CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI Dido PAEONTE PER ? vi BARTOLOMEO GASTALDI LOGICAL KS GESSTON, VACANZD 186 | LU, S. GEOLOGICAL SURVEY 1 SEPIG6L - LIBRARY, = IO Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino SERIE II. Tom, XIX._ }&0 | Torino, Stamperia Reale, 1858. CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE PER BARTOLOMEO GASTALDI Toutes les fois qu'il me semble pouvoir donner l'explication d’un phénomène géologique par des causes lentes et régulitres, je préfere ce moyen, dit-il m'en couter un milliard d’années, è toutes les hypothèses de crises violentes et subites. Fortis. Memoire pour servir a l’histoire naturelle de l'Italie, Tome I. pag. 197. Ì numero dei fossili descritti, rappresentati con figure, ed ordinati cronologicamente, è tale che chi desidera intraprenderne lo studio quasi ne rimarrebbe impaurito, se gli elenchi della sola fauna vivente non ci avessero avvezzati a cifre assai più grandi. Quantunque lungo e non sempre facile sia lo studio della paleontologia, ormai non è più permesso. a colui che desidera conoscere la storia della terra, di trasandarlo, poichè della paleontologia, più che della chimica; della geografia, della fisica e della mineralogia, che pur tutte provarono l’impulso dato alle scienze dai movimenti politici che chiusero il secolo scorso, si è giovata la geo- logia per progredire anch'essa e segnare i proprii passi in modo positivo. Nè v'ha in questa scienza fatto più importante della conoscenza di quella serie di esseri i quali si succedono — a far capo dai trilobiti e dai pesci del Siluriano sino all'uomo, ultima e più perfetta opera del Creatore — e raggruppati in faune abbastanza determinate, distinguono le principali epoche geologiche. A motivo della loro quantità stragrande, 1 molluschi, i radiarn, i zoofiti, sono, per la determinazione dei terreni, all’occhio del geologo. 4 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEI. PIEMONTE d'importanza forse maggiore che non i vertebrati. Però la scoperta nelle viscere della terra di un pesce, di un rettile, di un quadrupede, di un cetaceo, ha sempre eccitato l’interesse, direi anzi svegliato l’ immagina- zione dell’uomo studioso. Fra tutti gli esseri che lasciarono negli strati le loro ossa, 1 loro avanzi, 0 l’impronta del loro corpo, quelli destinati a vivere sui conti- nenti, e fra questi ultimi i quadrupedi, meritano, a parer mio, di in- teressare maggiormente il naturalista. Infatti, più soggetti che nol siano i cetacei, i pesci, i molluschi, ecc., alla diretta influenza dei fenomeni che cangiarono il clima e la faccia dei paesi e delle regioni in cui ora si trovano allo stato di fossili, i loro avanzi possono, meglio che le con- chiglie e gli scheletri degli abitatori del mare, porci in grado di apprez- zare l’importanza di quei fenomeni ed il modo loro di agire. Quando fa mente dei filosofi incominciò ad occuparsi dei quadrupedì fossili, quando essi ricevettero , con maraviglia, la notizia della scoperta a di interi cadaveri di grandi feet nelle terre gelate della Siberia, la prima idea che sì trovò adatta a spiegare la presenza di quei pachidermi in seno della terra, ed in regioni prive di vita, si fu quella di un cataclisma, il cui effetto sarebbe stato di ucciderli e di traspor- tarli, dalle loro native regioni meridionali, nelle polari, ove ora si in- contrano sepolti. Il ricco ossario di generazioni spente incontrato nello scavare i gessi di Parigi; quelli non men ricchi scoperti in varii punti del Val d'Arno, dell’Astigiana e di tante altre regioni dell’antico e nuovo Continente; quello molto più esteso dei Pampas; quelli delle caverne; quelli delle breccie ossifere e delle torbiere: ossarii che appartengono a due o tre epoche diverse, non furono e non sono per molti geologi che gli effetti e le prove di altrettanti cataclismi. Un più attento esame di codesti fossili e degli strati che li conten- gono ; un ordine d'idee che tenta modificare, non distruggere le preesi- stenti; un più filosofico modo di vedere, induce oggidì la credenza che gli animali, di cui quegli avanzi fecero parte, siano vissuti sui luoghi stessi in cui ora s'incontrano , o poco da essi lontani. Tutti i quadrupedi fossili simora scoperti, a qualunque epoca appartengano, si incontrarono in depositi lacustri o fluviali. Un piccolissimo numero in depositi di lido. (ili strati poi che li contengono hanno tutti i caratteri di depositi ope- ratisi im acque tranquille, ed in ogni caso non diversi da quelli che si | PER BARTOLOMEO GASTALDI 5 operano nell’epoca in cui viviamo e sotto ai nostri occhi, in seno ai laghi ed ai fiumi. Locchè dimostra che quegli animali o morirono di morte ordinaria e naturale, o che,.ad ogni buon conto, per toglierli di vita e per seppellirli non fu punto necessario l'intervento di quei cataclismi per cui, rotta e sconquassata tutta od in parte la crosta della terra, le acque vi irrompono, annegano ogni essere vivente, e ne sperperano gli avanzi sulla mutata faccia del suolo. Sarà un gran passo fatto nella via del vero se sì perverrà a non più abusare dei vocaboli rivoluzioni del globo e cataclismi, per rispondere alle quisuoni geologiche. cià una molto 5 maggiore estensione, teoria la quale tutti i giorni guadagna proseliti © La teoria, la quale ammette che i ghiacciai ebbero terreno, ha dimostrato all’ evidenza che quell’immenso strato di argilla, di ciottoli e di massi, che nei due emisferi si stende appiò delle grandi catene di montagne, è dovuto all’azione degli antichi ghiacciai, e fu l’opera di centinaia di secoli, non di correnti cataclistiche, come si era a sazietà ripetuto. E lo studio dei quadrupedì fossili — massime se, non limitandolo alle questioni di pura classificazione, sì estenderà particolarmente a deter- minare i rapporti che corrono fra quei fossili, gli animali di altre classi e la flora che li accompagnano, non che la natnra degli strati che li contengono — dimostrerà non solo ‘che la loro disparizione dai luoghi in cuì ora s'incontrano non è dovuta a cataclismi, ma dimostrerà eziandio che quella disparizione fu in generale l’effetto di cause, le quali, come tutte le grandi forze della natura, operarono lentissimamente. Si è dallo studio delle conchiglie fossili trovate nei depositi recenti del- l Inghilterra, che Edoardo Forsrs nel 1846, e recentemente Woop furono indotti ad ammettere un progressivo abbassamento di temperatura, che avrebbe raggiunto il suo, maxima all’epoca glaciale, durante la quale vissero sulle coste delle isole Britanniche molluschi che oggidì abitano la Groenlandia ed altre regioni settentrionali. Ma tale abbassamento di temperatura venne meglio dimostrato dalla scoperta fatta nei dintorni di Berlino e di Londra di teschi del Bwdalus moschatus, che ora vive confinato nelle regioni polari. Siccome le ossa fossili di quel rumi- nante s'incontrano negli strati stessi in cui sì trovano | E/ephas pri- migenius ( Mammouth) cd il Rhinoceros tichorkinus, il celebre Owrx 08- servava con ragione che, essendo il B. moschatus costituito per vivere in 6 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE regioni freddissime, v'ha luogo a dubitare essere stati i suoi antichi compagni, il Mammouth coperto di lunghi e folti peli, ed il R. ticho- rhinus vestito di lana, destinati a vivere in paesi sottoposti ad un clima caldo. Affinchè venga ammesso senza contestazione che, in generale, i mam- miferi ed altri vertebrati fossili scomparvero da certe regioni o dalla faccia del globo non in seguito a cataclismi, ma per l’azione lenta, continua e secolare di fenomeni oggidì ancora in attività, sono necessarii lavori diligentissimi, di lunga lena, ed il concorso delle forze di molti natura- listi, i quali, posti in località e condizioni diverse, possano raccogliere il maggior numero possibile di osservazioni e di fatti. Desideroso di unire le mie benchè pur troppo debolissime forze a quelle di tanti valenti, cui la geologia va debitrice delle più importanti scoperte; ho intrapreso la compilazione di questi Cenni. Mi affretto a dire che in essi io mi limitai a dare un elenco crono- logico dei lavori pubblicati sui quadrupedi, ed in generale su tutti i vertebrati fossili del Piemonte, aggiungendo qualche nome alla breve lista dei mammiferi e dei rettili del nostro mioceno. Esposi in ultimo alenne considerazioni sugli strati lignitiferi, i quali mi parvero meritare speciale menzione sia per la posizione geologica che occupano, e per la quantità di fossili che contengono, sia per l’importanza loro industriale. Topograficamente parlando, le mie ricerche si estesero oltre il Pie- monte propriamente detto, e comprendono tutte le provincie di terra- ferma all’eccezione della Savoia. LAVORI PUBBLICATI SUI FOSSILI VERTEBRATE DEL PIEMONTE. 1757. ALLioni. — Artroni Carlo, Medico e Botanico, fu il primo, per quanto io mi sappia, che ne’ suoi scritti abbia fatto cenno dei ‘vertebrati fossili del Piemonte. Nella sua Orittografia Piemontese (1), dopo di aver an- nunziato che nelle vicinanze di Monbello, Vico di Mondovì, e nelle colline Tortonesi s’ incontrano glosso-petre ; passa a parlare de’ quadrupedi , (1) Oryctographiae Pedemonianae specimen. Parisiis 1757. PER BARTOLOMEO GASTALDI pe e particolarmente di uno scheletro rinvenuto presso Asti. Trascriverò in parte la lettera con cui il Dottore VayLua gli annunzia la scoperta, per quei tempi sì sorprendente: /erdum non habeo, dice la lettera, quo tibi significem summum dolorem, quem intulit acerbus, hoc mane, ac- ceptus nuncius: in vinea scilicet quadam loci Sinay, superioribus annis cum foderetur, forte fortuna, fossores. in magni quadrupedii sceleton incidisse, cuius caput bubulum magnitudine longe superabat, et duobus longis cornubus armabatur; dentes erant amplissimi, qui sceleti universi, magnitudini respondebant. Uniusex minoribus pondere explorato, repertum est ponderare libras duodecim ... Doleo interim summopere, tam eximii huius petrificati ne costulae frustulum superesse ... Nell'opera sovra citata l’autore parla altresì di un corno di Cervo trovato nelle colline di Ca- pagnole (forse Castagnole) e donatogli dal Cav. RopiLant. Passarono incirca do anni senza che siasi niente aggiunto (1) al poco che lArrioni aveva scritto sui fossili vertebrati del Piemonte. Pare però che in questo frattempo se ne siano scoperti parecchi. 1806. Cuvier. — Difatti in una Memoria sugli Elefanti viventi e fossili che nel 1806 Giorgio Cuvrer presentava all’ Istituto di Francia (2), par- lando di questi ultimi dice: Ze Piemont en a fourni beaucoup; j'ai regu dernièrement pour notre Museum, de la part de M” Giorna, deux por- tions considerables de mdchoires qui étaient au cabinet d’histoire natu- relle de Turin. M. Grorna m'ecrit quil y a encore dans ce cabinet un femur d'Eléphant. Nous avons dans le nétre des fragmens d’ivoire de Buttigliano (forse Buttigliera) province d'Asti. In un altro dei tanti lavori coi quali l'illustre barone tracciava la storia dei vertebrati scomparsi dalla faccia della terra, creava, in quel l’anno stesso (3), il genere Mastodonte. Fra i materiali che gli servirono alla creazione del genere se ne trovavano alcuni provenienti dal Piemonte, ed in tale lavoro, o meglio, in una Nota, che gli serve di appendice, ed intitolata: Sur différentes dents du genre des Mastodontes, descrive (4) Il BroccHÙi nella sua Conchiologia fossile subapennina ( Ediz. 2.°, vol. 1.°, pag. 119) dice che nel 1778 lo Spraponi scoperse nella grotta di Longone sulla riviera di Genova frammenti di ossa ed un teschio di Capra coperti da ‘una crosta stalattitica, e cita in proposito il Tomo XIII dell’opera intitolata : Opuscoli interessanti. Non avendo potuto consultare detta opera, mi limito a riprodurre la citazione del Broccri. (2) Annales du Muséam, Vol. VIII. (3) Ibid. 8 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE e raffigura due molari, l'uno dei quali trovato dai signori D’Ixcisa, a Rocchetta Tanaro, e Paltro nelle vicinanze d’Asti. Questi molari appar- tengono alla specie che chiamò & dents etroites (Mastodon angustidens) , specie in cui comprese fossili provenienti dal mioceno e dal plioceno superiore. La composizione di questa specie andò soggetta a radicali riforme, delle quali farò cenno prima di procedere oltre, sulla considerazione che ad essa si riferisce la massima parte dei Mastodonti che si trovano nel- l’Astigiana. Ripresero lo studio dell’accennata specie li signori Crorzet e Jonert, i quali, trovando che gl’ individui vissuti all’epoca pliocenica avevano ca- vatteri specifici loro propri, li separarono da quelli dell’epoca miocenica, e, conservando per questi ultimi la denominazione di Mastodon angu- stidens, proposero pei primi quella di Mastodon arvernensis. Tale separazione, utilissima ed abbastanza ben definita, venne poscia confermata dai lavori di Kavp e da quelli di Farconwer, il quale, par- tendo da considerazioni fondate sopra intera serie dentale delle due specie, chiamò la prima Z7rilophodon angustidens, e la seconda Tetra- tophodon arvernensis. 1808. Amoretti. — Il molare di Mastodonte trovato dai signori D’Txcrsa a Rocchetta-Tanaro forma l’argomento di una lettera del sig. AmorettI, Bibliotecario dell’Ambrosiana, a monsignor DerLa Torre, Arcivescovo di Torino, stampata nel 1808 (1). Ad essa vanno unite tre figure litografate. L'AworertI cita altresì un corno di Daino trovato nella stessa località, uno scheletro di Elefante disotterrato a Buttigliera d’Asti nei fondi del Conte Frartino, ed un corno di Bue che si rinvenne a Castel-Belbo, il quale, benchè mancante della punta, misurava un metro di lunghezza , ed aveva alla base 25 centimetri di circonferenza. 1812. Cuvrer. — La prima edizione delle ‘Recherches sur les ossements fossites vide la luce nel 1812. In essa l’autore riunì i lavori che da varii anni aveva successivamente presentato all'Accademia, e riprodusse ciò che già aveva scritto relativamente ai fossili del Piemonte. 1818. Borson. — L'interesse destato dai lavori di Cuvrer ebbe per risultato d’invogliare molti naturalisti a ricercare e far conoscere i fossili (1) Atti dell’Istituto Nazionale, vol. 2.° Bologna, 1808. PER BARTOLOMEO GASTALDI 9 dei loro rispettivi paesi. Fra quelli mi è grato dover qui citare l'Abate Stefano Borson, fondatore della Cattedra di mineralogia della nostra Università. Nel 1818 egli leggeva a quest'Accademia una Memoria (1) in cui descrive due molari di Mastodonte trovati nell’Astigiana (2). In detta Memoria, la quale va corredata di due tavole incise, l’autore parla altresì di due altri molari trovati a Castelnuovo-Calcea, e donati dal- l'Abate SorrerI al Museo. Tutti e quattro appartengono al Zetralophodon ATVEPNENSIS. 1822. Cuvrer, Borson e Bourpet. - Nel 1822 si stampò una seconda edizione della grande opera di Cuvier. Del doppio più voluminosa della prima, essa ci informa delle scoperte fatte nei due lustri antecedenti, e ci presenta la serie delle generazioni di animali scomparsi dalla faccia del globo , ai quali il genio del sommo Naturalista aveva, in certo qual modo, ridata la vita. Un intero capitolo di questa edizione è dedicato ai fossili delle breccie ossifere di Nizza (3), nelle quali l’autore trovò li seguenti generi : 1.° Un Felis della grossezza di un Leone; 2.° Un Bue; 3.° Due specie di Cervo ed una di Antilope o di Pecora. Dei Cervi, l'uno è più grosso del nostro comune, l’altro più del Daino. Nessuno dei due appartiene alla specie europea; 4. Un Cavallo; 5.° Un rosicante, rappresentato da due incisivi della grandezza di quelli del Topo acquatico ; 6.° Una Testuggine simile alla Z’estudo radiata della Nuova Olanda; 7. Un osso umano. Egli crede che gli animali cui appartennero le ossa e i denti, compresi nei numeri 1 a 6, siano antichi quanto quelli che incontransi negli strati a pachidermi (alluvioni plioceniche), e che l’osso n.° 7 appartenga ad un'epoca più recente. _————————_—er—mr_ _———-@.»l@©©@©eélmiuci[umtt@tt@t—mtmt2m&—_—_m—1mmt&@@-@-@@1_1__1-# (1) Mémoire sur des màchoires et des dents de Mastodonte trouvées en Piémont. Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, vol. XXIV, 1820. (2) Questi molari facevano già parte del Museo dell’ Università, fondato nel 1760 dal celebre DONATI, e riunito nel 1801 alla collezione mineralogica dell’Accademia delle Scienze, riunione che diede origine all’attuale Museo di Storia naturale. (3) Nell'edizione del 1812 CuvieR aveva già brevemente parlato delle breccie ossifere di Nizza e noverato fra i fossili che vi sì trovano i generi Bos e Equus. 10 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Un altro capitolo è dedicato all’Anzhracotherium, genere per la prima volta proposto e creato su fossili provenienti dalle ligniti di Cadibona. Questo genere, il quale in quell’epoca pareva appartenere quasi esclu- sivamente alle ligniti del Piemonte, venne in seguito trovato in parecchie località della Francia, ed ultimamente in Isvizzera, nella Toscana e nel Vicentino. Armato di formidabili apparecchi di masticazione l AntAraco- therium magnum rassomigliava pel numero e disposizione dei denti ad un Sus, ed aveva le proporzioni di un Ippopotamo. Frequentatore degli stagni e delle paludi, che nell’epoca miocena coprivano gran parte del suolo emerso dell’ Europa, oggidì gli quadra a dovere l'appellativo di animale del carbone, e potrebbe, con forse maggior precisione, chia- marsi animale delle ligniti, Lignitotherium. La grande quantità di lignite che oggidì si estrae, contribuì grandemente ad accrescere il numero degli avanzi, che già si possedevano, di questo importantissimo genere di pachidermi, e si può sin d’ora affermare che esso occuperà, fra i qua- drupedì del mioceno, il posto che da lungo tempo occupa il Peleoterio fra quelli dell’eoceno (1). Borson, che, unitamente al sig. Larrin, al BucgLanp e ad altri, aveva comunicato a Cuvier i fossili di Cadibona sui quali questi creò il genere Anthracotherium, pubblicò nell'aprile di quest'anno una impor- tantissima Memoria (2) in cui imprese a descrivere: 1. Un molare di Mastodonte trovato presso Villanuova d’Asti, il quale dall'autore e dal Cuvier stesso era stato giudicato del Mastodon maximus, ma che ulteriori scoperte hanno dimostrato aver appartenuto ad una specie diversa, che l' Hays chiamò Mastodon Borsoni e Far.coxner Trilophodon Borsoni ; 2.° Una porzione di molare del 7etralophodon arvernensis Farc. trovata a Monale nell’Astigiana; 3.° Altro molare della stessa specie trovato pure nell’Astigiana, € cui aderisce, al disotto della corona ed internamente al corpo radicale, un Ostrica; solo esempio che io conosca in Piemonte di fossili marini (4) Il sig. GERVAIS chiamò la fauna del mioceno inferiore faune à Anthracotherium ; il sig. Dott A. MassaLonco di Verona si propone di dare il nome di orizzonte Antracoteriano ad una serie di strati lignitiferi nei quali ha testè scoperto resti del pachiderma in discorso. (2) Note sur des dents du grand Mastodonte trouvées en Piémont, et sur des dents fossiles prises dans la mine de houitle de Cadibona. Memorie citate, tomo XXVII. 1823. PER BARTOLOMEO GASTALDI TI aderenti ad ossa di quadrupedì, mentre tal cosa è frequente a Mont- pellier, nel Val d'Arno, nel Piacentino ed altrove ; 4. Ed in ultimo alcuni molari, un incisivo, ed un canino dell’ 4n- thracotherium magnum Cuv. provenienti da Cadibona. In questo stesso anno il sig. Bourner pubblicava la descrizione (1) di un interessante fossile trovato esso pure nell’Astigiana, consistente in una porzione di £mys, che l’autore chiamò Emys Delucii e di cui diede una cattivissima figura in litografia. Il fossile descritto faceva parte del gabinetto di Storia naturale, che il celebre De Luc possedeva a Ginevra. 1825. Paolo Savi. — Anteriormente al 1824 certo sig. SAccomanno scopriva nel territorio di Cassana presso la Spezia una caverna ossifera sulla quale nel 1825 il sig. Prof. Paolo Savi pubblicava apposita Nota, inserita nel vol. XI del Nuovo giornale dei Letterati italiani (2). Dei ventisei ossi, descritti dal Savi nella citata Nota, uno appartiene al genere Gatto, tre al genere Cervo, gli altri al genere Orso, e più particolarmente alla specie chiamata Spelaeus; i più importanti sono raffigurati in una tavola incisa. Pregievole, come tutti i lavori di questo Naturalista, per le consi- derazioni osteologiche in essa contenute, questa Nota lo è tanto più per la novità del fatto che annunzia, in quanto che in Italia non cono- scevasi a quell’epoca che una sola caverna ossifera scoperta nell’ isola d’ Elba (3). 