AvTerteikKa. La sede dell’ Archivio della Società Geologica italiana trovasi in Roma prowisoriamonte presso il Museo geologico alla Vittoria in un locale otte- nuto per gentile concessione di S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio. — (55 — adunanza generale estiva in FABRIANO dal 2 al 5 settemlire 1883. Avendo la Società nella seduta del 18 marzo in Bologna deliberato di tenere la sua adunanza generale estiva in Fabriano, il Presidente si affrettò a darne avviso al Sindaco di questa città, marchese Pietro Serafini, pregandolo di comporre un comitato organizzatore per le disposizioni da darsi in proposito. Il signor Sindaco, con lettera 27 marzo, a nome ancora della rappresen- tanza municipale, esprimeva la sua compiacenza per la scelta fatta dalla Società e, d’accordo col Presidente, fissava l’epoca della riunione. Il 15 giugno fu diramata ai Soci la lettera di avviso per l’adunanza da tenersi dal 2 al 5 settembre, e con essa furono distribuite la Bibliografia geologica e paleontologica dei dintorni di Fabriano (') e le schede per le elezioni. Nel frattempo il (') Bibliogr.ifia geologica e paleontologica dei dintorni di Fabriano. 159G. Scacchi Durante, De vivtutihu^ bahvd castri Cerreti in Afiro Fabrianemi in Piceno. Urbini, apud Bartolomenm et Sinionem Ragiisios Fratres. 1786. Benedettoni Giorgio, Pi flessioni storiche, topografiche, georgiche, oritlolo- gicìw sopra Picrosara, castello di Fabriano. Antichità Picene del Colacci, voi. 111. Fermo, A. Paccaroiii. 1788. Benedettoni G., Osservazioni svila geografia fisica da Fabriano a Siena. Fabriano, tip. Pannelli. 1802. Ros-si Giosafat Ca-stellano, H clima di Fabriano. Dissertazione. Camerino, tip. di Vincenzo Cori. 1809. Procaccini Ricci Vito, Memoria sulla grotta di Irasassi ne contorni di Fabriano. Senigallia. 1813. Bellenghi Albertino, Riflessioni sul granito e gneiss osservalo da Filippo Dellenghi di Farà nelle valli del Catria. Macerata, tip. Mancini. 181‘1. Procaccini Ricci V., Viaggi ai vulcani spenti d Italia. Firenze, Gaglielmo Piatti. 1817. Brocchi G., Catalogo ragionalo di una raccolta di rocce disposte con or- dine, geografico per servire alla geognosia d'Italia. Milano, i r. Stamperia. mO.’BenengìuX., Fossili del Catria e dei monti adiacenti. Roma, tip. Contedini. — OC) — Presidente si rivolse a S. E. il Ministro dei Lavori Pubblici chiedendo la riduzione sui prezzi dello ferrovie pei Soci che si sarebbero recati al convegno; riduzione che venne gentilmente e sollecitamente accordata. La sera del 1 settembre i membri del Consiglio direttivo della Società, alle ore 8 poni, si riunirono nel gabinetto del Sindaco in Fabriano, e fra le altre, furono prese le seguenti deliberazioni: 1821. Bellcnglii A., W diclini oggetti rinvenuti nel monte Catriu. babriaiio, tip. Crocetti. 1844- 45. Spada Lavini A. et Orsini A., Nule sur la comtiUition géulogique de l- Italie centrale. Bull, de la Soc. géol. de France, 2".° sèrie , tomo li. Paris, impr. de Bourgogne et Martinet. 1845. Spada Lavini A. e Orsini A., Osservazioni geologiche su quella parte del versante Adriatico compresa ira il monte Corno e l' Esina. Baecolta scien- tifica, anno I, nura. 16 e 11, con una tavola. Roma, tip Marini e C.° 1845- 47. Rutili Gentili A., Orsini A. e Spada Lavini A., Lavori geologici in- lorm alle Marche inseriti nella Relazione sulla eseguita revisione del- l’estimo rustico della province componenti la Seziono delle Marche. Roma. 1847. S[)ada Lavini A., Sulla idenlilà del marmo maiolica e della calcarea rossa ammonitifera degli Appennini colla calcarea dei terreni giurassici supe- riori riconosciuta dal De Ruch in una zona che attraversa l'Europa meridionale della Crimea ai Direnei. Atti d. 7.“ Adim. d. Scienz. Ital. tenuta in Napoli nel 1843, parte li. Napoli, tip. del Fibreno. 1851. Savi P. e Jlenegbini G., .immonili del calcare bianco compalto di .\lun- tecucco. Note alle « Considerazioni sulla geologia stratigrufica delta To- scana p in aggiunta alla memoria < Sulla struttura geologica delie Alpi, degli .Appennini e dei Carpazi » di Sir R. 1. Murchison. Firenze, tip. GrazAini. 1855. Spada Lavini A., et Orsini A., QueJ^ues ohservalions gévlogiqnes sur Us Apenmns de VUalie cmtrak. Lull. de la Soc. géol. de France, 2me sèrie, tome XII. Paris, impr. de L. Martinet. 1861. De Bosis F., / minerali utili delle Marche. Atti d. Soc. Ital. di Se. Nat., voi. Ili, pag. 327-381. Milano, tip. Bornardoni. 1867-81. Meneghini L, Monographie des fossUes apparlenank au calcaire rouge amtnoniiique de Lombardie el de l'Apmnin cenlralc. Palacont. lombarde de Stoppani. Milano, impr. Bernardoni. 1868. Zittel K. A., Dìe Cephaìopoden der Stramberger Schtchlen. Palaeont. Mitth. aus derk, bayer. Staatssainrrilung. Stuttgart, Verlag von Ebner Senbert. 1869. Zittel K. A., Gmlogische Beobachlungm aus den Ceniral-Apennimn. Geogn.- palaeont. Beitrage v. Beneck. Mauchen, R. Oldenbonrg. 1869-70. Piccinini R., Studi geologici sull' Appennino centrale. Riv. Urbinate, an. IL Urbino, tip. del Metauro. — ()7 — p L’anno amministrativo avrà principio e termine coiranno solare, come già nella precedente seduta fu stabilito per Tanno finanziario; quindi gli ufficiali uscenti di carica regoleranno gli atìari in corso entro il mese di decembre e cederanno il posto ai nuovi eletti soltanto col 1 gennaio delTanno seguente. 1870 . Zittel K. k,^Die Fauna' der aellern Gephalopoden fuchremieti Tilhonbil- dungen. Palaeont. Mitth. aus der k. bajer. Staatssammlung. II Band, zw. Abtli. Cassel, Vcrlag von Th. Fischer. 1S72. De Bosis F.^La caverna ossifera di Frasassi. Riv. Marchigiana. Ancona. 1872. Zonghi Aurelio, Scoperte paìeoetnologichc nelle Grotte del Monte Ginguno. Ancona. 1874. Jervis G., / tesori solterìwiei deliltaHa. Parte seconda. Regione dell’Ap- penuino. Roma-Torino-Firenze, tip. Loescher. 1875. Ginevri Blasi A., Grotta di Frasassi nei suhappennmi dell'Ikilia centrale^ Bologna. 1888. Marcoaldi Oreste, Jl Monte Catria e l'Eremo di Ponte Avellana. Perugia, tip. Boiicompagni. 187(5. Gaspari Domenico, La Montagna di Frasassi. Il Paese, anno III, num. 40. Sanseverìiio. 1878. Cauavari M., Cenni geologici sul Camerinese e particolarmenlc su di un lembo litonico nel manie Sanvicino. Boll. d. r. Com. geoL dltalìa. voi. IX. Roma, tip. Barbèra. 1880. Canavari AI., La montagna del Suavicino. Osservazioni geoIo{ficfie e pa- leonlologiehe. Boll. d. r. Com. geol. d'Italia, ser. 2\ voi. I. Roma, tip. Barbèra. 1880, Canavari M., / Brachiopodi degli Strali a Terebralula Aspasia (Mgli.) nell' Appennino ccnlrale. Atti d. r. Acc. d. Lincei, voi. Vili, con 4 tavole. Roma, tip. Salviucci. 1880. Fritsch {von)*K., Ncue lleobachtnngen in den Apenmnen. Zeitschr. fiir Gei. Naturwiss,, IS Deceniber, Lll Band, Halle A. d. Saab 1880. Scarabelli Gommi Flamini G., Sugli scavi eseguili fiella caverna ossifera di P'rasdssi. Roma, tip. Siilviucci. 1881. Canavari M., AlcMni nuovi lìrachiopodi degli Strati a Terebralula Aspasia (Mgh.) neM' Appenni no ccnlrale. Atti d. Soc. toso, di Se. Nat., voi. V, coll una tavola. Pisa, tip. Nistri e C.® 1882. Alilìaui G. B., La grotta dd Manie Ginguno. Rivista alpina italiana, voi. 1, num. lo. Toiintt. G. Candclctti. 1883. Canavari M., Sulla presenza degli Slrali a Posidonomya alpiìia (Gras) nell’ Appennino centrale. Atti d. Soc. tose. d. Se- Nat. Processi verbali, voi. III. Pisa, tip. Nistri. 1883. Canavari M, La collezio/ie paìeonlologìca dclT Appennino centrale del /f. D. Antonio Moriconi^ pievano di lìoccheltu presso Arcevia. Atti d. Soc. tose, d. S. Nat. Processi verbali, voi. IH. Pisa, tip. Nistri. 1883. Guspari D., Storia di Serra-San^Quirico, Cap. I (in corso di stampa). — 68 — 2" Cifiscuno dei due Vice-Segretcìri resteru iii curiCci per due anni. I Soci che interveimci-o alle sedute o alle escursioni relative airaduiianza, furono: Ansei-mi a., Arcevia. Baketti prof. M., Torino. Becchetti prof. S., Rieti. Benigni marcii. C., Fabriano. Benigni march. 0., Fabriano. Berti dott. Cr., Bologna Berti prof. G., Torino. C.vELEGARi prof. j\I., Padova. Canavaki dott. M., Pisa. Capei-uni prof. G., Bologna. Cardinali prof. F., Sassari. Castracane conte F., Roma. Cocchi prof. I., Firenze. Coppola ing. N., Macerata. Cortese ing. E., Roma. De Amicis G. A., Pisa. De Rossi prof. M. S., Roma. Elisei a., Gubbio. Fedrighini ing. A., Ancona. Foresti dott. L., Bologna. Fornasini dott. C., Bologna. Gatta cap. L., Roma. Lais prof. G., Roma. L.vttes ing. 0., Roma. Lotti ing. B., Pisa. Malagoli dott. 1\I., Modena. Martelli ing. F., Matolica. Mazzetti ab. G , Modena. Mazzuoli ing. L., Genova. Meli prof. R., Roma. Mercalli ab. G., Monza. Mi LI ANI G. B., Fabriano. Missagiii prof. G., Cagliari. Montani march. S., Fabriano. Muzioli ing. G., Camerino. Negri dott. A., Padova. Neviani a., Bologna. Niccoli ing. E., Ancona. Nicolis cav. E., Verona. Omboni prof. G., Padova. Pantanelli prof. D., Modena. Pellati ing. N., Roma. Ragnini dott. R., Bologna. Sai.mojraghi ing. F., Milano. ScARABELLi coiiim. G., Imok. Segrè ing. C., Napoli. Sella comm. Q., Biella. Serafini march. P., Fabriano. Serra dott. I., Fabriano. Silvani dott. E., Bologna. Si’ERANziNi pwif. N., Arcoviii. Statuti ing. A., Roma. Tarameli^ prof. T., Pavia. Tisi C., Fabriano. Tittoni avv. T., Roma. Tuccimei prof. G., Roma. UziELLi prof. G., Torino. Verri cap. A., Terni. Zezi prof. P., Roma. ZoNGHi prof. A., Fabriano. — 69 — Seduta del 2 settembre 1883. Alle ore 11 ani i Soci convenuti in Fabriano si riuniscono nella sala maggiore del Circolo Gentile ricevuti dai membri del Comitato organizzatore. Alle pareti della sala stanno appese carte e profili geologici e un gran quadro largo ni. 3,72 ed alto m. 3,36 dal quale si rileva lo stato dei lavori della Carta geologica d’Europa votata dal Congresso di Bologna nel 1881 e che si eseguisce a Berlino sotto la direzione dei professori Beyrich e Hauchecorne. Assistono alla seduta S. E. il comm. Domenico Berti, Mini- stro di Agricoltura, Industria e Commercio, il marchese Pietro Serafini, Sindaco di Fabriano, il comm. C. Senese, Prefetto della provincia di Ancona, il comm. G. G. Costa, Procuratore generale, gli onorevoli Bonacci, Bruschettini e Makiotti, deputati al Par- lamento, molte altre autorità civili e militari, varie rappresen- tanze di istituti, di associazioni e della stampa, molte gentili signore e numeroso pubblico. Prendono posto al banco presidenziale alcuni membri dell’uf- ficio, e il Sindaco presidente del Comitato organizzatore. Il prof. Capeujni, Presidente della Società, dichiara aperta la seduta e pronuncia il seguente discorso: Nello scorso anno in Verona l’illustre mio maestro prof. G. Meneghini, inaugurando la nostra adunanza estiva, accennava di volo che la Società Geologica Italiana era uno dei frutti del Congresso internazionale, che nn anno avanti aveva aftralellato in Bologna i geologi di tutte le Nazioni. Quindi, riconoscendo quanto fosse stato saggio provvedimento di radunarsi per la prima volta in una città ricca di antiche glorie e di preziosi materiali per la geologia e la jialeoutologia, ben si augurava dell’avvenire della nostra Istituzione. In quest’anno essendo a me riservato di dar principio ai vostri lavori, mi sia permesso di aggiungere più particolareggiate notizie sulla origine della Società nostra, e dire quanto sia stata opportuna la scelta della città di Fabriano per sede della seconda riunione estiva. — -ro — Nell’ aprile 1880 invitato a premier parte alla festa del cin- quantesimo anniversario della Societii (loologica di Ciancia, non senza emozione vedeva sedere al banco i)residònziale il venerando Desuoyers membro dell’ Istituto, uno dei coraggiosi pionieri che, insieme a pochi altri, aveva preso parte alla fondazione di quella Società occupando nella costituzione del primo ufficio il posto di Vice-segretario. In tale circostanza il Socio I)e-Lapparent es]iose, con molta accuratezza, come quella Società, oggi t;into rigogliosa e che ha reso già tanti importanti servigi alla scienza e alla Francia, do- vesse la sua origine alla energica iniziativa di una mezza doz- zina appena di geologi e paleontologi che, nei jirimi di marzo del 1830, si riunirono a tal line in Parigi nel gabinetto di Ami Boué (') 17 rue Tonrnoii. Ricordò, quindi, che la Società, costi- tuitasi ufficialmente il 17 di quello stesso mese con la riunione tenuta nel locale della Società Filomatica e alla quale assistevano circa una quarantina di persone, due mesi dopo couUiva 05 ade- sioni ed era in grado di nominare i suoi ufficiali (seduta 28 maggio). Trovavasi meco il comm. Giordano, ed egli pure prendeva parte a quella festa scientitìca in cui si ricordava che, fra gli stranieri i quali pei primi fecero adesione alla Società Geologica di Francia vi erano parecchi italiani; sicché nei primi volumi del bollet- tino già si trattava della geologia del nostro paese o nel vo- lume I delle Memorie il De la Dèche pubblicava il jirimo ab1)Ozzo di carta geologica dei dintorni del mio diletto golfo di Spezia, il Pareto stampava una interessantissima nota sui gessi del Tor- touese seguita da una preziosa lettera del prof. Viviaui che nel primo illustrava le filliti raccolte nei gessi di Stradella presso Pavia, Bertrand Geslin descriveva accuratamente il Val d’Arno superiore e Reynaud faceva conoscere la costituzione geologica della Corsica (’). Coni’ è naturale, tanto il mio amico che io, la- mentavamo che in Italia non si fosse ancora fondata una società geologica, sebbene geologi e paleontologi fra noi non abbiano (') Ami Boné nella circostanza del .">0° anniversario viveva ancora c con- tava 87 anni. (’) Il primo volume delle Memorie dcll.i Società Geologica di Francia porta la data 1833, il qual anno fu quanto altri mai fecondo di pubblicazioni e di nuove ricerche geologiche. — mi- niai fatto difetto c, fin d’ allora, facevamo voti perchè si presen- tasse propizia circostanza per provvedere anche a questo. Assorto intanto dalle gravi cure inerenti agli impegni, che mi era assunto coi colleghi di tutto il moudo, aveva dimenticato af- fatto la società geologica nè mi era occorso di farne cenno ad alcuno. n 2tì settembre 1881 sotto l’alto protettorato di S. M. il Re Umberto ed alla presenza di S. E. il Ministro Berti, che oggi pure abbiamo la fortuna di veder assistere ai nostri lavori, si inaugurava in Bologna il 2“ Congresso Geologico luteruazionale; e irli Italiani erano accorsi in buon numero a prendervi parte, com- presi dal sentimento del doversi mostrare riconoscenti e degni per l'alto onore die era stato fatto al nostro paese e animati da spirito di concordia. La sera dopo, 27 settembre, nella modesta casa di un geo- logo e precisamente in via Zamboni al N.