una  sottile  laminetta  metallica  o 
di  materia  dura)  del  cinturino  che  gira  intorno  al 
collo,  lungo  0  dentro  il  colletto. 

Cravattaio,  chi  fa  o  vende  cravatte, 

Cravattone.  Detto  a  cravatta. 

Cràzla.  Antica  moneta  toscana. 

Creanza.  Modo  di  comportarsi,  di  avere  con- 
tegno, in  atti  e  in  parole,  conveniente  a  persona 
educata,  secondo  le  regole  dell'  educazione,  del 
galateo,  deìVurbanitd,  e  anche  del  rispetto.  - 
Buona  creanza^  gentilezza,  regola  di  civiltà. 

Creare  (creativo,  creato,  creatore,  creatrice,  crea- 
zione). Dare  esistenza  alle  cose  traendole  dal  nulla 
0  da  elementi  informi;  far  qualche  cosa  dal  niente; 
comporre,  f<!f're,  inventare;  dar  cagione,  caii- 
sa,  origine.  Anche,  costituire,  eleggere  (veggasi 
ad  elezione),  istituire.  Nel  primo  significato  : 
chiamare,  levare,  dal  nulla;  dar  t'orina,  dar  l'es- 
sere, far  balzare  la  vita,  far  nascere;  fondare 
(di  città,  ecc.);  formare  generare,  mettere  al 
mondo,  all'onor  del  mondo  ;  naturare;  plasmare, 
procurare,  prodm^re  ;  suscitare,  trarre  dal  seno 
del  nulla.  -  Concreare,  creare  insieme  -  Procreare, 
il  generare.  -  Ricreare,  ripete  creare. 

Creativo,  atto  a  creare  :  fattivo.  -  Creato,  parti- 
cipio di  creare:  condito,  fatto,  generato,  uscito  di 
mano.  Contr.,  increato.  Sostantivam.,  si  dice  creato 
y universo,  il  mondo.  -  Protoplasto,  il  primo 
creato.  -  Creatore,  chi  crea  :  artefice,  autore  ;  da- 
tor  di  vita;  facitore,  fabbro  (figur.),  fattore,  geni- 
tore, formatore,  plasmatore,  producitore.  Femmin., 
creatrice,  autrice,  ecc.  Creatore  dell'  Universo,  Dio. 

-  Protoplaste,  il  primo  creatore.  -  Creatura,  ogni 
cosa  creata,  se  è  un  essere  organico.  Nell'uso,  bam^ 
bino,  feto,  figlio,  neonato.  Anche  in  significato 
di  partigiano.  -  Creazióne,  il  creare,  atto  ed  ef- 
fetto :  atto  creativo,  creamento,  formazione,  gene- 
razione, plasmazione,  produzione.  Relativamente 
all'arie,  alla  scienza  e  alla  letteratura:  produ- 
zione inspirata  ddAV intelletto,  creazione  della  /an- 
tasia,  della  mente,  del  genio,  opera  dello  spi- 
rito, fattura  d'invenzione.  In  senso  biblico,  si 
chiama  creazione  l'insieme  del  cielo,  della  Terra 
e  del  mare. 

Epigenesi,  dottrina  (opposta  al  sistema  dell'evolu- 
zione) per  la  quale  la  formazione  d'un  novello  es- 
sere organico  è  un  arricchirsi  progressivo  dell'  or- 
ganismo coi  materiali  preesistenti,  e  la  generazione 
è  una  creazione  nuova.  -  Antigenesta,  trattato  filo- 
sofico  intorno  al  periodo  anteriore  alla  creazione. 

-  Esamerone,  titolo  dei  libri  scritti  da  alcuni  padri 
sulla  creazione,  come  viene  trattata  nei  primi  ca- 
pitoli della  Genesi.-  Jezira  (ebr.,  creazione),  libro 
ebreo  del  sec.  VII  o  dell'VIII,  che  tratta  della  crea- 
zione in  modo  cabalistico. 

Creatina  Sostanza  che  trovasi  nel  liquido 
della  carne.  -  Sarcosina  fmetilglicocollaj,  prodotto 
di  decomposizione  della  creatina. 

Creativo.  Atto  a  creare. 

Creato.  Detto  a  creare. 

Creazióne.  Atto  ed  effetto  del  creare. 


CREDENTE    —    CREDERE 


763 


Credènte.  Chi  crede  (veggasi  a  d'edere);  chi 
ha  fede. 

Credenza.  Il  credeì'e.  -  La  fede  in  cose  di 
religione  ;  anche,  la  fede  politica,  lilosofica,  ecc., 
secondo  questa  o  quella  teoria.  -  Fiducia^  atto 
del  fidare  -  Opinione,  pensiero.  -  Atto  del  fi- 
dare a  credito.  -  Credenza  popolare,  detto  spesso 
in  significato  di  superstizione.  -  Credenziale,  di 
credenza. 

Credènza.  Specie  di  armadio  che  si  tiene  nella 
cucina  e  nella  sala  da  pranzo,  e  nel  quale  si  ri- 
pongono  le  cose  da  mangiare,  i  liquori,  le  frutta, 
ecc.  Anche  il  mobile  nel  quale  si  mettono  le  sto- 
viglie, e  tutto  quanto  serve  per  la  cucina  o  per 
la  preparazione  e  il  servizio  della  mensa:  cre- 
de nziera,  armadino,  dispensa,  madiella,  'prontuario 
ove  si  tiene  rip  osto  quanto  occorre  per  la  tavola  e 
pel  vitto.  Si  designano  talvolta  con  lo  stesso  nome 
di  credenza  tutti  i  generi  di  dolci  e  di  simili  cibi, 
nonché  l'arte  di  ammannirli.  E  credenza,  infine,  si 
chiama  anche  nelle  grandi  case,  la  stanza  nella 
quale  si  tengono  i  cibi,  il  vino,  l'olio  e  simili.  Co- 
me mobile,  la  credenza  ha  spesso,  sotto  il  piano 
ove  si  innalzano  più  palchetti,  una  cassetta  o  una 
specie  di  armadietto,  con  uno  o  più  scompartimenti 
chiusi  da  due  sportelli  ■  Credenzaccia,  peggior.  di 
credenza,  in  tutti  i  sensi.  -  Credenzetta.  dimin.  di 
credenza:  luogo  ove  si  pongono  cose  da  mangiare. 
Può  essere  la  stanza  stessa  men  grande,  o  una  cre- 
denzina  non  molto  piccola.  -  Credenzina,  dimin. 
di  credenza.  -  Credenzona,  grande  credenza.  -  Cre- 
denzone, credenza  più  grande  della  credenzona.  - 
Credenzuccia,  credenza  meschina  di  forma  o  mal 
fornita.  -  Pana rforfl,  voce  lombarda  per  credenza  da 
cucina  (dallo  spagn,,  apai^adora). 

Mastietti,  vario  congegno  di  due  ferri,  sui  quali, 
come  l'uscio  sui  cardini,  si  volgono  gli  sportelli  di 
finestre,  credenze  e  simili.  Uno  dei  ferri  del  ma- 
stietto  è  conficcato  negli  sportelli,  l'altro  nel  telaio. 
•  Palchetto  (volgarm.  alzata),  ciascuna  delle  assi 
che,  sostenute  da  spallette  laterali,  sovrastano  oriz- 
zontalmente al  piano  della  credenza.  ■  Uscetto  della 
credenza,  lo   sportello. 

Credenziera,  femmin.  di  credenziere;  meno  co- 
mune, essendo  quello  di  credenziere  ufficio  più 
da  uomini  che  da  donne.  Può  cadere  per  altro 
opportuno,  massime  come  voce  di  scherzo  fami- 
liare. -  Credenziere,  colui  che  ha,  nelle  grandi  case, 
la  cura  della  credenza  :  maggiordomo. 

Credenza.  Nel  medio-evo,  la  riunione  di  citta- 
dini per  deliberare  intorno  a  pubblici  interessi. 

Credenziale.  11  documento  che  accredita  un 
ambasciatore  o  un  altro  agente  diplomatico 
presso  un  governo  :  lettera  credenziale,  lettera  di 
credenza  ;  il  titolo  che  un  governo  conferisce  agli 
inviati  diplomatici  e  col  quale  si  definisce  la  esten- 
sione dei  loro  poteri  e  il  grado  che  devono  occu- 
pare fra  i  ministri.  -  Anche,  la  lettera  che  si  ri- 
lascia a  persone  raccomandate  e  accreditate  per 
una  somma. 

Credenziera,  credenziere.  Chi  ha  la  cura 
della  credenza. 

Credenzóne.  Veggasi  a  credeì'e. 

Credere  {credibile,  creduto).  Ritener  vero,  che 
sia,  che  è,  che  fu  o  sarà  alcunché  ;  aver  fede  in 
detti,  fatti,  promesse,  persone,  ecc.  ;  opinare,  avere 
un'opinione;  avere  convincimento, jpe»*st*a«ione; 
esser  d'avviso;  far  conto,  ritenere,  stimare,  darsi 
ad  intendere.  Con  varie  gradazioni  di  significato: 
accettare  come  oro,  accettare  per  buona  moneta  (la 


parola  d'altri,  una  notizia,  e  simili)  ;  acquietarsi  ai 
detti  altrui  ;  cavalcar  la  capra  (figur.)  ;  dare,  por- 
gere fede  ;  dare,  porgere  orecchio  ;  essere  d  opi- 
nione ;  essere  fermo  nel  credere  ;  gabellare,  gabel- 
lare per  vero;  porre  l'animo,  porre  l'orecchio; 
prendere  per  contante,  per  denaro  contante  ;  pre- 
stare credenza,  prestar  tede  ;  stare  a  detto,  star  si- 
curi (a  quanto  si  dice,  si  promette,  ecc.)  ;  tenere 
per  articolo  di  fede,  p*ir  vangelo  ;  tenere  per  certo, 
per  certissimo,  per  costante,  per  f-^rmo,  per  sicuro, 
per  sincero. 

Credente,  in  generale,  chi  crede;  particolarmente, 
chi  professa  una  credenza  religiosa  :  religionario.  E 
visionario  chi  si  figura  le  cose  e  le  crede,  come  se 
ne  avesse  avuto  visione  :  allucinato.  -  Credibile,  che 
si  può  credere,  che  ha  in  sé  molti  elementi  di  re- 
rità,  di  certezza:  attendibile,  crediloio,  creditorio; 
degno  di  fede,  di  buona  fonte,  di  buon  loco;  più  che 
probabile,  plausibilissimo,  probabilissimo  ;  vero- 
simigliantissimo, verosimilissimo.  Un  evaniielista 
(scherz.),  di  persona  credibilissima.  -  Fededeyno,  de- 
gno di  fede,  degno  di  essere  creduto. 

Credibilità,  V essere  credìbile:  attendibilità,  veri- 
simiglianza.  -  Credibilmente,  in  modo  credibile, 
da  potersi  credere. 

Abbacinare,  indurre  a  credere  ciecamente.  -  Ar- 
cicredere,  credere  incondizionatamente,  credere  in 
tutto  e  per  tutto,  essere  credenzone.  ■  Avvisare, 
credere,  reputare,  stimare.  -  Bever  grosso,  essere 
corrivo  a  credere.  -  Berersela,  credere  ciecamente. 
.-  Credersi,  nel  significato  più  comune,  reputarsi, 
avere  stima  soverchia  di  sé,  per  presunzioncy 
per  superbia.  -  Dare  polvere  negli  occhi,  alluci- 
nare altri,  togliere  il  modo  di  veder  chiaro  nelle 
cose.  -  Darla  a  bere,  darla  ad  intendere,  far  cre- 
dere altrui  quello  che  non  è. 

Esser  fede  comune,  generale,  relativamente  a  cosa 
creduta  dai  più.  -  Fare  atto  di  fede,  credere  una 
cosa  senza  discuterla  affatto.  -  Far  giudizi  temerari, 
credere  o  accusare  altri  come  reo  di  una  colpa, 
senza  averne  indizio  veruno  o  lievissimo.  •  Possa  re 
da  ricco,  da  povero,  ecc.,  essere  creduto  tale.  - 
Prendere  o  pigliare  una  cosa  per  moneta  corrente, 
crederla  a  occhi  chiusi. 

Ricredere,  ripete  credere.  -  Ricredersi,  credere 
diversamente  da  quel  che  si  credeva  prima:  cam- 
biare opinione.  -  Riposarsi  sopra  uno  o  sopra 
ìina  cosa,  esserne  perfettamente  tranquillo,  non  du- 
bitarne. -  Ritenere,  per  credere,  tenere,  giudicare, 
neologismo  superfluo.  -  Sospettare,  supporre,  cre- 
dere, senza  avere  certezza,  ma  stando  a  qualche 
indizio.  -  Stentar  a  credere,  avere  difficoltà  a  cre- 
dere, massime  trattandosi  di  fatti  o  di  cose  che 
sono  strani,  sembrano  inverosimili. 


Credenza,  credulità'.  —  Credenzone.  —  Locuzioni. 
Non  credere. 


Bona  fede,  buona  fede,  lo  stato  d'animo  di  chi  è 
pronto  a  credere  ad  altri,  a  non  trovare  inganni,  a 
credere  di  non  agir  male  facendo  una  determinata 
cosa.  -  Credulità,  l'essere  credulo,  qualità  del  cre- 
denzone, soverchia  buona  fede:  corrività,  dabbenàg- 
gine, facilità  a  credere. 

Credenzone,  chi  è  troppo  facile  a  credere,  per 
bonarietà  o  per  inesperienza,  o  per  soverchia  sem- 
plicità: avannotto,  bergolo,  bonario;  contadino  coi 


764 


CREDIBILE    —    CREDITO 


E  olii;  corrivo  al  credere,  credulo,  credulone;  di 
uona  fede,  dolce,  dolce  di  sale;  fatappi,  fede- 
laccio,  fidelone,  gazzerone,  gazzerotto  ;  ingenuo  ; 
merlingotto,  merlotto,  minchione;  nuovo  bergolo, 
nuovo  pesce,  nuovo  pippione;  pagolino,  paolino; 
pesciolino,  pesciolino  d'acqua  dolce  ;  piccione,  pip- 
pionaccio,  pippione,  pollastrotto  ;  ricco  di  fede,  in 
fede;  semplicetto, simpliciotto,  semplicione,  sempli- 
ciotto ;  tondo,  tordo.  -  Cordovano,  uomo  semplice, 
che  si  lascia  gabbare  facilmente.  -  Gogò,  diipe,  voci 
del  gergo  francese  :  valgono  imbecille,  crèdulo.  - 
Spugna  (fìgur.),  chi  crede  senza  esitanza  qualunque 
racconto,  anche  stranissimo.  -  Essere  credenzone  : 
arcicredere,  bere  i  rigagnoli,  comprar  le  gatte  in 
un  sacco  ;  fermarsi  al  primo  alloggio,  al  primo  u- 
scio;  lasciarsi  andare  all'esca;  vedere  la  luna  nel 
pozzo. 

Locuzioni,  massime.  —  Credo  quia  absiirdum 
(credo  perchè  assurdo,  inverosimile),  paradosso  di 
sant'Agostino  a  sostegno  della  fede,  la  quale  non 
può  avere  basi  razionali.  -  Experto  credile  (credete 
a  chi  è  esperto),  emistichio  di  Virgilio  {Eneide),  da 
gran  tempo  parafrasato  cosi  :  Quam  subito,  quam 
certo,  experto  crede  Roberto.  -  Il  credere  con  osti- 
nazione cose  non  vere  è  superstizione.  -  La  cre- 
dulità senza  esame  è  abitudine  da  idiota.  ■  Quattrini 
e  santità,  metà  della  metà  :  non  si  deve  credere  a 
quanto  si  dice.-  Tu  mi  fai  celia!  quando  qualcuno 
ci  dice  cosa  che  non  crediamo,  o  che  ci  par  trop- 
po lusinghiera. 

Non  credere.  —  Discredere,  non  credere  più  quel 
che  si  credeva  :  far  la  tara,  mettere  in  quarantena, 
miscredere,  negar  fede.  -  Dubitare,  aver  dubbio, 
non  credere  una  cosa  in  tutto,  o  in  parte.  -  Essere 
come  san  Tomaso  (scherz.),  non  credere  se  non  si 
vede  ;  anche,  di  chi  in  qualunque  circostanza  vuol 
sempre  le  prove,  vuol  sempre  vedere  coi  propri  oc- 
chi. -  Scredere,  non  credere  più  ;  anche,  disingan- 
narsi, uscir  d'inganno. 

Assurdità,  assurdo,  ciò  che  è  contrario  al 
vero  e  quindi  non  si  può,  non  si  deve  credere.  - 
Inattendibile,  che  non  si  può  credere,  non  si  può 
ammettere.  -  Inconcepibile,  che  non  si  può  conce- 
pire, non  si  può  credere:  incredibile.  -  Incredi- 
bile, da  non  potersi  credere  (astr.,  incredibilità).  - 
Inopinabile,  da  non  potersi  credere.  -  Incredulo, 
chi  non  crede  a  una  cosa  a  cui  altri  crede  e  che 
pure  vorrebbe  far  parere  evidente  {incredulità, 
astr.  di  incredulo).  -  Miscredente,  chi  non  crede, 
non  è  religioso,  ma  eretico.  -  Miscredenza,  man- 
canza di  religione.  -  Nihilismo  (figur.),  il  non  cre- 
dere a  nulla. 

Credibile,  credibilità.  Veggasi    a  credere. 

Crédito.  (Quello  che  s'  ha  ad  aver  da  altri,  detto, 
per  lo  più,  di  moneta;  somma  che  si  deve  ri- 
scuotere ;  diritto  che  compete  a  chi  diede  una 
merce  senza  averne  il  pagamento,  o  a  chi  ha  pre- 
stato denaro  o  in  qualunque  modo  avanza  da  al- 
tra persona,  la  quale  perciò  è  in  débito:  attività, 
attivo,  avere,  fido,  ragione,  spettativa,  spettazione. 
Deriva,  per  lo  più,  dalla  credenza,  ossia  deli'  atto 
di  fiducia  per  cui  si  dà  una  merce  o  altro,  col 
patto  di  aspettarne  il  pagamento.  -  Creditore,  cre- 
ditrice, chi  ha  un  creaito. 

Credito  acceso,  quello  registrato,  vivo  ;  agrario, 
quello  che  si  fa  all'agricoltore,  in  quanto  coltiva  e 
produce  ;  chirografario,  quello  portato  da  scrittura 
privata;  esigibile,  maturo,  scaduto,  il  credito  allor- 
ché sia  venuto  il  tempo  del  pagamento:  fondiario, 
quello  che  si  fa  assicurando  su  beni  stabili  ;  fruì' 


tiferò,  quello  che  dà  interesse  (contr.,  infrutti- 
fero):, illimitato,  non  ristretto,  non  precisato  rela- 
tivamente alla  somma  o  al  tempo;  impegnalo,  ipo- 
tecato, da  non  poterne  disporre  a  volontà;  in  sof- 
ferenza, il  credito  che,  per  le  condizioni  poco 
buone  del  creditore,  si  sa  di  non  potere  realizzare 
per  intero  ;  ipotecario,  quello  portato  da  istrumento 
d'  ipoteca  ;  liquido,  credito  riconosciuto,  chiaro , 
senza  eccezione  ;  privato  (personale  o  collettivo), 
quando  il  debitore  è  persona,  oppure  un  corpo 
morale,  ma  sprovvisto  di  carattere  pubblico  ;  pri- 
vilegiato, che  va  innanzi  a  tutti  ;  pubblico,  quando 
è  debitore  lo  Stato  o  un  altro  ente  politico  ;  reale, 
quando  si  basa  sopra  un  pegno  speciale  offerto 
dal  debitore  ;  straordinario,  quando  contratto  o  con- 
ceduto in  circostanze  eccezionali. 

Fido,  credito  commerciale.  -  Non  valori,   crediti 
inesigibili  e  merci  invendibili. 


Atti,  diritti,  formule,  ricevute,  ecc. 
Operazioni  inerenti. 


Acceltilazione,  formula  con  la  quale  il  creditore 
si  dichiara  soddisfatto  nelle  sue  ragioni,  per  lo  più 
quando  si  tratta  di  restituire  una  obbligazione.  - 
Anticresi,  contratto  mediante  il  quale  il  creditore 
acquista  il  diritto  di  fare  suoi  i  frutti  dell'immo- 
bile del  suo  debitore,  con  l'obbligo  di  imputarli  an- 
nualmente a  sconto  degli  interessi,  se  gli  sono  do- 
vuti, e  quindi  del  capitale  del  suo  credito.  -  Asse- 
gnamento, ragione  di  credito,  che  si  cede  altrui, 
acciocché  se  ne  valga  a  suo  tempo.  Azione  d'effet- 
tuare fondi  al  pagamento  d' un  debito  o  di  una 
rendita.  Sostituzione  di  terzi  al  pagamento  d' un 
debito.  -  Assegno  fisso,  veggasi  a  debitore.  •  Atti- 
vità, le  partite  di  credito,  d'un  patrimonio,  di  un'am- 
ministrazione. Contrario  di  passività.  -  Azione  pao- 
liana,  nel  diritto  romano,  l'azione  del  creditore 
contro  atti  del  debitore  che  a  lui  rechino  danno. 

Benefizio  d'escussione,  il  diritto  che  ha  il  fideius- 
sore di  obbligare  il  creditore  a  escutere  prima  i 
beni  del  debitore  principale.  -  Cedebònis,  cessione 
di  tutti  i  beni  in  favore  dei  creditori.  -  Colloca- 
zione, l'ordine  che  si  assegna  a  un  creditore  fra 
tutti  quelli  che  hanno  parte  nella  divisione  dei 
beni  di  un  debitore.  -  Danno  positivo  o  emergente 
si  chiama  dai  giuristi  la  perdita  sofferta  dal  cre- 
ditore; danno  negativo  o  lucro  cessante,  il  guadagno 
di  cui  il  medesimo  fu  privato. 

Giudizio  di  espropriazione,  quello  che  si  eseguisce 
contro  il  debitore  per  ottenere  la  vendita  dei  suoi 
beni  mobili  e  immobili,  il  cui  prezzo  ricavato  si 
ripartisce  fra  i  creditori.  -  Graduazione  del  prezzo, 
0  dei  creditori,  modo  col  quale  si  determina  il  posto 
dovuto  a  ciascuno  dei  creditori  nel  prezzo  della  cosa 
venduta  al  comun  debitore,  allo  scopo  poi  di  divi- 
dere fra  essi.  -  Ipoteca,  diritto  acquistato  da  un 
creditore,  o  per  accordo  col  debitore  o  per  sentenza 
del  tribunale,  sopra  un  immobile  del  debitore  a 
garanzia  del  proprio  debito. 

Obbligazione  in  solido,  quella  per  cui  ciascun 
creditore  può  domandare  tutto,  o  ogni  debitore  è 
tenuto  per  tutto.  -  Omologazione  per  parte  del  Tri- 
bunale, il  concordato  reso  valido  obbligatorio  per 
tutti  i  creditori.  -  Onerazioni  di  credito,  i  mutui,  lo 
sconto  di  cambiali  che  si  fanno  presso  una  Banca 
o  altrimenti. 


r6o 


Partita  di  credito,  il  conto  a  favore,  M'avere  di 
qualcuno  e  inscritto  sui  libri  di  amministra- 
zione^ di  contabilità.  -  Pegno,  quel  che  si  dà 
per  sicurezza  del  credito,  da  restituirsi  dopo  l'estin- 
zione del  debito.  -  Prenotazione,  il  prenotare,  ossia 
l'inscrivere  un  credito  prima  d'altri  :  vantaggio  di 
alcuni  creditori.  -  Prescrizione,  mezzo  col  quale, 
decorso  un  periodo  di  tempo,  e  sotto  condizioni  de- 
terminate dalla  legge,  taluno  acquista  un  diritto  o 
è  liberato  da  un  credito.  -  Privilegio,  in  diritto 
civile,  distintivo  di  un  credito  che  deve  essere  pa- 
gato a  preferenza  (diritto  di  prelazione). 

Quota  civile  è  detta,  legalmente,  la  parte  distinta  di 
credito  o  debito  in  cui  si  può  dividere  l'obbliga- 
zione. -  Resto,  saldo  d'un  credito  o  d'un  debito.  -  IH- 
messione,  atto  per  cui  il  creditore  rinuncia  al  pro- 
prio credito  a  vantaggio  del  debitore,  talvolta  for- 
zatamente, per  legge  o  per  sentenza.  -  Surr-oga, 
atto  per  cui  taluno  subentra  nei  diritti  di  un  cre- 
ditore ipotecario,  succedendo  nel  grado  già  da  que- 
sti occupato. 

Abbonare,  abbonire,  fare  un  abbuòno,  rinunciare 
a  una  parte  del  credito.  -  Accreditare,  porre  a  cre- 
dito :  inscrivere  a  credito,  all'attivo,  all'entrata.  - 
Acquetare  un  creditore,  soddisfarlo  in  qualche 
modo.  -  Avanzare,    essere   creditore,   dover  avere. 

-  Cedere,  girare  un  credito,  passarlo  ad  altri.  -  Do- 
ver avere,  essere  creditore.  -  Essere,  stare,  rima- 
nere, trovarsi  in  disborso,  rimanere  a  credito  per 
sborsi  anticipati  fatti  a  uno  o  per  conto  d'uno. 

Fare  il  trapasso,  cedere  un  titolo  di  credito  a 
un'altra  persona.  -  Graduare,  assegnare  a  ciascun 
creditore  quello  che  gli  spetta  di  una  persona  fal- 
lita. -  Liqutdai'e,  riconoscere  la  validità  d'un  cre- 
dito, fissandone  l'importo  ;  vale  anche  saldare  un 
conto.  -  Pagare,  soddisfare,  acquietare,  contentare, 
gabbare  il  creditore,  espressioni  di  chiaro  signifi- 
cato. -  Prendere  a  credito,  senza  pagare  all'atto 
della  compra:  comprare  a  crai  (domani);  compra- 
re, fare  a  credenza,  a  debito,  a  chiodo,  a  fido,  a 
mora,  a  schiaffo,  a  tempo,  per  tempo  ;  pigliar  a 
griccia  (detto  di  cose  piccole).  -  Protestare  un  cre- 
dito, disdirlo. 

Richiedere  un  credito,  domandare  a  una  ditta,  a 
una  Banca  che  ci  si  apra  un  determinato  cre- 
dito. -  Ricoprire,  assicurare  i  propri  crediti  o  si- 
mili. -  Rimanere  zìo  (scherz.),  non  essere  pagato 
di  un  credito.  -  Riscuotere  i  credili,  effettuarne 
la  riscossione,  incassarne  l'importo.  -  Saldare,  pa- 
reggiare debiti  e  crediti.  -  Sdebitarsi,  soddisfare 
il  creditore,  pagare  il  debito.  -  Spogliarsi,  d'ogni 
credito,  rinunciarvi.  -  Stancheggiare  un  creditore, 
tenerlo  a  bada  e  renderlo  inerte   a   poco   a  poco. 

-  Trovarsi  in  credito,  avere  più  crediti  che    debiti. 

-  Voltare,  di  debiti,  crediti,  eredità,  intestarli  a 
un  altro. 


Istituti  di   credito. 
Persone,  carte,  titoli.  —  Varie. 

Istituti  di  credito  si  chiamano  quelli  che  hanno 
per  iscopo  di  procurare  e  facilitare  il  credito.  - 
Banca,  stabilimento  di  credito  pubblico  destinato 
a  mettere  in  circolazione  della  carla-valore  per  fa- 
cilitare le  operazioni  di  commercio,  scontando  cam- 
biali, ricevendo  ipoteche,  facendo  -prestiti,  ecc.  - 
Credito  fondiario,  istituto  sancito  dalla  legge  i4 
giugno   1866   ed   esercitato  da   alcuni  Banchi:  ha 


per  oggetto  di  prestare,  per  prima  ipoteca  sopra 
beni  immobili  e  sino  alla  metà  del  loro  valore, 
somme  rimborsabili  con  ammortamento.  -  Credito 
mobiliare,  istituto  fondato  a  Parigi,  nel  1832,  dal 
quale  vennero  poi  istituti  di  simil  genere,  allo 
scopo  di  sostenere  e  di  promuovere  il  credito  e  di 
servire,  particolarmente,  da  intermediari  fra  i  ca- 
pitalisti e  coloro  che  hanno  bisogno  di  capitali. 
Cosi,  le  Banche  ipotecarie,  le  Banche  di  Credito  fon- 
diario, le  Casse  di  prestilo,  le  Case  di  pegno,  le 
Unioni  di  credito  rurali,  ecc.  -  Stanza  di  compen- 
sazione, meglio  che  camera  di  compensazione,  isti- 
tuto di  commercio  nel  quale  reciproci  debiti  e  crediti 
si  compensano  e  vengono  estinti  sino  alla  loro  con- 
correnza. -  Unione  di  credito,  istituto  fondato  da 
persone  che,  avendo  bisogno  del  capitale,  ricor- 
rono all'associazione  con  vicendevole  malleveria,  in 
solido,  dei  singoli  membri,  diversamente  dalle  Ban- 
che fondate  dai  capitalisti. 

Banchiere,  chi  fa  operazioni  di  credito,  nego- 
zia valori  pubblici,  ecc.  -  Censore,  chi,  negli  isti- 
tuti di  credito,  vigila  il  buon  andamento  dei  ne- 
gozi. 

Azione,  certificato  che  giustifica  il  versamento 
fatto  ad  una  società  o  ditta  di  commercio  per  la 
formazione  del  capitale.  -  Azione  al  portatore, 
quella  che  non  indica  la  persona  che  ha  versato  la 
quota  di  capitale.  Azione  intestata,  V  opposto.  - 
Cartella,  cartella  di  rendita,  titolo  o  certificato  di 
credito  verso  lo  Stato  o  un  comune,  società,  ecc.  - 
Castelletto,  veggasi  a  Banca  (carte,  registri,  titoli, 
ecc.),  pag.  244,  seconda  colonna.  -  Cedola  ("nell'uso, 
cupone),  cartolina  che  si  stacca  da  una  cartella  di 
rendita  per  riscuotere  il  valore  degli  interessi  ma- 
turati -  Domanda  d'iscrizione  di  credito,  foglio  di 
carta  bollata  contenente  la  esplicita  dichiarazione 
che  il  credito  insinuato  é  vero  e  reale.  •  Lettera 
di  credito,  lettera  che  un  banchiere  dà  a  un 
viaggiatore  perchè  possa  riscuotere  denaro  da  altro 
banchiere  di  un'  altra  città.  Anche,  il  documento 
che  accredita  l'ambasciatore  presso  un  altro  go- 
verno. -  Libretto  di  risparmio,  veggasi  a  rispar- 
mio. •  Ricapito,  carta  qualunque  di  credito.  -  Ti- 
toli di  credito,  effetti,  carte-valori,  scritti  che  con- 
tengono la  promessa  di  prestazione  in  denaro  o  in 
merci.  Si  distinguono,  riguardo  al  debitore,  in  ti- 
toli di  credito  pubblico  e  di  credito  privato;  ri- 
guardo al  modo  di  emissione,  in  nominativi,  o  in- 
testati, se  portano  il  nome  di  una  determinata  per- 
sona ;  all'ordine,  se  il  nome  del  creditore  è  prece- 
duto 0  seguito  da  tale  clausola  ;  al  portatore,  se  in 
essi  non  figura  alcun  nome  e  si  ritengono  quindi 
proprietà  di  chiunque  li  presenti.  -  Vaglia,  titolo 
di  credito  sul  quale  si  ordina  un  pagamento. 

Varie.  —  Buona  o  cattiva  firma,  quella  di  un 
negoziante,  a  seconda  che  ha  molto  o  poco  credito. 
-  Riserva  metallica,  quel  fondo  di  moneta  metallica 
che  gli  istituti  di  credito  sono  obbligati  a  tenere 
nelle  casse,  per  garanzia  dei  biglietti  fiduciari  a 
corso  libero  autorizzato  dal  governo. 

//  suo  inchiostro  non  corre,  di  chi  non  ha,  non 
trova  credito.  -  Puzzar  d'inchiostro,  di  cosa  che  si 
sia  presa  a  chiodo,  a  credito. 

Crédito.  Riputazione,  stima  di  cui  gode  una 
persona,  specialmente  negli  affari.  -  Di  una  bot- 
tega, l'aver  nome  di  onestà  e  di  discretazza.  - 
Pregio  in  cui  è  tenuta  una  cosa  per  le  sue  qua- 
lità. -  Accreditato,  avente  credito.  -  Conservare,  as- 
sodare, mantenere,  pei-dere  il  credito,  espressioni  di 
chiaro  significato.  -  Influenzare,   influire,  avere  in- 


766 


CREDITORE 


CREPARE 


fluenza,  essere  intuenti,  aver  credito,  potere,  au- 
torità, ecc.  -  Screditare,  levare  o  scemare  il  cre- 
dito. •  Alla  scesa  tutti  i  santi  aiutano,  andar  giù, 
a  perdere  il  credito,  si  la  più  presto  che  a  con- 
quistarlo. 

Creditore.  Chi  ha  un  credito  o  più  crediti  ; 
colui  al  quale  è  dovuto  denaro,  o  roba,  od  altro 
di  simile,  come  equivalente  delle  cose  sommini- 
strate 0  cedute.  -  Cadavere,  detto  scherzosam.  per 
creditore,  sul  bisticcio  :  Cd  d'avere.  -  Composto, 
tolleranza  del  creditore  verso  il  debitore;  il  dargli 
tempo  a  pagare.  -  Concredilore,  creditore  in  com- 
pagnia d'altri,  -  Creditore  cambista,  chi  ha  crediti 
derivanti  da  scritte  di  cambio.  -  Creditore  chiro- 
grafario,  quello  il  cui  credito  non  risulta  da  atto 
pubblico,  ma  da  scrittura  privata.  -  Creditrice,  fem- 
min.  di  creditore. 

Essere  creditore:  andar  in  credito;  avanzare,  a- 
ver  a  avere,  aver  avere,  aver  da  avere  ;  essere, 
rimanere,  stare,  trovarsi  in  credito  o  in  disborso  ; 
restar  compare  o  parente  (aver  prestato  denari  a 
chi  non  li  rende). 

Credo.  Simbolo  apostolico  o  professione  di  fede, 
che  nel  cattolicismo  comincia  con  tale  parola.  -  La 
terza  parte  della  messa,  la  quale  contiene  la  pro- 
fessione di  fede. 

Credulità  (credulo).  Soverchia  e  ingenua  faci- 
lità a  crédere:  corrività,  dabbenaggine. 

Crèdulo.  Corrivo ,  facile  a  credere  :  cre- 
denzone. 

Crèma.  La  parte  più  sostanziosa  e  densa  del 
latte,  usata  specialmente  a  far  burro  :  tose, 
panna  ;  capo  di  latte,  fiore  del  latte,  fior  di  latte. 
-  Sorta  di  dolce  fatto  di  panna,  mista  con  tuorli 
d'  uovo,  anche  con  cioccolata  o  caffè,  zucchero  e 
aromi,  il  tutto  rimestato  per  farlo  incorporare  o 
rappigliare  al  fuoco.  -  Crema  dei  liquoristi,  liquido 
fino  e  sopraffino.  -  Crema  medicinale,  preparato  ma- 
gistrale, nutritivo,  gradevole  al  palato  e  mediea- 
mentoso.  -  Crema  sbattuta,  vivanda  che  si  fa  sbat- 
tendo la  panna  del  latte  perché  rigonfi,  e  aggiun- 
gendovi poi  dello  zucchero,  con  qualche  profumo: 
lattemele,  lattemiele,  panna  montata.  Si  mangia  con 
cialdoni,  specie  d'ostie  arrotolate  a  cannello.  -  Flan 
(frane),  pasticcio,  torta  di  crema,  uova,  farina  e 
simili  ingredienti,  fatto  anche  con  verdure,  legumi, 
carni  passate  e  cotte  in  istampo  e  a  bagnomaria. 

Cremometro,  istrumento  (cilindro  di  vetro  gra- 
duato) per  misurare  la  quantità  di  crema  contenuta 
nel  latte.  -  Montare,  detto  di  uova,  panna,  crema, 
ecc.,  operazione  per  cui  le  si  fanno  ricrescere,  agi- 
tandole, frullandole,  sbattendole. 

Cremare  (cremato).  Detto  a  cremazione. 

Crematoio.  Apparecchio,  forno,  edificio  per  la 
cremazione. 

Crematologia,  crematonomia.  Veggasi  a 
riccJiezza. 

Cremazióne.  Combustione,  distruzione  dei  ca- 
daveri per  mezzo  del  fuoco:  incenerimento,  incine- 
razione. -  Cremare,  neologismo  formato  dal  latino 
cremere,  bruciare,  ardere  :  mettere  un  cadavere  nel 
crematoio,  per  ridurlo  in  cenere.  E  ceneri  si  dicono 
gli  avanzi  del  corpo  cremato:  gli  antichi  le  racco- 
glievano entro  un  lenzuolo  d'amianto,  incombusti- 
bile. -  Crematoio,  apparecchio  (forno)  e,  anche,  l'e- 
dificio (tempio  crematorio),  nel  quale  si  procede  alla 
alla  cremazione. 

Ara  sepulcri  o  ara  funeris,  il  rogo  funebre  su 
cui  anticamente  era  bruciato  un  cadavere.  -  Forno 
crematorio,  apparecchio  per  la  cremazione,  vario  di 


struttura  e  di  funzione  e,  per  lo  più,  designato  col. 
nome  dell'inventore  (quindi  crematoio  Gorini,  Ve- 
nini,  Mesmer,  Guzzi,  Rey,  ecc).  -  Pira,  catasta 
di  legna,  rogo.  -  Rogo,  catasta  di  legna  per  ab- 
bruciare i  cadaveri;  si  costruiva  in  forma  d'al- 
tare, e  vicino  ad  esso  si  immolavano  animali  o 
schiavi,  si  bruciavano  vivi  certi  condannati  e  si 
celebravano  danze,  giuochi,  combattimenti  di  gla- 
diatori, ecc.:  capanna,  capannello,  capannuccio, 
stipa.  -  Urne  cinerarie,  vasi  cinerari,  quelli  in  cui 
si  chiudono  le  ceneri  del  cadavere  abbruciato.  - 
Ustrinà,  luogo  dove  si  riponevano  gli  avanzi  del 
rogo,  nell'età  del  bronzo. 

Alzar  capanne  (cataste),  porre  al  rogo.  -  Far  la 
matta  ai  vermini,  morire  sul  rogo. 

Gli  apparecchi  di  cremazione  finora  'immaginati 
ed  esperimentati  si  possono  dividere  in  due  classi  : 
apparecchi  a  storia  o,  meglio,  a  distillazione;  ap- 
parecchi a  combustione.  In  questi  il  cadavere  viene 
direttamente  investito  dalle  fiamme  prodotte  da  un 
focolare  a  legna  o  dal  gas  illuminante,  oppure  da 
quelle  prodotte  dall'accensione  dei  gas  sviluppan- 
tisi  da  un  forno  gasogeno  a  contatto  dell'aria  atmoa 
sferica,  introdotta  nell'  apparecchio  ;  in  quelli  ho 
luogo  una  vera  distillazione  del  cadavere  in  vas  i 
chiuso  (tali  gli  apparecchi  Du  Jardin,  Cadet,  Bett- 
e  Terruzzi,  ecc.).  -  Di  un  forno  crematoio,  general- 
mente, fanno  parte  il  focolare,  la  camera  di  crema- 
zione (con  relativa  porta),  il  camino,  il  condotto  del 
fumo  e  dei  prodotti  di  combustione,  le  spie,  o  spi- 
ragli di  osservazione,  orifici  chiusi  da  vetri,  attra- 
verso i  quali  si  può  vedere  il  cadavere  in  preda 
alle  fiamme.  La  camera  di  cremazione  contiene  ; 
Vapparecchio  di  ustione,  il  cineratoio  (lastra  desti- 
nata a  raccogliere  le  minute  porzioni  dei  residui 
della  cremazione,  cadenti  dalla  griglia)  e  la  griglia, 
formata  da  un  telaio  scorrente  su  puleggie.  Proce- 
dimento che  si  segue  nella  cremazione  :  la  salma 
viene  portata  dalla  camera  mortuaria  all'ara  cre- 
matoria sopra  un  carrello,  attraverso  una  piatta- 
forma scorrevole  su  rotaie,  oppure  su  un  carrello 
scorrevole  per  sé  stesso  su  guide.  In  un  tempio 
crematorio,  per  lo  più,  oltre  l'ara,  si  hanno:  la 
sala  destinata  al  pubblico  e  alle  cerimonie  funebri, 
la  parte  destinata  a  colombario,  Jcon  le  cellette  per 
il  deposito  delle  urne  cinerarie,  la  stanza  e  i  banchi 
di  deposito  dei  cadaveri,  la  stanza  per  le  autopsie, 
la  tavola  anatomica,  il  pozzo  raccoglitore  dei  li- 
quidi putridi  e  delle  lavature,  ecc. 

Cremisi,  cremisino  (chermisi).  Colore  rosso. 

Cremore  (cremor  di  tartaro).  Veggasi  a  jjur- 
gante. 

Crcolina.  Veggasi  a  disinfettante. 

Creosoto.  Liquido  volatile,  di  sgradevole  odore, 
usato  nella  cura  dei  denti.  ■  Creosina,  soluzione  di 
creosoto  associata  allo  jodio,  agli  ipofosfiti  e  al  bal- 
samo del  Perù.  -  Creosoto,  principale  costituente 
del  creosoto  :  si  trova  nei  prodotti  della  distilla- 
zione del  legno  di  faggio.  -  Creosotal,  carbonato  di 
creosoto,  con  uguali  proprietà  terapeutiche.  -  Oleo- 
crosoto,  miscela  di  eteri  oleici  del  creosoto  conte- 
nente vari  fenoli,  di  odore  e  sapore  del  creosoto  ; 
si  emulsiona  con  la  gomma  e  col  creosoto  ;  agisce 
come  quest'ultimo  e  come  il  guaiacolo. 

Crepa.  Crepatura  in  muraglie,  in  intonachi  e 
simili  :  screpolatura,  spaccatura.  -  Crepàccio, 
crepatura  grande.  -  Cretto,  piccola  crepa. 

Crepaccio.  Detto  a  crepa. 

Crepacuore.  Gran  dolore. 

Crepare  (crepalo).  Gessar  di  vivere,  morire. 


767 


-  Aprirsi  della  superficie,  fendersi,  scoppiare  ; 
spaccarsi  (veggasi  a  spaccatura).  -  Creltare,  far 
piccole  crepe.  -  Screpolarsi,  accennare  a  crepare. 

Crepata.  Operazione  fatta  per  rinforzare  il  co- 
lore del  vino. 

Crepatura.  Effetto  del  crepare  :  screpolatura, 
spaccatura. 

Crepavesciche.  Detto  a  vaso. 

Orépida.  Sorta  di  calzatura  antica. 

Crepitàcolo.  Istrumento  rumoroso  usato  nella 
settimana  santa,  invece  delle  campane,  per  invitare 
i  fedeli  alle  funzioni  che  si  celebrano  in  chiesa. 

Crepitare  {crepitalo).  J.o  scoppiettare  del 
fuoco. 

Crepitazióne.  Rumore  che  produce  l' aria  at- 
traverso i  bronchi.  -  Veggasi  ad  osso. 

Crepitìo,  crepito.  Veggasi  a  fuoco. 

Crepùscolo.  Luce  che  precede  il  levare  e  se- 
gue il  tramontare  della  luce  del  sole,  cioè  Valba 
e  il  tramonto:  ave,  avemaria,  brùzzico,  brùzzolo; 
fra  lusco  e  brusco,  fra  notte  e  giorno. 

Crescendo.  Termine  di  musica:  il  passare, 
nel  suono,  gradatamente  dal  piano  al  torte. 

Crescente,  crescenza.  Veggasi  a  créscere. 

Créscere  {crescimento,  crescita,  cresciuto).  Piarsi 
maggiore,  aumentare  (veggasi  ad  aumento). 
Detto  di  animali,  di  piante,  di  radici,  ecc.,  farsi  più 
grande;  aggrandire,  alzarsi,  allungarsi,  ampliarsi. 
Anche,  andare  innanzi  nell'end;  estollersi,  farsi 
lungo,  largo;  inalzarsi,  ingrandire,  ingrandirsi, 
ringrandire  ;  salire,  svilupparsi,  prendere  sviluppo. 

•  Detto  di  un  fluido,  salire  a  un  livello,  a  un 
punto  più  alto.  -  Della  luna,  aumentare  nelle  sue 
fasi. 

Accrescere,  far  crescere,  aumentare.  -  Allignare, 
crescere  e  vegetare  prosperamente.  -  Dilatarsi,  di- 
ventar maggiore  in  estensione,  occupare  maggiore 
spazio.  -  Gonfiare,  rigonfiare,  crescere  diventando 
gonfio.  -  Guadagnar  terreno  (figur.),  crescere,  al- 
largarsi, avvantaggiarsi.  -  Imbozzacchire,  venire,  cre- 
scere a  stento,  stentare,  intristire:  di  piante  e  di 
animali.  -  Ingigantire,  crescere  molto,  divenir  gi- 
gante. -  Ingrossare,  crescere,  diventando  più 
grosso.  -  Nascere,  venire  su  come  i  funghi  (iron.), 
in  un  momento  e  in  quantità.  -  Prosperare,  cre- 
scere e  divenir  prospero.  -  Pullulare,  crescere  dei 
germogli  delle  piante.  -  Ricrescere,  ripete  crescere.  - 
Ripullulare,  ripete  pullulare,  -  Ritornare,  ricrescere. 

•  Soccrescere,  crescere  sotto.  -  Sopraccrescere,  cre- 
scere sempre  più  ;  crescere  sopra  e  crescere  a  ri- 
dosso. -  Sperticare,  di  un  albero  che  vada  troppo 
in  alto.  -  Stravolgersi,  venir  su  storto.  ■  Venir 
su  a  occhiate,  venir  su  come  le  biade,  crescere  ra- 
pidamente. 

Accrescitivo,  che  accresce,  fa  crescere  :  augmen- 
tativo,  aumentativo.  -  Crescente  (particip.  e  aggett.), 
che  cresce,  è  in  aumento  :  adultivo,  crescituro,  ve- 
gnente. 

Crescenza,  crescimento,  atto  ed  effetto  del  cre- 
scere :  accrescimento,  aggiunta,  ampliazione,  augu- 
mentazione,  augumento,  aumentazione,  aumento  ; 
dilatazione,  estensione  ;  ingrossamento,  ingrossatura  ; 
incremento.  -  Ricrescimento,  il  ricrescere.  -  Ricre- 
scita, l'essere  ricresciuto. 

Crescit  eundo  (cresce  con  l'avanzare),  motto  la- 
tino col  quale  si  accenna  al  progressivo  sviluppo 
di  talune  cose.  -  Sullo  stendere:  nel  tempo  che  la 
pianta  o  la  persona  cresce. 

Crescimento,  créscita.  11  crescere. 

Crescióne.  Genere  di  piante   di  cui  la  specie 


più  importante  è  il  nasturzio.  Si  ha  il  crescióne 
acquatico,  detto  anche  erba  da  scorbuto,  il  quale 
trovasi  nei  rivi  e  nelle  fossette,  dove  placidamente 
scorre  l'acqua;  se  ne  mangiano  le  foglie  crude  in 
insalata,  e  si  adopera  anche  come  antiscorbutico  ; 
il  crescione  de'  prati,  detto  anche  viola  dei  pesci, 
che  cresce  nei  prati  montuosi  ed  umidi,  ha  il  sa- 
pore del  crescione  e  può  servire  agli  stessi  usi  eco- 
nomici e  medicamentosi;  il  crescione  fetido,  che 
nasce  fra  le  rovine  delle  muraglie  ed  esala  un  o- 
dore  molto  spiacevole,  assai  penetrante,  ecc.  -  Sio 
(Sium),  specie  di  crescione. 

Crèsima.  Il  sacramento  che  il  vescovo  am- 
ministra ai  battezzati,  confermandone  la  fede  :  con- 
fermazione, sacramento  della  confermazione  ;  cre- 
sma,  crisma,  sacro  crisma,  santo  crisma.  -  Cresi- 
mando, chi  riceve  la  cresima.  -  Cresimante,  chi  am- 
ministra la  cresima  :  cresimatore.  -  Cresimare,  con- 
ferire il  sacramento  della  cresima,  confermare,  dare 
in  fede.  -  Patrino,  padrino,  colui  che  tiene  un  bam- 
bino a  battesimo,  e  anche  chi  assiste  altri  nella 
cresima.  Patrini,  termine  collettivo  che  comprende 
anche  la  matrina.  La  qualità  di  patrino  induce  una 
certa  cognazione  o  parentela  spirituale,  che  chia- 
masi comparatico,  tra  lui  e  il  battezzato  o  il  cre- 
simato. -  Crisma,  l'olio  consacrato  per  la  cresima 
e  altri  sacramenti. 

Créspa.  Piega,  ripiegatura,  increspatura,  cre- 
spolo,  che  si  fa  nella  camicia,  nelle  vesti  da 
donna  :  cucitura  che  arriccia  un  lembo  del  tessuto 
per  restringerlo  da  quel  lato,  usata  specialmente 
nelle  gonne  e  nelle  sottane,  per  attaccarle  al  cintu- 
rino, nelle  maniche  per  attaccarle  ai  polsini,  ecc. 
E  increspare,  fare  le  crespe  e  attaccarle  ;  strisciare 
le  crespe,  prolungarle  a  filo  diritto,  servendosi 
della  punta  dell'ago.  ■  Detto  di  panno  o  di  pelle, 
crespa  vale  grinza,  ruga.  -  Ondicella  di  fiume, 
di  mare.  -  Crespo,  che  ha  crespe  ;  grinzoso,  in- 
crespato (veggasi  a  increspare).  -  Cresputo,  fatto 
a  crespe,  che  ha  molte  crespe. 

Crespello.  Il  raggrinzamento  delle  foglie  d'oro 
nella  doratura. 

Crespino.  Arbusto  da  siepe.  ■  Nome  del  santo 
protettore  del  calzolaio. 

Crespo.  Sorta  di  tessuto  di  lana  e  seta. 

Crespo,  cresputo.  Veggasi  a  crespa,  a  ca- 
pelli, a  increspare. 

Cresta.  Carne  rossa  sul  capo  del  gallo,  della 
gallina  e  di  qualche  uccello.  -  Citna,  sommità 
frastagliata  di  monte,  di  muro,  di  parapetto, 
di  spalto,  ecc.  -  Specie  di  cuffia.  -  In  anatomia, 
ogni  sporgenza  ossea  stretta  e  allungata.  -  Parte 
del  cimiero. 

Crestaia.  Lavoratrice  di  creste,  di  cuffie  e  di 
altri  abbigliamenti  per  le  donne  :  quella  che  comu- 
nemente si  chiama  modista.  -  Crestaina,  scohra, 
0  giovanotta  che  lavora  nella  bottega  di  una  cre- 
staia, di  una  modista.  In  Firenze  ha  significato  af.ine 
alla  voce  grisette  dei  francesi.  -  Madamina,  sarto- 
rella,  sartina,  crestaia.  -  Piscinina,  nel  dialetto  mi- 
lanese, l'aiutante  delle  sarte  e  delle  crestaie,  la 
bambina  che  fa  le  commissioni,  porta  le  scatole, 
compra  le  colazioni  alle  operaie  e  adempie  altri 
servigi.  Frane,  trotlin. 

Crestomazìa.  Sorta  di  antologia. 

Creta  (cretàceo).  Terra  tenace,  argilla;  roccia 
calcarea,  varietà  amorfa  e  tenera  del  carbonato  di 
calce,  d'aspetto  terroso,  bianco,  raramente  colorato, 
con  proprietà  assorbente  :  costituisce  la  base  di  al- 
cuni colori  a  colla;  mescolata  con  colla  e  mucilla 


768 


CRETA    —    CRISTALLO 


gine,  indi  fortemente  compressa,  serve  a  fare  ma- 
tite da  scrivere  sulla  lavagna,  dette  volgarmente 
gessi  0  gessetti.  Viene  pure  mescolata  a  molti  qo- 
lori  minerali  per  ottenere  tinte  attenuate,  ecc.  - 
Creta  galestrina,  terra  calcare,  argillosa,  magnesiaca, 
con  protossido  di  ferro.  -  Creta  mozza,  marna  ar- 
gillosa, salifera,  dell'Italia  centrale.  -  Creta  nera, 
nero  minerale,  nero  di  schisto,  schisto  argilloso  tinto 
in  nero,  o  in  azzurro  scuro,  da  sostanze  carboniose 
o  metalliche.  Usasi  per  colori  ad  olio,  per  colorire 
tappezzerie,  per  fare  bastoncini  da  impiegarsi  come 
matite.  -  Cretaceo,  che  è  della  natura  della  creta. 

Créta.  Terza  epoca  nella  geologia. 

Cretàceo.  Detto  a  creta. 

eretico.  Piede  di  verso  greco  e  latino. 

Cretinismo.  Slato  di  chi  é  cretino,  idiota. 

Cretino.  Chi  non  ha  intelligenza  o  ai  som- 
mo grado  ottusa  :  idiota. 

erezióne.  Veggasi  ad  eredità. 

Cribrare  (cribrato).  Sceverare  col  vaglio. 

Cribro.  11  vaglio. 

Cribroso.  Ciò  che  è  attraversato  da,  fori,  da 
buchi  come  un  cribro,  un  crivello,  un  vaglio. 

Cric.  Voce  imitativa  :  veggasi  a  rompere. 

Cricca.  Lega,  combriccola  di  più  persone.  - 
Veggasi  anche  a  carte  da  giuoco  (termini  di 
giuoco),  pag.  442,  seconda  colonna. 

Cricco.  Sorta  di  coltello. 

Orlmenlese.  11  delitto  di  lesa  maestà. 

Criminale,  criminalista ^  criminalità. 
Veggasi  a  delitto. 

Criminalmente.  Veggasi  a  delitto. 

Criminare  (criminato).  Accusare,  fare  ac- 
cusa. 

Crimine.  Grave  delitto. 

Criminosità,  criminoso.  Veggasi  a  delitto. 

Crinale.  Nell'uso  toscano,  cima,  sommità  di 
monti,  quando  si  prolunga  con  linea  continuata. 
-  Ciò  che  serve  a  cingere  o  a  ornare  il  crine,  i 
capelli. 

Crine.  Insieme  dei  capelli.  •  Il  pelo  lungo  del 
cavallo:  coma,  crinaglia,  crinata  (v.  a.),  criniera; 
giubba  (la  criniera  del  leone);  peli,  setole,  zazzera. 
•  Crine  vegetale:  si  ottiene  dalle  fibre  di  diverse 
palme  (palma  nana,  ecc.)  e  di  altre  piante:  fibre 
dotate  di  elasticità  e  impiegate  a  imbottire  mate- 
rassi, cuscini,  ecc.  Allo  stesso  scopo  si  prepara,  da 
poco,  sterilizzandolo,  il  crine  animale  (di  cavallo, 
ecc.).  -  Crino,  crine  *di  cavallo  conciato  per  vari 
usi.  -  Crinito,  crinuto,  giubbalo,  che  ha  crine,  cri- 
niera. 

Crini.  Plurale  di  crine. 

Criniera.  Tutti  insieme  i  crini  del  cavallo, 
del  leone,  ecc.  Ciuffo,  o  cresta  di  piume  all'occi- 
pite 0  lungo  il  collo  di  alcuni  uccelli. 

Crinito,  crinuto.  Veggasi  a  crine. 

Crino.  Detto  a  crine. 

Crinolina,  crinolino.  Veggasi  a  sottana. 

Cripta  (critla).  Sotterraneo  di  chiesa:  cripto- 
portico. 

Criptònimo.  Con  nome  segreto. 

Crlptotelegrafla  {criptotelegrafico).  Veggasi  a 
telegrafo. 

Crisalide.  Il  baco  da  seta,  o  altro  bruco, 
rinchiuso  nel  bozzolo,  prima  che  si  trasformi  in 
farfalla:  aurelia,  larva,  ninfa,  verme,  vermoc- 
chio. •  Bacaccio,  bacoccio,  crisalide  morta.  -  Nin- 
feggiare, ridursi  in  crisalide. 

Crisantemo.  Pianticella  erbacea,  perenne,  che 


produce  fiori  senza  profumo,  ma  di  colori  svaria- 
tissimi  e  adoperati  per  ornare  i  sepolcri. 

Crisi  {critico).  Il  momento  più  grave  di  un  af- 
fare: fase  critica,  periodo  critico.  -  Subitaneo  e 
notevole  cambiamento,  in  meglio  o  in  peggio,  d'una 
malattia.  Dicesi  anche  per  agitazione.  -  Crisi 
nervosa,  veggasi  a  nervo  (malattie,  disturbi  dei 
n^rvi).  -  Krach  o  krack,  neologismo  indicante  una 
crisi  bancaria,  un  improvviso  disastro  di  case  com- 
merciali, di  grandi  aziende,  ecc. 

Crisma.  -  La  cresima.  L'olio  consacrato  per 
alcune  cerimonie  della  Chiesa  cattolica. 

Crisocolla.  Silicato  di  rame. 

Crisogrrafla.  Detto  a  pittura. 

Crisolito.  Sorta  di  pietra  preziosa,  di  gemina. 

Cristallaio.  Detto  a  cristallo. 

Cristallame.  Assortimento  di  vasi  di  cri- 
stallo. 

Cristallino.  Di  cristallo,  simile  a  cristallo.  - 
Figur.,  limpido,  -  Uno  degli  umori  dell'occ/tio. 

Cristallizzare,  cristallizzarsi  {cristallizza' 
bile,  cristallizzato).  Veggasi  a  cristallo. 

Cristallizzazióne.  Detto  a  cristallo. 

Cristallo.  Corpo  solido  che,  o  per  forza  insita 
nella  sua  materia  o  per  l'opera  dell'uomo,  presenta 
una  forma  regolare  terminata  da  annoti,  facce,  spi- 
goli. Inesattamente  si  usa  a  significare  il  vetro 
perfezionato.  Cristalli  tipici:  il  cristallo  delle  Alpi, 
feldspato  ialino  ;  il  cristallo  di  rocca,  il  quarzo, 
se  si  presenta  limpido  e  incoloro.  -  Cristallo  di 
monte  o  di  rocca,  nome  dato  a  una  pietra  fossile 
simile  al  diamante,  •  Cristallo  aciculare,  allun- 
gato, a  torma  di  spillo;  arrotato,  il  cristallo  che, 
per  via  di  rota,  è  ridotto  all'ultima  perfezione,  o 
è  sfaccettato  o  variamente  disegnato.  -  Flint  (ingl.), 
ital.,  selce,  specie  di  cristallo  che  ha  grande  potere 
rifrangente,  e  serve  a  fare  le  lenti  acromatiche 
dei  microscopi  e  degli  obbiettivi.  -  Paglietta,  cri- 
stallino lucente  sottile,  come  filo  di  paglia.  -  Strass, 
cristallo  di  composizione  speciale,  da  cui  viene 
tratta  una  sostanza  che  serve  per  l'imitazione  delle 
pietre  preziose. 

Cristallino,  appartenente  a  cristallo,  con  qualità 
di  cristallo.  -  Cristallizzabile,  il  corpo  che  può  as- 
sumere forma  cristallina.  Contr.,  incristalUzzabile. 
-  Cristallizzare  (cristallizzato),  ridurre  in  cristallo 
0  in  forma  di  cristallo.  -  Cristallizzarsi,  prendere 
la  forma  di  cristallo.  Dicesi  anche  per  fossilizzarsi, 
divenir  fossile.  -  Cristallizzazione,  processo  di 
lenta  solidificazione  della  materia  liquida  pel  quale 
si  formano  i  cristalli.  -  Cristalloide,  corpo  solido 
imperfettamente  cristallizzato. 

Cristallografia,  parte  della  scienza  mineralogica 
che  esamina  le  forme  cristalline  e  ricerca  le  leggi 
che  le  governano.  -  Goniometria,  arte  di  misurare 
gU  angoli  dei  cristalli. 

Cristallaio,  chi  lavora  e  vende  cristalli.  •  Cri- 
stallame, assortimento  di  vasi  di  cristallo  per  ser- 
vizio della  mensa. 


Elementi  costitutivi  dei  cristalli. 
Gruppi  e  sistemi.  —  Associazioni  cristalline. 


Elementi.  —  Angolo,  punto  d'incontro  di  almeno 
tre  spigoli.  -  Angolo  diedro,  lo  spigolo.  •  Angolo 
troncato,  la  sostituzione  di  una  faccettina  di  tre  o 
più  lati  ad  un  angolo.  •  Faccia,  terminazione  piana 


CRISTALLO 


769 


del  cristallo.  -  Nucleo,  parte  centrale  dei  cristalli, 
nella  quale  si  incrociano  gli  nssi  cristallografici.  - 
Spigolo,  punto. d' incontro  di  due  facce.  •  Spigolo 
smussato,  la  sostituzione  di  una  faccetta  allungata 
di  quattro  o  più  lati  ad  uno  spigolo. 

Gruppi  e  sistemi.  —  Dimetrico,  gruppo  o  sistema 
rappresentato  dal  cristallo,  che  ha  due  assi  cristal- 
lografici uguali  in  lunghezza  e  il  terzo  o  più  corto 
o  più  lungo  degli  altri.  -  Ellissoidale,  quando  il  cri- 
stallo presenta  tal,  forma  da  poter  essere  circo- 
scritto da  un  elissoide  a  due  assi  o  a  tre  assi.  - 
Esagonale,  quando  il  cristallo  ha  la  forma  di  un 
prisma  esagono  od  altra  che  da  questo  appaia  de- 
rivata. -  Èonoclino,  se  il  cristallo  attraverso  un 
solo  piano  può  essere  tagliato  in  due  parti  tali  da 
essere  una  l' immagine  specchiale  dell'altra  •  A/o- 
nometricOf  se  il  cristallo  ha  i  tre  assi  cristallogra- 
fici di  uguale  lunghezza.  Ed  emimorfismo  il  feno- 
meno per  il  quale  un  cristallo  non  appartenente  al 
sistema  monometrico  é  limitato  da  facce  di  forma 
diversa  all'opposta  estremila  di  un  asse  di  sim- 
metria. -  0»/o/ipo,  sistema  cristallino  a  piramide 
quadrangolare,  a  spigoli  disuguali,  determinata  da 
otto  triangoli  scaleni  :  base,  un  rombo.  -  Romboedrico, 
se  il  cristallo  ha  forma  di  romboedro  o  tale  che' a 
questo  non  sia  dissimile  fondamentalmente.  -  Sfe- 
roidale, se  il  cristallo,  per  la  sua  forma  rotondeg- 
giante, può  essere  avvolto  da  una  sfera.  -  Triclino, 
quando  il  cristallo  é  asimmeirico.  -  Trimelrico, 
quando  gli  assi  cristallografici  misurano  diverse  lun- 
ghezze. 

Associazioni  cristalline.  —  Denditriche,  associa- 
zioni di  cristalli  che  presentano  nell'insieme  una 
forma  ramiflcata  e  tale  da  assomigliare  a  un  albero. 
Drusa,  un  gruppo  irregolare  di  cristalli  impiantati 
alla  superfìcie  di  una  roccia.  -  Geminali,  due  o 
più  cristalli  che,  avendo  la  stessa  forma  cristallina, 
la  stessa  combinazione  e  presso  a  poco  le  stesse 
dimensioni  si  presentano  intimamente  uniti.  - 
Geode,  serie  di  druse  concave  che  tappezzano  una 
cavità  chiusa  nella  roccia.  -  Mammillare,  d'un  ag- 
gruppamento di  cristalli  che  riveste  la  superfìcie  di 
altri  corpi.  -  Mimetiche,  alcune  associazioni  cristal- 
line che,  nell'insieme,  simulano  un  solo  cristallo  ap- 
partenente però  ad  un  gruppo  diverso  di  quello 
a  cui  appartengono  i  singoli  elementi  dell'associa- 
zione. -  Tremoggio,  o  tremle,  insieme  di  cristalli, 
dall'aspetto  di  piramidi  cave,  che  si  formano  alla 
superficie  di  caldaie  di  evaporazione,  dove  precipi- 
tano sali. 


Aspetti  del  cristallo. 
Sue  forme  geometriche  più'  comuni. 


Emiedrico,  il  cristallo  che  ha  la  metà  del  nùmero 
delle  facce  possedute  dal  cristallo  oloedrico  corri- 
spondente. -  Oloedrico,  il  cristallo  che  possiede  il 
maggior  numero  di  facce  consentito  dalle  leggi  che 
regolano  il  gruppo  a  cui  esso  appartiene.  -  Telarlo- 
edrico,  il  cristallo  che  presenta  un  quarto  del  nu- 
mero delle  facce  del  cristallo  oloedrico  corrispon- 
dente. 

Emitropia,  fenomeno  per  il  quale  due  cristalli  si 
presentano. aggruppati  come  se  un  unico  cristallo 
fosse  stato  diviso  o  una  metà  avesse  descritto  una 
mezza  rivoluzione  sull'altra:  dal  che  risulta  che  le 
faccie  delle  due  metà  del  cristallo  sono  inversa- 
mente disposte. 


Forme  geometriche  più  comuni.  —  Bipiramide 
rombica,  forma  geometrica  di  tipo  elissoidale,  costi- 
tuita da  otto  facce  che  appaiono   triangoli  scaleni. 

-  Bisfenoide,  forma  geometrica  a  tipo  elissoidale  a- 
vente  le  facce  triangolari  isoscele.  -  Cubo,  forma 
geometrica  di  tipo  sferoidale,  avente  sei  facce  qua- 
drate, parallele  due  a  due.  -  Ottaedro,  forma  geome- 
trica di  tipo  O'  sferoidale  o  ellissoidale  e  avente  otto 
facce  triangolari. 

JHnacoidef  forma  geometrica  costituita  da  due 
sole  facce  parallele  equivalenti.  -  Piritoedro,  forma 
geometrica  di  tipo  sferoidale  che  ha  dodici  facce 
pentagone.  E'  detto  anche  pentagonododecaedro.  - 
Prisma  esagonale,  forma  geometrica  di  tipo  ellissoi- 
dale formato  da  un  prisma  a  base  esagoiia  e  ter- 
minato dalle  due  facce  basali.  -  Prisma  tetragonale, 
forma  geometrica  di  tipo  ellissoidale  avente  le  facce 
rettangolari. 

Rombododecaedro,  forma  geometrica  di  tipo  sfe- 
roidale, che  conta  dodici  facce  uguali  e  rombiche. 

-  Scalenoedro,  forma  geometrica  di  tipo  ellissoidale, 
risultante  da  dodici  facce  triangolari  e  scalene.  - 
Tetracontottaedro,  forma  geometrica  di  tipo  sferoi* 
dale  risultante  di  quarantotto  facce  triangolari  u- 
guali.  -  Tetraedro,  forma  geometrica  a  tipo  sferoi- 
dale avente  quattro  facce  triangolari  equilatere  ed 
uguali. 

Caratteri  ottici  dei  cristalli. 

Allocromatici,  i  cristalli  che,  incolori  per  nalm*a 
propria,  si  presentano  spesso  accidentalmente  colo- 
rati, per  l'azione  di  sostanze  estranee.  -  i4njso<ropo, 
il  cristallo  birifrangente.  -  Biassico,  il  cristallo  bi- 
rifrangente,  che  perde  la  sua  proprietà  di  birefra- 
zione,  se  il  raggio  luminoso  lo  attraversa  secondo 
due  determinate  direzioni.  -  Birifrangente,  il  cri- 
stallo che  ha  la  proprietà  di  spostare  e  di  dividere 
in  due  (sdoppiare)  un  raggio  luminoso  che  l'attra- 
versi. Sostantiv.,  birifrazione.  -  Fluorescente,  il  cri- 
stallo che  presenta  la  proprietà  della  fluorescenza, 
che  consiste  nel  mostrare  per  trasparenza  un  co- 
lore diverso  che  per  riflessione.  -  Gatteggiante,  il 
cristallo  che  presenta  il  bagliore  caratteristico  che, 
nell'oscurità, splende  nell'occhio  del  gatto;  sostan- 
tiv., gatteggiamento.  -  Idiocromatici,  i  cristalli  che 
mostrano  sempre  lo  stesso  colore,  da  qualunque 
giacimento  essi  provengano.  -  Iridescente,  il  cristallo, 
se  contemporaneamente  in  diverse  sue  parti  pre- 
senta i  colori  dell'iride.  -  Isotropo,  il  cristallo  mo- 
norifrangente. -  Lucente,  il  cristallo  se  riflette  i 
raggi  luminosi  a  mò  di  specchio;  sostantiv.,  luceìi- 
tezza.  -  Monoi efrangente,  il  cristallo  che  ha  la  pro- 
prietà di  spostare,  quasi  spezzandolo,  un  raggio  di 
luce  che  l'attraversi  :  sostantiv.,  monore frazione.  - 
Opaco,  il  cristallo  se  non  si  lascia  attraversare  dalla 
luce.  -  Opalescente,  il  cristallo  se  appare  all'occhio 
successivamente'  di  diversa  colorazione  ;  sostantiv., 
opalescenza.  -  Pellucido  il  cristallo  che  si  lascia  at- 
traversare solo  parzialmente  dalla  luce,  di  modo  che 
si  possano  distinguere  solo  i  contorni  di  un  corpo  da 
un  osservatore  che  lo  fissi  attraverso  il  cristallo.  - 
Trasparente,  il  cristallo  che  si  lascia  attrarversare 
dai  raggi  luminosi  cosi  che  da  un  osservatore  si 
possano  osservare  anche  i  minimi  particolari  di  un 
corpo  che  si  trovi  dalla  parte  opposta;  sostantiv., 
trasparenza,  -  Uniassico,  il  cristallo  birifran- 
gente, che  perde  la  sua  proprietà,  se  il  raggio  Io  at- 
traversa secondo  una  determinata  direzione. 


Premoli.  -  Vocabolario  N'omenclatore. 


49 


770 


CniSTALLOIDE   —    CRISTIANESIMO 


Asterismo,  proprietà  che  presentano  certi  cristalli 
di  dare  l'apparenza  di  stella  ad  un  punto  lumi- 
noso, -  Discroismo,  proprietà  che  possiede  il  cri- 
stallo uniassico  di  mostrare  un  colore  uguale  in 
tutte  le  direzioni  perpendicolari  all'  asse  ottico  e 
un  colore  diverso  nelle  direzioni  parallele  all'asse 
stesso.  -  Tricroismo,  proprietà,  che  ha  il  cristallo 
biassico,  di  mostrare  tre  diverse  colorazioni  se- 
condo tre  direzioni  fra  loro  perpendicolari. 


Caratteri    fisici    del    cristallo. 
Caratteri  chimici. 


Caratteri  fisici.  —  Adiatermano  si  chiama  il 
cristallo  che  non  si  lascia  attraversare  dalle  vi- 
brazioni elettriche.  -  Allappante,  it  cristallo  che,  ac- 
costato alle  labbra  o  alla  lingua,  vi  aderisce.  - 
Diatermano,  il  cristallo  che  si  lascia  attraversare 
dalle  radiazioni  caloriche,  o,  più  semplicemente, 
che  è  buon  conduttore  del  calore.  -  Duro,  il  cri- 
stallo se  oppone  resistenza  ad  una  punta  che  tenda 
a  scalfirlo  ;  sostantiv.,  durezza.  -  Fragile,  il  cri- 
stallo che  si  frantuma  sottoposto  alla  minima  pres- 
sione ;  sostantiv.,  fragilità.  -  Magnetico,  il  cristallo 
che  presenta  la  proprietà  di  influenzare  ed  essere 
influenzato  dall'ago  calamitato:  veggasi  a  magne- 
tismo. -  Malleabile,  il  cristallo  che  si  può  lavorare 
col  martello  ;  sostantivam.,  malleabilità.  -  Sfaldabile, 
il  cristallo  che  ha  la  proprietà  di  fendersi,  se  per- 
cosso, in  certe  direzioni,  secondo  superficie  piane 
di  frattura.  Sostantiv.,  sfaldabilità  e  sfaldatura  o 
clivaggio  (francesismo,  da  clivage),  il  modo  col 
quale  un  minerale  cristallizzabile  si  divide,  per 
rottura  o  schiacciamento,  in  diversi  sensi.  -  Te- 
nace, il  cristallo  che  oppone  resistenza  ad  essere 
frantumato  col  martello.  Sostantiv.,  tenacità. 

Elasticità,  proprietà  che  presentano  certi  cri- 
stalli di  ritornare  alla  forma  che  avevano  prima  di 
essere  sottoposti  ad  una  pressione  non  appena  cessi 
di  agire  sopra  di  essi  la  forza  opprimente.  -  Piro- 
elettricità, proprietà  che  presentano  i  cristalli  di 
elettrizzarsi,  se  sottoposti  ad  una  pressione  o  stro- 
finati. -  Polimorfismo,  proprietà  che  hanno  certi 
corpi  di  assumere  forme  di  cristallizzazione  appar- 
tenenti a  sistemi  diversi.  -  Termoelettricità,  proprietà 
che  presentano  molti  cristalli  di  elettrizzarsi  sot- 
toposti a  variazioni  di  temperatura. 

Caratteri  chimici.  —  Dimorfo,  il  cristallo  che,  pur 
mantenendo  costante  la  sua  combinazione  chimica, 
si  presenta  però  sotto  due  diverse  forme  cristalline. 
Sostantivam.,  dimorfismo  -  Isomero,  il  cristallo  po- 
limorfo. -  Isomorfo,  il  cristallo  che  presenta  con 
altri  un'analoga  composizione  chimica  e  una  for- 
ma cristallina  simile.  -  Polimorfo,  il  cristallo  che, 
pur  mantenendo  costante  la  sua  combinazione  chi- 
mica, si  presenta  però  sotto  diverse  forme  cristal- 
line; sostantivam.,  polimorfismo. 


Nozioni.   —  Lavorazione  dei  cristalli, 
istrumenti. 


Nozioni.  —  Asse  di  generazione,  la  retta  che  se- 
gna il  piano  di  separazione  di  due  cristalli  gemi- 
nati. -  Asse  magnetico,  la  linea  che   segna   la  mas- 


sima densità  e,  di  conseguenza,  in  un  cristallo  ma- 
gnetico, la  direzione  lungo  la  quale  esso  risente  la 
massima  influenza  dell'ago  magnetico.  -  Asse  ottico, 
la  retta  che  segna  la  direzione  lungo  la  quale  un 
cristallo  birifrangenle  perde  questa  sua  proprietà. - 
Assi  cristallografici,  tre  rette  immaginarie  che,  ab- 
bassate ed  inalzate  da  facce,  vanno  ad  incrociarsi 
nel  centro  del  cristallo.  -  Assi  di  simmetria,  rette 
immaginarie  intorno  alle  quali  deve  essere  girato 
un  cristallo  per  poter  determinare  il  grado  della 
simmetria,  per  esaminare  cioè  quante  volte  in  un 
sol  giro  esso  offre  la  stessa  immagine.  -  Indice  di 
rifrazione,  il  rapporto  matematico  fra  l'angolo  che 
un  raggio  luminoso  forma  nel  punto  nel  quale  in- 
contra una  superficie  cristallina  e  l'angolo  che  for- 
ma quando  esce  refratto.  -  Indici  di  una  faccia,  i 
numeri  che  compongono  un  simbolo.  -  Parametri, 
i  segmenti  che  una  faccia  di  un  cristallo  intercetta 
sugli  assi  cristallografici.  -  Piano  di  simmetria,  di- 
rezione attraverso  la  quale  un  cristallo  può  essere 
tagliato  in  due  parti  tali  da  essere  una  imma- 
gine specchiale  dell'altra.  -  Simbolo  di  una  faccia, 
il  rapporto  fra  i  parametri. 

.  Lavo  ce  AZIONE.  —  Levigare,  rendere  liscia  la  su- 
perficie delle  facce  di  un  cristallo.  -  Sfaccettare, 
rendere  ben  decisa  la  divisione  delle  singole  facce 
di  un  cristallo,  ridurre  di  numero  o  m.oltiplicare  le 
facce  di  un  cristallo.  -  Spulire,  togliere  la  lucen- 
tezza ai  cristalli,  ai  legnami,  ai  metalli.  -  Per  altre 
yoci,  veggasi  a  vetro. 

IsTRUMENTi.  —  Conoscopio,  Speciale  polariscopio 
usato  per  le  osservazioni  a  luce  convergente.  -  Di- 
croscopio,  apparecchio  che  serve  all'analisi  dei  colori 
nei  cristalli.  -  Goniometro,  apparecchio  che  serve  a 
misurare  l'apertura,  o  meglio  il  valore  dell'apertura 
di  un  angolo  diedro  di  un  cristallo.  Si  denomina 
goniometro  a  riflessione,  se  per  tale  misurazione 
si  trae  profitto  dalle  leggi  che  governano  la  ri- 
flessione della  luce  ;  e  goniometro  d'applicazione, 
se  si  applicano  alcune  sue  parti  direttamente  alla 
superficie  del  cristallo.  -  Lente  dicroscopica,  piccolo 
apparecchio  dovuto  a  Haidinger:  serve  per  osservare 
il  fenomeno  del  dicroismo  nei  cristalli.  -  Ortoscopio, 
speciale  polariscopio  che  serve  alle  osservazioni  a 
luce  parallela.  -  Picnometro,  apparecchio  usato  spe- 
cialmente per  la  determinazione  del  peso  specifico 
sui  cristalli.  -  Piezometro,  apparecchio  che  serve  a 
misurare  il  massimo  di  pressione  a  cui  può  sotto- 
stare un  cristallo.  -  Polariscopio,  apparecchio  usato 
per  l'esame  della  birefrazione  dei  metalli.  -  Sclero- 
metro, apparecchio  che  serve  a  misurare  il  valore 
della  durezza  di  un  cristallo. 

Cristalloide.  Detto  a  cristallo. 

Oristere,  cristero.  Detto  a  clistere. 

Cristianamente.  Da  cristiano;  anche,  pie 
tosamento,  con  pietà. 

Cristianello.  Uomo  da  poco,  di  poco  in- 
gegno. 

Cristianesimo.  La  religione  cristiana,  la 
fede,  la  Chiesa  cristiana  ;  Chiesa,  comunione  dei 
cristiani  ;  cristianesmo,  cristianismo.  Per  similitu- 
dine, celeste  conducente,  croce,  santa  filosofia,  voce 
dell'ara.  Il  cristianesimo  riconosce  la  legge,  i  p-o- 
feti  del  giudaismo  (Antico  Testamento)  ;  il  suo  testo 
sta  nel  Nuovo  Testamento,  e  la  sua  essenza  nella 
dottrina  di  Cristo.  -  Cristianità,  l'universalità  dei 
cristiani  :  gente  battezzata,  gregge  di  Cristo,  popolo 
di  Dio  ;  popolo  fedele.  Anche,  il  luogo  abitato  dai 
cristiani,  la  qualità  e  il  sentimento  di  cristiano.  - 


CRISTIANESIMO 


771 


I 


Cristocrazta ,    la    dominazione    della    Chiesa    cri- 
stiana. 

Cristiaìiamente,  in  modo  conforme  alle  dottrine 
del  cristianesimo;  secondo  gli  insegnamenti  della 
religione  cristiana  (vivere,  morire,  ecc.,  cristiana- 
mente). 


Cose  della  fede  cristiana. 


Persone  ed  atti. 


Cose  della  fede.'  —  Ajwcaslasì,  in  senso  biblico, 
ristabilimento  di  tutte  le  cose  nel  loro  stato  origi- 
nario al  ricomparire  del  Messia.  -  Articolo,  parte, 
fondamento  di  fede.  -  JBattesiìno,  il  primo  dei 
sette  sacramenti  della  Chiesa.  -  Battesimo  di  sangue, 
il  martirio.  -  Carità,  in  senso  scritturale  e  parti-, 
colare  al  cristianesimo,  sentimento  puro  e  protondo 
da  cui  emanano  tutte  le  tendenze  virtuose.  -  Ca- 
techesi, nei  primi  tempi  del  cristianesimo,  l'istru- 
zione sulla  dottrina  di  Cristo.  -  Catechismo  (ente- 
rismoj,  insegnamento  dei  principi  della  fede  cri- 
stiana :  catechisi,  catecismo  ;  cibo  spirituale  ;  dot- 
trina della  vera  sapienza,  pane  degli  angeli.  -  Co- 
mandamenti di  Dio:  sono  dieci,  dettati,  secondo  la 
leggenda,  da  Dio  a  Mosè  ;  detti,  per  antonomasia, 
tavole  della  legge  o  tavole  del  Decalogo,  -  Credo, 
simbolo  degli  apostoli.  -  Croce,  insegna  dei  cristiani 
nelle  funzioni  ecclesiastiche. 

Dottrina  dell'emanazione,  concetto  della  trinità 
secondo  il  quale,  nella  dogmatica  crisiana,  il  Fi- 
gliuolo e  lo  Spirito  santo  sono  emanazioni  del  Pa- 
dre. -  Giudizio  universale,  secondo  le  evidenze  del 
cristianesimo,  quello  in  cui  tutti  gli  uomini  saranno 
giudicati  da  Cristo  alla  fine  del  mondo  :  giudizio 
linale,  estremo.  -  Mistero,  tutto  ciò  che  la  Chiesa 
propone  ai  fedeli  come  punto  di  fede  e  che,  in 
parte,  era  nella  stessa  venerazione  presso  gli  Ebrei. 
-  Scisma,  separazione  dal  cristianesimo  o  da  altra 
religione.  -  Simbolo,  il  formulario  che  contiene  gli 
articoli  di  fede  del  cristianesimo.  E  La  Simbolica, 
l'insieme  dei  simboli  propri  della  religione  cristia- 
na. Il  buon  pastore,  il  pesce,  la  nave,  Ydncora,  la 
colomba,  le  palme,  le  lire,  Vagnello,  il  gallo  sono  i 
più  antichi  simboli  cristiani,  per  mezzo  dei  quali 
si  riconoscevano  i  seguaci  della  nuova  religione. 

Teologia  cristiana,  quella  fondata  da  Cristo,  fon- 
dendo elementi  di  coltura  del  paganesimo  classico 
con  le  idee  dell'Antico  Testamento  giudaico.  -  Tr-i- 
nitd,  concetto  della  divisione  in  tre  persone  comu- 
ne a  parecchie  religioni,  specialmente  orientali.  Nel 
cattolicismo  il  Padre,  il  Figliuolo  (Cristo)  e  lo 
Spirito  santo.  -  Verbo  (gr.,  logos),  la  parola  eterna, 
la  seconda  persona  della  Trinità.  -  Vigna  del  Si- 
gnore, la  salvezza  delle  anime. 

Persone.  —  Apologisti,  i  primi  scrittori  del  cri- 
stianesimo. -  Apostoli  (messaggeri),  i  dodici  scelti 
da  Cristo  fra  i  suoi  discepoli  perchè  bandissero  le 
sue  dottrine  (veggasi  ad  apostolo  e  a  Cristo). 

Catechizzante j  chi  catechizza,  catechizzatore.  - 
Catechista,  maestro  di  catechismo  o  chi  compone 
libri  catechetici.  -  Catecumeno,  adulto  non  cristiano 
che  sta  ricevendo  l'istruzione  necessaria  per  essere 
ammesso  al  battesimo  :  catacumeno,  catecumino.  - 
Cenobiti,  ascetici  cristiani  che  si  univano,  in  con- 
sorzi, entro  edifici  detti  cenobi,  conventi,  mona- 
steri. -  Esegeti,  gli  interpretatori,  i  commentatori 
della  Sibbia  (da  esegèsi,  spiegazione,  commento). 

Martire,  rispetto  al  cristianesimo,  chi,  nei  pri- 
mi tempi,  perdette  la  vita  piuttosto   che  rinnegare 


la  propria  fede.  -  Magi,  i  tre  personaggi  che  ven- 
nero dall'Oriente  per  adorare  Gesù  Cristo  nato,  - 
Missionario,  sacerdote  mandato  a  predicare  la  fede 
cristiana  in  mezzo  a  popoli  infedeli  o  ad  istruire 
i  cristiani  in  lontani  paesi.  -  Profeta,  presso  gli 
Israeliti,  ciascuno  di  coloro  che  predissero  la  ve- 
nula del  Messia. 

Atti.  —  /?a«e2sare,  amministrare  il  battesimo. 
-  Battezzarsi,  accettare  il  battesimo  o  la  professione 
di  fede  religiosa  cristiana.  E  sbattezzarsi,  lasciare 
la  religione  cristiana.  -  Catechizzare,  ammaestrare 
nelle  verità  della  fede  cristiana.  -  Cristianare,  ab- 
bracciare la  fede  cristiana.  -  Crislianeggiare,  simpa- 
tizzare per  i  principi  che  inforinano  la  religione 
cristiana.  -  Cristianizzare,  cristianizzanti,  fare,  farsi 
cristiano.  -  Predicare  Cristo,  la  fede  di  Oisto,  pre- 
dicare, bandire,  diffondere,  divulgare,  propagare  il 
cristianesimo.  -  Segnarsi,  farsi  il  segno  della  croce, 
atto  caratteristico,  distintivo  dei  cristiani  :  si  pone 
la  mano  destra  prima  alla  fronte,  poi  al  petto, 
quindi  alla  spalla  sinistra  e  alla  destra. 

Crociata,  impresa  (anche,  esercito,  lega)  dei  cri- 
stiani contro  gli  infedeli. 


Del  cristiano. 
Anticristiano.  —  Chiese  e  sette. 


Cristiano  (cristiana),  chi  crede  in  Cristo  ed  ebbe 
il  battesimo:  battezzato,  fedele,  incircon'iso ;  sol- 
dato in  Cristo  (chi  milita  per  la  fede  cristiana). 
Aggetti vam.,  appartenente  al  cristianesimo,  che  ri- 
guarda il  cristianesimo.  Cosi:  sentimenti,  costumi, 
filosofìa,  civiltà,  morale,  arte,  letteratura,  antichità, 
monumenti,  umiltà,  ecc.,  cristiani. 

Cristianaccio,  peggior.  di  cristiano.  -  Cristianello, 
cristiano  di  poco  fervore.  -  Cristianissimo,  titolo 
dato  dai  papi,  in  origine,  ai  re  di  Francia.  -  Cri- 
stianuccio,  cristianuzzo,  dimin.  spreg.  di  cristiano. 

Acattòlico,  cristiano  non  cattolico.  -  Chup-Messa- 
hiti,  maomettani  che  credono  segretamente  in  Cri- 
sto. -  Copto,  cristiano  della  Chiesa  copta  (veggasi 
più  innanzi).  •  Giaurro,  voce  turca  che  vale  infe- 
dele, detto  per  ispregio  dei  cristiani.  -  Giacobiti, 
copti  0  cofti.  -  Gnostico,  il  vero  cristiano. 

Nazareno,  il  cristiano  dei  primi  secoli.  -  Neofita 
si  chiamò  il  pagano  o  l'ebreo  da  poco  convertito 
alla  fede  cristiana,  perchè  si  riguarda  il  battesimo 
come  una  nuova  nascita.  -  Proselito,  il  convertito 
alla  religione  cristiana;  chi,  prima  di  Cristo,  pas- 
sava al  giuclaism,o  ;  ora  chi  si  converte  al  catto- 
licismo. •  Turificatilibellatici,  i  cristiani  apostati, 
che  ricevevano  dai  martiri  moribondi  lettere  di 
raccomandazione  alla  Chiesa  (lettere  dette  libelli 
pacis). 

Anticristiano,  contrario  al  cristianesimo,  nemico 
del  cristianesimo.  -  Mangiacristiani  :  dicesi  di  per- 
sona che  odia  i  cristiani.  -  Rinnegato,  secondo  i 
canonisti,  chi  abbandonava  la  religione  cristiana  per 
abbracciare  quella  degli  Ebrei  e  dei  Gentili,  poi 
dei  Maomettani.  -  Sacrificati,  quei  cristiani  che, 
per  paura  delle  persecuzioni,  avevano  sacrificato  agli 
idoli. 

Chiese  e  sette.  —  Chiesa  anglicana,  chiesa  ar- 
mena, cattolica,  gallicana,  greca,  moscovita,  ortodossa. 
Chiese  riformate,  ecc.,  derivazioni  del  cristianesimo  : 
veggasi  a  Chiesa,  pag.  531.  Così  pure  per  le  sette 
dei  Donatisti,  dei  Nestoriani,  dei  Non  conformisti, 


772 


CRISTIANITÀ 


dei  Non  intrusionistt,  dei  Ritualisti,  ecc.  E  veggasi 
a  Cristo  per  i  Chiliasti,  gli  Ebionisti,  i  JMonofisiti, 
i  Monoieliti,  ecc.  -  Chiesa  calvinista  (calvinismo), 
quella  fondata  da  Giovanni  Calvino,  nel  secolo  XVI 
e,  in  molti  punti,  in  opposizione  alle  dottrine  di 
Lutero  e  di  Zwingli.  -  Chiesa  copta,  quella  deri- 
vata dell'antica  Chiesa  monofisita  del  secolo  V:  ha 
a  capo  un  patriarca  risiedente  al  Cairo,  dal  quale 
dipendono  dodici  vescovi,  più  Vabuna  di  Abis- 
sinia.  -  Chiesa  luterana  {luteranesimo,  luteranismo), 
tondata  dalle  dottrine  di  Martino  Lutero,  una  delle 
grandi  sezioni  in  cui  è  divisa  la  Chiesa  protestante; 
l'altra  chiamasi  Riformata.  -  Chiesa  protestante  {pro- 
testantesimo, protestantismo),  quella  che  nega  l'auto- 
rità della  Chiesa  cattolica  e  ammette,  come  sole 
norme  di  fede,  la  Bibbia  e  la  conoscenza. 

Cristiani  di  san  Tommaso,  i  Nestoriani.  -  Davi- 
disti,  settari  cristiani.  -  Dissenters,  tutti  i  cristiani 
inglesi  che  sono  fuori  dalla  Chiesa  anglicana  (pre- 
sbiteriani, indipendenti,  metodisti,  quaccheri).  - 
Duchoborzi,  setta  greco-cristiana  in  Russia,  affine  a 
quella  dei  Quaccheri  in  Inghilterra.  -  Elkesaiti,  an- 
tica setta  ebraico-cristiana.  -  Filippini,  setta  cri- 
stiana russa,  senza  preti,  né  pastori. 

Giudaizzanti,  i  primi  cristiani  che  all'osservanza 
della  legge  ebraica  aggiungevano  l'osservanza  della 
legge  cristiana.  -  Gnostici,  gli  antichi  filosofi  che 
cercavano  di  stabilire,  in  base  a  teorie  cosmogoni- 
che e  alla  mitologia  orientale,  l'importanza  del  cri- 
stianesimo, rappresentandolo  come  sommo  princi- 
pio di  salvezza  universale  :  erano  divisi  in  varie 
sette,  delle  quali  si  considerano  fondatori  Simon 
Mago,  Menandro,  Cerinto,  Dositeo.  -  Greci  Uniti, 
cristiani  cattolici,  prima  appartenenti  alla  Chiesa 
greca,  poi  riuniti  alla  Chiesa  romana,  sotto  certe 
condizioni.  I  loro  preti  portano  barba  e  possono 
prender  moglie.  Sono  stabiliti  in  vari  luoghi  d'Ita- 
lia, in  Transilvania,  in  Ungheria,  in  Dalmazia,  ecc. 

-  Nazareni,  setta  cristiana  che  ammetteva  l'osser- 
vanza della  legge  mosaica  solo  per  i  cristiani  nati 
ebrei. 

Quaccheri,  nome  dato  ai  seguaci  della  più  sem- 
plice e  radicale  delle  sette  cristiane,  successive  alla 
riforma  luterana:  secondo  essi.  Dio  è  nella  coscienza. 

-  Unitarismo,  termine  filosofico  equivalente  a  mo- 
nismo, nome  di  setta  cristiana. 

Per  le  sette  considerate,  propriamente,  come  ere- 
tiche dalla  Chiesa  cattolica,  veggasi  ad  eresia. 


Libri,  arte.  —  Riunioni,  commemorazioni,  luoghi. 
Cose  e  termini  vari. 


Antico  e  Nuovo  Testamento,  le  due  parti,  più  gè 
nerali,  che  costituiscono  la  Bibbia.  -  Apocalisse  o 
Apocalissi  {rivelazione),  libro  attribuito  a  san  Gio- 
vanni apostolo,  ultimo  del  Nuovo  Testamento,  con- 
lenente rivelazioni  e  profezie.  -  Atti  degli  Apostoli 
{Acta  Apostolorum),  libro  attribuito  a  san  Luca  e 
nel  quale  si  narra  della  diffusione  del  cristianesimo 
In  Siria,  nell'Asia  Minore,  nell'Arcipelago,  nella 
Grecia,  in  Italia.  -  Atti  dei  Martiri,  raccolta  di  re- 
lazioni scritte  (dei  primi  secoli  del  cristianesimo), 
comprendente  gli  atti  dei  santi  Ignazio  Antiocheno, 
Policarpo,  Potino,  Giubilino,  delle  sante  Sinforosa, 
Felicita,  ecc.  -  Catechismo,  libro  nel  quale  si  inse- 
gna ciò  che  un  cristiano  deve  sapere,  credere  ed 
operare.  Il  catechismo  romano,  pubblicato   dal  Con- 


cilio di  Trento,  servi  di  norma  agli  estensori  dei 
catechismi  venuti  dopo.  Anche  i  protestanti  ebbero 
i  loro  catechismi  :  quello  di  Lutero  apparve  nel  1529, 
quello  di  Calvino  nel  1536.  -  Concordanza  biblica,  libro 
che  dà,  in  ordine  alfabetico,  le  parole  della  Sacra 
Scrittura,  con  le  citazioni  dei  luoghi  in  cui  ciascuna  di 
esse  si  trova.  -  Dottrina,  libretto  dei  principali  articoli 
della  religione  cristiana;  anche,  l'insegnamento  di 
essi  a  viva  voce.  -  Libri  apologetici,  quelli  scritti 
da  parecchi  autori  (Giustino,  Atenagora,  Tertul- 
liano, Origene,  Atanasio,  Eusebio,  Cirillo,  ecc.)  nei 
primi  tempi  del  cristianesimo.*  -  Vangelo,  o  evan- 
gelo,  libro  del  Nuovo  Testamento,  nel  quale  si 
narra  la  vita  di  Cristo. 

Arte  cristiana  ;  ebbe  culla  in  Roma  e  sali  a 
grandi  altezze  per  opera  di  valentissimi  maestri  ; 
dominò,  press' a  poco,  dal  tempo  di  Costantino  il 
Grande,  fino  alla  Riforma  ;  si  distinse  con  tre  for- 
me, tre  stili  principali  :  il  bizantino,  il  romano,  il 
germanico  (gotico). 

Riunioni,  ecc.  —  Agape,  convito  di  carità  fra- 
terna che  i  cristiani  facevano  nei  primi  tempi  della 
Chiesa,  massime  in  certi  giorni  di  solennità,  distri- 
buendosi il  pane  benedetto.  -  Conciliabolo,  adu- 
nanza, asseìnblea,  di  sacerdoti  cristiani  convo- 
cata irregolarmente.  -  Concilio,  assemblea  di  sa- 
cerdoti cristiani  convocatisi  per  deliberare  intorno 
a  questioni  di  fede:  congrega.  -  Binassi  (voce  greca), 
riunione,  specialmente,  dei  primi  cristiani. 

Circoncisione,  commemorazione  che  i  cristiani 
fanno  il  pr-imo  gennaio  della  operazione  toccata  a 
Cristo.  -  Pasqua,  presso  i  cristiani,  festa  che  com- 
memora la  risurrezione  di  Cristo. 

Catacomba,  luogo  sotterraneo  nel  quale  si  rifugia- 
vano i  primitivi  cristiani  per  sottrarsi  alle  perse- 
cuzioni, attendere  alle  pratiche  del  loro  culto,  sep- 
pellire i  morti,  ecc.  :  catacomba,  sepolcreto  sotter- 
raneo. Celebri  le  catacombe  di  Roma  e  dei  din- 
torni. -  Luoghi  santi,  la  Palestina.  -  Seno  d' Abramo, 
il  luogo  dove  erano  le  anime  degli  eletti  prima 
della  venuta  di  Cristo. 

Varie.  —  Persecuzioni:  si  chiamano  cosi  parti- 
colarmente, nella  storia,  le  violenze  usate  ai  cri- 
stiani. -  In  hoc  signo  vinces  (in  questo  segno  vin- 
cerai), segno  apparso,  secondo  la  leggenda,  in  cielo, 
presso  la  croce  di  Cristo,  a  Costantino,  mentre  mo- 
veva in  guerra  contro  Massenzio. 

Cristianità.  Detto  a  cristianesimo. 

Cristiano.  Chi  professa  il  cristianesimo.  Fa- 
mil.,  uomo,  semplicemente.  -  Aggettivam.,  apparte- 
nente 0  conveniente  a  cristiano  ;  conforme  al  cri- 
stianesimo. -  Cristiano-socialista,  partito  operaio  : 
veggasi  a  socialisìuo. 

Cristo.  -  Nel  cristianesimo,  il  figlio  di  Dio 
e  la  seconda  persona  della  Trinità,  considerato 
nella  sua  missione  di  redenzione  umana.  Antono- 
masticamente:  amore  incarnato,  agnel  di  Dio,  a- 
gnello  tipico  ;  dio  dell'ombra  e  del  vuoto  ;  dio  in- 
carnato, dio-uomo;  divino  fondatore;  figlio  del- 
l'uomo, figlio  di  Maria  Vergine  ;  figliuol  di  Dio  ; 
Gesù,  Gesù  Cristo  ;  il  Giustiziato,  il  Giusto,  il  Si- 
gnore, il  Signore  buon  Gesù;  l'Emanuele;  interna- 
zionalista giustiziato;  Messia,  messo  della  vita;  mi- 
stico sposo  ;  Nazareno  (il)  ;  nostro  desio,  nostro  di- 
letto, nostro  mediatore;  re  dei  Giudei,  re  dei  morti; 
re  degli  oppressi,  re  del  cielo  ;  re  di  vita  eterna  ; 
redentore,  redentore  del  mondo,  rigeneratore,  rile- 
vatore della  generazione  umana;  Salvatore,  salva- 
tore del  mondo;  Santo  dei  santi.   Signore    signore 


773 


dei  miti,  sole  di  giustizia,  sommo  sole,  sposo  della 
Chiesa,  sposo  delle  Vergini,  sole,  superno  amore; 
trionfatore  della  morte;  ultimo  Adamo;  Unigenito 
figliuol  di  Dio,  uomo  di  Dio,  unto  del  Signore; 
verbo  di  Dio,  verità  e  vita;  vescovo  delle  anime. 
Cristo  glorioso  e  trionfante,  Cristo  salito  al  cielo. 
-  Cristo  resuscitato  (popolami.),  Cristo  quando  rap- 
presentato nella  Passione  o  dopo.  -  Galileano,  Ga- 
lileo, nomi  dati  qualche  volta  a  Cristo,  perchè  era 
di  Galilea. 


Episodi,  significati, 

RICORDI   DELLA   VITA   DI   CrISTO. 


Feste. 


Anni  della  comune  salute,  gli  anni  dalla  nascita 
di  Cristo.  -  Ascensione,  la  salita  di  Cristo  al  cielo- 

-  Avvento,  venuta,  tempo  che  precede  il  natale  di 
Cristo,  cominciando  dalla  domenica  più  vicina  a 
sant'Andrea;  e  vale  pure  la  predicazione  che  si  fa 
in  questo  tempo.  -  Cena  di  Cristo,  la  cena  che  Cristo 
fece  con  gli   apostoli,  prima    di   essere    crocifisso. 

-  Comune  salute,  la  redenzione  degli  uomini  per 
opera  di  Cristo.  -  //  corpo  e  il  sangue  di  Cristo, 
veggasi  ad  eucaristia.  -  Crocifissione,  il  supplizio 
della  croce  inflitto  a  Cristo. 

Deposizione  dalla  croce,  manovra  con  la  quale 
Cristo  fu  distaccato  dalla  croce,  per  essere  deposto 
nel  sepolcro. 

Fede  di  Cristo,  la  sua  religione.  -  Flagellazione, 
tormento  inflitto  a  Cristo,  che  fu  percosso  con  fla- 
gello, strumento  formato  da  funicelle  a  nodi,  fisse, 
per  uno  dei  capi,  a  un  manico.  -  Indulgenza, 
tesoro  dei  meriti  di  Cristo  applicato  ai  fedeli  da 
chi  ne  ha  autorità.  -  Inumanazione,  ì'umanarsi,  il 
diventare  uomo  (detto  di  Cristo).  -  Ipostatica,  u- 
nione  in  Cristo  delle  due  nature,  umana  e  divina, 
in  una  sola  ipostasi,  o  persona. 

Luce  del  mondo:  la  verità  rivelata.  Cristo.  -  Me- 
riti della  passione  di  Gesù  Cristo  (titolo  eccles.),  i 
suoi  patimenti.  -  Natale,  la  natività,  la  nascita 
(25  dicembre)  di  Cristo.  ■  Passione,  i  patimenti  sof- 
ferti da  Gesù  Cristo  nell'  opera  di  redenzione;  an- 
che, la  predica  dei  patimenti  di  Cristo,  fatta  il  ve- 
nerdì santo.  -  Redenzione,  l'opera  da  lui  solo  com- 
piuta col  redimere  il  genere  umano  dalla  schiavitù 
del  peccato.  -  Resurrezione,  il  risorgere  di  Cristo 
dal  sepolcro. 

Transustanziazione,  miracolosa  trasformazione  del- 
la sostanza  del  pane  e  del  vino  nella  sostanza  del 
corpo  e  del  sangue  di  Cristo.  -  Trasfigurazione, 
l'apparizione  di  Cristo  sul  monte  Tabor. 

Feste.  —  Ascensione,  festa  (del  28  maggio)  che  ce- 
lebra la  salita  di  Cristo  al  cielo.  -  Avvento,  festa  che 
incomincia  dalla  quarta  domenica  prima  di  Natale. 

-  Capo  d'anno,  la  solennità  in  cui  si  celebra  la  cir- 
concisione di  Cristo.  -  Corpus  Domini,  festa  che  si 
celebra  nel  secondo  giovedì  dopo  la  Pentecoste,  in 
memoria  dell'istituzione  deìV eucaristia.  -  Dome- 
nica delle  palme,  quadragesima,  quinquagesima,  ses- 
sagesima, ecc.,  veggasi  a  quaresima.  -  Epifania 
{pasqua  dell'Epifania),  la  solennità  in  cui  si  cele- 
brano (6  gennaio)  le  prime  circostanze  che  mani- 
festarono agli  uomini  la  potenza  e  la  divinità  di 
Cristo,  e  specialmente  la  manifestazione  che  egli 
fece  di  sé  stesso  ai  re  Magi.  -  Esaltazione  della 
croce,  festa  istituita  dalla  Chiesa  in  memoria  della 
croce  che  si  disse  apparsa  a   Costantino   e   in  ri- 


cordo della  restituzione  (era  stata,  vuoisi,  rapita 
dai  Persiani)  fattane  da  Eraclio,  al  tempo  del  quale 
fu  inalzata  sul  (Calvario.  -  Invenzione  della  croce, 
festa  cattolica  che  si  celebra,  il  3  inaggio,  a  ricordo 
del  ritrovamento  della  croce  di  Cristo  in  Gerusa- 
lemme, ad  opera  di  sant' Elena,  madre  di  Costan- 
tino. -  Natale,  la  solennità  che  si  celebra  il  25 
dicembre.  -  Pasqua,  la  solennità  ricordante  la 
resurrezione  di  Cristo.  -  Pentecoste,  o  Pasqua  delle 
rose  :  detto  a  pasqua.  •  Rogazioni,  le  processioni 
che  si  fanno  prima  dell'Ascensione.  -  Settimana 
di  passione,  settimana  santa,  veggasi  a  quare- 
sima. 


Simboli,  rappresentazioni  artistiche,  panni 
E  altre  cose  relative  a  Cristo. 


Crisma  (chiamato  labarum  nelle  antiche  bolle), 
monogramma  formato  d'un  X,  lettera  greca  equiva- 
lente a,  eh  e  d'un  P  equivalente  a  r,  e  talvolta  di 
un'altra  lettera.  -  Ichthys,  simbolo  di  Cristo  nel- 
l'antica Chiesa  (dalle  iniziali  del  nome  greco,  si- 
gnifica: G.  Cristo  di  Dio,  Figliuolo  Salvatore).  - 
IHS,  monogramma  formato  con  le  tre  prime  let- 
tere della  parola  greca  Jesous.  -  INRI,  monogramma 
formato  con  le  iniziali  delle  parole  Jesus  Nazarenus, 
rex  Judaeorum,  fatte  apporre  da  Ponzio  Pilato  alla 
croce  di  Cristo.  -  Melchisedek,  simbolo  del  Cristo. 
-  Misteri,  gli  emblemi  della  passione  di  Cristo. 

Cenacolo,  dipinto  che  rappresenta  la  cena  di 
Cristo:  famoso  quello  di  Leonardo  da  Vinci.  - 
Cristo,  l'immagine  di  Cristo  (un  Cristo  d'avorio,  di 
legno,  dipinto,  ecc.).  -  Crocifissino,  piccola  immagine, 
quadrettino  che  rappresenta  Cristo  in  croce.  -  Crocifisso, 
l'immagine  di  Cristo  in  croce.  -  Deposizione  dalla 
croce,  pittura  o  scultura  che  la  rappresenti.  -  Ecce 
homo  (ecco  l'uomo),  per  indicare  la  figura  di  Cristo, 
emaciato  e  cinto  di  spine.  -  Flagellazione,  la  fi- 
gura che  la  rappresenta.  •  Gesù  bambino,  V  im- 
magine di  Cristo  fanciullo.  -  Gesù  Cristo  in  sacra- 
mento, l'ostia  consacrata.  -  Nicodemi,  figure  d'uo- 
mini nei  quadri  della  crocefissione  o  della  sepol- 
tura di  Cristo.  -  Trasfi,gurazione  (la),  famoso  quadro 
di  Raffaello. 

Fusciacco  e  vulg.  fuciacco,  panno  del  Cristo  che 
si  porta  a  processione.  -  Inconsutibile,  tutta  di  un 
pezzo  :  della  veste  di  Cristo.  -  Panno  del  Cristo, 
panno  di  velluto  ricamato  che  si  mette  alla  croce, 
in  arco,  quando  si  va  in  processione.  -  Sindone, 
panno  che  servi  a  involgere  il  corpo  di  Cristo.  - 
Sudario,  panno  col  quale  la  Veronica,  secondo  la 
leggenda,  asciugò  Cristo,  e  sul  quale  reslò  impresso 
il  volto  di  lui. 

Corona  di  spine,  quella  messa  in  capo  a  Cristo, 
durante  la  sua  passione.  -  Croce,  per  antonomasia, 
lo  strumento  sul  quale  pati  Cristo.  -  Stigmate,  le 
ferite  nelle  parti  del  corpo  di  Cristo  ove  furono 
infissi  i  chiodi  e  dato  il  colpo  di  lancia. 

Capannuccia,  la  rappresentazione  della  nascita  di 
Cristo  fatta  con  una  capannuccia  di  cartone,  figurine 
di  gesso,  di  cera  e  simili  ;  una  specie  di  teatrino 
che  si  prepara  a  Natale  per  sollazzo  dei  fanciulli, 
e  vorrebbe  rappresentare  la  capanna  di  Betlemme, 
nella  quale  Cristo  sarebbe  nato.  Quella  che  si  fa 
nelle  chiese  più  comunemente  presepio,  presepe.  - 
Calvario  (in  arameo.  Gòlgota),  poggio  dove  Cristo 
fu  crocifisso:  colle,  monte  Calvario,  sublime  altare. 


774 


CRITERIO    —    CRITICA 


Seguaci  di  Cristo, 
che   lo  avvicinarono. 


Altre  persone 
Settarì.  —  Varie. 


Apostolo,  ciascuno  dei  dodici  scelti  da  Cristo 
fra  i  suoi  discepoli,  perché  bandissero  le  sue  dot- 
trine. Furono  :  Pietro  (prima  Simone),  Andrea,  Gia- 
como di  Zebedeo,  Giovanni,  Filippo,  Bartolomeo, 
Tommaso,  Matteo,  Giacomo  di  Alfeo,  Lebbeo  (so- 
prannominato Taddeo),  Simone  il  Cananeo  e  Giuda 
Iscariota  (il  traditore  di  Cristo).  Ad  essi  si  aggiun- 
sero, poi.  Paolo  e  Barnaba.  -  Apostolo  dei  Gentili, 
delle  nazioni,  o,  semplicemente,  Vapostolo,  san  Paolo> 

-  Principi  degli  apostoli,  san  Pietro  e  san  Paolo.  - 
Discepolo,  ciascuno  dei  settantadue  eletti  da  Cristo 
a  predicare  la  sua  dottrina.  -  Martire,  colui  che 
sparse  il  sangue  per  affermare  la  fede  di  Cristo,  e 
che  si  venera  per  ciò  sugli  altari.  -  Vicario  di 
Cristo,  in  terra,  il  papa. 

Barabba,  malfattore  che  i  Giudei  fecero  assolvere 
da  Pilato,  costringendo  questi  a  condannare  Cristo.  - 
farisei,  la  setta  giudaica  che  condannò  Cristo  {fa- 
riseismo, la  sua  dottrina).  -  Ladroni,  ì  due  che  fu- 
rono crocifìssi  insieme  a  Cristo  -  Longino,  il  sol- 
dato, secondo  la  ^tradizione,  che  feri  Cristo  sulla 
croce.  -  Maddalena  (Maria  di  Magdala),  una  delle 
tre  Marie  che  stettero  accanto  alla  croce  di  Cristo. 
Ponzio  Pilato,  sesto  governatore  romano  (procu- 
ratorj  'della  Giudea  :  per  quetare  i  nemici  di  Cristo, 
lo  fece  battere  con  le  verghe  ;  poi,  cedendo  ai  (Giu- 
dei, lo  condannò,  assolvendo  Barabba.  -  Precursore 
(il),  san  Giovanni  Battista,  che  fu  il  predecessore 
di  Cristo.  -  Veronica,  la  santa  che  ricevette  nel  su- 
dario l'impronta  del  volto  di  Cristo. 

Settari.  —  Adoziani,  Adozionisti,  settarì  del  se- 
colo Vili,  i  quali  sostenevano  essere  Cristo  vero 
figlio  di  Dio  e  figlio  adollivo   per  la  sua  umanità. 

-  Chiliasti,  coloro  che  credevano  in  un  futuro  mtl- 
lennario  regno  di  Dio  in  terra,  col  ritorno  di  Cristo  ; 
regno  pieno  di  magnificenza  e  di  giubilo  per  i  cre- 
denti. -  Corrutticoli,  setta  di  Eutichiani  che  affer- 
mava corruttibile  il  corpo  di  Cristo.  -  Ebioniti, 
setta  ebraico-cristiana  del  secolo  U  :  credeva  Cristo 
figlio  di  Maria  e  Giuseppe  e  obbligatoria  la  legge 
di  Mosè  -  Diofisiti,  i  teologi  che  ammettevano  in 
Cristo  una  duplice  natura.  -  Monojisiti,  seguaci  di 
una  setta  cristiana  in  Oriente  del  V  secolo  :  la  loro 
dottrina  (monofisismo)  non  ammetteva  che  una  sola 
natura  in  Cristo.  -  Monoteliti,  seguaci  del  monole- 
lismo,  che  ammetteva  in  Cristo  due  nature:  una 
divina,  l'altra  umana,  attribuendo  alla  prima  ogni 
volontà.  -  ^estoriani,  setta  che  credeva  nell'esi- 
stenza di  due  persone  diverse  in  Gesù  Cristo  {ne- 
storianismo,  la  dottrina).  -  Particolaristt,  coloro  che 
sostengono  avere  i  meriti  di  Cristo  benefica  in- 
fluenza soltanto  sopra  un  certo  numero  di  prede- 
stinati. 

Varie.  —  A.  C,  abbreviazione  che  significa  :  a- 
vanti  Cristo,  prima  di  Cristo.  -  D.  C,  id.,  dopo 
Cristo.  -  G.  C,  id.,  per  Gesù  Cristo. 

Ab  incarnazione,  aall'incarnazione,  dall'epoca  del- 
l'incarnazione di  Cristo.  -  A  nativitate  (lat.,  dalla 
natività),  dal  giorno  della  nascita  di  Cristo.  - 
Vangelo,  libro  del  Nuovo  Testamento,  nel  quale 
è  narrata  la  vita  di  Cristo. 

Cristolatria,  adorazione  di  Cristo.  -  Cristologia, 
dottrina  intorno  alla  persona  di  Cristo.  Tre  sono  i 
metodi  :  il  razionalistico,  lo  spiritualistico  e  il  dog- 
matico. 


Anticristo,  genericamente,  chi  sorse  ad  alterare 
la  dottrina  di  Cristo;  particolarmente,  secondo  le 
tradizioni,  il  tiranno  che  deve  regnare  verso  la  fine 
del  mondo,  perseguitando  la  Chiesa,  seducendo  le 
moltitudini,  ecc.  -  I  protestanti  chiamano  anticristo 
il  papa.  -  Numero  apocalittico,  il  misterioso  numero 
666  dell'Apocalisse,  relativo  all'Anticrisvo. 

Critèrio.  Principio  secondo  il  quale  si  giudica, 
si  formula  un  giudizio  ;  in  generale,  la  regola  co- 
mune di  giudicare;  particolarmente,  la  facoltà  che 
ci  rende  atti  a  giudicare,  a  riconoscere  la  verità 
delle  cose  :  acume  e  dirittura  di  mente  ;  buon 
senso,  estimativa,  ragione,  senno  ;  virtù,  stima- 
tiva.  Detto  anche  per  tattica,  tatto,  come  qualità 
di  chi  sa  fare.  -  Mitidio,  quel  criterio  che  ognuno 
dovrebbe  avere. 

Critica.  L'arte,  la  scienza  di  sceverare  il  vero 
dal  falso  e  di  appurare  i  fatti  con  criterio:  arte 
critica,  arte  della  critica;  criticismo;  scienza  della 
critica,  sindacato.  Figur.,  frusta,  frustino  ;  stura;  tara. 
Anche,  il  giudizio  ragionato  sopra  un'opera  d'arte, 
di  letteratura  {critica,  estetica  letteraria)  ;  o  l'arte  di 
misurare  giudiziosamente  l'attendibilità,  la  credi- 
bilità dei  fatti  narrati  dagli  storici  {critica  storica)  : 
analisi,  appunto,  criticazione ;  osservazione;  recen- 
sione (esame  e  raffronto  di  qualche  scrittura,  d'un 
libro  e  simili)  ;  scritto  pettinatolo.  -  Dicesi,  altresì, 
alcune  volte,  in  senso  di  appunto,  di  biasimo.  -  La 
critica  può  essere  acerba,  amara,  aspra,  oppure 
amabile,  dolce,  mite;  asinesca  o  sapiente;  dignitosa 
seria,  o  buffa,  ridicola  ;  dispettosa  o  serena  ;  fondata 
su  fatti,  positiva,  oppure  a  vànvera,  balzana,  cer- 
vellotica ;  giusta  o  ingiusta  ;  indulgente,  o  spietata  ; 
onesta  o  disonesta  ;  presuntuosa,  superba,  villana, 
oppure  modesta,  umile,  cortese,  sciocca,  stupida,  pe- 
dante, oppure  a  segno,  di  dovere,  di  ragione,  sen- 
sata, ecc.  -  Critico,  di  critica  o  di  critico;  che 
concerne  la  critica;  che  procede  secondo  la  critica. 

Alterezza  censoria,  severità  censoria,  di  critica  a- 
spra,  esagerata.  -  Appunto,  osservazione  in  senso 
sfavorevole,  leggero  biasimo,  per  lo  più  riguar- 
doso :  appuntatura,  criticazione.  E  appuntino  cri- 
tica lievissima,  benevola.  -  Autocritica,  critica  fatta 
da  un  autore  all'opera  propria,  di  qualsiasi  natura 
essa  sia.  -  Censura,  revisione  di  opere  letterarie, 
massime  di  commedie  o  d'altro  lavoro  pel  teatro. 
-  Coltello  anatomico  (figur.),  critica,  analisi  d'opere 
severa,  cruda,  scientifica.  -  Controcritica,  critica  che 
risponde  a  un'altra.  -  Criticaccia,  peggior.  di  critica; 
critica  mal  fatta.  -  Becensione,  articolo  bibliografico 
dove  sono  notati  i  pregi  o  le  cose  contenute  in  un 
volume.  -  Bimarco,  nota,  osservazione.  -  Rimpro- 
vero, il  rimproverare,  il  dire  in  faccia  ad  altri  i 
suoi  difetti,  le  sue  imperfezioni.  -  So^sticheria,  alto, 
cosa,  vizio  sofistico  :  veggasi  a  sofisticare.  -  Sofi- 
sticaggine,  il  sofisticare. 

Canoni,  norme,  regole  di  critica.  -  Criticismo, 
dottrina  che  ha  per  fondamento  la  critica.  -  Metodo 
storico,  in  letteratura,  processo  di  critica  obbiettiva 
e  scientifica  che  parte  dal  fatto  e  dal  documento 
sincerato  e  vero,  quale  appunto  si  pretende  nella 
storia. 

Criticare,    criticarile,   ecc. 
Farsi  criticare. 

Criticare:  far  della  critica  ia  senso  generico,  o 
far  la  critica  di  un'opera  (letteraria,  artistica,  scien- 
tifica, ecc.),  e  vorrebbe  significare,  propriamente,  il 


CRITTOGAMIA 


775 


darne  un  imparziale  giudizio.  Con  varie  gradazioni 
di  significato  :  appuntare,  attaccare  criticamente  ; 
censurare;  disapprovare;  far  la  noloniia;  rian- 
dare, rivedere  le  buccie  ;  spulciare  (un  bilancio,  un 
conto  e  simili)  ;  voltare  contro  le  punte  delle 
penne. 

Affibbiare  una  critica  tra  capo  e  collo,  infliggere 
una  critica  improvvisa,  inaspettata,  e  bruscamente. 

-  Appuntare,  fare  appunti  a  qualche  cosa  o  per- 
sona, biasimare,  trovare  a  ridire,  indicare  le 
mende  :  assindacare,  dar  la  tara,  riprendere,  trovar 
da  dire,  a  dire.  -  Cercare  il  pelo  nell'uovo,  criti- 
care per  trovar  male  dove  non  è  ;  censurare  i  mi- 
nimi difetti.  -  Dare,  fare,  opporre  eccezione,  fare 
qualche  censura  ;  trovare  qualche  difetto.  -  Dar  la 
stura,  incominciare  la  critica  ;  sfoderare  le  critiche. 

-  Demolire,  figur.,  annientare  con  la  critica  il  va- 
lore di  un'opera,  di  un  autore,  ecc.  -  Fare  il  con- 
trappelo, 0  il  pelo  e  il  contrappelo  a  una  persona, 
criticarla  minutamente.  -  Far  la  barba  e  il  con- 
trappelo, superare  qualcuno  in  sapere  o  r  ved  rgli 
le  buecie.  -  Fare  una  ripassata,  una  critica  coi 
fiocchi,  criticare  per  bene,  efficacemente.  -  Flagel- 
lare, figur.,  criticare,  fortemente,  duramente,  vio- 
lentemente: sferzare,  frustare,  staffilare.  -  Mordere, 
pungere,  far  sentire  Yassillo  della  critica.  -  Petti- 
nare uno,  fare  una  critica  mordace  alle  sue  spalle. 

-  Ribattere  una  critica,  rispondere,  ritorcerla,  fru- 
standone r  erroneità,  l'inconsistenza.  -  Ricriticare, 
ripete  criticare.  ■  Rivedere  il  pelo  a  uno,  rivedergli 
le  bucce,  criticarne  i  difetti,  il  lavoro,  la  condotta, 
ecc.  -  Rivedere  le  bucce  a  qualcuno,  criticare  qual- 
cuno acerbamente.  -  Scotere  i  panni  ad  uno,  rive- 
dergli le  bucce.  -  Sofisticare,  argomentare  a  sofismi 
e  con  pedanteria,  criticando.  -  Sputar  veleno,  cri- 
ticare acerbamente,  con  malanimo,  per  ira,  per 
invidia.  -  Stroncare,  dicesi  talora,  nel  linguaggio  let- 
terario, di  critica  fredda  e  spietata  così  da  uccidere 
(obtruncare)  un'opera  nel  nascere. 

Criticabile,  che  si  può  criticare,  suscettivo  di  cri- 
tica :  cosa  0  persona.  Contr,,  incriticabile.  -  Criti- 
cato, participio  di  criticare. 

Farsi  criticare  :  far  cose  che  provochino  critica, 
biasimo  ;  tirarsi  critiche  addosso.  -  Accettante  e  sti- 
pulante (scherz.),  chi  è  costretto  a  sentire  le  cen- 
sure che  gli  si  fanno  o  a  vedere  cosa  che  gli  di- 
spiaccia. -  Buttarsi  via,  di  chi  parla  male  di  sé 
0  si  critica,  anche  apposta,  e  dice  di  non  valer 
nulla. 


Critico. 


Criticone. 


Critico,  chi  si  occupa  di  critica,  chi  la  esercita 
per  professione,  in  un  giornale,  in  una  rivista,  e  si- 
mili :  censore,  criticante,  criticatore,  satrapo.  La 
mania  di  trovare  nelle  opere  altrui  più  i  difetti 
che  i  pregi,  più  il  brutto  che  il  bello,  ha  fatto  si 
che  per  critico  s'intenda  oggi,  bene  spesso,  chi  si 
limita  a  trovare  mancamenti.  Il  critico  può  essere 
benevolo  o  maligno,  abile  o  inetto,  dotto  o  igno- 
rante, ecc.  -  Censuratore,  chi  censura,  chi  trova  a 
ridire  su  cose  o  persone  :  appuntatore,  bastonatore 
d'amici  e  di  nemici,  biasimatore,  censore,  ripeti- 
tore. -  Criticastro,  cattivo  critico.  -  Critico  ca- 
villoso, facile  al  cavillo,  ossia  alle  argomentazioni 
artificiose.  -  Critico  in  erba,  esordiente,  principiante, 
alle  sue  prime  armi.  -  Critico  che  ora  unge,  ora 
jtunge,  che  una  volta  loda   e  una  volta  biasima.  - 


Critico  la  cui  firma  è  vangelo,  critico  di  molta  au- 
torità, di  autorità  ineccepibile.  -  Critico  schizzinoso, 
schifiltoso,  difficile  a  contentarsi.  -  Critico  seduto  a 
scranna,  col  lucco  addosso,  critico  saccente.  -  Criticon- 
zolo,  criticuccio,  criticuzzo,  critico  da  poco.  -  Iper- 
critico, sunercritico,  critico  esagerato,  eccessivo; 
critico  hurnanzoso  e  piuttosto  maligno.  -  Rana  lo- 
quace, critico  ciarliero  e  vanitoso.  -  Scorbellato,  chi 
canzona  e  critica  e  sofistica  su  tutto. 

Aristarco,  critico  pedante  e  mordace,  a  somi- 
glianza dell'antico  critico  d'  Omero  (e  aristarcheg- 
yiare,  far  da  Aristarco).  -  Esegeta,  per  estens.,  di 
persone  dotte  nella  critica  di  un'arte.  -  Mevio,  cri- 
tico appassionato.  -  Momo,  figlio  del  Sonno  e  della 
Notte  e  dio  del  motteggio  e  delle  arguzie;  la  sua 
unica  occupazione  era  quella  di  squadrare  le  azioni 
degli  dèi  e  degli  uomini,  e  di  censurarle  libera- 
mente; per  ciò  si  rappresenta  in  atto  di  torre  la 
maschera  da  un  volto.  -  Ostrigillatore,  critico  pe- 
dante. -  Tersile,  greco  rappresentato  da  Omero  co- 
me brutto,  vile,  oltraggioso  contro  gli  eroi  davanti 
a  Troia.  Per  simil.,  critico  spregevole  che  offenda 
un  grande  uomo.  -  Zanzariera  (figur.),  critico  mo- 
lesto e  dappoco.  -  Zoilo,  critico  maligno. 

Criticone,  chi,  per  abitudine,  critica  ogni  cosa  : 
biasimatore  maligno  e  abituale,  censuratore,  cen- 
sore sistematico;  correttore  di  stampe  vecchie. 
Dottor  sottile.  Dottor  tutte  salle  ;  critico  inconten- 
tabile ;  Ser  appuntino,  Serappuntino,  Ser  contrap- 
poni. Criticone  dicesi  anche,  talvolta,  per  maldi- 
cente (veggasi  a  maldicenza).  -  Chiosatore  (iron.), 
chi  interpreta  ogni  cosa  sinistramente  e  critica 
sempre. 

Essere  criticone:  opporre  alla  babà;  opporre  al 
paternostro,  al  B  a  Ba,  al  sale,  al  sole,  alle  pan- 
dette; dare  il  sentecchio  a  tutto  e  a  tutti  e  trovar 
da  dire  sul  paternostro:  essere  come  l'arco  soriano, 
che  trae  agli  amici  e  ai  nemici  ;  essere  come  la  sta- 
dera dei  beccai.  -  Fare  il  criticone  :  aristarcheg- 
giare  ;  dar  di  becco  in  ogni  cosa  ;  fare  il  Quinti- 
liano, l'Aristarco  ;  fare  il  saccente  e  il  patrasso. 

Massime,  proverrì,  locuzioni.  —  Al  word  ire  tutto 
dispiace.  -  Chi  d'altrui  parlar  vorrà,  guardi  sé  stesso 
e  tacerà.  -  Chi  fa  la  casa  in  piazza  o  la  fa  alta  o  la 
fa  bassa,  chi  fa  un  lavoro  pel  pubblico  si  prepari 
a  sentir  critiche.  -  Chi  non  opera  critica.  -  /  grandi 
vorrebbero  mordere  le  balene  (alludendo  alla  presun- 
zione di  certi  critici  astiosi).  -  Quando  si  tratta  di 
censurare  gli  altri,  i  più  sciocchi  diventano  sapienti. 

Tutti  vogliono  dire  la  sua:  a  chi  critica  altri  e  fa 
peggio.  -  Gli  è  come  gli  spilli  :  ha  la  punta  fine  e 
il  capo  grosso,  di  un  critico  ignorante. 

Criticare  {criticato).  Muover  critica,  muovere 
biasimo. 

Criticismo,  critico.  Veggasi  a  critica. 

Critico.  Veggasi  ad  età. 

Criticóne.  Detto  a  crìtica  e  a  m,aldi- 
cenza. 

Critta  (cripta).  Sotterraneo  di  chiesa.  •  Specie 
di  chiostro  in  un  giardino,  ecc. 

Crittogama.  Malattia  della  vite:  oidio. 

Crittògame  La  pianta  ad  organi  sessuali  na- 
scosti, inosservabili  ad  occhio  nudo  :  veggasi  a 
pianta. 

Crittogamia  fcryptogamiaì.  Una  delle  venti- 
quattro classi  in  cui  Linneo  divise  le  piante:  veg- 
gasi a  botanica,  pag.  311,  seconda  colonna.  - 
Sporule,  corpuscoli  riproduttori  delle  crittogame, 
mancanti  d'invogli. 


776 


CRITTOGRAFIA    —    CROCIATA 


Crittografia  {critlogrdfico).  Arte  di  scrivere 
ui  cifra. 

'  Crxvéìlaxe{crivellato,crivellaziòne).  Fare  in  chec- 
chessia fori,  buchi  (veggasi  a  buco),  come  in  un 
crivello.  -  Mondare,  nettare  il  grano  col  crivello  : 
cribrare.  -  Passare  la  polvere  da  fuoco  pel  cri- 
vello per  granularla.  -  Crivellato,  bucato  in  più 
parti.  -  Crivellazìone,  il  crivellare:  crivcllatura,  cri- 
brazione. 

Crivèllo.  Specie  di  setaccio  foracchiato:  va- 
glio. 

Crlvellotto.  Sorta  di  tessuto  di  cotone. 

Croato.  Soldato  di  cavalleria  leggera  austriaco. 

-  Per  similit.  e  iron.,  uomo  ignorante,   duro  di 
comprendonio,  testardo. 

Croccante.  Sorta  di  dolce,  di  mandorlato. 

Òroccare  (croccato).  Rendere  un  suono  acuto, 
scricchiolare. 

Crocchette,  crocchettlere.  Veggasi  a  pol- 
petta 

Crocchia.  Veggasi.  a  freccia. 

Crocchiante.  Chi  sta  volontieri  in  ozio,  a 
cianciare,  a  far  chiacchiera. 

Crocchiare  {crocchiato).  Detto  a  gallina  e  a 
malato. 

Crocchio.  Riunione,  adunanza  di  più  per- 
sone per  discorrere  e  per  passare  il  tempo.  - 
Piccolo  assembramento  di  persone  in  pubblico  e 
fatto  li  per  li  :  capannella,  capannello,  capànnola  ; 
cerchiellino,  cerchio,  circolo,'  giro  tondo,  gruppo, 
gruzzo,  gruzzolo;  macchietto,  rigoletto,  ristretta, 
scontrazzo. 

Croce.  Strumento  fatto  con  due  legni  intraver- 
sati, su  cui  anticamente  si  legavano  o  si  inchioda- 
vano i  malfattori,  e  sul  quale  fu  inchiodato  Cri- 
sto. -  Simbolo  del  cristianesimo.  -  L'insegna  con 
la  croce  che  precede  le  processioni,  i  trasporti  fu- 
nebri dei  cristiani.  -  Figur.,  pena,  torm,ento.  - 
Crocetta,  crocettina,  piccola  croce  (d'avorio,  d'ebano, 
d'argento,  d'oro,  d' altri  metalli,  ecc.),  portata  al 
collo,  0  altrimenti.  -  Crociane,  grossa  croce. 

Crocifero,  chi  porta  la  croce  davanti  al  vescovo 
0  in  una  processione.  •  Crociforme,  fatto  a  forma 
di  croce. 

Croce  ancorala,  quella  che  ha  le  estremità  delle 
aste  rivolte  in  segmento  di  cerchio.  -  Croce  di 
Malta,  quella  a  due  bracci  eguali  formanti  quattro 
triangoli  isosceli.  -  Croce  di  sant'Andrea,  quella  a 
X,  fatta  a  pezzi  incrociati  diagonalmente.  -  Croce 
greca,  pari  in  lunghezza  e  larghezza.  -  Croce  latina, 
più  lunga  di  sotto.  -  Croce  russa,  o  di  Lorena,  a 
doppio  braccio  orizzontale,  il  superiore  più   corto. 

-  Filatterio,  la  croce  pastorale  che  i   greci  portano 
al  collo  e  che  è  piena  di  reliquie. 

Braccio,  ciascuna  delle  due  parti  della  traversa 
della  croce.  -  Cartelli,  i  fregi,  dorati  o  inargentati, 
dei  bracci  della  croce.  -  Ceppo  della  croce,  la  base 
dov'è  confitta.  ■  Tronco,  la  parte  principale,  at- 
traversata dalle  braccia. 

Crocifìggere,  conficcare,  configgere  sulla  croce, 
dare  il  supplizio  della  croce:  attaccare  sulla  croce, 
chiavare  al  legno;  crocificare,  crucifiggere;  inchio- 
dare, mettere,  porre  in  croce,  sulla  croce.  -  Croci- 
fissione, atto  ed  effetto  del  crocifiggere:  crocifiggi- 
mento,  crucifissione,  inchiodatura.  -  Crocifisso,  par- 
ticipio di  crocifigg;ere  :  appeso  ai  chiodi,  confitto, 
crocefisso;  disteso,  inchiodato  in  croce.  Sostantiv., 
l'effigie  di  Cristo.  -  Crucesignato,  che  ha  la  croce 
per  distintivo  :  crocifero.  -  Crucifige,  grido  che  si 
lanciava  contro  i  colpevoli,  perchè  si  infliggesse  loro 


il  castigo  della  crocifissione.  -  Deporre  {deposi^ 
zione),  togliere  dalla  croce  (veggasi  a  Cristo).  -^ 
Sconfiggere,  contr.  di  configgere  :  schiodare,  togliere 
dalla  croce. 

Santa  Croce,  festa  dell'esaltazione  della  Croce 
(14  settembre).  -  Segno  di  croce  o  della  croce, 
l'atto  che  si  fa  toccandosi  con  la  mano  dritta  la 
fronte,  il  petto  e  le  spalle.  -  Trionfo  della  croce, 
opera  d'arte,  scultura,  pittura,  ecc.,  che  la  rappre- 
senta. 

Cróce.  Qualunque  lavoro  a  simiglianza  di  croce. 
Parte  d'una  basilica,  d'una  chiesa.  -  Punto  nel 
quale  fanno  capo  e  si  attraversano  le  vie,  le  strade: 
crociata,  crocevia,  crocivio.  -  Crocièra,  forma  di 
croce,  disposizione  a  foggia  di  croce. 

Incrociamento,  Y  incrociare,  l' incrociarsi,  incro- 
ciatura, incrocicchiamento;  intersecamento,  interse- 
zione (punto  in  cui  si  incontrano  due  linee),  in- 
traversaraento.  -  Incrociare,  mettere  una  cosa  at^ 
traverso  all'altra,  in  modo  di  formare  quasi  una, 
croce:  attraversare,  intraversare,  traversare.  -  In- 
crociarsi, attraversarsi,  formando  una  specie  di 
croce  :  intersecarsi,  intersegarsi,  intagliarsi  ;  rise- 
care,  segare,  tagliare. 

Croce.  Segno  o  distintivo,  a  forma  di  croce^ 
proprio  ai  membri  di  un  ordine  cavalleresco.  • 
Segno  che  si  fa,  invece  della  firma,  da  chi  non 
sa  scrivere.  -  La  traversa  al  collo  dell'ancora.  - 
Segno  che,  sulle  antiche  bussole,  indicava  il  le- 
vante. -  Nome  di  associazioni  benefiche  {firoce 
Rossa,  Croce  Bianca,  Croce  Verde),  che  fanno  ser- 
vizio di  ambulanza,  attendendo  al  soccorso  dei 
feriti  e  dei  malati,  in  tempo  di  pace  o  di  guerra. 

Croce.  La  parte  più  grassa  della  trippa  del  vi- 
tello. 

Croce  di  Malta.  Sorta  di  giuoco  che  si  fa  nel 
modo  seguente  :  da  due  intieri  mazzi  di  carte  si 
levano  gli  otto  re  e  i  quattro  assi,  formando  con 
quattro  re  un  parallelogrammo  in  senso  verticale, 
al  petto  di  chi  fa  il  giuoco.  Nel  lato  superiore  di 
questa  figura  geometrica,  si  pone  orizzontalmente 
un  asso  ;  altri  due  si  pongono  verticalmente  ai 
lati  di  fianco,  in  modo  che  la  linea  formata  alla 
metà  del  parallelogrammo  dalle  quattro  figure  dei 
re  si  trovi  in  mezzo  a  questi  assi,  il  quarto  dei 
quali  sarà  collocato  alla  base  del  parallelogrammo» 
in  senso  orizzontale.  Gli  altri  quattro  re  si  collo- 
cano diagonalmente,  a  qualche  linea  di  distanza  da- 
gli angoli  degli  assi  stessi,  sulla  parte  superiore  e 
su  quella  inferiore  del  parallelogrammo,  in  modo  da 
dare  un'idea  della  Croce  di  Malta.  Ciò  fatto,  le  prime 
otto  carte  ctie  escono  dal  mazzo  si  dispongono  in 
semicerchio,  al  disopra  di  questa  figura.  Si  con- 
tinua quindi  a  trar  carte,  e  quelle  favorevoli  si 
pongono  sui  ceppi,  rispettando  il  colore,  e,  mano 
mano  che  si  trovano  nel  semicerchio  di  quelle  che 
possono  aver  posto  sui  ceppi,  si  prendono,  sosti- 
tuendole subito  con  altre. 

Croceo.  Di  colore  zafferano. 

Crocesanta.  Detto  a  leggere. 

Crocetta.  Istrumento  a  foggia  di  lima.  -  In. 
araldica,  pezzo  onorifico  di  secondo  ordine. 

Crocetto.  La  litna  a  quadrello. 

Crociata.  Impresa  dei  cristiani  contro  gli  in- 
fedeli, per  la  conquista  di  Terra  santa  e  del  se- 
polcro di  Cristo  (1096-1291);  anche,  la  loro  lega, 
il  loro  esercito  all'uopo  :  croce,  crociata.  -  Cro- 
ciarsi, farsi  crociato,  prendere  la  croce.  -  Crociato,. 
chi  prendeva  parte  alle  crociate  :  cavaliere  di  Cri- 
sto, crocifero,  crocesignato,  crucifero.  -  Armato  eoa 


CHOCICCHIO 


777 


la  croce  sulla  divisa.  -  Cercanti,  coloro    che  ban- 
divano le  indulgenze  e  raccoglievano   le  elemosine 
al  tempo  della  prima  crociata. 
Oroclcchlo.  Veggasi  a  strada  e  a  via. 
Crocidure.  Il  gridare  del  corvo  :  crocitare. 
Crocidismo.  Veggasi  a  malato. 
Oi^ocièra.  Forma  di  croce.  -  Corsia  di   ospe- 
dale. •  Nome  di  una  costellazione.  -  In  linguag- 
gio  marinaresco,   i   paraggi   dove   una  o  più  navi 
stanno  in  vedetta. 

Orocifere.  Famiglia  di  piante  tipiche  per  la 
conformazione  del  fiore,  che  è  tonnato,  nella  co- 
rolla, di  quattro  petali  disposti  a  -croce.  Croci- 
fere:  la  camelina,  il  cavolo,  la  cardamina  (specie 
più  nota  il  crescione  dei  prati),  il  ràfano,  la  ru- 
chetta,  la  violaciocca,  ecc. 

Crocifero.  Portatore  di  croce. 

Crociflg-ifere,  crocifissióne  (crocifìsso).  Il 
conficcare  sulla  croce.  -  Figur.,  tormentare,  dare 
tonnento 

Crociflssaio.  Chi  lavora  o  vende  crocifissi. 

Crocifissióne.  Atto  ed  effetto  del  crocifiggere. 
-  Veggasi  anche  a  Cristo. 

Crocifisso.  Messo  in  croce.  ■  Effigie  di  Cristo. 

Crociforme.  Fatto  a  guisa  di  croce. 

Crocino.  Sorta  di  cavolo. 

Crocione.  Gran  croce. 

Crocitare.  Veggasi  a  corvo. 

Cròco.  Lo  zafferano. 

Cro^olare  (crogiolato).  Mettere  a  stagionare  un 
vaso  di  vetro.  -  Di  commestibile,  il  cuocere 
bene.  -  Figur.,  crogiolare,  crogiolarsi,  compiacersi, 
godere,  godersela,  aver  piacere  d' alcunché.  - 
Per  similit.,  stare  a  godersi  il  caldo  del  letto  o  del 
fuoco. 

Crògiolo.  Modo 'di  cuòcere.  -  Tempera  che  si 
dà  ai  vasi  di  vetro. 

Crogiuolo.  Vaso  di  terracotta  refrattaria,  an- 
che di  ferro  o  d'altra  materia,  a  forma  conica,  u- 
sato  in  ogni  fonderia  di  metalli  :  affinatolo.  - 
Arnese  usato  anche  in  chiìnica.  -  Culatta,  ciò 
che  rimane  nel  crogiuolo. 

Crollare  {crollante,  crollato).  Il  cadere  di  un 
edificio,  sfasciandosi.  -  Il  nmovere  dimenando 
in  qua  e  in  là  :  scrollare.  -  Neutro  passivo,  muo- 
versi, scuotersi,  avere  una  scossa. 

Crollo.  Caduta  (veggasi  a  cadere),  atto  ed  ef- 
fetto. -  Scossa. 

Croma.  Veggasi  a  note  musicali. 

Cromàtico.  Di  colore,  del  colore.  -  Termine 
di  musica:  che  procede  per  via  di   semituoni. 

Cromatismo.  Eccesso  di  coloramento,  di  co- 
lore. 

Cromato.  Veggasi  a  cròmico  (acido). 

Cromico  (acido).  Uno  dei  prodotti  dell'  unione 
del  cromo  con  l'ossigeno  :  è  usato  in  molte  in- 
dustrie chimiche.  -  Cromati,  i  sali  dell'acido  cro- 
mico :  sono  tutti  colorati  in  giallo  o  in  rosso  ;  e 
gli  acidi  e  gli  agenti  ossidanti  in  genere  si  trasfor- 
mano in  bicromati.  I  cromati  costituiscono  sostanze 
coloranti  di  molta  importanza,  come  i  vari  cro- 
mati di  piombo,  il  cromato  di  bario  (giallo  d'ol- 
tremare), il  cromato  di  zinco  (giallo  di  zinco),  o 
servono  in  varie  industrie,  come  i  cromati  alcalini. 
•  Cromato  di  potassa,  veggasi  a  potassa. 

Cromidrosi.  Veggasi  a  sudore. 

Cromo.  Metallo  che  forma  coraóinazioni  colo- 
rite con  la  maggior  parte  dei  corpi  :  è  analogo  al 
manganese.  Tutti  i  suoi  composti  sono  colorati  ;  al- 
cuni usati  in  medicina.  I  sali  di   cromo,  combina- 


zioni del  cromo  con  i  vari  acidi,  da  non  confon- 
dersi con  i  sali  dell'acido  cromico,  sono  verdi  o 
violetti.  Hanno  importanza  per  le  arti  :  il  fosfato 
doppio  di  cromo  e  potassio,  il  cloruro,  il  fluoruro, 
il  fosfato  (verde  di  cronìo),  l'acetato  e,  qualche 
volta,  Vossalato  q  il  solfocianato,  nonché  il  nitrato. 
-  Bicromato,  combinazione  chimica  che  dà  un  com- 
posto binario  contenente  il  doppio  di  cromo, 
come  elemento  negativo,  di  quello  che  contiene  un 
altro  composto  di  cromo  col  medesimo  radicale. 

Cromolitografia.  Veggasi  a  litografia. 

Cromotipografia.  Nuovo  processo  di  tipo- 
grafia a  colori. 

Crònaca  Breve  storia,  narrazione  di  fatti  e- 
sposti  in  modo  semplice  e  secondo  la  successione 
dei  tempi.  -  Parte  d'un  giornale. 

Crònico.  Dicesi  di  male,  di  malattia  che 
duri  a  lungo  e  sia  pressoché  incurabile. 

Cronista.  Scrittore  di  cronaca.  -  Uno  dei  re- 
dattori di  un  giornale. 

Cronistoria.  Veggasi  a  storia. 

Cronografia  (cronografico).  Sinonimo  di  cro- 
nologia. 

Cronògrafo.  Veggasi  a  fenomeno. 

Cronogramma.  Veggasi  a  data. 

Cronologia  (cronològico).  La  scienza  del  tetn- 
po;  ordine  e  dottrina  dei  tempi,  in  relazione  alla 
storia  ;  l'arte  di  determinare  l'opera  degli  avveni- 
menti, assegnando  a  ciascuno  la  data  più  esatta 
possibile,  in  modo  da  rendere  più  facile  e  più  pro- 
ficuo lo  studio  dei  fatti  storici.  Le  divisioni  crono- 
logiche sono  naturali  e  artificiali:  naturali,  il 
giorno,  il  wiese,  l'anno;  artificiali,  la.  setti- 
mana e  Véra.  La  necessità  di  accordare  l'anno 
tropico,  ossia  il  periodo  della  rivoluzione  del  no- 
stro pianeta  intorno  al  sole,  con  l'anno  civile  e  con 
le  lunazioni,  condusse  a  immaginare  dei  comple- 
menti chiamati  cicli,  epatte,  lustri,  secoli,  indizioni  : 
veggasi  a  tem,po. 

Cronologicamente,  in  riguardo  al  tempo,  per  or- 
dine, per  successione  di  tempo,  per  ordine  di  anni. 

-  Cronologico,  di  cronologia,  che  si  riferisce  alla 
cronologia.  -  Cronologo,  cronologista,  scrittore  di 
cronologia;  chi  si  occupa  di  cronologia:  crono- 
grafo. 

Cronologicamente.  Detto  a  cronologia. 

Cronològico,  cronologo.  Veggasi  a  crono- 
logia. 

Cronometria  (cronometrico).  Arte,  scienza  di 
misurare,  di  calcolare  il  tempo. 

Cronòmetro  (cronometrico).  Nome  generico  di 
tutti  gli  strumenti  che  servono  a  misurare  il  tempo 
e  le  sue  minime  frazioni;  l'orologio  di  perfetta 
costruzione. 

Cronoscopo.  Apparecchio  che  serve  a  misurare 
un  intervallo  di  tempo  brevissimo. 

Crociare  (crociato).  Della  pioggia,  cadere  di- 
rottamente, con  strepito  ;  del  fuoco,  strepitare. 

Cròsta.  Indurimento  di  sangue;  coperta  d'u- 
more riseccato  che  si  genera  sulla  pelle  rotta  o 
magagnata:  cròstola,  sangue  indurito,  schianza.  - 
La  corteccia  del  pane.  -  Materia  solida  che  ri- 
copre una  cosa.  -  Crosldceo  (aggett.),  munito  di 
crosta.  -  Crostoso,  che  ha  o  fa  crosta,  coperto  di 
croste  :  grommoso,  grumoso,  ingrumito,  squamoso. 

Concrezione,  formazione  di  un  corpo  duro,  per 
estraposizione  di  materia  intorno  a  un  nucleo.  Es., 
la  stalattite.  -  Crosta  terrestre,  veggasi  a  Terra, 

-  Crosterella,  dimin.  di  crosta.  -  Greppola,  tartaro 
della  botte.  •  Grofo,  incrostatura,   tartaro   di  sale 


778 


CBOSTACEO    —   llRUDELE 


che  resta  in  una  caldaia  e  per  cui  può  scoppiare. 

-  Gruma,  gronwia,  crosta  che  fa  il  vino  entro  le 
botti:  tartaro.  -  Grumo,  coagulo  di  sangue.  -  In- 
crostazione, deposito  di  materie  che  si  solidificano 
sopra  una  superficie  qualsiasi  :  aggrommatura,  in- 
crostamento, incrostatura.  -  Intònaco,  crosta,  spal- 
matura di  calcina  e  simili.  -  Muffa,  crosta  del 
vino  cattivo  ;  specie  di  fungo  che  nasce  sui  corpi 
vegetali,  quando  incominciano  a  putrefarsi.  -  Pia- 
stra, crosta  che  fa  la  scabbia.  -  S'^orza,  la  cor- 
teccia degli  alberi.  -  Smalto,  materia  di  più  co- 
lori che  si  mette   su  pietre,  su  oggetti  d'oro,  ecc. 

-  Squama,  o  squamma,  scaglia  di  pesce  o,  più 
specialm.,  di  serpente. 

Incrostato,  che  ha  fatto  incrostazione,  coperto  da 
incrostazione  :  grommato,  grommoso.  -  Incrostare, 
far  crosta.  -  Scrostare,  levar  la  crosta,  togliere  la 
cro'5ta    [scrostamento,  scrostatura). 

Crostaceo.  Animale  artropode,  articolato,  per 
lo  più  acquatico,  rappresentante  di  una  numerosa 
classe  zoologica.  Caratteri:  mw^ito  duro  o  calcareo, 
che  accoglie  il  corpo  (almeno  nei  crostacei  più  noti); 
capo  e  torace,  in  generale,  saldati  insieme  e  costi- 
tuenti il  celalotorace  ;  capo  fuso  con  uno  o  parec- 
chi segmenti  successivi;  antenne  quasi  sempre  in 
numero  di  due  paia  ;  torace,  e,  generalmente,  anche 
Vaddome,  con  numerosi  piedi  ;  occhi  semplici  o  com- 
posti ;  respirazione  per   le   branchie   o  per  la  cute. 

-  Artrofragma,  porzione  dello  scheletro  sternale  dei 
crostacei.  -  Basipodito,  secondo  articolo  della  por- 
zione basilare  di  tutta  l'appendice  di  un  crostaceo 
podoftalmo.  -  Carpopodito,  una  delle  divisioni  della 
zampa.  -  Chelato,  appendice  terminante  in  pinza.  - 
Coxopodito,  primo  articolo  della  porzione  basilare 
delle  appendici  toraciche  e  addominali  nei  crostacei 
superiori.  -  Nauplius,  larva  di  certi  crostacei. 

Più  noti,  più  grossi,  più  elevati  per  la  complica- 
zione della  loro  struttura,  tra  i  crostacei,  sono  i 
decapodi,  cosi  chiamati  pel  numero  delle  loro  zam- 
pe, che  sono  dieci  :  hanno  tre  paia  di  piedi-ma- 
scelle. Ne  è  tipo  il  gambero  comune.  E  si  chia- 
mano macruri  i  decapodi  con  addome  molto  svi- 
luppato, brachiuri  quelli  con  addome  cortissimo. 
Tra  i  macruri  figurano  il  polimero,  o  gambero  ma- 
rino, il  palemone,  il  paguro,  ecc.  Tra  i  brachiuri,  il 
granchio,  il  piccolo  pinnotere,  ecc.  Si  chiamano  poi 
cirripedi  i  crostacei  marini  che  hanno  dodici  paia 
di  cirri,  ossia  appendici  cornee,  ed  elementi  calcarei 
a  valva,  per  cui  furono  un  tempo  annoverati  tra 
i  molluschi  (noti  la  lepade,  il  balano,  ecc.)  ;  ento- 
mostraci,  molti  minutissimi  crostacei  brulicanti  nelle 
acque  dolci  e  nel  mare,  distinti  in  copepodi  (tali 
Vargolo  e  la  lernea),  fillopodi  (a  zampe  fogliacee, 
lamellose  o  lobate:  del  gruppo,  Yapo,  il  branchipo, 
la  dafnia)  e  ostracodi  (del  eruppo,  la  cipride); 
gigantostraci,  detti  anche  pectlopedi  e  sifonosuri,  i 
crostacei  con  cefalotorace  a  foggia  di  scudo  (specie 
più  nota  e  più  grossa  il  limulo);  isopodi,  i  crosta- 
cei che  hanno  molte  paia  di  zampe  eguali  (tra  essi, 
la  limnoria,  o  limnorea,  e  l'onisco).  Altre  distin- 
zioni: branckiopodi,  crostacei  acquatici,  a  corpo 
molle  e  diviso  in  segmenti  ;  carcinoidi,  dell'  ordine 
dei  decapodi  brachiuri  ;  dami,  crostacei  parassiti 
delle  balene;  bomolochidi,  parassiti  di  vari  pe- 
sci, ecc. 

Aragosta,  gambero  marino.  -  Cannocchia,  o 
cannocvhio  {squilla  nautis),  crostaceo  squisitissimo  e 
comunissimo,  del  quale  si  fa  gran  pesca  e  gran 
consumo  sulle  rive  dell'  Adriatico  occidentale.  - 
Coriste,  crostacei   decapodi   brachiuri,   di  una  sola 


specie.  -  Pilumno,  crostaceo  diffuso  in  lutti  i  mari. 

-  Porcellina,  crostaceo  vivente  nei  luoghi  umidi  e 
del  genere  degli  onisci.  -  Praniza,  parassita  di  vari 
pesci.  -  Pulce  d'acqua,  crostaceo  piccolissimo.  - 
Molte  specie,  infine,  si  trovano  allo  stato  fossile. 

Carcinologia,  descrizione  dei  crostacei.  -  Sperma- 
ceto,  sostanza  bianca,  solida,  che  si  depone  da  una 
materia  oleosa  tratta  dalla  cavità  del  capo  di  al- 
cuni cetacei. 

Crostata.  Specie  di  torta. 

Crostino.  Fettuccia  di  pane  arrostito. 

Crostoso.  Detto  a  crosta. 

Crotalo.  Il  serpente  a  sonagli.  -  Antico  istru- 
mento  musicale  (veggasi  a  musicali  istrumenti). 

Crotontiglio.  Veggasi  a  dràstico. 

Crovello.  Qualità  di  vino  che  si  trae  da  uve 
fermentate. 

Crucciare,  crucciarsi  {crucciato).  Cagionare 
0  provar  cruccio. 

Crucciatamente.  Con  cruccio. 

Cruccio  {cruccioso).  Sentimento  di  disgusto,  fra 
la  noia,  Vira,  la  stizza  e  il  dolore;  anche,  la 
cosa  stessa  che  determina  o  provoca  tale  senti- 
mento :  ammattimento,  briga,  capacela,  cavasonno, 
corruccio,  cura;  discontento,  dispetto,  dispia- 
cere, disturbo;  fastidio;  grattacapo,  gramezza,  gra- 
vezza ;  incubo  ;  malumore  ;  paturnia,  pena,  pen- 
siero, rammarico,  scorruccio,  seccatura,  tor- 
mento. Frane,  couchemar.  •  Briga,  faccenda  fasti- 
diosa ,  crucciosa  :  bega ,  imbroglio ,  impiccio  ; 
suzzacchera,  taccola,  zacchera.  -  Broncio,  segno 
di  cruccio.  -  Buzzo  (aggettiv.),  chi  mostra  di  avere 
cruccio. 

Crucciare,  dar  cruccio,  cagionar  tormento,  addo- 
lorare, cruciare  ;  dar  a  fare,  dar  da  pensare,  dar 
fastidio,  dar  fatica,  dar  gravezza,  dar  guerra,  dare 
inquietezza,  inquietudine;  dar  la  mala  notte  ;  far 
impensierire,  far  inquietare,  far  mettere  i  capelli 
canuti  ;  irritare,  tormentare. 

Crucciarsi,  provar  cruccio,  essere  afflitto  da  do- 
lore :  avere,  provare  rammarico  ;  conturbarsi  ;  darsi 
lagno,  lamento;  pigliare,  pigliarsi  cruccio,  affanno, 
pena,  ecc.  ;  pigliarsela  ;  rammaricarsi  ;  rancurarsi 
(v.  a.);  scorrucciarsi,  tormentarsi,  travagliarsi. 

Ammattire,  smaniare  per  corruccio,  per  cruccio. 

-  Aver  l'amaro  in  corpo,  essere  disgustato,  irato, 
crucciato.  -  Avere  un  osso  per  la  gola,  avere  un 
pensiero  molesto  da  non  potercisi  adattare.  -  Cari- 
carsi di  legne  verdi,  prendersi  brighe  inutili.  - 
Prendersi  una  scesa  di  testa,  una  briga. 

Crucciato  (particip.  e  aggett.),  che  sente  cruccio, 
dispiacere  :  corrucciato,  cruccioso  ;  dispiacente,  in- 
dispettito, irritato,  pieno  di  cruccio. 

Crucciosamente,  con  cruccio,  per  cruccio,  adira- 
tamente, cruccevolmente,  crucciatamente,  dispetto- 
samente, stizzosamente. 

Cruccioso.  Pieno  di  cruccio. 

Cruciare  {cruciato).  Tormentare,  dar  tor- 
mento. 

Crudauiente.  In  modo  crudo;  figur.,  acre- 
mente, in  modo  acre,  aspro. 

Crudele.  Dicesi  di  animo  che  non  senta  com- 
passione, pietà  ;  di  persona  che  cerchi  e  si  com- 
piaccia di  far  soffrire  altri,  di  procurar  dolore  : 
più  che  cattivo  (di  cosa,  atroce,  orribile)  ;  affe- 
rato  (v.  a.),  barbaro,  canino,  crudo  ;  cuore  di  belva, 
di  bronzo,  di  ferro,  di  iena,  di  macigno,  di  pietra, 
di  sasso,  di  tigre;  disnaturato,  dispietato,  disumano, 
duracelo;  efferato,  empio,  empio. di  crudeltà;  fello, 
fero,  ferocef  fiero;  immite,  inclemente,  inesora 


CRUDEZZA    —    CUCCHIAIO 


779 


bilCf  inferocito,  inflerito,  ingrato,  inumano  ;  lupi- 
gno,  malèo;  rubesto,  sanguinario,  selvaggio,  senza 
viscere;  snaturato,  spietato;  tirannico,  truce,  tru- 
culento. Sostantiv.  e  figur.,  aguzzino,  antropofago, 
belva,  bestia,  bestione,  bruto,  canaccio,  cannibale, 
carnefice,  drago,  fera,  fiera,  iena,  mostro,  omofago, 
satanasso,  sciacallo,  tigre,  tiranno,  vampiro.  Sim- 
bolo della  crudeltà,  Vortica.  -  Crudelaccio,  peggior. 
di  crudele.  -  Crudele,  dicesi  anche,  talvolta,  in 
senso  di  doloroso  (veggasi  a  dolore)  :  pena,  tor- 
mento crudele,  ecc.  -  Crudelissimo,  superi,  di  cru- 
dele. 

Tipi  famigerati  di  uomini  crudeli  :  Alrèo,  i  Bor- 
gia, Caligola,  Erode,  Ezzelino,  Falaride,  Nerone, 
Oloferne;  di  popoli,  Caraibi,  Lestrigoni,  Pellirosse, 
-  Barba-bleu,  personaggio  crudele  d' un  racconto 
di  fate.  -  Tiberio  in  diciottesimo,  persona  crudele 
in  piccolo.  -  Torquemada,  nome  del  grande  In- 
quisitore spagnuolo,  divenuto  antonomastico,  per 
martorialore,  persecutore,  inquisitore  crudele  e  fa- 
natico. 

Disumanare,  rendere  crudele,  disumano;  inviperire, 
invelenire. 

Essere  crudele  :  disumariarsi,  essere  di  ferro,  es- 
sere fuori  di  tutta  pietà  (poet  ),  neroneggiare.  Fi- 
gur., avere  il  cuore  con  tanto  di  pelo.  -  Incrude- 
lire, diventare  o  mostrarsi  crudele,  commettere  con 
insistenza  atti  di.  crudeltà;  inasprire,  infellonire, 
infellonirsi  ;  inferocire,  inferocirsi,  infierire,  infie- 
rirsi, inviperirsi.  -  Indracare,  indragare,  indracarsi, 
indragarsi,  incrudelire  a  guisa  di  drago.  -  Rincru- 
delire, ripete  incrudelire.  -  Rincrudire,  rendere  più 
dolorosa  una  pena^  più  crudele  un  castigo,  ecc 

Crudelmente.  —  Crudeltà'.  —  Proverbi. 

Crudelmente,  con  crudeltà,  in  modo  crudele,  a- 
f;ramente,  aspramente,  atrocemente;  barbaramente, 
bestialmente, brutalmente;  canìnametite;  duramente; 
efferatamente,  empiamente;  feralmente,  ferocemente; 
iniquamente,  iniqurtosamente,  inumanamente;  spie- 
tatamente. 

Crudeltà',  l' essere  crudele  :  pervertimento  del 
cuore,  dell'animo,  per  cui  si  cerca  di  far  male  gra- 
vemente ad  altri  e  si  gode  o  non  si  ha  compassione, 
pietà,  delle  sofferenze  altrui  :  atrocità,  barbarie,  bar- 
barità, bratalità:  caniiità,  crudelezza,  crudelità 
(voci  antiquate);  durezza  di  cuore;  efferatezza,  ef- 
ferità,  empietà,  falarismo:  inclemenza  (contr.,  di 
clemenza),  rncrudelimento,  inumanità  ;  rabbia  da 
far  inorridire  ;  spietà,  spìetanza  (v.  a.),  spietatezza, 
tirannia.  •  Anche,  atto  crudele,  da  uomo  crudele, 
ispirato  da  crudeltà:  inumanità,  canata,  durezza, 
sevizia.  E  in  questo  senso  valgono  molte  delle  pa- 
role precitate. 

Proverbi.  —  A  chi  vuol  male,  né  la  casa,  né  il 
focolare.  -  Chi  a  molti  '  dà  terrore  di  moki  abbia 
timore.  •  Chi  nasce  ly.po  non  muore  agnello.  -  Non 
i  malvagio  eguale  a  quel  che  si  compiace  di  far 
tnale. 

Oraci  ezza,  crudità.  L'essere  crudo  Veg- 
gasi anche  a  digestione» 

Crudo.  Non  cotto,  non  fatto  cuocere;  che  non 
ha  subito  l'azione  del  fuoco  (ferro,  mattone);  frutto 
non  maturo;  vino  non  fermentato.  Figur,  cru- 
dele, duro,  detto  anche  di  cosa.  -  Aggiunto  di 
inverno,  di  stagione,  di  aria,  di  tempo,  ecc.: 
mollo  freddo.  -  Di  suono  aspro  e  ingrato  all'o- 
recchio. -  Nelle  arti  figurative,  linea, "tratto  senza 


grazia.  -  Dicesi  anche  di  t^a  non  curata,  di  seta 
non  conciata. 

Cruentazióne.  Veggasi  a  ferita,  a  piaga. 

Cruento.  Sanguinoso,  sanguinolento:  veggasi  a 
sangue.  -  Di  battaglia,  di  duello,  di  sacri- 
fizio, ecc.,  per  cui  si  è  sparso  sangue. 

Crumiro.  Voce  d'uso  :  veggasi  a,  sciopero. 

Cruna.  Foro  dell'af/o. 

Cruore.  Coagulo  del  sangue. 

Crurale.  Della  coscia  (vene,  muscoli,  ecc.). 

Crusca  (cruccoso).  La  buccia  di  grano  o  di 
biade  macinate  che  viene  col  setaccio  separata  dalla 
farina:  semola,  semmola.  Serve  all'alimentazione 
del  pollame,  dei  cavalli,  delle  pecore,  delle  vacche, 
ecc.  -  Si  usa  come  emolliente  e  anche  nell'indu- 
stria. -  Cruschello,  cruscherella,  crUscherello,  semo- 
Iella,  stacciatura,  tritello,  crusca  minuta.  -  Cruscond 
crusca  grossa.  -  Semola,  in  tutta  Italia,  vuol  dire 
crusca,,  in  Milano  significa  il  ^r  ^re  della  farina; 
quindi,  pane  di  semola  il  pane  più  fine. 

Cruscata,  intriso  di  crusca.  -  Cruscoto,  pieno  di 
crusca.  >•  Tritelloso,  con  crusca,  fatto  di  crusca,  con- 
tenente crusca. 

Cruscante.  Membro  deW Acceideniia  della 
Crusca  (scherz).  -  Pedante 

Cnaggsi.  Equino  affine  alla  zebra* 

Cubare,  cubatura  (cubatoj.  Veggasi  a  cubOf 
a  misura,  a  numero. 

Cubatto,  cubàttolo.  Specole  di  trappola  per 
prendere  uccelli. 

Cubèbe.  Specie  di  pepe.  -  Cubebina,  alcaloide 
del  cubebe. 

Cubia.  Foro  a  prua  d'una  nùve,  pel  passaggio 
della  gomena  che  va  all'ancora. 

Cùbica  equazione»  potenza»  radice.  Veg- 
gasi ad  equazione  e  a  numero. 

Cùbico.  Detto  a  cubo  e  a  numero. 

Cubicolario.  Presso  i  Romani,  lo  schiavo 
addetto  ai  servizi  delia  camera  e  dell'anticamera. 

Cubicolo.  La  camera  da  'ietto.  •  Anche,  tom- 
ba di  martire. 

Cubitale.  Lungo  un  cùbito.  -  Di  lettera 
grandissima.  -  Cuscino  degli  antichi  Romani. 

Cùbito.  Il  gómito^  -  La  misura  corrispon- 
dente alla  lunghezza  ordinaria  dal  gomito  all'estre- 
mità del  dito  medio.  -  Cubitale,  della  misura  d'un 
cubito. 

Cubo.  Corpo  solido,  con  sei  facete,  quadrate  ed 
eguali  e  angoli  tutti  retti:  dai  moderni  geometri 
detto  anche  esaedro  regolare.  •  Il  prodotto  del  qxM- 
dralo  di  un  numero  moltiplicato  per  la  radice.  • 
Cubico,  che  ha  forma  di  cuoo.  -  Cuboide,  quando 
la  forma  di  cubo  non  è  esatta. 

Cuboide.  Detto  a  cubo  e  a  piede. 

Cuccagna.  Nella  favola,  paese  pieno  di  pia- 
ceri ;  paese  di  abbondanza,  corrispóndente  a 
3uello  dei  Lotofagi  degli  antichi,  al  Luilekkerland 
eefi  Olandesi,  allo  Scnwaraffentand  dei  Tedeschi. 
-  GiuQCo  che  consiste  nel  l'arrampicarsi  su  uno  stelo 
d'albero  alto,  liscio,  insaponato,  per  prendere  og- 
getti attaccati  alia  sua  cima. 

Cucchiaia,  cnccblara.  Cazzuola  da  mura^ 
tore.  -  Istrumento  in  forma  di  grande  cucchiaio 
adoperato  in  alcune  arti.  -  Arnese  di  ferro  per 
pieghettare  la  biancheria. 

Cucchiaio.  Arnese  di  figura  ovàie  e  concava, 
per  lo  più  df  metallo,  o  dì  bosso,  e  tutto  di  un 
pezzo,  col  manico  :  serve  a  mangiare  La  minestra 
e  alcuni  altri  alimenti,  o  liquidi  o  di  poca  consi» 
stenza,  nonché  per  prendere  la  salsa,  X  intinto  o 


780 


CUCCIA    —    CUCINA 


altro  dal  piatto  comune.  -  Anche,  istrumento  di 
chirurgia.  •  Istrumento  per  vuotare  il  fondo  d'an 
porto,  il  letto  d'un  fiume. 

Cazza,  cucchiaio  di  ferro  bucherato,  per  diversi 
usi.  -  Gucchiaiaccio,  peggior.  di  cucchiaio.  -  Cuc- 
chiaieUo,  dimin.  quasi  vezzegg.  di  cucchiaio.  - 
Cucchiaino,  per  lo  più,  quello  col  quale  si  pone  nella 
tazza  del  caffè  lo  zucchero  in  polvere,  si  tira  su 
il  pane  inzuppato  nel  latte,  nel  brodo,  ecc.  -  Cuc- 
chiaióne, propriam.,  quello  col  quale  si  prende  la 
minestra  dalla  zuppiera  o  si  prende  dal  piatto  una 
porzione  della  pietanza.  Anche,  méstolo.  -  Luc- 
chiaiuccio,  dimin.  spreg.  di  cucchiaio.  -  Gottazza, 
grosso  cucchiaio  di  legno.  -  Ligula  (lat.),  il  cuc- 
chiaio col  manico  terminante  in  forma  ovale.  - 
Mescolatore,  cucchiaio  quasi  piatto,  con  manico 
piuttosto  grande.  -  Ramaiuolo  da  fragole,  simile 
al  precedente,  ma  più  piccolo  e  bucherato,  da 
stacciare  lo  zucchero  sopra  le  fragole  che  si  vogliono 
conce  con  vino  o  con  rosolio.  -  Romaiuolo  da 
zuppa,  specie  di  cucchiaione  da  tavola,  di  metallo, 
emisferico,  appunto  come  un  romaiuolo  da  cucina, 
ma  più  piccolo  e  con  manico  non  uncinato  ;  serve 
sulla  mensa  a  prendere  dalla  zuppiera  la  minestra 
brodosa. 

Cucchiaiata,  quanto  sta  in  un  cucchiaio.  Dimin., 
eucchiaiatina.  -  Cucchiaiatona,  accresc.  di  cucchia- 
iata. -  Scucchiaiare,  fare  un  grande  agitare  di  cucchiai. 

Oaccia.  Covile  del  cane. 

Oùccia,  cucciare,  cucciolo.  Veggasi  a  cane. 

Cucco.  Il  fii/lio  prediletto. 

Gùccuma,  cùccumo.  Vaso  di  metallo  per 
fare  il  caffè:  caffettiera. 

Cucina.  Stanza  destinata  a  preparare  e  a  cuo- 
cere le  vivande,  nonché,  generalmente,  a  rigover- 
nare le  stoviglie.  Il  significato  della  parola  si  e- 
stende  a  indicare  pure  tutte  le  cose  che  si  cuo- 
ciono, compresi  i  condimenti  (veggasi  a  condi- 
mento), il  combustibile^  ecc.,  e  anche  la  ma- 
niera, il  modo  di  cucinare  le  diverse  vivande; 
altresì  la  molta  quantità  e  la  squisitezza  delle  vi- 
vande in  una  casa  (es.:  la  cucina  di  Lucullo  era  la 
più  suntuosa  di  Roma),  quasi  come  sinonimo  di 
mensa.  Infine,  si  dà  medesimamente  il  nome  di 
cucina  a  diversi  apparecchi  che  servono  a  cuocere 
le  vivande  e  accennati  più  innanzi.  Nel  primo  caso, 
la  cucina  può  essere  grande,  piccola,  bene  arieg- 
giata, bene  illuminata  o  no,  bene  o  male  arredata, 
con  0  senza  tutti  i  comodi,  tenuta  in  ordine  o  in 
disordine,  pulita  o  sporca,  ecc.  Nel  secondo  caso, 
a  norma  del  modo  di  preparare  le  vivande  o  per 
la  qualità  delle  stesse,  preferite,  si  distinguono  la 
cucina  italiana,  la  francese,  la  milanese,  la  piemon- 
tese, ecc.  Si  dice,  inoltre,  che  una  data  cucina  è  ap- 
petitosa o  insipida,  grassa  o  magra,  leggera  o  forte, 
secondo  che  si  fa  maggiore  o  minor  uso  di  condi- 
menti, di  droghe  e  simili. 

Cticinaccia,  cucina  brutta,  sudicia,  incomoda  e 
simili.  -  Cu£inetta,  diminutivo  di  cucina  :  cucina 
piccola  e,  per  lo  più,  in  buon  arnese.  -  Cucinina, 
cucinino,  cucina  piccolissima.  -  Cucinona,  cucinane, 
cucina  grande  e  anche  ben  provvista.  -  Cucinuccia, 
dimin.  e  un  pò  spreg.  :  cucina  povera.  -  Cucinuzza, 
dimin.  meno  comune  di  cucinuccia. 

Parti  principali  della  cucina  e  annessi. 
Mobili.  —  Apparecchi. 

Acquaia,  opera  in  muratura,  somigliante  al  piano 
del  camino,  adibita  all'uso  di  rigovernarvi  le  sto- 


viglie adoperate  per  il  pasto  e  i  vasi  da  cucina  r 
il  piana  è  formato  da  una  vaschetta,  o  pila,  ossia 
da  una  specie  di  trogoletto,  fondo  quattro  o  cinque 
dita,  0  di  pietra  o  di  mattoni,  con  un  condotto  {gola 
dell'acquaio)  per  ricevere  la  rigovernatura  e  l'acqua 
con  cui  sono  lavati  i  vasi  e  le  stoviglie,  e  scaricarle 
nella  fogna.  In  Lombardia,  volgarm.,  lavandino; 
in  Romagna  e  nel  Venete,  scafa.  E  dicesi  buco  del- 
l'acquaio il  foro  nella  pila  di  esso  per  il  quale  l'ac- 
qua che  vi  si  versa  passa  nel  condotto  e  si  scarica 
in  una  fogna  o  altrove.  -  Gratellina,  pezzo  di  la- 
mina di  metallo  bucherellata  che  si  adatta  al  buco' 
dell'acquaio  perchè  per  esso  non  cadano  giù  nel 
condotto  forchette,  cucchiaini  e  simili,  e  anche  per- 
chè non  vi  si  introducano  stracci  o  altro,  che  po- 
trebbero intasarlo  o  otturarlo,  impedendo  il  libero 
scolo  alle  rigovernature.  La  gratellina  talora  è  mo- 
vibile  e  talora  fermata  al  buco  dell'  acquaio  per 
mezzo  del  piombo  fuso. 

Buca  del  carbone,  ripostiglio  del  carbone  sotto  il 
focolare.  -  Calapranzi  o  tirapranzi  (più  comunem.), 
congegno  che  serve  a  far  salire  e  scendere,  lungo 
una  specie  di  canna  di  camino,  le  vivande  e  i  piatti 
dalla  cucina  alla  sala  da  pranzo,  in  uno  dei  piani 
superiori,  e  da  questi  alla  cuQina.  -  Camino,  luogo 
dove  si  fa  il  fuoco  per  cuocere  i  cibi.  -  Carbonaia,. 
stanza,  o  vano  sotto  il  camino  o  sotto  il  fornello, 
in  cui  si  tiene  il  carbone  a  uso  della  cucina.  — 
Credenza,  stanza  annessa  alla  cucina,  ove  si  ten- 
gono e  si  ammanniscono  le  provviste  per  fine  di. 
tavola. 

Dispensa,  stanza,  per  lo  più,  presso  la  cucina  e 
dove  si  custodiscono,  crude  o  cotte,  robe  da  man- 
giare. Può  essere  talvolta  anche  un  semplice  ar- 
madio a  muro  :  credenza,  credenziera,  guardarobe, 
guardavivande,  madiella.  -  Dispensina,  dimin.  di 
dispensa,  specialmente  se  di  quelle  a  muro.  -  Fo- 
colare,  parte  della  cucina  dove  si  accende  il  fuoco 
per  far  da  mangiare,  specialmente  quelli  bassi  di 
campagna,  dove  si  sta  seduti.  -  Fornello,  opera 
in  muratura,  muricciuolo  massiccio,  alto  circa  un 
metro  e  sul  piano  del  quale  sono  parecchie  buche- 
quadre  o  tonde,  di  varia  grandezza,  con  gratelle  in 
fondo,  su  cui  si  mette  bragia  per  farvi  cuocere 
vivande.  -  Frigidario,  dispensa  per  tenerci  in  fre-^ 
SCO  la  carne.  -  Nicchia:  così  chiamasi  da  alcuni  il 
ricettacolo  dell'acqua  negli  acquai,  in  una  parte  del 
quale  è  un'  apertura  che  imbocca  in  un  condotto 
per  dove  si  manda  via  l'acqua  della  rigovernatura. 

Mobili.  —  Armadietto,  minuscolo  armadio  di  le- 
gno, con  parecchi  cassettini,  per  riporvi  droghe,, 
ciascuno  con  un  cartellino,  di  metallo  o  d'altro,  in- 
dicante la  droga  contenuta.  -  Asse,  tavola  piallata, 
più  0  meno  lunga,  che,  inchiodata  per  piano  su 
beccatelli  murati  nella  parete,  serve  a  tenervi  sopra 
vari  arnesi  e  utensili  e  stoviglie.  -  Buffet,  arma- 
dio con  vetrina,  o  senza,  e  con  vario  ordine  di  pal- 
chi per  posarvi  piatti,  biancheria  da  tavola,  ecc.  An- 
che, la  stanza,  il  banco,  i  tavoli,  le  vivande  stesse,  i 
vini  e  le  terraglie  che  compongono  il  sontuoso  appa- 
recchio in  uso  nelle  feste  e  nei  ricevimenti.  -  Gas- 
sapanca,  cassa  che  serve  anche  da  panca  e  si  mette, 
spesso,  nel  vano  del  camino.  -  Ceppo,  o  desco  (più 
comune  il  primo),  tronco  d'albero  sulla  cui  parte 
superiore  pareggiata  si  taglia  la  carne,  si  spezzano 
le  ossa  nelle  grandi  cucine.  Désco  è  più  proprio  dei 
macellai.  -  Credenza,  veggasi  a  questa  voce.  -  Mà- 
dia, mobile  che  serve  per  intridervi  la  pasta  da 
fare  il  pane,  -  Mensola,  mobile  che  si  appende 
al    muro,   per   riporvi   vasi,   bicchieri,  ecc.  -  iUc» 


stoUera  (con  inutile  neologismo  detta  anche  appen- 
dimestoli),  arnese  di  metallo  con  fisso  in  alto  per 
attaccarvi  i  mestoli  e  una  doccia  in  ferro  per  racco- 
gliere gli  scoli.  -  Piattaia,  specie  di  rastrelliera  a  più 
scompartimenti  e  a  due  o  più  palchi  :  si  suole  te- 
nerla appesa  sopra  l'acquaio.  -  Rastrelliera,  arnese 
di  legno  su  cui  si  mettono  ritti  tutti  i  piatti  dopo 
rigovernati,  per  farli  sgocciolare  e  asciugare  :  specie 
di  cassa  quadrangolare,  sul  cui  fondo  ricorrono  pa- 
ralleli due  regoli  intaccati  a  scaletta,  cioè  con  una 
serie  di  tacche  larghe  e  profonde,  a  ritegno  dei 
piatti  che  vi  posano  per  cotlello,  superiormente  ap- 
poggiati ad  alcune  traverse.  La  rastrelliera  è  soste- 


781 


conservi    per    tutta   l'annata.   -   Per  la  sedia,  la 
tavola,  lo  sgabello,  veggasi  a  queste  voci. 

Apparecchi.  —  Cucina  a  gas,  fornello  di  ghisa  e 
di  forma  particolare,  che  si  mette,  per  lo  più,  so- 
pra il  fornello  in  muratura  e  sotto  una  cappa  di 
zinco  :  il  gas  vi  è  condotto  attraverso  un  tubo  di 
gomma  e  facendo  girare  una  chiavetta,  che  apre  e 
chiude,  dando  o  impedendo  il  passaggio  al  fluido. 
Sul  piano  dell'apparecchio  sono  due  o  tre  buche 
circolari,  con  dischi  bucherellati,  attraverso  i  quali 
passa  il  gas  acceso  e  riscalda  i  vasi  sovrapposti. 
V'è  anche  una  buca  più  piccola  per  il  /erro  da 
stirare.  -  Cucina  economica,  appareccnio  meccanico, 


Tav.  XXV.  —  Cucina.  Gli  utensili. 


/A.  Il       4.5    ,^v        -t  r 


l,  casini  economica;  2,  cappa  del  fornello;  3,  tubo  del  fornello;  4,  stufa  per  l'arrosto;  5,  marmitta; 
6,  caldaia  a  vapore  per  il  brodo;  7,  scolatoio  per  i  mestoli;  8,  cucina  a  gas;  9,  casseruola  conica;  10,  ac- 
quaio; li,  rastrelliera  per  i  piatti;  12,  sbatti-uova;  13,  sbatti-panna ;  14,  botte;  15,  matterello  per  fare 
la  pasta;  16,  padelhi;  17,  mestolo;  18,  paletta;  19,  forchettone;  20,  schiunarola  ;  21,  graticola  o  gra- 
tella; 22,  asse  per  trinciare;  23,  casseruola  diritta;  24,  tegame  per  uova;  2o,  batticarne;  26,  imbuto; 
27,  colapasta;  28,  cassetta  per  il  sale;  29,  inaffiatoio;  30,  grattugia  per  pane  e  cioccolata;  31,  ma- 
-cinino  da  caffé;  32,  caffettiera;  33,  catino;  34,  grattugia;  35,  mortaio;  36,  piatti  e  scodelle;  37,  sec- 
chia diritta,  0  brocca  per  aequa;  38,  inistello  ;  39,  credenza  moscaiuola;  40,  lampada  a  gas; 
41,  dispensa  frigorifera;  42,  camino;  43,  girarrosto;  44,  candeliere;  45,  zuccheriera;  46,  vaso  per  dro- 
ghe; 47,  pignatta  di  terracotta;  46,  saliera;  49,  tavolo  da  cucina;  50,  soffietto;  51,  stampino  per  bi- 
scotti ;  52,  pala  per  il  carbone  ;  53,  bilancia  ;  54,  sorbettiera  ;  55,  damigiana  ;  56,  brocca  conica  ; 
57,  scopa  ;  58,  porta-spazzature. 

con  fornelli,  per  il  quale  si  ottiene,  con  meno  spesa 
e  con  più  comodi,  di  poter  fare  da  cucina:  fun- 
ziona a  legna,  a  carbone  coke,  ad  antracite.  Ha, 
di  solito:  piastra  superiore  di  ghisa  levigata,  due 
forni  (uno  per  cucinare,  l'altro  per  scaldare  piatti), 
focolare  rivestito  di  terra  refrattaria  e  a  circolazione 
interna  (con  sottoposta  cassetta  per  le  ceneri),  cal- 
daia di  rame  stagnato,  o  vaschetta,  pure  di  rame, 
per  l'acqua,  rubinetto  per  questa,  spranga  d'ottone, 
per  riparo  e  per  mettervi  qualche  pannolino  ad  a- 
sciugare.  -  Fornellino,  specie  di  vaso  cilindrico  di 
lamiera  di  ferro,  retto  su   tre   piedi,  presso  il  cui 


nuta  su  due  modiglioni  puntati  nel  muro,  ovvero 
fermata  contr'esso  con  grappe  di  ferro  ingessate,  e 
con  alquanta  inclinazione  verso  la  pila  dell'acquaio, 
affinchè  su  di  essa,  e  per  un  foro  nel  fondo  della 
rastrelliera,  ricada  l'acqua  sgocciolante  dai  piatti.  - 
Anche,  l'arnese  di  legno  al  quale  si  appendono  gli 
oggetti  di  rame.  -  Scanceria  (forse  da  scancia),  spe- 
cie dì  scaffale  a  pochi  palchetti,  per  tenervi  sto- 
viglie, piatti  e  altro.  -  Soppediano,  arcile:  così 
i  montanari  pistoiesi  chiamano  un  cassone  di  legno 
nel  quale  ripongono  la  farina  dolce,  calcandovela 
per  bene,  sicché  venga  soda,  e   in   questo  stato  si 


CUCINA 


fondo  è  una  gratella  orizzontale,  che  regge  i  car- 
boni accesi,  per  tostare  il  caffè  nel  tamburlano. 
Nella  fascia  del  fornellino,  tra  il  fondo  e  la  gra- 
tella è  uno  sportello  con  usciolino,  per  dare  aria  ai 
carboni.  -  Fornello,  apparecchio  portatile,  vario 
rii  forma  e  di  materia  (di  terra  refrattaria,  di  ferro 
bianco,  di  rame,  di  ottone  nichelato,  ecc.),  funzio 
nanle  con  diversi  combustibili  :  carbone,  gas,  gas 
di  alcool,  petrolio,  a  riscaldamento  elettrico,  ecc. 
Anche,  una  specie  di  teglia,  per  lo  più  di  ferro, 
con  coperchio  e  campana,  per  cuocervi  frutte,  pa 
ste,  ecc.  -  Ghiacciaia,  veggasi  a  ghiaccio.  •  Mac- 
chine diverse,  per  sminuzzare  la  carne,  spremere 
frutta,  lucidare  coltelli,  imbottigliare,  ecc.  -  Tor- 
chietto da  carne,  apparecchio  col  quale  girando  una 
manovella,  si  ottiene  la  spremitura  della  carne,  rac- 
cogliendo il  sugo  in  apposito  piatto.  -  Tritatutto,  ap- 
parecchio, macchinetta  di  recente  invenzione,  che 
serve  a  tagliare  la  carne  cruda  e  cotta,  il  lardo, 
il  prezzemolo,  le  droghe,  ogni  specie  di  legumi,  non. 
che  a  grattugiare  il  pane  secco,  il  formaggio,  ecc. 

Altri  apparecchi.  —  Utensili  varì. 

Sotto  la  denominazione  generale  di  utensili  son 
compresi  tutti  gli  oggetti,   gli    arnesi  che   servono 
per  cucinare,  potendosi  però  escluderne  le  stovi- 
glie e  il  vasellame,  ossia  molti  oggetti  che  si  ten- 
gono nella  credenza  e  si  mettono  poi  sulla  mensa. 

Abbruschino,  fornellino  di  ferro  quadrilungo,  pog- 
giato su  quattro  piedi  :  su  esso  gira  un  cilindrc 
vuoto,  entro  il  quale,  per  uno  sportellino,  si  intro- 
duce il  caffè  0  altro  da  tostare  o  abbrustolire.  - 
Acciainolo,  pezzo  d'acciaio  lungo  circa  due  palmi, 
rotondo  e  appuntato,  che  serve  nelle  cucine,  e  più 
specialmente  al  macellaio,  al  pizzicagnolo,  per  affi- 
lare i  coltelli  {dar  l'acciainolo).  -  Alberello  del  sale, 
vaso  nel  quale  si  tiene  il  sale  per  uso  della  cu- 
cina. -  Arricciaburro,  arnesetto  per  ridurre  il  burro 
in  trùcioli. 

Bacino,  bacinella,  vaso  simile  al  catino^  ma  di 
rame,  e  serve  agli  stessi  usi.  -  Baracchina,  barac- 
chino, specie  di  bastardella,  ma  con  due  maniglie 
laterali,  ferme.  -  Bastarda,  lo  stesso,  ma  molto 
meno  comune  di  bastardella.  -  Bastardella,  specie 
di  casseruola  da  potersi  chiudere  con  coperchio 
che  agguanta  pel  manico  laterale  e  lunghetto  :  di 
rame,  con  fondo  uguale  alla  bocca,  stagnato  dalla 
parte  di  dentro  ;  la  bocca  senza  orlo.  Più  comune- 
mente, in  Firenze,  per  bastardella  s'intende  un  vaso 
di  terracotta,  ovale,  corpacciuto,  con  due  piccole 
anse,  o  manichi,  in  forma  di  maniglia  alle  estremità 
e  con  coperchio.  I  due  manichi  laterali  e  la  presa 
del  coperchio  hanno,  generalmente,  la  forma  di  due 
corde  avvolte  insieme,  una  sull'  altra.  Serve  allo 
stesso  uso  di  quella  di  rame.  -  Batteria,  tutto  l'as- 
sortimento dei  vasi  di  rame  o  di  coccio  necessari 
0  utili  in  una  cucina  :  batteria  da  e  di  cucina  (co- 
munque, è  un  francesismo).  Batteria  si  disse  an- 
che l'assortimento  di  tutte  le  stoviglie  necessarie 
alla  tavola  (piatti,  scodelle,  zuppiere,  salsiere,  frut- 
tiere e  simili);  più  spesso  detto  servito  da  tavola: 
ma  servilo  significa  veramente  l'assortimento  un  pò 
più  elegante,  con  un  determinato  numero  di  capi. 

-  Batticarne,  specie  di  martello  di  legno  (o  anche 
di  porcellana),  dentato,  per  battere  la  carne.  -  Bic- 
chiere, bottiglia,  coppa,  veggasi  a  queste  voci. 

-  Bigutta,  rozzo  vaso  di  terracotta,  a  uso  marmitta, 
nel  quale  sogliono  i  poveri  fare  la  minestra.  In 
pirenie    si  usa  generalmente,  quasi  in  modo  prover- 


biale, parlando  di  minestra  mangiata  in  gran  quan- 
tità. -  Bilancia,  arnese  per  pesare.  -  Bossolo, 
vaso  0  cassetta,  per  lo  più  di  legno,  in  cui  si  con- 
servano aromi,  droghe  e  simili,  ad  uso  della 
cucina.  -  Bossolo  delle  spezie,  scatoletta  ordina- 
riamente di  latta,  a  più  scompartimenti,  nei  quali 
si  tengono  separati  varì  aromati  per  la  cucina.  - 
Bossolo  del  sale,  cassetta  in  cui  tiensi  il  sale  in  zol- 
lette, a  uso  della  cucina.  -  Bricco  (bricchettino,  bric- 
chetto), vaso  di  rame  nel  quale  si  mette  a  bollire 
l'acqua  per  fare  il  caffè,  la  cioccolata,  ecc.  Il 
bricco  da  cioccolata  è  pure  di  rame,  ma  non  sta- 
gnato all'esterno,  di  bocca  più  larga  (perchè  vi  entri 
il  frullino),  col  coperchio  non  mastiettato,  e  con 
un  buco  nel  mezzo,  nel  quale  passa  il  manico  del 
frullino,  essendo  bene  il  frullare  la  cioccolata  a 
bricco  chiuso.  -  Bròcca,  vaso  di  terra  o  di  rame,  • 
con  manico  e  beccuccio,  per  uso  di  portare  e  ser- 
bare specialmente  acqua.  Sinonimo  di  mezzina.  Nel- 
l'Italia centrale  e  nella  meridionale  si  usano  broc- 
che di  terra  simile  alle  anfore  e  alle  idrie  antiche. 

-  Bucherarne,  scotitoio,  canestra,  secchio  pieno  di 
buchi,  per  scuotere  e  sgocciolare  l'insalata. 

Caffettiera,  cògoma,  cùccuma,  ecc.,  vaso  nel  quale 
si  mette  a  bollire  l'acqua  per  fare  il  caffè.  -  Col- 
d<iia,  paiolone  di  rame  che  si  attacca  sul  fuoca 
per  far  bucato  o  bollire  cose  in  grande  {maniglie, 
due  monichetti  di  ferro,  uno  per  parte  della  cal- 
daia, talora  pendenti  e  girevoli  in  due  occhi,  come 
nei  bauli  ;  talora  ferrai  orizzontalmente).  -  Calde- 
rone, grossa  caldaia.  -  Calderotto,  sorta  di  piccola 
caldaia  con  coperchio,  e  più  stretta  verso  la  bocca, 
che  è  senza  orlo,  e  da  potersi  chiudere  con  coper- 
chio, che  calza  {manico  del  calderotto,  bacchetta  di 
ferro  curva  in  semicerchio,  i  cui  due  capi  ripie- 
gati entrano  girevolmente  nelle  orecchie  del  calde- 
rotto, del  secchio,  ecc).  -  Calza,  specie  di  borsa  o 
cappuccio  di  panno,  lino  o  lano,  a  uso  rii  colare 
lentamente  molta  roba  insieme  ;  si  colloca  pendente 
fra  le  quattro  gambe  di  un  telaretto,  la  bocca  ap- 
piccicata a  più  punte  nella  periferia  di  esso.  - 
Calzé'der,  calcedro,  vaso  di  rame  per  attingere  ac- 
qua :  da  calcos,  rame,  e  udor,  acqua.  -  Cande- 
liere, arnese  nel  quale  si  infila  la  candela,  quando 
manchi  V illuminazione  a  gas  o  a  luce  elettrica. 

-  Canestra,  cesta,  cesto,  veggasi  a  queste  voci. 

-  Casseròla,  casseruòla,  il  vaso  che  in  Toscana  si 
dice  cazzaruola.  -  Cassetta  del  sale,  cassettina  di  le- 
gno per  uso  di  tenervi  il  sale,  fornita  di  coperchio- 
da  alzarsi  e  abbassarsi,  come  quello  delle  casse.  Si 
suol  tenere  appesa  al  muro,  per  mezzo  di  un  chiodo 
che  entra  nel  foro  della  sua  parete  posteriore  pro- 
lungata a  modo  di  spalliera.  -  Catino,  vaso  di  terra- 
cotta, adoperato  per  lavarvi  le  stoviglie,  mettere  in 
bagno,  ecc.  Ce  ne  sono  anche  di  legno  e  di  rame, 
secondo  l'uso  a  cui  debbono  servire.  -  Cavatappi, 
cavaturaccioli,  tiratappi,  arnese  per  togliere  il  tu- 
racciolo dalle  bottiglie.  -  Cazzaruola,  vaso  ro- 
tondo e  largo  (per  lo  più  di  rame  e  fornito  di  un 
lungo  manico),  entro  al  quale  si  cuòciono  vivande 
in  umido.  Cazzaroletta,  cazzarolina,  piccola  cazza- 
ruola. -  Cestino  da  portare  in  tavola  :  sorta  di  piatto, 
fatto  di  vimini,  sul  quale  si  portano  i  tegami  e  i 
vassoi  delle  pietanze,  la  tovaglia;  detto  anche  ton- 
dino. -  Ciabatta,  stecca  di  legno  o  di  cascina,  pie- 
gata su  sé  stessa,  per  modo  che  faccia  come  un'ansa, 
nella  cui  parte  di  sotto  è  imbullettata  della  tela  da 
stacci:  serve  per  colar  liquidi  nei  bicchieri  e  an- 
che, talora,  per  colare  il  brodo  :  ed  è  cosi  detta  voi- 
garmente  perché   ha   la   forma   quasi  di  una  eia- 


r83 


batta.  -  Ciòtola,  piccolo  vaso  per  bere  ;  specie  di 
scodella.  •  Ciotola  da  guazzi,  vengasi  a  mensa. 
Ciòttoli,  0  cocci,  si  dicono,  avviUtivam.,  i  vasi  di 
terra,  come  pentole,  tegami,  ecc.  -  Colabrodo,  pic- 
colo arnese  di  latta  o  di  rame,  per  colare  il 
brodo.  -  Colatoio,  arnese  per  preparare  il  ranno 
da  rigovernare  i  piatti  :  è  composto  di  due 
vasi  di  terra  sovrapposti  uno  all'  altro  ;  nel  supe- 
riore (detto  conchino,  se  a  forma  di  piccola  conca), 
che  ha  uno  o  più  forellini,  è  la  cenere  sulla  quale 
si  fa  passare  l'acqua  bollente,  e  questa  esce  poi  dai 
fori  e  cade  nel  vaso  inferiore.  Questo,  essendo  pro- 
priam.,  un  orcio,  il  colatoio  dicesi  anche  orcio  del 
ranno.  -  Coltella,  coltello  da  cucina,  più  grande  degli 
ordinari,  adoperato  per  ispezzare  o  tagliare  carne, 
pane,  ecc.:  coltello  da  battere.  -  Coltello,  nome  gene- 
rico di  parecchi  arnesi  adoperati  per  tagliare;  altri, 
di  forme  speciali,  servono  per  fare  contorni  di  ver- 
dure, per  pelare,  allettare,  ecc.  -  Conca,  vaso  speciale 
di  qualsivoglia  materia  e  per  vari  usi.  -  Conchino, 
piccola  forata  da  basso,  che  si  suol  tenere  nelle  cucine, 
e  "nella  quale^  messavi  della  cenere,  si  versa  via  via 
acqua  per  fare  il  ranno,  che  gocciola  nell'orcio  o 
colatoio.  -  Coperchio,  nome  generico  degli  arnesi 
adoperali  per  coprire  vasi  da  cucina.  -  Coppo,  orcio, 
vaso  di  terra  vetriato,  grossissimo,  di  forma  ovale, 
di  ventre  rigonfio,  a  uso  specialmente  di  tenervi 
l'olio  per  la  cucina  e  per  i  lumi.  -  Copripiatti,  ar- 
nese di  rete  metallica  fatto  a  cupola,  per  riparare 
le  vivande  dalle  mosche.  -  Crown-criddle,  arnese, 
di  origine  americana,  per  cuocere  le  bistecche. 

Farinaiola,  farinaiuola,  piatto,  tegame  di  legno, 
a  sponde  pochissimo  rilevate,  nel  quale  si  mette  la 
farina  per  infarinare  le  vivande,  prima  di  cuo- 
cerle, e  anche  a  raccogliervi  pane,  formaggio  o 
altro  commestibile  grattugiato.  In  qualche  parte  dicesi 
tafferia.  ■  Fattorino,  o  servitore,  arnese  ritto  su  tre 
piedi,  con  fusto  verticale  che  ha  più  fori,  oppure 
parecchi  rampi  a  scaletta,  cioè  a  varie  regolate  al- 
tezze, per  sostegno  della  punta  dello  spiede.  -  Ferro 
da  stirare,  veggasi  a  stirare.  -  Filtro,  denomi- 
nazione generica  di  ogni  corpo,  di  ogni  arnese  per 
cui  si  faccia  passare  a  goccie  un  liquido.  -  For- 
chetta (forchettina,  forchettona,  forchettone,  ecc.), 
istrumento  per  infilzare  vivande.  -  Forma,  vaso 
cupo  di  rame  stagnato,  talora  liscio,  più  trequente- 
mente  incavato  a  spicchi,  a  spire  o  in  altro  modo, 
per  dare  la  corrispondente  figura  a  torte,  poleiita, 
pasticci,  gelatine,  budini,  e  simili.  Anche,  foì-ma  da 
budini  0  da  budino.  -  Formettina,  piccolo  recipiente 
a  doppio  guscio,  per  riporvi  il  sorbetto^  una  pasta 
dolce  e  simili.  -  Fornello,  specie  di  teglia,  per 
lo  più  di  ferro,  con  coperchio  e  campana  per  cuo- 
cervi frutte,  paste,  ecc.  -  Frullino,  arnese  fatto  di 
una  cipolla  di  legno  dentata  e  wjUasticciuola  che  si 
agita  tra  le  due  mani  o  fra  le  dita:  frullo,  turbi- 
netto.  11  frullino  da  uova  è  simile  al  precedente, 
ma  più  piccolo,  e  l' ingrossamento  ha  la  forma  di 
mezz'uovo,  profondamente  solcato  e  diviso  a  spic- 
chi ;  e  serve  a  frullare  il  tuorlo  d'  uovo  con  zuc- 
chero, a  uso  specialmente  di  preparare  il  cafiFè  con 
l'uovo.  -  Frusta,  denominazione  generica  di  ogni 
arnese  acconcio  a  sbattere  la  panna  per  tarla 
montare,  ovvero  a  diguazzare  le  chiare  d'uovo  per 
farle  spumeggiare,  ecc.  Serve  a  quest'  uso  una 
canna  rifessa  in  cima,  introdottavi  una  ìioce  o 
altro  per  tenerne  le  parti  allargate  in  giro  ;  ov- 
vero un  mazzetto  di  vergelle  legate  insieme  all'  un 
dei  capi  ;  o  anche  un  granatino  di  scopa.  A 
tale  uso  serve  pure  uno   strumentino   di   più   fili 


di  ottone,  ripiegati  in  maglia  o  staffa,  fermatine 
i  capi  a  un  corto  manico  di  legno  :  le  staffe 
sono  riunite  insieme  in  foggia  fusiforme,  cioè 
rigonfia  nel  mezzo,  come  le  gretole  della  rocca  da 
filare.  Detto  anche  batloncino  o  montarhiara,  in 
specie  se   si  adopera  per  le  chiare  di  uova. 


Continua  la  serie  degli  utensili. 


Ghiotta,  tegame,  di  forma  bislunga,  che  si  mette 
sotto  l'arrosto,  quando  lo  si  gira,  per  raccogliere 
l'unto  che  cola,  o  per  cuocere  vivande  in  un  forno. 
Detto  anche  leccarda  {pezzetta,  incavo  emisferico 
nel  mezzo  della  ghiotta,  nel  quale,  mediante  alcuni 
canaletti  convergenti,  va  a  raccogliersi  l'unto  che 
stilla  dall'  arrosto,  sopra  cui,  di  tempo  in  tempo,  lo 
si  riversa  con  piccolo  romaiolino).  -  Girarrosto,  ar- 
nese per  far  arrostire  la  carne  :  detto  anche  menar- 
rosto,  tornarrosto.  E'  a  peso,  a  inolia,  a  orologio,  ecc. 
(veggasi  ad  arrostire),  e  lo  si  carica  mediante  una 
chiave.  -  Gramola,  veggasi  a  pasta.  -  Granatino  pic- 
colo mazzo,  di  saggina  o  di  stipa,  legato  con  salcio  per 
i  fusti,  ma  senza  manico,  e  che  si  tiene  in  cucina 
per  ripulire  l'acquaio.  -  Gratella,  arnese  di  ferro, 
su  cui  si  arrostisce  carne  o  pesce  che  non  si 
cuocia  in  forno,  o  sullo  spiedo,  o  in  padella:  è 
formata  di  varie  spranghette  parallele,  attraversata 
in  un  telaietto  di  ferro  che  ha  quattro  piedini  e  un 
manico.  -  Gi'atella  a  rete,  la  stessa,  se  non  che,  in- 
vece delle  spranghette,  ha  una  reticella  di  ferro  rac 
comandata  lungo  tutti  i  lati  del  telaio  :  serve  più 
specialmente  per  arrostire  il  pesce  e  il  pane.  - 
Graticola,  lo  stesso,  ma  men  comune,  in  Firenze, 
di  gratella.  -  Grattugia,  arnese  fatto  di  lamiera,  o 
di  latta,  bucherata,  che  il  riccio  (lamiera  arriccio- 
lata) dei  buchi  chiamati  occhi  rende  ronchiosa  da 
una  banda,  e  su  questa  si  gratta,  cioè  si  stropiccia, 
si  frega  cacio,  pane  o  altro  che  si  voglia  ridurre  in 
briciole:  grattacacia,  grattacacio,  grattugella.  La 
grattugia  a  cassetta  è  fermata  su  una  cassetta  di 
legno,  entro  la  quale  si  raccoglie  la  cosa  grattata. 
La  grattugia  ordinaria,  quella  che  più  comune- 
mente si  adopera  nelle  cucine  private,  è  piana,  di 
figura  quadrangolare  o  triangolare,  con  manico  dello 
stesso  metallo,  ripiegato  angolarmente  ali 'ingiù,  per 
fare  appoggio  alla  grattugia,  posta  in  piedi  sulla 
tafferia,  nel  grattare  il  cacio  o  altro.  La  grattugia 
da  volgere  è  cilindrica,  imperniata  in  una  cassetta, 
ed  è  girevole  sul  suo  asse,  mediante  una  manovella. 

-  Gratlugina,  grattucino,  piccolissima  grattugia  ci- 
lindrica, di  latta  e  non  di  ferro  come  l'altra,  da 
tenersi  in  mano  nel  grattare  su  di  essa  la  noce  mo- 
scata, la  buccia  di  limone,  d'arancia  o  simili. 

Imbuto,  piccolo   strumento   che  si  mette  nella 
bocca  dei  vasi,  per  versarvi  liquidi. 
Lampada,  arnese  di  varie  foggie,  per  far  lume. 

-  Lardatoio,  ferro  appuntato  a  uso  di  lardellare  le 
vivande.  -  Laveggio,  vaso  che  si  usa  in  alcuni  luo- 
ghi per  cuocervi  entro  le  vivande,  in  cambio  di 
pentola  :  ha  il  manico  come  il  paiuolo.  E'  gene- 
ralmente fatto  di  pietra  serpentina  od  oliare,  lavo- 
rata al  tornio.  -  Leccarda,  lo  stesso  che  ghiotta,  ina 
meno  comune.  -  Lucerna,  vaso  di  diverse  ma- 
niere per  far  lume. 

Macinapepe,  arnese  per  macinare  il  pepe.  ■  Ma' 
cinino,  macinella,  macinetto,  macchinetta  da  polve- 
rizzare il  caffè  tostato:  veggasi  a  caffè,  pag.  34.5, 
seconda  colonna.  -  Mànico,  detto  del  paiuolo  e  di 


784 


altri  simili  vasi  di  cucina,  è  una  bacchetta  di  ferro 
curva  in  semicerchio,  i  cui  due  capi  ripiegati  en- 
trano girevolmente  nelle  orecchie  del  paiuolo,  ecc. 
Manicnrcio,  peggior.  ;  manichetto,  manichino,  dimin. 

-  Mannaia,  grosso  ferro  tagliente  e  con  due  ma- 
nichi, per  uso  della  cucina.  -  Marmitta,  vaso  di 
rame  o  di  ferro  fuso  o  di  terracotta,  in  forma 
press'a  poco  di  secchia,  e  simile  alla  pentola,  usato 
più  specialmente,  per  farci  la  minestra.  -  Marmit- 
tìna,  piccola  marmitta.  -  Marmittóna,  grande  mar- 
mitta, ma  non  quanto  il  marmittone.  ■  Marmo,  larga 
lastra  di  marmo,  e  alquanto  grossa,  che  si  tiene 
nelle  cucine,  per  intridervi,  spianarvi  e  ridurre  in 
falda  (tirare)  la  pasta,  o  da  minestra,   o  da  dolci. 

-  Marràncio,  grosso  e  pesante  coltello,  del  quale  si 
servono  i  cuochi  delle  grandi  cucine,  massime  nei 
convitti,  nei  collegi  e  simili.  -  Mastello,  vaso  di  le- 
gno per  la  sciacquatura  dei  bicchieri  o  d'altro.  - 
Matterello,  o  spianatoio,  cilindro  di  legno,  lungo  un 
braccio  o  poco  meno,  grosso  quanto  appena  può 
aggavignare  la  mano,  e  col  quale  si  spiana  e  si 
assottiglia  in  fogli  la  pasta,  estendendola  sopra 
un'asse  a  ciò  destinata,  o  su  una  delle  faccia  del 
tagliere,  o  sul  coperchio  rivoltato  della  madia.  An- 
chei  il  legno  col  quale,  come  con  un  mazzuolo,  si 
picchia  la  carne  per  snervarla,  E  a  Firenze  si  chia- 
ma matterello  anche  il  mestone  per  la  polenta.  - 
Mescolatore,  cucchiaio  quasi  piatto,  con  manico 
piuttosto  grande.  -  Mestola,  arnese  che  ha  qualche 
somiglianza  col  romaiuolo,  ma  è  pochissimo  con- 
cavo, bucherato,  a  uso  specialmente  di  schiumare 
la  carne  che  si  fa  lessare,  o  di  trarre  checchessia 
dalla  pentola,  lasciatane  scolare  )a  parte  liquida.  - 
Mestola  bucata,  arnese  di  legno  simile  al  precedente, 
forato  da  buchi  assai  grossi,  che  serve  a  tirar  su 
dalla  caldaia  le  paste  o  lasagne  che  vi  sono  a  cuo- 
cere, lasciando  scolare  bene  tutta  l'acqua.  -  Mesto- 
letta,  dimin.  di  mestola,  meno  piccola  della  mesto- 
ìina  ;  mestolona,  mestolone,  grossa  mestola,  E  mesto- 
lata, quantità  di  checchessia  presa  con  la  mestola 
e  col  mestolo.  -  Mestolina,  piccola  mestola,  per  lo 
più,  piana,  a  uso  di  rivoltare  il  fritto  nella  pa- 
della, e  di  cavamelo,  dopo  fattone  scolare  l'unto.  - 
Mestolo,  arnese  per  rimestare  la  roba  nei  vasi  da 
fornello.  Dimin.,  mestolino  ;  accresc,  mestolone.  - 
Mestóne,  randelletto  o  matterello  col  quale  si  mesta 
la  polenta.  -  Mezzaluna,  lunetta,  pestarola,  specie  di 
coltella  curva,  tagliente  dal  lato  convesso,  e  i  cui 
4\ie  capi,  che  finiscono  in  codolo,  sono  ficcati  e  ri- 
baditi in  due  impugnature  o  manichetti  di  legno 
verticali.  Si  adopera  sul  tagliere,  dimenandola  con 
ambe  le  mani  a  modo  d'altalena,  e  quasi  ninnando. 

-  Mezzina,  vaso  per  tener  acqua  in  casa  o  per 
attingerla  alla  fonte.  -  Molle,  paletta,  soffietto,  veg- 
gasi  a  camino.  -  Montachiara,  lo  stesso  che  fru- 
sta. -  Mortaio,  vaso  di  legno,  di  bronzo,  ecc., 
nel  quale  si  pestano,  si  riducono  in  polvere  varie 
sostanze.  -  Moscaiola,  arnese  di  varie  fogge,  ma  per 
lo  più  di  rete  metallica,  per  riparare  la  roba  dalle 
mosche  (veggasi  a  niosca). 

Occhio,  cerchietto  aperto  da  una  parte,  e  fatto 
nel  medesimo  manico  della  padella  e  dei  coperchi 
di  ferro  per  comodità  d'attaccarli  a  chiodi  o  ad  ar- 
pioni. -  Oliera,  arnese  di  metallo,  di  legno  o  di 
coccio  per  tenerci  l'ampolla.  -  Olla,  vaso  di  terra 
per  conservare  sostanze  alimentari.  -  Orcio,  il  vaso 
«otto  al  colatoio  del  ranno.  -  Orecchie,  orecchi  (dei 
vasi  da  cucina),  due  pezzi  di  piastra  metallica,  sal- 
dati o  imbullettati  a  due  punti  opposti  della  bocca 
del   vaso   e    sporgenti   da   essa,   con   un  buco  nel 


mezzo,  nel  quale  gira  ciascuna  estremità  del  ma- 
nico arcato  con  cui  il  vaso  si  regge,  nel  traspor- 
tarlo, 0  s'appende  alla  catena.  Alcuni  vasi,  come 
la  mezzina,  e  altri,  hanno  il  manico  arcato,  ma 
fermo. 

Padella,  arnese  usato  per  friggere,  e  perciò 
sempre  unto  e  reso  nero  dal  fumo.  -  Padellina,  vasetto 
di  coccio  0  di  metallo  per  cuocervi  le  uova  :  più 
grande  del  padellino.  -  Padellina,  padellino,  vaso 
di  ferro  con  manico  di  legno  e  con  tre  piedini; 
ovvero  anche  di  terra,  con  piede  e  con  manico  tutto 
d'un  pezzo.  Vi  si  mette  bragia  per  diversi  usi  della 
cucina  e  dell'economia  domestica,  talora  servendo 
a  modo  di  scaldavivande,  -  Padellane,  padellotto, 
padelluccia,  ecc.,  veggasi  a  padella.  -  Paiolina, 
paiuola,  vaso  di  metallo  stagnato,  con  due  maniglie 
ferme,  per  poterci  ben  rimestare  la  roba  sul  fuoco, 
come  lo  zucchero,  che  si  chiarisce,  il  mosto,  che 
vi  si  cuoce,  ecc.  -  Paiolo,  paiuolo  {paiolino,  paio- 
Ione,  ecc.),  vaso  rotondo  di  metallo,  con  manico 
arcato  e  mobile  :  serve  per  bollirvi  dentro  chec- 
chessia, specialmente  per  fare  la  polenta.  -  Pallon- 
cino, specie  di  frusta  fatta  di  più  fili  d'ottone  ri- 
piegati in  maglia  o  stafi'a,  fermatine  i  capi  a  un 
corto  manico  di  legno  ;  le  staffe  riunite  insieme  in 
forma  fusiforme,  cioè  rigonfia  nel  mezzo.  Serve  a 
sbattere  la  panna,  le  chiara  d'uovo  e  siAili.  -  Pa- 
nierone  da  pranzi,  portavivande  fatto  di  vetrici, 
tondo,  a  parecchi  piani,  con  sportello  e  forte  impu- 
gnatura 0  maniglia  per  di  sopra.  -  Paramosche  [co- 
privivande), coperchio  di  rete  sottilissima,  di  filo 
di  ferro,  con  cui  si  proteggono  dalle  mosche  le  vi- 
vande. -  Passatoio,  quasi  lo  stesso  che  colabrodo, 
ma  si  fa  anche  servire  a  passare  roba  non  liquida, 
pigiandovela  con  mestolino  e  con  cucchiaio,  per  se- 
pararne le  parti  più  dure  o  più  grosse.  -  Pentola, 
pignatta,  vaso  per  lessarvi  carne,  cuocere  la  mine- 
stra 0  altro.  -  Pentolo,  pentola  assai  più  piccola 
dell'ordinaria.  -  Pepaiola,  vaso  nel  quale  si  tiene 
il  pepe  e  anche  lo  si  schiaccia.  -  Pescaiuola,  vaso 
lungo,  stretto  e  profondo  da  lessarvi  il  pesce  ; 
questo  talora  è  collocato  sulla  navicella,  o  anima, 
lamina  traforata  che  compie  la  pesciaiuola  in  cui 
si  introduce,  e  cavasi  poi,  mediante  due  magliette 
0  prese,  onde  levarne  il  pesce  lessato,  senza  che 
net  levarlo  si  rompa.  -  Pestarola,  la  mezzaluna.  - 
Pestello,  0  pestatoio,  pestone,  corto  cilindro  di  me- 
tallo 0  di  legno,  che  serve  d'impugnatura,  ingros- 
sato e  tondeggiante  all'un  dei  capi  o  ad  ambedue, 
a  uso  di  pestare  la  roba  nel  mortaio.  Pestellino,  più 
piccolo  del  pestelletto.   Pestellone,  grande  pestello. 

-  Pévera,  imbuto  grande  di  legno.  -  Pialletto,  arnese 
per  tagliare  a  fette  i  tartufi.  -  Piatto,  arnese  di 
terracotta  o  di  metallo,  sopra  il  quale  si  mettono 
le  vivande.  -  Pignatta,  lo  stesso  che  pentola  ncgji 
scrittori  e  in  vari  luoghi  di  Toscana,  non  in  Fi- 
renze. -  Pignatta,  lo  stesso,  ma  men  comune  in 
Toscana,  di  pignatta.  -  Pillotto,  arnese,  ora  quasi 
smesso  dappertutto,  nel  quale  si  pone  il  lardo  da 
pilottare  1  arrosto,  e  consiste  in  una  palla  vuota,  con 
manico  e  beccuccio.  -  Polverizzatore,  veggasi  a  sale. 

-  Portapadella,  arnese  fatto  di  una  stretta  lista  di 
ferro,  ripiegata  in  forma  di  cerchio  stiacciato:  lo  si 
appende  alla  catena  del  camino,  per  sorreggere  la 
padella,  se  molto  pesante,  o  debba  stare  lungamente 
sul  fuoco;  in  tal  caso,  il  lungo  manico  viene  rac- 
comandato a  una  cordicella  pendente  dall'architrave 
della  cappa,  o  si  fa  appoggiare  su  uno  dei  rampi 
del  fattorino.  -  Portapranzi,  portavivande,  termini 
generici  di  arnesi  (per  lo  più  di  vimini),  acconci  a 


CUCINA 


7F5 


portare  alcuni  piatti  di  vivande  da  una  in  altra 
casa.  -  Presa,  qualunque  risalto  nel  centro  del  co- 
perchio, nelle  parti  laterali  di  un  vaso,  o  in  checches- 
sia altro,  per  poterlo  prendere,  e  che  non  sia  né 
manico,  né  maniglia,  -  PidisctcoltelH,  arnese  in  cui 
si  introduce  la  polvere  di  smeriglio,  entro  la  quale 
si  passa  poi  la  lama  del  coltello;  anche,  un  arnese 
con  uno  speciale  sj/jf/fcro,  applicalo  internamente, 
per  facilitare  la  pulitura. 

Ancora  gli  utensili. 

Bame,  rami,  nome  collettivo   dei  vasi   da  cu- 
cina, di  rame,  come  cazzeruole,  teglie,  ramini,  ecc. 


direzione  del  manico:  serve,  invece  di  bricco,  a 
scaldare  acqua  e  trasportarla.  -  Ramaiola,  più  co- 
munem.  colatoio,  nel  Valdarno  superiore,  ranniere. 
-  Riccia,  veggasi  a  grattugia.  -  Romaiolino,  pic- 
colissimo romaiuolo,  e  particolarmente  quello  che 
suole  accompagnare  la  ghiotta.  -  Romaiuolo,  rama- 
iuolo (non  comune),  arnese  di  ferro,  o  di  rara  sla- 
gnato, 0  anche  di  legno,  fatto  a  guisa  di  mezza 
palla  vuota,  con  lungo  manico  uncinato,  per  appen* 
derlo:  adoperato  a  prendere  minestra,  brodo,  ecc. 
R  romaiuolata  quanta  roba  si  prende  con  esso.  - 
Rosetta,  arnese  che  si  tiene  sulla  mensa. 

Sacchetto,  bottone,  pezzuolina  bianca,  nella  quale 
sia  legato  aroma,  o  altra  droga,  da  far  bollire  con 
altro,  affinchè  dai  bucolini   della   tela  passi  nella 


Tav.  XXVI.  —  Cucina.  Altri  utensili. 


i,  cucina  economica;  2,  cucina  a  gas;  3,  fornello  a  petrolio;  4,  fornello  a  gas  di  spirito;  5,  altro 
fornello  a  gas  di  spirito  ;  6,  macchina  per  spremere  frutta  ;  7,  grattugia  comune  ;  8,  marmitta  chiusa 
ermeticamente;  9,  id.  id. ;  10,  macchina" per  lucidare  lame  di  coltelli. 


Nelle  grandi  cucine  se  ne  fa  come  una  mostra,  te- 
nendoli appesi  alle  pareli,  sempre  tutti  netti  e  in 
punto.  -  Ramino,  orciuolo,  vaso  di  rame,  talora  an- 
che di  latta,  panciuto,  con  bocca  alquanto  minore  del 
fondo,  e  da  chiudersi  con  coperchio  entrante,  ma- 
nico arcato,  ora  girevole,  ora  fermo,  beccuccio  nella 


Premoli. 


Vocabolario  Nomenclatore. 


bollitura  solo  la  parte  più  fine.  -  Saliera,  vasetto, 
per  lo  più  di  cristallo,  per  porvi  il  sale  da  met- 
tere in  tavola.  -  Sbuzzatoio  (non  comune),  piccolo 
coltello  appuntato,  destinato  a  sbuzzare  polli,  pe- 
sci e  uccelli.  -  Scaldapiatti,  scaldavivande,  arnese 
di  metallo  che  serve   a   tener   caldi   i  piatti  sulla 

50 


786 


CUCINA 


mensa.  Si  fa  anche  a  guisa  di  cassetta  sotto  il 
lastrone  del  camino,  ed  è  parte  della  cucina  econo- 
mica. -  Schiacce,  schiaccina,  sorta  di  forma,  fatta  a 
tanaglia,  con  due  bocche  piatte  in  cima,  per  cial- 
doni, brigidini,  ostie  e  simili.  -  Schiaccianoci,  ar- 
nese per  rompere  il  guscio  delle  noci,  delle  noc- 
ciuole  e  simili  (frane,  casse-noisette).  -  Schidione, 
spiede.  -  Schiumaiuola,  schiumarola,  schiumatoio, 
mestola  in  genere  per  schiumare.  -  Scodella  {scodel- 
letta,  scodellina,  scodellona,  ecc.),  piatto  fondo  per 
mettervi  la  minestra.  -  Scotitoio,  arnese  da  mettervi 
dentro  l' insalata,  sciaguattata  e  grondante,  per 
farne  colar  l'acqua,  scotendo:  è  ora  un  pezzo  di 
stamigna,  ora  un  reticino  di  filo,  talvolta  un  pa- 
niere di  vimini,  più  frequentemente  a  fili  metallici 
radi,  a  modo  di  gabbia.  -  Secchia,  vaso  cupo  di 
rame,  ferro  o  altro,  col  quale  si  attinge  l'acqua.  - 
Servitore,  lo  stesso  che  fattorino.  -  Setaccio,  lo  stesso 
che  staccio.  -  Siringa,  arnese  per  lo  più  di  stagno, 
da  cui,  per  compressione,  si  caccia  fuori  il  burro, 
figurato  in  piccolo  cilindro  variamente  scanalato  da 
servire  in  tavola.  E'  simile  alla  canna  da  servi- 
ziale,  se  non  che  al  cannello  è  sostituito  un  disco, 
traforato  in  figura  di  stella,  o  altra  consimile,  che 
dà  la  corrispondente  forma  al  burro,  che  se  ne  fa 
uscire  spingendo  lo  stantuffo.  •  Sistola,  arnese  bu- 
cherellato per  strizzare  i  limoni,  passare  il  latte  e 
simili.  -  Soffietto,  arnese  col  quale,  spingendo 
l'aria,  si  genera  vento,  per  accendere  il  fuoco.  - 
Soffione,  camera  o  tubo  per  soffiare  sul  fuoco.  - 
Sorbettiera,  o  gelatiera,  vaso  per  fare  il  sorbetto. 
-  Sottocoppa,  specie  di  piccolo  vassoio  che  si  tiene 
sulla  mensa.  -  Spianatoio,  lo  stesso  che  matterello. 
'  Spiede,  spiedo,  ferro  lungo  dove  s'infila  selvag- 
gina 0  polli  per  fare  l'arrosto.  -  Spiedino,  spiedone, 
reggasi  a  spiede.  •  Sporta,  arnese  piuttosto  fondo, 
a  sacco  di  giunchi,  paglia,  sala  od  altro,  con  due 
manichi,  usata  specialmente  per  fare  la  spesa.  - 
Spranga,  filo  di  ferro  che,  introdotto  nei  fori  fatti 
con  un  punteruolo  negli  orli  vicini  ai  pezzi  rotti 
delle  stoviglie,  serve  a  tenerli  uniti  si  che  esse 
siano  atte  ancora  al  loro  ufficio.  -  Spremitoio,  ar- 
nese per  spremere  limoni,  aranci  e  simili.  -  Sprone, 
arnesino,  piccolo  disco  o  rotella  di  metallo,  adope- 
rato per  frastagliare  la  pasta.  -  Staccio  {staccetto, 
staccino,  ecc.),  arnese  che  serve  per  colare  liquidi. 
•  Stadera,  sorta  di  bilancia  usata  nelle  granai  cu- 
cine. -  Stagnata,  vaso  di  stagno,  o  di  latta,  di  va- 
ria forma,  a  uso  specialmente  di  tenervi  una  certa 
quantità  di  olio,  di   petrolio   e  simili.   In  Firenze, 

Siù  comunem.,  stagnina.  -  Stagnuola,  vaso  di  latta, 
i  forma  conica,  con  un  imbutino  attaccato  in  cima, 
cannello  a  beccuccio  da  una  parte,  manico  dall'al- 
tra. -  Stamigna,  o  stamina,  pezzo  di  tela  rada  e  di 
filo  crudo,  a  uso  di  colare  :  si  stende  lenta  sopra 
un  telaretlo,  rattenutavi  da  qiiattro  punte  nei  quattro 
angoli,  in  modo  che  faccia  sacca  nel  mezzo,  affin- 
chè il  liquido  non  esca  sparpagliato,  ma  coli  dal 
mezzo  a  gocce,  o  in  filo  continuato.  -  Stampa,  o 
stampo,  lamina  di  latta  per  tagliare  la  pasta  in 
varie  forme.  •  Stiumino,  mestola  da  schiumare  la 
pentola.  -  Stoviglie,  nome  generico  che  si  dà  ad 
ogni  genere  di  vasellame  di  terra,  da  tavola  e  da 
cucina.  Anche,  stoviglieria.  -  Strizzalimoni,  arnese 
per  strizzare  il  limone,  l'arancio  e  simili.  -  Stufa- 
iola,  tegame  fondo  per  lo  stufato. 

Tafferia,  piatto  di  legno,  largo  e  piano,  a  sponde 
pochissimo  rilevate,  q)iasi  a  modo  di  vassoio  :  serve 
a  infarinarvi  pesce  o  altro  che  s'abbia  a  friggere  ; 
e  anche  per  grattarvi  cacio,  pane  o  altro  con  grat- 


tugia. In  Lombardia  usato  per  rovesciarvi  la  polenta, 
dal  paiuolo.  Tagliapasta,  lo  stesso  che  slampa:  veg- 
gasi  a  pasta.  -  Tagliere,  pezzo  d'asse  grossa,  spia- 
nata e  liscia,  su  cui  si  taglia  o  si  pesta  carne,  erbe  o 
altro.  -  Tamburlano,  o  tostino,  cavo,  di  ferro,  in  cui 
si  tosta  il  caftè  :  è  attraversato  da  un' asticciuola  di 
ferro,  in  forma  di  spiede,  che  si  prolunga  al  di 
fuori  di  ciascuna  delle  due  basi,  e  su  di  essa  si  fa 
girare  nella  bocca  del  fornellino,  per  tostare  il  caffè 
mtrodottovi  da  uno  sportellino  a  coperchio  mastici' 
tato  nella  fascia  e  che  si  serra  con  piccolo  sali- 
scendi. Una  delle  estremità  dell'asse  prolungato, 
corta  e  tonda,  detta  naso,  entra  e  gira  in  un  occhio 
0  foro,  presso  la  bocca  del  fornellino,  e  sopra  una 
opposta  tacca  posa  e  gira  l'altra  estremità  dell'asse 
che  termina  in  manico  da  volgere.  -  Tavola  da  spia- 
nare (in  alcune  parti  della  Toscana,  non  in  Fi- 
renze, detta  spianatoia),  arnese  quadrato,  composto 
di  assi  ben  piallate,  e  alle  volte  con  sponde  ai 
tre  lati,  sul  quale  si  distende  la  pasta  col  matte- 
rello, 0  spianatoio.  -  Tegame  {tegamaccio,  tega- 
mino, ecc.),  specie  di  teglia  rotonda,  di  terra,  di 
ferro  smaltato,  di  rame,  ecc.,  con  orlo  alto  :  serve 
per  cuocere  le  pietanze,  le  uova,  ecc.  ■  Tegamina, 
tegame  un  po'  più  grande  degli  ordinari  e  con 
sponda  più  bassa.  -  Tegghia,  teglia,  vaso  di  rame 
(anche  di  terracotta),  con  sponda  bassa,  stagnato, 
fatto  come  una  tegamina.  -  Tegliona,  teglione,  veg- 
gasi  a  tegghia.  -  Terrina,  specie  di  tegame  di  terra 
ordinaria,  con  la  sponda  alta.  -  Testo,  stoviglia  ro- 
tonda di  terracotta  per  coprire  pentole  e  pentoli 
(in  Firenze,  volgarm.,  copnce/Za);  disco  piatto  d'una 
terra  speciale  per  cuocere  i  necci.  -  Tettiera  o  te- 
iera, voce  barbara,  ma  dell'uso,  a  indicare  quel 
vaso  di  porcellana,  d'argento  o  d'altro  metallo,  nel 
quale  si  prepara  il  the.  Più  gentile  e  più  comune 
teiera.  •  Tondi^  tondini,  i  minori  piatti,  pochissimo 
concavi,  che  ciascuno  tiene  davanti  a  sé  per  man- 
giarvi sopra.  -  Treppiede,  arnese  di  ferro  con  tre 
piedi,  destinato  a  collocarvi  sopra  caldaie,  tegami, 
ecc.,  da  mettere  sulla  bragia  del  camino,  sul  for- 
nello, ecc.:  treppiè,  treppiedi,  trespiede,  trespolo, 
tripode.  -  Tr eppiedino,  t^ìccoIo  treppiede.  -  Tz-e/ipie- 
done,  sorta  di  grosso  treppiede,  tondo  di  sopra,  a 
gambe  più  alte,  affinchè  la  padella  o  altro  vaso, 
che  vi  si  sovrappone,  stia  sufficientemente  distante 
dalla  base  della  fiamma  che  vi  si  fa  sotto,  in  una 
delle  buche  del  fornello.  -  Trinciafoglia,  trinciara- 
dici, trinciarape,  strumento  per  affettare  le  barba- 
bietole, le  rape  e  simili.  Alcuni  sono  a  mano,  sem- 
plici, altri  meccanici.  •  Trinciante,  grosso  coltello 
per  trinciare.  -  Tritatarluft,  pialletto  da  tartufi,  ar- 
nese da  cucina  per  sfaldare  tartufi. 

Uncinello,  piccolo  e  sottile  uncino,  per  attaccar 
carne  o  altro.  -  Utello,  vasetto  di  terra  invetriata,, 
a  uso  di  tenervi  olio,  aceto  e  simili  per  condire.  U- 
sato  ancora  dai  contadini  in  alcune  parti  di  To- 
scana, segnatamente  nel  Senese;  in  Firenze,  però, 
di  utello  non  si  parla  più. 

Vagello,  caldaia  grande,  il  cui  fondo  ha  la  stess-' 
larghezza  della  bocca.  -  Vasellame  da  cucina 
(non  comune  nell'uso  familiare),  l'insieme  di  tutti 
i  vasi  in  cui  si  fanno  cuocere  o  si  apprestano  le 
vivande,  o  si  fanno  altre  operazioni  di  cucin?  : 
sono  o  di  terra,  e  chiamansi  stoviglie,  ovvero  sono 
di  rame  stagnato,  e  diconsi  collettivamente  il  rame 
0  i  rami.  -  Vasetto  della  tafferia,  o  da  infarinare, 
vaso  di  latta,  tutto  sforacchiato  nel  fondo  e  nel 
coperchio,  e  col  quale,  come  con  un  polverino,  si 
usa   aspergere  di   farina   sulla   tafferia  certe  robe 


CUCINA    ECONOMICA    —    CUCINARE 


r87 


prima  di  friggerle.  -  Vasi,  nome  generico  di  tutti  i 
recipienti  che  servono  per  la  cucina,  siano  questi 
di  rame,  di  ferro,  di  latta  o  di  terracotta  :  veggasi 
a  vaso.  -  Vassoia,  specie  di  catino  di  legno  per 
pulirvi  il  riso  e  infarinarvi  il  pesce  :  dai  Lombardi 
chiamata  basletta.  -  Vassoio  (vassoieUo,  vassoino, 
ecc.),  specie  di  piatto  più  grande  e  più  fondo  degli 
ordinari,  ad  uso  di  portare  in  tavola  le  vivande, 
metterci  dolci,  ecc.  -  Ventola,  arnese  di  varia  fog- 
gia e  di  diversa  materia  (un  pezzo  di  cartone,  al- 
cune penne  di  pollo,  ecc  ),  per  far  vento  ai  fornelli. 
•  Votazza,  specie  di  mestola  per  le  civaie. 

Zuppiera,  vaso  molto  fondo  e  panciuto,  di  forma 
ora  tonda,  ora  ovale,  per  lo  più  con  piede  e  con 
coperchio.  Serve  a  porre  in  tavola  la  zuppa,  o 
altra  minestra,  che  poi  si  mette  nelle  scodelle, 
l'uò  essere  di  terracotta  e  anche  di  metallo.  Spreg. 
dimin.  e  accresc.  :  zvppieraccia,  zttppieretta,  zuppie- 
lina,  zvppierona,  zuppierone.  -  Zuccheriera,  vaso 
cupo,  di  legno,  di  porcellana,  d'argento  o  di  altra 
materia,  e  di  varie  forme,  nel  quale  si  mette  lo 
zuccJiero,  da  adoperare  in  cucina  o  da  portare  in 
tavola.  " 


Altre  cose  adoperate  nelua  cucina. 
Governo  dew>a  cucina.  —  Persone. 


Asciugamano^  asciugamani,  pezza  di  tela,  li- 
scia od  operata,  che  si  tiene  appesa  in  cucina,  per 
l'uso  indicato  dallo  sle:  s  >  nome.  -  Baìidinella,  a- 
sciugamano  (veggasi  a  questa  voce)  più  lungo  degli 
ordinari  e  di  uso  particolare.  -  Biancheria  da  cu- 
cina: i  grembiuli,  gli  asciugamani,  i  canovacci  e  i 
cenci,  oltre  la  tovaglia  e  i  tovaglioli  adoperati 
aella  cucina  e  nel  tinello  dalle  persone  di  ser- 
vizio. 

Cassetta  da  spazzature,  porta-immondizie,  arnese 
di  legno,  di  latta,  ecc.,  nel  quale  si  raccolgono  le 
spazzature  della  casa,  i  riliuti  della  cucina,  ecc.  - 
Cenci  di  cucina,  quelli  adoperati  per  pulire  gli  og- 
getti di  cucina  :  veggasi  a  cencio.  -  Cenerata,  ce- 
nere mescolata  e  bollita  con  acqua  per  ripulire  i 
vasi  da  cucina,  per  il  bucato,  ecc. 

Grembiule,  pezzo  quadrilungo  di  grossa  tela  di 
canapa,  di  lino  o  di  cotone,  orlato  torno  torno,  da 
legarsi  alla  cintola  con  nastro,  per  ditendere  i  ve- 
stiti dal  macchiarsi,  nel  fare  la  cucina.  -  Lava- 
mano, lavamani,  arne.'-e  di  legno  o  di  ferro,  da  po- 
sarvi la  catinella  per  lavarsi  le  mani.  -  Meslolinaio, 
0  mestolaia,  cencio  bucato  che  si  appicca  ad  una  pa- 
rete della  cucina,  nei  buchi  del  quale  s' infilano  i 
manichi  dei  mestoli.  -  Ranno,  acqua  caldissima, 
bollita  con  cenere,  per  rigovernare  i  piatti  :  bolli- 
tura di  cenere,  ceneracciolo,  cenerata,  cenere  bol- 
lita, lasciva,  liscivia,  lissia,  lissio,  rannata. 

Scopa,  noto  arnese  da  spazzare  :  granata.  - 
Strofinaccio,  strofina cciolo,  capecchio  o  cencio  molle 
per  strofinare  checchessia,  specialmente  le  posate, 
o  per  togliere  la  polvere.  Frane,  torchon. 

Persone.  —  Credenziera,  credenziere,  donna,  uomo 
che  ha  in  custodia  la  credenza.  -  Cucinatore,  cu- 
c.inatrice,  cuciniera,  cuciniere,  cuoca,  cuoco,  veggasi 
a  cucinare  e  a  cuoco.  -  Dispensiera,  dispensiere, 
donna,  uomo  preposto  alla  cura  della  dispensa, 
nelle  grandi  case.  -  Donna,  uomo  di  cucina,  che  fa 
da  mangiare  o  aiuta.  -  Friggitora,  friggitore,  chi  I 
frigge  e  specialmente  chi  vende  roba  fritta.  -  Guat-  | 


tera,  donna  che  fa  i  bassi  servigi  in  cucina  :  cene- 
rentola, cenerucola,  covacenere;  fancella,  fregona;  la- 
vascodèlle,  lavapiatti;  sguattera,  sottocuoca  (scherz.). 

-  Guattero,  chi  fa  i  bassi  servizi,  sotto  gli  ordini 
del  cuoco:  guatlaro,  lavapiatti,  lavascodelle;  mozzo 
di  cucina;  pelapolli,  pestapepe;  protoguattero,  scan- 
nagallo,schiumabrodi,  sguattero,  sottocuoco  (scherz.), 
sottoguatlero  ;  vassallo  del  cuoco,  volgiarrosti.  Di- 
min,  guatlerino,  syuatterino.  ■  Lavapiatti,  lavasco- 
delle, propriamente,  chi  si  limita  a  rigovernare  le 
stoviglie,  a  lavare  i  piatti  nelle  grandi  case,  nelle 
comunità  religiose,  nei  collegi,  negli  ospedali,  nelle 
osterie,  ecc. 

Governo.  —  Per  il  fumo  del  camino  e  dei  for- 
nelli, le  pareti  della  cucina  anneriscono  facilmente, 
e  si  provvede  con  ['imbiancatura  fatta  dare  daH'iwi- 
hianchino.  -  Dar  la  rena,  renare,  rendere  lucidi, 
strofinandoli  con  la  rena,  le  forchette,  i  cucchiai  e 
simili  {renata^  renatura,  operazione  del  renare,  dar 
la  rena).  -  Far  la  pulizia,  espressione  familiare  che 
comprende  non  solo  il  buon  governo  delle  stoviglie 
e  di  tutti  gli  utensili,  ma  anche  il  togliere  la  pol- 
vere e  le  ragnatele  (veggasi  a  ragno),  il  dar  la 
caccia,  quando  si  introducono  nella  cucina,  alle 
blatte  (scarafaggi),  ai  lumaconi  (veggasi  a  luma- 
ca)f  alle  foì  miche  (veggasi  a  formica),  ecc.  - 
Fare  una  rannata,  far  bollire  della  cenere  nel- 
l'acqua, per  poi  lavarvi  panni,  stoviglie  e  simili  : 
rannare,  lisciviare.  -  Lavare  i  piatii,  pulirli  con 
acqua  fredda.  -  Lustrare,  detto  dei  rami,  farli  di- 
ventare uetti  e  lucenti,  strofinandoli  con  la  rena, 
con  la  cenere,  con  aceto  e  simili.  -  Rigovernare, 
nettare  vasi  di  cucina,  scodelle  o  piatti  che  servi- 
rono per  mangiarvi,  tenendoli  un  poco  nell'acqua 
calda  con  cenere  e  risciacquandoli  poi  con  acqua 
pura.  Usasi  attivo  e  neutro.  -  Ri(jOvernata,  l'azior.e 
e  l'effetto  del  rigovernare.  -  Rigovernatura,  l'acqua 
nella  quale  sono  state  rigovernate  le  stoviglie.  - 
Risciacquare,  ripete  e  rafforza  sciacquare;  detto  di 
vasi  da  cucina  e  di  stoviglie  da  mensa,  vale  lavarle 
nell'acqua  e  anche,  dopo  rigovernate,  dar  loro  una 
passata  nell'acqua  fresca  :  guazzare,  sciabordare, 
sciabottare,  sciaguattare.  Risciacquamento,  atto  del 
risciacquare;  risciacquata,  l'azione  e  l'effetto  del  ri- 
sciacquare (anche,  il  risciacquare  una  volta)  ;  ri- 
sciacquatina,  breve  o  lieve  risciacquata;  risciacquar 
tura,  il  risciacquare  ;  anche,  l'acqua  che  ne  avanza. 

-  Scopare,  pulire  il  pavimento  con  la  scojìa. 
Per  le   operazioni   proprie   del  preparare  le  vi- 
vande, veggasi  a  cucinare. 

Cucina  economica.  Istituzione  filantropica, 
di  creazione  moderna,  e  consistente  nello  spaccio, 
a  mitissimo  prezzo,  di  cibi  semplici  e  sani. 

Cucinare  (cucinato).  Preparare,  acconciare, 
cuocere  alcune  cose  che  servono  di  alimento,  di 
cihOf  in  genere  ciò  che  si  chiama  vivanda:  ac- 
comodare, apprestare,  assettare  (non  us.)  ;  condire 
(veggasi  a  condimento),  condizionare  vivande; 
far  la  cucina  ;  familiarm.,  scucinare,  governare.  - 
Far  da  cucina,  far  la  cucina,  sembrano  espressioni 
equivalenti  ;  ma  pare  che  il  farla  dica  il  farla  sem- 
pre per  solito,  mentre  far  da  pare  più  appropriato 
a  quei  casi  in  cui  uno  faccia  la  cucina  cosi  per  ri- 
piego in  assenza  della  persona  addetta  alla  cucina. 

-  Cucinabile,  da  potersi  cucinare.  -  Cucinario,  culi- 
naie,  di  cosa  che  è  relativa,  appartenente  alla  cu- 
cina. -  Cucinato,  particip.  pass,  e  aggett.  da  cuci- 
nare. -  Cucinatura,  l'operazione  del  cucinare;  atto 
ed  effetto  ;  anche,  il  modo. 

Cucinatore    (non    comune),   nome    derivalo,   di- 


788 


CUCINARE 


rettamente,  da  cucinare,  di  cui  esprime  l'atto  e  l'o- 
pera, più  che  l'arte  e  l'uffizio,  e  perciò  non  sem- 
pre, e  forse  non  mai,  sinonimo  di  cuoco.  -  Cncina- 
trice,  verbale  femmin,  di  cucinare:  chi  o  che  cu- 
cina. Più  comunem.,  cudnatora;  ma  cucinatrice  può 
prestarsi  a  usi  traslati  che  cudnatora  forse  non 
comporterebbe.  -  Cuciniera,  colei  che  fa  da  cucina. 
-  Cuciniere,  chi  cuoce  le  vivande,  chi  fa  cucina: 
Secondo  il  Rigutini,  si  dice  di  chi  non  ha  tanta 
abilità  di  potersi  chiamare  cuoco.  Trattandosi  di 
ospedali,  di  collegi  e  simili,  si  dice  cuciniere  piut- 
tosto che  cuoco  (se  della  milizia,  ranciere,  voce 
d'uso).  La  serva,  la  padrona  di  casa  può  essere 
buona  cuciniera,  o  no,  senza  essere  cuoca.  Può  il 
cuoco  essere  un  cattivo  cuciniere.  Sotto  il  cuoco 
possono  esserci  più  cucinieri,  quanti  appartengono 
alla  cucina  e  non  sono  in  tutto  guatteri.  Cuci~ 
niere,  infine,  si  chiama  anche  il  libro  (libro  di  cu- 
cina) che  dà  le  istruzioni  per  cucinare.  -  Cuoca, 
cuoco,  sottocuoco,  sottocuoco,  donna,  uomo  di  cucina, 
veggasi  a  cuoco. 

Culinaria,  l'arte  di  ben  cucinare:  arte  culinaria 
e,  anche,  semplicemente,  culinaria;  arte  dei  cuochi, 
della  cucina,  arte  del  mangiar  bene,  arte  leccarda  ; 
boccolica,  buccolica;  semplicem.,  cucina;  gastro- 
nomia ;  pappatoria  ;  scienza  della  cucina.  -  Gastro- 
nomo, che  è  esperto  in  gastronomia;  anche,  chi  si 
diletta  e  ha  il  gusto  di  lauti  pranzi  ;  così  pure  chi 
è  ghiotto,  goloso. 


Diversi  modi  di  cucinare. 


Accarpionare,  cucinare  in  carpione;  mettere  o 
tenere  il  pesce  in  aceto,  a  tal  uopo  condito:  car- 
pionare, marinare.  -  Aggraziare  [aggraziato),  dar 
grazia:  si  dice  di  una  pietanza  (anche,  d'una  be- 
vanda, d'un  liquore)  alla  quale  sia  dato  l'odore  di 
checchessia.  -  Allessare,  lessare  (allessamento),  cuo- 
cere allesso.  Allessato,  particip.  pass,  di  allessare: 
più  comunem.,  lessare.  -  Arrosolire  (arrosolito),  co- 
munemente detto  per  rosolare,  ma  accenna  più  alla 
perfetta  coloritura,  cioè  a  far  sì  che  una  vivanda, 
stando  al  fuoco,  prenda  un  colore  tendente  al  rosso. 
Rosolare  (rosolato)  accenna  invece  alla  perfetta 
cottura  (veggasi  a  bruciare).  •  Arrostire  (arro- 
stito), cuocere  carne  o  pesce  sullo  schidione  o  sulla 
gratella;  preparare  Varrosto. 

Condizionare,  ammannire,  acconciare  una  vivanda, 
mettendoci  tutti  gli  ingredienti  e  i  condimenti  ri- 
chiesti ;  da  non  confondersi  con  condire,  che  dicesi 
solo  del  versare  olio,  aceto  e  simili  su  una  vi- 
vanda. -  Contornare,  fare  il  contorno  (dimin.  con- 
tornino), ossia  quella  specie  di  corona  di  cibi  ve- 
getali, variamente  cucinati,  che  si  suol  mettere  in- 
torno alle  pietanze  di  carne  da  portare  in  ta- 
vola. -  Crostare  (crostato),  indurire  al  fuoco  la  su- 
perficie di  alcune  vivande,  si  che  prendano  il  co- 
lor di  nocciuola  e  facciano  crosta.  Si  usa  attivo  o 
neutro. 

Cucinare  alla  cacciatora,  preparare  alla  lesta  vi- 
vande in  padella,  come  capretto,  vitello  spezzato, 
polli  giovani  teneri,  quasi  alla  maniera  che  usano  i 
cacciatori.  -  Cucinare  alla  casalinga,  alla  buona  ; 
come  si  suole,  d'ordinario,  in  famiglia.  -  Cucinare 
en  dauhe  (frane),  battendo  la  carne  prima  di  met- 
terla in  concia,  come  si  fa  da  noi  per  lo  stufato.  -  Cu- 
cinare in  agrodolce,  o  ;n  dolce  e  forte,  cioè  con  un 
tondimento  composto,  i  er  lo  più,  di  zucchero,  ciocco- 


lata, uve  passe,  pinocchi  e  aceto.  -  Cudnare  in 
salmi  (dal  frane,  salmis),  maniera  speciale  di  cuci- 
nare in  umido  la  selvaggina,  tenendola  prima  per 
molte  ore  in  fusione  con  vino  e  spezie.  -  Cucinare 
salato,  con  molto  sale.  -  Cucinare  iìi  zimino,  cuo- 
cere una  vivanda  di  magro  (baccalà,  anguilla,  ecc.), 
nel  tegame  con  bietole  trinciate,  o  spinaci,  prez- 
zemolo, aglio,  olio,  pepe  e  sale).  -  Cucinare  sciocco, 
con  poco  sale,  con  poco  sapore.  •  Cuòcere,  ridurre 
una  vivanda  meglio  mangiabile  per  mezzo  del 
fuoco.  Oltreché  o  lesso  e  arrosto,  si  cuoce,  si  cu- 
cina, specialmente  la  carne,  allo  spiede,  in  ghiotta 
(detto  quasi  esclusivamente  della  patata),  in  ba- 
stardella, in  fricassea,  in  padella,  nella  padella,  in 
stufato,  in  umido  (con  intinto),  in  teglia,  o  nella 
teglia,  nel  tegame,  in  istufa  (in  tegame  più  fondo 
degli  ordinari),  nella  pentola,  sulla  gratella,  ecc.  : 
veggasi  a  vivanda. 

Dare  il  colore,  detto  di  certe  vivande,  lo  stesso 
che  far  prendere  il  colore:  è  un  po'  meno  di  cro- 
stare. -  Drogare  (drogato),  acconciare  i  cibi  con 
droghe  :  veggasi  a  droga. 

Fagianare  (fagianato),  cucinare  una  vivanda  alla 
maniera  in  cui,  più  comunemente,  si  cucinano  i  fa- 
giani (non  comune).  -  Fare,  comunemente  detto  per 
preparare:  così,  fare  Vallesso,  Y arrosto,  la  mine- 
stra, il  risotto,  i  maccheroni,  la  zuppa,  il 
brodo,  ecc.,  nonché  fare  un  dolce,  fare  un  pa- 
sticcio, V  insalata,  la  salsa,   il   sorbetto,  ecc. 

-  Far  fare  il  collo,  parlando  d'uccelli  arrostiti 
sullo  spiede,  significa  tenerli  al  fuoco  senza  vol- 
tarli, sino  a  che  i  colli  rimangano  intirizziti. 
Detto  dei  polli,  é,  dopo  ammazzati,  attaccarli 
in  alto  coi  piedi  e  col  capo  penzoloni,  perchè  af- 
fluisca tutto  il  sangue  nel  collo  e  questo  rimanga 
flessibile,  mentre  il  resto  del  corpo  rimane  dissan- 
guato. -  Fare  il  bollilo,  il  lesso.  -  Fare  il  brodetto, 
dibattere  uova  con  brodo  caldo  e  agro   di  limone. 

-  Fare  il  sugo,  tirare  il  sugo  della  carne,  sp«emerla 
per  estrarne  la  parte  più  sostanziosa  ;  anche,  farla 
cuocere  in  vaso  chiuso,  con  poco  brodo  o  senza 
(sugo,  in  romanesco,  sughillo).  -  Fare  in  padella,  frig- 
gere nella  padella.  -  Fare  in  umido,  a  mò  di  stufato 
e  in  vaso  ben  chiuso.  -  Fare  lo  stracotto,  cucinare 
la  carne  in  umido,  con  battuto  e  odori.  -  Far  sof- 
friggere, far  friggere  leggermente.  -  Fermare,  dare 
una  prima  e  lieve  cottura  alla  carne  frolla,  ad 
alcune  vivande  che  accennano  a  guastarsi,  accioc- 
ché non  si  guastino  davvero.  -  Friggere  (attivo 
e  neutro),  dare  alla  carne,  al  pesce  o  altro,  una 
rapida  cottura  in  padella,  con  burro,  olio  o 
strutto:  sfriggolare,  sfrigolare,  preparare  il  fritto; 
cuocere  le  uova  nel  tegame,  ecc.  -  Girare  un  pollo,  una 
costa  d'agnello,  ecc.,  arrostirli  sullo  spiede.  -  Giuleb- 
bare,  veggasi  a  frutto.  -  Glaf^sare  (dal  frane,  giacer, 
gelare),  cospargere  carni  o  dolci  di  una  specie  di  ge- 
latina, che  li  rende  più  vistosi  (bue  glassato,  coppa 
glassata,  ecc.).  -  Gratin  (frane),  maniera  speciale 
di  cuocere  carne,  pesce,  verdure,  ecc.,  intridendo 
con  salsa  bianca,  formaggio,  burro,  ecc.,  e  mettendo 
quindi  al  forno,  perché  tacciano  crosta  sotto  e  so- 
pra. -  Grillare  (francesismo),  cuocere  sulla  graticola. 

-  Guarnire  (guarnito)^  lo  stesso  che  glassare,  ma 
men  bello  e  men  proprio  che  contornare.  Cosi  an- 
che guarnizione  per  contorno.  •  Imbudellare,  imbti- 
secchiare,  veggasi  a  salame.  -  Impanare,  malamente 
detto  per  panare.  -  Incaciare,  condire  con  cacio,  con 
formaggio  grMughio.  -  Jncialdare,  involgere  nella 
cialda,  composizione  di  fior  di  farina,  la  cui  pasta, 
fatta  quasi  liquida,  si  stringe   a   forza   di  ferro,  e 


CUCINARE 


im 


si  cuoce  sulla  fiamma .  -  Indorare  {indorato),  ba- 
gnare nell'uovo  sbattuto  per  friggere.  -  Infarinare 
{infarinalo),  aspergere  pesci,  funghi  o  altro,  di  fa- 
rina sparsavi  sopra  con  le  mani,  o  fatta  cadere  sco- 
tcnio  il  vasetto  foracchiato  che  la  contiene;  ov- 
ve  0,  rivoltolare  la  roba  sopra  un  po'  di  farina 
sparsa  sulla  tafferia.  Infarinata,  V  atto  e  l' effetto 
dell'infarinare:  dimin.,  infarinatina.  -  Insaporare, 
insaporire  {insaporato,  insaporilo),  dare,  far  pren- 
dere il  sapore  per  mezzo  di  condimento:  con- 
dire. -  Intridere  {intriso),  stemperare  o  ridurre  in 
pasta  la  farina  per  mezzo  dell'  acqux  o  di  altro 
liquido;  e  intriso  qualunque  miscuglio  di  farina, 
acqua  o  altro  liquido  per  tare  tiwie,  pasta,  mi- 
gliaccio,  torta  e  sim  li. 

Lardare  e,  più  comunem.,  lardellare  {lardato, 
lardellalo),  piantare  lardelli  (pez/.etti  di  lardo)  nei 
polli  e  in  altre  carni  che  si  vogliono  cuocere  con- 
dite in  tal  modo.  E  lardalura,  lardellatura,  l'ope- 
razione. -  Manteccare  {manteccato),  verbo  del  dia- 
letto milanese,  usato  in  uno  speciale  senso  culi- 
nario :  dare  il  lucido  e  1'  amalgama  rimestando  e 
ingrassando.  -  Marinare  {marinato),  lo  stesso  che 
accarpionare.  Marinata,  la  vivanda  marinata,  sia 
questa  pesce  o  altro.  -  Mettere  ai  ferri,  di  carne  o 
simili,  mettere  in  gratella.  -  Mettere,  tenere  in  fu- 
sione, tenere  una  sostanza,  per  un  certo  tempo, 
dentro  un  liquido  (aceto,  ecc.),  perchè  acquisti 
certe  proprietà.  -  Montar  l'oca,  la  panna,  la  crema, 
farle  montare,  sbattendole. 

Panare  {panato),  rinvolgere  nel  pane  grattato 
carne,  o  altra  vivanda,  per  friggerla.  -  Passare  per 
istaccio,  schiacciare,  per  mezzo  di  un  mestolino  o 
d'un  cucchiaio,  o  simili,  sullo  staccio  patate,  fa- 
ginoli  0  altro,  sicché,  ridotti  in  finissima  poltiglia, 
riescano  dalla  parte  sottostante  del  velo  dello  stac- 
cio medesimo.  -  Anche,  semplicem.,  passare.  -  Pil- 
lottare (disus.),  ungere,  aspergere  di  grasso  l'arrosto  ; 
versare,  a  poco  per  volta,  lardo  fuso  sull'arrosto  gi- 
rante sullo  spiede;  anche,  il  riversarvi  di  tempo  in 
tempo  r  unto  caduto  nella  ghiotta.  -  Preparare  le 
salse,  fare,  preparare  i  condimenti  di  più  maniere: 
veggasi  a  condimento  e  a  salsa. 

Ridare  {rifatto),  di  vivande,  ricuocerle  in  qualche 
maniera.  -  Rifriggere  {rifritto),  friggere  di  nuovo. 
E  rifritto,-  sostanti vam.,  quel  cattivo  odore  che 
hanno  i  vasi  unti  rimessi  al  fuoco.  -  Rilessire,  cuo- 
cere con  fuoco  troppo  lento,  o  con  troppo  umido, 
sicché  le  vivande  riescono  come  lesse.  -  Rivoltare 
{rivoltato),  detto  di  cibi  che  cuociono,  significa  vol- 
tarli di  sotto  in  su,  perchè  vengano  cotti  egual- 
mente. Rivoltata,  V  atto  e  l' effetto  ;  rósolo  solo 
l'effetto.  -  Rosolare  {7-osolato),  dare  alle  vivande,  a 
forza  di  fuoco  misurato,  il  colorito  rossiccio  proprio 
di  buona  cottura,  alla  crosta.  -  RosoUre  {rosolilo), 
di  uso  comune,  nel  Pistoiese,  per  rosolare. 

Salare  {salato),  aspergere  di  sale;  mettere  il  sale 
nella  pentola  del  lesso  o  simili.  -  Salata,  l'atto  e 
l'effetto  del  salare.  Dimin.,  salatina.  -  Schidionare 
{schidionato),  infilare  carne  o  uccelli  nello  schidione, 
per  arrostirli.  E  schidionata  quella  quantità  di  vi- 
vande che  si  arrostisce  in  una  volta  con  lo  schi- 
dione. -  Scottare,  tuffare  nell'acqua  bollente  per 
fermare  la  decomposizione,  della  carne  da  cuocere. 
-  Sottestare,  arrostire,  cuocere,  rosolare  sotto  iest^, 
cioè  con  bragia  posta  sopra  il  coperchio,  oltre 
quella  che  è  sotto  il  vaso,  e  così  cuocere  con  fuoco 
sotto  e  sopra.  Detto  anche  cuocere  fra  Scilla  e  Ca- 
riddi.  -  Steccare  {steccato)  lo  stracotto,  il  rosbiffe 
o  altra  carne,  bucherellarla,  inserendoci  garofano, 


ramerino,  salvia  e  simili,  per  dar  odore.  Steccatura, 
atto  ed  effetto.  -  Slracottare,  rifare  a  uso  stracotto. 
-  Straziare  una  vivanda,  cuocerla  male.  -  Struggere, 
sciogliere  al  fuoco  o  al  caldo.  -  Stufare  {stufato), 
cuocere  in  istufato,  a  stufato.  Stufatura,  lo  stu- 
fare. •  Stufare  a  secco,  nel  forno.  -  Stufare  a  va- 
pore, su  una  caldaia  a  bollore. 


Operazioni  diverse. 


Ammannirt  [ammannito),  fare  quanto  è  neces- 
sario perchè  le  vivande  possano  essere  portate  in 
tavola  cotte:  apprestare,  preparare.  -  Battere  la 
carne,  renderla  meno  tigliosa.  -  Buttar  giù  nella 
pentola  il  riso,  i  taglierini,  ecc.,  fare  la  minestra.  - 
Caricare  il  girarrosto,  metterlo  in  condizione  di 
funzionare.  -  Colare,  far  passare  la  cosa  liquida  in 
panno  o  altro,  perchè  esca  pulita,  purgata.  Colare 
il  brodo  per  sceverarne  gli  ossicini,  ecc.  -  Dare 
un  bollore  a  una  cosa,  farla  bollire  un  poco.  - 
Dibattere  {dibattuto),  battere  qua  e  là  prestamente, 
entro  un  vaso,  materie  viscose.  -  Dimenare,  agitare 
col  mestolo  e  simili  le  vivande  che  si  stanno  cuo- 
cendo. 

Far  andare,  invece  di  far  cuocere,  detto  delle  vi- 
vande e  del  modo  con  cui  si  ammanniscono.  •  Fare 
il  battuto,  il  battutino,  tritare  più  cose  {cipolla, 
pomodoro,  aglio,  prezzemolo,  ecc.)  sul  ta- 
gliere, con  una  coltella  o  con  la  mezzaluna,  per 
condire  le  vivande.  Il  battuto  è  generalmente  di  ci- 
polla 0  di  prezzemolo,  di  prosciutto  o  di  tutte 
queste  cose  e  simili  insieme.  -  Fare  il  ripieno, 
mettere  insieme  una  mescolanza  di  varie  carni,  o 
d'erbe,  o  di  frutte,  o  di  queste  e  più  altre  cose  da 
introdurre  nel  corpo  di  volatili,  nell'interno  di  pa- 
sticci, di  pasticcini  e  simili.  -  Fare  rialto  in  cu- 
cina, pieparare  roba  più  in  abbondanza  del  solito 
0  pietanze  di  maggior  costo,  di  maggior  lusso.  -  Fare 
un  imbratto,  fare  un  piatto  mal  cucinato  o  male  acco- 
modato.-Fr-w/Zare  {frullato),  agitare  col  frullino,  il  cui 
manico  si  fa  girare  rapidamente  fra  le  palme  delle 
mani  ;  agitare  le  uova,  la  cioccolata  e  simili,  per 
iscioglierle,  e  fare  che  l'aria  vi  si  frammescoli. 
Frullata,  atto  del  frullare.  Dimin.,  frullatina.  - 
Grattare  {grattato),  sbriciolare,  stritolare  con  la 
grattugia  pane,  formaggio  e  simili.  Grattatura,  la 
cosa  grattata.  -  Grattugiare  {grattugiato),  sbriciolare 
cose  fregandole  sulla  grattugia  :  meno  comune  di 
grattare. 

Infilare  {infilato),  pezzi  di  carne,  polli  e  simili, 
introdurre  attraverso  ad  essi  lo  spiede  sul  quale  si 
debbono  arrostire.  -  Integamare  {integamato),  met- 
tere nel  tegame.  -  Levare  dal  fuoco,  togliere  dalle 
legna  o  dai  carboni  accesi  i  vasi  di  cucina  en- 
tro cui  sono  le  vivande.  -  Mestare  (mestato),  agi- 
tare con  mestola  o  con  altro  simile  strumento  cose 
liquide  o  morbide.  -  Mettere  al  fuoco,  collocare  sui 
carboni  ardenti  o  sulla  legna  accesa  il  vaso  da  cu- 
cina entro  cui  sono  le  vivande  da  cuocere.  -  Met- 
tere la  marmitta,  la  pentola  al  fuoco,  far  da  desi- 
nare. -  Montare  V  uova,  la  panna,  la  crema,  farle 
montare  sbattendole.  -  Non  accendere  il  fuoco,  non 
far  da  cucina. 

Pelare  (pelato),  togliere  tutte  le  penne  ai  volatili 
per  cuocerli.  Pelata,  il  pelare.  -  Pestare  (pestato), 
ammaccare  una  cosa  percotendola  col  pestello,  per 
ridurla  in  polvere  o  raffinarla.  Pestata,  atto  del 
pestare.  Dimin.,  pestatina.   •   Rimenare   (rimenalo) 


790 


CUCINATUKA    CUCIRE 


detto  della  posfa,  lavorarla  con  le  mani,  perchè 
\enga  tutta  penetrata  egualmente  dall'acqua  e  si 
coaguli.  -  Bmcvdare,  nettare,  far  mondo,  togliere 
le  materie  eterogenee  dal  riso,  àSiWiìisalaia,  ecc. 
-  Riscaldare  (riscaldato),  ripete  e  raflorza  sca/doie; 
mettere  di  nuovo  al  luoco  quel  che  era  cotto  o 
freddato.  Riscaldatura,  la  cosa  riscaldata.  -  Sbuzzare 
(sbuzzato),  detto  di  polli,  d'uccelli  e  di  pesci,  aprirne 
il  ventre  e  toglierne  gli  intestini.  -  Scalcare,  fare 
in  mezzi,  con  certe  regole,  un  pollo  e  simili.  - 
Schiumare  fschiumatoJ,]&  pentola  o  altro,  toglierne 
la  schiuma.  -  Scodellare  (scodellato),  mettere  la 
minestra  o  altra  vivanda  nelle  scodelle  (attivo  e 
neutro).  -  Scolare  (scolato),  fare  scolare,  versare 
nella  zuppiera;  anche,  colare,  passare  per  il  co- 
lino. -  Scoprire  {scojìerto),  detto  di  vasi  da  cucina, 
toglierne  dalla  bocca  il  coperchio.-  Sfilare  (sfilato), 
detto  di  vivande  arrostite  allo  spiede,  toglierle  da 
esso  quando  sono  cotte.  -  Spianare  (spianato),  della 
pasta  da  far  minestra,  distenderla  con  lo  spianatoio, 
perchè  venga  a  formare  la  spoglia.  -  Spolpare  (spol- 
pato), cavar  la  polpa  che  è  intorno  alle  ossa  degli 
animali.  -  Sprangale  (sprangato),  riunire  i  pezzi 
rotti  delle  stoviglie.  Sprangaiura,  V  atto  e  V  effetto 
dello  sprangare,  e  anche  il  luogo  dove  le  stoviglie 
furono  sprangate.  -  Stacciare  (stacciato),  passare  allo 
staccio.  -  Strizzare  (strizzato),  fortemente  strin- 
gere, e  dicesi  particolarmente  del  limone  e  degli 
spinaci  cotti,  per  fare  uscire  l'agro  dal  primo  e 
l'acqua  dai  secondi.  -  Studiare  e  siummiare  (stu- 
ftìiato,  sluìì.miato),  lo  stesso  che  schiumare. 

Tirare  (tirato),  della  pasta  da  minestra,  ridurla 
alla  giusta  consistenza  o  in  una  sfoglia  o  spoglia 
della  voluta  grossezza.  -  Trinciare  (trinciato),  ta- 
gliar la  vivanda  che  è  in  tavola,  dividendola  in 
pezzi  od  in  fette,  da  servirne  i  commensali. 
Trinciata,  il  trinciare,  una  volta.  -  Tritare  {tri- 
tato), far  trito,  ridurre  in  minute  particelle  carne  o 
altro. 


Cose  e  termini  vari. 


Bagna^  hagniffa,  voci  del  dialetto  lombardo  che 
indicano  il  sugo,  l'unto  delle  carni  in  umido,  nel 
quale  si  intinge  il  pane:  ì?i/wj<o.  -£orfco«n!o:  dicesi 
lamiliarmente,  di  qualunque  pietanza,  specialmente  in 
umido,  fatta  con  ogni  cura,  acciocché  sia  appeti- 
tosa e  gustosa,  quasi  sia  stata  lungamente  a  bor- 
bottare sul  fuoco.  -  Broda,  acqua  nella  quale  sono  stati 
cotti  maccheroni,  fagiuoli,  ceci  o  simili.  Peggior,, 
brodaccia.  -  Dorati  e  fritti,  di  pesci  o  cose  simili 
che,  prima  di  friggerli,  si  mettono  nell'uovo  in  fu- 
sione. -  Grazia,  quell'odore  che  si  dà  a  certe  vi- 
vande. 

Intingolo,  quasi  dispregiativo  di  intinto  ;  intinto 
con  varie  droghe  nel  quale  si  può  inzuppare  il 
pane.  Dicesi  anche  della  vivanda  stessa  cotta  in 
tal  modo  ;  cibreo  (frane,  civet).  -  Manicaretto,  più 
della  lingua  scritta  che  della  parlata  familiarmente, 
nella  quale  si  direbbe  piuttosto  borbottino.  -  Morto, 
volgarmente,  il  vero  e  proprio  modo  di  cucinare, 
speciale  ed  adatto.  E  si  dice  essere  la  sua  morte  per 
significare  che  un  determinato  modo  di  cottura  è 
quello  che  più  si  alta  alla  vivanda  e  che  la  rende 
più  gustosa  che  in  qual  altro  modo  si  voglia.  - 
Odori,  erbe  odorose  per  la  cucina. 

Passato,  sostantivam.,  la  parte  più  sugosa  di  al- 
cune sostanze  alimentari,  e  specialmente   di  civaie 


(veggasi  a  legnine),  che,  dopo  essere  state  cotte, 
sono  state  passate  per  lo  staccio,  rimanendo  in 
questo  le  buccie  ;  così  dicesi  passato  di  lenti,  pas- 
sato di  fagiuoli,  ecc.  Dicesi  anche,  forse  più  comu- 
nemente, passata;  e  i  Toscani  chiamano  così  quella 
che  in  francese  dicesi  pwrèe.  -  Piccato:  nel  lin- 
guaggio della  cucina,  alcune  carni  diconsi  piccate, 
invece  di  lardellate,  isteccate.  -  Pinzimonio,  condi- 
mento di  olio,  pepe  e  sale,  che  si  sparge  sui  car- 
ciofi, sui  sedani  e  simili,  per  mangiarli  crudi.  -  Raf- 
friggolato,  il  cattivo  odore  che  mandano  i  cibi  cotti 
nei  vasi  untuosi.  -  Ribolliticcio,  dicesi  delle  materie 
che  nel  bollire  rimangono  in  fondo  alla  pentola  ; 
anche  la  cosa  che  ha  del  ribollito. 

Savore,  sorta  di  saLsa  fatta  di  noci,  acciughe, 
agresto,  olio,  ecc.,  che  si  mangia  col  lesso.  -  Sbruffo, 
sconcia  costumanza  della  plebe  napoletana,  che  con- 
siste nel  condire  alcuni  cibi  (maccheroni,  insalata. 
ecc.),  spruzzandoli  con  condimenti  da  prima  posti 
e  mescolati  in  bocca.  -  Segreto,  la  presa  di  potassa 
che  si  mette  in  pentola,  perché  vengano  più  mor- 
bidi i  ceci.  •  Soffritto  (sostantivam.),  battuto  di  ci- 
polla, odori  e  presciutto  che  si  crogiola  nel  tegame 
0  nella  cazzeruola  con  olio  e  burro.  Soffrittino,  di- 
min,  quasi  vezzegg.  -  Spezie,  aromi,  specialmente 
cannella,  garofani,  noce  moscata,  per  uso  di  cu- 
cina. -  Strutto,  il  grasso  di  maiale,  fatto  strug- 
gere al  fuoco  e  conservato  in  vesciche  per  gli  usi 
della  cucina.  •  Sugo,  umore  sostanzioso  e  saporito 
che  si  cava  dalla  carne,  dalle  erbe,  ecc.  per  con- 
dimento. -  Unto,  salsa,  intingolo,  ecc. 

Beignet  (frane),  frittella,  specialmente  di  pesche 
0  di  mele.  -  Enlre-cóte,  costata  fiorentina,  costoletta. 
-  Fines  herbes,  per  i  francesi,  alcune  verdure  che 
vendonsi  a  mazzetti,  come  cipolline,  porri,  pimpi- 
nella, ecc.,  che  si  tritano  e  danno  aroma  alle  vi- 
vande. In  ital.,  erbucce.  -  Marbré,  marmorizzato: 
dicesi  di  carni  di  varie  specie,  che,  messe  e  cuci- 
nate in  stampo,  imitano  la  venatura  del  marmo.  - 
Sauté  (frane,  saltato),  speciale  cottura  che  si  fa 
della  carne,  ponendola  senz'altro  e  per  breve  tempo 
nella  teglia  con  burro  od  olio.  •  Sarcraut,  salcrautte, 
cavolo  dolce  e  forte. 

Arrabbiare,  di  vivande  cotte  presto,  a  fuoco  ar- 
dente, con  poco  0  punto  umido.  -  Saper  di  lezzo, 
dicesi  di  certo  spiacevole  odore  che  mandano  ta- 
lora i  piatti,  le  tazze  e  i  bicchieri  o  mal  lavati  o 
non  bene  risciacquati  in  acqua  chiara,  specialmente 
quando  in  essi  si  è  fatto  cuocere  uova  o  bollire 
latte.  -  Saper  di  ribollito,  di  cose  che,  ribollendo, 
hanno  preso  cattivo  sapore.  -  Saper  di  rifriggolato, 
lo  stesso  che  saper  di  rifritto;  ma  pare  abbia  più 
del  dispregiativo. 

A  complemento  di  questo  articolo,  veggasi  anche, 
per  la  cucinatura,  alle  voci  agnello,  bistecca, 
bue  (pag.  330,  prima  colonna),  capra,  carne 
(pag.  424,  prima  colonna),  costoletta,  erba,  le- 
gume, lejìre,  maiale,  pesce,  pollo,  selvag- 
gina. 
Cucinatura.  Azione  e  maniera  di  cucinare. 
Cuciniera,  cuciniere.  Veggasi  a  encinare. 
Cucire  (cucilo,  cucitura).  Congiungere,  unire  con 
ago  e  filo  vari  pezzi  di  panno,  di  stoffa,  di 
tela.,  di  tessuto  (anche  di  cuoio,  di  jjelle),  ado- 
perando cotone,  refe,  seta,  spago,  ecc.,  allo 
scopo  di  adattarli  ad  uso  di  veste,  di  camicia  o 
d'altro  indumento,  di  riunire  le  parti  disgiunte,  di 
rattoppare  un  pezzo  rotto  e  simili:  aducchiare,  a- 
gucchiare,  agugliare,  appuntare,  auccliiare;  cuscire 
(v.  a,,  lat.),  dar   punti  ;    mettere   punto   a  punto  ; 


CUCIRE 


791 


tràr  ad  ago,  trarre  agogliate,  gugliate.  Olire  l'ago, 
chi  cuce  adojpera  il  ditale,  le  forbici,  lo  spillo 

»e  il  guancialino,  arnese  di  panno  o  di  tela,  imbot- 
tito di  crine,  per  appuntarvi  il  lavoro  che  sta  ese- 
guendo nel  cucire.  Gugliata  o  agugliata   si  chiama 

Ha  quantità  che  si  infila  nella   cruna   dell'ago   per 

."jòucire,  di  lunghezza,  al  più,  per  quanto  si  può  di- 
stendere il  braccio.  Allorché  il  filo  non  è  più  ab- 
bustanzà  lungo  e  non  si  vuole  ancora  rinnovarlo, 
si  può  fermarlo  sulla  cruna  dell'ago  con  una  ma- 
glia. -  Cucito,  particip.  di  cucire  {inconsulile,  non 
cucito)  ;  spslantivam.,  l'arte  del  cucire,  la  cucitura, 
e  la  roba^da  cucire  o  cucita.  -  Cucitore  (non  us.), 
chi  cucé,Y*°^^  •'  sarto,  nonché  il  calzolaio,  il 
bastaio,    il   materassaio   (veggasi  a  materassa), 

.ecc.  -  Cucitrice,  cucilora,  cucitrice  di  bianco,  donna 
che  cuce  per  mestiere,   specialmente  quella  che  fa 

"lavori  di  tela,  camicie  camiciette,  ecc.  -  Maestra 
di  cucito,  chi  insegna  l'arte  del  cucire.  -  Orlatore, 
orlatrice,  chi  fa  il  mestiere  di  orlare  (veggasi  a 
orlo).  -  Rammendatora,  rammendatrice,  rimendatora, 
rimendatrice,  donna  che  rammenda  o  fa  il  mestiere 
di  rammendare. 


Varì  modi  di  cucire. 
Manovre  del  cucire.  —  Scucire. 


Cucicchiare  (cucicchiato),  cucire  malamente,  cu- 
cire poco  e  non  bene.  -  Cucire  a  (ilo  doppio,  col 
nodo  ad  ambedue  i  capi  della  gugliata.  -  Cucire  a 
filo  scempio,  cioè  col  nodo  fatto  a  un  solo  capo  del- 
l'agugliata, tenuto  molto  più  lungo  dell'altro.  -  Cu- 
cire a  refe  doppio,  cucire  forte.  -  Cucire  di  bianco, 
in  bianco,  cucire  biancheria. 

Imbastire  (imbastito),  mettere  insieme  i  vari  pezzi 
del  vestito  con  una  prima  cucitura  a  punti  radi  : 
fare  l'imbastitura,  un'imbastitura  ;  infilzare.  -  Im- 
puntire (impuntito),  cucire  a  impuntura,  cucire  a 
punti  fitti  due  pezzi  soprammessi,  serrandoli  e  ren- 
dendoli slabili  con  una  o  più  linee  di  cucitura.  - 
Orlare  (orlato),  far  Vorlo, 

Raccenciare  (raccenciato),  accomodare,  alla  meglio, 
panni  vecchi.  -  Rammendare  (rammendato,  ram- 
mendo), cucire  un  tessuto  rotto  senza  porvi  topjja  cól 
solo  riunire,  ravvicinandoli  con  l'ago  infilato  in  co- 
tone floscio,  i  lembi  della  rottura,  dello  .strappo  o 
del' taglio:  ripiendare.  -  Rappezzare  (rappezzato),  lo 
stesso  che  rattoppare.  -  Rassettare  (rassettato),  riac- 
comodare le  parti  guaste  con  ago  o  simile.  -  Hat- 
toppare  (rattoppato),  cucire  una  toppa,  che  é  un 
pezzo  che  si  cuce  sulla  rottura  di  un  panno.  •  fil- 
atere (rtcuctto),  ripete  cucire;  cucire  a  strappi.  - 
Rimbastire  (rimbastito),  ripete  imbastire.  -  Rinfrin- 
zellare  (rinfrinzellato),  ricucire  alla  peggio  o  rara- 
'mendare  alla  meglio. 

Trapuntare  (trapuntato),  eseguire  il  trapunto,  la- 
voro fatto  con  punta  d'ago. 

'  Manovre.  —  Accecare  un  punto  (accecato),  ripian- 
tare l'ago  nello  stesso  buco,  di  dove  si  era  prece- 
dentemente cavato,  per  disfare  il  punto.  -  Andare 
in  filo,  segnare  con  la  punta  dell'ago  prima  di  cu- 
cire, piegare,  tagliare,  per  andar  diritti.  -  Appun- 
tare, attaccare  con  punti  di  cucito,  con  spilli,  ecc. 

Fermare  il  punto,  fare  un  nodo  rasente  al  pezzo, 
prima  di  strappare  il  filo  avanzato.  -  Infilare  (infilato), 
far  passare  il  filo  per  la  cruna  dell'ago.  -  Infilzare 
{inUlzato),  fermare  due   pezzi  di'  panno  con  punti 


lunghi,  detti  filze,  per  poi  cucirli.  Infilzatura,  atto 
ed  effetto.  -  Lenteggiare  (lenteggiato),  allentare  nel 
cucire  uno  dei  lembi  del  tessuto  più  dell'  altro. 
Ragguagliare  (ragjuagliato),  spianare  le  costure.  - 
Ribattere  (ribattuto),  il  cucito,  le  costure,  col  ferro 
caldo  :  spianare,  fare  la  ribattitura.  -  Rincrunare 
(rincrunato),  mettere  di  nuovo  la  cruna,  tornar  con 
l'ago  all'ultimo  buco  fatto  nel  cucire. 

Scucire  (scucito),  il  contrario  di  cucire:  disfare 
il  cucito,  disfare  il  punto  •  Sdrucire  (sdrucito), 
scucire  alla  lesta  o  male.  -  Sdrucio,  lo  sdrucire  e 
la  parte  sdriiscita.  -  Sdrucitura,  l'essere  sdrucito  e 
la  parte  sdrucita. 


Punti. 


Punto,  quella  porzione  di  cucito  che  si  fa  in 
ciascuna  tirata  dell'ago;  il  filo  che  si  ferma,  pas- 
sato una  volta.  Si  fa  a.  mano  o  a  macchina;  riesce 
fitto,  rado,  ben  fatto,  ben  messo,  grosso,  sottile,  ecc. 
Quattro  i  generi  principali  di  punti  che  servono  a 
fare  le  differenti  Specie  di  cuciture,  e  sono:  il 
punto  a  filza,  il  punto  addietro,  il  punto  d'  orlo  o 
soppunto,  e  il  punto  a  sopraggitto. 

Punto  a  filza,  il  più  semplice  :  si  fa  mettendo 
sempre  l'ago  nella  stoffa  da  due  a  quattro  fili  più 
in  là  dal  punto  che  si  é  formato  ;  lo  si  fa  per  le 
cuciture  semplici,  le  crespe,  e  per  riunire  le  stoffe 
leggiere.  Quando  il  tessuto  permette,  si  prendono 
parecchi  punti  in  una  volta  sull'ago  prima  di  ti- 
rare il  filo.  -  Punto  addietro,  o  indietro:  si  fa  pren- 
dendo, da  destra  a  sinistra,  sei  fili  del  tessuto  sul- 
l'ago, poi  mettendo  l'ago  dietro  al  punto  dove  esce 
il  filo,  per  farlo  riuscire  ad  una  distanza  doppia, 
davanti  al  primo  punto.  E  si  chiama  impuntura  una 
fila  di  punti  addietro  che  non  lasciano  alcun  in- 
tervallo fra  loro  ;  si  rincruna  sempre  l'ago  nel  foro 
d'uscita  dal  punto  precedente,  e  si  ritira,  ad  una 
distanza  eguale,  davanti  al  punto  seguente. 

Punto  d  orlo,  o  soppunto  (punto  andante  dei  sarti), 
quello  che,  nel  cucire  due  pezzi  di  drappo,  si  fa 
passando  l'ago  dal  pezzo  di  sotto  all'altro  che  si 
vuol  congiungere,  senza  attraversarlo  tutto.  Si  fa 
prendendo  la  stoffa  di  sotto  alla  distanza  di  un 
filo  dall'orlo,  poi  introducendo  l'ago,  leggermente 
obliquo,  e  facendolo  uscire  due  fili  al  disopra  della 
piega.  Si  lascia  un  intervallo  di  due  fili  fra  cia- 
scuno dei  punti  seguenti. 

Punto  di  sopraggitto  per  biancheria  (adoperato  per 
riunire  due  vivagni)  :  per  farlo,  si  passa  l'ago,  ve- 
nendo di  dietro,  da  destra  a  sinistra,  sotto  il  primo 
filo  dei  due  vivagni.  Il  punto  seguente  si  fa  a  di- 
stanza di  due  fili  dal  tessuto.  Non  bisogna  tirarci 
troppo  il  filo,  alfinchè  i  punti  abbiano  un  po'  dì 
agio.  (Quando  il  Sopraggitto  é  finito,  si  spiana  d»' 
rovescio  col  ditale,  I  due  vivagni  debbono  toccarsi 
senza  sovrapporsi,  cioè  senza  posare  uno  snll'ultro. 
-  Punto  di  sopraggitto  per.  abiti  (confezioni  e  rap- 
pezzamento) :  si  fa  introducendo  l'ago  da  sinistra  a 
destra,  e  l'ago  entra  dapprima  nel. vivagno  rivolto 
verso  la  cucitrice.-  Sopraggitti  antichi:  dopo  avere 
^preparato  i  vivagni,  ^i  introduce  di" sotto  l'ago  col 
filo,  prima  a  sinistra  sotto  due  fili  del  vivagno, 
poi  si  ritoriia  a  destra  per  fare  lo  stesso  punto,  si 
ritorna  a  sinistra,  e-  cosi  di  seguito,  non  lasciando 
che  un  intervallo  di  due  fili  del  tessuto  fra  i 
punti.  In  guesto  modo  i  fili  si  incrociano  fra  i  due- 
vivagni  e  il  sopraggitto  resta  piano  fino  dal  prin- 


792 


cipio.  Questo  genere  di  cucitura  si  usava  una  volta 
in  tutti  i  tessuti  non  aventi  lunghezza  bastevole 
per  l'impiego  al  quale  si  destinavano  e  per  dissi- 
mulare la  riunione  dei  teli. 

Punto  girato:  lavorando  tessuti  leggerissimi,  si 
adoperano  spesso  orli  girati,  invece  di  orli  sem- 
plici ;  si  arrotolano  a  poco  a  poco  i  lembi  del  tes- 
suto fra  il  pollice  e  l'indice,  si  fa  montare  questo 
rotolo  successivamente  sull'ago,  che,  essendo  dietro 
al  rotolo,  ritorna  dopo  ciascun  punto,  per  rien- 
trare sulla  stoffa  davanti  al  rotolo.  Come  nel  punto 
a  filza,  non  si  tira  il  filo  che  dopo  aver  fatto  pa- 
recchi punti. 

Patiti  d'ornamento  per  biancheria,  denominazione 
generica  di  parecchi  punti,  particolarmente  detti 
(  a  spina  semplice  »,  <  a  spina  doppia  »,  «  a  sca- 
glioni »,  ecc.  Il  punto  a  spina  semplice  si  fa  verti- 
calmente e  di  larghezza  varia,  ma  però  eguale  per 
tutta  la  lunghezza  del  punto.  Dopo  avere  pas- 
sato l'ago  nel  tessuto  a  sinistra,  si  tende  legger- 
mente il  filo  col  pollice  della  mano  sinistra,  e  si 
fa  a  destra  un  punto  verticale  sopra  tre  fili,  infi- 
lando il  cappio  trattenuto  dal  pollice;  si  fa  poi  a 
sinistra  il  medesimo  punto  introducendo  l'ago  al 
livello  del  cappio  formato  dall'  ultimo  punto.  Met- 
tendo così  un  punto  a  destra  e  uno  a  sinistra  al- 
ternativamente, si  ottiene  il  punto  a  spina  sem- 
plice. Bisogna  fissare  l'ultimo  punto  con  un  punto 
a  impuntura.  -  Il  punto  a  spina  doppia  si  fa  come 
il  precedente,  con  la  sola  differenza  che  si  mettono 
sempre  due  punti  a  destra  e  due  a  sinistra.  -  11 
punto  a  scaglioni  si  eseguisce  orizzontamente,  inco- 
minciando a  sinistra  con  un  punto  orizzontale  so- 
pra quattro  fili,  ritornando  sotto  a  due  verso  sini- 
stra (cioè  nel  mezzo  del  punto)  e  facendo  un  punto 
obliquo  verso  destra  sopra  quattro  fili;  poi,  pas- 
sando l'ago  sotto  due  verso  sinistra,  si  eseguisce  il 
fmnto  orizzontale  in  basso,  si  ritorna  nel  mezzo  per 
anelare  un  altro  punto  obliquo  verso  l'alto,  indi 
si  ricomincia  come  per  il  primo  punto  orizzontale. 
Punti  d'ornamento  anche  quelli  detti  a  catenella,  a 
smerli,  a  spinapesce,  punto  cordoncino,  punto  erba, 
ecc.  -  Il  punto  russo,  con  punto  lanciato,  si  fa  in  due 
riprese  :  il  primo  giro  presenta  il  p^mto  incrociato, 
o  punto  russo,  fatto  su  otto  fili  di  altezza  e  quattro 
di  larghezza;  il  secondo  giro,  che  si  deve  eseguire 
con  filo  spiccante  sul  precedente,  è  composto  di 
punti  lanciati  orizzontalmente,  intrecciati  con  fili 
del  punto  russo. 

Altre  distinzioni.  —  Punto  a  cavallo,  fatto  da 
Distra  a  destra.  -  Punto  o  impuntura  a  giorno,  im- 
puntura che  si  fa  levando  all'orlo  d'  un  panno,  di 
una  tela,  alcune  fila  di  traverso  e  ripigliando  quelle 
per  il  lungo  con  l'ago,  cosicché  si  formino  dei  bu- 
colini  come  una  specie  di  ricamo.  -  Punto  a  oc- 
chiello, quello  col  quale  si  cuciono  insieme  i  lembi, 
o  tagli  aeW occhiello,  in  cui  devono  passare  i  bot- 
toni. Si  trapassa  con  1'  ago  il  panno  presso  i  due 
lembi,  come  per  fare  un  sopraggitto  ;  poi,  quando 
la  gugliata  è  stata  ritirala  tanto  che  ancor  rimanga 
una  maglietta  o  slaffeltina,  vi  si  passa  dentro  con 
l'ago,  e  si  stringe  il  punto.  Col  punto  a  occhiello 
si  contornano  anche  gli  smerli  delle  pezzuole,  dei 
fazzoletti,  ecc.  -  Punto  a  smerlo,  a  ricamo.  -  Punto 
a  strega,  incrociato.  -  Punto  a  toppa,  a  sopraggitto. 
-  Punto  di  marca  o  punto  in  croce,  utile  per  mar- 
care la  biancheria.  -  Punto  cieco^  simile  al  punto 
addietro,  se  non  che  l'ago  si  ripianta  pochissimo 
indietro  (anche  in  un  solo  filo  del  panno),  dal  luogo 
di  dove  1  ago  fu  precedentemente  cavato  ;  cucitura 


nella  quale  non  si  vedono  esternamente  i  punti.  - 
Punto  in  croce,  lavoro  d'  ago  che  consiste  in  una 
serie  di  punti  che  a  due  a  due  s'incrociano  a  fog- 
gia di  tanti  X  :  adoperato  specialmente  in  punti 
scritto,  che  si  fa  alla  biancheria.  -  Punt'unghero,  il 
punto  in  croce.  -  Puntiscritto,  veggasi  a  bian- 
cheria (pag.  281,  seconda  colonna). 

Cucito,  cuciture  di  diverse  maniere. 

Appuntatina,  quattro  punti,  piccola  cucitura.  - 
Asola,  l'orlo  di  seta  n  d'altro  filo  che  si  fa  nelle 
due  estremità  dell'  o  chiello  con  particolar  punto, 
detto  punto  a  occhiello. 

Costura,  cucitura  che  riunisce  due  pezzi  di  roba 
che  devono  stare  non  uno  sopra  l'altro,  ma  uno  in 
continuazione  all'  altro  :  li  si  riuniscono  a  dritto 
filo  o  in  tralice,  imbastendo  margine  contro  mar- 
gine e  lasciando  un  po'  più  di  un  centimetro  per  la 
rimboccatura;  si  cuce  sulla  linea  tracciata  dall'im- 
bastitura con  punti  addietro  o  ad  impuntura.  Poi  con 
le  forbici  si  toglie  accuratamente  la  metà  dell'imboc- 
catura interna,  e  il  margine  rimasto  più  largo  si  prepara 
come  l'orlo  semplice,  e  si  cuce  come  questo  a  soppuuto. 
Si  fa  la  costura  semplice,  a  traforo,  a  sopraggitto,  ecc. 
-  Costura  aperja,  cucitura  che  si  fa  a  qualche  di- 
stanza dai  lembi  e  parallelamente  ai  medesimi.  - 
Costura  rivoltata,  quella  che  si  fa  rivoltando  da 
una  parte  sull'altra,  e  questa  ritagliata  alquanto  per 
renderla  un  po'  più  stretta;  poi  si  cuce  a  sop- 
punto,  cioè  a  modo  d'orlo.  -  Costura  rotonda:  si 
prepara  la  prima  cucitura  come  nella  costura 
semplice,  poi  si  taglia  la  rimboccatura  interna 
fino  alla  larghezza  di  quattro  fili.  La  rimbocca- 
tura esterna,  rimasta  nella  sua  prima  larghezza, 
viene  arrotolata  col  pollice  della  mano  sini- 
stra, in  modo  da  rinchiudere  la  rimboccatura 
tagliata.  Dopo  aver  fermato  il  filo  nella  cucitura, 
si  fanno  quattro  o  cinque  punti  d'orlo  ;  si  arrotola 
la  rimboccatura,  poi  si  fa  una  nuova  serie  di 
punti,  e  cosi  di  seguito.  ■  Crostino,  orlicelo,  im- 
puntura mal  fatta. 

Cucitura,  cucito,  l'alto  e  1'  effetto  del  cucire;  il 
punto  ove  due  pezzi  di  panno  o  altro  sono  cuciti 
insieme  e  il  segno  che  ne  rimane.  -  Cucitura  di 
riunione  traforata:  si  mette  il  lavoro  ben  diritta 
davanti  a  sé  in  modo  che  i.due  vivagni  siano  pa- 
ralleli, poi,  dopo  aver  fissato  il  filo  alla  parte  si- 
nistra, si  passerà  l'ago  nel  tessuto  a  destra  a  due 
fili  dal  margine,  per  farlo  uscire  al  disopra  del 
filo  ;  quindi  si  formerà  un  piccolo  cappio,  il  quale, 
tirando  il  filo,  si  restringerà,  formando  un  nodo. 
Ritornando  poi  a  sinistra,  si  fa  il  medesimo  punto, 
lasciando  una  distanza  di  tre  fili,  si  passa  a  destra 
e  ad  un  intervallo  di  tre  fili  si  eseguisce  un  altro 
nodo,  e  cosi  di  seguito  I  punti  a  diritta  faranno 
in  tal  modo  riscontro  a  quelli  di  sinistra.  -  Cuci- 
tura doppia,  0  cucitura  francese:  si  pongono  i  due 
tessuti,  margine  contro  margine,  entrambi  rovesci, 
uno  contro  l'altro,  poi  si  fa  una  cucitura  con  punti 
a  filza  ad  alcuni  millimetri  dai  vivagni.  Fatta  que- 
sta prima  cucitura,  si  rivolta  il  lavoro,  si  ripiega 
esattamente  sulla  prima  cucitura,  nascondendo  così 
i  lembi.  Poi  si  fa  una  seconda  cucitura  di  punti  a 
filza  al  disotto  della  prima,  avendo  cura  di  non 
lasciare  vedere  in  nessuna  parte  i  fili  del  lembo 
tagliato.  -  Cucitura  doppia  orlata:  si  fa  dapprima 
una  rimboccatura  sui  due  margini,  poi  si  posano 
uno  suir  altro,  in  modo  che  la  parte  collocata  dal 


lato  dell'indice  oltrepassi  un  pò'  la  seconda  parte, 
vicina  al  pollice.  Invece  di  far  entrare  l' ago  dal 
Lasso  in  alto,  s'introduce  prima  in  quella  delie  due 
stoffe  che  oltrepassa  l'altra,  e  si  fa  discendere,  te- 
nendolo un  pò  obliquo  nella  seconda.  Questa  cu- 
citura serve  a  fermare  la  fodera  degli  abiti. 

Filza,  cucitura  di  punto  andante  ;  cucitura  rada, 
fatta  in  modo  che  i  punti  di  sopra  e  di  sotto  della 
stoffa  siano  uguali  agli  intervalli  tra  l'uno  e  l'altro 
punto.  Si  usa  specialmente  per  le  increspature.  - 
FnnzeWo,  cucitura  fatta  malamente,  come  un  garbuglio 
di  punti  e  di  stoffa.  -  Guaina,  vagina,  specie  di  cuci- 
tura a  bastia,  nella  quale  si  passa  un  cordoncino 
che  serve  per  stringere  con  pieghe  il  vestito,  alla 
cintura  in  ispecie,  ma  anche  in  altre  parti.  -  Im- 
bastitura, cucitura  preparatoria  a  punii  lunghi  e 
lenti,  la  quale  serve  a  tenere  ben  uniti  due  pezzi, 
che  poi  si  devono  congiungere  con  cucitura  più 
ferma  e  unita  (fatta  la  cucitura,  si  tolgono  i  fili 
dell'imbastitura)  :  basta.  Anche,  la  parte  imbastita  e 
il  filo  che  si  cava  dopo  avere  imbastito,  -  Impara- 
ticcio, saggio  di  cucitura  eseguito  da  una  princi- 
piante nell'arte  del  cucito.  -  Impuntura,  cucitura 
che  si  fa  quasi  sempre  a  dritto  filo,  spesso  to- 
gliendo dal  tessuto  il  filo  orizzontale  su  cui  va 
fatta,  e  serve  per  biancheria  fine.  Può  essere  a 
traforo,  a  punto  cieco,  ecc.  -  Increspatura,  cucitura 
fatta  a  crespe  ;  l'incresparsi  e  l' insieme  delle  in- 
crepature. -  Maglietta,  la  disposizione  che  si  dà  al 
filo  primo  di  tirar  l' ago  dalla  stoffa,  nel  fare  il 
punto  a  smerlo  per  gli  occhielli,  le  asole  e  le  spran- 
ghette.  -  Nodo,  allacciamento  che  si  fa  fare  al  filo 
su  sé  stesso.  -  Orlatura,  nastro  o  spighetta  applicati 
alle  sottane.  -  Orlo,  cucitura  di  un  lembo  rivol- 
tato, in  tondo  o  in  piano;  la  stoffa  ripiegata  per 
due  volte.  -  Raffrigno,  rinfrigno,  cucitura  mal  fatta. 
-  Rammendo,  il  raccomodare  e  il  ricucire  panno  o 
altro  che  sia  strappato.  -  Rappezzatura,  operazione 
del  rattoppare;  anche,  l'effetto.  -  Rappezzo,  pezzo 
con  cui  si  racconcia  checchessia.  -  Rattoppi,  pezzi 
a  uno,  due,  quattro  angoli,  pezzi  rotondi  e  diago- 
nali, sia  a  sopragilto  che  a  costura.  -  Ribattitura, 
costura  rivoltata  che  si  fa  in  due  volte,  cioè  la 
prima  con  una  filza  o  impuntura  che  unisca  i  due 
lembi,  l'altra  con  una  specie  di  orlo  che  li  ripie- 
ghi uno  sull'altro.  -  Ricucimento,  il  ricucire.  -  Ri- 
cucitura, il  ricucire,  atto  ed  effetto. 

Soppunto,  la  cucitura  che  si  fa  negli  orli,  intro- 
ducendo l'ago  fuori  dell'orlo,  e  cavandolo  nel  mar- 
gine raddoppiato  dall'orlo  stesso.  -  Sopraggitto,  forte 
cucitura  nella  quale  il  filo,  a  ogni  tirata  d'ago,  ac- 
cavalcia i  due  lembi  delle  due  cose  che  si  cuciono, 
i  quali  siano  di  natura  da  non  spicciare,  cioè  da 
sfilacciarsi.  -  Spranghetta,  piccola  asola,  consistente 
in  un  punto  lungo,  ripetuto  tre  o  quattro  volte, 
che  si  copre  di  fitti  punti  a  occhiello.  -  Toppa, 
pezzo  di  roba  che  si  accomoda  da  rottura.  -  Tra- 
punto, specie  di  ricatno  ;  lavoro  nel  quale  si  passa 
coU'ago  in  due  o  più  tessuti  sovrapposti  a  strato, 
cucendo  a  impuntura.  Si  può  talora  eseguire  il 
trapunto  su  linee  tracciate  secondo  un  disegno  di 
ornato  o  a  fiori.  Talora  dicesi  trapunto  il  lavoro 
stesso  su  cui  si  è  trapuntato. 


Crespe. 


Crespe  dt  prima  fila:  sono  una  serie  di  punti  a 
filza,    regolarissimi   ed   eseguiti   in  linea  retta.  Si 


793 


prendono  sempre  tre  o  quattro  fili  del  tessuto  sui- 
l'ago  e  se  ne  lasciano  altrettanti  al  disotto;  ma,  in- 
vece di  tenere  stesa  la  stoffa  con  la  mano  sinistra, 
si  spinge  sull'ago,  e  ciò  produce  le  crespe.  Non  si 
tira  l'ago  che  dopo  aver  fatto  cinque  o  sei  cre- 
spe. -  Strisciatura  delle  crespe:  arrivati  in  fondo 
alla  parte  che  deve  essere  crespata,  si  lascia  an- 
dare il  filo  che  ha  servito  ad  increspare,  e,  tenendo 
il  lavoro  fra  il  pollice  e  l' indice  delle  mano  sini- 
stra, si  prende  un  ago  di  grossezza  media  e  si  fa 
passare  verticalmente  Ira  ciascuna  piega,  per  fissarle. 
Strisciando  le  crespe,  si  fanno  passare  sotto  il  pol- 
lice che  le  tiene  l'erme.  Le  altre  dita  stanno  al  di- 
sotto della  parte  da  increspare  e  la  sostengono.  - 
Crespe  di  seconda  fila:  terminala  la  strisciatura 
delle  crespe,  si  fa  passare  un  secondo  filo  a  uno  o  due 
centimetri  di  distanza  dal  primo,  secondo  la  na- 
tura del  tessuto  e  quella  dell'oggetto.  Questo  filo 
ha  lo  scopo  di  sollevare  le  pieghe  preparate. 

Montatura  delle  crespe  :  per  montare  una  lista  ad  un 
polsino  0  altro,  si  fanno  scorrere  le  crespe  sotto  la 
striscia  fino  allo  spazio  compreso  fra  i  due  fili. 
Prima  di  cucire  le  crespe  bisogna  ripartirle,  molto 
regolarmente,  per  tutta  la  lunghezza  che  devono 
occupare.  Poi  si  cuce  invece  ciasuna  piega  separa- 
tamente a  soppunto,  non  facendo  passare  l'ago  che 
nei  fili  superiori  delle  pieghine. 

Ornamento  delle  crespe:  metodo  di  ornamenta- 
zione, detto,  con  nome  inglese,  smock,  usato  nei  co- 
stumi nazionali  ungheresi  e  anche  in  Inghilterra  : 
si  prepara  la  stoffa  seguendo  le  indicazioni  (crespe 
di  prima  fila,  strisciatura  delle  crespe,  crespe  di  se- 
conda fila,  ecc.)  ;  dopo  la  prima  fila  di  crespe  si 
eseguiscono  altrettante  file  quante  ne  richiede  lo 
sìuock  che  si  vuol  ricamare,  lasciando  ogni  volta 
un  centimetro  di  stoffa.  Le  tre  file  orizzontali  che 
formano  la  base  delle  strisele  si  eseguiranno  da  si- 
nistra a  destra.  Si  comincia  dal  terzo  giro  in  alto, 
si  passa  il  filo  sopra  a  due  crespe,  si  ritorna  sotto 
una  crespa,  si  passa  il  filo  sopra  due  e  si  ritorna 
sotto  una,  e  cosi  di  seguito,  avendo  sempre  cura 
di  far  uscire  l'ago  al  disopra  del  punto  già,  termi- 
nato, in  modo  che  i  punti  restino  inclinati.  Dopo 
queste  tre  file  di  punti  viene  lo  smock  propria- 
mente detto,  che  si  fa  da  destra  a  sinistra.  Al  pri- 
mo filo  ausiliario  che  si  trova,  si  passa  l'ago  sotto 
a  due  crespe  e  si  ritorna  di  nuovo  con  un  punta 
addietro;  poi,  risalendo  di  mezzo  centimetro  in 
alto,  si  infilano  altre  due  crespe  (la  prima  delle 
quali  è  già  stata  fissata  in  basso,,  dal  primo  punto 
addietro,  mentre  la  seconda  si  trovava  ancora  li- 
bera), si  fissano  con  un  punto  addietro,  si  di- 
scende alla  prima  linea,  si  fa  un  punto  addietro  e 
così  via.  Il  Ilio  del  ricamo  resta  sempre  sul  diritto 
del  lavoro.  Il  secondo  giro  segue  da  vicino  il  pri- 
mo, il  terzo  da  vicino  il  secondo,  e  cosi  di  seguito, 
(Cominciando  dal  secondo  giro,  si  sopprime  il  punto 
addietro  dalla  parte  dove  il  bordo  è  terminato.  Al- 
l'ultimo giro  si  fanno  le  punte  che  devono  ripar- 
tirsi egualmente  per  tutta  la  lunghezza  del  ricamo; 
si  eseguiscono  andando  e  ritornando,  senza  inter- 
rompere l'andamento  dei  punti.  I  fili  ausiliari  che 
trattengono  le  crespe  si  devono  togliere  termhiato 
il  ricamo. 

Cose  varie  inerenti  al  cucire. 

Attaccatura  delle  fettuccie  alla  biancheria  ordinar 
ria  :  si  prendono  i  due  capi  di  una  fettuccia,  lunga 


794 


cuaRE 


quindici  a  sedici  centimetri,  si  fa  una  rimbocca- 
tura ai  due  capi,  si  posano  uno  accanto  all'altro, 
in  modo  che  la  piegatura  in  alto  formi  un  trian- 
golo. Poi  si  cuciono  i  due  capi  al  rovescio  dell'og- 
getto, senza  lasciare  spazio  fra  essi,  su  tre  punti,  a 
piccoli  punti  d' orlo  ;  la  quarta  parte  che  tocca 
l'orlo  verrà  fermala  ad  impuntura.  Si  fanno  alcuni 
punti  incrociati  dove  s'incontrano  le  due  fettuccia. 
-  Attaccatura  delle  fettuccie  alla  biancheria  fi,ne: 
s'imbastisce  la  fettuccia  al  rovescio  dell'oggetto: 
poi  si  fa  sul  diritto  una  croce  ad  impuntura,  e  dei 
punti  d'orlo  per  fermare  i  lembi.  Al  soppunto  si 
può  pure  sostituire  l'impuntura.  •  Attaccatura  delle 
spighette:  si  attaccano  al  diritto  del  lavoro  a  due 
millimetri  dal  margine,  per  mezzo  di  punti  addietro 
eseguiti  rasente  il  vivagno  della  spighetta.  Poi  si 
ribatte  la  spighetta  a  metà  sul  rovescio  del  lavoro 
e  si  cuce  a  soppunto.  -  Attaccatura  di  un  cordon- 
cino: si  prende  del  filo  fortissimo,  e  si  deve  mai 
tenere  tesi  i  cordoncini,  ma  lenteggiarli  un  pò, 
perchè  essi  si  ritirano  sempre  al  primo  bucato.  De- 
vono essere  fermati  molto  solidamente  in  fondo  agli 
orli,  e  non  essere  torti  durante  la  cucitura,  cosa 
facile  ad  evitare,  se  si  ha  cura  di  fare  scorrere  in 
linea  retta  la  treccia  formata  dai  fili  del  cordon- 
cino. Bisogna  servirsi  del  soppunto  per  fermare  il 
cordoncino  alla  stoffa.  -  Bordatura  degli  sparati  :  si 
fa  all'estremità   dello   sparato   un   semicircoio  di 

{muti  d'occhiello  ed  una  maglietta  che  ne  riunisca 
e  due  parti. 

Lasciatura,  rimesso,  rivoltura  di  roba,  che  nel 
cucire  i  vestiti  si  lascia  libera  dalla  parte  di  den- 
tro per  il  caso  che  bisogni  allargarli.  -  Passatura, 
specie  di  rammendo  con  filo  di  seta,  per  rafforzare 
la  parte  logora  di  un  drappo.  -  Profilatura,  specie 
di  orlatura,  resa  forte  da  un  cordoncino  che  vi  si 
racchiude,  cucendolo  con  punto  a  filza,  -  Profili,  stri- 
scie,  delia  lunghezza  di  due  o  tre  centimetri,  ta- 
gliate in  tralice,  che  si  uniscono  dalle  parti  strette 
con  punti  a  filza.  -  Rinnovatura  di  p.lo:  non  si 
fanno  nodi  nel  filo  per  le  cuciture  di  biancheria; 
per  l'orlo  si  fanno  entrare  le  due  estremità  del  filo 
sotto  la  rimboccatura.  Quindi  si  rinnova  il  filo 
nelle  cuciture  a  punto  addietro  o  ad  impuntura,  si 
riuniscono  la  fine  e  il  principio  della  gugliata  se- 
guente, si  posano  da  destra  a  sinistra,  poi,  tenen- 
doli col  pollice,  si  fanno  i  punti  sui  due  capi  in 
modo  da  farli  serpeggiare  fra  i  punti. 


Macchina  da  cucire.  —  AccessorU 
Pezzi  di  ricambio. 


Primo,  nel  1755,  l'inglese  Weisenthal  bre- 
vettò un  rudimentale  apparecchio  per  cucire;  poi 
tali  e  tanti  furono  i  perfezionamenti  introdotti 
nei  meccanismi  successivamente  inventati,  e  gli  at- 
tuali sono  cosi  complessi  da  rendere,  se  non  diffi- 
cile, penosa  una  particolareggiata  nomenclatura. 
Supplisca  quindi  una  descrizione  sommaria.  Due  le 
parti  essenziali  in  tutte  le  macchine  da  cucire: 
la  parte  superiore,  che  comprende  l' asta  port'  ago 
ed  il  congegno  che  fa  muovere  l'ago  verticalmente; 
la  parte  inferiore  che  comprende  la  spoletta  e  il 
«uo  meccanismo.  Il  filo,  svolgendosi  dal  rocchetto, 
passa  attraverso  l'ago  dopo  aver  ricevuto  una  giu- 
sta tensione,  per  mezzo  d.i  un  piccolo  apparecchio 
detto  tenditore.  Nel  suo  movimento  di  discesa,  l'ago 


fa  passare  il  filo  attraverso  il  tessuto  e  lo  conduce 
vicmo  alla  spoletta,  dove  un  piccolo  movimento 
verticale  gli  fa  fare  un  cappio,  nel  quale  si  spinge 
la  spoletta  col  suo  filo  ;  1'  ago,  risalendo,  forma  il 
punto,  mentre  una  morsetta  fa  avanzare  il  lavoro, 
regolando  la  lunghezza  del  punto.  Le  prime  mac- 
chine lavoravano  con  un  filo  solo,  senza  spoletta, 
formando  cosi  il  punto  detto  «a  catenella»,  facile 
a  sciogliersi,  quando  un  punto  di  cucitura  si  rom- 
pe. La  macchina  senza  spoletta  non  è  ormai  più 
usata,  tranne  per  certi  lavori  speciali  di  ricamo  e 
per  le  cuciture  provvisorie  che  si  devono  disfare 
rapidamente.  Le  macchine  moderne  lavorano  con 
due  fili  ed  hanno  spolette  contenenti  un  rilo  che, 
riunito  a  quello  dell'ago,  fa  il  punto  detto  a  im- 
puntura. Si  distinguono  due  specie  di  spolette:  la 
spoletta  lunga  e  la  cosidettà  circolare  o  centrale. 
La  prima  contiene  un  rocchettino  allungato,  sul 
quale  è  avvolto  il  filo;  un  movimento  di  va  e  vieni 
orizzontale  fa  passare  spoletta  e  filo  attraverso -^  il 
cappio  del  filo  presentato  dall'ago  sotto  il  tessuto, 
e  il  punto  si  forma  a  ogni  passaggio  dell  ago.  La 
spoletta  lunga  si  usa  ancora  molto,  ma  si  prefe- 
risce sempre  più  la  spoletta  centrale,  munita  d'un 
rocchetto  circolare,  di  dimensioni  abbastanza  grandi 
per  poter  contenere  una  grande  quantità  di  filo  ;  il 
rocchetto  è  fissato  su  un  perno  e,  non  seguendo  il 
movimento  della  spoletta,  permette  una  tensione 
più  regolare  del  filo  inferiore.  Le  macchine  da  cu- 
cire possono  essere  mosse  con  la  mano,  col  pedale 
o  per  mezzo  di  una  forza  meccanica,  senza  che  le 
parti  interne  siano  modificate. 

AccEssoRÌ.  —  Per  aumentare  il  numero  delle  ap- 
plicazioni, si  inventarono  successivamente  molti  e 
ingegnosi  apparecchi,  fatti  per  eliminare  certi  la- 
vori di  preparazione,  come  la  rimboccatura  degli 
orli,  Vimbaslitura  delle  spighette  di  bordura,  ecc. 
Tali  apparecchi  si  fissano  sulla  macchina,  al  posto 
del  premistoffa.  Apparecchi  più  usati:  Variatore, 
che  serve  a  rimboccare  la  stoffa  meccanicamente 
(vi  sono  orlatori  invariabili,  per  orli  larghi  e  per 
orli  stretti,  e  orlatori  variabili,  per  mezzo  dei  quali 
si  può  dare  all'orlo  la  larghezza  desiderata,  spo- 
stando a  piacimento  una  piastrina  regolatrice)  ;  il 
bordatore,  che  serve  a  bordare  un  tessuto  con  una 
spighetta  (si  adopera  mettendo  una  spighetta  pie- 
gata sull'apparecchio  e  il  tessuto  nella  piega  della 
spighetta,  in  modo  che  esso  ne  tocchi  sempre  il 
fondo)  ;  il  trinellatore,  per  fissare  una  soutache,  o 
trina  su  una  stoffa,  seguendo  un  dato  disegno  (al- 
l'uopo si  introduce  la  soutache  nell'apparecckio  e  la 
si  cuce  sui  contorni  del  disegno,  rigirando  la  stoffa 
in  modo  d'avere  sempre  davanti  a  sé  la  parte  da 
trinellare)  ;  Vincrespalore,  col  quale  si  può,  senza 
lavoro  preliminare,  increspare  una  stoffa  e  fissarla 
a  una  striscia  o  a  un  tralice  liscio  (la  stoffa  da  in- 
crespare si  mette  sotto  all'apparecchio,  l'altra  si  fa 
scorrere  nella  fenditura  orizzontale  dell' increspa- 
tore),  poi  si  incomincia  la  cucitura.  Vi  sono,  inol- 
tre, altri  apparecchi  per  rammendare,  ovattare,  ecc., 
ma  di  uso  meno  comune  e  impiegati  quasi  esclu- 
sivamente nell'industria. 

Altri  accessori,  in  gran  numero,  sono  detti  (con 
vocaboli  più  0  meno  neologistici  e  facilmente  in- 
telligibili) cacciavite,  carrucola,  contro-dado,  dado 
cordonettatore,  disco  guidarlo,  gancio,  griffa,  guida- 
bordi,  guida  da  filettare,  guida-fettuccia,  indice,  leva, 
linguelta,  piedino  premistoffa,  placca  d'incastro, placca- 
ranella,  porta-bottoni,  porta-rocchetto,   ranella,  rullo 


CUCITURA    —   CUGINA,   CUGINO 


795 


marcatore,  spina  d'arresto,  spina  d'articolazione 
spina  di  tensione,  verga  regolatrice,  vile,  ecc.,  ecc. 
Pezzi  di  ricambio.  —  Anche  questi  in  numero 
considerevole  e  rispondenti  alle  denominazioni  di 
ago,  albero  del  trasportatore,  albei'o  orizzontale,  al- 
bero oscillante,  bari-a  dell'ago^  barra  del  premistoffa, 
biella,  bobina,  bottone  d'arresto,  braccio,  cei-niera, 
chiare,  copeixhio,  copricorda,  coprinavetta,  eccentrico 
del  trasportatore,  guida,  guida-navetta,  impulsore 
oscillante,  molla  tirafilo,  navetta,  porta  rocchetto,  porta, 
trasportatore,  regolatore  del  punto,  ritegno  dell'ago 
senapunto,  tagliafìlo,  trasportatore  (griffa),  ecc.,  ecC' 


Cucito  a  macchina. 


A  maccliina  si  possono  fare  due  punti  differenti- 
quello  detto  »  a  catenella  »  e  quello  detto  «  a  im- 
puntura I .  Plinio  a  catenella  :  è  poco  usato  come 
cucitura,  perchè  si  sdruce  facilmente,  ma  lo  si  uti- 
lizza per  certi  ricami  e  per  cuciture  d'  ornamento. 
Sul  diritto  della  stoffa  questo  punto  ha  il  medesimo 
aspetto  del  punto  a  impuntura,  mentre  al  rovescio 
appare  il  punto  a  catenella  cosidetto.  Desiderando 
eseguire  con  questo  punto  una  cucitura  d'orna- 
mento 0  un  ricamo,  si  calca  il  disegno  e  si  fa  la 
cucitura  al  rovescio  del  tessuto,  per  far  riuscire  il 
punto  a  catenella  sul  diritto.  Questo  punto,  infine, 
é  molto  elastico  ed  ha  pregio  per  la  cucitura  di 
certe  stoffe,  elastiche  esse  pure.  -  Punto  a  impun- 
tvra  :  è  fatto  dalle  macchine  con  due  fili  ed  è  a 
due  diritti,  cioè  eguale  tanto  al  diritto  che  al  ro- 
vescio del  tessuto;  lo  si  adopera  tanto  per  abiti 
quanto  per  biancheria,  e  può  servire  anche  a  fare 
ricami  con  «  punto  a  raso  ».  Il  punto  a  impuntura 
deve  essere  fatto  con  due  fili  di  diversa  grossezza, 
il  più  sottile  da  avvolgere  sulla  spoletta. 

I  fili  che  si  adoperano  per  cucire  a  macchina 
sono  quasi  sempre  di  cotone,  avvolti  su  rocchetti; 
e  quasi  sempre,  anche,  formano  una  tortiglia  a  sei 
capi  {cable  d  six  fils)  o  un  ritorto  a  tre  capi  {retors 
d  trois  fils),  riunione  di  sei  fili  semplici  torti  in- 
sieme, due  per  due,  poi  riuniti  e  torti  in  senso 
contrario.  I  fili  ritorti  sono  formati  dalla  riunione 
di  tre  fili  semplici  ritorti  in  una  sola  volta.  La  tor- 
tiglia a  sei  capi  è  molto  superiore  al  ritorto  a  tre 
capi  per  la  regolarità  e  la  robustezza  maggiore;  si 
adopera  di  preferenza  per  le  cuciture  che  richie- 
dono un  punto  regolare  e  solido.  Dall'aspetto  este- 
riore dei  fili  si  distinguono  i  fili  non  apprettati 
(soffici)  e  1  fili  apprettati  (rigidi);  i  primi,  usati  di 
preferenza,  sono  i  più  flessibili  e  si  prestano  me- 
glio per  ogni  genere  di  cucitura;  i  fili  apprettati, 
più  sostenuti,  servono  a  cucire  le  stoffe  che  hanno 
molto  apparecchio.  Per  la  macchina  a  due  fili  si 
adopera  sempre  la  medesima  qualità  di  filo  tanto 
l»A  rocchetto  come  per  la  spola,  impiegando  un 
numero  più  fine  per  la  spola.  Per  cucire  senza 
rompere  il  filo  e  per  ottenere  una  bella  cucitura,  è 
necessario  che  il  filo  abbia  una  giusta  tensione;  e 
questa  si  regola  per  mezzo  di  una  vite  speciale, 
posta  su  un  lato  della  macchina.  In  una  cucitura  a 
impuntura  i  due  fili  devono  incontrarsi  a  metà 
dello  spessore  dei  due  tessuti  ;  in  questo  caso  la 
cucitura  si  presenta  bene,  resta  elastica  e  solida. 
Se  il  filo  dei  rocchetto  è  troppo  teso,  o  troppo 
poco,  si  hanno  cuciture  irregolari  e  non  solide. 

Cucito.  Detto  a  cucire. 

Cucltora,  cucitrice.  Veggasi  a  cucire. 


Cucitura.  Atto  ed  effetto  del  cucire. 

Cu-cù.  Giuoco  nel  quale  i  giuocatori  si  scam- 
biano le  carte,  perdendo  chi,  alla  fine,  resta  con 
la  carta  minore.  • 

Cuculiare  (cuculiato).  Beffare,  burlare,  pren- 
dere a  burla;  schernire,  prendere  a  scherno. 

Cacalo.  Uccello  che  ha  il  curioso  costume  di 
deporre  le  uova  nei  nidi  altrui  e  di  non  covarli  ; 
perseguita  diversi  bruchi,  delle  macchie,  che  ad 
altri  uccelli  riescono  micidiali.  -  Cianciare,  schia- 
mazzare, emettere  il  grido  che  fa  il  cùcùlo. 

Cucùrbita.  La  zucca. 

Cucurbitacee.  Famiglia  di  piante  che  ha  per 
tipo  il  genere  zucca,  e  comprende  il  cocòmero, 
il  popone,  V  aristotelia,  la  brionia  (rampicante, 
crescente  tra  le  siepi,  sull'orlo  dei  bosciii,  nei  giar- 
dini), il  citrullus,  pianta  erbacea  e  vivace,  ecc. 

Cucurbitàceo.  Veggasi  a  zucca. 

Cucuzzolo.  Pai  te  superiore  della  testa:  co- 
cuzzo,  cocuzzolo,  zuccolo. 

Cuffia.  Copertura  del  capo,  portata  di  giorno 
dalle  donne,  fatta  di  roba  leggera,  variamente  or- 
nata di  gale,  o  cannoncini,  o  di  trina,  o  di  altro, 
con  guaina  di  dietro  per  stringerla  mediante  na- 
stro 0  simile:  berretta  delle  donne,  scuffia, 
scuffietto;  serrateste.  •  Cuffiaccia,  peggior.  di  cuffia. 

-  Cuffìetta,  cuffina,  piccola  cuffia,  graziosa  cuffia. 
Caliendrum,  specie   di   cuffia  o,  secondo  alcuni, 

di  parrucca  che  portavano  le  donne  romane.  -  Cre- 
sta, specie  di  cuffia  che  tengono  in  capo  le  donne  : 
è  a  cannoncini,  con  galina  o  cannoncini,  con  guar- 
nizione a  pieghe  e  cannoni,  a  guarnizione  incre- 
spala,   da   notte,    con   ale   e   pieghe;  mezza  cresta. 

-  Cuffia  da  notte,  e  più  comunemente  berretta 
e  berrettina,  quella  che,  bianca  e  poco  ornata,  ten- 
gono le  donne  in  capo  la  notte.  -  Hennin  (fran- 
cese), cuffia  fatta  a  pan  di  zucchero  o  a  cilindro, 
da  cui  cadeva  un  velo,  che  scendeva  giù  per  le 
spalle  (moda  del  sec.  XV).  -  Mitella,  cuffia  o  benda, 
in  forma  di  mezzo  fazzoletto,  che  si  mette  intorno 
al  capo.  -  Mitra  o  calantica,  nell'antica  Roma,  cuf- 
fia da  donna,  pendente  dietro  al  capo  come  una 
borsa.  •  Reticella,  sorta  di  cuffia  a  rete  o  di  berret- 
tina a  larghe  maglie,  fermate  ciascuna  con  un  nodo. 

Accomodarsi,  assettarsi  la  cuffia:  riordinarsela  in 
capo,  quando  si  sia  scomposta. 

Prov.  :  Val  più  uua  berretta  che  cento  cuffie:  vai 
più  un  uomo  che  cento  donne. 

Cuffia.  Il  calice  del  musco.  -  Porzione  della 
membrana  del  feto.  -  La  parte  increspata  della 
trippa  da  mangiare.  -  Specie  di  reticella  di  me- 
tallo 0  di  -tela.  -  Taschina  di  stagno  flessibile  per 
la  torpedine  -  Per  gli  antichi  farmacologi,  cia- 
scuno dei  sacchetti,  ossia  di  quei  piccoli  sacchi  di 
cotone  riempiti  di  sostanze  medicinali,  che  si  ap- 
plicavano, e  anche  oggi  taluni  applicano,  al  collo, 
ai  reni,  sul  capo,  ecc.,  dei  malati.  Note  le  cuffie  o 
sacchetti  risolutivi,  di  ioduro  di  potassio,  di  lavanda, 
antistrumosi,  collane,  o  collari  di  Morand  ;  anti- 
reumatici, antiversipelatosi,  ecc.  -  Cuffia  del  silenzio, 
strumento  di  tortura. 

Cùfico.  Veggasi  ad  alfabeto,  a  monetaf  a 
monumento. 

Cugina,  cugino.  Figlia  o  figlio  di  zio  o  di 
zia.  Secondo  la  parentela  più  o  meno  stretta,  vi 
è  la  cugina,  il  cugino  di  primo,  di  secondo  grado, 
ecc.  Cugino  è  anche  titolo  d'  onore  che  i  regnanti 
si  danno  tra  loro  o  danno  ai  principi  prossimi  per 
sangue.  In  Italia  si  chiamano  cugini  del  re  i  cavig- 
lieri dell'Annunziata.  -  Biscugino,  cugino  di  secondo 


796 


CUI 


grado.  -  Cuginetto,  piccolo  cugino,  cugino  ragazzo. 
-  Cugino  carnale,  dello  stesso  sangue. 

