a EFRiSriziani EX LIBRIS THE Cooper UNION THE GIFT OF The Misses Hewitt MEGCRIZIONIE BEE GLI A Me A LI Corrifpondenti alle cinquanta Figure contenute in quefto | RIO VOLUME . DE QUADRUPEDI Difegnati, incifi, e miniati al rtaturale +1 INNOCENTE ALESSANDRI E oO SCATTAGLTA: a pr e e ra \(en i SEZ IN VENEZIA MDCCLXXLI Nella Stamperia di CARLO PALESE | ML EC 0. HE 1908 49A by di Snoflivodi i: a “sosia Pin o bb a anoise oi odi Do [i si i VA FavqurtinmO) id INIT I Soa E n «Ri obo sins ne sh antno9 Rititt ho | h opa I Da Lt sila , ot o OLtR dengo@ lb Mn gf 0 I A Hobto pì ii Pa cani du. | «nevisllo .0ì eroft colte aq: Re pri Li i . È 99 tilt el obizinsto1q, dra sei? ib sii ni inibo na nb SOR be > ta a ;evohed ib d c BIS ao ib stisicdii ordolide TS olîs i dI Fn A -% Poi <—aY Li ; x Sn | : x "ted = sa ta ni ce La - tl % De ANN, uc la da K A do P "4 x i o bi ì È l , i. I Li | Fari op Vv} È a 1 x | y i i 4 ì KR 1 È î, i : P, 9 » ibi Yi E l 3 PLATINO E, SUR 0 eo PV ; - - 4 Meo: \ (al < = > DE i pri LF PA si ua = ssi i ne ? x i o i d bo Lira Mi) i di Ta N f, so I A vata DI da irtgana di “ORE | } Ri, MOILTFRIFORMATORI DELLO STUDIO DI PADOVA. J vazione del P. F. pon Rofa Lanzi tacito: Ge- A I; neral del Sant'Officio di Venezia, nel Libro inti- DI; tolato Defcrizioni degli Animali Quadrupedi ec. MS. fé non veffer cofa alcuna contro la Santa Fede Cat- tolica, e parimente per Atteftato del Segretario Noftro, niente contro Principi, e buoni coftumi, concediamo Licenza a Carlo Palefe Stampator di Venezia, che pofli effer ftampato, offervan- BELLTLTLTTLTTTLTYTYTSTV® E sp n w i . do gli ordini in materia di Stampe, e prefentando le folite Co- pie alle Pubbliche Librarie di Venezia, e di Padova. | Data li 14. Gennaro 1771. M. V. (SEBASTIAN ZUSTINIAN Rir. (ALvise VaLaresso Rif. (Francesco Morosini 2. Cav. Proc. Rir. Regiftrato in Libro a carte 85. al num. 696. Davidde Marchefini Segr: TA- TOA WiOTILA A NIMALI Che fi contengono NEL PRIMO VOLUME. D'Erod4d DD) EL Leone. Della Leoneffa. Del Dromedario . Della Pantera Mafchio . Del Caracal . Dell Axis Mafehio. Del Mufione . Dell Axis Femmina . Della Tigre. Della Pantera Femmina. Dell’ Elefante. Del Bifonte Giubato . Della Pantera Aftatica. Del Rinoceronte . Del Leopardo . Del Gatto Tigrato Americano » Della Tigre Roffa. Del Lupo Cerviere. Del Camela. Del Buffalo. Del Zebu, o Bue da Soma Africano. Dell Iena. Del Tapir, o Manipuris Americano. Del Lupo Nero. Del Montone di Barberia. Tav. Del Montone d' India. Altro Montone d' India. Del Montone d' Islanda . Della Pecora Indiana. Della Pecora d'Islanda. Del Zibetto. Della Faina di Coffantinopoli . Del Zibetto di Guinea. Del Gatto Del Gatto Del Gatto Del Gatto Del Cervo. Della «Cerva . Del Cervo di Corfica . Del Cerviatto. | Della Lepre. Del Daino. Della Damma. Del Cavriuolo. Della Cavriuola . Del Coniglio Selvatico. Del Coniglio Domeftico. Del Coniglio Grigio. Del Coniglio d' Angora. Selvatico . Domeftico, di Spagna. d' Angora Tav. 26 PRE- PR AZIO N E. ar O tudio della Storia Naturale, che dalla Grecia in Italia pafso mol- N KI a 9 , ® ° 2 to prima della decadenza dell'Impero Romano,.e in Italia per ben due volte riforfe, non potè fino ad ora prendervi forza proporziona- 7 ta alla importanza della cofa, e alla quantita di nobili ingegni, che ‘e quefta bella, e popolofa parte d'Europa produce. La fama de’ Natu- Ve, ralifti, che fin dal XVI. fecolo incominciarono a fiorire fra noi, emulazione delle Nazioni ftraniere più che degl'Italiani; né il genio luminofo del Vallifnieri, e la fagace diligenza del Malpighi ci poterono fcuotere. Eglino dirada- rono le tenebre della rugginofa fcolaftica più per vantaggio degli Oltramontani che de’ Nazionali; e le pedate loro calcando gli abitatori delle più remote contrade pervenne- ro ad efferci Maeftri. La parte ftorica della Fifica è così univerfalmente coltivata, e protetta fuori d’Italia, che di giorno in giorno vanno crefcendo di numero i libri difpendiofamente figurati per modo, che non i dotti di profeffione foltanto, ma tutti i ceti delle colte perfone vi fi fono familiarizzati. Egli è tempo finalmente di fcuo- terci; da che vergogna dell’ inerzia noftra ebbimo più del bifogno, ed oggimai fareb- be infamia della Nazione il mendicare dagli efteri tutte le produzioni, che fra di noi fi poffono utilmente moltiplicare. Oltre all’onore, e al vantaggio reale delle Scienze, e dell’'Arti fi vorrebbe che all’ economia Nazionale aveffero qualche riguardo gli Uo- mini di Lettere, e qualunque amatore degli ftudj; imperocche egli € un articolo im- portantiffimo l'ufcita del denaro, che ci procura i Libri più preziofi dalla Francia, dall’ Inghilterra, e dal Nord. L'Opera, di cui prefentafi. adeffo al Pubblico il primo Volume, è per oggetto di riparare a una picciola parte degli accennati mali, rendendo di più agevole e men difpendiofo acquifto la ferie tutta de' Quadrupedi, che trovafi nella grand’ Opera del Sis. di Buffon. Quefto è un primo paffo, cui non fi vorrebbe aver moffo indarno; fe l' efito dell’imprefa metterà coraggio negli Editori, eglino faranno gli altri, e pel Re- gno Animale condurranno i curiofi Leggitori, rifparmiando loro i dettagli, e facilitan- do l’impreffione delle muove idee cogli ajuti delle Figure, e de’ naturali colori. Il più nobile de' tre Regni, ne quali fono divife le produzioni della Natura fparfe fu quefto Globo, dev'effere fuor d'ogni dubbio ftimato quello, in cui l’uomo trovafi collocato; e v'è ragion di credere, che non vi fia agevolmente per effere chi voglia ricufare di riconofcere la fuperiorità degli Animali mefli a confronto delle altre cofe create, fino a tanto che i Vegetabili, o i Foffili faranno privi delle facoltà neceffarie per enunziare, € far valere in buona forma le loro pretefe. Ad ogni modo, ficcome non v'è ftravaganza si madornale, cui non abbia detto, o non poffa dire qualche Filo- fofo, noi non c' impegneremo in prevenzione a difputare fu la precedenza degli Efferi che danno fegni di fentimento, fopra quelli che ce ne pajono privi. i Nel gran numero de’ viventi, che popolano l’aria, l'acqua, e la terra, i più vicini Parte I. N all’ te dei Quadrupedi Ovipari, nella quale a collocati i Coccodrilli, le Salamandre, le Rane, le Teftuggini, e gli altri Animali analoghi. Un'altra divifione ancora più fpicciativa fi‘è de RumiNANTI, e Now-Rumri- nANTI, che dalla ftruttura dei denti, e delle interiora non folamente diftinguonfi , ma eziandio dall’abito cui anno di' rimafticare le ‘cofe ingojate una volta. RuminaN- TI fono i Par le Pecore le Hai Non- RUMINANTI i CEvalle; il "AE Le: Tigri. id tocenar ver NE e Il celebre Sig. Linneo'à ftabilito (ei C laff di cupi fuddivife in VA Generi, e le -à difpolte in IT. ANTROFOMORFI, o fomiglianti ‘all’ uomo, II. Fero- CISTITE SALVATICHE, IV. Guiri; V. GIUMENTI, VI. PECORE; ma non piace- rebbe peravventura a tutti coloro, che non poflegg sono profondamente la Zoologia, il tro- vare i Pipiftrelli' nella Clafe medefima co’ Desa: e ’l Porco in quella dov'è anche il Cavallo, e l’ Elefante. Nell ordinare i trentaquattro Generi, che riempiono le fei Claffi, non và dubbio che il celeberrimo Naturalifta abbia ommeffo veruno sforzo d’ ingegno per rinvenire i caratteri di vicinanza fra le varie, e numerofe Spezie ch’ ei v'a racchiufe, quantunque non di raro fembrino forzate le di lui concatenazioni. Gli Awr18]J formano una Claffe a parte nel fiftema dell’illutre Svedefe, che vi difpofe tutti i Quadrupedi OvipARI. E prima, e dopo del Cavaliere Linneo, e del Sig. di Burron v'ebbero de’ Zoo- logi, che fecondo i particolari fiftemi da loro fabbricatifi difpofero i Quadrupedi. Chi de carNIVORI, € de rRUGIvORI trovò i caratteri diftintivi ne’ denti; chi gl’icwuDI dai vestITI, e fra quefti ultimi itanuTI, dai PELOSI gli squamosi fegregò dagli spinosi per fuddividere poi fenza fine ciafcuna claffe fecondaria; chi dalle gambe, chi dal capo prefe i caratteri delle feparazioni. L' ingegno, le offervazioni diligenti, e moltiplici degli Autori fpiccano in ciafcuno de’ tanti Siftemi, che fono ftati propo- fti: e fe manca talora l'oggetto di metter in un ordine facile, e naturale tutti i Qua- drupedi, vi guadagna però la Storia particolare di ciafcheduno prefo feparatamente. Noi non feguiremo ad uno ad uno i Zoologi ftendendoci a dettagliare i varj loro Siftemi; gli Uomini dotti in quefta parte di Scienza Naturale non ne anno d’uopo; que che voleffero profondamente iftruirfene avrebbero di bifogno d'un lungo trattato; e il maggior numero, ch'è degli Amatori di notizie generali e precife, invece di rica- varne vantaggio ne trarrebbe noja, e fonnolenza. DEL DEL LEONE, E DELLA LIONESSA. Tav de DI LO e ftruttura, la robuftezza, l'agilità, la forza, la fifonomia grave, il S ruggito terribile, e la fierezza del Leone lo anno fatto denomina- re i Re de' Quadrupedi. La maggiore lunghezza di quefto anima- le dall’ eftremità anteriore del grifo alla prima vertebra della coda fuol effere di nove piedi, la coda è lunga quattro al più; la di NZ, lui maggiore altezza dall’ugne alle fpalle di rado arriva a cinque. I iniigli del: Leone fono provveduti d’un elaterio forprendente; e quindi avviene ch’ egli fpicca falti e balza con ietaWipliola agilità, che parrebbe incombinabile col pefo della fua macchina. Allorch' è PIO dall'ira raggrinza la pelle della fronte, e del nafo; la giubba diviengli irta; e’ fi move in ifpaventevole foggia, e battefi col. la coda minacciofamente i fianchi. A' vigorofe, e pefanti oltremodo le zampe; .ta- glienti, ed acute l’ugne. Per quanto addomefticato egli fia, la non è fana cofa il dargli da leccare una mano o altra parte ignuda dell'uomo; poich' e’ non lecca fen- za fcorticare, così afpra è la lingua , né fenza inferocire affaggia il fangue. L' Afri- ca fembra effere la patria naturale di quefta beftia ; ‘e fi può quafi ficuramente afferi- re, che la fpezie vi fi fa fempre meno numerofa. Gli antichi Naturalifti attribuiro- no al Leone una fpezie di magnanimità, che io avvicina alla ragionevolezza più che qualunque altro animale. Egli è fuor di dubbio, che non di raro il Leone diè fe- oni di gratitudine, d'amicizia, e d'una' docilità che malagevolmente fuole albersa- re in chi fi trova forze fuperiori. Ad ogni modo non fi vorrebbe fargliene affoluta- mente un merito fenza calcolare il cangiamento di clima, la. vita meno attiva, l’abi- tudine, il bifogno, ed altre circoftanze eventuali, che potrebbono effere le vere fonti delle di lui virtù. Ne' paefi caldi egli è certamente più feroce che ne’ temperati; e la di lui coftituzione è così nemica del freddo che non può propagare fuor degli ar- denti paefi