ei Po iigee prg i SEL sa = ERRO FOSTE A AI ERE RO È i eni se o TRAI pareri ale GRIS n N DERE di i Ù ni, 3 ie bi 1) #Tene eta fi ani SI ragni ILA 255 x SLI toi Hit di KE agio ti selena TE = bee Ret Vos: TI Leasir el a SERIE Pa ne è PRE è TARA dti RIT È dia erre ini da * ET CREATI or seni pui ». eni a ARTT: x - de 23 = “Mex À, #0"); s z ara ” ne CTR MARE aa TTT re PATO rta È Sa ot 7 TESS, : 2 . RR EANERS DEIRA semo Sion Ft e ANT sua vi RA lui RCA i Pr 7A ITNLO SAVA i Io UTAOHI fiegy ICONOGRAFIA FAUNA ITALICA DEGLI ANIMALI VERTEBRATI DI CARLO L. PRINCIPE BONAPARTE PRINCIPE DI CANINO E MUSIGNANO SOCIO DELLE PRINCIPALI ACCADEMIE SCIENTIFICHE DI EUROPA E DI AMERICA TOMO II. PESCI ROMA DALLA TIPOGRAFIA SALVIUCCI 1852—A841. N. B. INDICE DISTRIBUTIVO I DEL TOMO TERZO PES GI. (che può servire di avviso al legatore.) fascicoli con le tavole che spettano a ciascuna. Le specie di Pesci sono 181. — Notisi però bene che quelle indicate in carattere minore figurate per solo confronto e comodo degli studiosi, italiane o no, e che non hanno articolo a sè, non sono valutate nella somma delle sunnumerate specie. Questo terzo tomo si compone di puntate 75, fogli di stampa 133, tavole 78, oltre i fogli di princi- FRONTESPIZIO INDICE DISTRIBUTIVO DEL III. VOL. INTRODUZIONE ALLA CLASSE IV. PESCI. pio, secondo l’ordine che segue. rana n dini deria | SPECIE ILLUSTRATA | NOMENCLATURA MODERNA di pagina Rogan dvi IeCOLiR puntata puntata 86 | Serranus hepatus. . . .| ..... MIRO i 10 | II 5) nf mastsaor "LV Met i ag DUO. ME SUN ORI eli ot eo 79 |XIV, XVII. 4 VENTO I] 0 ESATA BIBI ESS ARR NE PAS RMS Apoganiiea malore die e o ea DS SEIENO UO I ian aaa 65 XIII. 5) (CDI IA ida ll E CERRI UDIRE ASL Lo OE S9AiCanianus'orbieularis 02 +0 Li ati 5 I 1 SOS A o n 80 XV, XVI, 4 » ensidiator EEE Sa BRELA I XVII. 4 Dia (eolie DE OMO RIO EST DAMA, II TEMERE I ART SR NERI Thi QNT TIA A RT ESPORTA TRURO A NE ME <>» maura INA ERO CORR Re n OLI Soi na 50 | VI. 2'/, DI) RTOIEGUO SIONI DINNER ARAREPAE Age ETICO DAB E n Il numero avanti i nomi serve a denotare l’ordine con cui si devono seguire le puntate: il nu- mero dopo i nomi è quello che trovasi impresso in piè di pagina dei fogli per indicare la progres- sione con la quale gli articoli furono pubblicati nel corso di dieci anni, numero che si ripete in questo indice perchè possa agevolare al legatore la maniera di rintracciare le puntate nei rispettivi INDICE DISTRIBUTIVO DEL TOMO TERZO. Fogli di stampa di Numero in piè NOMENCLATURA MODERNA |di pagina i ogni puntata Tavole | che l’ac- compa- gnano Numero d'ordine { perla i legatura FASCICOLO in cui si trova SPECIE ILLUSTRATA ciascuna puntata 92 93 94 i 106 Mugil capito » Mugil saliens Trigla corax ») ») » | Trigla obscura gurnardus Trigla cuculus » » auratus lyra milvus aspera lineata e e es e ss. o. ‘ni gi 0-0 ve © “e: ‘04 e, .s e’ ie celo 0 (6; va cer D le)' 0) e. e ARRE ARR RO SOS 52 el teri Colite: sel el jeue; fo) elia e Mie, rod le. L'ox:Ri0/ 0 Lo, pure, osre- Re cere el te: Lo. e) | ve o: le), io è) lor, 07 ‘colle ‘elio; fre (0; Teo. cei ie) dp) or elle id re; ‘roy es (ne. fo” Me, Fio -muo* fia: fox} Kewra Pleuronectes bosci . . . » macrolepidotus » arnoglossus Pleuronectes grohmanni Platessa passer Rhombus rhombodes . . » loevis Rhombus podas. . . . . DI VIMAIMUSI II sani Sg parenti ISOLE ANISTON RO IR SI 1 26 SAR PI (277) PAPIRI STORIE RETI E o Solcal'oculatale ola, A 27 » lascaris » manga Plagusia lactea Solea lutea. ...... » monochir Rhombus ummaculatus Calkonym.festivus foem. » maculatus Calhonymus belennus. . » festivus mas. Lophus piscatorius » budegassa Calkonymus dracunculus Blennius rouxi » triglodes » lupulus. » Vvarus » anticolus RISE RO teo OO e eo et PA SUS ee DI ORO AMO NOI e ° . è Tal Moma of 0 Se etto; ella. ua “e lo, a anta eig 07 Mo) ce ISEE CER CORI DIRO TRO OR IENE SPO) ‘eli “@« cul ie) .;0,, (o) cel (08° “o, \\#° le (0.ie Microchirus lingula Plagrusa lactea Microchirus luteus . . . Monochirus trichodactyiu Scophthalmus unimacutatu Callionymus morissoni .| 16 LIE SII CIR SA SOI ANO 145 XIX. XII. XXVIII. i Numero i d'ordine per la i legatura | 107 | 108 109 I 110 114 «1115, | 446 117 INDICE DISTRIBUTIVO DEL TOMO TERZO. SPECIE ILLUSTRATA Mora mediterranea . Strinsia tinca Lota argentea Cyprinus regina . >» Carpio » elatus Tinca italica. . . . . È » chrysiis Barbus fluviatilis tyberinus » eques » plebejus » Canmus » leptopogon Gobio venatus » fluviatilis » Uranoscopus Leuciscus squalus. . . . » rubilio » scardafa Leuciscus rubella. . » muticellus » (nothulus) squalus jun. » frasimenicus Leuciscus fucim. . . . . » albus » cavedanus Leuciscus roseus . . . . » genet > heegeri Telestes savigny. . Scard. erythrophihalmus | Chondrostoma rysela Aspius alburnus . .. . Squalus elatus » aula Leuciscus genei jun. Scard.erythrophthalmusjun. Ctenolabrus iris... . Coricus virescens | Julis vulgaris » quoffredi .| Squalius rubella . .. .| 103 Dan n più NOMENCLATURA MODERNA di pagina Li iR Trova di ogni FASCICOLO puntata elio! Ue: ce ge et si de, 8 9 LS. 0. 6 O ROL CAS DIRO) ell 'iel meli taliz;an giga co lle er letra: gio, ue MA OR Va E ORO TR LO) folio” sè! (Nel Mercrre ie. aeas 68. 0 9 Lo: e ‘e, 0, ho) te. io e lo. ia: lo. “oi o “e @U Ger Ko Fe: o)ì D'ei Mo, tan Ma: tato Cala VITORI RO ROSEO OO ET e ERI Squahus tyberinus . DUBII, 1D0xs0) Squahus rubilio Scardimus scardafa Telestes muticellus Squalius tyberinus jun. Squalus trasimenicus Squalius fucini .....