1826. Risso. — Dobbiamo al Risso il più compiuto se non il più or- dinato elenco dei fossili trovati nelle breccie ossifere di Nizza. Lo tra- scrivo quale lo pubblicò nella rimarchevole opera sulle produzioni della Europa meridionale (4): Zes ossements que j'ai remarques dans la brèche de Nice sont: diverses portions de vertèbres analogues à celles de Bauf, d’Ane, de Lapin, d'Ours; des mdchoires de Cheval, de Mulet; des bas- sins, des femurs, des tibias, des calcanéums de Lagomys, de Cerf et du genre Lièvre; une espèce de Campagnol avec toute sa charpente osseuse ; des phalanges de divers animaux ruminants; une portion de fémur qui (1) Bulletin de la Société Philomatique, année 1822, pag. 99. (2) Hanno pure scritto su questa caverna i signori IL. PARETO e G. GumONI. (3) Note sur l’existence de deux espèces d’Ours fossiles en Toscane; par M. le Prof. Philippe Nesti. — Biblioth. universelle des Sciences et Arts. Tom. 24. Année 1823. (4) Risso: Histoire naturelle des principales productions de l'Europe meridionale, Tom. I. pag. 151. 12 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE se rapproche beaucoup de ceux de la famille des pachydermes; des mor- ceaux de troncons qu'on croirait la sommité des cornes de Beliers et d'Elans; des mdchoires et des dents de Carnassiers; de Rhinocdros, ainsi que des mdchelières approchant de celles de Lion, de Hyène, et autres molaires tranchantes du genre Feélis; des petits tibias de la grandeur de ceux des Merles ou autres espèces du genre Turdus; des wertèbres et ossements alaires d’oiseaua marins, analogues à ceux du Larus sterna ; beaucoup de dents de ruminants assez semblables è celles du eau, du Bouf, du Cerf, du Cheval, du Lagomys, de la Vache et de V Élan, avec leur émail. 1830. Borson. — Registrando i lavori pubblicati anteriormente al 1830 sui quadrupedi fossili del Piemonte, ho dovuto citare l’Astigiana, le li- gniti di Cadibona, le breccie ossifere di Nizza, le località e regioni, in una parola, conosciute per le più ricche del nostro paese in tali avanzi. Mi rimane a far parola di una località, la quale, dopo di aver dato al- cuni dei meglio conservati fossili di ruminanti, da circa ottanVanni rimane sterile, ed è quasi dimenticata. Voglio parlare dei dintorni di Arena , borgo situato sulla destra del Po a pochi chilometri a valle di Pavia. Si fu nel letto stesso del fiume che nel 1776 1 fratelli Pane estrassero, mentre attendevano alla pesca, il magnifico teschio di Cervo a corna gigantesche, che è tuttora uno dei più belli ornamenti della collezione paleontologica del nostro Museo. Questo ed altri due teschi di Bue, pro- venienti pure da quei dintorni, vennero dal Borsow fatti conoscere in uno scritto che leggeva a quest’Accademia nel giugno dell’anno 1830 (1). In detto scrittg ci dà altresì il catalogo di 15 ossi di Elefanti tro- vati in varie località del Piemonte. Giova osservare che 7 di essi sono porzioni di difese, e 5 altri, frammenti diversi di omero ; di rotula, di cranio , ecc.; ora siccome in Piemonte si trovano promiscuamente as- sieme le ossa di due o tre specie di Elefanti, e quelle di due specie di Mastodonti; e siccome, ad eccezione dei denti molari » le parti dello scheletro di queste quattro specie si rassomigliano molto, così è proba- bile che fra i 15 ossi creduti d’ Elefante ve ne sia più d’uno di Mastodonte. Il Borsox cita con esattezza le località da cui provennero, ed io, aggiun- gendo alle da lui citate quelle scoperte dopo il 1830, ne darò la lista quando farò parola degli strati fossiliferi del Piemonte. =———o@ ssi intra. (1) Mémoire sur quelques ossemens fossiles tronvés en Piémont. Memorie citate, tom. XXXVI, 1833. PER BARTOLOMEO GASTALDI 13 E finalmente, dopo di aver fatto cenno di un canino superiore di Anthracotherium magnum trovato nelle ligniti di Cadibona, il Borson termina il suo scritto colla descrizione di alcune porzioni di uno scheletro di cetaceo scoperto a Bagnasco nell’Astigiana. 1836. A. Siswonpa. — Nel 1836 il Prof. A. SismonpA pubblicò una Nota sopra una ZYyonix (1) trovata nelle argille azzurrognole del plio- ceno a San Stefano Roero (Alba) e donata al Museo mineralogico dal Dottore Nizza. Questa Nota è accompagnata da due eccellenti figure. 1838. D. Bruno. — A Montiglio nel Monferrato scoprivasi nel 1828 un ammasso di ossa petrefatte. Trasportato al Museo di Torino venne diligentemente scrostato, e ne escì uno dei più interessanti fossili che siansi incontrati nel Piemonte. Il Dottore G. Domenico Bruno intraprese a renderlo illustre , facendone eseguire ottime incisioni, e descrivendolo con accuratezza e dottrina in una Memoria (2) la quale, non seconda a quelle che si stamparono all’estero su questa materia, è certamente la più importante che siasi pubblicata nel nostro paese sui fossili vertebrati. Il BrainviLLe, che niuno vorrà accusare di esser troppo proclive a lodare i lavori paleontologici, riprodusse in parte quello di cui parliamo. Mi sia permesso di trascrivere alcune linee del capitolo dedicato da quell’ illustre Anatomico al Lamantin du golfe du Pò: Enfin, scrive il BramvviLLE, lune des dernières localités où l’on ait recueilli des ossements de Lamantin est sur le rivage de l’ancien golfe du Pò.... Cette belle pièce a fait le sujet de la part de M. le Docteur Bruno d'un fort-bon Memoire accompagne de planches soigneusement dessinées et gravées . ... Dans l’idée que cet animal, dont il a parfaitement senti les rapports avec les Lamantins et les Dugongs ..... e più oltre: Ze plus distinet, soit par la forme des dents molaires, soit méme par la forme de la téte, celle des còtes et de l’omoplate est indubitablement celui du golfe du Pò. Il Dottore Bruno chiamò il fossile, da lui sì ben descritto, Cheiro- therium apenninicum; però il Picrer opina che detto fossile è un indi- viduo dell’Ialitherium Serresiù Genvars (3). 1841-42. A. Siswonpa. — Il Prof. Siswonpa, già qui sopra citato, (1) Notizie intorno a due fossili trovati nei colli di S. Stefano Roero. Memorie citate, serie 2.9, tom. I, 1839. (2) Illustrazione di un nuovo cetaceo fossile. Ibid. (3) Traité de Paléontologie. 2.ème édition, tom. I, pag. 274. pi: CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE parlando, in un suo lavoro geologico, delle ligniti di Cadibona e di Bagnasco, annunzia aver rinvenuto in quest’ultima località resti di An- tracoterio (1). In altro suo lavoro fa cenno di una mandibola trovata in una poddinga presso Ceva, e che egli credette appartenere al Lophiodon medius (2). Sgraziatamente questa mandibola trovasi in pessimo stato di conservazione , talchè il sig. BLArnviLLE, cui venne comunicata, la riferì all’Anthracotherium magnum (3). Riprese poi ad esaminarla nel 1849 attribuendola, con tre punti però d’interrogazione, al genere Meryco- potamus (4), e la raffigurò nella tav. 9 dell’atlante annesso alla Memoria sugli Anoploterii. 1846. E. Srswoxpa. - Ricchissimo di molluschi, ricco abbastanza di mammiferi, il suolo del Piemonte non lo è altrettanto di pesci fossili. Di questi poi non trovansi ordinariamente che denti isolati o vertebre, raramente gl’interi scheletri. In una parola non si è ancora scoperta in Piemonte una località che dia ittioZiti da paragonarsi a quelli di Solenhofen, di Glaris, del monte Bolca, del monte Libano, di Oeningen, di Aix in Provenza, ecc. Tuttavia riunendo i materiali tutti, che allora si posse- devano, riescì al Prof. E. Siswonpa, già conosciuto per parecchi lavori sui fossili invertebrati del nostro paese, di mettere assieme un’ interes- sante opera, pubblicata nel 1846 (5), in cui dà la descrizione e le fi- gure di 31 specie di pesci. 1846. De BrarnviLe — Nemico della Paleontologia il celebre natura- lista sig. De BrarvvirLe pubblicava, a partire dal 1841, una serie di Memorie osteografiche (6) interrotta sgraziatamente dalla morte che nel 1850 lo toglieva alla scienza. Dal complesso di esse sembra che siasi proposto di combattere Cuvier e la sua scuola, e di ricondurre lo studio dei fossili ad una semplicità più che Linneana. A me certo non spetta decidere se lo scopo prefissosi sia ragionevole e possibile, e mi limiterò a registrare quest’opera, classica sia per la copia dei fatti e delle osser- vazioni che racchiude, sia per la bellezza ed abbondanza delle tavole di (1) Osservazioni geologiche sulle Alpi marittime e sugli Apennini. Memorie citate, serie Il, tom. IV. (2) Osservazioni geologiche sui terreni delle formazioni terziaria e cretacea in Piemonte. Mem. citate, serie II, tom. V. (3) Mémoire sur les Paléothériums, pag. 177 a 178. (4) Mémoire sur les Anoplothériums, pag. 135 a 141. (5) Descrizione dei pesci e dei crostacei fossili del Piemonte. Mem. citate, serie Ihsatothi Xe: (6) Osteographie des cinq classes d’animaux vertébrés récents et fossiles. PER BARTOLOMEO GASTALDI 15 cui è corredata. Non ricopierò ciò che in essa è seritto sui fossili del Piemonte per non ripetere le citazioni già fatte. Devo però notare: 1.° Che nella tav. VIII, annessa alla Memoria sui Paleoterii, ha dato le figure di due porzioni di mascella del 2. curtum, che dice pro- venienti da Nizza e donate al Museo di Parigi dal sig. De L’EscareNse (1); 2.° Che nella Monografia del genere Anthracotherium cita alcuni fossili (provenienti da Cadibona) da me comunicatigli sul finire del 1846, e raffigura nella tav. IX dell’atlante, che accompagna la monografia degli Anoploterii, una mandibola del suo Anthracotherium minutum (Amphy- tragulus communis Avmarp) che fra essi trovavasi. 1847. B. Gasranpi. — I fossili di cui ho qui sopra parlato (N.° 2.°) erano già stati da me descritti in una Nota rimessa al sig. Avvocato G. MicgeLorti, e da lui graziosamente inserta nella sua Description des fossiles des terrains miocènes de l'Italie septentrionale stampata negli Atti dell’Accademia di Haarlem (2). Grazie a parecchi invii ricevuti da Cadibona (3), io sono riescito a far ben conoscere con tale Nota la forma e posizione dei denti dell’An- thracotherium magnum. Però, stampata senza il corredo della parte ico- nografica, essa rimase senza importanza , ed io devo supporre che fosse ignota al sig. BavLe quando scrisse la sua Notice sur le système dentaire de lAnthracotherium magnum (4) in cui chiama affatto nuova la por- zione di mascella che descrive. Ritornerò più sotto sopra questo argomento. 1848. Power. — Il sig. Power, vantaggiosamente conosciuto per 1 suoi lavori paleontologici e per le scoperte da lui fatte nei ricchi ossarit dell'Alvernia, ha crednto di dover creare sulla porzione di mandibola da me raffigurata nella tav. VITI (N. 8, 9 e 10) una nuova specie di Sus che chiamò col nome di Zeptodon, e che pubblicò nella Bibliothèque universelle de Genève (5) caratierizzandola nel modo seguente: EZe est cim——————_—————————È—————————————__ _________nn2pnp®p®——_——_—____n0zk20zx_00qCxC0?* «*@«<] - —*»,-’”Y_ v' r—- (1) Non mi fu possibile trovare nel testo più precisi ragguagli su tali fossili. (2) Naturkundige Verhandelingen van de Hollandsche Maatschappij der Wetenschappen te Haarlem, 1847. (3) I più bei resti di Anthracotherium da me descritti in quella Nota, e che ora fan parte della Collezione del R. Istituto tecnico, li devo alla cortesia del sig. Avv. G. CaROSsIO cui mi è grato poter qui tributare la mia riconoscenza. (4) Bulletin de la Société Géologique de France. Serie 2.ème, tom. M, pag. 940. (5) Archives des Sciences physiques et naturelles, tom. VIII, pag. 160, 1848, è 16 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE de la taille de lAnthracotherium minimum avec lequel je lavais d'ubord confondue , faute d’éléiments suffisants de comparaison. Ses molaires sont remarquablement étroites et les collines très-séparees, fournie chacune de deux mamelons simples, lisses, coniques, très-rapproches et assez sail- lants , la postérieure étant réunie par un contrefort médian à l'anterieure. Sa dernière molaire n'est pas plus large que la penultièéme, son talon est malheureusement brise. 1851. E. Srswonpa. — Uno scheletro quasi intero di Mastodonte (7'e- tralophodon arvernensis Farc.) trovato nel territorio di Dusino, provincia d'Asti, negli sterri eseguiti per l'apertura della strada ferrata da Torino a Genova fu il soggetto di un’elaborata Memoria del sig. Cav. E. Siswonpa pubblicata nel 1851 (1), lavoro che svelò nell’autore i pregii di dotto osteografo e di chiaro espositore. Corredato di buone tavole il lavoro di cui parlo è, se non il più importante per la novità degli oggetti de- scritti, il più compiuto che in questo genere si sia pubblicato nel nostro paese. Negli scavi suddetti, ed in quelli che si eseguirono sul confinante territorio di San Paolo, oltre allo scheletro citato, si trovarono parecchie zanne ed ossa dello stesso animale, il molare di Zrilophodon Borsoni Farc. che ho fatto disegnare nella tav. VII (fig. 9, 10) (2), molari del Loxodon meridionalis, dell’Euelephas antiquus, una mandibola e parecchi molari del RRinoceros Leptorhinus , molari di Cavallo, Bue, Cervo, ecc. 1857. E. Srswonpa. — Mi rimane a registrare un recente lavoro del sig. Cav. E. Srsmonpa sì benemerito della paleontologia piemontese. È un’appendice alla sua Descrizione dei Pesci e dei Crostacei fossili del Piemonte letta all'Accademia nel marzo del 1857 ed ancora inedita. L’egregio autore ci fa conoscere, insieme ad altre di diversa età, due specie di pesce del mioceno, testè scoperte. Una di esse, trovata dal sig. GaLLo nei dintorni di Mondovì, e da lui donata al R. Istituto tecnico, è rappresentata da un solo dente isolato, che il Stswonpa riferì al genere Notidanus, denominandola Notidanus gigas, avuto riguardo alla grossezza di tale dente. L’altra rinvenuta dall’Avv. G. MicneLortI sulla collina di Torino è (1) Osteografia di un Mastodonte angustidente. Mem. cit., serie II, Tom. XII. (2) Ho creduto dover dare la figura di questo molare perchè conservatissimo e sopratutto raro; è infatti il secondo che in 35 anni siasi trovato in Piemonte. Il Gabinetto statistico-mineralogico dell’Istituto tecnico lo ricevette in dono dal sig. FERRERO Giuseppe, Applicato nell’ Amministrazione delle strade ferrate. PER BARTOLOMEO GASTALDI 39 eziandio rappresentata da un solo dente isolato spettante al Ga/eocerdo aduncus AGASS. ] Tracciata così, colla maggior esattezza che mi fu possibile, la breve storia dei lavori nei quali è parola dei vertebrati fossili del Piemonte, io passerò ad esporre alcune considerazioni su fossili recentemente sco» perti a Cadibona, Nuceto, Perlo, Sassello e Nizza. ANTHRACOTHERIUM MAGNUM Cuv. Quantunque il sig. De BramviLLe possedesse molti e certamente suf- ficienti materiali per ben determinare la dentizione dell’ 4. magri . tuttavia egli non giunse a darne un’esatta idea. Il sig. BayLE poi, nella sua /ozice già sopra citata (p. 15), non ha, per quanto mi pare, pubblicato niente di nuovo; dirò di più, essere meno esatto ciò che da lui si scrisse circa la posizione degli incisivi, dei ca- nini e del primo premolare. Egli asserisce infatti, che fra gl’ incisivi ed ì canini, fra questi ed il primo premolare non vi è intervallo (barre), e che, in ciò, la dentizione dell’Antracoterio rassomiglia a quella del- l'Anoploterio. La sola ispezione delle tavole VI, VII e IX farà vedere quanto sia lontana dal vero tale asserzione (1). Ond° è, che se il signor BrainviLLe, ricomponendo la mascella con pezzi o denti provementi «da località diverse ed appartenenti a varii individui, ha potuto sbagliarsi e porre lo stesso molare in due diversi siti, cangiarne di posizione un altro, ed esagerare la larghezza degl’intervalli, egli almeno ha conservato alla intiera dentizione la sua disposizione generale, mentre il sig. Bayre ne ha denaturato il carattere paragonandola a quella dell’Anoploterio ed al- lontanandola così dal suo tipo naturale, che è quello del Sus. La Notizia da me stampata su questo argomento nel 1847, esatta per quanto riguarda la dentizione della mascella, 1 molari ed i canmi infe- riori, è di tutto punto falsa in ciò che si riferisce alla forma della parte estrema della mandibola ed al modo di impianto degli incisivi. Esporrò la cagione dell’errore da me commesso, non per scusarmene, ma perché parmi non indifferente il farlo conoscere. Lo strato di lignite di Cadibona è un vero ossario di An4racoterti ; ogni giorno quasi se ne estrae un qualche avanzo, non tenuto conto di 4) Vedi pure, in proposito, la Memoria del sig. Prof. RUrimeyEer Ceder Anthracotherium ma- gnum and Hippoideum. 18 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE ciò che va perduto nell'interno dei grossi massi di lignite (1). Però, ad eccezione di qualche raro pezzo, tutto ciò che si scopre è in pessimo stato di conservazione. Non solo gli ossi, ma i denti più grossi e robusti sono qualche volta schiacciati in modo da essere inconoscibili; e, cosa a notarsi, mentre una parte di uno stesso pezzo, di una porzione di mandibola, per esempio, trovasi bastantemente ben conservata , l’altra parte è interamente sfigurata. Così alla porzione di mascella, disegnata nella tav. VIT, andava unita la estremità sinistra dell’osso intermascellare cogli incisivi impiantativi , ma talmente allargati ed appiattiti da non avere, in certi punti, lo spes- sore di uno scudo: ed ho dovuto staccarnela affinchè colla sua presenza non togliesse alla porzione ben conservata una parte della sua bellezza. Così pure la branca (sinistra) di mandibola di 4. minimum corrispon- dente a quella che ho rafligurato nella tavola VII (fig. 1, 2, 3), oltre ad essere sottilissima al pari di questa per la sofferta pressione, ha il 4.° premolare spicciato fuori dell’alveolo, è poi respintovi dentro, colla punta impiantata in giù e le radici in alto (2). Il fin qui detto basterà per far capire che la causa dell'errore com- messo provenne dall’aver dovuto descrivere un fossile in cui la forma primitiva era affatto alterata; e di questo fossile io darei volentieri la figura se il numero delle tavole che vanno unite a - lavoro non Fogg già di molto superiore al merito di esso. La formola che io esposi per esprimere numericamente la dentizione dell'A. magnum è £ - i . La cifra 2, indicante il numero degl’ inci- sivi inferiori, io la dedussi dall'esame dello stesso fossile che mi aveva ing incisivi vi s'impiantano. Nell'autunno del 1846, dopo che già aveva ultimata ed inviata all’Ac- annato sulla forma dell’estremità della mandibola e sul modo in cui gli cademia di Haarlem la citata Notizia, vidi a Parigi per la prima volta altri fossili di Antracoterio, che non quelli di Cadibona, e quantunque mi accertassi che il numero degl’ incisivi inferiori ‘era di tre e non di due, e che essi escivano protesi orizzontalmente in avanti a modo di (1) Devesi notare che la miniera di Cadibona, dall’epoca in cui la direzione dei lavori passò in mano del sig. Ingegnere G. CneviLLET, ha veduto crescere fuori proporzione la quantità di combustibile che si estrae; oggidì escono dalla miniera quasi 2000 tonnellate al mese. (2) Vedi in fine la Nota A. PER BARTOLOMEO GASTALDI 19 quelli del Sus, e non impiantati verticalmente come io aveva asserito , non mi feci premura di correggere gli errori in cui era caduto, sapendo che l imminente pubblicazione della Monografia del genere Anthraco- therium del sig. De Brave li avrebbe rettificati. Però alla prima occasione che mi si presentava di riparlare dell’Anthracotherium (1) adottai interamente la formola pubblicata dagli scrittori francesi, la quale è DL + . Se non che alcuni fossili ricevuti, or son pochi mesi da Cadiboneiz mi fecero persuaso che vhanno mandibole con soli 4 incisivi. Quella raffigurata nella tav. V n.° 2, e quella raffigurata ai n.' della tav. VI sono in questo caso , mentre la fig. 5 di quest'ultima tavola dd rappresenta una porzione di mandibola in cui sta impiantato il 2.° inci- sivo sinistro e sulla quale vedonsi bastantemente le radici del 1.° e del 3.° Parmi adunque doversi conchiudere essere probabile che | Antracoterio giunto ad una certa età perdesse il 3.