nativi. Quindi egli abita ne climi fituati fra” Tropici; e quindi ftimano i più ragionevoli Naturalifti, che il Leone d’ America, picciolo, fenza giubba, e vi PARTE I. A gliac- gliacco, fia tutt'altro animale di quello che il nome impoftogli da gente mal pratica lo potrebbe far credere. Della gratitudine, e amicizia, onde fono capaci i Leoni, trovanfi molti efempj ri- feriti dagli antichi, e da moderni Scrittori. Com'eglino ànno del meravigliofo , così ne viene, che malagevolmente vi ‘preftino intera fede le perfone di fenno maturo, che non fi oftinano pero a negare la poflibilità di fimili fatti. E' celebre il Leone, che fu veduto parecchi fecoli fa pelle ftrade di Roma in grande amicizia con un cer- to Androdo fchiavo fuggitivo, che avealo beneficato in Africa traendogli una fpina dal piede; e curandone la piaga. Gellio ne racconta minutamente la Storia. Il Magalotti accenna nelle fue Lettere un tratto di gratitudine fimile, il quale forfe fa più onore alla beftia che all'uomo; ed è di quel Leone, che foccorfo da un Uffiziale nel defer- to come quello d’ Androdo lo fegui, coftantemente rifpettando gli uomini tutti pel re- fto d'un lungo viaggio, fino a che l' Uffiziale non potendo indurre il Padrone d'un Vafcello a levarlo ebbe la crudeltà di abbandonarlo ful lido di Paleftina. Il Leone, che nol vide più titornare, diedefi.a feguire nuotando il Vafcello, che facea vela; e miferamente, affogato peri. Abbiamo un recente efempio accaduto fra noi in queft' anno medefimo, che può fervire di conferma ai due fopraccennati; e che merita d’ effere regiftrato, onde la me- moria non fe ne perda. La Lioneffa, cui ebbe in dono il N. H. Signor Cavaliere AnceLo Emo, dopo ia fpedizione gloriofa, che rimife in dovere i corfari. Africani, s' addomefticò col fervitore deftinato ad aver. cura di effa per sì fatto modo, che fi lafciava fare tutte le. carezze e. gli fcherzi, che un manfueto cane fuol tollerare. La Lionefla pafsò d' Algeri a. Venezia, dove i mali portamenti del cuftode fecero ch' ei foffe cacciato ; ella ridivenne feroce e non iftrinfe più amicizia con alcuno. Dopo due anni l' Eccell. Cavaliere ritornato a Corfù fe la fece rifpedire colà. V' era anche il fervitore fattofi foldato, e volle andare a vederla; ella lo fenti all'odore di lontano, e incominciò a ftare in attenzione ; poi, vedutolo, diè i maggiori fegni d’ allegrezza, e di fentimento. Il Padrone riprefe al fervigio in grazia della beftia quel mariuolo: ma quefti abuso della connivenza, e cadde nelle antiche mancanze. Fu ricacciato ; la Lioneffa non mangiò più, e incominciò a languire. Per compaffione della fiera; il Cavaliere lo ri- pigliò; ma dopo breve tempo fu coftretto a liberarfene per fempre. La Lioneffa ri- cadde in malinconia; fi oftino a non voler mangiare, e in capo a pochi giorni mori. Ella avea pur perduto la naturale ferocia, e quel trifto non potè trasformarfi nè in buono, nè in tolerabilmente cattivo! Suol effere la Lioneffa un terzo all'incirca più picciola del Leone. Ella non à giubba, ne così maeftofa, ed efpreffiva fiflonomia come è il mafchio. Pell’ordinario è più nutrita di effo, non pero mai pingue foverchiamente; ma di poco gli cede in agi- lita, e robuftezza. A' meno ardire,.e coraggio nell'affrontare i cacciatori, o le fiere: ma non è chi la fuperi, o uguagli in ferocia, fe fi tratti particolarmente della di- fefa de’ lioncini. A quefti, ch'ella fuol nafcondere nel più fitto orrore de’ bofchi, e ne' burroni più impraticabili, ufa portare per cibo animali, o uomini; imperoc- che fu tutte le fpezie- de viventi rabbiofamente fi. lafcia andare- quantunque volte è nel covile figlioli. Dicono ch’ ella à l’avvedutezza di cancellare le proprie pedate colla coda, onde non effere fesuita alla pifta, e quefto potrebb'effer vero; o alme. no, no non s'arrifchia molto a crederlo. E' però fallo, che fpavento, e terrore panico la colga all’ udire il canto del Gailo; lo fanno i pollaj d'Africa, cui ella fuol deva- ftare. Teme bensi, e raccapriccia arretrandofi nel vedere le ferpi, e fomiglia in que- fto al Leone; quindi i Mori incontrandofi con uno di quefti animali, nè trovan- dofi in cafo d’affalirlo, o di far difefa colle armi, slacciano la benda de’ turbanti loro, e la fcuotono si che ferpeggi come foffe una bifcia. Vogliono gli fcrittori che fi creda, che ingannata da quefta lontana fomiglianza la Lionefla impaurita vol- ti {trada infallibilmente ; forfe riufci lo ftratagemma a qualche Moro; e quelli, a’ quali andò fallito, non fono ritornati a darcene conto. ID: UEGE DROMEDARIO. PAY EL F le principali varieta della fpezie de’ Cameli il Dromedario è il primo luogo. Il di lui carattere diftintivo fi è d'avere il pelo più fofco, e più lungo, ec una gobba fola, che gli forge da'fianchi alle fpalle. E' più picciolo, e men robufto del Camelo: ma com’ effo è docile, pazientiffimo della fatica, e della fete. La natura lo a provveduto d'una fpezie di otre, o ferbatojo ben chiufo, ripieno di numerofe ca- vità, ed atto a confervare una gran quantità d'acqua, cui l’animale mediante una femplice contrazione di mufcoli fa riafcendere fino all’ efofago quantunque volte n'a di bifogno. Quefto ferbatojo è proprio della. fpezie efclufivamente; n’aveano ben d’ uopo i Cameli, e vieppiù i Dromedarj deftinati a vivere e viaggiare per contrade aridiffime, dove fovente non s'incontra acqua per parecchie giornate ‘di cammino. Si potrebbe, dire che anche gli altri animali di que’ pacfi faranno foggetti a patire la fete, e che la natura li trattò da matrigna. Quando s' avvengono in una fonta- na; o fiume, o padule quefti ne fanno una buona corpacciata; e gli altri non pon- no bere molto più dell'ordinario. Il Dromedario è razza più numerofa che quella del Camelo propriamente detto; è comuniffimo in Arabia, dove niun’ altra beftia da foma fi fuol ufare, come lo è in tutta la parte dell'Africa, che ftendefi dal Ne- ero fino alle fponde del Mediterraneo, e in Egitto, e in Perfia, e nella Tartaria meridionale , e nelle parti fettentrionali dell'India. Dicefi che vanno in Africa de' piccioli Dromedarj atti a fare fino a dugento quaranta miglia in un giorno, e che di effi fogliono fervirfi i Corrieri di que Regni per portare follecitamente i difpacci: da queft abilità al correre fu loro dato il nome da' Greci. Un viaggio sì lungo fem- brerebbe incredibile quafi in Italia: ma le. prodigiofe corfe de’ cavalli Inglefi ce lo deggiono far credere poffibile. In parlando del Camelo diremo molte più cofe, che a un dipreffo anche al Dromedario convengono. DIE RA © PaeboNsiIbE R;A4. avi. I Vico GET Leune, picciole varietà anno fatto moltiplicare le figure della Pantera preffo i più efatti Naturalifti: ma i caratteri di ciafcuna fono tanto fimili, che fi poffono ri- durre ad una fola defcrizione generale. Quefto animale nella fua maggior grandezza non non fuol effere più lungo di fei piedi dal grifo alla prima vertebra «della coda, ch’ è lunga un braccio. Di corporatura è a un dipreffo come il Can Corfo: ma le zam- pe è più corte. Il colore della fua pelle fuol effer falbo ora più ora meno carico ful dorfo, e fu' fianchi, macchiato di nero a rofettoni, o a cerchj divifi l'uno dall'altro, e bianchi nel centro. Sul capo, ful petto, e fu le zampe è macchiata di tutto nero; fotto il ventre a "1 pelo lungo, e bianco. La fifonomia della Pantera è feroce, l occhio mobiliffimo, la guardatura fofpettofa, i movimenti improvvifi, e impetuofi, l'urlo fimile a quello d’ un maftino fdegnato. L' indole di quefta fiera è analoga a quella delle Tigri; ella può effere domata: addomefticata non mai. Ne’ climi ardenti dell'Afia ufano fervirfene alla caccia, come de falconi ufavafi fare affai seneralmen- te in altri tempi fra noi! ma fa d'uopo ftieno ben guardinghi i cacciatori, impe- rocche s ella non coglie la preda, contro di cui la lafciano andare, fi fcaglia fopra di efi ritornando addietro infellonita per isbranarli. Ufano condurla al bofco ben chiufa in una gabbia di ferro fu d'una carretta; allorchè vedono qualche animale, aprono lo fportello; la Pantera fcagliafi fu la preda, la mette a terra, e l’affoga. Talvolte accade ch’ ella non pofla raggiungere la fua vittima; ed i cacciatori tengono pron- to un agnello, un capretto, o altra beftiuola viva, cui offerifcono alla fiera, per non ifcontare in peggior modo. Quefta mala beftia abita ne’ più caldi climi dell’ antico continente, nè mai trovafi verfo il Settentrione, o fotto le zone temperate. Suol fre- quentare i bofchi, e fpecialmente i cefpugli più fitti; e ufa farfi vedere fovente vici- no a' fiumi, e alle cafe ifolate, dove va in cerca di qualche animale domeftico. Per fomma ventura ella teme dell’uomo, e di raro fi mette a combattere con effo di buona voglia; la fame la rende però audace, e il caldo ecceffivo furibonda. Le pel- li di Pantera fono belliffime, e tenute in gran pregio, D- ELsL CIARA CAR Mani VE L Caracal è grande allo incirca quanto una Volpe; è però molto più forte: di gran lunga più fiero. Somiglia in parecchie cofe alla Lince, o fia Lupocerviere ;_ e dove s allontana dalla fomiglianza, peggiora. La ftruttura del di lui corpo, e ’l fiocco di pelo nero fu la punta degli orecchi a comune con quell’ animale: ma nonà la pelle tigrata, anzi è tutto d'un colore fuorchè fotto "1 ventre; è il mufo più lun- go, e così la coda; foffre, e forfe ama il caldo; a minacciofo il portamento. Egli vi- ve di preda come la Tigre, la Pantera, e il Leone: ma effendo più debole trovafi coftretto a cibarfi benefpeffo de loro avanzi. Egli non fuole inferocire fenza bifogno, e fomiglia in quefto al Leone, che ben pafciuto non nuoce a chi che fia. Dicono, chel Caracal fesue il Leone, e profitta de refti delle di lui prede, non temendo di cadergli fra l’ugne, perchè s' arrampica fu gli alberi, dove il Leone non puo feguir- lo; e’ non vuole già amicizia colla Pantera, che falta, e s aggrappa per ogni dove. E' difficile da manfuefare: fe fia però prefo giovinetto impara a fervire pella caccia, cui ama naturalmente; egli vi rielce bene quando non fia meffo a cimenti che com- promettano le fue forze, nel qual cafo fi oftina, e non vuol affalire gli animali. Gl' Indiani ne fanno grand’ ufo per prendere Lepri, Conigli, ed anche uccelli grofli, cui egli egli fa cogliere per aria fpiccando falti con meravigliofa avvedutezza, ed agilità. Il Caracal vive in Barbaria, in Arabia, e in tutti i Paefi dove abitano Leoni, e Pantere. Bebo DENIS, Tav. VI. VIIL Ra le due fpezie del Cervo, e del Daino v'à quella dell’Axis, o Cervo del Gan- ge; fino ad ora credefi che non fia una varietà d’ alcuna di effe, da che viven- do nel medefimo Parco mai vi s' è accoppiata. Farebbe d' uopo mettere un Axis con un Cervo, o un Daino fenz' alcun altro individuo della propria fpezie, per vedere fe il bifogno difcopriffe la parentela, e la rinnovaffe. L’Axis è le corna fimili pella fi- gura, e pella foftanza a quelle del Cervo: nella mole del corpo raffomiglia al Daino. A' gli orecchi grandi, e fatti ‘a foggia d’ ali; fra le due corna è un ciuffo di lungo pelo, nel mezzo della fronte; la fua pelle. è aggradevolmente macchiata di bianco. E veloce al corfo, pavido, e d’ innocenti coftumi, come le fpezie alle quali è vicino . 