| 104 Squalius albus Squalius cavedanus (126) leggi LATO DTANZRe RAT A 15 Scardinius heegeri Te e 146 RR I 157 156 0! \:0,, 0), (e; l'o .0' 6 e ‘ei e’ ol ele ‘wi, 8A 00 0 01 lgiadinmaciziata adult: SR e 1490 Raja Le ERO Seo 154| XXIX. | 2 1 Dasybatis asterias «— |... » aspera 0 o oiclanaiai ne, deli gta LIRA #50) Dasybansifullomcani «iii e 159] XXX. 2 1 Lagocephalus pennanti | ............. TS1 Levrajatogygrbynehius | siii 150 | XXV. 1.55 (CATA TNT | ninemacrerbmna ts): Leno atea | 152 | Rkinobatus columnae . |... 86 |XIV, XVII.| 1 1 pilo | Lospedosnanoe E Lidl ee ni ia 160 |XIV, XXX.| 55/, | 1 CITA 111010((C° MISVOIIN, [ICFRES O MIRRRERE IT EST OE | | 154 | Torpedo nobliana . . \........... Gul SG n 1 INDICE DISTRIBUTIVO DEL TOMO TERZO. da oEOEli i ravole Numero i in più FASCICOLO di stampa change Tortine | SPECIE ILLUSTRATA | NOMENCLATURA MODERNA |di pagina|, FASCICOL i Sr per la di ogni |!® Cui si trova | ciascuna | ©OMP legatura ni puntata gnano ————T——t—______—____—____________ oo ——rr ————r—r———m@____rm___—_1n1m1#y7___—_—=@ 155 | Irygon violacea. RR a TR O tf 1 456. Irygon pasthatasi. GRA RODE SI | Visa | 1 1 doll Trygon'bracco LL Soa Want, | SA esVik 8. 1 158 | Trygon altavela . . + .| Pieroplatea altavela ...| 69| XUI. dh 1 1595): Mylopatisnootulot | 11| IL 4/0 1 1608): My hobalis aqua (ei ea to e Mod: A 715 181 155 7 IMPRIMATUR Fr. Dominicus Burraoni Ord. Praed. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Josepn CANALI Archiep. Coloss. Vicesg. . INTRODUZIONE ALLA CLASSE lV. PESCI L'irmioLogia ITALIANA, se non completa come la Classe degli Amfibi, offre in questa Iconografia un tanto numero di specie da soprammontare non solamente quello di ciascuna delle trattate Classi, ma bene di tutte tre insieme comprese. Nè altrimenti avvenire potea perchè i Pesci, poco studiati, presentano inoltre nella loro grandissima varietà e molti- tudine, tuttodì nuove specie, o venute a sopra dai profondi impraticabili nascondigli per isconvolgimento di tempeste, o divagate per l ampiezza del proprio elemento, e per sino condottesi da straniere regioni il corso delle navi conseguitando. Racchiude infatti questo Volume specie italiane 181, non contando poche altre europee ed un’ affricana figurate a confronto: appartengono esse a 92 generi, rappresentano 42 Sottofamiglie e 21 Famiglia. L'intero numero di tutte le specie d’Italia può valutarsi a 470 ripartite in 206 generi, 90 Sottofamiglie e 44 Famiglie. Europa tutta novera specie 763, generi 231, Sottofa- miglie 96, Famiglie 46. Le specie conosciute di tutte le acque che cuoprono il globo sono circa 7000, i generi oltre 800, le Sottofamiglie 132, le Famiglie 56. È ben notevole avere Italia in questa Classe tutti gli Ordini e quasi tutte le Famiglie, mancandogliene appena dieci, delle quali due sole europee, Siluridi e Myxinidi. Le molte edizioni del nostro Sistema d’ Ittiologia rendono forse soverchio ripetere , che i Pesci sono da noi schierati in 10 Ordini subordinati a 6 Sezioni e a 4 più solenni di- visioni dette perciò Sottoclassi, la seconda delle quali ha tre Sezioni. I due primi Ordini, SeLAcHA e HoLocePHALA, costituiscono la Sottoclasse 1. eLasmosRANCcHII, e l’unica sua Sezione rvacrosrom:: il 3. OstEoDERMI è al tempo stesso Sezione 2. srnesara:, e Sottoclasse 2. LOPHOBRANCHII : Ì Sei che seguitano compongono la gran Sottoclasse 3. PomaroBRANCHII; il 4. SCLERODERMI, e il 5. Grmnopontes formando la Sezione 3. eLecroenatzI ; Il 6. STURIONES facendo solo la Sezione 4. microewara: ; e gli altri tre 7. GAnomEI, 8. CTENOMEI, 9. CYCLOIDEI dando la Sezione 5. rerrosrom: , che abbraccia la più gran parte e i più normali dei Pesci: e finalmente il 10. HeLwinTHOMEI costituisce insiememente la Sezione 6. crcrosrom: e la Sot- toclasse 4. marsiposrancHI. Per i miglioramenti di giorno in giorno portati nel nostro Metodo ci teniamo sempre più satisfatti di vederlo improntato sul disponimento della na- tura. La superficiale osservazione delle squame dei diversi Pleuronectidi aveaci per breve ora messo in temenza doversi per esigenza di tal Sistema spezzare questa Famiglia na- turalissima, a quel modo che nei Mammiferi vien rotto l Ordine dei Marsupiali per servire all’ artifiziale Sistema esclusivamente fondato sulla dentatura; la qual cosa tal- mente ci ripugnava, che ad ogni costo avremmo tenuto essa Famiglia indivisa. Otti- mamente però un più intrinseco esame, soccorso dal prestantissimo Agassiz, impegnato non meno di noi nella questione, ci ha persuaso essere tutti Crenoidei, a fronte della in- gannevole apparenza che può far credere Cycloidei i Pleuronectini, perchè il dentellamento delle loro squame non è sì distinto come nei Soleini. Laonde più fermo che fosse mai è uscito da questo cimento il Sistema sulle scaglie, di quel sommo Ittiologo sublime trovato, ‘che efficacemente contribuisce a francheggiare importantissime divisioni tratte dalla più valida condizione delle branchie. INTRODUZIONE Omettendo significare lievi modificazioni di alcune particolarità possa aver subito il nostro Sistema dopo l’ultima edizione, notifichiamo qui due nuove riguardevolissime Famiglie, basate sopra esseri cui non senza apparente ragione si è conteso il titolo di Pesci; innalzato l uno ad Amfibio, degradato l’altro a Verme. La prima è quella dei Lepidosirenidi (Sottofamiglia ti della quale si conoscono oggi due specie, tipi di due generi, uno americano, Lepidosiren, Natterer, anche più prossimo agli Amfibi, che non è l’altro affricano, Proctopus, Owen. Per molti avvisamenti questi strani Animali si raccosterebbero alla Sottofamiglia dei ganoidei Polypterini, ma il contegno generale e soprattutto la