° incisivo inferiore, e, come il La- birossa ed il Pecari alla mascella, non ritenesse più alla mandibola che 4 INCISIVI. Riunendo due bellissimi pezzi testè ricevuti ho potuto rafligurare nella tav. IX l’intero palato dell’AnzAracotherium magnum. Lo stato di quasi perfetta conservazione in cui trovasi l'estremità mascellare fa vedere che, a guisa di quanto accade nell’/ppopotamo ; il canino superiore dell’ 4n4r4- coterio esciva, dirigendosi in basso, da una guaina ossea sporgente al- l’infuori della linea su cui sono impiantati i molari. Negli individui adulti il canino superiore corrodevasi, presentando una superficie ricurva, che ne intaccava profondamente la punta e la parte anteriore (tav. VII, fig. 3 e 4, 5 e 6). L’inferiore all’ incontro è smussato quasi normalmente all’asse, ed è incavato nella sua faccia posteriore (tav. VII. fig. 1 e 2). La lunghezza totale della volta palatina, a cominciare dall’estremità anteriore del. 1.° incisivo sino all’apertura interna delle fosse nasali, è di 0”, 350. A questa lunghezza non pare proporzionale la distanza che vi ha fra le due linee su cui sono impiantati i molari. Infatti tale distanza è di soli 0", 057 fra i due primi premolari, e di soli o”, 055. incirca fra la parte anteriore degli ultimi molari. À noi pare che l’esigua larghezza del palato proporzionalmente alla (1) Bull. de la Soc. Géol. de France, 2,ème série, tom. XIV, pag. 396. 20 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEI. PIEMONTE sua lunghezza, e la guaina sporgente da cui esce il canino superiore sono nuovi caratteri che rilegano l'Antracoterio alla famiglia dei Suini. [Il foro incisivo, stretto e lungo, si apre, anteriormente, all’altezza del 2.° incisivo, e retrocede sino all'incontro dell’osso: mascellare, il quale si avanza, terminando in arco, oltre i canini. A motivo delle grosse radici dei primi incisivi, l'osso intermascellare si rigonfia, e si allarga in forma di spatula. Nel pezzo ch'io sto descri- vendo, gli ossi nasali sono spostati addietro e respinti al disotto degli intermascellari; però si vede ch’essi terminavano in punta sporgente sulle fosse nasali, locchè fa supporre che l’Antracoterio fosse munito di grugno. Spuntando all’infuori dell’osso intermascellare, il primo incisivo si ricurva in basso e lateralmente. Una larga faccia di erosione ne taglia la estremità; quella è prodotta dal ribattere che facevano contro di questa oli incisivi inferiori protesi orizzontalmente in avanti. ba) I denti che incontransi nelle ligniti di Cadibona e che sinora vennero considerati come spettanti all’. magnum possono forse appartenere a due distinte specie, le quali, giova dirlo, non si distinguerebbero per la forma, ma solo per la grossezza (1). Ho rafligurato nella tav. IV l'estremità mascellare di un individuo adulto, i cui denti sono patentemente più piccoli dei loro corrispondenti rappresentati dalle figure 1 e 3 della tav. VI. Eguale differenza nelle limensioni vedesi fra il canino della mandibola raffigurata al n.° 2 di quest'ultima tavola e quello rappresentato dalle figure 1 e 2 della tav. VII. Qualora possedessi intere serie dentali, avrei potuto vedere se queste diverse dimensioni si mantengono costanti; ma non possedendo che singoli denti o porzioni di serie, il carattere desunto dalle dimensioni lineari, carattere che per se stesso non è di qualche importanza se non quando la differenza di esse ne produce una considerevolissima nei volumi, non potè essermi di valido aiuto. Debbo dire che riunendo in un quadro le dimensioni date da Cuvrrr, e quelle da me prese (2), non potei ottenere altro risultato se non (1) Oltre all’ A. magnum si trova a Cadibona il minimum di cui parleremo più sotto. (2) Ho potuto avere a mia disposizione un cenlinaio di denti che vedonsi nella Collezione del- l Istituto tecnico. PER BARTOLOMEO GASTALDI 21 che le dimensioni della grande specie starebbero a quelle della mi- n FI VE E Così per le lunghezze dei terzi molari avremmo, riunendo a quelle MOLnes ad Ecc. date da Cuvirr e da me ottenute, le cifre pubblicate dal BayLe e dal RirimevER (1): 3.° Molare superiore (di Cadibona) CuvieR ....... Lr 0 0855. » (Brain ) BayLE- ci da ivi 0, 050. » (di Cadibona) GastALDI ........+0",048. » (id.) GUVIER iii E dira o", 045. » (id.) GABIPALDE 4 oi e o”, 043. ed altre intermedie. 3.° Molare inferiore ( di Losanna ) RuTIMEYER ......... o”, 075. La » (ci (1dib@n8 ) IFUVIER..... i 2°. 0 9,070. » (id.) CAREEPAGIDE ca vede 00 PI STO » (id.) Liar SOI ù UO Certamente è degna di considerazione la differenza che vi ha fra le cifre estreme, ed è probabile ch’essa possa elevarsi al grado di carattere distintivo quando la conoscenza dello scheletro ci porgerà altri mezzi di paragone; ma per ora non ci pare tale da autorizzarei a considerare come ben determinata la specie A. mins proposta da CuvieR, e molto meno a proporre una nuova specie cui si debbano riferire i denti alquanto men grossi di quelli che possono prendersi per tipo dell’Anthracotherium magnum. Questo modo di ragionare ci conduce ad altre conseguenze. La porzione di mandibola trovata a Lobsan, descritta e raffigurata dal Cuwrer nel 4.!° vol. della seconda edizione delle Recherches sur les ossements fossiles (pag. 500, tav. XXXIX, fig. 5), appartenne ad un giovine Artracoterio chiamato nei trattati di Paleontologia 4. alsazicum. Giova osservare che l’ultimo dente, quello a quattro piramidi che vedesi impiantato in detta mandibola, è in tutto simile, in quanto alla forma, al corrispondente sulle mandibole che si trovano a Cadibona; e l'analogia può ben anche estendersi alle dimensioni, se si confronta coi denti men grandi di cui abbiamo qui sopra parlato. V'ha più: paragonando un modello di detta mandibola ad altre analoghe trovate a Cadibona ed a Nuceto, e e e“ "=_——=e]' 0 ____________________m_____m_ (1) Op. citata. 22 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE ci persuademmo che non solo il penultimo molare, quello a sei piramidi, ma ben anche i due premolari, l’uno a due e l’altro ad una sola punta sono caduchi, e vengono sostituiti da premolari in tutto simili a quelli dell'A. magnum. Onde ci pare non vi siano sufficienti ragioni per am- mettere come legittima ed abbastanza caratterizzata la specie chiamata sinora A. alsaticum. Mi rimane ad esporre alcune altre considerazioni sulla dentizione ca- duca dell’Anzracoterio. La fig. 11 della tav. VIII rappresenta la parte sinistra della mascella di un giovine individuo. In avanti si vede in « spuntare il canino permanente; in 4 vi è l’alveolo vuoto di un premolare; in c l’alveolo di un secondo premolare; in d un molare a cinque pira- midi; in e un molare a quattro piramidi, in tutto simile a quello del- l’Antracoterio adulto ; in f, parte di un secondo molare. In altra porzione di mascella identica a questa, oltre ai molari e ed f, se ne vede un terzo il quale spunta appena dall’alveolo. Ritenendo il dente c a cinque piramidi , come l’ultimo dente di latte (caduco), ne viene che i due molari e ed fa quattro piramidi dovrebbero rappresentare denti persistenti; epperciò, tenuto conto della loro consi- derevole piccolezza, saremmo autorizzati a credere, che la porzione di mascella, raffigurata al n.° rr della tav. VIII, appartenne ad una specie differente, per la sua considerevole piccolezza, dall’ 4. magnum. Ma l'esame di fossili affatto simili a questo ci convinsero essere i denti ed f caduchi al pari del dente 4, e sostituiti da altri della stessa forma ma di maggior mole. Per la qual cosa, e nel fossile raffigurato al n.° 11 della tav. VITI ed in quello qui sopra citato, piuttostochè trovare gli elementi per la creazione di una nuova specie, noi non vediamo per ora che gli avanzi di due individui da aggiungere alla serie di quelli, i cui denti, in tutto simili per forma a quelli dell'A. magnzmn hanno dimensioni più o meno minori. Dallo studio di tali avanzi emerge inoltre qualche fatto il quale farebbe supporre una certa anomalia nel modo in cui i denti permanenti si sostituiscono ai caduchi. ANTHRACOTHERIUM MINIMUM Cuvier. La mandibola che si vede disegnata nella tav. VIII, fe tele: appartenne senza dubbio alla stessa specie cui appartenne quella figurata TU] PER BARTOLOMEO GASTALDI 23 nella stessa tavola, fig. 8, 9g e 10, dal sig. Power riferita al Sus Zeptodon. Se si pon mente alla forma generale di essa, si scorge che rassomiglia molto a quella di un Sus, e con ciò verrebbe a confermarsi la suppo- sizione del sig. Power, di cui parlammo più sopra. Però il rilievo del calcagno (40/on) dell'ultimo molare ; la forma spiccata delle piramidi da cui sono composti i tre molari, forma che è uno dei caratteri più distintivi dell’Anthracotherium ; Vassenza di quei minuti frastagli risultanti dall’ag- glomeramento di tante collinette, le quali concorrono nel formare i tu- bercoli del Sus; la lievissima decrescenza nella larghezza dei tre molari, che si osserva, partendo dall’ultimo per venire al primo, decrescenza che è quasi nulla nell’Anthracotherium, e notevolissima negli analoghi denti del Sus; ed infine la grossezza stessa di essi, il facies corrispondente a quello che presentano i molari dell’ Anzracoterio trovato a Hautevigne, m'inducono a considerare le due mandibole disegnate nella tav. VIII, come appartenenti all’Anzhracotherium minimum CuvieR. AMPHYTRAGULUS COMMUNIS AyMARD. ANTHRACOTHERIUM MINUTUM BLAINVILLE, Il primo a parlare degli avanzi di questo piccolo ruminante trovati a Cadibona è stato il sig. Pomer (1), il quale, a proposito di una man- dibola da me comunicatagli, diceva: Une portion de mandibule, malheu- reusement incomplète à son bord antérieur, indique aussi l'existence dans ces dépbts (di Cadibona) de petits ruminants voisins des Cerfs et sc rapprochant aussi un peu des Cheorotins. Ulteriori scoperte (2) hanno dimostrato che se questo animale rassomigliava ai Caprioli per la forma dei molari, aveva una grande analogia col Muschio, portando com’esso il canino superiore di straordinaria lunghezza. Potendo, mercè la cortesia del Padre IcÒina delle scuole pie, Profes- sore al collegio di Carcare, disporre di una mandibola, se non completa, di ottima conservazione, ho creduto doverla raffigurare (tav. X, fig. 5, 6, 7 e 8), locchè feci tanto più volentieri, in quanto che il disegno pubblicato CER inzio _______—_—__—_——_—_———_——6_————_—__—_—____ _—————_— — (1) Bulletin de la Société Geéologique de France, 2.ème série. Tom. NI, pag. 56. Novembre, annee 1845. (2) PomeL, loco citato pag. 369 e tom. IV. pag. 385. 24 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE dal sig. BrarnviLLe (1) non riescì troppo felicemente, e quello dell’47- phitragulus elegans dato dal sig. PoweL non mì pare sufliciente per met- terne in rilievo i caratteri. Procurai di ciò ottenere facendola disegnare ingrandita 4 volte. Lo stesso ho fatto pel fossile raffigurato ai n.' 1,2, 3 e 4, che io credo essere porzione della mascella dello stesso animale. Questo fossile mi venne gentilmente comunicato dal mio amico sig. I. SISMONDA. Prima di terminare le brevi osservazioni ch'io mi proponeva di esporre sui fossili di Cadibona, mi corre obbligo di dire che il sig. Marchese A. Pattavicini, proprietario della miniera, il sig. E. Myrius ed il sig. G. CnevirLer, Amministratore quegli, Ingegnere questi della stessa, fecero generosamente dono al Gabinetto statistico mineralogico dell’ Istituto tecnico di tutti quei fossili che potevano rendere meno incompiuto il mio lavoro. Rarnoceros MinutUS Cuvier. Assieme all’Anthracotherium magnum trovasi, non di rado, nelle ligniti di Nuceto (mandamento di Bagnasco nella valle del Tanaro) un Rino- ceronte, ed è non indegna di osservazione l'associazione in detta località di questi due animali, mentre tal fatto non verificossi mai a Cadibona, quantunque la quantità di combustibile estratto da questa miniera sia senza paragone maggiore di quella che sinora escì dalla miniera di Nuceto: Tale associazione risponde negativamente alla supposizione emessa dall’ il- lustre naturalista di Ginevra sig. Prerer, il quale, nella Monografia dei Chelonii della Mollassa Svizzera (2), per spiegare l'assenza costante del Rinoceronte dalle località in cui trovasi in Svizzera | Antracoterio, dice che quest’ultimo animale frequentava probabilmente i luoghi palustri. mentre le abitudini del Rinoceronte lo tenevano lontano da tali luoghi. I molari, raffigurati nelle tavole I, IT, provengono dalla miniera di Nuceto ed appartengono alla collezione statistico-mineralogica dell Istituto , la quale gli ebbe in parte dal signor Cav. GaLvacno, ed in parte dal sig. ErmoGLIo, ex-capo minatore della citata miniera. Quello rappresen- tato coi numeri 6, 7,8 e 9g della tav. II, fu trovato a Sassello, e mi venne cortesemente comunicato dal Padre Semeria, dei Missionarii di Savona. (1) Tav. IX dell’Atlante che accompagna la monografia dell’ Aroplotherium. (2) Monographie des Cheloniens de la Mollasse Suisse. Pag. 9. PER BARTOLOMEO GASTALDI 25 Non imprenderò a descriverli prolissamente avendo procurato di rap- presentarli il più esattamente possibile, e penso che i disegni che ne do li caratterizzino meglio di qualunque mia descrizione. Dirò anzitutto ch’essi appartennero ad una specie munita d’incisivi, uno dei quali vedesi raffigurato ai numeri 1 e 2 della tav. I. Esso è spostato e giace sulla lignite ancora aderente ai molari. Ne ho raffigurato un altro (n.° 6 della tav. IT), che credo fosse dello stesso individuo, cui appartennero i molari figurati ai ni 1, 2, 3 e 4 della stessa tavola. Per la forma generale, per le circonvoluzioni della lamina di smalto, per la detrizione e principalmente pel volume, essi rassomigliano abbastanza a quelli trovati a Moissac e descritti dal Cuvier (1), non che a quelli trovati a Sansans e nell’Alvernia, figurati dal Brarnvince nella tav. XII dell'Atlante che accompagna la Memoria sui Rinoceronti. lo non esito perciò a riferirli alla specie A. minutus, proposta dal Cuvier per i fossili di Moissac, quantunque il Brarvvr.Le non abbia creduto doverla adottare e l’abbia riunita al A. incisivus, di cui parlerò qui sotto. AI n° 5 della tav. I, ho raffigurato, ingrandita 5 volte, la metà esteriore del molare, rappresentato colla fig. 4, onde porre in evidenza il margine della lamina di smalto, finissimamente striato. Pare che detta lamina sia composta di un'infinità di cilindri microscopici, gli uni agli altri sovrapposti in senso trasversale ad essa, e che tali cilindretti siano messi tanto più in risalto, quanto più profonda è la detrizione del dente. Ho infatti notato che quelle minute strie o pieghe sono più apparenti sui denti degli individui adulti che non su quelli dei giovani. Le ho poi trovate, queste minute strie, non solo sul A. minutus, ma ben anche sui denti del R. incisivus delle ligniti di Perlo, e su quelli del leptorhinus, che accompagna gli Elefanti ed i Mastodonti nelle alluvioni plioceniche dell’astigiana; le ho inoltre trovate sul Rinoceronte delle breccie ossifere di Nizza, e vedo che di esse fece parola il Prof. BaLsamo- CriveLLi, descrivendo i denti del Rhinoceros Defilippii, trovati nelle li- gniti di Leffe. Mi pare perciò (quantunque per non avere a mia dispo- sizione un dente fresco, le mie osservazioni non abbiano potuto estendersi al Rinoceronte vivente), che possano considerarsi come un carattere del genere; e che tale carattere mon sia affatto inutile, ebbi occasione di (1) Ossements fossiles. 2.? ediz. vol. 2. pag. 89. tav. XV. 26 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE persuadermene , essendo riescito , col soccorso di esso, a determinare alcune porzioni di dente che altrimenti sarebbero state indeterminabili. Unitamente all’Anthracotherium magnum ed al Rhinoceros minutus Cuv. si trovò, nelle ligniti di Nuceto, una considerevole porzione dello scudo di una ZPyonix, che non ho ancora potuto studiare. Ruinoceros Incisives CuvieR. A Perlo presso Ceva scoprivasi, alcuni anni sono, una serie di strati di lignite, la quale è probabilmente in continuazione di quella in cui sono aperte le miniere di Nuceto, di Bagnasco ecc. Nel fare i lavori di ricerca si trovò, nella massa stessa del combustibile, la porzione di mandibola figurata nella tav. III ai n.' 1 e 2, ed il dente n.° 3, chei sig. Banprsi ed Orsi, proprietari della miniera, vollero donare alla collezione del- I Istituto tecnico. Benchè quella porzione di mandibola trovisi in pessimo stato di con- servazione, non v'ha tuttavia dubbio che essa appartenne ad'un Rino- ceronte di gran mole; per altra parte, quantunque rotto alla radice ed alla punta, il dente figurato al n.° 3, il quale faceva parte della stessa mandibola, è certamente un incisivo: onde, non ostante la scarsità ed il poco valore dei fossili di cui dispongo, mi pare poterli riferire alla specie di Rinoceronte chiamata dal Cuvier R. incisivus; ad essa riferirò pure il molare inferiore figurato al n.° 4 e 5, proveniente da Contes presso Nizza, e graziosamente comunicatomi dal sig. Gény. TERREM IN CUI INCONTRANSI I FOSSILI VERTEBRATI IN PIEMONTE. Nei trattati di geologia e nelle memorie in cui discutonsi i principii generali della scienza, non si dovrebbe mai discendere a troppe suddi- visioni di terreni, le quali ingenerano facilmente confusione; parmi al contrario conveniente introdurre tali suddivisioni nelle memorie descrittive ed in quelle particolarmente, che si riferiscono a regioni limitate. Nel dare l’elenco, per ordine cronologico, dei vertebrati fossili sino ad ora scoperti nel Piemonte, io suddividerò il terreno mioceno, in mioceno inferiore (nummulitico superiore di E. Sism.), mioceno medio P, e mioceno superiore. Dividerò pure il plioceno, in plioceno inferiore PER BARTOLOMEO GASTALDI 27 marino e plioceno superiore od alluvioni plioceniche (banchi plioceni fluvio- lacustri di E. Srsm.). Dopo i fossili del plioceno verranno a prender posto quelli scoperti nelle breccie ossifere di Nizza e nella caverna di Cassana. Credeva, in ultimo, poter registrare quelli delle nostre torbiere, ma non mi fu possibile scoprirne alcuno in tali depositi. MIOCENO INFERIORE. Pongo nel mioceno inferiore una serie di strati marini e fluvio-lacustri, che occupano le elevate falde dell’Apennino ligure e di una parte delle Alpi marittime, tra la valle del Lemmo, e quella del Tanaro. Gli strati marini sono in parte composti di conglomerati serpentinosi, i quali a Mornese, Piana, Spigno, contengono massi giganteschi, che hanno cinque, sei ed anche otto metri di diametro. Soprappongonsi ad essi, strati di argilla schistosa, di ghiaia, di marna e di arenaria, i quali a Mornese, Sassello, Stella, Giusvalla, Dego, Carcare, Pareto, Mioglia, Cassinelle, Cosseria, Piana, Squaneto, Belforte, ecc., sono ricchissimi di fossili. L’assieme di questi fossili costituisce in Piemonte una fauna particolare, la quale, quantunque contenga una grande quantità di Numnuditi, qualche Foladomia, Crassatella ed alcuni tipi di Yolute e di Ceriti, che da una parte la collegano a quella dell’eoceno; nella pluralità dei generi e delle specie presenta certamente maggior analogia con quella del mioceno pro- priamente detto, che ha per tipo i fossili della collina di Torino, cono- sciuti all’estero sotto la denominazione di fossili di Superga. Osservando perciò che gli strati, di cui è questione, sono inferiori certamente a quelli di Superga, senza però essere in discordanza con essi: Osservando che i loro fossili hanno grandissima analogia coll’assieme della fauna del mioceno propriamente detto; Osservando che il mioceno ha in Piemonte una grandissima estensione, ho creduto dover unire ad esso gli strati summentovati, piuttostochè farli discendere al nummulitico od eoceno, pel solo motivo che fra detti strati se ne trovano di quelli ricchissimi in nummuliti. In ciò io non concordo coll’idea emessa dal mio amico sig. Cav. Eugenio SiswonpA, il quale in una Nota letta a quest'Accademia li as- socia appunto al nummulitico (1). (41) Note sur le terrain nummulitique supericur du Dego, des Carcare etc. dans V Apennin ligurien 28 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Mi è grato il poter dire, che il nostro disparere non si riferisce che ad una questione di parole, in quanto che lo scopo della Nota del sig. Cav. E. Siswonpa, è di accrescere di un piano superiore la serie di piani di cui è costituito Peoceno o nummulitico, mentre in questa mia io propongo di far servire questo piano stesso di base al mioceno. Affinchè però il mio modo di vedere non paresse affatto arbitrario, io mi affrettai ad esporre le ragioni sulle quali lo fondava: sul parallelismo cioè degli strati in questione con quelli del mioceno propriamente detto; sull’analogia che vi ha fra la fauna di quelli e di questi; sull’ importanza, o se si vuole sull’estensione in senso orizzontale e verticale che il mioceno ha in Piemonte. Tali ragioni io cercherò di meglio svilupparle. Nella Nota summentovata il sig. Cav. E. Sismonpa dà un elenco di 80 specie di Pesci, Cefulopodi, Gasteropodi, Acefali, Brachiopodi, Echinidi, Crinoidi, Foraminiferi, Polipai e Briozoi, rinvenuti negli strati in discorso, e quindi soggiunge: ... parmi les 80 espèces de notre tableau, il y en a 37 vraiment miocéniques, et des 43 qui restent ct qui sont ou coceniques ou nummulitiques, on en voit quelques-unesz qui appartiennent en méme temps aux couches éocènes et miocènes ...