1l fuo paefe nativo è la più calda parte dell’ Afia; egli vive però, e moltiplica anche ne climi temperati, allorchè v'è da quelle lontane contrade portato. , La fola differenza rimarchevole, che v' abbia fra’l1 mafchio, e la femmina dell’ Axis, è nella mancanza delle corna, che a quefta non adornano il capo, come non lo adornano alla Cerva. La timidezza, e la manfuetudine di queflte fpezie d’ animali fo- no fempre maggiori nelle femmine che ne’ mafchi, come fogliono effervi minori le for- ze, e l’agilità. [E i dARI al 2A O JAAR DA Tav. VII DI fono divife le opinioni de’ Naturalifti nell’ affesnare un luogo fra le fpezie conofciu- te al Mufione. Il Sig. di Buffon vuole ch'e’ fia il Montone nel fuo ftato naturale e felvaggio, d'onde tutte le razze delle Pecore in varj modi alterandofi fieno venute. Egli dice, che la fola differenza, che va fra il Mufione, e le Pecore comuni, fiè che quefte fono veftite di lana, e quegli è ricoperto di cortiffimo pelo. Gli altri Natura- liti trovano che l’unico carattere di fomiglianza fra quefto animale, e la Pecora fo- no le corna; e noi penderemmo a credere con effi, che veramente egli non abbia così ftretta parentela co Montoni come è creduto il dotto Francefe. Il Mufione è il mufo, il pelame, la ftruttura tutta del corpo analoga al Daino; falta, e corre veloce come non ponno fare le Pecore. S'egli è vero che il Mufione moltiplica colla Pecora, e che non ne nafce una terza fpezie incapace di generare, ma un baftardo fecondo, avra un buon appoggio l'opinione del Sig. di Buffon: ma farebbe d’uopo mettere fuor di dubbio le fperienze. Un pelo corto, lifcio, e lucente, non pare che fi poffla mai cangiare del tutto in lana, come quefta non fi cangia veramente in pelo alloraquando le Pecore mal tenute patifcono il freddo e altri difagi. Se di sì fatti cangiamenti totali acca- deffero, le Capre domeftiche darebbero lana da molti anni fra noi. E fe anche incon- traftabilmente potefs effere dimoftrato che il pelo può effere totalmente cangiato in la- Parte LI. B na, na, e viceverfa la lana in vero, veriffimo pelo, come fi farà a provare che le incli- nazioni, e l’organizzazione da cui quefte dipendono fi poffi trasformare del tutto? Sembra ch'egli fia una fpezie a parte fra il Daino, e la Pecora. Il Mufione vive in Ruffia, e nella Siberia Settentrionale, dov'è più forte, ed agile che altrove; trovafi comu- nemente anche in Grecia, in Sardegna, e in Corfica. DEETAIL) eo A Tigre è del genere de Gatti, come ben chiaramente moftrano gli orecchi fuoi, la bocca, le bafette, l’ugne, la coda, e Il interiore ftruttura. V’ anno molte varietà di Tigri; la più grande, ch'è rara oltremodo, chiamafi Tigre Reale, e ugua» glia la ftatura del Cavallo. Suol effere quefto animale il fecondo nominato, dopo il Leone, nella enumerazione delle beftie feroci: ma è più formidabile di molto. Imper- ciocche il Leone non è fempre furiofo, ed a qualche forta di magnanimità, e quali tà buone; dove la Tigre fempr' è atroce, fanguinaria, crudele; e non .già per cibarfi, ma principalmente perchè gode dello ftrazio ufa sbranare gli animali tutti, che gli fi fanno pe piedi, e de quali va in cerca. Una Tigre ben pafciuta è feroce quanto un’ affamata; nè le armi dell’ uomo, o de' maggiori Quadrupedi le mettono paura, non il numero de’ nemici, non l’ardimento. Ella è implacabile verfo il forte, come verfo il debole; le Greggie, le Mandre, gli Elefanti, gli Uomini, e perfino le Lepri, e i Conigli fono da effa barbaramente fatti a brani. Allorch’ è accefa di {degno sbuffa,: e digrigna i denti come il Gatto; ed è fempre irata anche fenza eccitamento. Freme, e ruggifce ; ma il di lei ruggito non fomiglia a quello del Leone; è fempre turbati gli occhi, e la lingua infanguinata le pende fuor della bocca. Prevale per si fatto modo nelle Tigri a qualunque altro fentimento la crudeltà, e la fete del fangue, che il mafchio divora fovente i proprj figliuoli, e sbrana la madre che vuol difenderli . Fors è quefta una delle ragioni, pelle quali non trovafi molto propagata nelle contrade più ardenti dell’ Afia, e dell’ Africa quefta fpezie micidiale, nemica nata di tutti i viven: ti. La Tigre falta prodigiofamente; la fua. agilità è maggiore di quella del Gatto in proporzione della ftatura. E' anche forte oltre ogni credere; e quantunque pell’ ordi- nario fia piccola a fronte d'un Cavallo, o d'un Bufalo, dopo d’ aver morto alcuno di quefti animali ella fe lo ftrafcica nel più felvaggio luogo del bofco; e corre co- me fe foffe fcarica. Anatomizzando la Tigre fonofi trovate fopra le offa delle di lei zampe molte rugofita, che dimoftrano un adefione di mufcoli più forte che quella del Leone. Non va efempio di Tigre ammanfata; il tempo, che addomeftica a poco a poco tutte le altre fiere, quefta rende vieppiù feroce, e indomabile. Dicono chel pe- lo de’ muftacchi della Tigre trito fia un veleno pegli uomini, e pegli animali: fors ce tale pella fua durezza, e perchè ogni picciola bufca di effo conficcafi nello ftomaco, e negl' inteftini; nel qual cafo non farebbe velenofo più che le fetole di Cignale. DE DR ESP LORIA T.E, E avan LI E proprietà dell'Elefante fono sì differenti da quelle degli altri animali, che fudi effo farebbe d'uopo trattenerfi di molto, fe l'indole di queft' Opera lo ci permet- teffe. A ogni modo non € poffibile lo fpicciarcene in così poche parole come degli altri abbiamo fatto. Sfioreremo la bella ed efatta deferizione, che ne à data il Prin- cipe de Naturalifti Francefi, da che farebbe troppo lunga cofa ilricopiarla per intero; e ci fa d'uopo troncarla malgrado la eleganza, e curiofità che vi domina. Ciafcun Effete prodotto dalla Natura a il proprio valore reale, e merito relativo; fe vogliamo giudicare dell'uno, e dell’altro nell’ Elefante, fa d’uopo almeno accordargli l' intelli- genza. del Caftore, la deftrezza della Scimmia, il fenfo del Cane; ed aggiungervi po- fesa; i doni ch'egli a avuti particolarmente; vale a dire la forza, la Sia la lon= gevità. vEgli è fanne così acute, e poffenti, che vince meffo al cimento il Leone: Trema fotto i di lui pafli la terra; cadono gli alberi fradicati ad un fol colpo della fua UE l'urto del di lui franco rovina una muraglia. Terribile pella fua for- za, egli è del pari invincibile pella fola refiftenza della fua gran maffa, e pella grof. fezza del cuojo che lo rivefte. Egli puo portare fulla fchiena una Torre armata in guerra; carica di molti uomini; e fa muovere macchine pefantiffime, e trafporta.fo- lo agevolmente da un luogo all’altro bagagli, che appena farebbero ftrafcinati da fei robufti Cavalli. A quefta forza prodigiofa ei congiunge anche il coraggio, la pruden- za, la tranquillità di fpirito, l'obbedienza: conferva la moderazione nelle paffioni più vive, ed è in amore coftante anzicchè impetuofo. La collera non fa ch' egli fi dimen- tichi de'fuoi amici; e non affalifce giammai altri, che chi lo è offefo, ricordevole de benefizj come dell’ingiurie. Non effendo carnivoro, anzi pafcendofi di vegetabili, egli non è nemico nato, come le Tigri, e i Leoni, di tutte le fpezie di viventi; e quindi è amato, e rifpettato da tutti, temuto da neffuno. L’ Elefante è il maggior ani- male che v'abbia fra le fpezie terreftri, come la Balena lo è in mare. La di lui al tezza giunge talvolta a’ quindeci piedi, e non di raro li forpaffa; fuol effere lungo quanto è alto, e sroffo poco meno del doppio. L'ampiezza del fuo volume, e del fuo polmone I LR atto a nuotare con molta leggerezza: ma egli cammina anche agilmente, e andando di paffo giunge l’uomo che corre. Si corica, e fi rialza beniffi- mo fato oli altri Guidi 3 edè fallo che dorma appoggiato a un albero, e che fe quello è (I preventivamente fegato da’ Cacciatori egli non poffa più e oh da terra; quo potrebbe accadere a qualche Elefante iva got o ammalato; ‘ai’ gio. vani non già. La probofcide è il più meravigliofo organo, ed affatto particolare dell Elefante; i movimenti, gli ufi, la truttura n'è fingolare. Ella può divenir lunghifli- ma, e raccorciafi a piacere dell’ animale; è oltremodo fleffibile in tutte le fue parti, e in qualunque modo. All'eftremità è concava; e forma come una fcodella, nel fondo della quale fono due buchi, le narici dell’ Elefante ; gli orli fono fatti a foggia di labbra; la parte fuperiore di effi s allunga e fa una protuberanza ottufa, no raf. fomiglia a un groffo dito. Con quefto l Elefinfe raccoglie ogni cofa per quanto mi. nuta Tola fia, e fnoda le corde aggruppate. Applicando a un corpo l eftremità della | {ua fua probofcide, e ritraendo il fiato a fe può l'Elefante alzarlo di terra; e’gira a fuo piacere un pefo di dugento libbre in quel modo. Avendo il collo troppo corto, e non potendo quindi agevolmente abbaffarlo fino a terra; egli beve con quefta tromba, che può contenere parecchi fecchj d’acqua, c quando l’à riempiuta la curva, la fi intro- duce in bocca, e cacciandola fino al di là dell’epiglottide col femplice mezzo. dell’ efpirazione la fa difcendere nell’ efofago. Con eguale deftrezza la probofcide porta il cibo alla bocca dell'Elefante; egli fe ne ferve anche per atterrare i fuoi nemici; nè v'è robuftezza, che poffa tener in piedi uomo, o fiera percoffa da quefto terribile ftro- mento. Non è però la probofcide l’ arma fola che abbia l’ Elefante. Egli è ftato prov- veduto dalla Natura di due denti d'avorio che gli efcono dalla bocca in, forma di cor- na alcun poco incurvate allo insù. Guai a chi è atterrato dalla probofcide ; quefti ter- ribili denti lo ferifcono crudelmente, e le pefanti zampe dell’ enorm ebeftione finifcono di fchiacciarlo. La tefta dell’ Elefante è moftruofa, e fembra piuttofto attaccata al pet- to che al collo; è due grandiffimi orecchioni, e gli occhi piccioli ma oltremodo ef- preffivi d’ogni paffione femplice, o compleffa. Si legge in. effi l’ amicizia, e l'odio non folamente, ma l’attenzione altresi, e i fegni d’ aver intefo, o d'aver prevenuto chi vuole: infegnargli alcuna cofa, l’ incertezza, l’ efitanza, e finalmente tutti gli ftati dell’ani- ma. Il