squamatura , fa sì li collochiamo nell’ Ordine Ctenoidei presso la Famiglia Murenidi , antipenultima di tutta la Classe. L'altra Famiglia deve assolutamente porsi estrema dei Pesci nell'Ordine Helminthoidei dopo i Petromyzontidi; e la si dovrà chiamare Branchiostomide , perchè il nome Branchiostoma del Costa, che ci fornisce anche la Sot- tofamiglia Branchiostomini, è anteriore a quello di Amphyoxus , Yarrell. E poiché siamo in ragionamento di Classificazione diremo ottimo concetto quello del Dottor Nardo elevare a Famiglia di Xiphiadidi la nostra Sottofamiglia Xiphiadini. Avvertirem pure i Mugilidi spet- tare ai Crenoidei non ai Cycloidei, e doversi conseguentemente ravvicinare ai Mu/lidi con cui hanno affinità visibilissima, ravvisata perfino nel nome di Gray MuZlet dai Pescatori inglesi. Le specie italiane (66 d’acqua dolce) ripartisconsi così nei dieci Ordini : PLAGIOSTOMI SeiAcHa o Condropterigi . . . . 0.0... 54 HoLocePHALA 0 Acantorrini 1 SYNGNATHI OsteoDERMI 0 Eteropteri. |... 18 PLEGTOGNATHI ScieronperMI 0 Acantopteri. |. LL... 3 GyrmNoponTES o Pelvopteri. . ././....... 6 MICROGNATHÎ SturIONES 0 Acipenseri - ./. 0... 2 TELEOSTOMI 1 Gawdinkr 0 SiMIr? 05,8. AI EIA II PT) CrirtoinintoPefchiB ot. Ri RAMI Pera Anti E I aa Credi o Cipffiiifià x) Che 3 Legna ateLostomi I HeLmntHomer 0 Lamprede . 2... 6 410 Siam venuti a portata di conoscere un novero di Pesci italiani che sembrerà ragguardevole assai, comparato a quello riunito dell’ Opera completa del Rondelet e della incompleta del Salviano,; né sorpassato sarà dai più ricchi cataloghi moderni, soprattutto quando ne sieno scerpate le ridondanti specie nominali. Per giugnere a questa conoscenza abbiamo soggiornato lungamente in uno dei più belli e più pescosi golfi d’Italia , quel della Spezia; visitato moltissimi punti dei due nostri mari, frequentato copiose pescherie di principali città, ci siamo procacciate specie non mai vengono per la mensa, e vantag- giati inoltre di ogni sorta aiuti € corrispondenze. Nè poco soccorso abbiam tratto dagli originali lavori del Risso, cui non si potrà mai negare il merito di essere pubblicati in. un’ epoca che poca luce nella oscurità dell’ Ittologica scienza dovea pregiarsi come Sole : speriamo l’aperoso zelo di lui non iscemando per declinare di anni, gli terrà sempre più ferma e manifesta la pur meritata estimazione. Pregevolissimi si troveranno gli scritti ALLA CLASSE IV. PESCI del Rafinesque, sceverato da essi tutto quanto è gretta compilazione che fecegli propriî tanti errori altrui, tornando sotto nomi nuovi a ben descrivere vecchie specie malamente caratterizzate, pur da lui ammesse: nè grave meno è alla scienza la recente perdita di quel- l’egregio Naturalista in America perché riparata dall’ indefesso Ittiologo Dottor Cocco di Messina, cui tanto sa grado la Ittiologica scienza per le parecchie nuove specie di che l’arricchi, e noi gli abbiamo pur obbligo per l’accurata lista dei Pesci di Sicilia redatta a nostra richiesta. Bene egli si renderebbe lodevole per ogni parte di merito, se cogliendo la opportunità del suo soggiornare in quell’Isola, si desse all’arduo travaglio di riportare con particolarità e sinonimie al vero lor tipo, come noi per l’ Opera ornitologica del Wilson, tutte le specie mal ravvisate dal Rafinesque, e quelle immaginarie annientare. Nell’ altra estremità d’ Italia il Dottor Nardo e il Cav. Naccari vanno illustrando i Pesci dell’Adria, e commentando l'Opera dell'Abate Chiereghini, la quale per cura del Governo Lombardo- Veneto fatta propria di quella Marciana biblioteca, è da desiderare sia messa a pubblica conoscenza. La Ittiologia italiana, che ha eziandio un Catalogo de’ Pesci maltesi, stretta così di studio nei tre più lontani punti, Nizza, Venezia, Messina, si renderà per non molto di tempo completamente fornita. Rischiarati noi al lume di quei diversi Ittiologi nel confrontare le loro specie alle nostre, e coadiuvati non meno dai lodevolissimi lavori del Costa, del Metaxà, del Swainson e di altri, imprendiamo a rassegnare rapidamente ‘tutti gli abitatori delle nostre acque tanto salate quanto dolci. Cominciamo dai PLagrostomi, che per essere i Pesci meglio organizzati si tocchereb- bero dirittamente coi Cetacei, senza le intermedie Classi degli Uccelli e degli Amfibi: novella e forte prova del contrastato organale parallelismo. Prima Famiglia è la numerosa dei Raidi, che pur non è già superiore agli Squalidi, salendo a meno altezza la canna su cui si dispone. Nell’ ordinamento lineare però giova spacciarsene subitamente atteso che gli Squalidi sono men dissimili dalla massa dei Pesci. Alla testa dei Raidi adunque sta quel mostro marino la Cephaloptera giorna, Risso, che rappresenta la Sottofamiglia cui dà nome: vengono quindi le due Myliobati ( M. aquila e M. noctula, Bp.) le quali crediam tuttora aver denominate a buon diritto, traendole fuora della inavvertita confu- sione: speriamo si vorranno conservare quei nomi, anche per esser fondati sulla rispet- tiva appellazione dei Pescatori; in onta che vediamo trasferito da Muller ed Henle alla M. noctula quello di M. aquila, e a questa sostituito quello d’ incerta dubbiosissima specie ( Raia nieuhoffi, Schn.) come esotica perfino figurata. Dalla seconda Sottofamiglia, dei Myliobatini, passiamo alla terza, Trygonini: alla Pferoplatea altavela, M. ed H., e alle tre Trygoni illustrate in questo Volume (7rygon violacea, Bp., Tr. brucco, Bp., e Tr. pastinaca , Dum.), si aggiunga la Pastinaca aspra dell'Adriatico ( Tr. thalassia, Muller ed Henle, Tr. gesneri, Cuv.). Tra