Cui.  Pronome  relativo  che  sostituisce  i  pronomi 
il  quale,  la  quale,  in  tutti  i  casi. indiretti.  -  A  cui, 
a  che,  nei  pari  generi  e  numeri:  al  quale,  ai  quali, 
alle  quali;  cui,  a  chi,  a  colui  al  quale,  ecc.  Cosi: 
di  cui,  per  cui,  ecc. 

Culaccino.  Detto  a  salame. 

Oulaccio.  Veggasi  a  macellato. 

Culaia.  La  pancia  AoiVuccello  stantio  ingros- 
sata per  il  cadere  degli  intestini.  -  Nome  di  una 
mosca  che  tormenta  il  cavallo. 

Culata,  culatta.  Veggasi  a  deretano. 

Culatta.  La  parte  deretana  e  inferiore  di  molte 
cose,  la  quale  serve  ad  esse  come  di  base  o  di  so- 
stegno. -  Fondo  della  canna  del  cannone  e  d'ogni 
arnese  da  fuoco,  la  parte  opposta  alla  bocca.  - 
Inoltre,  veggasi  a  cera  (pag.  506,  seconda  colonna) 
e  a  legatore  (di  libri). 

Culbianco.  Uccello  di  palude,  detto  anche  co- 
dibianco. 

Culinaria.  L'arte  di  ben  cucinare;  arte  del 
cuoco. 

Culla.  Letticciuolo  da  bambino  lattante,  fatto 
di  assicelle  o  di  verghe  di  ferro,  e  sorretto  su  due 
arcioni:  cuna,  ghiccolo,  zana  (culla  di  vetrici  come 
una  paniera).  In  Toscana  la  voce  più  comune  è 
culla,  e  si  usa  solo  cuna  in  poesia  e  in  certi  modi 
figurati.  Nel  resto  d'Italia  è  più  comune  cuna.  - 
Arcioni,  due  legni  o  ferri  cilindrici  curvi,  fermati 
trasversalmente  sotto  alla  culla,  o  alla  zana,  e  sulla 
convessità  dei  quali  essa  posa  sul  pavimento,  ma 
in  bilico,  onde,  dimenando,  poter  cullare  il  bam- 
bino. -  Arcuccio,  sottile  stecca  di  legno,  o  di  filo 
di  ferro  piegato  in  arco  sulla  culla,  per  tenere  al- 
quanto sollevato  il  pannolino  con  cui  si  copre  il 
viso  del  bambiuo  che  vi  si  pone  a  dormire. 

Cullare  (^cullato),  dimenare  la  culla;  addormen- 
tare i  fanciulli  dondolandoli  nella  culla:  far  asso- 
pire. -  Cullata,  l'atto  del  cullare.  •  Fare,  cantare  la 
ninna  nanna,  quella  cantilena  o  canzone  che  si  va 
canterellando  ai  bambini  che  giaciono  nella  culla, 
per  addormentarli,  o  per  acquetarli.  -  ÌSanna,  voce 
adoperata  da  chi  sta  ninnando  il  bambino  nella 
culla,  per  farlo  addormentare  :  ed  esprime  anche 
sia  il  suo  dormire,  sia  la  culla  slessa.  -  Ninna,  l'a- 
zione del  ninnare,  nel  suo  significato  proprio. 

Cullare  (cullato).  Detto  a  culla. 

Culminazióne.  Il  momento  in  cui  avviene  il 
passaggio  d'un  astro  sul  m,eridiano. 

Culmine.  Sommità,  cima. 

Culmo.  Gambo,  stelo,  pieno  di  sostanza  spu- 
gnosa, senza  rami. 

Culo.  Il  deretano.  -  Il  fondo  di  più  di  un 
vaso. 

Culto.  Gli  atti  rituali  di  una  religione;  tutti 
insieme  gli  atti  consueti  di  onore  e  di  venerazione 
alla  divinità  e  a  cose  sacre,  nella  chiesa  e  al- 
trove; torma  di  servizio  divino  da  parte  di  preti, 
di  sacerdoti,  di  predicatori,  e  ;c.  E  la  voce  è  anche 
usata  come  sinonimo  di  religione:  q\i'\ndi  culto  cat- 
tolico per  catfoHcism,o  ;  cullo  cristiaoo  per  cri- 
stianesimo, cullo  buddistico  per  buddismo,  ecc.  : 
veggasi  a  religione.  Svariatissime  le  forme  di 
culto  in  sé  stesso  ;  esterno,  esteriore,  o  interno,  in- 
teriore (professato  nell'amma,  senza  cerimonie 
esteriori)  ;  libero,  permesso  o  tollerato  ;  semplice,  so- 
lenne, speciale,  ecc.  •  Cose  sacre,  tutto  ciò  che  ri- 
guarda il  culto,  materialmente  e  moralmente  ;  tutto 
quanto  è   dedicato   alla   divinità.  -    Esercizio    del 


culto,  la  funzione  dei  sacerdoti  e  la  pratica  dei  di- 
voti.  -  Libertà  di  culto,  diritto  di  alcune  società  re- 
ligiose di  tenere  il  proprio  sistema.  -  Liturgia 
(liturgico),  studio  dei  sacri  riti  ;  scienza  che  tratta 
delle  cerimonie  ecclesiastiche  e,  propriamente,  dei 
riti  della  Chiesa.  -  Ministero  del  eulto,  l'autorità  ci- 
vile superiore  che  presiede  a  quanto  riguarda  le 
cose  ecclesiastiche,  specialmente  le  scuole,  le  spese 
per  il  culto,  le  mense  vescovili,  ecc.  -  Sacerdozio, 
il  ministero  del  culto,  ufficio  e  dignità  di  sacer- 
dote: presso  alcuni  popoli  è  piuttosto  uno  spe- 
ciale carattere  di  cui  sono  rivestiti  alcuni  individui, 
come  i  padri  di  famiglia,  i  capi  tribù,  i  più  vec- 
chi, i  primogeniti,  ecc.  -  Soppressione,  abolizione  di 
un  culto,  proibizione  di  esercitarlo,  di  professarlo 
pubblicamente:  ciò  per  effetto  di  legge  o  di  de- 
creto governativo. 

Dulia,  il  culto  reso  agli  angeli  e  ai  santi.  -  Fa- 
talismo, dottrina  che  attribuisce  tutto  al  fato,  al 
destino.  -  Feticismo,  culto  dei  felici  o  feticci  (og- 
getti divinizzati  capricciosamente,  per  lo  più  da 
popolazioni  selvaggie).  -  Idolatria,  culto  degli  idoli: 
veggasi  a  idolo.  -  Iper dulia,  culto  a  Maria  Ver- 
gine. -  Latria,  culto  che  si  rende  a  Dio,  come  ad 
essere  infinito,  purissimo,  creatore  e  conservatore 
dell'universo.  -  Parsismo,  culto  dei  Parsi  (Ghebri  o 
Guebri),  adoratori  del  fuoco,  in  Persia  e  in  India 
-  Sabeismo,  il  culto  delle  stelle,  degli  astri.  -  Scin- 
toismo 0  shintoismo,  culto  religioso  naturalistico  dei 
Giapponesi,  anteriore  al  buddismo.  -  Sovracculto, 
culto  grande. 

Mistero,  ciò  che  la  Chiesa  propone  ai  fedeli,^ 
come  punto  di  fede,  di  culto;  cerimonia  religiosa ;^ 
soggetto  sacro  da  contemplare.  -  Mito,  invenzione, 
figura,  persona  favolosa,  talvolta,  anticamente,  og- 
getto di  culto.  -  Oi'acolo,  la  risposta  che  i  Pagani 
dicevano  di  avere  dai  loro  dèi;  e  la  divinità 
stessa. 

Per  il  culto  proprio  degli  antichi  Romani,  degli 
antichi  Greci,  ecc.,  veggasi  anche  a  divinità  e  a. 
religione. 


Atti,  pbatiche  di  culto. 

Adorazione,  atto  dell'adorare,  dal  venerare  Dio, 
i  santi,  le  cose  sacre,  ecc.  Anticamente,  tale  atto 
si  compiva  in  modo  abbastanza  complicato:  si  in- 
clinava leggermente  il  corpo  in  avanti  e  si  piegavano 
appena  le  ginocchia^  mentre  con  la  mano  destra  si 
toccava  l' oggetto  della  propria  riverenza,  altare, 
statua,  ecc.;  la  sinistra  si  portava  alla  bocca  (ad 
OS,  donde  provenne  il  vocabolo);  si  baciava  e  si 
dimenava  la  persona  verso  l' oggetto  che  si  intendeva 
onorare.  -  Apoteòsi,  deificamento,  deificazione  :  l'an- 
n*^  verare  fra  le  divinità,  l'onorare  e  l'esaltare  come 
tale.  -  Aruspicio,  ignispicio,  tripudio,  veggasi  a  in- 
dovino.  -  Aspersione  (aspersio),  l'atto  di  spruzzare 
con  l'acqua,  come  purificazione,  prima  di  compiere 
il  sacrifizio  agli  dèi  infernali.  -  Atto  di  contrizione, 
pei  cattolici,  fermo  proponimento  di  emenda  per 
solo  amor  di  Dio. 

Battesimo,  nella  Chiesa  cattolica,  il  primo  dei 
sette  sacramenti.  -  Beatificazione,  inalzamento  alla 
gloria  di  beato  in  cielo,  e  la  funzione  che  fa  il 
papa  nel  dichiarare  beata  alcuna  persona.  -  B«~ 
neaicola,  ogni  piccola  funzione  ecclesiastica.  - 
Benedizione,  atto  del  benedire,  cioè  del  pregar 
bene  da  Dio  a  una  persona  o  a  una  cosa,  atto  che 


CULTO 


797 


si  fa,  per  lo  più,  alzando  la  mano  e  movendola  in 
segno  di  croce  ;  anche,  il  consacrare  alcuna  cosa 
con  le  cerimonie  prescritte  dalia  Chiesa;  l'ultima 
parte  della  funzione  nelle  chiese  cattoliche,  e  anche 
tutta  la  funzione  stessa. 

CertiwoMict,  culto  esteriore  di  religione,  rito  nelle 
sacre  funzioni.  -  Commemorazioni,  le  preghiere  che 
una  data  religione  impone  ai  suoi  addetti.  -  Comune 
dicesi  l'ufficio  generale  dei  santi  per  cui  la  Chiesa 
non  ha  stahilito  un  uffizio  proprio.  -  Comunione, 
il  sacramento  A^W eucaristia:  pane,  cibo  degli 
angeli.  Parte  della  messa.  -  Confermazione,  la 
cresima.  -  Confessione,  pratica  del  cattolicismo; 

-  Conforti  della  religione,  i  sacramenti  amministrati 
dalla  Chiesa  cattolica  in  punto  di  morte.  -  Consa- 
crazione, il  consacrare,  ossia  fare,  rendere  sacro; 
dedicare  alla  divinità  e  al  culto.  •  Cresima,  uno 
dei  sacramenti  della  Chiesa  cattolica. 

Dedicazione,  la  cerimonia  della  dedica  di  un  tem- 
pio, d'  una  chiesa,  ecc.  -  Digiuno,  pratica  reli- 
giosa consistente  nell'  astenersi  dal  mangiare,  per 
un  determinato  periodo  di  tempo  :  uso  comune  a 
più  religioni.  -  Divieto,  proibizione  ecclesiastica  di 
certi  cibi  in  certi  giorni.  -  Divozione,  raccoglimento 
religioso,  e  gli  atti  che  lo  manifestano;  la  preghiera 
•dei  divoti. 

Entrata,  il  momento  in  cui  incomincia  una  fuuj 
zione  ecclesiastica.  -  Esercizi  di  culto,  di  pietà,  d 
religione,  le  funzioni,  le  preghiere,  ecc.  -  Eserciz 
spirituali,  meditazioni  che  si  fanno  per  lo  spazio 
a  alcuni  giorni  in  qualche  ritiro  o  anche  nelle 
chiese.  -  Esorcismo,  scongiuro  del  prete  cattolico 
contro  i  demoni  da  cui  si  crede   invasato  alcuno. 

-  Espiazione  flustrumj,  solenne  purificazione  o  offerta 
espiatoria  fatta  dai  censori  romani  ogni  cinque  anni, 
al  ritirarsi  dal  loro  ufficio,  e  col  concorso  di  tutto 
il  popolo:  in  essa  una  scrofa,  una  pecora  e 
un  bue  erano  per  tre  volte  condotti  intorno  alla 
moltitudine  riunita  nel  campo  Marzio  e  poi  sacri- 
ficati. -  Eucarestia,  eucaristia  (eucaristico),  la  co- 
munione. 

Forticidia,  iaurobolo,  veggasi  a  sacrifizio.  -  Fun- 
zione, funzione  sacra  :  solennità,  rito  solenne. 

Lavanda,  lavanda  dei  piedi,  la  cerimonia  del  gio- 
vedì santo  in  cui  vengono  lavati  i  piedi  a  dodici  po- 
veri, come  Gesù  li  lavò  agli  apostoli.  -  Lettisternio 
{lectistemium),  cerimonia  religiosa  dei  Romani  che 
comprendeva  un  sontuoso  banchetto  offerto  agli  dèi, 
nel  quale  erano  portate  fuori  le  loro  statue  e  poste, 
sopra  letti  triclinari  (lecti),3ià.  una  tavola  imbandita 
di  ogni  sorta  di  ghiottornie  e  apparecchiata  sotto 
la  direzione  degli  Epulones.  -  Libagione,  libazione, 
cerimonia  religiosa  dei  pagani  consistente  nello 
spargere  alcune  gocce  del  liquore  della  patera  sopra 
1  altare,  o  sulla  vittima,  o  sulla  mensa,  dopo  averlo 
assaggiato.  -  Lustrazione  {lustratio),  cerimonia  che  si 
faceva  con  acqua  consacrata,  aspergendosi  nel- 
l'entrare nei  templi,  o  facendosi  aspergere  dal 
sacerdoti.  E  questa  purgazione  era  comandata  an- 
che nella  vita  domestica  in  occasione  del  culto. 
Così  il  bagno  nuziale,  le  abluzioni  precedenti  i  con- 
viti, e  il  lavarsi  all'uscire  dalla  casa  d'  un  morto, 
considerandosi  contaminante  ogni  contatto  coi  morti. 

-  Missione,  serie  di  prediche  ai  cristiani  o  non  cri- 
stiani. -  Mortorio,  esequie  religiose  prima  che  il 
morto  sia  seppellito;  ufficio  dei  morti 

Oblazione,  offerta  di  frutta,  di  farina,  d'olio  e  di 
altro   che   gli   antichi  facevano  alle  loro   diviniti. 

-  Offerta,  consacrazione  del  pane  e  del  vino  a  Dio, 
■da  parte  del  sacerdote;  anche,  dono  che,  in  certi 


tempi  e  in  certe  occasioni,  si  dà  ai  sacerdoti  o  ad 
altre  persone  religiose  in  onore  di  Dio.  -  Olocausto, 
sacrificio  nel  quale  la  vittima  veniva  consunta  in- 
teramente col  fuoco,  in  attestazione  della  supre- 
mazia di  Dio  su  tutti  gli  esseri  creati.  Ogni  sorta 
di  riti,  in  cui  si  sacrificava  una  vittima.  -  Opere 
di  misericordia,  certe  opere  che,  esercitate  dai  cri- 
stiani, acquistano  merito  presso  Dio.  -  Opere  servili, 
i  lavori  vietati  dalla  Chiesa  nei  giorni  festivi.  - 
Opere  vive  o  morte,  quelle  che  meritano,  o  no,  la 
salute  eterna.  -  Orazione,  preghiera  a  Dio;  pane- 
girico. 

Penitenza,  azione  che,  seguendo  il  pentim,ento, 
gli  uomini  fanno  ad  espiazione  àoi  peccato.  -  Per- 
dono, indulgenza  data  a  chi  visita  certi  luoghi 
sacri.  -  Peritiosi,  lustrazione  col  fumo  dello  zolfo, 
fugatore  di  maledizioni.  -  Pontificale,  la  celebra- 
zione degli  uffici  divini  e  della  messa,  anche  pei 
defunti,  del  papa,  dei  vescovi,  ecc.  -  Pratiche  reli- 
giose, divote,  pie,  ecc.,  gli  atti  del  culto.  -  Pre- 
dica, discorso  sacro,  fatto,  per  lo  più,   in  chiesa. 

-  Preghiera,  atto  col  quale  una  persona  si  ri- 
volge a  Dio,  per  implorarlo  e  adorarlo:  si  distin- 
guono le  preghiere  in  orali  e  mentali.  -  Processione, 
l'andare  che  fanno,  per  lo  più  gli  ecclesiastici,  at- 
torno in  ordinanza,  cantando  preci,  dentro  o  fuori 
dei  templi.  Le  processioni  ordinarie  si  rinnovano 
periodicamente;  quelle  straordinarie  si  fanno  per 
varie  cagioni  e  in  epoche  determinate.  -  Propizia- 
zione, sacrifizio  offerto  a  Dio  per  renderlo  propizio. 

-  Purificazione:  presso  tutti  i  popoli  la  purifica- 
zione del  corpo  fu  considerata  come  un  simbolo 
della  purificazione  dell'anima,  e  in  tutte  le  reli- 
gioni hanno  fatto  parte  delle  cerimonie  del  culto, 
le  purificazioni,  le  abluzioni,  le  istruzioni. 

Rito,  complesso  delle  cerimonie  religiose,  appro- 
vate e  regolate  dall'autorità  competente  ;  modo  di 
trattare  esteriormente  le  cose  di  religione.  Rituale, 
di  rito;  ritualista,  compilatore  di  rituali.  -  Rogazioni, 
veggasi  3. processione.  -  Sacramento,  atto  speciale 
religioso,  solenne.  -  Sacrifizio,  offerta  solenne  fatta 
alla  divinità  per  renderle  omaggio  e  invocarne  la 
grazia.  -  Sellisternio  [sellisternium),  solennità  reli- 
giosa offerta  alle  deità  femminine.  -  Servizio  divino, 
celebrazione  solenne  dei  sacri  uffizi.  -  Suffragio,  il 
bene  spirituale  fatto  in  soddisfazione  delle  anime 
purganti.  -  Supplicazione  {supplicatio),  anticamente, 
il  pregare  con  le  ginocchia  piegate,  per  contrap- 
posto alla  precatio,  che  era  il  pregare  ritti. 

Uffizio,  nfizio,  serie  di  salmi  e  orazioni  che  di- 
cono i  preti  tutti  i  giorni  ;  le  ore  canoniche.  - 
Lfizio  dei  defunti,  dei  morti,  in  suffragio  di  essi.  - 
Uffiziatura,  l'uffiziare  e  il  benefizio.  -  Unzione,  pra- 
tica usata  nel  sacramento  della  cresima  ;  e  sacra 
unzione  il  sacramento  che  si  dà,  secondo  il  culto 
cattolico,  ai  moribondi. 

Viatico,  la  comunione  somministrata  agli  in- 
fermi. -  Vita  attiva,  quella  di  chi  fa  pratiche  di 
pietà;  contr.  di  contemplativa.  -  Voto,  promessa 
che  si  fa  alla  divinità  o  ai  ai  santi  di  cosa  che  si 
crede  torni  loro  gradita;  promessa  di  sé  e  delle 
cose  proprie. 


Altre  pratiche.  —  Alcune  periodichk. 


Accompagnamento,  dicesi  di  sacerdoti,  di  confratelli 
e  d'altri,  che  accompagnano  i  defunti  alla  chiesa  o 
alla  tomba.  Dicesi  anche  trasporto,  e  il  popolo  to- 


798 


CULTO 


scano  dice,  per  metatesi,  straporto.  -  Associa- 
zione, i  riti  e  le  preghiere  che  si  fanno  nella  par- 
rocchia intorno  al  cadavere,  prima  di  trasportarlo 
alla  sala  mortuaria  e  quindi  al  cimitero.  In  To- 
scana più  comune  in  questo  senso  associazione  che 
assoluzione.  •  Assoluzione,  breve  orazione  del  mat- 
tutino, che  si  recita,  finito  il  notturno,  prima  di 
cominciare  le  lezioni.  Anche,  quella  orazione  che 
si  fa  prima  che  un  morto  sia  seppellito;  la  for- 
mula del  sacerdote  che  assolve  i  peccati.  -  Asti- 
nenza, temperanza  o,  anche,  assoluta  privazione  di 
questa  o  quella  cosa,  a  scopo  di  culto.  -  Ave,  ora- 
zione alla  Vergine  :  avemaria,  avemmaria.  -  Bacio 
delle  reliquie,  pratica  di  divozione  che  consiste  nel 
baciare  una  reliquia  di  santo. 

Capitolo,  piccola  lezione  della  Scrittura,  recitata 
da  una  sola  persona  nelle  ore  d'  ufizio.  -  Colletta, 
orazione  che  il  sacerdote  aggiunge  alle  altre  della 
messa  per  qualche  pubblica  necessità.  -  Colletta  ad 
libitum,  l'orazione  che  si  aggiunge  alle  altre  secondo 
la  divozione  del  sacerdote.  -  Confiteor  (confesso), 
orazione  dei  cattolici  che  comincia  con  tale  pa- 
rola. 

Denudazione  degli  altari,  funzione  della  settimana 
santa.  -  Deposizione,  l'atto  di  tòr  giù  il  sacramento 
0  alcuna  immagine  sacra,  dal  luogo  ov'erano  espo- 
sti alla  venerazione  dei  fedeli.  -  Extollet,  benedi- 
zione del  cero  pasquale. 

Genuflessione,  il  mettersi  in  ginocchio  davanti 
all'altare,  davanti  a  un'immagine  sacra,  eoe  - 
Giaculatoria,  breve  orazione  a  Dio,  e  si  usa  anche 
aggettivamente.  -  Laudi,  la  parte  dell'uffìzio  eccle- 
siastico mattutino  che  si  recita  dopo  i  notturni.  - 
Le  sette  parole  di  Cristo  in  croce,  e  assol.  le  sette 
parole:  rito  del  venerdì  santo  e  composizione  sullo 
stesso  soggetto.  -  Lezione,  breve  capitolo  della  sa- 
cra Scrittura  o  dei  Santi  Padri,  che  si  recita  al 
mattutino  dopo  i  salmi.  -  Litanie,  preghiere  alla 
Vergine,  ai  santi,  ecc.,  con  una  serie  di  epiteti  lau- 
dativi ripetuti  successivamente:  letàne  (v.  a.),  le- 
tanie  (litanie  a  mazzetti,  a  tre  invocazioni  per 
volta). 

Mattutino,  la  prima  parte  dell'uffìzio,  che  una 
volta  i  sacerdoti  dicevano  avanti  giorno.  -  Notturno, 
parte  dell'uffìzio  che  compone  il  mattutino;  antica- 
mente la  si  diceva  di  notte  come  si  usa  ancora  da 
parecchi  religiosi.  -  Ore  canoniche,  parti  dell'uf- 
fìzio che,  a  certe  ore,  devono  recitare  gli  ecclesia- 
stici e  i  beneficiati. 

Panegirico,  orazione  in  lode  di  qualche  santo, 
della  Vergine  o  di  un  mistero  della  fede.  -  Pater- 
nostro (pater,  pater  noster),  preghiera  volgarmente 
detta  così  dalle  parole  con  cui  comincia  in  ita- 
liano ;  propriamente  l'orazione  domenicale,  inse- 
gnata da  Cristo  ai  suoi  discepoli.  -  Prego  alla 
croce,  discorso  del  venerdì  santo,  allo  scoprire  del 
crocifisso.  -  Priorale,  rito  in  alcune  collegiate,  nelle 
solennità. 

Requiem,  nella  Chiesa  cattolica,  messa  dei  morti. 
■  Ringraziamento,  preghiera  del  sacerdote  dopo  la 
messa  o  del  cristiano  dopo  la  comunione. 

Salveregina,  salve  regina  (ti  saluto,  regina),  ora- 
zione a  Maria  Vergine.  -  Scongiuro,  preghiera  ec- 
clesiastica per  cacciare  i  demoni.  -  Segrete,  ora- 
rioni  che  il  prete  dice  a  bassa  voce  nella  messa  - 
Semidoppio,  uffizio  nel  quale  non  si  raddoppiano  le 
antifone.  -  Sigillo  della  confessione,  il  segreto  im- 
posto al  coniessore.  -  Stazione,  visita  che  sì  fa  a 
qualche  chiesa  secondo  l'ordinazione  del  pontefice 
per  adorare,  per  pregar  Dio,  o  per  guadagnare  in- 


dulgenze. Anche,  ciascuno  dei  quadri  davanti  ai 
quali  si  fermano  pregando  i  fedeli,  quando  fanno 
la  Via  Crucis. 

Tenebre  del  sepolcro,  ì  mattutini  del  giovedì,  del 
venerdì,  del  sabato  santo  :  si  cantano  la  vigilia  di 
questi  tre  giorni  verso  sera;  e  dopo  l'ufficio,  spenti 
i  lumi,  si  bacchettano  le  panche.  -  Turificazione,  in- 
censazione, spandimento  d'incenso.  -  Ufiziolo,  il 
mattutino,  le  preci  alla  Madonna  e  il  libro  re- 
lativo. 

Vespro,  una  delle  sette  ore  canoniche,  che  si  dice 
tra  la  nona  e  la  compieta.  -  Via  crucis,  esercizio 
di  preghiere  cattoliche;  devozione  per  la  quale  i 
fedeli  passano  davanti  a  quattordici  rappresenta- 
zioni (quadri  o  sculture)  dei  fatti  della  Passione  di 
Cristo. 

Periodiche.  —  Anniversario,  messa  od  ufficio  an- 
nuale fatto  in  chiesa  per  un  defunto.  -  Giorno  di 
grasso,  di  magro,  giorno  nero,  veggasi  a  giorno.  - 
Giro  di  quarantore,  visita  alle  diverse  chiese  quan- 
do vi  si  tiene  esposto  il  sacramento,  ciascuna  alla 
sua  volta  nel  corso  di  tutto  l'anno.  -  Mese  di  mag- 
gio, devozione  della  Chiesa  cattolica  a  Maria.  -  No- 
vena, nove  giorni  avanti  una  festa,  nei  quali  si  ri- 
pete la  stessa  funzione  particolare  ;  preghiere  con- 
tinuate per  il  corso  di  nove  giorni  in  onore  di 
qualche  solennità  religiosa. 

Ottava,  periodo  d'otto  giorni,  per  lo  più  prece- 
denti 0  susseguenti  ad  una  solennità  religiosa  ;  gli 
otto  giorni,  uno  dopo  l'altro,  durante  i  quali  la 
Chiesa  cattolica  celebra  le  grandi  feste  di  Natale, 
Pasqua  e  Pentecoste  ;  anche  il  giorno  in  cui  1'  o<- 
tava  si  chiude.  -  Ottavario,  gli  otto  giorni  di  pre- 
diche consecutive  a  una  festa.  -  Parasceve,  prepa- 
razione, e  così  dicesi  il  venerdì  santo  consacrato 
alla  memoria  del  Redentore.  •  Quarantena,  quaranta 
giorni  di  penitenza.  -  Quarant'ore,  divozione  della 
Chiesa  cattolica.  -  Quaresima,  periodo  di  digiuno, 
di  quaranta  giorni.  -  Quaresimale,  le  prediche  che 
si  fanno  in  quaresima.  -  Quattro  tempora,  quattro 
tempi  di  digiuno,  praticato  in  ciascuna  delle  quat- 
'tro  stagioni  dell'anno,  per  tre  giorni  ogni  volta,  il 
mercoledì,  il  venerdì  e  il  sabato,  nella  prima  set- 
timana di  quaresima,  nell'ottava  di  Pentecoste,  nella 
terza  di  [settembre,  nella  quarta  di  dicembre.  - 
Qutndena,  devozione  di  quindici  giorni  di  se- 
guito. 

Ritornata,  la  processione  dell'ottava  del  Corpus 
Domini.  -  Settena,  sette  giorni  di  penitenza.  -  Set- 
timo, uffizio  di  messe  sette  giorni  dopo  la  morte. 

Tempi  proibiti,  quelli  nei  quali  non  sono  per- 
messe alcune  cose.  -  Trentesimo,  ufficio  di  trenta 
messe  celebrato  nella  trigesima.  -  Triduo,  prepara- 
zione di  tre  giorni  prima  di  qualche  festa  so- 
lenne, con  preci  appropriate.  -  Vigilia,  obbligo  di 
digiuno  il  giorno  prima  di  alcune  feste  cattolicne, 
e  il  giorno  stesso.  Anche,  il  giorno  che  precede 
qualche  festa,  e  nel  quale  si  suole  digiunare.  -  V}' 
sita  delle  sette  chiese,  quelle  che  i  devoti  fanno  il 
giovedì  santo.  -  Visita  ai  limini,  visita  d'obbligo  dei 
vescovi  al  soglio  pontificio  ogni  tre  anni.  Latinam., 
e  più  comunein.,  ad  limina. 

Verbi  e  locuzioni 

INDICANTI    pratiche     DEL    CULTO. 

Accostarsi  ai  sacramenti,  comunicarsi,  ricevere  il 
sacramento  dell'eucaristia.  •  Adorare  (adorato),  pre* 


CULTO 


799 


star  culto.  -  Andare,  ìioìi  andare  in  chiesa,  fare  o 
no  (juanlo  la  Chiesa  prescrive  per  confessione  e  co- 
munione. -  Andar  dietro  la  comunione,  accompa- 
gnare il  viatico.  -  Andare  in  santo,  il  recarsi  die 
fanno  le  donne  alla  chiesa,  dopo  il  parto,  per  atto 
di  ringraziamento  di  esserne  uscite  a  hene.  -  Asso- 
ciare un  morto,  portarlo  in  chiesa  per  ofliciarlo.  - 
Assolvere,  rimettere  i  peccati.  -  Attaccare  il  voto  ad 
un  santo,  sciogliere    il   voto  per  grazia  ricevuta. 

Benedire,  consacrare  alcuna  cosa  con  le  ceri- 
monie della  Chiesa  ;  dare  la  benedizione. 

Canonizzare  [canonizzato),  porre  nel  canone  o 
catalogo  dei  santi.  -  Celebrare  i  divini  misteri, 
i  misteri  eucaristici,  ecc.,  del  prete  che  fa  que- 
sti uftizi.  -  Comunicare  (comunicato),  ammini- 
strare l'eucaristia.  -  Comunicarsi,  prendere  il  sa- 
cramento dell'eucaristia.  -  Confermare  (confermalo), 
cresimare,  dare  la  cresima.  ■  Consacrare  (consa- 
crato), far  sacro  con  cerimonie  ;  dedicare  al  ser- 
vizio di  Dio.  -  Consumare  (consumato),  veg,asi  ad 
eucaristia.  -  Cresimare  (cresimato),  dare  la  ci  e- 
sinia. 

Dare,  conferire  i  sacramenti,  espresssione  di  chiaro 
significato. 

Dare,  impartire,  l'estrema  unzione,  dare  il  sacra- 
mento di  questo  nome.  -  Dedicare  (dedicato),  ap- 
plicare a  un  culto  (dedicare  a  una  chiesa,  a  un 
tal  santo,  ecc.).  -  Deificare  (deificato),  annoverare 
fra  gli  dèi,  adorare  come  una  divinità.  -  Digiu- 
nare (digitmato),  far  digiuno.  -  Dire,  cantar  com- 
pieta, mattutino,  vespro,  ecc.,  veggasi  ad  ore  ca- 
noniche. -  Dispensare  dal  magro,  dall'  astinenza 
dei  cibi  magri.  ■  Entrare  (entrata),  veggasi  a  mes- 
sa. -  Esporre  il  sacramento  a  bocca  di  ciborio,  met- 
terlo con  la  pisside  sullo  sportello  del  taber- 
nacolo. 

Fare  la  novena,  la  preghiera  di  nove  giorni  ;  an- 
che, il  predicare  in  tale  periodo  di  tempo.  -  Far 
le  sette  chiese,  devozione  cattolica  del  giovedì  santo. 

-  Fare  le  sue  divozioni,  confessarsi  e   comunicarsi. 

-  Fare  le  tre  ore,  pratica  del  venerdì  santo.  -  Fare 
i  sepolcri,  il  giovedì  santo,  visitare  i  sepolcri  nelle 
chiese.  -  Far  l'ora,  passarla  in  preghiera  davanti 
al  sacramento,  -  Freqiientare  i  sacramenti,  essere 
assiduo  nelle  pratiche  religiose. 

Genuflettersi  (genuflesso),  mettersi  in  ginocchio. 
Idoleggiare  (idoleggiato),  rappresentare  alla  mente 
concetti  astratti  e  dar  a  quelli  persona  e  culto.  - 
Impellegr inarsi,  farsi  pellegrino,  andare  pellegri- 
nando. -  Incensare  (incensalo),  dare  Vincenso  col 
turibolo,  per  onore.  -  Iniziare  (iniziato,  iniziazione), 
ricevere  alcuno  nel  numero  di  coloro  che  profes- 
sano un  culto  particolare,  e  dargliene  la  prima 
istruzione. 

Legare,  sciogliere  le  campane,  rito  della  Chiesa 
cattolica  praticato  nella  settimana  santa.  -  Mace- 
rarsi (macerato),  sottoporsi  al  digiuno,  mettersi  il 
cilicio,  fare  altrimenti  una  penitenza.  -  Mettere  in 
santo,  del  prete  che  ribenedice.  -  Mortificare  ì  sensi, 
la  voluttà,  la  carne,  gli  appetiti  disordinati,  attutirli, 
per  piacere  a  Dio. 

Officiare  (officiato),  lo  stesso  che  uffiziare.  -  Os- 
sei~care,  santificare  le  feste,  seguire,  nella  loro  ricor- 
renza, le  pratiche  del  culto  e  i  precetti  della  Chiesa; 
astenersi  nei  giorni  festivi  da  opere  servili  ed  eser- 
citare opere  di  pietà.  -  Passare  a  cresima,  di  chi  è 
ammesso  a  riceverla  -  Pensare  alle  cose  dell'anima. 
ricevere  i  conforti  della  religione,  che  fa  chi  si  pre- 
para alla  morte  -  Pontificare  (pontificato),  celebrare 
ie  sacre  funzioni  pontificalmente.  -  Predicare  (pre- 


dicato), fare  una  predica  o  più  prediche.  -  Pren- 
dere la  pasqua,  far  la  comunione  nel  tempo  pa- 
squale. -  Prestar  culto,  professare  un  culto,  espres- 
sioni di  chiaro  significato.  -  Propiziare  (propizialo, 
propiziatorio),  far  sacrifizio  a  Dio,  per  renderlo 
propizio. 

Ribenedire  (ribsnedetto),  Assolvere  da  una  maledi- 
zione precedente,  da  un  interdetto.  -  Ricevere  (ri- 
ccLuio),  di  quanto  viene  conferito  come  rito  o  come 
titolo  (ricevere  il  battesimo,  la  cresima,  la  comu- 
nione, ecc.).  -  Ricomunicare  (ricomunicato),  ridare  la 
comunione,  l'eucaristia.  -  Rompere  il  digiuno,  pren- 
dere alcun  cibo  vietato  nei  giorni  di  digiuno.  - 
Scanonizzare  (scanonizzato),  contr.  di  canonizzare.  • 
Sacramintare  (sacramentalo),  comunicarsi.  -  Segnare 
(segnato',  far  il  segno  della  croce.  -  Servire  all'al- 
tare, del  chierico  che  assiste  il  prete  durante  la  ce- 
lebrazione della  messa.  -  Sonare  a  comunione,  dare 
il  segno  di  questa  funzione  con  la  campana  o  col 
campanello.  -  Suffragare  t'iffragato),  giovare  ai 
morti  con  la  preghiera.  -  Sumege,  il  comunicarsi 
che  fa  il  sacerdote. 

Uffiziare,  ufiziare  (uffiziato,  ufiziato),  celebrare 
gli  uffizi  divini  :  officiare,  oficiare. 

Canoni,  comandamenti,  regole,  sacramenti,  ecc. 
Ricorrenze. 

Canone,  legge  posta  e  ordinata  da  papi,  da  con- 
cili, concernente  la  fede,  il  culto  e  la  disciplina 
della  Chiesa.  -  Decalogo,  i  dieci  comandamenti  che 
Mosè,  secondo  la  leggenda,  ricevette  da  Dio  sul 
monte  Sinai.  -  Festa,  precetto  della  Chiesa.  -  Gi-a- 
zia  sacramentale,  quella  che  si  ottiene  per  il  sacra- 
mento. -  Indulgenza,  veggasi  a  questa  voce.  - 
Indulto,  la  dispensa  dai  digiuni  rigorosi  della  qua- 
resima. 

Precetto,  comando,  comandamento.  -  Regola  di 
fede,  regola  riguardante  il  credere  e  l'opera.  -  Ru- 
brica, regola  da  osservarsi  nelle  funzioni  sacre.  - 
Sacramento, neUa.iZhiesa.  cattolica,  segno  sensibile 
ed  efficace  della  grazia  santificante  (istituito,  se- 
condo la  tradizione,  da  Cristo).  :''ono  sette,  nel  cat- 
tolicismo:  il  battesimo,  la  cresima,  la  penitenza, 
r  eucaristia,  il  matrimonio,  l'ordine  sacro,  l'estrema 
unzione. 

HicoRRENZE.  —  Anniversario,  giorno  fìsso,  fra 
l'anno,  in  cui  si  celebra  la  memoria  delle  dedica- 
zioni delle  chiese,  la  coronazione  del  pontefice,  un 
funerale  annuo,  ecc.  -  Detto  anche,  ma  meno  fre- 
quentemente, annuale.  -  Annunziata,  Assunta,  Av- 
vento, Epifania,  Natale,  Pasqua,  Pentecoste  e  altre 
feste,  veggasi  a  cattolicismo  (pag.  477),  a  cìi- 
stianesinio,  a  Cristo,  a  doìnenica,  a  festa.  - 
Commemorazione,  festa  religiosa  in  ricordo  di  santi, 
defunti,  ecc.  -  Festività,  festa  solenne  della  Chiesa 
cattolica.  -  Giubileo,  festa  commemorativa  che  si 
celebrava  prima  ogni  cento  anni,  poi  ogni  cin- 
quanta, ora  anche  dopo  venticinque.  Veggasi  anc'ie 
a  peccato.  -  Ognissanti,  veggasi  a  santo. 


Inni,  salmi,  antifone,  versetti,  ecc. 


Deprofundis,  salmo  che  i  cattolici  recitano  per  i 
morti  (dire,  recitare  il  deprofundis).  -  Doppio,  di- 
cesi nell'ufficio  deila  Chiesa  quando  si   replica  la 


800 


CULTO 


recitazione  delle  antifone.  -  Forme  del  sacramento, 
le  parole  che  si  pronunziano  nell'alto  di  conferirlo. 

-  Geremia,  parte  dell'uffizio  della  settimana  santa.  - 
Gloria  Patri,  versetto  di  un'orazione  o  salmo  cat- 
tolico. ■  Graduali,  versetti  che  si  recitano  nella 
messa  avanti  l'evangelio;  i  quindici  salmi  che  al- 
cuni credono  fatti  sotto  il  ritorno  dalla  schiavitù 
di  Babilonia. 

Inno,  componimento  poetico,  che  si  canta  in 
onore  di  Dio  e  dei  santi.  •  Introibo,  le  preci  musi- 
cate che  precedono  il  Chirie.  •  Invitatorio,  V  anti- 
fona che  si  accompagna  al  salmo  in  principio  del- 
l'ufizio.  -  Itinerario,  preci  notate  sui  libri  ecclesia- 
stici per  coloro  che  viaggiano. 

Lamentazione,  quella  specie  di  poesia  malinconica 
che  fu  composta  dal  profeta  Geremia  e  si  canta  in 
chiesa,  nella  settimana  santa.  -  Magnificat  (vol- 
garm.  magnifica),  canto  alla  Vergine  che  comincia 
con  questa  parola.  -  Mementomo,  parola  che  il  sa- 
cerdote proferisce  il  giorno  delle  Generi.  -  Misererà, 
titolo  d'un  salmo  della  Chiesa  cattolica  che  co- 
mincia cosi. 

Offertorio,  antifona  composta  di  versetti  di  salmi, 
detta  anche  offerenda  perchè  si  cantava  dal  coro 
durante  Voblazione,^  ossia  durante  l'offerta  del  pane 
€  del  vino,  ad  imitazione  del  popolo  d' Israele.  - 
Omelia  {omilià),  ragionamento  sacro  sopra  il  Van- 
gelo, e  si  dice  anche  di  altri  discorsi,  e  particolar- 
mente dei  vescovi;  un  tempo,  le  esortazioni  e  i 
sermoni  dei  pastori  della  Chiesa  ai  fedeli,  tenuti 
nelle  assemblee  religiose. 

Pange  lingua,  le  due  prime  parole  di  un  inno 
celebre  nella  liturgia  cristiana,  attribuito  a  Venan- 
zio Fortunato,  a  san  Tommaso  d'Aquino  e  ad  altri. 

-  Parola  di  Dio,  le  istruzioni  religiose,  special- 
mente le  prediche.  •  Regresso,  la  ripresa  dopo  il 
versetto  o  il  salmo.  -  Responso,  quanto  si  legge  ne- 
gli uffici  sacri  dopo  le  lezioni  e  i  capitoli;  inno 
che  si  canta  a  risposte  tra  il  coro  e  i  cantatori.  - 
Responsorio,  lo  stesso  e  meno  comune  di  re- 
tponso.  ■        ■  A- 

Salmo,  canzone  sacra,  come  i  componimenti  di 
David.  -  Sequenza  dei  morti,  dies  irae,  inno  che  si 
canta  o  si  legge  dopo  il  graduale;  inno  dei 
morti,  cantato  dalla  Chiesa.  -  Stabat  Mater,  inno 
0  sequenza  della  Chiesa  cattolica,  dedicato  alla 
Vergine  addolorata  e  composto  di  strofe  di  tre 
versi  senza  misura,  ma  rimati  e  aventi  un  certo 
numero  di  sillabe.  -  Tratto,  cantico  di  più  versetti 
che  si  dice  dopo  l'epistola,  invece  dell'alleluia,  dalla 
settuagesima  sino  a  Pasqua.  -  Versetto,  membretto 
della  Scrittura  e  dell'ufizio. 


Edifici  per  il  culto. 
Lreni.  —  CosK  varie.  —  Persone. 


Edifici:  la  basilica,  il  battistero  (veggasi  a  bat- 
teshno),  la  catacomba,  il  campanile,  la  cer- 
tosa, la  chiesa,  il  chioatro,  il  convento,  Vedi- 
cola,  il  minareto,  la  moschea,  Voratorio,  la 
pagoda,  la  sagrestia,  la  sinagoga,  il  tem,- 
pio,  ecc.  •  Sacra,  io,  luogo  dove  si  buttano  le  la- 
vature dei  vasi,  dei  panni,  o  sim. ,  che  servono  al 
sacrifizio. 

Libri.  —  Antifonario,  raccolta  dei  canti  della 
Chiesa  cristiana,  dovuta,  vuoisi,  a  Gregorio  Magno. 
•  Bibbia,  il  corpo  delle  Scritture  cristiane.  -  Bre- 


viario, libro  nel  quale  sono  le  ore  canoniche  o 
tutto  l'ufficio  divino.  -  Direttorio,  calendario  che 
serve  di  regola  ai  sacerdoti  per  la  celebrazione 
della  messa  e  la  recitazione  dell'ufficio.  -  Filotea, 
detto  di  qualunque  libro  di  divozione.  -  Ordinario, 
il  libro  della  liturgia.  -  Oliavano,  il  libro  liturgico 
che  contiene  quello  che  si  deve  recitare  all'ufficio 
delle  ottave.  •  Pontificale,  libro  delle  preghiere  e 
delle  cerimonie  per  norma  del  vescovo  e  del  prelato. 
-  Protovangelo,  primo  vangelo.  -  Rituale,  libro  che 
insegna  i  riti,  le  cerimonie,  e  contiene  preghiere 
e  altre  cose  spettanti  all'amministrazione  dei  sacra- 
menti e  alle  funzioni  dei  sacerdoti.  -  Vangelo, 
libro  del  Nuovo  Testamento,  nel  quale  si  narra  la 
vita  di  Cristo.  -  Veggasi  inoltre  a  libro  (libri  re- 
ligiosi). 

Cose  varie.  —  Abitino,  specie  di  amuleto  :  im- 
magine sacra  disegnata  su  una  pezzetta  di  panno,  o 
sacchettino  contenente  qualche  reliquia  sacra,  che 
si  porta  al  collo  per  divozione.  Detto  anche  breve, 
brevicino,  scapolare,  talismano.  -  Acqua  lustrale, 
quella  usata  dagli  antichi  a  spegnere  i  tizzi  dei 
sacrifizi;  Y acqua  benedetta  dei  cattolici.  -  Al- 
tare, tavola,  mensa  sulla  quale  offrire  il  sacrifizio 
a  Dio  0  agli  dèi.  -  Anclabri,  piccola  tavola  adope- 
rata a  modo  di  altare  e  sulla  quale  si  collocavano 
gli  utensili  del  sacrificio.  -  Ara,  antico  altare.  - 
Ascia  pontificale  (dolabra  pontificalis),  la  scure  ado- 
perata ad  abbattere  la  vittima  in  un  sacrifizio. 

Benda,  specie  di  cuffia  portata  dagli  antichi  sa- 
cerdoti, specialmente  da  quelli  addetti  al  culto  di 
Vesta.  -  Belili,  pietre  meteoriche,  oggetto  di  culto. 

Caaba,  pietra  nera,  cubica,  che  è  oggeto  di  ve- 
nerazione fra  i  musulmani.  -  Cabiri,  ogge  tto  di  mi- 
sterioso culto  nell'Egitto,  nella  Samotracia, /e  da  cui 
sembra  derivassero  i  misteri  di  Iside,  di  C  erere,  di 
Mitra,  di  Bacco,  ecc.  -  Capedo,  vaso  di  terracotta 
per  vino,  usato  nei  sacrifizi.  -  Catino,  piatto  pro- 
fondo, di  varia  materia,  nel  quale  si  portavano  al 
sacrifizio  i  pezzi  d' incenso.  -  Cesta  [cista),  pa- 
niere, scatola,  cassetta  in  cui  si  riponevano  gli  ar- 
nesi sacri.  -  Clunabolo  {clunabulum),  il  coltello  col 
quale  il  cultrarius  apriva  le  viscere  delle  vittime. 

Focaccia  (libiim),  specie  di  biscotto  composto  di 
farina,  latte,  uova  e  olio,  per  offerte  agli  dèi.  - 
Focus  turicremus,  braciere  o  caldano  di  me- 
tallo, con  due  maniglie:  lo  si  collocava,  nelle 
occasioni  solenni,  davanti  all'altare  o  alla  statua 
della  divinità,  per  ardervi  incenso.  -  Gabbia  {ca- 
vea), la  stia  nella  quale  si  custodivano  i  polli 
sacri.  -  Guanciale  (pulvinar),  letto  con  cuscini, 
sopra  i  quali  si  esponevano  le  immagini  degli  dèi, 
nella  solennità  del  lectisternium.  -  Infula,  fiocco  di 
lana,  bianca  o  colorata,  annodata  ad  eguali  inter- 
valli con  un  nastro  {vitta),  in  modo  da  formare  un 
lungo  cordone:  i  sacerdoti  e  le  Vestali  lo  adopera- 
vano per  ornare  la  vittima  preparata  al  sacrinzio, 
per  decorare  templi,  are,  ecc. 

Linteo,  pannolino  usato  nei  riti  religiosi.  -  Lituo 
{lituus),  la  verga  d'un  àugure.  -  Martello  (malleus), 
grosso  maglio  di  cui  si  serviva  il  pontefice,  nei  sa- 
crifizi, per  atterrare  il  bue,  prima  che  il  cultrarius 
gli  tagliasse  la  gola.  -  Mensa  sacra,  tavola  di  mar- 
mo, oro  e  argento,  che  anticamente  serviva  a  mo' 
di  altare.  -  Ostia,  anticara.,  la  vittima  del  sacri- 
fisio;. neUsi  Chiesa  cattolica,  il  pane  che  il  prete 
consacra  nella  messa.  -  Popano,  focaccia  rotonda 
usata  nei  sacrifizi. 

Sacena,  o  scena,  vecchio  nome  latino  della  scure 
a  due  tagli.  -  Secespita,  il  coltello  adoperato  nei  sa- 


CULTO 


CUNEO 


sui 


crifizì.  -  Serto  {serta),  festone  o  lunga  treccia  di  più 
fiori  legati  insieme  e  adoperato  a  ornare  altari, 
templi,  ecc.  -  Sistro,  sorta  di  sonaglio  usato  dagli 
Egiziani  nelle  cerimonie  d'Iside.  -  Stagnala  (guttus), 
orciuolo  usato,  nei  sacrifizi,  per  versare  il  vino 
nella  patera,  o  tazza,  vaso  circolare  incavato. 

Tirso,  lungo  bastone  (i)  portato  da  Bacco  e  dai 
suoi  adoratori.  -  Tripode  (triptis),  sgabello  sul  quale 
sedeva  la  sacerdotessa  Pitia.  -  Turibolo,  vaso  per 
ardervi  Vincenso.  -  Vaso  {labium),  fonte  di  acqua 
lustrale  all'entrata  d'un  tempio  pagano.  -  Per  molte 
altre  cose,  veggasi  a  cattolUismo  (pagina  457),  a 
chiesa  (pag.  526),  a  cristianesimo,  a  Cristo,  a 
religione. 

Persone.  —  Bigotto,  chi  ha,  o,  piuttosto,  o- 
stenta  soverchio  zelo  nelle  pratiche  del  culto.  - 
Divoto,  chi  ha  divozione,  afletto,  fervore  per  le 
cose  sacre.  •  Esorcista,  chi  esorcizza,  fa  ['esorci- 
smo. -  Idolatra,  chi  professa  ['idolatria.  -  Penitenti, 
coloro  che,  isolatamente  o  in  comune,  si  applicano  ad 
una  vita  di  mortificazione  o  di  astinenza.  -  Ritualista, 
scrittore,  compilatore  dei  riti  ;  dotto  nei  riti.  -  Sa- 
cerdote, ministro  del  culto.  -  Turiferario,  colui 
che,  nelle  funzioni  ecclesiastiche,  porta  il  turibolo. 

Veggasi  inoltre  a  cattolicisnio  (pag.  476),  a 
ihierico,  a  chiesa  (pag.  529-530),  a  cristiane- 
siìuo,  a  frate,  a  monaca,  a  prete,  a  sagre- 
stano. 

Culto.  Sollecitudine  nell'  adornare  {ornare), 
nel  curare,  nel  custodire  e  simili  :  riferito  al 
corpo  0  ad  altre  cose. 

Cultore.  Coltivatore,  agricoltore.  -  Cultore  di 
un'arte,  di  una  scienza,  ecc.,  chi  ne  fa  lo  studio, 
se  ne  occupa,  ne  ha  sollecitudine,  ecc. 

Cultura.  Coltivamento,  coltivazione;  il  lavoro 
de[[' agricoltore.  -  Figur.,  istrìvzione,  erudizione. 
Tessere  erudito,  dotto.  -  Incivilimento,  civiltà. 

Gujuino.  Pianta  aromatica  :  caro,  cornino,  co- 
rnino dei  prati. 

Cumulare  (cumulativo,  cumulato).  Ammucchia- 
re, far  mucchio;  ammassare,  mettere  insieme  : 
detto  specialmente  di  denaro.  -  Cumulatamente, 
pienamente.  -  Cumulativamente,  in  modo  cumula- 
tivo, in  complesso.  -  Cumulativo,  atto  a  cumu- 
lare. 

Cumulataiuente.  Pienamente,  in  modo  com- 
pleto. 

CumulatlTamente.  Veggasi  a  complesso  e 
a  insieme 

Cumulativo.  Atto  a  cutnulare. 

Cumulo.  Monte,  mucchio  di   cose   cumulate. 

-  Forma  di  nube. 
Cuna.  Detto  a  culla. 

Cuneiforme.  A  forma  di  cuneo,  -  Aggiunto 
di  antica  scrittura.  -  Forma  di  foglia. 

Cùneo.  Solido  che  dalla  base,  diminuendo,  va 
a  terminare  in  acuto;  pezzo  di  legno  o  di  ferro 
quadrangolare,  acuto  a  una  delle  estremità,  che  si 
mette  nella  spaccatura  dei  legni,  per  aiutare  a  fen- 
derli :  bietta,  conio,  zeppa.  -  Bietta  dicesi  anche  un 
pezzetto  di  legno  o  d'avorio  dell'arco  del  molino. 

-  Contrabbietta,  bietta  di  rinforzo  ;  ovvero  opposta 
ad  un'altra.  -  Bieltina,  piccola  bietta.  -  Otturatore, 
bietta,  in  genere,  d'ogni  forma.  -  Treppunte,  bietta 
a  triangolo  di  riempitura.  -  Ulivella,  cuneo  di  ferro 
per       tirar  su  sei.za  legature  pietre  e  simili,  insereri 


dolo  in  esse  per  la  via  di  un  foro  a  coda  di  ron- 
dine. -  Zeppa,  bietta,  conio  piccolo;  bietta  a  sdruc- 
ciolo diagonale. 

Cuneiforme,  a  forma  di  cuneo.  -  Smusso,  punta 
smussata  di  un  cuneo  o  di  un  corpo  qualunque. 

Abbiettare  (abbiettato),  ridurre  a  cuneo  ;  assotti- 
gliare, formare  a  cuneo.  -  Imbiettare  {imbiettato), 
mettere  una  bietta,  un  cuneo:  inzeppare.  •  Imbiet- 
tatura, operazione  dell'imbiettare.  -  Sbiettare  {sbiet- 
tato), cavare  la  bietta. 

Cùneo.  Veggasi  ad  esercito  e  a  teatro. 

Cunetta.  Veggasi  a  strada. 

Cunicolo.  Maniera  di  fortificazione.  •  La 
tana  sotterranea  di  alcuni  animali. 

Cuoca.  Femmin.  di  cuoco. 

Cuòcere  {cocente,  cotto,  coltura).  In  senso  at- 
tivo, mettere  al  fuoco  gli  alimenti  per  renderli 
atti  ad  essere  mangiati  o  migliori:  còcere,  cuci- 
nare, far  cuocere,  mettere  al  fuoco.  In  senso  neu- 
tro, di  vivanda  o  d'  altro,  subire  l' azione  del 
fuoco,  per  acquistare  le  condizioni  necessarie  al- 
l'uso proprio.  -  Cocente,  che  cuoce,  atto  a  cuocere, 
a  bruciare:  ardente,  eccessivamente  caldo.  - 
Cotto,  particip.  pass,  e  aggett.  da  cuocere.  Anche, 
sostantivam.:  «  un  cotto  di  fagiuoli  »  o  di  altre  ci- 
vaie, si  dice  per  indicare  tante  di  esse  quante  se 
ne  richiedono    a   farne  un  pasto   per   la  famiglia. 

-  Cotto  arrabbiato,  mal  cotto.  -  Colto  disfatto,  troppo 
cotto.  -  Collòio,  di  facile  cottura,  di  buona  cottola. 

Covaccino,  cotto  sotto  la  cenere,  e  dicesi  special- 
mente della  stiacciatina,  che  si  cuoce  in  tal  modo. 

-  Duro,  di  cottura  difficile  e  di  difficile  digestione. 
•  Guascotto,  aggiunto  di  cosa  quasi  cotta,  non  del 
tutto  cotta.  -  Passato  di  cottura,  cotto  troppo.  - 
Stracotto,  tracotto,  partic.  pass,  da  stracuocere,  tra- 
cuocere molto  :  troppo  cotto  ;  cottissimo.  Sostanti- 
vam., vivanda  di  carne  cotta  in  umido. 

Arrivata,  di  vivanda  troppo  cotta.  -  Uova,  patate, 
rape  cotte  sotto  la  cenere,  tenute  a  cuocere  sotto  la 
cenere,  dove  sta  un  po'  di  focarello,  o  dentro  un 
caldano,  dove  ci  sia  abbastanza  cenere  per  farlo. 

Assazione,  cocitura  di  checchessia  nel  suo  pro- 
prio sugo,  senza  aggiungere  altro  umido.  •  Coci- 
mento,  cozióne,  l'atto  del  cuocere,  ma,  per  lo  più, 
intendesi  dell'effetto  del  fuoco,  o  anche  semplice- 
mente del  caldo  suU'  animale  vivo.  Cozióne  è  solo 
drfl  linguaggio  scientifico.  -  Cocitura,  il  cuocere  che 
fa  il  fuoco  vivande  o  altro.  Nota  il  Tommaseo  che 
cocitura  è  propriam.  l'operazione  per  avere  la  cot- 
tura. Dicesi  anche  per  l'atto  e  il  grado  del  cuocere 
e  del  cuocersi.  -  Cottura,  il  cuocere,  il  modo  e  le 
condizioni  di  tale  operazione:  cocitura,  cotta,  cot- 
tola, cuocitura.  Cotta  si  usa  più  specialmente  però 
parlando  dello  zucchero.  -  Crògiolo,  cottura  lenta 
che  si  dà  alle  vivande  con  fuoco  temperato.  -  Ri- 
cotta, nuova  cotta,  seconda  cotta. 

Vabie  maniere  di  cuocere. 

Abbronzare,  abbronzacchiare,  abbronzire,  abbru- 
ciacchiare leggermente.  -  Abbrustolire  {abbrustolito), 
porre  alcuna'^cosa  al  fuoco,  si  che,  senza  ardere, 
ne  sia  più  che  abbronzata:  veggasi  a  bruciare, 
(pag.  325,  prima  colonna).  -  Alzare,  spiccare,  levare 
-il  bollore,  cuocere  al  primo  bollore,    veggasi  a  bol- 


(i)  Le  parole  ia  carattere  aldino  corsivo  portano  con  sé  un  richiamo,  un  riferimento,  come  fos- 
sero accompagnate  da  un  V  (vedi). 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


RI 


802 


cuòco   —   CUOIO 


lire.  •  Attaccare  (neutro)  dicesi  delle  vivande  in 
genere,  e  più  specialmente  della  carne,  quando, 
lasciate  a  fuoco  troppo  vivo  e  senza  liquido  suffi- 
ciente, aderiscono  al  fondo  della  cazzeruole,  dei  te- 
gami e  simili,  e  prendono  un  cattivo  sapore  o  ven- 
gono almeno  troppo  risecche  e  come  abbronzate. 

Biscottare  {biscottato),  cuocere  a  uso  biscotto.  - 
Bollire  a  ritrecine,  girando  vertiginosamente  come 
le  macine  di  un  mulino.  -  Bollire  scemo,  di  roba 
che  bolla  in  un  vaso  con  poca  acqua.  -  Brucia- 
re {bruciato),  avvivare  troppo  col  fuoco  :  di  vi- 
vande. 

Cociucchiare  {cociucchiato),  cuocere  alla  peggio.  - 
Concuòcere  {concotto,  concozione),  cuocere  bene,  in 
ogni  parte  ;  l' effetto  che  il  caldo  e  il  ghiaccio 
fanno  nelle  terre  o  nei  vasi.  Anche,  la  digestio- 
ne, ossia  l'operazione  che  lo  stomaco  fa  sui  cibi, 
e  del  cibo  che,  trasmutandosi  nello  stomaco,  passa 
in  alimento.  -  Cotticchiare  {cotticchiato),  cuocere  un 
poco,  dare  una  breve  cottura:  incuocere,  legger- 
mente cuocere,  scottare.  -  Crogiolare  {crogiolato),  neu- 
tro passivo,  cuocersi  bene,  stagionarsi,  avere  il 
fuoco  a  ragione  (detto  di  commestibili). 

Cuocere  a  bagnomaria,  mettendo  la  roba  in  un 
vaso  e  questo  in  un  altro  pieno  d'acqua.  -  Cuocere 
a  lesso,  allesso,  arrosto,  allo  spiede,  nella  pentola, 
sulla  gratella,  ecc.,  veggasi  a  cucinare.  Cosi  an- 
che per  il  significato  di  abbruciacchiare,  abbrustiare, 
abbrustolire,  crostare,  fermare,  friggere, .  rosolare  e 
altri  verbi.  -  Cuocere  al  primo  bollore,  delle  vi- 
vande che  cuociono  presto. 

Essere  a  mezza  colta,  o  semicolto,  o,  meglio,  se- 
micrudo, essere  poco  cotto  :  verdemezzo.  -  Essere  a 
segno,  a  cottura  perfetta,  essere  cotto  stagionata- 
mente. -  Essere  a  tiro,  in  stagione,  essere  cotto.  - 
Essere  di  prima  coltura:  si  dice  dei  legumi  che  cuo- 
ciono presto  ;  ma,  in  senso  traslato,  si  dice  di*  chi 
alle  prime  occhiate  si  innamora,  onde  poi  il  detto 
innamorato  cotto,  -  Essere  stracotto,  tracotto,  troppo 
cotto  :  biscotto,  cotto  e  biscotto,  passato  di  cot- 
tura. -  Essere,  venire  a  cottura,  al  punto  di  essere 
veramente  cotto.  -  Essere  di  prima  cottura,  che  si 
cuoce  al  primo  bollore. 

Grillettare  (grillettato),  cuocere  adagio,  crogiuo- 
lare.  -  Incuocere  {incotto),  leggermente  cuocere.  - 
Intostire  {intostitó),  abbrustolire,  detto  specialmente 
del  caffè.  -  Ricocere,  ricuocere  {ricotto),  ripete  co- 
cere,  cuocere.  -  Sobbraciare  {sobbraciato),  cuocere 
sotto  la  bragia.  -  Stracuocere  {stracotto),  cuocere 
troppo,  troppo  lungamente. 

Toccare  il  giusto  punto,  cuocere  a  perfezione.  - 
Torrefare,  tostare,  tosticchiare  {torrefatto,  tostato,  to- 
succhiato),  l'abbrustolire,  detto  specialmente  del 
caffè. 

Cuoco  (cuoca).  Chi  cuoce  le  vivande  (veggasi  a 
vivanda)  ;  chi  fa  la  cucina  per  mercede,  ossia 
attende  al  cucinare,  nelle  case  private,  negli  al- 
berghi, ecc.  :  cèco,  cucinatore,  cuciniere  (cuciniera, 
cuoca)  ;  uomo  o  donna  di  cucina.  Il  cuoco  o  la 
cuoca  prepara  questa  o  quella  vivanda,  questa  o 
quella  pietanza,  applicando  il  condimento,  la 
salsa;  prepara  altresì  il  dolce  e  diverse  qualità 
di  bevanda  ed  ha  cura,  spesso,  di  ornare  in  va- 
rie guise  il  piatto  da  portarsi  sulla  mensa. 

Arte  del  cuoco  :  l'arte  di  ben  cucinare  :  arte  cu- 
linaria, della  cucina;  arte  leccarda;  arte  culindria 
(scherz);  boccolica,  buccolica:  arte  pappatoria; 
culinaria;  gastronomia;  scienza  della  cucina.  -  Capo 
dei  cuochi,  archimagiro,  arcicuoco,  capocuoco,  di- 
rettore della   cucina,   maestro  dei  cuochi,  soprac- 


cuoco.  -  Chef  de  cuisine  (frane),  o  anche,  sempli- 
cemente, chef,  il  capocuoco  d'una  cucina  d'albergo. 

-  Cuciniere,  il  cuoco  dei  conventi,  dei  convitti,  delle 
caserme  {ranciere).  -  Guattero,  sguattero,  cuoco  da 
poco.  -  Sottocuoco  {sottocuoca),  cuoco  (o  cuoca)  su- 
balterno ;  l'aiutante  del  cuoco. 

Mettere  a  tavola:  si  suol  dire  dei  cuochi  che 
preparano  il  pasto,  specialmente  se  per  molte  per- 
sone 0  se  molto  ragguardevoli.  -  Non  è  buono  di 
lessar  l'acqua  :  di  cuoco  non  capace. 

Cuoiaio.  Detto  a  cuoio. 

Cuoiame.  Veggasi  a  cuoio. 

Cuoio  (plur.,  cuoia).  Pelle  d'animali  conciata 
per  vari  usi,  dal  calzolaio  per  la  risolatura  della 
scarpa,  dal  bastaio  per  fare  diversi  oggetti,  ecc.  : 
coiame,  corame,  cuoiame,  pelle.  Secondo  gli  animali 
da  cui  si  trae,  dicesi  :  cordovano,  montoncino,  mon- 
tone, vacca,  vacchetta,  vitello,  vitello  pettinato,  ecc. 

Aluta,  eccellente  cuoio  che  i  Romani  ottenevano 
trattando  le  pelli  degli  animali  domestici  in  modo 
loro  proprio,  à  noi  sconosciuto.  -  Badana,  cuoio 
messicano  fatto  con  pelli  di  capra.  -  Bulgaro, 
sorta  di  cuoio  rosso  cupo,  odoroso,  usato  per 
vari  oggetti  di  lusso  e  per  legature  di  libro, 
che  salva  dall'  umido  e  da  insetti  nocivi.  E'  il 
cuoio    di   Russia,    detto    anche   Juften   o    Jtichteti. 

-  Chagrin  (frane),  cuoio  ottenuto  dalla  pelle 
di  asino  o  di  mulo:  segrino.  -  Corame,  cuoio  la- 
vorato con  modo  speciale  e  ridotto  assai  gentile 
per  uso  di  mobili  o  adornamenti  da  stanze,  come 
fu  costume  in  antico,  e  come  ora  si  ricomincia  a 
usare.  -  Cordovano,  cuoio  privilegiato  che  i  Mu- 
sulmani di  Spagna  fabbricavano  a  Cordova,  nel  se- 
colo X.  -  Cuoio  artificiale,  prodotto  che  si  prepara 
sovrapponendo  lastrine  di  collodio  e  poi  imbeven- 
dole di  gelatina:  lo  si  rende  impermeabile  umettandolo 
con  paraffina  incorporata  con  una  data  quantità 
di  olio  essiccante  -  Cuoio  fresco,  conciato  e  non 
ancora  asciugato.  -  Ctwio  d' Inghilterra,  di  vacca, 
di  bue  0  di  vitello,  lisciato  o  granito,  che  conserva 
il  color  fulvo  0  giallastro,  malgrado  il  sego  di  cui 
è  impregnato.  -  Cuoio  d'  Ungheria,  preparato  con 
cloruro  d'alluminio,  invece  che  con  tanno.  -  Cuoio 
duro,  quello  di  bue  e  di  bufalo,  secco  e  preparato 
per  l'esportazione.  -  Cuoio  lisciato,  cuoio  grosso  di 
vacca  0  di  bue,  messo  nel  sego,  tinto  in  nero,  e  del 
quale  si  sia  lisciata  la  grana.  -  Cuoio  sbresciato, 
forte  e  liscio,  impiegato  per  fare  le  suole  esterne 
di  calzature  leggiere  e  le  interne  di  calzature 
grosse.  -  Cuoio  verniciato,  quello  al  quale  fu  data 
una  vernice  lucida  durevole  :  per  lo  più,  é  un  ma- 
rocchino spalmato  di  coppale.  -  Ji<c/ito  (russo;  ted., 
juchten),  il  bulgaro  ;  il  cuoio  di  Russia.  -  Maroc- 
chino, marrocchino,  sorta  di  cuoio  di  becco  o  di 
capra  conciato  con  la  galla  e  colorito  dalla  parie 
del  fiore.  •  Meschereccio,  corame  concio  in  allume. 

-  Sciavero,  pezzo  di  cuoio,  avanzo  delle  pelli  ven- 
dute a  taglio  -  Soato,  sovatto,  sugatto,  specie  di 
cuoio  del  quale  si  fanno  cavezze  ai  giumenti,  guin- 
zagli ai  cani,  ecc.  -  Sommacco,  cuoio  conciato  con 
la  pianta  di  tal  nome.  -  Vacchetta,  cuoio  vaccino.  - 
Zigrino,  pelle  di  mulo  o  d'asino  granulata. 

Cuoiaia  (coiaia),  bottega  nella  quale  si  vendono 
cuoiami. 

Cuoiaio,  chi  fa  commercio  di  cuoio,  fabbricato  dal 
conciatore  (vegg.  a  concia):  femmin.,  cuoiaia.  Anche, 
l'artefice  che  rifinisce  i  cuoi  lavorati  dal  concia- 
tore, rammollendoli  in  truogolo;  poi,  alquanto  ra- 
sciutti,  distendendoli  bene  con  l'orbello  e  lustrandoli 
con  la  liscia  sul  banco   inclinato.  •   Cuoiame,  co- 


803 


iame,  quantità  di  cuoio  di  più  qualità:  pellame, 
pelletteria.  -  Cuoieria,  coieria,  bottega  di  coianii.  - 
Guiggia,  striscia  di  cuoio;  cinghia.  ■  Pezzo  di  awio[: 
coiaccio,  coiattolo,  coiazzolo,  coietto,  cuoietto;  lim- 
bello, limbelluccio  ;  pilorcio,  ritaglio  di  cuoio.  - 
Stringa,  striscia  stretta  di  cuoio  che  serve  per 
allacciare.  -  Striscia,  pezzo  più  lungo   che  largo. 

Incoiare,  incuoiare  {incoiato,  incuoiato),  prendere 
consistenza  di  cuoio.  -  Scoiare,  scuoiare  (scoiato, 
scuoiato),  levare  il  cuoio.  -  Scarnatura,  raschiatura 
di  cuoio  concio.  -  Sfesso,  il  cuoio  non  cucilo  in 
tutta  la  sua  grossezza. 

Butteri  del  cuoio,  segni  del  cuoio  simili  a  quelli 
che  lascia  il  vaiolo.  -  Coriaceo,  tutto  ciò  che  ha 
l'aspetto  del  cuoio  od  ofl're  al  tatto  la  sensazione 
caratteristica  del  cuoio. 


Lavorazione   e   puepabazioni    speciali 

DEL    cuoio. 


I  cuoi  duri  si  impiegano  quali  escono  dalla  con- 
cia; ma  non  è  lo  stesso  dei  cuoi  morbidi,  desi- 
nati alla  fabbricazione  delle  trombe  degli  stivali, 
delle  tomaie  da  scart^e,  degli  stivaletti,  ecc.,  in  ge- 
nerale ai  lavori  da  calzolaio,  da  sellaio,  da  vali- 
giaio, i  quali  richiedono  molta  elasticità  e  morbi- 
dezza, qualità  di  cui  mancano  e  che  bisognerà  dar 
loro  mediante  una  serie  di  manipolazioni  speciali 
che  variano  a  seconda  dello  scopo  propostosi. 

Cuoi  DISTESI.  —  La  prima  di  tali  operazioni  è 
Yimmersione  nell'acqua,  che  ammorbidisce  i  cuoi  ; 
quindi  si  rammolliscono  calcandoli,  il  che  si  fa  con 
i  piedi  o  mediante  una  bicornia  di  legno  Ciò  fatto, 
i  cuoi,  distesi  sopra  un  cavalletto,  sono  ripuliti  dalla 
parte  della  carne,  passandoci  sopra  un  coltello  con 
taglio  smussato;  poi  si  procede  allo  scarnamento, 
operato  dalla  stessa  parte  del  cuoio  allo  scopo  di 
diminuirne  la  grossezza,  e,  per  conseguenza,  au- 
mentarne la  elasticità;  l'operazione  si  effettua  sul 
cavalletto  o  sopra  una  tavola,  mediante  un  coltello 
tagliente,  col  Ilio  ribattuto  a  squadra,  dello  coltello 
a  rovescio,  o  scarnatoio,  munito  di  due  manichi,  uno 
dei  quali  orizzontale,  cioè  nell'  asse  della  lama,  e 
l'altro  verticale.  Lo  scarnamento  è  fatto  per  otte- 
nere una  grossezza  uniforme  e,  per  conseguenza, 
di  togliere  la  pellicella  che  continua  su  tutta  la  su- 
perficie del  cuoio,  ovvero  alcune  parti  soltanto 
sporgenti.  Si  terminano  parimente  con  lo  scarna- 
toio i  cuoi  segati,  già  pomiciati  con  la  pietra.  Segue 
la  tiratura  al  guardamano:  i  guardamani  sono  stru- 
menti di  legno  duro,  piani  di  sopra,  ricurvi  e  ri- 
gati, con  scanalature  trasversali  poco  profonde  di 
sotto,  con  la  parte  superiore  munita  di  un'impu- 
gnatura obliqua,  di  legno,  e  di  una  fascia  di  cuoio 
analoga  a  quella  che  guarnisce  la  spazzola  di  un 
lucidatore  di  pavimenti.  Si  procede  incominciando 
col  piegare,  dalla  parte  del  pelo,  una  quarto  della 
pelle  in  opera  ;  allora  si  avanza  il  guardamano  e  si 
ritira  fortemente  indietro,  spingendo  a  sbalzi  quel 
quarto  di  pelle,  il  quale  sfrega  contro  il  mezzo  della 
pelle;  e,  quando  si  è  finito  con  un  quarto,  se  ne 
prende  un  altro,  e  così  di  seguito  sino  alla  fine. 
L'operazione,  ripetuta  sulla  parte  del  pelo,  abbatte 
la  grana  precedentemente  formatasi  e  rende  la  pelle 
più  liscia  e  più  morbida  ;  per  taluni  cuoi  si 
riesce  talvolta  ad  ottenere  il  miglior  risultato  pos- 
sibile con  guardamani  piani  di  sughero.   Per  ren- 


dere i  cuoi  uniformi  più  che  sia  possibile,  si  fa 
quindi  subire  loro  l' operazione  del  distendimento 
propriamente  detto,  che  consiste  nel  raschiare  i 
cuoi,  calcandoli  fortemente  contro  una  lastra  di 
ferro  o  di  rame.  Dopo  si  procede  al  pareggio:  di- 
stesi che  siano  i  cuoi  sopra  un  bastone  orizzontale, 
si  toglie  via,  mediante  un  coltello  anulare,  dalla 
parte  della  carne,  tutto  ciò  che  le  operazioni  pre- 
cedenti potrebbero  aver  lasciato  sussistere,  parti 
sporgenti. 

Metodi  meccanici.  —  Nelle  grandi  officine  la  cal- 
catura è  surrogata  dall'azione  di  una  macchina  per 
battere,  che  agisce  come  un  bilanciere  il  cui  mar- 
tello desse  duecento  colpi  al  minuto  in  media,  e 
un  operaio  sposta  il  cuoio  posto  sopra  una  tavola  di 
legno,  per  presentare  alla  macchina  successivamente 
tutte  le  sue  parti.  Le  macchine  per  iscarnare  ser- 
vono allo  sborramento,  o  depilazione,  e  allo  scarna- 
mento delle  pelli  di  pecora,  destinate  ad  essere  ma- 
rocchinate; inoltre,  alla  preparazione  delle  stesse  pelli 
conciate,  dopo  il  loro  passaggio  nel  bagno  di  som- 
macco.  Una  tavola  mobile,  la  cui  altezza  si  regola 
in  rapporto  al  cilindro,  si  trae  dietro  la  pelle  nel 
suo  movimento  di  traslazione  al  disotto  del  cilindro 
lavoratore  ;  questo  è  guarnito  di  due  serie  di  lame 
disposte  ad  elice  alla  sua  circonferenza.  Si  sur- 
rogano i  cilindri  guarniti  di  coltelli  d' acciaio  che 
servono  allo  scarnamento  e  allo  sborramento,  me- 
diante altri  di  ardesia,  per  mettere  in  carne,  ovvero 
per  iscarnare  cuoi  conciati,  mediante  cilindri  di 
rame  guarniti  di  elici  doppie  dello  stesso  metallo. 
Si  chiama  margherita  meccanica  il  gran  guardamano 
di  legno  che  serve  al  cuoiaio  per  distendere  il 
cuoio,  dargli  la  grana,  ecc. 

Cuoi  in  sego,  cuoi  in  olio.  —  1  cuoi  che  si  met- 
tono in  commercio,  dopo  aver  fatto  loro  subire 
semplicemente  le  operazioni  descritte,  ricevono  il 
nome  di  cuoi  distesi.  Sono,  in  generale,  cuoi  di  vac- 
ca sottili  0  di  bue  giovine  e  servono  nelle  calzo- 
lerie per  fare  le  prime  suole  e  le  suole  leggiere.  I 
cuoi  in  sego,  pure  usitatissimi,  si  ottengono  coi  me- 
todi seguenti:  si  ai'tJamparìo  leggermente  a  un  fuoco 
vivo  i  cuoi  distesi  ;  poi  si  spiegano  sopra  una  ta- 
vola, e  si  applica  su  ambe  le  faccie,  su  quella  an- 
zitutto dalla  parte  della  carne,  che  ne  esige  una 
maggiore  quantità,  del  sego  fuso  mediante  un  pen- 
nello di  lana.  Ciò  fatto,  si  lascia  il  cuoio  imbeversi 
di  sego  per  tutta  una  giornata  o  press'a  poco;  al- 
lora si  calca,  si  passa  il  guardamano  dalla  parte 
della  carne,  poi  lo  si  pareggia  dalla  parte  del  pelo 
per  renderlo  liscio,  e  finalmente  si  asciuga  per  toglier 
via  l'eccesso  del  sego.  Subito  dopo  avere  asciugato 
il  cuoio,  lo  si  passa  al  nero.  Il  liquido  adoperato 
a  tal  uso  è  l'acetato  di  ferro,  che  si  distende  sul. 
cuoio  mediante  una  spazzola  comune  o  un  cencio 
di  lana,  per  tre  volte,  e  avendo  cura  di  seccare  e 
di  passare  il  coltello  sordo  {etire)  fra  ogni  strato  di 
tintura.  Si  dà  la  grana  col  guardamano,  si  stro- 
piccia col  cencio  di  lana  per  digrassare  ;  si  passa 
di  nuovo  al  guardamano  fine  ;  da  ultimo,  si  lucida 
il  cuoio  con  lo  stendervi  sopra  decotto  di  berbero  o 
birra  infortita  inzuccherata.  Sostituendo  al  sego 
fuso  il  degras  dei  cuoiai,  miscuglio  di  olio  di  pe- 
sce e  di  potassa,  che  ha  già  servito  a  camosciare 
le  pelli,  si  ottengono  i  cuoi  in  olio.  I  cuoi  in  sego 
0  in  olio  si  tingono  nella  stessa  guisa;  ma  accade 
che  si  conservi  loro  il  color  naturale.  In  questo 
caso  i  cuoi  bianchi,  bene  asciugati,  sono  immedia- 
tamente lucidati  mediante  un'infusione  di  zafferans 


804 


0  di  grana  d'Avignone  nella  birra.  Tinti  o  no,  si 
lisciano  infine  i  cuoi,  cosi  conciati,  con  istrumenti 
detti  liscie  di  vetro,  di  agata  o  di  legno  duro,  ov- 
vero si  fanno  subire  loro  nuove  operazioni  più  in- 
nanzi descritte. 

Vitelli  incerati.  —  Usati  in  gran  copia  dal  cal- 
zolaio sono  i  cuoi  in  olio.  Dopo  le  operazioni  de- 
scritte, si  imbiancano  levando,  con  lo  scarnatoio 
0  col  coltello  tagliente,  una  pellicciattola  molto  uni- 
forme dalla  parte  della  carne.  Quindi  si  passa  il 
guardamano  di  sughero,  per  far  montare  la  grana 
sulla  parte  del  pelo  ;  poi  si  incera.  L' inceratura  con- 
siste nel  distendere  con  la  spazzola,  dalla  parte 
della  carne,  un  miscuglio  ben  omogeneo  di  sego 
fuso,  di  olio  di  pesce,  di  miele  e  di  nerofumo;  vi  si 
passano  sopra  due  strati  successivi  di  colla  di  pe- 
sce leggera,  poi  si  liscia  e  si  fa  rasciugare  al  co- 
perto dei  raggi  solari.  Per  la  fabbricazione  delle 
trombe  da  stivali  e  di  stivaletti,  il  vitello  incerato 
è  prima  tagliato  a  pezzi  di  forma  e  dimensioni  ac- 
concie, che  quindi  sono  affidate  a  macchine  da  cur- 
vare, che  danno  loro  la  forma  necessaria. 

Cuoi  verniciati.  —  Si  preparano  con  pelli  di 
vacca  e  di  vitello  trattate  come  le  precedenti,  os- 
sia in  olio,  e  quindi  lavorate  come  i  cuoi  destinati 
ad  essere  incerati  ;  allora  passano  nelle  mani  de! 
verniciatore.  La  verniciatura  dei  cuoi  comprende 
tre  operazioni:  Vincollatura,  la  saldatura,  h  verni- 
ciatura propriamente  detta.  L'incollatura,  operazione 
preparatoria,  ha  per  oggetto  di  fissare  intieramente 
alla  pelle  la  saldatura,  che  sarà  applicata  poi;  il 
che  si  fa  con  un  leggero  strato  di  colla  da  guanti 
disteso  con  una  spazzola  sopra  la  superficie  da  ver- 
niciarsi, poi  rasciugato  ad  un'alta  temperatura. 
Quindi  vi  si  passa  sopra  la  pietra  pomice  e  si  liscia, 
per  addolcire.  La  saldatura  ha  per  oggetto  di  for- 
mare un  fondo  perfettamente  liscio  per  stendervi 
poi  la  vernice  trasparente,  e  per  conseguenza  essa 
consiste  nell'otturar  bene  tutti  i  pori  della  pelle 
mediante  un  mastice  speciale,  che  successive  impo- 
miciature uniscono  a  perfezione.  Questo  mastice,  o 
saldatura,  ha  per  base  l'olio  di  lino  reso  essiccativo 
per  mezzo  dell'  aggiunta  del  dieci  per  cento  di 
biacca  e  altrettanto  di  litargirio,  e  cotta  a  consi- 
stenza siropposa  ;  ci  si  mescola  della  creta  in  pol- 
vere sottilissima  o  qualche  ocra,  secondo  la  finezza 
della  pelle  da  rinforzare,  e  del  nero  d'avorio  o  ne- 
rofumo. Allora  si  distende  la  saldatura,  a  freddo, 
mediante  un  raschietto  d'acciaio,  sulla  parte  della 
carne  o  su  quella  del  pelo,  secondo  i  bisogni  della 
fabbricazione  ;  sulla  parte  della  carne  per  i  cuoi  li- 
sci e  sulla  parte  del  pelo  per  i  cuoi  granellosi.  Si 
danno  dapprima  tre  strati  successivi,  lasciando  fra 
ciascuno  di  essi  un  intervallo  di  alcuni  giorni,  ne- 
cessario per  ben  asciugare,  dopo  di  che  si  pareggia 
la  superficie  con  la  pietra  pomice;  si  danno  di  nuo- 
vo vari  strati  di  saldatura,  pomiciando  ogni  strato 
a  sua  volta,  finché  siasi  ottenuto  il  risultato,  cioè 
un  fondo  perfettamente  piano  e  liscio.  Si  termina 
la  saldatura  dando,  con  un  pennello  fine,  cinque  o 
sei  strati  del  miscuglio  indicato,  ma  senza  l'ocra  o 
la  creta,  e  chiarito  con  la  essenza:  di  trementina, 
affinchè  gli  strati  siano  leggerissimi  ;  il  che  dà  un 
fondo  morbido  e  che  ha  ricevuto  il  lustro  neces- 
sario per  prendere  la  vernice.  Dopo  l'applicazione 
di  ciascuno  di  tali  strati,  si  asciuga  alla  stufa  la 
pelle  sospesa  a  bacchette  ;  e  quando  l'ultima  è  com- 
pletamente asciugata,  si  procede  ad  una  definitiva 
tmpommatura  con  un  guancialetto  di  lana  e  po- 
mice in  polvere  impalpabile.   A  questo  punto  non 


resta  che  passare  alla  verniciatura,  ossia  all'appli- 
cazione della  vernice  sopra  il  cuoio  per  mezzo  di 
un  pennello  fine,  detto  coda  di  merluzzo,  che  serve 
anche  a  stendervi  la  salda.  Il  cuoio  è  inchiodato 
sopra  una  tavola  avvolta  in  una  massiccia  coperta 
di  lana  foderata  di  carta,  per  prevenire  le  macchie, 
e  la  verniciatura  si  eftettua.  Secondo  la  natura 
delle  pelli,  variano  la  consistenza  delle  salde  e 
della  vernice,  nonché  il  numero  degli  strati  suc- 
cessivi di  ciascun  intonaco  da  applicar  loro. 

Cuoi  all'ungherese.  —  Si  chiamano  cuoi  all'un- 
gherese, 0  cuoi  di  Ungheria,  quelli  alla  preparazione 
dei  quali,  invece  di  tanno,  si  adopera,  ripetiamo, 
il  cloruro  di  alluminio  ottenuto  mediante  la  doppia 
decomposizione  dell'allume  e  del  cloruro  di  sodio 
(sale  da  cucina).  Per  ottenerli  si  adoperano,  spe- 
cialmente, pelli  di  bue  ;  ma  quelle  di  vacca  e 
di  cavallo  entrano  pur  esse  in  larga  parte  nella 
fabbricazione  di  tali  cuoi,  usati  sopratutto  dai 
sellai,  dai  valigiai  e  dai  fabbricanti  di  car- 
rozze. Senonchè,  quando  sia  in  pelle  di  vacca, 
il  cuoio  di  Ungheria  diventa  cuoio  di  Germania. 
Una  delle  differenze  notevoli  che  caratterizzano  il 
trattamento  delle  pelli  mediante  questo  doppio  me- 
todo si  è  che,  invece  della  spelatura  alla  radice, 
esse  sono  semplicemente  lavate  e  nettate  con  cura  al 
fiume,  poi  rasate.  Quindi  viene  lo  scarnamento. 
Dopo  di  che  le  pelli  sono  immerse  e  pestate  in 
lina  soluzione  calda  di  tre  parti  di  allume  e  di 
due  parti  di  sale  marino,  poi  nell'acqua  calda  pu- 
ra: questa  doppia  operazione  è  ripetuta  per  una 
seconda  volta,  poi  si  lasciano  le  pelli  ad  inzuppare 
nell'acqua  alluminata  per  otto  giorni,  in  capo  ai 
quali  si  fanno  asciugare  all'aria  aperta,  o  alla  stufa, 
secondo  il  tempo.  Quando  le  pelli  sono  completa- 
mente asciutte",  se  ne  raddrizzano  le  piegature  che 
possono  aver  preso  e  si  pestano  fortemente  per  am- 
morbidirle il  più  che  sia  possibile  e  prepararle  a  ri- 
cevere il  sego  ;  dopo  di  che  si  espongono  al  sole 
per  farle  imbiancare.  Allora  si  procede  alla  insega- 
tura, operazione  che  consiste  nello  spalmarle  di 
sego  strutto,  caldissimo,  di  cui  si  facilita  la  pene- 
trazione nei  pori  della  pelle  con  l'esporla  ad  un 
buon  fuoco  di  carbone.  Si  termina  distendendo  le 
pelli  sopra  graticci  o  pertiche  intrecciate,  dove  ri- 
cuperano la  loro  solidità.  I  cuoi  alla  ungherese 
sono  pregevoli  per  una  straordinaria  morbidezza, 
non  disgiunta  da  una  grande  consistenza. 

Apprettatura,  operazione  che  si  fa  mediante  ap- 
positi apparecchi,  sopra  oggetti  di  cuoio,  sopra 
stoffe  tessute,  carte,  pelliccie,  ecc.,  per  dar  loro 
maggior  lucidezza  e  maggior  intensità  di  tinte.  - 
Arrocchiare  un  pezzo  di  cuoio,  avvolgerlo.  •  Sfossare, 
operazione  che  comprende  il  cavar  le  cuoia  dai 
mortaio,  risciacquarle  in  acqua  chiara  e  disporle, 
pendenti  da  stanghe,  all'  aria  libera  e  all'  ombra, 
perchè  si  rasciughino,  -  Spazzare,  ripulire  le  cuoia 
dalla  polvere  della  concia,  con  una  granata.  Le 
cuoia,  rasciutte  e  spazzate,  si  ammontano  in  stia 
che  si  caricano  di  pietroni,  poi  se  ne  tanno  balle, 
ciascuna  di  un  convenuto  numero  di  pezzi,  le  quali 
si  vendono  ai  cuoiai. 


Arte  moderna  del  cuoiaio. 


Quanto  precede  si  riferisce  a  metodi  più  o  meno 
vecchi,  e,  allo  stato  attuale  dell'industria,  si  può 
concludere  come  segue  :  due  sono  i  sistemi  di  con- 


805 


ci\,  il  vecchio  e  il  nuovo;  concia  lenta  il  primo, 
co  icia  rapida  il  secondo.  La  concia  lenta  è  esclusi- 
vamente fatta  con  sistema  vegetale,  cioè  mediante 
corteccia  di  castagno,  di  quebraco,  di  quercia,  di 
sommacco,  di  vallonea.  La  concia  rapida  si  fa  con 
tannino  estratto  dalla  quercia,  dal  castagno,  dal  que- 
br.ico,  ecc.,  e  si  può  ottenere  tanto  col  sistema 
ve  letale  quanto  con  quello  minerale.  Quest'ultimo 
sistema  diversifica  però  dal  precedente,  in  quanto 
rende  la  pelle  più  morbida  e  più  resistente  ed  è 
oltremodo  celere.  Infatti,  se  un  tempo,  per  conciare  si 
impiegavano  otto,  nove  mesi,  e  persino  un  anno,  a 
seconda  della  natura  delle  pelli,  coi  nuovi  sistemi, 
scientificamente  perlezionati,  le  pelli  si  possono 
conciare  in  poche  ore.  Questo  sistema  viene  chia- 
mato concia  al  cromo,  e  i  primi  ad  adottarlo  fu- 
rono gli  Americani  del  Nord,  I  conciatori  usano 
tanto  l'uno  quanto  l'altro  sistema,  ma  le  pelli  che 
comunemente  si  adoprano  per  far  suole  da  calza- 
ture (bue,  vitello,  bufalo,  ecc.)  vengono  conciate 
con  l'antico  sistema,  ritenuto  ancora  il  migliore, 
poiché  la  concia  al  cromo  per  i  cuoiami  ha  dato 
risultato  negativo.  Con  tale  sistema  vengono  gene- 
ralmente conciate  le  pelli  d'agnelli  che  servono  per 
far  guanti. 

Allo  stato  attuale  il  lavoro  del  cuoiaio  può  es- 
sere compendiato  cosi:  dopo  la  concia,  il  cuoio, 
per  essere  posto  in  commercio,  subisce  varie  ope- 
razioni, le  quali  in  alcune  fabbriche  sono  praticate 
dallo  stesso  conciatore,  in  altre  dal  cuoiaio.  Anzi- 
tutto, le  pelli  sono  messe  ad  essiccare,  operazione 
che  esige  molta  cura  ;  poi,  prima  che  siano  intera- 
mente secche,  conviene  lisciarle,  stendendole  sopra 
un  piano  ben  pulito  e  strofinandole  con  la  scorza 
rimasta  sulla  superficie  della  fossa;  quindi  si  bat- 
tono coi  piedi,  specialmente  dalla  parte  della  carne. 
Dopo  l'essiccazione,  le  operazioni  successive  sono 
diverse,  secondo  che  si  tratti  di  cuoi  grossi  (da 
suola)  0  di  cuoi  sottili  (da  lavoro).  Convenendo  au- 
mentare la  consistenza  e  V impermeabilità  del  cuoio 
grosso,  nonché  renderlo  più  unito  e  più  liscio,  lo 
si  stende  sopra  una  pietra  ben  piana,  o  liscia,  o 
sopra  un  tavolo,  o  lo  si  batte  a  mano  con  martelli 
di  legno,  o  di  ferro,  o  di  rame.  Ma  a  questa  ope- 
razione (martellatura)  si  sostituiscono,  da  tempo, 
varie  macchine,  alcune  delle  quali  (Berendorf,  De- 
bergue,  ecc.)  per  pressione  ;  altre  ancora  (Stothert 
e  Pitt)  servono  a  cilindrare  i  cuoi,  invece  di  bat- 
terli. Dopo  battuti,  i  cuoi  vengono  messi  uno  sul- 
l'altro, e  si  lasciano  per  circa  un  mese,  rimovendoli 
di  tanto  in  tanto.  Molti  cuoi  si  rifendono,  cioè  ven- 
gono divisi,  per  gli  usi  speciali  a  cui  sono  desti- 
nati, e  anche  questa  operazione  {rifenditura)  è  ora 
disimpegnata  da  varie  macchine. 

Arte  propria  del  cuoiaio.  —  E'  costituita,  parti- 
colarmente, dalle  operazioni  alle  quali  si  sottomet- 
tono i  cuoi  sottili,  ossia  i  cuoi  da  lavoro.  Questi 
dapprima  vengono  follati,  e  la  follatura  è  pre- 
ceduta da  un'  immersione  dei  cuoi  nell'  acqua  ; 
umettati,  vengono  distesi  sul  graticcio,  utensile  di 
legno  avente  un  metro  quadrato  di  grandezza.  L'o- 
peraio folla  le  pelli  coi  piedi,  servendosi  di  stivali 
con  grosse  suole,  piegando  e  ripiegando,  coi  piedi 
stessi,  il  cuoio,  finché  l'acqua,  compenetrandolo,  lo 
abbia  rammollito  tutto  e  reso  arrendevole;  allo 
rtesso  scopo  serve  lo  strumento  bicorma,  mazza  di 
legno  con  lunghissimo  manico^  e  servono  anche, 
nelle  grandi  fabbriche,  macchine  speciali.  Altra  ope- 
razione é  quella  della  raschiatura,  e   serve  a  to- 


gliere le  fibre,  i  nodi  e  le  croste  ai  cuoi  e  per  ri- 
durne più  uniforme  la  grossezza:  all'uopo,  si  usa 
un  coltello  a  doppio  taglio.  Se  il  cuoio  avesse  certe 
parti  troppo  grosse,  lo  si  attacca  a  un  telaio  e  lo 
si  rispiana  nella  parte  tesa  con  un  disco  di  ferro 
acciaiato,  alquanto  concavo  e  bene  affilato.  Acca- 
dendo che,  durante  l'essiccazione,  le  fibre  restino 
alquanto  agglutinate  insieme  e  appaiano  liscie  e  di- 
suguali dal  lato  della  grana,  si  rende  a  questa  il 
rilievo  mediante  il  lisciamento,  o  margaritaggio,  che 
si  eseguisce  col  citalo  istrumento  detto  margherita, 
0  palmella,  pezzo  di  legno  duro,  di  forma  rettan- 
golare, 0  con  margherite  meccaniche,  costituite,  in 
generale,  da  un  settore  di  legno  duro,  animato  da 
un  movimento  di  va  e  vieni  e  da  un  altro  ascen- 
dente e  discendente.  I  cuoi  cosi  margarinati  diven- 
tano pieghevoli  ed  eguali  in  ogni  parte.  Per  impri- 
mere però  una  grana  artificiale  alle  pelli,  si  usano 
cilindri  armati  di  punte  tondeggianti,  che  si  impri- 
mono sopra  delle  piccole  incavature.  Dopo  avere 
dato  loro  la  grana,  si  lucidano  le  pelli  mettendole 
sopra  una  tavola,  col  lato  della  grana  in  alto,  e 
confricandole  con  un  pezzo  di  legno  coperto  di  su- 
ghero. Per  appianare  con  uniformità  le  pelli,  per 
disfare  le  pieghe  e  togliere  ogni  disuguaglianza,  le  si 
stendono  sopra  una  tavola  e  vi  si  fa  scorrere  sopra 
lo  stiratoio,  strumento  costituito  da  una  lamina  non 
tagliente  di  terrò,  di  rame,  di  ottone,  di  corno,  e 
armato  di  denti  smussati,  quando  si  tratta  di  pelli 
robuste  e  grosse. 

Con  tale  operazione,  detta  sbresciatura,  la  pelle  di- 
venta più  densa,  più  compatta,  più  eguale.  Per  rag- 
guagliare  le  pelli,  si  adopera  la  capra,  bastone  at- 
taccato a  due  robusti  .travicelli  fortemente  intro- 
dotti nel  muro.  Infine,  perché  le  pelli  abbiano  mor- 
bidezza e  cedevolezza,  si  pratica  l' ingrassamento 
(sulle  pelli  ancora  umide)  con  olio  di  pesce  e  per 
mezzo  del  fiocco,  specie  di  grosso  pennello,  fatto 
con  strisele  di  stoffa  grossolana. 

Nell'industria  moderna,  oltre  i  vecchi  arnesi  (ma- 
cina-molazzo,  botti  da  concia,  aspe,  tavoli  di  marmo, 
cavalietti  di  legno,  coltelli,  ecc.),  figurano  macchine 
per  depilare,  spaccare,  scarnare,  cilindrare,  bianchire, 
asciugare,  ecc. 

Cuore  {core).  Uno  dei  visceri  principali  dell'uo- 
mo e  dell'animale  ;  l'organo  della  circolazione  e, 
si  crede,  l'organo  del  sentimento.  Specie  di  cono 
cavo,  le  cui  pareti  sono  formate  di  sostanza  mu- 
scolare e  servono  a  mantenere  il  sangue  in  co- 
stante movimento.  La  punta  del  cuore  è  rivolta  in 
basso  e  a  sinistra,  mentre  la  superficie  del  cono 
{base  del  cuore)  guarda  in  alto,  a  destra  e  all'indie- 
tro.  Il  cuore  è  diviso  in  una  metà  destra  e  in  una 
metd  sinistra,  e  ciascuna  metà  si  divide,  a  sua 
volta,  in  una  cavità  superiore  {orecchietta)  e  in  una 
porzione  inferiore  {ventricolo)  ;  sicché  si  distinguono 
quattro  speciali  cavità,  le  due  orecchiette  e  i  due 
ventricoli.  Nelle  due  orecchiette  sboccano  le  grandi 
vene  del  cuore;  nell'orecchietta  sinistra  sboccano  le 
due  vene  polmonari  destre  e  le  due  vene  polmonari 
sinistre.  Dai  due  ventricoli  invece  hanno  origine  le 
due  grandi  arterie  del  cuore. 


Parti 


DEL  CUORE. 


Aorta,  grande  arteria  che  porta  il  sangue  dal  ve% 
tricolo  sinistro  del  cuore  e  in  tutte  le  parti  del  corpo. 


806 


-  Artet^ia,  ogni  vaso  conducente  il  sangue  rosso 
dal  cuore  a  tutte  le  parti  del  corpo.  -  Auricola, 
appendice  alla  parte  superiore  di  ciascuna  orec- 
chietta del  cuore.  E  auricolare,  dell'auricola,  appar- 
tenente air  auricola.  -  Auricolo-ventricolare,  nome 
generico  degli  orifici  che  fanno  comunicare  le  orec- 
chiette coi  ventricoli  del  cuore. 

Bozza  precordiale,  la  sporgenza  notevole  del  cuore 

-  Base,  il  segmento  inferiore. 

Coronarie,  le  arterie  che  girano  intorno  al  cuore 
e  ne  nutrono  le  pareti.  -  Endocardio,  rivestimento 
sieroso,  interno,  delle  cavità  del  cuore;  membrana 
sottile  che  riveste,  internamente,  le  cavità  del  cuore, 
e  i  loro  apparecchi  v4lvolari  {endocardiaco,  di- 
cesi dei  rumori  e  di  altii  fenomeni  che  hanno  sede 
nella  cavità  del  cuore).  -  Foro  del  Boiallo,  aper- 
tura, che  si  oblitera  dopo  la  nascita,  per  mezzo 
della  quale  nel  feto  comunicano  tra  loro  le  orec- 
chiette. -  Gorghi,  laghi,  ventricoli  del  cuore,  le  ca- 
vità di  esso. 

Infundibolo  del  cuore,  prolungamento  della  base 
del  ventricolo  destro,  donde  si  stacca  l'arteria  pol- 
monare. -  Lacerti,  due  prominenze  muscolari  pa- 
rallele ed  ineguali  della  superficie  interna  delle  au- 
ricole del  cuore.  -  Miocardio,  tessuto  muscolare  che 
torma  le  pareti  del  cuore.  -  Nervi  motori  del  cuore: 
si  trovano  in  piccolo  numero  nei  vaghi,  accanto 
alle  fibre  moderatrici,  ma,  in  massima  parte,  nei 
n'ervi  sensitivi  propri  del  cuore,  come  il  depressore 
di  Cyon,  che  è  il  più  noto. 

Pericardio,  il  sacco  membranoso  che  avviluppa 
il  cuore  :  è  formato  di  due  membrane.  -  Pina  del 
cuore,  la  parte  più  vitale  di  esso.  -  Regione  precor- 
diale :  è  compresa  tra  la  terza  e  la  settima  costola 
di  sinistra. 

Setto  auricolo-ventricolare,  quello  che  separa  i  due 
ventricoli  dalle  due  orecchiette,  -  Setto  interauri- 
colare,  setto  muscolare  che  separa  un'  orecchietta 
dall'altra.  -  Setto  interventricolare,  quello  che  separa 
i  due  ventricoli.  -  Sporgenza  del  cuore:  è  dovuta 
a  tutte  le  cause  capaci  di  esercitare  dall'interno 
una  compressione  sulle  costole  :  si  riscontra  a  pre- 
ferenza nei  giovani. 

Valvole,  duplicature  dell'  endocardio,  foggiate  a 
sacca  0  a  lembo:  regolano  il  passaggio  del  sangue 
dal  cuore  ai  vasi  o  fra  le  cavità   del  cuore  stesso. 

Valvola  mitrale,  collocata  snW  orifizio  auricolo- 
ventricolare  sinistro  (che  mette  in  comunicazione 
l'orecchietta  sinistra  col  ventricolo  sinistro)  ;  val- 
vola tricuspidale  o  triglochina  ai  margini  dell'ori- 
fizio  auricolo-ventricolore  destro  (che  mette  in  co- 
municazione r  orecchietta  destra  col  ventricolo 
destro).  -  Valvole  sigmoidee,  pieghe  membranacee, 
foggiate  a  guisa  di  valvole,  che  hanno  l' im- 
portante ufficio  di  impedire  il  ritorno  del  san- 
gue venoso  nel  ventricolo  destro,  dal  lato  dell'ar- 
teria polmonare. 

Vena  cava  superiore  e  inferiore,  due  grosse  vene 
che  finiscono  all'orecchietta  destra  del  cuore.  -  }en- 
iricoli  del  cuore,  due  cavità  muscolari  che  ricevono 
il  sangue  dai  seni  del  cuore  e  lo  spingono  nelle 
arterie  :  il  destro  di  cesi  anche  anteriore,  inferiore  o 
polmonale;  il  sinistro  chiamasi  anche  posteriore,  su- 
periore, od  aortico.  -  Ventricolo  aortico,  il  ventri- 
colo sinistro  del  cuore.  -  Veyitricoli  destro  e  sini- 
stro, orecchietta  destra  e  sinistra:  le  quattro  ca- 
vità situate  nelle  parli  inferiore  e  superiore  del 
cuore.  ^ 


Lavoro,  movimenti,  ecc.,  del  cuore. 


Considerando  il  cuore  come  una  pompa  aspirante 
e  premente,  mercè  l'uso  di  manometri  elastici  {sonde 
cardiografiche),  si  può  misurare  la  pressione  del 
sangue  nelle  sue  cavità  (escluso  il  seno  sini- 
stro) e  le  variazioni  che  essa  subisce  durante  le  fasi 
di  una  rivoluzione  cardiaca.  L'effetto  utile  del  cuore 
è  rappresentato  da  un  prodotto  di  due  fattori  :  cioè, 
la  pressione  sanguigna  ventricolare  nel  momento 
del  passaggio  del  sangue  nell'arteria  corrispondente 
e  la  quaìititd  di  sangue  che  viene  spinta  dal  ven- 
tricolo, ad  ogni  sistole,  nella  sezione  arteriosa  e  che 
corrisponde  alla  diminuzione  del  ventricolo  durante 
la  sistole  {valore  sistolico). 

Acinesi,  acinesia,  intervallo  che,  in  ogni  pulsa- 
zione, separa  la  sistole  dalla  diastole.  -  Auricolo- 
metallico,  il  rumore  del  cuore  che  dà,  all'orecchio, 
la  sensazione  di  un  colpo  a  suono  metallico.  -  Bat- 
tito, fenomeno  prodotto  dalle  contrazioni  e  dalle 
dilatazioni  alternate  del  cuore  e  delle  arterie:  bat- 
ticuore, battimento,  battuta,  palpitamento,  palpita- 
zione, pulsazione.  Il  battilo,  dì  solito,  è  regolare,  e 
nasce  da  causa  più  corporea  che  morale  ;  è  più  o 
meno  forte  secondo  le  complessioni.  Nel  linguaggio 
scientifico,  dicesi  anche  pulsazione.  La  battuta  è  il 
battito  0  pulsazione  solo  del  polso,  e  per  lo  più 
dinota  l'andamento,  Tintervallo  dei  battiti.  Il  batti- 
mento di  cuore  è  più  accelerato  del  semplice  e  na- 
turale battito  :  può  venire  da  fatica,  da  gioia,  da 
aspettazione  ansiosa,  da  qualunque  sia  subitaneo 
affetto,  dura  secondo  la  cagione  che  lo  fa  nascere, 
ma  non  lungo  tempo.  Il  batticuore  nasce  da  pau- 
ra^  da  timore,  da  dubbio  timoroso.  La  palpitazione 
può  venire,  come  il  batticuore,  da  agitazione  im- 
provvisa, da  gioia,  da  rabbia,  da  timore  e  simili,  o 
da  infermità,  e  restare  un  vizio  organico.  Il  pal- 
pitamento è  come  l'effetto  del  movimento  del  cuore 
che  dicesi  palpitazione. 

Compenso,  o  compensazione  :  dicesi  quando  il  cuore 
cerca  di  superare  tutte  le  difficoltà  che  gli  si  op- 
pongono, aumentando  la  capacità  di  lavoro,  mentre 
le  sue  pareti  si  fanno  più  spesse  {ipertrofia)  e  al- 
eni cavità  subiscono  una  dilatazione.  •  Diastole,  di- 
latazione del  cuore  e  delle  arterie  quando  il  san- 
gue entra  nella  loro  cavità.  Movimento  contrario 
alla  sistole. 

Fremiti  :  nascono  dentro  il  cuore  e  sono  generati 
dalle  vibrazioni  determinantisi  nella  colonna  san- 
guigna :  crescono  con  l'esagerazione  dell'azione  del 
cuore.  -  Grande  silenzio,  l'intervallo  fra  il  secondo 
e  il  primo  tono  o  rumore  cardiaco.  E  piccolo  si- 
lenzio l'intervallo  fra  il  primo  ed  il  secondo  tono 
0  rumore  cardiaco 

Impulso  doppio,  il  doppio  battito  del  cuore,  che 
è  assai  raro  e  si  riscontra  solo  negli  alti  gradi  di 
insufficienza  mitralica  e  tricuspidale  del  cuore.  - 
Itto  cardiaco  quella  pulsazione,  rilevabile  alla  ispe- 
zione e  alla  pulsazione,  che  si  avverte  in  corri- 
spondenza della  regione  precordiale,  ad  ogni  si- 
stole ventricolare. 

Il  movimento  del  sangue  avviene  sempre  soltanto 
in  una  direzione,  e  provvedono  a  ciò  gli  apparecchi 
valvolari.  Nel  limite  fra  orecchietta  e  ventricolo  si 
trovano  due  valvole:  quella  situata  a  sinistra  è 
detta  bicuspide,  quella  di  destra  tricuspide.  Il  ri- 
fiusso  del  sangue  dalle  arterie  nei  ventricoli  è  im- 
pedito dalle  valvole  semilunari.  Palpando   l'arteria 


CUORE 


807 


superficiale  del  polso,  si  può  sentire  il  palpito  del 
polso,  detto  onda  Per  sentire  la  qualità  del  polso, 
viene  di  solito  palpata  la  cosidetta  arteria  radiale. 

I  movimenti  del  cuore  consistono  in  restringi- 
menti e  dilatazioni  delle  due  cavità:  il  restringi- 
mento dicesi  sistole  e  la  dilatazione  diastole,  deno- 
minazioni che  si  riferiscono  tanto  ai  ventricoli 
quanto  ai  seni. 

Ritmo  cardiaco  chiamasi  il  modo  col  quale  i  mo- 
vimenti di  sistole  e  diastole  si  succedono, conservando 
una  durata  determinata,  relativa  e  assoluta.  -  Rivolu- 
zione cardiaca  chiamasi,  invece,  un  ciclo  completo 
di  movimenti,  e  prende  anche  il  nome  di  pulsa- 
zione (veggasi  a  polso). 

Palpito,  il  palpitare,  non  per  malattia.  -  Perisi- 
stole  (gr.),  il  tempo  che  trascorre  fra  due  successive 
pulsazioni  ;  intervallo  che  passa  fra  la  sistole  e  la 
diastole,  cioè  la  contrazione  e  la  dilatazione  del 
cuore  e  delle  arterie.  -  Polso,  movimento  di  dila- 
tazione comunicato  a  tutto  il  sistema  arterioso  dal- 
l'ondata del  sangue  che  vi  fa  penetrare  ciascuna 
contrazione  del  cuore. 

Rinculo,  movimento  che  il  cuore  suhisce  al  mo- 
mento della  propulsione  del  sangue  cagionata  dalla 
contrazione  delle  sue  pareti.  -  Rivoluzione  del  cuore, 
le  sistole  delle  orecchiette,  poi  quelle  dei  ventri- 
coli, la  loro  diastole,  la  loro  pausa  fino  al  ritorno 
di  ciascuno  di  questi  fenomeni.  -  Rumori  cardiaci  : 
si  generano  allorché  le  valvole  e  gli  orifici  valvo- 
lari sono  alterati  nella  loro  forma.  Si  distinguono 
in  intracardiaci,  che  sorgono  entro  le  cavità  del 
cuore,  e,  a  seconda  dei  casi,  prendono  il  nome 
di  organici,  anorganici  od  anemici,  e  in  extracar- 
diaci, che  nascono  fuori  dal  cuore  e  vanno  distinti 
in  petncardici  ed  estrapericardici. 

Scompenso  :  avviene  quando  il  cuore  comincia  ad 
essere  stanco,  e  cioè  nei  casi  mollo  avanzati.  I 
sensi  di  scompenso  però  possono  di  nuovo  dile- 
guarsi con  riposo  ed  opportune  cure  dietetiche.  - 
Sistole,  movimento  per  il  quale  il  cuore  e  le  ar- 
terie si  restringono  allorché  il  sangue  n'  è  spinto 
fuori  ;  stato  del  cuore  in  cui  le  fibre  muscolari  sono 
in  contrazione,  determinando  così  il  loro  restrin- 
gersi, cioè  lo  scemare  del  loro  volume  e  delle  loro 
cavità  in  tutti  i  diametri  ad  un  tempo.  -  Soffio,  il 
rumore  che  si  percepisce,  mediante  1'  ascoltazione, 
nel  cuore,  nei  bronchi  e  nei  polmoni.  -  Sussulto, 
scossa  improvvisa  del  cuore,  dei  nervi,  ecc.,  per 
contrazione  convulsiva. 

Toni  cardiaci,  rumori  che  si  ascoltano  sul  cuore 
durante  le  sue  contrazioni.  Sono  due,  detti  primo 
e  secondo  :  il  primo  è  sordo,  prolungato,  e  si  av- 
verte meglio  in  corrispondenza  della  punta  ;  il  se- 
condo è  più  chiaro  e  più  breve,  e  si  avverte  meglio 
in  corrispondenza  della  base  del  cuore.  Il  primo 
tono  é  detto  anche  sistolico,  il  secondo  diastolico. 
Si  hanno,  per  aberrazioni  patologiche:  toni  deboli, 
accentuati,  metallici,  divisi  o  partiti  ed  euritmici. 


Patologia  del  cuore.  —  Rimedì. 


Alloì'itmia,  sdoppiamento,  triplicazione, alterazione 
del  polso  per  ostacolo  periferico  alla  circolazione  - 
Aneurisma,  dilatazione  spontanea  o  causata  da 
urto  del  sangue  delle  pareti  di  un  vaso  arterioso  o 
nelle  stesse  pareti  del  cuore.  •  Angina  pectoris,  ma- 
lattia dolorosa  che  si  manifesta  con  accessi  di  strin- 
gimento al  cuore,  e  si  deve  a  malattie  rielle  arterie 


proprie  del  cuore.  -  Aristerocardiotrogia,  deviazione 
del  cuore  a  sinistra.  -  Asistolia,  sospensione  o  af- 
fievolimento  della  sistole  cardiaca,  per  effetto  di 
malattia  del  cuore  o  dei  polmoni.  -  Astenia  car- 
diaca, esaurimento  nervoso,  debolezza  irritativa  dei 
nervi  cardiaci.  Cura:  idroterapia,  china,  arsenico, 
elettricità,  buona  alimentazione,  aeroterapia.  -  Ate- 
locardia,  sviluppo  incompleto  del  cuore. 

Cardincalgie,  tutte  le  forme  di  angina  pectoris, 
non  dipendenti  da  stenosi   delle   arterie  coronarie. 

-  Cardialgia,  dolore  acuto,  all'orifizio  superiore  de! 
ventricolo  ;  mal  di  cuore  con  nausea  o  deliquio.  - 
Cardiatelia,  sviluppo  incompleto  del  cuore.  -  Car- 
dieclasia,  dilatazione  parziale  o  totale  del  cuore  o 
anche  allargamento  dei  suoi  orifici.  -  Cardiekosi, 
ulcerazione  del  cuore.  -  Cardieurisma,  dilatazione 
morbosa  del  cuore.  -  Cardiocele,  ernia  del  cuore.  - 
Cardiomalacia,  rammollimento  del  miocardio.  -  Car- 
dionevrosi, nevrosi  del  cuore,  cioè  alterazione  fun- 
zionale dell'apparato  nervoso  cardiaco.  -  Cardionosi, 
malattia  del  cuore  in  generale,  lo  stesso  che  car- 
diopatia. -  Cardiopalmo,  acceleramento  delle  con- 
trazioni cardiache,  talora  con  aumento  della  loro 
forza  e  anche  con  disordine  del  ritmo  :  non  im- 
porta pericolo  di  vita.  -  Cardiopatia,  malattia  del 
cuore  considerata  in  generale.  -  Cardiopericardite, 
infiammazione  del  cuore  e  del  pericardio.  -  Car- 
dioplegia, paralisi  cardiaca.  -  Cardioressi,  cardio- 
ressia,  lacerazione,  rottura  del  cuore,  per  effetto  di 
sforzi  0  per  alterazioni  patologiche.  -  Cardioscle- 
rosi, indurimento  del  cuore,  sclerosi  del  cuore.  - 
Cardioslenoma,  restringimento  del  cuore  e  dei  suoi 
orifizi.  -  Cardite,  infiammazione  del  tessuto  musco- 
lare proprio  del  cuore  o  miocardo.  -  Crampo  del 
cuore,  0  angina  pectoris,  chiamasi  la  comparsa,  ad 
accessi,  di  forti  dolori  nella  regione  cardiaca,  i  quali 
s'irradiano  verso  la  spalla  ed  il  braccio  sinistro, 
accompagnati  spesso  da  senso  di  freddo  o  da  forte 
angoscia.  -  Cuore  grasso:  è,  come  prima  forma,  sin- 
tomo di  obesità  generale  dell'  organismo  ;  un'  altra 
forma  di  cuore  grasso  è  data  dalla  degenerazione 
grassa  del  muscolo  cardiaco,  derivante  da  un'  alte- 
razione del  ricambio  nutritivo. 

Debolezza  nervosa  del  cuore  :  si  ha,  come  il  car- 
diopalmo nervoso,  nelle  persone  anemiche,  mal  nu- 
trite, affaticate  fisicamente  e  psichicamente,  nonché 
nei  nevrastenici.  Spesso  le  commozioni  psichiche  ne 
sono  la  causa  occasionale.  -  Degenei-azione  grassa 
del  cuore:  è  pure  una  malattia  che  porta  a  disturbi 
del  circolo  sanguigno  e  a  gravi  danni  della  salute  : 
è  causata  da  malattie  varie,  più  spesso  da  sopra- 
carico di  lavoro  del  cuore  o  da  abuso  di  bevande  al- 
cooliche.  -  Dilatazione,  sfiancamento  delle  pareti 
del  cuore,  per  flaccidezza  o  eccessiva   distensione. 

-  Dolori  precordiali,  nelle  parti  intorno  al  cuore. 
Endocardite,  infiammazione  dell'  endocardio,  ri- 
corrente, per  lo  più,  durante  le  affezioni  reuma- 
tiche. -  Èsocardiie,  infiammazione  della  superficie 
esteriore  del  cuore.  -  Ferite  del  cuore  diconsi  le 
scontinuità  delle  sue  pareti  sotto  un'  azione  trau- 
matica :  diconsi  parietali  quando  s'arrestano  nella 
spessezza  delle  pareti,  penetranti  quando  le  inte- 
ressano tutte.  -  Insuf^cienza  valvolare,  difetto  delle 
valvole  di  un  orifizio  cardiaco,  che  ha  per  effetto 
il  riflusso  0  rigurgito  d'una  parte  del  sangue  nelle 
cavità  del  cuore  (insufficienza  mitrale,  aortica,  tri- 
cuspidale). 

Ipei'trojìa,  aumento  di  spessore  delle  pareti,  dila- 
\  lozione,  aumento  di  volume  delle  cavità  del  cuore  : 
i   rappresentano  altrettanti  e  altrettali  stati   morbosi 


808 


del  cuore,  che  si  trovano  di  solito  combinati  e  pro- 
vocano: senso  di  oppressione,  vertigine,  deliquio, 
ecc.  -  Megalocardia,  ingrossamento  cardiaco.  -  Mio- 
cardite, ispessimento  infiammatorio  delle  pareti  del 
cuore;  inliammazione  dei  muscoli  del  cuore. 

Oppressione  di  cuore,  affanno  precordiale,  angina 
di  petto. 

Palpitazione,  battito  del  cuore,  sensibile  e  inco- 
modo al  malato,  più  frequente  che  nello  stato  nor- 
male e  talvolta  ineguale  riguardo  alla  frequenza  e 
allo  sviluppo.  -  Pericardite,  infiammazione  del  pe 
ricardio.  .     . 

Rottura  del  cuore:  eccezione  fatta  per  le  lesioni 
di  punta  e  di  arme  da  fuoco,  non  può  avvenire 
che  in  un  cuore  morbosamente  modificato  e  ter- 
mina con  la  morte.  AfTaticamenti  corporei  eccessivi 
e  profonde  emozioni  psichiche  di  solito  ne  sono  le 
cause.  -  Rumori  esocardiaci,  rumori  prodotti  fuori 
della  cavità  del  cuore,  come  il  rumore  di  sfrega- 
mento prodotto  dalla  confricazione  della  superficie 
esterna  del  cuore  contro  il  pericardio  parietale,  in- 
dizio di  pericardite. 

Scrobicolo  del  cuore,  la  depressione  dell'epigastrio 
a  livello  e  al  disotto  dell'appendice  xifoide,  rispon- 
dente al  fegato.  -  Sfregamento:  nasce  fuori  del  cuore 
ed  è  generato  dall'attrito  delle  lamine  pericardiche, 
divenute  scabre.  -  Sinfisi,  saldatura  del  cuore  al 
sacco  del  pericardio,  in  seguito  ad  infiammazione 
di  esso.  -  Tachicardia,  accelerazione  del  ritmo  nei 
battiti  cardiaci  :  sintomo  che  si  manifesta  in  mol- 
tissimi casi  di  affezione  del  sistema  nervoso,  delle 
vie  respiratorie  o  digestive  e  dell'  apparecchio  cir- 
colatorio. -  Iricocardia,  stato  del  cuore  in  certi  casi 
di  pericardite,  in  cui  quest'organo  è  irto  di  blocchi 
pseudomembranosi. 

Vizi  cardiaci,  quelli  che  sorgono  in  seguito  alle 
alterazioni  morbose  di  quelle  valvole  che  servono 
a  separare  le  une  dalle  altre  le  singole  cavità  del 
cuore.  Si  hanno  :  vizi  della  mitrale,  vizi  dell'aorta, 
della  tricuspide,  dell'arteria  polmonare,  vizi  valvolari 
complicati  (i  vizi  dell'  aorta  complicati  con  quelli 
della  mitrale,  e  viceversa)  e,  infine,  i  vizi  funzio- 
nali nei  vizi  valvolari. 

Stenotiche  chiamansi  le  valvole  del  cuore  quando 
un  processo  di  cicatrizzazione  o  di  calcificazione 
circolare  ha  reso  più  stretto  il  loro  lume. 

Rimedi  per  le  malattie  di  cuore.  —  Sono  com- 
presi sotto  la  denominazione  generale  di  cardioci- 
netici. Noti,  principalmente  :  la  digitale,  che  spiega 
un'azione  diretta  sull'apparato  circolatorio,  mode- 
rando le  pulsazioni  cardiache  ;  lo  strofanto,  succe- 
daneo della  digitale;  la  convallaria,  considerata 
come  calmante;  Vadonidina  (principio  attiro  del- 
Yadonis  vernalis),  che  regolarizza  l'azione  del  cuore 
e  aumenta  la  pressione  arteriosa  (altro  surrogalo 
della  digitale);  la  sparteina,  eccitante  del  cuore;  la 
caffeina,  alcaloide  del  caffé,  forte  eccitante  ;  Vapo- 
cinina,  che  stimola  e  regolarizza  l'azione  del  cuore 
e  aumenta  la  diuresi;  Yerba  ginestrina,  efficace  nella 
tachicardia  parossistica  ;  lo  scolopendra,  sedativo 
delle  palpitazioni;  il  digalen,  ecc. 


Esame  del  cuore. 

ISTRUMENTI   ALL'uOPO.   —    Voci   VARIE. 

Ascoltazione,  esame   del  cuore   che   si  fa  col  si- 
stema detto  mediano,  con  l'uso,  cioè,  dello  stetoscopio. 


-  Cardiografi,  metodo  di  ricerca  inteso  a  registrare 
i  movimenti  del  cuore.  Cardiografia  e  cardiometria 
clinica  chiamansi  quei  metodi  d'indagine  che  hanno 
per  iscopo  di  delimitare  esattamente,  mercè  la  per- 
cussione, l'aia  di  ottusità  assoluta  e  relativa  del 
cuore,  di  misurarne  le  dimensioni  e  di  disegnarne 
la  figura.  -  Cardiometria,  misura  della  pressione  con 
cui  il  sangue  circola  nei  vasi,  ottenuta  mediante  un 
apparecchio  detto  cardiometro.  •  Cardiascopia ,  l'i- 
spezione diretta  del  cuore  messo  a  nudo  o  distac- 
cato dal  corpo. 

Palpazione  del  cuore:  si  fa  applicando  tutta  la 
mano  sulla  regione  precordiale  ;  oltre  a  confer- 
mare  e   precisare  i  dati  dell'ispezione,  si  propone 

10  studio  degli  sfregamenti  e  fremiti  e  della  dolo- 
rabilità della  regione  cardiaca.  -  Pericardiotomia, 
taglio  del  pericardio.  -  Sutura  del  cuore  chiamasi 
una  recentissima  operazione  con  la  quale  si  ripa- 
rano le  scontinuità  delle  pareti  cardiache  in  seguito 
a  ferite. 

IsTRUMENTi.  —  Cardiografo,  strumento  usato  dai 
fisiologi  e  dai  clinici  per  studiare,  col  metodo  gra- 
fico, i  movimenti  del  cuore  :  in  senso  più  ristretto, 
per  ottenere  il  tracciato  del  battito  cardiaco.  Fra  i 
più  noti  :  V esploratore  o  cardiografo  a  tamburo,  di 
Marey,  pel  cuore  dell'uomo,  e  l'esploratore  o  car- 
diografo a  tamburi  coniugati,  pure  di  Marey,  per 
i  piccoli  animali  da  laboratorio.  -  Cardiografi 
manometrici,  le  sonde  esploratrici  della  pressione 
del  sangue  nelle  cavità  del  cuore.  E  cardio- 
gramma il  tracciato  del  battito  cardiaco  ottenuto 
mercè  i  cardiografi.  -  Cardiometro,  misuratore  della 
pressione  sanguigna  nei  vasi.  -  Cardio-pneumografo, 
istrumento  per  rendere  evidente  e  studiare  quella 
piccola  inspirazione  od  espirazione  supplementare, 
che  è  dovuta  alla  diminuzione  di  volume  del  cuore 
durante  la  sistole  ventricolare  ed  all'aumento  du- 
rante la  diastole.  -  Cardioscopio,  strumento  che  stu- 
dia i  movimenti  del  cuore  di  rana.  -  Emadografo, 
veggasi  a  circolazione  del  sangue.  -  Stetoscopio, 
strumento  per  l'esplorazione  del  petto,  con  l'ascolta- 
zione del  polmone,  della  pleura  e  dei  vasi. 

Varie.  —  Core,  lo  stesso  che  cuore,  ma  più  po- 
polare e,  in  certi  casi,   assolutamente  più  comune. 

11  Sacchetti,  scherzosam.,  chiamò  il  cuore  la  parte 
del  nibbio. 

Blastocardio,  il  cuore  primordiale.  -  Coretto,  cori' 
cino,  diniin.  di  cuore,  r  Cardiaco,  appartenente  al 
cuore:  dicesi  delle  vene,  dei  nervi,  ecc.,  e  di  chi 
soffre  il  mal  di  cuore.  -  Cordiale,  cordiaco,  da 
cuore,  di  cuore,  che  viene  dal  cuore  o  appartiene 
ad  esso.  Anche,  qualunque  bevanda  o  altro  che 
giovi  a  ristorare  il  cuore  e,  in  generale,  le  forze, 
lo  stomaco,  ecc.  -  Obcordico,  in  forma  di  cuore  ro- 
vescio. -  Battere,  pulseggiare,  palpitare,  V  ordinario 
0  straordinario  muoversi  del  cuore  e  delle  arterie. 

-  Sussulto,  scossa  improvvisa  dei  tendini  del  cuore, 
per  contrazione  convulsiva. 

Cuore.  Figuratamente,  potenza  affettiva  dell'a- 
nimo;  anche,  animo  aperto  nWaf'/'etto,  aW  affe- 
zione, alla  benevolenza,  alla  compassione,  alla 
pietà.  Così  pure  dicesi  per  ardimento,  coraggio, 
anche  ironicam.,  nello  stesso  senso  di  fegato,  fronte, 
stomaco.  Infine,  si  usa  la  stessa  parola  come  ad  in- 
dicare centro,  colmo,  tnezzo,  e  si  riferisce  anche 
a  stagione.  Considerato  come  animo,  al  cuore  si 
attribuiscono  tutte  le  qualità  di  esso:  quindi  cuore 
buono  0  cattivo,  benevolo  o  crudele,  ecc.  Alla 
stessa  stregua  si  considerano  nel  cuore  gli  avvolgi- 
menti, il  fondo,  l'intimo,  i  misteri,  i  ripostigli,  i  se- 


CL'OHI 


(U.llA 


809 


greti,  le  latebre,  le  tenebre,  le  viscere,  ecc.,  espres- 
sioni'di  chiaro  significato.  -  Cuore  di  bronzo,  di  ferro, 
di  marmo,  di  pietra,  di  sasso,  cuore  duro,  insensi- 
bile. -  Cuore  Ireddo,  senza  sentimento,  senza 
passione.  Contr.,  caldo.  -  Cuore  vóto  o  vuoto,  senza 
aiTetti,  senza  sentimenti.  -  Cordiale,  di  cuore  aflet- 
tuoso,  amorevole,  tenero;  anche,  di  persona  die 
parla  ed  opera  con  sincerità  ed  afletto. 

Crepacuore,  grave  afdizione  di  cuore,  grave  do- 
lore. -  CrucciOf  collera,  ira,  stizza;  ambascia, 
aifanno.  -  Spina  del  cuore,  di  cosa  che  faccia 
molto  solTrire.  -  Stringimento  al  cuore,  in  senso  di 
pena,  di  lorinento,  di  %mura.  -  Struggicuore, 
struggimento  di  cuore,  rammarico  profondo. 

Accorare  [accorato),  ferire  nel  cuore,  procurare 
dolore.  -  Andare,  arrivare  al  cuore,  all'anima,  di 
cosa  che  ci  tocchi  nel  più  vivo.  -  Aver  le  grinze 
nel  cuore,  avere  il  cuore  invecchiato.  -  Essere  più 
duro  dell'anima  di  leccio  (ligur.),  di  persona  dura 
di  cuore. 

Pensieri  e  proverbi.  —  Il  cuore  è  un  fanciullo 
che  spera  sempre  quello  che  brama.  ■  Il  cuore  è  co- 
me il  vino  :  ha  sempre  il  fiore  a  galla.  -  Il  cuore 
dei  bricconi  è  tm  mare  in  burrasca. 

Pinzicuore  (voce  lucchese)  dicesi  quella  puntura 
che  si  sente  al  cuore,  per  desiderio,  voglia,  brama, 
appetito  di  checchessia. 
Cuori.  Veggasi  a  carte  da  giuoco. 
Cuoriforme.   A   forma  di  cuore:   detto  spe- 
cialmente di  foglia. 

Cupamente.  In  modo  cupo;  mestamente,  con 
mestizia. 
Cupézza.  L'essere  cupo. 
Cupidigia»  cupidità.  Veggasi  a  desiderio. 
Cùpido.    Avido,    in    preda    a   violento    desi- 
derio. 

Cupido.  Dio  deir«wiore. 
Cupo.  Aggettivo  di  vario  significato,  sinonimo 
di  profondo,  di  oscuro  (riferito  a  colore  e  a 
suono),  di  cavo  (veggasi  a  cavità)  e  di  concavo. 
E  dicesi  di  persona  che  tenga  in  sé  le  cose  che  sa 
e  delle  quali  difficilmente  si  può  penetrare  il  se- 
greto /  anche,  di  persona  che  si  riveli  seria  seria, 
di  carattere,  di  indole  quasi  intrattabile.  -  Cupezza, 
astratto  di  cupo  :  qualità  e  condizione  di  ciò  che 
è  cupo. 

Cupola.  Vòlta  monumentale  di  chiesa  o  d'altri 
edifici,  a  base  o  circolare,  o  ellittica,  o  poligona,  con 
archi  acuti,  a  pieno  centro,  scemi,  ecc.  E'  varia  di 
dimensioni  e  di  forme  :  piccola,  grande,  doppia, 
sferica,  ribassata,  con  archi  acuti,  moresca,  bizan- 
tina, scaglionata,  piramidale,  a  frastagli,  a  guglia. 
•  Cupola  antonelliana,  quella  costruita  dall' Antonelli 
a  Torino.  -  Cupola  bramantesca,  costruita  dal  Bra- 
mante, a  Milano.  -  Cupoletta,  dimin.  di  cupola.  - 
Cupolino,  piccola  cùpola  ;  ;culmine  della  cupola.  - 
Cupolone,  accresc.  di  cupola  (il  cupolone  di  San 
Pietro,  a  Roma,  di  Santa  Maria  del  Fiore,  a  Fi- 
renze, ecc.). 

Mela,  la  coperta  rotonda  delle  cupole;  la  palla 
in  cima  alle  cupole  delle  cattedrali.  -  Pennacchi, 
parti  della  vòlta  che  stanno  sotto  il  tamburo  della 
cupola:  servono  a  fare  il  passaggio  dalla  forma  qua- 
drata della  crociera  (es.,  d'una  chiesa)  alla  forma 
poligonale  o  rotonda  della  cupola.  -  Pergamena  del 
cupolino  0  della  cupola,  la  copertura  o  lanterna,  o 
capannuccia;  pirale  di  forma  conica  che  si  posa 
sul  culmo  della  cupola,  o,  più  sovente,  al  disopra 
del  lanternino.  -  Pigna,  parte  massiccia  di  pietra 
che  forma  l'estremità  delle   cupole.  -  Tamburo,  la 


parte  d'una  cupola  che  resta  sotto  il  principio  di 
una  vòlta,  fino  al  pilone  degli  archi  ;  il  muro  cir- 
colare su  cui  posa  la  cupola. 

Cortina,  dicesi  di  più  d'una  cosa  che  abbia  for- 
ma di  cupola. 

Cupolino.  Detto  a  cùpola. 

Cupressinee.  Tribù  d'  alberi  di  cui  è  tipo  il 
cij>resso. 

Cùprico  (cuprino).  Di  rame. 

Cuprismo.  Avvelenamento  col  rame. 

Cupulifere.  Famiglia  di  piante  dicotiledoni, 
alberi  e  arbusti. 

Cura.  Atto  di  accuratezza,  di  diligenza;  stu- 
dio, zelo  per  un  dato  scopo  ;  attenzione,  vigi- 
lanza. -  Pensiero  accompagnato  da  affetto:  sol- 
lecitudine, pretnura;  anche,  carico,  incarico, 
ufficio.  -  Di  cesi  pure  per  cruccio,  seccatura  e 
simili.  -  Parrocchia  e  chiesa  parrocchiale  (con  a 
capo  un  parroco),  nonché  la  canonica.  Anche, 
il  ministero  del  prete  (cura  d'anime). 

Nel  primo  significalo  :  accurato,  fatto  con  accu- 
ratezza, con  piena  diligenza,  appuntino  (frane,  soi- 
gné).  -  Curante,  chi  si  cura  di  una  data  cosa  ;  ne  ha 
sollecitudine  o  interesse:  quindi  sollecito  o  in- 
teressato. -  Curare,  rivolgere  o  tenere  il  pensiero  a 
checchessia,  col  proposito  di  conservarla,  di  mi- 
gliorarla, ecc  :  usare  intorno  a  checchessia  la  de- 
bita diligenza  ;  accudire  a  una  cosa  ;  aver  cura,  a 
cura,  in  cura  ;  avere  a  cuore,  avere  a  petto,  avere 
provvidenza;  badare;  coltivare;  darsi  cura;  guar- 
darsi; mettere  attenzione,  pigliar  cura,  prendere 
cura;  pigliare,  prendere  a  cuore;  porre  studio; 
prendere  guardia;  procurare,  provvedere;  tener 
conto,  tener  guardia.  -  Curare  dicesi  anche  per 
far  conto  di  una  cosa,  attribuirle  la  dovuta  im- 
portanza ;  àpprezzArh,  averla  in  pregio  ;  stima, 
avere  stiìna;  averla,  tenerla  in  custodia. 

Curarsi,  darsi,  prendersi  cura:  adoperarsi,  aver 
sollecitudine;  dar  mente,  darsi  pena;  essere  solle- 
cito; frammettersi;  impacciarsi,  impicciarsi;  met- 
tere cura,  metter  piato;  occuparsi;  pigliare,  pi-; 
gliarsi  briga,  pena,  pigliarsi  impaccio;  prendersi 
noia  ;  studiarsi  ;  tenere  ad  una  cosa. 

Avere  avvertenza,  avere  una  cura  speciale.  -  Im- 
bubbolare (imbubbolato),  non  curarsi  di  cosa  o  di 
persona.  -  Lasciar  cantare  uno,  lasciarlo  dire  senza 
curarsene.  -  Mettersi  una  cosa  dietro  le  spalle,  non 
curarsene  affatto.  -  Sopravvedere  {sopr avveduto),  a- 
ver  cura,  vigilare.  -  Sorvegliare  (sorvegliato),  ve- 
gliare, vigilare  con  diligente  osservazione  sulle  o- 
pere  altrui.  -  Sorvolare,  distogliere  l'attenzione,  la 
cura  da  qualche  argomento  sul  quale  si  discuta: 
non  farne  caso,  passar  sopra.  -  Tenere  alcuno  nella 
bambagia,  tenerlo  con  ogni  più  scrupoloso  ri- 
guardo, con  la  massima  cura.  -  Trascurare  (tra- 
scurato), non  curare,  noncurare  -  Vigilare  (vigi- 
lato), operare  con  diligenza,  cura  e  sollecitudine; 
invigilare. 

Ci  penso  quanto  al  terzo  pie  che  non  ho:  di  per- 
sona 0  cosa  che  non  si  curi. 

Cura  medica. 

Così,  o  anche,  semplicemente,  cura,  si  chiama 
l'assistenza  del  medico,  nonché  l'insieme  di  ciò 
che  si  fa  per  guarire  una  malattia  :  medicamento, 
medicatura,  medicina,  metodo  curativo,  trattamento 
d'una  malattia.  -  Curabile,  atto  ad  essere  curato.  - 
Curare,  esercitare  la  cura.   -    Curarsi,  avere  cura. 


810 


CURIOSITÀ 


fare  la  cura,  per  guarire.  -  Curativo,  atto  a  cu- 
rare. -  Incurabile,  che  non  si  può  curare:  cronico. 
Vahì  metodi  di  cura:  cura  aspettante  o  passiva, 
quella  che  riconosce  1'  opportunità  di  astenersi  da 
ogni  medicamento  ;  ciclica,  quella  che  continua  re- 
golarmente, per  un  certo  tempo,  poi  ritorna  da 
capo  ;  palliativa,  che  addolcisce  il  male,  ma  non  lo 
guarisce  ;  projìlattica,  cioè  secondo  profilassi,  quella 
€he  previene  io  sviluppo  d'un  morbo  (veggasi  a  me- 
dicina) ;  radicale,  la  cura  che  ha  per  iscopo  di 
combattere  direttamente  una  malattia  e  impedirne 
il  ripresentarsi  ;  sintomatica,  la  cura  che  combatte 
solo  le  manifestazioni  isolate  dal  morbo.  Una  cura 
può  inoltre  essere  lunga,  sbrigativa,  spiccia;  confa- 
cente, penosa,  fastidiosa,  ecc. 

Aeroterapia:  metodo  di   cura  in  cui,  medicando 
Varia  (veggasi  a  pag.  156,  prima  colonna),  o  mo- 
dificandone la  pressione,  si  curano  morbi  polmonari, 
ecc.  -  Cinesiterapia,  kinesiterapia,  nome  col  quale 
si  designano  tutti  i  modi  di  cura  che  agiscono  sul- 
l'organismo, mercè  il  movimento,  sia  esso  attivo  o 
passivo,  come  l'elettricità,  il  massaggio,  la  ginna- 
stica^ ecc.  -  Cura  Rneipp,  cosi  detta  perchè  pro- 
pugnata da  Sebastiano  Kneipp,  parroco  di  Wocris- 
hofen,  in   Baviera  :    consiste  in  una  energica  cura 
idroterapica  e  igienica,  a  base  dietetica,  secondo  i 
dettami    della   tisiologia;   è  efficace  nelle  affezioni 
nervose,  nelle  malattie  del  ricambio  (polisarcia,  dia- 
bete,  artrite,   gotta,    ecc.),   nelle   alterazioni  della 
crasi  sanguigna.  -  Elettroterapia,  cura  delle  ma- 
lattie mediante   1'  elettricità.  -  Elioterapia,  metodo 
di  cura  che  consiste  nell'esporre  ai  raggi  del  sole 
le  parti  inferme.  -  Fototerapia,  speciale  sistema  di 
cura  mercè  l'azione  dei  raggi  luminosi.  -  Idrote- 
rapia,   cura   mediante    1'  acqua,  in  varie  maniere 
(bagni,   doccie,    inalazioni,   ecc.).    -   Massaggio, 
mezzo  di  cura  consistente  in  fregagioni  forti  e  ma- 
nipolazioni  della  parte  inferma,  per  rendere  facili 
le    articolazioni   e   la    vitalità.  -  Opoterapia,  cura 
consistente  nell'uso  di  estratti  preparati  con  organi 
animali.  -  Ortopedia,  arte  di  fare  crescere  i  ra- 
gazzi  senza   difetti   d'organismo.  -  Periergia  (gr.), 
cura  esagerata.    -  Sieroterapia,    recente   metodo  di 
cura   delle   malattie    infettive  :    consiste  nel  trarre 
profitto  delle  proprietà  curative   del  siero  di  al- 
cuni  animali   vaccinati    contro   queste  malattie.  - 
Terapeutica,  o  terapia,  parte  della   medicina  che 
ha  per  iscopo  la  guarigione  o  il  trattamento  cura- 
tivo delle  medesime.  -  Zomoterapia,  metodo  di  cura 
che   utilizza   il    plasma   muscolare,  cioè   la   carne 
cruda.  -  Arenazione,  mezzo  curativo  consistente  nel 
coprire  di  sabbia  calda  una  parte  del  corpo  o  tutto 
il  corpo  del  malato.  -  Indicazione,  la  cura  indicata 
dal  medico.  -  Inoculazione,  mezzo  curativo,  che  si 
pratica  mediante  introduzione  nell'organismo  (attra- 
verso la  pelle)  di  sostanze  contenenti  germi  di  una 
malattia  (microbi  patogeni   o  virus).  -  Iniezione, 
veggasi  a  questa  vooe.  -  Ipodermoclisi,   immissione 
sottocutanea   di   acqua   con   entro  sciolto  del  sale 
(cloruro  di  sodio),  allo  scopo  di  supplire  alla  man- 
canza di  liquido  in  ispeciali  casi  di  grave  emorragia, 
uremia,   coma   diabetico.  -  Medicamento,   qua- 
lunque materia  atta  a  curare  le  infermità,  le  malattie. 
Luoghi  di  cura.  —  Bagni,  terme,  ecc.,  veggasi  a 
bagno  e  a  terme.  -  Casa  di  salute,  edificio,  luogo, 
istituto  di  cura  ;  veggasi  anche  a  clinica,  a  ma- 
nicom^io,  a  ospedale,  ecc.   -   Sanatorio  fsanato- 
riumj,  stabilimento  posto  in  condizioni  determinate 
di  clima  e  destinato  alia  cura  di  malattie  croniche 
con  mezzi  speciali  di  igiene  e  di  dieta. 


Curàbile.  Veggasi  a  cura  (cura  medica). 

Guraiòlo.  Chi  amministra  una  comunità  reli- 
giosa. 

Curandàio.  Chi  cura  panni,  per  lo  più  lini. 

Curare,  curarsi  (curato).  Aver  cura,  pren- 
dersi cura.  -  Di  pannolino,  di  tela,  purgare  dalla 
bozzima  e  anche  imbiancare. 

Curare,  curaro.  Detto  a  veleno. 

Curatela.  Veggasi  a  fallimento  e  a  tutore 

Curativo.  Atto  a  curare,  che  serve  per  la 
cara. 

Curato.  Il  parroco. 

Curatore.  Veggasi  ad  eredità,  a  fallimento, 
a  tutore, 

Curatura.  L'operazione  del  curare  la  tela, 

Curcullonidi.  Famiglia  d'insetti  coleotteri,  con 
prolungamento  anteriore  del  capo  a  guisa  di  ro- 
stro :  sono  dannosissimi  alle  piante. 

Curcuma.  Genere  di  piante  (frutici)  zinzibera- 
cee  delle  Indie  orientali.  -  Curcumina,  sostanza  co- 
lorante gialla  della  curcuma. 

Curia  (curiale).  Luogo  ove  si  trattano  le  cause  : 
foro,  tribunale.  -  Ufficio,  cancelleria  del  ve- 
scovo. Nell'antica  Roma,  ciascuna  delle  trenta  di- 
visioni del  corpo  dei  patrizi.  Anche,  luogo,  assem- 
blea, specialmente  del  Senato.  -  Curia  si  disse  pure, 
un  tempo,  per  Consiglio  comunale.  -  In  Germania, 
ciascuna  delle  divisioni  di  alcuni  piccoli  Stati  fa- 
centi parte  della  Confederazione  tedesca.  -  Curia 
reale,  alta  corte  di  giustizia  del  regno  d'Ungheria, 
con  sede  a  Budapest. 

Curiale,  che  è  della  Curia,  che  appartiene  alla 
Curia.  Dicesi  anche  per    legista  (veggasi  a  legge). 

-  Mozzorecchi,  curiale  disonesto  e  ignorante. 
Curialesco,  da  curiale.  -  Cwiali,  i  membri  e  le  for- 
malità  di   una   Curia.  -  Curialismo,   sistema  vati- 
canesco  in  antitesi  col  sistema  episcopale.  -  Curial- 
mente, da  curiale.  -  Curiato,  veggasi    a   comizio. 

-  Curione,  nell'  antica  Roma,  il  presidente  di  una 
curia  ;  anche,  il  sacerdote  istituito  da  Romolo  per 
la  celebrazione  delle  feste  e  dei  sacrifizi  particolari 
per  ogni  curia. 

Curia  Romana.  Il  governo  pontificio,  il  pa- 
pato, comprendente  la  Curia  gratiae,  la  Curia  ju- 
stitiae,  ecc.  E  curialisti,  genericamente,  i  diversi 
impiegati. 

Curiale,  curialesco.  Veggasi  a  curia. 

Curiosamente.  Con  cuìnosità. 

Curiosare  (curiosato).  Essere  curioso,  avere  cur 
riosità. 

Curiosità.  Vivo,  irrequieto  desiderio  di  sapere 
checchessia,  specialmente  i  fatti  altrui;  anche,  però, 
desiderio  di  sapere,  imparare,  intendere  cose  nuove 
e  istruttive  o  rare,  singolari  :  carizia  (v.  a.),  cupido 
ingegno,  disio  di  sapere  (poet.),  vaghezza.  -  Dicesi 
anche  di  cosa  che  fermi  1'  attenzione,  come  pelle- 
grina, singolare,  che  abbia  alcunché  di  strane, 
sembri  una  rarità  e  simili;  nonché  di  cose  che 
destino  molto  interesse,  per  novità  o  per  pregio 
(curiosità  artistiche,  letterarie,  scientifiche,  ecc.).  - 
Curiosità  discreta,  moderata,  non  eccessiva,  non 
biasimevole.  Contr.,  acuta,  indiscreta,  insaziata.  - 
Curiosità  morbosa,  viziosa,  senza  ragione,  irrefrena- 
bile. -  Curiositaggine,  curiosità  superficiale  o  fri- 
vola. 

Curiosamente,  da  curioso,  con  curiosità. 

Bracare  {bracato),  studiarsi  di  risapere  o  scoprire 
le  brache  altrui,  cioè  le  cose,  i  fatti  più  minuti  o 
segreti.  -  Curiosare  (curiosato),  avere,  dimostrare 
curiosità  di  conoscere  i  fatti  altrui  ;  osservare  rn- 


8H 


riosamente  quanto  succede  intorno  a  noi  ;  fare  il 
curioso  ;  andare  qua  e  là,  osservando  per  vedere  o 
scoprire  qualche  cosa.  E'  voce  familiare  neologi- 
itica.  -  Eccitare  la  curiosità,  destarla,  suscitarla, 
stuzzicarla.  -  Fiutare  i  fatti  altrui  (figur.),  bracare, 
cercare  di  sapere  con  indiscrezione.  -  Incuriosire 
(incuriosito),  diventare  curioso.  -  Scuriosire  {scurio- 
sito), levare  la  curiosità;  soddisfare  la  curiosità  al- 
trui. -  Scuriosirsi,  togliersi  la  curiosità,  soddisfare 
la  propria  curiosità.  -  Spegnere  ogni  curiosità,  sod- 
disfarla 0  toglierla.  -  Stare  sulle  intese,  cercare  con 
ogni  cura  di  saper  cosa  che  interessi,  stare  in  orecchi. 

Curioso  :  chi  ha  curiosità,  è  desideroso  di  sa- 
pere, di  conoscere  checchessia  :  desioso,  ghiotto 
(ligur.),  vago.  Dicesi  anche  di  quanto  desta,  eccita 
curiosità,  nonché  di  persona  faceta,  di  cosa  piace- 
vole, ecc.  -  Brachiìia,  braconcino,  chi,  per  semplice 
gusto,  cerca  di  sapere  tutte  le  cliiacchere  e  i  fatte- 
relli degli  altri.  -  Bracone,  curiosone.  -  Curiosaccio, 
cuìiosetto,  curiosuGcio,  accresc,  dimin.  e  spreg.  di 
curioso.  -  Curiosissimo,  superi,  di  curioso.  -  Fic- 
canaso, ficchino,  chi  va  curiosando  nei  fatti  al- 
trui, dappertutto  e  inopportunamente.  -  Incurioso, 
senza  curiosità  naturale.  -  Flaneur  (frane),  colui 
che  ozia  osservando  e  curiosando.  -  frugone,  frv- 
gona,  persona  che  fruga  curiosamente  qua  e  là. 

Assillo  della  curiosità,  pungolo,  stimolo,  tormento. 

-  Pizzicore,  prudore,  pnirigine,  solletico,  eccita- 
mento, più  0  meno  nervoso,  della  curiosità. 

Proverbio  :   La  curiosità  è  madre  della  sapienza. 

Curro.  Legno  rotondo,  cilindro  clie  si  mette 
sotto  a  cose  di  gran  peso,  per  muoverle  facil- 
mente. 

Cursoncello.  Capo  di  vite,  tagliato  alla  lun- 
ghezza di  tre  0  quattro  occhi. 

Cursóre.  Impiegato  giudiziario:  usciere.  -  In 
qualche  luogo,  il  messo  del  Comune.  -  Cursori, 
gli  uccelli  corridori. 

Curùle.  Aggiunto  di  magistrato  e  di  sedia. 
•  La  verga  che  l'imperatore  portava  nella  Curia. 

CurTa.  La  linea  che  non  è  retta,  né  composta 
di  rette  ;  il  punto  in  cui  una  linea  è  in  tal  modo 
piegata,  e  il  grado  di  tale  piegatura  :  circonflessione, 
curvatura,  curva;  flessione,  incurvamento,  incurva- 
tura, incurvazione  ;  inginocchiatura,  lunata  ;  piega- 
tura a  mo'  di  luna,  piegatura  in  arco  ;  rigoglio, 
sfogo  di  arco.  -  Curva  si  chiama  pure  la  traiet- 
toria dei  pioiettili. 

Curvilineo,  formato  di  linee  curve  o  di  una  linea 
curva.  -  Curvo,  fatto  a  curva. 

Algebrica,  o  geometrica,  la  curva  non  meccanica. 

-  Anaclastica,  curva  riferentesi  alla  rifrazione.  - 
Brachistocroma,  la  curva  che  dovrebbe  seguire  un 
corpo  soggetto  alla  sola  azione  della  gravità  per 
raggiungere  da  un  punto  di  maggior  livello  altro 
punto  di  livello  minore,  non  situati  sulla  stessa 
verticale.  -  Catenaria,  curva  avente  la  figura  di 
corda  o  catena,  sospesa  liberamente  all'estremità  e 
abbandonata  a  sé.  -  Caustica,  quella  curva  in  cui 
si  riuniscono  i  raggi  riflessi  o  rifratti  da  un'altra 
curva;  curva  formata  dalla  serie  dei  fochi  dei  raggi 
luminosi  o  calorifici  riflessi  da  una  superficie  levi- 
gata, 0  vetro,  0  altro.  -  Cicloide,  curva  generata  da 
un  punto  fisso  di  un  circolo  girante  sopra  una 
retta.  -  Cissoide,  curva  imventata  dal  geometra 
greco  Diocle  per  risolvere  il  problema  della  costru- 
zione di  due  medie  proporzionali  fra  due  linee 
date.  -  Concoide,  linea  curva,  a  forma  della  con- 
chiglia. Curva  inventata  da  Archimede  per  risol- 
vere i  problemi  della  duplicazione  del  cubo  e  della 


trisezione  dell'  angolo.  -  Cosinusoide,  la  curva  che 
si  deduce  dalla  sinusoide  mediante  lo  spostamento 
dell'origine,  lungo  l'asse  delle  ascisse,  di  un  inter- 
vallo uguale  al  quarto  della  circonferenza  trigono- 
metrica. -  Diacaustica,  la  curva  caustica  per  rifra- 
zione. -  Eccentrica,  la  curva  i  cui  centri  non  coin- 
cidono come  nel  circolo  :  es ,  1'  ellisse.  •  Epici- 
cloide, curva  generata  da  un  punto  di  una  circon- 
ferenza rotolante  su  un'altra.  -  Esponenziale  (detto 
di  certe  curve):  veggasi  ad  equazione.  -  Focale, 
sorta  di  curva.  -  Ipei-boloide,  curva  rappresentata  da 
un'equazione  simile  a  quella  dell'iperbole,  ma  di  grado 
superiore.  -  Isocrona,  o  tautocrona,  quella  nella 
quale,  come  via  prescritta  di  un  grave  in  discesa, 
questo  compie  ogni  arco  in  tempo  eguale,  -  Lem- 
niscata, curva  a  forma  di  8.  •  Logaritmica,  curva 
le  cui  ascisse  sono  i  logaritmi  delle  ordinate.  - 
Magnetica,  la  curva  indicante  la  direzione  delle  li- 
nee di  forza  del  campo  di  un  magnete  qualunque  : 
veggasi  a  magnetismo.  •  Meccanica,  non  piana  e 
dipendente  dal  calcolo  differenziale  e  integrale.  - 
Ortogonale,  curva  le  cui  ordinate  sono  perpendico- 
lari alle  ascisse.  -  Ovale,  curva  in  forma  d'uovo.  - 
Piana,  la  curva  che  ha  tutti  i  suoi  punti  in  un 
medesimo  piano.  -  Quadratrice,  curva  che  serve  a 
trovare  la  quadratura  di  un'altra.  -  Radiale,  curva 
le  cui  ordinate  irradiano  tutte  verso  un  punto.  - 
Spirale,  nome  dato  ad  una  classe  di  curve  che  si 
ravvolgono  intorno  a  sé  stesse,  allontanandosi  co- 
stantemente da  un  centro  o  avvicinandosi  al  me- 
desimo indefinitamente.  -  Svilupparata  dicesi  la 
curva  relativamente  alla  sviluppala,  che  é  il  luogo 
geometrico  dei  centri  di  curvatura  della  curva  nei 
vari  suoi  punti.  -  Traiettoria,  nome  di  diverse  cur- 
ve, tra  le  altre  quella  che  descrive  uu  corpo  pe- 
sante lanciato  in  una  certa  direzione.  -  Trocoide, 
curva  detta  anche  compagna  della  cicloide,  curva 
degli  archi. 

Cilindroide,  solido  o  superficie  generata  dalla  ri- 
voluzione di  certe  curve.  -  Circolo,  superficie 
piana  contenuta  da  una  linea  curva  i  di  cui  punti 
sono  tutti  ad  uguale  distanza  dal  centro.  -  Dia- 
gramma, curva  rappresentativa  di  una  legge  di  un 
fenomeno  fisico,  meccanico,  matematico.  -  Elice, 
curva  a  forma  di  vite,  di  cavaturaccioli.  -  Ellisse, 
curva  che  é  come  un  circolo  appiattito.  -  Evoluta, 
linea  curva  che  parte  da  un  punto,  e  se  ne  allon- 
tana per  giri  successivi  che  serbano  sempre  la  loro 
stessa  distanza.  -  Parabola,  curva  prodotta  dalla  se- 
zione di  un  cono,  quando  questo  viene  tagliato  da 
un  piano  parallelo  ad  uno  de'  suoi  lati,  -  Sezioni 
coniche,  curve  formate  tagliando  un  cono  con  un 
piano. 

Arco,  porzione  di  curva.  -  Ascissa,  porzione  d'un 
grande  arco  compresa  dall'origine  fino  a  una  coor- 
dinata; arco  di  curva  avente  un  senso  determinato. 
-  Asintoto,  retta  alla  quale  una  curva  si  accosta 
indefinitamente,  senza  raggiungerla  mai;  anche, 
retta  tangente  ad  una  curva,  a  distanza  infinita.  - 
Asse,  linea  diritta  che  divide  una  curva  in  diie 
parti  eguali:  grande  e  piccolo  asse.  -  Corda,  linea 
diritta  che  sottende  un  arco.  -  Curvatura,  in  geometria, 
la  quantità  che  esprime  l'allontanamento  di  un  arco, 
infinitamente  piccolo,  da  una  linea  retta.  -  Evoluzione, 
lo  svolgere  il  filo  da  una  curva  e  farle  descrivere  altra 
curva.  -  Flessione,  piegamento,  incurvamento  ;  contr. 
di  estensione.  •  Grado  di  una  curva,  numero  dei  punti 
reali  o  immaginari,  in  cui  essa  può  essere  incon- 
trata da  una  retta,  se  è  piano,  o  da  un  piano,  se  è 
a  doppia  curvatura,  -  Ordinata,  linea  da  una  delle 


812 


CURVARE    —    CUSTODIA 


ascisse  fino  alla  curva.  -  Parametro,  linea  costante 
che  determina  le  dimensioni  della  curva;  quantità 
costante  nelle  equazioni  di  certe  curve.  -  Periferia, 
circonferenza;  nella  geometria  superiore,  la  linea 
(se  curva  unica),  che  termina  la  superficie.  - 
Poli,  estremità  dell'asse.  -  Punlo  di  contatto,  quello 
in  cui  una  linea  retta  tocca  una  curva  o  quello  in 
cui  due  linee  curve  si  toccano.  -  Punto  generatore, 
qaello  il  cui  movimento  genera  una  curva.  -  Rac- 
cordo, pei  meccanici  e  gli  ingegneri,  passaggio  gra- 
duale, 0  curva,  la  quale  congiunge  due  linee,  riu- 
scendo tangente  ad  entrambe.  -  Sommità  di  una 
curva,  ciascuna  estremità  del  grande  asse  (apside, 
trattandosi  di  orbita).  -  Spira,  l'arco  di  una  spi- 
rale. -  Tangente,  la  retta  che  ha  un  solo  punto  di 
contatto  con  una  linea  curva.  -  Vettore,  retta  che 
unisce  il  fuoco  (centro)  con  un  punto  della  curva. 

Currigrafo,  istrumento  per  tracciare  curve.  - 
Penna  geometrica,  arnese  per  tracciare  curve.  - 
Randa,  canna  o  asticciuola  che,  tenuta  fissa,  serve 
con  un  filo  a  descrivere  delle  curve.  -  Rettificare 
(rettificazione)  una  curva,  ridurla  a  una  linea  di- 
ritta. 

Curvare,  curvarsi  {curvato,  curvatura).  Ren- 
dere, diventar  curvo  ;  incurvare,  incurvarsi  ;  pie- 
gare, piegarsi. 

Curvilineo.  Arcato,  arcuato,  curvo. 

Curvirostrl.  Gli  uccelli  che  hanno  il  becco 
curvato  presso  la  punta. 

Curvità.  L'esser  curvo. 

Curvo.  Piegato  ad  arco,  in  arco,  fatto  a  curva, 
piegato  in  curva  :  adunco,  allunato,  arcolino,  ar- 
cato, arcuato  ;  chinato,  chino,  circonflesso,  convesso, 
cornicolare,  cornicolato,  curvilineo  ;  falcato,  fatto  ad 
arco,  a  gobba,  a  luna,  a  mezzaluna,  a  ponte,  a  schiena; 

f[ibbuto,  inchinato,  inclinato,  incurvato,  in  vòlta  ; 
unalo,  percurvo,  prono,  ricurvo;  scrignato,  semi- 
lunare; sinuoso  (rientrante:  detto  di  una  spiaggia, 
del  corso  di  un  fiume,  ecc.).  -  Chi  ha  corpora- 
tura non  diritta,  non  eretta,  ma  piegata  in  avanti 
con  la  testa  e  le  spalle.  -  Avverbialm.,  e  nei  modi 
andare,  stare,  ecc.  :  chino,  gobbone,  gobboni  ;  gron- 
done, grondoni. 

Curvare  (curvato),  far  curvo,  render  curvo:  adun- 
care,  archeggiare,  auncinare  ;  incurvare  ;  mettere  ad 
arco,  in  curva  ;  mettere  in  arco,  piegare  ad  arco, 
in  curva  ;  rincurvare.  -  Curvare  a  guisa  di  cer- 
chio, circonflettere,  far  cerchio  d'una  cosa,  incer- 
chiare, piegare  in  cerchio.  -  Curvarsi,  farsi,  diven- 
tare curvo  :  abbassare  il  capo  (di  persona  che  si 
curvi  per  evitare  un  colpo),  chinarsi,  far  civetta, 
far  mezzo  arco  di  ponte  ;  imbarcare,  inarcare,  inar- 
carsi ;  inchinarsi  a  terra  ;  incurvarsi,  ingobbire  ; 
mettersi  a  capo  chino,  a  testa  bassa  ;  piegarsi,  pie- 
garsi a  mo'  di  curva;  rincurvare,  rincurvire.  - 
Inarcare  (inarcato),  diventar  curvo  per  indeboli- 
mento della  spina  dorsale. 

Curvatura,  il  punto  dove  la  cosa  è  curvata;  il 
curvare,  la  parte  della  curva  convessa.  -  Curvità, 
l'essere  curvo,  qualità  di  ciò  che  è  curvo  :  curva- 
tura, incurvatura;  chinamento,  chinatezza,  curvez- 
za ;  sinuosità,  rivoltura.  -  Incurvamento,  Y  incur- 
vare e  l'incurvarsi. 

Cuscinetto.  Parte  d'un  pezzo  di  artiglieria 
(su  esso  si  smuovono  le  parti  snodate,  i  perni,  gli 
orecchini,  ecc.)  e  d'una  macchina.  -  Faccia  late- 
rale del  capitello  jonico.  -  Pezzo  in  cui  è  infissa  la 
rotaia  sulla  traversina.  -  In  chirurgia,  piccolo 
sacco  ripieno  di  materia  soffice,  la  cui  forma  varia 
secondo  l'uso  cui  è  destinato.  -  Cuscinetto  da  aghi. 


da  spilli,  veggasi  a  spillo.  -  Cuscinetto  plantare, 
l'ammasso  di  tessuto  elastico  e  fibroso  nel  piede  dei 
solipedi. 

Cuscino.  Sacco  di  stoffa  svariata,  imbottito,  ri- 
pieno di  piuma,  di  lana,  di  crine,  ecc.  (rivestito  di 
federa  o  ai  stoffa),  per  appoggiarvi  il  capo,  il  dorso 
0  altra  parte  del  corpo  :  carello,  guanciale  (più 
spesso  quello  del  letto)  ;  origliere  ;  piumaccio,  piu- 
macciolo,  primaccio  ;  primacciolo  ;  pulvinare,  sac- 
concello.  Un  cuscino  si  può  chiamar  guanciale,  che 
è  proprio  del  letto,  ma  un  guanciale  non  si  chia- 
merebbe cuscino.  -  Capezzale,  sorta  di  guanciale 
(veggasi  a  questa  voce).  -  Cubitale,  cuscino  che  gli 
antichi  Romani  mettevano  sotto  il  braccio,  gia- 
cendo. -  Cuscino  pneumatico,  gonfiato  ad  aria.  - 
Piumino,  specie  di  ampio  cuscino  di  moltissima 
piuma  d'oca,  che  tiensi  sopra  il  letto,  per  tenere 
caldi  i  piedi  e  le  gambe.  -  Posapiedi,  cuscinetto 
imbottito,  sul  quale  si  appoggiano  i  piedi  sedendo 
(di  significato  più  preciso  che  non  panchettino,  sga- 
bello, canapeino).  -  Tombolo,  cuscino  cilindrico,  rac- 
colto ai  capi,  e  che  si  mette  ai  due  canti  del  ca- 
napè, talora  uno  per  capo  :  detto  anche  rullo. 

Borra,  cimatura  di  pannilani  che  talvolta  si  ado- 
pera per  riempire  cuscini.  -  Imborrare  {imborrato), 
mettere,  introdurre  la  borra,  che  fa  il  materas- 
saio. -  Sborrare  {sborrato),  levar  la  borra  dal  cu- 
scino 0  simili. 

Cùscuta.  Erba  parassita  del  trifoglio,  dell'erba 
medica  e  di  altri  vegetali,  a  cui  si  attacca  mediante 
piccole  prominenze  dette  succhiatoi.  Nota  la  cùscuta 
europea,  detta  anche  pittimo,  traccapello  e,  volgarm., 
granchierella,  strozzalino. 

Cuspidato.  Terminante  a  punta. 

Cùspide  (euspidale).  Lo  stesso  che  cima: 
punta.  -  La  parte  superiore  d'  un  edificio.  -  Il 
punto  di  una  linea  piana,  in  cui  terminano  due 
0  più  rami  di  essa.  -  Cuspidale,  a  punta. 

Custode.  Chi  custodisce  o  ha  l'incarico,  l'ufficio 
di  custodire  un  luogo  o  una  cosa:  custodio  (v. 
a.),  custoditore  ;  guardatore,  guardia,  guardiano  ; 
riguardatore,  soprastante.  Nome  generico  di  chi 
guarda  magazzini,  giardini,  scuole,  prigioni,  ecc.  - 
Angelo  custode  (scherz  ),  il  carabiniere  e,  meno  fre- 
quentem,,  la  guàrdia  di  pubblica  sicurezza.  -  Ca" 
siera,  casiere,  custode  della  casa.  -  Cassiere,  cu- 
stode della  cassa.  -  Consegnatario,  chi  ha  in  con- 
segna, in  custodia  una  cosa.  -  Custode,  il  presidente 
dell'Arcadia  a  Roma.  -  Depositàrio,  chi  ha  in  con- 
segna, in  custodia  alcuna  cosa,  per  lo  più  di  valore, 
0  importante  (anche,  di  qualche  seflrre^o):  custodi- 
tore, tesoriere.  -  Mandriano,  custode  della  mandria, 
del  branco  di  bestiame.  -  Massaio,  custode  di  cose 
mobili,  siano  masserizie  o  denari,  appartenenti 
ad  altri.  -  Pastore,  custode  di  armento,  di 
gregge:  pecoraio.  -  Tesoriere,  custode  del  tesoro. 
-  Vigile,  che  veglia,  che  osserva  ;  custode  dell'ordine 
pubblico;  guardia  municipale. 

Argo^  nella  mitologia,  gigante  con  cento  occhi 
(per  ciò  detto  Panoplè,  onniveggente),  da  Giunone 
posto  a  guardia  di  Io,  amata  da  Giove.  -  Cerbero, 
nella  mitologia,  uomo  con  tre  teste,  custode  del- 
Yinferno.  -  Vestali,  nel  paganesimo  romano,  le  cu- 
stodi del  fuoco  sacro. 

Custodia.  11  custodire;  cura,  guardia,  go- 
verno di  checchessia;  l'atto  e  la  cura  di  chi  custo- 
disce: accomanda,  accomandigia,  accomandita;  de- 
posilo,  salvaguardia,  serbanza,  serbo;  sorveglianza, 
vigilanza.  -  Custodia  si  chiama  pure  ogni  arnese,  di 
varie  loggie  e  materie,   fatto  per  custodire  cose  di 


CUSTODIRE   —    DADO 


813 


valore  o  facili  a  guastarsi:  cosi  Yastuccio,  il  cas- 
setto, la  scatola;  la  custodia  di  libri  rilegati  in 
oro,  la  custodia  del  cappello,  degli  occhiali,  ecc.  - 
Busta,  custodia,  per  lo  più  di  cartone,  da  tenervi 
fogli,  scritture  e  simili.  Anche,  il  foglio  ripiegato 
che  si  mette  per  sopraccoperta  alle  lettere.  -  Ca- 
sella, custodia,  per  lo  più  di  cartone,  col  dorso  di 
pelle,  di  cartapecora,  ecc.,  per  racchiudervi  scrit- 
ture, stampe  e  altro.  -  Conditorium,  presso  i  Ro- 
mani, luogo  nel  quale  si  riponevano  oggetti  di  qua- 
lunque specie,  0  anche  le  salme  degli  estinti.  - 
Guaina,  custodia  di  cuoio  in  cui  si  tengono  e  si 
conservano  ferri  da  taglio  ecc.;  fòdero  d'arme.  - 
Reliquario,  custodia  di  reliquie  (veggasi  a  reliquia). 

Affidare,  avere  in  custodia,  ecc.,  veggasi  qui  sotto, 
in  custodire, 

Gastodlre  {ctistodire,  custodito).  Avere,  tenere 
in  consegna,  in  custodia,  essere  custode  di  cosa 
o  persona,  con  obbligo  o  impegno  di  averne  cura 
e  di  tutelarne  la  sicurezza:  averne  cura,  in  cura; 
avere  guardia,  avere  occhi  ;  avere,  tenere  in 
serbo  ;  badare  ;  conservare,  covare  (figur.),  cu- 
rare ;  far  gtiaj  d  a  ;  guardare  ;  non  staccare,  non  to- 
gliere, non  I  or -ere  gli  occhi  da  alcunché;  seder 
custode  ;  seri  a  -e,  sorvegliare  ;  tenere  a  cintola, 
tenere  in  serio  tenere  nella  manica,  tenere  sotto 
chiave  (figur.)  ;  vegliare,  vigilare. 

Affidare,  commettere  alla  fede,  alla  custodia  al- 
trui :  abbandonare  in  mano,  accomandare,  commen- 
dare, confidare,  consegnare;  dare  in  consegna,  in  de- 
posito, deporre,  depositare;  lasciare,  mettere  in  mano, 
nelle  mani.  -  Avere,  dare,  ricevere,  prendere  in  conse- 
gna, in  custodia.  -  Guardare  (guardato),  custodire, 
tenere  in  guardia;  far  la  guardia;  vegliare  alla  si- 


l 


carezza  propria  e  altrui.  -  Invigilare,  badare  atten- 
tamente all'andamento  d'una  persona  o  d'una  cosa, 
perchè  provveda  regolarmente  :  vigilare.  -  Riser- 
bare, tenere  in  sei'bo,  custodire  alcuna  cosa,  per  ser- 
virsene al  bisogno.  -  Salvaguardare  (salvaguardato), 
mettere  in  salvaguardia,  sotto  custodia;  custodire, 
difendere,  proteggere,  tutelare. 

Cose  di  compenso,  quelle  che  si  custodiscono  e  si 
tengon  pronte  a  ogni  bisogno  in  mancanza  delle 
ordmarie.  -  Custoditamente,  quando  si  custodisce 
attentamente.  -  Vigilatamente,  con  vigilanza,  con 
custodia  attenta,  oculata. 

Abbandonare  (abbandonato),  non  custodire,  la- 
sciare senza  custodia.  -  Malguardato,  noa  bene  cu- 
stodito. •  Lasciar  le  pere  in  guardia  all'orso,  affi- 
dare a  mala  persona  una  cosa. 

Cutàneo.  Della  cute,  della  pelle  dell'uomo. 

Cute.  La  jìelle  dell'uomo. 

Cuticàg'na.  La  pelle  del  capo  coperta  di  ca- 
pelli, e,  più  specialmente,  i  capelli  della  nuca: 
capillizio,  collottola,  cotenna,  cotica,  cuoio  capel- 
luto, zuccagna. 

Cuticola.  Pellicola,  epidermide;  la  prima  meni' 
brana  esteriore,  sovrapposta  alla  pèlle  dell'uo- 
mo, ecc.    • 

Cuticolare.  Nome  di  un  mmcolo  del  collo 
detto  anche  pellicciaio. 

Cutréttola  (cutretta).  Uccello  silvano,  detto 
ballerina  e  anche  batticoda,  perchè  muove  sempre 
la  coda. 

Czar,  czarina.  Veggasi  a  imperatore. 

Czèco.  Popolo  slavo,  una  delle  quattro  princi- 
pali tamiglie  in  cui  gli  etnografi  dividono  gli  Slavi 
(Boemi,  Polacchi,  Russi,  Illirioti). 


D.  Quarta  lettera  deWalfabefo,  terza  delle  con- 
sonanti che  i  grammatici  dicono  mute.  Come  nu- 
mero romano,  vale  500;  con  una  lineetta  sopra, 
5000. 

Da.  Preposizione  che  indica  origine,  causa, 
provenienza,  separazione,  sottrazione,  ecc. 

Dabbasso.  Abbasso,  in  basso. 

Dabbenàggine.  Balordaggine,  credulità  (veg- 
gasi a  credere,  pag.  763,  seconda  colonna),  me- 
lensaggine: atto  da  balordo. 

Dabbène.  Dicesi  di  chi  è  buono,  probo,  o- 
iiesto. 

Daccanto.  Allato,  da  canto,  vicino. 

Daccapo.  Di  nuovo,  da  principio. 

Dacché.  Dal  tempo  in  cui  :  da  che,  dappoiché, 
da  poi  che,  da  dopo  che;  da  quando. 

Dactilografla.  Veggasi  a  dattilografia. 

Dàddolo.  Lo  stesso  che  smorfia,  leziosaggine, 
lezio:  veggasi  anche  ad  affettare,  affetta- 
zione. 

Daddovero.  Veramente,  sul  serio. 

Dado.  Piccolo  cubo,  d'osso  o  d'avorio,  segnato 
sulle  sue  faccie  da  uno  a  sei,  e  col  quale  si  fa  un 
giuoco  di  sorte.  In  greco,  astragalion,  aliosso.  Per 
giuocare,  si  buttano  i  dadi  e,  contati  i  punti,  si 
raccolgono  per  gettarli  di  nuovo  (dadi  buttati  e 
gettati).  -  Dadaccio,  peggior.  -  Dadicciuolo,  dimin. 
Dadolino,  piccolo  dado;   dadone^   grosso  dado.  - 


Tali,  gli  aliossi  usati  dai  Romani.  -  Tessera,  specie 
di  dado,  presso  gli  antichi. 

Giuoco  dei  dadi:  a  sbaraglino;  giacchetto  (in  al- 
cuni luoghi  d'Italia  ;  giuoco  della  zara,  tavola  reale  ; 
zara).  -  Asso,  un  solo  segno  nei  dadi  (e  nelle  carte 
da  giuoco).  -  Duetto  e  duetti,  nel  giuoco  dei  dadi, 
della  tavola  reale  e  simili,  i  due  assi  dei  dadi.  - 
Pariglia,  due  numeri  eguali,  come  assi,  duetti,  terni, 
sene.  •  Quadretti,  il  numero  quattro  scoperto  ad 
un  tempo  nei  due  dadi.  -  Quina,  combinazione  dei 
dadi  quando  in  ciascuno  di  essi  si  scopre  il  cinque. 

-  Sena,   ai  dadi,    il    doppio    di  sei.  •  Terno,  parte 
del  dado  che  scopre  tre  punti. 

Astragalismo,  giuoco  degli  aliossi  presso  gli  an- 
tichi Greci.  -  Barone,  giuoco  che  si  fa  con  due 
dadi.  -  Sbaraglio,  sorta  di  giuoco  simile  allo  sba- 
raglino, ma  fatto  con  tre  dadi.  -  Tric-trac:  si  giucca 
con  due  o  tre  dadi  e  con  quindici  dame.  Lo  si  fa 
in  due  persone,  sopra  un  tavolo  rettangolare,  di- 
viso in  due  scompartimenti  uguali  o  tavole,  da  una 
paratia  un  po'  meno  alta  che  gli  orli  della  cornice. 

-  Zara,  giuoco  che  si  fa  con  tre  dadi. 

Avere  il  dado,  giuocare  per  il  primo.  -  Dadeg- 
giare, giuocare  ai  dadi.  -  Gettar  la  sorte,  le  sorti, 
gettare,  tirare  i  dadi,  giuocare  a  dadi.  -  Bambino  I, 
quando  si  scopre  un  asso  al  giuoco  dei  dadi. 

Bussolotto,  vaso  di  qualsivoglia  materia  per  uso 
di  bere,  di  giuocare  ai  dadi  o  altro.  -  Pisside,  bos- 


814 


DADO    —    DA>"NARK 


solo  dei  dadi,  vaso  in  forma  di  torretta,  col  quale 
si  versavano  sul  tavolo  i  dadi:  detto  anche  pirgo. 

Astragalomanzia,  cleromanzia,  divinazione  per 
mezzo  dei  dadi. 

Dado.    Qualunque    corpo  di  figura   cubica:  pa 
raliepipedo  o  prisuia  a  base  rettangolare  quadrata 
e  talora  anche  poligona.  -  Chiocciola   o  testata  di 
t'ite. 

Daffare  o  da  fare.  Detto  a  fare. 

Dalila.  Specie  di  anitra. 

Dafne.  Genere  di  piante  ornamentali,  con  una 
quarantina  di  specie.  Dafne  mezereum,  o  laureola 
femmina,  dafne  laureola  maschio,  dafne  gnidio,  dafne 
odorosa,  dafne  delle  Alpi,  le  specie  principali.  - 
Dafnina,  principio  amaro  trovato  nella  scorza  di 
molte  piante  del  genere  dafne. 

Dafìiia.  Animale  crostaceo  branchiopodo. 

Dag-a.  Specie  di  spada,  corta  e  larga,  e  di 
sciabola-baionetta  :  veggasi  ad  atnne  (armi  antiche, 
pag.  lo4.  seconda  colonna)  e  a  sciabola, 

Daglierrotipia  idaguerrotìpia).  Il  primo  si- 
stema di  fotografia. 

Dag:betta.  Veggasi  a  spada. 

Daino  fdainaj.  Specie  di  cervo,  ma  più  pic- 
colo e  con  le  coma  curvate  indietro  :  qpiadrupede 
selvatico  simile  al  capriuolo.  Se  ne  adopera  la  pelle 
per  fare  guanti,  gambali,  calzoni  (malamente  detta 
pelle  di  dante,  versione  fonica  dal  frane,  peau  de 
daim,  damma  o  daino).  -  Daino,  la  femmina.  - 
Nebride,  pelle  di  daino  o  di  camozza,  di  capra,  di 
pantera,  che  vestivano  le  Baccanti. 

Da  lato.  Allato,  a  fianco. 

Dàlia*  Pianta  bulbosa,  dai  larghi  fiori  inodori, 
di  tinte  variate  e  screziate;  si  coltiva  per  orna- 
mento. Il  fiore,  autunnale,  detto  anche  giorgina,  è 
emblema  della  sciocchezza. 

Dalli  !  Modo  di  manifestare  Yiwpazieiìza,  1a 
noia. 

D'allora  in  poi.  Da  quel  tempo  in  poi. 

Dalmàtica.  Paramento  del  diacono.  •  Sorta 
di  tonaca. 

Daltonismo.  Difetto  della  l'isfa. 

D'altronde.  Modo  avverbiale  usato  nel  di~ 
scorso,  passando  ad  altre  considerazioni. 

Dal  Tero.  Modo  avverbiale  applicato  all'arte 
{studio  dal  reì-o):  vengasi  ad  oi*f€,  pag.  172,  prima 
colonna. 

Dama.  Donna  nobile  ;  signora.  ■  La  donna 
amata.  -  Dama  del  biscotto,  o  del  biscottino,  la  no- 
bildonna  che,  dovendo  o  volendo  adempiere  ai  pre- 
cetti di  Cristo,  crede  soddisfarli  portando  il  biscot- 
tino al  letto  degli  infermi  dell'ospedale. 

Dama.  Giuoco  che  si  fa  sopra  uno  scacchiere 
con  ventiquattro  rotelle,  che  si  chiamano  pedine.  Si 
giuoca  sopra  uno  scacchiere  con  sessantaquattro 
quadratini  (caselle),  alternativamente  bianchi  e  neri, 
e  si  adoperano  ventiquattro  pedine,  dodici  nere  e 
dodici  bianche.  Il  giuoco  consiste  neliimpadronirsi 
di  tutte  le  pedine  dell'avversario.  In  Francia  si  usa 
uu  tavoliere  con  cento  caselle  e  venti  pedine  per 
testa:  il  giuoco  però  è  lo  stesso.  Quando  una  pe- 
dina arriva  a  dama,  quando  cioè  arriva  ad  occu- 
pare una  delle  caselle  nere  dell'ultima  fila  del  ta- 
^  oliere,  ^a^•ve^sario  deve  fermare,  cioè  porre  sovra 
essa  una  delle  pedine  prese  all'altro.  Questo  pezzo 
doppio  dicesi  dama  o  damane.  -  Soffiare  o  boffare, 
portar  via  all'  avAersario  un  pezzo  con  il  quale 
questi  a^Tebbe  do^Tito  prendere  una  pedina  del- 
l'altro e  non  l' ha  fatto.  La  partita  è  patta  quando 
uno  dei  giuocatori,  ripetendo  sempre  la  stessa  mossa, 


non  può  essere  vinto  dall"  avversario.  -  Damane, 
nell'uso,  due  damine,  una  sopra  1"  altra.  -  Pezzo. 
ognuno  dei  pezzi  mobili  per  giuocare  a  dama;  pe- 
dina  agli  scacchi,  a  tavola  reale.  -  Scacchiera,  scac- 
chiere, tavola  su  cui  sono  disegnati  sessantaquattro 
quadretti  per  giuocarvi  agli  scacchi  e  a  dama  - 
Tavoliere,  la  tavola  della  dama. 

Damare,  coprire  il  pezzo  che  arriva  a  dama,  con 
un'altra  pedina  :  fermare.  -  Far  damo,  andare  a 
damo,  dicesi  quando  uno  dei  giuocatori  riesce  con 
un  pezzo  a  toccare  la  fila  estrema  dell' a^-versario. 
-  Mettere  nella  lunetta,  mettere  una  damina  tra  due 
damine  dell'  avversario.  -  Mossa,  il  muovere  dei 
pezzi  agli  scacchi  e  a  dama.  -  Mossac/^ia,  cattiva 
mossa.  -  Sdamare,  muovere  la  prima  pedina  del- 
lultima  fila,  e  così  più  facilmente  può  l'avversario 
andare  a  dama.  -  Tocca  e  mo^a,  condizione  posta 
al  giuoco  della  dama  e  di  scacchi,  per  cui,  toccato  il 
pezzo,  bisogna  muoverlo.  -  Tratto ,  mossa  agli 
scacchi  e  a  dama.  -  K  tavola,  si  è  fatto  tavola:  a 
dama,  quando  la  partita  non  è  né  perduta,  né 
vinta. 

Dame  polacche,  dama  con  cento  caselle.  -  Dia- 
grammismo,  giuoco  delle  antiche  dame  greche,  si- 
mile alla  dama.  Cosi  anche  il  giuoco  che  si  chia- 
mava pettenterion.  •  Go,  giuoco  nazionale  dei  Giap- 
ponesi: somiglia  al  giuoco  della  dama.  -  Tric-trac, 
giuoco  di  dame  e  di  dadi:  detto  anche  tavola 
reale. 

Damare.  Veggasi  a  dama  (giuoco). 

Damascare  {damascato,  damascaturà).  Tessere 
a  damasco. 

Damaschina.  Veggasi  a  sciabola,  a  rosa  e 
a  sttsino. 

Damaschinare  (damaschinato).  Incastrare  nel- 
Yacciaio  e  nel  ferro  fregi  d'oro  o  d'argento; 
dare  alle  lame  o  alle  canne  delle  armi  da  fuoco  la 
forma,  le  tarsie,  i  disegni,  il  colorito  e  più  la  tem- 
pra alluso  di  Damasco. 

Damaschino.  Detto  a  damasco  e  a  po- 
pone. 

Damasco.  Drappo  di  seta  fatto  a  fiori  e  a  di- 
versi disegni.  -  Damascare,  tessere  a  damasco  ;  e 
domascaiura  latto  e  l'effetto.  -  Damascato,  lavorato 
ad  opera:  dicesi  del  tessuto  che  abbia  l'apparenza 
di  damasco,  cioè  sia  lavorato  a  fiorami,  secondo 
l'uso  di  Damasco.  Le  tele  damascate  servono  spe- 
cialmente per  biancheria  da  tavola.  -  Damaschelto, 
specie  di  drappo  a  fiori  d'oro  e  d'argento.  -  Dama- 
schino, temperato  e  lavorato  alla  maniera  di  Da- 
masco. -  Grr.mignòla,  damascaturà  di  biancheria  da 
tavola. 

Damerino.  Galante,  zerbino. 

Damlfrella.  Donzella,  signorina. 

Damigello.  Xel  medioevo,  giovinetto  nobiJe 
che  non  aveva  aiìcora  ricevuto  l'ordine  cavalle- 
resco. 

Damigiana.  Vaso  di  vetro  a  forma  di  gran 
fiasco,  di  grande  bottiglia,  vestito  d'ordinario  con 
tessuto  di  vimini,  per  uso  di  conservarci  il  vino  e 
altri  liquori.  La  sua  capacità  saol  essere  di  circa 
cinquanta  litri. 

Damma,  dammo.  Daina,  daino. 

Damo.  Chi  fa  M'amore:  l'amante. 

Danaro.  Veggasi  a  denaro  e  a  peso.  ■  An- 
tica moneta, 

Danda  {dande).  Ciascuna  delle  strisele  di  panno 
con  le  quali  si  sorre^e  il  bambino.  -  Bretella, 
bertella  da  calzoni. 

Dannare  {dannàbile,  dannato).  Condannare,  in- 


DANNAZIONE    —    DANNO 


815 


Jliggere  condanna,  riferito  specialmente  ali'owt- 
ma,  e  vale  punire  con  le  pene  dell'  inferno,  - 
Dannarsi,  andare  all'  inferno.  -  Dannabile,  merite- 
vole di  essere  dannato.  -  Dannato,  <ondannato  alle 
pene  eterne. 

Dannazióne.  Perdizione  deW  anima;  con- 
danna ?i\[' inferno. 

Danneggiare  {danneggiamento,  danneggiato). 
Arrecare,  far  danno, 

Danniflcare  {da unificato).  Fare  o  recar  danno. 

Danno.  Nocuniento,  male  proveniente  da  cosa 
0  da  persona  nociva,  o  da  una  causo  qualsiasi,  e 
dicesi  anclie  della  cosa  o  della  persona  stessa  dan- 
nosa ;  particolarmente,  privazione  di  una  cosa  che 
ci  appartiene,  causata  senza  il  concorso  della  no- 
stra volontà  e  in  modo  che  non  possiamo  più,  o 
(lilììcilmente,  riacquistarla,  ('on  varie  gradazioni  di 
significato:  acciacco,  aggravio,  assassinamento  (fi- 
gur.)  ;  carico,  crollo  ;  dannaggio,  dànnio  (v.  a.),  de- 
trimento, difetto,  disfavore,  disservizio,  fregata  (vol- 
garm.);  gravame,  guasto  ;  iattura,  infestazione,  islro- 
piccio  ;  lesione  ;  malanno,  malefìcio,  maledizione, 
mal  frutto,  mal  prò;  perdila,  peste,  pestilenza, 
piaga,  pregiudizio;  ranno,  rovina;  scapitamento, 
scapito,  scempio,  svantaggio,  turbamento.  -  Danno 
emergente,  quello  che  deriva  quando  altri  non  cor- 
risponde al  suo  obbligo.  ■  Danno  estremo,  irrepara- 
bile, che  porta  con  sé  una  grande  o  una  completa 
rovina  :  danno  esiziale,  letale.  -  Danno  negativo 
(lucro  cessante),  sottrazione  di  un  guadagno  a- 
spettato.  -  Danno  positivo  (danno  emergente),  sot- 
trazione di  una  parte  dell'avere. 

Avaria,  danno  che  subiscono  le  merci,  special- 
mente in  viaggio.  -  Batosta  o  battosta  (da  battere), 
voce  dialettale  molto  usata,  tanto  nel  senso  proprio 
di  percossa  che  in  quello  traslato  di  danno,  pre- 
giudizio, ecc.  -  Botta,  bottata,  danno  piuttosto  gra- 
ve. -  Bussata,  gran  danno,  batosta.  -  Disastro, 
gravissimo  danno.  •  Discapito,  più  comunem.  sca- 
pito. -  Disutile,  disutilità,  danno,  svantaggio  i  conlr. 
di  utile,  -  Disvantaggio,  lo  stesso  che  svantaggio. 
■  li^allimento,  gravissimo  danno  che  subisce  un 
commerciante,  ecc.  -  Inconveniente,  disvantaggio, 
danno.  ■  Lesione,  Ad.wxio  negl'interessi  di  una  parte: 
termine  legale.  -  Malestro,  piccolo  danno,  fatto  da 
ragazzi.  -  Bappresaglia,  danno  arrecato  per  contrac- 
cambio ;  danno  che  si  fa  ad  altri  o  alle  cose  che 
loro  appartengono,  per  vendicarsi  di  qualche  ingiu- 
stizia ricevuta,  di  qualche  oiTesa,  ecc.  ;  atto  del 
prendere  la  roba  altrui  come  la  sicurtà  o  come  ri- 
sarcimento di  danno.  -  Hovina,  danno  irrinìedia- 
bile.  -  Rovinio,  rovina  continuata.  -  Sacrifizio,  sca- 
pito. -  Scàpito,  per  lo  più,  danno,  perdita,  in  una 
impresa  commerciale  :  il  perdere,  atto  ed  effetto. 

-  Sortilegio,  studio  di  nuocere  ad  altri  con  arte. 

-  Strage  (ligur.),  danno  gravissimo,  disastroso.  - 
Svantaggio,  difetto  per  cui  una  cosa,  invece  di  gio- 
vare, nuoce. 

Danneggiare.  —  Danneggiarsi. 

Si  può  fare  o  arrecare  danno  ad  altri  in  molte- 
plici modi,  volontariamente  o  involontariamente  : 
per  caso  o  per  intenzione;  con  inganno,  con 
artificio,  con  frode,  con  violenza,  con  astu- 
zia ;  per  balordàggine  (da  balordo)  o  per  distra- 
zione, per  equivoco  ;  per  odio,  per  rivalità  (veg- 
gasi  a  rivale),  per  vendetta,  ecc. 

Accoccarla  ad  uno,  fargli  qualche  danno  o  un  cat- 


tivo scherzo.  Arrogar  danno  a  danno,  accrescere 
danno  sopra  danno,  aggiungere  danno  a  danno.  - 
Assassinare  (ligur.),  arrecare  gravissimo  danno,  dan- 
no mortale,  negli  interessi,  nella  riputazione,  ecc. 
•  Attentare  {attentato),  tentare  di  inlliggere  danno 
ad  alcuno  nella  persona  o  negli  averi.  -  Conciare 
qualcuno,  ridurlo  a  mal  partito.  Nello  stesso  senso, 
condire,  fucinare,  pettinare  (ligur.). 

Danneggiare  (danneggiato),  dare,  fare,  recar  dan- 
no :  dannificare,  dar  carico,  dar  cattive  strette,  dare 
il  mattone,  dare  la  mala  strenna,  dare  la  zampata, 
dare  nelle  gambe,  dare  tra  capo  e  collo;  essere 
dannoso,  essere  pernicioso;  essere  velenoso  tarlo; 
far  acciacco;  far  breccia,  far  disfavore,  far  del 
male,  far  la  pera,  far  male,  far  mal  giuoco,  fare 
pregiudizio;  ferire,  fracassare;  gravare,  guastare 
(veggasi  a  guasto)  ;  ledere,  molestare,  ollendere 
(yeggasi  ad  offesa);  recar  pregiudizio;  risultare 
di  danno,  in  danno;  riuscire  a  disservizio;  scon- 
quassare; servire,  servir  a  dovere,  servir  di  barba 
e  di  parrucca  (figur.),  servir  di  coppa  e  di  coltello 
(figur.);  tener  danno;  toccare  (nella  persona,  negli 
averi,  nell'onore);  tornare  a  danno,  di  danno,  in 
danno;  vulnerare. 

Dare  del  mazzapicchio  in  testa  a  uno  (figur.),  ro- 
vinarlo negli  interessi,  nella  riputazione.  -  Deci" 
mare,  far  grave  danno  (di  cose),  quasi  distrug- 
gere. -  Essere,  slare,  rimanere,  tornare  a  carico,  a 
sacrir-zio,  a  danno.  -  Esser  di  peso,  di  danno  o  di 
noia.  -  Fare  il  pelo  e  il  contrappelo,  usare  ogni  più 
sottile  artifizio  per  far  danno  agli  altri,  con  gli 
atti,  con  le  parole,  ecc.  -  Fregare  uno  (figur  volg.), 
imbrogliarlo,  fargli  danno.  -  Incicciare  {inciccialo), 
magagnare,  involgere  in  qualche  malanno,  in  qual- 
che danno.  •  Infestare  (infestato),  produrre  infe- 
zione;  ligur.,  danno. 

Ledere  (leso),  ollendere;  danneggiare,  specialmente 
in  senso  morale.  -  Nuocere  (nuociuto),  far  danno, 
arrecare  nocumento.  -  Perseguitare  (perseguitato),  te- 
nere altrui  di  mira  per  recargli  danno  o  molestia: 
vcggasi  a  persecuzione,  -  Pregiudicare  (pregiu- 
dicato), danneggiare,  nuocere  negli  interessi.  -  Ri- 
finire uno,  mangiargli  ogni  cosa,  cagionargli  e- 
stremo  danno.  -  Rincarare  la  dose,  aggravare  il 
danno.  -  Rovinare  (rovinato),  portar  danno  irrime- 
diabile; ridurre  in  rovina,  -Sconciare  (sconciato), 
guastare,  disordinare,  ridurre  a  male.  -  Scoprire  il 
malato  quando  suda:  danneggiare  alcuno  in  un  mo- 
mento importunissimo.  -  Sfottere,  verbo  di  uso  vol- 
gare, rafforzativo  di  fottere,  nel  senso  di  persegui- 
tare, ridurre  a  male. 

Danneggiarsi,  farsi  danno  con  l'opera  propria, 
massime  tentando  di  danneggiare  altri  :  (figur.),  a- 
guzzarsi  il  pelo  sul  ginocchio,  appannare  nella  sua 
ragna  ;  barattare  il  vero  oro  coi  rame  ;  castrarsi 
per  far  dispetto  alla  moglie;  cucirsi  col  proprio 
refe  ;  darsi  del  dito  nell'occhio  ;  darsi  la  scure,  la 
zappa  nei  piedi,  sui  piedi;  darsi  su  per  l'unghie 
col  martello  ;  essere  preso  alla  propria  rete  o  dal 
proprio  laccio;  far  come  i  giudici  di  Padova  (che, 
per  parer  savi,  si  davano  la  sentenza  contro)  ;  far 
l'avanzo  del  grosso  Cattani  (che  disfaceva  i  muri 
per  vendere  i  calcinacci);  far  l'avanzo  di  Berta 
Ciriegia  (che  dava  a  mangiare  le  ciliegie  per  avan- 
zare i  nocciuoli),  l'avanzo  del  Gazzetta  (che  bru- 
ciava i  panni  di  Spagna,  per  far  cenere  morbida), 
l'avanzo  del  Cibacca  (che,  a  fin  d'anno,  avanza  i 
pie  fuori  del  letto);  guastare  i  fatti  propri;  immu- 
rarsi in  un  forno;  infilzarsi  da  sé;  mangiare  il  ca- 
cio nella  trappola;  metterci  del   proprio;  rimet- 


816 


tercif  rompersi  il  collo,  rompersi  le  noci  sul  capo; 
spendere  e  pagare  il  boia  perchè  ci  frusti;  tirar 
sassi  in  colombaia,  in  piccionaia;  trarre  ai  propri 
colombi  ;  trarsi  sangue  con  le  proprie  armi. 

Affogare  in  un  bicchier  d'acqua,  aver  gran  danno 
da  una  piccola  cosa.  Nello  stesso  significato  :  affo- 
gare nei  mocci,  ammemmare  (afl'ogare  nella  melma) 
sul  lastricato;  inciampare  nelle  cialde,  nei  cialdorii, 
in  ragnateli,  in  un  filo  di  paglia.  •  Andarne,  uscir- 
ne col  capo  rotto,  con  la  peggio,  col  danno  mag- 
giore. -  Aver  corna  e  busse,  danno  e  befife.  -  Avere 
la  zampata,  averla  nelle  costole,  subir  danno.  -  Cer- 
car Maria  per  Ravenna,  cercare  il  proprio  danno, 
cercar  botte.  -  Dare  o  mettere  Varme  in  mano  a 
uno,  fornirgli  il  mezzo  di  nuocerci.  -  Discapitare 
(intrans,  non  comune),  scapitare,  avere  scapito. 

Esser  becco  e  bastonato,  avere  il  danno  e  le  beife. 
-  Esser  presi,  rimanere  alla  schiaccia,  in  grave 
danno.  -  Imparare  a  proprie  spese,  a  proprio 
danno.  -  Incapparci  (incappato),  mettersi  in  un  af- 
fare, in  un'impresa  che  arrechi  danno:  incorrere 
in  un  danno.  -  Lasciarci  i  denti,  ritirarsi  da  una 
avventura  con  molto  scapito.  -  Lasciarci  il  pelo,  ri- 
metterci del  proprio,  in  una  faccenda  che  costi 
cara.  -  Pelare  una  gatta,  accingersi  a  impresa  pe- 
nosa e  che  riuscirà  di  danno.  -  Prendere  il  coltello 
per  il  taglio  (figur.),  danneggiarsi,  argomentando  o 
operando.  -  Ricascare  sulle  spalle,  di  danni,  di 
mali  che  toccano  a  qualcuno.  -  Risentire,  soffrire 
danno,  subirlo.  -  Uscirne  a  buon  mercato,  uscirne 
con  poco,  con  poco  danno.  -  Uscirne  per  il  o  dal 
rotto  della  cuffia,  scamparla  per  un  caso,  con  poco 
danno.  -  Tornare,  ricadere  in  capo,  di  cosa  che 
torni  a  pregiudizio  di  chi  l'ha  fatta. 


Danneggiatore.  —  Danneggiato.  —  Dannoso. 
Dannosamente.  —  Contro  il  danno. 


Danneggiatore,  chi  danneggia:  apportatore,  illa- 
tore di  danni  ;  guastatore,  nocitore,  pregiudicatore. 
-  Facidanno,  chi  danneggia  alcunché:  detto  spe- 
cialmente di  chi  ruba  nelle  campagne,  taglia  nei 
boschi,  ecc.  -  Fillossera  (figur.),  di  persona  che  fac- 
cia grave  danno. 

Danneggiato  (partici p.  e  agg.),  chi  ha  subito 
danno  :  avariato,  battuto,  buscherato,  conciato,  in- 
tronato, leso,  pettinato,  sconciato,  scosso,  tiafitto.  • 
Essere  danneggialo  :  andar  di  mezzo,  andarne  con 
la  peggio;  avere  il  male,  il  malanno  e  l'uscio  ad- 
dosso ;  buscarsi  busse  e  corna  ;  buscar  più  che  sui 
bozzoli;  essere  il  becco  e  il  bastonalo:  essere  la 
vittima  (di  checchessia)  ;  essere  pagato  del  lume  e 
dei  dadi;  incoglier  danno,  incoglier  male;  incorre 
in  danno  ;  patir  la  pena,  patir  scempio  ;  portare  il 
petto  e  i  panni  squarciati  ;  ricevere  nocumento,  pa- 
timento, turbamento;  rilevar  danno;  rinietterci,  ri- 
sentire, sollrir  danno  ;  scapitare.  -  Illeso,  chi  non 
fu  danneggiato:  incolume.  -  Passibile,  di  danno, 
chi  è  esposto  a  soffrirlo,  a  patirlo. 

Danni  so,  che  fa  danno,  atto  a  danneggiare,  av- 
verso, dannevole  ;  di  pregiudizio,  di  molto,  di  gran 
pregiudizio;  disfavorevole,  disavantaggioso,  disvan- 
taggioso, disutile;  malemenato,  malefico,  male- 
merito,  malvagio  ;  mortifero;  »i€»«tco,  nocente,  no- 
cevole,  nocivo;  perverso,  pregiudicativo,  pre- 
giudicevole,  pregiudiziale;   rodente,    rovinoso,   ru- 


bello  ;  sfavorevole,  sinistro,  spinoso,  svantaggioso  ; 
velenoso  (figur.).  Contr.,  innocuo.  •  Arme  a  due 
tagli:  dicesi  di  ciò  che,  adoperato  per  difesa,  può 
invece  riuscire  di  danno.  -  Esiziale,  pernicioso,  ro- 
vinoso. -  Funesto,  che  porta  danni  gravi,  dolorosi 
e  irreparabili.  -  Infesto,  odiosamente  e  dannc^a- 
mente  molesto.  -  Nefasto,  che  è  di  malo  augurio 
e  lascia  temere  danno.  -  Malestroso,  chi  arreca 
danno  (per  lo  più,  detto  di  fanciullo).  -  Pernicioso, 
che  ha  effetti  fatali. 

Dannosamente,  con  danno,  in  modo  dannoso  : 
dannevolmente,  disavvantaggiosamente  ;  gravosa- 
mente; infestamente;  ma'e  a  uopo;  maleficamente; 
nocevolmente,  nocivamente  ;  perniciosamente,  per- 
niziosamente.  Contr.,  impunemente,  cioè  senza  dan- 
no, senza  pericolo. 

Contro  il  danno.  —  Assicurare,  fare  assicura- 
zione contro  un  danno  eventuale  qualsiasi.  -  Com- 
pensare, dare  un  compenso,  totale  o  parziale,  del 
danno  fatto  subire.  -  Indennizzare^  indennizzarsi, 
rifare,  risarcire  il  danno,  rifarsi  del  danno.  -  Pre-  ~ 
servare  {preservato),  salvare  in  anticipazione  da 
un  danno.  -  Prevenire  {prevenuto,  prevenzione),  pre- 
parare la  difesa,  il  rimedio  contro  un  danno  aspet- 
tato 0  possibile  ;  provvedere  anticipatamente.  - 
Preservare  {preservativo,  preservato),  salvare  anti- 
cipatamente da  un  danno. 

Reintegrare  {rintegrato,  reintegrazione),  risarcire  di 
un  danno  ;  ripristinare  una  condizione  di  cose, 
quale  era  prima  di  subire  il  danno:  rifondere  {ri- 
fuso, rifusione).  -  Restituire  i  danni,  rifarli,  ripa- 
garli. -  Rilevare  uno  {rilevato),  liberarlo  da  qualche 
danno  o  molestia.  -  Rinfrancarsi  {rinfrancato),  ri- 
farsi dei  danni  sofferti.  -  Riparare,  ripararsi  {ripa- 
rato, riparazione),  difendersi  contro  cosa  o  persona 
che  minacci  danno  ;  evitare,  rimediare  alle 
conseguenze  di  un  danno  ;  restaurare,  risarcire,  ri- 
storare. -  Risarcire,  risarcirsi  {risarcimento,  ri- 
sarcito), rifare,  rifarsi  di  un  danno.  -  Rivalere,  ri- 
valersi (rivalso),  rifarsi  di  un  danno.  -  Rompere  i 
denti  a  uno,  rompergli  il  muso  (figur.),  togliergli 
la  possibilità  di  nuocere. 

Scaricare,  sgravare,  liberare  alcuno  dalle  conse- 
guenze 0  dalla  responsabilità  di  un  danno,  -  Taci- 
tare, pagare  i  danni,  eliminare  una  parte  in 
causa  con  qualche  compenso. 

Voci  varie. 
Locuzioni   e   proverbi. 

Ammenda,  rifacimento  di  danno;  inulta.  •  Danni 
e  interessi,  formola  indicante  l' indennità  dovuta  a 
compenso  di  perdite  inflitte  ad  altri.  -  Fiche  de 
consolation  (frane),  risarcimento,  compenso  a 
qualche  danno  sofferto.  -  Indennità,  rifacimento 
di  danno  ;  atto  con  cui  si  promette  di  mante- 
nere illeso  taluno  da  qualunque  perdita  o  danno 
che  gli  possa  venire  per  qualche  cagione  parti- 
colare: il  corrispettivo  e  le  spese  del  danno.  - 
Rivalsa,  risarcimento,  rifacimento  di  danni.  - 
Saggio  analitico,  analisi  del  danno  in  rapporto  al 
prodotto  e  deduzione  della  percentuale  di  risarci- 
mento dovuta. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Bel  guadagno  I,  detto  a 
chi  fa  cose  inutili  o  dannose.  -  Casca  il  mondo  t, 
esclamazione  allusiva  a  danno  esagerato,  imprevisto, 
strano.  -  Dove  passa  ci  lascia  il  segno:  di  persona 
che  sciupa  e  fa  danno.  -  Essei-e  come  levare  il  pelo 


DANNOSAMENTE   —   DARE 


817 


a  un  bue,  esser  cosa  di  poco  danao  a  qualcuno.  - 
Essere  la  grandine  sulla  stoppia:  molto  rumore  e 
poco  danno  -  Lucro  cessante  e  danno  emergente:  di 
cosa  in  cui,  oltre  a  non  esserci  guadagno,  q'ò  stato 
scapito.  -  Meno  m%le,  minco  male  t,  notando  un 
danno  evitato  e  che  si  poteva  aggiungere  ad  un 
altro.  -  Meglio  cento  feriti  che  un  morto:  meglio  di- 
minuire i  danni  in  parecchi,  piuttosto  che  gravarli 
tutti  sopra  uno.  -  Te  ne  accorgerai  al  brodo  se  sari 
pecora:  a.  chi  si  fa  ancora  illusioni  mentre  i  danni 
sono  evidenti. 

Cane  scottato  dall'  acqua  calda  ha  paura  della 
fredda.  -  Chi  è  stalo  morsicata  dal  serpe  teme  della 
lucertola.  -  Chi  semina  vento  raccoglie  tempesta,  ha 
il  danno  dell'opera  propria.  -  Chi  semina  spine  non 
vada  scalzo. 

Oannosameate.  Con  danno. 

Dannoso.  Che  fa  danno. 

Oanfce.  Veggasi  a  dtino. 

Danteg'g'lare  (danteggiato).  Ditto  a  poe^iri. 

Dantesco,  dantista,  dantòfilo.  Veggasi  a 
poesia. 

Danza.  Il  ballo  con  regola  ed  arte.  -:  Din- 
zante,  partic,  aggiunto  di  festa,  di  veglia,  dal  fran- 
cese matinée,  soirée  dansm'e.  -  Danzare,  danzatore, 
danzatrice,  veggasi  a  ballo. 

Acrobata,  danzatore,  ballettilo  di  corda  :  funam 
bolo.  -  Danseuse  (frane),  colei  che  eseguisce  strane 
e  lascive  danze,  come  il  can-can,  la  danza  serpen- 
tina, i  balli  del  ventre,  ecc.  Ballerina,  danzatrice 
(veggasi  a  ballerino).  -  Doiole,  danzatrici  serbe 
che,  seguendo  un  antico  costuins,  in  tempo  di  sic- 
cità vanno  intorno  invocando  la  pioggia  dal  cielo, 
con  danze  e  canti.  -  Elfi,  secondo  la  mitologia 
germxnica,  spiriti  che  amano  la  misica  e  la  danza 
e  si  mostrano  amici  degli  uomini.  -  Geisha  o  gue- 
cha,  danzatrice  e  attrice  giapponese  :  etèra. 

Bourrée,  danza  francese,  originaria  dell'Alvernia. 

-  Branle  (lett.,  oscillazione),  danza  giocosa,  press'  a 
poco  come  il  cotillon,  in  cui  uno  o  due  danzatori 
guidano  gli  altri  a  far  ciò  che  essi  fanno.  -  Ga- 
chuca,  danza  spagnuola  in  misura  ternaria  e  in  mo 
vimento  moderato.  -  Ghica,  danza  voluttuosa  in  uso 
nelle  Antille  e  nell'America  spagnuola.  -  Cibistica, 
specie  di  danza  presso  gli  antichi  Greci.  -  Con- 
traddanza, ballo  fatto  da  più  persone  schierate  in 
fila,  l'una  di  fronte  all'altra.  -  Corno,  antica  aria 
di  danza.  -  Corovod,  danza  russa,  con  accompa- 
gnamento di  canto.  -  Cotillon  (frane),  nota  specie 
di  danza  figurata,  con  giuochi,  doni  e  sorprese.  - 
Couranle,  danza  francese  nella  misura  tripla,  sem- 
plice, in  movimento  moderato  o  allegro  ;  anche, 
l'aria  musicale  con  cui  la  si  balla.  -  Gracovienne, 
danza  nazionale  polacca. 

Dancing  (ingl.),  danza  figurata  di  quattro  passi  di 
polacca  (polka)  per  mano,  quattro  di  valzer,  dopo  di 
che  i  danzatori  si  abbracciano  e  riprendono,  -  Danza 
macabra,  serie  d'immagini  e  danze  rappresentanti 
la  morte  e  il  trionfo  della  morte.  -  Dos  d  dos, 
dosso  contro  dosso,  figura  in  cui  i  danzatori  si  vol- 
gono le  spalle.  -  Emmeleia,  una  delle  tre  danze 
teatrali  degli  antichi  Greci,  riservata  alla  tragedia. 

-  Galop,  danza  vivace,  d'origine  francese. 
Kake-walke,   passeggiata   della   focaccia,  nome  di 

ballo  dei  negri  d'America,  bizzarro  e  goffo.  -  Mon- 
ferrino-,  danza  originaria  del  Monferrato  {Piem">nte): 
è  in  sestupla  di  crome,  a  movimento  vivace,  -  Mo- 
resca, danza  delle  spade,  già  in  voga  in  tutti  i 
paesi  dove  si  conservava  la  tradizione  delle  guerre 


dei  Cristiani   contro    i  Saraceni.  -  Passapiede,  aria 
di  danza  a  tre  tempi,  comune  nel  sec.  X.VIII. 

Festa  danzante,  impropria  e  brutta  locuzione  in- 
vece di  ballo.  -  Festival,  vocabolo  entrato  nell'uso 
generale,  a  indicare  una  festa  musicale,  con  danze, 
e  di  carattere  popolare. 

Danza  elettrica.  Movimenti  che  effettuano 
(lue  figurine  di  midollo  di  sambuco  attratte  alter- 
nativamente da  dischi  carichi  di  elettricità  con- 
traria. 

Danzare  (danzato).  Fare  una  danza,  un 
[fallo. 

Dape.  Per  lo  più  al  plur.,  dapi  :  vivanda.  - 
Dipifero,  portatore  di  vivande. 

Dappertutto.  In  ogni  parte,  in  qualunque 
luo;(o,  dovunque,  ovunque. 

Dappiè,  da  pie.  Dalla  parte  inferiore,  da 
basso,  ap piede,  a  piede. 

Dappocàggine, dappochezza. L'essere  dap- 
poco 0,  anche,  sciocco. 

Dappòco  {da  po:o).  Dicesi  di  persona  che 
ha  scarso  intelletto,  poca  accortezza,  anitno 
meschino,  è  inetto,  bietolone  (anche  di  chi  è 
frivolo),  0  di  cosa  che  ha  poco  valore,  scarso 
0  nessun  pregio,  poca  importanza:  da  nulla, 
da  niente,  da  quattro  il  qualtrino;  da  dozzina,  di 
dozzina;  di  niun  prezzo;  irrilevante,  lieve;  manco 
che  niente;  screato,  scriato  ;  una  buccia  di  porro. 
Dicesi  anche  per  scio -e  ì. 

Dappoi.  Dopo  un  timpo,  un  certo  tempo  do- 
po; in  appresso,  in  avvenire,  in  seguito. 

Dappoiché.  Dopoché,  poiché. 

Dappresso  (da  pressi).  Davvicino,  da  vicino. 

Dapi>rimii.  Da  prima. 

Dapprincipio.  Dal  cominciamento,  dall'ort- 
gine,  da  principio. 

Dardanelli).  Varietà  di  rondine. 

Dardeg^gflare  (d^rdeg'jiato).  Lanciar  dardi,  frec- 
ce :  veggasi  a  freccia, 

Dirdo.  Arme  da  lanciare:  freccia.  -  Parte  del 
pungolo  d'un  insetto. 

Dare  (dito).    Voce   di   larghissimo    significato 
trasferire  checchessia  da  sé  ad  altri,  tanto  di  cose 
materiali,  quanto  di  cose  morali,  di  proprietà  o  qua 
lità  fisiche,  ecc.:    dare   in   possesso,  in  potere 
donare,  dare  in  dono  ;  porre  in  mano  (dare  diret 
tamente);  sborsare    in   pagamento   (veggasi    a  pa 
gare),  o  come  prezzo  ;  aggiustare,   menare,  rife 
rito  a  colpo,  a  percorsa;  comunicare,  parte- 
cipare, riferito   ad   avviso,   a  notizia   e  simili  ; 
vendere  per  un  dato  prezzo;  pronunziare,  profe- 
rire, riferito   a   condanna,   a  g indizio,  a  sen- 
tenza, ecc.  ;  riferito  a  colore,  significa  applicare, 
distendere,  passar  sopra.  -   Accompagnato  da  pre- 
posizioni, il  verbo  dare  assume   significati  diversit 
Cosi:  dare  a....,  giungere,  arrivare  a  un  punto; 
dare  di....  (seguito  di  titolo),   trattare   altrui,    par- 
lando 0  scrivendo,  con  tale  titolo;  dare  in...,  bat- 
tere, cogliere,  colpire;   anche,   inciampare,   ur- 
tare e,  riferito  a  persona,  imbattersi,   incontrarsi, 
incontrare;  dare  su....,  di  finestra,  di   porta, 
di  uscio,  che  riesca,  corrisponda  sul  cortile,  sulla 
piazzza,  sulla  via,  ecc.  (veg,'asi  a  prospettare).  • 
In  linguaggio  di  amniaistrazione,  il  passivo  di  un 
conto,  somma  a  de'>ito. 

Dato,  participio  passato  di  dare.  E  qratisdato, 
dato  gratis,  gratuitamente  (propriam.,  nell'uso,  dato 
per  pura  grazia  di  Dio)  :  gratuito. 

Datore,  chi  dà.  -  Largitore,  chi  largisce,  dà  molto  ; 
contr.,  avaro.  -   Fonte   perenne   (figur.),   chi  non 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


62 


818 


smette  mai  di  dare,  di  beneficare,  di  contribuire  in 
opere  di  beneficenza. 

Dazióne,  atto  del  dare,  e  si  dice  specialmente 
dell'anellu  matrimoniale  che  lo  sposo  pone  in  dito 
alla  sposa.  -  Anticipazione,  atto  del  dare  o  del  far 
dare  una  cosa,  una  somma,  prima  del  tempo  pre- 
stabilito. -  Assegnamento,  assegno,  somma  di  de- 
naro che  si  assegna,  si  dà,  o  è  stata  assegnata, 
data.  -  Data,  patronato,  facoltà  di  dare,  di  confe- 
rire un  benefizio  ecclesiastico.  •  Fornitura,  l'ef- 
fetto del  fornire.  -  Obolo,  qualunque  offerta  in 
denaro,  o  elemosina.  -  Sovvenzione,  somma  di  de- 
naro 0  di  cose  somministrate. 

Avarizia,  avversione  a  dar  denaro.  -  Libera- 
lità, virtù  per  la  quale  si  dà  volontieri  e  molto.  - 
Parsimonia,  economia,  arte  di  dare,  di  spendere 
poco.  -  Prodigalità^  eccesso  nel  dare,  nel  do- 
nare, nello  spendere. 


Vari  modi  di  dare. 


Accordare,  concedere,  dare  il  permesso,  per- 
mettere. -  Affibbiare,  dare  una  cosa  cattiva  per 
buona.  -  Affidare,  Ad^TQ  in  cws^orZia;  commendare, 
consegnare,  commettere,  fidare,  rimettere  cosa  o 
faccenda  all'onestà  o  alla  intelligenza  altrui:  abban- 
donare, lasciare  in  mano;  dare  a  guardia,  in  guar- 
dia, in  custodia:  accomandare,  depositare;  lasciare 
alla  cura  ;  porre  nelle  mani,  raccomandare.  -  Aggiu- 
dicare (aggiudicamento,  aggiudicazione),  conferire,  as- 
segnare, deliberare.  -  Alienare,  dar  via,  trasmettere  ad 
altri  una  proprietà  0  altro;  disfarsi  d'una  cosa;  far 
cessione,  rinunziare,  spropriarsi.  Alienazione,  atto  ed 
effetto.  -  Appiccicare,  dare,  far  prendere,  quasi  per 
forza  o  per  inganno.  Appiccicatura,  l'effetto.  -  Ap- 
pioppare, appiccare,  affibbiare.  -  Assegnare,  dare 
in  assegnamento,  destinare,  disporre  a  favore  d'al- 
cuno checchessia  [denaro  o  altro),  conferire  in 
dote,  in  premio,  ecc. 

Barbare,  appioppare,  accoccare  (gli  ha  barbato 
ano  schiaffo). 

Cambiare,  dare  il  cambio.  -  Cedere,  consegnare 
una  cosa  e  rinunziare  ad  ogni  diritto  su  essa  ; 
dare  in  mano,  in  potere  altrui.  Cessione,  atto  ed 
effetto.  -  Commettere  (commesso)  dare  in  consegna,  dare 
incarico.  -  Compensare  (compensazione),  dare,  distri- 
buire, dividere  in  parti  eguali  e  con  una  certa  pro- 
porzione. -  Compartire  (compartizione),  dare,  com- 
penso, •  Concedere  (concessione,  conceduto,  con- 
cesso), accordare,  acconsentire,  dare  il  consenso. 
-  Conferire  (conferimento),  dare,  concedere  con  atto 
di  autorità.  -  ConsegnarCf  dare  in  consegna,  dare 
in  mani  proprie  ad  alcuno  cosa  (o  persona)  perchè 
la  tenga,  o  la  passi  ad  altri,  o  la  restituisca  a  un 
tempo  determinato,  ecc.  Più  genericamente,  dare 
in  guardia  o  in  custodia  con  certi  ordini  e  istru- 
zioni da  eseguire.  -  Contribuiref  dare,  pagare, 
detto  di  più  cose  insieme. 

Dare  a  computo,  dare  appena  il  necessario,  con- 
tato, guardato.  -  Dare  alla  mano  (di  denaro),  di- 
rettamente, prontamente.  -  Dare  a  miccino,  con 
parsimonia.  -  Dare  a  scialo,  con  larghezza  signo- 
rile. •  Dare  brevi  manu  (modo  ayv.  latino),  a  mano, 
personalmente,  senza  ricevuta.  -  Dare  gratis  (lat., 
gratta  et  amore  Dei),  senza  far  pagare,  gratuita- 
mente. •  Dare  l'anima,  dare  tutto  ciò  che  si  pos- 
siede.  -   Dare  per  giunta,   dare  per  soprappiù. 

Dedicare,  dare  il   nome  di  una  persona,  per  ti- 


tolo d'onore,  ad  un  libro,  a  un'  opera  d'arte,  ecc. 
-  Delegare,  dare  incarico,  deputare.  -  Devolvere 
(devoluto),  dare,  far  passare  da  una  ad  altra  per- 
sona (beni,  denaro,  diritti,  ecc.).  -  Dispensare, 
compartire,  distribuire,  dar  la  parte;  dare  l'e- 
lemosina.  -  Erogare  (erogazione),  dare  in  pa- 
gamento, distribuire,  spendere,  -  Favorire,  ckre 
per  favore,  per  cortesia.  •  Fornire,  dare,  prov- 
vedere ciò  che  occorre.  -  Impadronire,  render  pev- 
drone  d'una  cosa,  darla  in  padronanza.  -  Impe- 
gnare, dare  in  jjegno.  -  Impiegare  (nell'uso),  dare 
un  ùnpiego,  mettere  a  impiego.  -  Inferire,  nel 
linguaggio  dei  tribunali,  per  dare,  vibrare.  -  Insi- 
gntre,  conferire,  dare  carico,  grado,  onorificenza, 
potere,  ecc.  -  Investire,  dare  ad  alcuno  il  pos- 
sesso di  uno  Stato,  di  un  feudo,  di  un  beneficio, 
ecc.  -  Inviare,  dare  ad  alcuno  ordine,  o  pre- 
ghiera di  andare  in  un  luogo,  di  fare  una  data 
cosa:  mandare,  spedire,  trasmettere. 

Largire  (largizione),  dare,  spendere  con  lar- 
ghezza, con  generosità.  -  Lesinare,  dare  con  ava- 
rizia, da  anaro.  -  Mantenere  (mantenuto),  dare  il 
vitto,  ^alimento,  ■  Ministrare,  somministrare,  for- 
nire. -  Offerire,  offrire,  fare  alto  di  dare:  reggasi 
a  offerta. 

Pagare,  dare  ad  altri  il  prezzo  convenuto,  do- 
vuto. -  Palleggiare,  dare  e  ricevere  scambievol- 
mente. -  Pensionare,  dare  la  pensione,  -  Percuò- 
tere (percosso),  dare  una  percossa  o  più  percosse. 
-  Porgere  (porto),  presentare  e  dare  checchessia, 
con  un  certo  garbo  ;  fare  atto  di  dare.  -  Profferire 
(profferta),  porgere  o  offerire,  accompagnando  l'of- 
ferta con  parole.  -  Prestare,  dare  in  prestito,  - 
Privarsi,  dar  via  o  per  dono  o  per  vendita.  ■ 
Prodigare,  dare,  spendere  moltissimo,  eccessiva- 
mente; dare  qualche  cosa  di  gran  pregio  per  una 
grande  causa.  -  Produrre  (prodotto,  produzione), 
ddiT  frutto  (della  terra,  delle  piante,  ecc.;;  dare 
interesse  (del  denaro  e  simili).  -  Provvedere, 
procacciare  ad  altri  ciò  che  gli  abbisogna. 

Rassegnare,  dare,  consegnare  in  potestà.  Anche, 
restituire.  -  Regalare,  dare  in  regalo,  in  dono.  - 
Rendere  (reso),  dare  ad  altri  cosa  che  gli  si  debba, 
per  obbligo  legale,  morale;  anche,  rimettere,  resti- 
tuire. -  Rendere,  il  rendere.  -  Restituire,  ridare 
una  cosa  che  si  ebbe.  -  Riconsegnare,  ripete  conse- 
gnare, 0  consegnare  il  perduto.  -  Ridare,  dare  di 
nuovo  ;  restituire.  •  Rifilare,  dare,  restituire,  con 
senso  furfantesco  ;  nel  gergo  milanese,  refilare.  - 
Rilasciare,  dare  (un  certificato,  una  ricevuta).  -  i?t- 
mettere  (rimesso),  restituire.  Nello  stesso  senso,  ri- 
tornare. 

Scambiare,  dato  in  cambio,  cambiare.  -  Soccor- 
rere, dare  aiuto,  soccorso  -  Somministrare,  dar 
via,  fornire  o  far  prendere  in  qualche  modo.  - 
Sopraddare,  dare  oltre.  -  Spartire,  distribuire,  di- 
videre checchessia,  dandone  a  ciascuno  la  sua 
parte.  -  Strozzare  (figur.),  dare  ad  usura. 

Tenere  a  stecchetto,  dare  troppo  parsimoniosa- 
mente il  necessario  e  con  rigore  eccessivo  (antica 
locuzione).  -  Trattenere,  non  dare,  ritenere,  tenere. 
•  Tributare,  dar  lode,  onore,  omaggio  e  si- 
mili. 


Locuzioni  mvBBSB. 


Dare  apparenza,  dicesi  di  indizi  che  sono  in  una 
cosa  0  in  una  persona  e  tali  da   indurre   altri   in 


DATA 


819 


ana  determinata  opinione  :  far  apparire  (veggasi 
anche  ad  apparenza),  far  credere,  far  setn 
orare.  Anche,  scoprire,  rivelare.  -  Dare  appiglio, 
dare  pretesto.  -  Dare  assicurazione,  far  certo,  far 
sicuro,  rendere  tranquillo.  -  Dar  a  vedere,  dar 
ad  intendere,  far  parere,  con  inganno.  -  Dare 
evasione,  nel  linguaggio  burocratico,  dicesi  per  dar 
corso,  rispondere  (ad  una  lettera,  ad  una  do- 
manda, ecc.). 

Dare  del  filo  da  torcere,  dare  altrui  materia  di 
lavoro  assiduo,  paziente.  -  Dare  il  braccio,  veg- 
gasi a  braccio.  -  Dare  il  la.  in  senso  traslato,  di 
chi  dà  r  intonazione,  il  carattere,  l' espressione  su 
cui  gli  altri  si  accordano.  -  Dare  il  suo  conto  ad 
uno,  dargli  quel  che  gli  spetta,  dargli  il  suo  avere. 

Dare  importanza,  darsi  cura,  pretnura  di  al- 
cuna cosa;  prenderla  sul  serio,  preoccuparsene 
(veggasi  anche  a  importanza).  -  Dare  in  conto, 
a  conto,  dare  una  parte  di  quello  che  si  deve.  - 
Dare  indizio,  indiziare,  porgere  un  segno  esterno 
{indizio),  che  faccia  credere  o  supporre  alcunché. 

-  Dare  la  disdetta,  veggasi  ad  aj^'Jitto.  •  Dare  la 
fuga,  modo  di  dire  dialettale  per  beffare,  burlare, 
schernire:  veggasi  a  burla  e  a  scherno. 

Dare  occasione,  veggasi  ad  occasione.  E  così 
per  le  locuzioni  dare  pretesto,  dar  prova,  dar  ra- 
gione, dare  speranza,  veggasi  a  pretesto,  a  prova, 
a  ragione,  a  speranza. 

Darla  a  bere,  darla  ad  intendere,  far  credere 
cose  non  vere,  trarre  in  inganno.  -  Darla  vinta, 
cedere  alle  proprie  ragioni,  ai  propri  diritti.  -  Dar 
retta,  obbedire.  •  Dar  parola,  dar  la  parola,  dare 
promessa,  promettere.  •  Dare  ricetto,  dare  asilo, 
ricoverare.  -  Dar  risalto,  dare  spicco,  rendere  una 
cosa  più  evidente.  •  Dare  soddisfazione,  veggasi  ad 
offesa. 

Dare  una  botta,  una  percossa.  •  Dare  una  le- 
zione, dare  esempio;  fìgur.,  dare  un  castigo.  •  Dare 
un  pugno,  uno  schiaffo,  ecc.,  veggasi  a  pugno,  a 
schiaffo,  ecc.  -  Dare  un  taglio,  locuzione  dialet- 
tale per  finirla,  finire. 

Darsi.  —  Non  dare.  —  Motti  e  proverbi.  — 
Darsi,  riferito  a  professione,  a  studio,  a  tenore 
di  vita  e  simili,  significa  applicarsi,  consacrarsi, 
dedicare,  dedicarsi,  essere,  star  dietro,  impiegarsi, 
mettere  l' attenzione,  V  ingegno,  la  mente,  la 
volontà,  ecc.  -  Darsi  ai  cani,  alla  disperazione. 

-  Darsi  al  diavolo,  infuriarsi,  andare  in  furia.  - 
Darsi  importanza,  fare  il  barbassoro,  grandeg- 
giare, -  Darsi  pace,  darsi  calma,  rassegnarsi 
(veggasi  a  rassegnazione). 

Non  dark.  —  Accileccare,  far  la  cilecca,  accennar 
di  dare  o  fare  cosa  grata,  e  deludere.  -  Defraudare, 
non  dare  quello  che  ad  altri  è  dovuto;  togliere  con 
frode;  più  che  privare,  togliere.  -  Negare, 
propriam.,  dire  di  no;  anche,  non  dare  cosa  do- 
mandata 0  promessa.  -  Rifiutare,  opporre  un  ri- 
fiuto a  dare. 

Motti.  —  Arrischiare  un  uovo  per  avere  un  bue, 
di  chi  arrischia  poco  per  avere  molto.  -  Cantare 
in  un  salmo,  quando  non  si  ha  nulla  da  dare  o  da 
dire  a  uno  che  chiede,  prega.  -  Cavarsi  una  cosa 
dagli  occhi,  darla  ad  altri  con  gran  rincrescimento. 

-  Costare  o  valere  tanto  nelle  mani  d' un  ladro  :  di 
cosa  che  si  dà  via  per  poco  o  per  niente.  -  Dare 
a  Cesare  quel  eh'  è  di  Cesare,  a  ciascuno  il  suo.  - 
Dare  le  margherite  ai  porci,  dar  cose  pregevoli  a 
persone  vili  e  idiote.  -  Farsi  onore  del  sol  di  lu- 
glio, di  cosa  che  costa  nulla  a  chi  la  dà,  per  l'ab-  ] 


bondanza  che  ne  possiede.  -  Uscir  dagli  occhi  una 
cosa,  darla  con  dispiacere. 

Bis  dal,  qui  cito  dal,  motto  latino  che  significa  : 
chi  dà  subito  è  come  se  desse  due  volte.  -  Do 
ut  des  (do,  affinchè  tu  dia),  espressione  latina  u- 
sata  talvolta,  scherzosamente,  quando  alcuno,  gio- 
vando ad  altri,  chiede  compenso. 

Proverbio.  —  Ogni  campanile  su^na  le  sue  cam- 
pane, ciascuno  dà  di  quello  che  ha,  dice  quello 
che  sa. 

Darsena.  La  parte  più  interna  del  porto, 
nella  quale  stanno  le  navi  disarmate  ;  nell'uso  mi- 
litare, arsenale  marittimo,  la  grandiosa  officina 
nella  quale  si  costruiscono  le  navi  e  le  si  forni- 
scono del  necessario  :  veneziano,  arzand. 

Darto.  Veggasi  a  testicolo. 

Dartro.  Infiammazione,  ma  di  rado  cronica  : 
erpete. 

Darvinismo  {darwinismo).  Complesso  delle 
teorie  di  (]arlo  Darwin,  opposte  alta  teoria  di  Lin- 
neo e  d'altri  che  ritengono  la  creazione  distinta  per 
opera  di  Dio,  e  a  quella  di  Cuvier,  che  fa  nascere 
le  specie  in  diversi  periodi  di  tempo,  indipenden- 
temente le  une  dalle  altre:  dottrina  dell'eterna  tra- 
sformazione della  materia;  dottrina  dell'evolu- 
zione. -  Pangénesi,  l'ipotesi  embriologica  di  Dar- 
win, secondo  la  quale  non  gli  elementi  generativi, 
né  le  gemme,  ma  le  cellule  stesse  producono  nuovi 
organismi.  -  Preformazioni,  teoria  secondo  la  quale 
le  nuove  formazioni  degli  esseri  organizzati  pro- 
vengono da  sviluppo  0  modificazioni  di  forme  an- 
teriori. -  Protislologia,  studio  dei  primissimi  esseri. 

Dasimetro.  Istrumento  che  serve  a  misurare  il 
diverso  grado  di  densità  dell'aria. 

Dasiuro.  Veggasi  a  marsupicde. 

Data.  Indicazione  precisa  del  tempo  in  cui  si 
fa  o  avvenne  una  cosa,  per  lo  più  aggiunta  l'indi- 
cazione del  luogo.  E'  di  quattro  specie  :  di  tempo, 
di  luogo,  di  persona,  di  fatto;  comprende  il  gior- 
no, il  ìnese.  Vanno.  -  La  si  scrive  su  una  let- 
tera, su  una  cambiaZe,  su  un  docum,ento  qual- 
siasi. -  Autentica,  la  data  constatata  da  un  ufficiale 
pubblico,  da  un  giudice,  ecc.:  data  certa.  -  Sto- 
rica, la  data  che  ricorda  un  fatto  memorabile.  - 
Millesimo,  V  anno  e  il  giorno  che  costituiscono  la 
data. 

Accavalcare  i  tempi,  usare  anacronismo.  -  Ap- 
porre la  data,  scriverla.  -  Datare  (datato),  porre, 
scrivere  la  data:  incarteggiare  (v.  a.).  -  Decorrere 
(decorso),  cominciare  ad  aver  corso.  -  Posticipare 
(posticipato),  posporre  nel  tempo  o  nell'ordine:  pro- 
rogare. -  Prorogare  (proroga^  prorogato),  allun- 
gare il  tempo  che  era  stato  dato  o  pattuito  per  al- 
cuna cosa  :  dilazionare  (dilazione),  differire.  -  Re- 
trodatare, trasportare  una  data  ad  un  tempo  ante- 
riore. 

Anacronismo  (anacronistico),  errore  di  data  che 
si  commette  anteponendo  o  posponendo  un  avveni- 
mento all'epoca  esatta;  errore  di  cronologia.  - 
Antidata,  data  anteriore  alla  vera,  o  pel  giorno  in 
cui  si  scrive  o  per  il  tempo  in  cui  un  fatto  si  è 
compiuto.  -  Controdata,  altra  data  aggiunta  alla 
prima.  -  Cronogramma  (termine  letter.),  iscrizione 
che  distingueva  la  data  cwi  alcune  lettere  distinte 
fra  le  parole.  -  Effemeride,  avvenimento  verificatosi 
lo  stesso  giorno  in  più  anni. 

Metacronismo,  il  porre  un  avvenimento  in  epoca 
posteriore  a  quella  nella  quale  poteva  accadere.  - 
Olimpiade,  data  cronologica  degli  antichi  Greci, 
corrispondente  a  quattro  dei  nostri  anni  :  si  apriva 


e  si  chiudeva  coi  giuochi  olimpici.  -  Paracronismo, 
posticipazione.  -  Prolepsi,  anticipazione  di  data.  - 
Ricorrenza,  il  ricorrere  di  una  data  che  si  vuol 
ricordare:  anniversario.  -  Rubrica,  indicazione 
della  data  e  del  luogo.  -  Sincronismo,  avvicina- 
nienio  di  fatti  avvenuti  alla  stessa  data,  in  diversi 
paesi. 

A  far  tempo  da....,  a  cominciare,  a  datare  dal 
giorno  tale.  -  Linea  della  data,  il  190"  meridiano 
da  Greenwich,  al  cui  passo  si  cambia  la  data  di 
modo  che,  viaggiando  in  direzione  ovest-est,  si  tra- 
lascia di  contare  un  giorno. 

Data.  Termine  di  giuoco:  veggasi  a  carte  da 
giuoco  (pag.  442,  seconda  colonna). 

Datare  {datato).  Veggasi  a  data. 

Dataria,  dateria.  Ufficio  della  corte  papale: 
veggasi  a  papato. 

Datismo.  Errore  del  parlare. 

Dativo.  Il  terzo  caso  del  ìiome. 

Dato.  Condizione  e  accidente  noto  del  pro- 
blema. •  Fatto,  avveìiitìiento  noto.  -  Elemento 
di  giudizio.  -  Cifra,  risultato  di  ricerche  stati- 
stiche. Anche,  nozione,  fatto  supposto  o  ammesso 
nella  ricerca  della  verità,  ed  è  voce  usata  nel  lin- 
guaggio delle  scienze. 

Datolite.  Borosilicato  idrato  naturale  di  calce. 

Dàttero.  Grande  e  utilissima  palma  (di  varie 
specie  :  dattero  comune,  o  dattoliere,  dattero  fari- 
nifero  o  sago,  dattero  selvatico,  ecc.),  nativa  del- 
l'Asia e  dell'Africa.  Il  frutto  (dàttero)  che  dà,  molto 
zuccherino,  polposo  e  nutriente,  è  una  drupa  di  figura 
simile  a  quella  dell'oliva,  lunga  e  grossa  all'incirca 
quanto  il  dito  pollice  (donde  i  nomi  di  dactula  e 
dactyli,  che  le  diedero  i  Greci  e  i  Latini)  ;  ha  la 
buccia  sottile,  liscia,  di  colore  giallo  dorato;  la 
polpa  pingue,  zuccherina,  semitrasparente,  d'odore 
soave  e  con  un  nocciolo  legnoso  nel  centro. 

Frutti  bechici,  i  datteri,  ecc.  -  Dattifero,  che  pro- 
duce datteri. 

Dàttili.  Veggasi  a  sacerdote.  -  Dattili  Idei, 
detto  a  pietra. 

Dàttilo  (dattilico).  Piede  di  verso  greco  e 
latino. 

Dattilioléca.  Detto  a  geìììjna. 

Dattiliogliflca,  dattìlioj^rafìea.  Veggasi  a 
gemma. 

Dattilite.  Veggasi  a  dito. 

Dattilografia  (dattilografico).  Scrittura,  modo 
di  scrivere  a  macchina. 

Dattilografo.  Macchina,  strumento  da  sci'i- 
vere,  a  forma,  per  lo  più,  di  cembalo.  -  Chi  scrive 
a  macchina. 

Dattilologia.  Maniera,  arte  di  conversare,  fare 
< onver sazione  con  le  dita,  mediante  segni  con- 
Aenzicnali,  corrispondenti  alle  lettere  dell'alfabeto, 
a  certe  sillabe  e  a  certe  parole  intiere  :  parlare  alla 
muta. 

Dattoliere.  Il  dàttero  comune. 

Dattorno.  D'attorno,  intorno. 

Davanti.  In  faccia,  di  faccia;  della  o  nella 
parte  anteriore;  di  presenza,  in  presenza;  avante, 
avanti,  d' avanti,  in  avanti  ;  al  dinanzi,  dinanzi, 
innanzi,  per  dinanzi;  innante,  innanti;  nante,  nauti. 
Contr.,  dietro.  -  Anti,  preposizione  che  significa 
avanti  e  altrimenti  si  usa  per  esprimere  idee  di 
opposizione,  di  allontamento,  di  incompatibilità.  - 
Avanti  (avante),  anteriorità,  precedenza  di  tempo, 
di  luogo,  prima.  -  Fronie,\a.  parte  anteriore  di 
checchessia.  -  Mettere  davanti,  premettere,  pro- 
porre. 


Davanzale.  La  soglia   della  finestra.  -  La 

parte  anteriore  di  ogni  sporto,  dove  persone  e  cose 
si  affacciano  o  posano:  parapetto. 

Davvéro.  In  verità,  senza  dubbio:  avverbio 
indicante  cosa  che  si  dica  «  proprio  sul  serio  » , 
Detto  anche  ironicamente,  per  esclamazione,  e  si- 
gnificante dubbio,  protesta. 

Daziare  (daziato).  Gravare  di  dazio,'  presen- 
tare al  dazio. 

Daziere.  Veggasi  a  dazio. 

Dazio  (daziare,  daziato).  Quanto  si  paga  allo 
Stato  o  al  Comune  per  introdurre  determinate 
merci  entro  la  cinta  daziaria  d'una  città,  di  un 
paese,  ecc.:  dazio  d'entrata;  d'importazione,  d'in- 
troduzione; gabella;  passaggio;  reve,  vettigali  (v. 
a.).  E  dazio  si  chiama  pure,  per  idiotismo,  il  luogo 

Tav.  XXVII.  —  Dattilologia. 


y 


1 


^ 


-<332> 


p 


-^ 


Segni  alfabetici  eonvenzionah. 

nel  quale  si  paga  per  l' introduzione  delle  merci, 
ecc.  (per  lo  più,  in  vicinanza  delle  porte  di  una 
città). 

Ancoraggio,  dazio  pagato  per  gettare  le  àncore  nei 
porti.  -  Dazio  consumo,  imposta  sulle  derrate,  o  su 
altri  articoli  venduti  nel  territorio  del  Comune.  - 
Dazio  di  combattimento,  quello  imposto  da  uno  Stato 
che  elevi  notevolmente  le  tarifle,  per  costringere 
un  altro  Stato  ad  abbassare  le  sue.  -  Dazio  di  fa- 
vore, meno  gravoso  per  certe  merci.  -  Dazio  diffe- 
renziale, quello  in  vigore  là  dove  si  ammette  l'im- 
portazione di  certe  merci  da  determinati  paesi  con 
un  dazio  d'  entrata  maggiore  o  minore  del  solito 
dazio  d'importazione.  -  Dazio  doganale,  tassa  che  si 
paga  allo  Stato  per  l'entrata  o  l'uscita  di  alcune 


821 


merci,  per  la  dogana»  E'  detto,  secondo  la  base 
della  tariffa  doganale:  ad  valorem,  se  non  si  tiene 
conto  della  specie,  ma  si  sta  al  valore  dichiarato  ; 
a  peso,  specifico,  se  stabilito  secondo  una  misura 
determinata.  -  Dazio  proibitivo,  quello  elevatissimo 
e  imposto  per  rendere  impossibile  o  molto  difficile 
l'introduzione  di  certe  merci.  -  Dazio  protettore, 
quello,  molto  elevato,  col  quale  si  colpiscono  i  pro- 
dotti dell'industria  estera  o  l'esportazione  delle  ma- 
terie prime,  per  proteggere  l'industria  nazionale.  - 
Gabella,  dazio  ai  conimi  di  uno  Stato:  dogana. 
Anche,  l'ufficio  dove  si  percepiscono  i  diritti  delle 
merci  soggette  a  dazio.  -  Mangeria,  dazio,  gravezza 
esorbitante.  -  Passaggio,  dazio  per  il  passaggio  in 
determinati  luoghi.  -  Pedaggio,  dazio,  tributo,  pa- 
gato per  passare  un  dato  luogo,  generalmente  per 
il  tragitto  di  un  fiume  e  per  il  passaggio  di  un 
ponte  (quasi  dovunque  abolito).  -  Sopradazio,  so- 
praddazio, altra  tassa  sul  dazio. 

Daziare  (daziato),  imporre  un  dazio,  sottoporre 
a  dazio  :  addaziare,  aggravezzare,  gabellare.  Anche, 
presentare  una  merce  perchè  le  sia  applicata  la 
tassa  daziaria  (sgabellare,  sdaziare).  -  Daziario,  del 
dazio,  attenente  al  dazio  (cinta,  guardia,  impiegato, 
tassa,  ecc.).  -  Daziere,  impiegato  esattore  del  da- 
zio :  agente  daziario,  del  dazio;  dazzino,  gabelliere, 
gabellino,  gabellotto;  guardia  daziaria,  guardia  dei 
gabellieri,  stradiere.  In  Firenze,  più  comunemente, 
gabellotto  che  gabellino.  E  capoposto,  il  daziere  capo 
d'un  uffizio  alle  frontiere  o  alle  porte.  -  Dazzaiuolo, 
registro  del  dazio.  -  Stradiere,  impiegato  che  ha 
r  incarico  di  frugare  e  visitare  la  roba  da  intro- 
durre nella  cinta  daziaria.  All'uopo,  egli  adopera  il 
fuso,  o  frucone  {forino  daziario,  nel  ger»o  del  me- 
stiere), bacchetta  metallica,  in  parte  cava  e  munita 
di  speciale  congegno,  per  cui  le  guardie  daziarie, 
forando  sacchi  o  altro,  possono  constatare  se  vi  si 
trova  il  grano  dichiarato  o  altro.  11  fuso,  propriam., 
serve  per  frugare  i  carri  di  fieno,  di  paglia,  di 
rena,  ecc. 

Barriera  (francesismo  d'uso),  punto  nella  cinta 
daziaria  di  una  città,  nel  quale  stazionano  i  gabel- 
lieri, vigilando  sui  passanti  e  sulle  merci  che  si 
introducono.  -  Cinta  daziaria,  la  cerchia  delle  mura 
d'una  città,  d'un  borgo,  con  porte  per  le  quali  non 
si  introducono  certe  merci  senza  pagare  dazio.  An- 
che, una  rete  metallica,  una  palizzata  e  simili,  che 
segnano  il  limite  fra  Ventro  dazio  e  il  fuori  dazio. 
-  Cinta  simbolica,  quella  tracciata  per  legge  o  per 
decreto,  governativo  o  comunale,  senza  che  sia  ma- 
terialmente posta. 

Bolletta  d'entrata,  quella  rilasciata  dagli  impie- 
gati per  prova  del  pagamento  dei  diritti  d'entrata 
d'una  merce.  -  Bolletta  di  transito,  biglietto  rila- 
sciato dagli  impiegati  della  amministrazione  doga- 
nale ai  mercanti  o  commissionari  per  accompagnare 
le  mercanzie  fino  a  destinazione.  -  Catenaccio,  rialzo 
dei  dazi  decretato  improvvisamente  dal  governo 
per  impedire  che  i  privati  si  provvedano  anticipa- 
tamente della  merce  su  cui  cadrà  il  dazio.-  Fran- 
chigia, esenzione  del  tributo  daziario.  •  Portata, 
la  nota  dei  capi    di   bestiame   e  delle  possessioni, 

Ser  impervi  il  dazio.  -  Tariffa,  specchio  o  quadro 
ei  diritti   dovuti   alla  frontiera,  o  dei  prezzi  per 
qualsivoglia  servizio. 

Abbandono  di  dogana,  rinuncia  alla  merce  per 
eccessivo  dazio.  -  Appalto,  contratto  per  la  ri- 
scossione di  un  dazio  verso  il  pagamento  di  una 
data  somma,  riscossione  che  gli  appaltatori  esegui- 
ranno di  poi  a  tutto  loro  rischio  e  pericolo.  -  Vi- 


sita daziaria,  l'esame  che  il  gabelliere  fa  alle  merci. 
•Zonay  estensione  di  territorio  sottoposto  a  un  trat- 
tamento daziario  eccezionale. 

Contrabbando,  introduzione  furtiva  di  merci  in 
uno  Stato  o  in  Comune  chiuso  (anche  la  cosa  con- 
trabbandata). In  milanese,  sfroso,  sfros,  da  frode. 
-  Contrabbandare,  esercitare  il  contrabbando;  e 
contrabbandiere,  frodatore,  chi  lo  esercita.  -  F,rmo, 
sequestro  di  coitrabbando.  -  Spallone  (da  spalla), 
volgarmente,  i  portatori  delle  merci  di  contrab- 
bando. 

Dazióne.  L'atto  del  dare. 
Dazzaiuolo.  Veggasi  a  dazio. 
Dèa.  Diva,  divinità  :  femmin.  di  dio. 
Deambulazione.  Latinismo  per  andatura,  an- 
dare. 

Débbio  (addebriamento).  Veggasi   ad  ayricol- 
tura  (lavori  agricoli,  pag.  46,  prima  colonna). 

Debellare,  debellamento  (debellalo).  Espu- 
gnare, vincere  in  guerra  :  sconfiggere. 
Débile,  debilità.  Veggasi  a  débole 
Debilitamento.  Detto  a  débole. 
Debilitante.  Il  medicamento  atto   a  dimi- 
nuire le  forze  naturali  o  morbose  delle  partL  Cosi 
ogni  diuretico,  il  purgante,  il  salassOf  ecc. 

Debilitare,  debilitazióae  (debilitato).  Veg- 
gasi a  dèbolti. 

Debitamente.  Convenientemente,  in  modo 
conveniente:  giustamente,  meritamente. 

Débito  (debitore).  Quel  che  si  deve  ad  altri 
(contr.  di  credito)  ;  obbligazione  di  dare  o  di 
restituire  checcliessia,  per  lo  più  denaro;  la 
somma  che  si  deve  e  risultante,  di  solito,  da  un 
conto  chiuso:  chiodarello,  chiodo,  disavanzo,  dis- 
sesto ;  imbratto,  passività,  pégola,  zacchera.  Scherz., 
cadavere,  pasticcio.  Dicesi  anche  per  dovere,  ob- 
bligo. •  Gmridicamente,  il  debito  è  personale,  reale, 
legale,  simulato,  assicurato,  ecc. 

Debito  a  babbo  morto,  debito  fatto  a  condizions 
di  pagare  dopo  la  morte  del  padre.  Anche,  il  fo- 
glio della  relativa  dichiarazione;  debito  aererò,  re- 
gistrato, vivo;  arretrato,  debito  non  pagato  alia  sua 
scadenza;  consolidato,  debito  pubblico  dello  Stato, 
per  il  cui  interesse  la  legge  ha  fissato  un  fondo 
annuo  determinato,  ma  non  provvede  per  la  sua 
estinzione  ;  estinguibile,  che  si  può  estinguere,  pa- 
gare ;  fluttuante  od  oscillante,  il  debito  formato  dai 
capitali  che  il  governo  prende  a  prestito  in  via 
provvisoria  per  sopperire  a  qualche  momentanea 
urgenza  di  denaro,  che  restituisce  dopo  una  più  o 
meno  breve  mora  di  tempo  ;  insolvibile,  che  non 
si  può  pagare;  insoluto,  non  soàdìstMo;  ipotecario, 
vincolato  da  ipoteca;  liquidato,  non  pagato;  redi- 
mibile, quando  al  fondo  assegnato  pel  servizio  del- 
l'interesse relativo,  è  unito  il  fondo  di  redenzione, 
ossia  di  estinzione  ;  stantio,  vecchio  ;  vergognoso,  ìi 
debito  di  persona  civile,  che  ha  modo  di  non  far 
debiti  verso  il  fornaio,  il  macellaio,  ecc. 

Babbi  morti,  i  debiti  che  fa  con  l'usuraio  il  figlio 
di  famiglia,  e  da  pagarsi  alla  morte  del  padre.  -  De- 
bitarello,  piccolo  debito:  debitòlo.  -  Debituccio,  ^peg- 
giorat.  di  debito.  -  Fondaccio,  debito  vecchio,  arre- 
trato. -  Griccia,  debito  minuto.  -  Taccola,  piccolo 
debito,  debitarello;  anche,  mancamento,  cavillo  e 
simili. 

Debito  perpetuo,  rendita  dotata  solo  del  fondo  per 
il  pagamento  dagli  interessi.  -  Debito  pubblico,  la 
somma  di  denaro  di  cui  uno  Stato,  un  governo  è 
debitore  verso  il  pubblico.  -  Obbligazione^  atto 
col  quale  alcuno  si  obbliga  a  pagare  denaro  ad  a^^ 


822 


tri  o  a  far  checchessia.  -  Passivo,  complesso  dei 
debiti  d'una  persona,  d'una  azienda,  ecc.  :  passi- 
vità. -  Voràgine  di  debiti  (figur.),  ammasso  di  de- 
biti, tanti  debiti  da  rendere  molto  difficile  il  ca- 
varsene. 


Avere,  fare  debiti.  —  Varie. 


Avere  debiti:  aver  a  dare,  da  dare;  avere,  te- 
nere il  conto,  un  conto  aperto  ;  dovere  ;  essere  a 
specchio  (figur.)  con  qualcuno;  non  avere  rasciutto 
l'inchiostro;  reggersi  sui  chiodi;  vivere  d'impre- 
sti to;  trovarsi  in  debito. 

Avere  molti  debiti:  affogare  nei  debiti,  avere 
più  debiti  che  capelli  o  peli  in  capo;  avere  debiti 
•sopra  debiti;  aver  più  debiti  che  la  lepre;  essere 
nei  debiti  lino  alla  gola,  fino  agli  occhi  ;  essere  ca- 
rico, essere  straziato  dai  debiti;  essere  pieno  di 
piaghe  (figur.  e  scherz)  ;  essere  ribadito  dai  chiodi, 
-  Avere  debito  il  fiato,  la  pelle.  -  Essere  come  le  lu- 
mache che  lasciano  per  tutto  lo  strascico,  avere  debiti 
dappertutto.  -  Reggersi  sui  chiodi,  come  il  croci- 
fisso, di  chi  é  carico  di  debiti.  -  Stare  in  sul  noce, 
di  coloro  che,  temendo  di  essere  presi  per  debito, 
stanno  a  bellosguardo,  non  ardiscono  spasseggiare 
l'ammattonato,  cioè  capitare  in  piazza. 

Far  debiti,  far  debito.  —  Comprare  non  pa- 
gando subito,  farsi  prestar  denaro,  ricorrere  al  cre- 
dito :  contrarre,  incontrar  debiti;  fare  a  credenza; 
fare,  mettere,  piantar  chiodi  ;  fare  una  buca,  un 
buco  ;  impegnarsi,  indebitarsi,  indebitirsi  ;  intaccare 
a  denari.  -  Accollarsi,  addossarsi  un  debito,  assu- 
merlo per  conto  d'altri.  -  Essere  della  compagnia 
del  santo  chiodo  ;  campare  sui  chiodi,  di  chi  è  abi- 
tuato a  far  debiti.  -  Frecciare,  chiedere  denaro  a 
prestito,  con  intenzione  di  non  restituirlo.  -  Impan- 
tanarsi, impegolarsi,  ingolfarsi,  tuffarsi  nei  debiti, 
farne  molti.  -  Ingrossare  il  debito,  aggiungere  debito 
a  debito;  aumentare  la  somma  di  un  debito;  cari- 
carsi di  debiti.  E  affittire  dicesi  dei  debiti  che  di- 
ventano più  numerosi. 

Fare  un  debito  per  pagarne  un  altro  :  aprire 
una  buca  (o  un  buco)  per  turarne  un'altra 
cavare  un  chiodo  e  ficcare  una  cavicchia,  e,  an- 
che, turar  buca  e  far  callaia  (pagare  un  piccolo 
debito  per  farne  uà  altro  più  grosso)  ;  fare  la  tela 
di  Penelope;  scoprire  un  altare  per  ricoprirne  un 
altro.  -  Infognarsi,  di  chi  paga  un  debito,  facen- 
done uno  più  grosso,  sicché  non  si  rialza  mai. 

Varie.  —  Arrostire  qualche  amico,  fare  un  de- 
bito con  lui,  ingannandolo.  -  Essere  come  le  scarpe 
di  Patacchione,  fatte  di  chiodi  e  senza  punti,  di  chi 
ha  debiti  e  non  ha  denari.  -  Essere  tenuto  in  so- 
lido, con  altri  alla  osservanza  di  un  contratto  o 
del  pagamento  di  un  debito.  -  Rindebitarsi,  riem- 
pirsi di  debiti.  -  Sapere,  puzzar  d' inchiostro,  di 
cosa  presa  a  debito. 


Pagare,    non    pagare    i   debiti. 
Operazioni  varie. 


Pagare:  accomodare,  saldare  le  partite;  acque- 
tare il  creditore;  alleggerirsi,  liberarsi  d'un  debito, 
dei  debiti  ;  dare  soddisfazione  ;  estinguere,  spegnere 
uu  debito;  levarsi  uu  debito;  pareggiare   i  conti; 


rendere  scemo  un  debito;  rimborsare;  soddisfare, 
saldare  il  conto  ;  sdebitarsi  coi  creditori  ;  solvere  ; 
togliersi  un  debito  ;  tappar  dei  buchi  ;  uscir  di  de- 
bito; turare,  ri  turare  una  buca,  delle  buche.  -Am- 
mortare, ammortizzare  (ammortamento,  ammortizza- 
mento, ammortizzazione,  veggasi  più  innanzi),  dal 
frane,  dicesi  nel  senso  di  estinguere  un  debito,  un 
prestito,  ecc.  -  Compensare  (termine  legale),  estin- 
guere un  debito  con  un  credito  verso  la  stessa 
persona.  -  Dimettere  un  debito  (non  comune),  pa- 
garlo 0  anche  lasciarlo  andare.  -  Estinguere  un  de- 
bito, pagarlo,  o  anche  torre  di  mezzo  il  diritto 
della  riscossione.  -  Pagare  un  debito  a  respiri,  a 
pochini  per  volta.  -  Pagare  un  debito  nella  valle  di 
Giosafat,  mai.  -  Scontare,  estinguere  adagio  adagio 
un  debito,  pagare  a  poco  a  poco  -  Spulizzire  dati 
debiti  un  patrimonio,  liberarlo  dalle  passività. 

Non  pagare:  non  adempiere,  non  soddisfare  l'ob- 
bligo di  pagamento  ;  mancare  all'obbligo.  -  Bollare, 
far  debito  e  non  pagarlo.  -  Dar  bastoni  o  spade, 
bastonare  invece  di  pagare.  -  Dondolare  uno  (figur.), 
rimandargli  da  un  giorno  all'altro  la  soddisfazione 
del  debito.  -  Esser  più  i  birri  che  i  preti,  a  chi 
lascia,  morendo,  più  debiti  che  sostanze.  -  Essere 
rincorso,  farsi  rincorrere  dal  fornaio,  di  chi  non 
paga  i  debiti  più  necessari.  -  Far  puf  (frane,  faire 
pouf),  andar  via  senza  pagare  (locuzione  volgare). 
-  Farsi  tirar  la  giubba,  farsi  tirare  per  le  falde, 
per  il  ferraiuolo,  di  chi,  non  pagando  i  debiti,  ha 
sempre  i  creditori  intorno.  -  Ribadire  un  debito, 
rinnovarlo,  invece  che  pagarlo,  e  anche  aumen- 
tarlo. 

Operazioni  varie.  —  Abbonare,  defalcare  una 
parte  del  debito.  -  Accendere  un  debito,  scriverlo  a 
libro.  -  Addebitare  {addebitamenlo,  addebitalo,  ad- 
débito), computare,  mettere,  porre,  portare,  scrivere 
a  carico,  a  debito  :  debitare.  -  Comprare,  pren- 
dere, vendere  a  debito,  senza  pagare  subito.  - 
Condonare  un  debito,  non  farlo  pagare.  -  Consoli- 
dare, unificare  debiti  (detto  specialmente  di  quelli 
dello  Stato).  -  Conteggiare,  fare  il  conto,  il  pro- 
spetto (conteggio)  del  debito  e  del  credito.  -  Fare, 
tirare  una  croce  sopra  un  debito,  cancellarlo.  -  Met- 
tere, notare,  porre,  portare  a  conto,  in  conto  di  qual- 
cuno, segnare  a  suo  debito. 

Oppignorare,  sequestrare,  mettere  sequestro  per 
pegno  e  sicurtà  del  debito  :  pignorare.  -  Precettare, 
mandare  il  precetto  (citazione)  a  uno,  perchè  paghi 
0  compaia  in  giudizio.  -  Prendere  in  caricamento, 
addebitarsi.  -  Residuare  d'un  debito,  ridurlo,  sce- 
marlo, pagandolo  a  poco  per  volta.  -  Riscuo- 
tere (riscosso),  ricevere  il  pagamento  della  somma 
dovutaci.  -  Scompwtore,  detrarre  dal  computo,  nel 
conto.  -  Voltare,  di  debiti,  crediti,  eredità,  inte- 
starli ad  altri. 


Voci  varie  in  argomento. 


Abbono,  abbuòno,  l'  abbonare  una  parte  del  de- 
bito ;  menar  buono  un  conto  liquido.  Dicesi  an- 
che per  ribasso.  -  Accollo,  trasporto  che  si  fa 
da  una  persona,  accollante,  a  un'  altra,  accolla- 
tario, di  un  debito  o  di  un'  obbligazione  verso 
terzi.  -  Acconto,  parte  del  debito  che  si  paga 
e  che  va  a  diminuzione  del  debito  stesso.  -  Am- 
mortamento (  ammortizzamento  ,  ammortizzazione , 
francesismi),  1'  estinzione  di  un  debito,  o  il  rim- 
borso di  un  prestito,  mediante  il  pagamento  d'ana 


823 


somma  annuale,  deitsi  annualità  ;  estinzione,  e  si 
riferisce  specialmente  al  debito  pubblico.  Si  può 
tare  in  quattro  modi:  col  pagamento  immediato  del 
debito,  al  valore  integrale  o  al  corso;  con  parziali 
e  successivi  rimborsi,  usati  specialmente  per  il  de- 
bito redimibile;  col  comperare  alla  Borsa  gli  effetti 
pubblici  e  non  rimetterli  più  in  commercio;  con  la 
■conversione  (ossia  riduzione  d'interessi),  che  lascia 
al  possessore  del  titolo  di  rendita  l'alternativa  o  di 
riceverne  in  denaro  il  valore  nominale  o  di  pren- 
dere invece  il  titolo  di  una  nuova  rendita  a  inte- 
resse minore.  -  Annualità,  somma  fissa,  quota,  che 
si  paga  ogni  anno  fino  a  estinzione   di  un  debito. 

-  Anticrèsi,  veggasi  a  crédito,  pag.  764,  seconda  col. 

-  Arretrato,  rimanenza  di  capitali,  d' interessi,  di 
mercedi  e  di  qualsiasi  altro  debito  decorsi  e  non 
pagati  a  tempo  dovuto.  ■  Assegno  fisso,  una  somma 
contante  che  il  debitore  paga  per  un  certo  nu- 
mero di  periodi  al  suo  creditore,  allo  scopo  di  rim 
borsargli  un  capitale  insieme  agli  interessi  composti 
prodotti  dal  medesimo  in  tutto  il  tempo  che  dura 
il  pagamento. 

Cadebonis,  cessione  di  tutti  i  beni  del  debitore  a 
favore  dei  creditori.  -  Comporto,  tolleranza  del  cre- 
ditore verso  il  debitore  :  il  dargli  tempo  a  pagare. 

-  Costituto,  promessa,  munita  d'azione,  di  pagare 
un  debito,  con  o  senza  modificazione  dell'obbliga- 
zione precedente.  -  Del-credere,  il  tanto  per  cento 
che  riceve  chi  garantisce  per  un  debitore. 

Espromissione,  la  sostituzione  di  un  nuovo  debitore 
{espromissore)  al  primo.  -  Estinzione,  pagamento 
per  il  quale  rimane  annullato  un  debito;  ovvero 
l'atto  pel  quale,  in  un  giorno  precedentemente  fis- 
sato, si  soddisfa  in  denaro  un  effetto.  -  Giorni  di 
grazia,  quelli  accordati  a  un  debitore  oltre  la  sca- 
denza. -  Imputazione  dei  debiti,  la  dichiarazione  per 
cui  il  debitore  che  ha  più  debiti,  fa  conoscere 
quale  di  questi  intende  soddisfare.  -  Insolvenza,  lo 
stato  di  obi  non  è  in  grado  di  pagare:  nonva- 
lenza. 

Mora  (legalmente),  il  ritardo  nell'adempimento 
d'una  obbligazione.  -  Novazione:  si  ha  quando  al 
debito  antico  se  ne  sostituisce  uno  nuovo,  e  ciò 
accade  in  tre  modi  :  quando  il  debitore  contrae 
col  creditore  un  nuovo  debito,  che  si  sostituisce 
all'antico  ;  quando  un  nuovo  debitore  viene  sosti- 
tuito all'antico,  liberato  dal  creditore;  quando  un 
nuovo  creditore  è  sostituito  all'antico,  verso  cui  il 
debitore  rimane  liberato.  -  Obbligazione,  sotto- 
scrizione pubblica  a  un  debito  dello  Stato,  di  un 
Comune,  d'una  società  per  azioni  e  simili. 

Pagamento,  soddisfacimento  del  debito.  -  Partita 
di  debito,  conto  a  debito.  -  Penale,  ciò  che  si  paga 
in  più  del  debito  per  indugio  al  pagamento.  -  Pi- 
gnoramento, la  descrizione  giudiziaria  degli  oggetti 
mobili  del  debitore,  sui  quali  poi  si  procede  alla 
vendita  per  pagare  i!  creditore. 

Prestito,  il  prestare,  e  la  somma  che  si  ebbe 
sotto  tal  nome.  -  Quota  d'ammortamento,  la  rata 
che  serve  ad  estinguere  gradatamente  il  capitale 
dovuto:  in  qualche  luogo  detta  vera  sorte. 

Remissione  del  debito,  il  condonare  tutto  o  parte 
d'un  debito.  -  Rendita,  frutto  di  cartelle  del  debito 
pubblico.  -  Resto,  saldo  di  un  debito  o  di  un 
credito.  -  Rimessa,  la  somma  che  si  spedisce,  or- 
dinariamente, in  cambiali  o  titoli,  dal  debitore  al 
-creditore.  -  Ribasso,  diminuzione  o  deduzione  che 
si  fa  nel  conto  tra  creditore  e  debitore  quando  si 
paga  0  si  addiviene  al  saldo.  -  Saldo,  il  pagamento 
«Itimo  che  cancella  il  debito;  pareggio  fra  debito 


e  ere  dito.  ■  Sconto,  diminuzione  di  debito  che  fa 
il  creditore  al  debitore  per  anticipato  pagamento  o 
per  altra  cagione;  quel  tanto  che  nel  commercio  si 
rilascia  sul  prezzo  di  mercanzie  comprate  a  cre- 
dito, ad  ogni  rata  pagala  prima  dei  termini  pattuiti. 
-  Solribililà,  condizione  di  chi  ha  modo  di  soddi- 
sfare i  propri  debiti. 


Atti,  carte,  libri,  ecc.  —  Istituti. 


Biglietto,  atto  col  quale  si  riconosce  un  debito  e 
l'obbligo  di  pagarlo.  -  Cartel/a,  titolo  di  ren- 
dila. -  Cedola  (cedolone),  foglio  scritto  contenente 
un  obbligo;  cartella  del  debito  pubblico.  -  Chiro- 
grafo, scrittura  privata  di  debito  non  coperto  da 
garanzia  reale.  -  Contronota  :  in  fatto  di  debiti  e 
crediti,  uno  fa  la  nota  di  quello  che  avanza,  e 
l'altro  dal  canto  suo  fa  la  contronota.  -  Fondi  pub- 
blici, i  titoli  del  debito  pubblico,  -  Fondo  d'estin- 
zione, somma  assegnata  per  estinguere  un  debito. 

Gran  libro  del  debito  pubblico,  registro  su  cui  è 
inscritto  il  titolo  di  ogni  rendita  dovuta  dallo 
Slato.  -  Luogo  di  morte,  un  tempo,  quello  che  ora 
si  dice  cartella  del  debito  pubblico.  -  Obbligazioni 
dello  Stato,  i  titoli  dei  fondi  pubblici  (cartelle,  cer- 
tificati, buoni,  ecc.)  e,  in  generale,  tutti  i  recapiti  che 
rappresentano  un  debito  dello  Slato.  -  Pegrwo,  ciò 
che  si  dà  per  arra  o  per  sicurtà  del  debito  in  mano 
al  creditore  ;  anche,  contratto  pel  quale  si  conse- 
gna al  creditore  una  cosa  mobile  per  la  sicurezza 
del  debito.  -  Quietanza,  qiiiianza,  dichiarazione,  in 
iscritto,  rilasciata  dal  creditore  al  debitore,  che 
paga  in  tutto  o  in  parte  :  ricevuta. 

Consorzio  nazionale,  società  di  oblatori,  creata 
con  lo  scopo  di  concorrere  all'estinzione  o  almeno 
all'alleggerimento  del  debito  pubblico.  -  Monte  di 
riscatto,  istituto  per  l'estinzione  del  debito  pub- 
blico. 


Debitore. 
Locuzioni,  massime    e    proverbi. 


Debitore,  chi  é  in  debito  con  qualcuno.  Femmin., 
debitrice.  -  Chiodaiolo,  chi  fa  molti  debiti.  -  Chiro- 
grafario,  debitore  in  virtù  di  chirografo.  -  Condebi- 
tore, debitore  insieme  con  altri.  -  Griccione,  per- 
sona indebitata. 

Indebitato,  chi  ha  debiti,  specialmente  chi  ha 
contratto  impegni  per  somme  superiori  alle  sue 
forze  finanziarie:  arrembato,  gravato  di  debiti;  im- 
pegolato, impelagato  nei  debiti;  inchiodato;  intri- 
cato nello  spinalo  dei  debiti  ;  pieno  di  debiti,  di 
griccie,  di  impegni;  rinvoltato  nei  debiti;  sopraf- 
fatto, strangolato  dai  debiti. 

Insolvibile,  il  debitore  che  non  può  pagare  :  in 
condizioni  di  insolvenza  -  Moroso,  il  debitore 
ritardatario.  -  Oberato  (lat.),  carico  di  debiti  inso- 
lubili. -  Solvibile,  chi  è  in  grado  o  che  gode  opi- 
nione di  poter  solvere,  cioè  pagare  un  debito  con- 
tratto. 

Costituzione  in  mora,  condizione  in  cui  si  può 
trovare  un  debitore  che  abbia  mancato  al  soddi- 
sfacimento di  un'obbligazione. 

i,'sw(  più  debole  la  frasca  del  pisello,  quando  il 


824 


DEBITO    —    DEBOLE 


mallevadore  è  da  meno  del  debitore.  -  Paga  i  de- 
biti I,  niOtlo  di  spregio  a  qualche  noto  bindolo. 

Pbov£Bbi.  —  Chi  ha  debiti  ha  crediti,  quando  i 
debiti  non  sono  troppi.  -  Chi  paga  debito, ha  capi- 
tale. •  Dorme  ehi  ha  dolore,  non  dorme  chi  è  debi- 
tore. -  Il  debito  rode  sempre. 

Débito.  Dovuto:  participio  di  dovere. 

Debitore  (debiti ice).  Chi  ha  debito. 

Débole  (sostantivam.).  Debolezza,  difetto. 

Débole  (aggett.).  Di  poca  forza,  non  forte, 
senza  energia,  non  sulficiente  a  reggere,  a  resi- 
stere. -  Di  poco  vigore  d'amwio  o  di  mente; 
anche,  di  poco  sapere,  di  poca  dottrina  in  ai- 
cuna  materia.  -  Riferito  a  luce,  tenue,  smorto.  - 
A  memoria,  labile,  non  tenace.  -  Detto  di  vino, 
leggiero.  -  Di  suono,  di  voce,  fievole,  fioco.  -  Di 
polso,  con  pulsazioni  piccole.  -  Di  salute,  gracile. 
-  Dello  stile  di  uno  scrittore,  fiacco,  freddo,  lan- 
guido, slavato,  ecc.  :  veggasi  a  stile.  -  Con  varie 
gradazioni  di  significato,  riferito  a  persona  o  a 
cosa  :  cascante,  debile,  dilombato;  di  lolla,  di  loppa, 
di  molle  complessione;  disfatto;  egro,  esile;  fatto  di 
calza  disfatta;  femmina,  femmineo,  femminiero, 
femminino;  fiacco,  fievole,  fioco;  flaccido, y7o«cio, 
fragile,  frale,  friabile,  frollo;  gracile;  impo- 
tente, gramo;  infermiccio,  infermo,  invalido,  isfor- 
zato,  istemperato;  ]sn8.ìiente, languido;  malbaililo 
(v.  a.),  male  in  gambe,  malforte,  malvivo,  molle, 
moscio  ;  poco,  povero  di  forze  ;  sburrato,  scemo  di 
forze,  sciolto,  sfatto,  sfiaccato,  sfiaccolato,  sfiancato, 
sfibrato,  snervato,  spossato  ;  tenue.  -  Debolino,  di- 
min,  di  debole.  -  Debolissimo,  sup.  di  debole.  - 
Debolone,  accr.  di  debole;  di  persona  fatticcia,  ma 
debole.  -  Deboleito,  di  persona  piuttosto  debole.  - 
Deboluccio,  dimin.  pegg.  di  debole;  debole  e  malato. 

Abbattuto ,  affievolito,  indebolito,  menomato  di 
forza,  per  lo  più  moralmente  ;  prostrato  d'animo.  - 
Affranto,  spossato,  rifinito  di  forze.  -  Avvilito  di 
forze,  estremamente  debole.  -  Balogio,  fiacco,  sner- 
vato per  indisposizione. 

Cascante,  cascatoio,  debole,  infermiccio;  oggi,  più 
comunem.,  chi  è  facile  a  innamorarsi.  -  Cenciitto, 
d'uon^o  0  di  giovane  esile,  debole  di  corpo  e  d'ani- 
mo e  negligente  nel  vestire.  -  Civilino,  giovine  gra- 
cile, delicato. 

Debosciato  (francesismo),  debole,  spossato  :  si  dice 
specialmente  di  giovani  dediti  ai  piaceri  sessuali  e 
sensuali  in  genere.  -  D.noccolato,  d'uomo  debole, 
tentennone  e  svogliato.  -  Esievvato,  estremamente 
debole,  esausto  di  forze.  -Fragile,  che  facilmente 
si  può  rompere;  che  può  durare  poco.-  hna- 
lido,  che  non  ha  forza,  né  salute. 

Lasso,  rilasso,  stracco  dal  lungo  camminare,  dal 
hingo  correre.  - Liiìfatico,  si  dice  (fìgur.)  di  chi  èsenza 
energia,  fiacco.  -  Loffio,  mencio,  cascante,  da  poco. 
-Logoro,  affievolito,  smunto.  -  Miseri  imo,  non  re- 
sistente, debolissimo.  -  Bifnito,  stanco  molto  (veg- 
gasi a  stanchezza),  esaurito  di  forze.  -  Rimmin- 
fhìovito,  uomo  che  ha  perduto  ogni  efiergia  morale 
e  fisica. 

Sfiaccolalo,  uomo  che  non  sa  tenersi  dritto  sulla 
persona  e  cammina  come  se  fosse  stanco  o  rifinito 
di  forze.  -  Sfilalo,  sottintendendo  nelle  reni,  acca- 
sciato, stanco  rifinito  dalla  fatica.  -  Sfrollalo,  frollo, 
cascante,  esausto.  -  Sgloriato,  cascante,  sfiaccolato. 
•  Slombato,  dilombato,  più  di  snervato.  -  Sner- 
vato, senza  forza  di  nervi.  -  Stanco,  stiacco.  che  ha 
diminuito  o  affievolito  le  forze  per  troppo  canimino 
0  per  troppa  fatica,  e  anche  per  agitazione  o  azione 


interna  e  non  tanto  forte.  •  Stremato  di  forze,  estre- 
mamente debole. 

Agonia  (figur.),  sopr  innome  dato  a  persona  ma- 
cilenta, rifinita,  che  si  regge  a  malapena. 

Brenna,  persona  debole.  -  Gamia  bugia,  canna 
vana,  cencio,  cencio  molle,  pulcino  bagnalo,  persona 
debole.  -  Cialdino,  d'uomo  delicato  e  debole.  -  Cial- 
done, di  cosa  che  dovrebbe  resistere  e  si  spezza.  - 
Cucchiaio,  di  persona  stanca  e  rifinita  dal  lungo 
cammino  o  da  altra  fatica.  -  Floscione,  di  persona 
molto  fiacca  e  cascante.  -  Gente  di  cartapesta,  di 
cartone,  di  cencio,  debole  di  carattere.  -  Persona  o 
cosa  fatta  con  lo  sputo,  debole,  che  al  minimo 
tocco  si  guasta.  -  Scachicchio,  persona  piccola,  de- 
bole, stenta.  Vagolino,  uomo  debole  e  infido. 

Essere  debole:  avere  le  gambe  di  stoppa,  avere 
le  ossa  tenere;  bietoleggiare;  essere  di  lolla,  essere 
di  stoppa,  essere  in  male  gambe;  essere  poco  in 
gamba,  in  gambe;  essere  tenero  di  ossa;  essere 
senza  midolla;  mancare  le  gambe  sotto;  non  es- 
sere in  gambe;  parere  la  morìa;  reggersi  sulle 
stampelle,  sulle  gruccie,  sui  trespoli;  sentirsi  ca- 
dere a  pezzi,  sentirsi  cascar  le  braccia.  -  Andar 
giù  come  un  soffio  :  di  persona  o  di  cosa  debole.  - 
Ciondolare  da  tutte  le  parti,  di  chi  si  regge  male 
in  gambe  per  stanchezza,  debolezza  o  ubbriachezza. 
-  Essere  impastato  di  carne  disfatta,  di  persona  flo- 
scia, sbucciona.  -  Essere  di  cera,  molto  delicato.  - 
Essere  di  lolla,  debole  fisicamente  e  moralmente.  - 
Essere  di  pasta  frolla,  debole,  snervato,  incapace  di 
resistenza  alla  minima  fatica.  -  Inciampare  in  una 
paglia,  si  dice  di  persona  debolissima.  -  Non  aver 
fiato  a  star  ritto,  non  reggere  più  ritto,  essere  de- 
bolissimo. -  Pare  una  ricotta,  di  persona  debole, 
che  caschi  facilmente,  fisicamente  e  moralmente.  - 
Sbonzolare,  di  cose  mence  e  cascanti.  -  Sdilinquire, 
venir  meno,  languire.  -  Sentir  cascare  lo  stomaco, 
sentirsi  cadere  a  pezzi,  sentirsi  rifinire.  -  Star  ritto 
coi  fili,  di  persona  delDole,.  rifinita. 


Debolezza.  —  Debolmente» 


Debolezza,  qualità,  condizione  di  chi  o  di  ciò  che 
é  debole;  scarsità  o  mancanza  di  forza;  stato  di  ri- 
lassamento d'  ogni  funzione  organica,  che  può  es- 
sere abituale  0  transitorio  ed  è  sempre  favorevole 
allo  stabilirsi  di  malattie  infettive  :  accasciamento, 
adinamia,  ammollimento,  astenia;  debolezza,  debi- 
lità, efl'eminatezza;  esinanizione;  estenuazione;  fiac- 
chezza, fievolezza,  fragilezza,  fragilità,  fralezza;  illan- 
guidimento; impotenza,  inanizione,  infermità,  in- 
gagliardia,  insufficienza,  invalidità;  languidezza;  lan- 
guore, lassezza,  tassazione,  mollezza:  ramniol  li  mento; 
remissione  delle  forze,  di  forza  ;  rilassatezza,  sner- 
vatezza, spossatezza. 

Acciacco,  abbattimento,  prostrazione.  -  Affatica- 
mento, debolezza,  stanchezza,  che  proviene  da 
lunga  fatica.  -  Cascaggine:  è  più  di  debolezza, 
che  ne  può  essere  la  causa  (può  anche  provenire 
da  sonno)  ;  quella  fiacchezza  che  viene  dallo  sci- 
rocco 0  da  malessere.  -  Fiacca,  debolezza  svogliata 
nel  far  le  cose:  fiacchezza,  lassezza;  la  debolezza 
può  essere  più  o  meno  nascosta,  la  fiacchezza  è^ 
visibile  :  e  però  s'adopera  a  significare  un  grado  di 
debolezza  maggiore.  -  Fiaccona,  lassezza  grande,  ri- 
trosia al  moto,  al  lavoro.  -  Fragilità,  non  resistenza. 

Indebolivi evto,  l'indebolire  e  l'indebolirsi;  continuo 
e  progressivo  mancamento  di  forze:  abbattimento^ 


DEBOLEZZA    —    DECADENZA 


825 


affralimento ;  mancamento  di  forza:  debilitamentof 
debilitazione  ;  diminuzione  di  forze  ;  esaurimento  di 
forze;  estenuazione;  infiacchimento,  infievoiimento, 
infralimento  ;  languimento  ;  prostramento,  prostra- 
zione; rammollimento;  rifinimento,  rilassamento, 
rilassazione  ;  sfinimento. 

Lanjuore,  debolezza  prodotta  da  mancanza  di 
nutrimento,  da  malattia,  ecc.  ;  languidezza,  langui- 
mento, inanizione,  inedia;  rifinitezza;  sfinimento, 
sfinitezza.  -  La  languidezza  può  essere  momentanea; 
il  languore  è  nelle  forze,  e  si  manifesta  con  segni,  e 
par  male  più  stabile  e  più  forte.  ■  Prolasso  (termine 
di  medicina),  rilassamento.  -  Rifinimento,  stanchezza 
grande,  l'essere  rifinito  o  stremato  di  forze.  -  Hi- 
finitezza,  languore  procedente,  più  che  altro,  dal  di- 
giuno. -  Risoluzione  dì  forze,  abbattimento  o  inde- 
bolimento nell'uso  delle  facoltà  intellettuali.  -  Slrae- 
caglia,  stracchezza,  stanchezza. 

Debolmente,  con  debolezza,  in  maniera  debole  : 
alla  stracca;  debilemente,  debilmente  ;  fiaccamente, 
fievolmente,  flaccidamente,  flosciamente;  inferma- 
mente, invalidamente;  languidamente;  mollemente; 
sdilinquitamente  ;  sdilinquitissimamente  (debolissi- 
mamente). 


Indebolire,  indebolirsi,  ecc. 
Indebolito.    —   Varie.   —   Locuzioni. 

Indebolire,  rendere*  debole,  indurre  debolezza; 
abbattere,  abbiosciare,  accasciare  (deprimere  Vani- 
mo),  acciaccare,  affievolire,  affloscire,  affralire,  al- 
lassare,  ammencire,  ammollire,  ammortire,  ammo- 
sciare, amnioscire,  annientare;  buttar  giù;  dare  alle 
gambe,  debilitare,  disfrancare,  disnervare,  disvigo- 
rire; esanimare,  estenuare;  fiaccare,  fiaccare  i  ner- 
vi ;  illanguidire,  indebolire,  indebilitare,  indeboli- 
tare  (v.  a.),  infiacchire,  infievolire,  infralire,  in- 
gracilire, inlanguidire,  invalidare,  invicidire,  invi- 
lire; lassare,  macerare,  mortificare;  privare  di 
forza  ;  prostrare  ;  prosternare,  rammollire,  rattar- 
pare,  rifinire,  rilassare,  rompere  i  nervi  ;  sdilin- 
quire, sfibrare,  sgagliardire  ;  slombare,  snerbare, 
snervare,  spolpare,  spoppare,  spossare,  spremere, 
stancare,  stenuare,  stremare  di  forze,  stremenzire, 
svigorire  ;  tarpar  le  ali,  toccar  nelle  ginocchia  ; 
toglier  vigore,  tórre  la  forza. 

Ammollire,  effeminare,  snervare,  produrre  un  in- 
debolimento che  può  non  essere  passeggero.  -  Evi- 
rare (figur.),  render  floscio. 

Debilitante,  estenuante,  estenuativo,  che  indebo- 
lisce. 

Indebolirsi,  divenir  debole,  scemarsi  le  forze,  il 
vigore;  abbandonarsi,  abbattersi,  accasciarsi,  avvi- 
lirsi (provare  un  senso  di  abbattimento  morale)  ; 
addebilire,  andar  giù,  attarparsi  ;  buttarsi  giù,  dar 
giù,  diventar  femmìnacciòlo;  fiaccarsi,  illanguidire, 
illanguidirsi,  indebitare  (v.  a.),  indelicatirsi,  infiac- 
chire, infralire,  intisichire  (v.  a.)  ;  languire  ;  man- 
car forza,  mancar  possa  ;  perdere  le  forze  ;  proster- 
narsi, prostrarsi  ;  smarrirsi,  smidoUarsi,  snerbarsi, 
snervarsi,  svalorire,  svigorire  ;  venir  meno.  -  Andar 
giù  come  le  pere  cotte,  di  persone  deboli  che  non 
si  reggono  ritte.  -  Appassare,  appassire  (figur), 
illanguidire,  perdere  del  proprio  vigore.-  Illanguidire, 
languire,  soffrire  una  diminuzione  di  vigore  :  affie- 
volirsi, svenire.  Languire  denota  lo  stato,  illangui- 
dire il  passaggio  da  uno  stato  di  forza   a    uno  di 


debolezza.  -  Trafelare,  languire,  rilassarsi  e  quasi 
venir  meno  per  soverchia  fatica  o  caldo. 

Indebolito,  divenuto  debole,  chi  o  che  ha  per- 
duto la  forza;  abbattuto,  accasciato,  avvilito  (inde- 
bolito moralmente)  ;  abbacchiato,  andato,  attrito  di 
forze;  esausto,  estenuato;  infiacchito,  infralito;  la- 
befatto,  logoro;  macero,  malandato;  rammollito;  ri- 
caduto; rifinito,  rilassato,  rimorto;  sbattuto,  scosso, 
sdiridito,  sfiaccolato,  stenuato,  straccato. 

Varie.  —  Locus  minoris  resistentiae  (lat.,  il  luogo 
di  minore  resistenza),  locuzione  del  linguaggio  me- 
dico [Ter  indicare  la  parte  del  corpo  nella  quale  più 
facilmente  si  palesano  le  infermità.  -  Regressione, 
in  sociologia,  voce  usata  come  equivalente  di  re- 
gresso, decadimento,  indebolimento.  -  Selezione,  eli- 
minazione che  la  natura  fa  da  sé  degli  elementi 
deboli  che  non  possono  lottare. 

Offrire  il  fianco,  porgere  in  una  questione  il  lato 
più  debole  o  vulnerabile.  -  Tastare  il  debole  d'al- 
cuno, tentarlo  in  ciò  ch'egli  ha  di  più  sensibile,  o 
nella  sua  suscettività.  -  Toccare  uno  nella  parie  de- 
bole, 0  nel  suo  debole,  o  nel  debole,  toccarlo  dove  è 
suscettibile,  dove  è  meno  facile  a  resistere. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Chi  ha  capo  di  cera 
non  vada  al  sole:  la  debolezza  non  si  cimenti.  -  Chi 
pecora  si  fa,  il  lupo  la  mangia,  chi  si  fa  debole,  suo 
danno.  -  Essere  un  cacio  fra  due  grattuge,  un  de- 
bole o  un  minchione  fra  due  forti  o  fra  due  ma- 
lanni. -  Gli  stracci  vanno  sempre  all'aria:  sono  sem- 
pre i  più  deboli  che  ne  buscano. 

Debolezza.  Qualità,  stato  di  chi  o  di  ciò  che 
è  debole. 

Debolmente.  In  maniera  debole. 
Debuttare,  debatto   (debullato).  Veggasi  ad 
esordire. 

Decacórdo.  Veggasi  a  musicali  isfricmenti. 

Decade.  Periodo  di  tempo  che  si  conta  di 
dieci  in  dieci  (giorni  o  anni). 

Decadente.  Chi  è  in  decadenza.  -  Veggasi  a 
poeta. 

Decadènza  (decadimento).  Diminuzione  di  po- 
tenza, di  prosperità,  ecc.,  in  tutto  o  in  parte,  e 
detto  specialmente  di  arte,  di  civiltà,  di  cre- 
dito, nonché  dei  commercio,  dell'  industria, 
ecc.:  abbassamento,  bassamento;  caduta,  cascata. 

Decadente,  che  decade:  abbiosciato,  cadente,  in 
decadimento,  nel  calare,  suU' andarsene.  -  Neolo- 
gismo dal  frane,  décadent:  veggasi  a  poeta.  - 
Decadimento,  declinamento,  degenerazione,  deperi- 
mento, deterioramento,  digradamento,  discadimento, 
discesa  ;  inclinazione,  mancamento,  menomanza;  ro- 
vina, sbassamento,  scadimento;  sfiorimento,  trali- 
gnamento,  umiliazione.  -  Nel  gergo  elegante  e  gior- 
nalistico, raffinato. 

Decadere,  cadere  dal  pristino  stato:  andare  ai 
cani,  al  fendo,  all'ingiù  ;  andare  a  ròtoli,  a  ruotoli, 
andare  a  terra,  in  giù,  in  rovina  ;  cadere,  cadere 
in  bassezza  ;  calare,  camminare  granchiescamente  ; 
dare,  darla  addietro,  indietro,  dare  in  giù  ;  decli- 
nare, degenerare,  deperire,  digradare,  discendere  ; 
fare  come  fanno  i  funai  (che,  lavorando,  vanno  in- 
dietro), come  i  gamberi,  i  granchi  ;  fare  il  ruzzo- 
lone (perdere  il  potere,  l' influenza,  il  prestigio)  ; 
rotolare ,  ruotolare  ;  rovinare  ;  scadere ,  sfiorire , 
spazzare  la  polvere  ;  toccar  terra  ;  tralignare  ;  ve- 
nire al  basso,  venire  al  poco  ;  venire  in  decadenza  ; 
venir  manco,  venir  meno.  -  Decaduto,  abbassato, 
andato  in  decadenza,  andato  nella  polvere. 

Decadènza.  La  perdita  volontaria  o  prevista 


826 


DECAEDRO     —    DECIDERE 


dalla  legge,  dell'esercizio  di  un   diritto  o  di  un'a- 
zione legale. 

Decaèdro.  Veggasi  a  cubo. 

Decafldo.  Il  fiore  che  ha  la  corolla,  il  calice 
diviso  in  dieci  intagli. 

Decàgono.  Veggasi  a  geometria. 

Decagramma.  Antica  rnotieta.  •  Pesò  di 
dieci  grammi  (veggasi  a  grammo). 

Decalconiania.  Operazione  consistente  nel- 
l'ornare  carta  o  altro  con  i  segni  stampati  a  co- 
lori speciali,  che,  umettati,  si  applicano  con  la  sola 
pressione,  restando  bianca  la  carta  sulla  quale  e- 
rano  fatti. 

Decàlitro.  Veggasi  a  litro. 

Decàlogo.  Il  contenuto  dei  dieci  comandamenti 
delle  legge  data  da  Dio  a  Mosè:  ordinamenti  di 
Dio;  tavole  della  legge;  tavole  di  Mosè. 

Decàmetro.  Veggasi  a  metro. 

Decampare  (decampato).  Neologismo  dal  fran- 
cese :  veggasi  ad  02>inione. 

Decana.  La  monaca  superiora  di  qualche 
convento. 

Decanato.  Grado  e  titolo  di  decana  o  di  de- 
cano. 

Decandrla.  Decima  classe  nel  sistema  sessuale 
di  Linneo;  veggasi  a  botanica,  pag.  311,  seconda 
colonna. 

Decano.  Il  primo  dignitario  di  una  chiesa 
cattedrale  o  collegiata.  Per  estensione,  il  più  an- 
ziano per  servizio  in  un  dato  corpo. 

Decantare  {decantato).  Lodare,  dar  lode  ec- 
cessivamente o  con  affettazione.  -  Fare  la  decan- 
tazione. 

Decantazióne.  Operazione  farmaceutica  con- 
sistente nel  separare  i  liquidi  dai  depositi  che  in 
essi  si  contengono:  ha  lo  stesso  scopo  della  filtra- 
zione, ma  ne  differisce  per  la  maniera  del  processo. 
Si  eseguisce  o  inclinando  dolcemente  il  recipiente, 
o  facendo  colare  il  liquido  mediante  un  piccolo 
sifone  di  vetro. 

Decapitare  [decapitato  decapitazione).  Mozzare 
altrui  il  capo,  la  testa,  e  dicesi  per  lo  più  del- 
l'applicazione, in  tal  guisa,  della  pena  capitale:  am- 
mannaiare  ;  buttar  ai  piedi  la  forma  del  cappello  ; 
buttar  giù,  buttar  via  il  capo;  cimare;  decollare, 
dicollare,  dicapitare,  discapezzare  ;  far  la  festa,  far 
la  testa;  far  mandar  giù  la  cipolla,  far  porre  ai 
piedi  la  cipolla  ;  ghigliottinare,  giustiziare,  rader 
la  testa,  recidere  la  via  della  minestra;  scapare 
(proprio  delle  acciughe),  segar  la  gola,  la  gorgiera, 
smoccolare  il  capo,  suppliziare  (veggasi  a  sup- 
plizio), tagliare  la  cipolla.  -  Decapitato,  ghigliotti- 
nato, scemo  della  testa.  -  Decapitazióne,  il  decapi- 
tare, troncamento  di  teste:  decapitamento,  dicapi- 
tamento;  decollazione,  dicollazione;  diminuzione  del 
capo,  di  capo  :  taglio  della  testa. 

Decapitazióne.  Il  decapitare. 

Decàpodi.  Ordine  di  crostacei  (veggasi  a  cro- 
staceo), diviso  in  tre  famiglie  :  brachiuri,  macruri, 
anacruri. 

Decàpoli.  Anticamente,  lega  di  dieci  città. 

Decarbonato.  Dicesi  di  sostanza  che  abbia 
perduto  l'acido  carbonico  col  quale  era  combinato. 

Decarburazióne.  Eliminazione  del  carbonio. 

Decarchia.  Veggasi  a  governo. 

Decasillabo.  Detto  a  sillaba. 

Decastéro  {decistero).  Veggasi  a  misura  (di 
capacità). 

Decastilo.  Veggasi  a  edificio,  a  tempio. 

Decénibolo.  Sorta  di  rostro. 


Decembre  (decembrino).  Lo  che  stesso  di- 
cembre. 

Decemprimo.  Detto  a  senatore. 

Decemvirale,  decemvirato.  Veggasi  a  ma- 
gistrato (romano). 

Decèmviro.  Detto  a  magistrato  (romano). 

Decennale.  Veggasi  ad  anno  e  a  festa. 

Decenne.  In  età  di  dieci  anni. 

Decènnio.  Detto  ad  anno. 

Decente  (decentemente).  Secondo  decenza,  se- 
condo decoro. 

Decentrare,  discentramento  (decentrato). 
Lo  stesso,  che  discentrare. 

Decènza.  Modo  di  regolare  il  proprio  costtir 
me,  la  propria  condotta,  il  proprio  contegno,  - 
Il  vestire  secondo  la  maniera  della  vita  civile. 

Decesso.  La  morte. 

Dechinare  (dechinato,  dechino).  Declinare,  ab- 
bassare, volgere,  piegare  in  basso. 

Decidere,  decidersi  (decisivo,  decisione,  de- 
ciso). Dare  un  giudizio  o  una  disposizione  defini- 
tiva; risolvere  una  questione;  prendere  una  de- 
liberazione: arbitrare;  concludere,  definire,  delibe- 
rare, determinare;  dare  il  crollo,  il  tracollo;  dare 
il  tratto  alla  bilancia;  dar  sentenza  finale;  far 
decisione;  giudicare,  risolvere  ;  sciogliere,  scio- 
gliere il  nodo,  sciòrre,  sentenziare  sfinire  (disus.), 
solvere,  spacciare,  spedire,  terminare,  ultimare. 
Contr.,  prolungare,  tardare.  ■  Il  decidere  di  più 
persone,  specialmente  di  un  consesso,  dicesi  deli- 
berare. -  Bare  un  taglio  netto,  troncare,  abbre- 
viare, decidere  nettamente  una  quistione.  •  Deter- 
minare, decidere,  dare  la  spinta,  indurre.  -  Fare, 
metter  peso  ritto,  aver  deciso  irrevocabilmente.  - 
Predeterminare  (predeterminato,  predeterminazione), 
determinare,  decidere  in  anticipazione.  -  Stabilire, 
deliberare,  ordinare,  decretare  stabilmente.  -  Tagliar 
corto,  troncare,  affrettarsi,  finire,  decidere.  -  Tagliare 
la  testa  al  toro  (figur.),  decidere  nettamente  una 
quistione.  -  Tergiversare,  eludere  una  decisione.  -  • 
Venire  alle  corte,  andare  per  le  corte,  venire  a  una 
conclusione,  a  una  decisione. 

Venire  ad  una  decisione  (voce  non  bene  accetta 
dai  puristi),  prendere  una  risoluzione  definitiva: 
appigliarsi  a  una  decisione  ;  dare  l'ultima  mossa  ; 
dar  fuoco  alla  girandola,  farla  finita,  gettare  il  dado, 
indur  1'  animo,  passare  il  Rubicone,  prendere  una 
risoluzione,  risolversi,  saltare  il  fosso,  trovare  il 
verso,  venirne  ad  una.  Contr.,  esitare.  -  Dare  il 
tratto  alla  bilancia  (figur.)  dicesi  anche  per  dare 
occasione  di  decidersi.  -  Fermarsi  al  primo  uscio 
0  alla  prima  osteria,  appigliarsi  al  primo  partito, 
alla  prima  decisione.  -  Non  fare  né  uno,  né  due, 
non  decidersi  per  una  cosa,  né  per  un'altra;  non 
far  nulla.  -  Prorompere,  prendere  improvvisamente 
alcuna  risoluzione. 

Alle  cortei  •  La  si  decida!  -  0  asso  o  sei!  -  0 
Cesare  o  niente!  -  0  dente  o  ganascia!  -  0  dentro 
0  fuori  !  •  0  mula  o  pelle!  -  0  scendere  o  predicare!, 
modi  per  eccitare  a  decidersi. 

Decisamente,  in  modo  deciso,  con  decisione:  de- 
cisivamente, definitivamente,  recisamente.  -  Deci- 
sione, il  decidere;  la  dichiarazione  di  quanto  si  ò 
deciso  :  conclusione,  deliberazione  (veggasi  a  de- 
liberare), pronunziato,  risoluzione,  risolvimento, 
soluzione,  solvimento.  -  Determinatezza,  astratto  di 
determinato,  deliberato,  deciso.  Contr.,  irresolutezza, 
l'essere  irresoluto,  esitante,  indeciso.  -  Partito,  giu- 
dizio, decisione.  -  Sublime  momento,  punto  decisivo. 

Decisivo,  ragione,  motivo   che   conclude,  che 


DECI  PERE 


DECOMPORRE 


827 


porta  decisione,  conclusione:  conclusivo,  decretorio. 
definitivo,  finale,  perentorio,  risolutivo.  -  Deciso, 
definito,  finito,  risolto,  risoluto,  smaltito.  Secondo 
il  Tommaseo,  il  Fanfani,  il  Rigutini,  non  si  può 
usare  decìso  invece  di  fermo,  risoluto,  pronto. 
Contr.,  indeciso,  indeterminato,  indelìnito,  inespe- 
dito,  ingiudicato,  irresoluto,  pendente  ;  balenante, 
in  forse,  in  dubbio,  -  Decisorio,  veggasi  a  giura- 
mento. 

Locuzioni.  —  Jacta  alea  est  (il  dado  è  gettato), 
Hdotto  attribuito  a  Giulio  Cesare,  il  quale  lo  avrebbe 
pronunciato  alloniuando,  contrariamente  agli  or- 
dini del  Senato,  passò  con  1'  esercito  il  Rubicone, 
allora  confine  d'Italia:  allude  all'incerto  giuoco  dei 
dadi.  -  Le  palle  non  son  ferme  :  la  cosa  non  è  an- 
cora decisa.-  Non  è  tempo  di  malinconie  :  quando, 
più  die  afflizioni  e  lamenti,  occorre  pronta  deci- 
sione. •  0  mangia  questa  minestra,  o  salta  questa 
finestra,  quando  tra  due  partiti  bisogna  sceglierne 
uno.  '  0  va,  o  si  spezza!,  di  decisióne  sia  pure 
aleatoria.  -  Passare  il  Rubicone,  acquistare  coscienza, 
assumere  attitudine  risoluta  e  cliiara,  entrando  in 
altro  campo  di  idee,  seguendo  altro  più  vero  e  mi- 
glior partito. 

Froverlio:  Preso  il  partile,  cessato  V affanno. 

Decidua.  Vt^it'asi  ad  utero. 

Decifrare  (decifrabile,  decifrato,  decifrazione). 
Dichiarare,  interpi etare,  spiegare  quel  che  sia 
scritto  in  cifra;  per  estens  tigur.,  dichiarare,  in- 
terpretare qualsivoglia  cosa  non  facilmente  intelli- 
gibile :  deciferare,  mettere  in  chiaro,  mettere  in 
piano.  -  Decifrabile,  da  potersi  più  o  meno  deci- 
frare. -  Decifratore,  chi  decifra.  -  Decifrazione,  il 
decifrare. 

Deci  grammo.  Vegpasi  a  grcniìuo. 

Decilitro.  Detto  a  ìilro. 

Dècima.  Sorta  di  imjwsta  dovuta,  per  lo  più, 
alla  Chiesa.  -  Deciìna  feudale,  we\  medio  evo,  quella 
posseduta  da  laici  a  titolo  di  feudo.  -  Decima  mi- 
litare, quando  era  infeudata  a  militari  resisi  bene- 
meriti per  servigi  resi  alla  Chiesa.  -  Decima  sala- 
dina,  la  decima  che,  nel  1183,  dovevano  pagare  co- 
loro che  non  si  facevano  crociati.  -  Decima  scalata, 
imposta  progressiva  stabilita  a  Firenze,  nel  1495. 

Dècima.  In  musica,  intervallo  che  comprende 
dieci  suoni,  ossia  la  terza  dell'ottava.  -  Antica  wjo- 
neta  spagnuola. 

Decimale.  Veggasi  a  calcolo,  a  numero,  a 
frazione,  a  metro. 

Decimiare  (decimato,  decimazione).  Modo  di 
pena  militare.  -  Scemare,  diminuire. 

Dècimo.  Aggettivo  numerale  ordinativo  di 
dieci.  -  Antica  misura  romana.  -  Moneta  d'ar- 
gento venezueliana  e  colombiana.  •  Il  nervo  pneu- 
mogastrico.  -  Decimo  addizionale,  l'aumentare  del 
dieci  per  cento  di  unHmposta.  -  Decimo  di  guerra, 
vesgasi  a  guerra. 

Decina.  Veggasi  a  dieci. 

Decireme.  Antica  nave  a  dieci  remi. 

Decisamente.  Veggasi  a  decidere. 

Decisióne.  Il  decidale. 

Decisióni.  Leggi  di  Giustiniano,  in  cui  si  de- 
cidono antiche  controversie  fra  giureconsulti. 

Decisivamente.  Detto  a  decidere. 

Decisivo,  deciso.  Veggasi  a  decidere. 

Decistero.  Detto  a  stero. 

Declamare^  declamazióne  (declamatorio). 
Modo  di  recitare. 

Declaratòrio.  Atto  o  diretto  a  dichiarare. 
-  Alto  declaratorio,  quello  col  quale  la  competente 


autorità  mira  a  chiarire  il  dubbio  sorto  dall'inter- 
pretazione di  una  legge,  di  un  decreto  o  di  qual- 
che atto  precedente. 

Declinàbile.  Veggasi  a  declinazióne. 

Declinamento.  Jl  declinare. 

Declinante.  Che  declina.  -  Piano  declinante, 
qualunque  piano,  verticale  o  no,  la  cui  sezione  con 
l'orizzonte  coincide  col  piano  verticale;  anche,  qua- 
lunque piano  che  non  guarda  direttamente  alcuno 
dei  quattro  punti  cardinali.  -  Quadrati  declinanti, 
quelli  la  cui  sezione  con  1'  orizzonte  fa  un  angolo 
col  piano  verticale. 

Declinare  (declinamento,  declinato).  Letteralm., 
vol^iere  in  basso;  avere  pendenza  o  inclinazione; 
essere  in  pendìo;  abbassarsi  gradatamente;  pie- 
gare a  basso,  scendendo  o  calando.  -  Detto  di 
astro,  volgere  all'orizzonte,  all'oceano.  -  Figur., 
diminuire  di  potenza,  di  fortuna:  decadere,  sca- 
dere; anche,  discostarsi  dalla  direzione  naturale;  e, 
un  tempo,  si  disse  per  scansare,  evitare,  -  Come 
termine  legale,  non  \oler  riconoscere  la  giurisdi 
zione,  l'autorità  di  un  giudice,  di  un  tribunale 
ecc.,  il  che  dicesi,  propriam.,  declinataria  di  foro. 

Declive,  che  declina  ;  sostanlivam.,  declività. 

Declinamento,  declinazióne,  il  declinare,  scadi- 
mento, scemamento.  -  Declinazione  magnetica,  l'an- 
golo che  l'asse  di  un  ago  magnetico  mobile  fa  col 
meridiano  astronomico  di  un  luogo.  -  Declinazione 
della  malattia,  veggasi  a  malattia.  -  Rifrazione, 
declinazione  di  un  corpo  qualunque  in  moto  quando 
passa  obliquamente  da  un  mezzo  ad  un  altro  di 
diversa  densità. 

Declinare  (declinato).  In  senso  grammaticale, 
fare  la  declinazione. 

Decllnatòrio.  Istrumento  degli  agrimensori: 
cilindro  di  legno  posto  su  un  piede  e  tagliato  me- 
diante due  fessure  ad  angolo  retto,  che  servono  di 
tracuardo. 

Declinazióne.  Nella  grammatica,  serie  dei  casi 
(nominativo,  genitivo,  dativo,  accusativo,  vocativo, 
ablativo).  -  Declinabile,  che  si  può  declinare. 

Decllnòmetro.  Sorta  di  bussola  usata  in 
geologia. 

Declive.  Che  declina,  è  in  erta,  erto;  sostan- 
livam., declività. 

Declivio.  Terreno  in  pendio. 

Declività.  Veggasi  ad  erta. 

Decollare,  decollazióne  (decollato).  Il  de- 
capitare. , 

Decolorare  (decolorante,  decoloramento,  decolo- 
rato, decolorazione).  Togliere  il  .colore,  privar  di 
colore,  scolorire. 

Decombènte.  Veggasi  a  fusto. 

Decombustióne.  Separazione  deW ossigeno 
dalle  sostanze  sottoposte  alla  combustione:  disossi- 
genazione. 

Decomporre  (decomporsi,  deccmposizione,  de- 
composto).'Scomporre,  sciogliere  un  corpo,  ridu- 
cendolo ne' suoi  principi  e  nelle  sue  parti  compo- 
nenti, per  farne  ['analisi.  -  Decomporsi,  dissolversi, 
sciogliersi,  scomporsi  ;  anche,  putrefarsi,  cadere  in 
putrefazione.  ■  Decomposizione,  l'atto  e  refTetto 
del  decomporre  e  del  decomporsi:  scomposizione, 
putrefazione.  -  Decomposto,  sciolto,  sfatto,  putre- 
fatto. 

Decomposizione  delle  equazioni,  veggasi  ad  eqy.€i- 
zione.  •  Decomposizione  delle  forze  e  del  moto,  veg- 
gasi a  forza  e  a  moto.  ■  Elettrolisi,  il  fenomeno 
della  decomposizione  dei  corpi  composti,  operato 
dalla  corrente  elettrica. 


828 


DECOMPOSIZIONE   —   DECRETO 


Decomposizióne.  Il  decomporre  e  il  de- 
comporsi, atto  ed  effetto. 

Decorare  {decorato,  decorazione).  Abbellire,  far 
bello;  adornare,  ornare.  -  Anche,  daie  una  de- 
corazione; insignire  di  una  onorificenza  ;  far  ca- 
valiere; conferire  un  or  dine  cavalleresco  ;  Ad.v 
Tiojue,  titolo  0  insegna  onorevole  ad  una  università 
di  persone  o  a  persona  singolarmente.  -  Imbandie- 
rare, pavesare  o  ornare  con  bandiere.  -  Parare, 
vestire  di  paramenti,  addobbare. 

Decorativo,  che  orna,  atto  ad  ornare  ;  di  persona 
che,  pur  valendo  poco,  ha  molta  prestanza,  dignità 
e  parvenza,  così  che  dà  decoro  all'ufficio  o  alla 
parte  che  deve  sostenere. 

Decoratore,  chi  decora  per  mestiere.  -  Scenògrafo, 
pittore  decoratore  di  teatro. 

Decorazióne,  adornamento,  ornamento;  la  cosa 
stessa  che  adorna  ;  ornato  di  alcun  luogo.  -  Deco- 
razione permanente,  quella  di  cui  fanno  parte  i  pie- 
distalli, le  balaustrate,  gli  intagli  agli  stipiti  delle 
porte  e  delle  finestre,  le  figure  istoriate  nei  fregi  e, 
nelle  piazze  e  nei  pubblici  passeggi,  le  fontane,  le 
colonne,  gli  obelischi,  'ecc.  -  Decorazione  tempora- 
nea, quella  che  comprende  gli  addobbi,  i  trofei 
(veggasi  a  trofeo),  i  padiglioni  (veggasi  a  padi- 
glione), ecc.,  fatti  in  circostanze  straordinarie:  na- 
scite e  sponsali  illustri,  funerali,  incoronazioni,  ecc. 
•  Policromia,  arte  di  decorare  gli  edifici  e  gli  og- 
getti, in  genere,  applicando  i  colori,  oppure  valen- 
dosi di  materiali  di  diverso  colore.  -  Scena,  de- 
corazione di  teatro.  -  Scenografia,  arte  della  deco- 
razione di  teatro,  sul  palcoscenico. 

Borchia,  scudetto  metallico,  rilevato  nel  mezzo, 
che  serve  di  decorazione  :  brocca,  brocchetta,  bul- 
letta ;  cocomerino,  cocomeruzzo  ;  rosetta.  -  BuUet- 
tatura,  ornamento  di  borchie.  -  Fregio,  guarnì- 
mento  per  adornare  e  distinguere  checchessia.  - 
Festone,  fronde  d'alloro,  mortella  e  simili,  con  fiori 
messi  in  catena  (o  con  pezzi  di  stoffa  smerlati)  e 
appesi  per  festa.  -  Filatteri,  fettucce  o  nastri,  ge- 
neralmente svolazzanti,  che  si  pongono  in  mano 
alle  figure  di  angeli,  o  altre,  sulle  quali  è  il 
nome  o  un  detto  allegorico  al  personaggio  che  lo 
tiene  in  mano.  -  Frontone,  armamento  fatto  per  lo 
più  a  triangolo  per  decorazione  delle  facciate,  delle 
porte  e  simili.  -  Grottesca,  in  arte,  si  dice,  propria- 
mente, delle  decorazioni  parietali  (sec.  XV  e  XYI)  a 
imitazione  di  quelle  dell  epoca  romana.  -  Paratura, 
il  parare  e  1'  operazione  eseguita  ;  e  paratore  chi 
fa  n  mestiere  di  parare  in  occasione  di  feste  e 
mili. 

Decorato.  Chi  ha  una  decorazione. 

Decoratore.  Chi,  per  mestiere,  attende  al  de- 
corare. 

Decorazióne.  Atto  ed  effetto  del  decorare; 
la  cosa  stessa.  -  L'insegna  di  un  ordine  caval- 
leresco, di  una  onorificenza  e  simili:  cióndolo, 
ciondolo  cavalleresco,  croce;  distinzione  d'onore: 
nastrino,  nastro,  nastracelo  (scherz.).  Nella  milizia, 
titolo  0  insegna  onorevole,  dato  talvolta  collettiva- 
mente alle  compagnie,  ai  battaglioni,  ai  reggi- 
menti. -  Decorare,  conferire  la  decorazione  ;  in- 
signire di  decorazione  ;  far  cavaliere.  -  Decorato, 
luogo,  università  o  persona  che  ha  la  decorazione. 
-  Reliquiario,  chi  ha  il  petto  coperto  di  croci,  di 
medaglie,  ecc. 

Cèncio  (spreg.),  il  nastro  della  decorazione.  -  Grascia 
nome  spreg.  delle  decorazioni.  -  FasreWa,  lastrettine 
al  nastro  di  una  decorazione  o  medaglia,  dove  è 
scritta  la  battaglia,  il  fatto   d'arme  o  l'azione  per 


cui  la  decorazione  fu  data.  -  Motuproprio,  veggasi 
a  decreto.  -  Patacca  (spreg.),  decorazione.  -  Fa- 
scia, insegna  di  ordine  equestre.  -  Tergale,  specie 
di  spalliera  decorativa. 

Avere  il  nastro  all'occhiello,  avere  la  croce.  -  A- 
vere  la  croce  nel  sedere,  essere  come  i  corbelli  di 
Prato:  di  chi  ambisce  la  croce  di  cavaliere.  -  Pa- 
rere un  cahario  (scherz.),  di  chi  ha  il  petto  pieno 
di  croci,  di  decorazioni. 

Decòro  (decoroso).  Sentimento  di  convenienza 
personale  per  cui  si  è  misurati  nel  contegno:  ri- 
spetto di  sé  stessi  ;  convenienza  di  onore  propor- 
zionata a  ciascuno  nell'esser  suo:  condegnità,  con- 
degnitade,  condegnitate  (v.  a.);  decenza.  -  Qualità 
di  opera  architettonica,  per  cui  in  questa  nulla  si 
trovi  che  offenda  la  convenienza  relativamente  al 
luogo,  al  tempo,  alle  persone.  -  Decorosamente,  con 
decoro,  in  modo  decoroso  :  condegnamente,  conve- 
nevolmente, convenientemente,  decentemente,  digni- 
tosamente. -  Decoroso,  che  ha  decoro,  serve  di  de- 
coro, fatto  con  decoro  :  avvenevole  ;  condecente, 
condegno,  conveniente;  decente,  degno,  digni- 
toso; onesto.  Contr.,  indecoroso  sconvetiiente.  • 
Impeccabile,  letteralmente,  che  non  può  peccare: 
aggettivo  riferito  con  speciale  significato  al  conte- 
gno, al  vestito,  al  decoro,  ecc. 

Decorrere  {decorrenza,  decorso).  Cominciare  ad 
aver  corso  (del  tempo,  d'una  data),  ad  avere  ef- 
fetto (di  contratto,  di  diritto,  di  interesse,  ecc.)  : 
correre.  -  Decorrente,  che  decorre  (e  veggasi  a  fo- 
glia). -  Decorrenza,  il  decorrere  (termine  commer- 
ciale), lo  scorrere  del  tempo  ;  periodo  di  tempo  ; 
la  durata  o,  meglio,  lo  svolgimento  di  un'opera,  di 
un  discorso  o  simili  :  andare,  giro  (di  anni,  di  se- 
coli), lasso,  trapassamento,  trapasso.  -  Decorso  d'una 
malattia,  veggasi  a  malattia. 

Decorticazióne.  Detto  a  scorza. 

Decotto.  Acqua  in  cui  abbiano  bollito  erbe 
medicinali  {decotto  dì  malva,  decotto  di  salvia,  ecc.) 
e  simili,  specie  di  tisana:  acqua  cotta,  bollitura, 
broda,  cocitura,  cuocitura,  decozione,  infusione,  in- 
fuso, scottatura.  -  Decozione,  il  far  bollire  un  li- 
quido contenente  sostanze  medicamentose,  così  da 
estrarne  i  principii  attivi.  -  Decotto  e  gelatina  di 
Curragheen:  si  usano  in  medicina  come  analettici; 
la  mucillagine  serve  per  incollare  la  carta,  a  ispes- 
sire i  colori  e  anche  per  dar  corpo  alla  birra,  non- 
ché ai  parrucchieri  per  fare  bandoline  da  cappelli. 
-  Pittima,  decozione  d'aromi,  in  vino  generoso,  per 
confortare  il  cuore. 

Decremento.  Veggasi  a  diminuire. 

Decrepitazióne.  Detto  a  sale. 

Decrepitezza.  Condizione  di  chi  è  molto  r'cc- 
cJiio,  in  estrema  vecchiezza. 

Decrèpito.  Più  che  vecchio. 

Decrescendo.  In  musica,  espressione  indi- 
cante il  diminuire  di  forza  nell'  esecuzione  di  un 
pezzo  musicale. 

Decréscere  [decrescente).  Scemare,  diminuire. 

Decrescimento  {decrescenza).  Lo  scemare,  il 
diminuire. 

Decretale.  Testo  canonico,  legge  canonica; 
lettera  che  contiene  un  regolamento  ecclesiastico. 

Decretare  {decretato).  Ordinare,  stabilire  per 
decreto. 

Decréto.  Decreto,  risoluzione  solenne,  ordi- 
nanza da  parte  del  capo  d'uno  Stato  o  di  altra  au- 
torità, diverso  dalla  legge,  che  provvede  stabi- 
lendo norme  generali  :  comando,  editto,  lettera  pa- 
tente, ordinanza,  ordine  ;  patente,  precetto,  recessi. 


DECUBITO   —    DEFATIGARE 


829 


\ 

Stanziamento.  E'  reale,  ministeriale,  prefettizio,  ecc., 
a  seconda  di  chi  lo  emette.  -  Bando,  un  tempo, 
decreto  pubblicato,  a  suon  di  tromba;  decreto  di 
condanna  all'  esilio.  •  Controdecreto,  decreto  che 
annulla  o  modifica  i  precedenti  decreti  e  contro- 
decreti. -  Decreto  di  Dio,  veggasi  a  predestinar 
zione.  -  Exequatur  regio,  decreto  firmato  dal  re, 
con  cui  si  concede  ai  vescovi,  agli  arcivescovi,  a 
qualsiasi  altro  prelato,  di  esercitare  il  proprio  ufficio 
e  di  goderne  il  benefìzio.  -  Gius,  o  giure^  ordine,  de- 
creto e,  propriamente,  diritto,  inteso  come  com- 
plesso delle  leggi  e  delle  cunsuetulini  che  deter- 
minano il  lecito  e  l'illecito.  -  hirnwno,  editto  e  de- 
creto del  sultano  o  dei  suoi  ministri. 

Iradè  (voce  araba  che  significa  voleì-e),  decreto, 
ordine  del  gran  sultano.  -  Aloto  proprio,  motupro- 
prio, decreto  emanato  spontaneamente,  di  sua  ini- 
ziativa, dal  principe  ;  propriam.,  dicesi  di  quelle 
onorificenze  che  provengono  (o  almeno  cosi  si  vuol 
far  credere)  da  deliberata  elezione  del  capo  dello 
Stato  ;  particolarmente,  dicesi  delle  bolle  o  d'  altri 
atti  del  papa,  per  indicare  che  la  deliberazione  con- 
tenuta in  tale  documento  fu  presa  di  spontanea  vo- 
lontà, non  per  influenza  d'altri,  -  Ordinanza,  dispo- 
sizione data  dall'autorità  per  corrispondere  a  un 
reclamo  privato  o  provvedere  a  pubblici  bisogni  : 
provvedimento,  provvisione.  -  Plebiscito,  decreto  e 
voto  di  popolo.  -  Pragmatica,  prammatica,  rescritto 
di  un  principe.  -  Rescritto,  decreto  del  principe 
che  accorda  alcunché:  lettera  di  grazia,  lettera  di 
liberazione.  -  Senatoconsulto,  senatusconsulto,  decreto 
del  senato.  -  Lcase  o  ukase,  editto  imperiale  russo; 
scrittura  francese  di  parola  russa  che  vale  indica- 
zione, ordinanza. 

Decretare,  ordinare,  stabilire  un  decreto,  per 
decreto,  in  forza  di  decreto:  deliberare,  far  re- 
scritti, ordinare,  provvedere,  sancire,  stanziare,  sta- 
tuire. 

Bandire  un  decreto,  pubblicarlo  per  bando.  - 
Convalidare  un  decreto,  renderlo  valido.  -  Far  ese- 
guire un  decreto,  imporne  l'osservanza.  -  Promul- 
gare un  decreto,  pubblicarlo,  renderlo  di  pubblica 
ragione.  -  Revocare,  rivocare  un  decreto,  ritirarlo, 
annullarlo,  renderne  nulli  gli  effetti  :  abrogare.  Re- 
vocabile, il  decreto  che  può  essere  revocato.  Contr., 
irrevocabile.  -  Teneì'  fermo  un  decreto,  farlo  ese- 
guire in  ogni  modo.  -  Stanziare,  decretare,  stabilire, 
d'imposte,  gabelle,  leggi  e  simili.  -  Trasgredire, 
mancare  all'osservanza  d'un  decreto. 

Decùbito.  Giacimento  a  letto;  lo  stare  coricati 
per  molto  tempo  ;  in  termine  medico,  1'  attitudine 
del  corpo  steso  sul  letto,  o  sul  dorso,  o  sul  ven- 
tre, 0  sui  fianchi.  -  Piaga  da  decubito,  veggasi  a 
piaga. 

Decumana.  Veggasi  a  legione  (romana). 
Dècuplo.  Veggasi  a  dieci. 
Decùrla.  Nella  milizia^  squadra  di  dieci  sol- 
dati. 

Decurionato.  Detto  a  decurione. 

Decurione.  Nella  milizia  romana,  chi  coman- 
dava a  dieci  soldati.  -  I  decurioni,  presso  i  Ro- 
mani, nelle  città  principali,  curavano  l'amministra- 
zione interna:  sotto  gli  imperatori,  nella  qualità  di 
capi  dei  Comuni,  rispondevano  dei  pesi  che  ad  essi 
Comuni  incombevano.  -  Veggasi  a  medico.  -  Decu- 
rionato, dignità  di  decurione  e  l'ordine  dei  decu- 
rioni. 

Dedaleo.  Veggasi  ad  ottica  (istrumenti).  - 
Dedalea,  dicesi  di  cosa  fatta  con  molto  artifìcio. 


Dèdalo.  Luogo  pieno  di  cose  intricate:   labi' 
vinto. 
Dèdica.  La  formula  del  dedicare. 

Dedicare  (dedica,  dedicamento,  dedicato,  dedi- 
catorio,  dedicazione).  OfTrire  ad  altri  qualche  opera, 
specialmente  una  chiesa,  un  libro,  una  statua 
0  altro  monumento,  scrivendovi  il  nome  di  chi 
si  vuol  onorare:  consacrare,  dicare,  indirizzare,  in- 
titolare, sacrare,  sagrare,  votare.  •  Consacrare,  de- 
dicare stabilmente  e  interamente. 