corpo di quefto animale sì vicino alla ragionevolezza umana è coperto d’ una pelle grinzofa , d’ afpetto ofcuro, e difaggradevole, che tratto tratto è veftita di fe- tole come quella de’ Cignali. L’ufo più comune che fuol farfi degli Elefanti in Afri- ca, e in Afia fi è pe trafporti de’ bagagli, e delle perfone medefime de' Principi, e Signori, che fanno tendere padiglioni ful dorfo di effi, e viaggiano così molto como- damente. La fpezie più grande è fempre deftinata a queft'onore; gli Elefanti di me- diocre ftatura fono mandati alla guerra ; i più piccioli fervono agli ufi ordinarj. Gli Orientali furono i primi fin da’ più remoti tempi a condurre in battaglia quefti be- ftioni, che fecero ftragi orribili nelle armate; e ne’ paefi dove non è ancora bafte- volmente moltiplicato il cannone fi mantiene il coftume di adoperare quefti cannoni ambulanti. In Africa i Negri fono in continua guerra contro gli Elefanti per ingor- digia d'avorio, e di code; quefte vendono a caro prezzo nel proprio paefe ; quello cambiano cogli Europei che cola navigano per trafficare. Eglino ne mangiano anche la carne, cui trovano faporita, e fanno ufo della pelle. L’Elefante vive più d'un fecolo. DEL BISONTE GIUBA TO. Tav. XII. Oi abbiamo non 2 molto veduto in Venezia quefto animale, ch'è una fpezie di Bue felvaggio. I caratteri differenziali del Bifonte fono quafi tutti confinati dal- le {palle al grifo, fe la brevità della coda fi voglia eccettuarne. Tutta quefta parte an- teriore: egli à veftita di lunghiffimo pelo, che incomincia dal coprirgli una gibbofità «carnofa cui porta fra le due fcapule, e gli difcende perfino alla giuntura del ginoc- chio, formandogli anche una lunga barba fotto ’l mento. Le corna del Bifonte fono bovine, ma più corte di quelle che portano i noftri Buoi; la lingua egli a acuta, e la vibra come le ferpi. Quantunque foffe tenuto legato a foggia di beftia feroce, ben ifcorgevafi nella di lui fifonomia un’ indole pacifica. Secondo il Sig. di Buffon il Bi. fonte fonte gobbo, e giubato è una desenerazione del Toro felvaggio, o fia Aurochs: ma non fembra che i Naturalifti tutti fofcrivano all’ ingegnofa congettura. Quelli poi che dilisenti offervazioni intorno alla generazione fi credono d’ aver fatto, non poffono udire fenza una forte di fdegno ,, che da’ Buoi fatti gobbi pella fatica, e mal nudri- ti, fusgitifi, o fmarriti ne bofchi quefta varietà di Bue gobbo fia ftata propagata. ” Dovrebbono nafcer zoppi tutti i figliuoli d'un Padre che s'è ftorpiato alla guerra; e suerci per lo meno tutti gli eredi d’ un Soldato che aveffe perduto un occhio , e foffe ftato maifempre in difagio. Il Bifonte giubato non eccede di molto la corporatura d’ un Bue noftrale. Egli abita le contrade meridionali. Die Riff Gi Ei RI ORE I E. Tav. XIV. P D® l’ Elefante quefto è il maggior de' Quadrupedi, el più ftrano. Egli fuol effere alto intorno a fei piedi, e lungo dodeci. A' il capo fimile al Cignale, ma non a 1 grugno porcino. La fua bocca non è proporzionata alla mole del corpo, da che non è lunga più di mezzo piede per parte; gli occhi fono piccioli, e pieni di vivacità, le orecchie pelofe e fomiglianti a quelle del Porco. Sul di lui nafo crefce un corno conico, alquanto ricurvato verfo le fpalle, che gli à fatto dare da’ Greci il nome di Rinoceronte, vale a dire wm4fo-cornuto. Egli è veftito d'una groffa pelle quafi nera, fenza pelo di forte alcuna, che a guifa di cappuccio gli arriva oltre le fcapule, e fino alla metà delle gambe anteriori, per la qual pelle i Portoghefi annolo chiamato il Frate Indiano. Un fecondo taglio della pelle medefima gli fafcia la fchiena, e di- fcende da’ due lati fino al ventre, fotto del quale è la cotenna men groffa; una terza divifione forma una gualdrappa alle cofcie fcendendogli perfino al ginocchio; le di lui zampe dinanzi, come quelle di dietro anno dita, e ugne. In vece d’'effer coperto di pelo il cuojo del Rinoceronte è tutto fparfo di protuberanze fimili a’ bottoni de’ noftri veltimenti; forfe gl’ infetti vi depongono »le loro ova, e li fanno così numerofi; e quindi malgrado alla groffezza del cuojo il Rinoceronte è fenfibiliffimo ai colpi d'ogni picciola verghetta. V' anno de’ Rinoceronti in Africa, e in Afia, e la differenza di paefe porta feco alcune picciole diverfità. La lingua del Rinoceronte Afiatico, che fu condotto in Italia parecchi anni fono, era lifcia come il velluto; l’Africano l’à sì afpra, che fcortica le mani cui prende a leccare; egli à anche gli orecchi più pic- cioli, e più corto il corno. La forza che l'Elefante a nella probofcide, trovafi nel corno del Rinoceronte, falve le proporzioni. Con queft'arma egli combatte, e fradica ‘gli alberi fe gli fa d’uopo per aprirfi la via fra bofchi. E' d'umore affai più beftiale che l Elefante: e d’'effo e degli altri animali è nemico. Gli uomini non fuole affa- lire fe non venga provocato, o ch' effi non fiano veftiti di roffo, colore ch'egli odia; in quefti due cafi ei prende bene le fue mifure per giuocare di corno, e gettar in aria le perfone. Sovente trovanfi pe deferti degli Elefanti feriti fotto’l ventre e mor- ti dal Rinoceronte a colpi di corno. E' però facile lo fchivare la di lui furia; poichè gli è vero ch’ ci corre rapidamente, ma non fi può voltare fenza fatica, e non vede che dinanzi a fe. Chi può trarfi da parte a tempo è in ficuro. Il Rinoceronte, che fu veduto in Italia, pefava 5000. libbre. Egli mangiava fef. PaRrTE Il. c fanta fanta libbre di fieno, e venti libbre di pane il giorno; bevea quattordeci fecchi d' acqua. Oltre a quefto pafto ordinario avea fempre buon appetito, e mangiava ogni cofa che gli era data; amava il fumo del tabacco, e bevea volontieri la birra, e'l vino. dc L L E SO CPUA-SR D'O. Tav. XV. | T Leopardo è più grande della Lonza, e più picciolo della Pantera, poichè non è mai più lungo di quattro piedi, fenza contare la coda ch'è di due e mezzo. La di lui pelle è di color falbo ora più ora. meno carico fu la fchiena, e fu' fianchi: fotto l ventre è bianchiccia. Egli è macchiato a cerchi, o a rofette affai più picciole di quelle della Pantera, e della Lonza, falbe nel mezzo. A' l’indole della Pantera in tutto e per tutto, nè fi legge che fia mai ftato addomefticato; i Negri del Senegal, che ufano fervirfi della Lonza per la caccia, non anno mai avuto ardire di tentare lo fteffo ufo del Leopardo. Que’ Barbari lo temono come il Re de’ bofchi, d’ onde ne viene l'ufanza bizarra di portare il: Leopardo uccifo da’ cacciatori al Re della Nazio- ne; gli abitanti della borgata Capitale fanno refiftenza armeggiando da burla, perchè non entri pacificamente un altro Re nella Sede del loro, e cedono finalmente. Il Re Negro prende la pelle e i denti per fe, ma non mangia della carne perchè ziuno 275 male mangia del fuo fimile; e per lo fteffo rifpetto non fiede, nè cammina fu la pelle ricevuta in dono. Dei denti fa regali alle fue mogli, che fe li mettono al collo in: fieme. colle palline di coralli. Doblo GG ATUI AO TT TGR DEON Tav. XVI. L Jaguar, cui diemmo il nome di Gatto Tigrato perchè Gatto Tigre lo chiamano i Francefi delle Colonie d'America, fdegnando quafi di fervirfi d'un vocabolo fel- vaggio, è grande come la Lonza, e le raffomiglia anche nella forma delle macchie e nel carattere, ch'è meno feroce del Leopardo, e della Pantera. Egli è il fondo del- la pelle falbo lucente come il Leopardo, non grigio com'è la Lonza pell’ordinario; la di lui coda è più corta di quella d’ entrambi quefti Animali, e la lunghezza del pelo fta fra la Pantera, e la Lonza. Sino a tanto ch'è giovine egli lo è crefpo; lo fa lifcio e diftefo in crefcendo. Il Jaguar è il più formidabile Animale che fiafi tro- vato in America; e’ fa le veci della Tigre in quel nuovo Mondo, in cui la Natura fembra aver impicciolito tutte le fpecie de’ bruti. Quadrupedi. Egli vive di preda ed è audace quanto le Tigri Africane; fugge però all’apparire d'un tizzone accefo. Pa- fciuto ch'e’ fia diventa vigliacco, ed un folo cane puo dargli la caccia; la fame fola lo rende agile, e deftro: fenza di quefto ftimolo egli è inerte come quafi tutti i vi- venti di que’ climi. I Selvaggi temono il di lui incontro ; e dicono, ch'egli preferi. {ce il divorare alcuno d'effi allorchè fi. trovano mefcolati a dormire cogli Europei: novella, o verità fors anche, fimile a quella che fi racconta del Leopardo, il quale ama più la carne dell'uomo nero che del bianco. Trovafi il Jaguar al Brafile, al Pa- rasuai, rasuai, nel Tucuman, nella Guiana, lungo il fiume delle Amazoni, e in tutte le pro- vincie meridionali dell’ America: ma dopo la fcoperta di quelle contrade non è facile l'incontrarlo in luoghi abitati. Gli Europei ne anno diftrutto un gran numero, e fpa- ventato il refto; così fi foffer eglino contentati di fare ftrage folamente delle beftie feroci! Eglino non avrebbono fatto un indelebile torto, e irreparabili danni all'umanità. WE. L A TLGIR ob; RO );S S A. Tav. XVII. LI differenze di quefto animale dalle altre fpezie di Tigre meritano che fe ne par- li a parte, e non fi confonda nella loro categoria. Egli è detto Couguar in Ame- rica, e Tigre roffa particolarmente nella Guiana. A' le gambe affai più alte che le Tigri dell’Africa; è lungo, e ftretto ne' fianchi; il di lui capo è picciolo, lunga la coda, il pelo corto, e roffo. Non è punto macchiato nè a fpruzzi come le Tigri, nè a macchie rotonde e di tutto nero come il Leopardo, nè a rofette come la Lonza, e la Pantera. Egli e agiliffimo, e quindi s' arrampica velocemente fu qualunque albero; pell’ordinario fuol anche ftarvi in aguato, e afpettare che qualche preda vi pafli fotto per gettarvifi adoffo. Pafciuto ch'e’ fia diviene poltrone, e pigro. Sono propagatiffime le Tigri roffe. alla Guiana; e in altri tempi ne paffavano nuotando all’Ifola di Caien- na fchiere numerofe per affalirvi, e devaftarvi le mandre. Gli abitanti di quella Co- lonia ne anno diftrutto gran quantità: ma ad onta di quefto, fe deggiono reftare di notte pe bofchi, fa d'uopo accendano de’ gran fuochi per tenerle lontane. Della pelle di quefto animale fi fanno gualdrappe pe Cavalli; la carne non è buona da mangiare, perche puzza, ed è magra, IDE: LP CERN IE RE. Tav. XVIII. L Lupo Cerviere, o Lince fomiglia molto più al Gatto che al Lupo, anzi al Lu- po non fomiglia affatto ; l'ignoranza de’ cacciatori, che lo credettero alla lontana un Lupo, giudicandone dal modo d’urlare, gli die un nome che conviengli sì poco. | L'aggiunto di Cerviere gli è venuto dal colore, e dalle macchie della pelle, che fomi- glia moltiffimo a quella de giovani Cerviatti. Egli fuol effere all’ incirca grande come