€ più oltre... // est à remarquer que la plupart des espèces miocéniques sus mentionnées se trouvent dans le nombre de celles plus caracteristiques des arenaires et des poudingues de la colline de Superga. Valendomi volentieri dei caratteri paleontologici posti in rilievo dal sig. Cav. E. Siswonpa io dico: Noi abbiamo in Piemonte un mioceno sviluppatissimo ; esso è cono- sciuto per la ricca e bella fauna che contiene, resa illustre dai lavori di Broccni, Borsox, Broxewiart, BoneLri, BeLLarni, MicneLOTTI; ed E. Sisvonpa. Onde dare a questa fauna i limiti naturali che le parevano dovuti, i moderni paleontologi piemontesi furono d’accordo nell’allargare ì confini prima segnati al mioceno, riunendovi un sistema di strati staccati dal plioceno (Castelnuovo d’Asti, Tortona, Serravalle Scrivia, Albenga, ecc.), (Mem. cit. 1855). Hanno pure parlato di questi strati il sig. Cav. A. Siswonpa nella Memoria in- titolata: Classificazione dei terreni stratificati delle alpi tra il monte Bianco e la contea di Nizza (Mem. cit. Serie 2.% Tom, XII ), ed in due lettere indirizzate al sig. E. DE BeauMONT (Bull. de la Soc. geologig. de France, 2.ème série, Tom. XII, pag. 509 et 807), ma particolarmente il sig. Marchese L. Pareto nella sua Note sur le terrain nummulitigue du pied des Apennins (Bull. citato, vol. cit. pag. 370 e 1125). PER BARTOLOMEO GASTALDI 209 i quali, pei fossili che contengono, e per la loro giacitura sensibilmente inclinata, trovansi intermedii fra il mioceno ed il plioceno propriamente detto, e diedero a tali strati l'appellativo di mioceno superiore. Ora noi abbiamo un’altra serie di strati subordinati e paralleli allo stesso mioceno; tali strati contengono fossili, i quali, per una metà sono vera- mente mioceni e dei più caratteristici, e per l’altra metà sono eoceni 0 nummulitici. Ciò posto, dovremo noi chiamare nummulitici tali strali così intimamente collegati col mioceno e dovrò io chiedere di più per auto- rizzarmi a proporre per l’assieme di detti strati l'appellativo di mioceno inferiore ? Sinora però io ragionai sui fossili citati nella Nota del sig. Cavaliere E. Srsmonpa. Soggiungerò che desiderando rendermi meglio capace del- l’opportunità della mia proposta, ricorsi alla cortesia del sig. Avvocato G. MicnueLotTI, possessore della più ricca raccolta di fossili invertebrati del Piemonte che si conosca, ed ebbi da lui la seguente lista da aggiun- gere a quella pubblicata dal sig. Cav. E. Sismonpa a fine di meglio provare i legami paleontologici, che uniscono gli strati in discorso al mioceno. PESCI. può Fusus Audebardi Desm., Bordeaux e Pareto. » longaevus BRAND., Bordeaux e Cassinelle. Lamna cuspidata AG., Torino e Dego. » aduncus Bronn, Torino e Dego. Carcharodon leptodon AG., Moll. Svizz. e Carcare. Pyrula Lainei Bast., Torino e Pareto. » cornuta AG., Torino e Pareto. Triton tortuosum BORSON, Torino e Dego. CIRRIPEDI. » intermedium Broccni, Torino e Pareto. » apenninicum Sassi, Torino e Pareto. Ranella pseudotuberosa Bon., Torino e Pareto. Murex rudis Borson, Torino e Giusvalla. » brevicanthos E. Srsm., Torino e Pareto. Typhis tetrapterus Micn., Tortona e Mioglia. Mitra scrobiculata Broccni, Torino e Parelo. » Michelotti H6RNES, Torino e Pareto. Turbinella crassa E. Sism., Torino e Dego. Voluta magorum BroccHi, Torino e Dego. » ficulina LAMmK., Torino e Mornese. Strombus decussatus BasT., Torino e Pareto. » Bonelli Bronc., Torino e Pareto. Ancillaria suturalis BONELLI, Torino e Mioglia. Oliva eylindracea Borson, Torino e Dego. » Dufresnei Basr., Torino e Dego. Conus subnociurnus OrB., Bordeaux e Pareto. Cypraea Haweri Micn., Torino e Piana. » amygdalum Broccm, Torino e Piana. » Iyncoides BronG., Torino e Mornese. Oxyrhina hastalis AG., Torino e Carcare. Pyrgoma undata Micn., Torino e Dego. GASTEROPODI. Pileopsis anceps Mica., Torino e Dego. ». sulcatus Borson, Torino e Dego. Dentalium Bouei Desa., Torino e Dego. Fermetus intortus LAMK., Torino e Dego. Cerithium ocirrhoe OrRB., Dax e Cassinelle. » suboaricosum GRAT., Bordeaux e Cassinelle. » lignitarum Eica., Torlonese e Stella. » Charpentierii Bast., Torino e Mioglia. Terebra acuminata Borson, Torino e Dego. Nassa eburnoides MATH., Torino e Dego. Harpa submutica ORB., Dax e Dego. Cassis Bellardit Micn., Torino e Dego. Cancellaria Bellardii Micn., Torino e Dego. Pleurotoma reticulata BroccHI, Torino e Dego. » leporina LaMK., Bordeaux e Dego. » turricula Broccni, Torino e Dego. Haliotis monilifera BoweLLI, Torino e Pareto. » Genci BELL., Torino e Pareto. Turbo subscobinus OrBIG., Dax e Pareto. Fusus glomoîdes GENÉ, Torino e Dego. Trochus Noè OrB., Bordeanx e Giusvalla. 30 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Solarium carocollatum LAmx., Torino e Mioglia. Nerita Plutonis BAST., Torino e Dego. Sigaretus Michaudii Micn., Torino e Squaneto. Natica compressa BAsT., Torino e Mornese. » Josephinia Risso, Torino e Dego. » submamilla ORB., Torino e Dego. » spirata Desn., Parnes e Cassinelle. Tornatella truncatula BRONN, Torino e Dego. Scalaria pumicea Broccni, Torino e Carcare. » amocna Pruitip., Torino e Carcare. » @etusa BroccHI, Torino e Carcare. Bulla ligraria LAMK., Torino e Dego. Turritella bicarinata Ercaw., Torino e Sassello. » taurinensis OnB., Torino e Dego. » Desmaretina BasT., Bordeaux e Squaneto. Ferussina anostomaeformis GRAT., Bordeaux e Mioglia. Xenophora Deshayesit MicH., Torino e Dego. ACEFALI. Pectunculus pilosus LiNN., Asti e Dego. Arca biangulina ORB., Torino e Dego. » clathrata DEFR., Torino e Dego. Diplodonta fragilis BraUN., Torino e Dego. Lucina miocenica Micn., Torino e Dego. » tumida MicH., Torino e Dego. » strigosa Micn., Torino e Dego. » ornata AGASS., Torino e Dego. » Delbosi OrB., Morillac e Dego. Cardita Basteroti Desn.., Fontainebleau e Pareto. Cardium discrepans BAsT., Torino e Dego. Isocardia Deshayesit BELL., Torino e Dego. Venus subercentrica ORB., Torino e Cosseria. » multilamella LAMK., Torino e Dego. » wvetula Bast., Torino e Sassello. » clathrata Duy., Torino e Mioglia. » aequalis Sow., Torino e Dego. Venus Basteroti AGAS., Torino e Dego. Crassatella concentrica Dus., Torîno e Mornese. Corbula carinata Dus., Torino e Mornese. Panopea Basterotii VALENG., Torino e Dego. » Rudolphii Ercuw., Podolia e Pareto. Lutraria Sanna Bast., Bordeaux e Pareto. Pholadomya subarcuata ORB., Mollas. Sviz. e Dego. Pecten Northamptoni Mica., Torino e Dego. » spinulosus MUNSTER, Torino e Dego. Spondylus Deshayesii MicH., Torino e Dego. Chama asperella LAMK., Torino e Dego. Anomia orbiculata BRoccm, Torino e Dego. BRIOZOI. Retepora vibicata GoLDF., Torino e Mornese. RADIARII. Schizaster Bellardii AGAS., Torino e Squaneto. » Desorii WRIGHT, Malta e Dego. Scutella subrotunda LAMK., Bordeaux e Dego. ZOOFITI. Diplhelia taurinensis HatmE, Torino e Belforte. Stilopora raristella Micn., Torino e Belforte. Astrea Ellisiana DEFR., Torino e Mornese. Siderastrea crenulata GoLDF., Torino e Belforte. Turbinaria cyathiformis BLAIN., Torino e Dego. Porites incrustans DEFR.: Torino e Dego. Isis melitensis GOLDF., Torino e Mornese. Leiopathes vetusta Micn., Torino e Dego. Balanophyllia cylindrica Mica., Torino e Dego. RIZOPODI. Orbitoides marginata MicH., Torino e Dego. Aggiungendo alle 111 specie comprese nel sopra scritto catalogo le 37 mioceniche citate dal sig. Cav. E. Siswonpa, si hanno 148 specie, dalle quali, quand’anche si tolgano quelle che sotto diverso nome possono essere riprodotte nei due elenchi, ne rimarrà sempre più di un centinaio di assolutamente mioceniche. Ecco ora la lista dei fossili eocenici delle stesse località che fanno parte della raccolta del sig. G. Mic®eLOTTI : Nummulites intermedia D’ARCH., Biaritz. » striata ORB., Catalogna. > perforata ORB., Catalogna. » biaritzensis D’ARCH., Biaritz. Crassatella sinuosa DESH., Parnes. Ì Crassatella Parisiensis DESH., Parigi. Cardium semigranulosum Sow., Parigi. Ostrea vesicularis LAMK., Biaritz. Pleurotoma clavicularis LAMK., Parigi. PER BARTOLOMEO GASTALDI 3I La preponderanza dei fossili del mioceno sugli eocenici è tale che da se sola può bastare a classificare gli strati in cui si trovano (1). Ho già accennato, oltre ai caratteri paleontologici, la concordanza di stratificazione fra il mioceno medio o tipico e gli strati del mioceno inferiore. Basta percorrere la valle della Bormida, quelle dell’Erro e del Tanaro per convincersene. Gli spaccati che il sig. Marchese L. Pareto ci ha dati nella sua Memoria sul terreno nummulitico dell’Apennino (2), ci dispensano dall’ insistere maggiormente su questa importante circostanza e ci porgono una precisa idea della disposizione di tali strati. Questo il- lustre geologo è il primo che li abbia in modo particolareggiato e con larghe viste descritti, dimostrando che sono affatto indipendenti dal terreno nummulitico della contea di Nizza, della Provenza, delle alpi della Savoia, e della Svizzera. Nella importante sua Memoria egli non ha creduto porre in avanti l'appellativo che ora per essi propongo, ma parmi abbia dimostrato ad evidenza che esso loro conviene. Giova del resto notare che l'opportunità di riunire tali strati al mioceno, già venne se- gnalata dal sig. Avv. G. MrcweLortI nel 1851 (3) e che lo stesso sig. E. Siswonpa sin dal 1847 poneva i fossili delle Carcare nel mioceno (4). Un fatto importante a ben definire si è la posizione che occupano le ligniti di Cadibona e di Bagnasco relativamente agli strati a nummuliti. Quantunque non siasi direttamente dimostrato, che tali ligniti facciano parte della serie di strati, la posizione geologica dei quali è in questione, tuttavia a chi percorre le valli della Bormida, dell’ Erro, del Tanaro ecc. è ovvio l’osservare che esse, quando esistono, occupano la parte inferiore e sono gli ultimi strati della serie, che s’incontrino rimontando il corso «di quei torrenti (Vedi in proposito lo spaccato pubblicato dal sig. Marchese L. PARETO). È ovvio altresì osservare che i nummuliti trovansi ordinariamente in banchi posti in prossimità dei conglomerati a grossi massi; conglomerati che io considero come un orizzonte di grande valore per lo studio del- l’assieme di questi strati. ih iii nie io dla dollari rai (1) Negli strati in questione trovasi altresi un non piccolo numero di specie tuttora inedite. 1 primi a raccogliere i fossili di detti strati ed a segnalarli all’attenzione dei geologi furono i signori Padre Icmna delle scuole pie, Professore nel collegio delle Carcare, e Gian Domenico Soave, Curato di Grognardo. (2) Note sur le terrain nummulitique du pied des Apennins ..... sovra citata. (3) Bulletin de la Société Géologique de France, 2.ème série. Tom. IX. page 13. (4) Synopsis methodica animalium invertebratorum Pedemontii fossilium, pag. vu. 32 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Ciò posto, esporrò alcune osservazioni, che mi occorse di fare in alcune delle località più istruttive delle citate valli, e ne trarrò quelle conclusioni, che paionmi derivare da tali osservazioni. A. Mornese il conglomerato è quasi direttamente sovrapposto ai scisti serpentinosi conosciuti per la ricchezza in oro delle vene di quarzo da cui sono attraversati (val Corsente). Nel conglomerato stesso si scopri- rono ragguardevoli massi di lignite, li quali però non costituiscono un banco continuo, ma incontransi in arnioni. I nummuliti trovansi in ban- chi di arenaria che posano immediatamente sul conglomerato. Lo stesso fatto succede a Belforte; ivi però il conglomerato, curioso a vedersi (alla Cuchiera) per la mole di alcuni zoofiti che legano as- sieme i massi, non presenta traccia di combustibile. A Sassello, a S.° Giustina fra il conglomerato ed i scisti antichi, che costituiscono la massa della montagna, incontransi strati, i quali, per la quantità grandissima di impressioni di foglie che contengono, e per la natura loro mineralogica (arenarie finissime con molta mica), presentano una certa analogia coi banchi fluvio-lacustri lignitiferi di Cadibona; anzi a Giusvalla, non lontano da Sassello, ed a Celle si scoprirono apprez- zabili indizii di combustibile. Il dente di R/inoceros minutus, raffigurato nella tav. III, è proveniente da Sassello, e pare sia stato trovato nella lignite, poichè, a somiglianza di quelli di Bagnasco e di altre località, è nero lucente e pregno di piriti. A Cadibona i banchi di arenaria e mollassa, che servono di letto alla lignite, poggiano direttamente sulle roccie metamorfiche, e-lo strato di conglomerato giace superiormente al combustibile all'altezza di parecchi metri. j Così pure ad Altare e Carcare, e fors’anco a Cairo, sono a contatto dei scisti antichi gli strati di formazione litorale, nei quali, cercando il combustibile, si scopersero parecchi ossi fossili, fra i quali alcuni di Chelonii e l’ incisivo di Antracoterio, raffigurato ai ni 8,9, 10 della tav. VI, frammisti a Ceriti e Mactre; mentre a Dego le, arenarie ri chissime in molluschi marini, ed a Spigno i conglomerati a grossi massi poggiano direttamente sul terreno antico. A Massimino ed a Perlo in val Tanaro, gli strati di poddinga e di mollassa, che racchiudono la lignite, sovrappongonsi direttamente a scisti ed a calcari antichi e superiormente ad essi trovansi, alla distanza. di qualche chilometro (a Molare), gli Orbitoidi, rimarchevolissimi per la loro quantità e mole, i quali ivi sì sostituiscono ai Nummuliti. e PER BARTOLOMEO GASTALDI db Da quanto sopra rimane confermato il fatto cui accennammo, che cioè gli strati lignitiferi, quando esistono, sono i più antichi della serie in quanto che essi posano direttamente sulla roccia metamorfica; che se in alcuni punti trovansi poggiare sulla stessa roccia i conglomerati, in vicinanza dei quali trovansi i nummuliti, ciò dimostrerebbe solo che detti conglomerati si depositarono nell'epoca stessa in cui depositavansi a poca distanza i banchi di combustibile, ed occupano perciò lo stesso orizzonte, non mai un orizzonte inferiore. Onde siccome nelle ligniti di Cadibona, di Nuceto, di Perlo, di S. Michele di Mondovì, di Sassello, si trovano l’Anthracotherium magnum ed il minimum, il Rhinoceros incisivus ed il mimuus, lAmphytragulus communis, ecc., fossili sinora considerati come miocenici; siccome d’altronde gli strati a nummuliti contengono una fauna composta di più di 100 specie di invertebrati marini miocenici, e questi strati sono o più recenti od al più coevi colle ligniti, io riunisco in un sol gruppo le ligniti ed i banchi nummaulitiferi e li chiamo col nome di mioceno inferiore. Chiamerò in conseguenza mioceno medio il gruppo di strati di cui è formata la nostra collina (Superga), niente cangiando circa la denominazione dei terreni più recenti. Così ordinata la serie degli orizzonti miocenici del nostro paese, essa può esser posta a parallelo coi diversi piani che compongono la mollassa Svizzera. Al pari di ogni altro io son persuaso del poco valore che ha tal genere di parallelismo quando trattasi di paragonare tra loro terreni anzi che no moderni, separati da un'alta catena di mentagne e deposti in condizioni orografiche molto diverse. Però l’esservi in Svizzera come in Piemonte alla base del mioceno una serie di strati fluvio-lacustri, racchiudenti banchi di lignite potenti a segno da meritarne la coltivazione ; il trovare in detti strati, e particolar- mente nelle ligniti li stessi vertebrati Anthracotherium, Rhinoceros, Am- phytragulus, parevami un fatto abbastanza importante per venir segnalato. All’oggetto di dare in poche parole una giusta idea del modo in cui intendo di stabilire la corrispondenza fra i diversi orizzonti della mollassa Svizzera e quelli del nostro, mioceno, trascriverò l'epilogo della introduzione geologica, che sta a capo della Monografia dei Chelonii di detta mollassa pubblicata dai sig! Prorer e Humsert, mettendo a parallelo di ciascun gruppo di essa quello che parmi corrisponderglì in Piemonte. 34 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE SVIZZERA PJEMONTE Mioceno inferiore. Mioceno inferiore. (Faune à Anthracothériums| Mollasse lacustri con ligniti dei Ligniti di Cadibona, Ponzone, Nu- | = GERVAIS). dintorni di Losanna, 380 metri | ceto, Perlo, San Michele-Mon- | di potenza. — Mollasse lacustri dovì — strati nummulitiferi di di Vaud, Berna, Argovia. Belforte, Dego, Carcare, Cosse- ria, Piana, Mornese , ecc. Mioceno medio. | | | I i | | no; i | | i Mioceno propriamente Marne lacustri della Chaux-de- | Strati marini dei colli di Torino, Fonds, mollassa marina della dì Albugnano, Pozzolo del Grop- detto. Molière, di Britlau, e del Ru- po, Acqui, Ceva, Ovada, ecc. checkberg (ZHelvetien di MAYER), | Mollasse del N. E. della Sviz- zera. " : | Mioceno superiore e Plioceno inferiore. Calcare di Oeningen. Placentien | Strati marini di Castelnuovo d’A- di MAvER. sti, del Tortonese, di Albenga ecc. — Guarene (Alba) — marne e sabbie dell’Astigiana. Desiderando conoscere fin dove sarebbesi potuto giungere nell’orizzon- tare i terreni terziarii del Piemonte colle mollasse della Svizzera, confron- tando tra loro i fossili dei due paesi, pregai l’egregio Botanico sig. Prof. Oswald Hrer a voler studiare alcune impronte vegetali da me raccolte in due corse fatte sull’Apennino e da parecchie persone donate al Gabinetto statistico-mineralogico del R. Instituto. Il sig. Herr volle, con cortesia pari al suo sapere, soddisfare il mio desiderio e permettermi ch’ io fregii questa mia nota col catalogo di tali im- pronte, nel quale sono altresì registrate alcune piante trovate nelle ligniti di Sarzanello dal sig. CapeLLINI distinto naturalista di Spezia. Le conclu- sioni, cui arriva il sig. Heer dallo studio delle impronte vegetali di questa ultima località, differiscono alquanto dall'idea che io mi era formata dell’età di quelle ligniti. Io credeva che tali ligniti, come quelle di monte Bamboli e Caniparola, appartenessero al mioceno inferiore; il sig. Herr al con- trario vi trova piante analoghe a quelle di Oeningen, Montayone in Toscana, Sinigaglia, ecc., e le trasporta così nel mioceno superiore od alla base del plioceno. All’eccezione di questa divergenza di opinione io fui lieto di vedere che in tutto il resto le idee del Prof. Hrer concordano colle mie, PER BARTOLOMEO GASTALDI 35 Ecco la lettera colla quale mi trasmette il catalogo delle impronte da lui studiate. Zuric 28 janvier 1858. Monsieur, « Jai lhonneur de vous envoyer le catalogue des plantes fossiles, que Jai recu en décembre 1857 pour la détermination . .... La plupart des plantes de votre collection est décrite et figurée dans ma ZVora tertiaria Helvetiae ; cinq espèces sont nouvelles. J'ai noté dans le catalogue les localités Suisses et Allemandes où on a trouvé les plantes du Piémont; il vous indiquera ainsi la distribution géographique de ces plantes et les formations géologiques. Vous trouverez bientòt que la formation de Cadibona, Bagnasco, Nuceto, Stella, S.