Dèdica,  le  parole  con  le  quali  si  dedica  altrui 
alcuna  cosa  :  dedicatoria,  dedicazione,  intitolazione, 
titolo.  -  Dedicamento,  il  dedicare  :  dedicazione,  con- 
sacrazione. -  Dedicato,  additto,  consacrato,  intito- 
lato, sacrato,  sacro.  -  Dedicatoria,  lettera  che  si 
mette  avanti  all'  opera,  al  libro,  per  dedicarlo.  - 
Dedicatario,  che  serve  a  dedicare.  -  Dedicazione, 
l'atto  e  l'efFetto  del  dedicare,  del  dedicarsi.  -  Ceri- 
monia con  la  quale  si  consacra  una  chiesa,  un 
tempio,  0  altro,  in  onore  della  divinità. 

Dedicarsi  (dedicamento,  dedicato,  dèdito).  Darsi 
interamente  ad  uno  scopo,  ad  uno  studio,  ad 
un'arce,  ad  una  professione,  ecc.  :  abbandonarsi, 
accudire,  addirizzarsi,  addirsi;  applicarsi,  ascriversi, 
attaccarsi,  attendere,  consacrarsi,  dar  dentro;  darsi, 
essere,  star  dietro;  essere  tutto  a...;  impegnarsi, 
impiegarsi,  infervorarsi,  innamorarsi,  inscriversi  ; 
metter  mano,  mente,  opera;  mettersi;  porgere,  por 
mano,  porre  tutto  l'animo,  praticare;  trarsi  a  una 
cosa,  trattare.  -  Dedicato,  consacrato,  dèdito  ad 
un'opera,  ad  uno  scopo,  ecc.  -  Dedicato  a  persona, 
devoto,  ligio. 

Dedicatória»  dedlcatòrio.  Veggasi  a  de- 
dicare. 

Dedicazióne.  Il  dedicare. 

Dèdito.  Inclinato,  che  ha  tendenza,  inclina- 
zione. 

Dedizióne.  Il  fatto  deW arrendersi  ;  il  darsi 
al  nemico  a  patti,  a  discrezione,  ma  spontanea- 
mente, senza  difese;  venire  a  resa,  arrendersi. 

Dedurre  (dedottivo,  dedotto,  deduzione).  Rica- 
vare, trarre  dalle  operazioni  o  dal  discorso  d'al- 
tri, per  via  verisimile,  una  notizia,  un  concetto, 
un  giudizio,  un'idea;  ricavare  una  proposizione 
da  un'altra  ;  trarre  una  conseguenza  da  un'ar- 
gomentazione  premessa  ;  anche,  detrarre,  levare, 
sottrarre;  apprendere,  attingere,  comprendere,  de- 
rivare, desumere,  far  discendere,  indurre,  inferire, 
prendere,  raccogliere,  rilevare,  ritrarre,  togliere, 
trarre,  -Dedotto,  derivato,  indotto,  inferito,  rile- 
vato, ecc.  -  Deduttivamente,  per  induzione,  indutti- 
vamente. -  Deduttivo,  che  si  fa,  si  ottiene  per  de- 
duzione, deduceado;  atto  a  dedurre;  illativo,  in- 
duttivo. 

Deduzione,  l'atto  e  l'effetto  del  dedurre:  dedu- 
cimento,  illazione;  conseguenza.  -  Il  processo 
del  pensiero  logico,  per  cui  da  una  legge  o  da  una 
proposizione  generale  o  da  un  assioma  si  traggono 
le  proposizioni  particolari  tra  loro  dipendenti.  -  De- 
duzione, nell'antica  Roma,  l'accompagnamento  che 
parenti  e  amici  facevano  al  patrono,  specialmente 
quando  si  recava  al  Foro  o  al  Campo  Marzio. 

Deduttivo.  Detto  a  dedurre. 

Deduzióne.  Il  dedurre.  •  Movimento  della 
tnascella. 

Defalcare  (defalcato,  defalco).  Detrarre,  falci- 
diare, sottrarre. 

Defalco.  Il  defalcare,  il  sottrarre:  deda- 
zione, sottrazione. 

Defatigrare    (defatigato).    Affaticare,    cagionar 


830 


DEFECARE    —   DEFORME 


fatica.  -  Nel  linguaggio   dei  legali,  stancare,   pro- 
trarre a  lungo. 

Defecare,  defecazióne.  L'andare  di  corpo 
l'espellere  le  feccie  dal  ventre  :  andare  a  camera 
ad  alcune  sue  comodità,  andare  al  cesso,  alla  ban 
da,  a  sella;  andare  del  corpo,  andare  di  sotto;  an 
dare  dove  né  papa,  né  imperatore  può  mandare 
ambasciatore  ;  assellare  ;  cacare,  cacciar  fuori,  co- 
prirsi i  piedi  (perchè  si  calano  le  brache)  ;  eva- 
cuare; far  bruttura,  far  getto  per  le  parti  d'abbas- 
so, fare  gli  uffici  di  sotto,  fare  il  proprio  agio, 
farla,  far  la  grossa;  far  il  suo  bisogno,  sue  biso- 
gne, un  bisogno;  far  le  sue  cose,  fare  le  sue  fac- 
cende, una  faccenda;  fare  una  funzione;  gettare, 
gire  a  zambra  ;  ire  del  corpo  ;  lasciar  andare  M 
mestier  del  corpo  ;  mandar  fuori  le  feccie  ;  pur- 
garsi il  ventre  ;  rendere,  ributtare  per  d' abbasso  ; 
scacazzare  (mandar  fuori  gli  escrementi  in  vari 
tratti  e  in  più  luoghi)  ;  scaricare  il  ventre  ;  scio- 
gliere il  ventre;  sgravarsi  il  ventre  delle  immon- 
dizie animali, squaccherare,  squacquerare;  stabbiare, 
stallare  (di  animali)  ;  tortire. 

Avere  difficoltà  di  defecare,  essere  stitico,  affetto 
da  stiticfiezza,  da  stipsi.  -  Avere  stimolo  di  cor- 
po, avere  voglia  di  defecare  ;  sentire  bisogno ,  ne- 
cessità, occorrenza  di  corpo.  E  pondo  lo  stimolo 
persistente  e  doloroso  di  andar  del  corpo.  -  Defe- 
care involontariamente:  cacarsi  addosso,  cacarsi 
sotto;  empirsi  i  calzoni;  farsela  addosso,  farsela 
nelle  brache  ;  perderla.  -  Sforzarsi  per  defecare  : 
fare  sforzi,  premiti;  pontare,  ponzare,  premere, 
puntare. 

Coprostasi,  difficoltà  del  defecare.  Contr.,  diar- 
rea. 

Defecazióne,  l'atto  del  defecare,  dell'  evacuare  : 
andata  di  corpo;  beneficio  di  corpo;  cacamento, 
cacata,  cacatura;  deiezione,  deiezione  alvina;  eva- 
cuamento, evacuazione,  evacuazione  corporale; 
flusso  di  corpo,  mossa  del  corpo;  scacazzamento, 
scacazzio;  secesso,  servizio,  soccorrenza,  sventrata, 
uscita;  votazione.  -  Essere  evacuato:  eliminarsi  per 
secesso;  passar  da  basso,  per  disotto;  passare  per 
andata  di  corpo. 

Feccia  (più  comunem.  al  plur.,  feci),  ciò  che  si  eli- 
mina nel  defecare:  cacca,  escremento,  merda,  sterco. 
:  Meconio,  le  prime  feci  del  neonato  (contiene  mucosità, 
epitelio,  bile,  grasso,  ecc.).  -  Giallo  aranciato  e  con- 
sistenza poltacea,  il  co'ore  e  la  densità  delle  feci 
del  neonato,  dopo  due  o  tre  giorni.  -  Scolorite,  di 
colore  biancastro  o  cenerognolo,  le  feci  nei  bambini 
affetti  da  ittero. 

Cacherò,  voce  bassa,  bassissima  e  di  scherzo,  per 
luogo  comune,  latrina,  specialmente  nella  frase 
andare  al  cacherò.  -  Seggetta,  mobile  usato  nelle 
camere  per  le  necessità  corporali.  -  Supposta,  me- 
dicamento, a  forma  di  candelotto,  che  si  introduce 
nell'a»»©  allo  scopo  di  muovere  gli  escrementi. 

Defecazióne.  Chimicamente  e  tecnicamente,  ope- 
razione con  la  quale  si  dividono  dai  sughi  delle 
piante  o  dei  loro  frutti  tutto  ciò  che  ostacola  la 
loro  chiarificazione. 

Defensionale.  Detto  a  difesa. 

Deferente.  Chi,  per  rispetto,  per  stima,  per 
gratttudtve,  ecc.,  conforma,  subordina  la  propria 
optmone  0  ìs.  propria  volontà  a  quella  d'altri. 
-  Lana  e  deferente,  il  canale  che  trasporta  il  seme 
dal  testicolo  alle  vescichette  seminali,  parte  essen- 
ziale del  funicoo;  è  accompagnato  da  un'arteria 
detta  deferenziale. 

Deferenza.  L'essere  deferente. 


Deferire  (deferito).  Avere  deferenza,  essere  de- 
ferente;  subordinare,  sottoporre. 
Defettibile.  Che  può  mancare. 

Defezióne.  Abbandono  della  bandiera  militare, 
diserzione.  •  Abbandono  della  parte  politica  per 
passare  ad  altra,  nemica;  tradimento. 

Deficiènte.  Mancante,  che  vien  meno,  che  fi- 
nisce; nell'uso,  chi  non  è  completamente  buono, 
abile  in  ciò  che  deve  fare.  Detto  di  fanciullo,  equi- 
vale a  frenastenico;  nel  linguaggio  scolastico,  l'a- 
lunno che  non  ha  la  preparazione  e  la  maturità 
necessaria  alla  promozione.  -  Essere  deficiente:  di- 
fettare, lasciare  alquanto  a  desiderare,  zoppicare. 

Deficiènza.  Mancanza  (veggasi  a  mancare), 
scarsità,  l'essere  scarso. 
Definibile.  Che  si  può  definire. 
Definire  {definito,  definitore,  definizione).  Di- 
chiarare l'essenza  di  una  cosa,  distinguendola  dalle 
altre;  determinare;  decidere,  risolvere,  termi- 
nare, riferito  a  quistione,  a  lite,  a  dubbio  e 
simili;  spiegare  il  senso  di  una  parola;  dare  de- 
finizione, diffinire,  difinire,  distinguere;  indivi- 
duare, individualizzare;  precisare  i  termini,  le  qua- 
lità di  una  cosa.  -  Definibile,  che  si  può  definire, 
che  può  essere  definito.  -  Definitivamente,  in  modo 
definitivo  :  decisivamente.  -  Definitivo,  che  definisce, 
destinato  a  por  fine,  termine  a  un  contrasto,  a 
una  controversia,  ecc.  :  decisivo.  -  Definito,  bene 
determinato:  chiaro,  concreto,  esatto,  preciso, 
-  Definitore,  chi  definisce  :  diffinitore,  terminista.  - 
Chi,  in  qualche  ordine  religioso,  assiste  il  gene- 
rale o  il  provinciale  nell'amministrare,  nel  reggere 
le  cose  dell'ordine.  -  Definizione,  la  formula  con  la 
quale  si  definisce  una  cosa;  breve  spiegazione;  di- 
chiarazione succinta;  determinazione  del  signifi- 
cato d'un  vocabolo:  determinazione  dell'essenza; 
individuazione  (di  oggetti,  di  concetti). 

DefinitÌTamente,  definitivo.    Detto   a  de- 
finire. 

Definizióne.  Il  definire. 
Defìagratore.  Veggasi  a  mina. 
Deflagrazióne.  Rapida  combustione  che  si 
compie  fra  due  sostanze,  di  cui  una  è  combustibile 
e  l'altra  comburente. 
Deflegmatore.  Veggasi  a  liquore. 
Deflemmare  (sflemmare).  Detto  a  liquore. 
Deflessióne.  Veggasi  a  parto. 
Deflèttere   (deflesso).   Girare,  piegare,  vol- 
gere, e  dicesi  di  persone  operanti  a  talento. 

Defiorare,  deflorazióne  {defiorato).  Detto  a 
vergine. 
Deflusso.  Scorrimento  d'umori  e  simili  :  flusso, 
Deforforazióne.  Veggasi  a  fórfora. 
Deformare,  deformazióne   {deformato,  de- 
formità). Veggasi  a  deforme. 

Deforme.  Assai  brutto  ;  fuori  della  comune 
e  debita  forma,  e  dicesi  di  persona  malfatta,  mal- 
disposta delle  membra  :  abbozzato,  aborto,  aborto 
d'una  furia  ;  babbuino  (uomo  contraffatto)  ;  diffor- 
me, diforme;  guasto  della  persona;  malito,  mo- 
stro, mostruoso;  rifiuto  della  natura;  scarabocchio, 
scarafaggio  (fìgur.),  scherzo  di  natura,  sciobbo  (pic- 
colo, storto,  con  lunga  bazza  :  sciobba,  sciobbina)  ; 
sconcio  di  corpo,  scontraffatto  ;  senza  architettura, 
sformato,  sozzo.  -  Veggasi  a  corporatura. 

Fattalbuio  (figur.  e  scherz.),  dicesi  di  persona  de- 
forme. -  Figura  di  cembalo,  dicesi  di  un  uomo  con 
poco  garbo  della  corporatura,  perchè  gli  antichi 
cembali  erano  dipinti  di  figure  malfatte.  -  Malfatto^ 
non  del  tutto  deforme  :  disacconcio,  fatto  con  l'ac 


DEFRAUDARE   —    DELETEUIO 


831 


celta;  mal  foggiato,  ii)al  tornito;  tagliato  con  l'ac- 
cetta. -  Rosticcio,  ragazzo  o  persona  meschina  fisi- 
camente, quasi  deforme.  -  Sconciatura,  uomo  con- 
traffatto e  di  bassa  statura. 

Deformare,  rendere  deforme,  ridurre  in  brutta  e 
cattiva  forma  ;  anche,  guastare.  •  Deformazione, 
alterazione  della  forma  degli  organi  o,  più  generi- 
camente, alterazione  delle  parti  elementari  di  un 
essere  vivente.  -  Deformemente,  in  modo  deforme  : 
difformemente,  sformatamente,  sproporzionatamente, 
in  modo  sproporzionato,  senza  2>»'f/>o*'2*OMe.  -  De- 
f'ormità,  l'essere  deforme;  il  difetto  che  rende 
tale:  disformità,  disformazion»,  isformazione;  lai- 
dezza di  corpo  ;  magagna,  magagnamento,  magagna- 
tura, mostruosità;  sgangherau^gine,  sozzità,  sozzura, 
stortura. 

Parere  uno  stiaccianod  di  Germania,  essere  de- 
forme. 

Defraudare,  defraudazióne  {defraudato). 
Veggasi  a  frode. 

Defunto.  Trapassato,  morto. 

Degenerare  (degeneralo,  degenerazione,  degè- 
nere). Perdere  le  lìuone  qualità  della  propria  raz- 
za; scostarsi  dalla  via  deìVoiiestà^  della  virtiie 
simili;  tralignare,  stralignare;  traslignare;  subire 
corruzione;  figur.,  essere,  divenire  diverso  dalla 
propria  natura;  cadere  dal  pristino  stato,  deca- 
dere. Nel  primo  significato:  bastardare,  bastar- 
dire  ;  dirazzare,  imbastardire  ;  tornare  in  bastardi  ; 
tralignare,  venire  in  bastardigia.  -  Imbastardire,  ren- 
dere degenere.  -  Incarognire,  degenerare  nei  costu- 
mi ;  abbandonare  il  lavoro,  dandosi  all'ozio. 

Degenerazione,  in  senso  antropologico,  quel  com- 
plesso di  caratteri  che  fanno  deviare  l'individuo  dal 
suo  tipo  normale.  Nel  linguaggio  medico,  l'alterazione 
organica  di  un  tessuto  o  di  un  organo,  la  quale  ha 
per  effetto  di  impedire  la  normale  funzione  del 
detto  organo.  Si  dice  più  spesso  deila  progressiva 
involuzione  somatica  e  psichica  di  un  organismo  ; 
assai  nota  per  la  sua  trasmissibilità  e  per  il  suo 
equivalente  morale. 

Degènere,  che  degenera  ;  diverso  e  peggiore  dei 
suoi  maggiori;  degenerato,  imbastardito,  incarognito, 
invilito,  tralignante,  tralignato.  -  Nepotuncolo,  po- 
stero degenere. 

Degenerazióne,  degènere,  Veggasi  a  de 
generare. 

Degente.  Detto  a  malato. 

Deglutire,  deglutizióne  (deglutito).  Trangu- 
giare, inghiottire. 

Degnare  (degnato).  Far  degtìo,  reputar  degno, 
dimostrare,  con  gentili  maniere,  di  apprezzare  altri 
e  le  cose  sue,  specialmente  gli  infelici  :  degnarsi. 

Degnarsi  (degnato,  degnazione).  Dimostrare  cor- 
tese attenzione;  avere  la  compiacenza  di  fare  chec- 
chessia in  servigio  d'altri  o  per  dargli  piacere; 
compiacersi,  essere  comjnaceìite,  per  lo  più,  da 
superiore  a  inferiore  ;  far  piacere  ;  far  favore  ; 
avere  la  gentilezza,  la  cortesia  di  fare  una  deter- 
minata cosa;  non  sdegnare. 

Degnazióne,  degnevole.  Veggasi  a  degno. 

Degno  (degnevole,  degnila).  Di  persona  o  di  cosa 
che  merita,  ha  pregio,  valore,  è  meritevole  (veg- 
gasi a  merito),  ottono,  conveniente:  digno,  di- 
gnissimo,  eccellente;  meritorio;  ragguardevole,  ri- 
guardevole. Anche,  pioporzionato. 

flondegno,  pari,  conforme  al  merito,  alla  colpa,  ecc. 
-  Indegno,  non  degno,  demeritevole,  immeritevole, 
mal  degno  (indegnamente:  immeritatamente,  immeri- 


tamente,  immeritevolmente,  ingiustamente,  sconve- 
nientemente, senza  merito.  Indegnità,  indignità, 
mancanza  di  merito). 

Degnare,  far  degno,  reputare,  stimare  degno.  - 
Degnazione,  il  degnare  :  conipiacenza.  -  Degne- 
vole, che  degna,  ha  degnazione  ;  compiacente. 

Divenir  degno,  acquistar  merito  ;  farsi,  rendersi 
meritevole.  -  Esser  degno,  meritare,  aver  merito. 
Rendere  degno,  dare  ad  altri  merito,  degnità,  di' 
ritto  a  conseguire  un  bene,  un  onore  e  simili. 

Non  esser  altare  da  o  per  un  paliotto  (iron.),  non 
essere  adatto  o  degno  di  quella  persona  o  cosa  di 
cui  si  parla.  -  Non  degnare  me,  non  laudare  te, 
detto,  comunissimo  in  Toscana,  che  vuol  signifi- 
care :  non  curarsi  di  chi  non  si  cura  o  non  si  de- 
gna di  noi. 

Degradare  (degradante,  degradato,  degrada' 
zione).  Privare  della  dignità,  del  grado;  desti- 
tuire da  un  impiego,  da  un  ufficio  e  simili.  - 
Figur.,  abbassare,  avvilire.  -  Degradante,  che  de- 
grada. -  Degradazióne,  il  degradare,  atto  ed  effetto  : 
degradamento;  arresto  di  sviluppo  e  aberrazione 
dell'evoluzione  nell'  economia  animale.  Malamente 
detto  tanto  per  significare  menomazione  di  pregio, 
di  intensità,  di  colore  (in  questo  caso,  digradare, 
digradazione),  quanto  nel  senso  di  avvilire,  rendere 
abbietto,  ecc.  ;  e  impropriamente  detto,  anche,  per 
significare  deperimento,  deterioramento,  guasto  di 
arnesi,  di  oggetti,  di  strumenti  e  simili. 

Degradazióne.  Arresto  di  sviluppo  e  aberra- 
zione dell'evoluzione.  -  Degradazione  dei  continenti, 
detto  a  Terra.  -  Degrudazione  dell'atmosfera,  veg- 
gasi a  umidità. 

Degustale  (degustato,  degustazione).  Inutile 
francesismo,  per  gustare,  assaggiare.  -  Degu- 
stazione, nell'uso,  il  gustare  un  liquore  per  cono- 
scerne la  qualità,  il  sapore. 

Deh!  Esclamazione  di  compassione,  di  cfo- 
lore,  di  pentitnento. 

Dèi,  semidei.  Veggasi  a  divinità. 

Deiezióne.  Atto  del  defecare.  •  Deiezione 
delle  correnti,  il  lavoro  delle  acque  per  cui  si  for- 
mano la  alluvioni.  -  Deiezione  vulcanica,  espulsione 
di  masse  fluide  dalla  bocca  di  un  vidcano. 

Deificare,  deificazióne  (deificato,  deifico). 
Veggasi  a  Dio. 

Deiforme.  Che  ha  forma  o  essenza  divina, 
di  Dio. 

Deìpara.  La  Madonna. 

Deiscenza.  L' aprir.si  spontamente  di  certe 
parti  delle  piante. 

Deismo,  deista.  Veggasi  a  Dio. 

Deità.  Essenza  o  natura  divina,  di  Dio:  divi- 
nità. -  Divinità  dei  Gentili. 

Delatore,  delazióne.  Veggasi  a  spia. 

Del  credere.  Veggasi  a  debifore. 

Delebile.  Che  si  può  cancellare. 

Delegare  (delegato,  delegazione).  Deputare,  in- 
caricare, dare  incarico,  mandato  ufficiale  ad 
alcuno  per  qualche  affare,  investendolo  della  pro- 
pria autorità. 

Delegato.  Chi  è  incaricato  di  esercitare  un  uf- 
ficio, 0  una  giurisdizione  qualunque:  assessore 
delegato,  giudice  delegato,  delegato  di  pubblica 
sicurezza,  ecc. 

Delegazióne.  Il  delegare.  -  Trasferimento  di 
giurisdizione  per  un  caso  speciale  o  per  una  de- 
terminata categoria  di  cose. 

Deleterio.  Insalubre,  che  nuoce  alla  salute  s 
rovinoso,  che  porta  rovina. 


832 


DELFINO 


DELIRIO 


Delfino.  Mammifero  marino,  dell'ordine  dei  ce- 
tacei, con  denti  alle  due  mascelle.  -  Delphinus  del- 
phis  ;  Tursio  vulgaris  (tursione)  ;  Phocaena  commu- 
m»  (marsovino)  ;  Glolicephahis  delphinus  ;  Delphinus 
urea,  le  specie  principali.  •  Beluga,  specie  di  del- 
fino delle  regioni  artiche.  -  Centrina,  specie  di  del- 
fino. -  Orca,  specie  di  cetaceo  voracissimo,  famiglia 
dei  delfini.  -  Platanista,   specie  di  delfino. 

Delfino.  Vengasi  a  principe. 

Delibare  {delibato,  delibazione).  Vassaggiare, 
il  gustare.  -  Veggasi  anche  a  giudizio. 

Deliberare  (deliberativo,  deliberato,  delibera- 
zione). Determinare,  risolvere  dopo  maturo  consi- 
glio; prendere  una  risoluzione,  dopo  avere  ben  con- 
siderato il  da  farsi,  specialmente  da  parte  dei  corpi 
collettivi  che  risolvono,  dopo  avere  discusso,  in 
adunanza,  in  assemblea:  abbracciare  un  par- 
tito ;  decidere,  destinare,  disporre  ;  eleggere  ;  far 
deliberazione,  far  disegno,  fare  il  partito,  far  pro- 
posito, far  risoluzione;  fermare,  fermar  l'animo; 
indursi;  metter  partito;  pigliare,  prendere  per 
partito  ;  porre  in  sodo  ;  prendere  consiglio,  partito  ; 
proporsi,  proporsi  secondo  intenzione,  secondo 
volontà;  fermare;  stanziare,  s<a6iii»'e,  statuire. 

Deliberatamente,  per  deliberazione  stabilita,  quasi 
ostentatamente;  con  premeditazione;  di  piena  vo- 
glia; meditatamente  (veggasi  a  meditare),  pensa- 
tamente (veggasi  a  pensare),  per  partito  preso, 
professatamente;  risolutamente  ;  scientemente,  snoc- 
ciolatamente.  -  Deliberativo,  relativo  al  deliberare  ; 
avente  carattere  di  deliberazione.  -  Aggiunto  di  uno 
dei  generi  à.&\V eloquenza. 

Deliberato,  partic.  di  deliberare  e  agg.  di  per- 
sona che  ha  preso  deliberazione  di  fare  checches- 
sia: deciso,  determinato,  fermo,  risoluto.  -  Delibe- 
razione, il  deliberare  e  ciò  che  si  è  delibe- 
rato; consultazione  sopra  un  partito  che  si  ha 
da  prendere  o  si  vuol  prendere:  deliberamento, 
determinazione,  disposizione;  espediente;  giu- 
dizio, partito,  proponimento,  proposizione,  pro- 
posito; provvedimento,  provvisione;  resoluzione, 
risoluzione,  risolvimento;  spedienle,  stabilimento. 
Anche,  il  voto  emesso  da  un'assemblea,  da  un  con- 
sesso, e  simili;  decreto,  ordinanza,  ordine  del  gior- 
no. -  I)ectsione,  pronunzia,  deliberazione  di  un  corpo 
amministrativo-giudiziario,  che  stabilisce  una  mas- 
sima in  una  quistione  controversa. 

Deliberativo.  Detto  a  deliberare. 

Deliberazióne.  Il  deliberare. 

Delicatezza.  L'essere  delicato. 

Delicato.  Soave  al  tatto,  morbido;  di  cosa 
fragile,  o  da  trattarsi  con  risr****»"*^**»  cosa  squi- 
sita, eccellente  (contr.  grossolano),  di  squisito 
sapore  ;  lavoro  fatto  con  arte  fine.  Di  persona  che 
ha  gentile  complessione,  debole  corporatura, 
molta  sensibilità.  Anche,  di  contegno  garbato  (veg- 
gasi a  garbo),  da  uomo  incapace  di  commettere 
azioni  meno  che  oneste  e  gentili  ;  chi  mostra  urbanità 
(contr.,  impulito,  inurbano,  sgarbato  :  veggasi  a  sgar- 
^o);  la  persona  che  ha  bisogno  di  cure,  di  cibi 
speciali;  d'argomenti,  di  cose  difficili  da  trattare,  - 
Con  varie  gradazioni  di  significato:  geloso,  impe- 
gnoso  (riferito  ad  affare,  a  cosa  da  trattarsi  con 
molto  riguardo,  con  cautela)  ;  leggiero  (della  ma- 
niera d'un  artista,  della  mano  d'un  chirurgo  ope- 
ratore, ecc.)  ;  molle,  morbido,  raffinato,  fine,  squi- 
sito. 

Deliratamenie,  con  delicatezza,  finamente,  gentil- 
mente, riguardosamente.  -  Delicatezza,  ?'.  ssere  deli- 
cato: sensibilità,  tenerezza  (anche  ''aUo  che  dimo- 


stra  delicatezza;    gentilezza   d'animo,   finezza  di 
gusto,   d'orecchio,   ecc.;  morbidezza  di  pelle.  - 
Delicatura,  non  comune,  per  delicatezza. 
Essere  un  burro,  di  roba  molto  tenera  e  delicata. 

-  Ogni  fiato  l'appanna,  di  cosa  delicata,  che  d'ogni 
piccolezza  si  risente. 

Delineare  (delineato,  delineamento,  delineazione). 
Disegnare,  fare  un  disegno  con  linee  ;  rappre- 
sentare, segnare  i  contorni  di  una  figura.  - 
Termine  di  geometria.  •  Anche,  abbozzare,  fare 
un  abbozzo.  -  Delineamento,  l'atto  del  delineare.  - 
Delineazione,  azione  del  delineare,  e,  anche,  la  cosa 
delineata. 

Delinquènte.  Chi  ha  commesso  o  commette 
un  delitto. 

Delinquènza.  Il  delinquere,  o  la  tendenza  al 
delitto. 

Delinquere.  Commettere  un  delitto. 

Deliquescenza.  Proprietà  per  la  quale  certe 
sostanze  saline  attraggono  l'umidità  dell'aria  am- 
biente. 

Deliquio.  Perdita  dei  sensi,  svenimento;  fa- 
stidio (volgarm.)  ;  sincope. 

Deliramento,  delirante.  Veggasi  a  delirio 

Delirare  (delirato).  Veggasi  a  delirio. 

Delirio.  Alterazione  di  mente,  di  fantasia, 
per  cui  i  fantasmi  ci  paiono  cose  vere  e  reali,  spe- 
cialmente di  malati  gravi.  Stato  di  mente  alterata 
da  passione.  Dicesi  anche  per  soverchio  entu- 
siasmo :  abbaglianza  della  mente,  alienazione  men- 
tale, deliramento,  fantasticheria,  farneticamento,  far- 
nètico, follia,  furore;  parafronèsi,  parafròsine; 
smania;  stoltiloquio,  trasognamento,  vaniloquio; 
temuìenza  (v.  a.).  -  Figur.,  strano  errore  di  giu- 
dizio. -  Delirante,  chi  è  in  delirio,  chi  non  sa, 
non  può  più  ragionare:  deliro,  pazzo,  vaniante 
(v.  a.).  -  Delirare  (delirato),  andare,  entrare,  essere 
in  delirio,  e  dicesi  anche,  iperbolicam.,  di  chi,  per 
passione,  perde  il  lume  dell'intelletto;  avere  il  cer- 
vello sopra  la  cuffia  ;  cavarsi  dai  gangheri  ;  dare  in 
nulla;  entrare  in  farnètico;  esser  fuori  di  materia 
(m.  a.)  ;  farneticare,  farnetichiare,  farnetizzare,  fre- 
neticare ;  girare  il  boccino  ;  infatuarsi  ;  menar  sma- 
nie; non  accordare  l'aggettivo  col  sostantivo;  non 
stare  in  sé  ;  parlare  meraviglie  ;  perdere  della 
mente,  perdere  la  testa  ;  scappar  pel  tetto,  sragio- 
nare, star  fuori  dei  secoli  ;  straparlare  ;  togliersi  da 
sé  medesimi;  trasognare,  vacillare,  vagellare,  va- 
nare  (v.  a.),  vaneggiare. 

Delirio  acuto,  periencefalite  diffusa,  con  o  senza 
allucinazioni,  sotto  forma  gaia  o  melanconica.  - 
Delirio  caotico,  il  sommo  grado  della  sconnessione 
delle  idee.  -  Delirio  distruttivo,  forma  che  spinge  a 
inveire  contro  la  propria  esistenza.  -  Delirio  idiO' 
patico,  quello  che  si  manifesta  in  forma  di  sintomo 
nelle  encefaliti,  nelle  meningo-encefaliti,  nelle  febbri 
tifoidee.  -  Delirio  ipocondriaco,  quello  che  fa  so- 
gnare mali  non  esistenti  o  ingigantisce  quelli  esi- 
stenti. -  Delirio  simpatico,  forma  che  si  presenta 
nella  gravidanza,  nelle  affezioni  uterine,  nella  ver- 
minazione,  ecc.  -  Delirio  terrorifico,  forma  aggra- 
vata del  delirio  ipocondriaco.  -  Delirio  tremulo 
(delirium  tremens),  ovvero  delirio  dei  beoni,  de- 
lirio alcoolico:  è  caratterizzato  da  temporaneo  per- 
turbamento della  ragione,  da  agitazione  e  tremolio 
delle  membra  e  degli   orfani  della  favella. 

Demonomania,  allucinazione,  varietà  del  delirio 
lipemaniaco,  per  cui  gli  infermi  si  credono  adora- 
tori  0   vittime   di  uno   spirito  malefico  (demonio). 

-  Farneticamento,  delirio  continuato  e  furioso  ac- 


DELIRO    —    DELITTO 


833 


compagnato  da  febbre  acuta  e  veglia,  prodotto  da 
iiiflainmazione  del  cervello  o  delle  sue  membrane. 
-  Frenesia  (frenètico,  farnèticoj,  delirio  forte  per 
febbre  o  per  altra  malattia  die  prenda  il  cervello: 
furore,  jìazzia,  -  Frenilide,  delirio  acuto  con 
febbre  intensa.  -  Lucido  intervallo,  sospensione  tem- 
poranea nei  pazzi  delle  idee  deliranti.  -  Megalo- 
mania, delirio  ambizioso,  delirio  di  grandezza.  - 
Monomania,  delirio  cbe  consiste  nella  (issazione  di 
un'idea,  d'un  solo  ordine  d'idee.  -  Subdelirium,  de- 
liro incompiuto,  in  cui  l'ammalato,  come  mezzo  ad- 
dormentato, vaneggia.  -  Tifomania,  delirio  accom- 
pagnato da  stupore:  lo  si  osserva  nel  tifo  e  nelle 
allVzioni  tifoidee. 

Deliro  (poet.).  Chi  delira,  è  in  delirio. 

Delitto  (delittuoso).  Atto  criminoso,  di  grave 
danno  ad  altri  e  contrario  alla  legge,  alla  giu- 
stizia, e  da  punire:  col/ta,  crinùne  (lat.,  cnmen), 
eccesso,  enorinezza,  enormità;  facino  (lat  ),  fattaccio; 
male,  malelicio,  malfare,  malfatta,  misfatto;  pec- 
cato; reato;  scell^raggine,  scelleranza,  scelo  (v.  a.). 
Il  delitto  può  essere  contro  i  beni,  le  proprietà,  le 
persone,  ecc.  ;  atroce,  crudele,  spietato  ;  continualo, 
reiterato  (ripetuto)  ;  rontro  natura  (cioè  contro  le 
leggi  naturali  del  contatto  fra  i  sessi)  ;  flagrante 
(quando  clii  lo  compie  è  colto  sul  fatto);  grande  o 
piccolo,  cioè  grave  o  lieve;  infamante,  che  procura 
infaìnia;  inumano,  crudelissimo;  mancato,  tentato 
ma  non  riuscito,  indipendentemente  dall'intenzione 
dell'accusato  ;  misterioso,  nascosto  nel  mistero  ; 
nefando,  gravissimo,  tale  da  far  raccapriccio,  ob- 
brobrioso, orrido,  orribile,  spaventevole,  spaven- 
toso, turpe;  suaittra/o  (orribilmente  crudele;  an- 
che, contro  il  padre,  la  madre,  i  figli,  ecc.). 

Criminale,  che  concerne  delitto  o  pena  di  mal- 
fattori ;  anche,  chi  è  convinto  reo  e  chi  ha  dispo- 
sizione atavica  e  fisica  al  delitto.  -  Criminalista, 
chi  è  versato  nel  diritto  criminale  :  penalista.  - 
Criminalmente,  delittuosamente,  in  modo  criminoso. 

Criminologia,  sinonimo  di  diritto  penale,  crimi- 
nale. -  Criminosità,  l'essere  criminoso.  -  Criminoso, 
che  ha  natura  di  crimine,  di  colpa  :  colposo.  - 
Delinquenza,  il  delinquere;  nell'uso  scientif.,  anche 
la  tendenza  a  perpetrar  crimini:  criminalità,  cri- 
minosità. -  Polizia,  vigilanza  sui  delitti  e  l'auto- 
rità che  la  esercita. 

Delitti  diversi. 

Aborto  procurato,  veggasi  ad  aborto,  -  Adul- 
terio, violazione  della  fede  coniugale.  -  Aggressione, 
atto  di  chi  tenta  derubare  o  uccidere  qualcuno,  o 
recargli  offesa  con  vie  di  fatto,  riuscendo  o  no  nel- 
l'intento. -  Ambito,  broglio  allo  scopo  di  ottenere 
un  ufficio.  -  Apologia  di  un  delitto,  apologia  di 
reato,  crimine  contemplato  dal  codice  penale,  e 
commesso  da  chi  esalta  un  fatto  criminoso.  -  Ap- 
propriazione indebita,  delitto  contro  la  proprietà,  il 
togliere  abusivamente  la  cosa  altrui.  -  Assassinio, 
omicidio  commesso  con  proJizione  o  con  premedi- 
tazione 0  con  agguato  :  veggasi  ad  uccidere.  - 
Attentato,  in  senso  ampio,  significa  qualunque  ten- 
tativo criminoso  ;  in  senso  ristretto,  il  delitto  con- 
tro la  sicurezza  dello  Stato  o  contro  chi  ne  eser- 
cita i  poteri. 

Baratteria  (termine  dell'  antica  giurisprudenza), 
delitto  dell'impiegato  pubblico  che  si  appropriava  il 
denaro  pubblico.  Anche,  il  reato  che  il  coman- 
dante 0  il  Dadrone  d'una  nave  o   qualche  persona 


dell'equipaggio  commette  prevaricando  nell'esercizio 
del  proprio  ufficio,  a  danno  dell'armatore  o  del  pro- 
prietario della  nave  o  dei  caricatori.  -  Broglio,  pra- 
tica ambiziosa  e  disonesta  per  ottenere  pubblici 
uffici.  -  Caso  di  Stato,  delitto  di  lesa  maestà.  -  Coar- 
tazione, crimine  pel  quale  si  fa  agire  (jualcuno  con- 
tro la  propria  volontà.  -  Complicità,  veggasi  a  còìh- 
plice.  -  Concubinato,  veggasi  a  matrimonio.  - 
Concussione,  mancanza  ai  propri  doveri,  con  male 
fede  e  per  interesse:  prevaricamento,  prevaricaziona. 
-  Congiurai  cospirazione,  accordo  segreto  ad  un 
fine,  talvolta  giudicato  criminoso.  -  Corruzione, 
il  corromoere  :  alto  criminoso  quando  esercitato 
verso  magistrati  e  simili.  -  Corruzione  di  minorenni, 
delitto  contro  il  buon  costume.  -  Crimenlese,  de- 
litto di  lesa  maestà:  delitto  di  maestà,  delitto 
comune. 

Delitto  comune,  il  più  frequente,  il  più  volgare 
(furto,  assassinio,  ecc.),  contrapposto  al  delitto  po- 
litico (contro  il  governo  o  l'ordine  dello  Slato).  - 
Delitto  di  sangue,  il  ferimento,  l'uccisione,  l'assas- 
sinio. -  Diffamazione,  crimine  per  cui  si  lede, 
contro  verità,  l'onore,  la  buona  fama  d'altri;  grave 
calunnia.  -  Estorsione,  atto  di  chi  trae  illecita- 
mente denaro  da  altri  :  obiezione,  orrezione,  stor- 
sione, surrezione.  -  Fai  si  jir  azione,  alterazione  frau- 
dohnta  di  moneta,  di  alimento,  di  cosa  qual- 
siasi. -  Frode,  grave  inganno  della  buonafede 
altrui;  ingannevole  azione  a  danno  d'altri.  -  Furto, 
ladrone  ciò,  ruberia.  -  Grassazione,  violenza  a  mano 
armata,  per  rapina. 

Incesto,  relaMone  carnale  prevista  e  punita  dalla 
legge.  -  Infanticidio,  uccisione  di  un  neonato:  può 
avvenire  per  omissioìie  (mancanza  delle  prime  cure 
necessarie)  e  per  commissione,  violenza  esterna.  - 
Lenocinlo,  adescamento,  lusinga  al  mal  fare.  - 
Malversazione,  o  prevaricazione,  delitto  del  pubblico 
ufficiale  che  distrae  o  sottrae  denaro  di  cui  abbia, 
per  ufficio,  l'amministrazione.  -  Occultazione,  cri- 
mine di  chi  nasconde  un  reo  o  la  prova  della  sua 
reità.  •  Offese  al  buon  costume,  reato  che  si  com- 
mette usando  violeni'i  carnali,  corrompendo  mino- 
renni, ecc.  -  Omicidio,  delitto  di  chi  toglie  la  vita 
ad  altri,  deliberatamente  o  no  {omicidio  involon- 
tario) :  veggasi  a  uccidere. 

Parricidio,  l'omicidio  volontario  dei  genitori  o  di 
altri  ascendenti  legittimi,  o  di  genitori  naturali, 
quando  questi  abbiano  legalmente  riconoscmto  il 
figlio  minore,  ovvero  del  padre  o  della  madre  adot- 
tivi. -  Peculato,  nella  nostra  legislazione,  il  delitto 
del  pubblico  ufficiale  che  sottrae  o  distrae  denaro 
o  altra  cosa  mobile,  datagli  in  amministrazione  o  m 
custodia.  -  Pederastia,  sodomia,  atto  venereo  contro 
natura:  nefandezza,  vizio  innominabile;  soddoma, 
soddomia  (disus.).  -  Perduellione,  reato  contro  la  si- 
curezza esterna  e  interna  dello  Stato.  -  Prevari- 
cazione, crimine  commesso  da  un  ufficiale  pubblico 
che,  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  abusa  della 
propria  autorità  o  manca  ai  propri  doveri,  per  in- 

Qua'si-delitto,  fatto  non  permesso,  né  proibito  co- 
me reato  dalla  legge,  il  quale  cagiona  un  danno 
senza  che  possa  essere  ascritto  a  malvagia  inten- 
zione del  suo  agente.  -  Reato,  infrazione  della  legge 
penale;  fatto  punibile  (delitto  o  contravvenzione), 
preveduto  dalla  legge.  Elementi  essenziali  a  costi- 
tuire un  delitto  o  un  crimine  sono  l' intenzione  e 
l'azione.  -  Recidiva,  il  commettere  di  nuovo  un 
reato  :  veggasi  a  recidivo.  -  Ricatto,  azione  delit- 
,  tuosa  di  chi  sequestra  una  persona  o  la  fa  segno  a 


Peemoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


53 


834 


DELITTO 


minacce  per  ottenere  da  essa  o  da  altri  denaro  o 
altro.  -  Ricettaziove,  atto  criminoso  di  chi  acquista, 
riceve  o  nasconde  denaro  o  cose  di  provenienza 
furtiva. 

Sacrilegio,  turpitudine,  delitto  verso  persone  o 
cose  sacre  (veggasi  a  sacro).  -  Seduzione,  corru- 
sionCf  specialmente  di  fanciulle  minorenni.  -  Sper- 
giuro, falso  giuramento.  -  Spionaggio,  la  vile  a- 
zione  della  spia.  -  Stupro,  il  costringere  violen- 
temente al  còito  :  violazione.  -  Subornazione,  inci- 
tamento che  si  la  ad  altri  per  indurli  a  commettere 
un  delitto  ;  il  persuadere  altri,  con  arte,  di  nascosto, 
a  ribellarsi,  a  tradire  il  propro  dovere.  -  Tradi- 
mento, gravissima  colpa  contro  la  buonafede  e  il 
dovere  dell'onestà.  -  Usura,  esagerato  e  illecito 
profitto  che  si  trae  dal  prèstito  di  denaro.  -  Usur- 
pazione, appropriazione  violenta,  e  bene  spesso 
proditoria,  di  ciò  che  altri  possiede,  di  un  di- 
ritto, ecc.  -  Veneficio,  delitto  di  avvelenamento:  veg- 
gasi a  veleno. 

Chi  commette  delitto. 

Adùltero,  reo  di  adtdterio.  -  Agente  ausiliario, 
chi  presta  soccorso  al  compimento  di  un  delitto.  - 
Agente  principale,  chi  presiede  al  compimento  di 
un  delitto  o  vi  concorre  immediatamente.  -  As- 
sassino, reo  di  assasinio.  -  Birbone,  uomo  tristo, 
avvezzo  al  malfare  :  criminale.  -  Coautore,  chi  con- 
corre, direttamente  e  immediatamente  alla  consuma- 
zione del  reato:  complice.  -  Contumace,  chi  non 
interviene  a  un  giudizio,  quando  chiamato. 

Delinquente,  chi  ha  commesso  o  commette  un 
deliUo:  anima  dannata,  commettitore  di  eccessi,  di 
mali ,  criminale,  criminoso  ;  facidanno,  facimale, 
facinoroso,  furfante;  malandrino,  malfacente, 
malfattore,  malvivente,  misfattore;  uomo,  gente 
patibolare,  degna  del  patibolo,  -  Delinquente  nato, 
chi  ha  naturale  tendenza  al  delitto,  al  misfatto. 

Diffamatore,  reo  di  diffamazione.  -  Grassatore, 
che  commette  grassazioni  :  aggressore  di  viandanti, 
brigante;  sgrassatore,  svaligiatore.  -  Incestuoso, 
reo  di  incesto  :  incestatore,  incestuato.  -  Infanti- 
cida, autore  d'infanticidio.  -  Ladro,  reo  di  furto. 

-  Latitante,  chi  sta  nascosto  per  isfuggire  alla  giu- 
stizia {latitanza,  il  suo  stato).  -  Malandìnno,  ru- 
batore  di  strada.  -  Manutèngolo,  chi  tien  mano  ai 
malfattori,  o  porge  loro  aiuto,  modo  di  salvarsi; 
chi  accoglie  la  refurtiva;  ricettatore  doloso. 

Parricida,  chi  si  rende  colpevole   di   parricidio 

-  Pederasta,  sodomista,  chi  ha  il  vizio  della  pede- 
rastia, della  sodomia  :  pederaste,  pederasto  {pedera- 
stico, sodomistico,  di  o  da  pederasta,  da  sodomita) 
•  Perduèlle,  reo  di  perduellione.  -  Pretancatore  chi 
SI  appropria  il  denaro  a  lui  affidato,  per  cagione 
del  suo  ufficio:  concussionario,  frodatore,  indeli- 
cato, infedele,  ladro,  poppatore,  smugnitore. 

Recidivo,  che  ricade  nello  stesso  delitto.  -  Reo 
no,  colpevole  ;  chi  è  in  colpa,  è  malvagio.  - 
ba^tlego,  chi  commette  sacrilegio.  -  Sanguinario, 
dedito  a  dehtti  di  sangue.  -  Scellerato,  chi  com- 
mette delitti,  nefandità:  birbone. 

Commettere  delitto.  —  Accusare,  accusarsi 
DI  delitto.   -  Varie.    -    Elementi,  studì,   ecc. 

Delinquere,  commettere  delitti:  aiutarsi  conia 
man,  e  co.  piedi,  birboneggiare,  cadere  in  iolpa.  in 


fallo;  consumare  un  delitto;  far  d'ogni  erba  un 
fascio,  far  d'ogni  lana  peso,  far  la  birba,  far  ma- 
lavita ;  farne  di  pelle  di  becco;  farsi,  rendersi  reo,, 
far  vela  d'ogni  panno  ;  inciampare  nei  codici  ;  in- 
cicciare;  malfare;  mancare  alla  legge  ;  prevaricare; 
ribaldeggiare  ;  sbricconeggiare,  scellerare  ;  tenere 
mala  via  ;  trasgredire  la  legge.  -  Perpetrare  un  de- 
litto, compierlo,  eseguirlo,  mandarlo  ad  effetto.  - 
Premeditare  un  delitto,  preparare  nel  proprio  pen- 
siero quanto  si  debba  fare  all'uopo  (e  la  premedi- 
tazione è  un'aggravante  del  delitto).  -  Rasentare  il 
codice  penale,  rasentare  la  galera,  commettere  un 
delitto,  evitando  di  subire  la  pena.  -  Subornare,  ec- 
citare, istigare  altri  a  male  azioni.  -  Tener  mano, 
0  di  mano,  tenere  il  sacco,  esser  complice.  -  Tra- 
mare, ordire  la  trama  di  un  delitto,  prepararlo. 

Accusare,  accusarsi.  —  Incriminare,  accusare, 
fare  accusa  di  delitto  dinanzi  al  giudice,  al  tri- 
bunale :  accagionare,  imputare  {incriminabile,  che 
si  può  incriminare  ;  incriminato,  accusato,  impu- 
tato). -  Aggravarsi,  esasperare  da  sé  la  propria 
colpa.  -  Confessare,  far  la  confessione  del  pro- 
prio delitto.  -  Recriminare  {recriminazione),  instare 
che  fa  l'accusato  perchè  sia  condannato  di  calunnia 
chi  lo  accusa  di  un  delitto;  anche,  l'imputare  qual- 
sivoglia colpa  che  fa  l'accusato  all'accusatore. 

Varie.  —  Arrestare,  catturare,  prendere  e  con- 
durre in  prigione  chi  abbia  commesso  un  crimine 
0  ne  sia  imputato.  -  Cercare  le  orme,  le  traccie  di 
un  delitto,  fare  indagini  in  posto  dal  giudice  o 
da  altra  autorità,  per  iscoprire  e  identificare  l'au- 
tore 0  gli  autori  di  un  delitto.  -  Cogliere,  trovare^ 
prendere  sul  fatto,  nel  momento  dell'  azione  crimi- 
niosa.  -  Convincere,  rendere  persuaso  e  confesso  il  reo 
d'un  delitto.  -  Costituirsi  {costitiiito),  consegnarsi  al- 
l'autorità: di  chi  abbia  commesso  un  reato.  -  Espiare 
{espiazione),  subire  il  castigo,  la  condanna,  la 
pena  di  un  delitto  commesso.  -  Estradare  (estra- 
dizione), il  tradurre  che  fanno  gli  agenti  della  forza 
pubblica  un  reo,  o  un  imputato,  da  una  nazione  al- 
l'altra, in  seguito  alle  pratiche  dell'autorità  giudi- 
ziaria. 

Elementi,  studi.  —  Antropologia  criminale,  stu- 
dio giuridico,  medico  e  sociologico  dell'  uomo,  in 
quanto  esso  è  per  natura  proclive  al  delitto.  - 
Abitualità,  capacità  a  delinquere,  l'età  o  la  mente  atta 
a  commettere  il  delitto.  -  Causale  d'un  delitto,  la  causa 
impellente,  il  motivo  a  delinquere.  -  Forza  irresistibile, 
impeto  dell'animo  alla  passione  che  incita  all'offesa  e 
attenua  la  responsabilità  del  delinquente;  un  tempo 
ammessa  dal  codice,  che  all'uopo  contemplava  l'infer- 
mità di  mente  e  lo  stato  di  necessità,  -  Preterinten- 
zionalità, elemento  morale  per  cui  solitamente  è 
diminuita  la  responsabilità  del  delitto.  -  Scuola  cri- 
minale positivista,  locuzione  dei  seguaci  della  scuola 
lombrosiana,  la  quale  studia  non  il  delitto  in  a- 
stratto,  ma  il  delinquente,  concedendo  alla  società 
umana  il  diritto  di  difesa,  non  di  punizione.  - 
Spinta  criminosa,  complesso  degli  impulsi  a  delin- 
quere. -  Volontarietà,  in  diritto  penale,  l'aver  vo- 
luto il  fatto  che  costituisce  un  delitto. 


Cose  e  termini  varì. 


Proverbi. 


Alibi,  voce  d'uso  (provare,  stabilire  l'alibi)  per 
indicare  Vassenza  da  un  luogo  ove  fu  commesso 
un  delitto.  -  Circostanze  attenuanti  (o,  anche,  sem- 
plicemente, attenuanti),  quelle  che  possono  scemare 


DELITTUOSO    —    DEMOLIRE 


835 


la  gravità  di  un  crimine.  -  Corpo  del  delitto,  o 
corpo  del  reato,  ciò  che  ne  costituisce  la  prova  ma- 
tesiale.  -  Espiazione,  l'alto  e  l'elletto  dell'espiare, 
ossia  del  subire  il  castigo,  la  pena  a  cui  si  è 
condannati  (veggasi  a  condanna)  :  emenda,  purga- 
mento, purgazione  ;  sconto,  soddisfacimento,  soddi- 
sfazione. Espiare  :  pagare  il  fio,  pagar  lo  scotto, 
purgare,  render  conto,  scontare.  -  Estremo  di  un 
reato,  quanto  occorre  perchè  sia  tale.  -  Indizio, 
traccia  di  un  reato  ;  circostanza  che  dà  il  so- 
spetto d'un  fatto  criminoso.  -  l^renieditazione, 
atto  ed  elTetto  del  premeditare. 

Abolizione,  annullamento,  cancellazione  :  vale  an- 
che perdono  per  un  delitto  che,  secondo  la  legge, 
doveva  essere  punito.  -  Amnistia  {amnistiare,  am- 
nistialo), grazia,  perdono,  condono  o  diminuzione 
di  pena,  tatto  in  massa,  in  circostanze  solenni.  - 
Apagoge,  il  ricorso  presentato  al  magistrato  per  in- 
vocare la  cattura  del  delinquente.  -  Azione  penale, 
quella  intentata  per  punire  il  delitto  o  la  colpa. 

Cattura,  arresto,  sequestro  di  un  delinquente  o 
di  un  imputato  contro  il  quale  sia  stato  spiccato 
mandato  di  cattura  dall'autorità  giudiziaria.  -  Com- 
minazione, minaccia  di  pena,  in  forza  di  legge, 
contro  chi  la  trasgredisce.  -  Denunzia,  dichiara- 
zione formale,  verbale  o  scritta,  per  cui  si  riferisce 
all'autorità  giudiziaria  un  fatto    criminoso. 

Esecuzione,  applicazione  della  pena  ai  delinquenti. 

-  Estradizione,  l'atto  col  quale  uno  Stato  lascia  un 
colpevole  di  delitti  commessi  fuori  del  suo  terri- 
torio ad  altro  Stato  che  lo  reclama,  perchè  sia  sot- 
toposto a  giudizio.  Indulgenza,  poco  rigore  verso 
il  colpevole.  -  Indulto,  disposizione  sovrana  che 
cancella  un'azione  dalla  classe  dei  reati  e  ne  abo- 
lisce la  pena. 

Processo  penale,  o  anche,  semplicemente,  pro- 
cesso, tutti  gli  atti  che  si  fanno  in  una  causa  cri- 
minale. -  Ricognizione,  verificazione  d' un  fatto, 
specie  dopo  un  delitto.  -  Riparazione,  la  somma 
assegnata  dal  giudice,  oltre  il  risarcimento  dei  danni 
alla  parte  offesa,  per  ogni  delitto  che  tocchi  l'o- 
nore delle  persone  o  della  famiglia.  -  Sistema  pre- 
ventivo, il  prevenire  i  delitti  per  impedire  che 
siano  commessi.  -  Sistema  repressivo,  l' intervenire 
quando  i  delitti  sono  commessi.  -  Sopraluogo,  in 
linguaggio  forense,  Vaccesso  sul  luogo  che  fa  il  magi- 
strato, per  impulso  spontaneo  o  per  iniziativa  delle 
parti,  recandosi  sul  luogo  nel  quale  il  delitto  fu 
commesso.  -  Taglia,  premio  dato  a  chi  ammazza 
0  arresta  assassini,  ribelli. 

Parte  civile,  chi  comparisce  in  giudizio  contro  un 
accusato  in  causa  criminale,  per  sostenere  diritti  of- 
fesi, e  ottenere  rifacimento  di  danni. 

Proverbi.  —  Chi  delitto  non  ha,  rossore  non  sente 
(scolpandosi  di  un'accusa).  -  Cui  prodest  scelus,  is 
fecit  {commise  il  delitto  quegli  cui  il  delitto  fu  utile), 
sentenza  usata  nel  linguaggio  giuridico.  -  Il  delitto 
è  un  padrone  rigido  e  inflessibile. 

Delittuoso.  Che  ha  in  sé  delitto. 

Delizia  (delizioso).  Grande  godimento,  sommo 
piacere;  delicatezza  di  ciò  che  diletta  soavemente. 

-  Deliziare,  deliziarsi,  deliziosamente,  delizioso,  veg- 
gasi a  piacere.  -  Supposti  luoghi  di  delizie  :  gli 
orti  delle  Esperidi,  portati  in  Spagna  da  Ercole;  il 
paradiso^  i'eden  (nella  Genesi,  il  paradiso  terre- 
stre :  nome  ebraico)  ;  V Eldorado  (in  spagnuolo, 
paese  dell'oro),  luogo  di  delizie,  di  felicità,  di  for- 
tuna. 

Deliziare,  deliziarsi  (deliziato).  Veggasi  a 
piacere. 


Delizioso.  Che  dà  grande,  squisito  piacere. 

Delta.  Quarta  lettera  dell'alfabeto  greco;  qua- 
lunque cosa  che  ne  abbia  la  forma.  -  Terreno  da 
alluvione  alla  foce  di  un  fiume.  •  Veggasi  ad 
ottone. 

Deltaziòne.  Veggasi  a  fiuìne. 

Deltoide.  Veggasi  a  quadrangolo  e  a  spedì  a. 

Delubro.  Tempio,  chiesa. 

Delùdere  {deluso,  delusorio,  delusione).  Ingan- 
nare, trarre  in  inganno,  con  astuzia.  Rendere 
vana  l'aspettazione  di  altri  ;  venir  meno  alla  spe- 
ranza fatta  concepire  ;  procurare  un  disinganno, 
togliere  Y illusione. 

Delusióne.  Il  deludere  e  1'  effetto  che  ne  de- 
riva: deludimento,  disillusione  (neol.),  disin- 
ganno. 

Delusoriamente,  delusorio.  Veggasi  a  il- 
Iasione  e  a  speranza. 

Demagogrìa  (demagogico).  Detto  a  popolo. 

Demagóg-o.  Capo  di  fazione  popolare  :  special- 
mente chi,  solleticando  le  passioni  del  popolo,  tenta 
farne  strumento  ai  propri  scopi  :  arruffapopoli,  ca- 
porione, democratico  licenzioso,  eroe  da  piazza,  ri- 
voluzionario, tribuno  (spreg.).  -  Arruffapopoli,  de- 
magogo che  cerca  pescar  nel  torbido.  -  Demagogia, 
tutti  insieme  i  demagoghi  e  i  loro  seguaci.  -  Mon- 
tare in  tribuna,  fare  il  demagogo.  -  Quando  la 
volpe  predica,  guardatevi  galline,  ammonimento  di 
chiaro  significato. 

Demandare  {demandato).  Delegare,  deputare, 
dare  incarico;  sottomettere,  sottoporre. 

Demaniale.  Del  demanio. 

Demanio  (corruzione  di  domìnio).  Complesso 
delle  proprietà  di  uno  Stato.  -  La  pubblica  fi- 
nanza. 

Demente,  demènza.  Veggasi  a  pazzia. 

Demeritare  (demeritévole,  demèrito).  Rendersi 
non  degno;  perdere  il  merito. 

Demèrito.  Azione  che  toglie  il  merito,  merita 
biasitno  o  castigo. 

Democraticamente.  Secondo  democrazia. 

Democratico.  Fautore  della  democrazia, 
appartenente  alla  democrazia. 

Democrazia  {democrali''o).  Governo  di  po- 
polo, governo  popolare  ;  nell'uso,  il  partito  po- 
litico che  vuole  migliorare  le  condizioni  del.  po- 
polo, nonché  il  programma  di  tale  partito,  inteso 
ad  avere  riforme  e  istituzioni  che  giovino  alle  classi 
meno  abbienti.  Secondo  i  tempi  e  secondo  i  pro- 
grammi, si  distinsero  il  partito  cosidetto  avanzato, 
il  liberale,  il  progressista,  il  radicale.  Ma  ora  si 
chiamano  liberali  quelli  che  prima,  in  qualità  e  col 
nome  di  conservatori,  di  moderati,  osteggiavano  il 
liberalismo.  -  Aristodemocrazia,  veggasi  a  governo, 

-  Demagogia,  democrazia  licenziosa,  corrotta:  veg- 
gasi a  demagàgo,  -  Democrazia  sociale,  il  partito 
che  vagheggia  la  soppressione  di  ogni  disuguaglianza 
sociale  e  politica.  -  Democratico,  di  democrazia  ; 
chi  professa  i  principi  della  democrazia.  Neil'  uso, 
anche  chi  è  modesto,  alla  buona,  nel  modo  di  ve- 
stire, nel  contegno  e  simili.  -  Democratizzare,  con- 
vertire alle   istituzioni   democratiche  (francesismo). 

-  Democristiani  o  democristi  (neol.),  1  cattolici  che 
aflettano  teorie  socialistiche,  ma  con  ossequio  al 
papa. 

Aristocrazia,  contr.  di  democrazia. 

Demog-rafla  {demografico).  Veggasi  a  popo- 
lazione. 

Demolire  {demolito,  demolizione).  Atterrare, 
buttar  giù,  detto  di  edificio,  di  muro  e   simili  : 


836 


DEMOLIZIONE   —   DENARO 


abbattere;  battere  in  terra,  buttare  a  terra,  di- 
roccare, distendere  a  terra,  distruggere  ;  far  ca- 
flere;  isfondolare  ;  mandare,  mettere  a  terra,  in 
terra,  per  terra  ;  mandare  in  fascio  ;  menare  al 
basso,  mettere  a  basso,  al  piano;  rasare;  scoscendere, 
sfabbricare,  sfondare,  smurare,  sventrare  (neol,). 
In  senso  figur.,  e  dal  francese  (demo/à-,  dèmoHlion), 
fare  una  gravissima  critica,  togliere  il  credito, 
la  stima,  diffamare  (vegliasi  a  diffamazione)  e 
simili.  -  Smantellare,  togliere  il  tetto,  la  cima  d'un 
edificio:  scassinare,  scamozzare.  -  D  roccare  una 
fortezza.  -  Scantonare,  scantucciare,  demolire  in 
parte. 

Demolizione,  atto  ed  effetto  del  demolire:  abbat- 
timento, atterramento,  diroccamento,  disfacitura, 
guastamento,  lavoro  di  piccone;  smantellamento  - 
Sventramento,  voce  metaforica  per  demolizione.  -  Si- 
stema di  demolizione,  veggasi  a  fortezza. 

Demolizióne.  Il  demolire. 

Demolog-ia  (demològico).  Trattato  intorno  alle 
origini  e  all'essenza  delle  comunità  umane. 

Dèmone.  Lo  stesso  che  demònio. 

Demoniaco.  Di  o  da  demònio. 

Demònio  (demoniaco).  Cattivo  genio,  ciascuno 
degli  spiriti  ribelli  a  Dio,  secondo  le  dottrine  cat- 
toliche, e  aventi  la  loro  sede  neW  inferno,  sotto 
la  sovranità  del  diavolo:  angelo  con  le  corna, 
angelo  col  piede  biforcuto  o  forcuto,  angelo  del  dia- 
volo, ange'o  delle  tenebre,  angelo  d'inferno,  angelo 
iniquo,  angelo  maledetto,  angelo  nero,  angelo  reo  ; 
barbuto;  caprinfernale,  caprone,  cornuto  mostro; 
dèmone,  dimenio,  dragone  iiifei'nale;  farfarello,  fì- 
ligginoso  abitator  di  Dite,  fistolo;  infero;  malo  an-^ 
gelo,  nabisso  ;  nero  cherubino  ;  satanasso  ;  spiri- 
tello, spirito,  spirito  immondo,  spirito  maligno, 
spirto  d'Averno.  Secondo  le  favole,  i  demoni  sono 
in  parte  buoni  (agatodémoni)  e  in  parte  cattivi  (ca- 
codémoni).  Presso  i  Romani  erano,  particolarmente, 
gli  spiriti  dei  defunti.  -  Demoniaccio,  accresc.  spreg. 
di  demonio.  -  Demonietto,  piccolo  e  giovane  de- 
monio. -  Demonìaco,  di  o  da  demonio  :  più  comu- 
nem.,  diabolico  (veggasi  a  diavolo). 

Asmodéo,  demonio  considerato  come  il  fuoco  del- 
l'amore impuro  (ne  parla  la  Bibbia  nella  storia  di 
Tobia).  -  Bnrbariccia,  demonio  mentovato  da  Dante 
nel  canto  XXI  e  nel  XXII  dell  Inferno.  •  Cirialto, 
demonio  di  cui  parla  Dante  nel  canto  XX  dell'/rt- 
ferno.  -  Draghinazzo,  altro  demonio  mentovato  da 
Dante  nella  Divina  Commedia. 

Farfarello,  demonio  pure  mentovato  da  Dante 
xìgW Inferno  (canto  XXI).  -  Cosi  anche  Graffiacane, 
(Inferno,  canto  XXI).  -  Giittel,  nel  Settentrione,  fu- 
rono chiamati  i  demoni  che  governano  i  cavalli  e 
le  altre  bestie.  -  Inrubi  e  succubi,  secondo  la  scienza 
magica  e  le  credenze  popolari,  erano  ritenuti  de- 
moni, maschi  i  primi,  femmine  i  secondi,  che  si 
accompagnavano  nel  sonno  voluttuosamente.  -  Li- 
bicócco,  uno  dei  demoni  messi  a  guardia  tra  i  ba- 
rattieri nell'inferno  dantesco. 

Malacoda,  nome  proprio  d'uno  dei  demoni  nella 
bolgia  dantesca  dei  barattieri.  -  Malebranche,  de- 
mone nella  bolgia  dei  fraudolenti  (inferno  dan- 
tesco). -  lìubiranle,  nome  proprio  d'un  demonio 
nella  bolgia  dantesca  dei  barattieri.  -  Scarmiglione, 
demonio  nella  bolgia  dei  barattieri.  -  Sinriti  a- 
strnli,  quelli,  secomlo  la  demonologia,  sospesi  fra  il 
cielo,  la  Terra  e  l'inferno.  -  Versiera,  la  moglie 
d  nn  demonio,  o  del  diavolo,  immaginata  dal  volgo, 
specialmente  allo  scopo  di  far  paura  ai  ragazzi. 


Esorcismo  [esorcista,  esorcizzare),  invocazione 
di  Dio  contro  il  demonio  :  scongiuro.  -  Ossessione, 
stato  dell'indemoniato,  dell'ossesso.  -  Pandemonio, 
tresca  di  tutti  i  demolì.  -  Tregenda,  pretesa  adu- 
nanza di  demoni,  di  streghe  (veggasi  a  strega)  e 
simili:  branco  di  diavoli;  sabbato,  stregozzo,  striazzo, 
trescone. 

Demonograjìa  o  demonologia,  scienza  che  tratta 
della  natura  e  dell'  influsso  dei  demoni  (demono- 
grafo,  0  demonologo,  colui  che  tratta  o  fa  studi  su 
la  natura  e  la  storia  dei  demoni).  -  Demonolatria,  Va.- 
dorazione  del  principio  del  male,  cioè  del  demonio, 
di  che  erano  incolpati  gli  antichi  stregoni;  alluci- 
nazione per  effetto  della  quale  l'ammalato  crede  di 
adorare  i  demoni.  -  Demonologia  (demonólìyo),  la 
dottrina  dei  o  sui  demoni.  -  Demonomagia,  pre- 
sunta facoltà  di  fare  incantesimi  con  l'aiuto  dei  de- 
moni. -  Demonomania,  demonopatia,  mania  spesso 
allucinativa,  in  cui  l'oggetto  del  terrore  viene  da  spettri 
0  esseri  demoniaci.  Allucinazione,  varietà  di  de- 
lirio lipemaniaco,  per  cui  gli  infermi  si  credono 
gli  adoratori  e  le  vittime  di  un  essere  di  natura 
matefica;  delirio  di  carattere  religioso.  -  Energù- 
meno, indemoniato,  ossesso,  spiritato. 

Indemoniare,  indiavolare,  insatanassare,  invasare 
{indemoniata,  ecc.),  veggasi  ad  ossesso. 

Demoralizzare,  demoralizzarsi  (demora- 
lizzato, demoralizzazione).  Vieti  francesismi  per  ab- 
battere, abbattersi  d'animo,  accasciare,  accasciarsi, 
avvilire,  avvilirsi,  corrómpere,  corrómpersi  (veg- 
gasi a  corruzione),  depravare,  depravarsi,  per- 
vertire, pervertirsi,  scoraggiare,  scoraggiarsi  (veg- 
gasi a  coraggio). 

Demostene.  Dicesi  di  un  grande  oratore. 

D;3niòt'Co.  Aggiunto  di  scrittura  egiziana. 

Demulcente.  Aggiunto  di  medicamento  mu- 
cillaginoso, emollienti  e  lenitivo. 

Denaro  (danaroso).  La  moneta,  o  ciò  che  a 
questa  equivale,  specialmente  la  carta-moneta  o  mo- 
netata; ricchezza  effettiva,  in  specie  disponibili, 
diversamente  da  quella  stabile.  Le  specie  variano 
secondo  il  grado  di  civiltà  dei  popoli,  in  alcuni 
paesi  valendo,  oggi  ancora,  come  denaro,  varie 
sorta  di  metalli  allo  stato  greggio,  il  sale,  il  be- 
stiame e  le  pelli  delle  best'e,  le  conchiglie,  il  ta- 
bacco, ecc.  :  argento,  contante,  crisani  (voce  d.d 
gergo)  ;  danaio  (v.  a.),  danaro  ;  mengoi  (volg),  me- 
tallo, metallo  coniato,  moneta  coniata;  mongioia  ; 
numerario,  nuniim  (tit.  archeol.);  pecunia,  peltro, 
prezioso  metallo;  oro,  rame;  soldaretto,  soldarino, 
soldo,  valuta.  Metaforicamente,  anima  della  zecca, 
chiave  (che  apre  tutte  le  porte),  grascia  di  san 
Giovanni  Boccadoro;  martello  d'argento,  martello 
d'oro  (che  tutto  spezza),  unguento  di  zecca.  Per 
sineddocbe,  baiocchi,  ducati,  fiorini,  marenghi,  pa- 
lanche, patacche,  quattrini,  soldi.  Scherzosam., 
bezzi,  dindi  (voce  bambinesca),  conquibus,  cum 
qnibns  (lat.),  pilleri,  plurimi,  sacramenti,  sagrati, 
secondo  sangue,  suschi.  Nella  mitologia.  Dite,  Mam- 
mona, Pluto,  divinità  che  rappresentavano  il  de- 
naro, la  ricchezza. 

Vitello  d'oro,  simbolo  dell'amore  al  denaro. 

Il  denaro  si  può  avere  in  diversi  modi:  per  C7'e- 
dità,  per  guadagno,  per  compenso,  per  dono, 
per  premio,  per  risparìnio,  per  furto,  per 
peculato  (veggasi  a  delitto,  pag.  833,  seconila  co- 
lonna), per  frode,  per  inganno,  per  usura,  per 
vincita  al  giuoco,  per  elemosiUa,  come  prezzo 
di  una  cosa  che  si  abbia  a  vendere,  o  in  paga- 
mento d'un  lavoro,   di   nn' o^) era,   in   seguito  a 


DENARO 


8:57 


scommessa^  per  averlo  casualmente  trovato,  ecc. 
Di'l  denaro  si  é  in  credito  o  in  debito;  con  esso 
ci  si  procura  divertimento^  piacere,  si  rende 
bene/iciot  si  concorre  alla  beneficenza,  ecc. 
Insieme  con  le  merci,  !e  carte-valori,  ecc.,  il  de- 
naro costituisce  i  cosidetti  beni  mobili.  Il  denaro 
circola,  corre,  gira,  cioè  passa  dalle  inani  d'uno  alle 
mani  di  altri.  -  Nummario  (lat.),  relativo  a  de- 
naro: pecuniario. 

Denominazioni 
e    qualifiche    diverse. 


Capitale,  qualunque  valore  accumulato;  fondo 
che  gli  interessati  versano  in  una  società  di  com- 
mercio, d'industria,  ecc.  -  Contante,  o  contanti,  de- 
naro effettivo,  denaro  contante  ;  danaro  sborsato  al- 
l'atto di  un  confratto:  plurimi  ballanti  e  sonanti, 
-  Danace,  l'obolo  che  gli  antichi  mettevano  in  bocca 
ai  morti.  -  Denaro  di  credito,  la  carta  monetata.  - 
Denaro  di  san  Pietro,  quel  tanto  che,  per  volon- 
tario contributo,  i  cattolici  danno  al  papa.  Un 
tempo,  imposta  che  l'Inghilterra  pagava  al  papa.  - 
ElJeltivo,  ammontare,  sostanza  (voce  ripresa  dai  pu- 
risti). -  EraHo,  il  denaro  dello  Stato,  il  tesoro 
pubblico  :  finanza,  fisco. 

Fondi,  fondo,  sinonimo  di  denaro,  di  contanti  ; 
somma  di  denaro  destinata  a  un  uso  prefissato.  - 
Il  giallo  (scherz.),  l'oro  monetato.  -  Il  morto  (scherz.), 
denaro  in  quantità.  -  Intròito,  quanto  si  esige,  si 
riscuote  ;  entrata,  incasso  ;  denaro  che  entra  in 
cassa. 

Mezzi  finanziari  o,  anche,  semplicem.,  mezzi,  di- 
cesi per  sostanze,  averi,  denari.  -  Mitraglia  (scherz.), 
quantità  di  soldi,  che  fanno  ingombro.  -  Monticino, 
monte  di  franchi,  di  marenghi,  mucchietto,  piccolo 
mucchio  di  queste  monete.  -  Munizione  (figur.), 
provvista  di  denaro  occorrente. 

Numerario,  metallo  coniato,  o  carta  (cartamo- 
neta, carte-valori,  veggasi  a  carta,  pag.  437,  prima 
e  seconda  colonna)  emessa  legalmente  e  rappresen- 
tante un  valore  in  circolazione  :  biglietto  di  Ban- 
ca; contante;  denaro  contato,  denaro  secco;  me- 
dio circolante  ;  pecunia  numerata.  •  Peculio:  era  il 
patrimonio  posseduto  da  uno  schiavo,  e  proveniva 
sia  dai  suoi  risparmi,  sia  dalla  generosità  del  pa- 
drone ;  ora,  certa  quantità  di  denaro  messo  insieme, 
poco  per  volta,  raggruzzolato,  tenuto  in  serbo 
(denaro  che  si  tiene  al  buio)  per  l'avvenire  o  per 
le  necessità  eventuali  :  borsellino,  borsello,  borsi- 
glio ;  fondo,  fondo  di  massa,  di  riserva  (v.  a.)  ; 
grùzzolo,  gruzzo  ;  marsupio  ;  massa  ;  piatta  (fì?ur.), 
morto,  postèma,  tarsia. 

Quattrini,  danaro  in  genere.  -  Rendita,  en- 
trata in  denaro  o  in  equivalenti,  che  si  ha  da  ter- 
reni, da  case,  da  titoli  di  credito,  ecc.  -  Somma, 
quantità,  specialmente  di  denaro.  -  Sostanza,  averi, 
rendita.  -  Spiccioli,  denaro  minuto,  in  metallo  o  in 
carta  :  denaro  sciolto  ;  moneta,  moneta  minuta, 
spezza,  spicciola  ;  rotti  ;  soldarelli,  soldini,  soldi 
spiccioli;  spezzati;  spicciolarne.  -  Tesoro,  molto 
denaro  custodito  e  rappresentante  una  grande  ric- 
chezza. -  Valuta,  moneta  in  genere. 

Qualifiche.  —  Denaro  arrandellato,  sciupata, 
speso  male;  arruffianato,  quello  di  cui  non  è  nota 
la  trista  origine  :  ruffianato  ;  ballante  e  sonante,  ef- 
fettivo ;  che  non  si  spende,  che  non  ha  corso,  non  è 


accettato;  conlato,  annoverato  nell'atto  di  pagare; 
quanto  ne  occorre  per  una  data  spesa  ;  contato  e 
riscontrato,  contato  due  o  più  volte  ;  esaurito,  fi- 
nito, speso  ;  tangibile,  da  potersi  esigere,  riscuo- 
tere ;  gigliato  (quattrini  gUjliati),  sicuro,  che  non 
si  perde;  ,9t't.s7ì7ìfa'o,  spt^so  bene;  grazioso,  gratuito 
0  (piasi  ;  impiegato,  destinato  a  operazioni  per  farlo 
fruttare  ;  infrullifero,  rimasto  senza  frutto,  senza 
interesse:  inerte,  morto;  malversato,  maiìe  ammini- 
strato; pubblico,  il  denaro  dello  Stato,  delle  grandi 
Amministrazioni  pubbliche;  scarso,  poco,  insuffi- 
ciente ;  sofferente,  in  sofferenza,  in  ritardo  di  ri- 
scossione; sonante,  pronto  sul  tavolo;  vivo,  effettivo 
(noa  comune)  ;  trovato,  venuto,  capitato  fuori  di 
o;,'ni  speranza  (e  roba  trovata,  quando  ci  ■  gono 
denari  che  si  credevano  perduti). 


Avere  o  ricevere  denari.  —  Averne  pochi. 
Non  averne. 


Avere  denari:  possederne,  essere  abbiente.  - 
Avere  denari  a  palate,  averne  tanti  da  poter  rac- 
coglierli con  la  pala,  arnese  di  legno  usato  per 
ammoiiticchiare  il  grano.  Anche,  avere  i  quattrini 
a  cappellate,  a  staia,  in  abbon'lanza.  -  Avere  la 
borsa  piena,  fresca,  gaia,  essere  fornito  di  denari.  • 
Avere  renzoldi  (venti  soldi)  al  proprio  comando  ; 
aver  qualche  sommi  da  parte.  -  Avente  tanti,  sol- 
tint.  denari.  -  Esserci  del  sodo,  detto  di  chi  ha 
molto  denaro.  -  Essere  in  sui  contanti,  avere  de- 
nari. -  Essere  carico,  ben  foderato,  ben  guarnito,  a- 
vere  molto  denaro.  Cosi  essere  forte  a  denari,  es- 
sere rinvoltato  nelle  monete.  -  Non  dolere  il  borsel- 
lino, star  bene  a  quattrini.  -  Trovarsi  in  denari, 
averne,  essere  facoltoso.  -  Trovarsi  dei  denari, 
molti  denari,  averne,  mentre  non  si  credeva. 

Empire,  empirsi  la  borsa,  far  quattrini.  -  Entrare 
in  denari  (non  com.),  farne,  riscuoterne.  -  Rimet- 
tere le  penne,  migliorare  le  condizioni  finanziarie. 
-  Rientrare,  ritornare  nei  suoi,  o  sui  suoi,  ripren- 
dere quattrini  perduti.  -  Rinfrescare  le  tasche,  ri- 
fornirle di  denari.  -  Rinquattrinare,  tornare  in  quat- 
trini. -  Riungersi,  rimpannucciarsi,  riavere,  rifare 
quattrini. 

Avanzo,  quel  che  resta  d'una  somma  di  de- 
naro, dopo  averne  speso  buona  parte.  -Cassa, 
tutta  la  quantità  di  denaro  che  si  ha  a  disposi- 
zione nella  cassa.  -  Fabbisogno,  nel  linguaggio  am- 
ministrativo, la  somma  che  si  deve  avere,  il  de- 
naro occorrente  per  soddisfare  a  determinati  im- 
pegni, provenienti  da  spese,  cui  devesi  provvedere 
in ''un  periodo  di  gestione.  -  Scorta,  provvigione, 
provvisione  di  denaro  o  d' altro.  -  Sopravanzo, 
quanto  è  d'avanzo. 

Averne  pochi.  —  Non  essere  facoltoso,  non  es- 
sere ricco.  -  Avere  la  borsa,  la  tasca  magra, _  men- 
cia, essere  con  pochi  denari.  Nello  stesso  signifi- 
cato: averne  pochi  degli  spiccioli,  e  meno  da  spic- 
ciolare; avere  una  vii  moneta,  poco  denaro;  essere 
agli  sgoccicli,  a  danari  quasi  finiti,  essere  al  lumi-- 
cino,  quando  i  denari  stanno  per  finire;  essere  corti, 
un  po'  corti  ;  essere  bassi,  scarsi  a  quattrini  ;  essere 
alle  frutta,  per  le  frutta  (a  mal  punto,  in  cattive 
circostanze  di  denaro)  ;  essere  dimagrato  (figur.). 
star  male  a  denari,  a  quattrini. 

Tasca  leggiera,  di  chi  ha  pochi  denari. 

Non  averne.  —  Esserne   senza,   esserne  sprov- 


838 


DENARO 


visti  :  avere  la  borsa,  la  tasca  asciufJa,  pulita,  vizza, 
vuota  ;  avere  le  tasche  mosce  ;  bruciare,  essere  bru- 
ciato ;  essere  all' ablatiro  assoluto  (assolutamente 
senza  denari)  ;  essere  al  verde  (all'estremo  di  de- 
nari) ;  esseì-e  asciutto  come  l'esca;  essere  in  bolletta  ; 
essere  strutto  a  quattrini  ;  non  avere  il  becco  di  un 
quattrino  ;  non  avere  uno  che  dica  due  (non  avere 
un  soldo)  ;  non  avere  un  quattrino  da  far  cantare 
un  cieco  ;  non  ne  avere  uno  da  segnare  il  tempo  ; 
rimaner-e  come  le  scarpe  di  pataccone  (senza  punti)  ; 
rovesciare  le  tasche  (fìgur  )  ;  rimaner  compare,  non 
riavere,  perdere  il  denaro  prestato;  trovarsi  al 
verde. 

I  fondi  sono  bassi,  o  in  ribasso,  di  chi  è  senza 
quattrini  o  senza  credito.  -  Tamquam  tabula  rasa 
(lat.),  di  borsa  vuota,  con  la  borsa  vuota. 


Dake,  farsi  dare,  riscuotere  denaro. 


Dare.  —  Anticipazione,  l'atto  del  dare  o  del 
far  (lare,  pagare  o  far  pagare  una  somma  di  de- 
naro prima  del  tempo  stabilito.  -  Assegno,  quan- 
tità di  denari,  che  si  assegna  a  qualcuno  {assegna- 
mento, assegnare).  •  Benuscita,  buonuscita,  la  som- 
ma che  si  dà  ad  altri  perchè  consenta  a  rinun- 
ziare ad  un  proprio  diritto,  ritirandosi  da  un  af- 
fare. -  Cavata,  di  denaro  sborsato,  dato. 

Erogazione,  il  dare,  lo  spendere  a  scopo  deter- 
minato di  pubblico  vantaggio  o  di  beneficenza.  - 
Fondo  perduto:  dar  denaro  a  fondo  perduto,  acqui- 
stare, sottoscrive' e  a  fondo  perduto,  significa  dare, 
acquistare,  sottoscrivere  senza  pretesa  di  ricupero 
del  capitale  sborsato.  -  Mancia ,  denaro  che  si 
regala  a  chi  presti  qualche  servizio.  -  Mercede,  sa- 
lario, stipendio,  quanto  si  corrisponde,  per  le  sue 
prestazioni,  ad  un  operaio,  a  un  impiegato,  ecc.: 
veggasi  a  paga.  -  Mutuo,  veggasi  a  prestito. 

Oblazione,  offerta  in  denaro.  -  Obolo,  piccola  of- 
ferta in  denaro.  -  Pagamento,  atto  ed  effetto  del 
pagare.  -  Prestito,  sovvenzione,  anticipazione  di 
denaro.  -  Propina,  denaro  che  si  dava  al  profes- 
sore da  chi  prendeva  la  laurea. 

Responsione,  somma  di  denaro,  o  pensione,  che 
si  paga  per  patto  e  a  tempi  determinati.  -  Resto, 
la  ditlerenza  fra  il  denaro  sborsato  e  quanto  pa- 
ghiamo 0  vogliamo  dare:  residuo.  -  Riconosci- 
mento di  denaro,  compenso  e,  assolutam.,  regalo. 
-  Rimborso,  restituzione  del  denaro  a  chi  lo  ha 
speso  per  noi  :  rifusione,  rimborsamento,  rimbor- 
sazione  (non  us,).  Quindi,  rimborsare,  rifondere,  per 
restituire.  -  Rimessa,  nell'  uso,  consegna  di  de- 
naro ;  invio  di  denaro  per  posta.  -  Riscatto,  la  som- 
ma che  si  paga  per  riscattare  una  cosa  data  in 
pe.,'no  ;  anche  quella  che  si  paga  per  liberare 
scliiavi  0  prigioni. 

Sborsamento,  sborso,  esborso,  lo  sborsare,  il  to- 
gliere danaro  dalla  borsa,  per  pagare.  -  Sbruffo, 
denaro  dato  per  quelare  qualche  interessato:  man- 
cia (dare  lo  sbruco,  dar  denaro  o  roba  di  nascosto 
oer  ottenere  favore  e  privilegio  contro  giustizia: 
locuzione  popolare  toscana).  -  Scarico,  nel  linguaggio 
commerciale,  uscita  di  denaro.  -  Sovvenzione,  soc- 
corso, aiuto  in  denaro  e  la  somma  relativa  (sov- 
venire, dare  una  sovvenzione  ;  sovventore,  chi  la 
da).  -  Versamento,  l'atto  del  ver-are,  del  pagare, 
del  dare,  e  la  somma  versata,  p^igata. 


Buttarci,  dare  denari  di  frequente  a  persone  pro- 
dighe e  ingorde.  -  Cavare  denaro,  metterne  fuori, 
spenderne.  -  Contribuire,  dare  per  concorso,  per 
tassa,  ecc.  -  Farsi  succhiare  il  sangue  a  goccia 
a  goccia,  figur.,  essere  costretti  a  dare,  poco  per 
volta.  -  Ferrare,  rinferrare,  rinferruzzare,  rinfor- 
zare uno,  fornirlo,  munirlo  di  denaro.  -  Mettere 
fuori  (denari),  mettere  la  mano  alla  tasca,  in  tasca, 
mettere  mano  alla  borsa,  sborsare  denari.  -  Rifondere, 
rimborsare,  restituire  il  denaro:  reintegrare, 
rintegrare.  -  Rimettere  in  forza  uno,  rifornirlo  di 
denaro.  -  Rinsanguare,  fornire  denaro  a  chi  ne 
ha  estremo  bisogno.  -  Sborsare,  buttar  fuori  de- 
naro. -  Snocciolare,  pagare  in  contanti.  -  Strozzare, 
figur.,  dar  denari  ad  usura,  fare  lo  strozzino.  - 
Tenere  uno  stretto  a  denari,  tener  corto,  tenere  a 
stecchetto,  darne  poco.  -  Tirar  fuori  (denari),  sbor- 
sarne. -  Ungere  la  ruota,  la  ròta,  dare  sbruffi; 
aiutarsi  col  denaro. 

Vuotare  le  tasche  in  mano  a^uno,  dargli  quanti 
quattrini  si  hanno. 

Farsi  dare,  ecc.  —  Accatto,  l'accattare,  il  limo- 
sinare, il  farsi  dare  Velemosina;  anche,  il  cer- 
care denari  a  prestito.  -  Esazione,  l'esigere,  il  ri- 
scuotere, il  percepire.  -  Frecciata,  domanda  di 
denaro;  il  frecciare,  ossia  il  farsi  dare,  birbesca- 
mente, denari  da  qualcuno,  senza  doverli  avere  e 
senza  restituirli  :  stoccata  (tirare  una  frecciata,  una 
stoccata  ;  dare  una  stoccatella,  una  stoccatina  :  di- 
min.).  -  Incasso,  figur.,  atto  del  l' incassare,  del  ri- 
scuotere, e  la  somma  incassata,  riscossa  :  introito 
(neol.),  riscossione.  -  Rientro,  il  rientrare  nei  pro- 
pri denari,  ossia  il  ricuperarli,  il  riaverli,  il  far- 
seli restituire.  -  Riscossione,  atto  ed  effetto  del 
riscuotere,  del  ritirare,  dell'incassare  denaro.  - 
Salasso  (salassare),  figur.,  atto  di  chi  cava,  spreme 
molto  denaro  ad  altri. 

Cavare  o  levar  sangue  da  una  rapa,  da  un  muro, 
voler  denaro  da  chi  non  ne  ha.  -  Cavar  le  penne 
maestre,  levare  somme  forti  di  denaro,  sostanze 
rilevanti  ;  farsi  regalare  denari  o  roba.  -  Dimagrare 
uno,  togliergli  con  moine  del  denaro.  -  Esigere,  ri- 
scuotere. -  Mungere,  cavar  denari,  farseli  dare,  spil- 
lare. -  Mungere,  rasciugare,  ripulire,  votare  la  borsa 
a  uno,  farsi  dare,  levargli  tutti  i  Jdenari  di  sotto, 
spesso  con  belle  maniere.  -  Percepire  (percepito), 
voce  non  buona  in  senso  di  ricevere,  riscuotere.  - 
Stender  la  mano,  chiedere  l'elemosina  o  denari  in 
prestito.  -  Struggere  uno  a  quattrini,  chiedergliene 
sempre.  -  Svenare,  figur.,  mungere  il  denaro  fino 
all'ultimo  spicciolo.  -  Tirare  la  paga,  la  provvigione, 
il  salario,  farseli  dare,  farseli  pagare,  riscuoterli.  - 
Tirar  quattrini,  cavarne  ad  uno  ;  riscuoterne.  - 
Toccare  uno  nella  borsa,  chiedere  denari  a  chi  noa 
li  dà  volentieri. 


Guadagnare,  accdmulare. 
Prendere.  —  Prendere  o  avere  illecitamente. 


Beccare,  guadagnare,  far  guadagno;  anche,  levar 
di  sotto  il  denaro.  -  Capitalizzare,  accumulare  ric- 
chezza, averi,  che  danno  reddito.  -  Cumulare,  far 
cassa,  -accogliere  molti  quattrini.  -  Far  la  roba  a  suon 
di  gobba,  accumular  denari  a  forza  di  faticare  d 
schiena.  -  Far  qu,attrini,  metterne  assieme  specu- 
lando, non  sempre  con  molto  scrupolo.  -  Far    oba 


\ 


DENARO 


839 


far"  quattrini.  -  Mettere  i  quattrini  per  ritto^  accu- 
mularne, cumularne,  metterne  insieme,  da  parte. - 

Raggranellare,  raggruzzolare,  mettere  insieme, 
raccogliere  denaro  a  poco  a  poco,  frusto  a  fru- 
sto. -  Tesoreggiare,  far  tesoro,  tener  da  conto,  ac- 
cumulare, ammassar  denaro  :  tesaurizzare.  -  Zap- 
pare i  quattrini,  guadagnarne  molti,  averne  non  si 
sa  come. 

Prendere.  —  Asciugare  le  tasche,  levare  con 
bella  maniera  e  a  poco  a  poco  i  denari  dalle  ta- 
sche altrui,  sia  con  balzelli,  sia  in  altro  modo.  - 
Fare  un  vuoto  di  cassa,  portar  via,  appropriarsi  il 
denaro  della  cassa,  dell'  amministrazione  che  uno 
aveva.  -  Levar  la  lana  ad  uno,  portargli  via,  pren- 
dergli tutti  i  denari.  -  Pelare,  portar  via  i  quat- 
trini come  si  fa  delle  penne  di  un  pollo.  -  Pi- 
luccare, portar  via  denari,  poco  a  poco.  -  Prelevare, 
prendere  denaro  dalla  cassa  ;  predisporre  d' una 
parte  sopra  una  somma  totale.  -  Rasciugare  uno, 
vincergli,  mangiargli,  prendergli  bellin  bellino  tutti 
i  denari.  -  Ricuperare,  riacquistare  denaro  dato. 

-  Spellicciare  uno,  mungergli  dei  quattrini.  -  Tosare 
uno,  levargli  più  denari  che  si  può.  -  Toccare  i 
denari  altrui,  appropriarseli,  farne  uso.  -  Trarre 
sangue  da  una  rapa,  cavar  denari  da  dove  non  ce 
ne  sono. 

Prendere  o  avere  illecitamente.  —  Concussione' 
estorsione,  atto  ed  effetto  dell'estorcere;  angheria» 
orrezione,  storsione,  surrezione.  -  Contrectazione> 
appropriazione  indebita  ;  prevaricazione.  -  Peculato» 
appropriazione,  malversazione  del  denaro  pubblico. 

-  Prevaricazióne  {prevaricare,  prevaricatore),  a- 
baso  illecito  del  denaro  altrui  o  d'altro. 

Estòrcere  (estorto),  prendere,  farsi  dare  denaro, 
usando  prepotenza  o  arte  :  carpire,  estorquere,  ru- 
bare, sbarbare,  scroccare,  sgagliofÌFare,  sgattigliare, 
sgraffignare,  sottrarre,  strappare,  surrepire,  trappo- 
lare. -  Scroccare,  godere  a  ufo,  da  scroccone,  da 
parassita.  -  Squattrinare,  nell'uso,  prendere, 
togliere  denaro  ad  altri,  per  lo  più   illecitamente. 


Impiego,  uso  del  denaro. 
Cambio,  cmcoLAziorft;,  vicende,  Eca 


Allogamento,  atto  ed  effetto  deìV allogare,  ossia  del 
-dare,  del  mettere  denaro  a  frutto.  -  Carrozzino, 
neologismo  indicante,  massime  nelle  pubbliche  am- 
ministrazioni, un  contratto  fraudolentemente  rovi- 
noso per  una  parte  e  lucroso  per  l'altra:  rigiro, 
truffa.  -  Carrozzino,  contratto  di  prestito  in 
denari  a  condizioni  molto  gravose.  -  Compera,  com- 
pra, il  comprare,  l'acquistare  una  cosa  qualsiasi 
a  prezzo.  -  Corruzióne,  malo  uso  a  cui  bene 
spesso  il  denaro  serve.  -  Distrazione  di  denaro,  di 
fondi  (non  com.),  il  rivolgerli  a  un  fine  diverso  da 
quello  a  cui  eran  destinati. 

Frutto,  interesse,  u'ile,  il  ricavo,  la  rendita  che 
si  ha  dal  denaro  in  qualsiasi  modo  impiegato.  - 
Impiego  del  denaro,  operazione  diretta  a  ricavarne 
un  frutto.  -  Lucro,  guadagno  non  sempre  onesto. 
-  Posta,  quel  tanto  di  denaro  che  si  arrischia  nel 
giuoco,  in  una  scommessa  e  simili.  -  Provento, 
utile  in  denari  che  si  ricava  dal  lavoro,  dalla  pro- 
fessione, ecc.,  e  forma  poi  la  rendita. 

Realizzazione,  il  ridurre  o  il  cambiare  titoli,  va- 


lori, contratti,  in  denaro.  -  Risparmio,  l'atto  di 
prevideiiiia  col  quale  si  mette  in  serbo  una  parte 
dei  guadagni,  allo  scopo  di  sovvenire  ai  bisogni  fu- 
turi 0  di  accumulare  un  capitale.  -  Scialacquo,  scia- 
lacquare. Io  spendere  eccessivamente.  -  Scialo,  lo 
scialare,  il  far  vita  di  lusso,  di  gozzoviglia,  o 
altro,  soddisfacendo  ai  sensi.  -  Spesa,  lo  spen- 
dere. -  Spreco,  lo  sprecare,  lo  spendere  mala- 
mente. 

Acquistare,  fare  acquisto,  compera  di  alcun- 
ché; provvedersi  di  una  cosa  mediante  denaro.  - 
Assoldare,  prendere  a  soldo  alcuno,  pagarlo,  perchè 
ci  presti  servigio.  -  Buttar  via,  spendere  malamente, 
inutilmente:  sprecare.  -  Dissipare,  scialacquare.  - 
Candire  i  denari,  non  usarne,  non  spenderli  ;  nello 
stesso  senso,  ma  con  vocabolo  non  buono,  immobi- 
lizzare. -  Consumare  denari,  spenderli.  -  Depo- 
sitare, mettere  in  deposito,  dare  in  custodia  denaro 
(presso  una  Banca,  una  cassa,  una  persona,  ecc.). 
Depositante,  chi  deposita  ;  depositario,  chi  ha  in  de- 
posito. -  Investire,  collocare  denaro  in  modo  che 
dia  una  rendita  ;  impiegarlo  nel  commercio,  nel- 
l'industria, in  un  affare,  in  un'impresa:  al- 
logare, mettere,  porre  a  frutto,  a  interesse.  -  Le- 
sinare, cercare  di  risparmiare,  tirare  sul  denaro 
{essere  della  compagnia  della  lesina,  di  chi  è  uso  a 
lesinare;  imparare,  studiare  la  lesina,  essere  tirati, 
molto  economi). 

Maneggiare  il  denaro  altrui,  averne  l'amministra- 
zione, tenerlo  in  deposito.  -  Mettere  i  denari  in 
terre,  in  bestiame,  ecc ,  comprare  terre,  bestiame, 
ecc.  -  Rigirare,  di  denaro,  impiegare  e  far  fruttare. 
-  Rimpiegare,  ripete  impiegare,  più  spesso  di  de- 
nari, di  roba.  -  Rinvestire,  convertire  denari  o  pos- 
sessioni in  alt'  valori  o  possessioni.  -  Ripulire, 
asciugare  le  tasche,  consumare  tutti  i  denari.  -  Ri- 
sparmiare, non  spendere  tutto  il  denaro  che  si 
ha  0  si  guadagna  :  veggasi  a  risparmio. 

Spalare  il  denaro,  sprecarlo,  quasi  buttarlo  via  a 
palate.  -  Straziare  il  denaro,  i  quattrini,  sciuparli. 
•Tener  fermo  il  denaro,  non  metterlo  in  commer- 
cio, per  aspettare  occasione  più  lucrosa.  -  Tener 
fuori,  seguitar  a  tenere  i  denari  in  mano  altrui, 
senza  riscuoterli.  -  Spicciolare,  cambiare  in  spic- 
cioli; anche,  levare  tutti  i  denari  spiccioli. 

Cambio,  circolazione,  vicende,  ecc.  —  Cambio, 
la  commutazione  di  denaro  con  altro  denaro;  ba- 
ratto della  moneta  con  altra  moneta  {cambiamento, 
cambiare).  -  Circolazione,  giro  e  rigiro  del  denar© 
(o  delle  merci),  da  luogo  a  luogo,  da  persona  a 
persona,  mediante  lo  scambio,  la  vendita,  le  per- 
mute, i  prestiti,  ecc. 

Crack,  disastro  finanziario.  -  Panama,  panamino, 
voci  neologistiche  del  linguaggio  giornalistico,  per 
indicare  scandalo  finanziario,  truffa  pubblica  (e  pa- 
namista  chi  ne  è  autore). 


Carte  che  hanno  valore  di  denaro 

0  ad  esso  si  riferiscono. 

Arnesi  e  luoghi  nei  quali  si  ripone  il  denaro. 


Azione,  banconota,  biglietto  di  banca,  borderò, 
buono,  cambiale,  cartella,  cedola,  chèque,  divisa,  ef- 
fetti, hoards,  pagherò,  tagliando,  titoli,  valori,  ecc., 
veggasi  a  Banca  e  a  Borsa,  -  Bolletta,  piccola 
polizza  di  ricevuta.  -  Na  nerario,  distinta  del  de- 


8'i0 


RENAIO 


naro  o  delle  monete  che  servono  a  costituire  una 
somma.  -  Quilanza,  ricevuta.  -  Tratta,  specie  di 
cambiale. 

Arnesi.  —  Borsa,  specie  di  tasca  per  mettervi 
denaro  {imborsare,  mettere  nella  borsa  ;  rimbusso- 
ìare,  del  denaro  nelle  borse,  farlo  sentire).  -  Bor- 
sellino, piccola  borsa  per  gli  spiccioli.  -  Cassa, 
cassa  forte,  forziere  in  cui  si  ripongono  i  denari.  E 
cassiere  chi  ha,  chi  tiene  la  cassa.  -  Cassetta,  ar- 
nese di  varia  forma,  in  cui  i  bottegai,  i  negozianti 
raccolgono  l'incasso  giornaliero:  bacinetta,  ciòtola, 
coppa  (piemont.).  -  Corbona,  cassa  dove  si  raccoglie 
il  denaro  per  un  fine  religioso  o  da  religiosi.  Cassa 
dove  una  società  di  persone  pone  i  guadagni,  più 
specialmente  avventizi,  da  dividersi  poi.  -  Portafogli 
{porta foglio),  arnese  di  pelle  in  forma  di  libro  e 
diviso  nella  parte  di  dentro  in  due  o  più  tasche, 
da  conservarvi  fogli  od  altro.  -  Partamonete,  bor- 
sellino tascabile,  per  lo  più  a  cerniera,  con  una  o 
più  tasche,  o  scompartimenti,  per  tenervi  denaro.  - 
Sacchetto,  piccolo  sacco  per  tenervi  monete  di  ra- 
me, d'argento,  d'oro.  -  Salvadanaio,  recipiente  chiuso, 
vaso  di  terracotta,  o  altro,  nel  quale,  attraverso  a  una 
fessura,  si  mettono  i  denari  per  serbarli,  non  po- 
tendosi più  levameli  se  non  rompendolo:  dindarolo 
(romanesco),  salvadanaro,  salvadenaro.  -  Ventriera, 
sorta  di  tasca  lunga  e  stretta,  di  pelle,  che  tiensi 
legata  o  affibbiata  intorno  alla  vita,  a  modo  di  cin- 
tola, per  portar  denaro  addosso  in  viaggio. 

Luoghi.  —  Cassa,  luogo,  istituto  nel  quale  si 
raccolgono  denari  {Cassa  di  risparmio.  Cassa  di  de- 
positi e  prestiti,  ecc.).  -  Depositeria,  voce  disusata 
per  designare  il  luogo  ove  si  custodisce  il  denaro 
pubblico.  -  Gazofilacio,  luogo  dove  si  custodiscono 
i  denari.  -  Tesoreria,  luogo  dove  sono  gli  uffici 
del  tesoro  pubblico.  E  tesoriere  chi  ha  ia  custodia 
il  tesoro. 

Chi  ha  o  non  ha  denaro;   lo  spende 
O  NON   LO   spende;   lo   cerca,   ne  è   avido. 

Addanaiato,  chi  è  danaroso,  denaroso,  ben  for- 
nito, ben  provvisto  di  denaro,  ricco.  •  Milionario, 
miliardario,  ricco  a  milioni,  a  miliardi.  -  Quattri- 
naio, chi  ha  molti  quattrini  e  li  tiene,  dandoli  o 
senza  darli  a  frutto,  per  ammirarli  o  per  lame  an- 
cora. -  Lomo  gaio  a  denari,  che  ne  ha  molti.  - 
Vitello  o  bue  d'oro,  lìgur.,  uomo  danarosissimo,  ric- 
chissimo. 

Argirocrazia,  aristocrazia  del  denaro.  -  Plutocra- 
zia, la  classe  prevalente  dei  denarosi. 

Miserabile,  chi  è  estremamente  povero.  -  Fo- 
vero,  chi  non  ha  denari  neppure  per  provvedere 
al  necessario  della  vita.  -  Rifinito,  rovinato  negli 
interessi,  privo  di  denari:  spelacchiato.  -  San 
Quintino  (scherz.),  chi  è  senza  denari. 

Frecciatore,  chi  è  abile  a  cavar  denaro.  -  Mi- 
gnatta, chi  spilla  denaro  altrui.  -  Stillino,  di  per- 
sona che  stilla  su  tutto;  chi  è  tirato  per  il  de- 
naro. *^ 

Avaro,  chi  è  avido  del  denaro  ed  è  restio  allo 
spenderlo.  -  Dmnteressato,  chi  non  è  attaccato  al 
lucro.-  Devote  a' la  zecca,  avido  di  denaro.  -  Eco 
nomo,  chi  SI  limiti  giudiziosamente  nelle  spese.  - 
i>ctupone,  scialacquatore,  chi  scialacqua  d'abitudine. 
-Spilorcio,  1  avaro  lurido  (sacrificare  a  Mammario, 
di  chi  appare,  ed  è  di  fatto,  spilorcio).  -  Sprecone, 
Chi  spreca.  -    Taccagno,   chi   sta   attaccato  gretta- 


mente ai  quattrini  {andar  a  comperare  il  lardo  dal 
gatto,  aver  a  che  fare  con  un  uomo  taccagno).  - 
Votaborse,  di  persona  o  di  cosa  che  vuota  le  borsa, 
porta  molte  spese. 

Credere  nel  soldo  tmo  e  trino,  non  avere  altra 
fede  che  nel  denaro.  -  Tenere  dal  denaro,  tirare  al 
quattrino,  subordinare  le  proprie  azioni  allo  scopo 
di  far  denari,  non  avere  altra  aspirazione  che  quella 
di  fame.  -  Tirare  a  far  ciccia,  tirare  a  far  quat- 
trini sul  conto  d'altri,  a  finire,  a  sperperare,  a  ro- 
vinare, a  portar  via. 

Maledétto  lupaccio,  divorerebbe  Foro  dì  una  mi~ 
niera:  di  persona  che  é  avida  di  denari  o  mangia 
molto.  -  Venderebbe  la  camicia,  di  chi  vuol  fare 
quattrini  in  tutte  le  maniere.  -  Venderebbe  l'anima 
al  diavolo  per  il  denaro,  di  persona  troppo  attaccata 
al  denaro. 


Cose  e  termini  vari.  —  Locuzioni  e  proverbì. 


Denier,  esprimeva,  ui  tempo,  il  rapporto  del 
valore  dell'interesse  con  quello  del  capitale.  -  Saggio, 
norma  di  paragone  per  determinare  il  prezzo  o 
l'interesse  del  denaro. 

I  denari  vanno  e  vengono,  fanno  un  ite  e  venite, 
girano,  corrono;  volano,  si  spendono  facilmente.  - 
Con  la  borsa  degli  altri,  col  denaro  degli  altri.  -  L'uno 
sopra  l'altro,  di  denari  contati.  -  Pagabile  alla  banca 
dei  morti,  il  denaro  che  non  si  può  riscuotere.  - 
Pochi  maledetti  e  subito,  meglio  pochi,  ma  pronti. 
-  Quei  pochi,  sottinteso  quattrini,  -  Ultimo  avanzo 
d'una  stirpe  infelice,  familiarmente,  per  lepore  :  l'ul- 
tima lira  del  borsellino. 

Avere  lo  spirito  del  denaro,  essere  intraprendente,, 
abile  nel  guadagnarne.  -  Protestare  danni  e  interessi 
ad  uno,  dichiarargli  che  è  tenuto  al  rimborso  to- 
tale. -  Sapere  quel  che  costa  il  denaro,  aver  durato 
fatica  a  guadagnarlo  e  a  metterlo  assieme.  -  Tastare 
il  polso  a  uno  :  per  sentire  se  ha  quattrim. 

Come  si  fa  domayii  ?  siamo  al  lumicino  :  di  una 
cosa,  esserne  in  fine  ;  specialmente  di  denari.  -  Con 
quei  tanti!  (iron.),  a  chi  dice  di  voler  fare  e  com- 
prare e  sim.,  mentre  non  ha  mezzi.  -  Costui  li  spala, 
iron.,  di  ehi  parla  e  A»nta  denari  che  non  ha.  - 
E'  lana  delle  mie  pecore:  di  spese  o  lavori  fatti  e 
goduti  da  altri,  ma  con  denari  o  roba  nostra.  - 
Aon  ci  è  mica  il  conio,  a  chi  ci  chicle  continua- 
mente denari.  -  Non  ci  ho  mica  la  sttmpa :  a  chi 
ci  secca  chiedendo  sempre  denari.  -  Non  è  roba  rubata  : 
di  denari  che  vengono  sprecati.  -  Non  li  zappo  mica, 
a  chi  ci  chiede  sempre  denari  o  vorrebbe  che  si 
spendessero  male.  -  Non  si  trovano  mica  sul  la- 
strico, di  denari  o  altre  cose  che  uno  sciupa.  - 
0  che  ci  ho  la  zecca?....  a  chi  pretende  denari  » 
spese  inutili.  -  0  che  li  spalo  ?  li  spalano  f,  a  chi 
CI  chiede  sempre  denari.  -  0  che  è  loppa?,  a  chi 
vien  sempre  a  chiedere  denari,  come  se  non  co- 
stassero niente.  -  Venite,  pesciolini  alle  mie  reti,  d* 
chi  fa,  tira  a  sé  molti  denari,  sostanze. 

II  denaro  è  nervo  di  tutti  i  mestieri.  -  Il  denaro 
è  un  compendio  del  potere  umano.  -  La  mania  del 
denaro  è  uno  dei  caratteri  più  spiccati  dell'epoca 
nostra,  r  Senza  dindi,  cattivo  vivere.  -  Senza  me- 
tcere  (dar  denari)  non  s'ottiene  nulla. 

Proverbi,  —  Chi  ne  ha  semina,  chi  non  ne  ha 
fa  raccolta:  se  a  qualcuno  cadono  denari  in  terra.  - 
Coi  quattrin  conti  (contati)  si  viaggia  male.  -  De- 
naro sepolto  non  fa  guadagno.  -  E'  meglio  un  soldo 


DENAROSO  —   DENTI 


8il 


a  buon  acquisto  che  mille  d' imbrogli.  -  Gli  affari 
sono  il  denaro  degli  altri  (motto  della  signora  Gi- 
rardin  e  di  Alessandro  Dumas).  -  /  denari  sono 
tondi:  si  spendono  facilmente.  -  /  parenti  sono  i  de- 
nari. '  Il  martello  d'argento  spezza  le  porte  di  ferro  : 
il  denaro  corrompe  la  giustizia.  -  In  tasca  nessuno 
ci  vede:  nessuno  sa  se  siamo  poveri  o  ricchi.  - 
La  borsa  non  ci  arriva,  o  non  arriva:  non  ci  ar- 
rivano i  mezzi.  -  L'oro  ubbriaca  come  il  vino  «Moro 
*  guasta  il  cuore. 

Denaroso.  Chi  ha  molto  denaro  ;  chi  è 
ìHcvo. 

Denaturalizzare  (denaturalizzalo).  Brutto 
neoioj!Ìsmo  burocratico  per  «  privare  del  diritto  di 
patina  » . 

Denaturare  (denaturato).  Voce  d'uso,  per  ag- 
giungere ad  un  corpo  certe  sostanze  che  lo  ren- 
dano inservibile  a  certi  usi,  senza  pregiudizio  di 
altra  applicazione. 

Dendrite.  Veggasi  a  minerale. 

Dendroflte.  Veggasi  a  serpente. 

Dendrografia.  Descrizione  degli  alberi,  della 
pianta  arborea. 

Dendroliti.  Detto  a  fossile  e  a  pianta. 

Dendrologia.  Trattato  sulla  coltivazione  della 
pianta  arborea. 

Dendronietro.  Detto  a  pianta» 

Denegrare  {denegato,  denegazione).  Dinegare  ne- 
gare. 

Deneg'azióne.  Il  negare. 

Denig-rare,  denigrazióne  {denigrato).  Veg- 
gasi  a  diffamazione. 

Denominare  {denominato,  denominazione).  L'im- 
porre un  nome. 

Denominatore.  Quantità  che,  nella  fra- 
zione, è  posta  sotto  un'altra  e  divisa  da  una  li- 
neetta. 

Denominazióne.  Il  nome,  il  titolo. 

Denotare  {denotato,  denotazione).  Contrasse- 
gnare, indicare,  significare,  mostrare. 

Densamente.  Con  densità. 

Densimetro.  Veggasi  a  densità. 

Densità.  L'essere  denso,  qualità  di  ciò  che  é 
denso  :  consistenza,  crassezza,  crassizie  ;  densezza, 
denso  (sostantivam.)  ;  fittezza,  foltezza  ;  spessezza, 
spessita,  spessitudine.  Scientificam.,  il  rapporto  della 
massa  d'un  corpo  col  suo  volume  :   peso  specifico. 

Assoluta,  la  densità,  se  esprime  la  massa  delle  u- 
nità  di  volume  di  un  dato  corpo;  relativa,  la  den- 
sità che  esprime  il  rapporto  tra  la  massa  d'un 
corpo  e  quella  d'un  egual  volume  d'acqua  pura. 

Areòmetro^  nome  di  vari  istrumenti  che  servono 
a  misurare  la  densità,  il  peso  specifico  d'un  corpo 
liquido,  usati  nell'industria  sotto  la  denominazione 
di  pesa-acidi,  pesa-latte,  pesa-liquori,  pesa-sali,  pesa- 
siroppi,  ecc.  -  Condensatore,  istrumento  che 
serve  per  condensare,  rendere  denso  ;  apparecohio 
che  serve  a  stringere  in  poco  spaz'O  molta  quan- 
tità di  aria,  di  fluido  elettrico,  di  vapore  e  simili. 
-  Densimetro,  apparecchio  per  misurare  la  densità 
dei  liquidi.  Si  chiamano  cosi  gli  areometri  a  vo- 
lume variabile  e  a  peso  costante,  graduati  in  modo 
che  le  divisioni,  invece  di  essere  arbitrarie,  corri- 
spondano a  delle  densità:  noti  quelli  di  Gay-Lus- 
sac  e  di  Rousseau.  Sono  pure  densimetri  gli  ordi- 
nari urometrt,  i  latte-densimetri,  ecc.  -  Oleometro, 
specie  d'  areometro  per  misurare  la  densità  e  la 
purezza  degli  olii.  -  Provino,  strumento  di  vttro  o 
di  metallo  per  misurare  la  densità  dei  liquidi.  - 
Saccarimetro,  specie  di  densimetro  su   la  cui  scala 


si  legge  direttamente  il  tanto  per  cento  in  zucchero 
delle  soluzioni  o  dei  siroppi  in  cui  viene  immerso. 
-  Volumometro,  istrumento  atto  ad  indicare,  esatta- 
mente, il  volume  di  piccolissime  porzioni  di  corpi 
soli  li. 

Denso.  Il  corpo,  liquido  o  aeriforme,  che  pre- 
senta un  grado  di  densità  elevato,  e,  di  conse- 
guenza, è  consistente  e  spesso  :  concr^^to,  consumato, 
crasso;  fitto,  folto;  gelatinoso,  gravoso,  j^i  setto; 
legato,  lotulento  ;  melmoso,  mezzo,  mezzellone  (tra 
liquido  e  solido)  ;  ristretto,  serrato,  spesso.  -  Bro^ 
dujlia,  materia  liquida,  ma  assai  densa. 

Condensare,  rendere  denso  o  più  denso:  acca- 
gliare, accondensare,  addensare  ;  dar  corpo  ;  inspes- 
sare,  inspessire,  ispessire;  restrignere,  restringere, 
ristrignere,  ristringere;  spessare,  spessire;  stipare. 
Contr.,  diluire,  rarefare.  -  Condensarsi,  divenire 
denso  o  più  denso:  accagliarsi,  coagularsi,  conge- 
larsi ;  infittire,  infittirsi,  ingrossare,  ingrossarsi,  m- 
spessirsi;  raddensarsi,  raggomicellarsi  ;  restrignersi, 
restringersi,  ristrignersi,  ristringersi;  serrare,  ser- 
rarsi; spessirsi.  Contr.,  rarefarsi.  -  Ricondensare,  rì- 
pete  condensare. 

Condensabile,  che  si  può  condensare  :  radden- 
sabile.  -  Condensamento,  condensazione,  il  conden- 
sare .0  il  condensarsi  ;  il  processo  per  cui  un 
fluido  diviene  denso:  addensamento,  coagula- 
zione; densamento,  densazione,  ingrossamento,  in- 
spessimento,  inviscidimento.  Contr.,  rarefazio- 
ne. -  Condensato,  reso  denso  o  più  denso  :  ad- 
densato, compresso,  concreto,  condenso  ;  ristretto, 
stretto. 

Dentale.  Parte  deìVaratro.  -  Istrumento  mec- 
canico, fatto  a  denti,  col  quale  si  attaccano  diversi 
arnesi. 

Dentale.  Di  dente,  appartenente  a  dente.  - 
Aggiunto  di  una  lettera  dell'alfabeto. 

Dentare  (dentato).  Veggasi  a  dente. 

Dentaruolo.  Arnese  che  si  dà  al  bambino 
(veggasi  a  pag.  241,  prima  colonna). 

Dentata.  Morso  dato  coi  denti  (vegg.  a  dente), 
e  il  segno  che  ne  resta. 

Dentato.  Che  ha  denti.  -  Dicesi  anche  d'  un 
arnese,  di  una  cosa  qualunque  intaccata  lungo  i 
margini. 

Dentatura.  Insieme  dei  denti  (vegg.  a  dente). 
■  Ingranaggio,  francesismo  per  dentatura  (veggasi  a 
macchinismo). 

Dènte.  Ciascuno  dei  due  piccoli  ossi  che  sono 
in  bocca,  fitti  negli  alveoli  delle  due  mascelle 
(veggasi  a  mascella),  e  che  servono  a  masti- 
care, a  spezzare,  a  triturare  il  cibo  :  sana,  scana, 
zanna  (scherz.,  spreg.).  -  Dentaccio,  dente  brutto.  - 
Dentino,  dente  piccolo,  denticello,  dentello,  zannino 
(e  dentini  i  primi  denti  delle  bestie  bovine)  ;  den- 
ticino,  dimin.  vezzegg.  -  Dentone,  dente  grosso  (nel- 
l'uso, dente  molare). 

Dentale,  di  dente,  che  appartiene  ai  denti  {arterie, 
vene,  nervi)  in  ogni  senso  :  dentario,  odontico,  odon- 
toideo.  -  Dentiforme,  che  ha  la  forma  d'un  dente. 

Dentarne,  quantità  di  denti,  e  anche  dente  o  den- 
tatura. -  Dentata,  morso  che  si  dà  coi  denti.  - 
Dentato,  fornito  di  denti  :  addentato,  sannato,  zan- 
nato. -  Dentuto,  fornito  di  denti  piuttosto  grossi  : 
sannuto,  zannuto.  -  Dentatura,  l'unione,  l'ordine  e 
l'insieme  dei  denti:  si  compone  delle  àxxQ  rastrel- 
liere (ossia  dei  due  ordini  dei  denti,  il  supe- 
riore e  l'interiore)  ;  è  fitta,  rada,  salda,  sconnessa, 
ecc.  ;  si  distingue  in  prima  e  seconda.  -  Filare  dei 
denti,  rastrelliera  di  denti,  ciascuna  delle  due  serie 


842 


dei  denti  :  fila,  filiera  (specialmente  di  denti  artifi- 
ciali). 

Dentista^  chi,  per  professione,  cura  e  cava 
denti.  -  Odontografia,  parte  dell'anatomia  che  tratta 
della  descrizione  dei  denti. 


Distinzioni  dei  denti. 

Si  dislinguono  tre  ordini  di  denti  :  incisori  o 
incisivi,  occhiali  o  canini,  mascellari  o  molari.  I 
canini  sono  i  due  superiori  e  i  due  inferiori  posti 
tra  gli  incisivi  e  i  molari,  di  figura  pressoché  co- 
nica: scaglioni.  Gli  incisivi  sono  i  quattro  superiori 
e  i  quattro  inferiori,  che  trovansi  nel  mezzo,  sul 
davanti:  denti  davanti,  denti  di  prospetto,  incisori, 
rompitori.  I  molari,  come  dire  macinatori  del 
ciho,  sono  quelli  più  grossi  posti  nelle  estremità 
delle  mascelle  :  mascellari,  denti  maestri.  Sono  di- 
stinti in  premolari,  o  falsi  molari,  e  molari  veri,  o 
yrandi  molari.  -  Permanenti,  o  di  rimpiazzamento, 
o  di  sostituzione,  i  denti  che  sostituiscono  quelli  da 
latte. 

Bicuspidali,  ì  piccoli  denti  molari  della  seconda 
dentizione,  in  numero  di  quattro  per  mascella.  - 
Brocco,  dente  sporgente;  dente  eserto.  -  Crdntero, 
il  dente  detto  volgarmente  del  giudizio. 

Dente  artificiale,  quello  messo  per  sostituire  un 
dente  naturale,  caduto  o  strappato.  -  Dente  di  latte, 
quello  che  dura  per  un  certo  tempo,  poi  cade,  per 
essere  sostituito  dal  permanente:  dente  caduco, 
temporaneo,  transitorio.  -  Dente  dei  sette  anni,  il 
primo  grosso  molare  permanente:  così  detto  perchè 
si  presenta  nel  settimo  anno.  -  Dente  della  sapienza, 
o  del  giudizio,  grosso  molare  che  spunta  ultimo 
all'estremità  della  mascella  e  che  comparisce  assai 
tardi  :  dente  del  senno.  -  Dente  diaccialo,  diaccinolo, 
0  ghiacctuoh,  che  non  risente,  non  soffre  il  diaccio 
o  il  caldo  in  bocca.  -  Dente  di  latte,  o  lattaiuolo, 
ciascuno  dei  primi  denti  che  il  bambino  mette 
quando  poppa,  quando  riceve  V allattamento  ; 
anche  degli  animali,  e  specialmente  dei  quadrupedi. 
-  Dente  molare  barrato,  quello  le  cui  radici  sono  ri- 
curve in  modo  da  comprendere  fra  loro  un  pezzo 
d'osso.  -  Dente  occhiale,  o  dell'occhio,  ciascuno  dei 
due  canini  superiori.  -  Denti  di  fondo,  gli  ultimi 
della  bocca. 

Mascellare  inferiore,  dente  che  presenta  una  parte 
orizzontale,  o  corpo,  e  due  verticali,  o  branche.  - 
Mezzani,  alcuni  denti  incisivi.  -  Muliicuspidali, 
i  grandi  molari,  in  numero  di  sei  per  mascella.  - 
Pirone,  sorta  di  dente  cilindrico.  -  Sopraddente, 
dente  nato  fuori  dell'ordine  degli  altri  :  dente  che 
nasce  sopra  un  altro;  dente  spostato. 

Fanoni,  denti  della  balena. 

A  campanella,  dente  che  si  muove;  dente  scar- 
nato, senza  gengiva;  scoronato^  senza  corona.  -Fa- 
gioli (figur.  e  scherz.),  denti  grossi.  -  Perle  si  di- 
cono 1  denti  delle  donne,  quando  bianchi  e  belli. 
Zanna,  dente  lungo,  d'animale;  scherz.  e  spree 
dente  lungo  di  persona. 

Denti  caduchi,  soggetti  a  cadere;  come  le  canne  di 
tin  organo,  disuguali,  mal  fatti;  come  lesine,  aiCiìli  e 
forti  ;  come  perle,  bianchi  e  belli  ;  come  una  rastrel- 
liera, lunghi  e  radi  ;  come  una  sega,  acuti,  taglienti  ; 
come  sappe  quasi  a  forma  di  zappa  ;  d'acciaio,  buo- 
ni forti  ;  d  ebano  (scherz.),  neri,  brutti;  d'elefante 
(scherz.),  grossi  ;  di  cavallo,  grossi  ;  di  lupo,  quelli 
che  offrono  un  anormale  direzione,  piegando  in  den- 


tro 0  in  fuori,  e  rendendo  più  penosa  la  mastica- 
zione ;  di  topo,  piccolini,  meschini  ;  fatti  a  bischero, 
radi,  rari,  staccati,  a  distanza  uno  dall'altro  (scherz., 
radi  e  pellegrini);  finti,  posticci,  rimessiticci;  fìtti, 
serrati,  stretti  uno  contro  l'altro;  rugginosi,  giallicci, 
intartariti;  opsigoni  (tardivi):  si  dice  dei  molari 
e  dei  denti  della  sapienza  ;  sporgenti,  fuori  dalla 
linea  normale,  verso  l'apertura  della  bocca;  su- 
perbi, bellissimi. 


Parti,  ecc.,  dei  denti. 


Alveolo,  0  cassa  dei  denti,  l'incavo  delle  ossa  ma- 
scellari, in  cui  é  impiantata  la  radice  del  dente 
{alveolare,  dell'alveolo,  appartenente  all'  alveolo). 
-  Animella,  midolla  del  dente,  cioè  la  sostanza 
rinchiusa  nel  forame  del  dente.  -  Barba,  la  ra- 
dice del  dente,  la  parte  inferiore  di  esso,  per  la 
quale  è  fermo  nell'alveolo:  è  unica,  bifida  o  tri- 
fida.  -  Bulbo,  rigonfiamento  nel  punto  in  cui  spunta 
un  dente.  -  Corona  del  dente,  la  parte  libera,  che 
sorge  fuori  dall'alveolo,  ricoperta  dallo  smalto,  spe- 
cie di  vernice  formata  da  una  sostanza  bianca  e 
lucida  :  la  corona  è  foggiata  a  spatola  negli  incisivi, 
a  piramide  nei  canini,  a  tronco  di  piramide  nei 
molari.  -  Cemento,  strato  corticale  che  ricopre  la 
radice  del  dente.  -  Colletto,  collo  dei  denti,  restrin- 
gimento fra  la  radice  e  la  corona. 

Dentina,  od  avorio,  sostanza  propria  del  dente, 
percorsa  da  minimi  canalicoli.  -  Diastema,  inter- 
vallo fra  i  denti  di  certi  animali.  -  Finestra,  vuoto 
che  lasciano  in  bocca  uno  ó  più  denti  levati;  più 
comunem  ,  finestrino  (e  avere  il  finestrino,  dicesi, 
di  chi  manchi  d' un  dente).  -  Follicolo  dentario, 
sacco  membranoso  nel  quale  ha  luogo  lo  sviluppo 
del  dente.  -  Gengive,  la  parte  carnosa  che  involge 
la  radice  del  dente.  -  dandole  molari,  follicoli  che 
si  formano   dirimpetto   all'  ultimo  dente  molare. 

Polpa  dentai  ia,  sostanza  molle  che  riempie  la  ca- 
vità in  cui  penetrano  i  vasi  e  i  nervi  destinati  ai 
singoli  denti.  -  Seno  mascellare,  vasta  cavità  interna 
dei  mascellari  superiori,  ricoperta  dalla  mucosa  pi- 
tuitaria, strato  corticale  che  ricopre  la  parte  spor- 
gente del  dente  e  lo  difende  dalla  carie.  -  Tartaro, 
la  patina,  il  calcinaccio  dei  denti  in  chi  non  se  li 
lava:  odontolito;  roccia  dei  denti;  ruggine. 

Gonfosi,  articolazione  immobile,  in  cui  un  osso 
è  incastrato  in  una  cavità,  come  un  chiodo.  Cosi  i 
denti  negli  alveoli. 


Dentizione.  —  Vicende  successive. 


La  dentizione  (greco,  odontiasi,  odontosi)  avviene, 
nel  bambino,  tra  il  sesto  e  l'ottavo  mese  dalla  na- 
scita, con  r  apparire  dei  primi  due  incisivi  infe- 
riori di  mezzo  ;  seguono  i  due  incisivi  superiori  e, 
poco  dopo,  gli  altri  incisivi  ai  lati  superiori  prece- 
denti. A  diciotto  mesi  si  hanno,  di  solito,  i  primi 
piccoli  molari,  a  due  anni  i  canini,  a  due  anni  e 
mezzo  i  secondi  piccoli  molari  (tutti  questi  denti 
caduchi).  Durante  la  dentizione,  il  bambino  ha  di- 
sturbi locali  e  generali  :  è  inquieto,  agitato  nel 
sonno,  convulso  ;  può,  insomma,  essere  afflitto  da 
meningismo,  nonché  da  disturbi  gastro-intestinali, 
guaribili  con  buon  latte  di  donna,  clima  salubre,  ecc. 
-  Dentizione  precoce,  quella  che  può  aver  luogo,  ma 


843 


molto  raramente,  già  nella  vita  uterina,  oppure  due, 
tre  mesi  prima  della  norma  comune,  e  cioè  verso 
il  terzo  0  quarto  mese  di  vita.  -  Prima  dentizione, 
l'eruzione  dei  denti  da  latte.  -  Seconda  dentizione, 
l'eruzione  dei  denti  permanenti:  incomincia  nel 
settimo  anno. 

Denti ficazione,  generazione  della  sostanza  propria 
dei  denti,  cioè  A&Wavorio,   o  dentina,  nel  follicolo, 

-  Eruzione,  l'apparizione  dei  denti.  -  Odontiusi,  den- 
tizione difficile.  -  Odontogenia,  legge  con  la  quale 
si  governa  la  formazione  dei  denti. 

Ballare  i  denti  in  bocca,  tentennare.  -  Cadere,  ca- 
scare, di  dente  che  esca  interamente  fuori  dal  suo 
alveolo.  -  Crollare,  cadere  (voce  disus.).  -  Indentare 
mettere  i  denti,  e  dentare  si  dice  dei  bambini  o 
dei  piccoli  animali  :  essere  nella  dentizione,  met- 
tere i  denti,  inossare  (chi  presto  inossa,  presto  in 
fossa,  per  denotare  che  i  bambini  i  quali  mettono 
presto  i  denti  presto  muoiono).  -  Dindellare,  per 
pianamente  crollare.  -  Far  sputare  i  denti,  cacciarli 
ìuori. 

Gittate  l'ultimo  morso,  mutare  gli  ultimi  quattro 
denti.  -  Granire  i  denti,  dei  bambini,  quando  il 
dente  comincia  a  formarsi  nella  gengiva.  -  Mettere, 
rimettere  i  denti,  nel  senso  neutro,  il  venire  fuori 
dei  secondi  denti  in  luogo  dei  primi,  caduti  o  tratti. 

-  Movere  (mossa)  dei  denti,  lo  spuntare. 
Rispuntare,  ripete  spuntare.  -  Scalzare   il  primo 

morso,  mutare  i  primi  quattro  denti  di  mezzo.  - 
Sdentare,  il  cadere,  il  perdere  i  denti.  -  Sfilarsi  la 
torona,  dei  denti  quando  cominciano  a  cascare  uno 
dopo  l'altro.  -  Soprammettere,  spuntare  sopra.  - 
Spuntare,  cominciare  a  nascere.  -  Tentennare,  va- 
cillare, l'allentarsi  che  fa  la  radice  del  dente  nella 
gengiva  ;  lo  smuoversi  che  fanno  i  denti  prima  di 
cadere  (agomfosi,  stato  dei  denti  allorché  vacillano 
nel  loro  alveoli). 


Sensazioni,  anomalie,  alterazioni,  mali,  ecc. 

Rimedi 

sostanze,   oggetti,   adoperati   pei  denti. 


Allegamento  {allegare,  allegato),  molestia  dei  denti 
provocata  dal  contatto  di  sostanze  acide,  o,  anche 
per  sentire  stridere  aspramente  ferri,  sicché  per 
un  po'  non  riesce  di  masticare  :  alleghimento,  alle- 
grimento  (nel  Lucchese,  slegare,  dislegare,  togliere, 
far  cessare  l'allegamento  dei  denti).  -  Brigma  (greco), 
lo  stridore  dei  denti.  -  Odassismo,  prurito  delle  gen- 
give nei  bambini  :  precede  lo  spuntare  dei  denti. 

Avere  la  gina  rie'  denti,  del  bambino,  avere  pru- 
rito nelle  gengive  allorché  gli  spuntano  i  denti.  - 
Sentire  uggia,  quando  il  dente  non  duole  in  modo 
acuto,  ma  dà  noia. 

Mau.  —  Alveolite,  infiammazione  degli  alveoli 
dentari  per  ritenzione  di  radici  cariate,  per  avve- 
lenamento di  piombo,  ecc.  -  Anodontia,  anodonzia^ 
anomalia  caratterizzata  dalla  mancanza  di  tutti  i 
denti.  -  Carief  lenta  alterazione  dello  smalto;  di- 
sfacimento e  corruzione  della  sostanza  di  ogni  osso, 
onde  questo  chiamasi  carioso,  cariato,  bacato.  La 
carie  è  superficiale,  penetrante,  profonda,  ecc.  -  Cor- 
rodimento,  corrosione,  il  corrodersi,  il  guastarsi  dei 
denti. 

Dentagra,  gotta  ai  denti.  -  Flussione,  gonfiezza 
prodotta  dal  mal  di  denti  ;  accumulo  di  liquido  in 


un  punto  della  gengiva,  attiratovi  da  una  causa  ca- 
ci tante.  -  Odontagra,  gotta  dentaria.  -  Odontalgia, 
dolore  di  denti,  mal  di  denti,  non  malattia,  ma 
sintomo  che  appartiene  ad  un  gran  numero  di  ma- 
lattie dei  denti.  -  Odontite,  infiammazione  di  denti. 
-  Odontoma,  tumore  prodotto  dalla  dentina,  ricoperto 
0  no  da  uno  strato  di  smalto,  producentesi  gene- 
ralmente su  un  lato  di  un  dente.  -  Odontorragia, 
emorragia  dei  vasi  della  papilla  o  del  follicolo  den- 
tario. 

Passione  nei  denti,  nei  bambini  che  li  mettono  e 
scherz.  di  chi  ha  smania  di  mordere.  -  Spasmo  car- 
popedale,  convulsione  propria  dei  bambini  durante 
la  dentizione  :  colpisce  le  dita  dei  piedi  ed  è  ac- 
con)pagnata  da  tosse. 

Arrugginire  (fìgur  ),  coprirsi  di  tartaro.  -  Intar- 
lare, di  denti  che  sono  rosi  dalla  carie. 

Rimedi.  —  Nell'uso  si  chiamano  odontalgici,  ma 
propriamente  si  dovrebbe  dire  antiodontalgici.  Tali  : 
la  radice  di  antemide  piretro,  la  cocaina  (veggasi  a 
coca),  la  coccinella,  il  creosoto,  il  decotto  di 
asparagio,  o  asparago,  !a  radice  di  denlillaria,  i 
semi  di  giusquiamo  (in  suffumigio)  ;  Yodonlina,  mi- 
scuglio d'essenza  di  cajeput,  ginepro,  chiodi  di  ga- 
rofano ed  ètere.  Vecchi  rimedi  :  il  pietrina,  sorta 
d'olio  di  pietra  usato  per  il  male  dei  denti;  la 
radice  di  piretro,  specie  di  camomilla;  i  fiori  e  le 
foglie  di  spilanto,  ecc. 

Mordere,  stringere  coi  denti  checchessia  (morso, 
il  mordere,  e  la  parte  intaccata  o  staccata  col 
morso). 


Atti  che  si  fanno  coi  denti  o  sui  denti. 


Cot  denti.  —  Addentare,  pigliare,  afferrare  e  strin- 
gere con  i  denti  ;  afferrare  per  mordere  o  per 
mangiare:  abbocconare,  acceffare,  assannare,  az- 
zannare ;  dar  di  becco  (detto  anche  di  animale  che 
abbia  denli  invece  di  becco)  ;  mettere  i  denti  in. .; 
prendere  coi  denti,  col  ceffo.  -  Addentatura  (non 
com.),  atto  ed  effetto  dell'addentare  ;  anche,  il  se- 
gno dei  denti  nella  parte  addentata.  -  Arrotare  i 
denti:  scricchiolarli,  sfregare  i  denti  di  sopra  contro 
quelli  di  sotto. 

Battere  i  denti,  cozzare  i  denti  inferiori  contro 
i  superiori,  per  freddo,  per  paura,  per  convulsione, 
ecc.:  dibattere,  sbattere  incioccare  i  denti.  -  Dare 
un  piluccone,  un  morso.  -  Digrignare  i  denti,  sgre- 
tolarli per  rabbia,  mostrandoli:  dirugginire;  mo- 
strare i  fagiuoli  (delle  scimmie,  sgrignare).  •  Di~ 
morsare  (non  us.),  lasciar  la  cosa  che  si  tiene  coi 
denti.  -  Dirugginire  i  denti,  sgretolarli. 

Masticare,  tritare  coi  denti.  -  Mettere  le  ro- 
dici, le  barbe  al  sole,  levarsi  i  denti.  -  Morsecchiare, 
morseggiare,  morsicare,  mordere  sopra  sopra,  a  ri- 
prese. 

tìiaddentare,  ripete  addentare.  -  Rodere  (roso), 
tagliare,  stritolare  coi  denti  checchessia.  -  Rosicare, 
rosicchiare,  rodere  minutamente. 

Sgretolare  i  denti,  arrotarli,  scricchiolarli,  in 
modo  da  parere  che  si  sgretolino,  si  frangano,  far 
del  rumore  tritando  coi  denti,  o  arrotando  i  denti 
insieme.  -  Smorsare,  trarre  di  bocca  cosa  che  si 
tenga  con  qualche  forza.  -  Tenere  coi  denti,  strin- 
gere una  cosa  qualunque  in  mezzo  ai  denti. 

Sui  denti.  —  Bianchire,  lavare,  ripulire  i  denti. 
-  Cavare  un  dente,  levare,  trarre  un  dente,  strap- 
parlo, svellerlo  dall'alveolo  :  operazione  del  den- 


8ì4 


DENTISTA 


Usta,  per  lo  più.  Un  vero  toscano  non  direbbe 
mai  trarre,  ina  sempre  cavare  o  levare.  -  Levarsi 
un  dente,  cavarselo;  anche,  farselo  uscire  casual- 
mente, percotendo  con  la  bocca  e  simili.  -  Rimet- 
tere i  denti,  metterne  di  posticci  :  riferrar  la  bocca. 
-  Sciacquare,  sciacquarsi  i  denti,  ripulirli,  agitando 
acqua  o  altro  liquido  in  bocca.  -  Sdentare,  rom- 
pere qualche  dente  o  i  denti.  -  Stringere  i  denti, 
serrare  una  fila  cóntro  l'altra.  -  Stroncarsi  un  dente, 
romperselo.  -  Stropicciare,  stropicciarsi  i  denti,  fre- 
garli con  uno  spazzolino,  per  ripulirli.  -  Stuzzicare 
i  denti,  frugacchiarli  leggermente  con  qualche  cosa 
appuntata. 


Figure  di  persona  rispetto  ai  denti. 


Biasciamidólle,  dicesi  di  persona  sdentata  che 
mastichi  a  stento,  quasi  non  possa  biasciare  o  non 
biasci  altro  che  midolle  di  pane.  -  Catodonte,  chi 
ha  i  denti  incurvati  in  basso.  -  Ctenodonte,  chi  ha 
i  denti  in  forma  di  pettine. 

Dentice,  soprannome  di  chi  ha  denti  lunghi  e 
grossi.  -  Dentane  (scherz.),  chi  ha  i  denti  davanti 
grossi. 

Monodonte,  che  ha  un  dente  solo.  -  Opistognato, 
chi  ha  i  denti  inclinati  in  addietro,  su  una  o  su 
entrambe  le  mascelle. 

Sdentalello,  chi  ha  pochi  denti  (detto  special- 
mente di  ragazzo).  -  Sdentato,  senza  denti.  -  Tetrao- 
dante,  chi  ha  quattro  denti.  -  Tridentato,  ctie  ha 
tre  denti. 

A  mala  pena  rode  la  minestra,  di  chi  non  ha 
denti.  -  Non  rode  più,  di  chi  ha  denti  guasti. 


Sostanze  e  oggetti 
cn3    si   adoperano   per   i  denti. 


Algontina,  liquore  odontalgico  preparato  con  tin 
tura  di  mirra  e  zenzero,  creosoto,  essenza  di  garofano 
e  altro.  -  Aposmoddtico  :  dicesi  della  materia  che  serve 
a  pulire  i  denti.  -  Crème  (frane):  dicesi  di  prepa- 
rati per  la  pulizia  dei  denti,  della  pelle,  ecc.  -  Den- 
tifricio, nome  generico  di  polveri  o  di  liquidi  pre- 
parati con  sostanze  antisettiche  per  istrofmarsi  e 
nettarsi  i  denti.  Constano  di  solito,  le  polveri,  di 
china,  mirra,  menta,  radici  di  ireos,  ossa  di  seppia, 
cremor  tartaro,  o  acido  salicilico,  o  magnesia,  o 
salolo,  con  l'aggiunta  di  qualche  essenza,  di  menta, 
di  gelsomino,  ecc.  Si  hanno  pure  dentrifìci  a/ car- 
bone  di  legna,  al  chinino,  preparati  con  la  radice 
di  ancusa,  ecc. 

Odontina,  miscuglio  di  magnesia  e  di  burro  di 
caccao  aromatizzato  con  qualche  essenza:  adoperato 
come  dentifricio.  -  Odontotrimma,  sostanza  per  ri- 
pulire i  denti:  odontribo,  odontripto.  -  Oppialo, 
pasta  0  polvere  per  i  denti. 

Polvere  corallina,  specie  di  dentifricio  composto 
di  corallo  trito  e  di  altre  materie.  -  Sangue  di 
drago,  sostanza  gommo-resinosa  che  si  estrae  dal 
dracena  draco  e  da  una  quantità  di  alberi  di  ori- 
gine molto  diversa:  si  adopera  nelle  composizioni 
dentifricie,  ecc.  -  Sapone  salicilico  pei  denti,  fatto 
con  estratto  dell'acido  salicilico. 

Oggetti.  —  Bubbolino,  o  dentaruolo,  dentarolo, 
ciambella   o    campanelUi,  pestellino,    zanna,    arnese 


che  si  danno  in  mano  ai  bambini  nel  primo  pe- 
riodo della  dentizione:  veggasi  a  bambino,  pa- 
gina 240  (seconda  colonna)  e  241  (prima  colonna). 
-  Nettadenti,  lastrettina  d'acciaio  terminata,  da  una 
parte,  in  una  piccola  punta,  per  nettare  gli  spazi 
tra  dente  e  dente,  e  dall'  altra  in  una  specie  di 
cucchiaietta  arrotata  con  la  quale  si  toglie  il  tar- 
taro o  altra  lordura  di  sui  denti.  Non  molto  co- 
mune né  il  nome,  né  la  cosa.  -  Spazzolino  da 
denti,  piccolissima  spazzola  che  serve  a  nettarsi 
i  denti,  inzuppandola  d'acqua  pura  o  di  altre  so- 
stanze medicamentose  o  odorose,  ovvero  fregandola 
sopra  un  sapone  speciale  o  facendo  che  vi  resti 
attaccata  qualche  polvere  ad  hoc:  setolino. 

Stecchino,  stecco,  stuzzicadenti,  sottile  fuscellino 
col  quale  si  cava  il  cibo  rimasto  tra  i  denti  o  sui 
denti  :  si  fa  con  fuscelli  di  busnaga  o  d'altra 
pianta,  con  penne  d' oca,  ecc.  :  curadenti  (frane, 
disus.),  dentelliere,  steccadente,  steccadenti.  Perchè 
non  sia  pericoloso  e  non  introduca  in  bocca  germi 
infettivi,  lo  si  deve  usare  ottuso  alla  sua  estremità 
e  sempre  ben  pulito. 

Dente.  Dicesi  anche  per  dentello,  intaccatura, 
tacca. 

Dentellato,  dentellatura.  Veggasi  a  den- 
tello. 

Dentèllo  {dentellato,  dentellatura).  11  dente,  la 
tacca  di  alcuni  arnesi,  come  la  sega,  le  ruote  da 
ingranaggio,  ecc.  :  dente,  intaccatura.  -  Dentellato, 
fatto  a  dentelli,  a  piccoli  denti,  a  sega;  qualunque 
oggetto  intaccato  lungo  il  margine  :  dentato.  -  Den- 
tellatura,  operazione  con  la  quale  si  fanno  i  den- 
telli 0  la  tìla  dei  dentelli.  -  ìmbroccatura,  denta- 
tura di  macchine  e  di  denti  che  imbroccano.  - 
Linguetta,  dente  lungo  da  incastro  fra  le  tavole  a 
battenti. 

Dentello.  Ornamento  che  ricorre  sotto  la  cor- 
nice ;  membretto  d'architettura  formato  da  una  lista 
0  altra  consimile  modanatura  quadrangolare,  nella 
parte  inferiore  della  sua  lunghezza  recisa  con  tagli 
vicini,  equidistanti  e  paralleli,  si  che  in  certo 
modo  rappresenta  una  dentatura.  -  Risalto  e  intac- 
catura d'  opere  d' arte  allo  scopo  di  collegarle  con 
altre  parti. 

Dèntice.  Pesce  marino  con  otto  lunghissimi 
denti. 

Dentiera.  Veggasi  a  dentista. 

Dentifricio.  Veggasi  a  dente. 

Dentista.  Chi  esercita  l'arte  di  curare  le  ma- 
lattìe dei  denti  e  di  applicare  la  denliei'a,  serie  di 
denti  posticci  :  cavadenti  (e  strappadenti  il  ciar- 
latano di  piazza,  piuttosto  che  il  dentista).  -  Odon- 
toiatria, estrazione  dei  denti.  -  Odontologia,  scienza 
dentaria.  -  Odontotecnica,  V  arte  di  conservare  i 
denti. 

Operazioni. 
Arnesi  e  altre  cose  adoperati  dal  dentista. 

Abrasione,  raschiatura  alla  superficie  delle  ossa 
cariate,  o  sui  denti  per  levarne  il  tartaro,  ecc.  - 
Anchilodonzia,  saldamento  dei  denti.  -  Auriji- 
cazione,  doratura  dei  denti.  -  Otturazione,  impiom- 
bamento.  -  Protesi  dentaria,  operazione  con  la  quale 
si  rimettono  i  denti,  artificialmente. 

Cavare  un  dente,  levarlo  dall'alveolo.  -  Impiom- 
bare {impiombatura),  riempire  il  vuoto  della  carie 
con  foglia  d'oro  e  d'argento,  o  mastice.  -  Licaienare, 


DENTIZIONE   —   DEPLORABILMENTE 


845 


collegare  con  filo  d'oro  i  denti  posticci.  -  Mutare, 
rimettere  i  denti,  di  denti  posticci  che  il  dentista 
pone  in  luogo  di  secondi  denti  naturali,  caduti.  - 
Jiim  piombar  e:  ripete  impiombare.  -  Sbarbare  un 
dente,  levarlo  dalle  barbe.  -  Sbarbicare,  levare  fino 
alle  barbe  {sbarbicamento,  lo  sbarbicare).  -  Scoro- 
nare un  dente,  rompergli  la  corona  nel  cavarlo.  - 
Sdentare,  tagliare  o  rompere  i  denti  di  qualche 
st lamento.  -  Sfruconare  i  denti,  frucare,  frugare 
r  iietutamente  e  con  forza.  -  Sganasciare,  dicesi  dei 
«  vadenti  poco  abili  quando,  nell'estrarre  un  dente, 
fiiirio  gravi  lacerazioni. 

Arnksi.  -  -  Apparecchio  di  Richardson  per  l' ane- 
stesia dei  denti  ;  pinze,  di  modello  francese  e  in- 
g  ese,  per  radici  superiori  e  inferiori,  per  denti  infe- 
riori, incisivi  e  canini  inferiori  e  superiori,  bicu- 
spidi inferiori  e  superiori,  molari  inferiori  e  supe- 
r  ori,  cariati,  senza  corona;  pinza  detta  Universale, 
a  cucchiaio,  a  becco  di  pappagallo,  a  sette  monta- 
t  tre  assortite;  pinza  per  ragazzi,  da  nascondersi 
n  ^lla  mano  ;  chiave  del  Garengeot  (per  l' estrazione 
d3i  denti),  di  Peinsot,  a  baionetta,  ecc.;  leve  sem- 
pici,  articolale,  ad  uncino,  destra,  sinistra  o  retta; 
li^ne  per  denti  ;  estrattori  delle  radici  ;  punte  per 
cauterizzare  i  denti  ;  scavatori  per  denti  ;  schizzetti, 
seghe,  siringhe,  sonde;  scarificatori;  forbici;  pera 
Miffat,  per  insufllazioni  d'  aria  calda  ;  specchietti, 
2ì  littori,  scavatori,  fresatori,  estirpatori  dei  nervetti; 
strumenti  per  piombaie,  otturare  a  mano,  pulire 
e  lucidare  ;  tenaglie  di  varie  foggie  ;  ulcisto- 
tomo  Coulliaux  e  Woodhouse,  spatolelte  per  ce- 
mento, ecc. 

Cane,  vecchio  istrumento  per  l' estrazione  dei 
denti.  -  Chiave  inglese,  strumento  per  estrarre  i 
denti.  -  Odontoglifo,  lima  pei  denti.  -  Pellicano, 
ferro  per  cavar  denti.  -  Scalzatolo,  istrumento  chi- 
rurgico per  iscalzare  i  denti.  -  Stereodonte,  appa- 
recchio d'oro,  destinato  a  consolidare  i  denti. 

Altre  cose.  —  Per  i  rimedi  antiodontalgici  e  per 
diversi  oggetti,  veggasi  a  dente.  -  Cofferdam  (ingl.), 
isolatore  di  caucciù,  pezzetto  di  gomma  che  serve 
a  tenere  i  denti  che  si  vogliono  curare  isolati  dal 
fluido  boccale.  -  Dentiera,  dentatura  artificiale,  po- 
sticcia: rastrelliera;  detta  semplice,  se  applicata  so- 
pra una  sola  arcata  ;  e  doppia,  se  applicata  ad  en- 
trambe le  arcate.  -  Langhing  gas  (ingi.),  gas  ridente; 
in  ital.,  gas  esilarante,  o  del  paradiso:  protossido 
di  azoto  che  esercita  un'azione  anestetica,  breve  e 
locale,  quindi  adatto  per  l'estrazione  dei  denti. 

0  dente,  o  ganascia  (scherz.),  detto  allusivamente 
à  cavadenti  inabile. 

Dentizióne.  Veggasi  a  dente. 

Dentro.  Nella  parte  interna,  entro  :  drento,  fra, 
in  braccio,  in  corpo,  indentro,  infra,  in  mezzo,  in- 
tra (iat  ),  nel  seno,  nel  venire,  per  entro,  ('ontr., 
fuori:  -  Addentro,  molto  dentro.  -  Qua  dentro  : 
quaentro,  quicentro,  quidentro,  quincentro.  Si  met- 
tono dentro  cose  vane  nel  baule,  nella  borsa, 
nella  canestra,  nella  cassa,  nel  cassetto,  nel 
fodero,  nella  scatola,  nella  tasca,  nella  valigia, 
nel  sacco,  nonché  in  parecchi  utensili  di  cucina; 
i  liquidi  nel  bicchiere,  nella  bottiglia,  nella 
botte  e  in  molteplici  torme  di  vaso.  Si  mette  den- 
tro, si  infigge  Vago,  il  chiodo,  il  cùneo,  lo 
spillo,  il  trivello,  la  vite,  ecc.,  adoperando  la 
cacciatola  (specie  di  scalpello),  il  martello,  ecc. 

Accludere  {accluso),  mettere  una  lettera  (o  altro 
scritto)  dentro  un'altra,  per  mandarla  insieme:  ac- 
chiudere, allegare,  compiegare,  inchiudere,  includere, 
intromettere,  racchiudere.  -  Avvolgere,  volgere  una 


cosa  intorno  a  un'altra,  che  resta  dentro.-  Chiudere , 
mettere  un  oggetto  entro  un  altro  più  capace  o  in 
luogo  non  aperto.  -  Conficcare,  cacciar  dentro,  ficcare 
dentro  con  un  certo  sforzo:  infiggere  (di  cose  acu- 
minate), -  Contenere,  tenere  dentro,  compren- 
dere. -  Imbusecchiare,  imbudellare  (figur.),  cacciar 
dentro  alla  rinfusa.  -  Immettere  {immesso),  attivam  , 
far  entrare;  a.  p.  entrare  (es.,  di  un  fiume,  di 
un  canale,  ecc.,  che  entra  in  un  altro).  -  Insaccare 
(mettere  nel  sacco),  in  senso  generico,  cacciar  con- 
fusamente persone  e  cose  in  un  luouo.  -  Inserire, 
mettere  una  cosa  dentro  l'altra  (di  scritti,  docu- 
menti, ecc.);  nell'uso,  pubhlicare  \n  nn  giornale. 

-  Insinuare,  introdurre,  metter  dentro  a  poco  a 
poco.  -  Internare,  internarsi,  veggasi  a  inferno.  - 
Inzeppare,  introdurre  quasi  a  modo  di  ze|)pa, 
di  cuneo  ;  ficcare  per  forza.  -  Metter  dentro,  in- 
trodurre. 

Interno,  la  parte  indentro,  addentro  di  chec- 
chessia. -  Intestino,  che  è  interno.  Anche,  parte 
del  tubo  alimentare. 

Denudare,  denudarsi  {denudato,  denudazione). 
Spogliare,  spogliarsi;  fare,  farsi  nudo. 

Denuncia,  denunzia  {denunziare,  denunzialo). 
Atto  col  quale  si  dichiara  formalmente  una  cosa 
all'autorità,  dietro  richiesta  o  spontaneamente,  per 
proprio  interesse,  o  no  :  denunciamento,  dichiara- 
zione, notifirazione,  ra;,'guaglio,  rapporto,  referto, 
riferto.  -  Anch;,  pubblicazione  di    matrimonio. 

-  Delazione,  denunzia,  per  lo  più  in  senso  cattivo, 
come  atto  da  spione,  da  spia.  -  Notificazione  se- 
greta: spesso,  accusa. 

Denunciare,  denunziare,  fare  una  denunzia;  an- 
che, fare  la  spia.  -  Far  le  scarpe  a  uno,  riferirne 
le  pecche  al  superiore,  perchè  lo  punisca.  -  Stac- 
care le  denunzie,  farle. 

Denunziato,  panie,  pass,  di  denunziare  ;  anche, 
chi  ha  subito  una  denunzia.  -  Denunziatore,  dela- 
tore, per  lo  più  in  cattivo  senso. 

Deodalite.  Sorta  di  feldspato  vulcanico. 

Deontologia  {deontologico).  Veggasi  a  perfe- 
zione. 

Deostruente.  Medicamento,  mezzo  atto  a  vin- 
cere le  ostruzioni  gastro-intestinali  (e  perciò  s'in- 
tende per  tale  qualunque  aperitivo,  vomitivo  o  pur- 
gante), 0  le  ostruzioni  di  qualunque  canale  escu- 
tore,  come  l'uretra,  gli  reteri,  il  coledoco  (e  in 
questa  categoria  vanno  diuretici,  i  mezzi  dissol- 
venti dei  calcoli,  i  cola,  '^hi),  o  anche  di  una  re- 
gione vasale  (sanguisugi!,    salassi,  ventose,  ecc.). 

Deostrùere  {deostruente,  deostruito).  Togliere 
una  ostruzione,  specialmente  d^W infestino. 

D.^pauperare  (depauperato).  Render  jwvero. 

Depennare  {depennato,  depennazione).  11  can- 
cellare con  un  tratto  di  penna. 

Deperimento.  Il  deperire,  atto  ed  effetto. 

Deperire  {deperimento,  deperito).  Cominciare  a 
perire,  tanto  in  senso  morale  che  fisico;  andar 
perdendo  vigore,  forza,  salute  ;  andare  poco  a  poco 
in  rovina;  subire  guasto,  guastarsi  lentamente; 
peggiorare,  divenir  peggiore. 

Depilatòrio.  Preparato  che  fa  cadere  il  pélo: 
merdocco. 

Depletivo.  Mezzo  terapeutico,  rimedio  che  di- 
minuisce la  quantità  dei  liquidi  del  corpo. 

Deplezióne.  Diminuzione  della  quantità  dei 
liquidi  nell'organismo  vivente. 

Deploràbile.  Da  deplorare. 

Deplorabilmente.  In  modo  che  è  da  de- 
ploi'ure. 


816 


DEPLORARE    —    DEPUTATO 


Deplorare  {deplorabile,  deplorato,  deplorazione). 
Compiangere,  rimpiangere;  esprimere  il  proprio 
rincrescimento,  mostrare  il  proprio  dolore  per  un 
avvenimento,  un  fallo,  e  simili;  lamentare  (veggasi 
a  lamento),  plorare,  sospirare  (figur.)  ;  anche, 
hiasimare,  dar  biasimo,  condannare,  infliggere 
condanna  (moralmente).  -  Deplorabile,  degno  di 
pssere  deplorato  :  biasimevole,  bruito  ;  anche,  degno  di 
compassione,  A'\  pianto,  A\  pietà;  deplorando; 
lacrimabile,  lacrimevole,  lagrimabile,  lagrimevole, 
piangevole;  luttuoso,  meritevole  di  vergogna; 
sconcio.  ■  Deplorabilmente,  deplorevolmente,  m  modo 
deplorevole.  -  Deplorato,  partic.  pass,  di  deplorato; 
nell'uso,  chi  si  è  reso  meritevole  di  biasimo,  spe- 
cialmente nella  vita  politica.  -  Deplorazione,  il  de- 
plorare, atto  ed  effetto  :  compianto  ;  biasimo. 

Deplorévole,  deplorevolmente.  Leggasi  in 
deplorare. 

Depolarizzare,  depolarizzazione  {depola- 
rizzante, depolarizzato).  Veggasi  a  pila. 

Deponènte.  Aggiunto  di  verbo  latino. 

Deporre  {deponente,  deposto,  deposizione).  Il 
mettere  giù,  a  terra,  in  basso,  di  cosa  che  si  ab- 
bia in  mano  o  addosso.  -  Posare. 

Per  altri  significati  veggasi  a  croce,  a  liquido, 
a  sovrano,  a  testimonio,  ad  ufficio. 

Deportare,  deportazióne.  Veggasi  ad  e- 
silio. 

Depositare  {depositato).  Mettere  a  deposito  ; 
porre  alcuna  cosa  neUe  mani  o  in  potere  di  al- 
cuno, affidare  alla  custodia.  •  Anche,  posare. 

Depositario.  Chi  ha  in  consegna,  in  de- 
posito. 

Depositeria.  Veggasi  a  tesoro. 

Depòsito.  L'atto  del  depositare  e  la  cosa  de- 
positata ;  il  consegnare  una  cosa  perchè  ce  la  con- 
servino e  ce  la  restituiscano  a  richiesta  o  la  ten- 
gano per  garanzia  di  prestiti,  d'obblighi  o  simili: 
consegnare,  dare,  mettere,  lasciare  in  deposito  ; 
fare  un  deposito.  Anche,  atto  ed  effetto  del  po- 
sare (d'un  liquido,  ecc.).  -  Nell'uso,  quantità  di 
roba,  di  merce,  per  lo  più  dello  stesso  genere, 
raccolte  insieme  :  magazzino  -  Nella  milizia,  re- 
parto organico  di  ogni  reggimento  del  quale  fanno 
parte  gli  addetti  agli  uffici  di  amministrazione,  gli 
aventi  cariche  speciali,  e  gli  uomini  non  abili  al 
servizio  attivo.  -  In  geologia,  un  grande  ammasso 
di  roccie.  -  In  senso  legale,  atto  per  quale  si  ri- 
mette nelle  mani  di  un  terzo  un  oggetto  di  cui  gli 
si  confida  la  custodia. 

Consegna,  atto  commerciale  di  chi  riceve  in  de- 
posito merce.  -  Depositeria,  il  luogo  nel  quale  si 
conservano  oggetti  o  valori  consegnati  in  deposito. 
-  Deposito  franco,  luogo  in  cui,  nelle  principali 
città  marittime,  si  ricevono  e  si  tengono  in  cu- 
stodia le  merci.  -  Deposito  galvanico,  lo  strato  me- 
tallico ottenuto  sui  corpi  per  galvanostogia.  -  Se- 
j}olcro,  luogo  nel  quale  si  depone  un  cadavere. 

Depositario  (depositaria),  chi  riceve  in  deposito, 
in  consegna,  in  cusiodia  (detto  anche  di  segreto 
e  simili):  consegnatario,  conservatore,  custode, 
guardatore,  tesoriere. 

Deposizióne.  L'atto  del  deporre,  del  detroniz- 
zare un  sovrano.  -  Dichiarazione,  attestazione  di 
testimonio  in  giudizio.  -  Veggasi,  inoltre,  a  Cri- 
sto, a  croce,  a  culto  (png.  798,  prima  colonna). 

Depósto.  Deposizione  in  giudizio. 

Depravare  {depravarsi,  depravato,  deprava- 
zione). Indurre  o  darsi  al  vizio.  -  Nel  linguaggio 
modico,  depravazione  è  lo  stato  nel  quale  i  desideri. 


gli  appetiti  dei  sensi  sono  pervertiti  (veggasi  a  per- 
vertire). 

Depravazióne.  Il  depravare  e  il  depravarsi, 
atto  ed  effetto  :  veggasi  a  corruzióne. 

Deprecare  {deprecativo,  deprecato,  deprecazione). 
Far  preghiera^  augurio,  scongiuro  e  simili, 
perchè  non  accada  una  disgrazia,  non  si  subisca 
un  male,  un  danno,  ecc. 

Deprecativo,  deprecazióne.  Veggasi  a  pre- 
ghiera. 

Deprecazióne.  Il  deprecare.  -  Figura  reto- 
rica. 

Depredamento.  Il  depredare. 

Depredare  {depredamento,  depredato,  depreda- 
zione). Predare,  far  preda  con  guasto  ;  saccheg- 
giare. 

Depredazióne.  Atto  ed  effetto  del  depredare, 
del  saccheggiare. 

Depressióne.  Atto  ed  effetto  del  deprimere, 
àoìV abbassare,  AbW avvilire  e.  dell'avvilirsi  (detto 
di  animo,  di  coraggio  e  simili).  -  In  astronomia, 
il  trovarsi  una  stella  sotto  l'orizzonte.  ■  Depres- 
sione barometrica,  diminuzione  di  pressione  nell'a*- 
mosfera.  -  Depressione  di  capillarità,  veggasi  a 
liquido. 

Deprezzare  {deprezzamento,  deprezzato).  Ribas- 
sare di  prezzo. 

Deprimente.  Medicamento  che  diminuisce  l'at- 
tività circolatoria  :  calmante. 

Deprimere  {depressione,  depresso).  Abbassare, 
premere.  -  Conculcare,  avvilire,  umiliare. 

De  profundis.  Le  prime  parole  o  antifona  del 
salmo  che,  nella  chiesa  cattolica,  viene  cantato  in 
suffragio  di  un  morto. 

Depurare,  depurazióne  {depurativo,  depu- 
rato), lì  rendere  puro.  -  Anche,  disinfettare. 

Depurativo.  Il  medicamento  che  si  crede  atto 
a  togliere  alla  massa  degli  umori  i  principi  che  ne 
alterano  la  purezza  :  così,  gli  ioduri  alcalini,  la  sal- 
sapariglia, il  fermento  d'uva,  ecc. 

Deputare  {deputato,  deputazione).  Dare  a  qual- 
cuno un  incarico  o  un  mandato  ufficiale  per 
qualche  affare  :  commettere,  deferire,  delegare,  de- 
mandare, inviare,  legare.  -  Deputazióne,  il  depu- 
tare 0  l'essere  deputato  a  qualche  missione,  anche 
fuori  del  mandato  parlamentare  e  simili  :  cotn- 
missione,  delegazione.  Anche,  l'ufficio  e  la  sede 
del  delegato,  del  deputato.  -  Suddelegare,  suddepu- 
tare,  trasferire  la  delegazione,  la  deputazione. 

Deputato.  Chi  ha  incarico  di  compiere  una 
speciale  funzione  :  incaricato,  mandatario.  -  Spe- 
cialmente, chi  ebbe  dagli  elettori  politici  il  man- 
dato di  rappresentarli  alla  Camera:  eletto  dalla 
nazione,  membro  dell'Assemblea  nazionale,  della 
Camera  elettiva,  onorevole,  rappresentante  della  na- 
zione. Si  distinguono,  tra  i  deputati,  il  radicale,  il 
progressista,  il  repubblicano,  il  socialista,  il  conser- 
vatore, il  moderato,  il  clericale.  -  Deputato  provin- 
ciale, veggasi  a  provincia.  -  Deputazióne,  carica, 
ufficio  di  deputato  ;  anche,  insieme  di  più  deputati 
eletti  ad  uno  scopo. 

Deputati  della  montagna,  quelli  di  idee  più  avan- 
zate :  radicali,  repubblirani,  socialisti;  deputati  di 
Estrema  sinistra,  deW  Vstremi.  ■>  Deputati  di  destra, 
di  sinistra,  del  centro,  veggasi  a  Parlamento.  - 
Frondista  (frane,  frondeur),  il  deputato  della  Fronde, 
partito  che,  durante  la  minorità  di  Luigi  XIV,  fece 
guerra  alla  Corte  e  al  ministro  Mazarino.  -Giacobino, 
nella  rivoluzione  francese,  deputato  ascritto  al  par- 
tito più  violento,  del  quale  fu  anima  Robespierre.  - 


DEPUTAZIONE    —    DEROGAHE 


847 


Girondino,  il  deputato  della  Gironda,  nella  rivolu- 
zione francese:  uomo  di  idee  moderate,  idealista, 
sognatore  della  pace  all'estero  e  all'interno. 

Autocandidato,  chi  si  presenta  da  sé  agli  elettori, 
mette,  pone  la  propria  candidatura,  si  porla  depu- 
tato, senza  essere  stato  designalo  e  invitato.  -  Canr 
didato,  chi  si  presenta  per  essere  eletto  (veggasi  ad 
elezióne),  accetta  la  candidatura.  -  Candidato  in 
ballottaggio,  veggasi  ad  elezione.  -  Candidato  in 
tromba,  rimasto  nella  tromba,  nel  gergo  elettorale, 
non  riuscito,  non  eletto. 

Congedo,  licenza  a  tempo  che  la  Camera  concede 
a  un  deputato,  dispensandolo  dall'obbligo  d'inter- 
venire alle  sedute.  -  Dimissione  (quasi  sempre 
usato  al  plurale,  dimissioni),  atto  col  quale  il  de- 
putato rinuncia  alla  propria  carica.  -  Immunità, 
privilegio  dei  deputati  di  non  essere  catturati  e 
processati  senza  ordine  della  Camera,  quando  non 
siano  colti  in  flagrante  delitto.  -  Indennità,  com- 
penso pecuniario  che,  in  molli  paesi,  si  dà  ai  de- 
putati, 0  con  un  assegno  annuo,  o  in  base  al  mag- 
giore 0  minore  intervento  alle  sedute,  in  base  a 
gettoni  di  presenza.  -  Inter fellanza,  l'atto  con  cui 
un  deputato  domanda  formalmente,  per  iscritto,  e 
compendiando  l'argomento,  ad  un  ministro  rappre- 
seatante  il  potere  esecutivo,  risposta  o  spiegazione 
su  affari  che  dipendono  direttamente  dal  governo. 
-  Interrogazione,  domanda  semplice,  verbale,  fatta 
dal  deputato  a  un  ministro,  perchè  fornisca  schia- 
rimenti 0  informazioni,  senza  impegno,  da  parte 
doUa  Camera,  di  giudirare  fra  l'interrogante  e  il 
governo,  in  caso   di   controversia,   come  si  fa  per 

I  interpellanza.  -  Mandato  imperativo,  l'ingiunzione 
degli  elettori  al  deputato  circa  la  sua  linea  di  con- 
dotta. 

medaglia,  medaglietta,  medaglia   d'oro,    contras- 
segno dei  deputati. 
Deputazióne.  Carica,  ufficio  del  deputato.  - 

II  deputare  e  l'essere  deputato.  -  Dicesi  anche 
per  commissione,  comitato,  delegazione.  -  Deputa- 
zione provinciale,  veggasi  a  provincia. 

Deragliare  {deragliamento,  deragliato).  Fran- 
cesismo d'uso,  per  fuorviare,  uscire  dalle  rotaie 
(veggasi  a  rotaia). 

Derelitto.  Abbandonato,  lasciato  in  abbandono 
(veggasi  ad  abbandonare)  :  deserto,  indifeso,  ne- 
gletto, reietto,  sprotetto,  solo,  vedovato,  vedovo, 
vuoto  di  amici,  di  protezione. 

Deretano.  La  parte  di  dietro  del  corpo  umano, 
con  la  quale  si  siede,  ci  si  mette  a  sedere  :  affetta- 
lacche  ;  codione,  codrione  ;  corpaccio  sbraculato  e 
grasso  ;  culattario,  culo  ;  didietro,  dietro  a  casa  ; 
fondamento,  fondo  delle  reni,  fondo  della  schiena; 
luna  e  l'altra  lacca  ;  luogo  che  il  tacere  è  bello  ; 
luogo  ove  è  più  bello  tacere  che  dire  ;  mele,  me- 
leto, messere  ;  nàtiche  ;  parte  deretana,  parti  basse  ; 
parti  da  basso,  parti  deretane,  parti  posteriori  ; 
podice,  posatoio,  posteriorità  carnale,  postione,  pre- 
terito ;  quaderno,  quel  servizio;  renaio;  sedere,  ta- 
fanario, utriusque  (lat.).  Scherz.  o  trivialm.,  arse- 
nale del  vento,  bossolo  delle  spezie;  coliseo,  cu- 
labria,  culatteria,  culisèo,  cupola  ;  il  bel  di  Rnma, 
il  civile  ;  mappamondo,  meloria,  mondo  nuovo  ;  oc- 
cidente, tondo  ;  ventitré  ;  zibebbe,  zipeppe.  -  Cu- 
letto,  culaccino,  dimin.  ;  culaccio,  peggior.  -  Culaio, 
culare,  di  culo,  appartenente  a  culo.  -  Culo  che  pare 
una  badia,  un  vicinato,  un'aia,  grosso,  largo. 

AnOf  la  parte  del  deretano  che  serve  per  de- 
fecare. -  Nàtica,  ciascuna  delle  due  parti  carnose 
e  tondeggianti   del    deretano:   chiappa,  chiappola. 


clune  (lat.)  ;  culatta,  embrice  (scherz.)  lacca,  mela, 
mela  di  culo;  melona  ;  partita,  prosciutto  casalingo 
(scherz.).  -  Naticale,  di  natica,  delle  natiche;  nati- 
cuto, con  grosse  nàtiche.  -  Nel  deretano,  sotto  le 
rem,  una  spanna  sotto  le  schiena,  dietro  via. 

A  scorticando,  si  dice  dello  scendere  da  un  di- 
rupo 0  pendio  qualunque  strascinandosi  sul  dere- 
tano. -  Batticulo,  giuoco  che  fanno  i  ragazzi  pren- 
dendo uno  a  barella  e  facendogli  battere  il  sedere 
in  terra  o  altrove.  -  Bruciaculo,  il  riscaldamento 
delle  parti  di  dietro  che  viene  o  dal  troppo  stare 
a  cavallo,  o  dal  troppo  camminare,  ecc.  -  Culata, 
colpo  col  deretano.  -  Vento,  ventosità,   scoreggia, 

Acculattare,  alzare  uno  e  fargli  battere  il  culo  a 
terra.  -  Acculattarsi,  recipr.,  fare  al  giuoco  dell'ac- 
culattare.  -  Battere  il  postione,  cadere  col  deretano, 
percuotere  con  esso  a  terra.  -  Carellare,  acculattare 
uno  sul  carello,  che  era  una  specie  di  guanciale 
(oggi  si  dice  del  coperchio  del  cesso).  -  dileggiare  & 
sculettare,  dìmenAre  il  culo  camminando  con  boria. 
Anche,  ballare.  -  Dare,  o  battere  una  culattata,  una 
culaia,  cascare  dando  del  culo  in  terra  :  piantare 
un  melo.  -  Dare  il  culo  a  leva,  alzarlo,  chinandosi. 
-  Dare  sulle  mele  la  ricetta,  sculacciare.  -  Dar  un  pie 
nel  culo  a  uno,  dargli  un  calcio  nel  sedere.  -  Scu- 
lacciare, dar  delle  mani  sul  culo  (sculacciata,  lo , 
sculacciare  ;  sculaccialina,  dimin.  ;  sculaccione,  ac- 
cresc). 

Deridere  (deriso).  Schernire,  motteggiare,  pren- 
dere a  scherno. 

Derisione,  derisorio.  Veggasi  a  scherno. 

Deriva.  Termine  marinaresco  della  naviga- 
zione. -  Corrente  di  deriva,  veggasi  a  mare.  - 
Ghiaccio  di  deriva,  veggasi  a  ghiaccio. 

Derivare  (derivato,  derivazione).  Venire,  far 
venire  per  conseguenza,  per  effetto.  -  Avere, 
prender  causa.  -  Provenire,  avere  nascita,  ori- 
gine. -  Risultare,  -  Trarre,  dedurre  una  con- 
clusione. -  Trarre  acqua  da  un  canale,  da  un 
fiume,  da  un  ruscello,  ecc.  :  lavoro  di  idrau- 
lica. •  Figiir.,  far  venire  o  discendere,  avere  di- 
scendenza» •  Derivativo,  atto  a  derivare;  in  senso 
terapeutico,  veggasi  ad  umore,  -  Derivato,  in  chi- 
mica, combinazione  formata  da  combinazioni  più 
semplici.  -  Derivazióne,  il  derivare,  atto  ed  effetto: 
agnascenza,  conseguenza,  effetto,  emanazione  ; 
etimologia  di  una  j)arola.  -  Da,  di,  donde,  dove, 
preposizioni  e  avverbi  indicanti  derivazione  e  il 
luogo. 

Derivazióne.  Il  derivare.  -  Di  parola,  eti- 
mologia. 

Derma  (dérmide,  dermdtico).  Il  tessuto  princi- 
pale deìÌA  pelle;  e  a  questa  voce  veggasi  anche 
per  dermatite,  dermatologia,  dermatopatia,  dermopa- 
tologia,  dermosclerosi,  ecc. 

Dermascheletro.  Complesso  di  parti  dure  che 
trovasi  sul  tegumento  esterno  di  molti  animali  a 
scopo  protettivo. 

Dermatico.  Del  derma,  della  pelle. 

Dermatozòi.  Parassiti  animali  della  cute,  della 
pelle. 

Dermoide.  Veggasi  a  pelle. 

Dermoplàstica.  Veggasi  a  pelle. 

Dèroga,  derogazióne.  Il  derogare. 

Derogare  (derogàbile,  derogato,  derogatorio). 
Abrogare  parzialmente  una  legge;  togliere  o  di- 
minuire il  valore  e  l'efficacia  a  un  patto,  a  un  co- 
mandamento, ecc.  -  Rinunziare  a  un  diritto, 
recedere  da  un  proposito,  ecc.  ;  venir  meno  alla 
dignità,  all'amor  proprio,  al  decoro,  ecc.  -  De- 


8i8 


DEROGATORIO 


DESIDERIO 


rogalório,  che  deroga,   atto   a  derogare.  -  Deroga- 
zióne, il  derogare:  dèroga,  parziale  rèvoca. 

Derogatorio,  derogazióne.  Veggasi  a  de- 
rogare. 

Derrata.  Ciò  che  si  ricava  dalla  terra,  dai  po- 
deii  :  jtrodoUo,  merce. 

Derubare  (derubato).  Il  rubare  a  poco  a  poco 
e  con  frode. 

Deschetto.  Piccolo  banco  da  calzolaio  o  da 
altro  operaio. 

Désco.  La  mensa.  -  Il  banco  del  macellaio. 

Descrittiva,  descrittivo.  Veggasi  a  descri- 
ziófie. 

Descrivere  {descritto,  descrittore).  11  fare  una 
de-icriziòne. 

Descrizióne.  Rappresentazione  con  parole  ; 
spiegazione  di  cose  e  di  fatti  in  modo  da  ripro- 
durne l'immagine  :  quadro,  ritratto.  -  Anche  (non 
US.),  circoscrizione,  limitazione,  il  circoscrivere, 
il  limitare  la  portata  o  l'azione  di  checchessia.  - 
Descrizione  colorita,  bella,  eflìcace  ;  drammatica^ 
impressionante  ;  fedele,  riproducente  il  vero  ;  ica- 
stica, che  fa  immagine;  pittoresca,  che  colpisce  e 
alletta  i  sensi;  poetica,  secondo  poesia;  viva,  toc- 
cante, che  commuove;  sbiadita,  pallida,  che  non 
ottiene  l'effetto,  è  inferiore  al  vero.  -  Descrivibile, 
che  si  può  descrivere.  Contr.,  indescrivibile:  ina- 
d  jiubrabile,  indicibile,  inenarrabile,  inenarrato,  ir- 
raccontabile. -  Descrittiva,  nell'uso,  l'arte  di  descri- 
vere e  anche  la  facoltà  di  farlo:  figur.,  cesello, 
pennello,  scalpello  ;  rappresentazione.  -  Descrittiva- 
mente, in  modo  descrittivo.  -  Descrittivo,  che  de- 
scrive, atto  a  descrivere,  che  ha  per  fine  di  de- 
scrivere: grafico,  pittorico,  rappresentativo.  -  De- 
scrittore, chi  0  che  descrive:  descrivitore,  rappre- 
sentatore. 

Aslrografia,  descrizione  degli  astri  (veggasi  ad 
astro).  -  Corografia,  descrizione  d'un  2>aese,  - 
Delineazione  (frane),  descrizione  a  grandi  tratti.  - 
Diaiiposi,  esatta  descrizione.  -  Fisiologia,  descri- 
zione della  natura  o  dell'essenza  d'una  cosa.  -  Geo- 
grafia, descrizione  delle  parti  della  Terra.  -  Idro- 
grafia, descrizione  delle  acque  (mari,  laghi,  fiumi, 
ecc.).  -  Ipoti[)Osi,  descrizione  viva.  -  Monografia, 
descrizione  d"  una  sola  specie  o  d'un  solo  oggetto. 
-  Orografia,  descrizione  dei  monti.  -  Prosopografia, 
descrizione  della  persona  o  della  figura.  -  Schizzo, 
descrizione  abbozzata,  abbozzo.  -  Statistica,  de- 
scrizione dello  stato  attuale  e  reale  delle  società 
umane  e  delle  cose.  -  Topografia,  descrizione 
d'un  luogo.  -  Uranografia,  descrizione  del  cielo. 

Descrivere,  spiegare  cose  o  fatti  in  modo  che 
a  chi  ascolta  o  legge  sembri  di  vederli  ;  rappre- 
sentare con  parole  (anche,  segnare  con  linee,  for- 
mare una  data  linea)  :  colorire,  configurare  ;  dare 
una  completa  iìnmagine,  definire;  delineare,  di- 
pingere, disegnare,  disegnare  con  parole;  divisare; 
esporre,  esporre  agli  occhi;  esprimere;  fare  il 
ritratto,  un  quadro  ;  figurare  ;  incarnare  ;  ri- 
trarre ;  spiegare  in  carte.  Figur.,  fotografare,  fare 
una  fotografia.  -  Configurare,  descrivere,  rappre- 
sentare a  somiglianza  di  altra  cosa.  -  Dettagliare, 
brutto  francesismo  per  descrivere  minutamente, 
particolareg giare,  specificare.  -  Miniare,  descri- 
vere con  minute,  e  a  volte  soverchie,  particolarità. 
Srolpiì-e,  descriver  bene,  perfettamente  e  con  evi- 
denza. -  Versificare,  descrivere  in  versi,  in  poesia. 
Deserto.  Vasta  regione  incolta  e  disabitata, 
principalmente  in  Asia  e  in  Africa:  landa;  luogo 
dove  nou  si  stampa  orma  umana;   piano  arenoso. 


renoso  ;  sabbia  cocente,  sabbie  riarse  ;  solitudine  ; 
terra  disabitata;  volpaia.  Per  similitud,,  arene  li- 
biche, sabbie  africane,  Sahara,  tebaida,  tebaide.  - 
Recesso,  luogo  soltanto  appartato,  solitudine. 

Jungla,  voce  indiana  che  vale  propriamente  deserto, 
foresta,  ed  è  usata  per  indicare  estesi  territori  sel- 
vaggi nell'India.  -  Llanos,  vaste  terre  deserte  nel- 
l'America. -  Mahis,  terre  deserte  in  Corsica.  -  Pam- 
pas,  terre  deserte  nel  Paraguay.  -  Paranco,  deserto 
negli  altipiani  delle  Ande  (America).  -  Savane,  terre 
deserte  in  America.  -  Steppa,  vasta  pianura  quasi 
deserta,  in  Tarlarla,  in  Russia.  -  Tundra,  deserto 
paludoso  nella  Siberia. 

Carovana,  compagnia  di  persone  e  di  animali 
che  attraversano  un  deserto:  caravana.  -  Miraggio, 
illusione  ottica  per  la  quale,  invece  delle  sabbie  del 
deserto,  si  vede  acqua  e  simili.  -  Oasi,  luogo  cir- 
coscritto, coltivabile  e  fecondo,  .in  mezzo  al  de- 
serto. -  Samiel,  simun,  vento  bruciante  del  deserto. 
-  Scrub,  nei  deserti  dell'Australia,  cespugli  fatti 
specialmente  d'acacie.  -  Sif,  nel  Sahara  meridionale, 
catena  di  dune. 

Deserto  (aggett).  Luogo  nel  quale  non  è  col- 
tivazione e  nessuno  sfa  ad  abitare  :  abbando- 
nato, appartato,  disabitato,  ermo,  inabitato,  incolto, 
romito,  salvatico,  selvatico  ;  solingo,  solitario.  Fi- 
gur., piazza  franca.  -  Ci  crescono  le  ortiche,  di  luogo 
de.serto,  abbandonato. 

Desertoria.  Veggasi  a  sentenza. 

Deserzióne.  Veggasi  a  disertóre. 

Desiare  (desiato).  Desiderare,  avere  desi- 
derio. 

Desiderabile.  Veggasi  a  desiderio. 

Desiderare  (desiderato).  Avere,  sentire  desi- 
derio. -  A  modo  d'imperson.,  essere  conveniente 
0  necessario  (riferito  a  cosa  o  a  qualità  che 
manchi). 

Desidèrio.  Atto  della  volontà,  atto  volitivo, 
e  sentimento  per  cui  si  aspira  ad  avere,  ad  ot- 
tenere qualche  cosa  che  ci  manchi,  a  un  certo 
modo  di  cose  di  cui  si  è  privi:  brama,  desianza, 
desideramenlo,  desideranza  (v.  a.),  desiderazione, 
desidero  ;  desio,  desire,  desiro  (poet.)  ;  desideranza 
(v.  a.);  disio,  disire,  disiro  (poet.);  frégola;  premura; 
soWeciiarft/te,  soliuccheraniento  ;  talento;  uzzolo; 
vaghezza,  voglia.  Figur,,  affetto,  amore,  appetenza, 
appetito,  digiuno,  fame,  gola,  pizzicore,  sete.  Scherz., 
dissenteria.  Si  ha  desiderio  di  bene,  di  fama,  di  feli- 
cità, di  gloria,  A' onore,  di  premio,  di  ricchezza,  di 
sapere,  di  salute,  di  vendetta,  ecc.  (veggasi  a  queste 
voci). 

Desiderio arrf<'H7e,  vivo;  basso,  riprovevole;  buono, 
cattivo,  calmo,  fibbrile,  impaziente;  estremo,  grande, 
straordinario;  giusto,  ingiusto  ;  modesto,  superbo;  turpe 
(vergognoso)  ;  vile,  volgare,  aggettivi  di  chiaro  si- 
gnificato. -  Desiderio  appagato,  soddisfatto,  che  ebbe 
soddisfazione  ;  grottesco,  più  che  ridicolo;  matto, 
da  pazzo,  per  elTett(>  di  pazzia;  pungente,  che 
riesce  fastidioso,  molesto;  ridicolo,  eia,  hr  ridere; 
scomposto,  disorientato  ;  strambo,  eccentrico,  biz- 
zarro ;  strampalato,  dìsoidinsilo;  strano,  anor- 
male, sconveniente,  stravagante. 

Anepilimia,  perdita  dei  desiderL 

Gradazioni 
e   dfversa   natura   del   desiderio. 

Agognamento,  desiderio  intenso,  brama  ardente. 
-  Agonia  (ligur.),  brama  ardente.  -  Anelito,  brama 


DESIDERIO 


849 


vivissima,  suprema.  -  Ansia,  ansietà,  agitazione 
affannosa  causata  da  desiderio  vivo  d'  una  cosa  o 
da  incertezza.  ■  Appetenza,  desiderio,  modificazione 
inapprezzabile  dell'organismo  che  si  spinge  verso 
tale  0  tal  altro  oggetto  proprio  a  soddisfare  un 
bisogno  naturale.  -  Appetito,  quel  qualunque  vivo 
desiderio  o  quell'interno  sentimento  che  ci  avverte 
del  bisogno  di  esercitare  certe  funzioni. 

Ardenza,  ai  dorè,  desiderio  grande.  -  Aspirazione, 
desiderio  nobile  di  cose  alte,  buone,  elette:  ane- 
lito, ardore,  auspicio,  mòta,  scopo^  senso  di  emu- 
lazione; sospiro  (U-ur.),  tendenza,  voto.  -  Assillo, 
desiderio  pungente,  tormentoso. 

Avidità,  desiderio  eccessivo,  insaziabile,  smodato, 
soverchio:  avidezza;  cupidicia,  febbre,  febbre  del 
desio;  foga,  frenesia,  furia,  furore;  gola,  jjolosità; 
ingluvie,  ingordaggine,  ingordezza,  ingordi^-ia,  insa- 
ziabilità; livore;  rabbia,  rapacità;  sete  cieca,  sma- 
nia,  turpe  anelito;  uzzolo,  voracità. 

Baco  (llgur.),  desiderio  molesto  che  rode,  bra- 
mosia, bramosiid.  -  Brama,  voglia  intensa,  profon- 
da, viva  :  accensione,  ambizione,  angore,  ansia,  an- 
sietà, appetizione.  -  Capriccio^  desiderio  strano  e 
volontà  non  fondata  sopra  alcun  motivo.  -  Concu- 
piscenza, il  desiderio  dei  piaceri  sensuali  :  frégola, 
istinto  sessuale.  -  Concupisrtbilitd,  facoltà  di  de- 
siderare. -  Cupidigia,  cupidità,  avidità.  -  Curio- 
sità, desiderio  di  sapere  i  fatti  altrui. 

Desiderata  (lat.),  le  cose  desiderate  ;  le  nozioni 
scientifiche  che  sono  manchevoli.  -  Desideratimi, 
neologismo  del  gergo  francese  e  italiano  per  indi- 
care, in  particolar  modo,  massime  in  politica,  cosa 
che  manca  ed  è  desiderala.  -  Desiderio  platonico, 
come  atf-ibuto  di  voto,  desiderio,  vaie  lieve,  par- 
vente, j  rivo  d'ogni  sforzo  e  intenzione  di  raggiun- 
gere la  realtà. 

Febbre,  desiderio  impaziente,  ansioso.  -  Foia,  de- 
siderio carnale,  libìdine.  -  Frégola  (tamil.),  vo- 
glia, desiderio  ardente:  mania.  -  Frutto  proibito, 
vietato,  cosa  che,  essendoci  proibita,  eccita  maggior- 
mente i  nostri  desideri. 

Gola,  desiderio,  smoderato  di  cibi  ;  peccato  di 
gola,  golosità  :  veggasi  a  goloso.  E  peccato  di  gola, 
desiderio  vivissimo  d'una  cosa.  -  Manìa,  desiderio 
esaltato,  fisso,  persistente,  invincibile,  quasi  folle. 
-  Pio  desiderio,  desiderio  che  non  esce  dallo  stato 
di  voto.  -  Smània,  desiderio  eccessivo;  stitiggì- 
mento. 

Rabbia,  desiderio  eccessivo,  strano.  -  Sehnsucht 
(ted.),  tensione  nervosa  nel  desiderio,  desiderio  ar- 
dente. -  Uzzolo,  voglia  intensa,  frégola.  -  Vaghezza, 
voglia  vivace.  -  Vanagloria,  desiderio  irragione- 
vole di  fama.  •  Vogliuy  desiderio  di  checchessia, 
per  bisogno  naturale  o  per  capriccio.  -  Voto,  desi- 
derio, augurio.  I 

Desiderare. 

Affollarsi  ad  una  cosa,  darsi,  gettarsi  ad  essa  con 
grande  desiderio,  con  avidità.  -  Agognare,  deside- 
rare ardentemente,  molto.  -  Amare,  desiderare, 
volere  una  cosa.  -  Ambire,  desiderare  e  cercare  di 
ottenere  cosa  che  solletica  il  nostro  amor  proprio  : 
avere  ambizione.  -  Appetire,  desiderare,  avere 
voglia  d'una  cosa  ;  spntirne  come  appetito.  -  Aspi- 
rare, desiderare  di  ottenere  una  cosa,  ambire  ad 
una  cosa  e  simili.  -  Aspettare  a  gloria,  attendere 
checchessia  con  grandissimo  desiderio.  -  Avere  il 
core  a  una  persona,  a  una  cosa,  a  un  luogo,  desi- 


derare di  essere  con  quella  persona,  di  avere  quella 
cosa,  di  trovarsi  in  quel  luogo.  -  Avere  la  tenta- 
zione, veggasi  a  tentazione. 

Desiderare,  avere,  provare,  sentire  desiderio  di 
checchessia,  appetire,  bramare:  addisiare,  alloccare, 
aver  gola,  aver  l'animo,  aver  l'occhio,  aver  talento, 
aver  vaghezza  ;  bramare,  concupire,  covidare,  cubi- 
tare  (v.  a.);  desiare,  disiare,  desirare  (poet.);  esser 
d'animo,  essere  desideroso,  essere  pizzicato  dal  pru- 
rito di....  (fare  una  cosa,  ecc.\  essere  in  desiderio, 
esser  vago;  invogliarsi;  patir  voglia,  pungere  il  de- 
sio ;  sentirsi  pizzicare  la  bramo^ia  ;  tendere,  tenere 
in  cuore,  toccare  il  capriccio;  venir  desiderio,  vo- 
glia, volontà;  venire  il  capriccio,  l'acqua  in  su'l'u- 
gola,  l'acquolina  in  bocca;  volere.  Figur.,  richie- 
dere, cercare,  domandare. 

Desiderare  ardentemente,  molto:  abbramare,  af- 
frettare col  desiderio  ;  andare  matto,  pazzo  per  una 
cosa  ;  anelare,  ansimare  (figur.)  ;  ardere,  ardere  di 
desiderio;  arrabbiarsi,  avere  bramosia,  bramosità; 
avere  gran  voglia,  avere  la  febbre  addosso,  avere 
la  formica;  colleppolare  ;  consumarsi  dalla  voglia, 
consumarsi  come  il  sale  nell'acqua;  crepare  dalla 
voglia  ;  dare  gli  occhi,  la  vita,  non  so  che,  per....  ; 
distruggersi,  divorare  con  gli  occhi,  divorarsi  dal 
desiderio  ;  essere  pieno  di  desiderio,  smanioso,  ze- 
lante; far  la  fila  (es.,  far  la  fila  sopra  un  piatto, 
guardarlo  con  gran  voglia  di  mangiarne);  indiavo- 
larsi; morir  di  frega,  di  fregola,  di  voglia;  morire 
sopra  una  cosa;  non  vedere  il  momento,  l'ora  di...  ; 
parere  ogni  ora  mille,  ogni  ora  mill'auni;  parere 
tardi;  scoppiare  dalla  voglia;  sitire;  smaniare,  sma- 
niarsi ;  sospirare,  spasimare,  spendere  gli  occhi  (sa 
una  cosa),  stare  con  la  febbre  in  corpo,  stare  in 
orazione  ;  struggersi  ;  trambasciare  di  desiderio  ; 
zelare.  Figur.,  ustolare  (lo  schiattire  del  cane). 

Entrare  il  baco  di...  (fare  una  cosa,  ecc.),  averne 
il  desiderio  forte  e  vano.  Fare  all'amore  con  una 
cosa,  far  l'oahio  e,  specialm.,  l'occhiolino,  deside- 
rarla. -  Far  gola,  di  cosa  che  si  desidera  avida- 
mente. -  Lasciar  gli  occhi  sopra  una  cosa,  mostrar- 
sene molto  desideroso. 

Non  par  vero  di....  (andarsene,  partire,  tornare, 
ecc.),  averne  desiderio  impaziente.  -  Non  se  ne  sve- 
nire :  di  cosa  0  persona  di  cui  non  abbiamo,  come 
uno  potrebbe  credere,  grande  smania.  -  Non  vedere 
l'ora,  ìwn  vedere  il  momento  che  avvenga  una 
cosa,  affrettarla  col  desiderio. 

Optare,  scegliere  tra  due  parti  od  uffici  che  si 
desiderano  e  si  possono  avere.  -  Sognare  una  cosa 
(figur.),  desiderarla  ardentemente  {Sogna  il  guerrier 
le  schiere,  le  selce  il  cacciator,  e  sogna  il  pescator 
le  reti  e  l'amor:  accennando  ai  desideri  secondo  la 
propria  natura).  -  Tirare  ad  una  cosa,  esserne  a- 
vido.  -  Vagare  col  desiderio,  dietro  al  desiderio,  a- 
verlo,  porvi  mente,  senza  riuscire  a  soddisfarlo  - 
Vagheggiare,  aspirare  con  desiderio  intenso  a  una 
cosa.  -  ^vagheggiare  un'idea,  pensare  con  desiderio 
0  con  soddisfazione  a  cosa  che  verrà. 

Far  desiderare.   —  Farsi  desiderare. 

Acuire,  aguzzare  il  desiderio,  renderlo  più  acuto, 
più  vivo:  eccitare,  incitare,  spronare.  -  Alleccor- 
nire,  allettare,  eccitare  i  desideri.  -  Destare,  sve- 
gliare, far  nascere,  suscitare.  -  Mettere  uno  in  suc- 
chio: in  desiderio  di  qualche  cosa. 

Far  cilecca,  mostrare  di  voler  dare  qualche  cosa 
ad  altri  e  non  darla;  farla  desiderare  inutilmente. 


PiEMOLi.  —   Vocabolario  Nomenclatore. 


54 


8oO 


DKSIDEROSAMKNTE 


accileccare,  far  astio,  far  baco  baco,  far  lima  lima  ; 
infinocchiare,  -  Far  gola  una  cosa,  indurre  desi- 
derio di  sé;  destare  appetito.  -  Far  sospirare  una 
cos%,  farla  desiderare  a  lungo  e,  spesso,  inutilmente. 
•  Far  vago  alcuno  d'una  cosa,  invaghirlo.  -  Ferire 
la  fantasia,  impressionare  per  gran  piacere,  gran 
de  iderio. 

Inuzzolire,  far  nascere  un  desiderio,  spesso  sem- 
plice, innocente,  e  a  volte  non  appagato.  -  Invo- 
gliare, far  venire  voglia,  desiderio  di  qualche 
cosa.  -  Tenere  uno  sulla  corda,  in  desiderio,  in  an- 
sia, ad  aspettare. 

Farsi  desiderare,  non  farsi  vedere  o  tardare, 
mentre  si  desidera  vederci  ;  anche,  mostrarsi  alieni 
da  una  cosa  perchè  ci  si  preghi  di  farla:  fare  il 
prezioso,  far  mille  storie,  un  monte  di  storie;  farla 
cascar  da  alto.  -  Lasciar  desiderio,  mollo  desiderio 
di  sé,  essere  molto  desiderati  ancora  dove  siamo 
stati;  aver  fatto  impressione  molto  gradita,  o  es- 
serci allontanati  con  gran  dispiacere  degli  altri, 
Anche,  di  persona  cara  che  venga  a  mancare. 

Soddisfare  us  desiderio  :  appagare,  accontentare, 
contentare,  far  contento,  soddisfare,  dare  soddi- 
sfazione; compiacere,  compiere,  compire;  con- 
cedere, condiscendere,  accondiscendere;  consentire 
(veggasi  a  consenso),  consolare,  dare  consola- 
zione; essere  arrendevole,  compiacente  -  Ca- 
varsi la  smania,  soddisfare  a  vivissima  bramosia: 
cavarsi,  levarsi  una  voglia.  -  Conseguire,  ottenere 
ciò  che  si  desidera.  -  Porre  in  pace  un  desiderio, 
calmarlo.  -  Prevenire  un  desiderio  d'  altri,  soddi- 
sfarlo prima  che  sia  manifestato.  -  Sbramare,  ca- 
var la  brama. 

Non  soddisfare.  —  Attaccare  le  voglie  al  chiodo, 
all'arpione,  alla  campanella  dell'uscio,  abbandonare 
l'idea  (non  potendo  soddisfarla,  se  ne  fa  a  meno); 
rinunziare  per  forza  a  qualche  diletto,  a  qualche 
onore,  ecc.  -  Deludere  (deluso),  render  vana  l'aspet- 
tazione, vano  il  desiderio  altrui  ;  venir  meno  alla 
speranza  fatta  concepire,  e  simili.  -  Fraudare  uno 
del  suo  desiderio,  far  che  non  sia  appagato.  -Im- 
brigliare un  desiderio,  frenarlo,  trattenerlo.  -  Net- 
tarsi la  bocca  (Hgur.  scherz.),  di  chi  resta  con  un 
desiderio  insoddisfatto.  -  Rimanere  con  la  voglia  in 
corpo,  col  desiderio  insoddisfatto.  -  Desiderio  inap- 
pagato, insoddisfatto,  veggasi  a  soddisfazióne. 


Desideràbile. 
Desiderato.  —  Desideratamente.  —  Desidekoso. 


Desiderabile,  che  si  può  o  si  deve  desiderare, 
degno  di  essere  desiderato,  da  desiderarsi  :  appe- 
tevole,  appetibile,  appetitoso;  concupiscibile;  de- 
siabile, desiderativo,  desiderevole  ;  ghiotto,  invidia- 
bile, piacevole  (veggasi  a  piacere).  -  Bocconcino, 
buon  boccone,  boccon  ghiotto,  pesca  monda,  cosa  de- 
siderabile. 

Desiderato,  pirtic.  e  agg.  di  cosa  o  persona  che 
sia  oggetto  di  desiderio  :  desiato,  disiato,  invocato, 
sognato,  sospirato  (desiderato  invano). 

Desideratamente,  con  desiderio  :  bramosamente, 
desiosamente.  -  A  braccia  aperte,  spalancate,  con 
gran  desiderio.  -  A  gloria,  quasi  impazientemente. 
-  Avidamente,  con  grande,  con  molto,  con  vivo  de- 
siderio :  avidamente,  con  occhio  ladro,  golosamente, 
ingluviosamente,  ingordamente,  insaziabilmente,  vo- 


gliosamente,   vogliolosamente,    voracemente,  vora- 
cissimamente. 

Desideroso,  che  ha  desiderio,  è  in  desiderio:  animato,, 
animoso,  aspirante  ;  bramante;  cùpido;  desioso,  di- 
sioso  (poet.)  ;  ghiotto,  inanimato,  indisiato,  intalen- 
tato, invogliato  ;  pronto  ;  voglievole,  voglioso,  vo- 
glioloso, volonteroso;  zelante.  -  Agognante,  deside- 
rosissimo, che  desidera  vivamente:  abbramato, 
anelante,  ardente,  assetato,  ebbro.  -  Ansioso,  che 
vive  in  gran  desiderio.  -  Aspirante,  chi  mira  a  ot- 
tenere una  data  carica  o  una  data  promozione.  - 
Avido,  eccessivamente  desideroso:  agognante,  ava- 
ro; bramante,  cùpido;  famelico,  famoso  (scherz.); 
focoso  ;  incontentabile,  ingordo,  insatollabile,  insa- 
ziabile; rabbioso,  sfondato,  sfondolato,  sitibondo, 
smanioso  ;  uccellatore,  ustoso  ;  vorace,  voracissimo. 
-  Febbricitante  (figur.),  agitato,  ansioso,  smanioso  di 
desiderio.  -  Impaziente,  desiderosissimo  di  qualche 
cosa  ;  chi  ha  fretta  di  vedere  appagati  i  propri  de- 
sideri :  senza  pazienza. 


Esclamazioni.  —  Locuzioni.  —  Proverbi. 


Alla  mandria  !...,  a  chi  si  mostra  trivialmente 
ingordo  e  avido.  -  Bella  cosa  I,  come  espressione  di 
gran  contento  o  desiderio.  -  Dio  voglia!,  modo  espri- 
mente desiderio  o  augurio  :  Dio  facesse  !  Dio  vo- 
lesse !  Piacesse,  piaccia  a  Dio  !  -  Magari  o  ma- 
gara!,  magari  Dio!,  esclamazione  che  esprime  af- 
fermazione di  probabilità,  o  augurio,  desiderio.  - 
Quanto  pagherei  I,  di  cosa  che  si  vorrebbe  secondo 
il  nostro  desiderio  (Quanto  pagherei  di  sapere,  di 
vedere,  ecc.). 

Secondo  il  cuore,  secondo  i  desideri,  i  gusti,  le 
inclinazioni.  -  Secondo  V intenzione  d'uno,  secondo  il 
tacito  desiderio  d'una  persona. 

Dio  gli  mantenga  lo  stomaco,  iron.,  a  persona  a- 
vida.  -  Far  come  i  topi  degli  speziali  che  leccano  i 
baràttoli,  a  chi  muore  su  una  cosa  che  non  può 
avere.  -  Gli  son  cresciuti  i  denti  (tìgur.),  di  persona 
avida  e  incontentabile.  -  Ha  la  voglia  dell'acqua  e 
gli  piace  il  vino,  di  chi  manifesta  voglie  che  non 
può  soddisfare.  -  Hoc  erat  in  votis  (lat.),  ciò  era 
desiderato,  era  nei  desideri  (di  chi  parla).  -  L'orso 
sogna  le  pere,  di  chi  parla  o  pensa  di  cose  che  lo 
attraggono.  -  Mangerebbe  chi  lo  fece,  di  chi  è  smo- 
dato nel  desiderare.  -  JVojì  esser  carne  per  i  tuoi, 
per  i  vostri,  per  i  miei  denti,  di  cosa  che  sia  troppo 
da  più  di  chi  la  desidera.  -  Saper  mtll'anni,  di  cosa 
che  si  desidera  ardentemente.  -  Se  ne  può  leccar  le 
dita  (iron.),  di  cosa  che  uno  desideri  inutilmente. 

Proverbi.  —  A  can  che  lecca  cenere  non  gli  fidar 
farina.  -  A  ogni  gran  sete  ogni  acqua  è  buona.  - 
Il  voto  (il  desiderio)  senza  l'opra  non  basta.  -  Chi 
troppo  desidera  niente  ottiene. 

Desiderosamente.  Veggasi  a  desiderare. 

Desideroso.  Chi  desidera,  è  in  desiderio. 

Designare  (designato).  Destinare,  indicare, 
fissare,  destinare,  stabilire  in  precedenza. 

Designazióne.  Il  designare. 

Desinare.  Il  mangiare  che  si  fa  più  copio- 
samente che  in  ogni  altro  pasto,  verso  mezzodì  o 
verso  sera,  secondo  le  abitudini,  e  sedendo  a  men- 
sa ;  il  maggiore  dei  pasti  giornalieri  :  disinare  (v. 
a.).  -  Desinaraccio  (peggior.),  cattivo  desinare.  -  De- 
sinarelto,  dimin.,  quasi  vezzegg.  di  desinare:  non 
dice  scarsezza,  come  dir.^bbe  desinaruccio,  né  tanta 
squisitezza,  come  potrebbe  dire  desinarino.  •  Desi- 


85i 


narino,  dimin.  di  desinare,  può  essere  più  ricer- 
cato. Iron.,  desinarino  salato,  avendolo  pagato  caro. 

-  Desinarone,  abbondante  desinare  e  di  lusso.  - 
Pranzo,  desinare  alquanto  lauto  anzi  che  no:  pran- 
dio (lat.).  -  Pranzetto,  pranzettino,  praììzuccio.  - 
Desinare  o  pranzo  semplice,  gustoso,  saporito,  di  fa- 
miglia ;  da  signori,  luculliano,  sardanapalesco,  ab- 
bondante, ricco,  fastoso 

Banchetto,  il  desinare,  il  pranzo  di  molti  in- 
sieme. -  Minestra  e  lesso:  desinare,  semplice,  fru- 
gale. -  Ordinario,  il  desinare  solito  di  tutti  i  gior- 
ni, sia  in  casa,  sia  all'osteria.  -  Rialto,  pranzo  più 
sontuoso  dell'ordinario,  che  si  fa  in  qualche  singo- 
'lare  occasione.  -  Rifreddi,  i  principii  dei  desinare. 

-  Rilievi,  gli  avanzi  del  desinare. 

Desinare  alla  crocetta,  lo  stesso  che  far  sequentia 
sancii  evangelii,  modo  basso,  d' uso  anche  in  Fi- 
renze, ma  più  specialmente  a  Pistoia,  dove  il  modo 
è  caro  al  popolo  per  il  giuoco  di  parole  originato 
dal  nome  d'un  colle,  non  molto  distante  dalla  città, 
detto  la  Crocetta.  -  Pranzare,  far  pranzo,  desinare, 
disinare  (v.  a.),  pràndere  (v.  a.). 

Essere,  arrivare  alle  frutta,  alla  fine  del  desinare, 
(]uando  si  mangiano  le  frutta.  -  Essere  all'insalata,  alla 
line  del  desinare.  -  Essere  un  Lucullo,  di  chi  fa 
desinari  con  molto  lusso.  -  Scroccare,  parlando 
del  mangiare  e  del  bere  :  farlo  a  spese  altrui;  man- 
giare a  scrocco. 

Foco  spento:  senza  desinare,  nulla  di  fatto.  - 
L'ora  della  pentola:  si  suol  dire  dal  popolo  per  l'ora 
del  desinare,  e  lo  scrisse  anche  il  Giusti.  -  Venite 
a  mangiar  meco  la  minestra,  un  boccone,  invitando 
a  desinare. 

Desinenza.  Terminazione  di  una  parola,  com- 
pimento di  un  verso  o  di  un  periodo. 

Desio,  desire  (desioso).  Veggasi  a  desiderio. 

Desistenza.  Il  desistere. 

Desistere  (desistenza,  desistito).  Non  andare  a- 
vanti  nel  fare  una  cosa  ;  astenersi  dal  farla  ;  ces- 
sare di  farla  ;  smettere,  mandale  a  monte.  - 
Ritirarsi  da  un'impresa.  -  Rinunciare  ad  un  jtro- 
2>osito,  ad  uno  scopo.  -  Distogliersi,  distorsi, 
finire. 

Desolare  (desolato).  Addolorare,  arrecar  do- 
lore. -  Di  patse,  disertare,  spopolare  (veggasi  a 
popolazione),  devastare,  distrttggere,  sac- 
cheggiare. 

Desolazióne.  Il  desolare,  atto  ed  effetto.  - 
Stato  óièWanimo  desolato,  addolorato.  -  Il  dolore 
che  non  dà  luogo  a  consolazione. 

Desossigenazione.  Veggasi  a  ossigeno. 

Dèspota  (despòtico).  Principe  assoluto;  monarca 
che  governa  con  autorità  arbitraria  ;  tiranno;  au- 
tocrate. Ora  lo  czar,  ossia  l'imperatore  di  Russia, 
è  la  più  viva  espressione  materiata  dell'assolutismo 
e  del  despotismo.  -  Robespierre,  il  despota  per  an- 
tonomasia. -  Dicesi  pure  dèspota  chiunque  coman- 
di, possa  comandare  con  prepotenza.  -  Titolo 
dei  governatori  vassalli  dell'impero  bizantino  e 
turco  -  Per  similitud.,  oppressore,  chi  esercita  op- 
pressione. 

Despótico,  dispòtico,  di  o  da  dèspota,  di  despo- 
tismo :  autoritario,  autocratico,  draconiano,  tiran- 
nico. -  Dispoticamente,  da  dèspota,  in  modo  despó- 
tico, dispòtico;  autocraticamente,  autoritariamente, 
dispoticamente. 

Despotismo,  il  governo  assoluto  di  uno  solo: 
assolutismo,  autorità  assoluta,  despòtica,  dispòtica, 
limitata;  cesarismo^  czarismo;  dispotismo,  domi- 
io  assoluto  ;  maniera   dispòtica  ;   monarchia  asso- 


luta; onnivolere;  ordine  assoluto;  possanza  dispò- 
tica ;  sovranità  di  balia;  ttrawma,  tirannide.  •  De- 
spolìa.  Stato  con  governo  arbitrario,  dispotico.  - 
Despotismo  illuminato  :  si  chiamò  cosi  il  governo  di 
Napoleone. 

Pretoriani  (figur.),  satelliti  armati  di  qualche  au- 
torità dispotica. 

Despotismo.  L'autorità  del  dèspota;  go- 
verno assoluto. 

Desquamazióne.  Effetto  di  certe  malattie 
di'lla  pelle.  -  Operazione  di  farmacia. 

Dessiografia.  Lo  scrivere  da  sinistra  a  de- 
stra. 

Desso  (agg.  pronom.).  Quello  .stesso,  quel  pro- 
prio (di  persona  e  di  cosa):  idéntico. 

Destare  (destato).  Lo  svegliare  dal  sonno. 
Figur.,  eccitare,  incitare,  invogliare,  suscitire. 
-yjes^arst,  svegliarsi  dal  sonno;  finir  di  dormire. 
Figur.,  eccitarsi,  invogliarsi,  concepire  un  desi- 
derio, un  affetto,  una  2>fis.Hione,  esserne  soprap- 
preso.  ^    ^ 

Destinare,  destinazióne  {destinato).  Veggasi 
a  stabilire. 
Destinatamente.  Per  destino. 

Destinatario.  La  persona  alla  quale  si  deve 
dare  una  cosa,  alla  quale  è  diretta  una  merce  in 
viaggio,  ecc.  ;  chi  deve  ricevere. 

Destinato.  Dicesi  di  persona  alla  quaje  è  ri- 
serbata una  data  sorte.  -  In  linguaggio  burocratico, 
veggasi  a  impiegato. 

Destinazióne.  Veggasi  a  destino  %  a  im- 
piegato. -  Nell'uso,  luogo  nel  quale  una  cosa  o 
una  persona  deve  condursi. 

Destino  {di'^Unare,  destinato).  Quanto,  in  vario 
modo  secondo  le  varie  credenze,  è  occulto  ordina- 
mento di  Dio;  tutto  quanto  avviene  all'uomo  e  in 
cui  non  entri  e  non  si  conosca  la  volontà  degli 
altri,  né  la  sua;  sorte,  ventura,  fortuna;  fato 
(plur.,  fata),  stella.  Anche,  necessità,  cosa  che 
non  si  può  sfuggire  o  impedire.  Dicesi  pure  dei 
grandi  eventi  e  dei  paesi  (/  di'xtini  d'Italin.  ecc.).  Il 
destino  astrolofi/co,  attribuito  ai  Caldei,  derivò  dal 
concetto  che  tutto  sia  irrevocabilmente  predisposto 
dagli  astri.  Il  destino  cristiano  e  inteso  solo  come 
provvidenza  divina.  -  /)('.<//»o  panlcisUco  o  spino- 
siano,  quello  fondato  sul  concetto  del  tutto-dio.  - 
Destino  stoico,  quello  che  sta  di  mezzo  fra  il  prin- 
cipio del  destino  assoluto,  cieco,  irragionevole,  e 
quello  relativo  -  A  nani,- e,  destino,  fatalità,  necessità, 
violenza:  voce  che  ricorre  talvolta  negli  scritti  mo- 
derni. Es.,  nei  Miserabili  di  V.  Hugo.  -  Fatalità., 
necessita  del  destino,  il  destino  stesso;  cosa  sini- 
stra e  creduta  inevitabile.  -  Legge,  decreto  del  de- 
stino, la  ragione,  il  perchè  presunto  di  certi  avve- 
nimenti. 

Destino,  dio  allegorico,  che  si  disse  nato  dal 
caos:  si  rappresenta  col  globo  terrestre  sotto  1 
piedi  e  in  mano  l'urna  in  cui  si  rinchiudono  le 
sorti  dei  mortali.  -  Esa,  il  destino.  -  Fato,  nella 
mitologia,  il  potere  occulto  che  regola  i  casi  degli 
uomini,  senza  che  questi  possano  ribel larvisi.  - 
Nass/b,  destino  presso  i  Musulmani.  -  Nome,  Par- 
che della  mitologia  nordica:  Urd  (il  passato).  Ver- 
dandi{\]  presente),  Scud  (l'avvenire);  presiedevano 
alia  vita  e  alla  morte;  filavano  e  tessevano  la  tela 
del  destino  -  Parche,  figlie  dell'Averno  e  della 
Notte  :  si  chiamavano  Cloto,  l.achesi.  Atropo.  La  vita 
degli  uomini  veniva  da  esse  filata.  Cloto  teneva  la 
conocchia,  Lachesi  ritirava  il  fuso  e  Atropo  ta- 
gliava il  filo. 


8?!2 


DESTITUIBE 


DETERMINATKZZA 


Fatale,  di  quanto  (avvemnìenlo,  ecc.),  si  crede 
inflitto  dal  Fato,  e  jpecialmenle  in  danno  :  desti- 
nato, che  non  può  non  essere,  non  accadere.  An- 
che/mortifero, /wwesfo,  infausto,  netasto.  -  Fata- 
lismo, dottrina  che  vede  solo  il  fato  negli  avveni- 
menti umani.  •  Fatalista,  chi  crede  al  fatalismo.  - 
Fatalmente,  in  modo  fatale;  disgraziatamente,  ine- 
vitabilmente :  veggasi  a  dif-gvdzia  e  ad  evitare. 

Oì acoli  del  dest'itio,  predizioni  che  lo  rivelavano. 
Oròscoiìo,  presunta  notizia  del  destino  di  una 
persona.  -  t^^vpralapsorio,  partigiano  d'una  sorta  di 
predestinazione,  in  teologia.  -  Vaticinatore,  inilo- 
viTìO  delle  sorti  future. 

Destinare,  impers.,  specialm.  di  Dio,  di  chi  go- 
verna le  nostre  cose  (il  cielo  ha  destinato  cosi;  era 
destinato,  non  era  destinalo;  se  saia  destinato). 
E  destinazione  l'atto  e  l'effetto  del  destinare.  - 
Essere  nei  fati,  scritto  nei  fati,  in  cielo  destinalo  (è 
scritto  cosi).  ■  Leggere,  vedere  nel  libro  del  destino, 
prevedere  quel  che  sarà,  iììdoviitare.  Predesti- 
nare, destinare  avanti,  prestabilire.  edeslnm- 
tivo,  atto  a  predestinare  ;  predestinazion  il  prede- 
stinare, l'essere  predestinato;  anche,  p  dizióne. 
-  Seguire,  segvilare  la  propria  stella,  il  oprio  de- 
stino.  -  Vaticinar<!  {vottcinio),  predire  i  >  estini. 

DestinatavKvte,  per  destmo,  in  forza  di  q)ianlo 
è  destinato,  cerne  era  destino  :  fatalmente,  fatata- 
mente. -  Destinato,  partic.  e  aggiunto  di  persona 
alla  quale  sia  riserl  ata  una  data  sorte:  nato,  pre- 
destinato, sortito.  -  Predestinato,  prestabilito. 

CU  ha  da  esser  facchino  nasce  col  cercine  in  capo: 
ognuno  ha  il  suo  destino.  -  Fata  vùm  invenient 
(Ist.)  i  fati  troveranno  la  via.  -  Habtnt  sua  fata 
owwia  (lat.),  tutte  le  cose  hanno  il  loro  destino. 

Destituire,  destituzióiie  {destituito)  Il  de- 
porre persona  da  un  inì^nego,  da  una  carica, 
da  un  ufficio,  periiiisura  di  castip:  cassare  (non 
US.)  ;  dar  lo  sbalzo,  dimettere,  disimpegnare,  di- 
spensare, esonerare  dalla  carica,  ecc.  ;  levare,  sbal- 
zare, licevziare,  mettere  a  dormire,  metlere  a  se- 
dere, mettere  in  disponibilità;  privare  dell'impiego, 
d'impiego;  sdottorare;  spogliale  delia  dignità;  to- 
gliere la  carica,  l'impiego,  ecc.  -  Destituito,  colui  al 
quale  fu  inflitta  la  destituzione  ;  dimesso,  allonta- 
nato dall'ufficio,  rimosse.  In  foima  di  fgg.  e  rife- 
rito a  qualità,  significa  essere  privo,  mancante, 
mancare.  -  Destitvzione,  l'atto  col  quale  un  uffi 
ciale,  un  funzionario  dello  Stato,  viene,  per  gravis- 
sime cause,  privato  dell'impiego  e  della  carica:  de- 
posizione, dispensa  dal  servizio,  privazione,  r;mo- 
2Ìone  dal  grado  e  dall'impiego. 

Désto.  Sveglio,  che  non  dorme:  veggasi  &  sve- 
gliare. 

Destra.  la  mano  situata  dalla  parte  del  fe- 
gato. -  Parte,  lato  della  mano  destra  -  Alzana  o 
altra  fune  d'una  nave.  -  In  senso  politico,  il  par- 
tito degli  stazionari  e  dei  retrogradi:  veggasi  a 
rorìomento.  -  Desti  are,  mettere  alla  destra. 

Destramente.  Agilmente,  con  agilità;  abil- 
nitnte,  in  modo  abile. 

Destreggiare,  destreggiarsi  {destreggiato). 
Usare  destrezza. 

Destrezza.  L'essere  destro,  ossia  agile  di  mem- 
bra, svelto,  dotato  di  agilità;  disciollo,  pronto, 
sciolto  (delle  membra),  snello,  vispo;  anche,  essere 
accorto,  ftirbo,  sagace  ;  cosi  pure,  abile,  atto, 
idoneo  a  fare  checchessia.  -  Desti  amente,  da  de- 
stro, con  destrezza.  -  \Destreggiamento,  il  destreg- 
giare, il  destreggiarsi,  atto  ed  effetto. 

Destreggiare,    usare    destrezza,    fare    checchessia 


con  accorgimento  (e  destreggiarsi,  propriam.,  inge- 
gnarsi destramente  di  evitare  un  danno  o  un  peri- 
colo) :  adattare  e  vele  secondo  il  vento,  andar  de- 
stro, arteggiarsi  ;  barcamenare,  barcamenarsi,  bar- 
cheggicre  ;  dar  dove  un  calcio  e  dove  un  pugno  ;  de- 
strare  (non  us.);  hr  due  parti  in  commedia;  mar- 
ciar bene  con  ambe  le  parti  (Senese)  ;  navigare 
tra  due  acque;  sbarcare,  secondare  l'onda  corrente, 
stare  a  cavallo  in  sul  fosso;  tenere  il  piede  in  due 
staffe;  tergiveisare;  usare  astuzia;  volpeggiare, 
volteggiare.  -  Desti eggiatore,  chi  si  sa  destreg- 
giare. 

Aiace  figliuolo  d'  Oileo,  uno  dei  principi  greci 
che  andarono  all'assedio  di  Troia  :  era  tanto  destro 
nella  p<itona,  da  non  avere  pari  in  tutto  l'e- 
sercito. 

Destriere,  destriero.  Veggasi  a  cavallo. 

Destrina.  Specie  di  gemma  artificiale. 

Dèstro.  Che  ha  destrezza.  •  Che  sta  dalla 
parte  destra.  -  Aggiunta  di  braccio  e  di  mano, 
lo  stesso  che  destra;  diritto,  dritto,  ritto. 

Dèstro.  Punto  di  tempo  comodo  a  operare  chec- 
chessia; occasione  favorevole;  opportunità. 

Dcstrofomiio.  Combinazione  dell'aldeide  for- 
mica con  la  destrina:  poh  ere  bianca  inodora  e 
il  sipida,  solubile  nell'acqua,  insolubile  nell'alcool. 

Destrogiro.  Detto  a  polarizzazione. 

Destrosio.  Zucchero  A'uva. 

Desumere  {desunto,  desunzione).  Cavare,  trarre 
una  ragione,  una  nctizia  e  simili.  -  Dedurre. 

-  Desumibile,  che  si  può  desumere. 

Detei  ere  {detenuto,  detenzione^.  Tener  prìgioTìe, 
in  jjrigione.  -  Tenere  presso  di  sé  cosa  vietata. 

-  Detentore,  chi  detiene  una  cosa.  -  Detenuto,  chi  é 
prigioniero,  in  prigione.  -  Detenzione,  il  detenere  : 
prigionia. 

Detèrgere  {detergente,  detersione,  detersivo,  de- 
tergo). Lo  stesso  che  lavare,  nettare,  pulire. 

Deteriorare  {deterioramento,  deteriorato)  Gua- 
stare, cagionare  guasto;  dannaggiare,  recar  dan- 
no a  qualche  cosa;  peggiorare,  rendere  j^cgrgriore. 

Determinare  {determinabile,  determinativo,  de- 
terminato; detei  nnnatezza,  determinazione).  Segnare 
i  termini,  i  contini,  il  confine  di  checchessia: 
precisare.  -  Decretare,  far  decreto  su  alcunché, 
definire  una  quistione,  stabilire.  -  Cagionare,  es- 
sere causa,  produrre  per  effetto.  •  Fermare  nel- 
l'animo, decidere,  deliberare.  -  Impostare  un 
problema:  delineare.  -  Distinguere.  -  Decidere, 
dar  la  spinta,  indurre  una  persona  a  fare  una 
cosa.  -  Detei  mindbile,  che  si  può  determinare,  pre- 
cisare. Contr  ,  indeterminabile,  indefinibile  :  un  non 
so  che.  -  Detei mivatamente,  assegnatamente,  delibe- 
ratamente; con  deteiminazione;  limitativamente,  no- 
minatamente, per  l'appunto,  precisamente,  tassati- 
vamente. Contr.,  indeterminatamente,  indefinitiva- 
mente.  -  Delerminativo,  che  detei  mina  o  serve  a  de- 
terminare. -  Detei  minato,  stabilito,  e  si  dice  special- 
mente di  cosa  che  non  si  intenda  spiegare:  co- 
tante, cotale,  tale.  -  Contr.,  indeterminato,  inco- 
gnito, infinito,  indistinto. 

Determinatezza,  l'essere  determinato,  risoluto: 
risolutezza.  Contr.,  indeterminatezza,  indefinitezza. 
•  Determinazióne,  il  determinare,  il  deliberare: 
determinazione;  indicazione  esatta  dei  termini  di 
una  quistioìie  ;  risoluzione. 

Determinatamente.  Avverbio  da  detei'mi- 
nare. 

Determinatezza,  determinazióne.  Veggasi 
a  determinare. 


DETERMINATIVO   —    DIACONALE 


853 


Determinativo.  Atto  a  determinare. 

Determinismo  (deterministico j.  Sistema  di  fi- 
losofia. 

Detersivo.  Atto  a  lavare,  a  jyìdire.  Partico- 
larmente, dicesi  dei  prodotti  farmaceutici,  o  indu- 
striali, capaci  di  nettare  la  superlicie  cutanea  o  mu- 
cosa dal  sevo  cutaneo  o  dal  muco.  I  migliori  de- 
tersivi sono  gii  alcalini  e  i  saponi. 

Detestare  [detestàbile,  detestato,  detestazióne). 
Odiare,  avere  in  odio. 

Detonante.  Che  rumoreggia  nello  scoppio: 
vejfgasi  ad  esplosivo. 

Detonare  (detonante,  detonato,  detonazione).  Ru- 
moreggiare nello  scoppio,  nell'esplosione. 

Detonazione.  Rumore  dell'esplosione,  dello 
scoppio. 

Detrarre  {detratto,  detrazione).  Levare,  to' 
gliere  alcuna  parte  dal  tutto  :  sottrarre.  -  Dir 
male,  far  maldicenza,  sparlare,  diffamare,  com- 
mettere diffamazione. 

Detrattore,  detrazióne.   Veggasi   a  diffa- 
mazióne. 
Detrimento.  Pregiudizio,  danìw. 
Detj-ito.  Residuo,  avanzo,  per  lo   più,   di  cosa, 
rotta:  rottame.  Lat.,  detritus:  veggasi  a  distru- 
zióne. 

Detronizzare    (detronizzato).    Buttar   giù   dal 
trono,  privare  del  trono,  del  regno.  Figur.,  e  per 
eslens.,  spodestare,  togliere  il  potere,  l'autorità. 
Detrusòrio.  Detto  a  gola. 
Détta.  Ciò  che  altri  dice  :  veggasi  a  dire. 
Dettagliare  (dettagliato,  dettaglio).  Francesismo 
per  particolareggiare,  circostanziare,   dire  mi- 
nutamente, per  filo  e  per  segno.  Nel  linguaggio  di 
bottega  e  del  commerciOf  trafficare,  vendere  al 
minuto,  in  piccole  quantità. 
Dettame.  Insegnamento,  precetto. 
Dettare  (dettato,  dettatura).  Dire  parole,  perchè 
altri  le  abbia  a  scrivere.  -  Insegnare,  sagge- 
ìnre.  -  Imporre,   riferito    a  comando,   a    ordine, 
a  patto.  -  Dettato,  la  cosa   dettata.  Anche,  detto 
proverbiale.   -   Dettatura,   il   dettare,   l'azione  del 
dettare,  dettamento,  dettazione  (v.   a.),   e   la   cosa 
stessa  dettata. 

Dettato.  Particip.  pass,  di  dettare.  Sostanti- 
vain.,  detto,  motto  proverbiale  ;  dettame,  insegna- 
mento, precetto.  -  Elocuzione,  stile. 

Dótto.  Modo  di  dire.  -  Aforisma,  aforismo  ; 
apoftegma,  assioma,  motto,  parola,  proverbio, 
sentenza. 

Detumescenza.  Risoluzione  d'una  gonfiezza 
(tumefazione)  qualsiasi. 

Deturpare,  deturpazióne  (deturpato).  Ren- 
dere brutto,  recar  guasto,  sconciare.  -  Conta- 
minare. 

Deuterocanònico.  Aggiunto  di  libri  della 
Bibbia. 

Deuteronòmio.  Un  libro  della  Bibbia,  il 
quinto  di  Mosè. 
Deuteropatla.  Veggasi  a  malattia. 
Devastare  (devastato,  devastazione).  Guastare, 
recar  guasto,  rovina,  detto  specialmente  di  luo- 
ghi coltivati  e  abitati,  anche  per  effetto  di  incen- 
dio, di  teirr emoto,  di  uragano,  di  grandine 
e  di  altri  fenomeni  meteorologici  :  conquassare,  cor- 
rere un  paese  ;  dare  il  guasto,  fare  il  guasto,  me- 
nare a  guasto;  desolare,  disertare,  dispopolare;  <Z*- 
struggere ;  fare  man  bassa;  fare  una  scorreria,  una 
scorribanda,  una  razzia  (v.  d'uso)  ;  malmeggiare, 
malmenare,  menar  rovina,  mettere  a  ferro  e  a  fiam- 


I 


ma,  a  ferro  e  a  fuoco;  mettere  a  soqquadro,  met- 
tere in  rovina;  mettere,  volgere  sottosopra  ;  saccheg- 
giare, sconquassare,  sovvertire,  spianare  le  case; 
spopolare  un  paese;  sterminare.  -  Devastato,  di- 
s'T,lo,  disfatto,  rovinato,  sterminato.  -  Devastatore, 
chi  o  che  devasta:  depopulatore,  disertatore,  di- 
.>>l/uttore,  sterminatore.  -  Damstazione,  il  devastare, 
l'elletlo  dell'  opera  devastatrice  :  danno,  desola- 
mento, desolazione,  disertazione,  distruzione;  ester- 
minamento,  esterminazione,esterminio;  guastaraento, 
saccheggio,  sciupinio,  sterm inamento,  stermina- 
zione, sterminio;  vastazione. 
Devastazióne.  Il  devastare. 
Devenire  (devenuto).  Procedere  in  modo  con- 
clusivo a  fare  checchessia;  venire  a  conclu- 
sione. 

Deviare  (deviamento,  deviato,  deviazione).  To- 
gliere cose  (es.,  un  fiume)  o  persone  dal  loro  corso 
normale:  sviare,  di  vertere,  distogliere,  stornare. 
-  Allontanarsi,  uscire  dalla  via  (del  dovere,  dell'o- 
nestà, dell'onore,  ecc.):  aberrare,  fuorviare,  sviarsi  ; 
cadere  in  errore,  in  colpa,  pervertirsi.  -  infràn- 
gere, rinfrangere,  veggasi  a  rifrazione.  -  Deoia- 
mento,  deviazione,  atto  ed  effetto  del  deviare  ;  spo- 
stamento di  corpi  dal  piano  o  dalla  linea  normale, 
0  per  di  tetto  o  per  arte.  -  Deviazione  organica,  mo- 
struosità :  veggasi  a  mostro. 

Deviatore.  Chi,  in  ferrovia,  attende  agli 
scambi. 
Devoluzióne.  Il  devolvere  e  il  devolversi. 
Devòlvere  (devoluto,  devoluzione).  Volgere,  ver- 
sare, detto  specialmente  di  fiume.  -  Far  passare 
alcuna  cosa  (denaro,  diritto,  doìninio,  eredità, 
ecc.)   da  una  ad  altra  persona. 

Devòlversi   (devoluto,    devoluzione).    Il  passare 
(denaro,    diritto,   dominio,   eredità,   ecc.)    da    una 
persona  all'altra. 
Devoniano.  Detto  a  geologia. 
Devoto.  Chi  ha  devozione,  è  ligio. 
Devozióne.  Vaffetto  reverente,  il   rispetto 
affettuoso:  ossequio. 
Di  (lat.,  dies).  Il  giorno. 
Dia  (dea).  Veggasi  a  Divinità. 
Diabéte  (diabetico).  Voce  medica   generica  con 
la  quale  si  designano   molte   malattie,   distinte  da 
alcuni  caratteri  comuni  :  eccesso  della  sete  e  della 
fame;  gran  copia  d'orina,  spesso  contenente  materia 
zuccherina  e  corrotta  nella  sua  composizione  chi- 
mica; cachessia   consuntiva  che   conduce   a   lenta 
fine.  -  Antidiabètico,  rimedio  contro  il  diabete.  Tali: 
l'acido   gliconico,    il   glicogeno,   il  glicosolveol,    il 
fermento  d'uva,  il  lievito  di  birra,  ecc.  -  Diabètico, 
di    diabete  ;    chi    è  affetto  da  diabete.  -  Diabetina, 
medicamento    proposto   in    sostituzione   degli   ali- 
menti saccarini  o  amilacei,  pei  diabetici.    -  Diabe- 
tometro,  modificazione  del  polarimetro  :   istrumento 
fatto  per  osservare  le  tracce  di   zucchero  nelle  o- 
rine  e  fissarne  le  proporzioni.  •  Zucchero  diabetico, 
lo  zucchero  prodotto  da  chi  è  affetto  da  diabete. 

Diabolicamente,  diabòlico.  Veggasi  a  dior 
volo  e  a  detnonio. 
Diacartamo.  Sorta  di  elettuario. 
Diacatollco.  Antico  purgante. 
Diacciaia.  Ghiacciaia,  serbatoio  di  ghiaccio. 
Diacciare  (diacciato).  Diventar  ghiaccio. 
Diaccio.  Aggett.  e  sostantiv.,  ghiaccio. 
Diacciuolo.    Ghiaccinolo.  -  Che  fa  (si  spezza, 
si  stritola)  come  il  ghiaccio. 
Diacodio.  Veggasi  a  papavero. 
Diaconale.  Di  diàcono. 


854 


DIACONATO    —    DIALETTO 


Diaconato.  Grado  del  diacono. 

Diaconessa.  Veggasi  a  Chiesa,  pag.  530,  pri- 
ma colonna. 

Diaconia,  Cappella  in  ciascuna  sezione  di  Roma, 
amministrala  da  un  cardinale  diacono. 

Diacònico.  Luogo  vicino  alla  Chiesa,  ora  sa- 
grestia. -  Nella  Chiesa  greca,  libro  di  preghiere. 

-  Luogo  ove  seggono  i  cardinali,  a  destra  e  a  si- 
nistra del  papa. 

Diàcono.  Chi  ha  ricevuto  il  secondo  degli  or- 
dini sacri  :  sacerdote  che  celebra   certe  funzioni, 

-  Levili,  nella  Chiesa  cattolica,  i  diaconi.  -  Proto- 
diàcono, primo  diacono  d'un  monastero.  -  Suddia- 
cono, chi  è  investito  del  suddiaconato,  ordine  eccle- 
siastico che  precede  immediatamente  il  diaconato, 
ed  é  il  primo  degli  ordini  sacri. 

Diaconato,  il  secondo  degli  ordini  sacri. 

Dalmatica,  paramento,  fatto  a  modo  di  tonaca  (to- 
nicella,  tonacella)  dei  diacono  e  del  suddiacono.  E 
ilnlmalicatus,  un  tempo,  chi  la  portava. 

Diàcope.  In  grammatica,  stroncamento  delle 
lettere. 

Diacrisì.  Veggasi  a  malattia. 

Diacùstlca.  Detto  a  suono. 

Diade.  Detto  a  molecola. 

Diadèlfla.  Detto  a   botanica  (classificazioni). 

Diadèma.  Serto,  corona.  -  Nome  d'un  mam- 
mifero della  famiglia  degli  indri,  detto  anche  prò- 
piteco  diadema,  perchè  ha  una  specie  di  mezzaluna 
bianca  sulla  fronte.  -  Genere  di  crostacei  cirripedi: 
veggasi  a  crostaceo.  -  Genere  di  insetti  lepi- 
dotteri. 

Diadosi.  Decrescimento  di  una  malattia.  - 
Distribuzione  delle  sostanze  nutrienti  nel  corpo. 

Diados.%ìa.  Cambiamento  di  una  malattia  in 
un'altra. 

Diafanità.  L'essere  diàfano. 

Diàfano.  Il  corpo  trasparente.  -  Diactinismo, 
la  proprietà  che  hanno  i  corpi  opachi  di  divenire 
diàfani  per  i  raggi  chimicamente  attivi.  -  Diafano- 
metro,  apparecchio  di  De  Saussure  per  valutare  le 
'ifferenze  della  diafanità  dell'atmosfera  in  tempi 
cii/ersi. 

Diafisi.  Veggasi  ad  osso. 

Diafonia  {diafonico).  Detto  a  musica. 

Diafora.  Figura  retorica:  ripetizione  di  una 
parolju 

Diaforèsi  {diaforètico).  Traspirazione,  sudore. 

Diaforètico.  Rimedio  per  provocare  il  su- 
dore; e  antidiafoì^etico  quello  contro  il  sudore. 

Diaframma  {diaframmàtico).  Largo  muscolo 
situato  trasversalmente  fra  il  torace  e  l'addome: 
diafragma,  tramezzo.  -  Anello  diaframmatico,  aper- 
tura quadrangolare  per  il  passaggio  dalla  vena  cava 
inferiore  attraverso  il  diaframma.  Altre  aperture  : 
quelle  per  V esofago,  per  il  nervo  pneumo-gastrico, 
per  l'aorta,  per  la  vena  azigos  e  il  condotto  tora- 
cico. -  Centro  frenico,  centro  del  diaframma,  for- 
mato da  un'aponeurosi  tribolata  e  spessa.  -  Frenico, 
che  si  riferisce  al  diaframma  {arterie,  centro,  nervo). 

Diaframmatocele,  ernia  diaframmatica.  -  Frenile, 
intìammazione  del  diaframma.  -  Par af renitide,  in- 
fiammazione del  diaframma.  -  Premilo,  contrazione 
del  diaframma. 

Diaframma.  Divisione  messa  fra  più  cose  o 
parti  0  cavità.  -  Anello  del  tubo  del  cannocchiale 
che  esclude  dal  rampo  i  raggi  estremi  mal  rifratti 
e  lascia  passare  i  centrali  senza  iride.  -  Il  vaso  po- 
roso della  pila.  -  Chicanes,  nel  linguaggio  dei  mec- 
canici, certi  piccoli    diaframmi    che   non  chiudono 


del  tutto  e  servono  a  produrre  moti  speciali  in  una 
corrente  liquida  o  gassosa.  -  Diaframma  telefonico, 
veggasi  a  telefono. 

Diagliflca,  diagrlipti.  Veggasi  a  incisione. 

Diàgnosi  {diagnòstico).  Esame  dei  caratteri  di 
una  tnalaftia.  -  Diagnosdcare  {diagnosticato),  fare 
la  diagnosi.  -  Diagnòstico,  di  diagnosi,  relativo  alla 
diagnosi. 

Ascoltazióne,  applicazione,  mediata  o  immediata, 
dell'orecchio  sopra  determinati  punti  della  super- 
ficie del  corpo,  allo  scopo  di  percepire  rumori  che 
in  esso  hanno  luogo  e  dal  loro  carattere  indurre 
quale  debba  essere  lo  stato  fisico  delle  parti.  - 
Veggasi  anche  a  gravidanza.  -  Dinamoscopia,  ge- 
nere particolare  di  ascoltazione,  col  quale  si  per- 
cepiscono dei  rumori  in  quasi  tutte  le  parti  del 
corpo,  introducendo  l'estremità  di  un  dito  dell'am- 
malato neir  orecchio  dell'  ascoltatore.  Stetoscopio, 
istrumento  medico  usato  nelle  diagnosi  per  fare  l'a- 
scoltazione diretta:  tubo  di  legno  o  di  metallo,  che 
si  usa  come  una  tromba  acustica,  applicando  sulla 
regione  da  ascoltare  la  parte  a  cono,  mentre  sul- 
l'altra, appinttita  (padiglione),  si  adatta  l'orecchio 
dell'esaminatore. 

Dìag-òmetro.  Veggasi  ad  olio. 

Diagonale  {linea  diagoiale).  Linea  retta  che 
divide  trasversalmente  ogni  figura;  che  congiunge 
due  angoli  non  contigui  di  una  stessa  figura.  - 
Bradi idiagonale,  la  diagonale  minore  in  un  rombo. 
-  Schiancio,  diagonale  del  quadro  :  scancio,  stian- 
ciano,  stiancio.  -  Diagonalmente,  per  via,  in  modo, 
in  linea  diagonale,  obliquamente:  veggasi  ad  o- 
bliquo. 

Diagramma.  Linea  con  la  quale  si  rappre- 
senta l'andamento  di  un  fenomeno  fisico,  mecca- 
nico, matematico  :  l'uso  è  assai  esteso  nelle  scienze 
pure  e  nelle  applicate. 

Dialemma.  Detto  a  febbre. 

Dialettale.  Di  dialetto. 

Dialèttica  {dmlèttico).  L'arte  e  la  forza  di  ra- 
gionare e  di  argomentare  :  parte  della  logica.  - 
Dialetticamente,  per  via  di  dialettica.  -  Dialettico,  di 
dialettica,  versato  nella  dialettica. 

Agonistica,  arte  speciale  degli  antichi  dialettici, 
consistente  in  varie  dispute  sostenute  da  una  parte 
e  dall'altra.  Dividevasi  in  endictica  e  analreptica.  - 
Anatreptica,  parte  dell'agonistica  avente  per  iscopo 
di  rovesciare  una  proposizione.  -  Apodittica,  arte 
speciale  della  dialettica  diretta  allo  scopo  di  con- 
fermare la  verità.  -  Apologetica,  arte  della  dialettica 
diretta  specialmente  allo  scopo  di  difendere  la 
verità. 

Dilemìna,  argomentazione  composta  di  due  pro- 
posizioni {corna  del  dilemma)  contrarie,  in  cui  si 
tenta  stringere  l'avversario  senza  dargli  speranza  di 
uscita:  argomento  cornuto.  -  Eleutica,  una  delle 
arti  speciali  della  dialettica  che  ha  per  iscopo  la 
confutazione  dell'errore.  -  Luoghi  comuni,  paralo- 
gismo, porismo,  ritorsione,  ecc.,  veggasi  ad  argo- 
mentazione. 

Ostetricia,  speciale  arte  della  dialettica  ginnastica, 
che  mira  a  cavare  con  opportune  interrogazioni,  da 
coloro  coi  quali  si  disputa,  ciò  che  sanno  solo  im- 
plicitamente. -  Prolessi,  figura  con  la  quale  si  pre- 
vengono le  obbiezioni  all'avversario.  -  Tòpica,  parte 
della  dialettica  che  insegna  a  trovare  gli  argomenti. 
Tòpico,  di  tòpica,  della  tòpica. 

Dialetto  {dialettale).  La  lingua  speciale  d'un 
paese,  rispettto  alla  lingua  comune:  lingua  verna- 
cola, vernacolo.  Dialetto   milanese,  piemontese,  li- 


DIALKTTDLOGIA    —    DIAMANTE 


fc'ure,  veneziano,  toscano,  romanesco,  ecc.  Dialetti 
antichi  :  l'af/ico,  il  dorico,  l'eolico,  ecc.  -  Dialettale, 
di  0  da  dialetto  (frasi,  forme  dialettali,  ecc.).  - 
Dialettologia,  scienza  che  studia  i  dialetti  nelle  loro 
analogie  e  den\&z\om.-  Dialettologo,  studioso,  dotto 
nella  dialettologia.  -  Folk-lore  (ingl.,  erudizione, 
studio  del  popolo),  ramo  della  letteratura  che  tratta 
delie  particolarità  di  un  popolo,  delle  sue  leggende, 
delle  sue  tradizioni,  de'  suoi  proverbi,  del  suo  lin- 
guaggio, delia  sua  poesia,  de'  suoi  costumi,  di 
quanto  insomma  lo  riguarda  :  frane,  folkore.  E  da 
noi  folclorista  chi  si  occupa  di  tale  studio.  -  Idio- 
tico (dizionario  dialettale,  ecc.).  -  lonadattico,  d'un  par- 
lare in  gergo  familiare,  col  quale  si  dà  un  nome 
diverso  alle  cose,  deducendolo  dal  capriccio,  dal- 
l'affinità 0  dal  significato  stesso  della  cosa.  -  Poeti 
vernacoli,  quelli  che,  in\ece  della  lingua  nazionale, 
adoperano  il  dialetto. 

Parlata,  il  modo  proprio  di  pronunciare  d'una 
città,  d'una  provincia.  -  Patois,  dialetto,  vernacolo, 
vocabolo  francese  comune  fra  noi.  -  Romanesco, 
l'odierno  dialetto  di  Roma.  -  Romanismo,  locuzione 
propria  del  dialetto  romanesco  portata  nella  lingua 
italiana.  -  Suddialetto,  sottodialetto.  -  Vernacolo,  ciò 
che  è  proprio  di  un  dato  paese,  specialmente  il  dia- 
letto. 

Argot  (frane),  il  linguaggio  convenzionale  usato 
in  ispecie  fra  certe  classi  sociali:  borsaiuoli,  ladri, 
vagabondi,  meretrici,  ecc.  Corrisponde  la  voce  no- 
stra gergo,  o  parlar  furbesco  o  furfantesco.  -  Cata- 
lano, dialetto  provenzale  parlato  dai  Catalani  e 
anche  lingua  scritta,  che  possiede  tutta  una  lette- 
ratura. -  Cimbro,  nome  aggiunto  ad  alcuni  dialetti 
tedeschi,  parlati  nelle  provincia  di  Vicenza,  Belluno, 
Udine.  -  Comico,  dialetto  celtico  affine  al  cimbrico 

-  Dacoromano,  il  più  importante  dei  dialetti  rumeni. 

-  Franca  lingua,  specie  di  dialetto  formato  di  pro- 
venzale, italiano,  spagnuolo,  greco,  arabo,  che  par- 
lasi su  gli  scali  di  Levante.  -  Meneghino,  linguaggio 
storico  dei  sobborghi  e  del  volgo  milanese. 

Fiorentineggiare,  affettare  il  parlar  fiorentino. 

Dialettologia,  dialettologo.  Yeggasi  a  dia- 
letto. 

Dialipètàle.  Le  piante  dicotiledoni,,  il  cui 
fiore  ha  i  petali,  che  concorrono  a  costituire  la  co- 
rolla, saldati  insieme. 

Dialisi.  Dieresi,  segno  di  ortografia.  -  Feno- 
meno per  cui  una  soluzione  acquosa  contenente 
corpi  cristallizzabili  e  non  cristallizzabili  (cristalloidi 
e  colloidi),  separata  dall'acqua  pura  da  un  diafram- 
ma, cede  all'acqua  le  sostanze  cristalloidi.  -  Dia- 
lizzatore,  apparecchio  destinato  alla  dialisi  delle  so- 
stanze. Recipiente  con  parete  porosa,  rappresentata 
da  una  membrana,  o  anche  da  pergamena  vegetale, 
che  si  pone  sospesa  in  un  grosso  recipiente,  pieno 
di  acqua  distillata,  che  si  rinnova  con  frequenza. 
Nel  suo  interno  si  versa  la  miscela  delle  sostanze, 
che,  per  suo  mezzo,  si  vogliono  separare.  Industrial- 
mente, si  chiama  osmogeno. 

Diallela.  Paralogismo,  erróre  di  raziocinio. 

Dialogismo,  dialogistica,  dialogista  {dia- 
logistico).  Veggasi  a  dialogo. 

Dialogizzare  {dialogizzato).  Parlare  o  scrivere 
in  dialogò. 

Diàlogo.  Il  discorso  alterno  di  due  o  più  per- 
sone ;  componimento  in  cui  si  fanno  parlare  due  o 
più  persone  :  colloquio,  conferenza,  conversa- 
zione in  due  ;  dialogismo,  diverbio,  parlata  in  due. 

-  Dialoghetto,  dialoghino,  dimin.  vezzegg. 

Catechetico,  ciò  che  é  in  forma  di  dialogo.  -  Dia- 


lògico, di  dialogo,  attenente  a  dialogo:  dialogistico. 

-  Dialogismo,  propriam.,  il  dialogizzare.  -  Dialogista, 
scrittore  di  dialoghi  ;  dialoghizzante,  dialogizzante 
(v.  a.).  Dialogistica,  la  poesia  drammatica  e  altre 
forme  letterarie,  come  le  egloghe,  gli  idilli,  ecc.  - 
Dialogizzare,  scrivere  in  forma  dialogistica  :  dialo- 
gare, dialoghizzare  ;  mettere,  ridurre  in  dialogo.  - 
Introdurre,  far  parlare  alcuno  in  dialoghi  e  simili.  - 
Interlocutore,  personaggio  che  parla  dopo  un  altro. 

-  Replica,  risposta  deiriiiterloculore. 

Amebeo,  poema  con  due  interlocutori.  -  Cate- 
chèsi, insegnamento  per  mezzo  del  dialogo.  -  Oa- 
risto,  dialogo  tra  il  marito  e  la  moglie,  nella  poe- 
sia greca.  -  Phèdon,  dialogo  di  Platone  sull'immor- 
talità dell'anima.  -  Trialogo,  quel  che  si  dice  fra 
tre  persone.  -  Zarzuela,  rappresentazione  scenica 
spagnuola  in  cui  si  alternano  i  dialoghi  parlati  ai 
pezzi  musicali  e  alle  danze. 

Diamagnetico,  diamagnetisnio.  Detto  a 
magnetistno. 

Dianiantaio.  Il  lapidario. 

Diamante  (diamantino).  Preziosissima  gem- 
ma, la  pietra  più  dura  e  più  trasparente  che  si 
conosca;  minerale  combustibile  e  simile  al  cri- 
stallo: adamante  (poet.),  nobile  carbone;  s'^aglia. 
Secondo  il  taglio,  prende  nome  di  reggente,  doppio 
0  cogolo,  semplice,  balla,  tavola  grossa,  semplice,  o 
anche  tavola  a  brillante,  a  rosa  d  Olanda  e  d'An- 
versa. Segna  e  intacca  tutti  gli  altri  corpi  ;  taglia 
il  vetro,  st'alfisce  tutti  i  metalli  ;  è  sempre  cristal- 
lizzato in  più  facce,  nello  stato  greggio  o  naturale 
non  lucenti;  internamente  trasparentissimo,  qualche 
volta  colorato  ;  rifrange  e  decompone  potentemente 
la  luce  e  ne  riflette  vivissimamente  i  più  bei  co- 
lori. Benché  d' incomparabile  durezza,  è  tuttavia 
frangibile,  massimamente  nel  verso  delle  naturali 
sue  laujiiie,  ciò  che  ne  agevola  lo  sfaccettainento 
che  i  francesi  chiamano  clivage.  Per  questa  sua  fran- 
gibilità il  diamante  può  essere  pestato  in  appro- 
priato mortaietto  d'acciaio  e  ridotto  in  polvere,  con 
la  quale,  mediante  lo  sfregamento,  si  lavorano  i 
diamanti  e  si  incidono  le  altre  gemme.  -  Adaman- 
tino, diamantino,  di  diamante  {diamantino  dicesi 
anche  d'un  piccolo  diamante). 

Diamante  aggruppilo,  o  gruppito,  aggiunto  che  i 
gioiellieri  toscani  danno  al  diamante  che  abbia  una 
notabile  grossezza,  quando,  cioè,  la  parte  superiore  sia 
notabilmente  distante  dall'inferiore.  -  Diamante  rosa, 
quello  che  nella  parte  inft^riore  è  piano  e  nella  su- 
periore è  a  punta  ottusa,  formata  da  sedici  fac- 
cette, ed  è  inoltre  sufficientemente  aggruppilo.  - 
Diamante  lasco,  aggiunto  che  danno  i  gioiellieri  to- 
scani al  diamante  sottile,  cioè  che  abbia  poca  gros- 
sezza relativamente  alla  sua  larghezza.  -  Diamante 
nero  :  cosi  gli  inglesi  chiamano  la  distillazione  secca 
del  carbon  fossile,  che  fornisce  (secondo  Schultz)  : 
gas  (gas-luce),  acqua  del  gas  (ammoniaca,  ecc.), 
catrame,  coke. 

Boort,  varietà  di  diamante  dalla  struttura  fi- 
broso-raggiata  e  non  suscettibile  di  lavoro;  diamante 
lavorato  sulla  sua  figura  naturale  dell'  ottaedro.  - 
Brillante,  il  diamante  sfaccettato  dalle  due  parti  ; 
nella  superiore  ha  una  tavola,  intorno  alla  quale 
sono  sedici  faccette  triangolari  e  la  parte  inferiore 
termina  in  diletto,  con  intorno  sedici  faccette  in  fi- 
gura di  rombo.  -  Brillantino,  dimin.  di  brillante.  - 
Brillo,  diamante  falso.  -  Cabochon  (tranc),  il  dia- 
mante quando  non  è  faccettato.  -  Carbonite,  varietà 
di  diamante  nero,  opaco,  amorfo,  impiegato  in  pol- 
vere   per    lavorare    il   diamante.   -    Culo    di    bic- 


83  l»  DIAMANTE     - 

chiere,  vetraccio,  diamante  falso.  -  Diamante  di 
Pistoia,  cristallo  di  rocca.  -  Plinto,  composto  di  si- 
licato di  piombo  e  potassa,  nonché  di  allumina  e 
calce  in  piccola  quantità  :  imita  i  diamanti.  -  Giar- 
gone,  specie  di  diamante  di  varie  acque  :  zircone^ 
-  Rosetta,  diamante  incastonato.  -  Soìitaire,  solitario: 
detlo  dei  diamanti  che  sono  legati  soli;  è  comune 
la  \oce  francese.  -  Vetro  fondamentale  per  le  gemme 
contraffatte,  detto  Strass,  dal  nome  del  suo  inven- 
tore: cristallo  di  acqua  bellissima  che  ha  tutte  le 
apparenze  del  diamante. 

A  faccette,  di  diamante,  o  altra  gemma,  la  cui 
superficie  sia  composta  di  facce  e  piani  diversi.  - 
Brillantato,  guarnito  di  diamanti.  -  Legato  a  giorno, 
incastonato  per  modo  che  vi  passi  la  luce  attra- 
verso. 

Acconciare  diamanti,  lavorarli.  ■  Brillantare,  af- 
faccettare, faccettare.  -  Diamantare,  indiamantare, 
guernire  di  diamanti.  -  Egriser  (frane),  togliere  ai 
diamanti  le  impurità  e  faccettarli.  -  Faccettare,  af- 
faccettare, sfaccettare,  lavorare  a  faccette,  come  fa  il 
gioielliere. 

Acqua,  qualità  della  trasparenza  delle  pietre  pre- 
ziose, più  0  meno  tinte  d'  alcun  colore  (diamante 
di  bell'acqua  ;  ametista  d'acqua  nericcia).  -  diletto, 
la  parte  inferiore  del  brillante,  opposta  alla  tavola 
ed  è  una  punta  piramidale  ottusa.  -  Egrisèe  (frane), 
la  polvere  del  diamante.  -  Padiglione,  ciascuna 
delle  faccette  sul  fondo  d'un  diamante,  -  Punta  di 
diamante,  scaglia  del  medesimo  (anche,  piramide  qua- 
drangolare d'una  cosa).  -  Tavola,  piccolo  piano  nella 
parte  superiore  dei  diamanti  e  specialmente  dei 
brillanti.  -  Verga,  anello  di  più  diamanti  o  d'altre 
gemme,  disposte  in  fila  lungo  la  parte  superiore. 
In  esso  la  pietra  di  mezzo  suole  essere  la  maggiore 
e  le  altre  disposte  dall'una  e  dall'altra  parte  in  se- 
rie decrescente. 

Cascalho,  terreno  nel  quale  si  trovano  diamanti, 
al  Brasile.  -  Golconda,  paese  ricco  di  diamanti,  in 
Asia  -  Visapur,  luogo  celebre  per  le  sue  miniere 
di  diamanti,  in  Asia. 

Diamante.  Fosso  piramidale  di  fortificazio- 
ne. -  La  capocchia  di  un  chiodo  grosso. 

Diametrale.  Di  diametro. 

Diametralmente.  Per  diametro. 

Diàmetro  {diametrale).  La  linea  retta  che  da 
un  punto  della  circonferenza  va  all'  altro,  op- 
posto, passando  per  il  centro;  la  linea  che  tocca 
1  due  vertici  opposti  del  quadrilatero.  -  Diametrale, 
di  diametro  ;  appartenente,  relativo  al  diametro.  - 
Diametralmente,  per  diametro,  in  linea  diametrale. 

Diàmine  I  Esclamazione  di  meraviglia. 

Diana.  Nome  di  una  stella.  -  Suono  di  tam- 
buri 0  di  trombe,  col  quale  si  chiamano,  sul  far 
del  giorno,  all'aifta,  i  soldati.  -  Dea  della  caccia, 
figlia  di  Giove  e  di  Latona,  nata  a  un  parto  con 
Apollo  sul  monte  Cinzio  :  Cinzia,  Artemide.  -  Pic- 
colo cercopiteco  barbuto.  -  La  luna.  -  Per  gli  al- 
chimisti, y argento.  -  Diana  cornea,  il  cloruro  di 
argento  naturale. 

Diandri  a.  La  seconda  classe  delle  piante,  nel 
sistema  iinneano. 

Dianoia.  L'  esercizio  del  pensare,  del  riflet- 
tere :  la  riflessione. 

Dianto.  Specie  di  garofano. 

Dianzi.  Poco  fa,  poco  addietro  nel  tempo, 
poco  prima. 

Diapason  Termine  di  musica:  l'ottava;  l'e- 
stensione dei  suoni  che  una  voce  o  un  istrumento 


può  percorrere,  dai  più  gravi  ai  più  acuti.  -  Ar- 
nese d'acciaio  ctie,  battuto,  dà  il  la. 

DJapedesl.  Detto  a  sangue. 

Diapente.  Tei  mine  di  musica:  intervallo  di 
cinque  voci  per  grado. 

Diapitlco.  Veggasi  a  suppurazióne. 

Diaplasma.  Sorta  di  suffumigio. 

Diapnoico.  Detto  a  sudore. 

Diaquilonne.  Specie  di  cerotto. 

Diaria.  La  paga  giornaliera  di  taluni  impie- 
gati. -  Distribuzione  quotidiana  di  viveri  e  di  as- 
segni. 

Diario.  Sinonimo  di  giornale.  -  Il  libro  nel 
quale  i  fatti  sono  registrati  giorno  per  giorno.  - 
Effemeride.  -  Aggettivam.,  attenente  al  giorno, 
che  dura  un  giorno. 

Diarrea  {diarroico).  Flusso  di  ventre;  facilità,, 
abbondanza,  frequenza  morbosa  di  evacuazioni  al- 
vine ;  il  defecare  troppo  e  molle  :  andata,  anda- 
tacela, andatura;  cacala,  cacaiola,  cacaiuola;  caca- 
rella, cacherella,  coprorrea,  correntìa,  correntina; 
diarria  (v.  a.),  dissenteria,  dissoluzione  di  corpo  ; 
egestione,  enterite,  epatirrea  ;  flusso,  flusso  di  corpo, 
flusso  di  ventre;  fretta;  lubrichezza  di  intestino; 
male  dei  pondi,  menagione,  mossa,  movimento  di 
corpo,  proluvie  d'alvo;  scatacrasia,  scioglimento, 
scioglimento  di  corpo,  sciolta,  scorrenza  delle  mi- 
nuge,  scorrenza  del  corpo,  scorribanda,  smossa  di 
corpo,  squacchera,  squaccherella,  sterco  liquido  , 
uscita  di  corpo.  -  Diarroico,  chi  o  che  ha  la  diar- 
rea :  disintero,  soluto  di  corpo.  -  Avere  la  diarrea,. 
andar  troppo,  scorrere  il  corpo;  squaccherare,  squa- 
quarare.  -  Far  venire  la  diarrea,  far  scorrere  il 
ventre,  indurre  la  diarrea,  movere,  smuòvere  il 
corpo. 

Albuminosa,  la  diarrea  che  porta  via  albumina 
dal  sangue,  da^  pus  di  qualche  ascesso  dell'intestino, 
dal  siero  del  plasma.  -  Alimentare,  se  dovuta  ad 
alimenti  mal  digeriti.  -  Blementeria,  diarrea  puru- 
lenta e  mucosa.  -  Biliosa,  il  flusso  biliare,  della 
bile.  -  Chiliosa  o  lattea,  la  diarrea  a  feci  bianche,, 
la  cui  colorazione  lattea  si  ritiene  dovuta  alla  pre- 
senza del  chilo.  -  Cronica,   inveterata,    inguaribile. 

-  Fecciosa,  la  diarrea  a  feci  ordinarie,  più  liquide 
e  più  abbondanti  del  solito.  -  Mucosa,  se  il  risul- 
tato dell'evacuazione  contiene  in  massima  parte 
muco  0  materie  perfettamente  liquide.  -  Sierosa,  se 
caratterizzata  dall'  evacuazione  di  materie  sierose 
affatto  limpide  o  mescolate  a  fiocchi  mucosi  e  co- 
lorate. -  Tubulare,  la  diarrea  caratterizzata  dall'e- 
vacuazione di  pezzi  di  essudato  in  forma  di  tubi 
simili  all'intestino. 

Bene^zio  di  corpo,  diarrea  spontanea,  di  poca 
durata.  -  Catarressi,  diarrea  violenta.  -  Cokra  iix- 
fantile  {cìiolera  infantum),  gastro-enterite  acuta  dei 
lattanti,  grave  malattia  con  diarrea.  -  Dissenteria, 
flusso  di  ventre  frequente  e  sanguinolento,  detto  an- 
che cacastecchi,  cacasangue,  colite,  diarrea  sanguigna  ;^ 
infiammazione  intestinale  d'origine  infettiva,  che, 
vuoisi,  dovuta  ad  amebe:  si  distingue  in  epidemica^ 
endemica,  sporadica.  -  Polichezia,   diarrea  ostinata. 

-  Policolia,  la  diarrea  biliare. 

Antidiarròici,  o  astringenti,  i  rimedi  contro  la 
diarrea:  tali  diversi  preparati  di  b  smuto  ;  il  fo- 
sfato neutro  di  calce.  Vacqua  di  calce,  l'ossido  di 
calcio;  la  cascarilla,  la  cotoina,  la  porocotoina;  l'a- 
cido lattico,  la  lattanina,  l'oppio,  la  ratania,  il  tan- 
nino, la  tannalbina,  il  tnnnigeno,  ì'ahiada,  l'ailanto, 
l'alchemilla,  la  filipendula,  i  fiori  di  verbasco  (in 
decolto),  il  diascordio  (eleltuario  in  voga  presso  gli 


DIARTROSI   —    DICHIARATIVO 


8o7 


antichi),  ecc.  -  Diarrodone,  nome  di  diverse  prepa- 
razioni medicinali  astringenti. 

Colliquativo  :  dicesi  del  sudore  e  della  diarrea, 
per  cui  si  esauriscono  rapidamente  le  forze  dell'in- 
fermo. 

Diartròsi.  Dicesi  AqW articolazione  che  per- 
mette movimenti  in  tutti  i  sensi. 

Diàscolo.  Diavolo,  demonio. 

Diaspro.  Il  quarzo  opaco. 

Diastaltico.  Vejfgiisi  a  musica. 

Diastasi.  Detto  a  fermento  e  ad  osso. 

Dlastasia.  Detto  a  orzo. 

Diastilo.  Intercolonnio  di  tre  diametri. 

Dlastlinetro.  Istrutnento  d'ottica. 

Diàstole.  Moto  del  cuore  e  delle  arterie.  - 
F"ijiiiia  pei-  cui  una  sillaba  breve  si  fa  liinjja. 

Dlastolica.  Trattato  della  fraseggialura  mu- 
sicale. 

Diastrofia  {diastròfico).  Detto  a  lu'isaiione. 

Diaterinasìa,  dlatonuaseità  {diatermt.no, 
diatermico).  La  trasparenza  per  i  ra»gi  di  calore. 

Diatesazióne.  Detto  a  malattia. 

Diàtesi.  Costituzione,  complessione,  disposi- 
zione particolare  deil'uomo,  naturale  o  morbosa.  - 
In  significato  moderno,  malattia  cronica  che  inte- 
ressa tutto  l'organismo. 

Diatiposi.  Esatta  descrizione. 

Dlatomee.  Gruppo  di  organismi  inferiori,  idro- 
fili, invisibili  a  occhio  nudo  e  collocati  fra  i  pro- 
tisti.  Meloseira,   meridion,  i  generi  principali. 

Diatonico.  Termine  di  musica  :  che  progre- 
disce per  intervalli  di  toni. 

Diatrèsl.  Perforamento,  buco. 

Diatriba.  Scrittura  maligna  e  villana  ;  invet- 
tiva. -  Adunanza  di  letterati  che  discutono  e  smi- 
nuzzano le  cose.  -  Maniera  di  discorso,  di  dispu- 
tazione,  di  dissertazione  critica. 

Diatrlpesl.  Specie  di  sutura  del  cranio. 

Diavolaccio.  Arnese  per  la  caccia. 

Diavoleria.  Cosa,  azione  da  diavolo. 

Diavolèrio,  diavoleto,  dlavolio.  Gran  ru- 
more. 

Diavolésco.  Di  o  da  diavolo. 

Diavolessa   Detto  a  diàvolo. 

Diavoletto,  dlavollno.  Rotoletto  di  bambagia 
sul  quale  le  donne  avvolgono  i  capelli  per  ina- 
nellarli. 

Dlavolino  di  Cartesio.  Vengasi  a  liquido. 

Diàvolo  (diavolesco).  Lo  spirito  del  male,  se- 
condo la  credenza  cristiana,  il  capo  dei  demòni 
(veggasi  a  demonio):  angelo  caduto,  angelo  de- 
gli eterni  guai,  antico  re  degli  eterni  guai;  avver- 
siere,  avversiero;  Belfegor  arcidiavolo,  Beelzebù, 
Belzebù,  Berlic,  Berlicche,  bugiardo  spirto,  buio  re 
delle  perdute  genti  ;  compar  Girone  ;  diàscolo  (volg.); 
eterno  awersiere,  eterno  perduto;  gran  verme  in- 
fernale; il  malatasca;  il  maligno,  il  malvagissimo, 
il  nemico  (termine  teologico),  il  serpente  (tit.  bi- 
blico), imperator  del  doloroso  regno;  l'avversario. 
Lucifero;  maligno  spirito  d'Averno,  malo  spirto. 
Mammona,  Mammone;  Mefistofele,  Meflsto;  Pluto, 
Plutone,  primo  superbo;  Satan,  Satana,  Satanas, 
Satanasso;  spirito  maligno,  Tentennino.  -  Dia- 
volessa, fantastico  essere  femminile,  dell'ordine 
dei  diavoli,  quasi  moglie  del  diavolo.  -  Diavoletto, 
diavolino,  piccolo  diavolo.  -  Diavolone,  accresc.  di 
diavolo. 

Diavoleria,  operazione  diabolica,  cosa  o  azione  da 
diavolo:  concepimento  diabolico,  diavolesimo,  india- 
volamento,  infernalità,  stregheria,  stregoneria. 


Diabòlico,  di  o  da  diavolo  :  diavolesco,  demoniaco, 
satànico. 

Gacciadi'iroli,  scongiuratore,  chi  fa  lo  scongiuro, 
Vesorcisìno.  -  Cadenza  del  diavolo,  veggasi  a  vio- 
lino. -  Sterco  del  diavolo,  l'assafetida.  -  Unghia 
del  diavolo,  genere  di  piante  ranuncolacee. 

Prov.  :  Dio  non  fa  mii  chiesa  che  il  diavolo  non 
ci  fabbrichi  la  sua  cappella. 

Diavolo.  Animale  marsupiale  della  famiglia 
dei  dasiuri. 

Dibassare  (dibassato).  L'abbassare,  il  dive- 
nire più  basso. 

Dibàttere  (dibattuto).  Agitare,  con  qualche 
strurn;nto,  uova,  panna  e  simili  :  frustare,  scia- 
guattare, sbattere.  -  Il  battere  miterie  viscose 
entro  un  vaso.  -  Agitare  delle  ali  che  fa  V uccello. 
-  Discutere,  far  discussione. 

Dibattersi  (dibattuto).  Muoversi,  agitarsi,  met- 
tersi in  agitazione  con  una  certa  violenza. 

Dibattimento.  La  discussione  orale  di  un 
processo  penale. 

Dibàttito.  Il  discutere:  discussione. 

Diboscare,  diboscamento  (diboscato).  Veg- 
gasi a  bosco. 

Dibrucar©  (dibrucato).  Nettare  gli  alberi,  po- 
tare. 

Dibucciare  (dibucciato).  Togliere  la  buccia: 
sbucciare  (veggasi  a  legwne). 

Dlcàce.  Garrulo,  loquace.  -  Anche,  mordace  o 
maldicente. 

Dicacità.  Garrulità,  loquacità;  mordacità,  nhal- 
dicenza. 

Dicanapulare  (dicanapulato).  Togliere  alla  ca- 
napa 0  ad  altra  pianta  tessile  il  fusto  legnoso 
(canapulo).  E  dicanapulatrice  la  macchina  per  di- 
canapulare. 

Dicastèro  (dicasterio).  Parte  dell'Amministra- 
zione di  Stato  :  ministero. 

Dicattl  (aver).  Essere  contento. 

Dicco.  Argine,  diga.  -  Bacino  arginato  a  grande 
profondità  in  mxì  porto.  -  Massa  di  lava  o  di  roc- 
cia cristallina  che  ricopre  una  spaccatura. 

Dicearchia.  Lo  Stato  in  cui  impera  la  legge. 

Dicefalo.  Con  doppia  testa. 

Dicembre  (dicembrino).  Dodicesimo  e  ultimo 
ìnese  dell'anno  :  decembre.  -  Decembrino,  dicem- 
brino, di  dicembre.  -  A  m,ezzo  dicembre:  all'entrar 
di  capricorno  ;  quando  il  sole  entra  in  capricorno. 

Diceatramento,  discentramento.  L'atto  e 
l'effetto  del  dicentrare,  dell'allontanare  dal  centro. 
Propriam.,  in  linguaggio  amministrativo-politico,  le- 
vare dal  centro,  dalla  capitale,  la  soverchia  ammi- 
nistrazione. 

Diceologria  (gr.).  Giurisprudenza,  scienza  del 
diritto. 

Dlceopolltlca.  Detto  a  politica. 

Diceria.  Notizia  ripetuta,  voce  diffusa,  ciancia, 
chiàcchiera,  per  lo  più  senza  fondamento,  ma 
senza  malignità:  chiacchieramento,  chiacchierata; 
novelluzza;  si  dice,  voce.  -  Correr  voce,  essere  di- 
ceria, esser  fatna. 

Dicervellare  (dicervellalo).  Levar  di  cervello, 
sbalordire,  rendere  balordo.  -  Dicervellarsi,  lam- 
biccarsi il  cervello,  stillarsi  il  cervello. 

Dicervellato.  Senza  cervello,  pazzo . 

Dicévole.  Adatto,  conveniente. 

Dichiarare  (dichiarato).  Fare  una  dichiara- 
zione. 

Dlclilarativo.  Atto  a  dichiarare. 


8o8 


DICHIARAESI      —    DIETA 


Dichiararsi  (dicìiiarato).  Dare  a  sé  stesso  una 
qiialiftca. 

Dicliiarazióne.  Il  dichiarare  ;  atto  o  scrittura 
con  che  si  dichiara  checchessia  ;  chiarimento,  af- 
fermazione, espressione,  spiegazione;  protesta,  pro- 
protestazione, protestamento;  dichiarazione  di  fede. 
In  qualche  caso,  confessione.  Nell'uso,  affermare,  pa- 
lesare il  proprio  amore  ad  una  donna,  il  dirsene 
innamorato.  Anche,  le  parole  che  servono  a  dichia- 
rare; il  senso  delle  cose  dichiarate.  -  Conirodìcìnara- 
zione,  dichiarazione  tendente  a  infirmarne  un'altra.  - 
Denunzia,  dichiarazione  di  checchessia  fatta  a  un 
pubblico  ufficiale.  -  Dichiar amento,  nel  gergo  della 
camorra  napoletana,  la  sfida  a  duello  fra  gli  affi- 
gliati. -  Dichiarazione  di  guerra  (lat.,  dariqatio), 
veggasi  a  guerra.  -  Intimazióne,  dichiarazione 
fatta  con  autorità  di  superiore  o  di  giudice;  di- 
chiarazione di  guerra.  -  Motivazione,  i  motivi  di* 
chiarati  in  una  sentenza.  •  Proclamazióne,  atto 
del  far  sapere,  divulgare,  pubblicare  ad  alta  voce 
un  fatto,  un  decreto,  un  ordine,  ecc.:  promulga- 
zione. -  Pronunziamento,  pronunciamento,  nel  lin- 
guaggio militare,  dichiarazione  o  atto  di  ribellione. 

-  Proniinziaziòne,  dichiarazione  pubblica  e  solenne. 

-  Protesta,  pubblica  dichiarazione  della  propria  vo- 
lontà, protestazwne  ;  pubblica  dichiarazione  in  fa- 
vore 0  in  opposizione  altrui.  -  Quitanza,  dichiara- 
zione di  avere  ricevuto  un  pagamento  :  ricevuta. 

-  Ultimatum  (lat.),  dichiarazione  perentoria  finale 
di  condizioni  irrevocabili,  che  pone  fine  alle  tratta- 
tive, e  si  notifica  alla  parte  interessata 

Dichiarare,  far  chiaro  nel  discorso  ciò  che  prima 
era  oscuro  ;  dire,  esplicare,  esporre,  espmmere, 
manifestare  il  proprio  sentimento  ;  afTermare, 
asserire  un  fatto;  qualificare  cosa  o  persona;  pa- 
lesare, render  noto,  rivelare;  chiarire,  pronun- 
ciare, pronunziare;  ragionare, sentenziare.  Anche,  leg- 
gere, insegnare  (ÌSìWa  cattedra;  esporre,  specificare, 
spiegare.  E  dichiarativo  ciò  che  serve  a  dichia- 
rare (atti,  parole,  ecc.).  -  Declinare  il  nome  d'uno 
(term.  burocr.,  non  coni.),  palesarlo.  -  Denunziare, 
fare  una  denunzia.  -  Intimare,  fare  un'intimazione. 

-  Motivare,  dichiarare  una  cosa,  adducendone  i  mo- 
tivi. -  Postillare,  dichiarare  con  postille.  -  JPro- 
clamare,  nell'uso,  dichiarare  solennemente. 

Dichiararsi,  confessarsi,  proclamarsi,  professarsi, 
pronunciarsi,  pronunziarsi,  protestarsi,  riconoscersi. 
Popolarm ,  far  vedere  come  stanno  le  cose.  -  Di- 
chiararsi a  disposizione,  esser  pronto  a  battersi  in 
duello,  a  dare  soddisfazione. 

Dichiaratamente,  chiaramente,  espressamente,  ma- 
nifestamente ;  a  bella  posta,  a  posta. 

Declaratorio,  atto  diretto  a  dichiarare:  veggasi  a 
legge.  -  Cartello,  manifesto  pubblico  fatto  per  di- 
chiarare la  propria  volontà  o  le  proprie  ragioni 
intorno  a  checchessia.  -  Proclama,  dichiarazione, 
pubblicazione  solenne:  bando, 

Dicliiocciarsi  {dichioccialo).  Veggasi  a  gal- 
lina. 

Dicibile.  Da  dire,  che  si  può  dire. 

Dicioccare  {dicioccare).  Levare  le  ciocche  di 
capelli  0  di  frutta. 

Dicitore,  ('hi  dice,  parla;  oratore. 

Dicitura.  Maniera  di  dire,  di  esprimersi,  di 
parlare:  elocuzione.  -  In  linguaggio  tipografico,  il 
testo  dei  lavori. 

Dicollare  {dicollato).  Veggasi  a  cereale,  pa- 
gina 510,  prima  colonna. 

Dicotiledoni.  Una  delle  tre  grandi  divisioni  o 
classi    del    regno    vegetale,   secondo    il   sistema  di 


Jussieu  :  comprende  tutte  le  piante  fanerogame,  i 
cui  semi  sono  forniti  di  due  lobi  o  cotiledoni.  Tali 
le  apocinee,  le  campanulacee,  le  capparìdee  (genere 
tipo,  il  cappero),  le  asclepiadee,  le  celastrinee,  le 
chenopodiacee,  le  combretacee,  le  crassulacee,  ecc. 

Dicotomia.  Fase  o  apparenza  della  luna, 
quando  è  bisecata. 

Dicroismo.  Detto  a  cristallo. 

Dicromàtico.  A  due  colori. 

Dicrotismo  {dicroio).  Detto  a  polso. 

Didascàlico,  didàttico.  Istruttivo  ;  proprio 
à&W insegnamento,  -  Veggasi  anche  a  libro  e  a 
poesia. 

Didàttilo.  Il  mammifero  che  ha  solo  due 
dita  ai  piedi  anteriori. 

Didecaedro.  Detto  a  cristallo. 

Didelfo.  Il  mammifero  marsupiale. 

Didentro.  Internamente,  dentro. 

Didiacciare  {didiacciamento,  didiacciato).  Veg- 
gasi a  ghiaccio. 

Di  dietro.  Nella  parte  posteriore  ;  dietro. 

Didimi.  Veggasi  a  testicolo. 

Didlmlo.  Metallo  che  trovasi  sempre  insieme 
al  cerio,  al  lantanio  ed  ai  metalli  del  gruppo  del- 
l'ittrio.  -  Sorta  di  fungo. 

Didinamla.  Nella  botanica,  classe  del  sistema 
linneano. 

Didinamico.  Veggasi  a  fiore. 

Dieci.  Aggettivo  numerale  cardinale,  il  doppio 
di  cinque:  deca  (gr.).  •  Titolo  di  più  d'un  antico 
magistrato.  -  Decade,  periodo  di  dieci  giorni.  - 
Decennale,  che  ricorre  o  si  rinnova  ogni  dieci  anni. 
-  Decenne,  che  ha  dieci  anni.  -  Decènnio,  periodo 
di  dieci  anni.  -  Decimale,  composto  di  decupli  e  di 
decimi  ;  procedente  per  decupli  e  per  decimi  d'una 
data  unità  fondamentale.  -  Veggasi  a  frazione.  - 
Decimo,  num.  ordin.  di  dieci;  il  decimo,  la  decima 
parte.  -  Decina,  diecina,  quantità  numerata  che  ar- 
riva al  dieci.  -  Decuplo,  dieci  volte  più.  -  Decuria, 
manipolo  di  dieci  soldati.  -  Diecimila,  dieci  volte 
mille;  e  diecimillesimo,  agg.  numer.  ord.  di  dieci- 
mila. -  Diecino,  moneta  di  dieci  centesimi. 

Decagramma,  decalitro,  decilitro,  decametro,  deci- 
metro,  ecc.,  veggasi  a  grammo,  a  litro,  a  metro. 

Diecina.  Veggasi  a  dieci. 

Dielettrico.  Corpo  isolante  o  cattivo  condut- 
tore AqW  elettricità. 

Diencefalo.  Cervello  intermediario  ;  la  seconda 
vescicola  cerebrale  secondaria  formantesi  per  seg- 
mentazione della  vescicola  cerebrale  anteriore  pri- 
mitiva, la  quale,  dividendosi  in  due,  dà  luogo  al 
telencefalo,  o  cervello  terminale,  e  al  tiencefalo,  o 
cervello  intermediario. 

Dièresi.  Figura  e  segno  di  ortografia.  •  Pic- 
cola pausa  in  un  verso. 

Diesis.  Detto  a  note  musicali. 

Dieta  (dietetico).  Anticamente,  si  disse  per  lo 
spazio  di  un  di.  Oggi  dicesi  per  regola  di  vitto,  e 
per  lo  più  astinenza  di  cibo  a  fine  di  sanità,  a  scopo 
igienico,  ecc.  Anche,  il  complesso  delle  norme  che 
regolano  l'alimentazione  d'  una  persona  in  cura,  e 
il  cibo  permesso  o  suggerito  dal  medico  {dieta  car- 
nea, dieta  lattea,  ecc.)  :  maniera,  modo  di  vitto  ; 
regola  del  vitto,  di  vitto;  regime.  -  Dieta  stretta, 
rigorosa.  -  Mezza  dieta,  dieta  non  rigorosa.  -  Met- 
tere, tenere  a,  0  in  dieta,  farla  osservare.  -  Stare  « 
dieta,  in  dieta,  far  dieta,  tener  dieta,  osservare  la 
dieta.  -  Rompere  la  dieta,  mangiare  qualcosa. 

Dietetica,  parte  della  medicina  che  considera  il, 
metodo  di  dar  cibo  agli  infermi,  sopratutto  in  case 


859 


di  morbi  cronici,  o  durante  la  convalescenza,  e  che 
riguarda  particolarmente  la  scelta,  la  quantità,  la 
qualità  e  il  preparamento  delle  sostanze  alimen- 
tari. -  Dietetico,  appartenente  alla  dietetica  (cose, 
rimedi,  cura,  libri,  precetti  dietetici).  -  Dietetisli, 
un  tempo,  i  medici  che,  nella  cura  delle  malattie, 
usavano  solo  mezzi  dietetici. 

Attenuazione,  modificazione  della  dietetica,  in 
modo  da  produrre  il  dimagramento  regolare. 

Dièta.  Vegfrasi  ad  assemblea. 

Dietro.  JSella  parte  posteriore  di  cosa  o  di  per- 
sona; alle  spalle,  appresso;  dopo;  a  tergo,  indietro, 
di  dietro,  addietro,  a  dietro,  al  di  dietro,  a  parte, 
dietro,  a  ridosso,  a  tergo,  da  tergo  ;  dietro  a...., 
dietro  da...,  dietro  di...  ;  alle  calcagna,  sulle  calca- 
gna; dreto  (volg.);  da  coppa,  dalle  reni  ;  posterior- 
mente, retro.  -  Dalla  parte  che  raspano  i  polli 
(scherz  ),  dalla  parte  di  dietro.  -  Dietro  alle  spalle, 
dietro  di  noi.  -  Granchiescamente,  all'  indietro.  - 
Indietro,  avv.  di  luogo,  che  è  dietro  le  spalle  di 
chi  cammina:  addietro,  a  retro;  indreto,  indrieto 
(v.  a.)  ;  retrorso  (lat.).  -  Ridosso,  cosa  che  sta  die- 
tro 0  sopra  un'altra.  -  Contr.,  davanti. 

Addoppare  (n.  p.),  porsi  dopo  o  dietro  checches- 
sia. -  Attergare,  mettere  una  cosa  dietro  un'altra; 
in  linguaggio  burocratico,  scrivere  la  decisione  a 
tergo  dell'istanza  o  altro  :  scrivere  a  tergo.  -  Die- 
treggiare,  dare  addietro,  ritirarsi,  indietreggiare . 
-  Postergare,  gettarsi  dietro  alle  spalle  una  cosa.  - 
Stare  alle  spalle  a  uno  :  di  dietro. 

Dietroguardla.  Veggasi  ad  esercito. 

Difalcare  (difalco).  Defalcare,  sottrarre. 

Difèndere,  difendersi  (difensibile,  difensore, 
difeso,  ecc.).  Provvedere  alla  difesa  d'altri  o  di  sé 
stessi.  -  Di  cosa,  riparare,  mettere  un  riparo.  - 
Anche,  custodire,  avere  in  custodia,  mettersi  sotto 
custodia.  -  Proteggere,  procurarsi  protezione.  - 
Difendere  in  giudizio,  jìatrocinare,  sostenere  la 
causa,  la  lite,  il  diritto,  ecc. 

Difendibile,  difensibile.  Che  si  può  difen- 
dere :  veggasi  a  difesa. 

Difensiva,  difensivo.  Veggasi  a  difesa. 

Difensore,  difensitrice.  Chi  fa  difesa. 

Difesa  {difendere,  difendersi,  difensiva,  difen- 
sivo, ecc.).  L'atto  o  il  mezzo  del  difendere  o  del 
difendersi  :  difendimento,  difensione  ;  fortifica- 
zione ;  guardia,  guarnimento  ;  preservazione,  pre- 
sidio, propugnacolo,  protezione  ;  riguardamento,  ri- 
guardo, riparo  ;  salvaguardia,  schermo,  sosteni- 
mento, spalleggiamento  ;  trinciera,  tutela.  Più  o  meno 
figur.,  antemurale,  argine,  armatura,  baluardo,  ba- 
stione, corazza,  egida,  elmo,  palladio,  scudo. 

Autodifesa,  difesa  di  sé  stesso,  esercitata  da  sé 
stesso.  -  Difesa  balistica,  esteriore,  murale,  ossid io- 
naie,  veggasi  a  fortificazione.  -  Difesa  naziohale, 
energica  resistenza  che  un  popolo  tutto  oppone  alla 
invasione  straniera.  -  Difesa  personale,  quella  che 
si  oppone  ad  ingiusta  e  inopinata  aggressione,  tale 
che  il  danno  non  possa  essere  ovviato,  se  non  op- 
ponendo violenza  a  violenza,  arnie  ad  arme,  ba- 
stone a  bastone,  percossa  a  percossa,  ecc.  -  Le- 
gittima difesa,  diritto,  riconosciuto  a  ciascuno,  di 
guarentirsi  da  tutto  ciò  che  verrebbe  a  porlo  nella 
impossibilità  di  conseguire  il  proprio  fine,  basato 
sulla  giustizia.  -  Le  Termopili,  estensivamente,  il 
punto  strategico  della  difesa  militare  di  un  dato 
territorio. 

Accomandigia,  difesa,  protettorato,  protezione, 
della  Chiesa  e  dei  Comuni,  un  tempo  in  uso  a  si- 
curezza dei  beni  e  delle  persone.  -  Apologia,  origi- 


nariamente, difesa  fatta  in  una  corte  di  giustizia  in 
favore  di  una  persona.  Ora,  discorso  in  difesa.  - 
Difensiva,  partito  deliberato  di  difesa  (piano,  parte, 
pianta,  sistema  della  difesa);  l'azione  di  chi,  per 
minor  forza  o  per  altre  ragioni,  sfugge  gli  attacchi 
0  li  aspetta  in  posture  studiate.  -  Difensiva-offen- 
siva, vegliasi  a  guerra  {lega  difensiva,  fatta  per 
difendersi  reciprocamente).  -  Diritto  di  difesa,  ri- 
conosciuto a  cni  sia  aggredito  o  minacciato,  in  qua- 
lunque modo,  di  danno.  -  Egida,  veggasi  a  scudo. 
Guarentigia,  difesa,  franchigia,  protezione.  -  In- 
colpata tutela,  diritto  che  ha  ognuno  di  difendere 
la  propria  vita,  anche  con  la  morte  dell'aggressore.  - 
Mimetismo,  mezzo  di  difesa,  usato  da  certe  specie 
d'animali,  i  quali  imitano,  cioè  prendono  l'aspetto 
di  altre  specie  ben  difese.  -  Patrocinio,  difesa  mo- 
rale 0  legale  o  benefica  :  veggasi  a  patrocinare. 

-  Propugnazione,  azione  del  propugnare  per  difesa. 

-  Resistenza,  ciò  che  fa  o  giova  alla  difesa;  op- 
posizione difensiva  contro  chi  assale. 

Argine,  difesa  contro  le  acque  di  un  fiume  e 
simili.  -  Broccato,  palancato,  steccalo,  lavoro  di  di- 
fesa fatto  con  pali  puntati.  -  Bastione,  opera  di  for- 
tificazione. -  Difesa,  termine  di  idraulica.  - 
Diga,  difesa  contro  il  mare.  -  Fascia,  ogni  cosa 
che  circonda  e  difende  un'altra. 

Guardia,  la  difesa  e  il  riparo  ;  l'uomo  che  ne 
ha  la  consegna.  -  Guarnimento,  tutto  ciò  che  serve 
a  riparare  e  difendere  un  luogo  e  anche  una  per- 
sona. 

Linea  di  difesa,  linea  difendente,  ^veggasi  a  for- 
tificazione. 

Parata,  riparo  che  si  fa  davanti  a  checchessia 
per  difesa.  -  Presidio,  guarnigione;  difesa  di  una 
città  o  fortezza.  -  Propugnacolo,  quello  che  si  mette 
intorno  a  checchessia  per  difesa. 

Rete,  qualunque  intrecciatura  di  fune,  di  filo  di 
ferro,  di  rame  e  simili,  usata  per  difesa  o  riparo 
di  checchessia.  -  Riccio,  nome  generico  di  ogni  ar- 
nese di  offesa  e  difesa  fatto  con  travi  e  ponti.  - 
Ritrinceramento,  scìiermaglia,  trincea,  trinceramento, 
mezzi  di  fortificazione. 


Difendere. 
Difendersi.  —  Togliere  la  difesa. 

Difendere,  agire  in  modo  da  riparare,  tutelare 
persona  o  cosa  da  danno,  da  pericolo,  da  in- 
giuria, da  offesa,  ecc.;  in  senso  militare,  ripa- 
rare, guardare  dalle  offese  del  nemico  la  propria 
persona  o  !e  cose,  il  posto,  la  piazza,  ecc.  Anche, 
parlare  in  favore  contro  un'accusa  mossaci  e  si- 
mili ;  patrocinare  in  giudizio.  Nel  primo  signifi- 
cato, corazzare  (figur.),  far  difesa,  fortificare; 
guarentire  ;  prendere  difesa  ;  premunire,  preservare  ; 
sostenere,  stare  a  difesa. 

Coprire  (figur.),  difendere  (coprire  con  la  pro- 
pria autorità,  con  la  propria  responsabilità,  ecc.).  - 
Difendere  a  spada  tratta  (figur.),  con  tutta  possa.  - 
Fare  da  coperta,  servire  da  coperta  a  tino  (figur.), 
e  più  comunem.,  da  copertina  :  di  persona  che  co- 
pre con  la  sua  presenza  i  cattivi  portamenti  di 
un'altra.  -  Fare  scudo  d'una  cosa,  riparare,  difen- 
dere con  quella.  -  Farsi  campione  dhino,  divenirne 
il  difensore.  -  Fiancheggiare,  dare  aiuto  da  lato  ; 
sostenere  e  difendere  un  riparto  di  milizia  a'  suoi 
lati.  -  Fronteggiare,  stare  a  fronte,  di  fronte,  nel 
significato  di  difesa. 


860 


DIFETTARE 


Guardare,  difendere,  proteggere.  -  Guarnire,  met- 
tere armi  e  gente  a  difesa.  -  Munire,  provvedere 
di  quanto  serve  all'offesa  e  alia  difesa.  -  Pigliar  la 
parte  o  le  parti  d'uno  :  la  sua  difesa.  -  Pigliare  le 
difese  al  nemico.  Io  stesso  che  levargliele,  rovinar- 
gliele. -  Premunire,  provvedere  prima  delle  neces- 
sarie difese  ;  porre  a  guardia.  -  Preservare,  difen- 
dere da  guasto,  da  rovina  e  simili.  -  Presidiare, 
mettere  il  presidio,  cioè  milizie  a  difesa  di  una 
città,  di  una  fortezza,  ecc.  -  Propugnare,  combàttere 
per  difesa. 

Reggere,  difendere,  aiutare,  proteggere.  -  Rompere, 
spezzare  la  landa,  una  lancia  (figur.),  adoprarsi  per 
la  difesa  di  una  cosa,  comunque  non  si  vinca.  - 
Salvaguardare,  difendere  e  salvare.  -  Spalleggiare, 
sostenere,  difendere  alle  spalle.  -  Trincerare,  ripa- 
rare e  difendere  con  trincee.  -  Tutelare,  difendere 
e  custodire. 

Difendersi,  difendere  sé  stesso  ;  in  senso  mate- 
riale, ripararsi,  mettersi  a  riparo:  farsi  difesa, 
far  sue  difese  ;  scaramucciare,  schermirsi  (veggasi 
a  schertna),  stare  sulle  difese.  Figur.,  corazzarsi. 

-  Parare,  parare  un  colpo,  difendersi.  -  Far  testa, 
tener  testa,  difendersi,  resistere.  -  Mettersi  in  pa- 
rata (figur.),  cercar  di  difendersi.  -  Ripararsi,  met- 
tere a  riparo,  al  riparo,  al  coperto  (specialmente, 
da  un  colpo,  dal  caldo,  dal  freddo,  dal  sole, 
dalla  pioggia,  ecc.).  -  Schermire,  schermirsi,  di- 
fendersi, riparandosi  con  arte  e  destrezza.  -  Soste- 
nersi, difendersi,  tener  saldo  :  nello  stesso  senso, 
tener  fronte.  -  Stare  a  difesa,  difendersi  al  posto, 
senza  essere  primo  ad  offendere  ;  guardarsi  dagli 
assalti  altrui  senza  assaltare  :  tenersi  sulla  difesa, 
sulle  difese.  -  Stare  sulla  difensiva,  difendersi  senza 
assalire.  I 

Togliere  la  difesa.  —  Disarmare  (figur.),  to-  i 
gliere  la  difesa,  vincere  la  resistenza.  -  Sfornire,  ' 
spogliare,  privare  di  fornimenti,  d'armi,    di  difesa. 

-  Smantellare,  togliere,  abbattere  le  difese  di  una 
fortezza  e  simili. 


Chi  0  CHE  offende. 
Difensivo,  difeso,   indifeso,   ecc. 


Difensore,  chi  o  che  difende  :  campione,  cava- 
liere ;  difenditore,  paladino,  propugnatore,  proteg- 
gitore,  protettore,  sostenitore,  tutore  ;  difenditrice, 
difensatrice,  difensitrice  ;  epigone.  Figur.,  antemu- 
rale, egida,  elmo,  propugnacolo,  scudo.  -  Difende- 
vole,  atto  a  difendere  altrui,  o  atto  a  difendersi.  - 
Difendente,  che  difende,  difensore  in  atto.  -  Cam- 
pione, chi  combatteva  in  campo,  o  in  uno  steccato, 
per  la  propria  o  per  1'  altrui  difesa  Detto  ancora 
per  difensore  d'una  causa  molto  combattuta,  e  non 
senza  gloria  :  lancia  spezzata.  -  Guardaspalle,  per- 
sona che  uno  tiene  presso  di  sé  per  difesa. 

Defensionale,  di  difesa,  relativo  a  difesa. 

Difensivo,  di  difesa,  atto  a  difendere:  difendi- 
bile, difendente,  difenditivo.  -  Fiancheggiante,  che 
fiancheggia. 

Difeso,  fiancheggiato"  fortificato,  guarnito,  munito, 
patrocinato,  protetto,  propugnato,  salvaguardato, 
scoperto,  tutelato;  sotto  difesa;  sotto  la  difensione, 
sotto  lo  scudo  di....  -  Difensibile,  che  può  essere 
difeso.  -  Avere,  mettere  le  spalle  al  muro,  essere 
ben  difesi. 

Indifeso,  senza  difesa,  senza  riparo  (detto,  spe- 


cialmente, di  cosa  o  persona  disarmata)  :  incusto- 
dito, inerme,  maldifeso,  sfornito,  sguernito,  spro- 
tetto. -  Indifendibile,  da  non  potersi  difendere,  che 
non  può  essere  difeso  :  indifensibile,  insostenibile. 
-  Indifendibilmente,  in  modo  da  non  potersi  di- 
fendere. 

Difettare  {difettato).  Far  difetto,  non  avere, 
mancare,  o  avere  in  misura,  in  quantità  insuffi- 
ciente. 

Difettivo.  Difettoso,  che  ha  difetto.  -  Aggiunto 
di  verbo  e  di  nome. 

Difetto  (difettivo,  difettoso)  Imperfezione,  fisica 
0  morale,  mancamento  ;  ciò  che  manca  ad  una  cosa, 
ad  una  persona  per  essere  perfetta,  in  istato  di 
perfezione  :  debolezza,  defetto  (v.  a.),  deficienza, 
disadattàggine ;  indeficienza;  lato  debole;  mancanza, 
manchevolezza,  meu'^a,  menomanza;  pecca;  scon- 
cezza, scorrettezza,  scorrezione;  tacca,  tacche- 
ralla,  tara,  tecca,  teccola;  viziosità,  vizio.  Figur., 
baco,  carie,  guaio,  macchia,  magagna,  menda, 
nèo,  peccato,  pillàcchera,  ruga. 

Difetti,  fisicamente:  l'essere  brutto,  defor- 
me, gobbo,  nano,  sciancato,  storpio,  zoppo; 
cieco,  guercio,  muto,  sordo;  mentalmente, 
l'essere  idiota,  sciocco,  ecc.  ;  moralmente,  il  non 
avere  buone  qualità  di  animo  e  di  sentimento, 
l'essere  dominati  dal  vizio,  V  essere  inclini  o  la- 
sciarsi indurre  alla  calunnia,  alla  maldicenza, 
aha  colpa,  al  delitto,  al  jìcccato  e  simili.  -  Di- 
fetto dicesi  anche  per  abito  non. buono,  abitudine 
non  buona,  costutne  o  consuetudine  che  ha  del 
vizioso  ;  per  mancanza  (veggasi  a  mancare)  o 
grande  scarsità  di  checchessia.  -  Difettalo,  dira,  di 
difetto.  -  Difetluccio,  dim.  vezz.  di  difetto. 

Debolezza,  astr.  di  debole  {debolezze  umane,  i 
difetti  inerenti  alla  nostra  natura).  -  Imperfe- 
zimie,  difetto  di  forma,  di  lavoro  e  simili.  - 
Paratropia,  posizione  difettosa  di  una  parte  del 
corpo.  -  Viziatura,  il  viziare,  la  parte  viziata,  di- 
fettosa. 

Difettoso,  che  ha  difetto,  qualche  difetto:  debole, 
difettivo,  di  scarto  ;  imperfetto,  incompleto  ;  mal- 
composto,  mancante,  manchevole,  mendoso  (non  us.), 
monco  ;  scadente,  scemo,  scorretto,  tronco  ;  vizioso  ; 
zoppicante,  zoppo.  -  Contr.,  corretto,  perfetto,  irre- 
prensibile, ecc.  -  Deforme,  più  che  difettoso.  - 
Segnato  da  Cristo  (volg.),  chi  ha  qualche  manca- 
mento, qualche  difetto. 

Difellosamente,  con  difetto,  con  mancamento,  di- 
fettivamente, imperfettamente,  manchevolmente,  ri- 
prensibilmente. 

Avere  la  debolezza  d'una  cosa.  Io  stesso  che  avere 
il  debole,  ma  nel  debole  c'è  più  la  tendenza,  in  de- 
bolezza più  la  vanità,  la  velleità.  -  Cascare  in  un 
difetto,  incorrervi,  forse  senza  volere.  -  Cercare, 
trovare,  vedere,  conoscere  il  pelo  ìielVuovo,  sofisticare 
sui  piccoli  difetti  altrui.  -  Cercare  il  nodo  nel  giunco, 
difetti  dove  non  ce  ne  sono.  -  Colpire  nel  vero,  toc- 
care uno  nel  difetto  vero,  nella  suscettibilità;  far 
molto  impressione.  -  Compensare,  agguagliare,  pa- 
reggiare una  cosa  con  un'altra:  supplirne  i  difetti. 
-  Conoscere  per  filo  e  per  segno  una  persona,  spe- 
cialmente accennando  ai  difetti.  -  Correggere, 
togliere  o  attenuare  un  difetto:  migliorare,  rimet- 
tere in  sesto  (Correggibile,  che  si  può  correggere, 
che  può  essere  corredo). 

Emendare,  emendarsi  (emendabile,  emendativo), 
correggere,  correggersi,  in  senso  morale.  -  Essere  due 
parole  di  trentotto,  di  due  persone  o  cose  che  si 
equivalgono  nei  difetti.   -    Essere  macchiati,  intinti 


DIFETTOSO   —    DIFFERENZIAMENTO 


861 


della  stessa  pece,  avere  gli  stessi  gravi  difetti.  - 
Essere  un  camorro,  avere  molti  difetti.  -  Inorpel- 
lare, coprire  con  arte  checchessia  per  nascondere 
i  difetti  0  farlo  apparire  più  bello.  -  Miuja^piare, 
far  magagna,  rendere  difettoso,  arrecar  danno, 
guasto.  -  Medicare  mìa  cosa,  correggerla,  levare 
il  difetto. 

Ricamare  (figur.),  parlar  molto  sui  difetti  altrui. 
-  Riconoscersi,  riconoscere  sé  stecsi  noi  propri  di- 
fetti. -  Supplire,  rimediare  in  qualche  infido  al  di- 
fetto, alla  mancanza.  •  Tollerare,  sopportare,  avere 
tolleranza.  -  Vedere  i  bruscoli  nell'uahio  altrui  e 
non  la  trave  nel  proprio,  vedere  i  piccoli  difetti 
degli  altri  e  non  i  grossi  propri.  -  Zoppicare,  an- 
dare di  pie  zoppo,  essere  difettoso  in  qualche 
modo. 

Indulgenza,  disposizione  mite  dell'animo  verso  i 
difetti  altrui,  specialmente  in  coloro  che  potrehhero 
essere  punitori  severi.  -  Ortopedia,  arte  di  far 
crescere  i  ragazzi  senza  ditetti  d'organismo. 

Locuzioni  e  proverbi.  —  Cave  a  siynalis  (lat.  : 
guardati  dai  segnati),  cioè  da  chi  ha  difetti  fisici 
visibili.  -  Chi  non  conosce  i  propri  difetti  non  ha 
ancora  nulla  imparato.  -  Cose  di  questo  wì ow do /,  scu- 
sando scapataggini,  difetti  inerenti  alla  natura  u- 
mana.  -  Disse  la  padella  al  paiuolo:  fatti  in  là  che 
tu  non  mi  tinga,  di  chi  biasima  in  altri  i  propri 
difetti.  -  El  di  feto  xe  nel  manego,  il  difetto  è  nel 
manico,  cioè  nella  parte  sostanziale  (locuzione  ve- 
neziana). -  Felice  chi  corregge  i  propri  difetti  sugli 
altrui. 

Il  fumo  non  tinge  la  caligine,  un  difetto  più  o 
meno,  dove  ce  ne  sono  molti,  non  si  scorge.  -  La 
peggior  ruota  è  quella  che  cigola.  -  Ogni  legno  ha  il 
tarlo  :  ognuno  ha  le  sue  magagne.  •  Ogni  pittore 
dipinge  sé:  chi  ha  il  difetto  ha  il  sospetto.  -  0- 
gnuno  vede  la  lisca  (o  il  bruscolo),  nell'occhio  al- 
tì'ui,  e  non  la  trave  nel  proprio. 

Difettoso  (difettosamente).  Con  qualche  di- 
fetto. 

Diffamare,  dlfifamatore ,  diffamatòrio 
{diffamato).  Veggasi  a  diffamazióne. 

Diffamazióne  (diffamare,  diffamato,  diffama- 
tore, diffamatorio).  Atto  ed  effetto  del  diffamare, 
cioè  dei  macchiare  la  fama,  ledere  l'onore  d'al- 
cuno con  la  maldicenza,  con  la  calunnia  e  si- 
mili :  denigrazione,  detrazione,  diffamamento  ;  fe- 
rita alla  riputazione  ;  infamaniento,  infamazione.  - 
Diffamazione  scritta,  libello,  libello  infamatorio,  li- 
bello famoso;  carta  che  bolla  e  scotta;  cartellacelo, 
quadernaccio,  scritto  diffamatorio,  infamante.  -  Pam- 
phlet (frane),  opuscolo,  hrpve  scritto  di  carattere 
polemico  ;  anche,  libello  satirico  o  diffamatorio. 

Diffamare,  togliere  o  sminuire  la  buona  fama  con 
parole  o  per  iscritto,  cagionare,  procurare  infamia: 
contaminare,  dar  biasmo  e  torto  a  mala  voce;  deni- 
grare, detrarre,  dilaniare,  distruggere  il  buon  nome; 
guastare,  imbrattare,  infamare,  macchiare,  maculare, 
menomare,  offuscare,  violare  l'onore,  la  fama;  ro- 
dere la  vita  del  prossimo  ;  sbattere,  straziare  la  ri- 
putazione ;  schizzar  fango  addosso  a  qualcuno.  - 
Cartellare,  pubblicare  cartellacci,  diffamare  con  scritti. 
-  Demolire  (demolito,  demolizióne),  vocabolo  usato 
nel  senso  figurato  di  diffamare,  screditare,  togliere 
il  credito. 

Diffamatore,  chi  diffama,  chi  ha  l'abitudine  di 
diffamare:  denigratore,  detraente,  detrattore;  lace- 
ratore,  ladro,  rapinatore,  rapitore  dell'altrui  fama; 
mormoratore  ;  obtrettatore,  ottrettatore.  -  Libellista, 


diffamatore  per  mezzo  di  scritti  :  propalatore  di  li- 
belli famosi. 

Diffamatorio,  agg.  di  parola  o  di  scritto  che  serve, 
che  vale  a  diifamare  :  infamante,  infamatorio. 

Diffarreazióne.  Veggasi  a  matrimonio. 

I>ifferente  (differentemente).  Che  ha  diffe- 
renza. 

Differènza  {differente,  differenziare,  differire). 
L'essere  dillfreii'e,  dissimile,  direrso,  vario;  la 
nota,  la  caralteii.-tica,  il  particolare  per  cui  un  og- 
getto si  distingue  da  un  altro  :  discrepanza,  disfor- 
mità, distinzione,  disvario,  divario,  diversità,  va- 
rietà. Anche,  contrasto,  rovescio  ;  discordanza 
(di  suono,  specialmente,  ma  anche  in  senso  figu- 
rato). -  Divergenza,  disparità,  differenza  di  opinioni. 
In  matematica,  quantità  di  cui  difleriscono  due 
grandezze,  due  spazi  e  simili.  La  differenza  può 
essere  piccola,  grande,  enorme,  poca,  leggera,  lieve  ; 
in  più,  in  meno;  di  lunghezza,  di  larghezza,  di  co- 
lore, di  forma,  materiale,  intì  inseca,  A\  sostanza,  ecc.). 
-  Differenza  formale,  quella  che  indica  la  maggiore 
0  minore  comprensione  di  due  concetti.  -  Diffe- 
renza materiale,  tra  due  quantità,  quella  che  indica 
il  tanto  di  cui  una  eccede  sull'altra.  •  Differenziale, 
differenza  infinitesima  fra  due  valori  di  una  quan- 
tità variabile.  -  Diversivo,  voce  d'uso,  non  buona, 
per  diversità.  Cosi  variante  per  variazione,  muta- 
zione, cambiamento,  varietà,  differenza,  volubilità. 

Differente,  che  si  diversifica  da  altro,  per  appa- 
renza, forma,  quantità,  ecc.  ;  non  è  eguale,  non 
pari,  non  simile,  ma  disforme,  diverso,  discre- 
pante, distinto,  eterogèneo,  variante,  variato.  -  Dif- 
ferentemente, in  modo  differente,  diverso. 

Differenziare  (neutro  p.,  differenziarsi),  fare, 
rendere  differente,  stabilire  differenza  (in  matema- 
tica, cercare  la  differenza  d'una  espressione  conte- 
nente quantità  variabili):  discernere,  disceverare, 
disferenziare,  distinguere,  diversificare  ;  far  disu- 
guaglio, far  disuguale,  variare.  E  differenziato,  di- 
sugguagliato,  distinto. 

Differire,  essere  differente,  presentare  differenza, 
esservi  differenza;  cadere  differenza;  correre  diffe- 
renza, distanza;  differenziarsi,  discordare,  discrepare, 
dissomigliare,  dissonare,  distaccarsi,  distinguersi,  di- 
suguagliarsi, divariare,  diversificarsi;  esserci,  avervi, 
passare  diversità;  esserci  molta  strada;  essere  altra 
mercanzia,  altro  paio  di  maniche;  essere  di  altra 
foggia,  esser  diverso,  esser  fuori  ;  non  aver  a  che 
fare,  non  aver  a  che  vedere  (di  cose  che  dissomi- 
gliano), non  esservi  paragone;  scattare,  uscire  dalla 
riga  ;  svariare,  variare.  -  Contradire,  contrastare,  es- 
sere il  rovescio,  tutto  il  rovescio,  differire  completa- 
mente. -  Correrci  un  capello,  pochissimo.  -  Correrci 
un  mondo,  moltissimo.  -  Esserci  un  abisso,  molta, 
grande  differenza.  Cosi,  correrci  quanto  dal  bianco 
al  nero  ;  correrci  qtianto  fra  la  luce  e  le  tenebre, 
quanto  dal  cielo  alla  tei-ra. 

Essere  la  stessa  cosa,  non  esserci  differenza. 

Locuzioni.  —  Ci  scatta  un  filare  d'embrici  I,  espres- 
sione usata  a  significare  la  differenza  enorme  che 
corre  fra  due  cose,  due  persone,  o  simili.  -  E'  altro,  è 
ben,  è  tutt' altro:  è  differente,  è  diverso.  -  E'  tutto 
pane,  è  tutto  vino,  a  chi  vorrebbe  far  differenza.  - 
Fra  voi  e  me  c'è  un  muro  di  bronzo,  ci  corre  UJi 
abisso.  -  Poco  su,  poco  giù:  press'a  poco;  con  poca 
differenza. 

Differenziale.  Infinitamente  piccolo.  -  Ag- 
giunto di  calcolo  e  di  dazio. 

Differenziamento.  Istrumento  per  misurare 
il  grado  d'immersione  d'una  nave. 


862 


DIFFERENZIARE    —    DIFFICILE 


Differenziare  {differenziato).  Veggasi  a  di/'- 
ferenza. 

Differibile.  Che  si  può  differire. 

Differimento.  Dilazione,  pròroga. 

Differire,  differimento  {differito).  Essere 
diflerente  ;  avere,  presentare  differenza.  -  Rimandare 
ad  altro  tempo;  dilazionare,  prorogare,  protrarre; 
fare  una  pròroga. 

Difficile  {difficoltà).  Di  cosa,  di  lavoro,  ecc., 
che  richieda  molta  fatica,  molto  studio,  molta  abi- 
lità (anche  di  persona  poco  trattabile,  di  indole 
strana):  arduo;  difficoltoso,  dilficultoso,  disagevole, 
duro;  faticoso;  grave,  grimo  (v.  a);  imbarazzoso, 
indiavolato;  laborioso,  malagevole;  operoso;  pon- 
deroso ;  Tematico,  scabro,  scabroso,  solistico.  Figur., 
aromatico,  critico,  nodoso,  ostico,  scoglioso,  spi- 
noso, vilupposo.  -  Difficiletto,  dimin.  di  difficile  : 
disagevoletto.  -  Difficiluccio,  dimin.  di  difficile  : 
meno  che  difficiletto.  -  Difficoltare,  difficitltare,  ren- 
dere difficile.  Contr.,  facilitare,  render  facile. 

Astruso,  diffìcile  a  capirsi.  ■  Delicato  (figur.),  di 
argomento,  di  cose  dilficili  a  trattare.  -  Duro,  di 
cosa  difficile  e,  insieme,  grave,  spiacente,  penosa.  - 
Enigmatico,  difficile  da  capire,  da  indovinare.  - 
Malagevole,  difficile,  faticoso  a  fare,  a  portare  a 
bene.  -  Pericoloso  (argomento,  ecc.),  diflicile  a  trat- 
tare. -  Problematico,  che  forma  un  problema,  una 
qiiistione  difficile  da  risolvere  -  Schifiltoso, 
sclìizzitioso,  di  difficile  accontentatura.  -  Stitico  (fi- 
gur.), difficile,  stentato. 

EssEBE,  RIUSCIRE  DIFFICILE  :  avcrc  assai  che  fare 
per...  ;  aver  del  difficile  ;  esserci  assai  faccende,  es- 
serci da  ugnere;  essere  come  ristagnare  barili  sec- 
chi ;  essere  una  passione,  un  caso,  un  Uomeneddio 
poter...  ;  un'  imbeccata  di  passerotti  ;  non  essere 
loppa  ;  pesare  ;  stentare  ;  volercene .  volercene 
troppo;  volerci  del  buono,  del  bello  e  del  buono; 
volerci  l'algebra.  -  Non  la  farebbe  Vacquettù,  di  cosa 
difficilissima. 

Difficilmente,  con  difficoltà,  con  malagevolezza  : 
a  fatica,  a  gran  fatica,  a  mala  fatica,  a  pena,  a 
stento,  arduamente  ;  con  pena  ;  disagevolmente,  du- 
ramente, laboriosamente,  malagevolmente,  male. 


Difficolta'  —  Esserci  difficolta'. 


Difficolta',  l'essere  difficile;  imbarazzo,  ini- 
bì ogiio,  impedimento,  mcowtoffo,  intoppo,  osta- 
colo 0  altro  disagio  nel  fare  una  cosa,  e  la  cosa 
stessa  difficile  :  angustia,  arduità,  difficullà,  disage- 
volezza ;  fatica,  gravezza,  guaio  ;  malagevolezza  ; 
scabrosità,  spinosità,  stretta;  travaglio,  tribolazione. 
Figur.,  baracca,  brutto  passo  :  groppo,  guerra,  la- 
birinto, nodo,  passo  di  Malamocco,  pelago,  ponte 
dell'asino,  pruno,  scoglio,  strada  piena  di  spine. 
Col  verbo  fare,  specialmente,  significa  contrarietà, 
contrasto,  ecc.  Cosi,/flr  difficoltà,  per  mettere  de- 
gli ostacoli,  muover  dei  dubbi,  trovar  dei  pretesti. 
Una  difficoltà  può  essere  da  poco,  lieve,  superabile, 
o  grave,  insuperabile,  invincibile  ;  vera,  oppure  fan- 
tastica, immaginaria,  ecc.;  naturale,  oppure  artifi- 
ciosa, creata,  inventata. 

Simbolo  della  difficoltà,  il  pruno. 

Busilli  e  busillis,  parola  usata  nella  locuzione  fa- 
miliare ;  questo  è  il  busillis,  per  dire  questo  è  l'im- 
broglio, la  difficoltà,  ma  intendendo  le  cose  di  poco 
conto,  -  Complicazione,  l'aggrupparsi  di  circostanze 
non  favorevoli,  per  cui  aumentano  o  si  aggravano 


le  difficoltà:  consuma  cervello,  imbratteria.  ingom 
bro,    intralciamento,    intreccio;    quinta   ruota   del 
carro,  rompicapo,  trappola.  -  Crisi,  momento  dif- 
ficile.  -   Demonio   (figur.),  di  lavoro  serio,  difficile 
(è  un  gran  demonio  d'autore,    a  volerlo  tradurre). 

-  Diavoleria,  cosa  difficile,  ingarbugliata.  -  Fatiche 
d'Ercole  (le),  modo  proverbiale  per  indicare  im- 
prese, lavori  ditficilissimi.  -  Enigma,  logogrifo,  re- 
bus, sciarada  (figur.),  di  cosa  che  non  si  riesce  a 
capire  o  è  di  difficile  intelligenza.  -  Forche  Cau- 
dine (figur.),  di- strettoia  morale,  luogo  arduo  per 
cui  si  é  costretti  a  passare.  -  frangente,  caso  dif- 
ficile e  impreveduto:  accidente  ditficoltoso,  distretta, 
momento  critico,  moscaio,  pericolo,  struggibuco, 
vespaio.  -  ISodo  gordiano,  l'inestricabile  nodo  di  Gordio, 
sciolto  da  Alessandro  il  Grande,  che  lo  recise  con  la 
spada.  -  Osso  duro  (figur.),  difficoltà  grave.  -  Ponte 
delVasino,  dicesi  di  difficoltà  grande  che  s'incontr.i 
a  un  certo  punto,  ma  per  gì'  inesperti  e  i  princi- 
pianti. -  Punto  critico,  momento  tipico    e  difficile. 

-  Punto  interrogativo,  un'incognita,  il  lato  cioè  di 
una  quistione  proposta  come  una  domanda,  ma  su 
cui  sembra  difficile  arrischiare  il  giudizio.  -  Ter- 
reno lubrico  (figur.),  di  una  situazione  difficile  a 
conservarsi. 

Cariddi,  famoso  scoglio  vorticoso  nello  stretto  di 
Messina,  di  fronte  alla  rupe  di  Scilla  (vuoisi  che 
fosse  una  donna  ed  avesse  rubato  i  buoi  di  Gerione). 

-  Essere  tra  Scilla  e  Cariddi,  essere  tra  due  diffi- 
coltà, tra  due  pericoli. 

Esservi  difficoltà'  :  esserci  l'osso,  essere  un  am- 
mattimento il  fare...  ;  stare  il  guaio,  il  punto  (nei 
modi  :  qui  sta  il  guaio,  qui  sta  il  punto).  -  Esserci 
del  merlo,  di  cosa  che  presenti  tuttora  difficoltà  da 
superare.  -  Essere  un  affare  disparato,  di  cosa  di 
difficile  riuscita,  di  una  grande  difficoltà  che  sgo- 
menta. -  Essere  un  osso  in  gola,  una  difficoltà,  un 
ostacolo  difficile  a  superare.  -  Tenere  il  lupo  per 
gli  orecchi:  avere  alle  mani  un'  impresa  difficile, 
dura  a  seguitare  come  a  lasciare.  -  Volerci  le  scale 
di  seta,  per  ottenere  una  cosa,  per  andare  in  un 
posto  :  esservi  molte  difficoltà.  -  Frasario  in  argo- 
mento :  Qui  casca  Vasino,  qui  giace  la  lepre  ;  qtii 
giace  Nocco;  qui  sta  il  busillis;  qui  sta  V affare  ; 
qui  ti  voglio. 

Mettersi,  trovarsi  in  difficolta'. 
Superarle,   evitarle. 

Mettersi  in  difficolta',  cacciarsi  in  difficoltà, 
crearsi  difficoltà:  cercar  uova  di  civetta;  imbri- 
garsi, impicciarsi,  metlersi  in  imbarazzo;  to- 
gliere a  menar  l'orso  a  Modena.  -  Andar  a  cogliere 
0  a  cercare  i  fichi  in  punta,  mettersi  in  cose  diffi- 
cili, e  anche,  talvolta,'per  dire:  inutilmente.  -An- 
dare a  dispetto  di  m,are  e  di  vento,  incontro  a  molte 
difficoltà.  -  Camminare  sopra  un  filo  di  rasoio  (fi- 
gur.), mettersi  in  un'impresa  difficile  o  pericolosa. 

-  Cercare  i  nodi,  il  nodo  nel  giuoco,  difficoltà  e  guai 
dove  non  ci  sono.  -  Fare  alle  zuccate  col  muro, 
fare  a  cozzi  col  muro,  cimentarsi  con  difficoltà,  o 
persone  o  cose  troppo  più  potenti  di  noi.  -  Imbar- 
carsi in  un  affare  serio,  prendere  assunto  di  co^a  dif- 
ficile •  e  lunga.  -  Prendere,  prendersi  una  gatta  da  pe- 
lare, assumersi  impegni  fastidiosi  con  poca  proba- 
bilità di  riuscita. 

Ttovarsi  in  difficoltà':  aver  da  grattare;  ca- 
scare l'asino,  cascar  più  oltre  ;  dar  dentro;  entrare 


DIFFICILMENTE   —    DIFFUSIONE 


863 


nella  grossa  ;  trovar  duro,  trovare  il  becco  più  duro 
da  mugnere;  veleggiare  tra  gli  scogli.  -  Aver  trovato 
ciccia  per  i  suoi  denti,  aver  trovato  l'osso  duro, 
una  cosa  difficile.  -  Dare  nelle  secche,  in  difficoltà: 
nello  stesso  senso,  arenarsi.  -  Essere  in  mal  ter- 
mine, 0  a  mal  termine,  a  mal  punto,  in  gravi  dif- 
ilcoltà.  -  Esseie  in  un  cerchio  di  ferro  (figur.),  stretti 
da  molte  difficoltà  e  quasi  senza  possibilità  d'uscita. 

-  Essere,  trovarsi  a  brutti  repentaati,  in  gravi  e 
pericolose  difficoltà  ;  essere  ridotto  a  un  brullo  passo. 

-  Essei^e,  trovarsi  in  circostanze  difficili,  criticiie, 
in  condizioni  particolari,  e  s'intende  quasi  sempre 
di  condizioni  finanziarie.  -  Impelagarsi,  entrare  in 
un  pelago,  in  un  mare  di  lavori,  di  difficoltà,  di 
guai.  -  Non  trovarsi  in  un  letto  di  rose,  trovarsi  a 
disagio,  in  difficile  alternativa  o  in  contrasto  -  Rodere 
un  osso,  un  osso  duro,  aver  a  che  fare  con  difficoltà 
gravi.  -  Tribolare,  essere  in  tribolazioni,  in  difficoltà 
per  urgenze,  per  necessità.  -  Trovarsi  Ira  l'uscio  e 
il  muro,  alle  strette  (tra  Scilla  e  Cariddi,  in  mezzo 
a  difficoltà  da  una  parte  e  dall'altra).  -  Urtare  in 
difficoltà,  subirne,  incontrarne.  -  Trovar  la  strada 
chiusa,  sbarrata,  tagliata,  trovare  difficoltà  a  proce- 
dere, ad  operare. 

Superare,  evitare  le  difficolta':  andare,  venire 
al  disopra  d'una  difficoltà,  arrivare  ai  fichi  in  vetta; 
andare  col  calzare  di  piombo;  calzare  l'acciaio;  fare 
i  piedi  alle  mosche;  rinfilar  l'ago;  risolvere,  scio- 
gliere, solvere  difficoltà  ;  rompere  il  ghiaccio  ;  te- 
ner l'anguilla  per  la  coda  ;  tirare  il  sole  al  monte. 

-  Appianare,  spianare,  togliere  gli  ostacoli  e  le  dif- 
ficoltà. -  Cavarne,  levarne  le  (jamhe,  uscir  da  gravi 
difficoltà.  -  Esseie  a  cavallo,  a\er  superato  le  più 
forti  difficoltà  e  sentirsi  sicuri  di  riuscire.  -  Gi- 
rar  di  bordo,  evitare,  schivare,  scansare  una  dif- 
ficoltà. -  Passare  per  lambicco,  con  gran  difcoltà  : 
riuscire  malgrado  molte  difficoltà.  -  Saliare  il  fosso 
(figur.),  scahsare  una  difficoltà,  e  anche  decidersi  a 
superarla.  -  Spuntare  una  difficoltà,  spuntarla,  vin- 
cere una  difficoltà,  superarla;  uscire  da  una  diffi- 
coltà. -  Vincere,  togliere  di  mezzo,  rimovere  difficoltà  : 
di  chiaro  significato. 

Misurare  gli  ostacoli,  calcolarli,  per  vincerli  o  scan- 
sarli. -  Non  trovar  la  via  d'Uscita,  non  saper  come 
superare  una  difficoltà. 


Locuzioni  varie.  —  Massime  e  proverbi. 