una Volpe, e deve metterfi nel genere delle Pantere e delle Lonze, quantunque abbia delle differenze fpecifiche. Il di lui pelo è più lungo, gli orecchi più grandi, e ador- ni fulla, fommita d’un ciuffetto di pelo nero; la coda più corta, e nera all'eftremi. tà; gli occhi bianchi, e la fifonomia più aggradevole. Le zampe è divife come quel- le del Leone, e la lingua afpra: Va a falti in fuggendo come il Gatto; vive di cac- cia, e feguita perfino fu le cime degli alberi la fua preda. Attende particolarmente a° Gatti felvatici, alle Martore, agli Ermellini, agli Scojattoli; appoftafi anche per affa- lire i Cervi, i Caprioli, le Lepri a luoghi foliti del loro paffaggio, e fcagliafi fopra di loro. Li prende pel collo, e fattofene ben Padrone fucchia loro il fangue, e rom- pe i cranj per mangiarfi le cervella. Abita ne’ paefi freddi del Nord, come in Mofco- via, in Siberia, nel Canada. La fua pelle è oltremodo ftimata. DEL DEL GR I Tavi KIM HE L Camelo non è differente dal Dromedario effenzialmente nella ftruttura fe non i. perchè è due gibbofità in vece d’averne una fola. Suole avere fei piedi d'’ altezza e dieci di lunghezza. A' quattro narici due grandi, e due picciole; alle prime foglio- no gli ieri attaccare un anello di ferro per frenare l’ Animale, e guidarlo. A' gli ox groffi, e ftrabuzzati; la fronte coperta di molto pelo che raffomiglia alla lana; il reftante del corpo è veftito di pelo lifcio e corto, pell’ordinario di color ce- nerognolo, e talvolta bianco; gli orecchi rotondi e brevi; il collo un cotal poco fperti- cato, e adorno di crini. Le di lui ginocchia fono groffe e forti; i piedi fefli, e armati di buon'ugna; la coda non lunga, e poco pelofa fe non che all'eftremità è folta. Tre fpezie di Cameli diftinguono particolarmente’ gli Africani. La prima è la maggiore, e più robufta, che porta fino a mille, e mille dugento libbre di pefo; la feconda, che viene dal Turgeftan è meno robufta, e ferve anch’effa ai trafporti; la terza è pic- ciola, e magra, ma fomminiftra Cameli Agresti, che poffono fare più di 90. mi- glia in un giorno. Il Coao non fi fdraja mai: ma s'inginocchia colle zampe dinanzi, e fiede fu quel- le di dietro per ripofare . Sente il bifogno d'accoppiarfi verfo la metà di Gennajo, e lo fente per due, o tre mefi con violenza: accompagnata’ da fintomi incommodi, e pell’ Animale, medefimo, e pe di lui Padroni. Smagrifce, non mangia, mugge, a la fchiuma alla bocca, fuda, fi dimena, e perde il pelo di tutto il corpo fuorchè delle due gibbofità. Egli mangia molto quando è del buon fieno, beve di rado, e fa prov- vifione d’acqua nel ferbatojo interno, cui la Natura benefica lo à provveduto. La fpe- zie del Camelo non è tanto diffufa quanto quella del Dromedario, e ama paefi meno ardenti. dè DET, Re Tax. L Bufalo raffomiglia al Toro pella offatura; ma è più corto, e più groffo; è le sambe più alte, la tefta a proporzione più picciola, le corna malfatte, più fra- gili, più corte, e nere; e fulla fronte porta un ciuffo di pelo fo'to , e ricciuto. La di lui pelle è nera, il pelo duro, ifpido, e raro come quello del Cignale, e non gli co- pre il ventre, nè'l petto, nè la coda, nè le gambe. La fua pelle e groffla, e dura. Quantunque i Bufali fembrino d'una fpecie vicina ai Buoi, non v à modo di far che fieno amici; dicono per cofa certa, che non fi é potuto mai far accoppiare individui delle due {pezie per averne una terza. Il Bufalo € oftinato, e feroce; ama il fango, e vi fi voltola come un Ciacco. Meffo all’aratro o al carro fa un ottima riufcita, quando fia ben domato. Teme il fuoco, e s'infuria al vedere il color roffo di modo, che mala giornata farebbe chiunque gli andaffe vicino con robbe di fcarlatto, o di fi- mile ftoffa. Venne trafportata quefta fpezie in Italia circa trecent'anni fono, e vi fi è molti pli- plicata oltremodo particolarmente negli Stati del Papa, e nelle maremme. I poffeffori li lafciano al bofco, e quando anno bifogno di farli lavorare aizzano contro d'effi un Cane avvezzo a quefto meftiere, che li prende ad uno ad uno pell’ orecchio, e non gli abbandona mai, fe non fono dinanzi al Padrone. DEL ZEBU, O BUE DA SOMA AFRICANO. Tav. XXI. | A forma di quefto Animale invita a porlo francamente nella claffe de’ Buoi, quan- tunque non ecceda pell'ordinario la corporatura d'un Vitello di cinque mefi. Le di lui corna fomigliano a quelle de’ Buoi noftrali, fe non che fono più corte anche in proporzione della grandezza dell’ Animale; egli è le ginocchia, e le zampe meno pe- fanti, più lunghi gli orecchi, a una gibbofita ful dorfo alta intorno a cinque polli- ci. I crini della coda, che fogliono effer grigi ne’ noftri Buoi, in un Zebu che vifle qualche anno a Parigi erano bianchi, e lunghi un piede; il refto della pelle era co- perta di pelo oltremodo lifcio, macchiato di bianco, e di grigio ofcuro. E' di natu- rale manfuetiffimo; e gli Africani fe ne fervono comunemente per montura. Db eBshee.t DL PLEEN LA; Tavî XXII. I neffun Animale fi trovano dette tante meraviglie quante di quefto dagli anti- chi Scrittori, e neffuno altro forfe è {tato da effi così mal defcritto. La cor- poratura dell’Iena è a un di preffo come quella del Lupo in tutte le fue dimenfioni; fe non che è la fchiena un pò più corta, e più groffa la telta. A' gli occhi incaffati come il cane, e gli orecchi tefi, lunghi anzichè no, e glabri. Le gambe pofteriori & più lunghe chel Lupo. Il fuo pelo anche è lungo, e folto, d'onde accade ch' ella fembri corpulente più che forfe non è; è una giubba quafi nera; il refto della pelle e d'una forta di grigio fra'l nero, e'l falbo. E' forfe quefto il folo Quadrupede, che non abbia più di quattro dita a piedi st dinanzi che di dietro; ed à come il Taffo una feffura fotto l’ano, che non penetra pero addentro. Quindi fu (pacciata l’Iena per ermafrodito da’ viaggiatori poco diligenti, e da’ Naturalifti de’ paffati fecoli, che ama- vano il meravigliofo. Quefto Animale felvaggio e feroce abita nelle caverne delle montagne, nelle grot- taglie, o nelle tane, ch'egli medefimo fa fcavarfi fotterra. E' di carattere atroce, di modo che prefo anche piccino. non s'ammanfa giammai. Vive di preda come il Lu- po: ma è più forte, e più audace, imperciocche aggredifce talvolta gli uomini, fi la- {cia andare fopra le mandre, e le greggie, cui fegue all'odore, e rompe fovente le porte delle ftalle, e de'ricinti in tempo di notte. Dicefi ch'ei veda meglio nelle te- nebre che di giorno, perchè i di lui occhi fcintillano all’ofcuro ; egli vede probabil- mente come i Gatti, vale a dire, affai meglio di noi. L'urlo dell'Iena fomiglia a quel fuono difaggradevole , cui caccia fuori un uomo nel recere con fatica. Ella non teme la Pantera, affalifce le Lonze, e fi difende bene dal Leone. Allorchè non trova di meglio, va a difotterrare i cadaveri degli animali, e degli uomini, che ne’ paefi, Parte I. D ov ov'ell’abita, fono tutti del pari fepolti pelle campagne. Trovafi l'Tena frequentemen- te ne’ climi caldi dell’ Africa, e d’'Afia. Gli antichi, oltre allo fpacciare ch’ ella era mafchio, e femmina alternativamente d' anno in anno, le attribuirono molte virtù magiche, e la facoltà d’ imitare le voci de- gli uomini, e de fanciulli piagnenti. DEL TAPIR, O MANIPURIS AMERICANO. Tav. XXIII. L Tapir fomiglia al Porco, ma egli è più alto da terra, e della grandezza d'un Vitello di fei mefi. A' il grugno appuntato come uno Spinofo; e può muovere in varj modi il labbro fuperiore, che lo forma. Egli è ben provveduto di denti, e è due fanne, che gli efcono dalla bocca curvate all'indietro. I di lui occhi fono piccioli, e gli orecchi rotondi; la coda cortiffima, e fenza fetole. Ai piedi anteriori è quattro ugne nere ; tre fole a'pofteriori. Il fuo pelo è corto, e ordinariamente trae all ofcu- ro; ma l'età dell'animale, e altre circoftanze accidentali fanno , che tutti i Tapiri non fiano del medefimo colore ; lo che fi vuol fempre intendere in parlando del pelame delle beftie ch'è oltremodo vario. I Porci noftrali, in grazia d’ efempio, fono general- mente neri, mentre i noftri vicini Ferrarefi fotto il medefimo clima li ànno tutti di pelo roffo, e bianchi non di raro. Quefto Animale è gran nuotatore, e può ftare fott' acqua sì lungamente, che fi tuffa in un luogo, e dopo d’aver nuotato per qualche tempo al coperto, ricomparifce molto lontano. Dicono, ch'egli ufi dormire quafi tutto il giorno, e andar in cerca di cibo la notte. I Portoghefi lo chiamano Ante, ed Anta; noi corrottamente pelle di Dante chiamiamo la pelle del Tapir, che refifte meglio dell’ altre alle archibugiate, e allarmi da taglio. Nel Brefile, nella Guiana, e in altre provincie contigue trovafi affai comunemente, e la di lui carne piace molto a’ Selvaggi. DE: Meg E UP BIO NAIE a Tav. XXIV. L Lupo nero non è conofciuto fra noi, dove di Lupi và pure foverchia frequen- za. Il Sig. di Buffon ne defcrive uno, cui un Uffiziale avea portato dal Canada, dove avealo prefo piccino. A mifura che crebbe in età crebbe in ferocia quell’anima- le, di modo che l' Uffiziale non ne volle più. Fu meffo a combattere con un Toro, in Parigi, e non moftrò molto coraggio in quell’occafione ; quantunque foffe ufato a dar fegni di furore folo che alcuno fi avvicinaffe al canile in cui era guardato, d’on- de balzava fuori per quanto la catena glielo permetteva digrignando i denti, e abba- jando. Il di lui abbajamento non era continuo, come quello del cane, ma di grida interrotte. Egli era più picciolo d'un Lupo noftrale, ma vi raffomigliava molto nella ftruttura del corpo, e della teflta, c principalmente nell’incaffatura obliqua degli oc- chi. Gli orecchi avea più acuti, e feparati; gli occhi più piccioli a proporzione; la fronte più larga. Il pelo del dorfo era più lungo dell'altro, e tutto nero dal mufo alla coda. DEL DEL MONTONE DI BARBERIA. Tav. XXV. e particolarità più oflfervabile nell’efteriore di quefto animale fi è la curvatura del- la corna, e le anella, onde fembrano formate. Da quefte ebbero peravventura il nome di Corna-d'Ammone que Teftacei, de’ quali s incontrano così frequentemente i nuclei foffili negli ftrati de’ più duri marmi, e così rare fono le fpoglie ne’ mari co- nofciuti; il Tempio di Giove Ammone era nel centro della patria di quefta ben cor- nuta razza di pecore. La lana del Montone di Barberia è lunga, ma non fuole arrivar- eli al ginocchio; la coda è lanofiffima fino verfo l'eftremità, vicino alla quale àvvi un interruzione di tre pollici, cui fuccede un bel fiocco di lana che finifce la coda. Fa- rebbe d'uopo aver pratica di si fatte beftie per fapere fe alla Natura, o al capric- cio d’alcuno fi debba quefta