i Raini, oltre la Batis radula, Bp., abbiamo nelle Arzille la eccellente Arzilla pietrosa (Dasybatis clavata, Blainv.), la ispidissima D. fullonica, Blainv. e la comune D. asterias, Bp. (Raja schulizi, M. ed H., Raja asterias aspera, Rond.). Noi crediamo esser questa, non solo la R. asferias del Risso, come ammettono Muller ed Henle, ma anche del Delaroche, quantunque eglino non credendolo abbiano nominato Raja asterias, l’Asterias levis di Rondelet, cioè una delle nostre Raj@ o Razze lisce. Tra queste notiam prima la suddetta R. asterias, M. ed H., la quale non sembra differente dalla R. datis di quest'Opera, cui sarà bene torre il nome specifico batis usato per tante diverse specie, quello apponendole di R. maculata, Mont.: ‘avvertasi però le Raie lisce macchiettate di scuro vanno meglio studiate, sì nell’ Oceano come nel Mediterraneo. Vengono quindi la Raja falsavela, Bp. riprodotta nell’ Opera di Muller ed Henle sotto i nomi di Raja ne- vus 5 la spregevole Baraccola (.R. miraletus, L., R. biocularis, Geoffr.) da cui la nostra f. quadrimaculata, Bp., differisce per la sagoma, checchessia degli organi maschili e delle macchie ; meglio le starebbe il nome R. oculata, Risso, provato fosse la stessa: e la XX INTRODUZIONE Razza (R. marginata; Lacép., R.rostellata e bicolor, Risso) che pel suo prolungato bec- chetto già piglia effige di Leviraia. Sembra certo abbiamo, almeno nel Siculo mare, anche la R. atra, M.ed H., forse Moro-moro dei Veneti, e la R. undulata , Lacép. ( R. picla ed alba dello stesso, R. mosaica, Risso, R. fenestrata, Rafin.). Delle due L@evirai@, 0 Arzille monache (ZL. oxyrhynchus e L. macrorhynchus, Bp. ) a sostenere la validità ne forniscono argomento gli stessi Muller ed Henle, che dopo averle riunite nella lor R. sal viani, ammettono senza accorgersene la rifiutata L. macrorhynchus nella R. intermedia, Parnell. La Sottofamiglia degli elettrici Torpedinini oltre la unicolore grande Torpedo nobi- liana, Bp., ci dà la occhiuta 7. narce, Cuv., e la marezzata 7. galvani, Cuv., circa le quali godiamo sia verificato il da noi preveduto ricredimento di Mùller ed Henle che le ammettono definitivamente coi nomi di 7. oculata e T. marmorata. I Rhinobatini hanno soltanto certa la Rh. columna, cui sia cambiato il nome generico in Syrrhina non possiamo concedere : sta a dritto si divida in due il genere RWinobatus; ma con questo, che tal nome con- servisi alla porzione contenente la nostra specie, per la quale, se togliere le si potesse, non ne mancherebbe uno attinto dal Rafinesque. Rimanendo fermo Rhinobatus per la nostra specie e sue affini, converrà cercare altrò nome da sostituire a Rhinobatus proprio , Muller ed Henle, quando il nostro G/aucostegus, che ha per tipo il preteso RA. electricus, non si possa stendere a tutto quel gruppo, due specie del quale (R. Ralavi, Forskal, e R. thouini, Lacép. ) stanno forse nel Mediterraneo. Nei Pristidini, ultima Famiglia dei Raidi, si vede, quantunque raro, il Pesce-sega (Pristis antiguorum, Lath.), ma sono dubbiosissimi il Pristis peclinatus, Lath., e l Oriental Pristis semisagittatus, Shaw. Il passaggio fra le due Famiglie Raidi e Squalidi è mirabile, non solo per gli Squa- linini, ma pei Pristidini che hanno specie per così dire a cavalcioni. Di quella Sotto- famiglia abbiamo i due appiattiti Squadrolini (Squatina angelus, Dum., e Sq. ocula- ta, Bp.). Gli Spinacini noverano lo Spinarolo imperiale ( Acanthias vulgaris , Risso ), lo Spinarolo comune (A. blainvillii, Risso ); il Sagrì o Zigrino moretto (Spinax miger , Bp.), il Sagrì comune (Sp. uyatus, Bp.) intermedio ai due generi ; e il Pesce-porco ( Centrina salviani, Risso, Oxynotus centrina, Raf.). Gli Scymmini forniscono lo Seymnus lichia, Bp. ; il rarissimo L@emargus rostratus, M. ed H., che non potemmo procurarci ; e il Ronco ( Echinorrhinus spinosus, Blainv.). I Notidanini somministrano il Capopiatto ( Notidanus griseus, Cuv.) a sei aperture branchiali, e il buonissimo Pesce-anciòlo ( Heptranchias cinereus, Rafin.). Vantano gli Odontaspidini, l’Odontapsis ferox, Agass., e PO. taurus, M. ed H., che i denti fan sembrare diverso. Giganteggia fra i Lammnini il Carcharodon lamia, Bp. (Carcharodon rondeleti, M. ed H.), e gli fanno corteggio l'Oxyrrhina spallanzani, Bp. (0. gomphodon , M. ed H.) e lo Smeriglio ( Lamna cornu- bica, Cuv. ( Squalus cornubicus e monensis, Auct.). Costituisce da sè solo la Sottofami- glia Alopiadini il Pesce-sorcio ( Alopias vulpes, Bp.). Fra gli Squalini, degli abnormi Pesci-martelli abbiam solo sicuro la Sphyrna zygena, Raf.; dei veri Squali ( Carcha- rias, Cuv., Prionodon, M. ed H.) abbiam la legittima Canesca ( Carcharias lamia, M. ed H. se non Risso, cui nonostante la oscurissima confusione portata dal nome, proponiamo si restringa lo Squalus carcharias, L., Carcharias requiem, Cuv.): le tien dietro la comun Verdesca (Sg. glaucus , L. ). Raramente si prende il Talassorrhinus vulpecula , Val. ( Carcha- rias rondeleti, Risso ). Ed ultimo della Sottofamiglia è il Palombo-canesca ( Galeus canis, Bp.) non punto certo sia lo stesso che la specie nordica. Ben succedongli i Mustelini , veri Palombi, quello di taglio fino o Nocciòlo ( Mustelus equestris, Bp.), e il comune ( Mustelus plebeius , Bp.). I signori Muller ed Henle che si erano tratti a riunire queste due nostre specie tornano quindi a ben distinguerle sotto i nomi di M. vulgaris e M. levis. Gli Scyl- lini, ultimi degli Squatidi , offrono il Pesce impiso ( Pristiurus melanoplerus, Bp.): il Gatto= pardo (Scy/lium