Affogare  in  un  bicchier  d'acqua,  perdersi  o  sbi- 
gottirsi in  difficoltà  da  nulla  o  da  poco.  Nello 
stesso  significato  :  adombrar  ne'  ragnateli,  affogare 
nei  mocci,  ammemmare  (affogare  nella  melma),  sul 
lastricato  ;  far  nodo  la  zuppa  ;  inciampar  nei  cial- 
doni, in  un  filo  di  paglia  ;  perdersi  in  una  goccia 
d'acqua.  -  Aggravare,  rendere  una  difficoltà  più 
grave;  aggravarsi,  divenir  più  grave.  -  Chiudere 
tutte  le  vie  a  uno,  mettergli  tutti  gli  ostacoli,  crear- 
gli tutte  le  difficoltà.  -  Complicare,  rendere  difficili 
le  cose  semplici  ;  studiare  in  difficoltà  ;  imbrogliare, 
fare  imbroglio.  -  Complicarsi,  intricarsi,  aggra- 
varsi, crescere  le  difficoltà,  -  Dar  del  filo  da  tor- 
cere, dare  altrui  materia  di  lavoro  paziente,  assiduo, 
irto  di  spine,  per  raggiungere  un  intento,  superare 
una  difficoltà.  -  Essere  come  guadagnare  un  terno 
al  lotto,  di  cosa  quasi  impossibile,  difficilissima  a 
fare  o  ad  ottenere.  -  Infilare  gli  aghi  al  buio,  riu- 
scire nelle  cose  difficili.  -  Mettersi  ad  ammattonare 
il  mare,  far  cosa  più  che  difficile  e  inutile.  -  Non 


essere  dlyebra,  non  volerci  l'algebra,  non  essere  gran 
che  difficile.  -  Provare  il  morso  del  lupo,  la  via 
difficile,  le  miserie,  la  fame.  -  Rompersi  il  collo  in 
un  fìl  di  paglia,  perdersi  a  una  minima  difficoltà. 
-  Vincere  un  terno  è  come  pescare  un  cece  in  mare  : 
di  cosa  difficilissima  a  ritrovare,  ad  avere. 

Ad  ogni  modo,  dicesi  per:  comunque  sia  o  possa 
essere,  malgrado  tutto,  nonostante  ogni  difficoltà  o 
contrarietà.  -  Appena,  con  difficoltà,  a  stento;  a 
fatica,  a  pena,  appena  appena,  a  ronda  a  ronda, 
pelle  polle.  -  Maie  senza  riva,  senza  fondo:  di  ogni 
impresa  grande  irta  di  pericoli  e  difficoltà  assai  gravi. 

Largo  a'  canti!,  nelle  difficoltà  bisogna  girare 
largo.  -  0  bere  o  affogare,  di  chi  é  tra  due  partili 
difficili  e  non  ne  può  uscire.  -  Qui  mi  cascò  l'a- 
sino, frase  usata  familiarmente  e  lepidamente,  ac- 
cennando a  difficoltà  che  non  si  sappia  o  non  si 
possa  superare.  -  ^Mt  si  parrà  la  tua  nobilitate^ 
quando  s'aspetta  che  qualcuno  superi  qualche  vera 
difficoltà. 

Al  primo  colpo  non  cade  l'albero,  ogni  im- 
presa richiede  tempo  e  fatica.  -  Chi  ha  passato 
il  guado  sa  qnant'acqua  tenga,  chi  ha  provato  una 
difficoltà  sa  che  cosa  sia.  -  Chi  maneggia  non  bra- 
veggia: chi  sa  fare  una  cosa  ne  conosce  le  diffi- 
coltà. -  //  peggio  passo  è  quel  dell'  uscio.  -  La  coda 
è  più  cattiva  a  scortecciare,  alla  fine  sono  le  più 
gravi  difficoltà.  -  Le  difficoltà  formano  l'uomo  come 
le  tempeste  formano  il  marinaio.  -  Meglio  morire  una 
Inolia  che  cento,  decidendosi  a  uscire  da  una  situa- 
zione penosa,  difficile. 

Dlfflcilmente.  Vegga  si  a  difficile. 

Difficoltà.  Qualità  di  ciò  che  è  difficile. 

Difficoltare,  difficultare.  Non  comune  per 
rendere  difficile. 

Difficoltoso.  (]he  si  presenta  difficile. 

Diffida.  Provocazione,  sfida,  intimazione. 

Diffidare  (diffidato,  diffidenza).  Non  avere  f'i- 
diicia;  sospettare,  essere  in  sospetto. 

Diffidare  (diffidato).  Dare  altrui  formale  dif- 
fida *.  intimare. 

Diffidente.  Chi  non  ha  fiducia. 

Diffidènza.  Mancanza  di  fiducia. 

Diffilamento.  Parte  della  fortificazione. 

Diffluente.  Veggasi  a  molle. 

Diffóndere  (diffusione,  diffuso).  Spargere  ab- 
bondantemente, spargere  largamente.  -  Riferito  ad 
annuncio,  a  notizia  e  simili,  divulgare,  propagare, 
propalare. 

Diffóndersi  (diffusione,  diffuso).  Spandersi, 
spargersi,  dilatarsi;  di  fluido,  fluire;  di  notizia  e 
simili,  divulgarsi  (veggasi  a  divulgare).  -  Dilun- 
garsi nel  parlare  e  nello  scrivere,  tenere  pro- 
lisso un  discorso,  essere  prolissi  nel  discorso. 

Dif formare  {dif  formato).  Veggasi  a  f or  ina. 

Diffórme.  Non  conforme  :  differente,  diverso. 

Difformità.  Diversità,  l'essere  diverso;  di- 
sformità, differenza. 

Diffrazióne.  Il  fenomeno  del  ripiegamento  dei 
raggi  luminosi  dietro  gli  ostacoli. 

Diffusamente.  Prolissamente,  in  modo  pro- 
lasso. 

Diffusibile.  Detto  a  medicamento. 

Diffusióne.  Atto  ed  effetto  del  diffóndere, 
del  diffóndersi.  -  Quel  fenomeno  per  cui  due  li- 
quidi miscibili,  0  due  gas,  posti  insieme,  si  compe- 
netrano a  vicenda  fino  a  formare  un  tutto  omo- 
geneo. -  In  ottica,  la  riflessione  irregolare  operata 
in  tutti  i  sensi  dalla  superficie  dei  corpi  non  spe- 
culari. 


864 


DIFFUSIVO 


DIGESTIONE 


Diffusivo,  Atto  a  diffondere. 

Diffusore.  Riverbero  da  lume,  da  lampada. 

'  Diffusore  di  Herz,  veggasi  a  telefono. 

Difllare  (defilato,  disiato).  Modo  di  andare; 
miniera  di  marciare,  di  fare  una  marcia. 

Difilato.  Coi  verbi  andare,  venire,  ecc.:  «iirelf"- 
taniPìite  e  prestamente,  presto. 

Difillo.  Veggasi  a  foglia. 

Difterite.  Male  di  gola;  propriam.,  malattia 
contagiosa,  infiammatoria  della  faringe  e  della  tra- 
chea :  affezione  difterica,  angina  difterica,  crup  dif- 
terico. Malattia  grave,  che  colpisce,  per  lo  più,  i 
bambini,  e  per  la  guale  furono  suggeriti  diversi 
medicamenti  e  diversi  metodi  di  cura.  Ora,  cioè 
dopo  la  scoperta  di  Behring,  perfezionata  e  popo- 
larizzata  da  Houx,  abbiamo  un  mezzo  curativo  di 
indiscutibile  efficacia  nel  siero  antidifterico,  o  anti- 
tossina difterica.  -  Antidiftèrico,  genericam.,  il  ri- 
medio contro  la  difterite.  -  Antidifterina,  preparato 
all'uopo  dal  dottor  Krebs.  -  Azzurro  o  hleu  di  Roux, 
liquido  che  serve  come  colorante,  per  la  ricerca  del 
bacillo  della  difterite.  -  Borato  di  magnesio,  preco- 
nizzato contro  la  difterite  sotto  il  nome  di  anti- 
fungina. 

Diga.  Opera  in  muratura,  o  altra  materia,  fatta 
per  trattenere  acque  (o  deviarle),  specialmente 
quelle  del  mare  :  specie  di  argine  :  gabbionata, 
gettata  (in  linguaggio  marinaresco),  pignone,  pala- 
fìtta,  palata  (v.  a.),  piantata,  rattenuta,  ritegno;  sas- 
saia, serra,  serrata:  siepe  (figur.)  ;  sopracchiusa,  so- 
stegno; steccata,  travata,  tura. 

Ala,  riparo  che  dalla  sponda  d'un  fiume  s'avanza 
nell'alveo  -  Barbacane,  diga  o  sporto  fatto  di  fa- 
scine. -  Calla,  chiusa,  serra,  le  dighe  che  si  fanno 
per  ritenere  le  acque,  non  per  deviarle.  -  Gratic- 
ciata, chiusa  formata  con  file  di  canne.  -  Pescaia, 
diga  di  muro  attraverso  fiumi  e  torrenti.  E  callone 
apertura  che  si  lascia  nelle  pescaie  dei  fiumi,  per- 
chè vi  passino  le  barche.  -  Pescaiòlo,  la  tura  fatta 
in  un  botro  (cavità  scoscesa  ove  scorre  e  talvolta 
stagna  l'acqua).  -  Qiiai  (frane),  argine,  diga  lungo 
un  fiume,  presso  un  porto,  lungo  una  ferrovia, 
fatto  in  pietra  da  taglio,  per  rendere  più  agevole  il 
cammino  e  lo  scarico  delle  merci.  Voci  italiane 
corrispondenti  :  andana,  fondamenta,  lungo  (lungo 
Po,  lung'Arno,  lungo  Tevere).  -  Rosta,  quando  si 
intrecciano  più  rami  insieme,  per  fare  come  siepe 
e  riparare  o  svtlgere  l'acqua  d'un  fiume. -  Steccata, 
diga  di  legno  attraverso  fiumi  e  torrenti. 

Digramma.  Terza  lettera  dell'  antichissimo  al- 
fabeto greco  e  che  si  vede  ancora  in  molte  iscri- 
zioni. 

Digàstrico.  Veggasi  a  muscolo. 

Digènesi.  Termine  di  fisiologia. 

Digenia.  La  generazione  mediante  il  con- 
corso dei  due  sessi. 

Digenismo.  Detto  a  nascere. 

Digerente.  Veggasi  a  digestione. 

Digeribile,  digeribilità.  Veggasi  a  dige- 
stione. 

Digerire  (digerito).  Fare  la  digestione. 

Digestióne  (digestivo).  L'operazione  fisiologica 
per  cui  il  cibo,  l'alimento,  trasformato  nello  sto- 
maco e  nelle  altre  vie  digestive,  viene  assimilato  e 
dà  nutrizione  del  corpo  (le  sostanze  organiche,  os- 
sia il  cibo,  introdotte  in  organi  particolari,  sono 
convertite  in  un  succo  riparatore,  detto  chilo,  che, 
si  mescola  col  sangue,  e  in  materie  escrementizie 
che  vengono  rigettate  al  di  fuori):  chilificamento, 
chilificazione  ;  concezione,  concuocimento,  cozione; 


digerimento,  digestimento,  digestizione  (v.  a.);  ela- 
borazione degli  alimenti;  funzione  digestiva;  smal- 
timento, smaltimento  dei  cibi.  La  digestione  riesce 
buona  o  cattiva  ;  facile  o  difficile  ;  laboriosa  ;  nor^ 
male  o  viziosa,  ecc.,  a  seconda  che  il  cibo  è  leg- 
giero 0  pesante,  grave,  passante  o  indigesto.  Una 
buona  digestione,  dopo  compiuta,  dà  luogo  all'appe- 
silo, ossia  alla  volontà  di  mangiare.  -  Digestione 
gastrica,  quella  che  si  compie  nello  stomaco  ;  inte- 
stinale, 0  enterica,  la  digestione  che  si  compie 
nell'intestino;  salivare,  la  digestione  che  si  fa 
nella  bocca  per  effetto  del  succo  secreto  dalle  glan- 
doie  salivari.  -  Digestivo,  che  serve  alla  digestione 
0  l'aiuta  ;  scientificam.,  eupèptico. 

Apepsia,  cattiva  digestione  ;  indigestione.  -  Al- 
locasi, la  trasformazione  che  i  cibi  subiscono  nel 
processo  della  digestione.  -  Apodosi,  trapasso  del 
chimo  dall'intestino  tenue  al  crasso.  -  Assimilazione, 
l'ultimo  stadio  e  il  risultato  della  digestione.  -  Bra- 
dipepsia,  digestione  lenta,  penosa.  -  Cacochilia,  alte- 
rata chilificazione.  -  Cacochimia,  alterazione  della 
chimificazione.  -  Cacosplancnia,  difetto  intestinale 
0  debolezza  di  digestione.  -  Catapepsia,  digestione 
perfetta.  -  Ematosi,  conversione  del  chilo  in  san- 
gue e  del  sangue  venoso  in  arterioso  mercè  la 
respirazione,  -  Eupepsia,  buona  digestione. 

Acidità  di  stomaco,  sensazione  di  asprezza  che 
si  prova  allo  stomaco  e  che  ci  dà  spesso  i  fortóri.  - 
Cacopragia,  turbamento  dell'attività  digestiva,  •  Cru- 
dezze, le  materie  che  restano  nello  stomaco  non 
bene  digerite.  -  Digruma,  voracità  per  facile  dige- 
stione, -  Dispepsia,  difficoltà  di  digestione  ;  disturbi 
passeggeri  localizzati  allo  stomaco,  per  effetto  di 
alterazioni  chimiche  dei  succhi  gastrici  o  per  cause 
anatomiche  :  acida,  la  dispepsia  che  si  manifesta 
con  dolori,  pirosi,  vomiti  acidi  ;  flatulenta,  se  si 
manifesta  con  abbondanza  di  gas  e  conseguente 
eruttazione.  -  Ipocondrìa,  malattia  nella  quale 
sono,  di  solito,  disordinate  le  funzioni  della  dige- 
stione. 


Orgaot  della  digestione.  —  Coefficienti 
E  prodotti. 


Apparecchio  digerente,  il  complesso  degli  organi 
che  compiono  la  funzione  della  digestione:  specie 
di  tubo  (detto,  anzi,  tubo  alimentare,  tubo  digerente, 
tubo  digestivo),  che  incomincia  dalla  bocca  e  ter- 
mina Silvano,  comprendendo  l'esofago,  il  ventri- 
colo 0  stomaco,  e  l'intestino,  coi  quali  concorrono 
le  glandole  salivali,  il  pancreas  e  il  fegato.  Precisa- 
mente :  dopo  la  bocca,  continua  per  un  breve  tratto 
stretto  (stomaco,  o  ventricolo),  dopo  il  quale  nuo- 
vamente si  restringe  e  continua,  sotto  forma  d'  un 
canale  (intestino),  per  lo  più  assai  lungo  (nel- 
l'uomo più  di  otto  metri).  -  Annessi  del  tubo  dige- 
stivo :  certi  organi  i  quali  segregano  delle  sostanze 
che  reagiscono  sulle  materie  elaborate  nel  tubo  di- 
gestivo. 

Condotto  coledoco,  canale  che  serve  a  versare  nel 
duodeno  la  bile.  -  Condotto  epatico,  condotto  cistico, 
canali  che  servono  alla  bile  per  giungere  nella  ve- 
scicola biliare.  -  Digiuno,  porzione  dell'  intestino 
tenue.  -  Duodeno,  la  prima  porzione  dell'  intestino 
tenue. 

Esofago,  condotto  cilindrico,  muscolo-membranoso, 
che   fa   parte   del   canale   alimentare  e  si  estende 


DIGESTIONE 


865 


dalla  faringe  allo  stomaco.  -  Faringe,  tubo  mu- 
seolomenibranaceo  situato  al  davanti  delia  co- 
lonna vertebrale:  serve  da  canale  comune  alle  vie 
aeree  e  digestive.  -  Glandole  del  Brùnner,  glandole 
speciali,  il  cui  secreto  sbocca  nell'intestino  duodeno. 

-  Glaìidute  salivari,  del  fegato,  del  pancreas,  della 
milza:  si  trovano  tra  gli  annessi  del  tubo  digestivo. 

Fegato,  viscere  nel  quale  si  secerne  li  bile.  - 
I ntesf ino,  cSina.U  degli  alimenti,  diviso  in  più  parti, 

-  Mil;:a,  organo  spongioso,  vascolare,  in)|  ari,  posto 
nell'ipocondrio,  al  disotto  del  diaframma.  -  Pan- 
creas, glandola  racemosa,  simile  alle  salivari,  clie 
passa  nella  cavità  dell'addome,  dietro  il  ventricolo 
e  il  fegato,  tra  le  curve  del  duodeno:  é  molto  ricca 
di  vasi  sanguigni  e  di  nervi  ;  separa  un  liquido 
analogo  alla  saliva:  serve  alla  digestione.  -  Prime 
vie,  il  canale  digerente. 

Retto,  l'ultima  porzione  dell'intestino  crasso,  che 
termina  con  1'  apertura  anale,  o  ano.  -  Stoma- 
co, specie  di  borsa,  destinata  a  ridurre  in  chimo 
gli  alimenti,  prima  di  trasmetterli  all'  intestino.  - 
Valvole  conniventi,  quelle  di  cui  è  fornito  l'inte- 
stino tenue  :  servono  a  ritardare  il  corso  delle  ma- 
terie alimentari  e  ad  aumentare  la  superficie  di  as- 
sorbimento. -  Vasi  chiliferi,  vasi  linfatici  degli  in- 
testini che,  durante  la  digestione,  assorbono  il  chilo, 
lo  trasportano  e  lo  versano  nel    condotto  toracico 

Splancnologia ,  parie  dell'  anatomia  che  studia  i 
visceri  che  concorrono  a  formare  gli  apparecchi 
della  digestione,  della  resjtir azione,  della  setre^ 
zione  ordinaria  e  della  generazione. 

Coefficienti  e  prodotti.  —  Chilo,  liquido  bianco 
latteo,  leggermente  analogo  alla  linfa,  proveniente 
dal  canale  toracico  e  separato  dagli  alimenti  du- 
rante l'atto  della  digestione.  -  Chilificazione  (chilifi- 
camento),  elaborazione  che  subisce  il  chimo  nell'in- 
testino tenue,  sotto  l'influenza  del  succo  pancreatico, 
che  lo  rende  atto  a  fornire  il  chilo.  -  Chilifìcare, 
fare  il  chilo;  chiloso,  che  ha  natura  di  chilo,  somi- 
glianza col  chilo,  mescolato  col  chilo.  -  Chilifero, 
ai:giunto  dato  a  quei  vasi  o  canali  che  conducono 
il  chilo,  detti  anche  vene  lattee.  -  Chilopoietico,  ciò 
che  produce  la  chilificazione. 

Chimo,  massa  degli  alimenti  digeribili  nell'  inte- 
stino e  misti  ai  prodotti  della  secrezione  della  parte 
superiore  del  tratto  digestivo.  E  chimificazione,  o 
chimosi,  la  funzione  per  la  quale  gli  alimenti  ne. lo 
stomaco  si  convertono  in  cliimo.  -  Chimosina,  so- 
stanza attiva  del  succo  gastrico,  dal'a  quale  sono 
rese  chimificabili  le  sostanze  alimentari. 

Movimento  peristaltico  (peristalsi),  quello  per  mezzo 
del  quale  il  tubo  intestinale  si  contrae,  onde  favo- 
rire il  lavoro  della  digestione:  detto  anche  moto 
vermicolare  per  la  somiglianza  che  ha  con  lo  stri- 
sciare dei  vermi.  -  Acido  solforico  :  si  sviluppa  in 
piccola  quantità  nel  tratto  gastro-enterico.  -  Ali- 
vtentizio,  aggiunto  di  quegli  umori  animali  che  sono 
prodotti  dalla  digestione  e  sono  resi  idonei  e  pronti 
a  trasmutarsi  in  una  delle  sostanze  proprie  dell'in- 
dividuo animale  e  vegetale.  •  Escremento,  feccia, 
sterco.  '  Menavate  e  menovile  :  cosi  disse  il  Cre- 
scenzio di  quegli  umori  del  corpo  umano  che  non 
servono  alla  nutrizione,  ma  piuttosto  farebbero  ef- 
fetto contrario,  se  non  si  purgassero.  •  Pepsina  (pes 
Sina),  principio  azotato  del  succo  gastrico,  che  è 
adottato  in  medicina  come  efficace  nelle  digestioni 
ditficili.  ■  Peplone,  prodotto  della  digestione  gastrica 
delle  sostenze  azotate.  -  Recrementizio  :  dicesi  di 
quegli  umori  e  di  quelle  sostanze  che,  format.'si 
nel  corpo,  per  opera  della  digestione,  non  si  man- 


dano fuori  da  esso,  ma,  riassorbendosi,  servono 
a  nutrirlo,  come  il  chilo,  ecc.  Contr.  di  escre- 
mentizio. -  Residuo  escrementizio,  parte  grossolana  e 
giallastra  degli  alimenti  convertili  in  chimo.  -  Su- 
burra, sostanza  mucosa  che  si  è  creduto  raccogliersi 
nello  stomaco,  in  seguito  a  cattive  digestioni,  nei 
gastricismi.  -  Sostanza  alibile,  porzione  del  chimo 
destinata  alla  nutrizione.  -  Umori  crudi,  quelli  che 
non  sono  sfati  convenientemente  concotti  dagli  or- 
gani propri  della  digestione.  * 

■    Digerire.  —  Digerente. 
Digeribile,  digeribilità'.  —  Locuzioni,  ecc. 

DitSERiRE,  fare  la  digestione,  convertire,  mediante 
la  digestione,  in  succhi  assimilabili  dal  nostro  or- 
ganismo, i  cibi  e  le  bevande  :  concòcere,  concuo- 
cere, cuòcere  ;  digestire;  pass  ire  (famil.);  ricuocere, 
smaltire.  -  Digerito,  chilillcato  (a  Pisa,  patito),  di- 
gesto, passato  (famil ,  volg),  smaltito.  -  Facoltà  di 
digerire:  forza  assimilativa,  facoltà  concotlrice  ; 
potenza  di  digestione,  virtù  digestiva,  ritentiva 
(non  US.). 

Assimilare  (assimilazione),  atto  della  nutrizione.  - 
Elaborare,  elaborazione,  l'azione  dello  stomaco  che  di- 
gerisce. -  Incidere,  pei  medici  antichi,  il  dividere.  Io 
sciogliere,  e  dicevasi  dei  succhi  dello  stomaco,  o  delle 
medicine,  che  operano  sopra  gli  alimenti,  e  le  flem- 
me grosse  e  viscose.  -  Rimetterci,  logorarsi,  consu- 
marsi lo  stomaco,  effetto  del  digerir  male.  -  Sbu- 
fare, far  del  vento  per  la  bocca,  dopo  il  cibo,  per 
debolezza  di  stomaco.  -  Smaltire,  digerire,  di  roba 
abbondante,  pesante;  digerir  bene,  presto  e  intera- 
mente. -  Turbare  le  funzioni  digestive,  guastare  la 
digestione. 

Avere  boccaccia,  avei'  la  bocca  cattiva  per  dige- 
stione 0  altro.  -  Avere  buoni  acidi,  avere  facoltà  di 
digerir  bene.  -  Fare  il  chilo:  si  dice  comunemente 
per  starsene  in  riposo,  dopo  avere  mangiato,  per 
non  disturbare  la  digestione.  -  Tornare  a  góla, 
quando,  non  essendo  i  cibi  ben  digeriti,  ne  sentia- 
mo ancora,  o  par  di  sentire,  venir  su  dallo  sto- 
maco il  sapore  in  bocca:  anche,  semplicemente, 
tornare. 

Digerente,  che  ha  facoltà  di  digerire. 

DiGEHiBiLE,  agg.  di  sostanza  che  si  digerisce  fa- 
cilmente, che  è  di  facile  digestione,  facilmente  as- 
similabile :  cibo  leggiero,  passante,  passatoio,  pep- 
tico ;  sottil  pasto.  E  digeribilità  1'  essere  digeribile. 
Secondo  i  diversi  cibi,  il  vario  grado  di  digeribi- 
lità corrisponde,  o  almeno  comunemente  si  crede, 
alle  cifre  che  seguono  (i  numeri  indicano  in  oie  e 
minuti  il  tempo  necessario  per  una  digestione  com- 
pleta, in  persona  normale  e  sana)  : 


Ore 

Minuti 

Anitre  domestiche  arrosto 

4 

10 

Anitre  selvatiche  arrosto 

4 

30 

Barbabietole  cotte 

3 

45 

Bistecche  comuni 

3 

Burro  liquefatto 

3 

30 

Carne  di  agnello  arrosto 

2 

30 

Carne  di  montone  allesso 

3 

Carne  di  montone  arrosto 

3 

15 

Carne  di  porco  allesso 

4 

Carne  di  porco  arrosto 

5 

15 

Carne  di  porco  fritto 

5 

15 

Carne  di  porco  in  istufato 

3 

Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


55 


866 


DIGESTIONE    —    DIGIUNO 


Carni  salate  allesso 

Carne  salata  di  porco  cruda 

Carne  di  vacca  arrosto 

Carne  di  vacca  fritta 

Cartilagini  allesso 

Cervelli  in  frittura 

Cuore  di  bue  fritto 

Fegato  in  frittura 

Formaggio  (vecchio) 

Gallo  di  monte  arrosto 

Grasso  di  agnello  liquefatto  (int.) 

Grasso  di  vacca  liquefatto  (int.) 

Latte  bollito 

Latte  crudo 

Mele  raaturissime 

Mele  non  troppo  mature 

Merluzzo  allesso 

Nervi  allesso 

Oca  selvatica  arrosto 

Orzo  bollito 

Ostriche  fresche  crude 

Ostriche  fresche  fritte 

Pane  di  frumento 

Pane  di  grano  turco 

Panerà  bollita 

Pasticcerie 

Patate  arrosto 

Patate  bollite 

Patate  al  forno 

Pesciolini  di  mare  fritti 

Pollame  domestico  adulto  allesso 

Pollame  domestico   adulto  arrosto 

Pollo  giovane  allesso 

Pollo  giovane  arrosto 

Pollo  in  istufato 

Rape  allesso 

Riso  bollito 

Salmone  fresco  bollito 

Salmone  salato 

Salsiccia 

Tapioca 

Trippa  cotta  allesso 

Trota  fresca  bollita 

Uova  al  burro 

Uova  fresche  crude 

Uova  fresche  al  latte 

Uova  sbattute  crude 

Uova  fresche  sode 

Vitello  allesso 

Vitello  fritto 

Zuppa  di  orzo  bollito 

Zuppa  di  ostriche 

Zuppa  di  pane,  brodo  e  legumi 

Locuzioni,  ecc.  —  Avere  uno  stomaco  di  struzzo' 
digerir  benissimo,  anche  le  cose  meno  digeribili.  - 
Dare  il  buon  prò  a  chi  ha  mangiato  o  sta  man- 
giando, augurare  buona  digestione.  -  Digerirebbe, 
smaltirebbe  anche  le  macine,  digerirebbe  i  sassi,  il 
ferro,  ecc.:  di  chi  ha  buono  stomaco.  -  EP  una  ma- 
cina!, d'un  cibo  che  non  si  digerisce,  sta  sullo  sto- 
maco, 0  d' un  discorsone  indigesto.  -  Non  é  quel 
che  si  mangia  che  fa  bene,  ma  quel  che  si  digerisce. 
•  Tavola  senza  sale,  bocca  senza  saliva,  non  si  di- 
gerisce bene. 

A  corpo  mezzo  pieno,  dopo  la  digestione. 

Digestióne.  Separazione  del  puro  dall'impuro, 
per  via  di  fermentazione  lenta,  fino  ad  una  intera 
dissoluzione.  -  Modo   di   soluzione  differente  dalla 


Ore 

Minuti 

4 

15 

3 

— 

3 

— 

4 

— 

4 

lo 

1 

45 

4 

— 

2 

— 

2 

30 

2 

18 

4 



5 

— . 

1 

40 

2 

15 

1 

30 

2  . 

50 

2 

— 

5 

30 

2 



2 

05 

2 

55 

3 

15 

3 

30 

3 

15 

2 

45 

3 

— 

3 

30 

3 

30 

2 

30 

3 

30 

4 

— 

4 

— 

2 

15 

2 

30 

2 

25 

2 

30 

1 

— 

1 

35 

4 

— 

3 

20 

2 

— 

1 

50 

1 

30 

2 

16 

2 

— 

3 

— 

1 

50 

3 

30 

4 

— 

4 

40 

1 

30 

3 

— 

4 

— 

macerazione,  perchè  in  esso  si  fa  intervenire  un' 
grado  di  calore  eh'  è  superiore  a  quello  dell'  am- 
biente, ma  inferiore  a  quello  del  punto  di  ebolli- 
zione del  solvente. 

Dlgrestivo.  Che  serve  alla  digestione. 

Digesto.  Raccolta  di  leggi:  le  Pandette. 

Digestore.  Sorta  di  caldaia,  -  Digestore  o- 
pentola  di  Papin,  recipiente  di  una  particolare  co- 
struzione, che  serve  a  cuocere  le  sostanze,  medi- 
cinali, 0  alimentari,  ad  una  temperatura  superiore 
a  quella  dell'acqua  bollente,  e  precisamente  nel  va- 
pore soprariscaldato,  per  risparmio  di  tempo  e  di 
combustibile. 

Dlghlacciare  (dighiacciato).  Detto  a  ghiaccio. 

Digitale.  Veggasi  a  dito. 

Digitale.  Pianta  dalla  corolla  a  forma  di  di- 
tale :  se  ne  trae  un  medicamento  (digitale,  digita- 
lina), moderatore  delle  palpitazioni  di  cuore.  -  Pi- 
crina,  sostanza  amara  della  digitale. 

Digitato.  Veggasi  a  dito  e  a  foglia. 

Digitazióne.  Veggasi  a  mano. 

Digitigrado.  Detto  a  mainmifero. 

Digiunare  (digiunato).  Far  digiuno. 

Digiuno.  Astensione,  astinenza  dal  cibo,  dal- 
l'alimento,  volontaria  o  forzata,  o  per  osservanza 
di  precetto  religioso,  per  pratica  di  cmWo;  nell'uso 
famil.,  dieta;  per  estens.  o  scherzosam.,  quare- 
sima. -  Anche,  il  giorno  che  precede  qualche  festa 
e  nel  quale  si  suole  digiunare.  In  plur,,  digiune, 
digiuna  e  digiunora  si  disse  anticam.  ;  ora  solo  di- 
giuni. '  Digiuno  rigido,  stretto  (rigoroso),  severo,  re- 
ligioso, per  devozione,  per  salute  ;  digiuno  degli  e- 
brei,  dei  turchi,  dei  cattolici,  ecc.  E  semidigiuno, 
digiuno  non  rigoroso:  mezzo  digiuno.  -  Digiuno, 
(agg.),  chi  0  che  non  ha  mangiato  dal  giorno  o 
dalla  sera  innanzi:  corpo  vuoto;  impasto.  -  Digiu- 
natorio,  di  digiuno.  -  A  digiuno,  innanzi  di  avere 
preso  cibo  :  a  bocca  asciutta,  a  corpo  asciutto,  a 
corpo  vuoto  :  a  denti  asciutti,  secchi  ;  a  sciacqua- 
budella (del  bere  a  digiuno). 

Asizia,  il  digiuno  rigoroso.  -  Dieta,  il  digiuno 
parziale.  -  Inanizione,  inedia,  debolezza  estrema  per 
digiuno  troppo  lungo.  -  Limanchia,  digiuno  ecces- 
sivo. -  Limoctonia,  digiuno  che  cagiona  la  morte. 

Digiuno  delle  campane,  quello  che  fanno  alcuni, 
del  non  mangiare  cioè  da  quando,  la  mattina  del 
giovedì  santo,  si  legano  le  campane,  a  quando  si 
sciolgono,  la  mattina  del  sabato  santo.  -  Digiuno 
naturale  (t.  eccl.),  che  per  qualunque  cosa  si  gua 
sta;  contrapp.  a  ecclesiastico,  che  riguarda  le  asti- 
nenze di  certi  cibi  in  giorni  destinati.  -  Giorni 
magri,  assegnati  al  digiuno  dalla  Chiesa  cattolica  ; 
neri,  o  tutti  neri,  di  intero  digiuno.  -  Imsak,  pasto 
prima  dell'aurora  durante  il  ramadan.  -  Quarantena, 
digiuno  di  quaranta  giorni  pei  cavalieri  di  Santo 
Stefano.  -  Quarésima,  digiuno  di  quaranta  giorni  pre- 
scritto dalla  Chiesa  cattolica,  in  preparazione  alla 
pasqua.  -  Quattro  tempora,  digiuno  che  la  Chiesa 
cattolica  impone  al  principiare  delle  quattro  sta- 
gioni. -  Ramadan,  mese  di  digiuno  presso  i  mao- 
mettani. -  Vigilia,  vigilia  di  festa  che  si  celebra  col 
digiuno. 

Nestee,  antiche  feste  celebrate  col  digiuno. 

Digiunare,  far  digiuno,  astenersi  dal  cibo  per 
qualsiasi  motivo  ;  non  mangiare,  star  senza  man- 
giare:' fare  astinenza,  far  crocetta,  far  dieta,  far 
quaresima;  mangiar  dei  sogni,  mangiar  in  sogno; 
pisciare  e  andare  a  letto  (coricarsi  senza  aver  man- 
giato); rimanere  a  denti  asciutti,  a  denti  secchi. 
Anticam.,  giunare.  -  Far  digiuni  non  comandati,  di 


KIC.IUNO    —     DII.ATATORK 


867 


chi  non  ha  da  mangiare.  -  Fare  il  digiuno  delle 
campane,  o  t7  digiuno  della  settimana  santOy  digiu- 
nare a  lungo.  -  Fare  la  crocetta,  o  de'  crociani,  ap- 
parecchiare alla  crocetta,  non  aver  da  mangiare  : 
modo  basso.  -  Mutare  il  digiuno,  romperlo.  -  Ossei'- 
vare,  non  mangiare  nel  periodo  di  tempo  prescritto 
pel  digiuno.  -  Passare  il  digiuno,  mangiare,  satol- 
larsi. -  Patire  la  fame  (veggasi  a  faìne),  digiunare 
involontariamente.  -  Poter  andare  alta  comunione 
(scherz.),  essere  digiuno.  -  Ristringere  la  gola,  di- 
giunare, mortificare  la  gola.  -  Sdigiunarsi,  solvere 
il  digiuno,  rompere  il  digiuno,  mangiare  dopo  il 
digiuno. 

Chi  va  a  letto  senza  cena  tutta  la  notte  si  dimena, 
di  chi,  per  digiuno  forzato,  va  a  dormire  a  corpo 
vuoto.  -  E'  un  boi  predicare  il  digiuno  a  corpo 
pieno  (modo  proverb.):  è  facile  incitare  altri  a-  cosa 
che  noi  poi  non  osserviamo.  -  Ha  la  pancia  come 
nn  violino  :  si  dice  di  persona  molto  magra  e  at- 
tualmente digiuna.  -  Se  dovesse  vomitare,  non  uo- 
viiterebbe  che  V anima:  di  chi  è  da  molto  tempo  di- 
giuno. 

Dlg-iuno.  Porzione  àoìVintestino  tenue. 

DlgUfo.  Ornamento  di  architettura  :  voggasi 
a  pag.  134,  prima  colonna. 

Dljjlossia.  Raddoppiamento  della  lingua. 

Diglotto.  Chi  parla  due  lingue:  veggasi  a 
lingua. 

Dignità  {dignitario,  dignitoso).  Sentimento  di 
rispetto  che  1'  uomo  deve  a  sé  stesso,  dimostrato 
con  gii  atti  e  con  le  parole  ;  la  qualità  d'uomo  in 
quanto  è  degno  di  rispetto  :  condegnità,  condegni- 
tade,  condegnitate  (v.  a.)  ;  decoro;  elevatezza,  «o- 
biltà,  -  Maniera  distinta  di  contegno,  di  con- 
dotta, -  Anche,  alto  ufficio,  alto  grado.  Cosi 
pure  dicesi  per  aspetto  maestoso,  signorile.  -  Se- 
condo Aristotile,  uno  dei  modi  di  priorità.  -  Di- 
gnitosamente, con  dignità,  decorosamente.  -  Digni- 
toso, chi  0  che  ha  il  sentimento  della  propria  di- 
gnità ;  che  conferisce  dignità  :  condegno,  decoroso. 

Amor  proprio,  sentimento  della  propria  dignità, 
giusto  apprezzamento  del  proprio  merito  ;  tose, 
quel  non  so  che  che  non  è  orgoglio,  ma  finezza 
bevuta  col  latte  :  alterezza  d'animo,  amor  di  noi  ; 
dignità  dell'anima;  fierezza,  giusto  orgoglio;  il  pa- 
rer proprio  ;  lo  spillo  dell'onore  ;  punJo  d' onore  ; 
santa  superbia,  stocco  di  riparazione.  -  Soverchio 
amor  proprio,  egoismo.  -  Eccesso  d'amor  proprio, 
superbia.  -  L'amor  proprio  è  una  leva  per  la 
quale  si  leva  la  parte  più  eletta  del  mondo.  -  Seìi- 
tire  la  propria  dignità  è  il  principio  di  ogni  vita.  • 
Honor  habel  onus  (lat.,  l'onore  ha  il  suo  peso),  cioè 
ogni  alta  dignità  trae  seco  i  suoi  incomodi. 

Dignitario,  chi  copre  certe  cariche,  è  insignito 
di  certe  dignità,  di  certi  uffici  (es.,  dignitario  di 
Corte)  ;  uomo  o  cittadino  principale  :  maggiorente, 
primate.  -  Parruccone,  dicesi  per  uomo  grave  e 
di  alta  dignità  :  barbassoro.  -  Per  cerimonia  (es., 
maestro,  marito,  ministro  per  cerimonia),  per  ap- 
parenza, senza  dignità. 

Abbassarsi,  perdere,  scapitare  nella  dignità  ;  umi- 
liarsi. -  Assumere  (assunto),  salire  a  dignità, 
ad  uffici;  ottenere  qualche  titolo;  anche,  inalzare 
a  dignità,  a  grandezza,  e  simili.  -  Degradare  fde- 
gradamento),  togliere  la  dignità,  il  grado  :  desti- 
tuire. -  Degradarsi,  corrompersi,  guastarsi  moral- 
mente ;  depravarsi,  pervertirsi.  •  Derogare,  nel- 
l'uso, mancare  alla  dignità  dell'ufficio.  -  Degrada- 
zióne, atto  ed  effetto  del  degradare  e  del  degradarsi  ; 
volgarm.  e  malamente,    detto   per    guasto,  ■  sfregio. 


rottura.  Alludendo  a  diminuzione  di  grado,  di  in- 
tensità delle  tinte,  meglio  detto  digi  adare,  digra- 
dazione. 

Dignitario.  Veggasi  a  dignità  e  a  pri- 
mate. 

Dlirnitoso.  Che  ha  sentimento  della  propria 
dignità. 

Digradare  (digradamento,  digradato,  digrada- 
zione). Lo  scendere  a  poco  a  poro,  o  di  grado  in 
grado.  -  Di  colore,  lo  scemare,  il  diminuire  del 
tono,  a  grado  a  grado,  si  che  le  tinte  si  confondano 
insieme. 

Digradazióne  (digradamento).  11  digradare. 

Digrassare,  digrassamento  (digrassato).  Le- 
\are  il  grasso 

Di  grazia.  Modo  avverbiale  per  domandare  un 
furore. 

Digredire  (digredito).  Far  digressione. 

Digressióne.  Tralasciamento  del  filo  del  di- 
scorso,  0  dello  scritto^  per  toccare  altro  argo- 
mento :  deviamento,  digresso  ;  episodio,  incidenza, 
inframmessa,  intramessa;  saltamento,  scappata; 
scorsa  di  penna  ;  tragressione,  tramessa,  tramezza- 
mento,  trapassamento,  trapasso  ;  varianza.  -  Digre- 
dire, far  digressione,  discostarsi  dall'assunto  prin- 
cipale del  discorso:  allontanarsi,  uscire  dall'argo- 
mento, dalla  materia  (del  discorso),  dal  proposito, 
dal  proposto,  dal  tema;  andar  di  lungi,  divertire; 
fuorviare  ;  pagar  cinque  soldi  (figur.  popol.)  ;  pren- 
dere la  scappata;  sviarsi;  traviare;  uscire  della  (o 
dalla)  battuta,  dalla  strada,  di  strada,  dal  semi- 
nato, dal  solco. 

Digressivamente  (neol.),  in  via  di  digressione,  in 
modo  digressivo  :  di  passaggio,  incidentalmente.  - 
Digressivo,  di  digressione,  appartenente  a  digres- 
sione, che  ha  in  sé  digressione  :  digressorio. 

DlgressiTamente,  digressivo.  Leggasi  a  di- 
gressione. 

Digrignare  (digrignalo).  Mostrare  i  denti  arre 
tandoli  :  veggasi  a  dente. 

Digrossamento.  Il  digressare. 

Digrossare  (digrossato).  Assottigliare,  rendere 
sottile.  -  Abbozzare  un  lavoro,  dargli  la  prima 
forma.  •  Anche,  insegnare  i  primi  rudimenti 
di  una  scienza.  -  Digrossatore,  chi  digrossa.  -  Di- 
grossatura, atto  ed  effetto  del  digrossare. 

Digruma.  Grande  voracità,  gran  fame. 

Digrumare  (digrumato).  Lo  stesso  che  rumi- 
nare. 

Diguazzare  (diguazzamento,  diguazzato).  Dibat- 
tere l'acqua  o  altri  liquidi  ;  dibattersi  in  essi:  scia- 
guattare. 

Dilacerare  (dilacerato).    Poet.,  per  lacerare. 

Dilagare  (dilagamento,  dilagato).  Fuorviare  un 
l<fgo,  una  pozza;  l'espandersi  dell'acqua  o  d'altro 
liquido  :  spargersi  (veggasi  a  spargere). 

Dilaniare  (dilaniato).  Sbranare,  lacerare,  ad- 
dolorare, arrecar  dolore  gravemente. 

Dilapidamento,  dilapidazióne.  Veggasi  a 
scialacquare. 

Dilapidare  (dilapidato).  Mandar  male,  in  male, 
il  suo:  scialacquare,  cioè  spandere  troppo  e 
male. 

Dilatamento.  Veggasi  a  largo. 

Dilatare,  dilatarsi  (dilatabile,  dilatato).  Ren- 
dere un  corpo  o  il  divenire  di  questo  maggiore  in 
estensione,  più  largo.  -  Neutro  pass.,  occupare 
maggiore  spazio. 

Dilatatore.  Istrumento  usato  per  mantenere 
liberi   e  beanti  i  canali   naturali  o  per    dilatarli  e 


868 


DILATATORIO    —    DILCVIAMSMO 


aumentarne  la  capacità.  -  Dilatatore  intra-uterino, 
vengasi  a  2^«/'/o.  -  Divulsore,  veggasi   a  uretra. 

Dilatatorio.  Che  apporta  una  dilazione,  una 
prorcfffu 

Dilitta?!ióne.  Atto  del  4ilatare  e  del  dilatarsi; 
del  rendere  o  divenire  largo,  più  largo;  e  del- 
l'occupare maggiore  spazio.  Anche,  rarefazione.  - 
Adelectasia,  difetto  di  dilatazione  d'un  organo. 

Dilavare  (dilavamento,  dilavato).    Il  portar  via 
(colore,  ecc.),  come  nel  lavare.  -  Effetto  che  fa 
la  pioggia.  -  Anche,   portar  via  la  sostanza  nu 
tritiva,  della  nulrizione. 

Diliizióne.  Indugio  a  far  qualche  cosa,  pro- 
roga. 

Dileggiare  (dileggialo).  Pigliarsi  giuoco,  beffe, 
burla  di  qualcuno;  fargli  scherno. 
'  Dileggino.  Veggasi  a  itmamorato. 

Diléggio.  Derisione  accompagnata  da  disprez- 
zo ;  beffa,  burla  ;  scherno. 

Dileguare  [dileguato,  diléguo).  Il  fuggire  con 
prestezza,  quasi  sparire.  -  Far  cessare,  togliere 
di  mezzo,  far  sroinjxirire,  lugare. 

Dileguarsi  (dileguato,  diléguo).  Svanire,  scom- 
parire, siìarire  a  poco  a  poco;  sciogliersi,  sfal- 
darsi; venir  meno;  volare. 

Diléguo.  Atto  ed  effetto  del  dileguarsi,  spe- 
cialmente nei  modi  andare,  mandare  in  dilégno. 

Dileninia.  Argomentazione  contenente  due  o 
più  proposizioni  contiaddilorie,  da  scegliere  per 
trarne  una  conclusione  :  detto  anche  argomento 
cornuto,  perchè  le  proposizioni  si  chiamano  cotna 
del  dilemma.  -  Aut,  aut  (lat.,  o,  o,  cioè:  delle  due 
l'una)  :  dicesi,  con  forza  di  dilemma,  per  indurre 
altri  a  concludere.  -  0  bere  o  affogare,  o  questo  o 
peggio.  -  Sottomettersi  o  dimettersi,  dilemma  non 
infrequente  nel  linguaggio  politico.  -  To  he,  or  noi 
to  he  (ingl.  «  essere  o  non  essere»),  dilemma  del- 
l'esistenza. -  Volere  o  volare,  porre  il  dilenmia  o 
di  fare  una  tal  cosa  o  di  aver  danno. 

Dilettante.  Chi  esercita  un'oa-fc,  una  pro- 
fessione, ecc.,  non  per  lucro,  ma  per  diletto  : 
amatore  (frane,  amateur),  amoievole  (non  us.).  - 
Il  dilelttin'ìS-no  fu  detto  il  magjjior  nemico  dell'arte 
vera.  -  filarmonico,  dilettante  di  musica.  -  FilO' 
drammatico,  chi  recita  la  commedia  o  il  dramma 
per  proprio  divertimento,  senza  farsi  pagare  come 
l'artista  comico:  artista  improvvisato.  -  Orec- 
chiante (v.  d'uso),  dilettante  di  musica;  masi  dice, 
per  traslato,  anche  di  altre  materie.  -  Da  dilet- 
tante (frane,  en  amateur),  per  genio,  per  gusto,  per 
piacere,  per  solo,  diletto;  volontariamente, di  spon- 
tanea volonlà. 

Dilettare,  dilettarsi  (dilettato).  Apportare, 
cag  on^re;  dare,  o  darsi;  procurarsi,  prendersi  di- 
leito,  godimento,  gusto,  ^>tr/t'e/'e. 

Dilettévole.  Che  diletta,  dà  diletto,  dà  pia- 
cere: dilettoso,  divertente,  piacevole. 

Dilettevolmente.  Con  diletto,  con  piacere. 

Diletto.  Sentimento  generale,  più  specialmente, 
intellettuale,  di  contento,  di  piacere,  di  tran- 
quillità, di  elevazione  dello  spirilo  e  del  corpo;  è 
dettato  dal  gusto  della  presenza  o  dalla  immagine 
del  bello. 

Dilètto  (agg.).  Amato,  benvoluto,  caro. 

Dilettosamente.  Con  diletto,  con  jrìacere. 

Dilettoso.  Dilettevole,  piacevole;  che  dà  di- 
letto piaceì'e. 

Dilezióne.  Vivo  affetto  per  una  persona. 

Diligentare  [diligeiilato).  Veggasi  a  diligenza. 

Diligente.  Chi  opera  con  diligenza. 


l 


Diligentemente.  Con  diligenza. 

Diligenza  (diligente,  diligentemente).  Assidua  e 
squisita  cura,  particolare  e  assidua  atteìizione 
nel  fare  una  cosa:  accuratezza,  amore,  applicatezza, 
applicazione;  avvertenza;  esattezza;  esquisitezza; 
impegno;  osservanza,  esecuzione  di  ordini; 
premura;  sedulità  (lai.),  solerzia,  sollecitudine, 
studio;  vigilanza.  -  Pondf razione,  atto  od  effetto 
del  ponderare,  ossia  del  considerare  diligen- 
temente una  cosa.  -  Contr.,  negligenza. 

Accuratezza,  diligenza  scrupolosa.  -  Dar  la  mente 
a  una  cosa,  applicarvisi  con  diligenza.  -  Diligentare, 
secondo  il  Fanfani,  usare  diligenza  intorno  a  qual-' 
che  cosa;  curare  attentamente,  avere  molla  cMra; 
avere  riguardo.  -  Coltivare,  avere  diligenza  in- 
torno a  qualche  persona. 

Diligente,  che  opera  con  diligenza,  mette  tutta 
l'attenzione,  tutta  la  cura  in  quello  che  fa  (di  cosa, 
falla  con  cura,  accurato,  esatto,  attento,  fedele, 
puntuale);  preciso,  premuroso,  sedulo  (lat.),  so- 
lerte, scrupoloso,  vigilante.  -Esser  dit-gente:  andar 
per  filo,  andare  per  segno,  andare  per  filo  e  per 
segno;  camminare  sul  fil  di  seta;  far  di  buono. 

Diligentemente,  con  diligenza,  con  riguardo:  ac- 
curatamente, a  minuto,  con  amore,  gelosamente, 
minutamente,  scrupolosamente,  sollecitamente,  stu- 
diosamente. -  Ex  professo,  con  cura,  pienamente, 
di  proposito. 

PboVep.bì.  —  Chi  fece  un.  fece  mille.  -  Chi  non 
fa  il  nodo  perde  il  punto.  -  Diligenza  pasm  scienza.  - 
Tanto  razzola  la  gallina  che  trova  la  sua  pipita  (la 
troppa  diligenza  è  spesso  dannosa). 

Diligenza.  Vettura,  vecchio  e  proverbiale  vei- 
colo che  fa  gite  regolari,  a  prezzo  fisso,  sempre  an- 
dando e  tornando  fra  un  luogo  e  l'altro.  Era  d'uso 
generale  prima  che  si  costruissero  le  ferrovie.  -  Veloci- 
fero, al  tempo  della  diligenza,  quella  vettura  che 
correva  più  diretta.  -  lettura  Negri,  antica  impresa 
di  diligenze  che  faceva  servizio  da  Milano  a  Sa- 
ronno:  divenne  e  rimase  proverbiale  per  la  len- 
tezza. -  Imperiale,  cassa  sopra  il  cielo  delle  dili- 
genze dove  si  ripongono  i  bagagli. 

Diligere  (diletto).  Poelicam.,  per  amare. 

Diloggiare  (diloggiato).  Levare  Vacrampa- 
nienfo.  -  Sloggiare,  cacciare  daiWalloggio. 

Dilonibare,  dilonibatura  (dilombato).  Veg- 
gasi a  lombo. 

Dilontanare  {dilontanato).  Allontanarsi,  andar 
lontano  da  un  luogo. 

Dilucidare,  dilucidazióne  (dilucidato).  Lo 
schiarire,  lo  spiegare, 

Dilùculo.  Il  sorgere  del  giorno. 

Dilùdio.  Intermezzo,  nella  musica. 

D  luénte.  Che  ha  la  facoltà  di  diluire. 

Diluire  (diluente,  diluilo).  Far  diventare  liquido, 
0  meno  denso;  rendere  più  fluido,  più  li- 
quido ;  distemperare,  stemperare.  -  Diluente,  si- 
nonimo di  solvente:  indica,  in  farmacologia,  quel 
liquido  che  tiene  sciolta  una  sostanza  medicamen- 
tosa. -  Diluzione,  azione  dello  sciogliere,  nel  senso 
lato  della  parola,  non  nel  chimico,  di  un  corpo  in 
un  liquido.  Possono  quindi  dirsi  diluiti  tanto  i 
corpi  veramente  disciolti,  nel  senso  chimico,  quanto 
quelli  semplicemente  sospesi.  Si  dà  pure  il  nome 
di  diluzione  alla  stessa  sostanza  diluita  ;  e,  in  lece 
nica  farmaceutica,  a  un  metodo  di  separazion- 
delle  polveri. 

Dilungare,  dilungarsi  (dilungato).  Mandare, 
andar  lontano;  allontanarsi,  diffondersi. 

Diluvianisnio.  Detto  a  diluvio. 


IMI.CMAUK 


DIMINUIRR 


869 


Diluviare  {diluvialo).  Esserci,  far  diluvio.  - 
Fi  ^ur.,  esserci  abbondanza,  gran  copia  ;  anche, 
m  aiigiare  straliocchevolniente. 

Diluvio.  Straordinaria  inondazione  d'acque  che 
cadono  dal  cielo  (pioggia)  o  si  riversano  violen- 
temente dalla  terra:  cataclisma,  calaclismo;  violento 
acquazzone;  il  piovere  dirottamenle.  Fijiur.,  cc-pia, 
copia  grande,  abbondanza.  -  Diluvio  di  Dcucalione 
e  Pirro  :  secondo  la  mitologia,  gli  dèi  fecero  perire, 
un  tempo,  tutti  i  mortali  con  un  diluvio  universale, 
perchè  troppo  scellerati,  tranne  Deucalione,  tiglio  di 
Prometeo,  e  Pirra,  moglie  di  lui,  entrambe  persone 
molto  dabbene.  -  Diiwio  unirersale,  secondo  la 
Bibbia,  quello  avvenuto  ai  tempi  di  Noè,  il  solo 
salvatosi  con  la  famiglia  e  con  molti  animali,  nel- 
rfl?Ta.  -  Antidihiriava,  che  era  prima  del  diluvio 
biblico.  -  Dihmanismo,  ipotesi  secondo  la  quale  la 
Terra  ricevette  la  sua  struttura  a  strati,  per  una 
sequela  di  inondazioni  universali.  E  questa  ipotesi, 
ormai  insostenibile,  trova  riscontro  nelle  teorie  re- 
ligiose della  bibbia. 

Diluvióne.  Gran  mangiatore. 

Dimacchiare  (dimacchiato).  Togliere  la  niac- 
cltia. 

Dimagrrare,  dimagrire  [dimagramento,  di- 
mayrimento;  dimagrato,  dimagrito).  Divenir  magro, 
render  magro. 

Dimanda,  dimandare  (diviandato).  Lo  stesso 
che  domanda,  domandare,  cercar  notizia  di  al- 
cuna cosa  con  parole:  addimandare,  indagare;  iìi- 
terrogare. 

Dimandarsi  (dimandato).  Aver  nome. 

Dimane,  dimani.  Nel  giorno  successivo  :  do- 
mani. 

Dimembrare  (dimembrato).  Smembrare,  ta- 
gliare i  membri:  veggasi  a  membro. 

Dimenare,  dimenarsi  [dimenato,  dimenio). 
Muovere,  muoversi  in  qua  e  in  là:  guizzare;  me- 
nare, menarsi;  rimenare,  rimenarsi;  agitare,  agi- 
tarsi, mettere,  mettersi  in  agitazione;  muovere 
la  propria  persona,  o  parte,  in  qua  e  in  là  ;  don- 
dolarsi. -  Dimenìo,  dimenamento  prolungato. 

Dimensióne.  Estensione  misurabile  rispetto 
alla  sua  altezza  (o  profondità),  lunghezza^  lar- 
ghezza: grandezza,  perimetro,  proporzione;  su- 
perficie,  volume.  -  Capacità,  dimensione,  esten- 
sione. -  Profondità,  altezza  da  sommo  ad  imo.  - 
Scorcio,  operazione  che  mostra  la  superficie  essere 
resa  capace  della  terza  dimensione  del  corpo,  me- 
diante la  prospettiva,  la  quale  fa  apparire  le  figure 
di  maggiore  quantità  ch'esse  non  siano. 

Dimenticanza.  Atto  ed  effetto  del  dimen- 
ticare. 

Dimenticare  [dimenticabile,  dimenticato,  di- 
menticatoio). Perdere  la  memoria  delle  cose;  scor- 
darsi di  fare  o  di  dire  alcuna  cosa.  -  Togliere 
l'affetto,  Vaf/ezione:  disaffezionarsi.  -Anche,  per- 
donare, concedere  pei'dono. 

Dimenticatóio.  Veggasi  a  memoria. 

Diméntico,  dimenticóne.  Di  poca  me- 
moria. 

Dimésso.  Chi  è  modesto  o  anche  sciatto, 
specialmente  nel  vestire.  Anche,  umiliato,  tìs^ntie. 

Dimestichézza,  intrinsichezza,  familiarità. 

Dìmetro.  Detto  a  verso. 

Diméttere  (dimésso).  Dare  le  dimissioni,  de- 
stituire. 

Diméttersi  [dimesso).  Abbandonare  spontanea- 
mente una  carica,  un  impiego,  un  ufficio: 
abdicare;    dare,    presentare,    rassegnare   le  dimis- 


sioni ;  congedarsi  da  un  impiego  ;  deporre,  lasciare 
un  ufficio,  ecc  ;  disfarsi  dell'autorità;  essere  di- 
missionario; gettare,  lasciare,  rendere  la  bacchetta  ; 
ra.ssegnare  le  chiavi  di  un  ufficio;  rinunziare;  ri- 
tirarsi, ritrarsi  da  una  carica  ;  ispodestarsi,  spote- 
starsi. -  Dimissiona) io,  chi  si  dimette:  rinuncia- 
tario. -  Dimissióne  {più.  comunem.,  dimissioni),  il 
dimettere  e  il  dimettersi:  licenziamento,  licenza; 
rinuncia,  rinunzia  e  simili. 

Dimezzare  [dimezzamento,  dimezzato).  Partire 
in  mezzo  ;  dividere  in  due. 

Diminuendo.  In  musica,  lo  stesso  che  ca- 
lanilo:  contr.  di  crescendo. 

Diminuibile,  diminutivo.  Che  si  può  di- 
minuire; che  diminuisce. 

Diminuire,  diminuirsi  [diminuibile,  dimi- 
nuito, diminutivo,  diminuzione).  Rendere,  diventar 
minore;  ridurre  a  meno,  venir  meno;  togliere, 
perdere  di  misura,  di  numero,  di  peso,  ecc.  Anche, 
impiccolire,  impiccolirsi;  rendere,  divenir ^iccoio 
0  più  piccolo.  -  Contr.,  aumentare,  avere  au- 
mento; crescere,  farsi  maggiore. 

Diminuire:  amininuire,  calare,  falcidiare,  indiini- 
nuire,  menomare,  minorare,  minuire;  ridurre; 
risecare;  scemare,  smenomare,  smenuire  (v.  a.), 
sminuire. 

Abbassare,  diminuire  d'altezza,  di  prezzo,  di 
valore,  ecc.;  render  basso,  più  basso.  -  Abbre- 
viare, diminuire  di  misura,  rendere  breve,  più 
breve.  -  Alleggerire,  diminuire  di  peso;  rendere 
leggiero,  più  leggiero.  -  Ammorzare,  diminuire  di 
forza,  di  intensità,  di  violenza:  ammortire,  attutire, 
quasi  spegnere.  -  Assottigliare,  diminuire  di  gros- 
sezza, render  sottile,  più  sottile.  -  Attenuare,  di- 
minuire la  gravità  di  una  colpa,  di  un  delitto, 
ecc.;  scemare  un  dolore,  le  conseguenze  di  un 
danno,  ecc. 

(lostrignere,  costringere,  diminuire  il  volume  di 
alcunché.  -  Decimare,  diminuire  di  un  decimo 
checchessia.  -  Diradare,  rendere  rado,  meno  folto; 
diminuire  di  mimerò. 

Indebolire,  diminuire  di  forza,  di  resistenza, 
rendendo  debole  o  più  debole.  -  Intiepidire,  inte- 
pidire, diminuire  di  calore;  far  divenire  tiepido, 
meno  caldo,  meno  vivace  (riferito,  specialmente, 
ad  affetto,  ad  amicizia,  ad  amore  e  simili).  -  Mi- 
tigare, diminuire  l'effetto,  il  dolore,  l'impressione, 
l'odio,  la  violenza,  ecc.:  moderare,  temperare.  - 
Rattiepidire,  rinforza,  intiepidire.  -  Restringere,  strin- 
gere, diminuire,  limitare  l'ampiezza;  rendere  stret- 
to, più  stretto.  -  Rallentare,  diminuire  di  moto,  di 
velocità;  render  lento,  più  lento.  -  Ridiminuire, 
ripete  diminuire.  -  Ridurre  al  poco,  diminuire,  im- 
poverire. -  Scalare,  diminuire  grado  a  grado.  - 
Scarnire,  diminuire,  togliere  la  carne.  -  Smorzare, 
diminuire  Vintensità  di  checchessia  (calore,  forza, 
ira,  ecc.).  -  Stremare,  diminuire,  scemare  moltis- 
simo, diminuire  à'importanza  un  fatto. 

Diminuirsi:  abbreviarsi,  assottigliarsi;  calare;  co 
minciar  sole  e  finir  candela;  dar  giù,  declinare, 
decrescere,  dicrescere;  dimagrare,  dimagrire;  im- 
picciolire, impiccolire,  impicciolirsi,  impiccolirsi  ; 
intiepidirsi  ;  iscrescere  ;  mancare,  menomarsi,  per- 
dersi; restringersi,  ristringersi;  scemare,  scemarsi; 
smenomarsi.  -  Decadere,  diminuire  di  autorità,  di 
benessere,  di  civiltà,  ecc.:  essere  in  decadenza.  • 
Decrescere,  scemare  a  poco  a  poco.  -  Digradare, 
degli  oggetti,  scemarne  le  grandezze  in  proporzione 
delle  distanze.  -  Vtnir  meno,  diminuire,  andarsi 
perdendo  e  cessare. 


870 


l)l.Ml.\L'ZinNE    —    Dl.NASUTE 


Diminuibile, 
Diminuito.  —  Diminutivo.  —  Diminuzione. 


Diminuibile,  che  si  può  diminuire,  menomare, 
scemare,  ecc. 

Diminuito:  diradato,  limitato,  menomato,  ridotto, 
scemato,  scesmo,  scriafo,  smenomato,  ecc. 

Diminutivo,  che  diminuisce,  rende  minore;  me- 
nomante, minorativo,  sminuitivo,  ecc.  Come  termine 
grammaticale:  che  ha,  mediante  alterazione  nella 
desinenza  (in  ella,  elio,  ella,  elio,  ino,  ecc.),  forza 
di  diminuire  il  valore  di  significato  d'un  nome,  in 
quantità,  m  intensità,  ecc.  (es.:  piastra,  piastrella; 
secchio,  secchiello;  cassa,  cassetta;  cassetto,  cas- 
settino,  ecc.).  -  Sotiodiminutivo,  diminutivo  del  di- 
minutivo. 

Diminuzióne,  atto  ed  effetto  del  diminuire  :  ap- 
piccolamento;  decremento,  decrescimento,  decre- 
scenza, dicresciniento,  dicrescenza,  diminuimento; 
imminuzione;  impiccioliniento,  mancamento,  meno- 
mamento, menomanza,  menomazione,  minorazione; 
riduziane;  rimpicciolimento;  scemamente,  scemanza, 
scemo  (sost.).  -  Calo,  diminuzione  di  volume,  di 
peso;  la  quantità  diminuita.  -  Betrazione,  raccor- 
ciamento,  ritiramento;  diminuzione  di  volume,  in 
diverse  parti  dell'organismo. 

Diminuzióne.  Atto  ed  effetto  del  dimi- 
nuire e  del  diminuirsi. 

Dimissionario.  Veggasi  a  dimettersi. 

Dimissióne.  11  dimettere,  il  destituire  e  il 
dimettersi,  atto  ed  eiletto  :  l'essere  mandato  via 
da  una  carica,  da  un  ufficio,  ecc.,  e  l'abbandonarlo 
spontaneamente. 

Dimissório.  Detto  a  vescovo. 

Dimoiare  (dimoiato).  Divenir  liquido:  spe- 
cialmente della  neve  e  del  terreno  ghiacciato. 

Dimòra  (dimorare,  dimorato).  11  trattenersi,  Vor 
bitare  in  alcun  luogo,  per  qualche  tempo;  per- 
manenza, posto  fermo  ;  residenza,  rimanenza,  risedio; 
soggiornamento,  stallo,  stanza,  stare,  stazione,  stazzo. 
Il  luogo  stesso  della  dimora:  abitazione,  albergo, 
alloggio,  casa,  domicilio, sede,  soggiorno.  Anche, 
indugio,  tardanza:  veggasi  a  tardare,  -  Incoiato, 
la  condizione  di  chi  dimora  in  un  paese  che  non 
è  il  suo.  -  Sogyiorno,  dimora  per  lo  più  non  fissa. - 
Stazione,  dimora  in  alcun  luogo  per  tempo  inde- 
terminato. 

Dimorare,  abitare,  stare  fermamente,  o  più  o 
meno  a  lungo,  in  un  luogo  :  albergare  ;  avere,  fare, 
tener  dimora,  sede,  stanza;  far  soggiorno;  porre  il 
campo,  posare;  ritrovarsi;  soggiornare;  stallare, 
stalleggiare ;  stanziare;  tener  pie,  trattenersi,  tro- 
varsi. -  Confinare,  pena  che  consiste  nel  mandare 
persone  ad  abitare  forzatamente  in  un  luogo:  man- 
dare a  conjino. 

Ambulatorio,  ciò  che  non  ha  sede  fissa,  ma  ora 
viene  trasportato  ad  un  luogo  ora  ad  un  altro.  - 
Dimorante,  che  dimora,  che  sta  temporaneamente 
in  un  luogo:  residente,  risedente,  risiedente.  -  Re- 
sidenziale, di  residenza,  della  dimora. 

Dimorfismo.  Detto  a  cristallo. 

Dimostrante.  Chi  la  parte  di  una  dimostra- 
zione pubblica. 

Dimostrare  (dimostrabile,  dimostrativo,  dimo- 
strato, dimostratore,  diviostratrice,  dimostrazione). 
Addurre  la  prova,    provare,    dar  prova,    rendere 


evidente  e  come  provata  una  cosa:  addimostrare, 
affermare,  coìifermare,  far  conoscere  ;  chiarire, 
dichiarare,  esplicare,  insegnare,  spiegare.  - 
Dichiarare  il  proprio  sentimento.  -  Manifestare, 
far  palese,  in  modo  da  togliere  ogni  dubbio.  -  Fi- 
gur.,  ritrarre,  descrivere,  fare  la  descrizione,  rap- 
presentare; mostrar  di  fuori,  far  parere,  far  sem- 
brare, far  apparire,  dare  apparenza,  dar  a  di- 
vedere. -  Ridimostrare,  ripete  dimostrare.  -  Sfondare 
le  porte  aperte,  locuzione  familiare  ironica,  detta 
da  chi  si  sforza  a  dimostrare  cosa  evidente  che  non 
richiede  dimostrazione. 

Dimostrabile,  che  si  può  dimostrare.  Contr.,  in- 
dimostrabile. -  Dimostr amento,  il  dimostrare.  -  Dù 
mostrativamente,  in  modo  dimostrativo.  -  Dimostra- 
tivo, che  tende  o  che  vale  a  dimostrare.  Aggiunto 
di  uno  dei  tre  generi  di  eloquenza.  ■  Aritmetica 
razionale,  aritmetica  dimostrativa.  -  Dimostralo: 
chiarito,  esposto,  espresso,  manifestato,  spiegato. 
Contr.,  indimostrato. 

Dimostrazione,  il  dimostrare  :  il  discorso  col 
quale  si  rende  evidente  la  verità  di  un  fatto  enun- 
ciato ;  quanto  a  tal  fine  si  dice  (argomentazione) 
0  si  fa:  attestato,  segno;  vista.  -  Lustra,  falsa  di- 
mostrazione d'affetto  ;  lusinga,  parvenza,  -  Or- 
pello, falsa  dimostrazione.  -  Petizione  di  principio, 
sofisma  che  consiste  nel  supporre  come  dimostrato 
ciò  ch'è  da  provarsi.  -  Frova,  dimostrazione  di 
verità  fatta  per  ragionamento,  per  testimonianza 
autorevole  o  con  la  presentazione  di  un  docu- 
mento. -  Tesi,  2)i'oposizione  da  dimostrare. 

Dimostràbile,  dimostrativo.  Veggasi  a  di- 
mostrare. 

Dimostrazióne  II  dimostrare.  -  Segno  ma- 
nifesto di  affetto,  di  amicizia,  di  cortesia,  di 
applauso,  di  favore,  di  gioia,  di  odio,  ecc.  - 
JPompa,  sfoggio.  -  In  linguaggio  militare,  segno 
manifesto  di  ostilità;  mossa  artificiosa  fatta  per 
intimidire  il  nemico,  -  Nell'uso,  espressione  pub- 
blica e  collettiva  di  un  sentimento,  di  un  desiderio, 
di  una  protesta;  radunata  di  gente  per  imporre  al- 
l'autorità, al  governo,  ecc.  :  manifestazione  pubblica. 
In  senso  sovversivo,  sommossa. 

Dinàmetro.  Detto  a  telescopio. 

Dinàmla.  Veggasi  a  stame. 

Dinamia.  Termine  di  patologia. 

Dinàmica  (dinamico).  Parte  della  nieccanica 
razionale  che  tratta  del  movimento  dei  corpi  o 
della  forza  motrice.  -  Elettricità  dinamica,  veggasi 
ad  elettricità.  -  Dinamica  terrestre,  parte  della 
geologia.  -  Dinàmico,  appartenente  alla  dina- 
mica. 

Dinamismo.  Termine  di  filosofia  e  di  fi- 
siologia. 

Dinamitardo.  Detto  a  dinamite. 

Dinamite.  Sostanza  esplosiva  composta  di  ni- 
troglicerina e  d'un  corpo  poroso,  inventata  da  No- 
bel (1862);  è  in  forma  di  polvere  bianchiccia,  de- 
tonante al  minimo  urto  e  sommamente  frangente.  - 
Nome  generico  dei  composti  esplosivi  a  base  di 
nitroglicerina.  -  Dinamiti  a  base  attiva,  quelle  nelle 
quali  il  corpo  assorbente  concorre  nel  fenomeno 
dell'esplosione.  -  Dinamiti  a  base  inerte,  quelle  nelle 
quali  il  corpo  assorbente  è  estraneo  affatto  al  fe- 
nomeno dell'esplosione.  -  Glicerina,  component« 
della  dinamite:  preparazione  di  sostanze  grasse  li- 
quefatte e  mescolate  insieme  con  la  soda  e  con  la  po- 
tassa. -  Kieselghur,  materia  assorbente  delle  dina- 
miti a  base  inerte,  consistente  in  una  sabbia  fossile 


DINAMO    —    oro 


871 


costituita  da  avanzi  silicei  di  infusori,  esistenti  da 
antichissimo  tempo. 

Dinamitardo,  rivoluzionario  che  intende  adoprare 
la  dina  Ulte  o  altro  mezzo  esplosivo,  per  vendetta  o 
per  presunto  mij^lioramento  del  mondo.  -  Dinami- 
tico, attenente  a  dinamite. 

Diaatno.  Denominazione  «renerica  (abbreviazione 
della  dicitura  «  macchine  dinamo-elettriche  •)  di 
tutti  gli  apparecchi  che  producono  industrialmente 
corrente  elettrica.  •  Alternatore,  anello,  arma- 
tura, caratteristica,  collettore,  commutazione,  ecc., 
della  dinamo,  veggasi  a  motore. 

Dlnaoiometro.  Misuratore  di  forza  e  di  la- 
vok'o  delle  macchine. 

Dinamologrìa.  Trattato  della  forza  della  na- 
tura. 

Dinaraoscopia.  Metodo  di  diagnoai. 

Dinanzare  {dinanzato).  Passare,  camminare 
innanzi  a  uno. 

Dinanzi  {dinnanzi).  Dinnanzi,  davanti;  di 
fronte,  dirimpetto;  anteriormente,  prima. 

Dinasta.  Signore  di  uno  Stato,  re,  principe. 

Dinastìa.  Successione  di  re,  di  principi  di  una 
stessa  famiglia,  sopra  un  paese:  casa,  stirpe.  - 
Restaurazione,  visìdhìVimQnio  di  dinastie  o  di  governi 
abbattati. 

DLndo.  Il  tacchino.  -Voce  bambiaesca  per  de- 
naro. 

Dinegrare  {dinegato).  Lo  stesso  che  negare, 
rifiutare. 

Dinervare  {dinervato).  Snervare,  debilitare, 
render  debole. 

Dinlegrare  fdiniegalo).  Lo  stesso  che  negare, 
'rifiafare  ;  opporre  un  rifiuto. 

Diniègro.  Ricusa,  rifiuto. 

Dinoccare  {dinoccato).  Veggasi  a  lussazióne 

Dinoccolare,  dinoccolarsi  {dinoccolalo). 
Rompersi,  scavezzarsi  l'osso  del  collo. 

Dinoccolato.  Chi  opera  con  pigrizia. 

Dinosauri.  Veggasi  a  rèttile. 

Dinotare  {dinotato).  Denotare,  indicare. 

Dinotèrlo.  Veggasi  a  ìnatnmifero. 

Dintornare  (dintornato).  Delineare,  dise- 
gnare i  contorni  di  una  figura,  -  Contornare. 

Dintorni.  Le  adiacenze  di  una  citta  o  d'altro 
luOiTo:  vicinanze  (veggasi  a  vicino). 

Dintórno.  Lineamento  esterno  della  figura.  - 
L'estretnità  in.  cui  termini  una  qualsiasi  cosa  : 
intorno  intorno.  -  Lo  stesso  che  circa,  intorno, 
vicino. 

Dio  (frane,  dieu;  spagn.,  dios;  portogh.,  deos; 
rumeno,  deu  ;  gr.,  zeus).  L'ente  supremo,  infinito, 
prima  cagione  del  tutto,  e  al  quale  si  attribuisce, 
nelle  diverse  religioni,  la  creazione  e  la  conserva- 
zione del  mondo;  prodotto  naturale  del  contrasto 
fra  l'ignoranza  e  il  bisogno  del  nostro  spirito,  spinto 
da  impulso  naturale  a  cercare,  in  un  qualunque 
modo,  la  causa  e  la  ragione  della  vita:  Alfa  ed  0- 
raega.  Alta  Bontà.  Alta  letizia.  Alta  luce  che  da  sé 
è  vera.  Alta  mente,  Alto  sole.  Amor  che  il  ciel 
governa.  Amor  divino,  Ardor  santo  che  ogni  cosa 
raggia;  Beata  speme.  Bene  infinito.  Bene  supremo; 
Bontà  infinita;  Causa  delle  cause  (lat.,  Causa  cau- 
sarum),  Colui  che  eternamente  a  ogni  lume  dà 
lume.  Colui  che  fa  e  nuovo  e  veglio.  Colui  che  il 
mondo  regge.  Colui  che  mai  non  vide  cosa  nuova 
Colui  che  tiene  una  sustanzia  in  tre  persone.  Colui 
■che  tutto  smuove,  e  lo  cui  saper  tutto  trascende; 
-Ck)asiglio  che  il  mondo  governa';  Creatore  d'ogni 
4tosA,  Creditore  grande;  Dator  d'ogni  bene;  Deità; 


Dio  di  Sabaot,     Dio  eterno.  Dio  padre.   Dio  uomo 
Dispensiere   del  l'universo  ;    Divina    maestà.  Divina 
natura.  Divina  potestade.  Divina  provvidenza;  Divo; 
DomeneJdio,   Domine,  Domineddio;  Ente  necessario. 
Ente  supern  o.    Ente  supremo.  Eterna   idea.  Eterna 
m'3ate,  Et  erno  amore.  Eterno  fanciullo,  Eterno  vec- 
chio, Eterno    padre;  Fabbricatore,  Fattore  di  tutte 
le  cose.  Fattore  dell'universo;  Fine  di  tutti  i  disii. 
Fine    ultimo;    Giustizia    sempiterna.    Giusto   sire; 
Iddio,   il  Creatore,     il  Dio,  il    Divino  architetto,  il 
Giusto,  il  Maggior  volume,  e  non  si  muta  mai  bianco 
né  bruno;  il  Motore     eterno    delle  stelle,  il  Nume 
che   dall'alto   guarda;    il    Padrone    del    mondo,  il 
Permanente,  il  Re  dei  santi,  il  Santissimo,  il  Santo, 
il  Santo  dei  santi,    il  Sapientissimo  architetto  del- 
l'universo,   il  Sereno  che  non  si  turba  mai,  il  Si- 
gnore, il   Signor  dei  signori,  il  Sommo,  il  Supremo 
artefice,    il   Trino  e  uno,   il  Vero   in  che  si  gusta 
ogni  intelletto;  l'Alta  podestate,  l'Altissimo,  l'Alto 
fattore,  l'Alto  sire,    la  Mente   di  che    tutte  le  cose 
son  ripiene;    l'Amor    che  tutto   move,  il  sole  e  le 
stelle;  la  Possanza,    la  Suprema,    la  Suprema  pos- 
sanza;  la  Prima  egualità,   la  Prima  volontà  che  è 
per  sé  buona;  la  Provvidenza,  la  Sapienza;  la  eterna, 
increata,  infinita,  somma  Sapienza;  l'Avversario  di 
o^ni    male,    l'Eccelso,    l'Eterno,    l'Eterno   artefice, 
l'Immortale;  l'Increato,  l'Infinito;  l'Intelligenza  su- 
prema, infinita;  rinvincil)ile,  l'Invisibile,  l'Onnipo- 
tente, l'Onnipresente,  l'Onnisciente,  l'Onniveggente, 
l'Ottimo  massimo,  lo  Motore  primo,   lo  Prim>  va- 
lore. Lume  che  dà  lu  n--;  Massimo,  suprema  fattore; 
Mastro  eterno,  Msser  DomenedJio;  Nostro  Signore  ; 
Padre  eterno,  P.i  Ire  di  giustizia.   Padre  di  miseri- 
cordia,  Padre  nostro;    Perfetta   bontà,    Pio  padre. 
Plasmatore  degli  uomini.  Poeta  divino.  Poeta  eterno, 
Prima   cagione.   Prima   luce.   Prima  virtù.   Primo 
amante.  Primo  ed  ultimo.  Primo  essere.  Primo  for- 
matore. Primo  principio.  Primo  sole.  Principe  uni- 
versale,   Protoplasta,    Provvidente  generatore  della 
bellezza  ;  Provvidenza  di  Dio,  Punto  a  cui  tutti  li 
tempi  sono  poesenti;  Quei  che  puote.  Quei  che  vo- 
lontier    perdona;    Quel   di  lassù.  Quel   di    sopra; 
Quella    mano  che  spinge    i  ciechi.    Quel  lume  che 
non  ha  fine  e  sé  in  sé  misura;   Re  dei  re.  Re  del 
cielo.  Re    del   mondo.   Re   divino.  Re  immortale  ; 
Reggitor  del  mondo;  Reg^itor  dell'etra;  Rettor  del 
cielo;  Sant'Alto,  Segno  di  maggior  desio,  Seno  che 
i  giusti  riposa.  Sol  che  sui  grandi  sfavilla.  Sol  c'egli 
angeli;  Somma  luce, Somma  sapienza;  S  ramo  lene, 
Sommo   gera  rea.   Sommo   ordinatore  d  Ile  e  t>e  di 
sopra.  Sommo   piacere,  Summum   bonum  (lat.;.  Su- 
premo  vero;   Unissimo  (term.   eccles.);  Uomo  dio 
(detto   anche   per  Cristo);    Valore    infinito.  Vero 
sole.  Viva  giustizia.  -  Altri  appellativi,    in  numero 
pressoché  infinito:  Dio  degli  eserciti ,  della  giustizia, 
della    pietà,  della    verità,    della    misericordia,   delle 
vendette,  delle  vittorie,  ecc.  -  Dio  fu,  in  ogni  tempo 
e  in  ogni  luogo,  oggetto  d'adorazione,  di  culto,  &ì 
preghiera,  ecc.,     come   giudice    ed   arbitro  delle 
sorti  d'ogni  anim  a,  che  egli,  secondo  le  credenze 
cattoliche,  destina  al  pnradiso  o  a.\Vinferno,  al 
limbo   0    al  purgatorio.  •  Divinità,  nome  col 
quale  si  designano  comunemente  gli  dèi  del  paga- 
nesimo, del  politeismo:  deità. 

Deiforme,  a  forma  divina. 

Divinamente,  da  Dio,  in  maniera  divina;  alla  di- 
vina, celestialmente,  divinalmente,  supernalmente  ; 
per  volontà  di  Dio. 

Divinità,  essenza  di  Dio,  qualità  di  ciò  che  i 
divino:  deità;  sussistenza  dell'alto   lume. 


872 


Divinizzare,  deificare,  attribuire  qualità  di  Dio, 
dare  gli  attributi  di  Dio,  elevare  all'altezza  di  Dio  ; 
consacrare,  far  dio,  far  simile  a  Dio,  indiare.  -  Di- 
vinizzante, che  divinizza.  -  Divinizzarsi,  deificarsi, 
diventare,  farsi  divino,  indiarsi,  indivinarsi,  transu- 
manarsi, transumanare.  -  Divinizzato,  deificato,  in- 
divinizzato, reso  divino.  -  Divinizzazione,  il  diviniz- 
zare :  apoteosi,  consac-azione,  consagrazione  ;  deifi- 
camento,  deificazione  ;  indiazione. 

Divino,  di  Dio,  appartenente  a  Dio,  proveniente 
da  Dio;  che  ha  gli  attributi  o  l'essenza  di  Dio; 
degno  di  Dio:  deifico,  deiforme,  divinale  (v.  a.); 
divo,  eterno;  sovrano,  sovrumano,  supernale,  su- 
perno, supremo.  -  Deivirile,  divino  e  umano.  -  Di- 
vinissimo,  superi,  di  divino.  -  Soprannalmale,  so- 
vrtohano,  che  viene  dall'alto,  da  Dio.  -  Te  ndrico, 
divino  e  umano  insieme. 

Nomi  varì.  —  Attributi. 

Nomi.  —  Adonai',  uno  dei  ncmi  di  Dio  in  ebraico 
-  Alfa  ed  Omega,  espressione  usata  per  indicare  i 
principio  e  la  line,  personificati  in  Dio.  -  Allah 
nome  di  Dio  presso  i  Musulmani.  -  Baal  (Beel, 
Belo),  dio  dei  Fenici.  -  Brahma,  o  Brama,  dio 
creatore  nell'India:  veggasi  a  badclismo. 

Demitiryo,  Dio  creatore,  secondo  i  neoplatonici.- 
Dici,  volgare  per  dio.  -  Elohim,  nome  che  nella 
Bibbia  signfica  dio.  -  £'wimoH«e/e,  voce  ebraica  che 
significa  :  Dio  con  noi.  -  Gospagi,  in  russo.  Signore 
Iddio. 

Il  grande  spirito,  Dio  presso  gli  Americani.  - 
Jehova  (ital.  Geova),  il  Dio  del  popolo  ebraico,  il 
Dio  biblico.  -  Li,  Taiki,  Tao,  Tien,  nomi  dell'ente 
supremo  secondo  (Confucio.  -  Odino;  dio  degli  Scan- 
dinazi.  -  Sabaoth,  in  ebraico,  dio  degli  eserciti.  - 
Tien  e  Tiencìn,    nome  proprio  di  Dio  tra  i  Cinesi. 

Attributi.  —  Comandamenti,  leggi,  precetti  di 
Dio,  secondo  le  comuni  credenze,  espressioni,  ma- 
nifestazioni della  volontà  di  Dio,  raccolte  e  ordinate 
da'  suoi  profeti.  -  Dito  di  Dio,  metafora  tolta  dalla 
Bibbia  e  usata  principalmente  per  significare  la 
visibile  punizione  di  Dio.  la  sua  volontà  e  la  sua 
potenza.  Anche,  mano  di  Dio.  -  Dono  di  Dio,  la 
grazia. 

Predeterminazione  (premozione  fisica),  nome  dato, 
dai  teologi  scolastici,  ad  un'azione  di  Dio,  che  fa 
operar  gli  uomini,  li  determina  o  li  fa  determinare 
in  qualunque  azione,  buona  o  cattiva  che  sia.  E' 
un'estensione  o  un'ampliazione  del  concetto  della 
predestinazione.  -  Grazia,  Parola  di  Dio,  le  istru- 
zioni religiose,  specialmente  le  prediche  -  Predesti- 
nazione, disegno  (decreto)  formato  da  Dio  ab  eterno 
(secondo  sant'Antonio  e  Calvino)  di  condurre,  mercè 
la  sua  grazia,  certi  individui  all'  eterna  salute.  - 
Prescienza,  cognizione  certa  ed  infallibile  ded'avve- 
nire:  uno  degli  attributi  di  Dio,  principio  consa- 
crato dalla  scrittura  e  dalla  fede.  -  Provvidenza, 
la  ragione  nella  mente  divina,  secondo  la  quale  Dio 
ordina  e  indirizza  tutte  le  cose  al  loro  fine;  non 
.sarebbe  quindi  un  attributo  di  lui,  ma  il  risultato 
(li  molti  suoi  attributi.  -  Rivelazione,  in  teologia. 
manifestazione  di  Dio,  per  opera  degli  agenti  natu- 
rali od  umani. 

Teofania,  manifestazione  di  Dio  per  sé  stesso  o 
per  mezzo  degli  angeli.  -  Triangolo,  poligono  di  tre 
iati,  con  in  mezzo  un  occhio:  figura  usata  dagli 
antichi  per  rappresentare  Dio.  -  Tribunale  di  Dio, 
i.i  giustizia  divina.  -  Trono  di  Dio,  l'emblema  della 
maestà  divina. 


Verbo,  la  parola,  mai  udita,  di  Dio.  -  Vei^bo  in- 
carnato, il  verbo  usato  sulla  Terra  sotto  forma  à^ 
uomo;  la  seconda  persona  della  trinità. 


Teorie,  ecc.  —  Cose  e  tekmim  varì. 


Antropomorfismo,  sistema  che  attribuisce  a  Dio 
qualità  umane;  e  anlroponiorfista,  o  antropomorfo, 
chi  segue  tale  sistema.  -  Argomento  cosmologico,  di- 
mostrazione dell'esistenza  di  Dio,  tratta  dall'ordine 
dell'universo.  -  Argomi^nto  ontologico,  dimostrazione 
pure  dell'esistenza  di  Dio,  derivata  dall'idea  stessa 
di  Dio.  -  Ateismo,  incredulità  nell'esistenza  di  Dio. 

-  Autoteismo,  voce  greca  introdotta  a  indicare  tanto 
la  deificazione  di  sé  stesso,  quanto  la  teoria  secondo 
la  quale  la  divinità  si  identificherebbe  con  la  na- 
tura umana.  -  Battesimo  di  fuoco,  il  perfetto  amor 
di  Dio,  congiunto  a  un  ardente  desiderio  d'essere 
battezzato.  -  Benedizióne,  voce  che  abbraccia  i  be- 
nefici della  divinità,  invocati  dal  padre  sui  figli,  dai 
vecchi  sui  giovani,  ecc. 

Deismo,  dottrina  e  scuola  di  filosofi  che  ammet- 
tono l'esistenza  di  Dio,  ma  non  riconoscono  reli- 
gioni rivelate.  ■  Diteismo,  o  dualismo,  o  manichei- 
smo, sistema  che  ammette  due  principi,  uno  buono 
e  uno  cattivo  -  Emanazione  divina,  ciò  che  esce, 
emana  da  Dio.  -  Incarnazione,  azione  di  Dio  nel 
farsi  uomo,  rivestendosi  di  carne  {aratar  degli  In- 
diani). 

Monoteismo,  credenza  in  un  solo  Dio.  -  Panteismo, 
la  dottrina  di  coloro  che  ritengono  tutto  esser  Dio, 
oppure  Dio  esser  tutto,  e  che,  partendo  da  un  prin- 
cipio soprannaturale,  spiegano  facilmente  qualsiasi 
fenomeno  col  far  partecipare  ogni  cosa  della  natura 
divina.  -  Politeismo,  sistema  che  ammette  parecchi 
dèi  (veggasi  a  divinità).  -  Keliyione,  credenza 
in  Dio,  culto  di  Dio.  -  Teismo,  credenza  in  Dio,  ma 
non  nella  rivelazione.  -  Teocrazia,  governo  di  Dio 
per  mezzo  dei  preti.  -  Teodicea^  la  giustizia  di  Dio. 

-  Teofania,  apparizione  della  divinità.  -  Teodia, 
canto  in  lode  di  Dio.  -  Teologia,  scienza  di  Dio 
e  della  religione.  -  Teosofia,  sapienza  divina:  an- 
tico termine  filosofico,  rinnovato  per  indicare  una 
forma  di  pensiero  buddistico,  il  quale  dal  postu- 
lato di  un  principio  divino  deduce  la  legge  fonda- 
mentale delle  cose. 

Deicidio,  strana  parola  che  vuole  significare  morte, 
intentata,  contro  Dio.  -  Dominazioni,  uno  dei  nove 
cori  di  angeli,  di  spiriti  beati  die  si  vuole  circondino 
il  trono  dell'Eterno,  eseguendone  gli  ordini.  -  Kedufd 
(ebr.),  canto  in  lode  a  Dio.  -  Intuizione,  visione  per 
cui  i  beati  godono  Dio.  -  Latria,  culto  che  si  rende  a 
Dio,  siccome  essere  infinito  perfettissimo,  creatore 
e  conservatore  dell'universo.  -  Opera  viva,  in  teo- 
logia, quella  meritoria  presso  Dio.  -  Rassegnazione, 
conformazione,  sottomissione  alla  volontà  di  Dio.  - 
Vocazione,  movimento  interno  pel  quale  Dio  chiama 
uno  a  un  dato  genere  di  vita. 

Ateo,  chi  nega  l'esistenza  di  Dio.  -  Damianisti, 
settari  cristiani  che  ammettevano  in  Dio  una  sola 
natura.  -  Deicida,  chi  tenta  dare  morte  a  Dio.  - 
Deicola,  cultore  di  Dio.  -  Deista,  chi  professa  il 
deismo.  -  Manicheo,  partigiano  del  diteismo.-  Teista, 
credente  in  Dio,  senza  formule  religiose  speciali.  - 
Teologp,  chi  sa  di  teologia.  -  Teosofo,  chi  sa  di  teo- 
sofia. 

Deus  ex  machina  (lat.),  veggasi  a  teatro.  -  Est 
deos  in  nobis  (lat.),  un  Dio  é  in  noi. 


DIPI  OM  A  ZI  A 


87;} 


D.  0.  M.,  abbreviazione  comunissima  di  Dio  ot- 
timo massimo. 

Diocesano.  Della  dioresi. 

Diòcesi,  li  territorio  sul  quale  iia  giurisdizione 
il  vescovo  0  l'arcivescovo  farcliidiocesij  o  altro 
jirelato:  vescovado,  vescovato.  -  Al  tempo  di  Co- 
stantiiia  il  Grande,  ciascuna  delle  LTandi  circoscri- 
zioni amministrative  in  cui  si  dividevano  le  pre- 
fetture dell'impero  e  a  ciascuna  delle  quali  stava  a 
capo  un  vicario. 

Dioclèa.  Il  pesce  istrice. 

Dionèa.  Veggasi  a  viosca. 

Diopsinietro.  Detto  a  vista. 

Dioptùsio.  Detto  a  Sìnera/do. 

Diorama.  Sorla  di  paiioraina. 

Diorite.  Vei^gasi  a  ròccia. 

Diosmosi  fdiosìiióticoj.  Veggasi  a  liquido 

Diòttra.  Istrumento  di  agrimensura  e  di 
ottica. 

Diòttrica  /'diòttrico).  Parte  lieWottica. 

Dipanare  (dipanato).  Aggnmitolare,  far  goìni- 
folo,  traendo  il  jilo  dalla  matassa. 

Dipartenza,  dipartimento,,  dipartita.  I! 
dipartire,  il  partire.  -Le  parole  che  si  usano  nel 
partire. 

Dipartimento.  Atto  del  dipartire.  -  Divisione 
amministrativa  corrispondente,  più  o  meno,  a  quella 
di  jìrovincia. 

Dipartire  (dipartenza,  dipartito,  àipartitaj.  Al- 
lontanarsi da  un  luogo,  partire. 

Dipelare  (dipelato).  Toglier  il  pelo. 

Dipendente.  Ch:  o  che  dipende,  è  in  sogge- 
zióne: seccndario,  soggetto,  sottoposto,  suhalterno, 
subordinato  ;  inferiore  di  grado,  di  autorità,  ecc. 
Contr.,  indipendente. 

Dipendentemente.  Con  dipendenza. 

Dipendènza.  Condizione  di  chi  è  soggetto  al 
comando,  agli  ordini,  all'  autorità,  alla  volontà  di 
altri  :  soggezióne.  Contr.,  indipetidenza,  li- 
bertà. 

Dipèndere  (dipendente,  dipeso).  Essere  in  sog- 
gezione di  persona.  -  Di  fatto,  di  cosa,  stare  nel- 
l'arbitrio, nella  volontà  di  alcuno.  -  Anche,  avere 
origine  e  ragione  d'essere. 

Dipingere  (dipignere,  dipinto,  dipintura).  Rap- 
presentare e  figurare,  col  disegno  e  con  i  colori, 
che  fa  il  pittore.  Figur.,  rappresentare  viva- 
mente alcuna  cosa  con  la  parola  ;  fare  una  viva 
descrizióne. 

Dipinto.  Opera  di  pittura. 

Dipintura.  Atto  del  dipingere. 

Dipleg^ia.  Detto  a  nervo. 

Dipleidoscòpio.  Veggasi  a  mezzodì. 

Diploe.  Veggasi  ad  osso. 

Diploma.  Il  docantento  che  le  Università  ri- 
lasciano a  chi  prende  il  grado  di  dottore  e  le  Ac- 
cademie a  chi  viene  eletto  accademico.  -  Patente, 
lettera  di  principe  o  di  altra  autorità,  con  la 
quale  si  accorda  un  privilegio,  un  titolo  e  simili. 

-  Patente  di  nobiltà.  -  Pergamena,  diploma  a 
persona,  a  società  benemerita,  ecc. 

Archivio  diplomatico,  raccolta  di  diplomi.  -  Di- 
pìonidtica,  arte  di  intendere  e  ilUistrare  i  diplomi 
antichi,  massime  quelli  concernenti  cose  pubbliche. 

-  Diplomàtico,   che  concerne   i  diplomi    antichi.    - 
Matricolare,  dare,  conferire  il  diploma. 

Diplomàtica.  Vaggasi  a  diplòma. 

Diplomàtico.  Addetto  alla  diplomazia;  di- 
pendente dalla  diplomazia.  -  Concernente  i  di- 
l)lomi. 


Diplomazia  (diplomatico).  Scienza  delle  rela- 
zioni e  arte  di  trattare  pubblici  negozi  fra  Stato 
e  Stato  (ramo  speciale  della  politica):  arte  di 
Slato,  azione  diplomatica;  Circe  diplomatica,  pro- 
tocollo. -  Plenipotenza,  facoltà  assoluta  di  conchiu- 
dere  qualunque  all'are  o  convenzione.  -  Plenipoten- 
ziale,  attenente  a  plenipotenza.  -  Pensa  molto,  parla 
poco  e  scrivi  meno,  massima  fondamentale  della  di- 
plomazia. 

Diplomatico,  chi  é  addetto  alla  diplomazia  (e  di- 
cesi anche  per  abile  nel  trattar  afTari,  accorto,  fur- 
bo) :  incaricato  d'affari.  -  Acjenle  diplomatico,  speciale 
incaricato  di  all'ari  d'un  governo  all'estero:  «»M6a- 
sciatore,  console,  ministro  plenipotenziario,  ecc. 

Apocrisario,  il  diplomatico  che  portava  le  amba- 
sciate all'  imperatore.  -  Ministro  residente,  diplo- 
matico, per  dignità  e  grado,  inferiore  all'ambascia- 
tore. -  Nunzio,  diplomatico  della    Corte    pontificia. 

-  Plenipotenziario,  l'anibasciatore,  il  ministro  o  l'a- 
gente diplomatico,  munito  dal  suo  governo  di 
pieni  poteri  per  condurre  a  fine  qualche  impor- 
tante negozio.  Anche,  chi  tratta  coi  comandanti  in 
CctjìO  di  esercito,  intorno  a  cosa  di  grande  impor- 
tanza 0  di  pace  o  di  guerra. 

Condotta,  ufficio  diplomatico  in  uso  nel  secolo 
decimoquarto,  a  tutela  dei  principi  che  viag- 
giavano, dei  nemici  che  profittavano  delle  tregue 
per  darsi  a  qualche  armeggeria,  e  in  generale  di 
ogni  straniero  che  non  si  tenesse  sicuro.  -  Con- 
ferenza, riunione  di  diplomatici  allo  scopo  di  stu- 
diare la  risoluzione  di  una  data  questione  di  inte- 
resse generale.  -  Contenzioso  diplomatico,  consiglio 
presso  il  ministero  degli  Esteri,  creato  per  dare 
parere  di  diritto  internazionale  in  genere.  -  Corpo 
diplomatico,  il  personale  d'  ambasciata  presso  una 
corte.  -  Credenziale,  lettera  o  documento  di  presen- 
tazione per  gli  ambasciatori,  gli  inviati  e  agenti 
diplomatici  per  essere  uflicialmenle  riconosciuti. 

Legazione,  ambasceria  e  persone  che  la  compon- 
gono ;  affari  che  trattano  e  luogo  ove  esercitano  le 
giurisdizioni.  -  Lettere  di  richiamo,  lettere  con  cui 
un  governo  richiama  un  agente  diplomatico,  e  che 
da  questi  devono  essere  presentate  al  capo  dello 
Slato  presso  cui  è  accreditato.  -  Libro,  voce  usata, 
nel  linguaggio  diplomatico  d'ogni  nazione,  per  in- 
dicare la  raccolta  dei  documenti  che  il  gogerno  fa 
conoscere  al  Parlamento  e  al  paese  intorno  a  un 
determinato  all'are,  specia'mente  di  politica  estera. 
Prende  nome  dal  colore  della  leg&tnrsi:  libro  verde, 
libro  giallo,  ecc.  -  Memorandum,  documento  diplo- 
matico che  un  governo  spedisce  e  djrige  ad  un 
altro,  per  chiarire  una  questione  o  domandare  conto 
della  sua  condotta.  -  Nota,  lettera  diplomatica  in- 
tesa a  spiegare  qualche  fallo.  -  Nota  segreto,  parte 
speciale  delle  istruzioni  date  ad  un  agente  diploma- 
tico: deve  rimanere  secreta;  e  contronota,  nota  di 
risposta  a  un'altra  -  Protocollo,  resoconto,  in  iscritto, 
del  verbali  che  possono  essere  tenuti  tra  ministro 
e  ministro,  tra  un  diplomatico  e  l'altro,  nell'inte- 
resse delle  nazioni  o  degli  Stati  rispettivamente 
rappresentati. 

Apertura  (dal  frane,  ouverture)  :  in  politica  e  in 
diplomazia,  ha  lo  slesso  significato  che  trattativa.  - 
Atti  addizionali,  aggiunte  che  si  fanno  a  un  trat- 
tato diplomatico.  -  Casus  belli,  (lai.,  caso  di  guerra), 
in  diplomazia,  ogni  avvenimento  che  possa  provo- 
care la  guerra  tra  due  Stali.  -  Extraterritorialità,. 
l'insieme  delle  immunità  di  cui  usufruiscono  fuori 
del   loro  paese   i   rappresenlansi   di  una  potenza. 

-  Intercenlo,    il    fatto   per    cui    uno   Stato   inter- 


874 


DIPLOPIA   —   DIRE 


viene  diplomaticamente  o  militarmente  nelle  fac- 
cende interne  di  un  altro  Stato.  -  Messaggio,  nel  lin- 
guaggio diplomatico,  le  comunicazioni  che  il  capo 
del  potere  esecutivo  rivolge  al  potere  legislativo.  - 
Ratificazione,  l'atto  col  quale  il  capo  di  uno  Stato 
approva  e  conferma  e  dichiara  di  accettare  ciò  che 
è  stato  convenuto  e  stipulato  in  suo  nome  dall' a- 
j:enJe  diplomatico  cui  era  stato  concesso  pieno  po- 
tere. -  Slatu  quo  (lat.),  lo  stato,  cioè  le  condizioni  in 
cui  sono  (o  erano)  le  cose:  locuzione  usata  nel  lin- 
guaggio diplomalico.  -  Ultimatum,  le  condizioni  ul- 
time, definitive,  che  si  propongono  da  uno  Stato  a 
un  altro,  prima  di  rompere  le  relazioni  diploma- 
tiche e  venire  alla  guerra. 

Accreditare,  l'autorizzazione  con  la  quale  un  go- 
verno costituisce  legalmente  un  agente  diplomatico, 
o  un  rappresentante  di  qualsiasi  grado  presso  un 
governo  straniero.  -  Amico,  nel  linguaggio  diploma- 
lico e  parlando  di  Stati  e  sovrani,  significa  alleato. 
-  In  via,  per  via  diplomatica:  lo  stesso  che  diplo- 
maticamente. 

Diplopia.  Detto  a  occhio. 

Dipo.  Genere  di  mammiferi  roditori  con  arti 
posteriori  sviluppati  e  anteriori  brevi,  coda  lunga 
e  unghie  atte  a  scavare  :  topo  delle  piramidi. 

Dlpodia.  Detto  a  verso. 

Dipoi.  Poi,  dopo. 

Diportamento. Modo  di  diportarsi:  condotta. 

Diportare  (diportato).  Fare  checchessia  per  di- 
porto, per  divertimento. 

Diportarsi  {diportato).  Portarsi,  procedere  in 
una  data  maniera  :  condotta. 

Dipòrto.  Sollazzo,  spasso,  divertimento;  e  il 
luogo  dove  si  va  per  diporto. 

Dipsomane.  Chi,  abitualmente  o  per  malo  uso, 
o  per  alcun  difetto  organico,  sente  il  bisogno  di 
ingurgitare  grandi  quantità  di  liquido:  vino,  bi- 
bite, ecc. 

Dipsomanìa.  Il  vizio  del  dipsòmane. 

Diradare,  diradarsi  (diradalo).  Rendere,  di- 
ventar rado;  schiarare,  schiarire;  schiararsi,  schia- 
rirsi. 

Diradicare  (diradicato).  Veggasi  a  radice. 

Dirag^nare  (diragnato).  Detto  a  ragno. 

Diramare  (diramato,  diramazione).  Pulire  una 
pianta  dei  rami  inutili  o  soverchi.  -  In  linguaggio 
burocratico,  mandare  a  più  persone  od  uffici,  or- 
dini, inviti  e  simili:  distribuire.  -  Diramazione, 
operazione  del  diramare. 

Diramarsi  (diramazione).  Far  diramazione. 

Diramazione  (diramarsi  diramalo).  Il  dira- 
marsi, il  dividersi  in  rami,  specialmente  nell'effetto, 
e  per  lo  più  di  fi^^ime,  di  strada,  ecc.  ;  divisione 
0  distribuzione  di  rami  (anche,  il  ramo  stesso  for- 
mato dalla  separazione):  biforcamento,  biforcazione  ; 
corna  ;  divaricamento,  divaricazione  ;  forca,  ramifi- 
cazione, ramo,  rebbio  ;  sbrancamento.  -  Biforcatura, 
il  punto  ove  ha  luogo  la  biforcazione  :  torca,  for- 
conale,  inforcatura.  -  Biforcazione,  V  effetto  della 
biforcatura,  lo  stato  in  cui  si  trova  la  cosa  bifor- 
cata. -  Divorzio  (Fanfani),  lo  spartirsi  che  fanno  le 
acque  sui  monti. 

Diramarsi:  bipartirsi,  disgiungersi,  distrecciarsi, 
dividersi,  irradiare,  rameggiare,  ramificarsi,  sepa- 
rarsi. -  Diramato,  fatto  a  diramazione:  biforcato, 
triforcuto;  trilido,  tripartito,  quadripartito  e  simili; 
ramoso.  -  Burocratim..  distribuito. 

Dirazzare  (dirazzato).  Essere  dissimile  dalla 
propria  razza.  •  Degenerare,  cadere  in  dege- 
nerazione. 


Dire  (dicibile,  detto,  dizióne).  Verbo  di  amplis- 
simo significato,  e  vale  espriìnere,  manifestare 
con  la  parola  il  proprio  pensiero;  fare  un  di- 
scorso; far  sapere;  rivolgere  ad  alcuno  la 
parola;  proferire,  pronunziare  una  o  più 
parole;  raccontare,  narrare;  nominare,  chia- 
mare  per  noìne;  dichiarare,  manifestare, 
ordinare,  comandare;  palesare;  riferire,  ri- 
dire. 

Retòrica,  arte  del  dire;  anche,  arte  falsa  del 
dire  ricercato,  d'occasione.  -  Stilistica,  neologismo 
per  retorica,  insegnamento  dell'arte  del  dire. 


Sinonimi  e  voci  analoghe. 


Abbreviare,  dire  in  breve,  in  modo  conciso,  con 
concisióne.  -  Accennare  una  cosa:  toccarne,  ricor- 
darla brevemente,  farne  cenno.  •  Adombrare,  aom- 
brare, accennare  una  cosa,  dire  appena  per  darne 
un'idea,  per  far  conoscere  imperfettamente:  abboz- 
zare, ombreggiare  ;  menzionare  di  sfuggita.  -  Af- 
fermare, dire  0  dare  per  vero,  attestare,  asserire. 
-  Apostrofare,  parlare  con  passione,  con  forza,  ri- 
volgendosi a  persona  o  a  cosa.  -  Apporre  (apposto), 
dir  contro  ;  trovar  da  ridire  ;  anche,  accusare,  mo- 
vere accusa.  -  Argomentare,  dire  per  argomen- 
tazione. -  Armeggiare,  dire  o  fare  checchessia  a 
caso,  all'impazzata.  -  Asseverare,  affermare  con  in- 
sistenza, con  certezza  e  costanza  :  per  fede,  raffer- 
mare, sostenere  affermativamente.  -  Assicurare,  af- 
fermare in  modo  da  rendere  altri  sicuro  di  una 
cosa:  certificare, cerziorare;  dare  assicurazione,  dare 
sicurezza;  far  certo,  far  fidanza. 

Bestemmiare,  dire  bestemmia.  -  Bisbigliare,  dire, 
recitare  sottovoce  e  confusamente  ;  brontolare. 
Bucinare,  andar  d'accordo  riservatamente,  con  ri- 
guardo; esserci  qualche  voce  o  sentore  di  una  cosa. 

Cerziorare,  accertare,  dire  cosa  con  certezza,  af- 
fermare. -  Circostanziare,  dire,  riferire  minutamente 
un  fatto.  -  Confennare,  ripetere,  dichiarar  vere 
cose  dette  da  altri.  Contr.,  sconfermare.  -  Confes- 
sare, dichiarare,  dire,  spontaneamente  o  no,  cosa 
che  altri  voglia  sapere.  -  Confidare,  dire  sotto  fede 
di  segretezza;  dire  in  segreto.  •  Contraddire,  dire 
contro,  in  contraddizione.  -  Contraddirsi,  ca- 
dere in  contraddizione. 

Declinare,  nell'uso,  dire  il  proprio  nome.  •  De- 
finire, dire,  spiegare  il  senso  di  una  parola  ; 
dire,  specialmente  in  poche  parole,  l'indole,  le  in- 
tenzioni, ecc.,  di  una  persona.  -  Denunziare, 
dire,  manifestare,  accusando;  nel  linguaggio  della 
politica  e  del  giornalismo,  disdire.  -  Dettare  (Tra- 
mater),  dire  semplicemente.  -  Discorrere,  conver- 
sare, far  conversazione,  -  Dichiarare,  dire 
esplicitamente,  formalmente;  dire  in  modo  chiaro 
cose  che  importi  precisare.  -  Disapprovare,  dichia- 
rare la  propria  disapprovazione,  il  proprio  bia- 
simo. -  Disconfessare,  disdire  le  cose  confessate,  le 
affermazioni  date  :  sconfessare.  -  Disdire,  ritrat- 
tare le  cose  dette  p  promesse.  -  Disdirsi,  dire  in 
contraddizione  con  ciò  che  si  era  detto  prece- 
dentemente. 

Enunciare,  esporre  lo  stato  di  una  quistione  e 
simili  ;  esprimere.  -  Esagerare,  dire  con  esagre- 
razione  ;  ingrandire  con  parole.  -  Esclamare,  dire 
con  qualche  enfasi  ;  fare  un'  esclamazione.  • 
Esporre  (esposto),  dire  un  fatto,  farne  la  narrazione  ; 
dichiarare  il  sentimento  di   un   autore.  -  Evàdere 


875 


(evaso) ,  nel  linguaggrio  burocratico ,  rispondere 
in  modo  che  le  parole  sfuggano  accortamente,  o 
astutamente,  alla  domanda. 

Farneticare,  dire  cose  fuori  di  proposito,  cervel- 
lotiche, irragionevoli  ;  dire  come  in  delirio.  •  Im- 
beccare, istruire  altri,  nascostamente,  delie  parole 
che  deve  dire  :  imboccare.  -  Impaperarsi,  nel  gergo 
teatrale  dei  comici,  confondersi  nel  dire,  sbagliando 
le  parole.  -  Improvvisare,  dire  all'improvviso,  estem- 
poraneamente, extempore  (lat.),  a  braccia.  -  Indo- 
vinare, dire  il  futuro,  quello  che  sarà.  -  Infor- 
mare, nel  linguaggio  giornalistico  specialmente,  ri- 
ferire, dar  notizia.  -  Insinuare,  dire  in  modo  da 
guadagnare  l'animo  di  chi  ascolta  (talvolta,  anche, 
in  senso  cattivo).  -  Interrogare,  dire  alcuna  cosa 
alla  quale  altri  debba  rispondere.  -  Inveire,  dire 
con  impeto.  -  Inventare  (voce  d'uso),  dire  cose 
non  vere,  -  Inzipillare,  imboccare  alcuno,  insegnargli 
quello  che  deve  dire  o  fare. 

Mentire,  non  dire  la  verità;  dire  bugia.  -  Mor- 
morare, dir  male,  sparlare  d'altri.  -  Motivare, 
dire  il  motivo,  il  2)erchè,  la  ragione  di  una  cosa; 
esporre  i  motivi  di  una  sentenza.  -  Motteggiare, 
dire  motti,  facezie;  scherzare  a  parole,  lare  scherzo 
di  parole  :  barzellettare.  -  Negare,  dire  di  no.  - 

-  Nominare,  dire  il  nome.  -  Novellare,  raccontare, 
dir  novelle.  -  Oppugnare,  contrastare  in  una  discus- 
sione. 

Parafrasare,  ridire  più  largamente.  -  Piagnuco- 
lare, dire  piangendo  (veggasi^  piàngere),  per  de- 
stare compassione,  p^^tà,  ecc.  -  Predicare,  dire 
dal  pulpito,  fare  una  prèdica.  -  Predire,  an- 
nunziare   un   futuro  avvenimento:   profetare.  - 

-  Prender  la  parola,  incominciare  a  dire,  in  una  : 
assemblea  e  simili.  -  Premettere,  dire  prima 
alcunché  e  anche  fuori  dell'  argomento  che  si 
deve  trattare:  preaccennare,  preavvertire.  -  Pre- 
cisare, francesismo  per  determinare,  dire,  esporre, 
spiegarsi  bene.  -  Prescindere,  lasciare  da  parte  al- 
cuna cosa  della  quale  si  potrebbe  dire.  -  Procla- 
mare, pubblicare  a  voce  alta  e  solenne  e  con  so- 
lennità di  tono.  -  Pronunziare,  proferire  distin- 
tamente le  parole  :  veggasi  a  pronunzia.  -  Pro- 
nunziarsi, decidersi,  dichiararsi.  -  Propalare,  spar- 
gere notizie,  dire  a  tutti  cosa  che  si  sappia  :  di- 
vulgare. -  Proseguire,  continuare  nel  dire.  - 
Proporre,  fare  una  proposta. 

Raccontare,  narrare,  fare  un  racconto,  una  narra- 
zione. -  Rapportare,  nel  linguaggio  burocratico,  rife- 
rire piuttosto  con  sollecitudine,  in  segreto  e  con  ani- 
mosità :  riportare.  -  lievitare,  dire  cose  imparate  a 
memoria  :  il  parlare  che  fanno  i  comici  sulla  scena. 
-  Referire,  riferire.  -  Replicare,  ridire,  ripetere 
una  cosa  ugualmente.  -  Ricapitolare,  ridire  in  suc- 
cinto. -  Ricontraddire,  ripete  contraddire.  -  Ridet- 
lare,  ripete  dettare.  -  Ridire,  dire  di  nuovo,  ri- 
j)etere;  anche,  dire  il  contrario  di  quel  che  si  è 
detto.  -  Riepilogare,  ripetere  in  succinto  le  cose  già 
prima  spiegate:  fare  il  riepilogo.  -  Riferire,  dire, 
comunicare  ad  altri  cose  udite,  ecc.  -  Rifischiare,  ri- 
dire cose  udite.  -  Rifriggere,  ridire  le  cose  mede- 
sime. -  Rimbeccare,  ribeccare,  dar  pronta  e  mordente 
risposta  a  chi  ha  voluto  motteggiarci.  -  Rimprove- 
rare, dir  parole  che  suonino  rimprovero.  -  J?»- 
prendersi,  ridirsi,  disdirsi.  -  Rispondere,  dare  ri- 
sposta. -  Ritrattarsi,  disdirsi,  sconfessare. 

Sballare,  figur.,  dirle  grosse,  dire  delle  fando- 
nie, cose  non  vere.  -  Sbottonarsi,  dire  alcun  motto 
indirettamente,  contro  checchessia;  confidare,  dire 
ÌQ  segreto.  -  Sbuffare,  dire  con  sdegno.  -  Schic- 


cherare dire  tutto  ciò  che  si  sa  di  una  faccenda: 
spi  Iterare,  spiattellare.  -  Sciorinare,  dire  una  cosa 
o  sviluppare  un'opinione  senza  riguardi.  -  Sconfes- 
sare tlisdire^  riprovare,  dar  biasimo.  -  Significare, 
esorimere,  far  sapere.  -  Sfatare,  sparlare,  buttar 
giù,  disapprovando.  -  Sfoderare  (figur.),  dire  cose 
peregrine  e  inaspettate.  -  Sfrottolare,  dire  una  frot- 
tola, una  fandonia,  frottole,  fandonie.  -  Signifi- 
care, mandare  a  dire,  avvisare,  dare  avviso.  - 
Smentire,  contestare  la  verità  di  ciò  che  altri  d:ca.  - 
Snocciolare,  dire  checche-isia  alla  libera,  dire  giù 
di  seguito  e  con  disinvoltura:  scoccolare,  sciori- 
nare "sfoderare,  sgranellare.  -  Sobillare,  tanto  dire 
a  uno  da  indurlo,  di  buona  o  di  mala  voglia,  a 
fare  quel  die  si  vuole  :  istigare.  -  Sogjiitngere, 
a-^criungere  aitre  parole  alle  già  dette.  -  Sottinten- 
dere, intendere  cosa  non  espressa,  ma  facile  a 
capirsi.  -  Sparlare,  dir  male,  tare  della  mal- 
dicenza. -  Spetezzare  (figur.),  spilferare,  ridire.  - 
Spiattellare,  dire,  dichiarare,  mettere  innanzi 
apertamente.  -  Spiegare,  manifestare,  dichiarando, 
far  conoscere  il  senso  d'una  parola,  insegnare  una 
scienza,  ecc.  -  Spifferare,  ridire  ciò  che  si  é  udito 
e  veduto.  -  Spippolare,  dire  alcuna  cosa  chiara- 
mente e  con  franchezza.  -  Stiantare,  figur.,  dire, 
sballare.  -  Sasurrare,  bisbigliare  con  una  certa  in- 
tensità, dire  timidamente.  -  Svelare,  rivelare,  dire 
un  segreto.  -  Sovesciare,  raccontare  spontanea- 
mente ciò  che  può  tornare  in  danno  altrui.  -Svol- 
gere, spiegare. 

Tacere,  non  dire,  far  silenzio.  -  Tergiversare, 
non  dire  né  si,  né  no,  eludere  una  decisione,  una  ri- 
sposta, 0  schermirsi  e  sottrarsi  a  una  quistione.  - 
Toccare  una  cosa  di  volo,  un  argomento  di  fuga, 
con  un  accenno,  alla  sfuggita,  dirne  appena.  -  Va- 
nagloriare,  dire  alcuna  cosa  per  vanagloria.  -  Vo- 
ciferare, spargere  una  diceria  (specialmente  nella 
forma  si  vocifera,  si  dice). 

Modi  di  esprimersi. 

Aprire  Vanimo,  confessare;  dire  il  proprio  sen- 
timento, il  proprio  pensiero:  aprirsi.  -  Aprire  la 
bocca  e  soffiare,  dire  quel  che  viene  alla  bocca.  - 
Avere  alla  cima  della  lingua,  e,  più  comunemente, 
sulla  punta  della  lingua,  di  cosa  che  si  stava  per 
dire.  -  Avere,  tenere  in  pectore  (lat.),  non  dire.  - 
Ruttar  fuori,  dire  quel  che  si  sente,  si  ha  nell'animo. 

Cambiare,  o  barattare  le  carte  in  mano  a  uno, 
fargli  dire  quello  che  non  ha  detto:  dire  diverso 
da  quello  che  aveva  detto  prima.  -  Chiamar  pane 
il  pane,  chiamare  le  cose  col  loro  nome,  senza  ri- 
guardi, né  sottintesi.  -  Cantare  a  chiare  note,  dire 
apertamente  il  vero.  -  Cantarla  a  uno,  cantargliela 
chiara  e  tonda,  dirgliela  apertamente. 

Dar  carta  bianca  ad  uno,  dargli  facoltà  di  dire 
quello  che  meglio  gli  sembri.  -  Dar  foco  alla  gi- 
randola, dire  tutto  quello  che  si  sa,  senza  riguardi. 
-  Dare  una  fiancata,  dire  per  incidenza  qualche 
cosa  che  punga.  -  Darsi  la  zappa  sui  piedi,  con- 
traddirsi, cadere  in  contraddizione,  con  danno. 

Dir  bene,  parlar  bene,  favorevolmente,  lodare, 
dar  lode.  -  Dire  a  lettere  cubitali,  a  lettere  di  spe- 
ziali, a  lettere  maiuscole,  apertamente,  chiaramente.  - 
Dire  a  mezza  bocca,  alla  lesta,  senza  curarsi  che  altri 
intenda  o  faccia  quello  che  si  dice  ;  dire  per  le- 
varsi un  obbligo  e  nulla  più.  -  Dire  astrattamente, 
senza  pensare,  o  piuttosto  mentre  si  è  fissi  col 
pensiero    ad    altra   cosa.  -  Dire   barzellette,   dire 


876 


questa  o  quella  facezia,  motteggiare.  -  Dire  bucci- 
cala,  0  boccicata,  dire  niente,    sconclusionatamente. 

-  Dire  chiaro  e  tondo,  netto  e  tondo,  con  tutta  fran- 
chezza, con  tutta  sincerità.  -  Dire  corna,  cose,  o 
roba  da  chiodi  di  alcuno,  raccontare  fatti  o  dir  pa- 
role clie  tornino  in  grave  disdoro  di  alcuno.  (  on 
lo  stesso  significato:  dire  ìaca,dire  plagas,  diic  le 
inette  parole,  dire  le  sette  peste.  -  Dire  di  si,  accon- 
sentendo, dando  il  covsenso.  -  Dire  di  no,  ne- 
gare. -  Dire,  esporre  per  sommi  capi,  senza  venire 
a  particolari,  accennando  semplicemente  le  idee.  - 
Dire  ex  cathedra,  con  autorità  o  con  pretesa  da 
maestro,  in  modo  dogmatico  e  cattedratico.  -  Dire 
ex  professo,  con  piena  conoscenza.  -  Dire  forte, 
piano,  ad  alta  o  a  bassa  voce  (dire  forte,  anche  in 
significato  di  sostenere  energicamente  le  proprie  ra- 
gioni). -  Dire  in  camera  chaiitatis:  dicesi  di  avver- 
timenti 0  rimproveri  dati  in  segreto,  senza  che  altri 
lo  sappia.  -  Dire  in  faccia,  sulla  faccia,  francamente, 
lealmente.  -  Dire  la  lezione  a  pappagallo,  senza  a- 
vere  inteso,  senza  sapere  quello  che  si  dice.  -  Dire 
nudo  e  crudo,  dire  quello  che  è,  secondo  verità,  e 
senza  nasconderne  la  più  piccola  parte.  -  Dire  per 
celia,  per  burla.  -  Dire  roba  da  cani,  dire  aspre 
parole.  -  Dire  sul  serio,  sul  sodo,  seriamente,  con 
serietà.  -  Dire  una  cosa  al  popolo  e  al  comune, 
propalarla,  dirla  à  tutti.  -  Diìe  una  cosa  a  mez- 
z'aria, lasciar  capire  senza  spiegarsi  troppo.  -  Dire 
uno  scerpellone,  uno  sproposito;  commettere  un 
grave  errore  nel  parlare.  -  Dir  la  sua,  esprimere 
la  propria  opinione  francamente.  -  Dir  male,  ac- 
cusare, screditare  ingiustamente;  usare  inalcH- 
ceìiza.  -  Dir  su  anche  l'ultima,  seguitare  a  dire, 
dire  tutto. 

Discorrere  a  un  tanto  il  mese:  di  chi  non  sa 
quel  che  si  dice. 

Far  cadere  dall'alto  una  cosa,  farci  molti  pream- 
boli inutili,  mille  rigiri,  per  farla  desiderare  o  farla 
apparire  di  maggiore  importanza:  farla  cascare  dal- 
l'alto. -  Farla  corta  [a  farla  corta),  dire  le  cose 
come  stanno.  -  Far  la  spia,  dire,  raccontare  i  fatti 
altrui,  con  fine  disonesto  :  veggasi  a  spia.  -  Far 
vedere  la  luna  nel  pozzo,  contar  frottole,  vendere 
lucciole  per  lanterne  e  simili.  -  Fiancarla  a  uno, 
dirgli  francamente  una  rosa,  anche  a  costo  di  mor- 
tificarlo :  dargli  una  sbottata. 

Gridare  dai  tetti,  cioè  dall'alto,  dire  in  modo  che 
tutti  sentano  e  sappiano  (familiarm.,  e  di  cosa  fatta 
palese  senza  più  alcun  riguardo). 

Lasciar  capnre,  intendere,  di  cosa  non  detta  espli- 
citamente. -  Lasciarsi  scappar  di  bocca,  dire,  tanto 
0  poco,  imprudententemente,  o  contro  intenzione, 
contro  volontà.  -  Levarsi  dal  capo,  dalla  immagina- 
zione, dir  cose  non  vere. 

Mandale  al  palio  una  rosa,  metterla  in  giro,  farla 
sapere  a  tutti.  -  Mangiar  le  noci  col  mallo,  riferito 
a  coloro  chi  dicono  male  e  cozzano  con  altri,  i  quali 
sanno  dir  male  meglio  di  essi,  di  njodo  che  non 
stanno  in  capatale,  ma  scapitano  e  perdono  in  di- 
grosso. ■  Mettere  in  bocca,  porre  in  bocca,  far  dire. 

-  Mettere  i  cerni  di  rasa  alla  finestra,  dire,  far  sa- 
pere a  lutti  le  magagne,  le  brutture,  le  miserie  di 
casa.  -  Mettere  i  punti  sugli  i,  rompere  il  riserbo, 
quindi  dire  le  cose  chiare  e  con  significazione; 
dicesi  familiarmente  quando  si  spiega  una  cosa  in 
modo  tale  da  vincere  ogni  riguardo,  o  circospe- 
zione, 0  sottinteso.  -  Mettere  la  mano  sul  fuoco,  af- 
fermare in  modo  sicuro,  mallevare.  -  Metterla  in 
volgare,  dire  chiaro  e  tondo.  -  Mordersi  la  lingua 
(figur.),  trattenersi  dal  dire. 


Parlar  chiaro,  dire  le  cose  apertamente.  -  Parlar 
forte,  dire  apertamente,  a  fronte  alta,  il  vero.  -  Pen- 
sarci su,  sintesi  della  retorica  o  arte  del  dire  e 
dello  scrivere  del  Manzoni.  -  Prendere  la  parola, 
cominciare  a  dire,  a  parlare,  specialmente  in  una 
assemblea. 

Ributtarsi,  ricacciarsi,  rimettersi  iìi  gola,  tratte- 
nersi a  stento  ilal  dire  una  data  cosa.  -  Rincarare 
la  dose  d'una  cosa,  accrescerne  la  quantità;  anche, 
chi,  dopo  aver  detto  male  di  alcuno,  riprende  l'ar- 
gomento e  ne  dice  peggio.  -  Riportare  le  chiacchiere, 
andar  a  ridire,  a  raccontar  tutte  le  ciarle. 

Saper  dire,  avere  il  coraggio  di  dire  quando  il 
dire  potrebbe  nuocere.  -  Sbottonarsi,  aprirsi,  rive- 
larsi. -  Scappar  di  boera,  di  cosa  detta  involonta- 
riamente. -  Sciogliere  la  bocca  al  sacco,  dire  tutto 
quanto  ci  bolle  nell'  animo.  -  Soffiar  parole  negli 
orecchi,  insinuare,  sobillare.  -  donarle,  suonarle 
chiare  e  tonde,  con  tutti  i  timpani,  dirle  spiattella- 
tamente.  -  Spiegare  tutto  il  mistero,  dire  come  an- 
darono le  cose  -  Stiantare  eresie,  dire  cose  invero- 
simili, assurde;  dire  assurdità.  -  Strombettare  su 
per  i  giornali,  stiombazzare,  dire  a  tutti. 

Tirar  giù  a  campane  doppie.,  dirne  di  ogni  sorta 
con  impeto  e  rabbia,  sfogarsi,  dir  male,  ecc.,  veg- 
gasi a  ■nialfUcenza.  ■  Toccare  una  cosa  di  volo, 
con  un  accenno,  alla  sfuggita. 

Vendere  una  cosa  come  s'  è  comprata,  ridirla,  ri- 
ferirla per  quel  che  vale,  come  s'è  sentita  dire.  - 
Votare,  vuotare  il  sacco,  dire  tutto. 


Detta.  —  Detto. 


Detta,  ciò  che  altri  dice  o  afTerma  ;  nelle  frasi 
e  a  detta  sua,  a  detta  vostra,  a  detta  di  loro  »,  vale 
secondo  che  dice  lui,  dite  voi,  dicono  loro.  -  Ca- 
volo riscaldato,  cosa  delta  e  ridelta  che  si  vuole 
jar  passare  per  nuova.  -  Cose  fritte  e  rifritte,  dette 
e  ridette  lino  alla  noia.  -  Cose  vecchie,  stravecchie, 
dette  già  molte  volte.  -  Dicitura,  maniera  di  espri 
mere  i  concetti  :  elocuzione.  -  Dizione,  parola, 
frase;  minima  parte  del  favellare,  della  quale  è 
composto  il  ragionamento.  -  Un  non  so  che,  qual- 
che cosa  di  indeterminato,  quasi  di  indicibile:  un 
incognito  indistinto. 

Argomentazione,  l'atto  e  la  forma  di  ciò  che 
è  argomeitto  del  dire.  -  Chiaccliiera,  vano  ci- 
caleccio, ili.-,corso  senza  proposito.  -  Dichiara-, 
zione,  le  parole  che  servono  a  dichiarare.  -  jKcce 
tera.  nota  di  reticenza.  -  Esclamazione,  cosa  detta 
con  qualche  enfasi.  -  Fandonia,  cosa  invenl;'la, 
cerxellotica  :  panzana,  pastocchia.  -  Fàvola,  rac- 
conto di  cosa  finta.  -  Fòrmola,  fornmia,  nudo 
prestabilito  di  dire,  in  materia  di  atti  legali,  di 
scienza,  ecc.  -  Insinuazióne,  biasimo  o  accusa 
in  modo  indiretto  e  ipocrita.  -  Interiezione,  parte 
indeclinabile  del  discorso.  ■  Ititeri'ogazione 
l'interrogare,  il  fare  domanda.  -  Pappolata,  ciarla 
sciocca,  0  favola.  -  Preambolo,  introduzione  a  un 
discorso:  esordio.  -  Pndicimento',  predizióne,  il 
predire,  l'annunziare  un  futuro  avvenimento  :  pro- 
fezia. -  Frefazione,  preambolo  scritto.  -  Premessa, 
ciò  che  si  dice  nella  prima  parte  dell'argomentazione, 
per  trarne  la  conclusione. -/'rdpnztòwé',  figura  retorica 
con  la  quale  si  mostra  di  passare  sotto  silenzio  ciò 
che  realmente  si  dice.  -  Protesta,  dichiarazione 
pubblica  delle  proprie  idee  e  dei  propri  sentimenti. 
-  Racconto,  narrazione   scritta   di  un  fatto  vero 


DlUli 


87  7 


0  finto.  -  Rapporto,  relazione,  a  voce  o  in  isoritt)  . 
■  Relazióne,  il  riferire,  atto  ed  effetto.  -  Replica, 
il  replicare,  il  ripetere,  e  la  osi  rapii  cita.  - 
Jieficenza,  il  trattenersi  dal»  dire  una  cosa  ;  il  ta- 
cere la  verità.  -  Rimoslranza  il  far  conoscere  la 
nostra  opinione  di  disgusto  ciroa  uni  cosa.  - 
Misposta,  il  rispondere.  -  Hioo^azione,  in  gene- 
rale, la  ritrattazione  o  l'annullaininto  di  ciò  che 
fu  fatto.  -  Schicchcrio,  uno  scliicciie  rare,  un  dire 
continuato.  -  Sconferma,  lo  sconferiuo'are,  il  disilire. 

-  Sconfessione,  atto  ed  effetto  dui  ui  sconfessare.  - 
Sequela,  una  lunga  continuizion  ..g  parole,  e  per 
lo  più  noiosa.  -  TeUimonianza^  ^^  hiarazione  del 
testimonio.  , 

Detto  (aggett.).  —  Anzi  d'ilio,  citato,  mentovato, 
preaccennato,  predetto,  prelkfo  pi'eloJato,  premesso, 
prenarrato,  sopracitato,  sopra*/  etto,  suaccennato,  sud- 
detto, summentovato.  -  Impliciio,  compreso  nel  di- 
scorso, non  detto,  non  espresso,  tacito.  -  Sottinteso, 
clie  si  considera,  si  ritiene  come  detto.  -  Spiattel- 
lato, detto  chiaro  e  distinto.-  Sitdrl }tto,  predelto. 

Detto  (sostantiv.),  motto,  parola,  m^nsini  i, 
sentenza.  -  Alfermazione,Ghe  ha  forza  di  aiferinare, 
di  asserire.  -  Amen,  ammen,  voce  ebraica  con  la 
quale  si  afferma  il  detto.  -  Assioma,  detto  senten- 
zioso, massima.  -  Cavillo,  detto  ambiguo,  arti- 
ficioso per  ingannare  altr  i;  argomeìito  fallace.  - 
Dettato,  dettatura,  quel  che  si  di-}  p^  rchè  altri  lo 
scriva  :  veggasi  a  detare.  -  Eufem,isino,  figura 
retorica.  -  Frase,  unisone  di  alcune  parole  che  for- 
mino un  senso.  -  Frecciata,  motto  pungente,  bottata.  - 
Luogo  comune,  francesismo  per  frase  fatta.-  Locuzione, 
frase,  modo  di  dire.  -  Parafrasi,  interpretazione  di 
un  autore,  fatta  col  ridire  lo  stesso  più  largamente. 

-  Perifrasi,  giro  di  parole,  circonlocuzione.  -  Tur- 
piloquio, il  parlare  disonesto. 

Maniera  di  dire. 


Abbreviamento,  abbreviazione,  del  dire,  il  ren- 
derlo breve,  atto  ed  effetto.  -  Affettazione,  ma- 
niera di  dire  che  mostra  soverchio  studio:  veggasi 
ad  affettare.  -  Brevìloqiienza,ì\  dire  in  breve, 
brevità  nel  dire:  concisione,  laconismo.  -  BHo, 
gae^za,  spigliatezza,  vivacità  nel  dire  (frane, 
entrain).  -  Ènfasi,  figura  retorica  per  la  quale, 
col  tono  della  voce  e  col  gesto,  si  esprime  più  di 
quello  che  si  dice.  -  Escandescenza,  enfasi  data  alle 
parole  da  chi  ha  l'animo  commosso,  il  più  sovente 
da  ira.  -  Fiancata,  il  dire  per  incidenza.  -  Ironia, 
finzione  di  parole.  -  Lungàggine,  il  parlare  prolisso. 
-  Luogo  comune,  veggasi  a  discorso.  -  Magnilo- 
quenza, grandiloquenza,  veggasi  a  oratore.  -  Ma- 
nierismo, maniera  lontana  dalla  naturalezza.  - 
Plebeismo,  maniera  di  dire  plebea,  da  plebe.  - 
Poeticismo,  maniera  di  dire  da  poeta.  -  Pro- 
saismo, maniera  di  dire  prosaica,  in  prosa; 
figur.,  senza  eleganza,  quasi  banale.  -  Ricerca- 
tezza, soverchio  studio  nella  maniera  di  dire  :  af- 
fettazione. -  Svenevolezza,  sguaiatàggine,  maniera  di 
dire  senza  riguardo. 

Dicibile,  che  si  può  dire.  (]ontr ,  indicibile. 

Dicitore,  parlatore,  oratore. 
•  Boccaccesco,  o  boccaccevole  (alla  maniera  del  Boc- 
caccio), dicitore  libero  salace,  licenzioso.  -  Clamantis 
in  deserto,  di  persona  che  si  sforza  di  dire,  di  predi- 
care, di  persuadere  con  una  ragione  che  non  è  ascol- 
ata. -  Dicaee,  garrulo,  loquace,  che  dice,  parla  molto  ; 
nche.    maldicente;    che   usa   mordacità  (dicacità. 


garrulità,  loquacità,  maldicenza).-  Diseuse  (frane), 
dicitrice;  nell'uso,  la  chanteuse,  ossia  la  cantante 
che  non  canta  liricamente,  ma  sottolinea,  per  dir 
cosi,  adombra,  colora  le  parole.  -  Interlocutore,  chi 
parla  con  altri,  nella  commedia,  ecc.  -  Predicitore, 
chi  0  che  predice.  -  Relatore,  che  o  chi  riferisce. - 
Reticente,  neologismo  per  indicare  persona  che  tace, 
non  palesa  la  verità.  -  Rifischione,  chi  va  a  rifi- 
schiare le  cose.  -  Sballone,  chi  le  dice  o  le  inventa 
grosse  :  veg^'asi  a  sballare.  -  Sboccato,  di  persona 
che  usa  dire  parole  turpi.-  Sedicente,  che  si  quali- 
fica per  lo  più  abusivamente. 


Locuzioni. 


Modi  avverbiali. 


E'  tutto  dire,  espressione  significante  che  la  cosa 
di  cui  si  dice  è  insuperabile  nel  suo  genere.  -  Ex- 
cnsez  du,  peu  (frano,  motto  di  Rossini,  usato  spesso 
anche  tra  noi,  quvndo  si  dice  qualche  cosa  di 
straordinario.  -  Mi  lasci  dire,  scusandoci  di  espri- 
merci un  pò  arditamente  o  spiacevolmente.  -  Mi 
spiei/o?,  dubitando  di  non  essere  stati  troppo  chiari 
nel  dire.  -  Ne  discorreremo,  rimettendo  la  cosa,  il 
trattarne,  a  un  altro  tempo  ;  anche,  in  atto  di  mi- 
naccia («  la  vedremo!,  la  discorreremo!  j).  -  Non 
mi  fate  discorrere,  a  chi  ci  metta  neh'  impegno  di 
dire  quel  che  non  si  vorrebbe.  -  Non  vedere  gatta 
in  sacco,  non  dire  le  cose  che  non  sono  certe.  - 
Siamo  sinceri,  invilo  a  dire  il  vero.  -  Tanto  tuono 
che  piovve,  tanto  si  disse  e  si  fece  che  l'intento  fu 
raggiunto.  -  Valga  il  vero,  citando  prove,  argomen- 
tazioni. -  Vorrei  morire  se...,  affermazione  iperbo- 
lica, giuramento. 

De  auditu  (lat.),  per  sentita  dire.  -  Ex  ore  tuo  te 
judico  (lat.),  ti  giudico  da  quel  che  tu  dici.  -  In 
cauda  venenum  (lat.),  nella  coda  il  veleno,  cioè 
nelle  ultime  parole  che  si  dicono  è  la  puntura,  il 
colpo.  -  Intelligenti  pauca  (lat.),  a  chi  può  intendere 
poche  parole  (occorre,  basta  dir  poche  parole).  -  Inter 
nns  (lat.),  fra  noi,  senza  che  nessuno  ci  senta,  in  con- 
fidenza. -  Hornbile  diclu  (lat.),  cosa  orribile  a  dirsi. 
Horresco  rèferens  (lat.),  inorridisco  nel  raccontare, 
nel  dire.  -  Relata  refero  (lat.):  dico,  riferisco  ciò 
che  mi  fu  detto. 

Modi  awekbiali.  —  A  bocca,  a  voce,  verbalmente, 
dicendo.  -  A  buon  conto,  in  fin  dei  conti,  in  con- 
clusione. -  A  farla  grassa,  a  dir  molto.  -  Altro  chel 
senz'altro  t,  ribadendo  un'  asserzione  o  escludendo 
tutto  il  resto,  oltre  quello  che  si  è  detto.  -  Amen, 
ammen  (avverbialm.),  cosi  sia,  in  verità.  ■  A  occhio 
e  croce,  cosi  all'incirca,  come  viene  viene,  alla  pri- 
ma. -  A  parola  a  parola,  o  parola  per  parola, 
senza  mutar  parola  alcuna.  -  A  viva  voce,  dicendo, 
col  dire. 

Cioè,  avverbio  che  si  usa  per  dichiarazione  di 
parole  precedenti  (frane,  c'est  a  dire).  -  Come  si  suol 
dire,  parlando  secondo  il  comune  linguaggio:  come 
ordinariamente  si  dice,  come  suol  dirsi,  come  vol- 
garmente si  favella.  -  Cosi  e  cosi,  modo  di  accen-- 
nare  a  cose  che  già  si  sanno,  o  di  riferire  detti  di 
altri,  senza  spiegarli  :  questo  e  questo,  questo  e 
quest'altro.  -  Del  restante,  del  resto,  per  altro,  quanto 
a  quello  che  resta  a  dire.  -  Dichiaratamente,  aper- 
tamente. -  Dicitur  (lat.),  si  dice.  -  Di  voce  in  voce, 
di  bocca  in  bocca;  detto  da  uno  alf  altro.  -  Fra 
ninnoli  e  nannoli,  tra  una  cosa  e  l'altra  che  si 
dice.  -  0  cosi  0  cosà  (familiarm.),  in  un  modo  o 
nell'altro  (ha  del  seccato).  -  0  di  ruffi  o  di  raffi, 


DIREDARE   —   DIRITTA 


«  tutti  i  costi,  0  per  diritto  o  per  traverso.  -  Per- 
ciò, congiunzione  che  indica  attribuzione  di  causa 
a  quanto  si  è  detto  precedentemente.  -  ^er  cosi 
dire,  modo  avverb.  che  si  usa  per  accompagnare  e 
scusare  un'espressione  un  pò  strana  o  che  si  ri- 
tiene tale  :  a  cosi  dire,  a  dir  cosi,  direi  quasi,  dirò 
così,  per  cosi  dirla,  per  dir  così  ;  come  a  dire,  co- 
ni'^ chi  dicesse;  si  direbbe  quasi,  starei  per  dire,  ecc.  - 
Pei'  dato  e  fatto,  per  cagione,  per  opera.  -  Per  modo  di 
dire,  scusando  una  frase  sclierzosa  e  che  ha  signi- 
ficato genericamente  usato,  non  speciale  a  un  caso. 

-  Salvo  il  vero,  modo  di  non  affermare  assoluta- 
mente una  cosa.  -  Senza  tanti  discorsi,  senza  dire 
né  molto,  né  poco  ;  in  modo  brusco,  per  farla  corta. 

-  Si  dice,  locuzione  usata  a  modo  di  sostantivo  :  i 
€  si  dice  >,  cioè  le  congetture,  le  dicerie,  solitamente 
con  senso  malevolo.  -  Ut  supra  (lat.),  come  sopra, 
come  già  detto.  -  Viat,  esortando,  ammonendo  (va 
bene,  via  1  Smettiamo,  via  1).  Anche,  ripigliandosi 
(no,  via,  volevo  dire,  ecc.).  ■  Via  discorrendo,  in 
una  lunga  enumerazione,  in  un  lungo  dire. 

Diredare  {divedalo).  Diseredare,  togliere  Yere- 
dita. 

Direnare,  direnarsi  (direnato).  Veggasi  a 
rene. 

Dirètro.  Di  dietro,  dietro. 

Direttamente.  Con  modo,  in  modo  diretto; 
a  dirittura,  per  linea  diretta. 

Direttario.  Veggasi  a  dominio. 

Direttivo.  Che  serve  o  è  atto  a  dirigere.  - 
Agg.  di  direzione. 

Diretto.  Vòlto  dirittamente,  immediato;  chi 
va,  procede  per  linea  ref^a;  senza  interruzióne, 
senza  indugio.  ■  Di  causa,  relazione  o  altra  cosa 
che  produca  o  si  riferisca  per  sé  stessa,  senza  in- 
terpretazione. -  In  musica,  l' intervallo  che  fa  un 
armonico  qualunque  sul  suono  fondamentale  che  lo 
produce.  -  Contr.  di  diretto  :  indiretto.  -  Tagliato 
a  filo  disinopia,  in  linea  direttissima. 

Direttamente,  avverbio  indicante  direzione  nel 
muoversi:  addiritto,  a  diritto,  dirittura,  a  filo,  a 
gitto,  al  diritto,  alla  più  diretta,  alla  stagliata,  a 
ricisa;  di  colpo,  difilato,  di  filo,  di  posta,  diritta- 
mente, diritto,  diritto  come  un  cero,  diviato,  dritto 
dritto  ;  immediatamente,  immediate  (lat.)  ;  in  o  per 
linea  retta,  in  una  tirata;  linearmente;  per  diritto, 
per  dritto,  per  la  diritta,  per  punta,  per  retta,  per 
retto  ;  ricisamente,  rittamente,  ritto. 

Direttore,  direttrice.  Chi  ha  la  direzione 
di  un  ufficio,  di  un  istituto,  di  una  scuola,  di  una 
impresa,  di  un  affare,  ecc.  Chi  o  che  dirige  :  capo, 
dirigente,  guida,  indirizzatore ;  maestro  di  cappella, 
presidente,  proto;  reggente,  reggitore,  regolatore, 
rettore;  sopraccapo,  sopracciò,  soprantendente,  so- 
jirintendente,  soprantenditore,  superiore.  -  Anche, 
titolo  di  ufficiale  superiore  a  cui  sia  conferita  la  pre- 
sidenza o  il  comando  di  stabilimenti  d'artiglieria  e 
del  genio  e  dei  vari  servizi  d'intendenza  militare.  - 
Condirettore,  direttore  con  altri.  -  Direttore  gene- 
rale, chi  ha  sotto  di  sé  parecchi  uffici  in  un  mi- 
nistero 0  in  una  grande  amministrazione.  -  Diret- 
tore spirituale,  il  confessore.  -  Rettore,  chi  regge  e 
dirige  il  collegio.  -  Rettrice,  direttrice,  se  donna. 

Direttorio.  Veggasi  a  governo. 

Direttrice,  Veggasi  a  retta. 

Direzione.  Atto  del  dirigere;  ufficio  perma- 
nente 0  temporaneo  del  dirigere,  secondo  le  inge- 
renze e  le  giurisdizioni  del  direttore:  bacchetta 
del  comando  (figur.),  comando  (veggasi  a  coman- 
dare),   governo,   menamento    (v.  disus.);    somma 


degli  affari,  sopraintendenza,  soprantendenza,  so- 
printendenza, superiorato.  -  La  residenza  del  diret- 
tore e  anche  dei  servizi  di  un'amministrazione.  - 
Anche,  guida,  regola;  figur.,  timone.  -  Capita- 
neria, ufficio  direttivo  militare.  -  Centro  delle  ope- 
razioni, dov'è  la  direzione.  -  Direttivo,  di  direzione,, 
della  direzione  ;  che  è  atto  o  serve  a  dirigere. 

Dirigere,  indirizzare,  volgere  a  un  determinato 
punto;  rivolgere  ad  uno  scopo;  condurre,  come  or- 
dinatore capo,  una  determinata  azione,  un  lavoro, 
un'impresa,  ecc.:  avere  a  comando,  avere  il  go- 
verno, avere  in  obbedienza,  avere  potenza,  avere 
sotto  di  sé;  comandare  (in  senso  assoluto),  condu- 
cere (g.  a.),  condurre;  dar  legge,  dar  le  mosse,  dar 
l'orma;  esercitar  l'impero;  governare,  guidare  ;  im- 
perare, indirizzare;  prendere  le  briglie;  reggere^ 
regolare,  signoreggiare,  sopraintendere,  sopranten- 
dere,  soprintendere,  soprastare;  tener  le  redini,  ti- 
moneggiare; volgere  il  freno.  -  Dirigere  musica  : 
dare  li  la,  dare  l'intonazione,  dare  l'alto  e  il  basso,, 
fare  il   dodda. 

Proverbio:  Comandi  chi  può  e  obbedisca  chi  deve. 

Direzione.  Indirizzamento,  indirizzo;  parte 
verso  la  quale  tende,  o  si  fa  tendere,  una  persona 
0  una  cosa:  andamento,  dirittura,  linea,  mira^ 
senso,  tesa,  verso.  E'  davanti,  o  di  dietro,  verso 
Valto  0  verso  il  basso,  a  destra  o  a  sinistra^ 
in  senso  diretto  od  obliquo.  -  Avere  una  dire- 
zione, essere  diretto  in  un  dato  senso;  avviarsi, 
procedere,  volgere  verso....  -  Dirigere,  far  prendere 
una  direzione,  e  dirigersi,  mettersi  in  una  deter- 
minata direzione.  -  Divergere,  mutar  direzione.  - 
Prospettare,  essere  volto  in  una  data  direzione  : 
di  luogo.  -  Riflettere,  ricacciare  in  altra  direzione. 
-  Rifrangere,  cacciare  un  corpo  qualunque  dal  di- 
ritto cammino,  pel  trapasso  da  un  mezzo  ad  un 
altro,  di  densità  diversa. 

Dirittura,  direzione  in  linea  retta  da  un  punto 
dato.  -  Direzione  degli  strati,  veggasi  a  geologia.  - 
Direzione  della  calamita,  proprietà  dell'ago  calami- 
tato di  rivolgersi  sempre  verso  il  polo.  -  Diver- 
sione, il  divergere:  atto  ed  efi'etto.  -  Riflesso,  ri- 
torno con  altra  direzione,  dopo  l'urto.  -  Rilievi, 
punti  determinati  che  esprimono  la  direzione  degli 
oggetti  circostanti  tra  loro  e  rispetto  all'osser- 
vatore. 

In  ogni  direzione:  da  ritto  e  da  rovescio,  in  ogni 
senso,  per  ogni  verso;  a  dritta  e  a  manca.  -  Lungo,. 
preposiz.  che  indica  nella  continua  direzione  d'una 
cosa.  -  Nella  direzione:  a  seconda  di ,  sul  cam- 
mino, sulla  linea,  sul  tenore.  -  Verso,  preposiz.  che 
indica  direzione,  approssimazione:  poet,  vèr. 

Diricciare  (dincciatoj.  Togliere  il  riccio  alla 
castagna. 

Dirigere  (diretto).  Condurre  alcunché  in  qua- 
lità di  direttore.  -  Far  prendere  una  direzione. 

Dirimere  (dirimente).  Annullare,  detto  per  lo 
più  di  matrimonio. 

Dirigibile.  Neologismo  da  poco  introdotto  a 
indicare  una  nave  aerea  (veggasi  ad  aeròstato) 
capace  di  essere  diretta. 

Dirimpetto.  Dal  lato  opposto  e  di  faccia,  di 
fronte:  addirimpetto,  a  dirimpetto,  al  dirimpetto, 
all'incontra,  all'incontro,  a  petto,  appetto,  a  riscontro  ; 
contro;  davanti,  di  contra,  di  contro,  di  rincontro, 
dinanzi;  faccia  a  faccia,  in  su  le  ciglia,  in  tra  le 
ciglia;    nel  diritto  riguardo;   rimpetto,  riscontro 

a ;  testa  a  testa,   testa  testa   (frane,  vis-d-vis).  - 

Fronteggiare,  essere,  stare  dirimpetto. 

Diritta.  La  destra. 


DIRITTO 


879 


Diritto.  Facoltà  morale  che  ha  l'uomo  di  go- 
dere 0  usare  una  cosa,  avendo  adempiuto  al  dovere 
corrispettivo.  In  generale,  qualsivoglia  legittima  fa- 
coltà. Anche,  ragione  che  si  abbia  sopra  qualche 
cosa  0  contro  alcuno;  titolo  legittimo  a  conseguire 
checchessia  ;  tassa  su  checchessia  dovuta  all'erario 
pubblico,  in  termini  legali,  il  complesso  delle  leggi 
(veggasi  a  legge)  e  lo  studio  di  esse,  nonché  il 
complesso  di  tutte  le  leggi  che,  in  un  dato  tempo  e 
in  un  paese,  regolano  tale  o  tale  altra  mnteria  (di- 
ritto civile,  penale,  ecc.):  dritto,  giure  (in  senso 
generale,  gius,  giustizia,  giusta  legge;  ragione, 
titolo).  Nel  suo  più  ampio  significato,  il  diritto  é 
inalienàbile  e  imprescrittibile.  Dicesi  poi  :  acquisito, 
insquesilOi  il  diritto  acquistato;  inconcusso,  il  diritto 
fermo,  inoppugnabile,  intangibile,  slabile,  stabilito; 
prescrittibile,  che  soggiace  a  prescrizione,  caduco  ; 
stretto  diritto,  diritto  pieno,  assoluto.  -  Jure,  jus 
(lat.),  diritto  (jus  aequum,  jus  commercii,  jus  con- 
grui, ecc.).  veggasi  a  giure.  -  Spettanza,  diritto, 
cosa  che  spetta  (termine  della  magistratura). 

Giurisprudenza,  la  scienza  del  diritto. 


Diritti  di  varia  natura. 


Diritti  acquisiti,  quelli  entrati  nel  nostro  patri- 
n;onio,  che  ne  fanno  parte,  e  che  non  può  togliere 
colui  dal  quale  li  abbiamo  avuti.  -  Diritti  assoluti, 
innati,  primitivi,  quelli  che  risultano  immediata- 
mente dalla  natura  dell'uomo,  e  sono  la  base  e  la 
condizione  per  poterne  acquistare  altri  -  Diritti 
derivati,  quelli  che  non  risultano  immediatamente 
dalla  natura,  ma  il  cui  acquisto  richiede  un  atto 
dell'uomo;  e  siccome  non  si  acquistano  che  in  certe 
circostanze,  sono  anche  detti  ipotetici,  contingenti  o 
eventuali.  -  Diritti  civili,  il  complesso  delle  regole 
che  guidano  i  cittadini  nei  loro  rapporti  di  pro- 
prietà e  di  sicurezza.  -  Diritti  dell'uomo,  quelli  pro- 
clamati dall'Assemblea  Costituente  francese,  nel  1789, 
entrati  poi,  come  primo  capitolo,  nella  Costituzione 
del  1791  e  rimasti  il  fondamento  del  diritto  pub- 
blico in  Francia.  -  Diritti  eventuali,  quelli  che  di- 
pendono dagli  eventi. 

Diritto  amministrativo,  complesso  delle  leggi  che 
riguardano  ['anitninistr azione  pubblica;  il  di- 
ritto che  indica  le  norme  e  i  modi  effettivi  di  eser- 
cizio, rispetto  a  tutti  gli  oggetti  particolari  che  en- 
trano nei  fini  pubblici.  -  Diritto  canonico,  diritto 
ecclesiastico  fondato  sui  canoni  della  Chiesa,  le 
Sacre  Scritture,  i  decreti  dei  vari  concila  le  costi- 
tuzioni dei  papi,  gli  usi  e  le  autorità  dei  fatti  av- 
venuti. -  Diritto  civile,  quello  che  regola  le  rela- 
zioni civili,  mediante  norme  ;  anche,  il  diritto  romano 
contrapposto  al  canonico,  allo  statutario,  al  feudale. 
Diritto  civile  positivo  (da!  latino  jus  positiim),  di- 
ritto stabilito,  costituito;  anche,  insieme  delle  regole 
risultanti  dalla  volontà  del  legislatore  e  dal  con- 
sentimento tacito  di  un  popolo. 

Diritto  commerciale,  quello  che  regola  i  rapporti 
in  fatto  di  cose  relative  all'industria  e  ai  commerci  : 
fa  parte  del  diritto  privato.  -  Diritto  comunale, 
quello  richiesto  dalla  esistenza  e  dallo  sviluppo 
•ielle  condizioni  particolari  di  un  Comune.  -  Di- 
ritto comune,  quello  che  vige  e  si  osserva  general- 
mente, detto  cosi  per  opposizione  alle  disposizioni 
che  lo  abrogano  in  certi  casi,  e  che  perciò  si  di- 
cono eccezionali.  -  Diritto  connaturale,  quello  il  cui 
soggetto   è   contenuto   nella  stessa   natura  umana. 


sicché  esiste  tosto  che  esiste  questa;  per  cui,  sog- 
getto di  tale  diritto  sono  la  vita,  le  diverse  parti 
del  corpo,  le  potenze  naturali  dell'uomo.  -  Diritte 
consuetudinario,  stabilito  dalla  consuetudine.  Contr. 
di  diritto  scritto.  -  Diritto  costituzionale,  quello  che 
studia  lo  Stato  nei  lineamenti  fondamentali  della 
sua  personalità,  determina  il  contenuto  e  i  limiti 
del  suo  potere,  nonché  gli  organi  destinati  ad  eser- 
citarlo, e  stabilisce  i  rapporti  giuridici  fra  i  citta- 
dini e  lo  Stalo. 

Diritto  dei  neutri,  veggasi  a  guerra.  -  Diritto 
delle  genti,  lo  stesso  che  diritto  internazionale.  - 
Diritto  di  associazione:  comprende  l'insieme  delle 
condizioni  necessarie  per  l'esercizio  di  questa  fa- 
coltà. -  Diritto  di  personalità:  comprende  l'insieme 
delle  condizioni  dalle  quali  dipendono  la  ricono- 
scenza 0  il  rispetto,  la  conservazione  e  lo  sviluppo 
della  personalità  sotto  tutti  i  suoi  rapporti.  -  Di- 
ritto divino,  il  potere  monarchico  per  pretesa  grazia 
di  Dio. 

Diritto  ecclesiastico,  lo  stesso  che  diritto  canonico. 
-  Diritto  familiare,  quello  che  esige  l'organamento 
della  famiglia  e  la  soddisfazione  dei  bisogni  di 
questa.  -  Diritto  giudiziale,  collezione  di  leggi  con- 
cernenti l'organamento  della  giustizia  e  le  forme 
della  procedura.  -  Diritto  individuale,  quello  di 
ogni  uomo  come  uomo.  -  Diritto  internazionale, 
complesso  di  consuetudini  comunemente  osservate 
dai  governi  civili  nei  reciproci  rapporti,  si, dai 
governi   fra  di  loro  come  dai  sudditi. 

Diritto  marittimo,  quello  riguardante  le  relazioni 
di  commercio  per  via  di  mare.  -  Diritto  militare, 
le  regole  che  stabiliscono  i  doveri  dei  militari  e 
ne  puniscono  le  infrazioni,  -  Diritto  naturale,  fa- 
coltà, nell'uomo,  di  operare  secondo  i  propri  sen- 
timenti naturali  ;  anche  il  complesso  delle  deter- 
minazioni che  si  traggono  risalendo  alla  prima 
sorgente  del  diritto.  -  Diritto  nazionale,  veggasi  a 
nazione. 

Diritto  penale,  o  criminale,  complesso  delle  norme 
per  cui  lo  Stato,  che  deve  tutelare  l'ordine  giuri- 
dico, reintegra  il  diritto  e  nega  l'azione  perturba- 
trice. -  Diritto  politico,  insieme  del  diritto  costitu- 
zionale e  del  diritto  amministrativo.  -  Diritto  pri- 
vato, complesso  di  norme  dettate  a  protezione  della 
libertà  e  degli  interessi  individuali,  e  lasciate 
quindi,  principalmente,  alla  cura  e  al  volere  delle 
persone:  comprende  il  diritto  civile  e  il  commer- 
ciale. -  Diritto  pubblico,  complesso  di  norme  date 
nell'interesse  e  per  i  fini  dello  Stato  o  della  società, 
norme  che  hanno  carattere  di  doveri  e  di  uffici 
pubblici  superiori  all'arbitrio  dei  privati. 

Diritto  sociale,  diritto  positivo  e  convenzionale 
dell'uomo  in  società,  per  opposizione  al  diritto  na- 
turale. -  Diritto  umano,  da  uomo  a  uomo,  indivi- 
duale, privato. 


Akcora  dei  diritti  di  varia  natura. 


Diritto  al  lavoro,  teoria  comunistica,  ora  socia- 
listica, secondo  la  quale  lo  Slato  o  la  società  deve 
procurare  lavoro  ad  ogni  operaio,  con  un  orario  e 
una  mercede  di  determinata  misura.  -  Diritto  cam- 
biario, complesso  dei  diritti,  scritti  e  non  scritti, 
riguardanti  la  cambiale. 

Diritto  d'accessione,  diritto  su  quanto  produce 
una  cosa  mobile  o  immobile.  -  Diritto  di  anzianità, 
il    diritto   all'avanzamento,    alla   promozione    che 


880 


spetta  ai  funzionari  dopo  un  certo  numero  d'anni 
di  servizio.  -  Diritto  d'asilo,  detto  ad  asilo,  ■  Di- 
ritto d'autore,  quello  riconosciuto  dalla  legge  a  chi 
ha  fallo  un'invenzione  o  un'opera  qualsiasi.  -  Di- 
ritto del  più  forte,  condizione  nella  quale,  per  man- 
canza di  pubblica  tut.'la  del  diritto,  e  ascuno  deve 
farsi  ragione  da  sé,  con  la  propria  l'orza  e  au- 
torità. 

Diritto  di  accrescimento  faccrescendi  jus),  il  di- 
ritto, che  si  ha,  di  appropriarsi  ciò  che,  per  arie 
0  per  natura,  si  aggiunge  a  terreni,  ad  opere  indu- 
striali, ecc.  Diritto  altresì  che  compete  a  coeredi  o 
collegatari  di  subentrare  nella  quota  rimasta  \a- 
cante.  -  Diritto  di  cittadinanza,  insieme  delle  pie- 
rogative  ciie  competono  agli  abitanti  di  uno  Stato 
(diritti  del  cittadino  romano,  veggasi  j  cittadino, 
pag.  580,  seconda  colonna).  -  Diritto  di  conio,  reg- 
gasi a  moneta.  -  Diritto  di  difesa,  di  rappresa  glia, 
di  sovranità,  vegj^^asi  a  difesa,  a  rappresaglia,  a 
sovrano.  -  Dirilto  di  emancipazione,  quello  del 
minorenne  quando  si  unisce  in  matrimonio.  - 
Diritto  di  enctesi,  diritto  di  acquistare  proprietà  sul 
terreno  di  una  città  non  sua,  ottenuto  per  conces- 
sione speciale. 

Diritto  di  grazia,  diritto,  che  la  costituzione  ac- 
corda al  re,  di  perdonare  tutta  o  pirte  della  pena 
a  un  comiannato.  -  Diritto  di  nomina,  o,  semplice- 
mente, nòmina,  diritto  di  nominare  o  proporre  chi 
possa  essere  assunto  a  un  benefizio,  a  un  grado, 
e  simili.  -  Diritto  di  personaUtd,  complesso  dei 
requisiti  e  dei  rapporti  che  rendono  persone, 
ossia  capaci  di  diritto,  gli  uomini  e  i  corpi  mo- 
rali che  la  legge  riconosce  atti  ad  acquistare  e 
trasmettere  diritti.  -  Diritto  di  petizione,  il  diritto 
dei  cittadini  di  mandare  petizioni  alla  Camera.  -• 
Diritto  di  prelazione,  diritto  di  preferenza,  riserbato 
ai  proprietari  o  ai  primi  sottoscrittori. 

Diritto  di  reciprocità,  quello  che  gode  lo  stra- 
niero ammesso  ad  esercitare  i  diritti  civili  nel  ter- 
ritorio nazionale.  -  Diritto  di  sosta,  tassa  di  magaz- 
zinaggio che  si  paga  per  merci  depositate  in  pub- 
blici magazzini. 

Dii  itio  ereditario,  detto  ad  eredità.  -  Diritto 
giudiziario  o  processuale,  quello  risultante  dalle 
norme  in  cui  sono  contemplati  i  mezzi  e  gli  atti 
necessari  per  giungere  alla  dichiarazione  del  diritto, 
nell'interesse  delle  parti  contendenti  (procedura  ci- 
vile) e  alla  sua  reintegrazione,  nell'interesse  pub- 
blico ('procedura  penale).  -  Dirilto  ipotecario,  detto 
ad  ipoteca. 

Diritto  patrimoniale,  quello  costituito  da  ciò  che 
dicesi,  giuridicamente,  diritto  reale  e  di  obbliga- 
zione. '  Diritto  positivo,  quello  che  si  riferisce  alle 
norme  convenientemente  manifestate.  -  Diritto  reale, 
quello  che  ha  per  immediato  oggetto  una  cosa, 
ossia  quello  il  cui  contenuto  consiste  nella  potestà, 
più  0  meno  piena,  competente  ad  una  persona  sopra 
una  cosa.  • 


Altre  distinzioni. 


Alternativa,  trattandosi  di  benefizi  ecclesiastici,  è 
il  diritto  che  hanno  due  patroni  di  goderne  vicen- 
devolmente. -  Autorità,  giuridicamente,  il  diritto 
che  uno  ha  di  possedere  la  cosa  che  ha  fatto,  o 
anche  il  diritto  e  il  potere  di  fare  una  cosa,  di 
comandare  agli  altri,  di  tarsi  ubbidire,  anche  usando 
la  forza.  -  Canone,  diritto  che  si  paga  al  padrone. 


per  affitto,  ecc.  (\eggasi,  anche,  ad  enfiteusi).  ■ 
Erbatico,  diritto  di  fare  erba  nelle  bandite.  -  Ga> 
bella,  diritto  che  si  paga  allo  Stato,  o  al  Comun*. 
per  dazio,  per  dogana. 

Giurisdizione,  diritto  di  giudicare  (veggasi  a  grt««. 
dice),  in  una  certa  sfera  di  estensione.  -  Gius  pa- 
tronato, diritto,  ragion^  sui  benefizi  ecclesiastici.  - 
Immunità,  diritto  d'essere  esente  da  certi  obblighi. 
-  Legnatico,  diritto  di  far  legna  in  un  bosco  altrui. 

Prerogativa,  diritto  eselusivamente  attribuito  ad 
una  classe  di  persone;  diritto  speciale,  al  di  fuori 
della  legge  comune,  ai;cordato  a  certi  corpi  dello 
Stato  -  Privativa,  prii'itegio,  dìrillo  di  prelazione 
0  di  preferenza  che  la  legge  accorda  a  certi  cre- 
diti. -  Proprietà,  diritto  di  godere  e  disporre 
delle  cose  nel  modo  più  assoluto. 

Redenzione,  detto  a  enfiteusi.  -  Regalia,  diritto 
pel  quale  il  re  o  lo  Slato  godono  le  entrate  dei 
benefizi  vacanti.  -  Ritenzione,  il  diritto  di  tratte- 
nere la  cosa  altrui  finché,  dal  proprietario,  non 
siano  rifuse  le  spese  utili  fatte  per  essa.  -  Servi'ù, 
diritto  sopra  un  possesso,  un  podere.  -  Servitù  per- 
sonali, diritti  d'usufrutto,  ecc.,  finché  uno  vive. 

Uso,  diritto  di  adoperare  checchessia  senza  averne 
il  possesso.  -  Usa/ratto,  diritto  di  godere  da  pa- 
drone roba  altrui.  -  Ultima  ratio  (lat,,  l'ultimo  argo- 
mento), d  ritto  della  violen^^a,  cioè  il  diritto  della 
forza.  -  Usucapione,  antica  piroia  del  diritto  ro- 
mano, indicante  il  diritto  di  possesso  su  una  data 
cosa  per  effetto  del  lungo  uso. 


Diritti  antichi. 


Diritto  alemanno  o  germanico,  complesso,  nella 
prima  parte,  delle  leggi  che  si  succedettero  presso 
le  nazioai  alemanne  dal  secolo  V  al  IX;  nella 
seconda,  delle  leggi  emanate,  posteriormente  al  se- 
colo IX,  presso  gli  Alemanni,  d.ti  principi  e  ridotte 
poi  a  forma  sistematica:  ebbe  vigore  fino  al  se- 
colo XV.  -  Diritto  antico,  quello  anteriore  al  1789; 
nuovo,  quello  posteriore. 

Diritto  civile  Papiriano,  le  leggi  dei  re,  raccolte 
da  Sesto  Papirio,  sotto  Tarquinio  il  Superbo.  -  Di- 
ritto decemvirale,  il  testo  delle  Dodici  Tavole  com- 
pilato dai  decemviri  romani.  -  Diritto  di  albiuaggio, 
veggasi  ad  eredità.  -  Diritto  eliaao,  cosi  detto  dal 
libro  di  Elia  Sesto  (i  Tripartiti)  :  conteneva  il 
testo  delle  leggi  delle  Dodici  Tavole,  le  interpreta- 
zioni di  queste  e  le  azioni  di  legge  antiche  e  nuove. 

Diritto  feudale,  ([aeìlo  invalso  nell'epoca  del  feu- 
dalismo e  inerente  al  feudo.  -  Diritto  flaviano, 
raccolta  di  legisactiones  che  il  greco  i^'lavio  pub- 
blicò nel  449  di  Roma.  -  Diritto  italico,  quello  che 
subentrò  al  diritto  latino,  ossia  dei  Latini  e  degli 
Alleati,  negli  ultimi  tempi  della  repubblica  ro- 
mana. 

Diritto  romano,  complesso  di  norme  giuridiche 
che  ebbero  vigore  presso  i  Romani,  e  fu  diverso 
nelle  diverse  età.  Si  distingue  specialmente  il  di- 
rilto antigiustiniuneo  dal  diritto  giustinianeo:  que- 
st'ultimo sta  a  fondamento  delle  legislazioni  civili 
moderne  e  vige  ancora  in  alcuni  paesi,  modificato 
dal  diritto  canonico,  dal  germanico,  ecc.  È  conte- 
nuto nelle  Pandette,  nel  Codice  e  nelle  Novelle. 

Prelibazione,  o  dirilto  di  coscia,  di  cunaggio,  di 
fodero,  mostruoso  diritto  che  si  arrogavano,  nel 
medio  evo,  i  feudatari  giacendo  con   le   spose  dei 


881 


loro  vassalli  plebei,  la  prima  notte  di  nialrinionio. 
Lat.,  cunnagium,  jus  cunni,  jus  primae  noctis;  frane, 
braconnage. 


Atti  diversi,  ecc.,  inerenti  al  diritto. 


Astensione,  voce  d'uso,  indicante  l'atto  di  chi  non 
esercita  i  diritti  politici.  -  Appartenenza,  attenenza, 
ciò  che  è  di  diritto  d'alcuno  -  Azione  confexsoria, 
quella  che  sprve  a  far  valere  diritti  reali  su  cosa 
altrui.  -  Azione  immobiliare,  se  si  applica  per  far 
valere  un  diritto  su  un  immobile.  -  Azione  mobi- 
liare, se  rifUtle  un  diritto  sopra  una  cosa  mobile.  - 
Azione  petitoria,  o  possessoria,  secondochè  mira  a 
difendere  la  iroprietà  o  altro  diritto  r^ale,  ovvero 
solo  a  tutelare  il  possesso.  -  Azione  reale,  tutela  di 
un  diritto  òhe  colpisce  una  co^a  certa  e  determi- 
nata. -  Benefizio,  veggasi  a  privilegio  e  a  bene- 
fizio ecclesiastico. 

Cadiicvd,  il  decadere  da  un  diritto,  specialmente 
di  eredità,  di  benefìzi,  di  possessi.  -  Canone,  in 
diritto,  prestazione  annua  obbligatoria.  -  Capilis 
deminnlio,  presso  i  Romani  la  perdita  o  la  di- 
minuzione dei  diritti  civili.  La  massima  era  la 
morte  civile,  ossia  la  perdita  di  tutti  i  diritti  ; 
la  media,  perdita  della  cittadinanza  romana;  la 
minima,  perdita  dei  diritti  di  famiglia  goduti 
fino  allora  (come  l'adozione,  ecc.).  -  Cessione,  trasla- 
zione di  un  diritto  qualunque,  specialmente  cre- 
diti e  cose  incorporee.  Cedente,  chi  vende  il  di- 
ritto; cessionario,  chi  lo  acquista.  -  Collisione,  urto 
di  due  diritti;  contraddizione  tra  più  leggi  o  tra 
più  disposizioni  di  una  legge.  -  Condizióne,  fatto 
futuro  e  incerto,  dal  quale  si  fa  dipendere  l'esi- 
stenza 0  la  cessazione  di  un  diritto:  è  sospeìisivi  o 
risolutiva.  -  Consuetudine,  in  termini  legali,  regola 
di  diritto  fondata  sopra  una  lunga  usanza.  -  Devo- 
luzione, passaggio  del  diritto  in  un'altra  persona 
{devoluto,  il  diritto  passato  ad  altri):  reversione,  ri- 
versione. -  Giurisdizione,  diritto  di  giudicare,  con- 
siderato nella  sua  estensione. 

Interdizione  (atto  giudiziario),  privazione  dei 
diritti  e  dei  beni.  -  Interstizio,  in  diritto  canonico, 
il  tempo  fra  il  conseguimento  di  un  ordine  sacro  e 
il  passaggio  ad  un  altro.  -  Investimento,  investitura, 
conferimento  di  un  diritto  [investire,  essere  investito 
d'un  diritto).  -  Morte  civile,  perdita  dei  diritti  ci- 
vili e  politici  in  seguito  a  condanna.  -  Offerta,  nel 
diritto  civile,  la  presentazione  fatta  ad  alcuno  di 
ciò  che  gli  è  dovuto;  è  necessario  che  le  offerte  siano 
reali,  non  soltanto  a  parole. 

Offesa,  violazione  del  diritto  altrui.  -  Opposi- 
zione., in  diritto  canonico,  l'ostacolo  messo  ad  una 
azione  o  ad  un  fatto  qualunque.  -  Ordinazione,  in 
diritto  canonico,  l'atto  di  conferire  gli  ordini  sacri. 

Peri'ona/itó,  la  cai  acita  astratta  di  diritti;  il  com- 
plesso dei  diritti  civdi.  -  Postulazione,  nel  diritto 
canoi  i  o,  atto  di  domandare  al  superiore,  avente 
il  diritto  di  confermare  un'elezione,  la  grazia  di 
provvedere  della  dignità  elettiva  una  persona  che, 
per  qualche  difetto  di  età;  ordine  o  nascita,  non 
può  essere  eletta.  -  Prescrizione,  ragione  acquistata 
per  decorso  di  tempo;  mez70  per  cui,  decorso  un 
certo  tempo,  si  acquista  un  diritto  o  si  estinj;ue 
un'obbligazione.  -  Protesta,  alto  di  opposizione 
in  difesa  di  qualche  diritto. 

Recepla  senlentia  (lat.),  norma  di  diritto  univer- 
salmente accetta.  -  Reintegrazione,  rinteg razione, 

Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


ripristinamento  d'un  diritto  (reintegrare,  rintegrare). 
-  Restituzione  in  tempo,  rescritto  del  principe  che 
rimette  uno  in  un  diritto  caduto  in  prescrizione.  - 
Retrocessione,  atto  per  cui  si  cede  altrui  il  diritto 
che  questi  prima  ci  aveva  dato:  restituzione.  -Ria- 
bilitazione, atto  pel  quale  si  ripristina  una  persona 
nell'esercizio  dei  diritti,  di  cui  una  sentenza  l'aveva 
privata  (riabilitare,  riabilitato).  -  Rìvendicazinne, 
riconquista  di  un  diritto  perduto  o  stato  mano- 
messo; atto  del  richiederne  il  ripristinamento.  Veg- 
gasi a  proprietà. 

Sospensione,  cessazione  temporanea  del  godi- 
mento di  un  diritto.  -  Stato  (termine  legale),  il 
complesso  dei  diritti  e  dei  doveri  di  un  cittadino. - 
Successione,  il  passaggio  di  un  diritto  da  una  per- 
sona ad  un'altra;  in  senso  più  ristretto  e  proprio, 
trasmissione  dei  diritti  di  un  defunto. 

Termine  perentorio,  quello  dopo  la  scadenza  del 
quale  si  perde  irreparabilmente  un  diritto  (perento) 
ad  un'azione. 

Tradizione,  in  diritto  civile,  la  immissione  di  una 
data  persona  nel  possesso  della  cosa  dedotta  in 
contratto.  -  Trasmissióne,  il  far  passare  il  diritto 
da  una  persona  all'altra,  per  successione,  ecc.  - 
Usurpazione  d'un  dìriUo,  il  toglierlo  ingiustamente 
ad  altri  (usurpare,  usurpatore).  -  Violi zione,  lesone 
di  un  diritto,  di  un'obbligazione.  -  Vita  aitile,  la 
partecipazione  ai  diritti  civili. 

Abdicare,  rinunziare,  far  atto  di  rinunzia,  a  un 
diritto.  -  Acqui.stare  un  diritto,  venirne  in  pos- 
sesso. -  Appartenere,  essere  di  pertinenza,  di 
diritto.  -  A!>sicui'are,  rendere  sicuro,  tutelare  con 
assicurazione.  -  Attentare,  tentar  di  far  itanno 
ad  altri,  ledendone  i  diritti  o  altro.  -  Aver  ragione, 
essere  in  diritto  di  fare  o  volere  una  cosa:  aver 
diritto,  aver  bianca  ragione,  vantar  giusto  titolo.  - 
Cedere  un  diritto,  rinunziare  a  favore  d'altri.  - 
Conculcare -xm  diritto  (figur.),  calpestarlo,  violarlo, 
vilipenderlo:  veggasi  a  violat^e.  -  Convalidare, 
ralforzare,  render  valido  un  diritto,  dandogli  con- 
ferma 0  sanzione:  ratificare. 

Decedere  dal  diritto,  perderlo.  -  Decorrere,  co- 
minciare ad  avere  effetto:  di  diritti  o  di  obblighi. - 
Esercitare  un  diritto,  farlo  valere;  valersi  d'un  di- 
ritto. -  Integrare  (integrazione),  rendere  intero  un 
diritto,  il  godimento  di  un  diritto.  -  Interdire,  in- 
fliggere l'interdizione. 

Ledere  (lesióne^,  recar  danno,  offesa  ai  diritti 
altrui.  -  Metter  fuori  dal  diritto  comune,  privare  dei 
diritti  riconosciuti  a  tutti  gli  altri. 

Prescrivere,  acquistare  dominio  o  diritto  p-^r  pre- 
scrizione (prescrittivo,  atto  a  prescrivere).  -  Prote- 
stare, fare  atto  di  protesta  contro  la  menoma- 
zione di  un  diritto.  -  Risalvare,  riservare  un  di- 
ritto. -  Spettare,  essere  di  diritto,  o  dovere  o  giu- 
stizia. -  Succedere,  entrare  legalmente  nei  gradi, 
negli  onori  o  nei  diritti  altrui.  -  Usare  del  pro- 
prio diritto,  valersene. 


Persone.  —  Enti. 
Testi,  raccolte.  —  Cose  e  termini  vari. 


Avente  causa,  chi  succede  ad  altri  in  certi  diritti 
e  in  certe  azioni,  a  titolo  universale  o  particolare; 
chi  partecipa,  totalmente  o  parzialmente,  ai  diritti 
altrui.  -  Corpo  morate,  V  ente  giuridico  che,  senza 
essere  persona,  è,  in  certi  rapporti  di  diritto,  trat- 


66 


882 


DIRITTO 


DISACCENTARE 


tato  come  fosse  tale.  Cosi  un'Associazione  o  un 
complesso  di  beni  aventi  un  determinato  scopo  o 
rappresentati  da  una  speciale  amministrazione.  - 
Enti  giuridici,  che  hanno  la  capacità  di  diritto.  - 
fjtente,  che  usa  un  diritto. 

Canonista,  dottore  in  ragione  canonica  ;  chi  sa  e 
professa  diritto  canonico.  -  Civilista,  chi  si  applica 
allo  studio  del  diritto  civile  e  ne  tratta  le  que- 
stioni.' -  Criminalista,  chi  studia,  insegna,  professa 
diritto  penale  :  penalista.  -  Doctor  in  utroque  (lat.^, 
dottore  nell'uno  e  nell'altro  diritto,  cioè  nel  diritto 
civile  e  nel  diritto  canonico.  -  Giureconsulto,  giù- 
ìisperito,  giurisprudente,  giurista,  legista,  chi  è  dotto 
nel  giure,  nella  scienza  del  diritto,  delle  leggi: 
veggasi  a  giure.  -  Glossatore,  l'antico  commenta- 
tore del  diritto  romano.  -  Romanista,  dotto  in  di- 
ritto romano. 

Corpo  del  diritto,  collezione  di  leggi  e  diritti.  - 
Corpus  juris  canonici^  raccolta  di  decisioni  di  con- 
cilii  e  di  decreti  pontifici  fatta  alla  Gne  del  medio 
evo.  -  Decretali,  decisioni  dei  papi  su  qualche  que- 
stione 0  controversia  di  diritto  ecclesiastico.  - 
Fonti  del  diritto,  le  leggi  con  le  loro  collezioni  di 
testi.  -  Glossa  ordinaria,  il  complesso  delle  anno- 
tazioni raccolte  e  ordinate  da  Accursio,  a  guisa  di 
commento  perpetuo  al  Corpus  juris.  -  Novelle,  ul- 
tima parte  del  diritto  romano,  collezione  delle  nove 
Costituzioni  dell'imperatore  Giustiniano.  -  Pan- 
dette, o  Digesto,  la  più  importante  di  tali  Costitu- 
zioni ;  tutto  il  diritto  romano. 

Responsi,  le  consultazioni  dei  giureconsulti  ro- 
mani in  argomenti  di  diritto.  -  Testo  canonico,  le 
decretali. 

A  buon  diritto,  di  giusta,  di  santa  ragione.  -  Ba- 
nale, nel  diritto  feudale,  la  cosa  che  il  signore  con- 
cedeva in  uso  a)  vassallo,  in  compenso  di  presta- 
zioni da  Ini  fatte.  -  In  utroque  iure,  nel  diritto  co- 
mune e  nel  diritto  canonico  od  ecclesiastico.  -  Per 
alluvione,  per  avulsione,  mezzi  coi  quali  si  può  ac- 
quistare il  diritto  d'accessione  sugii  immobili. 

Diritto  (dritto).  Che  non  piega,  non  torce;  che 
procede  per  linea  retta,  va  diretto:  lineato,  messo 
in  riga,  retto,  rettilineo,  tirato  a  filo  di  piombo,  a  filo, 
per  filo  di  sinopia,  a  rettifilo.  -  Alzato,  eretto,  rizzato, 
ritto.  -  Accorto,  astuto  (veggasi  ad  astuzia),  sa- 
gace,  -  Destro,  contr.  di  monco,  di  sinistro.  - 
Sostantiv.,  la  parte  diritta,  la  destra.  -  La  faccia 
principale  e  più  bella  di  certe  cose,  come  una  me- 
daglia,  un  tessuto,  in  contrasto  all'  altra,  detta 
rovescio  :  dritto,  parte  esteriore,  parte  ritta.  - 
Avverbialm.,  dirittamente,  direttamente,  in  modo 
diretto.  Contr.  di  diritto,  «torto,  torto. 

Dirizzamento,  drizzamento,  il  dirizzare,  o  driz- 
zare :  addirizzamento,  addirizzo  ;  raddirizzamento, 
raddrizzamento.  -  Dirittura,  dritlura,  qualità  di  ciò 
che  é  diritto,  dritto  :  dirittezza,  rettitudine.  -  Diriz- 
zare, drizzare,  fare, rendere  diritto,  dritto:  addiriz- 
zare, addrizzare,  raddirizzare,  raddrizzare,  rettifi- 
care le  linee  cun-e,  ridrizzare,  rizzare,  -  Ridriz- 
zare, ripete  e  rafforza  dirizzare.  -  Dirizzatura, 
drizzatura,  la  scriminatura  dei  capelli. 

Difilato  (andare,  venire),  diritto  senza  fermarsi  o 
distrarsi.  -  Diritto,  dritto  come  un  fuso,  dritto  della 
p«r»ona,  -  Impettito,  chi  si  tiene  diritto  della 
persona,  col  petto  in  fuori.  -  Orizzontale,  parallelo 
al  piano  dell  orizzonte.  -  Perpendicolare,  che 
non  pende  da  alcuna  parte.  -  Verticale,  perpen- 
dicolare all'orizzonte. 

Dirizzatolo,   strumento   per  dirizzare   o  raddriz- 


zare baionette,  canne  di  ferro,  cilindri  ottura- 
tori, ecc. 

Dirittura.  Diritto,  andamento  di  checchessia.  - 
Bontà,  giustizia,  rettitudine. 

Dirizzare»  drizzare  {dirizzata,  drizzato).  Far 
diritto  (dritto). 

Dirizzatolo.  Veggasi  a  diritto  (dritto)  e  a^ 
scriminatura. 

Dirizzatura.  La  scriminatura. 

Dirizzóne.  Detto  a  sconsideratezza  e  ad 
ostinazione. 

Diroccare  (diroccamento,  diroccato).  Abbattere, 
dem,olire,  rovinare,  mettere  in  rovina.  Dicesi 
<li  muro,  di  fortificazione,  di  fortezza,  ecc. 

Dirocciare  (dirocciamento,  dirocciato).  Diffon- 
dersi cadendo  da  roccia. 

Dirómpere  (dirompimento,  dirotto).  Lo  schiac- 
ciare e  Ip  stirare  i  corpi  rigidi  per  renderli  molli: 
maciullare,  togliere  la  durezza  o  la  tensione 
delia  cosa,  rendendola  arrendevole. 

Dirómpersi  (dirompimento,  dirotto).  Sbattersi, 
agitarsi  dell'acqua.  -  Dirompersi  a  checchessia,  as- 
suefarvisi,  farvi  )'  abitudine.  -  Dirotta,  1  allonta- 
narsi dalla  via  assegnata  nella  navigazione.  - 
Dirotto,  di  pioggia  che  cade  in  copia. 

Dirottamente.  Veggasi  a  pioggia. 

Dirotto.  Di  pioggia,  che  cade  in  copia.  - 
Smoderato,  non  moderato. 

Dirozzare  (dirozzamento,  dirozzato).  Il  digros- 
sare -  Togliere  la  rozzezza,  rendere  meno  rozzo» 

Figur.,  cominciare  ad  ammaestrare.  -  Dirozza- 
mento, atto  ed  effetto  del  dirozzare. 

Dirugginare,  dirugginire  (dirugginato,  di- 
rugginito, dirugginio).  Togliere  la  ruggine,  - 
Polire. 

Dirugginìo.  Il  rumore  dei  ferri  e  dei  denti, 
quando  si  dirugginano. 

Dirupare  (dirupamento,  dirupo).  Gettare  o  pre- 
cipitare da  rupe.  -  Scendere  con  impeto  da  rupe. 

-  Scoscendersi,  franare  (veggasi  a  frana) 
Dirupato.    Pieno   di    dirupi  :    veggasi    a    di- 
rupo. 

Dirapo.  Precipizio  di  rupe:  abisso,  anfratto, 
borro,  botro,  burrone;  dirupinata,  dirupata,  diru* 
pato;  forra,  greppo;  rove,  rovina,  rovinio,  rompi- 
collo; sassosa,  scoscendimento,  scoscio,  trabocco; 
voràgine,  voràgo.  -  Botro,  dirupo  chiuso  e  acquoso. 

-  Greppo,  luogo  dirupato,  scosceso.  -  Precipizio, 
luogo  dirupato,  rovina.  •  Scrimolo,  orlo  d'  un  bur- 
rone, d'un  precipizio. 

Dirupato,  fatto  a  dirupo,  pieno  di  dirupi  :  aspro, 
caprese  (luogo  da  capre);  dirottissimo,  dirotto,  di- 
rovinato, dirupinato,  discosceso  ;  luogo  da  camosci; 
malagevole;  precipitevole,  precipitoso,  prerutto; 
roccioso,  ronchioso,  rotto,  rupinoso,  ruinoso  ;  scheg- 
gialo, scoglioso,  scosceso,  stagliato,  straripato  ;  ta- 
gliato, trarupato 

Dirato.  Rovinato,  in  rovina. 

Disabbellire  (disabbellito)  Prendere,  togliere 
il  bello;  disornare,  togliere  V ornaìnento. 

Disabitare  (disabitato).  Non  abitare;  diser- 
tare, lasciar  deserto;  spopolare,  fasciare  senza 
jìopolazione. 

Disabituare^  disabituarsi  (disabituato).  Far 
perdere  o  perdere  ['abitudine;  svezzare,  disav- 
vezzare. 

Dlsaccare  (disaccato).  Togliere,  trarre  da 
sacco. 

Disaccentare  (disaccentato).  Privare  dell'ac- 
cento. 


DTSACCENTRARE    —    D1SARM0NIA 


883 


Disaccentrare  (disacr entrato).  Decentrare,  dis- 
ceiifrare,'  cavar  dal  centro. 

Disacciaiare  {óimcnniató).  Trasformare  l'ac- 
eiaio  in  ferro  dolce,  Ipvandnj;li  jl  carl)onio. 

Disaccóncio.  Non  acconcio,  dismìafto. 

Disaccordare  (disurcirrdato).  Togliere  V  ac- 
cordo 0  la  concordia.  -  i'issonare,  scordare. 

Disaccòrdo.  Il  non  andare  d'accordo:  il  non 
essere  in  concordia;  l'essere  in  discordia;  il 
dissentire,  diasenso.  ■  Sconvenienza  dei  toni  e  del 
ccinrito. 

Disadattàgfgrine.  Qualità  dell'  essere  disa- 
datto. -  Anche,  malagrazia,  sgraziatàggine:  reggasi 
a  grazia. 

Disadatto  dixndatàggine.  Non  atto,  non  adatto, 
che  non  si  può  adattare  o  non  può  a  da' tar. si: 
disacconcio,  disconcio;  disconfacevole,  disconforme, 
disconvenevole,  disconveniente;  inadatto,  inatto, 
inetto;  nial  confacentc;  non  conveniente;  sco?i- 
Veiiiente:  incomodo.  -  Esigere  disadatto:  aver  fatto 
il  suo  tempo  ;  fare  ai  calci  ;  non  essere  terra, 
terreno  da...;  non  stare  né  a  via,  né  a  verso. 

Disadornare  {disadornato).  Privare  dell'orna- 
meuto. 

DisafTórno.  Privo  di  ornamento. 

DisafiFannare  {disaffannato).  Togliere  l'af- 
fanno. 

Disaffezionare,  disaffezionarsi  {disaffezio- 
nato). Determinare,  sentire  disaffezione. 

Disaffezióne.  Mancanza  di  affezione,  di  «/"- 
jfe^^o  :  disamore,  disamorevolezza;  distaccamento, 
distacco;  raffreddamento,  nlassazione  dell' affetto  ; 
rilassamento;  tiepidezza,  tiepidità.  -  Disaffezionare 
(disaffezionato),  levare,    far  perdere  l'affezione,  to- 

f Merla  dal  cuore  d'alcuno  in  confronto  d'altri:  al- 
ontanare, disamorare,  rendere  alieno,  staccare.  - 
Disaffezionarsi,  perdere  l'affezione  ad  alcuno,  ces- 
sare di  volergli  bene,  di  nutrire  affetto  per  lui  ; 
addormentarsi  l'affetto,  deporre  l'affezione,  disinna- 
morarsi; lasciare  il  ferxore,  intiepidire,  disviarsi 
il  cuore  ;  levare  l'animo  ;  raffreddarsi,  rattiepidire, 
rialtiepidirsi. 

Disag'évole.  Malagevole,  difficile,  incomodo. 

Dis  igevolezza.  L'essere  disagevole. 

Dis  isrevolniente.  In  modo  disagevole. 

Di8  n-'grradaro,  disaggradire  (disaggradè- 
vole.  d.<ng<iradilo)  Non  essere,  non  avere  a  grado; 
di<!  iirere. 

Disas-gradevole.  Che  spiace,  spiacevole. 

DisaL'greg-are,  dlsaergresrarsi  {dìsagiirega- 
menlo,  disaygregalo,  disaggregazione).  Determinare, 
suhire  disairgregazione,  distiiungimento,  separa- 
zione. •  Dissjiungere,  dividere. 

Disagrgrnatflianza,  disasrg'uag'lio.  Disu- 
guaglianza ;  il  non  essere  egiiole. 

Disafrgruafrllare  {disanguagliato).  Rendere  di- 
suL'iiale,  non  eguale. 

Di'^agiare  {disai,iato).  Incomodare,  dare  inco- 
modo. -  Stare  a  disagio,  con  incomodo. 

Disàgio.  Mancanza  di  agio;  scomodo,  inco- 
modo. ■  Mancanza,  privazione  di  cose  necessarie. 
-  Stato  nel  quale  ci  si  trova  spiacevolmente.  -  Es- 
sere vn  pesce  fuor  d'acqua,  trovarsi  a  disagio.  Nello 
ste>;so  senso  :  non  essere  su  un  letto  di  rose. 

Disagi  osamente.  In  modo  disagioso,  inco- 
rno lo. 

Disagioso.  Pieno  di  disagio;  molto  inco- 
modo. 

Disaiutare  {disaiutato).  Portare  incoìnodo  e 
impedimento. 


Disa'uito.  Imbarazzo,  impedimento. 

Disalberare  {disalberalo).  Sguernire  d'alberi 
una  nave. 

Disalberato.  Di  terreno  senza  alberi,  senza 
piante;  spazio  nudo  di  boschi. 

Disamare  {disamàbile,  disamato).  Cessare  di 
amare;  avere  disaffezione. 

Disameno  {disameniid).  Non  ameno.  -  Anche, 
spi/icevole. 

Disàmina.  Atto  del  disaminare:  c«a»we, esame 
giiiiliziario. 

Disaminare  {disaminato).  Far  l'esame. 

Disamorare  {disamoralo)  Spegnere  in  alcuno 
l'amore  a  checchessia.  -  Alienare  l'affeziona. 

Disamóre.  Mancanza  o  cessazione  d^ amore  f 
disaffezióne. 

Disamorévole.  Senza  am,orevolezza,  senza 
benevolenza. 

D  !  samorevolezza.  L'essere  disamorevole  ;  contr. 
di  amorevolezza. 

Disanimare  {disanimato).  Scoraggiare,  togliere 
il  coraggio. 

Dlsannolare  {disannoiato).  Cavare,  cavarsi  la 
noia. 

Disapparecchiare  {disapparecchiato).  Veggasi 
a  mensa. 

Disappassionato  (disappassionatezza).  Senza 
pas.sione. 

Disappetenza.  Mancanza  di  appetito:  ano- 
res><ia  ;  inappetenza. 

Disapplicare  (disapplicalo).  Rimovere  l'appli- 
cazione, {'attenzione,  lo  studio,  da  checchessia. 

-  Togliere  dal  lavoro. 

Disapplicato.  Disattento,  senza  attenzione. 
•  Disoccupalo,  senza  lavoro. 

Disapplicazióne.  Mancanza  di  applicazione, 
di  attenzione,  di  stadio. 

Disapprèndere  (disappreso).  Disimparare,  di- 
m<'nlicare  le  cose  imparate  Cveggasi  a  imparare). 

Disapprovare,  disapprovazióne  {disappro- 
vato). Contrario  di    apttrovare,  approvazione. 

-  Anche,  biasimare,  esprimere  biasimo  (in  senso 
di  riprovazione).  •  Farsi  tirar  le  mde  dietro,  fnrsi 
deridere,  tischiare.  -  Fare  le  boccacce,  per  disgusto 
0  per  disapprovazione.  -  Immischiare,  modo,  segno 
popolare  di  disapprovazione.  -  Sconfessare  :  si  usa 
dire  per  non  riconoscere,  dividere  la  propria  re- 
sponsabilità da  quella  di  altri,  non  dichiararsi  so- 
lidale, ecc.  E'  voce  foggiata  sul  désavouer  francese. 

-  Tirarsi  addosso  la  critica,  le  antiche,  farsi  di- 
sapprovare. 

baiata,  fischi,  rumori  con  la  bocca,  per  disap- 
provazione clamorosa. 

Disappunto.  Avvenimento  che  disturba;  con- 
tratteiìijìo. 

Disarginare  (disarginato)  Privar  dell' d»»- 
gine  ;  levare  l'argine  o  gli  argini. 

Disarmare  fdisarmnmento.  disarmato,  disarmo)» 
Privare  delle  armi,  dell'arme  (in  duello);  spo- 
gliare deW armatura.  Licenziare  Vesercito;  met- 
tere uno  Stato  sul  piede  di  pace.-  Tórre  gli  attrezzi 
e  gli  arredi  necessari  ad  una  nave,  levare  i  so- 
stesni  di  un  jìonte  di  fabbrica,  di  una  vòlta  ecc. 

-  Francesismo  d'uso  per  pl.tcare,  calmare,  rabbo- 
nire, vincere.  -  Disainia'e  una  fortezza,  una  ritta, 
sguarnirla  delle  armi  atte  alla  difesa  e  all'offesa.  - 
Disuimiinienla,  l'atto  e  l'effetto  del  disarmare  e  lo 
stato  (Iella  cosa  disarmata.  -  Disarmo,  atto  ed  effetto 
del  disarmare. 

Disannonia    (disarmonizzato,    disarmonico J^ 


884 


DISARMONICO  —  DISCATENARE 


Mancanza  di  armonia:  anarmonia,  cacofonia,  dis- 
sonanza. -  Disarnioiiia  funzionale,  disturbo  che  so- 
prags-'iunge  nelle  funzionalità  di  apparecchi  organici 
non  tesi,  in  seguito  ad  alterazioni  di  un  altro  ap- 
parecchio che  abbia  coi  precedenti  un  certo  legame 
anatomico  e  fisiologico.  -  Disarmonico,  senza  ar- 
monia: discordante,  dissonante,  inarmonico. 

Disarmònico,  disarmonizzato.  Contrario  di 
armonico,  ecc.:  veggasi  ad  armonia. 

Disarmonizzare  f disarmonizzato).  Non  corri- 
spondere di  forma,  di  colore  e  simili;  non  stare 
bene  insieme:  discordare,  disconvenire;  nell'uso, 
stonare. 

Disarticolare  (disarticolazione,  disarticolato). 
Se,  arare  un  osso  dall'altro,  tagliando  nn  artico- 
lazione 0  alcune  articolazioni.  -  Disarticolarsi, 
uscire  dagli  articoli  o  giunture  (veggasi  a  lussa- 
zione). -  Non  articolare  la  jtarola. 

Disascóndere  { disascoso J.  Non  nascondere: 
palesare. 

Disassimilazióne.  Processo  contrario  all'assi- 
miiazione,  mediante  il  quale  una  specie  di  com- 
posto, che  è  parte  integrante  della  sostanza  dell'or- 
ganismo, se  ne  separa.  -  Sdoppiamento  chimico. 

Disassuefare,  disassuefarsi  (disassuefatto). 
Far  perdere,  perdere  l'abitudine. 

Disastrare  (diuntrato).  Arrecare  disastro. 

Disastro  (disastroso).  Grave  disgrazia,  im- 
provviso e  grande  danno,  che,  per  lo  più,  colpisce 
e  affligge  molta  gente:  calamità,  cataclisma,  ca- 
tastrote;  esizio,  flagello,  iattura,  infortunio;  patatrac; 
rovina;  sconquasso,  sfortunio,  sinistro,  spavento, 
sperpetuo,  terribilio;  fìgur.,  bufera,  procella,  sata- 
nasso, tragedia.  Anche,  incomodità,  incomodo 
grande.  -  Disastrare,  accagionare,  arrecare,  procu- 
rare, produrre  disastro.  -  Disastrosamente,  con  un 
disastro,  disgraziatamente,  in  modo  disastroso,  tra- 
gicamente. -  Disastroso,  calamitoso,  rovinoso;  che 
ha  in  sé  disastro,  rovina. 

Crack  (ingl.;  frane,  crac,  ted.,  fcrac/i),  voce  d'uso 
per  crollo,  tracollo  bancario,  finanziario,  crisi.  - 
Disastri  colposi,  l'incendio,  le  esplosioni,  le  inon- 
dazioni, le  sommersioni,  i  naufragi,  le  rovine,  av- 
venuti per  colpa  di  trascuratezza,  non  già  per  de- 
litto, nel  qual  caso  sono  criminosi  o  delittuosi.  - 
Esfere  alla  vigilia  della  festa,  vicini  a  un  disastro. 

Disattento.  Non  attento,  in  disattenzione. 

Disattenzióne.  Mancanza  o  insufficien/a  di 
attenzióne;  momentanea  alienazione  di  mente; 
disapplicazione,  disavvertenza,  distrazione,  inat- 
tenzione, inavvertenza,  negligenza,  sbada- 
taggine. -  Disattento,  che  non  sta  attento,  che  si 
trova  in  un  momento  di  disattenzione:  disapplicato, 
distratto,  inattento,  spensierato,  trascurato,  sviato. 

-  Inavvertito,  non  avvertito,  sfuggito  all'attenzione. 

-  Sbadato,  disattento  per  abitudine  (veggasi  a  sba- 
dataggine). -  Fare  il  formi,  di  chi  finge  di  essere 
sbadato,  disattento. 

Disattrazzare  (disattr azzato).  Il  levare  via  gii 
attrazzi  magt;iori  d'una  nave. 

Disattrezzare  (disattrezzato).  Il  levar  via  gli 
attrezzi  minori  di  una  nave. 

Disautorare  (disautorato).  Togliere,  in  tutto  o 
in  parte,  autorità,  estimazione,  credito:  disau- 
torizzare, esautorare.  Figur.,   tajjliar  le  unghie. 

Disavanzo.  Scapito,  perdita,  riferito  bene 
spesso  alle  risultanze  di  un  bilancio:  ammanco, 
debitOf  deficit,  dissej^fo,  eccedenza  passiva,  pas- 
sivo. 


DlsaTvantaggiare  (disavvantaggiato).  Perdere 
il  vantaggio. 

Disavvedutamente.  Senza  avvedutezza,  inav- 
vertitamente. 

Disavvedutezza  (disavvedimento,  disavveduto). 
Mancanza  di  accortezza,  di  avvedutezza,  di  sa- 
gacia. 

Disavvenente.  Non  avvenente,  non  bello. 

Disavvenenza  (disavvinentezza ;  disavvenente). 
Bruttezza;  qualità  e  condizione  di  ciò  che  è  bratto. 

Disavventura  (disavventurato,  disavventuroso). 
Sventura,  disgrazia. 

Disavvertenza.  Lo  stesso  che  disattenzione 
e  inavi^ertenza. 

Disawezzare,  dlsawezzai'si('/«.'?rtrue33ato, 
disavvezzo).  Far  perdere,  perdere  nn' abitudine, 
l'abitudine:  disabituare,  disassuefarsi,  disvezzare, 
divezzare,  far  perdere  \  usanza;  levare  l'abilu- 
dine;  sdivezzare;  togliere  d  vezzo.  -  Disawezzarsi, 
disabituarsi,  disvezzarsi,  divezzarsi,  svezzarsi,  ecc.; 
disfarsi  delle  vecchie  abitudini;  sdarsi. 

Disbandare  {disbandato).  Termine  marinesco: 
sollevare  la  nave  troppo  inclinata  alla  banda. 

Disbarazzare  (disbarazzato).  Togliere  V im- 
barazzo; togliere  d'imbarazzo. 

Disbarcare  {disbarcato).  Scaricare,  togliere 
dalla  barca;  sbarcare,  scendere  dalla  barca. 

Dlsbassare  {disbassato).  Dibassare,  sbassare, 
rendere  più  basso. 

Disbendare  {disbendato).  Togliere  la  benda, 
le  bende,  la  fascia,  le  fasce:  sbendare. 

Disbórso  (essere,  stare  in).  Dover  riavere  il 
denaro  sborsato. 

Disboscare  (disboscamento,  disboscato).  Disbo- 
scare, diradare  il  bosco. 

Disbramare  (disbramato).  Levare  la  brama; 
togliere,  appagare  un  desiderio. 

Disbranare  (disbranato).  Fare  in  brani,  sbra- 
nare. 

Disbrancare  (disbrancalo).  Veggasi  a  separa- 
zione. 

Disbrigare,  disbrigarsi  (disbrigato,  disbrigo). 
Trarre,  trarsi  di  briga,  d'imbarazzo,  di  impaccio. 
-  Risolvere,  sbrigare  un  affare,  una  quistio- 
ne  e  simili. 

Disbrigo.  Detto  a  sbrigare. 

Disbrogliare  (disbrogliato)  Sbrogliare,  sciogliere 
d'imbroglio,  l'imbroglio.  -  Disbrogliarsi,  cavarsi 
da  un  imbroglio. 

Discacciare  (discacciato).  Cacciare,  mandar 
via,  scacciare. 

Discagliare  (discagliato).  Rimettere  a  galla  una 
nare  incagliata.    Discagliarsi,  uscire  dalle  secche. 

Discanto  (lai.).  Lo  stesso  che  cantante  so- 
prano. 

Discapitare  (discapitato).  Scapitare,  avere 
danno,  perdita  di  denaro,  ecc. 

Discàpito.  Scàpito,  danno,  perdita. 

Discarcare  (discarcato,  discarco).  Poet.,  per 
scaricare. 

Discarcerare  {discarcerato).  Levare  di  carcere, 
di  prigione. 

Discaricare,  discàrico  (discaricato)  Togliere 
il  carico  (veggasi  anche  a  scaricare). 

Discàrico.  Neologismo  legale  e  commerciale, 
per  giustificazione  (dì  chi  adempie  un  obbligo): 
scarico,  sgravio  di  responsabilità. 

Discaro.  Che  non  è  a  grailo:  sjnacevole. 

Discatenare  (discatenato).  Sciogliere,  togliere 
la  catena:  scatenare. 


DISCONOSCERE 


885 


Dlscato.  La  deviazione  violenta  di  una  nave 
in  viaggio,  per  obliquità  di  vento  laterale. 

Discendentale.  Di  linea  che  discende. 

Discendente,  discendenza.  Vengasi  a  fa- 
miglia, a  generazione,  a  posteri,  a  fitirpe. 

Discendere  (disceso).  Lo  scendere  e  il  far 
scendere:  calare,  -  Percorrere  discendendo:  di  luO|jo 
in  pendio.  -  Derivare,  trarre  origine. 

Dlscendimento.  vSceso,  lo  scendere. 

Discente.  Disi-epolo.  scolaro. 

Discentramento.  Neologismo  politico:  veggasi 
a  centro. 

Disccntrare  {discentralo).  Cavar  dal  centro; 
operare  il  discentramento  ;  decentrare. 

Discépolo  {discésola,  discepolato).  Lo  scolaro^ 
il  seguace.  -  Particolarm.,  ciascuno  dei  seguaci  di 
Cristo. 

Dlscèrnere,  discernimento  (disreniibile,  di- 
sceinuto).  Scernere,  distintamente  conoscere  e  ot- 
tiniaiiiente  vedere. 

Discernimento.  Oculatezza,  criterio, 

Discervellaro.  discervellarsl  (disrervellato). 
Stillarsi  0  perdere  il  cervello;  ailaticare  troppo  la 
mente:  scervellarsi;  lambiccarsi  il  cervello. 

Discesa.  L'atto  óe]\o scendere:  china,  j^endio^ 
scesa;  tratto  inclinato  d'una  strada,  ecc.  -  La  li- 
bera caduta  di  un  corpo  in  virtù  del  solo  suo  peso. 
-  L'abbassamento  deW ernia,  àtìVutero,  ecc.  -  Lo 
sbarco  di  truppe  in  un  paese  nemico  per  saccheg- 
giarlo 0  conquistarlo. 

Discettazióne  (lat  ),  Disputa,  discussione. 

Dischiiodare  {disc ìt iodato).  Schiodare,  toglierei 
chiodi,  il  chiodo  (veggasi  anche  a  scliiodare). 

D!8clilomare«(rfisc/(tonja<o).  Svellere  la  chioma, 
spogliare  dei  capelli. 

D/SCliludere  (dischiuso).  Schiudere,  aprire. 

Disci forme.  Che  ha  forma  di  disco. 

Dlscing-ere  (discinto).  Sciogliere  i  cinti,  la  veste, 
levarsi  dalia  cintola  e  simili:  discignere,  scignere, 
scingere,  sciògliere.  Anche,  slegare.  ■  Discingersi, 
sciogliersi. 

Disciògfllere,  disciòg-liersl  (disciollo).  Di- 
sciórre,  sciògliere;  disciòrsi,  sciogliersi. 

Disciog-limeiéto.  Il  disciogliere  e  il  discio- 
gliersi :  veggasi  a  sciògliere. 

Disciplina  (disciplinàbile,  disciplinare,  discipli- 
natezza, disciplinato).  Complesso  delle  regole  in  forza 
delle  quali  si  provvede  all'ordine,  nella  milizia  e 
in  altri  corpi  Conlr.,  indiscijMnn. -Modo,  regola 
deWinsegnare.  -  Regola  o  legge  stabilita  per 
qualche  line.  -  Sistema  ordinato  di  scienza.  - 
Pena  comune  in  un  convento,  ecc.  -  Disciplina 
ecclesiastica,  veggasi  ad  ecclesiastico.  -  Disci- 
plina militare,  detto  a  nùlitare.  -  Disciplina  sco- 
lastica, detto  a  scuola.  -  La  disciplina  é  di  feno, 
dura,  ferma,  rigorosa,  severa,  oppure  debole,  molle, 
rilassala,  ecc. 

Disciplinabile,  che  può  essere  assoggettato  alla  di- 
sciplina. Contr.,  indisciplinabile.  -  Disciplinare  (ag- 
geli.), che  appartiene  alla  disciplina.  Verbo,  mettere, 
assoggettare  alla  disciplina:  addisciplinare.  -  Disci- 
plinarmente, secondo  la  disciplina,  in  modo  disci- 
plinare. -  Disciplinatamente,  secondo  le  regole  della 
disciplina.  -  Disciplinatezza,  l'abito  dell'osservare  la 
disciplina,  deWobbedire;  l'essere  disciplinato;  sa- 
bordi natezza.  Contr.,  indisciplinatezza  -  Disci- 
plinato, che  osserx  a.  lì  disciplina;  obbediente,  subor- 
dina to.  Conlr.,  indisciplinato,  insubordinato. 

Compagnia   di  disciplina,   veggasi    a  milizia.  - 
Governo   disciplinare,    veggasi  a  gover^io.  -  Insu- 


bordinazione, il  fatto  e  l'azione  del  commettere  vie 
di  fatto,  insulti  e  minacce  contro  il  superiore  in 
grado  0  nel  comando.  -  Osservanza,  l'eseguire  gli 
ordini  dei  superiori  e  le  regole  di  disciplina.  -Pu- 
nizione disciplinare,  quella  che  si  infligge  per  in- 
frazione alle  regole  disci|)linari,  s^^nza  forma  di  giu- 
dizio, (^osi,  nella  milizia,  gli  arresti,  la  prigione 
semplice,  la  prigione  di  rigore,  ecc.  -  Consiglio  di 
disciplina,  veg.'asi  a  Consiglio.  -  Sala  di  disci- 
plina,  nel'e  casiiiie,  la  priuioiie  dei   sottufficiali,  - 

-  Suburdinniuinto,  il  subordinare,  il  far  osservare  la 
disciplina. 

Disciplina,  Veggasi  a  penitenza 
Disciplinàbile,  disciplinare,  disciplina- 
to.  Veggasi  a  disciplina. 

Disco.  Corpo  rotondo,  con  due  superficie  piane 
equ  distanti  in  ogni  loro  punto:  girella,  girello;  lu- 
str  no  Cvei'gasi  Asaltim^banco);  razzolo,  ruzzolino, 

-  l'arte  della  foglia.  -  Piastrone  di   macchina. 

-  Piastrella  circolare  di  metallo  usata  dalla  milizia 
per  fregio  di  stelle  da  ca|)[iello,  chepi  o  coihacco. - 
Lamella  per  la  cura  d'alcune  malattie  dell'ocf/iio. 

-  La  sfera  visibile  di  un  pianeta.  -  Specie  d'o- 
rologio degli  antichi  Homani.  -  Ornamento  metal- 
lico che  gli  antichi  legionari  romani  inchiodavano 
in  cima  all'asta  dell'aquila  o  del  signum  -  bjtru- 
monfo  del  discobolo  (vengasi  a  ginnasta). 

Disciforme,  a  forma  di  disco.  -  Discoide,  simile  a 
dis  0. 

Dischi  coniugali,  due  dischi  metallici,  ciascuno 
sorretto  da  un  piedistallo  o  munito  di  un  elettro- 
metro a  quadrante  o  a  palline:  si  adoperano  nelle 
esperienze  di  elettricità  statica.  -  Di-chi  olivi,  veg- 
gasi ad  ottica  (istrumenti).  -  Disco  elettrico,  sistema 
di  segnalazione  in  ferrovia.  Così  anche  il  disco 
girante.  -  Disco  oftalmico,  sorta  di  collirio  gela- 
tinoso. 

Discobolo.  Detto  a  ginnasta, 

Dlscollegare  {discollegato).  Scollegare,  disunire, 
separare. 

Discolo.  Il  fanciullo  scapestrato.  -  Dis' alato, 
provvedimento  di  polizia,  pel  quale  i  discoli  (va- 
gabondi, disturbatori  dell'ordine  pubblico)  venivano 
incorporati  nella  milizia. 

Discolorare,  discolorire  f discoloramento,  di- 
scolo) imento  ;  discolorato,  discolorilo).  Perdere  o  far 
perdere  il  colore,  in  tutto  o  in  parte:  scolorare, 
scolorire.  -  Impallidire,  divenir  pallido. 

Discólpa.  Dimostrazione  di  non  essere  in  colpo  : 
discàrico,  giustificazione. 

Discolpare,  discolparsi  {discolpamento,  di- 
scolpato). Fare  discolpa,  dare  giustificazione; 
sca.'ionare  la  colpa,  scagionarsene.  -  Discotpa- 
meii',0  il  discolparsi. 

Discompajinare  (discompagnato).  Rompere  la 
compagnia,  il  paio:  .separare,  spaiare. 

Disconipostezza  {discomposto).  Contrario  di 
cotnposfezza,  che  é  la  grazia  del  contegno. 

Disconfe  sare  {disconfessato,  disco nfessio ne). 
Ritrattare,  far  ritrattazione.  -  Rifiutarsi  a  con- 
fessare. 

Dìsconfortare  (disconfortato).  Togliere  il  coti- 
forto;  addolorare,  ari ecar  dolore;  togliere  o  me* 
nomare  il  coraggio. 

Disconfòrto.  Sconforto,  dolore;  scoraggia- 
mento. 

Disconoscente.  Ingrato,  che  usa  ingratitu- 
dine. 

Disconoscenza.  Sconoscenza,  ingratitudine. 

Disconóscere  (disconoscente,  disconosciuto).  Mo- 


886 


DISCONTENTARE     DISCORHERE 


Strare  di  non  conoscere,  o  di  avere   dimenticato. 

-  Essere  ingrato,  mostrare  ingrofitudiite. 
Dlscontentare,  discontento.  Veggasi  a  con- 
tento, pag.  (397,  seconda  colonna. 

Discontinuare  {discontinnato,  discontinuo),  Non 
continuare:  perdere  la  continuità.  -  Interrom- 
pere. 

D ì sconvenévole,  scon venevol e,  sconveniente. 

Disconvenevolezza,  disconvenienza.  Scon- 
venevolezza, sconvenienza.  -  Il  non  essere  con- 
venien  te. 

Disconvenire  (disconvenuto).  Non  convenire,  non 
essere  conveniente,  ma^  sconveniente. 

Discoprire  {discoprimento,  discoperto).  Lo  stesso 
che  scoprire. 

Discoraffgiare,  discoragrgriarsi  {discorag- 
giato).  Togliere,  perdere  il  coraggio. 

Discordanza.  Qualità  e  condizione  di  cosa  che 
non  sia  d'accordo  con  un'altra:  ditlormità,  disar- 
monia (mancanza  di  armonia);  discompagna- 
tura, scompagoatura.  -  Termine  di  musica  e  di 
pi  f  tur  a. 

D  .scordare  (discordato).  Non  essere  d'accordo; 
essere  in  discordia,  in  contraddizione.  -  Dis- 
sentire, essere  in  dissenso,  n m  essere  dello  stesso 
sentimento,  della  stessa  opinione.  -  Far  disso- 
nanza, stonare. 

Discòrde.  Che  non  è  in  concordia  (di  per- 
sona 0  comunione  di  cose),  ma  in  discordia. 

Discordemente.  In  modo  discorde,  in  di- 
scordia. 

Di  scordévole.  Litigioso,  amante  di  discordia, 
o  facile  alla  discordia. 

Discòrdia.  Dissenzione,  d'anirno  o  di  opi- 
nione (dissetiso);  contesa,  lite;  contraddizione, 
contrarietà,  contrasto  di  voleri  e  di  intenti;  l'es- 
sere discordi  ostinatamente  e  spesso,  non  senza 
inimicizia  e  cattive  conseguenze:  conquasso,  discol- 
leganza, disconcordia  (v.  a.),  discordanza,  discre- 
panza, disparere,  dissapore,  dissentimento,  dissidio, 
dissonanza,  disunione  divergenza,  divisione;  fuoco, 
guerra;  incoerenza;  inconciliabilità;  pentimento, 
resia  (v.  a.),  ripudio,  rompimento,  rottura,  scis- 
sura, scissione,  sconcordanza,  sconcordia,  screzio; 
zizzania.  -  Discordia  (gr.,  Eris),  divinità  malelica, 
sorella  o  compagna  di  Morte  o  di  Bellona,  alla  quale 
si  attribuivano  le  guerre  e,  anche,  i  dissidi  delle 
famiglie  Si  rappresentava  con  chioma  irta  di  ser- 
penti, annodata  con  bende  sanguinose.  -  Pomo  della 
discordia,  il  famoso  pomo  di  Paride:  si  ripete  a 
proposito  di  causa  di  discordia.  -  La  discordia  è 
nel  campo  di  Agrunante,  locuzione  ironica,  derivata 
dall'Ariosto  (Orlando  Furioso,  canto  XIV):  si  usa 
tuttora  per  indicare  che  la  discordia  è  nel  campo 
nemico,  specialrhente  in  materia  politica. 

Discordia  civile,  agitazione  nelle  file  del  popolo 
quando  un  partito  politico  è  alle  prese  con  un 
altro:  agitazione,  contesa  intestina,  guerra  civile, 
lotta  di  classe.  -  Dissapore,  screzio  fra  persone  ami- 
che; breve  e  leggiero  contrasto:  amarume,  differenza, 
disaccordo,  disjfettOf  dissenso,  freddezza  (voce 
d'uso),  grossezza,  lite,  nuvola,  rottura,  screzio.  -  In- 
compatibilità, qualità  e  relazione  delle  cose  che  non 
f tossono  stare  insieme.  -  Malumore,  lieve  discordia 
ra  persone.  -  Rottura,  discordia  e  principio  di  ini- 
micizia  fra  due   parti  strette  da  patti   comuni.  - 

-  Scisma^  discordia  religiosa.  -  Screzio,  disaccordo 
che  rompe  l'amicizia.  -  Secessione,  separazione  per 
discordia. 

Discorde,  aggiunto  di  persona  o  di  più  cose  in- 


sieme tra  le  quali  è  discordia;  chi  ha  intenti  di- 
versi da  quelli  ilei  compa;:ni:  differente,  discoriiante, 
d  ss  oziente,  dissid  nte,  disuniti,  diviso;  inaccor- 
dab  le,  incompatible,  incunciliabile;  incoeiente; 
partito,  rotto  di  parte;  sconcorde,  scordante,  scor- 
devole, scucito,  sdrucito. 

Essere  o  diventar  discorde,  entrare  in  discor- 
dia, ecc.:  alienarsi  l'animo,  la  volontà;  calere,  en- 
trare, venire  in  discordia;  disgustarsi,  guastifsi; 
d  sunirsi,  dividersi;  inimicare,  inimicarsi  (veggasi  a 
nemico);  partirsi;  separarsi;  rompere  la  buona  ar- 
monia; essere  acreso  zolfo  tra  persone;  essere  alla 
piaggio,  alle  peggiori  del  sacco;  essere  come  cani  e 
gitti,  come  il  diavolo  e  l' acquasanta;  essere  due 
volpi  in  un  sacco;  essere  in  lotta,  in  rotti;  essere 
la  compa>;nia  dd  ponte  a  Rifredi;  stare  come  capre 
e  coltellacci.  -  Essere  o  fare  come  i  ladri  di  Pisa: 
di  persone  che  ora  leticano,  ora  sono  pane  e  c^cio, 
e  alle  cui  discordie  non  c'è  da  credere  molto.  - 
Leticare,  litigare,  di  cose  che  stanno  male  insieme, 
contradditorie.  -  Non  avere  sangue  con  uno,  essere 
discorde,  non  intendersi. 

Mettere  disi  ordia.  —  Guastare,  rescindere,  rom- 
pere; turbare,  violare  la  concordia,  la  buona  ar- 
monia; disgustare,  inimicare,  render  nemico.  Ag- 
giunger legna  al  fuoco;  accendere,  determinare  una 
discordia  che  fois;  si  può  risparmiare;  anche,  ag- 
gravarla. Contr.,  attenuare,  sopire,  spegnere.  -  Cercar 
di  mettere  male,  di  mettere  disunione,  discordia  - 
Fomentare,  rinfocolare,  suscitare  discordie,  provo- 
carle, tenerle  vive:  istigare  -  Mettere  dei  cattivi 
umori  in  famiglia,  cieare  discordie,  discussioni, 
malumori.  Nello  stesso  senso,  mettere  zeppe,  mettere 
i  cani  in  casa,  seminare  zizzania.  -  Meter  male, 
cercar  di  mettere  discordia  fra  due  o  più  persone: 
abbaruffare,  accrescere  fuoco  a  fuoco,  aizzire;  com- 
metter male,  cucire  a  refe  doppio;  dare  a  due  ta- 
vole insieme;  fare  il  mettimale,  giugnere  legna  al 
fuoco;  imbiancare  due  muri  con  uno  stesso  albe- 
rello; inzigare;  mettere,  portar  fuoco;  mettere  scan- 
dali, screzi,  zeppe  ;  piantar  susurri,  porre  discordia  ; 
rabbaruffare,  rapportar  male,  rinvesciare;  seminare 
scandali,  seminare  zizzania,  sobillare,  soffiare  nel 
bossolo,  soprasseminare,  stare  sulle  due  selle,  su- 
scitare dissidi;  tenere  il  piede  in  due  staffe;  uc- 
cellare. 

Sorgere  discordia,  —  Andare  alla  rotta,  andare 
sottosopra,  entrare  il  diavolo,  entrare  il  ruzzo,  ini- 
micarsi, parteggiare,  scomunicarsi;  setteggiare,  sor- 
gere discordia  fra  persone. 

Chi  mette  discordia.  -  -  Commettimale,  mettimale, 
mettiscandali,  chi  si  compiace  di  creare  discordie: 
attizzino,  bietta,  buttafuoco  ;  mala  bietta,  mala  zeppa, 
malo  consigliere,  malo  rapportatore;  mosca  canina; 
partitore,  pizzaguerre,  portanuvole;  rinvesc  ardo; 
riportanovelle;  sconnettitore  ;  serainitnre,  spargitore 
di  zizzania;  sobillóne,  sobillatore,  solfietto,  subilla- 
tore,  subornatore,  susurrone,  svegliaguerre;  teco- 
meco;  zufulatore. 

Tra  me  e  te  siamo  parenti:  non  volendo  accor- 
darsi con  uno.  -  Tre  fratelli,  tre  castelli:  a  signifi- 
care che  è  rara  la  concordia  tra  fratelli;  anche, 
riferito  a  persone  in  discordia  tra  loro.  E  con  si- 
gnificato più  grave:  Ire  fratelli,  tre  castelli,  tre  coltelli. 

Discorrere  (discorsivo,  discorso).  Parlare,  far  cow- 
versazione ;  conferire,  aver  conferimento  con  per- 
sona; confabulare;  stare  a  colloquio,  a  discorso: 
conversare,  confabulare,  parlare  con  aitri.  Nel- 
l'uso, anche  trattare.  -  Cercare  intorno,  correre 
qua  e  là.  -  Avere  il  cei vello  nella  lingua,  discorrer* 


DISCORSA 


DISCO  «SO 


887 


'molto  senza  riflettere.  -  Cavar  sempre  le  parole 
di  bocca,  di  chi  ha  il  vizio  d'interrompere  coloro 
che  discorrono.  -  Essere  in  ragionamenti  con  qual- 
cuno, ìli  un  discorso,  discorrendo.  -  Non  connettere, 
discorrere  male  e  disordinatamente.  -  Raziocinare, 
discorrere  per  via  di  raziocinio.  -  Ridiscorreie,  ri- 
pete discorrere  ;  anche,  discorrere  in  altro  mo- 
mento (ridiscorreremo  di  quella  faccenda).  -  Star 
bene  a  chiacchiera,  di  chi  discorre  volontieri.  -  Te- 
nere a  chiacchiere,  a  bada,  intrattenere,  discorrendo. 
»  Trottaìe  con  uno,  discorrerci,  bazzicare. 

Discorsivo,  dotato  della  facoltà  di  discorrere.  - 
Discorsivamente,  in  modo  discorsivo. 

Capannello,  gruppo  di  persone  che  stanno  a  di- 
scorrere: cròcchio.  -  Lupus  in  /aòu/a,  antico  pro- 
verbio latino,  usato  quando  sopraggiunge  la  persona 
della  quale  si  parla.  -  Pour  parler  (frane),  ablìoc- 
camento,  conferenza,  preliminari  accordi,  tratta- 
tive. -  Una  parola  lira  l  altra:  discorrendo  si 
passa  il  tempo;  anche,  da  piccole  ingiurie  si  viene 
alle  grosse. 

Discórsa  (idiot.  neol.).  Cosa  sciocca,  chiacchiera 
vuota;  lunj;o  e  vano  discorso,  pappolata;  favola. 

Discorsivamente,  discorsivo.  Veggasi  a  di- 
scorrere 

Discórso.  Quanto  si  dice,  discorrendo,  a  persone; 
l'atto  del  discorrere  intorno  a  checchessia  fra 
due  0  più  persone,  e  in  tal  caso,  anche,  colloquio, 
conversazione,  conversamento,  eloquio,  favella- 
imento,  parole,  parlare,  ragionamento.  -  Maniera  di 
parlare,  e/ocMsiowe.- Ragionamento  ordinato  Intorno 
a  qualche  argomento  :  arringa,  conclone,  disserta- 
zione, orazione,  perorazione,  predica,  sermone.  -  Di- 
cesi  pure  per  operazione  del  l'iwieMeWo  con  la  quale 
si  cerca  di  intendere  alcuna  cosa  per  mezzo  di 
congetture  o  di  principi  noti.  -  Infine,  quello  che 
si  dice  0  si  scrive  con  una  certa  ampiezza  sa 
un  certo  argomento.  -  Secondo  i  precetti  retorici, 
un  discorso  regolare  comprende:  l'esordio,  la  nar- 
irazione,  la  confermazione,  la  confutazione,  la  pero- 
razione; la  conclusione. 

Discorsacrio,  peggior.  di  discorso. -Dtscorse<<o,  dim. 
vezz.  di  discorso:  discorsino.  -  Discorsone,  accr.  di 
discorso;  discorso  lungo.  Qualche  volta  in  senso  di 
lode.  -  Discorsuccio,  che  è  povero  d'idee  e  privo  di 
ogni  bellezza  oratoria.  Peggior.,  in  questo  senso,  di- 
scorsuf'ciaccio.  -  Discorsivo,  discorsevole,  poco  usato, 
che  discorre,  che  ragiona,  dotato  della  facoltà  di 
discorrere,  cioè  di  ragionare,  e  che  la  mette  in 
atto. 

Qualifiche  varie.  —  Discorso  accademico,  di  poca 
pratica  utilità,  con  un  po'  di  boria,  di  gonfiezza, 
€cc. ;  aèreo,  sconclusionato;  affettato,  fatto  con  af- 
fettazione (veggasi  ad  affettare,  affettazione)  ; 
allegorico,  contenente  aWej/oWa;  ambiguo,  equivo- 
co; ampolloso,  gonfio,  con  ampollosHà;  anfiyorico, 
senza  senso  ;  animato,  vivace  ;  arlecchinesco,  da  buf- 
fone, 0  scipito;  asillogistico,  senza  conclusione; 
usmatico,  stentato,  interrotto,  a  periodini;  astratto, 
non  riguardante  un  concetto  concreto;  brioso, 
fatto  con  brio;  cadenzato,  monotono;  complicalo, 
non  chiaro,  astruso;  comjiassato,  preciso,  misu- 
rato; conclusivo,  che  ha  virtù  di  concludere;  con 
fidenziale,  fatto  in  confidenza,  con  confidenza; 
tonfulatorio,  che  tende  a  confutare;  consegu£nte, 
logicamente  ben  derivato  dalla  premessa;  determi- 
nativo, che  determina,  o  serve  a  determinare;  dif- 
fuso, dilavato,  lungo,  prolisso;  elegiaco  (figur.), 
noioso;  enfàtico,  pieno  di  enfasi;  epigrammatico, 
che  ha  lorza  o  sapore  di  epigramma;  esauriente, 


che  tratti  di  un  dato  argomento  in  modo  che 
tutto  ciò  che  se  ne  poteva  dire  sia  detto;  e.si7o- 
rante,  che  desta  ilarità,  allegro;  espletivo,  che  fi- 
nisce, che  completa;  estemporaneo,  fatto  li  per  lì,  o 
composto  nell'atto  stesso  che  si  legge  o  si  dice; 
fatuo,  vuoto,  vano,  sciocco;  genealogico,  rela- 
tivo a  genealogia  ;  grandisonante ,  enfatico  ; 
grasso,  lubrico  ;  in  aria,  senza  fondamento,  senza 
conclusione;  impolitico,  inopportuno;  impaccialo, 
imbarazzato,  stentato;  improvvisato,  improvviso, 
estemporaneo;  infuriato,  veemente;  involuto,  poco 
chiaro;  ironico  ^  con  ironia;  laconico,  con- 
ciso, con  molta  concisione  e  vibrato,  come 
parlavano  gli  abitmti  della  Laconia;  laudativo,  lo- 
dativo, che  dà  lode;  logico,  fatto  con  logica; 
lubrico,  licenzioso;  maccheronico,  grossolano;  man- 
cino, che  non  torna,  non  sta,  non  è  retto;  wie//i- 
/■/uo,  sdolcinato;  metaforico,  basato  su  metafora; 
monotono,  sempre  sullo  stesso  tono;  nudo,  senza  or- 
namenti, semplice,  piano;  pedantesco,  da  pedante; 
pedestre,  senza  elevatezza  di  concetti;  polemico,  atte- 
nente a  polemica;  preciso,  esatto,  con  preci- 
sione; prolisso,  soverchiamente  lungo;  scipito, 
insignificante,  sciocco;  sconnesso,  senza  nesso, 
disordinato;  solistico,  basato  sul  sofisma;  spedilo, 
facile  e  spiccio;  splendido,  di  molto  ell'etto;  sii' 
racchiato,  stentato  o  sofistico;  tagliente,  risoluto, 
reciso,  risolutivo;  strambo,  strano,  stravagante; 
strampalato,  .senza  considerazione;  senza  fondamento; 
(estuale,  riferito  tal  e  quale;  uggioso,  fastidioso,  noioso; 
vagò,  lion  concreto,  quasi  oscuro  ;  vano,  inutile; 
violento,  impetuoso,  con  violenza;  vuoto,  fatuo, 
sconclusionato;  zoppicante,  zoppo,  che  zoppica  (fi- 
gur.), difettoso,  manchevole. 

Diverse  maniere  di  discorso. 

Allegoria,  continuazione  di  metafora. 

Allocuzione,  discorso  pubblico  di  qualche  impof- 
tanza,  davanti  a  un'  assemblea  e  specialmente  cou 
una  certa  eccitazione.  Anche,  il  discorso  che  il  papa 
pronunzia  in  Concistoro.  -  Ambiloquio,  discorso  a  dop- 
pio senso.  -  Anfibologia,  discorso  che  ha  sentimento 
doppio  ed  equivoco;  discorso,  nel  quale,  per  effetto 
della  sintassi,  una  proposizione  può  essere  presa  in 
più  sensi.  -  Antifona,  discorso  che  fa  presentire  la 
conclusione  o  il  fine  per  cui  è  fatto.  -  Apologia, 
discorso  apologetico,  discorso  o  scritto  per  difendere 
0  sostenere,  davanti  all'opinione  pubblica,  una  per- 
sona, una  dottrina,  ecc.  E  autoapologia,  discorso  o 
scritto  in  difesa  di  sé  stessi.  -  Apòstrofe,  invet- 
tiva. -  An-inga,  discorso  più  lungo,  più  vivace  di 
una  allocuzione  e  fatto  in  modo  da  commuovere 
gli  animi:  dicesi  speciahnente  di  un  discorso  rivolto 
al  popolo,  a  soldati,  a  consesso  di  giudici,  ecc.: 
aringheria,  aringa,  arringamento;  concione  ;  decla- 
mazione, disputa;  dissertazijne;  eloquio;  locuzione; 
orazione;  parlare,  parlata;  sermonamento,  sermo- 
nazione,  sermone;  sposizione.  -  Asinata,  discorso  o 
azione  spropositata  o  villana.  -  Asineria,  discorso 
da  ignorante,  da  ineducato. 

Battologia,  discorso  prolisso  e  fuori  di  proposito. 
Borra,  discorso  lungo,  insignificante.  •  Brodo  lungo, 
imbrodolatura,  discorso  lungo,  scipito.  -  Broscia, 
discorso,  scritto  lungo  e  scipito  più  che  la  broda: 
più  comunem.,  sbroscia.  -  Bubbolata,  discorso  pieno 
di  bubbole,  di  fandonie.  -  Bugiarderia,  discorso 
falso. 

Cantafavola,  discorso,   racconto   frivolo  di   fatti 


iÌ8 


DISCORSO 


incredibili.  -  Chiacchiere,  parole  e  discorsi  vani: 
veggasi  a  chiacchiera.  -  Chiacchierata,  discorso 
lungo  e  noioso.  -  Chiapparello,  discorso  preparato 
in  modo  che  uno,  rispondendo,  caschi  a  dir  cosa, 
per  cui  vien  messo  in  canzonella:  acchiapparello 
chiappalello.  -  Ciancia,  discorso  vano,  frivolo,  senza 
fondamento:  ciarpa,  frasca,  frascheria,  gracchia- 
mi nto,  moltiloquio.  -  Lù/r/a,  discorso  senza  conclu- 
sione; peggio  che  chiacchiera.  -  Cibrèo,  discorso  scon- 
clusionato, senza  capo,  né  coda:  cipollata.  -  Cicalata, 
discorso  lungo  e  noioso.  -  Cicaleccio,  discorso  vano, 
di  più  persone.  -  Conciane,  discorso  pubblico  e  solenne 
(ha  dello  schfizo);  parlata  m^ssa  in  bocca  a  qualche 
personaggioslorico.- ^>'o>(/i?re»i3a, discorso istruttivoso- 
praun  dalo  argomento:  d'arte,  di  letteratura,  d'igiene, 
di  politica,  ecc.:  dissertazione;  lezione,  lezione  li- 
bera e  slaccata,  lezione  orale;  opera  auscoltaloria. 
E  conferenze  popolari  quelle  che  si  impartiscono  al 
popolo  su  temi  utili  alle  classi  chiamate  ad  udirle 
(conferenze  sull'agricoltura,  sull'iL'iene,  ecc.). 

I)ial(gismo  o  stm  onizione,  discorso  che  si  sup- 
pone tenuto  da  altri  o  che  gli  si  appropria.-  Dia- 
triba, dis<"orso  violento,  pieno  d'accuse  e  di  rim- 
proveri; &nrhe,  dissertazi' np  S'apri  qualche  argo- 
mento. -  Discorda,  discorso  lungo  e  insulso;  anche 
poche  parole  scioiche  e  che  ia  pretendono  a  spi- 
rito. -  Discorso  che  non  fa  una  grinza,  perfetto.  - 
Discorso  d'Arlecchino,  di  cento  rappezzature  rubac- 
chiate e  sconnesse.  -  Discorso  in  conlraddilorio, 
rivolto  ad  altri  per  combatterne  gli  argomenti  -  Di- 
sfiosìa,  discorso  non  cXndiro.  -  Dissertozione,  discorso 
scritto  intorno  a  qualche  argomento  letterario  o  scien- 
tifico. Iron.,  disLor.-o  lungo  e  i;oioso,  che  pretende. 

Filastrocca,  racconti  prolisso,  sèguito  dis(jrdinato 
di  discorsi:  filatessa,  litania.  -  Filippica,  discorso 
caldo  e  violento  (dalle  famose  orazioni  di  Demo- 
sti^ne  contro  il  re  Filippo  di  Macedonia).  -  Fri- 
cassea, discorso  pieno  di  cose  confuse. 

Geremiade,  discorso  lungo  e  piagnucoloso  su  fatti 
di  cui  SI  esagera  la  gravità.  -  Giaculatoria,  discorso 
breve,  enfatico,  affettato,  destinato  a  commuovere. 

-  Girigògolo,  discorso  arruffato ,  sconclusionato.  - 
Giro  di  parole,  discorso  imbrogliato. 

Imbroglio,  discorso  avviluppato,  confuso.  -  Indo- 
vihello,  discorso  non  chiaro;  enigma.  -  Insinua- 
zione, discorso  ch3  prepara  l'animo  dell'ascoltatore 
a  una  cosa.  -  Inlemerata,  discorso  lungo  e  tedioso, 
spiacevole  ;  anche,  fatto  per  rimprovero.  -  In- 
troduzione, discorso  che  serve  a  introdurre  allo 
studio,  alla  lettura  d'una  scienza,  d'un  Vibro.  -  In- 
vettiva, discorso  veemente  contro  qualcuno.  - 
Ironia,  finzione  di  parole  che  si  devono  inten- 
dete 0  al  contrario  o  molto  diversamente  da  quello 
che  letteralmente  significano;  discorso,  il  più  delle 
volte,  fatto  per  deridere.  -  Isagòge,  discorso  intro- 
duttivo ad  alcuna  opera. 

Lamentazione,  discorso  lamentoso,  anche  in  iscritto. 

-  Lectio  brevis  (locuzione  breve),  discorso  alla  spic- 
cia. -  Lerèma,  discorso  fanciullesco.  -  Logomachia, 
disputa,  diatriba  sofistica.  -  Logorrea,  veggasi  a 
parlare.  -  Lungàggine,  lungagnata,  <i'iscorso  lungo, 
noioso,  prolisso.  -  Necrologia,  necrologio,  discorso 
in  lode  d'un  morto.  Obloijuio  (lat.),  contraddi- 
zione. -  Omelia,  predica  del  Vangelo;  figur.,  spro- 
>oquio.  -  Orazione,  discorso  prolungato  e  condotto 
con  arte,  da  oratore. 

Panegirico,  brontolio,  rimprovero,  discorso  lungo. 
.  Pappolata,  discorso  senza  consistenza,  mal  fatto  : 
sproloquio.  -  Paroòo/a,  specie  di  discorso  allegorico: 
fàvola.  -  Paradosso,  discorso  che  pare  assurdo.  - 


Passio  (figur.),  discorso  molto  lungo:  perissologia. - 
Pettegolata,  discorso  fatto  per  pettegolezzo.  -  Pispil- 
loria, discorso  lungo  o  noioso;  discorso  a  carico  di  qual- 
cuno. -  Polemica,  discorso,  discussione,  contesa  in 
iscritto  su  una  questione  di  politica,  di  scienza, d'arte, 
ecc.  -  Preàmbolo,  prefaz'one,  proemio;  discorso  che 
si  premette  con  intenzione.-  Predica,  discorso  lungo 
per  ammonimento.  -  Predicozzo,  discorso  piuttosto 
lungo  e  non  piacevole,  per  insegnare,  ammonire.  - 
Prelezione,  discorso  col  quale  si  apre  una  sene  di 
lezioni.  -  Preliminare,  ragionamento,  idea,  discorso 
che  si  mette  innanzi  prima  di  trattare  in  merito 
dell'argomento  principale.  -  Prolegòmeni  (gr.),  di- 
scorso che  precede  un'opera,  per  cui  hanjrme  co- 
rnuni  con  la  prefazione,  meno  che  nell'  ampiezza, 
giacché  i  prolegòmeni  sono  capaci  d'un  lungo  svol- 
gimento. -  Prologo,  discorso  che  recitavano  gli 
antichi  comici.  -  Prolusione,  discorso  d'introduzione 
a  un  corso  di  lezioni. 

Rapporto,  relazione ,  esposizione ,  discorso  fatto 
per  riferire  alcunché.  -  Replica,  discorso  o  scritto 
concernente  la  risposta  data  a  un  precedente  no- 
stro scritto  0  discorso.  -  Requisitoria,  discorso  in- 
tento a  trovar  difetti. 

Sciloma,  discorso,  ragionamento  lungo  ed  inutile. 
-  Sermone,  ragionamento  in  adunanza  e,  propria- 
mente, di  argomento  spirituale;  discorso  in  materia 
religiosa  ;  discorso  o  poesia  che  recita  un  bambino 
al  presepio.  -  Sonata,  discorso  poco  gradito,  offen- 
sivo. -  S2)roloqaio,  discorso  lungo,  noioso,  spesso 
da  saccente.  -  S<'j/n/Ji<a,  discorso  lungo;  riprensione 
noiosa  0  simili.  -  Tantafera,  ragionamento,  discorso 
lungo  su  cose  che  ben  non  convengono  insieme.  - 
Tirata,  tirata  di  parole,  discorso  fatto  senza  ripi- 
gliar fiato;  discorso  lungo,  noioso:  cicalata,  tatta- 
mellata,  tiritera.  -  Trattato,  discorso  scritto  o 
stampato  sopra  qualche  particolare  soggetto,  per  lo 
più  scientifico.  -  Tropologia,  discorso  figurato  ;  di- 
scorso sui  costumi.  -  Turpiloquio,  discorso  diso- 
nesto. -  Vaniloquio,  discorso  di  cose  vane  :  ciancia. 


Parti  e  particolari  del  discorso. 


Accompagnaverbo,  particella  che  si  unisce  al  verba 
e  quasi  1'  accompagna.  -  Affìsso,  veggasi  a  parti- 
cella. -  Aggettivo,  o  addiettivo,  nome  che  nel 
discorso  non  si  regge  da  sé,  ma  si  accompagna  col 
sostantivo,  per  qualificarlo  o  modificarlo.  -  Argo- 
mentazione, la  parte  del  discorso  in  cui  si  enu- 
merano i  fatti,  si  recano  le  prove  sulle  quali  poi, 
ragionando,  la  nostra  causa  acquista  fede,  autorità 
e  fermezza.  -  Argomento,  il  soggetto  del  di- 
scorso. -  Avverbio,  parte  del  discorso  che  mo- 
difica variamente  il  significato  del  verbo  e  dell'ag- 
gettivo. 

Chiusa,  le  parole  con  le  quali  si  conclude  un  ra- 
gionamento e  si  termina  un  componimento.  -  Cioè, 
particella  che  serve  a  spiegare,  completare  o  cor- 
reggere cose  dette  innanzi.  -  Circonlocuzione,  giro 
di  parole  adoperato  per  esprimere  ciò  che  con  vo- 
caboli propri  non  si  vuole:  perifrasi.  -  Clausola,  par- 
ticella del  discorso  che  in  sé  racchiude  un  intero  sen- 
timento. -  Conclusione,  parte  ultima  del  discorso, 
con  la  quale,  raccogliendo  le  cose  dette,  si  dà  fine 
ad  esso.  -  Confermazione,  la  parte  che  prova  i  fatti 
enunciati.  -  Confutazione,  atto  ed  efletto  del  con- 
futare. -  Conseguenza,  proposizione  risultante 
dalle    premesse.  -    Costruzione,  la  giacitura,  più  o 


889 


meno  logica,  delle  parole  che  compongono  il  pe- 
riodo, la  frase  e  simili  :  disposizione,  testura,  tessi- 
tura; costrutto. 

Definizione,  frase,  proposizione  del  definire.  -  Di- 
citura, la  collocazione  e  la  scelta  delle  parole  nel 
discorso,  nel  dire.  -  Digressione^  tralasciamento 
del  filo  principale  del  discorso. 

Eìoiuziotie,  maniera  di  significare  con  parole 
i  propri  sentimenti.  -  Enumerazione,  la  parte  del 
discorso  in  cui  si  richiamano  ordinate  le  cose  dette 
sparsamente.  -  Epifovema,  conclusione  enfatica,  che 
trae  sentenze  dal. e  cose  narrate.  -  Epilogo,  ricapi- 
tolazione delie  cose  dette:  lo  stesso    die  riepi'o,.;o. 

-  JEs(l(nn<izioiie,  una  delle  parti  del  discorso  per 
cui  si  dice  con  qualche  enfasi.  -  Esordio,  principio, 
introduzione  del  discorso.  Esordio  ex  abrupto  (lat.), 
all'improvviso. 

Femia  a,  interruzione  momentanea    del  discorso. 

-  Fiynru,  iorma  di  parlare  che  si  adopera  per  ren- 
dere più  efficaci  i  pensieri.  E  ^(/wro  re/ouVa,  forma 
speciale  del  discorso  che  serve,  hene  usata,  a  co- 
lorire il  pensiero:  \'eggasi  a  retorica.  -  Frase, 
nnione  di  due  o  tre  voci  che  formano  un  senso.  - 
Frequentazione,  figura  usata  quando  si  riuniscono 
in  un  punto  le  cose  sparse  in  tutta  V  orazione,  in 
tutto  il  discorso. 

Iato,  veggasi  a  parlare.  - 1  generali,  le  generali, 
la  parte  dtl  discorso  in  cui  si  espongono  le  idee  ge- 
nerali senza  più  venire  a  nessuna  conclusione.  - 
Interiezione,  parte  del  discorso  che  indica  un  moto 
suhitaneo  dell'animo,  un  sentimento  vivo,  un'escla- 
mazione. 

Narrazione,  nel  discorso  oratorio,  parte  nella 
quale  svolge  il  racconto  coi  fatti.  -  Numerali, 
parti  del  discorso  esprinunti  le  quantità  o  il  nu- 
mero 0  l'idea  astratta  del  numero.  -  Omissione, 
tralasciamento  di  qualche  frase. 

Parentesi,  parole  formanti  un  sentimento  distinto 
da  quello  del  periodo  in  cui  si  sono  interposte,  e 
che,  nella  scrittura,  si  racchiude,  di  solito,  fra  due 
lineette  curve.  Il  segno  stesso.  -  Parlirelle,  le  pic- 
cole parti  che  servono  a  rendere  più  chiaro  il  senso 
di  una  proposizione:  ye^gi\s\  n  j)orii( ella»  -  Far- 
ticipio,  parte  del  discorso  che  partecipa  del  nome 
e  del  verho.  -  Perifrasi,  circonlocuzione,  giro  di 
parole.  -  Periodo,  varie  frasi  congiunte,  che  for- 
mano un  senso  compiuto.  -  Perorazione,  parte  del- 
l'orazione in  cui,  compendiando,  si  cerca  di  com- 
muovere. -  Postulato,  proposizione  evidente,  accet- 
tabile senza  dimostrazione.  -  Preàmbolo,  proe- 
mio, discorso  che  si  premette,  con  intenzione,  a 
quello  vero.  -  Premessa,  ciò  che  si  pone  nelle 
prime  parti  dell'  argomentazione,  per  trarne  con- 
clusione. -  Prejwsizione,  parola  o  parte  indecli- 
nabile del  discorso  che,  aggiunta  ad  altra  parte, 
serve  ad  indicarne  i  rapporti  o  a  variarne  la  signi- 
ficazione e  il  caso.  -  Pronome,  parte  del  di- 
scorso che  sta  invece  del  nome  o  gli  si  accompagna. 

-  Proposizione,  la  enunciazione  del  soggetto  del 
discorso. 

Peticenza,  sospensione  del  discorso.  -  lìiem- 
pitivo,  aggiunto  di  quelle  particelle  che  nel  di- 
scorso paiono  superflue.  -  Riepilogo,  sunto  di 
un  discorso  d'altri.  -  Ritornello,  il  ripetere  nel  di- 
scorso una  cosa  con  altre  parole,  od  ogni  tanto  le 
stesse  parole. 

Soggetto,  .oggetto,  membri  essenziali  della  propo- 
sizione. -  Spunto,  nel  gergo  letterario,  il  principio 
felice  di  un  discorso  o  di  uno  scritto.  -  Inerbo, 
la  parte  principale  del  discorso,  e  dinota  l'azione. 


Qualità',  struttura,    ecc., 
del  discorso. 


yl?Hftrt(/e,flmòiput/a,  maniera  equivoca  di  esprìmersi, 
così  da  generare  bnhbio  in  chi  ascolta.  -  ^m/^o^ 
losità,  l'essere  gonfiato  e  troppo  magnifico.  -  Ar- 
morna,  disposizione  gradevole  delle  parole  nel 
discorso. 

Breviloquenza,  brevità,  concisione.  -  Chiarezza, 
qualità  del  discorso  per  cui  chi  parla  o  scrive  si 
fa  capire  facilmente  ed  efficacemente;  perspicuità  e 
precisione  di  stile.  -  Concinnila,  adornezza,  ele- 
ganza del  discorso.  -  Eufemismo,  figura  retorica, 
per  la  quale,  attenuando  le  espressioni,  si  coprono 
idee  spiacevoli  o  disoneste  -  Figure  rettoriche,  o  re- 
toriche, forme  del  linguaggio  che  rendono  efficace  il 
discorso,  come  l'ironia,  la  metafora,  ecc.;  veggasi  a 
retorica.  -  Intonazione,  il  modo  con  cui  incomincia 
un  discorso,  uno  scritto. 

Lepore,  grazia,  garbo  del  discorso.  -Linguaggio 
figuralo,  discorso  nel  quale  ricorrono  figure  gram- 
maticali 0  retoriche.  -  Magniloquenza,  grandilo- 
quenza, maniera  grandiosa  di  parlare.  -  Numero,  la 
giusta  misura  delle  parole  e  delle  proposizioni,  da 
cui  dipende  l'armonia  del  discorso.  -  Pleonasìno 
(pleonastico),  ridondanza  di  parole  che,  raddoppiate, 
danno  ornamento  al  discorso. 

Sillepsi  0  sillessi,  sorta  di  figura  di  costruzione 
per  cui  le  parti  del  discorso  materialmente  discor- 
dano l'una  dall'altra.  -  Tenore,  il  contesto,  l'anda- 
mento del  discorso. 

Abbreviatuha,  analisi,  argomentazione,  ecc.  — 
Abbreviatura,  abbreviazione,  ahi  reviamento,  accor- 
ciamento di  parola.  -  Analisi,  risoluzione  del  tulto 
nelle  parti,  a  fine  di  conoscrre  gli  elementi.  -  Ar- 
gomentazione, l'atto  e  anche  la  forma  dell'argomen- 
tare, del  ragionare:  ragionamento.  Alla  stessa 
voce  argomentazione  veg;.'asi(iure  per  ammenni- 
colo, anatogismo,  apagogia,  deduzione,  illazione,  pa- 
ralogismo, porismo,  ritorsione,  tema,  tesi,  ecc.  Veggasi 
anche  a  sillogismo,  a  sofisma.  -  Argomento, 
la  materia  di  cui  si  parla.  -  Asindeto,  figura  gram- 
maticale, omissione  delle  copule  che  collegano  i 
vari  membri  del  discorso.  -  Assunto,  argomento, 
subietto  oreso  a  trattare.  -  Arzigogolo,  argomenta- 
zione arruffata,  artificiosa,  fatta  per  sostenere  una 
tesi  alla  quale  manchino  buone  ragioni. 

Cadenza,  modulazione  della  voce  prima  della 
pausa,  tanto  nel  discorso  come  nel  canto  o  nel 
suono.  -  Cenno,  segno  compendioso  di  alcun  di- 
scorso; segno  che  si  fa  con  la  mano,  col  capo,  ecc., 
in  sostituzione  delle  parole  o  per  rafforzare  queste. 
-  Concetto,  il  significato  riassuntivo  di  un  di- 
scorso. -  Contesto,  ciò  che  precede  o  segue  al(Ui 
passo  0  proposizione  e  ne  determina  e  chiarisce  il 
senso.  -  Costrutto  (già  detto),  ordinazione  delle  parti 
del  discorso,  secondo  le  regole  della  lingua:  cuci- 
tura, disposizione,  struttura 

Divisione,  distribuzione  che  fa  l'oratore  dei  vari 
punti  del  suo  discorso,  o  uno  scrittore  della  sua 
opera. 

Eccetera,  termine  latino  che  si  usa  quando, 
nominate  varie  o  molte  cose,  si  vuol  dire  che  ne 
lasciamo  ancora  altre  da  nominare.  -  Edifizio  (figur.), 
complesso  di  argomentazioni,  di  ragioni  addotte  a 
prova,  a  documento  o  difesa  d'una  cosa.  -  Elisione, 
ellissi,  soppressione  di  lettere,   sillabe  o  parole  nel 


890 


DISCORSO 


discorso:  ammortamento,  ammorzamento  apòcope 
lettericidio  (sclierz.);  «capezzamento  sincope  tron 
cam.nio.  -  Endllage,  figura  per  la  quale  si  inver  e 
l'orJine  dei  termini,  adoperando  una  P^^t/ J^'J' 
scorso  per  un'altra,  -  Frar,gta,  giurila^,  f  "^"''^"J^' 
a'^unta.  .  Fraseqgiamento,  il  modo  d.  fraseggiare 
y^oLssema,  aggiunta  al  discorso  per  spiegarne  altre 
nremesse,  che  sembrano  oscure.  -  //)e/ ba<o,  d  sposi 
Lne  di  parole  fuori  della  loro  giacitura  naturale. 
àlalinleso,  interpretazione  in  mala  parte  d  u"  J'; 
scorso,  che  dà  origine  a  screzi:  equivoco.  -Mot 
de  la  tin,  locuz.  frane,  per  indicare  un  motto  le- 
pido, un  frizzo,  spesso  in  fine  del  discorso. 
'^pàroHomar.a,  somiglianza  fra  due  vocaboli  del  a 
lin-ua.  0  fi^rura  con  cui  si  usano  parole  quasi  si- 
mili a  saono^  ma  differenti  nel  significato:  comu- 
nen  e.  te.  fMccio.  ■  Pausa,  interruzione  momen- 
tanea  che  si  fa  nel  discorso  (anche  leggendo):  trv 

'Téo;.::.E,il  pronunziare  un  discorso,  leggendo 
o  t  memoria,  con  un  tono  di  voce  meno  alto  di 
quello  con  cui  si  declama,  più  alto  però  e  sostenuto 
3ella  semplice  lettura.  -  iii«/>o.;a,  .il  discorso  che 
facciano  in  seguito  a  domanda  rivoltaci 

Senso,  significato  d'una  voce,  ^'una  trase  del 
Hi«cnrso  -  Sinesi  (gr.),  costruzione  a  senso.  -  bin- 
fjsTcollegSe  bordine  delle  parole  nel  discorso: 
cost;u''one.  ordinazione,  struttura  del  periodo;  ac- 
comodamento, disposizione,  giacitura  delle  parole; 
giro  di  frase;  testura.  -  Soggetto,  o  subietto,  la  ma- 
teria di  cui  si  parla.  -  Sommàrio,  sunto,  riassunto,  ri- 
stretto, breve  compendio.  -  Sommi  capi  d.  un  di- 
scor..>.  le  cose  più  importanti.  -  Sortle  forma  d 
argomentazione  con  la  quale,  per  certi  gradi  si 
pe.Mene  alla  conclusione.  -  Svarione,  sproposito, 
nel  discorso,  nello  scritto. 


Ciò  che   si  fa  col   discorso 

0   NEL  discorso,  ECC. 


Abbattere  (figur.),  oppugnare,  confutare.  •  Abbor- 
dare, nell'uso,   fermar  uno   nella  strada   o  altrove, 
per  appiccar  discorso:  andare  all'abbordo,  attaccar 
discorso,  pararsi  innanzi.  -  Abbreviare,    ridurre  un 
discorso' a  limiti  più  ristretti,  in  breve:  esser  breve, 
conciso.  -  Accomodarsi  alle  battute,  secondare  il  di- 
scorso d'altri,  anche  non  intendendolo.  -  Aggirarsi 
sopra  questa  o  quella  cosa:  averla  per  base  del  di- 
scorso. -  Aggirarsi    il  discorso  intorno   o  sopra  ad 
alcuna  cosa,  esserne  quella  tal  cosa  il  soggetto  prin- 
cipale. -  Alludere  (alluso),  accennare    col   discorso, 
spesso  con  intenzione  critica,  a  cose  e  a  persone  senza 
citarle:  accennare,  intendere   velatamente,   toccare. 
Allìisivo,  che  allude;  allusione,  l'alludere,  le  parole 
velate   con  le   quali  si   accenna:    lontano  o  velato 
accenno.  -  Andar  a  ferire,  colpire  col   motto  pun- 
gente;   dirigere  il    discorso  a  un    fine.  -  Andar  di 
palo  in  frasca,  deviare  dal  soggetto    principale  del 
discorso.  -  Armeggiare,  imbrogliarsi  nel  discorso.  - 

Attaccare,  appiccar  discorso,  incominciarlo;  mettersi 

a  discorrere.  -  Avvilupparsi  nelle  parole,  imbrogliarsi 

nel  discorso. 

Batter  la  campagna,   battere  la  paglia,   divagare, 

uscire  d'argomento. 

Cambiar  discorso,  sviare,  trasviare:   mutar  tasto; 

passare  ad  altro;  voltare  la  carta,  voltarla  pagina, 

voltare  strada.  -  Citare,  addurre,  allegare  per  autorità 


o  per  prova.  -  Concatenare,  unire  armonicamente, 
logicamente,  le  varie  parti  del  discorso.  -  ^'"*J''r" 
dere  (concluso),  venire  ad  una  conclusio^^^-  "  '^"'*" 
fondersi,  far  confusione  di  idee  o  di  pa»'ote:  impa- 
perarsi ;  perdere  il  filo,  perdere  le  stalle.  -  Confu- 
tare, addurre  argomenti  e  ragionare  contro  la  tesi 
altrui:  oppugnare. 

Dedurre,  trarre  un  concetto,  una  conclusione. 
-  Deviare,  allontanarsi  dall'argomento,  dall'oggetto 
del  discorso;  distrarsi,  divagare,  divagarsi.-  Digre- 
dire, fare  una  digressione,  allontanarsi  dal  sog- 
getto. -  Discutere,  fare  una  discussione. 

Entrare,  venire  in  discorso,  incominciarlo.  -  En- 
trare in  materia,  nel  discorso  che  ci  preme.  -  Esor- 
dire, incominciare  un  discorso.  -  Esser  fuor  di  casa, 
di  chi  è  col  discorso  lontano,  e  con  errore,  dall'ar- 
gomento. -  Essere  un  idem  per  idem  o  l'idem  per 
idem,  discorso  vizioso  che,  invece  di  spiegare,  ri- 
pete la  cosa.  -  Esulare,  nel  gergo  degli  avvocati, 
per  fuorviare,  uscire  (dal  seminato). 

Fraseggiare,  disporre  le  parole,  farne  la  costru- 
zione. -  Frastornare,  divagare. 

Girare,  virare  di  bordo,  prenderla  larga,  evitare  uà 
discorso.  -  Giuocar  di  registro,  mutare  discorsi  ed 
opinioni.  -  Intavolare  un  discorso,  cominciarlo,  ini- 
ziarlo; appiccare  ragionamento;  entrar  a  parlare, 
entrar  in  parole.  -  Interpolare,  inserire  in  un  di- 
scorso altrui  cose  che  non  c'erano.  -  Interrom- 
pere, troncare  momentaneamente. 

Lasciare  a  mezzo,  non  finire,  lasciare  incompleto 
il  discorso.  -  Lasciar  cascare,  lasciar  morire  un  di- 
scorso, la  conversazione,  saper  garbatamente,  senza 
rispondere  o  interrogare,  lasciar  passare  un  discorso, 
lasciar  morire,  finire  una  conversazione. 

Metterci  il  becco,  prender  parte  a  discorsi  quando 
non  si  è  chiamati.  -  Mozzar^,  tagliare,  troncare 
il  filo  del  discorso,  le  parole  in  bocca  a  uno,  tron- 
cargli il  discorso. 

Perdere  il  filo  delle  idee,  il  filo  semplicemente: 
coniondersi,  smarrirsi  nel  discorso,  cosi  da  non 
saper  venire  alla  conclusione.  -  Polemizzare,  far 
polèmica,  entrare  in  poiemica.  -  Premettere,  fare 
una  premessa.  -  Prenderla  larga,  divagare  col 
discorso  prima  di  venire  a  ciò  che  più  importa.  - 
Prender  tena  (figur.),  cessare,  smettere,  linire  il 
discorso,  dopo  averla  fatta  lunga. 

Magionare,    fare,   nel    discorso,   una   serie  di 
ragionamenti,  di  riflessioni.  -  Riassumere,   concen- 
trare  in   poche  parole  molte  idee   o   molti  falti.  - 
Hiatlaccare,  riprendere  il  discorso  stato  interrotto.  - 
Ridire,    replicare,  continuare   il    discorso     -   Rie- 
pilogare,  fare  il  riepilogo.   -  Rifarsi  addietro,  ri- 
cominciare  addietro   con    un  discorso.  -  Rimettere 
uno  in  tono:  sulla  strada  del   suo   discorso,   ne' le 
sue  azioni,  ecc.  -  Ripigliare,  riprendere   il  filo  del 
ducorso,   tornare  all'argomento  vero,   dopo  una  di- 
vagazione, una  parentesi,  ecc.  -  Riprodurre  un  di- 
scorso, ripeterlo  per  mezzo  della  stampa,  della  ste- 
nografia, ecc.  -  Rivenire,   tornare,  ritornare   all'ar- 
gomento, sull'argomento.    -   Rivoltare   la   frittata, 
rigirare  il  discorso  per  correggersi,  spesso  cadendo 
in   contraddizione.  -  Rompere   il  filo   del   discorso, 
interromperlo,   anche  sviando  le  idee  di  chi  parla. 
Sbilanciarsi,  lasciarsi  andare  col    discorso.  -  So- 
spendere un  discorso:  nell'uso,  troncarlo  momenta- 
neamente. -  Stare,  tornare  a  bomba,  tornare  al  di- 
scorso, all'argomento.  -  Stare  in  corda,  figur.,  stare 
a  segno,  non  uscire  dall'argomento.  -  Slare  in  sulk 
generali,   non  uscire   dalle   generali,    venire   o  non 
venire  col  discorso  ad  espressioni  particolari.  -  Sfare 


I 


891 


in  tono,  non  uscire  dai  termini.  -  Slare,  tornare  a 
bomba,  tornare  al  discorso,  all'argomento.-  Slamare 
un  discorso,  deviarlo,  sviarlo.  -  Stringere  l'argo- 
mento, concludere.  -  Sviscerare,  detto  di  argomento, 
di  soggetto,  trattarne  compiutamente.  -  Svoltare  col 
disrorso  (li^ur.),  entrare  in  un  altro  argomento. 

Tagliare  il  discorso,  finirlo,  troncarlo  bruscamente. 
•  Tagliare  il  ragionamento,  i  ratjionamenti,  troncare 
il  discorso.  -  Tornare  a  rasa,  tornare  dove  si  era  col 
discorso;  riprendere  l'argomento  che  si  era  abbondo 
nato.  -  Tornare  al  discorso,  riprendendo  un  discorso 
interrotto.  -  Tornare  un  passo  indietro,  per  ripren- 
dere il  filo. 

Uscire  dal  seminato,  perdere  il  segno,  il  filo  col 
discorso;  deviare  dall'argomento,  dal  proposito  - 
Venire  a  mezza  lama  o  a  mezza  spada:  venire  alla 
conclusione. 


Diversi  modi 
di  fare,  di  t  enere  un  discorso. 


Abborracciare  un  discorso,  farlo  come  vien  vien 
in  fretta  e,  per  lo  più,  malamente.  -  Accentuar^' 
far  spiccare,  leggendo,  le  parole  di  un  discorso.  ~ 
Accordare  le  parti  del  discorso,  metterle  in  quella 
rehizione  che  richiede  la  natura  della  lingua.  -  Am- 
pli fìrare^  mani  ficare  con  parole.  -  Andare  per  le 
lunghe,  allungare  noiosamente  il  discorso.  -  Andar 
su  per  i  peri,  fare  un  discorso  astruso,  mentre  po- 
trebbe essere  piano.  -  Arringare,  fare  un  discorso, 
pronunziare  un'arringa.  -  Avvolgersi  in  un  circolo 
vizioso,  di  un  discorso  in  cui  si  suppone  appunto 
quanto  si  vuol  dimostrare. 

belare,  recitare  un  discorso  con  voce  monotona. 

DiIJovdersi,  parlare  a  lungo,  essere  prolisso.  - 
Diluire  {diluito),  esprimere  poche  idee  con  abbon- 
danza e  superfluità  di  parole.  -  Dilungare,  dilun- 
garsi, andare  per  le  lunghe,  tirarla  in  lungo,  non 
finirla  a  tempo  col  discorso.  -  Dissertare,  fare  una 
dissertazione,  una  disquisizione,  una  conferenza. 

Epitetare,  usar  bene  gli  epiteti,  aggiunti  che  di- 
chiarano la  qualità,  la  difì'erenza  e  l'essenza  del 
sostantivo  col  quale  sono  accompagnati. 

Far  cascare  ti  pane  di  mano,  tenere  un  discorso 
uggioso.  -  Fare  una  lettura,  leggere  in  pubblico, 
leggere  ad  altro  un  discorso  scritto.  -  Far  un  sette 
a  levare,  fare  un  discorso  per  tastar  terreno.  -  Fi- 
lare bene  un  discorso,  esporre  le  idee  bene  ordinate, 
a  fil  di  logica. 

Immiseìire  il  tema,  trattarlo  meschinamente.  -  Zm- 
papptvarsi,  perdere  il  filo,  imbrogliarsi.  -  Incagliare, 
incagliarsi  (figur.),  non  saper  più  andare  avanti.  - 
Incanalare  un  discorso,  avviarlo  bene. 

Morir'  la  parola  ira  i  denti,  di  chi,  o  per  timidità 
0  per  ignoranza,  non  sa  cominciare  o  terminare  il 
discorso  cominciato.  -  Perifrasare,  spiegare  in  pe- 
rifrasi. -  Periodeggiare,  periodare,  con  significato  di 
pompa  0  d'afi'ettazione.  -  Pronunziare  un  discorso, 
farlo  con  una  certa  autorità  e  in  occasione  più  o 
meno  solenne. 

Rigirare  il  discorso,  fare  in  modo  d'entrare  in  un 
discorso  che  ci  accomoda  e  dal  quale  si  era  lontani.  - 
Rimbrodolare,  di  chi  rivolta  il  discorso  per  ridirsi 
e  gli  torna  peggio. 

Saltar  di  palo  in  frasca,  passare  da  un  argomento 
all'altro  senza  nesso.  Si  dice  anche  scusandoci  di 
doverlo  fare.  -  Sermonare,   far  sermone,  parlare  a 


lungo.  -  Sjìillungvellare,  snocciolare  discorsi  con  lungo 
e  facile  eloquio;  fare  un  discorso  accademico.  -  Si- 
gillare un  discorso,  chiuderlo  bene.  -  Sottolineare, 
per  estens-,  rimarcare  nel  discorso  alcune  espres- 
sioni. -  Spingere  il  disrorso  più  in  là  delle  inten- 
zioni, dire  di  più  che  non  si  vorrebbe. 

Tenere  in  parole,  allungare  il  discorso  per  distrarre 
0  per  deludere.  Tessere  un  paneijii io,  ìin  discorso, 
farlo  con  un  certo  ordine  e  non  senza  arte. 

Uscire,  nell'uso,  dire  li  per  li,  fare  un  discorso 
improvviso. 


Modi  avveubiam,  locuzioni,  massime, 
proverbi,  ecc. 


Alle  prime  parole,  appena  incominciatoli  discorso. 
-  A  proposito,  modo  col  quale  si  fa  digressione  al 
discorso,  prendendo  le  mosse  da  qualche  frase  o 
parola  che  richiami  alcunché  alla  memoria:  ad  rem 
(lat.t.  appunto.  -  h'elle  parole!  bel  discorso I ,  iron.,  a 
chi  dice  sconvenienze  o  sconcezze;  anche  a  chi  pro- 
mette, lusinga.  -  Beninteso,  modo  avverbiale  che  si 
usa  premettere  ad  un'osservazione  o  simili,  per  ac- 
cennare che  essa  è  di  natura  ovvia  e  quasi  super- 
flua a  ricordarsi:  naturalmente;  si  capisce;  va  da 
sé,  ecc.  -  Con  buona  pace  d'uno:  con  sua  grazia, 
cortesemente,  o  iron.  avversando  un  discorso  (con 
vostra  buona  pace,  è  così). 

D'altronde,  passando  ad  altra  considerazione;  avuto 
riguardo  al  resto;  d'altra  parte,  del  restante,  del 
resto,  del  rimanente.  -  Di  parola  in  parola,  di  di- 
scorso in  discorso.  -  E  cose  simili,  abbreviamento 
dopo  varie  citazioni,  per  lo  più  d'inezie,  di  cose 
vane.  -  E  cosi  e  cosi,  di  cose  lunghe,  indeterminate, 
per  abbreviare  il  discorso. 

Inne  Anne,  canzonando  discorsi  sconclusionati.  - 
Nel  processo  del  discorso,  durante  il  suo  svolgi- 
mento. -  Nondimeno,  nonostante,  malgrado. 

Per  tornare  al  discorso,  riprendendo  un  discorso 
interrotto.  -  Per  non  tediarla ,  si  dice  a  chi  ascolta, 
abbreviando  il  discorso.  -  Stringi  sti-ingi,  che  sugo 
c'è  in  quel  discorso  ?  :  accennando  a  discorso  incon- 
cludente. -  Strizza  strizza,  non  c'è  sugo  in  quel  di- 
scorso: in  conclusione,  per  quanto  tu  esamini.-  Un 
momento  l,  troncando  un'argomentazione,  un  discorso. 

-  Va'  0  via  discorrendo  :  maniera  <  he  si  usa  quando 
in  un  discorso,  accennate  due  o  tre  cose,  si  trala- 
scia di  numerare  le  altre  congeneri  o  relative.  - 
Voglio  dire,  «o/e?70  dn"e....,  riprendendosi,  spiegando. 

Che  è  questa  litania  di  nomi?...  Una  luania  che 
non  finisce  mai,  di  discorso  lungo  e  noioso.  -  Ci  si 
sorbi  tutta  quella  tirata,  quel  discorso  lungo  e  noioso. 

-  Implica  i  termini:  di  discorso  che  si  elide,  è  di- 
strutto da  un  altro.  -  La  sopraccarta  viene  a  me,  ma 
la  lettera?,  di  allusioni  più  o  meno  coperte.  -  Non 
facciamo  tanti  discorsi!  Senza  tanti  discorsi I  Pochi 
discorsi},  troncando  chiacchiere,  parole  senza  valore. 

-  Par  che  reciti  la  lezione:  di  chi  fa  un  discorso  o 
parla  buttando  giù  le  parole  sempre  coll'istesso  tono, 
senza  sentimento.  -  Smetti  i  logogrifi  e  fatti  inten- 
dere: a  chi  fa  un  discorso  sibillino.  -Spiegami  queste 
enimma,  questo  iebus,  non  intendendo  un  discorso. 

-  Stringiamo  il  discorso,  veniamo  alla  conclusione. 
Assai  pampani  e  poca  uva:  di  profferte  cerimo- 
niose, di  discorsi  senza  sugo.  -  Bel  discorso  accorcia 
giornata:  ascoltando  chi  discorre  bene,  il  tempo  passa 
piacevolmente,  senza  accorgersene.  -  /  discorsi  non 


892 


DISCO  R  TESE    —    DISCUSSIONE 


fanno  farina,  sono  inutili  le  chiacchiere  quando  vi 
ha  bisoano  di  fatti  e  di  opere.  -  Frittata  rivoltata 
sa  di  fumo  a  chi,  correggendosi,  impiastriccia  più 
che  mai  il  discorso.  -  Il  dir  fa  dire,  un  discorso 
tira  ryllro. 

Dtseortese.  Senza  cortesia;  scortese  (veggasi 
a  !-cortesifi),  sgarbato. 

Discortesla.  Inurbanità,  scortesia. 

Discoscèndere,  discoscendersi  (discosreso). 
Spaccare,  spaccarsi;  rompere,  rompersi;  fendere, 
fendei  si. 

Discostare,  di  scostarsi  (dincostamento,  disco- 
sta'o,  iliscosloj.  Scostare,  scostarsi;  portare,  andar 
lontano.  -  Scansare,  scansarsi  ;  evitare,  schivare. 

Discosto.  Alquanto  lontano. 

Discrasia.  Alterazione  degli  umori  nell'animale: 
vegi'ai  ad  umore.  -  Nel  liiitiuaggio  medico,  cattiva 
costituzione,  cattiva  cojnplessiorte. 

Discredere,  (iiscré  ersi  (discreduto).  Non 
credere  quello  che  si  credeva  prima.  -  Venire  alla 
prova,  chiarirsi;  ricredersi. 

Disereditare  (discreditato).  Togliere  il  credito 
(veggasi  a  pag.  7t).'),  seconda  colonna),  la  stima. 

Discredito.  Disistima,  scredito. 

Discrepanza  (discrepante).  Diversità,  diffe- 
renza fra  due  o  più  cose.  -  Discordia. 

Discretezza.  L'essere  discreto;  l'avere  discre- 
zióne. 

Discretiva  {potere  discrezionale).  La  potestà  di 
ordinare  sopra  casi  pei  quali  non  vi  sia  regola  pre- 
stab  lita. 

Discretivamente,  discretivo.  Veggasi  a  di- 
screzione. 

Discreto.  Che  ha  o  mostra  discrezione.  -  Di 
qualità  relativamente  buona.  -  Di  persona  abba- 
stanza buona,  abbastanza  dotata  di  abilità  nella 
sua  arte,  nella  sua  professione,  ecc.  -  Chi  è  ragio- 
nevole, non  ha  soverchia  pretesa.  -  Anche,  nel- 
l'uso, chi  è  capace  di  mantenere  un  segreto.  -  In 
matematica,  la  quantità  discontinua.  -  Uà  cristiano 
(famil.),  di  cose  che  non  saranno  un  gran  che,  ma 
neanche  pessime;  discrete  in  relazione  ad  altre  che 
abbiamo  sentilo,  provato,  cattivissime.  •  Mica  viale, 
per  discreto,  abbastanza  bello,  buono:  nel  dialetto 
milanese,  minga  mal  (frane,  pas  mal).  -  Contr.  di 
discreto,  indiscreto. 

Discretório.  Dicevasi,  nei  conventi,  la  sala  delle 
adunanze  del  Consiglio  direttivo. 

Discrezionale.  Veggasi  a  j>otere. 

Discrezióne.  La  moderazione  che  usano, 
nel  procedere,  gii  uomini  ben  costumati.  Contr., 
indiscrezione,  -  L'arbitrio  moderato  dalla  ra- 
gione, dalia  considerazione  del  conveniente,  del  giu- 
sto, dell'onesto.  Discretezza,  l'avere  discrezione.  - 
Discretivamente,  con  discrezione.  -  Discretivo,  che 
determina  discrezione  o  è  soggetto  a  discrezione. 

Discriminatura.  La  scriminatura. 

Discromatopsia.  Daltonismo,  difetto  della 
vista. 

Discussióne.  Atto  di  esaminare  il  prò  e  il 
contro  di  una  cosa  allo  scopo  di  mettere  in  rilievo 
la  veriti  ;  il  par  are  che  fanno  due  o  più  persone 
non  concordi  intorno  a  una  quistione,  a  un  ar- 
gomento, ciascuno  mettendo  innanzi  e  sostenendo 
le  pro[)rie  ragioni  ;  esame  di  altari,  di  questioni  e 
simili  fallo  in  contradditorio:  contendimeiito,  con- 
tenzione, contesa,  coiti  estazione,  controversia; 
dibattimento,  dibattito,  dibattuta:  dispula,  disputa- 
mento,  disputazione;  mischia,  piao,  questionamento, 
quistionamento;  questione,  quistione  di  parole;  ten- 


zone, trattamento,  trattazione.  ■  La  discussione  può 
riuscire  lunga,  ìioinsa,  pedantesca,  accademica,  bril- 
lante, spiritosa,  inutile,  calma,  fredda,  pacifica,  arre, 
fiera,  rabbiosa,  violenta,  indiavolata,  ecc.  -  Dispu- 
tante, chi  discute,  disputa:  contradditore,  polemista. 
-  Disputativo,  che  ha  forma  di  disputa,  di  discus- 
sione (metodo,  modo,  ecc.).  -  Socratico,  oratorio, 
sillogistico,  i  tre  metodi  del  disputare,  del  discu- 
tere. -  Vivo  d'una  discussione,  il  punto,  il  momento 
nel  quale  essa  è  maggiormente  calorosa,  infervorata. 

Antilogia,  specie  di  dialogo  o  scena  in  cui  uno 
degli  interlocutori  sostiene  una  cosa  e  l'altro  lo  con- 
traddice: discussione  in  contradditorio.  -  Batracomio- 
machia politica,  parlamentare,  ecc.,  disciissione  dalla 
quale  pare  vogliano  saltar  fuori  grandi  cose,  ma  che 
poi  si  risolve  in  una  discussione  ridicola.  -  Discus- 
sione generale,  nel  linguaggio  parlamentare,  quella 
che  serve  a  stabilire  se  una  legge  è  applicata  in 
màssima.  -  Discussione  speciale,  quella  che  serve  a 
stabilire  se  una  legge  è  applicata  nei  singoli  articoli 
che  la-  compongono.  -  Disputa,  discussione  dotta.  - 
Disjiuta  della  lana  caprina,  discussione  inutile.  - 
Di  spilla  torio,  esercizio  accademico  del  disputare.  - 
Disseriazione,  discussione  critica  e  dettagliata  di 
una  questione  speciale.  -  Disquisizione,  particolareg- 
giata esposizione  d'un  punto  scientifico  controverso; 
anche,  in  significato  dispregiai.,  discussione  metico- 
losa e  sofistica.  -  Loi,omavhia,  disputa  sofistica  di 
parole  o  sulle  parole.  -  Polemica,  discussione 
controversa  in  iscritto. 

Aggiornamento  (a  tempo  determinato  o  indetermi- 
nato), proroga  della  discussione.  -  Ammennicolo,  ca- 
villo per  appoggiare  una  ragione.  -  Anteoccupazione, 
altrimenti  anticipazione,  prolessi:  il  prevenire  una 
obiezione  per  abbatterla  tosto.  -  Apodossia,  atto  di 
respingere  con  violenza  e  indignazione  una  obbie- 
zione. ■  Disputatorio,  esercizio  accademico  del  dispu- 
tare. -  Obbiezione,  dubbio,  difficoltà  o  ragione 
opposta  ad  una  dimostrazione;  argomento  contrario 
die  si  adduce  nelle  discussioni  d'una  tesi.  -  Pira- 
stica,ì\  saper  abilmente  convincere  l'avversario  con 
raziocini  diretti.  -  Pregiudiziale,  la  quistione  o  la 
eccezione  che,  risolta,  rende  inutile  qualsiasi  ulte- 
riore esame  di  un  tema  o  di  una  controversia,  inu- 
tile il  discutere  ulteriormente.  -  Procatalessi  (gr.), 
preoccupazione;  l'ovviare,  anzitutto,  ad  una  obbie- 
zione. -  Proposizione,  serie  di  cose  da  discutere  o 
meditare.  -  Quistionario,  questionario,  serie  di  qui- 
stioni  sottoposte  alla  discussione,  perché  venga  pro- 
posto uno  scioglimento.  -  Quistione,  questione, 
proposta,  tema,  di  cui  si  discute  e  si  cerca  lo  scio- 
glimento. -  Rèplica,  il  ribattere  sul  discutere. 


Discutersi. 


Discutere. 

Discutibile.  —  Discusso. 


Discutere,  parlare,  non  concordi,  che  fanno  due 
0  più  persone  fra  loro  su  un  argomento,  una  qui- 
stione; esaminare  in  contradditorio;  anche  sostenere 
un  argomento  da  solo  dinanzi  a  un  uditorio,  op- 
pure per  iscritto,  dinanzi  ai  lettori:  abburattare, 
burattare;  contendere,  contrastare,  controvertere; 
dibattere  il  prò  e  il  contro,  le  ragioni;  dibattersi, 
disputare  prò  e  contro;  fare,  tener  discussione;  per- 
trattare,' piatire;  quislionare,  quistioneggiare  ;  ra- 
gionare in  contrasto,  rimestare;  tenzonare,  trattare  ; 
vagliare,  venire  a  ragione,  ventilare.  -  Acchetarsi, 
calmarsi  dopo  una  discussione  vivace;  anche,  ar- 
rendersi   alle   ragioni  dell'  avversario.    -  Addurre, 


DISCUTERE    —    DISEGNO 


893 


produrre,  citare  argomenti,  fatti,  ecc.,  propri  o  re- 
lativi alla  discussione.  -  Azzuffarsi,  venire  a  di- 
scussione violenta,  a  poiemiciie  villane. 

Cadere  in  questione,  venire  a  discussione  -  Con- 
fondere l'avversano,  annientarne  le  argomentazioni, 
ridurlo  nell'impossibilità  di  continuare  la  discus- 
sione. -  Cont'utare,  dimostrare  che  certe  ragioni 
altrui  non  reggono  ai  colpi  della  ragione:  op/m- 
gnare  {confutativo,  atto  a  l'oiifulare).  -  Conlnulire, 
contraddire,  ribattere  in  altro  modo  una  cosa  che 
uno  asserisce.  -  Convincere,  provare  all'avversario 
il  suo  torto,  il  suo  errore;  persuaderlo  di  ciò.  - 
Combinare  un  argomento  con  ragioni,  con  autorità, 
ecc.,  rinforzarlo.  -  Confutarsi  da  sé:  di  chi  si  contrad- 
dice al  punto  che  non  mclle  più  conto  rispondere. 
Dare  sulla  voce,  contraddire  bruscamente.  -  Di- 
sputare con  la  spada  alla  mano  (figur.),  sul  seno, 
con  forti  argomenti.  -  Essere,  stare  a  consulto,  di 
persone  che  stanno  discutendo.  -  Essere  due  riechi 
che  fanno  alle  bastonate:  di  due  che  discutono  senza 
sapere  quel  che  si  dicono.  -  Far  disctissione,  met- 
tere in  questione,  porre  a  consiglio;  proporre  la 
discussione,  presentare  all'esame  di  un'adunanza, 
di  un'assemblea. 

Giudicare,  decidere,  finire,  comporre  una  contro- 
versia, finire  di  discuterne.  -  Incalzare  l'argomento, 
insistere  nel  sostenerlo  -  Infirmare,  confutare,  ri- 
battere, render  nuno  saldo,  riferendosi  ad  argo- 
menti, prove,  ragionamenti,  ecc.  -  Intavolare,  fare 
le  prime  proposizioni  per  cominciare  la  discussione 
Mettere  una  questione  sul  tappeto,  metterla  in  di- 
scussione, proporla,  esaminarla.-  Obiettare,  fare  ob- 
biezione. -  Polemizzare,  far  polemica. 

Ricoiifutare,  ripete  confutare.  -  Ridisputare  (ripete 
disputare),  ripigliare  la  discussione,  tornare  alla 
carica.  -  Eimbeccare,  rispondere  prontamente  e 
in  modo  acconcio.  -  Rvoicere  un  argomento,  rivol- 
gerlo contro  chi  l'ha  addotto. 

Stacciare  una  quistione,  discuterla.  -  Stare  sul 
grande,  sulle  genei-ali,  non  entrare  veramente  nel 
merito  della  questione.  -  Tirarsi  per  i  capelli,  di- 
scutere sopra  un  contratto  per  levarne  patti  van- 
taggiosi. 

Dato  e  non  concesso,  quando,  per  combattere  la 
proposizione  conseguente  dell'avversario,  gli  si  am- 
mette come  vera,  per  semplice  ipotesi,  la  precedente. 
E  nel  linquaggio  comune  quando  si  ammette  come 
vera  una  ragione  che  non  crediamo  tale,  per  com- 
batterla in  altra  maniera  -  In  alto  mare,  metafori- 
camente, quando  una  questione  è  ancora  insoluta  e 
tarderà  molto  a  risolversi. 

Discutersi  (di  cosa  che  cade  in  discussione):  en- 
trare in  causa,  in  questione;  esservi  contesa,  dibat- 
timento, dibattito,  discussione;  farsi  dubbio,  farsi 
pugna,  farsi  questione  ;  stare  in  controversia. 

Discutibile:  che  si  può  discutere,  perchè  non  è 
ancora  dimostrato:  confutabile,  controvertibile,  cri- 
ticabile, disputabile,  problematico,  questionabile,  sin- 
dacabile. Contr.,  indiscutibile,  indisputabile,  inne- 
gabile (che  non  si  può  negare). 

Dtsn<sso,  che  fu  oi;gttto  di  discussione:  confutato, 
controverso,  disputato.  Contr.,  indiscusso,  certo. 

Discùtere  {discutibile,  discusso).  Far  discus- 
sione. 

Disdegnare  {disdegnato).  Avere  a  sdegno,  in 
disprezzo, 
Disdég^no.  Ira,  sdegno  ;  dispregio,  disprezzo. 
Disdegnoso.  Veggasi  a  disprezzo  e  a  sdegno. 
Disdétta.  Cattiva  sorte,  disgrazia,  controfor- 


tuna, sfortuna,  speciaimente  nel  giuoco.  -  Veg- 
gasi ad  aftitfo  e  ad  obbligazione. 

Disdice vole.  Non  conveniente;  sconvenevole, 
sconcenìente. 

'Disdire  {disdetto).  Il  ritrattare  le  cose  dette 
0  promesse.  -  Rinunziare,  fare  rinunzia  ad  amicizia 
e  .Mmili.  -  Intimare  la  cessazione  di  un  affitto,  di 
un  contratto;  intimare  al  debitore  di  restituire 
denaro  dato  in  deposito  e  simili.  -  Non  essere 
conveniente,  essere  sconvenevole,  sconveniente. 

Disdirsi  ((/isf/e«o).  Cadere  \n  contraddizione. 

Disdòro.  Lo  stesso  che  disonore,  vergogna. 

Disegnare  {disegnato,  disegnatore).  Vd^raym  di- 
segno: delineare.  Figur.,  descrivere,  fare  una  de- 
scrizione.-OràinzvQ  nella  mente,  concepire,  ideare, 
formulare  wn'idea  o  più  idee.  -  Determinare  nell'a- 
nimo, prefiggere  nel  pensiero.  -  Divisare,  far  pensiero, 
proporsi,  avere  intenzione. 

Disegrnatore  {diseyuatrice).  Chi  disegna,  la  il 
disegno. 

Di  segnatura.   Il  disegnare,  fare  un  disegno. 

Diségno.  P^igura  accennala  con  linee;  ogge-lto 
disegnato;  rappresentazione  allineata  delle  varie  ap- 
partenenze ai  diversi  ornati  d'uso  edilizio:  disegna- 
mento;  illustrazione,  tocco  in  penna  o  in  matita. 
A' che,  l'arte  del  disegnare:  arte  figurativa,  arte 
muta  Dicesi  parziale, odi  dettaglio {trsinr.es.)  quando 
compnnle  tuttp  le  parti,  tanto  di  modanatura  che 
di  ornaiiMnto.  C)ntr.,  diseyno  d'insieme.  -  Si  fa  il 
disegno  fl  conto, no,  a  ca/bonrino,a  colori,  ad  acqua- 
rello, lineare,  geometrico,  d'ornamento,  di  figura,  dal 
ve,o,  0  ,  optando,  e.  e.  •Architettonico,  disegno  d'una 
e  sa,  din  giar  ino,  ecc.  -  Gr«/iro,  della  rappresen- 
tizione  d'uggetti  per  linee  di  di-egno. 

Le  tre  arti  del  disegno:  la  pittura,  la  scultura 
1  architettura.  ' 

Del  disegnare 
B   sue   varie   opehazioni. 

Acquarellare,  toccare,  adorni  rare  il  di,«egno  con 
acquarello.  -  Arabescare,  disegnare  arabeschi,  or- 
nare con  arabeschi:  damaschinare,  rabescare.  -Au- 
tografare, trasportare  un  disegno  o  uno  scritto  sulla 
pietra,  per  farne  dei  facsimili. 

Calcare,  percorrere  con  una  punta  dura,  sottile, 
ma  lisciamente  smussata,  la  linea  di  un  dise-no, 
premendole  sopra  una  carta  lucida  sovrapposta"  ca- 
pace di  ben  conservarne  i  segni  o  solchetti,  i  quali 
poi  si  ricalcano  sopra  un  altro  foglio  bianco  con 
l'interposizione  della  carta  tinta  E  calco  l'azione 
del  calcare,  il  delineamento  che  se  ne  ntra-^,  e  anche 
il  foglio  lucido  calcato.  -  Cancellare,  cas.<are, 
sopprimere  una  parte  del  disegno,  o  tutta,  strofi- 
nandovi sopra  con  la  gomma  elastica,  con  mollica 
di  pane,  ecc.  -  Compoii'e,  disegnare  inventando. 
-  Copiare  un  disegno,  decalcare,  rilevare,  riportare, 
ritrarre,  togliere  dal  modello.  -  Correggere  m 
disegno,  cancellarlo  e  rifarlo  nelle  parti  difettose. 

Delineare,  rappresentare  a  semplici  contorni  le 
figure,  il  paesaggio,  ecc.  -  Dintornare,  segnare  i 
contorni  di  una  figura.  -  Disegnare,  rappresentare 
un  oggetto  qualunque  con  la  matita,  con  la  penna, 
col  carboncino:  far  la  figura;  figurare;  tuccar  di 
penna  o  di  matita:  tener  in  mano  tostile;  tracciare, 
tratteggiare. 

Far  di  capriccio,  parlando  di  arti  del  disegno, 
vale  operare  di  fantasia,  senza  togliere  dal  vero.  - 


894 


Frapppggiare,  disegnare  fronle  e  foglie  insieme.  - 
Graticolare,  mettere  la  graticola  per  ricopiare  un 
disegno. 

Lucidare,  ricopiare  esattamente  un  facsimile,  un  di- 
segno, ecc.,  con  un  foglio  o  una  tela  trasparente,  met- 
tendoli a  riscontro  della  luce.  -  Ombrare,  ombreg- 
giare, dare  con  le  ombre,  convenientemente  digra- 
date, il  rilievo  ai  corpi  rappresentati  in  un  disegno 
0  in  una  pittura:  adombrare. 

Proliinre,  disegnare  e  formare  la  sezione  verticale 
d'un  edificio  o  d'una  parte  di  esso.  -  Papazzeltare, 
disegnare  pupi  o  pupazzi  o  pupazzetti,  specie  di 
caricature  tirate  giù  alla  brava,  nei  giornali. 

Rapportare,  trasportare  disegni,  piante  e  s'mili 
sulla  carta.  -  Hialrare,  ripassare  con  istruiaento 
ad.itlo  sopra  un  disegno,  o  un  dipinto,  per  renderlo 
più  evidente  e  durevole:  andar  ritrovando  con  la 
matita;  ridisegnare,  rifare,  rifiorire.  Riralcata,  il 
ricalcare  una  volta;  ricalcatara,  l'azione  del  rical- 
care. -  Ricavare  un  disegno,  copiarlo.  -  Ridùegnare, 
ripete  disegnare.  -  Rilevare,  fare  il  disegno  di  levata 
0  di  rilievo  {rilevamento,  il  rilevare). 

Sbozzare,  dare  la  prima  forma,  la  bozza,  l'ab- 
bozzo. -  Schizzare,  disetjnare  alla  grossa.  -  Se- 
gnare, notare  le  misure,  i  profili,  le  g  unte,  i 
taijli,  le  opere  da  fare:  tracciare.  -  Sfumire, 
digradare  dolcemente  i  tratti  della  matita  o  del- 
l' incliio-(tro,  dell'  acquarello,  facendo  scomparire 
la  ruvidezza  dei  pruni  con  lo  sfumino,  quella  dei 
secondi  eoi  pennello,  e  così  da  rendere  pastoso  il 
disegno,  tondeggiarlo  e  farlo  rilevare.  -  Spolverare, 
spolverizzare,  passare  con  lo  spolvero  sopra  un  di- 
segno punteggiato  con  ago  o  spillo,  per  riportarlo 
su  muro,  su  legno,  ecc.  -  Spolverizzare,  trasportare 
sopra  un  foglio  o  su  altra  superficie  un  disegno 
mediante  lo  spolvero  e  il  battispolvero.    ^    ■ 

Tratteggiare,  tirare  linee,  fregi,  contorni,  ecc. 

Arnesi  e  altre  cose  per  disegnare. 

Arnesi.  —  Battispolvero,  spolverezzo,  bottone  o 
sacchetto  di  pannolino,  fine  e  rado,  in  cui  è  messa 
polvere  di  carbone,  o  di  gesso,  o  altro,  ad  uso  di 
spolverizzare,  picchiando  leggermente,  o  strofinando, 
i  bucolini  dello  spolvero.  -  Ca/ta(oéo,  arnese  appun- 
tato per  ricopiare  i  disegni.  -  Camera  ottica,  {ca- 
mera oscura:  istrumento,  in  forma  per  lo  più  di 
cassetta,  col  quale,  mediante  uno  specchio  inclinato, 
si  disegnano  sopra  un  piano  gli  oggetti  che  da  un 
dato  punto  appariscono  in  prospettiva.  -  Carbon- 
cino, piccolo  cannello  di  carbone:  si  trae  dall'evo- 
nimo (pianta  ranmacea)  e  da  altre  piante.  -  Com- 
passo, strumento  che  serve  a  misurare  piccole 
lunghezze  e  a  descrivere  circoli  o  archi  di  circolo. 
-  Coordonografo,  istrumento  per  la  prospettiva.  - 
Curinyrafo,  istrumento  per  tracciare  curve. 

Din f litògrafo,  apparecchio  che  serve  a  disegnare 
un'  immagine  attraverso  un  vetro.  -  Fisionotrace, 
istrumento  per  disegnare  ritratti.  -  Graticola,  qua- 
dralo ili  lili  messo  sopra  un  quadro,  o  disegno,  per 
ricopiarlo  esattamente.  -  Iconografo,  specie  di  pan- 
tografo, isiruinento  per  disegnare.  -  Lucido,  stru- 
mento inventilo  dal  l'ollastron  e  modificato  da  altri, 
usalo  per  rifare  le  vedute,  ricopiarle,  riprodurle,  an- 
che senza  conoscere  il  disegno;  cosi  pure  per  misu- 
rare le  imungini  date  dai  cannocchiali,  dai  micro- 
scopi, e  (lelinearle  sulla  carta. 

Matita,  c()r[)0,  naturale  o  artificiale,  col  quale 
si  tirano  linee  e  si  disegna  su  carta.    -  Matitatoio, 


cannello  di  lamina  metallica  alle  cui  estremità  ri- 
fesse si  adatta  un  pezzo  di  matita,  di  carbone  o 
d'altro,  tenutovi  stretto  con  un  anello  scorsoio:  serve 
per  tirar  linee  e  per  disegnare. 

Odontógrafo,  strumento  per  disegnare  sulla  carta 
le  superficie  curve  dei  denti  di  ruote  dentale.  - 
Oxanoscopio  elettrico,  apparecchio  che  permette  di 
ottenere  l'ingrandimento  di  disegni  e  di  fotografie, 
senza  bisogno  di  vedute  trasparenti. 

Pantògrafo  (beco  di  cicogna,  parallelogrammo), 
strumento  che  serve  a  copiare  disegni,  mutandone 
la  scala.  -  Parallelo  (comunemente  parallele),  specie 
di  doppia  riga,  da  potere  con  essa,  e  senza  uso  di 
compasso,  tirare  linee  parallele:  sono  due  righe  in 
uno  stesso  piano,  imperniate  ciascuna  in  due  staffe 
o  spraighette  oblique,  d'oUone,  e  perciò  da  potersi, 
esse  ri, ne,  scostare  più  o  meno  una  dall'altra  obli- 
quamenlff,  conservando  tuttavia  il  parallelismo.  Ta- 
lora le  due  spranghelle  sono  snodale  nella  loro 
metà,  e  1;  due  parti  prendono  la  forma  di  un  V; 
allora  il  movimento  di  ciascuna  riga  si  fa  in  i  ira- 
itonti  perpenilicolare  ai  lati  delle  ri^he  stesse,  e  ie 
linee  parallele  si  possono  segnare  su  qualsiasi  lungo 
foglio,  senza  che  occorra  di  riportare,  di  tempo  in 
tempo,  in  mezzo  al  medesimo,  l'intero  strmiunto. 
-  Penna,  noto  arnese  che  si  adopera,  per  lo  più, 
per  scrivere  -  Pennello,  in  generale,  mazzetlo  di 
peli  d'animali,  strettamente  legali  in  cima  a  una  leg- 
gerissima asticciuola:  serve  per  dipingere  o  per 
colorare  i  disegni.  -  Piombino,  strumento  per  ab- 
bozzare con  matita  color  piombo.  -  Portalapis,  veg- 
gasi  a  matita. 

Randa,  regolo  usato  per  disegnare  gli  archi  sui 
muri.  -  Rapportatore,  semicerchio  per  misurare  e 
tracciare  angoli  sulla  carta.  -  Regolo,  lo  stesso  che 
quadrello:  arnese  per  rigare.  -  Reticolato,  rete  che  si  fa 
a  quadretti  per  copiare  i  disegni.  -  Riga,  stecca  di 
legno  sodo,  o  di  metallo,  o  d'  altro,  lunga  alcuni 
palmi,  larga  poche  dita,  diritta,  piana,  sottile,  a 
lati  paralleli,  uno  di  essi  a  smusso,  o  anche  a 
inlaccatura:  serve  di  guida  al  lapis,  al  tiralinee,  o 
alla  penna  per  menare  linee  diritte  sulla  carta.  - 
Riga  per  le  curve,  pezzo  d'assicella  sottilissima,  a 
trafori,  contornata  in  curve  ellittiche  o  altre  non 
descrivibili  col  compasso. 

Setolone,  sorta  di  carboncino.  -  Sfumino,  piccolo 
rotolo  cilindrico,  di  pelle,  di  seta  o  anche  di  caita, 
ravvolta  su  di  sé  in  giri  ben  serrali,  appuntalo  ai 
due  capi,  che  serve  a  sfumare  i  disegni  a  matita 
0  a  carbone.  -  Spolvero,  foglio  di  carta  o  di  e  r- 
lone  sul  quale  è  il  disegno,  i  cui  tratti  vengono 
finamente  bucherati  con  uno  spillo:  sopra  questi 
forellini,  facendo  passare  il  battispolvero,  il  diseg.io 
rimane  segnato  nel  sottoposto  foglio  da  altrettanti 
puntini  facili  a  riunirsi  con  una  linea.  Anche,  sac- 
chetto pieno  di  carbone  trito,  o  di  gesso  o  sim., 
che,  scosso  su  un  disegno  bucherellato,  serve  a  ri- 
portarlo nella  decorazione  e  sim.  -  Squadra,  stru- 
mento di  metallo,  o  anche  di  legno,  col  quale,  nelle 
varie  arti  del  disegno,  si  possono  delineare  o  rico- 
noscere angoli  retti.  -  Squadra  da  tavolino,  piccola 
squadra  fatta  di  grossa  lamina  d'ottone.  -  Squadra 
a  gruccia,  particolare  foggia  di  squadra  di  legno, 
con  la  quale  gli  architetti  tirano  linee  ora  paral- 
lele, ora  perpendicolari  ai  lati  della  tavoletta  su 
cui  lavorano.  -  Squadrelta,  triangolo  rettangolo  di 
letjno,  che  serve  a  tracciare  perpendicolari  e  pa- 
rallele. -  Squadrelta  da  curve,  compassino  da  cer- 
chi, istrumenti  per  eseguire  disegni  con  molta  dili- 
genza.  -   Stampino,  ai-nese  che  s-irve  a  riprodurre 


I 


DISEGiVO 


895 


un  disegno  in  rilievo  o  in  sfondo.  -  Stile,  verghetta 
sottile  che  serviva  a  scrivere  e  a  disegnare. 

Tavoletta,  o  specchio,  rettangolo  di  legno,  perfet- 
tamente piano,  sul  quale  i  disegnatori  attaccano  il 
foglio  di  carta  che  deve  ricevere  il  disegno.  -  Ti- 
ralinee, piccolo  arnese  usato  per  segnare,  con  l'in- 
chiostro o  con  colori,  linee  sulla  carta  :  è  composto 
di  due  lamine  d'  acciaio  che  si  avvicinano  e  si  sco- 
stano a  volontà  mediante  una  vite. 

Altke  cose.  —  Acquerello,  colore  molto  inacquato 
con  cui  si  (là  a  un  disegno  una  tinta  unica  a  vari 
gradi  d'intensità  nei  vari  luoghi,  per  ombreggiarli 
-  Bistro,  fuliggine  stemperata  per  lavorare  i  dise- 
gni. -  Carta  tinta,  foglio  di  carta  lucida,  una  fac- 
cia del  quale  si  strolina  con  polvere  di  nialita  o  di 
carbone,  che  serve  a  far  rimanere  i  segni  sul  fo- 
glio bianco  nell'operazione  del  ricalcare.  -  Corta 
lucida,  carta  vegetale^  carta  gelatina,  sorta  di  carta 
sottilissima  e  trasparente,  che  serve  sia  a  lucidare, 
sia  a  calcare.  Si  sostituisce  ad  essa  aiiclie  una  tela 
finissima,  trasparente,  appositamente  faboricata.  - 
Carmino  per  i  rossi,  gomma-yiitla  pel  giallo,  bleii 
di  Pruxaia,  o  azzurro  di  Berlino  pel  celeste,  lique- 
rizta,  fuUygine  e,  meglio  ancora,  calfé  riero  per 
tinte  neutre  :  si  usano  per  dare  maggiore  risalto  al 
disegno. 

Disegni,  gli  esercizi  o  i  modelli  che  servono  allo 
studio  del  disegno. 

Fissativo,    liquido   che   si    spruzza  sui  disegni  a 

f)astello  per  conservare  1  colori.  -  Fuliggine,  colore 
òsco. 

uessetto,  il  bianco  che  danno  gli  artisti  quando 
disegnano  a  due  matite.-  Gomma  e/ashca,  caucciù: 
veggasi  a  gomma.  •  Grafite,  o  piombaggine,  car- 
buro di  ferro,  minerale  tenero,  untuoso  al  tallo,  di 
lucentezza  quasi  metallica,  composto  di  moltissimo 
carbonio  unito  a  pochissimo  ferro:  lascia  sulla 
carta  seiini  neri  e  tendenti  all'azzurrigno. 

Inchiostro,  liquido  per  lo  più  nero,  talora 
violetto  0  d'altro  colore,  in  cui  s'intinge  la  penna 
per  scrivere  o  per  disegnare  {inchios  ro  della  China, 
inchiostro  di  seppia, -ecc.).  -  Lucido,  foglio  di  carta 
lucida  sul  quale  è  stato  lucidato  un  disegno. 


Disegni  diversi. 


Abbozzo,  primo  e  incompleto  disegno  (veggasi  ad 
abbozzare).  -  Accademia,  figura  disegnata  pren- 
dendo a  modello  un  corpo  nudo.  -  Arabesco,  o  ra- 
besco, disegno  a  fiori  e  fregi,  di  stile  moresco:  ghi- 
rigoro, quasi  girigogolo,  rigiro;  meandro,  ritorli- 
glio,  tratti  intrecciati  {viticci,  arabeschi  che  nascono 
dalla  combinazione  degli  archi  con  le  spirali).  - 
Bonhomme  (frane),  disegno  fatto  da  un  fanciullo. 
-  Bozzetto,  disegno  o  modello  non  rifinito  di  un'o- 
pera d'arte,  che  dev'  essere  eseguita  più  in  grande 
0  più  finita. 

Calco,  il  disegno  ricalcato  sopra  un  altro  foglio. 
L'impronta  che  riceve  un  foglio  bianco,  steso  sopra 
nn  disegno  a  matita,  e  calcato.  -  Caricatura, 
rappresentazione,  in  disegno,  d'  una  o  più  persone 
con  somiglianza,  ma  con  esagerazione  dei  difetti 
(caricatura  spiritosa,  sciocca,  goffa,  ecc.).  -  Cenno,  le 
prime  tracce  o  linee  di  un  disegno.  -  Chiaroscuro, 
disegno  o  pittura  di  un  solo  colore,  ma  più  o  meno 
carico  nelle  varie  parti,  per  dare  rilievo  coi  chiari 
e  con  gli  scuri.  Anche,  monocromato.  -  Ciano- 
grafia,  disegno   ottenuto   su   carta   cianografica.  - 


Controcalco,  ricalco  del  disegno  già  ottenuto  col 
calco,  acciocché  questo  secondo  disegno  si  presenti 
dalla  parte  stessa  in  cui  si  olire  allo  sguardo  l'ori- 
ginale, il  modello.  -  CromoUlografia ,  veggasi  a  li- 
tografia. •  Croquis  (frane),  schizzo.  -  Diagramma, 
disegno,  figura  che  serve  per  una  dimostrazione. 

Disegno  a  tre  matite,  con  la  bianca  per  i  chiari, 
la  nera  per  le  ombre,  la  rossa  per  le  carni.  -  Di- 
segno freddo,  contr.  di  colorito,  vivace:  disegno 
poco  espressivo.  -  Disegno  in  pianta,  o,  assolulain., 
pianta,  disegno  d'  una  città,  d' un  giardino,  ecc., 
rappresentante  le  posizioni  e  le  proporzioni  rila- 
tive  delle  sue  difl'erenti  parti.  -  Disegno  lineare, 
rappresentazione,  in  diverse  grandezze,  della  figura 
geometr/i^ca  (veggasi  a  geometria]  e  di  tutti  gli 
oggetti  che  si  offrono  alla  nostra  vista,  con  le  lor 
forme  e  disposizioni.  -  Disegno  schernii tico,  di  soP 
linee,  senza  ombre,  ecc.:  la  forma  più  semplice® 
disegno  di  progetto,  di  modello. 

Efjii^ie,  disegno  che  riproduce  persona,  cosa,  ecc.; 
immagine* 

Figure  di  Chladni,  i  disegni  che  si  ottengono  po- 
nendo della  sabbia  su  una  lastra  orizzontale  e  stro- 
finando questa  su  un  lato  con  un  archetto  di  vio- 
lino. -  FotolUotjrafi,a,  folozincotipia,  veggasi  a  fo- 
tografia. -  Frappa,  foglie  e  frenile  disegnate  in- 
sieme. -  Fregaccio,  pochi  tratti  di  matita  che  pos- 
sono essere  pieni  di  maestria.  -  Frego,  disegno  mal 
fatto. 

Geo,  smorfia,  caricatura.  -  Girigògolo,  linee  ti- 
rate giù  senza  nessun  disegno.  -  Graffito,  disegno 
a  chiaroscuro,  con  linee  profonde,  nei  muri  o  sui 
pavimenti  delle  stanze.  -  Gramolvna,  esecuzione  sco- 
lastica di  ornamenti  e  di  figure  a  punta  di  matita.  - 
Iwisione,  disegno  riprodotto  dall'incisore.  -  Li- 
tografia, disegno  riprodotto  sulla  pietra. 

Mappa,  disegno  esprimente  e  rappresentante 
una  provincia,  un  paese  e  simili  :  si  usa  per  lavori 
topojjrafici. 

Paesaggio,   disegno  rappresentante  la  campa- 
gna. -  Pastello  (pittura  a),  sistema   di    disei;nare    e 
color  re  in  lapis  di  diverso  colore  con  sostanze  ri-  ' 
dotte  finissime  e   tenerissime,   tali  che  si  possono 
tu.idere   assieme   e   sfumare   con    un    leggerissimo 
strofinamento.  -  Pianta,  disegno  particolareggiato  di 
un  edificio,  un  locale,  un  luogo  :  proiezione  orizzontale 
'Prof'ilo,  disegno  della  linea  estrema  di  un  jggetlo, 
Prospettiva,  disegno  che  rappresenta    gli  oggett* 
quali  a[ipaiono.  -  Prospetto,    disegno    delle    cosg 
come  fossero  di  prospetto.  -  Progetto,  disegno  d 
un'opera  da  eseguirsi.  -  Puppazzetto,  sorta  di  cari- 
calura  d'alcuni  giornali  romani. 

Schema,  disegno  ;  progetto,  modello.  Disegno  di 
cosa  che  poi  deve  essere  svolta.  -  Schizzo,  specie 
di  disegno  senz'ombra  e  non  terminato.  Schiz- 
zetto, dimin.  di  schizzo.  -  Scozzese,  disegno  a  dadi 
non  piccoli.  -  Seyno,  fregio  o  altro  disegno  trac- 
ciato su  una  superficie  -  Silhouette  (frano,  disegnose- 
condoi  contorni  dell'ombra. -S/;accato,dise^nointeriio 
d'un  fabbricato,  rappresentato  sulla  carta  -  Spolvero^ 
disegno  che  si  trasporta  da  un  foglio  di  carta  su  una 
parete,  una  tavola,  una  tela,  o  sopra  carta,  bucando 
con  uno  spillo  tutti  i  contorni,  e  per  questi  fori 
facendo  penetrare  polvere  nera  (spolveratura),  che 
risalti  dal  fondo  su  cui  si  opera.  -  Studio  dal  vero, 
disegno  d'una  testa,  d'un  paesaggio,  ecc.,  fatto  da 
un  artista  a  scopo  di  studio. 

Tatuaggio,  disegno  latto  sul  corpo  dai  popoli 
selvaggi.  -  Tocco  in  penna,  disegno,  ritratto  a  penna. 


896 


DISEGUAGLIANZA    —    DISEHTORE 


-  \eduta,  paesaggio,  prospettiva.  -  Vignetta,  voce 
d'uso  per  figura,  disegno,  illustrazione. 

Particolari    di   un    disegno 
0  del  disegno. 

Alzato,  ortografia,  elevazione:  la  proiezione  ver- 
ticale che  fa  Vedere  il  lato  principale  che  avrà  la 
costruzione  disegnata.  -  Campo,  spazio  del  disegno 
sopra  il  quale  sono  distrihuite  le  figure.  -  Compo- 
sizione, 1  insieme  del  disegno;  anche,  il  modo  di 
farlo.  -  Contorno,  la  linea  esterna,  il  lineamento 
estremo  delle  figure  (contorni  bene  o  male  rilevati, 
sfumati,  ecc.).  -  Contr attaglio,  lavoro  col  quale  i 
disegnatori  (e  i  setaiuoli)  tirano  linee  diagonali 
sopra  altre  linee,  per  rendere  più  cupi  gli  scuri. 

LineUf  tratto  semplice  che  ha  lunghezza  senza 
larghezza.  -  Nodo  di  nastri,  combinazione  di  linee 
e  d'archi  di  circolo  in  una  rete   quadrata  obliqua. 

Ombra,  il  colore  più  o  meno  scuro  che,  digra- 
dando verso  il  chiaro,  rappresenta  l' ombra  vera 
dei  corpi.  E  mezz'ombra  la  sfumatura  dell'ombra, 
ossia  quella  tinta  che  circonda  l'ombra.  -  Ornato, 
parte  del  disegno  che  insegna  a  fare  ornamenti 
(fiori,  foglie,  ecc.). 

Parabola,  curva  chiusa  da  una  parte  sola.  - 
Piega,  sinuosità  delle  vesti  nelle  figure  dipinte  o 
scolpite.  -  Prospettiva,  V  arte  di  rappresentare 
sopra  una  superficie  piana  gli  oggetti  tali  e  quali 
si  scorgono  nella  loro  solidità  :  è  lineare  od  aerea. 

-  Proiezione,  sporto,  risalto.  E  proiettivo,  attinente 
a  proiezione. 

Rete  a  quadrati,  rete  triangolare,  rete  romboidale  : 
servono  per  disegni  di  ornati.  -  Riduzione,  copia 
che  si  fa  di  un  oggetto,  dandogli  la  stessa  forma 
e  dimensioni  minori. 

Scala  ticonica,  la  scala  dei  disegnatori,  con  le 
trasversali  oblique.  -  Sciografia,  o  spaccato,  profilo 
o  sezione  di  un  edificio,  per  rappresentare  la  parte 
interna.  -  Scorcio,  parte  fuggente  della  prospettiva: 
è  la  inevitabile  diminuzione  di  una,  di  due  o  an- 
che di  tutte  e  tre  le  dimensioni  di  un  corpo  dise- 
gnato in  prospettiva.  -  Scozia,  curva  ornamentale 
architettonica.  -  Sezioni  coniche,  spirali,  curve  che 
occorrono  nei  disegni  tecnici. 

Tono,  identità  delle  tinte.  -  Tratteggiatura,  trat- 
teggio, intreccio  di  linee. 


Chi  disegna.  —  Cose  e  termini  vari. 


Architetto,  chi  fa  il  disegno  in  pianta  per  la 
costruzione  degli  edifici.  -  Caricaturista,  chi  dise- 
gna caricature  per  giornali  umoristici,  ecc.  -  Dise- 
gnatore, disegnatrire,  chi  disegna  o  esercita  l'arte 
del  disegno  ;  chi  fa  esemplari,  disegni  pfr  rica- 
mo, -  Digross'ito  nel  disegno,  di  chi  ne  ha  appreso 
i  primi  rudimenti.  -  Figurista,  artista  valente  nel 
disegno  della  figura.  -  Lucidatore,  chi  ricopia  ma- 
terialmente un  disegno  altrui,  sovrapponendovi 
carta  trasparente.  Dicesi  anche  per  imitatore  ser- 
vile. -  Mappatore,  chi  è  incaricato  delle  tavole  to- 
pografiche ;  disegnatore  di  mappe.  -  Prospettivista, 
disegnatore^  di  prospettive.  -  Topografo,  ufficialerche 
fa,  in  campagna,  i  rilevamenti  topografici. 

Incisore,  chi  traccia  disegui,    fa  V incisione  sul 
legno,  sul  rame,  ecc. 


Studio,  disegno  o  modello  tratto  dal  naturale, 
e  che  serve  di  preparativo  alle  opere  da  farsi.  -  In 
punta  di  penna,  di  scritti  o  disegni  schizzati.  -  Pu- 
litezza, nitidezza,  chiarezza  di  disegno. 

Autografia,  l'arte  di  trasportare  un  disegno  o  uno 
scritto  qualsiasi  dalla  carta  sulla  pietra,  per  po- 
terne tirare  una  gran  quantità  di  copie  a  mezzo 
della  stampa.  -  Coptografia,  arte  di  tagliar  cartone 
in  modo  che  l'ombra  proiettata  sulle  pareti,  vi  di 
segni  determinate  figure.  -  Iconografia,  descrizione 
di  immagini.  -  Intaglio,  intarsio,  vergisi  a 
queste  voci.  -  Papirografia,  arte  di  rappresentare, 
in  carta,  per  mezzo  dell'intaglio  con  forbici,  quanto 
altri  può  ritrarre  con  la  matita  e  con  la  penna.  - 
Psal'grafia  (gr.),  l'arte  di  tagliar  fuori,  con  le  for- 
bici, figure  o  disegni.  -  Stereografia,  arte  di  rap- 
presentare i  solidi.  -  Topograna,  l'arte  di  rap- 
presentare sulla  carta  una  città,  un  terreno  o  una 
parte  di  territorio  di  mediocre  estensione,  con  in- 
dicazione delle  accidentalità  del  terreno,  dei  boschi, 
dei  campi  coltivati,  delle  vie. 

Albo,  album,  cartolaro  rilegato  sul  quale  far  di- 
segni. -  Autografo,  apparecchio  di  recente  inven- 
zione, per  la  trasmissione  telegrafica  di  un  disegno. 
-  Cartella,  due  grossi  cartoni  ricoperti  e  uniti  per 
metterci  fogli,  disegni  e  simili.  -  Cartone,  pezzo  di 
carta  grossa  sul  quale  fu  fatto  un  disegno;  grande 
portafogli  per  disegni.  -  Leggenda,  tavola,  scritto 
esplicativo  dei  segni  o  delle  parti  di  un  disegno.  - 
Stampa,  la  riproduzione  d'un  disegno  con  vari  mezzi. 
Accademia,  luogo  dove  si  insegnano  pubblica- 
mente le  arti  del  disegno. 

Diségno.  Idea  generale  di  un'  operazione,  di 
un'  impresa  ;  divisamento,  intenzione,  pensiero, 
piano,  progetto. 

Diseguaglianza.   Condizione  di  chi  o  di  ciò 
che  non  è  eguale. 
Di  seguale.  Disuguale,  non  eguale. 
Diseuiia.  Alterazione  del  sangue. 
Disenfiare   (disenfiato).  Cessare   di  essere  en- 
fiato, gonfio.  -  Togliere  l'enfiagione,  la  gonfiezza. 
Dlsennare  (disennato).  Togliere  di  senno,  to- 
gliere il  senno,  render  pazzo. 
Disennatezza.  Dissennatezza,  pazzia. 
Diseppellire,  diseppellimento  [diseppellito). 
Veggasi  a  seppellire. 
Disequilibrio.  Mancanza  di  equilibrio. 
Diseredare  (diseredato,  diseredazionej.  Privare 
de\[' eredità. 
Diserède.  Privo  deìYeredifà. 
Disertare  (disertato).  Abbandonare  la  milizia 
furtivamente  ;   essere,   farsi   disertore.  -  Arrecar 
danno  a  persona,  guasto,  rovina  a  cosa.  -  Ri- 
durre in  miseria.  -  Rendere  deserto  un  luogo, 
spopolandolo  di  abitanti.  -  Mancare  ad  un  appun- 
lamento,  ad  un  convegno. 

Disertore.  Chi  diserta,  abbandona  furtivamente 
la  milizia;  anche  il  coscritto  renitente  alla /eya; 
fuggiasco,  soldato  fuggitivo,  transfuga,  trafuggitore. 
liifuggilore,  disertore  che,  per  salvarsi,  ricorre  al 
nemico.  -  Transfuga  (lat.),  disertore  che  passa  al 
nemico:  fedifrago,  traditore. 

Disertare,  in  generale,  abbandonare  l'esercito  a  cui 
si  appartiene  senza  licenza  o  congedo,  e  sempre 
ignominiosamente.  Anche,  passare  al  nemico  o  as- 
sentarsi dalle  file  senza  permesso  in  presenza  del 
nemico  ;  as.sentarsi  dal  proprio  corpo  senza  auto- 
rizzazione, oltre  un  determinato  periodo  di  tempo  ; 
1  evadere  dal  carcere  militare  o  dalla  reclusione  mi- 
litare. -  Diserzione,  il  disertare,  allo  ed  ellello  :  de- 


DISEHZIONK   —   DISGRAZIA 


897 


serzione,  fuga.  E  defezione  (mancamento,  abban- 
dono) dicesi  di  militari  die  lasciano  la  bandiera 
lotto  la  quale  militano,  di  sudditi  che  si  separano 
dal  loro  governo,  di  alleati  die  abbandonano  il 
«onsorzio,  ecc. 

Diserzióne.  Veggasi  a  disertore. 

Disfacimento.  Atto  ed  etletto  del  disfare: 
distruzione,  rovina. 

Disfacltura.  Atto  del  disfare. 

Disfagia.  Difficoltà  della  deglutizione,  ddll'in- 
ghiottire. 

Disfamare  (disfamato).  Sfamare,  soddisfare  la 
fame. 

Disfare  (disfacimento,  disfar.iiura,  disfatto).  Con- 
trario di  fare:  guastare  o  distruggere  la  forma 
0  l'essere  d'una  cosa.  -  Trattandosi  di  edifici,  ab- 
battere, atterrare,  detnolire.  -  Di  un  tutto  riuni- 
bile in  parti  che  si  possono  rimettere  insieine, 
scommettere,  scoìnporre;  scomporre  e  ricomporre 
di^e^samente  le  parti  di  una  cosa.  -  Stessere,  disfare 
un  tessuto.  -  Di  esercito,  sconfiggere,  infliggere  una 
acoii/itfa.  -  Vale  anche  stemperare,  disciogliere, 
sciògliere.  -  Schiomare,  disfare,  scompigliare  la 
chioma,  i  capelli.  -  Spiccicare,  discare  in  minutis- 
simi pezzi. 

Dis/acimento,  atto  del  disfare.  -  Disfacitura,  il 
disfare  e  la  cosa  disfatta,  -  Disfallibile,  che  può 
essere  distatto. 

Disfarsi  (disfatto).  Perdere  l'essere  e  la  forma: 
scomporsi,  spappolarsi  -  Disfarsi  duna  cosa, 
renderla  (veggasi  a  vendere)  o  darla  via.  -  Di- 
sfarsi di  una  persona,  liberarsene,  allontanandola 
da  se,  mandandola  via. 

Disfasia.  Detto  a  parlare. 

Disfatta.  Rotta,  sconfitta  completa. 