® 59, trovavansiun emi- nente mineralogista e uomo di stato, che oggi siamo lietissimi di avere con noi, c un ingegnere di miniere che ha corso per parecchi anni per tutto il mondo, arrampicandosi sul Cervino, sulla vetta delle Ande e sull’ Imalaia; e i tre buoni amici dopo una la- boriosa giornata spesa pel Congresso, prima di pensare a ripo- sarsi avevano disposto quanto era da farsi nel giorno seguente. L’ora era tarda e il mineralogista stava per stringere la mano al geologo augurandogli la buona notte , quando ad un tratto sog- giunge: amici! bisogna fondare una società geologica italiana; bisogna approfittare della bella circostanza nella quale abbiamo con noi quasi tutti i geologi italiani e siamo in presenza di tanti illustri colleglli di tutto le parti del mondo. L’ ingegnere assentì e trovò opportuna la proposta, il geologo si riservò a rispondere la mattina dopo e quindi i tre amici si ritirarono nelle loro oamere. Appena giorno, il geologo corse presso il mineralogista per annunziargli che accettava la proposta e che la seduta del Con- gresso Internazionale di quello stesso giorno sarebbe inaugurata con la lieta novella e con un invito a tutti coloro i sero appoggiarla col loro volo. Petto, fatto! La ma ma et - settembre per le mani dei Congressisti circolava un foglietto d e ognuno leggeva con vivo interesse e sul quale immediatamente — 72 — si raccolsero più di sessanta firme. In quel foglietto leggevasi semplicemente questa dichiarazione: « I sottoscritti, considerando die in questi giorni si trovano « in Bologna quasi tutti gli italiani cultori della geologia, credono « opportuna una riunione por esaminare se convenga costituire «una Società Geologica Italiana, e ])regano perciò tutti i loro « colleglli italiani del Congresso Geologico a trovarsi stasera alle « ore otto precise nella sala di lettura della Biblioteca Comunale « neirArchiginnasio, piazza Galvani (*). Dopo quanto ho già esposto è facile di indovinare che la jivima firma era quella di Q. Sella cui noi dobbiamo gratitudine come al vero promotore della nostra Istituzione; c, verso la line della seduta, nella mia qualità di presidente elVettivo del Congresso era lieto di poter annunziare che i numerosi geologi italiani presenti al Convegno Internazionale avevano deciso di fondare una Sncictii Geologica Italiana, la quale sarebbe stato ricordo imiterituro e uno dei fecondi resultamenti del Congresso. La sera nella sala della biblioteca del celebro Archiginnasio non mancava alcuno dei geologi itoliani che si trovavano in Bo- logna, e vi erano pure numerosi illustri colleghi stranieri i quali, fino dal primo giorno, vollero fraternizzare con noi cliiedciulo di poter essere meml)ri a vita della nuova Società. Mi è caro di ricordare che a quella prima riunione nella quale si trattava di nomiuaro un ufficio provvisorio per il progetto di statuto ed altro, assisteva anche S. E. il Coinm. M. Minghetti uno dei membri onorari del Comitato organizzatore del 2"^ Congresso Internazionale. In una adunanza tenuta il giorno dopo (29) fu discusso ed (*) Apposero hi loro firma i signori: Q. Sella; G. Capellini; A. De*7àgno; F. Giordano; T. Taramelli; G. Uziclli; P. Zezì; G. Tenore; C- De Stefani ; F. Castracane; G. Guiscardi; G. Omboni; G. Scguenza; I. Cocchi; C. Mac- chia: C. Fornasini ; M. S. De Rossi; S. de Bosniaski; A. Issel; 0. Silvestri; G. Scarahelli; S. Balestra; C. Forsyth-Major; A, Alessandri; N. Pellafi; C. Mazzuoli; F. Amici Bey;C. Segrè;E. Meli; A. Rossi: F. Bassani; G. Bor- nemann; F. Borsari ; C. F, Parona; C. De Giorgi ; S. Canevazzi; R. Travaglia; D. Zaccagna;A. Portis; D. Pantanelli; E. Cortese: L. Baldacci ; M. Canavari * C. Capacci; G. Mazzetti; E. Mattirolo ; A. Manzoni ; L. Acconci ; D. Picaglia; A. Tommasi : E. Nicolis; V. Cavalletti: L. Bc-llardi ; F. Molon; Q. Filopanti; C. Conti; R. De Ferrari; B. Lotti; F. Cardinali; A. Audinot; L. Foresti. G. A. Pirona. — 73 — approvato lo Statuto della Società, ed il prof. Meneghini fu no- minato presidente per l’anno 1881-82, con incarico della nomina degli altri membri deH’iifficio. Gli stranieri ci felicitavano; tutti facevano voti per 1' avvenire e la prosperità della nostra Asso- ciazione. Prima della fine del 1881 si erano inscritti regolarmente 85 Soci; nei primi mesi del 1882 parecchi altri chiesero di essere ammessi a farne parte, sicché in capo ad un anno già si contavano 131 Soci e dopo la riunione a Verona quella cifra è oggi salita a oltre 200 ('). La prima volta che la Società era convocata in adunanza generale a Pisa, il 29 gennaio 1882, appena una dozzina di Soci rispondevano all’ appello; ciononostante vi furono impor- tanti comunicazioni e la scelta di Verona per la 1* adunanza estiva incoraggiò a bene sperare. Intanto l’esempio dato dagli italiani non rimaneva sterile; in Svizzera si fondava nello scorso anno una Società geologica la quale per simpatia verso la giovane Società Geologica Italiana prendeva per sua divisa il motto: Mente et malleo, che noi abbiamo ereditato dal Congresso Geologico Internazionale di Bologna, e nello scorso mese in Zurigo ho avuto il piacere di prender parte alla sua prima riunione. A Verona i Soci accorsero numerosi e la organizzazione di quel convegno nulla lasciò a desiderare, sicché tutti poterono convin- cersi che, malgrado la rapidità con cui ci eravamo costituiti, mal- grado gli scarsi mezzi dei quali fin da principio si potè disporre, malgrado mille diflicoltà che si avevano dovuto atlrontare; mercè l'opera assidua e amorevole di parecchi nostri colleghi e special- mente del presidente Meneghini e del segrehirio Pantanelli, dopo un solo anno di esistenza la Società nostra poteva ritenersi uscita d’infanzia. In quella circostanza il prof. Meneghini rese conto maestre- volnjento di quanto era stirto pubblicato dai nostri colleghi ; e accennò, fin d’allora, che, se si avesse potuto spendere per tavole indispensabili, parecchi altri lavori avrebbero potuto ai ricchi! e il nostro bollettino. lila invece (doloroso a ricordare), mentre più energica spie- gavasi l’attività dei geologi italiani , il Consiglio direttivo della (') Si contano oggi 220 soci insculti rcgoluiraente. — 14 — nostra Società si trovò nella dura necessità di dover deliberare « di sospendere la pubblicazione di tavole quando ^?li autori non « intendano sostenerne del j)rojtrio la spesa (Verona, adunanza 2-3 settembre 1882). Non si può negare che quella deliberazione non abbia pri- vato il nostro bollettino di parecchie interessanti Memorie che vi avrebbero potuto figurare; ma con tutto ciò siamo ancora cosi deboli che a noi ò impossibile di revocarla. Meno male se i lavori che non abbiamo potuto stampare per ristrettezza di mezzi avessero tutti incontrato miglior sorte rivol- gendosi ad altre Società o Accademie; la scienza non ne avrebbe risentito alcun d«i.no. Ma noi sappiamo come altre istituzioni si trovano costrette a misurare e a contare le tavole che corre- dano le memorie anche quando si tratta di jiropri soci. Dovremo per questo scoraggiarci? No certamente! chò anzi rinteressamento di S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Com- mercio da cui dipendono i lavori ufficiali della Carta Geologica d’Italia, ci può essere argomento a sperare che il Governo non ci abbandonerà alle sole nostre forze. Noi avremmo forse potuto pensare a questo, fin da principio; ma parve a tutti saggio consiglio di non involgere il Governo nel tentativo nostro di costituire una società geologica la quale dovesse potersi misurare con le sue sorelle d’ oltr’Alpe. Oggi però che contiamo così numerose adesioni e che comin- ciano ad apparire i frutti deU’opera nostra, rivolgiamo fiduciosi un pensiero a chi ha già fatto tanto anche per favorire e rendere proficua questa nostra riunione. La gentile premura con la quale S. E. il Ministro Berti ha secondato il nostro invito ed è venuto ad onorare di sua presenza questa adunanza, ci conforta a spe- rare che mai ci verrà meno il suo valido appoggio; e noi fin d’ora dal fondo del cuore lo ringraziamo e lo assicuriamo della nostra infinita gratitudine. Tutto quanto fu saggiamente disposto dal Municipio e dalla Provincia per l’esito felice di questo nostro convegno, la cortese ospitalità che ci è accordata dai Fabriauesi, le afl'ettuose curo del Comitato ordinatore di cui sta a capo l’egregio sig. Sindaco Marcii. Pietro Serafini e Teletta di persone che vediamo attorno a noi, provano ad evidenza che in questa regione deve essere grande — 75 — la simpatia per la giovane nostra Società, e noi ne serberemo perenne memoria e vivissima riconoscenza. Ma dopo tutto, è tempo che io accenni che cosa si è fatto nello scorso anno e perchè dopo Verona si decise di venire a Fabriano. Sono circa una cinquantina i soci che, dopo il convegno di Verona, hanno operato mente et malico per ottenere nuovi responsi dalle Alpi e dagli Apemiini, e che mediante le loro pubblicazioni liauuo potuto mettere a profitto di tutti i frutti delle loro pazienti c faticose osservazioni in campagna e le lunghe ricerche per ana- lisi di rocce e per decitrar fossili. Io non mi fermerò neppure a ricordare i nomi dei nostri egregi colleglli (parecchi qui presenti) che, per tal modo, hanno ben meritato della scienza e del paese: la rassegna sarebbe lunga e rischierei di fare cosa imperfetta; mi limiterò quindi a congra- tularmi per la ognora crescente attività dei nostri Soci, e facendo voti perchè le forze fisiche e i mezzi materiali non vengano meno a taluni instancabili che voi hen conoscete, senza die io nomi- nandoli debba oftendere la loro modestia; dal fondo del cuore plaudendo al loro operato e ai generosi loro sforzi, esclamerò tuttavia: Krcelsior! La lista bibliografica che ho avuto cura di distribuirvi insieme alla circolare dello scorso giugno, spiega abbastanza l’interesse geologico dei dintorni di Fabriano. Dopo i lavori dello Spada-Lavini e quelli deH’iufaticabile Orsini di Ascoli, il quale oltrecchè di un ingegno acutissimo era eziandio dotato di costituzione ferrea o del desiderio irresistibile di investigare e conoscere lutto quanto api)arteneva alla storia natu- rale deir Appennino centrale, le preziose raccolte dovute alle pazienti ricerche del P. Piccinini di Pergola facilitarono graude- meute gli stupendi lavori del prof. Zittel che tanta luce diftusero sulla geologia e i»aleoutologia di questa elettii parte d’Italia. Piu recentemente le importanti pubblicazioni geologiche del coimn. Scaraliolli e quelle molto accurate e già numerose del dott, Canavari sui cefalopodi e sui bruchiopodi mesozoici pria- cipulmentc, hamio reso classici i dintorni di Fabriano; e su questi monti di una incantevole bellezza cl»e ricorda quella delle Alpi, hanno attirato Pattenzione e gli sguardi di quanti si occupano di geologia e rammentano il grande precetto; Vedere, rivedere, e poi vedere di nuovo coi propri occhi! — IG — L’interesse scientifico e il desiderio di potere in qualcbe guisa raccordare ciò che nello scorso anno avevamo osservato sulle rive del lago di Garda, con quanto vi ha iieirApoimiiio centrale, ispirò la scelta della sede per la presente adunanza; e la proposta di riunirci in Fabriano fu accolta da lutti con plauso, perchè tutti eravamo certi di trovare fraterna accoglienza in questa città che merita di essere citata ad esempio per la sua fel)brilo attività industriale. Ed ora, dopo di avere accennato di volo il passato ed il pre- sente della Società nostra, mi sia permesso di aggiungere che, dopo tutto, scopo precipuo di essa deve essere quello di allratel- lare sempre piìi tutti coloro che in Italia si occupano di geolo- gia e di paleontologia, senza respingere quelli che coltivano scienze affini, usando la maggiore larghezza per accogliere nelle sue file i giovani volenterosi. Quando la Società, con tappe successive, avrà visitato la mag- gior parte del nostro paese, si potrà pensare a fare qualche escur- sione sul versante settentrionale delle Alpi per conoscere a fondo quell’ imponente barriera e per metterci in tutto d’accordo coi Germania, Austria, potranno allora darsi convegno con noi sul nostro territorio; noi saremo in grado di guidarle, e si -capirà una volta che la scienza è cosmopolita e che gli scienziati sono tutti fratelli a qualunque nazione essi appartengano. Questo mio intendimento, questo mio voto spero che non sarà, cosi alla 8VL*lta, giudicato una utopia; in capo a pochi anni si' sono felicemente realizzati taluni concetti i quali pure, con bel garbo, erano stati classificati fra le utopie. Bisogna aver fede nel- l’avvenire, nel progresso, nella evoluzione incessante, continua, così della materia come delle idee. Prima di terminare, permettetemi che io vi accenni che in quest’ anno compie il 50“ anniversario, non solo della pubblica- zione di tanti interessanti lavori sulla geologia d’Italia, come già in parte ha avuto occasione di ricordare, ma eziandio di una spe- ciale attività spiegata dai geologi di tutto il mondo e della quale mi sarebbe difficile di ritrovare altro esempio. Basta gettare uno sguardo sulle riviste scientifiche del 18:ì3 e troviamo che in quell’anno fu fondata la Società Geologica di Dublino e la Società «Ielle Scienze di Harlem; e furono pubbli- cati i primi trattati di geologia di D'Omalius, Boubée, La-Bèche, Klipstein, Leoubard, Keferstein, e la prima edizione dei famosi principi di geologia di Lyell, coi quali remiuente scozzese gettava le basi della scuola degli uniformisti. Il sunto dei progressi della Geologia nel 1833 redatto da Ami Bone e pubblicato dalla Società geologica di Francia, già fiorente benché contasse appena tre anni di vita, è un bel volume di oltre 500 pagine e, fra i molti lavori registrati vi figurano in prima linea anche quelli del Pareto, del Pasini, del Da Rio, del Bri- gnoli, di Angelo Sismouda, di Paolo Savi, del Ridolfi, del Pilla e dei fratelli Gemrnellaro; nomi tutti che oggi ricordiamo con venerazione e che ridestano le piìi*care memorie in parecchi di noi che avemmo la fortuna di conoscerli come amici e maestri. In quelPanuo P Italia non j-olo era percorsa in ogni direzione dai geologi nazionali, ma era eziandio visitata e studiata in parte da illustri stranieri: oltre il La-Béclie mi basterà di ricordare Hofi'inann il quale dopo avere visitato i dintorni di Spezia, le Alpi Apuane e la Toscana tracciava la prima carta geologica della Sicilia e studiava le Lipari, mentre Paolo Savi investigava e faceva cono- scere, a grandi ti’atti, la geologia delPIsola d’Elba. Nei lavori recentemente pubblicati o che sono pronti per la stampa, e nelle regioni prescelte per campo di nuove ricerche e di più accurati studi in questi ultimi tre