stellare, Bp., Sc. catulus , M. ed H.) ed il Gattuccio (Sc. canicula , Cuv.). ALLA CLASSE IV. PESCI L'Ordine secondo, HoLocer®aLa , ci dà solo la Chimera monstrosa, L. rappresen- tante la Famiglia Chimerida e la Sottofamiglia Chimerini. Terminando essa la prima gran Sottoclasse dei Pesci, rannoderebbesi cogli Acipenseridi, come nell'antico Sistema in ciò superiore all’ odierno. L’ Ordinamento uniseriale però, catena ferrea non infrangibile dai Naturalisti, quantunque accorti che non assoggetti Natura, ci stringe a spacciarne pri- mamente di alcune serie collaterali. i Facendoci dunque alla Sottoclasse Lophobranchi , l’unica Famiglia Syngnathidi cì dà fra i Syngnathini una dozzina di specie dei generi Syngnathus, L. e Scyphius, Risso , nel Rafinesque ripartiti in TypAle, Syphostoma, Syngnathus e Nerophis , da studiarsi, non tanto per trovare specie nuove quanto per elaborarne l’ indigesta moltitudine, renduta più intri- cata dalle metamorfosi subiscono. Si esamini dunque se il Syngnathus acus; L. del nord, il S. pelagius, L. e il S. equoreus, L. trovinsi veramente nel Mediterraneo: si registri il S. ty- phle, L. (S. rondeleti, Delar., S. viridis, Risso); e si paragonino i S. rudescens (S. bar- barus ? Penn.), S. pyrois, S. phlegon, S. ethon, S. abaster di Risso, con i S. ferrugineus , S. agassizi, S.rhynchanus, e S. rotundatus scoperti dal Michahelles nell'Adriatico, e de- scritti nell’ Isis del 1829 e 1830. Nel genere Scyphius si confrontino lo Sc. cultrirostris di Michahelles, lo Sc. fasciatus, il papacinus, il violaceus, l’annulatus, il littoralis e V'ophi- dion, del Risso. Gl Hippocampini hanno il solo genere Hippocampus , Cuv. rappresentato da due specie di Cavallucci marini, distinte in Mippocampus brevirostris, e H. guttulatus dal Cuvier, l’H. antiquus di Risso non essendo che sinonimo, e il suo H. rosaceus un giovane. , Nell’immensa Sottoclasse dei romarorrancaI: prima di riprendere il filo sbrighiamoci dei PLecrognatHI. L'Ordine degli ScreRopERMI nella sua unica Famiglia dei Balistidi ci dà fra i Balistini il Pesce-balestra ( Balistes capriscus, L.) dal quale non crediamo diverso il B. buniva, Lacép. e il B. lunulatus, Risso; e fra gli Ostraciontini le svagate specie Ostracion nasus, BI., e O. trigonus, L. Nell’Ordine Gvmnopontes le due Famiglie Te/rao- dontide e Orthagoriscide contano fra i Tetraodontini il Lagocephalus pennanti, Swains. forse non diverso dal Tetraodon hispidus, Rafin.; fra i Diodontini il Diodon echinus, Rafin.; fra gli Orthagoriscini l'Orthagoriscus planci, Bp. ( Ranzania typus, Nardo) e lO. oblongus, BI. ( Cephalus oblongus, Shaw, Orthragus oblongus, Rafin., Cephalus elon- gatus, Risso, Ranzania oblonga, Nardo); e fra i Molini la Mola luna, Nardo (Tetraodon mola, L., Cephalus mola, hinc orthagoriscus, Risso). Crediam meglio tacere dei generi e delle specie del Prof. Ranzani, perchè la massima parte immaginate nel compilare. Le vere ben descritte corrispondono alle tre sunnominate. i La Sezione dei MicrognaTtHI è quella bene attaccherebbesi colle Chimaere. L'Ordine Sturiones che la costituisce ha due Famiglie delle quali abbiamo solamente gli Acipen- seridi, e in questa due Acipenserini, lo Storione (Acipenser sturio, L., seppur la nostra specie non è diversa dalla nordica ) e il Ladano o Coppese (Acipenser naccarti, Bp.). Succede ad essa la Sezione TeLeosromi che accoglie il numerosissimo stuolo dei Pesci normali. L'Ordine GanomEI giace quasi tutto fossile nella natura morta, non avendo vive che pochissime specie avanzate a quegl’ impetuosi scoscendimenti. Delle sue ‘cinque Fami- glie, mancando i Loricaridi e i Lepidosteidi come in Europa tutta, e più il Silurus glanis, L. tipo dei SWuridi, esso Ordine non ha che un Tefragonuride, il velenoso Tetragonurus cuvieri, Risso , illustrato dal Metaxà, e i due Macruridi (Macrurus calorhynchus, Bp. e Lepidoleprus trachyrhynchus, Risso). Cominciamo il numeroso Ordine Crenomer dalla Famiglia degli asimetrici Pleurone- ctidi. I Pleuronectini ci forniscono la Passera ( Platessa passer, Bp.) sola specie mediter- ranea di un genere che tante varie ne vanta nel nord d’ Europa: la Suacia (Pleuronectes macrolepidotus, Bonn? nec BI.) da dirsi PI. citharus, Spinola, giacchè il nome macrolepi- uUx INTRODUZIONE dotus, va lasciato alla specie brasiliana confusa con essa dal Bloch , la Suacia francese ( PI. bosci, Bp.), la Gianchetta (PI. arnoglossus, Bp.), una quarta specie forse confusa. con queste, e la men normale PI. grohmanni, Bp. ; il Peloso di grotta (.ScopAthalmus uni maculatus, Bp.) simigliante al nordico Sc. punctatus, ma crediam diverso; il delizioso Rombo chiodato ( Rhombus maximus , Guv.), e il men buono Rombo comune o Soaso dei Veneti ( Rrombus levis, Rond.); i Rombi di rena, Bothus podas, Bp., e Rombo passero (Bothus rhomboides, Bp.). I Soleinì ci presentano la Linguattola o Sogliola (.Solea vul- . garis, Cuv. S. buglossa, Raf.), lo Sfoggio turco dei Veneti ( Solea Xleini, Bp.), la So- gliola occhiuta ( Solea oculata, Bp., S. pegusa, aliquorum), la Sogliola dal porro ( Solea lascaris, Bp., Pleuronectes nasutus, Pall.) sì bene rappresentata nell’Opera del Demidoff ; le due Lingue bastarde Microchirus lingula, Bp. ( Rhombus mangili, Risso ) e M. luteus , Bp.; la Pelosa ( Monochirus trichodactylus, Bp.); e la Plagiusa lactea, Bp. lievemente così mo- dificata, perchè Plagusia era già nome di un Crostaceo. Meglio di qualunque altro ‘Pesce si legano ai Pleuronectidi i variopinti Chatodontidi tutti esotici, il solo ChRetodon capistratus L. d'America essendo stato preso, al