Disfatticcio.  Il  terreno  nel  quale  fa  poco 
prima  disfatto  il  bosco. 

DisfavlUare  {disfavillato).  Mandar  fuori  fa- 
ville, proprio  del  fuoco.  -  Anche,  risplendere, 
splendere. 

Disfavore,  disfavorire  (disfavorevole,  disfa- 
vorito). Vengasi  a  favore. 

Disfeciare  (disfeciato).  Mondare,  purgare  dalle 
feccie:  pulire. 

Disferenziare  (disferenziato).  Differenziare,  de- 
terminare differenza. 

Disfida,  disfidare  (disfidato).  Veggasi  a  duello 
e  A  sfida. 

Disfigurare  (disfigurato).  Veggasi    a  figura. 

DisHorsLTe  (disfioramenlo,  disfiorato).  Guastare  la 
bellezza  del  fiore. 

Disfogare, disfogarsi  (dss/'og'cUo). Dare  sfogo, 
fare  uno  sfogo. 

Disfonia.  Alterazione  della  voce  e  della  pa- 
rola. 

Disfórme.  Non  conforme,  diverso. 

Disformità.  L'essere  disforme  :   differenza. 

Disfrancare  (dis francato).  Far  servo  o  schia- 
vo un  uomo  libero.  -  Togliere  fermezza,  coraggio; 
a.  p.,  perderlo. 

Disfortuna.  Più  eomunera ,  sfortuna. 

Disfrasia.  Un  discorso  non  chiaro. 

Disfrenare  (disfrenato).  Sfrenare,  togliere  il 
freno. 

Disgangherare  (disgangherato).  Sgangherare, 
tirar  giù  dai  gàngheri  :  scardinare. 

Disgelare  (disgelato,  disgelo).  Lo  sciogliersi  del 
ghiaccio. 

Disgiungere,  disglunzlóno  (disgiungimento, 
disgiuntivo,  disgiunto).  Disunire,  separare. 


Disgiuntamente,  disgiuntivamente.  Veg- 
gasi a  separazione. 

Disgiuntivo,  (^he  serve  a  separare,  a  divi- 
dere. ■  Termine  di  patologia. 

Disgiuntore.  Apparecchio  per  interrompere  la 
cori-ente  elettrica. 

Disgiunzióne.  Perforazione  anormale  e  divi- 
sici' parziali  o  complete  che  si  avvertono  in  parti 
dei  corpo  ordinariamente  e  normalmente  continue. 
-  Anche,  figura  di  retòrica. 

Disgombrare  (dis;^ombramento,  disgombrato). 
Portar  via,  sgotnbrare. 

Disgonfiare  (disgonfiato).  Perdere  o  togliere  la 
gonfiezza. 

Disgorgare   (disgorgato).  Sorgere,  scaturire. 

Disgradare  (disi radalo).  Vinnere  il  para- 
gone, ■  Essere  sgradito,  spiacévole. 

Dlsgradòvole.  Lo  stesso  che  spiacévole. 

Disgradire  (disgradèoole,  disjradimento,  dis^gra- 
dito).  Dispiacere,  riuscire  spiacévole. 

Disgravare  (disgravamento,  disgravato).  Alleg- 
gerire, fare,  rendere  più  leggiero  (fi,'iir.,  par- 
lando anche  di  colpa,  di  male,  di  dolore,  di 
noia  e  simili)  :  alleggerire,  alleggiare,  ralleggiare  ; 
sgravare,  sollevare,  procurare  sollievo.  -  Sgravarsi 
(si/>-avalo),  partorire:  ve,:;gasi  a  parto. 

Disgrazia  (disgraziatamente,  disgraziato).  In- 
fausto e  dannoso  avvenimunto  ;  infortunio,  caso 
spiacevole,  senza  colpa  d'alcuno  e,  sp^ìcialmente, 
non  preveduto  :  accidente  sventurato,  aggravamento, 
aggravazione,  avversità,  avverso  evento;  bacchiata, 
bacchiatacela,  batosta,  burrasca,  bussata  ;  calamità, 
caso  fortuito,  caso  fortunoso,  colpaccio,  colpo, 
corna,  croce;  diavoleria,  diavoleto,  disavventura, 
disdetta;  guaio,  iattura,  ietlatura,  ingurìa  della 
fortuna;  maladanza  (v.  a,),  mala  derrata,  mala 
fortuna,  malanno,  milavventura;  ìnule,  ma'edetta, 
malora;  percossa  della  fortuna,  peripezia,  piacciad- 
dio  (v.  a.)  ;  ricadia,  rimbalzo,  rovescio  di  fortuna  ; 
sciroppo  che  non  piace  ;  sciagura,  scossa,  scossone; 
sfortuna,  sfortunamento,  sinistro,  sperfottia  (di- 
sus.),  sperpetua,  sventura;  temporalaccio,  tracollo, 
traversia,  triholazone,  tribolo;  vespro  siciliano. 

Cànchero',  disgrazia,  malaaio,  incorno  lo  fisso 
qnilunque.  -  Castigo  di  Dio,  flajello  di  Dio,  grave 
calamità.  -  Cose  che  capitano  ai  vivi,  cioè  le  dis- 
grazie ;  bella  perifrasi  di  filosofìa  popolare.  -  Di- 
sastro, disgrazia  assai  grave  o  pubblica.  -  Di- 
sgrazia che  fa  un  tegolo  sulla  testi:  quando  av- 
venga disgrazia  grave  e  inaspettata.  -  Flagello  (fi- 
gur.),  avversità  granle.  -  Iettatura,  disgcazia  die, 
superstiziosiminte,  si  crede  portata  da  persona  o 
da  cosa.-  Gwat),  disgrazia  non  grave;  difficoltà.  - 
Iliade  di  guai,  una  serie  di  sventure.  -  Licerti  del 
mestiere,  locuzione  antica  per  accennare  alle  dis- 
grazie e  ai  pericoli  cui  si  va  incontro  ni^U'adempi- 
meato  del  prop-'io  'ufficio,  del  p-oprio  dovere.  - 
Mila  co^a,  disgrazii  grande.  -  Rovescio,  per  di^igrazia, 
dal  frane,  revers  de  fortune.  -  Sciaguri,  grave  disgrazia. 
-  Sciaguratàggine,  azione,  cosa  sciagurata  ;  l'essere 
disgraziato.  -  Sinistro,  disgrazia  accidentale.  -  Vi- 
site di  Dio,  le  sventure  domestiche,  come  quelle 
che  servono  a  rendere  migliori. 

Incontrare  disgrazia. 
Disgraziatamente.  —  Disgrazuto. 

Incontrare  disgrazia,  essere  disgraziato  :  aver 
la  mala  pasqua,  aver  provato  il  morso   del   lupo; 


Premoli.  —  locabolario  Nomenclatore. 


57 


898 


DISGRAZIATAMENTE    —    DISGUSTO 


capitare,  cogliere,  incogliere,  piombare  addosso  una 
disgrazia;  capitar  male;  dare  in  cattive  mani,  dare 
nel  bargello,  dare  nel  ventuno;  essere  misavventu- 
rato;  incappare  in  una  ragna;  riuscire  sventurata- 
mente; scontrar  male.  -  Aver  avuto  una  bella  bac- 
chiata, avere  avuto  una  batosta,  una  grave  malattia. 

-  Avere  la  sperpetua,  quando  tutto  ci  va  male.  - 
Avere  il  diavolo  e  la  verzièra,  malanni  sopra  ma- 
lanni. -  Avere  il  male,  il  malanno  e  V uscio  addosso, 
tutte  le  disgrazie,  una  dopo  l'altra.  -  Avere  la  di- 
sijrazia  addosso,  essere  perseguitato  dalle  disgrazie. 

-  Avere  la  maledizione  addosso,  non  andarne  bene 
una.-  Averla  avuta  buona  (iron.),  di  chi  ebbe  qual- 
che grossa  disgrazia.  -  Buscar  la  mattinata:  quando 
succede  qualche  danno.  -  Essere  fortunato  come  i 
cani  in  chiesa  (iron.),  aver  disgrazia  in  tutto.  -Es- 
sere nelle  peste,  in  mezzo  alle  disgrazie,  pieni  di 
disgrazie.  -  Essere  tra  l'incudine  e  il  martello,  tra 
due  pericoli,  due  malanni.  -  Essere  giuoco  della  for- 
tuna, bersaglio  delle  disgrazie.  -  ^on  azzeccarne 
una,  essere  sempre  disgraziato.  -  Piovere  sul  òa- 
gnato:  dicesi  quando  a  disgrazia  si  aggiunge  di- 
sgrazia. .      . 

DisGUAZiATAMENTE,  cou  o  pcf  disgrazia,  in  modo 
disg-aziato  :  avversamente,  disavventuratamente,  di- 
savventurosamente ;  dolorosamente;  fatalmente,  fu- 
nestamente; improsperamente  ;  infaustamente,  infe- 
licemente, infortunatamente,  in  mal  punto,  in  senso 
contrario;  malauguratamente;  miserabilmente,  mi- 
seramente ;  per  sciagura,  per  sventura  ;  sgraziata- 
mente. 

Disgraziato,  chi  è  colpito  da  disgrazia,  è  vittima 
di  una  disgrazia  :  balestrato  dalla  fortuna  ;  mal  ar- 
rivato, mal  capitato,  mal  destinato,  male  avventu- 
rato; sgraziato,  sventurato.  -  Infausto,  dicesi  di 
evento  disgraziato.  -  Infelice,  chi  versa  in  condi- 
zioni disgraziate  di  vita.  -  Più  disgraziato  dei  ca- 
pretti, disgraziatissimo.  -  Rate  (frane),  disgraziato, 
fallito  moralmente.  -  Sfortunato,  chi  abitualmente  è 
colpito  da  disgrazia,  da  sfortuna.  -  Sciagurato  (da 
sciagura),  che  soffre  sciagure,  che  è  causa  di  scia- 
gura. -  Sventuroso,  che  porta  sventura. 

Varie.  —  Locdzioni  b  proverbi. 

Corvo  di  mal  augurio,  di  chi  annunzia  disgrazie  : 
uccello  di  malaugurio,  profeta  di  sventura.  - 
lettatore,  chi,  con  la  presenza  e  le  parole,  è  in  voce 
di  portar  disgrazia  ed  impaccio,  secondo  la  super- 
stizione volgare.  -  Sperpetuone,  chi  sogna  sempre 
disgrazie. 

Amuleto,  cosa  che  certi  sciocchi  portano  addosso 
per  salvarsi  dalle  disgrazie.  -  Augurio  sinistro,  si- 
nistra nuova:  che  annunzia  disgrazia.  -  Rassegna- 
zione, calma,  pazienza  nelle  disgrazie.  -  Scop- 
pio, dicesi  del  manifestarsi  di  Calamità  violente  e 
improvvise.  -  Vaso  di  Pandora  (mitol.),  il  vaso  di 
tutti  i  malanni. 

Cercarle  col  lumicino,  col  lanternino  o  col  fuscel- 
lino:  di  disgrazie  o  botte,  procurarsele,  andarci  in- 
contro. -  Fiutare  una  disgrazia,  averne  il  presen- 
timento. -  Piovere  sul  bagnato,  quando  capita  un'altra 
disgrazia  a  chi  si  trova  già  in  cattive  condi- 
zioni. -  Restare  in  piedi  come  i  gatti,  di  chi  resiste 
a  forti  disgrazie.  -  Riparare,  ristorare,  provvedere, 
risarcire,  fare  in  modo  di  togliere  o  menomare  le 
conseguenze  d'una  disgrazia.  -  Sentirsela  alle  spalle, 
sentirsela  venire  addosso  (la  disgrazia),  presentirla. 
Ci  mancherebbe  anche  questa  /...;  di  un'altra  disgrazia 


che  potrebbe  capitare  per  soprappiù.  -  E'  una  maledi- 
zione!..., vedendo  effetti  terribilmente  fatali,  cose 
ostinatamente  brutte,  disgrazie  ripetute.  -  La  paura 
è  stata  la  medesima:  quando  si  temeva  una  di- 
sgrazia che  poi  non  avvenne.  -  Le  mi  corron  dietro 
tutte:  quando  le  disgrazie  perseguitano,  o  le  noie, 
0  sim.  -  Non  ci  mancherebbe  altro  /...,  udendo  an- 
nunziare una  disgrazia,  o  negando  una  cosa  che  si 
potrebbe  supporre  da  qualcuno.  ■  Povera  me,  che 
disgrazia  t,  anche  iron.,  a  chi  piange  per  qualche 
disgrazia  da  nulla. 

A  chi  è  disgraziato  gli  tempesta  nel  forno:  a  chi 
è  disgraziato  incoglie  ogni  malanno.  -  A  chi  non  è 
in  forno  è  sulla  pala:  a  chi  la  disgrazia  non  è  toc- 
cata  sta   per    toccare.    -    All'albero  che  casca  dagli 
dagli  !,  chi  è  in  disgrazia  tutti  aiutano    a  buttarlo 
giù.  -  Chi  è  nato  disgraziato  anche  le  pecore  lo  mor- 
dono. -  Chi  non  l'ha  aW uscio  l'ha  alla  finestra  (o- 
gnuno  ha  le  sue  disgrazie).  -  Le  disgrazie  stanno  a 
bocca  aperta.  -  Non  nevica  e  non  diaccia  che  il  sole 
non  la  disfaccia:  ogni  malanno  finisce  -  Oggi  a  me, 
domani  a  te:  alle  disgrazie  bisogna  star  preparati, 
e  scusare  le  altrui.   -  Ogni  acqua  lo  bagna:  di  chi, 
già  disgraziato,  alla  prima  avversità  è  spacciato  o 
ne  risente  molto.  -  Ogni  casa  ha  cesso  e  acquaio,  ■ 
Ognuno   ha   il  suo  diavolo,  o  il   suo  impiccato,  al- 
l'uscio, tutti  hanno   le  proprie   disgrazie.  -  Quando 
uno  ha  disgrazia,  gli  va  sul  collo  l'acqua  bollila:  di 
persona  alla  quale  tutto  riesce  male.  -  Una  disgrazia 
non  viene  mai  sola. 
Disgraziatamente.  Con  o  per  disgrazia. 
Disgraziato.  Leggasi  a  disgrazia. 
Disgregare,  disgregarsi  (disgregamento,  di- 
sgregato, disgregazione).   -  Disunire,  disunirsi  ;  se- 
parare, separarsi  (veggasi  a  separazione). 
Disgregazióne.  Disunione,  separazióne. 
Dlsgrevare  (disgrevato).  Poet.,  per  disgravare. 
Disgroppare  {disgroppato).  Disfare  il  nodo. 
Disguagliare  (disguaglialo).  Lo  stesso  che  di- 
suggguagliare  :  veggasi  ad  uguale. 
Dlsguàglio.  Disparità,  differenza,  diversità. 
Disguido.  Voce  d'uso  per  avviamento  sbagliato 
di  corrispondenza  per  la  posta;  anche,  devia- 
mento {deragliamento,  francesismo)   di  treni  lungo 
una  ferrovia. 
Dlsgusclare  {disgùsciato).  Togliere  il  guscio. 
Disgustare,  disgustarsi  {disgustato).  Procu- 
rare, provare  disgusto. 

Disgusto.  Senso  di  avversione,  di  ripugnanza 
ad  una  cosa  (specialmente  bevanda,  cibo  e  si- 
mili), perchè  non  si  trovi  buona  di  qualità,  di 
sapore,  ecc.,  o  per  effetto  di  sazietà.  -  Avversione 
a  cose  che  dovrebbero  piacere  o  che  altra  vu'ta 
piacevano.  -  Dispiacere  per  cattive  azioni  ricevute. 
Antipatia,  disgusto,  avversione,  per  lo  più  a 
persone.  -  Asode,  disgusto,  nausea.  -  Cacosizia, 
disgusto  degli  alimenti,  appetito  depravato:  disor- 
rezia.  -  Idrofobia,  disgusto  per  1  acqua.  -  Misari' 
tropia,  disgusto,  odio  per  l'uomo.  -  Rimostranza,  il 
far  conoscere  la  nostra  opinione  di  disgusto  circa 
una  cosa.  -  Schocking  (ingl.),  parola  vaga  che  dice 
tutto  e  dice  niente:  invalsa  a  indicare  disgusto,  in 
diverse  gradazioni  e  per  diversi  motivi;  per  lo  più, 
a  indicare  il  disgusto  per  mancanza  contro  la  pu- 
dicizia,, la  correttezza  del  dire,  del  porgere,  del  con- 
tegno in  complesso.  -  Spleen  (ingl.),  disgusto, 
noia. 

Disgustato,  che  sente   disgusto;   anche   di  chi  * 
fiacco  e  non   trova   più  nulla   che  lo  appaghi,  U> 


DISGDSTOSO 


OlShNKEZIONK 


890 


faccia  contento.  -  Disgustevole,  lo  stesso,  forse  meno 
che  disgustoso:  spiacevole. 
DiSGDSTARE,  far  jìerdere    il    gusto,  il   piacere 

di  checchessia,  ispirar  disgusto.  Anche,  svogliare, 
far  perdere  la  volontà.  In  senso  lìgur.,  annoiare, 
recare  a  noia,  a  schifo,  a  sdegno:  disamorare, 
fare  stomaco,  far  venire  a  stomaco;  recare  sdegno; 
stomacare. 

DisGUSTAKSi,  prendere  disgusto,  essere  preso  dal 
disgusto  0  di  disgusto  (figur.,  provare  schifo,  sentir 
nausea,  ecc.):  amareggiarsi;  divenire  in  tedio;  gua- 
starsi, pigliarsi  in  fastidio,  prendere  a  schifo;  sgu- 
starsi, stomacarsi  ;  venir  del  cencio. 

Essere  disgustato,  di  chi  ha  preso  disgusto  per 
cosa  o  persona  :  essere  raffreddalo  (di  impresa,  di 
amicizia,  ecc.)  ;  averne  le  tasche  piene,  aver  guasto 
lo  stomaco,  aver  preso  stanchezza  ;  non  ne  veder 
altro;  non  ne  voler  più  sapere  (di  [ersona  o  di 
cosa).  -  Far  le  boccaccie,  torcere  il  grifo,  il  naso,  la 
bocca,  le  labbra,  modi,  segni  con  i  quali  si  manifesta, 
di  essere  disgustato.  -  Non  gustare  più  nulla,  essere 
disgustato  di  tutto  -  Queste  troppo!,  esclamaz.  di 
disgusto  0  di  sdegno. 

Disgustoso.  Che  apporta  disgusto,  è  spia- 
cevole. 

Disiare  (disiato).  Poet.,  per  desiderare,  aver 
desiderio. 

Disigillare  {disigillato^.  Togliere  il  sigillo. 

Disillabo.  Di  due  sillale:  veggasi  a  sillaba. 

Disilludere,  disilludersi  (disilluso).  Toglie- 
e,  perdere  le  illusioni,  VUlusiòne 

Disillusióne.  Neologismo  per  delusione,  perdita 
dflle  illusioni,  deWillusione. 

Disimmagiiiare  (disimmaginato).  Cessar  di 
immaginare:  verbo  poco  usato. 

Disimpacciare,  disimpacciarsi  (disimpac- 
ciato). Togliere,  togliersi  d'impaccio,  d'imba- 
razzo. 

Disimparare  (disimparato).  Il  dimenticare  le 
cose  imparate  :  veggasi  a  imparare. 

Disimpegnare ,  disimpegnarsl  (  disimpe- 
gnato). Liberare,  liberarsi  da  un  impegno,  da  un 
obbligo.  -  Riscattare  una  cosa  data  in  pegno. 

Disimpegno.  Atto  ed  effetto  del  disimpegnare 
e  del  disimpegnarsi;  nell'uso,  il  modo  col  quale  si 
compie  un  lavoro,  si  attende  ad  un  ufficio  e  simili. 

Disimpiegare  (disimpiegato).  Togliere  Vim- 
piegof  destituire. 

Disincagliare  (disincagliato).  Liberare  una 
nave  dalle  secche:  scagliare.  -Disincagliamento,  di- 
sincaglio, l'operazione  relativa. 

Disincrostante.  Veggasi  a  incrostazione. 

Disinfettante.  Sostanza  che  serve  a  disinfet- 
tare, a  togliere  Vinfezione:  lo  stesso  che  antipu- 
trido, antisettico,  asettico.  Quasi  innumerevoli  le 
sostanze  all'uopo  e  divise  in  parecchie  categorie. 

Disinfettanti  interni.  —  Generali:  acido  arse- 
nioso,  arseniato  di  potassa,  arseniato  di  soda,  bo- 
rato di  soda,  acido  borico,  boral,  bromoi,  fluoruro 
d'ammonio,  naftolo,  acido  salicilico,  saliftìrmina,  sa- 
lolo, timolo,  ecc.  -  Indirettamente  locali:  fucalipto, 
eucaliptolo,  guaiacol,  acqua  di  catrame,  catrame 
Guyot,  ecc.  (antisettici  polmonari).  -  Delle  vie  escre- 
trici-urinarie  :  arbutina,  elmintolo,  salolo,  tremen- 
tina, ecc.  -  Direttamente  locali  (disinfettanti  intesti- 
nali): acerdal,  aspirina,  fosfato  di  bismuto,  acido 
cloridrico,  salitormina,  cloroformio,  creosoto,  fluo- 
ruro di  ammonio,  guaiasanolo,  ittiolo,  acido  lattico, 
naftosol,  acqua  ossigenata,  iposolfito  sodico,  solfuro 
d'ammonio,  fermento  d'uva,  vanadina,  ecc.    (tutti 


questi  solubili).  Poi:  benzonaftolo,  betolo,  bismutal, 
magistero  di  bismuto,  bismuto  alginato,  bismuto 
resorcinato,  bismuto  salicilato,  bismuto  solfofenato, 
salicilato  di  canfora,  canfossile,  carbone  vegetale, 
salolo,  derrnatolo,  eugenoformio,  etoformio,  salici- 
lato di  guaiacol,  carbonato  di  guaiacol,  guaiamar, 
«ioco'o,  hopogan,  itlalbina,  iltioformio,  calomelano, 
nosofene,  paralormio,  salacetolo,  tannocreosoforinio, 
tannoformio,  tannone.  tannopina,  tiolo,  xeroformio, 
ecc.  (tutti  insolubili). 

Disinfettanti  esterni.  —  dutanei,  per  le  ferite 
esterne,  per  la  vagina^  ecc.:  alcool,  bromoformiato 
di  alluminio,  aniodoi,  as<ptol,  asterol,  benzozone, 
acido  borico,  bromoi  (Iribromofenol),  canforosol, 
chinosol,  crcolina,  cresamina,  cresina,  diafterina, 
fenesol,  fenolo,  formolo,  glicerina,  idrargirol,  acqua 
iodica,  ittiolo,  lisoformio,  liso),  permanganato  di  po- 
tassa, mentosol,  mercurio  bicloruro,  mercurio  biio- 
duro,  mercurio  ossicianuro,  microcidina,  nafto.sol, 
acqua  ossigenata,  acido  picrico,  resorcina,  sozoiodo- 
lato  di  mercurio,  timolo,  acido  tricloroacetico,  tricre- 
solo,  cloruro  di  zinco.  -  Insolubili:  amiloformio, 
anesol,  antiseptolo,  argento!,  derrnatolo,  dimal, 
ektogan,  etocresol,  euforina,  eugenol  iodato,  eugu- 
formio,  eurofens,  hopogan,  lodoforniina,  iodoformio, 
io'loformogeno,  iodogallicina,  mentolo,  nosofene,  or- 
toformio (analgesiro),  resorcinol,  salubrol,  salumina, 
sanoformio,  sozoioclolato  di  soda,  tannocreosofor- 
mio,  tannoformio,  tioformio,  tribromofenol,  xerofor- 
mio, e  non  pochi  altri. 

Diversi.  —  Per  la  cavità  boccale,  In  gola,  il  naso: 
alsol  (gargarismi),  asaprol  (gargarismi),  boral,  borato 
sodico,  boricina,  borol,  chinolina,  cluorol,  forman 
(solubile),  guaiasanolo,  menlofenol  (Anche  analgesico), 
mentolo  (corizza),  clorato  di  potassio,  sozoiodolato 
di  zinco  (pennellazioni).  -  Per  la  vescica  e  l'uretra  : 
argentanina,  argento  cascinaio,  argento  citrato,  ar- 
gento lattato,  argento  nuclei  nato,  argento  proteinato, 
acido  borico,  borol,  destroformio,  guaiasanolo,  per- 
manganato di  potassa,  sozoiodolato  di  zinco.  -  Per 
la  congiuntiva:  acido  citrico,  ermofenil,  sublimato 
corrosivo,  acido  borico,  ossicianuro  di  mercurio, 
protargol.  -  Gasasi  :  monoclorofenol  (per  inalaz.),  eu- 
calipto! (inalazioni),  forman  (corizza),  formogeno 
(inalazioni),  formolo,  igazolo,  mentolo,  odo!.  -Per 
gli  appartamenti  e  i  mobili:  sublimato  corrusivo, 
acido  fenico,  formo!,  formalina;  formacetone,  iga- 
zolo.  -  Per  gli  escreti  (feci,  sputi,  orine):  solfato 
di  ferro,  solfato  di  rame,  lisol,  sublimato  corrosivo 
acido.  Le  sostanze  più  disinfettanti,  più  antisettiche, 
finora  conosciute  sono  sempre  l'acqua  ossigenata,  il 
sublimato  corrosivo,  il  nitrato  d'argento. 

Acido  Cinnamico,  antizimotico  e  disinfettante  usato 
per  infezioni,  e  anche  in  emulsioni,  contro  la  tu- 
bercolosi. -  Carta  d'Armenia,  antisettica,  imbe\Tita 
di  sostanze  odorose  :  bruciando,  sviluppa  gradevoli 
profumi.  -  Coaitar,  catrame  di  carbon  fossile*  si 
adopera  come  disinfettante  e  anti putrido.  -  Creolina, 
disinfettante  che  ha  l'aspetto  d'un  liquido  bruno, 
siropposo,  con  odore  di  catrame  e  di  creosoto,  più 
denso  dell'acqua,  solubile  nell'alcool  e  nell'etere.  - 
Disinfettiìia,  preparazione  usata  quale  disinfettante 
e  ottenuta  come  residuo  della  distillazione  delle 
nafte  gregge  con  acido  solforico  concentrato  e,  suc- 
cessivamente, con  soda  caustica.  -  Chiocamf,  disin- 
fettante inglese,  liquido  formato  d'una  soluzione  di 
acido  solforoso  gasoso  nella  canfora. 

Disinfettare  (disinfettato).  Fare  la  disinfe- 
zione. 

Disinfezióne.  Atto  ed  effetto  del  disinfettare:  de- 


9()0 


DISINFIAMMARE    —    DISONESTO 


purazione,  disinfettamento,  disinfettazione  ;  purifica- 
zione, risanamente;  sterilizzazione.  -  Suffumigio,  il 
profumare  medicalmente  persone  o  cose,  per  preser- 
varle d»  infezioni  epidemiche.  -  Disinfettare,  togliere, 
con  un  disinfettante  o  con  altri  mezzi  acconci, 
l'ammorbamento  da  cose,  o  da  corpi  inquinati  o 
sospetti  :  depurare,  dismorbare,  distruggere  i  mia- 
smi, i  germi  morbigeni;  espurgare,  purgare,  puri- 
ficare, rendere  puro,  risanare,  smorbare,  steriliz- 
zare. -  Profumare,  sufTumigare  con  disinfettanti. 

Dlslnflammare  {disinfiammalo).  Togliere  Viti- 
finmmazione. 

Disingannare,  dislng:annarsi  (disinganna- 
tivo,  disingannalo).  Cavare  altrui  iinffanno;  uscir 
d'inganno;  disingannare. 

Disin{?anno.  Atto  ed  effetto  dei  disingannare 
e  del  disingannarsi  (veggasi  a  inganno).  Anche, 
delusione,  disillusione;  perdita  di  un'illusione, 
delle  illusioni:  sgannamento  (v.  a.).-  Età  dei  disin- 
ganni, quando  si  comincia  a  vedere  le  cose  meno 
poeticamente. 

Dislngranare  (disingraìiato).  Cessazione  dell'a- 
zione di  un  iìigranaggio.  -  In  marineria,  levare 
la  catena  dell'  àncora  dall'  ingranaggio  dell'  argano 
ove  fa  presa  con  le  sue  maglie. 

Disinnamorare  {disinnamoramento,  disinna- 
moralo). Far  si  che  altri  cessi  di  amare,  di  sen- 
tire amore:  disaffezionare,  intiepidire,  raffreddare, 
snamorare. 

Disinnamorarsi  {disinnamoramento,  disinna- 
morato) Cessar  di  amare,  di  nutrire  amore,  di 
essere  innam,orato. 

Disinsegnare  {disinsegnato).  Veggasi  a  inse- 
gnare. 

Disinteressare  {disinteressato).  Far  cessare  in 
altri  os^ni  interesse  a  checchessia 

Disinteressarsi  {disinteressamento,  disinteres- 
sato). Non  avere,  non  sentire  interesse  ad  una 
cosa.  -  Rimanere  estraneo,  opporre  indifferenza. 
Nell'uso,  astenersi  dall'  occuparsi  o  dal  pensare  a 
checchessia:  noncarare. 

Disinteressatamente  Senza  mira  di  inte- 
resse 0  di  guadagno. 

Disinteressato,  (-he  non  mira  al  guadagno, 
che  non  agisce  per  interesse;  non  egoista  (veg- 
gasi ad  egoismo).  -  Anche,  imparziale. 

Disinteresse.  U  non  avere  Vinferesse  per  fine 
delle  proprie  azioni  :  abnegazione.  -  Contr.,  egoismo. 
Disinvitare    {disinvitalo).    Revocare,   stornare 
l'invito. 
Disinvòlto.  Chi  o  che  ha  disinvoltura. 
Disinvoltura.  Scioltezza,  quasi  naturalezza  di 
modi;  un  certo  garbo  nel  portamento  e  nelle  ma- 
niere, nel  contegno,  con  vivacità  non  incomposta  : 
disaffettazione,  disprezzatura,  sprezzatura   -  Disin- 
vòlto,  franco,   sciolto,   spedito    nelle    maniere,  riel 
contegno.  -  Fare  una  cosa  alla  brava,  farla  con  di- 
sinvoltura. 

Disio,  dlsire,  dislro  {disioso).  Poet.,  per  de- 
siderio. 

Disistima.  Mancanza  di  stima;  scàpito  nella 
stima;  cattivo  concetto,  mala  opinione.  Anche, 
disprezzo. 

Disistimare  {disistimato).  Perdere   ad  altri  la 
stima;  avere  mala  opinione,  disprezzo  d'alcuno. 
Dislacciare  {dislacciato).  Sciogliere,  togliere  il 
laccio,  il  legatne. 

Dlslagare   (dislagato).  Voce  dantesca:  sorgere 
dalla  distesa,  dalle  acque,  d^l  tnare. 
Dislalia.  Veggasi  a  pronunzia. 


Disleale,  dislealtà  (disJraimeHì^).  "Veggasi  a 
lealtà. 

Dislegare,  dislegarsi  {dislegato).  Contrario  di 
legare,  legarsi. 
'  Dislivello.  Differenza  di  livello. 

Dislocare,  dislocarsi  {dislocamento,  dislocato, 
dislocazióne).  Portare,  portarsi  altrove,  traslocare. 

Dislogare,  dislogarsi  (dìslogamenfo,  divlogato). 
Slogare,  slogarsi:  veggasi  a  lussazione. 

Disloggiare  {disloggiato).  Levare  l'accampa- 
mento  (termine  militare). 

Dismalare  {dismalato).  Poet.,  per  purgare  dalla 
col2^a. 

Dismembrare  {dismembramento,  dismembrato). 
Smembrare,  dividere,  fare  in  pezzi;  lacerare;  se- 
parare le  parti  di  alcunché. 

Dismesso.  Disusato,  fuori  d'uso. 

Disméttere  {dismesso ì.  Lasciar  di  fare,  ces- 
sare,  tralasciare.  ■  Lasciar  di  usare,  di  far  uso. 

Dismisura.  Il  passare  la  misura  nel  fare 
checchessia  ;  eccesso.  -  Figur.,  intemperanza, 
millanteria,  prepotenza. 

Dismisurato.  Senza  misura,  smisurato. 

Dismontare  (dismontato).  Smontare,  scaval- 
care. -  Anche,  scomporre  un  meccanismo  e  si- 
mili. 

Dismorbare  {dismorbato).  Smorbare,  togliere 
il  morbo.  -  Disinfettare,  fare  la  disinfeziòne. 

Dismorfia.  Alterazione  della  forma. 

Disnebbiare  {disnebbiato).  Ter  via  la  nebbia. 
-  Figur.  e  poet.,  togliere  la  tenebra  dall'  intel- 
letto. 

Disnervare  {disnervato).  Snervare,  render  de- 
bole. 

Disnidare  {disnidato).  Snidare,  far  uscire  dal 
nido. 

Dlsnudare  {disnudato).  Snudare,  sfoderare, 
sguainare,  trarre  un'  arme  dalla  guaina,  dal  fò- 
dero. 

Disobbediente.  Chi  non  obbedisce,  non  vuol 
obbedire. 

Disobbediènza.  Il  non  obbedire. 

Disobbligare,  disobbligarsi  {disobbligato, 
disobbligaziàne).  Liberare,  liberarsi  da  un  dovere, 
da  un  obbligo.  -  Disobbligare,  per  fare  atto  scor- 
tese, è  francesismo  {déiobliger). 

Disobbllgazióne.  Proscioglimento  da  un  ob- 
bligo. 

Disoccupare,  disoccuparsi  {disoccupato). 
Trarre,  trarsi  da  un'occupazione,  da  una  faccen- 
da ;  lasciare,  divenir  libero.  -  Lasciare,  restare 
senza  lavoro,  senza  impiego. 

Disoccupato.  Chi  è  senza  impiego,  senza 
lavoro;  nell'uso,  specialmente  l'operaio.  -  Di 
tempo,  di  vita,  quando  non  si  lavora.  -  Essere  a 
spasso:  familiarmente,  essere  disoccupato,  non  avere 
lavoro,  oziare  per  forza. 

Disoccupazióne.   L'essere  disoccupato.  -  An- 
che, ozio. 
Di  soma.  Veggasi  a  mostro. 
Disonestà.   L'essere   d  sonesto;   mancanza  di 
onestà.    -    Improbità,    immoralità,    prevarica- 
zione. -  Atto  disonesto. 

Disonestare  {disonestato).  Togliere  Vonestà.  - 
N.  p.,  perdere  l'onestà.  -  Anche,  contaminare,  cor- 
rompere :  veggasi  a  corruzióne. 

Disonèsto.  Di  persona  che  non  agisce  con  ret- 
titudine, con  onestà:  immorale,  scosiumato.  -  Di 
atto  0  altro  contrario  all'onestà,  alla  moralità. 


DI  SONO  K  ANTE 


901 


Disonorante.  Che  disonora  ;  toglie  o  lede  Vo- 
ìtore:  disonorevole. 

Disonorare,  disonorarsi  {disonorato).  To- 
gliere, perdere  l'onore  ;  apportare,  procurarsi  in- 
faniiaf  vergogna. 

Disonoratamente*  Senza  onorCf  contro  l'o- 
nore. 

Disonòre.  Perdita  dell'onore;  condizione  di 
chi  l'ha  perduto  :  contaminazione,  infamia,  oh- 
brohrio,  vergogna,  vituperio.  -  Azione  disono- 
revole. -  Disdoro. 

Disonorevole,  ('he  fa  disonore,  è  contrario  al 
sentimento  e  ai  doveri  dell'onore:  disonorante, 
ignominioso,  infame,  obbrohrioso,  sverji^ognato,  vi- 
tuperando, vituperevole,  ecc.  :  vengasi  ad  onore. 

Disono  'evoimente.  Senza  onore,  contro  Vo- 
nore. 

Disoppilare  {Jisoppiìativo,  disoppilato,  disop- 
pilazione).  Levare  l'oppi lazione,  ['ostruzióne. 

Disorbitante.  Esorbitante,  eccessivo,  in  ec- 
cesso» 

Disorbitanza.  Esorbitanza,  eccesso. 

Disorbitare  (disorbilaio).  Esorbitare,  cadere 
nell'eccesso. 

Disordinamento.  Disordinazione,  disordine; 
scompigliamento,  confusione. 

Disordinare  {disordinato).  Turbare  Verdine, 
creare  il  disordine.  -  Eccedere,  cadere  in  ec- 
cesso nel  fare  checchessia,  specialmente  nel  man- 
giare, nel  bere  e  simili. 

Disordinarsi  {disordinato).  Andare  e  venire  in 
disordine. 

Disordinatamente.  Con  disordiìie,  in  di- 
sordine. 

Disordinatèzza.  Inordinatezza,  qualità  di  ciò 
che  è  in  disordine. 

Disordinato.  Aggiunto  di  persona  che  ha  in 
disordine  tutte  le  cose  sue  :  confusionario  (veg- 
gasi  a  confusione),  sgovernato,  senza  ordine. 

Disordine  [disordinare,  disordinatameite,  di- 
sordinatèzza, disordinato).  Perturbamento  dell'  or- 
dine ;  stato  di  ciò  che  manca  d'ordine  ;  cosa  fatta 
fuori  dal  costume,  AsAV abitudine,  dalle  consue- 
tudini generali  ;  cattiva  condizione  dei  propri 
averi,  dei  propri  interessi.  Nell'uso,  rivolta,  sedi- 
zione, sommossa,  tumulto.  Con  varie  gradazioni  di 
significato:  abbaruffio,  agitazione,  arrufi"amento ; 
buio,  burrasca;  confusione;  diavolio,  diavolo  a 
quattro,  disordinamento;  imbroglio,  indiavolamento, 
irregoli  ri  tà  ;  procella,  putiferio;  rimescolamento; 
scombinazione,  scombuglio,  scombussolio,  sgominio, 
sgomino,  scompigliamento,  scompiglio,  sconcerto, 
sconquasso,  sconvolgimento,  sgangheramento,  sgan- 
gheritùdine,  soqquadro;  tempesta,  trambusto,  tram- 
busto, tramenio,  tramestio,  travaglio,  turbamento, 
turbazione,  turbinio.  -  Disordinaccio,  peggior.  di 
disordine  (specialmente  riferito  a  cràpula,  a  goz- 
zoviglia). •  Disordinuccio,  dimih.  di  disordine. 

Abbandono,  atto  deW  abbandonare,  lasciando 
in  disordine,  allo  sbaraglio,  ecc.  -  Anarchia  (&■ 
gur.),  stato  di  confusione,  di  disordine,  ecc.  -  Ar- 
ruffio, grande  e  continuo  arruffamento;  intreccia- 
mento  contuso  dei  capelli,  dei  peli  (veggasi  a 
pelo  e  simili:  ispidezza,  irsuzia,  irsuzie ;  rabbuffa- 
mento, scarmigliatura,  scompostezza.  -  Atassia  (ter- 
mine di  medicina),  disordine  dell'organismo;  atassia 
Iceomotrice,  irregolarità  dei  movimenti. 

Babele,  Babilonia  (figur.),  gran  disordine,  gran 
confusione.  -  Barabuffa,  disordine,  scompiglio,  con- 
fusione tumultuosa  di  persone.  -  Baraonda,  insieme 


di  persone  che  vanno  e  vengono  confusamente,  di- 
sordinatamente. -  Bric-à-brac  (frane),  moltitudine 
di  oggetti  disordinati.  -  Bugfjerio,  buscherio,  chiasso 
disordinato  di  molte  persone  che  litigano. 

Cafarnao,  luogo  di  confusione,  di  disordine.  - 
Campo  di  battaglia  (figur.),  luogo  scompigliato,  in 
disordine,    dopo  qualche    festa,  qualche  agitazione. 

-  Caos  (figur.),  disordine,  confusione.  -  Catnclisma, 
gran  disordine  nella  natura.  -  iJisoriline  oiganizzato, 
ridotto  a  sistema.  -  Follia,  pazzia,  disordine  della 
mente.  -  Inleini>/}rie,  disordine  nell'  aria,  nell'ai 
mosfc-ra.  ■  Putifèrio,  scenata  clamorosa  e  sconve- 
niente. -  Rivoluzione,  disordine  politico.  -  Ura- 
gano, turbine,  disordine  atmosferico. 

Scotenaceio,  uno  scatenacciare  continuo:  figur., 
disordine  chiassoso.  -  Sconnessióne,  disordine  di 
idee,  di  un  discorso,  dello  .stile,  e  simili.  -  Scon- 
quassume,  monte  di  cose  in  isconqu;isso.  -  Soqqtia- 
drio,  freq.  di  soqquadro.  -  Soqquadro,  scompiglio 
e  rovina:  disastro.  -  Sovversione,  il  sovvertire,  il 
mettere  in  disordine.  -  Sparpaglìo,  lo  spargere  qua 
e  là  (sparpagliare)  forte,  continuato  e  senza  ordine. 

-  Squarcio,  rottura  con  gran  disordine.  -  Stiavizio, 
disordine  e  abuso  di  cibo,  di  vino,  di  donne  e  sim. 

-  Subbuglio,  trambusto  di  |)ersone. 

Tafferuglio,  rissa,  litigio  confuso,  disordinato.  - 
Trambusto,  disordine  indente  a  sollevazione,  a  som- 
mossa. -  Tramenio,  il  far  rumore  mettendo  sotto- 
sopra, in  disordine,  mobili  e  altro. 

DlSORDINAMENTO. 

Disordinare.  —  Disordinarsi.  —  Disordinatamente. 

DlSORDINAMENTO,  il  disordinare  e  il  disordinarsi, 
atto  ed  effetto:  disordinazione;  perturbamento,  per- 
turbazione; scombuiamento,  scon>pigliamdnio,  scon- 
certamento, sgominamento  ;  travolgimento,  turba- 
mento. 

Disordinare,  turbare  l'ordine  delle  cose,  mettere 
in  disordine  :  abbarulfare,  ammestare,  armeggiare, 
arruffare,  avviluppare  ;  buttare  all'aria;  confondere, 
discomporre,  disguizzolare,  dissestare;  gettare  al- 
l'aria, guazzabugliare;  ingarabullare,  ingarbu^^liare; 
mandare  a  rovescio,  mettere  a  soqquadro,  in  con- 
quasso, in  isconquasso,  in  guerra  ;  sossopra,  sotto- 
sopra; rabbuffare,  riconfondere,  rimescolare,  rivo- 
lare :  scombuiare,  scombussolare,  scominare  ;  scom- 
paginare, scompigliare,  scomporre,  sconcertare, 
sconciare,  sconfondere,  sconquassare,  sconvolgere, 
sconvolvere,  sgominare,  soqquadrare,  squinter- 
nare ;  tramescolare,  tramestare  ;  volgere  sottoso- 
pra. -  Abborracciare,  fare  in  fretta  e  disordina- 
tamente. -  Ammestare,  fare  le  cose  in  disor- 
dine. -  Annaspare,  confondere,  confondersi,  massi- 
me con  la  mente.  -  Arruffare,  disordinarci  capelli 
e,  per  estensione,  qualunque  cosa.  -  Buttar  all'aria, 
mettere  a  soqquadro.  -  Sbandare,  disordinare  mi- 
lizie, metterle  in  rotta.  -  Sciamannare,  fare  o  stare 
disordinatamente.  -  Scatenacciare,  per  similit.  scon- 
quassare. -  Smnnare,  nel  dialetto  romagnolo,  vale 
disordinare.  -  Sovvertire,  mandare  sossopra.  -  Spar- 
pagliare, spargere  in  qua  e  in  là  disordinatamente 
e  piuttosto  lontano.  -  Tempestare  (ass.),  mettere 
sossopra. 

Disordinarsi:  andar  sossopra,  sottosopra  ;  cadere, 
venire  in  disordine:  abbarufl"arsi,  avvilupparsi,  ecc. 
(il  n.  p.  di  molti  dei  verbi  precedenti).  -  Arruffarsi, 
avvilupparsi  disordinatamente  di  peli,  di  capelli  e 
simili,  intralciandosi   gli   uni   con  gli  altri:  acca- 


902 


DISORGANIZZARE 


DISPERATAMENTE 


tricchiarsi,  incatricchiarsi,  ingarbugliarsi,  intricarsi, 
scarmigliarsi. 

Disordinatamente,  senza  ordine  ;  con,  in  disor- 
dine: alla  rinfusa,  all'avviluppata;  incomposta- 
mente,  inordinatamente  ;  malcompostamente,  malor- 
dinatamente, male  in  ordine;  scompigliatamente, 
SCO !n pestamente,  sconcertatamente;  sossopra,  sotto- 
sopra ;  tempestosamente,  tumultuariamente,  tumul- 
tuosamente. 


DlSORDINATEZZA.     —    DISORDINATO. 


Disordinatezza,  qualità  di  chi  o  di  ciò  che  è 
disordinato,  fuori  d'ordine  o  di  j-egroia  ;  inordina- 
tezza; sregolatezza  (riferito  al  tenore  di  vita). 

Disordinato,  chi  o  che  è,  o  fu,  in  disordine, 
messo  in  disordine,  confuso  (pieno  di  corvfusio- 
ne)  :  abbaruffato,  arruffato,  avviluppato  ;  discom- 
posto; incomposito,  incomposto,  indemoniato,  in- 
forme, inordinato;  malcomposto,  maldisposto,  malor- 
dinato ;  perturbato  ;  rabbuffato  ;  scompigliato,  scom- 
posto, sconcentrato,  sconcertato,  sconnesso  (di  di- 
scorso, ecc.):  tumultuario,  sovverso,  sovvertito; 
tempestoso,  turbato.  Aggiunto  di  persona  che  non 
ha  ordine  nelle  cose  sue:  confusionario.  -  Arruffato, 
di  capelli,  di  peli  e  simili,  confusi,  imbrogliati, 
intrecciati  disordinatamente:  abbatuffolato;  ispido; 
malcomposto,  rabbaruffato  ;  scarduffato,  sciattato.  - 
Caotico,  lo  stesso  che  disordinato. 

Sciamannone,  persona  sciamannata,  disordinata 
abitualmente.  -  Soqquadrane,  chi  mette  a  soqquadro 
ogni  cosa.  -  Sovvertitore,  promotore  di  disor- 
dini, nel  senso  di  sommosse,  rivolte:  arruffapopoli, 
demagogo.  Nel  gergo  ufficiale  e  ufficioso,  sovversivo. 

-  Sparpaglione  {sparpa gliomi),  di  persona  disordi- 
nata nel  fare,  nel  parlare,  ecc.:  sòr  Arruffa;  uomo 
a  catafascio.  -  Tresca  (ballo  rozzo  e  sciamannato), 
figur.  e  spreg.  di  persone  o  di  cose  disordinate. 

L'ordine  è  pane,  il  disordine  è  fame  (prov.). 

Disorganizzare,  disorganizzazióne  [disor- 
ganizzato). Guastare,  arrecar  guasto  ad  una  cosa 
organizzata  ;  disfare,  distruggere. 

Disorientare,  disorientamento  (disorien- 
tato). Figur.,  confondere,  mettere   in  confusione. 

Disorlare  (disorlato).  Levare  Vorlo  o  un  orlo. 

Disormeggiare  (disormeggiato).  Contr.  di  or- 
meggiare :  manovra  che  si  fa  con  Vdncora,  scio- 
gliendo gli  ormeggi  e  ritirandoli  a  bordo  della  nave. 

Disornamento.  Disabbellimento  ;  contr.  di  or- 
namento. 

Disornare  {disornato).  Disabbellire,  togliere 
ì'ornaìnento. 

Disosmia.  Perturbazione  nel  senso  dell'  odo- 
'rato. 

Disossare  (disossato).  Trarre  l'osso  dalla  carne. 

-  N.  p.,  restare  senza  ossa. 

Disossidare  (disossidato).  Levare  Vossido  dai 
corpi  che  lo  contengono. 

Disostruente.  Aperitivo,  eujìèptico. 

Dispacciare  (dispacciato).  Far  dispaccio,  man- 
dare un  dispaccio. 

Dispàccio.  La  lettera  spedita  per  corriere.  - 
Nell'uso,  il  telegramìna.  -  Petil-bleu  :  nel  gerjro 
familiare  francese,  vale  dispaccio  (dal  colore  della 
carta). 

Dispaiare  (dispaiato).  Kompere  il  paio.  • 
Poet.,  disgiungere,  separare  l'uno  dall'altro. 


Disparatezza.  L'essere  disparato:  differenza 

diversità. 

Disparato.  Disforme,  diverso. 

Disparére.  Contrarietà  di  opinione;  diversità 
0  contrasto  di  pareri  ;  dissenso. 

Dispari  (impari).  Non  jìari,  non  ugiuUe.  - 
Aggiunto  di  numero  che  non  si  può  dividere  in 
due  numeri  interi  ed  uguali.  -  Disparità,  l'essere 
dispari,  disuguale  :  disuguaglianza.  -  Disparimente, 
dispannente,  con  disparità. 

Disparire  {disparito).  Scomparire,  sparire. 

Disparità.  L'essere  dispari;  disuguaglianza, 
diversità. 

Disparizióne.  Lo  sparire,  atto  ed  effetto. 

Dispartire  (dispartito).  Non  comune  per  divi- 
dere, usato,  specialmente  in  Toscana,  col  signifi- 
cato di  separare  due  o  più  persone  in  litigio. 

Dispatia.  Veggasi  a  sentitnento. 

Dispèndio,  dispendioso  (dispendiosamente). 
Veggasi  a  spendere. 

Dispènsa.  La  stanza  (per  lo  più,  annessa  alla 
cucina).  0  Varmadio  nel  quale  si  conservano  i 
generi  alimentari  :  credenza,  credenziera  ;  guar- 
daroba, guardavivande,  madiella.  -  Dixpensiera,  di- 
min,  di  dispensa.  -  Dispensuccia,  dimin.  spreg.  - 
Frigidario,  dispensa  per  tenerci  in  fresco  la  carne. 
-  Moscaiola  da  dispensa,  veggasi  a  mosca. 

Dispènsa.  Facoltà  di  esimersi  da  un  precetto 
di  legge;  l'ordine  col  quale  l'autorità,  derogando 
da  una  legge,  da  un  regolamento,  ecc.,  concede  ad 
alcuno  di  andarne  esente:  dispensamento,  dispen- 
sagione,  dispensazione  ;  esenzione,  esonerazione 
(lat),  esònero  (neol.)  ;  indulto  ;  privilegio,  remis- 
sione. -  Nel  cattolicismo,  facoltà  che  la  Chiesa  con- 
cede a  taluno  di  non  osservare  alcune  pratiche  del 
culto,  quali  il  digiuno,  ecc.  -  Nel  gergo  librario, 
foglio  stampato  (di  otto  o  di  sedici  pagine)  che  è 
parte  d' un  libro,  di  un'  opera  :  si  pubblica  man 
mano,  alla  spicciolata,  o  si  distribuisce  di  volta  in 
volta,  per  abbonamento.  -  Dispensa  delle  acque,  veg- 
gasi ad  irrigazione. 

Dispensare  (dispensato).  Concedere  la  dispen- 
sa, V esenzione;  sciogliere  AiAYohbligo  di  una 
cosa.  -  Dare  parte  o  porzione  di  checchessia  : 
compartire,  distribuire.  -  Esonerare  dall'impiego, 
dall'ufficio:  giubilare,  mettere  in  pensione,  - 
Poet.,  concedere  con  larghezza.  -  Dispensatore, 
chi  dispensa,  ha  incarico  di  dispensare.  In  Roma 
antica,  si  chiamava  cosi  lo  schiavo  cassiere  nelle 
case  dei  signori. 

Dispensarlo.  Istituto,  stabilimento  sanitario , 
ambulanza,  ambulatorio,  farmacia,  medi- 
cheria. 

Dispensarsi  (dispensato).  Esimersi  o  trala- 
sciare di  far  checchessia. 

Dispensazióne.  Lo  stesso  che  dispetisa, 

Dispcnslera,  'dispensiere.  Lo  stesso  che 
credenziera,  credenziere  (veggasi  a  credenza).  - 
Dispensiere  detto  anche  a  maggiordomo. 

Dispepsia.  Difficoltà  di  digerire  :  veggasi  a  di- 
gestione. 

Disperàbile.  Privo  di  speranza.  -  Caso  di- 
sperato, senza  rimedio. 

Disperare,  disperarsi  (disperato).  Togliere 
la  speranza  ;  perdere  la  speranza  ;  abbandonare, 
abbandonarsi  alla  disperazione.  -  Far  disperar*^ 
far  perdere  la  pazienza. 

Disperata.  Componimento  in  poesia. 

Disperatamente.  Con  disperazione. 


DISPIACERE 


903 


Disperato.  Chi  o  che  è  senza  speranza,  nello 
stato  di  disperazione. 

Disperazióne.  Il  non   avere  più  speranza; 

l'eisere  disperato,  afflitto,  senza  aspettarsi  o  volere 
consolazione:  abbattimento,  accasciamento  (forte 
e  completo),  avvilimento;  costernazione;  dispera- 
mento  (v.  a.),  disperanza,  disperatezza  (v.  disus.), 
dispéra  ;  esaniniazione  ;  sconforto,  sconsolazione, 
scoraggiamento. 

Disperare,  cessar  di  sperare  checchessia  ;  non 
avere  più  speranza  in  o  per  una  determinata  cosa; 
cadere  di  speranza,  gettare  la  speranza  dietro  le 
spalle;  perdere  la  speranza;  spogliar  la  speme  ; 
uscire  di  speranza. 

Disperarsi,  abbandonarsi  alia  disperaziene,  dispe- 
rare in  genere,  reputando  sé  stesso  privo  di  spe- 
ranza: accasciarsi;  buttarsi  via:  cader  di  coraggio 
e  di  speranza;  dar  1' anima  al  nemico;  darsi  ai 
cani,  al  diavolo,  alla  versiera,  alle  bertuccie,  alle 
streghe;  darsi  alla  disperazione,  in  preda  alla  di- 
sperazione ;  darsi  per  morto  ;  darsi,  tenersi  perduto, 
per  perduto;  gittarsi  via,  giudicarsi  spacciato;  la- 
sciarsi andare  alla  disperazione;  mangiarsi  l'animo; 
mettersi  al  disperato;  perdersi  di  speranza;  ro- 
dersi l'animo,  struggersi  ;  uscir  di  sentimento  ; 
venire  in  disperazione,  volersi  sbattezzare.  -  At- 
taccarsi a'  sassi,  ai  rasoi:  quando  si  è  a  partiti  di- 
sperati (chk  affoga  si  attaccherebbe  ai  rasoi).  - 
Buttarsi,  darsi,  mettersi  al  perso,  per  disperato. 

DisPERATAMEXTE,  cou  0  per  dlsperazione,  in  modo 
disperato  :  a  corpo  perduto,  alla   disperata,  incon 
sciabilmente,  per  disperato,  senza  speranza. 

Disperato,  che  non  spera  più  in  nulla,  è  preso 
dalla  disperazione  :  con<lotto  a  disperazione,  in  di- 
sperazione; destituito  d'ogni  speranza,  fuor  di  spe- 
ranza; inconsolabile,  privo  d'ogni  consolazione; 
rovinato,  senza  speranza,  sfidato  (stìduciato)  della 
fortuna.  -  Di  cosa:  irriuscibile,  perso,  sballato, 
spallato.  -  Disperato,  nell'  uso,  chi  non  ha  mezzi 
di  sorta  per  vivere.  -  Essere  disperato  :  appiccarsi 
ai  rasoi,  alla  canna,  alle  funi  del  cielo;  attaccarsi 
ai  vetri,  al!  intonaco;  crearsi,  dirsi,  sentirsi,  tro- 
varsi perduto;  essere  agli  ultimi  partiti,  essere  in 
bocca  all'  orco  ;  navigar  per  perdute  ;  portare  il 
lutto  di  sé  stesso  ;  tenersi  per  ispacciato,  per  morto, 
per  perduto  ;  venir  meno  il  mondo,  il  terreno  ; 
venir  meno  la  terra  sotto  i  piedi. 

Varie.  —  Caso  disperato,  senza  rimedio  ;  di  ma- 
lattia per  la  quale  nessuna  cura  possa  giovare. 
•Disperazione:  si  dice  quando  qualcuno  si  dispera 
per  nulla  (iron.,  passioni  delle  passere  e  dispera- 
zione dei  passerotti)  -  Morto  per  morto,  di  chi  si 
dà  a  decisioni  disperate  in  casi  estremi. 

Darebbe  del  capo  nel  muro,  o  la  testa  nel  muro 
(figur.),  per  disperazione.  -  Mettersi,  cacciarsi  le 
mani  ne'  capelli,  per  disperazione,  per  rabbia.  Così  : 
strapparsi  i  capelli,  pelarsi  il  mento,  ecc 

Dispèrdere  (disperso).  Mandare  in  perdizione, 
in  disordine,  in  rovina:  sperdere.  -  Distendere, 
sparpagliare.  -  Consumare;  dilapidare,  dissi- 
pare (di  denaro).  -  Sbandare  (veggasi  a  sban- 
damento). -  Mettere  in  rotta  un  esercito,  in- 
fliggergli una  sconfitta.  -  Dispersivo,  atto  a  disper- 
dere. 

Disperdersi  (disperso).  Andare  in  perdizione. 
-  Sbandarsi.  -  Disordinarsi. 

Disperdimento.  Il  disperdere  e  il  disperdersi: 
sbandamento. 

Dispèrgere,  dispèrgersi  {disperso).  Lo  stesso 
che  disperdere,  disperdersi. 


Dispermàtico,  dispermatismo.  Veggasi  a 
generazione. 

Dispersióne.  Lo  stesso  che  disperdimento.  - 
Dispersione  elettrica,  veggasi  ad  elettricità.  -  Di- 
spersione magnetica,  detto  a  magnetismo. 

Dispersivo.  Atto  a  disperdere. 

Dispettare  {dispettato).  Disprezzare,  avere  in 
disprezzo. 

Dispetto  (dispettoso).  Atto  ed  azione  che  si  fac- 
cia apposta  per  dispiacere  altrui  ;  offesa  volon- 
taria ;  sdegno,  stizza;  sdegnosa  noncuranza; 
dispitto,  ripicco.  -  Dispettaccio,  peggior.  di  dispetto. 
■  Dispeltino,  dimin.;  anche,  di  bambino  odi  bambina 
che  fa  dispetti.  -  Dispettuccio,  dimin.  spreg.  -  i?t- 
picco,  dispetto  che  taluno  fa  ad  altri  per  vendi- 
carsi fanciullescamente  di  qualche  lieve  offesa  ri- 
cevuta. 

Alla  barba,  in  barba  di  qualcuno,  a  suo  dispetto, 
ad  onta.  -  A  marcio  dispetto,  con  grandissimo  o  per 
grandissimo  dispetto.   -    Di  rimando,  per  dispetto. 

Far  gangola  a  uno,  fargli  dispetto  con  qualche 
azione.  -  Fare  il  grugno,  mostrarsi  adirato,  indi- 
spettito. -  Far  le  picche,  far  dispetti.  -  Mordere  il 
dito  0  le  dita,  in  segno  di  dispetto  o  di  pentimento. 
-  Indispettire,  fare  che  altri  s'indispettisca.  -  Indi- 
spettirsi, prendere  dispetto  contro  qualcuno  ;  cruc- 
ciarsi, stizzirsi,  prendere  stizza.  •  Riecheggiare,  ur- 
tare con  dispetti  -  Stat-e  o  volere  entrare  in  pa- 
radiso a  dispetto  dei  santi:  stare  in  un  posto  a 
dispetto  degli  altri.  -  Tòrcere  le  labbra,  il  grifo, 
il  muso,  modi  di  manifestare  il  dispetto.  -  Voltar 
le  spalle,  andarsene  da  uno  con  dispetto,  con 
cruccio. 

Dispettoso,  che  mostra  o  esprime  dispetto:  inci- 
toso  (roman.),  maligno;  chi  si  compiace  di  far  di- 
spetti: cacadispetti,  dispettino,  forasiepe;  gobbuzzo; 
grugnone,  pepino,  stuzzichino.  -  Dispettosino,  di- 
spettosello,  dimin.  -  Dispettosaccio ,  dispetlosuccio, 
accresc.  spreg. 

Brutto  e  dispenoso,  a  cni  insponae  con  sgarbo  : 
e,  se  é  una  persona  brutta,  si  aggiunge  il  prov.  : 
«  Chi  è  brutto  è  dispettoso,  e  canta  male  ».  -  Par 
messo  al  mondo  per  dispetto:  di  persona  che  ci  fa 
disperare,  che  non  s'arrende,  che  fa  dispetti. 

Indispettito,  preso  da  dispetto,  da  stizza. 

Dispiacènte.  Che  ha  disjnacere,  rincresci- 
mento di  checchessia.  Anche,  dispiacevole,  spia- 
cevole. 

Dispiacenza.  Kincrescimento,  dispiacere. 

Dispiacére  (dispiacente,  dispiaciuto).  Recar  di- 
spiacere. -  Sentir  dispiacere  ;  provare  rammà' 
rico.  -  Non  piacere,  sgradire,  spiacere. 

Dispiacére.  Sentimento  che  si  prova  allor- 
quando le  cose  non  vanno  come  si  vorrebbe,  non 
ci  soddisfano  per  un  motivo  qualsiasi  ;  molestia  o 
tristezza  d'animo  (anche  la  cosa  che  dà  dispiacere). 
E'  diverso  dal  cruccio,  e  meno  iel  dolore,  e 
contr.  di  contentezza  (veggasi  a  concento):  ama- 
rezza ;  discontentamento,  disgusto,  dispiacenza,  di- 
spiacevolezza, spiacimento;  incresci  mento;  ira  (mo- 
vimento disordinato  dell'animo  contro  chi  ci  ha  fatto 
dispiacere);  mala  contentezza;  fastidio;  malcon- 
tento; rincrescimento,  rincrescevolezza  ;  scontenta- 
tezza,  scontento;  spiacere,  spiacimento,  suzzàcchera.  - 
Assenzio,  fìgur.,  amarezza,  dispiacere  ■  Boccone  amaro, 
cosa  che  rechi  dispiacere.  -  Boccone  che  allega  i  denti, 
per  traslato,  cosa  che  dispiace.  -  Crepacuore,  di- 
spiacere gravissimo,  profondo;  dolore.  -  Disgusto, 
dispiacere  per  cattive  azioni  ricevute.  -  Dispiaceri 
che  non  passano  la  fascetta,  di  poco  rilievo.   -   Di- 


904 


DISPIACEVOLE    —   DISPOSITIVO 


spiaceri  fino  al  cuore,  sino  in  fondo  al. cuore,  gravi 
€  continui.  -  Impiastro  (figur.),  di  cosa  che  asso- 
miglia a  un  impiastro,  o  non  ci  piaccia.-  Puntura 
di  cuore,  dispiacere  forte  ;  di  più,  trafila  al  cuore. 
-  Suzzàcchera,  cosa  che  rechi  ad  altri  dispiacere  o 
noia.  -  Una  spina  al  cuore,  dispiacere  vivo. 


Dispiacente. 
Dispiacere.  —  Locuziom. 


Dispiacente,  che  ha  dispiacere  di  checchessia  : 
addolorato  (un  po'),  compunto,  doglioso,  dolente; 
'  malcontento,  scontento,  spiacente.  •  Dispiacevole, 
,  discaro,  non  piacevole,  spiacevole.  •  Dispiaciuto, 
per  dispiacente,  è  forma  del  dialetto  napoletano,  e 
brutta.  -  Essere  dispiacente,  aver  dispiacere,  sentire 
rincrescimento:  aborrire  da..  ;  aver  a  molestia,  a 
noia;  aver  a  male,  per  male;  aver  per  grave;  do- 
lersi ;  grattare  dov'è  la  rogna  ;  increscere,  parer  fa- 
tica, prender  dispiacere;  rammaricarsi,  rancurare, 
rincrescere;  rodersi  dentro  (veggasi  a  stizza). 

Dispiacebe,  dare,  recare  dispiacere  :  disaggradare, 
disaggradire,  disgustare  ;  essere  contro  stomaco  ; 
essere  duro,  grave,  fastidioso,  ingrato,  molesto,  pe- 
noso ;  far  afa,  far  collera,  far  noia  ;  non  garbare, 
non  piacere  ;  offendere;  parer  male;  recar  a  male; 
pesare;  ributtare;  riuscire  sgradevole,  sgradito,  spia^ 
cevole;  saper  di  forte  agrume  ;  saper  di  muffa,  sa- 
per di  sale;  saper  male;  scompiacere,  sgradire, 
sgustare,  spiacere;  urtare,  venir  a  noia. 

LoccziONi,  ECC.  —  Andare  il  sangue  a  catinelle,  di 
grandi  dispiaceri  (a  vedere  certe  cose,  mi  va  il  san- 
gue a  catinelle).  -  Campare  di  dispiaceri,  di  chi  ne 
ha  Continuamente.  -  Cavarsi  una  cosa  dtigii  occhi, 
darla  ad  altri  con  gran  rincrescimento.  -  Cuocere: 
di  cosà  che  dà  dispiacere,  rincrescimento. 

Dar  nel  naso,  dispiacere,  urtare.  -  Dannarsi,  far 
dannare_  l'anima,  dicesi,  familiarmente  e  figur ,  per 
significare  le  noie,  le  molestie,  i  dispiaceri  che  altri 
ci  procura  (anche,  mangiarsi,  rodersi  V  anima).  - 
Deplorare:  di  fatti,  avvenimenti^  ecc.,  mostrare 
•vero  rincrescimento  che  siano  avvenuti.  •  Dige- 
rirla male,  di  cosa  spiacevole,  che  a  stento  si  sop- 
-porta.  -  Disservire,  fare  altrui  dispiacere  o  dantio. 
Far  cattivo  sangue,  guastarsi  la  tranquillità  e  la 
salute  per  i  dispiaceri.  -  far  la  bocca  pari,  dimo- 
•  strare  rincrescimento.  -  Far  fare  tante  lacrime  :  dar 
tanti  dispiaceri.  -  Fate  il  ctwre  come  un  /5co  secco, 
per  dispiacere  improvviso. 

Grattiirsi  il  capo,  per   un   annunzio  sgradevole, 
per  fatti  spiacevoli.  -  /nacerètre,.  cagionare  ramma- 
'  richi,  dispiaceri   forti    -  Ingoiar   amaro   e   sputar 
dolce,  dissimulare  il  dispiacere. 
.  Logorarsi,   ródersi   V  anima,  consumarsi    dal  di- 
I  spiacere.  -  Mangiare  un   boccone  di  pane  e  uno  di 
.  veleno,  star  sempre  in  continui  dispiaceri.  -  Morti- 
ficarsi, restar  mortificato,  darsi,  prendersi  dispiaceri 
spontaneamente.  -  Non  piacere  né  il  pranzo  (e  più 
comun.  il  vino),   né  la  conversazione  :    né    la  cosa, 
né  le  persone  che  o  di  cui    si  vorrebbe  indurci  a 
trattare.  -  Passar  l'anima,  di  dispiacere   che  tocca 
nel  vivo,  intimamente  e  aspramente.  -  Pazientare, 
avere  pazienza,  subire  con  rassegnazione  i  di- 
spiaceri. 

Stare  sempire  col  sangue  rimescolato,  sottosopra, 
per  forti  dispiaceri.  -  Star  mogio  mogio,  mezzo 
grullo,  come  intontito  per  dispiacere. 


Accettante  e  stipulante,  chi  è  costretto  a  sentire 
le  censure  che  gli  si  fanno  e  veder  cosa  che  gli 
dispiace.  -  Buscherato  !,  esclamazione  allusiva  a 
dispiacere,  a  dispetto.  -  Fino  all' anima,  coi  verbi 
dolere  e  dispiacere,  vale  grandemente.  -  Ohi,  la  mia 
gamba!,  esclamazione  popolare;  quando  si  ode  cosa 
che  ci  fa  dispiacere.  -  Tu  cerchi  la  mia  morte:  di 
chi  ci  procura  gravi  dispiaceri. 

Dispiacévole.  Dispiacente,  spiacevole. 

Dispiacevolezza.  L'essere  dispiacevole,  spia- 
cevole. 

Dispiacimento.    Non  comune  per  dispia 
cere. 

Dispiccare,  dispiccarsi  (dispiccato).  Lo  stesso 
che  spiccarCf  spiccarsi. 

Dispiegare  (dispiegatamente,  dispiegato).  Di- 
stendere, stendere. 

Dispietatamente.  Senza  pietà,  \n  modo 
crudele. 

Dispietato.  Spietato,  crudele,  senza  pietà. 

Displùvio.  Inclinazione  di  monte  per  cui  si 
determina  l'idrografia  di  un  paese  -  In  un  edifi- 
cio, piano  inclinato  per  allontanare  l'acqua  pio- 
vana. 

Dispnèa.  Difficoltà  della  respirazione. 

Dispodestare  {dispostato).  Spodestare,  togliere 
il  potere  (non  comune). 

Dispogliare,  dispogliarsi  {dispogliato).  Più 
comunem.,  spoglia/re,  spogliarsi. 

Dispolpare  {dispolpato).  Spolpare,  levare  la 
polpa,  la  carne. 

Dispondèo.  Piede  di  antico  verso. 

Disponente.  Chi  dispone  ;  -nell'  uso.  il  testa- 
tore, ehi  fa  testamento. 

Disponibile.  Dicesi  di  tutto  ciò  che  si  può 
adoperare,  usare.  -  Nel  linguaggio  familiare,  di 
ragazza  che  può  passare  a  matrimonio.  -  Parte 
deW  eredità. 

Disponibilità.  Termine  burocratico  :  veggasi  a 
impiegato. 

Disponimento.  Il  disporre  e  il  disporsi. 
.  Disporre  {disposto).  Mettere  in  ordine,  in  as- 
setto le  parti  di  checchessia.  -  Mettere  le  cose  al 
loro  posto.  -  Rendere  atta,  preparare  (veggasi  a 
preparazione)  cosa  o  persona  a  compiere  un 
determinato  ufficio.  -  Avere  a  disposizione,  avere 
padronanza,  essere  padrone.  -  Ordinare,  coma/n- 
dare;  avere  facoltà  di  decidere,  di  fare.  -  In- 
durre, persuadere  (veggasi  a  persuasione)  alcuno 
a  qualche  cosa.  -  Deliberare,  risolvere,  sta' 
bilire.  '  Decretare,  ordinare  per  decreto.  -  Espri- 
mere volontà  per  testamento.  -  Dispositivo,  atto 
a.  disporre.  Anche,  parte  di  una  legge,  di  una 
sentenza  che  contiene  la  decisione,  e  viene  dopo 
i  motivi,  i  considerandi  (dispositivo)  ;  parte  de'gli 
atti,  degli  istrumenti  pubblici  che  segue  alla  nar- 
rativa. -  Dispositore,  chi  può,  sa,  ha  l' incarico  di 
disporre. 

Disporre  a  beneplacito,  a  talento,  quanto  e  quando 
si  vuole,  fin  che  si  vuole.  -  Organizzare,  ordinare, 
disporre.  Predisporre,  preparare  l'animo  d'altri 
ad  alcuna  cosa.  -  -  Ridisporre,  ripete  disporre. 

Dispèrsi  {disposto).  Acconciar  l' animo  ;  aspel- 
larsi come  sicura  una  cosa;  tenersi  certo,  tener 
per  fermò.  -  Prepararsi  a  qualche  cosa  (veggasi  a 
preparazione)  :  porvi  il  pensiero,  l' animo,  Tot* 
tenaione. 

Disposare  {disposamento,  disposato).  Sposare, 
unire,  unirsi  in  matrim.onio. 

Dispositivo.  Veggasi  a  disporre 


DtSPOSlTORE    —    DISPREZZO 


905 


Dispositore.  Chi  dispone,  può  dispofre. 

Disposizióne.  Il  modo,  \'oivHne  col  quale  si 
collocano,  si  sanno  collocare,  oppure  sono  collo- 
cate, le  cose  0  le  parti  di  un  tutto:  organa- 
mento. -  Stato  0  condizione  di  salute.  -  Slato 
d'animo  verso  persona  o  cosa  :  amore,  vena,  vo- 
glia. -  Naturale  inclinazione  o  aftitadine  a  cliec- 
chessia.  -  Abituale  teiulenza  a  qualche  malattia. 
•  Comando,  decreto,  deliberazione,  onlint*.  - 
Volontà  dichiarata  per  testamento.  -  Precello  le- 
gislativo, di  legge.  -  Disposto,  che  ha  disposizione, 
buona  o  cattiva:  inclinato,  propenso. 

Inclinazione,  disposizione  d'animo,  di  mente, 
naturale  e  permanente.  -  Ordinanza,  azione  dispo- 
sitiva. -  Ordine,  diligente  disposizione  di  una  cosa 
dopo  l'altra  e  di  tutte  a  suo  luogo.  -  Prevenzione, 
dis|)osizione  favorevole  o  contraria  prima  del  giu- 
dizio :  pregiudizio.  -  Propensione,  buona  di- 
sposizione d'  animo.  -  Sanatoria,  disposizione  con 
cui  l'autorità  sancisce  un  atto  non  regolare.  -  Sim- 
metria, disposizione  ordinata  e  proporzionata  delle 
parti.  -  Stratificazione,  disposizione  delle  diverse 
materie  che  si  trovano  in  vari  strati  nelle  viscere 
della  Terra:  termine  di  geologia.  -  Testura,  dispo- 
sizione o  connessione  delle  parti  d'un  discorso,  d'un 
poema,  ecc-. 

Dispossessare  (dtspossessato).  Togliere  Spos- 
sesso. 

Dispósto.  Che  tia  disposizione. 

Dispotestare  {dispot eslato).  Lo  stesso  che  di- 
spodestare, togliere  il  2fotere. 

Dispoticamente   Da  dèspota. 

Dispòtico.  Da  despota,  di  despota. 

Dispotismo  (dispòtico).  Autorità  del  dèspota, 

Dispreg-iévole,  dispregi evolezza.  Veggasi 
a  disprezzo. 

Di  spregevolmente.  Con  disprezzo. 

Dispregiàbile.  Meritevole  di  disprezzo. 

Dispregiare  (dispregiato).  Disprezzare,  avere 
in  disprezzo 

Dsipreglatlvo.  Che  dinota  disprezzo. 

Disprègio.  Disistima,  scherno. 

Disprezzare,  dlsprezzarsi  (disprezzativo,  di- 
spiezzato).  Avere,  nutrire,  sentire  disprezzo  di 
persona  o  cosa;  disistimarsi. 

Disprezzativo.  Atto  ad  esprimere  disprezzo. 

Dlsprezzatore.  Chi  ha  disprezzo,  tanto  o 
poco  per  abitudine. 

Disprezzévole.  Meritevole  di  disprezzo 

Disprèzzo.  Disistima  e  noncuranza;  senti- 
mento, non  sempre  giusto,  per  il  quale  si  ha  in  cattivo 
concetto,  in  nessuna  stinta,  in  nessun  pregio 
persone  o  cose:  dileggio,  disdegno,  disistima,  di- 
spregiamento ,  dispregio,  disprezzamento;  spregia- 
mento,  spregio,  sprezzamento,  sprezzo;  svilimento; 
vilipendio.  -  Simbolo  del  disprezzo,  il  garofano 
giallo.  -  Disprezzativo,  atto  ad  esprimere  disprezzo  : 
dispregiativo,  spregiativo. 

Dispetto,  sdegnosa  noncuranza,  dispregio.  -  Di- 
sprezzo olimpico,  di  chi  si  crede  un  Giove,  e  tratta  con 
un  fare  altero.  -  Empietà,  disprezzo  della  religione: 
irreligione.  -Ludibrio,  spregio  pubblico.  -  Misco- 
noscenza,  disprezzo  per  i  meriti,  i  diritti  altrui  e 
simili.  -  Smusata,  atto  di  spregio  che  si  fa  torcendo  la 
faccia.  -  Spregio,  sentimento  di  disistima  (meno  che 
disprezzo):  più  che  altro,  l'alto  (fare  degli  spregi, 
atti  dift];>ettosi  e  noiosi,  o  per  vendetta). 


Disprezzabile.  —  Disprezzante. 

Dtsprezzantemente.  --  Disprezzare.  —  Disprezzato. 

Varie. 


UisPRKzzABiLE,  meritevole  di  spregio,  di  sprezzo, 
(legno  di  essere  disprezzato:  contennendo,  conten- 
tibile,  dispregevole,  dispregiàbile,  disprezzabile,  di- 
sprezzevole; indegno;  non  flef/zio;  spregevole,  spre- 
giabile,  sprezzabile;  vilipendioso,  vituperevole.  - 
Abbietto,  abietto,  deano  del  massimo  disprezzo  (uomo 
vile:  abietto,  azione  abietta,  immagini  abiette,  ecc). 
Anche  di  cosa  che  rende  abietto:  mestiere  abietto. 
E  abiezióne  Io  stato  di  chi  si  trova  abietto  (stare, 
viver  nel  fango,  nell'abiezione).  -  Marame,  gran 
quantità  di  cose  o  persone  spregevoli. 

DisPRKzzANTE,  che  disprezza  :  disdegnoso,  dispre- 
giatore, disprezzoso;  noncurante;  spregiatore,  sprez- 
zatore.  -  Cinico;  di  uomo  che  ostenta  disprezzo  per 
ogni  sentimento  o  azione  nobile  e  gentile,  noncliè 
per  gli  agi  della  vita.  -  Empio,  disprezzalore  della 
religione;  di  pensieri  cattivi,  azioni  e  dottrme  ri- 
provevoli. 

DispREzzANTEMEXTE  con  disprezzo,  in  modo  di- 
sprezzante:  alla  sprezzata,  dispregiatamente,  disprez- 
zatamente;  sprezzantemente,  sprezzatamente,  spre- 
gevolmente, sprezzevolmente,  strapazzatamente;  svi- 
litivamente;  vilipendiosamente. 

DisPREZZARE,  avere  in  nessun  pregio  o  conto,  te- 
nere a  vile:  avere  a  carte  quirant^nove,  a  niente, 
a  schifo,  a  vile;  avere  fra  l'una  e  l'altra  natica 
(volgar.);  avere  in  cattivo  concelfo,  in  cupola,  in 
dispetto,  in  quel  servizio,  in  tasca,  in  un  calcetto; 
avere  nel  forame,  nella  bisaccia,  nella  collottola, 
nella  tasca  dello  zoccolo,  nello  zero;  avere  per  acca, 
per  cosa  vana,  per  le  due  di  coppe  ;  avere  sulla 
coda;  avvilire;  disdegnare,  disistimare,  dispeltare, 
dispregiare;  farsi  beffe;  misfonoscere,  mispregiare; 
noncurare  (veggasi  a  noncuranza);  non  dare  un 
bagattino,  un  baghetto,  un  buzzago,  un  giabaldano, 
un  paracucchino  per....;  non  stimare,  non  stimare 
una  patacca;  non  volere  (cosa  o  persona)  per  un 
cacio  bacalo;  parvificare,  par\  ipendere,  prezzar  male: 
chernire,  sfatare;  spernere  (lat  ),  spregiare,  sprezzare; 
slimare  un'acca,  meno  d'uri'acca,  meno  d'un  corno; 
stimare  una  cenciaia,  una  frulla,  una  paglia,  un 
corno,  un  fico,  un  nulla,  uno  zero  ;  tenere  a  beffe, 
a  niente,  manco  che  niente,  per  niente,  per  uno 
strofinaccio;  tenere  sotto  il  calcagno;  vilificare,  vi- 
lipendere. 

Abominare,  avere  un  sacro  orrore,  un  profondo  di- 
sprezzo per  cosa  0  persona  (abominazione,  cosa,  azione 
abominevole).  -  Alzar  le  spalle,  per  noncuranza,  di- 
sprezzo). -  Infischiarsi  (modo  triv.,  ma  espressivo), 
non  curare  sprezzantemente  persona  o  cosa,  mostrar 
disprezzo:  avere  a  giuoco;  imbubbolarsi,  imbu- 
dellarsi, imbuscherarsi  ;  impiparsi;  intischiarsene, 
infottarsene  ;  mettersi,  pigliarsi  in  baia  ;  ridersi,  rin- 
carare il  lìtio  ;  strafischiarsene,  strafìschiarsi  ;  stra- 
fotlarsene,  strafotlarsi.  -  Misconoscere,  non  ricono- 
scere il  merito,  l'opera  altrui.  -  Mostrare  uno  a 
dito,  farlo  segno,  più  che  altro,  allo  sfregio  altrui. 
-  Non  guardare  uno  quanto  è  lungo  :  non  degnarsi 
di  misurarsi  con  lui,  disprezzarlo,  non  volerci  rap- 
porti. •  Postergare,  disprezzare,  tener  addietro.  - 
Preferire  il  diavolo,  parlando  di  persona  che  si 
disprezza.  -  Sputare  su  una  cosa  (fìgur.),  spregiarla. 


906 


DISPROPORZIONE    —    DISSESTO 


Disprezzato,  chi  o  che  è  oggetto  del  disprezzo 
altrui:  annullato  (non  us.),  misconosciuto,  negletto, 
vile.  •  Cóncio,  di  persona  spregiata,  non  conside- 
rata. .  ,.      ,1,      • 

Varie.  —  Alla  largai,  espressione  di  abborri- 
mento,  di  disprezzo  :  orrore  !  Poah  !  Vade  retro. 
Satana  !  -  Iccio,  desinenza  che  ha  dello  spregiativo. 
-  Ohibò,  oibò,  esclamazione  di  nausea,  di  sprezzo, 

Vuva  non  è  matura:  dicesi  di  chi  ad  arte  spregia 
beni  che  non  può  ottenere.  -  Non  è  spazzatura,  è 
da  buttarsi  nella  spazzatura:  a  chi  sprezza  persone 
o  cose. 
Disproporzióne.  Mancanza  di  proporzione. 
Disputa.  Atto  del  disputare,  del  discutere:  di- 
scussione. 

Disputare  (dispututo).  Far  disputa,  discus- 
sione: competere  a  parole,  controvertere,  discu- 
tere ;  difendere  la  propria  opinione  contro  quella 
d'altri.  Nell'uso,  anche  contendere,  contestare,  con- 
trastare, far  contrasto.  -  Stiracchiare,  sofisticare, 
disputare  con  sofifuna.  •  Disputàbile,  che  può  es- 
sere oc;?etto  di  disputa,  di  discussione  :  discutibile, 
incerto,  problematico.  •  Disputativo,  che  ha  forma 
di  disputa,  di  discussione  -  Disputatorio,  esercizio 
accademico  del  disputare. 

Disputabile,  disputativo.  Detto  a  dispu- 
tare. 

Disputazlóne.  Disputa,  il  disputare  ;  discus- 
sióne. 

Disquilibrio.  Mancanza  di  equilibrio. 
Disquisizióne,   Accurata   ricerca    del   vero  ; 
diligente  esame. 

Disradicare  {disradicato).  Sradicare  :  veggasi  a 
radice. 

Disru ridire  {disruvidito).  Togliere  la  ruvidezza  : 
polire. 

Dissacrare  (dissacrato).  Ridurre  dal  sacro  al 
profano. 

Dissalare  {dissalato;  dissalazione).  Togliere  il 
sale. 

Dissaldare  {dissaldato).  Disfare  la  saldatura  ai 
metalli. 

Dissanguare,  dissanguarsi  (dissanguamento, 
dissanguato,  dissang nazione).  Togliere,  perdere  tutto 
il  sangue.  Anche,  salassare,  fare  un  salasso.  - 
Figur.,  togliere  ad  alcuno  tutto  il  denaro. 

Dissapóre.  Turbamento  di  concordia;  screzio, 
discordia;  lieve  rancore. 

Dissecare  (dissecato).  F&re  una  dissezióne;  ta- 
gliare, per  lo  più  un  corpo  animale.  Operazione 
di  anatomia. 

Disseccante,  disseccativo.  Il  medicamento 
essiccativo. 

Disseccare^  disseccarsi  {disseccato,  dissecca- 
zióne).   Rendere,  divenir  secco:   togliere,   perdere 
Vumore,  rendere,  divenire  asciutto. 
Disseccativo.  Atto  a  render  secco. 
Disseccazióne.    Il    disseccare  e  il  disseccarsi. 
Operazione  di  farmacia. 

Disselciare  ^dixselciato).  Disfare,  levare  il  sel- 
ciato. 

Dissellare  (dissellato).  Levar  la  sella. 
Disseminazióne.  Veggasi  a  fìnitto. 
Disseminare  fdixspminaloj.  Spargere  come  se- 
niente.  -  Diffondere,  divulgare,  spargere  (riferito 
ad  avvenimento,  a  notizia  e  simili). 

Disseminazióne.  L'aprirsi  del  frutto^  quando 
sia  giunto  a  completa  maturità. 
Dissennare  {dis'<ennalo).  Togliere  il  senno. 
Dissennato.  Folle,  pazzo. 


Dissensióne.  Alterazione  degli  animi  per  di- 
scordia  -  Contrasto,  litigio. 

Dissènso,  Il  dissentire  ;  condizione  di  coloro  che 
dissentono,  sono  di  diversa  opinione,  di  diverso 
parere  in  una  questione  qualsiasi:  disaccordo,  dis- 
consentimento, discordanza;  discrepanza,  disparere, 
disparità  (d'idee,  di  sentimenti),  dissapore,  dissen- 
timento, dissenzione,  divergenza  (d'opinioni)  ;  lite  ; 
sconsentìmento,  screzio.  -  Anche,  l'effetto  del  non 
consentire  (veggasi  a  consenso),  non  permettere 
(veggasi  a  permesso)  una  cosa.  -  Essere  in  dis- 
senso: allontanarsi  dall'opinione  d'altri;  discordare, 
disconvenire,  discrepare,  dissentire;  essere  di  avviso 
differente,  di  opinione  contraria  ;  non  essere  del 
parere  d'altri  o  dei  più  ;  opinare  diversamente  ; 
linioversi,  scordare.  -  Dissentimento,  atto  ed  effetto 
del  dissentire,  -  Dissenziènte,  che  è  in  dissenso  con 
altri  su  una  questione:  dissentaneo,  dissidente;  dis- 
consenziente, discorde  (specialmente  trattandosi  di 
un  intento,  di  uno  scopo),  sconsenziente. 

Dissenteria  (dissentèrico).  Flusso  di  ventre, 
diarrèa  sanguigna. 

Dissentimento.  Atto  ed  effetto  del  dissentire, 
dell'essere  in  dissenso. 
Dissentire  (dissentito).  Essere  in  dissenso. 
Disseparare,  dissepararsi  (disseparato,  dis- 
separcizione).  Veggasi  a  separazióne. 
Dlsseparazlòne.  Lo  stesso  che  separazióne. 
Dìsseppellimento.  Il  disseppellire. 
Disseppellire    (  disseppellimento ,   disi.eppellilo, 
disseppellitore,  dissepolto),    (lavare,    togliere  un  ca- 
davere, un  morto  dalla  sepoltura,   nel  cimi- 
tero. -  Figur.,   togliere  cose  dal  luogo  in  cui  gia- 
ciono:  ritrovare,  scoprire.  -  Anche,  rievocare,  ri- 
chiamare alla  memoria  cose  passate,  vecchie. 

Disserrare  (disserrato).  Dischiudere,  schiudere, 
aprire. 

Disserrarsi  (disserrato).  Venir  fuori,  uscire 
con  impeto,  con  rapidità 
Dissei'tare  (dissertato).  Fare  una  dissertazione. 
Dissertazióne.  Lo  scritto  o  il  discorso  intorno 
a  qualche  argomento  letterario  o  scientifico:  confe- 
renza, disquisizione,  ragionamento.  -  Diatriba  (let- 
ter,),  dissertazione  (piuttosto  violenta)  sopra  qualche 
argomento.  -  Dissertare,  ragionare  di  proposito, 
svolgere  una  dissertazione;  trattare  direttamente 
un  argomento.  -  Dissertório,  di  o  da  disserta- 
zione. 

Disservig-lo.  Cattivo  servigio,  nocumento, 
danno. 

Disservire  {disservito).  Fare  danno  o  dispia- 
cere ad  altri.  -  Recare  ingiuria,  offesa. 

Dissestare  (dissestato).  Mettere  in  dissesto^  io 
debito.  -  Levare  di  sesto,  mettere  in  disordine, 
specialmente  di  interessi. 

Dissèsto.  Il  disordine  di  interessi  ;  squilibrio 
del  bilancio;  crisi  economica:  disagio  economico, 
disavanzo,  dissestamento,  malessere  (v.  a.),  sbilancio. 
-  Dissestare,  mettere  in  disordine  i  propri  interessi 
spendendo  di  più  del  guadagno  o  della  rendita; 
generare  squilibrio  nel  bilancio;  indebitare, oberare. 
•  Dissestarsi,  essere,  mettersi  in  dissesto,  per  effetto 
dello  spendere  troppo  o  per  disgrazie,  restando 
in  debito;  sbilanciarsi,  squilibrarsi  economica- 
mente; avanzare  i  piedi  fuori  del  letto,  fuor  delle 
scarpe;  bere  il  vino  in  agresto;  bere  o  mangiare 
l'uovo  avanti  che  nasca;  consumare  l'entrata  avanti 
tempo  ;  mangiarsi  il  grano  o  la  ricotta  in  erba  ; 
mangiarsi  l'erba  e  la  paglia  sotto;  uscir  dai  ma- 
nichi. -  Dissestato,  chi  non  è  in  regola  con  il  prò- 


DISTACXAMKNTO 


907 


prio  bilancio,  non  ha  in  redola  i  propri  interessi: 
disordinato  nei  propri  aflFari  (veggasi  ad  affare), 
fracassato,  imbarazzato,  indebitato,  maiavvivato, 
male  in  gambe,  ridotto  a  male,  rovinato,  sbilan- 
ciato.- Essere  dissestalo:  essere  al  disotto,  alle  strette, 
in  acque  basse,  in  angustie,  in  disavanzo,  in  im- 
barazzo ;  aver  pegno  il  tiorin  per  dieci  lire;  essere 
sempre  indietro  due  ricolte. 

Proverbio  :  Leva  e  non  metti,  ogni  gran  monte 
scema. 

Dissetare,  dissetarsi  (dissetato).  Cavare,  ca- 
varsi la  sete.  -  Dar  da  bere. 
Dissettore.  Chi  fa  le  dissezioni  anatomiche. 
Dissezióne.  Operazione  con  cui  si  tagliano  me- 
todicamente e  si  mettono  allo  scoperto  le  varie 
parti  del  corpo  anim.iii',  a  servizio  dell'a/taiojmrt 
e  della  medicina. 

Dissidente.  Chi  è  discorde  e  separato  da  altri 
rispetto  a  una  dottrina  religiosa,  o  chi,  in  politica, 
dissente  dal  proprio  partito:  dissenziente. 

Dissidènza.  L'essere  dissidente:  scissione,  se- 
cessione 

Dissidio.  Dissenzióne,  dissentimento,  discordia; 
lite,  litigio.  Figur..  guerra. 

Dissigiilare  (dissigillato).  Levare,  rompere  il 
sigillo. 

Dissiilabo.  Che  è  di  due  sillabe:  veggasi  a 
tillaba. 

Dissimigliare  (  dissimiglianle ,  dissimigliato  ). 
Non  avere  soniigHanza,  non  essere  simile. 

Dissimilare.  Che  consta  di  altre  e  diverse  parti: 
4liverso. 

Dissimile.  Non  simile,  dissimigliante,  diverso. 
Dissimllitùdine.  Dissomiglianza,  contr.  di  so- 
miglianza. 

Dissimulare  (dissimulante,  dissimulato).  Non 
dimostrare  esternamente  un'impressione,  un  sen- 
timento; nascondere  un  pensiero,  ecc.  -  Anche, 
fingere,  far  l'indiano. 

Dissimulatore,  dissiuiulatrice.  Chi  sa  no- 
tcondere  ciò  che  ha  nell'  animo  o  nella  mente  ; 
ta  fingere. 

Dissimulazióne.  11  dissimulare  :   il  nascon- 
dere, il  fingere. 
Dissipàbile.  Che  si  può  dissipare. 
Dissipamento.  Il  dissipare,  lo  scialacquare. 
Dissipare  (dissipàbile,  dissipato).  Spendere  prò- 
fisamente:  scialacquare.  -    Rovinare,  distrug- 
gere. 
Dissipatezza.  L'essere  dissipato. 
Dissipato.  Chi    è   svagato,   ha  la  mente  di- 
stratta in  passatempi,  in  sollazzi,  è  solo    dedito  al 
divertimento,  al  piacere. 

Dissipazióne.  Il  dissipare,  lo  scialacquare, 
atto  ed  effetto. 

Dissociare  (dissociato).  Disgiungere,  separare. 
Dissociazióne.  Disgiunzione,  separazione.  - 
Parziale  decomposizione  che  subiscono  i  corpi  allo 
stato  di  vajyore:  gr.,  termolisi. 

Dissodare,  dissodamento  (dissodato).  Rom- 
pere e  lavorare  la  terra:  lavoro  di  agricoltura. 
Dissolatura.  Operazione  di  veterinaria. 
Dissolùbile.  Solubile,  che  si  può  sciògliere. 
Dissolutamente.  In  modo  licenzioso,  vizioso, 
90ostu7nato. 

Dissolutézza.  L'essere  dissoluto. 
Dissolutilo.  Atto  a  sciògliere. 
Dissoluto.  Licenzioso,  disonesto,  scapestrato, 
acosttimato,  vizioso  (veggasi  a  vizio)  :  e  si  dice 
ài  persona,  di  costume,  di  vita. 


Dlssolutore.  Quanto  na  potere  di  sciògliere. 
Dissoluzione.  Atto  ed  effetto  dello  sciogliere 

e  dello  sciogliersi  :  scioglimento.  -  Operazione  di 
chimica.  -  Lo  sciogliersi,  lo  sfasciarsi  di  una  so- 
cietà e  simili.  -  In  giurisprudenza,  la  soluzione  di 
un  confratto. 

Dissolvente  (solvente).  Chiamasi  così  la  sostanza 
che  è  capace  di  aumentare  o  determinare  la  solu- 
bilità in  un  farmaco,  che  rimane  da  essa  trasfor- 
mato in  altro  composto,  di  modo  che,  con  l'elimina- 
zione del  solvente,  non  si  ha  più  la  sostanza  che 
si  è  voluto  sciogliere  con  tutti  i  suoi  caratteri  fi- 
sico chimici. 

Dissolvere,  dissòlversi  (dissolvente,  dissoluto). 
Lo  stesso  che  sciògliere,  sciogliersi;  disfare,  di- 
sfarsi ;  disunire,  disunirsi  ;  separare,  .separarsi.  - 
Fij-'ur.,  dilej(uarsi,  sparire. 
Dissolvimento.  Lo  sciogliere  e  lo  sciogliersi. 
Dissomiglianza.  Il  contrario  di  som,i- 
glianza. 

Dis.somlgliare  {dissomigliante,  dissomigliare). 
Non  soiui>;liare,  non  avere  somigUanza.  -  Anche, 
essere  dillerente,  presentare  difj'erenza. 

Dissonanza.   Mancanza   di   armonia,  disar- 
monia,  stonatura    (veggasi    a  sfonare).  ■   In  mu- 
sica, suono,  grave  o  acuto,  spiacevole  all'orecchio. 
Dissonare  (dissonante,  dissonato).  Produrre  dis- 
sonanza ;  non  accordare,  scordare. 

Dissonnare  (dissonnato).   Rompere  il  sonno; 
togliere  dal  sonno,  svegliare. 
Dissono.  Non  concorde  di  suono. 
Dissotterramento.  Atto  del  dissotterrare,  del 
disseppellire. 

D  issotterrare  (dissotterrato).  Lo  stesso  che  dis- 
seppellire. 

Dissuadere  (dissuaso).  Consigliare,  dAr  consi- 
glio ad  altri  perchè  sappia,  vo„'lia  astenersi  da  un 
proposito,  dal  fare  una  determinata  cosa  e  simili  ; 
indurre  con  parole  a  desistere  da  alcunché;  per- 
suadere, infondere  persuasione  in  tal  senso  : 
distaccare,  distogliere,  frastornare,  rivolgere,  ri- 
movere, rimuovere,  scapricciare  (togliere  il  capric- 
cio), scaponire  (togliere  un'ostinazione),  scocciare, 
sconsigliare,  scrollare,  scuotere,  sgarire,  svolgere, 
svolvere,  tirare  indietro,  vòlgere.  -  Dissuasivo,  atto 
0  inteso  a  dissuadere  :  disconsigliante,  dissuadente, 
dissuasore,  dissuasorio;  sconsigliante,  sconsigliativo. 
-  Dissuasióne,  atto  del  dissuadere  :  desoitazione  (v. 
disus.),  disconsigliamento. 
Dissuasivo.  Atto  a  dissuadere. 
Dissuasione.  Il  dissuadere. 
Dissuetùdine.  Disassuefazione  ;  perdita  o  ces- 
sazione di  abitudine.  -  Disusanza,  disuso.  -  Non 
uso  in  cui  é  caduta  una  legge. 

Dissugare,  dissugarsi  (dissugato).  Perdere, 
far  per' l 'Te  il  sujo. 

Dissuggellare  (dissuggellato).  .Togliere  il  sug- 
gello, il  sigillo. 

Distaccamento.  Atto  del  distaccare,  dello 
staccare.  Figur.,  alicnamento  di  affetto,  di  af- 
fezione, d' amore  :  disamore.  -  Termine  mili- 
tare :  corpo  di  soldati  che  si  allontana  dal  proprio 
reggimento,  dal  proprio  battaglione,  ecc.  ;  riparto 
di  truppa  lontano  dalla  sede  del  corpo.  -  Dislacca- 
menti,  in  guerra,  più  corpi  della  stessa  arma,  o  di 
varie  insieme,  designati  ad  agire  fuori  dalla  linea  e 
in  certo  qual  modo  indipendenti  dal  grosso  dell'e- 
sercito, dal  quale  si  trovano  talvolta  a  grande  di- 
stanza. -  Distaccamento  di  marina,  due  o  più  navi 
che  si  staccano  dalla  squadra  per  qualche  fazione 


9U8 


DISTACCARE  —  DISTILLAZIONE 


particolare    -  Distaccato,  il  soldato  o  il   reparto  di 
distaccaiiiento. 

Distaccare  {distaccato).  Spiccare,  stacccare.  - 
Allontanare,  rimovej-e,  mandare  più  o  meno  lon- 
tano un  luogo.  -  Indurre  altri  a  separarsi  con  l'a- 
nimo da  cosa  o  persona.  -  Mandare  un  corpo  di 
milizia  in  disfaccanienfo.  -  Distaccarsi,  spiccarsi, 
ecc.  •  Distacco,  atto  dei  distaccare. 

Distaccarsi  {distaccato).  Neutro  passivo  di  di- 
staccare. 

Distacco.  Atto  del  distaccarsi.  -  Figur.,  atto  del 
separarsi  (veggasi  a  separazione)  da  persona  o 
da  luogo  diletti. 

Distante.  A  distanza.  •  Avverbio  indicante  la 
misura  d  Ho  spazio  interposto  fra  due  punti:  alla 
distanza  di... 

Distanza  (distante;  distare;  distanziare,  distan- 
zialo). Lo  spazio  clie  intercorre  tra  un  luogo,  un 
punto,  e  un  altro  ;  intervallo,  lontananza.  Quantità 
di  cammino  che  si  é  fatto  dal  luogo  di  partenza 
e  si  deve  fare  per  essere  al  punto  di  arrivo  :  di- 
stesa, tirata,  tratta,  tratto.  -  Figur.,  divario,  dif- 
ferenza. '  La  distanza  si  determina  mediante 
misura.  Può  essere  intera,  mezza,  serrala,  pic- 
cola, poca,  molta;  vera  o  apparente  (quella  che 
sembra  alla  vista),  ecc.  Le  distanze  si  man- 
teityono,  si  prendono,  si  serbano,  si  serrano.  -  Deri- 
vazione, distanza  di  ogni  punto  della  traiettoria  dal 
piano  all'asse.  -  Distanza  legale,  spazio  di  terreno 
che  si  deve  lasciar  vuoto  in  caso  di  costruzioni, 
di  scavamento,  di  piantagioni  tra  due  fondi  vicini.  - 
Distanza  locale,  da  un  punto  all'altro,  -  Eccentricità, 
la  distanza  che  passa  fra  centro  e  centro  di  due 
cerchi  eccentrici.  -  Portata,  distanza  a  cui  può 
estendersi  la  forza  di  checchessia. 

Distanza  esplosiva,  distanza  necessaria  fra  due 
conduttori,  perchè  scocchi  la  scintilla. 

A  breve  distanza:  a  manco  d' un'occhiata;  a  tiro 
d'asta;  a  un'arcata,  a  una  balestrata,  a  una  gettata  di 
pietra,  à  una  gittata  di  mano,  a  una  schioppettata;  a 
un  tiro  di  cannone,  di  fucile,  di  sasso,  di  schioppo; 
a  un  trar  d'arco,  a  un  trar  di  mano,  a  un  tratto.  - 
A  un  dito,  a  due  dita,  poco  distante.  -  Da,  in- 
dicando le  relazioni  di  tempo  e  di  luogo,  segna 
il  punto,  il  momento,  la  distanza  a  cui  si  rife- 
risce. -  Di  tanto  in  tanto,  a  una  certa  distanza.  -  Ld, 
indica  distanza  da  chi  parla  e  da  chi  ascolta,  più 
esteso  di  li. 

Distante,  a  distanza,  alla  distanza  di....  :  alla  lon- 
tana, da  lontano,  discosto,  rimoto,  scostato,  scosto. 
-  Equidistante,  alla  medesima  distanza.  -  XoMfawo, 
alquanto  distante.  -  Parallelo,  equidistante  in  tutti 
i  punti  -  Vicino,  poco  distante,  presso.  -  Distare, 
essere  distante,  avere  una  determinata  distanza:  es- 
sere, trovarsi  distante. 

Avvisare  la  distanza,  misurarla  con  l'occhio.  - 
Correre  distanza,  differenza,  esserci.  -  Lasciarsi  ad- 
dietro, dietro,  lasciare  a  distanza,  in  distanza. 

Afelio,  apogeo,  perielio,  peHgeo,  veggasi  a  pia- 
neta. 

Acribometro,  strumento  per  misurare  piccolissime 
distanze.  -  Apomecómetro,  altro  istrumento  per  la 
misura  delle  distanze.  -  Distanziometro,  apparecchio 
geodetico  per  misurare  le  distanze.  -  Lodi,  istru- 
mento per  misurare  la  marcia  d'una  nave.  -  Oda- 
metro, strumento  atto  a  misurare  le  distanze:  è  co- 
struito in  modo  da  poterlo  attaccare  alla  ruota  di 
una  carrozza  (dai  giri  che  fa  l'ago  indicante  si  giu- 
dica dello  spazio  percorso).  -  Olometro,  disco  misu- 
ratore di  distanze  o  di    altezze.  -  Pedometro,  istru- 


mento per  misurare  la  distanza  percorsa  a  piedL  - 
Pietra  miliare,  pietra  sulla  quale  sono  segnate  Ift 
distanze  lungo  una  strada.  -  Telemetro,  altro  stra- 
mento  che  serve  a  misurare  le  distanze.  E  teleme- 
tria la  scienza  e  l'arte  relativa  ;  telemetrista,  chi  at- 
tende al  telemetro.  -  Telescòpio  distanziometro,  quello 
che  si  adopera  col  telemetro  nella  misurazione  delle 
distanze. 

Distanziato.  Termine  di  sport:  veggasi  a  pa- 
gina 742,  prima  colonna. 

Distare  (distante).  Essere  a  distanza. 

Distenippramento,  distemperanza.  Veg- 
gasi a  teniper amento. 

Distemperare  (distemperato).  Stemperare,  di- 
luire. 

Distèndere,  distendersi  (distendimento,  di- 
stensione, disleso).  Allargare,  allargarsi;  allungare, 
allungarsi;  fare,  farsi  largo,  lungo;  estendere, 
estendersi;  protendere,  protendersi;  spiegare,  spie- 
garsi; stendere,  stendersi;  stracchiare,  stirac- 
chiarsi; stirare,  stirarsi;  tendere,  tendersi.  - 
Distendimento,  il  distendere  e  il  distendersi;  disten- 
sione, stiratura.  -  Distendina,  quantità  di  cose  o 
di  persone  distese.  -  Distesa,  fila  di  cose  distese.  E 
distesamente,  alla  distesa.  -  Tensione,  distendimento 
violento  o  sforzato  di  checchessia;  stato  di  ciò  che 
è  teso:  distensione,  tiratezza. 

Distèndere,  stendere,  tendere,  tirare.  -  Far 
sparire  le  crespe,  le  pieghe  d'  un  tessuto  e  simili  : 
discrespare,  spianare.  -  Fare  uno  strato  di  materia 
sopra  una  superficie.  -  Mettere  a  giacere.  •  Spin- 
gere in  battaglia  (veggasi  a  pag.  260,  prima  co- 
lonna). -  Comporre  un'opera  letteraria,  scrirere. 

Distendersi,  estendersi  da  un  punto  all'altro.  - 
Porsi  a  giacere.  -  Diffondersi  in  un  discorso,  in 
uno  scritto. 

Disteso  (particip.  e  agg.),  che  è  senza  una  cre- 
spa, senza  una  piega;  distenso,  levato  di  grinza, 
steso,  teso,  tirato.  -  Scritto  distesamente,  per  intero. 
-  Veggasi  a  dittongo.  -  Stare  in  corda,  essere  di- 
steso. 

Distendimento.  Ti  distendere  e  il  distendersi. 

Distendine.  Arnese  di  fonderia. 

Distenebrare  (distenebrato).  Togliere  l'oscu- 
ri?^, il  buio:  illuminare. 

Distensióne.  L'atto  e  l'effetto  del  distendere  e 
del  distendersi. 

Distèsa.  Estensione  grande  di  terreno.  -  An- 
che, fila  di  cose  distese.  -  La  larghezza  maggiore 
d'una  vela. 

Distico.  Detto  a  verso  e  a  foglia 

Distillare  (distillato,  distillatoio).  Fare  la  di~ 
stillazione.  ■  Far  colare,  riferito  a  lagrima. 

Distillatoio,  distillatore.  Istrumento,  mac- 
china per  la  distillazione. 

Distillazione  (distillare,  distillato,  distillatoio, 
distillatore).  Operazione  che  ha  per  iscopo  di  sepa- 
rare sostanze  fisse  da  sostanze  volatili  col  mezzo 
del  calore,  trasformando  queste  in  vapore  e  con- 
densandone poi  i  vapori  in  liquidi;  oppure  di  se- 
parare liquidi  volatili  da  meno  volatili,  nel  qual 
caso  essa  prende  il  nome  di  distillazione  frazionata: 
destillamento,  destillazione,  distillaniento;  lambic- 
camento, stillamento,  stillazione,  stilleria;  sublima- 
zione.. La  distillazione  si  distingue  in  liquida,  solida 
e  gassosa,  a  seconda  che  la  sostanza,  che  si  separa, 
si  ottiene  allo  stato  liquido,  solido,  o  gassoso.  Per 
distillazione  senz'altro,  s'intende  la  liquida,  e  alla 
solida  si  dà  anche  il  nome  di  sublunazione.  Si  ese»' 
guisce  per  mezzo  di  storte,   di  matraci,  di  alambic' 


DISTILLERIA    —    DI.STINGUBKK 


909 


chi,  o  lambicchi,  e  altri  arnesi  da  laboratorio  chi- 
mico (veggasi  a  chimica,  pag.  538,  prima  colonna). 
Si  distilla  a  vapore,  a  freddo,  ecc. 

Deflegmazione,  separazione  delle  flegme,  o  flem- 
me, le  parti  acquose.  -  DiMillnzione  secca,  la  cal- 
cinazione (veggasi  a  calce)  eseguita  sopra  so- 
stanze organiche  fuori  dal  contatto  dell'aria  e  in 
apparecchi  chiusi.  -  Capomortn,  la  materia  che  resta 
in  fondo  al  vaso,  dopo  la  distillazione.  -  i)i.s(i7/ena, 
l'opificio  nel  quale  si  dislilla  (per  fabbricare  questo 
0  quel  liquore),  e  l'industria  della  distillazione.  - 
Fiori,  le  parti  volatili  che  si  sollevano  al  disopra 
del  lambicco  (fiori  di  zolfo,  di  zinco,  ecc.).  -  Quin- 
tessenza, il  prodotto  della  distillazione. 

Distillare,  fare  la  distillazione,  destillare,  distil- 
lare per  lambicco:  alambiccare,  lambiccare,  lim- 
biccare;  sublimare  (raffinare  per  distillazione);  coa- 
bare,  distillare  un  liquido  sulle  stesse  materie  da 
cui  fu  ottenuto;  e  coabizione  l'operazione  relativa, 
-  Distillare,  stillare  a  rena,  stillare  checchessia  in 
vaso  immerso  nella  rena  con  foco  tenuto  sotto,  che 
anche  si  dice  stillare  a  bagno  secco.  -  Distillare 
a  bagnomaria,  in  un  vaso  a  doppie  pareti  ;  per 
ascensum,  facendo  salire  i  vapori;  per  descensum, 
quando  il  fuoco  è  disopra  e  i  vapori  discendono; 
per  lalus,  quando  il  fuoco  è  messo  da  un  lato  e 
i  vapori  si  dirigono  dall'altro.  -  Filtrare,  dicesi  dei 
liquori,  quando  con  un  panno  p  ei.'ata  ad  uso  di 
sifone  se  ne  cava  la  parte  più  sellile:  filtrare,  pas- 
sare per  filtro.  -  Rislillare,  distdiare  una  seconda 
volta. 

Distillato,  ottenuto  per  mezzo  della  distillazione; 
esfratto,  concentrato,  concentrato  nel  vuoto.  Sostan- 
tiv.,  essenza  ottenuta  per  distillazione.  -  Acqua  della 
regina,  l'acqua  argentea,  distillata  con  canfora  o  con 
fiori  di  ramerino.  -  Acqua  distillata,  stillata,  acqua 
carica  di  principi  delle  piante  ottenuta  con  la  di- 
stillazione -  Colofonia,  residuo  della  distillazione 
della  trementina  con  l'acqua.  -  Nanfa,  aggiunto 
d'acqud  odorifera  cavata  per  distillazione,  e  si  suol 
dire  di  quella  che  si  distilla  dal  fior  d'arancio.  - 
Pinolina,  sostan/a  che  si  forma  nella  distillazione 
secca  della  resina  di  pino.  -  Spirili,  quei  liquidi 
più  sottili  e  puri,  combustibili,  che  si  traggono  dalle 
sostanze  per  distillazione. 

Distillatoio,  nome  generico  degli  apparecchi  coi 
quali  si  distilla:  alambicco,  lambicco,  limbicco, 
estrattore  (frane),  matraccio;  bossolelto,  fìaschet- 
tino,  stillaloio.  -  Allunga,  vaso  di  vetro  con  due 
bocche.  -  Attenitorio,  vaso  o  chiusino  di  vetro,  con 
collo  sottile,  che  si  introduce  nella  cucurbita.  -Ba- 
gnomaria, stufa  umida  per  istillare.  -  Bagno  secco, 
si  dice  di  vaso  dentro  al  quale  sta  rena  o  altra 
cosa  rovente  (non  liquida),  per  servizio  dello  stil- 
lare. -  Bariletto,  quella  parte  dell'apparecchio  della 
distillazione  del  carbon  fossile,  per  la  fabbricazione 
del  gas  illuminante,  in  cui  si  condensano  il  catrame 
e  le  parti  liquide  che  distillano  insieme  al  gas.  - 
Becco,  beccuccio,  il  canaletto  adunco  dal  quale  esce 
il  liquore  dai  vasi  da  stillare  e  sinìili. 

Campana,  vaso  (cosi  detto  perchè  a  guisa  di  cam- 

Siana)  per  uso  di  stillare,  con  beccuccio  presso  al 
ondo,  lungo  e  torto.  -  Cappello,  il  coperchio  delle 
campane  da  stillare,  sopra  la  padf/to.  Anche,  vaso, 
per  lo  più  di  vetro,  che  s'  adatta  sopra  le  hoc.cie, 
quando  si  distilla.  -  Castello  della  stufa,  parte  su- 
periore della  stufa  da  stillare.  -  Cof6«/ore,  refrige- 
rante ascendente  che  serve  a  condensare  i  vapori 
che  emanano  da  un  vaso  sottostante  e  a  far  rifluire 
nel  vaso  stesso  i  liquidi    prodotti.  -  Colatoio,  stru- 


mento per  il  quale  si  cola  :  detto  anche  feltro.  - 
Cacùrhita,  altro  dei  vasi  per  distillare.  Anche,  una 
delle  tre  parti  del  lambicco.  -  Dfflegmatori,  speciali 
tubi  a  bolle  che  si  applicano  al  pallone  in  cui  si 
deve  distillare  frazionatamente,  con  maggiore  solle- 
citudine ed  esattezza. 

Feltro,  pezzo  di  panno,  di  tela,  di  carta,  o  di  altra 
materia,  che  si  adopera  per  filtrare  o  passare  e 
spremere  i  liquori:  filtro.  -  Forno  a  torre,  forno 
particolare  ma  ora  poco  usato,  composto  di  di- 
vi rsi  membri  riuniti  in  un  corpo,  in  un  solo  fornello, 
cioè  con  distillatorio,  di  lambicchi  e  campane,  di  ba- 
gnomaria, forno  da  riverbero  e  fornello  da  fondere 
a  vento. 

Lambicco,  angusto  canale,  donde,  a  forza  di  ca- 
lore, si  trae  l'umore  della  materia  posta  nel  vaso 
aderente  allo  stesso  canate.  -  Linguetta,  striscetta 
di  feltro  che  posa,  con  uno  dei  capi,  in  un  vaso 
pieno  di  liquore,  e  con  l'altro  in  un  vaso  vuoto, 
per  far  passare  e  colare  il  liquore  del  vaso 
pieno  nel  vuoto:  e  il  fare  tale  operazione  dicesi 
lingueltare.  -  Manica  d'Ippocrate,  sacchetto  di  lana 
0  di  tela,  a  forma  di  cono,  per  uso  di  colare,  e 
chiarire  alcuni  liquori.  -  Matraccio,  vaso  di  vetro 
a  guisa  di  fiasco,  con  il  collo  molto  lungo.  -  Pa- 
della, la  parte  della  campana  in  cui  si  mette  la 
materia  da  distillare. 

Recipiente,  il  vaso,  di  gualsivoglia  forma,  che  ri- 
ceve il  liquido  distillato.  -  Refr^/eninte,  la  parte 
di  ogni  apparato  distillatorio  nella  quile  avviene 
il  rr^lTreddamento  dei  vapori  e  quindi  il  loro  pas- 
saggio allo  stato  liquido.  -  Refrijeraiorio,  v^^o  riem- 
pito di  acqua  fredda,  collocalo  intorno  alla  te>la 
di  un  lambicco  per  rinfrescare  e  condensare  i  va- 
pori alzati  dall'azione  del  fuoco  e  per  convertirli 
in  un  liquore  da  scaricarsi  indi  pel  becco. 

Serpe,  serpentina,  canna  serpiculata  con  più  ri- 
torte. -  Storia,  vaso  distillatorio  di  varia  gran  lez/.a, 
avente  la  forma  di  una  pera:  consiste,  ingenerale, 
in  un  matraccio  di  vetro,  di  cui  il  collo  s' incurva 
da  un  lato,  inchinandosi  alquanto  al  disotto  dell'o- 
rizzonte: retorta,  ritorta;  serpe,  serpentina;  tubo 
0  canna  serpiculata.  Storta  a  tubo,  quella  la  cui 
parte  superiore  ha  un'apertura  che  si  può  chiu- 
dere a  volontà.  -  Stufa,  fornello  da  stillare.  -  Tam- 
burlano, cupolotto  per  distillare.  -  Vescica,  vaso  di 
rame  che  ha  figura  di  vescica.  -  Zana,  vaso  di 
vetro. 

IJisliUatore,  che  o  chi  distilla  ;  distillante,  estrat- 
tore, stillatore.  -  Distilleria,  opificio  nel  quale  si 
distilla. 

Distilleria.  Veggasi  a  distillazione. 

Distilo.  U edificio  o  il  portico  che  abbia  due 
colonne  sulla  fronte. 

Distia<juero  {distinlo,  distinzione).  Vedere  e 
notare  la  differenza  che  è  fra  due  o  più  cose  ; 
far  dilTerenza  fra  cosa  e  cosa  ;  discernere  per  mez^o 
della  vista  ;  riconoscere,  conoscere  fra  cose  con- 
simili ;  notare  a  parte  a  parte,  indicare  partita- 
mente  ;  segnare,  far  conoscere  o  riconoscere  parti- 
colarmente ;  segnalare,  rendere  famoso,  illustre. 
Anche,  scegliere,  separare  le  cose  secondo  le 
qualità  che  le  caratterizzano.  Ck)n  varie  gradazioni 
di  significato:  contraddistinguere;  determinare; 
differenziare,  discernere,  disceverare,  discevrare,  di- 
screziare ;  far  distinzione:  individualizzare;  saper 
conoscere,  scernere,  sceverare,  scindere,  singolariz- 
zare. -  Distintivo^  atto  a  distinguere  ;  nota, 
segno  per  cui  una  cosa  o  una  persona  si  dislingue 
da  un'altra. 


910 


DISTINGUERSI  —    DISTRAZIONE 


Caratterizzare,  indicare  o  mettere  in  rilievo  il 
carattere  di  cosa  o  persona  :  contrassegnare,  qua- 
lificare, segnalare.  -  Classificare,  collocare,  ordinare, 
distinguere  per  clasne;  e  classificazione  l'operazione 
e  l'etretto.  -  Contraddistinguere,  segnare  un  oggetto 
per  distinguerlo,  riconoscerlo.  -  Contrassegnare,  far 
contrassegno,  distinguere  per  contrassegno.  -  Gra- 
duare, distinguere  in  gradi,  per  grado  ;  e  gradua- 
zione, l'azione  del  graduare.  -  Individualizzare,  spe- 
cificare, individuare,  rendere  individuale,  distinto 
da  ogni  entità  simile.  -  Marcare,  contrassegnare 
scritture,  libri,  oggetti,  ecc.  ;  distinguere  con  una 
marca,  un  segno.  -  Ridistinguere,  ripete  distinguere. 
•  Suddistinguere  {suddistinto,  suddistinzione),  distin- 
guere nuovamente,  distinguere  con  particolarità. 

Distinguibile,  che  si  può  più  o  meno  facilmente 
distinguere.  -  Indistinguibile,  che  non  si  può  di- 
stinguere :  invisibile,  che  non  si  può  vedere. 

Distintamente,  in  modo  distinto,  con  distinzione, 
distinguendo  bene  una  cosa  dall'altra:  divisata- 
mente,  nettamente,  particolarmente,  significata- 
mente,  specificatamente.  -  Indistintamente,  in  modo 
non  distinto,  senza  distinzione;  ahhaeliatamente  ; 
con  dubbio,  confusamente,  in  confusione;  in- 
certamente, in  modo  non  certo  ;  vagamente. 

Distinto,  partic.  da  distinguere  e  da  distinguersi: 
detto,  specialmente,  di  cosa  che  ha  pregio,  di 
persona  eletta,  cospicua,  esimia,  ecc.  Profferito 
scolpitamente  ;  di  parola,  di  suono,  di  voce.  - 
Notevole,  notabile,  degno  d'essere  notato;  anche  in 
male.  -  Scelto,  volgarm.,  per  distinto,  squisito.  - 
Singolare,  speciale,  particolare  e,  anche,  sfratto, 
fuor  del  comune,  più  che  distinto,  in  buono 
e  in  cattivo  senso. 

Di  prima  classe,  di  persona  o  cosa  che,  nel  suo 
genere,  ha  un  posto  elevato.  -  Elite  (frane),  ital. 
eletta,  fiore,  o  fior  fiore,  la  classe  di  persone  più 
distinte.  -  Persona  di  baldacchino,  eccellente,  distin- 
tissima. 

Indistinto,  non  distinto,  non  ben  distinto:  con- 
fuso (veggasi  a  confusione),  dispariscente,  inde- 
finito, indeterminato,  vago. 

Distinzione,  atto  ed  effetto  del  distinguere  ;  fa- 
coltà 0  modo  di  discernere;  atti  e  parole  che  mo- 
strano preferenza,  stitna  per  alcuno.  Nell'uso,  ma 
non  bene,  detto  anche  per  onorificenza,  decora- 
zione. Nel  primo  significato  :  discernimento,  di- 
stinguimento,  diversitlcamento,  diversificazione,  di- 
visione; scernimento.  Anche,  il  giudizio  per  il 
quale  si  rileva,  col  confronto,  la  differenza  fra  una 
cosa  e  un'altra,  che  giustifica  l'atto  del  distinguere. 
-  Carattere,  il  complesso  delle  qualità  morali  per 
cui  si  distingue  una  persona:  indole.  -  Caratte- 
ristica, qualità  per  cui  una  cosa  si  distingue  da 
un'altra.  -  Categoria,  classe,  specie,  per  cui  un 
yrrnppo  di  cose  si  distingue  da  un  altro  gruppo.  - 
Classe,  divisione  fra  cose  dello  stesso  genere  e 
della  stessa  specie,  secondo  le  qualità,  i  distintivi, 
i  gradi,  ecc.  -  Contrassegno,  segno  messo  per  di- 
stinguere una  cosa  dall'  altra  ;  indizio  precedente- 
mente convenuto  ;  parola  o  motto  che  serve  a  ri- 
conoscere. -  Nota,  segno,  contrassegno,  ricordo 
scritto,  annotazione,  qualità  fisica,  carattere,  ecc.  ; 
sunto  od  estratto  di  conto  esposto  con  brevità  e 
chiarezza;  registro,  catalogo  e  simili.  -  Placca,  pia- 
stra di  metallo,  più  o  meno  sottile,  che  serve  di 
contrassegno. 

Da,  preposizione  che  serve  di  distinzione  (cosa 
da  poco;  vino  da  due  soldi  il  litro). 

Distlngruersi  {distinto,   distinzione).  Neutro  di 


distinguere;  inalzarsi  sopra  gli  altri,  elevarsi 
sulla  comune  degli  uomini  ;  emèrgere  ;  fare  stacci 
sugli  altri,  fare  spicco;  rendersi  e  mostrarsi  di- 
stinto in  checchessia  {affermarsi,  voce  d'uso);  par- 
ticolarizzarsi,  segnalarsi,  rendersi  illustre. 

In  terra  di  ciechi  beato  chi  ha  un  occhio  solo 
(prov.):  chi,  senza  esser  gran  cosa,  in  mezzo  ad 
altri,  da  meno  di  lui,  passa  per  un  gran  che. 

Distlng-uìbile.  Che  si  può  distinguere. 

Distinta.  Elenco,  catalogo,  nota,  listino,  no- 
ticina  scritta.  Anche,  conto. 

Distintamente.  Veggasi  a  distinguere. 

Distintivo.  Atto  a  distinguere. 

Distintivo.  Segno,  nota,  per  cui  una  persona 
0  una  cosa  si  distingue,  si  può  distinguere  da 
un'altra:  contrassegno;  insegna;  mostra,  mostreg- 
giatura  ;  sopransegna  ;  segno,  o  nota  visibile  onde 
si  d  stingue  la  diversità  delle  armi,  dei  corpi,  dei 
gradi,  delle  cariche,  degli  impieghi. 

Bollo,  suggello  0  sigillo  col  quale  si  contrasse- 
gnano, si  distinguono  molte  cose.  -  Bracciale,  sorta 
di  fascia  che  attornia  il  braccio  per  distintivo.  - 
Caratteristica,  segno  per  cui  una  cosa  si  distingue 
da  un'altra.  E  caratteristico  quanto  forma  il  carat- 
tere di  una  cosa  per  cui  si  distingue  da  un'altra  - 
Rosolaccio  (scherz.),  coccarda.  -  Scontrino,  marca 
di  contrassegno,  di  riconoscimento  per  entrare  in 
qualche  luogo,  e  simili,  -  Tessera,  schedina,  tavo- 
letta 0  altro  per  contrassegno,  per  riconoscimento 
(dei  membri  d'una  società,  dei  giornalisti,  ecc.). 

Distinzióne.  Atto  di  distinguere  (far  distin- 
zione, differenza).  -  Nel  canto  gregoriano  corri- 
sponde alla  interpunzione.  -  Distinzioni  sociali,  le 
diversità  di  gradi  e  di  condizioni  tra  i  componenti 
la  società  umana. 

Distògliere  (distolto).  Deviare,  tògliere  qual- 
cuno da  un  proposito;  consigliare  in  senso  con- 
trario all'altrui  volontà:  dissuadere;  distrarre, 
sviare  (da  occupazione,  da  lavoro,  ecc.)  ;  stornare. 

Distòrcere,  distorcimento  {distorsione,  di- 
storto). S  tòrcere,  tòrcere. 

Distorsione,  Stravolgimento,  lussazióne. 

Distrarre,  distrarsi  {distratto).  Indurre  in 
distrazione  ;  entrare  in  distrazione  ;  divagare, 
divagarsi  ;  svagare,  svagarsi.  -  Deviare,  sviarCf 
sviarsi.  -  Tirare,  essere  tirato  verso  parti  con- 
trarie. 

Distrattamente.  Con  distrazione. 

Distrattivo.  Atto  a  distrarre,  a  dare  distra- 
zione. 

Distratto.  Veggasi  a  distrazione. 

Distrazione  (rftsfrarre,  distrarsi,  distrattamente, 
distratto).  Deviamento,  disviamento  del  pensiero, 
dello  spirito,  della  niente;  pensiero  o  azione 
diversi  da  quelli  che  ci  occupano  :  disattenzione, 
svagamento,  svagatezza  ;  vagamento,  vagazione.  Di- 
cesi anche  per  divertimento,  ricreazione,  sva- 
gamento, svago  ;  famil.,  diversivo.  Dicesi  pure  per 
astrazione,  clie  è  piuttosto  la  contemplazione 
fissa  d'una  cosa,  la  fissazione  del  pensiero  in  una 
cosa.  -  Distrattivo,  atto  a  distrarre,  distraente. 

DisTRARKE,  distogliere  la  mente  di  alcuno  da  un 
pensiero,  da  una  preoccupazione  e  simili  :  astrag- 
gere,  astrarre  ;  divagare,  divertire  ;  istorre,  istrag- 
gere  (v.  a.);  i svagare,  svagare.  -  Dipolare,  distrarre, 
divertire  {Divagare  la  gioventù  sta  bene  quand'  è 
fatto  bene),  .\nche,  distrarsi  col  discorso.  •  Sva- 
gare, distrarre  dal  lavoro,  dall'attenzione. 

Distrarsi,  rivolgere  Yattenzione,  il  pensiero  da 
ciò  a  cui  era  prima  intento,  fermandolo  su  altra 


DISTRAJ5IONB 


DTSTRtJUGERF 


911 


cosa;  lasciar  vagare  la  mente  fuori  da  ciò  che  do- 
vrebbe occuparla:  andare  in  estasi,  andar  vagando 
con  la  mente  ;  fantasticare,  lavorare  con  la  fan- 
tasia; ricrearsi  ;  svagarsi,  svariarsi,  vagellare,  va- 
gillare  (v.  a.). 

Distrattamente,  con  distrazione,  in  modo  distratto, 
senza  applicazione  di  niente. 

Distratto,  chi  pensa  a  nulla  o  a  cosa  diversa  da 
quella  alla  quale  dovrebbe  pensare;  chi  è  tanto 
assorto  in  qualche  pensiero  da  non  fare  atten- 
zione, non  vedere,  non  intendere  quel  che  altri  fa 
0  dice  :  alienato,  astratto,  disattento,  insensato  (per 
iperbole),  vagabondo  (con  la  mente).  -  Svagatello, 
svagatacelo,  di  ragazzo  alquanto  distratto,  sover- 
chiamente distratto.  -  Essere  distratto:  andare, 
stare  sopra  fantasia  ;  andare  in  Emmaus  ;  avere 
altro  per  il  capo,  aver  pel  capo  altri  pensieri,  aver 
gli  occhi  ai  nugoli,  alle  nuvole;  avere  il  cervello 
chissà  dove,  avere  la  testa  in  campagna,  per  aria  ; 
essere  altrove,  essere  lungi  da  sé,  esser  via  con  la 
mente;  guardare  verso  mercoledì. 

Dove  sei,  nella  luna?  Dove  vai,  nella  lana?  Vieni 
dalla  luna?,  a  persona  distratta,  che  non  guarda  a 
quel  che  fa  o  succede.  -  Quell'occhio  del  ti  vedo  e 
non  ti  vedo:  di  chi  fa  il  distratto,  fa  vista  di  non 
vedere. 

Distrazióne.  L'atto  e  l' elfetto  di  essere  di- 
stratto 0  del  distrarsi,  in  senso  di  distendere,  di- 
stendersi, dilatare,  dilatarsi,  stirare,  stirarsi.  -  Rac- 
comodamento di  membra  slogate.  -  Storno  di  una 
somma  di  denaro  dallo  scopo  per  cui  venne  scritta 
in  bilancio. 

Distrétta.  Urgente  bisogno,  impellente  ne- 
cessità. -  Anche,  urgenza. 

Distretto  (distrettuale).  Divisione  amministra- 
tiva di  territorio,  nel  Veneto  equivalente  a  quella 
di  circondario,  che  è  parte  di  una  provincia.  - 
Anche,  suddivisione  territoriale  militare  e  l'ufficio 
ad  essa  preposto;  la  sede  alla  quale  sono  chiamati 
i  coscritti.  -  Distretto  del  bacino,  ciascuna  delle  due 
aperture  (superiore  e  inferiore)  del  bacino  (pelvi) 
più  stretto  che  la  parte  media  (scavo). 

Distrettuale,  che  abita  o  che  appartiene  al  di- 
stretto. 

Distribuire,  distribuzione  (distributivo,  di- 
stribuito). Il  dare  a  ciascuno  la  sua  parte  :  asse- 
gnare;  assortire,  sortire  (distribuire  a  sorte)  ;  coi]i- 
partire,  diramare,  dispensire,  disporre  ordinata- 
mente, dispensare,  dividere;  graduare  (dividere 
secondo  il  grado);  impartire;  ripartire  ;  scompar- 
tire, smembrare,  spartire.  •  Distributivo,  aggiunto 
di  giustizia,  che  distribuisce  i  premi  o  le  pene 
egualmente  secondo  il  merito.  -  Distributore,  chi 
distribuisce:  dispensatore,  dispensiera,  dispensiero, 
partitore. 

Distribuzione,  azione  del  distribuire  e  la  cosa  di- 
stribuita :  dispensa,  dispensazione  ;  reparto  (voce 
d'uso,  commerciale  e  legale),  ripartigione,  riparti- 
mento,  ripartizione. 

Distributivo,  distributore.  Veggasi  a  di- 
si/i'ibuire. 

Distributore.  Nome  di  diversi  apparecchi  che 
servono  a  distribuire  la  materia  sottoposta  all'azione 
delle  macchine.  -  Arnese  di  stamperia.  -  Organo 
del  telegrafo  Baudot.  -  Distributore  automatico, 
nome  di  vari  apparecchi  dai  quali,  introducendo 
una  moneta,  si  ha  un  pezzo  di  cioccolata,  una  be- 
vanda, ecc. 

Distribuzióne.  Azione  del  distribuire.  -  Si- 
stema per  cui  si  fa  avere  a  domicilio  l'acqua  po- 


tabile, il  gas,  la  luce  elettrica,  ecc.  -  Quadro  di  di- 
stribuzione, veggasi  ad  elettricità. 

Distrig^are,  dlstrij^arsi  (distrigato,  distrigo). 
Strigare,  strigarsi  ;  sbrogliare,  sbrogliarsi  ;  tórre, 
torsi  da  un  imbroglio.  -  lliierito  a  cosa  difficile 
0  a  senso  recondito,  spiegare. 
Distrofia.  Stato  di  cattiva  nutrizione. 
Dlstrofo.  Di  due  strofe:  veggasi  a  strofa. 
Dlstrufffjrere  (dixtiuggibile,  distruggimento  ;  di- 
struttibile, distruttivo,  distrutto,  distruzione).  Gua- 
stare, rovinare,  ridurre  in  rovina,  di  modo  che 
nulla  più  rimanga  intatto  e  non  serva,  né  corri- 
sponda come  soleva  ;  rovinare  dalle  fondamenta,  ar- 
recare completo  danno;  disfare,  sfare  totalmente, 
antiipntare,  ridurre  al  niente,  al  nulla;  detto  di  per- 
sone, sterminare,  fare  strage.  -  Anche,  dileguare, 
dissipare  ;  eliminare,  rimòvere,  toglier  via.  (^on 
varie  gradazioni  di  si/nilicato  :  abissare  (v.  a.),  ani- 
mortire,  annichilare,  annichilire,  arrecare  a  nulla, 
atterrare;  cancellare;  dare  alla  radice,  al  vento, 
dare  lo  spianto  ;  decimare,  demolire,  desolare,  de- 
vastare, diroccare  in  tutto  e  per  tutto,  disciogliere, 
disertare,  disfare,  disperdere,  dispianiare,  dissipare, 
dissolvere,  determinare,  divorare  col  ferro  e  col  fuoco  ; 
esterminare;  estirpare;  fare  uno  scempio,  far  man 
bassa,  far  polvere,  far  tabula  rasa,  frantumare  tutto  ; 
gettare  a  terra,  in  terra,  per  terra,  gettare  nell'o- 
bisso;  inabissare,  inaridire,  incenerire,  ispegnere; 
lerar  dal  mondo;  mandare  a  catafascio,  al  niente, 
al  piano,  a  picco,  a  rovina,  in  dileguo  e  perdizione, 
in  gelatina,  in  precipizio;  mandare,  ridurre  in  pol- 
vere; menare  a  niente;  menare  rovina,  strage;  met- 
tare  a  basso,  a  distruzione,  a  ferro  e  a  fuoco,  in 
rovina,  per  terra;  mettere  la  sperpetua;  inabissare; 
polverizzare  ;  radere,  rasare  al  suolo,  ragguagliare 
con  la  terra,  ritrinciare  ;  schiantare,  sciarrare,  sci- 
pare,  sciupare  ;  sobbissare,  soffocare,  sopprimere, 
spacciare,  spargere  a  terra,  sperdere,  spergere,  sper- 
perare, spianare,  spiantare,  sprofondare,  stritolare, 
struggere,  subbissare,  svellere;  troncare  la  radice, 
dalla  radice,  fino  alle  radici;  tirare  a  terra;  ucci- 
dere; vincere,  volgere  sottosopra. 

Devastare,  di  luoghi  coltivati,  guastare,  distrug- 
gere. -  Disfare,  guastare  o  distruggere  la  forma  o 
l'essere  delle  cose:  shre.  -  Infirmare,  annullare,  di- 
struggere un'  asserzione,  un  documento,  un  de- 
creto, ecc.  -  Neutralizzare  (neol.  dal  frane.;,  ren- 
dere inefficace,  distruggere  l' efficacia,  la  forza,  il 
yalore  di  alcunché:  paralizzare.-  Paralizzare,  voce 
scientifica  adoperata  anche  nel  senso  (per  lo  più, 
morale),  di  rendere  inefficace,  inoperoso,  inutile. 
-  Ridistruggere,  ripete  e  rafforza  distruggere.  -  Se- 
minare il  sale  in  un  paese,  devastarlo,  renderlo 
incolto.  -  Smantellare,  diroccare.  -  Sterminare,  di- 
struggere totalmente,  straordinariamente.  -  Suici- 
darsi moralmente,  in  senso  iperbolico  esteso,  vale 
rovinarsi,  distruggere  la  propria  riputazione,  il  cre- 
dito, il  valore  umano. 

Distruggente,  die  distrugge.  -  Distruggilioo,  atto 
a  distruggere.  -  Distruttibile,  che  si  può  distrug- 
gere: delebile,  distruggibile,  sterminabile, ecc.  Gontr., 
indistruttibile,  incancellabile  (che  non  si  può  can- 
cellare), irreparabile  (di  danno)  ;  irrevoca- 
bile (di  ordine  e  simili).  -  Distruttivo,  che  ha  forza 
di  distruggere  o  tende  a  distruggere:  dissipativo, 
fracassatolo,  vandalico. 

Distrutto,  che  fu  soggetto  a  distruzione  :  an  lato 
al  diavolo,  in  cocci,  in  frantumi,  in  malora,  in 
pezzi,  in  polvere,  in  precipizio  ;  annichilato,  anni- 
chilito, annientato,  atterrato;  disfatto;  esterrainato; 


912 


DISTRUGGERSI   —   DISVOLERE 


perduto,  profondato  ;  sradicato,  sfatticcio,  sfatto, 
schiantato,  soppresso,  sperduto,  sprofondato,  ster- 
minato, subissato  ;  venuto  al  niente.  -  Non  restare 
pietra  sopra  pietra:  di  città  distrutte. 

Distruttore,  ciie  distrugjje  ;  chi  distrugge,  chi  ha 
la  mania  di  distruggere;  barbaro,  consumatore,  di- 
sfaoitore,  distruggitore  ;  edace,  eversore  ;  flagello  ; 
peste  e  rovina  ;  sperperalore  ;  vandalo.  -  Deleterio, 
di  sostanza  che  rovina,  distrugge  l'organismo.  -  Fil- 
lossera, in  senso  trasiato,  persona  o  cosa  che  reca 
lenta  e  irreparabile  distruzione  e  ruina.  -  Iconocla- 
sta, distruttore  di  immagini. 

DisrKUTzioNE,  atto  ed  effetto  del  distruggere  :  bar- 
barie (figur.),  conquasso,  consumazione,  destruzione, 
dirovinamento,  disastro^  disfacimento,  disperdi- 
mento, dispergiraento,  dispersione,  dissipamento, 
dissipazione,  dissoluzione,  djstruggimento  ;  estermi- 
namento, esterminazione,  esterminio,  eversione;  pro- 
fondamento; rovina,  ruinazione;  scioglimento, 
sconquasso,  sfacelo,  sfacimento,  sfasciamento,  sper- 
peramento,  sprofondamento,  spianto,  sterminamento, 
sterminazione,  sterminio,  strage,  struggimento,  su- 
bissamento ;  tempesta;  vandalismo.  -  Avere  lo 
spirito  della  distruzione:  dicesi  specialmente  dei 
ragazzi  che  sciupino  ogni  cosa. 

Camposanto  (tìgur.),  luogo,  territorio,  paese,  sul 
quale  è  passata  la  distruzione.  -  Cenere  (tìgur.), 
l'avanzo  d'  un  paese,  d'  una  città  distrutta.  -  De- 
trittis  (detrito),  voce  latina  usata  in  quasi  tutte  le 
lingue  per  significare  i  residui  di  una  sostanza  o 
di  un  corpo  ridotto  in  frantumi,  per  processo  di 
disorganizzazione,  eoe.  -  Morte  (figur.),  devasta- 
zione, desolazione. 

Dalle  ceneri  mie  sorgo  più  bella:  della  fenice  e 
di  cosa  che  risorge  nel  medesimo  posto  dove  era 
stata  distrutta.  -  Delenda  Carthago,  modo  di  dire, 
derivato  dall'intercalare  di  Catone  l'antico  fCeterum 
censeo  Carthaginem  esse  delenda:  penso  che  Carta- 
gine deve  essere  distrutta),  e  significa  l'idea  diretta 
a  un  dato  fme,  a  base  di  inimicizia,  di  ostilità.  - 
Ferro  et  ignis  (lat.),  con  la  spada  e  col  fuoco:  di- 
stru!?gendo. 

Dlstrag'g'ersl  (distrutto).  Consumarsi,  disfarsi, 
struggenti  (riferito  anche  ad  amore,  a  dolore, 
a  pascione,  e  simili). 

Distraorgrimento.  Atto  ed  effetto  del  distrug- 
gere 

Distrugr;?ltÌTO,  distrattlblle,  distruttivo. 
Veargasi  a  distruggere. 

Distruzione.  Atto  ed  effetto  del  distrug- 
gere. 

Disturbare  (disturbato,  disturbò).  Frastornare, 
interrom,pere,  turbare,  specialmente  riferito  a 
comporlo,  a  quiete,  a  sonno;  imbarazzare,  recare 
imbarazzo;  incomodare,  cagionare  incomodo.  - 
Frastornare,  cercar  di  impedire:  riferito  ad  af- 
fare, a  negozio,  a  lavoro.  -  Anche,  annoiare,  dar 
noia;  importunare,  ri\isc\re  importuno,  molesto; 
seccare,  far  subire  una  seccatura.  Con  varie  gra- 
dazioni di  significato:  conturbare,  disagiare,  far  con- 
fondere, frastornare;  guastare,  guastare  le  uova  nel 
Eaniere;  impacciare,  infastidire  ;  molestare,  pertur- 
are;  rompere  il  capo,  la  divozione  (scherz.),  la  fantasia; 
sbilanciare,  scomodare,  sconcertare,  sconturbare, 
sturbare.  -  Disturbatore  {dislurbatrice),  chi  distur- 
ba: conturbatore,  guastacàvoli,  guastafeste,  imnac- 
ciatore,  sconcertatore,  turbi tore.  -  Disturbo,  effetto 
del  disturbare;  defdtigazione,  disagio;  disappunto, 
fastidio,  frastornamento,  frastornio,  frastorno,  fra- 
stuono (speciahn.  di  ruìnore  che  disturba)  ;  im- 


paccio, incomodità,  incomodo  ;  molestia  ;  scon- 
cio, seccàggine,  seccatura,  sturbamento,  sturbo  : 
turbamento,  turbativa,  turbazione. 

Cercarle  con  la  lanterna:  procurarsi  volontariamente 
disturbi,  fastidì.  -  Sansgéne  (senza  soggezione),  lo- 
cuzione familiare  francese  :  dicesi  di  chi  non  s' in- 
comoda per  nulla  e  per  nessuno. 

Disturbarsi  (disturbato).  Prendersi  disturbo, 
agitazione  d'animo,  inquietudine. 

Disubbidiente.  Chi  o  che  non  vuole  obbe- 
dire. 

Disugrguaglianza.  Qualità   di   ciò  cRe  è  di-         j 
verso,  non  è  uguale. 

Disug^uagrliare  (disuguagliato).  Fare,  rendere 
disuguale,  non  uguale. 

Disugnuale  (disugualità). 'Non  uguale;  impari, 
non  pari. 

Disugrualmente.  In  modo  non  uguale. 

Disumanare,  disamanarsi  (disumanato). 
Abbrutire,  abbrutirsi  ;  rendere,  divenir  bruto  ; 
rendere,  divenire  disumano,  crudele;  far  perdere, 
perdere  la  natura  umana,  il  carattere  umano. 

Disumano.  Spietato,  crudele. 

Dlsum,are,  disumazióne  ^djsMTOato^.  Veggasi 
a  seppellire. 

Disumidire  (disumidito).  Togliere  V umido, 
rendere  asciutto. 

Disùn^ere  {disunto).  Purgare  dall'ww^o. 

Disunire,  disunirsi  {disunitezza,  disunito, 
disunione).  Rompere,  rompersi  V unione.  -  Disgiun- 
gere, disgiungersi;  scollegare,  scomunare  ;  sepa- 
rare, separarsi.  -  Mettere,  mettersi  in  discordia. 
-  Disunióne,  atto  ed  effetto  del  disunire  e  del  disu- 
nirsi. -  Disunitezza,  l'essere  disunito.  -  Disunito,  non 
unito,  non  uniforme,  disuguale.  Figur,,  diviso,  di- 
scorde. 

Disuria.  Veggasi  a  orina. 

Disusanza.  Disuso,  cessazione  deWuso. 

Disusare  {disusato).  Lasciare  o  far  perdere  l'uso 
di  checchessia. 

Disusatamente.  Fuori  d'uso,  contro  l'uso. 

Disuso.  Cessazione  dell'uso  :  il  non  usare  o  il 
non  usarsi  più. 

Disutile.  Non  utile,  inutile. 

Disutilità,  disutilmente.  Veggasi  ad  inutile. 

Disvantag^srlo  {disvantaggioso).  Inconveniente, 
danno,  svantaggio. 

DLsvario.  Divario,  differenza. 

Disvelare  {disvelato).  Manifestare,  rivelare  an 
segreto  e  simili. 

Disvèllere  {disvèlto).  Svellere,  strappare. 

Disvestire,  disvestirsi  {disveslimento,  disve^ 
stilo).  Spogliare,  spogliarsi  :  svestire,  svestirsi. 

Disvezzare^  disvezzarsi  {disvezzato)  Divez- 
zare, divezzarsi  ;  togliere,  perdere  l'abitudine. 

Disviare,  disviarsi  {disviato).  Allontanare,  al- 
lontanarsi ;  uscire,  far  uscire  dalla  via  presa  o 
dalla  retta  via  (in  senso  morale)  ;  deviare,  deviarsi; 
sviare,  sviarsi. 

Disvio.  Il  disviare  e  il  disviarsi. 

Disviluppare,  disvllupparsl  {disviluppato). 
Dare,  prendere  sviluppo.  -  Togliere,  togliersi 
da  un  impaccio  e  simili.  -  Figur.  (disviluppare  dal 
mondo),  uccidere. 

Disviticchiare,  disviticchiarsi  {disvitic- 
chiato). Contrario  di  avvolgere  (avvolgersi)  in- 
torno e  strettamente  una  rosi  a  checchessia. 

Disvogliare,  disvogliarsi  {diivolere).  Levare, 
perdere  la  voglia,  la  volontà. 

Disvolere    {disvoluto).    Cambiare    di    volontà 


913 


intorno  a  una  cosa.  -   Sostantiv.,  cambiamento  di 
volontà. 

Dita.  Plurale  di  dito. 

Ditale.  Parte  del  guanto. 

Ditale.  Arnese  che  si  mette  in  dito  per  cucire; 
anello  da  cucire:  è  di  metallo,  o  d'avorio  o  di 
madreperla,  e  lo  si  mette  sulla  punta  del  dito  me- 
dio, per  preservarlo  dalle  punture  dell'ago,  che  da 
€sso  é  spinto  nella  stoCfa.  Può  essere  :  co,)erto,  se 
copre  tutta  l'estremità  del  dito  fino  alla  prima  fa- 
lange ;  scoperto,  se  cinge  1'  estremità  del  dito,  la- 
sciando scoperta  la  punta  del  polpastrello.  -  Bùt- 
teri, i  cavetti  tondi  sparsi  sulla  superficie  del  di- 
tale per  rattenere  l'ago  dalla  parte  della  cruna  nello 
spingerlo  dentro  la  stoffa  che  si  cuce  o  si  ricama. 

Ditata.  Veggasi  a  dito. 

Dite.  Divinità  deWinfemo. 

Diteisnio.  Credenza  in  due  divinità. 

Ditirambo  {ditirambico).  Veggasi  a  Bacco  e 
a  poesia. 

Dito  (plur.,  dita).  Ciascuna  delle  parti  mobili, 
distinte  e  articolate,  con  cui  terminano  la  mano  e 
i  piedi  dell'uomo.  Sono,  dal  più  grande  al  più  pic- 
colo, nella  mano:  il  pollice,  l'indice,  il  medio,  l'a- 
nulare, il  mignolo.  Per  le  dita  del  piede,  veggasi 
a  piede.  -  Diterello,  piccolo  dito.  -  Ditino,  dimin. 
vezzegg.  di  dito.  -  Ditone,  dito  grosso,  mal  fatto.  - 
Forchetta  del  battesimo,  o  d'Adamo  (scherz.),  le 
dita. 

Digitale,  dicesi  di  arterie,  di  vene  che  scorrono 
lungo  i  lati  delle  dita  -  Digitato,  dei  quadrupedi 
che  hanno  i  piedi  compartili  in  più  dita.  -  Inter- 
digitale, che  è  tra  le  dita. 

Dita  a  balestrucci,  storte;  contratte,  rattrappite 
(per  freddo  o  per  malattia)  ;  affusolate,  ben  fatte, 
eleganti,  fatte  a  fuso  (sottili  in  punta),  lunghe  ; 
cicciose,  grasse;  diafane,  quasi  trasparenti  per  grande 
bianchezza  e  finezza  delia  pelle  ;  palmate,  unite  da 
membrane.  -  Dita  di  fata,  quelle  di  persona  molto 
abile  nel  cucire,  nel  ricamo,  ecc.  -  Salsicciuoli,  dita 
grosse  e  grasse.  -  Zampe  di  ragno,  dita  lunghe  e 
magre. 

Anulare  e  annulare,  quarto  dito  della  mano,  cosi 
detto  perchè  si  usa  infilarvi  un  anello  o  più  anelli: 
gode  di  un  minor  ambito  di  motilità  indipendente 
-  Indice,  il  secondo  dito,  ossia  quello  che  sta  tra 
il  pollice  e  il  medio,  detto  pure  dito  indicale  o 
indicativo.  -  Med'O,  il  terzo  della  mano  e  del  piede, 
più  lungo,  ma  meno  mobile  degli  altri  (detto  an- 
che impudico,  infame):  vi  si  infila  il  ditale  per 
cucire.  -  Mignolo,  il  quinto  ed  ultimo,  dotato  di 
molta  mobilità,  sopratutto  nei  violinisti,  ed  opponi- 
bile al  pollice  ;  detto  anche  auricolare,  minimo.  - 
Pollice,  primo  delle  cinque  dita,  più  breve  e  più 
grosso,  alquanto  distanziato  dal  gruppo  delle  altre, 
alle  quali  è  perfettamente  opponibile  solo  nell'uomo, 
a  differenza  d'ogni  altro  animale. 


Parti  delle  dita  e  inerenze. 
Anomalie  e  mostruosità'.  —  Mali,  ecc. 

Estremità  delle  dita,  le  punte.  -  Falange,  falan- 
gina, fulangetta,  rispettivamente,  le  tre  parti  ossee 
e  articolate  delle  dita.  -  Flessore,  muscolo  del  pol- 
lice. -  Lunibricale,  uno  dei  nmscoli  delle  dita  della 
mano.  -  Nocca  (nodello,  giuntura),  congiuntura  delle 
dita  delle  mani  e  dei  piedi  :  bernocchio,  bernoccolo, 
Boccola,  nodo.  Plur.,  nocca,   noccole.   Le   nocca  si 


dice  anche  per  i  pugni  (veggasi  a  pugno).  - 
Ossicini,  piccole  ossa  delle  dita.  -  Osso  del  pa- 
sturale, la  prima  falange.  -  l'elle,  la  mem- 
brana che  copre  e  avviluppa  esternamente  le 
dita,  come  le  altre  parti  del  corpo  umano.  -  Pol- 
paccio, la  base  del  dito  grosso  o  pollice.  -  Polpa- 
s'irello,  la  parte  carnosa  dell'  ultima  falange  delle 
dita:  polpa,  polpacciolo.  -  Procondilo,  l'estremità 
dell'ultima  falange  di  tutte  le  dita.  -  Radice  delle 
dita,  il  loro  principio,  opposto  alla  punta.  -  Sesa- 
moidi,  ossa  della  giuntura  delle  dita.  -  Unghia, 
lamella  cornea  che  protegge  la  estremità  dorsale. 
Pesciolini,  pastelletti  di  sudiciume  che  si  formano 
sotto  le  dita,  stropicciandosi  la  pelle  sudata,  un- 
tuosa 0  simile.  -  Pipita,  pellicola  staccata  dalla 
carne  vicino  all'unghia.  -  Ròccia  tra  le  dita,  sudi- 
ciume. 

Anomalie  e  mostruosità'.  —  Aschistodattilia,  mo- 
struosità consistente  nella  non  divisione  delle  dita 
delle  mani  e  dei  piedi,  -  Lctrodactilia,  mancato 
sviluppo  di  uno  o  più  dita.  -  Polidatlilia,  numero 
di  dita  maggiore  del  normale.  -  Sindattilia,  ade- 
renza delle  dita. 

Anisodatlilo,  a  dita  inuguali.  -  Brachidattilo,  a 
dita  corte.  -  Poliddttilo  (gr.),  che  ha  dita  sopran- 
numerarie. -  Sediyito,  aggiunto  di  uomo  che  alla 
mano  o  a  un  piede  ha  sei  dita. 

Mali,  ecc.  —  Corpologia,  movimento  convulsivo 
delle  dita.  -  Coronella,  male  che  viene  torno  torno  a  un 
dito  :  specie  di  panereccio.  -  Dattilile,  malattia  delle 
dita:  patereccio.  -  Gelone  (più  comunem.,  geloni), 
male  che,  per  effetto  del  freddo,  affligge  le  dita 
!  delle  mani  e  dei  piedi.  -  Giradito,  dilaiclo,  coro- 
I  nella,  panereccio,  patereccio,  paterecciolo,  girello, 
quel  tumore  che  viene  intorno  all'  ultima  falange 
d'un  dito;  flemmone  che  colpisce  le  parti  molli 
delle  dita  della  mano  e  qualche  rara  volta  del 
piede,  estendendosi  talora  alle  ossa  delle  falangi  e 
alle  altre  parti  più  lontane.  -  Granchio  a  secco,  lo 
stringersi  un  dito  o  altra  parte  fra  due  cose  dure  (fra 
legno  e  legno,  sasso  e  sasso),  con  effetto  di  effu- 
sione del  sangue  alla  pelle  (ecchimosi).-  Mal  d'av- 
ventura, patereccio.  -  Paronichia  (gr.),  patereccio.  - 
Pedartrocace.{^;ir.),  rigonfiamento  infiammatorio  nelle 
articolazioni  delle  dita  delle  mani  e  dei  piedi,  si- 
mile a  quello  della  spina  ventosa  nei  ragazzi  scro- 
folosi. -  Pediynone,  infiammazione  che,  per  effetto 
del  freddo,  si  genera  nelle  dita  delle  mani  e  dei 
piedi,  e  nei  calcagni.  -  Unghiella,  intorpidimento 
doloroso,  prodotto  dal  freddo  sulla  punta  delle  dita. 


Gio'    CHE    si    fa    col    dito, 

CON    LE    dita,   ECC. 


Buffetto,  colpo  di  un  dito  che  nocchi  di  so- 
pra 0  di  sotto  ad  un  altro  dito,  ordinariamente 
il  medio  dal  pollice:  lo  stesso  che  boffetlo,  bi- 
scottino, bicciugongolo  (voce  aretina).  Buffettone, 
accresc.  -  Cenno,  segno  che  si  fa  con  un  dito 
0  con  più  dita  (per  lo  più,  con  l'indice),  per  chia- 
mare alcuno,  significare  qualche  cosa,  ecc.  -  Ditata, 
colpo  dato  col  dito  ;  quanta  roba  si  può  raccogliere 
con  un  dito  ;  macchia,  segno  lasciato  dalle  dita 
sporche  o  per  effetto  di  pressione.  -  Frullo,  il  suono 
cne  si  ia  col  dito  grosso  congiunto  col  dito  lungo, 
ossia  medio,  della  mano,  schioccandoli  insieme.   - 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


58 


Oli 


Pizzico,  quanto  si  può  prendere  con  la  punta 
delle  cinque  dita  strette  insieme  ;  e  pizzicotto 
un  pizzico  piuttosto  grosso.  -Pizzicotto,  l'atto  e, 
più  specialmente,  l'effetto  del  pizzicare.  -  Porta- 
mento della  mano,  azione  di  muovere  le  dita  so- 
pra gli  strumenti  da  tasto,  come  cembalo,  spinetta 
e  sim.,  in  una  maniera  comoda  e  graziosa  alla  vi- 
sta. -  Pagnello,  quanto  si  può  prendere  con  la 
f)unta  delle  dita.  -  Punzone,  forte  colpo  dato  con 
e  nocche  delle  dita.  -  Scocco,  quel  rumore  che  si 
fa  fare  alle  dita  o  stirandole  o  premendole  con 
l'altra  mano  {scoccare,  far  fare  scocco)  ;  anche,  ru- 
more che  si  produce  facendo  scattare  con  forza  un 
dito  sull'altro:  chiocco,  schiocco. 

Additare,  accennare,  indicare,  mostrare  a  dito 
(additamento,  additato).  -  Aggranchiarsi,  aggran- 
chirsi, ingranchirsi ,  i\  rattrappirsi,  specialmente 
delle  dita  per  freddo,  a  guisa  ddle  gambe  dei 
granchi.  -  Alzare  il  dito,  atto  di  ntinacv-ia,  di 
disprezzo,  di  giuramento.  -  Attaccar  le  dita  ad- 
dosso ad  uno,  agguantarlo.  -  Brandire  il  dito  indice 
verso  uno,  minacciarlo  col  dito,  fare  muta  mi- 
naccia, scuotendo  l'indice  della  mano.  -  Chioccare, 
schioccare,  delle  dita,  allorquando  le  si  stirano 
nelle  congiunture  o  si  fanno  scattare  contro  il 
pollice. 

Coccare,  far  le  cocche,  gesto  di  beffa,  battendo  una 
mano  aperta  sopra  l'altra  serrata,  oppure  adattando 
il  dito  medio  col  pollice  in  maniera  che,  sgui- 
sciando  uno  dall'  altro  e  battendo  il  medio  nella 
palma,  venga  a  fare  scoppio.  -  Dare  della  nocca 
a  uno,  in  qualche  parte  del  corpo,  dargli  dei 
punzoni  con  la  nocca.  -  Dinoccare,  dinoccolare, 
rompersi  o  slogarsi  le  articolazioni  delle  dita; 
fu  riferito  anche  a  collo,  le  cui  giunture  si 
dissero  nocche.  -  Dare,  o  fare  lima  lima,  fregare 
r  indice  destro  sul  sinistro  verso  alcuno,  dicen- 
dogli lima  lima,  o  per  dileggiarlo,  o  per  muoverlo 
a  sdegno,  il  che  si  suol  fare  dai  fanciulli.  -  Fare 
al  conto,  al  tocco,  vedere  a  chi  tocchi  in  sorte  una 
cosa  0  il  fare  una  cosa,  il  che  si  pratica  alzandosi 
da  ciascuno  uno  o  più  dita  a  suo  talento,  le  quali  si 
contano  incominciando  dalla  persona  già  prima 
stabilita;  e  la  persona  in  cui  termina  il  numero  di 
esse  è  quella  a  cui  toccherà  la  cosa  o  fare  la  cosa 
(a  Siena  dicesi  fare  alla  conta),  -  Fare  il  pizzo 
(anche,  /or  pefe),  far  col  pugno  un  certo  gesto  di 
beffe,  come  fa  chi,  spruzzandolo,  ne  sparge  un  po- 
chino. -  Far  le  corna,  stendere  l' indice  e  il  mi- 
gnolo chiudendo  le  altre  dita,  in  guisa  che  ìa  mano 
somigli  alle  corna  degli  animali  (atto  di  malaugurio 
0  d'ingiuria).  -  Far  pepe,  accozzare  insieme  lutti  e 
cinque  i  polpastrelli,  cioè  la  sommità  delle  dita,  il 
che,  quando  è  inverno  e  fa  gran  freddo,  molti  non 
possono  fare  per  aver  le  dita  aggranchite.  -  In- 
crccMare,  mettere  le  dita  d'  una  mano  traverso  a 
quelle  dell'altra,  -  Indicare,  accennare,  specialmente 
col  Alio.-  Ingumitarsi,  infilare  le  dita  e  tutta  la  mano 
nel  guanto.  -  Intrecciare  le  dita,  mettere  le  dita  di 
una  mano  fra  quelle  dell'altra.  -  Mordersi  il  dito,  le 
dilli,  atto  di  chi  minaccia  vendetta.  -  Mostrare  a 
dito,  0  col  dito,  drizzare  il  dito  verso  alcuno  che 
meriti  d'essere  notato.  -  Passeggiare:  fu  detto  del 
muovere  le  dita  o  1'  arco  su  qualche  strumento.  - 
Pizzicottare,  dar  dei  pizzicotti  :  pizzicare.  -  Porsi 
il  dito  su  del  mento,  al  naso,  porre  il  dito  alla  bocca, 
atto  con  cui  si  comanda  silenzio.  -  Stropicciarsi 
le  dita,  atto  di  allegrezza,  di  soddisfazione,  ecc.  - 
Sfrarollarsi  un  dito,  lussarselo,  slogarselo:  veggasi 
a  lussaziotie.  •  Suonare  il  tamburino  con  le  dita. 


batter  le  dita  su  checchessia,  come  si  suol  fare  sui 
tamburo.  -  Tendere,  distendere  il  dito,  per  lo  pii* 
verso  qualche  cosa,  allo  scopo  di  indicarla,  perchè' 
la  si  prenda,  o  per  altro. 

Cose  e  termini  vari.  —  Chiromanzia. 

Didattilo,  che  ha  due  dita  a  ciascun  piede.  — 
Fissipede,  col  piede  fesso  in  dita.  -  Monodattilo 
(termine  di  zoologia),  d' un  solo  dito  (i  cavalli 
sono  monodattili).  -  Ortodattilo,  che  ha  le  dita 
distese,  diritte.  -  Pentadattilo,  con  cinque  dita.  -  Te- 
tradattilo,  che  ha  quattro  dita.  -  Tridattilo,  con  tre 
dita.  •  Zigodattili,  gli  Uccelli  che  hanno  le  dita  in 
numero  pari. 

Chirologia,  arte  di  esprimersi  a  mezzo  del  movi- 
mento delle  dita  e  delle  mani.  -  Dattilografia,  arte 
di  comporre  con  le  dita  su  una  macchina  da  scri- 
vere. -  Dattilografo,  la  macchina,  e  chi  la  fa  agire. 
-  Dactilologia,  o  dattilologia,  arte,  maniera  di 
parlare  con  le  dita.  -  Dactilomanzia,  dattilomanzia, 
arte  di  indovinare  per  mezzo  delle  dita.  -  Dactilo- 
nomia,  arte  di  contare  con  le  dita. 

Pinzette,  strumento  d'acciaio  che  si  allarga  e  si 
stringe  a  piacimento,  per  prendere  o  collocare  al- 
cuna cosa  in  un  luogo  dove  non  si  potrebbe  con 
le  dita.  -  Pizzicato,  ciò  che  si  fa  sugli  istrumenti 
musicali  a  corde,  dando  a  queste  uno  strappo  con 
le  dita. 

Chiroginnasta,  istrumento  per  allargare  le  dita  a 
chi  suona  il  pianoforte.  -  Chiromante,  chi  esercita 
la  chiromanzia.  -  Prestidigitatore,  chi  è  abile 
nella  prestidigitazione,  ossia  nell'arte  di  far  giuochi 
di  prestigio  con  h  dita. 

Chiromanzia,  pretesa  arte  (dall'Oriente  portata  in 
Europa,  nel  secolo  XV,    dagli   zingari)   di  indovi- 


nare, di  conoscere  il  carattere  d'una  persona  e  Ifr 
sue  sorti  future  mediante  l'esame  della  mano,  delle 
dita,  del  loro  sviluppo,  della  conformazione  dei  se- 
gni e  delle  ripiegature  della  pelle.  In  ogni  dito  la 
I  falange  rappresenta  il  mondo  intellettuale,  la  II 
il  morale,  la  III  il  fisico.  Le  dita  appuntite  deno- 
tano invenzione,  poesia,  religione  ;  quadrale,  razio- 
cinio, ordine,  metodo;  a  spatola,  attività,  risola-^ 
tezza,  amore  del  benessere.  Le  unghie  sono  gli 
«  occhi  della  mano  »  :  grandi,  robuste,  colorate,  an. 


DITO    —    DIVANI» 


915 


nunciano  un  temperamento  sano,  forte  e  promet- 
tono lunga  vita;  corte,  coperte  di  carne,  un  tem- 
peramento battagliero,  uno  spirito  vivo  di  contrad- 
dizione. L'indice  lungo  indica  tatto  ed  economia  ; 
appuntito,  intelligenza  pronta  ;  quadrato,  amore  del 
vero;  spatolato,  attività  esagerata.  Il  medio  appun- 
tito, frivolezza;  quadrato,  prudenza;  spatolato,  at- 
tività. L'anulare  appuntito,  senso  artistico  ;  quadrato, 
amor  del  vero  ed  assennatezza  ;  spatolato,  talento 
drammatico.  Il  mignolo  appuntito,  eloquenza;  qua- 
drato, retto  giudizio.  Qualità  del  Monte  di  Giove: 
religione,  ambizione.  Eccesso:  superbia,  amore  del 
potere,  superstizione.  Difetto:  irreligione,  inlingar- 
daggine,  volgarità.  Del  Monte  di  Saturno:  scienza, 
prudenza.  Eccesso  :  tacilurnikà,  misantropia.  Di- 
fetto :  infelicità  o  vita  insignificante.  -  Del  Monte 
di  Apollo:  amore  dell'arte,  genio,  intelligenza  Ec- 
cesso: amor  del  denaro,  menzogna,  ecc.  Difetto: 
stupidità.  Del  Monte  di  Mercurio:  amore  della 
scienza,  senno,  invenlivilà  Eccesso:  infingardag- 
gine, furto,  scaltrezza.  Difetto  :  vita  negativa.  Del 
Aìonte  di  Marte  :  coraggio.  Del  Monte  di  Venere  : 
amore  della  bellezza  e  del  piacere.  Eccesso:  incer- 
tezza. Difetto:  freddezza. 

Dito.  Parte  del  guanto.  -  Tanta  quantità  di 
li(luido  (posta  in  un  vaso  da  bere)  che  corrisponda 
alla  larghezza  di  un  dito.  -  Antica  misura. 

Ditola.  Sorta  di  fungo. 

Dltomia.  Divisione  in  due  parti. 

Ditono.  Termine  di  musica:  intervallo  com- 
posto di  due  toni. 

Ditriglifo.  Lo  stesso  che  inétopa. 

Ditta.  Ente  commerciale;  compagnia,  società  di 
coììiììiercio :  casa,  casa  di  commercio  ;  compasni^ 
di  mercatura,  di  traffico,  e  simili  ;  nome  conmer- 
ciale,  talvolta  diverso  da  quello  del  proprietario,  - 
Insegna  di  bottega.  •  Moralità  di  una  Ditta  :  la  sua 
lealtà  nel  disimpegnare  le  proprie  operazioni.  -  Ra- 
gione di  commercio,  la  ditta  o  il  nome  della  per- 
sona, 0  sola  0  in  compagnia,  la  quale  eseguisca 
atti  commerciali,  rappresenti  una  casa  di  commer- 
cio, ecc.  -  Solidità  di  una  ditta  :  la  buona  condi- 
zione finanziariae  l'esatto  adempimeutodegliimpegni. 

Dittamo.  Pianta,  erba  rutacea  perenne,  colti- 
vata, per  lo  più,  in  vasi,  pel  suo  grato  odore. 

Dittatore  (dittatura).  Uomo  che,  in  uno  Stato, 
esercita  la  suprema  e  assoluta  autorità,  senza  es- 
serne il  re,  il  principe.  -  Dictator,  magister  populi, 
praetor  maximus,  nella  Repubblica  romana,  il  dit- 
tatore, e  lo  si  nominava  straordinariamente  in  caso 
di  gravi,  estremi  pericoli.  -  Prodittatore,  chi  fa  le 
veci  del  dittatore. 

Dittatòrio,  di  o  da  dittatore.  -  Dittatura,  la  dignità, 
l'autorità  del  dittatore,  e  la  durata  del  suo  ufficio. 

Dittero.  L'insetto  con  due  ali  (zanzara,  mo- 
sca, estro,  tafano,  ecc.).  I  ditteri  formano  un  or- 
dine, e  comprendono  gli  insetti  che  appaiono  for- 
niti d'un  paio  d'ali  soltanto;  ma  la  denomina- 
zione non  è  esatta.  Sono  caratterizzati  dall'  ap- 
parato boccale  conformato  a  proboscide,  dalle 
ali  anteriori  membranose,  da  quelle  posteriori 
rudimentali  e  dalla  metamorfosi  completa.  - 
Brachiceri,  ì  ditteri  che  hanno  le  antenne  corte, 
fatte  di  tre  articoli.  -  Braulidi,  famiglia  di  dit- 
teri brachiuri.  -  Crisope  acciecante,  assillo  cala- 
brone, assillidi,  bombilidt,  aniracidi,  sirfidi,  acalit- 
teri,  ortalidi,  ecc.,  ditteri  che  vivono  del  sangue, 
del  trasudamento,  della  saliva,  del  pus  degli  altri 
animali  o  di  sostanze  vegetali.  -  Crisoclora,  genere 
di  ditteri  comprendente   tre   specie.  -  Nemóceri,  i 


ditteri  che  hanno  antenne  fatte  di  inulti  articoli, 
corpo  allungato  e  sottile,  zampe  sottili  e  lunghe, 
grandi  ali,  proboscide  corta  e  spesso  armata  di  se- 
tole pungenti. 

Dittero.  Edificio,  teìnino  che  sia  circondato 
da  una  doppia  fila  di  colorme. 

Dittico.  Tavoletta,  quadro  a  due  assicelle,  di 
legno  0  d'avorio,  chiudendosi  a  mo'  di  libro,  all'e- 
sterno lavorata  con  intagli,  all'interno  spalmata  di 
cera,  su  cui  con  uno  stilo  si  .scrivevano,  in  Roma, 
le  cose  degre  di  ;iiemoria:  ancóna.  -  Dittico  conso- 
lare, quello  sul  quale  si  scrivevano,  in  Romi,  i 
nomi  dei  nuovi  consoli  e  di  altri  magistrati.  -  Trit- 
tico, tavoletta  con  tre  asssicelle. 

Dittografia.  Errore  di  ripetizione  nello  scri- 
vere. 

Dittongo.  Unione  di  due  vocali  (veggasi  a  vo- 
cale), che  si  pronunziano  in  una  sola  sillaba. 
Dicesi  disteso  il  dittongo  quando  si  fa  adire  il  suono 
di  ogni  sua  vocale. 

Diuresi  (diurètico).  Copiosa  secrezione  di  o- 
rina. 

Diuretico.  Il  medicamento  che,  aumentando 
le  secrezioni  orinarle,  promuove  il  bisogno  di  eva- 
cuazione :  aperitivo,  passante,  orinario,  urinario, 
urinativo. 

Diurnale.  Giornaliero,  d'ogni  giorno. 

Diurnista.  Detto  a  impiegato. 

Diurno.  Del  giorno,  che  si  fa  durante  il 
giorno,  ecc.  -  Libro  contenente  le  ore  cano- 
niche. -  Circolo  diurno,  moto  diurno,  veggasi  a 
jnaneta. 

Diuturnamente.  Per  lungo  tem,po. 

Diuturnità.  L'essere  diuturno. 

Diuturno.  Lungo,  durevole:  veggasi  a  du- 
rare. 

Diva.  Dèa,  divinità.  -  Cantante  di  gran 
valore. 

Divagamento.  Il  divagare. 

Divagare  {divagameato,  divagato,  divagazione) 
Distrarsi  (veggasi  a  distrazione)  nel  discorso  . 
nello  scrivere;  allontanarsi  dàW  argomento  o 
parlare  un  po' d'una  cosa,  un  po' d'un'altra:  ane 
dare  a  Roma  per  Ravenna  ;  annestare  in  sul  secco - 
darla  pei  chiassi  ;  dirla  di  secco  in  secco;  guizzare; 
come  un'anguilla;  saltare  d'Arno  in  Bicchillone,  di 
palo  in  frasca,  di  vaglio  in  corbello,  di  tasto  in 
sentina  ;  svariare,  svolazzare,  vagare.  -  Anche,  va- 
gare, vagabondare  con  la  fantasia,  col  pensiero. 
-  Divagameato,  divagazione,  il  divagare  ;  l'abbando- 
narsi a  fantasticherie. 

Divagarsi  (divagato).  Ricrearsi,  spassarsi,  stare 
in  divertimento. 

Divallamento.  Il  divallare. 

Divallare  (divallamento,  divallato).  Andare  a 
valle  :  detto  di  fiume,  di  torrente. 

Divampamento.  Il  divampare. 

Divampare  {divampamenlo,  divampato).  Levare 
gran  vampa  (ardore  che  esce  dalla  fiamma);  Ar- 
dere mandando  gran  vampa  ;  prender  fuoco,  man- 
dando vampe. 

Divano.  Sorta  di  canapè  basso,  senza  spalliera: 
sofà.  -  Causeuse  (frane),  specie  di  divano  elegante, 
a  due  posti  e  fatto  in  molo  che  due  persone,  se- 
dendo, si  trovino  fronte  a  fronte:  amorino  (Pe- 
trocchi), dirimpettaio.  -  Divano  alla  turca,  o  sul- 
tano, detto  a  canapè. 

Divano.  In  Oriente,  la  sala  e  l'assemblea  nelle 
quali  il  sultano,  o  altro  sovrano,  e  i  ministri  ten- 
gono consiglio  e  danno  udienza.  Più  specialmente. 


DIO 


DIVARIARE  —  DIVERTIMF.NTO 


il  min'stero  ottomano,  la  cancelleria  della  Sublime 
Porta.  -  Raccolta  di  poesie.  -  Moneta  etiopica. 

DlTariare  (divariato).  Essere  differente,  pre- 
sentare (ìifferenza. 

Divaricare  [divaricato).  Allargare,  aprire; 
■enniiie  de!  linguaggio  medico. 

Divaricazióne.  Ramificazione  delle  vene  (leg- 
gasi a  vena). 

Divàrio.  Varietà,  differenza. 

Divecchiare  {divecchiamento,  divecchiato).  Svec- 
chiare, tòr  via  le  cose  vecchie,  o  quel  che  c'è  di 
vecchio. 

Divedere  (dare  a).    Dimostrare,  mostrare. 

Divellere  [divelto).  Sradicare,  strappare.  - 
Lavorare  profondamente  un  terreno:  scassare.  - 
Dibarbare  il  lino,  la  canapa  per   farne  il  raccolto. 

Divenire ,  diventare  [divenuto ,  diventato). 
Giungere  ad  una  condizione  o  assumere  una  qua- 
lità che  prima  non  si  ayeva  :  addarsi  al  meglio  (o 
peggio),  addivenire,  addiventare;  dare  il  tuffo,  un 
tuffo  in  checchessia;  doventare  (forma  grossolana 
e  da  evitare);  farsi  pervenire;  rinnovarsi,  trasformarsi 
(veggasi  a  trasformazióne)  ;  venir  ad  essere,  ve- 
stir persona.  -  Divenuto,  diventato,  pervenuto,  rin- 
novato, ecc.  -  Ridivenire,  ridiventare,  ripete  dive- 
nire, diventare. 

Imbellire,  divenir  bello.  -  Imbruttire,  divenir 
brutto.  ■  Ingrassare,  divenir  grasso,  ecc. 

Divèrbio.  Alterco,  litigio. 

Divergente.  Che  diverge:  linea,  raggio,  ecc. 

-  Obliquoy  divergente  dalla  linea  retta. 

Divergènza.  Atto  del  divergere. 

Divèrgere  [divergente).  Far  diversione;  di- 
rigersi a  punti  diversi,  partendo  dallo  stesso  punto  : 
dicesi  di  linea,  di  raggio,  ecc. 

Divèrre  [diverto).  Divellere. 

Diversamente.  In  modo  diverso. 

Diversificare,  diversificarsi  [diversificato). 
Creare,  fare,  stabilire  differenza;  differenziarsi; 
rendere,  essere  diverso. 

Diversificazióne.  Varietà,  differenza. 

Diversióne.  Atto  ed  effetto  del  divergere,  del 
divertire,  cioè  del  rivolgere  attorno,  del  deviare 
dalla  naturale  direzione.  Figur.,  frastornamento,  im- 
pedimento. -In  linguaggio  militare,  manovra  che 
si  fa  in  battaglia  (veggasi  a  pag.  260,  seconda 
colonna).  -  Deviazione  delle  acque,,  derivazione  di 
esse,  per  la  irrigazione  o  altro. 

Diversità.  L'essere  diverso.  -  Differenza  ; 
varietà. 

Diversivo.  Deviazióne,  il  deviare.  -  Detto  anche, 
non  bene,  per  differenza. 

Divèrso.  Che  è  d'altro  genere,  che  ha  qua- 
lità differenti,  sia  di  forma,  di  ufficio,  di  materia, 
ecc.  Più  che  differente:  dissimigliante  (veggasi  a 
som,iglianza),  dissimile,  disuguale,  non  tignale, 
non  simile.  Con  varie  gradazioni  di  signilicato  : 
alieno,  altrettale,  altro,  altrolale;  contrario,  di- 
screpante, di  fforme,  disforme,  disparato,  d  issonanle,  di- 
staccato, distaccatissimo,  distante,  distnlo;eterog('neo, 
lontano,  novello,  partito;  separato,  singolare,  stranio, 
svariato;  tull'altro,  variante,  vario.  Dii'esi  anche 
per  'm%o\\{o,  straordinario  ;  nonché  per  a«/>ro, 
malvagio,  perverso.  -  Antitesi  (essere  1'),  di  |  er- 
sona  0  cosa  che  sia  totalmente  diversa  daun'ai.ra. 

-  Snob,  parola  inglese  che  serve  per  indicare  |  er- 
sona  la  quale  opera  e  parla  in  modo  da  pai  ere 
diverso  da  ciò  che  è  in  realtà.  -  Opposto  (ligur.), 
diverso  affatto,  nello  stesso  senso;  anche,  «'orcscio. 

-  Tutl'attra  cosa,  diverso  affatto. 


Diversamente,  con  diversità,  in  maniera  differente, 
in  modo  diverso:  a  differenza  di...,  a  distinzione 
da...;  altramente,  altrimenti  ;  contro  il  solito  ;  d'altra 
foggia,  d'altro  suono;  differentemente,  disagguaglia- 
tamente,  disparatamente,  dissimilmente,  dissomi- 
gliantemente, divisatamente  ;  in  caso  che  no,  in  caso 
diverso;  non  facendo  così;  in  modo  disparato;  se 
non...,  se  non  che...;  quando  che  so..  ;  singolarmente, 
tutto  altrimenti.  -  Diversificare,  esser  diverso  ;  fare 
diversamente  ;  produrre  aifferenza. 

Diversità',  qualità  di  ciò  che  è  diverso;  somma  delle 
condizioni  per  le  quali  una  cosa  è  diversa  da  un'altra; 
differenza,  discrepanza,  difformità,  disformità,  di- 
sparatezza, disparità,  dissimiglianza,  dissimilitudlne 
(v.  a.),  dissomiglianza,  dissonanza,  distanza,  dis- 
uguaglianza, disvario,  divario,  diversificazione;  ispa- 
lamento,  isvariamento;  svariamento,  svario;  vallame 
(v.  a.),  variazione,  varietà,  vergato  (v.  a.). 

Correrci  quanto  dalla  luce  alle  tenebre,  dal 
giorno  alla  notte:  di  cose  opposte,  dal  bello  al 
brutto,  dal  buono  al  cattivo.  -  E'  un  altro  conto! 
E'  Uìi  altro  paio  di  maniche:  quando  si  ode  cosa 
diversa  da  quella  sentita  prima,  e  che  ci  aveva 
fatto  esprimere  un  parere  che  così  non  va  più. 

Divertente,  divertèvole.  Che  diverte,  dà 
divertimento. 

Diverticolo.  Viottolo,  sentiero  fuori  della 
strada  maestra.  -  Pretesto,  scusa.  -  Veggasi  a  in- 
testino. 

Divertimento.  Cosa  che  dà  piacere;  modo 
gradevole  di  passare  il  tempo:  allettamento,  allet- 
tativa, baloccamento,  balocclieria;  carnevale,  cosa 
da  diletto;  diletto,  diporto,  distrazione;  festa,  fug- 
gilozio  (non  com.);  giuoco;  intertenimento;  ludo 
(lat.);  onesto  piacere;  passapensieri,  passatempo; 
rallegramento,  «icreasione,  ruzzo;  scacciapensieri, 
sollazzamento,  sollazzo,  sollievo,  spasso,  svagola- 
mento;  tornagusto,  tra  passatempo,  trastullo,  trat- 
tenimento, trebbio,  triocca.  Figur.,  distrazióne,  ozio, 
solletico,  tresca,  vezzo.  -  Servono  di  divertimento 
i  giuochi  d'ogni  sorta,  i  vari  esercizi  compresi 
sotto  la  denominazione  di  sport,  il  giuoco  pro- 
priamente detto,  il  ballo,  il  nuoto,  la  caccia, 
ecc.,  questo  o  quello  spettacolo  pubblico  (con- 
certi, luminarie,  inaugurazione  di  moniim'nti , 
eoe  ).  Divertimento,  insieme  a  profitto  dell'intelletto 
e  dello  spirito,  procura  anche  la  Jvisita  ad  un 
museo,  ad  una  pinacoteca  [veggasi  3i  pittura),  ecc. 
Luoghi  propri  di  divertimento,  di  spasso,  sono  poi  : 
il  caffè,  il  teatro,  il  giardino  pubblico,  Van fi- 
teatro,  il  circo,  Y  ippodromo,  il  velodroino 
(recinto  per  la  corsa),  ecc.  -  Divertimentwxio,  pic- 
colo divertimento;  divertimento  da  poco. 


RiUNIONL 

Luoghi.  —  Alcuni  .divertimenti. 


Accademia,  trattenimento  pubblico  di  canto  e 
suono.  -  Brigata,  compagnia  di  persone  riunite  a 
scopo  di  divertimento.  Brigata  d'amici,  di  capi- 
scarichi  [essere  della  brigata,  trovarsi  nella  brigata. 
ecc.  -  Brigatella,  piccola  brigata.  -  Chiassata,  gita 
di  spasso,  conversazione  o  ritrovo  famigliare,  con 
giuochi,  suoni,  canti,  cene.  -  Spettacolo  di  famiglia 
alla  buona.  -  Circolo ,  luogo  di  riunione  a 
scopo  di  svago.  -  Conio,  burla,  sollazzo,  chiasso, 
fatto  in  compagnia  di  amici.  -  Garden-party  [ing}.). 


DIVERTIHE    —    DIVIDERE 


917 


ritrovo  di  signori  e  di  dame  in  giardino  o  in  altro 
luogo  aperto,  per  sollazzi,  giuochi,  spettacoli,  ecc.  - 
Ricreazione,  dicesi  anche  per  pranzo,  banchetto 
fatto  per  isvago.  -  Ridotto,  luogo  di  riunione,  per 
lo  più  a  scopo  di  divertimento.  -  Tdtroim.  riunione 
di  persone  a  scopo  di  passatempo  e  divertimento.  - 
JScin7ìto,  spasso,  riposo  e  spasso  dopo  l'uflìcio  o  il 
lavoro.  -  Soirée  (frane),  ital.  serata:  riunione  not- 
turna di  persone  che  fanno  conversazione,  si 
dilettano  col  giuoco,  si  danno  al  ballo,  ecc.  - 
Sport,  voce  inglese,  entrata  nell'uso  comune  per  in- 
dicare gli  esercizi  e  i  piaceri  della  caccia,  del  tiro 
a  segno,  delle  corse,  del  velocipedisino,  ecc. 

Balorxo,  trastullo,  cosa  da  ridere;  trastullo  da 
bambini,  giuocàttolo.  ■  Carosello,  specie  di  gio- 
stra, di  tornèo.  -  Corsa,  gara  tra  uomini,  cavalli 
(corse  ippiche),  ecc.,  che  corrono.  -  Corsa  di  tori, 
reggasi  a  toro.  -  Cuccagna,  giuoco,  divertimento 
assai  popolare.  -  Diorama,  specie  di  panorama.  -  Gio- 
stra, divertimento  da  ragazzi  sulle  pubbliche  piazze: 
f)er  esso,  a  mezzo  d'un  meccanismo,  si  gira  su 
eoni,  cavalli  di  legno  e  simili.  -  Montagna  russa, 
poggetto  a  discesa,  diritta  o  torta,  ripidissima,  per 
divertimento.  -  Ombre  cinesi,  specie  di  lanterna 
magica.  -  Panorama,  rappresentazione  di  og- 
getti mediante  le  loro  immagini.  -  Poìiorama,  sorta 
di  panorama.  -  Regaia,  corsa  di  barche,  gara  navale. 
-  Tomeo,  in  origine,  esercizio  e  passatempo  di 
guerra  e  di  galanteria,  a  cui  gli  antichi  cavalieri 
attendevano  per  dimostrare  la  loro  bravura.  -  Ira- 
stutlo,  oggetto  di  divertimento.  Figur.,  zimbello. 


Divertente.  —  Divertire,  divertirsi. 
Chi  si  diverte. 


Divertente,  che  diverte,  dà  divertimento:  dilet- 
tevole, divertevole,  piacevole,  ricreativo,  sollazzevole, 
spassevole,  trastullevole. 

Divertire,  dare,  procurare,  recare  divertimento, 
spasso:  allettare,  dar  diletto,  festa  e  giuoco;  far 
sollazzo  ;  intrattenere  ;  rallegrare,  recar  diporto  ; 
ricreare;  sollazzare,  spassare;  tener  divertito,  te- 
nere in  gongolo,  trastullare,  trattenere.  -  Confor- 
tare lo  spinto,  la  mente,  l'animo,  ricrearli.  -  JRt- 
divertire,  ripete  divertire.  -  Trastullare,  divertire  con 
trastulli. 

Divertirsi,  darsi,  procurarsi  divertimento,  pren- 
dersi qualche  spasso;  avere  per  passatempo,  per  pia- 
cere; baloccarsi;  darsi  ai  piaceri,  darsi  buon  tempo, 
darsi  festa;  darsi  scianto;  dilettare  l'ozio,  dilettarsi; 
divagarsi  ;  fare  il  chiasso;  fare  buon  sangue,  un  po' 
di  buon  sangue;  fare  i  balocchi;  giocare;  passar- 
sela, pigliarsi  divertimento,  prender  giuoco,  prender 
trastullo;  ricrearsi;  sbirbarsi,  sollazzarsi,  spassarsela, 
spassarsi,  stare  allegri,  in  allegria;  stare  a  sol- 
lazzo, stare  in  divertimento;  svagocciare,  svagolare; 
trar  piacere  ;  trastullarsi,  tuflfarsi  nei  piaceri.  -  Aver 
il  capo  in  cembali,  pensar  solo  a  divertirsi.  -  Chiassare, 
schiassare,  fare  il  chiasso,  stare  in  ispasso  e  in 
.  ischerzi,  ruzzare  e  simili.  -  Coccolarsi,  stare  a  go- 
dersela, abbandonarsi  a  una  soddisfazione.  -  Ga- 
vazzare, vivere  in  mezzo  ai  divertimenti  chiassosi. 
-  Patullare  uno,  divertirsi  con  lui,  ruzzarci.  -  Pa- 
tullarsi, divertirsi  intorno  a  una  cosa  futile  o  pei 
ozio.  -  Ruzzare,  fare  un  chiasso  vivace,  saltando, 
scherzando:  di  persone  e  d'animali.  -  Scarnascialari, 
godersi   il  carnasciale,  gavazzare.   -  Scialare,  spen- 


dere  in    divertimenti.    -    Spappolarsi   in  una  cosa, 
smammolarcisi,  prenderne  gran  diletto. 

Chi  si  diverte  —  liaontenipone,  uomo  allegro 
che  ha  buon  tempo  da  perdere  e  si  dà  all'ozio, 
agli  spassi.  -  Festaiuolo,  che  si  compiace,  si  diletta 
delie  fes»e.  -  Chi  vien  dietro,  seirt  l'uscio:  lo  dice 
chi  vuole  spassarsi  e  divertirsi,  a  dispetto  di  chi 
non  vuole. 

Divertire  (divertito).  l'rocurare  dii'ertiìnento. 
Far  diversione.  Deviare,  andar  giù  di  strada. 

DiTertirsl  (divertito).  Procurarsi  divertimento, 

sollazzo,  spasso. 

Diveltare  (diveltato).  Scamatare  la  lana  con 
la  vetta. 

Divettarsl  (diveltato).  Crollarsi  nella  cima. 

Divettino.  Chi  divettava  la  lana. 

Divezzare,  divezzarsi  (divezzamento,  divez- 
zato). Far  lasciare,  far  perdere,  perdere  Vabitadine, 
disavvezzare,  disavvezzarsi.  -  Slattare,  svezzare,  svez 
zarsi;  troncare,  non  ricevere  più  V allattamento- 

Diviatamente.  Spacciatamente,  con  prestezza 
presto. 

Diviato.  L'a«<farc senza  fermarsi.- Addirittura, 
direttamente,  in  modo  diretto;  senza  esitare,  su- 
bito. 

Dividendo.  La  quota,  la  parte  di  utile  che  tocca 
a  ciascun  azionista  di  una  società  sui  proventi  di 
Mn'impresa» 

Dividere  (divisibile,  divisibilità,  diviso).  Ridurre 
un  intero  in  due  o  più  parti;  tagliare  una  cosa 
in  due  parti;  disgiungere,  separare  una  parte  di 
checchessia  dall'altra.  -  Entrar  di  mezzo  tra  due  o 
più  persone  in  rissa,  in  combattimento  fra  loro. 
Essere  posto,  star  di  mezzo,  riferito  a  spazio,  e 
detto  di  valli,  di  fiumi,  di  catene  montuose,  ecc.  - 
In  aritmetica,  far  la  divisione.  -  Con  varie  grada- 
zioni: ammezzare,  compartire,  dimezzare;  disag- 
gregare, fare  a  metà,  far  divisione,  far  le  parti; 
fendere;  partire,  repartire,  ripartire;  sceverare, 
scompartire,  scompensare,  smezzare,  spargere,  spar- 
pagliare, spartire. 

Divisa,  atto  ed  effetto  del  dividere,  dello  spar- 
tire :  divisione. 

Divisibile,  che  si  può  dividere,  atto  a  dividersi  : 
dividuo,  divisevole  (v.  a.),  partevole,  partibile,  spar- 
tibile.  Anche,  fatto  a  foglie,  a  spicchi;  faldato  (veg- 
gasi  a  falda).  Contr.,  indivisibile,  inseparabile. 
-  Diatorno,  in  mineralogia,  quanto  è  partibile  in 
una  direzione.  -  Fissile,  che  può  fendersi  facil- 
mente. 

Divisibilità,  l'essere  divisibile.  -  Diviso,  partic.  da 
dividere:  ammezzato,  dimezzato,  fatto  a  foglia  di 
carciofo,  partito,  scompartito,  separato,  smezzato, 
spartito,  ecc.  Divisitd,  l'essere  diviso.  E  bifido,  di- 
viso 0  fesso  in  due;  biforcato,  bipartito,  trifido,  tri- 
forcato, tripartito,  ecc.,  diviso  in  due,  in  tre,  dop- 
pio, triplo,  ecc.  ;  diatomo  (bipartito),  aggiunto  di 
ramo,  fusto,  pistillo,  stilo,  che  si  divide  in  due; 
graduato,  diviso  a  gradi,  scalato;  multipartito,  di- 
viso in  molte  parti;  quadrifido,  quadripartito,  quar' 
lato,  partito  in  quattro  parti  eguali  ;  sinuato,  che 
presenta  molte  celle  e  incavature.  Contr.  di  diviso  : 
intero,  uno. 

Divisore,  chi  divide  ;  numero  che  divide  (veggasi 
a  divisione).  -  Divisorio,  che  divide,  serve  a  divi- 
dere, a  separare  (muro,  tramezzo  e  simili)  :  divisivo, 
intersecatorio. 


918 


DIVIDERSI 


Verbi  affini. 


Divisione.  —  Varie. 


Abbocconare,  appczzare,  appezzettare,  dividere  in 
piccole  parti,  a  pezzi:  veggasi  a  parte,  a  pezzo 
e  a  rompere.  -  Biforcare,  dividere  in  due  a  modo 
di  forca.  -  Bipartire,  dividere  in  due,  tagliare  a 
mezzo,  nel  mezzo,  per  metà,  in  parti  eguali:  am- 
mezzare, dimezzare,  dipartire,  partire  in  due,  par- 
tire per  egual  parte,  scommezzare. 

Capitolare,  dividere  in  capitoli.  -  Cernere,  dividere, 
distiìiguere,  separare,  scegliere.  -  Classificare, 
distribuire  e  disporre  in  classi.  -  Condividere,  di  più 
persone  che  si  spartiscono  una  cosa. 

Disaggregare,  disgiungere,  dividere,  separare  le 
parti  di  un  corpo  per  effetto  di  una  forza  che  lo 
riduca  in  polvere  o  in  frammenti.  -  Distribuire, 
dividere  fra  più,  dando  a  ciascuno  quel  che  gli 
spetta,  0  dare  per  turno  e  a  tempo  assegnato.  -  Far 
le  divise,  assegnare  a  ciascuno  la  sua  parte  su  beni, 
sostanze,  derrate  e  simili.  -  Isolare,  staccare  chec- 
chessia, intorno  intorno,  da  qualunque  altro  corpo. 
Lacerare,  mettere  in  pezzi.  -  Partecipare,  aver 
parte  nella  divisione  di  checchessia  -  Quadripar- 
tire, dividere  in  quattro:  rinquartare.  -  Ridividere, 
ripete  dividere.  -  Rinquartare,  dividere  in  quarti. 
Sbranare,  fare  in  brani,  in  pezzi.  -  Scindere 
(scisso),  separare,  staccare  con  violenza.  Nell'uso, 
dividere,  applicato  a  qualità,  a  caratteri  e  simili, 
che  siano  in  una  persona.  -  Scompartire,  dividere 
le  parti,  con  studiata  distribuzione;  dividere  una 
superficie  o  una  cosa  cupa  con  segni  di  coti/ine  e 
con  tramezzi:  fare  a  scompartimenti.  -  Segregare, 
separare  una  o  più  persone  da  altre,  -  Sezionare, 
ridurre  in  parti,  fare  l'anatomia,  Vautopsia.  - 
Smembrare,  tagliare  i  membri,  staccare  membro 
da  membro:  dimembrare,  dismembrare.  -  Squar- 
tare, dividere,  tagliare  in  quattro.  -  Sterzare, 
dividere  a  proporzione.  -  Suddividere,  dividere  cia- 
scuna delle  parti  in  altre  parti  minori. 

Tagliare,  dividere,  separare,  far  più  parti  di 
ciò  che  si  voglia  ridurre  a  forma  diversa.  -  Tra- 
mezzare, dividere  a  mezzo,  per  mezzo:  tramezzare. 
-  Tripartire,  partire  in  tre. 

Divisióne,  atto  ed  effetto  del  dividere:  aramezza- 
mento,  compartimento,  dimezzamento;  parte,  par- 
teggiamento,  partimenlo,  partizione:  pessio;  reparto; 
ripartimento,  ripartizione,  riparto;  scompartimen- 
to, spartimento,  smezzamento.  Contr.,  unione.  - 
Riparto  della  ìnilizia.  -  Divisione  di  un  libro,  di 
un  capitolo,  di  un  poema,  ecc.,  parte  di  esso. 

Biforcatura,  biforcazióne,  atto  ed  effetto  del  bi- 
forcare e  del  biforcarsi  (detto  specialmente  di  sira- 
da,  di  via  e  simili):  diramazione.  Biforcatura, 
anche,  il  punto  di  cui  una  cosa  si  biforca.  Bifor- 
camento,  l'atto  -  Bipartizione,  divisione  in  due.  - 
Bisezione,  divisione  di  una  grandezza  qualunque 
in  due  parti  eguali.  -  Circolo,  circoscrizione,  di- 
visione geografica,  o  politica,  o  amministrativa.  - 
Circondario,  divisione  territoriale  amministrativa, 
parte  di  una  provincia. 

Disaggregamento,  il  disaggregare.  -  Disaggrega- 
zione, l'operazione  con  la  quale  un  corpo,  insolubile 
nell'acqua  e  negli  acidi  alcali,  vien  reso  solubile 
mediante  i  carbonati  alcalini,  o  il  salnitro,  o  un 
bisolfato  alcalino.  -  Distretto,  divisione  ammini- 
strativa, giudiziaria,  militare.  -  Distribuzione,  il  di- 
stribuire e  la  cosa  distribuita.  -  Ditomia,  divisione 
in  due  parti.  -  Eptamei-ide,  divisione  in  sette.  -  Fen- 
ditura, ve;;gasi  a  fèndere. 


Isola,  ogni  corpo  di  case  distaccate  per  ogni  parte 
da  altre  case.  -  Isolamento,  l'isolare,  -  Isolato,  stac- 
cato da  tutte  le  parti  (anche  sostantivamente). 

Lacerazione,  veggasi  a  lacerare.  -  Lotto  (neo- 
logismo commerciale  e  legale),  parte  di  un  tutto 
messo  in  vendita,  specialmente  all'  asta.  -  Me- 
risma,  divisione  d' un  soggetto  (termine  di  reto- 
rica), -  Muraglia  cinese  (fìgur,),  di  quanto  tende  a 
dividere  e  a  non  lasciar  passare  uomini  e  idee  a 
danno  della  società,  anche,  un'istituzione  che  cosi 
faccia  per  creduta  guarentigia,  -  JParte,  quello  di 
che  è  composto  il  tutto  e  nel  quale  il  tutto  si  può 
dividere.  -  Parcella,  piccola  parte.  -  Perequazione, 
divisione  in  parti  eguali  (di  imposte  e  simili).  - 
Prelevamento,  ciò  che  si  deve  detenere  prima  di 
procedere  alla  divisione  di  una  cosa  comune.  -  Qua- 
dripartizione, divisione  di  checchessia  in  quattro 
parti.  -  Quota,  porzione  che  spetta  a  ciascuno 
quando  si  deve,  tra  molti,  pagare  o  spartire  qual- 
che cosa. 

Scala,  divisione  di  una  cosa  in  parti  uguali,  coi 
numeri  quivi  scritti  e  con  istrumenti  che  misurino 
le  frazioni  e  le  facciano  ben  distinguere.  -  Scom- 
partimento, ciascuna  suddivisione  di  locali,  di 
materiale,  di  reparti  e  simili  -  Secessione,  divisione 
delle  parti,  distacco  da  un  partito.  -  Sezione,  di- 
visione di  cosa  che  si  taglia,  per  fare  1'  anato- 
mìa: incisione,  amputazione  (veggasi  ad  ampu- 
tare); porzione,  parte  di  cosa  divisa;  nell'uso, 
categoria,  ripartizione  di  classe,  di  genere  e 
simili;  riparto  d'ufficio.  -  Sezione  aurea,  divisione 
in  due  parti  fatta  in  modo  che  la  parte  minore 
stia  alla  maggiore  come  questa  al  tutto.  -  Sezione 
legale,  l'autopsia  d'un  cadavere  fatta  per  ordine  del 
potere  giudiziario,  nei  casi  di  morte  sospetta. 

Smistamento,  ripartizione  :  voce  d'uso  nel  linguaggio 
del  servizio  ferroviario  (smistamento  dei  treni;  sta- 
zione di  smistamento).  -  Soluzióne,  scioglimento  di 
parti.  -  Spartiacque,  linea  di  altura  che  divide  le 
acque  cadenti  sopra  una  regione  e  le  fa  scendere 
per  diversi  lati.  -  Spartitura,    lo  spartire,  il  modo. 

Spartizióne,  l'atto  pe!  quale  viene  diviso  fra  più 
persone  un  possesso,  sia  di  beni  mobili  che  im- 
mobili. -  Squartatura,  lo  squartare. 

Suddivisióne,  il  suddividere. 

Transenna,  nel  linguaggio  architettonico,  divisione 
0  parete  divisoria  (lat.,  transenna,  graia,  rastrello, 
dal  verbo  transire,  passare).  -  Tricotomia,  divisione 
in  tre:  tripartizione.  -  Trisezione,  divisione  di  una 
grandezza  in  tre  parti  eguali. 

Varie.  —  Dmrfcef  impero  (dividi  e  regnai),  motto 
latino  attribuito  a  molti  potenti,  da  Filippo  di  Ma- 
cedonia, che  domò  la  Grecia  corrompendone  alcune 
popolazioni,  a  Luigi  XI  di  Francia,  che  fondò  la 
potenza  monarchica  sulle  scissure  del  feudalismo.  • 
Farsi  le  parti  del  leone,  fare  per  sé,  con  ingiustizia, 
frode,  violenza,  in  una  divisione  di  cose,  la  parte 
maggiore.  -  Far  parie  a  uno  d'una  cosa,  dargliene, 
assegnargliene  parte;  di  notizie,  farle  sapere,  parte- 
ciparle. 

Dts, prefisso  inseparabile  che  significa  interruzione,, 
dispersione,  divisione;  distrugge  il  senso  positivo  e 
buono  della  parola  a  cui  si  prefigge. 

Dividersi  (dtwtst6t7e,  diviso).  Di  cosa  che  si  rompe, 
si  disgiunge, si  separa  in  due  o  più  parti:  disaggre- 
garsi. -  Neutro  di  dividere.  -  Di  pers  ona,  rompere  la 
compagnia,  non  stare  più  insieme,  ma  andare 
chi  da  una  parte,  chi  dall'altra,  sbandarsi.  Venire  a 
separazione;  venire  in  discordia.  Divorziare, 
far  divorzio.  -  Cessar   di  convivere,   di  a&ttora 


DIVIDUCOLO    —    DIVINITÀ 


919 


insieme;  cessare  di  avere  il  patrimonio  in  co- 
mune. -  Prendere,  secondo  spetta,  la  propria  parte 
di  eredità.  Contr.,  accomunare,  mettere  in  co- 
mune. •  Partirsi  una  cosa,  dividersela,  assegnando 
a  ciascuno  la  propria  parte.  -  Smezzarsi,  dividersi 
in  due  parti. 

Divlducolo.  Torre  d'acquedotto,  con  ampio  ser- 
batoio. 

Divietare  {divietato).  Vietare,  proibire. 

Divieto.  Proibizione,  atto  ed  elfetto  del  proi- 
bire. 

Divinamente.  In  maniera  divina;  per  opera, 
per  ispirazione  di  Dio.  -  Figur.,  eccellentemente, 
perfettamente,  a  perfezione. 

Divinare  (divinato).  Predire  il  futuro,  cercar 
di  conoscere  il  futuro;  indovinare:  strolo;,'are. 

Divinatorio.  Che  ha  virtù  di  indovinare.  - 
Arie  divinatoria^  la  magia. 

Divinazióne.  L'atto  del  divinare,  Ól^Vì indovi- 
nare: indovinaglia;  magia. 

Divincolamento.  L'alto  del  divincolare,  del 
divincolarsi. 

Divincolare,  divincolarsi  {divincolamento, 
divincolato).  Scontorcere,  scontorcersi;  tòrcere,  tor- 
cersi; piegare,  piegarsi  in  qua  e  in  là. 

Divinis  {sospèndere  a).  Veggasi  a  prete. 

Divinità  [divino).  L'essenza  d\  Dio;  qualità  di 
chi  0  di  ciò  che  è  divino.  Gli  dèi  e  i  semidei  delle 
varie  religioni:  deità;  dio.  iddio;  divina  stirpe;  nume 
(lai.,  numen).  Femmin.,  dèa,  dia,  diva,  iddèa  (v.  a.), 
iddia.  Le  divinità  del  sesso  femminile  adorate  dai 
Pagani  erano  raopresentate  sotto  le  più  leggiadre 
forme  umane,  alle  quali  si  associava  l'immortalità 
{dèe  per  eccellenza  erano  le  Muse).  Se  ne  distin- 
guevano quattro  classi:  le  celesti,  le  terrestri,  le 
marine  e  le  infernali,  e  a  queste  se  ne  aggiungeva 
una  quinta,  quella  delle  dèe  dei  Romani  dette  deae 
matres.  In  numero  pressoché  infinito  le  divinità, 
ogni  religioìie  antica  avendone  avuto  parecchie. 

Divinità'  antichissime. 

Divinità'  del  bramanesimo.  —  Veggasi  a  bud- 
é,ismo. 

Divinità'  vediche.  —  Acvini,  Asvini,  gemelli  ce- 
lesti prototipi  dei  Dioscuri,  i  crepuscoli.  -  Agni  (dopo 
Indra,  in  primo  luogo),  il  dio  del  fuoco,  il  fuoco  della 
vita,  il  fuoco  cosmico,  l'anima  del  mondo:  Manas. 
-  Asura,  personificazione  degli  spiriti  malefici,  per 
^dio  religioso,  mentre  da  prima  questo  nome  designò 
le  divinità  del  Mazdeismo.  •  Cuschna,  personifica- 
zione della  siccità.  -  Daidyas,  personificazione  delle 
folgori;  questi,  compagni  degli  Asura,  sono  riuniti 
sotto  il  nome  di  Sanakas  e  più  spesso  sotto  quello 
di  Dasyus,  nemici.  Al  di  sotto  di  essi  i  Rdkèasas, 
e  1  Bhutas,  geni  malefici,  dei  quali  la  paui-a  popo- 
lava la  notte  :  immaginati  come  specie  di  diavoli, 
di  larve,  di  folletti. 

Indro,  il  dio  degli  dèi,  il  dio  cielo,  dell'aere  az- 
zurro, della  folgore,  talvolta  personificazione  della 
vòlta  celeste,  tar'altra  l'essere  misterioso  e  impene- 
trabile che  l'abita:  Dyaus,  Radiatati,  il  signore  delle 
creature.  -  Qakra,  il  potente.  •  Nir-riti,  la  morte,  la 
distruzione,  madre  di  Naraka,  o  inferno.  -  Soma, 
principe  immortale  del  sagrificio,  il  signore  dei 
santi,  l'amico  degli  dèi,  lo  sterminatore  dei  tristi. 

Tvacshtri,  l'operaio  celeste  che  foggia  le  armi 
^i'Indra,  la  folgore,  1'  Efesto  dei  Greci,  il  Vulcano 
■dei  Latini,   mediatore  tra   Indra  e  l'uomo,  e  però 


detto  prete  nesc/itW.  ■  La  poesia  attribuì  ad  ogni  ap- 
parenza luminosa,  ad  ogni  fase  solare  una  personi- 
ficazione diversa:  gli  Adityas  erano  i  figli  di  Aditi, 
l'abisso  0  meglio  la  natura  intera,  che  furono  portati 
a  dodici  (costellazioni).  Aditi,  venerata  come  rasdre 
degli  dèi,  come  quella  che  dona  la  felicità,  la  dea 
natura.  -  Vrilra,  l'inviluppato,  e  Ahi,  il  serpente, 
personificazioni  delle  nubi  tempestose,  avverse  a 
indra,  al  sole.  -  Yama,  re  dei  Pilris.  personifica- 
zione della  terra  e  della  morte;  la  terra  come  grande 
ricettacolo  di  morti.  Yama,  il  guardiano  dei  cada- 
veri, dei  quali  Mritya  consuma  le  carni.-  Nella  leg- 
genda vedica  ordinaria,  il  primo  uomo,  il  padre 
comune  della  nostra  specie,  è  Mana,  l'uomo  per 
eccellenza,  detto  anche  Aju.  ■  Gli  antichi  poeti  e 
i  Vedi  univano  in  un  composto,  con  terminazione 
duale,  i  nomi  di  due  dèi  che  compivano  azioni  in 
comune,  e  quel  composto  diveniva  nome  di  altre 
deità:  co'ne  ìadra-vdyù,,  hidraagni,  Mitra-varunan  , 
Dyavaprithiri,  cielo  e  terra,  ecc. 


Divinità'  ariane,  assire. 


Ariane,  —  Dyaus,  padre,  il  Deus,  l'essere  celeste, 
l'essere  per  eccellenza,  da  cui  tutto  derivava:  essere 
divino,  era  considerato  come  il  <  vivente  »  ;  detto 
Asura  presso  gli  Indiani,  Ahuna  presso  gli  Irani, 
Esus  presso  i  Celti,  Aesar  per  gli  Etruschi;  lo 
spirito  Manyu  nei  Veda,  Matnyu  degV Ir ditìi;  Io  spi- 
rito divino  ed  eterno  che  penetra  l'universo:  ÌSaìa 
(cim6rico,  NerJ.  Ogni  qualificazione  e  attributo  del- 
l'essere divino  considerato  come  il  primo  principio  era 
deificata;  e  cosi:  Pradjapati,  il  signore  delle  crea- 
ture; Puruacha,  l'anima  suprema;  Amra,  lo  spirito 
vivente;  Dakia,  il  potente  per  la  volontà  suprema; 
Mitra  0  Aryaman,  il  benevolo,  il  dio  unico;  Dhd- 
tar,  il  creatore;  Savitar,  il  produttore  (il  Saturno 
del  vecchi  Latini);  Ivascalor,  il  formatore,  e  ciascuna 
delle  forze  di  natura,  ciascuno  dei  fenomeni  fisici 
ne'  quali  essasi  manifesta;  Agni,  l'elemento  igneo,  il 
principio  della  vita,  YHephesto  dei  Greci  e  la  Vesta  % 
dei  Latini;  Indra,  la  forza  viva  di  questo  principio, 
che  si  rivela  nel  fuoco  e  nel  lampo,  chiamato  an- 
che Dyduscptar,  il  padre  luminoso,  il  cielo  padre, 
donde  il  Diespiter  o  Jupiler  dei  Romani;  Varuna, 
il  cielo  (l'Urano  dei  Greci);  Surya,  il  sole;  Prithivi 
Mutar,  la  terra  madre,  la  Pira  Módor  degli  Anglo- 
sassoni, la  Demeter  dei  Greci,  la  Hertha  dei  Ger- 
mani, la  Mathe  dei  Lituani,  Tellusmater  e  Ops  dei 
Romani;  Uscas,  l'aurora,  VEos  dei  Greci,  VOstara 
dei  Germani;  Agvin,  i  due  crepuscoli;  Maruts,  i 
venti,  i  Tritopatores  degli  Ateniesi,  i  Gandharvas 
o  cavalli  celesti,  che  rappresentano  i  raggi  del  sole. 

L'antagonismo  delle  forze  naturali,  come  della 
luce  e  delle  tenebre,  del  caldo  e  del  freddo,  fece 
nascere  il  dualismo.  Cosi  Indra,  il  luminoso,  contro 
Vritra,  il  tenebroso,  degli  Indi;  Ahuramasda  contro 
Agrimainyas  degli  Irani,  ecc.  Le  tre  principali  ma- 
nifestazioni della  divinità  sono  Rrahma,  Visnu,  Siva, 
costituenti  la  Trimurti  (Trinità):  Brahma,Ì3L  prima 
divinità,  il  creatore  del  mondo,  la  divina  essenza 
del  mondo;  Visnu,  il  potere  conservatore;  Stm,  dio 
della  distruzione  (ma  la  distruzione,  agli  occhi  degli 
Indiani,  non  è  che  un  modo  di  rigenerazione).  -  Lacmi, 
sposa  di  Visnù;  Par»a/t,  moglie  di  Siva;  Saravasli, 
sposa  di  Brahma. 

Cama,  dio  dell'amore;  Carlicheria,  dio  della  guerra. 
-  Crisna  (Chrisna),   il  più  popolare  degli  dèi  indù. 


920 


divinità' 


eroe  del  gran  poema  intitolato  Maa  Barata:  riguar- 
dato come  l'ottaia  incarnazione.  -  Curerà,  dio  della 
ricchezza.  -  Ganesa,  dio  allontanante  gli  ostacoli. 

Assire,  —  Ilu,  dio  supremo,  primo  ed  unico 
principio,  dal  quale  derivano  tutti  gli  altri  dèi,  e  il 
cui  nome  significa  dio  per  eccellenza.  Dopo  di  lui, 
la  triade  nelle  sue  prime  manifestazioni:  Ana,  il 
caos  primordiale;  Bel,  il  demiurgo,  l'ordinatore  del 
mondo  ;  Ao,  o  Biu,  il  dio  figlio  per  eccellenza,  la 
luce  divina.  A  ciascuno  della  triade  corrispondeva 
una  divinità  femminile;  Anat,  la  materia  passiva, 
per  Anu;  Biìit,  la  madre  degli  dèi,  corrispondente 
a  Bel;  Taauth,  la  gran  signora,  sdoppiamento  fem- 
minino di  Ao.  Seconda  triade:  Samas,  il  sole;  Sia, 
il  dio  luna;  una  nuova  forma  di  Ao  o  Biu,  dio 
dell'atmosfera  e  del  firmamento.  Seguivano,  come 
dèi,  cinque  pianeti:  ildar  (Saturno),  ^/arodac/i  (Gio- 
ve), Nergal  (Marte),  Istar  (Venere),  Nebo  (Mercurio). 

Nisroch,  0  Salrìian,  dio  dei  fluidi,  rappresentato 
con  testa  d'aquila  o  d'avoltoio:  uno  dei  più  spic- 
cati tipi  sacri  negli  antichi  monumenti  dell'Assiria. 
-  Zarpanit  e  Nana,  nomi  di  Venere  presiedente  alla 
riproduzione  e  ai  piaceri  dei  sensi. 


Divinità'  egiziane,  fenicie. 


Egiziane.  —  Le  divinità,  moltiplicate  indefinita- 
mente, si  raggruppavano  sempre  in  triadi,  e  suprema 
era  quella  di  Tebe:  massimo  dio  del  culto  ufficiale, 
dalla  XII  dinastia,  era  Ammon-Ra  {Ammon  Sole); 
Maut,  la  madre  divina  per  eccellenza;  e  Chons,  fi- 
glio di  Ammone.  Ammon  (significa  nascosto)  rap- 
presentava il  principio  unico  di  cui  tutti  gli  altri 
dèi  non  sono  che  attributi,  ^rnmon,  immagine  del 
sole,  aveva  per  padre  Età,  il  fuoco  eterno;  per  ma- 
dre Athor,  materia  umida  del  caos.-  Triade  di  Memfi: 
Ftah,  secondo  demiurgo,  personificazione;  Chnufis  o 
Kneph,  signore  di  giustizia,  ordinatore  dei  mondi, 
autore  dell'universo  visibile.  Sua  sposa.  Paschi,  la 
grande  dèa  di  Bubaste  (con  testa  di  lionessa  e  tal- 
volta di  gatto),  vendicatrice  del  delitto.  -  Apis,  bue  sa- 
cro, incarnazione  di  Ftah.  -  La  triade  più  prossima 
all'umanità,  nel  culto  esteriore,  era  quella  di  Osiride, 
Iside  e  Oro,  divinità  universalmente  adorate  in  tutto 
l'Egitto;  triade  uscita  dal  dio  Seb  (la  terra)  e  dalla 
dèa  Nut  (la  vòlta  celeste)  :  Osiride,  personificazione 
del  sole  (forniva  il  tema  di  tutta  la  metempsicosi 
egizia);  Iside,  sorella  e  sposa  di  Osiride,  madre 
di  Oro. 

Atum,  il  sole  nella  sua  esistenza  notturna.  -  Befrof, 
0  Apap,  il  nemico  del  sole,  gran  serpente.  -  Chnufis, 
0  Num,  la  divinità  animante  o  vivificante  la  ma- 
teria: rappresentata  con  la  testa  di  montone.  -  jDjom, 
l'Ercole  egizio.  -  Hator,  dea  personificante  gli  anti- 
podi, materia  umida  del  caos. 

her-Neter,  il  mondo  infernale.  -  Khem,  o  Min, 
personificazione  grossolana  della  forza   produttrice. 

-  Kheper,  il  sole  quando  fa  nascere  o  mantiene  la 
vita.  -  Mauth  (a  Tebe)  o  Neilh  (a  Sais),  principio 
femmineo,  madre  del  sole.  -  Mnevis,  altro  dei  buoi 
sacri  (un  terzo  era  Onufi),  incarnazione  di  Osi- 
ride. 

Ra,  il  sole,  considerato  come  la  divinità  suprema. 

-  Sum,  una  delle  forme  di  Set.  -  Thoth,  il  Mercurio 
degli  Egiziani,  conduttore  delle  anime  (psicopompo): 
detto  dai  Greci  Trismegisto  (tre  volte  grande).  -  Ti- 
fone, il  principio  del  male;  aveva  per  moglie  Nefti, 
.  Tpè,  il  cielo,  dea  che  si  figurava   vestita  di  blu. 


formata  di  linee  spezzate  o  ondulate,  sulle  quali 
erravano  gli  dèi  entro  barche.  -  Unnofrè,  l'essere 
buono  per  eccellenza. 

Fenicie.  —  Sed,  o  Set,  l'essere  divino,  unico,  uni- 
versale, confuso  col  mondo  materiale,  emanato  dalla 
sua  sostanza,  non  creato  da  lui:  VHadad,  l'unico,^ 
degli  Aramei  di  Damasco;  il  Moloch,  il  re,  degli 
Ammoniti;  il  Chamos,  i!  dominatore,  dei  Moabiti. 
Dai  Fenici  e  dai  Cananei  era  detto  anche  El,  il  dio,  e 
Jaoh,  l'essere;  il  nome  però  comune,  universale,  era 
Baal,  il  signore.  Come  i  Romani  ebbero  il  Giove 
laziale,  il  Giove  Ansure,  cosi  gli  orientali  ebbero 
Baal-Isar,  Baal-Sidon,  Baal-Tars,  ecc. 

Adar,  il  fuoco  celeste,  divinità  principale  a  Da- 
masco. -  Baal-Chon,  il  dio  conservatore.  -  Baal-Uà- 
mon,  Baal  bruciante,  dio  nazionale  di  Cartagine.  - 
Baal-Moloch,  il  dio  distruttore:  Baal-Zebub.  -  Baal- 
Semin,  il  Baal  dei  cieli.  -  Baal-Taummuz,  il  dio 
sole.  -  Cabirim,  gli  dèi  dei  sette  pianeti;  ottavo, 
Esmun,  invisibile  ai  mortali  e  presiedente  all'ar- 
monia dell'universo.  -  Melkarth,  il  Baal  di  Tiro^ 
l'Ercole  Tirio.  -  Rescheph,  la  folgore,  deità  secon- 
daria. -  Sedeth  presso  gli  Elei  settentrionali,  Atargah 
presso  gli  Aramei  a  Damasco,  simile  a  Cibele. 

Divinità  femminili:  Astoreth  a  Sidone,  la  dea  della 
Natura;  Baaleth  (la  Baaltis  degli  scrittori  greci)  ; 
Tamith,  a  Cartagine,  la  dea  celeste,  il  cui  carattere 
lunare  e  siderale  era  il  più  notevole. 


Divinità'  celtiche,  duuidiche, 
germaniche   e   nordiche,    peruviane, 

messicane. 


Celtiche.  —  Sil^de,  femm.  di  silfo.  -  Silfo,  pa- 
rola celtica  che  significa  genio  e  che,  nelle  diverse 
iscrizioni,  figura  come  sulfi,  sylfl,  sylphi  (feramin.^ 
sulcrae,  sukriae):  spirito  elementare  dell'aria,  se- 
condo i  cabalisti.  -  Domina  Abundia,  divinità  be- 
nigna del  paganesimo  celtico. 

Druidiche.  —  Arduino ,  il  genio  della  im- 
mensa foresta  delle  Ardenne.  -  Bai,  Belen,  Se- 
lenus,  Belemon,  Abellion,  il  dio  del  sole.  Apollo 
(da  Éel^  potenza,  autorità).  -  Belisana  o  Belinuncia, 
la  luna,  compagna  del  sole.  -  Hesus,  Heus,  il  genio 
della  guerra,  Hes,  latinizzato  Hesus,  vale  fuoco  pri- 
mordiale. -  Kirk,  il  vento  del  sud,  si  terribile  nella 
valle  del  Rodano.  -  Ogmus,  e  Ogmi,  detto  da  Cesare 
Mercurio  (dal  celtico  ogma,  lettera  o  scienza  segreta), 
il  dio  della  poesia  e  dell'eloquenza,  rappresentato 
con  catene  d'oro  che  gli  escivano  dalla  bocca,  per 
incatenare  chi  l'ascoltava.  -  Teiit,  il  dio  che  ordinò 
la  materia.  -  Teutale,  il  dio  del  commercio  e  l'in- 
ventore delle  arti,  la  cui  fesla  si  celebrava  al  lume 
delle  torce  la  prima  notte  del  nuovo  anno. 

Germaniche  e  nordiche  (d'Europa).  —  Baldhr,. 
Hermodhr,  Hodhr,  figli  di  Odino:  il  primo,  dio  della 
bellezza  e  della  bontà;  il  secondo,  della  velocità;  il 
terzo,  delia  forza  materiale.  -  Day,  il  dio  della  luce 
nella  mitologia  nordica,  figlio  della  notte  e  della 
rugiada  mattutina.  -  Fenris,  il  lupo  tenuto  dagli  dèi. 
-  Frela  o  Frauwa,  detta  anche  Frizza,  la  dea  del- 
l'amore, adorata  come  regina  del  cielo,  come  l'es- 
senza di  ogni  virtù  muliebre.  -  Frf^rt  (FrooFroho), 
dio  che  dava  la  pace  e  la  fecondità. 

Garmr,  il  cane  infernale.  -  Gna,  njessaggera  di 
Freia,   corrente  a  cavallo  a  traverso   il   fuoco  nel- 


921 


l'aria.  -  Hel,  o  Mela,  dea  della  morte,  cacciata  ne 
Nifleim,  0  inferno.  -  Hertha,  la  madre  terra,  moglie 
di  Odino,  detta  anche  Jordh,  Hiludana,  nell'Edda 
Hilodhyn,  e  in  alcune  parti  della  (ierniania  Gune: 
ad  essa  si  lasciava  nel  campo  un  covone  ornato 
di  fiori.  -  Holda,  dea  che  amava  soj^giornare  presso 
i  laghi  e  le  fonti,  seduta  in  un  cocchio:  soprinten- 
deva alle  faccende  domestiche  e  alia  coltivazione 
del  lino. 

Loke,  il  capo  dei  geni  cattivi.  -  Midgard,  il  gran 
serpente  che,  cacciato  nel  fondo  del  uì^re,  cinse 
tutto  il  mondo.  -  JVawt,  spiriti  sag{,'i,  specie  di  dèi 
Penati.  -  JSiordhr  (Nei-lhus),  padre  di  Freyr,  signore 
dei  venti,  del  mare  e  del  fuoco.  -  Nome,  parche 
della  Scandinavia  (Edda).  Erano:  Urdhr,  il  passato  ; 
Verdrandi,  il  presente;  Skuld,  la  più  giovane,  il 
futuro.  Siedono  neìV Urdarborn,  la  fonte  originale, 
sotto  il  frassino  Ygdrasil,  albero  dell'universo. 

Salde,  la  dea  Fortuna.  -  Silji,  geni  buoni  e  cat- 
tivi. -  Surtr,  dio  del  mondo  di  fuoco,  il  Muspell- 
heim.  •  Swialovid,  il  dio  supremo,  signore  dell'uni- 
verso, per  gli  Slavi. 

Tanfania  e  Nelialennia,  dee  citate  da  Tacito  e  da 
altri  autori.  -  Thor  {Thunar,  Dor),  il  tuonante  si- 
^'uore  del  fulmine.  -  Thyr  {Giù,  Tiv,  Zin),  il  re 
della  guerra  e  del  diritto.  -  Vutau  {Wonlan,  IVoden, 
Wodan,  tìodan,  Olhin),  Olino,  Odino,  il  mistero  po- 
tente, il  creatore  onnisciente:  rappresentato  a  ca- 
vallo, con  due  lupi  e  due  corvi.  -  Walchiri,  o  Wal- 
kirie,  vergini  messaggere  di  Odino  :  accompa- 
gnavano gli  eroi  al  Walhalla  (il  paradiso  degli  eroi). 
-  Yduna,  guardiana  delle  mele  che  mangiavano  gli 
dèi,  per  non  invecchiare. 

Peruviane,  messicane.  —  Pachamac,  dio,  l'onni- 
potente, presso  i  Peruviani,  oggetto  di  un  culto  al 
quale  presiedevano  cinquecento  vergini  votate  alla 
castità.  -  TeoH,  dio  supremo  del  bene  per  gli  antichi 
Messicani,  opposto  a.iTlecatecolotl,  dio  del  male.  E 
per  essi  Tlalecutli  era  la  dea  Terra,  Uitzilopotli  la 
personificazione  del  sole. 


Divinità'  del  politeismo  greco-italico 
Dèi  italici. 


Dodici  erano  i  dèi  maggiori  (Dii  consentes),  e  cioè 
Giove,  Giunone,  Marte,  Nettuno,  Plutone,  Vulcano, 
Apollo,  Cerere,  Vesta,  Minei'va,  Venere,  Diana  (veg- 
gasi  a  tutte  queste  voci  e  a  sole).  Si  veneravano 
inoltre  dèi  subalterni  {Dii  minores),  comprendenti  i 
Dii  tndigetes  (gli  eroi  indigeni  annoverati  fra  gli  dèi  : 
Enea,  Romolo,  ecc.),  i  Dii  semones  (semidei),  i  Dii 
peregrini  (gli  dèi  stranieri  introdotti  in  Roma)  e  i 
Dii  selecti,  ossia  scelti  (Saturno,  Giano,  Rea,  Orco, 
Bacco,  Sole,  Luna,  Genio).  -  Dii  patrii  erano  tutti 
gli  dèi  nazionali  dei  Romani;  Dii  Mani,  le  anime, 
le  ombre  dei  morti;  Dii  averrunci,  gli  dèi  che  al- 
lontanavano i  mali;  Dii  inferi,  gli  dèi  sotterranei 
{catactomici  dei  Greci);  Dii  Penati,  gli  dèi  dome- 
stici; Lari  (Lares),  spiriti  tutelari  domestici  (ave- 
vano per  altare  il  focolare  domestico):  veggasi  a 
spirito,  anche  per  altri  dèi  privati,  quali  la  Larva, 
i  Lemures,  le  Ombre,  i  Cabiri,  i  Semoni,  la  For- 
tuna, Temi,  il  Sonno.  -  Dèi  geniali.  Cerere  e  Bacco. 
-  Dèi  incerti,  dei  Romani,  quelli  che  non  avevano 
culto  fisso.  -  I  Romani,  inoltre,  adoravano  come  di-  ) 
vinità  le  seguenti  personificazioni  :  la  Fede,  la  Con-  i 
cardia,  la  Pace,  la  Salute,  la  Gioventù,    la  Vittoria,  | 


la  Libertà,  la  Virtù,  VOnore,  la  Pudicizia,  la  Pietà,, 
)a  Speranza,  la  Mente,  l'Equità,  la  Clemenza,  la 
Quiete,  nonché  Pollentia,  Feronia,  Orbona,  la  Febbre, 
ìioma,  ecc. 

Bellona  (gr,  Enio),  sorella  di  Marte,  dea  della 
guerra.  -  Borman,    il  Nettuno  degli  antichi  Liguri. 

-  Como,  dio  dei  conviti.  -  Cupido,  dio  dell'amore.  - 
Capra,  la  Giunone  etrusca, 

Damia,  la  dea  della  prosperità,  nella  mitologia 
greca.  -  Deverra,  divinità  protettrice  delle  puerpere 
nell'antica  Roma.  -  Dia,  divinità  romana  protettrice 
dei  campi:  le  rendevano  culto  i  fratelli  Arvali.  - 
Foreo,  dio  marino,  figlio  del  Ponto  e  della  Terra. 

Imenèo  (gr.),  dio  delle  nozze,  il  romano  Talassio. 

-  Nemesi,  dea  della  vendetta  e  della  Giustizia  punitiva 
(iglia  di  Giove  e  della  Necessità,  o  dellOceano  e  della 
Notte.  - Nei-ieue  {Nerio),  la  forza,  mogi  ie  di  Marte,  presso 
i  Sabini.  -  Nice,  dea  della  vittoria.  -  Palici,  fratelli 
1,'emelli,  figli  di  (Jiove  e  della  ninfa  Talia,  o  di  Alene: 
sarebbero  usciti  da  due  laghi  della  Sicilia.  -  Pan, 
divinità  agreste  presso  i  Greci.  -  Proteo  (figlio 
ileir  Oceano  e  di  Teli,  o  di  Nettuno  e  di  Fenice), 
dèmone  marino,  in  Faro,  custode  degli  armenti  di 
Nettuno  :  aveva  il  privilegio  di  assumere  tutte  le 
forme  che  volesse. 

Salacia,  moglie  di  Nettuno.  -  Tritone,  nume  abi- 
tante le  profondità  del  mare.  -  Venilia,  dea  marina, 
madre  di  Enea. 

Antichi  dèi  italici.  —  Ancaria,  dea  dei  Fiesolani. 

-  Angerona,  dea  del  dolore,  presso  i  Sabini.  -  Bacco, 
0  Dionisio,  dio  del  vino  e  della  vigna.  -  Camese  o 
Cumesena,  sorella  e  moglie  di  Giano.  -  Ciheìe  o  /^a 
(Ops  0  Terra),  moglie  di  Saturno,  detta  anche  «  ma- 
dre degli  dèi  -i  ^  magna  par ens,  grande  madre.  -  Conso, 
dio  del  Consiglio,  creduto  lo  stesso  che  Nettuno 
equestre. 

Fatua,  0  Fauna,  moglie  di  Fauno.  -  Fauno,  nume 
misteroso,  indigeno  del  Lazio:  dettava  carmi  pro- 
fetici nella  selva  Albunea.  -  Feronia,  dea  sabina, 
onorata  dagli  Etruschi,  dai  Volsci,  dai  Latini:  dea 
della  libertà,  secondo  Varrone.  -  Flora,  dea  dei  fio-i, 
una  delle  più  antiche  divinità  italiche.  -  Ponto,  dio 
delle  fonti.  -  Giano,  dio  reputato  arbitro  della 
pace  e  della  guerra.  -  Lara,  o  Larunda,  dea  sabina, 
madre  dei  Lari. 

Maia,  la  Terra,  madre  di  Mercurio.  -  Maio,  dio 
di  Tusculo,  reputato  simile  a  Giove.  -  Manto,  divi- 
nità assimilata  con  Plutone.  -  Malnta,  dea  sabina.  - 
Mida,  figlio  di  Gordio  e  di  Cibele,  con  orecchie  di 
asino.  -  Norzia  {Nortia),  deità  etrusca  adorata  in 
Volsinio:  era,  per  quanto  si  crede,  il  Destino  o  la 
Fortuna;  aveva  un  tempio  celebre  a  Volsinio,  dove 
si  piantava  un  chiodo  ogni  anno.  -  Opis,  moglie 
e  sorella  di  Saturno,  figlia  del  Cielo  e  di  Vesta: 
identificata  con  Rea. 

Pane,  dio  del  gregge,  dei  pascoli,  compagno  di 
liacco  nella  spedizione  d'India.  -  Pelina,  dea  dei 
Frentani.  -  Picumno  e  Pilumno,  fratelli,  figli  di  Giove: 
presiedevano  ai  matrimoni  e  alla  tutela.  -  Pomona, 
dea  della  frutta,  moglie  di  Vertumno.  -  Portvmno, 
dio  dei  porti  romani.  -  Pridpo,  dio  degli  orti  e  del- 
l'amore fisico.  -  Proserpina,  figlia  di  Cerere,  moglie 
di  Plutone,  regina  dell'inferno. 

Salaria,  dea  dell'acqua.  -  Saba  (Sanco,  Sango),  uno 
degli  dèi  più  venerati  dai  SaDini.-.Sia<»er»io,  grande 
dio,  predecessore  di  Giove,  -  Sileno,  semidio,  padre, 
nutritore  e  pedagogo  di  Bacco.  -  Stì-enia,  dea  dei  Sa- 
bini (la  forza  o  la  virtù).  -  Tina,  Thalna,  Turan, 
Turms,  Eris,  Ethis,  sei  divinità  etrusche. 
Vacuna,  secondo  alcuni,  Diana  ;  secondo  altri.  Ce- 


922 


rere  o  Venere  o  la  Vittoria.  -  Valenzia,  dea  d'Otri- 
coli. -  Vertumno,  o  Vortumno,  dio  che  rappresen- 
tava le  mutazioni  alle  quali  vanno  soggetti  i  frutti, 
fino  alla  maturazione.  -  Virbio,  dio  d'Aricia.  -  Vi- 
sidiano,  dio  di  Narni.  -  Volupia,  o  Lubentina,  dea 
della  voluttà.  -  Voltumna,  dea  del  Consiglio,  per  gli 
Etruschi.  -  Volturno,  dio  dei  Volsci.  -  Volumno  e 
lolmnna,  dèi  ai  quali  si  raccomandavano  i  neo- 
nati. 

Dèi  minimi.  —  Adone,  figlio  di  Fenice  e  di  Alfe- 
sibea:  simboleggia  la  natura  Così  anche  ^<t.  -  Au- 
rora, figlia  di  Iperione  e  di  Etra  o  Tia,  odi  Titano 
e  della  Terra.  -  Cios,  padre  deWErebo  e  della  Nolte, 
da  cui  vennero  Etere  ed  Emera.  -  Castore  e  Polluce, 
i  Dioscuri  (i  vedici  Asvini),  il  cielo  e  la  terra,  il 
giorno  e  la  notte,  i  due  crepuscoli.-  Zeto  e  Anfione, 
gemelli  nati  da  Antiope  e  da  Giove,  i  bianco  rosati 
Dioscuri  della  Beozia.  -  Cielo:  fu  dagli  Etruschi  di- 
viso in  sedici  parti  o  regioni,  e  in  ciascuna  di  qneste 
fu  posto  un  dio  particolare.  Presso  i  Greci  personi- 
cato  da  Urano  e  fatto  figlio  della  Terra  o  Gea. 

Dione,  sposa  di  Giove,  divinità  dell'aria.  -  Ebe, 
dea  della  giovinezza.  -  Eolo,  dio  dei  venti:  veggasi 
a  vento.  -  Epimelro,  fratello  di  Prometeo  e  sposo 
di  Pandora,  della  quale  apri  il  vaso  contenente  tutti 
i  mali  e  li  rovesciò,  sulla  Terra.  -  Ercole,  semidio, 
figlio  di  Giove.  -  Eudimione,  bellissimo  pastore  di 
Caria  o  dell'Elide,  rapito  da  Diana. 

Fate,  veggasi  a  fata.  -  Fetonte,  figlio  del  Sole 
egizio  e  di  Chimene.  -  Ganimede,  figlio  di  Laome- 
d'onte,  rapito  da  Giove  per  la  sua  bellezza.  -  Gea, 
la  Terra:  sposò  il  figlio  Urano  e  fu  madre  dei 
Titani.-  Genio:  fu,  pei  Latini,  ciò  che  era  il  De 
mone  per  i  Greci.  -  Grazie,  figlie  di  Giove  e  di 
Eurinome,  personificanti  la  bellezza. 

Latona,  madre  d'Apollo  e  di  Diana.  -  Musa, 
ciascuna  delle  dee  presiedenti  alle  arti  liberali,  spe- 
cialmente alla  poesia  e  all'eloquenza  -  Narciso,  figlio 
della  ninfa  Liriope  e  del  fiume  Cefisio  :  si  innamorò 
della  propria  effige  vista  in  un  fonte.  -  Ninfe  (Egeria, 
Camene,  Nereidi,  ecc.),  veggasi  a  ninfa.  •  Pleiadi 
e  ladi,  figlie  di  Atlante  e  di  Pleione.  -  Prometeo, 
titano,  figlio  di  Giapeto. 

Selene,  dea  della  luna.  -  Sole,  detto  anche  Febo 
e  Febo  Apollo.  -  Tifeo,  nato  dalle  nozze  di  Gea  col 
Tartaro,  fulminato  da  Giove.  -  Tifone,  o  Tifeo,  il 
vento,  il  dio  della  tempesta.  -  Titani,  veggasi  a 
gigante.  -  Trie,  alate  donzelle  prefetesse,  dimo- 
ranti sul  Parnaso. 


Ekoi  e  semidei. 
dèi  in  figura  di  mostri. 


Eroi,  e  semidei.  —  Amàzzoni,  popolo  di  donne 
guerriere,  dimoranti  prima  lungo  il  Tanai,  poi  lungo 
il  Termodonte.  ìeuascira  si  chiamava  la  loro  capi- 
tale; Ippolita  la  loro  regina,  -  Bellerofonte,  figlio  di 
Glauco,  re  d'Epiro:  compi  prodigi  con  l'aiuto  del 
cavallo  Pegaseo.  -  Danae,  figlia  di  Acrisio,  da  lui 
fatta  chiudere  in  prigione  e  da  Giove  (penetrato  in 
forma  di  pioggia  d' oro  )  resa  madre  di  Perseo.  - 
Danao,  figlio  di  Belo  e  di  Anchirroe,  padre  di  cin- 
quanta figlie  (le  Danaidi),  che  diede  in  moglie  ad 
altrettanti  figli  di  suo  fratello  Egitto,  ordinando 
loro  di  uccidere  i  mariti,  il  che  fecero  tutte,  tranne 
una,  Ipeinmestra ,  che   risparmiò  lo  sposo.  Linceo. 


Vuoisi  tondasse  Argo  e  insegnasse  a  scavare  i 
pozzi. 

Giasone,  capo  degli  Argonauti:  sì  impossessò  del 
Vello  d'oro,  con  l'aiuto  di  Medea,  che  sposò.  -  Inaco, 
figlio  di  Oceano  e  di  Teti,  il  più  antico  re  d'Argo 
e  quivi  adorato  come  l'eroe  del  paese.  -  Ippolito, 
figlio  di  Teseo  e  di  Antiope,  regina  dalle  Amazzoni. 

-  Laocoohte,  sacerdote  troiano,  ucciso  da  due  ser- 
penti, insieme  coi  figli:  aveva  sconsigliato  i  suoi 
concittadini  dall'aprire  le  porte  di  Troia  al  cavallo 
dei  Greci. 

Meleagro,  figlio  di  Altea:  uccise  i  fratelli  di  sua 
madre  in  una  questione  per  la  spoglia  del  cignale 
di  Calidone.  -  Niobe,  madre  di  sei  figli  e  sei  figlie: 
avendo  irritato  Apollo  e  Diana,  vide  la  sua  prole 
colpita  dalle  loro  frecce,  ed  essa  fu  cambiata  in  una 
statua  che  piange  continuamente.  -  Perseo,  figlio  di 
Danao:  tagliò  la  testa  di  Medusa,  una  delle  Gor- 
goni; salvò  Andromeda  dal  mostro  marino  e  la 
sposò.  Fu  il  fondatore  di  Midea  e  di  Micene.-  Pie- 
ridi,  figlie  di  Piero,  re  di  Macedonia;  disputarono 
alle  Muse  il  pregio  del  canto  e  furono  convertite  in 
pietre.  -  Procne  e  Filomele,  sorelle,  figlie  di  Pan- 
dione,  re  d'Atene,  state  cambiate  la  prima  in  usi- 
gnuolo, la  seconda  in  rondine. 

Dèi  in  figura  di  mostri.  —  Centauro,  mostro 
in  figura  d'uomo  fino  al  principio  degli  arti  infe- 
riori, di  cavallo  più  in  giù.  Centauro-Tritoni  o  Ictio- 
Centauri,  divinità  marine,  in  pai-te  di  figura  umana, 
in  parte  di  pesci,  con  le  gambe  anteriori  da  cavallo. 

-  Erinni,  le  Furie:  veggasi  a  furia.  •  Minotauro, 
mostro  mezzo  uomo  e  mezzo  toro  :  abitava  il  labi- 
rinto di  Creta;  fu  ucciso  da  Teseo.  -  Nesso,  cen- 
tauro che  tentò  rapire  Deianira,  moglie  di  Ercole, 
il  quale  lo  uccise,  ma  peri  a  sua  volta,  avendone 
indossato  la  camicia.  -  Satiro,  dio  con  zampe  di 
capra,  abitatore  dei  boschi,  -  Sfinge,  mostro  di  Tebe, 
con  testa  e  petto  di  donna,  corpo  di  leone,  ali  d'a- 
quila: proponeva  un  enigma  e  divorava  chi  non 
indovinasse. 

Altri  mostri:  le  Arpie,  le  Gorgoni,  le  Gree,  Pe- 
gaso, Chisaore,  Echidna,  Chimera,  il  Dragone  delle 
Esperidi,  Cerbero,  Ortro,  Gerione,  l'Idra  di  Lerna, 
serpente  di  sette  teste,  nato  da  Tifone  ed  Echidna^ 
ucciso  da  Ercole  e  assunto  in  cielo  a  rappresentare 
la  costellazione  dell'idra  ;  il  Lione  Nemeo,  ucciso 
pure  da  Ercole;  Scilla  e  Cariddi;  Csanto  e  Balio, 
cavalli  immortali. 


Cose  e  termini  vari. 


Catebate,  soprannome  di  molti  dèi:  di  Giove,  di 
Apollo,  di  Mercurio.  -  Catenoteiimo,  successiva  cre- 
denza in  singoli  supremi  dèi,  diversamente  che  nel 
politeismo,  secondo  il  quale  molti  dèi  sono  subor- 
dinati ad  un  dio  supremo.  -  Immortali,  gli  dèi 
presso  gli  antichi,  contrapposti  ai  mortali,  cioè  agli 
uomini.  -  Idolo,  figura  in  rilievo  di  una  divinità. 
-  Pantèo  (gr.),  che  in  sé  riunisce  qualità  e  virtù  di 
più  dèi.  -  Trinità,  concetto  della  divisione  della 
divinità  in  tre  persone. 

Adorazione,  culto  della  divinità.  -  Antropomor- 
fismo, sistema  storico  filosofico  di  coloro  che  agli 
dèi  0  a  Dio  danno  attributi  umani  :  forma  ed  af- 
fetti, -  Apoteòsi,  cerimonia  con  la  quale  gli  antichi 
romani  mettevano  nel  numero  degli  dèi  del  paese 
coloro  che  credevano  essere  degni  di  tale  onore.  - 
Deificazione,  il  deificare,  il  divinizzare:  deificamento. 


DIVINIZZABE 


DIVULGARE 


923 


divinizzazione,  indiazione.  -  Mitologia,  l'insieme 
delle  favole  antiche  riguardanti  le  divinità  e  altre 
cose.  -  Monoteismo,  diteismo,  politeismo,  ecc.,  ado- 
razione di  uno,  due  o  più  dèi.  -  Oràcolo,  risposta 
che  i  Pagani  credevano  ricevere  dai  loro  dèi.  -  Pa- 
ganesimo, religione  pagana,  adorazione  degli  idoli, 
idolatria.  -  Teofania,  opposizione  della  divinità.  - 
Teogonia,  generazione  degli  dèi. 

Ambrosia,  cibo  degli  dèi:  assaggiandola  una  volta 
si  acquistava  l'immortalità.  -  Donarinm,  parola  la- 
tina designante  le  offerte  fatte  agli  dèi,  -  Fiaccata, 
antic,  attributo  di  molte  dee  e  di  Imene.  -  Icore,  il 
sangue  degli  dèi.  -  Nettare,  bevanda  degli  dèi.  - 
Pulvinare,  il  letto  delle  divinità  ai  banchetti.  -  Sa- 
crifizio, offerta  in  olocausto  alla  divinità.  -  Trep- 
piede 0  tripode,  sedile  a  tre  piedi,  su  sui  sedevano 
le  Sibille,  le  Pizie  e  i  sacerdcti,  per  annunziare  gli 
oracoli. 

Les  dietix  s'en  vont  (frane,  gli  dèi  se  ne  vanno), 
locuzione  che  si  usa  bene  spesso  per  ischerzo. 

DlTlnizzare,  divinizzarsi  (divinizzato,  divi- 
nizzazione). Far  Dio,  farsi  divino;  attribuire  qua- 
lità di  Dio,  diventar  divino  -  Divinizzazióne,  il  di- 
vinizzare, il  divinizzarsi;    deificamento,  indiazione. 

Divinizzazióne.  11  divinizzare  e  il  diviniz- 
zarsi. 

Divino.  Di  Dio,  degno  di  Dio.  -  Figur.,  eccel- 
lente, singolare,  perfetto  (veggasi  a  perfezione) 
nel  suo  genere. 

Divisa.  Atto  ed  eflfettu  del  dividere.  -  Assisa, 
uniforme,  veste.  -  Arme,  blasone,  insegna  genti- 
lizia: termine  di  araldica.  -  Anche,  la  scrimi- 
natura dei  capelli.  -  In  affari  di  Borsa,  la  cam- 
biale tratta  sull'estero. 

Divisamente.  Con  divisione:  veggasi  a  divi- 
dere. 

Divisamento.  Atto  ed  effetto  del  divisare,  del- 
l'immaginare,  del  pensare,  del  proporsi.  -  Ordine, 
scompartimento.  -  Figur.,  j?ensiero. 

Divisare  (divisato).  Immaginare,  disegnare,  pen- 
sare, formulare  un  pensiero,  un  propòsito.  - 
Scompartire,  distribuire.  -  Anche,  disporre,  or- 
dinare, mettere  in  ordine. 

Divisatamente.  Distintamente  (veggasi  a  di- 
stinguere), ordinatamente,  in  ordine. 

Divisibile.  Che  si  può  dividere.  -  Ente  divi- 
sibile, una  quantità  qualunque  che  si  tratta  di  di- 
videre in  uu  determinato  numero  di  parti,  -  Divi- 
sibili, in  diritto,  gli  enti  corporali  che  si  posseno 
dividere  in  parti,  senza  scapito  della  loro  sostanza. 

Divisibilità..  L'essere  divisibile. 

Divisióne.  Atto  ed  effetto  del  dividere.  Figur., 
disunione,  discordia. -Bìstrìhiìzione  delle  parli  di 
»n  discorso,  fatta  dall'oratore.  -  Riparto  di  mi- 
lizia. 

Divisióne.  La  quarta  operazione  fondamentale 
dell'aritmetica:  con  essa  si  distribuiscono  le  unità 
di  un  numero  dato  in  tanti  gruppi  o  parti  uguali 
quante  sono  le  unità  di  un  altro:  ha  per  oggetto 
di  trovare  quante  volte  un  numero  dato  (divisore) 
è  contenuto  in  un  altro  numero  dato  (dividendo); 
ossia,  lo  scopo  di  trovare  un  numero  che,  moltipli- 
«ato  pel  divisore,  dia  come  prodotto  o  dividendo  il 
massimo  multiplo  del  divisore  contenuto  nel  divi- 
dendo. -  Dividendo,  il  primo  nunìero  dato  le  cui 
■nità  sono  da  distribuirsi:  può  essere  concreto.  - 
Divisore,  il  numero  che  indica  in  quante  parti  o 
gruppi  sono  da  distribuire  le  unità  del  dividendo; 
è  sempre  astratto.  Comun  divisore,  ogni  numero 
che  divide  nettamente    più  numeri   dati;   massimo 


comun  divisore,  il  numero  più  grande  che  divide 
esattamente  due  o  più  numeri  dati. 

Fattori  del  dividendo,  in  un  quoziente  i  numeri 
posti  al  di  sopra  della  linea;  fattori  del  divisore, 
quelli  posti  al  di  sotto.  -  Quoziente,  numero  che  ri- 
sulta dal  dividere  una  quantità  per  un'altra:  è  della 
stessa  natura  del  dividendo.  Quoziente  esatto  o 
completo,  quello  che  si  ottiene  dalla  divisione  au- 
mentata di  una  frazione  che  ha  per  numeratore  l'a- 
vanzo e  per  denominatore  il  divisore:  ciò  quando 
il  dividendo  non  è  multiplo  del  divisore.  -  Quoziente 
indicato,  espressione  aritmetica  ennnziante  una  o  più 
operazioni  da  eseguirsi  per  ricavare  un  quoziente.  - 
Iti'sto  0  avanzo,  la  parte  del  dividendo  che  non  con- 
tiene più  il  divisore. 

Divisore,  divisorio.  Veggasi  a  dividere  e  a 
divisióne  (seconda  voce). 

Divo.  Divino,  di  Dio,  della  divinità. 

Divorare  (divoramento,  divorato).  11  tnangiare 
con  eccessiva  ingordigia.  -  Figur.,  consumare,  di- 
struggere. 

Divorarsi  (divoramento,  divorato).  Il  mangiarsi  ; 
quasi  esclusivam.  usato  nel  senso  di  consumarsi, 
struggersi  per  qualclie  affetto,  per  qualche  pas- 
sione. 

Divorziare  (divorziato).  Far  divorzio. 

Divòi'zio.  Scioglimento  legale  del  tnnfritnonio, 
con  libertà  di  passare  ad  altre  nozze,  il  che  non  è 
consentito  dalla  semplice  separazione  volontaria 
0  legale:  rescissione  di  matrimonio,  repudio,  rifiuto, 
ripudio.  -  Divorziare,  divorziarsi,  separarsi  legal- 
mente dal  coniuge,  sia  marito  o  moglie:  annul- 
lare, risolvere,  rompere,  sciogliere  il  matrimonio; 
repudiare,  rinunziare  il  marito,  smarilarsi  ;  smogliarsi 
(abbandonare  la  moglie).  -  Divorziato,  diviso,  sepa- 
rato dalla  moglie.  -  Divorziata,  divisa,  separata  dal 
marito,  dal  coniuge:  malmaritata,  riscappata,  sfatata. 
-  Divorzista,  persona  favorevole  al  divorzio. 

Divotamente.  Con  divozione. 

Divòto.  Chi  ha  divozione,  è  pio,  religioso.  E 
bigotto  chi  la  ostenta  o  la  esagera. 

Divozióne  (divóto).  Affetto,  fervore  verso  Dio 
e  le  cose  di  religione;  abbandono  in  Dio,  com- 
punzione, confidenza  in  Dio,  culto  di  Dio;  jnetà; 
religiosità;  sentimento  di  Dio,  sentimento  religioso, 
spirito,  spiritualità;  timor  di  Dio;  via  di  Dio,  via 
di  salute,  vita  spirituale;  zelo  religioso.  -  Pietismo, 
nell'uso,  divozione  esagerata.  -  Divotamente,  con  di- 
vozione, in  atto  divoto:  devotamente,  piamente,  re- 
ligiosamente. 

Divoto,  chi  ha  fervore  religioso,  è  attaccato  alla 
religione,  nutre  vivamente  una  fede  (se  esagerata- 
mmte,  o  ipocritamente,  bigotto):  chiesastro,  chie- 
solastico,  chiesino,  credente;  devoto;  fedele;  pie- 
toso, pio;  religioso;  ricco  di  fede,  in  fede,  fe- 
delone;  santifico,  santo,  santone;  servo  di  Dio, 
spiritale,  spirituale;  timorato,  timoroso  di  Dio; 
tutto  chiesa  e  religione,  tutto  dato  allo  spirito,  tutto 
Gesù  e  Madonna;  uomo  d'anima,  uomo  di  chiesa, 
di  coscienza,  di  divozione,  di  santa  vita,  di  sin- 
goiar divozione.  -  Arcidevoto,  arcidevotissimo,  timo- 
ralone,  molto,  esageratamente  divoto. 

Dlvulgramento.  Atto  ed  effetto  del  divulgare: 
divulgazione,  propaganda. 

Dlvulgrare  (divulgamento,  divulgato,  divulga- 
zione). Far  noto  ai  più,  all'universale,  massime  di 
dottrine  politiche,  religiose,  scientifiche,  ecc.:  dif- 
fondere, proclamare,  propagare;  comunicare  al 
pubblico,  pubblicare;  far  conoscere,  far  sa- 
pere, sia  col  dire,  col  parlare,  come  per  mezzo 


924 


DIVULGAZIONE    DOCUMKNTO 


del  giornale,  del  telegrafo,  ecc.;  di  ogni  mezzo 
di  pubblicità;  propalare,  spargere  una  iiotizia 
e  simili.  -  Divulgato,  reso  noto,  notorio,  diffuso 
in  pubblico.  -  Divulgarsi  {divulgato),  diffondersi, 
spandersi,  spargersi,  per  lo  più  di  notizia  intorno 
ad  un  avvenimento  e  simili. 

DìTulgrazióne.  Il  divulgare  e  il  divulgarsi. 

Divulsióne.  Strappamento,  lo  strappare.  -  In 
botanica,  sdoppiamento  delle  foglie. 

Dizionario.  Libro  che  espone  alfabeticamente 
i  nomi  di  uomini  illustri  o  di  paesi  o  di  tutto  quanto 
compone  lo  scibile  umano.  Nel  primo  caso  dizio- 
nario biografico,  nel  secondo  geografico,  nel  terzo  en- 
ciclopedico. Differisce  dal  vocabolario,  che  espone 
ordinatamente  e  spiega  le  voci  della  lingua;  dal 
glossario,  che  dà  le  parole  poco  conosciute,  poco 
comuni  0  antiquate,  disusate,  ecc.;  e  dal  lessico, 
raccolta  di  voci  delle  lingue  antiche,  e  specialmente 
della  greca,  dell'ebraica,  delle  orientali,  ecc.  Però 
lessico  si  usa  anche  nel  significato  di  dizionario  e  di 
enciclopedia. 

Lessicografia,  lessicografo,  veggasi  a  vocdbo- 
lario. 

Dizióne.  Minima  parte  del  dire,  modo  di  dire, 
frase.  -  Anche,  dominio,  giurisdizione. 

Do.  Veggasi  a  note  musicali. 

Dobla.  Antica  moneta. 

Dobletto.  Sorta  di  tela. 

Doblone.  Antica  moneta. 

Dóccia.  Metodo  di  cura  idroterapica  e  la  stessa 
colonna  o  pioggia  d'acqua  che  si  dirige  sopra  una 
parte  del  corpo,  variando  il  getto  per  la  forza  della 
spinta,  per  la  durata  di  questa  e  pel  volunje  del 
liquido  stesso  :  affusione,  cura  idroterapica,  doccia- 
tura, getto  d'acqua,  stillicidio.  La  doccia  è  gene- 
rale, quando  diretta  su  tutto  il  corpo;  locale,  quan- 
do si  applica  ad  una  parte  determinata  del  corpo. 
Si  distinguono  le  doccie  anche  in  discendenti,  quando 
il  liquido  viene  dall'alto;  ascendenti,  quando  il  li- 
quido, pure  venendo  dal  serbatoio  collocato  in  alto, 
si  conduce  al  basso  in  appositi  tubi,  dai  quali,  es- 
sendo pieghevoli,  lo  si  può,  volgendone  l'estremità 
in  alto,  far  salire  per  la  pressione  a  cui  è  sottoposto. 
Si  fanno  doccie  calde,  fredde,  scozzesi  (passaggio 
dal  caldo  al  freddo),  alternative,  a  getto  mobile,  a 
pioggia,  in  colonna,  a  campana,  a  inaffiatoio,  in 
forma  di  circolo;  la  doccia  in  polvere;  la  doccia  pas- 
seggiata, la  salina,  Valcalina.  A  seconda  del  luogo  di 
applicazione  delle  doccie  parziali,  queste  diconsi 
uterine,  ipogastriche,  spleniche,  epatiche,  oculari,  ret- 
tali, perineali,  vaginali,  ecc.  -  Dóccia  si  chiama  anche 
il  liquido  medicamentoso  che  si  dirige  sopra  la 
parte  inferma.  -  Docciare,  dare  la  doccia.  -  Doccia- 
tura, atto  ed  effetto. 

Doccia.  Canaletto,  di  latta  o  d'  altra  materia, 
fatto  per  lo  più  a  semicerchio  e  aperto  al  disopra, 
pel  quale  si  fa  scorrere  l'acqua.  E  docciare  lo  sgor- 
gare dell'acqua  da  una  doccia.  -  Incavatura,  a  guisa 
di  tegola,  che  si  trova  alla  superficie  delle  ossa  e 
che  rassomiglia  alla  gronda.  -  Apparecchio,  chirur- 
gico di  metallo,  di  cuoio,  di  fili  di  ferro  o  di  gut- 
taperca, che  serve  per  immobilizzare  le  varie  parti 
del  corpo  fratturato. 

Docciare  {docciato,  docciatura).  Versare,  e  per 
io  più  in  copia,  come  l'acqua  ta  da  una  doccia.  - 
Dare  la  doccia. 

Docciatura.  II  docciare.  -  La  doccia. 

Doccionata.  Serie  dì  doccioni.  -  Acque- 
dotto. 


Doccióne.  Strumento,  tuòo  di  terracotta,  per 
formare  un  condotto. 

Docènte.  Chi  insegna  :  maestro,  insegnante  : 
è  un  latinismo  anzichenò  pedantesco.  -  Libero  do- 
cente, chi  ha  facoltà  di  insegnare  negli  istituti  su- 
periori, pur  non  essendo  professore  titolare  •  Li- 
bera docenza,  il  suo  ufficio,  il  suo  insegnamento. 

Docenza.  Veggasi  a  docente. 

Docile.  Di  chi  si  piega  facilmente  ai  consigli, 
alla  volontà  di  altri  :  arrendevole,  docibile,  man- 
sueto, obbediente,  pieghevole,  trattabile,  trattabi- 
lissimo. Anche,  di  persona  atta  ad  apprendere,  a 
imparare  facilmente  e  volentieri  :  addottrinevole, 
intelligente.  ■  Di  animale,  obbediente,  addome- 
sticato, reso  domestico,  -  Di  tnateria  che  può  fa- 
cilmente essere  trattata  e  lavorata.  -  Contr.  di  docile: 
indocile.  -  Docilità,  astr.  di  docile,  I'  essere  do- 
cili :  arrendevolezza,  pieghevolezza,  mansuetudine.  - 
Indocilire  (indocilito),  rendere  docile,  addocilire. 

Lasciarsi  guidate  come  un  bambino:  di  persona 
docile,  anche  troppo.  -  Si  governa  con  un  filo  di 
seta  :  di  persona  docilissima. 

Docilità.  L'essere  docile. 

Docimasia.  Parte  della  chimica  analitica:  do- 
cimastica. 

Docimastica.  Arte  che  insegna  a  fare  in  pic- 
colo il  saggio  d'un  minerale,  per  accertare  la  natura 
e  la  qualità  degli  elementi  che  lo  compongono  o  del 
metallo  che  contengono.  -  Docimastico,  proprio  della 
docimastica. 

Documentare  {documentato,  documentazione) .^ 
Provare  con  un  documento,  con  documenti. 

Documento.  Comunemente,  carta,  scrittura 
0  simile  che  prova,  che  serve  a  dimostrare  la 
verità  di  checchessia  e  quindi  si  allega  a  prova 
di  fatti  narrati,  asseriti  :  scartafaccio,  scritto.  Anche, 
una  cosa  qualunque  che  valga  di  prova,  storica- 
mente, scientificamente,  ecc.  Dicesi  pure  per  ammae- 
stramento, insegnamento.  -  Si  hanno  documenti 
veri,  falsi,  nulli,  preziosi,  antichi,  moderni,  ìecenti,. 
storici,  filosofici,  scientifici,  tecnici,  ecc. 

Documenti,  carte  di  valore  sono  il  biglietto  di 
Banca,  la  cambiale,  la  cartella  di  rendita  o  di 
una  lotteria,  il  libretto  di  risparmio,  ecc.  - 
Citare,  discutere,  illustrare,  interpretare,  presentare, 
richiedere  documenti,  espressioni  di  chiaro  signi- 
ficato. 

Documento  annullato,  non  più  valido,  infirmato, 
reso  nullo  ;  apòcrifo,  non  autentico,  falsificato,  falso, 
suppositizio,  supposto;  autèntico,  che  ha  valore  legale 
{autenticità,  la  condizione  relativa)  ;  esecutorio,  che 
dà  facoltà  di  provvedere  esecutivamente  :  esecutivo  ^ 
ostensibile,  mostrabile,  che  si  può  mostrare,  presen- 
are,  far  vedere  ;  sincero,  non  falsato,  né  alterato. 


Documenti  varì. 


Allegalo,  documento  annesso:  allegato,  incarta- 
mento, inserto.  -  Attestato,  voce  d'  uso  per  certifi- 
cato. -  Atti,  nel  significato  politico  e  parla- 
mentare, i  documenti  e  le  leggi.  -  Atti  del  po- 
polo, del  governo,  del  Senato,  parlamentari,  ammi- 
nistrativi, dello  Stato  civile,  d' un  congresso,  ecc., 
documenti  varì.  -  Atto  di  notorietà,  veggasi  a  te- 
stimonio. -  Atto  pubblico,  quello  che  si  fa  con 
tutte  le  formalità  solenni  volute  dalla  legge,  a  dif- 
ferenza dell'ago  privato^  nel  quale  simili  forma- 
l   lita  non  si  praticano. 


DODECADICO    —    DODICI 


92o 


Biglietto,  citazione  davanti  al  conciliatore  o  al 
pretore.  -  Bolla,  diploma  reale  o  imperiale  del 
papa.  •  Carta  bianca,  procura  che  porta  solo 
la  firma,  o  quella  che  coaferisce  pieni  poteri.  - 
Cartapecora,  documento  scritto  su  cartapecora.  - 
Cedola,  atto  scritto,  bijilietto  d'obblij,'azione.  - 
Certificato,  scritto  che  si  rilascia  a  chi  ne  abbia 
interesse  per  dichiarazione  di  fatti.  -  Chirografo, 
«[ualunque  atto  privalo.  -  Citazione,  allegazione.  - 
Contratto,  anche  il  fojjlio  e  i  fogli  (per  lo  più  di 
carta  bollata),  che  portano  il  testo,  i  patti  del  con- 
tratto stipulato. 

Diploma,  atto  o  documento  antico  concedente 
gualche  privilegio.  Documento  pubblico  che  si 
rilascia  come  comprovazione  e  attestato  di  qualche 
grado.  -  Documento  umano,  locuzione  dello  Zola 
(document  humain),  introdotto  a  significare,  presso 
a  poco,  <  pagina  di  vita  ».  -  Dossier  (frane),  pra- 
tica, incartamento,  riguardante  persona,  affare.  - 
Duplicato  (sostantiv.),  seconda  copia  d'una  ricevuta, 
d'una  lettera,  d'un  atto  o  simili. 

Fede,  atto  rilasciato  da  un'autorità  ;  fede  di  ma- 
trimonio, di  stato  libero,  ecc.  -  Foglio  di  via,  do- 
cumento col  quale  l'autorità  di  Pubblica  Sicurezza 
sorveglia  e  indirizza,  per  motivi  di  ordine  pubblico, 
alcuno  ad  un'altra  autorità,  obbligandolo  a  un  de- 
terminato itinerario.  Foglio  di  via  di  favore,  per 
chi  deve  rimpatriare. 

Istrumento,  atto  pubblico  redatto  per  mano  di 
notaio  (redigere,  firmare,  registrare,  rogare,  stipu- 
lare un  istrumento).  -  Lascia-passare,  salvacondotto. 
-  Mandato,  il  documento  necessario  per  eseguire  un 
protesto,  un  arresto  o  sim.  {mandato  di  cattura,  d'ar- 
resto, di  comparizione,  ecc.),  per  avere  un  paga- 
mento, eie. 

Obbligazione,  atto  privato  col  quale  alcuno  si 
obbliga  di  pagare  a  un  altro  una  determinata  som- 
ma di  danaro,  una  precisata  quantità  di  titoli  o  di 
merci.  -  Passaporto,  ordine  scritto  dato  dall'  auto- 
rità pubblica,  che  invita  autorità  civili  e  militari  a 
lasciar  circolare  liberamente  da  un  paese  all'  altro 
la  persona  che  ne  è  regolarmente  munita.  -  Pezze 
giustificative,  documenti  che  servono  a  giustificare 
un  fatto,  una  spesa,  un  conto.  ■  Prova  scritta,  do- 
cumento autentico. 

Quitanza,  ricevuta,  •  Salvacondotto,  sicurtà  che 
danno  i  governi  a  una  persona  di  passare  libera- 
mente da  uno  Stato  all'  altro.  -  Tessera,  schedina, 
cartoncino  o  sim.  di  riconoscimento. 


Particolari  inerenti.. 
Cose   e    termini    vari. 

Bollo,  segno  che  il  governo  fa  apporre  sopra  vari 
documenti,  perchè  diventino  valevoli  davanti  alla 
legge.  -  Clausola,  proposizione  che  modifica 
nei  contratti  o  negli  atti  legali  il  valore  delle  cose 
antecedenti.-  !>«<«,  indicazione  del  luogo,  del  giorno, 
del  mese  e  dell'  anno  in  cui  fu  scritto  un  docu- 
mento, una  lettera,  una  cambiale,  ecc.  -  Forinola, 
parole  obbligatorie  al  compi  mento  d'un  atto,  spe- 
cialmente pubblico.  -  Protocollo,  formulario  degli 
atti  pubblici.  -  Regesti,  repertorio  cronologico  di 
documenti,  con  indicazione  d^l  contenuto.  -  JRe- 
gistro,  libro  nel  quale  si  inscrivono  gli  atti  pubblici. 
-  Repertorio,  inventario  sommario  che  i  pubblici  uf- 
ficiali devono  tenere  di  tutti  gli  atti  e  contratti 
stipulati.  -  Visa,  fa  formola  scritta  e  segnata  da  un 


pubblico  funzionario  a*  piedi  di  un  atto  per  atte- 
stare che  tale  atto  gli  fu  presentato  o  per  assicu- 
rarne l'esecuzione.  Nell'uso,  visto  (apporre,  mettere 
il  visto).  -  Archivio,  luogo,  ufficio,  in  cui  si  rac- 
colgono e  si  conservano  gli  atti,  i  documenti  pubblici. 

-  Attuario,  ministro  incaricato  dal  magistrato  di 
tenere  in  custodia  gli  atti  pubblici.  E  attuariaio 
l'ufficio,  la  carica  di  attuario. 

Allegare  (allegamento,  allegato,  allegazione),  ag- 
giungere un  documento  o  documenti  ad  atti  o  me- 
morie, per  convalidarne  le  asserzioni:  incorporare, 
inserire.  -  Ammortizzare,  dichiarare  regolarmente 
che  un  documento  cessa  di  aver  valore  (meglio, 
eslingueì-e).  -  Annullare  {annullamento,  annullato), 
ridurre  a  nulla,  togliere  ogni  efficacia,  ogni  vali- 
dità, ogni  valore.  -  Archiviare,  mettere  in  archivio, 
ad  archivio.  -  Autenticare,  formalità  richiesta  dalla 
legge  per  cui,  mediante  bollo,  firma  o  altro,  un 
atto  può  essere  considerato  come  autentico,  efficace, 
valido  {autenticazione,  atto  ed  elTetlo).  -  Documen- 
tare, provare  con  documenti.  Documentazione,  pro- 
va, esibizione  di  prova.  -  Infirmare,  invalidare,  to- 
gliere 0  scemare  la  validità,  l'efficacia  :  difi^ermare. 

-  Interfogliare,  cucire  tra  foglio  e  foglio  d'un  ma- 
noscritto, 0  d'uno  stampato,  dei  fogli  bianchi  per 
far  giunte,  correzioni  e  sim.  •  Levare  gli  specchietti: 
farsi  fare  il  certificato  di  onesta  condotta  dalle  au- 
torità. -  Mettere  in  atti,  allegare  documenti.  -  Re- 
gistrare, far  segnare  sui  pubblici  registri  mediante 
una  data  tassa  con  atto  legale.  -  Registratura,  re- 
gistrazione, il  registrare.  -  Vidimare,  autenticare;  e 
vidimazione,  autenticazione  di  un  atto.  -  Vistare, 
neol.  del  linguaggio  burocratico:  vale  munire  del 
visto  un  documento,  un  atto. 

Note  giuridiche,  le  proprietà  che  distinguono  un 
atto,  un  documento.  -  Paleografia,  parte  dell'archeo- 
logia che  tratta  principalmente  dei  diversi  modi  di 
scrivere,  nell'antichità  e  nel  medioevo;  scienza 
per  mezzo  della  quale  si  interpretano  e  si  decifrano 
i  documenti  antichi. 

Dodecàdico.  Veggasi  a  dodici. 

Dodecaèdro.  Detto  a  dodici. 

Dodecàgrono.  Detto  a  dodici. 

Dodecàndrla.  Classificazione  della  botanica, 
nel  sistema  di  Linneo,  comprendente  le  piante  a 
dodici  stami  liberi. 

Dodecasillabo.  Di  dodici  sillabe. 

Dodicesimale,  dodicenne,  dodicèsimo. 
Vegsasi  a  dodici. 

Dódici  (aggett.  numerale  cardinale  indicativo). 
Che  contiene  due  volte  sei,  consta  di  due  volte 
sei;  somma,  quantità  che  arriva  a  dodici  (dieci, 
più  due).  -  Dodecàdico,  sistema  che  ha  per  base 
dodici.  -  Dodicesimale,  duodecimale,  sistema  che 
abbia  per  base  il  dodici;  che  si  riferisce  al  nu- 
mero dodici.  -  Dodicesimo  (sostant),  la  dodicesima 
parte.  Aggettiv.,  duodècimo.  -  Dodicina,  dozzina, 
serqua. 

Dodecaedro,  corpo  che  ha  dodici  faccia  regolari. 

-  Dodecàfido,  fesso  in  dodici.  -  Dodecdyinio,  con 
dodici  pistilli.  -  Dodecapartito,  diviso  in  dodici.  - 
Dodecapétalo,  con  dodici  petali.  -  Dodecasillabo,  con 
dodici  sillabe.  -  Dodecastilo,  edificio  con  do  liei  co- 
lonne. -  Duodecimale,  divisibile  per  dodici.  -  Duodè- 
cuplo, dodécvplo,  dodici  volte  maggiore.  -  Duode- 
nario, duodeno,  composto  di  dodici. 

Dito,  dodicesima  parte  del  diametro  di  un  astro. 

-  Dodecaemerone  {dodici  giorni),  nella  Chiesa  greca, 
il  tempo  fra  il  Natale  e  1'  Epifania.  -  Dodecàgono, 
poligono  di  dodici  lati,  figura  piana,  terminata  da 


926 


DOGA    —    DOLCE 


dodici  linee  rette,  che  si  tagliano  a  due  a  due, 
formando  dodici  angoli  e  dodici  lati.  -  DodecapoH, 
lega  di  dodici  città.  -  Dodecarchia,  governo  di  do- 
dici re  (dodecarchi).  -  Dodecatemorione,  la  dodice- 
sima parte  di  un  circolo;  le  dodici  parti  dello  zo- 
diaco. 

In  dodicesimo,  forma  disusala  di  libro  a  fogli 
piegati  in  dodici  parti.  -  Nel  dodici,  nell'anno  do- 
dicesimo del  secolo  in  cui  siamo  e  di  cui  si  ra- 
giona. 

Dóga  {dogame).  Veggasi  a  botte. 

Dogala.  Scolatoio,  tossa  di  scolo. 

Dogale.  Di  o  da  doge. 

Dog'ame.  Complesso  di  doghe,  quantità  di  do- 
ghe: veggasi  a  botte. 

Dogato.  Veggasi  a  doje. 

Dogana.  Luogo  di  confine  fra  Slato  e  Stato,  dove 
si  scaricano  le  mercanzie  e  i  bagagli  dei  viaggia- 
tori, per  mostrarli  e  sottoporli  a  gabella,  a  tassa; 
l'amministrazione  che  riscuote  i  diritti  d'entrata  o 
d'uscita  delle  merci;  la  tassa  stessa  stabilita  sulle 
merci;  dazio  della  frontiera,  dazio  governativo, 
dazio  dello  Stato.  -  Riferito  alla  tassa,  diritto  di 
importazione  (di  introduzione)  o  di  esportazione.  - 
Doganale,  della  dogana,  appartenente  alla  dogana 
(legge,  ufficio,  tassa,  guardia).  -  Sdoganare,  liberare 
di  dogana  gli  effetti  o  le  merci,  pagando  secondo 
le  leggi  :  sdaziare,  sgabellare. 

Doganiere,  impiegalo  visitatore  delle  merci  ed 
esattore  delle  gabelle:  agente  di  dogana,  doganardo, 
doganese,  finanziere  (v.  d'uso)  ;  gabelliere,  gabellino, 
gabellotto.  -  Hobblers,  doganieri  inglesi  che  fanno, 
a  cavallo,  il  servizio  delle  coste.  -  Pubblicano,  ga- 
belliere, doganiere,  appaltatore  e  simile.  -  Spedi- 
zioniere di  dogana,  persona  incaricata  dai  nego- 
zianti di  fare  le  operazioni  doganali  relative  alle 
loro  merci. 

Bolletta  d'entrata,  quella  rilasciata  dagli  impiegati 
per  prova  del  pagamento  dei  diritti  d'entrata  d'una 
merce.  -  Bolletta  di  transito,  biglietto  rilasciato  da- 
gli impiegati  dell'amministrazione  doganale  ai  mer- 
canti, ecc.,  per  accompagnare  le  mercanzie  fino  a 
destinazione.  -  Bollo,  segno  che  contrad  dislingue 
le  merci  presentate  alla  dogana.-  Csrtijìc alo  d'ori- 
gine, quello  richiesto  nelle  dogane  per  provare  che 
certe  merci  provengono  da  uno  Stato  col  quale 
esiste  trattato  commerciale.  -  Dichiarazione  alla  do- 
gana, nota,  distinta  che  si  rimette  alla  dogana  per 
rintroduzione  di  qualche  merce.  -  Fuso,  ferro  lungo 
e  sottile  adoperato  dai  doganieri  per  forare  sacchi, 
panieri  e  simili,  per  constatare  se  vi  sia,  o  no, 
roba  soggetta  a  dogana.  -  Manifesto  di  dogana,  di- 
stinta delle  mercanzie  componenti  il  carico.  - 
Piombo,  sigillo  doganale.  -  Polizzino,  biglietto  d'av- 
viso della  dogana. 

Diritto  di  sosta,  quel   tanto   che   si  deve  pagare 
per  aver   lasciato   nei  magazzini  delle  dogane,  dei 
porti  franchi,  delle  ferrovie,  ecc.,  le  merci  oltre  il 
tempo  normale.   Più   comunem.,    magazzinaggio.  - 
Drawback  (ingl.),  la  restituzione  che,  all'uscita  della 
merce  lavorata  nello  Stato,  si  fa  di  tutto  o  di  parte 
del  dazio  pagato   per  l' introduzione   della  materia 
greggia.  -  Facchinaggio,  quel  tanto  che  si  paga  alle 
dogana  per  l'opera  dei  facchini.  -  Franchigia,  esen- 
zione specialmente  dai  tributi,  dal  pagamento  delle 
tasse.  -  Tariffa,   specchio   o  quadro   dei    diritti 
dovuti   alla  dogana,   o  dei  prezzi   per   qualsivoglia 
servizio.  -  Transito,  passaggio  accordato  all'interno 
di  uno  Stato,  in  franchigia   dei   diritti  di  dogana, 
alle  merci  non  riservate,  provenienti  dall'estero,  a 


patto  che  le  medesime  seguano  le  discipline  che 
vengono  determinate.  -  Visita  doganale,  l'esame  che 
il  doganiere  fa  delie  merci  in  una  stazione  inter- 
nazionale. 

Lega  doganale,  fra  alcuni  Stati  limitrofi,  levando 
le  dogane  intermedie  e  lasciando  solo  quelle  alle 
frontiere.  -  Legge  doganale,  quella  che  regola  i  di- 
ritti di  dogana.  -  Protezionismo,  sistema  economico 
che  vuol  difendere  le  industrie  nazionali,  per 
mezzo  delle  dogane,  dalla  concorrenza  dei  prodotti 
forasti  eri.  Contr.,  libero  scambio.  -  Zollwerein,  as- 
sociazione 0  lega  doganale  fra  i  vari  Stati  di  Ger- 
mania. -  Zona,  estensione  di  territorio  sottoposto  a 
un  trattamento  eccezionale. 

Contrabbando,  introduzione  furtiva  di  merci:  frode, 
frodo  (veggasi  a  dazio). 

Dogare.  Mettere  o  rimettere  le  doghe  a  una6ofi:e. 

Dogaressa.  Detto  a  doge. 

Dogato.  Veggasi  a  doge. 

Doge.  Titolo  del  capo  delle  Repubbliche  Veneta 
e  Genovese.  -  Dogale,  da  doge.  -  Dogaressa,  la  mo- 
glie del  doge.  -  Dogato,  ufficio  e  dignità  del  doge; 
durata  di  tale  ufficio.  -  Territorio  dell'antica  Re- 
pubblica Veneta. 

Corno,  a  Venezia,  il  berretto  ducale  del  doge; 
corno  ducale,  zoia. 

Doglia  (doglioso).  Il  dolore  in  qualche  parte 
del  corpo.  -  Figur,,  afflizione. 

Doglianza.  Rammarichio,  dolore,  -  Richiamo, 
lamento. 

Dòglie.  Dolori  di  parto. 

Doglióso.  Pieno  di  doglie:  afflitto  da  qualche 
dolore  fisico  o  morale. 

Dògma  (dòmma).  Punto  di  dottrina,  di  fede, 
principio  stabilito  in  materia  di  religione:  arti- 
colo di  fede,  canone  liturgico  o  disciplinare.  -  Dog- 
ma delV immortalità,  la  credenza  in  una  vita  ultra- 
mondiale. -  Dogma  della  spiritualità,  la  credenza 
nello  spirito  umano  diviso  dal  corpo  e  ad  esso  so- 
pravvivente. 

Dogmatica  (scienza  del  dogma,  superstizione  or- 
ganizzata), quella  parte  della  religione  che  ha  per 
iscopo  di  ridurre  quasi  a  sistema  scientifico  i  dog- 
mi della  fede,  Ji  sviluppa  e  li  dimostra  con  la 
Bibbia  {dogmatica  biblica),  con  la  storia,  con  le 
confessioni  di  fede  (dogmatica  simbolica)  e  col  sen- 
timento cristiano  (dogmatica  speculativa).  Avendo 
essa  per  iscopo  di  giustificare  la  dottrina  della 
Chiesa,  ne  segue  una  dogmatica  confessionale;  ma, 
quando  ne  faccia  la  critica,  si  muta  in  una  dogmatica 
critica  e  filosofica.  -  Dogmatismo,  dommatismo,  ogni 
dottrina  che  parta  da  principi  dati  e  non  provati  ; 
e  anche  il  modo  di  professarla  {dogmalista,  dom- 
malista,  chi  la  professa).  -  Dogmatolatria,  cieco  at* 
taccamento  a  un  dogma.  -  Dogmatologia,  trattato 
intorno  a  un  dogma.  -  Ortodossia,  la  perfetta  con- 
formila  al  dogma.  Contr.,  eterodossia,  dissenso,  dissi 
denza. 

Dogmatizzare,  dommatizzare,  insegnar  dogmi  o 
come  dogma.  Per  estensione,  affermare,  asse- 
rire, sostenere  in  modo  assoluto  e  senza  ammet- 
lerr  contraddizione.  -  Dogmaticamente,  dommatica- 
mente,  in  modo  dogmatico,  per  via  di  dogma.  - 
Dogmàtico,  dommàtico,  appartenente  a  dogma  o  ai 
dogmi,  che  tratta  dei  dogmi. 

Dolabra.  Coltello  da  sacrifizio. 

Dogo.  Grosso  cane  da  presa  (veggasi  a  pag,  385 
prima  colonna). 
Dolce  (aggett.).  Ciò  che  è  soave  e  grato  al  gur 
I  sto,  piacevole   al  palato;  di  sajìore   quale  è 


927 


quello  dello  zucchero;  indolcito,  detto  special- 
mente di  bevanda:  come  zucchero,  di  zucchero, 
dolce  (v.  a.)',  meladdolcito,  melato,  melléo,  zucche- 
rato, zuccherino.  Contr.,  acido,  agro,  amaro, 
aspro. 

Dicesi  anche  di  frase,  di  suovo,  di  canto, 
ecc.,  per  indicare  che  ha  un'espressione  fine,  deli- 
cata, carezzevole.  -  Figur.,  tutto  ciò  che  soddisfa 
lo  spirito  e  contenta  il  cuore,  è  soave,  dà  piacere 
ai  sensi,  massime  a  quelli  della  vista  e  dell'udito. 
-  Dicesi  pure  per  amato,  caro;  per  benigno,  mite, 
bonario  (veggasi  a  buono,  pag.  331,  seconda  so- 
lonna)  ;  per  tetnperato,  cioè  non  troppo  caldo, 
né  freddo  Anche,  di  maniera,  di  contegno,  di 
parole,  ecc.,  che  valgano  a  cattivare  l'animo  al- 
trui; di  salita,  di  monte  poco  erto;  di  legno,  à\ 
pietra  o  d'  altra  materia  non  dura,  che  non  op- 
ponga durezza,  ma  sia  agevole  a  lavorarsi.  - 
Acqua  dolce,  quella  dei  fiumi,  dei  laghi,  dei  pozzi 
e  simili.  -  A  bocca  dolce,  veggasi  a  promessa. 

Amabile,  di  sapore  pendente  al  dolce  ;  dolcetto, 
alquanto  dolce;  dolciaccio,  peggior.  di  dolce:  dolce 
smaccato  ;  dolciastro,  che  sa  di  dolce  nauseante  ; 
dolcigno,  che  pende  al  dolce,  non  senza  disgusto; 
dolcione,  accresc.  di  dolce  ;  dolcis!>imo,  superlativa- 
mente dolce  :  dolce  come  il  miele,  come  giulebbe, 
che  pare  un  giulebbe  ;  dolciume,  il  dolce  stucche- 
vole ;  melato  (agg.),  condito  col  miele,  dolce 
(usato  metaf.  significa  ipocrita,  lusinghiero)  ;    lene, 

Siacevole,  leggero  ;  mellifluo  (figur.),  dolce,  soave, 
etto  specialmente  di  parole,  di  discorsi  e  simili  ; 
sdolcinato,  smaccato,  troppo  dolce 

Dolcemente,  con  dolcezza:  benignamente,  in  dolce 
foggia,  inzuccheratamente  (per  lo  più,  scherz.),  le- 
nemente, mansuetamente,  mellifluamente,  molle- 
mente, placidamente,  soavemente. 

Dolcezza,  l'essere  dolce,  qualità  di  ciò  che  è 
dolce,  gusto  dolce.  E  dolciume,  dolcezza  sgradevole. 
-  Figur.,  contefito,  diletto,  piacere,  visibilio.  - 
Soavità  d'armonia,  di  canto,  di  melodia  •  Di 
clima,  di  stagione,  mitezza,  tepore,  tiepidezza.  - 
Di  costume,  di  maniera,  di  persona,  afl"abilità 
(veggasi  ad  affabile),  amorevolezza,  benevo- 
lenza, benignità.  -  Simbolo  della  dolcezza,  l'a- 
gnello. 

Addolcibe  (addolcitivo,  addolcito),  rendere  dolce: 
addolcire,  addolzare  ;  dolcire  ;  edulcorare  ;  far  di 
miele;  giulebbare;  indolcire,  indolzire;  mólcere, 
raddolcare,  raddolcire,  render  melato.  -  Addolci- 
mento, r  addolcire  e  1'  addolcirsi  :  dolcificazione, 
edulcorazione,  raddolcimento.  -  Addolcirsi,  divenir 
dolce  :  indolcire,  rindolcire,  rindolcito.  -  Dolcifi- 
care, rendere  dolce,  più  dolce  ;  temperare  la  cru- 
dezza, l'acidità.  Dolcifìcanie,  che  rende  dolce,  più 
dolce  :  epicerastico  (edisma,  sostanza  dolcificante)  ; 
dolcificato,  reso  dolce,  più  dolce.  Dolcificazione, 
il  dolcificare.  -  Essere  tutto  miele,  di  cosà  molto 
dolce  0  di  persona  molto  affabile.  -Rindolcire,  ripete 
indolcire.  -  Stuccare,  indurre  noiosa  sazietà:  effetto, 
spesso,  delle  sostanze  dolci. 

Dolce  (sostant.).  Sapore  dolce.  -  Piatto  dolce 
di  cucina,  vivanda  in  cui  entra  lo  zucchero;  con- 
fetto, confortino,  pasticcio,  variamente  composto, 
di  pasta,  di  frutta,  di  uova,  ecc.,  e,  per  lo  più,  pre- 
paralo e  fatto  cuocere  entro  una  forma.  -  Dolci 
(plur.),  si  chiamano  tutte  le  paste,  i  confetti  e  si- 
mili in  cui  entra  lo  zucchero.  -  Dolciume  (spreg.), 
quantità  di  dolci. 

Per  chi  prepara  i  dolci,  i  vari  modi  di  farli,  i 
vasi  che  li  contengono,  ecc.,  veggasi  a  pasticciere. 


Dolci  diversi. 


Bericocolo,  lodino  o  budino,  cialda,  e  altri  dolci 
nei  quali  entri  la  farina,  veggasi  a  pasta  dolce.  - 
Blanc-manger  (frane,  bianco-mangiare),  piatto  dolce 
da  credenza.  -  hodino  nero,  quello  preparato  con 
sangue  e  grasso  di  porco  mescolati  insieme. 

Candito,  frutto  o  altro  confettato  nello  zucchero, 

-  Cai'amella,  pasticca  di  zucchero  candito:  frutto 
ricoperto  di  una  crosta  di  zucchero  candito.  -  Chicca, 
vìiirco  (plur.,  chicche),  voci  infantili  per  ciambella, 
confetto,  pasta  dolce,  ecc.  -  Cioccolata,  insieme 
di  mandorle  di  caccao,  zucchero  o  miele,  spesso 
con  qualche  aroma.  -  Confetto,  veggasi  a  questa 
voce.  -  Cotognata,  specie  di  melata  o  di  dolce  can- 
dito, solido,  fatto  con  la  confezione  delle  mele  co- 
togne. -  Crema,  veggasi  a  questa  voce.  -  Croc- 
cante, sorta  di  mandorlato,  fatto  in  forma,  con  zuc- 
chero chiarito  e  mandorle  tostate  insieme  con  lo 
zucchero  medesimo  :  riesce  come  una  crosta  con- 
cava più  0  meno  sottile;  gli  si  dà  talora  la  forma 
di  panierini  di  fiori,  di  cappelli  e  simili.  Agget- 
tivam.,  si  dice  di  tutti  quei  dolci  cotti  per  modo 
che  sotto  il  dente  sgretolano  e  si  sminuzzano,  man- 
tenendosi sodi,  né  diventando  pasta.  Generalmente, 
di  quelli  levati  dal  forno  di  fresco. 

Fave  dei  morti,  ossa  dei  morti,  specie  di  piccoli  dolci 
fatti  con  pasta  di  mandorle  in  forma  di  fave:  si  pre- 
parano, per  lo  più,  in  occasione  della  festa  dei  morti. 

-  Fondant  (frane),  nome  che  si  dà  a  dolci  assai 
fini,  di  composizione  simile  ai  confetti,  ma  fatti  con 
sostanze  molli,  sicché  si  sciolgono,  si  fondono  in 
bocca,  per  il  calore  di  questa  -  Finite  in  guazzo, 
guazzi,  frutta  giulebbate,  acconcie  con  rosoli,  spi- 
riti, rhum,  ecc. 

Latte  alta  crème,  locuzione  milanese  per  indicare 
un  bodino  o  dolce  di  crema.  •  Locum,  dolce  comu- 
nissimo in  Turchia  ;  consiste  in  una  speciale  crema 
candita,  di  media  consistenza,  dolcissima. 

Mafidorlato, àoìce  composto  per  la  maggior  parte 
di  mandorle.  -  Marrons  glacés  (frane),  marroni 
(castagne)  canditi.  -  Melappio,  giulebbe  di  mele  ap- 
piole.  -  Meringa,  dolce  leggero,  ripieno  di  crema  e 
di  lattemiele.  -  Mismis  (arabo),  conserva  di  albi- 
cocche. -  Mostarda,  mosto  cotto  nel  quale  si  in- 
fonde seme  di  senapa  rinvenuto  in  aceto  e  ridotto 
a  modo  di  salsa.    • 

Ovosmolles,  piatto  dolce  fatto  di  tuorli  d'uovo, 
zucchero  e  latte  messo  in  forma  e,  per  lo  più, 
ghiacciato.  -  JPasficcio,  vivanda  cotta  entro  un 
rinvolto  di  pasta  dolce.  -  Fastiglia,  veggasi  a 
questa  voce  -  Pesche  in  guazzo,  giulebbate.  -  Pi- 
nocchiata, confettura  di  zucchero  e  pinocchi,  o  di  pa- 
ste dolci  con  pinocchi.  -  Pistacchiata,  dolce  duro 
di  zucchero  e  pistacchi. 

Spumone,  nota  specie  di  dolce,  di  parvenza  come 
di  spuma.  -  Torrone,  sorta  di  mandorlato  bianco 
e  duro;  e  torroncino,  pezzetto  di  toirone  rinvolto  in 
carta  colorata.  -  Torta,  specie  di  vivanda  com- 
posta di  varie  cose  battute  e  mescolate  insieme, 
e  cotta  in  teglia  o  in  tegame  -  Toitiglione,  sorla 
di  mandorlato  che  si  fa  ad  Orvieto. 

Wafer,  voce  inglese  che  vuol  dire  ostia:  come 
termine  culinario  indica  una  specie  di  dolce  leg- 
gero. 

Zabaione,  dolce  semiliquido,  composto  di  tuorli 
d'  uova,  zucchero  e  qualche  liquore  ;  zabaglione, 
zambaione  (poco  us.),  zavaione.  -   Zuccherino,  pie- 


928 


DOLCEFFORTE    —   DOLORE 


colo  dolce  fatto  con  zucchero,  con  vari  odori  e  sa- 
pori, e  di  diverse  forme. 

Dolceflforte.  Sorta  di  pietanza,  di  vi- 
vanda. 

Dolceiiièle.  Sorta  di  antico  flauto. 

Dolcemente.  In  maniera  dolce. 

l>olcetto.  Vitigno,  di  uva  nera. 

Dolcezza.  Qualità  di  ciò  che  è  dolce,  ■  Figur., 
fiìnorevolezza  e  simili. 

Dolci.  Paste  dolci,  confetture  in  generale  :  veg- 
gasi  a  dolce  (seconda  voce)  e  a  pasta  dolce. 

Dólcia.  Sangue  di  maiale  col  quale  si  fanno 
migliacci. 

Dolcificante.  Che  rende  dolce.  -  Dolcificanti, 
rimedi  che  si  credono  capaci  di  temperare  l'acidità 
degli  umori. 

Dolcificare  {dolcificante,  dolcificato).  Rendere 
dolce. 

Dolcificazione.  Il  rendere  dolce,  atto  ed  ef- 
fetto. -  Operazione  chimica  consistente  nel  tempe- 
rare la  forza  degli  acidi  minerali,  mescolandoli  con 
l'alcool. 

Dolcigno.  Che  ha  del  dolce. 

Dolciume.  Qualità  di  ciò  che  è  troppo  dolce. 

Dólco.  Dolce.  -  Veggasi  a  inverno. 

Dolcola.  Varietà  di  mela  della  Campania. 

Dolere  {dolente,  doluto).  Essere  in  dolore,  a- 
vere,  sentire  dolore  in  qualche  parte  del  corpo.  - 
Figur.,  increscere,  aver  dispiacere. 

Dolersi,  {dolente,  doluto).  Lamentarsi,  muovere 
lamento;  rammaricarsi,  sentir  l'ammarico.  - 
Querelarsi,  reclamarsi,  richiamarsi,  far  querela, 
reclamo. 

Dolerite.  Roccia  di  color  grigio  nericcio,  com- 
posta di  labradorite  e  di  augite.  Granitica,  micacea, 
nefelinica,  orbicolare,  porfì,rica,  prismatica,  le  di- 
verse varietà  di  dolerite. 

Dolicocèfalo.  Veggasi  a  cervello. 

Dollaro.  Nota  moneta  americana  (lire  5,25). 

Dòlo.  Atto  malizioso  :  frode,  inganno.  - 
Bastone  ferrato  aguzzo  e  nel  quale  era  nascosto  un 
pugnale.  -  Pungiglione  della  vespa.  -  Piccola 
vela. 

Dolomite.  Minerale  composto  da  carbonato  di 
calce  e  carbonato  di  magnesia  in  proporzioni  va- 
riabili e  spesso  contenente  piccole  quantità  di  ferro 
e  manganese:  si  impiega  per  la  preparazione  dell'a- 
cido carbonico  e  dei  sali  di  magnesia. 

Dolorare  {doloramento,  dolorato).  Avere,  sentir 
dolore,  pena:  soffrire. 

Dolore.  Sensazione  afflittiva  cagionata  da  un 
male  che  tormenta  alcana  parte  del  corpo  e,  per 
lo  più,  dà  luogo  a  lamento:  sotferenza,  il  sof- 
frire. Anche,  il  sentimento  penoso  e  tormentoso 
che  affligge  e  cruccia  Vanimo.  Il  dolore,  quando 
forte,  grande,  merita,  desta  campassione,  pietà. 
Con  varie  gradazioni  di  significato:  accoramento,  ac- 
corazione,  affanno,  afflizione,  ambascia,  angustia,  an- 
sietà, attristamento  ;  contristamento,  cordoglio,  cor- 
ruccio, cruccio;  desolazione,  disconforto,  disgu- 
sto, doglia,  doglianza,  dòlo,  duolo;  gramezza,  grave 
tnalinconia,  gravezza,  gravitade;  mestizia;  op- 
pressione d'  animo  ;  passacuore,  passione,  pati- 
mento, pena,  pesanza  (v.  a.),  pietà,  pressura  ;  ram- 
maricanza  (v.  a.),  rammarico,  rodimento,  sbatti  - 
mento  d'animo,  sconsolamento,  sconsolazione,  scor- 
ruccio, spiacimento,  strazio,  struggicuore;  torm,ento, 
struggimento;  trambasciamento,  trangosciamento,  tra- 
vaglio, tristezza.  Figur.,  crepamento  di  cuore,  crepa- 
cuore; ferita,  fitta  dell'anima;  guerra;   lutto; 


ìnorte,  pena,  peso,  piaga;  pianto  del  cuore, 
di  cuore;  rimescolio  di  sangue;  schianto,  scoppia- 
cuure,  spasimo;  tarlo  dell'anima,  tempesta  del- 
l'anima. Il  dolore  può  essere  defio/e,  lieve,  sopportabile  ; 
oppure  acerbo,  ansio  (affannato,  affannoso),  aspro, 
pungente;  acuto,  molto  intenso  e  paragonabile  al 
dolore  provocato  da  una  ferita  inferta  con  arma  o 
istrumento  pungente  ;  atroce,  inlenso,  insopporta- 
bile, violento,  tormentoso  ;  crudele,  estremo,  inten- 
sissimo ;  forte,  profondo,  pungente,  spasmodico,  stra- 
ziante, vivo,  ecc.  Il  dolore  morale  può  essere 
schietto,  sincero,  vero,  oppure  bugiardo,  falso, 
finto,  ipocrita,  ecc. 

Doloretto,  dimin.  di  dolore.  -  Dogtiaretta,  doglia- 
rella,  dogliuzza,  dogliuccia,  dolore  da  nulla.  -  Do- 
loruccio,  dimin.  di  dolore  ;  dolore  da  nulla,  da 
poco.  -  Gontr.  di  dolore:  contento,  consolazione, 
gioia,  piacere,  ecc. 

Angerona.  dèa  del  dolore  presso  i  Sabini.  - 
Simboli  del  dolore:  l'amaranto  giallo  e  il  cipresso. 
-  Treno,  o  trenodia,  canto  di  dolore. 


Dolore  fisico. 


Familiarmente,  si  dice  spesso  dolore  per  male, 
malattia  :  veggasi  a  questa  voce,  nonché  a  cuo- 
re, a  dente,  a  gola,  a  fegato,  a  polmone,  ecc. 

Afflizione,  vivo  malessere  prodotto  dal  dolore.  - 
Algìa,  voce  che,  congiunta  al  nome  delle  diverse 
parti  del  corpo,  indica  la  loro  dolorosa  afflizione 
(artralgia,  dolore  degli  arti  ;  nevralgia,  dolore  dei 
nervi,  ecc.).  -  Angoscia,  affanno,  difficoltà  di  re- 
spiro per  effetto  di  dolore  :  ambascia.  -  Bruciore, 
senso  di  dolore  accompagnato  da  calore,  causato 
da  bruciatura,  dalla  puntura  delle  ortiche,  da  certe 
affezioni  cutanee,  dal  contatto  di  qualche  fluido,  ecc. 

Cardialgia,  vivo  dolore  alla  bocca  dello  stomaco: 
oggi,  più  comunem.,  gastralgia.  -  Cardiospasmo,  spa- 
smo, dolore  al  cuore.  -  Cefalea,  cefalalgia,  dolore  di 
testa.  -  Chiodo  isterico,  dolore  acutissimo  in  un  punto 
fisso  del  capo.  -  Cociore,  dolore  cocente,  frizzante.  - 
Còlica,  dolori  intestinali. 

Doglia,  dolore  per  lo  più  reumatico.  -  Dòglie,  i 
dolori  del  parto.  -  Emicrania,  dolore  di  metà 
della  testa.  -  Fitta,  trafitta,  puntura,  ferita.  -  Indo- 
lenzimento, indolimento,  senso  di  dolore  poco  vee- 
mente. -  Nevralgia  (nevralgico),  dolore  acuto  a  un 
nervo:  neuralgia,  neurodinia. 

Patimento  (genericam.),  sofferenza,  dolore.  -  Pa- 
zienza, per  dolore,  patimento  corporale.  -  Fetta, 
specialmente  nel  costato,  dolore  fisico,  punta.  •  Pe- 
rialgia,  dolore  acuto  generale.  -  Piaga,  disgiungi- 
mento  e  corrompimento  di  carne  ;  qualunque  do- 
lore fisico  0  morale  :  esulcerazione.  -  Puntura,  la 
ferita  d'un  corpo  acuto,  d'un  pungiglione  o  spino, 
e  il  dolore  conse-utivo. 

Reuma  (reumatico),  dolore  continuo  dei  mu- 
scoli. -  Spasimo  (spasmo),  qualunque  contrazione  in- 
volontaria dei  muscoli,  originata,  per  lo  più,  da  un 
disordine  dell'innervazione;  dolore  intenso  che  fa 
sospirare.  -  Spranghelta  (figur.),  dolore  alla  testa 
cagionato  dal  troppo  bere.  -  Strizzone,  una  striz- 
zata forte  ;  dolore  nei  visceri. 

Convellente,  il  dolore  spasmodico.  -  Erratico,  il 
dolore  che  muta  posto  di  continuo  nella  persona. 
-  Lancinante,  attributo  di  speciale  sensazione  di  do- 
lore fisico,  a  una  parte  del  corpo,  quasi  che  una 
lancia  vi  penetrasse.  -  Tensivo,  il  dolore  accompa- 


DOLORE 


929 


guato  da  un  senso  doloroso  di  tensione  della  parte 
ammalala,  -  Terebrante,  detto  di  dolore,  vale  perfo- 
rante. 

Acerbezza,  acerbità,  gravezza  del  dolore.  -  Inaspri- 
mento, l'inasprire  e  l'inasprirsi. 

Ansiare:  sta  tra  l'ansimare  e  l'essere  in  ansietà; 
ma  lo  stato  d-^l  corpo  qui  intendesi,  qmsi  sempre, 
che  venga,  almeno  in  parte,  dal  turbamento  del- 
l'animo. -  Aoere  i  cani  in  corpo,  doler  forte  il 
corpo.  -  Corrispondere  :  di  dolori  die  si  sentono 
in  U'i  punto  e  si  risentono  in  un  a'tro.  -  Dolere, 
avere  o  sentir  dolore;  essere  una  data  parte  del 
corpo  torm-intata  da  dolore  :  aver  male  (alla  testa, 
allo  sto  meo,  ecc.);  avere  un  tormento,  un  gran  for- 
mento:  bruciare;  dar  dolore;  far  mile  (una  mano, 
un  piede);  frizzire;  sentir  bruciore;  tormentare.  - 
Dilere  molto:  far  bestemmiare  pel  dolore;  far  en- 
trare uno  in  teJesco;  far  vedere  le  lucciole;  far 
vedere  più  lucciole  cbe  agosto;  far  vedere  le  stelle; 
far  vedere  le  stelle  di  mezzodì,  di  pieno  giorno.  • 
Dolere  poco:  dolicchiare,  dolicciare  (specialmente 
per  significare  che  una  data  parte  del  corpo  è  al- 
quanto do'ente.  ma  senza  dar  grave  incoinolo).  - 
D t'ersi  tutto,  essere  pieno  di  dolori  reumatici:  es- 
sere tulio  un  dilore.  •  Indolenzire,  indurre,  dare  do- 
lore. 

I urlale nzire,  indolire,  indolenzirsi,  indolirsi, 
veiire,  geierarsi  un  dolire  non  forte  in  qual- 
che parte  del  corpo  ;  a  Id  )rmentarsi  quasi  il  senso 
delle  membra  per  freddo  o  per  essere  stati  a  lu:»go 
in  postura  disiatala.  -  Sdolere,  restar  privo  di  do- 
lore, cessar  di  dolere.  -  Sdolenzire,  far  tornare 
allo  stato  primiero  al^Jin  m^inl)ro  in  lolen':ito.  - 
Sdoili'trsi,  liberarsi,  guarire  delle  do;;lie.  -  Vacare, 
di  dolo  "e  non  fisso  -  Veder  le  stelle:  di  cesi  di  acuto 
e  momentaneo  dolore  fisico,  per  l' effetto  di  certi 
bagliori  o  fosfeni  che  passano  su  le  pupille  in 
quell'attimi  (ad  esempio:  questo  dente,  questo  callo 
mi  fa  veder  le  stelle). 

Inceppalo,  del  capo,  impacciato  per  dolore. 

Rimedi  pel  dolche.  —  Analjèsico,  nome  gene- 
rico di  medicamenti  atti  ad  abolire  la  sensibilità 
per  il  dolore.  Analgesici  :  Vacelol,  Vacetopirina, 
Vacopirina,  ì' aloiurini,  Vammmol,  Vantineroina, 
Yanlipirina,  VariUochina,  là  cocaina,  h  tripmina, 
ecc.  Tali  pure:  il  caieput,  il  cloruro  di  etilene.  Ve- 
tere  clorati  di  Aran,  altri  medicamenti  che  si  trag- 
gono dal  gi/lio,  dalla  cainomilla,  dal  tiglio;  la  lo- 
beli'i;  i  vilerati  o  valerianati,  sali  dell'acido  ami- 
lieo,  che  si  usino  cosne  antispasmodici  nella  ne- 
vralgia e  nell'emicrania,  ecc.  -  Anestetico,  il  rime- 
dio, la  sostanza  che  produce  anestesia.  ■  Ano  lino, 
meiicaneato  che  calma  e  fa  cessare  il  dolore:  an- 
tispasmodico, lenitivo,  mitigativo,  pane/orico.  - 
Narcòtico,  dicesi  d'ogni  rimedio  che  produce  son- 
no, diminuisce  l' irritabilità,  ha  effetto  calmante, 
seditivo,  ipnotico.  Tali  l'oppio,  il  giusjuiarao,  la 
belladonna,  la  morfina,  il  cloro  far  tnio,  ecc.  - 
Nepenle,  bevanda  creduta  atta  a  calmare  qualunque 
dolore. 

A/'/estme<ro,  strumento  inventato  da  Bjonstrom  per 
misurare  la  celerità  con  cui  si  percepisce  il  dolore. 
-  Anaigia,  o  analgesia,  insensibilità  alle  impressioni 
di  dolore.  -  Aneitaia,  privazione  della  sensibi- 
lità, del  dolore.  -  Eterizzazione,  processo  aneste- 
tico che  consiste  nel  respirare  una  miscela  d'aria 
e  di  etere;  ovvero  nel  rendere  alquanto  insensibile 
e  fredda  una  parte  del  corpo  mercè  la  polverizza- 
zione dell'etere. 


Dolore  morale. 


Accoramento,  grave  profonda  afflizione.  -  Affanno 
(figur.).  disturbo  dell'animo,  dolore  -  Afflizione, 
stato  doloroso  dell'animo.  -  A'ionia  (figur.),  amba- 
scia, dolore  grave  e  prolungato  -  Amarezza  (figur.), 
afflizione  grande.  -  Am'micii.  dolore  intenso  -  An- 
goscia, grave  travaglio,  specialmente  dell'animo  ;  do- 
lore accompagiiato  da  injuietudine.  -  Angns'ia,  af- 
fanno, travaglio  dell'animo:  inquietutline,  stret- 
tezza d'animo. 

Col'ellata,  pujnalata,  stilettala  (figur.),  dolore  che 
incoglie  di  sorpresa  e  gravemente.  -  Compunzione, 
afflizione  d'ani  ino,  con  pentitnento  degli  errori 
commessi.  -  Contrizione,  perfetto  dolore  d'animo 
per  i  falli  commessi.  -  Cordoglio,  dolore  per  la 
sventura  nostra  o  d'altri;  gran  dolore.  -  Corona  di 
spine,  iìgur.,  dolore,  martirio,  pena.  -  Crepacuore, 
grave  afflizione  di  cuore,  gran  dolore.  -  Croce 
(ligur.),  tribolazione,  tormento,  affanno.  -  Cruccio: 
veggasi  a  questa  voce. 

D  lunazione  (figur.),  di  cosa  tormentosa.  -  Deso- 
lazione, di  dolore  che  non  dà  liio,'o  a  consolazione. 
-  Disperazione,  estrema  afflizione,  estrema  an- 
goscia. -  Digita,  dolore,  afflizione.  -  Dilore  del  go- 
mito, da  nulla,  che  passa  preUo.  -  Ecces-io  (fi^mr.), 
esorbitanza  di  dolore.  •  E <uker azione  (.figur.),  do- 
lore grave,  che  rode,  consuma.  -  Ferita  che  san- 
guina (figur.),  dolore  vivissimo. 

Laceramento  (figur.),  strazio,  dolore  per  cosa  tri- 
sta, per  sciagure  irrimediabili.  -  Lagrime  amare, 
lagrime  di  sangue:  di  forti  dolori.  -  Lipemania, 
qualche  cosa  di  più  e  di  più  grave  che  malin- 
conia, tristezza,  misantropia:  disposizione  abituale 
dello  spirito  a  considerare  le  cose  dolorose  con  una 
fissazione  invincibile  che  può  giungere  sino  alla 
pazzia.  -  Lutto,  propriam.,  pianto,  mestizia,  duolo, 
cordoglio  per  morte  di  parente  o  di  persona  cara. 

Martirio  (figur.),  gran  dolore.  -  Momenlaccio, 
momento  di  grave  dolore,  pericolo.  -  Passione^ 
movimento  disordinato  dell'animo:  detto  anche  per 
patimento,  dolore.  -  Patema,  afflizione  d'animo.  - 
Pena,  affanno.  -  Pena  di  morte,  dolore  grandis- 
simo. 

Rammarico,  dolore  per  un  fallo  commesso.  -  Ro- 
dimento, afflizione,  e  l'oggetto  stesso  che  affligge.  - 
Spasimo,  spasimo  d'inferno,  dolore  acerbo  dell'ani- 
mo. -  Spina  fitta  nel  core  (figur.),  dolore  che  non 
dà  requie,  non  si  può  vincere.  -  Strazio  (figur.), 
dolore  grande,  tormentosissimo. 

Tormento,  grande  afflizione;  anche,  la  causa 
del  dolore.  -  Tortura  (figur.),  dolore  atroce:  sup~ 
plizio.  •  Tribolo  ftribolamento,  tribolazione),  luogo 
di  dolore,  di  sofferenza,  e  anche  la  stessa  tribola- 
zione. -  Turbamento,  stato  penoso  dell'animo. 

Conforto,  alleggerimento  di  dolore. 


Addolorare.  —  Addolorarsi. 


Addolorare,  arrecare,  apportare,  dare,  procurare, 
recar  dolore,  affliggere:  addogliare  (v.  a.),  affan- 
nare, amareggiare,  angosciare,  angustiare;  attossi- 
care, avvelenar  l'animo,  attristare  ;  colmar  di  do- 
glia, compugnere,  compungere  (non  us,),  contribo- 
lare, contristare,  crucciare,  cruciare  ;  dar  compun- 
zione,   guerra,   martello,  passione,   sconsolamento. 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


59 


930 


DOLORE 


tormento,  tortura;  dar  nei  cuore;  desolare,  dila- 
niare, disconsolsre,  discontentare,  dispiacere  insino 
al  cuore  ;  far  dosila,  far  dolere  il  cuore,  far  gramo, 
far  piangere,  far  triste  ;  ferire  al  cuore,  il  cuore, 
nel  cuore;  flagellare,  funestare;  gravare,  gravar  di 
dolore;  indogliare,  in/unestare;  lacerare,  levare  il 
rìso;  martirizzare,  martoriare;  mettere  in  affanno, 
in  croce,  in  doglia,  in  travaglio;  mortificare;  of- 
fendere; passare,  spezzare,  strappare,  straziare, 
trapassare  il  cuore;  passionare,  pesare  ;  percuòtere 
al  cuore;  porre  in  doglia,  pungere;  rattristare,  re- 
car doglia,  recar  disperazione;  sconsolare,  stra- 
ziare ;  toccar  sul  vivo,  nel  vivo  ;  tormentare,  tor- 
turare, trafiggere,  turbare. 

Accasciare,  abbattere,  deprimere  l'animo,  cagio- 
nare dolore  o  altra  penosa  impressione:  annientare, 
atterrare  (figur.), avvilire, costernare,demora]izzare; 
esanimare,  invilire;  opprimere;  scoraggiare  (^eg- 
gasi  a  coraggio),  sommergere  (fìgur.),  soperchiare, 
sopraffare,  spezzare,  spezzare  in  due  ;  vincere.  - 
Angere,  usato  solo  in  presia,  nella  terza  persona 
singolare  e  plurale  dell'indicatiAo:  angustiare,  dare 
ancoscia.  -  Arrivare  al  «^ ore:  di  cose  doloiose,  che 
affliggono  intimamente,  prolondamente.  -  Compon- 
gire  f^cow/ft/ri/o^,  alfli^gere,  toccar  nell'animo,  dar 
compunzione. 

Diìoviare  (figur.),  lacerare  (il  cuore),  straziare. 
Far  iììocerhire  il  sangve   a  uno,  cagionargli  ranima- 
rico,  dolore.  -  Far  sespirare,  dar  aiflizione,  doJore. 
-  JWocfrot e, -affliggere  gravemente.  -  Possale  ronma, 
t7  cvore:  di  dolori  eccessivi. 

Ranimaricare,  cagionar  rammarico.  -  Eincru- 
dire, esacerbare,  rendere  più  crudo,  più  acerbo  un 
dolore.  -  Graziare,  fare  strazio,  addolorare  crudel- 
mente e  a  lungo.  -  Trapanare  (figur.),  forare,  pas- 
sare (dolore  acuto  che  trapana  il  cervello,  il 
cuore). 

Addolorarsi,  sentire,  provar  dolore  e  simili:  ac- 
casciarsi, addolorare,  allannarsi,  alDiggersi,  andar  il 
sangue  (figur.),  angersi,  aver  pena;  cadere  in  tri- 
stizia; darsi  al  dolore,  darsi  cruccio,  dolore,  malin- 
conia, pena;  dispiacersi  fino  al  cuore,  disperarsi, 
dolere,  dolersi,  dolorare;  esulcerarsi  il  cuore;  gra- 
varsi; indolentirsi  (disus.);  mettersi  in  affanno,  in 
doglia,  in  duolo,  ecc.;  perdere  il  cuore,  perdere  il 
cuore  e  il  sangue,  pigliarsi  dolore;  ridolere,  ridolersi 
(sentir  nuovo  dolore);  sconfortarsi;  sentirsi  crepare, 
scoppiare,  serrare,  spezzare,  strappare,  stringere, 
struggere  il  cuore  ;  spasimare,  stemperarsi  di  dolore, 
struggersi;  trambasciare,  tran gosci are,  tribolare, 
tribolarsi;  venire  il  mal  di  crepacuore;  vivere  tra 
lagrime,  tra  sospiri. 

Accasciarsi,  provare  un  senso  doloroso,  penoso, 
di  ajsbattimento,  di  prostrazione  morale;  sentirsi  da 
meno  delle  circostanze:  abbandonarsi,  abbattersi, 
alabiosciarsi;  atterrarsi,  attarparsi,  avvilirsi;  buttarsi 
giù;  cascare  il  pan  di  mano;  cascare  il  fegato,  il 
fiato,  la  milza  e  le  budella;  cascar  la  coratella,  le 
braccia,  l'ovaia;  confondersi;  disanimarsi,  diventar 
piccin  piccino;  farsela  sotto,  farsi  vile,  fiaccarsi; 
infiacchirsi,  infrollirsi,  ismagarsi  ;  mancare  a  sé  me- 
desimi, mancare  il  cuore;  perdere  il  sangue,  per- 
dersi in  un  bicchier  d'acqua;  portare  il  lutto  di  sé 
stessi,  prostrarsi;  scoraggiarsi,  sgomentarsi,  smar- 
rirsi; umiliarsi. 

AUristire,  prendersi  dolore,   mestizia.  -  Bere  il 
e  alice,  al  calice  dell'amarezza,  delle  amarezze,  subire 
grandi  afflizioni.  -  Covare  i  guai  dentro  di  sé,  ad- 
dolorarsi in  segreto,  nascondere  il    dolore.  -  Cruc- 


ciarsi, dolersi,  avere,  prendersi  miccio.  -  Dolerer 
aver  pena  di  checchessia.  -  Dolorare,  sentir  dolore. 

Gelarsi  il  sangue  a  uno,  provare  egli  tal  dolore 
0  spavento  che  quasi  resti  sospesa  la  circolazione 
del  sangue. 

Macerarsi  (figur.),  affliggersi  gravemente,  consu- 
marsi dentro. 

Mangiarsi  il  core  (figur.),  pel  dolore  o  per  la 
stizza;  mangiarsi  il  fegato,  Vanima,  rodersi  dentro. 

-  Marcirsi  in  una  cosa  :  consumarcisi,  affliggersi.  - 
Mordersi,  mordersi  le  mani  (figur.),  crucciarsi  ango- 
sciosamente. -  Patire,  provare  uno  o  più  mali,  do- 
lori, danni:  di  cose  e  di  persone,  fisici  e  morali, 
soffrirne.  -  Patire,  soffrire  le  pene  dell'  inferno,  pa- 
tir mille  morti:  avere  gran  dolore.  -  Piangere  il  core, 
sentir  dolore  per  qualche  cosa  veramente  deplo- 
revole e  che  si  poteva  schivare. 

Sentirsi  morire,  per  mancanza  di  vita,  per  fame, 
per  sete,  ecc.;  anche  di  dolore,  di  passione.  -  Sen- 
tirsi una  gran  martellata  nel  cuore:  essere  afflitta 
di  dolore  acuto,  anche  morale. 

Addolorato. 
Dolorosamente.  —  Doloroso, 

Addolorato,  che  sente,  che  prova  dolore:  ac- 
casciato, acciaccato  dentro,  affaticato  (figur.),  af- 
flitto, angosciato,  angustiato,  appassionato;  cruc- 
ciato; disconsolato,  discontento,  doglioso,  do- 
lente, dolente  a  cuore  ;  gramo,  inconsolato  ;  mal- 
contento dell'animo,  fino  all'anima;  mesto;  nu- 
drito  dal  dolore;  paziente,  prostrato  d'animo,  di 
cuore;  rammaricato;  scapiglialo  a  pianto  e  a  do- 
lore, sconfitto  dal  dolore,  sconfortato  sconsolato, 
sospiroso,  spasimante;  stretto  da  amarezza,  stretto 
d'animo;  tapino,  tormentato,  tormentoso,  tramba- 
sciato, tribolato,  triste.  -  Accasciato,  moralmente  ab- 
battuto: abbacchiato,  abbandonato  d'animo,  abbat- 
tuto, attrito,  avvilito,  contrito,  disfatto,  indebolito 
(veggasi  a  debole),  invigliacchito;  rintuzzato,  stra- 
mazzato. -  Afflitto,  che  é  sotto  la  penosa  impres- 
sione di  una  disgrazia  o  simili:  gravato,  oppresso 
d'animo,  preoccupato,  schiacciato;  sotto  il  peso  di 
una  noia  e  simili.  -  Doglioso,  addolorato,  pieno  di 
doglia,  e  anche  di  cosa  che  apporta  doglia,  duolo. 

-  Triste,  malinconico  (dice  qualche  cosa  tra  il  ma- 
linconico e  Vinfelire). 

Essere  addolorato,  essere  in  dolore;  avere,  sentire, 
provar  dolore:  avere  il  cuore  comprese  di  dolore; 
avere  il  cuore  gonfio,  serrato,  stretto;  avere,  sen- 
tirsi un  nodo  alla  gola;  aver  tronche  le  gambe; 
essere  dispiacente;  essere  penetrato  dal  dolore,  im- 
merso nel  dolore,  impazzar  di  duolo;  mangiare  it 
pane  del  dolore,  martellare  il  cuore;  pascersi  di 
lagrime;  perdere  il  mangiare,  la  sete,  il  sonno;  sa- 
per male,  scemar  dentro  la  corata;  sentir  discon- 
forto al  cuore,  sentirsi  svellere  il  cuore;  sentii*  un 
nodo  alla  gola;  sofYrire,  sospirare;  stare  sulle 
spine;  vivere  di  lagrime;  vivere  in  duclo,  in  mala, 
in  malissima  contentezza.  -  Battere  il  capo  nel  muro 
(figur.),  di  chi  smania  per  ào\ore.-  Campare,  vivere 
di  lacrime:  di  persone  continuamente  tormentate  da 
dolori  morali.  -  Contorcersi  (contorsione,  contorto), 
il  rivolgere  delle  membra  che  si  fa  talvolta  per 
dolóre.  -  Gemere,  lamentarsi,  far  lamento  con 
voce  bassa  e  non  articolata.  -  Parere  la  Madonna 
addolorata  o  dei  dolori,  la  Madonna  dello  spasimo: 
di  donna  sempre  afflitta,  mesta. 