anni, rilevo un certo rapporto con gli intendimenti che animavano i naturalisti italiniii mezzo secolo innanzi. Da ciò togliendo argomento di lieto augurio 0 dei migliori auspici per ravveuire della nostra istituzione, faccio voti che a parecchi di voi un giorno sia dato raccogliere il frutto di tante fatiche e nel 1031 possiate trovarvi numerosi nella eterna città a prender parte al 50“ anniversario della Società Geologica Italiana ! Voi ricorderete ancora questi lieti giorni e le prime nostre escursioni, e un pensici’ mesto volerà agli antichi colleghi, alloia già polvere, ma forse non da tutti dimenticati. Bkrti , Ministro di Agricoltura e Commercio, hencliè pro- fano a questa parte della scienza sperimentale, si dicliiaia grande estimatore degli studi geologici. Ricorda di aver inau- — 78 — gurato il Congresso Internazionale di Hologna, lodiimlono i lavori e i risultauienti; ed è lieto di trovarsi presente a questa novella adunanza die è tenuta in una citth, a lui grandemente diletta, perchè grandemente laboriosa. Mai avrebbe creduto, considerando la breve vita in Italia dei Ministeri, die egli dovesse come Ministro ritrovarsi e rivolger la parola all’amico Quintino Sella, che è qui a raccogliere i piìi meritati frutti della iniziativa presa e deiramore costante di questa associazione. L’ onorevole Sella è della Societìi Geologica il cuore e la mente; a lui rivolge quindi il primo saluto. Sebbene discorde talvolta da lui in politica, nutre per esso stima ed alletto sincero. Kitenendo utilissimi gli studi geologici, ne loda i congressi per rispetto aH’interesse della scienza e alla spinta maggiore delle sociali attiviti. Molte società, come spesso si osserva, spa- riscono 0 possono disparire; non muoiono però quelle che sono animate da profondo spirito di ricerca e di indagini. Questo sentimento di ricerca è particolarmente proprio della Società Geolo- gica: esso si riassume saggiameute nel suo motto « mente et malico » che ogni altra associazione o istituto dovrebbe prendere a norma. È perciò che il Governo, ed in ispecie il Ministero di Agricoltura e Commercio, alla dipendenza del quale è posto l’Uf- ficio Geologico, encomia vivamente gli sforzi e gli studi della Società. Rispondendo quindi all’onorevole Presidente ed illustre amico Capellini, dice che il governo non potrà, nè dovrà rifiutarsi di aiutarla. Egli è animato dai migliori intendimenti a (luesto proposito, e curerà di vincere quelle difficoltà che le odierne ristrettezze del bilancio possano opporre. Ringrazia Tegregio Sindaco march. Pietro Seratiui delle con- tinue prove di affetto e di cortesia che riceve dalla citiìi di tu- briano. Come consigliere del Comune partecipa di gran cuore alla lieta 0 ospitale accoglienza che la città olire alTiUiistre adunanza, alla quale volge un fervido saluto e della quale serberà seniin-e gratissima memoria. 11 march. Serafini, Sindaco di Fabriano, pronuncia queste parole: Signori ! Concedetemi che a nome della Città die ho l’onoro di rap- presentare io vi diriga due sole parole: Siate i bea venuti fra noi! — 79 — Fabriano è orgogliosa deH’onore che vi piacque concederle scegliendola a sede della vostra riunione. Fabriano, città, industriale, è lieta di poter accogliere fra le proprie mura una eletta schiera di uomini illustri, che formano un vanto delFItalia nostra, e questa città industriale, questa città di operai del lavoro, saluta in voi gli operai del pensiero. Siate certi, o Signori, che i miei cittadini vi circondano di tutta la loro simpatia, ed io voglio sperare die Fabriano saprà da voi farsi giudicare di esser degna madre del nostro pittore Gentile, di cui Michelangelo ebbe a dire che « avea la man gentil siccome il nome » : e siate certi che Pospitalità che vi viene otìerta, se modesta, non è per questo meno sincera, spontanea, cordiale. Ed ora che voi tutti ho salutato e ringraziato a nome della mia Fabriano, permettetemi che come sindaco e come cittadino rivolga uno speciale saluto e ringraziamento agli egregi Signori che colla loro presenza hanno reso pi'u imponente questa solen- nità, ed in particolar modo a S. E. il Ministro Berti, che ci ono- riamo avere a nostro concittadino, ed alPillustre comm. Quin- tino Sella, Presidente delPAccademia de’ Lincei, di quelPAccade- mia, che da lui richiamata a novella vita, forma bene a ragione l’orgoglio d’Italia, di quelPAccademia che noi abbiamo il vanto (li poter dire die nel 1602 fu istituita mercè l’opera precipua di uu Fabriaiiese, Francesco Stelluti. Ed ora, prima di porre fine a questo mio breve dire, lasciate die io esprima i più fervidi auguri aflinchè riescano proficui i vostri lavori, terminati i quali voglio sperare non rimarra in voi discara la memoria di Fabriano , che dal canto suo scriverà tra le pagine più gloriose della sua storia questa data memoranda. Il Presidente dà la i>arola al Socio Seu.a. Seu.a premette che in quesLi circostanza egli non doveva e non intendeva parlare. Venne a Fabriano per vedere e per imparare. Al più poteva prima di partire dire le sue impressioni so\ra ciò che aveva veduto. Ma le cortesi parole dirette alla sua persona da tutti 0 tre gli oratori precedenti lo costringono a non indugiare i ringraziamenti che ad essi deve. — so- li suo merito nella fondazione della Società Geologica Italiana fu assai piccolo. Attorno ai geologi italiani più provetti erano raccolti in Bologna nel 1881 tanti giovani distinti i quali e per l’attenzione con cui seguivano lo discussioni del Congresso e per la sagacia delle loro osservazioni davano le migliori speranze. Nè la presenza di stranieri illustri sembrava scoraggiarli : si sarebbe anzi detto che li animasse, come accade in chi ha coscienza del proprio valore, e sente di poter lare altrettanto. In chi non era assorbito dalla discussione o dalla direzione del Congresso era facile il pensiero , il desiderio di rendere permanente 1’ associa- zione di tante forze come quelle che erano raccolte a Bologna. Ed ecco in qual modo ne venne fatta proposta dopo la mezzanotte al prof. Capellini od all’ ing. Giordano, soltanto allora in libertà’ dallo cure molteplici alle quali il Congresso li obbligava. Enunciato il pensiero, esso ebjie attuazione colla facilità che il Presidente indicò , grazie sicuramente allo spontaneo ed imme- diato concorso di tutti i presenti, ma grazie anche alla mirabile attività del Presidente. Non si meraviglia della scelta di Fabriano a sede del Con- gresso della Società Geologica; se questa ha per stemma due martelli colla divisa menle et malleo , egli vide con sorpresa nell’entrare nelle aule municipali che Fabriano ha il martello nel suo stemma, cioè ha il lavoro per sua divisa ('). Egli non vuole parlare di cose che non abbia viste e non sappia con sicurezza, ma se da secoli non manca il mallrus sicu- ramente qui non fa difetto la mens. Ebbe per ragione d'ufficio occasione di riconoscere da parecchi anni che Fabriano ha il pri- mato in Italia, e contende i primi posti in tutto il mondo in una industria difficile, quella della fabbricazione della carta per titoli di valore. Ed infatti il Governo Italiano, quando volle fabliricare i suoi titoli del debito pubblico colla stessa perfezione con cui sono fatti altrove ed emanciparsi dall’estero, per la carta si rivolse a Fabriano. (') Fabriano ha per stemma un fabbro che batte un’ incudine posta sovra un ponte colla divisa : Fabcr in amnc cndit Oliin cbartam undique fadit — 81 — Allorquando le comunicazioni erano molto difficili, le industrie si trovavano poco men che equabilmente disseminale in tutte le città 0 regioni; colla facilità e colla sicurezza delle comunicazioni le industrie si andarono concentrando, e ragioni determinanti il concentramento furono o le circostanze naturali del luogo , o le qualità, morali ed intellettuali degli abitanti. Dalla festosa acco- glienza fatta ad una società scientifica, dalla storia di questa città, dall’aspetto stesso degli abitanti egli potrebbe fin d’ora trarre altri argomenti a dimostrazione della mente dei Fabrianesi, ma se ne asterrà per tema che le sue considerazioni sembrino det- tate dal sentimento di gratitudine, che unitamente ai suoi col- leglli egli ha per chi ospita la Società Geologica con tanto affetto, e con tanto splendore- Non sa ringraziare abbastanza il suo amico il Ministro Berti delle cortesi parole che ebbe per lui, ma sovratutto deve esprimergli la gratitudine e sua e dei soci tutti per l’efficace protezione che egli accordò, accorda ed accorderà agli studi geologici. Ed egli crede di non errare attribuendo il favore che il Ministro dimo- stra per la geologia, non solo nella utilità che ne deiiia per l’agricoltura per l'industria e per il commercio , di cui gli è meritamente affidata la tutela, non solo al potente contributo che la geologia porta al progresso di tutte le scienze fisiche, ma ancora alle conseguenze che ne derivano per le scienze morali. L’ onorevole Berti, da filosofo eminente quale egli è, sa quale in- fluenza abbiano gli studi geologici sulla soluzione di quegli altis-- simi problemi attorno cui da anni e secoli si alìatica, e per anni e secoli si afl’aticherà l’ Umanità. L'oratore si rivolge quindi ai suoi colleghi della Società Geo- logica, specialmente ai giovani. Già egli era ^>ieno di fiducia in loro quando propose la formazione della Società Geologica: la sua fiducia è pienamente confermata dall'opera loro in questo biennio, dall’ardore con cui si accingono a nuovi studi, dalla pertinacia con cui li conducono, e dai risultàti che ottengono. Ma egli os- serva che i loro doveri si accrescono. La Società Geologica fatta in breve tempo così cospicua come dimostrò il Presidente, meiitò oggi la formale dichiarazione dell' efficace aiuto del Governo; a popolazione di una distinta città rappresentata dai suoi cittadim più eletti e dalle signore le più gentili, accoglie i geologi con 6 — 82 — Ogni dimostrazione di festa o di stima. Confida che i suoi gio- vani colleglli, stimolati dagli incoraggiamenti del Governo c dal plaudunt cives, renderanno tali servigi alla scienza ed alla patria da mostrarsi degni del favore di tutti. Il Presidente con acconcio parole partecipa che dopo la seduta del 18 marzo si hanno a lamentare nuove perdite, quelle dei soci conto Burri e prof. Pellegrini, entrambi di Verona; e ricorda che nello scorso anno in questi stessi giorni il prof. Pellegrini ancor pieno di vita accoglieva festante la Società Geologica Italiana nella sua storica villa di Rivoli. Il Presidente dà lettura di una lettera del Vice-presidente Stoppani e di altra del comm. Meneghini colle quali entrambi scusano la loro assenza per gravi motivi di salute; quindi pro- pone che ai medesimi sia inviato un telegramma per esprimere il dispiacere dei Soci e gli auguri per una sollecita guarigione. Questa proposta è approvata con acclamazione. Scusano inoltre la loro assenza inviando la scheda di vota- zione, i soci ; Alessandri, Aragona, Avanzi, Baldacci, Calici, Cavara, Chigi, Ciofalo, Conti, Coppi, De-Gregorio, Delaire, Delgado, De- Marehi, Denza, C. De Stefani, De-Zigno, Forsyth-Major, Trattini, Giordano, Guiscardi, Issel, Mallandrino, Marsilli, Massalongo, Molon, Olivero, Parona, Ponzi, Roasenda, A. Rossi, Secco, Se- guenza. Silvestri, Siraoni, Sormanni, Strobel, Struever, Tenore, Tittoni, Tommasi, Travaglia, Zienkowicz, Zuccari. Hanno poi scusato semplicemente la loro assenza i soci: Bargellini, Bombice!, Chiminelli, Fontanues, Picaglia. Sono state presentate in omaggio alla Società le seguenti pub- blicazioni: M1U.V.NI G. B., Fabriano e dintorni. Ricordo alla So- cietà Geologica Italiana. — Capellini G., Di un’Orca fossile sco- perta a Cotona in Toscana. — Neumayr, Projet d’uno publica- tiou d’uu Nomenclator palaeontologicus, trad. par J. Capelli.vi. — Id., Rapport sur runitìcation de la nomenclature gciologique, trad. par J. Capellini. — Bona ani E. e Parosa C. F., Ricerche mi- cropaleontologiche sulle argille del bacino lignitico di Lello in Val Gandino. — Pastanelli D., Note geologiche. — Nicoi.isE., Sistema liassico ginrese della provincia di Verona. — Oliveku E., — 83 — Il rialto appenniuo. — Foresti L., Contribuzioni alla Conchilio- logia terziaria italiana. — Rquaurt M., Opere postume. — Secco A., Note geologiche sul Bassanese. — Id., Sulla geologia del Bassanese. — Hébert, Couches à, Terebratula janitor. — Id., Les progrès de la geologie et la conception de TUnivers. — Sequenza G., Roccie serpentinose nella Calabria meridionale. Anureucci 0. Reminiscenze Storico-Geologiche sull' Isola d’Ischia. Del lavoro del sig. Miliani e della traduzione dei Rapporti del Neumayr furono distribuite copie a tutti i Soci; furono puro distribuite alcune copie della nota del Seguenza. Il Sindaco marchese Serafini dìi lettura di una lettera di S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione, colla quale porgendo auguri per le prospere sorti della Società, si scusa di non potere approfittare del cortese invito ricevuto. Sono presentati e votati per acclamazione i nuovi soci seguenti: a proposta dei soci Zonghi e Capellini: Steli uti Scala conte Enrico, Serafini march. Pietro, Bucci prof. Lorenzo, Francolini ing. Pie- tro, Bocci prof. Icilio, Bocci prof. Decio, Speranzini prof. Nicola, Anseimi Gabianelli Anseimo, Serra dott. Ivo, Montani Ramelli march. Stefano; dai soci Scarabelli e Capellini: Miliani Giam- battista, Miliani cav. Cesare, Mariani prof. Niccola, Becchetti prof. Sostene ; dai soci Canavari e Capellini : Martelli ing. Fede- rico, Muzioli ing. Giuseppe, Coppola ing. N.; dai soci Statuti e Tuccimei: Spada cav. prof. Leonello ; dai soci Taramelli e Capel- lini: Riva Palazzi ten. col. Giovanni; dai soci Capellini e Foruasi- ui: Niccolini march. Giorgio, Berti dott. Giovanni, Lattes cav. Ore- ste, Simonclli dott. Vittorio, Fedrighini ing. Attilio; dai soci Meli e Capellini: Terrenzi dott. Giuseppe; dai soci De Amicis c Capellini: Moriniello ing. Giovanni, Bellucci comm. prof. Giuseppe; dai soci Zezi e Pantanelli: Salviui ing. Gio-Batta; dai soci Pan- tanelli e Jteli: Toni conte Francesco; dai soci Capellini e Do Rossi Lais padre prof. Giuseppe; dai soci Statuti e Verri: Del Bono ing. Angelo; dai soci De Rossi e Statuti: Ferri Mancini prof. Fi- lippo; dai soci Segré o Pantanelli: Stazzano dott. Enrico; dai soci Pellati e ^lazzuoli: Marchese cav. Eugenio. — 84 — Taramelli comxmica la seguente Memoria intitolata: Dello studio geognoslico del suolo agrario in rapporto col proposto censimento dei terreni produttivi del Degno d' Italia, Non sono lontanissimi i tempi nei quali gli studq che c I limi Ilo riuniti in questa simpatica città, dell’ Appennino , erano per la pluralità