dire del Risso, nel Mediterraneo. Seguono gli Anabantidi cotanto singolari per le branchie labirin- tiformi, onde la facoltà di sorvivere a terra; e quindi gli Acanthuridi smembramento ctenoideo dei Theuthydidi, famiglie ambedue forestiere anch’ esse, talmente che siamo ai Fistularidi, che altronde bene considerati sono Chetodonti a mascelle protrattili. Ci danno questi per rappresentare i Caproidini il Soffietto largo o Tamburo (Capros aper, Cuv.); e per i Centriscini il Soffietto lungo o Trombetta (Centriscus scolopax , L.). È notevole abbiano i Pescatori sì bene ravvicinati questi due esseri, che i Naturalisti tenevano distantemente classificati. La protrattilità delle mascelle ci porta ai Menidi, che sono agli Sparidi quello che i Fistularidi ai Chetodontidi. Nei Menini, unica lor Sottofamiglia europea , noveriamo sette Zerri, lo Smaris insidiator, Cuv. (figurato dal Bowdich nella sua escursione a Madera col nome Smaris royeri), e i più normali S. vulgaris, S. alcedo, S. chryselis, del Cuvier, S. gracilis e S. maurti, Bp. tutti illustrati in quest Opera : e quattro Mendole, Mena vomerina, M. osbecki ( Sparus tricuspidatus, Spinola), M.jusculum e M. vulgaris del Cu- vier. La bella Famiglia degli Sparidi ne presenta fra gli Obladini l Occhiata ( Oblata melanura, Guv.); la Sarpa ( Box salpa, Guv.), e la Boga ( Box boops , Bp. ). Fra ì Cantha- rini la Tanuda ( Cantharus vulgaris, Guv.), lo Scorzone ( €. orbicularis, Cuv. ), il notevole C. fascialus, Gené, di Sardegna, e forse qualche altra specie non bene ravvisata. Nei Denticini abbiamo il Dentale (Dentex vulgaris, Cuv.) sotto il qual nome però confondonsi almeno due specie distinte dai Pescatori, ma che i Naturalisti non han saputo ancora ben determinare, come si vede dal Dentex cetti, Risso, il Boccarossa ( Dentex macrophthal- mus, Cuv. e il controverso singolarissimo Denfex gibbosus, Raf. I più numerosi Sparini ci somministrano la Marmorozza (Pagellus mormyrus, Guv.), il Fravolino bastardo (P. acarne, Cuv.), e forse i suoi P. bogaraveo, e P. breviceps, l Occhialone (P. centrodontus, Cuv.), e l'abbondante rosato Fravolino ( P. erythrinus, Cuv.). Il genere Pagrus fornisce il Den- tice praio (Pagrus vulgaris, Cuv.), il Manfrone (P. orphus , Cuv.) e dubbioso il P. hurta, Cuv. Ristringiamo il nome di Sparus al genere Chrysophrys di Cuvier, Aurata, Risso, che dà la pregiata Orata (Sparus aurata, L.), cui va aggiunto il raro Sparus crassi- rostris, Bp. ( Chrysophrys crassirostris, Cuv.) figurato nella grande Opera dei Pesci. I Saraghi ci porgono il Sarico rigato ( Sargus rondeleti, Cuv.), lo Svaro (S. salviani, Cuv.), lo Sparlotto (S. annularis, Cuv.), e il raro S. vetula, Cuv.; cui si atterga il Muso-lungo (Charax puntazzo, Guv.). Nel mezzo degli Sparidi e degli Scienidi ben si colloca la Famigliuola dei Chromididi di cui alcune specie si considerarono sconsigliata- mente Zabri : abbiamo il suo tipo, la Castagnola (CAromis castaneus, Cuv., Sparus chro- ALLA CLASSE IV. PESCI mis di Linneo, che ben ne colse l'affinità ). L'importante Famiglia degli Scienidi nella sola europea delle sue tre Sottofamiglie, ha il Corvo. di scoglio (Corvina nigra, Cuv.), il Cor- vello (Umbrina cirrosa, Bp.), e la deliziosissima Omnbrina, o Figaro dei Genovesi (.Sciena umbra, L., rilegando noi fra’ sinonimi il nome Sc. aquila, Cuv. da riserbarsi alla Sciena del nòrd, quando sia diversa dalla nostra). In proposito di questi Pesci gustati più o meno sulle mense secondo l’ordine sono scritti, noteremo che l'Umbrina alburnus, Cuv. di America, non solo è priva delle singolari caratteristiche appendici del notatoio, ma di questa vescica intieramente. Venendo ai Percidi e alla loro Famiglia europea dei Percini , abbiamo nel nord d’Italia il Pesce persico o Persichino ( Perca fluviatilis, L.), da cui ripe- tiamo non differire la sognata Perca italica del Cuvier. Rimonta i fiumi la saporitissima Spigola (Labrax lupus, Guv.) dalla quale sarebbe tempo non più disgiungere il proprio giovane e le varietà scure e punteggiate, sotto i nomi di Labrax punctatus, e L. nigrescens. Abbiamo il singolar Pomatomus telescopium, Risso; il fulgido Re di Triglie (Apogon rex mullorum, Cuv.). Seguono i brillantissimi Canario largo (Anthias sacer, BI.) e Canario tondo (A. buphthalmus, Bp.): quindi la marina Perchia (Serranus scriba, Cuv.), e il listato Sciarrano (S. cabrilla, L.) decantati per il preteso ermafroditismo ; e ii Sacchetto (S. hepalus, Guv.); ai quali potrassi aggiungere la Tenca di mare dei Siciliani (.S. tinca, Cantraine, S. nebulosus, Cocco). Continuano la squisita Ombrina-cerna (Cerna gigas, Bp. ), e la Cernia di scoglio ( Polyprion cernium, Valenc.) ancor dell’ altra migliore. Passando sopra gli Holocentrini giungiamo alla Famiglia dei Mugilidi, costituita dalla sola Sot- tofamiglia Mugilini, che per i Polynemini soprattutto pur si allaccia bene ai Percidi : sono illustrati nell’ Opera i sei Cefali mediterranei, il Caparello o Mazzone (Mugi! cepha- lus, Guv.), il Calamita ( M. capito, Cuv. ), l’Orifrangio (M. auratus, Risso ), il Musino (M. sa- liens, Risso), la Sciorina (M. chelo, Guv.), e il Labbrone (M. labro, Cuv.). Ben seguitano i Mullidi rappresentati dalle due Triglie, di scoglio ( MuZlus surmuletus, L.), e di fango (M. barbatus, L.), la quale ultima assume varietà di colori dal fosco al rosso carbonchio, indipendentemente da quelli che cangia grado a grado lo stesso individuo. La bontà di esse le privilegiava delle prische mense romane, sulle quali avanti se ne beasse la bocca prendevano gli occhi lo stolto