931 


Essere  molto  addolorato  :  allranto  dal  dolore, 
agghiadato  di  dolore,  assorto  in  profonda  estasi 
di  dolore;  desolato,  dolente  a  morte,  sopra  mi- 
sura; dolentissimo;  ebbro  di  dolore;  finito  dal 
patimento;  inconsolabile;  macerato,  martirizzato; 
oppresso  dal  dolore,  pazzo  di  dolore,  sepolto  nel 
dolore,  smarrito  di  dolore  ;  spezzalo,  strazialo  dal 
dolore;  travagliato.  -  Andare  il  sangue  a  ralinelle, 
sentirsi  molto  addolorati.  -  Avere  asvelto  luyuhre: 
addoloratissimo,  per  sc'ìA^nre.  -  Avere  il  cuore  slrello 
come  in  una  morsa;  avere,  andai  e  il  cuore  allra- 
verso,  avere  una  spada,  un  coltello  confilto,  piantalo 
nel  cuore  (figur.),  un  gran  dolore.  -  Avere  il  volto 
contratto  dallo  spasimo:  di  chi  appare  profondamente 
addolorato.  -  Avere  in  Terra  il  stto  purgatorio,  sof- 
frire molto.  -  Avere  la  croce  e  il  croce fLaso,  di  chi 
ha  molte  lTÌhohz\oni.  -  Bere  il  calice  (dell'amarez?.a) 
fino  alla  feccia:  di  dolori  provati  lino  all'ultimo.  - 
Essere  impietrato,  impietrito  dal  dolore  (fìgur.),  quasi 
ridotio  come  pietra,  reso  insensibile  a  tutto,  per  im- 
mensità di  dolore.  -  Grondar  sangue  dal  cuore  (figur.), 
per  liero  dolore.  -  Mettersi  te  mani  al  petto,  una 
mano  al  petto:  per  dolore,  per  patimento,  per  ri- 
flessione. -  Morire  di  dolore,  morire  dallo  spasimo, 
non  poterne  piti.  -  Morire  tutti  i  giorni,  avere  do- 
lori continui  e  gravi.  -  Non  sentirsi  più  una  goc- 
cia di  sangue  nelle  tiene,  parer  d'avere  tutto  il  mondo 
addosso:  di  chi  è  molto  addolorato.  -  Passar  l'a- 
nimo, di  dolore  che  trafigge,  fa  soffrire  assai.  -  Pian- 
gere lacrime  di  sangue  (figur.),  per  dolore  grande  e 
straziante. 

Dolorosamente,  con  dolore,  in  maniera  dolorosa  : 
angosciosamente,  crucciosamente,  dogliosamente  do- 
lentemente, faticosamente,  increscevoi mente,  incre- 
sciosamente, infaustamente,  laboriosamente,  luttuo- 
samente, mestamente,  miseramente,  rincrescevol- 
mente,  straziantemente,  straziatamente,  tormentata- 
mente,  tormentosamente,  travagliatamente,  tribola- 
tamente, tristamente. 

Doloroso,  che  arreca,  dà  dolore:  accorabile,  ac- 
corante, accoratolo  (disus  ),  addolorevole,  afTannoso, 
affliggente,  afflittivo,  antaro,  amarissimo,  angu- 
stioso;  doglioso^  dolori  fero,  dolorifico,  duro;  grave; 
infausto;  luttuoso,  penace,  penoso;  pieno  d'ama- 
rezza, d'  amaritudine;  spasimante,  tormenloso,  tri- 
boloso.  -  Doloroso  (letter.),  di  persona  che  soffre 
dolore  (la  dolorosa  madre).  Anche,  per  luogo  di  do- 
lore (il  doloroso  regno,  Vinferno,  poet.).  -  Fune- 
bre: di  qualche  cosa  che  richiama  memorie  dolo- 
rose>  di  morte. 


Diminuire,  accrescere  il  dolore,  ecc. 
Alcune  voci  analoghe. 


Addolcire  un  dolore  (figur.),  renderlo  meno  aspro, 
meno  tormentoso:  attenuare,  calmare,  diminuire^ 
menomare,  scemare.  -  Addormentare,  assopire,  che- 
tare, sopire.  -  Addormentarsi,  sopirsi,  calmarsi.  - 
Alleggerire,  alleviare,  rendere  più  lieve,  lenire,  mi- 
tigare. -  Avere,  dar  tregua,  far  cessare  momen- 
taneamente, per  un  po'.  -  Darsi  pace,  calmarsi,  che- 
tarsi. -  Disacerbare,  disgravare,  rendere  meno  acerbo, 
meno  grave.  -  Incantare  il  dolore,  non  farlo  sentire 
per  qualche  tempo.  -  Levare  una  spina  dal  cuore  un 
pruno  dagli  occhi,  togliere  un  dolore,  levar  da  spa- 
simo. -  Medicare  (figur.),  curare  dolcemente,  con 
rimedi  morali.  -  Rincorare,  fare  o  farsi  animo,  spe- 


cialmente dopo  un  dolore;  infondere  coraggio  a 
sopportare  il  dolore.  -  Uscir  di  pena,  cessare  di 
soilrire. 

Esacerbare,  inasprire,  rendere  più  aspro,  irri- 
gar*", esacerbare.  -  Inasprire  la  ferita,  accrescere 
il  dolore.  -  Provocare,  eccitare,  -  Hiaprire  una 
piaga,  una  ferita,  rinnovare  memorie  dolorose. 

Arcusare  un  dolore,  dire,  dichiarare  di  sentirlo. 

Farsi  un  animo  superiore:  saper  resistere  al  do- 
lore, saper  viticersi,  non  lamentarsi  -  Passare  il 
dolore,  non  sentirlo  più.  -  Sopportare,  subire  il 
dolore  con  pazienza,  con  forza  d' animo,  con 
rassegnazione,  o  anche  per  viltà:  tollerare. 

Coni  pian  gei  e,  esprimere  compassione  per  il 
dolore  altrui.  -  Condolersi,  dolersi  con  altri  delle 
sue  sofTerenze:  esprimere  condoglianza.  -  Conso- 
lare, dare,  procurare  consolazione  a  chi  è  addo- 
loralo. -  Indurare,  indurarsi  (fiijur.),  rendere,  ren- 
dersi tanto  0  poco  resistente  al  dolore. 


Varie.  —  Esclamazioni.  —  Locuziom.  —  Proverdì. 


Domonici:  a  Sparta,  si  chiamavano  cosi  quei  fan- 
ciulli che  più  a  lungo  e  con  maggior  coraggio  sop- 
portavano le  frustate,  allorquando  li  si  fustigavano 
per  avN ezzarli  al  dolore.  -  Insensibile,  chi  non  ha 
sensibilifà  al  dolore,  o  ne  ha  poca.  -  Spartiuti,  o 
Lacedemoni  :  spesso  citati  ad  esempio  per  la  loro 
resistema  al  dolere. 

Ah,  ahi,  ahimé,  ahimé  lasso!,  esclamazioni  di  do- 
lore familiari  e  frequenti:  ohi,  ohii,  o/m«è.' Ahimè  è 
quasi  ironico  e  dello,  per  lo  più,  nel  rimpiangere 
uno  sbajilio  commesso.  -  Angeli  santi  I  Angeli  del 
paradiso!  Angeli  del  cielo!,  esflamazioni  di  dolore, 
e  anche  di  meraviglia.  -  Che  di  nnnziove!,  quando 
i!  dolore  persiste  o  si  riptte.  -  Deh!  (inter.  letter. 
e  poet.):  ha  dell'affellazione.  -  Eppure..,  nonostante; 
anche  esclamazione  di  affermazione  dolorosa.  -  Que- 
sta è  atroce!,  di  cosa  dolorosi.«sima.  -  Questa  mi 
lesa!,  di  cosa  che  affligge  assai.  -  Uhi l,  esci,  di 
dolore,  più  forte  d'Uh!  •  Un  destiìw!  Pare  un  de- 
stino!, alludendo  a  cose  dolorose  che  si  ripetono- 
con  frequenza. 

Dio  disperda  l'augurio:  a  chi  prevede  cose  dolo- 
rose, nefaste.  -  Esserci  le  tenebre  in  un  luogo:  grida 
di  dolore,  di  confusione.  -  Fare  un  pianto  d'uva 
cosa,  0  farne  un  pianto  e  un  lamento:  lasciarne  il 
pensiero,  o  decidersi  ad  affrontare  una  volta  per 
sempre  un  dolore  e  uscire  da  una  situazione  penosa 
(E'  meglio  fare  un  pianto  e  un  lamento  e  venir  via 
da  qve'  deserti).  -  Fùg^ere  e  tacere,  soffrire,  non  ve- 
nire a' fatti.  -  Non  te  ne  prendere:  non  te  ne  afflig- 
gere, non  addolorarti. 

Alla  scuola  del  dolore  s'impara  molto.  -  Col  soffrir 
s  acquista.  -  I  dispiaceri  sono  una  lima  sorda.  -  Il 
doloie  guasta  il  sangue  come  un  veleno.  -  Non  c'è 
viaggio  senza  polvere,  né  guerra  senza  lagrime:  il 
dolore  non  manca  mai.  -  Pathémata  mathèmata  (an- 
tico motto  della  sapienza  greca):  letteralmente,  i 
],otiinenti  sono  ammaestranti.  -  Tutti  abbiamo  le  no- 
stre spihe:  i  nostri  dolori. 

I*RovERBÌ.  —  Anco  tra  le  spine  nascono  le  rose.  - 
Chi  mangia  aloè  (chi  ha  amarezze)  campa  gli  anni 
di  Noè.  -  Di  dolore  non  si  mu^ie,  ma  di  alleyrezza 
si.  -  Dolce  vivanda  vuol  salsa  acerba.  -  Dopo  il  dolce 
rien  l'amaro.  -  Ha  pochi  amici  il  doloie.  •  1  grandi 
dolori  sono  muti.  -  Il  dolore  non  invecchia  (cioè,  o 
muore  o  uccide).  -  Il  duol  fa  bello.  -  Il  male  si  fa 


932 


DOLOROSAMENTE   —   DOMANI 


leccare,  il  fiele  si  fa  sputare.  -  Il  ricordarsi  dei  male 
raddoppia  il  bene.  -  Impara  piangendì  e  riderai 
g'iad'ignando.  ■  La  fine  del  riso  è  il  piatto.  -  L</,ngo 
pi  ver  fa  piangere.  -  Mille  piaceri  non  valgono  un 
tormento. 

D  )lorosaTnente.  Con  dolore. 

D  »lor'>so.  <ìhe  ha  o  apporta  dolore. 

D  »losaaiente    Fraudolentemente,  con  frode. 

Doloso.    Prau'lolento,   ingannevole:    veggasi   a 
fr  f  le  e  a  inganno, 

D  >lzaìaa,    dolzaiao.    Istramento    musicale, 
Yo't  t<ì. 

D>mabile.  Chi  si  può  domare,  rendere  <lo- 
m9<^ico. 

D>  Iliaca  (dimanda).  Interrogazione;  invito 
fitt)  ad  altri  per.*-hè  ci  rispon^la  o  ci  dica  qualche 
c)4i;  richiesta  di  alcunché;  chiedimento,  chiesta, 
di  muda,  dimando,  domaido;  inchiesla,  quistione, 
richiesta  (fatta  all'autorità,  in  iscritto,  in  carta  da 
bollo,  ecc.).  Molte  domande,  bene  spesso,  sono  fatte 
pir  curiosità,  tntte  per  uno  scopt.  -  Doman- 
dvì'e,  chi  domanda:  chiedente,  chie  iitore,  petente, 
pulitore,  querente,  ricorrente,  supplicante.  E  chie- 
dono, pigolo  te,  il  chie  Iitore  importuno.  -  Interces- 
so-e,  pos'iih'ite,  chi  dommh  qniiche  grazia.  - 
D  >  ni  t  l'ito,  ch'iP.iio,  riohieito,  sollecitato.-  Eonivo, 
di  parole,  di  risposte  che  sfui[^ono  accortamente- 
o  astati  mente  alla  dom\nda.  -  I  in  o  lo  r  ab  ile,  da  po- 
tersi implorare,  domindare:  petibile. 

Ciii.ro  lo  na'ida,   dommda    opposta    ad   un'altra. 

-  D)'niidi  suggestivi  (ve,'ga8Ì  a  sagjestione)  ^ 
qnella  fatta  inginnevolmìiite  per  trarre  alimi  di 
b>Jca  CIÒ  che  da  altri  si  sarebbe  detto,  o  cose 
che  ci  interessa  di  svpere.  -  Iiterpellanza,  inler- 
roiaz'one,  ve^.,'asi  ad  a'^^ern'tlet  (pagina  I9i), 
seconla  colonia).  -  Istinza,  l'atto,  per  lo  più  in 
iscritto,  col  qiule  uno  si  rivolge  a  un' autorità 
pubblica  chiedendo  quilche  cosa:  ricorso.  An- 
che, perseveranza,  insisten^.a  nel  do  nindare.  ■  Me- 
m)i-iile,  istanzi,  snpniica;  molte  do  nande  in  iscrilto. 

-  Peliti  (Ut),  l'oggetto  della  donuida.  -  Pe'itoria, 
la  domuidi  che  si  fa  in  giulizio  per  riavere  la 
proprietà  d'una  cosa.  Gontr.  di  pissenorio,  in  cui  si 
chiede  solammte  il  possesso,  senza  far  questione  di 
proprietà.  -  Petizione,  inchiesta,  dommda  nelle 
forine  di  le^ge:  atto  contenente  le  doinande  e  le 
ra,'0:ii  iliW'altore  contro  il  coaoennl').  -  Postulato, 
d)minla,  che  si  fi,  di  am  nettere  un  principio  non 
dimostrato,  per  tirarne  le  co  Hegiiioze.  -  Prejhiera , 
dommla  di  checchessia  per  grazia,  o  per  favore; 
dommla  fervorosa  e  sup,)lichevole.  -  Riqiii<izio>ie, 
do  uiiida  fatti  all'autorità  (specialmente  militare) 
perché  si  mettmo  a  sui  disposizione,  per  pub- 
blici servizi,  viveri,  mìzzi  di  trasp)rto,  ecc.  Vale  ri- 
chiesta, istanza.  -  Réna,  istanza  iiuporluna  fitta  ad 
altri  per  ottenere  qiilc'ie  cosa.  -  Ricorso,  il 
ricorrere  per  rimborsi,  inlennità,  aiuto  o  giustizia, 
-  SuiìiìVca,  domali  di  grazia. 

DiMvvovKE  {ad  li  nini  ire,  di,m.nlare),  rivolgersi 
a  uni  persona  con  parole  per  sapere  qailche  cosa; 
ricercare  notizia  intorno  a  cosa  o  a  persona;  chie- 
dere, dire,  richiedere,  ripjtere,  appellare,  chiamar 
per  nomi.  Con  varie  gradazioni  di  signiiicato:  ab- 
biiare  (per  lo  più  do  naadare  inutihnente);  aldi- 
min  lare;  cercare;  fare  istanza;  indigare,  investi- 
gare, ricercare;  invocare;  picchiare  (figur.),  por- 
gere inchiesta,  pregare;  requisire,  ricercare,  ricliie- 
aere,  richieggere  (v.  a),  ritentare,  ritornare;  sup- 
pli'^are.  -  Batter  marina,  chiedere  rammirian- 
dosi.  -  Domandar  la  parola,  chiedere  di  parlare,  in 


un'adunanza,  in  un'assemblea,  in  un  comizio. 

D)mindare  all'oste  se  il  vino  è  buono,  far  domande 
inutili.  -  Domandar  quattrini,  chiedere  de 'taro.  - 
Esaudire,  accondiscendere  alla  domanda,  all'istanza  ; 
concedere  ciò  che  si  era  domindato;  soddisfare, 
dare  soddisfazione,  -  Fare  una  petizione,  doman- 
dare con  formale  istanza:  reclamare,  ricorrere,  sup- 
plicare. -  Impetrare,  ottenere  con  preghiere  quel 
che  si  domanda.  -  Implorare,  domandare  suppliche- 
volmente, pregare.  -  Instare,  fare  istanza;  anche, 
insistere  su  una  domanda.  -  Intercédere,  essere  in- 
termediario nel  domandar  grazia  per  alcuno.  - 
Interrogare,  domandare  a  qualcuno  spiegazione  o 
spiegazioni  d'una  cosa  importante  e  di  conseguenza: 
movere  dommda,  interro jazione.  -  Limosinare, 
mendicare,  chiedere  in  grazia,  domandare  uradmente, 
pietosamente:  impetrare.  -  Pigolare,  chiedere  con 
una  certa  importunila.  -  Postulare,  chiedere  cariche 
o  benefizi.  -  Rullare,  chiedere  aiuto;  domandare 
soccorso.  -  Ricercare,  richiedere,  procurare.  -  Richie- 
dere, ripete  e  rafforza  chiedere.  -  Ricorrere,  andare 
a  chiedere  aiuto  o  difesa  ad  alcuno;  presentare  ri- 
corso. -  Rido'uandare,  ripete  domandare,  richiedere; 
anche,  fare  una  controJomanda.  -  Ripetere,  richie- 
dere quel  che  è  nostro,  il  capitale,  i  frutti.  -  Ri- 
sponilere,  il  dire  che  si  fa  in  seguito  a  una  do- 
manda. -  Risponder  picche,  deludere  una  domanda. 

-  Rivolgere  una  domanda  ad  alcuno  :  farla,  interro- 
garlo. -  Serrare  con  le  domande,  incalzare.  -  Solle- 
citare, insistere  per  il  pronto  esaudimento  di  una 
domanda:  fare  sollecitazione,  -  Sopracchiedere, 
domandare  di  più  del  convenuto  o  del  conveniente; 
chiedere  un  prezzo  maggiore.  -  Tempestare  di  do- 
mande, far  molte  domande,  far  domande  su  do- 
mande. 

Accogliere,  ascoltare  una  domanda,  tenerne  conto  ; 
accoglier  bene,  far  buona  accojlienza  alla  do- 
mmda o  a  chi  la  presenta.  -  Z)tfc/»iare  una  domanda, 
(neol.    burocr.  da  evitare),  desistere,    rinunziare. 

-  Far  parlare,  far  cantare,  interrogare  persona  con 
arte,  affinchè  riveli  ciò  che  sa.  -  Prendere  in  con- 
si  lerazìone:  di  istanze,  domande  e  simili,  acco- 
glierle favorevolmente,  esaudirle, 

A  petizione  (modo  avverb  ),  fin  che  se  ne  do- 
manda, quanto  si  vuote:  abbastanza,  a  piatto 
satollo,  a  sazieià,  a  suo  satollo,  in  abbondanza; 
per  tutti  i  gusti;  soddisfacentemente.  -  Che  do- 
mandai... Che  domande!,  esclamaz.  di  sprezzo  o  ma- 
raviglia nell'udire  domande  superflue.-  Dammi,  modo 
per  domandare  ad  altri  qualche  cosa:  dà  qua, 
dammi  qua.  -  Dietro,  dietro  istanza,  dietro  domanda, 
mal  detto  invece  di  per  istanza,  conforme  alla  do- 
manda. -  Per  favore,  modo  di  raccomandarsi,  di 
chiedere  una  gentilezza  (mi  dà  per  favore?  mi  fa- 
vorisce ?). 

Dall'anno  non  cercar  lana:  non  chiedere  quel  che 
uno  non  può  dare.  -  Date  da  bere  al  prete  che  il 
chierico  ha  sete  :  quando  qualcuno  chiede  per  altri 
quel  che  vuol  lui.  -  Il  libro  dei  perchè  stampato 
ancor  non  è  :  a  chi  fa  domande  indiscrete.  -  Le  li- 
mosine  son  fatte  o  son  finite:  a  chi  viene  a  chiedere 
inopportunamente. 

Ojiuaadare  (domandato).  Fare  una  do- 
manda. 

Di>t)iani.  11  giorno  successivo  a  quello  in  corso 
{ogji):  dimane,  diman;  il  di  seguente,  sopravveniente, 
sii^S'i;aente,  vegnente;  il  domane;  l'altro  di,  l'altro 
sole;  nuovo  giorno,  nuovo  sole;  qiest'altro  giorno; 
seguente  sole.  Avverbialm.,  il  dimani,  alla  dimane, 
all'indomant,  l'indomani  (francesismo,  da  lendemain). 


DOMARE    —    DOMINE 


933 


Contr.,  ieri.  -  Dornanisera,  domansera,  l'indomani 
sera;  diman  da  sera,  dimandassera.  -  Doviaitina, 
l'indomani  mattina,  dimaltina;  posdoniattina   (v.  a.). 

-  Posdomani,  domati  l'alti  o,  il  giorno  surcessi\o  al 
domani:  diman  l'altro,  dopodomani,  posdomane, 
posdomani  (v.  a);  terzo  giorno. 

Domare  {domàbile,  domato,  d( malore,  doma- 
trice). Hendere  dotnesHco  e  tràllai)ile  un  ani- 
male: addomesticarlo,  renderlo  mansueto  e  alto  a 
qualche  lavoro  o  esercizio:  arcucciare,  addimesti- 
care, addimestirliire,  addocilire,  addolcire,  alìami- 
liare,  affamiliarizzare,  a};evolare,  ammaestrare,  am- 
mansare, ammansire;  dimesticare,  domesticare;  in- 
docilire; maneggiare,  sbandellare,  mansare,  scoz- 
zonare (di  ca\alli);  mansare,  mansuefare;  rad- 
domesticare,  recare  in  mansuetudine,  rend(  re  do- 
cile, ridurre;  vincere.  •  P'i^'ur.,  sdllomeltere  i 
vinti;  cosiringere  nemici  e  sedizi(  si  all'ul  Lidi' nza  ; 
Bojyiogare.  -  l)i  mobile,  rlie  si  può  duuiare,  ridu- 
cibile. Coiitr.,  iiidoniabile:  e  ivdovioto,  union  ito, 
non  ancora  domato.  -  Domalo,  adilom*  stiealo,  anmiae- 
stralo;  dòmo,  sot'gio^ato.  -  Bvde,  in  Sardegna,  di- 
cesi delle  Lestie  IJovine  e  cavalline  non  ancora  do- 
mate. -  DomaUre,  dimatrice,  chi  domn,  addomestica 
animali,  specialn  ente  le  fiere:  addimesticatore^  di- 
meslicatore,  (k  mesticatore;  scozzone  (domatore  di 
cavalli).  -  Doììitura,  il  doBiare;  l'azione  necessaria. 

-  Btdomare,  ripete  divìare. 

Domatore  {domatrice).  Detto  a  domare. 

Doniatlina.  ^'elIa  niatlina  del  diimani. 

Domatura.  L'operazione  del  domare. 

Domeneddio.  Iddio,  Dio. 

Doménica  {dommiiale).  Giorno  festivo,  dai 
cristiani  più  specialmente  dedicato  alle  pratiche  re- 
ligiose: di  del  Signore,  festa  del  riposo,  giorno  del 
Signore,  settima  festiva  aurora,  settimo  giorno.  - 
Dcvievicale,  della  domenica  (catechismo,  scuole, 
adunanze  doìhenicali,  ecc.).  Lelter,  del  Signore; 
padronale,  appartenente  al  />«rfjo?*e.  Soslanti\am., 
veste  da  portare  la  domenica.-  Leltira  dom  nicale, 
quella  che  nei  calendari  indica  le  domeniche  di 
tutto  l'anno.  -  Oìazwve  domevvale,  il  paternostro. 

Domenica  delle  palme,  o  dell'olirò,  quella  prece- 
dente la  Pasqua.  -  Domenica  dt  Pasqva,  la  J'a- 
squa.  -  D(meiiica  di  jiotsione:  quella  in  cui  prin- 
cipia la  settiniana  di  passione,  che  precede  la  set- 
timana santa.  -  Domenica  gì  ossa,  quella  che  precede 
la  quaretiima.  -Domenica  in  albis,  l'ottava  di  Pa- 
squa. -  Jnbilote,  nome  dato  dalla  (Chiesa  alla  terza 
douicnica  dopo  Pasqua.  -  Qvadrayesima,  la  prima 
domenica  di  quaresima.  -  Quasimodo,  la  domenica 
della  ottava  di  Pasqua.  -  Quinqv ai) esima,  la  dome- 
nica antecedente  al  mercoledì  delle  Ceneri  ed  alla 
prima  della  quaresima.  -  Rogate  (lat,  jìreyale!),  la 
quinta  domenica  dopo  Pasqua.  -  Èoìdte  (hit.,  irru- 
giadate!),  la  quarta  domenicai  di  avvento.  -  Stssa- 
gesima,  ottava  domenica  avanti  Pasqua.  -  Settvage- 
sivia,  la  domenica  che  ricorre  tre  settimane  avanti 
la  prima  domenica  di  quaresima. 

Òpeìe  sertili,  quelle  dalle  quali  si  deve  astenersi 
la  domenica.  -  Uffici,  offici  della  domenica  :  la 
messa  grande,  i  vespri,  compieta,  salutazione, 
benedizione^  ecc.  -  Santificare  la  domenica,  aste- 
nersi   dal   lavoro    e    attendere    alle    pratiche    del 

Ct4Ho. 

Domenicano,   domenicana.  Il  frate  o  la 

monaca  dell'ordine  di  san  Domenico  {01  dine  do- 
menicano). -  Kome  volgare  di  una  specie  di  pic- 
cione, di  colombo  grosso,  così  detto  perchè  ha  il 
dorso  nero  e  il  petto  bianco. 


Domenicbii  o.  Detto  a  servo. 

Domèstica.  La  serva:  veggasi  a  servo. 

Domesticamente.  In  modo  dontestico;  fa- 
miliarmente. 

Domesticare  {domesticabile,  domesticato).  Ren- 
dere d(  mestico;  ad(l(  mesticare  domare;  man- 
sue'aie,  rendere  docile,  mansueto. 

Donx  stichevole,  domestichezza.  Veggasi 
a  familiarità. 

Domèstico  (aggeli.).  Della  casa  0  della  fa- 
mi{/tia;  che  appartiene  0  serve  alla  casa  0  alla 
faniiglia,  0  che  la  concerne.  -  l'amiliare,  in- 
trinseco. -  Di  persona,  benigna,  dt.cile,  trattabile; 
di  animale,  allevato  dall' u(mo  per  servirsene: 
domalo;  ó\  j'ianta,  di  frutto,  innt stato;  di  luogo, 
di  <e/'»€no,  ridotto  a  coltura.  -  Sostantixam.,  fami- 
liare, tamigl  0.    persona  di   casa,  serro. 

Penati  0  Lari,  piccete  statue  rappre.'-entanti  deità: 
si  collocavano  vicino  ai  focolari,  e  loro  si  rendeva 
un  culto  molto  pio. 

Addimesticare,  divìeslicare,  domesticare,  rendere 
domestico;  domare.  -  Addoniestuaisi,  farsi,  dive- 
nir docile,  familiare:  mansuefare,  mtsticarsi,  miti- 
garsi. 

Donlclliare,  domiciliarsi  (domici7»a/o).  Pren- 
dere il  ^lomicilio. 

Don  Icilio.  Il  lurgo  in  cui  si  abita;  la  casa  in 
cui  SI  sta;  il  paese  in  cui  si  faccia  abituale  dimora 
e  doAe  si  partecipi  a  certi  dir  tti  ci\ili;  luogo  da 
altri  eltlto  per  certi  fini  l^g^li,  commerciali,  ecc. 
(daniiiitio  legale),  e  la  sede  stessa.  -  Di  miciliauo, 
apjiartenente  a  doniiciho.  -  Dcmirilialaiio,  voce 
d'uso,  per  indicare  la  persona  al  cui  donneilo  si 
promette  di  pagare  un  c/'/e^/o.  -  Donnr?7iHi.<;?,  pren- 
dere domicilio,  feimar  la  casa;  prendere  stanza  le- 
gale. -  Dare  il  proprio  indirizzo^  indicare  dove  si 
lia  il  domicilio,  si  sta  di  casa.  -  Sgomberare,  sgom- 
biare,  al  bandonare  il  dcmicilio,  la  casa.  -  liasfe- 
ìire,  mutare  il  doniicilio,  0  da  un  luogo  all'altro 
cose  di  impoitanza  0  persone:  traslocare,  slog- 
giare. 

Di  micilio  civile  0  reale,  luogo  dove  una  persona  ha 
la  sede  principale  de' suoi  afiari,  de'suc-i  interessi.  - 
Domicilio  coatto,  dom'cilio  forzato  in  un  dato  luogo 
a  voglia  dell'autorità,  che  vi  dovrebbe  condannare 
persone  con  tendenze  criminose,  e  di  cui  si  abusa 
talvolta  per  persecuzioni  politiche.  -  Domicilio  elet- 
tivo, di  propria  elezione.  -  Domicilio  eleto,  quello 
che  una  persona  sceglie  per  un  contratto,  un  ap- 
palto, una  cambiale,  ecc.  -  Domicilio  ;jo/i/ìVo,  quello 
nel  quale  si  esercita  il  diritto  di  elettorato  politico. 

-  Rtsidenza,  il  lUiogo  di  dimora  abituale,  mentre  il 
domicilio  è  il  luogo  in  cui  si  ha  la  sede  principale 
(/egli  all'ari  e  degli  interessi.  -  Ricapito,  indirizzo. 
Sede,  luogo  di  residenza. 

Assenza  presvnta,  quando  una  persona  ha  cessato 
di  comparire  nel  luogo  di  domicilio  senza  che  se 
ne  abbiano  notizie.  -  Elezione  del  domicilio  (term. 
leg),  del  domicilio  che  si  prende  in  un  luogo,  per 
certi  effetti  legali. 

Don  inare  {doniinante,  dominato,  dominazione). 
Avere,  esercitare  dominio;  padroneggiare,  essere 
padrone;  governare,  tenere  il  governo.  -  Di 
luogo,  essere  a  cavaliere,   soprastare,  stare  sopra. 

-  Di  vento,  di  maligna  injiuenza  e  simili,  pr^ 
valere. 

Dominazióne.  Signoria,  domiìiio.  -  Domina- 
zioni, veggasi  ad  angelo  e  a  paradiso. 

Dòmine.  Voce  usata  al  vocativo  (quasi  sempre 
in  ischerzo),  per  Signore,  Dio. 


934 


DOMINEDDIO 


Domineddio.  Doraeneddio,  Dio. 

D,)mlnio.  Signoria,  padronanza  (l'esser  pa- 
drone),  governo,  a  tifar  ita  o  potere  dì  co  man- 
dire  su  altri:  corona  (figar.),  egemonia;  imperio, 
im.'ero ,  padronanza  ,  patronato  ,  potentato  ,  po- 
tè isa,  potestà  ;  predominio,  preminenza  ;  scettro  (Q- 
ga:-.),  signoreggiamento,  sovranità,  superiorità.  - 
B  ininabile,  che  si  può  dominare. 

Duminanle,  che  domina,  ha  dominio:  governante, 
imperante,  regnante,  prevalente,  ecc.;  condomino 
(termine  legale),  chi  ha  condominio;  direttario,  chi 
esercita  il  dominio  diretto  sopra  una  cosa  iiiirao- 
b  le  ;  imperativo,  atto  a  imperare,  a  dominare  ;  pò- 
t'nt'to,  chi  ha  dominio  e  signoria. 

Dominare,  comandare,  governare,  padroneggiare, 
sigioreggiare,  sovraneggiare:  avere  il  governo,  essere 
pi  Inme,  essere  signore,  essere  sovrano,  imperare, 
re,'nare.  -  Anche,  stare  in  alto,  sopra  un  luogo, 
una  cosa,  una  peisona.  -  Avere  il  primato, essere 
priitiafe;  eccellere,  primeg^'iare,  essere  primario, 
primo,  principale.  -  Distinguersi,  preponderare, 
prevalere. 

Condominio,  diritto  di  dominio  insieme  con  altri; 
(ioninio  che  spetta  per  quote  ideali  a  più  persone 
S'i  la  stessa  cosa  o  sullo  stesso  complesso  di  cose.  - 
Olile  o  udale  (diritto),  dal  celtico  od  (proprietà), 
diritto  di  assoluto  dominio  sulla  terra,  ammesso  in 
tutta  Europa  settentrionale,  prima  del  feudalismo. - 
Dominio  diretto,  quello  sopra  cosa  immobile  posse- 
duta e  goduta  da  altri.  -  Dominio  pubblico,  tutti  i 
beni  mobili  ed  immobili  di  una  nazione.  -  Dominio 
temporale,  quello  del  papa  (fino  al  1870).  -Dominio 
utile,  il  possesso  e  il  godimento  di  un  bene  immo- 
bile di  proprietà  altrui.  -  Egemonia, ^  nell'antica 
Grecia,  la  direzione  diplomatica  e  militare  ricono- 
sciuta a  uno  Slato  da  altri  Stati.  -  Pleonarchia 
(gr.),  dominio  di  molti.  -  Poliarchia,  signoria  di 
molti.  -  Fredommto,  preponderanza,  prevalenza,  su- 
ceriorità.  -  Signoria,  dominio  del  signore:  potestà. 
(jaalità  e  condizione  di  signore.  •  Tirannia, 
dominio  usurpato  violentemente  o  tenuto  ingiusta- 
mente. 

Devòlvere  il  dominio,  farlo  passare  da  una  ad  altra 
persona.  -  Infeudare,  dare  in  feudo,  in  dominio 
feudale.  -  Predominare,  avere  maggior  dominio.  - 
Prescrivere,  acquistare  dominio  o  diritto  per  pre- 
scrizione, ossia  ragione  acquistata  per  trascorso  di 
tempo  (prescrittivo,  atto  a  prescrivere).  -  Traslazione 
di  dominio  (term.  leg.),  il  trasferimento,  il  pas- 
saggio del  dominio  da  un  ente,  da  una  persona,  ad 
altri. 

Dòmino  (dominò).  Giuoco  che  si  fa  con  ventotto 
pezzi  (dadi,  domino,  pedine,  tessere)  rettangolari,  che 
portano  da  una  parte,  in  due  divisioni,  dei  punti 
che  vanno,  variamente  combinati,  dallo  zero  ai  do- 
dici. I  pezzi  sono  piatti,  lunghi  due  volte  la  lar- 
ghezza; una  delle  loro  faccie  è  d'ebano,  l'altra  d'osso 
(anche  di  legno),  verniciati  di  nero  da  una  parte, 
di  bianco  dall'altra)  e  su  questa  sono  segnati  i  punti 
(1,  2,  3,  4,  5,  6),  oppure  una  faccia  è  bianca,  e  su 
qualche  pezzo  sono  bianche  entrambe.  Si  ha  cosi  : 
il  tutto  bianco,  o  il  doppio  bianco;  il  bianco  e  1,  il 
bianco  e  2,  ecc.,  fino  al  bianco  e  6;  il  tutto  ì,  o 
dappio  J,  n  e  2,  n  e  3,  ecc. 

Si  giuoca  in  vario  modo,  ma  tutte  le  partite  si 
possono  ridurre  alle  due  principali,  quei'a  detta 
testa  a  testa  e  l'altra  detta  domino  ladro.  In  prin- 
cipio, voltati  i  pezzi  a  rovescio,  in  modo  da  ren- 
dere i  punti  invisibili,  si  mischiano  con  qualche 
giro  di  mano,  e  ogni  giuocatore   ne   prende  uno  a 


caso,  per  sapere  chi,  avrà  il  vantaggio  della  posa  o 
della  mano,  vantagi;io  riserbato  a  chi  risulta  più 
forte  a  punti.  Poi,  rimessi  i  domino  e  mischiati  an- 
cora, ciascuno  dei  due  giuocatori  ne  prende  un 
medesimo  numero;  gli  altri  vengono  spinti  in  un 
an,'olo  della  tavola,  e  formano  la  riserva,  detta  an- 
che mucchio  0  cucina.  Nella  partita  testa  a  testa, 
ciascun  giuocatore  prende  sette  domino,  sicché  ne 
restano  quattordici  in  riserva.  Chi  ha  la  mano  pone 
in  tavola  il  dado  che  più  gli  conviene  (in  generale 
quello  su  cui  sono  sej^niti  i  maggiori  punti);  l'av- 
versario ne  pone  uno  dei  suoi,  una  metà  del  quale 
deve  presentare  uno  dei  numeri  che  porta  il  pre- 
cedente. Il  primo  giuocatore  fa  altrettanto,  e  il 
giuoco  continua  nello  stesso  modo,  finché  i  giuoca- 
tori hanno  dei  domino  capaci  di  poter  essere  collo' 
cali.  Se  uno  dei  giuocatori  viene  a  non  averne, 
buda,cioè  passa,  mentre  l'altro  continua  a  collocare 
i  suoi  domino,  e  rientra  nel  giuoco  solo  quando 
una  nuova  combinazione  gli  permette  di  collocare 
i  suoi.  Vince,  ossia  fa  domino,  chi  riesce  per  primo 
a  liberarsi  di  tutti  i  suoi  dadi.  Ma  succede  che 
talvolta  nessuno  può  riuscire:  in  tal  caso  i  giuo- 
catori scoprono  il  loro  giuoco,  e  quello  che  ha  meno 
punti  nei  dadi  che  gli  rimangono  ne  conta  a  suo' 
vantaggio  quanti  se  ne  trovano  sui  domino  del  suo 
avversario.  In  fvrevisione  di  questa  circostanza,  si 
fissa,  ordinariamente,  la  partita  a  un  certo  numero 
di  punti;  e  vince  chi  primo  raggiunge  quel  numero. 
La  partita  testa  a  testa  può  essere  modificata  in  molte 
maniere.  -  Nella  partita  alla  pesca,  un  giuocatore, 
quando  non  possiede  alcun  dado  da  collocare,  in- 
vece di  budare  immediatamente,  deve  pescare,  cioè 
prendere  fra  i  domino  del  mucchio,  uno  ad  uno, 
finché  abbia  trovato  quello  occorrente;  e  non  buda 
se  non  dopo  avere  esaurito  il  mucchio  senza  aver 
trovato  il  domino  desiderato.  Si  usa  anche  regolare 
la  pesca  a  talento.  Cosi  pure  nella  poule,  partita 
che  si  fa  da  tre  o  quattro  giuocatori,  mettendo  una 
posta  convenuta  e  vincendo  chi  pel  primo  fa  cento 
punti.  -  Nel  domino  ladro  (giuocato  in  quattro,  due 
contro  due)  la  sorte  designa  coloro  che  giuoche- 
ranno  insieme,  e  gli  avversari  si  pongono  di  fronte, 
in  senso  diagonale.  Ogni  giuocatore  prende  sei  dadi, 
restandone  cosi  in  riserva  soltanto  quattro.  Posato 
il  primo,  la  mano  passa  a  chi  sta  alla  destra  del 
posatore,  e  cosi  di  seguito.  Se  ujio  si  trova  nella 
impossibilità  di  collocare  un  daJo  a  una  delle  due 
estremità  della  linea,  annunzia  che  buda,  e  allora 
giuoca  il  vicino  di  destra.  Ogni  colpo  si  termina  in 
una  delle  maniere  seguenti:  o  uno  dei  giuocatori 
fa  domino,  e  allora  segna  col  suo  socio  tanti  punti 
quanti  ve  ne  sono  sui  dadi  rimasti  in  mano  agli 
avversari;  o  il  giuoco  si  trova  chiuso,  perchè  tutti 
i  giuocatori  budano,  e  allora  ciascuno  scopre  i  suoi 
dadi,  e  i  due  soci  che  hanno  meno  punti  contano 
a  loro  profitto  i  punti  riuniti  dei  due  avversari.  Se 
i  punti  sono  eguali  da  ambe  le  parti,  la  partita  è 
nulla  e  la  mano  continua.  La  partita  si  giuoca  in 
cento  punti,  ed  è  vinta  dai  due  soci  che  primi 
raggiungono  questo  numero.  E'  semplice,  se  i  cento 
punti  sono  presi  alternativamente;  doppia,  se  sono 
marcati  senza  che  gli  avversari  abbiano  potuto  fare 
un  punto.  Per  la  prima  si  paga,  perdendo,  e  si  ri- 
scuote, vincendo,  la  sola  posta;  per  la  seconda  la 
posta'  è  doppia. 

Doppio,  doppione,  il  pezzo  che  ha  lo  stesso  punte 
(doppio  uno,  doppio  due,  ecc.).  -  Coup  de  culottg 
(frane),  si  ha  quando  riesce  di  chiudere  al  primo 
colpo,  li    che  succede   talvolta.  -  Budare,   lo  stesso 


DOMINÒ    —    DONNA 


935 


elle  passare:  quando  non  si  è  in  grado  di  mettere 
il  domino.  -  Mandare  a  spasso,  o  in  campagna,  un 
doppione,  impedire  che  sia  messo  dall'avversario. - 
Bescare,  prendere  il  pezzo  dal  monte. 

Dominò.  Abito  da  mas 'fiera. 

Domina,  dommàtica  fdommdtico).  Veggasi  a 
dogma. 

Dòmo.  Domato,  soggiogato:  veggasi  a  do- 
mare. 

Don.  Troncamento  di  donno:  titolo  che  si  ag- 
giunge al  nome  del  prete:  domine,  reverendo,  ri- 
verendo (v.  a.);  sere,  sua  riverenza.  -  Titolo  d'onore, 
di  nobilfà,  -  Nel  dialetto  napoletano,  si  usa  di 
nanzi  al  nome  come  titolo  di  cortesia.  -  In  porto- 
ghese, dom. 

Donare  (donato).  Far  donazione,   dono. 

Donatario,  donativo.  Veggasi  a  dono. 

Donazióne.  Atto  del  donare,  del  dare  in 
do7io 

Donchisciottesco.  Veggasi  ad  eroe. 

Donde.  Da  quel  luogo:  da  cui,  da  dove,  da 
ove,  onde.  -  Da  chi  o  da  qual  parte.  -  Di  che,  per 
la  qual  cosa,  laonde.  -  In  qual  modo,  per  qual 
mezzo.  -  Dal  quale  o  dalla  quale,  e  anche  pel  quale 
0  per  la  quale.  -  Donde  che,  dondechè,  da  qualunque 
luogo. 

Dondolare,  dondolarsi  (dondolamento,  don- 
dolalo). Mandare  in  qua  e  in  là  cosa  sospesa;  muo- 
vere, muoversi  con  movimento  di  va  e  vieni,  più 
o  meno  regolare,  a  guisa  di  pendolo;  oscillare, 
sdondolare.  -  Altalenare,  fare  all'a/^a^ewa.  -  Figur., 
consumare  il  tempo  senza  far  nulla:  stare  ozioso,  stare 
in  ozio.  •  Dondolio,  il  continuo  dondolare  o  don- 
dolarsi. -  Dóndolo,  la  cosa  che  si  dondola.  Anche, 
cióndolo;  dicesi  pure  per  passatempo,  sollazzo, 
senza  far  nulla,  divertimento.  -  Dondoloni,  pen- 
zoloni :  veggasi  a  pèndere.  A  dondoloni,  a  maniera 
delle  cose  che  dondolano. 

Dóndolo.  La  cosa  che  si  dondola,  si  fa  don- 
dolare. -  Valtalena. 

Dondolóne.  Chi  sta  in  osio. 

Dondoloni.  Penzoloni:  veggasi  a  pèndere  e 
ad  ozio. 

Donna.  La  femmina  della  specie  animale 
uomo  (homo  sapiens):  costola  d'Adamo,  fera  gen- 
tile, figlia  d'Eva,  padrona,  signora.  Figur.  e  scher- 
zosam.,  cuffia,  gonnella,  pettegola.  Poet.,  la  donna 
amata  (la  mia  donna,  la  tua  donna).  Dicesi  anche 
per  moglie.  Come  titolo  d'onore,  donna  si  pre- 
mette al  nome  di  gentildonna  (donna  Paola,  donna 
Emilia,  ecc.)  o  di  matrona,  ossia  donna  distinta  per 
casato  0  per  virtù  e  coltura.  -  Bel  sesso,  debil  sesso, 
eterno  femminino,  la  metà  imberbe  del  genere  umano, 
la  parte  più  gentile  dell'umanità,  la  più  bella  metà 
del  genere  umano,  sesso  debole,  sesso  gentile,  sesso  più 
amante,  sesso  troppo  lodato  e  troppo  disprezzalo,  il 
complesso  delle  donne.  E  terzo  sesso,  per  derisione, 
quelle  donne  che  vogliono  fare  da  uomo ,  che 
vogliono  essere  operaie  della  vita  senza  gli  impacci 
delia  femminilità.  -  Demi-monde  (frane),  le  donne 
•eleganti  e  di  dubbia  fama.  -  Donnelo,  cianume 
(spreg.),  passeraio,  adunanza,  quantità  di  donne. 

Donnaccia,  donna  cattiva,  anche  brutta,  e  spe- 
cialmente donna  di  costumi  licenziosi  :  beca  (donna 
di  bassa  condizione  e  sciatta),  befana,  ciammèngola, 
ciana,  cimbriccola,  cirimbràccola,  ciondola;  diàscola, 
diascolo,  diavolessa,  diavolo,  donnàcchera,  donnàc- 
•cola,  dragonessa;  Erinni;  falcacelo;  femminaccia, 
furia,  megèra,  Mona  Pennéccola;  robaccia;  strega, 
taràntola,  trecca.  ■  Donnàcchera  (spreg.),  donna  di 


infima  condizione,  d'animo  vile,  e  lercia.-  DonnaiD- 
dna  (dimin.),  donna  di  testa  piccina  e  di  animo 
volgare.  -  Donnàccola,  spreg.  di  donna  del  volgo, 
pettegola,  bracona;  duniia  di  bassa  condizione  e  di 
animo  volgare.  -  Donnarella,  di  in  in.  spreg.  -  Don- 
netta, dimin.  e  vezz.  ;  in  senso  spreg.,  meno  di  donnic- 
ciola. -  Donnettaccia,  peggior.  di  donnetta.  -  Don- 
netttna,  dimin.  vezz.  di  donnetta.  -  Donnicciòla, 
donnicciuola,  di  min.  spreg.:  donnaccia  volgare  e  di 
poco  criterio;  donna  leggiera,  dappoco  ;  donnaccina, 
donnarella,  donneila,  dounucola;  femminacciuola, 
femminella,  feniminuzza;  monna  scocca  il  fuso; 
pedina  (donna  di  umile  condizione  che  veste  e  si 
dà  l'aria  da  signora  e  cerca  intrufolarsi  con  le  si- 
gnore: hracina,  madamina).  Peggior.  donnucciaccia. 
E  mezza  donnicciola,  donna  quasi  da  nulla  e  senza 
spirito.  -  Donnina  (dimin.  vezzegg.),  donna  piccola 
e  graziosa:  cosolina,  donnetta,  donnicina,  doiinino; 
gallinella,  generino,  robettina.  -  Donnona,  donna 
grossa  e  piuttosto  grassa.  -  Donnone  (accresc),  donna 
alta  e  ben  formata;  qualche  volta  ha  del  virile: 
femniinone,  macchina;  donna  che  pare  un  granatiere, 
un  tramway  (romanesco),  un  vascello;  virago.  -  Don- 
nona,domm  piuttosto  piacente,  complessa*  e  di  me- 
dia statura.  -  Donnuvcia  (dimin.),  donna  specialm. 
debole  e  piccina,  l^eggior.,  donnucciaccia.  -  Donnuc- 
cola  (dimin.  spreg  ),  donna  povera  e  per  lo  più  io 
cattive  condizioni. 

Bambina,  femmin.  di  bambino. 

Bella,  la  donna  corteggiala;  quella  alia  quale  si 
fa  la  corte  (veggasi  ad  amoreggiare^  a  cort^y- 
giare).  •  Cittadina  (frane,  citai/mvie),  nome  che  si 
dava  ad  una  donna  sotto  la  Hrpubblica  Francese  .- 
Creatura:  si  dice  qualche  volta  per  donna  (una 
bella,  una  soave  creatura).-  Damigella,  donieìlai,  donna 
gióvane,  signorina.  -  Damina,  dimin.  e  vezz.  di 
dama:  si  dice  di  damina  all'abile,  educata,   gentile. 

-  Donna  da  casa,  di  casa,  fatta  per  accudire  alla 
casa  e  che  ci  si  presti  volentieri  -  Donna  divor- 
ziata, che  ha  fatto  divorzio,  s'è  sciolta  d.ii  vincoli 
del  matrimonio;  feconda,  che  fa  figli,  ha  molti  figli 
(contr.  di  sterile);  maritata,  che  ha  marito,  è 
moglie;  nubile,  in  età  da  marito  e  ancora  zitella  . 
primaiuola,  primipara,  la  donna  che  partorisce  per  la 
prima  volta;  vedova,  in  ìstatodi  vedovanza:  Vi.  don  iia 
alla  quale  sia  morto  il  marito;  vergine,  la  donna  che 
àncora  non  ha  usato  o  subito  il  coito  (contr.,  sver- 
ginata, deflorata);  zitella,  la  fanciulla,  !a  donna  che 
non  ha  ancora  marito;  zitellona,  la  donna  invec- 
chiata senza  prender  marito  (ingl.,  spinler).  -  Donna 
e  madonna,  padrona  assoluta,  specialmente  nella 
propria  casa.  -  Donzella,  femmina  in  età  da  marito. 

-  Fanciulla,  ragazza,  giovane  donna  non  ancora 
maritata.  -  Figlia,  femmin.  di  figlio.  -  Figliuole 
d'Eoa,  le  donne  (quando  si  vuol  alludere  e  perdo- 
nare le  loro  fragilità).  -  La  gonnella,  la  soltana,  le 
donne  in  genere.  -  Madre,  la  donna  in  relazione 
alla  sua  prole;  la  donna  che  ha  figli,  un  figlio,  - 
Madrina,  la  donna  che  tiene  a  battesimo  o  a 
cresinift.  ■  Nonna,  rispetto  a  un  figlio,  la  madre 
della  madre  o  del  padre.  -  Sposa,  la  donna  fidan- 
zata, in  promessa  di  matrimonio  ;  anche,  la  donna 
sposata  di  fresco.  -  Tizia,  donna  qualunque  o  che 
non  si  vuol  nominare 

Da  donna,  di  cose  che  si  convengono  a  lei  o  che 
essa  usa  o  fa,  -  Donnescamente,  da  donna,  con  atti, 
modi,  costumi  propri  di  donna:  feuimineamenle, 
feinininescamente,  femminilmente.  -  Donnesco  (ma- 
niere di  0  da  donna,  fare,  lusso  donnesco):   e//e- 


936 


minato;  femmineo,  femminesco,  femminèvole,  fem- 
minino; muliebre.-  Donm'ccio/ato,  azione  o  discorso 
da  donnicciola. 

La  donna  secondo   la  condizione, 
la  professione,  il  mestiere. 

Condizione.  —  Baronessa,  covtessa,  duchessa,  mar- 
chesa, prinripessa,  reciiva,  imperatrice,  reggasi  a  ba- 
roìie,  a  conte,  a  duca,  a  marchese,  a  prin- 
cipe, a  re,  a  imperatoì-e.- Casalinga,  xoca  usata 
a  Milano  per  indicare  la  condizione  sociale  della 
donna  che  non  ha  mestiere,  né  arte,  e  non  é  ajiiata. 

-  Ciana  (voce  dialettale  fiorentina),  donna  del  \o'go; 
donna  pettegola,  senza  educazione,  sia  pur  signora. 
E  ciane  si  cìiiamano  le  donne  dei  quartieri  sudici 
e  più  remoti  della  città  di  Firenze,  le  quali  non 
solo  parlano  il  vernacolo  schietto,  ma  sono  spesso 
screanzate.  -  Coniubiva,  la  donna  che  convive  con 
un  uomo  senza  essergli  moglie:  caccia  riservata, 
driula,  mala  pratica,  mantenuta  (v.  d'uso),  man- 
giaguadagnina,  pratica,  pratichetta,  scrofa  (ingiur.). 
E  stare  a  posta,  essere,  fare  la  concubina.  -  Crezia 
(accorciam.  di  Lucrezia),  donna  del  volgo.  -  Crezia 
rincivilita,  donna  del  volgo  arricchita. 

Dama,  gentihionna,  signora.  E  gran  dama,  si- 
gnora di  educazione  eletta.  -  Dama,  dami(,eìla  di 
com}iagnia,  dama,  di  condizione  civile  e  istruta,  che 
ha  l'ufficio  di  slare  in  compagnia  di  qualche  si- 
gnora, specialmente  d'alto  grado.  -  Favorita,  la  bella 
d'un  re,  d'un  principe  e  simili.  -  Lady,  in  inglese 
vale  signora,  ed  è  nome  che  si  dà  alle  dame  della 
nobiltà. 

JW«f/(/ ma,  francesismo  per  signora:  si  usa,  per  Io 
più,  sulle  sf  pra<c?rte  dirette  alle  signore  nobili  o 
parlando  con  quah  he  s  gnora  maritata.  Frane,  ma- 
dame. -  Madonna,  per  madama,  us;  hi  talvolta  scher- 
zosam.: monna. -ilf/ws.-Y/ja,  la  donna  (he ha  il  governo 
della  casa:  frane,  maiagère.  -  Matrona,  signora 
romana;  signora  autorevole  per  età  e  nobiltà.  -  3it- 
lady,  forma  ludiana  e  francese  dell'ingleie  my  lady, 
<  niia  signora  >. 

Nobil  donna,  la  signora  nobile  (della  nohiltà), 
colta,  ecc.:  gentildonna.  -  Odalisca,  schiava  dell'/ta- 
rem  al  servizio  delle  donne  del  sultano  -  PUbea, 
donna  della  plebe.  -  Popolana,  donna  del  popolo. 

Sigtiora,  donna,  maritata  o  vedova,  di  civile 
condizione.  -  Sultana,  ciascuna  delle  donne  di  mag 
gior  grado  nell'harem  di  un  sultano. 

Professione.  —  Avvocote>-sa,  donna  che  esercita 
la  professione  di  avvocato;  nell'uso,  anche  la 
moglie  d'un  avvocato  e  la  dunna  che  vuol  fare  da 
saccente.  •  Ballerina  (femmin.  di  hulhrino),  ar- 
tista, danzatrice  da  teatro.  -  Caìilattti ,  artista  di 
canto.  -  Còmica,  artista  da  teatro:  veggasi  a  cd- 
mico. 

Dottoressa,  la  donna  che  esercita  professione  di 
medico  o  è  addottorata  in  belle  lettere  o  in  qualche 
ramo  di  scienza.  -  Jjevatrice,  donna  che,  per  pro- 
fessione, assiste  le  partorienti  e  ne  accoglie  il  parto. 

-  Maestra,  donna  ci  e  insegna,  fa  scuola,  come  il 
maestro.  -  Mima,  artista  da  teatro,  nel  corpo  di 
bailo.'  \eggasi  and  e  a  coreografia  e  a  mimo. 

-  Modella,  donna  che,  nelle  scuole  d'arte  o  nello 
studio  d'un  artista  (pillore,  scultore,  ecc.),  si  at- 
teggia per  essere  ritratta  al  naturale,  in  lutto  il 
corpo  0  in  una  parte.  -  Monaca,  religiosa  rego- 
lare, di  convento  (suora,  badessa,  priora,  ecc.). 


Pittrice,  femmin.  di  pittore  •  Prima  donna,  fra 
le  attrici,  quella  che  sostiene  le  parti  principali; 
fra  le  cantanti,  il  soprano.  -  Professoressa,  femmin. 
di  professore.  -  Scnttrice,  femmin.  di  scrittore,- 
Scultrice,  femmin.  di  scultore.  -Sonnambula,  donna 
che  fa  professione  (per  via  di  magnetismo  animale, 
vero  0  falso)  di  rivelare  cose  occulte  e  futuie:  in- 
dovina, pitonessa.  -  Strega,  donna  che  faceva  malie 
per  mezzo  (diceva  o  credeva)  del  demonio. 

Telefonista,  telegrafista,  donna  impiegata  al  tele- 
fono, al  telegrato. 

MESTIERE.  —  Aia,  donna  che  t'ene  in  custodia  i 
bambini.  -  Balia,  donna  che  dà  V allattamento 
per  mestiere:  nutrice.  -  Bambinaia,  donna,  ragazza 
che  custodisce  un  bambino  o  più  bambini:  frane, 
bonne.  -  Bidella,  inserviente  di  scuola.  -  Bracina, 
donna  che  vende  le  brace,  carbonella  minuta;  in 
senso  generico,  donna  dell'infimo  volgo. 

Cameriera,  donna  di  servizio.-  Chellerìna  (ted.), 
cameriera  di  caffé.  -  Commessa,  addetta  di  bottegaf 
impiegata  di  commercio.  -  Contadina,  lavoratrice 
dei  campi:  femmin.  di  contadino.  -  Crestaia f 
più  comunemente  modista.  -  Cucitrice,  donna  che 
esercita  il  mestiere  di  cucire.  -  Cuoca,  femmin.  di 
cuoco.  •  Dattilografa,  donna  che  lavora  alla  mac- 
china da  scrivere. 

Giornante,  donna  che  va  a  lavorare  in  giornata 
nelle  case.  -  Governante,  donna  che  ha  il  governo 
d'  una  casa,  d' una  famiglia,  in  sostituzione  o  in 
aiuto  della  padrona.  -  Guardarobiera,  donna  incari- 
cata della  cura  della  biancheria  in  alberghi,  in 
collegi,  in  case  signorili.  -  Infermiera,  femmin.  di 
infentìiiei^e. 

Lavandaia,  femmin.  di  lavandaio.  •  Modista^ 
donna  che  fa  cappelli  e  altre  acconciature  femminili. 
-  Operaia,  femmin.  di  operaio.-  Pettinatrice,  donna 
che  esercita  il  mestiere  di  pettinare.  -  Portinaia, 
femmin.  di  poi'tmaio. 

Bicumalì  ice,  donna,  che  per  mestiere  tratta  il  ri- 
canìo.  -  Sarta,  femmin.  di  sarto.  -  Serva,  femmin. 
di  servo.  -  Sguattera,  serva  di  cucina.  -  Stiratrice, 
donna  che  esercita  il  mestiere  dello  stirare.  -  Vi' 
vaìidiera,  femmin.  di  vivandiere. 


La  donna  nell'aspetto  fisico, 
nel  vestire,  ecc. 


Allampanata,  magra,  sparuta;  andata  ai  cani, 
donna  che,  per  gli  anni  o  per  malattia,  ha 
perduto  ogni  attrattiva  della  bellezza;  appetitosa, 
piacevole,  stuzzicante;  avciitata,  che  fa  bella  mo- 
stra di  sé,  è  attraente,  anche  troppo  :  donna  dai 
rilievi  procaci  ;  bella,  che  ha  i  requisiti  della  bel- 
lezza (veggasi  a  beilo);  bionda,  che  ha  il  crine 
biondo;  bóffire,  bofjiiiona,  grassa  e  avvenente; 
bruna,  di  crine  bruno,  e  anche  di  carnagio- 
ne;  brutta,  veggasi  a  brutto;  calva,  che  ha  man- 
canza di  capelli;  canuta,  coi  capelli  bianchi;  ca- 
pricciosa, di  capriccio,  non  bella,  ma  con  un  non» 
so  che  di  originale  che  piace;  rfé-Zicato,  fine  di  mem- 
bra e  di  lineamenti;  disfatta,  malandata,  scomposta, 
sformala  di  corpo,  slatta;  fatta,  in  pieno  sviluppo  ; 
fulva,  che  ha  i  calvelli  rossi  ;  'giunonica,  detto  di 
donna  formosa:  attributo  di  membra  di  donna  in  cui 
la  tiellezza  non  sia  disgiunta  da  prestanza  ed  opimo 
sviluppo;  granita,  di  donna  dalle  forme  pronunciate 
e  sode  ;  grassa,  veggasi  a  grasso;  magra,  veggasi 


DONNA 


937 


a  magro:  giovane^  giovine,  che  ha  poco  tempo 
di  vita;  imbellettata,  con  la  taccia  impiastri^'ciata  di 
belletto  (donna  dipinta  e  inrernicinta  come  una  seo- 
della,  rno'to  imbelletlata);  infarinata  (scherz.),  che 
si  dà  molta  cipria;  malerassdhile,  agg.  scherz. 
volg.,  di  donna  che  si  mantiene  sempre  discreta- 
mente bella  e  in  carne;  mora,  moretta  (morettina, 
morettaccia,  morettona),  bruna  di  pelle  e  di  capelli; 
nana,  molto  piccola  (veggasi  a//a«o);  oòesrt,  grassa 
e  grossa  di  ventre:  veggasi  ad  o6«.so;  pe/a/o,  senza 
capelli;  pingue,  grassa,  con  molto  adipe;  ricciola, 
elle  ha  i  capelli  ricci;  srinpata,d\  bellezza  avviz- 
zita; senza  fiancìii,  slombata,  smilza,  snella;  soda 
come  una  pina,  di  carni  sode,  dure;  stantìa,  in- 
nanzi negli  anni,  nell'età;  svisata,  di  donna  che  non 
è  bella,  ma  che  ha  nel  volto  qualche  cosa  di  pia- 
cente; tra  le  due  selle,  né  bella,  né  brutta;  né  alta, 
né  bassa;  né  grassa,  né  magra;  né  giovane,  né  vec- 
chia (anche,  di  mezza  tacca);  vecchia,  detto  a  vec- 
chio. 

Accidente,  di  donna  brutta,  di  forme  maschili  e 
piuttosto  rospa.  -  Accinga  (figur.),  donna  secca,  nia- 
grissima.  -  Anrroia,  donna  vecchia  e  deforme.  -  An- 
giola o  angela  (Tigur.).  donna  che  per  la  sua  bellezza 
oper  la  sua  virtù  sembri  degna  di  essere  paragonata  agli 
angeli;  ma  si  adopera  più  frequentemente  il  ma- 
schile: «  Quella  donna  è  un  angiolo!  ».  -  Arpia, 
di  persona  e  specialmente  di  donna  secca,  brutta  e 
dispettosa.  -  Astro  sul  tramonto:  di  donna  bella  che 
invecchia. 

Barchilinna,  donna  grande  e  grossa,  ma  buona  a 
nulla.  -  Bnffona,  donna  che  abbia  baffi  relativa- 
mente vistosi.  -  Balia  (pare  una  balia),  di  donna 
grassa  con  un  gran  seno.  -  Bambolona  (scherz.),  di 
donna  sul  fior  deu'li  anni,  ma  con  idea  di  beltà  e  di 
grassezza.  -  Batuffolo,  donna  piccola  e  grassa.  -  Be- 
fana ((igur.),  douria  brutta,  contralTatta,  antipatica: 
strega.  -  Befanone,  fantesca  paurosa.  -  Bel  fusto 
(famil.  scherz.),  donna  alta  e  ben  proporzionata.  - 
Bell'asta  di  donna,  donna  alla  e  ben  fatta.  -  Bel 
pezzo  di  Marcantonia,  di  ragazza,  di  donna  ben  fatta, 
atticciata.  -  Belle  cicce,  per  vezzo,  di  donna  con  bella 
carnagione  e  grassoccia.  -  Bocconcino  (un),  donnetta 
bellina   avvenente. 

(Camorro:  si  applica  a  donna,  ed  esprime  il  com- 
plesso d'ogni  bruttezza.  ■  Carcassa  (spreg.),  donna 
ormai  già  vecchia,  sfatta  e  mal  andata.  -  Carrata, 
di  donna  estremamente  grassa.  -  Carnesecca,  donna 
vecchia  e  secca.  -  Cassandra,  donna  grassa,  mal 
fatta,  specialmente  di  campagna.  -  Cassone,  di  una 
donna  grassa,  ma  sfatta  e  avanzata  in  età.  -  Chitar- 
roni', donna  grassa,  sfatta.  -  Ciabatta  (figur.),  di  donna 
malandata  per  gli  strapazzi.  -  Ciscranna,  donna 
vecchia,  grassa  e  sfatta.  -  (Joncona,  donnona  grassa, 
poltrona.  -  Crevetle,  voce  del  gergo  familiare  fran- 
cese, donna  elegante;  letteralmente  granchiolina. 

hara  (figur.),  donna  vecchia  e  brutta.  -  Fattora 
(pare  una  fattoi  a),  di  giovane  donna  grassa  e  fresca 
e  un  po'  grossolana  nei  modi.  -  Gallina  vecchia,  di 
donna  vecchia.     Gendarme  (figur.),  di  donna  alta  e 

§rassa   e  con   maniere  e  voce   da   uomo.  -  Genga, 
onna  sciatta.  -  Giunone,  donna  di  forme  piuttosto 
abbondanti  (forme  giunoniche,  giunonie). 

Marcantonia,  donna  grande  e  grossa.  -  Maschiac- 
cio: spreg.  di  donna  che  ha  dell'uomo  nel  fare, 
nella  forma.  -  Mascula,  latinismo,  detto  di  donna 
che  ahbia  in  sé  alcun  che  di  maschile.  -  Matrona: 
di  donna  anche  giovane,    ma   grassa  e  che  sta  sul 

J[rave.  -  Megèra,  una  delle  tre  Furie:  di  donna  trista, 
ariosa,  vecchia,  brutta,  e  supponendola   cattiva.  - 


Mimma,  soprannome  di  donna  dal  viso  piccolo  come 
una  bambina.  -  Misalta,  donna  grassa  e  fresca.  - 
Ninfa:  si  dice  qualche  volta  per  donna  bella. 

Parafulmine  (scherz.),  donna  lunga,  alta  di  sta- 
tura. -  Bezzo  da  sessanta:  di  donna  fatticcia  e  bella. 
E  un  bel  pezzo,  donna  ben  formata,  complessa  di 
corporatura.  -  Pietanzona,  pitanzona:  di  donna 
alta  e  molto  grassa.  -  Pinocchina,  di  donna  piccola 
e  grassoccia.  -  Pina,  di  donna  giovane  tuttora  che 
abbia  le  carni  sode  e  sia  ben  formata.  -  Pinocchina, 
donna  picrolina,  ma  grassoccia  e  ben  proporzionata. 

-  Pispola  (figur  ),  donnetta  piacente.  -  Proserpina, 
figura  di  donna  scaniulfata.  -  Pupàttola,  donna  pic- 
cola e  con  viso  tondo  e  colorito,  come  si  vedono 
essere  le  bambole  di  legno  col  volto  ingessato. 

Btficolona,  donna  lunga  e  sciatta,  e  anche  di  donna 
che  sia  sempre  in  giro.  -  Rinfrosina,  voce  di  di- 
spregio ad  una  donna. 

Scarparcia  o  scar pellaccia  vecchia,  scarcinme,  donna 
ormai  andata  e  che  vai  poco  o  per  l'età  o  per  lus- 
suria. -  Scimmietta  (figur.) ,  di  donna  piccola 
e    brutta.    -   Segrenna,    donna    magra   e    sparuta. 

-  Serpente,  di  donna  bruttissima.  Peggior,,  serpen- 
tone. -  Sfasciume,  di  donna  che  per  età  o  per  ac- 
ciacchi abbia  perduto  la  freschezza,  il  fiore  della 
bellezza:  donna  molto  mal  ridotta  fisicamente.  - 
Sguattera,  donna  poco  pulita.  -  Soldataccio,  di  donna 
che  ha  maniere  troppo  maschili  e  ardite.  •  Spatan- 
fiona,  spanfìerona,  lo  stesso  che  pietanzona.  -  Stre- 
fìniicciolo,  strofinacciolo,  donna  sciatta  e  di  mala  vita. 

-  Stangona,  donna  alta  alta,  lunga  lunga  e  non  cor- 
pulenta in  proporzione:  spilungona.  -  Stucchino  (fi- 
gur.), donna  anche  belloccia  e  rileccata,  ma  senza 
espressione,  senza  vivacità. 

Tegame  (spreg.  figur),  di  donna  mal  sagomata, 
sfatta.  -  Tinca  (figur.),  donna  secca  e  molto  bruna 
di  carnagione.  -  Topa,  topina  (femm.  scherz.  di  topo), 
vezzegg.  di  donna  -  Una  madre  baitssa:  di  donna 
grassoccia  e  ben  messa,  anche  di  panni.  -  Una  sog- 
nerà (figur.),  di  donna  piccina.  -  U'ia  monaca,  di 
donna  senza  vivacità,  e  piuttosto  con  molta  per- 
fidia. -  Una  pallina  di  grasso,  di  burro,  di  donna 
piccoletla  e  grassoccia.  -  Un  reciticcio,  una  ri- 
cetta per  la  lussuria:  di  donna  repugnantemente 
brutta. 

Versiera,  donna  bruttissima,  paurosamente  brutta. 

-  Viragine,  virago,  donna  fisicamente  e  moralmente 
virile;  che  ha  coraggio  e  abituilini  da  maschio: 
atterrione  (disus.),  bargello,  campionessa,  donna  ma- 
schile, gendarme,  giandarme,  maschiaccio;  donna 
uomo,  donna  che  la  da  uomo,  ha  del  maschio,  porta 
i  calzoni,  porta  le  brache,  si  incalzoaa. 


La.  donna  sotto  l'aspetto  morale. 


Donna  allegra,  allegraccia,  che  si  dà  bella  vita  e 
buon  tempo;  buona,  di  cuore  buono;  cattiva,  di 
cattivo  cuore;  compiacente,  che  hsi  co tn piacenza; 
anche,  di  donna  equivoca;  donna  da  finestra,  di 
mala  vita,  di  contegno  non  castigato,  di  con- 
dotta libera;  del  giro,  familiarm.,  di  douna  licen- 
ziosamente libera  o  di  professione  sospetta:  dorma 
che  sta  al  giro,  alla  conia;  di  basso  affare,  trivaie, 
di  cattivo  conio;  di  garbo,  dabbene;  di  mala  vita, 
scostumata,  senza  buon  costume;  di  mondo,  di 
partito,  equivoca;  di  neve,  fredda,  senza  passione; 
disonesta,  di  condotta  contraria  3l\ì' onestà:  di  mal 
aff"are;  facile,  arrendevole  (ha  senso  equivoco);  leg- 


938 


DONNA 


(fiera,  che  non  tien  conto  della  sua  riputazione,  si 
abbandona  facilmente, è  frivola;  galante,  elegante  ài 
modi  e  nel  vestire;  impvdira,  senza  pudore;  ine- 
tpiigticbile  'figur.),  di  onestà  a  tutta  prova,  resi- 
stenle  a  tutti  gli  attacchi,  a  tutte  le  insidie;  isterica, 
affpt'3  da  islerismo,  morbosamente  nervosa;  lan- 
guido, sfntimentale,  affettata;  libera,  in  senso  buo- 
no, la  donna  superiore  alle  debolezze  e  ai  pregiudizi 
del  suo  sesso;  in  senso  cattivo,  donna  di  facili  co- 
stami; lussuriosa,  dedita  alla  lussuria;  ninfo- 
mane, la  donna  affetta  da  ninfomania  {afrodi^io- 
mania ,  andromania,  furore  uterino,  isteromanià), 
cioè  da  ardore  eccessivo  e  morboso  per  i  piaceri 
venerei;  pudica,  che  ha  pudore;  sciupata,  di  mali 
cosium'ì',' sentimentale,  che  affetta  di  essere  schiva 
da  ogni  cosa  tanto  o  poco  prosastica;  tutta  casa  e 
chiesa,  aliena  dai  divertimenti  del  mondo. 

Avanzo  del  tale  (anche  solo  avanzo),  donna  di 
cattiva  vita.  -  Avvocatessa,  donna  che  parla  molto, 
in  difesa  di  qualcuno  o  di  qualche  cosa.  -  Avventu- 
riera, donna  equivoca,  che  cerca  di  far  fortuna  con 
avventure  amorose. 

Baccante,  donna  senza  riserbo  e  scorrettamente 
allegra.  -  Baccella,  donna  di  poco  criterio,  -  Baga- 
scia, baldracca,  baldracccna,  donna  triviale,  di  mali 
costumi:  prostiiula.  ■  Bargella,  donna  fuiLa,  trin- 
cata; donna  ciarlona.  -  Bas-bleu,  letteralmente,  iti 
francese,  significa  calza  ozzuira  e  dicesi  di  ogni 
donna  saccente,  inframmettente,  che  la  pretende  a 
letterata.  -  Buessa,  donna  ignorante,  inetta  (modo 
Lasso).  -  Bvìattina  (fìgur.),  donija  non  seria,  che  fa 
azioni  burattinesche. 

Caccia  riservata,  di  donna  libera,  o  libera  in  quan- 
tum, che  sia  impegnata  con  uno  e  stia  per  quello. 
•  Cagna  (figur.),  donnaccia  cattiva,  dispettosa,  rab- 
biosa. -  Cancelliera,  donna  saccente.  -  Caporalaccio 
(figur.),  donna  riottosa,  con  modi  da  omaccio,  - 
Carrucola  (fìgur  ),  donna  equivoca.  -  Ce(ca  (figur. 
popol.),  donna  ciarlona,  sciamannata.  -  Cenerentola, 
donna  che  ha  dei  meriti  e  che  pure  è  spregiata, 
messa  apposta  a  fare  i  più  umili  e  umilianti  ser- 
vigi. -  Chiaccherona,  donna  che  chiacchiera  molto. 
-  Cignala,  donna  pubblica:  prostituta.  -  Ciondola, 
di  donna  cialtrona,  trascurata  nel  vestire,  sboccata 
nel  parlare.  -  Ciotta,  donna  ciacciona,  briosa  -  duca, 
di  donna  stupida,  maleducata.  -  Civetta,  donna 
che  vagheggia  gli  uomini,  sta  snW amoreggiare, 
sul  farsi  corteggiare.  -  Colombina,  di  donna  che 
fa  la  pura,  la  casta.  -  Cercare  (scherz.),  la  donna 
che  volontieri  sta  a  ciarlare,  a  far  pettegolezzi  col 
vicinato.  -  Cortigiana,  veggasi  a  cortigiano. 
Demi-mondaine   (frane.) ,   donna   che   vive   delle 

proprie   grazie e  delle  altrui:   qualche   cosa  di 

diverso  dalla  cortigiana  e  dalla  meretrice.  -  Dem.o- 
niello,  di  donna  giovane  e  graziosamente  vivace.  - 
Diàscolo,  donna  trista.  -  Diavolo  in  veste  femminile, 
donna  vivacissima;  ancbe,  donna  maligna.  -  Diu- 
siona,  donna  di  mal  affare;  detto  anche  per  in- 
giuria. 

Fata  (figur.),  donna  che  riesce  a  far  tutto.  - 
Filosofa,  donna  saccente,  sputasentenze.  -  Frasca, 
fraschetta,  donna  vana  e  leggiera. 

Garga,  donna  astutissima.  -  Gonnellona,  donna 
che  sta  sempre  in  giro.  -  Landra,  donna  di  mal 
affare.  -  Locusta  (non  pop.),  donna  avida,  merce- 
naria. 

Maddahna,  donna  libera  di  costumi.  -  Maddalena 

pentita  :  di  giovane    donna  che    dopo  aver  fatta  la 

vita  galante,  aver  corso  la  cavallina,  si  sia  dedicata  alle 

^  oratiche   religiose  e   a  Dio   prima  che   gli  uomini 


cessassero  di  starle  intorno.  -  Madonnina  infil- 
zata, di  ragazza  o  donna  in  apparenza  modesta  e 
vergognosa,  ma  nel  fatto  maliziosa  e  scaltra.  - 
Maèstra,  femmin.  di  maestro:  donna  che  la  sa 
lunga.  -  Maga,  di  donna  che  riesce  a  far  tutto. - 
Mantenuta,  donna  che  fa  vita  galante,  godendo  i  sus- 
sidi di  qualche  ganzo.  -  Marglierila  penitenle:  di 
donna  stata  galante  e  datasi  poi  a  vita  o  ad  apparenza 
di  vita  religiosa.  -  Megèra,  donna  vecchia,  furiosa.  - 
Messalina,  antonomasticam ,  donna  rotta  ai  piaceri  e 
sessualmente  degenerata.  -  Mezza  calzetta,  locuzione 
milanese:  dicesi  di  donna  che  vuol  parere  e  valere 
più  che  non  sia.  -  Mona  tenerina,  donna  affettata- 
mente delicata,  alla  quale  tutto  riesce  faticoso.  - 
Mondana:  dicesi  di  donna  che  ama  la  vita  e  i  pia- 
ceri mondani. 

Orizzontale  (ned.  frane,  d'uso),  donna  pubblica, 
donna  galalite. 

Papessa  (scherz.),  donna  involta  negli  agi.  -  Pe- 
dantessa,  femmin.  di  pedante,  -  Pedina,  contrap- 
posto a  dama  :  donna  non  nobile,  che  pure  veste  e 
e  si  dà  arie  da  signora  :  brucina,  madamina.  -  Ire 
dicotoressa,  donna  che  fa  da  predicatore. 

S'illanseccia  (fìgur.),  pettegola,  fraschetta.  -  SantOf 
rellina,  dicevasi  in  antico  di  persona  molto  divota, 
poi  ironicamente  di  donna  che  sotto  la  vereconda, 
innocente  parvenza  altro  nasconde. -Sc/uara  6ta»/(0 
(neol.),  donna  tratta  a  mala  vita  con  ingannevoli 
pretesti  da  incettatori  o  incettatrici.  -  Scrofa  (fig.), 
troia,  per  ingiuria  a  donna.  -  Sgualdrina,  donnaccia 
svergognata,  di  conio:  meretrice,  prostituta.  -  Si- 
rena, donna  che  seduca  pel  suo  canto,  per  le  sue 
grazie.  -  Sócera,  suòcer-a  (fìgur.),  donna  saccente,  che 
vuol  fare  i  conti  addosso.  -  Sputapepe,  donna 
linguacciuta.  -  Stradina,  donna  da  strada,  becera. 
-  Strega,  maliarda  ;  si  dice  pure  alle  donne  vec- 
chie e  brutte  e  parimente  a  una  donna  sottile  ed 
accorta,  ma  in  cattivo  senso. 

Torcia,  torcione,  meretrice,  donna  disonesta.  - 
Traviata,  per  similit.,  una  donna  di  mondo.  - 
Trecca,  donna  che  fa  pompa  di  sé,  quasi  mettendo 
in  mostra  la  merce  per  venderla.  -  Tiibada  (non 
comune),  meretrice.  -  Vergine  Rossa:  dicesi,  per 
estensione  (in  origine  fu  chiamata  così  Luisa  Mi- 
chel), di  donna  anarchica,  che  scende  per  le  vie 
ad  accendere  la  sommossa.  -  Vergine  e  martire 
(iron.),  di  donna  molto  libera.  -  Vestale  (iron.  e  fa- 
miliarmente), si  dice  talora  per  meretrice,  donna 
del  giro. 


FlGCBE  STOBICHE,  MITOLOGICHE,   ECC. 


Amàzzone  (figur.),  donna  d'animo  gagliardo.  Le  etnea- 
zoni,  dame  guerriere  della  Cappadocia,  abitatrici  delle 
rive  del  Termodonte,  non  volevano  uomini  e  noa 
convenivano  con  loro  che  una  volta  all'anno,  dopo 
di  che  li  rimandavano  alle  loro  case;  era  mestieri, 
però,  che  essi  avessero  ucciso  tre  dei  loro  nemici.  - 
Antiope,  regina  delle  Amazzoni,  vinta  e  fatta  pri- 
gioniera da  Enoie,  che  la  donò  a  Teseo.  -  Armida. 
personaggio  fantastico  della  Gerusalemme  libeiata: 
figur.,  donna  bella  e  maliarda. 

Baccante,  sacerdotessa  di  Bacco:  per  similitud., 
donna  dèdita  alla  gozzoviglia,  allo  stravizio. 

Cassandra,  figlia  di  Priamo  e  di  Ecuba,  sacerdo- 
tessa di  Apollo,  il  quale  se  ne  invaghì  e  le  conce- 
dette il  dono  della  profezia,  ma  poi  fece  sì  che  le 
profezie   di   lei  non   fossero    credute.   Ora,  dicesi 


Cassandra  inascoltala  di  persona  che  prevede  e 
consiglia  bene,  ma  alla  quale  non  si  dà  ascolto.  - 
Cenerentola  (frane,  Cendrillon),  protagonista  d'  una 
^razidsa  fiaba  del  Perrault  ;  ora,  dicesi  comunem. 
di  fanciulla  abbandonata  e  costretta  ai  più  umili 
servigi  accanto  al  focolare.  -  Circe,  celebre  fata  che 
converti  in  pesci  i  compagni  di  Ulisse:  figur., 
donna  fascinatrice.  -  Cleopatra,  celebre  regina  d'E- 
gitto: ora,  detto  per  donna  bella  e  seduttrice.  - 
Cornelia,  dama  romana,  madre  di  dodici  figli  (i 
<jracchi),  dei  quali  ne  perdette  nove  ed  educò  gli 
altri  in  modo  esemplare.  Dicesi  per  donna  e  madre 
virtuosissima,  animosa. 

Diaconessa,  donna  investita  di  certe  dignità  sacre 
e  che,  massime  nei  primi  tempi  della  Chiesa,  at- 
tendeva a  certi  sacri  ministeri.  -  Didone,  figlia  di 
un  re  di  Tiro,  secondo  Virgilio  uccisasi  perchè  ab- 
bandonata da  Enea.  -  Dulcinea,  V  amante  di  Don 
Chisciolle  della  Mancia.  -  Eroina,  protagonista  di 
una  storia,  d' un  romanzo.  -  Etèra  (voce  greca), 
letteralm. ,  compagna,  amica.  Neil'  antica  Grecia, 
le  etère  erano  una  classe  speciale  di  donne  (me- 
retrici d'alto  grado)  che  esercitarono  grande  in- 
fluenza, specialmente  nella  società  ateniese.  Famose: 
Leera,  Aspasia,  Taide,  Mirrina,  Lamia,  Targelia, 
Teodata,  Frine.  -  Eva,  la  prima  donna,  la  madre 
del  genere  umano,  secondo  le  credenze  cristiane.  - 
Frine,  celebre  etèra  greca,  nativa  di  Tespi,  in  Beo- 
zia, vissuta  nel  IV  secolo  a.  C.  :  fu  modello  di 
Prassitele  per  le  statue  di  Venere;  trascinata  da- 
vanti ai  giudici,  fu  da  essi  assolta  per  il  fascino 
esercitato  dalla  sua  bellezza.  Dicesi  ora  per  donna 
maliarda  e  venale.  -  Lucrezia,  donna  romana,  mo- 
glie di  Tarquinio  Collatino,  uccisasi  con  un  colpo 
di  pugnale  per  essere  stata  violentata  da  Sesto  Tar 
quinio.  Ora,  sinonimo  di  donna  virtuosa. 

Medea,  amante  dell'argonauta  Giasone,  lo  aiutò 
nella  conquista  del  vello  d' oro  ;  cacciata  da  lui, 
sgozzò  i  figli  che  ne  aveva  avuto  e  mandò  una  ve- 
ste avvelenata  a  Creusa,  da  Giasone  condotta  sposa. 
Si  dice  di  donna  vendicativa  e  crudele.  -  Mènade. 
Baccante  furibonda  :  dicesi  di  donna  furiosa.  -  Mes- 
salina, terza  moglie  di  Claudio,  imperatore  romano, 
famosissima  per  la  sua  libidine  e  i  suoi  delitti.  Di- 
cesi di  donna  lussuriosa. 

Niobe,  figlia  di  Tantalo  e  moglie  di  Anfione,  re 
di  Tebe:  vide  perire  i  suoi  figli  sotto  i  dardi  di 
Apollo  e  di  Latona.  Dicesi  di  madre  angosciata  per 
la  perdita  della  sua  prole.  -  Pandora,  la  prima 
donna  formata  da  Vulcano  con  la  creta  e  dagli  dèi 
dotata  di  tutte  le  grazie.  -  Sibilla,  donna  alla  quale 
gli  antichi  attribuivano  la  conoscenza  del  futuro.  - 
Sùccubo,  spirito  che  si  credeva  pigliasse  forma  di 
donna.  -  Susanna,  donna  ebrea  leggendaria  per 
avere  resistito  alle  impure  voglie  di  due  vecchioni, 
i  quali  la  calunniarono.  -  Uri,  donna  del  paradiso 
di  Maometto.  -  Valchirie,  donne  del  paradiso  degli 
Scandinavi.  -  Vestale,  sacerdotessa  di  Vesta,  cu- 
stode del  fuoco  sacro,  nell'antica  Roma.  •  Prefica, 
nell'antica  Roma,  donni  prezzolata  per  piangere  e 
Jodare  i  mortu 


iiroumenti,  ornamenti,  arnesi  varì  della  donna. 
Luoghi  in  cui  vive. 


Aceapoatoio,  specie  di  cappa,  per  Io  più  di  lino, 
che  le  oonne  si  mettono  sulle  spalle,  specialmente 


939 


quando  si  pettinano  o  si  fanno  pettinare.  -  Boa, 
lunga  pelliccia  da  collo.  -  Busto,  particolare  in- 
dumento, armato  di  stecche,  usato  dalle  donne  per 
stringere  i  fianchi  e  sorreggere  il  seno.  -  Calza- 
tura, ciò  che  serve  a  calzare  i  piedi  o  le  gambe. 

-  Cappellino,  cappello  da  signora.  -  Corsetto,  la 
parte  superiore  della  veste  muliebre.  -  Cuffia,  ber- 
retta da  donna  attempata.  -  Gonna,  gonnella,  veste 
dalla  cintura  ai  piedi.  -  Grembiale,  pezzo  di 
panno  o  d'altro  che  le  donne  tengono  cinto  da- 
vanti. -  Guanto,  copertura  della  mano  e  delle 
dita.  -  Guardinfante,  arnese  fatto  di  cerchi  e,  un 
tempo,  portato  dalle  donne  sotto  la  gonnella:  cri- 
nolina, crinolino.  -  Manicotto,  specie  di  sacco  nel 
quale  le  donne  infilano  le  mani,  per  ripararsi  dal 
freddo.  -  Mantellina,  mantello  da  donna.  -  Scialle, 
drappo  che  le  donne  portano  sulle  spalle.  -  Sot- 
tana, gonnella  che  si  mette  sotlo  altre  vesti.  - 
Velo,  tela  finissima  e  trasparente  che  le  donne 
pongono  in  capo.  -  Veste,  vestito,  il  vestimento, 
l'abito.  -  Water-proof  (ingl.),  specie  di  mantello  im- 
permeabile per  signora.  -  Zendado,  sottile  drappo 
di  seta,  portato  sulle  spalle. 

Anello,  ornamento  che  si  infila  nelle  dita.  - 
Sraccialetfo,  ornamento  del  braccio.  -  Collana, 
ornamento  da  collo.  -  Diadema,  specie  di  corona, 
di  metallo  prezioso,  o  anche  di  brillanti,  per  or- 
namento del  capo.  -  Merletto,  nastro,  pizzo, 
veggasi  a  queste  voci.  -  Monile,  collana,  vezzo.  - 
Orecchino,  ornamento  che  si  infigge  nell'orecchio. 

-  Raggiera,  insieme  delle  spadine  d'argento,  sorta 
di  spilloni  che  portano  in  capo  le  donne  brianzole. 

-  Spilla,  spillo  elegante  e  di  varia  maniera.  - 
Spillone,  grosso  spillo  per  appuntare  il  cappellino. 

Moltissimi  gli  arnesi  usati  dalle  donne,  quali 
Vago,  il  ditale,  i  ferri  da  calza,  il  fuso  per 
filare  ;  Vuncinetto  per  il  incanto,  lo  spillo  per 
appuntare,  il  ferro  per  stirare;  il  calamistro  e 
altro  per  arricciare  i  capelli;  il  ventaglio  per 
farsi  vento,  ecc.  -  Pettine,  noto  strumento  usato 
per  i  capelli  ;  dalle  donne  appuntato  in  questi 
anche. per  sostenerli  o  per  ornamento. 

Canestrina,  cestello,  panierino  nel  quale  la  donna 
tiene  quanto  le  occorre  per  cucire,  per  ricamare  e 
per  altri  lavori.  -  Macchina  da  cucire,  veggasi  a 
cucire. 

Luoghi.  —  Arem,  harem  (arabo,  herim),  apparta- 
mento, luogo  appartato  e  destinato  alle  donne  mu- 
sulmane, aperto  solo  al  marito  o  al  padrone  e  cu- 
stodito da  eunuchi:  areme,  aremme  ;  serraglio,  ser- 
raglio di  donne.  Anche,  il  complesso  delle  donne, 
delle  sultane  e  delle  odalische  rinchiuse.  -  Ginecèo, 
presso  i  Greci,  parte  della  casa  dove  abitavano  solo  le 
donne,  le  quali  avevano  per  lo  più  un  quartiere 
separato  allorché  appartenevano  a  buone  famiglie. 
Stavano  assai  ritirate,  non  mangiando  coi  loro  ma- 
riti quando  in  casa  ci  fossero  forestieri.  -  Gine- 
comio,  ospedale  femminile  -  Postribolo,  lupanare; 
luogo  nel  quale  si  esercita  pubblicamente  la  pro- 
stituzione. 


Cose  e  termini  vari  relativi  alla  donna. 


La  donna  diflerisce  dall'uomo  per  il  sesso,  ossia 
per  la  diversità  dei  genitali,  inoltre  per  avere  le 
mammelle  (veggasi  a  nìamm.ella),  l'utero,  i  ca- 
pelli più  lunghi,  una  corporatura   più  delicata. 


^0 


DONNA 


Bon  avere  barba,  eac.  ■  Natura,  le  parti  pudende 
della  femmina 

Atociu,  sterilità  della  donna.  -  Età  critica,  o  cli- 
materica, periodo  della  ^ita  muliebre  in  cui  cessa 
la  meslruazione.  -  Fiori  biamìii,  scolo  morboso 
delle  donne:  leucorrea  (liredeie  bianco,  avere  i 
fori  bianchi).  -  GraviOaitza,  vegliasi  a  quesla 
Toce.  -  I.ocìti,  evacuazione,  più  o  meno  sanguino- 
lenta e  mucosa,  che  ha  luogo  nelle  vie  genitali, 
dojio  il  parto  e  continua  durante  il  puerperio  per 
un  ttmjo  più  0  meno  lungo.  -  Mevopavsa,  termine 
medico  che  significa  il  cessare  dei  niesirui  verso  i 
cinquant'anni.  -  JUesft'uazioiie (mesti  naie,  viesirvoj, 
veggasi  a  questa  voce.  -  Meircrrayìa,  pei  dita  di 
sangue  che  si  manifesta  o  prinia  delia  pubertà  o 
nell'eia  climaterica,  o  fuori  del  tempo  della  me- 
struazione. -  Tarlo,  V  alto  del  parto  e  anche  la 
creatura  partorita.  -  Pveìperio,  veggasi  a  puer- 
pera. 

Amore  lesbiano,  o  leibiaco,  vizio  osceno  femmi- 
nile, amore  tra  donna  e  donna  (cosi  dello  perchè 
praticato  anticani.  da  donne  dell'isola  di  Lesbo).  - 
Armi  delie  finimine  (figur.  e  scberz.),  le  lagrime, 
le  gentilezze,  le  preghiere.  -  j4sfc/(^ofn;/s?o,  onanismo 
della  donna.  -  Tiiìodisri'O,  forma  di  inversione  del- 
l'ibliiito  sessuale  nella  donna. 

G'hecocìaz'ia,  dominio  di  femmine.  -  Givecoìatìia, 
adorazione  della  donna.  -  Ginecologia,  parte 
della  njedicina  che  tratta  delle  malattie,  ecc.,  delle 
donne.  -  Giverotcwia,  anatomia  della  donna.  - 
Oiitetricia,  parte  della  chirurgia  che  riguarda 
la  cura  delle  partorienti. 

Poriìocrazw,  governo  di  donne  cortigiane.  -  Por- 
noqrnjìa,  descrizione  delle  prostitute  e  della  prosti- 
tuzione in  rapporto  all'igiene  jiubblica;  anche, 
scritto,  discorso,  vignetta  licenziosi,  scurrili. 

Antifetìiviinismo,  dottrina  contraria  al  femmini- 
smo e  antifemniinista  chi  la  prolessa,  la  segue.  - 
Emancipazione  della  donna,  parificazione  della  donna 
ali  uomo  nei  diritti  e  nell'esercizio  di  essi,  scioglien- 
dola dai  vincoli  speciali  in  cui  la  società  ha  tenuto 
lino  ad  ora  il  sesso  femminile.  -  Fenmiinvmo,  il 
coniplesso  delle  teorie  e  delle  azioni  che  tendono  a 
stabilire  l'egupglianza  giuridica,  sociale  e  intellet- 
tuale della  donna  rispetto  all'uomo  -  Gircmiita:  si 
chianò  cosi  una  canzonetta  in  lode  di  tutte  le 
parli  del  vestire  muliebre.  -  Mondualdo^  veggasi  a 
dote. 

Accrcettare,  delle  donne  che  lusingano  gli  uo- 
mini :  far  la  civcffa.  -  Aver  ccmmeicio  con  qual- 
cuno, averci  relazione  amorosa,  e,  per  lo  più, 
non  onesta.  -  Dare  la  caccia  ai  merli:  di  donne 
e(|ui\oche  che  vanno  in  giro.  -  Dichiocriarsi,  si  dice 
scherz.  della  donna  che  non  vuole  essere  più  chioc- 
cia 0  per  amore  o  per  forza.  -  Darsi  alla  vita  al- 
legra, a  Jar  la  signora:  di  donna,  in  senso  equi- 
voco. -  Enti  are  in  figliuoli:  cominciare  ad  averne; 
esfeìe  fvoìi  di  figliuoli,  di  donna,  essere  fuori  dal- 
l'età di  poterne  fare.  -  Essere  del  cento,  delle  donne 
che  non  hanno  le  loro  purghe.  -  Far  la  civetta, 
detto  delle  donne  che,  per  vanità  o  capriccio  più 
che  per  amore,  si  studiano  con  le  loro  lusinghe  e 
moine  di  sedurre,  di  acchiappare  i  merli.  -  Incivettire, 
diventar  civetta.  -  Portale  i  calzoni,  quando  la 
donna  fa  da  uomo,  non  per  opere  assennale  e 
buone,  ma  bensì  per  capriccioso  comando  e  impe- 
rio sull'uomo.  -  Prostituirsi,  abbandonarsi  che  di 
sé  fanno  certe  donne  p(  r  mercede  o  per  vizio  :  veg- 
gasi a  j'rostituzione,  -  Syounellare  :  di  quelle 
donne  che  >anno  continuamente  in  giro,  massima- 


mente per  le  chiese.  -  Stare  alla  finestra  a  rim- 
balzolore:  ad  allettare.  -  StrebUiare,  stn-picciarsi, 
pulirsi;  quel  che  fanno  le  donne  lisciandosi. 

Cariàtide,  statua  di  donna  per  sostegno.  - 
Ibrisliclte,  leste  in  onore  delle  donne  d'Argo,  le 
quali  si  abbigliavano  da  uomo. 


Locuzioni  e  provebbì. 


Essere  un  fidecommesso,  di  ragazza  che  non  trova 
marito  (dicesi  anche  d'una  persona  uggiosa).  -  Esserci 
anche  il  companatico,  di  una  donna  gigantesca  per 
forme  opulente,  oppure  anche  allraentissima  per  il 
suo  insic  me.  -  Gullinetla  che  va  per  casa  o  ch'ella 
becca  0  the  è  beccata:  le  donne  mangiano  poco  a 
tavola,  perchè  hanno  il  tempo  e  l'occasione  di  man- 
giare lungo  il  giorno.  -  Parere  la  Madonna  dei  do- 
lori: di  donna  accigliata,  afflitta.  -  Parere  la  vechia, 
0  la  vecrhina  dell'aceto:  di  donna  piccina  o  rifinita 
che  ha  l'aria  di  vecchia.  -  Parere  la  vecchina  dei- 
Coche:  di  donna  vecchia,  piccola,  meschina,  grin- 
zosa -  Parere  le  Maìie,  le  tre  Marie:  di  donne 
meste,  piangenti.  -  Voler  fare  la  bella  dea:  di  don- 
na vanitosa. 

Cherchez  la  femme,  motto  francese,  comunissimo  tra 
noi,  per  additare  nella  donna  la  cagione  prima  e  occulta 
dei  fatti  umani,  specie  delittuosi.  -  Et  vera  incessu 
patuit  dea  (e  vera  dea  apparve  all'  incedere  :  cosi 
Virgilio,  ndVEiìeide,  descrivendo  Venere  che  ap- 
pare ad  Ejiya):  si  dice  talvolta  di  donna  bella  e 
maestosa  nel  portamento. 

Provekbì  ;  Acqua,  fuoco  e  mala  femmina  cacciano 
la  gente  di  casa.  -  Al  buio  tutte  le  gatte  son  bige, 
tulle  le  cose  son  belle  e  specialmente  le  donne.  - 
Alla  conocchia  anche  il  pazzo  singinccchia  (per 
conocchia  si  intende  la  donna  casalinga,  la  donna 
di  Salomone).  -  Amor,  dispetto,  gelosia  sul  cor  di 
ogni  donna  han  signoiia.  -  Astuzia  di  donna  le 
vince  tutte  -  Chi  disse  donna  disse  danno.  -  Delle 
donne  con  le  basette  Dio  ci  guardi:  son  saette.  - 
Dui  mare  sale  e  dalla  donna  male.  -  Donna  buona 
vale  una  corona.  -  Donna  danno,  sposa  spesa,  moglie 
maglio.  -  Donna  e  fuoco,  toccali  poco.  •  Donna  e 
luna,  oggi  serena  e  domani  bruna.  -  Donna  e  ca- 
stagna, bella  di  fuori  e  dentro  è  la  magagna.  •  Donna 
e  vino  imbriaca  il  grande  e  il  piccolino.  -  Donna 
prudente  è  una  gioia  eccellente.  -  La  donna  ha  più 
capricci  che  ricci.  -  Le  buone  donne  non  hanno  né 
occhi,  né  orecchi.  -  Le  donne  arrivano  i  pazzi  e  i 
savi.  -  Le  donne  quasi  tutte  per  parer  belle  si  fanno 
brutte.  -  Le  donne  son  segrete  come  il  dolor  di  corpo. 
Le  donne  sono  sante  in  chiesa,  angeli  in  strada,  dia- 
vole in  casa,  civette  alla  finestra  e  gazze  alla  porta. 
-  S'è  grande,  è  oziosa;  se  piccola,  è  viziosa;  s'è 
bella,  é  vanitosa;  s'è  brutta,  è  fastidiosa.  -  Più  facile 
trovar  dolce  l'assenzio  che  in  mezzo  a  poche  donne 
tm  gran  silenzio.  -  Tira  più  un  pel  di  sottana  che 
dodici  paia  di  bovi  in  una  piana:  dell'influenza 
che  hanno  le  donne.  -  Tre  donne  e  un  aglio  fanno 
un  mercato.  -  Tre  donne  fanno  un  mei'cato  e  quaU 
tro  una  fiera. 


L'uomo  bispetto  alla  donna. 


Bigamo,  trigamo,  poligamo,  chi  ha  due,  tre,  più 
mogli.  -  Cavalier  servente,  cosi   il  cavaliere  aliri- 


DOIfNACCOLA   —   DONZKILO 


9\1 


Olenti  detto  cicisbeo,  donnaiuolo,  sottaniere,  vaghetj- 
gino.  E  cosi  anche  oi%\  l'amaate  d'aia  sis^nora 
maritata.  -  Dm  Giovanni,  familiinn^ate,  di  au  lace, 
fortunato  e  spregiudicalo  coni|aistAlore  di  do  ine.  - 
Effeminato,  chi  ha  costumi  da  donna.  -  Inna- 
morato, preso  da  amore  par  una  donna.  -  \ton- 
sieur  Aljìhonse,  chi  vive  alle  spalle  di  uni  donna: 
mantenuto.  -  Misogiao,  chi  ha  repulsione  per  (a 
donna  nei  rapporti  sessuali  (misoginia,  avversione 
alle  donne).  -  Mmogarno,  chi  sposa  solo  una  donna. 
-  Perondiiio,  rierbino.  -  Puttaniere,  sinonimo  spre- 
giativo e  plebeo  di  donnaiuolo  -  Sout'ìn'iur,  voce 
del  gergo  francese  usata  anche  da  noi  per  in  lic.ire 
chi  vive  alle  spalle  delie  prostitute  (in  Dmte,  ru/"- 
fian,  baratti  e  simile  lordura).  -  Z'ir'jìao,  chi  la 
bella  mostra  di  sé  per  piacere  alle  donne. 

Ganimede.  persona,'gio  mit)loj[ico.  per  la  sua 
bellezza  fatto  rapire  da  Giove:  dicesi  ora  per  va- 
gheggino.- Ippone,  0  Melaniqie,  principe  greco  tanto 
pudico  che  si  ritirò  nelle  selve  per  non  vedere  donne. 

Corteggiare,  fare  dicliiarazioni  e  dim)>tra- 
zioni  d'amore  ad  una  donna:  amoreggiare  ; 
ronzare  intorno  ad  una  dinna.  -  Essere  il  gxllo 
della  Checca,  popolarmente,  chi  ottiene  segnalate 
grazie,  dalle  donne  in  ispecie:  il  beniirnino.  Ne' lo 
stesso  senso  :  essere  il  gallo  di  monna  Fiora.  -  Far 
l'asino,  volgarmente,  di  chi  comincia  a  soasi  mare, 
ad  ammirare,  a  seguire  alcuna  donna.  -  Mettersi  la 
gonnella,  agire  da  donna;  prendere  abitudini,  costumi 
femminili.  -  Tener  donne:  da  mantenere.  -  Tirare 
alla  gonnella,  star  sempre  accanto  alla  gon'iella,  es- 
sere attratto  alle  donne;  star  sempre  intorno  ad 
esse. 

Donnàccola.  Una  donna  volgare. 

Donnaiuolo.  Chi  volontieri  pratica  con  la 
donna,  con  le  donne. 

Donnescamente.  A  modo  e  costume  di  donna. 

Donnesco.  Di  o  da  donna. 

Donnina,  donnone.  Veggasi  a  donna, 

Donnlcciaòla.  La  donna  umile  e  di  poco 
animo. 

Donnino.  Bambina  che  ha  maniere  da  donna. 

Donno.  Signore,  padrone. 

Dònnola.  Quadrupede  carnivoro  poco  più  grosso 
d'un  topo.  -  Armellino,  ermellino,  piccolo  animtle 
simile  alla  faina  e  della  cui  pelle  si  fanno  pre- 
giale pelliccie.  -  Faina,  animile  rapace  simile  alla 
dònnola.  -  Furetto  (muntela  furo):  specie  di  dòn- 
nola, originario  dell'Africa  e  ad  lomesticato  i.n  Eu- 
ropa. -  Puzzola,  piccolo  carnivoro  muUelide,  più 
grosso  delle  specie  congeneri,  la  donnola  e  l'ermel- 
lino :  si  trova  in  tutta  i'  Europa,  ed  è  un  animile 
perniciosissimo  al  pollame. 

S'ìuittire,  suono  che  dà  la  voce  della  donnola  e 
degli  animali  affini. 

Dono.  Ciò  che  si  dà  ad  altri  volonfariamente, 
per  cortesia  o  per  uno  scopo  qualunque,  sen^a  pre- 
tendere restituzione  o  ricambio  :  don  iti  vo,  don  izione, 
largizione,  presente.  -  Figur.,  ciascuna  di  qielte  qi  t 
lità,  morali  o  fisiche,  che  si  riconoscono  Ja  Do. 
dalla  natura,  dalla  fort>ina.  -  Djnerello,  dimin. 
di  dono.  -  Donatario,  la  persona  a  favore  della  quale 
si  fa  una  donazione;  destinatario.  -  Djnitore,  c'ii 
dona:  largitore.  -  Liberale,  chi  dona  con  Ubera' 
lità,  con  larghezza,  con  generosità. 

Caristerie,  i  doni  che  si  offrivano  ad  una  divi- 
nità quale  attestazione  di  pubblica  gratituline  per 
favori  che  si  supponevano  ottenuti  per  sua  inter- 
cessione. -  Gongiario,  donazione  die  gli  imperatori 
romani  facevano  qualche  volta  ài  popolo  di  Uoma, 


distribuendo  olio,  grano,  vino  e  anche  denaro; 
se  ai  sol  lati,  chiimivasi  dìiatioo.  -  Dìna'ioo,  ri- 
compensa striordinaria,  caposoldo,  gratificazione, 
ecc.;  dono  piuttosto  in  grande  d'  oggetti,  di  cose 
reali,  mi  non  di  possessione. 

D milióne  (iat.,  donitio:  terni,  leg.),  atto  in  virtù 
del  quile  U'io  si  3po.{lia  volo  itariamente  e  irrevo- 
cabilmente del  proprio  patrimonio,  o  di  parte  di 
esso,  a  favore  di  altra  persona,  che  l'accetta,  senza 
compenso  -  D)nalio  ad  piis  causa%  per  causa  pia; 
inter  vio)s  (Iat.,  tra  vivi),  di  donazioni  fatte,  vigente 
il  donatore  e  il  donatario;  morlis  nau^a,  per  causa 
di  morte;  sub  mio,  par  uno  scopo  determinato; 
prop'er  n'ip'iae,  domziona  delio  sposo  alla  sposa. 

Di'ti  di  na'ura  o  naturali,  le  facoltà  della  tnente 
e  dólVanimo.  •  Doni  dello  spirilo  santo  chiamano 
i  teolo,'i  alcune  quilità  (sapienza,  intelletto,  scienza, 
consiglio,  fortezza,  pietà,  amor  di  Dio)  infuse  nel- 
l'uom)  da  Dio.  -  Dinora,  gli  arredi  che,  oltra  la 
ilote.  si  danno  alla  sposa,  quando  va  a  mirilo.  - 
Onte,  quanto  si  dà  alla  sposa,  dono,  patrimonio  dato 
gratuitimenie,  ad  altri  (opera  pia,  istituto  di  benefi- 
cenza e  simili).  -  Elargizione,  l'elargire,  il  d)nare, 
l'ero ,'are  ge.ierosamente  dentro  o  altro.  .  Oriti- 
flaazione.  rimunerazione  ad  impiegati  e  simli.  - 
Leg  Ito,  dino,  làscito  che  si  conferisce  m  ere  litàt 
pjr  te!it(t>nen*o  o  per  codicillo.  -  OT'erta,  l'atto 
di  offrire  e  la  cosa  dita  in  doao.  •  OJer te  di  Caino. 
la  peggior  roba,  o  quella  donata  non  di  cuore.  - 
Paraguinto,  maicia  o  donativo  che  i  capi  d'ufiicio 
danno  ai  loro  iinpie;?ati,  ai  co  nnessi,  ecc.,  per  le  festa 
di  .Natale.  -  Rg/alia,  specie  di  tributo  che  il  con- 
tadino dà  al  padrone  in  uova,  polli,  ecc.,  oltre  l'af- 
fitto: app;nlice,  appenlizia.  Nel  Veneto,  onoranze; 
in  Toscana,  pitti,  vantaggi.-  Rijilo,  dono  che  si 
fa  in  certe  circostanze;  cosa  che  si  dà  ad  alcuno, 
senza  che  vi  abbia  diritto  e  senza  trarne  prezzo.  - 
Sdiommo,  dono  fatto  oltre  lo  stipenlio   orlmirio. 

Rtsoersione,  diritto  che  può  avere  il  domite  so- 
pravvivente al  donatario,  che  non  ha  lasciato  prole, 
di  ricuperare  le  cosa  donate.  -  S^/'e/»  ti,  dono,  re- 
galo di  capo  d'anno.  -  Tenere  di  libjralità,  quelle 
che  dai  Riinmi  erano  distribuite  al  popolo  perchè 
ricevesse  il  dono  iscritto  in  quelle. 

DowRE,  dire  in  dono,  dare  quilche  cosa  senza  com- 
penso, a  titolo  gratuito:  dan  gratis,  ^ratuitinente; 
essere  cortese  di  checchissia;  far  cortesia  di...;  lasciar 
uscire  di  mino;  p)rgere  in  dono;  presentare;  pri- 
varsi in  favore  d'altri;  sicrificare  al  alcuno.  -  Bs- 
nefi'iare,  dare  a  titolo  di  6-?  ts.i -•e/isx  -  Gioirsi 
una  coia  difli  ochi,  dare  mdvole  itieri.  -  Dire  o 
lanciare  per  Canima  sui,  de^ti  \3id  een)»ineo  doni 
per  sulTi-agi  dell'ani  na  prò, ir  a.  -  Din  ire  per  me- 
narvi, per  segni  di  ri'ìor  lì.  -  Lirjfief  jiirt,  prò- 
digire,  donare,  d  tre  o  i  li'tìrali^iì,  co  i  larghezza, 
COI  pi'9  liji'ii'%.  -  Riloiire,  ripete  donare. -Ss- 
■larre,  tirare  alcuno  alle  proprie  voglie  con  allet- 
tamìuli,  con  lusinghe,  con  doni. 

A  cwal  dilato  aoi  si  guarda  in  bocca,  le  cose 
donile  non  si  criticano.  -  Ti  nei  Dinios  et  dona  fé- 
ren'eì  (te  no  le  insidie  dei  nemici  donatori):  locu- 
zi>'ie  litini,  in  Vir<;ilio. 

D'>n>ra.  Ve^,'asi  a  doio. 

D)a«olla.  Giovane  donna,  in  età  da  marito. 

D  inzallare  (donzellati).  Baloccarsi,  stara  in 
oti^. 

Oinzolllna.  Pezzetto  di  pasta  lievita,  che  si 
min,'ia  fritto. 

O  > anello.  Il  servo  di  un  magistrato,  del  Co- 
mane. 


942 


DONZKLLONA 


Donzellona.  Vecchia  zitella,  zitellona. 

Dopo.  Preposizione  che  indica  ordine  di  tempo 
o  di  luogo,  nel  senso  di  sufcedere,  seguire:  ap- 
prpsso,  da  indi,  da  ivi  a...,  dappoi,  dappresso,  die- 
tro, dipoi;  fra  (qualche  giorno,  ecc>,  in  capo  a..., 
infra  (lina  settimana,  un  mese,  ecc.);  in  o  per  suc- 
cesso di  tempo;  cassato  (un  giorno,  un'ora,  ecc.); 
poi,  più  in  là  che...,  poscia,  post  (lai.),  presso, 
quinci,  seguente  a...,  sopra.  Dopo  è  correlativo  di 
aitanti,  e  accenna  a  tempo  successivo;  il  poi  è 
più  genericamente  lont.ino.  -  Consecutivo,  che  segue, 
vien  dopo:  succedevole,  successivo:  aggiunto  di  cose 
che  vengono  una  dietro  l'altra,  senza  interruzione 
d'altra  cosa.  -  Cov seguente,  che  segue,  è  posteriore  ; 
che  vien  dopo  o  deriva  con)e  conseguenza,  -  Im- 
mediato, che  viene  subito  dopo.  -  Pospositivo,  che 
si  pospone,  si  mette  dopo.  -  Posposto,  messo  dopo 
(nel  tempo,  nell'ordine,  nel  grado,  ecc.).  -  Posteri, 
coloro  che  verranno  un  pezzo  dopo  di  noi.  -  Po- 
steriore, che  vien  dopo,  dietro,  rispetto  alla  posi- 
zione. -  Posticipato,  posposto  nel  tempo  e  nell'or- 
dine. -  Secondo,  che  viene  dopo  il  primo.  - 
Sussecutivo,  sussequeìite,  che  sussegue,  segue,  viene 
dopo  in  ordine  di  tempo  e  simili:  veggasi  a  se- 
guire.  -  Ulteriore,  che  viene  o  verrà  dopo. 

A  posteriori,  termine  filosofico  latino  che  vuol 
dire  da  ciò  che  viene  dopo,  e  si  intende  una  dimo- 
strazione che  si  basa  sopra  principi  somministrati 
dall'esperienza,  oppure  tratta  da  ciò  che  sussegue 
alla  cosa  che  si  vuol  dimostrare.  -  Consecutivamente, 
dopo  e  di  seguilo,  inseguito:  dilungo,  alla  fila,  alla 
volta,  continuamente;  di  fila,  di  lungo;  in  fila;  se- 
guitamente,  successivamente.  -  Dopoché,  dopo  che...: 
dacché,  da  poi,  dapoichè,  dappoiché,  poiché,  poscia- 
ché,  quando.  -  Dofo  molto  (sottinteso,  tempo  o  spa- 
zio) :  con  l'andar  del  tempo,  col  tempo;  d'allora 
innanzi;  dappoi,  di  li  a  lungo  tempo,  dopo  lungo 
andare;  d'ora  innanzi;  in  appresso,  in  avvenire,  in 
seguito,  in  seguito  di  tempo;  un  certo  tempo  dopo. 

-  Dopo  poco  (sottinteso,  tempo  o  spazio):  a  picciol 
tempo,  da  indi  a  poco,  di  li  a  non  molto,  di  li  a 
poco,  di  qui  a  poco  tempo,  dopo  non  guari  spazio, 
dopo  poco  tempo;  in  piccola  ora  appresso,  ivi  a 
non  gran  tempo;  non  molto  poi,  non  molto  stante; 
piccolo  spazio  dopo;  poco  appresso,  poco  avanti 
da... ,  poco  dopo,  poco  poi  ;  poco  stando,  poco  stante, 
poco  tempo  passato;  senza  indugio,  guari;  stando 
alquanto  picciol  tempo,  stando  pochi  giorni.- Do/)o 
qualche  tempo:  fatto  alcun  intervallo,  io  capo  di  un 
tempo,  in  dilazione  di  tempo,  passato  un  certo 
tempo.  -  Oìtre,  dopo,  di  più.  -  Postutto  (at),  dopo 
tutto,  in  tutto  e  per  tutto. 

Epilogo,  racconto  o  scena  dopo  l'azione  prin- 
cipale. -  Paracroniswo,  data  dopo  la  vera.  -  Po- 
scritto, post- scriptum,  quel  che  si  scrive  dopo  fi- 
nita una  lettera.  -  /Seguito,   ciò  che  vien  dopo. 

-  Suffisxi,  desinenze  o  sillabe  messe  alla  fine. 
Addoppore,  porsi  dopo  o  dietro  checchessia  •  Al- 

ieryaie,  posporre.  -  Co/iseguire,  conseguitore,  venir 
dopo,  succedere  ordinatamente.  -  Posporre  {pos- 
posto, posponimento,  posposizione),  mettere  dopo.  - 
Postergare,  posporre,  mettere  dopo,  nel  linguaggio 
notarile  e  degli  uffici.  -  Posticipare,  posporre 
nel  tempo,  prorogare  (veggasi  a  proroga),  fare 
una  cosa  più  tardi.-  Postumo,  nato  dopo  la  morte 
del  padre;  consecutivo  alla  morte  (di  opera  pub- 
blicata dopo  la  morte  dell'autore,  e  simili):  apò- 
stumo. 

Dóppia.  Antica  moneta  d'oro. 


Doppiamente.  In  modo  doppio,  -  Fintamente, 
con  finzione. 

Doppiare  (doppiato).  Addoppiare,  far  doppio, 
raddoppiare.  Contr.,  sdoppiare.  -  Dare  ad  un  agnello 
una  seconda  nutrice  quando  la  madre  non  abbia 
latte  a  sufficienza.  -  In  marineria,  passare  con  una 
0  più  navi  da  destra  a  sinistra  di  un'  armata  ne- 
mica, oppure  passare  a  poca  distanza  da  un'isola, 
da  uno  scoglio,  da  un  promontorio,  compiendo 
mezzo  giro  intorno  ad  essi. 

Doppiato  d'argrento.  Lamina  di  rame  sulla 
quale  è  fissata  una  foglia  d'argento:  si  adopera  per 
farne  vasi  e  altri  oggetti 

Doppière,  doppière.  Torchio  di  cera,  cero.. 

-  Sorta  di  candelabro. 

Doppietta.  Antica  moneta  sarda.  -  Pistola 
a  due  canne. 

Doppiezza.  Duplicità;  finzione;  inganno. 

Doppio  (aggett  ).  Che  è  composto  di  due  pezzi 
0  di  due  parti  della  stessa  materia;  che  è  due  volte^ 
tanto  (contr.,  scempio):  addoppiato,  adduplicato, 
arcidoppio  (due  volte  doppio);  duplicato,  duplice; 
gemello,  geminato,  gemino;  interzato,  rinterzato. 
Sostanti vam.,  due  volte  tanto:  a  doppio  tanto,  due 
cotanti,  due  tanti,  duelanli,  due  volte  il  tanto; 
duplice,  duplo;  per  uno  due.  -  Bipartito,  diviso 
in  due:  biforcato,  biforcuto,  bisulco;  doppio,  du- 
plice, gemino.  -  Stradoppio,  più  che  doppio.  -  Ad" 
doppianìento,  addoppia  tura,  raddoppio,  duplicazioìit,. 
reduplicazione,  veggasi  a  radfhppiare.  -  Doppich 
mento,  in  modo  duplice,  due  volle  tanto:  a  doppio^ 
al  doppio,  il  doppio;  due  cotanti,  due  tanti;  do- 
plica  tamente. 

Bi,  prefisso  usato  a  indicare  raddoppi?mento.  - 
Dupliato  (sostantivam.),  seconda  copia  d'una  ri- 
cevuta, d'una  lettera,  d'un  atto  o  simili:  doppion  . 

-  Pièga,  raddoppiamento  di  panni,  di  drappi,  i 
carta  e  simili,  in  loro  stessi.  -  Geminazione,  rad- 
doppiamento. 

Addoppiare,  doppiare,  aumentare  del  doppio:  rad- 
doppiare, Contr.,  sdoppiare,  scempiare.  -  Divi- 
dere, tagliare  una  cosa  in  due  parti.  -  Duplicare^ 
lo  stesso  e  meno  comune  di  raddoppiare:  redupli- 
care. -  Geminare,  raddoppiare.  -  Ribadire,  raddop- 
piare, accrescere. 

Doppióne.  Veggasi  a  baco  da  seta,  a  copia^ 
a  tela,  a  doppio. 

Doramentc.  Atto  ed  effetto  del  dorare. 

Dorare  (dorato,  doratura).  Stendere  oro  sulla 
superficie  di  checchessia:  lavoro  che  fa  il  dora- 
tore. 

Dorata.  Pesce  acantottero  del  Mediterraneo» 
compresso,  a  strisele  dorate,  con  le  pinne  dorsali 
fuse  in  una. 

Doratore.  Artefice  che  indora,  cioè  applica  fogli 
d'oro  sopra  corpi,  specialmente  di  legno,  ai  quali 
sia  stata  data  una  leggiera  passata  di  bolo  o  d'altra 
consimile  materia  alquanto  adesiva:  indoratore,  met- 
tiloro. A  Firenze  si  chiama  doratore  anche  il  ver- 
niciatore, perchè  i  mobili  vengono  dorati  da  lui 
e  i  metalli  dall'orefice.  -  Granitore,  l'operaio  che 
dà  la  grana. 

Doramento,  l'atto  e  l'effetto  del  dorare:  doratura; 
indoramento,  indoratura.  -  Dorare,  stendere  l'oro, 
ridotto  in  foglia,  sulla  superficie  di  checchessia  e 
farvelo  aderire:  inaurare,  indorare,  innaurare,  in- 
norare,  inorare;  mettere  a  oro,  metter  l'oro.  -  Sdo- 
rai e,  levar  la  doratura.  -  Sopraindorare,  raddoppiare 
la  doratura. 

Dorato,  coperto  d'oro:  aurato,  aureato,   deauratc 


DORATURA    —    DORMIHK 


9'l3 


(v.  a.)j  inaurato,  indorato:  verniciato  d'oro.  -  Do- 
ratvra,  operazione  del  dorare;  e  l'oro  disteso  snila 
cosa  dorata:  indoratura.  Si  fa  la  doratura  a  fuoco, 
a  guazzo,  a  mecca,  a  vior dente,  ecc.  -  Bracata,  la 
doratura  troppo  sbiadita.  -  Doratura,  gli  ornamenti, 
i  fregi  dorati. 


Varie   maniere   di   doratura. 

Alcune  operazioni. 

Matebie,  arnesi  all'uopo. 


Con  vari  metodi,  la  doratura  si  eseguisce  su  carta, 
su  legno,  su  forceììona,  su  velio,  ere  -  Doratura  a 
bolo  quella  latta  sul  legno,  dopo  avervi  steso  sopra 
il  ^'esso  a  oro.  -  Doratura  all'olio  su  legvo  :  si  fa 
applicando,  anzitutto,  sul  legno  uno  «strato  di  im- 
primitura »,  composto  di  bianco  di  cerussa  all'olio, 
con  un  po'  di  essenza  di  trementina.  -  Doratura  al 
mercurio,  quella  operata  con  l'amalgama  che,  nel 
trattamento  dei  quarzi  auriferi,  il  mercurio  forma 
nel  disciogliere  l'oro  e  combinandosi  con  esso.  Dopo 
versata  l'amalgama  sugli  eggetti  da  dorare,  si  espelle 
il  mercurio  (che  è  volatile)  mediante  l'azione  del 
fuoco  (operazione  detta  ricuocere  il  pezzo),  e  l'oro 
resta  solo  alla  superficie  degli  oggetti.  -  Doratura  a 
smorto,  quella  alla  quale  non  si  dà  la  lucentezza 
col  brunitoio.  -  Doratura  a  temipca:  si  effettua 
immergendo  gli  oggetti  in  una  soluzione  d'oro.  Parte 
piincipa'e  di  questo  processo  è  la  preparazione  del 
bugno  di  indoratura.  -  Doratura  dei  libri,  operazione 
che  fa  il  legatore  di  libri.  -  Doi atura  delle  sto- 
viglie: consiste  nel  far  depositare  su  esse  uno  strato 
sottilissimo  di  metallo,  aggiungendo  diverse  sostanze 
minerali  e  ottenendo  una  lucentezza  di  tinte  più  o 
meno  iridiscenti.  -  Dorotuia  galvanica,  veggasi  a 
ffalvanopl astica.  -  Doratura  su  pergamena  o  su 
carta:  si  fa  stendendo  un  leggiero  strato  di  gomma 
e  su  questo,  quando  pronto  (cioè,  abbastanza  secco), 
la  foglia  d'oro,  quindi  comprimendo  con  bambagia 
0  con  un  morbido  cuscinetto,  per  farla  aderire  per- 
fettamente; infine,  dopo  essiccazione  completa,  bru- 
nendo col  brunitoio  a  agata. 

Operazioni.  —  Avvivamento,  ravvivamento,  opera- 
zione con  la  quale  si  sparge  acquaforte  e  argento 
vivo  sopra  l'oggetto  che  si  vuol  dorare.  -  bagno 
eleitì'olitico,  veggasi  a  pag.  23",  seconda  colonna.  - 
Colorazione,  operazione  che  ha  per  ogj.etto  di  dare 
più  splendore  e,  al  tempo  stesso,  maggiore  solidità 
alla  doratura:  consiste  nel  tuffare  gli  oggetti  in  un 
miscuglio  liquido  di  sei  parti  di  nitrato  di  potassa, 
due  parti  di  solfato  di  ferro  e  una  parte  di  solfato 
(li  zinco  disciolti  nell'acqua  bollente.  Si  fanno  asciu- 
gare sopra  un  fuoco  vivo  gli  oggetti  bagnati  in  quel 
liquido,  poi  si  immergono  nell'acqua.  -  Granitura, 
operazione  del  granire. 

Dar  di  zanna,  lisciare  con  la  zanna  l'oro  e  l'ar- 
gento, per  brunirli.  -  Frustare,  spruzzar  male  col 
pennello.  -  Granire,  dar  la  grana,  ossia  rendere 
scabrosa  la  superficie,  cosi  da  sembrare  cosparsa  di 
granelli.  -  Vien  tutto  un  crespello:  cosi  dicono  i  do- 
ratori quando  l'oro  non  si  stende  bene. 

Materie.  —  Mècca,  specie  di  vernice  che  si  dà 
sopra  l'oro  e  ''argento,  e  la  cui  base  è  il  sangue  di 
drago.  -  Mordente,  impasto  di  colori  ed  olio,  o  so- 
stanza atta  a  fissare  il  colore  sui  tessuti,  o  la  do- 
atnra  s'iHe  cose  che  devono  averla.  •  Mordente  del 


feiro,  dell'acciaio,  del  rame,  dell'ottone,  dello  zinco, 
dell'avorio,  del  vetro,  composto  di  diversi  colori  o 
d'allre  materie  mescolate  con  olio:  serve  per  dorare 
0  inargenl9re.  -  Oi-o  da  libretto,  oro  in  sottilissimi 
fogli;  ogni  libretto  contiene  venticinque  fogli  d'oro 
battuto.  -  Oio  potabile,  soluzione  etèrea  di  perclo- 
ruro  d'oro  caustica,  un  tempo  usata  in  medicina, 
ora  per  la  doratura  del  ferro.  -  Osso  di  seppia,  o 
assol.  sepfiin,  usato  dai  doratori  per  lisciare,  polire. 

-  Tinta  dura,  formata  da  cerussa  calcinala,  stempe- 
rata: si  usa  nella  doratura  e  nell'argentnlura  dei  mo- 
bili. -  Vermetl,  argento  dorato.  -  Stiato  d'impri- 
mitura: con.sla  di  uno  strato  di  bianco  di  cerussa 
all'olio  adoperato  con  un  po'  di  essenza  di  tre- 
mentina. 

Arnesi.  —  Avvivatolo,  strumento  che  i  doratori  a 
fuoco  adoperano  per  distendere  l'ar  fnlo  vivo  (mer- 
curio) sull'oggetto  da  dorare.  -  Iiillo(h>tlo,  strumento 
per  applicare  l'oro  nell'indorare.  -  Grahitoio,  il  ce- 
sello (he  serve  per  dare  la  grana.  -  Gialtapugie, 
sj  azzole  melalliche  circolari,  montate  sopra  un  tor- 
nio e  giranti  con  grande  rapidità  :  servono  a  co- 
lorire i  pezzi  dorali  nel  bagno  galvanico.  -  Guan- 
cialino, arnese  usato  dai  doratori  per  tagliar  l'oro 
in  foglie.  -  Libretto,  libro,  quel'o  nel  quale  il  dora- 
tore tiene  l'oro  a  foglie  per  dorare;  la  riunione  dei 
foglietti  di  carta  dove  egli  tiene  l'oro  battuto  o  in 
foglia  -  Pennellessa,  sorta  di  pennello  per  doratori 
e  conciatori.  -  Pinocchina,  specie  di   brunitoio. 

Doralura.  Veggasi  a  doratore. 

Dorè.  Simile  ^W'oro:  detto  di  colore. 

Doreria.  Quantità  d'oro  lavorato  in  vasellami 
e  simili. 

Doricismo.  Forma  propria  del  dialetto  do- 
rico 

Doricizzare  (doricizzatoj.  Usare  forme  proprie 
del  dialetto  dorico. 

Dòrico.   Il  secondo   ordine   di   arcJiitetfvra, 

-  Agj.ettivam.,  edificio  dorico,  colonna  dorica,  ecc. 
Dormente.  In  araldica,  l'animale  giacente  e 

con  testa  bassa. 

Dormentorio.  Luogo  nel  quale  molti  stanno  a 
doiTnire. 

Dormiccliiare  (  dormicchiato  ).  Leggermente 
dormile. 

Dormiente.  Chi  dorme:    veggasi  a  dortvire, 

-  In  marina,  la  parte  di  cima  e  di  manovra  legata 
a  un  punto  fisso. 

Dormiglióne.  Chi  suole  domìire  molto  e 
volontieri.  -  Il  telaio  a  scossa  sul  quale  posa  la 
macchina  di  una  iiai-e  a  vapore. 

Dormiglioso.  Sonnolento,  pieno  di  sonno. 

Dormire  [dormiente,  dormita,  doi  mito)  Pren- 
dere sonno;  giacere,  riposarsi,  stare  nel  sonno, 
essere  occupato  dal  sonno:  aver  legato  l'asino;  ca- 
varsi l'amore,  la  voglia  del  dormire;  doimire  un 
sonno,  dormirsi  ;  essere  addormentato,  essere  a  pol- 
laio, essere  immerso  in  Lete;  essere  in  braccio,  in 
grembo,  in  preda  a  Morfeo;  far  la  nani  a  (di  bam- 
bini;, far  sonno,  fare  una  dormita;  legare  la  giu- 
menta, legar  l'asino;  posare,  prendere  ristoro  col 
sonno;  riposare  (vi  ggasi  a  riposo);  sopirsi;  te- 
nere gli  occhi  chiusi;  togliersi  il  sonno.  Conlr.,  pa- 
tire, soffrire  àHnsonnia  :  non  poter  dorniire. 

Asscnmmento.  tendenza  a  dormire.  -  Dormita,  l'atto 
del  dormire,  ia  durata  del  sonno:  dormitura,  dor- 
niizione;  riposo  della  notte  (il  tempo  in  cui  il  laco 
da  seta  dornie).  -  Doimitina,  breve  e  leggiera  dor- 
mita: sonnellino;  breve,  leggiero  sonno.  -  Doi  mi- 
tona,  lungo  e  buon  sonno.  -  Dormitura,  il  dorniire 


ni 


e  il  tempo  stabilito  per  dormire.  -  Dormiveglia, 
quello  stato  fra  il  sonno  e  la  veglia^  nel  quale 
ruomo  non  può  dirsi  né  intieramente  desto,  né  in- 
tieramente addormentato:    fra  il  dormi  e  il  veglia, 

-  Letargo,  pisolo,  sonnolenza,  sopore,  veggasi  a  sonno. 

-  Siesta  (spagn.),  la  quiete  e  il  dormire  dopo  il 
desinare  del  mezzodì. 

Dormente,  dormiente,  chi  dorme,  è  addormentato. 
fktntr.,  desto,  sveglio.  -  Dormiglione,  chi  dorme  fre- 
quentemente e  molto;  chi  é  solito  levarsi  tardi 
(cnntr,  mattiniero);  chi  soffre  il  sonno:  marmotta 
(figur,);  pressor  di  letto,  occupator  di  prode;  un 
Dormi,  uno  straccaletti.  -  Addormentarsi  su'  pèttini 
da  lino,  modo  proverbiale  che  si  usa  parlando  di  chi 
è  mollo  dormiglione.  -  Dormijlioso,  sonnolento,  pieno 
di  sonno:  per  sonvacrhioso  ha  molti  esempi  nel  senso 
proprio  e  nel  traslato,  ma  non  è  dell'uso  comune 
degli  scrittori  moderni  e  tanto  meno  della  lingua 
parlata.  -  Insonne,  chi  non  può  dormire  (veggasi  ad 
insonnia),  non  ha  sonno:  dissonnato.  -  Mogio, 
naturalmente  o  abitualmente  dormiglioso.  ■  Sonnac- 
chioso, chi  ha  gii  occhi  aggravati  dal  sonno,  o 
sembra  mezzo  dormente,  o  mostra  una  gran  voglia  di 
dormire. 


AdDORMENT  AMENTO. 

Addormentare,  addokmentarsi.  —  Addormentato. 


Addobmentamento,  l'addormentare  e  l'addormen- 
tarsi: addormentazione,  assonnimento,  assopimento. 

Addormentare,  far  dormire,  indurre  sonno  in 
alcuno,  conciliare  il  sonno:  acciocchire  (aggravare 
di  sonno),  addormire,  alloppiare,  ammoinare  gli 
occhi,  assonnare,  assopire;  indormentare,  indormire, 
indurre  sopore,  insonnare;  lusingare  gli  occhi  al 
sonno,  lusingare  il  sonno  oppiare;  persuadere  il 
sonno;  sopire,  stupefare  il  senso.  -  Addo  mie  ntativo 
(non  com.),  che  ha  forza  di  far  addormentare:  son- 
nifero. -  Addormentatore,  chi  o  che  addormenta 
(più  spesso  ne!  traslalo  che  nel  senso  proprio). 

Acciocchire,  far  dormire  come  un  ciocco,  profon- 
damente. -  Raddormentare,  riaddormentare,  addor- 
mentare di  nuovo. 

Sonnaio,  la  ntnna  nanna^  per  far  dormire  un 
bambino. 

Adkormiìrtarsi,  prender  sonno,  incominciare  a 
dormire:  addormirsi,  andare  colà  dove  andò  Fe- 
rondo; appannarsi  gli  occhi,  assonnare,  assoimarsi, 
attulTarsi  nel  sonno;  cadere  in  sonno,  chiudere  le 
luci  in  soporoso  oblio,  concedere  gli  ocehi  al  sonno; 
darsi  in  braccio  a  Morfeo,  in  preda  a  Lete;  essere 

Preso,  invaso,  vinto  dal  sonno;  indormirsi;  legare 
asino  a  buona  caviglia;  piegar  la  testa,  pigliar 
sonno;  scendere  il  sonno  sul  ciglio;  tuffarsi  nel 
sonno.  -  AUoppicarsi,  voce  del  contado,  per  addor- 
mentarsi lejrgermente:  appisolare  (é  comune  nell'i- 
sola dell'Elba).  -  Ammammollarsi  (solo  nei  tempi 
composti,  raro  negli  imperfetti),  addormentarsi  la- 
sciando cadere  la  testa  sul  petto.  -  Assoanare  (neutro 
e  neutro  passivo),  pigliar  sonno,  addormentarsi  (voce 
della  poesia,  più  che  della  prosa).  -  Assopirsi,  en- 
trare in  sopore  ;  ma  è  segno  spesso  di  malattia.  - 
Attaccare,  appiccar  sonno,  un  bel  sonno,  addormen- 
tarsi profondamente.  Ani-.lie,  attaccare,  senz'altro.  - 
Dormire  in  piedi:  dicesi  di  clii  non  ne  può  più 
dal  sonno  ed  è  sempre  li  li  per  addormentarsi.  - 
Raddormentarsi  e,  meglio,  riaddormentarsi,   addor- 


mentarsi ancora.  -  Riattaccare,  rappiccare  il  sonno, 
ripigliare  il  sonno,  addormentarsi  di  nuovo.  Più 
comune  ogoii  riattaccare  che  rappiccare.  -  Venire  i 
Pisani:  addormentarsi,  sonnecchiare  (specialmente 
di  ragazzi). 

Addormentato,  preso  dal  sonno,  da  sopore  :  asso- 
pito, consopito,  cotto  (figur.);  dormente,  dormiente, 
dormiglioso;  gravato  di  sonno;  immerso  in  profondo 
oblio,  immerso  nel  sonno;  sciolto,  sepolto,  sommerso 
nel  sonno,  nel  letargo;  torpido.  -  Addoimenlaticcio 
(non  com.),  mezzo  addormentato,  sonnacchioso.  - 
Nottàmbulo,  notlàmbolo.  chi  cammina  o  fa  qualche 
cosa  di  notte, dormendo;  più  comunem.,  chi  sta  in 
giro  la  notte,  invece  che  dormire.-  Sonnànbiilo,  chi, 
addormentato,  opera  come  se  fosse  sveglio.  Son- 
nambulismOf  il  suo  stato.  -  Sonniloquo,  chi  parla 
dormendo,  mentre  é  addormentato.  E  sonniloquio,  il 
parlare  dormendo. 

Avere  gli  occhi  tra'  peli  (familiarm.),  non  esser» 
bene  sveglio,   essere  mezzo  addormentato. 


Dormir  bene,  male, 
phofondame>jte,  leggermente,  ecc. 


Acciocchire,  acciocchirsi,  dormire  come  un  ciocco, 
profondamente.  -  Appisolarsi,  abbandonarsi  a  un 
sonno  leggiero  e  di  corta  durata;  fare  una  dormi- 
tina senza  coricarsi;  alloppiarsi,  appalparsi,  appa- 
lugarsi,  attaccare  un  sonnerello;  dormicchiare,  dor; 
migliare,  dormitare  (non  us.);  fare  un  sonnerello; 
un  sonnellino;  pisolare;  schiacciare  un  sonnellino - 
sonnecchiare.  E  riappisolarsi,  appisolarsi  anemia, 
-  Appisolarsi  dopo  pranzo:  dormire  meriggiano, 
fare  il  chilo,  fare  il  sonno  meridiano;  merlare,  me 
rigiiiare.  •  Consigliarsi  col  piumaccio,  doriiiire  prò 
fondammte  e  a  lungo. 

Dori  nicchiar  e,  dormigliare,  sonnecchiare,  tonneg- 
giare valgono  anche  dormire  leggermente  e  inter- 
rottamente.  -  Dormire  a  occhi  spalancati,  a  occhi 
aperti,  senza  chiuderli.  -  Dormire  a  strappi,  a  in- 
tervalli, quando  si  può. 

Dormir  bene,  lo  stesso  che  dormir  molto  e  soa- 
vemente, tranquillamente:  dormire  un  bel  sonno; 
fare  una  dormita,  una  dormitina  saporita.  -  Dor- 
mirne dell'altro,  locuzione  ellittica  fimiiiare  usita- 
tissima  per  dire:  ripigliare  il  sonno  dopo  aver  dor- 
mito un  buon  pezzo. 

Dormire  leggermente,  di  un  sonno  leggero.  -  Dor- 
mire in  pelle  in  pelle  o  dormire  come  le  mosche, 
locuzioni  notate  dal  Tommaseo,  tult'e  due  dell'uso, 
ma  non  troppo  comuni,  massime  la  seconda,  e  che 
valgono:  dormire  d'un  sonno  molto  leggiero.  -  Dar- 
m're  la  satolla  (non  comune),  dormire  profonda- 
mente, dopo  aver  molto  mangiato  o  essersi  molto 
divertiti. 

Dormir  male,  contrario  di  dormir  bene;  anche, 
dijrmire  in  un  cattivo  letto.  Dicesi  pure  accennando 
a  iml'd  positura  che  si  tenga  nel  dormire,  spe- 
cialmente col  capo  fuori  del  capezzale,  per  cui 
nello  svegliarsi  si  sente  indolenzito  e  rigido  il 
collo,  ciò  che  si  chiama  incorditura. 

Dormire  profondamente,  dormire  fermamente,  forte, 
sapor  to:  dormire  a  pari  dal  capezzale  e  del  saccone; 
dormire  come  un  ghiro,  come  una  marmotta,  una 
materassa,  un  masso,  un  pioppo,  un  saccone,  un 
tasso;  dormire  quanto  le  panchette,  le  materassa,  i 
sacconi;  dormire  della  grossa,  la  grossa,  nella  grossa. 


945 


sulla  grossa;  dormire  fisamente,  fiso,  serratamente, 
sodo,  sodissimo;  indormire.  -  Dormire  sodo,  dor- 
mire d'un  sonno  grave  e  protondo,  cioè  da  non 
essere  facilmente  destati  da  rumore  anche  non  lieve: 
dormire  come  un  toppo. 

Dormire  tutti  i  suoi  sonni,  nel  senso  proprio,  si-' 
gnifica  avere  o  darsi  l'a^iio  di  doruìire  quando  piace. 
Figur.,  pigliarsi  tutte  le    comodità  in  checchessia. 

-  Dormire  tutto  d'un  sonno,  dormire  o  l'intera  not- 
tata, 0  altro  considerevole  spazio  di  tempo,  senza 
interruzione,  senza  mai  destarsi:  fare  tutt'un  sonno. 
•  Dormire  nn  sonno,  dormire  per  un  certo  spazio 
di  tempo  senza  interruzione. 

Fare,  schiacciare  un  sonno  :  dormire  tanto  o  quanto. 

-  Ridormire,  ripete  dormire.  -  SowìU'Cvhiare^  dor- 
mire di  un  sonno  leggiero,  l'essere  tra  la  veglia 
e  il  sonno:  sonniferare.  -  Sonneggiare,  sonniferare, 
verbo  che  non  è  dell'uso  vivo  parlato,  ma  che  può 
talora,  massime  in  poesia,  cadere  opportuno.  -  Stiac- 
ciare un  sonno,  frase  del  linguaggio  familiare: 
significa,  veramente,  l'addormentarsi  non  a  letto,  ma 
seduto  su  una  poltrona  o  sdraiato  su  un  canapè,  o 
altrimenti,  e  dormire  per  un  certo  tempo  saporita- 
mente. 


Positura  del  dormire.  —  Luoghi,  ecc. 
Ciò  che  avviene  dormendo. 


Positure.  —  Dormire  a  gomitello:  dicesi  di  chi, 
cestito,  seduto  o  in  piedi,  si  addormenta,  il  capo 
appoggiato  alle  mani,  e  i  gomiti  alla  tavola  o  ad 
altro. 

Dormire  boccone,  bocconi,  a  ventre  in  giù;  di 
pavfo,  da  parte;  disteso,  col  corpo  allungato  e  in 
modo  che  le  gambe  e  il  busto  siano  in  linea  retta; 
in  panco,  per  parte,  sul  lato  destro  o  il  sinistro: 
sul  fianco,  sul  lato,  su  una  parte;  dalla  parte  dei 
cuore,  sul  cuore,  sulla  sinistra;  raggruppato,  rag- 
gricchiato,  rannicchiato,  raggruzzato,  giacendo  con 
le  membra  inferiori  ripiegate  e  in  sé  raccolte  (contr. 
di  dormir  disteso);  supino,  o  a  rovescio,  dormire  sulle 
reni,  col  petto  all'insù  (questa  positura  cagiona  tal- 
volta il  pesarolo). 

Luoghi,  ecc.  —  Diacciare,  alloggiare,  dormire  allo 
scoperto.  -  Dormire  a  cielo  scoperto,  a  del  sereno, 
alla  bella  Diana,  alla  bella  stella  (frane,  d  la  belle 
étoile),  all'aria  aperta,  alle  merle,  sub  divo,  sub  Jove, 
allo  scoperto,  fuori  di  casa.  -  Dormire  daccapo,  o 
dappiedi,  riferibilmente  alla  parte  del  letto. 

Dormire  in  terra,  sulla  nuda  terra,  senza  niente 
sotto;  sul  duro,  in  un  letto  non  soffice,  senza  ma- 
terassa, o  su  un  giaciglio  duro  (legno,  terra,  ecc.)  ; 
sul  tavolaccio,  come  è  dei  soldati  in  un  corpo  di 
guardia. 

Citrnera,  stanza  nella  quale  si  dorme,  si  riposa. 
-  Dormenloiio,  dormitorio,  luogo  dove  molti  stanno 
a  dormire  insieme,  massime  ne'  collegi  e  ne'  se- 
minari: camerata,  dormentoro,  dormitoro. 

Ciò  che  succede.  —  Aggranchiare,  essere  preso 
dal  granchio,  dal  crampo.  -  Allungarsi,  protendersi, 
prostendersi,  distendere  con  forza  le  braccia  e  le 
gambe  state  intorpidite  da  lunga  inazione,  e  spe- 
cialmente dal  sonno.  -  Mussare,  rumore  che  si 
produce  talvolta  nel  sonno  per  la  vibrazione  del 
velo  del  palato,  quando  nell'ispirazione  l'aria  attra- 
versa la  retrobocca  e  le  fosse  nasali.  -  Sognare,  fare 
«a  sogno,  far  sogni,  dormendo. 


Disturbi.  —  Cascàggine,  fiacchezza  di  tutto  il 
corpo  per  il  gran  bisogno  di  dormire.  -  Pisàt/gine, 
si  suol  dire  accennando  quella  specie  di  cascàggine 
che  produce  il  clima  di  Pisa  a  chi  non  c'è  assue- 
fatto; la  quale  si  esprime  anche  nel  proverbio  Pisa 
pesa  perché  posa  o  Pisa  pesa  per  chi  posa,  cioè,  il 
clima  di  Pisa  aggrava  e  prostra  la  mente  e  il  corpo 
perchè  è  in  piano,  e  quasi  maremma.  -  Coma,  detto 
altrimenti  catafora,  malattia  che  consiste  in  una 
violenta  propensione  al  dormire,  ne  segua  o  no  ef- 
fettivamente il  sonno.  -  Granchio,  dolorosa  contra- 
zione, ossia  ritiramento  di  tendini  e  di  muscoli, 
specialmente  del  polpaccio  delle  gandie:  viene  anche 
alle  varie  articolazioni  o  per  pienezza  di  sangue,  o 
per  mala  positura  luiigaineiite  protratta. 

Incubo,  fantasima,  ejialle,  pesatolo,  denominazioni 
tutte  er,ui valenti,  quando  adoperate  per  esprimere 
certa  affannosa  apprensione  che  talora  nel  sonno  si 
sente,  un  gran  peso  al  petto:  sensazione  che  cessa 
appena  svegliati.  Da  distinguere,  però:  incubo  è, 
piuttosto,  voce  del  linguairgio  medico;  fantasima  si 
associa  all'idea  superstiziosa,  e  perciò  falsa,  che 
questa  passeggiera,  ma  molestissima  ambascia  sia 
prodotta  da  una  causa  esterna  e  da  non  so  quale 
essere  fantastico;  efialle  (che  vuol  dire  salta  addosso) 
potrà  far  comodo  al  noeta  cui  piaccia  assomigliare 
la  causa  del  morboso  aggravamento  al  gigante  della 
favola,  il  quale  col  mosiruoso  suo  corpo  prema  il 
delicato  seno  di  persona  dormente  supina;  infine, 
pesarolo,  o  pesaruolo,  sarebbe  il  solo  e  proprio  vo- 
cabolo per  l'uso  andante. 

Notti  inquiete,  penose,  tormentose:  quando  si  dorme 
poco  e  male,  per  malessere  fisico  o  inquietudine 
morale.  -  Sonnaia,  voce  che  il  Tommaseo  registra 
come  dell'uso  per  assonnamento.  stato  quasi  mor- 
boso di  chi  è  preso  dal  sonno.  -  Sonnambulismo: 
è  non  soltanto  lo  stato  del  sonnambulo,  ma  anche 
lo  stato  di  sonno  in  cui  cade  la  persona  assoggettata 
all'azione  del  magnetismo  animale. 


Azione  e  termini  varì. 


Andare  a  letto  all'ora  delle  galline  o  dei  polli, 
andare  a  letto  prestissimo,  quasi  prima  che  cali  il 
sole.-  Andare  a  pollaio,  andar  a  dormire;  mettersi, 
buttarsi  a  dormire;  andare  a  letto;  andare  a  tro- 
var domani.  -  Aprire  gli  occhi,  svegliarsi.  -  Cavarsi 
il  sonno,  soddisfai-e  completamente  al  gran  bisogno 
di  dormire.  -  Contare  i  travicelli,  quando  si  è  a 
letto  e  non  si  può  dormire  o  per  insonnia  o  per 
malattia.  -  Coricarsi,' andare  a  letto  per  dormire; 
distendersi  nel  letto  per  giacervi  a  dormire.  -  Co- 
vare il  letto,  covarsi  in  letto,  quel  poltrire  che  si  fa 
nd  letto,  senza  dormire,  dopo  aver  ben  dormito 
tutta  la  notte. 

Dar  le  volle  pel  letto,  girare  il  letto,  dimenarsi 
per  ogni  verso  del  letto,  di  chi  è  agitato,  e  non  può 
dormire.  -  Darsi  al  sonno,  per  mettersi  a  dormire  è 
dell'uso  della  poesia.  Oi.'gi  non  si  direbbe  che  del- 
l'abitudine viziosa  del  troppo  dormire.  -  Destare, 
des'arsi.  togliere,  togliersi  dal  sonno;  dissonnare, 
dissonnarsi  ;  svegliore,  svegliarsi.  -  Disturbare, 
guastare,  interrompere  il  sonno,  espressioni  di  chiaro 
significato. 

Far  di  notte  giorno  e  di  giorno  notte,  dormire  il 
giorno  invece  che  di  notte.  -  Fare  tutto  nn  letto: 
di  più  persone  che  vanno  a  dormire  assieme.  - 
Mandare,   mettere  a  nanna,   a  dormire,  i  ragazzi: 


Pbewoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


(>0 


946 


DORMITA    —    DOTE 


e  scherz.  anche  i  grandi.  -  Poltrire,  stare  a  letto 
senza  dormire  :  fare  il  poli  ione. 

Ridestare,  ripete  destare.  -  Riscotersi,  svegliarsi  di 
soprassalto.  -  Rivoltarsi:  si  dice  del  volgersi  nel 
letto  (la  una  posizione  in  un'altra,  non  potendo  dor- 
mire. -  Bvbare  le  ore,  il  tempo  al  sonno,  non  dor- 
mire quando  si  dovrebbe. 

:^(orcarsi,  contrario  di  coricarsi:  levarsi.  -  Sgran- 
chiarsi, fare  in  modo  che  p?ssi  il  granchio,  il  crampo. 

-  Spollaiare,  far  alzare  da  letto.  -  Stare  a  letto  a 
frollare,  di  chi  dorme  molto. 

Vegliare,  vigilare,  star  desti  quando  sarebbe  tempo 
di  dormire:  far  veglia.  •  Vigilare,  star  desti,  per 
accudire  ad  alcuna  cosa.  -  Vincere  il  sonno,  espres- 
sione figurata  che  dà  personalità  al  sonno,  e  vale 
adoperare  un  artifizio  qualunque  per  non  esser  presi 
dal  sonno  nonostante  la  sonnolenza. 

Notte  bianca,  per  indicare  una  notte  nella  quale 
non  si  dorme,  qualunque  ne  sia  la  cagione.  -  Son- 
nifero, soporifero,  narcòtico,  ipnotico,  denominazioni 
generiche  delle  sostanze,  dei  rimedi  adoperati  contro 
ViììtiOììiiia  0  per  provocare  il  tonno  in  partico- 
lari circostanze.  Volgami.,  doimfntorio,  dormitorio. 

-  SreyUa  ,  sicglietto,  svegl orino,  svegliai oio .  dcsta- 
toio,  cosa  atta  a  desiare  in  un  modo  qualunque  ; 
suono  di  strumento  al'o,  la  mattina,  a  svegliare: 
orologio  con  ordigno  all'uopo. 


Locuzioni  e  proverbi. 


Avere  la  testa,  grossa,  come  un  cestone,  per  troppo 
dormire.  -  Bada,  c'è  una  tocca  (iron.):  a  chi  si  leva 
tardi.  -  Doimirebbe  nell'acqva,  quanto  il  saccone  sui 
pettini  di  lino,  di  chi  è  dormiglione  o  di  chi  dor- 
mirebbe dovunque,  in  qualunque  momento,  anche 
stando  a  disagio.  -  Essere  impastato  di  sonno,  di 
chi  dorme  sempre.  -  Far  la  cena  del  galletto;  un 
salto  e  a  letto,  di  chi  va  a  letto  senza  cena.  -  Non 
sentire  neanche  le  cannonate,  di  chi  dorme  forte.  - 
Non  sentirebbe  una  macina:  di  chi  dorme  sodo, 
tanto  che  nessun  rumore  lo  desta.  • 

Pboverbì.  —  Chi  ben  dorme,  non  ."ente  le  pulci.  • 
Chi  dorme  non  pecca.  •  Chi  va  a  letto  senza  cena 
tutta  la  notte  si  dimena.  -  Quattro  o  cinque  (ore  del 
dormire)  al  viandante,  cinque  o  sei  al  mercatante, 
sei  0  sette  allo  studente,  sette  od  otto  all'altra  genie, 
otto  0  nove  al  siynorone,  nove  o  dieci  al  gran  pol- 
trone. -  S'io  doìmo,  doìmo  a  mi;  s'io  lavoro,  non 
so  a  chi  (scherzo  veneziano).  -  Un  sonno  tira 
l'altro. 

Dormita,  domiltìna.  Veggasi  a  dormire. 

Dormitorio  (  dormentoi'ioj.  Luogo  nel  quale 
si  sta  a  dormire. 

Dormivègrlia.  Ditto  a  dormire. 

Dorsale.  Del  dorso,  della  schiena. 

Dòrso  (dorsale).  Dosso,  schiena:  groppone, 
tergo.  In  esso  è  la  colonna  vertebrale,  -  La 
parte  posteriore  e  rovescia  di  molte  cose.  -  Op- 
posto al  taglio,  alla  lama  delle  sciabole. 

Dosamento,  dosare  (dosato).  Veggasi  a  dose. 

Dose.  Determinata  quantità,  specialmente  di 
medicinali:  cartina,  dose,  porzionceila,  porzione, 
presa,  preserella,  presina.  La  quantità  prescritta  di 
un  medicamento,  e  si  distingue  la  dose  singola, 
quantità  prescritta  per  ogni  volta,  la  dose  quoti- 
diana, quantità  prescritta  nelle  ventiquattro  ore,  la 
dose  totale,  quantità  assoluta  indicata  nella  ricetta. 
'ji  tutte  le   farmacopee  e  in  tutti  i  trattati  di  far- 


macologia si  trova  determinata  la  do&e  minima  e  Ì9 
dose  massima  da  potersi  prescrivere.  La  quantità  di 
farmaco  capace  di  provocare  fenomeni  tossici  dicesf 
dose  venefica;  quando  produce  la  morte,  dose  mor- 
tale. Quando  si  vuol  indicare  sulla  ricetta  che  ur»' 
medicamento  si  deve  prendere  a  poco  a  poco,  s? 
scrive  per  epicrasi,  o  epicraticamente.  -  Dose  piena 
medicinale,  la  quantità  di  sostanza  che  può  essere 
assunta  da  una  persona  nelle  ventiquattro  ore  e  sia 
capice  di  produrre  un  effetto  terapeutico  senza  in- 
convenienti venefici.  -  In  dose  eguale:  ad  ana  ad 
ana;  a  pari  dose,  a  parità  di  dose;  in  dosi  uguali. 

Dosaggio  (neol.  barbaro),  determinazione  della 
dose  d'un  medicamento.  -  Dosamento,  dosatura,  il 
dosare.  -  Dosare,  formare,  stabilire  la  dose  conve- 
niente; proporzionare  le  dosi  degli  ingredienti  ne- 
cessari ad  un  coniposto,  come  fa  il  medico  nella 
ricetta  e  il  faimactsia  nello  spedirla.-  Dosatore,  chi 
0  che  dosa.  -  Dosimetria,  metodo  terapeutico  inau- 
gurato dal  dottor  Burgraeve,  consistente  nel  pre- 
parare le  medicine  dosate  matematicamente  e  libere 
dalle  sostanze  inerti.  -  Dofcmetro  elettrolitico,  istru- 
mento  destinato  a  indicare  V  intensità  di  una  cor- 
rente nelle  applicazioni  terapeutiche  dell'  elet- 
tricità. 

Dosimetria.  Detto  a  dose. 

Dossale.  Parte  anteriore  deìValfare. 

Dòsso.  Dorso,  schiena.  -  Parte  più  esteriore 
e  rilevata  di  checchessia. 

Dossomania.  Mania  di  gloria. 

Dossosofìa.  Boria  di  sapienza. 

Dotale.  Di  o  della  dote. 

Dotare^  dotazióne  (dotato).  Veggasi  a  dote» 

Dotato.  Che  ha  una  dote.  -  Che  ha  pregio^ 
viriii,  -  Che  è  adorno,  corredato,  fregiato,  munito, 
ornato,  provveduto,  ricco,  rivestito. 

Dòte  (dotale,  dotare,  dotazióne).  Quanto,  andando 
a  marito,  la  sposa  porta  in  denaro  o  in  beni:  assegno 
dotale,  beni  dotali,  dota,  dotazione.  Se  in  roba,  cor- 
redo. -  Doterella,  dimin.  vezzegg.  di  dote.  -  Dotone_, 
dote  cospicua,  grossa.  -  Profetizia,  la  dote  prove- 
niente dal  padre  o  da  altro  ascendente;  avventiziay 
se  data  da  altri. 

Ereditiera,  fanciulla  erede  di  ricca  dote.  -  IndO' 
tata,  donna  che  non  ha  dote. 

Beni  parafernali  (estradotali,  stradatali),  quelli 
non  compresi  nella  dote  e  dei  quali  la  moglie  può 
liberamente  disporre.  -  Contraddote,  scpraddote:  quel 
che  lo  sposo  assegna  alla  sposa  in  aumento  di  dote: 
antifato.  -  Dimissoria,  il  complesso  dei  beni  para- 
fernali. -  Dònora,  arredi  che,  oltre  alla  dote,  si 
davano  alla  sposa,  quando  andava  a  marito.  -  Do- 
talizio (lat.),  appannaggio  vedovile.  -  Estradate,  beni 
estradotali,  quelli  della  moglie  che  non  entrano 
nella  dote.  -  Mondualdo,  decreto  col  quale  il  magi- 
strato concede  alle  donne  di  poter  disporre  della 
propria  dote  -  Parafeì~no,  sopraddote.  -  Spillatico , 
assegnamento  che  fa  il  marito  alla  moglie  per  le  mi- 
nute spese  occorrenti  alla  sua  persona. 

Dotale,  di  o  della  dote:  beni,  eredità,  ragione, 
rendita,  sussidio,  ecc.  -  Accusa  dotale,  la  domanda 
che  si  fa  per  la  restituzione  della  dote.  -  Sistema 
dotale,  nel  diritto  romano,  quello  secondo  il  quale 
il  patrimonio  delia  moglie  resta  indipendente  e  viene 
amminislrato  da  essa. 

Dotare,  dare  in  dote,  fare  una  costituzione  di  dote; 
stabilire  il  quantitativo  e  la  quantità  dei  beni  che 
devono  formare  la  dote:  adotare  (v.  a.),  assegnare 
la  dote;  costituire  la  dote,  in  dote.  -  Dotazione,  il 
dotare,  e  anche  l'assegnamento  della  dote.  -  Dare  <h 


DOTE    —    DOTTRINA 


947 


ricevere  in  conto  di  dote,  a  titolo  di  dote.-  Mondttal- 
dare,  delle  donne,  quando,  per  decreto  (mondualdo) 
del  tribunale,  dispongono  d'una  parte  della  dote.  - 
Pescare  una  dote,  andare  in  cerca  d'una  sposa  che 
abbia  dote.  -  Portare,  nell'uso  fainil.,  portare  in  dote 
(portare  centomila  lire,  un  milione).  -  lUdotare,  ri- 
pete dotare.  -  Storpiarsi  a  dotare  le  pgliuole,  far 
sacrifizi,  sforzi,  per  costituire  loro  la  dote. 

Proverbi.  —  Gran  dote,  gran  baldanza.  •  Dove 
entra  dote,  esce  libertà.  -  Dote  di  donna  non  ar- 
ricchì mai  casa. 

Dòte.  Dono,  patrimonio  che  si  dà  gratuita- 
mente ad  altri,  massime  a  un  istituto  di  beneficenza, 
a  un'opera  pia,  e  simili.  -  Patrimonio  che  la  reli- 
giosa, entrando  in  un  monastero,  conferisce  alla 
comunità.  -  Quanto  si  assegna  ad  una  fortezza  o 
si  imbarca  su  una  nave,  ■  Dole  dei  principi,  le 
somme  che  il  parlamento  assegna  ai  singoli  membri 
della  casa  reale.  -  Dote  della  corona,  nelle  monarchie 
costituzionali,  la  lista  civile. 

Dotare  (dotato),  assegnare,  dare,  fornire.  -  Fi- 
gur.,  ornare,  privilegiare:  dsre  ornamento  o  j)ri- 
vilegio. 

Dòte.  Speciale  grazia  d'ingegno;  pregio,  qua- 
lità, virtù.  Anche,  prerogativa. 
Dótta.  Parte  di  ora.  -  Indugio,  ritardo. 
Dottamente.  Da  dotto. 
Dótto.  Chi  ha  molta  dottrina,  molta  erudi- 
zione; è  fondato,  ben  fondato  in  qualche  scienza 
(anche,  di  libro,  di  scrittura  e  simili,  pieni  di  dot- 
trina): ammaestrato,  enciclopedico,  erudito  (chi  o 
che  è  molto  istruito  in  ogni  genere  di  scienza^  ; 
granmaestro;  maestro;  profondo;  sapiente,  sa- 
pientissimo, scienziato,  sommo,  supremo;  testa  grave; 
valente,  versato.  Figur.,  arca  di  scienza,  armario  di 
dottrina,  biblioteca  ambulante,  libreria  animata,  lu- 
minare, viva  biblioteca.  -  Dottamente,  con  dottrina, 
da  dotto,  eruditamente,  con  erudizione.  -  Lingue 
dotte,  le  lingue  antiche,  come  l'ebraica,  la  greca,  la 
latina,  ecc. 

Barbassoro,  chi  ostenta  più  dottrina,  più  sapienza 
che  non  abbia  :  saccentone,  sapientone.  -  Par- 
ruccone (scherz.),  di  persona  vecchia  e  dotta.  -  Po- 
Uistore,  erudito  versato  in  tutte  le  scienze.  ■  Saputo, 
saputello,  per  intendente,  dotto,  savio,  usato  con  senso 
di  canzonatura. 

Dottorume,  il  ceto  dei  dotti,  in  senso  ironico.  - 
Erudizione,  qualità  di  persona  dotta;  il  complesso 
di  ciò  che  uno  sa  in  fatto  di  scienza:  conoscenza, 
cognizione;  cultura,  dottrina,  istruzione,  sapere, 
scienza,  studio.  -  Infarinatura,  poca  erudizione, 
scienzuola;  la  scienza  lieve  di  chi  ha  solo  i  primi 
elementi  di  una  disciplina,  di  una  dottrina:  cogni- 
zione superficiale;  ignoranza  inorpellata,  ignoranza 
in  guanti  bianchi,  mezza  ignoranza  ;  nozioncella, 
notiziuola;  polvere,  spruzzata,  tinta  superficiale, 
•vernice  di  sapere.  E  infarinato  chi  sa  poco,  e  su- 
perficialmente: conoscitore  all'ingrosso,  infarinac- 
chiato,  impolverato,  spruzzato  di  lettere,  ecc.;  pic- 
colo erudito,  uomo  di  mezza  cultura.  -  Plàcito,  pa- 
rere di  uomini  dotti  in  qualche  materia. 
Dottóra.  Donna  che  vuoi  lare  la  saccente. 
Dottorare,  dottorarsi  (dottorato).  Veggasi  a 
laurea. 

Dottore.  Titolo  universitario  comune  a  tutti 
coloro  che  hanno  compiuto  gli  studi  di  una  facoltà 
ottenendo  lo  speciale  diploma  chiamato  laurea 
(addottorarsi,  dottorarsi).  Così  si  hanno  i  dottori  in 
medicina,  in  legge,  in  scienze,  in  lettere.  In  senso 
assoluto,  il  medico    In  origine,  si  chiamava  così 


ogni  maestro;  poi  fu  titolo  d'onore  d'alcuni  sco- 
lastici, e  infine  servì  a  designare  i  titoli  accademici 
più  elevati.  Un  tempo,  il  dottore  portava  V  anello. 
un  berretto  particolare  e  altre  insegne.-  Nella  Scrit 
tura,  chi  insegnava  a  interpretare  la  legge  giudaica. 
-  Dottore  sottile,  criticone:  veggasi  a  critica.  - 
Dottoressa,  fenimin.  di  dottore.  -  Dotlorucciaccio, 
pegg.  di  dottore;  doltorello.  dottorino,  dimin.;  dot- 
toricchio,  dottoruccio,  do«on«cofe,  dispreg.;  dottorane, 
accresc.  -  Dottorame,  in  significato  spreg.,  un  numero 
di  dottori.  -  Dottorato,  grado  e  titolo  di  dottore 
(dare,  conferire,  avere,  prendere,  ricevere  il  dot- 
torato). -  Dottorale,  di  dottore,  appartenente  a  dot- 
tore. -  Dottoresco,  di  o  da  dottore.  -  Eccellentissimo, 
superlativo  di  eccellente  :  titolo  che  si  dà  ai  dot- 
tori. -  Messère,  titolo  di  onoranza  che  oggi  si  dà 
solo  ai  dottori. 

Archiperacilo,  archiper ecito,  dottore  che  spiegava 
la  legge  agli  l^^brei.  -  Caciz ,  dottore  musulmano.  - 
Didàscalo,  dottore  della  chiesa  greca.  -  Doctor,  nel- 
l'antica Roma,  il  maestro  di  filosofia  e  di  gramma- 
tica. -  Doctor  Angelicus,  Doctor  communio,  Doctor 
universalis,  titoli  conferiti  a  san  Tommaso.  -  Doctor 
Facundus,  lo  scolastico  Pietro  Auriol.  -  Doctor  (un- 
dalissimns,  il  teologo  Egidio  Colonna.  -  Doctor  in 
utroque,  chi  un  tempo  era  addottoralo  nel  diritto 
canonico  e  nel  diritto  civile.  -  Doctor  illuminatut, 
Raimondo  Lullo.  -  Doctor  invincihilis,  lo  scolastico 
Guglielmo  Occam.  -  Doctor  mirabilis,  Bacone.  -  Doc- 
tor palatinus,  Pietro  Abelardo.  -  Doctor  Seraficus, 
san  Bonaventura. 

Dottore  della  Chiesa,  ciascuno  dei  santi  padri  la 
cui  dottrina  è  dichiarata  degna  di  far  testo  nella 
Chiesa.  Così  parecchi  dei  già  citati  e  san  Paolo, 
detto  dottore  e  apostolo  delle  genti.  -  Mollali,  o  mullah, 
dottore  o  prete  musulmano.  -  Pangloss  (iron.),  nome 
d'un  dottore  ridicolo.  -  Rabbino,  dottore  ebreo  mo- 
derno. -  Sorboniata,  dottore  della  Sorbona  (di  Pa- 
rigi). -  Talbe  o  Taleb,  dottore  musulmano  nel  Ma- 
rocco. -  Ubiquista,  dottore  che  non  è  attaccato  ad 
alcuna  scuola.  -  Ulema  (voce  turca),  dottore  della 
legge. 

Addottorare,  dottorare,  far  dottore,  dare  il  grado 
e  il  titolo  di  dottore  :  laureare,  dare  la  laurea  di 
dottore.  -  Dottoreggiare,  fare  il  dottore,  ostentare 
dottrina;  pedanteggiare,  fare  il  pedante.  -  Prendere 
gli  esami  di  dottore,  tirarsi  su  per  dottore,  prepa- 
rarsi ad  avere  la  laurea  di  dottore. 

Dottore.  Antica  maschera  della  commedia 
italiana. 

Dottoreggiare  (dottoreggiato).  Far  da  dottore, 
il  dottore.  Pedanteggiare,  essere  pedante. 
Dottoressa.  Femmin.  di  dottore. 
Dottrina  (dottrinale,  dottrinario).  Serie  di  opi- 
nioni (veggasi  ad  opinione),  che  sono  la  base  di 
una  scienza,  di  una  religione,  ecc.  -  Scienza, 
sapere.  ■  Ammaestramento,  precetto.  -  Ihsegna- 
mento  rudimentale  intorno  ai  principali  articoli 
della  nostra  fede.  ■  Anche,  il  libretto  nel  quale 
sono  formulati,  a  domanda  e  risposta,  i  principi 
della  religione  cattolica.  -  Una  dottrina  può  essere 
debole  o  solida;  vera,  falsa,  certa,  discutibile;  in 
voga,  in  credito,  in  fiore;  screditata,  morta,  assurda, 
de'  tempi  antiquati,  ecc.  -  Dottrinale,  attenente  a 
dottrina  (metodi,  termini,  autorità,  interpretazione 
dottrinale;  controversie  dottrinali,  ecc.).  -  Dottrina- 
rio (sostantiv.),  nell'uso,  chi  considera  le  cose  troppo 
teoricamente,  da  teorico.  Particolarm  ,  l'uomo  po- 
litico che  si  pasce  delle  sue  idealità  senza  tener 
conto  dei  fatti  o  delle  condizioni  del  paese   (essere 


948 


DOTTRINALE 


un  dottrinario,  fare  il  dottrinario,  chi  sentenzia  senza 
mai  concretare). 

Cabala  o  cabbala,  vocabolo  d'ori»ine  ebraica  che 
significa  dottrina  ricevuta  per  tradizione.  -  Caco- 
dossia,  teoria  erronea;  falsa  dottrina;  mala  fama.  - 
Dottrinarismo  filosofico,  politico,  economico,  sociale, 
complesso  di  dottrine,  di  teorie,  di  leggi  spesso  in 
contraddizione  con  le  risultanze  della  pratica.  -  Dua- 
lismo, dottrina  che  ammette  due  principi:  il  bene 
e  il  male;  anche  l'ammissione  di  un  doppio  prin- 
cipio di  vita  nell'uomo  (Descartes),  in  opposizione 
al  monismo.  -  Ontologia,  la  dottrina,  la  scienza  di 
ciò  che  in  realtà  esiste  ed  è  conosciuto.  -  Scuola, 
dottrina  professata  e  praticata  da  molti.  •  Sentenza, 
dottrina  raccolta  in  sentenze. 

Classicismo,  dottrina  di  coloro  che,  in  arte  e  in 
letteratura,  vorrebbero  conservate  le  buone  tradi- 
zioni dell'antichità.  -  Romanticismo,  la  dottrina  di 
coloro  che  vorrebbero  si  imitasse  la  natura,  qual'è, 
abbandonando  l' imitazione  degli  antichi,  -  Scetti- 
cismo, la  dottrina  di  coloro  che  dubitano  di  tutto, 
hanno  dubbio  su  ogni  cosa. 

Base,  principio  fondamentale  di  una  dottrina.  - 
Controvèrsia,  differenza  di  opinioni,  di  dottrine.  - 
DubbiOf  punto  ancora  oscuro  di  dottrina. 

Caposcuola,  l'autore  primo  di  una  dottrina;  chi, 
nelle  arti  o  nelle  lettere,  promulghi  una  dottrina 
che  trovi  seguaci.  -  Discepolo,  seguace  d'una  dot- 
trina, d'un  caposcuola.  -  Do/<n/iar«;  in  Francia, 
dopo  il  1813,  si  dissero  cosi  certi  uomini  di  Stato 
che  intendevano  accordare  il  potere  regio  con  la 
libertà.  -  Novatore,  chi  insegna  una  dottrina 
nuova. 

Addottrinare  {addottrinato),  ammaestrare,  dottri- 
nare, istruire  in  una  dottrina.  -  Aderire  a  una  dot- 
trina, accettarla,  seguirla.  -  Confutare,  dimostrare 
la  falsità  di  una  dottrina.  -  Convalidare  una  dot- 
trina, darle  forza.  -  Dottrineggiare^  fare  il  dottri- 
nario; spacciar  dottrine.  -  Fondare,  professare,  dif- 
fondere,  difendere,  sistemare,  propugnare,  abbattere, 
abiurare  una  dottrina,  espressioni  di  chiaro  signi- 
ficato. 

Dottrinale.  Di  dottrina. 

Dottrinare  {dottrinato).  Veggasi  a  dottrina. 

Dottrinario.  Detto  a  dottrina. 

Dottrineggiare  (dottrineggiato).  Veggasi  a  dot- 
trina. 

Dovario.  Ciò  che  il  marito  dà  alla  moglie  in 
occasione  del  matrimonio. 

Dóve.  In  quel  luogo,  a  (piel  luogo,  in  qual  luojo, 
nel  luogo  in  cui:  colà  dove,  colà  ve';  là  dove,  lad- 
dove, laonde,  là  ve';  onde,  ove.  -  Vale  anche:  in 
cui,  nel  quale,  nella  quale;  al  che,  alla  qual  cosa; 
e,  con  forza  di  particella  avversativa,  significa:  per 
lo  contrario.  -  Doverhó,  dovecches<ia,  ovunque. 

Doventare  {doventato).  Si  dice  in  toscano,  da 
alcuni,  par  diventare:  ma  non  è  voce  di  buona 
lintjua. 

Dovére  {doveroso).  Quanto  si  ha  obbligo  di  fare, 
dipendentemente  dalla  ragione,  dalla  morale,  dalle 
leg^^i,  dalla  propria  condizione,  dalla  civiltà:  compito, 
debito,  parte,  ufficio.  Dicesi  anche  d'  ogni  azione 
o  cosa  necessaria,  conveniente,  obbligatoria,  giu- 
sta, molto  probabile,  ecc.  Si  hanno  doveri  reli- 
giosi, morali,  politici;  doveri  di  coscienza,  del  prò 
prio  stalo,  d'Al'amicizin  ;  doveri  di  padre,  di  madre, 
di  fratello,  di  congiunto  ;  doveri  verso  Dio,  la  pa- 
tria, la  famiglia,  la  società,  ecc.  Il  dovere  può  es- 
sere assoluto  (fuori  d'ogni  discussione),  formale  (ne- 
cessario), imperioso  (indiscutibile  e  urgente),  t'nde- 


clinabile  (tale  da  non  potersene  sottrarre),  preciso 
(ben  definito),  rigoroso  (imponentesi  con  forza), 
sacro  (da  adempiere  quasi  con  religioso  rispetto), 
sacrosanto  (della  massima  osservanza),  stretto  (pre- 
ciso e  immediato,  tale  da  non  potersi  esimere),  ecc. 
Il  dovere  impone,  comanda,  vuole,  richiede,  ecc.  Il 
mancare  a  un  dovere  costituisce  una  colpa;  ed 
esercita  corruzione  chi  consiglia  o  istiga,  induce 
altri  alla  mancanza,  all'infrazione  del  dovere. 

Cosa,  affare  di  coscienza:  quando  siamo  in  obbligo 
di  tare  una  cosa  anche  se  la  legge  non  comanda.  - 
Incombente,  voce  pedantesca,  usata  nel  linguaggio 
burocratico  per  significare  il  dovere  d'ufficio.  •  Ob- 
bligo, il  compito,  il  dovere  di  chi  è  tenuto  a 
qualche  cosa.  -  Virtù  morale,  civile,  cristiana,  mi- 
litare: di  certe  disposizioni  o  pratiche  di  dovere. 

Coscienza,  idea,  sentimento,  voce  del  dovere: 
quanto  in  noi  è  stimolo  all'adempimento  d'un  do- 
vere. -  Eccesso  di  zelo  (espressione  d' uso),  il  so- 
verchio impegno  che  alcuno  mette  nell'adempi- 
mento del  proprio  compito  od  anche  in  un'  a- 
zione  qualsiasi  :  quasi  eccessiva  diligenza.  - 
Pratica,  abitudine  del  dovere,  1*  esercizio  nor- 
male e  regolare  di  esso.  -  Responsabilità,  qualità  e 
condizione  di  chi  è  responsabile.  -  Scrupolo, 
grande  precisione  nell'  adempimento  del  proprio 
dovere. 

A  dovere,  conforme  al  dovere,  convenientemente, 
in  modo  conveniente,  debitamente,  doverosamente, 
nel  modo  che  si  deve,  dovutamente.  -  Doveroso, 
che  è  di  dovere,  imposto  dal  dovere:  convenente, 
giusto. 

Adémpiere,  adempire  (adempito,  adempiuto),  met- 
tere in  esecuzione:  attendere,  attenere,  compiere, 
compire;  disimpegnare,  eseguire,  fare  il  proprio 
dovere;  osservare,  presolvere,  sodd  sfare,  solvere. 
E  adempibile,  che  si  può  adempire;  adempimento, 
l'adempiere:  compimento,  disimpegio,  esecuzione, 
osservanza,  osservazione.  Contr.,  inadempire,  ina- 
dempibile, inadempimento;  trasgredire,  trasgre- 
dibile,  trasgressione.  -  Appartenere  {appartenenza), 
essere  di  dovere,  essere  nelle  attribuzioni  di  alcuno  : 
competere,  incombere,  spettare,  toccare.  -  Arar 
dritto,  fare  il  proprio  dovere  scrupolosamente.  - 
Barellare,  d'uomo  che  per  ubbriachezza  non  si  regge 
bene  in  piedi  nel  camminare:  per  traslato,  uomo 
che  non  va  dritto  nella  via  del  dovere.  -  Deinare, 
far  uscire,  uscire  dalla  via  del  dovere,  sviare^ 
sviarsi;  pervertire,  pervertirsi,  cadere  nel  perver- 
timento. 

Dovére  (verbo),  avere  il  dovere  di  far  checchessia, 
essere  in  obbligo:  aver  a  dar  conto,  aver  obbligo; 
correr  obbligo;  essere  obbligato,  costretto,  tenuto. 
Significa  pure  essere  conveniente,  necessario.  - 
Anche,  avere  un  debito.  E  dovuto,  che  si  deve, 
che  altri  deve:  conveniente,  debito,  d'obbligo,  spet- 
tante. 

Eludere,  sottrarsi  all'adempimento  di  un  dovere: 
esimersi.  -  Emanciparsi  da  un  dovere,  trasgredirlo. 
-  Essere  geloso  del  dovere:  di  chi  lo  adempie  eoa 
severo  scrupolo.  -  Essere  refrattario,  sottrarsi  a  un 
obbligo,  a  un  dovere.  -  Essere  responsnbile.  dover 
rispondere  e  dare  soddisfazione  agli  impegni  as- 
sunti -  Essere,  vivere  dimentico  di  sé,  della  patria, 
ecc.,  di  chi  non  ha  più  coscienza  de' propri  doveri. 
Essere  vittima  del  dovere,  di  chi  soffre  gravi  danni 
0  perde  la  vita  per  aver  fatto  il  proprio  dovere.  - 
Far  sentire,  intonare  il  quos  ego,  richiamare  al  do- 
vere. -  Fare  un  atto,  una  parte  di  dovere,  una  parte 
doverosa.  -  Far  torto  a  sé  stesso,  farsi  torto,  man- 


DOVEROSAMENTE 


9Ì9 


care  a  sé  stessi:  non  corrispondere  al  proprio  do- 
vere, alle  qualità,  alla  fama,   all'onore  di  noi  stessi. 

-  Filare  come  rasoi,  andar  diritti,  fare  il  proprio 
dovere.  -  Levarsi,  togliersi  un  peso  di  sulla  coscienza, 
adempiere  a  un  obblijio,  a  un  dovere;  riparare  al 
mal  fatto.  -  Mancare,  far  contro  i  propri  doveri.  - 
Mettere  a  posto,  far  stare  a  dovere.  -  Mettere,  n- 
mettere  a  dovere,  sulla  via  del  dovere,  costringere 
altri  a  stare  in  briglia,  a  eseguire  quel  che  devono. 

-  Peccale  di  attenzione,  trascurare  il  proprio  dovere. 

-  Prevaricare,  far  contro  il  dovere  dell'onestà, 
di!l  galantomismo. 

Richiamare  all'ordine,  al  dovere,  all'adempimento 
del  dovere.  -  Ridovere,  ripete  dovere.  -  Scantinare, 
tarmine  dialettale,  volgare:  vale  venir  meno  all'im- 
pegno^ quasi  stonare  (da  cantino,  ultima  corda  del 
violino).  -  Sopraddovere,  dovere  per  soprappiù:  oltre 
il  dovere.  -  Stare  in  carreggiata,  uscire  di  carreg- 
giata: stare  nel  dovere,  uscire  dal  dovere. 

//  dovere  senza  diritto  è  schiavitù. 

Doverosamente.  Secondo  il  dovere. 

Doveroso.  Che  è  di  dovere. 

DoTÌzia  (dovizioso).  Lo  stesso  che  abbondanza^ 
ricchezza. 

Dovizioso.  Che  ha  dovizia. 

Dovunque.  In  ogni  luogo,  da  ogni  parte,  ovun- 
gue,  per  tutto,  per  tutti  i  canti. 

Dovutamente.  Con  dovere^  con  ragione, 
secondo  il  merito. 

Dovuto.  Veggasi  a  dovere. 

Dozzina  (dozzinale).  Quantità  di  cose  della  stessa 
natura,  determinata  in  numero  di  dodici:  dodi- 
cina.  -  Grossa,  dodici  dozzine,  o  144.  -  Sérqìta,  deno- 
minazione collettiva  di  quelle  cose  mangerecce  che, 
in  numero  di  dodici,  facciano  una  specie  di  unità 
commerciale  con  assegnazioni  di  prezzo  :  una  serqua 
di  uova,  di  carciofi,  di  pani,  ecc.  -  Serqnettina,  di- 
min,  vfzzegg.  -  Dozzinale,  da  dozzina  o  di  dozzina, 
aggiunto  di  cosa  che  ha  poco  pregio:  triviale.- 
Dozzinalmente,  trivialmente. 

Dozzina  (dozzinante).  Il  convivere  con  altri, 
pagando  una  mercede  mensile  per  l'alloggio,  il 
mangiare,  ecc.,  e  la  mercede  stessa  :  pensione.  - 
Dozzinante,  chi  sta  a  dozzina:  pensionante. 

Dozzinale.  Da  dozzina. 

Dozzinante.  Chi  sta  a  dozzina. 

Draco.  Lo  stesso  che  drago. 

Dracène.  Veggasi  a  dragóne. 

Draconiano.^  Da  dèspota. 

Dracònico.  Detto  a  luna. 

Dracontlasi.  Malattia  cagionata  dalla  lìlaria 
medinensis,  frequente  ai  tropici  e  caratterizzata  da 
tumefazioni  simili  ad  ascessi,  in  cui  sta  ravvolto  il 
verme. 

Draga.  Detto  a  fango. 

Dragante.  Sorta  di  gomma. 

Draghetto.  Il  cane  a  miccia  delle  armi  antiche 
portatili. 

Drago.  Animale  favoloso,  dragone;  draco.  - 
Nome  di  una  costellazione. 

Dragomanno.  L'iw^è/7>rcf«  di  una  lingua. 

Dragóna.  Detto  a  sciàbola. 

Dragóne.  Animale  favoloso,  rappresentato  con 
artigli,  con  ali  e  con  coda  da  serpente.  -  Soldato 
di  una  milizia  di  mezzo  tra  la  cavalleria  grave  e  la 
leggiera.  -  Turbine  di  mare.  -  Dragone  lunare,  veg- 
gasi a  luna. 

Dramma  (drammatico).  Componimento  teatrale 
che  sta  fra  la  commedia  e  la  tragedia;  com- 
ponimento  rappresentativo,   in  prosa  o  in  versi, 


diviso  per  atti  e  per  scene:  azione  drammatica, 
azione  scenica;  drama  (v.  a.);  favola;  lavoro  tea- 
trale; ludo  scenico;  minio;  opera  teatrale;  produzione 
(voce  d'uso),  rappresentazione  scenica.  -  Dram- 
ma comico,  lirico,  storico,  pastorale,  tragico,  mimico, 
tragicomico,  satirico.  Dramma  musicate  o  in  mu- 
sica 0  per  musica.  Più  comunem.,  melodramìna. 
Il  dramma  finisce  con  una  catastrofe,  ossia  non  ha 
mai  esito  lieto,  come  è,  di  solito,  della  commedia. 

-  Per  quanto  riguarda  la  struttura  di  un  dramma, 
i  modi  di  rappresentarlo,  ecc.,  veggasi  a  dram,- 
mafica  (arte).  Per  similitud.,  si  chiama  dramma 
anche  un  avvenimento  di  carattere  grave,  com- 
movente, atto  a  commuòi'ere. 

Drammaccio,  peggior.  di  dramma  -  Drammetto, 
dimin.  di  dramma;  drammuccio,  peggior.;  drammone, 
accresc.  -  Drammaticamente,  in  modo  drammatico, 
commovente.  -  Drammàtico,  di  dramma,  attinente  a 
dramma. 

A  chiave,  si  dicono  i  romanzi,  i  drammi,  ecc., 
nei  quali  si  adombra  una  storia  o  un  fatto  accaduto 
a  personaggi  vissuti  o  viventi.  -  Atto  sicramentale, 
sorta  di  composizione  drammatica  spagnuola.  - 
Ballo,  dramma  eseguito  con  danze  e  pantomime, 
accompagnato  da  musica  :  ballo  coreografico  (veg- 
gasi a  pag.  2.14,  seconda  colonna).  -  Didascalia, 
neir  antica  Grecia,  la  rappresentazione  di  un 
dramma  e  anche  il  dramma  stesso.  -  Dicelie, 
scene  teatrali  simili  alle  antiche  commedie.  -Dramma 
di  mezzo  carattere,  né  serio,  né  buffo,  tra  bufi"© 
e  serio.  -  Dramma  lirico,  da  cantare  o  da  potersi 
cantare,  anche  con  versi  piccoli.  Distinto  da  epico. 

-  Dramma  satirico, genere  del  dramma  attico;  rap- 
presentazione scenica  eroicomica,  con  danza  di 
satiri  (Sicinio).  -  Fantocciata,  composizione  dram- 
matica rappresentata  con  burattini.  -  Fiaba,  piccolo 
dramma  in  cui  la  recita  é  alternata  col  canto.  -  Inter- 
mezzo, breve  composizione,  letteraria  o  musicale,  da 
eseguirsi  tra  un  atto  e  l'altro  d'un'azione  drammatica. 

-  Leggenda  drammatica,  lavoro  vocale  e  istrumentale 
in  cui  v'ha  azione,  ma  non  sono  necessari  né  l'apparato 
scenico,  né  i  vestiari.  -  Ludi  scenici,  un  tempo,  i  dram- 
mi, le  rappresentazioni  prese  dagli  avvenimenti  della 
storia.  -  Ludi  scenici  spirituali,  le  rappresentazioni, 
che  si  facevano,  della  storia  sacra.  Figure,  quelle 
dell'Antico  Testamento;  Vangeli,  quelli  del  Nuovo; 
Misteri,  se  contenevano  misteri  della  fede;  Esempi, 
se  trattavano  mipacoli  dei  santi;  Istorie,  se  presen- 
tavano la  vita  dei  santi  -  Monologo  drammatico, 
scena  unica  recitata  da  un  solo  attore  sul  teatro.  - 
Oratorio,  specie  di  dramma  il  sui  soggetto  è  scelto 
dalla  storia  sacra  e,  musicato,  si  canta  con  accom- 
pagnamento d'orchestra^  in  chiesa  o  in  sala.  Ese- 
guito in  teatro,  si  dice  meglio  opera  sacra.  -  Te- 
tralogia, quattro  opere  drammatiche  dello  stesso 
poeta:  tre  tragiche  ed  una  satirica.  -  Tragicomme- 
dia, rappresentazione  che  partecipa  della  tragedia  e 
della  commedia.  -  Trilogia,  unione  di  tre  tragedie 
alle  quali  si  aggiungeva  un  componimento  satirico 
a  formare  la  tetralogia.  -  Zarzuela  (spagn.),  genere 
drammatico  simile  all'operetta;  per  lo  più,  una  com- 
media in  due  atti,  con  musica. 

Drammaturgo,  chi  compone  azioni  drammatiche, 
siano  esse  commedie  (commediografo),  tragedie  (tra- 
gediografo) 0  simili:  autore  drammatico,  composi- 
tore, scrittore  di  drammi;  mimografo;  poeta  dram- 
matico, e  anche,  semplicemente,  poeta.  -  Librettista 
(voce  d'uso),  scrittore  d'un  dramma  per  musica.  - 
Maschera,  personaggio  degli  antichi  drammi.  - 
Recita,  rappresentazione  drammatica:  il  recitare. 


9o0 


DKAMMA    —   DRAPPO 


Dranxiua.  Ottava  parte  di  un'oncia.  -  Antica 
tnoneta  greca. 

Drammàtica  {drammàtico).  L'arte  di  comporre 
e  rappresentare  azioni  sceniche  [commedia  f 
diamtna,  farsa,  tragedia,  m,eloiìram,nia) : 
arte  di  Roscio,  arte  rappresentativa,  drammaturgia  ; 
poesia  drammatica.  Le  dà  il  nome  Talia,  la  Musa 
della  com,m.edia,  nonché  della  lirica;  e  si  dice 
an^^ora  fiori  di  Talia  per  indicare  un  florilegio  dram- 
matico, una  raccolta  di  produzioni  sceniche.  -  Dram- 
maturgia dicesi  anche  di  un  trattato  sull'arte  dram- 
matica. -  Mimica^  l'arte  del  mimo  :  arte  di  rappre- 
sentare per  via  di  gesti.  -  Produzione  (voce  d'uso), 
lavoro  drammatico,  azione  scenica,  ecc.:  veggasi  a 
dramma,  -  Rappresentazione,  lo  svolgersi  di  una 
azione  drammatica  sulla  scena.  -  Repertorio,  colle- 
zione di  opere  drammatiche  da  rappresentare  e  di  cui 
una  compagnia  è  provvista. 


Struttura  di  un'opera  drammatica. 


AttOf  ciascuna  delle  parti  (due,  fino  a  cinque) 
nelle  quali  l'opera  è  divisa,  a  sua  volta  compren- 
dente più  scene.  -  Azione,  soggetto  o  condotta  del 
componimento  drammatico.  -  Catastrofe,  parte  nella 
quale  ha  luogo  lo  svolgimento  dell'azione.  •  Coro, 
adunanza  di  più  interlo'cutori  nelle  antiche  opere 
drammatiche.  -  Dialogo,  il  discorso  degli  inter- 
locutori delia  commedia,  ecc.  -  Donnèe  (frane),  Vargo- 
mento,  il  soggetto,  la  favola  d'un  componimento 
drammatico  (anche,  di  romanzo,  ecc.). 

Embolio,  intermezzo  comico  danzante  nell'antico 
dramma.  -  Esito,  la  catastrofe  d'un  dramma:  più 
comunem.,  scioglimento.  -  Favola  (lat.,  fabula),  il 
contenuto  e  l'oggetto  di  un  dramma.  -  Finale  {qua- 
dro, scena  finale),  l'ultima  parte  di  un  atto.  -  In- 
treccio, complesso  degli  accidenti,  dei  fatti,  che  si 
intrecciano  gli  uni  con  gli  altri  in  una  com- 
media, in  un  dramma.  -  Nodo,  in  un  dramma, 
r  intreccio.  -  Traccia ,  primo  abbozzo  di  un 
dramma. 

Parte,  l'azione  e  le  parole  che  spettano  ad  ogni 
attore  (veggasi  a  comico).  -  Prologo,  il  ragiona- 
mento che  gli  antichi  premettevano  ai  poemi  dram- 
matici, dando  ragione  dell'opera  o  narrando  ed 
esponendo  cose  attinenti  alla  favola,  per  meglio 
chiarirla.  -  Protasi,  l'antefatto  di  un'azione  dram- 
matica, introdotto  nell'orditura  di  questa  per  servire 
di  schiarimento  e  di  scorta  allo  spettatore.  -  Pro- 
tasi,  epitasi,  catastasi,  catastrofe,  parti  del  dramma 
antico. 

Scena,  una  delle  parti  in  cui  è  diviso  un  lavoro 
drammatico.  Scena  culminante,  la  più  importante, 
del  maggior  interesse;  quella  nella  quale  si  svolge 
l'azione  nella  sua  massima  intensità,  nella  sua  mag- 
gior efficacia  ;  scena  muta,  quando  l' attore,  dopo 
che  gli  altri  hanno  finito  di  parlare,  si  fa  intendere, 
si  esprime  coi  gesti.  -  Sceneggiatura,  l'elTt^tto  dello 
sceneggiare,  cioè  del  modo  col  quale  è  scritto  un 
lavoro  drammatico. 

Tesi,  proposizione,  assunto,  che  l'autore  di  un 
componimento  drammatico  si  proponga  di  dimo- 
strare. -  Unità  di  luogo,  nei  drammi  lo  svolgersi 
della  favola  sempre  nello  stesso  luogo.  -  Vis  comica, 
forza  comica,  potenza  drammatica:  neol. ,  tea- 
tralità. 


Autori.  —  Attori.  —  Personaggi. 
Cose  e  termini  vari. 


Poeta,  nel  ^ergo  teatrale,  chi  è  agli  stipendi  di 
una  compagnia  drammatica  o  d' un  impresario.  - 
Rapsodi,  i  moderni  cultori  della  recitazione. 

Attore,  l'artista,  il  cdm^ico  che  recita,  fa  la  re- 
citazione. Femmin.,  attrice.  •  Comparse,  nel  lin- 
guaggio teatrale,  quelle  persone  che  compaiono  sul 
palcoscenico  senza  parlare,  ma  servono  solo  al  de- 
coro e  al  compimento  dell'azione  scenica.  -  Eroe 
del  dramma,  il  protagonista. 

Figura,  un  personaggio  rappresentato  nel  dramma. 

-  Interlocutore,  chi  parla  in  un  componimento  dram- 
matico: attore,  personaggio,  dicitore.  Femmin.,  in- 
terlocutrice. -  Mimo,  mima,  attore,  attrice  che  si 
esprimono  a  gesti.  -  Monologhista,  autore  o  bravo 
attore  di  monologhi.  -  Persona,  presso  i  Latini , 
la  maschera  degli  attori  drammatici.  -  Personaggio, 
ciascuno  degli  interlocutori  sulla  scena.  -  Personaggi 
muti,  quelli  che  entrano  in  iscena,  ma  non  parlano, 

-  Protagonista,  il  personaggio  principale. 
Calzare  il  sòcco,  il  coturno:  essere  scrittori  o  at- 
tori comici  0  tragici. 

Cose  e  termini  vari.  —  Copione,  nel  linguaggio 
teatrale,  la  copia  del  dramma  in  cui  sono  le  varie 
partizioni.  -  Prima,  la  prima  recita  d'un  lavoro 
drammatico  (frane,  première).  -  Prova  d'un  lavoro 
drammatico,  il  recitarlo  che  fanno  da  soli  i  comici, 
non  davanti  agli  spettatori,  per  impararla.  -  Prova 
generale,  quella  che  precede  la  recita,  la  rappre- 
sentazione. -  Recita,  rappresentazione  d'un  dramma, 
d'una  commedia.  -  Ripresa,  replica  d'  un  dramma. 

-  Ri/Inmentatore,  chi  suggerisce  la  parte  agli  at- 
tori :  suggeritore ,  rammentone  ;  chi  fa  da  sof^ 
fletto. 

Lever  de  rideau  (letter.  alzar  di  sipario),  locuzione 
francese  per  indicare  quella  breve  rappresentazione, 
0  nota,  0  di  lieve  argomento,  che  precede  il  dramma 
principale,  quasi  per  lasciar  tempo  agli  spettatori  di 
arrivare.  -  Tenere  il  cartello,  nel  linguaggio  teatrale, 
dicesi  di  un  dramma  allorquando  lo  si  ripete  per 
parecchie  sere. 

Censore,  revisore  di  componimenti  drammatici,  da 
rappresentarsi;  chi  esercita  le  censura  teatrale.  - 
Filodrammatico,  amante  dell'  arte  drammatica.  - 
Concorso  drammatico,  gara  tra  gli  autori  di  opere 
drammatiche,  indetta  dal  governo,  da  istituti  lette- 
rari, ecc.  -  Giuri  drammatico,  consesso  delle  persone 
che  devono  giudicare  delle  opere  presentate  a  un 
concorso  drammatico. 

Drammatico.  Di  draìnma.  -  Commovente, 
atto  a  commuòvere. 

Drammatizzare.  Dar  forma  di  dramtna. 

Drammaturgria.  L'arte  drammatica;  trat- 
tato sull'arte  drammatica. 

Drammaturgo.  Autore  di  un  dramma. 

Drappella.  Ferro  A^Walaharda. 

Drappellare  (dr appellato).  Maneggiare  l'in- 
segna. 

Drappello.  Striscia  di  drappo.  -  Numero  di 
soldati,  di  persone  insieme:  schiera. 

Drappellóne.  Pezzo  di  drappo.  -  Paramento 
di  chiesa  (veggasi  a  pag.  528,  prima  colonna). 

Drapperia,  drappière.  Veggasi  a  drappo. 

Drappettina.  Detto  a  mastello. 

Drappo.  Sorta  di  tela,  di  tessuto,  per  lo  pi)^ 


DRASTICO    —    DRIZZA 


951 


di  seta  pura,  come  velluto,  ermisino,  raso,  taffetà 
e  simili,  con  trama  e  ordito  coperto  da  lieve  pe- 
luria: stoffa  di  seta.  -  Sottilissima  tela  di  lino,  pre- 
parata in  modo  che,  applicandola  sulla  piccola  rot- 
tura della  pelle,  la  cicatrizza.  -  Striscia  di  taffetà 
0  d' ermisino  nero  con  la  quale  le  d  nine  di  bassa 
condizione  si  coprono  le  spalle  o  il  capo.  Più  co 
munemente  però  dicesi  velo;  a  Venezia,  lo  si 
chiama  zendale  e  zendado.  -  Drappetto,  di  min.  di 
drappo.  -  Drappo  a  fiamma,  bianco  con  rilievi  rossi 
fiammanti;  a  fiori  rilevati,  con  rilievo  o  ricamo;  a 
fioroni,  a  fìori^grandi,  tessuti:  damascato,  tessuto  a 
damasco;  lixcio,  non  operato;  operato,  o  tessuto  a 
opera,  tessuto  a  disegno;  razzato,  tessuto  a  guisa 
di  raggio;  stinto,  scolorato. 


Varie  sorta  di  drappi. 


Amoerre,  sorta  di  drappo  di  seta  variato  a  onde.  - 
ArazzOfdrsippo  per  ornamento,  tessuto  con  lana,  seta 
e  oro,  filato  e  istoriato.  -  fi r/imi/o,  drappo  tessuto 
a  ricci,  comunemente  detto  broxato.  -  Broccatello, 
broccatino,  sorta  di  broccato  più  leggiero.  -  Broccato, 
drappo  grave  di  seta,  lavorato  a  fiorami  e  orna- 
menti figurativi  e  tessuto  d'oro  e  d'argento.  -  Ca- 
taluffa,  drappo  di  lino  e  di  fdaticcio;  m^zzo  drappo 
0  drappo  di  mezzana  qualità,  che  si  faceva  a  Ve- 
nezia. -  Cordellone,  drappo  di  seta  o  di  cotone  a 
corde  rilevate. 

Uamaschetto,  specie  di  drappo  a  fiori  d'oro  e 
d'argento.  -  Damasco  Cvolgarm.  dommasco),  drappo 
assai  massiccio  di  seta,  fatto  a  fiori  e  a  disegni, 
colore  sopra  colore,  detto  cosi  perchè  si  tessè  prima 
a  Damasco.  -  Drappo  inglese,  taffetà  usato  per  riu- 
nire piccole  ferite.  -  Felpa,  drappo  di  seta  o  di 
lana  col  pelo  più  lungo,  ma  più  rado,  del  velluto. 
-  Fusciacco,  drappo  di  tocca  o  divelluto  ricamato: 
lo  si  porta  in  processione.  -  Lustrino,  sorta  di 
drappo  di  seta,  dai  francesi  detto  glacé.  -  Maritino, 
drappo  di  seta  adoperato  per  fodere,  ecc. 

Porpora,  drappo  tinto  di  porpora:  lo  indossa- 
vano solo  i  re,  i  sommi  pontefici  ed  i  più  alti  di- 
gnitari dello  Stato;  i  papi  se  ne  adornarono  quando 
rivestirono  il  carattere  di  sovrani.  -  Palio,  drappo 
lo  si  dà  per  premio  a  chi  vince  nelle  corse.  - 
Prunello,  tessuto  di  lana  in  foggia  di  raso.  -  Ri- 
setto,  raso  inferiore,  drappo  di  seta  misto  con 
accia.  -  Raso,  drappo  di  seta  a  superficie  liscia 
e  lucida  ;  raso  di  lana,  fatto  di  lana  fine  ;  raso 
turco,  specie  di  raso  di  lana  fine,  spinato,  forte. 

Sargia,  sorta  di  drappo  a  vari  colori  e,  per  lo 
più,  dipinto.  -  Scialle,  drappo  quadrato  o  bislungo, 
fatto  di  una  lana  o  di  una  caluggine  finissima,  ri- 
dotta in  filo  e  tessuta  in  diversi  modi,  secondo  che 
il  fondo  è  liscio  o  a  brocche.  -  Sciamilo,  specie  di 
drappo  di  varie  sorta  e  colori.  -  Scotto,  drappo  di 
lana  rasa,  meno  morbida  della  flanella. 

Tappeto,  drappo  di  tela  o  di  lana  greggia,  o 
tessuto  a  fiorami  o  simile,  che  si  stende  sui  pavi- 
menti delle  camere  e  sulle  scale,  nelle  case,  per 
pulizia,  per  ornamento,  e  per  riparo  dal  freddo.  - 
Tenda,  drappo  di  tessuto  rado,  per  lo  più  a  ri- 
cami e  a  trafori,  che  si  applica  all'alto  delle  fine- 
stre con  pieghe  eleganti,  allacciandole,  all'altezza 
dell'appoggio,  a  un  fermaglio  dstto  dorone.  -  Teletta. 
specie  di  drappo  tessuto  per  lo  più  con  oro  e  ar- 
.gento.  -  Tocca,  drappo  di  seta  e  d'oro.  ■  Vapore 
per  sirailitud.),  sorta  di  drappo  finissimo.  -  Velluto, 


ricco  drappo  di  seta.  -   Zendado,  specie  di  drappo 
fine,  propriamente  di  seta:  zendale. 


(jOSE  e  termi.vi  varì. 


Bandella,  piccola  banda,  striscia  di  drappo.  - 
Bròcco,  riccio  che  forma  l'alto  e  basso  del  drappo 
di  broccato.  -  Gimossa,  o  cimosa,  l'estremità  dei 
lati  0  mirgini  del  drappo  o  del  panno  (seconda 
alcuni,  se  di  tele  o  simili,  vivagno).  -  Drappello, 
striscia  di  drappo,  specialmente  quella  che  si  mette 
in  cima  a  un'asta,  in  segno  di  guerra.  -  Orlo  sfi- 
lato, fatto  levando  dal  drappo  alcuni  fili.  -  Pancate, 
drappo,  0  panno,  con  cui,  per  ornamento,  copresi 
una  panca  a  spalliera  (poco  comune).  -  Passatura, 
specie  di  rimnendi  con  filo  di  seta  per  rafforzare 
la  parte  lo^^ora  d'  un  drappo.  -  Piega,  raddop- 
piami^nto  di  drappo  e  d*  altro.  -  Ritaglio,  pezzo  di 
drappo  0  di  panno,  ritagliato  dalla  pezza:  soampo- 
lino,  scampolo,  avanzo.  -  R>Mo,  dritto,  la  parte  ritta, 
la  parte  esteriore,    la   faccia  opposta   al  rovescio. 

-  Rò'o'o,  drappo  avvoltolato.  -  SopnippoHa,  il  ri- 
salto che  rileva  dal  tondo  (sommessi). 

Drapperia,  quantità  di  drappi  di  seta.  -  Drap^ 
pìere,  chi  fabbrica,  tesse  drappi.  -  Paratore,  chi  ad- 
dobba (veggasi  ad  ad  lobbare)  con  drappi  e  si- 
mili. -  Sargiaio,  chi  dipingeva  le  sargie. 

Addrappire  (adirappato),  ornare  di  drappi.  - 
Damascare,  tessere  a  damasco  ;  lavorare  ad  opera. 

-  Drappeggiare  (drappeggialo),  fare  o  dipingere 
drappi:  panneggiare.  -  Foderare,  soppannare 
drappi  e  simili.  -  Mmganare,  dare  il  lustro  col 
màngano,  strumento  di  pietre  grossissime,  mosso 
per  forza  d' argani,  sotto  il  quale  si  mettono  i 
drappi,  avvolti  sopra  subbi.  E  manganatore  l'ope- 
raio che  attende  a  tale  operazione  (manganatura). - 
Ragnare  {ragnato,  ragnatura),  del  drappo,  incomin- 
ciare ad  essere  logoro.  -  Raynmenrlare,  ricucire 
un  drappo.  -  Vergare,  far  le  verghe,  o  liste,  a 
drappi,  a  panni. 

Dràstico.  Il  purgante  che  agisce  energica- 
mente. 

Drenaggio.  Francesismo  per  fognatura. 

Driade.  Una  ninfa  dei  boschi. 

Drillo.  Mammifero  cinocefalo  dal  muso  promi- 
nente e  dalla  coda  cortissima. 

Dritnìfagia.  L'uso  di  mangiare  cibi  forti. 

Dritto  (aggetti V.).  Che  è  o  vien  fatto  per  di- 
ritto, in  linea  retta;  che  non  torce,  non  piega 
da  nessuna  parte:  lineato,  messo  in  riga,  rettilineo, 
retto,  tirato  a  fil  di  piombo,  a  filo,  per  filo  di  si- 
nopia. -  Che  sta  in  piedi:  ritto.  Anche,  di  chi  ha 
corporatura  ben  fatta,  non  difettosa.  -  Sostan- 
tivam,,  il  ritto,  la  faccia  principale  o  più  bella  di 
certe  cose  [drappo,  tessuto,  medaglia,  ecc.), 
opposta  all'altra,  detta  roifescio.  •  Drittura,  qua- 
lità di  ciò  che  é  dritto:  dirittezza,  dirittura,  retti- 
tudine. -  Drizzamento,  il  drizzare:  addirizzamento, 
addirizzo,  dirizzamento,  raddirizzam^nto,  raddrizza- 
mento. -  Drizzare,  far  ritto,  rendere  ritto,  diritto, 
addrizzare,  raddirizzare,  raddrizzare,  rizzare,  ecc.; 
rettificare  una  curva.  -  Drizzarsi,  firsi,  tornar 
ritto:  addrizzarsi,  ecc. 

Dritto.  Diritto,  destro,  ritto  (solo  accoppiato 
con  mano:  a  man  ritta,  da  ritta). 

Drittura.  L'esser  dritto. 

Drizza.  Nel  linguaggio  marinaresco,  ghia  o  pò» 
ranco,  con  cui  si  alzano  antenne,  picchi  e  vele. 


952 


DRIZZAMENTO    —    DUBBIO 


Drizzamento.  Il  far  dritto. 

Drizzare  (drizzato).  Rendere,  far  dritto  ;  dare 
a  checchessia  ìd.  forma  rettilinea:  addirizzare,  ad- 
drizzare  ;  raddirizzare,  raddrizzare  ;  ridirizzare,  ri- 
drizzare, riz/,are. 

Drlzzal-òio.  Strumento  del  quale  i  fabbricatori 
di  rappelli,  di  specchi,  l'intagliatore,  ecc.,  fanno  uso 
per  uar  forma,  drizzare,  pianare. 

Dro^a  (più  spesso  u^ato  in  in  plur.,  droghe).  Nome 
getierico  di  ogni  sorta  di  spezierie,  aromi  e  simili, 
che  si  mettono  nelle  vivande  per  dar  loro  un  gu- 
sto, un  sapore  più  piccante:  coloniale,  generi  co- 
loniali, polvere  aromatica,  polviglio.  Le  droghe  ser- 
vono anche  come  sostanze  medicamentose;  si  di- 
stinguono, per  la  loro  provenienza,  in  vegetali, 
animali  e  minerali,  e  si  dicono  semplici  quando  non 
hanno  subito  alcuna  preparazione;  si  traggono  da 
foglie,  da  fiori,  da  frutti,  da  semi,  da  radici,  da 
rizomi,  da  bulbi,  da  legni,  da  scorze,  da  gomme, 
da  balsami,  da  resina,  ecc.:  veggasi  ad  aroma  e 
a  balnamo.  -  Droghe  più  comunemente  note  la 
cannella,  il  garofano,  la  mostarda,  la  noce 
moscata,  il  pepe,  lo  zafferano,  ecc.  -  Come 
droghe  si  impiegano  pure  l'amomo,  il  hetel,  il  cap- 
sico,  il  cardamomo,  il  cinnamomo,  la  curcuma,  il 
lauro,  il  timo,  la  vaniglia,  ecc.  -  Spezie,  spezierie, 
propriam.,  miscuglio  di  vari  aromi  in  polvere  per 
condimento  delle  vivande  («  minuzzatolo  e  mes- 
sevi di  buone  spezie  assai,  ne  fece  un  manicaretto  »). 
-  Estrattivo,  qualunque  principio,  di  natura  chimica 
non  ben  determinata,  che  si  può  estrarre  da  una 
droga.  Ordinariamente  sono  miscugli  di  principi 
attivi  0  sostanze  chimiche  molto  impure. 

Drogare  (drogato),  acconciare  con  droghe  una 
sostanza,  per  conilirla,  darle  condbnento,  o  per 
conservarla:  aromatizzare,  dare  odore  di  aromi,  dar 
sapore  di  droghe,  mettere  arohii. 

Droghiere,  negoziante  di  droghe  al  minuto.  - 
Spezieria,  più  comunem.,  drogheria,  farmacia.  ■ 
Speziale,  chi  vende  spezie:  per  estens.,  farmacista, 
droghiere. 

Drog-are  (drogato).  Detto  a  droga. 

Droghiere.  (Jii  tiene  bottega  (drogheria)  ven- 
dendo al  minuto  droghe  e  altre  cose  più  o  meno 
affini  (caffè,  zucchero,  cioccolata,  tniele,  mo- 
starda, frutta  secca,  ecc.):  aromatario,  droghista 
(voce  riprovata  dai  puristi),  speziale,  zuccheralo  - 
Droghiera,  la  moglie  del  droghiere  o  donna  che  tien 
drogheria. 

Boisolo  delle  spezie,  scatoletta  ordinariamente  di 
latta,  a  più  scompartimenti,  nei  quali  si  tengono 
separate  le  diverse  drogiie.  -  Macinina,  strumento 
piccolo  che  serve  a  macinare  droghe  e  coloniali.  - 
Spilla,  la  tavola  di  legno  che  i  droghieri  adoperano 
per  sbucciare  il  cacao  o  per  pulire  altro. 

Dromedàrio.  Il  caìnmello  con  una  sola 
gobba. 

Dròmo.  Nel  linguaggio  marinaresco,  caposaldo 
al  quale  si  legano  gli  ormeggi. 

Dromògrafo,  dormòmetro.  Islrumento  per 
misurare  la  velocità  di  una  nave. 

Dromóne.  Nel  meidio  evo,  sorta  di  nave  da 
guerra  e  da  corso  a  vela  e  a  remo. 

Dromoscòplo.  [strumento  pe»*  correggere  le 
indicazioni  della  bussola  marina.  -  Segnale  di  fer- 
rovia. 

Drosóforo.  Schizzetto  polverizzatore. 

Drosòmetro,  drososcópio.  Veggasi  a  l'u- 
giada. 

Druda.    L'amante   disonesta:   amanza,   amasia. 


bagascia,  cicisbea,  concubina,  ganza,  pratica  (idioti- 
smo d'uso),  zanfarda. 

Drudo.  Voce  che  un  tempo  fu  sinonimo  di 
campione,  difensore,  ma  ora  equivale  ad  aman- 
te, in  senso  disonesto,  a  scluttore:  aiutamarito, 
amanzo,  amasio;  bagascio,  bagascione,  bertone,  ber- 
tuccione, bruitone;  concubino;  galante,  ganzo, 
puttano  (volg.),  vice-marito. 

Druiiessa.  Sacerdotessa  dell'antica  Gallia,  del- 
l'Alemagna,  della  Britannia. 

Druido.  Il  sacerdote  degli  antichi  Galli,  Ger- 
mani e  Britanni. 

Drupa.  Doppio  pericarpio  del  frutto. 

Duale.  Veggasi  a  due. 

Dualismo.  La  dottrina  che  ammette  due  prin- 
cipi, in  antagonismo  fra  loro,  o  un  doppio  principio. 

-  Divisione  nella  politica.  -  Termine  di  patologia. 

-  Teoria  chimica  (veggasi  a  pag.  534,  seconda  cO' 
lonna). 

Dualista.  Seguace  del  dualismo. 

Dualistico.  Di,  da  dualismo. 

Dualità.  Detto  a  due. 

Dubbiare  (dubbiato).  Stare  in  dubbio. 

Dubbiamente.  In  modo  dubbio. 

Dubbiezza.  Qualità  di  ciò  che  è  dubbio. 

Dubbio  (dubbiosità,  dubbioso).  Sostantiv.,  incer- 
tezza della  mente  intorno  a  checchessia;  cosa  non 
bene  accertata;  opinione  che  non  si  dà  per  si- 
cura :  dubitazione;  esitanza,  esitazione,  nodo  (figur.). 
.^i  esprime  dubbio  con  forse,  ma,  se,  ecc.  Il 
dubbio  può  essere  diretto,  indiretto,  positivo,  nega- 
tivo,  metodico,  ecc.;  forte,  grave,  leggiero,  lieve,  mo- 
lesto, tormentoso,  Il  dubbio  assale,  sorprende,  cresce, 
aumenta,  scema,  svanisce,  ritorna,  sparisce,  ecc.  - 
Dubbiarello,  dubbierello,  dimin.  di  dubbio.  -  Dubi- 
tabile, da  potersene  dubitare.  Contr.,  indubitabile, 
certo.  -  Dubitativo,  che  esprime  dubbio. 

Ambage,  avvolgimento  di  parole,  di  pensieri,  che 
generi  dubbio.  -  Ambiguità,  qualità  di  ciò  che  è 
ambiguo;  maniera  di  esprimersi  così  da  generare 
dubbio  0  sospetto  in  chi  ascolta.  -  Anfibolia  (gr.), 
ambiguità,  doppio  senso.  -  Anfibologia,  discorso 
che  ha  sentimento  doppio,  equivoco.  -  Aporeoma, 
controversa,  dubbio.  -  Diallèlo,  argomento  dei  Pir- 
ronisti, -  Dubbio  metòdico,  di  Descartes,  opposto  al 
dubbio  assoluto  dei  Pirronisti.  -  Equivoco  (agg.), 
che  desta  o  lascia  dubbio,  sospetto.  -  Esitanza,  in- 
certezza, dubbio  sul  punto  di  fare  alcunché:  esi- 
tanza, titubanza  (veggasi  ad  esitazione).  -  Ge- 
losia, dubbio  intorno  alla  fedeltà  del  coniuge  o 
dell'amante. 

Indeterminatezza,  indeterminazione,  dubbio,  incer- 
tezza, irresoluzione,  perplessità.  -  ipòtesi,  suppn 
sizione  intorno  a  cosa  non  certa.  -  Perpleisild,  io 
stato  di  chi  è  in  forte  dubbio,  non  sa  dissipare 
un  dubbio  :  esitanza.  -  Presunzione,  mezza  cre- 
denza, mezzo  dubbio.  -  Probleina  (figur.),  cosa 
dubbia  che  solo  l'avvenire  può  risolvere,  puesito, 
questione.  -  Scetticismo  (gr.,  osservazione,  esame). 
disposizione  d'animo  per  cui  si  dubita  della  verità 
di  ogni  cosa,  non  avendo  1'  uomo  il  criterio  della 
certezza,  -  Scrupolo,  dubbio  che  turba  la  mento' 
proprio  di  cose  attinenti  alla  coscienza,  -  sospetto 
dubbio  cattivo  sul  conto  di  qualcuno;  oqinjom^ 
dubbia  di  futuro  male.  -  Tarlo  del  rf>(''6io  (figura.) , 
il  rodimento  che  dà  il  dubbio. 


DUBBIOSAMENTE 


DUCA 


953 


Dubbiamente.  —  Dubbiosamente.  —  Dubbiezza. 
Dubbiosità'.  —  Dubbioso.  —  Dubitare. 

Dubbiamente,  con  dubbiezza,  in  modo  dubbio, 
con  dubbio  significato,  in  guisa  da  ingenerare  o 
lasciar  dubbio,  con  dubbio  significato,  con  dub- 
biosità. 

Dubbiosamente,  dubitando,  dubitativamente,  du- 
bitevolmente,  dubitosamente,  irresolutamente,  so- 
spensivamente, (jontr.,  indubbiamente,  certamente. 

Dubbiezza,  qualità  di  ciò  che  é  dubbio:  dubbietà, 
dubbiosità  ;  incertezza,  indeterminatezza,  indet^r- 
minazìone, 

DuKHio  (aggett.),  di  cosa,  di  fatto  ecc.,  non  bene 
accertato,  tale  da  non  sapere  che  sia  vero  o  no  : 
contrastabile,  controverso,  controvertibile,  coperto, 
da  mettere  in  quarantena;  dubitabile,  dubitativo,  dubi- 
tevole, dubitoso;  impugnabile,  incerto,  indetermina- 
bile, indeterminato,  indimostrato,  infondato,  in  nube, 
insoluto,  ipotetico;  oscuro;  pieno  d'incertezza,  pro- 
blematico; senza  fondamento.  Contr.,  certo,  indu- 
bitato, chiaro,  eytfZe/*fe,  incontestabile,  incontestato 
irrefragabile,  irrefutabile,  sicuro,  ecc.  -  Apòcrifo, 
lo  scritto,  il  documento  riconosciuto  non  autentico 

-  Inverodmile,  che  non  può  essere  vero.  -  Essere 
dubbio:  andare,  essere  in  forse;  cadere  in  questione; 
da  accettare  con  benefizio  di  inventario,  con  bene- 
j./io  di  legge;  esserci  buio,  un  certo  buio,  esserci 
il  prò  e  il  contro  ;  essere  di  una  verità  da  storico 
cesareo  ;  essere  mal  presunto  ;  meritare  conferma  ; 
non  avere  il  suo  suggello  ;  non  essere  articolo  di 
fede  ;  parere  e  non  parere  :  poter  essere  o  poter 
anche  non  essere;  rimaner  dubbio;   vederci  poco. 

-  Render  dubbio,  discutere  una  cosa  ;  mettere  in 
dubbio  ;  rendere  sospetto.  -  Sub  indice,  vale  dub- 
bio, incerto,  indeciso,  e  dicesi  di  quistioni,  opi- 
nioni, ecc.-  Tiramolla,  familiarmente,  serie  di  dubbi, 
di  tergiversazioni,  di  indugi,  stare  fra  il  sì  ed  il 
no  per  acquistar  tempo  e  consiglio. 

Dubbiosità',  l'essere  dubbioso,  condizione  di  chi 
dubita:  combattimento  (figur.)  ;  dubbiezza,  dubi- 
tanza ;  esitanza  ;  fluttuazione  d'animo  ;  incertezza 
(a  fare,  a  decidere,  e  simili)  ;  indecisione,  irresolu- 
tezza, irresoluzione;  mal  dell'infra  due  ;  ombrosità; 
ondeggiamento,  ondeggiamento  di  spirito,  oscitanza, 
scrupolo,  sospensione  d'  animo,  della  mente,  di 
mente;  vacillamento  del  pensiero,  ecc. 

Dubbioso,  non  risoluto,  incerto  ;  che  cagiona  dubbio; 
agg.  di  persona  che  è  presa  dadubbio  sul  conto  di  chec. 
chessia.  Gontr ,  sicuro.  -  Con  varie  gradazioni  di  si- 
gnificato :  ancipite,  avviluppato  ;  che  è  fra  due, 
sulle  due;  dubitante,  dubitoso,  equivoco;  esitante 
(di  persona)  ;  fluttuante  ;  incerto,  indeciso,  irresolu- 
luto  ;  oscillante  ;  pendente,  perplesso  ;  sospeso,  titu- 
bante. -  Cacadubbi,  persona  sempre  incerta  nelle 
risoluzioni,  sempre  dubbiosa.  -  Pirronico,  seguace 
di  Pirrone,  filosofo  greco  che  ostentava  dubbio  su 
tutto.  -  San  Tomaso,  padre  della  Chiesa,  che  non 
voleva  credere  se  non  dopo  aver  veduto  e  toccato 
con  mano.  -  Uomo  dubitativo  (popol.),  che  dubita 
sempre.  -  Zetetici,  scettici  che  cercavano  sempre  la 
verità  e  non  la  trovavano  mai. 

Dubitare,  essere,  stare  in  dubbio,  dubbiare 
(contr.,  credere)  :  accettare  con  benefizio  di  legge. 
d'inventario  ;  addubitare  ;  affacciarsi  alla  mente  un 
punto  d'interrogazione,  avere  a  sospetto,  in  so- 
spetto ;  avere  un  cocomero  in  corpo  o  sullo  sto- 
maco (figur.)  ;  contendere  in  sé   stesso  ;   diffidare  ; 


entrare  il  dubbio,  il  timore,  entrare  in  forse  ;  esi- 
tare ;  essere  dubbioso,  essere  ncll'infra  due;  es- 
sere tra  due  ;  far  l'aria  del  credo  e  non  ci  credo  ; 
fluttuare;  insorger  dubbio;  mettere,  porre  in  dub- 
bio, in  forse,  m  quarantena,  in  questione  ;  ondeg- 
giare con  la  mente;  rivocare  in  dubbio,  in  forse, 
in  questione;  sorgere  un  dubbio  nell'animo;  so- 
spettare; stare  fra  due  acque,  stare  in  trampoli, 
stare  sopra  di  sé;  studiarsi  a  non  credere.  -  Inso- 
spettire, 0  insospcUirsi,  far  nascere,  oppure  sentire 
dubbio,  sospetto.  -  Ridubilare,  ripete  dubitare.  - 
Stare  in  sospeso:  sospesi,  dubbiosi.  Titubare,  stare 
incerto,  senza  risolvere:  avere  esitanza,  esita- 
zione. 


Vocr  E  LOCUZIONI  diverse. 


Provekbì. 


Accertare,  accertare,  togliere,  toglicr.si  un  dub- 
bio; rendere,  reiiilersi  certo,  stc<*i'o  di  alcunché. 
-  Chiarire  un  dubbio,  dissiparlo,  risolverlo,  to- 
glierlo. -  Contestare,  sollevare  dubbio,  eccezione. 
massime  in  fatto  di  legalità.  -  Inforsare,  mettere  in 
forse,  in  dubbio.  -  Ninnare,  ninnarsi  (figur.),  te- 
nere a  bada,  stare  indecisi.  -  hutrire,  accumulare 
dubbi  sopra  dubbi,  dubitar  sempre.  -  Rassicurare, 
togliere  ogni  dubbio  o  paura.  -  Vincere,  quietare, 
sopire  un  dubbio,  espressioni  di  chiaro  signi- 
ficato. 

Essere  commossi ,  agitati ,  turbati  dal  dubbio  : 
quando  il  dubbio  molesta.  -  Essere  formale,  essere 
in  tutta  forma,  avere  quanto  occorre  per  togliere 
ogni  dubbio.  -  Essere  sicuro  del  fatto  suo,  non  aver 
dubbi  sulla  co.sa.  -  Essere  vangelo,  un  vangelo,  di 
cosa  indubitabile.  -  Far  caso  d'ogni  cosa,  far  tanti 
casi,  di  chi  su  tutto  ha  dubbi,  difficoltà.  -  Fare  un 
dubbio,  proporlo,  manifestarlo.  -  Il  se,  il  ma,  il 
forse  è  il  patrimonio  degli  imbecilli:  a  chi  tentenna 
nelle  risposte  o  nelle  decisioni  importanti.  -  Met^ 
fere  una  pulce  nell'orecchio,  indurre  in  alcuna  per- 
sona dubbio  e  sospetto.  -  Non  esserci  da  dire  o  di 
dire,  non  esserci  dubbio.  -  Non  far  né  bene,  né 
male:  di  cosa  dubbia,  tirando  una  conseguenza  in- 
dipendentemente. -  Non  saper  quel  che  si  voglia:  di 
persona  irresoluta.  -  Passare  il  Rubicone,  troncare 
le  dubbiezze. 

Chi  me  lo  dice?,  quando  su  persone  o  fatti  d«- 
bitiamo.  -  Chi  vivrà,  vedrà:  di  cose  che  potranno 
avvenire  si  e  no.  -  Non  la  studiar  tanto  :  a  chi 
pensa  molto  per  decidersi  a  una  mossa,  o  sim.  ' 
Vada  libero!  non  dubiti,  non  abbia  paura. 

Davvero  !...  :  strisciato,  è  indizio  di  forte  debbio, 
e  si  strascica  anche  ironicamente,  per  ironia,  - 
Homi,  Psel,  Eh,  altro!,  esclamazioni  di  dubbio.  - 
In  forse,  in  dubbio.  -  Senza  fallo,  senza  dubbio. 

Delle  cose  incerte  non  si  fa  legge.  -  Il  dubbio 
rode.  -  Nel  dubbio  astienti.  •  In  dubiis  abstine  {nel- 
l'incertezza sospendi  ogni  deliberazione,  astienti  dal 
fare):  motto  della  saggezza  latina. 

Dubbiosamente.  Con  dubbio. 

Dabblosità,  dubbioso.  Veggasi  a  dubbio. 

Dubitare  {dubitabile,  dubitativo,  dubitato).  Aver 
dubbio,  essere  in  dubbio.  -  Aver  paura,  mancar 
di  coraggio,  di  risolutezza  ;   non  osare,  peritarsi. 

nubitativamente,  dubitativo.  Veggasi  a 
dubbio. 

Dubitazióne.  Lo  stesso  che  dubbio.  •  Figura 
di  retorica. 

Duca  {ducale,  ducato,  duchessa).  Il  più  aito  grado 


951 


DUCALE    —     DrELLO 


di  nobiltà,  dopo  quello  del  principe.  -  Ducale, 
di  0  da  duca:  duchesco.  -  Ducato,  dignità  o  do- 
minio del  duca  ;  ducea  (v.  a.),  duchea.  -  Duchessa, 
la  moglie  de!  duca  o  la  signora  di  un  ducato.  - 
Duchetto,  diaiin.  spreg.  di  duca.  -  Duellino,  figlio  di 
duca,  piceoio  duca.  -  Duchista,  partigiano  del  duca. 

-  Granduca  [granduchessa),  titolo  del  principe  che 
p)«!siede  un  granducato. 

Iiìducarsi  (scherz.),  diventar  duca.  -  Rinducarsi, 
fir^i  duca.  -  educarsi,  cessare  d'  esser  duca,  abdi- 
care alla  duchea,  deporre  la  corona  ducale. 

Mazzocchio,  la  corona  ducale. 

Ducale.  Veggasi  a  duca. 

Ducato.  Dignità  o  dominio  del  duca.  -  Nome 
di  più  d'un'antica  moneta. 

Duce,  (domandante,  capitano,  capo,  guida. 
•  Leader  (ingl.),  il  capo  di  un  partito  politico.  - 
Voivoda,  parola  jugo-slava  che  vale  duce,  signore. 

Due.  Aggettivo  numerale,  1'  unità  raddoppiata  ; 
so  .tantivamente,  il  numero  due  e  la  cifra  che 
lo  rappresenta  :  du'  (dinanzi  a  parola  che  inco- 
minci' per    vocale);    dua,    duoi  (v.  a.);  dui,  duo. 

-  Biennale,  duennale,  che  dura  due  anni.  -  Bi- 
fido, diviso  in  due.  -  Dicotomo,  bipartito,  diviso 
jn  due  :  aggiunto  di  fusto,  ramo,  pistillo,  stilo,  che 
si  dividono,  biforcandosi.  -  Duale,  aggiunto  del  nu- 
mero due  nei  nomi  dei  verbi  della  lingua  greca  e 
d'altre.  -  Dualista  [dualismo),  che  ammette  due 
principi.  -  Duumviro,  magistrato  che  ha  un  solo 
collega  nella  stessa  sua  carica. 

Ambedue,  ambidue,  tutt'  e  due,  1'  uno  e  l' altro  : 
ambe,  ambi,  ambo;  ambidui,  arabiduo,  ambiduoi, 
ambodue  ;  amendua,  amendue,  amendui,  amenduoi; 
entrambi,  entrambo;  intrambo,  intramendue  ;  tram- 
bedue,  tramendua,  tramendue,  tramenduno  ;  tutta- 
due.  -  Ambo,  coppia,  coppiola,  paio.  Due  numeri 
giuocati  0  estratti  al  lotto.  -  Anfibio,  che  vive  in 
due  elementi.  ■  Bastardo,  che  partecipa  a  due  na- 
ture. -  Combinazioni  binarie,  i  gruppi  di  due  ele- 
menti (oggetti)  scelti  da  un  dato  complesso  e  di- 
versi fra  loro.  ■  Dicocefalo,  con  due  teste  ;  bicipite. 

-  Ditomia,  divisione  in  due  parti.  -  Dualità,  ra- 
gione formale  di  due.  -  Duetto,  canto  a  due;  fi- 
gur.,  di  due  persone  bene  accoppiate,  in  senso  di 
biasimo  :  duo.  -  Ibrido,  di  doppia  razza. 

A  quattr'occhi:  in  due  soli;  a  solo  a  solo,  da 
solo  a  solo  ;  a  tu  per  tu.  -  Due  a  due,  a  coppia  a 
coppia,  a  due  a  due,  due  per  volta. 

Abbinare,  accoppiare,  mettere  insieme  due  a 
due  :  appaiare,  formare  il  paio.  -  Apparigliare,  u- 
nire  un  animale  ad  un  altro,  di  diverso  sesso, 
per  la  riproduzione,  -  Bipartire,  dividere  in  due, 
far  d'  una  cosa  due  parti  uguali  ;  tagliare  nel 
mezzo:  ammezzare,  dimezzare,  dipartire,  partire 
per  egual  parte,  scommezzare,  tramezzare. 

Duecento.  Due  volte  cento  ;  ducente,  du- 
gento   -  Dugentesimo,  agg.  numerale  di  duecento. 

Duellante,  duellista.  Detto  a  duello. 

Duellare  [duellato).  Far  duello. 

Duello.  Combatttimento  tra  due,  combatti- 
mento a  corpo  a  corpo,  a  testa  a  testa,  con  armi 
pari,  fatto  per  disfida,  per  sfida  (invito,  provoca- 
zione a  duello),  e  ammesso  dal  codice  cavalleresco 
0  dalle  consuetudini  :  monomachia,  partita  d'armi, 
partita,  quistione  d'onore;  schermaglia,  scontro, 
singoiar  certame,  soddisfazione  d'armi,  vertenza  ca- 
valleresca. Dizioni  non  usate:  battaglia  festereccia, 
corporale  battaglia,  duellare  impresa.  Si  fa  il 
duello  con  la  spada,  la  sciabola,  la  pistola,  il 
pugnale.  Si  svolge  con  un  primo  assalto,  un  se- 


condo, un  terzo,  ecc.,  cioè  in  più  riprese,  su  co- 
mando di  chi  dirige  il  combattimento.  Ciò  o  per 
correggere  una  infrazione  alle  regole  cavallere- 
sche 0  per  dar  riposo  ai  duellanti.  -  Duellare,  di 
duello,  attenente  al  duello.  -  Duellante,  chi  si  batte 
in  duello  :  avversario,  duellatore,  duellista  (detto, 
per  lo  più,  di  duellante  esperto);  primo;  rappre- 
sentato (rispetto  ai  padrini).  -  Spadaccino,  chi  ha 
cattiva  fama  di  duellista,  è  maniaco  di  far  duelli, 
di  adoperare  la  spada. 

Battaglia  di  spada,  duello  con  la  spada.  -  Di- 
chiaramento,  nel  gergo  della  camorra  napoletana, 
sfida  a  duello  tra  affigliati.  Si  eseguisce  a  colpi  di 
rivoltella,  tirando  all'impazzata.  -  Duello  al  primo 
sangue,  quello  che  cessa  alla  prima  ferita;  all'ul- 
timo sangue,  quello  che  deve  durare  finché  uno  dei 
due  o  entrambi  i  combattenti  non  siano  nell'  im- 
possibilità di  continuare  ;  cruento,  con  spargimento 
di  sangue  (contr ,  incruento)  ;  letale,  mortale,  quando 
uno  dei  duellanti  resta  ucciso.  -  Duello  all'ameri- 
cana, 0  americano:  consiste  nella  sorte  per  cui  re- 
sta deciso  quale  dei  due  contendenti  debba  ucci- 
dersi entro  un  dato  tempo.  -  Duello  giudiziario, 
singolare  combattimento  ordinato  anticam.  dalla  giu- 
stizia e  ammesso  come  prova  giuridica  nelle  qui- 
stioni  dubbie:  giudizio  di  Dio.  •  Tregua  di  Dio: 
dizione  storica  con  la  quale  la  Chiesa  stabili  al- 
cune determinate  epoche  in  cui  le  contese  tra  si- 
gnore e  signore,  tra  feudo  e  feudo,  erano  vietate 
in  nome  eli  Dio.  -  Zompata,  in  napoletano,  duello 
a  coltello  fra  camorristi,  cosi  detto  perchè  si  zompa 
ai  lati  per  schivare  i  colpi. 

Duellare,  combattere  in  duello,  battersi  uno  con- 
tro uno.  secondo  l'uso  cavalleresco  :  andare  sul  ter- 
reno, attestarsi,  incrociare  il  ferro  ;  stare  brando  a 
brando.  -  Disarmare,  far  cadere  l'arme  di  mano  all'av- 
versario. -  Distendere,  mettere  l'avversario  in  terra 
e  lasciarvelo  steso  morto.  -  Infilare,  passare  l'av- 
versario da  parte  a  parte.  -  Infilarsi,  ferirsi  da  sé 
sulla  sciabola  o  sulla  spada  dell'avversario.  -  Infil- 
zare, passare  da  banda  a  banda,  colpire  con  l'arme 
di  punta,  in  modo  che  l'arme  resti  dentro  alla  pas- 
sata. Infilatura,  IWetto  dell'infilare  e  la  cosa  infi- 
lata; il  suo  stato,  il  suo  modo,  la  sua  qualità;  in- 
filzato, passato  da  banda  a  banda.  -  Mettersi  in 
ischerma,  in  guardia,  in  parata,  in  atto  di  offendere 
e  di  difendersi.  -  Parare  i  colpi,  difendersene,  ri- 
batterli. -  Scansare  i  colpi,  evitarli.  -  Schermire, 
difendersi,  ripararsi  da  colpi,  cercando  di  darne. 

Essere  a  disposizione,  dichiararsi  pronto  a  bat- 
tersi, a  dar  soddisfazione.  -  Rispondere  con  qualche 
eccezione  :  quando  lo  sfidato  a  duello  non  accetta, 
allegando  qualche  ragione  che  gl'impedisca  di  bat- 
tersi col  suo  avversario. 

Cartello  di  sfida,  lettera  di  sfida  spedita  nei  ter- 
mini prescritti.  -  Condizioni  della  sfida,  del  duello,  i 
patti  che  lo  regolano,  riguardo  alla  distanza  (nel 
duello  alla  pistola),  all'esclusione  o  no  di  certi  colpi 
(nel  duello  alla  spada  o  alla  sciabola),  ecc.  •  Co- 
dice cavalleresco  :  si  chiama  così  l'insieme  delle  con- 
suetudini e  delle  norme  che  regolano  i  duelli. 

A  linea,  la  posizione  del  duellante,  che  dev'es- 
sere tutto  sulla  stessa  linea.  -  Misura,  la  distanza 
fra  i  due  duellanti.  -  Paranza,  coltello  in  uso  nei 
duelli  della  mafia.  -  Presa,  operazione  suggerita 
dalla  necessità,  e  a  cui  ricorre  uno  dei  duellanti 
quando,  venuto  con  l'avversario  alle  strette,  passa 
alle  prese.  -  Stoccata,  tirata:  per  questi  e  per  altri 
termini,  veggasi  a  scherma. 

Padrino  [secondo,  testimonio),  assistente  al  duello. 


DUELLO    —    DURO 


wrtf 


rappresentante  del  primo.  I  padrini  sono  due  per 
ciascun  duellante  e,  prima  della  partita  d'armi,  sono 
arbitri  della  vertenza  cavalleresca,  ossia  possono 
anche  giudicare  non  essere  il  caso  di  fare  il  duello. 
l  padrini  deliberano  in  proposito  e  mettono  a  ver- 
bale le  loro  deliberazioni;  cosi  anche  dopo  avve- 
nuto lo  scontro. 

Duello.  In  senso  figurato,  contesa,  contrasto, 
■lite,  gara. 

Duemila  {diimila).  Due  volte  mille. 

Duennale.  Di  due  anni,  che  viene  ogni  due 
anni. 

Due  ponti.  La  nave  di  linea  con  due  batterie 
coperte. 

Duerno.  Foglietto  di  stampa  composto  di  due 
-carte. 

Duetti.  Combinazioni  nel  giuoco  della  tavola 
reale. 

Duetto.  Dicesi  di  canto  e  di  suono  a  due 
voci  0  a  due  istrumenti. 

Dug-entèsimo,  dugènto.  Lo  stesso  che  due- 
cento, duecentesimo. 

Dugrlla.  Nel  linguaggio  marinaresco,  ruota  di 
cavo,  fune  avvolta  a  spire  su  sé  stessa. 

Dulcamara.  Noto  ciarlatano. 

Dulcinea  [del  Toboso).  L'amante  di  don  Chi- 
sciotte. 

Dulia.  Il  culto  prestato  agli  angeli  e  ai  santi. 

Dumo  (dumoso).  Pruno,  spino.  -  Dumoso,  pieno 
«li  dumi. 

Duna.  Monticello  di  sabbia  e  di  sassi  che  si 
forma  sulla  spiaggia  di  qualche  mare  e  serve  di 
riparo  ai  flutti  :  albaione,  banco  di  sabbia,  cavallo 
di  rena,  interramento,  interrimento,  ridosso,  scanno 
ài  rena;  secca,  seccagna,  sirte,  sorrenamento,  tom- 
bolo, tumulo.  -  Albaione,  rialto  di  sabbia  (presso  la 
riva  del  mare)  che  si  forma  sulle  dune.  -  Piana, 
secca  a  fior  d'acqua.  -  Secca  accodata,  o  sbarra, 
una  fila  di  dune,  di  banchi  di  sabbia.  -  Sif,  nel 
Sahara  meridionale,  catena  di  dune.  -  Tombolo,  una 
piccola  duna. 

Sorrenare,  formare  dune. 

Dunque.  Congiunzione  illativa,  usata  quando 
si  vuol  venire  a  conclusione,  concludere,  do- 
mandare, far  domanda,  eccitare,  indurre  eccita- 
zione, ecc.  ;  anche,  incominciando  a  parlare  di 
oose  proposte  o  ripigliando  il  discorso;  addunque, 
adunque,  ergo  (lat.),  si  che. 

Duo.  Il  due  :  il  duetto. 

Duodecimale,  Divisibile  per  dodici. 

Duodècimo,  Aggett.  numer.  di  dodici. 

Duodècuplo.  Maggiore  dodici  volte. 

Duodèno.  Veggasi  a  intestino. 

Duolo.  Doglia,  dolore  fisico  e  morale.  -  La- 
mento, pianto. 

Duomo  (dòmo).  La  chiesa  cattedrale.  -  Capi- 
tolo del  Duomo,  collegio  di  canonici  o  capitolari  di 
una  chiesa  vescovile. 

Duplicare,  duplicazióne  (duplicato,  duplica- 
iura).  Addoppiare,  raddoppiare,  render  doppio. 

Duplicatamente.  A  doppio. 

Duplicato.  Addoppiato,  doppio.  -  Copia  di 
lettera,  di  documento.  -  Termine  di  tipo- 
grafia. 

Duplicatore  elettrico.  Veggasi  a  macchina 
{(elettrica). 

Duplicatura.  Termine  di  tipografia. 

Duplicazióne.  Il  duplicare,  atto  ed  effetto.' 

Dùplice,  duplo.  Lo  stesso  che  doppio. 


Duplicità.  L'essere  doppio.  -  Doppiezza,  in- 
fingimento, finzione,  fraudolenza. 

Duplógrafo.  Apparecchio  che  serve  a  scri- 
vere contemporaneamente  due  fogli  di  carta. 

Dura  {durra).  Detto  a  saggina. 

Durabile,  durabllmente,  durabilità.  Veg- 
gasi a  durare. 

Duràcino.  Detto  a  pesco. 

Dura  madre.  La  più  esterna  delle  tre  mem- 
brane die  involgono  il  cervello.  -  Trabeccole,  pro- 
cessi filiformi  nel  seno  della  dura  madre  e  pìccole 
fibre  midollari  del  cervello  che  costituiscono  le  con- 
nessure. 

Duramente.  In  modo  duro,  in  modo  aspro  ; 
dolorosamente,  penosamente,  con  dolore,  con 
•pena. 

Durante.  Participio  usato  come  ablativo  asso- 
luto per  indicare  attualità  di  tempo,  pendenza  di 
azione:  durando,  duranti,  fra,  nel  termine  di...., 
lungo,  mentre,  sul,  sul  bello,  sul  buono,  ecc. 

Durare  {durante,  duraturo,  durata,  durato,  du- 
révole). Occupare  spazio  di  tempo.  -  Bastare,  man- 
tenersi, conservarsi  (veggasi  a  conservare),  con- 
tinuare. -  Reggere,  resistere.  -  Attivam.,  soste- 
nere, sopportare  a  lungo.  -  Con  vario  significato: 
allungare,  allungarsi,  andare  in  lungo  ;  aver  lunga 
durata,  aver  vigore  ;  essere  durabile,  durevole,  sta- 
bile; essere  vigente  (di  legge  esimili);  permanere, 
perdurare  (durare  a  lungo),  perpetuarsi  (durare 
sempre),  persistere,  prolungare,  prolungarsi. 

Durata,  il  durare  ;  lo  spazio  di  tempo  .in  cui 
una  cosa  dura  :  corso,  costanza,  diuturnità,  dura- 
mento,  perduranza,  permanenza,  perseveranza.  - 
Breve  durata,  angustia  (di  tempo;,  brevità  (veggasi 
a  breve),  cortezza  {durerà  da  JSatale  a  San  Gio- 
vanni  ;  durerà  tre  giorni  con  oggi,  di  cosa  di  poca 
durata).  •  Fuoco  di  paglia,  cosa  che  dura  poco.  - 
Lunga  durata:  lunghezza,  ostinazione,  persistenza, 
prolissità  {lungo  quanto  la  fame  :  di  cosa  che  non 
viene  mai  a  fine,  che  dura  troppo).  Contr.,  cadu- 
cità, fugacità;  l'essere  caduco,  fugace. 

Durabile  (più  comunem.,  durevole),  atto  a  du- 
rare: bastabile;  campereccio,  continuativo;  diuturno, 
durativo,  duraturo,  durevole,  ferreo,  granitico  (figur.); 
illabile,  immanente,  non  passeggero,  non  transeunte; 
perdurabile,  perenne,  permanente,  permanevole, 
permansivo,  persistente,  serbevole  (che  si  può  ser- 
bare), stabile,  vitale.  Contr.,  caduco,  fugace,  pas- 
saggiero,  provvisorio,  temporaneo,  transitorio.  - 
Brachicronico,  che  dura  poco.  -  Corto,  di  breve 
durata.  -  Effimero,  che  dura  un  giorno.  -  Eterno, 
che  dura  molto,  sempre:  immortale,  perpètuo.  • 
Fragile  (figur.),  che  dura  poco. 

Durevolezza,  qualità  di  ciò  che  è  durevole:  du- 
rabilità, immanenza,  stabilità,  stato  fermo.  -  Dure- 
volmente, con  durevolezza,  in  modo  che  duri  :  all'e- 
ternità, durabllmente,  perdurabilmente,  permanen- 
temente, saldamente,  serbevolmente,  stabilmente. 

Durastro.  Un  po'  duro. 

Durata.  Il  durare.  -  Estensione  di  tem,po. 
Duraturo.  Che  deve  durare» 
Durévole.  Atto  a  durare. 
Durevolézza.  Qualità  di  ciò  che  è  atto  a  du- 
rare. 

Durevolmente.  Detto  a  durare. 
Durézza.  Qualità  di  ciò  che  è  duro.  -  Figur., 
asprezza,    l' essere  aspro.   •  Caparbietà,  oatinct^ 
zione.  -  Termine  di  patologia. 
Durllndana.  Veggasi  a  spada. 
Duro.  Qualità  di   materia   solida  e    resisteate. 


956 


DORRÀ 


EBANO 


cosi  che  difficilmente  può  esssere  penetrata  o  in- 
taccala (contr;,  tnoUe,  morbido,  tenero)  ;  cosa 
o  parte  dura  ciie  resiste  al  tatto:  consistente; 
crudo;  fermo,  ferreo,  ferrigno;  lapideo,  mar- 
moreo, nerboruto  ;  petroso,  pietrigno,  pietroso  ;  rù 
gido,  nxàe;  sasseo,  sodo,  solido;  tosto.  Materie 
dure  :  l'acciaio,,  il  ferro  e  quasi  ogni  metallo  ; 
il  corno,  il  cristallo,  il  diamante,  il  diaspro, 
il  legno,  il  marmo,  la  pietra,  il  porfido,  ecc. 

-  Figar.,  am,aro,  doloroso  (veggasi  a  dolore)  ; 
eflerato,  crudele  (duro  d'animo).  -  Di  carne,  che 
L.  tigliosa.  Di  pane,  che  è  cotto  da  qualche  giorno. 

-  Di  cavallo  (duro  di  bocca),  che  non  cura  il 
ìriorso.  f-  Di  verso,  che  ha  poca  arm.onia.  - 
Di  ingegno,  di  mente,  che  ha  poca  apprensiva, 
è  tardo  a  imparare.  -  Di  cuore,  che  non  sente 
pietà.  -  Di  fatica,  ecc,  che  difficilmente  si  può 
.sopportare.  •  Di  destino,  avverso,  ecc. 

Adamantino,  arciduro,  diamantino,  durissimo, 
molto  duro.  -  Azzollato,  indurito  a  modo  di  zolla. 

-  Calloso,  dicesi  di  ciò  che  é  duro  e  resistente.  - 
Durastro,  dnretto,  duriccio,  durotto,  un  po'  duro, 
alquanto  duro.  -  Durettino,  dimin.  di  duretto.  - 
Durino,  come  dimin.  di  duro,  meno  comune  di 
duretto. 

Indurito,  secco,  sodato,  stecchito.  •  Legnoso,  duro* 
tif;lioso  come  il  legno. 

Durezza,  qualità,  di  ciò  che  éduro;  l'essere 
duro:  asprezza;  consistenza,  crudezza;  duro  (so- 
stantiv.);  intrattabilità;  rigidezza,  rigidità,  ruvi- 
dezza, saldezza,  sodezza,  solidezza,  solidità.  -  Con~ 
erezione,  formazione  di  un  corpo  duro.  Contr., 
■mollezza,  tenerezza.  -  Crosta,  materia  dura  che 
ne  copre  una  più  molle.  -^  Sclero,  prefisso  che  in- 
dica indurimento.  -  Scleroma,  prodotto  della  scle- 
rosi. •  Sclerosi,  indurimento  patologico  di  un  or- 
gano o  di  un  tessuto  per  effetto  di  ipertrofia  del 
tessuto  connettivo  che  entra  nella  sua  struttura.  •!• 
Tensione,  mancanza  di  pieghevolezza,  di  mollezza. 


Ammollare,  ammollire,  diminuire  la  durezza.  -^ 
Assodare,  rendere  sodo,  -  Consolidare,  rendere  »o- 
Udo,  più  solido.  -  Dirómpere,  levare  o  ammollire 
la  durezza  o  la  tensione  d' una  cosa  ;  renderla 
arrendévole»  -  Impietrire,  dare  o  acquistare 
laspetto  o  la,  durezza  di  pietra.  -  Incoiare,  divenir 
duro  come  cuoio.  -  Incrudire,  indurire.  -  Indurare, 
rendere  duro  :  addurare,  addurire,  diasprificare,  in- 
durire, insassare.  Figur.,  inasprire.  -  Indurire,  ren- 
dere duro  :  addurare,  addurire  ;  diasprificare,  in- 
durare, insassare.  -  Indurirsi,  diventar  duro  : 
addurire,  incrudirsi,  indurarsi,  impietrarsi,  into- 
sthrsi,  sodarsi.  -  Intostire,  di  cosa  che  diventa  tosta, 
dura,  non  pieghevole.  -  Levigare,  rendere  liscio  : 
di  cosa  dura.  •  Maciullare,  dirompere  con  la  ma- 
ciulla (specialmente,  canapa  e  lino).  -  Sdurire,  .to- 
gliere la  durezza,  diventar  meno  duro.  -  Silicatare, 
compenetrare  e  indurire  con  qualche  composto  di 
silice.  -  Spetrare,  togliere  la  durezza  (figur.,  inte- 
nerire). 

Indurito,  reso  o  diventato  duro:  secco,  stec- 
chito. 

Durra  (dura).  Detto  a  saggina. 

Duttile.  Di  materia,  per  lo  più,  metallica,  che 
cede  al  martello,  piegandosi,  assottigliandosi,  ridu- 
cendosi a  tutte  le  forme  :  arrendevole,  compressi- 
bile, dolce,  dultibile,  malleabile,  maneggievole,  ma- 
neggiabile, trattabile.  -  Duttilità,  l'essere  duttile  ; 
qualità  di  ciò  che  è  duttile:  arrendevolezza,  com- 
pressibilità ,  malleabilità ,  pieghevolezza ,  tratta- 
bilità. 

Addolcire,  rendersi  duttile.  »  Diittilimetro,  slm- 
mento  immaginato  da  Bégnier  per  misurare  la  dut- 
tilità dei  metalli. 

Duumvirato*  Dignità  ed  ufficio  del  duumviro. 

Duumviro.  Antico  magistrato  romano  (edile» 
giudice,  ecc.),  eletto  insieme  con  un  altro,  a- 
coppia. 


E.  Lettera  vocale,  quinta  dell'alfabeto.  Anticam., 
quinta  lettera  nundinale  ;  quinta  domenicale.  -  Per 
gli  scolastici  indicava  una  proposizione  negativa.  - 
E,  congiunzione  che  serve  ad  unire  più  pro- 
posizioni o  più  termini  o  membri  della  proposi- 
zione. -  E',  composizione  di  e  e  dell'articolo-  plu- 
rale maschile  i.  •  Pronome  per  ei,  egli.  -  E,  nelle 
monete  francesi,  indica  la  zecca  di  Tours  ;  nelle 
austriache,  quella  di  Carslburg  in  Transilvania  ; 
nelle  tedesche  dell'impero,  quella  di  Dresda.  -  AJb- 
breviazioni  :  e.  v.,  era  volgare;  e.,  est;  n.-e,  nord- 
est; p.  e.,  per  esempio;  v.  e.,  vostra  eccellenza, 
vostra  eminenza. 

E.  Copula  universale  di  qualunque  giudizio  per 
la  veridicità  dell'affermazione. 

Ebanista.  Chi  lavora  ineòano.o  in  altri  legni 
di  pregio,  per  farne  oggetti   artistici,    mobili,  ecc. 


Per  i  luoghi,  gli  arnesi,  ecc.,  che  adopera,  e  p«r 
le  diverse  operazioni  che  fa,  veggasi  a  stipet- 
taio. 

Ebanisteria.  Nell'uso,  l'arte  dell'ebanista. 

Ebanite.  Più  comunem.,  ebonite. 

Ebano.  Grande  albero  indigeno  di  Ceylan,  con 
legno  nero  dentro,  color  del  bossolo  fuori",  il  legnd 
stesso,  durissimo  e  lavorato  per  arredi  ed  opere 
gentili.  Da  il  nome  alle  ebendoee.  ordine  di  piante 
dicotiledoni,  gamopetale,  alberi  o  frutici  o  suffru- 
tici a  foglie  intere,  frutto  polposo,  legno  per  lo  più 
nero,  frequenti  nei  paesi  caldi,  mancanti  nei  freddi. 
Cinque  generi  {diospiro,  ebenos,  silo,  ecc.),  con  due- 
centocinquanta specie. 

Ebano  artificiale,  o  falso,  legno  durissimo,  pesante, 
capace  di  pulitura  e  di  verniciatura  completa, 
di  tinta  fosca  come  l'ebano.  -  Ebano  toscano,  albera 


EBBENE     —    EBREO 


«57 


appartenente  alle  leguminose,  il  cui  legno  duris- 
simo è  molto  atto  ai  lavori  di  tornio.  -  Grenadilli 
(pron.  grenadiglia),  ebano  rosso,  legno  delle  Indie 
Occidentali,  usato  per  lavori  al  tornio.  -  Para- 
tea,  albero  ebenaceo  della  Guiana,  alto  circa  dieci 
metri. 

Ebbène.  Particella  che  accenna  risoluzione, 
«oncessione,  decisione,  ecc.  :  bene  ;  oh,  bene  ;  ombè, 
orbe,  orbene,  or  bene  sta  ;  sta  bene  ;  umbè.  -  In- 
terroga ebbene  ?  e  che  perciò  ?  e  con  questo  ? 

li}t>.>io.  il  sdììibuco  selvatico. 

Ebbrezza.  Condizione  di  chi  è  ebbro,  ubbriaco  : 
ebbrietà,  ebrietà,  ubbriachezza.  -  Figur.,  grande 
piacere,  grande  voluttà;  esaltazione,  follia  per 
violenta  pa.suone  (le  ebbrezze  dell'amore,  ecc.). 

Ebbro.  Ubbriaco,  in  istato  di   ubbriachezza. 

-  Figur.,  folle  per  violenta  passione. 
EÌxlomudàrio.    Settimanale,    di    ogni    setti' 

tnana.  •  Chi  regola  l'ufiìcio  divina  e  la  salmodia 
fra  regolari  e  religiosi,  o  nei  Cipitoli  e  nelle  colle- 
giate di  canonici. 

Ebetàggine.  Azione  da  èbete,  da  inibeciUe. 

Ebete.  Chi,  per  malattia  o  altro,  ha  perduto  il 
lume  A^W  iìiteìletto  :  abbarbagliato  del  senno, 
bambo,  discervellato,  imbecille,  imbecillato,  ine- 
betito; ingegno  rintuzzato  e  sciocco;  ismemorato; 
mosca  senza  capo  ;  ottuso  di  mente  ;  perduto 
della  mente;  rammollito  (voce  d'uso);  rinibam- 
6i<o;  scimunito,  spiritaticelo.  Spiritato;  stupido: 
tarullo.  -  Cretino  {cretina)  :  di  certi  abitanti  delle 
Alpi,  idioti,  ebeti,  e  per  lo  più  col  gozzo.  -  Idiota, 
l'ebete  per  natura. 

Ebetismo,  stato  e  qualità  di  chi  è  ebete  :  ebetag- 
gine (anche,  azione  da  èbete),  ebetazione,  ebe- 
tudine. 

Ebetismo.  Stato  deWeJbete. 

Ebetista.  Bacchettone  stupido,  sciocco. 

Ebollimento,  ebollizióne.  Modo  rapidissimo 
dì  evaporazione  nel  bollire]:  ebull izione.  -  Punto 
di  ebollizione,  la  temperatura  alia  quale  un  liquido 
bolle. 

Ebonite  (ebanite).  Gomma  elastica,  caucciù  vul- 
canizzato con  forti  quantità  di  zolfo  e  mescolato 
con  sostanze  minerali  polverizzate  :  serve  a  fabbri- 
care vari  istrumenti. 

Eborario  (lat.i.  Lo  scultore  in  avorio. 

Ebràico.  Di  ebrèo.  -  La  lingua  ebrea. 

Ebraismo.  Veggasi  ad  ebreo. 

Ebraizzare  (ebraizzato).  Detto  ad  ebreo. 

Ebrèo  (ebrèa).  Aggettivam.,  ebraico,  israelitico; 
sostanti  vara.,  israelita;  aggett.  e  sostaativ.,  che  o 
chi  professa  la  religione  ebraica:  azzimista  (che  si 
ciba  di  pane  azzimo),  circonciso  {incirconcim,  chi 
non  è  ebreo),  giudeo,  ochicida  (v.  a.),  serata,  talmu- 
dista (devoto  del  Talmud,  commento  della  Bibbia). 

-  Ebraicamente,  da  ebreo,  all'uso  degli  ebrei  ;  giu- 
daicamente. -  Ebraichi  (aggett.),  di  ebreo,  giudaico, 
giudeesco,  isdraelitii'o,  isr.elitico.  Sostantiv.,  la 
lingua  ebraica.  -  Ebraismo,  la  legge  e  il  rito  de^li 
ebrei  :  giudaismo.  Anche,  locuzione  propria  della 
lingua  ebraica.  -  Ebraizzare,  aderire  alla  religione 
ebrea,  adottare  gli  usi  degli  ebrei,  imitarne  i  riti  : 
giudaizzare. 

Il  popolo  ebreo. 
Tribd',  sette,  sacerdoti  ;  altre  persone. 

Israele,  Israello,  popolo  di  elezione,  popolo  di 
kraello,  popolo  eletto,  il  popolo  ebreo,  il  complesso 


degli  israeliti.  Anche,  figli  di  Giacobbe,  figli  d'I- 
sraello.  -  Figlie  di  Sion,  o  di  Sionne,  le  ebree.  - 
La  tribù  d' Israele,  o,  semplicemente,  la  tribù:  si 
dice  familiarin.,  con  senso  di  spregio,  alludendo 
agli  Ebrei,  alla  fratellanza  che  li  lega,  alla  loro 
preponderanza  economica.  -  Leviti,  quelli  della 
tribù  di  Levi,  addetti  o  destinati  al  sacerdozio;  i 
sacerdoti  moderni.  -  Sionismo,  movimento  sociale 
in  tutta  Europa  diffuso  fra  gli  Ebrei,  e  per  il  quale 
si  intende  ricostruire  un  nuovo  regno,  il  regno  gia- 
daico,  per  il  popolo  d'Israele. 

Sette.  —  Caraisli,  settari  che  si  attaccavano 
alla  lettera  della  legge,  al  puro  testo  della  Scrit- 
tura, e  rigettavano  il  Talmud.  -  Chasidim,  o  Ha- 
sidim,  (Casidei),  nome  col  quale  si  chiamarono  pri- 
ma i  seguaci  di  Giuda  Maccabeo,  poi  gli  Ebrei, 
zelanti  della  legge,  infine  una  setta  fondata  in  Po- 
dolia,  nel  1760,  detta  anche  dei  Cestkiani.  -  Do- 
sitei,  setta  ebrea.  -  Emerobaltisti,  settari  che  prende- 
vano il  bagno  tutti  i  giorni.  -  Erodiani,  settari  idealisti 
di  Erodio,  antica  città  della  Palestina.  -  Esseni, 
setta  monastica  formatasi  in  Siria  e  in  Palestina 
(II-IV  secolo):  viveva  in  piena  comunione  di  beni. 
-  Farisei,  setta  che  affettava  una  grande  austerità, 
una  pratica  minuziosa  della  legge.  -  Franchisti, 
setta  ebraica.  -  Nazareni,  setta  che  si  asteneva  dal 
vino  e  portava  i  capelli  lunghi.  -  Sadducei,  o  Sa- 
ducei,  setta  che  non  credeva  nella  risurrezione  e 
negli  angeli.  -  Terapèuti  (servitori  di  Dio),  setta  dif- 
fusa in  Egitto,  nelle  vicinanze  d'Alessandria,  e  i 
cui  membri  vivevano  nel  celibato  e  nella  solitudine. 

Sacerdoti  e  alt.ìe  persone.  —  Abraham  (Abramo), 
padre  dei  credenti.  -  Aasoero  {Àlmwerus),  altro  dei 
nomi  dell'Ebreo  errante.  -  Archi ferecila,  spiegatore 
della  legge.  -  Cabalisti,  i  dottori  ebrei  professanti 
lo  studio  della  Cabala  :  divisi  in  Camiti  o  Carei 
(che  ammettono  solo  il  puro  testo  della  Scrittura) 
e  Rabbinici  o  Talmulisti  (che  accettano  anche  le 
traduzioni  degli  atitichi  e  il  Talmud).  -  Cazan,  chi 
intuona  le  preghiere.  -  Cohen,  sacrificatore. 
^  Ebreo  errante,  l'israelita  che  non  volle  aiutare 
Cristo  a  portar  la  croce,  dicendogli:  «Cammina, 
cammina  >;  e  Cristo  gli  rispose:  «  E  tu  camminerai 
sino  alla  consumazione  dei  secoVit .- Echm'ìlotarca, 
chi  governava  gli  Ebrei  prigionieri  a  Babilonia.  - 
Efemerie,  classe  stabilita  fra  i  preti.  -  Giuda,  uno 
dei  figli  di  Giacobbe;  una  delle  tribù.  -  Laquedem 
(Isaccol,  altro  dei  nomi  dell'Ebreo  errante. 

Messia,  liberatore  annunziato  dai  profeti.  -  Mohel, 
prete  circoncisore.  -  Mosè,  il  legislatore  ebreo.  - 
Nascili,  0  Nasi,  il  presidente  del  Sinedrio. 

Patriarchi,  i  capi  delle  antiche  farniglie.  -  Prose- 
lite,  lo  straniero  che  entrava  nella  religione  ebraica. 
-  Pubblicano,  il  ricevitore  delle  imposte  da  parte  dei 
Romani.  -  Ribbi,  rabbino,  maestro,  dottore  della 
legge. 

Sagan,  il  vicario  del  gran  sacerdote.  -  Samaritano, 
l'abitante  di  Samaria;  anche,  il  dialetto.  -  Scriba, 
il  dottore  della  legge.  •  Seburrei,  rabbini  posteriori 
al  Talmud.  -  Tradizionari,  coloro  che  spie/avano  la 
Scrittura  in  base  alla  tradizione.  -  Zelatore,  ebreo 
che  voleva  avere  l'indipendenza. 


Luoghi,  adunanze,  oggetti  del  culto. 
Cerimonie,  feste. 

Geenna,  luogo  ai  piedi  d'un  monte  dove  gli  Ebrei 
rinchiudevano    le   vittime    in    una    statua    infao- 


958 


ECCEDENTE 


cata  e  le  immolavano  all'  idolo  Moloc.  -  Gerusa- 
lemme, Sion,  Solima,  la  città  santa  o  eterna,  capi- 
tale degli  Ebrei.  Suo  primo  nome  Jehm,  e  da  que- 
sto jebuseo.  -  Ghetto,  quartiere  una  volta  destinato 
solamente  agli  ebrei,  e  dove  in  alcune  città  ora 
abitano  gli  ebrei  più  poveri.  -  Palestina ^  paese  nel 
quale  si  trovava  la  Giudea,  la  terra  santa.  -  Pro- 
seuqiio,  luogo  di  preghiera  non  chiuso.  -  Sancta 
sanctorum  (iat.),  la  parte  più  segreta  del  tempio 
ebraico,  e  per  estensione  famigliare,  spesso  ironica, 
il  luogo  ove  pochi  privilegiati  hanno  accesso:  santo 
dei  santi,  santuario.  -  Scuola,  per  gli  israeliti,  la 
sinagoga.  -  Sinagoga,  nome  dato  alla  comunità 
israelitica  d'un  paese  o  ad  una  circoscrizione  spe- 
ciale, a  una  specie  di  diocesi,  e  al  luogo  ove  si 
adunano  gli  israeliti  per  celebrare  il  loro  culto.  - 
Tabernacolo,  capanna,  tenda,  in  particolare  quella 
nella  quale  si  cuslodi\a  l'arca  santa  nel  deserto.  - 
Terra  santa,  la  Terra  promessa. 

Concistoro  degli  hroeliti,  consiglio  che  soprav- 
vetle  alle  cose  della  religione  in  ogni  paese.-  Sine- 
drio (sanedrin),  adunanza,  il  tribunale  principale 
presso  gli  antichi  Ebrei. 

Arta  santa,  o  dell'alleanza,  la  cassa  nella  quale 
gli  Ebrei  tenevano  riposte  le  tavole  della  legge.  - 
Aron,  arca  nella  quale  gli  Ebrei  moderni  met- 
tono il  Pentateuco  (\eggasi  a  Bibbia)..-  Pani  di  pro- 
posizione, quelli  che  si  mettevano  nell'arca,  -  Pro- 
piziatorio, tavola  d'oro  al  disopra  dell'arca  ;  presso 
gli  antichi  Ebrei  era  propriamente  il  trono  della 
divinità.  -  Salterio,  o  saltero,  strumento  musicale 
molto  usato  dagli  ebrei,  a  corde  fisse,  in  forma  di 
trapezio.  -  Sistro,  istrumento  musicale.  -  Talmud 
{dottrina,  studiò),  raccolta  di  tradizioni  rabbiniche, 
religiose  e  di  diritto  fivile,  già  codice  degli  Ebrei: 
divisa  in  due  parti,  Misna  e  Ghemara.  •  Tavole 
della  legge,  quelle  sulle  quali  era  inciso  il  de- 
calogo. 

Cerimonie,  feste.  —  Abdallah,  cerimonia  alla 
fine  del  sabato.  -  Azzimi  (gli),  la  Pasqua  degli  Ebrei 
o  i  sette  giorni  dopo  Pasqua.  -  Festa  dei  taberna- 
coli 0  delle  capanne,  una  delle  quattro  grandi  feste: 
si  celebrava  in  memoria  dell'esodo.  -  Festa  delle 
trombe,  solennità  che  si  celebrava  il  primo  gior- 
no della  luna  di  settembre,  nel  qual  giorno  in- 
cominciava l'anno  civile  ebraico.  -  Pasqua, 
festa  che,  presso  gli  Ebrei  (dai  quali  era  detta  Pas- 
sali, Pesai  h),  rammentava  il  passaggio  del  mar 
Rosso  :  durava  sette  giorni,  incominciando  la  sera 
del  14  misan,  e  ogni  famiglia  immolava  e  rtian- 
giava  un  agnello,  con  pane  senza  lievito  (azzimo). 
-  Sabato,  sabbaio,  giorno  di  riposo.  -  Scenopegia, 
festa  dei  tabernacoli  o  delle  capanne. 


Cose  varie. 


Agnello  pasquale,  la  vittima  che  gli  Ebrei  immola- 
vano la  vigilia  di  Pasqua.  -  Azzimella,  cialda  di 
pasta  azzima  dagli  Ebrei  mangiata  il  giorno  di 
Pasqua.  -  Behemot,  grande  bue  dei  Talmudisti.  - 
Manna,  cibo  che,  secondo  la  Scrittura,  Dio  nel  de- 
serto mandò  dal  cielo  agli  Ebrei. 

Cidaris,  tiara  del  gran  prete.  -  Efód,  indumento 
che  il  gran  sacerdote  israelita  metteva  sopra  i 
suoi  abiti  pontificali  :  era  formata  di  due  parti  in 
quadro,  tessuta  e  ricamata  d'oro,  di  bisso,  di  por- 
pora, di  gemme.  -  Fildltero,  pezzo  di  pelle  con 
iscrizione.  -  Razionale,  pezzo  di   stoffa  portato  sul 


petto  dal  gran  sacerdote.  -  Superumerale,  specie  di 
abito  che  indossavano  i  sacerdoti  degli  antichi 
Ebrei.  -  Telefilim,  iscrizione  portata  sulla  persona» 

-  Zizith,  nappa  al  mantello. 

Cattività,  la  prigionia  degli  israeliti  in  Egitto.  - 
Circoncisione,  operazione,  di  origine  antichissima, 
consistente  nel  tagliare  una  porzione  del  prepuzio 
nei  bambini  neonati.  -  Esodo,  uscita  del  popolo 
ebreo  dall'Egitto.  -  Giudicatura,  potere,  funzione 
dei  giudici  capi  del  popolo  ebreo,  prima  dei  re. 

Halacha,  la  legge  orale  degli  Ebrei,  supposta  tra- 
dizionalmente di  divina  origine,  come  la  legge  scritta 
della  Bibbia.  -  Haphtbara  (ehr.),  brano  del  libro  biblico 
dei  Profeti,  che  si  legge,  nelle  feste  ebraiche,  dopo 
quello  del  Pentateuco.  -  Jehòva  (Jahve,  colui  che  è), 
nome  ineffabile  e  misterioso  presso  gli  Ebrei:  sol- 
tanto il  sommo  sacerdote  poteva  pronunciarlo,  una 
volta  all'anno,  nel  tempio,  durante  la  festa  delVe- 
spiazione. 

Letteratura  rabbinica,  istituto  rabbinico,  ecc.,  let- 
teratura, istituto,  ecc.,  degli  Ebrei.  -  Messia- 
nica, storicamente,  la  speranza  del  popolo  ebreo 
in  un  re,  spirituale  e  temporale,  che,  riunendo  e 
liberando  Israele,  riconducesse  l'età  dell'oro  su  la 
terra.  -  Nazareato,  voto  di  dedicarsi  al  Signore, 
presso  gli  Ebrei.  •  Niddui,  la  scomunica. 

Olocausto,  sacrifizio  nel  quale  era  arsa  la  vittima. 

-  Propiziazione,  l'espiazione  generale  di  tutti  i  pec- 
cati. -  Rabbinismo,  modo  d'interpretare  la  Scrittura 
secondo  l'uso  rabbinico.  -  Salmi,  i  canti  (130)  re- 
ligiosi e  nazionali  degli  Ebrei,  contenuti  nel  Vec- 
chio Testamento,  la  cui  raccolta  forma  un  libro 
chiamato  Salterio.  -  Santificazione,  l'offerta. 

Nisan,  il  quattordicesimo  giorno  dopo  il  pleni- 
lunio dell'equinozio  primaverile,  giorno  della  pa- 
squa giudaica.  -  Parasceve,  il  sesto  giorno  della 
settimana  ebraica.  E  per  i  cristiani  il  venerdì 
santo.  -  Sabath,  nella  storia  ebraica,  gennaio  e  feb- 
braio. -  Sabatico,  l'anno  (ogni  sette)  in  cui  gli  Ebrei 
lasciavano  riposare  la  terra,  e  non  pagavano  tri- 
buti. -  Tebeth,  dicembre  e  gennaio.  -  Tizzi,  settem- 
bre e  ottobre. 

Crucefige,  crucefìge  eum,  grido  degli  Ebrei  chie- 
denti a  Pilato  la  morte  di  Cristo.  -  Osanna,  voce 
ebraica:  viva,  salve. 

Antisemita  (neol.),  chi  è  contrario,  nemico  agli 
ebrei,  chiamati  semiti,  perchè  discendenti  di  Sem, 
secondo  la  tradizione  biblica.  E  antisemitismo,  l'a- 
spra guerra  mossa  contro  gli  Ebrei,  specialmente 
in  Russia,  in  Austria,  in  Francia,  ecc. 

Ebrietà.  Ebbrezza,  ubbriachezza. 

Ebbrif estoso.  Chi  è  festante,  allegro,  come 
ebbro  (voce  ditirambica). 

Ebulliometro.  Veggasi  a  liquido. 

Ebullioscopio.  Istrumento  per  determinare  la 
quantità  d'alcool  contenuta  nel  vino. 

Eburnazlóne.  Passaggio  della  sostanza  ossea 
patologica  a  uno  stato  di  levigatezza  e  di  compat- 
tezza tale  da  assomigliare  all'avorio. 

Ebùrneo.  Di  avorio  :  eburno  ;  bianco  come 
l'avorio. 

Ecatombe.  Il  sacrifizio  di  cento  buoi  o  di 
cento  animali  della  stessa  specie:  ovvero,  secondo 
taluni,  di  venticinque  quadrupedi,  cioè  di  cento 
piedi.  -  Dicesi  ora  per  strage,  in  genere. 

Eccedente.  Di  cosa  abbondante  in  misura,  o 
che  è  in  eccesso,  in  soprabbondanza  -  Inter- 
vallo musicale  elevato  un  semitono  maggiore  rispet- 
tivamente alla  sua  costituzione  nella  scala  naturale. 


ECCEDENTEMENTE 


959 


Eccedentemente.  li:  misura  eccedente,  in 
soprabhotulanza. 

Eccedènza.  Sinonimo  di   soprabbondaviza, 

di  preponderanza  (eccedenza  nel  peso),  di  ec- 
cesso ;  e  dicesi  anche  per  avanzo,  per  re- 
siduo. 

Eccèdere  {eccedente,  ecceduto)  Sopravanzare, 
essere  (^'avanzo,  passare  una  certa  misura,  un 
dato  2>e60,  una  data  quantità;  essere  in  soprab- 
bondanza, essere  di  più,  di  troppo.  Figur.,  e 
in  genere,  esagerare  in  checchessia,  cadere  in  ec- 
cesso, in  esagerazione,  passare  il  limite,  i  li- 
miti del  convenevole,  del  conveniente.  Cosi; 
trasmodare,  eccedere  nel  mangiare  e  nel  here  ; 
jyroròniìiere,  eccedere  nell'i»-»;  prevaricare, 
l'ar  contro  il  dovere  dell'  onestà,  del  galanlo- 
mismo. 

Ecce  Homo.  Veggasi  a  Cristo. 

Eccellente.  Che  ha  eccellenza;  aggiunto  di 
persona  o  di  cosa  che,  nel  suo  genere,  ha  gran 
2  regio,  ha  il  maggior  grado  di  bontà  o  di  per- 
jezione.  Dicesi  anche  di  chi  è  molto  abile,  ha 
molta  abilità  in  un'  arte  e  simili.  Cosi  pure  si 
dice,  talvolta,  per  tnaggiore  o  migliore;  e  per 
lodevole  (die  merita  Zo<?e).  Con  varie  gradaz  cui  di 
significato  :  almo,  arciprotimperiale,  classico,  coi 
lìocchi  ;  da  baldacchino,  di  baldacchino,  dal  di  delle 
feste,  dei  migliori,  di  prima  classe,  di  prima  forza, 
di  prima  qualità,  di  sotto  il  banco  ;  egregio,  eletto, 
eminente,  esemplare,  esimio,  fine,  fioritissimo; 
grande;  impagabile,  inapprezzabile,  isfoggiato;  ma- 
dernaloccio,  maestrevole,  magistrale,  magislrtvole, 
maraviglioso,  massiccio,  molto  buono;  oro  colato, 
oro  senza  lega,  ottimo;  perfetto,  perla,  pre- 
stante, prezioso,  primario,  prelibalo,  prestante, 
provato  ;  raro  ;  scelto,  singolare,  solenne,  som- 
mo, soprabhuono,  sopraeccel lente,  sovrano,  squi- 
sito; tra  i  meglio,  trascendente.  -  EccellenlisHmo, 
superi,  di  eccellente.  -  Scelta,  la  parte  più  eccel- 
lente di  checchessia.  -  Specialità,  per  prodotto  spe^ 
ciale,  particolare,  cosa  eccellente  nel  suo  genere. 

Essere  eccellente:  essere  della  prima  bussola; 
essere  il  fiore,  il  vanto  e  1'  onore,  la  scelta,  una 
perla,  un  peri  ino;  essere  numero  uno;  essere  tale 
(persona  o  cosa)  che  bisogna  baciar  basso,  far  di 
cappello  ;  essere  una  specialità  ;  non  minchionare  ; 
valere  tant'oro,  tant'  oro  quanto  pesa,  valere  un 
mondo.  -  Eccellere,  essere  eccellente  ;  alzarsi,  solle- 
varsi di  sopra  gli  altri  ;  distinguersi  ;  acquistar 
fama,  gloria;  superare  altri  ;  giungere  all'a- 
pice, divenir  celebre,  illustre,  ecc. 

Eccellentemente,  in  modo  eccellente  ;  bene,  be- 
nissimo; egregiamente,  elettamente,  meravigliosa- 
mente, ottimamente,  prestantemente,  singolarmente, 
sovranamente. 

Eccellentemente.  In  modo  eccellente. 

Eccellentissimo.  Titolo  che  si  dà  al  dot- 
tore. 

Eccellenza  [eccellente,  eccelentissimo).  Il  maggior 
grado  di  bontà  o  di  perfezione  ;  qualità  di  ciò 
che  è  eccellente  :  affinamento,  buona  qualità,  emi- 
nenza, finezza;  lodevolezza,  maestria,  magistero; 
/»restanza,  rarezza;  sceltezza,  singolarità,  sommità, 
gommo  grado,  sopraeminenza,  sopranità,  sovra- 
nità, squisitezza.  -  Maestria,  eccellenza,  capacità 
idi  maestro.  -  Per  eccellenza,  antonomasticamente, 
per  antonomasia. 

EcceDenza.  Il  titolo  che  si  dà  al  ministro  e 
i  tutti  coloro  che  hanno  alti  uffici. 

Eccèllere  {eccelso).  Essere  eccellente. 


Eccelsamente.  Sublimemente,  in  modo  »m- 
blime. 

Eccelso.  Elevato,  alto,  sublime,  eminente, 
primario. 

Eccentricità.  La  distanza  che  passa  fra  cen- 
tro e  centro  di  due  cerchi  eccentrici.  -  Figur.,  biz- 
zarria, l'essere  bizzarro. 

Eccèntrico.  Di  superficie  che  gira  sopra  un 
punto  fuori  dal  centro  di  sua  figura.  -  Pezzo 
principalissimo  di  ogni  macchina.  -  Anche,  biz- 
zarro. 

Eccepire  (eccepito).  Eccettuare,  fare  eccezione; 
escludere,  obbiettare. 

Eccessivamente.  (>on  eccesso. 

Eccessività,  eccessivo.  Detto  ad  eccesso. 

Eccesso  L'essere  di  troppo;  quanto  passala 
giusta  misura  ;  quella  parte  per  cui  una  quantità  è 
maggiore  di  un'altra;  Veccèdere,  l'alto  per  cui  si 
eccede:  abbondanza,  dismisura,  disorbitanza; 
eccedenza,  enormità,  esorbitanza;  estremitade,  c- 
strerno  ,  esuberanza  ;  fuormisura  ;  madornalità  ; 
smodamento,  soperchio,  sopravanzo,  sopreccedenza, 
soverchio,  sovrabbondanza,  stremo,  superfluità, 
trasgredimenlo  (di  limiti),  trasgressione,  trascen- 
denza, trasmodanza  ;  troppo  o  troppo  poco.  Si  ha 
l'eccesso  di  rigore,  di  severità,  di  prudenza,  d"  ira, 
di  cortesia,  di  modestia  ;  eccesso  nel  mamjiare,  nel 
bere,  nel  dormire;  eccesso  di  caldo,  di  freddo,  di 
dolore,  di  gioia  (\eggasi  a  tutte  qu(;ste  voci).  -  Fi- 
gur., esorbitanza  di  coltra,  misfatto,  delitto.  - 
Contr.  di  eccesso,  discrezione,  giusio  mezzo,  mo- 
derazione. 

Eccesso  di  zelo,  nel!'  uso,  il  prendere  soverchia 
impegno  nel  fare  checchessia;  so\erchìdi  diligenza. 
~  Surtout  pas  trop  de  zèle  (frane),  per  dire:  «  ciò 
che  è  eccessivo  è  inutile,  spesso,  anzi,  dannoso  ».  - 
Esagerazione,  eccesso  in  checchessia.  -  Fana- 
tismo, esagerazione,  eccesso,  specialmente  di  zelo 
religioso.  -  Iiìtemperanza,  eccesso  nel  mangiare, 
nel  bere,  nei  piaceri.  -  Lusso,  eccesso  di  sfoggio.  - 
Plètora,  iperemia,  aumento  della  quantità  del  san- 
gue nei  vasi  di  un  organo  o  d'una  parte  del  corpo. 
-  PoUmerismo,  mostruosità  -  Pruderie  (frane.),  il 
riserbo,  la  circospezione,  la  saggezza  e  l'eccesso  ri- 
dicolo di  queste  virtù.  -  Sproporzione,  eccesso 
di  misura,  di  jìroporsione. 

Iper,  suffisso  usato  nel  linguaggio  scientifico  e  in 
ispecie  in  quello  dei  medici  :  serve  a  formare  un 
num.ero  grande  di  parole  in  cui  si  voglia  indicare 
eccesso,  quantità  fuori  del  normale,  ecc.  -  Ultra  (lat., 
oltre)  :  indica  eccesso  (ultra  diabolico,  ultra  ricco, 
e  sim.). 

EccÈDEBE,  commettere  eccesso,  cadere  in  eccessi; 
passare  la  misura,  il  limite,  i  limiti.  Con  vario  si- 
gnificato: andar  oltre;  aprir  troppo  l'ali  (figur.), 
esorbitare,  ismodare,  oltrepassare  ;  passare  la  mi- 
sura, peccare,  peccare  di  troppo  zelo,  prepon- 
derare, scorrere  troppo,  smagare,  sopravanzare^ 
strafare,  strafoggiare,  superare,  trascorrere  (ad  atti 
violenti  e  simili).  -  Assaettare,  prorompere  in  un 
eccesso  d'ira,  di  rabbia.  -  Non  aver  modo,  né  mi- 
sura, oltrepassare  ogni  discrezione  o  giustezza  nel 
parlare,  nello  spendere,  ecc.  -  Passare  il  canapo,  il 
segno  :  eccedere. 

Eccessivamente,  con  eccesso,  eccedendo,  in  modo 
eccessivo;  a  dismisura,  all'eccesso,  d'avvantaggio, 
esorbitantemente,  oltramodo^  oltremodo,  oltremi- 
sura; sbardellatamente,  smisuratamente,  smoderata- 
mente, soprabbondan temente ,  soprammisura,  so- 
prammodo, soperchievolmente,  soverchiamente,  stem- 


960 


ECCETERA    —    ECCITAZIONE 


peratamente ,  slerminatamente,  straboccatamente, 
strabocchevolmente,  troppo.  -  Eccessività,  qualità 
di  ciò  che  è  eccessivo  :  iiumoderatezza,  smodera- 

Eccessivo,  che  eccede;  che  esce  dai  limiti,  dai 
termini  consueti,  naturali  :  da  cane  (figur.),  dismi- 
surato, disorbitante,  divorante  (figur.),  eccedente, 
enorme,  esorbitante,  immoderato,  insolito,  isquar- 
ciato.  irrazionale  ;  sbardellato,  sconcio,  sfondolato, 
sjiiisurato,  smodato,  smoderato,  soprabbondante,  so- 
pirchio,  sproporzionato,  sopreccedente,  soverchio, 
straboccato,  strabocchevole,  sujìerfluo,  trasmodato. 
-  Pronunziato  (nell'uso),  di  cosa  eccedente,  molto 
evidente,  alquanto  esagerata  nel  suo  genere.  - 
Easere  eccessivo,  eccedere  ogni  limite  :  essere  di 
trojìpOf  so\erchio;  essere  cosa  che  sfonda;  fuggir 
la  misura,  passare  i  limiti  ;  trasmodare. 

Il  troppo  e  il  tiopfio  poco  ìonipono  la  festa  e  il 
giuoco  (prov  ),  -  Ttittt  gli  estremi  sono  viziosi.  - 
S'intende  acqua,  ma  non  tempesta,  biasimando  l'ec- 
cesso. -  Voler  le  brighe  e  non  ìc  pastoie:  nulla  al- 
l'eccesso. 

Eccètera.  Nota  di  abbreviazione  e  di  reticenza 
fatta  da  chi  scrive  o  parla  (significa:  e  altre  cose, 
e  il  resto,  che  è  inutile  dire)  :  e  altre  tali  (cose), 
eccetera;  e  chi  ne  ha  più  ne  metta;  e  continuando, 
e  cosi  sia,  e  detti,  etcetera,  e  tutte  l'altre  cose,  e 
lutto,  e  vattene  là,  e  via  dicendo. 

Eccètto.  Preposizione  indicante  eccezione. 

Eccettochè  {eccetto  che).  Modo  avverbiale  in- 
dicante eccezione. 

Eccettuare  {eccettv abile,  eccettvaiivo^  eccettuato). 
Fare  eccezione;  eccepire;  escludere. 

EccettuatiTO.  Atto  ad  eccettuare. 

Eccettuazióne,  h'eccezione. 

Eccezionale.  Riguardante  o  contenente  ecce- 
zione. 

Eccezionalmente.  Per  eccezione. 

Eccezióne  {eccezionale).  Cosa  eccettuata,  che 
è  fuori  della  regola:  astrazione,  eccettuazione, 
esclusione,  esclusiva,  limitazione,  restrizione,  ri- 
serbo, riservo.  -  La  risposta  che  il  convenuto  dà  alla 
domanda  con  la  quale  l'attore  spiega  e  sostiene  la 
propria  azione  in  giudizio.  -  Anche,  es^^lusione  di 
prova  fra  i  litiganti.  ■  Anomalia,  mancanza  di  re- 
gola. -  Licenza,  libertà  che  uno  si  prende  di  vio- 
lare certe  regole.  -  Pregimliziale:  si  dice  di  ecce- 
zione che  precede  il  giudizio  di  merito  o  anche 
d'ordine. 

Eccetto,  preposiz.  indicante  l'eccezione  che  si 
vuol  fare  ad  una  data  cosa,  escludendola  dal  no- 
vero di  altre.  Avverbialm.,  eccettochè,  fuorché,  salvo, 
tranne. 

Eccettuare,  far  eccezione,  eccepire,  escludere; 
dichiarare,  significare  che  una  jersona  o  una  cosa 
non  è  compresa  nella  condizictte,  nel  numero 
0  nella  regola  in  cui  dovrel.be  trovarsi:  astraere, 
astrarre  ;  ecrettare,  eccezionare  (voci  a.),  esenzio- 
nare,  fare  astrazione;  o66ie</a»-c,- prescindere,  ri- 
servare ;  togliete,  trarre.  -  Asiraìre,  fare  astrazione 
da  una  cosa  :  pres^cinderne,  farne  eccezione. 

Erceitvahtle,  the  si  può  ecc(  ttuare.  -  Eccettuato, 
soggetto  ad  ecce  zione.  Avverbialm.,  fuorché,  salvo, 
tranne,  ecc.  -  Eccezionale,  contenente  o  riguardante 
eccezione:  anomalo,  eteròclito  {hizzarro'eà  ecce- 
zionale), insolito,  mostruoso,  straordinario, 
unico  (nel  suo  genere).  -  Eccezionalmente,  per  ecce- 
zione, in  via  eccezionale,  fatta  eccezione.  -  Hors 
ligne  (frane),  letteralmente  fmr  di  linea,  per  indi- 
care oggetto  0  fatto   eccezionale.   -   iienza   riserve, 


per  assolutamente,  senza  eccezione,  dal  frane,  sans 
reserve.  -  Un'oasi  nel  deserto:  dicesi  di  qualche 
luogo,  di  tempo,  di  cosa  buona  eccezionalmente  in 
mezzo  a  tante  contrarie. 

Proverbi  :  L'eccezione  non  fa  regola.  -  lina  ron- 
dine non  fa  primavera.  -  Una  spiga  non  fa 
manna. 

Ecchimosi.  Effusione  di  sangue,  lividura 
sulla  jìelle. 

Eccidio.  Uccisione,  strage,  esizio. 

Eccipiente.  Termine  di  farmacia:  il  corpo 
che  serve  di  mezzo  a^ìVogeiìte  principale,  o  base,  per 
dargli  la  forma  farmaceutica. 

Eccitabile.  Facile  &\V  eccitazione,  ali'iw- 
pressione. 

Eccitabilità.  Facilità  aW eccitazione,  all'ini.- 
pressioiie.  -  Eccitubilità  elettrica,  sensibilità  degli 
organi  all'elettricità-. 

Eccitamento.  L' eccitare  (in  senso  morale, 
istigare),  atto  ed  effetto  :  eccitazione. 

Eccitante.  Che  eccita.  -  Detto,  in  particolare, 
del  medicamento  o  della  sostanza  alimentare  che 
hanno  per  elìetto  di  stimolare  le  funzioni  degli 
organi  e  dei  tessuti  e  di  aumentare  1'  attività  vi- 
tale :  acuitivo,  calefaciente,  nervino,  stimolante,  sti- 
molativo, stimolo.  -  Eccitanti  diffusivi  e  generali: 
acido  acetico,  alcool,  benzoino,  henzoato  sodico, 
acido  benzoico,  caffè,  canfora,  coca,  cognac, 
etere  solforico,  guaiaeo,  melissa,  menta  piperita, 
muschio,  rafano,  salsapariglia,  siero  di  Cheron,  vino 
Ionico,  ecc.;  intestinali:  assinfina,  paraganglina  Vas- 
sale  ;  muscolari  (in  via  riflessa)  :  stricnina  ;  ga- 
strici :  badiana,  boldo,  condurango,  creosoto,  fava 
di  sant'Ignazio,  paraganglina,  bicarbonato  di  soda; 
del  sistema  nervoso  :  fava  di  sant'  Ignazio,  fosforo, 
cola,  stricnina,  noce  vomica,  the. 

Eccitare,  eccitarsi  {eccitato).  Destare,  provo- 
care eccitazione;  indursi  in  eccitazione.  -  Inci- 
tare, i  istigar  e,  spingere,  provocare. 

Eccitatore.  Chi  o  che  produce  eccitazione. 
-  Istrumento  che  si  collega  ai  poli  di  una  sorgente 
elettrica  per  raccogliere  l'elettrità  :  parecchi  di  que- 
sti istrunienti  servono  in  medicina. 

Eccitatrice.  Piccola  macchina  destinata  ad 
eccitare  gli  induttori  di  una  dinamo. 

Eccitazióne  {eccitabile,  eccitabilità,  eccitare,  ec- 
citato, ecciiatore).  L'eccitare,  atto  ed  effetto  (in  senso 
morale,  incitamento,  istigazione):  destatolo,  ec- 
citamento, esortazione;  fomento,  fomite,  incen- 
tivo; mo\imento,  provocamento,  provocazione; 
rinfocolamento,  rovello;  spinta,  sprone,  stimolazione, 
stimolo,  stuzzicamento.  -  Anche,  acceleramento  nel 
modo  d'esercizio  abituale  delle  funzioni  vitali.  Ed 
eccitabilità  la  proprietà  dei  muscoli  e  dei  nervi  di 
entrare  in  azione  quando  ricevono  l'impressione  di 
un  modificatore  interno  o  eslerno.- Eccitabile  (ecci- 
tabilità), che  si  può  eccitare,  che  si  eccita  facil- 
mente; impressionabile  (impressionabilità),  veggasi  a 
impressione.  Contr.,  ineccitabile  {ineccitaiiìità), 
cafmo.  -  Eccitante,  che  eccita,  atto  ad  eccitare: 
acuitivo,  eccitativo,  stimolante,  stimolativo.  -  Ecci- 
tatore, che  eccita:  incitatore;  provocativo,  provo- 
catore. -  Nome  d'uno  strumento,  composto  di  due 
branche  metalliche,  che  serve  a  scaricare  un  appa- 
recchio elettrico  senza  produrre  commozione.  -  Htuz- 
zicatoio,  arnese  per  stuzzicare,  eccitare. 

Aberrazióue,  sviamento,  diversione  dalla  via  or- 
dinaria, giusta.  -  Fervorino,  piccola  paternale  per 
eccitamento  a  far  bene.  -  Impulso,  incitamento, 
spinta.  -  Levatura,  eccitamento,  stimolo.  -  I/u- 


ECCITAZIONE    —    ECCLESIASTICO 


961 


singa,  parole  che  si  dicano,  carezze  cbe  si  facciano 
per  eccitare,  interessatamente,  qualche  sentimento  in 
altri.  -  Masturbazione,  eccitamento  artificiale  dej,'li 
organi  genitali.  -  Orgasmo,  stato  d'eccitamento  d'un 
organo  0  degli  organi  in  generale:  tarbatnento.  • 
Pimento  (figur.),  eccitamento,  allettamento,  stimolo 
afrodisiaco.  -  Provocazione,  l'eccitare,  l'aizzare:  il 
dar  cai,'ione  a  qualche  cosa.  -Solletico,  stuzzicare  la 
curiosità,  il  riso  e  simili.  -  Sovraeccitazione,  mani- 
festazione pronta  o  eccessiva,  normale  o  morbosa, 
sia  della  motricità,  specialmente  riflessa,  sia  della 
contrattilità. 

EiiciTAKE,  destare,  provocare  eccitazione  ;  indur- 
re 0  accrescere  in  alcuno  la  disposizione  a  fare 
checchessia;  risvegliare  o  avvivare  la  volontà  d'a- 
zione, la  vogHa  (li  alcunché,  il  desiderio,  il  gu- 
sto, l'affetto,  l'affezione,  Vamore,  o  altro  qual- 
siasi sen^i»ie/*^o,  altra  qualsiasi  passione  [ira,  odio, 
vendetta^  ecc.):  accalorare,  accalorire,  aguzzare 
{&qII' appe'ito),  aizzare;  attizzare,  cagionare  (essere 
causa),  commuòvere,  concitare,  destare,  enor- 
tare,  generare,  incicciare,  infervorare  (veggasi  a 
fervóre),  infiammare,  insatanassare,  invogliare,  isti- 
gare, produrre,  provocare  (la  nausea,  il  riso,  il 
votnito,  ecc.),  prudere,  pungere,  rattivare,  spronare, 
stimolare  (veggasi  a  stimolo),  stuzzicare,  suscitare, 
svegliare. 

Broccare,  mettere  il  brocco  :  spronare,  incitare, 
pungere.  -  Buttar  olio  sulla  vampa,  attizzare,  isti- 
gare. -  Dare  alla  testa,  eccitare:  etfetto  di  bevande 
eccitanti.  Dicesi  anche  figuratam.  -  Elettrizzare  (fi- 
gur.), eccitare  fortemente.  -  banalizzare,  esaltare, 
eccitare,  promuovere  all'ammirazione  e  all'applauso 
inconsulto  ed  eccessivo:  suscitare  fanatismo.  - 
Galvanizzare  un  cadavere,  e,  figur.,  un  uomo,  un 
paese,  un  corpo  sociale,  eccitare  artificialmente  mo- 
vimenti che  simulano  la  vita.  -  Imbizzarrire,  far 
diventare  focoso  -  Mettere  tn  combustione  (figur.), 
eccitare  una  persona  o  più  persone  alla  rivolta.  - 
Rieccitare,  ripete  eccitare.  -  Scòlere,  scuotere,  com- 
muovere, eccitare.  -  Sollecitare,  stimolare  a  lussa- 
ria.  -  Solleticare  l'amor  proprio,  le  passioni  altrui, 
l'immaginazione,  eccitarle.  -  Sollevare,  eccitare,  pro- 
movere. -  Sommuovere,  commuovere,  incitare.  -  Sti- 
molare, propriam.  pungere  con  lo  stimolo.  Figur., 
eccitare.  -  Stuzzicare,  eccitare  e  irritare.  -  Titil- 
lare, eccitare  blanda  commozione  in  una  parte  del 
corpo. 

Essere  come  versar  l'olio  siti  carboni  accesi:  di  cose 
che  eccitano  invece  di  calmare. 

EcciTAKSi,  darsi  in  preda  all'eccitazione,  subire 
eccitamento.  -  Avere  il  cervello  giù  dei  gangheri,  non 
ragionar  giusto,  essere  alterato,  eccitato.  -  Essere 
fuori  di  sé:  di  eccitazione  intellettuale,  per  cui 
uno  non  vede,  non  si  accorge,  non  giudica  più  le 
cose  con  calma.  -  Far  foco  e  fiamma,,  riscaldarsi 
molto  per  un  affare,  per  una  data  cosa.  -  Piccarsi, 
eccitarsi  con  puntiglio.  -  Prendere  la  spinta,  la 
stura,  l'incitamento. 

Eh?,  modo  di  eccitare  altri  ad  esprimere  il  suo 
parere  su  quanto  stiamo  dicendogli  :  neh  ?,  non  è 
vero?,  non  vi  pare?-  0*1,  issa/,  Voce  d'eccitamento 
reciproco  per  unire  le  forze  di  molti  in  un  tempo 
solo  :  suole  pronunciarsi  in  cadenza  armonica,  a 
battuta  musicale. 

Eccitazióne.  Nome  che,  nella  dinamo,  si  dà 
alle  diverse  maniere  di  produrre  il  campo  magne- 
tico o  di  calamitare  gli  induttori.  Infatti,  la  cor- 
rente elettrica  che  passa  in  questi  può  essere 
fornita  sia  da  una  macchina    separata   {eccitazione 


indipendente),  sia  dalla  dinamo  stessa,  che  è  detta 
allora  auto-eccitatrice.  In  questo  caso  gli  induttori 
possono  ricevere  o  la  corrente  totale  {eccitazione 
in  serie)  o  una  parte  sola  di  questa  corrente  {ec- 
citazione in  derivazione)  ;  possono  anche  essere  cir- 
condati da  un  doppio  circuito,  uno  in  serie,  l'altro 
in  derivazione  {eccitazione  compound  o  a  doppio 
circuito). 

Si  possono  impiegare  anche  molti  altri  mezzi  di 
eccitazione,  per  esempio  fare  uso  contemporanea- 
mente d'un'eccitatrice  e  di  una  derivazione,  oppure, 
se  vi  sono  parecchi  induttori,  montare  gli  uni  in 
serie  e  gli  altri  in  derivazione,  ecc. 

Bccle.sia   L'adunanza  dei  fedeli  ;  la  Chiesa. 

Eeclesiarca.  Detto  a  Chiesa;  pag.  5:^0, prima 
colonna. 

Ecclesiàstico.  Aggett.  di  chiesa;  appartenente 
alla  chiesa,  all'ordine  levitico:  eccliie.sastico,  chie- 
sastico, chicsolastico,  chiesatico;  conservo.  Contrapp. 
a  civile.  Sostanti V.,  ogni  prete,  ogni  sacerdote, 
l'a&rt^e,  il  c/tier/co  e  quanti  compongano  il  clero. 
-  A'isemblee  e  società  ecclesiastiche,  veggasi  a  reli- 
gione. -  Diritto  ecclesiastico,  lo  stesso  che  diritto 
canonico:  veggasi  a  diritto.  -  Disciplina  ecclesia- 
stica, quella  parte  delle  leggi  della  Chiesa  che  si 
riferisce  ai  riti  e  ad  alcune  prescrizioni  non  riguar- 
danti propriam.  il  dogma,  né  l'essenza  della  mo- 
rale. -  Economato,  l'amministrazione  de' beni  ec- 
clesiastici. -  Giudizio  ecclesiastico,  complesso  degli 
atti  coi  quali  si  esercita  la  giurisdizione  ecclesia- 
stica; indica  però  anche  la  stessa  cognizione  e  de- 
cisione delle  cause.  Se  queste  vertono  intorno  a 
diritti  ecclesiastici,  il  giudizio  è  civile;  se  invece 
trattasi  di  reato  ecclesiastico,  è  criminale.  -  Indu- 
menti e  ornamenti  ecclesiastici,  veggasi  a  clero  (pa- 
gina o8i,  seconda  colonna).  -  Liturgia,  dottrina 
delle  cerimonie  ecclesiastiche.  -  Ordini  ecclesiastici  ■ 
sono  sette,  nel  cristianesimo  tre  sacri  (rappresen 
tati  dal  suddiacono,  dal  diacono,  dal  prete)  e  quattro 
minori  (quelli  dell'ossario,  del  lettore,  dell'esorcista, 
dell'accolito). 

Cancelliere,  dignità  ecclesiastica,  cosi  detta  dai 
cancelli  dentro  ai  quali  chi  ne  era  investito  dava 
udienza  per  non  essere  oppresso  dalla  calca  del 
popolo.  -  Ceroferario,  ecclesiastco  d'uno  dei  quattro 
ordini  minori.  -  Ordinario,  nome  frequente  nel  di- 
ritto canonico:  lo  si  dà  ai  superiori  ecclesiastici  in 
possesso  di  una  giurisdizione  ordinaria.  -  Pre- 
lato, titolo  generico  di  chi  è  insignito  di  certe 
dignità  ecclesiastiche.  -  Primicerio,  nome  di  dignità 
ecclesiastica.  -  Priore,  titolo  di  dignità  civile  un 
tempo,  ora  solo  ecclesiastica. 


Vari  termini  ECCLESiASTia. 


Abrenunziazione ,  V  abrenunziare  ,  rinunzia.  - 
Brocardica,  denominazione  usata  a  distinguere  la 
collezione  delle  leggi  ecclesiastiche  formulate  dal 
vescovo  Burcardo.  -  Cibo  spirituale,  la  parola  di 
Dio.  -  Cibo  mistico,  la  parola  evangelica.  -  Colla- 
zione, conferimento  di  un  benefizio  ecclesiastico, 
-  Confidenza,  crimine  ecclesiastico:  consisteva  nel 
procurare  ad  altri  un  benefizio  a  patto  di  avere 
parte  delle  rendite  spettanti  al  benefizio  stesso.  - 
Consustanziazióne,  termine  della  dottrina  luterana 
(in  opposizione  alla  transustanziazione  cattolica),  st^ 
condo  la  quale  il  corpo  e  il  sangue  di  Cristo  sonc 
presenti  nell'eucaristia,  insieme  col  pane  e  col  vino 


Premoli.  —   Vocabolario  Nomenclatore. 


61 


93-i 


ECCO    —    ECLITTICA 


dopo  la  consacrazione.  -  Copulazione,  il  matrimoniò 
ecclesiastico. 

Dazione,  l'atto  del  dare.  -  Decretale,  una  parte 
delle  legK'  canoniche:  anche,  tulio  il  corpo  di  esse 
leggi.  -  Divitiild,  essenza  di  Dio;  l'essenza  divina 
(la  divinità  del  Verbo).  -  Figlio  della  luce,  delle  te- 
nebre, gli  eletti,  i  dannati  -  Fortezza,  una  delle 
quattro  virtù  cardinali,  uno  dei  doni  dello  Spirito 
Santo  (prudenza,  fortezza,  temperanza  e  giustizia). 

)7iipenitenza  finale:  di  chi  lai'da  a  pentirsi  alla  fine 
della  vita.  -  Invenzione,  ritrovamento  (in\enzione 
della  croce)   -  Morte  eterna,  dannazione  dell'anima. 

Pane  degli  angeli,  il  sacramento  ■  Ricompra  (il 
ricomprare),  redenzione  (il  redimere).  -  Sptrito, 
contrapp.  a  carne.  -  l'erra,  i  beni  mondani  - 
Testamento  (titolo  storico),  pi  omessa  fatta  da  Dio  - 
Tradizione  :  di  cose  che  non  sono  nella  Scrittura, 
ma  nei  santi  padri  (ti  adizione  divina,  apostolica, 
cattolica).  -  Transustanziazione,  \\  trasmulamenlo euca- 
ristico del  pane  e  del  vino  nel  corpo  di  Cristo 
(transustanziare,  tran  su  stanziai  si) 

Unione  ipostoiira,  l'unicne  del  Verbo  con  la  natura 
umana.  -  Unilà  divina,  ài  Dio,  deW Essenza  -  Veìbo, 
la  parola  di  Dio  [reibo,  veìbo  divino,  di  Dio,  incar- 
nato, Cristo).  -  Via  del  Signore,  la  via  del  paradiso 
0  dell'inferno. 

Canònico,  conforme  alle  disposizioni  dei  sacri  ca- 
noni (veggasi  a  cànone).  -  Contemplativo,  dedito 
alla  contemplazione.  E  scuola  contemplativa  quella 
fondata  da  Ugo  di  San  Vittore  per  far  Ironte 
alla  fredda  dialettica.  -  Padre,  figliolo,  fratello 
in  Cristo;  amarsi  in  Crhto:  locuzioni  della  Chiesa 
per  indicare  vincoli  spirituali.  -  Sinodico,  di  let- 
tere, a  nome  de'  concili,  scritte  a  vescovi  assenti.  - 
Sovrassustanziale,  sovrassvstanztale,  di  maggior  virtù 
che  il  hoslanziale  (del  sacramento).  -  Teandrico, 
deirUomo-Dio. 

Tetminista,  chi  assegna  un  termine  alla  miseri- 
cordia di  Dio.  -  Ubiquisti  (titolo  stor.),  luterani  che 
sostenevano  Vubiquitd,  cioè  la  presenza  del  corpo 
eucaristico  dappertutto. 

Ecco.  Avverbio  che  significa  dimostrazione  di 
cosa  che  sopravvenga,  o  sia  presente,  o  si  additi, 
ecc.:  a  te,  eccolo,  eccone,  eccoti;  quand'ecco,  taffe, 
tafleta,  to',  tògline,  tràccheie,  tuflete ;  ve' ve';  vello, 
velia;  zaffe,  zaffete. -  Eccoci!,  niodo  esclamativo  in- 
dicante il  sopraggiungere  di  qualche  avvenimento 
inaspettato,  non  previsto:  ci  siamo  I  eccoci  al  punto  ! 
-  Et  comi  I,  per  risposta  a  una  chiamata:  a'  suoi  co- 
mandi, comandi!,  pronti! 

Eccoprótieo.  Il  purgante  mite.  Sinonimo  di 
lassativo. 

Echeggiare,  echéggio  {echeggiante,  echeg- 
giato). Veggasi  ad  eco. 

Echéo.  Vaso  di  rame  che  si  mttteva  nel  teatro 
romano  per  far  risonare  la  voce. 

Echidna.  Genere  di  mammiferi  monotremi  del- 
l'Oceania aventi  testa  termmanle  in  becco,  corpo 
tozzo  rivestito  di  spine  dure  e  pungenti  e  coda 
corta,  senza  denti.  -  Nella  mitologia,  mostro  mela 
vergine  e  metà  serpente. 

Echino.  Il  riccio  di  mare.  -  Larga  membra- 
tura sotto  l'abaco  del  capitello  dorico. 

Echinococco.  Detto  a  verme. 

Echinodcmia.  Alterazione  della  pelle  del- 
l'uomo. 

Echinodermi.  Animali  invertebrati,  a  struttura 
semplice,  che  nella  scala  ascendente  zoologica  oscu- 
pano  il  gradino  immediatamente  superiore  a  quello 
ccupato  dai  celenterati.  Internamente  presentano  un 


tubo  0  cilindro  cavo  {apparato  digerente),  che  comunica 
superiormente  (òorca),  e  inferiormente  (ano),  con  l'e- 
sterno ;  presentano  inoltre  un  sistema  di  canali  {ap- 
parato circolatorio)  irradiantisi  per  tutto  il  corpo  e 
un  reticolato  gangliare  {sistema  nervoso).  Esterna- 
mente sono  protetti  da  una  corazza  calcarea  e  pas- 
sano gradatamente  dalla  forma  di  fiore  del  giglio  di 
mare  alla  forma  radiata  della  stella  di  mare,  alla 
globoide  del  riccio  di  mare.  Spicule,  le  sporgenze 
spiniformi  che  rivestono  il  corpo  degli  echinodermi. 
-  Asteridi,  crinoidi,  echinidi,  oloturidi,  le  classi  in 
cui  é  diviso  il  tipo  degli  echinodermi.  Generi:  co- 
metula,  ofiura,  pedina,  pentacrino,  ecc. 

Echlnoftalmìa.  Detto  a  palpebra. 

Eclampsia.  Veggasi  a  gravidanza. 

Eclèttico.  Appartenente  dAl' eclettismo,  riguar- 
dante l'eclettismo. 

Eclettismo.  Metodo  di  /»^oso/ìa.  -  RatTronto  e 
divisione  di  tutti  i  lavori  fatti  per  trarne  il  vcì'O, 
il  bello,  il  buono.  -  Disposizione  della  mente  che, 
mentre  abborre  dall'eccesso  dogmatico,  non  si  ras- 
segna allo  scetticismo.  -  Je  'prende  mon  bien  où  je 
le  trouve  (frane),  motto  del  Molière,  divulgato  tra 
noi  per  indicare  uno  scettico  e  mondano  eclet- 
tismo. 

Eclissamento,  eclissare  {eclissato).  Veggasi 
ad  eclisse. 

Eclisse,  eclissi.  Oscurazione  di  un  corpo  ce- 
leste per  interposizione  o  per  l'ombra  di  un  altro  : 
ecclisse,  ecclissi;  eclissamento,  offuscazione.  -  L'e- 
clisse può  essere  totale,  parziale,  anulare,  centrale, 
ecc.  -  Edisse  anulare,  quando  l'astro  eclissato  pre- 
senta l'apparenza  d'un  anello;  apparente,  quando 
l'astro  eclissato  per  l'osservatore  non  è  in  sé  stesso 
privo  di  luce;  vera,  quando  l'astro  eclissato  per 
l'osservatore  é  realmente  privo  di  luce. 

Eclisse  lunare,  oscurazione  della  luna  per  inter- 
posizione della  Terra.  -  Eclisse  solare,  oscurazione 
del  sole,  per  interposizione  della  luna,  -  Occulta- 
zione, eclisse  delle  stelle  e  dei  pianeti;  eclisse  pro- 
dotta dal  passaggio  dei  pianeti  inferiori  pel  corso 
del  sole. 

Appulso,  eclisse  d'una  piccola  parte  dell'astro.  - 
Eclissamento,  l'eclissarsi  e  lo  stato  di  un  astro  eclis- 
sato. -  Emersione,  o  espurgazione,  momento  in  cui 
l'astro  esce  dall'ombra  e  ridiventa  visibile.  -  Im- 
mersione, momento  in  cui  l'astro  entra  nell'ombra 
e  scompare.  -  Limbo,  l'orlo  estremo  del  sole  o  della 
luna  nelle  eclissi  anulari:  orlo.  -  Passaggi  di  Mer- 
curio, di  Venere  o  cUaltri  pianeti,  efletti  d'ombra 
prodotti  sul  sole  quando  questi  pianeti  passano  tra 
esso  e  la  Terra.  -  Penombra,  debole  luce  che  si 
vede  intorno  alla  parte  eclissata.  -  Saros,  periodo 
delle  eclissi.  -  Scrupoli  eclissati,  o  dita  eclittiche, 
piccole  parti  dell'astro  che  sono  nell'ombra.-  Tipo 
delle  eclissi,  la  loro  rappresentazione  grafica. 

Ecclissare,  produrre  un'eclisse,  assoggettare  ad 
eclisse:  inechssare,  oscurare,  rendere  oscuro. 

Eclittica.  Orbita  che  il  sole  sembra  descrivere 
annualmente  intoruo  alla  Terra  -  Orbita  dalla  Terra 
descritta,  in  un  anno,  intorno  al  sole.  -  Circolo 
massimo  della  sfera  celeste:  si  immagina  descritto 
nel  mezzo  dello  zodiaco  e  facente  con  la  linea  equi- 
noziale un  angolo  di  circa  'i3"  e  28'. 

Ascendente,  il  punto  dell'eclittica  situato  nell'o- 
rizzonte orientale.  -  Obliquità  dell  eclittica,  angolo  di 
231i2°  che  l'eclittica  fa  col  piano  dell'equatore.  - 
Nodi,  i  punti  nei  quali  l'orbita  di  un  astro  attra- 
versa il  piano  dell'eclittica  -  Nonagesinio,  il  punto 
più  elevato  dell'eclittica,  che  varia  ad  ogni  istante 


963 


pel  movimento  diurno  e  trovasi  sempre  all'interse- 
zione dell'eclittica  col  piano  verticale  che  passa  pel 
polo  della  medesima.  -  Piano  dell'eclittica,  quello 
racchiuso  dall'orbita  della  Terra.  -  Solstizio,  punto 
dell'erlittica  in  cui  il  sole  è  più  lontano  dall'equa- 
tore. 

Eco.  Ripetizione  del  suono  o  della  voce  riper- 
(  ossi  da  un  corpo  opposto:  eche^'}^io,  ripercossa, 
ripercotimento,  ripercussione  dell'aria,  del  suono.  - 
Nella  mitologia,  figlia  dell'Aria  e  della  Terra:  abi- 
tava le  rive  del  fiume  ('.efiso;  Giunone  la  condannò 
a  non  ripetere  che  l'ultima  parola  di  quei  che  la 
interrogherebbero.  -  Echeggiante,  che  fa  eco.  - 
Echeggiare,  o  eccheggiare,  far  eco,  risuonare  per 
eco:  anche,  semplicemente,  risonare,  rimbomba- 
re. -  Echeggio,  suono  che  si  sente  ripercosso  dopo 
a\erlo  sentito  direttamente. 

Anacam'ptico,  il  suono  che  produce  i  fenomeni 
dell'eco.  -  Catacustica,  parte  dell'acustica  che  studia 
gli  echi. 

Eco.  Figur.,  strascico,  pettegolezzo:  si  usa  nel 
linguggio  giornalistico. 

Economato.  V amministrazione  dei  beni 
della  Chiesa. 

Economia  {economico).  Scienza  di  bene  ammi- 
nistrare la  cosa  pubblica,  curando  la  produzione, 
il  consumo,  ecc.  Familiarm.,  l' arte  di  spendere 
entro  i  dovuti  limiti,  con  criterio  e  utilmente;  1  arie 
di  ottenere  molto  con  piccoli  mezzi  :  buona  dispen- 
sativa,  buon  governo,  masserizia,  parcilà,  parsimo- 
nia, risparmio,  sparagno.  -  Economia  esagerata, 
eccessiva:  avarizia.  -  Economicamente,  secondo  le 
regole  dell'economia,  della  scienza  economica.  - 
Economico,  di  economia,  riflettente  l'economia.  - 
Economista,  dotto  o  scrittore  o  insegnante  di  scienza 
economica.  -  Economizzare,  far  economia  (nel  signi- 
ficato famil.):  ridurre  il  piede  di  casa,  risparmiare, 
sparagnare,  sparmiare,  stare  in  sul  tirato,  stare  in 
sugli  avanzetti,  tener  da  conto,  tirare  a  tutti  i  ba- 
cherozzoli, ecc.  (veggasi  a  risparmio  e  a  spen- 
dere). -  Economo,  chi  è  parco  nello  spendere,  fa 
risparmio:  assegnato  (di  donna,  buona  massaia),  po- 
sitivo. 

Economia  agraria,  scienza  che  studia  i  fenomeni 
dell'agricoltura  in  relazione  alle  leggi  generali  del- 
l'economia sociale.  -  Economia  animale,  complesso 
delle  leggi  che  regolano  le  funzioni  organiche  degli 
esseri  viventi.  -  Economia  domestica,  l'amministra- 
zione della  famiglia,  l'arte  di  promovere  le  rendite 
e  di  regolare  le  spese:  azienda  famigliare;  governo 
famigliare;  piede  di  casa,  -  Economia  politica,  lo 
studio  dei  fatti  e  delle  leggi  per  la  produzione,  la 
distribuzione,  la  circolazione  e  il  consumo  della 
ricchezza  sociale  (gr,,  catallattica,  teoria  degli  scam- 
bi). -  Economia  rurale,  lo  stesso  che  economia  agra- 
ria. -,  Economia  sociale,  scienza  che  mira  ad  otte- 
nere la  prosperità  dello  Stato,  de'  suoi  abitanti: 
economia  pubblica. 

Collettivismo,  sistema  comunistico,  tendente  ad 
abolire  la  proprietà  privata  -  Libero  scambio,  dot- 
trina economica  che  vuole  libertà  di  commercio, 
cioè  d'importazione  e  d'esportazione  fra  Stato  e  Stato, 
senza  impaccio  di  dazi  onerosi.  -  Protezionismo,  si- 
stema cne  difende  i  prodotti  delle  industrie  e  del- 
l' agricoltura  di  un  paese,  imponendo  gravi  dazi 
sui  prodotti  esteri,  -  Rendita,  nella  scienza  econo- 
mica, é  il  di  più  che  il  produttore  percepisce  oltre 
il  costo  di  produzione,  cioè  oltre  l'interesse  e  l'am- 
montare del  capitale,  la  spesa  dei  salari  e  delle 
materie  prime  ed   il  profitto   corrente.  -  Sistema  o 


scuola  edonistica,  l'antica  teoria  edonistica,  cioè  la 
teoria  del  piacere  trasportata  nel  campo  dell'  eco- 
nomia politica. 

Fisiocralico,  nome  dato  ai  seguaci  d'una  scuola 
di  economisti  e  di  filosofi  che  consideravano  la  natura, 
e  specialmente  l'agricoltura,  come  sorgente  d'ogni 
ricchezza.  -  Liberista,  fautore  del  libero  scambio  : 
libero-scambista.  -  Parorganico  (gr.),  ciò  ch'è  acci- 
dentale nell'economia.  -  Umanitario,  filosofo  od  eco- 
nomista che  si  studia  di  migliorare  le  sorti  umane 
0  che  ha  per  religione  l'umanità. 

Locuzioni.  —  Fare  economia,  economia  fino  al- 
l'osso, economia  rigorosa,  privandosi  quasi  del  ne- 
cessario, per  risparmiare.  -  La  compagnia  della  Le- 
sina, curioso  libro,  edito  a  Venezia  nel  t66't,  rac- 
colta di  facezie  su  tutte  le  possibili  spilorcerie  : 
locuzione  recentemente  applicata  ad  uoìnini  poli- 
tici ,  fautori  di  rigide  economie  nell'  azienda  di 
Stato. 

Proverbi  (sull'economia  domestica).  —  A  bvon 
spenditore  Dio  fa  da  tesoriere.  -  A  quattrino  a  quat- 
trino si  fa  il  fiorino.  -  Bisogna  seminare  con  la  mano 
e  non  col  sacco.  -  Chi  ben  ripone  ben  trova,.  -  Chi  fa 
onore  ai  panni,  i  panni  fanno  onore  a  lui.  -  Chi  si 
veste  di  mal  panno  si  riveste  due  volte  all'anno.-  Chi 
ha  casa  e  podere  può  tremare  e  non  cadsre.  -  tJii 
vuol  vedere  un  uomo  (o  una  donna),  lo  mette  ad  ac- 
cendere il  lume  e  il  fuoco.  -  E'  meglio  dar  la  lana 
che  la  pecora.  -  La  roba  sta  con  clii  la  sa  tenere.  - 
Veconomia  è  una  gran  raccolta.  -  Akglio  aver  regola 
che  rendita.-  Ricchezza  vial  disposta  a  povertà  s'ac- 
costa. -  Tristo  a  quel  soldo  che  peggiora  il  ducato 
(tristo  quel  risparmio  che  poi  obbliga  a  maggiore 
spesa).  -  Tutto  sta  nel  fare  i  primi  paoli  (i  prinù 

soldi).  •      ,-     t     j 

Economicamente.  Lon  economia,  limitando 
le  spese:  parcamente,  scarsamente,  temperatamente. 
-  Troppo  economicamente,  con  avarizia. 

Economico.  Di  economia,  che  serve  ad  eco- 
nomia. -  Fatto  con  risparmio. 

Economista.  Chi  sa  o  tratta  di  economia. 

Economizzare  (economizzato).  Far  economia^ 
limitarsi  nello  spendere,  spendere  poco;  fare  ri- 
sparmio. .      .     o 

Economizzatore  (dall  ingl.  economtser).  bene 
di  tubi  che  riscaldano  l'acqua  nella  caldaia  a  va- 
pore. ■  ,■    - 

Economo.  Aggiunto  di  persona  che  si  limita 
giudiziosamente  nello  spendere,  che  fa  rispar- 
mio. -  Sostantiv.,  l'amministratore  delle  rendite  e 
dei  beni  di  un  patrimonio.  -  Economo  spirituale,  il 
sacerdote  che  regge  per  alcun  tempo  una  cura,  la- 
sciata vacante  dal  titolare. 

Ecpirósi.  La  fine  del  mondo  per  conflagra- 
zione. 

Ectasia.  Lo  stesso  che  diàstole. 

Ectesi  (gr.).  Professione  di  ;'ede. 

Ectima.  Suppurazione  della  j^elle. 

Ectopia.  Posizione  di  un  organo  diversa  daUa 
normale. 

Ecùleo.  Veggasi  a  tortura. 

Ecumènico  [ecumenicamente).  Di  chiesa,  di 
concilio:  significa  universale. 

Eczema.  Rappresenta  con  le  sue  differenti  forme 
un  terzo  di  tutte  le  malattie  cutanee:  è  caratterizzato 
da  rossore,  da  ispessimento  più  o  meno  marcato 
della  cute,  da  papule,  vescicole,  pustole  diffuse  sulla 
parte  ammalata,  da  prurito  (talvolta  bruciore)  e  da 
lesioni  secondarie  o  derivanti  dalle  precedenti  (squa- 
me, croste,  ragadi,  ecc).  Non  è  contagioso,  e  secondo 


964 


le  efflorescenze  si  dice:  semplice,  "-osso,  papuloso, 
vescicoloso,  pustoloso  o  impeliginoide,  trosloso,  squa- 
moso, ragadoso,  pruriginoso  (avente  il  prurito  come 
sintomo  predominante).  Distinzioni  secondo  la  sede  : 
eczema  del  cuoio  capelluto  (in  Russia  e  in  Polonia  è 
frequente  la  «  plica  polonica  »,  che  consiste  nella 
presi  nza,  sul  capo  e  sulla  barba,  di  seborrea,  di  su- 
diciume, di  pidocchi;  eczema  al  viso  (nei  bambini 
crosta  lattea);  eczema  al  tronco  (nelle  donne,  facile  alle 
mammelle;  nei  grassi,  facile  all'omòe/tco),  frequente 
alle  ascelle  e  alle  pieghe  genito-crurali,  intertrigo  ; 
eczema  alle  mani  (frequente  la  forma  ragadosa  nelle 
lavandaie,  nelle  cuciniere);  eczema  delle  gambe  (fa- 
cile in  chi  ha  vene  dilatate  o  varicose);  eczema  dei 
genitali  (allo  scroto,  alla  vulva);  eczema  del  perineo 
e  dei  contorni  anali,  in  rapporto  con  emorroidi,  con 
vermi  intestinali  (come  tenia,  ossiuri),  ecc.  ;  ezcema 
universale,  ditfuso  a  tutto  il  corpo.  Il  decorso  può 
essere  acuto  o  cronico.  Cura  generale  con  purganti, 
disinfettanti  intestinali,  secondo  il  bisogno,  con  ar' 
senico,  calmanti,  antiartntici,  ecc.  Cura  locale  con 
medicazioni  umide  (acqua  vegeto-minerale,  acqua 
borica,  fenica,  salicilica,  ecc.)  e  polveri  assorbenti 
(magnesia,  bismuto,  talco,  amido,  ecc.),  quando  l'ec- 
zema è  umido  ;  con  medicazioni  grasse  o  unguenti 
(di  ittiolo,  catrame,  zolfo,  acido  borico,  resorcina, 
ecc  ),  quando  l'eczema  è  secco. 