delle persone anche colte considerati quali speculazioni teoriche , non suscettibili di veruna seria applicazione a quanto generalmente ritiensi indispensabile o A’autaggioso al materiale benessere di un paese. E per vero dire, sino a tanto che la geo- logia tentennava tra nettuniani e plutonisti, e quando tiranneg- giavano le esagerazioni dei sistemi di sollevamento e le più complesse questioni si confondevano in un concetto più o meno vago del metamorfismo delle rocce ; poscia, per tutto quel tempo che è durata la soverchia fiducia nelle teorie attualistiche ; per quella fase, in una parola , di lenta preparazione , durante la quale la geologia, scienza emiueutemente sintetica , trovava le sue basi in un armonico apprezzamento del passato in rapporto al presente, l’accennato giudizio non era del tutto infondato. Da qualche anno però , anche per noi italiani e per gli studi del paese nostro, il concetto dei fenomeni geologici e della cronologia di essi si è fatto abbastanza scientitico e positivo per meritarsi la geologia un giudizio meno severo anche (La parte dei più realistici utilitari. Anche tra gli scienziati , parecchi che pur sono cultori di studi avvalorati dal calcolo , riconoscono alla geologia un distinto carattere di applicabilità; coloro che atten- dono dagli studi utili insegnamenti , ricorrono sempre più fre- quentemente al geologo e gli muovono questioni, alle quali egli risponde onorevolmente e spesso con vantaggio di chi lo interpella. Ebbi però occasione di persuadermi come non sia ancora molto precisa l’idea del compito, che può assegnarsi alla geo- logia in rapporto alle sue applicazioni allo industrie agronomi- che; epperò, senza abbandonare l’obiettivo più elevato che devo guidare un cultore delle scienze naturali, pensai alla necessità di cogliere quel destro che meglio mi si presentasse per esporre talune mie considerazioni o proposte in ordine a tale applicabi- lità. Naturalmente, per non invadere il campo altrui , lascio a chi spetta il trattare delle applicazioni della geologia all’arte montanistica. E ciò anche perchè non giova nasconderci che quei — 85 — fenomeni, ai quali si devono i depositi minerari, specialmente i metallici, sono appunto i più oscuri nello stato presente della geologia; nel mentre che quegli altri fatti, dai quali la superficie del suolo venne ridotta nello stato attuale e pei quali sopra le erose formazioni si stese più o meno fitto il manto dei terreni detritici, per quanto vive controversie tuttora dividano il campo della geologia, sono però sufficientemente noti e coordinati per potere noi esporre e chiederci il paese delle nozioni direttamente profittevoli alla nostra agricoltura. Dirò di più |che forse in nes- suna regione meglio che in Italia, le serie dei fenomeni terziari e quaternari venne studiata nei più minuti dettagli, per quanto lo comportò il sistema di lavoro individuale sino ad ora seguito che fu poi uon ultima cagione dei dispareri, ai quali io accenno. E d’altro lato nessun paese meglio del nostro può per tal guisa profittare di questo reale pregresso della geologia. Di osservazione in osservazione, percorrendo in questi ultimi anni vasti tratti della penisola, mi confermava sempre più in un altro concetto, che non tacqui e che qui ripeto. Che, cioè, lo studio geoguostico del suolo agrario è bensì collegato allo studio del sottosuolo, che forma Tobiettivo del geologo : ma che quello deve procedere con un ordine di ricerche affatto diverse da quello tenuto dal geologo. Per modo che se le differenze tra i due ordini di studi non si avvertono e non si accentuano per tempo, anche nel caso che si rilevi pel nostro paese una carta geologica pre- valentemente litologica (caso che va rendendosi sempre più difficile per r indirizzo paleontologico , che prevale nello studio delle formazioni sedimentari , sviluiìpatissime tra noi) questa carta geologica, fosse pure in scala grandissima, fornirebbe un’idea incompleta e talora anche affatto erronea della natura del suolo agrario. Ad esempio, quando sarò, fatta la carta geologica della vastis- sima alluvione padana, che cosa avremo detto che possa intei es- saro l’agronomo più di quanto si conoscesse un secolo fa ? Quando bene avremo distinto non so quanti orizzonti nei terreni sedi- mentari mesozoici ed anche cenozoici dell’ Appennino, tacendo poi che il suolo agrario vi è tutt’altro che calcare, uon avremo noi corso un serio pericolo di ingannare il paese, il quale con tanta pazienza o da tanti anni paga i rilevatoi’i della grande Carta geo- — 8G — logica (l’Italia? Senza poi dire della inutilitìi per lo applicazioni pratiche di pressoché tutte le delimitazioni , indicazioni o colo- razioni geologiche, le quali piu o meno occupano noi tutti; senza dire della difficoltà, che si farà sempre maggiore, di tradurre le carte geologiche in carte del suolo agrario, mentre poi il bisogno di queste, anche se insufficientemente avvertito, é assai piu urgente del bisogno che lia la geologia di carte gcologiclic in grande scala. Se per tempo non si provvede a quest’ altro studio del suolo agrario il paese, lo ripeto, corre rischio di rimanere amaramente deluso quando tra quindici o venti anni , spendendosi parecchi milioni, troverà pubblicata una carta geologica del Regno ; molte indicazioni della quale, se allora non saranno già antiquate, man- terranno il carattere di una necessaria transitorietà. Nel progetto per la fondazione di un Istituto geolocjico, al quale ho collaborato insieme al venerato mio maestro, P abbate Stoppani (progetto che da oltre un anno e mezzo, vittima di un malinteso e di spiacevoli precedenti, dorme negli scaffali del Mi- nistero, quantunque approvato dai geologi raccoltisi in Roma nel marzo dell’anno scorso ed appoggiato dalla nostra Società raccol- tasi un anno fa a Verona) in quel progetto si b fatto ampio cenno di questo studio, che dovrebbe procedere di jiari passo col rilievo della Carta geologica e si è accennato del pari, quali dovrebbero essere i rapporti tra V Istituto stesso e le stazioni agrarie ed i laboratori chimici , a cui sarebbe domandato il grande lavorio delle analisi fisiche, chimiche e meccaniche del suolo stesso. Siccome però io l'rovcdcva che il dotto jtrogclto sarebbe ri- masto per molto tempo lettera morta, anche per la ragione che avrebbe dovuto esser attuato almeno venti anni fa, allorquando era passato per la mente dell’ onorevole professor Sella, e siccome sopratutto mi preme che almeno da parte di qualche geologo si scongiuri il pericolo della accennata disillusione , giovandomi dell’aiuto di un mio amico, ho procurato che si facesse un saggio di tale studio del terreno agrario per una porzione di Lombardia, e questo studio mi servì di guida ad una specie di einl>rioaalo preventivo, di cui accompagno la presente proposta. Sorse nel frattempo e si impose quale una uecessità reclamata ad onta di molti contrari interessi, il complesso problema di un nuovo cen- simento del regno, come base di una piii equa distribuzione della — 87 — imposta fondiaria. La quale distribuzione mi parve che allora soltanto potrebbe essere veramente equa, quando si procurasse di determinare colla maggiore esattezza possibile i coefficienti naturali della produttività agraria. Tra questi, la natura del suolo al giorno d’oggi non si può di certo definire semplice- mente coi vaghi epiteti di terreno leggero, pesante, caldo, freddo, volpino, di groana, di zerbido etc. Ho pensato che nel periodo necessariamente lungo, che per ciascuna regione scorrerà tra il rilievo delle mappe e la stima dei beni censiti, si potrebbe, a mio avviso, compiere appunto l’accennato studio del terreno agrario, quale non verrebbe mai fatto altrimenti uè dai geologi, nè dai chimici, nè dai montanistici, e tanto meno dai comizi agrari o dai possessori o dai coltivatori dei fondi. In proporzione col rilievo di esse mappe , lo studio del suolo agrario nou può che costare una somma assai pìccola ; mentre non si potrà negai'e da veruno che questo sia uno studio utilissimo e tale da mettere alla prova non pochi scienziati ed occupare ed esercitare nou pochi operatori di laboratorio. Nell’ Inghilterra, nel Belgio, in Francia e più ancora in Germania si hanno carte speciali e volumi colossali, che trat- tano del suolo agrario. Una delle migliori di tali carte rappre- senta i dintorni di Parigi con nn ingegnosissimo sistema di trat- teggio, dal quale si ponno a colpo d’occhio desumere le quantità dei carbonati, dei silicati contenuti in un appezzamento di terreno, e la prevalenza della sabbia, della ghiaia, della terra fina. Il recen- tissimo trattato del signor Lorenz di Liburnau {Grund und Boden Vienna 1883) dà ampi ragguagli sul modo di rilevare e di rap- presentare simili carte del suolo agrario. Pensandoci anche noi, in parecchi, potremmo fare almeno altrettanto e forse anche meglio; specialmente se cì ricordiamo ad ogni ora che P Italia è paese ominenteraentc agricolo. Suppongo, egregi colleghi, che voi siate d’accordo in massima cogli autori dell’acccnuato progetto sulla convenienza d’ un simile studio, oltre, ben inteso, allo studio fondamentale della geologia italiana, che nessuno di noi vorrà abbandonare. Vi dirò dunque rapidamente delle fasi, di cui mi sembra che esso lavoro debba risultare e della spesa che può costare , calcolata in base al saggio che si è fatto per un tratto di Lombardia. Per cadauno dei compartimenti che si potranno nel caso pratico — 88 — fissare converrà: l"» raccogliere con criteri prevalentemente agrari parecchio migliaia di caiupioni di terre, del suolo e dove credesi opportuno, anche del sottosuolo; 2® esaminare lo proprietà fisiche, la composizione litologica, meccanica e chimica del suolo ; 3 ® rap- presentare i risultati di queste analisi , anzitutto con appositi quadri, dove ciascun numero di mappa trovi per identità o per stretta analogia le analisi che lo inti?r essano; inoltre con una carta, anche in scala mediocre, la quale possa rappresentare cliia- raniente i più sintetici risultati di tali analisi. Quanto alla raccolta dei campioni di terreno coltivabile, si presenta il dubbio se convenga che essi siano raccolti esclusiva- mente da chi compie o dirige il lavoro di analisi; oppure se si debba for calcolo sulla cooperaziouc dei sindaci e dei privati, proprietari o tìttaiuoli. Si potrebbe infatti pensare che questi manderebbero esclusivamente i campioni delle terre meno feraci, qualora subodorassero il legame che può essere tra il risultato di quelle analisi e la stima dei fondi. Io coufesso di non spingere a tal punto il pessimismo. La stima possiede altri elementi, che il proprietario potrebbe ancora piu ollicacomente alterare ; eppure si compie in complesso equamente ed ancora più eqtia si farebbe coiraggiuuta della analisi che propongo. Il proprietario non vorrà ingannare sè stesso per ingannare il governo ; anzi concorrerà colla migliore buona fede e con tanto maggiore efficacia quanto più cresceranno V istruzione sua o V interesse all’ agricoltura. Coiraiuto dei proprietari o dei sindaci, in poco più di uu mese io ho potuto mettere insieme quasi seicento campioni di tt3rre di un certo tratto di Lombardia sul quale fu fatto uu saggio, che verrà pubblicato, del lavoro di cui qui tengo parola. Si può pensare quante migliaia di tali campioni dietro apposite e dettagliate circo- lari, diramate dal governo, potranno raccogliersi per ciascuna cir- coscrizione, annodata intorno a ciascun centro di tali studi, che si stabilisse in paese. Dalle fatte esperienze e osservazioni dedussi che per la Lombai'dia potrebbero bastare quindici mila campioni; per tutto il regno si può calcolare approssimativamente un 150,000 campioni come sufficienti a fornire le necessarie conoscenze sulla composizione meccanica e chimica e sulle proprietà fisiche del terreno agrario in Italia. Evidentemente il raccogliei'e questo numero di campioni, in parecchi anni , è cosa possibilissima. Può anche — 89 — ottenersi cbe in ciascuna provincia, in ciascun circondario, debba qualche persona intelligente, debbano i comizi agrari , debba il geologo che quivi si trovasse pei suoi studi, somministrare op- portuni consigli perchè la scelta dei campioni sia fatta nel miglior modo. I punti di scelta verrebbero fissati sul numero di mappa corrispondente, attuale o nelle mappe che si andranno rilevando. Raccolti i campioni, dovranno essere analizzati. Il decidere come e da quali persone ciò debba esser fatto non è cosa di piccolo memento e mi dichiaro a bella prima incompetente a discorrerne senza correre rischio di errare d’assai. Basandomi sulla piccola prova di cui dissi, posso ritenere indispensabili: le analisi meccaniche ; le analisi litologiche degli elementi sabbiosi e ghia- iosi ; le analisi chimiche della terra fina, dirette alla determina- zione della silice, dei silicati, dei carbonati, dei fosfati, delPacqua igroscopica ; le analisi delle proprietà fisiche piu importanti, quali la porosità, la bibulità, T assorbimento termico. Nè inutili po- tranno tornare in alcuni siti le analisi microscopiche e persino le spettroscopiche ; cose tutte, che si decideranno dagli agronomi 0 dai chimici agrari. Di tali analisi poi potranno essere incaricate cosi le stazioni agrarie attuali e da fondarsi come i laboratori di chimica degli Istituti tecnici, ai quali venga concesso qualche aumento di personale e di dotazione. Mettendo capo il lavoro ad una sessione del regio Ministero, mi pare assai facile introdurvi quella uniformità che può conciliarsi colla diversità delle varie regioni o delle varie colture ; e siccome trattasi di analisi , che non hanno di mira la conoscenza della costituzione atomica o mole- colare^di determinate sostanze ; sibbene di analisi complessive , quali ponno esser fatte anche dal personale subalterno, non è nemmeno a prevedersi che manchino le persone alle quali poter affidare le dette migliaia di campioni. Tutto sta a decidere che la cosa debba esser fiitta e le prime linee sulle quali 1 impresa deve camminare. Suddiviso il lavoro iu una trentina di labo- ratori, può compiersi alla più lunga in un decennio e la spesa auiiualo non può essere grandissima. Con un calcolo approssimativo potrei preventivare con molta larghezza la spesa di un milione e mezzo, da suddividersi in un decennio: la cinquantesima pai te di quanto occorrerà spendere pel rilievo parcellare; la trentesima parte di quanto costa una nave da guerra. — 00 — Quanto poi al modo col quale pomio essere rappresentati i ri- sultati di queste analisi, anzitutto dovranno essere accuratamente notati in tavole da pubblicarsi, coll’ indicazione esatta del punto di provenienza dei