fingolarità. DEL MONTONE, E DELLA PECORA D'INDIA. PR RSVISRNRVIT. XXIX L capo dell'Ariete Indiano non è gran fatto differente dal capo de’ noftrali; la mag- sior differenza fra le due fpezie confifte negli orecchi, che fono nell’ Indiana più lunghi, e pendenti, e nella corna traenti al nero, ed arcuate regolarmente come un fesmento di circolo. Sotto la gola pendono a queft' Animale due glandule fimili a quelle de’ Caproni; egli è ftato dalla Natura si generofamente provveduto di coda che la ftrafcica quafi per terra. E' lungo poco più di quattro piedi. Invece di lana l’ Ariete Indiano è una forte di pelo fimile a quel del Mufione, si pella lunghezza e refiftenza che in fatto di colore; quefto era vario nell’ Animale, che fervi alla defcrizione del Sig. di Buffon, defcrizione minuta, e diligente oltremodo, ma che non può forfe efat- tamente convenire a un altro ‘fdividdo non che alla Gina intera. Prova di quelta verità fi è, che un altro Montone d'India che fu pur veduto a Parigi era tutto diffe- rentemente pezzato ; cd avea inoltre foltiffima e lunga lana, e pelo ica mefco- latovi ful collo, e fu le fpalle. La tefta di quefto fecondo Animale era bianchiccia; il pelo del refto del corpo fra l bianco, e'l falbo; la lana grigia; egli avea le glan- dule pendenti fotto la gola lunghe due pollici, e otto lana LA configurazione de’ Montoni d'India è differente da’ noftri; eglino anno più grandi i quattro ftoma- chi, e la vefcichetta del fiele grandiffima, oltre a qualche altra varietà meno con- fiderabile. La Pecora Indiana fisurata da noi full'efemplare del fopralodato Naturalifta à il gri- fo più curvo, e rilevato, gli orecchioni più ampj, e pendenti all'indietro; non è corna, e la di lei coda è più lunga che quella del mafchio, meno irfuta. DEL DEL MONTONE, E DELLA PECORA D'ISLANDA. Tav. XXVIII. XXX. Nche il Montone Islandefe raffomiglia ai noftri nella ftruttura del corpo, e del- / la tefta. Vanno pero in effo de caratteri differenziali, che meritano d’effere fi- gurati, e dettagliati a parte. Quello, che fervi d’ efemplare a Parigi avea tre lunghe corna, due delle quali occupavano i due angoli oppofti della fronte curvandofi in va- rio fenfo verfo la bocca dell’ Animale, l’altro forgeva fra le due laterali nel mezzo del cranio, irregolarmente torcendofi. Vuolfi però avvertire, che le tre corna, e la loro difpofizione ftravagante fono caratteri più proprj dell’ individuo che della fpe- zie, ond'è che fara forfe difficile il trovare parecchi Arieti con tre corna in Islanda. Noi fappiamo, che nelle provincie aggiacenti all’ Adriatico dalla parte oppofta all’ Ita- lia vegsonfi in quefto genere ftraniffime difformità, che non fono ereditarie negli ani- mali. La lana del Montone d'Islanda era groffa, lifcia, e dura; avea fino a otto pol- lici di lunghezza fu qualunque parte del di lui corpo, fuorché fu la tefta, fu le gam- be, e fu la coda ch'era corta, e tutta nera. Mefchiata con quefta lanaccia trifta ve n'avea di oltremodo fina, più molle, e corta di color cenerognolo. Il colore dell’ animale era incoftante, pezzato di falbo, di grigio, di nero; fotto 1 collo, e ful pet- to anneriva dichiaratamente. La Pecora non avea che due corna; uno era volto colla curvatura all’ indietro, l' altro al dinanzi. Avea pel refto tutti i caratteri di convenienza col mafchio. «PELA BET BO: Ass ATTICO E AFRICANO Tav. XXXI. XXXIII. Uefto Animale, che volsarmente chiamafi Gatto Zibetto, non è forfe altra qua- lità comune col Gatto, che l’agilità. Se ad animali conofciuti fra noi dovefs ef- fere raffomigliato, potrebbefi trovargli qualche analogia colla Volpe, e fopratutto nel- la tefta. E' lungo intorno a due piedi, e mezzo; alto poco più d'uno. A' la pelle macchiata a fafcie, e a fpruzzi, che lo fa raffomigliare di lontano alla Pantera, con cui però non a la menoma parentela ; forfe la pelle così pezzata lo à fatto mettere da' viaggiatori poco attenti fra’ Gatti. Il Zibetto mafchio non fi diftingue dalla femmina efteriormente ; egli a gli organi caratteriftici del fuo feffo chiufi ben addentro in una perfetta raffomiglianza del feffo femminile di modo, che fenza venire all’incifione, per quanta diligenza vi fi ufi, non è poffibile il qualificarlo. In quella parte, ch'è confi- gurata come un picciolo facco divifo da un taglio, deponefi da’ vafi proprj a filtrarla una fpezie di pomata odorofiffima, che fu a torto da più d'uno Autore prefa in ifcam- bio del mufchio, d’ onde anche Gatto mufchiato venne con doppio errore chiamato il Zibetto. L'apertura del facco è di due pollici; la di lui capacità potrebbe contenere un picciolo uovo di gallina. Il diligente Anatomico Sig. d' Aubenton è fcoperto i vafi, che portano al facco, deftinato dalla natura a far l’uffizio di ferbatojo, quella materia odorofa; egli li à feguiti dal luogo, dove mettono capo, fino alle vene ed arterie ipo- saftriche, d'onde fi diramano. La Madre comune avrà dato alle varie fpezie di Zi- betti betti quefto efpurgo per buone ragioni: ma non è facile l indovinarle. Allorche il lo- ro facco è pieno, i Zibetti patifcono un incomodo prurito; e mettono in opera per efpellere la materia raccoltavi, alcuni mufcoli, de’ quali fono opportunamente provve- duti a quell ufo. Quei, che alimentano Zibetti in cafa per trarne profitto, fogliono tenerli in una gabbia; e tirandoli pella coda verfo l'inferriata, con un cucchiajo eftrag- sono la preziofa pomata dal ferbatojo. Quefta operazione fl fall duetta tregivoltenla fettimana. Tutto il corpo, e’ pelo, e ’l fudore de’ Zibetti è il medefimo odore, e quindi v'è un campo aperto a' falfificatori. Di quefta droga fi fa gran commercio in Oriente . Il carattere del Zibetto è felvaggio, e un cotal poco feroce: ad onta di quefto pe- rò può effere ammanfato agevolmente quanto bafta per accoftarfegli, e maneggiarlo fenza pericolo. A' il vizio di mordere, e ferifce protondamente, perchè i di lui den ti fono forti, ed acuti; graffierebbe anche talvolta volontieri, ma fta male d' ugne. Egli è agile, e fnello al faltare, ed al correre, quantunque fia di corporatura alquan- to pefante; vive di caccia, e forprende gli animali terreftri minori, e fovente anche gli uccelli . Gli occhi del Zibetto fplendono in tempo di notte; e quindi egli vede probabilmente quanto bafta anche all’ ofcuro. E' frugivoro quando non trova da cibarfi d’animali; ufa abitare le montagne aride. Egli è molto comune nell Indie Orientali, e in Arabia, come in varj Regni dell'Africa, e particolarmente nella Guinea: trafpor- tato altrove vive ma non propaga. MA DETC OSE ANT IN BO LI: Tav. XXXII. Olti Scrittori anno confufo co’ Zibetti la Ginetta, o Faina di Coftantinopoli, cui il celebre Cav. Linneo avea una volta collocata fra le Donnole, e poi trafpor- tò in un altro genere; come ordinariamente accade ch’ ei faccia con poco lodevole in- coftanza, che moftra o precipitazione di giudizio, o mala fcelta di caratteri diftinti- vi. In quefta noftr' Opera è chiamata Faina di Coftantinopoli fu la fede del Belloni, che lafciò feritto d’averne veduto molte in quella Città addomefticate pelle cafe degli abitanti. E' quefto animale più picciolo del Zibetto; è pero com’ effo il corpo bislun- so, le gambe corte, il mufo aguzzo, il pelo lifcio, e morbido, di color grigio fcu- ro lucente, pezzato di nero a macchie rotonde feparate fu' fianchi, ma così vicine ful dorfo, che fembrano formargli varie fafcie nere attraverfo il corpo tutto. A' ful col. lo, e fu la fpina dalla nuca alla coda una fpezie di corta giubba di pelo più lungo che 1 refto, e nero; fotto agli occhi è due macchie bianche vifibiliffime . E' un pò più grande della Faina comune; e le raffomiglia nella forma del corpo, come nell inclinazioni: fembra però più docile; va a caccia di forci, come i Gatti; ed a il me- defimo facco di dietro che i Zibetti: ma la materia che vi fi filtra non è di gran | pregio . La fpezie delle Ginette non è molto propagata; in Ifpagna, e in Turchia fe ne trovano, non però in altra parte d’ Europa. Della pelle di quefti animaletti fi face- vano ne tempi andati manicotti preziofi. La contrafazione della macchia moltiplicando le pelli ne a fatto fvanire la moda infieme col pregio di rarità. PARTECI E DEL D'ECTGARTO SIRO anto: Tavi XXXIV. N” e molto differente il Gatto falvatico da que’ Gatti domeftici infalvatichiti , che fi ritirano ne luoghi più appartati delle cafe. Il vivere ne’ bofchi efpofto ai vantaggi, e a difagj dell’aria aperta lo rende più forte e più grande. Egli fa il pe- lo afpro e lungo, è gli orecchi più tefi, il colore meno foggetto a incoftanze, la co- da più groffa; fuole avere fempre le labbra, e le polpe delle dita nere. A' i coftumi del Gatto domeftico peggiorati, e inafpriti dalla folitudine, e dalla neceffità d’ effere più fanguinario, e infidiofo. Nelle gran felve d’' Europa fi trova fovente quefto ani- male, come fi trova ne bofchi dell'America. Confeffa anche il Sig. di Buffon, che non v anno confiderabili differenze dall’ Americano all’ Europeo; non folamente la ftrut- tura € la fteffa, ma anche il pelo, che fuol effere grigio, rofficcio, e nero. Da Ele Gi A/CIRBZIOL |» DIbAEES: Ta 0 Tavo XXXV. L Gatto è una beftiuola affai conofciuta fra noi. La defcrizione del fuo corpo fa- rebbe giudicata fuperflua; e forfe troverebbe ogni perfona, che il noftro Gatto non raffomiglia perfettamente a quello della fua cafa. Le defcrizioni minute fi deggiono fare degli RALE TE rari; del carattere di quefto Quadrupede diremo pero alcuna cofa. Il Gat- tino di poche fettimane è un piacevoliffimo animaletto: ma trapela fuori pegli cher- zi, ch'egli ufa di fare, un fondo di malizia innata, e il carattere doppio, e perverfo, cui l'età MONA in peggio, e l'educazione di raro o non mai giunge a fradicare. Di- viene cacciatore per iftinto fenza che alcuno lo iftruifca, come per iftinto è furace. L'avvezzarlo a far qualche cofa farebbe malagevole imprefa, poichè per natura è cer- vicofo, e fmemorato; la fua abilità nel dar la caccia ai topi dipende dalla oftinazio- ne, e dall’agilità del corpo. Ad onta di quefto carattere, che in generale conviene al- la fpezie gattefca, colla pazienza, e coll’ ingegno fi può ridurre un Gatto a fare abi- tualmente alcune azioni lontane dalla fua indocile natura. S'è veduto a Parigi un con- certo gattefco efeguito da un Coro di Gatti, a cui prefiedeva una Scimmia in qua- lita di Maeftro di Mufica. L'amore della libertà è ingenito al Gatto, e i più dome- ftici ancora fogliono inferocire quando fi vedono chiufi; così è loro naturale la puli- zia, d'onde ne viene che il loro pelo è maifempre afciutto, e lucido, ed elettrizzafi facilmente