Edace.  Chi  divora,  è  vorace. 

Edacità.  L'essere  edace. 

Edda.  Veggasi  a  letteratura. 

Edema  (edematoso).  La  tumefazione  d'una 
parte  del  corpo,  per  sierosità.  -  Mixoedema,  gonfiore 
duro,  elastico,  della  pelle  del  volto  prima  e  poi  di 
tutto  il  corpo,  con  disturbi  della  favella,  dell'intel- 
ligenza e  dei  movimenti.  A  dilferenza  del  comune 
edema,  questo  gonfiore  non  tiene  l'impressione  de! 
dito.  Le  unghie  divengono  fragili,  i  peli  e  i  ca- 
pelli cadono  ;  facili  le  emorragie.  Pare  sia  dovuto 
ad  alterazioni  delle  glandolo  tiroidi.  -  Edematóso, 
aggiunto  di  tumore  molle,  sieroso.  Anche,  amma- 
lato di  edema. 

Eden.  Veggasi  a  paradiso, 

Edeodinia,  edeografla.  Veggasi  a  genitali. 

Édera.  Pianta  sarmentosa  che  si  abbarbica  su 
per  gli  alberi  e  i  muri:  ha  radici  normali  e  radici 
avventizie;  è  rappresentata  da  più  specie  e  varietà: 
abbracciaboschi ,  abbracciabosco ,  con  fiori  odorosi 
(volgarm.,  manina  delle  donne;  nel  Pisano,  abbrac- 
ciadonne);  caprifoglio;  edera  arborea;  èllera,  lellera, 
lonicera;  madreselva,  matriselva;  periclimeno;  vin- 
cibosco. Poet.,  edra.  -  Ampelopside,  ederacea,  vite 
vergine.  -  Cirsite,  pietra  segnata  d'una  foglia  d'e- 
dera. -  Tirso,  giavellotto  circondato  di  pompini  e  di 
edera. 

Còccola,  il  frutto  dell'edera.  -  Corimbo,  gruppo  di 
còccole  d'edera. 

Edicola.  Sorta  di  nicchia,  di  chiosco.  •  Piccolo 
teinpio,  -  Casotto  nel  quale  si  vendono  giornali  e 
libri. 

Edificante.  Che  dà  buon  esempio;  che  è  lo- 
devole, degno  di  ammirazione,  merita  lode: 
edificativo,  esemplare. 

Edificantemente.  Lodevolmente,  con  lode: 
esemplarmente. 

Edificare  (edifìcamento ,  edificato,  edificatoria, 
edificatorio,  edificazione).  Fabbricare,  costruire; 
mettere  insieme,  specialmente  di  opere  muratorie, 
di  edificio  e  simili:  accasiare,  alzare,  construire, 
erigere;  far  costrutto,  fare,  fondare,  formare, 
gettare  (un  ponte,  una  vòlta,  ecc.),  impiantire,  inal- 


zare, metter  su,  murare,  tirar  su.  Il  Tommaseo 
espone  cosi  le  differenze  che  l'uso  e  gli  scrittori 
fanno  tra  edificare  e  i  verbi  affini:  costruire  è 
più  generale  (da.  struere):  si  costruisce  un  edificio, 
una  macchina,  una  capanna;  è  ben  costrutto  il  corpo 
umano,  un  ordigno.  Fabbricare,  delle  case,  e  di  co- 
I  struzioni  simili  da  muratore,  e  delle  arti:  fabbri- 
cansi  case  o  stoffe.  Questo  secondo  senso  non  l'ha 
costruire.  Edificare,  soggiunge  il  sig.  Guizot,  appar- 
tiene al  primo  senso  di  fabbricare;  ma  è  più  nobile 
e  riguarda  fabbriche  più  grandi  e  più  sontuose.  Si 
fabbrica  una  casuccia;  si  edifica  un  tempio,  un  pa- 
lazzo. Fabbricare  un  tempio  non  si  direbbe,  se  non 
della  materiale  opera  de'  muratori,  o  della  spesa  ; 
non  mai  della  erezione  intera  comprendente  il  di- 
segno e  gli  ultimi  ornati.  In  questo  senso,  anche 
costruire  è  più  nobile  di  fabbricare.  Ci  sono  cose 
che  si  possono  dire  costruite  e  non  fabbricate,  come 
una  sala  da  servire  a  spettacoli;  molti  degli  intern. 
miglioramenti  che  si  fanno  in  un  edifizio;  monu-' 
menti  posticci,  come  archi  di  trionfo,  vascelli  o  si- 
mili. Il  Romani:  Fabbricare  è  opera  manuale:  si 
fabbricano  mattoni,  cannoni,  istrumenti.  Edificare 
dicesi  di  templi,  case,  palazzi,  torri,  altri  grandi 
edifici.  Costruire,  alla  lettera,  vale  unire  insieme, 
in  ordine  e  forma  atta  a  qualche  uso,  più  oggetti.  Ad 
es.,  si  costruisce  un  argine,  un  bagno,  una  zattera.  Co- 
struire differisce  altresì  da  edificare  e  da  fabbricare 
perchè  gli  edifizi  non  possono  senza  buona  costru- 
zione essere  solidi  e  bene  ordinati.  Quindi  dicia- 
mo: edifizio  solidamente,  elegantemente  costruito. 
Il  Forcellini  distingue:  costruire  è  mettere  insieme 
e  ordinare  le  parti;  edificare  è  conformare  il  tutto 
a  bellezza.  E  infatti  l'idea  di  edificio  inchiude  qual- 
cosa, se  non  di  bellissimo,  di  decente. 

Alle  faccende  dell'  edificare  attendono  Varchi- 
tetto,  il  capomastro,  il  muratore,  il  fab- 
bro, il  decoratore,  Y imbianchino  e  parecchi 
altri  operai  che  esercitano  questo  o  quel  mestiere, 
e  il  pontaio,  ossia  chi  inalza  ponti  per  la  costru- 
zione delle  fabbriche. 

Edificato,  costruito,  costrutto,  estrutto;  tirato,  ve- 
nuto su.  -  Edificatore,  chi  edifica,  costruisce:  capo- 
mastro,  costruttore,  falobricatore.  -  Edificatoria,  l'arte 
del  fabbricar  case.  -  Edificatorio,  che  concerne  l'e- 
dificare; l'arte  edificatoria:  ha  senso  più  modesto, 
e  in  ciò  è  più  generale  di  architettonico.  -  Edipea- 
zione,  azione  dell'edificare,  ed  effetto,  e  anche  l'arte  : 
construzione,  costruzione,  costruttura;  edificamento, 
erezione;  fabbrica,  fabbricazione,  opera.  -  Rie- 
dificazione, ricostruzione,  i  1  riedificare,  il  ricostruire. 
-  Fabbricabile,  che  può  essere  fabbricato.  Più  spe- 
cialmente, terreno  fabbricabile.  ■  Fabbricativo,  atto  a 
fabbricare,  edificativo.  -  Fabbricato,  sostantiv.,  fab- 
brica, nel  senso  di  edificio:  ma  di  qualche  im- 
portanza. 


Operazioni  vauie  dell'edificare. 


Addentellare,  lasciare  in  una  parte  i  denti  per 
necessari  o  probabili  incastri.  -  Adeguare  al  suolo, 
spianare  un  edificio  o  parte  di  edificio:  abbattere, 
atterrare,  demolire.  -  Aggottare,  fare  Vagyottamento, 
lavoro'  che  si  eseguisce  per  asciugare  le  fondazioni 
degli  edifici  onde  poter  costruire  la  muratura,  che 
si  chiama  aggottamento.  -  Appoggiare,  addossare  un 
edificio  a  un  altro.  -  Architettare,  inventare  e  di- 
sporre la  forma  degli  edifici  secondo  le  regole  del- 


EDIFICARE 


965 


V architettura  e  le  esigenze  o  le  norme  dell'crfi- 
lizia.  -  Armare,  porre  centine,  puntelli  e  sostegni 
alle  vòlte,  ai  poggi,  alle  fondannenta,  ecc.:  fare  V ar- 
matura, cioè  quell'insieme  di  legnami  che  serve  a 
sorreggere  un  edificio  o  parte  del  medesimo.  -  Ar- 
ricciare (arricciamento),  il  dare  alla  parete  di  un 
muro  la  seconda  mano  di  calcina,  che  forma  una 
crosta  ruvidiccia,  sulla  quale  poi  si  stende  1'  into- 
naco 0  crosta  liscia.  -  Arroinbare,  nelle  costruzioni 
idrauliche,  significa  legare  con  rombi,  catene  e 
catenelle  i  paloni  delle  palizzate,  in  modo  da  for- 
mare una  rete  di  rombi;  si  forma  cosi  un  reticolato 
col  quale  s' immedesima  la  muratura.  -  Assestare 
(assestamento,  assetto),  disporre  le  pietre  nei  muri 
per  modo  che  ne  risulti  un  aggiustamento  mutuo 
tra  le  parti  vicine  e  un  sistema  le  cui  parti  siano 
cosi  concatenate  e  combinate  da  renderlo  quasi  in- 
dissolubile ^  assestamenti  o  assetti  a  cassa,  a  coda, 
a  cuneo,  alla  francese,  a  mosaico,  a  rombi,  a  spiga, 
a  testa,  ciclopico,  diagonale,  gotico,  in  chiave,  in- 
dentato, inglese,  irregolare,  isodomo,  misto,  olandese, 
pelasgico,  poligonale,  pseudoisodomo,  quadrato,  ecc.). 

-  Attaccare  un  fabbricato,  costruirlo  vicino  ad  un 
altro  esistente.  -  Attutare,  l'immergere  gabbioni  o 
pietre  a  fondo  perso,  per  difesa  delle  sponde  o  di 
una  pila  di  ponte,  ecc. 

Calettare  (calettatura),  connettere  vari  pezzi  di 
legno  a  dente  o  in  altra  forma,  in  modo  che  com- 
bacino esattamente:  incastrare.  -  Centinare  (cen- 
tinatura),  mettere  la  centina.  -  Disarmare  vòlte, 
ponti,  ecc.:  levarne  i  sostegni,  tome  l'armatura.  - 
Fiancare,  far  forti  i  fianchi,  parlando  delle  vòlte  e 
degli  archi.  -  Fondare  (fondazione),  mettere  le 
fondamenta  :  fondamentare. 

Imbiancare,  imbianchire,  lavoro  che  fa  Vimbian- 
chino.- Impalcare  (impalcatura),  far  palco,  costruire 
un  palco.  -  Impiantare,  fondare,  stabilire.  -  Impo- 
stare, posare  o  appoggiare  a  suo  luogo,  sopra  i  pi- 
lastri, gli  archi  di  vòlta,  di  ponte,  di  fortificazione. 

-  Inalzare,  far  eseguire  una  costruzione  di  qualche 
considerazione,  un  monumento,  ecc.  -  Incatenare, 
porre  negli  edifici  il  rinforzo  di  una  o  più  catene. 

-  Inchiavistellare,  incatenacciare,  serrare  con  chia- 
vistello, con  catenaccio  (voci  poco  comuni).  -  Incor- 
rentare,  mettere  al  loro  posto  fra  trave  e  trave  i 
correnti  e  i  correntini  (veggasi  a  corrente).  -  In- 
crostare (incrostazione),  accomodare  sopra  pietra, 
moro,  0  simili,  marmi  o  altre  cose,  ridotte  in  falde 
sottili.  -  Intestare,  mettere  i  pezzi  di  costruzione  a 
contrasto  sulle  loro  testate,  senza  alcuna  sovrappo- 
sizione, né  incastro.  -  Intestare  una  catena,  assicu- 
rare all'esterno  dei  muri  le  catene  che  rinforzano 
la  fabbrica.  -  Intonacare,  mettere  Vitìtònaco. 

Merlare,  munire  di  merli.  -  Movere  un  muro,  una 
fabbrica,  cominciarla.  -  Organizzare,  costruire.  - 
Palafittare,  fare  una  palafitta,  una  palizzata.  -  Pan- 
concellare  (panconcellatura),  coprire  un'impalcatura 
di  panconcelli.  -  Parallelare,  costruire  parallele,  trin- 
ceramenti. -  Pavimentare,  fare  il  pavimento.  - 
Piombare,  riscontrare  col  piombo  (piombare  gli  an- 
goli d'una  casa).  -  Porre  la  prima  pietra,  incomin- 
ciare le  fondamenta.  -  Posare  in  falso,  stare  fuori 
del  perpendicolo. 

Restaurare  (restaurazione ,  restauro),  rifare  le 
parti  guaste.  -  Ricorrere,  circondare  con  una  cornice 
o  altro  un  edificio.  -  Ricostruire,  riedificare:  ripete 
costruire,  edificare.  -  Rinfiancare,  aggiungere  fortezza 
agli  edifici  e  simili,  dai  fianchi  o  dalle  bande.  - 
Rintegrare,  rimettere  nelle  primitive  e  buone  con- 
izioni. 


Scantonare,  levare  i  canti,  i  cantoni.  -  Scarpare, 
ridurre  a  scarpa;  mettere  a  pendio.  -  Sopredificare, 
edificare  sopra  ;  costruire  un  edificio  sopra  un 
altro.  -  Senare  l'arco,  le  vòlte,  chiuderli  con  la 
chiave,  con  l'ultimo  cuneo.  -  Speronare,  fornire  le 
muraglie  di  speroni  e  di  puntelli  per  scsterierle.  - 
Soffittare,  far  la  soffitta,  o  il  sofjitto.  -  Sterrare 
(sterramento,  sterro),  cavare  la  terra  per  fare  la  fossa 
uve  debbonsi  gittare  le  fondamenta  dell'  edificio. 
E  sterro  chiamasi  anche  la  terra  stata  cavata  e  am- 
montata. -  Stoiare,  mettere  la  sloia  sotto  i  travicelli 
per  ricoprirla  d'intonaco.  -  Strombare,  fare  uno 
strombo  o  strombatura  (taglio  obliquo,  ai  lati  di  fi- 
nestre, di  porte  e  simili),  nella  grossezza  di  un 
muro. 


Opebe  e  oggetti  diversi  adoperati 
nell'edificahe. 


Opere.  —  Assito,  tavolato  per  riparare  edifici  in 
costruzione.  -  Baraccone,  gran  palancato  di  tavole, 
coperto  di  tela  incerata  o  di  assi,  o  di  tegoli,  che 
suole  rizzare  presso  il  luogo  dove  si  fa  qualche 
muramento,  affine  di  riporvi  gli  arnesi  de'  lavoranti, 
i  legnami,  ecc.  -  Barulla,  opera  provvisoria  che 
serve  di  centina  per  costruire  archi  e  vòlte. 

Qamicia,  qualunque  rivestimento,  per  io  più  sot- 
tile, che  si  fa  alle  costruzioni,  per  difenderle  dal- 
l'umidità, 0  perchè  riescano  a  perfetta  tenuta, 
ecc.  -  Capi'a,  castello,  od  armatura,  assai  robusto, 
col  quale  si  ottengono  solidi  punti  di  appoggio  per 
eseguire  le  manovre  di  sollevare  i  pesi  e  allogarli 
nella  loro  posizione  d'opera  definitiva.  -  Cassone, 
opera  provvisoria  destinata  a  prosciugare,  nella  co- 
struzione delle  pile  dei  ponti,  e  a  mantenere  asciutto 
il  luogo  delle  fondazioni.  -  Castello,  pezzi  ritti  per 
lo  più  di  legname,  con  diversi  piani  per  tenervi 
roba ,  alzar  pesi ,  trasportarli ,  far  da  ponte,  ecc.  - 
Centina,  armatura  arcata  di  legnami,  semplici  o 
raddoppiati  o  anche  rinterzati,  su  cui  si  costruisce 
un  arco.  -  Contraddente,  pezzo  doppio  di  costru- 
zione che,  oltre  alla  sporgenza,  ha  pure  la  cavità 
per  costringere  quello  dal  quale  è  addentato.  -  Con- 
trafforte, opera  di  muramento:  sorta  di  sprone  o  di 
barbacane  in  sostegno  d'una  fabbrica  o  di  qualche 
sua  parte.  -  Contrappalco,  veggasi  a  palco. 

Dente,  ciascuno  dei  risalti  che  si  fanno  ad 
arte  nei  pezzi  di  costruzione,  perchè  la  spor- 
genza dell'  uno  entri  nella  cavità  dell'  altro  e  più 
saldamente  li  unisca  e  li  ritenga.  -  Fodera,  fodrina, 
nelle  costruzioni  civili  o  meccaniche,  qualsiasi  ri- 
vestimento in  legno  (o  lamiera)  applicato  alla  super- 
ficie d'una  parete. 

Impalcatura:  talora  vale  impalcamento  e  l'atto 
dell'impalcare,  e  talora  significa  il  palco  stesso.  - 
Intelaiatura,  specie  di  armatura,  non  soprapposta, 
ma  calettata  con  l'ossatura  di  porta  o  finestra;  e 
l'ossatura  allora  chiamasi  anima.  -  Palafitta,  quan- 
tità di  grossi  e  lunghi  pali,  muniti  di  puntazza, 
cioè  di  grossa  punta  di  ferro,  piantati  in  terreno 
malfermo,  per  assicurare  sulle  testate  dei  mede- 
simi le  fondamenta  d'  un  edificio  :  palizzata.  - 
PalcOf  composto  di  legnami  commessi  e  confitti 
insieme,  -  Pancone,  buon  fondo  di  terreno  sodo  e 
fermo,  che  si  scopre  tacendo  lo  sterro,  e  su  cui  si 
pongono  le  fondamenta  dell'  edificio.  Al  pancone, 
se  non   si  trovasse   o  se  fosse   ad   una  profondità 


9G6 


troppo  grande,  si  supplisce  con  palafitte.  -  Passo- 
fiata,  specie  (li  palafitta,  per  fondamenta  di  fabbri- 
che. -  Ponte,  castello  di  legname  per  lavorare  in 
alto,  lungo  i  muri  o  le  pareti. 

Rampa,  costruzione  fatta  per  superare  e  raggiun- 
gere agevolmente  una  certa  altezza.  -  Rinterro,  la 
parte  dello  sterro  che  si  pone  nello  spazio  rimasto 
tra  le  fondamenta  e  il  terreno  sodo  adiacente.  -  Ri- 
stauro,  restauro,  risarcimento  o  rinno\ amento  di 
parti  ^'uaste  o  rovinate  d'una  data  costruzione,  o  di 
cosa  qualsiasi.  -  Ritegno,  ostacolo  qualunque  che 
j^erve  a  trattenere,  a  monte  dell'ostacolo  concreato 
artificialmente,  il  materiale  che  tenderebbe  a  preci- 
pitare a  valle.  -  Rivestimento,  strato  di  mattoni,  di 
■smalto,  di  bitume,  di  calce  idraulica,  di  sabbia  o 
ghiaia,  selciato  di  ciottoli  od  altro,  col  quale  si 
coprono  alcune  opere  di  fortificazione,  le  scarpe 
delle  strade  in  rialzo,  degli  acquedotti,  ecc. 

Scarpata,  lavoro  condotto  in  pendio.  -  Siverto, 
curvatura  che  si  dà  artificialmente  ad  un  pezzo  di 
costruzione,  per  fargli  prendere  la  forma  voluta  dai 
cartaboni.  -  Struttura,  il  modo  di  costruire  ;  or- 
dine e  modo  con  cui  una  cosa  è  costruita  o  in  na- 
tura disposta. 

Tavolato,  struttura  in  legno  che  si  usa  comu- 
nemente nella  costruzione  degli  edifici  di  qualun- 
que genere,  e  si  applica  tanto  alle  pareti  quanto 
ai  pavimenti  ed  ai  tetti.  -  lènevrières  (frane),  co- 
struzioni fatte  con  palafitte  riempite  di  pietre.  - 
Travata,  opera  di  ogni  sorta  per  sostegno. 

Oggetti  diversi.  —  Agucchia,  palo  a  punta  che 
si  ficca  nel  terreno  per  servire  di  sostegno  a  co- 
struzioni. -  Ancona,  grappe  di  bronzo  o  di  ferro 
adoperate  nel  costruire,  per  connettere  insieme  le 
pietre  conce.  -  Anello  da  berta,  anello  accampa- 
nato: d\ces\  un  cerchio  di  ferro  fuso  che  si  mette 
alla  testa  dei  pali  da  formare  le  casse  per  fondare 
le  muraglie  sott'acqua,  affinchè  tenga  salda  la  testa 
del  palo  ai  colpi  del  maglio  del  battipalo.  -  Ariete, 
ceppo,  molto  pesante,  che  serve  ad  infiggere  i  pali 
per  farli  penetrare  nel  terreno.  -  Arpese,  pezzo  di 
ferro  o  di  altro  metallo,  spesso  anche  di  legno, 
di  cui  si  fa  uso  per  collegare  le  pietre  di  un  edi- 
licio  0  due  pezzi  di  legno.  -  Asciatone,  pezzo  di 
legno,  a  forma  di  mensola,  che  si  inchioda  alle 
antenne,  nella  costruzione  dei  ponti  per  le  fabbri- 
che. -  Aspo,  grosso  cilindro  di  legno,  con  perni  di 
ferro  e  poggiato  su  grossi  supporti  :  è  attraversato 
da  leve  con  cui  vien  fatto  girare,  e  serve  ad  alzare 
dei  pesi.  -  Assero,  nome  che  si  dà  al  travicello, 
alla  stanga.  -  Asta,  legno  lungo  e  sottile,  per  di- 
versi usi.  -  Asticciuola,  corda,  tirante,  trave  oriz- 
zontale che  forma  la  base  del  cavalletto  e  il  so- 
stegno dei  puntoni.  Più  propriain.,  catena  o  trave 
maestra. 

Bada,  traversa  provvisoria  che  si  mette  tra  altri 
pezzi  di  costruzione,  mentre  si  lavorano  quelli  coi 
quali  dovranno  essere  stabilmente  connessi.  -  Benna, 
nome  dato  alle  grosse  secchie  con  cerchiature  di 
ferro,  0  interamente  di  ferro,  delle  quali  si  usa 
pp:r  tirar  su  materiali  di  sterro  o  per  mandar  giù 
materiali  da  costruzione,  specialmente  nei  lavon 
di  fondazione.  -  Busca,  regolo  da  costruttore. 

Catene,  gomene:  servono  per  appendere  il  tavo- 
lato dei  ponti  sospesi,  mediante  staffe  verticali.  - 
Cantiere,  legno  lungo  da  sostenere  tavolati,  tetti, 
ecc.  -  Cavalletto,  arnese  di  legno  adoperato 
per  sostegno ,  aggregamento  di  più  travi,  a  forma 
di  triangolo,  per  sostenere  tettoie.  -  Grappa,  spranga 
di  ferro,  ripiegata  dai  due  lati,  che  serve  a  colle- 


gare insieme  muraglie,  pietre,  legnami,  ecc.  -  La~ 
miera,  piastra  metallica  di  poco  spessore,  -  Lamina, 
qualunque  cosa  conformata  a  piastra.  -  Longarina, 
verga  di  ferro  clie,  negli  edifici  moderni,  spesso 
serve  di  trave,  come  più  leggera  e  più  stabile. 

Mira,  0  stadia,  strumento  costituito  da  un  regolo 
graduato,  con  biffa:  lo  si  impiega  col  tacheometro, 
con  livello,  ecc.,  per  le  operazioni  di  livellazione.  - 
Nonio,  0  verniero,  piccolo  strumento  che  permette 
di  valutare  le  frazioni  delle  divisioni  tracciate  so- 
pra un  regolo  o  sopra  un  arco  di  circolo  gra- 
duato. 

Palanca,  ciascuna  di  quelle  assicelle  che  formano 
l'impalcato.  -  Panconcello,  asse  molto  sottile  con  la 
quale  si  coprono  le  impalcature,  e  si  fanno  altri 
simili  lavori.  -  Pendolo,  apparecchio  ideale,  for- 
mato d'un  punto  pesante  sospeso  ad  un  punto  fisso 
mediante  un  filo  inestensibile  e  senza  peso.  -  Per- 
pendicolo, pietruccia  o  altro  grave  legato  a  un  filo 
per  prendere  il  piano  d'un  lavoro.  -  Piastra,  cia- 
scuno di  quei  rettangoli  di  ferro  o  d'acciaio  lun- 
ghi, larghi  e  grossi,  che  servono  a  vari  usi  di  co- 
struzione. -  Picca,  piccone,  utensile  di  ferro  con  le 
estremità  acciaiate,  il  quale  serve  al  lavoro  di 
scavo  delle  roccie  e  dei  terreni.  -  Piombino, 
strumento,  pezzo  di  piombo,  che  si  appicca  ad  una 
cordicella  per  provare  l'altezza  dei  fondi  e  la  di- 
rittura delle  pareti:  filo  a  piombo  -  Planimetro, 
ingegnoso  istrumento  di  precisione  che  serve  a  mi- 
surare l'area  delle  figure  piane  disegnate  su  Ha  carta 
semplicemente  col  farne  percorrere  ad  una  punta 
il  contorno.  -  Putrella  (frane,  poutrelle),  voce  co- 
munissima  fra  i  tecnici  per  trave,  asta,  sbarra  di 
ferro. 

Qiiartabono  {cartabono,  quartabuono),  squadra  con 
lati  mobili,  usata  per  riportare  angoli  obliqui  sui 
pezzi  di  costruzione.  I  carpentieri  tagliano  cosi  il 
legname  con  le  inclinazioni  indicate  dal  piano  di 
costruzione.  -  Servizio  di  manovra,  apparecchio  di 
cavi  0  attrezzi  in  ordine  e  pronti  al  bisogno.  - 
Sottasta,  asta  di  puntello.  -  Squadra,  istrumento 
per  formare  e  riconoscere  gli  angoli  retti.  -  Stile, 
fusto  dell'abete  o  d'altro  albero,  lungo  e  rimondo, 
del  quale  si  servono  gli  architetti  per  fare  i  ponti 
in  luoghi  eminenti  dell'edificio  e  per  altri  usi. 

Tassello,  pezzetto  di  legno,  di  pietra  o  di  altra 
materia,  col  quale  si  riempie  un  vuoto,  o  si  ripa- 
rano i  difetti  derivanti  dall'uso  o  dalle  intemperie. 
-  Tavoloni,  travi  longitudinali,  traverse,  traversini, 
legni  che  compongono  il  palco  dei  ponti  sospesi.  - 
Tramoggia,  cassa  in  forma  di  tronco  di  piramide 
che  serve  nelle  costruzioni  subacquee  eli  calce- 
struzzo. -  Trave,  grosso  e  lungo  legno  che  si 
mette  per  sorreggere  i  palchi  e  il  tetto  -  Trespolo, 
legno  che  serve  ai  muratori  per  far  ponti.  -  Zanca, 
ripiegatura  dell'estremità  di  una  Itva,  di  un'asta  e 
simili. 

Veggasi  inoltre  ad  architetto,  a  fabbro,  a  fa- 
legname,  a  idraulica,  a  muratore. 


m.-vterie  adoperate.  —  cose  e  termini  varì. 
Locuzioni  e  proverbi. 


Le  materie  che  si  adoperano  sono  moltissime, 
oltre  le  più  comuni,  quali  il  mattone,  la  pietra, 
la  calce,  il  cemento,  il  marmo,  il  gesso,  il 
legno,  il  ferro,  e  più  d'un  altro  metallo.  Cosi: 


UDIFICAKE    —    EDIFICIO 


i)t)7 


l'argilla,  il  basalto  (pietra  da  costruzione  e  per 
lastricare  vie);  il  calcestruzzo,  smalto  tenace  da 
costruzione  muraria,  fatto  di  ghiaia,  rena,  calce; 
il  granito,  il  gneis,  il  porfido,  la  trachite,  la  lava, 
lo  schislo,  ['arenaria,  la  puddinga,  il  gres,  il  tra- 
vertino, Valabastro  comune,  pietre  o  sostanze  d'ori- 
gine minerale  che  non  hanno  bisogno  di  tratta- 
menti (isico-chimici  per  essere  impiegate  nella  co- 
struzione. Altre  materie  :  molerà,  arenarie,  in  ge- 
nere, delle  vallate  lomharde,  adoperate  per  varie 
costruzioni  ;  pietra  oliare,  roccia  composta  di  una 
miscela  di  talco  (predominante),  in  pagliette,  di  clo- 
rite,  di  asbesto,  di  mica,  ecc.;  pietre  concie,  le  pietre 
più  0  meno  sagomate,  che  a  mano  o  a  macchina 
sono  lavorate  su  una  o  più  faccie,  e  con  le  quali  si 
compongono  gli  archi,  le  lìnestre  delle  fabbriche, 
e  simili. 

Piperno,  roccia  vulcanica,  usitatissima  nelle  co- 
struzioni e  nella  pavimentazione.  -  Pozzolana,  spe- 
cie di  cemento  in  cui  alla  rena  si  sostituisce  una 
sostanza  vulcanica,  chiamata  pozzolana  dal  nome 
Pozzuoli,  ove  trovasene  molta  :  è  aspra.  -  Quadrello 
0  quadretto,  pezzo  di  pietra  o  di  marmo,  o  d'altra 
materia,  di  lìgura  quadrata,  che  si  adopera  nei  pa- 
vimenti e  anche  per  rivestimento  dei  muri. 

Selenite,  minerale  incoloro,  diafano,  vitreo,  uti- 
lissimo per  la  costruzione  degli  edifici,  nei  quali 
tien  luogo  di  calce  per  collegare  le  pietre  ^cemento 
selenitico)  :  impastandolo,  si  fanno  gli  stucchi.  - 
Serpentino,  roccia  impiegata  come  pietra  ornamen 
tale  e  anche  come  materiale  ''da  costruzione.  - 
Smalto,  composto  di  ghiaia  e  di  calcina  mescolate 
con  acqua  e  poi  rassodate  insieme;  lo  si  getta  nelle 
fondamenta  e  serve  a  far  pavimenti,  coperture, 
vòlte,  ecc.  -  Stucco,  composizione  di  diverse  ma- 
terie tegnenti,  per  uso  di  appiccare  insieme  o  di 
riturare  fessure.  -  Stuoia,  canne  palustri,  schiac- 
ciate ed  intrecciate  insieme  :  se  ne  ta  un  tessuto 
per  fare  il  palco  alle  stanze. 

Cose  e  termini  vari.  —  Acconcimi  (non  pop.), 
restauri  di  case,  di  edifici,  con  i  loro  affissi. -Asprezza, 
nelle  costruzioni,  l' ineguaglianza  della  superficie 
dei  legnami,  ecc.  -  Attacco,  il  principiare  degli 
scavi  per  una  galleria,  una  trincea,  ecc.  -  Demoli- 
zione, l'atto  e  l'effetto  del  detnolive. 

Impianto,  insieme  di  macchine  organicamente  di- 
sposte e  concorrenti  a  un  dato  scopo  tecnico.  - 
Piano  di  massima  è  detto,  legalmente,  un  progetto 
dell'opera  che  si  intende  costruire.  -  Pianta,  o  ico- 
nografia, disegno  di  una  sezione  orizzontale  del- 
l'edificio, la  quale  mostra  la  lunghezza  e  la  lar- 
ghezza delle  parti  di  esso,  la  grossezza  delle  mu- 
raglie, i  vani  di  esse,  i  posti  delle  colonne  o  dei  pi- 
lastri, ecc.  (pianta  dei  sotterranei,  pianta  del  piano 
terreno,  pianta  del  primo  piano,  pianta  del  tetto  ; 
spaccalo,  longitudinale,  spaccato  trasversale,  disegno 
(Iella  facciata,  disegni  dettagliati:  disegni  che  ac- 
compagnano il  progetto  di  un  edificio  da  costruire). 
-  Prospettiva,  rappresentazione  di  edifici  sul  ter- 
reno, secondo  la  proporzione  delle  distanze.  - 
Punti  di  appoggio,  quelli  che  si  stabiliscono  quando, 
per  appendere  il  tavolato  dei  ponti  sospesi,  bisogha 
inalzare  sulle  spalle  e  sulle  pile  solidi  pilastri.  - 
Punti  di  ritegno  :  punti  fissi  ai  quali  si  attaccano 
le  catene  o  le  gomene  di  ferro,  nel  caso  di  sponde 
dirupate  e  assai  alte. 

Sciografia,  l'arte  di  fare  il  disegno  dello  spaccato 
d'una  fabbrica,  e  lo  spaccato  stesso. 

Impresa,  l'assunzione  di  opere  da  costruire.  - 
lìi  accollo  {è  0  sta),  nei  ponti  di  fabbrica,  le  piane 


che  sporgono  fuori  dai  correnti.  -  Stimi,  conto  dt 
aooiso,  0  preventivo,  scritto  nel  quale  si  notano 
comp-iiidiosamente  la  quantità,  la  qualità  e  il  prezzo 
dei  materiali  e  dei  lavori,  e  quindi  la  spesa  pre- 
sunta di  tutta  una  fabbrica  da  costruire. 

Locuzio.vi  E  PROVEKuì.  —  Avere  il  male  del  calci- 
naccio 0  dell'I  pietra,  avere  la  mania  del  fabbricare. 

-  Cki  fabbrica  d'inverno  fabbrica  in  eterno  (prov.).  - 
Edificare,  fabbricare  sulla  roccia,  sopra  un  fondo 
molto  solido,  solidacnente.  -  Edificare,  fabbricare 
sulla  sabbia,  su  una  base  fragile,  poco  solidamente. 

-  Murare  e  piatire  è  dolce  impoverire,  di  chi  piglia 
denaro  a  prestito  per  fabbricare  (prov.). 

Nidificare  {edificante,  edificato).  Dar  buon  esem- 
pi(t  ;  infondere  m  altri  una  buona  opinione 
di  noi. 

Edificarsi  (edificato).  Prendere  buon  esem,- 
pio  ;  ricevere  buona  impressione  dalla  esemplare 
condotta  altrui. 

Eìdificazióne.  Iluona  impressione  che  si  ri- 
ceve ;  buon  esem,pio  che  si  dà. 

Edificio.  Nome  generico  di  tutte  le  grandi  co- 
struzioni in  muratura  :  edifizio,  fabbrica  (edificio 
con  tutto  l'occorrente  per  una  manifattura  o  un'in- 
dustria), fabbricato,  mole,  muraglia,  muramento  ; 
il  risultato  deli' edificare,  per  lo  più  secondo  le 
regole  deìVarcfiitettura  e  le  norme  dell'edilizia; 
costruzione  di  pietra  o  di  mattoni  fatta  acconcia  ad 
abitare  o  ai  altro  uso  pubblico  o  privato.  Anche, 
opificio  mosso  dall'  acqua  o  da  macchine,  come 
mulino,  cartiera,  ecc.,  con  tutto  il  corpo  del 
fabbricato. 

Opera,  denominazione  generica  di  ogni  costru- 
zione fatta  eseguire  dall'architetto,  sia  essa  un'  in- 
tera fabbrica,  come  tempio,  palazzo,  teatro,  ecc.,  o 
una  parte  di  essa,  come  porta,  terrazzo,  loggia, 
ecc.,  0  un  monumento,  come  obelisco,  tomba,  lon- 
tana e  simili.  Condizioni  di  ogni  opera  architetto- 
nica sono  la  sodezza,  il  comodo,  la  bellezza.  Per  gli 
ornali,  per  i  modelli,  i  disegni,  ecc.,  e  i  diversi  a- 
spetti  di  un  edificio,  veggasi  ad  architettura. 

Un  edificio  può  essere  bello  o  brutto,  di  buona 
architettura,  o  no;  grande,  grandioso  o  piccolo; 
magntfiGO,  sontuoso,  splendido,  oppure  semplice,  mo- 
desto, meschino;  ornato  o  disadorno,  ecc.  La  riu- 
nione di  più  edifici,  con  i  relativi  abitatori,  forma 
il  villaggio,  il  borgo,  la  città,  il  com,une. 

Baraccone:  di  edificio  disadorno  e  malfatto.  - 
Casamatta,  fabbricato  che  esce  fuori  dalle  forme 
ordinarie,  senza  ornamenti,  senza  lìnestre,  basso  e 
quasi  cieco  ;  castello  dei  burattini,  di  edificio  me- 
schino ;  edificio  che  pare  un  castello,  un  paese,  di 
edificio  molto  vasto;  gran  macchina,  macchinone 
(figur.),  edificio  grandioso;  maestoso,  l'edificio  di 
grande  e  bella  apparenza  ;  massiccio,  di  grande  so- 
lidità (anche,   troppo  pesante,  non  svelto). 

Architravato,  l'edificio  con  architrave,  -  Bicu- 
spidale bicuspidato,  con  due  cuspidi.  -  Bozzato,  che 
ha  bozze,  bugne.  -  Ciclopico,  per  simil,,  fatto  di 
grandi  massi,  a  facce  poligone,  congiunti  senza  ce- 
mento. -  Cuspidale,  terminante  in  cuspide  o  a  cu- 
spidi ;  a  punta,  a  punte.  -  Monocuspidale,  terminante 
in  una  sola  cuspide.  -  Ogivale,  condotto  a  sesto  a- 
cuto  in  forma  pressoché  ovale.  -  Quadrifronte,  con 
quattro  facciate  uguali.  -  Tricuspidale,  con  tre  cu- 
spidi. 

Anfiprostilo,  edificio  (per  lo  più,  un  tempio)  che 
abbia  un  portico  sporgente  sulla  facciata  e  un  altro 
simile  nella  parte  posteriore.  -  Astilo,  edificio  privo 
di  colonne,  mentre  per  il  suo  stile  sembrerebbe  ri 


968 


chiederne.  -  Decastilo,  tempio,  portico,  edificio  qua* 
lunque,  col  trontispizio  avente  uà  ordine  compo' 
sto  di  dieci  colonne.  -  Dodecastilo,  edificio  a  do- 
dici colonne.  -  Distilo,  edificio  o  portico  con  due 
colonne  sulla  fronte.  -  Dittero,  edifìcio  circondato 
da  una  doppia  fila  di  colonne.  -  Monoptero,  edificio 
a  pianta  circolare,  con  un  solo  ordine  di  colonne, 
una  cella  rotonda  e  talvolta  senza  cella  :  era  una 
delle  più  semplici  forme  architettoniche  dell'antica 
Grecia. 

OttastiU),  disposizione  di  otto  colonne  di  fronte 
nel  pronao  e  nel  portico  di  un  tempio,  nella  fac- 
ciata di  una  chiesa  o  di  un  edificio  qualsiasi.  - 
Periptero,  o  perittero,  edificio  circondato  da  portici 
0  da  colonne  su  tutti  i  lati.  -  Polistilo,  edificio  de- 
corato da  njoltissime  colonne.  -  Prostilo  (gr.),  edi- 
ficio ornato  di  colonne  solo  nella  facciata.  -  Reti- 
colalum  opus,  costruzione  in  cui  tutte  le  connessure 
delle  pietre  hanno  una  direzione  diagonale  incro- 
ciantesi  ad  angolo  retto.  -  Tetrastilo,  edificio  con 
quattro  colonne  nel  prospetto. 


Edifici  civili, 
privati  e  pubblici,  industrl^li,  eco. 


Albergo,  casa  nella  quale  si  alloggiano  i  fore- 
stieri. -  Anfiteatro,  costruzione  di  figura  ovale, 
fatta  neir  interno  a  scaglioni,  con  in  mezzo  uno 
spazio  piano  {arena),  destinato  ad  uso  di  spetta- 
coli pubblici.  -  Arco,  edificio  monumentale.  - 
Asilo,  edifìcio  di  ricovero  ;  scuola  per  bambini.  - 
Bagni,  bagno,  edificio  aperto  al  pubblico  per  i 
bagni.  -  Banca,  l'edificio  nel  quale  ha  sede  l'isti- 
tuto dello  stesso  nome.  -  Betonata  (neol.  abusivo), 
grande  costruzione  in  calcestruzzo.  -  Biblioteca, 
edificio  nel  quale  sono  raccolti  libri.  -  Bicocca,  ca- 
succia  per  lo  più  in  altura.  -  Borsa,  l'edificio  oc- 
cupato dall'  istituto  omonimo.  -  Botte,  cisterna, 
cisternone,  grande  fognone  o  serbatoio  di  acque: 
chiovina,  pozzo. 

Cantoniera,  piccolo  edificio  lungo  una  ferrovia. 
•  Capanna,  costruzione  di  legname  greggio,  rico- 
perta per  lo  più  di  paglia  o  di  frasche,  per  riporvi 
attrezzi  o  prodotti  campestri,  e  all'occorrenza  per 
ricovero.  -  Carcere,  la  prigione,  -  Casa,  edificio 
da  abitare.  -  Caserma  dei  pompieri,  veggasi  &  pom- 
piere. -  Casino,  piccola  casa  di  campagna  o  luogo 
di  litrovo,  di  adunanze,  in  città.  -  Casotto,  stanza 
piccola,  fatta  di  legno  o,  anche  murata.  -  Cassa  di 
risparmio,  l'edifìcio  occupato  dall'istituto  dello  stesso 
nome.  -  Cavalcavia,  specie  di  ponte  gettato  tra  due 
edifìci,  sopra  una  via.  -  Chalet  (frane),  villetta,  sviz- 
zera specialmente,  coi  tetti  acuminati  sporgenti 
e  le  pareti  rivestite  di  larice  e  adorne  d' intagli.  - 
Chiosco,  edificio  di  facile  e  bizzarra  struttura,  nei 
giardini,  nelle  fiere,  nelle  esposizioni.  Padiglione 
alla  cinese.  L'  edicola  dei  venditori  di  giornali.  - 
Cimitero,  luogo,  con  edifici,  per  seppellire  i 
morti.  -  Circo,  edificio  di  forma  ovale,  destinato 
ai  giuochi  presso  gli  antichi  Romani.  -  Cloaca, 
grande  fogna  o  canale  sotterraneo.  -  Collegio, 
edificio  nel  quale  dimorano  giovinetti  e  giovinette 
per  esservi  istruiti  ed  educati. 

Dazio,  l'edificio  o  gli  edifici  per  l'esazione  delle 
gabelle.  -  Dock,  serie  di  bacini  fiancheggiati  da  ma- 


gazzini a  più  piani  ;  il  tutto  abilmente  disposto 
per  il  pronto  e  sicuro  carico  e  scarico  delle  navi 
(a  Genova  calata).  -  Dogana,  veggasi  a  questa 
voce.  -  Emiciclo,  edificio  o  parte  d'edificio  a  semi- 
cerchio :  semiciclo.  -  Esedra  o  esèdra,  luogo  coperto 
0  scoperto,  con  portici  o  senza,  e  con  sedili,  dove 
si  riunivano  a  conversare  gli  antichi  che  si  dilettavano 
di  studi.  -  Falanstero,  nome  dato,  per  il  sistema 
del  socialista  Fourier,  agli  edifici  nei  quali,  come 
in  conventi,  doviebbero  abitare  le  varie  comunità 
di  lavoratori.  -  Famedio  (casa  della  gloria),  edificio 
destinato  a  conservare  le  salme  o  la  memoria  degli 
uomini  celebri  d'  un  paese.  -  faro,  la  torre  dei 
porti  nella  quale  si  accende  lume  la  notte  -  For- 
nace, edificio  murato  nel  quale  si  cuociono  mat- 
toni e  lavori  di  terra.  -  Forno,  edificio  a  vòlta, 
per  vari  usi. 

Galleria  monumentale  (anche,  semplicemente, 
galleria),  strada  o  gran  cortile  coperto  di  vetri  o 
edificio  apposito  con  una  gran  crociera  ricoperta 
di  vetri,  con  botteghe,  belle  e  di  lusso,  per  servire 
di  passeggio  e  di  ritrovo  ai  cittadini.  -  Gasómetro, 
veggasi  a  gas.  -  Glittoteca,  edificio,  o  parte  di 
esso,  destinato  alla  raccolta  di  sculture.  -  Gual- 
chiera, ediiìcio  (cosi  detto  dalla  macchina  che,  mossa 
per  forza  d'acqua  o  d'altro,  pesta  e  soda  il  panno).  - 
Harem,  edificio  o  porzione  dell'edificio  dove  i  tur- 
chi e  gli  orientali  in  genere  tengono  le  loro  donne: 
serraglio,  arem. 

Lazzaretto,  lazzeretto,  edificio  ad  uso  di  ospedale 
per  le  persone  cohe  da  male  contagioso,  o  dove 
si  tengono  le  robe  degli  infetti  per  precauzione.  - 
Loggia,  edificio  a  vòlta,  eretto  su  colonne  o  pi- 
lastri. 

Magazzino,  ampio  locale  in  cui  si  ripongono  le 
merci,  le  masserizie,  ecc.  :  deposito,  ricetto.  -  3Ia- 
nicomio,  luogo  con  edifici  per  la  custodia  e  la 
cura  dei  pazzi.  -  Mausoleo,  edificio,  monumento 
sepolcrale.  -  Museo,  edificio  o  complesso  di  edi- 
fici per  accogliervi  cose  insigni  per  antichità  od 
altro.  -  Mole,  edificio  grandioso  ;  anticam.,  specie 
di  mausoleo  a  torre,  su  base  quadrata.  -  Molo  ma- 
rittimo, opera  idraulica,  di  piena  e  forte  muratura, 
che  si  fa  appoggiata  alla  terraferma  e  che  si  spinge 
in  mare  per  una  certa  lunghezza,  sotto  una  deter- 
minata torma  e  direzione,  per  sottrarre  una  voluta 
superficie  d'acqua  alle  ondulazioni.  -  Mulino,  edi- 
ficio composto  di  vari  strumenti  e  di  macchine  che 
servono  a  macinare  le  biade.  -  Municipio,  la  sede 
del  Comune. 

Ninfèo,  edificio  grandioso,  con  sale,  rivi,  laghetti 
e  bagni,  per  ritrovo  signorile.  -  Nurago  (pi.  nura- 
ghi e  nuraghe,  voci  sarde),  speciale  e  antica  co- 
struzione in  forma  di  cono  tronco:  se  ne  veggono 
in  gran  numero  nella  Sardegna.  -  Odéo  (Odeon), 
edificio  destinato,  presso  i  Greci,  alla  prova  della 
musica  che  si  doveva  poi  cantare  sul  teatro.  -  Opi- 
ficio, nome  generico  degli  stabilimenti  in  cui  si  fab- 
bricano prodotti  industriali:  fabbrica,  manifattura. 
-  Ospedale,  edificio  o  complesso  di  edifici  per  la 
cura  degli  ammalati.  •  Ospizio,  edificio  di  rico- 
vero. -  Osservatorio,  edificio  eretto  in  altura,  cosi 
che  domina  tutto  l'orizzonte,  e  dal  quale  si  osser- 
vano i  fenomeni  celesti  :  specola,  specula. 

Padiglione,  piccolo  fabbricalo  isolato  e  coperto 
da  un  solo  tetto. 

Palazzina,  palazzino  elegante,  con  giardino  e  fuori 
dal  centro.  -  Palazzo,  bella  casa  grande,  signorile, 
per  lo  più  isolata.  -  Palmento,  edìtmo  che  contiene 
le  macine  e  gli  altri  ordigni   per  macinare.  -  Pi- 


lAV.  XXV|[. 


Qualche  edificio.  —  Particolari  d'xn  edifìcio. 


9G9 


Per  le  spiegazioni  relative  ai  setlanladue  numeri  che  figurano  in  questa  tavola,  veggasi  a  pag.  97'i 


070 


KDIFICIO 


nacoteca,  edificio,  o  parte  di  esso,  in  cui  sono  rac- 
colte opere  di  piUttra.  -  Piramide,  sorta  di  edi- 
ficio in  figura  piramidale.  -  Ponte,  edificio,  per  io 
più  ad  arco,  o  con  più  archi,  e  questi  so- 
stenuti da  pile,  che  propriamente  si  fa  sopra  un 
corso  0  altra  raccolta  d'acqua,  per  poterlo  passare. 

-  Portico,  edificio  aperto  con  colonne  ed  arcate.  - 
Posta  (nell'uso),  l'edificio  o  gli  edifici  nei  quali 
sono  gli  uffici  postali.  -  Prefettura,  la  sede  del 
prefetto,  -  Pretura,  l'ufficio  del  pretore.  -  Pri- 
taneo, edificio  pubblico  nelle  antiche  città  greche: 
serviva  ad  ospitare  gli  ambasciatori,  i  pensionanti 
dello  Stato,  gli  ospiti  pubblici  ;  a  tenere  le  udienze 
dei  tribunali,  a  conservare  i  penati  pubblici,  a  man- 
tenere il  fuoco  sacro.  In  Atene  serviva  anche  da 
pubblico  granaio.  -  Qwesfwra,  la  sede  dell'autorità 
di  pubblica  sicurezza. 

iief/ym,  abitazione  '•egale,  del  re;  veggasi  a.  corte. 

-  Rifugio  alpino,  capanna  o  casupola  a  considere- 
vole altezza,  per  ricovero  degli  alpinisti.-  Rotonda, 
edificio  in  forma  circolare,  di  fuori  come  di  dentro, 
e  per  lo  più  coperto  da  una  cupola.  ■  Rustico,  fab- 
brica destinata  ai  bassi  servigi,  alle  scuderie,  alle 
rimesse,  alle  stalle,  ai  fienili,  ecc. 

Scuola^  edificio  nel  quale  si  insegna.  -  Settizonio 
{septizonium),  edificio  dell'antica  Roma,  a  sette  piani 
0  zone,  una  sopra  l'altra,  in  modo  che  la  superiore 
era  più  stretta  dell'inferiore.  -  Stazione,  edificio 
della  ferrovia.  -  Teatro^  edificio  nel  quale  si  rap- 
presentano opere  drammatiche ,  opere  in  musica  e 
si  danno  altri  spettacoli.  -  Telegrafo  (nel!'  uso), 
l'edificio  nel  quale  sono  installati  gli  apparecchi 
telegrafici.  -  Torre,  edificio  eminente  isolato,  non 
molto  vasto.  -  Trabacca,  tenda,  casotto  posticcio: 
baracca,  -  Tribunale,  la  sede  dei  giudici.  - 
Terma,  terme,  edificio  per  bagni  caldi,  pubblici.  - 
Villa,  casa,  luogo  campestre  abbellito  da  edifici  e 
da  giardini. 

Per  gli  edifici  antichi  di  Grecia  e  di  Roma,  veg- 
gasi a  ci*fà.  pag.  578,  579. 


Edifici  militari.  —  Edifici  religiosi. 


Militari.  —  Bicocca,  piccola  rocca  o  castello,  per 
lo  più  in  altura.  -  Ciserma,  e  lificio  di  abitazione 
pei  soldati.  -  Cii^tello,  edificio  munito  per  difesa 
ed  offesa.  -  Cittadella,  rocca  edificata,  per  lo  più, 
allo  scopo  di  tenere  in  soggezione  la  città,  -  For- 
tezza, piazza  forte,  cittadella,  ròcca,  ooera  di  for- 
tificazione. -  Fortino,  piccola  fortezza.  -  Polve- 
riera, magazzino  per  la  pólvere  da  sparo.  -Ròcca, 
edificio  d'uso  e  di  forme  antiche  e  abitato  dai  soli 
presidiar!.  -  Torre,  già  citata. 

Religiosi,  —  Abazia,  abbazia,  badia,  edificio  o 
complesso  di  edifici  in  cui  vivono  comunità  reli- 
giose rette  da  un  abate  o  da  un'abbadessa;  l'edificio 
dove  risiede  l'abate  coi  monaci.  -  Arcivescovado,  la 
sede  dell'arcivescovo.  -  Basilica,  chiesa  notevole 
per  grandiosità  e  per  antichità.  -  Oatlistero,  edificio 
col  fonte  per  il  battesimo.  -  Campanile,  edifìcio 
delle  campane,  p'ir  lo  più  attiguo  ad  una  chiesa.  - 
Canònica,  l'abitazione  del  parroco.  -  Cappella, 
piccolo  edificio  o  anche  stanza,  dedicato  al  culto.  - 
Catacombe,  vaste  costruzioni  sotterranee  che  servi- 
vano da  luogo  di  rifugio  e  da  cimitero  ai  primitivi 
cristiani.  -  Catafalco,  edificio  di  legno  che  s'inalza 
nel  mezzo  delle  chiese,  in  occasione  di  funerali.  - 
Certosa,   convento   di    certosini.  -  Chiesa,  edificio 


dedicato  al  culto.  -  Chiostro,  edificio  a  loggia,  a 
portici  intorno  a  un  cortile.  -  Cof*ye/i*o,  abitazione 
di  frati  e  di  monache.  -  Minareto,  torre,  general- 
mente a  più  piani,  all'alto  della  quale  è  allogato  un 
balcone,  o  ballatoio,  da  dove  il  muezzin,  o  gridatore, 
chiama  i  musulmani  alla  preghiera.  -  Moschea, 
chiesa  musulmana.  -  Oratorio,  edificio  sacro,  pub- 
blico 0  privato,  dedicato  al  culto:  cappella  -  Ospizio, 
casa  dove  alloggiano  frati  che  vengono  alla  città, 
quando  in  questa  non  siavi  altro  convento  della 
loro  regola  Anche  luogo  dove  si  alloggiano  senza 
pagamento  alcune  persone,  come  viandanti  poveri, 
pellegrini,  ecc.  Si  dà  pure  il  nome  di  ospizio  a  certi 
conventi  in  luoghi  disabitati  delle  Alpi,  dove  hanno 
ricovero  i  viandanti.  -  Pagoda,  tempio  cinese,  bra- 
minico  0   buddistico. 

Romitaggio,  romitorio,  SihìlaiZÌone  di  eremiti:  ere- 
mo. -  Santuario,  cappella  o  chiesa,  tempio  frequen- 
tato da  pellegrini.  -  Seminario,  specie  di  collegio 
per  giovanetti  che  si  danno  al  sacerdozio,  -  Sina- 
goga, la  chiesa  degli  Ebrei.  -  Tabernacolo,  cappelletta 
0  nicchia  con  dentro  un'immagine  sacra.  -  Tem- 
pio, grande  edificio  sacro,  -  Vescovjdo,  la  dimora 
del  vescovo:  episcopio. 


Parti  di  un  edificio  e  annessi. 


Abbaino,  altana,  ammezzato,  àndito,  androne,  au' 
licamera,  antiporta,  atrio,  bagno,  balconata,  balcone, 
ballatoio,  barbacane,  bòtola,  bottino,  bugigattolo,  ca- 
mera, cantina,  cella,  cisterna,  corridoio,  corte,  cortile, 
covile,  cucina,  displuvio,  doccia,  doccione,  facciata, 
gabinetto,  galleria,  gronda,  ingresso,  interno,  lanterna, 
latrina,  letamaio,  legnaia,  loggia,  magazzino,  nicchia, 
palco,  parete,  pavimento,  piano,  piattaforma,  pòrtico, 
pozzo,  quartiere,  ridotto,  rimessa,  ringhiera,  ripiano, 
sala,  scala,  scuderia,  soffitta  o  soffitto,  solaio,  sotter- 
raneo, stalla,  stanza,  terrazza  o  terrazzo,  tetto,  tom- 
bino, veranda,  verone,  ecc:  veggasi  a  casa.  E  per 
parecchie  altre  voci  (  acroterio ,  aiuto ,  ancona , 
apòfige,  architrave,  arco,  atlante,  attico,  balaustrata, 
baldacchino,  basamento,  base,  bastone,  beccatello,  ber- 
tesca, caditoia,  canefore,  capitello,  cariatide,  centina, 
cimasa,  colonna,  cornice,  cupola,  cuspide,  dentellatura, 
dentello,  fascia,  freccia,  fuso,  fusto,  gocciolatoio,  gola, 
imposta,  inquadratura,  intavolato,  intercolonnio,  lan- 
terna, lemnisci,  lista,  mensola,  modiglioae,  nicchia, 
occhio,  peribolo,  piedistallo,  pil  istro,  ralle,  riquadri, 
rosa,  scozia,  sopraffilo,  stipite,  stria,  tamburo,  tim 
pano,  trabeazione,  tribuna,  tronco,  vani,  zana),  veg- 
gasi ad  architettura.  Da  consultare  anche  molt-^ 
delle  singole  voci  sopracitate;  cosi  pure  veggasi  a 
edilìcare. 

Accollo,  la  parte  che,  sostenuta  da  mensole  o  da 
altro,  sta  fuori  di  piombo  nel  muro  principale.  In 
accollo,  tutto  quanto  dell'edificio  (mensole,  beccatelli 
0  simili)  sporge  dal  muro  principale.  -  Addentellato  : 
dicesi  di  quelle  pietre  che  si  lasciano  in  qualche 
lato  di  un  edificio  e  che  servono  a  collegarlo  con 
una  costruzione  che  si  faccia  dopo.  -  Aggetto,  la 
parte  che  aggetta  o  lo  sporgere  di  essa.  -  Aguglia, 
lo  stesso  che  guglia,  piramide  di  pietra.  -  Ala, 
la  parte  di  fabbricato  che  fa  iato  al  corpo  princi- 
pale di  un  edificio,  E  ale,  o  bracci  di  un  edificio, 
le  due  parti  unite  a  ciascun  lato  della  fabbrica.  - 
Ambulatorio,  spazio  cinto  da  un  colonnato;  portico. 
-  Antemurale,  antimuro,  parapetto,  difesa.  -  Anteride, 
rinfianco  o  muro  di  rinforzo  che  si  mette  per  mag. 


yvi 


giore  consolidamento  delle  costruzioni  ;  sperone, 
contratìbrte  usato  dal  Greci  e  dai  Romani,  massime 
nelle  costruzioni  sotterranee.  -  Arcata,  serie  di  archi 
sostenuti  da  colonnette  o  da  piedritti.  -  Ascensore, 
apparecchio  per  muovere  in  senso  verticale  pesi, 
cose  e  persone.  -  Atrio,  spazio  coperto  e  a  vòlte, 
ornato  di  colonne,  che  guida  alla  porta  d'un  edi- 
tìcio  sontuoso.  -  Aula,  gran  sala  dove  si  adunano 
(Consigli,  magistrati  o  simili.  -  Avancorpo,  la  parte 
di  fabbricato  che  fa  risalto  su  una  facciata  e  spesso 
sul  centro  della  medesima. 

Balcone,  il  terrazzino,  il  pogginolo.  -  Ballatoio, 
terrazzino  all'esterno  o  all'interno  di  un  edilicio, 
con  balaustrata  o  riparo.  -  Banderuola,  quadro  di 
lamiera  che,  imperniato  su  un  sostegno  e  posto  a/la 
sommità  degli  edifici,  segna,  col  muoversi,  la  dire- 
zione del  vento.  -  Battura,  scanalatura  di  spondella 
ad  angolo,  nella  quale  si  incastrano  alcuni  pezzi  di 
costruzione,  per  maggiore  fermezza.  -  Belvedere,  ter- 
razza alta  sul  tetto,  di  dove  si  gode  una  bella  vista. 

Cancello,  chiusura  fatta  di  verghe  di  ferro  o 
d'altro.  -  Cantonata,  angolo  esteriore  delle  fab- 
briche; e  la  muraglia  stessa  che  forma  la  canto- 
nata. -  Cherubini,  teste  di  fanciulli  alati,  nelle 
decorazioni  degli  edifici  sacri.  -  Colonnato,  numerose 
colonne  (veggasi  a  colonna)  riunite  in  un  edificio, 
o  disposte  in  portici,  o  logge.  -  Cordone,  risalto  o 
cornice  di  pietre,  a  modo  di  bastone,  che  si  fa  nelle 
costruzione  di  palazzi  e  di  fortezze  a' un  piano,  sopra 
la  scarpa,  ecc.  -  Coronamento,  quanto  termina  su- 
periormente, iieWalto,  un  edifìcio.  -  Corrente,  tra- 
vicello sottile  che  si  mette  ne'  palchi,  fra  trave  e 
trave. 

Diazoma,  fascia  ornamentale  nei  teatri  o  in  altri 
ricchi  edifici:  balteo.  -  Displuvio,  il  piano  inclinato 
che  si  pratica  superiormente  alle  fascie  e  alle  cor- 
nici, per  allontanare  l' acqua  piovana  dalle  parti 
sottostanti.  -  Dividiculo,  torre  d' acquedotto,  con 
ampio  serbatoio.  -  Facciata ,  la  parte  ante- 
riore: faccia.  -  Fa /so,  quella  parte  di  un  membro  di 
costruzione  che  sta  fuori  del  sostegno  destinato  a 
reggerlo.  -  Fastigio,  la  parte  culminante  d'un  edi- 
ficio. -  Fiancata,  ciascuna  delle  parti  laterali:  fian- 
co. -  Finestra,  apertura  per  dar  luce  alle  stanze. 
-  Fondamento,  muramento  sotterraneo  sul  quale  l'e- 
dificio posa.  -  Fo?/er  (frane;  letteralm.,  focolare),  sala 
annessa  a  un  edificio  ove  si  conviene  per  riscaldarsi 
e  conversare  durante  l'inverno.  Ital.,  ridotto,  spe- 
cialmente dei  teatri. 

Gradinata,  gradino,  veggasi  a  scala.  •  Gronda- 
tolo, sorta  di  cimasa  con  un'onda  grossa  nei  fron- 
tespizi sopra  le  cornici.  -  Guelfa,  voce  storica,  ag- 
giunto di  merlatura  di  edifici,  torri,  castella,  di  cui 
la  testa  è  piana,  laddove  la  merlatura  ghibellina  ha 
fornja  di  V.  -  Intercapedine,  spazio  vuoto  fra  il  pio- 
viente  d'un  tetto  e  un  altro,  fra  un  muro  e  un 
altro.  Fossatello  a  sponde  verticali  fra  due  corpi  di 
fabbrica.  -  Ipogèo,  parte  sotterranea  d'un  edificio,  e 
specialmente  quella  dove  gli  antichi  deponevano  i 
morti.  -  Locale,  parte  di  edificio  che  deve  servire 
a  quel  che  si  richiede.  -  Longarina,  verga  di  ferro 
che,  negli  edifici  moderni,  spesso  serve  di  trave, 
come  più  leggera  e  più  stabde. 

Maschio  0  mastio,  torrione  solido  e  alto  nel  mezzo 
di  un  castello.  -  Merlatura,  serie  di  merli,  coi  quali 
si  termina  superiormente  un  edificio.  -  Merlo,  parte 
oggi  ornamentale  in  cima  alle  torri  o  ai  palazzi: 
una  volta,  opera  di  difesa:  beccatello  ispor- 
tato.  -  Modanatura,  qualunque  parte  prominente, 
quadrata  o  rotonda,    ritta  o  curva,  che   sporga  da 


un  piano.  -  Ogiva,  nervature  che  sincoiitraiio  dia- 
gonalmente nelle  vòlte  dell'architettura  gotica  e  vi 
formano  scompartimenti  angolari.  -  Otlangolo,  parte 
di  edificio,  0  edificio  coslruito  in  forma  ottangolare. 

Altre   parti  e  annessi. 

Palchetto,  l'asse  corniciata,  col  ferro  in  cui  s' infi- 
lano le  campanelle  che  sostengono  le  cortine  di  fi- 
nestre, di  balconi,  ecc.  -  Falco,  insieme  di  legna- 
mi commessi  e  confitti  per  sostegno  dei  pavimento. 
-  Palelle,  ì  risalti  che  si  lavorano  sopra  un  pezzo 
in  costruzione  per  incastrarlo  in  un  altro.  -  Para- 
fulmine, veggasi  a  fulmine.  -  Farapetto,  mura- 
glia, muro  di  difesa,  di  riparo.  -  Pedwxio,  pietra 
sulla  quale  posano  gli  spigoli  della  vòlta.  -  Pene- 
trale, penetrali,  la  parte  più  interna,  più  ritirata.  - 
Peridromo,  (gr.),  galleria  coperta  intorno  a  un  edi- 
ficio. -  Peristilio,  galleria  a  colonne  isolate,  special- 
mente nell'interno  di  edifici.  -Piana,  sorta  di  corrente 
grosso.  -  Pianerottolo,  lo  spazio  che  è  in  capo  alle 
scale.  -  Pieddritto,  piedritto,  fusto  o  altro  sostegno 
di  porta  o  simile,  con  piede  diritto  e  senza  moda- 
nature. -  Pie  greco,  lo  spazio  di  che  uno  ha  diritto 
dietro  al  muro,  per  passarci  e  ristaurarlo.  -  Pietra 
angolare,  la  prima  e  fondamentale  di  un  edificio,  o 
ciascuna  di  quelle  che  stanno  agli  angoli,  più 
grandi  delle  altre,  per  servire  di  collegamento.  - 
Pietrame,  tutti  gli  ornamenti  di  pietra,  che  sono 
sulla  facciata,  o  altrove,  in  una  fabbrica.  -  Pigna, 
veggasi  a  cùpola.  -  Piolo,  colonnetta  di  pietra,  di 
ghisa,  di  bronzo  o  altro,  che  si  mette,  per  difesa, 
davanti  ai  portoni  dei  palazzi  o  alle  cantonate.  - 
Pilone,  grosso  pilastro  destinato  a  sostenere  cupole 
0  grandi  massi  murali  di  sontuosi  edifici,  aventi  la 
base  ottangolare  poligona  o  mistilinea,  secondo  la 
figura  della  parte  principale  e  delle  adiacenti  del- 
l'edificio a  cui  è  sottoposto.  -  Platei,  il  piano  del 
fondamento  dove  posano  gli  edifici;  la  parte  più 
bassa  di  un  teatro.  -  Podio,  zoccoio  che  circonda 
un  edificio.  -  Fozzo,  buca  murata  da  cui  si  attinge 
acqua.  -  Forta,  apertura  d'  accesso  -  Portale,  la 
porta  riccamente  ornata.  -  Pozzo  smaltitoio,  quello 
che  dà  esito  alle  immondizie.  -  Proiezione,  sporto, 
risalto.  -  Pronao,  parte  anteriore  di  antico  tem- 
pio,' -  Propilèo,  vestibolo  di  un  tempio  o  di  una 
reggia. 

Quartiere,  parte  d'un  edificio  che  contiene  un 
appartamenti  completo  ;  anche,  la  parte  d'una  ca- 
serma occupata  dai  soldati. 

Rilievo,  lavoro,  opera  che  aggetta  da  una  super- 
ficie. -  Rin fianco,  nome  generico  di  ogni  opera  di 
muro  0  di  ferro,  messa  di  fianco  ad  un'altra  per  so- 
stenerla 0  darle  maggior  solidità.  -  Ringhiera,  ri- 
paro di  bacchette  di  ferro  per  non  cadere.  -  Risalto, 
aggetto,  rilievo,  spicco,  sporto.  -  Risega,  la  parte 
che  si  lascia  sporgente  in  un  edificio,  per  adden- 
tellarlo. -  Rosone,  ornamento,  in  genere  circolare, 
in  figura  di  rosa.  -  Ruderi  (rovine,  mine),  avanzi 
conservati  di  antichi  edifici. 

Scalinata,  ordine  di  scalini  davanti  a  un  edificio 
veggasi  a  scala.  ■  Scannafosso,  sorta  di  canale  da 
scolo  che  contorna  un  edifizio  per  preservarlo  dal- 
l'umido. -  Segnali,  o  segni,  correnti  che  si  appog- 
giano alle  case,  sulla  via,  per  avvertire  che  vi  lavo- 
rano i  muratori  o  che  può  cadere  qualche  cosa. 
Anche,  puntelli.  -  Serbatoio,  in  genere,  luogo  o  re- 
cipiente dove  si  mantiene  checchessia. 

Sodo,  basamento  o  fondamento,  in  generale,  dove 


972 


EDILE    —    EDILIZIA 


posino  edifici  o  altro.  -  Sotterraneo,  Tpsrie  dell'e- 
dificio sotto  terra  :  costruzione.  -  Spalto,  ballatoio 
in  cima  alle  mura  e  alle  torri.  -  Spiovente,  super- 
ficie inclinata,  che  talvolta  si  mette  sopra  la  moda 
natura  finale  di  una  cornice  o  simili,  affinchè  l'ac- 
qua sgoccioli  sollecitamente.  -  Sportico,  sporgenze 
nel  corpo  di  un  edificio  dalla  porta  in  su.  -  Stilo- 
bate, piattaforma  a  gradinata  che  formava  la  base 
ornamentale  degli  edifici  classici  (greci  e  romani).  - 
Statata,  stanza  il  cui  palco  è  fatto  di  una  stuoia 
coperta  da  intonaco,  si  che  la  stanza  sembra  a 
vòlta. 

Tetto,  copertura  degli  edifici.  -  Tettoia,  specie 
di  tetto  poco  elevato.  -  Timpano,  veggasi  a  tac- 
ciata. -  Traliccio,  V  insieme  di  sbarre  metalliche, 
rigidamente  collegate  fra  loro  e  poste  allo  stesso 
piano.  -  Tramezzo,  muro  sottile  per  dividere  le 
parti  di  un  edificio,  comprose  nei  muri  principali. 
-  Transenna  (latinismo),  divisione  o  parete  divisoria; 
grata,  rastrello.  -  Travata,  connessione  di  più  travi.  - 
Travatura,  ordine  delle  travi  nelle  impalcature.  - 
Trave,  grosso  e  lungo  legno  adoperato  per  reggere  i 
palchi  e  il  tetto.  -  Traversa,  sbarra  di  metallo  o  di  le- 
gname che  serve  a  tenere  unite  le  parti  di  una  co- 
struzione. -  Traversino,  piccolo  pezzo  di  costru- 
zione messo  attraverso  un  altro.  -  Tribuna,  specie 
di  vòlta  che  si  fa  senz'armatura.  -  Trcmba  idrau- 
lica, apparecchio  per  attingere  acqua. 

Vani,  aperture  che  sono  in  tutto  l'edificio.  - 
Veranda,  specie  di  verone  a  vetri  o  in  foima  di 
casa  rustica  aggiunta  a  qualche  edificio.  -  Veatibolo 
(e  meno  comunem.  vestibulo),  atrio  esterno,  in  for- 
ma di  portico,  di  corte  o  simili.  -  Vòlta,  muro 
arcuato  per  copertura. 

Zana,  specie  di  nicchia.  -  Zòccolo,  pietra,  di  fi- 
gura quadrata,  sulla  quale  posano  colonne,  piedi- 
stalli, ecc. 

Cose  e  termini  vari. 

Acconcime,  restauro  di  un  edifìcio.  -  Atala  di 


un  fabbricato,  la  sua  proiezione  verticale.  -  Ambito, 
lo  spazio  che,  anticamente,  dovevasi  lasciare  vuoto 
fra  un  edificio  e  l' altro.  -  Apertura,  vano  per 
psssare  o  per  dare  adito  all'aria,  alla  luce.  -  Area, 
lo  spazio  circoscritto  di  terreno  occupato  dall'e- 
dificio. -  Avvallamento,  cedimento  dell'edificio  che 
si  abbassi  per  difetto  di  fondazioni.  -  Breccia,  aper- 
tura nelle  muraglie  fatta  dall'artiglieria. 

Fenditura,  fessura,  fesso,  piccola  spaccatura  nel 
muro.  -  Pianta,  disegno  particolareggiato  di  un 
edificio,  di  un  locale.  -  Prima  pietra,  quella  che 
collocasi  con  grande  solennità  di  cerimonie  nel  luogo 
ove  deve  sorgere  un  monumento  o  un  nobile  edi- 
ficio. 

Sciografia,  o  spaccato,  profilo  o  sezione  di  un  edi- 
ficio, per  rappresentare  la  parte  interna.  -  Sfogo 
d'un  arco,  d'un  porticato,  d'w»ia  stanza,  la  sua  al- 
tezza. -  Sodezza,  condizione  la  quale  fa  che  un  edi- 
ficio non  corra  pericolo  di  rovinare  o  facilmente 
deteriorare,  ma  anzi  possa  durare  lunghissimo 
tempo.  -  Spinta,  la  forza  che  si  sviluppa  in  al- 
cune parti  d'una  costruzione  e  tende  a  spostarle,  a 
rovesciarle. 

Strapiombo,  pendenza  in  fuori  che  prendono  i 
muri  0  qualsiasi  altra  costruzione  quando,  per 
cause  varie,  deviano  dalla  linea  verticale  che  do- 
vrebbero assolutamente  avere. 

Crollare,  di  edificio  che  si  sfascia  e  cade.  - 
Guardare,  di  fabbricati  e  finestre,  il  prospettare, 
l'essere  prospiciente  verso  la  parte  a  cui  sono 
volti.  -  Risentirsi  di  un  edificio,  il  dar  indizio  di 
movimento. 

Inaugurare,  fare  {'inaugurazione.  -  Radere  a 
terra,  al  suolo,  un  edificio,  atterrarlo,  diroccarlo.  - 
Riparare,  fare  il  restauro  di  un  edificio.  -  Scon- 
sacrare, ridurre  tm  edificio  già  sacro  ad  uso  pro- 
fano. 

Manutenzione,  cura  di  edifici  e  simili. 

Per  alcune  altre  voci  ^eggasi  ad  edilizia. 


Spiegazione  della  Tav.  XXVII  (pag.  969),  —  1,  edicola  funeraria;  2,  chiosco;  3,  minareto. 
4,  acquedotto;  5,  camino;  6,  opificio;  7,  fumaiuolo;  8,  pilastrino;  9,  aletta;  10,  balaustro;  H,  merla-* 
tura;  12,  arcature  con  feritoie;  13,  mensola;  14,  cariatide  o  atlante;  15,  cornice  a  conci;  16,  bugnato  ; 
17,  basamento;  18,  zoccolo;  19,  paracarro;  20,  soglia;  21,  pavimento;  22,  palafitte  per  fondazioni; 
23,  risega  della  volta;  24,  solaio  in  ferro  e  voltine;  25,  armatura;  26,  cicogna;  27,  grondaia;  28,  go- 
miti; 29,  doccione;  30,  frontalino;  31,  beola;  32,  cornice;  33,  tegola  marsigliese;  34,  trave  armata; 
35,  controfisso;  36,  tirante;  37,  trave  a  I  ;  38,  falda  del  tetto;  39,  frontone  del  tetto;  40,  displuvio: 
41,  compluvio  ;  42,  colmo  ;  43,  puntone  ;  44,  arcareccio  ;  45,  gatello  ;  46,  banchina  o  radice  ;  47,  reggie  ; 
48,  catena;  49,  saettone  ;  50,  monaco;  51,  chiave;  52  paletto  o  bolzone;  53,  solaio  in  cemento  armato; 
§4,  piattabanda;  55,  centine;  56,  piedritti;  ^7,  estradosso;  58,  intradosso;  59,  arco  a  sesto  acuto; 
60,  arco  a  sesto  scemo;  61,  arco  a  tutto  sesto;  62,  archivolto;  63,  pilastro;  64,  arco  rampante;  65,  davanzale; 
66,  stipite;  67,  frontoncino;  68,  fon  dazione;  69,  ponte  di  servizio;  70,  antenna;  71,  correnti;  72,  traverse. 


Edile  {edilità).  Veggasi  ad  edilizia. 

Edilizia  (edilizioj.  L'arte  dell'inalzare  gli  edi- 
pei, aprire  strade,  costruire  una  città.  -  L'ammini- 
strazione comunale  relativa:  il  sindaco  o  chi  per 
esso,  con  speciali  regolamenti,  stabilisce  norme 
sulla  regolarità  degli  edifici,  delle  vie,  dei  portici, 
dei  marciapiedi,  dei  selciati,  dei  lastricati,  della  nu- 
merazione delle  case,  sull'ornato  delle  case  stesse, 
sulla  conservazione  dei  monumenti  pubblici,  sulle 
limitazioni  delle  costruzioni,  i  ristauri,  le  demoli- 
zioni, l'intonacatura  e  le  tinte  dei  muri  e  delle  fi- 
nestre, sull'altezza  e  la  sporgenza  dei  fabbricati  in 
relazione  all'ampiezza  delle  vie  e  dei  cortili,  ecc.  - 
Edilizio,  che  si  riferisce  alle  fabbriche  d'una  città: 
lavori  edilizi,  leggi,  regolamenti  edilizi. 


Astinomi,  magistrati  di  Atene,  le  cui  funzioni  erano 
press'a  poco  le  medesime  di  quelle  degli  edili  ro- 
mani. -  £dt7e,  magistrato  romano  che  sopraintendeva 
alle  pubbliche  costruzioni,  alla  sanità  pubblica,  ai 
pubblici  spettacoli.  -  Edilità,  ufficio  di  edile. 

Allineamento,  tracciato  col  quale  l'autorità  deter- 
mina, nell'edilizia  pubblica,  l'ampiezza  delle  piazze 
e  delle  vie,  la  distanza  e  l'altezza  rispettiva  degli 
edifizi,  ecc.  -  Collaudo,  operazione  di  collaudo,  espe- 
rimento che  si  fa  per  vedere  se  le  costruzioni  pub- 
bliche, i  ponti,  ecc. ,  hanno  la  solidità  neces- 
saria: controllo,  esame.  -  Piano  regolatore,  disegno 
architettonico  che  dirige,  corregge  e  segna  le  loca- 
lità ai  fabbricati,  perché  la  città  venga  e  s'accresca 
con  una  certa  regolarità  artistica. 


EDITO    —    EDUCAZIONE 


973 


Edito.  Pubblicato  da.\Veditore. 

Editore  {editrice).  Chi  stampa,  nella  propria 
tipografia  o  no,  e  vende  libri,  giornali,  riviste, 
ecc.  -  Editrice,  feinmin.  di  editore;  specialm.  nei 
modi  Casa,  Ditta,  Tipografia  editrice.  Celebri  edi- 
tori in  Italia  (sec.  XVI  o  XVII)  i  Giunta,  i  Gio- 
lito, i  Grifo  ;  nel  sec.  XVII,  il  Mureto,  lo  Scalij,'ero  ; 
più  tardi,  Manuzio,  Hodoni,  Vieusseux,  Barbèra, 
Pomba,  ecc. 

Edito,  participio  del  latino  edere,  dar  fuori  ;  e  di- 
cesi anche  come  aggettivo  di  libri  pubblicati  per 
le  stampe.  -  Contr.,  inedito,  non  edito,  non  pubbli; 
cato.  -  Editoriale,  agg.  femm.  di  editore,  usato  tal- 
volta per  editrice  :  voce  superflua  dedotta,  verosi- 
milmente, dall'ingl.  edilorial.  -  Venditore,  stampa- 
tole di  lunari,  un  editoruccio. 

Edizione,  pubblicazione  di  un'opera  per  la  stam- 
pa; l'opera  stessa  pubblicata;  il  numero  di  copie, 
o  esemplari,  che  se  ne  stampano  in  una  voi  la 
Edizione  corretta,  scorretta,  nitida,  rara,  splendida, 
economica,  compatta,  stereotipa,  fuori  di  commercio, 
ritirata  dall'autore,  stampata  alla  macchia  (illegal- 
mente), riveduta,  aumentata  dall'autore,  ecc.  Prima 
edizione,  seconda,  terza,  ecc.  La  prima  talora  chia- 
masi latinamente  edizione  principe;  e  dicesi  spe- 
cialmente di  opere  impresse  nel  primo  secolo  della 
stampa  (si  chiama  cosi  anche  la  più  completa  e 
maestosa  d'un  autore  moderno).  Le  edizioni  poste- 
riori alla  prima  chiamansi  anche  ristampe.  -  Edizione 
prendesi  talora  in  senso  collettivo  per  tutti  gli 
esemplari  di  una  cosa  stampata;  coài  diciamo  che 
un'edizione  è  copiosa,  scarsa,  esaurita,  smaltita 
(tutta  venduta).  -  Edizione  clandestina,  quella  senza 
nome  dell'  autore,  dell'  editore  e  dei  luogo  dove  fu 
stampata;  contraffatta,  che  somiglia  la  vera  in 
tutto,  ma  non  lo  è  ;  espurgata,  purgata,  corretta 
(veggasi  a  correttore)  dagli  errori  della  prima 
stampa  ;  illustrata,  con  vignette  intercalate  nel  te- 
sto; postuma,  stampata  dopo  la  morte  dell'autore; 
spuria,  quella  non  riconosciuta  dall'autore  dell'o- 
pera. 

Edizione  aldina,  quella  uscita  dai  torchi  della 
famiglia  di  Aldo  Manuzio.  -  Edizione  cominiana, 
quella  del  C  omino,  stampatori  di  Padova.  -  Edi- 
zione diamante,  di  piccolissimo  formato.  -  Edizione 
elzevir,  o  elzeviriana,  quella  degli  Elzevir,  stampa- 
tori olandesi  del  sec.  XVI,  con  una  speciale  forma 
di  caratteri  e  di  aspetto  elegante,  o  quella  moderna 
che  la  imiti. 

Catalogo,  il  volume  o  i  volumi  nei  quali,  per 
ordine  alfabetico  o  per  materie,  sono  notati  i  nomi 
degli  autori,  i  titoli  delle  loro  opere,  il  nome  del- 
l'editore, della  città,  e  il  numero  dell'  anno  in  cui 
furono  pubblicate,  nonché  il  numero  della  stanza, 
dello  scaffale  e  del  palchetto  ove  esse  opere  si  tro- 
vano. -  Catalogo  alfabetico,  quello  nel  quale  i  nomi 
degli  autori  sono  notati  secondo  l'ordine  delle  ven- 
tiquattro lettere  dell'alfabeto.  -  Catalogo  per  materie, 
0  metodico,  quello  nel  quale  le  opere  sono  riunite 
in  classi  a  seconda  della  materia  che  in  essi  è 
trattata.  Notisi  però  che  anche  in  questi  cataloghi 
i  nomi  degli  autori  vengono  registrati,  sotto  cia- 
scuna classe,  in  ordine  alfabetico.  -  Dispensa,  pun- 
tata, veggasi  a  fascicolo.  -  Doppione,  ciascuna 
delle  due  copie  della  stessa  edizione  di  un'opera.  - 
Fascicolo,  ciascuna  delle  parti  di  un'opera,  d'un 
libro  che  si  pubblica  a  intervalli.  -  Opùscolo,  ope- 
retta di  poche  pagine. 

Associatore,  chi  cerca  fare  associati,  abbonati  ad 
una  pubblicazione  per  conto  di  un  editore. 


Editto.  Sinonimo  di  bando.  -  Dicesi  anche 
per  d'icreto,  Iffjje.  -  Edilio  perpetuo,  il  diritto 
pretorio  quale  fu  lissato  d.til'imperatore  Adriano.  - 
Editto  pretorio,  nell'antica  lloma,  quello  pubblicato 
dal  pretore  entrando  in  carica,  per  notificare  le 
norme  con  le  quali  avrebbe  reso  giustizia.  -  Editto 
provinciale,  quello  che  pubblicavano  i,'li  antichi  go- 
vernatori delle  Provincie  romane.  -  Firmano,  editto 
del  gran  sultano.  -  Proclama,  editto  alle  popola- 
zioni emanato  dal  capo  dello  Stato,  da  un  coman- 
dante d'esercito  o  da  un'autorità  amministrativa.  ■ 
Ukase  (ucas),  voce  russa  che  indica  qualunque  or- 
dine 0  editto  del  sovrano. 

Edittali,  nell'antica  Roma,  giovani  che  studiavano 
l'editto  pretorio. 

Edizióne.  Detto  a  editore. 

Edonismo.  Veggasi  a  piacere. 

Edotto.  Latinismo  per  informato ,  ammae- 
strato. 

Èdrico.  Veggasi  a  intestino. 

Educanda  (ediicandalo).  Fanciulla  in  educazione 
in  un  collegio  e  simili. 

Educando.  Voce  pedantesca  (tuttavia  di  buona 
formazione  latina)  per  alunno,  scolaro. 

Educare  {educativo,  educato,  educatore).  Voce 
di  vario  significato:  dicesi  per  aWeyare  (moralmente), 
istruire,  dare  istruzione.  Propriamente,  -iferito  a 
fanciullo  (o  ad  altra  persona»,  vale  curarne  ['educar 
zione,  cioè  volgerne  al  bene  e  svilupparne  sana- 
mente le  facoltà  dell'animo  e  della  mente.  Riferito 
ad  animale,  renderlo  domestico. 

Educativo.  Che  giova  di\[' educazione. 

Educato.  Di  persona  alla  quale  fa  data  una 
educazione. 

E  lucatore.  Chi  educa,  chi  impartisce  Veda- 
cazione  o,  anche,  {'insegnamento. 

Educatòrio.  Luogo,  istituto  di  educazione. 

Educazióne  {educare,  educativo,  educato,  educa- 
tore, educatorio)  L'educare,  atto  ed  effetto);  il  volgere 
al  bene  le  facoltà  dell'animo:  allenamento  morale, 
ammaestramento;  arte  del  buono,  disciplina,  go- 
verno, pane  dell'anima,  profilassi  psichica.  Educa- 
zione si  dice  pure  nel  significato  di  «  procedere 
con  modi  civili,  garbati  »,  a  indicare  correttezza  di 
contegno,  di  condotta,  di  buon  costume.  Edu- 
cazione fisica,  intellettuale,  morale;  domestica,  di  fa- 
miglia, di  collegio,  civile,  religiosa;  libera,  razio- 
nale, 0  pedantesca,  viziata;  privata,  pubblica,  retta, 
seria,  severa;  alla  buona  o  signorile;  educazione 
balorda,  bislacca  (non  buona),  debole,  insufficiente, 
zoppa,  oppure  forte,  perfetta,  squisita,  ecc.  -  Mas- 
sime, metodo,  sistema,  libri,  casa,  luogo,  istituto  di 
educazione.  -  Callipedia,  V  arte  di  educare  i  fan- 
ciulli ;  in  senso  astratto,  l' arte  di  procurare  figli 
belli  e  ben  costituiti.  -  Creanza,  educazione  pra- 
tica; urbanità. 

Disciplina,  istituzione  o  educazione  aventi 
norme  severe.  -  ±jlica,  filosofìa,  scienza  morale, 
che  tratta  della  morale.  -  Morale,  scienza  dei  co- 
stumi ;  costume  buono  o  cattivo.  -  Pedagogia, 
la  scienza  dei  principi  da  seguirsi  nell'  educare  i 
fanciulli  :  è  teoretica  e  pratica.  -  Propedèutica,  istru- 
zione preparatoria. 

Educare,  allevare  moralmente,  proprio  delle  crea- 
ture umme,  sviluppandone  opportunamente  le  fa- 
coltà psichiche  e  mentali  (istruire)  :  accostumare, 
affinar  l'animo,  ammaestrare  nella  virtù;  avvezzare, 
coltivar  l'animo,  costumare,  digrossare,  diro/-zare, 
domare  (figur.);  filtrare  decotti  di  legno  santo 
(scherz."),  formare  l'animo,  formare  il  carattere,  for- 


974 


mare  una  persona;  indirizzare,  insegnare  a  vivere, 
informare  a  buoni  principi,  informare  ai  principi 
della  moralità;  moraleggiare,  moralizzare;  nudrire 
(figur.)  ;  raflìnare,  tenere  a  freno,  a  segno,  in  bri- 
glia. -  Addomesticare,  correggere  persone  ruvide,  a- 
spre.  -  Badare,  attendere,  consacrarsi  all'educazione. 

-  Educare  civilmente,  conforme  all'uso  civile;  an- 
che, dare  educazione  laica,  senza  forme  religiose.  - 
Pedagoyizzare,  trattare  da  pedagogo  o  secondo  la 
pedagogia.  -  Rieducare,  ripete  educare.  •  Sbozzolire, 
allevare;  sbozzolirsi,  essere  allevato.  -  Tirar  su  uno  a 
briciole  di  pane,  allevarlo,  educarlo   con  ogni  cura. 

Educabile,  che  si  può  educare;  suscettivo  di  es- 
sere educato.  Contr.,  ineducabile. 

Educativo,  che  giova  all'educazione,  che  serve  ad 
educare  (letture,  istruzione,  metodo  educativo)  :  mo- 
ralizzante. -  Propedèutico,  preparatorio  a  educazione 
più  alta. 

Educato,  che  abbia  avuto  educazione;  affinato, 
benallevato,  costumato:  modificato,  rilevato,  tempe- 
rato dall'educazione  ;  anche,  indicando  persona  bene 
educata.  Dicesi  pure  per  urbano,  dotato  di  urba- 
nità, -  Allievo,  discepolo,  scolaro,  chi  è  allevalo, 
ammaestrato,  educato  da  alcuno.  -  Bennato,  nato  in 
condizione  civile  ed  educato  bene:  bencreato.  -  Gen- 
tilomo  e  gentiluomo,  uomo  d'indole  cavalleresca,  edu- 
cato tinemente.  -  Greggio,  non  ancora  educato, 
istruito:  incolto.  -  Ineducato^  non  educato;  senza 
creanza.  -  Malavvezzo,  avvezzato  male,  con  edu- 
cazione poco  seria.  -  Malcreato,  educato  male,  maledu- 
cato, screanzato  :  malnato.  Malcreatello,  dimin.  spreg. 

-  Persona  compita,  ben  educata.  -  Potato  (figur.), 
giovane  immiserito  da  servile  educazione.  -  Uomo, 
persona  compita,  ben  educata.  -  Villanaccio,  spreg. 
di  viUaao;  ma  si  suol  dire  anche  per  uomo  rozzo 
e  malcreato.  -  Star  male  a  fondamento  (scherz.),  di 
persona  che  ha  cattivi  principi  religiosi  o  morali, 
e  ha  fatto  non  buoni  studi. 

Educatore,  chi  impartisce  l'educazione,  educa, 
insegna  a  pensare  e  ad  agir  bene:  aio,  baiulo,  de- 
miurgo, ètico;  filosofo,  filosofo  ètico,  filosofo  mo- 
rale, moralista,  moralizzatore;  plasmatore  di  popoli, 
precettore.  ■  Censore,  chi  veglia  alla  disciplina  negli 
istituti  di  educazione.  -  Educatrice,  femmin.  di  edu- 
catore: aia,  governante,  ecc.  -  Governante,  donna 
che,  nelle  case  signorili,  attende  all'educazione  delle 
signorine  -  Istitutore,  chi  ha  per  professione  di 
dirigere  l'educazione  d'uno  o  più  giovani  in  fami- 
glia 0  in  collegio.  -  Mentore,  consigliere,  precettore 
di  giovani.  -  Pedagogista,  chi  tratta  di  cose  peda- 
gogiche. -  Pedagogo,  chi  guida  ed  educa  i  ragazzi: 
aio,  allevatore,  balio,  istitutore,  padre  dell'anima  e 
dei  costumi,  precettore  propedeuta. 

Educatorio,  istituto  di  educazione,  quali  il  col- 
legio, il  ricreatorio,  il  seminario,  ecc.  Pro- 
pnam.,  istituto  moderno  nel  quale  sono  raccolti  e 
trattenuti  fanciulli  o  fanciulle,  per  occuparli  in  eser- 
cizi piacevolmente  educativi,  fuori  dall'orario  della 
scuola.  Altri  istituii  inoderni  del  genere  la  scuola 
e  famiglia,  le  scuole  preparatone  operaie.  -  Pedeu- 
terio  (gr.),  istituto  di  educazione. 

Massime,  pensieri.  —  L'educazione  fisica,  morale, 
intellettiva  delle  masse  è  una  delle  necessità  più  ur- 
genti. -  L'indulgenza  usata  ai  bambini  non  sia  de- 
bolezza -  Oggi  usano  la  mazza  filantropica  fasciata 
di  rotone:  parlando  della  blanda  e  non  severa  edu- 
cazione moderna,  contrapposta  alla  barbara  antica. 
Edule.  Latinismo  '^'dv  commestibile,  ossia  cosa 
da  mangiare. 

Efebèo.  V  eggasi  a  ginnastica. 


Efèlide.  Nome  scientifico  della  macchia  cutanea 
che  noi  chiamiamo  lentiggine. 
Efeméride,  effemeridi.  Diario,  periodico. 
Effe-effe.  Veggasi  a  funzionario. 
Effeminare,  effeminarsi  (effeminato).  Ren- 
dere, divenire  effeminato. 
Effeminatamente.  Da  effeminato. 
Effeminatezza.  L'essere  effeminato. 
Effeminato.    L'uomo  che  ha  preso  costumi  e 
modi  femminili  i  quali,  per  lo  più,  si  attribuiscono 
alla  femmina  ;    chi  dimostri  animo   femminile,  an- 
ziché virile:    effeminato,  castratello,  delicato,  deli- 
'zioso  (scherz.),    donnicciuola,  effemminato,  imbam- 
bagellato,    infemminato,  lezioso,  leziosuccio,  molle, 
rilassato,  saginato  nel  burro;  tenero; uomo  di  bam- 
bagia; vezzoso.  -  Essere  effeminato,  vivere  effemina- 
tamente, tener  vita  femminile:  far  la  ninfa;  vivere 
nella  bambagia;  essere  nudrito  «  in  piume  al  vezzo  ». 
-  Gaudente  delicato,  chi  fa  professione  di  vivere  in 
elegante  agiatezza,  avendo  cura  di  procurarsi  molti 
e  svariati  piaceri  :  elegante  epicureo. 

Effeminare,  far  divenire  effeminato,  avvezzare  altri 
a  modi  femminei:  ammollire,  effeminare,  ineffemi- 
nire,  mollire,  snervare.  -  Effeminarsi,  prendere  co- 
stumi femminei:  infemminire,  infemminirsi.  -  Effe- 
miinatamente,  da  effeminato,  con  effeminatezza:  de- 
licatamente, effemminatamente,  leziosamente,  molle- 
mente, morbidamente,  vezzosamente. 

Effeminatezza,  l'essere  effeminato,  qualità  di  chi 
é  effeminato;  costumi,  modi  femminei  in  un  uomo 
che  abbia  soverchia  cura  dei  propri  comodi,  si  ab- 
bandoni troppo  alle  delicatezze  esimili:  bambagia, 
costume  asiatico,  delicatura,  dolcitudine,  effemmi- 
natezza,  effeminazione,  leziosaggine,  mollezza  affet- 
tata, mollizia,  mollizie,  morbidezza,  tenerume. 

Effeminazione.  Effeminatezza;   l'essere  effe- 
minato. 
Efferatamente.  In  modo  crudele. 
Efferatezza.  Crudeltà,  l'essere  crudele;  l'atto 
crudele. 

Efferato.  Ferino,  crudele,  fiero,  fei'oce,  inu- 
mano. 
Efferente.  Veggasi  ad  organo. 
Effervescente,   effervescenza.   Veggasi    a 
liquido  e  a  schiuma. 

Effetti.  Gallicismo  col  quale  si  indicano  oggetti 
minuti,  specialmente  capi  di  biancheria,  di  vestiario 
e  simili.  -  Effetti  pubblici,  i  titoli  di  rendita  garan- 
titi dallo  Stato.  -  Effetti  di  commercio,  la  cambiale, 
il  biglietto  all'ordine,  ecc.:  veggasi  a  Banca  e  a 
commercio, 

Eff«  ttivamente.  Effettualmente,  con  effetto, 
in  realtà. 

Effettivo.  Che  ha  effetto,  è  in  effetto.  -  Ter- 
mine neologistico  dal  linguaggio  militare  indicante 
il  numero  vero  dei  soldati  che  compongono  un 
corpo. 

Effetto.  Ciò  che  è  fatto,  è  prodotto,  o  deriva 
da  una  causa;  cosa  prodotta  con  tutte  le  sue  mo- 
dalità concrete  (forma,  figura,  luogo,  nome,  famiglia, 
tempo)  :  atto,  conseguenza,  derivazione,  elfettua- 
zione,  emanazione,  esito,  estrinsecazione,  fatto,  fe- 
nomeno, figlio  (figur.),  finale,  fine,  frutto;  portato, 
processione,  rampollo;  realizzazione,  risultanza,  ri- 
sultato,  sequela,  successo.  -  Anche,  esecuzione  di 
una  promessa,  di  un  ordine,  di  una  minaccia 
e  simili.  -  Il  risultato  che  si  ottiene  dall'applicazione 
di  un  medicamento,  di  una  cura  e  simili,  non- 
ché da  qualche  azione  morale:  efficacia.-  In  senso 
artistico,  risultato,   buono  o  cattivo,  che  si  ottiene 


EFFONDERE 


975 


con  le  qualità  inlrinseche  dell'opera;  altrimenti,  la 
imprestiioìie  che  essa  desta  in  chi  è  chiamato  a 
vederla  (quadro,  statua,  ecc.),  a  udirla  (dramn)a, 
melodramma),  ecc.  -  Derivazione,  di  cosa  che  sia,  in 
(jualche  modo,  effetto  o  conseguenza  di  un'altra: 
agnascenza,  emanazione,  procreazione;  cosa  ram- 
pollata. -  Effettaccio,  peppior.  di  effetto,  non  in  senso 
spreg.,  ma  di  quell'etletto  che  può,  senza  appagare 
l'estetica,  dar  nell'occhio;  dimin..  effelhicvio.  ■  Effetto 
studiato,  affettato,  ricercalo.  -  Elfettuazione,  france- 
sismo, invece  di  rompimento,  esecuzione,  ecc.  -  Ef- 
ficacia, qualità  di  ciò  che  fa  elfetto;  virtù  opera- 
tiva. Contr.,  inefficacia.  -  Effìiienza,  potenza  del 
produrre  l'effetto.  -  Metonimia,  (ipura  retorica  nella 
quale  si  pone  la  causa  per  l'effetto,  il  contenente 
per  il  contenuto,  ecc. 

Effetto  giuridico,  conseguenza  derivante  da  una 
legge,  da  un  atto  dell'autorità  giudiziaria  o  da  un 
contratto.  -  Effetto  retioatlivo.  l'impero  di  una  legge 
su  fatti  anteriori  alla  sua  promulgazione.  -  Effetto 
utile,  lavoro  prodotto  dall'azione  d'una  macchina.  - 
Influenza,  azione  d'una  cosa  che  produce  effetto 
su  un'altra;  dicesi  anche  di  persone. 

.1  effetto  di a  fine,  a  scopo  di -  Effetti- 
vamente, con  effetto,  di  fatto,  effettualmente,  in- 
fatti, realmente,  in  realtà,  in  conclusione.  -  Effet- 
tivo, effettuale,  atto  a  produrre  un  effetto,  che  ha  o 
produce  effetto;  che  è  in  effetto,  in  7'ealtà;  che  fa 
(causa  effettiva,  più  comuiiera.,  efficiente).  -  Effet- 
tuabile, che  si  può  effettuare,  mandare  ad  effetto.  - 
Effettuabilità,  l'essere  effettuabile.  -  Effettuato,  man- 
dato, riuscito  ad  effetto.  -  Effettualità,  l'essere  ef- 
fettuato. -  Infallibile,  che  non  può  mancare  del  suo 
effetto.  -  Invano,  senza  effetto,  senza  risultato  ; 
inutilmente.  -  Per  effetto  di...,  in  conseguenza,  in 
seguito,  in  virtù,  per  cagione. 

Effettuare,  condurre,  mandare  ad  effetto:  dar 
compimento,  dar  esecuzione,  eseguire,  determinare 
un  effetto;  porre  in  effetto,  recare  ad  effetto,  rea- 
lizzare. -  Apportare,  cagionare,  produrre  effetto.  - 
Cooperare,  concorrere  con  altri  ad  un  effetto,  ad 
uno  scopo.  -  Preparare  (preparazione),  eseguire, 
far  quanto  occorra  per  ottenere  un  effetto,  per  riu- 
scire nell'intento. 

Effettuarsi,  accadere,  prodursi  d'un  avvenimen- 
to: avere  corpo,  effetto,  compimento,  esecuzione, 
luogo,  principio,  vigore;  avverarsi;  concretarsi,  di- 
venir concreto:  escir  dal  sogno;  fiorire  in  effetti, 
incarnarsi  nei  fatti,  realizzarsi;  riuscire;  sortire  el- 
fetto; venire  ad  effetto,  venire  a  galla. 

Varie.  —  Cospirare  (figur.),  di  più  cose  che  con- 
corrono a  uno  stesso  effetto.  -  Derivare  (derivante, 
derivato),  venire  come  effetto,  come  conseguenza; 
procedere,  provenire  da...  :  emanare,  emergere  ;  es- 
sere cagionato;  originarsi;  pigliare,  prender  cagione; 
ripetere  l'origine,  risultare,  uscire.  -  Far  effetto, 
produrre  quelle  conseguenze  che  sono  nella  natura 
dell'agente  di  cui  si  parla;  influire,  esercitare  in- 
fluenza. -  Mitigare,  togliere  in  parte  l'effetto.  - 
Ripetere,  far  derivare  (ripetere  il  bene  o  ti  male  da 
uno,  da  un  fatto,  da  una  cosa).  -  Risentire,  ripro- 
vare, sentir  gli  effetti. 

LncuziONi  E  PROVERBI.  —  Acqua  chela  rovina  i 
ponti  (una  piccola  causa  produce  spesso  grandi 
effetti,  quando  agisce  senza  interruzione).  -  Ca- 
vallo di  battaglia  (figur.),  l'esercizio,  l'occupazione, 
la  cosa  qualunque  nella  quale  chi  la  fa  ottiene  il 
maggior  effetto  possibile:  cavallo  di  parata  (di  can- 
tante, aria  di  furore;  di  oratore  sacro,  quaresimale) . 
-  Chi  s'è  visto  s'è  visto  :  di  cose  che  non  hanno  più 


effetto.  -  Dopo  il  fumo  vien  la  fiamma  (alla  causa 
segue  l'effetto).  -  La  frutta  cade  non  lontano  dal- 
l'albero :  gli  effetti  accennano  alle  cagioni  -  Se  sa- 
ranno rose  fioriranno,  se  saranno  spine  pungeranno: 
gli  effetti  parleranno.  -  Tant'é  Betta  che  Calerà:  di 
(Ire  cose  che,  per  quanto  si  faccia,  hanno  gli  stessi 
lìsullati. 

l-rictto.  Nell'uso,  bene  mobile;  cambiale.  - 
Effetti  di  commercio,  titolo  generico  di  quelle  carte 
0  (li  (juei  titoli  fiduciari  che  si  possono  legalmente 
spendere  o  far  circolare  come  denaro.  -  AV/ìp/Zo  pub- 
blico (comunem.,  al  plur.).  titolo  di  reudita,  bene 
mobile,  titolo  che  si  commercia  nella  Banca,  v^Wa 
Borsa,  ecc. 

Effettuale.  Veggasi  ad  effetto. 

Effettuare,  effettuazióne.  Il  mandate  ad 
effetto. 

Efficace.  Chi  ha  efficacia. 

Efficacemente,  ('on  efficacia. 

Efficàcia.  Virtù  grandemente  operativa;  qualità 
di  ciò  che  fa  effetto:  bontà,  energia,  forza, 
operazione,  potenza.,  potere,  validità,  valore,  vi- 
gore. Contr.,  inefficacia.  -  Efficienza,  potenza  per 
produrre  un  effetto.  -  Miracolo  (figur.),  grande 
efficacia. 

Efficace,  che  ha  efficacia,  che  fa  molto  effetto: 
efficiente,  energico,  fattivo,  gagliardo,  operante,  ope- 
rantissimo, operativo,  valevole,  valido,  valoroso, 
virtuoso.  Contr.,  inefficace,  debole.-  Molto  efficace: 
miracolo.«o,  possente,  potente,  presentissimo,  sve 
gliato.  -  Essere  efficace,  avere  efficacia  e  operazione: 
acconsentire,  accostare,  corrispondere,  essere  d'oro 
in  oro,  operare.  -  Rendere  efficace,  rafforzare,  rin- 
forzare, dar  forza,  vigorare.  -  Efficacemente,  con 
efficacia,  con  buon  effetto,  in  modo  efficace:  effet- 
tuosamente,  energicamente,  gagliardamente,  operati- 
vamente, possentemente,  potentemente,  validamente, 
valentemente,  valevolmente,  valorosamente,  virtuo 
sameiite. 

Efficiente.  Che  fa,  opera,  produce  effetto; 
che  è  efficace,  ha  efficàcia.  -  Causa  effic\tnte, 
quella  da  cui  dipende  un  efietto. 

Efficienza.  Potenza  di  produrre  qualche  ef- 
fetto. 

Effigiare  (effigialo).  Far  l'effigie,  rappresen- 
tare, riprodurre  la  figura,  \' immagine  di 
cosa  0  persona,  mediante  lavoro  di  disegno,  di 
pittura,  di  scultura;  copiare  con  esatta  imita- 
zione una  testa  e  simili. 

Effigie.  Sembianza,  immagine,  riproduzione 
artistica  latta  dal  pittore,  dallo  scultore,  su  una 
medaglia,  ecc,  :  ritratto.  -  Ravvisare,  riconoscere 
in  un'effigie  la  persona  raffigurata. 

Effimero  (effimeraj.  Che  dura  pochissimo,  non 
può  durare;  momentaneo,  fugace. 

Efflazióne.  Il  cacciar  fuori  dallo  stomaco. 

Efflorescente.  Veggasi  a  sale. 

Elflorescènza  (efflorescente).  Malattia  della 
pelle. 

Efflusso.  Moto  dell'acqua,  flusso. 

ì  Ifliivlo.  Evaporazione,  esalazione.  -  Scarica 
elettrica,  invisibile  o  poco  luminosa,  che  si  produce 
tra  due  lastre  di  vetro  poste  di  fronte  e  portanti 
sulle  loro  facce  esterne  delie  foglie  di  stagno  co- 
municanti coi  due  poli  di  un  rocchetto  di  Ruhm- 
korff  0  di  una  macchina  elettrica. 

EffluTiografla.  Veggasi  a  fotografia. 

Effóndere,  effusióne  (effusivo,  effuso).  Veg- 
gasi  a  spargere. 


976 


EFFRAZIONE    —   EGUALE 


Effrazióne.  Voce  del  linguaggio  forense  per 
scasso,  rottura:  veggasi  a  rompere. 

Efifasióne.  Spargimento  abbondante  di  un 
fluido. 

Efod,  Indumento  del  gran  sacerdote  degli  Ebrei. 

Èforo.  Antico  ìnagistrato  spartano 

Eg-emonia  (egemoniaco J.  Dominazione,  do- 
minio. 

Eg-estlóne.  Vuotamento:  atto  ed  effetto  del 
vuotare. 

Ègida.  Lo  scudo  di  Giove  e  d'altri  dèi,  spe- 
cialm.  di  Pallade.  Figur.,  difesa  (moralmente),  - 
Egidarmato,  armato  di  ègida. 

Egipani.  Figura  della  mitologia. 

Eg^ira.  L'èra  dei  Maomettani. 

Egiziano.  Dell'Egitto  :  egiziaco,  egizio.  -  Egitto- 
logia, l'archeologia  egiziana.  -  Egittòlogo,  aggiunto 
di  persona  dotta  nella  storia  e  nei  monumenti  del- 
l'antico Egitto. 


Cose  varie  egiziane,  proprie  dell'Egitto. 


Ghedive.  kedive  (gran  signore),  titolo  ufficiale  del 
viceré  d'Egitto,  dipendente  dal  sultano  dei  Turchi: 
pascià  (propriam.,  bdscia),  pascialik.  -  Faraone,  nome 
di  antichi  re.  -  Fellah,  lavoratore,  contadino  egi- 
ziano. -  Gerogrammatico,  poeta  che  conosceva  e  spie- 
gava i  gerogrammi,  scritti  sacri.  -  Nomarca,  chi  go- 
vernava un  nomo,  o  provincia.  -  Sudan,  poi  califfo, 
titolo  di  antichi  sovrani. 

Cofli,  cristiani  d'Egitto,  giacobiti  o  eutichiani.  La 
loro  Imgua  (il  copto)  è  la  più  antica  dell'Egitto.  -  Ha- 
miti,  gli  antichi  abitatori  dell'  Egitto,  ora  Fellahin. 

-  Lotofagi,  popoli  che  mangiavano  il  frutto  del  loto 
flotusj,  pianta  acquatica.  -  Mamelucchi,  cavalieri 
egiziani. 

Api,  Iside,  Mnevis,  Onufi,,  Osiride,  Tifone,  veggasi 
a  divinità  (pag.  920,  prima  colonna).  -  Canopo, 
dio  egiziano;  anche,  sorta  di  vaso.-  Coccodrillo, 
mostruoso  rettile.  -  Ibi,  uccello  sacro.  -  Sfinge,  veg- 
gasi a  pag.  922,  seconda  colonna  (divinità  in  forma 
di  mostri). 

Geroglifico,  scrittura  simbolica  incisa  sui  monu- 
menti. -  Scrittura  ieratica,    quella  delle  cose  sacre. 

Aguglie  di  Cleopatra,  obelischi.  -  Hemispeos,  tempio 
sotterraneo  dell'antico  Egitto,  in  parte  scavato  nella 
roccia,  in  parte  (la  facciata)  costruito.  -  Mastaba, 
tomba  egiziana  che  serviva  alle  sepolture  private.  -, 
Mivrìimia,  cadavere  conservato.  -  Monolito,  obe- 
lisco 0  altro  monumento  d'una  sola  pietra.  -  Obe- 
lisco, colonna  quadrangolare  terminata  in  punta. - 
Piramide,  monumento  caratteristico  e  famoso: 
tomba  dei  re  egiziani  (ciascuno  se  ne  fece  erigere 
una  propria).  -  Speos,  tempio  sotterraneo  dell'antico 
Egitto.  -  Siete,  piccolissimo  obelisco. 

Delta,  parte  di  terra  fra  i  rami  del  Nilo.  -  Nilo, 
fiume  celebre  per  le  sue  inondazioni.  -  Piaghe  d'E- 
gitto, quelle  da  Dio  inflitte  a  Faraone,  perchè  osti- 
nato a  non  liberare  e  lasciar  partire  il  popolo  d'I- 
sraele: veggasi  a  piaga. 

Egiziano.  Carattere  tipografico  dalle  aste  forti. 

-  Canone  egiziano,  legge  della  proporzione  delle  fi- 
gure umane,  per  cui  il  corpo  corrisponde  sette  volte 
l'altezza  del  piede. 

E:fll  (femmin.,  ella).  Pronome  di  terza  persona 
singolare,  nel  primo  caso:  colui,  desso,  ei,  esso,  il 
suo  sé,  lui,  quegli.  -  Ella,  dessa,  essa,  la,  lei.  - 


Eglino  (plur.  di  egli):  li,  loro,  quei.-  Elleno  (plur 
di  ella),  loro. 

Ègloga.  Sorta  di  poesia,  per  lo  più  pastorale: 
ecloga.  La  bucolica  comprende  l'egloga  e  l'idillio, 
che  è  campestre. 

Egofonfa.  Detto  a  voce. 

Egoismo.  Eccessivo  ed  esclusivo  amore  di  sé 
stesso;  il  non  avere  altra  cura  che  quella  del  pro- 
prio utile  ;  grado  eccessivo  e  riprovevole  di  am^r 
proprio:  amore  del  tarlo  (che  ama  per  rodere), 
autofilia,  contemplazione  di  sé,  lìlautia,  individua- 
lismo, l'io,  solipsia,  suipsismo.  Contr..  disinteresse, 
generosità. 

Carità  di  mona  Agnolo,  o  Candida  (che  biasciava 
i  confetti  ai  malati  per  togliere  loro  il  disturbo), 
carità  pelosa  (scherz.),  carità  di  mona  Manna  (che 
succhiava  lo  zucchero  per  risparmiare  la  fatica  ai 
malati):  egoismo  mascherato.-  Corpus  domini  [scherz.), 
il  proprio  ventre,  in  senso  egoistico  (pensare  solo  ai 
corpus  domini,  pensare  solo  al  proprio  ventre).  - 
Egotismo,  egoteismo,  la  venerazione,  l'adorazione  di 
sé  stesso:  l'autorità  del  proprio  «o,  specialmente  in 
quanto  si  affaccia  con  prosopopea.  -  Utilitarismo, 
la  dottrina,  il  principio,  o  meglio  ancora  il  senti- 
mento per  cui  l'uomo  subordina  ogni  azione  al  pro- 
prio interesse  e  per  cui  in  tutto  quello  che  fa  non 
ha  altra  guida  ed  altro  fine  che  l'utilità  propria. 

Filauzio,  nume  dei  grandi  egoisti.  -  Liana,  pianta 
sarmentosa  che  si  ravvolge  a  spira  intorno  un  al- 
bero, impedisce  la  circolazione  de'  suoi  umori,  tanto 
che  muore,  mentre  essa  cresce  rigogliosa:  simbolo 
del  più  schifoso  egoismo. 

Egoista,  chi  è  dominato  dall'egoismo,  amante  solo 
di  sé,  del  proprio  comodo,  del  proprio  interesse  : 
autofilo,  innamorato  di  sé  stesso;  gente  tutta  di  sé; 
machiavellista;  uomo  tutto  di  sé:  utilitario.  -Egoi- 
sticamente, da  egoista,  in  modo  egoistico  -  Egoistico, 
da  egoista,  di  egoista:  ingeneroso.  -  Essere  egoista, 
esser  per  sé,  troppo  di  sé,  tutto  per  sé;  far  la  ci- 
vetta; non  dar  bere  a  secchia,  non  dar  fuoco  a 
cencio.  -  JVon  darebbe  nemmeno  un  Cristo  a  baciare, 
non  farebbe  un  piacere  col  pegno  :  di  egoista  a  tutta 
prova.  -  Non  te  ne  incarica  (non  incaricartene!  non 
occupartene  IJ,  motto  intercalare,  sentenza  di  filosofia 
egoistica,  servile,  del  popolo  napoletano. 

Massime  e  provekbì.  —  A  sé  l'aiuto  nega  chi  ad 
altri  il  nega.  -  Amato  non  sarai  se  a  te  solo  pen- 
serai. -  Chi  mangia  solo  crepa  solo,  -  Chi  non  dà 
quel  che  ha,  non  ha  quel  che  vuole.  -  Corpo  satollo 
non  crede  H  digiuno.  -  Ogni  gallina  raspa  a  sé.  - 
Ogni  grillo  grilla  a  sé.  -  Ognuno  tira  l'acqua  al  suo 
mulino.  -  Quando  il  villano  è  sul  fico,  non  conosce 
né  parente,  né  amico.  -  Tutti  vogano  alla  galeotta 
(cioè,  tirano  a  sé). 

Egoistico.  Detto  ad  egoismo. 

Egoteismo.  Apoteosi  di  sé  stesso:  egoismo. 

Egregiamente.  In  modo  egregio,  eccellente  ; 
benissimo,  molto  bene  (veggasi  a  pag.  ì:69). 

Egrègio.  Chi  ha  eccellenza,  è  eccellente;  per- 
sona onorevole,  rispettabile. 

Egrèsso.  L'uscita. 

Egro  (lat.).  Infermo,  malato.  Nello  stesso  si- 
gnificato, egrolante  (brutto  e  inutile  latinismo). 

Eguaglianza.  L'eguagliare,  l'uguagliare;  essere 
eguale,  uguale. 

Eguagliare  {eguagliato).  Uguagliare,  rendere 
eguale,  uguale. 

Eguale.  Che  non  è  differente,  non  presenta  dif- 
ferenza 0  in  natura  o  in  qualità  o  in  quantità,  al 
confronto  di  altra  cosa;  parità  di  condizione,  di 


bhI 


ELEGANZA 


977 


forma,  ecc.:  consimile,  corrispondente,  pari,  simUe. 
Più  comunemente,  uguale.  •  Riferito  a  misaray 
1  peso,  a  proporzione,  ecc.,  lo  stesso  che  pari. 
Di  superficie,  piano,  liscio,  a  lii'ello.  -  (Coeguale, 
eguale  con  altri.  -  Eguagliatore,  che  egua^'lia.  Nome 
di  un  accessorio  che  si  impiega  pel  servizio  dei 
foconi,  dei  cannoni  e  dei  mortai. 

Eh  !  Interiezione   di  preghiera,  di  lamento, 
di  itnHgnazione. 

Eh  ?  Modo  di  eccitare  l'interlocutore  ad  espri- 
mere il  suo  parere:  è  vero,  neh?   n'è  vero,  non  è 
vero? 
Ei.  Lo  stesso  che  egli. 
Eiaculazióne.  Detto  a  genitali. 
Eiettore.  Veggasi  a  fucile. 
Elaborare  (elaboralo,  elaborazione).    Usare  di- 
ligenza nel  fare  un  lavoro,  nel  lavorare:  elucu- 
brazione, lucubrare. 

Elaboratezza.   Esattezza   e  diligenza  nel  fare 
un  lavoro. 

Elaborato.  Voce  pedantesca  usata  invece  di 
compito. 

Elaborazióne.  Azione  fisico-chimica  per  cui 
gli  esseri  organizzati  imprimono  alle  sostanze  pro- 
venienti dall'esterno  e  ai  materiali  attinti  nel  loro 
interno  certe  modificazioni  che  li  rendono  capaci 
di  partecipare  agli  atti  d'ordine  organico  e  vitale. 
Elafro.  Genere  di  piccoli  carabidi,  rassomiglianti 
alle  cicindele. 

Elargire,  elargizióne  (elargito).  11  dare, 
V  erogare. 
Elasticamente.  Con  elasticità. 
Elasticità  (elàstico).  La  reazione  opposta  dai 
<:orpi  alle  forze  che  tendono  a  comprimerli  o  di- 
stenderli 0  deformarli,  per  cui  essi  tornano  al  loro 
stato  primitivo,  appena  cessi  l'azione  di  esse  forze. 

-  Elatère,  elatèrio,  la  forza  della  quale  sono  dotati 
alcuni  corpi  elastici  e  per  la  quale  contrastano  con- 
tro l'altra  forza,  che  li  comprime,  li  altera  di  for- 
ma, ecc.  -  Souplesse  e  souple  (frane),  per  agir 
lilà,  agile,  flessibile,  molle,  elastico,  scorrevole,  sof- 
fice, arrendevole,  ecc. 

Elàstico,  il  corpo  dotato  di  elasticità:  corpi  ela- 
stici :  il  caucciù,  la  gomena;  certi  metalli  dopo 
battuti  a  freddo  o  quando  passano  al  laminatoio, 
ecc.;  y acciaio,  dopo  la  tempera:  varie  sorta  di 
molla,  ecc.  -  Organo  elastico,  nella  botanica,  quello 
che  può  allungarsi  o  restringersi,  raddrizzarsi  o 
rattrarsi  subitamente.  -  Anatomicamente,  tessuto  ela- 
stico, quello  costituito  di  fibre,  affine  al  tessuto  con- 
nettivo, ma  con  fibre  più  grosse,  di  color  giallo  ed 
elastiche.  -  Elastina,  sostanza  organica  solida,  gial- 
lo-pallida, insolubile  nell'acqua  e  nell'acido  acetico  : 
é  il  principio  fondamentale  del  tessuto  elastico  ani- 
male. -  Elaslro,  elica  di  filo  metallico  esercitante 
trazione  o  compressione  in  causa  della  sua  elasticità 

-  Elateri,  filamenti  elastici  avvoltolati  a  spira  e  tal- 
volta disposti  a  guisa  di  catenella.  -  Elaterometro, 
istrumento  per  misurare  l'elasticità  dei  gas  e  dei 
liquidi. 

Allentare,  consumare,  sciupare,  strappare  un  ela- 
stico. -  Balzare,  risaltare  che  fa  un  corpo  più  o 
meno  elastico,  percotendo  in  terra  o  in  altro  corpo 
duro.  -  Scattare,  veggasi  a  molla. 

Elastico.  Parte  del  letto.  •  Cintolo  con  gancio 
e  magliette,  per  legare  la  calza. 

Elatère,  elatèrio.  Detto  ad  elasticità. 

Elee.  Il  leccio. 

Eldorado  (spagn.,  paese  dell'oro).  Luogo  di  ab 
bondanza,  di  cuccagna,  di  delizie,  di  felicità. 


Eleàtica  (scuola).  Veggasi  a  filosofia. 

Elefante  (elefantessa).  Grande  e  grosso  mammi- 
fero (il  maggiore  dei  quadrupedi  viventi),  armato  di 
una  lunga  proboscide  e  di  due  gran  denti  che  spor- 
gono da  ciascun  lato  delle  ma.scelle  e  sono  la  ma- 
teria dell' «»>orto:  animale  anguimano,  liofante, 
lionfante.  Volgami.,  leofante.  -  Elefante  asiatico,  o 
indiano,  ed  elefante  africano,  le  due  più  grandi  specie 
fra  gli  animali  terrestri  ora  viventi.  -  Elefante  pri- 
migenio 0  mammut,  elefante  antico,  le  due  specie 
cenozoiche  conservate  allo  stato  fossile.  -  Elefan- 
tess'ì,  femmina  dell'elefante:  I  iofaii  tessa,  lion  fan  tessa. 

-  Dinoterio,  genere  estinto  di  mammiferi  probosci- 
dati.  -  Mastodonte,  specie  di  elefante  fossile. 

Proboscide,  parte  del  muso  dell'elefante  e  del  ta- 
piro: si  prolunga  e  si  ripiega  per  vari  usi,  servendo 
di  organo  prensile,  al  tatto  e  all'olfatto;  detta  anche 
tromba  (scherz.).  -  Probosridata,  colpo  di  proboscide. 

-  Zanne,  gli  incisivi  del  maschio.  -  Piropina,  so- 
stanza di  color  rosso  rubino  trovata  nel  dente  ca- 
riato dell'elefante. 

Barrire,  barrito,  il  gridare,  il  grido  dell'elefante. 

-  Elefantesco,  elefantino,  di  elefante. 

Cornac,  conduttore  e  guardiano  d'un  elefante  : 
mahut.  -  Elefantario,  chi  conduceva  gli  elefanti  di 
guerra.  -  Ealangarchia,  divisione  di  sessantaquattro 
elefanti  da  guerra.  -  Zoarca,  chi  comandava  un 
elefante;  terarca,  chi  ne  comandava  due;  epiterarca, 
chi  ne  comandava  quattro;  t/a rea,' il  comandante  di 
otto;  elefantaica,  il  comandante  di  sedici;  erarca, 
il  comandante  di  trentadue  elefanti. 

Elefantesco,  elefantessa.  Veggasi  ad  ele- 
fante. 

Elefantiasi.  Sorta  di  lebbra. 

Elegante.  Di  persona  o  cosa  che  abbia  ele- 
ganza, buongusto.  -  Di  stile  che  ha  forma  eletta. 

Elegantemente.  Con  eleganza. 

Eleganza.  Maniera  di  vestire  e  di  adornarsi 
con  leggiadria,  con  gusto.  -  Modo  grazioso  e  pia- 
cente di  parlare,  di  scrivere,  di  trattare,  di  fare  o 
di  disporre  le  cose:  adornezza,  concinnità,  lindezza, 
lindura,  ornatezza.  Contr.,  ineleganza,  rozzezza.  - 
Eleganzuccia,  dimin.  spreg  -  Simbolo  dell'eleganza, 
senza  sfarzo,  l'asterò,  tiore  a  foglie  radiate,  di  più 
specie.  -  Estetica,  scienza  del  bello,  dell'eleganza. 

Atticismo,  eleganza  di  linguaggio,  come  presso  gli 
antichi  Ateniesi.  -  Bon  ton  (frane),  l'elevazione,  il 
carattere  proprio  al  linguaggio  e  alle  maniere  della 
gente  per  bene  ed  elegante  nel  tempo  stesso,  anzi 
elegante  sopratutto.  -  Chic,  voce  d'uso  (frane),  per 
eleganza,  finezza.  -  Fashion  (pron.  fas'sion),  voce 
inglese  che  significa  moda,  la  cosidetta  regolatrice 
dell'eleganza.  -  Fine  flewr  (frane),  il  fior  fiore,  il 
ceto  elegante  e  mondano.  -  Galanteria,  bel  modo, 
gentilezza,  eleganza  nei  modi  e  nel  vestire  (veggasi 
a  galante).-  Pschutt,  voce  del  gergo  francese:  vale 
elegante,  sommo  dell'eleganza.  •  Sciccheria,  parola 
volgare  per  eleganza,  lusso,  derivata  dal  frane,  chic. 
-  Sfarzo,  magnifif^enza,  pompa  di  eleganza  e  di 
ricchezza.-  Vlan,  voce  del  gergo  francese  per  indi- 
care il  sommo  dell'eleganza. 

Elegante,  agg.  di  persona  o  di  cosa  che  sia  se- 
condo le  regole  dell'eleganza,  del  buon  gusto  ;  chi 
veste  con  eleganza:  attillato,  lindo,  orrevole  (disus.), 
signorile.  Contr.,  inelegante,  rozzo.  -  Attico,  ele- 
gante, di  fine  gusto  (riferito  a  cose  letterarie  o  ar- 
tistiche). -  Bellimbusto,  giovane  elegante,  ma  buono 
a  poco:  frustinello,  frustino,  moscardino,  sgargiante, 
vagheggino.  -  Damerino,  ganzerino,  chi  è  ricer- 
cato nel  vestire:  zerbino.  -  Dandy  (ingì.),  chi  bada 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclatore. 


62 


978 


ELEGGERE    —    ELETTIVAMENTE 


esclusivamente  all'eleganza,  talvolta  dettandone  la 
moda  e  le  stranezze.  -  Don  Cicillo,  espressione  na- 
poletana per  significare  il  giovane  elegante,  manie- 
rato, che  corteggia  le  donne,  che  affetta  signorilità 
e  ricchezza. 

Eleganiiae  o  elegantiarum  arftifer  (arbitro,  giudice 
dell'eleganza,  delle  eleganze),  appellativo  di  Tito 
Petronio  Arbitro,  ricco  romano,  confidente  di  Nerone 
e  protagonista  del  romanzo  Quo  Vadis  ?  -  Galante^ 
elegante  nei  modi  e  nel  vestire;  anche,  gentile,  gra- 
zioso. -  Incroyables  (frane),  giovani  che  si  credono 
eleganti  seguendo  mode  ridicole.  -  Lion  (frane), 
giovine  signore  che  sta  sull'  eleganza. 

Matador,  chi  affetta  una  eleganza  orgogliosa.  - 
Micco,  bellimbusto  impettito  e  con  intenzione  di 
lussuria  -  Milordo,  nel  dialetto  contadinesco  della 
Romagna,  vale  bello,  elegante,  vestito  a  festa.  -  Mu- 
gherino  (fìgur.),   giovanettino  elegante. 

Paino,  per  ganimede,  bellimbusto,  è  voce  popolare 
del  dialetto  romanesco  e  dell'Italia  centrale.  -  Snob 
(ingl.),  voce  indicante  chi  operi  e  parli  in  modo  da 
parere  più  elegante,  più  ricco,  più  libero,  più  spre- 
giudicato, più  scettico,  più  strambo  degli  altri. 

Elegantemente,  con  eleganza,  in  modo  elegante  : 
elegantemente,  lindamente,  nobilmente,  orrevolmen- 
te,  sfarzosamente. 

Parere  un  figurino,  di  persona  attilata,  elegante. 
-  La  bellezza  e  l'eleganza  sono  un  gran  talismano. 

Elèg:g'€re  {eleggibile,  eleggibilità,  eletto).  Nomi- 
nare, scegliere  ad  una  carica,  ad  un  ufficio  e  simili  ; 
nominare  consigliere,  deputato,  ecc.,  mediante  ele- 
zidnCf  ossia  votazione  pubblica.  -  Dicesi  anche  per 
scegliere,  preferire. 

Eleggibile,  eleg-gibilità.  Veggasi  ad  ele- 
zione. 

Elegia  (elegiaco).  Sorta  di  poesia,  per  lo  più 
flebile,  malinconica. 

Elementale.  Di  elemento. 

Elementare.  Ciò  che  appartiene  agli  elementi  : 
primario,  primitivo,  semplice;  ciò  che  riguarda 
gli  elementi  di  qualche  scienza  o  simili.  -  Ana- 
lisi elementare,  quella  che  determina  la  composi- 
zione delle  materie.  -  Danno  elementare,  quello 
cagionato  da  fenomeni  naturali  {grandine,  uragano, 
ecc.).  Veggasi  inoltre  a  forza,  istruzione,  mo- 
vimento, organo,  scuola,  spirito. 

Elemento.  I  principi,  la  base  di  nn'arte,  di 
una  dottrina  e  simili  :  precognizione.  Per  gli  antichi 
filosofi  greci,  la  causa  di  tutte  le  cause.  -  Rudimento, 
elemento  d'arte,  di  scienza,  o  forma  nascente  che 
si  svolgerà. 

Eleménto.  Ciascuna  delle  parti  più  semplici 
che  compongono  ogni  corpo  naturale  e  nelle  quali 
si  possono  dividere,  in  chimica,  ciascuno  di  quei 
corpi  che,  sottoposti  a  tutti  i  mezzi  di  decomposi- 
zione, si  mostrano  formati  da  una  sola  quantità  di 
materia  o,  meglio,  non  si  possono  scindere  in  corpi 
di  natura  diversa  (tali  i  metalli  e  i  metalloidi)  : 
agente,  coefficiente,  componente,  costituente,  fattore, 
ingrediente,  materia,  materiale,  minimo  compo- 
nente. -  In  istologia,  le  prime  unità  anatomiche  e 
fisiologiche  dei  tessuti,  tanto  animali  che  vegetali. 

Atoìno,  la  più  piccola  parte  di  un  elemento.  - 
Coelemento,  elemento  in  rapporto  con  altri;  dello 
stesso  tutto.  -  Elementi  dell'orbita  dei  pianeti,  veg- 
gasi a  pianeta.  -  Elemento  di  pila,  veggasi  a  pUa. 
-  Elemento  magnetico,  veggasi  a  magnetisìno.  - 
Monade,  nome  dato  da  alcuni  antichi  filosofi  a  certi 
esseri  semplici,  elementari,  senza  parti,  considerati 
come  germe  primitivo,  come  principio  d'ogni  cosa 


composta.  -  Steatosi,  produzione  accidentale  di  gra- 
nuli ossei  negli  elementi  anatomici. 

Elementare,  tutto  ciò  che  appartiene  agli  elementi  : 
primario,  primitivo;  fondamentale. 

Contenere,  avere  più  elementi  ;  avere,  tenere  in 
sé.  -  Costituire,  essere  elemento;  comporre,  con- 
correre a  formare,  far  parte,  entrare  a  far  parte. 

Elemòsina.  Opera  di  carità,  con  la  quale 
diamo  soccorso  al  povero  con  denaro,  cibo,  ecc.; 
(atto  raccomandato  da  tutte  le  religioni,  special- 
mente dalla  cristiana,  mentre  la  civiltà  moderna 
invoca  giustamente  che  gli  si  sostituisca  il  diritto  al 
lavoro  e  all'esistenza)  :  benedizione,  carità  (popo- 
larm.),  lemosina,  limosina,  sowenimento,  sovven- 
zione. -  Anche,  il  compenso  che  si  dà  al  prete  per 
la  messa  celebrata  o  da  celebrarsi.  -  Accatto,  l'ac- 
cattare ;  ciò  che  é  stato  raccolto  limosinando  o  que- 
stuando. -  Colletta,  raccolta  di  limosine.  •  Obolo, 
qualunque  offerta  in  denaro.  -  Questua,  accatto 
di  elemosine  (anche  per  fine  religioso):  cerca. 

Accattare,  cercar  l'elemosina,  limosinare,  tnen- 
dicare  (anche,  raccogliere,  per  mezzo  di  questua, 
denaro  o  altro,  per  fine  religioso  o  pio):  parare; 
tendere  la  mano.  -  Accatteria,  l'andare  accattando  ; 
accattonaggio,  il  mestiere  dell'  accattone.  -  Campar 
d'accatto,  vivere  di  elemosina.  -  Far  l'elemosina,  dare, 
distribuire  in  elemosina,  per  elemosina;  dare  per 
Dio,  per  l'amor  di  Dio;  far  carità,  la  carità;  far 
del  bene;  rammezzare,  spartire  la  roba  coi  poveri. 
-  Dare  il  pan  con  la  balestra,  far  l'elemosina  di 
malavoglia.  -  Implorare  la  carità  dei  passanti,  dei 
passeggeri:  cercar  l'elemosina  per  via. 

Accattino,  chi  accatta  nelle  chiese  e  luori.  -  Ac- 
cattóne, chi  vive  d'accatto:  mendicante,  pezzente, 
^pitocco.  -  Dielmeriti:  cosi  dicono  gli  accattoni  in  To- 
scana, per  ringraziare  chi  offre  loro  1'  elemosina.  - 
Paltoniere,  chi  va  elemosinando. 

Elemosiniere,  la  persona  incaricata  di  fare  le  ele- 
mosine {elemosiniere  della  casa  reale,  ecc.),  o  chi 
volentieri  fa  l'elemosina:  dispensatore,  dispensatore 
di  limosine,  elemosinarlo,  limosinarlo,  limosiniere, 
limosiniaro. 

Bossolotto,  bussolotto,  arnese  usato  dai  ciechi  e  dai 
questuanti,  per  cercare  l'elemosina.  -  Cassetta,  arnese 
di  legno  per  riporvi  denaro,  e  più  specialmente 
quella  infissa  in  certi  luoghi,  per  raccogliere  ele- 
mosine: ceppo. 

Proverbi.  —  Chi  al  povero  fa  limosina  presta  ad 
usura,  non  dona.  -  La  mano  sinistra  non  sappia 
quel  che  fa  la  destra:  non  si  vanti  l'elemosina. 

Elemosinare  (elemosinato).  Cercar  Velemosi- 
na,  mendicare. 

Elemosiniere,  elemosiniero.  Detto  ad  ele- 
mosina. 

Elencare  (elencato).  Fare  l'elenco;  catalogare, 
fare  il  catalogo. 

Elenco.  Indice,  catalogo,  lista,  litania  (figur., 
scherz.),  nota. 

Eleografla.  La  pittura  ad  olio, 

Eleolato,  eleolico,  Veggasi  a  medicamento. 

Eleosàccaro.  Detto  a  medicamento. 

Elètta.  Compagnia,  brigata.  -  La  parte  mi- 
gliore, il  fiore  di  certe  cose,  di  una  classe  di  per- 
sone; ceto  distinto. 

Elètti.  Secondo  il  Nuovo  Testamento,  coloro 
che  Dio  '  ha  scelto  per  formare  la  sua  Chiesa  e  i 
predestinati  alla  beatitudine  eterna.  -  Soldati  ro- 
mani, formanti  piccoli  corpi  staccati  per  la  ri- 
scossa. 

Elettivamente.  Per  elezione. 


i;i.i:irHi(:iTA 


'JT'J 


Elettivo.  Che  si  crea,  si  fa,  si  nomina,  ecc.> 
per  elezione.  -  Che  si  può  eleggere.  -  Atto  elettivo' 
atto  della  volontà. 

Elètto.  Scello,  nominato  per  elezione. 

Elettorale.  Di  elettore  e  di  elezione. 

Elettorato.  Qualità  e  diritto  di  elettore,  cioè 
di  partecipare  alla  elezione.  -  Veggasi  a  prin- 
cipe. 

Elettore.  Chi  ha  diritto  di  partecipare  ad  una 
elezione.  -  Veggasi  anche  a  principe. 

Elettrica  (azione  o  -i-irtù).  La  proprietà  die 
hanno  alcuni  rimedi  di  operare  piuttosto  sull'una 
che  sull'altra  parte  del  corpo.  -  Forza  elettrica,  in 
chimica,  quella  determinante  la  scomposizione  di 
un  composto  binario. 

Elettricamente.  Per  virtù  di  elettricità. 

Elettricismo.  La  forza,  la  virtù  elettrica  :  elet- 
tricità. 

Elettricista  (neol.).  L' operaio  o  il  tecnico 
che  attende  ai  lavori  delle  macchine,  delle  coiidot- 
ture  elettriche,  agli  apparecchi  di  illuminazione  elet- 
trica e  simili. 

Elettricità.  L'elettrico  (sostantivam.),  voce  de- 
rivata dal  greco  electron  (ambra  gialla),  prima  so- 
stanza sulla  quale  gli  antichi  osservarono  la  pro- 
prietà elettrica,  cioè  la  proprietà  di  attirare  i  corpi 
leggieri  dopo  uno  strofinamento.  Per  elettricità  s'in- 
tende ora  un  fluido  impondei  abile,  di  natura  sco- 
nosciuta, capace  di  comunicare  speciali  proprietà 
ai  corpi  che  ne  sono  influenzati  o  altraversali  ;  in 
altre  parole.  Vagente  fisico  per  cui  certi  corpi  ac- 
quistano la  proprietà  di  attrarre  o  di  respingere,  di 
emettere  scintille,  ecc.  :  elettricismo  (Tramater).  elet- 
trico, fluido  elettrico.  Chiamasi  pure  elettricità  la  parte 
della  fisica  che  studia  gli  effetti  di  questo  agente; 
e  i  fenomeni  presentati  dai  corpi  ad  esso  sottoposti 
possono  essere  divisi  in  due  categorie  :  quelli  che 
si  producono  quando  i  corpi  stessi  hanno  raggiunto 
uno  stato  di  equilibrio  elettrico,  e  quelli  che  hanno 
origine  durante  il  periodo,  più  o  meno  lungo,  che 
separa  due  stati  di  equilibrio.  La  prima  costituisce 
Yelettricitd  statica  (quella  prodotta  allo  stato  di 
quiete:  si  accumula  alla  superficie  dei  conduttori, 
ed  è  prodotta,  principalmente,  mediante  lo  strofi- 
namento) ;  r  altra  costituisce  l' elettricità  dinamica 
(quella  che  circola  in  un  conduttore  congiunto  ai 
poli  di  un  elettromotore  in  cui  l'elettricità  è  gene- 
rata da  azioni  chimiche,  meccaniche  e  fisiche).  Tale 
divisione  non  è  rigorosamente  osservata,  e,  per  lo 
più,  si  ascrivono  alla  prima  categoria  gli  effetti  do- 
vuti alle  macchine  elettìoslatiche,  alla  seconda  quelli 
dovuti  alle  pile.  Un  tempo  si  spiegavano  i  fenomeni 
elettrici  con  l'esistenza  di  due  fluidi,  e  si  ammet- 
teva un'elettricità  positiva  o  vitrea,  e  un'elettricità 
negativa,  o  resinosa  (espressioni  ancora  in  uso); 
ma  Faraday  abbandonò  pel  primo  l' ipotesi  delle 
due  elettricità,  e  suppose  una  profonda  analogia  tra 
le  vibrazioni  della  luce  e  quelle  dell'elettricità. 
Sappiamo  ora  come  l'elettricità  si  trastormi  in  ca- 
lore,  in  luce,  in  azioni  chimiche  (veggasi  a  c7ii- 
tnica),  in  magnetistno,  in  energia  meccanica  ; 
sappiamo  che  il  movimento  meccanico,  il  magne- 
tismo, le  energie  chimiche  {pile),  il  calore  {pile  ter- 
mo-elettriche), la  luce  {fenomeni  del  selenio),  ecc., 
possono  generare  la  corrente  elettrica.  Sappiamo 
iiuche  come  tutti  ^.li  apparecchi  elettrici  che  pro- 
ducono la  corrente  siano  riversibili,  cioè  possano, 
])er  mezzo  della  corrente,  dar  luogo  a  nuovi  appa- 
i-ecchi  che  riproducono  la  forma  di  energia  spesa 
nell'apparecchio  primario.  Su   questo    principio  si 


fonda  la  trasmissione  dei  segni,  del  suotio,  della 
forza  meccanica.  Risulta  pertanto  che  V energia 
può  manifestarsi  sotto  diverse  forme,  secondo  !e 
forme  diverse  dei  movimenti,  ma  che  essa  è  fon- 
damentalmente la  stessa,  e  che  le  sue  manifesta- 
zioni non  differiscono  tra  esse  che  per  l'ampiezza 
e  la  rapidità  delle  vibrazioni  in  movimento.  Uno 
stesso  modo  di  vibrazione,  ad  es.  l'elettricità,  di- 
venterà calore  per  elfetto  della  resistenza  del  con- 
duttore, e  perciò  darà  luce  nella  lampada  a  incan- 
descenza 0  nella  lampada  ad  arco;  si  trasformerà 
in  magnetismo  nel  campo  di  un  magnete,  in  mo- 
vimento molecolare  nella  membrana  di  un  telefono, 
in  azione  sugli  atomi  nei  fenomeni  di  elettrolisi.  - 
F  corpi,  rispetto  all'elettricità,  si  distinguono  in 
buoni  conduttori,  o  anche  semplicemente  conduttori 
(quelli  che  formano  un  circuito  e  attraverso  i  quali 
si  propaga  l'elettricità;  sono,  in  generale,  metallici  : 
(l'antracite,  la  piombaggine,  il  coke,  il  carbone  di 
legna  ben  riscaldato,  ecc.)  ;  e  cattivi  conduttori  (detti 
anche  coibeìd:  o  isolatori:  lo  zolfo,  la  resina,  la 
gommalacca,  la  guttaperca,  la  seta,  il  vetro,  le  pie- 
tre preziose,  gli  olii,  i  gas  secchi,  ecc.).  L'elettricità 
ha  molteplici  e  importantissime  applicazioni  :  tele- 
grafo, trasmissione  dell'energia  e  sua  trasforma- 
zione in  lavoro,  per  mezzo  del  tnotore  elettrico; 
trazione  {ferrovia,  tramvia,  ecc.)  ;  illumina- 
zione; posta;  elettrometallurgia,  galvano- 
plastica, ecc.,  e  da  qualche  tempo  la  si  applica 
anche  al  riscaldamento,  all'  agricoltura  (aratura 
elettrica),  alla  cucina  (veggasi  a  fornello,  ecc.). 

Elettricamente,  per  virtù  elettrica,  in  modo  elet- 
trico. -  Elettricismo,  la  forza  elettrica;  anche,  dot- 
trina 0  teoria  dell'elettrico.  -  Elettricista,  l'operaio 
0  il  tecnico  addetto  ai  lavori  delle  macchine  e 
delle  condotture  elettriche. 

Elettrico,  che  ha  rapporto  con  l'elettricità.  Nome 
dato  a  un  fluido  ipotetico   che   si   credeva  produ 
cesse  i  fenomeni  di   attrazione  e  repulsione.  ■  Elet- 
trogeno, che  produce  elettricità.  -  Elettrizzazione 
{elettrizzato),  azione  di  elettrizzare  un  corpo. 

Distinzioni. 


Attinoelettricitd,  Y  elettricità  che  si  sviluppa  sui 
cristalli,  per  effetto  del  sole  o  della  fiamma  di  gas. 
-  Elettricità  animale,  quella  che  si  produce  sul 
corpo  degli  esseri  viventi,  dovuta  forse  al  gran  nu- 
mero di  reazioni  chimiche,  di  composizioni  e  de- 
composizioni, che  avvengono  nel  corpo  degli  ani- 
mali stessi.  Certi  pesci,  poi,  sono  muniti  di  uno 
speciale  apparecchio  elettrico.  -  Elettricità  atmosfe- 
rica, quella  che  si  trova  costantemente  nell'aria  e 
dalla  quale  dipendono  i  fenomeni  meteorologici 
(lampo,  fulmine,  fuoco  di  Sant'Elmo,  ecc.).  - 
Elettricità  cinetica,  nome  dato  da  certi  autori  all'e- 
lettricità in  movimento.  -  Elettricità  di  induzione, 
quella  trasmessa,  condotta,  non  generata  per  stro- 
finamento; che  nasce  in  un  conduttore  chiuso,  po- 
sto in  vicinanza  a  un  corpo  elettrizzato.  -  Elettri- 
cità galvanica,  quella  sviluppata  da  due  corpi  ete- 
rogenei. -  Elettricità  solare,  quella  ipotetica,  am- 
messa da  Siemens,  per  spiegare  il  magnetismo  ter- 
restre. -  Elettricità  voltaica,  denominazione  data,  in 
omaggio  a  Volta,  all'elettricità  prodotta  dal  con- 
tatto di  due  sostanze  eterogenee. 

Elettrochimica,  elettrofisiologia,  elettro- 
lisi, .elettroìnetallurgia,  elettroterapia,  veg- 


98« 


ELETTRICITÀ 


gasi  a  queste  voci.  -  Elettrocinetica,  studio  dell'elet- 
tricità in  moto.  -  EkUrocromia,  arte  di  colorare  i 
metalli  mediante  l' elettricità.  -  Elettrodinamica, 
parte  della  fisica  che  tratta  dell'azione  reciproca 
delle  correnti  elettriche,  le  une  sulle  altre,  e  di 
quella  delle  correnti  sulle  calamite  e  sugli  aghi 
calamitati.  -  Elettrografia,  neologismo  col  quale  si 
designa  r  elettricità  che  produce  le  t  inmiagini  »; 
per  dir  meglio  la  corrente  elettrica  che  fotografa 
sé  stessa.  Anche,  scrittura  per  mezzo  dell'elettrico. 
-  Elettrologia,  parte  delle  scienze  fisiche  che  esa- 
mina i  fenomeni  elettrici  e  formula  le  leggi  che  li 
governano  ;  detta  dinamica  se  osserva  e  constata  i, 
fenomeni  elettrici  sotto  forma  di  corrente,  quelli 
cioè,  che  hanno  origine  durante  il  periodo  più  o 
meno  lungo  che  separa  due  stati  di  equilibrio  ;  sta- 
tica, se  osserva  i  fenomeni  che  si  verificano  nei 
corpi  quando  hanno  raggiunto  uno  stato  d'  e- 
quiìibrio  elettrico.  -  Elettromagnetismo,  teoria  e  forza 
dei  fenomeni  magnetici  causati  dalla  corrente  elet- 
trica. -  Elettrometria,  parte  della  elettrologia  che 
ha  per  oggetto  le  misure  elettriche.  -  Elettrostatica, 
parte  dell'elettrologia  che  tratta  delle  correnti  elet- 
triche in  equilibrio.  -  Elettrotecnica,  lo  studio  delle 
moltéplici  applicazioni  dell'elettricità.  -  Elettrotermia, 
lo  stesso  che  galvanocaustica. 

GalvanisinOf  il  complesso  dei  fenomeni  pro- 
dotti dalla  pila  elettrica  e  rilevati  dal  Galvani.  - 
Piezo-elettricitd,  fenomeni  elettrici  prodotti  da  pres- 
sioni meccaniche  esercitate  da  certi  corpi.  -  Ter- 
vioelettricitd,  parte  della  fisica  che  si  occupa  dei 
fenomeni  presentati  dalle  correnti  elettriche  per 
mezzo  del  calore. 


Sorgenti    dell'  elettricità'. 
Effetti  dell'elettricità'. 


Sorgesti.  —  L'elettricità  può  essere  prodotta  con 
mezzi  diversi  :  per  frizione,  ossia  per  strofinamento 
(la  ottenne  per  primo  Talete  :  si  produce  strofinando 
due    corpi    eterogenei,    e   su   essa  sono  fondate  le 
macchine  elettriche  a  strofinio:  per  strofinamento  si 
elettrizzano  Vambra,  la  cera,  la  gomma,  la  resina,  lo 
zolfo) ,  per  contatto  (mettendo  in  contatto  due  me- 
talli eterogenei  isolati,  le  cui  superficie  siano  liscie 
e  ben  tese)  ;  per  azione  chimica  (le  azioni  chimiche 
sono,  in  genere,  accompagnate  da  sviluppo  di  elet- 
tricità :  nel  contatto  di  un  liquido  e  di  un  metallo 
che  ne  è  attaccato  si  produce  sempre  una  differenza 
di  potenziale  costante,  la  quale   dipende   dalla  na- 
tura dei  due  corpi)  ;  pel  calore  (scaldando  la  salda- 
tura di  due  sbarre   metalliche   eterogenee   si  pro- 
duce elettricità,  detta  termoelettrica,  e  piroelettricità 
si  chiama  il  fenomeno  per  cui  certi  cristalli,  come 
la  tormalina,  il  topazio,  la  boracite,  ecc.,  godono  la 
proprietà    di   elettrizzarsi   quando   riscaldati)  ;  per 
azioni  meccaniche   (si   ottiene  elettricità   spostando 
un  circuito  chitiso  in  vicinanza  d'una  corrente  o  di 
una  calamita);   per   mezzo   della  vita  animale  o 
vegetale  (si  sviluppa   sempre   elettricità    durante   i 
vari  processi  che  si  compiono  nella  vita  degli  ani- 
mali e  delle  piante);  per  compressione  (comprimendo 
fra  pinze  di  sostanze  isolanti   certi  corpi,  come  l'e- 
bonite  ;  e  lo  stesso  fenomeno  avviene  in  certi  cri- 
stalli, come  lo  spato  fluoro,  lo  spato  d'Islanda,  l'a- 
ragonite,  ecc.).  -  Costanti  di  una  sorgente  di  elettri- 


cità :  la  sua  forza  elettromotrice  e  la  sua  resistenza 
interna. 

Effetti.  —  Sono  numerosi  e  svariatissimi,  e  qui 
se  ne  accenna  sommariamente.  Effetti  fisici:  com- 
prendono i  fenomeni  deìV elettrodinamica  e  del- 
ì'elettromagnetisìno,  i  fenomeni  calorici  e  lumi- 
nosi (veggasi  a  riscaldamento,  luce,  scatHca). 
•  Effetti  chimici:  prodotti  dalla  corrente  passando 
in  un  conduttore  (facendo  passare  una  corrente  at- 
traverso un  conduttore  che  offra  grande  resistenza, 
un  filo  lungo  e  sottile,  ad  esempio,  la  temperatura 
si  eleva  considerevolmente  ).  -  Effetti  luminosi  : 
quando  la  corrente  è  abbastanza  forte,  se  si  ha  nel 
circuito  una  breve  interruzione,  apparisce  in  questo 
un  arco  di  luce  brillante,  detto  arco  voltaico,  do- 
vuto al  formarsi  d'una  nube  di  gas  che  riempie  la 
interruzione.  -  Effetti  magnetici:  il  semplice  pas- 
saggio di  una  corrente  elettrica  attraverso  un  con- 
duttore, converte  questo  in  elettromagnete.  -  Effetti 
di  decomposizione  •  passando  attraverso  sostanze  chi- 
miche composte,  la  corrente  elettrica  produce  l'ef- 
fetto di  decomporle  nei  loro  elementi  costitutivi. 
Tale  proprietà  viene  utilizzata  nel  processo  elettro- 
galvanico, neWelettrometallurgia,  per  cui  si  fa  de- 
positare sulla  superficie  di  altri  metalli  l'oro,  l'ar- 
gento, il  nichel,  ecc.  -  Effetti  fisiologici,  veggasi  ad 
elettrofisiologia.  -  Effetti  terapeutici,  veggasi  ad 
elettroterapia.  -  Scariche  elettriche  :  queste  pro- 
ducono combinazioni  e  decomposizioni  chimiche. 
Veggasi  a  scarica. 


Energia  elettrica,  leggi,  azioni,  ecc. 


A  corrente  elettrica  è  detto  già,  brevemente, 
per  ciò  che  sia  anodo,  catodo,  campo  magnetico, 
campo  rotante,  azione  cataforica,  leggi  di  Ampère, 
di  Faraday,  di  Joule,  di  Lenz,  di  Matteucci,  di 
Volta.  Cosi  pure  per  molte  altre  voci  della  termi- 
nologia elettrica  :  autoinduzione,  circuito,  direzione, 
endosmosi,  forza  elettromotrice  (veggasi  anche  a 
forza),  induttanza,  induzione,  ioni,  intensità,  po- 
tenziale, potere,  punto  d'inversione,  resistenza,  self- 
induzione. 

Alta  pressione,  alta  tensione,  forza  elettromotrice 
di  più  che  trecento  volta  per  una  corrente  continua 
e  di  più  che  centocinquanta  volta  per  una  corrente 
alternata.  -  Calamitazione,  azione  del  comunicare 
al  ferro,  all'  acciaio,  ad  altro  metallo  analogo  la 
proprietà  magnetica.  -  Calore  voltaico,  il  calore  pro- 
dotto in  un  conduttore  dal  passaggio  di  una  cor- 
rente. -  Capacità  di  un  conduttore,  la  carica  che 
bisogna  comunicargli  per  portarlo  al  potenziale  uno 
(che  è  il  potenziale  dovuto  all'unità  di  massa  elet- 
trica posta  all'unità  di  distanza),  quando  tutti  i  con- 
duttori che  lo  circondano  sono  m  comunicazione 
col  suolo  (il  cui  potenziale  si  pone  uguale  a  zero). 

-  Capacità  induttiva  specifica,  il  potere  maggiore  o 
minore  che  il  coibente  possiede  per  ricevere  o  tra- 
smettere Vinduzione.  -  Carica  elettrica,  Y  intensità 
dello  stato  elettrico  (misurata  dagli  effetti  mecca- 
nici prodotti)  di  un  corpo  per  ogni  unità  di  super- 
ficie 0  di  volume.  -  Condensazione  elettrica,  accu- 
mulazione, in  un  corpo  conduttore,  di  una  quan- 
tità di  elettricità  assai  maggiore  di  quella  che  po- 
trebbe dare  la  semplice  circolazione  della  corrente. 

-  Conducibilità  o  conduttività  elettrica,  proprietà 
che  hanno  i  conduttori  di   trasmettere  l'elettricità. 

-  Conducibilità  molecolare,  il  prodotto  della  condu- 


ELETTRICITÀ 


<»81 


eibilità  specifica  di  uii  peso  in  j^rainini  d'una  mo- 
lecola elettrochimica  di  un  elettrolito  por  il  volume 
in  litri  d'acqua  in  cui  esso  trovasi  discioUo.  -  Con- 
ducibilità specifica  di  un  corpo  (lualunque,  il  va- 
lore reciproco  della  sua  resistenza  specilica. 

Densità  elettrica,  l'intensità  dellcleUricità  che  un 
corpo  presenta  in  un  determinato  punto  della  sua 
superlicie.  -  Densità  elettrodinamica,  intensità  per 
unità  di  superficie  del  conduttore  o  numero  di  am- 
père che  attraversa  un  millimetro  quadrato  del 
conduttore.  -  Depolarizzazione,  azione  del  depola- 
rizzare, cioè  di  far  cessare  o  impedire  la  polariz- 
zazione di  una  pila  o  degli  elettrodi  di  un  elettro- 
lito. -  Dispersione  di  elettricità,  facoltà  che  il  fiuido 
elettrico  lia  di  abbandonare  a  poco  a  poco  la  su- 
perficie del  corpo  su  cui  sia  stato  accumulato,  di- 
sperdendosi sui  circostanti  ;  propagazione  lenta  del- 
l'elettricità attraverso  i  mezzi  isolanti. 

Elettrizzazione,  azione  di  elettrizzare  un  corpo. 

-  Elettrolisi,  azione  di  decomposizione  per  mezzo 
dell'elettricità. 

Forza  condensante,  il  rapporto  fra  la  carica  che 
un  corpo  può  acquistare  in  presenza  di  un  altro  e 
quella  che  potrebbe  acquistare,  se  fosse  isolato.  - 
Induzione,  produzione  di  corrente  sotto  l' influenza 
di  altra  corrente,  d' una  calamita  o  della  Terra 
{induttore,  il  corpo  elettrizzato  che  produce  indu- 
zione). -  Influenza  elettrica:  qualsiasi  corpo,  posto 
in  un  campo  elettrico,  diventa  elettrizzato,  e  si 
dice  che  è  caricato  per  influenza. 

Odore  elettrico,  odore  che  accompagna  le  sca- 
riche elettriche  ed  è  dovuto  alla  formazione  di  o- 
zono  e  di  acido  azotico.  -  Onde  heì-tziane,  onde 
elettro-magnetiche,  prodotte  nell'etere  e  nei  mezzi 
dielettrici  da  scariche  elettriche  oscillanti. 

Polarità,  generalmente,  facoltà  di  avere  o  di 
acquistare  i  poli.  -  Polarizzazioìie ,  distribuzione 
dell'elettricità  nel  corpo  indotto.  -  Potere  conduttore, 
induttore,  ecc.,  veggasi  a  potere.  -  Pressione  di  elet- 
tricità, la  differenza  di  potenziale  fra  un  punto  di 
un  conduttore  e  la  terra. 

Radiazioni  elettro-maynetiche,   le  onde  elettriche. 

-  Reazione  elettrica,  quella  dei  muscoli,  dei  nervi, 
eccitati  dalla  corrente  elettrica.  -  Repulsione,  o  ri- 
pulsione elettrica,  proprietà  che  possiede  un  corpo 
elettrizzato  di  respingere,  dopo  averli  attratti,  i 
corpi  leggieri,  che  gli  si  presentano  ad  una  certa 
distanza. 

Tensione  elettrica,  forza  repulsiva  esercitata  dalla 
carica  elettrica  d'  un  conduttore  sopra  1'  unità  di 
elettricità  che  si  trova  alla  superficie.  -  Trasmis- 
sione elettrica  della  forza,  il  trasporto  a  distanza. 


Stati,  proppieta*,  attitudini,  ecc.,  dei  corpi. 
Fenomeni. 


Anelettrico,  nome,  un  tempo,  dato  ai  metalli  e 
ad  altri  corpi  non  elettrizzabili  per  istrofinamento 
(in  contrapposto  agli  idio-eleltrici,  corpi  elettrizza- 
bili in  quel  modo),  mentre  ora  si  chiamano  corpi 
conduttori.  -  Coibente,  il  corpo  che  ha  coibenza,  os- 
sia che  difficilmente  si  lascia  attraversare  dall'elet- 
tricità. -  Disteno,  sostanza  che  si  elettrizza  in  due 
maniere. 

Elettrolito,  composto  chimico  che  può  essere  de- 
composto da  una  corrente  elettrica.  -  Idroelettrico, 
attributo  di   quelle  nuove   opere  meccaniche  che 


trasformano  l'energia  delle  acque  in  forza  elettrica! 
-  Indotto,  il  corpo  che,  nel  fenomeno  dell'  indu- 
zione, subisce  lo  stato  elettrico  dell'  induttore.  - 
Induttore,  il  corpo  che,  nel  fenomeno  deW induzione, 
agisce  attivamente.  -  Isolante,  o  dielettrico,  corpo 
cattivo  conduttore,  impiegato  a  impedire  la  disper- 
sione dell'  elettricità.  -  Neutro,  il  corpo  che  non 
presenta  segni  d'elettricità. 

Aria  ixata,  l'aria  attraversata  dai  raggi  X.  -  At- 
mosfera elettrica,  spazio  circostante  ad  un  corpo 
elettrizzato,  entro  i  conlini  del  quale  esso  corpo 
fa  sentire  la  sua  azione.  -  Bipolarità,  veggasi  a  po- 
larità. 

Calamita,  corpo,  altrimenti  detto  magnete,  che 
possiede  naturalmente,  o  ha  ricevuto  artificial- 
mente, la  proprietà  magnetica.  -  Campo  elettrico,  o 
elettrostatico,  parte  dello  spazio  in  cui  si  fa  sentire 
l'azione  d' un  sistema  elettrico.  Sinonimo,  campo 
galvanico.  -  Conducibilità,  proprietà  di  condurre, 
di  comunicare,  di  trasmettere  l'elettricità.  -  Dielet- 
tricità, nome  dato  da  Faraday  alla  proprietà  iso- 
lante che  hanno  certi  corpi.  -  Fluido  elettrico,  so- 
stanza imponderabile  che  si  suppone  essere  la 
causa  di  tutti  i  fenomeni,  e  che  si  chiama  pure 
elettrogeno.  -  Isolamento,  stato  di  un  corpo  separato 
da  altri  conduttori.  -  Radioattivi,  certi  nuovi  ele- 
menti che,  insieme  all'  uranio  e  al  torio,  godono 
proprietà  meravigliose.  Tali  il  radio,  Yaltinio,  il 
polonio.  -  Stato  sensibile,  stato  nel  quale  la  sca- 
rica elettrica,  attraverso  i  gas  rarefatti,  risente  la 
presenza  o  l'appressarsi  d'un  conduttore. 

Fenomeni.  —  Anelli  elettrici,  nome  dato  a  certi 
fenomeni  che  si  ottengono  per  mezzo  di  scarica  o 
di  corrente  elettrica,  quando  attraversano  alcune 
sostanze.  -  Aureola,  fenomeno  luminoso  costituito 
da  una  specie  d' inviluppo  intorno  alla  luce  elet- 
trica. -  Aurora  boreale,  bella  e  nota  meteora  lami- 
nosa. -  Burrasca  elettrica,  fenomeno  consistente  in 
subitanee,  forti  e  ampie  oscillazioni  dell'ago  magne- 
tico, che  accompagnano  sempre  l'apparizione  delle 
aurore  magnetiche,  -  Effluvio  elettrico,  scarica  che 
si  manifesta  per  un  flusso  di  elettricità  oscura  o 
debolmente  luminosa.  -  Fuochi  di  Sant'Elmo,  fiam- 
melle elettriche  apparenti,  di  notte,  sulla  punta  dei 
corpi  elettrizzati. 

Incandescenza,  la  luminosità  |di  un  filamento  di 
sostanza  refrattaria  e  di  grande  resistenza  portato 
a  temperatura  elevata.  -  Isteresi,  fenomeno  d'inerzia 
che  presenta  il  ferro,  quando  è  soggetto  a  magne- 
tizzazioni dirette  alternativamente  in  un  senso  e 
nell'altro. 

Scarica  elettrica,  fenomeno  luminoso  e  rumoroso: 
veggasi  a  scarica.  -  Scintilla  elettrica,  fiamma  az- 
zurra che  si  sviluppa  nell'  azione  elettrica  di  qb 
buon  conduttore  carico  d'elettrico;  tratto  di  fuoco 
che  si  produce  tra  due  corpi  caricati  di  elettricità 
contrarie,  o  tra  un  corpo  elettrizzato  e  il  suolo.  - 
Scossa  elettrica,  e  assolutam.  scossa,  forte  sensa- 
zione cha  si  riceve  per  mezzo  dell'elettricità. 


Accoppiamento,  comunicazioni, 
condotture,  distribuzione,  ecc.  —  particolari. 


Accoppiamento  :  dicesi  dei  diversi  modi  di  unire' 
insieme  un  certo  numero  di  elementi  di  pile,  di 
accumulatori  o  di  macchine  d'induzione.  -  Comunica- 
zione: si  dice   che  due  o  più  corpi  si   trovano  in 


982 


ELETTRICITÀ 


e&muHÌcazione  elettrica  quando  sono  riuniti  da  una 
serie  non  interrotta  di  buoni  conduttori.  -  Concate- 
nazione elettrica,  assetto  meccanico  comandato  dal- 
l'elettricità, il  quale  ha  per  iscopo  di  rendere  soli- 
dali diversi  apparecchi  che  devono  funzionare  se- 
condo un  ordme  determinato.  -  Condottura  elettrica, 
circuito,  sistema  di  conduttori  che  riunisce  una  sor- 
gente di  elettricità  agli  apparecchi  che  essa  deve 
animare.  -  Contatto:  diconsi  in  contatto  due  punti 
di  un  circuito  allorquando  sono  uniti  elettricamente, 
i!  che  si  può  stabilire  in  più  modi  :  per  istrofina- 
mento,  per  pressione,  per  trazione,  per  percussione, 
ecc.  Nella  telegrafia  e  nella  telefonia  si  chiamano 
contatti  i  pezzetti  di  platino  portati  dagli  organi 
che  devono  chiudere  il  circuito.  -  Convezione,  nome 
che  si  dà  talvolta  alla  trasmissione  dell'elettricità 
mediante  un  mezzo  in  vibrazione . 

Débit  (frane),  la  quantità  di  elettricità  fornita 
da  una  sorgente  di  elettricità  nell'  unità  di  tempo 
-  Deviazione,  suddivisione  del  conduttore  principale, 
in  diversi  rami,  fra  i  quali  la  corrente  si  distri- 
buisce, secondo  le  leggi  dei  circuiti  derivati.  -  Di- 
stribuzione dell'elettricità,  la  sua  diffusione  nei  corpi 
elettrizzati;  anche,  ripartizione  dell'energia  elettrica 
dalla  sorgente  ai  vari  apparecchi  mediante  fili,  il 
che  si  effettua  con  diversi  metodi  :  distribuzione  in 
sei'ie  0  a  intensità  costante;  distribuzione  in  deri- 
vazione 0  a  tensione  costante;  distribuzione  a  tre 
fili,  ecc. 

Eccitazione,  nome  che  si  dà  alle  diverse  maniere 
di  produrre  il  campo  magnetico  nella  dinamo  o  di 
calamitare  gli  induttori.  -  Shunt,  derivazione  tra 
gli  estremi  di  u-n  apparecchio  elettrico,  per  ridurre 
l'intensità  della  corrente  che  lo  attraversa. 

Particolari.  —  Asse  magnetico,  linea  retta  che 
congiunge  i  poli  di  un  magnete.  -  Diagramma,  rap- 
presentazione grafica  dell'andamento  di  un  feno- 
meno. -  Linea  di  forza,  la  direzione  secondo  la 
quale  tende  a  muoversi  un  corpo  elettrizzato  po- 
sitivamente. -  Linea  neutra,  il  punto  in  cui  l'elet- 
tricità manca,  cessa.  -  Poli,  ì  punti  opposti  dell'e- 
lettroforo :  veggasi  a  polo.  -  Portata  di  una  sor- 
gente d'elettricità,  il  numero  dei  coulomb  che  at- 
traversa una  sezione  del  conduttore  interpolare  in 
un  tempo  dato. 


Unita'  elettrichi.  e  termini  affini. 


Unità  di  elettricità,  la  carica  che  si  deve  comu. 
nicare,  separatamente,  a  due  piccole  sfere  perchè 
posti  i  loro  centri  d^W'unità  di  distanza,  si  respin- 
gano con  ['unità  di  forza.  -  Unità  di  differenza  di 
potenziale,  quella  che  esiste  fra  due  punti  quando 
si  deve  spendere  l'unità  di  lavoro,  un  erg,  per  por- 
tare l'unità  di  elettricità  da  un  punto  allaltro,  vin- 
cendo le  forze  elettriche.  -  Unità  di  intensità  di 
corrente,  veggasi  a  corrente  elettrica.  -  Unità 
di  lavoro,  il  lavoro  necessario  per  vincere  una  dina. 
■  Unità  pratica  pel  lavoro,  quella  necessaria  per 
sollevare,  senza  comunicare  forza  viva,  un  peso 
di  un  grammo  all'  altezza  di  un  centimetro.  - 
-  Unità  di  quantità  di  elettricità,  quella  quantità  di 
elettricità  che,  posta  alla  distanza  di  un  centimetro 
da  una  quantità  uguale  di  elettricità,  la  respinge 
con  una  forza  eguale  a  una  dina.  -  Unità  di  re- 
aistenza,  la  resistenza  presentata  da  un  conduttore 
quando  l'unità  di  differenza  di  potenziale  fra  le 
Me  due  estremità  determina  la  produzione  di  una 


corrente  di  intensità  uguale  all'  unità,  cioè  il  pas- 
saggio di  un'unità  di  quantità  di  elettricità  per  mi- 
nuto secondo.  -  Unità  pratiche  del  sistema  elettro- 
magnetico: C  G  S,  ampère,  coulomb,  erg,  farad, 
joule,  volt,  vol-coulomb,  ohm,  watt  o  voltam- 
père. 

Unità,  ecc.,  già  citate  a  corrente  elettrica: 
ampère,  ampère-ora,  ampergiri.  farad,  microfarad, 
henry,  ohm  {megaohm,  microohm),  volt,  voltaggio, 
watt.  Aggiungasi  :  candela,  campione  adoperato  per 
misurare  l'intensità  della  luce  elettrica.  -  Cavallo 
elettrico,  unità  arbitraria  di  lavoro  adoperata  per 
esprimere  1'  attività  di  un  circuito,  di  un  elettro- 
motore, di  una  lampada:  eguale  a  7S  chilogram- 
metri. -  Cavallo  inglese  (horse  power),  unità  di  mi- 
sura pratica  inglesa,  eguale  a  chilogrammetri  76,04 
per  secondo.  -  Cavallo-vapore  o  cavallo  dinamico, 
unità  pratica  di  potenza  ;  la  potenza  capace  di  pro- 
durre il  lavoro  di  settantacinque  chilogrammetri  per 
minuto  secondo.  -  Chilogrammetro,  unità  di  lavoro 
meccanico.  -  C  G  S  (sistema  di  unità  fisiche):  il 
rentimetro,  il  grammo,  il  secondo.  -  Coulomb,  unità 
pratica  di  quantità  elettrica ,  ed  è  quella  che  passa 
in  un  secondo  per  la  sezione  di  un  conduttore 
percorso  da  un  ampère;  è  uguale  a  un  decimo  del- 
l'unità assoluta. 

Dina  (dine),  la  torza  necessaria  ad  imprimere 
alla  massa  di  un  grammo  l'accelerazione  di  un  cen- 
timetro al  minuto  secondo.  -  Elettroni,  nome  pro- 
posto da  Stoney  per  rappresentare  le  unità  distinte 
di  elettricità,  che  è  considerata  atomica  come  la 
materia.  -  Erg,  unità  di  lavoro  meccanico  nel  si- 
stema C  G  S  :  il  lavoro  che  si  fa  vincendo  una 
dina  per  uno  spazio  di  un  centimetro.  -  Ergon, 
termine  tolto  dal  greco  e  scelto  nei  congressi  In- 
ter aazionali  di  fisica  per  indicare  l'unità  di  lavoro: 
è  il  lavoro  che  compie  una  dina  nello  spazio  di 
un  centimetro  percorso  nella  sua  direzione.  -  Etto- 
icatt,  misura  di  potenza  elettrica  equivalente  a  400 
ivatt. 

Grammo,  unità  di  massa  :  la  millesima  parte  del 
prototipo  di  platino  costruito  da  Borda  per  rappre- 
sentare il  chilogrammo  e  depositato  negli  archivi 
di  Parigi.  -  Jacobi,  unità  elettrica,  costituita  dalla 
intensità  di  corrente  che,  decomponendo  1'  acqua, 
produce  un  centimetro  cubo  di  gas  tonante  in  un 
minuto.  -  Joule  (pron.  giani),  nome  proposto  da 
Siemens,  nel  1882,  per  rappresentare  1'  unità  pra- 
tica di  lavoro  :  è  uguale  al  lavoro  rappresentato  da 
una  quantità  di  elettricità  agente  con  la  forza  elet- 
tromotrice di  un  volt.  -  Megavolt,  unità  di  forza 
elettromotrice  :  vale  un  milione  di  volts. 

Quadrante,  l'unità  pratica  di  coefficiente  di  au- 
to-induzione. -  Volt-coulomb,  unità  pratica  di  lavor» 
elettrico.  -  Weber,  antica  unità  di  intensità  per  1* 
correnti  elettriche. 


Macchine,  apparecchi,  istrumenti,  ecc. 


A  corrente  elettrica  citati  i  seguenti  :  ampe- 
rometro, bilancia,  calorimotore,  cassette  di  resistenza, 
commutatore^  disgiuntore,  galvanometro,  giroscopi», 
isolatore,  reocordo,  reoforo,  reometro,  reoscopo,  reo- 
stato, reotomo,  reotropo,  ricevttrice,  solenoide,  volta- 
metro, voltmetro,  wattmetro.  Altri:  accenditori  elet- 
trici, nome  di  svariati  apparecchi  ad  uso  di  accen 
dere  lampade  o  altro.  -  Accumulatore,  apparec 
chio  destinato  a  immagazzinare  l'energia  elettrica 


ELETTRICITÀ 


983 


-  Agometro,  o  diagometro,  istrutnento  per  misurare 
i  gradi  di  conducibilità  o  di  resistenza  elettrica.  - 
Alternatore,  motore  a  corrente  alternata.  -  Am- 
metro,  sorta  d'amperometro.  -  Aìializzatore,  placca 
metallica  per  V elettrolisi.  -  Anello  di  Pacinotti, 
veggasi  a  macchina  (macchine  niagneto-eietlrictie). 

-  Anemografo,  anemometro,  anemoscopio,  anemome- 
iiografo,  apparecchi  misuratori  della  velocità  e 
della  direzione  del  vento.  -  Apparecchi  elettrici  re- 
gistratori, strumenti  di  misura  di  speciale  costru- 
zione, nei  quali  la  lancetta  indicatrice  porta  alla 
sua  estremità  una  punta  leggera  destinata  a  regi- 
strare i  risultati  sopra  una  carta,  che  si  svolge  con 
moto  uniforme.  -  Argaìietto  elettrico,  semplicissimo 
apparecchio  basato  sul  potere  delle  punte  :  si  im- 
piega nei  dorks,  nei  porti,  nelle  miniere,  ecc.  - 
Atlinometro,  apparecchio  per  misurare  l'intensità 
calorifica  dei  raggi  solari.  -  Altrazionometro,  specie 
di  bilancia  che  serve  a  misurare  la  forza  attrattiva 
di  un'elettro-calamita.  -  Avvisatori  elettrici,  deno- 
minazione generica  di  moltissimi  apparecclii  che, 
per  mezzo  dell'  elettricità,  danno  segni  conven- 
zionali. 

Barometrografo,  apparecchio  che  registra  le  al- 
tezze della  colonna  barometrica.  -  Batteria  elet- 
trica, parecchie  bottiglie  di  Leida  agenti  insieme.  - 
Batteria  galvanica,  elettromotore  composto  di  cop- 
pie voltaiche  simili.  -  Bilancia  di  Coulomb,  speciale 
elettroscopio  per  mezzo  del  quale  è  possibile  deter- 
minare anche  l'intensità  della  elettrizzazione.  -  Bo- 
bina (frane,  bobine),  nome  col  quale  si  designano 
un'elettro-calamita,  un  rocchetto,  ecc.  -  Bottiglia  di 
Leida,  condensatore  consistente  in  una  bottiglia  di 
vetro  rivestita  all'esterno,  fin  presso  al  collo  d'una 
foglia  metallica  e  ripiena  di  fogliette  d'oro  e  di  ca- 
tenelle metalliche  comunicanti  con  un'asta  metal- 
lica terminata  in  sfera  ed  uscente  dal  collo  della 
bottiglia.  -  Brontometro:  serve  a  misurare  l'elettri- 
cità dell'aria  durante  gli  uragani.  -  Bussola,  nome 
generico  dato  a  parecchi  istrumenti  che  servono  a 
diverse  misure  magnetiche  ed  elettriche.  -  Candele 
elettriche,  regolatori  che  producono  un  piccolo  arco 
voltaico,  senza  richiedere  alcun  meccanismo.  -  Cer- 
capoli, apparecchio  per  determinare  la  direzione 
della  corrente  in  un  conduttore  o  la  polarità  d'una 
dinamo  o  di  una  condotta  a  due  fili.  -  Cerchio  di 
Barrato,  istrumento  per  misurare  l' inclinazione  e 
l'intensità  totale  del  campo  terrestre.  ■  Cerchio  di 
Delezenne,  apparecchio  per  dimostrare  l' esistenza 
delle  correnti  indotte  sviluppate  dall'  azione  della 
Terra.  -  Cerchio  di  Fox,  istrumento  adoperato  in 
mare  per  le  osservazioni  di  inclinazione  e  di  in- 
tensità magnetica.  -  Coherer,  apparecchio  basato 
sulla  proprietà  di  alcune  polveri  metalliche,  che 
diventano  conduttrici  quando  impressionate  da  onde 
elettriche.  -  Collettore  per  pile,  nome  dato  a  certi 
commutatori  fatti  per  variare  rapidamente  il  nu- 
mero di  elementi  delle  pile  intercalato  in  un  cir- 
cuito. -  Condensatore,  apparecchio  che  può  imma- 
gazzinare un  alto  potenziale  elettrico.  -  Conduttore 
elettrico,  cordone  o  catena  metallica  che  dà  libero 
passaggio  al  fluido  elettrico  e  lo  conduce  e  lo  mena 
dovunque  si  voglia  raccogliere,  oppure  adoperare  o 
disperdere.  -  Contatore,  apparecchio  che  serve  a 
misurare  esattamente  la  quantità  di  energia  elet- 
trica consumata.  Ve  ne  sono  di  moltissimi  tipi;  si 
hanno  inoltre  contatori  dei  punti,  contatori-orario, 
ecc.  -  Controllori  elettrici,  apparecchi  nei  quali  la 
elettricità  vale  per  assicurare  che  il  controllo  fu 
-eseguito:    servono    nelle  ferrovie  e  per  molti  altri 


usi.  -  Coppia,  sinonimo  di  elemento  di  pila.  - 
Coulomb-metro,  apparecchio  per  misurare  la  quan- 
tità di  elettricità  che  passa  in  una  condotlura.  - 
Cronografo  elettrico,  registratore  elettrico  che  segna 
contemporaneamente  le  fasi  successive  di  un  feno- 
meno e  gli  istanti  precisi  nei  quali  essi  si  produ- 
cono. -  Cronoscopio,  specie  di  cronografo  col  quale 
si  possono  misurare  elettricamente  i  millesimi  di 
secondo. 

Deflagratore,  apparecchio  per  operare  la  combu- 
stione. -  Derivazione,  conduttore  che  riunisce  due 
punti  d'un  circuito.-  L/iHawiowjetro,  apparecchio  per 
misurare  l'intensità  di  una  forza  o  il  lavoro  di  una 
macchina.  -  Dispositori,  o  controllers,  apparecchi  che 
servono  a  cambiare  il  modo  di  aggruppamento  degli 
elementi  d'una  batteria  di  accumulatori.-  Dosometro, 
specie  di  voltametro  per  la  misura  della  quantità 
di  elettricità,  in  medicina.  -  Duplicatore,  apparecchio 
che  permette  di  raddoppiare  un  certo  numero  di 
volte  la  carica  data  primitivamente  a  un  piatto  me- 
tallico mediante  l'influenza  di  altri  piatti  che  si 
spostano  e  si  fanno  com.unicare  alternativamente 
col  suolo. 

Eccitatore,  istrumento  per  scaricare  un  apparec- 
chio elettrico  senza  produrre  commozione.  -  Egua- 
gliatori, nome  generico  di  apparecchi  usati  per  l'e- 
guale distribuzione  del  potenziale  o  per  eguagliare 
le  tensioni  nelle  distribuzioni,  specialmente  per  la 
luce.  -  Elettrizzatore  automatico,  apparecchio  che 
dà  una  scossa,  se  si  introduce  una  moneta  in  appo- 
site fessure.  -  Etettrocaiumita,  cilindro  di  ferro  dolce 
a  ferro  di  cavallo,  attorno  a  cui  è  avvolto  un  filo 
di  rame  coperto  da  un  filo  di  seta;  e  diviene  ca- 
pace di  attrarre  il  ferro.  -  Eleltrocinemografo,  ap- 
parecchio che  indica  a  distanza  la  velocità  di  ro- 
tazione di  una  o  più  macchine.  -  Elettrodinamometro, 
apparecchio  che  serve  a  misurare  l'intensità  di  una 
corrente  per  mezzo  della  sua  azione  sopra  un'altra 
corrente.  -  Elettrodo,  apparecchio  per  l'applicazione 
dell'elettricità  alla  medicina.  -  Elettroforo,  istrumento 
che  può  somministrare  cariche  elettriche.  -  Elettro- 
grafo, nome  dato  ad  apparecchi  inventati  a  scopi 
diversi  Cosi  l'elettrografo  Lancetta  è  un  registra- 
tore delle  scariche  teniporalesche;  l'elettrografo  Pal- 
mer serve  a  incidere  disegni  e  a  trasformarli  tele- 
graficamente in  c/tc/i(?s,  ecc.  -  £/<?</ro»icijo,  strumento 
che  mostra  la  presenza  del  fluido  elettrico  e  ne 
misura  l'intensità.  -  Elettromotore,  motore  elettrico, 
ossia  tale  a  cui  la  potenza  viene  fornita  sotto  forma 
di  corrente  elettrica.  -  Elettroscopio,  strumento  che 
serve  a  giudicare  se  un  corpo  è  elettrizzato  e  di 
quale  elettricità.  -  Ergometro  (erg-metro),  apparec- 
chio destinato  a  misurare  il  lavoro  elettrico. 

Giara  elettrica,  bottiglia  di  Leida  di  grandi  di- 
mensioni: la  riunione  di  più  giare  forma  una  bat- 
teria. 

Indultometro,  apparecchio  per  1'  esplorazione  del 
campo  n)agnetico.  -  Induttore,  la  parte  fissa  della 
dinamo  che  produce  il  campo  magnetico. 

Induttore  differenziale,  apparecchio  per  riconoscere 
l'influenza  che  esercitano  le  masse  metalliche  in- 
trodotte in  un  rocchetto  in  cui  è  avvolto  un  filo 
inducente  ad  un  altro  indotto.  Questa  determina- 
zione si  fa  con  un  galvanometro  sensibilissimo.  - 
Innesto  o  bocchettone,  apparecchio  usato  per  la  presa 
di  corrente.  -  Inseritore,  apparecchio  usato  nell'im- 
pianto di  accumulatori  e  per  cui  si  può,  automati- 
camente 0  a  mano,  inserire  o  togliere  alcuni  ele- 
menti della  batteria,  secondo  il  bisogno.  -  Inter- 
ruttore, strumento  che  serve  ad  aprire,  a  chiudere. 


984 


ELETTRICITÀ 


a  rompere  un  circuito,  nonché  a  invertire  il  senso 
ilella  corrente.  -  Inverliloie,  apparecchio  che  serve  a 
l'ambiare  il  senso  della  corrente  o  a  immettere  la 
corrente  da  un  circuito  all'altro.  -  Ipsometro,  appa- 
recchio elettrico  per  le  operazioni  di  scandaglio  dei 
dumi,  dei  laghi,  dei  mari,  ecc.  -  Isolatore,  sostegno 
the  serve  a  isolare  i  conduttori  elettrici.  -  Linea, 
conduttore  isolato  di  grande  lunghezza. 
Locomotive  elettriche,  veggasi  a  locomotiva. 


Ancora  le  macchine,  gli  apparecchi,  ecc. 
Cose  minori. 


Macchine  elettriche,  elettro-magnetiche,  ecc.,  veg- 
liasi a  macchina.  •  Micrometro,  apparecchio  col 
quale  si  può  valutare  la  distanza  esplosiva  della 
scintilla  elettrica.  -  Microohmetro  o  microhmmetro, 
apparecchio  per  la  misura  delle  deboli  resistenze 
elettriche.  -  Microtasimetro,  apparecchio  che  serve  a 
indicare  piccolissimi  cambiamenti  di  pressione.  - 
Moliiplicatoì e,  nome  di  vari  apparecchi,  tra  i  quali 
l'organo  del  galvanometro  che  aumenta  l'azione  della 
corrente  sull'ago  calamitato.  -  Moaocordo  elettrico, 
apparecchio  ideato  da  Blytli  e  nel  quale  le  vibra- 
zioni di  una  corda  sono  mantenute  da  un'elettro- 
calamita. -  Mortaio  elettrico,  piccolo  apparecchio,  nel 
quale  si  versa  un  po'  di  polvere  e  una  goccia  d'e- 
tere; facendo  passare  una  scarica  elettrica,  la  com- 
bustione della  polvere  o  la  vaporizzazione  dell'etere 
proietta  una  palla  di  avorio,  che  chiude  il  mor- 
taio. -  Morsetti,  arnesi  che  servono  a  riunire  due 
0  più  conduttori  per  formare  circuiti ,  ecc.  -  Mo- 
tore, veggasi  a  questa  voce. 

Pendolino  elettrico,  il  più  semplice  degli  elettro- 
scopi, e  consiste  in  una  pallina  di  sambuco  sospesa 
ad  una  colonnetta  metallica  a  mezzo  di  un  filo  di 
seta.  -  Pilttf  apparecchio  produttore  di  elettricità 
per  azioni  chimiche,  calorifiche  o  luminose.  -  Pi- 
rometro, apparecchio  che  serve  a  misurare  alte 
temperature.  -  Plalimetro,  apparecchio  per  la  mi- 
sura delle  capacità  elettrostatiche.  -  Potenziometro, 
istrumento  per  misurare  le  forze  elettromotrici  o 
le  dilTerenze  di  potenziale. 

Quadro  di  distribuzione,  quadro  che  si  colloca 
vicino  alla  dinamo  e  porta  tutti  gli  istrumenti  di 
controllo  e  di  misura  necessari  per  assicurare  la 
regolarità  del  servizio  in  un  impianto  d' illumina- 
zione 0  in  una  distribuzione  di  energia  elettrica.  - 
Quadro  di  Franklin,  condensatore  che  risulta  di  una 
lastra  di  vetro,  sulla  quale  sono  stati  incollati  due 
rettangoli  di  stagnola.  -  Proiettore,  apparecchio  di 
illuminazione.  -  Propulsore,  organo  meccanico, 
comandato  da  un  motore  elettrico  e  adoperato  a 
far  camminare  l'apparecchio  al  quale  é  applicato. 

Raddrizzatore,  apparecchio  che  serve  a  ottenere 
una  corrente  raddrizzata  e,  in  certo  modo,  continua, 
da  una  corrente  alternata:  uso  al  quale  servono 
anche  i  convertitori.  -  Radiatore,  apparecchio  per 
la  produzione  delle  scintille  e  delle  oscillazioni 
elettriche.  -  Radiofono,  apparecchio  che  produce  un 
suono  quando  colpito  da  radiazioni  calorifiche  lu- 
minose 0  chimiche. 

Radiometro  elettrico,  apparecchio  per  dimostrare 
che  la  corrente  molecolare  partente  dal  polo  nega- 
tivo può  mettere  in  movimento  un  ostacolo  leggiero 
che  incontri.  -  Regolatore  di  corrente  elettrica,  ap- 
parecchio  che   mantiene   costante   l'intensità  della 


corrente  in  un  impianto.  -  Relais,  apparecchio  ebe 
serve  a  chiudere  il  circuito  d'una  pila  locale.  -  Reo- 
motore,  strumento  che  serve  a  mettere  in  movimento 
l'elettricità.  -  Reostato,  apparecchio  adoperato  per 
introdurre  in  un  circuito  una  resistenza  variabile, 
così  da  ottenere  l' intensità  che  si  desidera.  - 
Replenisher,  piccola  macchina  elettrostatica  che 
serve  a  caricare  l' elettromotore  di  Thomson.  - 
Ripartitore,  assetto  meccanico  che  serve  a  ren- 
dere uniforme  la  forza  attrattiva  delle  elettroca- 
lamite (che  varia  con  la  distanza)  o  ad  aumentare 
in  una  certa  misura  la"  forza  dell'armatura.  -  Ri- 
produttore di  carica,  o  ricaricatore,  apparecchio  de- 
stinato ad  accrescere  la  carica  d'elettricità  sui  con- 
duttori già  elettrizzati.  -  Rocchetto,  nome  generico 
dato  ad  un  cilindro  vuoto,  terminante  alle  due 
estremità  con  due  dischi  tagliati  nella  slessa  so- 
stanza ;  cilindro  che  serve  per  avvolgervi  uno  o  più 
conduttori  elettrici. 

Scaricatore,  arco  metallico,  semplice  od  articolato, 
con  manichi  isolanti,  che  serve  a  scaricare  due  di- 
verse elettricità  tendenti  a  ricombinarsi.  -  Shunt- 
metro,  apparecchio  che  permette  di  trovare  i  risul- 
tati delle  formole  relative  alle  correnti  derivate.  - 
Spinterometro,  apparecchio  per  misurare  le  distanze 
esplosive,  ossia  la  lunghezza  delle  scintille  elet- 
triche. 

Taglia-circuito,  metallo  fusibile  inserito  in  un 
circuito  per  mettere  un  apparecchio  fuori  circuito 
quando  la  corrente  vi  diventa  troppo  intensa  -  Te- 
lefoto, apparecchio  per  trasmettere  a  distanza  una 
immagine  luminosa,  mediante  l'elettricità.  -  Telfe- 
rago,  trasporto  elettrico  per  mezzo  di  veicoli  so- 
spesi. -  Termometro  di  Kinnersley,  apparecchio  che 
serve  a  misurare  il  calore  che  si  sviluppa  durante 
una  scarica  elettrica.  -  Tipi  di  capacità,  condensa- 
tori atti  a  comparare  e  rappresentare  le  unità  di 
capacità  o,  più  spesso,  dei  sottomultipli  di  questa. 
-  Irasf ormatore,  apparecchio  che  riceve  l'energia 
elettrica  e  può  restituirla.  -  Tubi  di  Crookes,  tabi 
inventati  dal  fisico  Crookes,  costruiti  per  istudiare 
gli  effetti  delle  scariche  elettriche  attraverso  gas 
molto  rarefatti.  -  Tubi  di  Geissier  :  si  illuminano 
internamente  quando  sono  attraversati  da  una  cor- 
rente di  induzione.  ■  Tubo  di  Holtz,  analogo  a 
quello  di  Geissier:  fa  vedere  l'influenza  delle  punte 
sulla  direzione  delle  correnti  in  quegli  apparecchi. 

Uovo  di  de  La  Rive,  apparecchio  ideato  allo  scopo  - 
di  dimostrare   la  rotazione   della  scintilla  a  mezzo 
di  una  calamita. 

Voltagomelro,   specie   di   reostato   a  mercurio.  - 

Volt-ampermetro,  apparecchio  indicante  la  quan- 
tità di  energia  elettrica  spesa  in  un  dato  tempo. 

Cose  minori.  —  A  pagina  734,  seconda  colonna, 
leggasi  per  gli  oggetti  chiamati  disco  di  Faraday, 
feeder,  filo  elettrico,  girandola,  goccia  di  sego,  serra 
filo,  spina.  Altri  :  aghi  elettrici,  laminetta  d'  acciaio 
calamitata  e  adoperata  per  le  bussole  di  naviga- 
zione e  per  moltissimi  istrumenti  microscopici  e  di 
misura.  -  Anello,  l'indotto  di  certe  macchine  dina- 
mo-elettriche, specialmente  di  quelle  di  Gramme.  - 
Arco  eccitatore,  specie  di  compasso  metallico  termi- 
nato da  due  sferette  e  provveduto  di  membri  iso- 
lanti: si  usa  per  scaricare  la  òoMi^ha  dt  Leida  senza 
riceverne  alcuna  scossa.  -  Armatura,  pezzo  di  ferr» 
dolce  che  si  pone  a  contatto  coi  poli  della  calamita 
per  chiudere  il  circuito  magnetico. 

Cànapo,  nome  dato  alla  riunione  di  due  o  più 
conduttori  circondati  di  materia  isolante:  cavo,  cor- 
done. -  Collettore,    organo  delle  macchine  di  indù- 


Tav.  XXVUI. 


ELETTRICITÀ 


!»8o 


1,  pendolino  elettrico.  -  2,  bilancia  di  Coulomb.  -  3,  azione  delle  punte.  -  4,  macchina  elettrica  a 
strofinio.  -  5,  bottiglia  di  Leyda.  -  6,  raggi  X  o  raggi  di  Rontgen.  -  7.  scarica  istantanea  -  8,  bussola. 
-  9,  ago  magnetico.  -  10,  pila.  -  11,  pila  Danieli.  -  i2,  galvanometro.  -  13,  solenoide.  -  14,  elettroma- 
gnete. -  15  e  16,  macchina  dinamo-elettrica.  -  17,  rocchetto  di  Ruhmkorff.  -  18,  arco  voltaico.  -  19,  lam- 
pada incandescente.  _  jk. 


986 


ELETTRICO    —    ELETTROFISIOLOGIA 


zione.  -  Controller,  apparecchio  di  manovra  per  i 
conduttori  di  veicoli.  •  Corista  elettrico,  sorta  di 
interruttore.  . 

Diaframma,  ciò  che  si  mette  tra  due  coppie  di 
metalli  (uno  attivo,  l'altro  negativo).  -  Dispersore  o 
spandente,  apparecchio  col  quale  termina  il  con- 
duttore del  parafulmine.  -  Nastri  elettrici,  nastri 
che  producono  singolari  fenomeni.  -  Nucleo,  lamina 
o  fili  di  ferro  dolce  posti  iu  un  rocchetto  e  negli 
induttori  di  una  n^acchina  di  induzione,  di  un  tra- 
sformatore, ecc. 

Panchetto  elettrico,  sgabello  isolatore.  -  Pennello 
elettrico,  il  principale  degli  eccitatori  secchi,  in  elet- 
troterapia, formato  da  un  ammasso  di  fili  metallici, 
impiantati  su  un  manico  isolatore.  -  Pettine,  pezzo 
metallico  munito  di  punte  parallele,  organo  delle 
macchine  elettrostatiche  e  dei  parafulmini  telegra- 
fici. -  Pezzi  polari,  pezzi  di  ferro,  per  lo  più  di 
forma  ricurva,  che,  svolgendo  l'indotto  d'una  mac- 
china elettrodinamica,  ne  terminano  l'induttore.  - 
Pedale,  commutatore  usato  in  certi  avvisatori  elet- 
trici destinati  alle  strade  ferrate  e  in  certi  sistemi 
di  blocco  stradale.  -  Sostegno  isolante,  apparecchio 
che  serve  ad  isolare  qualunque  corpo  che  si  voglia 
caricare.  -  Spazzole,  fascio  di  fili  metallici  che  stro- 
fina sul  collettore  d'una  macchina  di  induzione  per 
raccogliere  la  corrente. 


CÒSE 


A   TERMINI  VARI. 


(Caricare,  caricarsi  di  elettricità,  dare,  prendere  la 
carica.  Contr.,  scaricare,  scaricarsi.  -  Disperdere  l'e- 
lettricità: il  dissipare  che  fa  un  corpo,  per  una  ca- 
gione 0  per  l'altra,  la  propria  elettricità.  -  Elettriz- 
zare, elettrizzarsi,  indurre  o  prendere  la  virtù  elet- 
trica. -  Isolare,  impedire  che  un  corpo  abbia  contatto 
con  altri,  perchè  non  sia  disperso  l'elettrico  -  Gal- 
vanizzare, svolgere  l'elettricismo  per  contatto  di 
metalli  e  produrre  così  le  contrazioni  muscolari 
negli  animali. 

Amalgama  elettrico,  miscuglio  di  mercurio,  di 
zinco  e  di  stagno  per  strofinare  i  cuscinetti.  -  Arco 
voltaico,  arco  luminoso  che  si  produce  fra  due  col- 
lettori collegati  ai  poli  di  un  potente  generatore, 
quando,  dopo  averli  messi  a  contatto,  si  scostano 
di  una  piccola  quantità.  -  Carbone  bianco,  appella- 
tivo che  si  dà  al  ghiaccio  dei  ghiacciai  per  espri- 
mere il  fatto  che  nell'acqua  dei  fiumi,  da  essi  ali- 
mentati, si  ha  una  sorgente  di  energia  che  può  so- 
stituirsi, per  le  industrie,  a  quella  fornita  dal  carbon 
fossile.  -  Esperienza  di  OErstedt,  quella  relativa 
alle  azioni  fra  due  fili  percorsi  da  correnti  e  alle 
azioni  della  Terra  sulle  correnti. 

Fenomeno  di  Hall:  consiste  in  una  deviazione 
delle  linee  equipotenziali  d' una  placca  metallica 
percorsa  da  una  corrente.  -  Ginnoto,  anguilla  elet- 
trica dell'America,  che  dà  torpore  con  le  sue  scosse. 
-  Grandine  elettrica,  esperienza  che  serve  a  mostrare 
le  repulsioni  e  le  attrazioni  elettriche. 

Immagini  elettriche,  quelle  dovute  all'attrazione  o 
alla  ripulsione  elettrica,  oppure  ad  effetti  meccanici 
delle  scariche.  -  Inter  ferro,  intraferro,  spazio  com- 
preso tra  le  faccie  interne  degli  induttori  e  l'in- 
dotto. -  Montatura,  modo  di  riunire  insieme  gli  ap- 
parecchi elettrici  per  ottenere  i  migliori  effetti  in 
date  condizioni.  -  Mega  e  ynicro,  prefissi  impiegati 
per  indicare  grandezze  elettriche  rispettivamente  più 
grandi  e  più    piccole   dell'unità   d'un  milione   di 


volte.  -  Ozono,  sostanza  molto  sottile  che  si  spande 
nell'aria  quando  si  fanno  esperienze  elettriche.  - 
Rendimento  di  un  apparecchio:  in  generale,  il  rap- 
porto fra  l'energia  che  fornisce  e  quella  che  as- 
sorbe. -  Serbatoio  comune  dell'elettricità,   la  Terra. 

-  Teoria  dualistica,  quella  che  ammette  due  elet- 
tricità opposte. 

Elettrico.  Che  è  dotato  di  elettricità,  la  pro- 
duce o  ne  deriva. 

Elettrizzare,  elettrizzarsi  {elettrizzato).  Veg- 
gasi  a  elettrizzazione. 

Elettrizzazióne.  Atto  ed  effetto  dell'elettriz- 
zare 0  dell'elettrizzarsi,  cioè  di  comunicare  ad  un 
corpo  0  di  prendere  la  virtù  elettrica:  si  ha  per 
induzione,  per  influenza,  ecc.  -  Elettrizzato,  il  corpo 
che  ha  in  sé  la  forza  elettrica,  è  in  istato  elettrico. 

-  Elettrizzato  per  induzione,  il  corpo  che  acquistò 
lo  stato  elettrico  per  la  vicinanza  con  altro  corpo 
elettrizzato. 

Elettro  (gr.,  electron).  Veggasi  ad  elettricità. 
Elettrobiologia   {elettrobiologico).   Parte  della 
fisiologia  che  si  occupa  dei  fenomeni  elettrici  nel- 
l'organismo umano. 

Elettrocalamita.  Detto  ad  elettricità  (pa- 
gina 983,  seconda  colonna). 

Elettrochimica.  Scienza  che  studia  le  aiioni 
chimiche  prodotte  dalla  corrente  elettrica,  quando 
attraversa  i  corpi,  e  le  loro  applicazioni  all'indu- 
stria. Per  essa  si  può  facilmente  ottenere  la  dora- 
tura, la  nichelatura,  Vargentatura,  la  ramatura,  ecc.  ; 
si  provvede  all'estrazione  dell'oro,  dall'alluminio  e 
d'altri  metalli,  all'affinamento  del  rame,  alla  pre- 
parazione del  cloro  e  d'altri  minerali,  alla  rettifi- 
cazione degli  alcali,  alla  concia  delle  pelli,  alla  ri- 
cerca dell'arsenico  in  caso  di  avvelenamento,  alla 
disinfezione  delle  acque  di  fognatura,  all'estrazione 
dei  colori  d'anilina,  e  via  via.  -  Elettrogeneratori 
chimici:  si  distinguono  tre  gruppi  di  elettrogenera- 
tori (elettromotori),  secondochè  l'energia  elettrica  è 
prodotta  dalla  trasformazione  dell'energia  chimica 
(pile,  coppie,  elementi  galvanici)  o  dell'energia  ca- 
lorifica (pile  termo-elettriche),  o  dall'energia  mec- 
canica. -  Equivalenti  elettrochimici,  le  quantità  dei 
corpi  separate  dal  passaggio  d'unità  d'elettricità. 
Gli  equivalenti  elettrochimici  delle  varie  sostanze 
sono  proporzionali  ai  loro  equivalenti  chimici  or- 
dinari. -  Colorazioni  elettrochimiche:  il  primo  ad 
ottenere  anelli  colorati,  per  riiezzo  dell'elettricità, 
fu  Priestley.  Recentemente  egli  pubblicò  e  tentò 
spiegare  molti  risultati  di  colorazioni  elettriche.  - 
Tonalità  termica  della  reazione,  la  somma  algebrica 
delle  quantità  di  calore  corrispondenti  ai  lavori 
chimici,  fisici  e  meccanici  compiti  durante  la  rea- 
zione. 

Elettrochimdtipià.  Zincotlpia  in  un  bagno 
galvanico  di  vitriolo  di  rame. 

Elettrocinemografo.  Detto  a  elettricità  (pa- 
gina 983,  seconda  colonna). 

Elettrodinamica  {elettr adinamia).  Parte  della 
fisica  che  tratta  delle  azioni  della  corrente  elet- 
trica. 

Elettrodo.  Detto  a  elettricità  (pag.  983,  se- 
conda colonna). 

Elettrofisiologia  {elettrofisiologico).  Parte  della 
scienza  che  studia  gli  effetti  dell'elettricità  sopra  i 
nervi  e  i  muscoli,  e  la  produzione  dell'elettricità 
negli  esseri  viventi.  Le  persone  poste  in  vicinanza 
ad  una  macchina  elettrica  che  funziona,  sono  sot- 
toposte a  fenomeni  d'influenza,  e  condotte  per  con- 
seguenza  ad  un  potenziale  elevato.    Esse  provano 


ELETTROPORO 


ELETTROTERAPIA 


987 


allora  un'impressione  particolare,  sovente  sj^rade- 
Tole,  accompagnata  dal  rizzarsi  dei  capelli  e  da 
ina  sensazione  di  ragnatela  nei  punti  in  cui  la 
pelle  è  nuda.  Codesti  fenomeni  si  esagerano  se  la 
persona  è  posta  sopra  uno  sgabello  isolante  e  in 
comunicazione  diretta  con  la  macchina.  Si  nota 
pure  frequentemente  una  eccitazione  della  circola- 
zione nelle  parti  periferiche  e  una  sensazione  di 
calore  alle  estremità.  Il  fulmine  produce  effetti  ana- 
loghi a  quelli  delle  batterie  elettriche,  ma  molto 
più  potenti  L'elettricità  atmosferica,  anche  quando 
non  v'è  scoppio  di  fulmine,  sembra  avere  un'in- 
fluenza spiccatissima  sull'organismo. 

Ehllro-v itali,  i  fenomeni  elettrici  di  cui  sono 
sede  gli  organismi  viventi.   ■ 

Elettroforo.  Detto  a  elettricità  (pag.  983,  se- 
conda colonna). 

Elettro^rafla  {elettrografico).  Detto  ad  elettH- 
cità  (pag.  980,  prima  colonna). 

Elettrolisi  (^elettrolitico).  Il  complesso  delle  mo- 
dificazioni che  SI  verificano  nella  scomposizione  di 
su  conduttore  di  second'ordine,  quando  esso  è  at- 
traversato dalla  corrente  elettrica.  Immergendo  in 
«n  liquido  composto  le  estremità  di  due  fili  attac- 
cati ai  due  poli  di  una  pila,  la  colonna  di  liquido 
interposta  non  agisce  mai  come  un  semplice  con- 
duttore. Solo  i  corpi  semplici  (mercurio,  metalli 
fusi)  agiscono  come  semplici  conduttori.  Si  chiama: 
elettrolito  la  sostanza  che  si  decompone:  elettrodi  i 
fili  o  piastre  che  terminano  i  reofori  e  pescano 
nella  soluzione  del  composto;  positivo  l'elettrodo 
collegato  al  polo  positivo,  negativo  l'altro.  Nume- 
rosissime le  applicazioni  dell'elettrolisi,  che  serve 
per  la  fabbricazione  dei  prodotti  della  grande  in- 
dustria chimica  (soda,  ipo cloriti,  biacca,  ossigeno, 
idrogeno,  cloro,  ecc.),  per  la  misura  dell'intensità 
delle  correnti,  per  la  galvanoplastica,  l'elettrome- 
tallurgia, la  purificazione  delle  flemne  e  degli  alcool 
di  gusto  cattivo,  per  l'imbianchimento  e  la  disin- 
fezione, per  la  riduzione  delle  monete  al  peso  le- 
gale, ecc.  -  Elettrolitico,  che  ha  il  carattere  di  un 
elettrolito  o  ha  rapporto  con  l'elettrolisi. 

Analisi  elettrolitica,  l'applicazione  dell'elettrolisi 
all'analisi  chimica,  cioè  la  separazione  e  il  dosa- 
mento dei  metalli  contenuti  in  un  eletti-olito.  -  Bagno 
elettrolitico,  la  soluzione  che  si  adopera  per  i  pro- 
cessi di  galvanoplastica.  -  Capillarità,  o  endo- 
smosi elettrica,  fenomeno  per  cui  l'acqua,  divisa  in 
(due  parti  da  un  capillare  o  da  un  sistema  di  ca- 
:jillari  0  diaframmi,  viene  trasportata  dall'anodo  al 
#itodo.  -  Conduzione  elettrolitica,  modo  di  propaga- 
zione dell'elettricità  in  un  circuito  in  cui  si  pro- 
ducono decomposizioni  o  trasporti  elettrolitici.  - 
Dissociazione  elettrolitica,  teoria  secondo  la  quale  le 
molecole  dei  composti  elettrolitici,  quando  si  tro- 
vano in  soluzione,  vengono  in  gran  parte  dissociate 
•  separate  nei  loro  ioni  costitutivi,  formati  da  atomi 
■o  gruppi  di  atomi.  -  Estrazione  elettrolitica,  estra- 
aione  dei  metalli  dai  loro  minerali  con  numerosi  e 
svariati  procedimenti  che  si  possono  riferire  a  due 
tipi:  impiego  diretto  dei  minerali  metallici;  trasfor- 
mazione del  metallo  in  un  composto  solubile,  da  cui 
estrarre  il  metallo  stesso  per  mezzo  dell'elettrolisi. 
-  Tensione,  o  pressione  elettrolitica,  la  tendenza  che 
hanno  i  metalli  ad  immettere  degli  ioni  liberi  nella 
soluzione  di  un  elettrolito  con  la  quale  sono  in  con- 
tatto. 

Anion,  corpo  che,  in  una  decomposizione  elettro- 
liitica,  si  porta  all'elettrodo  positivo,  o  anodo.  -  Ca- 
tione (cathion),  elemento  che,  nell'elettrolisi  di  un 


composto,  segue  il  senso  della  corrente,  e  si  porta 
all'elettrodo  negativo,  essendo  il  bagno  nel  circuito 
esterno.  -  Cellula  elettrolitica  o  voltametro,  il  reci- 
piente che  contiene  le  due  lastrine  di  platino  immerse 
nella  soluzione  conduttrice  (elettrolita),  attraverso 
la  quale  passa  la  corrente  elettrica.  -  Ioni,  nome 
dato  da  Faraday  agli  atomi,  o  gruppi  di  atomi,  che, 
nella  scissione  elettrolitica  di  un  composto,  si  por- 
tano ai  due  elettrodi.  -  Voltametri  elettrolitici,  ap- 
parecchi di  scomposizione  dell'acqua  acidulata,  o 
d'una  soluzione  salina,  per  la  misura  della  quantità 
di  elettricità  trasmessavi. 

Elettroniag-netìsmo.  Azione  delle  calamite 
sulle  correnti  e  delle  correnti  sulle  calamite. 

Elettrometallurffla  (elettrometallurgico).  Ap- 
|)licazione  deW elettrolisi  e  degli  etl'etti  colorifici 
della  corrente  all'estrazione  dei  metalli  dai  loro 
minerali  e  alla  loro  purificazione,  bi  pratica  per 
via  umida  (abbrustolendo  il  minerale  in  un  forno 
a  riverbero,  poi  trattandolo  con  acqua  e  sottopo- 
nendo la  soluzione  all'elettrolisi,  perchè  faccia  la 
deposizione),  per  via  secca  (fondendo  i  metalli  me- 
diante i  calori  prodotti  dall'arco  voltaico),  ecc.  - 
Elettrocromia,  modo  di  far  comparire  belle  colora- 
zioni sulle  superficie  metalliche.  -  Elettrodeposizione 
dei  metalli,  scomposizione  e  successiva  deposizione 
del  metallo  da  un  sale  in  soluzione  mediante  la 
corrente  elettrica.  •  Elettrolaminatiira,  rivestimento 
che  si  fa  ad  un  metallo  con  un  sottile  strato  di  altro 
metallo,  mediante  l'elettricità. 

Amalgamatore  elettrico,  apparecchio  che  serve  per 
trattare  i  minerali  d'oro  e  d'argento. 

Elettrometèore.  I  fenomeni  atmosferici  d'ori- 
gine elettrica:  lampo,  fuhnine,  fuochi  di  San- 
t'Elmo. 

Blettrometria,  elettrometro.  Veggasi  a 
elettricità  (pag,  980,  prima  colonna;  pag.  983, 
seconda  colonna). 

Elettromlcròmetro.  Elettrometro  sensibilis- 
simo. 

Elettromotore.  Qualunque  apparecchio  pro- 
duttore di  corrente  elettrica. 

Elettronegativo,  elettropositivo.  Veggasi 
a  elettrolisi. 

Elettro-ottica.  Detto  a  luce. 

Elettroscòpio.  Detto  ad  elettricità  {^ag.  983, 
seconda  colonna). 

Elettrosemaforo.  Apparecchio  elettrico  in  uso 
sulle  ferrovie  per  comunicare  segnali  e  indicazioni 
di  servizio  al  personale  viaggiante  sui  treni. 

Elettrostatica,  elettrotecnica.  Veggasi  ad 
elettricità  (pag.  980,  prima  colonna). 

Elettroterapia  (elettroterapico).  Termine  me- 
dico per  indicare  genericamente  le  varie  specie  di 
cure  che  si  possono  fare  mediante  l'azione  dell'e- 
lettricità sull  organismo:  elettroterapeutica.  L'elet- 
tricità statica  serve  ad  applicazioni  sopra  tutta  la 
persona  (per  altro,  si  può  localizzare  l'azione),  e  le 
correnti  si  prestano  ad  un'azione  localizzata.  Molte- 
plici le  applicazioni  all'uopo,  e  cioè:  le  correnti  con- 
tinue, alternate,  galvano-faradiche,  sinusoidali,  trifa- 
siche, pulsanti  (slitta  di  Gaelfe),  ad  alta  frequenza 
(grande  e  piccolo  solenoide),  ad  a/to  tensione;  l'elet- 
trizzazione statica  (franklinizzazione)  mediante  ba- 
gno, doccia,  scintilla,  effluvio,  soffio  elettrostatico, 
ozonizzazione  ;  il  massaggio  elettrico  e  a  vibrazioni 
(tremuloterapia),  mediante  apparecchi  speciali  per  il 
massaggio  dello  stomaco  e  dell'intestino;  i  pediluvi 
e  i  maniluvi  elettrici;  la  galvanocaustica  (endoscopia, 
diafanoscopia,  elettrotermotcrapia)  ;  le  inalazioni  per 


988 


ELETTROTBSSITURA    —    ELEZIONE 


mezzo  di  apparecchi  elettrici;  le  applicazioni  dei 
raggi  di  Rontgen  (praticando  radioscopie,  radiografìe, 
radioterapie  con  lunghissimi  rocchetti),  e  dei  raggi 
Finsen  (con  lampada  ad  arco);  la  fototerapia;  le 
proiezioni  del  calore  radiante  luminoso;  i  bagni  di 
luce,  con  ventilatore,  a  lampade  rosse,  bianche,  verdi 
e  violette;  le  applicazioni  del  radium,  ecc.  -  Cata- 
foresi elettrica,  mezzo  elettrico  per  introdurre  nel- 
l'organismo alcuni  medicamenti  e  per  espellerne 
sostanze  venefiche.  -  Elettropuntura,  puntura  ope- 
rata a  scopo  medicale  nei  tessuti  con  aghi  percorsi 
da  corrente  elettrica.  -  Faradizzazione,  metodo  di 
cura  consistente  nell'applicazione  delle  correnti  in- 
dotte 0  faradiche,  quali,  ad  esemp  o,  dai  consueti 
rocchetti  di  Ruhmkorff.  -  Metodo  palare,  particolare 
disposizione  degli  elettrodi,  la  quale  permette  di 
studiare  separatamente  l'azione  di  un  solo  polo  su 
un  punto  determinato.  -  Radioterapia,  cura  me- 
diante i  raggi  X,  che  attraversano  facilmente  il 
corpo  umano  e  quelle  degli  animali. 

Analettrono,  stato  di  insensibilità  alle  correnti  di 
induzione  in  cui  si  trova  un  nervo  o  un  muscolo, 
già  stato  per  qualche  tempo  sottoposto  all'azione  di 
una  corrente:  fenomeno  dipendente  da  una  speciale 
polarizzazione.  -  Elettrotono,  particolare  cambia- 
mento che  subisce  nella  eccitabilità  un  nervo  per- 
cosso dalla  corrente  elettrica.  -  Reazione  opto-galva- 
nica,  sensazioni  luminose  che  si  producono  ad  ogni 
interruzione  quando  si  elettrizza  la  testa  con  una 
corrente  di  media  intensità,  ponendo  uno  degli  elet- 
trodi vicino  all'occhio. 

Apparecchi  elettroterapici:  per  l'elettrizzazione 
con  le  correnti  continue,  apparecchi  di  ventiquattro 
elementi,  applicati  alla  galvanizzazione  e  alla  fara- 
dizzazione, con  sommatore,  commutatore,  elevatore 
automatico,  ecc.  ;  per  la  galvanocaustica  termica,  i 
galvano-cauteri  di  diversa  forma,  a  filo  di  platino, 
a  coltello,  a  cupola;  per  l'induzione  e  la  faradizza- 
zione, apparecchi  di  induzione  a  slitta,  accumula- 
tori, batterie,  ecc.;  per  applicazioni  varie:  endoscopi, 
od  elettromegaloscopi  (applicati  all'esplorazione  della 
cavità  interna  dell'organismo),  eccitatori,  incisori, 
aghi  tubolari,  porta-filo,  cistoscopi  (specie  di  cate- 
teri) ;  inoltre,  lo  speculum,  con  lampadina  elettrica, 
il  cheratoscopio  (per  estrazione  delle  scheggie  di 
ferro  o  d'acciaio  dall'occhio),  il  termocauterio  (veg- 
gasi  a  caustico),  ecc. 

Anello  galvanico:  è,  si  può  dire,  un  piccola  pila 
a  secco.  -  Elettrodi-eccitatori,  gli  apparecchi  uniti 
alle  estremità  dai  fili  conducenti  la  corrente  elet- 
trica e  che  si  applicano  sul  corpo.  -  Elettroendo- 
sropio,  apparecchio  per  esaminare  le  cavità  del  corpo 
umano,  servendosi  della  luce  elettrica.  -  Grodwa^or^, 
0  derivatore,  in  elettroscopia,  apparecchio  che  serve 
a  regolare  la  grandezza  delle  scariche  nella  elet- 
trizzazione statica.  -  Placca  eccitatrice,  forma  di  elet- 
trodo usata  in  medicina  per  l'applicazione  dell'e- 
lettricità. -  Poliscopio,  apparecchio  che  serve  a  illu- 
minare la  cavità  interna  del  corpo  umano.  -  Pol- 
verizzatore elettrico,  apparecchio  che  serve  a  pol- 
verizzare, mediante  una  serie  di  scariche,  i  liquidi 
igienici  e  antisettici  destinati  alle  inalazioni. 

Elettrotessitura.  Applicazione  dell'elettroma- 
gnetismo al  telaio  Jacquard.   Veggasi  a  tessitura. 

Elettrotipia,  elettrotlpo.  Veggasi  a  inci- 
sione e  a  galvanoplastica. 

Elettrotono.  Detto  ad  elettroterapia. 

ElettroTitallsmo.  Teoria  secondo  la  quale 
tutti  i  fenomeni  della  vita  animale  sarebbero  pro- 
dotti dall'elettricità. 


Elettuarlo.  Medicamento  a  base  di  zucchero, 
della  consistenza  d'una  pasta  molle  e  risultante  da  àn 
miscuglio  intimo  di  polveri  finissime  con  uno  sei- 
roppo,  0  con  miele,  o  con  un  mellito  e  talvolta  con 
qualche  resina  fluida,  come,  ad  esempio,  la  tremen- 
tina; lattovaro.  Gli  eleltuarì  si  chiamano  anche 
confezioni.  Magistrali,  gli  eiettuari  che  si  preparano 
al  momento.  -  Diacartamo,  elettuario  sodo,  purga- 
tivo, la  cui  base  è  il  cartamo.  -  Diacolocintido,  elet- 
tuario drastico,  di  cui  è  base  la  coloquintide.  - 
Diascordio,  elettuario  astringente  e  sedativo,  com- 
posto di  oppio  e  foglie  di  scordio.  -  Diasena,  elettuario 
molto  purgativo,  così  chiamato  dalla  seaa  che  ne  è 
la  base.  -  Triaca,  elettuario  calmante  fatto  con  molti 
ingredienti. 

Eleuteriologia  (gr.).  Trattato  del  libero  ar- 
bitrio. 

Eleuteriomania.  Voglia  sfrenata  di  libertà. 

Eleuterionomla.  Le  leggi  che  uno  impone  da 
sé  stesso  alla  propria  libera  volontà. 

Elevamento.  L'elevare:  elevazione. 

Elevare  (elevato,  elevazione).  Levare  in  altOf 
inalzare,  alzare.  Figur.,  portare  a  miglior  condi- 
zione, a  più  alto  grado;  anche,  promuovere  a 
dignità,  nobilitare,  conferire  nobiltà.  -  Elevatore, 
chi  0  che  eleva.  E  si  chiama  così  una  specie  di  bus- 
sola che,  per  mezzo  di  apposito  congegno  mecca- 
nico, serve  a  trasportare  le  persone  e  le  cose  ai 
piani  superiori,  nonché  un  arnese  chirurgico  desti- 
nato a  sollevare  il  pezzo  staccato  dalla  trapana- 
zione 0,  in  genere,  frammenti  ossei.  Nome,  anche, 
di  alcuni  muscoli  (veggasi  a  muscolo). 

Elevato,  alto,  eccelso,  prominente.  -  Elevatura, 
altezza  (per  lo  più,  figur.).  -  Elevazione,  l'ele- 
vare, atto  ed  effetto.  -  Prominenza,  elevazione 
sopra  il  rimanente  della  superficie. 

Elevarsi  (elevato,  elevazione).  Alzarsi,  inalzarsi, 
portarsi  in  alto.  Figur.,  crescere  in  grado,  in 
potere,  in  fortuna  e  simili  ;  anche,  distinguersi, 
brillare,  campeggiare,  segnalarsi;  eccellere,  essere 
eccellente;  farsi  strada,  nome;  salire  in  fama, 
divenire  illustre. 

Elevatamente.  Con  elevatezza  ;  figur.,  nobil- 
mente, con  nobiltà. 

Elevatezza.  Altezza,  l'esser  alto,  Figur.,  di- 
gnità, maestà,  nobiltà;  qualità  di  ciò  che  è, 
moralmente  o  intellettualmente,  elevato:  elevatezza 
di  mente,  di  idee  e  simili  ;  nobiltà  di  stile,  di 
forma  e  di  concetti,  nel  parlare  o  nello  scrivere. 
Anche,  la  condizione  di  chi  è  in  fama,  è  celebre, 
illustre. 

Elevato.  Di  luogo,  alto,  prominente,  rilevato. 
Figur.,  di  stile  che  si  distingue  per  nobiltà  di 
concetti  e  di  forma. 

Elevatore,  elevatura.  Detto  ad  elevare. 

Elevazióne.  Elevamento,  atto  ed  effetto  dell'e- 
levare e  dell'elevarsi.  Inalzamento  della  voce  nella 
proMM/tsia d'una  sillaba;  grado  acuto  o  grave  che 
una  data  nota  occupa  nell'estensione  generale  dei 
suoni.  Figur.,  rapimento  di  spirito,  estasi,  -  La 
distanza  verticale  di  un  punto  dal  piano  sottoposto- 
-  L'arco  meridiano  compreso  tra  il  polo  elevato  e 
l'orizzonte.  -  Parte  della  messa  in  cui  il  celebrante 
inalza  successivamente  l'ostia  e  il  calice.  -  Eleva- 
zioìie  a  potenza,  operazione  di  matematica.  -  Ele- 
vazione dell'equatore,  detto  a  equatore. 

Elezione.  L'eleggere  o  l'essere  eletto  ad  un» 
dignità,  ad  una  carica,  ad  un  ufficio:  assunzione, 
chiamata,  esaltazione,  inalzamento,  nomina,  nomina- 
zione. -  Elezioni,  nell'uso,  funzionamento  del  diritt» 


ELEZIONE 


989 


di  voto,  da  parte  dei  cittadini,  chiamati  dal  Co- 
mune, che  all'uopo  predispone  le  liste  elettorali  e 
dirama  le  schede  a  ogni  singolo  elettore  per  la  no- 
mina del  deputato  (elezioni  politiche),  dei  consi- 
glieri comunali,  provinciali  (elezioni  auiministrative), 
della  Camera  di  commercio  (elezioni  commerciali), 
ecc.  Le  elezioni  sono  parziali  o  generali;  supple- 
tive, suppletorie,  quelle  die  si  fanno  dopo  le  ele- 
zioni generali,  per  compire  il  numero  dei  deputati. 
Appello  al  popolo:  si  fa  per  mezzo  di  plebisciti  o 
di  elezioni  generali:  referendum.  -  Elezione  diretta, 
quando  conferisce  direttamente  le  funzioni  a  cui  si 
è  chiamati;  indiretta,  quando  addita  soltanto  altri 
elettori  incaricati  di  eleggere  delinitivamente  (nel 
qual  caso  si  dice  elezione  a  doppio  yrado).  -  Riele- 
zione,'ì\  rieleggere;  nuova  elezione  della  stessa  per- 
sona a  uno  stesso  ufficio;  riconferma  d'un  eletto 
che  scade  da  una  carica. 

Eleggeke,  scegliere  la  persona  alla  quale  confe- 
rire una  carica,  una  dignità,  un  ufficio:  assumere, 
chiamare,  elevare  ad  una  carica,  ecc.;  costituire, 
creare  deputato,  consigliere,  ecc  ;  deputare  (non 
comune);  investire  di  una  dignità;  figur.  e  scherz., 
mettere  nel  sacco  (dei  consiglieri,  ecc.),  ordinare.  - 
Acclamare,  eleggere  per  acclamazione,  eleggere  a 
grido  di  popolo,  a  viva  voce,  a  voce  ;  confermare, 
gridare,  proclamare,  salutare.  -  Annullare  un'ele- 
zione, renderla  nulla,  per  irregolarità,  per  infrazione 
alla  legge.  -  Assortire,  sortire,  eleggere  a  sorte,  per 
sorteggio.  -  Astenersi,  fare  astensione,  non  parteci- 
pare ad  una  elezione.  -  Brigare,  del  candidato  o 
degli  elettori:  cercar  di  riuscire  con  broglio.  -  Con- 
testare, fare  contestazione,  sollevare  eccezioni  contro 
la  validità  di  una  elezione.  -  Convalidare  una 
elezione,  riconoscerla  e  proclamarla  valida.  -  Con- 
vocare i  comizi  elettorali,  procedere  alle  elezioni  ge- 
nerali. -  Essere  in  predicamento,  in  predicato,  essere 
tra  i  candidati  o  i  probabili.  -  Imborsare,  mettere 
nell'urna  o  nelle  borse  i  nomi,  o  i  numeri,  che 
devono  essere  estratti  a  sorte.  -  Inaugurare,  eleg- 
gere con  applauso  e  solennemente.  -  Preeleggere, 
eleggere  innanzi  o  a  preferenza.  -  Rifare  un'ele- 
zione, ripeterla;  anche,  eleggere  al  posto  d'un  altro 
(un  papa,  un  re,  un  deputato).  -  Ricreare,  rieleg- 
gere, eleggere  nuovamente.  -  Sostenere  una  candida- 
tura, favoreggiarla,  adoperarsi  perchè  riesca,  acca- 
parrarle i  voti.  -  Sorteggiare,  fare  il  sorteggio»  - 
Votare,  dare  il  voto,  scrivendo  sulla  scheda. 

Candidato,  chi  è  in  candidatura,  cioè  aspira  o  è 
chiamato  ad  una  carica,  ad  un  ufficio.  In  generale, 
chi  si  presenta  per  essere  deputato:  candidato  al 
Parlamento  {presentarsi,  portarsi,  farsi  portare 
candidato).  Candidato  officiale,  ufficiale,  appoggiato 
dal  governo;  candidato  all'opposizione,  di  opposi- 
zione, contro  il  governo.  E  candidatura,  il  portare 
o  l'essere  portato  candidato  nelìe  elezioni  politiche 
0  amministrative  {offrire,  accettare,  ritirare  una  can- 
didatura). -  Capolista,  0  capo  di  lista,  il  primo  in- 
scritto nella  lista  dei  candidati.  -  Eleggendo,  da 
eleggersi.  -  Eleggibile,  eligibile,  da  potersi  eleggere, 
che  può  esser  eletto:  elettivo.  Contr.,  ineleggibile,  - 
Eleggibilità,  capacità  di  essere  eletti  :  elettività,  eli- 
gibilità.  -  Elettivo,  che  si  nomina,  si  fa,  si  crea  per 
elezione  di  chi  ne  ha  il  diritto.  -  Eletto,  assunte  ad 
una  carica  per  elezione;  creato,  nominato  consi- 
gliere, deputato,  ecc.  (passare  a  grado,  a  ordine,  a 
dignità,  essere  eletto).  -  Rieleggibile,  che  può  essere 
nuovamente  eletto;  rieleggibilità,  la  capacità  di  es- 
sere rieletto.  -  Trombato,  neol.  volgare:  dicesi  dei 
«andidati  politici  che  non  riescono  eletti. 


Elettorale,  di  o  da  elettore:  che  si  riferisce  a  elet- 
tore (dignità,  titolo,  diritto,  legge,  ecc.).  -  Comitato 
elettorale,  gruppo  di  persone  che  propongono,  caldeg- 
giano una  0  più  candidature  e  accudiscono  al  da  farsi 
per  le  elezioni.  -  Elettore  {elettrice),  chi  elegge,  chi 
ha  il  diritto  di  eleggere:  elettore  politico,  elettore 
amministrativo,  elettore  commerciale;  ed  elettorato 
la  qualità  e  i  diritti  dell'elettore:  diritto  elettorale, 
suffragio,  voto.  -  Primo,  secondo  elettore,  chi  vola 
in  elezioni  di  primo  o  di  secondo  grado.  -  Votanti, 
gli  elettori  che  partecipano  ad  una  elezione. 

Distributori  {divisores),  nome  dato  dai  Homaui  a 
quelli  che  erano  impiegati  dai  candidati  per  catti- 
varsi la  benevolenza  e  i  sull'ragi  del  po[)olo,  distri- 
buendogli denaro.  Ciò  per  altro  era  proibito  o  al- 
meno non  veniva  permesso  che  lino  ad  una  certa 
somma.  -  Rogatari,  coloro  che,  nei  comizi  e  nelle 
assemblee  dei  I^omani,  ricevevano  in  un  paniere  le 
tavolette  o  schede,  per  mezzo  delle  quali  ciascuno 
dava  il  suo  voto.  -  Scrutatore,  chi  raccoglie  i  voti 
e  poi  compulsa  le  schede. 

Ballottai/gio  (dal  frane,  balotage),  secondo  scrutiniu, 
seconda  votazione,  riprova  delle  urne,  volo  deci- 
sivo. -  Banchetto  elettorale,  quello  che  gli  elettori 
danno  al  deputato.  -  Collegio  elettorale,  il  complesso, 
l'adunanza  degli  elettori  di  una  data  circoscrizione 
elettorale.  Collegio  uninominale,  quando  nomina  un 
solo  deputato;  plurimo,  se  ne  nomina  parecchi  in- 
sieme. -  Collegio  vacante,  quello  senza  titolare.  - 
Lista  elettorale,  l'elenco  dei  candidati  esposto  in 
avvisi  al  pubblico.  Anche,  il  registro,  la  rubrica  dei 
candidati  compilati  a  cura  del  Comune.  -  Lista 
unica,  di  vari  candidati  che  gli  elettori  devono  vo- 
tare insieme.  -  Macchina  elettorale,  nel  linguaggio 
giornalistico,  il  comitato  elettorale  e  il  complesso 
dei  mezzi  e  delle  forze  messe  in  opera  per  riusch'e 
nelle  elezioni.  -  Mandato  imperativo,  l'ingiunzione 
degli  elettori  al  deputato  circa  la  sua  linea  di  con- 
dotta. -  Manovra  elettorale,  armeggio,  lavorio,  non 
sempre  lecito,  che  si  fa  per  riuscire  nelle  ele- 
zioni. -  Non  éxpedit,  il  motto  di  astensione  dei  cle- 
ricali italiani  dalle  elezioni  politiche.  -  Opzióne, 
l'optare  per  un  collegio,  cioè  accettarvi  la  nomina 
che  fa  il  deputato  eletto  in  più  collegi.  -  Piatta- 
forma, per  caposaldo,  base  di  un  programma  politico, 
è  neologismo  venuto  dall'America  in  Europa.  -  Pro- 
gramma, l'annuncio  o  l'avviso  di  quanto  sarà  trat- 
tato 0  fatto  dai  candidati,  quando  eletti.  -  Referen- 
dum amministrativo,  appello  agli  elettori  convocati 
in  pubblico   comizio. 

Scheda  elettorale,  la  carta  su  cui  l'elettore  scrive  il 
nome  del  candidato  al  quale  dà  il  suo  voto  -  Scrutinio, 
squittinio,  modo  di  votazione.  -  Srutinio  di  lista, 
votazione  politica  per  lista,  non  individuale.  -  Seggio 
elettorale,  luogo  dove  risiede  una  commissione  di 
scrutinio,  e  il  corpo  stesso  che  compone  la  com- 
missione {presidente,  segretario  e  due  o  più  scrur- 
latori).  Il  seggio,  nominato  (tranne  il  presidente) 
dagli  elettori  presenti  nella  sezione  elettorale,  &  àA^- 
prima  provvisorio,  poi  definitivo.  -  Suffragio,  il  voto 
degli  elettori  (suffragio  limitato,  ristretto,  popolare, 
universale).  -  Urna,  vaso  per  raccogliere  i  voti  nei 
suffragi,  0  per  le  estrazioni  a  sorte;  il  suffragio,  il  voto 
stesso.  L'urna  deve  essere  di  vetro  trasparente,  po- 
sta sulla  tavola  e  a  tutti  visibile.  Sospendendo  le 
operazioni  elettorali,  l'urna  è  suggellata,  e  la  carta 
ov'è  apposto  il  suggello  deve  portare  la  firma  del 
presidente  dell'ufficio. 

Ambito,  reato  commesso  da  chi,  per  occupare  ca- 
riche 0  avere  onori,  corrompe  gli  elettori.  -  Broglio 


990 


ELIACAMENTE    —    ELMO 


eìeitorale,  intrigo,  frode  che  si  commette  nelle  ele- 
zioni. -  Diribitorio  {diribitorium),  grandioso  edificio 
nel  quale  i  divibitores  romani  facevano  la  numera- 
zione e  lo  spoglio  dei  voti.  -  Hastings  (pron.  estings), 
in  Inghilterra,  la  tribuna  dalla  quale  i  candidati  par- 
lano agli  elettori.  -  In  pectore  (lat.),  in  petto,  cioè  nel 
segreto,  internamente,  senza  proclamarlo,  caro  ai /?ro- 
prio  cuore:  parlando  di  nomine,  di  elezioni,  di  can- 
didature. 

Elìacamente.  Rispetto  al  sole. 

Eliaco.  Solare,  del  sole.  -  Il  levarsi  o  il  tra- 
montare di  un  pianeta. 

Eliadl.  Le  figlie  di  Elio,  il  sole. 

Elianto.  11  girasole. 

Elica,  èlice.  Sistema  di  propulsione  di  una 
nave  a  vapore  formato  di  due  a  più  ali  disposte 
angolarmente  o  diametralmente  intorno  a  un'asse, 
le  quali  girano  come  la  vite  d'Archimede.  -  Elica 
dexlrorsum,  sini&trorsum,  veggasi  a  solenoide. -Elice, 
la  spirale  incisa  sulla  superficie  interna  delle  canne 
delle  armi  da  fuoco,  per  imprimere  al  proiettile  un 
moto  rotatorio  che  ne  aumenti  la  velocità.  -  Linea 
spirale.  -  Curva  che  sega,  sotto  un  angolo  costante, 
le  generatrici  di  una  superficie  cilindrica.  -  Piega- 
tura neir  orecchio  dell'  uomo.  -  Elice  magnetiz- 
zante, filo  conduttore  isolato,  avvolto  sopra  un'a- 
nima di  ferro  dolce  che  viene  magnetizzato  quando 
è  percorso  da  una  corrente. 

Passo  deWelica,  segmento  di  generatrice  compresa 
fra  due  rami  consecutivi;  l'altezza  percorsa  dal  ci- 
lindro nel  compiere  l'intero  giro.  -  Remipede,  ala  o 
paletta  dell'elice  o  della  ruota. 

Elicere.  Verbo  usato  poeticam.  e  in  poche  voci 
[elice,  elicerà),  per  cavare,  estrarre. 

Elicone.  Istrumento  musicale  a  nove  corde  usato 
dai  Greci.  Ora,  il  bombardone. 

Elidere  (eliso).  Fare  elisione, 

Eligibile,  ellgibilità.   Veggasi  ad  elesione. 

Eliminare  (eliminato).  CsìCCìat  yìn,  escludere, 
scacciare;  togliere, togViere  di  mezzo;  allontanare, 
rimuovere,  scartare.  Anche,  annullare,  distrug- 
gere, •  Operazione  per  cui  da  valori  esprimenti  varie 
quantità,  si  ottiene  per  ciascuna  un  valore  speciale. 

Eliminazióne.  L'eliminare:  esclusione,  rimovi- 
iiiento,  togliraenlo. 

Elio  (£/tos).  Il  dio  del  sole.  -  Sostanza  che  si 
rivela  nello  spettro  della  cromosfera  solare. 

Eliocèntrico.  Tutto  quanto  si  riferisce  al  sole, 
coii'^iderato  come  centro. 

Eliocromia.  Processo  tendente  a  riprodurre 
durevolmente  sopra  una  lastra  i  colori  dello  spettro 
solare. 

Eliofobia.  Malattia  degli  occhi,  per  la  quale 
non  si  può  tollerare  la  viva  luce. 

Ellofotometro.  Detto  a  sole. 

Eliografia  (eliogmjico).  Arte  e  modo  di  mct- 
sioìie  mediante  la  fotografia.  Ed  eliografo  l'i- 
slruinento  all'uopo. 

Ellomotria,  eliòmetro.  Veggasi  a  sole. 

Eiioplàstica.  Metodo  per  riprodurre  disegni, 
folo^'ratie  e  simili  su  lastre  metalliche. 

Elioscòpio.  Istrumento  per  osservare  il  sole. 

EUotermòmetro.  Detto  a  sole. 

Eliotipia.  Veggasi  a  fotografia. 

Eliotropismo.  Detto  a  botanica  (pag.  311, 
seconda  colonna). 

Eliotròpio.  Il  girasole.  -  Sorta  di  gemma; 
\arietà  di  quarzo. 

Elisio.  Dell'eliso:  veggasi  a  paradiso. 

Elisióne.  L'elidere,  il  togliere,  il  tór  via,  ri- 


ferito specialmente  a  lettera  in  fine  di  parola,  perchè 
non  cozzi  con  altra  onde  incomincia  la  parola  se- 
guente. Anche,  soppressione  di  lettere,  di  sillabe, 
di  parole  nel  discorso  :  ammortamento,  ammorza- 
mento delle  vocali;  elisse, ellissi;  letterieidio (scherz.); 
scapezzamento  (in  principio  di  parola);  sincope  (en- 
tro la  parola);  apòcope  (in  fine  di  parola).  -  Eli- 
sione significa  pure  annullamento  scambievole  di 
forze  0  quantità  opposte  e  uguali. 

Elidere,  sopprimere,  tór  via  dal  discorso:  colli- 
dere, far  mangiare,  fognare  (sopprimere  una  lettera), 
mettere  sotto  banco. 

Ellsire  (elisir),  lì  liquore  estratto  da  una  o 
più  sostanze  aromatiche.  Anche,  qualche  medica- 
mento. -  Elisirvite  (elisir  vitae),  composto  di  acqua 
arzente  stillata  con  varie  droghe. 

Eliso.  Veggasi  a  paradiso. 

Ellssazióne.  Operazione  di  farmacia;  sino- 
nimo di  decozione. 

Elitra,  Rivestimento  delle  ali  di  qualche  in- 
setto. 

Elitrite,  elltrocele,  elltroclisia  (e  altre 
voci  affini).  Veggasi  a  vagina. 

Ella.  Pronome,  femmin;  di  egli.  Plur.,  elle,  el- 
leno. 

Ellèboro.  Nota  erba  medicinale,  pianta  ranun- 
colacea  dagli  antichi  creduta  un  rimedio  della  paz- 
zia. -  Elleboro  nero,  o  rosa  di  Natale,  elleboro  verdi, 
le  specie  più  note.  -  EUeboreina,  elleborina,  gluco- 
sidi  che  si  estraggono  dai  rizcmi  di  alcune  specie 
d'elleboro.  -  Elleborismo,  metodo  di  cura  delle  ma- 
lattie mediante  l'elleboro. 

Ellenismo,  ellenista  (ellènico).  Veggasi  a 
greco. 

Ellera.  L'edera. 

Ellisse,  elisse  (ellittico).  Figura  piana  prodotta 
da  una  delle  sezioni  del  cono.  -  Aovato,  ovato, 
ovale,  di  forma  ellittica.  -  Ellissoide,  superficie  di 
secondo  ordine,  o  quadrica,  chiusa  da  ogni  lato  e 
la  cui  sezione  piana  è  un'ellisse.  -  Ellitticitd,  quo- 
ziente che  si  ottiene  dividendo  per  il  grande  asse 
di  un'ellisse  la  diflferenza  dei  due  assi  della  mede- 
sima. -  Ellittico,  che  ha  forma  d'ellissi.  -  Ellisso- 
grafo, istrumento  che  serve  a  disegnare  le  ellissi. 

Fochi  dell'ellisse:  due   punti  che  si  determinano 
ntrando  sull'estremità  dell'asse  o  diametro  minore 
dell'ellisse.  -  Ovato,  spazio  di  figura  ellittica. 

Ellissi  (ellittico).  Specie  di  figura  grammaticale 
con  cui  si  omette  qualche  parola  nel  discorso.  - 
Ellitticam.ente,  con  ellissi,  per  elisione:  tronca- 
mente. -  Ellillico,  elittico,  di  ellissi,  di  elisione;  fatto 
con,  per  elisione. 

Ellitticamente,  ellittico.    Detto  ad  ellissi. 

Elmetto.  Piccolo  elmo. 

Elminti,  elmintiasi.  Detto  a  verme, 

Elmintolito.  Minerale  dorico  che  si  presenta  in 
colonne  verdi,  contornate  a  guisa  di  verme. 

Elmintologia  (ebnintologico).  Detto  a  verme. 

Elmo.  Antica  armatura  difensiva  della  testa 
(ora,  copricapo,  cappello  militare  di  cavalleria,  dei 
corazzieri,  dei  pompieri,  ecc.,  detto  anche  caschetto, 
casco,  elmetto),  varia  di  forma  secondo  i  popoli  e 
i  tempi  :  bacinuzzo,  barbuta^  barbutaccia,  berrettino 
di  ferro,  borgognotta;  cappello  di  ferro,  cimiero  (per 
sineddoche),  cuffia  di  ferro;  gaschetto,  gasco;  zuc- 
chetto, zuccotto. 

Bacinetto,  specie  d'elmo  o  cappello  di  ferro,  an- 
tico, senza  visiera  e  senza  gorgiera.  -  Barbuta,  specie 
di  elmo  che,  a  visiera  abbassata,  difendeva  il  viso 
fino  al  mento.  -  Cappellina,  elmo  leggiero,  di  acciaio. 


EI,Or.UTORIO 


ELOQUENZA 


991 


strettamente  adattato  al  capo  di  chi  lo  portava.  - 
Caschetto,  specie  di  elmetto,  a  forma  tonda,  con  ci- 
miero adorno  di  cresta  o  di  criniera,  frontale  da- 
vanti e  gronda  di  dietro.-  Cassis,  caschetto  o  elmo 
di  metallo.  -  Calata,  elmo  chiuso,  da  celar  la  faccia, 
senza  cimiero,  né  cresta,  né  colori.  -  Cervelliera, 
elmo  per  mezza  testa.  -  Crestuta,  elmo  crestato,  elmo 
a  cresta.  -  Cado,  o  cudon,  la  più  semplice  forma  di 
elmo,  consistente  in  un  caschetto  senza  cimiero, 
fatto  di  cuoio  e  di  pelli  d'animali  feroci  e  attac- 
cato sotto  il  mento  con  un  correggiolo. 

Elmetto,  piccolo  elmo  più  leggiero,  senza  visiera 
e  senza  goletta;  copertura  del  capo  usata  nel  corpo 
speciale  dell'esercito  italiano  in  Africa.  -  Galea,  an- 
ticamente elmo  di  pelle,  ma  poi  ogni  sorta  d'elmo. 

-  Galea  pellibus  teda,  caschetto  stretto  al  capo,  su 
cui  si  gettava  la  pelle  o  la  testa  di  qualche  fiera, 
cosicché  il  viso  apparisse  di  mezzo  alle  ganascie 
spalancate.  Era  usato  dai  porta-bandiere.  -  Gale- 
riculo,  0  morioncino,  elmo  di  imperatori  tedeschi.  - 
Mortone,  celata  aperta.  -  Pianella,  elmo  piano.  - 
Ribalda,  rubalda,  calata  fornita  d'argento. 

Elmo  dei  minatori,  di  cuoio,  usato  per  prevenire 
il  pericolo  dell'asfissia. 

Barbaricarì,  artefici  che  ornavano  d'oro  e  d'ar- 
gento gli  elmi.  -  Galeato,  che  ha  l'elmo  in  testa. 

Parti  dell'elmo.  —  Barbozza,  barbozzo,  parte 
anteriore  fatta  per  difendere  le  guancie  e  il  mento. 

-  Baviera,  la  parte  dell'elmo  chiusa,  messa  a  difesa 
della  bocca  e  del  mento.-  Buffa,  la  parte  inferiore 
della  visiera:  copriva  il  viso  dalla  fronte  fin  sotto 
la  bocca;  si  calava  e  si  alzava  a  piacimento.  -  Ca- 
maglio,  maglia  doppia,  in  filo  d'acciaio,  che  pendeva 
dall'elmo  sul  collo  e  sulle  spalle.  -  Chiome  equine,  crini 
di  cavallo  sull'elmo.  -  Cimiero,  fregio  che  si  metteva 
in  cima  all'elmo,  nei  tempi  cavallereschi,  ed  era  em- 
blema di  nobiltà:  cimiere,  pennacchiere,  pennac- 
chietto,  pennacchino,  pennacchiuolo,  pennacchio, 
pennacchione,  pennoncello,  spennacchio,  rappa.  - 
Coppo,  la  parte  concava  dell'elmo  dove  entra  il 
capo;  la  parte  semisferica  della  celata  da  incastro. 

-  Cormus,  cimiero  del  caschetto,  dell'elmo,  in  cui 
era  infissa  la  cresta  o  criniera.  -  Cresta,  la  cima  del 
morione,  della  celata.  -  Criniera,  ornamento  del- 
l'elmo fatto  di  crini.  -  Crista,  cresta  di  un  elmo, 
che  era  attaccata  al  cimiero,  sul  vertice  del  caschetto. 

-  Cuffia  d'acciaio,  la  parte  interna  dell'elmo. 
Falsata,  farsa,  farsata,  fodera  di  drappo  imbottita 

che  si  trovava  nella  parte  interna  degli  elmi  me- 
diovali  e  anche  posteriori.  -  Ghirlanda,  fregi  e  fo- 
gliami al  cimiero  dell'elmo.  -  Gorgiera,  parte  che  fa- 
sciava la  gola.  -  Guanciale,  ia  parte  che  copriva  la  guan- 
cia. -  Isasale,  la  parte  dell'elmo  non  chiuso  e  delle 
altre  armature  difensive  della  testa,  che  difendeva 
il  naso  dai  mandiritti  e  dai  manrovesci.  -  Pompon 
(frane),  nappa,  nappina  :  pallottola  di  lana  sul  sommo 
dell'elmetto  militare.  -  Proiectura,  la  visiera  di  un 
elmo.  -  Segreta,  la  cuffia  d' acciaio  che  si  portava 
sotto  l'elmo. 

Elocutório.  Che  appartiene  all'elocuzione. 

Eilocuzióne.  Maniera  di  dire,  di  significare 
con  parole,  col  discorso,  i  propri  concetti:  dici- 
tura, eloquio,  linguaggio,  orazione,  parladura  (v.  a), 
parlare,  parlatura;  tessitura  di  parole.  -  Elocu- 
tório, appartenente  all'elocuzione. 

Elogiare  {elogiato).  Fare  elogio;  lodare,  dar 
lode. 

Elogio.  Le  stesso  che  lode.  -  Anche,  panegirico 
0  iscrizione  fatta  a  persona  per  il  suo  marito. 

Elongazióne.  Veggasi  à  pianeta. 


Eloquente.  Che  ha  eloquenza.  -  Dicesi  anche 
di  parola,  di  scritto. 

Eloquentemente.  Con  eloquenza. 

Eloquenza  (eloquente).  Facoltà  o  arte  di  parlar 
bene  e  con  efficacia,  in  modo  da  dilettare,  com- 
muovere e  persuadere;  arte  del  dire,  del  dimo- 
strare; aboondanza  di  eloquio,  di  loquela;  ab- 
bondanza, facilità  di  comunicativa;  arte  oratoria; 
concionatoria,  comunicativa,  dialettica,  efficacia 
del  dire,  facondia,  facondi  tu;  grandiloquenza;  ma- 
gniloquenza, magniloquio,  moltiloquenza  (grande 
eloquenza),  opulenza  del  parlare;  oratoria;  parlar 
facondo;  persuasiva;  retorica;  ricchezza,  vivezza 
nel  parlare.  L' eloquenza  persuade,  penetra,  tocca, 
scalda,  affascina,  entusiasma,  trascina.  -  Blandilo- 
quenzd,  eloquenza  dolce,  melliflua,  soave.  -  Predi- 
che del  cassone:  di  eloquenza  triviale.  -  Eloquenza 
accademica,  da  accademia,  compassata,  fredda;  del 
foro,  0  forense:  di  stile  chiaro,  facile  e  preciso, 
di  un  genere  temperato  e  sempre  congiunto  a  uno 
stretto  ragionare;  delle  pubbliche  adunanze,  o  delle 
tribune:  di  stile  animato,  forte  e  spesso  appassionato; 
del  pulpito,  0  religiosa:  dovrebbe  essere  di  stile 
chiaro  e  nitido,  per  la  natura  degli  argomenti,  per- 
chè lo  zelo  con  cui  devono  essere  svolti  vorrebbe 
il  calore  dell'animo:  eloquenza  ecclesiastica;  greca, 
romana,  l'espressione  caratteristica  dell'oratoria  in 
quelle  due  letterature  ;  naturale,  che  non  viene  da 
studio,  ma  da  natura;  parlamentare,  quella  o  come 
quella  che  si  usa  in  un  Farlaìnento;  piazzaiola, 
piazzaiuola,  volgare;  tacitiana,  ridotta  al  minor  nu- 
mero di  parole,  concisa  (come  usò  Tacito):  veggasi 
a  concisióne;  tulliana,  a  imitazione  o  degna  di 
Tullio  Cicerone,  grande  oratore  romano. 

Callilogia,  lo  stesso  che  eloquenza.  -  Eloquenza 
del  bastone,  del  denaro,  delle  cifre,  ecc.  :  l'eloquenza 
di  tutto  quanto  serve  a  dimostrare  chiaramente  una 
cosa.  -  Facondia,  propriam.,  è  la  possibilità  di  par- 
lare anche  all'improvviso.  Contr.,  infacondia.  -  Omi- 
letica, avviamento  all'eloquenza  sacra,  uno  dei  prin- 
cipali rami  della  teologia  pratica. 

Cattedra  di  eloquenza,  luogo  della  scuola  in  cui 
si  insegni  eloquenza  ;  anche,  l'insegnamento.  -  Mo- 
dello di  eloquenza,  discorso,  scritto,  o  una  parte 
di  questi  che,  per  bellezza  di  forma  e  di  concetti, 
possa  servire  da  esemplare.  -  Squarcio  di  eloquenza, 
brano  di  discorso,  di  scrittura  eloquente. 

Calliope,  una  delle  nove  Muse:  presiede  all'elo- 
quenza e  alla  poesia  epica.  -  Gare  capitoline,  gare 
che  si  facevano  per  la  poesia  e  per  l'eloquenza.  - 
Mercurio  (gr.,  Hermes,  Ermete),  figlio  di  Giove  e  di 
Maia,  dio  dell'eloquenza. 

ELOQtraiNTE,  chi  0  che  ha  eloquenza,  che  parla 
con  eloquenza;  riferito  a  concetto,  a  discorso,  a 
stile  e  simili,  vale  facile,  inspirato  ad  eloquenza, 
ornato:  ben  parlante,  canora  voce,  divinoloquo  (di 
eloquenza  sublime),  efficace,  facondo;  grandilo- 
quente, magniloquente,  grandiloquo,  magniloquo 
(molto  eloquente).  -  Persona  eloquente:  bel  parla- 
tore-, bocca  d'oro,  favellatore ,  fiume  d'  eloquenza, 
incantatore,  lingua  potente,  parlatore,  parlatore  fe- 
lice, un  Cicerone  (una  Cicerona),  un  Demostene.  - 
Essere  eloquente  :  avere  «  d'alta  facondia  inessicabii 
vena  »  (poet.);  avere  rotto  lo  scilinguagnolo;  avere 
sulla  lingua  le  sirene;  essere  un  fonte  che  *  spande 
di  parlare  largo  fiume  »;  non  attrapparsi  la  lingua 
in  bocca  ;  non  morire  la  lingua  in  bocca. 

Eloquentemente,  con  eloquenza  :  ciceroniana- 
mente, facondamente. 


§92 


ELOQUIO 


Elòqaio.  Linguaggio;  elocuzione;  discorso. 

Elsa.  Parte  dell'impugnatura  della  spada. 

Elucidare  {elucidato,  elucidazione).  Chiarire, 
spiegare. 

Elucubrare  {elucubrato).  Pensare,  studiare; 
elaborare,  fare  con  molto  studio  e  con  diligenza, 
trattandosi  di  scrivere,  di  comporre  musica,  di 
altra  opera  d'arte,  ecc. 

Klucubrazlóne.  Elaboratezza;  atto  ed  effetto 
(lell'elucubrare.  -  Componimento. 

Elùdere  {elusione,  eluso,  elusorio).  Sfuggire,  con 
accorgimento  scaltro,  ad  un  obbligo;  esimersi 
dall'adempimento  d'una  legge  e  simili;  contravve- 
nire, trasgredire;  sottrarsi,  evitare;  rendere 
vani  i  disegni  altrui. 

Elvètico.  Dell'Elvezia:  svizzero. 

Elzeviriano.  Aggiunto  di  edizione  (veggasi  ad 
editore)  e  di  caratteri  tipografici  imitanti  il  tipo 
degli  Elzevir  (Elzevier),  celebri  stampatori  olandesi 
del  secolo  XVI. 

Emaciare,  emaclazióne  {emaciamento,  ema' 
ciato).  Veggasi  a  magro» 

Emanare  {emanato).  Avere  origine,  derivare. 
Venir  fuori:  detto  della  luce,  di  odore,  di  pro- 
fumo, di  umore,  di  vapore  e  simili  :  diffon- 
dersi, esalare^  sprigionarsi,  svaporare  ;  di  liquido, 
sgorgare,  spicciare,  trapelare.  In  senso  attivo,  man- 
dar fuori,  diffondere,  divulgare,  emettere;  divul- 
gare, promulgare,  pubblicare  (un  decreto,  una 
legge  e  simili),  e  anclie  sancire.  -  Emanazióne, 
atto  ed  effetto  dell'  emanare  e  la  cosa  emanata  : 
emissione,  sprigionamento,  tramandamento.  Nel  lin- 
guaggio meciico,  escrezione,  espulsione,  fluore,  flusso. 
Fuga  (di  gas),  perdita,  profluvio,  sfuggita. 

Emanatismo,  emanatista.  Veggasi  a  reli- 
gione. 

Emanazióne.  L'emanare.  •  Dottrina  dell'ema- 
nazione, concetto  della  trinità.  •  Fase  di  emana- 
zione, veggasi  a  vulcano. 

Emancipare»  emanciparsi  {emancipato). 
Dare,  acquistare  libertà. 

Emancipazióne.  Liberazione,  libertà  da  un 
legame,  da  una  soggezione  qualsiasi.  -  Veggasi  a 
donna  (pag.  940,  prima  colonna),  e  a  schia- 
vitù. 

Emarg:inare  {emarginato).  Voce  curialesca  e 
burocratica,  per  segnare,  scrivere  in  margine. 

Emastàtica,  ematemesl,  ematiasi.  Veg- 
gasi a  sangue. 

Emàtico.  Che  contiene  sangue;  che  somiglia 
al  sangue. 

Ematina.  Pigmento  del  sangue. 

Ematite.  Pietra  di  colore  bruno  grigio,  tal- 
volta con  macchie  rossastre,  usata  per  fare  sug- 
gelli, anelli,  spille,  ecc. 

Ematogrrafla,  eniatologria,  ematopatia, 
eniatopatologfla.  Veggasi  a  sangue. 

Ematopoietico.  Veggasi  a  sangue. 

Ematósi.  Convertimento  del  chilo  (veggasi  a 
digestione)  in  sangue;  il  prodursi  e  il  ricosti- 
tuirsi del  sangue  per  la  respirazione. 

Emblema  {emblematico).  Figura  simbolica,  per 
lo  più  con  un  motto  (il  bastone,  la  spada,  emblemi 
del  comando)  :  simbolo.  -  Emblematico,  di,  da  em- 
blema. 

Embolia.  Otturamento  di  vasi  sanguigni  pro- 
dotto da  embolo,  ossia  da  un  corno  solido,  liquido 
o  gasoso  {embolo),  che,  trasportato  lìalla  corrente  del 
sangue  nell'albero  circolatorio,  si  arresta  in  un  vaso 
4M  piccolo  calibro,  impedendo  la  circolazione. 


Embollco.  Fatto  a  cuneo. 

Embolismo.  Anno  solare  in  cui  occorrono 
tredici  lune.  Nelle  antiche  cronologie,  aggiunto  di 
mesi,  di  lune,  di  epatte,  di  anni. 

Embolo.  Stantuffo,  cùneo.  -  Nell'arte  militare 
antica,  disposizione  di  truppe  in  forma  di  angolo 
sporgente,  dai  moderni  detta  cuneo.  -  In  senso  pa- 
tologico, veggasi  ad  embolia. 

Embrice  {embriciato).  Sorta  di  tégola.  -  Pic- 
colo cavo  pel  varo  d'una  nave.  -  Embriciata,  colpo 
d'  embrice  ;  copertura  d'  embrice.  -  Veggasi  a 
foglia. 

Embriogenià ,  embriologia.  Veggasi  ad 
embrione. 

Embrionale   Di  embrione. 

Embrione.  Corpo  organico,  vegetale  o  ani- 
male, quale  appare  nel  germe,  quando  si  delinea 
il  gruppo  cellulare  da  cui  deve  prodursi  il  nuovo 
vivente,  il  prodotto  primo  del  concepimento  o  della 
germinazione;  il  parto  concetto  prima  che  inco- 
minci a  prendere  forma  :  corpo  embrionico,  feto 
germoglio,  organo  rudimentale,  primo  rudimento 
dell'animale.  -  Allantoide,  sacco  che  involge  1'  em- 
brione dell'uomo  e  degli  animali  superiori.  -  Biasio, 
parte  dell'embrione  che  si  sviluppa  per  vegetazione. 

-  Blastocisti,  vescicola  germinativa,  -  Blastoderma, 
la  vescica  concentrica  formata  dalle  cellule  (veggasi 
à  cellula)  dopo  il  processo  di  segmentazione  nel- 
l'interno della  zona  pellucida  dell'  uovom  -  Disco 
proligero,  gruppo  di  cellule  epiteliali  intorno  all'o- 
vulo. -  Émbriosacco,  la  cellula  nella  quale  è  con- 
tenuto l'embrione  vegetale.  -  Embriotrofio,  sostanza 
che  nutre  l'embrione,  come  l'albumina  nelle  piante, 
il  bianco  e  il  giallo  d*  uovo  negli  animali  ovipari. 

-  Epiencefalo,  la  cellula  cerebrale  posteriore  del- 
l'embrione. -  Liquido  allantoideo,  l'equivalente  del- 
l'orma nell'embrione. 

Embriogenià,  formazione  e  svolgimento  dell'  em- 
brione; termine  della  scienza  anatomica,  la  quale 
studia  le  fasi  prime  dei  singoli  organi  dell'animale 
entro  l'utero  materno.  -  Embriologia,  parte  della 
fisiologia  che  tratta  dell'embrione.  -  Embriologo, 
dotto,  insegnante  di  embriologia.  -  Embrionale,  che 
riguarda  l'embrione,  appartiene  all'embrione:  em- 
brionico. -  Embrioplastico  :  dicesi  di  certe  cellule 
0  nuclei  costituenti  da  principio,  con  un  po'  di 
materia  amorfa,  il  tessuto  dell'embrione. 

Embriònico.  HeW embrione. 

Embriotocia.  Veggasi  a  feto. 

Embriotomia.  Divisione  intrauterina  del  feto. 

Embrocazione.  Versamento  d'acqua  o  d'altro 
liquido  in  qualche  parte  del  corpo  per  guarire  una 
malattia.  -  Sorta  di  fomento. 

Emènda.  Atto  ed  effetto  dell'  emendarsi  ; .  an- 
che, espiazione.  -  Nella  scuola,  un  tempo,  il  la- 
voro dettato  dal  maestro  come  modello,  da  alcuni 
chiamato  correzione. 

Emendamiento.  Variazione  e  modificazione  a 
uno  o  più  articoli  d'un  progetto  di  legge  discussa 
in  Parlamento,  a  un  ordine  del  giorno,  e  simili  : 
ammendamento,  proposta  emendaloria. 

Emendare  {emendato).  Il  correggere,  il  pur- 
gare dall'errore;  togliere  un  difetto;  in  senso 
morale,  rimovere  alcuno  dal  vizio,  renderlo  mi- 
gliore nel  costume,  nella  condotta:  addirizzare, 
ammendare,  condurre,  ricondurre,  ridurre  all'oMC- 
s«à;  convertire  ;  disviziare;  rammendare^  restau- 
rare, ridirizzare,  riformare,  rilevare,  rimettere  in 
tuono,  rimettere  sulla  buona  strada,  risanare.  - 
Emendabile,  che   si    può    emendare.    -    Emendando 


993 


(lat.),  correzioni  da  farsi.  -  Emendativo,  diretto  a 
emendare;  che  tende  a  emendare.  -  Emenda- 
zione, l'emendare,  atto  eil  elTetto.  -  Inemendabile, 
die  non  si  può  eiiiendare. 

Emendarsi  (emendato).  Correj,'gersi  (special- 
mente in  senso  morale),  correggere  un  proprio 
viziOf  un  proprio  Uii'etto;  far  ammenda;  rinsa- 
vire, tornare  ai  dovere,  alla  virtù,  ecc.  :  conver- 
tirsi, riconvertirsi,  venire  a  conversione;  disma- 
larsi,  disviziarsi  ;  divenir  galantuomo,  levarsi 
dall'errore,  dal  lyeccato  ;  mondarsi,  mutare  dal 
male  al  bene,  nmtar  vita  ;  purificarsi ,  riaversi, 
riprendersi,  smorbarsi,  spogliarsi  dei  vecchio  uomo 
e  rivestirsi  dell'uomo  nuovo. 

Emendativo.  Atto  ad  emendare ,  ilVemen- 
dazione. 

Emendazióne.  L'emendare  e  V emendarsi, 
atto  ed  elTetto  :  conversione,  correzione  morale, 
cura  morale;  emenda,  emendamento;  raddirizza- 
mento,  raddrizzamento. 

Emeralopia.  Veggasi  a  pupilla. 

Emergente,  emergenza.  Detto  ad  emer- 
gere 

Emèrgere  {emergente,  emergenza).  Uscir  fuori, 
uscire  dall'accfua,  venire  a  galla,  galleggiare; 
risultare,  derivare,  detto  di  veì'itd.  e  simili  ;  ap- 
parire, conoscersi,  constare,  esser  chiaro,  evidente. 
■  Anche,  levarsi,  sorgere,  rendersi  chiaro,  illa- 
stre; segnalarsi,  distinguersi.  -  Emergente,  che 
succede,  che  deriva,  che  nasce  ;  di  avvenimento, 
di  caso,  di  circostanza.  -  Emergenza,  voce  d'uso, 
frequente  nel  linguaggio  burocratico,  per  avveni- 
mento impensato,  per  caso  inaspettato,  per  cir- 
costanza fortuita. 

Emèrito.  Giubilato,  messo  in  pensione  :  im- 
picijato,  funzionario  emerito,  ecc. 

Emerológio.  Grecismo  per  calendario. 

Emersióne.  L'emergere.  -  Veggasi  anche  ad 
eclisse.  •  Il  punto  in  cui  tutte  le  oblique  conver- 
genti dall'acqua  spostata  segano  le  verticali,  spin- 
gendo in  su  un  galleggiante. 

Emètico.  Il  farmaco  atto  a  provocare  il  vò- 
mito. Cosi  :  r  apomorfiìia,  V  ipecacuana,  il  tartaro 
slibiato,  il  solfato  di  rame,  l'euforbia,  Vemetina  (al- 
caloide dell'ipecacuana),  il  cocomero  asinino^  il  <o- 
bacco,  le  radici  della  Parts  quadri folia,  di  peonia, 
la  corteccia  di  ranno  selvatico,  il  piligan  (licopo- 
diacea  americana),  ecc.  -  Emeto-catartico,  il  farmaco 
che  nello  stesso  tempo  produce  vomito  e  diarrea.  - 
Emetologia,  trattato  degli  emetici. 

Eméttere  (emersivo,  emesso).  Buttare,  cacciare, 
cavare,  mandare,  metter  fuori:  estramettere,  lan- 
ciare, vibrare.  Anche,  vomitare,  emettere  per  vò- 
mito. -  Figur.,  espriìnere.  -  Emissione,  atto  ed 
effetto  dell'emettere.  -  Emissivo,  atto  ad  emettere. 
-  Fofere  emissivo,  l'attitudine  che  ha  un  corpo  ad 
irradiare  il  calore.  *■ 

Emianestesia.  L'anestesia  unilaterale. 

Emiantropia.  Lo  stato  dell'uomo  quasi  bruto. 

Emi  carpo.  Metà  di  un  frutto. 

Bmiicèfalo.  Detto  a  mostro. 

Eiìiiciclo.  Mezzo  circolo.  -  Edifìcio  o  parte 
li  edijicio  a  semicerchio.  -  Veggasi  inoltre  a 
Parlamento. 

Emicilindrico.  L'oggetto  convesso  da  una 
parte  e  dall'altra  piatto. 

Emicrania.  Mal  di  capo,  mal  di  testa  (frane, 
migrarne),  sindrome  caratterizzato  da  accessi  di 
cefalalgia  sentita,  il  più  sovente,  da  un  solo  lato  e 
avente  sede  nella  regione    temporale   e  orbitale.  - 


Rimedi  raccomandati  :  Vantipirina,  la  cerebrina,  Ve- 
salgina,  la  fenacetina,  la  micranica,  il  lapis  di  men- 
tolo, ì'ergolina,  (per  inalazioni),  ecc. 

Emiedria.  l.e^'^'e  di  simmetria  in  un  cri- 
sta/lo. 

Emiencèfalo.  Detto  a  mostro. 

Emifonia.  Veggasi  a  voce. 

Emigrante,  emigrare  [{emigrato).  Detto  ad 
emigrazione. 

Emigrazióne.  L'emigrare,  'cioè  abbandonare 
il  iiioprio  paese,  la  propria  patria,  trasportando 
la  propria  dimora  altrove,  per  lo  più  a  scopo  di 
trovarvi  lavoro,  per  impiantarvi  una  colonia,  o 
per  ragione  politica  (anche,  il  complesso  delle  per- 
sone che  emigrano)  :  esodo,  espalriazione,  migra- 
zione, passaggio,  trasmigr.izione.  E  immigrazione, 
l'emigrazione  rispetto  ai  paesi  nei  quali  gli  emi- 
granti si  stabiliscono.  -  Emigrazione  propria  o  per- 
manente, quando  l'emigrante  ha  intenzione  di  fer- 
marsi stabilmente  nel  nuovo  paese  in  cui  si  reca; 
temporanea  o  jieriodica,  quando  l'emigrante  presume 
di  tornare  in  patria,  dopo  un  periodo  di  tempo 
relativamente  breve.  -  Esilio,  emigrazione  for- 
zata per  effetto  di  persecuzione  o  volontaria. 
^  Emigrante,  chi  emigra,  specialmente  il  lavoratore, 
l'operaio  :  fuggente  dal  suolo  natio.  -  Emigrnrn, 
espatriare,  immigrare  (andare,  stabilirsi  in  altro 
paese),  migrare,  spatriare,  sciamare  (delle  api),  tra- 
piantarsi in  altra  terra,  trasmigrare.  ■  Emigrato 
(partic.  di  emigrare),  chi  sta  permanentemente  in 
un  paese  che  non  sia  il  suo;  nell'uso,  chi  si  trova 
all'esecro  per  ragioni  nolitiche;  fuoruscito.  -  E:^ule, 
il  condannato  aWcsìHo  o  che  è  in  volontario  esilio.  - 
Immigrato,  rispetto  ad  un  paese,  chi  vi  risiede,  pure 
non  essendone  nativo. 

Prov.  :   Chi  muta  paese  muta  ventura. 

Eminente.  Elevato,  alto,  eccelso.  -  Di  persona 
d'alto  grado,  di  molta  dignità,  per  carica,  per 
ufficio  che  occupi.  Anche,  distintissimo,  grande, 
illustre.  -  Eminentissimo,  superlat.;  titolo  di  car- 
dinale. 

Eminenza.  Altura,  luogo  alto;  elevazione  di 
terreno;  piccolo  colle;  erta.  -  Protuberanza,  emi- 
nenza, prominenza,  alla  superficie  di  un  osso. 
Anche,  bernòccolo,  bitòrzolo;  parte  dell' e/*.re- 
falo.  -  Titolo  di  cardinale.  -  Eminenza  grigia, 
consigliere  occulto  e  potente  (nome  dato  a  Fran- 
cesco Du  Tremblay,  padre  cappuccino,  consigliere 
di  Richelieu). 

Emione.  Animale  del  genere  equus,  intermedio 
tra  il  cavallo  e  l'asino. 

Emiopia.  Affezione  della  vista. 

Emiplegia.  Detto  a  paràlisi. 

Emisferico.  Agg.  di  emisfero. 

Emisfero,  emisferlo.  Mezza  sfera  ;  la  metà 
del  globo  terrestre,  'Iella  Terra:  emisferio,  emi- 
sperio,  emispero.  -  Emsferi  cerebrali,  le  due  metà 
laterali  del  cervello  o  del  cervelletto.  Emisfe- 
rico, agg.  di  emisfero:  mamillare,  marami  forme, 
mammillare.  •  Emisferoide,  mezza  sfera  imperfetta. 

Emissario.    Scaricatore    d' acque    di    lago,  di 
fiume ,    ecc.    (  veggasi    ad    idraulica  ).    Anche, 
sbocco. 

Emissario.  Detto  a  spia. 

Emissióne.  Atto  ed  effetto  déìVem^èttere.  - 
Termine  di  Banca  (veggasi  a  pag.  244,  prima  co- 
lonna). -  Emissione  sanguigna,  il  salasso.  -  Istituti 
di  emissione,  quelli  che  mettono  in  circolazione 
carta  monetata,  carte  di  credito,  titoli  di  rendita, 
e  simili. 


Premoli.  —   locabolario  Nomenclatore. 


63 


994 


EMISTICHIO 


EMPIRE 


Emistichio.  Mezzo  verso. 

Emitrag^ò.  Specie  di  ruminante. 

Emltropia.  Veggasi  a  cristallo  (pag.  769,  pri- 
colonna,  al  fondo). 

Emittente.  Colui  che  si  obbliga  a  pagare  una 
cambiale  che  ha  emesso. 

Emittero.  Veggasi  a  insetto. 

Eimiuenagogo.  Detto  a  mestruazione. 

Emmetropia,  emmetrope.  Veggasi  ad  oc- 
chio. 

Emiocatàrtici.  Rimedi  atti  a  purificare  il 
sangue. 

EmocromometrOf  emodinàmetro»  emo- 
dinàmica. Veggasi  a  sangue. 

Emofilia.  Detto  ad  emorragia. 

Emoftoe,  Sputo  di  sangue. 

Emogrloblna.  Detto  a  sangue. 

Emolliente.  Il  rimedio,  il  medicamento  atto  a 
rammollire  i  muscoli,  diminuendo  la  rigidità  della 
fibra  :  ammolliente,  lubrificante,  mollificante,  mol- 
lificativo,  umettante.  Così  tutte  le  sostanze  mu- 
cillaginose, gli  olii,  la  gomma  arabica,  i  semi  di 
lino,  la  malva,  l'orzo,  il  miele,  la  tapioca,  il  li- 
chene, la  bietola,  ecc.  -  Epicerastico,  nome  di  so- 
stanze emollienti,  rinfrescanti,  acidule,  un  tempo 
reputate  atte  a  correggere  l'acredine  degli  umori. 

Emolumento.  Profitto,  guadagno,  •  Onora- 
rio, paga,  stipendio. 

Emorragia  {emorragico).  Flusso,  profluvio  di 
sangue  da  qualche  parte  del  corpo  :  uscita  di  san- 
gue. -  Emorragia  arteriosa,  quella  che  si  ha  quando 
il  sangue  sgorga  da  un'  arteria.  -  Emorragia  cavi- 
taria o  interna,  quando,  senza  darsi  a  conoscere,  si 
raccoglie  dentro  una  cavità.  -  Emorragia  cerebrale, 
l'apoplessia  sanguigna.  -  Emorragia  cutanea,  fuo- 
ruscita di  sangue  dai  vasi  sanguigni  della  cute  o 
all'esterno,  sia  per  ferite,  sia  col  sudore  (ematoi- 
drosi)  o  fra  gli  strati  della  cute  stessa  {petécchie, 
vibici,  ecchimosi,  bozza  sanguigna).  Varietà  cliniche  : 
purpura  traumatica  o  contusione  (per  urti,  traumi, 
percosse)  ;  purpura  pulicosa  (per  la  legatura  degli 
abiti,  per  le  cinture)  ;  purpura  senile  (per  facile  lace- 
rabilità  dei  vasi  sanguigni);  purpura  dei  bambini,  con 
tosse  convulsiva  (rottura  dei  vasi  per  aumento  di 
pressione)  ;  purpura  dei  neonati  (per  mancata  pres- 
sione delle  acque  dell'amnios);  purpura  degli  aero- 
nauti (per  la  poca  pressione  degli  strati  alti  atmo- 
sferici) ;  purpura  papulosa  (nei  deboli,  nei  linfatici, 
negli  scrofolosi)  ;  purpura  cachettica  (nelle  malattie 
croniche:  malaria,  tubercolosi,  sifilide);  purpura 
reumatica  o  peliosi  reumatica;  purpura  emorragica, 
0  morbo  maculoso,  forma  più  grave  delle  precedenti. 
Infine,  lo  scorbuto,  accompagnato  da  stomatite  ul- 
cerosa. •  Emorragia  fisiologica,  quella  che  avviene 
nei  mestrui  e  nel  parto.  -  Emorragia  venosa,  quando 
il  sangue  sgorga  da  una  vena. 

Ematomtelia,  emorragia  del  midollo  spinale.  - 
Emofilia,  malattia  congenita  prodotta  da  gravi  per- 
dite di  sangue  ;  stato  patologico  determinato  da  una 
disposizione  dei  vasi,  congenita,  ereditaria,  o  da  emor- 
ragie gravi,  spontanee  o  cagionate  da  lievi  ferite.  - 
Emorrea,  scolo  di  sangue.  -  Emollisi,  emorragia 
della  membrana  mucosa  polmonare  :  emottisia.  - 
Emottoico,  affetto  da  emottisi  ;  che  sputa  sangue.  - 
Epistassi,  emorragia  del  naso.  -  Erosione  emorra^ 
gica,  piccolo  ascesso  alla  membrana  pituitria.  - 
Metrorragia,  veggasi  a  mestruazione. 

Anastallico  :  dicesi  di  rimedio  emostatico,  stittico, 
astringente  energico.  -  Angiostrofe  o  angìostrofia, 
torsione  delle   arterie  per  fermare  l'emorragia.  - 


Emofono,  apparecchio  elettrico  che  avverte  auto- 
maticamente il  prodursi  di  emorragia  in  un  amma- 
lato. -  Emostasi,  emostasia,  stagnazione  del  sangue  ;. 
arresto  o  cessazione  dell'emorragie.  -  Emostatico,  o 
antiemorragico,  la  sostanza  medicamentosa  o  il  mi- 
scuglio di  sostanze  medicamentose  che  abbia  per 
efi"etto  di  diminuire  o  anche  di  arrestare  i'  uscita 
del  sangue  dai  vasi.  Gli  emostatici  si  distinguono 
in  locali,  0  topici,  che  si  applicano  ad  una  data 
parte  del  corpo,  da  cui  esce  il  sangue,  e  in  emo- 
statici generali,  che  si  somministrano  internamente 
perchè,  assorbiti  per  mezzo  della  circolazione,  pos- 
sano arrestare  il  deflusso  del  sangue  da  una  data 
località,  esterna  o  interna,  del  corpo.  Emostatici  : 
i  sali  ferrici,  l'acqua  del  Binelli,  1'  acqua  del  Bro- 
chieri,  Vacido  'acetico,  ^adrenalina  (principio  attivo 
delle  glandole  surrenali),  Vagarico  da  esca,  Vanemo- 
renina,  Yaseptina,  o  acido  aseptico,  la  clavina,  la 
cornutina,  la  stipticina,  ecc. 

Stuellare,  impedire,  con  stoppa  e  simili,  emorragie 
0  cercar  di  assorbire  materie  purulente. 

Emorroidale,  emorroidario.  Detto  a  em.or- 
roide, 

Emorròide.  Più  comunem.  al  plur.,  emorroidi  : 
scolo  di  sangue  pei  vasi  venosi  dell'ano  o  dell'in- 
testino retto  :  morice,  morici  ;  raoroide,  moroidi. 
Le  emorroidi  sono  interne,  esterne,  aperte,  chiuse.  - 
Emorroidale,  agg.  di  certi  vasi  sanguigni  situati 
nell'ano  :  moroidale.  -  Emorroidario,  emorroidico, 
ammalato  di  emorroidi.  -  Nodi  emorroidali,  i  tu- 
mori prodotti  dalle  emorroidi.  -  Vasi  emorroidali, 
le  vene  del  retto. 

Disemorrea,  soppressione  o  difficoltà  del  flusso 
emorroidale.  -  Emorrelcosi,  esulcerazione  delle  emor- 
roidi -  Marisca:  si  dice  dei  lobi  emorroidali  av- 
vizziti. 

Emagoghi,  per  gli  antichi,  tutti  ì  farmaci  creduti 
capaci  di  favorire  le  regole  o  il  flusso  emorroida- 
rio. -  Rimedi  per  la  cura  delle  emorroidi:  Vanusol 
(sotto  torma  di  suppositorio  costituito  di  burro 
caccao,  cera,  balsamo  del  Perù,  resorcina,  ecc.),  la 
linaria  volgare  (tritata  con  la  sugna,  in  cataplasma 
0  in  fomento),  Verba  di  San  Giovanni  Battista,  ecc. 

Emospasia,  emoscopia,  emostasia.  Veggasi 
a  sangue. 

Emostasi,  emostàtico.  Detto  ad  emor- 
ragia. 

EmotiTità  (neol.  frane).  Voce  d'uso  per  im- 
pressionabilità, sensibilità, 

Emotrofia  {emotròfico).  Produzione  eccessiva  di 
sangue. 

Emottisi  {emottoico).  Detto  a  emorragia. 

Emozionare  (  emozionante  ).  Neologismo  dal 
francese,  per  commuovere. 

Emozióne.  Agitazione  d'affetti,  commozione, 

Empetiffgrlne,  impetigine.  Sorta  di  scabbia. 

Empiamente.  Con  empietà,  da  empio. 

Empiastro.  Lo  stesso  che  catajìlasma,  ce- 
rotto, impiastro. 

Empièma.  Veggasi  a  petto. 

Empiere  {empiuto,  empito).  Empire,  fare- 
pieno. 

Empietà.  Qualità  di  empio;  atto  empio,  cosa 
empia. 

Empiezza.  Empietà,  crudeltà,  atto  crudele. 

Empifondo.  Veggasi  a  fondo. 

Èmpio.  Propriam.,  chi  è  irreligioso,  senza  re- 
ligione, od  offende  la  religione.  Per  estens.,  mal- 
vagio, scellerato. 

Empire  {empimento,  empito,  empitura).  Metter» 


EMPIREMA    —    RNCEFALOPATIA 


905 


dentro  a  un  recipiente  vuoto  tanta  materia  da 
renderlo  pieno:  empiere.  L'uso  vivo  toscano  pre- 
ferisce empire  a  empiere,  che  è  più  della  iin^iua 
scritta;  e  così  di  tutti  i  derivati.  -  Empimento,  alto 
dell'empire.  -  Empitura,  l'empire,  atto  ed  effetto. 

Abborrare,  metter  borra,  riempire  di  borra  (cima- 
tura 0  tosatura  dei  panni  lani):  imbottire.  Per 
traslato,  cacciar  giù  alla  rinfusa  materia  vile.  -  In- 
farcire, metter  dentro,  rienìpire,  rimpinzare,  rinfar- 
cire.  -  Intasare,  empire,  empirsi  di  taso:  ve.iga3i  ad 
ostruzione.  ■  JPigiare,  mettere  troppe  persone 
in  un  luogo:  gremire.  -  Rabboccare,  riabboccare, 
empire  sino  alla  bocca  (di  fiasco  o  d'altro  reci- 
piente). ■  Riempire,  riempiere,  empire  di  nuovo, 
notti,  barili,  fiaschi,  bottiglie  e  simili;  anche,  em- 
pire del  tutto,  senza  idea  di  ripetizione.  -  llini- 
pinzare,  rendere  eccessivamente  pieno.  -  Rin- 
zeppare.  stivare  in  un  luogo  dove  male  si  può 
capire. 

Empirema.  Massima  che  può  essere  dimostrata 
solo  con  l'esperienza. 

Empireo  (poet.,  empirò).  Veggasi  a  cielo  (pagi- 
na 561,  prima  colonna). 

Emplrèuma.  L'odore  esalato  dai  prodotti  vo- 
latili. 

Emplreumàtico.  11  prodotto  di  distillazione 
del  catrame:  è  irritatile  e  antisettico. 

Empirìa.  Veggasi  a  indovinare. 

Empiricamente.  In  modo  empirico;  anche,  da 
ciarlatano. 

Empirico.  Fatto  o  basato  snW  esperienza, 
sulla  pratica.  -  Veggasi  inoltre  a  ciarlatano  e 
a  medico. 

Empirismo.  La  medicina  fondata  solo  sulla 
pratica.  ■  Ora,  sinonimo  di  ciarlataneria  (veggasi 
a  ciarlatano). 

Empirò  (poet).  Empireo,  ctcJo  (pag.  561,  prima 
colonna). 

Empito.  La  forza  precipitosa. 

Emporótica  {carta).  Carta  da  filtrare. 

Empòrio.  Luogo  di  mercato,  centro  del  comr 
mercio  d'una  o  più  regioni. 

Empsicosi.  Detto  ad  anima 

Emulare  {emulato).  Contendere,  gareggiare,  en- 
trare in  gara  con  altri,  per  conseguire  chec- 
chessia. 

Emulatore.  Detto  ad  etnulazion^. 

Emulazióne.  Il  desideì'io  di  uguagliare  o  di 
superare  altri  per  ottenere  checchessia,  specialm,  in 
opera  lodevole;  competenza,  concorrenza,  gara, 
rivalità  (in  iin'arte).  -  Emulatore,  emulo,  chi  gareg- 
gia, è  in  emulazione  con  altri:  antagonista,  avver- 
sario, competitore,  concorrente,  contendente,  con- 
tenditore, gareggiatore;  rivale. 

Antagonismo,  contrasto  fra  persone,  fra  enti 
morali,  ecc.,  che  si  trovino  di  fronte  ad  esplicare 
metodi  diversi  in  una  stessa  sfera  d'azione.  -  Dua- 
lismo, quando  i  contendenti  sono  due. 

Èmulo.  Chi  è  in  emulazione,  in  gara:  an- 
tagonista, competitore,  concorrente,  rivale.  -  Anche, 
contrario. 

Emulsióne.  Medicamento  liquido,  d'aspetto  si- 
mile a  quello  del  latte,  e  contenente  oli,  cera  o 
resine,  finamente  divisi  e  sospesi  nell'acqua.  Anche, 
ii  medicamento  che  si  ottiene  pestando  con  acqua 
i  semi  oleosi,  oppure  si  trae  direttamente  dagli  oli, 
dalla  cera,  o  dalie  resine,  all'uopo  adoperando 
gomma  arabica  o  giallo  d'uòvo.  Usate  le  emul- 
sioni di  mandorle  dolci,  di  semi  di  mellone,  non- 
ché   Vemulsione   di  mandorle  dolci  oleosa  e  V emul- 


sione oleosa  semplice.  -  Emulsione  di  Scott,  noto 
preparato,  a  base  di  olio  di  fegato  di  merluzzo, 
per  i  ragazzi  gracili.  •  Emvlsine,  le  sostanze  capaci 
di  dare  una  emulsione,  come  le  mandorle  dolci,  la 
gomma  arabica,  il  tuorlo  d'uovo,  ecc.  -  llmulsio- 
nnnte,  che  rende  possibile  l'emulsione:  le  mucilag- 
gini,  le  gomme,  ecc.  -  Emulsivo,  aggiunto  dei  semi 
che,  spremuti,  rendono  olio. 

Einiingrere  {emunto).  Smungere,  trarre  d'addosso 
Vumoi'e. 

Emuntorlo.  Detto  a  vescicante. 

Enàltag'C.  l-'igura  di  graìnmatica. 

Enantlna.  Sostanza  vischiosa  che  si  trae  dal 
vino  di  Bordeaux. 

Enantiodromia.  Il  contrasto  delle  cose  fra 
loro. 

Enantiofanla.  Apparente  contraddizione. 

Enantiologria.  Replica;  contraddizione. 

Enantiosi.  Principio  fondamentale  della  ìnedi- 
Cina  ippocratica. 

Enarmonia,  enarmonico.  Veggasi  a  nota 
musicale  e  a  suono. 

Enartrosi.  Detto  ad  articolazione. 

Encausto.  Genere  di  pittura. 

Encefalalgia.  Dolore  al  cervello. 

Encefalite.  Infiammazione  dell'enrè/ato. 

Encèfalo.  In  senso  lato,  il  cervello:  è  la  por- 
zione del  sistema  nervoso  centrale  racchiusa  nella 
scatola  cranica,  nel  cranio.  Lo  formano  il  cervello, 
il  cervelletto,  la  protuberanza,  il  midollo  allungato. 
-  Acquedotto  di  Silvio,  canale  di  comunicazione  fra 
il  terzo  e  il  quarto  ventricolo  dell'encefalo.  -  (Jorpi 
quadrigemini,  quattro  eminenze  dell'istmo  encefalico. 
diviso  da  un  solco  crociato,  al  disotto  dell'acque- 
dotto di  Silvio.  -  Liquido  cefalotanco,  liquido  sie- 
roso che  riempie  tutti  gli  spazi  sottoaracnoidei  del- 
l'encefalo e  diil  midollo  spinale,  concorrendo  a  pro- 
teggerli. -  Meningi:  tre  membrane  che  avviluppano 
l'encefalo.  -  Midolla  allungata,  parte  dell'/s^mo  del- 
l'encefalo stendentesi  dalla  midolla  spinale  alla  pro- 
tuberanza annulare  e  al  cervelletto.  -  Nodo  dell'en- 
cefalo, il  mesocefalo. 

Atelencefalia,  mostruosità  caratterizzata  dallo  svi- 
luppo incompleto  dell'encefalo  e  del  cranio.  -  Apo- 
plessia sanguigna  e  sierosa  :  versamento  di  sangue  o 
di  siero  tra  le  membrane  del  cervello,  nei  ventricoli 
0  nella  sostanza  stessa  dell'  encefalo.  -  Encefalite, 
infiammazione  dell'encefalo  propriamente  detto.  - 
Encefalocele,  ernia  dell'encefalo  attraverso  le  pareti 
craniche.  -  Encefalolito,  calcolo  o  concrezione  del 
cervello.  -  Encefalomalacta,  rammollimento  cere- 
brale. -  Encefalopatia,  nome  generico  dei  disturbi 
funzionali  del  cervello.  -  Encefalopatia  saturnina, 
complesso  di  accidenti  nervosi  gravi,  preceduti  o 
Seguiti  da  paralisi  degli  estensori  delle  membra,  con 
0  senza  anestesia  cutanea.  -  Encefalorragia,  emor- 
ragia in  qualche  parte  dell'encefalo.  -  Epilessia, 
catalessi,  alienazione  mentale,  malattie  di  cui  può  es- 
sere affetto  l'encefalo. 

Encefàlico  :  dicesi  di  quegli  agenti  che  si  portano 
sull'encefalo  o  sul  sistema  nervoso  ed  attaccano  le 
funzioni  intellettuali,  la  sensazione  e  l'irritabilità. - 
Encefaloide,  somigliante  alla  sostanza  cerebrale.  - 
Encefaloscopia,  determinazione  dello  stato  dell'en- 
cefalo. -  Èncefalotomia ,  dissezione  dell'encefalo; 
svuotamento  del  cranio. 

Encefalocele,  encefaloide,  encefalolito. 
Detto  a  encèfalo. 

Encefalopatia,  encefalorragia,  èncefa- 
lotomia. Veggasi  a  encè/alo. 


996 


ENCHIRIDIO 


ENFITEUSI 


Enchirldlo  (gr.).  Libretto  di  ricordi;  ma- 
nuale. 

Enciclica.  Lettera  del  papa. 

Enciclopedia  (enciclopèdico).  Dottrina  univer- 
sale, concatenamento  di  tutte  le  scienze  e  di  tutte 
le  arti,  -  Dizionario  che  tratta  delle  arti,  della 
letteratura,  delle  scienze,  di  tutto.  -  Enciclopèdico, 
spettante  a  enciclopedia.  Anche,  chi  è  versato,  è 
dotto  in  ogni  genere  di  dottrina,  scrive  d'un 
po' di  tutto:  poligrafo;  chi  ha  ingegno  versatile. 
*ìhi  grecizzasse  lo  chiamerebbe  Panurgo.  -  Enciclo- 
pedista, autore,  scrittore  di  enciclopedie.  -  Enciclo- 
pedisti, gli  scrittori,  filosofi,  scienziati,  letterati,  che 
nel  secolo  XVIII  concorsero  all'enciclopedia  del  Di- 
derot e  del  d'Alenitert. 

Essere  enciclopedico:  essere  da  tutto,  da  spada  e 
da  sermone;  esser?  un  grembiale  da  dipintore  (saper 
male  un  po'  di  tutto).  -  Universalità,  qualità  di  en- 
ciclopedico. -  Proverbio;  Tristo  quel  barbiere  che 
ha  tin  solo  pettine. 

Enciclopèdico.  Detto  a  enciclopedia. 

Enclisi.  Veggasi  a  parola. 

Enclitico.  Detto  a  particella. 

Encomiare  f encomiato).  Lodare,  dar  lode  in 
pubblico. 

Encomiàstica,  encomiàstico.  Veggasi  a 
lode. 

Encòmio.  Detto  a  lode. 

Encrazia  (gr.).  Lo  stesso  che  astinenza. 

Enctèsi.  Detto  a  podere. 

Éndaco.  L'indaco, 

Endecasillabo.  Il  verso  di  dodici  sillabe. 

Endemia  (endemico).  La  malattia,  dovuta  a 
cause  locali,  e  particolare  perciò  a  certe  regioni, 
dove  regna  costantemente  in  epoche  determinate.  - 
Endèmico,  particolare  a  un  paese  (malattia  e,  per 
estens.,  altre  cose)  :  indigeno,  innato,  paesano.  -  £11- 
demtsmo,  particolarità  di  una  regione  0  di  una  lo- 
cai i^tà. 

Endice.  Detto  a  gallina. 

Endittica.  Detto  a  proposizione. 

Endivia.  Erba  da  insalata. 

Endocardo.  Membrana  sottile  che  riveste  la 
cavità  del  cuore:  endocardio.  -  Endocardite,  in- 
fiammazione dell'endocardo. 

Endocarpo,  Detto  a  seme. 

Endocranlo.  Superficie  interna  del  cranio. 

Endofito.  Detto  a  ftmgo. 

Endog'enia.  La  generazione  interna,  intra- 
cellulare. 

Endògeno.  Bicesi  endògena  la  pianta  mono- 
cotiledone. -  Endogene,  le  forze  che  agiscono  dal- 
l'interno del  globo  terrestre  alla  superficie  (vulcani, 
terremoti). 

Endografla  (endografico).  Rame  della  scienza 
che  concerne  le  forze  endogene. 

Endollnfa.  Detto  a  orecchio. 

Endometrite.  Veggasi  a  utero. 

Endoscopio.  Detto  a  vescica. 

Endosmosi,  endosmometro.  Veggasi  a  li- 
quido. 

Endotèlio.  Tessuto  parablastico  che  riveste  la 
superficie  interna  dei  vasi  del  cuore  e  della  sie- 
rosa. 

Èneo  (lat.).  Bronzeo,  di  bronzo. 

Eneolitico  (periodo).  Detto  a  geologia. 

Energia  (energico).  Efficacia,  forza  speciale 
dell'atto  operativo  0  dell'operazione.  Attitudine  che 
hanno  i  corpi  a  produrre  un  lavoro.  ■  F'orza  d'a- 
nimo  che  rende   potenti  e  resistenti   nell'operare  : 


carattere  energico;  cuore  forte,  saldo;  fermo  petto; 
forte  natura,  forte  petto;  fortitudine;  forza  di  re- 
sistenza, di  volere,  di  volontà;  virilità,  volere. - 
L'energia  in  un  corpo  è  allo  stato  potenziale  0  allo 
stato  attuale:  si  presenta  sotto  diverse  forme,  di  cui 
le  principali  sono  le  seguenti:  meccanica,  elettrica, 
termica,  chimica,  luminosa,  o  radiante;  ciascuna  di 
queste  può  trasformarsi  nelle  altre,  con  leggi  spe- 
ciali di  equivalenza.  La  più  importante  di  tutte 
queste  forme  d'energia  è  la  chimica,  cioè  quella 
specie  di  moto  che  i  corpi  possiedono  nell'atto  di 
combinarsi  chimicamente.  -  Energia  cinetica,  0  at- 
tuale, quella  dovuta  al  movimento  di  un  corpo; 
l'energia  di  massa  attualmente  in  moto.  -  Energia 
elettrica,  speciale  manifestazione  dell'energia  sotto 
forma  di  elettricità.  -  Energia  fisica,  l'attitudine 
a  produrre  lavoro,  ossia  un  movimento,  vincendo 
intanto  una  resistenza.  -  Energia  magnetica,  speciale 
manifestazione  dell'energia  sotto  forma  di  magne- 
tismo. -  Energia  meccamca,  la  capacità  di  produrre 
lavoro  meccanico.  -  Energia  potenziale,  energia  im- 
magazzinata dal  corpo.  -  Entropia,  parte  di  energia 
interna  d'  un  sistema  che  non  può  essere  trasfor- 
mata in  lavoro.  -  Immagazzinare,  nel  linguaggio 
scientifico  e  tecnico,  concentrare  in  piccolo  spazio 
grande  quantità  di  energia. 

Energicamente:  con  energia,  in  modo  energico; 
con  forte  petto,  con  virile  forza;  fortemente,  ga- 
gliardamente, potentemente,  solennemente  (figur.), 
vibratamente,  virilmente. 

Enèrgico,  che  ha  energia,  dotato  di  energia,  mo- 
ralmente forte:  fermo,  ferrigno,  forte  d'animo, 
vibrante,  vibrato,  virile.  -  Converter  (convertorej, 
voce  inglese,  nome  generico  di  tutti  gli  appa- 
recchi il  cui  ufficio  è  di  convertire,  nella  maggior 
parte  dei  casi,  un'energia  da  una  forma  in  un'altra. 

-  Saper  farsi  temere,  essere  energico.  -  Cuor  forte 
sempre  rompe  rea  sorte  (prov.). 

Energùmeno.  Indemoniato,  ossesso. 
Ènfasi  (enfàtico).  Figura  di  retorica  per  cui,  nel 
parlare,  si  esprime  più  di  quanto  in  realtà  si  dica. 

-  Enfaticamente,  con  enfasi,  con  maniera  enfatica, 
in  modo  enfatico.  -  Enfatico,  che  ha  dell'enfasi; 
detto  e  fatto  con  enfasi;  pieno  di  enfasi;  esagerato 
nel  discorso. 

Enfiagione,  enfiare  (enfiamento,  enfiato,  enr 
fiatura).  Veggasi  a  gonfiezza. 

Enfiato,  enfiatura.  Detto  a  gonfiezza. 

Enfisèma.  Sorta  di  tumore. 

Enfitèusi  fenfitèuta,  enfitèuticoj.  Il  contratto 
col  quale  si  cede  ad  altri,  per  un  annuo  canone 
(che  chiamasi  livello),  il  dominio  utile  di  un  fondo 
in  perpetuo  0  a  tempo  lungo:  affìttamento,  affitto, 
allivellazione,  censo  perpetuo,  fitto  perpetuo,  livello. 
Direttario,  nel  contratto  di  enfiteusi,  il  proprietario 
del  suolo.  -  Enfìteuta,  chi  ha  un  possesso  in  enfi- 
teusi: censuario,  livellarlo.  -  Enfiteutico,  di  enfiteusi: 
livellario.  -  Utilista,  il  proprietario  dei  frutti  nel 
contratto  d'enfiteusi. 

Abbandono  dell'enfiteusi,  rinuncia  al  fondo  enfi- 
teutico per  sottrarsi  al  canone  che  lo  aggrava;  sub- 
enfiteusi,  cessione  della  propria  enfiteusi.  -  Laudemio, 
anticamente,  il  tributo  che  si  pagava  per  il  rinno- 
vamento dell'investitura  del  feudo  0  del  fondo  en- 
fiteutico; oggi,  la  quota  annua  che  si  paga  per  la 
concessione  dell'enfiteusi.-  Redenzione,  diritto  dell'en- 
fiteuta  di  acquistare  la  proprietà  del  fondo  pagando 
un  capitale  nella  misura  massima  stabilita  dalle 
leggi.  -  Allivellare,  dare,  concedere  a  livello,  in  li- 
vello: livellare. 


ENFITEUTA 


997 


Enfitèuta,  enfitèutico.  Detto  ad  enfiteusi. 

Enflzia.  Malattia  che  colpisce  le  piante  di  un 
paese. 

Enginietro.  Strumento  che  serve  per  misurare 
le  altezze. 

Enigma^  enlmina  {enigmàtico,  enimmàticó). 
Detto,  motto,  o  discorso  che  sotto  il  senso  lette- 
rale ne  nasconde  un  altro;  che  enumera  velata- 
mente le  qualità  di  una  cosa,  lasciando  ad  altri 
l'indovinare:  aguzzaingegno ,  grifo,  indovinellOf 
logogrifo,  rebus,  rompicapo,  sciarada,  stinge  (con 
questa  voce  si  designa  pure  una  scelta  di  enigmi). 
Anche,  cosa  difficile  a  capirsi,  di  oscuro  sigiti- 
ficaio.  -  Enigmaticamente,  enimmaticamente,  in  modo 
enigmatico.  -  Enigmatico,  che  contiene  enigma,  si 
riferisce  ad  enigma.  -  Enigmatizzare,  enimmatiz- 
zare,  parlare  o  scrivere  per  enigmi  :  enimmatichiz- 
zare. 

Ennàgono.  Figura  geometrica  con  nove  lati. 

Enneaglnla.  Ordine  di  piante  con  nove  pi- 
stilli. 

Enne  enne.  Detto  a  persona. 

Enoftalmo.  Detto  a  pupilla. 

Enolato,  enolico,  enolltlvo.  Veggasi  a  me- 
dicamento. ' 

Enollna.  Principio  colorante  rosso  del  vino: 
deriva  dall'enocianina. 

£nolito.  Medicamento  che  si  ottiene  per  solu- 
zione nel  vino:  vino  medicinale.  Enoliti  :  il  vino 
amaro,  il  vino  antimoniato  di  Huxam,  il  vino  chi- 
nato, quello  di  rabarbaro,  Voppiato  composto,  o  lau- 
dano; il  vino  di  Trousseau,  di  coca,  di  colchico, 
antiscorbutico,  di  china,  ferruginoso,  ecc. 

Enologìa  {enologico).  Arte  di  fare  il  vino. 

Enòlogo.  Esperto  in  enologia;  vinicoltore. 

Enometro   II  provino. 

Enorme.  Che  eccede,  supera  la  misura, 
la  mole,  la  regola,  la  proporzione  nor- 
male, naturale,  solita,  é  eccessivo,  in  eccesso: 
arcispanto,  badiale,  bestiale  (figur.  :  caldo,  fatica 
bestiale,  ecc.),  colossale;  cosa  che  non  ha  né 
babbo,  né  mamma,  che  non  sta  né  in  cielo,  né  in 
terra;  cosa  (specialmente  errore)  da  comunione,  da 
pigliare  con  le  molle  ;  disorbitante,  esorbitante  ; 
fantastico,  favoloso,  gigantesco,  grandissimo,  più  che 
grande;  grosso  e  spanto;  immane,  immenso, 
imperiale,  imponente;  infinito,  intenso;  iperbo- 
lico; macchinoso,  madernale,  madornale,  maiuscolo, 
marchiano,  mastodontico,  mostruoso;  omerico;  sbar- 
dellato,  sbracato,  sesquipedale,  sfarinato,  sfolgorato, 
sfondato,  sfondolato,  sformato,  sgangherato,  spam- 
panato, spiattellato,  sperticato,  spropositato,  stem- 
piato, sterminato,  strafoggiato,  stragrande:  straor- 
dinario, tanto  fatto. 

Enormemente,  in  modo  enorme,  in  misura  stra- 
ordinaria; a  tutta  forza,  a  tutto  potere;  di  so- 
prammano; fuor  di  modo;  infinitamente;  oltre  a 
modo,  oltremodó;  sbalorditivamente,  senza  modo, 
soprammano,  sterminatamente,  straordinariamente. 
-  Enormezza,  l'essere  enorme,  qualità  di  ciò  che  è 
enorme  :  immanità.  Nell'uso,  birbonata,  atto  da  bir- 
bone, -  Enormità,  lo  stesso  e  più  popolare  che 
enormezza. 

Enormezza,  enormità'.  Detto  ad  enorme. 

Enotècnica  {enotècnico).  L'arte  di  fabbricare  il 
vino. 

Enòtria.  Uno  dei  quattro  nomi  primitivi  del- 
YJtalia. 

Ensiforme.  A  forma  di  spada:  detto  di  fo- 
glia. 


Entasi.  Il  punto  nel  ^uale  la  colonna  ha  mag 
gior  diametro. 

Ente.  Tutto  ciò  che  è,  ha  reale  esistenza:  cosa, 
essere,  natura,  sussistenza.  -  Ente  assoluto,  quello 
che  contiene  tutta  l'essenza  dell'essere,  non  avendo 
perciò  nessuna  relazione  necessaria  con  cose  da  esso 
diverse.  -  Ente  dialettico,  ciò  che  la  mente  pensa, 
come  se  fosse  un  ente,  e  lo  assume  a  soggetto  de' 
suoi  raziocini.  -  Ente  giuridico,  o  morale,  corpo  che 
ha  un'esistenza  civile  a  sé,  indipcRdentemenle  cioè 
da  quella  delle  persone  di  cui  esso  ente  è  composto. 
-  Ente  infinito,  l'essere  sussistente  che  esclude  in 
modo  assoluto  ogni  limite.  -  Ente  relativo,  quello 
che  non  si  può  concepire  senza  un  rapporto  n'^ces- 
sario  con  un  altro  diverso  da  esso. 

Ontologia,  scienza  che  abbraccia  e  tratta  la  me- 
Iodica  dottrina  dell'ente, 

Enteralgla,  enterectasla,  enterectomla. 
Veggasi  a  intestino. 

Enterico.  DeìVintestino,  appartenente  all'in- 
testino. 

Enterite.  Infiammazione  degli  intestini:  veggasi 
a  intestino:  catarro  intestinale. 

Enterocele.  L'ernia  ddV intestino. 

Enteroclisma.  Detto  a  clistere. 

Enterocolite.  Veggasi  a  intestino, 

Enterografia,  erterologla.  enteropatia. 
Veggasi  a  intestino. 

Enterotomia  (enteròlomo).  Detto  a  intestino. 

Euterozoo.  Detto  a  verme. 

Entimèma  (entimematicoj.  Veggasi  a  sillO' 
gismo. 

Entità.  Qualità  di  ciò  che  é.  -  Ogni  oggetto  che 
può  essere  considerato  come  uno.  -  Gallicismo  d'uso 
nel  senso  di  importanza,  di  valore,  di  pregio, 

Entofito.  Detto  a  fungo. 

Entomlceto,  entomofago,  entomofitot 
ontomollto.  Veggasi  a  insetto. 

Entomologia  (entomològico,  entomòlogo).  Studio 
degli  insetti. 

Entóttico.  Dicesi  di  ciò  che  è  relativo  alla  po- 
larizzazione della  luce. 

Entozoo.  Detto  a  verme. 

Entrambi.  Ambedue;  l'uno  e  l'altro,  tutt'e  due. 

•Entrante.  Detto  a  persona. 

Entrare  {entramento,  entrature,  entrata).  Di 
persona:  andare,  passar  dentro,  metter  piede,  in- 
trodursi in  un  luogo.  Anche,  incominciare  a  pren- 
dere una  carica,  un  impiego,  ad  assumere  un 
ufficio  e  simili;  o  incotninciare,  semplicemente, 
una  cosa  qualunque  (entrare  a  parlare,  a  trattare  ; 
entrare  in  cammino,  in  giuoco,  ecc.).  Di  cosa:  pe- 
netrare. Sostantiv.,  entrata,  ingresso.  Contr.,  u- 
seire.  Si  entra  o  si  fa  entrare  in  un  buco,  per 
una  finestra,  una  porta,  un  uscio  o  altra  qua- 
lunque apertura,  per  un  occhiello,  uno  spi- 
raglio, in  una  tasca,  in  un  fodero,  ecc.:  veggasi  a 
dentro.  ■  Con  varie  gradazioni  di  significato  :  acce- 
dere ;  avere,  trovare  accesso  ;  darsi  dentro  ;  insac- 
care, insaccarsi  ;    intrare    (v.   a.)  ;  mettersi  in , 

mettersi  per....  (una  strada,  un  bosco);  passare  al- 
Yinterno;  passare,  premere  la  soglia;  trarsi  (in 
un  luogo);  posarsi.  -  Accessibile,  dì  luogo  nel  quale 
si  può  accedere:  praticabile.  Contr.,  inaccessibile,  im- 
penetrabile, impervio:  di  luo;;o  a  cui  non  si  può 
salire,  né  accostare,  né  arrivare.  -  Immissivo,  che 
dà  facoltà  di  entrare  in  possesso. 

Aìnmettere,  lasciar  entrare  persona  in  un  luogo, 
in  una  compagnia,  ecc. 

Addentrarsi,  penetrare,  entrare  addentro  (scrittore 


9«j8 


EPANADIPLOSI 


che  si  addentra  nel  soggetto).  -  Bucherare,  entrare 
con  accortezza,  ficcarsi,  introdursi.  -  Cacciare,  far 
entrare  a  forza,  ficcare.  -  Cacciarsi,  mettersi,  en- 
trare a  forza  o  con  importunità.  -  Comunicare 
{comunicazione),  far  entrare  nell'animo,  nella  mente. 
Anche,  avere  un  adito  pel  quale  entrare  ed  uscire. 

-  Conftccare,  cacciar  dentro,  far  entrare,  ficcare 
(detto  di  chiodo,  di  cuneo,  ecc.).  -  Dare,  canee- 
dere  l'ingresso,  lasciar  entrare.  -  Ficcare,  far  en- 
trare una  cosa  in  un'  altra  con  un  po'  di  forza.  - 
Imboccare,  far  entrare  in  bocca;  incastrare  1' una 
bocca  neli'  altra  di  due  cose.  Imboccatura,  effetto 
dell'imboccare  ;  il  punto  e  le  condizioni  della  cosa 
imboccata.  -  Imbrancavi,  imbrancarsi,  far  entrare, 
entrare  nel  branco  (dicesi  anche  di  persone),  nel 
numero.  -  Immettere,  far  entrare,  mettere  den- 
tro. -  Incastrare,  consegnare,  commettere  :  veggasi  a 
incastro.  -  Injillrare  (infiUrazione),  veggasi  a  li- 
quido. -  Iniettare,  far  entrare  per  iniezione.  ■  In- 
nestare, far  entrare  per  innesto  o,  anche,  altri- 
menti. -  Inoculare,  far  entrare  per  inoculazione. 
■  Insaccare,  insaccarsi,  entrare  in  un  luogo  con  pe- 
ricolo di  non  uscire;  o,  semplicemente,  entrare  in 
un  luogo.  •  Insediare,  insediarsi  (insediamento,  in- 
sediato), dare,  assumere  l'  esercizio  di  un  ufficio, 
di  un  impiego  e  simili.  Insediamento,  l'atto  o  la 
cerimonia.  -  Inserire,  far  entrare,  metter  dentro, 
per  inserzione.  -  Insinuare,  far  entrare  a  poco 
a  poco,  bel  bello;  persuadere  altri  di  qualche  cosa; 
veggasi  a  insinuazione.  -  Internarsi,  veggasi  a 
interno.  •  Intervenire,  entrare  con  le  armi  in 
mezzo  alle  questioni  altrui,  in  quanto  toccano  le 
proprie  ragioni,  e  ciò  secondo  gli  effetti  che  si 
possono  e  si  debbono  prevedere.  -  Intromettere,  in- 
tromettersi {intromettente  intromettenza),  far  entrare, 
entrare  nelle  faccende  altrui  (veggasi  a  intromis- 
sione) :  frammettere,  frammettersi,  -  Intrudere,  in- 
trudersi, veggasi  a  intrusione.  -  Introdurre, 
far  entrare.  -  Invadere,  fare  invasione,  entrare 
con  violenza,  per  forza  d'armi.  -  Irrómpere,  fare  ir- 
ruzione, entrare  impetuosamente,  con  impeto.  - 
Rientrare  {rientr amento),  ripete  entrare.  -  Ritirarsi, 
rientrare,  rifugiarsi.  -  Scarrucolare,  entrare  con 
arte,  sdrucciolare.  -  Sotténtrare,  subentrare,  entrare 
sotto,  entrare  al  posto  d'altri.  -  Sviscerare,  entrare 
bene  addentro  in  un  argomento,  in  una  que- 
stione :  discutere  a  fondo.  -  Venire,  entrare  (viene 
del  vento  qui). 

Entrata,  l'entrare;  ingresso,  luogo  d'ingresso,  punto 
dove  si  entra  ;  passaggio,  luogo  per  cui  si  entra  : 
accesso,  adito,  andito,  anticamera,  atrio,  porta 
d'ingresso,  vestibolo.  Popolami.,  ingresso  trionfale, 
solenne.  -  Entratura,  la  prima  stanza  d'un  quar- 
tiere nella  quale  entra  chi  viene  da  fuori  :  detta 
anche  stanza  d'entratura  o  d^ ingresso.  Anche,  la 
tassa  che  si  paga  per  entrare  in  una  società,  ecc. 

-  ingresso,  Y  entrata,  1'  entrare  e  il  luogo  dove  si 
entra.-  Introduzione,  l'introdurre  e  l' intro- 
dursi. -  Labirinto,  luogo  nel  quale,  una  volta 
entrati,  non  si  può  o  è  difficile  uscire.  -  Pas- 
sata, penetrazione.  -  Penetramento,  penetrazione, 
il    penetrare.   -    Sportello,    apertura,    entrata. 

-  Tourniquet  (frane),  arganello,  arnese  fatto  di 
una  croce  di  legno,  girevole,  posta  orizzontal- 
mente sopra  un  suggesto  per  far  passare  le  persone 
una  ad  una.  Costruito  con  arte,  serve  a  contare  e 
far  entrare  le  persone,  una  ad  una,  nei  luoghi  pub- 
blici a  pagamento:  contatore. 

Bntrata.  La  rendita  patrimoniale.  -  Parte  del 
conto  di  [in' amministrazione.   -  In  musica,  lo 


stesso  che  preludio,  introduzione,  -  Entrata  libera, 
0  scala  franca,  facoltà  che  il  magistrato  concede  (a 
gente  sopravvenuta,  specialmente  per  via  di  mare) 
di  praticare  in  terra. 

Éntratara.  Ingresso,  vestibolo.  -  Sorta  di 
tassa  -  Veggasi  a  corse  ippiche,  pag.  744,  pri- 
ma colonna  (condizioni  per  far  correre  un  cavallo). 

Entro.  Proposizione  e  avverbio:  dentro. 

Entrone.  Il  vestibolo  della  casa. 

Entusiasmare ,  entusiasmarsi  {entusia- 
smato). Destare,  sentire  entusiasmo. 

Entusiasmo  {entusiasmare,  entusiasta,  entusia- 
stico). Forte,  grande  commozione  dell'animo  per 
cui  si  ammira  (veggasi  ad  ammirazione),  si  ap- 
prova, si  applaude  calorosamente,  o  si  fa  una  qua- 
lunque cosa  con  ardore,  con  energia,  con  fervore. 
Anche,  ispirazione  poetica,  di  poesia.  Il  Bettinelli 
definì  l'entusiasmo  «  un'elevazione  dell'anima  a  ve- 
der rapidamente  cose  inusitate  e  mirabili,  passio- 
nandosi e  trasfondendo  in  altri  la  passione».  -  Ca- 
lore, entusiasmo,  ardore  che  si  manifesta  nelle  pa- 
role, nei  gesti.  -  Delirio,  fanatismo,  entusiasmo 
spinto  all'eccesso.  -  Entusiasmato,  chi  ha,  chi  prova 
entusiasmo  :  ammiratore  entusiasta  (voce  non  bella), 
entusiastico,  briaco  (figur.  scherz.),  estatico,  fame- 
lico, infatuato.  Contr.,  freddo,  indifferente,  -  En- 
tusiastico, che  proviene  da  entusiasmo  o  lo  produce; 
pieno  di  entusiasmo. 

Entusiasmare  (verbo  non  accettato  né  dai  puristi, 
né  dalla  Crusca),  destare,  suscitare  entusiasmo, 
commuovere  vivamente,  piacere  assai,  fino  al- 
Veccitazione:  elettrizzare,  fanatizzare,  far  furore, 
furoreggiare.  Contr.,  smorzare  l'entusiasmo. 

Enucleare  {enucleato).  Dichiarare,  spiegare. 

Enucleazione.  Estrazione  di  un  tumore. 

Enumerare  {enumerato,  enumerazione).  Con- 
tare per  numero.  -  Esporre,  narrare  per  or- 
dirle,'  passare  in  rassegna  cose  che  si  possono  di- 
stinguere a  nome:  annombrare  (v.  a.),  annume- 
rare, dinumerare,  enunciare,  enunziare,  esporre,  far 
notare,  menzionare,  nominare,, notare,  numerare. 
-  Enumerazione,  l'enumerare  :  annoveramento,  enun- 
ciazione, enunziazione,  noverazione,  numerazione. 

Enumerazione.  L'enumerare. 

Enunciare,  enunziare  {enunciativo,  enun- 
ciato, enunciazione).  Propriamente,  esporre  lo 
stato  di  una  quistione,  e  simili.  In  altri  sensi  o 
con  modificazione  di  significato,  determinare, 
dire,  enutnerare,  esprimere,  proporre.  - 
Enunciativa,  enunziativa,  la  facoltà  di  esporre  le 
proprie  idee  chiaramente.  -  Enunciativo,  eaunzia- 
tivo,  che  enuncia,  atto  ad  enunciare  :  espositivo.  - 
Enunciato,  enunziato,  esposto,  espresso.  -  Termine 
di  matematica. 

Enzima ,  enzimologria.  Veggasi  a  fer- 
mento. 

Enzoozia  {enzootico).  Veggasi  ad  animale 
(pas;.  101,  seconda  colonna). 

Eocene.  Detto  a  geologia. 

Eolipila.  Detto  a  vapore. 

Eoo.  Poet.,  orientale. 

Eortologria.  Veggasi  a  festa. 

Eosina.  Nome  di  più  d'una  sostanza  colorarUe 
del  catrame. 

Epa.  Pancia,  ventre. 

Epàgrogre  {epagógico).  Detto  a  inferno  e  ar 
induzione. 

Epagròmeno.  Detto  a  giorno. 

Epanadiplosl.  Veggasi  a  malaUia  e  a  ripe- 
tizione. 


EPA SA STROFE 


EPILESSIA 


999 


Epanastrofe.  Detto  a  ripetizione. 
Epànodo.  Detto  ad  oratore. 
Epanostosl.  Figura  di  retorica. 
Epate,  epàtico,  epatite.  Vepgasi  a  fegato. 

-  Epate,  grecismo  usato  anticamente   per  designare 
alcune  sostanze  chimiche. 

Epatisla.  Detto  a  fegato. 

Epatite.  Varietà  di  solfato  di  barite  proveniente 
da  Koiiisberg. 

Epatizzazione.  II  passaggio  di  un  tessuto  ad 
uno  stato  tale  di  alterazione  da  presentare  l'aspetto 
di  un  fegato. 

Epatta.  Veggasi  a  luna. 

Epèntesi.  Figura  di  grammatica. 

Epicamente.  In  modo  epico 

Epicardio.  Detto  a  pericardio, 

Epicarpo.  Veggasi  a  frutto. 

Epicaule.  Detto  a  fungo. 

Epicèdio.  Una  poesia  funebre. 

Epicentro.  Detto  a  terremoto. 

Epichéia.  Detto  a  legge. 

Epicherema.  Specie  di  sillogismo. 

Epichlsi.  Antico  vaso  con  un'ansa  sola. 

Epiciclo.  Detto  a  pianeta. 

Epicicloide.  Detto  a  curva  (pag.  Sii,  seconda 
■colonna). 

Epico.  Veggasi  a  poema. 

Epicóndllo.  Detto  ad  dm,ero. 

Eplcoriambo.  Detto  a  verso. 

Eplcrànlca.  Aponeurosi  del  cranio. 

Epicranio.  Il  periostio  delle  owa  del  cranio. 

Eplcrasi  {epicrdiico).  Cura  del  sangue.  -  Lenta 
evacuazione. 

Epicrisi.  Decisione,  il  decidere.  -  Veggasi  a 
^norte. 

Epicureismo.  Ricerca  del  piaceì^e;  dottrina 
di  Epicuro. 

Epicurèo.  Conforme  alla  dottrina    di  Epicuro. 

-  Chi  é  tutto  dedito  al  piacere.    -   Anche,   sen- 
suale. 

Epidemia  (epidèmico).  Malattia  generale  in  un 
luogo,  per  infezione  :  influenza  di  malattia  tra  le 
persone  di  una  città,  di  una  regione:  contagio, m- 
fezione,  influenza,  influsso;  lue;  male  appiccica- 
"ticcio,  malattia  pestilente,  morbo,  moria,  mortalità, 
mor tarla,  peste,  pestilenza.  -  Contagiosità,  la  capa- 
cità di  un  morbo  di  attaccarsi  e  trasmettersi  da 
ano  in  un  altro  :  morbosità.  -  Beriberi,  colera  delle 
Indie.  -  Epiecia,  epidemia  circoscritta  in  un  luogo 
.  ristretto.  -  Epizoozia,  enzoozia,  epidemia  del  be- 
stiame. -  Pandemia,  malattia  di  tutto  un  popolo.  - 
Vomito  nero,  la  febbre  gialla. 

r.pidemico,  contagioso,  morboso,  da  morbo,  che 
ha  del  morbo  e  lo  comunica:  loimico,  pestilente, 
pestilenziale,  pestilenzioso,  pestifero  ;  velenoso.  - 
Mortifico,  che  produce  il  morbo. 

Infestare,  cagionare,  apportare  infezione,  epi- 
demia. -  Infierire,  infuriare,  di  epidemia  che  fa 
morire  molta  gente.  -  Scoppiare,  erompere,  di- 
lagare, il  manifestarsi  e  il  propagarsi  di  una  epi- 
demia. 

Cordone  sanitario,  seguito  di  compagnie  armate 
intorno  a  un  paese  ove  infierisca  un  contagio.  -  Epi- 
semasia,  il  primo  apparire  d'una  malattia  epidemica. 
Incubazione,  il  tempo  che  passa  tra  il  momento  del 
contagio  e  l'apparire  dei  primi  sintomi  della  ma- 
lattia. -  Quarantena,  periodo  di  quaranta  giorni. 
Numero  di  giorni  qualunque  in  cui  persone  o  cose 
provenienti  da  luoghi  infetti  da  contagio  vengono 
^tenute  in  osservazione. 


Antiloimico,  antiepidemico,  antipestilenziale.  - 
Fumigaijione,  mezzo  usato  per  disinfettare.  - 
Lazzaretto,  vei^rgasi  a  questa  voce.  -  Sporàdico,  che 
non  è  epidemico,  ma  colpisce  qua  e  là,  in  tempi 
diversi. 

Epidemo.  Parte  dello  scheletro. 

Epidèmico.  Detto  a  epidemia. 

Epidèrmide.  La  prima  pelle  (dell'uomo). 