rispettivi campioni. Qualora si voglia ricorrere anche ad una rappresentazione grafica, potrebbero servire di mo- dello le carte analogiie del Belgio e di talune province Prus- siane, 0 meglio ancora quella dei dintorni di Parigi. Non credo nemmeno che por questa rappresentazione siano indispensabili le carte in scala grande; qualora occorrano, saranno jìubblicate por determinate ragioni eminentemente agricole. Anche una carta d’ insieme, poniamo al 500.000, può tornare sufiìcientementc utile ed economica. Vale a questo riguardo quanto io credo essere il latto reale per la geologia, alla quale, ancora più delle carte geologiche, occorrono opere illustrative delle singole formazioni e delle singole faune fossili. Colla dilTeronza, però, che una carta geognostica del suolo agrario avrà un vantaggio di una maggiore • durata, coinunque poi i progressi della chimica agraria potranno consigliare il modo di utilizzare o di modificare le condizioni del terreno. Nel mentre che nel rilievo di una carta geologica, si pub dire ancor prima che sia terminato, avvengono immanca- bilmente degli importanti mutamenti di serie, anche nel caso che essa si compia con alacrità ed unità di indirizzo. Non voglio dire con qixesto che convenga smettere questa carta geologica per lo studio geognostico del suolo agrario; sebbene saroltbe una tesi non diflicile a sostenersi, nel caso si potesse contare assai sulla nostra attività, collegata dai vincoli fraterni di una associazione volontaria. Come si è detto nel progetto . che venne approvato 10 scorso anno dai geologi convocati in Roma, questi due lavori sono ti-a loro strettamente collegati ed il geologo può ad ogni modo dare importanti spiegazioni dei fatti, die sono rilevati dallo analisi del terreno. Ma qualora si accetti questa diversità di in- dirizzo nei due ordini di studi, l’aiuto che questi ponuo scam- biarsi diviene grandissimo ; per di più si ha il vantaggio che lo idee si fanno più precise nel pubbl.co colto e nel governo , ed 11 geologo non è nel caso di promettere più di quanto possa mantenere. Credetti mio debito ripetere anche in questa occasione, resa so- lenne dalla presenza di Sua Eccellenza il Ministro dell’Agricoltura 0 dalla ospitale accoglieuza degli egregi Pabrianesi, e svolgere idee che esposi altra volta; conscio però che esse sono ancora bisognevoli di profondo riflesso, essendo il lavoro die io pro- pongo tale impresa da esigere mia matura preparazione ed un programma ben definitito e specificato, da formularsi coll’ aiuto dei chimici e degli agronomi. Mi auguro che a questa idea, egregi colleglli, facciate quella stessa accoglienza, che i geologi austriaci usarono all’acceunato libro del Liburnau; e spero che attuandosi questo lavoro, ne sieno rilevati nuovi fatti assai degni di studio, quali non spregevoli episodi della storia della quale noi ci occupiamo. A me sembra che anche soltanto il trattare noi di questo lavoro eminentemente pratico, per quanto è di nostra competenza, possa meritarci seriamente dal regio Governo quella fiducia intera, che sembrami potere nello stato presente meritare la scienza geo- logica, almeno per quanto si richiede per la formazione di buone carte geologiche e relative descrizioni. Kipeto ancora una volta : la carta geologica che si sta rile- vando, anche ammesso che riesca nel miglior modo possibile, non può dare che idee insufficienti e talora erronee della composizioue del terreno agrario; in specie nelle regioni più agricole del Regno. 1 cultori della scienza devono anzitutto non tacere nè violare la verità, allo scopo di ottenere quei mezzi, che poi si corre rischio di sciupare in parte per la mancanza di un chiaro obbiettivo. Il regio miuistei’o, che si assunse il servizio della carta geologica, non vorrà a questo negare il favore che da qualche tempo le usa pel fatto di essere venuto in chiaro, qualora non Io fosse, del limite di applicabilità della geologia. Ma anche se così fosse per accadere, io non mi troverò pentito di aver ora detto o ri- petuto quello che penso ; nel caso specialmente che si credesse di concedere qualche pensiero o qualche somma allo studio geo- gnostico del suolo agrai’io o di sottoporre l’ importante questione così al consiglio superiore dell’agricoltura come alla commissione del progetto di legge per la perequazione fondiaria. Quanto poi al progresso reale della geologia italiana, io credo che quando non si attui il progetto approvato da noi, ci si provvederebbe assai efficacemente, assegnandosi dal Governo alla Società nostra, parte dello somme che ora si spendono pel servizio della carta — 92 — geologica ; specialmente in vista delle pubblicazioni corredate da tavole. Sarebbe unamoditicazione del metodo, seguito nella Svizzera, dove ben sapete che tre diverse nazionalità sono bensì aft'ratellate politicamente dalle condizioni topografiche, ma gli interessi locali sono assai fneno uniformi che in Italia. Non faccio questioni per- sonali. Gli attuali componenti l’uflieio geologico, nostri colleglli tutti, pouno mantenersi nella parte attiva , e se vogliono anche alla testa della società; non io sarò l’ultimo a riconoscere i meriti loro ed a compiacermene sinceramente. De Bossi prof. Michele Stefano, reduce da Casamieciola, è invitato dal Presidente a mostrare la carta topografica dell’Isola d’Ischia, sulla quale egli avea abbozzato una rappresentazione grafica degli andamenti delle direzioni e delle intensità varie dei movimenti sismici avvenuti in quell’isola nella sera del 28 luglio. Il De Bossi spiega agli adunati le indicazioni di quella carta e ragiona ampiamente sul terribile fenomeno, riassumendo le cose da lui medesimo più o meno accennate nelle tre relazioni inviate a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, e già pubblicate. Il Presidente anmmzia le escursioni alla Grotta di Prasassi e al Ponte di Chiaradovo e S. Vittore per i giorni 3 e 4, e da ultimo invita i colleghi a visitare la Esposizione geologica e pa- leontologica nel vicino Oratorio della Carità '. La seduta è sciolta alle 2 Vi pom. ' L'Esposizione comprendeva tutto quanto si riferisco agli scavi fatti nella grotta di Frasassi per cura del conim. Scarabelli e del canonico Zonghi ; una raccolta di modelli di fossili vari dei dintorni di Pergola, donata al Municipio dal sig. don EalFaele Piccinini ; una copiosissima raccolta di Ammoniti ed altri fossili esposta dal sig. don Antonio Monconi, pievano di Rocchetta; rocce e fossili esposti dai signori don Lodovico Lodovici, prevosto di Pioraco, prof. Aristide Conti di Camerino, Giovanni Stefanelli di Serra San Quirico, prof. Sostene Becchetti di Fabriano, ing. cav. Giuseppe Serafini di Selvaggia, Nicola Zonghi Lotti di Fabriano. Fra gli espositori giova pure ricordare i «ignori Ari- stide Elisei, Anseimo Anselini Gabìanelli, Dante Bellocchi, prof. Abdia Geronzi, aW. Gustavo Garofoli. — 93 — Seduta del 1 settembre 1883 I Soci, di ritorno dall’ escursione al ponte di Chiaradovo, si riuniscono alle ore 2 poni, nella sala del Consiglio nel palazzo municipale. Capellini, presidente, dà la parola al socio Scarabelli. ScAEABELLi SÌ dimanda se all’ approssimarsi del tempo in cui dovrà riesaminarsi la Carta Geologica dell’Italia come parte di quella dell* Europa d’imminente pubblicazione, non si dovesse risolvere in precedenza la quistioue delle argille scagliose, le quali non hanno ancora una sede ben determinata nei piani geo- logici. Egli dice di avere giorni sono visitate col Taramelli molte località del Forlivese dove esistono argille scagliose, le quali trovandosi ovunque inferiori alla zona nummulitica, crede perciò debbano considerarsi come cretacee. Così egli vorrebbe cretacee le argille scagliose del Bolognese, essendo colà le argille suddette il S'ubstratum di tutte le rocce eoceniche, e contenendo fossili cretacei come le argille scagliose del Forlivese. Pensa in conse- guenza doversi togliere ogni incertezza, come p. es. quella che si vede espressa nella Carta Geologica del Bolognese, fatta dal collega Capellini, dove le argille scagliose vi figurano come « delriii delle rocce cretacee^ eoceniche e mioceniche rimpastate » il che equi- varrebbe a dirle mioceniche, cosa per lui inammissibile. Capellini dichiara essere stato fra i primi, col Mortillet, a dichiarare cretaceo le argille scagliose, e come tali le indicò anche in una piccola carta dei dintorni di Bologna, nel 18^1. Dichiara però che egli non si è mai creduto infallibile, ma che ve- dendo e rivedendo o avendo studiate le argille scagliose, non solo nella regione dell’Emilia, ma eziandio nella Capitanata, in Sicilia e altrove, dovette persuadersi del nesso fra schisti galestrini, argille galestrine e argille scagliose , marne e calcari marnosi a fucoidi di età diverse. Le argille scagliose, dice egli, non possono conside- rarsi altrimenti che come una particolare modificazione di forma litologica, la quale, sebbene si verificili di prevalenza in rocce — s)4 — che contengono avanzi di fossili cretacei, non si pnò escludere che in qualche caso la stessa modilicazione non abbia interessato rocco eoceniche e forse anche mioceniclio. Nella stessa guisa che in mezzo alle argille scagliose si raccolgono frammenti di arenaria e calcare con Inoccraini e perfino con Ippuriti, vi si trovano pure rocce nummulitiche e non delle pi i antiche. Gli è perciò che laddove il complesso di calcari a fucoidi, arenarie, rocce argillose del Cretaceo superiore, complesso che dal punto di vista litolo- gico con piccolo variazioni si ripete neiriilocene superiore (Oligo- cene in parte, secondo altri autori), trovasi trasformato più o meno in masso di argilla scagliosa, egli ritiene si debba nelle carte indicare, come ha latto, -con un segno speciale, portalo su quella porzione di rocce cretacee o eoceniche che vi si possono riferire con certezza. In conclusione, mentre spera die questa indicazione di argille scagliose debba scomparire dal linguaggio geologico, insiste sulla impossibilitò e inopportuuitò di attribuirvi significa- zione cronologica. È in questo stesso senso e per ragione analoga che la parola Flijsch non figurerà nella leggenda della Carla Geologica d’Europa, benché più generalmente riconosciuta e di significato meno equivoco. Dice che per brevità ommette molti particolari coi quali potrebbe avvalorare la sua tesi. T.\r.\>ieu,i conferma quanto disse il socio Scarabelli circa i rapporti delle argille scagliose dell’ Appennino romagnolo colla zona a Nummuliti, che quivi sopporta il calcare allierese, o rico- nosce la jiossibilità che esse argille siano cretacee. Siccome però possono le Nummuliti, lo Orbitoidi o le Alveoline della detta zona spettare ad un orizzonte abbastanza elevato della serie eocenica, e in altri punti deH’Appeimino settentrionale analoghe argille, cogli ammassi di rocce ofiolitiche, stanno sopra ad^altra zona nummn- lilica che spetta all’eocene medio; e siccome d’altra parte non possiamo ora interamento affidarci al valore cronologico degli ino- cerami raccolti negli interstrati nelle argille nell’ Emilia, nelle Roraagne e nel Pavese, cosi il prof. Taramelli non crede che |ier ora si possa generalizzare il riferimento dello argille scaglioso alla creta. Anzi , per quei tratti dove anche nell’area cosi bene stu- diata dal sig. Scarabelli esse argille scagliose comprendono masso ofiolitiche (sotto Sanatello, presso .Secchiano e nell’alta valle Tibe- — 95 — lina) per la costanza della zona ofiolitica eocenica nell’Appeimino settentrionale egli propenderebbe a ritenere eoceniche anche le argille scagliose. Ben inteso, egli soggiunge, che trattasi di un apprezzamento allatto trans-tcnc, ua dcfìniisi con più esatti detta- gli stratigrafici, quali appunto si stanno ora compiendo anche in altre porzioni dell’ Appennino. Si tratta soltanto di decidere se nella Carta geologica d’Italia, che verrà mandata a Berlino per- la Carta d’Europa e che si spera possa tra poco sostituire la Carta pubblicata in fretta ed in furia in occasione del congresso di Bologna, si possano indicare delle serpentine cretacee nella Eomagna e nella valle Tiberina ; è appunto quanto il prof. Tara- melli non oserebbe aflermare. UziELU, rendendo conto di studi speciali che ha fatto in proposito, così si esprime: Kitcngo che la questione delle argille scagliose non è sovente posta giustamente, perchè altrimenti qualunque discussione, in proposito, potrebbe sembrare oziosa. . Osserverò in primo luogo che valersi di un termine litologico per determinare un orizzonte cronologico è cosa impropria e non può essere ammesso che per eccezione. La più importante forse delle eccezioni da farsi è per 1 espres- sione Sistema cretaceo. La creta è ben vero, non è la sola forma litologica delle rocce che costituiscono i terreni così chiamati; la creta però e il calcare no costituiscono l’ elemento fondamentale in ogni parte del mondo. Quindi l’espressione cretaceo non può dar luogo nè a inconvenienti, nè a equivoci. Altri termini però, come quello di macigno, cominciano già ad essere meno propri. La parola macigno, per esempio, nel suo significato cronolo- gico si riferisce, come è nolo, principalmente all’ Italia, benché vi siano in altri paesi macigni litologicamente identici al maci- gno tipico italiano, di età ditlerentissime c che ivi non servono a cai’attiM’izziiro nessun dato orizzonte. In Italia imi nel macigno, inteso cronologicamente, si trovano rocce che, litologicamente, sono di natura diftercntisbima. Ora che si vuole unitìcaro il linguaggio geologico delle varie nazioni, è chiaro che bisogna evitare, piii die sia possibile, le — 96 — espressioni improprie, come quelle che adoperano mi vocabolo lito- logico in senso cronologico; inconveniente tanto più manifesto quanto più una data forma litologica ò speciale di un dato paese. L’espressione terreno delle Argille scaglinse poi 6 improprio sotto ogni riguardo. Tanto varrebbe distinguere nell’ era azoica un terreno degli Schisti ecc. ecc. 11 termine terreno delle Argille scagliose fu creato dal Bian- coni in vista di spiegare con esso un necessario rapporto fra le salse dell’ Emilia e un terreno, che ivi si presenta in variissinii aspetti, e clic egli riteneva caratterizzalo dallo Argille scagliose. Si noti in primo luogo che il Bianconi dìi come tipo delle ArgUlo scagliose una roccia di monte Paderno che conterrebbe il 42,50 p. ®, n di solfato di calce, mentre esse contengono essen- zialmente silicati di allumina, ferro, calce e magnesia. Lo salse del Modenese poi presentano condizioni diversissime, come risulta dall’esame di tre tipi principali di esse, cioè delle salse di Nirauo, di Sassuolo e di Pujauello; e quel che preme