diletto di mirarle perder vita e colori; laonde si ha pure in ciò un argomento a rispondere, questo tempo non meritar più dell’antico essere così rigidamente caratterizzato molle per gola e per oziose piume. Entrando nei Triglidi ci si offrono i Triglini, e prime fra essi otto Trigle'o Caponi, tutti fivurati in questo Volume; il Capone ubriaco ( Trigla lineata, Pennant, 7. adriatica, Gm. ), il Capone imperiale ( Tr. cucu- lus, L., Tr. pini, BI.), il Capone chiodo o Caviglione ( Tr. aspera, Viviani), il Grugnado (Tr. gurnardus, L.), il Capone caviglio (Tr. milvus, Lacép., Tr. cuculus, BI.), il Bari- lotto (Tr. obscura, L., Tr. lucerna, Brunn.), il Capone panaricolo ( 7r. corax, Bp., Tr. cuculus, Brunnich, Tr. hirundo, Risso, Tr. swainsoni, Leach), il Capone coccio ( Tr. lyra, L.), il quale ci mena alla Folcora (Peristedion cataphracium, Lacép.); e il Pesce rondine (Dactyloptera volitans, Cuv.). Negli Scorpenini troviamo l Hoplosthetus mediter- raneus venuto a mano del Cuvier dall’imo fondo delle acque; e quindi lo Scorfano bastardo ( Sebastes imperialis, Guv.), il bruno Scorfano a grandi scaglie ( Scorpena scro- fa, L.), e il rosso a scaglie piccole ( Scorpena porcus, L.) detto Pesce-cappone dal buon brodo che dà. Non sappiamo con quanta ragione siensi tratte da questi la Scorpena notata, Raf. e la Scorpena lutea, Risso. Passando ai Cottiniî di cui ha tanto segnalate specie il nord di Europa, noi veggiam solo nuotare per i torrentelli di monte il bren- tino Magnarone ( Cottus gobio, L.). L’affinità dei caratteri significata nel nome c' intro- duce pianamente ai Gobidi. Europa ha soli Gobini, ma le sue due dozzine di specie sono ancora poco ben determinate malgrado recenti lavori; onde noi rattenuti fino ad ora di toccar questa Famiglia, nominiamo adesso i più comuni e più distinti della Penisola. Pri- XFINX INTRODUZIONE meggia fra i Ghiozzi il Gobius capito, Cuv., non è raro il G. cruentatus, Gm., abbondano il G. niger, bicolor, e paganellus, L., nè mancano il G. guttatus, il G. lesueuri, il G.jozzo, il G. auratus, il G. longiradiatus e il G. colonianus del Risso. Abitano alcunîì fiumi il bo- lognese Gobius lota, Valenc., il Gobius fluviatilis, Bonelli, e una specie delle lagune di Comacchio, come nuova dedicata al Notomista Panizza (G. panizze, Verga) nel Con- gresso Scientifico di Firenze; essi però dovranno essere meglio studiati e paragonati. Op- portunissimo smembramento dei Gobi è il Brachyochirus del Nardo, genere che ha per tipo un pescetto dell'Adriatico, legame ai Lophidi, forse non diverso dal Gobiùs aphia, Risso, del Mediterraneo. Entrando nel lunghissimo Ordine dei CrcLomrir incontriamo quattro Famiglie le quali per la pelle nuda sono state erette dal Nardo a Ordine dei Gymmnoidei, e che in certo modo tengono il mezzo fra i Ctenoidei e i Cycloidei : la saldatura poi delle pinne pettorali in disco suttorio, esagerazione del carattere dei Gobidi, mette i Cyclopteridi primi dei Cycloidei. Nella loro unica Sottofamiglia dei Cyclopterini ilgenere Lepadogaster, Gouan, ci è largo di una dozzina Succiapietre dedicate. quasi tutte dal Risso ai principali Botanici mo- derni, le quali crediam meglio neppur nominare innanzi sieno scrupolosamente vagliate. È privo il Mediterraneo dei gordici generi Cyclopterus, L., e Liparis, Artedi, ma vantane un nuovo (Govana, Nardo) che nota il passaggio verso i B/ennidi: tipo n'è il Lepado- gaster piger, Nardo ( Gouana pigra, Bp.). Dei Blennidi abbiamo fra i Blennini non poche Bavose: Blennius gattorugine, L. nec BI., BI. tentacularis, Brunn., BI palmicornis, Cuv. il così detto Pesce cane (B/. ocellaris, L.) che rimonta il Tevere, il più bello BI. sphina, Valenc., il singolarissimo 2B/ trigloides , Valenc., il BI.rouxi, Cocco, il fluviatile Lupetto (BI. lupulus, Bp.); le crestute Allodole marine (Ick6hyocoris, Bp.) delle quali è insigne il Galletto (Ichk/kyocoris pavo Bp. o Galerita),. e anche più vago I’I. dasiliscus, Val., cui aggiungasi l’I. erythrocephalus , Risso (rubriceps , Val.) e PI varus, Bp., abitatore non solo delle acque salmastre ma persino delle termali; e fra quelle di acqua dolce esclusivamente, per non dire del Blennius vulgaris, Pollini, del Lago di Garda, l’Ichthyocoris anticolus, Bp. del Lago di Nemi: è ultimo il marino Buffetto ( Prolis I@vis, Valence. — BI. pholis, L.). Fra gli Anarrhichadini abbiamo solo i due generi Clinus, Cuv., e Tripterygion, Risso, che segnano il passaggio verso il genere tipico Anarrhichas, L., mancante affatto, in uno cogli altri nordici europei Zoarces, e Gunnellus, Cuv. Il primo è rappresentato dal Clinus argentatus, Valenc., BI. variabilis, Raf.) dalla quale mutabilissima specie fa il Risso i CI. testudinarius, virescens, audifredi; il secondo non ha che il Tripterygion nasus, Risso (Ir. melanocephalum, Cocco). La Famiglia dei Callionymidi coi soli Callionymini ci dà la Stringa ( Callionymus maculatus, Rafin., €. lyra, Risso, C. cithara, Cuv., C. dracun- culus, Schagerstrom, nec L.), il vero C. dracunculus, L. (C. festivus, Pall. nec Bp., €. pu- sillus , Delar., C. admirabilis , Risso , C. lacerta, Cuv.), il C. morissonii, Risso ( C. festivus, Bp. nec Pall. ), il C. belennus, Risso (C. rissoî, Lesueur); per tacere del C. reticulatus, del C. fasciatus, del C. lesueuri, tutti del Valenciennes. Le forme dei Callionymidi si mo- strano esagerate nei Lophidi, Famiglia «anch’ essa ignuda. I Lophini ci danno il Martino pescatore ( Lophius piscatorius, L.), e il Budego ( Lophius budegassa, Spinola) dalla pinna dorsale più piccola, specificamente