Epididimo.  Veggasi  a  testìcolo. 

Epidittico  (gr.).  Pomposo  :  veggasi  a  pompa. 

Epifania.  Solennità,  festa  del  cattollcisìHO 
nella  quale  si  rammenta  l'  apparizione  della  stella 
ai  He  Magi:  festa  dei  re.  -  Befana,  corruzione  dia- 
lettale di  epifania,  che  in  greco  vuol  dire  appari- 
zione. -  Segavecchia,  befana,  fantoccio  che  si  porta 
in  giro  di  mezza  quaresima,  ripieno  di  frutta  secca: 
si  rompe,  e  i  frutti  si  dispensano  alla  folla. 

Epifisi.  Detto  ad  osso. 

Epifonèma.  Sorta  di  esclamazione  senten- 
ziosa. 

Epifora.  Detto  a  retòrica. 

Epig'amla.  Il  secondo  matrimonio, 

Eplgrastrlo,  epigrastro  (epigastrico).  Veggasi  a 
stotnaco. 

Epl^^ènesi.  Detto  a  fisiologia. 

Epiglòttide.  Veggasi  a  glòttide. 

Epigone,  Detto  a  scrittore. 

Epig-onlo.  Strumento  musicale ,  usato  nell» 
Grecia  antica  :  aveva  quaranta  corde. 

Eplgrafalo.  Veggasi  a  iscrizione. 

Epigrafe  {epigràfico).  Breve  scrittura  per  ri- 
cordare fatti,  persone,  ecc.:  veggasi  ad  iscri- 
zione. •  Breve  scritto  messo  in  fronte  a  un  libro 
come  dèdica,  -  Epitaffio,  epigrafe  mortuaria. 

Epigrafia,  epigrafista.  Veggasi  ad  iscri- 
zione. 

Epigramma  {epigrammatico,  epigrammista). 
Breve  e  arguto  componimento  in  versi  :  detto  mor- 
dace, motteggio,  mottetto,  motto  arguto.  Epi- 
gramma senza  sale,  acùleo,  arguto,  faceto,  amaro, 
piacevole,  ecc.  -  Epigramma  figurato,  componimento 
poetico,  i  versi  del  quale  sono  disposti  in  modo 
da  formare  una  data  ligura.'  -  Epigrammet'o,  epi- 
grammino,  dimin.  -  Epigrammuccio,  epigramma  di 
poco  pregio. 

Epigrammaticamente,  con  epigramma,  a  modo  di 
epigramma.  -  Epigrammatico,  di  epigramma  :  mot- 
teggevole.  -  Epigrammeggiare,  fare,  scrivere  epi- 
grammi ;  usare  spesso  l'epigramma.  -  Epigrammista, 
scrittore  di  epigrammi  ;  poeta  epigrammatico  ;  chi 
si  compiace  troppo  di  fare  epigrammi:  epigramma- 
tario,  egrammatista,  epigrammatografo.  -  Epigram- 
matologia,  raccolta  di  epigrammi. 

Epilare,  epilazióne.  Veggasi  a  pelare, 

Epilèmma.  Veggasi  a  obiezióne. 

Epilessia  (epilèttico).  Malattia  cerebrale,  primi- 
tiva 0  secondaria,  specie  di  nevrosi  che  si  mani- 
festa per  accessi  più  o  meno  frequenti,  nei  quali  si 
ha  perdita  di  cognizione  e  movimenti  convulsi  dei 
muscoli:  acatalessia,  accesso  epilettico,  accidente 
epilettico;  battigia,  brutto  male;  convulsione  epi- 
lettica, lue  divina;  malaccio,  mal  caduco,  màlcaduco, 
malcaduto,  mal  caduto  (idiot.  pop.):  mal  del  bene- 
detto, mal  comiziale,  male  di  san  Giovanni,  male 
maledetto,  malmaestro,  mal  male,  morbo  epilettico, 
morbo  maggiore,  morbo  sacro  {morbus  sacer,  lat.). 
-  Automatismo  ambulatorio,  forma  di  epilessia  pro- 
cursiva,  in  cui  l'impulso  irresistibile  a  camminare 
0  a  correre  si  protrae  in  modo  che  l' infermo  fa 
incoscientemente   lunghe  escursioni,   le  quali  pos- 


1000 


EPILETTICO 


EPTACÒRDO 


sono  durare  fino  a  più  ore  o  giorni,  compiendo, 
nel  frattempo,  atti  coerenti  e  incoerenti,  e  talvolta 
anche  delittuosi,  dei  quali,  tornato  in  sé,  non  con- 
serva il  più  piccolo  ricordo.  -  Epilessia  riflessa  o 
simpatica,  quella  dipendente  dall'azione  riflessa  dei 
nervi  e  che  si  sviluppa  in  conseguenza  di  nevromi, 
cicatrici  e  tumori.  -  Epilessia  spuria  o  sintomatica, 
quella  spettante  a  diversi  prodotti  morbosi,  di  cui 
non  è  che  un  sintomo.  -  Epilessia  tuiumatica  o 
jacksoniana,  dovuta  a  compressione  del  cervello, 
per  deformità  cranica  acquisita.  -  Epilessia  vera  o 
idiopatica,  la  vera  malattia,  caratterizzata  da  attacchi 
convulsivi.  -  htero-einlessia,  veggasi  a  isteristno»  - 
Mal  del  benedetto,  certe  leggiere  convulsioni  comu- 
nissime  nei  bambini.  Anche,  assolutam.,  il  bene- 
detto. 

Aura  epilettica  o  isterica,  sensazione  di  una  specie 
di  vapore  che  sembra  partire  da  un'estremità  o  dal 
tronco  ed  alzarsi  verso  la  testa  prima  che  prorompa 
l'epilessia  o  l'isterismo.  -  Rachiasmo,  primo  sintomo 
dell'epilessia,  consistente  in  un'azione  spasmodica 
dei  muscoli  della  nuca,  per  la  quale  si  produce 
congestione  delle  vene  del  collo. 

Epilettico,  di  epilessia,  appartenente  a  epilessia 
(accidente,  insulto,  rimedio,  ecc.).  Chi  è  affetto  da 
epilessia:  convulsionario,  sincopizzante.  -  Epilettoide- 
npol.  scientifico  per  indicare  chi  in  tenue  misura  è 
aff'tto  da  epilessia.  -  Epiletloide  o  epiletliforme :  di- 
cesi di  fenomeni  convulsivi  che  spiccatamente  so- 
migliano a  quelli  dell'epilessia. 

Antiepilettici,  i  rimedi  contro  l'epilessia,  quasi 
tutti  però  riscontrati  di  poca  o  nessuna  efficacia. 
Come  tali  suggeriti:  la  serie  dei  bromuri,  il  bro- 
malio,  la  radice  di  eraclea,  lo  stramonio,  la  tossina 
(principio  estrallo  dalle  foglie  del  tasso),  la  radice 
di  veratro,  la  valeriana,  ecc. 

Epilèttico.  Detto  ad  epilessia. 

Epilogare  (epilogamento,  epilogato).  Fare  l'epi- 
logo, la  recapitolazione,  il  riassunto,  il  riepilogo 
delle  cose  delle. 

Bpilog-isino.  Conclusione  dal  noto  all'ignoto. 

Epilogo.  Ricapitolazione,  riassunto,  riepilogo. 
-  Anche,  conclusione,  congedo,  licenza. 

Eplmachiii.  Anticam.,  lega  difensiva  fra  due 
0  più  Slati. 

Epimizlo.  Detto  a  favola. 

Epinìcio.  Un  canto  trionfale. 

Epiploo.  Dello  a  peritoneo. 

Episcènio.  Veggasi  a  teatro  (antico). 

Episcopale,  episcopato.  Detto  a  vescovo. 

Episcopio.  Palazzo  del  vescovo. 

Episcopocrazia.  Dominazione  del  clero  in 
uno  Stalo. 

Episillogisnio.  Detto  a  sillogismo. 
Episintètico    Detto  a  medico. 
Episodicamente.  A  modo  di  episodio. 
Episodico.  Di  episodio. 

Episòdio.  Particolare  di  un  fatto,  di  un  avve- 
nimento; piccolo  0  breve  incidente:  fallo  inci- 
dentale.- Azione  di  guerra  accessoria  o  collegata 
alla  principale.  -  Digressione,  in  un  poema  eroico, 
in  un  romanzo:  sopraracconto;  frammesso,  frani- 
messuzzo.  -  Epiaodicnmente,  a  modo  di  episodio; 
nell'uso,  incidentalmente,  incidentemente.  -  Episo- 
dico, di  episodio,  appartenente  a  episodio:  inci- 
dentale. 

Epispadia;  Detto  a  genitali. 
Eptspàstico.   Farmaco   capace  di  determinare, 
applicato  sulla  cute,   viva   irritazione  e  infiamma- 


zione,   provocando   accumulo    di  siero  e  formando 
delle  vescicole:  vescicatorio  (cantaride,  senape,  ecc.). 

Episperma.  Detto  a  grano  e  a  seme. 

Episfàssi.  U emorragia  di  naso. 

Epistola,  epistolario  (epistolare).  Veggasi  a 
lettera. 

Epistolografìa.  Detto  a  lettera. 

Epitàffio.  Epigrafe,  iscrizione  mortuaria:  epi- 
tafio,  pataffio,  pitaffio,  soprascritta. 

Epitalàmio  [epitalàmico).  (Componimento  poe- 
tico in  occasione  di  matrimonio,  dedicato  a  sposi 
novelli:  canto  epitalamico;  imene. 

Epitelio.  Tessuto  che  nell'embrione  si  origina 
dal  blastoderma  e  si  diffonde  a  costituire  il  rive- 
stimento del  corpo. 

Epitelioma.  Sorla  di  cancro,  di  ulcerazione 
cancerosa. 

Epitesi  (gr.).  Aggiunta,  l'aggiungere. 

Epitetare  [epitetato).  Usare  gli  epiteti  con  pro- 
prietà. 

Epìteto.  Aggiunto  che  dichiara  la  qualità  del 
sostantivo. 

Epitimla.  Detto  a  gravidanza. 

Epitomare  (epitomato).  Compendiare,  fare  un 
compendio. 

Epìtome.  Ristretto,  compendio. 

Epitrocrasmo.  Termine  di  retorica* 

Epitroclea.  Detto  a  òmero. 

Epitrope.  Termine  di  retorica. 

Epittima.  Empiastro,  cataplasìna.       '■" 

Epizoarlo,  epizoo.  Detto  a  parassita. 

Epizoozìa.  Malattia  contagiosa,  epidemia  dei 
bestiame. 

Època.  Periodo  di  tempo  determinato  nel  corso 
dei  secoli;  punto  fisso  nella  storia,  segnalato  da 
qualche  avvenimento  memorabile  e  dal  quale  si  co- 
mincia a  contare  gli  anni;  divisione  della  storia, 
èra,  età,  evo  ;  grande  ora  della  storia,  della  cro- 
nologia; lasso  di  tempo;  luna,  periodo:  secolo, 
stadio,  tempi.  -  Termine  di  geologia.  -  Epoca 
antica,  Vantichità;  attuale,  la  presente,  quella 
in  corso;  eroica,  degli  eroi,  tra  la  favolosa  e  la  sto- 
rica; leggendaria,  il  periodo  della  leggenda;  tn$- 
dioevale,  il  medioevo;  mitica,  dei  miti,  della  »n»- 
tologia  ;  preadamitica,  anteriore  ad  Adamo;  prei- 
storica, anlecedcEte  alla  storia. 

Data,  tempo,  epoca  in  generale.  -  Fin  de  siede 
(frane),  veggasi  a  secolo.  -  Gentilesimo,  l'epoca  dei 
primi  cristiani.  -  //  cinquecento,  il  secolo  decimo- 
sesto; il  quattrocento,  il  secolo  decimoquinto,  ecc.  - 
Kalim,  voce  della  cronologia  indiana:  indica  un 
giorno  e  una  notte  di  Brama,  cioè  4,."ì2O,O0O,OO0 
di  anni  solari.  -  $egno  dei  tempi,  che  caratterizza 
un  tempo,  un'epoca.  -  Sincronismo,  coincidenza  delle 
epoche 

Al  tempo  che  i  calzoni  si  tiravano  su  con  le  car- 
rùcole, al  tempo  di  re  Pipino,  al  tempo  in  cui  Berta 
filava,  in  epoche  lontane.  -  Al  tempo  che  si  lega- 
vano le  viti  con  le  salsicce,  al  tempo  che  volavano 
gli  asini,  in  epoche  favolose.  -  In  ilio  tèmpore 
(lat.),  in  un  tempo  passato,  in  epoca  passata.  •  Un 
tempo,  una  volta  ;  a  mio,  a  suo  tempo;  in  altri  tempi, 
a  quei  tempi,  nei  tempi  andati,  espressioni  di  chiaro 
significato. 

Epodo.  Terza  strofa  del  coro  greco. 

Eponimo    Dello  a  magistrato  (greco). 

Epopèa  (epopéico).  Detto  a  poema  (epico). 

Epopèico.  Epico,  di  poema  epico. 

Eppure.  Non  di  meno,  nonpertanto,  tuttavia* 
Eptacòrdo,  ettacórdo.  Detto  a  cetra. 


EOUll-IblUo 


1001 


EptAgrono.  Figura  geonietrira  di  sette  lati. 

Eptasillabo.  IJttto  a  sillaba. 

Epulone.  Chi  si  compia  e  di  »n«wflriare  molte 
e  delicate  vivande,  a  similitudine  dell'epulone  del- 
l'Evangelo: goloso,  trinialcione  (il  protagonista  del 
Satyricon  à'\  Petronio).-  Epulonaccio,  pegg.  di  Epu- 
lone. -  Éimle,  i  pubblici  banchetti  che  venivano 
ordinati  dagli  antichi  epuloni. 

Epurare,  epurazione  (eptirato).  Veggasi  a 
puro. 

Equàbile,  J.o  stesso  che  regolare,  uguale, 
uniforme,  detto  per  lo  più  di  moto. 

E(j[ualibllità.  Qualità  di  ciò  che  é  equabile. 

Equamente.  Con  equità,  con  giustizia. 

Equànime.  Che  ha  equanimità,  ha  modera- 
zione d'animo,  temperanza  d'aflelti  e  di  sentimenti  ; 
p ra  t  i  ca  m e n  te,  imparziale. 

Equanimità.  L'essere  equanime. 

Equatore  {equatoriale).  Uno  dei  cerchi  massimi 
della  sfera,  della  Terra:  circolo  o  linea  equato- 
riale, linea  equinoziale;  zona  di  mezzo,  zona  equa- 
toriale, zona  rojigia,  zona  torrida.  -  Equatore  celeste, 
il  cumolo  massimo  della  sfera  celeste  che  coincide 
al  piano  dell'equatore  terrestre  e  che  divide  il  cielo 
in  due  emisferi.  -  Equatoriale,  dell'equatore.  -  Nome 
d'un  islrumento  usato  per  seguire  il  moto  diuturno 
degli  .astri  e  misurarne  l'ascensione  retta  e  la  de- 
clinazione. 

Columellidi,  i  due  circoli  massimi  che  si  suppon- 
gono passare  per  i  poli,  dove  si  tagliano  ad  angoli 
retti,  per  intersecare  poi  l'equatore  e  l'eclittica,  uno 
nei  punti  equinoziali,  l'altro  nei  punti  che  segnano 
il  solstizio.  -  Doldrums,  in  inglese,  le  calme  equa- 
toriali. -  Elevazione  dell'equatore,  l'arco  del  meridiano 
compreso  tra  l'orizzonte  del  luogo  e  il  punto  in 
cui  è  tagliato  dall'equatore. 

Equazione.  Formola  di  matematica  con  la  quale 
si  esprime  l'equaglianza  di  due  quantità,  alcune  delle 
quali  note,  altre  incognite:  è  detta  ad  una,  a  due, 
a  tre...  incognite,  quando  le  quantità  che  si  cercano 
sono  espresse  con  una,  due,  tre...  lettere  diverse; 
è  detta  invece  di  primo,  di  secondo,  di  terzo...  grado, 
se  contiene  un'incognita  elevata  alla  prima,  alla  se- 
conda, alla  terza  potenza.  Se  é  formata  di  lettere, 
dieesi  letterale;  in  caso  diverso,  numerale.  -  Equazione 
binomia,  quella  formata  di  due  monomi.  -  Equazione 
biquadratica,  quella  incompleta  di  quarto  grado,  con- 
tenente le  potenze  pari  dell'  incognita,  ovverossia 
la  quarta  e  la  seconda  potenza.  -  Equazione  diffe- 
renziale, quella  che  ha  per  iscopo  di  trovare  una 
funzione  di  cui  si  conosce  la  derivata.  -  Equazioni 
equivalenti,  quelle  che  contengono  le  medesime 
incognite  e  le  mededesime  radici.  Equazione  espo- 
nenziale, quella  in  cui  l'incognita  forma  l'esponente 
di  una  potenza.  -  Equazioni  simultanee,  quelle  che 
costituiscono  un  sistema.  -  Equazione  trinomia, 
quella  in  cui  l'incognita  può  essere  ridotta  ad  avere 
un  determinato  grado  superiore  al  2  e  nello  stesso 
tempo  ad  un  grado  doppio.  -  Equazione  verificata: 
quando,  sostituiti  alle  incognite  i  rispettivi  valori 
trovati,  risulta  ancora  un'eguaglianza. 

Abbassamento  delle  equazioni,  trasformazione  di 
nna  equazione  in  un'altra  di  gr«tdo  inferiore.  -  Curva 
esponenziale,  quella  definita  da  un'equazione  esponen- 
«iale.  -  Decomposizione  deir equazione,  risoluzione  delle 
equazioni  in  altre,  che  ne  sono  i  fattori.  -  Grado  di 
inequazione,  la  somma  degli  esponenti  delle  inco- 
,pnite  nel  termine  dove  tale  somma  è  maggiore.  - 
Jneognila,  nelle  equazioni,  la  lettera  che  esprime  la 
iCjuantità  che  si  cerca  (per  consuetudine,  le  incognite 


si  rappresentano  con  le  lettere  x,  y,  z,  u).-  Integra- 
zione (li  un'equazione,  il  problema  che  si  riferisce  ad 
una  equazione  differenziale.  -  Membri  dell'equazione, 
le  due  quantità  che  si  trovano  a  destra  e  a  sinistra 
del  se^no  di  eguaglianza  (=).  -  Radici  dell'equa- 
zione, 1  valori  delle  incognite  che  soddisfano  al- 
l' equazione,  ossia  le  quantità  che  si  cercano.  - 
I{is(jluzi()ne  di  ìin' equazione,  operazione  di  trovare  il 
valore  della  sua  incognita.  -  Hisoiuzione  di  un  si- 
stema di  equazione:  operazione  per  trovare  il  valore 
0  i  valori  delle  incognite  che  vi  sono  contenute.  I 
metodi  usati  ordinariamente  sono  di  tre  specie,  e 
sono  detti  metodi  di  eliminazione. 

Metodo  di  eliminazione  per  sostituzione:  consiste 
nel  risolvere  una  delle  equazioni  del  sistema  ri- 
spetto ad  una  incognita  e  sostituire  la  quantità 
ad  essa  equivalente  nell'  altra  o  nelle  altre  equa- 
zioni. -  Metodo  per  riduzione,  o  per  somma,  o 
sa«ra2»onc;  consiste  nel  rendere  eguali  i  coefficienti 
di  una  delle  incognite  che  si  vuole  eliminare  njolti- 

f)licando  tutti  i  termini  di  un'  eiquazione  pel  coef- 
iciente  di  delta  incognita  contenuta  nell'altra,  poi 
nell'addizionare  o  sottrarre,  membro  a  membro,  le 
due  equazioni  secondo  che  i  coeflicienti  ridotti  egus'i 
sono  preceduti  da  segni  disuguali  od  eguali.  Metoao 
di  confronto:  si  risolvono  tutte  e  due  le  equazioni  ' 
rispetto  ad  una  incognita  e  coi  vaiori  <?osi  trovati 
si  forma  una  terza  equazione.  Un  quarto  metodo 
raramente  usato  è  quello  detto  dei  fattori  indeter- 
minati, che  consiste  nel  moltiplicare  ciascuna  equa- 
zione per  una  quantità  indeterminata;  addizionare 
0  sottrarre  in  corrispondenza  membro  a  menibro  1» 
equazioni  così  ottenute,  raccogliere  le  incognite  a 
fattore  comune,  eguagliare  a  zero  ciascun  coeliiciente 
delle  incognite,  eccetto  quello  di  una. 

Sistema  di  equazioni,  il  complesso  di  più  equa- 
zioni che  sono  soddisfatte  dai  medesimi  valori  delle 
incognite. 

Porre  in  equazione  un  problema,  scrivere  l'equa- 
zione per  la  quale  il  problema  si  risolve. 

Equazione  del  tempo.  Veggasi  a  giorno. 

Equèstre.  Cavalleresco,  di  cavaliere.  -  ConV' 
battimento,  battaglia  d'uomini  a  cavallo. 

Equiàngolo.  Che  ha  gli  angoli  uguali. 

Equidistante.  Alla  stessa  distanza  -  Termine 
di  geometria. 

Equidistanza.  Uguale  distanza» 

Equilàtero  {equilaterale).  ("he  ha  lati  uguali. 

Equilibrare,  equilibrarsi  (equilibrato).  Met- 
tersi in  equilibrio. 

Equilibrazlone.  Detto  ad  equilibrio. 

Equilibrio.  Lo  stare  di  un  corpo,  per  giusto 
contrappeso,  sospeso  in  un  punto  senza  cadere  da 
nessuna  parte;  stato  di  riposo  in  cui  si  mettono  e 
durano  i  corpi  quando  sono  sollecitati  al  moto  da 
più  forze  che  si  bilanciano  e  si  elidono  tra  loro: 
oilico,  contrappesaniento.  •  Equilibrare,  mettere  in 
equilibrio,  bilanciare;  librare;  mettere,  porre  in  bi- 
lico; tenere  in  bilancia.  -  Equilibrarsi,  mettersi  in 
equilibrio,  librarsi.  -  Equilibratamente,  in  equilibrio: 
libratamente,  pari  pari.  -  £'(jf(u7iòra<o,  in  equilibrio, 
che  sta  in  equilibrio,  in  bilancia  uguale;  librato, 
pari  e  diritto.  -  Eqmlibratore,  chi  o  che  equilibra. 
-  Equilibrazione,  l'equilibrare  e  l'equilibrarsi:  con- 
trap pesamento,  equilibramento,  libramento,  libra- 
zione. 

Equilibrio  finanziario,  il  pareggio.  •  Équilibri(y 
sociale,  veggasi  a  società.  -  Equilibrismo,  la  teoria 
del  libero  arbitrio,  secondo  la  quale  si  ha  libertà 
vera  solo  nel  perfetto  equilibrio   delle  ragioni  de» 


1002 


EQUILIBRISMO 


terminanti:  fu  messa  in  ridicolo  con  la  storiella 
dell'asino  di  Buridano.  -  Perno,  il  punto,  il  centro 
di  gravità,  intorno  al  quale  le  parti  d'un  corpo, 
puntellate  scambievolmente  tra  loro,  si  equilibrano. 

-  Squilibrio,  aiancanza  o  cessazione  di  equilibrio: 
disequilibrio,  disquilibrio:  traboccamento,  trabocco; 
tracolla  mento,  tracollo  delia  bilancia. 

Geostatica,  scienza  che  tratta  dell'equilibrio  dei 
corpi  solidi.  -  Idrostatica,  parte  della  meccanica  che 
tratta  dell'equilibrio  dei  liquidi.  -  Ontoslatica,  la 
teoria  generale  dell'equilibrio  delle  cose.  -  Statica, 
parte  della  meccanica  che  considera  i  rapporti  che 
le  forze  devono  avere  tra  loro,  in  grandezza  e  in 
direzione,  per  farsi  mutuo  equilibrio. 

Bilanciare,  bilanciarsi,  stare  in  equilibrio:  andare 
del  pari,  andare  in  bilancia;  stare  in  bilancia.  - 
Controbilanciare,  contrabbilanciare,  fare  equilibrio.  - 
Cadere:  di  persona,  effetto  della  perdita  di  equi- 
librio. -  Mancare,  perdere  l'equilibrio,  cadere  per  il 
soverchio  peso  d'una  delle  parti  -  Sbilanciare,  sbi- 
lanciarsi, levare  o  perdere  l'equilibrio.  -  Squilibrare, 
togliere  l'equilibrio:  disequiliJorare,  isbilanciare;  dare 
il  tracollo  alla  bilancia,  farla  traboccare.  -  Squili- 
brarsi, perdere  l'equilibrio:  delibrarsi,  dilibrarsi, 
scontrappesarsi,  uscire  dal  perno. 

^Equilibrismo.  Detto  a  equilibrio. 

Equilibrista.  Funambulo,  ballerino  di  corda  ; 
chi  fa  giuochi  d'equilibrio. 

Equino.  Di  cavallo.  -  Equini,  il  cavallo,  Va- 
sino  e  il  mulo.  Anche,  la  zebra,  il  quagga.  - 
Rimonta,  rifornimento  di  equini. 

Equinoziale.  Di  equinozio.  -  Linea  equinoziale, 
Vequatore. 

Equinozio  (equinoziale).  L'eguaglianza  del  gior- 
no e  della  notte.  Il  tempo  precisò  in  cui  la  Terra, 
nel  suo  giro  di  rivoluzione,  viene  a  trovarsi  in  una 
posizione  tale  che  tutti  i  suoi  punti,  durante  un  in- 
tero giro  di  rotazione,  godono  di  una  eguale  distri- 
buzione di  luce  e  di  tenebre  e  i  giorni  sono  per- 
fettamente eguali,  in  durata,  alle  notti  in  tutte  le 
parti  del  mondo.  Questo  fenomeno  si  verifica  due 
volte  all'anno;  il  20  o  21  marzo  {equinozio  di  pri- 
mavera) e  il  20  0  21  settembre  (equinozio  di  au- 
tunno). -  Apocatastasi,  rivoluzione  intiera  dei  punti 
equinoziali  etfettuantesi  in  circa  25860  anni.  -  llarie, 
in  Roma  antica,  l'equinozio  di  primavera,  durante 
il  quale  si  celebrava  una  lieta  festa  in  onore  di 
Cibele.  -  Luce  zodiacale,  cono  di  luce  biancastra, 
avente  la  base  dal  lato  del  sole;  è  detta  cosi  per- 
chè si  osserva  nella  direzione  dello  zodiaco  e  spe- 
cialmente nel  tempo  degli  equinozi,  prima  che  il 
sole  si  levi  e  dopo  il  tramonto.  -  Precessione  degli 
equinozi,  movimento  di  retrocessione  compiuto  dalla 
linea  degli  equinozi,  nella  misura  di  50  secondi  al- 
l'anno. 

Equinoziale,  di  equinozio  (regione,  circolo,  linea, 
pioggie  equinoziali).  -  Anno  equinoziale,  l'anno  tro- 
pico. -  Circolo  equinoziale,  cerchio  celeste  equidi- 
stante dai  poli,  detto  cosi  perchè,  quando  il  sole 
nel  suo  moto  apparente  è  in  quello,  i  giorni  sono 
eguali  alle  notti.  -  Fiori  equinoziali,  quelli  che  si 
aprono  e  si  chiudono  a  determinate  ore  del  giorno. 

-  Linea  equinoziale,  Vequatore,  sulla  sfera  cele- 
ste. -  Quadrante  equinoziale,  specie  di  orologio 
solare. 

'^  Eqnipagrgiare  (equipaggiamento,  equipaggiato). 
Corredare,  fornire,  provvedere  di  corredo,  di 
equipaggio  un  esercito,  una  nave,  ecc.  -  Equi- 
paggiamento, tutto  quanto  alle  milizie  può  occorrere 


di  corredo ,  ecc.  ;  1'  atto  e  l' effetto  dell'  equipag- 
giare , 

Equipagrgrio.  Corredo,  fornimento  di  cose  ne- 
cessarie ad  un  esercito  in  cammino,  ad  una  nave, 
ad  una  carovana  e  simili.  Tutto  ciò  che  è  neces- 
sario ad  un  viaggio,  massime  le  vesti.  -  Complesso 
degli  uomini  che  prestano  servizio  sopra  una  nave, 
obbedendo  ai  comandi  del  capitano.  -  Grande  equipag- 
gio, il  treno,  il  carreggio  e  tutte  le  bagaglie  di  un  eser- 
cito in  marcia.  -  Piccolo  equipaggio,  la  biancheria 
e  le  altre  cose  che  il  soldato  porta  indosso  e  nello 
zaino. 

Equiparare  (equiparato).  Ridurre  una  cosa  al 
pari  di  un'altra.  -  Formare  di  due  o  più  cose  o  per- 
sone uno  stesso  giudizio.  -  Paragonare,  mettere  a 
paragone. 

Equiparazióne   L'equiparare,  atto  ed  effetto. 

Equipollente.  Che  ha  lo  stesso  valore;  che 
è  uguale. 

Equipollenza.  L'essere  equipollente.  -  Veggasi 
a  proposizione. 

Equiponderanza,  equiponderare  (equipon- 
derato).  Veggasi  a  peso. 

Equiseto.  Genere  di  piante  senza  foglie,  a  tronco 
fistoloso  :  tipo  delle  equisetacee. 

Equisono.  Uguale  nel  suono. 

Equità.  La  giustizia  esercitata  con  una  certa 
moderazione. 

Equitazione.  L'arte  di  cavalcare. 

Equivalente.  Dello  sfesso  valore,  dello  stesse 
pregio.  -  Equivalente  meccanico  del  calore,  quan- 
tità di  lavoro  che  una  unità  di  calore  può  produrre. 

-  Equivalente  termico  del  kilogrammetro,  la  frazione 
di  calorie  che  corrisponde  al  lavoro  di  un  kilogram- 
metro. 

Equivalenza.  L'essere  equivalente. 

Equivalere,  equivalersi  (equivalente,  equi- 
valso, equivaluto).  Essere  uguale  di  pregio,  di  va- 
lore, di  peso,  ecc. 

Equivocamente.  In  modo  equivoco. 

Equivocare  (equivocato).  Cadere  in  equivoco  ; 
sbagliare,  commettere  uno  sbaglio. 

Equivocazione  (sofisma  dell').  Detto  ad  equi- 
voco. 

Equivoco.  Interpretazione  erronea  di  parole  o 
d'azioni,  e  il  giudizio  e  il  fatto  che  ne  derivano. 
Tutto  ciò  che,  per  la  sua  natura  dubbiosa,  può  es- 
sere oggetto  di  diversa  interpretazione:  ambi- 
guità, malinteso.  Parole,  locuzioni  non  chiare,  quindi 
tali  da  essere  diversamente  interpretate:  ambiguezza, 
anfibologia,  equivocazione,  inevidenza,  oscurità  (di 
stile).  Aggettivam.,  ambiguo,  dubbio;  anche,  in 
senso  di  non  buono,  di  sospetto.  Contr.,  chiaro. 

-  Anfibolia,  voce  greca  che  significa  doppio  senso, 
ambiguità,  e  che,  in  termini  filosofici,  equivale  a 
confusione  di  idee.  -  Equinozio  si  dice  scherzosam. 
per  equivoco.  -  Qui  prò  quo,  equivoco,  malinteso; 
e  dicesi  di  cosa  di  poco  conto;   errore  di  persona. 

-  Sofisma  dell'equivocazione:  si  fa  quando  nel  ra- 
gionamento stesso  si  prende  un  vocabolo  equivoco 
ora  in  uno,  ora  in  altro  senso. 

Equivocare,  prendere  abbaglio,  equivoco,  sba- 
gliare. -  Uscire  dall'equivoco,  locuzione  dei  giornali 
e  del  linguaggio  politico:  vale  dichiararsi,  manife- 
stare la  propria  opinione  senza  più  tergiversare  o 
tenere  il  piede  in  due  staffe. 

Equo.  Conforme  ad  equità,  a  giustizia. 

Equòreo.  Di  mare,  marittimo. 

Èra.  Punto  fìsso,  ejìoca  da  cui  si  comincia  a 
contare   gli  anni;    la   successione   del  tempo,  si3k 


ERADICARE    —    ERBA 


1003 


avanti  che  indietro.  -  Numero  o  serie  di  anni  che 
si  contano  da  quel  punto.  -  NumeìO  aureo  o  d'oio, 
periodo  di  diciannove  anni  che  comincia  un  anno 
prima  dell'era  volgare.  ■  Emergente,  anno  emergentey 
<jueilo  da  cui  incomincia,  un'era. 

Ebe  principali.  —  Èra  delle  Olimpiadi:  fra  i 
^reci  un'olimpiade  era  uno  spazio  di  quattro  anni, 
ognuno  dei  quali  cominciava  a  un  dipresso  al  ple- 
nilunio succcessivo,  immediatamente,  al  solstizio  d'e- 
atate,  ovverossia  verso  il  1."  lufilio.  Codesti  quattro  anni 
decorrevano  fra  due  consecutive  celebrazioni  dei 
Giuochi  Olimpici,  istituiti  originariamente  da  Ercole 
e  ristabiliti  nel  776  a.  Cr.  Il  primo  anno  della  no- 
stra èra  corrisponde  alla  194.*  olimpiade,  pei  primi 
sei  mesi,  e  alla  195.'  per  gli  altri  sei.  Solo  a  datare 
da  quest'epoca  la  storia  greca  comincia  a  farsi  at- 
tendibile; perciò  i  tempi  che  la  precedettero  chia- 
mansi  tempi  favolosi  od  eroici.  L'ultima  olimpiade 
si  chiuse  nel  440  dell'era  cristiana.  Durante  questo 
intervallo  si  contano  304  olimpiadi,  cioè  1216  anni. 
-  Era  della  fondazione  di  Roma:  data  da  753  anni 
a.  Cr.  1  Romani  però  contavano  di  preferenza  le 
date  dall'ara  consolare,  che  cominciava  l'anno  509 
a.  Cr.).- £ra  di  Nabonassar  :  data  dall'assunzione  di 
questo  principe  al  trono  di  Babilonia;  è  fondata 
sopra  calcoli  astronomici,  e  risale  all'anno  747  a. 
€r.-  Eradi  Alessandro  Magno  :  ebbe  principio  il  giorno 
della  morte  di  questo  conquistatore,  avvenuta  il 
12  novembre  324  a.  Cr.  -  Era  dei  Seleucidi:  dagli 
Ebrei  detta  èra  dei  contratti,  perchè  se  ne  servivano 
aelle  loro  contrattazioni  e  nei  loro  atti  civili;  co- 
minciò con  Seleuco  Nicatore,  fondatore^  dell'impero 
di  Siria  (311  anni  e  4  mesi  a.  Cr.).  ■  jiro  Giuliana 
0  della  Riforma  del  calendario,  fatta  da  Giulio  Ce- 
sare: il  suo  46."  anno  comincia  al  1."  gennaio  del- 
l'anno 1."  di  Cr.  -  Era  dei  Martiri,  l'anno  262.  - 
Era  dell'Egira  o  di  Maometto:  il  suo  primo  anno 
corrisponde  al  622  di  Cr.  (16  luglio,  giorno  della 
fuga  di  Maometto  a  Medina);  gli  anni  sono  lunari, 
in  cicli  di  30  anni,  19  dei  quali  hanno  354  giorni, 
e  il  intercalari  ne  hanno  365.  -  Era  della  riforma 
gregoriana:  data  dal  24  febbraio  1582,  e  la  si  deve  a 

fiapa  Gregorio  XIII,  che  ne  affidò  il  calcolo  all'ita- 
iano  Luigi  Lilio.  I  Russi  seguono  ancora  il  calen- 
dario giuliano,  il  che  cagiona  per  essi  un'antieipa- 
zione  di  dodici  giorni  sulle  nostre  date.  Perciò  quello 
che  per  noi  è  il  giorno  10  di  gennaio  è  in  Russia 
il  22  dello  stesso  mese.  -  Era  della  Repubblica  fran- 
cese: ebbe  principio  il  22  settembre  1792,  e  sus- 
sistette fino  al  31  dicembre  1805.  Tutte  queste  ère 
si  chiamano  nazionali  o  particolari;  nell'antichità 
non  se  ne  conoscevano  altre. 

Gli  Arabi  si  valevano  di  un'era  del  diluvio,  che 
facevano  partire  da  un  termine  corrispondente  al- 
l'anno giuliano  3102.  Ma  questa  èra  è  limitata  al 
pari  di  quella  dei  patriarchi  (2043)  e  di  quella  di 
Abramo  (1921).  Le  ère  di  Troja  (sec.  XIII  a.  Cr.) 
e  d'Jfito  (384  a.  Cr.)  andarono  in  disuso  al  comin- 
ciare di  quella  delle  Olimpiadi.  Véra  di  Spagna, 
istituita,  credesi,  all'epoca  della  sottomissione  di 
quel  paese  all'  impero  d'Augusto,  cominciò  l'anno 
38  a.  Cr.,  il  1."  gennaio.  -  L'era  Aziana  si  apre  al 
1.*  gennaio  del  30  a.  Cr.,  benché  la  vittoria  d'Azio, 
da  cui  trae  il  nome,  cada  il  2  o  il  3  di  settembre 
dell'anno  31  a.  Cr.  -  Ere  mondane  o  mondiali  :  con- 
trariamente all'uso  delle  ère  particolari,  parecchi 
autori  cristiani,  ebrei  e  maomettani  adoperarono  , 
<ielle  ère  che  risalgono  fino  al  principio  del  mondo. 
Varie  queste  ère:  quella  dei  moderni  Ebrei  fu  inau- 
^rata   dallo  storico  Gioseffo,   i   calcoli  del  quale 


stabiliscono  la  creazione  a  4163  anni  a.  Cr.,  prima 
della  distruzione  del  secondo  tempio  degli  Ebrei; 
altri  Ebrei  ellenisti  protrassero  questa  èra  fino  a 
5681  anni:  è  l'èra  degli  Ebrei  moderni.  Fra  i  cri- 
stiani. Teofilo  d'Antiochia  istituì  un'altra  èra  di 
5515  anni  dalla  creazione  fino  a  Gesù  Cristo:  è 
l'era  d'Antioco.  Giulio  l'Africano,  assegnando  a  que- 
st'intervallo 5500  anni,  fondò  l'era  Alessandrina. 
L'èra  di  Costantinopoli  sostituisce  a  quella  cifra  il 
num.  5409:  è  l'èra  mondiale  la  più  usitata  dai 
Greci.  La  Chiesa  greca  la  adottò.  Mano  mano  che 
si  propagò  l'uso  dell'era  voi, are  (da  Cristo  in  poi), 
le  ère  mondane  si  alterarono,  e  l'abuso  dei  sistemi 
generò  la  confusione. 

Eradicare  {eradicato).  Sradicare  :  veggasi  a  ra- 
dire. 

Erànlco.  Veggasi  a  lingua. 

Erariale.  Dell'erario. 

Erario  (erariale).  La  cassa,  il  tesoro  dello 
Stato;  il  luogo  destinato  a  conservare  il  denaro, 
i  titoli  di  valore:  arca  fiscale,  arca  pubblica;  cassa 
pubblica;  depositaria  (voce  d'uso  in  Toscana);  fi- 
sco ;  tesoreria,  tesoro  pubblico.  -  Largizioni  sacre, 
durante  l'impero  romano,  l'erario.  -  Erariale,  del- 
l'erario, che  appartiene  all'  erario  (imposte,  spese 
ei'ariali). 

Deficit,  parlando  dell'erario,  la  differenza  che  in- 
tercede tra  le  entrate  e  le  spese,  quando  queste 
superano  quelle.  -  Scamerare,  levare  dall'erario  pub- 
blico. 

Chiavigeri,  i  sei  magistrati  che,  nella  repubblica 
di  Genova,  erano  incaricati  di  custodire  le  chiavi 
del  pubblico  erario.  -  Prefetto  dell'erario  (tit.  stor.), 
antico  magistrato,  custode  del  tesoro  pubblico.  - 
Questore,  nell'antica  Roma,  l'amministratore  del 
pubblico  erario. 

Erato.  La  musa  della  poesia  erotica. 

Erba  (erbaceo).  Ogni  pianta  che  nasce  in  foglia 
dalla  radice,  senza  fusto  e  senza  far  frutto^ 
come  la  lattuga,  V  indivia,  il  radicchio,  la 
gramigna,  ecc.  Più  specialm.,  quello  che  produce 
la  terra  senza  coltura  :  erbato,  pascolarne,  pastura  ; 
tappeto  dei  prati,  tappeto  di  verdura,  tappeto 
verde  ;  verde,  verde  smalto  ;  verdura,  verzura. 
-  Arboscello,  arbusto,  vegetale  che  sta  di  mezzo 
fra  l'erba  e  {'albero.  -  Camangiare,  appellativo  già 
di  ogni  ortaggio,  cioè  delle  erbe  buone  a  mangiarsi 
crude  o  cotte  :  ora  si  prende  nel  senso  di  compa- 
natico. -  £r6accia,^erba  cattiva  per  le  sementi  e  non 
buona  a  mangiare.  -  Erba  aromatica,  odorosa,  do- 
tata di  aroma:  erba  odorosa,  erba  da  odori;  sem- 
plicem.,  odore  (comunem.,  al  plur.),  e  per  vezzegg. 
odorini.  •  Erba  novellina,  tenera,  spuntata  di  fresco  ; 
selvaggia,  selvatica,  cresciuta  in  luogo  incolto  ;  te- 
nera, giovane,  facile  a  mangiarsi.  -  Erbaggio,  nome 
comune  delle  erbe  da  mangiare  ;  sinonimo  di  or- 
taggio. -  Erbe  (plur.)  si  chiamano  le  erbette  va- 
rie che  si  adoperano  nel  cucinare,  e  da  mettere, 
per  lo  più,  nella  minestra.  -  Erbetta,  dimin.  di 
erba;  erbicciuola,  sottodimin.  di  erba;  erba  da  poco, 
più  da  mangiare  che  da  altro  (non  com.)  ;  erbicina, 
(dimin.),  erba  piccola  e  saporosa  ;  erbolina,  dimin. 
vezzeggiativo. 

Erbucce,  erbette,  erboline  si  chiamano,  per  lo  più, 
certe  piccole  erbe  odorifere  e  saporite  che  si  ado- 
perano per  condim,ento,  cioè  per  darsapore,  come 
il  prezzemolo,  la  borrana,  1'  acetosella,  ecc.  -  Er- 
buccia,  erba  tenera  ;  anche,  tappeto  erboso. 

Fieno,  erba  secca  e  segata.  -  Guaime,  l'erba 
tenera  che  rinasce  nei  campi  e   nei  prati  dopo  la 


1004 


prima  segatura.  -  Malerba,  erba  cattiva,  nociva  alla 
semente.  -  Musco,  famiglia  di  piante  crittogame, 
minute,  erbacee.  -  Pasciona,  l'erba  dei  prati  dopo 
l'ultima  ta;.:liata  a  fieno;  anche,  luogo  abbondante 
di  erbe,  grasso,  fresco.  -  Postimi,  erbaggi  da  tra- 
piantare. 

Erbàceo,  di  erba,  che  ha  natura  d'erba.  Agg. 
delle  piante  che  non  fanno  fusto,  ma  restano  sem- 
pre in  erba.  -  Erbàio,  luogo  erboso,  luogo  dove  sia 
moUa  erba,  folta  e  lunga:  erbaro,  erbato.  -  JSròano, 
collezione  di  erbe  fatte  seccare  con  cura  e  a  scopo 
di  studio:  orto  secco;  libro  contenente  una  raccolta 
di  piante  secche  o  la  descrizione  delle  piante  me 
dicinali  e  delle  loro  virtù  {cheliferi,  genere  di 
piccoli  aracnidi,  pseudoscorpioni,  che  stanno  nelle 
vecchie  case,  tra  i  libri  polverosi  e  i  fogli  degli 
erbari).  -  Erbàtico,  diritto  di  far  erba  nelle  ban- 
dite. 

Erbaiolo,  erbaiuolo,  chi,  a  modo  di  barullo,  dice 
il  Tommaseo,  compra  gli  erbaggi  dai  contadini  e 
va  a  rivenderli  :  stramaiuolo.  Anche,  colui  che 
tiene  bottega  d'erbaggi;  altrimenti,  ortolano,  -Er- 
bivendolo, rivendugliolo  di  erbe  mangerecce,  di  er- 
baggi 0  legumi:  erbaiuolo,  erbaruolo;  insalataio, 
ortolano.  Femmin.,  trerca;  e  treccone  bottega  da  er- 
bivendolo -  Erbivoro,  chi  o  che  si  pasce  di  erbe 
o  di  altre  sostanze  vegetali  :  vegetariano.  -  Erbo- 
rista, chi  raccoglie  erbe  a  scopo  di  studio;  chi 
vende  erbe  secche  e  medicinali  :  erbolaio,  erbolaro, 
erborizzatore;  semplicista,  E  simphriario  il  libro 
che  tratta  delle  erbe  semplici  o  medicinali. 

Verziere,  in  dialetto  milanese,  mercato  delle  erbe 
e  delle  frutta. 

Ruchetta,  animaletto  che  rode  l'erba. 


Parti  dell'erba.  —  Insieme  di  erge. 
Funzioni   vitali.   —   Lavori    dell'  uomo. 

Barba,  la  radice  dell'  erba  e  di  qualsivoglia 
pianta.  -  Cesto,  tutte  insieme  le  foglie  germogliate 
dalla  stessa  radice  d'una  pianta  erbacea,  e  più  spe- 
cialm,  d'insalata.  -  Fusto,  gambo,  picciuolo  d'erba  sul 
quale  si  regga  il  fiore  o  il  suo  frutto.  -  Foglia, 
la  parte  che  serve  d'ornamento  e  per  attrarre  dal- 
l'atmosfera i  principi  vegetativi.  -  Grùmolo,  le  fo- 
glie di  dentro,  raccolte  insieme,  del  cesto  di  alcune 
erbe,  come  lattuga,  ecc.  -  Stelo,  gambo  di  fiori  e 
di  erbe.  -  Tallo,  germoglio  dell'erba  che  si  alza 
per  fare  il  seme  ;  la  massa  delle  erbe,  quando  sono 
per  semenzire.  -  Turione,  la  gomma  delle  erbe  vi- 
vaci che  parte  dal  collo  della  radice  e  produce 
steli  annui. 

Capo,  cespite,  ciuflfetto,  viluppo  di  più  piante  er- 
bacee, cresciute  insieme,  una  accanto  all'altra: 
boccetta,  cesto,  palla;  piede,  testa.  -  Ciuffo  d'erba, 
un  gruppo  d'erba  sporgente.  -  Farragine,  me- 
scolanza di  erbe  per  pasto  alle  bestie.  -  Fascio, 
insieme  di  erbe,  legato.  -  Festone,  fascetto  d'erbe, 
ramoscelli  e  fiori.  -  Mannello,  fascetto  d'erba  legato  : 
poco  più,  poco  meno  d'  una  manata.  -  Mazzo, 
piccola  quantità  d' erbaggi  e  di  fiori,  o  cose  si- 
mili unite  e  legate  insieme.  -  Mescolanza,  di  più 
erbe  e  specialmente  un'insalata  di  più  erbucce  sa- 
porite e  odorose.  -  Verdume,  quantità  di  erba 
verde. 

Funzioni.  —  Abbarbicare,  abbarbicarsi,  attaccarsi 
con  le  barbe:  allignare;  fare,  gettare,  mettere  ra- 
dice.   Accestire,  far  cesto,  far  cespo.    -   Aggrumo- 


lare,  aggrumolarsi,  far  grumolo.  -  Appassire,  del- 
l' erba  che  diventa  vizza,  quasi  secca.  -  Erbire,, 
generare  erba  ;  coprirsi,  vestirsi  d' erba  ;  mettere- 
erba;  erbeggiare,  verdeggiare.  -  Fare,  diventare  un- 
letto  :  di  erbe  (anche  di  grano)-  atterrate  da  pioggia,, 
da  grandine.  -  Feltrarsi,  del  moltiplicarsi  e  intrec- 
ciarsi come  un  feltro  che  fanno  le  barbicine  delle' 
erbe  sopra  un  terreno.  -  Germogliare,  germinare,, 
produrre,  mandar  fuori  i  germogli,  il  germoglio^ 

-  Incartare,  delle  erbe  che  si  intrecciano  con  le' 
barbe.  -  Semenzire,  far  seme.  -  Spuntare^  ca- 
minciar  a  nascere,  -  Tallire,  fare  il  tallo. 

Erbatura,  Verbire,  il  tempo  nel  quale  Terba  suol' 
rinverdire;  il  tempo  che  è  tra  una  faloiatara:  es 
l'altra. 

Lavori.  —  Per  parecchi  di  questi,  reggasi  ad) 
agricoltura  (pag.  46,  seconda  colonna  e  seguenti)! 

-  Ammazzolare,  far  mazzi  d'  erbe  e  di  fiori.  -  Er- 
borizzare, andar  cercando  erbe  per  farne  collezione 
0  per  uso  medicinale  :  erbolare,  erborare.  ■  Erbo- 
razione, escursione  fatta  in  campagna,  allo  scopo  dì 
raccogliere  erbe,  fiori,  piante  per  ragioni  di  studio. 

-  Mettere  all'erba:  di  bestie,  e  specialmente  di  ca- 
valli, in  primavera,  mandarli  nei  prati  a  pascere; 
(veggasi  a  pascolo)  ;  pascerli  di  sola  erba.  -  FaL^ 
dare,  tagliare  con  la  falce;  mietere,  segare.  - 
Sarchiare,  fare  la  sarchiatura.  -  Sbarbare,  sbarbicare, 
svellere  dalle  barbe. 

Cólta,  operazione  del  raccogliere  frutta,  fiori, 
erbe  e  simili.  -  Mietitura,  il  mietere,  atto  ed  effetto. 

-  Sarchiatura,  operazione  per  la  quale  si  estraggono 
le  erbe  nocive.  -  Taglio  delle  erbe,  la  mietitura. 

Erbe  da  orto,  da  foraggio,  cereali, 
medicinali  e  officinali. 

Da  orto.  —  Sono,  in  generale,  tutte  quelle  col- 
tivate espressamente  negli  orti,  per  servire  poi  da 
alimento  o  da  condimento.  Da  annoverare  tra 
esse  :  l'acetosa,  erba  da  salsa  ;  ['aglio,  ì'alchechengt 
0  fisalide  ;  V  angelica  ;  l'arachide,  l'aspa- 
rago, la  barbabietola,  la  barbaforte,  o  crenno, 
che  è  simile  ad  una  carota  e  cresce  nei  prati  u- 
midi  e  sul  margine  dei  ruscelli  ;  il  basilico,  il 
carciofo,  il  cardo,  il  carolo,  la  cicoria,  la 
cipolla,  il  cetriuolo,  il  finocchio,  l'indivia,  la 
lattuga,  la  melanzana,  la  pastinaca,  la  pa- 
tata, il  peperone,  il  pomidoro  o  pomodoro; 
il  porro,  il  prezzemolo,  la  rapa,  il  raperon- 
zolo,  il  ravanello,  il  rafano,  il  sedano,  lo 
spinace,  la  zucca.  Per  il  fagiuolo,  la  lente,  il 
pisello,  ecc.,  veggasi  alle  singole  voci  e  a  le- 
giune. 

Da  foraggio.  —  L'achillea,  l'arachide,  la  bar- 
babietola, la  carota,  il  cavolo,  la  cicerchia,  la 
cicoria  selvatica,  il  colza  (pianta  oleosa),  l'erba  me- 
dica (comune  nei  luoghi  erbosi,  aridi,  campestri); 
la  fiamma,  erbe  a  spighe  coniche  rosse;  il  fieno 
greco,  la  ginestra,  il  girasole,  la  luinnella,  il 
lupino,  la  pimpinella,  la  rapa,  il  ravizzone, 
la  senape,  la  soia,  la  spergola,  la  lolla,  il  tri- 
foglio. 

Cereali.  —  Veggasi  a  cereale. 

Medicinali  e  officinali.  —  Quelle  adoperate  a 
scopo  terapeutico.  Tra  le  moltissime,  innumerevoli 
quasi:  l'erba  antiscorbutica  o  a  cucchiai  (coclearia), 
l'erba  brusca  (acetosa),  l'erba  buona  o  colombina  a 
di  San  Giovanni  (verbena),  Yerba  per  le  cadute  a 


1005 


vulneraria  (arnica),  Verba  cannella  (calamo  aroma- 
tico), l'erba  cedrala  (melissa),  Veiba  contiavveleno 
(rafano  rusticano),  l'erba  nespa  o  matricule,  simile 
alla  camomilla;  l'erba  febbrifuga  (centaurea),  l'erba 
da  latte  (ricino),  l'erba  dei  indocchi  (slaiisaj^ria),  Verba 
regia,  l'erba  di  San  Marco  o  da  vermi,  l'erba  da 
sortilegi,  l'abròtano,  l'acanto.  Inoltre:  Vachillea, 
l'acontto,  pianta  ranuncolacea  velenosa),  l'ttdianto, 
l'altea,  l' amarillide  belladonna,  l'anrnsn  italica, 
l'anemone  pulsatilla  e  la  epatica;  l'aquilegia^ 
l'arnica  montana,  l'aro  o  gichero  (se  ne  estrae  a- 
mido),  l'artemisia,  ì'asclepia,  l'asperula  (pianta 
rubiacea  contenente  cumariiia),  la  baccarà  (erba 
sempre  verde),  la  bardana,  detta  anche  ei-ba  dei  si- 
gnori ;  il  basilico,  la  betoìiica  o  betlonica  (pianta  un 
tempo  larj^'amente  usata  in  medicina),  la  calendula 
0  fiorrancio,  usata  nei  casi  di  amenorrea,  di  iste- 
rismo, ecc.;  il  camedio ,  erba  detta  anche  quer- 
dola,;  il  camenizio.  la  canioniilla,  il  cinquefo- 
glie, il  cinoglossa,  il  citiso,  il  còlchico,  il  croco  o 
zafferano,  la  digitale,  il  dittamo,  l'edera, 
l'elleboro,  l'eritmo,  la  galega,  la  genziana,  la 
globularia,  l'iride,  il  lu]>polo,  la  lattuga 
tnrosa,  la  lavanda,  il  lichene  islandico,  il  lico- 
podio, la  Vinaria  volgare,  la  liquerizia,  la 
malva,  la  mandragora',  la  matricaria,  la 
melissa,  la  menta,  la  mercuriale,  il  narciso, 
il  nasturzio,  la  nigella,  l'orcliide  (comune  nei 
luoghi  umidi);  V ortica,  l'ossalide,  la  peonia,  il 
papavero,  la  polmonaria,  il  poligono,  il  pt- 
retro,  la  potentina,  la  primula,  il  rabar- 
baro, il  rapano,  il  ranuncolo,  il  rosolaccio, 
la  ruta,  la  salvia,  la  saponaria,  lo  scolopen- 
dro,  il  solano,  la  spirea,  lo  stramonio,  il  /«- 
naceto,  il  tarassaco,  il  tiìno,  la  tossillagine, 
il  trifoglio  alpino,  la  valeriuna,  il  veratro,  il 
verbasco,  la  verbena,  la  vinca  o  pervinca,  il 
vischio,  ecc. 

Sémplici  fsimplicij,  le  erbe  medicinali  più  comu- 
aemente  usate. 


Erbe  da  condimento,  da  insalata,  da  puato. 

Velenose.  —  Ornamentali  perenni. 

Acquatiche,    da    liquori,    da    tintoria,    olearie^ 

TESSILI. 


Dà  condimento.  —  Già  citate  alla  voce  condi- 
mento e  alle  voci_  singole  l'aglio,  l'anice,  la  ci- 
polla, il  finocchio,  il  prezzemolo,  ecc.  Da  aggiun- 
f  pre  :  l'acetoso  (erba  da  salsa),  l'acetosella  (acetosa 
minore);  1'  assenzio,  la  coclearia  (pianta  crucifera), 
conosciuta  sotto  il  nome  di  cren  :  l'erta  amara, 
Verba  cipollina,  la  lavanda  o  spigo,  la  limoncina 
9  citronella,  la  maggiorana,  la  melissa,  la  menta, 
il  nasturzio,  la  nigella,  la  rMto,  il  rosmarino, 
la  salvia,,  la  santoreggia,  la  senapa  o  senape, 
la  serpentina,   il   <t««o,    lo   zafferano,  ecc. 

Erbe  da  insalata.  —  Veggasi  a  insalata. 

Erbe  da  prato.  —  L'achillea,  l'agróstine,  l'atra 
flessuosa,  l'aloperuro  pratense,  l'avena,  la  dactilis 
glomerata,  la  falaridis  arundinaria,  la  favagella,  la 
festuca,  la  gratnigna,  il  paterno,  la  polygala  vul- 
(jaris,  la  piantaggine  o  plantago,  la  poa  pratensis, 
la  silene;  l'erba  benedetta  (garofanata),  rosacea  fre- 
quente nei  prati  umidi,  ecc. 

Erbe  velenose.  —  L'acònito,  Vamarillide,  Van- 


(Usa  ituiua,  più  specie  di  anètnone,  ì'aristolochia 
rotunda,  l'aro  o  gichero,  la  cicuta,  il  colchico,  il 
coniuni  ofjìcinalis,  la  datura  (erba  del  diavolo),  so- 
lanacea  ;  lo  stramonio,  l'euforbia,  qualche  spe- 
cie di  ranuncolo,  il  veratro,  ecc. 

Erbe  ornamentali  perenni.  —  Eanno  fiori  e  sono 
impiegale  a  decorare  giardini,  ecc.  (molte  fra 
quelle  qui  semplicemente  menzionate  hanno  un 
cenno  alle  rispettive  voci).  Tali:  l'acanto,  l'achillea. 
Vachillea  serbica,  Vacoro,  Vadenofora,  Vudonide,  Vagio- 
stenum,  Valisso,  Valstroemeria,  Vallea,  Vancusa,  Vu- 
nemone,  V  angelica,  V  antemide,  Vantirrino,  Vaqitile- 
gia,  Varalia,  Varneria,  Varuica,  Varo,  Vartemisia, 
Varundo,  Vasaro,  Vasfodillo,  Vutpidtstra,  Vastragulo, 
Vdthamantia,  Vaubretia,  Vaiiricola,  la  bambusa,  la 
huptisia,  la  bellide,  la  betonica,  la  bocconia,  la  60//0- 
nta,  la  borago,  la  brunella,  la  calimeris,  la  caliste- 
gia,  la  campanula,  la  cajtuo  indica,  la  cardamina, 
il  carea:,  la  cedronella,  la  cefalaria,  il  ciclamino,  la 
cimicifnga,  la  cineraria,  la  clematide,  il  colchico, 
la  convallaria,  il  crisantemo,  la  t.rucianella,  il  diou- 
i/i».-;,  il  dittamo,  il  drucorefalo,  Vechinupside,  Vedet- 
weiss.  Velianlemo,  V elianto,  Veliopside,  l'elleboro.  Ve- 
merocallide,  V  esperide,  Veulalia,  Veupatorio,  la  /'e- 
.s^Mca,  la  /e/ce  (nelle  sue  varietà),  la  falaride,  la  ^ 
salide,  1%  fritillaria,  la  gailturdia,  la  galatella,  la 
galega,  la  gaUonia,  il  garofano,  la  genziana,  il  ^e- 
?-anto,  la  gerbesn,  il  giacinto,  il  giglio,  la  gillenia,  il 
gladiolo,  la  globularia,  la  glossocomia,  Vibisco,  Vi- 
nula,  Viride,  Visalide,  Vissopo,  la  lavandula,  la  /j(/m- 
/aria,  la  linaria,  la  lobelia,  la  licnide,  la  matricaria, 
la  miosotide,  la  marina,  la  mortella,  il  jjarciso,  l'o- 
nonide,  Voreocoma,  Vorigano,  Vosmunda,  la  peonia, 
il  papavero,  il  piretro,  la  potentilla,  la  primula,  la 
prunella  (brunella  consolida,  erba  mora,  morella),  la 
piilmonaria,  il  ranuncolo,  la  reinekia,  la  reseda,  il 
rheuni,  la  rudbekia,  la  salvia,  la  sanguisorba,  la 
santolina,  la  saponaria,  la  sassifraga,  la  scrofularia, 
la  scutellaria,  il  sedum,  il  sempervirum,  il  senecio, 
il  solano,  la  soldanella,  la  solidago,  la  spiyelia,  la 
spirea,  la  stellaria,  la  stevia,  la  lermopside,  il  teu- 
cri©, il  /mo,  la  tradescanzia,  la  irtcyrlis,  la  <)i<e- 
/eta,  la  valeriana,  il  verbasco,  la  verbena,  la  verbe- 
sinn,  la  vemonia,  la  «erou'ca,  la  vinca,  la  violetta. 

Graminacee  ornamentali.  —  Lalopecuro,  Varundo, 
Vasprella,  Vavena,  la  bambusa,  il  hrachypodium,  il 
carice,  il  cipero,  la  dactilide,  Velymus,  Verianthus, 
Veulalia,  la  falaride,  la  festuca,  la  gymnotrix,  Vim- 
perata,  la  melica,  la  molinia,  il  panico,  la  iti/ju, 
rMnio/u,  ecc. 

Erbe  acquatiche.  —  L'acoro,  l'a/tsma,  l'artindo,  il 
cipero,  il  giunco,  la  gliceria,  Viride,  'a  lisimachia,  la 
ninfea,  Voronzio,  la  pontederia,  la  sagittaria,  lo 
scispo,  la  stratiotide,  la  trapa,  la  typha,  ecc. 

Da  liquori.  —  L'angelica,  Vanire,  Vassenzio,  k 
camomilla,  il  carvi  ©  kummel,  il  dianthus,  la  mento, 
la  rw/a,  il  rabarbaro. 

Da  tintokia.  —  11  cartamo,  il  chimus  0  som- 
macco,  la  CMSCMto,  la  genista  tinctoria,  V  indigofera 
tinctoria ,  la  malva  tintoriale ,  il  poligono  tin- 
ctorio,  ecc. 

Olearie.  —  L'arachide,  il  cotone,  il  /mo,  la  ma- 
dia de/  C/ii7e,  il  ravizzone,  il  sesamo,  la  soia. 

Tessili.  —  La  canape,  il  cotone,  la  genista,  il 
/tno,  l'orftca,  la  ramiè. 

Erbe  diverse. 

Amoscmo  0  mosczno,  sorta  di  trifoglio.  -  i4s/ro 
perenne,  erba  di  piena  terra,  con  molte  varietà.  - 


1006 


ERBACEO 


Begliuomini,  erba  con  fiori  bianchi,  rossi  e  violetti. 
.  Bietolone,  erba,  dice  il  Rigutini,  con  foglie  trian- 
golari che  alcuni  mangiano  come  gli  spinaci.  - 
Borrana  o  borrdgine,  erba  poco  alta,  alquanto  ispi- 
da pei  molti  peli  biancastri,  rigidi,  di  cui  è  co- 
perta. -  Bruma,  erba  filamentosa  e  muscosa  na- 
scente e  crescente  sulla  carena  delle  navi  ferme  nei 
porti.  •  Buftalmo,  erba  aromatica.  -  Calaminta,  erba 
aromatica.  -  Calamo  aromatico,  pianta  erbacea  che 
cresce  nei  luoghi  umidi  dell'Europa  meridionale  e 
dell'India.  -  Cedrina,  erba  odorosa  sempre  verde.  - 
Genia  turbinata,  strana  erba  annuale,  originaria  dal 
Capo  di  Buona  Speranza,  coi  rami  terminati  da  una 
capsula  conformata  a  cono  rovesciato.  -  Centocehio, 
veggasi  a  canarino.  -  Conio,  specie  di  cicuta. 

Erba  bianca  (canapaccia,  erba  lucina,  erba  cana- 
paria,  erba  delle  siepi,  amarella),  che  cresce  d'e- 
state nei  luoghi  sassosi  e  nei  greti  dei  fiumi.  - 
Erba  calenzuola,  che  cresce  un  po'  dovunque,  so- 
pratutto nei  luoghi  coltivati.  -  Erba  cipressino,,  co- 
mune  nei  luoghi  selvatici,  -  Erba  codola,  notissima 
graminacea.  -  Erba  della  regina,  erba  tornabuona, 
veggasi  a  tabacco. 

Erba  giudaica,  sorta  d'erba  detta  anche  pagana. 

-  Erba  lucciola,  sorta  d'erba  dei  prati  con  una  sola 
foglia.  -  Erba  lupa,  sorta  di  erba,  detta  anche  coda 
di  leone:  orobanche.  •  Erba  nastro,  erba  a  strisele, 
adoperata  per  fare  i  mazzi.  -  Erba  pinocchina, 
con    foglie    carnose  :    cresce  sui    tetti   e  sui  muri. 

-  Erba  puzzola,  o  fior  di  morto,  pianta  erbacea 
dalle  foglie  puzzolenti:  fiorisce  fra  l'estate  e  l'autunno. 

-  Erba  riccia,  sorta  di  erba  infesta  ai  seminati.  - 
Erba  San  Giovanni,  erba  medica  che  si  coglie  in 
giugno  :  perforata.  -  Erba  vetriolo,  detta  anche  gam- 
borosso,  per  pulire  i  vetri. 

Farfara,  veggasi  a  grano.  -  Filandra,  nome  di 
erbe  che  si  attaccano  sotto  le  navi  e  ne  ritardano 
il  corso.  -  Karyat,  Creyat,  pianticella  erbacea  co- 
mune in  India:  si  trova  anche  a  Giava  e  a  Cey- 
lan  ;   ha    sapore  amaro   molto  forte  e  persistente. 

-  Lingua  d'agnello,  la  plantago  media.  -  Lingua  di 
cervo,  lo  scolopendrio.  •  Lingua  di  serpente  (erba), 
l'ofioglosso. 

Macerane,  erba  che,  per  l'odore,  si  accosta  al 
sèdano.  -  Mezzettone,  erba  detta  anche  giglio  nero 
e  gettaione.  -  Ombelico  di  Venere,  erba  dei  tetti  e 
dei  muri.  -  Orobanda,  erba  parassita. 

Panacea,  erba  orientale  giudicata  atta  a  confortare 
le  forze  esauste.  -  Parnassio,  erba  vivace  frequente 
nell'America  del  Nord.  -  Pelosella,  erba  di  monta- 
gna. -  Pie  di  gallina,  d' uccellino,  di  diavolo,  di 
gatto,  di  gallo,  d'oca,  ecc.,  varie  sorta  d'erbe.  -  Portu- 
larea,  erba  dialipetala,   diffusa  in   tutto  il  globo.  - 

-  Pratolina,  erba  con  fiorellini  bianchi.  -  Psoralea, 
pianta  erbacea  e  arborescente,  dell'Africa  Australe. 

-  Prumella  comune,  erba  perenne. 

Quattrinella,  erba  dei  fossi  e  dei  luoghi  umidi,  con 
foglie  tonde.  -  Radicchio,  nome  che  in  Toscana 
si  dà  alla  cicoria.  -  Regamo,  erba  cosi  detta  da 
acciughe.  -  Rtibiglione,  specie  di  cicerchia. 

Sala,  veggasi  a  fiasco  e  a  sedia.  -  Soleggiala, 
l'acetosella.  -  Scagliola,  erba  comune  tra  i  grani, 
coltivata  anche  per  darla  ai  canarini.  -  Scardac- 
cione, erba  spinosa,  detta  anche  cardo  da  lana- 
iuoli, cardo  selvatico,  cordone,  dispsacus  fuUorum.  - 
Scorza,  sorta  d'erba  di  padule  usata  pur  far  mate- 
rasse col  nome  di  vegetale.  •  Scialino,  sorta  d'erba 
che  rende  cattivi  i  foraggi.  -  Scordio,  erba  frequente 
nei  luoghi  paludosi.  -  Sedo  (sedura),  genere  di 
■piante  erbacee,  crassulacee,  comprendente  circa  ot- 


tanta specie.  -  Serràtula,  erba  composta,  carduacea^. 
comune  nei  boschi,  le  cui  foglie  danno  un  colora 
giallo.  -  Speronella,  specie  d'  erba  del  genere  ga- 
glio.  -  Spini  di  San  Francesco,  spini  d'asino,  erbe 
spinose.  -  Stiancia,  sorta  d'erba  sala.  -  Starnutellaf^ 
sorta  d'erba  che  fa  starnutire.  -  Strappalana,  sorta 
d'erba  che  si  attacca  alla  lana  delle  pecore.  - 
Stringiamore,  erba  velia.  -  Succiamele,  erba  pa- 
rassita. 

largane,  erba  aromatica  da  orti.  -  Tifa,  grande 
erba  palustre,  comune  nelle  acque  stagnanti  o  a 
lento  corso.  -  Tremolina,  sorta  di  erba  con  graziosa 
pannocchietta  spigata  e  fiorita  che  si  muove  a  ogni 
vento.  -  Tropeolo,  erba  indigena  del  Messico  e  delle 
Ande,  con  stelo  e  picciuoli  scandenti.  -  Trottola, 
sorta  d'erba  tonda.  -  Zizzania,  nome  di  erbacce 
che  nascono  tra  il  grano. 

Veggasi  inoltre  ad  amaraco,  a  baccaro,  a 
brassica,  a  saponaria,  a  sassifraga,  a  scor- 
zonera. 

Erbàceo.  Di  erba,  che  ha  natura  d'erba. 

Erbaggio.  Ogni  sorta  d'erba  da  mangiare,  or- 
taggio. 

Erbaio.  Veggasi  ad  erba. 

Erbaiuolo.  Veggasi  ad  erba. 

Erbario.  Veggasi  ad  erba. 

Erbatico.  Veggasi  ad  erba. 

Erbato.  Veggasi  ad  erba. 

Erbire.  Veggasi  ad  erba, 

ErbiTèndolo.  Veggasi  ad  erba. 

Erbivoro.  Veggasi  ad  erba. 

Erborare.  Veggasi  ad  erba. 

Erborista.  Veggasi  ad  erba. 

Erborizzare.  Veggasi  ad  erba. 

Erborizzazione.  Veggasi  ad  erba. 

Erboso.  Veggasi  ad  erba. 

Erbaccia,  erbuccie.  Detto  ad  erba. 

Èrcole  {ercùleo).  Divinità  mitologica,  figlio  di 
Giove  e  di  Alcmena,  simbolo  della  forza.  Gli  era 
sacro  il  pioppo,  e  gli  si  i-affigurava  in  mano  la 
clava.  Gli  si  attribuivano  dodici  fatiche,  e  cioè: 
che  uccidesse  il  leone  Nemeo-,  nato  da  Tifone  e  da 
Echidna;  che  liberasse  la  città  di  Argo  infestata 
dall'Idra  Lernea,  mostro  a  nove  teste,  figlia  anche 
essa  di  Tifone  ed  Echidna  e  tingesse  i  suoi  dardi 
nella  bile  velenosa  dell'idra  ;  che  prendesse  vivo  il 
Cinghiale  di  Erimanto,  il  quale  menava  guasto  nelle 
contrade  di  Psofi  ;  che  prendesse  la  Cervia  di  Ca- 
rinia,  dall'auree  corna,  sacra  ad  Artamene;  che  uc- 
cidesse e  disperdesse  le  stimfalidi,  numerosa  schiera 
di  uccelli  con  artigli,  ali  e  becchi  di  bronzo,  da 
essi  lanciavano  come  dardi  ;  che  prendesse  il  cinto 
di  Ippolita,  regina  delle  Amazzoni,  e  lo  desse  ad 
Admeta,  figlia  di  Euristeo,  la  quale  lo  desiderava;  che 
purificasse  le  stalle  d'Augìa,  fatica  da  Ercole  com- 
piuta in  un  solo  giorno,  facendovi  passare  per  mezzo 
i  fiumi  Peneo  ed  Alfeo;  che  prendesse  il  taro  di  Creta, 
poi  liberandolo  ;  che  prendesse  le  cavalle  di  Diomede, 
dal  loro  padrone  nudrite  col  sangue  dei  forestieri,  e 
vincesse  Diomede,  dandolo  in  pasto  alle  sue  ca- 
valle ;  che  vincesse  le  giovenche  di  Gerione,  tre 
corpi  germogliati  insieme  dal  ventre  in  su  ;  ucci- 
desse il  gigante  Eurizione,  loro  custode,  e  il 
cane  bicipite  Orto,  e  spinte  oltre  le  giovenche,  uc- 
cidesse Gerione  che  lo  inseguiva;  piantasse  in 
questa  spedizione  due  colonne  allo  stretto  di  Gibil- 
terra, passando  l'oceano  ;  che  traesse  fuori  il  con* 
Cerbero  dall'  inferno  e,  condottolo  fino  a  Trezene, 
lo  riconducesse  poi  all'  inferno  ;  che  riuscisse  ad 
avere  i  pomi  d'oro  custoditi    dalle   Esperidi,  figlie 


ERCOLINO 


EREDITA 


1U07 


della  Nolte,  sostenendo  con  le  sue  spalle  la  vòlta 
celeste,  mentre  Atlante  prendeva  per  lui  i  pomi. 

Eraclee,  feste  in  onore  di  Ercole  :  si  celebra- 
vano ad  Atene  e  a  Rodi,  sul  monte  Età  e  a  Cos.  - 
Anche,  poesie  di  genere  epico  intorno  alle  gesta  di 
Ercole.  -  Eradidi,  i  discendenti  d'Ercole.  -  Ercùleo, 
da  Ercole,  robustissimo,  assai  forte.  -  Onfale,  re- 
gina dei  Lidi,  della  quale  Ercole  fu  schiavo  vo- 
lontario. 

Ercolino.  Detto  a  gamba. 

Krciileo.  Da  Ercole. 

Èrebo  (gr.).  L' oscurità.  -  In  Omero,  regione 
oscura  deWinferno. 

Erede.  Chi  ha  o  deve  avere  una  eredità.  - 
Chi  succede  o  deve  succedere,  avere  la  succes- 
sione. 

Eredità.  Il  patrimonio,  o  parte  di  esso,  che 
spetta  0  passa  ad  altri,  dopo  la  morte  del  proprie- 
tario, per  diritto  di  successione  o  in  virtù  di 
testamento;  l'ereditare,  il  diritto  di  essere  eredi 
e  quanto  si  eredita:  eritagg^io  (v.  a.),  lascio,  la- 
scito ;  rodaggio  (v.  a.),  redità,  reditaggio  (disus.), 
retaggio.  -  Eredità  arruffala,  imbrogliata,  con  de- 
biti, o  in  condizione  di  dar  luogo  a  liti,  ecc.  ;  gia- 
cente, il  patrimonio  di  cui  non  c'è  o  non  si  cono- 
sce l'erede;  anche,  l'eredità  ricusata  dai  legittimi 
eredi  ;  grassa,  pingue,  ricca  ;  materna,  paterna,  pro- 
veniente dalla  madre  o  dal  padre.  -  Lascito,  legato, 
dono  fatto  per  testamento  :  lascio  (non  us.).  -  Le- 
gato alimentario,  quello  col  quale  un  testatore 
provvede  agli  alimenti  dell'erede.  -  Maggiorasco, 
veggasi  a  questa  voce.  -  Prelegato,  il  legato  la- 
sciato ad  uno  dei  coeredi. 

Ereditariamente,  per  eredità,  per  successione.  - 
Ereditario,  di  cosa  che  si  possiede  o  si  trasmette 
per  eredità  (beni,  diritti,  titoli  ereditari).  -  Succes- 
sibile (termine  legale),  che  può  succedere  nell'ere- 
dità. -  Successorio,  che  riguarda  la  successione. 

Asse  ereditario  (term.  leg.),  il  complesso  della  so- 
stanza caduta  in  successione  e  costituente  l'eredità: 
asse  patrimoniale.  -  Atto  fiduciario,  disposizione  per 
cui  uno  viene  istituito  erede  di  una  parte  di  beni 
0  di  tutto,  col  tacito  accordo  che  dovrà  passarli  a 
persona  non  rammentata  nel  contratto.  -  Beni  eret- 
tizi,  quelli  che  dovrebbero  devolversi  ad  alcuno 
dalla  sostanza  di  un  defunto  e  che  invece,  secondo 
i  casi,  passano  all'  erede  legittimo  o  al  coerede, 
ecc.,  oppure  anche  al  fisco.  -  De  cuius  {del  quale), 
termine  legale,  tolto  dal  diritto  romano,  per  indi- 
care una  persona  (testatore),  dalla  quale  proviene  una 
eredità.  -  Disponibile,  la  parte  d'asse  ereditario 
della  quale  una  persona  che  ha  discendenti  o  ascen- 
denti può  disporre  liberamente  per  testamento.  - 
Legittima,  la  parte  di  eredità  devoluta  per  legge  e 
della  quale  non  può  disporre  chi  fa  testamento.  - 
^onagio,  nel  medio  evo,  la  nona  parte  di  una  ere- 
dità richiesta  dal  clero  sotto  pretesto  di  disporne 
ad  usi  pii.  -  Porzione  virile  (termine  legale),  la 
parte  di  ciascun  coerede.  -  Primogenitura,  secondo- 
genitura,  terzogenitura,  la  parte  di  eredità  o  di  do- 
minio che  spetta  al  primogenito,  al  secondogenito, 
al  terzogenito.  -  Trebelliana  o  trebellianica,  la  quarta 
parte  concessa  all'erede  nel  costituire  fidecommessi 
universali. 

Adizione  espressa  o  tacita,  atto  col  quale  un  e- 
rede  accetta  l'eredità  conferitagli.  -  Aspettativa,  di- 
ritto all'eredità.  -  Beneficio  d' inventario,  locuzione 
giuridica  che  significa  la  condizione  posta  dall'erede 
alla  sua  accettazione  (accettazione  con  benefìcio  di 
inventario)  dell'eredità,  la  condizione  di  non  essere 


vincolato  ai  debiti  ereditari  oltre  l'ammontare  dell'at- 
tivo quale  risulta  da  diligente  inventario.  -  Bia- 
simo :  in  diritto  civile,  era  la  contraddizione  for- 
mulata da  un  erede  contro  i  lotti  (ripartizioni) 
presentatigli  dal  suo  coerede. 

Collazione,  comunicazione,  reale  o  fittizia,  fatta  da 
taluno  degli  eredi  alla  massa  ereditaria  di  certe 
cose  avute  prima  della  morte  della  persona  da  cui 
la  successione  deriva.  -  erezione,  l'atto  solenne  col 
quale  l'erede  dichiarava  di  entrare  in  possesso  della 
eredità,  e  la  disposizione  testamentaria  che  fissava 
il  termine  entro  il  quale  1'  erede  dovesse  compiere 
questo  atto.  -  Delazione  di  eredità,  là  possibilità  di 
adirla.  -Devoluzione  di  eredità,  la  qualità  ereditaria 
passata  da  un  erede  a  un  altro.  -  Diritto  di  accre- 
scimento, quello  (che  compete  a  coeredi  o  collega- 
tari) di    subentrare   nella   quota    rimasta  vacante. 

-  Diritto  di  albinaggic ,  un  tempo,  il  diritto  per 
cui  un  sovrano  raccoglieva  1'  eredità  di  uno 
straniero  morto  nei  suoi  Stati  senza  esservi  na- 
turalizzato 0  che,  essendolo,  non  aveva  lasciato 
eredi  regnicoli.  -  Diritto  di  caducità,  la  devolu- 
zione delle  eredità  ciie  non  hanno  eredi,  per  man- 
canza 0  rinunzia  di  essi.  -  Diritto  di  manomorta, 
diritto  da  parte  del  signore  feudale  di  ereditare  da 
coloro  che  dimoravano  nel  feudo,  essendo  in  istato 
servile.  -  Diritto  di  rappresentazione  per  stirpi,  com- 
partecipazione dei  figli  con  gli  zii  nella  eredità  del- 
l'avo, per  la  parte  che  sarebbe  toccata  al  loro 
padre.  •  Diritto  di  successione,   diritto    all'eredità. 

-  Disposizioni  testamentarie,  il  testamento.  -  Di- 
visione, legalmente,  il  reparto  dell'  asse  ereditario 
fra  gli  aventi  diritto  per  testamento  o  per  succes- 
sione legittima." 

Editto  carboniano,  legge  romana  emanata  dal 
console  Carbone  :  prescriveva  che,  impugnandosi  i 
diritti  di  erede  e  la  qualità  di  figlio  a  un  impu- 
bere, si  dovesse  giudicare  la  prima  questione  su- 
bito e  la  seconda  solo  dopo  la  pubertà.  -  Epila- 
zione di  eredità,  sottrazione  totale  o  parziale  degli 
eifetti  di  una  eredità  giacente.  -  Istituzione  fiducia- 
ria, disposizione  per  cui  uno  viene  istituito  erede 
d'una  parte  di  beni  o  di  tutti,  col  tacito  accordo 
che  dovrà  passarli  poi  a  una  data  persona.  - 
Legato  di  opzione,  quello  in  cui  il  diritto  di  sce- 
gliere è  deferito  alla  persona  del  legatario  in  tutta 
la  sua  pienezza.  -  Bap presentazione,  coloro  che 
hanno  il  diritto  di  succedere  a  un'  eredità,  come 
rappresentanti  i  già  aventi  diritto.  -  Servitù  reali, 
tutti  i  pesi  imposti  sopra  un'eredità  per  l'uso  e 
l'utile  di  un  altro.  -  Sistema  graditale,  determina- 
zione dell'eredità  secondo  la  prossimità  del  grado 
di  parentela.  -  Sostituzione  fidecommissaria  o  dei 
fidecommessi,  disposizione  o  atto  con  cui  si  lascia 
una  eredità  sotto  obbligo  poi  di  restituirla  a  un 
terzo.  -  Successione,  passaggio  dei  beni  di  un 
defunto  ad  uno  o  più  viventi:  può  essere  ab  inte- 
stato (quando  il  defunto  non  abbia  lasciato  testa- 
mento, 0  ne  abbia  lasciato  uno  non  valido),  benefi- 
ciaria legittima  (riguardante  i  parenti  legittimi,  na- 
turali, il  coniuge),  testamentaria  (per  testamento)  ; 
in  linea  di  successione,  secondo  il  diritto  di  succes- 
sione. -  Trasmissione,  il  trasferimento  del  diritto  di 
succedere  ad  un'eredità  non  per  anco  acquisita  dal 
defunto. 


Ereditare. 


Erede.  —  Cose  k  voci  varie. 


Ereditare,   succedere   negli   averi,  nei  beni  la- 
sciati da  chi  muore  ;   ricevere   in   eredità,    in  re- 


1008 


taggio;  conseguire  a  titolo  di  successione:  eredare, 
raccogliere  il  retaggio,  redare,  reditare,    succedere. 

-  Accettare  l'eredild,  l'are  le  dichiarazioni  e  soddi- 
sfare agli  obhligtii  dovuti  per  essere  considerato 
erede  legittimo.  -  Adire  ad  un'eredità,  accettarla  e 
prenderne  possesso.  -  Andare,  cadere,  pervenire,  ri- 
cascare, spettare,  toccare  in  eredità:  venire  pervia 
di  eredità.  -  Appurare  una  eredità,  pagarne  i  de- 
biti. -  Aprire  la  successione,  quando  uno,  chiamato 
dal  testatore  o  dalla  legge,  può  andare  al  possesso 
dell'eredità. 

Erede  {hmmin.,  ereditiera),  chi  succede  nei  diritti 
e  negli  obblighi  di  una  persona  morta;  chi  prende, 
raccoglie  l'eredità:  redatore,  redatrice,  rede  (v.  a), 
reditivo,  redo,  successore.  -  Coerede,  chi  eredita 
insieme  ad  altri.  -  Erede  fiduciario,  quello  alla  co- 
scienza del  quale  è  rimessa  una  disposizione  testa- 
mentaria; legittimo,  erede  per  legge;  necessario. 
immediato,  di  pieno  diritto;  erede  presunto,  pre- 
suntivo, fidecomnmsario,  perpetuo,  in  perpetuo,  espres- 
sioni di  chiaro  significato  ;  pupillare,  erede  testa- 
mentario fatto  dal  padre  nella  persona  del  dipen- 
dente impubere;  pupillo,  l'erede  minorenne,  sotto 
tutela;  residuario,  l'erede,  dopo  soddisfatti  i  le- 
gati ;  testamentario,  per  testamento  ;  universale  o 
a  titolo  universale,  chi  da  solo  prende  tutta  l'e- 
redita. 

Collegatario,  chi,  insieme  con  altri,  partecipa  ad 
un  legato.  -  Eredipeta,  colui  che  con  lusinghe  pro- 
cura di  farsi  nominare  erede.  -  Ereditiera,  fan- 
ciulla che  sarà  erede  d'una  fortuna  notevole.  -  Le- 
gatario, la  persona  a  favore  della  quale  è  stato 
fatto  il  legato.  -  Redentore,  colui  che  ha  diritto  di 
redimere  l'eredità  venduta  da  uno  dei  suoi  con- 
giunti, 0  il  congiunto  stesso,  dalla  servitù  (anche, 
chi  riscatta  una  vittima  dovuta  al  sacrifìcio  o  un  reo 
condannato  a  morte).  -  Sostituto,  il  secondo  erede 
dopo  Vinstituito. 

Varik.  —  Chiamare  erede,  nominare  uno  erede  nel 
testamento.  •  Diseredare,  privare  dell'eredità  chi,  per 
natura  o  per  legge,  dovrebbe  essere  erede  :  dire- 
dare,  direditare,  eseredare,  esereditare.  E  disereda- 
zione, privazione  dell'eredità,  eseredazione,  ecc.  - 
Istituire  un  erede,  chiamare  per  testamento  alla  pro- 
pria successione  :  lasciare  erede,  legare  ;  anche, 
semplicem.  (nell'uso),  lasciare;  costituire,  dichia- 
rare, nominare  erede.  -  Legare^  fare  legati,  lasciare 
in  eredità  ad  alcuno,  per  test;unento. 

Consolidarsi  (term.  leg.),  dicesi  di  beni,  di  ragioni 
che  si  raccolgono  in  alcuno,  per  morte  dei  congiunti, 
tra  i  quali  erano  divisi.  -  Fare  un  falò  (tigur.), 
consumare  presto  un'eredità,  un  patrimonio.  -  In- 
gollarsi un'eredità,  acquistarla  con  male  arti.  -  Rac- 
cogliere l'eredità,  accettarla  ed  entrarne  in  possesso. 

-  Rifiutare  il  padre,  non  accettare  l'eredità.  -  Sosti- 
tuire (legala!.),  nominare  il  secondo  erede.  -  Spar- 
tiref  dividere  l'eredità,  il  patrimonio  e  simili.  - 
Trasmettere  in  eredità,  farla  passare  ad  altri. 

Tutore,  chi,  per  testamento  o  per  legge,  è  dele- 
gato alla  cura  di  un  erede  pupillo. 

Eredità,  ereditarietà.  Veggasi  ad  evolu- 
zione e  a  mn/uttia. 

Ereditare,  ereditario.  Veggasi  a  eredità. 

Kroditiera.  Detto  a  eredità. 

Eremita  {eì'emilico).  Persona  ritiratasi  in  luogo 
solitario,  per  darsi  a  \ita  contemplativa:  anaco- 
reta; giradeserti,  romito,  solitario.-  Eremitico,  di 
o  da  eremita:  eremitano,  romitaiio,  rom i fesco,  ro* 
mitico,  romito.  -  hirnwiiarsi.,  divenire  farsi  ere- 
mita: andare  al  deserto* 


Èremo,  luogo  dove  si  ritrae  un  eremita  :  eremi- 
taggio, eremitorio,  romitaggio,  romitorio,  romitoro. 
Anche,  convento,  -  Romitaggio,  vita  da  eremiti. 

Eremitag-gio.  Luogo  da  eremita.  -  Veggasi 
anche  a  parco». 

Eremitico.  Di  o  da  eremita. 

Eremo.  Luogo  da  eremita.  -  Di  qualunque 
luogo  deserto,  disabitato  :  solitudine» 

Eresia.  In  senso  largo,  opinione  preferita  a 
un'altra;  ma  la  Chiesa  cattolica  definì  l'eresia  un 
errore  volontario  e  pertinace  contro  qualche  dog- 
ma di  fede:  eterodossia,  miscredenza,  resia  Ce-, 
lebri  le  eresie  di  Ario  {ariaìiesima),  di  Manete  {ma- 
nicheismo), di  Lutero,  ecc.  -  Eresiarca,  il  capo  e  il 
provocatore  d'una  eresia  :  eresiomaco,  novatore,  re- 
siarca  (volg.),  riformatore.  -  Ereticale,  che  ha  in  sé 
dell'eresia.  -  Ereticamente,  da  eretico,  ereticalmente. 
-Ereticare,  cadere  in  eresia,  diventare  eretico.  -  Ere- 
ticità,  nota  di  eresia  che  la  Chiesa  cattolica  im- 
prime ad  una  proposizione  giudicata  in  formale  op- 
posizione alle  sue  dottrine.  -  Erètico,  aggettivam., 
che  ha  in  sé  eresia,  appartenente  ad  eresia.  -  So- 
siantivam.,  chi  prolessa  un'eresia  :  acattolico,  anti- 
cristo, eterodosso,  figlio  della  notte,  filiste,  infedele, 
infettato  dall'eresia,  inortodosso,  malcredente,  mi- 
scredente, marrano  (titolo  che  si  dava  ai  Mori  di 
Spagna,  convertiti  per  forza  sotto  Ferdinando  il 
Cattolico),  paterino.  -  Miscredere,  essere  eretico, 
non  aver  fede,  non  riconoscere  la  religione.  - 
Ricaduti,  gli  eretici  che  ricadevano  nell'errore  abiu- 
rato. 


Di  alcune  sette  ergticub. 


Albigesi(dai  Albi,  città  della  Provenza):  tra  l'altro, 
consideravano  il  mondo  come  opera  del  Dio  del 
male.  -  AnaballisU:  cred(!vano  che  i  bambini  non 
possono  ricevere  il  &a«esiwio;  per  cui  battezza- 
vano gH  adulti.  -  Apolliniiristì :  consideravano  che 
vi  fossero  due  figli  di  Dio.  -  Ariani,  segnaci  di 
Ario,  prete  del  sec  IV:  sostenevano  che  il  figlio 
di  Dio  era  creatura  inferiore  al  padre.  -  Basili- 
diani,  seguaci  del  gnostico  Basilide,  del  tempo  di 
Adriano:  ammettevano  un  ente  primordiale  incom- 
prensibile. -  Catari,  nome  di  varie  sette  che  si  av- 
vicinavano alle  teorie  dei  Gnostici  e  dei  Manichei: 
detti  anche  Illuminati,  Patarini,  Pubblicani,  ecc.  - 
Doceli,  gnostici  del  primo  e  del  secondo  secolo:  in- 
segnavano r  incarnazione  del  Verbo  essere  stala  solo 
apparente,  non  essendo  egli  nato  in  realtà  e  non 
avendo,  di  conseguenza,  nemmeno  sofferto  la  morte. 

-  Eiceti,  eretici  del  VII  secolo  che  pi'ofessavano 
vita  monastica,  e  credevano  onorare  Dio  danzando. 

-  Elcesaiti,  eretici  del  secolo  II  nell'Arabia,  chia- 
mati così  da  Elcesai,  vivente  sotto  Tiberio:  attri- 
buivano allo  spirito  santo  il  sesso  femminino.  -  Enti- 
chiani,  seguaci  di  Euliche  (abate  a  Costantinopoli 
nel  sec.  V):  per  essi,  la  natura  divina  in  Cristo 
aveva  così  assorbito  la  umana,  che  rimase  solo  la 
divinità,  e  questa  pati  per  il  riscatto  umano.  Tale 
dottrina  fu  più  tardi  chiamata  mono^nliamo. 

Gnostici,  eretici  dei  primi  secoli:  si  attribuivano 
una  grande  conoscenza  delle  cose  divine.-/conorfa,s<i, 
distruttori  esfregiatori  delle  immagini.-  Macedo- 
viani,  eretici  del  IV  secolo,  seguaci  del  patriarca 
Macedonio,  il  quale  negava  la  divinità  dello  Spirito 
Santo.  -  .t/c'/cAwrfi'rf/u'«n/ (eretici  di  vari  lem  pi),  ch(> 
parlavano  variamente  di  Melchisedech,  dicendo!» 


EBESIARCA 


1009 


anche  Cristo.  -  Mennonili,  seguaci  del  Prete  Meli- 
none Simone  (sec.  XVI):  negavano  il  battesimo  ai 
bambini;  proibivano  la  guerra,  il  litigare,  il  giu- 
ramento e  altro.  -  Metaforisli,  eretici  che  dicevano 
essere  una  metafora  la  presenza  reale  di  Cristo.  - 
Metumorfisti,  eretici  del  secolo  XVI,  che  dicevano 
essersi  il  corpo  di  Cristo  trasformalo  salendo  al 
cielo.  -  Molinisti,  seguaci  dell'  eresiarca  spagnuolo 
Michele  Molinas,  gesuita,  propagatore  del  quietismo 
0  annientamento  dello  spinto  neli'  amore  a  Dio 
(sec.  XVII).  -  ^estoriani,  seguaci  di  Nestorio,  pa- 
triarca di  Costantinopoli  (sec.  V)  :  secondo  essi,  la 
incarnazione  non  era  che  una  semplice  inabitazione 
del  Logos  in  Cristo,  il  quale  doveva  chiamarsi  Teo- 
foro.  •  Pelayiani,  seguaci  di  Pelagio,  monaco  bri- 
tanno del  secolo  V:  negavano  il  peccato  originale. 

-  Petrobruxiani,  del  secolo  XII  :  rigettavano  il  bat- 
tesimo dei  fanciulli,  la  mossa,  ecc. 

Sacramentari,  coloro  che  negarono  la  presenza 
reale  di  Cristo  nel  sacramento  dell'  eucarestia  :  se- 
guaci di  Carlostadio,  Zwingli  e  Calvino.  -  Sabelliani, 
seguaci  di  Sabellio,  prete  di  Tolemaide  (sec.  Ili), 
antitrinitari.  -  Sociniani,  seguaci  di  Lelio  e  Fausto 
Socini,  da  Siena  (sec.  XVI):  negavano  la  Trinità  e 
la  divinità  di  Cristo.  -  Ussiti,  seguaci  di  Giovanni 
Huss  (sec.  XIV):  predicavano  che  la  Chiesa  è  com- 
posta di  eletti,  predestinati  alla  beatitudine  ;  che  il 
papato  deve  la  sua  origine  al  favore  imperiale,  ecc. 

-  Valdesi,  seguaci  di  Pietro  Valdo  (del  sec.  XII)  : 
rifiutavano  obbedienza  ai  parroci  e  ammettevano 
che  i  laici  potessero  amministrare  la  comunione. 

Eresiarca.  Detto  ad  eresia. 

Eresipela.  Eresipela,  risipola. 

Ereticare  (ereticato).  Darsi  all'eresia. 

Erètico.  Chi  segue  una  eresia. 

Eretismo.  Eccitazione  viva,  perturbatrice  del 
sistema  nervoso. 

Erèttile.  Capace  di  erezione. 

Erezióne.  L'atto  di  erigere  (un  monumento 
e  simili),  di  edificare,  ossia  di  costruire  un  edi- 
ficio, di  fondare  un  istituto,  ecc.  -  Anche,  pro- 
prietà di  un  tessuto  {erèttile)  che  costituisce  i  corpi 
cavernosi  della  clitoride  e  del  pene  ;  il  passaggio 
dallo  stato  molle  allo  stato  duro  e  tumido  per  af- 
flusso di  sangue  nei  vasi.  -  Erezione  di  un  atto,  la 
sua  compilazione. 

Ergastlca  (gr.).  La  teoria  dell'attività. 

Ergfastolano ,  ergàstolo.  Veggasi  a  pri- 
gloìie, 

Ergere.  Lo  stesso  che  erigere. 

Ergografo.  Strumento  inventato  dal  Mosso  per 
misurare  gli  effetti  fisiologici  della  fatica. 

Ergometro.  Veggasi  ad  elettricità  (pag.  983, 
seconda  colonna). 

Ergotina,  ergotismo.  Veggasi  a  segale. 

Ergotista.  Chi  vuole  sempre  aver  ragione. 

Erica.  Pianticella  dei  terreni  incolti  e  sabbiosi  : 
scopa, 

Erice.  Detto  a  serpente. 

Eridano.  Nome  d'una  costellazione. 

Erigere  (eretto).  Levare  in  dito,  inalzare  ;  co- 
struire 0  collocare  a  posto  un  niotniniento  e  si- 
mili :  adergere,  elevare,  ergere,  rizzare.  Anche,  in 
significato  di  costruire,  edificare,  fondare. 

Eringio.  Pianta  ombrellifera,  detta  anche  calca- 
trappola. 

Erinni.  Veggasi  a  Faìne. 

Eriometro.  Veggasi  a  filato. 

Erisipela,  Malattia  della  peUe,  volgami,  detta 
risipola. 


Eristica.  L'arte  del  disputare. 

Eritema.  Macchie  di  color  rosso,  o  rosa,  che 
appaiono  in  diverse  dimensioni  sulla  pelle.  -  Eritema 
intertriyo,  infiammazione  delle  pieghe  della  pelle, 
specie  nelle  persone  che  molto  sudano  e  sono  poco 
pulite.  -  Eritriasi,  l'eritema  dei  neonati.  -  Erite- 
matode,  eritematoide,  che  ha  analogia  con  l'eritema. 

Erltrofilla.  Detto  a  foglia. 

Erma.  Lavoro  di  scultura. 

Ermafroditismo^  ermafrodito.  Veggasi, a 
sesso. 

Ermellino.  Piccolo  animale,  specie  di  don- 
nola, simile  alla  faina  :  pregiato  il  suo  pelo,  can- 
dido e  finissimo  :  animale  da  pelliccia.  E  simbolo 
della  nettezza  (dicesi  che  muoia  se,  per  caso,  gli 
accada  di  imbrattarsi  il  candido  mantello). 

Ermenèutica.  Arte  di  interpretare,  special- 
mente i  libri  sacri. 

Ermete.  Soprannome  di  Mercurio. 

Ermeticamente.  Veggasi  a  chiudere. 

Ermisino.  Sorta  di  drappo. 

Ermo.  Appartato,  soHtaì'io. 

Ernia  (erniario).  Uscita  d'alcun  viscere  (spe- 
cialm.  degli  intestini)  dal  proprio  luogo  naturale  e 
dalla  cavità  che  lo  contiene,  entrando  in  altra  ca- 
vità artificiale,  che  fa  protuberanza  all'esterno:  al- 
lentagione,  allentatura,  crepatura,  rottura,  sforzo.  ■ 
Erma  complicata,  crurale,  diaframmatica,  epiga- 
strica. -  Ernia  riducibile,  quella  che  scompare  fa- 
cilmente col  ritirarsi  indentro  del  viscere.  -  Ernia 
irriducibile,  quella  che,  per  aderenze  o  per  dispo- 
sizione speciale,  non  può  rientrare.  -  Ernia  stroz- 
zata, quella  che  si  ha  quando  il  viscere  è  forte- 
mente compresso  dal  circolo  dell'apertura  per  cui 
è  fuoruscito,  o  da  altra  parte  dell'involucro,  per 
cui  facilmente  s' infiamma  e  cade  in  cancrena.  - 
Incarceramento,  ernia  strozzata  che  dev'essere  ri- 
mossa con  l'operazione  chirurgica.  -  Erniario,  che 
è  relativo  all'  ernia.  -  Eì'nioso,  affetto  da  ernia, 
ammalato  di  ernia:  aperto,  rotto. 

Allentare,  allentarsi,  crepare,  prodursi  l'ernia,  di- 
venire ernioso  :  cadere  le  intestina  nella  coglia; 
sbonzolarsi.  -  Avere  un  gran  borsone  (scherz.),  es- 
sere ernioso. 

Arcocele,  ernia  del  retto.  -  Ematocele,  ernia  pro- 
dotta da  travasamento  di  sangue.  -  Enterepiplocele, 
ernia  intestino-epiploìca.  -  Enterocele,  ernia  intesti- 
nale nella  ripiegatura  dell'  anguinaia.  -  Enteroci- 
stec&le,  ernia  formata  dall'intestino  e  dalla  vescica 
orinarla.  -  Enteroidrocele,  ernia  intestinale  compli- 
cata con  l'idrocele.  -  Enteroidronfalo,  ernia  ombe- 
licale contenente  una  porzione  d'intestino  con  un 
ammasso  di  sierosità  nel  sacco  erniario.  -  Entero- 
merocele,  ernia  crurale  dell'intestino.  -  Enteronfalo, 
ernia  ombelicale,  formata  dall'intestino.  -  Entero- 
scheocele,  ernia  intestinale  caduta  nello  scroto.  - 
Epatocele,  ernia  del  fegato.  -  Epatonfalo,  ernia  del  fe- 
gato attraverso  l'anello  ombelicale.  - Epiplosar confalo, 
ernia  ombelicale  dell'epiploo  diventata  dura  e  come 
scirrosa.  -  Epiploscheocele,  ernist,  epiploica  discesa  nello 
scroto.  -  Episiocele,  ernia  inguinale  nella  donna.  - 
Esonfalo  o  esonfalocele,  ernia  ombelicale.  -  Oscheo- 
cele,  l'ernia  inguinale,  allorquando  le  parti,  rimosse 
dal  proprio  posto,  discendono  nello  scroto.  -  Osteo- 
cele,  ernia  o  sacco  osseo.  -  Paratopia,  lussazione, 
ernia.  -  Perineocele,  ernia  perinale.  -  Piacele,  ernia 
marciosa.  -  Sarcocele,  ernia  carnosa,  o  tumore  scir- 
roso dei  testicoli. 

Celocolica,  colica  prodotta  dalle  ernie.  -  Chelo- 
logia,  trattato  delle  ernie.   -  Chelotomia   o  erniolo- 


Premoli.  —  Vocabolario  Nomenclaiore. 


64 


iOÌO 


ERO    —    ERPETE 


mia,  operazione  chirurgica  per  ottenere,  a  livello 
dell'apertura  del  sacco  erniario,  la  formazione  di 
aderenze  per  opporsi  a  che  i  visceri  escano  di 
nuovo  attraverso  1'  anello.  Istrumenti  che  si  ado- 
perano all'uopo  :  hislnri  di  Hages  a  guaina  ;  di  Coo- 
per, antisetlico;  di  Pott;  histori  erniotomo  di  Blau- 
din,  a  lama  nascosta,  antisettico;  enteretomo (taglia 
intestini)  SufFenbauer  ;  sonda  erniotoma,  modello  in- 
glese di  Hugin,  a  grande  scanellatura  ;  spatola  di 
Vidai,  con  scanellatura  ;  uncino  doppio  divaricatore, 
ecc.  -  Taxis,  manovra  operatoria  per  far  entrare 
nella  cavità  primitivamente  occupata  gli  organi  che 
hanno  formato  ernia. 

Allacciatura,  fasciatura  per  il  basso  ventre,  ap- 
plicata allo  scopo  di  impedire  ernie.  Cinto  ernia- 
rio, 0  brachiere,  fasciatura  o  apparecchio  ortopedico 
che  si  applica  per  contenere  le  ernie.  E  bracheraio 
chi  prepara  brachieri.  Anche,  Vortopedico.  •  Re- 
tinacolo,  strumento  per  tenere  l'ernia  e  simili. 

Erniaria,  erba  (pianta  intera),  dotata  di  proprietà 
astringente,  e  un  tempo  usata  per  moderare  e  for- 
tificare l'ernia. 

Ero.  Sacerdotessa  di  Venere. 

Erodere  {eroso).  Consumare  per  erosione.  - 
Eroso,  corroso  ;  e  dicesi  anche  della  moneta  di  ra- 
me con  pochissima  lega  d'argento. 

Eroe  (eroico).  Un  tempo,  chi  si  credeva  nato 
da  una  divinità  e  da  un  mortale  (veggasi  a  divi- 
nità, pag.  922,  prima  colonna)  ;  ora,  chi  si  renda 
illustre,  acquisti  gloHa  per  magnanimi  fatti,  spe- 
cialmente di  guerra;  uomo  di  straordinario  corag- 
gio, di  sublime  virtù,  che  faccia  sacrifizio  di 
sé  ad  un  principio,  ad  un'idea,  a  un  dovere:  eroe 
della  fede,  della  scienza,  della  libertà  (veggasi  a 
martire)  ;  paladino.  -  Eroe  da  caminetto,  o  da 
poltrona:  eroe  per  burla,  da  chiacchiere.  -  Eroe  da 
romanzo:  di  persona  che  faccia  cosa  fuori  del  co- 
mune, bizzarra  o  ardita:  avventuriero,  cavaliere 
errante,  giramondo,  venturiero.  -  Eroe  della  pa- 
gnotta (figur.  spreg.),  chi  lavora,  si  adopera,  si  af- 
fanna esclusivamente  nel  proprio  interesse  e  in 
relazione  al  proprio  impiego.  -  Eroe  del  secolo,  il 
più  grand'uomo  del  tempo.  -  Eroe  di  Metastasio,  da 
melodramma,  con  gesto  eroico,  ma  non  corrispon- 
dente alla  natura  del  soggetto.  -  Eroi  della  sesta 
giornata  (locuz.  storica)  si  dissero  coloro  che  si 
mostrarono  baldanzosi  in  piazza,  dopo  che  gli  au- 
striaci ebbero  abbandonato  Milano,  cacciati  dalla 
rivoluzione  delle  Cinque  giornate  (18-22  marzo  1848). 

-  Eroi  Eponimi,  gli  eroi  considerati  come  primi 
progenitori  di  una  stirpe,  di  una  nazione,  che  da 
essi  presero  nome.  Tali:  Pelasgo,  Elleno,  Jone, 
Doro,  Acheo,  Eolo.  -  Eroina,  donna  eroica.  -  Pro- 
meteo, nell'uso,  innovatore  audace  che  si  sacrifica 
per  l'umanità. 

Eroe  dei  due  mondi,  Garibaldi.  -  Eroe  delle  Ter- 
mopili, Leonida,  ecc. 

Eroicamente,  all'eroica,  da  eroe,  in  modo  eroico. 

-  Eroicità,  qualità  che  costituisce  un  eroe.  -  Eroico, 
di  o  da  eroe;  di  persona  che  agisce  da  eroe:  ma- 
gnanimOf  valoroso.  Età  eroica,  la  prima  età, 
leggendaria,  delle  nazioni.  Figura  eroica,  una  sta- 
tua di  straordinaria  grandezza.  Poesia  eroica,  la 
poesia  epica.  -  Eroicomico,  agg.  di  poema  in 
parte  serio  e  in  parte  faceto,  e  di  poeta  che  abbia 
scritto  un  simile  poema,  una  parorfia;  semigiocoso, 
semiserio.  Riferito  ad  avventure,  a  imprese,  don- 
chisciottesco. -  Eroicosatirico,  che  ha  del  grave  e  del 
satirico.  -  Eroismo,  ciò  che  costituisce  il  carattere 
di  un  eroe;  qualità  e  sentimenti  da  eroe. 


Eroon  (gr.),  la  tomba  di  un  eroe.  -  Eroteismo,  il 
culto  tributato  agli  eroi,  -  Libro  degli  eroi  (Hel" 
denbuchj,  antica  e  famosa  raccolta  di  poemi  te- 
deschi. 

Erograro  (erogato,  erogazione).  Destinare  denara 
0  altro  a  pubblico  vantaggio,  in  beneficenza  e 
simili  :  distribuire,  elargire,   largire,   spendere, 

-  Erogàbile,  che  si  può  erogare;  da  essere  erogato. 

-  Erogazióne,  l'erogare  :  elargizione,  largizione. 
Erograzióne.    L'  drogare,    il    distribuire,    lo' 

spendere. 

Eroicamente.  Da  eroe. 

Eroicità.  Detto  ad  eroe. 

Eroico.  Di  e  da  eroe.  -  Aggiunto  di  verso,  di 
poeta. 

Eroicòmico.  Veggasi  ad  eroe,  a  poema,  a 
poeta. 

Eroina.  Femmin.  di  eroe. 

Eroismio.  Detto  ad  eroe. 

Erómpere.  L'uscire  con  impeto:  «picciare, 
spillare,  scoppiare. 

Erosióne.  Effetto  del  corrodere,  del  consu- 
mare, del  distruggere,  rodendo,  del  ràdere  a 
poco  a  poco  :  corrodimento,  corrosione.  -  Fenomeno 
prodotto  dall'acqua  corrente  quando,  presentando 
un  pendio  notevole  e  quindi  una  velocità  propor- 
zionale, corrode  il  letto  su  cui  scorre.  •  In  pato- 
logia, distruzione  della  pelle  e  dei  tessuti  sotto- 
posti. 

Erosivo.  Corrodente,  corrosivo. 

Eroso,  erosomisto.  Veggasi  a  moneta, 

Erotematica.  L'arte  di  interrogare. 

Eròtica.  L'arte  di  amare. 

Eròtico.  Amoroso,  deW amore. 

Erpete  (erpètico).  Malattia  cutanea  che  si  ma- 
nifesta con  bolle  rossastre,  le  quali  poi  si  copron» 
di  scaglie  purpuracee  :  empetigine,  impetiggine,  ser- 
pigine, volatica.  -  Erpètico,  di  erpete,  che  ha  na- 
tura d'erpete.  Sostantivam.,  che  è  ammalato  di  er- 
pete. -  Erpetismo,  stato  di  discrasia  ereditaria  o  ac- 
quisita, affine  al  linfatismo,  non  contagiosa,  carat- 
terizzata da  manifestazioni  simultanee  o  alternative 
sulla  pelle  e  sui  diversi  sistemi  organici.  -  Erpe- 
tologia,  trattato  sugli  erpeti.  -  Erpetologico,  che  ri- 
guarda l'erpetologia. 

Salso,  volgarmente,  a  Milano  (salsj,  per  erpete, 
eritema. 

Collare,  eruzione  erpetica  che  fa  il  giro  del  collo. 

-  Erpete  dei  cani,  micosi  che  si  trasforma  in  una 
crosta  più  o  meno  compatta.  -  Erpete  cercinato, 
varietà  morfologica  dell'erpete  irideo.  -  Erpete  cor- 
neale, nome  di  alcune  lesioni  della  cornea  (vesci- 
colari e  pustolose).  -  Erpete  facciale:  caratterizzato 
da  vescichette  granulate,  elastiche,  riunite  in  gruppo, 
piene  di  un  liquido  chiaro,  acquoso.  -  Erpete  irxaeo, 
erpete  che  si  nota,  per  lo  più,  sul  dorso  delle  mani  e 
dei  piedi.  -  Erpete  tonsurante,  malattia  parassitaria 
che  si  presenta  nelle  parti  cutanee,  con  o  senza  peli, 
sotto  diverse  forme.  -  Erpete  zoster  o  zona  zoster, 
chiamata  da  Plinio  ignis  sacer,  e  comunemente 
detto  fuoco  di  sant'Antonio:  eruzione  cutanea  ca- 
ratterizzata da  vescicole  disposte  a  gruppetti  se- 
condo le  diramazioni  dei  nervi  cutanei.  Di  solito, 
all'eruzione  precede  vivo  dolore  o  bruciore  o  for- 
micolìo alla  parte  ammalata;  il  dolore  nevralgico 
spesso  persiste  per  un  po'  di  tempo  anche  a  cute 
guarita.  Frequente  alla  fronte,  alle  labbra,  al  tronco, 
alle  braccia.  Cura:  impedire  la  rottura  delle  veuich^ 
e  medicare  con  polveri  assorbenti. 


ERPICAMKNTO    —    KRKOHK 


1011 


Erpicamento,  erpicare,  erpicatura.  Veg- 
gasi  ad  èrpice. 

Erpice.  Istrumento  agricolo,  di  le^no,  a  gra- 
ticcio, armato  di  denti  di  ferro,  inchiodati  su  stagge 
laterali:  serve  per  tritare  il  terreno  coltivato,  ossia 
a  rompere  le  zolle,  uguagliare  la  superlìcie  del  suolo, 
coprire  le  sementi  ;  scardonatoio,  strascino  (se  for- 
mato di  sterpi),  stella.  -  Erpicare,  lavorare  il  ter- 
reno con  l'erpice  :  erpicamento,  erpicatura. 

Granchio,  l'erpice  a  rombo.  -  Rillo,  specie  d'er- 
pice senza  denti,  usato  per  ricoprire  il  granoturco. 

Asciali,  i  due  pezzi  di  legno  tra  i  quali  è  fissato 
il  timone  dell'erpice. 

Errabondo.  Errante,  ramingo. 

Errante.  Chi  erra,  non  ha  dimora  fissa:  no- 
made (detto  specialmente  di  popolo),  Zingano,  zin- 
garo. -  Veggasi  a  cavaliere  e  ad  ebreo. 

Errare  (errante,  errato).  L'andare  qua  e  là 
senza  saper  dove  ;  cainminare  a  caso  e  senza 
scopo:  ramingare.  -  Deviare  dal  vero.  -  Avere  o 
accogliere  una  fallace  opinione;  dare  un  falso 
giudizio;  commettere  un  errore,  un  fallo,  uno 
.sbaglio,  uno  sproposito. 

Erratamente.  Con  errore. 

Erràtico.  Di  terreno,  quello  formato  dagli  an- 
tichi ghiacciai.  -  Di  malattia,  quella  che  lia  un 
decorso  saltuario,  irregolare.  -  Veggàsi  a  pietra. 

Erre.  Sedicesima  lettera  del  nostro  alfabeto.  - 
Specie  di  mensola. 

Erro.  Gancio  per  la  secchia  al  pozzo. 

Erroneità,  erròneo.  Veggasi  ad  errore. 

Erróre.  Falso  giadizio;  sbaglio  A'  opinione, 
di  credenza  e  simili.  Materialmente,  s&agrMo  ;  mo- 
ralmente, fallo;  letterariamente,  sproposito.  Con 
varie  gradazioni  di  significato:  abbagliamento  d'o- 
pinione; abbaglio,  aberrazione,  asinaggine,  assur- 
dità, assurdo  ;  cantonata  (fìgur.)  ;  castroneria,  de- 
lirio; equinozio  (figur.,  scherz.),  equivoco,  erro, 
esorbitanza  ;  fallacia  ;  gambero,  granchio,  granciporro  ; 
mgra/iwo  ;  malpensata,  marrone  (volg.)  ;  paralo- 
gismo, peccato,  pregiudizio  ;  scambio,  scarru- 
colone, scazzabuglione,  scazzabugliore,  svarione  ; 
sproposilaggine,  svista  ;  trascorso,  ubbia.  -  L'errore  è 
volontario  o  involontario,  cioè  dipendente,  o  no, 
dalla  volontà,  dagl'intenzione.  Si  commette  er- 
rore per  effetto  di  non  conoscere,  di  non  di- 
stinguere, di  non  sapere,  per  insufficienza  di 
ragione,  di  raziocinio,  di  esperienza,  di 
pratica,  ecc.  Nell'errore,  talvolta,  è  colpa. 

Allucinamento,  allucinazione,  errore  del  senso.  - 
Assurdità,  cosa,  opinione  erronea  fino  al  punto 
di  essere  contraria  al  vero  assoluto  e  necessario: 
controsenso.  -  Bestemmia,  borgnola,  castroneria, 
erroraccio,  errore  da  can  barbone,  da  cavallo,  mas- 
siccio, eresia,  minchioneria  :  errore  granfie,  gra- 
ve ;  errore  badiale,  madornale,  maiuscolo,  mar- 
chiano, mastodontico,  piramidale,  da  pigliarsi  con 
le  molle.  -  Bestemmia  ereticale  (figur.),  grosso  spro- 
posito. -  Cacografia,  errore  nella  scrittura,  errore 
di  ortografia.  -  Cacologia,  modo  errato  di 
parlare.  -  Delitto,  gravissimo  errore  contro  la 
legge,  la  morale,  la  giustizia,  l'onestà  e  simili.  - 
Difetto,  errore  di  lavoro  o  d'altro  rispetto  alla 
regolarità,  alla  perfezione  e  simili.  -  Epidemia  (fi- 
gur.), dicesi  di  errore  che  vada  diventando  comune.  - 
Errore  di  mente,  di  pensiero,  di  critica,  di  ragio- 
namento, di  fede  ;  di  forma,  di  materia,  di  diritto, 
di  fatto,  di  tempo,  di  luogo,  espressioni  di  chiaro 
significato.  -  Errore  apparente,  di  apparenza, 
non  reale,  non  vero.  -  Errore  craiso,  inescusabile,  ^ 


semplicissimo  (per  crassa  ignoranza),  supino:  er- 
rore imperdonabile,  da  non  mi^ritare  perdono,  da 
non  ammettere  .scusa.  -  Errore  emendàbile,  che  si 
può  correggere  ;  contr.,  irreparabile.  -  Erroretlo, 
errorino,  erroruccio,  dirnin. 

Anacronismo  (anacronistico),  errore  di  data,  per  cu  i 
si  antepone  o  si  pospone  un  avvenimento  all'epoca 
esatta:  errore  di  cronologia.  ■  Disguido,  errore 
(li  spedizione.  •  Dittografia,  errore  di  ripetizione  nello 
scrivere.  -  Errore  di  diritto,  ignoranza  di  una 
legge.  -  Errore  di  fatto,  ri„'nora;i^a  di  un  determi- 
nato fatto  per  cui  può  essere  viziato  un  contratto  . 

-  Fotta,  parola  volgare,  plebea,  usata  nei  vari  sensi  : 
fillo,  sbaglio  (fare  una  folta).  Anche,  fanfaluca,  fa- 
vola, ecc.  -  Gaffe,  voce  del  gergo  francese  per  si- 
gnificare un  granchio,  uno  sbaglio,  una  topica.  - 
Granrhietto,  piccolo  granchio.  -  (rranciporro,  grosso 
errore:  farfallone,  scappuccio,  sfarfallone.  •  Illu- 
sione, errore  della  mente  e  dei  sensi.  •  Incoe- 
renza, errore  di  chi  si  contraddice,  è  in  contrad- 
dizione con  sé  stesso.  -  Inesattezza,  errore,  im- 
perfezione in  cosa  detta,  fatta,  scritta  -  fyip- 
sus  calami  (la't.),  errore  di  penna,  nello  scrivere. 
■  Lapsus  linguai  (lat.),  errore  di  lingua,  nel  par- 
lare. -  Lasciatura,  errore  commesso  dal  com-, 
positore  di  tipografìa,  allorché  lascia  indietro 
una  0  più  parole.  -  Miliiteio,  errore  proveniente 
dal  non  capire  ciò  che  altri  dica  o  faccia  :  equi- 
voco. -  Mancanza,  nelTuso,  errore  rispetto  alla  di- 
sclp'ina,  al  dovere  e  simili.  -  Metàbasi,  in  lo- 
gica, salto,  errore.  -  Pàpera,  errore  grossolano  ;  er- 
rore del  còmico  nel  recitare.  -  Paperoltola,  dimin. 
di  papera.  -  Peperone,  grossa  papera,  grosso  sba- 
glio. -  Paradosso,  proposizione,  opinione  in  parte 
vera,  in  parte  erronea  o,  piuttosto,  esagerata.  - 
Paralogismo,  raziocinio  erroneo,  benché  in  ap- 
parenza vero.  -  Passerotto,  familiann.,  errore  di 
stampa,  gambero  giornalistico.  -  Procronis'no  o  ri- 
trazione, errore  di  cronologia,  per  cui  si  fissa  un 
fatto  in  epoca  anteriore  a  quella  in  cui  è  accaduto. 
(Jontr.,  paracroaismo.  -  Qui  prò  quo,  errore,  equi- 
voce.  -  Scerpellone,  errore  grive,  specialmente  nel 
parlare  o  nello  scrivere.  -  Sgrammaticatura,  errore 
di  gramìnatica:  so'ecismo.  -Strafalcione,  errore 
grosso,  di  persona  che  opera  a  caso.  -  Strambotto, 
errore  nel  dire.  -  Svista,  sbaglio  per  non  aver  guar- 
dato bene.  -  Topica,  familiarra.,  a  Milano,  per.  sòa- 
glio,  granchio,  sbadataggine,  ciò  che  in  francese  di- 
cesi beone,  gaffe.  -  Utopia,  idea  vana  e  senza  fon- 
damento. 

Ammenda,  espiazione  di  errore  commesso  :  e- 
menda;  rifacimento  di  danno.  -  Ammonimento, 
avvertimento  bonario  a  chi  ha  commesso  errore, 
perchè  si  corregga  :  avvertenza,  mònito,  monizione; 
raccom,andazione.  -  Arruffio,  cumulo,  viluppo 
di  errori,  complesso,  quantità  di  errori  insieme  com- 
binati. -  Compunzione,  afflizione  d'animo,  con  pen- 
timento di  errori  commessi.  -  Errata-corrige,  la  parte, 
in  principio  o  in  fine,  del  libro  che  riporta  gli  er- 
rori corsi  nel  libro  stesso  e  le  correzioni  di  fronte. 

-  Impenitenza,  stato  di  chi  è  impenitente,  ossia  osti- 
nato nell'errore  e  non  ne  ha  pentim,znto.  •  Rim,- 
marico,  dispiacere  di  errore  commesso.  -  Resi- 
piscenza, risveglio,  da  male  a  bent,;  figur.,  ricono- 
scimento d'errore. 

C0M.METTERE  ERRORE.    —   LVDURRE   IN  ERRORE,  ECC. 

Errare,  commettere  un  errore;  essere,  stare  in 
errore,  abbagliarsi,  aberrare,  allucinarsi,  andare  er- 


1012 


ESAGERAZIONE 


rato,  apporsi  in  fallo,  avere  le  traveggole,  avere 
torto;  correre  il  palio  degli  spropositi;  dare  nello 
spaniato,  dare  un  tuffo;  fallare,  fallire,  falsire, 
fare  sbaglio,  fare  sgarro,  far  male  i  conti;  fare  una 
capppi  a  ^popol.  scherz.);  giudicare  attraverso;  in- 
gannarsi, ingannarsi  a  partito  (errare  molto)  ;  man- 
care; non  dar  nel  segno;  prendere  una  cantonata, 
delle  cantonate  (errare  ed  ostinarsi  nell'errore)  ; 
prendere  un  abbaglio,  un  granchio,  un  granciporro; 
prendere  lucciole  per  lanterne;  sbagliare,  sgarrare, 
sgarrarla,  spropositare,  sviarsi  ;  toccare  in  falso, 
trasandare,  travedere  i  uscire  dal  seminato,  di 
strada,  di  carreggiata. 

Abbagliarsi,  cadere  in  errore.  -  Cadere  dal  suo 
asino,  errare  nelle  cose  più  facili,  più  pratiche.  - 
Compromettersi,  mettersi  nella   condizione   di   fare 

Ìualche  sbaglio,  e  di  averne  danno:  cimentarsi.  - 
farsi  la  scopa  o  la  zappa  sui  piedi,  sbagliare  nel 
correggere  un  altro,  con  danno  proprio.  -  Dormire 
la  grossa  (tìgur.),  di  chi  sbaglia  di  grosso  qualche 
operazione,  un  ragionamento,  o  altro.  -  Esigere  schiavi 
dell'errore,  non  saper  uscirne,  non  sapersi  correg- 
gere. -  Far  la  frittata  (figur.)  :  conciare  malamente 
alcuna  cosa,  sbagliare,  mal  riuscire.  -  Fare  la  se- 
conda di  cambio,  ripetere  il  medesimo  errore.  -  Far 
marrone,  essere  colto  in  fallo,  ma  non  di  cose 
gravi.  -  Incappare  in  un  errore,  commetterlo.  -  Pa- 
gare il  noviziato,  commettere  qualche  errore  nell'e- 
sercizio primo  di  un'  arte  o  rinnovando  una  cosa. 
Anche,  imparare  a  proprie  spese.  -  Paralogizzare, 
raziocinare  erroneamente.  -  Perpetrare,  mandare 
ad  effetto,  commettere  un  errore  grave,  un  delitto. 

-  Pescare,  pigliare,  prendere  un  granchio  a  secco, 
cadere  in  un  grosso  errore.  -  Pigliare  una  papera, 
una  cosa  per  un'altra.  -  Pigliare  un  gambero,  un 
bel  gambero,  incappare  in  uno  sproposito  senza  ac- 
corgersene. -  Ricadere  nell'errore,  ripeterlo.  -  Sgar- 
rare, prendere  errore,  fare  uno  sbaglio. 

Abbagliare  {abbagliamento,  abbaglio),  indurre  in 
errore.  -  Ammendare,  fare  ammenda,  emenda.  - 
Ammonire,  avvertire  bonariamente  di  un  errore. 

-  Cògliere  in  fallo,  trovare  in  errore:  veggasi  a 
fallo.  -  Confutare,  dimostrare  l'erroneità  di  un 
arjnomento,  di  un'  opinione,  di  un  discorso,  ecc.  - 
Convincere  dell'  errore,  persuadere,  indurre  per- 
suasione dell'errore  in  chi  lo  ha  commesso  :  ri- 
convincere. -  Correggere,  togliere  o  mitigare 
l'errore.  -  Fare  il  raschio,  spurgarsi  senza  sputare  per 
far  accorto  altri  di  qualche  errore  che  fa  o  dice,  e 
di  altra  cosa.  -  Indurre  in  errore,  movere  altri  ad 
errare  o  ad  essere  tratto  in  inganno:  ispirare  un 
falso  giudizio,  far  travedere;  figur.,  dar  le  traveggole. 

-  Levar , d'errore,  disingannare.  -  Pagare  il  fio,  pur- 
gare, scontare,  subire  il  castigo  relativo  a  un  er- 
rore commesso.  -  Ravvedersi,  riconoscere  il  proprio 
errore  e  averne  pentimento.  -  Rettificare,  cor- 
regjrere  un  errore,  in  modo  che  la  cosa  errata  di- 
venti esalta.  -  liimpiangere,  dolersi  di  un  er- 
rore. -  Riparare,  rimediare  ad  errori  commessi. 

-  Riprendere,  ammonire  d'un  errore,  biasimandolo. 
Ehroneamente,  con  errore,  per  errore,   in  modo 

erroneo:  altramente  dal  vero,  a  sinistro;  errata- 
mente ;  fai  lacerne  11  le,  falsamente  ;  in  falso,  nel 
falso;  inrettamente;  senza  fondamento,  spropor- 
zionatamente. Gontr. ,  infallantemente  ,  infallibil- 
mente. 

Euroneita',  l'essere  erroneo,  qualità  di  ciò  che 
è  erroneo:  fallacia  (di  giudizio),  fallibilità.  Gontr., 
infalUbilild. 

Erròneo,  che  ha  in  sé  errore,  informato  ad  er- 


rore, ispirato  da  errore,  eretico  (figur.),  erronico, 
fallace,  falso;  inesatto,  infondato  ;  ^loglioso  ;  mal- 
detto,  malpensato  ;  senza  fondamento  ;  traverso. 
Gontr.,  giusto.  -  Fallibile,  soggetto  a  fallire,  ad  er- 
rare. Gontr.,  infallibile,  -  Riprensorio,  atto  a  correg- 
gere un  errore. 

Locuzioni.  —  Casca  un  cavallo  che  ha  quattro 
zampe:  scusando  un  errore.  -  Error  communis  facitjus 
(lat.):  l'errore  di  molti  costituisce  una  legge.  -  //  faut 
que  jeunesse  se  passe  ;  locuzione  francese  per  dire 
che  conviene  avere  indulgenza  per  gli  errori  che 
l'inesperienza  e  la  naturale  vivacità  fanno  commet- 
tere ai  giovani.  -  /  nodi  vengono  al  pettine:  locu- 
zione per  dire  che,  a  un  certo  punto,  gli  errori  e 
le  colpe  maturano,  non  passano  senza  effetto,  ma 
se  ne  coglie  necessariamente  l'amaro  frutto.  -  La  é 
grossa!,  alludendo  a  un  grave  errore.  -  Xe  pezo  el 
tacon  del  buso  (è  peggio  la  toppa  dello  strappo)  : 
locuzione  veneziana  per  significare  che  il  rimedio 
all'errore  è  peggio  dell'errore. 

Ahimé!,  esclamazione  quasi  ironica  usata  per 
rimpiangere  un  errore  commesso  e  che  spiaccia  o 
arrechi  danno  ad  altri  :  apriti  cielo  I  Ohimè  I  Per 
amor  di  Dio  I  Per  carità  ! 

Erta.  Terreno  sul  quale  si  deve  salire  :  declivio, 
rampa,  salita,  terreno  in  pendìo.  -  Declività, 
decimazione  del  suolo,  ertezza:  acclività,  ripidezza. 

Ertezza.  L'essere  erto  :  arduità,  ripidezza. 

Erto.  Agg.  di  luogo  in  salita:  eretto,  ratto, 
ripido. 

Erubescente.  Il  farmaco,  il  medicamento  atto 
a  portare  infiammazione  o  rossore  alle  parti 
su  cui  si  applica. 

Erubescenza  (erubescente).  Il  rossore  cagio- 
nato dalla  vergogna. 

Erudire,  erudirsi  (erudito).  Dare,  acquistare 
erudizione. 

Erudito.  Ghi  o  che  ha  erudizione,  è  dotto. 

Erudizione.  Ampio  corredo  di  cognizioni,  di 
sapere,  intorno  a  varie  cose  e  discipline;  qualità 
di  chi  é  dotto,  ha  molte  nozioni  ferme  e  chiare 
nella  memoria  :  coltura,  cognizione,  conoscenza, 
conoscimento,  cultura  (veggasi  a  conoscere),  dot- 
trina, erudimento,  sapienza,  scienza,  studio. 
Erudire ,  erudirsi ,  dare ,  acquistare  erudizione, 
istruzione;  ammaestrare,  ammaestrarsi;  diroz- 
zare, dirozzarsi  :  insegnare,  imparare.  -  Eru- 
dito, colto,  dotto,  sapiente  -  Di  libro,  di  discorso 
e  simili,  pieno  di  dottrina. 

Eruttare  (eruttivo,  eruttato).  Il  mandar  fuori 
lava  e  altre  materie  che  fa  un  vulcano.  -  Dell'aria 
che  esce  dallo  stomaco  (meno  plebeo  e  meno  co- 
mune di  ruttare). 

Eruttazione ,  eruzione.  Veggasi  a  vul- 
cano. 

Eruttivo.  Aggiunto  di  malattia  che  si  mani- 
festa con  papule,  pustole,  vesciche  e  simili.  -  Veg- 
gasi a  roccia. 

Eruzione.  Veggasi  a  pelle  e  a  vulcano. 

Esacerbare  (esacerbamento,  esacerbato,  esacer^ 
haztone).  Esasperare,  inasprire,  rincrudire. 

Esacervazlone.  Latinismo  per  accumulazione: 
veggasi  a  mucchio. 

Esaedro.  Il  solido  di  sei  faccie. 

Esafarniaco.  Detto  a  medicamento. 

Esagerare  (esagerato).  Fare  esagerazione. 

Esagerato ,  esagreratore ,  esageratrice. 
Detto  ad  esagerazione. 

Esagerazione.  L'atto  e  l'effetto  dell'esagerare, 
cioè  dell'aggrandire  con  parole,  del  far  parere  una  cosa 


ESAfllNlA    —    ESAME 


1013 


maggiore  di  quel  che  è:  amplificazione,  dinosi  (gr.), 
ènfasi,  fanatismo  (esagerato  entusiasmo),  iper- 
bole, iperboleggiamento.  In  plur.,  esagerazioni,  le 
aggiunte  che  taluno  faccia  a  un  qualsiasi  fatto,  am- 
pliandone l'importanza,  la  gravità  e  simili  :  Hocco, 
frangia,  lirismo  (voce  d'uso).  -  GonjìaUira,  termine 
volgare  che  significa  alcun  fatto  ad  arte  esagerato, 
magnificato,  diffuso.  Anche,  inontalnra,  ubbriaca- 
tura,  vaneggiamento. 

Esageratamente,  con  esagerazione,  in  modo  esa- 
gerato, iperbolicamente.  -  Esagerativo,  che  tende  a 
esagerare.  -  Esagerato,  di  cosa  ingrandita  a  parole, 
fatta  figurare  da  più  che  non  sia  :  arioso  (quasi 
gonfio  d'aria),  enorme,  iperbolico,  mostruoso,  spe- 
cioso, sperticato.  Riferito  a  discorso,  a  stile:  am- 
polloso (veggasi  ad  ampollosità).  -  Esageratore 
(esageratrice),  chi  esagera  :  casoso,  esageratone,  esa- 
gerone, esaltato,  miracolaio,  sballone  ('veggasi  a 
sballare). 

EsAUEHARE,  Cadere  in  esagerazione,  dire  con  esa- 
gerazione; aggiungere  del  proprio,  aggrandire,  augu- 
mentare,  ampliare,  amplificare,  avvantare  ;  caricare, 
caricar  la  dose,  la  mano;  dare  una  calcata,  una 
calcatella;  distendersi  in  esagerazioni,  in  iperboli; 
eccedere;  fare  d'un  fuscello,  d'un  bruscolo  una  trave, 
una  siepe;  fare  d'una  mosca  un  elefante,  d'un  pollicino 
un  cànchero,  d'una  bolla  acquaiuola  o  di  una  pi- 
pita un  fistolo;  far  gran  sicumera,  forzare  la  nota; 
giganteggiare,  gonfiare  i  fatti  ;  infiancare,  ingigan- 
tire, ingrandire,  ingrandire  con  iperboli,  iperboleg- 
giare; magnificare,  mettere  i  fiocchi,  mettere  lefrangie, 
millantare  (veggasi  a  millanteria)  ;  pasteggiare  a 
superlativi;  sopraddire,  spampanare,  sparare  para- 
dossi, trascorrere.  -  Andare  agli  eccessi,  SlW eccesso: 
di  chi  non  si  sa  contenere  nella  giusta  misura  ed 
esagera  in  bene  o  in  male  nel  giudicare,  nel  fare. 

-  Avere  gli  occhi  di  bove,  locuzione  nostra  familiare 
che  significa  veder  le  cose  esageratamente,  di  mag- 
giore importanza  ch'esse  non  abbiano.  -  Dipingere, 
rappresentare  con  foschi  colori,  con  tinte  fosche,  esa- 
gerare in  male  per  mettere  in  cattiva  vista  coie  o 
persone.  -  Fare  caso,  fare  storie,  fare  un  gran  dire 
d'una  cosa,  esagerarla  ai  propri  occhi,  darle  so- 
verchia importanza,  -  Fare  il  diavolo  più  brutto 
di  quello  che  é  :  esagerare  un  danno,  un  male  e  si- 
mili. -  Guardare  con  l'occhio  di  bove,  ingrandire  le 
cose.  -  Smiracolare,  meravigliarsi,  fare  le  meravi- 
glie, esageratamente,  per  nulla. 

Denari  o  (più  comunem.)  quattrini  e  santità, 
metà  della  metà:  il  mondo  è  sempre  esagerato  an- 
che raccontando  il  bene.  -  Non  aggiungere  un  ette, 
un  pelo,  non  esagerare.  -  S'intende  acqua,  ma  non 
tempestai  di  ogni  cosa  esagerata. 

Calai  calai  a  chi  ha  fatto  una  richiesta,  una  do- 
manda esagerata,   ha  raccontato  una  cosa  esagerata. 

-  Ci  manca  poco  /...,  a  chi  ne  sballa  una  grossa,  o 
a  chi  esagera  in  qualunque  maniera.  -  Non  casca 
il  mondo!,  a  chi  esagera  un  danno.  -  Vedete  un  po' 
che  delitto  I  (iron.),  a  chi  fa  un  gran  chiasso  per 
una  cosa  da  nulla  o  per  una  cosa  non  riprovevole. 

Esagrlnla.  Nel  sistema  di  Linneo,  gli  ordini 
comprendenti  le  piante  con  fiori  a  sei  pistilli. 

Esagitare  {esagitato,  esagitazione).  Fortemente 
agitare,  mettere  in  agitazione  l'animo. 

Esàgono.  Che  ha  sei  lati.  -  Figura  piana,  ret- 
tilinea di  sei  lati. 

Esalare  (esalamento).  Mandar  fuori,  spandere 
nell'aria  uxì" esalazione,  0  l'uscire,  l'espandersi  di 
questa. 

Esalazióne  (esalamento).  Atto  ed  efi'etto  dell'e- 


salare, del  mandar  fuori,  disperdendo  nell'aria,  o 
(ieWwicire,  salendo  e  disperdendosi  nell'aria,  di 
odore,  ili  profumo,  di  puzzo,  di  vapore  e  si- 
mili: alito,  aurora,  ellluvio,  emanazione,  esalamento, 
evaporazione,  lialo,  miasma  (esalazione  cattiva, 
nociva),  sfiatamento,  traspirazione.  -  Esalare,  uscire 
0  mandar  fuori,  ecc.  :  buttare,  rifiutare,  sfiatare, 
spirare,  sfogare,  svaporare,  traspirare. 

Esaltare,  esaltarsi  (esaltamento,  esaltato). DeHo 
ad  esaltazione. 

Esaltazione.  Atto  ed  efletto  dell'esaltare,  cioè 
del  magnificare  con  lode  ;  inalzamento  a  grado  di 
onore  o  di  lode;  esaltamento,  magnificamente; 
anche  in  significato  di  elezione.  -  Doccia,  doccia 
fredda,  famdiarm.,  di  notizia  o  di  osservazione,  la 
quale  abbia  virtù  di  calmare  fieri  propositi,  esalta- 
zione d'idee,  spesso  deviando  il  pensiero  in  opposta 
parte.  -  Paratonia,  esaltazione  morbosa. 

Esaltare,  porre  in  alto  nella  propria  stima, 
dare  gran  lode:  celebrare,  elevare,  farsi  un  idolo 
(di  cosa  o  persona),  imparadisare,  lodare  a  cielo, 
magnificare,  onorare,  sublimare,  vantare.  -  Esal- 
tarsi, gloriarsi,  menar  vanto  di  sé,  essere  pre.^^i 
(la  soverchio  entusiasmo,  eccitarsi  per  una  pas- 
sione, infervorarsi  in  un  sentimento,  tv,c.-  Esal- 
talo, che  è  in  istato  di  eccitazione,  di  esalta- 
zione ;  fanatico,  in  preda  a  fanatismo. 

Esame.  Atto  dell'esaminare.  -  l^rova  alla  quale 
è  sottoposto  uno  scolaro  o  1"  aspirante  ad  un  im- 
piego, ad  un  ufficio,  e  il  soggetto  della  prova  stessa: 
esperimento.  -  Minuto  e  diligente  studio  intorno 
ad  una  cosa  qualsiasi  :  considerazione,  osservazione. 

-  Interrogazione  dell'  accusato  o  di  un  testi- 
monio durante  un  processo.  -  Con  notevoli  dif- 
ferenze di  significato  :  analisi,  anatomia  (figur.), 
cerca,  disamina,  disaminazione,  disquisizione;  esa- 
mina, esaminamento  ;  indagine,  notoinia,  pro- 
cesso, ricerca,  ricognizione,  rifiessione  ;  scandaglio, 
sguardo  (figur.),  sonda  ;  vagliatura,  vaglio,  vivise- 
zione (in  senso  morale).  -  Esaminabile,  tale  da  su- 
bire l'esame.  -  Esaminando,  chi  deve  subire  l'e- 
same, chi  si  presenta  candidato.  -  Esaminante,  esa- 
minatore, chi  fa  lesame  ad  altri:  interrogante,  in- 
terrogatore. In  altro  ordine  di  cose  :  censore  (chi 
esamina  libri,  opere  drammatiche,  ecc.,  fa  la  cen- 
aura,  la  critica),  critico  ;  ispettore,  revisore. 

Concorso,  esame,  esperimento  al  quale  debbono 
sottoporsi  gli  aspiranti  a  un  impiego,  a  un  uf- 
ficio, a  un  premio,  ecc.  -  Controllo,  esame  di 
alcunché,  per  assicurarsi  che  sia  nelle  condizioni 
volute.  -  Critica,  veggasi  a  questa  voce.  -  Di- 
samina  (non   comune),   l'esaminare    attentamente. 

-  Esamaccio,  cattivo  esame;  esamone,  esame  riu- 
scito benissimo,  bella  prova  di  '  ingegno  e  di  sa- 
pere :  esamuccio,  esame  da  poco  o  riuscito  sten- 
tatamente ;  esame  di  matricola,  V  abilitazione  all'e- 
sercizio per  le  pratiche  fatte  ;  esame  di  laurea,  di 
licenza,  di  maturità,  veggasi  a  laurea  e  a  scuola; 
esame  di  riparazione,  quello  che  si  ripete  per  non 
essere  riusciti  nella  prima  prova  ;  esame  rigoroso, 
quello  che,  nelle  università,  si  subisce  per  la  pro- 
mozione a  dottore;  esame  suppletivo,  suppletorio, 
quello  che  si  subisce  in  una  seconda  tornata,  dopo 
aver  mancato  o  non  essere  riusciti  in  una  prima 
prova.  -  Esami  di  abilitazione  :  interrogazioni  fatte 
al  candidato  che  intende  ottenere  la  capacità  legale 
per  una  professione. 

Esame  di  coscienza  :  in  teologia,  indagine  che  il 
peccatore  fa  dei  peccati  commessi,  per  farne  la 
confessione. 


1014 


ESAMETRO    —   ESCAVARE 


Libero  esame,  il  diritto,  in  materia  di  religione, 
di  regolarsi  secondo  il  proprio  modo  di  pensare.  - 
Metodo  risolutivo,  quello  che  esamina  il  tutto,  poi 
le  parti.  -  Metodx)  zetetico,  quello  che  ricerca  la  na- 
tura e  la  ragione  delle  cose.  -  Osservazione,  in 
senso  lato,  attento  esame  di  un  fenomeno,  delle 
varie  su6  parti  o  circostanze.  -  Revisione,  l'atto 
di  esaminare  l'opera  d'altri  ;  in  senso  amministra- 
tivo, controllo.  -  Rivista,  termine  burocratico  mili- 
tare per  ispezione,  rassegna  -  Saggio,  esame 
in  pubblico.  -  Sinossi,  esame  dell'insieme.  -  Sovra- 
sguardo,  esame  rapido,  superficiale. 

Esaminare,  sottoporre  persona  ad  esame.  -  Muo- 
vere   interrogazione    giudizialmente  :    escùtere. 

-  Discorrere  consideratamente.  -  Diligentemente 
osservare  (di  cosa  materiale)  e  prudentemente 
considerare  checchessia,  per  dare  giudizio,  con- 
siderare attentamente,  con  attenzione,  e  minuta- 
mente, una  cosa  immateriale  :  anatomizzare  (esami- 
nare minutamente),  appuntare  gli  occhi  (della 
mente)  ;  cercare,  cercar  trito  a  falde  a  falde,  con- 
templare diligentemente,  contrappcsare,  crogiolare  ; 
disaminare  ;  far  considerazione,  farsi  osservatore  ; 
librare  ;  mettere  ad  esame,  mettere  al  torno,  minuz- 
zare ;  pesare,  pesare  con  la  bilancia  dell'  orafo  ; 
perscrutare  (esaminare  a  fondo  )  ;  ponderare , 
porre  mente  ;  ricercare ,  ricercare  la  quintes- 
senza ;  ridurre  ad  esame  ;  rivedere  ;  sbirciare  col 
lumicino  in  mano;  schiarare,  sminuzzare,  sondare 
(esaminare  fin  nelle  parti  più  segrete),  squinter- 
nare ;  vagliare,  ventilare,  voltare  e  rivoltare. 

Consultare,  esaminare  un  libro,  un  documento, 
un  autore,  cqc.  -  Dare  una  ricorsa,  esaminare  le- 
stamente, ripassare  qualcosa  per  vedere  se  occor- 
rano correzioni,  provvedimenti.  -  Escutere,  dicesi 
talvolta  invece  di  esaminare,  provare,  ricercare  mi- 
nutamente. -  Investigare,  cercare,  esaminare  di- 
ligenten)ente  :  scandagliare.  -  Rivedere,  esaminare, 
correggere.  -  Scrutinare,  esaminare,  scrutare  con 
pedanteria,  con  impacciosità. 

Quattr'occhi  veggono  più  che  due  :  esaminare  in 
più  d'uno  non  é  male. 

Varie  —  Reccarsi  yli  esami,  prendere  un  esame 
senza  darsene  pensiero.  -  Rocciare  (bocciato),  schiac- 
ciare agli  esami,  respingere,  rimandare  (blakbouler 
è  fra  i  neologismi  francesi,  derivato  dall'inglese 
black  ball,  palla  nera;  evale,  come  verbo,  bocciare).- 
Passare  (voce  d'uso),  a  scuola,   superare  gli  esami. 

-  Restar  deficiente,  chi,  presentandosi  a  un  esame, 
non  riesce,  gli  è  mancato  qualche  punto.  -  Ristac- 
ciare, tornar  a  passare  per  lo  staccio  ;  in  senso 
traslato,  tornar  ad  esaminare,  a  sindacare  minuta- 
mente. -  Sostenere  una  tesi,  un  esame  ;  subire  un 
esame,  sottoporsi  alla  prova. 

Propina,  compenso  speciale  dato  a  un  insegnante 
per  gli  esami  di  laurea  o  di  licenza  a  scolari  non 
suoi.  -  Vedtito  che...,  visto  che...,  formola  che  signi- 
fica ;  dopo  avere  esaminato,  veduto. 

Esàmetro.  Il  verso  dattilico  di  sei  piedi. 

Esamina,  ^on  cotimne  per  esame. 

Esaminando,  esaminante,  esaminatore. 
Veggasi  ad  esame. 

Esaminare  {esaminalo).  Far  ['esame,  sotto- 
porre ad  esame. 

Eiiunàstrofe  (gr.).  Veggasi  a  guarire. 

Esaudria.  Divisione  nel  sistema  botanico  di 
Linneo. 

Esangolare.  A  sei  an^'oli. 

Esangue.  S'^nza  sangue;  dissanguato.  Figur., 
languì ;'o,  pnilid^. 


Esanimare  (esanimato).  Togliere  l'anima, 
uccidere.  Abbattere  moralmente:  accasciare,  di- 
salmare,  disanimare,  far  perdere  il  coraggio. 

Esànime.  Che  è  senza  anima;  disanimato, 
esanimato,  inanimato  ;  morto  ;  sfiatato. 

Esantèma.  Eruzione  della  pelle,  accompagnata 
da  febbre. 

Esàpodo.  Con  sei  piedi.  -  L'insetto  a  sei 
gambe. 

Esarca  (esarcato).  Antico  magistrato. 

Esasperare,  esasperazione  (esaspero(o).  Veg- 
gasi ad  inasprire. 

Esastilo.  Il  tcìnpio  con  sei  colonne  alla 
fronte. 

Esattamente.  Con  esattezza. 

Esattézza.  Qualità  di  chi  o  di  ciò  che  è  esatto. 
Accuratezza,  cura,  diligenza,  puntualità  nell'o- 
perare:  aggiustatezza,  fedeltà  (di  traduzione,  di  co- 
pia e  simili)  ;  precisione,  puntualità  ;  rigore 
(eccesso  di  accuratezza),  zelo.  Contr.,  inesattézza.  - 
Esattamente,  con  esattezza,  con  precisione  ;  ad  un- 
guem  (lat.),  appuntino,  a  puntino,  per  filo  e  per 
segno,  precisamente,  puntualmente.  -  Esatto,  fatto 
con  ogni  accuratezza;  strettamente  conforme  al 
vero;  diligente,  fedele,  formale,  genuino,  pre- 
ciso, proporzionato,  puntuale.  Di  scrittore:  co- 
scienzioso, geloso,  scrupoloso.   Contr.,  inesatto. 

Compassato,  di  chi  sia  perfino  esagerato  nell'e- 
sattezza: rigorista,  zelantissimo. 

Esatto.  Con  esattezza. 

Esattore.  Riscotitore  delle  imposte  :  veggasi  a 
imposta:  collettore,  percettore, ricevitore, tassiarca. 

Esattoria.  L'ufficio  dell'esattore. 

Esaudimento.  L'esaudire. 

Esaudire  (esaudito).  Accondiscendere  ad  una 
domanda,  alle  istanze,  alla  preghiera  di  qual- 
cuno: concedere,  corrispondere;  soddisfare  il 
desiderio  d'altri.  -  Esaudimento,  esaudizione,  l'e- 
saudire. 

Esaurire  {esaurimento,  esaurito).  Rifinire,  fi- 
nire, consumare,  detto  di  forza,  di  denaro, 
ecc.  -  Trattare  a  fondo  un  argomento,  una 
quistione,  e  simili.  -  Condurre  a  termine  un 
affare,  un  impegno.  -  Anche,  sfi^uttare.  - 
Esauribile,  che  può  essere  esaurito.  -  Esaurito,  ri- 
finito, esausto,  finito,  chiuso  (chiuso  l'incidente).  - 
Essere  al  lumicino,  al  verde,  essere  beli' e  benedetto, 
essere  esaurito,  finito.  -  Esausto,  rifinito,  special- 
mente di  forza  e  di  mezzi  pecuniari,  indebolito, 
reso  molto  debole:  attrito,  disseccato,  logoro, 
munto,  sfinito,  smunto,  stremato. 

Esautorare  {esautorato).  Togliere  1'  autorità. 

Esazione.  Riscotimento    di    denaro;    riscos- 
sione ;  il  riscuotere. 
Esca.  Cibo  per  prendere  i  pesci,  per  la  pesca. 

-  Parte  de\V acciarino.   -  Ingannevole  lusinga. 

-  Veggasi  a  mina.  -  Escalo,  lo  spazio  in  cui  si 
mette  l'esca,  il  beccare,  perchè  calino  gli  uccelli,  e 
così  si  possa  prenderli. 

Escandescenza  {escandescente).  Subitanea  ira. 

Escara.  Crosta  risultante  dalla  mortificor 
zione  d'una  parte  del  corpo,  qualunque  ne  sia  la 
causa.  -  Escarificazione,  produzione  di  un'escara, 
accidentalmente  o  artificialmente.  -  Ascarótici,  agenti 
caustici  che  fanno  èscara  (acqua  fagedenica,  pietra 
divina,  ecc.).. 

Escàto.  Detto  ad  esca. 

Escatologia.  Detto  a  mondo. 

Escavare,  escavazione  {escavato).  Veggasi  a 
scavare. 


ESCHIMESI    —    ESCCLAPIO 


1015 


r 


Eschimesi.  Gli  abitanti  della  Groenlandia. 
EschiO.  Albero  simile  alla  quercia  :  ischio. 
Escire  (esito).  Lo  stesso  che  uscire. 
Escisióne.  L'azione  di  asportare,  di  tagliare, 

con  un  istruniento,  una  parte  poco  voluminosa. 

Esclamare  {esclamato).  Il  dire  con  qualche 
ènfasi  parole  che  esprimano  una  passione,  un 
sentimento;  fare  un'esclamazione. 

Esclamazione,  Parola  o  frase  che  si  dice  con 
ènfasi,  esprimendo  qualche  sentimento,  qualche  pas- 
sione. Così  esclamazioni  di  dolore,  di  gioia, 
d'ira,  di  sdegno,  di  pietà,  ecc.:  ecfonesi  (j,'r.), 
interiezione  esclamativa;  esclamativo  accento; 
sclamazione.  -  Una  delle  parti  del  discorso.  Fi- 
gura retorica,  più  propria  del'o  stile  sublime.  - 
Epifonema  (gr.),  esclamazione  sentenziosa,  breve, 
ma  con  riflessione  sull'importanza  della  cosa  di  cui 
8i  tratta.  -  Esclamazioni  liriche,    enfatiche. 

Esclamare,  fare  un'esclamazione,  dare  in  escla- 
mazioni: sclamare,  vuotare  il  sacco  degli  aguettivi 
ammirativi.  -  Esclamativo,  di  esclamazione,  che 
esprime  esclamazione.  -  Punto  d'esclamazione,  punto 
esclamativo,  segno  ortografico. 

A  farlo^ apposta  I,  esclamazione  avversativa.  - 
Affé,  per  la  fede,  sulla  fede.  -  Ahi,  ahimé,  escla- 
mazioni di  dolore.  -  Ali  right  (pron.  o  raiV),  escla- 
mazione inglese  :  significa  tutto  diritto,  tutto  bene. 

-  Anima  buscherona  !,  a  chi  ne  abbia  fatta  o  detta 
una  grossa.  -  Aria^,  esclamazione  che  significa: 
via,  levati  di  tra  piedi.  -  Bada  I,  esclamazione  di 
esortazione,  di  preghiera,  di  comando.  -Bastai,  di 
sospensiva  e  quasi  di  rassegnazione.  -  Bene  l,  veg- 
gasi  a  pag.  269,  prima  colonna.  -  Buscherato!,  escla- 
mazione di  dispiacere,  di  dispetto.  -  Cdppita,  cà- 
spita!, esclamazione  di  meraviglia  e  di  impazienza. 

-  Caspiteiella,  vezzegg.  di  caspita.  •  Cazztca  !,  escla- 
mazione triviale.  -  Criòòt .',  esclamazione  volgare  lom- 
barda in  cui  é  storpiato  e  occultato  il  nome  di 
Cristo.  -  Che  consolazione  I,  quando  siamo  obbligati 
a  fare  cosa  ingrata.  -  Corpo  del  diavolo,  per  tutti  i 
diavoli!,  esclamazioni  enfatiche.  -  Dalli!,  esclama- 
zione di  inipazietìza.  -  Deograzias,  esclamazione 
famil.  di  gioia.  -  Ebbe  !,  da  alcuni  detto  per  eb- 
bene! -  Ecco,  eccoci,  eccomi,  eccoti,  avverbi  usati 
spesso  in  modo  esclamativo,  accennando,  indicando, 
alludendo,  ecc.  -  E'  una  disperazione  !,  quando  una 
cosa  non  riesce.  -  Goddam  (ingl.).  Dio  danni  !  - 
Hoch  fin  alto  !),  esclamazione  tedesca  rispondente 
al  nostro  evviva  !  grido  di  guerra  dei  cosacchi  ;  in 
ital.,  evviva  !  -  Io  triumphe,  esclamazione  di  gioia 
e  di  evviva  dei  soldati  romani  accompagnanti  il 
carro  del  capitano  a  cui  era  dal  senato  decretato  il 
trionfo.  -  Lausdeo,  laus  Deo,  detto  a  contento,  - 
Magari!,  esclamazione  esprimente  desiderio.  - 
Malannaggia  !,  inanaggia,  esclamazione  napoletana, 
fermale  abbia,  abbia  malanno^  maledetto  sia:  veggasi  a 
imprecazione.  ■  Marameo,  detto  a  òwWa  (pag.  333, 
seconda  colonna).  -  Naturale  I,  esclamazione  di  chi 
conferma.  -  Orsù,  esclamazione  esortativa.  -  Ohibò!, 
esclamazione  di  disprezzo.  -  Opld,  esclamazione 
onomatopeica  nell'  atto  del  salto.  -  Pazienza  !,  veg- 
gasi a  questa  voce.  -  Per  bacco,  esclamazione  di 
meraviglia.  -  Per  grazia  di  Dio,  veggasi  a  grazia. 
•  PfuH,  esclamazione  di  repulsione  e  di  spregio  presso 
i  tedeschi.  -  Tandem  !  (lat.),  detto  a  contento  - 
lertoifel  o  tartoifel,  esclamazione  lepida,  corruzione 
dialettale  dal  tedesco  Der  Tevfel,  cioè   il  demonio! 

-  Uhi!,  esclamazione  di  dolore.  -  Utinam!,  escla- 
mazione latina  •  vale  voglia  il  cielo,  Dio  voglia,  in- 


clude speranza  ed  augurio.  -  Viscere,  detto  a  caro. 
•  Vivaddio,  viva  Dio,  detto  a  contento. 

Escludere,  esclusione  (esclusivo,  escluso). 
Chiuder  fuori,  lasciar  fuori  ;  non  ammettere, 
non  coniprendeì'e,  impedire  che  altri  sia  am- 
messo a  qualche  grado,  in  qualche  compagnia,  ecc.  ; 
non  comprendere,  esentare,  esimere  :  dare  l'ostra- 
cismo ;  dispensare,  eccepire,  eccettuare,  fare  ecce- 
zione; eliminare;  escliiudere,  esimere;  mandare, 
metter  fuori;  proscrivere;  rigettare;  sbattere;  sbat- 
tere la  porta,  l'uscio  in  faccia,  sul  muso  (figur.); 
scacciare;  tener  da  banda,  fuori,  in  disparte; 
trovare  incompatibile.  -  Dar  di  biaìiro  a  uno, 
escluderlo.  -  Procedere  per  eliminazione  (flgur.), 
quando  si  tratta  di  mandar  via  qualcuno. 

Esclusione,  l'escludere:  esclusiva.  -  Esclusiva- 
mente, in  modo  esclusivo,  non  compreniJente.  - 
Esclusività,  l'essere  esclusivo.  -  Esclusivo,  che  tende, 
è  atto  ad  escludere,  che  esclude.-  Escluso,  non  am- 
messo, non  compreso,  lasciato  fuori  ;  eccettuato.  - 
Pestare  o  rimanere  all'uscio,  escluso  da  un  partito, 
da  affare  o  simili. 

Eccetto,  eccettoché,  preposiz.  e  avverb.  indicante 
esclusione,  eccezione.  -  In  nessun  modo,  modo  av- 
verbiale per  escludere  assolutamente  cliecchessia: 
veggasi  a  milla. 

Esclusione,  esclusiva,  esclusivo.  Detto  ad 
escludere. 

Escogitàbile.  Che  si  può  escogitare. 

Escogitare  (escogitato).  Trovare  meditando,  pen- 
sando: veggasi  a  2>ettsare. 

Escolo.  Castagno  d'India,  ippocastano. 

Escoriare  {escoriato^.  Spellare  leggermente; 
scoi'ticare. 

Escoriazione.  Scorticamento:  veggasi  a  scoT' 
ticare. 

Escrementale,  escrementizio.  Di  escre- 
mento. 

Escreménto.  Il  soperchio  del  cibo  e  degli 
escrementi  che  si  emette  nel  defecare  e  che  dà 
un  maggiore  o  minor  puzzo;  quanto  viene  elimi- 
minato  dall'organismo:  escremento,  escrezione, 
leccia,  meta,  moccio,  sterco  ;  deiezioni  o  materie 
alvine.  Scherz.,  fiori,  fiori  senza  gambo;  mughe- 
ìiao  di  monte.  -  Escrementale ,  escrementizio,  di 
escremento.  -  Fecale,  degli  escrementi,  -  Feccioso, 
che  ha  della  feccia. 

Copracrazia,  perdita  mvolontaria  degli  escre- 
menti. -  Coprocritici,  i  rimedi  provocanti  l'evacua- 
zione degli  escrementi.  -  Coproemesi,  vomito  delle 
materie  fecali.  -  Coprofagia,  alienazione  mentale, 
pervertimento  del  gusto,  per  cui  si  mangiano  gli 
escrementi.  -  Coprostasi,  coprostasia,  ritenzione  de- 
gli escrementi,  -  Egestione,  il  mandar  fuori  gli 
escrementi,  e  gli  escrementi  stessi.  -  Escremento- 
recrementizi,  i  fluidi  che  devono,  in  parte,  essere 
rigettati  all'esterno  e  in  parte  riassorbiti  e  riportati 
nella  economia.  -  Escretina,  principio  immediato  che 
cristallizza  nell'estratto  alcoolico  delle  materie  fe- 
cali, sottopos  o  ad  una  tempratura  di  0°,  -  Meconio, 
veggasi  a  feto.  -  Scalalo,  componente  caratteristico 
degli  escrementi  umani,  in  foglie  lucenti.  -  Scibale 
(gr.),  escrementi  foggiati  a  pallottoline. 

EKcrescenza.  Gallozza  :  veggasi  a  pelle. 

Escretare  (escreiato,  escreto).  Veggasi  a  secre- 
zione 

Escretore,  escretorio.  Detto  a  secrezione. 

Escrezióne.  Detto  a  secrezione. 

Esculapio,  Il  dio  della  medicina. 


10i6 


ESCULENTO    —    ESERCITARE 


Esculento.  Dicesi  di  pianta  buona  a  man- 
giare. 

Escursione.  La  gita  che  si  faccia  per  diver- 
timento 0  per  istruzione.  -  Anche,  scorreria. 

Escoi'Sionista.  Chi  fa  escursioni. 

Escusàbile,  escusatorio.  Veggasi  a  scasa: 
gitante  ;  nell'uso,  turista. 

Escùtere  (escusso).  Latinismo  del  linguaggio 
giudiziario  per  esaminare,  provare,  ecc. 

Esecrabile,  esecrando.  Detto  a  odio. 

Esecrare,  esecrazione  {esecrabile,  esecrando, 
f  rcrató).  Veggasi  a  odio. 

Esecratorio,  Veggasi  a  giuramento. 

Esecutivo.  Atto  ad  eseguire. 

Esecutore  {esecutrice).  Chi  eseguisce,  è  chia- 
mato ad  eseguire. 

Esecutòrio.  Aggiunto  di  documento. 

Esecuzione.  L'eseguire.  -  V  eseguire  una 
condanna. 

Esèdra.  Detto  a  portico. 

Esegèsi  {esegètico).  Lo  stesso  che  commento^ 
spiegazione.  Esegèsi  allegorica,  dogmatica,  'pratica: 
veggasi  a  spiegazione. 

Esegetica.  L'arte  d'interpretare  le  Sacre  Scrit- 
ture :  comprende  Yermeneidica  e  la  critica. 

Eseguibile,  eseguibilità.  Veggasi  ad  ese- 
guire. 

Eseguimento.  L'eseguire. 

Eseguire  {esecutivo,  esecutore,  eseguito,  esecu- 
zione). Il  /«re,  nel  senso  di  mettere  in  azione 
quanto  si  è  disegnato  ;  mettere  ad  effetto  un  or- 
dine, un  incarico,  un  consiglio,  ecc.  -  Adempiere, 
adempire  (un  dovere,  una  promessa),  attuare  ; 
compiere,  compire  ;  condurre,  menare,  portare,  re- 
care, ridurre,  trarre,  volgere  ad  effetto,  a  segno  ; 
dare  compimento,  dare  effetto  ;  disimpegnare  ;  effet- 
tuare ;  fare  lo  scoppio  e  il  baleno  (eseguire  tosto, 
subito)  ;  mandare  a  compimento,  ad  opera,  a  prò  ; 
menare  a  capo;  mettere  ad  esecuzione,  in  esecu- 
zione, in  atto,  in  atto  pratico;  non  lasciar  freddare 
(eseguire  subito)  ;  operare,  osservare  (veggasi  ad 
osservanza), perpetrare  (di  delitto);  realizzare 
(francesismo  d'uso),  ridurre  in  essere;  schiacciare 
il  capo  al  tordo. 

Esecutivo,  attivo,  atto  ad  eseguire,  che  eseguisce. 
Giudizio  esecutivo,  veggasi  a  giudizio,  -  Esecutore 
{esecutrice),  persona  che  eseguisca,  per  lo  più  ma- 
terialmente :  agente,  braccio  (figur.),  mano  (figur.), 
operatore.  -  Esecutore  testamentario,  veggasi  a  te- 
stamento. •  Esecutoria,  la  facoltà  di  procedere  ad 
esecuzione  legale.  -  Esecutoriamente,  esecutivamente, 
per  via  di  esecuzione.  -  Esecutorio,  aggiunto  di  de- 
creto, di  documento  che  dà  facoltà  di  procedere 
esecutivamente.  -  Esecuzione,  Y  eseguire,  l'atto  del- 
l'eseguire: attuazione,  effetto,  effettuazione,  esegui- 
mento, perpetrazione  (di  azione  criminosa),  realiz- 
zazione. -  Eseguibile,  che  si  può  eseguire,  ellettuare, 
fattibile.  -  Eseguibilild,  l'essere  eseguibile. 

Esempigràzia.  Per  esempio. 

Esempio  {esemplare).  Cosa  proposta,  o  degna  di 
essere  proposta,  da  imitarsi  o  da  fuggire,  da  spie- 
gare 0  confermare;  azione  virtuosa  o  viziosa  :  esem- 
plare, esemplo,  modello,  orma,  prototipo,  specchio, 
tema,  tipo,  vestigio.  L'esempio  può  essere  buono  o 
cattivo,  bello  o  hì'utto,  degno  o  indegno,  lo- 
devole 0  biasimevole  (veggasi  a  biasimo),  pub- 
blico, solenne,  ecc. 

Edificazione,  buona  impressione  che  dà  l'esempio 
altrui  ;  l'esempio  stesso  (edificante)  dato  son  la  vita 
onesta,  con  la  buona  conaotta,  ecc.  -  Esempio  scanda- 


loso, mal  esempio,  che  dà,  suscita  scandalo,  ver- 
gognoso, tale  da  far  vergogna.  -  Largo  esempio, 
esempio,  loculento,  loculentissimo,  nobile,  notevole, 
splendido.  -  Esemplare,  che  serve  o  che  può  ser- 
vire di  esempio  ;  degno  di  essere  presb  ad  esem- 
pio; eccellente.  Di  condotta,  di  costume,  di 
vita  imitabili.'  -  Esemplarità,  l'essere  esemplare.  - 
Esemplarmente,  in  modo  esemplare. 

Calcare  le  orme  degli  uomini  grandi  (figur.),  se- 
guirne l'esempio.  -  Dare  esempio,  dare  il  tuono  : 
essere  di  esempio  ;  mostrare,  porgere  esempio  ;  pre- 
dicare con  l'esempio.  -  Edificare,  dare  buon  esem- 
pro;  infondere  in  altri  buona  opinione  di  noi;  ren- 
dere edificato;  dare  edificazione,  buona  edificazione; 
farsi  ammirare,  destare  ammirazione.  -  Edifi- 
carsi, prendere,  ricevere  buon  esempio  ;  restar  am- 
mirati. -  Esemplificare,  arrecare  esempio,  spiegare 
con  esempi.  Esemplificativo,  che  esemplifica.  Esem- 
plificazione, l'esemplificare.  -  Esser  portato  per  esem- 
pio, essere  citato.  -  Imitare,  prendere  l'esempio, 
regolarsi  sull'esempio  d'altri.  -  Passare  in  proverbio, 
in  esempio,  per  esempio:  farsi  gran  nome  e  trovare 
molti  imitatori.  -  Prendere  specchio ,  specchiarsi, 
prendere  esempio  da  una  persona,  da  un  fatto. 

Per  esempio  :  a  cagione  d'esempio,  ad  esempio^ 
esempigrazia  (lat.,  exempli  gratia),  esempligrazia  ; 
mettiamo,  poniamo  caso  ;  per  così  dire,  per  ipo- 
tesi, per  modo  d'esempio,  per  via  di  dire,  puta- 
caso, puta  il  caso,  verbicausa,  verbigrazia  (fa- 
ceto). 

Esèmpio.  Passo  d'autore  allegato  per  confer- 
mare un  argomento,  una  dichiarazione  e  si- 
mili, a  meglio  spiegare  una  voce,  una  frase,  ecc. 

-  Fatto  narrato  a  prova  di  alcunché.  -  Caso  che 
si  suppone  o  citazione  che  si  fa. 

Esemplare  {esemplato).  Effigiare,  fare  l' effi- 
gie, l'immagine,  ritrarre.  -  Anche,  copiare,  trascri- 
vere. -  Aggettivam.,  degno  di  essere  preso  ad  e- 
aempio. 

Esemplare.  ìaò  che  serve   di  modello:  tipo. 

-  Incisione,  libro,  stampa  fatti  su  una  f or  ina. 

-  Veggasi  anche  a  quaderno. 
Esemplarità,    esemplarmente.    Detto    ad 

esempio. 

Esemplificare,  esemplificazione  {esempli- 
ficativo, esemplificato).  Veggasi  ad  esempio. 

Esempligrazia.  Per  esempio. 

Esentare  {esentato,  esente).  Fare  esente,  esclu- 
dere. Riferito  a  qualità  o  a  difetto,  che  esclude 
chi  l'ha  da  alcuna  cosa  :  dispensare,  esentuare,  esi- 
mere, rifiutare.  -  Esente,  chi  non  va  soggetto  a  una 
determinata  cosa:  dispensato  da  un  servizio,  dal- 
l'obbligo  di  leva  e  simili  "•  franco.  Anche,  illeso, 
libero,  salvo.  Figur.,  scherz.,  vergine.  ■  Esen- 
zione, r  essere  esente  ;  dispensa,  franchigia, 
immunità,  esenziazione  (da  esenziare,  burocr.). 

Dispensare,  concedere  la  dispensa  da  qualche 
obbligo:  accordare  esenzione,  privilegio  (privi- 
legiare) ;  francare,  sciogliere 

Esenzione.  Il  privilegio  che  vale  a  dispen- 
sare, dà  la  dispensa  rispetto  a  qualche  ob- 
bligo. 

Esequie.  Cerimonia  chiesastica  pei  defunti  ; 
funerale. 

Esercente  (da  esèrcere).  Neil'  uso,  nome  com- 
prendente i-  proprietari  di  albergo,  di  caffè,  di  trat- 
toria, di  bottega  in  genere  :  commerciante,  fab- 
bricante, mercante,  negoziante.  -  Esercire,  fare  l'e- 
sercente. 

Esercitare,  esercitarsi  {esercitato).  Avvez- 


ESERCITAZIONE    —    ESEaCITO 


1017 


aare,    avvezzarsi    con    l' esercizio    a    fare    chec- 
chessìa. 
Bsercitazlone.  Veggasi  ad  esercizio. 

Esercito    Moltitudine  di   soldati   d'ogni  mili- 
zia {artiglieria,  cavalleria,  fanteria,  genio, 

alpini,  bersaglieri,  carabinieri,  ecc.  :  veggasi  a  ber- 
sagliere e  a  carabiniere),  ordinati  ed  esercitati 
nelle  armi  (veggasi  ad  arme)  e  nell'arte  della 
giierra,  noè  a  combattere,  a  cimentarsi  in  bat- 
taglia. Propriamente,  l'insieme  di  tutte  la  forze  of- 
fensive e  difensive  di  cui  dispone  una  nazione  per 
la  difesa  dello  Stato  e  delle  sue  leggi:  armata  (fran- 
cesismo, se  si  parla  d'esercito  di  terra),  copie  (Fan- 
l'ani),  forza,  gente,  l'-gione,  masnada,  massa  ;  onda 
di  Marte,  oste  (anche  il  campo  in  cui  l'esercito  é 
raccolto),  potenza,  schiera,  sforzo  armato;  solda- 
teria,  soldatesche;  stuolo,  torma,  torme,  torrente  di 
armati;  truppa,  truppe  (francesismo).  In  Italia,  e 
presso  a  poco  anche  nelle  altre  nazioni,  l'esercito 
si  compone  di  corpi  d'armala  (corpi  dì  esercito),  di 
divisioni  militari,  di  brigate  (insieme  di  due  re,'gi- 
meiiti),  di  reggimenti,  di  legioni  territoriali  (carabi- 
nieri), di  distretti,  di  depositi,  dì  varie  compagnie 
(di  snnita,  di  operai  d'artiglieria,  di  sussistenza,  dì 
diseipltna,  ecc.),  più  il  corpo  invalidi  e  veterani,  il 
corpo  sanitario  militare,  il  commsssariato  militare, 
il  coipo  contabile  militare,  il  corpo  veterinario  mili- 
tare, le  accademie,  le  scuole  militari,  gli  stabilimenti 
e  gli  ospedali  militari,  e  via  vìa  Caratteristiche  no- 
tevoli dì  un  buon  esercito  sono  la  disciplina, 
l'ordine,  la  resistenza,  il  valore.  Un  esercito, 
poi.  é  forte  o  debole,  grande  (numeroso)  o  pic- 
colo, agguerrito  (educato,  tempralo  alia  guerra  o 
Bo);  l)en  costituito  o  disorganizzalo  (in  disordine); 
allenato,  esercitato,  atto  a  resistere,  fatto  resistente 
alle  fatiche  (nell'uso,  trenato,  brutto  francesismo) 
I  componenti  un  esercito  sono  classificati  in  due 
grandi  categorìe,  ufficiali  e  truppa  (veggasi  a  uf- 
ficiale, a  milizia,  a  soldato). 

Esercito  di  prima,  di  seconda  linea,  complesso 
delle  milizie  die  devono  entrare  in  campo,  per  le 
operazioni  di  guerra,  immediatamente  o  in  seguito; 
di  terza  linea,  per  lo  più,  la  milizia  territoriale.  - 
Exercito  d'occupazione,  quello  che  sì  stanzia  in  un 
paese  conquistato  :  esercito  occupatore.  •  Esercito 
d'osservazione,  destinato  ad  osservare  le  mosse  del 
nemico  o  i  confini.  •  Esercito,  federale,  quello  com- 
posto dalle  milìzie  dì  più  Stati  uniti  in  federazione. 
-  Esercito  invasore,  quello  che  fa  invasione  in  un 
paese.  -  Esercito  ir» eyo/are,  quello  reclutato  e  com- 
posto con  repartì  staccati  da  vari  corpi  e  da  di- 
verse armi,  ai  quali  si  aggregano  volontari,  indi- 
geni, ecc.  -  Esercito  permnnehte,  esercito  stanziale 
(per  differenziarlo  dalla  cosidetta  nazione  armata). 
Comprende:  lo  stato  maggiore  (generale,  il  corpo  di 
stato  maggiore,  le  armi  e  i  corpi  precitati.  -  Exer- 
t'iio  rarcogliliccio :  adunato,  composto  alla  meglio; 
raccolto,  levato  di  fretta,  senz'ordine  senza  istru- 
zione. -  Esercito  regolare,  quello  ben  composto  e  di 
.soldati  esperti  e  disciplinati.  -  Esercito  stanziale, 
quello  che  è  tenuto  sotto  le  armi  per  un  determi- 
nato numero  di  anni  e  che  viene  successivamente 
sostituito  dalle  nuove  classi  di  leva.-  Esercito  sul 
piede  di  guerra  o  di  pace,  l'esercito  in  tempo  (e 
m  assetto)  di  guerra  o  in  tempo  di  pace.  -  Legione 
fulminante:  secondo  la  tradizione  cristiana,  l'eser- 
cito di  Marco  Aurelio,  nella  guerra  contro  ì  Marco- 
manni,periva di  8ele,quandola  legione Melitina,  lom- 
posta  di  cristiani,  invocato  il  soccorso  a  Dio,  ottenne 
pioggia  abbondante  e  un  nehib9  che  dissipò  i  nemici. 


Esercito  mobilizzato,  esercito  che  é  sceso  o  deve 
scendere  in  campo  :  esercitò  in  campagna,  sul  piede 
dì  guerra;  campo;  oste  campale,  oste  schierata  in 
guerra 

Marina  da  guerra,  insieme  di  tutte  le  navi 
armate  appartenenti  ad  uno  Stato  ;  anche,  nell'uso, 
l'esercito  di  mare,  distribuito  sulle  navi  costituenti 
l'armata  navale,  la  flotta  di  guerra.  -  Riserva,  le 
estreme  forze  che  può  porre  in  campo  una  nazione  : 
linea  di  riserva;  seconda,  terza  linea. 


(X)MPLES80  E  DIVISIONI  DI  UN  KSERCITO.  —  SuE  PARTI. 


Arma,  complesso  dei  mìliti  componenti  un  eser- 
cito. -  Condotta,  un  tempo,  quantità  di  soldati  con- 
dotti da  un  capitano.  -  Corpo  d'esercito  (nell'uso, 
corpo  d'armala),  unità  logìstica  di  due  o  tre  divi- 
sioni e  di  truppe  suppletive.  -  Cuneo,  corpo  d'eser- 
cito ordinato  in  forma  di  cuneo,  e  cioè  che  dalla 
base,  diminuendo,  va  a  terminare  in  acuto.  -  Effet- 
tivo, il  complesso  dell'esercito  che  presta  servizio 
attivo  e  si  distingue  dalle  classi  in  congedo,  dalla 
milìzia  mobile  e  dalla  milizia  territoriale.  -  Forza 
armata,  l'esercito  o  qualunque  sua  parte.  -  Orda,. 
in  Turchia,  corpo  d'esercito. 

Ambulanza,  le  persone  e  le  cose  tutte  addette 
ad  un  esercito  per  la  cura  dei  feriti.  -  Avan- 
guardia, reparto  che  precede  ogni  corpo  di  mi- 
lizia in  movimento.  -  Brigata,  in  origine,  aggrega- 
mento dì  milizie  a  piedi  ed  a  cavallo;  più  tardi, 
aggregazione  tattica  d'un  corpo  d'esercito  che  equi- 
vale ad  una  mezza  divisione.  -  Campo  volante, 
piccolo  esercito  composto  di  rfiilizìe  a  cavallo, 
le  quali  fanno  corse  sul  nemico.  -  Corpo  avanzato, 
quello  che  prec  de  1  esercito  dì  cui  fa  parte.  - 
Corpo  d' osservazione,  parte  dell'  esercito  comandata 
ad  osservare  e  assicurare  per  casi  possibili.-  Corpo 
sanitario,  il  complesso  delle  persone  addette  alla 
sanità  dell'esercito.  •  Distaccarne nf4>,  piccolo  nu- 
cleo di  militi  disgiunto  da  una  unità  maggiore.  - 
Divisione,  parte  di  esercito,  unità  di  guerra,  com- 
posta d'un  certo  numero  di  brigate  e  di  reggimenti, 

-  Divisione  di  manovra,  costituzione  di  una  divi- 
sione, allo  scopo  di  esercitazioni.  -  Divisione  terri^ 
toriate,  circoscrizione  in  sottordine  del  corpo  d'e- 
sercito. •  Reggimento,  unità  organica  dell'esercito 
comandata  da  un  colonnello.  ■  Retroguardia^ 
reparto  che  scorta  ogni  corpo  di  milìzia  in  marcia. 

-  Squadra,  numero  indeterminato  di  soldati 
in  ordine,  al   massimo   una  ventina   o   poco  più. 

-  Treno,  reparto  speciale  dell'artiglieria  e  del  genia 
a  cui  sono  commessi  i  trasporti  militari  ;  nome  ge- 
nerico degli  uomini,  dei  cavalli  e  dei  carri  coi 
quali  si  trasportano,  per  gli  eserciti,  ogni  sorla  d'ar^ 
nesì  e  d'attrezzi  militari.  -  Unità  di  guerra,  la  di« 
visione,  il  corpo  d'esercito,  la  divisione  di  caval- 
leria, 1  armata  e  il  comando  in  capo   dell'  esercito. 

-  Unità  tattiche,  il  battaglione  per  la  fanteria;  lo 
squadrone  per  la  cavalleria  ;  la  brigata  per  l'arti  - 
glìeria  da  campagna  e  a  cavallo;  la  batteria  di  sei 
pezzi  per  l'artiglieria  da  campagna. 

Per  quanto  riguarda  la  centuria,  la  coorte,  la  /"a- 
lange,  la  legione  e  altri  ordinamenti  degli  antichi 
eserciti,  veggasi  a  milizia.  Cosi  anche  per  le  pene, 
per  le  ricompense  militari,  ecc. 

Ali,  l'estrema  destra  e  V  estrema  sinistra  di  un 
esercito:  braccia,  fianchi,  lati.  •  Centro,  la  parte  del- 
l'esercito compresa  fra  le  due  ali:  il  forte,  il  grosso» 


1018 


il  nerbo,  il  nucleo.  -  Colonna,  riunione  di  più  uomini 
disposti  uno  dietro  l'altro.  Anche,  un  intero  eser- 
cito. -  Como,  ciascuna  estremità  di  un  esercito  o 
parte  d'esercito.  Più  comunem.,  ah.  -  Forte,  il  nu- 
cleo, il  maggior  numero  dei  militi  accentrati;  il 
conceiitrairiento  maggiore  di  forze  :  grosso  dell'eser- 
cito, nerbo,  nervo.  -  Fronte,  estensione  misurata  fra 
le  due  ali  di  un  reparto  parte  d'un  esercito  schie- 
rato in  battaglia:  prima  linea,  testa.  -  Reparto, 
denominazione  generica  di  un  numero  indeter- 
minato di  militi  riuniti.  Specialmente  drappelli 
delle  varie  armi  raccolti  insieme  ed  assegnati  ad 
alcuna  operazione  speciale.  -  Spalle,  la  parte  poste- 
riore dell'esercito  o  di  un  reparto:  contrapposto  a 
fronte. 


Uffici.  —  Persone. 


Amministrazione,  cura  di  tutte  le  spese  del- 
l'esercito per  viveri,  vestimenta,  nmnizioni,  appalti, 
ecc.  -  Capitananza,  ufficio  e  dignità  di  chi  dirige  un 
esercito  ;  supremo  comando  delle  milizie  :  capita- 
nato, capitaneria,  comando,  condotta.  -  Comando  in 
capo,  comando  generale  dell'esercito:  costituito  dagli 
organi  di  comando  necessari  per  indirizzare  e  ar- 
monizzare r  azione  delle  armate  e  di  ogni  altra 
forza  sul  teatro  di  operazione,  nonché  per  soprain- 
tendere  e  vigilare  su  tutti  i  servizi  dell'esercito. 

Maggiorità,  ufficio  incaricato  della  compilazione 
di  carte  che  riguardano  complessivamente  il  corpo 
e  delli  tenuta  dei  registri  di  servizio  degli  ufficiali, 
dei  sott'ufficial  i,  ecc.  -  Organico,  ordinamento  normale  e 
fondamentale  dell'esercito  e  di  ogni  sua  parte  od 
unità.  -  Stato  Maggiore,  aggregato  degli  ufficiali  su- 
periori ed  inferiori  che  concorrono  al  governo  del- 
l'esercito senza  far  parte  dei  corpi  o  dei  quadri, 
ecc.,  di  essi.  -  Sussistenza,  complesso  dei  servizi  per 
il  ricevimento,  la  custodia,  la  distribuzione  dei 
viveri.  -  Ufficialità,  l'insieme  degli  ufficiali,  rispetto  : 
a  luogo,  a  tempo,  a  qualità. 

Capitano,  capitano  di  guerra,  condottiero,  duce, 
cotnandante  d'un  esercito,  stratega,  stratego,  stra- 
topedarca.  Nella  gerarchia,  il  più  elevato  di  grado 
tra  gli  ufficiali  inferiori  :  veggasi  ad  ufficiale  an- 
che per  le  voci  colonnello,  generale,  maggiore,  sotto- 
tenente, tenente  colonnello,  tenente  generale.  -  Coman- 
dare alle  armi,  essere  capitano  generale  dell'eser- 
cito. -  Cappellano,  il  sacerdote  die,  nelle  diverse 
evenienze,  celebra  gli  uffici  religiosi.  -  Generale  di 
esercito,  capo  supremo  delle  armi  in  guerra.  -  In- 
gegnere per  l'esercito,  colui  che  professa  tra  le 
armi  la  scienza  della  fortificazione,  dell'accampa- 
mento, della  topografia.  -  Intendente,  l' ufficiale  a 
cui  è  affidata  l'alta  direzione  di  tutti  i  servizi  am- 
ministrativi dell'esercito  in  guerra.  -  Ispettore,  ge- 
nerale 0  altro  ufficiale  superiore  incaricato  di  rive- 
dere, di  esaminare  corpi  e  servizi  militari.  -  Me- 
dico, ufficiale  delegato  alla  cura  degli  ammalati, 
dei  feriti,  ecc.  -  Portabandiera,  veggasi  a  ban- 
diera. -  Prevosto,  Y  incaricato  di  vegliare  alla 
stretta  esecuzione  dei  bandi  militari.  -  Slratopedarca, 
capo  d'esercito.  -  Ufticiale^  nome  generico  d'ogni 
persona  graduata  negli  eserciti  dal  sottotenente  al 
generale. 

Appuntato,  attendente,  bagagliere,  caporale,  cuci- 
niere, tamburino,  trombettiere,  vivandiere,  veggasi  a 
soldato. 

Maresciallo,  alto  grado  dell'esercito  in  Francia; 


da  noi  un  sott' ufficiale.  -  Foriere,  furiere,  sergente,  mar 
resciallo,  veggasi  a  sottufficiale.  -  Sentinella, 
soldato  in  armi  e  di  guardia.  -  Vivandiere,  chi 
vende  vivande  ai  soldati.  -  Volontario,  nell'esercito, 
chi  si  arruola  spontaneamente. 


Luoghi  che  un  esercito  occupa. 
Mosse,    manovre,    azioni   diverse. 


Accampamento,  dimora  d'una  parte  di  eser- 
cito, in  campagna,  sotto  tende  (veggasi  a  tenda) 
0  baracche  o,  per  breve  tempo,  al  sereno.  -  Accan- 
tonamento, veggasi  a  questa  voce.  -  Alloggiamento, 
accampamento  formato  da  un  esercito  in  marcia.  E 
dicesi  alloggio  il  diritto  che  hanno  gli  ufficiali  e  i 
soldati  di  essere  alloggiati  in  terre  di  passaggio, 
ovvero  in  città  nemiche,  prese  d'assalto,  o  per  ac- 
cordo 0  per  guerra.  E'  gravezza  dei  cittadini,  i 
quali  possono  mutare  la  loro  bulletta  di  alloggio  in 
stanza  di  locanda.  -  Alloggiamento  maggiore  o  prin- 
cipale, luogo  dove  il  capo  supremo  dell'esercito  po- 
neva il  suo  alloggiamento.  Ora  il  quartier  generale. 

-  Bivacco  (dal  tedesco  bei,  vicino,  e  wacht,  guardia), 
campo  a  ciel  sereno,  ove  sosta  l'esercito  in  mar- 
cia» •  Campo,  luogo  nel  quale  un  esercito  si  sta- 
bilisce e  dimora  uno  o  più  giorni:  veggasi  a  pa- 
gina, 378,  seconda  colonna.  -  Campo  di  Marte, 
luogo  dove  combattono  gli  eserciti  o  dove  si  ac- 
campa l'esercito  ;  anche  il  campo  delle  esercita- 
zioni. -  Hiberna  (lat.),  quartieri  d'inverno  per  l'e- 
sercito, quando  non  alloggiava  nel  campo  sotto 
tende  (hibernaculasj.  •  Linea,  qualunque  trincera- 
mento nel  quale  sta  un  esercito  per  guardia,  per 
offesa  e  per  difesa.  -  Linea  di  comunicazione,  via 
già  predisposta  per  la  quale  le  milizie  corrispon- 
dono fra  loro  e  ricevono  le  vettovaglie,  le  muni- 
zioni e  quanto  può  occorrere.  -  Linea  di  ritirata, 
quella  che  serve  ad  un  bisogno  per  ritornare  da 
ogni  estremo  di  operazione,  con  movimento  retro- 
grado, ma  sicuro,  sino  alla  base.  -  Padiglione,  la 
tenda  che  si  riserba  solo  per  i  capi  di  un  esercito 
e  diversifica  da  essa  nella  ricchezza  e  nella  forma 
più  nobile.  -  Papilio,  tenda  militare   a  vari  colori. 

-  Parco,  luogo  appartato  e  custodito  con  chiusura 
di  muraglie,  di  cancelli,  con  trincee,  terra  o  pali, 
nel  quale  si  racchiudono  i  materiali  d'artiglieria  e 
genio,  e  dei  servizi  amministrativi,  viveri,  e  tutto 
ciò  che  serve  all'esercito  in  campagna.  -  Praeto- 
rium,  la  tenda  del  generale  in  capo  romano.  -  Principia, 
i  quartieri  generali  di   un    accampamento  romano. 

-  Quartiere,  stanze  destinate  per  alloggio  dei  sol- 
dati di  una  guarnigione  ;  genericamente,  la  città  e 
i  paesi  ove  si  pongono  ad  alloggiare  i  soldati.  - 
Stanza,  alloggiamento  stabile  dei  soldati.  -  Tenda, 
padiglione  di  tela.  -  Tentorium,  tenda  spiegata  su 
corde. 

Veggasi  inoltre  a  caserma,  a  fortezza,  a  for' 
tificazione,  a  quartiere. 

Mosse,  manovre,  azioni  diverse.  —  Assedio, 
complesso  delle  operazioni  con  le  quali  si  attacca 
una  città,  una  piazza  forte.  -  Assedio,  battaglia, 
combattimento^  veggasi  a  queste  voci.  -  Calata, 
invasione.  -  Capitolazione,  i  patti  della  resa; 
atto  scritto  che  li  contiene. 

Disarmo,  il  disarmare;  il  mettere  l'esercito 
sul  piede  di  pace.  -  Disfatta,  rotta,  sconfitta  d'un 
esercito.  -  Esercitazione,  azione  di  esercitare,  ossia 


ESERCITO 


10i9 


^i  far  acquistare  la  pratica  necessaria  nell'  esecu- 
zione di  un  movimento;  il  rendere  abile  il  soldato, 
la  compayuia,  il  reggimento,  ecc.,  alle  evoluzioni 
frequenti  e  continuate,  mediante  la  pratica  e  la 
teoria.  -  Evoluzione,  ogni  mossa  d'un  corpo  di  sol- 
dati non  minore  d'un  battaglione  o  d'uno  squa- 
drone, per  ordinarsi  e  nmoversi  in  colonna,  per 
spiegarsi  in  battaglia,  per  avere  e  conservare  il 
vantaggio  del  luogo,  per  combattere  e  vincere  o  per 
ritirarsi  in  buon  ordine.  -  Irruzione,  mossa  im- 
provvisa e  impetuosa  di  soldati,  dalle  loro  linee  o 
dai  loro  quartieri,  contro  il  nemico.  -  Linea  d'ope- 
razione, indirizzo  che  prende  1'  esercito  nel  proce- 
dere. -  Ludo,  giuoco,  esercizio,  scuola,  spettacolo.  - 
Maneggio,  nel  gergo  militare,  la  rotonda  nella 
quale  si  fanno  gli  esercizi  di  equitazione.  -  Ma- 
novra, minovre,  le  finte  operazioni  guerresche. 
-  Ètarcia,  movimento  delle  milizie  da  luogo  a 
luogo.  -  Mobilitazione,  azione  del  mobilitare,  cioè 
del  mettere  l'esercito  in  assetto  per  la  partenza  e 
disporlo  sul  piede  di  guerra.  -  Mostra^  rassegna  di 
un  corpo  d'esercito,  e  riscontro  del  numero  dei 
joldati  che  lo  compongono,  oppure  esame  del  ve- 
stimento e  dell'armamento  loro.  -  Operazione,  nome 
generico  che  comprende  tutti  i  movimenti  e  tutte 
le  fazioni  d'un  esercito  o  di  qualunque  unità  con- 
nessa per  concerto  strategico.  -  Ordine,  modo  di 
collocare  acconciamente  gli  eserciti  in  tutte  quelle 
forme  che  sono  nella  mente  strategica  del  coman- 
dante. -  Parata,  comparsa  di  soldati  in  arredo,  per 
lar  onore  al  principe  o  a  qualche  ragguardevole 
personaggio,  o  per  festeggiare  qualche  giorno  so- 
lenne. -  Passata,  il  passare  d'  un  esercito  in  paese 
straniero.  -  Rimonta,  lo  scartare  i  cavalli  poco 
buoni  dell'esercito  e  rifornirlo  di  buoni.  -  Ritirata, 
mossa  dell'esercito  che  torni  indietro.  -  Rivista,  l'e- 
same che  i  colonnelli,  i  maggiori,  i  capitani  e  gli 
aiutanti  fanno  dei  soldati  che  si  debbono  mandare 
e  ad  una  fazione,  ad  una  guardia,  ad  una  parata, 
per  vedere  se  nulla  manca  al  loro  vestiario  o  al 
loro  armamento. 

Accantonare  un  esercito,  dividere  i  diversi  corpi 
«  reggimenti  per  le  città  e  i  villaggi  che  sono  a 
portata  del  luogo  che  si  deve  custodire;  e  ciò  in 
Jiianiera  da  poterli  subito  riunire.  -  Accozzare,  met- 
tere insieme  diversi  corpi  d'  esercito.  -  Accrescere 
f esercito,  portarne  il  grosso  in  un  punto  :  far  capo 
grosso,  far  massa,  far  testa.  -  Acquartierare,  mettere 
l'esercito  a  quartiere.  -  Ammutinare,  sollevare  gli 
■omini  militanti  contro  i  capi.  -  Ammutinarsi,  ri- 
bellarsi, far  ribellione.  -  Andare  ad  arme,  solle- 
varsi, far  rivolta.  -  Andare  sotto  le  armi,  armarsi  ; 
anche,  arruolarsi  soldato,  rispondere  alle  chiamate 
di  leva.  -  Anelarsi,  movimento  che  fa  un  esercito, 
stendendosi  in  ordinanza  di  fronte.  -  Campeggiare, 
l'uscire  in  campo  con  l'esercito.  -  Capitanare,  capita- 
neggiare, guidare,  essere  il  capo  di  un  esercito  in 
azione.  -  Capitolare,  far  capitolazione,  trattare  della 
resa.  -  Cotnandare,  avere  la  suprema  autorità 
di  un  esercito  o  d'una  parte  di  esso.  -  Comporre  l'eser- 
cito, raccogliere,  armare  e  istruire  i  soldati  per  la 
guerra:  allestire,  apparecchiare,  attelare  l'oste;  far 
leva  di  soldati;  levar  arme,  gente,  milizie;  mettere 
la  campagna,  in  campo,  in  piedi  un  esercito;  or- 
ilinare,  raunare  un  esercito  ;  rassettare  gente  d'armi. 
-  Corredare  resercito,  fornirlo  di  quanto  occorre 
alla  guerra,  ad  una  spedizione.  -  Disciogliere  l'eser- 
cito, disfarlo,  licenziare  i  militari  e  mandarli  alle 
case  loro.  -  Distendere,  steìidere,  allargare  la  fronte 
di  ogni  ordinanza,    assottigliandone   la  profondità. 


per  occupare  maggiore  estensione.  •  Distribuire  i 
quartieri,  assegnare  a  ciascun  corpo  d'  esercito,  in 
campagna  o  nelle  piazze  occupate,  il  posto  determi- 
nato per  alloggiarlo. 

Entrare  in  campagna,  iniziare  la  guerra.  -  Fo~ 
raggiare  :  di  soldati,  andar  per  la  campagna  a  re- 
quisire vettovaglie  per  l' esercito.  -  Fronteggiare, 
stare  a  fronte  del  nemico,  e  si  dice  di  fortezze,  di 
eserciti  e  d'ogni  difesa.  -  Governare  le  armi,  avere 
il  comando  di  un  esercito  e  il  carico  supremo  della 
guerra.  -  Guarnire,  fornire  di  vettovaglie  e  di  provvi- 
gioni una  città,  una  fortezza,  un  campo,  un  eser- 
cito. -  Lasciar  la  piazza,  fuggire  da  una  città,  da 
una  fortezza,  da  un  accampamento,  da  una  posi- 
zione qualsiasi.  -  Levar  le  tende,  il  partire  degli 
eserciti  dai  luoghi  ove  erano  attendati.  -  Manovrare, 
esercitarsi.  -  Mobilitare,  mettere  l'esercito  in  punto 
per  la  partenza.  -  Occupare  un  paese,  prenderne 
possesso  con  le  armi.  -  Provvedere,  raccogliere  tutto 
ciò  che  di  approvvigionamento  e  di  munizioni 
occorre  all'esercito  per  il  mantenimento  e  per  le 
operazioni.  -  Raccogliere  le  truppe,  l'esercito,  adu- 
nare. -  Raccozzare,  rimettere  insieme  le  varie  parti 
di  un  esercito.  -  Reguisire,  imporre  ed  esigere  al- 
cuna cosa  per  pubblico  servizio,  specialmente  per 
provvedere  ai  bisogni  dell'  esercito.  -  Riempire, 
mettere  nuovi  soldati  al  luogo  dei  mancanti;  met- 
tere in  numero  la  guarnigione.  -  Sbandare,  scio- 
gliere l'esercito.  -  Sbaragliare,  sconfìggere,  dare  una 
sconfitta.  -  Sfilare,  marciare  su  piccole  fronti. 
-  Sortire,  muovere  degli  eserciti  per  alcuna  im- 
presa. -  Spiegare  le  tende ,  accamparsi,  atten- 
darsi :  meglio  detto  rizzar  le  tende.  -  Stanziare. 
d'eserciti  e  simili,  stare,  dimorare.  -  Stare  sotto  le 
armi,  stare  armato,  essere  soldato  nell'esercito  at- 
tivo. -  Svecchiare  un  esercito:  pensionando  gli  an- 
ziani. -  Vettovagliare,  provvedere  o  provvedersi  di 
vettovaglie. 


Approvvigionamento.  —  Cose  e  termini  varì. 


Armatura ,  apparecchio  difensivo  degli  an- 
tichi eserciti.  -  Arme,  arnese  di  offesa  o  di 
difesa.  -  Bandiera,  insegna  degli  eserciti.  -  Cal- 
zatura, tutto  ciò  che  serve  a  calzare  i  piedi  e  le 
gambe.  -  Ruffetteria,  gli  oggetti  di  cuoio  del  sol- 
dato. -  Carriaggio,  tutte  le  salmerie  che  accom- 
pagnano un  esercito  in  marcia.  -  Divisa,  vestiario 
militare,  di  foggia  e  colore  distinti  :  assisa,  uni- 
forme, veste.  -  Effetti,  la  quantità  di  cose  che 
costituiscono  il  piccolo  equipaggio  e  il  corredo  per- 
sonale. -  Equipaggio,  provvisione  di  arnesi,  di 
cavalli,  di  quanto  è  necessario  alla  persona,  all'e- 
sercito, ecc.  -  Massa,  quantità  riunita  di  munizioni 
e  di  ogni  cosa  necessaria  all'esercito.  -  Munizione, 
provvisione  di  tutto  ciò  che  è  necessario  all'eser- 
cito per  vivere  e  per  combattere.  -  Pennone,  piccola 
bandiera  bislunga,  usata  negli  alloggiamenti  e  che 
si  mette  alla  sommità  delle  tende,  per  segnalamento. 
-  Tenuta  (nell'uso),  il  vestiario  dei  soldati,  segnata- 
mente in  occasioni  solenni.  Così  si  dice:  bassa  te- 
nuta, che  è  quella  pei  servizi  in  quartiere  ;  piccola 
tenuta,  quella  ordinaria,  e  gran  tenuta  quella  che 
s'indossa  dal  militare  nelle  feste  e  per  le  riviste 
importanti.  -  Tessera  militare,  tavoletta  di  legno 
con  la  parola  d'ordine  scritta  sopra,  che  si  dava 
dagli  ufficiali  ai  soldati,  perchè  potessero  avere  un. 
segno  oer   distinguersi   dai   nemici.   -  Vestiario,  li 


1020 


ESERCITO    —    ESILIO 


complesso  degli  indumenti,  l'insieme  di  ogni  veste. 

-  Vettovaglia,  il  vitto  degli  eserciti  in  marcia, 
in  guerra. 

Carte  topagrafiche,  fogli  sui  quali  si  disegnano  il 
paese,  come  se  l'esercito  dovesse  campeggiarvi,  in- 
dicando ie  strade,  i  sentieri,  le  acque,  i  fossi,  ecc., 
e  tuUi  gii  accidenti  del  terreno  con  la  scala  di  parti 
uguali  da  rappresentare  !e  misure  e  le  distanze.  - 
Lo(/i.stica,  veggasi  a  questa  voce,  -  Razzia,  contribu- 
zione di  denaro,  viveri  o  quadrupedi,  imposta  ed 
estorta  da  eserciti  campeggianti,  nel  paese  occupato 
e   percorso,  a   titolo   di  contribuzione    di    guerra. 

-  Riferma  {rafferma),  nuova  ferma  nell'esercito.  - 
Riforma,  forma  nuova  alla  quale  si  riducono  la 
disciplina,  le  leggi,  l'organamento,  il  numero  del- 
l'esercito. -  Stratografia,  descrizione  dell'esercito.  ■ 
Tatticaf  scienza,  arte  con  le  quale  dare  la  bat- 
taglia, sostenere  una  guerra. 

Esercito.  Gran  quantità  di  persone  raccolte  in- 
sieme: moltitudine. 

Esercito  della  fede.  Le  orde  dell'assolutismo 
in  Ispagna,  nel  1822.  -  Esercito  della  Santa  Fede, 
le  masnade  raccolte  e  raccomandate  dal  cardinale 
Ruffo  nelle  Calabrie  (1799).  -  Esercito  della  Sal- 
vezza {Salvatwn  Army,  ingl.),  istituto  evangelico 
inglese,  con  iscopo  di  propaganda,  di  missione: 
diffonde  il  Vangelo,  combatte  l'alcoolismo,  ecc. 

Esercizio  (esercitazione).  L'esercitare  e  l'eserci- 
tarsi, in  atto,  modo  ed  effetto  ;  l'addestrarsi  e  l'av- 
vezzarsi a  fare  una  cosa  :  esercitazione,  funzione, 
operamento,  prova,  uso  ;  pratica,  perizia  acqui- 
stata. Nell'uso  sportivo,  allenamento.  -  Scuola  pra- 
tica nel  maneggio  delle  armi.  -Nella  musica,  pezzo 
composto  su  di  un  tratto  diffìcile  per  la  voce  o 
per  gli  istrumenti.  -  Esercizi  spiritnali  o  di  pietà, 
quelli  fatti  specialmente  da  ecclesiastici,  in  luogo 
ritirato,  con  meditazioiii,  preghiere,  atti  di  peni- 
tenza. -  Esercizio  provvisorio  del  bilancio,  veggasi 
a  governo,  -  Esercizio  sociale,  detto  a  società.  - 
Evoluzione,  voce  d'uso  nel  senso  filosotico  e  co- 
me sinonimo  di  esercizio  militare. 

Esercitamento,  l'esercitare  e  1'  esercitarsi.  -  Eser- 
citare, addestrare  con  atti  frequenti,  esercitare  a 
fare  checchessia  mediante  l'esercizio  ;  abituare,  far 
prendere  l'abitudine,  la  pratica:  allenare,  assue- 
fare, ausare,  impratichire,  indurare.  -  Esercitarsi, 
abituarsi,  avvezzarsi,  ecc.  con  l'esercizio  :  accostu- 
marsi, diguazzare  il  cervello,  fare  prove,  mante- 
nersi esercitato,  provarsi,  trenarsi  (barbarismo).  - 
Esercitare  dicesi  anche  per  fare  del  moto,  passeg- 
giare, e  nel  senso  di  coprire,  sostenere  una  ca- 
rica, un  ufficio,  praticare  una  professione,  un 
mestiere,  ecc.  -  Esercilativo,  atto  ad  esercitare. 

Proverbi  :  Chi  non  usa  disusa.  -  Tutto  si  acquista 
con  l'esercizio, 

Eseredare  (eseredato)   Detto  ad  eredità. 

Esèrgo.  Veggasi  e  medaglia. 

Esfogliazione.  Separazione  a  foglie  o  a  lamine 
delle  parti  di  un  osso,  d'un  tendine,  d'una  car- 
tilagine e  simili,  colpiti  da  necrosi. 

Esibire,  esibizione  (esibito).  Veggasi  ad  of- 
frire. -  Vale  anche  presentare  (un  documento, 
una  scrittura  e  simili),  dare  (a  prova,  in  prova, 
ecc.).  -  Esibita,  presentazione  di  scrittura  o  di  ri- 
cevuta in  giudizio. 

Esibizione.  Francesismo  per  esposizione, 
mostra, 

Esicastlco.  Dicesi  di  un  componimento  musi- 
cale che  abbia  per  caratteristiche  la  calma,  la  se- 
Ytsrità,  la  solennità. 


Esigente.  Chi  ha  pretesa  su  checchessia  o, 
anche,  indiscrezione. 

Esigenza.  Ciò  che  conviene,  è  conveniente; 
espediente.  -  Il  sentimento  di  chi  pretende,  ha 
pretesa  su  checchessia  o  indiscrezione.  Nel- 
l'uso, desto  anche  per  bisogno,  necessità. 

Esigere  (esatto).  Il  riscuotere  per  la  via  della 
giustizia.  -  Chiedere  richiedere,  fare  domanda. 
Pretendere,  avere  pretesa.  -  Esigibile,  che  si  può 
esigere.  -  Esigibilità,  l'essere  esigibile. 

insignita.  Piccolezza  ;  l'essere  piccolo. 

Esiguo.  Lo  stesso  che  piccolo,  esile, 

Esllaramento.  L'esilarare,  l'esilararsi. 

Esilarare^  esilararsi  (esihraio).  Rallegrare, 
rallegrarsi  ;  infondere,  sentire  allegrezza. 

Esile.  Minuto,  sottile,  tenue,  debole.  •  Della  cor- 
poratura, della  complessione,  peggio  d)e  gra- 
cile (la  gracilità  si  congiunge  con  certa  delicatezza; 
una  struttura  esile  manca  di  grazia  e  fa  pena  a  ve- 
dere): mezza  cicca  (volg.),  mezzo  sigaro  (scherz.), 
mingherlino,  ninnolino,  scricciolo,  smilzo,  tutt* 
voce  e  penne,  uomo  di  poca,  di  meschina  presenza. 
-  Personahiccio  scilivato,  persona  mingherlina  e  de- 
licatissima :  dicesi  parinìente  di  carnagione  sbian- 
cata o  simile.  -  Presentino,  uomo,  ragazzo  esile  e 
con  abiti  molto  attillati.   -  Esilità,  l'essere  esile. 

Esiliare  (esilialo).  Mandare  in  esilio. 

Esilio.  Scacciamento  dalla  patria;  pena  inflitta 
a  chi  è  cacciato  in  bando  (e  anche  il  luogo  di 
esilio)  :  esigilo,  espulsione,  proscrizione,  relegazione, 
sbandizione,  sbandimento,  scacciata,  sfratto,  terra- 
tine.  Figur.,  luogo  ritirato  dove  uno  viva.  -  Aban- 
nazione,  nell'antica  giurisprudenza,  esilio  d'un  anno 
inflitto  all'autore  di  un  omicidio  involontario.  -  De- 
portazione, esilio  perpetuo,  con  perdita  dei  diritti 
civili.  -  Esilio  perpetuo,  a  vita,  per  sempre,  irre- 
vocabile; temporaneo,  iper  un  certo  periodo  di  tem- 
po ;  volontario,  quando  si  abbandona  la  patria  senza 
esserne  scacciato. 

Confino,  veggasi  a  questa  voce.  -  Domicili» 
coatto,  veggasi  a  domicilio.  -  Ostracismo  (dal  greco), 
anticam.,  esilio  per  un  dato  tempo  e  in  seguito  a 
voto  popolare  :  fu  in  uso  tra  gli  Ateniesi,  e  cosi 
detto  da  una  parola  greca  che  significa  conchiglia, 
perchè  i  cittadini  davano  i  loro  suffragi  scrivendo 
il  nome  dell'accusato  sopra  il  guscio  di  una  con- 
chiglia. -  Proscrizione,  l'atto  di  bandire  un  citta- 
dino in  virtù  di  una  legge  che  lo  condanna  ad 
abbandonare  il  proprio  paese. 

Esiliare,  condannare  all'esilio,  cacciare  in  esilio  : 
bandeggiare,  bandire;  confinare;  dar  lanlo,  dare  l'o- 
stracìsnio, disbandire;  mandarea pigliar  aria, mandare 
in  villa  (scherz.),  ostracizzare,  privare  della  patria,  pro- 
scrivere, relegare,  sbandeggiare,  sbandire,  sfrattare, 
spatriare  ;  tener  bandito,  tenere  in  bando,  in  esilio; 
terrafìnare.  -  Essere,  stare  bandito,  in  bando,  pro- 
fugo, essere  esiliato.  -  Esulare,  andare  volontaria- 
mente in  esilio  :  andar  esule,  andare  in  bando,  ban- 
dito; bandeggiarsi.  -  Ricomperare  il  bando,  far  revo- 
care l'esilio.  -  Proscrivere,  infliggere  la  proscri- 
zione. -  Torre,  trarre  di  bando,  revocare  l'esilio, 
graziare  l'esule.  -  Uscir  di  bando,  essere  graziato 
dell'esilio. 

Emigrante,  esule  volontario  (veggasi  a  emigra- 
zione). -  Esiliato,  mandato  in  esilio  :  bandito,  con- 
finato, deportato,  disperso,  relegato,  sfrattato.  - 
Esule,  chi  è  condannato,  o  va  spontaneamente  i» 
esilio;  chi  va,  sta  fuori  della  patria  per  effetto  di 
condanna,  di  pena,  o  per  sottrarsi  a  perseciiziooi 
politiche:  bandeggiato,  bandito,  cacciato,  conlinato» 


ESORTARE 


1021 


«silialo,  espulso  ;    fuggiasco,    fuggitivo,   fuoruscito, 
profugo,  proscritto,  sbandito,  usciticcio. 

Esilità.  Detto  a  esile. 

Esimere.  Dispensare,  dar  la  dispensa,  esen- 
tare, eccettuare;  permettere  ad  altri  di  fare 
«hecchessia;  esonerare,  liberare  da  un  obbligo; 
risparmiare. 

Esimersi,  Sfuggire,  sottrarsi  a  uh  obbligo, 
eluderlo  scaltramente.  Anche,  disinteressarsi. 

Esiiuio.  Molto  buono,  eccellente. 

Esinanire,  eslnanlzlone  (esinanito).  Yeggasi 
a  nulla. 

Esistenza.  L'esistere,  l'essere,  la  vita. 

Esistere  (esistente,  esistito).  Vessere  in  realtà 
e  attualmente.  -  Preesistere,  sussistere,  ecc.,  veggasi 
pure  ad  essere. 

Esitàbile.  Che  si  può  esitare,  vendere. 

Esitante.  Di  persona  dubbiosa  (vej.'gasi  a  dub- 
Mo),  che  stenta,  tarda  a  decidere,  a  decidersi,  sta 
sul  titubare. 

Esitanza.  L'esitare,  il  titubare:  esitazione, 
indecisione,  irresolutezza,  perplessità. 

Esitare  (esitante,  esitanza,  esitato).  Essere  in 
dubbio  intorno  al  decidere,  al  prendere  un  par- 
tito ;  essere  indeciso,  titubare. 

Esitare  (esitato).  Dare  esito,  vendere,  spac- 
ciare. 

Esito.  Modo  col  quale  una  cosa,  un  fatto,  un 
evento  riesce,  può  riuscire  ad  aver  fine,  buona 
•  cattiva  fortuna.  -  La  catastrofe,  lo  scioglimento 
di  un'opera  drammatica.  -  Anche,  spaccio,  vendita. 
-  Esiziale,  che  ha  esito  funesto  (veggasi  a  ro- 
vina). -  Fausto,  esito  felice,  fortunato,  o  che  dà 
speranza  d'essere  tale.  -  Contr..  infausto,  infelice, 
sfortunato.  -  Rientrato,  per  ischerno  o  sprezzo,  an- 
dato a  male,  non  avvenuto,  non  riuscito  come  si 
sperava  o  si  voleva. 

Catastrofe,  scioglimento  disastroso  di  qualsiasi 
fatto  :  disastro.  -  Cosa  indovinala,  ben  riuscita.  - 
Insuccesso,  cattivo  esito  d'un  affare,  di  un'im- 
presa, d'un  tentativo,  d'una  recita,  ecc.  Contr., 
.'iìiccesso.  -  Voga,  uso  grande,  successo. 

Abortire,  di  cosa  che  non  ha  buon  esito,  non 
serve.  -  Andar  male,  andare  a  monte  Fiasconi,  an- 
dare a  rotoli,  a  vuoto,  andare  nelVun  via  uno,  ecc.: 
aon  riuscire,  fallire.  -  Far  sicura  una  cosa,  crederla 
ili  esito  certo.  -  Passarla  liscia,  senza  inconvenienti, 
con  buon  esito.  -  Riuscire,  avere  effetto,  compi- 
aiento,  buon  esito.  -  Veder  la  mala  parata:  accor- 
gersi che  la  cosa  ha  cattivo  esito. 

A  buon  fine,  a  buon  punto,  alla  fine,  modi  di  dire 
accennanti  a  cosa  felicemente  inoltrata  verso  un 
buon  esito. 

Le  susine  diventan  bozzacchi:  quando  le  cose  co- 
minciano bene  e  vanno  a  finir  male.  -  Non  tutte 
k  ciambelle  riescono  col  buco:  non  tutte  le  cose  rie- 
scono bene.  -  Per  altri  proverbi,  altre  massime, 
veggasi  a  riuscire. 

Te  Deum  laudamus  I,  di  cosa  che  alla  fine  ha 
huon  esito. 

Esiziale.  Pernicioso,  rovinoso  :  che  riesce  di 
L'ran  danno,  di  rovina. 

Esìzio.  Eccidio,  ruina,  rovina. 

Eslege  (tx-leye).  Che  é  fuori  dalla  legge. 

Esocisti,  esocoderma.  Detto  a  vescica  (ori- 
Maria). 

Èsodo.  L'uscita  del  popolo  ebreo  dall'Egitto.  - 
Libro  della  Bibbia. 

Esofàgèo,  esofagismo,  esofagite.  Detto  ad 
«nò fugo. 


Esòfago.  11  canale  del  cibo  dalla  gola  allo 
stomaco:  gorgozzule,  portaraangiare.  Condotto  ci- 
lindrico, muscolo  membranoso  che  ha  una  lun- 
ghezza uguale  a  quella  che  corre  fra  la  testa  e  lo 
stomaco;  negli  animali  superiori,  organo  dell'appa- 
rato che  compie  la  funzione  della  digestione.  - 
Esofagea  del  diaframma,  apertura  ovale  che  dà 
passaggio  all'esofago  e  ai  nervi  vagiti  :  situata  nel 
diaframma,  al  disopra  dell'apertura  aortica,  alquanto 
a  sinistra.  -  Trachea,  canale,  tubo,  davanti  all'eso- 
fago, destinato  alla  circolazione  dell'aria.  -  Tuniche, 
i  tre  tessuti  che  costituiscono  l'esofago:  tunica  di 
connettivo  o  esterna,  muscolare  o  mediana,  mucosa 
0  interna.  -  Esofàgèo,  dell'esòfago,  appartenente  al- 
l'esòfago. -  Cingolo  esofageo,  quello  dietro  la  bocca, 
nel  quale  passa  l'esofago. 

Esofagismo,  spasimo  dell'esofago.  -  Esofagite,  in- 
fiammazione dell'esofago.  -  Esofayonea,  emorragia 
dall'esofago.  -  Esofagoscopia,  strumento    che  si  usa 
per  esaminare  l'esofago.  -  Esofagotomia,  taglio  fatti» 
nell'esofago  per  estrarne  corpi  stranieri    o   per  ri- 
mediare ai  restringimenti    dell'  esofago.    -  Esofago- 
tomo,    strumento    con    lame   taglienti   è   varie    di 
forma,  usato  per  l'esofagotomia  interna. 
Esoftalmla,  esoftalmo.  Veggasi  a  occhio. 
Esògeno.  Detto  a  forza. 
Esomologesi.  Voce  greca:  confessione. 
Esonerare  {esonerato,  esonero).    Lo    stesso  che 
esentare,  esimere,  specialmente  però  riferito  ad 
aggravio,  a  spesa,  ad  ufficio, 

Esonerazione ,    esònero.    Veggasi    a    di- 
spensa. 
Esonfalo.  Detto  a  ombelico. 
Esorbitante,  esorbitanza,  esorbitare  {esor' 
bitantemente,  esorbitato).  Veggasi  ad  eccesso. 

Esorcismo.  Cerimonia  fatta  con  la  presunzione 
di  scacciare  un  demonio  o  il  diavolo  dal  corpo 
di  qualcuno  :  esorcizzazione,  invocazione  sacra,  sacra 
maledizione,  scongiuramento,  scongiurazione,  scon- 
giuro. •  Esorcista,  chi  fa  l'esorcismo;  il  prete  atto 
e  autorizzato  a  tale  funzione:  cacciadiavoli,  scon- 
giuratore. -  Esorcistato,  il  terzo  degli  ordini  minori 
del  clero.  -  Esoreistico,  di  esorcismo.  -  Esorciz- 
zare, fare  l'esorcismo  :  scongiurare,  scongiurare  i 
demoni. 

Esorcista,  esorcistato,  esorcizzare.  Veg- 
gasi ad  esorcismo. 

Esordiente,  (^hi  é  all'  esordio,  sul  comiU" 
dare,  sul  principio  di  un'arte,  ecc. 

Esòrdio.  La  prima  parte  di  un  discorso  ora- 
torio, con  la  quale  1'  oratore  cerca  di  guadagnarsi 
l'attenzione  degli  uditori  e  di  avviarsi  all'argo- 
mento :  antifona  (veggasi  a  salmo),  entratura  (spe- 
cialm.  di  comineiMe),  introdiizione;  jrre fazione 
(di  libro,  di  scritto),  preambolo,  proemio,  jfjrò- 
logo,  proposizione,  sinfonia  (di  musica  o  figur.). 
-  Esordio  ex  abrupto  (lat.),  quando  l'oratorei  entra 
nel  vivo  dell'argomento  senza  preamboli.  -  Efodo, 
esordio  insinuante. 

Esordire,  fare  l'esordio;  proemiare,  proemizzare; 
cominciare;  esordiare  (v.  a.):  detto, specialmente, 
dell'artista  còmico  e  del  cantante;  dehnti3ire 
(debutto),  bruttissimo  francesismo.  In  Toscana,  fare 
la  prima  apparizione,  la  prima  comparsa. 

Esornare  (esornativo,  esornato).  Adornare,  or- 
nare (propriam.,  con  parole). 

Esortare  (esortante,  esortativo,  esortato,  esorta- 
tivoj.  Cercar  di  ])ersuadere  ;  genericam.,  ecci^ 
tare,  incitare  ;  in  cattivo  senso,  istigare.  ■  An- 
che, suggerire,  dar  suggerimento;  consigliare,  dar 


1022 


ESORTAZIONE    —    ESPETTORARE 


consiglio  vivace  per  indurre  alcuno  a  fare  una 
determinata  cosa  ;  confortare,  dar  conforto,  - 
Esortante,  che  esorta.  -  Esortativo,  che  esorta,  atto 
ad  esortare,  ortatorio.  -  Esortatoria,  ammonimento 
scritto.  -  Esortazione,  l'esortare,  atto  ed  effetto  :  in- 
citamento. -  Parenesi,  parenetico  (gr.),  esortazione, 
esortativo. 

0,'sù,,  avverbio  che  si  usa  come  esclamazione 
esortativa. 

Esortazióne.  V esortare. 

Esoso.  Odioso,  odiato  (veggasi  a  odio)  ;  antipa- 
tico, che  suscita  antipatia. 

Esostosi.  Tumore  dell'  osso.  -  Esostosi  molle, 
gomma  sifilitica. 

Esotèrica,  essotèrica.  Metodi  di  insegna- 
mento. 

Esoteromania.  Detto  a  straniero. 

Esòtico.  Che  non  è  del  paese,  ma  straniero. 

-  Delia  pianta  o  altra  cosa  portata  in  paese  da 
fuori. 

Espandere,  espansione  {espansione,  espansi- 
bile, espansibilità,  espanto).  Veggasi  a  spàndere  e 
a  spargere. 

Espandersi,  espansivo  (espansione).  Veggasi 
a  itfogo. 

Espansibile,  espansibilità.  Veggasi  a  largo. 

Espansióne  (espansivo).  Dilfusione,  effusione, 
dilatazione.  -  Divergenza  delle  fibre  di  una  parte 
molle  qualunque.  -  Nell'uso,  affettuosa  confi- 
denza. -  Macchina  ad  espansione,  detto  a  mac- 
china. 

Espansionismo.  Veggasi  a  colonia  (pa- 
gina 602). 

Espansivo.  Di  chi  facilmente  sfoga,  ama  sfo- 
gare il  proprio  affetto;  abbandonarsi  ad  a^et- 
tuosa  confidenza. 

Espatriare.  Uscire  di  pat/ria,  dalla  patria; 
emigrare  (veggasi  ad  emigrazione). 

Espediente.  Ciò  che  serve  da  mezzo,  da 
provvedimento,  da  rimedio,  da  ripiego. 

Espedire  (espedito).   Lo   stesso    che  sedire. 
Anche,  sciogliere,  liberare,  mettere  in  libertà. 

Espèllere  (espulso).  Cacciare,  scacciare. 

Esperanto.  Nuova  lingua  internazionale. 

Esperibile.  Detto  ad  esperimento. 

Esperidi.  Vengasi  a  insetto  e  a  ninfa. 

Esperidio  (lat.).  L' arancia,  il  frutto  dell'  a- 
rancio. 

Esperienza.  Conoscenza  dalla  vita  che  si  ac- 
quista col  tempo  ;  conoscenza  di  un'  arte  e  simili, 
acquistata  per  prova  fatta  (in  tal  caso,  pra- 
tica): maturità,  scienza  di  mondo;  senso  pratico, 
sperienza,  sperienzia.  -  Anche,  esperimento,  ope- 
razione dell'  esperimentare  (contr.,  inesperienza) 
e  paragone.  -  In  lilosofia,  la  cognizione  provata 
dei  fatti  che  si  manifestano  o  si  sono  a  noi  manife- 
stati. -  Ab  experto,  per  esperto,  per  esperienza.  - 
Espertamente,  in  modo  esperto.  -  Esperimentale,  spe- 
rimentale, di  esperienza;  che  si  fonda  sull'esperienza. 

Esperto,  che  ha  esperienza,  ha  appreso  dall'espe- 
rienza: accorto,  barbiere  che  sa  radere;  empirico;  na- 
vigato (popol.),  perito,  pilota  di  molti  anni,  pipistrello 
vecchio  ;  pratico,  provetto,  provato,,  saputo,  scoz- 
zonato, spolaccato,  sperimentato  ;  uomo  di  mondo. 
Contr.,  inesperto.  -  Espertissimo,  superi,  di  esperto. 

-  Persona  di  consumata  esperienza,  espertissima.  - 
Tatticone,  di  chi  la  sa  lunga. 

Essere  esperto  :  aver  fatto  il  noviziato  ;  aver  fatto 
la  sua  carovana,  o  le  sue  carovane;  aver  1' hic  e 
r  hoc  ;  avere   messo   il    pélo   bianco  ;   avere   sotto 


biondi  capelli  canuta  mente  ;  aver  vissuto  ;  cono- 
scere il  calabrone  nel  fiasco  ;  essere  vecchio  dei 
mondo  ;  leggere  in  cattedra  ;  poter  discorrere  da 
maestro;  conoscere  come  vanno  le  cose  del 
mondo  ;  sajtere  ;  sapere  come  si  pesca  ;  sapere 
delle  cose  del  mondo  ;  saperla  lunga.  Scherz.,  aver» 
il  culo  cotto  nei  ceci  rossi  ;  avere  pisciato  in  più 
zeri,  in  sette  zeri  ;  avere  scopato  più  d'un  coro  ; 
sapere  a  quanti  di  è  San  Biagio  ;  sapere  che  grasso 
s'adopera  a  voler  tare  che  le  carrucole  corrano;, 
sapere  come  s'infilzano  le  oche  nello  schidione.  - 
Imparare,  acquistare  esperienza.  -  intendersene, 
faniiliarm.,  conoscere,  avere  conoscenza,  compe- 
tenza e  pratica  di  una  disciplina,  di  un'arte  e  si- 
mili. -  Pagare  il  noviziato,  acquistare  esperienza 
con  danno  o  fatica.  -  Pigliare  il  sale,  acquistare 
esperienza,  pratica  d'una  cosa;  anche,  furberia.  - 
Saper  leggere  nel  libro  della  vita:  avere  esperienza, 
essere  sagace.  -  Spertire,  fare,  farsi  sperto. 

Experto  credile  (credete  a  chi  è  esperto),  emi- 
stichio di  Virgilio,  nel  medioevo  goffamente  para- 
frasato nella  locuzione  :  quam  subito,  quam  certo,, 
experto  crede  Roberto. 

Proverbi.  —  Assai  sa  chi  viver  sa.  -  Bisognerebbe 
essere  prima  vecchi  e  poi  giovani.  -  Bue  vecchio, 
solco  diritto  (invecchiando  si   acquista  esperienza). 

-  Chi  alle  altrui  spese  sa  imparare,  felice  si  può 
chiamare.  -  Chi  ha  passalo  il  guado,  sa  quant'acqua 
contiene.  -  Chi  non  va  non  vede,  chi  non  prova  non 
crede.  -  Del  primo  giorno  scolaro  è  il  secondo.  - 
Esperienza,  madre  di  scienza.  -  //  fare  insegna  fare. 

-  Il  mangiare  insegna  bere.  -  Gli  anni  sanno  più 
dei  libri.  -  L'errore  insegna   e   il  maestro  si  paga. 

-  Non  mordere  se  non  sai  se  è  pietra  o  pane. 
Esperimentale.  Di  esperienza,  dipendente 

dall'esperienza. 

Esperimentare  (esperimentato).  Fare  Vespe' 
rimento. 

Esperimento.  Operazione  con  la  quale  si  cerca 
di  conoscere  la  qualità,  lo  stato,  il  valore,  ecc.,  di 
checchessia;  protra  slìU  a  convincere  d'un  determi- 
nato fatto:  cimento, esame,  esperimentazione, osser- 
vazione,  pruova,  riscontro,  sperimento,  saggio, 
scandaglio,  sperimento,  tentamento,  tentativo.  Fi- 
gur.,  crogiuolo,  pietra  di  paragone.  -  t^sperimentale, 
di  esperimento  (metodo,  ecc.).  -  Esperimentato,  pro- 
vato con  esperimento  :  assaggiato,  esperto  (non  us. 
in  questo  senso).  -  Esperimentare,  fare  l'esperimento 
un  esperimento,  una  prova  (anche,  tentare)  :  as- 
saggiare, cimentare,  comprovare,  esperire,  levare  il 
saggio,  i  saggi,  mettere  alla  lima  (uno  scolaro),  pa- 
ragonare, pigliar  prova,  porre  in  prova,  provare  ; 
saggiare,  sperimentare,  venire  alla  prova.  -  Esperi- 
mentare in  anima  o  in  corpore  vili,  vecchio  motto 
di  storia  incerta,  che  si  ripete  talvolta,  sul  serio 
0  per  facezia,  accennando  a  cose  nuove  sottoposte 
ad  esperimento.  -  Esperimentatore,  chi  esperimenta, 
fa  l'esperimento:  provatore,  saggiatore,  sperimeit- 
latore. 

Esperire  (esperito).  Fare  esperimento. 

Espèrio.  Lo  stesso  che  occidentale,  dell'ovest» 

Èspcro.  La  stella  della  sera;  uno  dei  nomi 
del  pianeta  Venere.  -  Il  vento  di  ponente.  -  Figura 
mitologica,  figlio  di  Giove. 

Esperto.  Che  ha  esperienza. 

Espettativa,  espettazlone.  Aspettativa  ;  Va- 
spettare. 

Espettorante,  espettorativo.  Che  fa  espet- 
torare. 

Espettorare  (espettorante    espettorativo,  èspet^ 


KSl'ETTOR  AZIONI-: 


ESPLOSIVO 


1023 


iorato).  Cacciar  fuori,  spurgando,  le  materie  mu- 
cose, il  catarro  formatosi  nei  bronclii  o  negli 
alveoli  polmonari ,  ecc.  :  fare  sonnacchi ,  spuli  ; 
gettare  il  farfallone;  scaricarsi,  scaracchiare,  sca- 
tarrare, spazzarsi  la  gola;  spurgare,  spurgarsi,  apw- 
tare,  sputacchiare,  sputacciare.  -  Espeltoranle,  espet- 
torativo, il  medicamento  atto  a  promuovere  l'espul- 
sione del  mucoy  del  catarro,  ecc.  :  anacatartico. 
Espettoranti  :  l'elemina,  l'ossido  bianco  di  antimo- 
nio, l'acido  benzoico,  il  cubebe,  il  tartaro  stibiato, 
il  finocchio,  la  gomma-ammonica,  l'ipecacuana,  il 
kermes  minerale,  la  poligala,  le  polveri  del  Dower, 
balsamo  tolti,  ecc.  -  Espettorazione,  l'espettorare  : 
anacalarsi ,  escreazione ,  espurgazione,  spuizione, 
spurgamento,  spurgo,  sputo.  Anche,  la  materia  espet- 
torata: escrealo  mucoso,  sarnacchio,  sornacchio, 
scaracchio,  scataratta,  screato,  sputacchio,  sputaglio, 
sputelio,  sputo  catarroso.  Scherz.,  farfallone,  o- 
strica. 

Espettorazione  t'espettorante,  espeltoratxvo ) . 
Detto  ad  espettorare. 

Espiabile.  Detto  ad  espiazione. 

Espiare  {espiato).  Fare  espiazione. 

Espiatòrio.  Detto  ad  espiazione. 

Espiazione.  Atto  ed  effetto  dell'espiare,  ossia 
di  subire  castigo  o  pena^  di  fare  penitenza  per 
una  colpa,  un  delitto,  un  peccato  e  simili  :  e-, 
menda,  purgamento,  purgazione.  Anche,  scemare 
il  debito  incontrato  con  la  colpa;  risarcirei.in- 
dennizzazione,  risarcimento,  sconto,  scotto,  sod- 
disfacimento, soddisfazione. 

Espiàbile,  che  si  può  espiare  ;  mondabile.  Contr., 
inespiabile.  •  Espiare,  fare  espiazione,  in  vario  senso  : 
essere  castigato,  far  penitenza ,  pagare  il  fio,  pa- 
gare lo  scotto,  purgare  (una  colpa)  ;  render  ra- 
L'ione  ;  ricomprare  a  caro  prezzo  ;  scontare,  soddi- 
sfare 

ii^spllare,  espilazione  {espilato).  Il  rubare 
con  inganno  (riferito  specialmente  a  eredità). 

Espirare,  espirazione  (espirato).  Compiere 
la  seconda  parte  della  respirazione. 

Espletivo.  Detto  a  parola. 

Esplicabile.  Che  si  può  spiegare. 

Esplicare  (esplicatico ,  esplicato).  Dichiarare, 
spiegare,  fare  una  dichiarazione,  dare  una  spie- 
gazione. -  Esplicativo,  atto  ad  esplicare. 

Esplicazione.  L'esplicare. 

Esplicitamente.  Chiaramente,  in  modo  cJiia- 
ro,  nel  dire,  nel  rispondere,  nello  spiegarsi,  ecc. 

Esplicito.  Espresso,  chiaro ,  senza  meta- 
fora». 

Esplodente.  Che  esplode,  esplosivo. 

Esplòdere  (esplodente,  esploso).  Fare  esplosione, 
scoppiare:  detto  specialmente  di  arme  da  fuoco, 
(bomba,  obice,  petardo,  ecc.),  della  polvere  pirica, 
di  mina  e  di  certe  materie  (veggasi  ad  esplosivo). 

Esploditore.  Apparecchio  generatore  dell'elet- 
tricità. 

Esplorare  {esplorante,  esplorato,  esploratore, 
esplorazione).  11  percorrere  un  paese  non  cono- 
sciuto 0  conosciuto  poco,  per  istudiarlo  sotto  i 
suoi  diversi  aspetti.  -  Osservare  in  genere  o 
esplorare  dall'alto,  come  fanno  le  vedette  (veggasi  a 
sentinella)  per  la  terra  e  gli  astronomi  per  il 
cielo  (veggasi  ad  osservatoino).  -  Investigare, 
spiare  i  procedimenti,  i  secreti.  -  Spiare  le  mosse 
del  nemico  in  guerra  :  in  linguaggio  militare,  ri- 
conoscere; anche,  andare  alla  scoperta,  far  la  ronda, 
far  la  scoperta,  perlustrare,  rifrugare,  rondare,  sco- 
prire,  sopraguardare    -  Detto  anche  di  luogo  e  in 


senso  limitato:  annusare  il  luogo, /'iwfarc,  pigliar 
fumo,  tastare  il  guado.  -  Esplorabile,  che  può  es- 
sere esplorato.  Contr.,  inesplorabile.  -  Esplorante, 
chi  esplora.  -  Esploratore,  chi  esplora,  specialmente 
il  viaggiatore  che  percorre  e  studia  un  paese 
(viaggiatore  a  scopo  scientifico)  ;  in  senso  mili- 
tare, di  coloro  che  si  mandano  innanzi  per  iscuo- 
prire  le  posizioni  o  le  mosse  del  nemico:  corridore, 
informatore,  riconoscitore,  rintracciatore,  scorridore, 
speculatore,  spiatore,  spione,  stracorridore.  -  Veg- 
gasi a  spia.  -  Eplorazinne,  l'esplorare,  atto  ed  ef- 
fetto :  esploramento,  perlustrarione,  spiagione,  spia- 
iiiento.  Mililariiieiite,  avanscoperta,  ricognizione,  sco- 
perta. 

Esploratore.  Chi  si  dà  ad  esplorare.  •  Nome 
di  vari  apparecchi  di  chirurgia.  Esploratore  ma- 
rino, apparecchio  per  io  scandaglio  dei  fondi  sot- 
tomarini. 

Esplorazióne.  ì.'esplorare.  -  In  medicina, 
l'esame  d'un  infermo  o  d'un  cadavere  per  ricono- 
scere la  malattia  o  la  causa  della  morte.  -  in  geo- 
logia, lo  studio  di  un  dato  terreno,  consistente 
nella  determinazione  delle  roccie  che  lo  costitui- 
scono e  nella  loro  posizione  reciproca. 

Esplosione.  L' eiTetto  dell'esplodere;  accendi- 
mento  di  materia  infiammabile,  di  un  esplosivo. 
•  Repentina  manifestazione  dei  sintotni  patologici: 
veggasi  a  patologia.  -  Sconca,  esplosione  simul- 
tanea di  arme  da  fuoco,  di  artiglieria  e  simili. 

Esplosivo  (esplodente).  Che  produce,  ha  forza 
di  produrre  esplosione,  scoppio,  con  detonazione: 
qualità  particolare  di  parecchie  materie,  le  quali, 
per  il  loro  instabile  equilibrio  molecolare,  possono, 
per  una  càusa  iniziale,  quale  il  calore,  1'  urto,  lo 
sfregamento,  ecc.,  reagire  rapidamente  e  con  vio- 
lenza; oppure  di  composti  o  miscele  che,  sotto 
influenze  diverse,  quali  il  calore,  la  pressione, 
l'urto,  ecc.,  danno  luogo  alla  produzione  di  un 
grande  volume  di  gas,  la  cui  formazione  rapida 
provoca  la  esplosione  piti  o  meno  energica.  •  Veggasi 
a  medicamento.  -  Fulminante,  prodotto  di  com- 
posizione chimica  che  detona  sotto  la  percossa 
(cotone,  polvere,  ecc.).  -  Fulminato,  nome  gene- 
rico dei  sali  prodotti  dall'  acido  fulminico,  per  lo 
piti  a  base  di  mercurio  (si  impiega  nella  composi- 
zione di  capsule  di  dinamite).  -  Miscela,  miscuglio 
di  gas  ossigeno  e  idrogeno  o  simile,  che  al  con- 
tatto di  corpi  accesi  scoppia  con  gran  violenza.  - 
Pirico,  che  arde  e  scoppia. 

Esplosivi  :  ['acido  ossidrico,  miscela  d'idrogeno  e 
di  ossigeno  :  attraversata  da  una  scintilla  elettrica, 
esplode  con  violenza  ;  l'acido  picrico,  che  si  prepara 
aggiungendo  fenolo  ad  acido  nitrico  e  facendo  bol- 
lire con  acqua;  Vammonite,  composto  di  nitrato  di 
ammonio  puro  e  di  nitronaftalina  ;  la  balistite,  pol- 
vere da  guerra  senza  fumo;  la  bellite,  composto  di 
nitrato  d'ammonio  e  di  nitrobenzina  ;  la  carbodina- 
mite,  preparata  con  nitroglicerina  mista  a  carbone 
molto  poroso  ;  la  cordite,  nuovo  esplodente  inglese, 
analogo  alla  balistite  ;  la  dinamite,  nitroglicerina, 
esplosivo  potentissimo  (gelatina  canforata,  gelatina 
pura)  ;  la  dualina,  composto  di  nitroglicerina  e  cel- 
lulosio  ;  il  fulmicotone,  composto  che  si  ottiene  fa- 
cendo reagire  l'acido  azotico  col  concorso  dell'acido 
solforico  sul  cotone  purissimo  ;  1'  halossilina,  com- 
posto di  salnitro,  carbone,  segatura  di  legno  e  fer- 
rocianuro  potassico  ;  Vhelloffite,  composto  di  nitro- 
benzolo  e  d'acido  nitrico;  la  lyddite  (ingl.),  miscu- 
glio di  fulmicotone  e  di  acido  picrico  (frane,  me- 
linite); la  polvere  di  Howard  (fulminato   di  mercu 


1024 


eSJ»OLlA2lON£    —    ESPRESSIONE 


«rio),  esplosivo,  che  si  ottiene  trattando  il  mercurio 
con  acido  nitrico  ed  alcool  ;  la  nitroylicerina  {olio 
detonante  o  fulminante,  trinitritina  {nitrato  di  gli- 
cerilo),  formidabile  esplosivo  scoperto  da  A.  So- 
brero.  nel  Ì8i7  ;  la  nitromannite,  composto  che  si 
forcDA  per  l'azione  dell'  acido  nitrico  concentrato 
nellu  rnannite  ;  Volio  esplodente  di  Nobel,  che  è  ni- 
troglicerina; VoUo  esplosivo  di  Dulong,  nitrato  di 
cloro,  giallo,  fluido,  di  odore  fetido;  l'oro  fulmi- 
'dante,  composto  che  si  ottiene  versando  ammoniaca 
sull'ossido  aurico  (urtato  o  "percosso,  esplode  con 
violenza)  ;  la  panclastite,  nuovo  esplodente  che  pro- 
duce effetti  molto  superiori  a  quelli  della  dinamite, 
in  proporzione  doppia;  la  papirosst/ma,  sostanza 
■simile  al  cotone  fulminante;  il  piromano,  polvere 
•esplodente,  composta  di  nitrato  sodico,  di  solfo  e  di 
residui  di  concia;  ja  pirossilina,  la  polvere  di  SchuUze 
(pron.  Sciulze),  composta  di  segatura  di  legno  resa 
esplosiva  mediante  trattamento  con  acido  solforico  e 
nitrico  e  mescolata  con  una  soluzione  di  nitrato  po- 
tassico 0  faaritico;  il  Prometeo,  combinazione  di  due 
elementi  separati,  una  polvere  (clorato  potassico, 
ossido  di  ferro  e  perossido  di  manganese)  e  un  li- 

3 nido  (olio  di  ilafta  e  petrolio  greggio  ed  essenza 
i  trementina,  uniti  o  no  con  olio  di  mandorle  o 
altro  aromatizzante  analogo)  ;  la  roburite,  me'sco- 
lanza  di  benzina,  cloronitro  e  azotato  d'ammoniaca; 
la  sassifragina,  polvere  fulminante,  composta  di  ni- 
I  trato  baritico,  di  carbone  di  legno  e  di  nitrato  po- 
■  tassfco  ;  la  selenite,  composto  di  nitroglicerina,  di 
cotone  e  di  piccola  quantità  di  olio  minerale.  - 
'Altri  esplosivi  furono  designati  con  la  denomina- 
zione di  apirite,  cresiltte,  didite,  ellefite,  folgorite,  ki- 
lenite,  ecc. 

Macchina  infernale,  ordigno  esplodente  di  distru- 
.'Zione  ;  bomba.  -  Salsicciotto  di  dmamifó,  sacchetto 
riempito    di   dinamite    e   adoperato   per  abbattere 
muri,  ponti,  ecc.  -  Tromba  di  foco,   tromba   artiji- 
,ciale,  tubo  di  legno  o  di  metallo,  in  cima  a  un'asta, 
e  riempito  di  materie  esplodenti,  per  difesa. 
Espoliazlone.  Angheria,  angaria. 
Esponente.  Veggasi  a  numero.  -  In  tipografia, 
lettera  o  cifra  nella  parte   superiore   del   carattere 
per  indicare  una  abbreviazione 
Esponibile.  Che  è  da  potersi  esporre. 
Esporre  {esposto)  Metter  fuori  ;  mettere  in  mo- 
stra, in  parata  :    mostrare,   porre   in   mostra,  in 
vista  (es.,  una  immagine  sacra   su^li    altari  ;  per  i 
vari    prodotti    dell'  attivila    umana,    partecipare    a 
una  esposizione)  :  sciorinare,  spiegare,  tenere  al- 
l'aria, tirar  fuori.  -  IHchiararet  dire.  -  Abban- 
donare un  neonato,  lasciandolo  in    luogo  deserto 
0  pubblico,  perchè  muoia  o  perchè,  trovandolo,  si 
possa  averne  cura.  -  Dichiarare  il  sentimento  d'una 
scrittura.   -   Descrivere,   fare   una  descrizione.  - 
Narrare,  raccontare.  -  Esporre  gli  averi,  la  vita, 
ecc.,  avventurarli,  con  pericolo  di  perderli. 

Esponente,  veggasi  a  numero.  -  Espositore,  espo- 
sitrice,  chi  espone,  fa  esposizione.  -  Esposto,  il 
bantMno  abbandonato. 

Esporre  {esposto).  Farsi  vedere.  -  Anche  av- 
venturarsi in  checchessia,  cimentarsi  ;  mettersi  a 
pericolo,  a  rischio. 

Esportare  {esportabile,  esportato).  Asportare, 
portar  fuori,  portar  via;  cavare;  edùcere  (lat., 
riservato  alla  poesia),  edurre.  -  Estirpare  con  ope- 
j'azione  di  chirurgia.  •  Fare  esportazione  di 
nr.erci. 

Esportazione.  L'esportare,  in  vario  senso.  - 
Operazione  di  commercio,  per  cui  si  porta  que- 


sta merce  da  uno  Stato  all'altro:  estrazione  (di 
grani,  di  farine,  di  bestiame,  ecc.).  -  Sbocco,  luogo 
di  esportazione.  -  Aprire  le  frontiere  estere  ai  pro- 
dotti nazionali,  iniziare,  promuovere  l'esportazione. 
-  Esportare,  fare  esportazione.  -  Esportatore,  chi  e- 
sporta,  fa  commercio  di  esportazione. 

Esposizione.  Pubblica   mostra    delle  oper«  di 
belle  arti,  dei  prodotti  dell'industria,  ecc.,  fatta  per 
conoscere  il  giudizio  del  pubblico   intorno  ad  esse 
e  per  rendere  più  attivo  il  .commercio:  festa  del 
lavoro,  rassegna  delle  industrie,  vista.  .E'  parziale 
0  speciale,  se  abbraccia  un'arte,  una  certa  categoria 
di  cose;  generale,  se  le  comprende  tutte;  regionale,  se 
limitata  ad  una  regione  ;  nazionale,  se   vi  si  con- , 
corre  da  tutte  le  parti   della  nazione;   universale, 
mondiale,  quando  vi  prendono  parte  le  nazioni  del 
mondo,    tutte  o  in   parte.    Secondo  gli  oggetti,  ie 
materie,  i  prodotti  che  si  espongono,   è  agraria  o  j 
agricola,  artistica  (di  tutte  le  arti),  commerciale,  co-  i 
loniale,  industriale,  ecc.;  permanente,  se  dura  per  un'i 
periodo  illimitato  di  tempo;  annuale^  se  fatta  ognil 
anno,  per  un  certo  numero  di  giorni  ;  biennale,  trien- 
nale, ecc.,  se  ogni  due  tre  anni,  ecc.  Di  solito  un'espo- j 
sizione  è  divisa  in  reparti,  in  classi,  e  comprend-' 
sale,  gallerie,  padiglioni,  ecc.  -  Esposizioncella,  pic- 
cola esposizione;  esposizionuccia,  esposizione  di  ploco' 
conto.  -  Espositore,  chi  espone,  mette  in  mostra,  in . 
vista.  -  Ga//ma  de/ ^t7oro,  sala  nella  quale  si  esegui-] 
scono   lavori,   massime  nelle  esposizioni  nazionali 
e  mondiali.  -  Vernissage  (frane),   la  visita  di  una 
esposizione  di  belle  arti  alla  vigilia  della  sua  aper- 
tura ufficiale,  visita  alla   quale  noji  sono  ammessi 
che  pochi  e  privilegiati  invitati. 

Esposizione.  L'atto  di  esporre  nei  vari  sensi. 
•  Pendenza  di  "suolo,  di  terreno,  volta  a  un  certo 
punto  dell'orizzonte.  -  L'abbandono  di  un  ban*- 
bino  {esposto,  pag,  236,  primia  colonna).  -  Il  met- 
tere il  sacramento  sull'  altare  in  una  chiesa.  - 
Esposizione  finanziaria,  veggasi  a  JParlamento. 

Esposto.  Detto  a  bambino  (pag.  236,  prima 
colonna). 

Espressamente.  Con  espressione  chiara  e 
precisa,  precisamente,  in  modo  preciso.  -  Con  de- 
terminata intenzione,  per  uii  deliberato  scopo. 

Espressione  {espressivo,  espresso,  esprimere,  esin-i- 
mersi).  Atto  del  dimostrare  e  la  dimostrazione' 
nei  suoi  vari  caratteri.  -  Dichiarazione;  locu- 
zione o  modo  di  dire.  -  Qualità  di  un'opera  d'arie 
(veggasi  a  pag.  170,  seconda  colonna):  anima,  co- 
lorito, rilievo,  sentimento.  Significazione  di  un 
concetto,  di  un'idea,  di  un  pensiero,  mediante 
la  favella.  -  La  parola  e  il  significato  della  pa- 
rola. -  Termine  d'algebra. 

Espressiva,  facoltà  di  dare  espressione,  di  rap- 
presetttare  in  arte:  rappresentativa.-  Espressiva' 
mente,  con  espressione,  con  efficacia,  efficace- 
mente. -  Espressivo,  che  esprime  efficacemente  il 
concetto,  il  santimento,  ["affetto,  ecc.  :  efficace, 
eloquente,  pieno  di  eloquenza;  esprimente,  fer- 
vido, significante,  significantissimo.  -  Espresso,  detto, 
determinato,  dichiarato,  manifestato.  -  Anche,  chia- 
ro, formale,  preciso,  specificato,  tassativo  (burocr.). 

-  Esprimere,  dire,  manifestare  con  chiarezza  il 
proprio  pensiero;  significare,  spiegare  i  propri 
concetti  ;  parlare,  dare  a  intendere,  dimostrare, 
enunciare  (esprimere  con  parole  a  voce  o  in  iscritto). 

-  Esprimersi,  veggasi  a  dire  (pag.  875,  seconda 
colonna).  -  Esprimibile,  che  si  può  esprimere:  di- 
cibile, effabile.  Gontr.,  inesprimibile,  indicibile. 

Enunciativa,  la  facoltà  di  esporre  chiaramente!» 


ESPRESSIVA 


ESSICCANTE 


1025 


idee.  ■  Formolo,  il  modo  preciso  d'esprimere  un 
concetio. 

Espressiva,  espressivo,  espresso.  Detto  ad 
espressione. 

Espresso.  Veggasi  a  corriere,  a  messo,  a 
posta. 

Esprimere,  esprimersi  (espresso).  Detto  ad 
espressione. 

Espromissione.  Veggasi  a  debito  (pag.  823, 
prima  colonna) 

Espropriare,  espropriazione  (espropriato). 
Vet!gasi  a  proprietà* 

Espugnabile.  Glie  si  può  espugnare:  propriani., 
di  luogo  lorte,  di  fortezza.  Contr.,  inespugna- 
bile, invincibile. 

Espugnare  (espvgvato).  Prendere  una  for- 
tezza. Per  estens.,  vincere  per  forza. 

Espugnazióne.  Allo  ed  efletto  dell'  espugnare. 

-  Diritto,  clie  uno  Stato  si  riserva,  di  espellere  stra- 
nieri dal  territorio  nazionale. 

Espulsióne.  Il  cacciare,  l'espellere,  il  man- 
dar via,  lo  scacciare,  lo  spingere  fuori. 

Espulsivo.  Che  ha  forza  di  espellere,  di  spin- 
ifere  fuori. 

Espulsore.  Parte  del  fucile  moderno. 

Espungere  (espunto).  Sopprimere,  cancellare 
quaidie  parola  in  un  libro,  in  uno  scritto. 

Espurgare,  espurgazióne  lespvr gain  o. espur- 
gato). Veggasi  a  pulire,  a  purgare,  a  castrare. 
•  L'  effetto  di  un  purgante. 

Esquisito.  Assai  eccellente,  fino,  squisito, 

Es(,uisizione  (lai).  Alto  àeìì'ittdayare. 

Esse.  Diciottesima  lettera  deJJ'alfatelo.  -  Nome 
generico  di  ogni  ferro,  perno,  guida  o  ritegno,  ri- 
piegato alle  due  estremità  in  senso  contrario. 

Essènza.  L'essere  di  una  cosa.  -  Entità,  so- 
stanza. '  Sorta  di  liquore.  -  Prodotto  oleoso,  vo- 
latile della  pianta  aromatica,  de'  suoi  semi,  de' 
suoi  frutti. 

Essenziale.  Che  appartiene  alJ'  essenza.  -  La 
parte  sostanziale,  principale  di  una  cosa.  -  Agg. 
dei  prodotti  che  sono  propri  di  ciascuna  pianta. 
■  Ciò  che  è  necessario  all'esistenza  di  una  cosa. 

-  Ciascuno  dei  corpi  irtteyranti  dell'universo. 
Essenzialismo.  Sistema  di  medicina. 
t  ssenzialista.  Dello  a  medico. 
Essenzialità.  Qualità  di   ciò  che  é  essenziale. 
Essenzialmente.  In  modo  essenziale. 
Essere.  Verbo  neutro  di  vario  sign/llcaio:  vale 

esistere,  sussistere,  avere  essenza  spogliata  di  ogni 
modalità;  essere  attualniente  e  in  realtà;  avere 
forma  e  stato;  provenire  da  ciò  che  si  chiama 
creare;  avere  un  coi  pò,  una  materia,  una 
persona,  un  nome,  una  qualità,  una  figura, 
una  condizione,  un  sentimento,  ecc.;  stare, 
trovarsi,  vivere,  avere  vita.  -  Essere  composto 
(veggasi  a  chimica).  -  .Ajfpartenere ,  essere 
proprio.  -  Derivare,  trarre  origitie.  -  Dive- 
nire, cominciar  ad  essere.  -  Riferito  ad  azione, 
esserne  causa,  esserne  autore.  -  Riferito  a  cosa, 
indica  che  ha  un  dato  esito,  un  dato  effetto.  -  Ac- 
compagnato dalla  preposizione  da,  reggente  un  infi- 
nito, conferisce  a  tutta  la  frase  il  valore  del  ge- 
rundio passivo  dei  Latini  ;  e  vale  dovei  si,  conve- 
nire (le  menzogne  sono  da  odiare). 

E  l'universo,  il  mondo,  la  materia;  è  ogni 
astro,  ogni  stella;  è  il  sole,  insieme  con  ogni  al- 
tro pianeta;  è  Varia;  è  la  nostra  Terra,  con 
le  sue  varie  manifestazioni  di  vita  animale,  mi- 
nerale,  vegetale,  ecc.  ;  è,  infì  ne,    ogni  cosa. 


Beves^ere,  prospera  condizione,  specialmente  di 
salute,  di  fortuna,  ecc.  :  felicità.  Contr.,  ma- 
lessere, indisjKisizione,  dissesto.  -  Coesistenza, 
esistenza  cenleinporaiiea  di  due  o  più  cose  insieme, 
aventi  relazione  tra  loro.  -  Coessenza,  l'essere  di 
una  cosa  in  un'altra.  -  Consistenza,  stabilità  di  chec- 
chessia, la  ragione  del  suo  essere.  -  Essenza,  ciò 
che  costituisce  la  natura  di  una  cosa,  la  sua  ra- 
gione di  essere,  il  complesso  delle  ragioni  per  le 
quali  esiste  :  entità,  essenzialità,  naturalezza,  qui- 
dità,  quiddità,  sostanza. 

Esseie  Sì  dice,  sostanti vam.,  invece  d\  persona,  di 
uomo,  ecc.  -  Essere,  neolojr.  dal  frane,  nel  senso  di 
spettale.  -  Inesistenza  tiv esistente),  il  non  esistere, 
non  essere.  -  Modalità,  modo  d'  essere;  ragione  del 
modo  d'essere.  -  Niente,  nulla,  la  negazione  del- 
l'essere. -  Oggettivila,  una  delle  forme  dell'  essere, 
in  quanto,  per  sua  natura,  ha  una  necessaria  rela- 
zione con  la  niente.  -  Princijno,  primo  atto  di 
un  ente  o  di  un'entità  da  cui  procede  tutto  quanto 
é  nell'ente  o  nell'entità.  -  Quiddità,  espressione  ado- 
perala dagli  scolastici  per  indicare  ciò  che  una  cosa 
è  essenzialmente.  -  Realità,  l'astratto  della  forma 
subiettiva  dell'  essere.  -  Ubiquità,  1'  essere  in  più 
luofihi  nel  medesimo  tempo. 

JBactei'io  (batterio),  microbio,  essere  microsco- 
pico: microrganismo,  piccolo  organismo.  -  Ele- 
mento, ciascuna  delle  parti  più  semplici  che  co- 
stituiscono i  corpi  naturali.  -  Ente,  quanto  ha 
reale  esistenza.  Ente  ideale,  immaginario,  fanta- 
stico,  quanto  non  ha  reale  esistenza  se  non  nella  nostra 
immaginazione.  Non  ente,  ciò  che  non  ha  l'essere, 
ma  è  in  via  d'averlo.  -  Monadi,  cicladi,  esseri  mi- 
croscopici. 

Coesistere  (coesistente),  l'esistere  a  un  tempo  di  due 
opiùoggetti,  con  qualche  relazione  reale  o  ideale  fra 
loro.  -  Consistere,  avere  l' essere  di  checchessia  ; 
avere  l'essenza,  il  fondamento.  -  Constare,  essere 
accertato,  essere  certo:  emergere.  •  Costituire:  di- 
cesi degli  elementi  che  concorrono  a  comporre  una 
cosa:  constituire,  formare  l'essenza,  dar  essere.  - 
Disfarsi  (disfatto),  perdere  l'essere  e  la  forma:  scom- 
porsi. -  Esservi,  essere  attualmente  in  un  luogo 
una  data  cosa,  una  data  persona,  ecc.  :  incontrarsi, 
ritrovarsi,  trovarsi.  -  Non  essere,  non  esser  più:  ces- 
sare di  esistere,  di  avere  una  qualità,  perderla 
(veggasi  a  perdere),  avere  avuto  una  fine.  An- 
che, smettere,  tralasciare  d'essere.  -  Preesistere 
(preesistenza),  esistere  prima  :  preessere.  -  Sparire, 
diventar  nulla,  non  esser  più.  -  Versare  in  certe 
condizioni,  esserci,  trovarcisi. 

Contingente,  che  poteva  e  potrebbe  essere  o  non 
essere,  accadere  o  no.  -  Immanente,  permanente, 

-  Inconsistente,  che  non  ha  consistenza:  insussistente. 

-  Possibile,  che  può  essere.  Contr.,  impossibile.  - 
P)  eesntente,  di  cosa  che  esista  anteriormenteaunaltra. 

-  Simultaneo,  di  atto,  d'avvenimento,  d'evento 
e  simili,  che  è,  esiste  o  avviene  nello  stesso  tempo. 

In  corpo  e  anima:  usasi  familiarm.  in  alcune  lo- 
cuzioni atTermative,  come:  «  era  lui  in  corpo  e 
anima»,  per  dire  che  era  veramente  lui.  -  Sicut 
erat  in  principio,  locuzione  liturgica.  Si  dice  fami- 
liarm. coi  verbi  ritornare  od  essere,  per  indicare 
che  è,  che  si  è  come  prima.  -  To  be,  or  not  lo  be 
(ingl.,  essere  o  non  essere),  dilemma  dell'esistenza. 

-  Vestis  virum   facit  (lat.,   l'abito  fa  l'uomo),   cioè 
l'essere  è  nel  parere,  neW apparenza. 

Essiccante,  essiccativo.  Che  rende  secco  (di 
medicamento  e  d'  altro  che  esercita  tale  azione)  : 
disseccante,  disseccativo. 


P  REMOLI.  —    Vocabolario  Nomenclatore. 


65 


1026 


Essiccare  (essiccativo,  essiccato).  Il  togliere  l'u- 
more, asciugare  ,•  seccare,  rendere  secco. 

Essiccatoio,  essiccatore.  Apparecchio  per 
essiccare,  rendere  secco.  Anche,  il  luogo  per  Yes- 
siccazione.  -  Yeggasi  a  chimica,  pag.  539,  seconda 
colonna. 

Essiccazione.  Operazione  fatta  per  liberare  i 
corpi  dcii  liquidi  di  cui  possono  essere  impregnati  : 
vej-'gasi  a  secco» 

Esso.  Lo  stesso  che  egli. 

Esììudato  {essudativo).  Detto  a  sangue  •  Es- 
sudalo  patulogico,  il  />ms. 

Est.  Uno  dei  quattro  punti  cardinali  che  sta  a 
destra  delia  rosa  dei  venti,  fra  i  poli  nord  e  sud: 
levante,  oriente,  -  Anche  i  paesi  dell'  Oriente,  i 
lid\  eoi. 

Èstasi  {estatico).  Stato  delVanima  che  si  trova 
come  alienata  dai  sensi;  stato  delle  facoltà  cere- 
brali nel  quale  un'idea,  o  un  ordine  di  idee,  do- 
mina tanto  da  rendere,  per  un  certo  tempo,  im- 
percettibili le  impressioni  e  sospendere  1  movimenti: 
assorbimento,  ebbrezza  di  pensiero,  esaltazione  di 
mente;  acceso,  forte  entusiasm,o f  rapimento,  ra- 
pimento del  cuore,  dello  «pirico,  rapimento  esta- 
tico; trasportamento,  trasporto;  vagazione  di  cuore, 
di  mente,  visibilio,  visione  estatica.  -  Anagogia, 
estasi  dell'anima,  rapimento  nella  contemplazione 
delle  cose  dìy'mQ.-  Estàtico,  d'estasi;  rapito  in  estasi, 
estasiato. 

Essere  in  estasi:  contemplare,  essere  in  para- 
diso, essere  quasi  rapilo,  essere  rapito  in  ispirilo; 
fantasticare,  vagabondare  col  pensiero,  con  la 
fantasia  ;  stare  sospesi  in  grande  ammirazione.  - 
Estasiare,  mandare  in  estasi,  rapire.  In  senso  mon- 
dano, deliziare,  dar  delizia.  -  Estasiarsi,  andar  in 
estasi  ;  andare  in  contemplazione,  in  visibilio  ;  a- 
strarsi  dalle  cose  del  mondo;  smarrirsi  in  Dio; 
uscir  dai  sensi,  di  mente,  di  sé;  viaggiare  in  ispi- 
rilo al  mondo  di  là. 

Estasiare,  estasiarsi  {estasiato).  Detto  ad 
estasi. 

Estàtico*  In  estasi. 

Estate  {estivo).  La  stagione  più  calda  del- 
l'anno: dal  solstizio  di  giugno  aIV  equinozio 
di  settembre:  bella,  buona  calda,  lieta  stagione; 
caldura,  està;  solleone,  sollione;  sta;  stagione  esti- 
%'^a;  stagione  canicolare,  slate;  tempo  ardente, 
tempo  canicolare,  tempo  della  gran  caldura,  tempo 
delle  messi.  Poeticam.,  sole.  •  Canicola,  la  stagione 
dei  forti  calori  ;  il  colmo  dell'estate  :  adusto  sirio, 
cagnucola,  cane.  E  canicolari,  i  giorni  più  caldi.  - 
Estatata,  tulio  il  corso  dell'estate.  ■-  Estate  di  San 
Martino,  la  mite  stagione  che  si  ha,  per  lo  più,  in 
novembre,  dopo  le  pioggie  autunnali.  -  Mezza  estate, 
mezza  state,  il  forte  dell'estate.  -  Ore  bruciate,  ore 
meridiane,  le  ore  più  calde  della  giornale  estiva. 

Di  prima  estate,  al  principio  della  stagione  estiva. 

-  In  estate,  d'estate,  nell'estate:  alle  accese  cani- 
cole, in  sulla  sferza  del  caldo;  quando  il  sole  in- 
combe assiduamente  ai  campi  ;  sotto  la  vetta. 

Estatare,  stalare  (estatalura),  passare  l'estate  in 
luogo  fresco;  il  lasciar  d'estate  un  luogo  malsano. 

-  Extinare,  il  soggiornare  del  bestiame  All'alpe,  in 
montanina,  durante  la  stagione  estiva.  -  i'sh/ero,  che 
porta  l'estate.  •  Estivo,  dell'estate,  concernente  l'e- 
state, die  avviene  in  eslate:  estivale,  statereccio. 

//  sole  arde  in  Leone  ;  il  sole  indora  le  giubbe  in 
Oriente;  il  sollione  ha  messo  la  giornea;  quando 
Sirio  arde  :  locuzioni  da  adoperarsi  per  indicare 
che  è  estate. 


Estemporàneo.  Subitaneo,  improvviso,  •  lì 
medicamento  magistrale.  -  Yeggasi  a  poeta. 

Estènipore.  Ali' itnprovviso. 

Estèndere,  estèndersi  (estensibile,  estendi^ 
mento,  estensione,  esteso).  Rendere,  divenire  più  am- 
pio, più  grande,  più  largo,  più  vasto  (detto 
anche  di  cose  immateriali),  occupando  maggiore 
spazio  :  accrescere,  accrescersi  ;  aumentare,  aumen- 
tarsi ;  distendere,  sfendere,  stendersi.  Riferito  a 
dottrine,  a  idee  e  simili,  propagare,  propagarsi.  - 
Estendibile,  estensivo,  che  si  può  estendere,  che  può 
estendersi.  -  Estensibile,  voce  del  linguaggio  forense, 
in  luogo  di  estendibile:  proviene  dal  frane,  exten- 
sible.  -  Estendtmento,  l'estendere  o  l'estendersi:  ac- 
crescimento, ampliamento,  aumento.  -  Estensibilità, 
facoltà  che  hanno  i  corpi  di  estendersi.  -  Estensione, 
atto  ed  effetto  dell'estendere  e  dell'estendersi  :  dif- 
fusione, propagazione.  -  Estensore,  che  o  chi  estende. 
Neil'  uso,  chi  scrive  una  lettera,  una  sentenza  e 
simili.  -  Estensivamente,  per  estensione.  Anche,  in 
più  largo  significato. 

Estensióne,  L'estendere,  l'atto  di  ciò  che  si 
stende.  -  La  dimensione  di  una  cosa,  considerata 
nelle  sue  misure.  -  Spazio,  superficie,  -  Accre- 
scimento, aumento.  -  In  geometria,  la  parte 
determinata  dallo  spazio  assoluto.  -  In  musica,  la 
differenza  di  due  suoni  che  possono  comprenderne 
altri  intermedi.  -  Circuito,  estensione,  misura. 
-  Latitudine,  estensione,  larghezza.  -  Longitu- 
dine, lunghezza,  estensione,  così  di  tempo  come  di 
luogo. 

Yeggasi  anche  a  voce. 

EstensìTaniente,  estensivo.  Detto  ad  esteu' 
deve. 

Estensore.  Che  estende.  -  Nome  di  qualche 
muscolo.  -  Nell'uso,  autore,  scrittore. 

Estenuare  (estenuativo,  estenuato).  Indebolire, 
rendere  debole  al  massimo  grado.  -  Estenuativo, 
che  ha  proprietà  di  estenuare. 

Estenuarsi  (estenuato).  Indebolirsi  a  poco  a 
poco,  diventare  molto  debole.  -  Dimagrare,  dive- 
nire magro. 

Estenuazióne.  Stato  di  chi  è  del  tutto  de- 
bole, rifinito,  sfinito,  non  ha  più  forza.  -  Anche, 
macilenza  (veggasi  a  magro). 

Esteriore.  Che  è  di  fuori,  estemo.  -  Che  av- 
viene al  di  fuori.  •  Che  si  fa  con  segni  esteriori  : 
detto  di  culto.  -  Mondo  esteriore,  ciò  che  l'uomo 
apprende  per  mezzo  dei  sensi. 

Esteriorità.  L'esteriore.  -  Apparenza,  lu- 
stra ;  superficialità,  l'essere  superficiale, 

Esternilnare  (esterminato).  Sterminare,  di- 
struggere, fare  strage,  massacrare,  uccidere, 

Esternilnio.  Sterminio,  strage. 

Esternamente.  AU'esferwo.- Superficialmente, 
in  modo  superficiale. 

Esternare ,  esternarsi  {esternato).  Impuri 
neologismi  per  dichiarare,  dire,  m,anife- 
stare. 

Esterno.  Aggettivam.,  esteriore,  foraneo,  che  4 
di  fuori,  che  si  appalesa,  si  mostra  con  atti  este- 
riori. Anche,  forestiero,  straniero,  -  Sostanti- 
vam.,  la  parte  esterna,  il  difuori,  come  h  facciata 
d'una  casa,  ecc.  Contr,  interno.  -  Estrinseco:  di 
cosa  che  appare  esteriormente  (qualità,  pregi,  di- 
fetti, ecc.).  -  Per  uso  esterno,  indicazione  di  far- 
macia. 

Èstero.  Che  viene  da  paese  straniero.  -  Nel- 
l'uso, e  sostanlivara.,    quanta    carte   di   mondo  è 


ESTKKRITOHIALITA 


ESTKEMITA 


1027 


fuori  dalla  nostra  patria  (quindi,  commercio,  rela- 
zioni con  l'estero,  ecc.).  ,         _^.^ 

Esterrltori alita.  Ve^-asi  a  tiare  da  guet  i  «. 

Estesamente.  In  modo  largo,  esteso  ;  in 
modo  prolisso  (riferito  a  dire.  ?;«''«r''/^'"}^^7f)- 

Estèsi,  estesiologia,  esteslmotna.  Detto  a 

**EsteVmietro.  Misuratore  della  aeìisibUità. 
Esteta.  Vet.'t'asi  ad  artista. 
Esteterio.  La  supposta  sede  del  «fj«»77««; 

Estètica  (esteliioj.  Arte,  scienza  del  bello  (veg- 
aasi  a  pag.  268,  prima  colonna).  -  Simbolismo,  in 
arie,  la  tendenza  estetica  che  si  vale  di  simboli 
(naturali,  tradizionali,  convenzionali)  per  esprimere 
un  dato  contenuto  ideale  o  morale. 

Estimare  {estimativa,  estimativo,  estimatore, 
estxmatrice,  estimazione).  Stimare,  avere  «ttmu.- 
Apprezzare,  conoscere  il  pregio.  -  Estimativa,  po- 
tenza dell'anima,  per  la  quale  si  estimano,  si  va- 
lutano le  qualità  delle  cose.  -  Estimazione,  1  esti- 
mare ;  l'avere  favorevole  opinione  di  alcuno. 

Estimatore.  Chi  stima.  -  Nell'uso,  chi  sa  ap- 
prezzare, valutare  :  perito. 

Estimatorio.  Veggasi  a  contratto,  pag.  704, 
seconda  colonna.  , 

Èstimo.  Termine  legale  e  burocratico:  valuta- 
zione di  beni,  di  danni  e  simili  :  perizia.  -  LiDro 
deU'iwiposfa.  ,      •     \  i 

Estinguere  {estinguibile,  estinto,  estinzione).  Lo 
spegnere  il  fuoco,  un  incendio,  una  cosa  ac- 
cpsa  e  infuocata.  Figur.,  uccidere,  annientare,  ri- 
durre al  nulla.  ■  Soddisfare  un  debito. 

Estinguersi  (estinto).  Spegnersi  di  fuoco  o 
d'altro.  -  Cessare,  finire.  -  Di  famiglia,  man- 
care la  successione. 

Estinzióne.  Spegnimento  di  fuoco,  d  incen- 
dio. -  Completa  cessazione  dei  fenomeni  prodotti  da- 
gli agenti   naturali    o   da   una  forza  qualunque.  - 
Pagamento  di  un  débito,  cancellazione  di  xrnipo- 
teca.  -  Operazione  di  farmacia. 
Estinto.  Defunto,  morto. 
Estintore.  Veggasi  a  incendio. 
Estirpare    {estirpare,   estirpazione).  Asportare, 
portar  via,  in  modo  che  non  rimanga  più  sterpo. 
-  Sradicare,  cavar  di  terra  una  pianta  con  la  ra- 
dice. -  Sbarbicare  un  dente.  -  Distruggere,  se  rife- 
rito a  errore,  a  vizio.   -   Estirpatore,  arnese  per 
estipare  le  male    erbe.    -    Estirpazione,  l'estirpare, 
atto  ed  effetto  :  operazione  di  chiì-urgia  (veggasi 
a  pag.  550,  seconda  colonna). 
Estirpazione.  Detto  a  estirpare. 
Estivo.  DoWestate. 

Estollere  {estolto).  Alzare,  inalzare,  portare  in 
alto.  '  Figur.,  inalzare  con  lode,  esaltare.  -  Estol- 
lere, sorgere. 

Estórcere  {estorto).  Prendere,  tògliere  per 
estorsione:  angariare,  rubare. 

Estorsione.  Atto  ed  eiletto  dell'estorcere,  del 
farsi  dare  checchessia  {denaro,  ecc.),  con  pre- 
potenza e  con  arte  (concussione),  àfiW  ottenere 
una  cosa  con  frode  o  con  violenza:  angaria,  ava- 
nia,  obrezione,  orrezione,  pi-evaricazione,  ru- 
beria, storsione,  surrezione,  -  Estorcere,  fare  estor- 
sione: carpire,  estorquere,  rubare,  surrepire.  - 
"  Surrettiziamente,  con  estorsione.  -  Orrettizio,  sur- 
rettizio, estorto. 

Estracorrente  (extra-corrente).  Detto  a  cor- 
rente elettrica. 

Estradizione.  Veggasi  a  delitto  (pag.  835, 
prima  colonna). 


Estradosso.  Superficie  esterna  d'una  vòlta. 
Esrudotale  {sopraddotale,  slradotale).  Veggasi  a 

Estragiudlzlale,  extragiudlzlale.  iCstraneo 
al  giudizio.  -  Fatto  e  ottenuto  senza  lite. 
Estralegale.  Fuori  dalla  legge. 
Estràneo.  Che  non  appartiene  &\\' argomento, 
alla  famiglia,  ecc.;    che  non  ha  relazione  con 
altro.  -  Forestiero,  straniero.  -  Estraneità,  qua- 
lità di  ciò  che  è  estraneo. 
Estranio.  Lo  stesso  che  straniero. 
Estrarre  {estratto,  estrazione).  Tirar  fuori,  cci- 
vare;  cavar  fuori  a  sorte f  elicere  (poet.  e  solo  m 
elice,  eliceva  e  poche  altre  voci).  -  Bicavare,  fare  un 
estratto  per   mezzo  di  operazioni  chimiche.  -  Di 
liquido,  distillare,  fare  la  rfts<i7«rt2io»ie.-  Termine 
di  matematica.  -  Estrattore,  nome  di  vari  istru- 
menti    di    chirurgia   che   servono    per  sottrarre 
corpi  estranei  dalla   spessezza   dei    tessuti  o  dalla 
cavità  degli  organi.  Anche,    1'  istrumento    atto    ad 
estrarre  dalle   armi    portatili    il  bozzolo  privo  del 
fondello.  -  Estrazione,  l'estrarre,   atto  ed  effetto.  - 
Sorteggio.   -   Operazione  del    lotto.  -  Lo  slesso 
che  espressione  o  lisciviazione,    operazione   di   chi- 
mica (veggasi  a  pag.  542,  prima  colonna). 

Estratto.  Nome  generico  dei  prodotti  che  si  otten- 
gono con  l'evaporazione  di  soluzioni  naturali  (succhi), 
o  di  soluzioni  ottenute  artificialmente  da  piante  e  da 
droghe.  I  prodotti  debbono  avere  consistenza  molle, 
spessa  0  densa,  pillolare,  secca  o  liquida.  Si  hanno 
quindi  estratti  molli,  spessi  o  densi,  di  consistenza 
pillolare,  liquidi  o  {luidi,  e  secchi.  Avuto  riguardo 
alla  natura  del  solvente  o  veicolo,  si  dividono  poi 
in  estratti  acquosi,  alcoolici,  eterei,  idroalcoolici  ed 
alcooHco-eterei.  Gli  estratti  sono  usati  in  soluzioni, 
in  misture,  in  pozioni  e,  più  frequentemente,  sotto 
forma  di  pillole,  nonché  mescolati  a  grassi,  sotto 
forma  di  pomate,  anche  a  sali,  per  uso  di  frizioni.  - 
Estrattive,  le  sostanze  organiche  che  passano  nelle 
soluzioni  acquose  ed  alcooliche  di  materiali  vege- 
tali ed  animali.  -  Estratto  di  carne,  veggasi  a  car- 
ne, pag.  425,  prima  colonna.  -  Quintessenza, 
estratto  che  si  crede  essere  la  parte  più  pura  delle 
cose,  così  detto  in  antico  perchè  si  otteneva  dopo 
cinque  distillazioni. 

Estratto.  Ciò  che  si  estrae  da  un  libro,  da  una 
scrittura:  compendio,  ristretto,  sommario.  -  Nu- 
mero vinto  al  lotto. 

Estrazióne.  Atto  ed  effetto  dell'  estrarre.  - 
Condizione  (per  lo  più  dicendo:  di  bassa  estra^ 
zione),  nascita,  origine.  -  Termine  di  matema- 
tica. -  Veggasi  a  lotto. 
Estrema  unzione.  Veggasi  a  moribondo. 
Estremi.  In  matematica,  il  primo  e  il  quarto 
termine  di  una  proposizione.  -  In  logica,  le  parti 
che  compongono  una  proposta.  -  Di  cose  diverse: 
di  cesi  che  sono  agli  estremi,  agli  antipodi,  per  in- 
dicare  che  sono  tra  loro  in  grandissimo  contra- 
sto. -  Estremi  di  un  delitto,  di  un  reato,  ciò  che 
ne  costituisce  l'essenza.  -  Osanna  e  crucifige,  i  due 
estremi. 

Acme,  grado  estremo  d'una  malattia.  -  Apogeo 
e  perigeo,  punti  estremi  dell'orbita  d'un  pianeta. 
Estremità.  Il  principio  e  la  fine  nell'esten- 
sione di  un  oggetto:  caperozzolo,  capo,  confine, 
falda,  lembo  (d'un  vestito),  margine  (di  pa- 
gina, ecc.),  o*"Zo,  pizzo,  pwnf  a,  randa,  sponda,  som- 
mità, estremità,  stremo,  termine  (di  ogni  cosa), 
testa,  testata.  -  In  anatomia,  le  membra  che  partono 
dal  tronco  e  servono  alla  locomozione:    le  braccia 


1028 


ESTREMO   —    ETÀ 


e  le  gambe.  -  Apice,  punta  estrema,  cima  di  qual 
siasi  cosa  che  si  inalzi.  -  Calcagno  (figur.),  la  parte 
estrema  di  checchessia.  -  Caperozzolo,  estremità  di 
una  cosa  tondeggiante  come  un  capo.  -  Coda, 
estremità  posteriore.  -  Culacchio ,  estremità  di 
un  salsicciot[o.  -  Fondo,  la  parte  estrema  di 
una  cosa,  in  opposizione  al  suo  principio.  -  / 
due  cavi  d'  una  trave,  d' una  fune,  d' una  tavola, 
d'un  asse,  d'  una  stanza,  ecc.,  le  due  estremità.  - 
Perimetro,  linea  che  determina  tutta  l'estremità  di 
qualunque  figura.  -  Piede,  l'estremità  inferiore  di 
ogni  oggetto. 

Da  capo  a  fondo,  da  cima  a  fondo^  dall'  una  al- 
l'ai tra  estremità. 

Estremo.  Dicesi  per  eccessivo  (in  eccesso), 
grande,  grandissimo;  massimo;  primo  primo; 
ultimissimo,  ultimo,'  grado  estremo  in  più.  -  Mi- 
nimo, grado  estremo  in  meno.  -  Superlativo,  del 
più  alto  grado.  -  Sostanti  vara.,  per  estremità, 
miseria,  necessità;  gli  estremi  momenti  della  vita 
(essere  agli  estremi,  all'estremo,  in  lin  di  vita).  - 
Ultima  Thule,  in  senso  morale:  limite  estremo  a 
cui  si  possa  giungere.  -  Ultra  :  negli  appellativi 
ultra-repuljblicano,  ultra-realista,  ecc.,  chi  spinge 
un'opinione  all'estremo. 

EjHtrinsecamente.  Dalla  parte  esteriore. 

Est  ri  asecare  {estrinsecato,  estrinsecazione).  Il 
palesare,  il  manifestare  con  atti,  con  parole, 
in  vario  modo. 

Estrinsecazióne.  L'estrinsecare  ;  manifesta- 
zione, espressione  di  affetto. 

Estrinseco.  Che  viene  di  fuori,  che  non  ap- 
partiene alla  cosa,  al  soggetto  di  cui  si  parla. 

Estro.  Impeto  dell'immaginazione,  della  mente, 
che  stimola,  infiamma  il  poeta,  l'artista,  nella  com- 
posizione delle  loro  opere  ;  disposizione  naturale 
alla  poesia  o  ad  altra  creazione  artistica  :  fan- 
tasia, genio.  Dicesi  anche  per  capriccio» 

Estro.  Genere  d' insetti  ditteri,  somiglianti  ai 
calabroni.  -  Estro  pecorino,  veggasi  a  pecora. 

Estrofla.  Deformità  congenita  per  cui  la  su- 
perlìcie  interna  d'un  organo  membranoso  resta 
scoperta  e  priva  di  riparo. 

E^tromania.  Veggasi  a  venereo. 

Estroso.  Capriccioso  :  veggasi  a  capriccio. 
Anche,  bizzarro. 

Estuario.  Detto  a  geologia  e  a  laguna. 

Eì^truazióne.  Bollimento  interno  accompagnato 
da  gran  calore.  -  Marea. 

Estumescenza.  Il  gonfiarsi  del  mare,  nel 
flusso. 

Estuoso.  Ardente,  fervente. 

Esuberante.  Abbondante,  in  abbondanzaf  in 
soprabbondanza. 

Esuberanza.  Ridondanza,  soprabbon- 
danza. 

Esulare  {esulato).  Andare  in  esilio. 

Esulceraniento.  Esulcerazione,  piaga. 

Esulcerare  {esulcerato).  Ulcerare  (veggasi  ad 
ulcera),  piagare,  far  piaga. 

Esulcerativo.  Atto  ad  esulcerare. 

Esulcerazióne.  Esulceramento,  piaga;  ulce- 
razione, ulcera  già  formata. 
Esule.  Chi  è  in  esilio:  profugo,  proscritto. 
Esultanza.    Viva    allegrezza,    vivo  piacere; 
giocondità  d'animo,  gioia. 

Esultare  (esultante,  esultato).  Essere  vivamente 
aUegro;  manifestare  allegrezza,  gioia,  con  atti 
esteriori. 

Esumare  (esumato).  U  disseppellire  un  cada- 


vere :  veggasi  a  seppellire.  -  Rimettere  in  voga 
cose,  opere,  persone,  che  erano  dimenticate. 

Esumazióne.  L' esumare. 

Esutorio.  Detto  a  ulcera. 

Età.  Nome  generico  dato  ai  gradi  della  vita  u- 
mana;  numero  degli  anni  d'un'esistenza:  etade,  etate, 
giorni,  pelo  (figur.).-  In  generale,  corso,  durata  (veg- 
gasi a  durare)  della  vita;  èra,  evo,  tempo.  -Età 
d'argento,  nella  mitologia,  la  seconda  età  del  mon- 
do ;  anche  quella  che  nella  storia  dei  popoli  succede 
ad  un'altra  più  illustre.  Il  tempo  in  cui  Saturno  passò 
in  Italia,  dove  insegnò  l'arte  di  coltivare  la  terra, 
che  non  voleva  più  da  sé  stessa  produrre,  imper- 
ciocché gli  uomini  cominciarono  a  diventare  in- 
giusti. -  Età  del  bronzo,  quella  nella  quale  si  ini- 
ziarono le  arti  metallurgiche  e  si  svolsero  prima 
con  il  rame  nativo,  poi  con  leghe  di  questo  me- 
tallo con  altri,  specialmente  con  lo  stagno.  -  Età 
del  ferro,  quella  dell'introduzione  di  questo  metallo 
negli  usi  della  vita  e  che  preludiò  a  grandi  pro- 
gressi nell'agricoltura  e  nell'industria.  -  Età  della 
pietra,  quella  comprendente  i  periodi  detti  paleo- 
litico 0  archeolitico  (delle  pietre  appena  scheggiate) 
e  neolitico  (delle  pietre  levigate).-  Età  del  mondo, 
il  tempo  trascorso  dalla  sua  formazione,  che  la 
scienza  geologica  dimostrò  immensamente  più  an- 
tica dell'  età  assegnata  dalle  leggende  religiose.  - 
Eia  di  ferro,  quella  in  cui  vuoisi  si  commettessero  i 
più  orribili  misfatti.  I  poeti  finsero  che  allora  la  terra 
non  producesse  più  cosa  alcuna,  perchè  gli  uomini 
non  si  occupavano  che  di  ingannarsi  vicendevol- 
mente. -  Età  di  mezzo,  il  medioevo.  -  Età  di 
rame,  epoca  in  cui,  dopo  il  regno  di  Saturno,  l'in- 
giustizia e  il  libertinaggio  cominciarono  a  regnare. 
-  Eld  d'oro,  la  prima  delle  quattro  età  della  crea- 
zione del  mondo.  Il  tempo  del  regno  di  Saturno, 
in  cui,  gli  uomini  vivendo  nell'innocenza,  la  terra 
produceva  ,per  sé  stessa  le  cose  necessarie  alla  vita 
umana.  -  Ènea  età,  l'età  del  bronzo. 


Vari  stadi  dell'  età'  nell'  domo. 


Adolescenza,  età  intermedia  fra  la  puerìzia  e 
la  gioventù.  -  Bella  età,  quella  dei  bambini,  dei 
fanciulli,  in  quanto  vivono  ingenuamente,  spensie- 
rati. Si  dice  anche  riferendosi  a  persone  molto 
vecchie.  -  Età  avanzata,  barbogia,  cadente,  canuta, 
grave,  decrepita,  a  misura  che  si  va  innanzi  con 
gli  anni.  -  Eld  critica,  o  climaterica,  veggasi  a 
donna  (pag.  940,  prima  colonna).  -  Età  dei  disin- 
ganni ;  quando  si  comincia  a  vedere  le  cose  meno 
poeticamente.  -  Età  della  discrezione  (anni  della 
discrezione),  quella  in  cui  l'uomo  incomincia  a  sa- 
per usare  la  ragione,  in  modo  di  formarsi  idee 
conformi  al  vero  e  al  giusto,  e  sa  operare  secondo 
queste.  -  Età  dello  sviluppo,  la  pubertà.  -  Eld 
ferma,  l'età  di  chi  ha  finito  di  crescere.  -  Età 
grande,  tarda,  di  chi  è  molto  inoltrato  negli  anni. 
-  Età  maggiore:  l'età  determinata  dalla  legge  per 
cui  uno  esce  di  tutela,  cessa  di  essere  pupillo, 
gode  i  diritti  civili  e  politici  (maggiorenne,  chi  ha 
raggiunto  l'età  maggiore,  è  uscito  di  minorità: 
fuori  dei  minori,  dei  pupilli,  maggiore,  maggiore 
d'età).  -  Età  media,  tra  la  giovinezza  e  la  vec- 
chiezza. -  Eld  minore,  quella  di  chi  non  ha  an- 
cora tal  numero  d'anni  da  poter  disporre  di  sé  e 
dei  propri  beni;  età  dei  pupilli,  dei  figli  di  fami- 
glia: minor  età,  minorità  {minorenne,  che  è  in  età 


4 


ÈTERE 


1029 


minore,  cioè,  secondo  il  codice  italiano,  al  disotto 
dei  venlun  anni)  :  figlio  di  famiglia,  minore,  pu- 
pillo).-£/a  novella, \a  fanciullezza,-  Kldp iena, d' nomo 
fatto:  la  virilità.  -  Età  rispettabile,  non  più  giovane. 
-  Età  sinodale,  dopo  i  quarant'anni  ;  l'età  prescritta 
dal  sinodo  alle  serve  dei  preti.  -  Età  tenera,  qneUA 
del  bambino.  -  Età  verde,  l'età  giovanile.  -  Età  vi- 
rile, età  di  uomo  fatto. 

Fanciullezza,  l'età  del  fanciullo.  -  Giovinezza, 
l'età  di  chi  è  giovane.  -  Infanzia,  la  prima  età 
dell'uomo.  -  Longevità,  lung;a  età.  -  Maturità,  età 
perfetta,  verso  il  mezzo  della  vita.  -Mezz'età,  fra  i 
trenta  e  i  quaranta:  e  della  donna  tra  i  venticin- 
que e  i  trenta.  -  Modernità,  l'età  moderna,  il  tem- 
po moderno.  -  Pargolezza,  puerizia,  fanciullezza, 
età  del  fanciullo.  -  Prisca  età,  l'età  primitiva,  an- 
tica ;  l'antichità.  •  JPuerizia,  età  puerile,  fan- 
ciullezza. -  Vecchiaia,  l'età  del  vecchio.  -  Virilità, 
l'età  di  mezzo  tra  la  gioventù  e  la  vecchiezza:  si 
considera  generalmente  eslesa  dagli  anni  trenta  ai 
cinauanta  o  cinquantacinque,  durante  il  quale  pe- 
rioao  l'uomo  gode  il  completo  sviluppo  delle  sue 
facoltà. 

Aprile,  aprile  degli  anni  (figur.),  la  giovinezza.  - 
Autunno  (fi^jur.),  l'età  matura.  -  Colmo  dell'età,  della 
vita,  l'età  media  fra  !a  govinezza  e  la  vecchiaia.  - 
Confine  della  vita,  l'età  della  decrepitezza.  -  Fiore 
degli  anni,  la  giovinezza.  -  Inverno  (figur.),  della 
vita,  la  vecchiaia.  -  Mattino  della  vita,  la  prima 
giovinezza.  -  Pendio  della  vita  (figur.),  il  suo  decli- 
nare. -  Sera  della  vita,  l'età  vecchia. 


Lb   persone   rispetto   all'età*. 
Modi  di  dire. 


Anziano,  chi  è  maggiore  d'  età,  più  vecchio  di 
altri  :  primiero.  -  Anzianotto,  un  po'  in  là  con  gli 
anni.  -  Attetnpato,  non  ancora  vecchio,  ma  in  là 
con  gli  anni  :  avanzato,  inoltralo  negli  anni  ;  mol- 
tjluslre,  multilustre  E  carne  di  giovedì  si  dice, 
scherzosam.,  di  donna  attempata.  -  Benportante, 
francesismo  per  indicare  persona  in  buone  condi- 
zioni fisiche,  malgrado  l'età.  -  Bienne,  quinquenne, 
decenne,  ventenne,  ecc.,  chi  ha  due,  cinque,  dieci, 
venti  anni,  ecc.  -  Bilustre,  trilustre,  quadrilustre, 
ecc.,  di  dieci,  di  quindici,  di  venti  anni,  ecc.  - 
Brucialo,  d'età  avanzata.  -  Caduca,  dell'età,  quando 
la  prima  vecchiaia  è  accompagnata  da  incomodi.  - 
Coetaneo,  della  stessa  età,  dello  stesso  tempo: 
coetano,  coevo,  contemporaneo.  •  Compagni,  le 
persone  della  stessa  età,  che  uno  suole  praticare 
per  ispass^rsela  insieme. 

D'età:  dicesi  di  persona  inoltrata  negli  anni;  di 
mezza  età,  fra  la  giovinezza  e  la  virilità:  anzia- 
notto, frese*  uomo,  maturo,  uomo  fatto,  vivace  (chi 
per  vecchio  è  giovane,  per  giovane  vecchio)  ;  di  mezza 
tacca  (uomo  o  donna),  né  giovane,  né  vecchio,  né 
bello,  né  brutto,  ecc.;  d'una  certa  età,  piuttosto  in 
là  con  gli  anni. 

Longevo,  arrivato  a  tarda  età.  -  Padri,  avi  (veg- 
gasi  ad  avo),  progenitori,  antenati,  antecessori,  pre- 
cessori, predecessori,  coloro  che  sono  nati  prima  e 
si  considerano  già  morti.  Le  prime  tre  voci  indicano 
antichità  e  origine  e  comunione  di  sangue;  gli  altri 
possono  non  includere  l' idea  d'origine  e  di  comu- 
nione di  sangue.  Gli  antenati  son  più  lontani  degli 
avi,  e  gli  avi  più  lontani    dei  padri.   -   Passatello, 


passatotto,  di  persona  che  sia  in  là  con  gli  anni  e 
che  abbia  perduto  il  primo  fiore.  Più  specialmente, 
poi,  di  donna  che  di  uomo,  della  quale  dicesi  an- 
che passatella.  -  Passato,  di  uomo  o  donna  che  ab- 
biano perduto  il  fiore  della  giovinezza:  stantio.  • 
Pòsteri,  coloro  che  vengono  o  verranno  dopo, 
nell'età,  nel  tempo  :  i  futuri.  -  Pupillo,  colui  che 
rimane,  dopo  la  morte  del  padre,  minore  di  quat- 
tordici anni,  secondo  le  leggi  romane  (secondo  la 
nostra  legge,  minore  di  ventun  anni),  e  sotto  la  tu- 
tela altrui:  minorenne.  -  Primèro,  maggiore  di  età; 
anche,  dei  primi  tempi,  primitivo.  -  Primevo,  della 
prima  età.  -  Provetto,  d'età  matura,  in  là  con  gli  anni, 
senza  essere  vecchio.  Figur.,  pratico. 

Quinquagenario,  sessagenario,  settuagenario ,  ottua- 
genario, nonagenario,  centenario,  di  cinquanta,  di 
sessanta,  di  settanta,  di  ottanta,  di  novanta,  di  cento 
anni.  -  Ritinto,  di  chi  cerca  nascondere  l'età,  tin- 
gendosi i  capelli,  ecc.  -  Sopranno,  da  un  anno  in 
su.  -  Sopra,  oltre  i  cinquanta,  i  sessanta,  i  settan- 
l'anni,  ecc.,  oltre  questi  limiti  d'età:  sopra  la  cin- 
quantina, la  sessantina,  ecc.  •  Verso  la  china  degli 
anni,  sul  declinare  dell'età.  -  Tocco  e  svolto,  di  chi 
ha  perduto  il  fiore  dell'  età,  massime  di  donna.  - 
Tra  le  due  selle,  di  mezza  età:  tra  il  giovane  e  il 
vecchio  -  Tra  le  due  zappe  (scherz.),  in  età  di 
settantasette  anni. 

Aver  di  molli  carnevali  addosso,  avere  molti  anni 
sulla  groppa,  sul  groppone:  essere  in  là  con  gli 
anni  -  Avere  del  tempo,  degli  anni:  una  certa  età. 
-  Avere  sempre  gli  anni  di  Cristo  (scherz.),  di  per- 
sona che  non  dice  l'età,  per  parere  più  giovane.  - 
Avere  valicato  i  cinquanta,  i  sessant'  anni,  ecc., 
essere  oltre  questo  periodo.  -  Camminare  verso 
un'età,  essere  vicino  a  quella.  -  Compiere  i  trenta, 
i  quarant'anni,  ecc.,  varcare  questo  limite  di  età.  - 
Crescere  in  età,  andare  innanzi  con  gli  anni;  venir 
su.  -  Declinare  dell'età,  quando  si  va  oltre  la  ma- 
turità *e  si  entra  nel  periodo  della  vecchiaia.  - 
Entrare  nel  decimo,  nel  ventesimo,  nel  trente- 
simo anno  di  vita,  ecc.  :  aver  compiuto  i  nove,  i 
diciannove,  i  ventinove  anni,  ecc.,  d  età.  -  Essere 
arrivato  a  compieta,  essere  in  là  cogli  anni.  -  Es- 
sere nello  sboccio  (figur.),  nel  fiore  dell'età.  -  Im- 
barbogire, divenire  melenso  per  l'età.  -  Levarsi  gli 
anni,  dirne  di  meno.  -  Portar  bene  gli  anni,  dimo- 
strarne meno.  -  Non  essere  pili  dell'erba  d'oggi,  es- 
sere in  là  con  gli  anni.  -  Toccare  la  cinquantina,  la 
sessantina,  ecc.,  essere  pervenuti  a  questa  età.  - 
Uscir  de'  pupilli,  dall'età  minore. 

E'  mugettese,  ha  cent'anni  e  mostra  un  mese  :  di- 
cesi di  persona,  specialmente  piccola,  che  non  di- 
mostra gli  anni  che  ha.  -  Senza  quelli  della  culla  /» 
senza  quelli  della  balia  I  (iron.),  a  chi  si  leva  gli 
anni,  o,  parlando  d' altri,  ne  fa  di  meno. 

Prov.  :  Insino  a  trenta  si  fischia  e  si  tresca  ;  in- 
sino  a  quaranta  si  fischia  e  si  canta  ;  da  quaranta 
in  là  mi  dal  qui  e  mi  dòl  là. 

Etèra.  Veggasi  a  donna  (pag.  939,  prima  co- 
lonna). 

Etere.  La  parte  più  sottile  dell'arto  ;  ètere 
imponderabile  (ye^g3i%'\  a  chimica,  pag.  536,  prima 
colonna).  -  Liquido  sottilissimo  che  si  ottiene  dalla 
distillazione  di  un  acido  mescolato  con  alcool.  Oggi 
(plur. ,  èteri)  è  nome  collettivo  di  certi  corpi 
organici  e  organico-minerali  a  costituzione  molto 
differente.  -  Nome  dato  dai  chimici  agli  ossidi  dei 
radicali  alcoolici.  Si  hanno  gli  èteri  acetico,  butir- 
rico,   enantico,  formico,  lattico,  nitrico,  ossalico,  per- 


i030 


ETERNALMENTE 


dorico,    solforico    (assolutam.,   etere),    ecc.,    ecc.  - 
Quintessenza,  l'ètere  dei  Pitagorici. 

Etèreo,  dell'etere,  dell'aria,    del  cielo.  -   Etèrico, 
di  ètere,  da  ètere. 

Eteri  acetici,  quelli  prodotti  dall'acido  acetico  ac- 
coppiato ai  radicali  alcoolici.  -  Eteri  composti,  i 
predoni  che  si  ottengono  per  l'azione  di  un  acido 
su  un  alcool,  con  eliminazione  d'acqua.  -  Eteri 
semplici,  quei  corpi  che  risultano  dalla  reazione 
degli  alcoli  tra  loro,  con  eliminazione  di  acqua,  e 
si  possono  riguardare  come  risultanti  dalla  riunione 
di  due  radicali  alcaloidi  per  mezzo  dell'ossigeno.  - 
Glucostdi,  eteri  composti  che  trovansi  nella  mag- 
gior parte  delle  piante,  e  producono  glucosio  de- 
componendosi con  altri  corpi:  risultano  dall'azione 
degli  acidi  organici  sugli  idrati  di  carbonio.  Più 
importanti:  l'amigdalina,  la  salicina  e  il  tannino. 
-  Saloli,  gli  eteri  fenolici  di  vari  acidi  aromatici,  e 
principalmente  l'acido  salicilico.  Tipo,  il  salolo  or- 
dinario, 0  salicilato  difenile.  •  Uretani,  gli  èteri  del- 
l'acido carbammico. 

Eterificazione,  operazione  chimica,  avente  per 
iscopo  la  produzione  degli  èteri.  -  Eterismo,  stato 
patologico  prodotto  negli  uomini  e  nelle  bestie 
dalla  respirazione  dell'etere.  -  Eterizzazione,  prò- 
cesso  anestetico  che  consiste  nel  respirare  uua  mi- 
scela d'aria  e  di  etere  ;  ovvero  nel  rendere  alquanto 
insensibile  e  fredda  una  parte  del  corpo  mercè  la 
polverizzazione  dell'etere. 

Eterizzare,  ridurre  un  corpo  alla  purità  e  sotti- 
gliezza dell'etere;  aggiungere  parte  d'etere  a  un  li- 
quido ;  fare  respirare  l'etere  per  addormentare,  per 
produrre  anestesia.  -  Eterolatura,  lo  stesso  che 
tintura  d'etere.  ■  Oli  eterei,  i  liquidi  volatili  che, 
generalmente,  danno  alle  piante  il  loro  odore  par- 
ticolare. 

Bternalmente.  In  eterno,  per  seinpre  (ìngl*> 
far  ever  !). 

Eternare,  etornarsi  (eternato).  Fare,  ren- 
dersi eterno,  inimortale. 

Eternità.  Detto  ad  eterno. 

Eterno.  Senza  principio,  senza  mezzo  e 
senza  fine;  che  continua,  deve  continuare,  ha 
durato  e  deve  durare  per  sempre:  durabile, 
eternale;  immarcescibile,  immortale;  incancella- 
bile, incessabile  (che  non  può  cessare),  inconsu- 
mabile; sempiterno,  semprevivo. 

Eternamente^  ab  eterno  (lat.),  eternalmente,  fuori 
d'ogni  limite  di  tempo:  durabilmente,  durevol- 
mente, fino  alla  consumazione  dei  secoli  ;  incessa- 
bilmente, indefinitamente,  indesinentemente,  ine- 
stinguibilmente; nei  secoli  dei  secoli;  perdurabil- 
mente, perennemente,  permanentemente;  sempiter- 
nai mente,  sempre,  senza  termine  (che  non  si  può 
consumare),  increato,  indilepabilci  indistrutti- 
bile, infinito,  ingenerabile  e  incorruttibile,  inge- 
nito, interminabile,  interminato,  irresolubile;  per- 
durabile, perenne,  perpetuo;  sempiternale,  sem- 
piterno. -  La  città  eterna,  Roma.  -  L'eterno,  Dio.  - 
Coeterno,  insieme  eterno  (delle  persone  della  Tri- 
nità). 

Eternare,  rendere  eterno,  per  quanto  riguarda  il 
futuro;  dare  eterna  durata;  perpetuare;  rendere 
im,mortale;  tramandare  ai  posteri.  Elernizzare, 
francesismo  da  èterniser.  -  Eternarsi,  diventare  e- 
terno:  acquistare  fama  imperitura;  immortalarsi, 
non  aver  fine. 

Eternità,  misura  infinita,  indeterminabile,  di 
tempo  (figur.,  tempo  lunghissimo);  indefettibilità. 


ingenerabilità;  sole  senza  occaso.  -  Anche,  vita  ultra- 
mondana: il  ài  là,  inferno  o  paradiso. 

Simboli  dell'eternità,  l'araba  fenice  e  il  serpente 
che  si  morde  la  coda. 

Eteroclito.  Ciò  che  è  irregolare  o  strano. 
-  Agg.  di  nome  che  si  declina  fuori  dalle  regole 
usate. 

Eterocroico.  Di  molti  colori,  variopinto. 

Eterocronia.  Generazione  di  parti  del  corpo 
in  un  tempo  diverso  da  quello  nel  quale  dovreb- 
bero nascere  normalmente. 

Eterócrono.  Veggasi  a  polso. 

Eterodelfo.  Veggasi  a  mostro. 

Eterodossia.  Dottrina  contraria  al  cattoli- 
cisnio.  -  Veggasi  a  scisma. 

Eterodosso.  Chi  professa  l'eterodossia- 

Eterógranio.  Veggasi  a  fiore. 

Eteromòrfo.  Di  foì*nia  diversa. 

Eteronomia.  Dipendenza  da  legge  straniera. 

Eteroscopia.  Detto  a  vista. 

Eterostilla.  Veggasi  a  fiore. 

Etésio.  Detto  a  vento. 

Ètica.  La  filosofia  morale.  -  Trattato  di  etica. 

Eticlietta.  Osservanza  delle  cerimonie  (veggasi 
a  cerimonia),  delle  norme  che  regolano  certi  atti 
in  una  corte  o  nell'alta  società:  cerimoniale,  for- 
malità, gala,  rispetto,  solennità.  -  Anche,  il  cartel- 
lino che  si  appone  alle  casse,  alle  bottiglie  o  ad 
altri  vasi,  con  la  scritta  di  ciò  che  contengono.  Si 
hanno  etichette  vetrificate  e  decorate,  per  uso  di  far- 
macie e  di  laboratori  chimici.  Si  distinguono  le  eti- 
chette in  semplici,  mezze  ricche,  ricche  ;  vetrificate 
bordo  e  parole,  a  giorno;  vetrificate  a  smallo,  pa- 
role nere  e  bordo  nero  :  vetrificate  o  smalto ,  parole 
nere,  bordo  oro,  filo  colore;  vetrificale  a  smalto, 
parole  nere,  bordo  e  fregio  oro  e  filo  colore  o  bordo 
serba  oro,  ecc. 

Etico.  Aggiunto  di  filosofo  moralista. 

Ètico.  Chi  è  tisico,  malato  di  tisi.  -  Aggiunto  di 
febbre. 

Etilene.  Idrocarburo  che  si  ottiene  quando  si 
scalda  una  miscela  di  alcool  con  eccesso  di  acido 
solforico  concentrato. 

Etimologria  [etimologicamente,  etimologico).  Veg- 
gasi a  parola. 

Etiologìa.  Origine  e  derivazione  delle  parole.  - 
La  scienza  che  si  occupa  dell'origine  delle  parole, 
per  spiegarne  la  formazione,  i  mutamenti,  le  acci- 
dentalità. 

Etimologista.  Detto  a  parola. 

Etimoligizzare  {etimologizzato).  Veggasi  a  pa- 
rola. 

Etiopica  razza.  La  razza  nera. 

Etmoide.  Detto  a  fronte  e  a  naso. 

Etisia.  Mal  del  tisico  :  tisi. 

Etite.  Sorta  di  pietra. 

Etnico.  Di  popolo. 

Etognosia.  La  scienza  dei  costumi. 

Etnografia,  etnologia  {etnografico,  etnologico). 
Veggasi  a  popolo. 
'  Etopéa,  etopeia.  Figura  di  retorica. 

Etra.  Poet.,  per  aria,  cielo,  ètere. 

Ettacordo  {eptacordo).  Istrumento  musicale  di 
sette  corde. 

Ettaèdro,  ettàgono.  Termine  di  geometria. 

Ettàmetro.  Il  verso  di  sette  piedi. 

Ettaro.  La  misura  di  cento  are. 
Ettasillabo.  Detto  a  verso. 

Ette.  Particella  copulativa.  -  Un  ette,  niente, 
nulla. 


ETTOGRAMMO    —    EVIDENTK 


1031 


EJttoKTamino.  Detto  a  chilogrammo. 

Ettolitro.  "Veppasi  a  litro. 

Ettometro.  Vf{;f.'asi  a  mttro. 

Eucalipto^  eucalitto  ^fi/ra/ip/ws^.  Pianta  della 
Nuo\a  Caliiornia,  di  rapido  sviluppo,  e  per  ciò 
mollo  utilizzata  nella  bonirica  dei  terreni:  auca- 
litto. 

Eucaristia,  eucarestia.  Secondo  il  caitoli- 
cistno,  il  corpo  e  il  sanjiue  di  Cristo  sotto  la 
specie  di  pane  e  di  vino:  l'ostia  consacrata  che 
SI  dà  ai  credenti  nell'  ariiminisfrare  loro  la  comu- 
nione :  angelico  banclielto,  cibo  eucaristico,  cibo 
spirituale:  il  Santissimo,  il  Venerabile;  manna, 
mensa  celeste,  mensa  della  vita,  mistero  della 
nostra  salute,  mistica  vivanda;  ostia  d'amore;  pane 
dej;li  angioli,  pane  eucaristico  ;  sacra  cena,  sacra- 
mento del  corpo  di  Cristo,  sacramento  eucaristico, 
sacro  convito.  -  Eucarùtica,  la  dottrina  del  sacra- 
mento eucaristico.*  Siimssi,  l'eucaristia  nella  Chiesa 
greca.  -  Transustanziazione  (lat.  transubstatialio),  il 
niiracoloso  cambiamento  (secondo  il  cattolicismo) 
del  pane  e  del  vino  nel  corpo  e  nel  sangue  di 
Cristo,  per  mezzo  della  consacrazione  fatta  dal  sa- 
cerdote. 

Particola,  V  ostia. 

Comunicarsi,  accostarsi  al  sacramento  dell'euca- 
ristia: far  la  comunione,  far  jjasqva;  pasquare, 
prender  l'ostia;  prender  pasqua;  sacramentarsi.  - 
Comunione:  ineffabile  agape,  ineffabile  sacramento. 
-  Comunicando,  chi  si  dispone  a  prendere  la  comu- 
nione. -  Consumare  il  sacrifizio  del  pane  e  del  vino, 
celebrazione  dell'eucaristia  che  fa  il  prete.  -  Ciborio, 
conopèo,  veggasi  ad  ostia. 

Euclasla.  Sorta  di  pietra. 

£u Grazia.  Buon  governo. 

Eudiometro  (eudiometria).  Veggasi  ad  aria, 
(pag.  146,  prima  colonna). 

Eufemismo.  Figura  di  retorica  per  la  quale, 
mitigando  le  espressioni,  si  velano  le  idee  spiace- 
voli, disoneste,  sconce.  Il  dir  bene  quando  si  do- 
vrebbe dir  male:  coperta,  eufemia,  mantello  di 
Noè,  rinvoltura.  -  Eìifemicamente,  per  eufemismo. 

Eufonia  {eufonico).  Armonia  di  suono .  -  Soave 
prorninzia  delle  parole. 

Eufonlo.  Istrumendo  musicale  di  ottone,  usato 
per  l'accompagnamento. 

Eufono.  Specie  di  armonica  a  piccoli  cilindri 
di  vetro,  orizzontali,  che  si  strofinano  con  le  dita 
umide. 

Euforbia.  Genere  di  piante  acotiledoni,  apelali 
(dà  il  nome  all'ordine  delle  euforbiacee,  erbe,  fru- 
tici, alberi),  pericolose  per  un  succo  latteo  causti- 
cissimo che  contengono.  -  Euforbia,  il  sugo  distil- 
lato della  euforbia. 

Euforia.  Lo  star  bene,  il  ricevere  bene  una  me- 
dicina 0  una  bevanda. 

Eufotide,  Veggasi  a  roccia, 

Eufrasia  (^r.).  Allegrezza,  buonumore. 

Eulalìa.  Il  ben  parlare. 

Eulogismo  (gr.).  La  massima  di  operare  in 
base  alla  probabilità. 

Eumenla  (gr.).  Bontà;  benevolenza. 

Euniénidi.  Veggasi  a  Furie. 

Eun)orfla  fgr.).  Bella  forma. 

Eunuco.  Colui  che  manca  dei  membri  geni- 
tali :  evirato. 

Eupatia.  Detto  a  pazienza  e  a  sensibilità. 

^  upepsia.  Buona  e  norma  le  digestione. 

Eupèptlco.  Nome  generico  dei  njedicfimenti, 
delle  sostanze  che  aiutano,  facilitano  la  digestione, 


eccitando  la  mucosa  gastrica  e  destando  l' appe- 
tito: aperitivo,  digestivo,  disostruente,  stomachico, 
stomatico,  tonico.  Tali  :  1'  acido  cloridrico,  l'acido 
lattico,  l'alboferrina,  l'anice  verde,  la  chintty  la 
maltina,  la  noce  vomica,  la  pancreatina.  la  papaina,  la 
papaiotina,  la  pepsina,  il  peptone,  il  rabar- 
baro, la  veiiadina,  ecc.  Inoltre,  la  radice  d'an^e- 
tiia,  le  sommità  fiorite  di  camedrio,  le  foglie  di 
coclearia,  il  kefir  (bibita  lattea  che  si  prepara  nel 
Caucaso),  ecc. 

Euripnate.  Veggasi  a  testa. 

Euritmia  {euritmico).  Bellezza  che  risalta  d&ì- 
Vai  mania,  dalla  disposizione  armonica  di  tutte 
le  parti  di  un'opera  d'arte;  eurimmia.  -  Regolarità 
del  polso. 

Euro.  Detto  a  verìto. 

Europeo.  Dell'  Europa,  abitante  dell'  Europa.  - 
Franchi,  nome  generico  che  i  Turchi  e  gli  Orien- 
tali danno  agli  europei,  agli  occidentali,  qualunque 
sia  la  loro  nazionalità. 

Eutanasia.  Tranquilla  morte. 

Eutassìa.  La  regolare  disposizione  delle  varie 
parti  del  corpo. 

Euterpe.  Detto  a  Musa. 

Eutesìa.  Buona  disposizione,  buona  conforma- 
zione del  corpo. 

Eutimia   Detto  a  mente. 

Eutocia.  Veggasi  a  parto. 

Eutrolìa.  Detto  a  nutrizióne. 

Eutròfico.  Lo  stesso  che  ricostituente. 

Era  (voce  ebraica  che  significa  vita).  La  prima 
donna  secondo  la  Scrittura:  compagna  d'-i^tìawjo; 
prima  madre  dell'umanità:  antica  madre;  donna 
non  nota;  madre  dei  viventi;  primogenitrice,  pro- 
genitrice, protoparente.  -  Embta,  l'Eva  della  mito- 
logia nordica,  compagna  di  Ask,  primo  uomo. 

Evacuante.  Veggasi  a  purgante. 

li^Tacuare,  evacuazione  {evacuato).  L'andar 
di  corpo,  il  defecare. 

Evàdere,  evasione  {evaso).  Veggasi  a  fug' 
gire  e  a  prigione. 

Evangèlico.  Del  vangelo,  conforme  al  van- 
gelo. 

Evangelista.  Scrittore  o  divulgatore  del  vanr 
gelo. 

Evangelizzare  {evangelizzato).  Divulgare  il 
vangelo,  convertire  al  vangelo. 

Evangelio,  e  vangelo.  Il  vangelo. 

Evaporabile.  Che  può  evaporare. 

Evaporare,  evaporazione  {evaporativo,  età» 
forato).  Detto  a  vapore. 

Evasione.  La  fuga  da  un  luogo  di  pena. 

Evasivo  (evasivamente).  Veggasi  a  risposta. 

Evenienza  Eventualità  :  caso  possibile  ad  av- 
verarsi. -  Circostanza. 

Evento.  Cosa  che  avviene:  avvenimento, 
caso. 

Eventuale.  Casuale,  che  dipende  dal  caso,  da 
futuro  evento  ;  possibile,  probabile. 

Eventualià.  Evenienza  ;  caso  possibile  ad  avve- 
rarsi :  accidenza,  circostanza,  occorrenza. 

Evezione.  Detto  a  luna. 

Evidente.  Assai  chiaro,  manifesto;  ciò  che  è 
certo,  è  vero,  non  ha  bisogno  di  dimostrazione 
(veggasi  a  dimoslreiré),  ma  si  fa  conoscere,  si 
manilesta  anele  alla  piima  occhiata,  ad  un  esame 
supeificiale:  aperto,  apodittico,  appariscente,  assio- 
matico; chiaro  come  la  luce  del  sole,  come  l'olio; 
chiaro  e  lampante;  cosa  che  si  vede  senza  lume, 
che  vedrebbe  un  cieco  ;  dichiarato,  espresso  ;  in- 


1032 


EVIDENZA  —  EZIANDIO 


dubitabile,  indubitato  (che  non  lascia  luogo  a  dub- 
bio), innegabile  (che  non  si  pUò  ^cgrore),  irrefra- 
f [abile,  irrefutabile;  palese,  palmare,  palpabile,  par- 
ante, persuasivo  (che  deve  dare  persuasione); 
più  chiaro  del  sole,  predo  e  sputato,  probato; 
scoccoìato,  tangibile,  visibile.  -  Evidentemente,  ad 
evidenza,  in  modo  evidente:  chiaramente,  chiaris- 
simamente, manifestamente,  matematicamente,  pale- 
semente, palpabilmente,  patentemente,  scolpitamente, 
scopertamente,  visibilmente.  -  Evidentissimo,  più 
che  evidente  :  manifestissimo,  palmarissimo,  paten- 
tissimo,  ecc.  -  Evidenza,  1'  essere  evidente,  qualità 
di  ciò  che  è  evidente  :  chiarezza,  luminosità,  spic- 
co. -  Chiarezza  dello  stile. 

Essere  evidente:  colpire  anche  i  meno  oculati; 
dare  negli  occhi,  nel  viso;  essere  quattro  e  quat- 
tr'otto  ;  non  esserci  né  lisca,  né  osso  ;  non  fare  una 
grinza  (di  ragione  evidente)  ;  saltare  all'occhio.  -  // 
morto  è  sulla  bara:  essere  cosa  chiara,  fatto  lam- 
pante. 

Rendere  evidente:  far  chiaro:  dare  risalto,  dare 
spicco  (rendere  più  evidente  una  cosa,  far  si  che 
salti  all'occhio);  far  risaltare  ;  mettere  in  mostra,  in 
vista,  in  bella  vista  ;  palesare. 

Evidenza.  L'essere  evidente. 

Evirare  {evirato,  evirazione).  Togliere  i  geni- 
tali all'uomo:  castrare,  eunucare. 

Evitare  {evitabile,  evitato}.  Salvarsi  da  un  evento, 
da  un  coipo,  ecc.  :  esimersi,  scansare,  schivare, 
sfuggire,  sottrarsi  -  Eludere  cosa  dilficiie; 
scampare  da  un  pericolo.  -  Anche,  liberarsi, 
sbrigarsi.  -  Astenersi,  tenersi  lontano  da  chec- 
chessia ;  non  fare  o  non  imprendere  una  cosa.  - 
An'.he,  jjrevenire,  impedire,  l'imediare.  -  In 
linguaggio  burocratico,  declinare  un  invito,  un  in- 
carico, ecc.  -  Evitazione,  l'evitare  :  evitamento,  ri- 
guardamento,schifamento,  sfuggimento,  scansamento, 
scanso.  -  Fatale,  inevitabile,  ciò  che  non  si  può 
evitare,  schivare. 

Evitazione.  Detto  ad  emtare. 

Evizione.  Veggasi  a  possesso. 

Evo.  Periodo  di  tempo  :  epoca,  età,  secolo.  - 
Evo  antico,  il  primo  periodo  della  storia  univer- 
sale. -  Evo  medio,  quel  tempo  in  cui  cominciarono 
a  decadere  le  scienze  e  le  belle  arti:  medioevo. 
■  Evo  moderno,  il  periodo  dopo  la  scoperta  dell'A- 
merica fino  ai  nostri  giorni. 

Evocare  {evocato,  evocazione).  Il  chiamare 
fuori  ;  detto  propriamente  di  invocazione  fatta  al- 
l'anima di  un  morto,  a  un  demonio,  a  uno 
spirito,  perchè  esca  dal  regno  della  morte.  -  An- 
che, riandare  nella  memoria,  richiamare  alla  me- 


moria, ricordare.  -  Evocazione,  l'evocare,  atto  ed 
efìetto.  -  Formola  di  scongiuro. 

Evocazione.  L'evocare. 

E\oè.  Veggasi  a  Bacco. 

Evolvere  (evoluto).  Il  passare  gradatamente  da 
una  cosa  all'  altra  ;  mutare  progressivamente.  - 
Evoluto,  che  ha  potuto  evolvere;  nell'uso,  progre- 
dito rispetto  al  grado  di  civiltà,  di  intelligenza, 
di  educazione. 

Evoluzione.  L'evòlvere.  -   In  geometria,  lo 

svolgere  il  filo  di  una  curva.  -  Movimento,  com- 
plesso di  movimenti  che  fanno  reparti  di  mi- 
lizia per  esercitazione,  eserciti  o  navi  in  guerra. 
-  Nella  musica,  inversione  delle  voci  nel  con- 
trappunto doppio.  -  Teoria  per  cui  si  afferma 
che  la  società  con  pacifico  progresso  deve 
raggiungere  il  suo  perfezionamento  politico-mo- 
rale per  mezzo  di  successive  trasformazioni  e 
modificazioni  pacifiche.  Non  ammette  la  violenta, 
la  rivoluzione,  ecc.  -  Fisiologicam.,  la  teoria  {dar- 
winismo), che  ammette  che  già  nel  primo  animale 
semplice  e  monocellulare  siano  esistiti  i  germi  di 
tutti  gli  altri  corpi  successivi.  -  Catagenesi,  evolu- 
zione regressiva  delle  specie  viventi.  -  Degrada- 
zione, arresto  di  sviluppo  e  aberrazione  dell'evolu- 
zione nell'economia  animale,  sia  parziale,  generale, 
acquisita  o  ereditaria. 

Evonimo.  Genere  di  piante  ramnacee.  La  specie 
più  nota  è  l'evonimo  d'  Europa,  i  cui  rami  danno 
il  carbone  da  disegnatori. 

Evulsione.  Azione  di  svellere,  estirpare: 
estirpazione. 

Evviva!  Voce  di  applauso,  à\  saluto:  viva, 
riviva  I  Corrisponde  all'osanna  ebraico,  all'  euge  la- 
tino, al  vive  dei  francesi,  all'/ioc/i  dei  tedeschi,  al- 
Viirrah  degli  inglesi  (che  dicono  anche  huzza)  e 
dei  russi,  all'cyen  dei  magiari,  ecc.  -  Anche,  grido 
di  allegrezza,  di  gioia,  -  Echeggiare,  rimbom- 
bare, il  risuonare  di  tali  acclamazioni. 

Ex.  Particella  latina  con  la  quale  si  formano 
vari  modi  avverbiali  :  ex  abrupto  (improvvisamente, 
li  per  lì),  ex  asse  (per  intero),  ex  professo  (per 
professione,  pienamente),  ex  proprio  Marte  (con  le 
proprie  forze),  ex  tempore  {■aW improvviso ,  senza 
pensarci  prima).  -  In  composizione  di  parole,  in- 
dica cosa  0  persona  che  fu  e  non  è  più  i  ex-regno, 
ex-ministro,  ecc.),  è  del  passato:  emerito,  giubi- 
lato, quondam  (lat.). 

Eziandio.  Particella  copulativa  che  significa 
aggiunta  a  quanto  si  è  già  detto:  altresì,  anche, 
anco,  ancora,  parimente,  pure,  simigliai! temente. 


FINE    DEL   PRIMO   VOIiUME. 


% 


PC 

1625 
P7 
v.l 


Premoli,  Palmiro 

Vocabolario  nomenclatore 
illustrato 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 

UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY 


FOR  '"''' 


f^ì