osservare nessuna di esse presenta argille scagliose caratteristiche. Passeremo brevemente in rivista queste diverse salse. Salsa di Nirano. — Questa salsa ò costituita da numerosi piccoli crateri di fango, di vita piii o meno lunga, girovaghi in un piccolo altipiano di 300 metri circa di lunghezza e di 100 di larghezza, seminato a cercali, mono nelle plaghe ove sorgono i temporarii crateri di fango. L’altipiano è costituito dai mate- riali stessi che questi crateri eruttano. Questi materiali sono Cin- ghi e più esattamente eruttano in forma di melma, la quale ha riempito uno dei tanto irregolari e frastagliati anfiteatri costi- tuiti dai monti pliocenici prossimi a Sassuolo, e questa melma non è altro che argilla pliocenica, cui è identica, una volta dis- seccata, sotto ogni riguardo. Questa melma poi, in parte, dall’al- tipiano sopra indicato, scende fino alla Fossa di Spezzano. In que- sta salsa come nelle altre, l’emissione del gas è variabile uol- P anno e cogli anni. Salsa di Sassìiolo. In questa salsa il pliocene affiora alla base del cono di dejezione della salsa stessa, cono formato di rocce detritiche, cioè frammenti di arenarie alberese, calcari teneri e marnosi, tutte rocce che caratterizzano nell’ Apennino quel terreno eocenico o cretaceo che sia, compreso sotto il nome di di'seli dell’ Apennino. Questi frammenti presentano, a differenza dello rocce in posto, segni di azioni meccaniche possenti, cioè spostamenti, laminazioni 0 flessioni, e di azioni chimiche, azioni che consistono essenzial- mente in fenomeni di ossidazione ; come, passaggio dei protossidi di ferro e di manganese allo stato di sesquiossidi, e del solfuro di ferro in limonite e in acido solforico, che si combina poi alle terre coi carbonati, ecc. ecc. La pirite è attualmente rara e Sassuolo ('), ma in passato vi fu trovata di frequente in piccole masse cristalline. Ciò mostra come r alterazione delle piriti, che originariamente costituivano filoncelli nel calcare compatto, proceda rapidamente. Infatti i ma- teriali, che costituiscono gli strati superficiali della salsa in di- scorso, provengono certamente, fino a profondità non raggiunta, dalla grande eruzione del 1835. I materiali della salsa di Sassuolo posano e sono involti in terra polverulenta, quando è asciutta, o fango disseccato ; ?)ta no)i vi sutw argille scagliose. Quella terra è la melma emessa dalla salsa di Sassuolo insieme ai frammenti di arenarie e calcari, antecedentemente compressi e laminati, ed essa, all’aspetto, è meno omogenea dai fanghi di Nirano, tipo in generale, come ben osserva il Gumbel, dei fanghi emessi dalle salse dell’ Emilia. In una parola, fatta astrazione da rimaneggiamenti posteriori, l’ identità è perfetta fra il detrito che costituisce il terreno della salsa di Sassuolo c il flysch apeuninico, espressione che adopero benché forse non buonissima, per essere inteso con poche parole. Salsa di Pujanello. Questa salsa ha dovuto avere considere- voli eruzioni, se si pou mente alla massa delle sue dejezioni. Queste sono di tre tipi. Vi sono materiali litologicamente ana- loghi a quelli della salsa di Sassuolo, e che sembrano corrispon- dere alle dejezioni più antiche, vi sono fanghi variamente colo- rati, rossastri e bluastri, disseccati e alterati, per azioni molte- plici dovute probabilmente a un secondo periodo eruttivo. Essi si presentano come zolle di un campo vangato, su cui abbia piovuto. In quei fanghi disseccati si osservano tracce di scorrimento spie- (') Io ne trovai parecchi piccoli aggruppamenti di cristalli nel 1878 c79. Ma mi fu impossibile trovarne nel 1883- — 98 — gato dalle condizioni altiiuetriclie locali, ma essi non costitui- scono argille scagliose litologicamente intese. Vi sono poi fanghi, litologicamente analoghi a quelli di Nirano, e che attualmente sono emessi in piccola copia dai crateri della salsa di Pujauello, ora in uno stato di mediocrissima attività,. Intorno a questi tre tipi di salse, lo ripetiamo, possono rag- grupparsi tutte le salse dell’ Emilia. In nessuna si trovano argille scaglioso propriamente dette, come le Im descritte molto esattamente e minutamente il Bian- coni, cioè rocce nello quali « una superfice levigatissima, dolco, « outuosa al tatto lucente, ceroide e metalloide, si presenta andando « a seconda delle scaglie di cui è costantemente composta questa « sorta di argille È questo carattere talmente proprio « di queste argille che credemmo doverle chiamare provvisoria- « mente argille scagliose. Appariscono infatti come un aggregato « di tante squame o lenti di varie dimensioni, che si legano e « s’ innestano vicendevolmente, ora adagiandosi piane e distese «runa sull’altra, ora abbracciandosi mutuamente, curve e rav- « volto. Disgiungonsi facilmente sfogliandosi e come scivolando « runa sull’altra, avendo ciascuna lenticella la sua suiìorficie liscia « e lucente, come la massa. La loro frattura però è terrosa. « L’unione delle piccole scaglie produce scaglie di maggiore di- « meusioue ecc. ecc. » ('). Le argille identiclio a quelle descritte dal Bianconi esistono nell’ Emilia, ma si trovano in condizioni ove risultano essersi for- mate non già per scorrimento subaereo di una massa omogenea, ma per aver subito potenti pressioni sotterranee fra rocco più dure di esse o per aver franato con i frammenti di queste. Ciò che toglie ogni dubbio a tale affermazione si è la lavina avvenuta alla Lama di Mocogno nel 1879. La carta del Doderlein fatta nel 1861 (vedi fig. 1 e 2 della Tav. I) segna ivi rocce stratificate dall’eocene tanto a levante, che a ponente dalla linea di vetta ove giace la Lama di Mocogno, e che divido la linea di vaUe della Scoltenna aflfuente del Panaro, dalla linea di valle del Mocogno affluente della Kosenna e quindi della Secchia. (') Bianconi P. .Sloria naturala dei terreni ardenti, dei vide, mi fangosi, dette sorgenti infiaminabili, dei possi idruidrici c di altri fenumoni geologici operali diU gas idrogene c deU'origine di esso gas. Bologna 1840, V. p. “1-75. — 99 — Noi 1878 io avevo visitato quelle localitìi ed a ponente della Lama, e nel letto del Mocogno, al luogo detto Molino delle Kote avevo osservati i terreni del Ilysch, perfettamente stratificati come indica la sezione 1“ della Tav. I. La direzione degli strati paralleli a quella del Mocogno andava dall’ OSO. all’ ENE, ed era parallela alla linea di vetta, su cui trovasi la Lama. Ma la pendenza, di circa 50’ verso NNO, era discordante con quella del versante contiguo del colle della Lama, mentre era qnindi concordante col versante opposto nella valle della Scoltenna. Gli strati erano infine disposti come indica chiaramente la sezione 1“ ed erano costituiti alternativamente da arenarie, albe- rese e calcari e fucoidi, come indica l’elenco di queste rocce unito a detta sezione. Le testate di altri strati consimili appariscono ancora più in alto, al mezzogiorno della Lama, sotto Mezzolato a ponente di questo villaggio. Nel versante della valle della Scoltenna questi strati erano limitati, verso nord, da terreno miocenico ( mollassa eocenica secondo il Doderlein) e al sud da una arenaria ove sono anche elementi carhoniosi, e che è indicata nella carta dal Doderlein col nome di macigno giovane. Quest’ arenaria, discordante con gli strati del Molino delle Rote, s’ immergeva, per esempio sopra il luogo detto Feria presso Vaglio, nel monte. Più in basso esistevano argille scagliose solo presso Vaglio. La frana del 1879 si estese a tutto il terreno del versante sud-est del colle della Lama. Essa fu deviata verso nord, sopra la Feria, da una gettata degli strati discordanti sopra descritti di macigno giovane. Questi in parte cedettero precipitando, con forte pendenza, in basso, come indica il profilo C D, al punto H. Poi la corrente solida, la cui lunghezza era di oltre 2 chilometri circa, 0 la massima lunghezza oltre 1 chilometro, si restringeva, sotto la cascina Boccaleoni, a meno di 300 metri, rialzandosi al cen- tro (vedi sezione P Tav. I) o producendo una vera caduta solida, ove apparivano molteplici fenomeni di laminazione delle rocce più tenero o fratture delle più dure, fenomeni che ■ qui ' ''u posso particolarmente descrivere. Era un grandioso fenomeno : efllusso di materie solide. _ 100 — lu complesso nella lavina osservai calcari compatti c macigni identici a quelli del Molino delle Rote; ma invece dei calcari teneri .. l'ucoidi vi erano, specialmouto presso la j»arte superiore della lavina, ove i fenomeni meccanici erano stati piii potenti, argille scagliose tipiche; in alcune delle quali tracce ben distiate di fucoidi erano ancora visibili; e questo argille scagliose uuo- vameute formate erano identiclie a quelle preesistenti sopra indi- cate presso Vaglio. I prò 'ìli dati dalla tavola c ricavati da documenti gentilmente fornitimi dal Genio Civile di Modena, mostrano chiarameuto alcune caratteristiche fondamentali della frana in discorso o fanno parte di un lavoro pih completo sulla geologia o Torografia apciminica e sulle leggi delle frane che mi riserbo di pubblicare. Intanto agginngerh solo, fra molte osservazioni elio qui debbo tralasciare, che trovai l’alberese con filoncelli di splendentissima pirite; mentre, come si è visto, questa è ormai scomparsa nelle dejezioui del vulcano fangoso e pietroso di Siassuolo. Peraltro alla Lama il macigno e i calcari compatti, cioè lo rocce più dure, non presentavano contorsioni o tlessioni grandi come alla salsa suddetta. Si ò notato infatti che in questa salsa i materiali emessi deb- bono provenire da un terreno posto a notevole profonditù e sot- tostante al pliocene che afliora ai lembi della salsa stessa di Sas- suolo. A quella profoudith calcari o macigni dovettero subire una pressione molto più considerevole che non nel terreno analogo della Lama di Mocogno, sconvolto fino a profondità relativamente assai meno grandi. Benché non sia condizione indispensabile, però in generale, l’energia delle azioni meccaniche, che nella crosta ter- restre producono pressioni e flessioni, è maggiore a maggiore pro- fondità; quindi pure nelle rocce, che da quelle profondità proven- gono, gli effetti ottenuti di flessione sono in generale maggiori. In altre località dell’Emilia si trovano altri terreni istruttivi per risolvere la questione. Se, per esempio, da Borzaiio presso Scan- diano si va per la via mulattiera alla salsa di Querzola si traversa un terreno che il Doderlein segua nella sua carta come terreno delle argille scagliose. È un detrito eocenico che per altro ha serbato le sue caratteristiche stratigrafiche, cioè sono rocce infrante die serbano la loro posizione relativa. Esso forma, geognosticameule, un pas- — 101 — saggio caratteristico fra il flysch appennino e il così detto terreno delle argille scagliose. Se noi ora consideriamo i due versanti dell’Apennino sarà facile riconoscere che le argille scagliose propriamente dette, e il terreno che ne porta il nome, stanno al flysch apenninico del- l’Eniilia come i galestri stanno al flysch apenninico della Toscana e della Liguria. Se si ammette un terreno delle argille scagliose, non vi è motivo di non ammettere un terreno dei galestri. Queste rocce, di(;p giustamente il Savi « provengono dalle alterazioni dei ter- reni argilloso-calcari del macigno. Esse, continua il Savi, sono quelle rocce che han sofferto un’alterazione notabile di colore, che si mostrano divise in frammenti prismatici e romboidali, non variando che poco per la loro durezza, punto la struttura strati- forme e che liaii perduto bene spesso la facoltà di fare efferve- scenza cogli acidi » ('). Il Savi dicendo che i galestri provengono dai terreni argilloso-cal- cari del macigno esprimeva un’idea fondamentalmente vera. Coloro che sono dell’opinione del Savi, e che ammettono che le argille sca- gliose e i galestri differiscono solo per struttura, ma che appar- tengono a terreni di medesima età, devono pure ammettere che le argille scagliose sono alterazioni di rocce del terreno del ma- cigno, 0 di terreni stratigratìcamente equivalenti. V'i è ora un’ altra questione da risolvere. Le argille scagliose e i galestri vanno riferiti a un orizzonte, a due orizzonti o a più orizzonti? Sono esse cretacee, eoceniche o mioceniche? Le seguenti osservazioni, io ritengo, toglieranno ogni nube su l’attuale questione. 1® Dal Cretaceo (questo incluso) fino ai tempi moderni, i terreni che si depositarono furono principalmente calcari, macigni, marmi, argille ecc. 2® Le oscillazioni del suolo, fortissime dopo depositati i terreni eocenici, continuarono più deboli in tempi posteriori e sussistono anello oggidì. 3® Le argille scaglioso e i galestri degli Appennini non n Savi Paolo. Delle Donco o/ioWchc della Toscana. Parto JT. Nuovo gìorn. (lei letterati 1818-39, p. dell’estratto. devono .iferirsi necessariamente a una sola formazione intercalata cronolo unente ad altra, ma ad una condiziono geodinamica degli Ap. 3 imini, inerente alla loro origine o alla loro vita geologica passata, presente e probabilmente anche futura. Alle condizioni geodinamicamente diverse dei due versanti degli Apennini 5 dovuta la prevalenza nell'uno delle argille scagliose, nell'altro dei galestri per i motivi che diremo dilfusamcnte in altra parte di qiiesto volume, 4* La prevalenza in alcuni orizzonti piuttosto che in altri di galestri o di argille scagliose, mostra solo die in alcuni periodi geologici si depositarono in masse considerevoli gli opportuni terreni, i guali, sottoposti ad azioni luoccauidie convenienti, gene- rarono posteriormente sciasti, galestri e argille scagliose. Gli sciasti implicano azioni prementi di cui una prevalente in una direzione costante. I galestri implicano azioni premonti in direzioni determinate e in numero non superiore ai loro piani di divisione. Le argille scagliose implicano azioni prementi, secondo dire- zioni variabili, in rocce intercalate ad altro jiiìi resistenti. Quando queste azioni avvengono in strati supcrticiali, si producono allora frane con movimento di rovesciamento che contribuiscono a dare la scagliosità. Se dei fanghi vengono emessi sopra terroni aventi pendio oppor- tuno, avvengono molteplici scorrimenti più o meno generali; nei piani di scorrimento si vedono in generale superficie levigate, ma quei fiinghi non si dividono in scaglie, come le argille sca- gliose propriamente dette, quali le ha esattamente descritte il Bianconi. 