colla femplice confricazione per modo, che fcintilla nell’ ofcurità . Scintilla- no anche gli occhi dell’ Animale in tempo di notte; la fua pupilla fi dilata nell’ofcu- rità, e diviene larga, e rotonda; durante il giorno è ovale, ed angufta. Immerfo nell’ acqua di maniera che tenga fotto di effa gli occhi aperti malgrado fuo, il Gatto fom- miniftra curiofiffime offervazioni pell’anatomia dell'organo vifuale, delle quali fi pon- no leggere i dettagli nelle memorie dell’ Accademia gle Scienze di Parigi del 1704., ed sic anni feguenti. L'ugne di quefta beftia fono difefe dallo Gigli perchè non toccano terra, e fono riparate allorchè l’animale cammina dalla polpa delle dita; pro- traendo i mufcoli, a' quali fono attaccate, egli le caccia fuori per augnare, o sbranare la la preda, o per tenerfi forte arrampicando. Sovente accade ch’ egli sdruccioli per inav- vertenza dall’ alto de’ tetti: ma di raro s'accoppa, perchè nel viaggiare pell’aria è la prevvedenza di voltarfi colle zampe allo’ngiù, e quindi trovafi a terra in quattro pie- di. Quefta precauzione non lo preferva però fempre dallo fpallarfi, o Atroppiarfi. Glì amori de’ Gatti fono un po’ più romorofi che quelli degli uomini; la femmina fuol rifparmiare al mafchio le affiduità, e le carezze, che fono preliminari indifpenfa- bili pelle altre fpezie. Ella lo invita, ne va in cerca, e palefa miaulando il proprio bifogno, e un vero furore uterino; fe il mafchio la fusse (il che fpeffo accade) ella lo feguita, lo morde, lo coftringe colle brutte a foddisfarla. La povera beftia fa però fempre cattiva giornata ; imperciocche le funzioni matrimoniali gattefche ; ftante la configurazione degli organi feffuali de due individui meffi in azione, fono accompa- gnate da orribili crudeliffime graffiature, al di fuori, e da fpafimi interiori ancora più dolorofi. Quefte fpofe maltrattate ftanno gravide intorno a otto fettimane, e fogliono effere madri amorofe; alle volte però fono crudeli a fegno di mangiarfi i proprj fi- gliuoli, barbarie, cui ufa di fare il mafchio quando può trovarli. Si crede, che non per mangiarli veramente, ma per liberarfi dai dolori del parto, nell'atto di trarli fuo- ri gli ftronchino, e uccidano alcuna volta. Roberto Boyle riferifce un fatto, che appartiene all’accoppiamento de’ Gatti, cui non fi crederebbe agevolmente ad altro uomo che a un offervatore accreditato, e diligen- te qual egli era. Dice, che un groffo Sorcio s'accoppiò in Londra con una Gatta; che quefta ne rimafe gravida, e che partorì Gattuccini d'una terza fpezie fra’l Sorcio, e ’l Gatto, i quali furono allevati nel Parco del Re. L’antipatia cede adunque talvolta al bifogno, quantunque meno facilmente che all’abitudine; noi vediamo frequentemente nelle angufte abitazioni il Cane, e il Gatto vivere in grandiffima amicizia. DARE dlaG0A PrO. DJ 008 PA GN :;A Tav. XXXVI. L color roffo carico, e lucente è il principale, o forfe il folo carattere diftintivo Ì de’ Gatti della razza di Spagna; eglino però non fono affatto di quefto colore, e anno fovente delle macchie bianche, e nere diftribuite, e mefcolate incoftantemente col- le roffe di maniera, che niun Gatto perfettamente fomiglia all’altro. Dicefi, che i ma- fchi non fono mai macchiati di tre colori; e quefto fatto meriterebbe d’effer meflo in chiaro. Certa cofa è, che fra noi le Gatte di quefta razza, che fi trova propagatiffima, anno più varietà di macchie; e non ci viene alla memoria un Gatto mafchio, che fia bianco, e roffo, e pezzato di nero tutto ad un tratto. DILLO, ISO Quei AG ORA Mavi AOMONINT I, Uefta fpezie efotica di Gatto è ftata portata d’ Angora, e quindi ritiene il nome Quai pacfe nativo. Sembra più groffa delle altre perchè è più lungo il pelo; e quefto forfe toglie di molto all'altezza delle sambe dell'animale nafcondendole in par- te, da che ful ventre fuol effere così lungo, che tocca quafi la terra. La tefta, e le zam- zampe de Gatti d'Angora anno il pelo corto come i noftrali. La figura di quefto ani- male, che noi abbiamo dato, è tratta dal Sig. di Buffon; la beftiuola era di varj co- lori. Ma qui in Venezia fe ne trova uno tutto bianco nella cafa di Sua Eccellenza N. H. Vettor Benzon. DI E 0090, RL. Tav. XXXVII. XXXIX. XL. XLI. I caratteri univerfali del genere de’ Cervi fono il ruminare, l'avere il piè fefflo, le corna ramofe, folide, ed annue; tutto quefto conviene alle varie fpezie di Cervi, a Daini, a Rangiferi, agli Alci, a Capriuoli, alle Giraffe. Il Cervo è agiliffimo al cor- fo, al moto, e falta fino a fei piedi d’altezza, come nuota gagliardamente per molte miglia di feguito. Egli fembra fatto per abellire i bofchi, così è fnello, e leggiadro della perfona, di fleffibili membra, adorno anzicchè armato la fronte, vigorofo del pa- ri che apparifcente. Le fue corna ramofe non fono però unicamente fatte per vaghez- za ; elleno fono armi, delle quali ufa fervirfi quantunque volte fpinto dal naturale bi- fogno a feguitare una Cerva trova un rivale, che gliene contende il poffeffo . Perdono in quefto cafo i Cervi la manfuetudine loro, e cozzando furiofamente fi ferifcono ; nè di raro avviene che avviticchiandofi le corna de’ due combattenti indiffolubilmente egli- no reftino efpofti alla voracità de’ Lupi fenza veruna difefa. Si può credere, che an- che fuori di quefta occafione ufi utilmente il Cervo delle fue armi, e rifpinga con effe i più forti e feroci nemici, da che meffo a combattere colla Tigre in uno fteccato a Parigi egli la fece rinculare, e fpeflo infilza i cani che lo cacciano. V'a però una ftagio- ne, durante la quale al povero animale non refta altra difefa che nel corfo; imperoc- chè come un nuovo dente caccia il vecchio, così d’ anno in anno le nuove corna fan- no cadere .le antiche, e prima che acquiftino un grado di confiftenza atto a far fron- te a chi che fia, paffano più fettimane. Il Cervo caftrato non cambia più le corna annualmente ; anzi s'è caftrato prima che abbia meffo le corna, o nel tempo che è depofte le vecchie, non le fa mai più. Ne'climi temperati i Cervi fentono gli ftimoli d'amore verfo il principio di Settembre. Ragliano allora difaggradevolmente, danno del capo ne tronchi degli alberi, fono pieni d’impeto, e di furore pericolofo ; eglino vanno correndo di luogo in luogo fino a tanto che s incontrino nelle Cerve: ma non bafta che le abbiano rinvenute; elleno fanno le preziofe, e non cedono a mafchj fe non dopo una lunga perfecuzione; e a viva forza. Se v'à più d'un mafchio dietro alla Cerva, fi vedono duelli, e battaglie fanguinofe. Il Cervo giovine è infaziabile in propofito d'amore; egli non afpira alla lode di coftanza, ma piuttofto a quella di prodezza. Il cibo de Cervi fono l’erbe, e i teneri ramofcelli in tempo di primavera, e di ftate; nell’ inverno addentano le corteccie degli alberi; e fanno quindi gran danno ai bofchi, e a' feminati in ogni ftagione. L'età loro giunge alle volte a quarant'anni; e in qualun- que clima propagano. Ve n’anno in Italia, nell’ Ifole maggiori aggiacentivi, in Fran- cia, nella Scozia, nell’Indie, e nell'America, dove i Selvaggi, che ne tengono mandre, fi cibano del latte, e del cafcio di Cerva. Anche la Groenlandia è la fua fpezie di Cervi, ch'è più picciola de'noftrali, perchè nata fotto un Cielo nemico dell’aggrandi- mento di tutte le fpezie d’animali terreftri. Ne fecoli più lontani v' ebbero. nell’ Hole Bri. Britanniche Cervi d'una grandezza enorme, le corna de’ quali trovanfi in prodigiofa quantità venti piedi più fotto d’uno ftrato di conchiglie marine preffo Norwich. Le Cerve non anno corna; la loro voce è più debole che quella de’ mafchi, e più breve. Non ragliano per amore, ma sì bene per tema. Variano di ftatura , e di pelame come il Cervo, feguendo le differenti circoftanze de’ climi, ne’ quali vivono. I Cerviatti giovani fono pell’ordinario pezzati di varie macchie la pelle; la loro carne è buona da mangiare: non così quella del Cervo vecchio. La maggior utilità però, che fi ri- tragga da quelta fpezie d’animali, fi è l'ufo delle corna, che molto fono adoperate sì nella Medicina, che nelle Arti; e quel delle pelli, che rielcono perfettamente paftofe, e durevoli. La caccia del Cervo è uno de’ più magnifici divertimenti de’ Principi, e de’ gran Signori. DIA LA Ae Onora | Tav. XLII. Oi conofciamo tanto le Lepri, che della ftruttura loro parrebbe foffe inutile af. fatto il parlare. Eppure non fapranno forfe tutti coloro, che mangiano fovente della carne di Lepre, che quefta fpezic d’ Animale è dalla natura ricevuti de’ privilegj particolari. Uno di quefti, che gli è proprio efclufivamente, fi è quello della coftante difpofizione alla fuperfetazione. Le Lepri fono in calore ad ogni ftagione ; e perchè non lo fiano indarno la Natura architetto in modo l'’ interiore degli organi della gene- razione alla Lepre femmina, ch’ ella può effere fecondata dal mafchio nel mentre ch’ è gravida, e partorire a' tempi convenienti i frutti di ciafcun abbracciamento maritale. Oltre ch' ella invita lafcivamente il mafchio, anche la fAtruttura efteriore delle parti feffuali della Lepre da a divedere quanto fia falace. Il volgo prende fovente per ma- fchi le femmine, a cagione dell’ equivoca configurazione degli organi anzidetti; e v'eb- be chi le credè ermafrodite ne’ buoni fecoli andati. Della qual cofa non può fenza ma- nifefta ingiuftizia ridere l'età noftra, che vide folennemente in Parigi vent’ anni fono dichiarata Ermafrodito, in cui prevaleva il fefo virile, dal celebre Sig. Morand, e le- salmente obbligata dall’ Arcivefcovo a veftire da uomo la mal organizzata Drouart. La Lepre dorme cogli occhi aperti: ma non è già quefta, come il volgo fuole fpac- ciare, una confeguenza del perpetuo fofpetto in cui vives egli è un corollario della configurazione delle fue palpebre , che non poffono combaciarfi, perchè fono troppo brevi. Per compenfo, quefte beftiolucce anno gli organi acuftici interni {quifitamente fenfibili, e gli orecchi d'una grandezza enorme fe alla proporzione dell'intero corpo loro fi guardi. Pafso lungamente la Lepre come animale ruminante: ma non lo è, nè lo può effere avendo uno ftomaco folo, e non quattro. Suol giugnere alla maggiore srandez- za. nel termine d'un anno, e vive intorno a fette. Di raro trovanfi due Lepri in un covile, fe non fieno piccine; ciafcuno di quefti animali vive da fe, è almeno cento paffi lontano da qualunque altro; fembra che non abbia bifogno di compagnia, perchè dorme moltiffimo. Ad onta della timidezza naturale, e della folitudine, in cui paffa la vita, non è quefto animaletto indifciplinabile; egli è facile da addomefticare, e impa- ra a far qualche