*? Giustina et Cosseria contient la flore de notre mollasse la plus ancienne et qu'elle est done contemporaine avec celle de Rochette, Rivaz, Monod, Ralligen, ete. Je signalerai en particulier Grevia crenata, Lastraea Fischeri, Cyperus Chavannesii qui est bien commun à Monod, Cyperus reticulatus, Sparganium valdense, Laurus primigenius , Cinnamomum speciabile, Dryandroides laevigata, espèces qui sont caractéristiques de notre mollasse inférieure. La plante la plus commune de Bagnasco, Nuceto, etc. est la Quercus furcinervis, espèce de chéne qu’on trouve souvent à Altsattel en Bohème; chez nous on l’a trouvée à Ralligen. Une deuxième espèce remarquable d’Altsattel, et que vous avez de Bagnasco, est le Popwlus leuce. Nous n’avons pas encore trouvé cette espèce en Suisse, mais elle se trouve à Radoboj. Le Cinnamomum lanceolatum se trouve aussi à Altsattel, dont la flore, de toutes celles de PAutriche, est la plus voisine de celle de Cadibona. Toutes ces flores sont certes plus récentes que le terrain num- mulitique de nos alpes et que le Flysch. Elles se trouvent dans les couches qui forment l’étage le plus ancien de notre miocène que M." BryricH a appelé oligocène. Ce résultat est conforme au résultat que vous avez tire de vos recherches. L’Anthracotherium magnum s'est promené à Rochette sous les mémes arbres, et a fouillé des marais qui étaient revétus des mémes plantes qu'à Cadibona. C'est donc évident que la famille des Num- mulines s’élève plus haut qu'on a cru fusqu'à présent. Mais ne sont elles pas des espèces différentes? Si d’après les plantes que vous m'avez envoyé je ne doute pas que les couches de Cadibona soient sur le méme horizon que notre mollasse 36 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE inférieure, il serait très-intéressant connaître la relation qu'il y a entre la flore de Cadibona et celle de Monte Bolca. D’après une petite collection que nous possédons de cette dernière localité: d’après ce que Jai vu en 1856 dans les muséges de Padoue, de Vicence et de Milan, je crois étre en état de juger que les plantes de Monte Bolca sont bien différentes de celles de Cadibona et de notre mollasse inférieure. La flore de Monte Bolca est plus ancienne et vraiment éocène; elle a quelques espèces communes avec les couches éocènes de l’île de Wight. La flore de Salcedo est plus récente et paraît étre contemporaine de celle de Cadibona. Les couches de Guarène correspondent à celles de Oeningen et à notre mollasse supérieure. L’insecte si commun à Guarène est la larve de Li- bellula Doris, espèce commune à Oeningen, à Ellbogen et à Sinigaglia. Parmi les feuilles de Guarène, l’espèce la plus intéressante est l’Oreodaphne Heerii Gaudin; elle lie Guarène à Montajone en Toscane dont la flore est identique avec celle des marnes bleues du Val d'Arno. La flore de Sarzanello correspond aussi avec celle de Montajone; les feuilles que M." CapeLLini m’a adressé sont dans un état bien mauvais, et la détermination en est bien difficile, mais on peut reconnaître le Platanus aceroides, Populus leucophilla, Laurus princeps et Oreodaphne Heerii qui ne laissent aucun doute, que cette flore n’appartient pas è la mollasse inférieure ; les localités s’arrangent done de la manière suivante: ITALIE — SUISSE ALLEMAGNE Monte-Bolca. — ——_- Novale, Salcedo., Cadibona, Stel- | Rochette, Rivaz, Monod , | Altsattel, Radoboj. la, S.* Giustina, Nuceto. Hohe Rhonen, Eritz, Lau- sanne. | Colline de Turin. Molasse marine. Bassin de Vienne. | Sinigaglia, Monte Bamboli, Sar- | Molasse d’eau douce supé- | Ellbogen. zanello, Guarene, Montajone rieure. Oeningen. et couches inférieures du Val d’Arno. Couches supérieures du Val d’Ar- | Utgnach, Daruten avec Ele- no avec Mastodon et Elephas. phas antiquus et Rhino- Alluvions pliocéniques du Pié- ceros leptorhinus. mont, S. Paolo, Ferrere, etc. Diluvium alpin. Diluvium avec Elephas pri- | Ranslatt, avec Elephas primi- migenius. genius et Rhinoceros Thico- | rhinus, Loess du Rhin. Ì Erraticum. Erraticum. PER BARTOLOMEO GASTALDI 37 Parmi les plantes que vous m’avez envoye sont encore d’un grand intérét botanique: Zenzites Gastaldi mihi (colline de Turin), espèce de champignon qui est encore fixé au bois, et le beau còne de Pinus Haidingeri de Chieri. La plupart des autres plantes n’est pas bien con- servée et la détermination en est difficile. » 38 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE dA PER BARTOLOMEO GASTALDI Catalogo di alcune filliti trovate in Piemt determinate dal signor Prof: Oswald Herr. SVIZZERA PIEMONTE ALTRE LOCALITÀ D' IT) Mioceno inferiore Mioceno medio | Mioc. sup.” e Plioc. inf.” Terziario superiore Mioceno inferiore GERMANIA Mioceno, sup.” IENZIE GIN MEER Torino. Riyjtuma maculiferum Urp 0. 4 gio Angra iv n Dna alii è e ie Hole Rhonen. Lastraca styriaca UNG. sp. .......... Hagligioo, lalla. | acocrrcranii dicepa irene ei cai Bibo Rovan, St GalbaBbituaMor,iizzinno AME rin perenne pr Parschlug. si nod, Rochette .........--vef. 1 e.crerre e eee reef eleraee riser nto FiScherisBeeR voi a edicedia li caio morni nz d R ì lite Sy y Li n) DV . x Pteris inaequalis HEER? ............. Dillaressi nai el decorare i Vurioa 00 di H Rhonen, Rivaz, Monod, Rochelte, Physagenia Parlatorii HEER ..... vos DARA anloorlii ., Ù x a Mas See de a ns lr A SAM nusanne, Monod. an ruppe PIEPTTTO SCREEN epici | vv RO ia] LOIO ARR AE E dn AR Hohe Rbonen, Erilz ........... | -....00000000» ocIe- i dritto seen GiyplonPovas CAgeri MEER ........+. | BABNOBOO ni ld PROCE TO e aci Biohe Rbonen, Monod ,..,..-«g.|i.-siciescinonil diesis pioppo nni Eisgraben. * * «di b) >» éeuvparle BR. pad dioi Sarzanello. F Sequoia Langsdorfi BR. sp. .......... ZE Stella, = RIO enna inigagli ì :\ < stina Narzanollo .........., Sinigaglia ....... Rifi Rosberg RR I el Nidda, Neustadt (Austria), Swoszo- Rivaz lizza no na: GERE dfn n wice, Kirgisen steppe. Araucarites Sternbergi GOEP. .....:.. | Ln. veirrrreisoa TONNO... 13580 POSSO DIMIFARNA .,......... - Regge AI E Oeningen ............ Haering , Sotzka. Callitris Brongniarti ENDL. Li... | iii. n Re O I $_ —# rei livore] Haering, Radoboj. Pinus palacostrobus ETTINGSH .......| ................ TORINO casa dre Monda en > Mondena:ion ct 4 cn Haering. >» DI elastane ol Liliana Torino. ui P hl i E È arschiug. » oteammnes UNG. Gp. +... ..0s0s0c Li iucririziorene ug I e. greve. 55 5 5:5(|Ìao è '&a;ÒyrpZPr) REA ZO)» Gemngen,so rep A Slei "i : : MI: è apr i eiermark. #- QUSIPIA0A NG. 1 10. e I i SOA TORO SISI IR AA VI RIE ee agi — ira 11 RA SV e rare Pe IT ti vola din e I ai na, TIR So N ROS ISO ODI RON O EEE I o e i, n cor i ® 4 3 6 I SR E a site ill |... REAPOO: Gia dai e tn L Phragmites Oeningensis BRADN,\c..... | i.iier ieri GevaTorino s.0 (vivete i ci i ‘Hohe Rhonen, Monod, Rochette. | St-Gall ...... Oeningen. Phoenicites salicifolia? UNGER.... : si (1) CEOIDORE vet L'A ARR EN: ci E nn n ronirecrssoe Ere ROVINE Sranani Altsattel. Garsmoprs salcifona HEER....| | —— i’. pra edge 0 re I e ea E PODRIREA i Cyperus reticulatus MEER ............ Slella,p Giustiftà; derit anna 1 daivecis CR “Hohe Rbonen, Rivaz. v Chapenneti HER, pievi. Brico entire paesini fix onod Sparganium valdense HEER .......... Sii crd cc... Monod Populus Leuce ROSsM. sp. .......... Enne IRE | ieri acri eo] piper amanti foco Uedeai SE I] TI VR N i ira I io crac dei PRU A NSOE ni nno RARO pe n E eichen berg. » laboprajila UNG, «.secniseors0e | abita co CSR MEOTICIZONO e svitare E + < — + +10 + 5 SLC n Salix macrophylla MEER ............ ie ne a a I | Hohe Rhbonen. Altsatteli B î Quercus furcinervis ROSSM. ........,. Bagnasco, NUGalo n era Pa enni MRalliconi (0 ii. iii er e SOR DENSI acini tsatte!, Bregenz iran Rc ii GUiiasrtoa cir è CRIOFODIMIIASONO: piccini Gosseua. viel ca ! ; Monod 5 ‘hi A SET OTIIA, {crime acne i vinàf decenza cala AIA ......_... Ri na E Oeningen, Albis ..... Babiswaldi.mnnnnnn ne Parschlug. smi ; a rs è dd € ì 1 a »__loncimto UNG.*, IRR i TO AE OT 00, ict. SBHohe Rbonen +... TI Locte -strriitinara ..| Sotzka, Ra J > TABA UNO. scad cool ii cicad] ae CSS PRE 0 | ii... | Ralligen, Monod=:; s#ateneni si: Petit Mont Locle. è A : 1 ì Schrotzbur x Platanus atP@Rineo Goro. | irrii A ORE I: .. .. Montajone, Val d’Arno.. v una 0 È a peer 8 pun n ei èrhosiiz | eb dali ng i Schossnitz. Carpinus prati ott, ....;i. b_n RR RIO; ;; 3. Monta;one, Siena ....................100... OR en Schrotzburg .....---.{- P hlug A Bg ti a e _.i oO a ene 45 pe arschlug. Fafus Deucalioni RO gianna | sini En ValediAnga,-Sinigrglia ....0ll...-.. incinte RR po vstaziamedefolia UiONgmeiinna | nuit] TOMO Iv | si in RR pere ttt gg;rgreidEiè>iè:ÒÙl ll Leoben MIO AE \ Schossnitz. Pianenn: Cregers EDT? Lernia Vaie cdrraani | Mecvebi DALLO NI MIEI». arci reti freguenzr iiziiiiiiinizio nici... Petit Mont Mpa Vici Sach “indole Bai piece ) Parschlug. brio ik n ed go CODER: RON irrita ivi SE SIRIMNRI Riti i in dar jul ii ali f (1) Vedi in fine la nota B. : 41 40 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE PER BARTOLOMEO GASTALDI 1 A | PIEMONTE ATTRE LOCNUITÀ D'ITUÎ pr SVIZZERA | GREGESIZA | Mioceno inferiore |Mioceno medio | Mioc. sup.” e Plioc. inf." Terziario superiore Mioceno inferiore Mioceno medio Mioceno superiore Terziario inferiore » Bea nanne è | Diospyros brachysepala A. BR... ..:::4 Lilia Torino . | PALGORO NACTIMPIANA UNO: 990 +0 0A Ti dora 09 COPIO SOTA N PR IL rn | Petit Montalto Haering. Sapotacites minor UNG. .... iui... l Morino ade I é&-»-»@-=ÀÌ-ÌÙUEÀ®ÈM:;ì*W»»»ht»+Lb. 00 (2 SZ SS; Sotzka, Radoboj. PIP AIOP UN: rn rita Sr PETITE sera | Dryandroides laevigata HEER ........ DERITRICO MELITO i | ®. DARKAGEGONE UNO! 1 Peroni te i liiiiienna nn Sci ETRO TT) POTRETE i ÙION5 «....++05 SRO EE Locle, Oeningen...... Haering, Sotzka. | Echatofnam Sophie WEBER? coil ire NR li È: Rbonen, Délemont .......| 00 Lacie... ccsbitenini Bonn (carbone). IIECEPE SONA GNUDIN + ne | Apocynophyllum helveticum HEER..... Nuacato . Farvesta - ARUPOTMEME PPORAJROA NG: I Sort mir DOMA, ei Bucangipte 0o68tnca UNG: sv venia Sotzka:, Haering. Berchema multinervis BRAUN. sp..... |........bsicti Ilex longifolia HEER................ Bagnasco. 4 ii eatii Rhamnus Rossmaessleri UNG......... DOO ei cricca na lritz, Lausanne, Monod .......|St-Gall ........| Berlimgen............ ° WWE GAID iS Pgpprsicibi veneti roriosti PRA Lo ti Li cati Grevia crenata UNG. sp. ......7..... IT e e en ai RE EI fohe Rhonen, Monod ..:0i:<10/] i. cicci. iii e] diri Trofayach (Stiria). Celastrus pedemontana HEER ......... Cadibona. È + Capellitttà MEER scoii.iniro bisi Sarzanello. Paliurus Sismondianus HEER ......... ie ll a Mc «}Parschiug. Sapindus falcifolius BR.............. PRIESRS E È > © coil ROTINO, cucgiagide pe vr OI Ci creo MRO PRODOT init E EI O SES Suiians nas idartnenti» Badlici corsia sin a » WIN SREENB. SD: seni. Beliortaabiiza alora ei E iii rin ri ii. baleri st, . PI RIM N PERDERAI DI e E urca D DIFIRERERINA ci LR, Bagnasco arance... Montajone.. oiuzrenti ci M:, Moncd ....« Be La Oeningen ........... Bilin, Swoszowice. A 7) O e PS MEbMGrARCOltO ........;. SHAMGEO <——-.. iis i lohe Rione... An Mt, Oeningen. Plerocarya Massalongi GAUD.--....... lr iirireri fe Sarzanello .... ....| Montajone. 1 PR in] PRI cal i MOIO vee] deh croce entire SRMBMINONE 54 rin vovvarisnio: ese sè CORRE RR pi ee Sotzka .... e .| Erdobenye. {Gatypima Unito.) sc; rei È STESTE i e se oli eee dalia Caulinites dubius HEER siii ARI I IERI MR LOFINO: = «sot eee iii ee; e Locle. 42 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Oltre alle filliti comprese nel soprascritto elenco, molte altre se ne scoprirono in Piemonte, e particolarmente a Stradella e Guarene. Quelle e queste verranno descritte e figurate dal sig. Cav. E. Srswonpa in una speciale Memoria cui da varii anni lavora, e nella quale tratterà di tutte le filliti terziarie del Piemonte, dotando la geologia del nostro paese di un’opera di cui è sentito il desiderio. Emerge intanto dal detto elenco esservi una certa correlazione fra l’assieme delle filliti della mollassa Svizzera e quelle del nostro mioceno, quando a questo si uniscano gli strati nummulitiferi e lignitiferi dei quali si è sinora parlato. E questa correlazione mi fu di non invalido argo- mento per decidermi a dividere il nostro mioceno in tre orizzonti cor- rispondenti a quelli della mollassa Svizzera, o meglio per comprendere nel mioceno gli strati nummulitiferi e lignitiferi di Dego, Carcare, Ponzone, Cadibona, Nuceto, ecc. L'’attento esame, cui vennero sottoposti in questi ultimi anni i ter- reni terziarii, ha fatto nascere, quasi direi, il bisogno di allargare i confini del mioceno, ed io credo non sbagliarmi dicendo, che aggiungere alla ricca fauna dei colli di Torino (Superga) quella degli strati di Carcare e di Dego, si è apprestare un gradino pel quale, in Piemonte, naturalmente si discende alla fauna eocenica. Mi si potrebbe dire che se questo gradino sta bene alla base del mioceno, potrebbe altrettanto opportunamente essere posto a capo del- l’eoceno. A tale questione non potrei altrimenti rispondere che col ripe- tere gli argomenti già esposti. D'altronde, essendo oramai ammesso da tutti che non vi ha separazione decisa fra terreni che si succedono, ma che tutti, dai più antichi ai più moderni presentano, sia dal lato stra- tigrafico che dal paleontologico, punti di congiunzione e di passaggio con quelli che immediatamente li coprono o loro sono sottoposti, la questione se gli strati di Carcare e Dego debbano unirsi al nummulitico od al mioceno perde non poco della sua importanza, e col toccarla io ebbi particolarmente in pensiero di richiamare su essa l’attenzione dei geologi. Ciò feci tanto più volentieri in quanto che altri strati in Italia, e massime nel Vicentino, sono ora studiati sotto a questo punto di vista, o per meglio spiegarmi certi strati del Vicentino, sinora generalmente considerati come eocenici, incominciano, per l’attento osservatore, a vestire i caratteri di miocenici. Fra essi devo particolarmente citare quelli nei quali il sig. Dottore PER BARTOLOMEO GASTALDI 43 A. Massatoxco ha testè scoperto resti dell’AnzAracotherium magnum. Questi resti, che consistono in parecchi denti affatto analoghi a quelli che incontransi a Cadibona, furono trovati a Zovencedo nella valle Liona in un banco di lignite che fa parte di una serie di strati sovrapposta al nummulitico. Assieme a quelli di Artracoterio si trovarono altresì avanzi di un Chelonio e di un Saurio, ittioliti, filliti, molluschi, ecc. Ecco cosa mi scriveva, in proposito di tale scoperta, il sig. Dottore MassaLonco nello scorso marzo : « La località di Zovencedo forma un piccolo seno isolato fra colline » nummulitiche. Il luogo in cui si trovano gli avanzi di Anthracothe- » rium consta dei seguenti strati, partendo dal basso: 1.° Basalte » decomposto; 2.° Peperite compatta; 3.° Peperite sciolta; 4.° Argilla » calcarifera con piriti ; 5.° Strato di lignite con AnzAhracotherium, » 6.° Schisto bituminoso con pesci e piante; 7.° Lignite; 8.° Argille » smettiche con cerithiwm e turritelle, ecc.; 9. Argilla marnosa; 10.° Ar- » gilla ferraginosa ; il tutto in stratificazione discordante cogli strati » nummulitici. Come Zovencedo, così sono gli strati di Chiavone, Salcedo » e Novale, dei quali ho parlato in molti scritti. A Zovencedo ho trovato » di recente, negli schisti che accompagnano le ligniti. coll’ Anthraco- » therium, le seguenti piante: » Araucarites Sternbergii; Daphnogene cinnamomifolia; Daphnogene » polymorpha; Eucalyptus oceanica; Eucalyptus Haeringiana; Banksia » longifolia; Banksia Morloti; Dryandra Brongniartii; Dryandroides » Hakeaefolia; Cinnamomum lanceolatum. » Nelle argille ho trovato il Cerithiwm lemniscatum, i Mytilus my- » tiloides, la Gryphaea Brongniarti (»vescicularis), Turritelle, etc. Queste » istesse piante e conchiglie si trovano a Salcedo e Chiavona cogli stessi » pesci. » Da quanto sopra si vede che nel Vicentino, e più particolarmente a Salcedo, Chiavona, Zovencedo, ecc., vi ha un’altra serie di strati di forma- zione fluvio-lacustre o litorale, sovrapposti al nummulitico , 1 quali, come quelli di Carcare, Dego, Ponzone, Cadibona, Nuceto , ecc. , hanno grande analogia colla mollassa inferiore Svizzera. La scoperta del sig. MassaLonco, cui la geologia dell’ Italia deve già molto, è tanto più importante in quanto che non solo accresce il numero delle località già note per aver servito di abitazione all’Antracoterio, ma prova sempre di più che questo animale si trova quasi esclusivamente nelle ligniti, od in altri termini, che questo ani- male aveva abitudini eminentemente palustri. 44 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE È singolare l’analogia che vi è fra gli strati marini a massi gigan- teschi di Mornese, Belforte, Miojola, Cadibona, Piana, Spigno, Superga, Rio-Dora, S. Raffaele, ecc. ed il terreno erratico. Questa analogia la cui importanza cresce se si considera, che entrambi questi depositi, cioè l’erratico e gli strati miocenici a grandi massi sono enormemente sviluppati in Piemonte e che il ghiaccio — sia quando in forma di immense colate occupa i valloni che si aprono fra monti più o men alti, a seconda della varia latitudine, sia quando in pezzi ed in forma di zattere viaggia galleggiando sui mari — è il più potente agente di trasporto dei trovanti. Questa analogia, dico, induce a credere che quei due depositi fra loro sì differenti siensi operati sotto l'influenza di fenomeni se non iden- tici, in parte almeno analoghi; in poche parole induce a credere che l’erratico essendo l’opera diretta dei ghiacciai, l’azione di essi non sia affatto estranea al deposito degli strati in discorso. I limiti in cui è ri- stretta questa Nota non mi permettono di corroborare con ragionamenti e congetture questa idea, lo sviluppo della quale sarà oggetto di speciale lavoro. La vista intanto di tante località in cui il fenomeno, veramente sorprendente di massi giganteschi contenuti in strati marini, sì presenta in grande scala; le replicate osservazioni che in questi ultimi anni io non cessai di fare sulla collina di Torino, ove tale fenomeno non è meno interessante che negli apennini, mi hanno quasi interamente fatto ab- bandonare l’idea che la maggior parte dei trovanti sparsi sulle sommità di Superga, dell’ Eremo, della Maddalena, di S. Raffaele, ecc., appar- tengano, come lo asseriva nella Memoria stampata nel 1850 (1), al ter- reno erratico (2). Registrerò nel mioceno inferiore, oltre ai fossili di Cadibona; Sassello, Cairo, Bagnasco , Perlo e S. Michele-Mondovì, una Emys trovata nell’anno scorso dal sig. Avv. G. MicueLorti a Monte-Acuto (dal sig. PereRs chia- mata Emys Michelotti) in territorio di Pareto, ed una piastra di Zyyonix rassomigliante per la sua grandezza a quella figurata dal sig. Prerer nella tav. XXI della sua Monografia dei Chelonii della mollassa Svizzera. Mioceno medio. Prendo per tipo del mioceno medio la collina di Torino (Superga). (1) Bulletin de la Soc. Géol. de France 2.me série , Tom. VII. (2) V. in fine la nota C. PER BARTOLOMEO GASTALDI 4 5 Li strati marini di tale terreno non sono però limitati a questa re- gione, ma si estendono alle colline di Albugnano, Pozzuolo del Groppo, Ovada, Acqui, Ceva, Mondovì, ecc. Tutti conoscono l’analogia che vi è fra la fauna contenuta negli strati della nostra collina, e quella del bacino di Bordeaux e di Vienna in Austria. Noterò nel mioceno medio una porzione di scheletro di Cetaceo? con- sistente in 12 vertebre consecutive e varie coste, scoperta nel 1855 dal sig. Gioanni Vorpato, Prof. di disegno, in un suo fondo posto sulle al- ture di Montolino in territorio di Pino Torinese; è il primo mammifero fossile che siasi rinvenuto sulla nostra collina; esso fa parte della collezione del R. Instituto tecnico. Mioceno superiore. Gli strati del mioceno superiore si adagiano sulle falde delle colline di Torino, di Albugnano, di Tortona, di Ovada, di Acqui, ecc. Sono concordanti con quelli del mioceno medio, ma meno inclinati, e tutti marini, all’eccezione di alcune gessaie dell’alto Astigiano. Termi- nano superiormente coi gessi di Moncucco, di Castelnuovo d’Asti, di Voghera, Tortona, Acqui, ecc., i quali costituiscono un orizzonte ben definito. I bei fossili di Castelnuovo d’Asti, del Tortonese, di Albenga, ecc., hanno molta analogia con quelli del mioceno medio, ben poca con quelli del plioceno. Plioceno e Pleistoceno. Noto da lungo tempo a tutti i paleontologi per la quantità e bellezza de’ suoi fossili, il plioceno del Piemonte posa orizzontalmente sul mioceno superiore non elevandosi guari al di là di 220 metri sul livello del mare. Gli strati marini, di cui consta in gran parte, passano insensibil- mente alle alluvioni plioceniche. Queste sono composte generalmente di ghiaia grossa e minuta, e di sabbia sovente purissima, e contengono molti resti di Mastodonte (1), di Elefante ed alcuni anche di Rinoce- ronte e di Ippopotamo. Sono sovrapposte, senza interruzione, agli strati marini, e si imme- desimano per così dire con essi; si è d’altronde trovato nell’Astigiana , come già dissi, un dente di Mastodonte cui aderisce un’ Ostrica (2), iguiiatenalIena:e nana ceo nea III Renee ce _——__0_ cc (1) Vedi in fine la nota D. (2) Questo dente pare sia andato perduto, poichè esso più non esiste nella collezione del siy. Ab. SorTERI (ora deposta al Collegio Nazionale della sezione Monviso) di cui faceva parte, se 46 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE ed io non le avrei separate da quelli, smembrandole, per così dire, dal plioceno, se esse non passassero