5“ La formazione delle argille scagliose e dei galestri essendo sempre posteriore aU’età, dei terreni ove si depositarono le rocce dalla cui alterazione provennero, le argille scagliose e i galestri stessi anderebbero riferiti cronologicamente non aH’età dei fossili, che per avventura possono contenere, ma all’epoca in cui avvenne il fenomeno meccanico da cui trassero origine, altrimenti certi conglomerati essenzialmente gneissici ed anche le ghiaie consi- mili del corso superiore del Po e le sabbie che ne provengono rico- noscibili in tutto il suo corso, potrebbero stratigraficamente chia- marsi laurenziane. — 103 — Si potrebbe però qui osservare da taluno che oggi nessuna roccia si trova nelle condizioni di struttura che aveva subito dopo formata. Ma è chiaro che una roccia può dirsi senza equivoco di una data eth, non solo finché conserva la sua posizione stratigrafica, ma anche finché azioni meccaniche e chimiche posteriori non ne lianno essenzialmente mutato la struttura fisica e chimica. Tale è il caso appunto dello argille scagliose. 6® Qualunque sia Tetà, dei materiali costituenti imo di quei terreni detritici deirApenuino, impropriamente detti delle argille scagliose, la varictii dei materiali, che vi si trovano, dipende dall’es- sere ivi avvenute molteplici azioni meccaniche successive, le quali non solo hanno sovente sconvolto il terreno preesistente, ma hanno eziandio provocato frane secondarie nei terreni confinanti; e si è quindi col tempo, per il succedersi di tali fenomeni, cam- biata r allimetria locale ; cosicché rocce con fossili dei terreni sovrapposti o contigui sono cadute, in seguito alle azioni metco- riche consuete, sul terreno nuovamente formato e detto delle argille scagliose, in modo da presentare una mescolanza di mate- riali vari, in parte accidentali e con fossili di origine diversis- sima; fenomeno analogo a quello che avviene nei materiali con- vogliati per trasporto glaciale. 7® La sola relazione che esiste fra le salse e le a.gille sca- gliose si è che una medesima condizione meccanica é stata ed è causa della formazione delle argille scagliose e delle fratture del suolo, intorno alle quali, come altrove diremo, sono coordi- nate le salso dell’Apennino Emiliano; ma che tali salse non hanno mai emesso, come non possono emettere argille scagliose. Esse possono eruttare fimghi come quelli del Caspio, come qu li delle salse di tutte le parti del mondo; questi fanghi talora conten- gono mescolati i minerali soliti dei vulcani di lava; talora non ne contengono e solo contengono materiali provenienti dalle rocce locali, e che in generale affiorano in qualche parte della regione che si considera. E questo secondo caso è quello appunto che offrono le salse dell’Emilia. Lo argille scagliose invece non pos- sono provenire che da rocco tenere compresse e laminate irre golarmente fra mezzo a rocce più dure. Queste azioni possono avvenire con alterazioni meccamche c tisiche più 0 meno sensibili delle rocce sovraincoiubeu i o ci — 104 — quello (lei terreni contigui, e potenti strati di marne e altre rocce relativamente tenere possono conservare la posizione stra- tigrafica primitiva; ma cronologicamente sono di età più recente, per genesi litologica speciale, ed hanno struttura varia e essen- zialmente diversa dalle rocce da cui trassero origine; sono in una parola rocce lavinate più o meno confusamente. Sembrerà forse che nelle osservazioni che precedono vi siano delle ripetizioni; le ritengo non inutili poiché, mentre si dice sovente die Targoniento delle argille scagliose ò esaurito, vedo (Paltra parte risorgere la questione della loro età, come se fosse un fenomeno locale alPEmilia e di un’ epoca speciale e determi- nata; mentre è un fenomeno proprio a molte rocce di altre parti del mondo, ove si sono verificate le opportune ed analoghe azioni meccaniche* In conclusione se si troverà un terreno detritico intercalato a strati eocenici potrà dirsi terreno detritico eocenico, ma non ter- reno delle argille scagliose. Se si troveranno argille scagliose in orizzonti eocenici si potranno dire argille scagliose dell’eocene e così se fossero di altra età. Ma bisogna intendere implicitamente che la parola Àcap/foso eco. indica alterazioni di rocce, ori- ginariamente depositate in diversa forma e che l’epiteto cronolo- gico si riferisce a questa forma primitiva delle rocce stesse. Ammetto benissimo che piuttosto in date epoche geologiche che in altre avvennero depositi di maggior ]>otenza di rocce, atte a venir poi trasformate da azioni meccaniche e chimiche in ar- gille scagliose, o galestri o ad essere frammentate; tali diverse forme dijiemleudo dai rapporti fra la energia delle azioni c la natura delle rocce stesse; ammetto benissimo che tali azioni siano state più potenti in un’ epoca che in un’ altra e che nel caso concreto dell’ Appennino si trovino strati più potenti di argille scagliose, per es. intercalate a terreni di una data età, che in terreni di altre; ma atfermo che la estensione dellé rocce detri- tiche, delle argille scagliose e dei galestri neirAppennino, esten- sione variabilissima nel tempo e nello spazio, dipende da cause geodinamiche d’intensità variabile, inerenti alla costituzione del- r Appennino stesso; e quindi voler dare allo parole argille sca- gliose e ai galestri senza indicazione dell’età cui si riferiscono, un senso cronologico, significa esprimere un vero non senso. Egual- meute volere che la parola terreno delle argille scagliose com- prenda terreni di aspetto e struttura litologica diversissima, ed ammettere un necessario legame fra le salse e le argille scagliose a vantaggio di qualche teoria endogeodinamica è pretensione al- quanto arbitraria. Pantanelli dice che la salsa di Sassuolo è nell’ Eocene e che i detriti superficiali sono i detriti usuali che lasciano le argille scagliose lavate dalle acque; che alla Lama di Mocogno, la frana avvenne per un velo acquifero stabilitosi tra le arenarie e i calcari miocenici superiori e le sottostanti argille scagliose oggi rimaste allo scoperto : se nell’ Appennino vi è una continua ripetizione di tipi litologici, tutti intendiamo cosa voglia dire argille scagliose e che più della definizione del Bianconi si deve guardare a ciò che il Bianconi raccolse di fatto col nome di argille scagliose. Che la mancanza del macigno alla base delle argille scagliose allontanandosi dal crinale dell’Appennino, potrebbe spiegare la presenza dei pochi inocerami ritrovati, ritenendo che tra l’eocene e la creta non esista a distanza dai maggiori crinali lacuna litologica. UziEi.u conferma il giù detto per la Lama di Mocogno; propone che si adopri il nome di detrito eocenico alle rocce frammen- tizie; conservando il nome di argille scagliose al tipo Bianconi e chiamando fanghi quelle attuali. Scara BELLI conferma che il Bianconi col nome di argille sca- gliose intese un complesso di rocce. Pantaselli conferma il giù detto, non accetta il nome di detrito eocenico per non dare ad un fenomeno superficiale ed attualo un nome che potrebbe riferirsi ad altri tempi. Tarameli^ dice che tutti ci intendiamo quando si nominano le argille scagliose, che la questione vera è piuttosto di determi- nare quali saranno cretacee quali eoceniche. Baretti legge la memoria dal titolo: Una sezione geologica nelle Alpi Cozie {')i (') Qncsia memoria vcrrii pubblicata in uno del fascicoli prossimi del ùollettino, non essendo ancora giunto il manoscritto. — loc — TabameiAìI conferma quanto disso l’amico Baretti o dichiara essere stata grande la soddisfazione di entrambi nello scorgere come r accordo dello ideo stratigraficho riguardo tutta la catena alpina italiana, non solo pei terreni mesozoici ma anche pei paleozoici, prometta di non tornare molto difficile; qualora spe- cialmente si continui ad esaminare insieme le regioni singole per parte di geologi che lavorarono fino ad ora separati. Aggiunge come spei’i di poter trovare nelle masse triasiche soprastanti al paleozoico in valle di Susa talune delle precìpuo divisioni accer- tate nelle Alpi centrali, in specie quello dei piani norici e car- uici, coir intermezzo di formazioni marno-scistoso equivalenti alla parte profonda del piano di Wengeu. Qualora si dubitasse da taluno del riferimento a terreni an- tichissimi della zona dello Pietre verdi (di cui il nome verrà mu- tato, ma rimarrà fissa la posizione assegnata dal compianto Gastaldi, quando che sia appurata dai terreni che erroneamente ad essa si riferirono) e si credesse poter essere siluriani o devoniani i terreni cristallini sottostanti con discordanza al Carbonifero, ricorda come il Devoniano sia nelle Alpi orientali assai poco sviluppato e quasi come una sfumatura litologica alla base del Carbonifero e come il Siluriano, dove è sicuramente accertato per calcari subsaccaroidi ad ortoceratiti e per scisti argillomicacei con graptoliti, ò adoso con tenue spessore alla base del Carbonifero nè presenta alcuna ana- logia colle rocce, che nel Piemonte e nella Valtellina sì ritengono protozoiche. Può sorgere dubbio se le dolomie cariate gessitere spettino al piano di Gròden anziché al Trias medio; ma siccome nella regione orobica già viene a sfumarsi il piano gessitero permiano (ritenuta permiana la zona a fìellerophon)^ cosi con- viene per ora mantenere nel Trias l’orizzonte gessitero delle Alpi piemontesi e marittime. Non cosi delle auageniti, di al- cune quarziti o tanto meno delle spilili, delle varioliti e forse anche di talune ofioliti diallagiche miste ad eufotidi, sottostanti direttamente al piano gessifero; perchè queste rocce corrispon- dono assai bene alla zona di Gròden, quale si manitesta nelle aree non occupate dalle più vaste colate di porfidi acidi. La tran- sizione graduale, che alle falde del M. Tabor si avverte tra la formazione carbonifera c la detta zona delle anageuiti permiano, conferma tale riferimento, che può estoudersi anche a taluno rocco analoghe ed ai porfidi quarziferi delle Alpi marittime, come risulta al prof. Taramolli dalle proprie osservazioni e meglio ancora da più recenti e dettagliati rilievi dei signori Zaccagua, Portis e Mattirolo. Osserva in fine come la disposizione delle rocce paleozoiche nel versante adriatico-padano sia conseguente alla più o meno am- pia e profonda abrasione subita dalla catena; per modo che nella Valtellina già fanno difetto quelle rocce die nel Piemonte sosten- gono la zona delle Pietre verdi; nella valle Camonica e nella valle Sugarla, coH’appendice cadorìna manca la zona delle Pietre verdi, e nelle Gamiche orientali prevalgono i terreni paleozoici in serie assai regolare ed abbastanza completa. Mentreche nella valle di Gali e più oltre nelle Alpi noriclie, i terreni cristallini, con annessi gneiss e calcari saccaroidi presentano qualche analogia colla serie delle pietre verdi piemontesi e della Valtellina. Sta- bilita la discordanza della serie paleozoica sopra la enorme pila delle rocce cristalline, dimostrata la continuità delle formazioni dal Carbonifero al Giura e forse anche al Neocomiano, pel Pie- monte non meno che pel rimanente delle Alpi italiane, la geo- logia di queste viene ad essere assai semplificata; rimanendo poi a scoprirsi le particolain equivalenze eteropiche dei singoli piani e le temporanee e molto localizzate emersioni, che si collegauo col carattere litoraneo o corallino di taluni orizzonti paleozoici e mesozoici. Mazzuou presenta la carta alla scala di 1 a 25000 della zona di coincidenza nella Liguria occidentale di due formazioni ser- pentinose, terziaria e paleozoica, rilevata da Ini insieme al socio prof. Issel e fa parecchie osservazioni in proposito. Lotti fa osservare che in seguito a nuovi studi sulP isola d’Elba, sulla Corsica e sulle altre isole tirreniche vi ha potuto costatare la continuazione della zona serpentiuosa antica con i carat- teri perfettamente analoghi a quelli della zona serpentiuosa ligure. che all’Elba le serpentino antiche e quelle eoceniche sono in alcuni punti tra loro separate mediante una strettissima zona di rocco sedimentarie e che ivi puf) essere limitata iu alto — lofi — V età delle serpentine antiche trovandosi sottostanti a strati schi- stosi con fossili Siluriani. j Verri legge una sua comunicazione: Appunti sui bacini del Chiascio e del Topino, ^ Accenni oro-idrografici. Ad occidente delVApeunino di Fabriano, parallelamente alla catena, abbiamo una vallo , la quale, dal colle della Scheggia, pro- segue fino alla vallata Umbra di Foligno e Spoleto. Quella valle, dalla Scheggia fino dopo Fossato, è formata da un piano solcalo | da ondulazioni trasversali, largo alla estremità quattro chilometri; appresso, fino al ponte di Parrano, il fondo della valle è largo I solamente circa uno a due chilometri ; dopo il ponte di Parrano la valle si ristringe ancora, ma si mantiene sempre aperta per modo che mai si riduce ad una gola angusta. Il fiume Chiascio corre lungo il perimetro ovest della porzione superiore della valle; devia ad occidente laddove questa incomincia a ristringersi, e per altra valle si dirige alla estremità nord della vallata Umbra, La porzione centrale della valle costituisce una linea di displuvio, ed ò solcata ortogonalmente da est ad ovest dai toi'renti apenuinici confluenti nel Chiascio ; il rimanente ò solcato longitudinalmente dai fiumi Coldognola e Topino. Dove incomincia la deviazione del Chiascio, il fiume rasenta la estremità delPaltipiano di Gubbio, largo circa tre cbilomctri e mezzo, lungo 21 chilometri, colPasse longitudinale inclinato da nord-ovest a sud-est. Da quelP altipiano parte delle acque scola al nord col torrente Assino, il quale s’ immette nel leverò poco sotto Umbertide ; parte scola al sud nel Chiascio. Sulla soglia di sbocco deir Assino ho notata la quota di circa 387 metri, su quella del Chiascio circa 343 metri. L’altipiano di Gubbio è spianato nella porzione superiore, è rotto per diverse ondula- zioni nella porzione inferiore. Sulla linea dello spartiacqua ho notata l’altitudine di 430 metri; nelle ondulazioni al sud 407 metri tra Padule e Branca, 413 metri alla Gaivana. La figura variata del terreno dalla parte del Chiascio dipende dallo scavo dei torrcuti, i quali approfondano l’alveo in ragione che si approfonda il letto del fiume, che li raccoglie. — 109 — Il colle della Scheggia, elevato 592 metri sul livello del mare, divide le sorgenti opposte del Chiascio e del Buraiio. Tra le sor- genti di quei fiumi, il colle è tagliato trasversalmente dal tor- rente Scatino. Lo Scatino ha origine dietro ai poggi di Gubbio, 0 dopo separato con gola profonda il monte Catria (1702) dal monte Cucco (1556), confluisce nell’ Esine poco sotto Pierosara. L’alveo dello Scatino aJla Scheggia ha la quota di 576 metri , ossia sta 16 metri sotto la linea di displuvio apenuinica. P''ora'iazioni mcsozoiclie. Dal Catria in giù, l’ossatura dell’Apenuiiio è composta sempre di roccic mesozoiche. Il versante ovest è coperto dagli schisti