giuocherello. Non è però mai poffibile il fargli perdere l’amore della libertà; e coglie la prima occafione di fuggire che fe gli prefenti, per quanto fia fta- PARTE I. | F to to ben trattato. Non fi può accordare alle Lepri una intelligenza diftinta: ma elleno però non mancano di qualche fagacità nello fcegliere opportunamente i covili per evi- tare le ingiurie delle ftagioni, e de’ cacciatori, ‘per fottrarfi dalla perfecuzione dei ca- ni, e per fupplire agli ordinarj bifogni della vita. ‘Anno una forta di grido, ch'è loro proprio, ma non lo cacciano fe non quando fono tormentate. Trovafi la Lepre fotto ogni clima: fembra pero che ne fia poco diffufa la fpezie nelle regioni afflitte da foverchio calore. Le montagne fono più confacenti al buon nutrimento di quefto animale, di maniera che v'è una differenza fenfibiliffima di gran- dezza, e di fapore fra la Lepre montana, e quella delle pianure. DI Enea DAI Tav. XLIII. XLIV. L folo afpetto dell'abito efteriore fembra che faccia nafcere l’idea d' analogia, ed amicizia fra le due fpezie confinanti de Cervi, e de’ Daini: ma la Natura s'allon- tana fovente da ciò, che a prima vifta parebbe agli uomini ragionevole, perche i di lei motivi non fono i noftri, ed. ella fola fa l'influenza delle minime differenze cui met- te in opera. Lungi dell'effere fatti amici gli uni degli altri pella raffomiglianza i Dai- ni, e i Cervi fi fuggono, e mai s'unifcono a formare una terza fpezie; anzi avviene di raro che nello fteffo pacfe frequentemente s' incontrino. Il Daino, meno felvaggio, e più delicato del Cervo, è quindi foggetto a maggiori varietà non folamente di co- lori della pelle, ma di coftituzione eziandio. Il carattere più diftintivo . de’ Daini fi è la figura delle corna, che in luogo d’effere rotonde fono ftiacciate oltremodo . Egli caccia le prime corna, come i Cervi, nel fecond’anno; quefte fono da prima femplici, ma vanno crefcendone i rami a mifura che l'età dell’ animale fi fa innanzi. Cadono d' anno in anno le corna vecchie nel modo, e nel tempo a un dipreffo. in cui cadono a’. Cervi. E' quefto animale incoftante nella ftatura come nelle tinte della. pelle ; fembra che non crefca più di cinque piedi dalle narici alla coda, e che di raro giunga all altezza di tre; v'ànno de Daini grigi, bianchi, color di cannella, e pezzati di nero. La fpezie comune è la coda più lunga che quella del Cervo, e il pelame di colore più chiaro. La voce de’ -Daini non è fonora, e ne loro amori eglino fono meno impetuofi,; e meno falaci, bench’egualmente incoftanti nella fcelta, che i Cervi: ma quantunque non menino romore, e non corrano pelle campagne in cerca di Damme, fovente ac- cade che combattano furiofamente i mafchi fra loro per difputarfi i favori d'una fem- mina. Quefto fpirito guerriero non fi manifefta folamente.ne' tempi amorofi, ma fem- bra innato alla fpezie. Allorchè ve n’ànno molti in un Parco eglino formano due par- titi ben feparati, e diftinti; fra quefti arde ben prefto inimicizia, perché l'uno pre- tende d'occupare il luogo dell’altro.. Due Daini de più vecchi, e robufti marciano. al- la tefta de due rifpettivi eferciti, che fi difpongono alla conquifta del miglior terre- no. La guerra fi fa con molta intelligenza dall'una e dall'altra parte: nè la prima rotta è mai decifiva; imperciocche ogni giorno fi rinnova la battaglia fino a tanto che il partito più debole è cacciato lontano dal pafcolo migliore. Le malizie del Dai- no fono fimili a quelle del Cervo, come le altre facoltà fue; egli non s'allontana pe- rò di molto quando è cacciato, ma ritorna fu proprj veftigj fovente, correndo quafi 2 cir- circoli eccentrici, onde confondere l’odorato de’ cani, e imbrogliare i cacciatori. Ne' bofchi fa più danno che il Cervo, perchè morde. i ramofcelli e le corteccie degli al- beri più ful vivo, d'onde m'avviene che le piante fi rimettono più difficilmente. Vi- ve intorno a vent'anni; egli abita ne’ climi temperati d'Europa, e teme i freddi, ond'è. fot! La Damma, priva di corna come la Cerva, è più timida che’! mafchio: ma è forfe ancora più manfueta. Ella, va in calore verfo la metà d’ Autunno, e refta gra- vida per otto meli. D: E sL RR IO LO dv ARIE VENVIE On è il Cavriuolo grande, maeftofo, e forte quanto i Cervi, fra’ quali lo col- loca il Cav. Linneo: ma egli a dalla Natura ricevuto doni ancora più preziofi per modo di compenfo. La di lui lunghezza è d’intorno a cinque piedi e mezzo , l’ altezza di due, o poco più. E' forfe il più fnello di tuttii Quadrupedi, e ’1 più ele- gantemente coftruito; la meravigliofa clafticità de’ fuoi mufcoli fupplifce ‘alla forza, che gli poteffe peravventura mancare. Egli e meglio nutrito, chel Cervo; netto, e rilu- cente perchè sfugge i Dil fangofi; a gli occhi belli, pieni .di fpirito, e d’efpref- fione; corre, e Mini falti si leggermente, ch'e paffato in proverbio fra noi. Vince in aftuzia di molto tutti gli altri animali della fua claffe nel nafconderfì ai cani; poichè cammina tortuofamente non folo,. e. fpeffo: ritorna addietro per intricare le traccie, ma fpicca tratto tratto .sran falti da terra, onde interromperle del: tutto; indi s' acquat- ta dietro a' cefpugli prendendo lena molto prima d'aver efaurito le forze. I cani oli paffano da vicino fenza che fi fcuota; nella qual cofa egli moftra per certo id'effere più rifleffivo che pavido. Com'e' fupera in leggerezza di corpo, è in accorgimento i Cervi, e i Daini, così è poi ad effi diemetralmente oppofto ne’ coftumi. Coftantiffimo in amore, egli non abbandona mai la fua prima compagna, fe la morte non lo divide. I piccioli Cavriuoletti, che fogliono per lo più effere mafchio e femmina, s'amano come fratelli; e feguono i genitori fino a tanto ch'è vicino il tempo d’amarfi come Spofi. I Cavriuoli perdono le corna nel mefe di Marzo; vanno in calore alla metà d’Au- tunno, e vi ftanno un mefe; la monogamia, e forfe anco la frefchezza della ftagione li preferva dall’ intemperanza ne’ piaceri matrimoniali, e dalle incommode confeguenze di effa, che rendono fparuti, e deboli i Cervi. | ‘La :Cavriuola non è corna. Ella refta gravida per cinque mefi; e quando s avvici- na il momento di partorire fi allontana dal mafchio, e rintanafi nella più folta e co- perta parte del bofco; a fine di prefervare i figliuoli dalle infidie de’ cacciatori, e de' Lupi. In capo a dieci, o dodeci giorni i (FEO fono in iftato-di camminare; ma non atti peranche al corfo; ii madre li difende a tutto potere, e {peflo fi. lafcia dar la caccia, dopo d’averli alla meglio nafcofti. La fpezie de’ Cavriuoli non è molta diffufa; la forza e 1 numero de’ nemici tende a diftruggerla ogni giorno più. In mol- te provincie della Francia fono ftati totalmente TA daci ne rimangono in Ita- lia; nel Nord fono divenuti rari: ma in America fi trovano frequentemente. La loro carne è buona da mangiare; come dev' efferlo, perchè l’animale è ufo a far. moto, e {uol fuol vivere in aria pura, e diligentemente ‘fceglie il miglior pafcolo fu le cime de' monti, o fra cefpugli; perchè fia ottima, fa d'uopo averla di Capriuolo giovane, e prefo ne bofchi felvaggi; i Cavrioli, che vivono ne’ Parchi de’ Signori, anno la car- ne infipida. DE e C] FONDO I I. Tav. XLVII. XLVIII. XLIX. L. i Uantunque fi raffomiglino molto nella configurazione delle membra, e nell’ indo- le i Conigli alle Lepri, fono pero tanto diftanti quanto baflta a impedire l’ unio- ne delle due fpezie per formarne una terza: ed è si grande la fomma di quelle diffe- ze, che fembrano picciole, che produce guerre e inimicizie fra Conigli, e Lepri, fe fieno tenuti infieme. La grandezza de’ Conigli varia fecondo i climi, e quindi non fi ponno affegnare ad effi dimenfioni coftanti; cosi variano nella lunghezza, e colore del pelo, ed ora fono candidi, ora tutti neri, ora pezzati, ora grigi; i Conigli d’ Angora anno il pelo lunghiffimo , e ricciuto. Le Coniglie fono feconde ancora più che le Le- pri; ogni mefe partorifcono, e talvolta fette, otto, e dieci Coniglietti in una porta- ta. Da quefta prodigiofa fecondità ne viene che non trovano pafcolo baftevole, e quin- di difertano anche le radici dell’erbe, e degli alberi. Se la caccia non vi metteffe ri- medio, eglino farebbero; sloggiare l’uomo dalle campagne, ove naturalmente moltiplica- no. Il Coniglio ama le montagne, e fi cava l' abitazione fotterra dove non teme le Volpi, né i Lupi, e dove tiene in ficuro i teneri figliuolini; quefta fola avvertenza bafta a provare ch'egli è più accorto della Lepre, a cui farebbe agevole il far lo telo. L’avvedutezza de Conigli fi manifefta nelle improvvife inondazioni, che fanno perire affogati gli altri animali falvatici; quefti s' arrampicano fu gli alberi, e vivo- no di corteccie, e di foglie fino a tanto che le acque permettano loro di fcendere . Le attenzioni della Coniglia per apparecchiare una tana, e un covile a' figliuolini, e la tenera cura ch'ella ne è fono prove di buon’ indole. Anche il Padre loro quando fono fatti un po’ grandicelli ad uno ad uno li riconofce, li lecca, li prende fra le zam- pe dinanzi, e fa loro tutte le più tenere carezze. La vita naturale del Coniglio è di otto in nove anni; e paffandola tranquillamente nella tana per la maggior parte, egli è ben nutrito, e graffo più che la Lepre. La carne del Coniglio falvatico è più fapori- ta che quella de’ domeftici, e in alcune parti d' Europa comparifce fu le Tavole de' Signori: fra noi non è gran numero di partigiani. Il pelo di quefti animali ferve a molti ufi utili, e la pelle intera è un'ottimo riparo contro il freddo, perché leggiera, e morbida come la feta. Quafi tutti i paefi temperati convengono alla moltiplicazione della fpezie de’ Coni- gli ; ‘ne climi ardenti dell’ Afia fi trova molto diffufa, e lo è quafi del pari nelle fred- de contrade del Settentrione . «JA RX ua SALA, VAS de Ro CURE ph RI CRRIO eo i f Ù \ fr MT MINEUR la su) ra Nori, delli a A Di ;) G i sa ,) 6 (e DISSEGNATI, INCISI, E MINIATI CO IT LOR VERI COLORI DA INNOCENTE: ALESSANDRI E PIETRO SCATTAGLIA PARTE PRIMA, ALL Insegna ELLA B.VERGINE SELLA PACE SOPRA IL PONTE DI RIALTO Ù : Ò IN VENEZIA MDCCLXXI, il ) ) ll ma TURCO Toi) 5) d NEUE A Mi Tal ddidtt ate CATIA E SRI ANI CREO — li LIONE ENZA N'H.$. LUNARDO VENIER ve del vivo CAnimale da cu PESgTA BGGELI PI LEL n PORT APINIZITIÀ lsandri. e Piewo S; caltagli € 4 L la cop ell _ £ Uadicato da Innocente i pre it n} & e di. EEE \Ì Y]ÎYYYS ND Len Dil ei ù 4 ?, i Ra oa A t 30 sa Pat U III. dC OA til gd } i \ i. 27) 2277 \ \ N ( È NÒ enza 4 È ù TZ AA Gi j JJ 27, PANTE Sa în ile 3 nda sia ———_—_———————— € CARACAL I. 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