a grado a grado a strati di argilla, di marna, e di calcare grossolano costituenti un vero fondo di palude, e racchiudenti molti resti di ruminanti, di solipedi, di roditori, una fauna cioè che ha maggiore analogia colla nostra, e fors'anco con quella di regioni più fredde. Infatti nel calcare grossolano sopra citato, e ad un'al- tezza di 250 metri circa sul livello del mare, si scoprì nel 1846 presso Ferrere (Asti) un teschio intero ed alcune ossa di un Arctomys somi- gliantissima a quella oggidì vivente sulle nostre alpi. Quel teschio trovasi ora nella collezione del R. Instituto tecnico ed il Museo mineralogico ne possede un altro proveniente dagli stessi strati. Corrispondono probabilmente a questo orizzonte li strati nei quali a Borgo ‘d’Arena, posto sulla destra del Po, a valle di Pavia, le acque del fiume hanno messo allo scoperto i teschi di Cervus ewricerus e di Bos urus descritti dal Borsown, e li strati dai quali lo stesso fiume staccò il molare di Elephas primigenius trovato fra Moncalieri e Carignano (1). Il terreno pleistoceno è estesissimo in Piemonte. Darò qui, togliendola in parte dalla Memoria pubblicata dal Borson nel 1830, la lista delle località in cui trovaronsi resti di Proboscidei. Chieri, presso la villa Morelli — Una difesa. Ferrere — Molari e difese di 7. arvernensis. Buttigliera d'Asti — Molari, difese e probabil- Asti — Porzione di cranio ed altri ossi. mente parte dello scheletro di un Elefante. Rocchetta Tanaro — Molari di 7. arvernensis. Moncucco — Difesa ed ossi. Nizza della Paglia — Molare di Elefante. Castelnuovo d’Asti — Ossi. Sommariva del Bosco — Ossi di Mastodonte. Villanuova d’Asti, Villafranca d’Asti, S. Paolo, Castelnuovo-Caleca — Molari di 7. arvernensis. e Solbrito — Scheletri di 7etralophodon Felizzano — Molare di Loxodon meridionalis. arvernensis; molari di Zrilophodon Borsoni; Nizza marittima — Ossi. mandibole e molari di Zoxodor meridionalis Godano (Liguria) — Difesa. e antiquus. Tra Moncalieri e Carignano — Molare di £, Monale — Molare di 7. arvernensis. primigenius. Cortanzone — Ossì. Non avendo avuto occasione di studiare le breccie ossifere di Nizza non aggiungerò osservazioni alle molte, da distinti geologi, su esse fatte. Avrei però desiderato disporre del tempo necessario a studiare tutti gli (1) Da informazioni degne di fede mi consta che il molare, di cui è parola, fu trovato sulle ghiaie del Po verso il 1840. Vicino a questo molare ve ne era un altro molto più grosso, che venrfe lasciato sul sito a motivo del suo peso e perchè creduto un oggetto che non poteva interessare alcuno. I paleontologi hanno sinora opinato che VE. primigerius, frequentissimo in Siberia, in Russia, in Germania ed in tutto il nord dell’ Europa, mon abbia vissuto al di qua delle Alpi. Perciò la scoperta, sulle sponde del Po, di un molare di detta specie, è un fatto che merita di essere segnalato. ‘PER BARTOLOMEO GASTALDI 43 i interessanti fossili di quelle breccie che i sig.' Professori VerANnY e Perez vollero, per tratto di cortesia, comunicarmi, e dei quali sono forzato a non registrare che i. principali. Catalogo dei vertebrati fossili trovati in Piemonte. Eoceno. Paleotherium curtum Cuv., Nizza marittima. Mioceno inferiore. Anthracotheriummagnum Cuv., Cadibona, Cairo, Nuceto e S. Michele-Mondovì. » minimum Cuv., Cadibona. Amphytragulus communis AYMARD Anthracotherium minutum BLAINV. Rhinoceros incisivus Cuv., Perlo. » minutus Cuv., Nuceto. Merycopotamus? Ceva. Emys Michelottii PerERS, Pareto. Tryonix, Nuceto. » altra specie, Miojola. Carcharodon megalodon AG., Gassino, Robella. » crassidens E. Sism., Gassino. » productus AG., Gassino. » heterodon Ac., Robella. Otodus sulcatus E. Sism., Gassino. Oxyrhina hastalis AG., Gassino. » isocelica E. Sism., Gassino. » Desori Ac., Gassino. » = minuta Ac., Gassino. Lamna undulata E. Sism., Gassino. » contortidens AG., Gassino. » dubia Ac., Gassino. Mioceno medio. Cetaceo? Pino Torinese. Sphaerodus Polyodon E. Sism., Torino. » cinctus AG., Torino. Trigonodon Qweni E. Sism., Torino. Acanthias bicarinatus E. Sism., Torino. Corax pedemontanus E. Sism., Torino. Carcharodon polygirus AG., Torino. Oxyrhina hastalis AG., Acqui. » —complanata E. Sism., Torino. » plicatilis AG., Torino. » aiphodon Ac., Torino. » disocelica E. Sism., Torino. » basisulcata E. Sism., Torino. Cadibona. Lamna cuspidata AG., Torino. » elegans Ac., Torino. Notidanus gigas E. Sism., Mondovi. Galeocerdo aduncus AG., Torino. Mioceno superiore. Cheirotherium apenninitum BRUNO Manatus Brocchii BLAINVILLE Halitherium Serresi GERvAIS Cobitis centrochir AG., Guarene. Lebias crassicaudus AG., Guarene. Corax pedemontanus E. Sism., Montiglio. Monliglio. Plioceno. Balena? Bagnasco. Tryonix, S. Stefano, Roero. Chrysophrys Agassizi E. Sism., Astigiana. Sphaerodus cincius AG., Astigiana. Myliobates angustidens E. Sism., Baldichieri. Pleistoceno. Alluvioni plioceniche. Tetralophodon arvernensis, Astigiana. Trilophodon Borsoni MAYs; Astigiana. Loxodon meridionalis NesTI, Astigiana. Euelephas antiquus, Astigiana. Rhinoceros leptorhinus CUv., Astigiana. Hippopotamus major NESTI, Astligiana. Strati superiori alle alluvioni plioceniche. Cervus eurycerus Hip., Arena. Bos urus, Arena. Cervus | , : ia Bosi o_I parecchie specie, Astigiana, Equus, Asligiana. Arctomys, Astigiana. Elephas primigenius, Carignano. Breccie ossifere di Nizza. Elephas, Rhinoceros, Hippopotamus, Felis, Ursus, Canis, Cervus, Antilope, Testudo, Larus. Caverna di Cassana. Felis, Cervus, Ursus spelaeus BLUMENB. Considerazioni sulle ligniti e sui fossili che in esse si trovano. Nel sovrascritto catalogo sono registrate quattro specie di Pachidermi, una di ruminante ed una di rettile chelonio trovate nelle ligniti di Cadibona, 48 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE di Nuceto, di Perlo e di S. Michele-Mondovì. Conviene aggiungere che i resti dello AntAracotherium magnum sono, massime a Cadibona, molto comuni, locchè fa vedere che un numero considerevole di individui di questa specie abitava il luogo in cui depositavansi gli strati di lignite. La presenza di questi animali in tali strati non è tanto una curiosità scientifica ed un oggetto di studio e di meditazione pel geologo, quanto un argomento non ispregievole della ricchezza degli strati stessi. Vi hanno nei diversi ordini dei terreni che compongono la superficie della terra parecchi orizzonti di combustibili minerali, due dei quali, meglio noti degli altri, sono gli strati di litantrace del carbonifero e le ligniti del terziario. Nelle argille schistose e nelle arenarie che accompagnano il litantrace , trovansi frequentemente impronte di foglie, più raramente frutti, e qualche volta interi tronchi. Tali impronte sono conservatissime, talchè dopo la flora moderna, quella del terreno carbonifero è forse la più conosciuta, epperciò anche la più ricca. È fuori dubbio che la massa del combustibile fossile è composta degli stessi vegetali di cui s’ incontrano le impronte negli strati che lo racchiu- dono. In certe località il litantrace pare siasi accumulato in bacini lacustri, ma più spesso ha i caratteri di un deposito di acqua salmastra operatosi in estuarii od imboccature di grandi fiumi o sopra terre basse, allagate alternativamente da acque dolci e da salate; in poche parole, gli strati litantraciferi possono chiamarsi depositi fluvio-marini o litorali. E litorali sono pure alcuni strati di lignite; la maggior parte però di essi consta di depositi fluvio-lacustri o continentali. Tali sono le ligniti dell’argilla plastica in tutto il bacino di Parigi e quelle che accompagnano il bitume a Bechelbronn e Lobsann nel Basso-Reno. Sono pure depositi di acqua dolce le ligniti di Menat nell’Alvernia, e quelle di Haering nel Tirolo; e le marne che alternano coi gessi di Aix in Provenza, tanto conosciute per la quantità di impronte di piante, di pesci d’acqua dolce, di ditteri e di lepidotteri che contengono, fan parte del sistema di strati in cui scavansi le ligniti di Manosque e di Forcalquier nel dipartimento delle basse Alpi, di Apt e di Methamis in quello di Valchiusa. Le ligniti di Gaudey e Delemont presso Losanna, di Oron (Vallese), di Hohe Rhonen (Zurigo), sono anch'esse depositi fluvio-lacustri e nei calcari che con esse alternano sono frequentissimi 1 Planorbdi, le Limnee, gli Unio e le Paludine. Queste ligniti rassomigliano alle nostre, non solo per l’identica natura . PER BARTOLOMEO GASTALDI 49 e posizione geologica, ma perchè in esse trovasi non di rado, come già dissi, l'Anthracothéerium. In tutte queste località, come pure a Cadibona, Nuceto, ecc. in Piemonte, le ligniti ed i banchi fluvio-lacustri che le accompagnano sono bensì incassate fra strati marini, ma formano quasi sempre depositi con- siderevoli per la loro potenza ed estensione. Come nelle argille schistose e nelle arenarie che alternano col litan- trace, così in quelle che fan parte del terreno lignitifero s' incontrano frequenti le impronte di piante. La flora di quest'epoca non è tanto diversa dalla moderna; come lo è quella del terreno carbonifero, e se in alcuni strati lignitiferi le Monocotiledoni e le Acotiledoni paiono costituire la pressochè intera massa del combustibile, in altre dominano le Dicotiledoni. Da quanto abbiam detto si arguisce che all’epoca terziaria e massime nel tempo in cui depositaronsi gli strati miocenici vi era sul nostro con- tinente una serie di laghi in cui venivano ad accumularsi, trasportate dai fiumi e dai torrenti, le piante, che attorno ad essi crescevano; 0 forse meglio, vi era una serie di vaste paludi e di stagni posti in vicinanza del mare, nei quali piante erbacee ed arboree crescevano, morivano, si accumulavano e venivano quindi coperte dalle alluvioni. Se dalla frequenza dei punti in cui oggidì si scava la lignite, se dalla varia ma sempre considerevole potenza che gli strati di essa presentano vogliamo giudicare della vastità dei bacini in cui si è deposta, conchiu- deremo che essi erano molto estesi e che il suolo emerso era coperto da lussureggiante vegetazione. In Piemonte gli strati miocenici lignitiferi occupano una zona compresa fra la valle del Tanaro e quella di Gavi o del Lemmo. Forse sì estendono più oltre verso il Tortonese e la frontiera deì Dueati; il petrolio che sca- turisce nei dintorni di Voghera è un indizio della probabile vicinanza di banchi di combustibile. Verso il Mediterraneo, a Cadibona, è dove il banco di lignite giunge, a quanto pare, al maximum di potenza (4 metri). A Stella e S.* Giustina ricompaiono gli indizi del combustibile, indizii che si ritrovano a Celle, a livello del mare. Sulla riviera di levante si scopersero banchi di lignite nelle provincie di Chiavari e di Levante; a Sarzanello sulla frontiera di Modena essi hanno un metro e più di spessore. Questi banchi si estendono sino ad unirsi a quelli, già conosciuti per la loro importanza, della maremma toscana. 4 Per 320 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE L'esistenza di vasti bacini fluvio-lacustri o palustri si manifesta altresì sul finire dell’epoca pliocena coi depositi del Val d’Arno, della valle di Varo (Godano) e di Magra (Olivola) (1) e degli strati a pachidermi nell’Astigiana, colla differenza che in quest'epoca la vegetazione non tro- vandosi più così sviluppata e rigogliosa, come nell'epoca miocena, sono rari 0 poco importanti i banchi di lignite che le appartengono. Altri strati più recenti di combustibile fossile s'incontrano in Piemonte; voglio parlare delle ligniti o legni alterati che trovansi al disotto del ter- reno diluviale a Lanzo; Maggiora, Boca, Gifflenga; ecc...Appartiene forse a questo orizzonte la lignite di Leffe nel Bergamasco. Analoghi strati vennero scoperti in Savoia (2), a Pont-Beauvoisin, a Bourgoin ed altrove in Francia (3). La massa di queste ligniti pare si componga in Piemonte di Castagni, in Savoia ed in Francia di Abeti, Pioppi, Betule, ecc. Abbiamo, in piccolo, nei depositi più recenti ancora che chiamansi torbiere un’accumulazione di combustibile, che rassomiglia per più aspetti agli strati di lignite. Dette torbiere sono ‘depositi di acqua dolce e che tengono del lago e della palude; esse presentano una massa considerevole di combustibile composto generalmente di piante erbacee, ma da cui non sono escluse le arboree (4); in esse s'incontrano frequentissimi li stessi generi di conchiglie che caratterizzano generalmente le ligniti terziarie Unio, Paludina, Helix, Bulimus, ecc., ed in alcune non sono rari i resti di animali vertebrati. La torba, spugnosa, imbevuta d’acqua non è certo un combustibile da paragonarsi alle ligniti del mioceno e dell’eoceno; però se l’uomo invece di estrarla per servirsene, la lasciasse ove sì trova, a poco a poco si coprirebbe di uno strato più o meno potente di allu- vione. Così coperta la torba, la sua temperatura, che è ora ad un dipresso quella dell’aria ambiente, diverrebbe tanto più elevata, quanto maggiore sarebbe lo spessore dello strato alluviale, e sotto l'influenza di questa temperatura, della pressione e dei secoli essa cangierebbe natura e pren- derebbe qualità analoghe a quelle della lignite. Per farsi un'idea dei depositi moderni di combustibile simili per le (1) Coccni. Description des roches de la Toscane. Bull. de la Soc. Géolog. de France, 2.>me série, tom. XIII, pag. 282. (2) Renpu. Apergus géologiques sur la vallée de Chambéry. (3) FournET. Note sur les lignites tertiaires de la Tour du Pin (Isère ). Bull. de la Soc. Géolog, le France, 2.ème série, tom. XI. (4) Vedi in fine la nota E. e PER BARTOLOMEO GASTALDI DI loro proporzioni a quelli che si operarono nell’epoca miocena conviene ricorrere colla mente a quanto oggidì succede in alcune regioni del- America settentrionale nelle quali il Dott. Rrcnarpson ha indicato « vani laghi che si vanno colmando a poco a poco di terra e di tronchi d’alberi trasportativi dai fiumi. Il lago degli schiavi per esempio ( great-slave-lake ) e quello di Athabasca sono coperti al momento dello sciogliersi del ghiaccio, di legnami strascinativi dalle correnti; se ne vedono banchi di più mi- riametri quadrati che prima del nuovo inverno vanno a fondo e sono poi coperti di sabbia e di fanghiglia quando succede una nuova piena (1). » Oppure conviene aver presente ciò che ha luogo nelle vaste regioni allagate dal Gange, dal fiume Giallo, dalle Amazzoni, dal Mississipi, ecc. ove tutti gli anni, all’epoca delle piene si deposita una quantità enorme di piante che i tributarii di quei gran fiumi svelgono e trasportano dalle elevate regioni da cui discendono. Sono celebri i rafts del Mississipi specie d’immense zattere di alberi che discendendo pel fiume ed arrestate nel loro cammino da banchi, stretti od altri ostacoli si accumulano sino a formare ponti naturali larghi parecchie migliaia di metri, e sui quali, quando stragrandi escrescenze non vengono a romperlì, nasce; cresce e vegeta rigogliosa un'altra generazione di piante. Una parte di queste zattere sì sofferma sulle basse pianure che fian- cheggiano il fiume, o si disperde sui laghi e le sterminate paludi che per 8 gradi di longitudine si estendono a levante ed a ponente dell’im- boccatura e vi rimane sepolta dalle alluvioni. Una parte giunge sino al Delta, ove; in seno al mare, si depositano a certe epoche ingenti quan- tità di piante, preparando per le generazioni a venire magazzeni di combustibile fossile. « Au dessous de Natchez [scrive Michel CnevaLIER (2)] on ne trouve » plus dans le lit du Mississipi qu'un mélange de vase et de sable blanc » réduit en poudre presque impalpable. C'est avec cette vase et ce sable » que sont liés les arbres de derive qui composent en très-grande partie » le sol de la vallée, depuis le sommet du Delta jusqu’à la mer. Ce terrai, » mal assis, change d’aspect tous les jours. C'est que sur 100 ou 120 » kilomètres le Mississipi est porté par un véritable radeau flottant. » (1) CoLLecno. Elementi di geologia, pag. 64. (2) Citato dal sig. E. pe BEAUMONT nelle sue Legons de géologie pratique. 52 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Prima di abbandonare questo argomento farò cenno di un fenomeno, il quale, quantunque ben noto in geografia fisica, non ha minor impor- tanza per la stratigrafia. Un certo numero di alberi trasportati nel golfo del Messico dal Mississipi e da altri fiumi che vi immettono, entrano nel campo di azione della corrente chiamata Gw/f-Stream. Viaggiando con essa girano il capo della Florida, rimontano la costa orientale dell'America del nord sino al banco di terra nuova, e di qui volgendo all’est atterrano sulle coste dell’ Islanda, della Norvegia e :dello Spitzberg, arrecando agli abitanti di quelle terre, in cui non havvi vegetazione arborea, preziosi materiali di costruzione. Parecchi di tali tronchi non compiono intero questo viaggio, e riman- gono per strada arenati sui banchi o costretti ad affondare dal peso del- l’acqua assorbita. Non solo il Gu/f-Stream, ma tutte le correnti marine che radono coste su cui apronsi imboccature di grandi fiumi trasportano al largo e disperdono sulla superficie del mare un certo numero di tronchi arborei; talchè, se per l’azione del fiume ha luogo all'imboccatura del Mississipi un continuato deposito di combustibile, per l’azione delle correnti marine operansi analoghi ma dispersi e parziali depositi, consistenti in tronchi isolati od in gruppi ristrettissimi di legnami. Noi abbiamo veduto che i depositi moderni di combustibile hanno luogo principalmente in laghi, in stagni, sulle sponde ed alla imboccatura di grandi fiumi. Nel primo caso essi sono lacustri o palustri; nel secondo fluviali o fluvio-marini, non mai prettamente marini o direi meglio pelagici, se non quando trattasi di tronchi trasportati dalle correnti marine. Lo stesso pare sia avvenuto pei depositi di combustibile che ora costituiscono le ligniti. Io già enumerai le località in cui hanno caratteri lacustri e fra queste citai le nostre ligniti di Cadibona, di Nuceto, di Perlo, di S. Michele-Mondovì. Tali caratteri consistono nella frequenza dei molluschi di acqua dolce e degli ossami di vertebrati terrestri che s'incontrano nella loro massa stessa o negli strati che le accompagnano e nell’assenza assoluta di fossili marini. In altre località le ligniti sono depositi misti, fluvio-marini cioè o lito- rali. Tali sono le ligniti di Monte-Bamboli (1), Monte-Massi, Caniparola, ecc. in Toscana. Ivi gli strati di combustibile fossile alternano con calcari (1) Vedi in fine la nota F. PER BARTOLOMEO GASTALDI — 53 fetidi, argillosi, contenenti in copia moduli ed impronte di Mizilus, Cardium, Pecten, Buccinum e frammiste a queste spoglie marine, ossa di vertebrati terrestri, gusci di Urio (a Caniparola), foglie di Palma, di Saleio, di Ontano; di Castagno; Lauro, Pioppo; ecc. (1). Quantunque nelle ligniti di Sarzanello: non siansi ancora scoperte che impronte di foglie e di molluschi i quali non poterono essere determi- nati a motivo del pessimo stato di conservazione in cui sì trovano, tuttavia queste ligmiti per essere molto vicine a quelle della Toscana, colle quali hanno d’altronde comuni molti caratteri di giacitura, vanno per ora altresì annoverate fra quelle di formazione /luvio-marina 0 litorale. Analoghe ligniti si scopersero in Savoia, non però nel mioceno ma bensì nel sottostante eoceno. In proposito di tali ligniti il sig. De Moneitan, Direttore del museo di Annecy, mi scriveva: « En Savoie nous avons des lignites dans le nummulitique. Ils sont » surtout développés à Pernant, au Petit-Bornand, à S.' Ferréol et è » Entrevernes. Ces lignites sont litoraux. En effet ils contiénnent des » Natica, des Chemnitzia, des Cerythiums, des Fusus, des Cytherea, des » Cyrena, en tout 12 espèces intimement liées aux lignites et appar- » tenant aux genres d’eau saumatre. » Il y a plus, à Entrevernes où le lignite est le plus puissant, au milieu » de la couche de combustible, se trouvent en abondance des Planordis » et des Pisidium, genres essentiellement d’eau douce. » Ho accennato alla distinzione fra le ligniti lacustri e quelle litorali, perchè tale distinzione può avere in alcuni casi una certa importanza geologica. Però industrialmente parlando, essa non è di gran momento, poichè si hanno esempi di depositi di combustibile egualmente ricchi, sia che essi appartengano. alla prima che alla seconda categoria. D'altronde è facile capire che vi ha fra dette categorie una quantità di punti pei quali esse si toccano, presentando in tal modo un insensibile passaggio dall’una all’altra. Così il bacino lignitifero di Val Tanaro è essenzialmente lacustre; quello di Cadibona è anche tale, ma a Cairo, a pochi chilom. da quest’ultima località, si trovò un banco di combustibile racchiuso fra strati contenenti promiscuamente resti di Antracoterio, e di Chelonii e gusci di Myzilus, di Cyrena e di Cerithium. (1) Sopra i carboni fossili dei terreni mioceni della maremma Toscana. Memoria del Professore Cav. Paolo SAVI. Pisa, 1843. 