verdi, rosei, bigi e dai calcari rosati della creta, inclinati verso la valle superiore del Chiascio e la vallo inferiore del Topino. Lon- gitudinalmente il sistema 6 composto da una serie di anticlinali e di sinclinali. Tra Valdorbia ed Isola Fossara si vedono gli strati del lias medio ed inferiore discendere dal Catria , accar- tocciati con forma di mezzo cono, ed incunearsi sotto al monte Motelle, coperti dalle formazioni superiori. Appresso viene l’au- ticlinale del monte Cucco, da dove gli strati scendono miova- meuto per risalire al monte Maggio ; scendono dal monte Maggio e risalgono a costrurre 1’ anticlinale del Serra Santa e del monte della Penna ('). Una lunga sinclinale divide il monte della Peana dal montq Pennino. A Nocera, di fronte al monte Pennino , inco- mincia una delle anticlinali subappennine. Dopo il monte Pennino la catena Apenuinica si sposta verso oriente: sul luogo dello spo- stamento, e colla anticlinale secondaria indicata, e colla insellatura coperta dalle roccie cretacee , contenente i laghetti di Aunifo, Colfiorito, Ricciano, lia principio l’ intreccio delle sinclinali ed anticlinali mesozoiche componenti i bacini della Nera e del Volino (’). Esaminando le sezioni trasversali, ho veduto lungo il tori ente Scatino inclinati verso ovest: 1® i calcari rosati e gli schisti bigi, (•) Nella insellatura tni il monte Maggio ed il Serra Santa scaturiscono da sotto al lias superiore le copiose fonti del fiume Rumore e del io i Vaccara, adoperate come forza motrice delle industrie locali. (') Le Conche di Terni e di Ridi. Atti dei Lincei, Ser. voi. XV. -no- rosei, verdi ; 2® i calcari zoppi di fucoidi, tanto da avere l’appa- renza di bardigli, ed i calcari giallicci ; S'' dopo Valle del Ponto, gli scliisti selciosi verdi con Aptichi ed il rosso ammouitico ; 4" i calcari del lias medio. Appresso le formazioni medesime in- clinano ad est tino a Valdorbia; dopo Valdorbia tornano a salire verso la montagna per discendere presso l’Isola Fossara. Segui- tato per un certo tratto il torrente a valle d’ Isola Fossara, ho trovato solamente le rocce cretacee inclinate verso oriente. Nel salire sull’alveo del torrente che divido il Serra Santa dal Monte della Penna, ho incontrato inclinati verso ovest gli scia- sti bigi, rosei, .verdi ed i calcari rosati; i calcari pseudobardigli ed i calcari giallicci. Poi le masse si raddrizzano, e dopo pochi strati di calcari del lias medio, sta un nucleo di calcari del lias interiore e di rocce dolomitiche. Oltrepassato quel nucleo si riti'ova la serie con tutte le sue formazioni visibili, inclinata verso est, e terminata dai calcari giallicci, i quali posano sopra al lias superiore alla quota di 1030 metri. Nel luogo, dove pel disturbo stratigrafico non si vedono le rocce del lias superiore, si hanno le sorgenti copiose del fiume Feo. Nella salita del monte Penna, lungo la linea di pendenza, ho camminato sullo rocce cretacee fino alFaltitudine di 800 metri; poi fino a circa 900 metri sui calcari pseudo-bardigli e giallicci, e su una zona di schisti selciosi verdi con Aptichi. Dopo quella zona ho trovati i calcari del lias medio ed inferiore, e pili su nuovamente i calcari e gli schisti rossi Ammonitici e gli schisti selciosi verdi alla quota di 1253 metri. Sopra (jucsti i calcari giallicci compongono il cono terminale del monte (1434). Nel luogo della interruzione della zona del lias superiore, all’altitu- dine di circa 990 metri, sta la miniera di ferro e manganese. Differentemente dai calcari giallicci dei monti di Terni c di Rieti, quelli di questo Apennino sono ricchi di fossili, partico- larmente per una certa potenza sopra al lias superiore. Quei calcari, nella zona fossilifera, contengono anche grossi strati di selce, la quale si estrae per costruzione di macino. Anche nei calcari pseudo-bardigli si vedono abbondanti le impronte di Am- moniti con diametro al piìi di tre centimetri. I fossili raccolti nei calcari giallicci del monte Penna hanno servito a stabilii e l’epoca della formazione corrispondente nel territorio di Torni e « » -Ili — Kieti, identica per struttura e per posizione stratigi'afica, ma difettosa di reliquie organiche determinabili. Dai saggi inviatigli, il dott. Paroua riconobbe le specie : PhìjUoceras Kocki Opp. (?) Lj/thoceì'as quadrisuloatum D’Orb. « rnonta7ium Opp. . Oppelia sp. Perisphincites contiguus Cai. Aspidoceros cfr. Uhlandi Opp. AptychU'S cfr. Beyrichi Opp. Ho veduti anche nel lias inferiore del Penna gli strati colitici, sviluppatissimi nei monti di Terni. W è sembrato notare costan- temente perfetta concordanza in tutta la serie, almeno fino al lias inferiore. Ho osservato nella miniera del monte Penna: D resistenza di caverne incrostate da concrezioni calcaree: una delle caverne accompagna un filone che scende al basso ; 2® che il minerale presenta struttura cavernosa e struttui'a compatta. Ha struttura compatta nei filoni disposti a strati, cavernosa nei filoni contenuti nello cavitii : 3*^ che, per un certo tratto alP ingiro del minerale, le rocce sono vivamente colorate in giallo e rosso. Si vedono macchie limonitiche e nuclei di pirite in tutte le rocce adiacenti alla miniera, compresi glischisti selciosi verdi ed i calcari giallicci. Il monto che chiude ad est raltipiano di Gubbio, da s. Fli- gesio a Loreto, è composto da rocce mesozoiche. Quelle masse presentano le seguenti particolaritù.: D sono tagliate da sei gole trasversali profonde; 2” esaminate lungo una gola, mostrano la metà di una anticlinale, della quale e scomparsa 1 altra metà, quella rivolta verso Paltipiaiio di Gubbio. Gli strati scendono costantemente a nord-est, e presentano la testata tronca a sud- ovest; vi si vedono il rosso ammonitico, gli schifiti selciosi verdi, i calcari giallicci; sopra questi gli schisti bigi, rossi, \erdi, biuni, poi i calcari rosati, infine gli schisti bigi, rosei, verdicci; 3® esa- minata la massa nel senso longitudinale, presenta un glande arco anticlinale col vertice sul monte Calvo. Le rocce cretacee coio- nano quell'arco, e scendono a destra e sinistra sull’altipìauo. Il Subasio, da Assisi per tutto il versante orientale fasciato da un mantello di calcari rosati c di schisti della creta, presenta pine — 112 — le altre formazioni deirApenniao mesozoico. Il Sasso di Pale, allo sbocco della Valtopiua, al nord o ad ovest è coperto dalle rocce cretacee, al sud mostra una anticliiiale di rocce liasiche, la quale doveva essere unita alla anticliiiale che divide la vallata Umbra dalla valle del Menotre, ed oggi è tagliata da questo fiumiccllo. P’orinazioni ccnozoiche. Credo opportune alcune premesse alla descrizione delle rocce locali più antiche di quest’ epoca. 1° Nei monti di Alleronaiu Val di Chiana, ho notato presso alle rocce ofiolitiche, una massa di calcaree bigie marnose, di schi- sti marnosi bigio scuri, di calcari screziati, e di qualche strato di arenarie bigio scure ad elementi minutissimi. In piu luoghi negli schisti si trova il manganese, e generalmente si vedono fioriture e nodi di pirite nelle calcareo marnose e nelle arenarie. General- mente aderiscono ai massi calcarei lamelle levigate di marne brune. Il grande ‘disfacimento della massa presso alle ofìoliti, i movimenti delle formazioni, la piccola estensione del territorio mi ha impedito di conoscere in modo assolutamente preciso i rapporti stratigrafici tra le due formazioni. 2® Superiore certamente alla zona ofiolitica ra’ è risultata altra massa, composta di calcari e schisti bigi, rossi, verdi, gialli con strati di calcari screziati e di brecce con elementi grossi fino un centimetro contenenti nummuliti. Ho trovata questa massa nel Viterbese, nel gruppo Amiatino, nella catena dai monti di Allerona al monte Cetona, nei monti del Valdarno, nei monti di Cortona, nei monti attorno al Trasimeno e nella sua isola minoro, nel gruppo del Monterale, nei monti di Orvieto, indipendentemente dai calcari rosati della creta che ivi costituiscono l’ossatura del monte della Peglia. Cioè in tutto il subappennino del bacino del Tevere, ad occidente della valle superiore di questo fiume. Ancora non posso presentare la classificazione delle foraminifere raccolte nei luoghi citati : però, nella Sabina, dietro Fara, ho ritrovati i calcari e gli schisti varicolori con interstratificate brecce iium- mulitiche. Se quel lembo appartiene, come riterrei allo stesso orizzonte, il dott. Negri nei campioni inviatigli, vi riconobbe le specie : — 113 — Nummulites sh'iata » Lucasana » contorta » variolaria 3 ® Nel gruppo di Moutorale, nel sistema montuoso del Lago Trasimeno, nei monti Cortonesi e del Valdarno, ho trovati i calcari e gli schisti varicolori, gli strati nummulitici, sottoposti ad una massa potente di arenarie. Nel gruppo di Monterale, il quale sta di fronte ai monti di Alleroua, ho notato che tra i cal- cari e schisti varicolori, e le arenarie sta un potente banco di hreccio zeppe di niimmulili; che gli strati inferiori delle arenarie sono composti di brecciole grosse varii millimetri di rocce verdi e rosse che riterrei ofiolitiche, di quarzo, e di qualche frammento che sembra micaschisto; mentre negli strati superiori gli ele- menti diventano sempre più minuti. Nel gruppo di Monterale e dei monti di Paciano , nei monti del Trasimeno le arenarie alter- nano con schisti arenacei e con schisti marnosi bigio chiari ; sa- lendo a Castel Eigoue dalla valle della Magione, dalla quota 251 alla quota 680, si vedono le arenarie alternare con strati di cal- cari screziati contenenti tracce di fossili , e con schisti marnosi ed arenacei. In alcuni luoghi la massa degli schisti marnosi ap- pare di forte potenza, e tra questi noto monte Petriolo nella valle del Nestore. Ho veduto, sotto le arenarie, schisti color rosso mattone a monte Petriolo, a monte Gabbione , a monte Melino ; ho notato che gli schisti arenacei di Viterbo, dei monti di Pa- ciano, e Monterale sono zoppi di impronte vegetali nelle zone dove sono scarsi o mancano gli schisti marnosi, e che dove questi abbondano quelle impronte sono rare o mancano adatto. Gli schisti arenacei sono composti di straterelli ondulati, come a dimostrare l’azione dell’onda vicino alla spiaggia; le masse degli schisti marnosi per lo più sono disposte a lenti tra le arenarie, come per mostrare le accidentalitù d’ un letto marino. Tutto le osser- vazioni mi combinano a dimostrare che, nei luoghi citati, la formazione delle arenarie è contemporanea , nonostante le difte- reuze di composizione, le quali mi pare che devono essere attri- buite a circostanze locali. 4® Sopra Città di Castello, sui monti che dividono la valle del Tevere dalla Valdichiana, all’altitudine di 670 metri, trovai 8 ^114 — un banco di calcare screziato con fossili di facile estrazione. 11 dott. Foresti, notatevi le specie : Pecten latissimus Broc. » dnblns Broc. » Besseri And. » solarium Lek. j Ostrea plicatula. Echinolampcts depressa Ed. et H. mi scrisse rappresentare almeno il piano inferiore del Sarma- ) tiano, se non del Calcare di Leitha ('). Questa formazione seguita | presso Perugia coi calcari screziati con piccoli pettini di Prepo , cogli scliisti marnosi e colle arenarie che sottostanno alle allu- vioni plioceniche, sulle guali c costruita la Citta ; colle rocce che compongono i colli di Brufa e Torgiano, per i quali la valle del Tevere è divisa dalla vallata Umbra. Il prof. Bell ucci tiene copiosa raccolta dei fossili di Cittìi di Castello, di Prei>o, come di Castel d’Arno e Casa Castalda nel bacino del Chiascio. Il dott. De Stefani, visitata la raccolta Bellucci, aggiunge alle specie^ segnalatemi dal Foresti : DHrupa incurva Rea. Scalaria lamellosa Broc. Ostrea et. lamellosa Broc. Spondylus crassicosla Lek. Pecten scabrellus Lek. Stylocaenia taurine7isis Ed. et H. Cellepora cf. rjlobularis R. e ritiene che la formazione appartenga al piano Tortoniano, men- tre, per i luoghi medesimi da me indicati, riferisce alPeocene superiore le serpentine, alPeocene medio le arenarie , alP eoceno inferiore i calcari nummulitici, e dubita che rispondano alla creta inferiore alcune formazioni della massa die contiene i calcari e gli sclusti varicolori C). Dagli appunti riferiti, e da quanto dirò sullo formazioni dei bacini del Chiascio e del Topino, non mi sem- bra di poter convenire sulla suddivisione dei tempi geologici, (*) 1878. Seduta della Soc. di scienze nat. di Milano del 28 luglio. (*) Il Tovlonicino ìiell'ulUi valle del Tevere, Atti Soc. Tose. se. nat. adun. 14 nov. 1880. — Quadro comprensivo dei (crreni che costifuiscono ì* Apennino Settentrionrite. Atti c. s. voi. V. proposta dall’ egregio collega, per le masse terziarie antiche del territorio umbro. Siccome, o dall’ insieme della raccolta Bellucci, e fLU’aspetto della formazione, sembra al prof. Taramelli che la massa delle arenarie e dai calcari screziati fossiliferi possa essere riferita al periodo oligocenico, preferisco attenermi a tale classificazione. Premesso questo accenno, necessario per stabilire un orizzonte pili adatto a giudicare le formazioni terziarie locali, ecco come queste si presentano nei bacini del Chiascio e del Topino. focene — In tutto il territorio m’ ò apparso solamente sul monte di Casa Castalda (034"’; un lembo di schiati e calcari vari- colori, litologicamente eguali a quelli citati nelle premesse. Il raddrizzamento degli strati di schisti arenacei, di arenarie com- patte, di calcari screziati attorno quel nucleo, mi fa ritenere che costituisca un affioramento dell’eocene superiore. Oligocene. — Tutto il territorio ad occidenti dell’Apeimiuo, eccettuati i peggi di Cubbio ed il Subasio, nonché i pochi ter- reni pili recenti che saranno descritti, b composto da schisti mar- nosibigi; da cnicari scrcziaU idLiitici per costruzione e per fos- sili ai calcari dai qvali trassi i fossili di Città di Castello, ai calcari screziati di Prepo presso Perugia; da areììdric bigie e gialle covipaUe o scliistose. A Schifanoia e sotto Morano, tra i calcari screziati si ha una breccia composta di calcari bigi eoce- nici, e di serpentine, zeppa di ostriche e pettini, che il dott. Foresti ritiene riferibili al Pecten scabrHhis lick. (ieneralmente la zona inferiore della forma.:;one si compone di schisti marnosi e di calcari screziati (') ; la zona superiore di arenarie compatte e schistose con qualche strato alternato di cal- cari screziati e di schisti marnosi. Perì) è estremamente variabile la potenza delle diverse rocce da luogo a luogo. In alcune con- trade prevalgono i calcari screziati, in .altre gli schisti marnosi, in altre le arenarie. Dovunque si vede P imbasanieuto della ma'^sa, (•) Il signor Canevari mi disse a Fabri.ino aver trovatf