54 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE Rimane in ogni caso fuori dubbio, che in tutti i depositi di lignite conosciuti per la loro ricchezza si trovarono, in più o meno grande quan- tità, fossili terrestri (1), sia che tali depositi appartengano alla formazione lacustre, sia che appartengano a quella litorale. Animali terrestri hanno infatti potuto lasciare le loro spoglie, o queste hanno potuto essere tra- sportate dalle acque, sia in riva a laghi e paludi, che sulla sponda del mare e negli stagni che fiancheggiano le grandi imboccature dei fiumi. Onde giovami ripetere quel che enunciava in principio di questo capitolo, essere cioè la presenza di fossili terrestri in un dato banco di combustibile un non isprezzabile indizio della sua estensione e potenza. Basta infatti la presenza di tali fossili, e meglio la loro frequenza, per far vedere che quel deposito si trova nelle stesse condizioni di quelli già conosciuti per la loro ricchezza, e per dargli un carattere di conti- nentalità, qualità indispensabile perchè uno strato di combustibile possa ragionevolmente supporsi di qualche estensione. Con ciò non voglio già asserire che, il trovare uno o più fossili terrestri nell’affioramento di un banco di lignite, basti per dimostrarne la estensione e la potenza; voglio piuttosto mettere in guardia coloro, che, su un indizio qualunque di combustibile fossile, sono pronti ad abbandonarsi a fallaci speranze senza prima farsi sicuri della formazione cui appartengono gli strati nei quali quell’ indizio di combustibile venne incontrato. Così su indizii anche di una certa importanza si spesero inutilmente non lievi somme alla ricerca di ligniti in alcuni siti delle nostre colline, del Monferrato e dell’Apennino ligure, senza prima osservare che le ricerche erano fatte in terreni di formazione puramente marina epperciò con poca o niuna speranza di riuscita. In questi terreni la presenza di una massa di lignite è indizio non di uno strato continuato ma di un deposito accidentale di uno o più tronchi di albero trasportati in alto mare dalle correnti. La più leggiera osservazione fa vedere che queste masse, grandi o piccole, di lignite portano quasi sempre con sè evidenti traccie del teredo, genere di molluschi perforanti, il quale prese un grande sviluppo sin dall’epoca eocena e miocena. Questo mollusco conserva oggidì le stesse abitudini. Compagno inse- parabile di ogni tronco d’albero o pezzo di legname che abbia per qualche (1) V. in fine la nota G. PER BARTOLOMEO GASTALDI 55 tempo galleggiato sul mare, non si separa da esso se non dopo di averlo in ogni senso perforato. In tutti i mari esso è .il più terribile distruttore delle navi e delle dighe in legno. i Il suolo del Piemonte non racchiudendo , oramai se ne ha la certezza, strati di litantrace ; siamo costretti di procurarci all’estero questo prezioso fra i minerali, e niente può meglio provare la crescente industria del nostro paese; che le cifre indicanti la importazione di tal combustibile. Egli è vero che questa importazione aumenta non solo in ragione della sviluppatasi industria, ma altresì della deficienza ognor più sentita di combustibili vegetali: deficienza che dobbiamo al barbaro sistema fra noi invalso di condurre i tagli delle foreste ed alla smania da parecchi anni destatasi di sradicare alla cieca ogni sorta di boschi. In poco più di un mezzo secolo noi abbiamo in gran parte manomesso il cospicuo patrimonio lasciatoci dai nostri avi in piante di alto fusto ed in cedui, e siecome niente abbiam fatto per riformarlo, lascieremo ai nostri figli, colla cresciuta industria, le montagne e le colline spoglie di piante, le prolungate siccità susseguite da terribili e repentine innondazioni, e la necessità di spendere sempre maggiori somme nell’ acquisto di com- bustibili fossili. E sì che il suolo del Piemonte il quale, a partire dal livello del mare si eleva con gradazioni or più or meno sentite sin molto al disopra di ogni vegetazione, potrebbe colle sue foreste di variatissime piante, qualora vi fossero con qualche regola coltivate, sopperire se non a tutti i nostri bisogni, compensarci in gran parte della mancanza del carbon fossile. L’ antracite si incontra in qualche luogo sul nostro versante delle alpi. Abbiamo alla Thuile in val d’ Aosta tre miniere di questo combustibile, le quali in questi ultimi anni non produssero che poche tonnellate; se ne scopersero recentemente indizii nell’ alta valle del Tanaro. Quell’ammasso spugnoso di vegetali per lo più erbacei che chiamasi torba è un deposito speciale alle regioni umide e fredde, ed è probabile che le nostre principali torbiere, quelle di Avigliana, di Ivrea e di Mercurago presso Arona datino dall'epoca in cui i ghiacciai delle Alpi erano di molto più estesi che ora nol siano. Nelle condizioni climateriche 56 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE in cui viviamo, la torba più non si forma nelle qui sopra citate torbiere o non si forma che in modo estremamente lento (1). Essa da alcuni anni si estrae e si utilizza in grande scala, e rende a parecchie industrie segnalati servizii. Però, se si considera che i suoi depositi, ristretti in speciali e limitati bacini, non sono, massime per potenza, gran che considerevoli, e che essa più non sì riproduce; se si tien conto della gran quantità di tale combustibile che da qualche tempo si estrae, si può temere che da qui a non molti lustri le nostre più ricche torbiere siano esauste, o che il loro prodotto diminuisca di molto. Oggidì i permessi di estrarre torba si estendono ad Avigliana, Ivrea e Mercurago su 190 ettari e danno in media 40000 tonnellate di torba all’ anno. Oltre a queste, sonovi in Piemonte parecchie altre regioni in cui si conoscono strati di torba ; ma se da una parte essi sono molto estesi in superficie, la loro potenza è ordinariamente assai piccola. Infatti nella Notizia testè stampata dal sig. Comm. Despine (2) non trovo, all’ infuori delle menzionate località, altre concessioni che quelle di Scalenghe (Pinerolo), Garlasco (Lomellina), Beinette (Cuneo) e Revello (Saluzzo), il prodotto delle quali non ascende annualmente ad 800 tonnellate. Debbo però dire che non essendosi sinora fatto alcun lavoro sulle torbiere del Piemonte, mancano i dati per farsi un'idea precisa sull’av- venire di esse (3). È un combustibile di cattiva qualità quello che danno gli strati di lignite fibrosa e di tronchi arborei poco alterati (charbons fewilletés di O. Herr), posti al disotto del terreno diluviale a Lanzo, nel Biellese e nell’alto Novarese. La grossezza di tali strati è d’altronde poca, ed a queste cause deve forse attribuirsi la insignificante coltivazione che si fa di questa lignite. Giova però sperare che si finirà per trovarne uno strato di mediocre qualità e potente come quello che si coltiva a Leffe nel - (1) Nelle torbiere della Svizzera vi vuole in media un secolo perchè si formi un piede di torba (HEER les charbons feuilletés de Durnten et d’ Utznach). Questo dato corrisponde, ad un dipresso, a quanto dice in proposito delle torbiere di Poisi in Savoia il sig. DE MORTILLET (Notes sur les combustibles minéraux de la Savoie), nelle quali si sarebbero, a quanto pare, formati 2 metri di torba in 1000 anni, cioè, in media, 20 centimetri in un secolo, 2 millimetri in un anno. (2) Notice statistique sur l industrie minérale des Etats Sardes. Turin, 1858. (3) Le più volte nominate torbiere di Avigliana, Ivrea e Mercurago sono un fenomeno geologico di molta importanza. La loro estensione diminuisce rapidissimamente e sarebbe a desiderarsi che un botanico si occupasse a determinarne la Flora prima che scompaiano affatto o siano quasi esauste. PER BARTOLOMEO GASTALDI cip Bergamasco. Vi sono attualmente 6 concessioni di questa lignite, il pro- dotto annuo delle quali non giunge guari alle 200 tonnellate. Il vero combustibile fossile del Piemonte sono le ligniti del mioceno; le vere sue miniere sono oggidì Cadibona, Nuceto e Sarzanello. La miniera di Cadibona, mercè l’intelligente attività con cui è con- dotta dal sig. Marchese PaLravicini giunse a produrre più di 25 mila tonnellate all’anno di combustibile, cifra cui non è a supporsi possano mai giungere le altre due. miniere di Nuceto e di Sarzanello. Onde se volessimo stabilire un maximum probabile della produzione delle tre miniere riunite, esso potrebbe tutt'al più fissarsi fra le 4o e le 45 mila tonnellate, cifra ben piccola pei bisogni del nostro paese, se si pensa che nei due anni 1856 e 57 l'importazione del solo litantrace superò le 200 mila tonnellate. i Fortunatamente la zona lignitifera è, come già si è detto, molto estesa, e vi ha luogo a credere che si scopriranno altre miniere capaci di dare abbondanti prodotti. Da qualche tempo il prezzo, sempre crescente dei combustibili, ha indotto parecchi capitalisti e società ad intraprendere serie ricerche, alcune delle quali ebbero buoni risultati. Queste ricerche dovrebbero, parci, essere promosse e rese più facili dai Comuni o meglio dalle Provincie poste nella zona liguitifera, ed i sacrifizii che perciò dovrebbero fare non sarebbero. senza corrispettivo, poichè se la scoperta di una ricca miniera è un vantaggio per lo Stato, essa ridonda in utile più diretto della Provincia in cui si trova la miniera. La carta geologica della Francia, eseguita e pubblicata dai sig.' E. De Braumonr e Durrénoy è un insigne monumento eretto alla geologia considerata piuttosto come scienza speculativa che come scienza di appli- cazione. Ma praticamente utilissime riescono quelle carte geologiche che ogni Dipartimento fa ora eseguire su scala più grande, epperciò con molto maggior precisione. Il Piemonte ne avrà fra poco una per più titoli paragonabile a quella della Francia eseguita dai sig.' De Beaumont e Durninoy, e le Provineie di Savona, di Mondovì e di Spezia (per limitarsi alla questione delle ligniti) renderebbero un gran servizio all'industria se, valendosi della magnifica carta topografica pubblicata sulla scala del = dal nostro Stato Maggiore, facessero eseguire la carta geologica dei rispettivi loro territorii. Su queste carte dovrebbero essere segnati i limiti delle concessioni, indicati 8 58 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE î lavori di ricerca, gli indizii scoperti, i probabili perimetri dei bacini ligni- tiferi, e finalmente esse dovrebbero essere corredate delle volute spiegazioni e di spaccati geologici attraversanti, in molti sensi, la intera Provincia (1). Queste carte riescirebbero utilissime per quelli che cercano ed attivano miniere. Tutti sanno quanto sia difficile il trovare uno o più individui i quali si decidano ad impiegare nell’esercizio di una miniera gli ingenti capitali, ben sovente necessarit, per coltivarla con esito. Tutti sanno come, dopo un certo numero di anni di attivazione di una miniera possa essere necessario — o perchè lo strato non si presenta più coll’abituale sua potenza, o perchè termina affatto in un dato punto, o perchè se ne è perduta la traccia all'incontro di una spaccatura che lo ha spostato — eseguire lavori, spesso costosissimi di ricerca, onde ritrovare un rigonfia- mento o la giacitura dello strato. Questi lavori di rado sì intraprendono perchè non sempre presentano a chi deve farne le spese, una certa probabilità di riuscita. Tali ed altre difficoltà sarebbero, se non affatto tolte, almeno dimi- nuite se carte geologiche coscienziosamente fatte indicassero ai coltivatori i limiti del terreno in cui possono, con probabilità di riescita , spingere le loro ricerche, e contenessero quelle altre nozioni, dalle quali incorag- giati trovassero men grave l’esporre quei capitali cui è sovente dovuto il prospero avvenire di una miniera. Nè qui si limiterebbe l’utilità di tali carte. Lo sviluppo industriale di un paese non è l’effetto dell’azzardo, esso è la conseguenza di una serie di fatti e di avvenimenti che lo prepararono; e l'economista può, molti anni prima che questo sviluppo abbia luogo, prevederlo, studiarlo e promuoverlo. Dall'esame di carte del genere di quelle di cui parliamo , l'economista potrebbe formarsi una abbastanza chiara idea della quantità di combu- stibile fossile che nel suolo del nostro paese sta in riserbo per la genera- zione che vorrà e saprà trarne profitto; e dalla maggiore o minor im- portanza del tesoro nascosto prevedere le difficoltà da superarsi, e prov- vedervi affinchè non abbiano a soffrirne quelle industrie, la cui prosperità dipende dalla quantità di combustibile di cui sì può disporre. Mi spiegherò con un esempio. Suppongasi che queste carte già esistano, e dall'esame di esse risulti rr TT, __—_—r—_———————io-cc——@-r-mnr@-ci@-—#@--@ieiiiiii zie (1) Vedi in fine la nota H. PER BARTOLOMEO GASTALDI 59 che il Piemonte poco o niente abbia a sperare, per l’avvenire delle sue industrie, dalla lignite, la quale è, come già dissi, il solo combustibile fossile su cui gli sia permesso di far calcolo. Questo, quantunque scon- fortante risultato non cesserebbe di essere un fatto di molta importanza. Da esso l'economista trarrebbe ragionevole argomento per alzare la voce e dimostrare non solo l’urgenza di porre un limite alla distruzione delle foreste, ma che conviene dar opera a ripopolare di piante le nostre mon- tagne, se non vorremo , in un tempo più o meno remoto, essere costretti di importare da esteri paesi, con grandissimi sacrifizii e pericoli, tutto il combustibile che ci occorrerà per mantenere nel focolare delle nostre macchine l’anima che loro dà il moto. Tr _ 6—6rc_.Ei NOTE A. — I fossili incontransi nella massa stessa del combustibile fossile. Da quanto siam venuti esponendo ne segue che se l'alterazione della forma dei fossili in discorso è dovuta, in generale, alla prepotente pressione sofferta dalla lignite, questa pressione si fece con più forza e preferibilmente sentire su dati punti che su altri, e siccome è probabile che la pressione esercitata dagli strati sovrapposti alla lignite sia stata regolare ed uniforme, ne segue che la irregolarità notata nello stato di conservazione dei fossili contenuti nella lignite è probabilmente catisata dalla natura dei materiali che compongono la lignite stessa. Una massa di piante erbacee, di fogliame, di grossi rami e di tronchi inzuppati d’acqua e sottoposta ad un’enorme pressione, produrrebbe, ci pare, analoghi effetti su scheletri a tale massa frapposti. Oltre a queste alterazioni, altre se ne osservano avvenute posteriormente e forse anche recentemente. Esse sono dovute a fratture parziali della massa stessa del combustibile, le quali, ben si vede, essere prodotte per spostamento delle parti di essa avvenuto quando già era indurita, in quantochè tali fratture sono sempre accompagnate da quelle superficie levigate, brunite e rigate che frequentemente si incontrano nei filoni. È qui il luogo di far parola di una particolarità osservata su alcuni dei fossili di Cadibona. Sprigionando tali fossili dalla lignite che li racchiudeva ho trovato che vi era fra quelli e questa uno straticello più o meno sottile di una sostanza, la quale differisce e dal fossile e dalla lignite. Essa è di colore giallo scuro, di aspetto quasi steatitoso e si lascia facilissimamente intaccare dallo scalpello, riducendosi 60 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL. PIEMONTE in polvere i cui grani stanno preferibilmente aggrumati; non si potrebbe meglio paragonare questa sostanza che al cioccolato. i Alcune volte si trova in quantità ragguardevole su certi punti dello scheletro. Supposi dapprima che potesse essere prodotta dall’alterazioue della lignite a con- tatto dell'osso o dente fossile, ma considerata la natura così diversa delle due sostanze non mi arrestai su questa idea; supposi altresì che potesse provenire dall’alterazione dell’osso a contatto della lignite, ma dovetti pure abbandonare tale idea vedendo che al disotto della sostanza in questione l’osso trovasi sempre nel più perfetto stato di conservazione e presenta la lucida vernice di cui sono esternamente rivestite le ossa. Finalmente mi cadde in pensiero che tale sostanza potesse rappresentare i tegumenti carnosi dello scheletro, ed in questo pensiero venni confermato dal saggio analitico che il sig. Brescianini volle fare di tale sostanza, risultando da esso che è composta in gran parte di acido fosforico e di corpi grassi. Pare perciò si possa ragionevolmente supporre che alcuni de cadaveri degli Antracoterii e degli altri animali che ora troviamo allo stato fossile nella lignite di Cadibona, abbiano galleggiato sulle acque di qualche fiume, ed abbandonati allo sbocco di esso in un lago od in una palude, siano stati ricoperti, nell’atto stesso, da uno strato di limo e di sostanze vegetali. In tali condizioni la putrefazione delle carni non potè aver luogo al contatto dell’aria, ma una lenta alterazione le ridusse nella sostanza di cui si è parlato. È pure da osservarsi che sovente la lignite la meno contaminata di sostanze terrose e affatto pura si informa alle più minute pieghe ed ai più delicati rilievi dei denti e delle ossa, delle quali riproduce la tessitura, talchè è forza ammettere che la sostanza ora chiamata lignite fu per un tempo allo stato di pasta. Sarebbe inutile il dire, che quando la lignite prende così esattamente la forma del fossile che racchiude, non vi è interposizione della sostanza cui si è qui sopra accennato. Le ossa che frequenti incontransi nella lignite di Cadibona sono sempre schiacciate e deformate al punto che è difficile e sovente impossibile l’indovinare a qual parte dello scheletro abbiano appartenuto: onde io debbo ripetere ciò che già diceva nel 1848, non essere possibile di rico- stituire coi fossili di questa località lo scheletro dell’Antracoterio. Le ossa trovansi ordinariamente ammucchiate assieme; ho potuto esaminare parecchi di questi mucchi, ed ho sempre visto che essi facevano parte di altri mucchi più grandi, dai quali erano stati staccati, talchè io credo che se l’escavazione della lignite si facesse a cielo aperto si troverebbero scheletri interi. Gli strati del bacino liguitifero di Cadibona hanno affatto l'aspetto di strali allu- viali. Così, nello spessore dello strato di lignite incontransi bensì a profusione straticelli di sostanza terrosa e calcarea alternanti colla vegetale, ma il trovarvi una ghiaia od un ciottolino è cosa rarissima. Il letto della lignite è composto, sino alla profondità di parecchi metri, di sabbia finissima micacea debolmente agglutinata, di marna e qualche volta di piccola ghiaia; il tetto è formato, su parecchi metri di spessore, della stessa roccia e viene poi coperto dal conglomerato composto di grossi ciottoli e di massi. PER BARTOLOMEO GASTALDI 61 fio — Questa impronta merita speciale menzione. Quantunque non rappresenti che la metà anteriore della foglia, essa ha tuttavia un metro e mezzo di altezza e 70 centimetri di larghezza; essa poi è di una rara conservazione. Appena ricevutala dal sig. Marchese Parravicini, il quale volle farne dono al Gabinetto statistico mineralogico dell’ Instituto, mi affrettai di ottenerne una foto- grafia e di mandarla al sig. Prof. Hrer, pregandolo del suo avviso, ch'io qui traserivo : «La plante fossile de Cadibona, dont vous m’avez adressé la photographie, est » sans doute un Palmier (foliis pinnatis ) et voisin de deux espèces qu'on a trouvé » à Altsattel en Bohème. Srernsera les a figurées sous le nom de Cycadites salici- » folia et Cycadites angustifolia et Unger sous le nom de Phaenicites salicifolia et » Ph. angustifolia. Il paraîi que votre espèce est le Phaenicites salicifolia. Je suis » d’accord avec M. Uncer, que ces espèces sont des Palmiers et non des Cycadées, » mais elles different des Phaenicites et doivent faire partie d’un genre que j'ai » appellé Calamopsis. Tout fait croire que ce genre, qui rappelle les espèces tro- » picales de Calamus, était bien répandu dans le terrain tertiaire. » Si sta ora facendo, di questa impronta, una bellissima tavola la quale prenderà posto nell’atlante della Memoria sulle filliti terziarie del Piemonte, cui sta lavorando il sig. Cav. E. Sismonpa. Unitamente alla foglia di Palma, il proprietario della miniera di Cadibona mi inviava una magnifica Lastrae@ Fischeri ed un tronco arboreo, sul quale dirò brevi parole. Esso è alquanto schiacciato, alto 1",10 e ricurvo in arco, la cui saetta è di 0%,12; il gran diametro inferiore misura 0,55 e 0",25 il piccolo: i diametri superiori sono 0", 25 e 0", 08. La parte interna è composta di un’arenaria a grana finissima, dura e di colore nerastro; la sola parte esterna 0 per meglio dire la corteccia è allo stato di perfetta lignite. Però verso la parte superiore il nucleo di arenaria diventa proporzionalmente più piccolo e cresce la grossezza della lignite sino ad avere 5 o 6 centimetri di spessore. Pochi anni sono non conoscevasi alcun fossile vegetale proveniente dalla mi- niera di Cadibona, e si devono alle intelligenti cure del sig. G. CueviLer Ingegnere, ed a quelle del sig. Serne Capo-minatore di detta miniera li bellissimi esemplari di Felce e di Palma che ora si posseggono. Il merito dei signori Cnevinrer e SERRE è tanto maggiore in quanto che, trovandosi tali impronte al tetto dello strato di lignite, ed essendo esse di gran mole (il Palmizio pesa circa 500 chilogrammi), non si possono avere senza grave fatica, pericolo, e molto e ben diretto lavoro. Ce — Ho voluto provarmi ad esporre alcuni dei principali motivi, pei quali molti dei trovanti che giacciono superficialmente sulla collina di Torino, e che io considerava come erratici, han cessato di parermi tali. Ma lesposizione di questi motivi mi riesciva così lunga ed oltrepassava talmente i limiti di una semplice nota, ch'io ho dovuto rinunziare a farla; spero però che mi si offrirà l'occasione . di ritornare sopra questo argomento in altro scritto. i 62 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE D. — li suolo del territorio di San Paolo deve contenere una quantità straordi- naria di Proboscidei. Nello scorso novembre (1857) il mio amico sig. Nepomuceno Dusors, artista distinto, mi faceva grazioso dono di 4 molari superiori del Tetra- lophodon arvernensis, dicendomi che erano stati scoperti, in un con molto ossame, nel territorio di quel villaggio dalle inondazioni del precedente mese. Prevedendo che sarei giunto in tempo a porre in salvo altre porzioni dello scheletro, mi recai sul luogo in compagnia del mio amico e vidi, in una stradie- ciuola incassata profondamente in mezzo ai campi, il terreno seminato di frantumi di ossi. Accertatomi del sito preciso in cui eransi trovati i molari superiori, fecivi praticare uno scavo, e riescii a disotterrare la mandibula coi 4 corrispondenti molari, il bacino, i due femori, una tibia ed un considerevole numero di vertebre, fra le quali latlante e l’axis. Mi fu detto che le difese già erano state tolte da un contadino, ond’è che, tenendo conto di ciò che aveva io stesso disotterrato e della quantità di frantumi del cranio, delle coste e delle estremità che vidi sparse sul suolo, devo supporre che lo scheletro era intero. Esso però, quantunque molto meglio conservato di quello che trovossi negli scavi eseguiti per l’apertura della strada ferrata e che fu descritto dal sig. Cav. E. Sisvonpa, lascia vedere che prima di venir coperto dalle sabbie era stato esposto lungo tempo alle intemperie ed erasi in parte alterato e guasto. Giaceva sopra uno strato di argilla tenacissima ed interrato in sabbia ricchissima di limonite; e devesi, pare, alla quantità di ferro di cui sono impregnate le ossa, lo stato di conservazione in cui esse si trovano. La massa di sabbia che lo copriva suddividevasi in strati esilissimi, ben distinti per la colorazione più intensa che la limonite dava alla superficie di essi; in alcuni punti il loro spessore non oltre- passava i due millimetri. Questi esilissimi strati, separati l’uno dall’altro da una foglia di limonite molto più sottile ancora, danno una giusta idea del modo affatto tranquillo con cui le ossa vennero coperte dalle alluvioni e del tempo da queste impiegato a coprirle. Giova del resto notare che tutta la gran massa di sabbia ed argilla, in cui incontransi, nella parte inferiore, li scheletri di proboscidei, e nella parte supe- riore li scheletri di ruminanti, ha il più deciso aspetto di un deposito lentamente formatosi ed esclude ogni idea di cataclisma. Lo scheletro di cui parlai qui sopra occupava uno spazio di pochi metri quadrati. L'individuo cui appartenne era forse alla 5.° sua dentizione poichè, sia inferiormente che superiormente, gli ultimi molari, appena spuntati, hanno 4 serie di tubercoli e sospingono fuori gli anteriori altresì a 4 serie di tubercoli, ma più piccoli. Es — Molte volte aveva inteso parlare di tronchi arborei trovati nelle nostre torbiere (1); recentemente poi la collezione mineralogica dell’ Istituto ne riceveva parecchi provenienti dalla torbiera di Avigliana ed il sig. Dott. Garta di Ivrea te (1) Il sig. De MortILLET nella sua Note sur les combustibles minéraur de la Savoie cita la scoperta di grossi ceppi di larice nelle torbiere coltivate sulla pianura del Moncenisio. PER BARTOLOMEO GASTALDI 63 faceva dono di molti frutti del Corylus avellana trovati, al disotto di 5 metrì di torba, frammezzo a molti tronchi di albero. Se per molte torbiere è facile il persuadersi che tali alberi non vi furono trasportati ma hanno vissuto sul suolo istesso su cui oggidì giace la torba, per molte altre la questione è forse meno semplice di quello che a primo aspetto può parere. Desideroso di avere su essa qualche schiarimento, pregai il mio amico sig. G. Burc1 Ingegnere metallurgico a Traversella a volersene occupare esaminando le torbiere di Meugliano e di Alice, che trovansi in quei dintorni. Son lieto di poter fare di pubblica ragione le osservazioni che mi ha cortesemente comunicate. « Andando da Meugliano verso il Sud a 2 chilometri circa di distanza, quasi alla sommità del monte detto Pianure, ed in una depressione del medesimo trovasi il lago. I monti che lo racchiudono sono tre; il primo è la continuazione della serra di Brosso o morena laterale destra dell’antico ghiacciaio della valle-di Aosta ;4 li due che lo fiancheggiano e che corrono quasi parallelamente sono costituiti da schisti molto micacei, di cui varie testate si lasciano vedere, quantunque il terreno sia in gran parte ricoperto dai ciottoli e dai massi, non però molto voluminosi, della morena. Il lago non ha che circa 20000 metri quadrati di superficie; la sua profondità aumenta dalle sponde verso la parte media ove è, dicesi, di 40 metri. Ed a tale profondità presso a poco si giungerebbe se si immaginassero, come appare lo siano, prolungati, secondo la loro inclinazione, gli strati schistosi, nei quali, per conseguenza, sembra aperto il lago, quantunque il letto sia, in ogni parte, ricoperto dai ciottoli e massi morenici. » Dal fondo di esso vennero estratti tronchi di alberi sui quali non ho potuio avere altro ragguaglio, tranne quello che sembravano appartenere a pini o ad abeti, ed erano provvisti di scorza (1). Una piccola diga di una ventina di metri di larghezza, separa il lago dalla torbiera, la quale ha circa 7000 metri quadrati di superficie. Lo strato di torba giunge a metri 2,50 di potenza. Superiormente essa è composta esclusivamente di piante erbacee, fra le quali è abbondantissimo lo Sphagnum palustre ed altre tuttora viventi nei dintorni ; la parte inferiore dello strato, oltre ad essere più compatta, presenta di più, frammisti alle piante erbacee, molti piccoli tronchi, gran quantità di scorza e foglie di piante arboree. I grossi tronchi trovansi in gran copia verso i bordi della torbiera, non mai nel mezzo, ed occupano, pare, la parte inferiore dello strato; uno solo ne ho potuto ,osservare con le sue radici, tuttora verticalmente impiantato nel suolo torboso; tutti gli altri sono giacenti ma spesso sprovvisti di scorza e non hanno traccie che facciano supporre siano stati trasportati. Essi appartengono più spesso a piante del genere Populus e talora a conifere del genere Pinus, di cui trovansi pure nella torbiera, oltre ai tronchi, foglie e strobili conservatissimi. » La torba riposa sopra uno strato di circa 2 metri di potenza di sabbia sottile, verdastra, mista a ciottoli la maggior parte silicei e di una grossezza che varia fra quella di un’avellana e quella di una mela. dle nazer ct iiincimiin__————————T——T——— (4) Per quelli che non conoscono la località dirò che pini ed abeti più non abitano quelle colline. 64 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE » Ad Alice osservansi fenomeni ben diversi dai precedenti. Il lago è aperto nella morena: ha una superficie di circa 90000 metri quadrati ed una profondità non maggiore di 11 metri, e pressochè eguale in ogni punto, non essendo la pendenza dai bordi yerso il mezzo, ma bensì da un lato lievemente verso l’altro del lago. Il fondo del medesimo è iutto ricoperto da un ammasso di tronchi. Molti se ne estrassero e grossissimi, però non mai provvisti di scorza, ed alquanto alterati e contusi alla superficie. Secondo l’asserzione di persona abbastanza intel- ligente, essi appartenevano esclusivamente a conifere. » Il lago è limitato dalla parte E. e N. da un terreno quasi torboso, ma con molta sabbia e racchiudente grossi tronchi di conifere: questi si vedono accavallati gli uni agli altri, non:mai con scorza, ma sivvero con traccie non dubbie di subìto trasporto, quantunque conservino la forma rotonda. Il loro peso è grande e paiono già parzialmente mineralizzati. Avanzandosi verso la torbiera, diminuisce via via il numero di tali tronchi sepolti nel suolo, finchè spariscono del tutto ove la formazione torbosa è nel suo massimo sviluppo. Ciò almeno si desume dal non essersene mai incontrati nei molti scandagli effettuati, i quali invece hanno fatto scoprire alcuni piccoli frutti, pianticelle, conchiglie, insetti, ecc. » La torbiera di Alice occupa una superficie di quasi 280 mila metri quadrati e riposa sopra uno strato argilloso di circa un metro e mezzo, il quale sembra poi sovrapposto ad un banco di sabbia di più metri di spessore; la potenza dello strato torboso è di 5 a 4 metri. » Conviene osservare che il numero dei tronchi arborei, di cui si è qui sopra parlato, diminuisce a misura che uno si allontana da una gola, la quale sembra essere stata una rottura operata nella morena. » EF. — Da quanto ho visto di fossili provenienti dalle ligniti di Monte-Bamboli parrebbe che l’Anthracotherium è colà sostituito da grossi Sus. Il sig. PomrL ne descrisse uno nel 1848? cui diede l’appellativo di Chaeroides. I molari di questa specie hanno caratteri spiccati, i quali fanno, anche a prima vista, sentire il tipo dei Swini cui appartengono. Però la loro conformazione sembra più semplice di quella dei molari del Sus vivente; vale a dire che in quelli vi ha minor numero di quei tubercoli i quali, di varia altezza, e come se fossero gli uni contro gli altri compressi e schiacciati, danno ai molari del nostro Sus un aspetto così caratteristico. Lo smalto che copre i molari del Sus Chaeroîdes è molto spesso; esso è inoltre coperto da linee finissime le quali, correndo parallelamente, ed a piccolissime distanze le une dalle altre, si piegano a tutti i rigiri rientranti e sporgenti che fa la lamina di smalto , talchè osservando con una lente uno di questi molari ti pare di vedere un rilievo topografico di un gruppo di colline, sul quale siano state tracciate le curve di livello. Allorchè lo smalto, per l’attrito sofferto, è scomparso da qualche punto della parte superiore di uno di questi molari, i ribordi che descrivono il perimetro della figura curvilinea colla quale si lascia vedere la sottostante sostanza eburnea, PER BARTOLOMEO GASTALDI 05 presentano qualche cosa di analogo a ciò che abbiam visto succedere nei molari di Rinoceronte; colla differenza, che, in questi ultimi, le minute pieghe sono tra- sversali all'andamento della lamina di smalto, mentre nei molari del Sus Chaeroides esse corrono nello stesso senso della lamina. Nell’ Anthracotherium magnum e nel minimum lo smalto è liscio se si osserva su molari appartenenti ad individui adulti, rugoso se essi appartengono ad individui giovani; le rugosità prendono, è vero, qualche volta un andamento semiregolare. non mai però così spiccato e direi geometrico come nei molari del Sus Chaeroides. Go — In tutta la mollassa svizzera, la cui potenza è enorme, la lignite non si trova che negli strati di acqua dolce. La massa del combustibile fossile è però minima. A Gaudey e Belmont lo strato non ha che da 10 a 20 centimetri di spessore; a Oron lo stesso; a Hohe Rhone 15 centimetri; a Elgg da 15 a 25 (1). È singolare che paragonando la mollassa di acqua dolce svizzera alla zona lignitifera del Piemonte, si ha per risultato che la quantità di combustibile fossile è in ragione inversa della potenza degli strati lacustri che la contengono. Infatti la mollassa d’acqua dolce svizzera ha parecchie centinaia di metri di potenza ed i banchi di combustibile 2 o 5 decimetri. A Cadibona ed in val Tanaro la zona fluvio-lacustre lignitifera non ha forse 100 metri di spessore, mentre lo strato di lignite di Cadibona ha sempre un metro ed in alcuni punti 4 metri di grossezza. e quello di'Nuceto è in media alto di 0", 60. Il numero però dei fossili vertebrati terrestri scoperti sia in Svizzera che iu Piemonte nel mioceno è, come ben dovevasi supporre, in ragione diretta della po- tenza degli strati di acqua dolce. Così in Piemonte, ove questi sono meno potenti. non si conoscono oggidì che 4 Pachidermi, un Ruminante e 5 Chelonii; mentre in Svizzera il numero dei quadrupedi conosciuti è di 22 e di 18 quello dei Chelonii. Egli è vero che la quantità più o men grande di fossili scoperti in un dato paese di- pende in gran parte dalla maggiore o minor quantità di persone che di essi si 0c- cupano. In Svizzera molti e distintissimi sono i naturalisti, pochi sinora in Piemonte. Bi, — Dell’esecuzione di queste carte potrebbero essere incaricati con sommo vantaggio i giovani e valenti Ingegneri che fan parte del Corpo Reale delle Miniere. È facile capire quale importanza scientifica ed industriale acquisterebbe una carta geologica del Piemonte eseguita sulla scala del i potrebbe indicare con precisione la posizione dei singoli terreni e la giacitura delle poichè su essa, non solo si diverse masse minerali, ma sarebbe facile fissare con esattezza la linea di contatto delle roccie così dette plutoniche colle metamorfiche, linea su cui incontransi abitualmente le masse metallifere. Su essa potrebbero essere indicati i filoni, segnate le torbiere, le cave di pietra calcare, di gesso, dei varii materiali di costruzione e di ornamento, delle argille e di tutte quelle altre sostanze che l’ industria uti- lizza. Talchè non solo essa riescirebbe utilissima per la scienza e per. l’arte. mine- raria, ma renderebbe.inapprezzabili servizii. all'agricoltura che è la prima .delle (1) Deyo questi ragguagli alla estrema cortesia del sig. Dott. Lamaree di Losanna, 4 66 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE nostre industrie, ed alla forestale quando presso di noi le foreste saranno coltivate. In tutti i paesi nei quali l’arte di utilizzare le sostanze minerali, l'agricoltura e la forestale si perfezionarono col progredire delle scienze e delle industrie, in Inghil- terra, nel Belgio, nella Francia, nella Germania, esistono carte geologiche dello Stato eseguite su grande scala. Quella al RI della Vestfalia e delle provincie Renane si vende a 3 fr. il foglio ed è divulgatissima, talchè non vi ha Ingegnere, proprietario di miniera, di cave, di fondi, che non la possegga. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE, TAV. I. Fig. 1, 2. Rhinoceros minutus Cuv. — Molari superiori, parte destra, con uno degli incisivi ........... .............+. ligniti di Nuceto, » ©, 4 --— Molari INferIOriy Parte -SHIMIStNi ste RO È id. » d. — Metà esterna del molare raffigurato al n° 4, ingran- dito 10 volte all’oggetto di mettere in rilievo le finissime pieghe del ribordo dello smalto. » 6,7. — 2.° premolare superiore, parte sinistra ............ id, » 8, 9, 10. — Molari inferiori, parte destra. Tutti i pezzi raffigurati in questa tavola erano forte- mente cementati in un sol pezzo dalla lignite; i molari fig. 8,9 e 10, per tenerli uniti, si dovettero rinforzare con un tassello di gesso. TAV, II. Fig. 1, 2. Rhinoceros minutus Cuv. — 1.° molare superiore parte sinistra e porzione dell’ultimo premolare ........... ligniti di Nuceto. » 0; 4. =" EPGIRORITE SUPEROFI, Parte. GGSUTA. è... 10 03.00.00. id. » 5 «2 L° proHioiare ner: v: VI er Pd 3 id. » 6. — Incisivo ..... PIRO ep — È id. ® 1, 0,9, — Mandibula, parte, SIDISTA ...... ,eenrrsere: Ti id, TAV. INI Fig 1, 2. Rhinoceros incisivus Cuv. — Molari inferiori, parte destra ligniti di Perlo. » 3 == INCISIVO. + snsduevtito invia AA NARA » #4 riva id. ». 4,0. —.2.° premolare inferiore destrò v.............. +... Contes, Nizza, » 6,7, 8,9. Rhinoceros manutus Cuv. — Molare superiore ... Sassello . PER BARTOLOMEO GASTALDI TAV. IV. Fig. 1, 2. Anthracotherium magnum Cuv. — Estremità mascellare coi tre incisivi sinistri, il canino ed il 1.° premolare desti PR. i Pen toi ni rin vi TAV, V. Fig. 1. Anthracotherium magnum Cuv. — Estremità mascellare, parte sinistra, di grosso individuo col 3.° incisivo, porzione del canino e 1.° premolare .............. » — FEstremità mandibulare in cui non vi è posto che per 4 incisivi dei quali si vedono le radici: questo bel pezzo lho ricevuto in dono dal Padre Ica delle Scuole: Pie. ss...’ neoanta csinos ip wo — 1° e 2.9 incisivi superiori Sinistri ................ » 4,5. — 4 premolare inferiore sinistro di grosso indisiduo; fig. 4 visto dalla parte interna, fig. 5 visto disopra ... a P — 1° premolare superiore destro visto dalla parte interna TAV. VI. Fig. 1, 2. Anthracotherium magnum Cuv. — Estremità mandibulare con soli 4 incisivi ......... ra Ci AEREA » 3,4. — 2°e 5.° premolari inferiori, parte sinistra; he. 5) faccia esterna, fig. 4 faccia interna; questo pezzo mi venne graziosamente comunicato dal Padre Semeria dei Mis- sionarii di Savona ..... PE STI Fa viti » 5. — Estremità mandibulare con 6 incisivi ............. » 6,7. — 2.° incisivo inferiore destro, staccato dal pezzo fig. 5; fig.6 faccia inferiore, fig.7 faccia superiore. » 8,9, 10. — 3.° incisivo inferiore sinistro di grosso e vecchio INCIVIGUO +-+ camasrintrazos vita MR » 141, 12, 15. — 3.° incisivo inferiore sinistro di giovine sudtividao » 14, 15, 16. — 3.° incisivo inferiore destro di individuo adulto TAV. VII. Fig. 1, 2. Anthracotherium magnum Cuv. — Canino inferiore di grosso individuo ......... EEd, da 00% va levi 570 Fig. 5, 4. Anthracotherium magnum Cuv. — Canino superiore . .. » 3,6. — Canino superiore di vecchio individuo ............ » 7,8. Tetralophodon arvernensis, molare della 1.° dentizione » 9, 10. Trilophodon Borsoni, molare della 2.° dentizione?.... Cadibona. Cadibona. Cadibona. Carro. Cadibona. id. Vico-Mondotì. Cadibona id. Ferrere. San Paolo. 68 CENNI SUI VERTEBRATI FOSSILI DEL PIEMONTE ECC. TAV. VII. Fig. 1, 2,5. Anthracotherium minimum Cuv. — Mandibula, branca destrezza a A. + Ra A ci earn iv 744 » 4 — Ultimo molare ingrandito. N00, da ss Cammno è premolari .......0... +4 VI #3 FER » 8,9, 10. — Porzione di mandibula descritta dal sig. Poet coll’appellativo di Sus leptodon ............. PORRE » 11. Anthracotherium magnum Cuv. — Mascella, parte si- nistra, di giovine individuo. TAV. IX. Anthracotherium magnum Cuv. — Palato alla scala di ‘4 coll’ intera serie dentare; è probabile che nell’ indi- viduo vivente l’osso mascellare fosse più rigonfio late- ralmente ed esternamente alla serie dei molari . ..... TAV, XL, 4. Amphytraqulus communis Axm. — Molari superiori WU Oy fa MR MIOIILE-MMGTIOCI +0. cpiaidvirio cos NRE SI Cadibona (adibona. Cadibona. id. Accad. RE delle Sc. di Gorino, Nase di Se Fio. e Mat. Serie 2* Bom dala hl è i ___r_———.;rrrrQ-vrF_r*TT 7, Iorino, Lit. Crordana e Salussoha C. Follis dis. e hit > Me, GIS È, (PR RETI 7 TE Tav. HF. LOrINO, ld Li ENG a Ae Ba Lorino. Lit. E Doyen. 1858 Tav. IV. saette o sea Certi: de O E SRERSSE) i ali rino Lit Fi Doyen 1858 ( Ti Doyer Torino. Lit. E: % si ose e E I8I 8. Torino. Lit.F4 Doyen Torino Lit.FDoyen 155$.