diverso, checchè ne pensi il Valenciennes poco felice interprete del nostro idioma. Non sono Batrackhini in Europa, che per mezzo degli esotici Ranicepini, già Gadidi, fan passare agevolmente a tale utilissima Famiglia che anche im- mediatamente allaccerebbesi tanto bene coi B/ennidi. | Gli stessi Gadini sono assai più copiosi nell’ Oceano per ove con molto a pparecchiato na- viglio sono pescati a sì gran dovizia , da costituire rilevante oggetto di traffico marinaresco. Nel genere che chiamiam Gadus ristringendogli il nome Gadus, L. (Morrhua , Cuv.) ricco di utilissime specie, non abbiam noi che la pimmea Figora o Pesce nudo ( Morrhua capelanus, ALLA CLASSE IV. PESCI Risso, Gadus blennoides? Sw., ma Gadus minutus, L., se non è diverso da quel dell’ Ocea- no). ll tripterigio genere Mer/angus non ci dà alcune delle specie, nordiche, ma bensi il Pesce bianco, e il Molloso, (forse Merlangus poutassou, e M. vernalis, Risso, da studiarsi meglio non che il M. pertusus, Cocco). Tien dietro a questi il singolar Verdone (Mora mediterranea, Risso - Gadus furcatus, Sw.) figurato nelle nostre tavole : viene appresso il dipterigio Merluccius, Cuv., di cui niuna specie è comune al Mediterraneo. e all’ Oceano, provatosi dal Swainson essere lo stesso Merluzzo o Nasello ( Merluccius esculentus, Bisso — M. sinuatus, Sw.) diverso dal Gadus merluccius, L. (M. vulgaris, Cuv. nec Cocco). Non siamo ancora ben chiariti se due specie ( Merluzzo dall'occhio grande e Merluzzo dall'occhio piccolo ) ‘sieno confuse nella nostra mediterranea; e ciò indipendentemente dall’ oscuro M. maraldi, Risso. Nei Lotini abbiamo dal genere Lota la Botrisia ( Lota vulgaris, Cuv.) dei Laghi settentrionali; e fra le specie marine il così detto Stoccafisse (L. elongata, Risso), la L. lepidion, Risso, e la Z. jodoptera, Cocco ; di alcuna delle quali non scorgiamo es- sere il giovane la Lota argentea di quest’ Opera. Abbiam tre. Pecorelle ('Onos, ‘Risso), la comun Motella mustela, Bp. (M. vulgaris, Cuv.), la M. maculata, e la M. fusca, Sw. Niun Brosmius, Guv. ha il Mediterraneo, ma tre o quattro Postenule (Phycis mediterranea, Bp., Blennius phycis, L. ma non Penn. ), Phycis tinca, Schn., Ph. blennoides, Schn. (Gadus albidus, Gm.) e Ph. gmelini, Risso; dalle quali crediamo non diversificare la Phycis longi- pennis, e la Ph. sicula del Swainson. Tiene il confine dei Gadidi la pinnicinta Strinsia tinca, Raf., da noi figurata. Coi Cobitini ben ci troviamo nella Famiglia dei Cyprinidi tutta d’acqua dolce. Essa Sottofamiglia somministra tre specie, ma solo nel nord d’Italia la Cobitis fossilis, L. e la Cobitis barbatula, L.; più sparsa è l’Acanthopsis tenia, Ag. Nei fitofagi Cyprinini il genere Gobio dà soltanto una specie, il figurato Gobius venatus, Bp. Abbiamo però quattro Barbi (Barbus fluviatilis, B. caninus, B. eques, e B. plebejus, Cuv.), circa i quali ripeteremo dubitare il nostro 8. /luviatilis tiberino essere identico col B. vulgaris del Nord, e che per applicare i nomi Cuvieriani alle nostre specie ci fu unica guida il desiderio di non moltiplicare appellazioni: altronde si dovranno paragonare col Barbdus meridionalis del Risso e con quelli del Costa. Del genere Tinca, Cuv. abbiam solo forse la Tenca comune ( T. chrysitis, Cuv.) giacchè siam sempre più dubbiosi nella validità della nostra 7. italica, persuasi dipendere più dal sesso, come in tutti gli affini, la maggiore o minor - robustezza dei raggi delle pinne. Il genere Cyprinus ci fa dono delle tre Regine ( Cyprinus regina, Bp., €. carpio, L. e C. elatus, Bp.) sulla stabilità delle quali riposiam più fidati, dacchè le vediam riconosciute in remoti paesi, e ridistinte dall’ esimio Ittiologo Heckel sotto nomi di Cyprinus hungaricus e C. kollaryi. Qui si mostrerebbe il Pesce dorato ( Cy- prynopsis auratus, Fitz.) vaghissimo ornamento delle fontane, originario della Cina. Un sol Carassius e forse nuovo (1 Incobia?) avemmo dai laghi dell’ Italia superiore. Sola- mente nei ruscelli di colassù può trovarsi il Rhodeus amarus, Ag. Manca del tutto il Phoxinus levis, Ag. rimpiazzato nel Po dal P%. lumaireul, Bonelli. Fra i zoofagi Leuciscini un paio di specie ne darà il genere Chondrostoma, Ag., la Soetta cioè, e forse il nasus, L. Del nostro nuovo genere Te/estes, che la minuta scagliatura inanella al Phoxinus non che alla Chondrostoma, abita i fossetti romani la Mozzella ( Telestes muti- cellus, Bp.) e i Laghi dell'alta Italia il Telestes savygny ( Leuciscus savygnyi, Valenc. ). Tralasciamo' cercare nel Lago di Ginevra, non senza lamentare che i Pesci dei Laghi Lombardi sieno tutt'ora in tenebroso disordine. Citiam dunque soltanto fra i veri Leu- cisci l'inedito L. henle, Bp. del Lago di Lugano, da aggiungersi ai piemontesi L. roseus e L. genei, Bp. Il più meridionale genere Squalius; ci dà la Lasca dell'Arno 0 Squale del Tevere (Sg. tiberinus, Bp.), il Roviglione dei Laghi suburbani (Sg. rubilio, Bp.), l'Albo del Trasimeno (Sg. albus, Bp.), la fiorente Rovella (Sg. rubella, Bp.), la Lasca INTRODUZIONE (Sq. trasimenicus, Bp.) una delle copiose produzioni della fertile Perugia, e la similis- sima del Fucino ( Sg. fucini, Bp.); l’Avola dei Padovani (Sg. aula, Bp.), lo Sg. elatus, Bp., il più allargato di. quelli dell’Italia superiore , il Cavedano dei Bolognesi (Sq. caveda- nus,Bp.), e il Ligure Sq. pareti, Bp., forse Quaiastro dei Piemontesi. SquaLius PARETI. Fusco-auratus ; altitudine quintum longitudinis superante: capite altitudinem subequante: spatio interoculari plus quam duplo magnitudine oculi: pinnis nigricantibus ; dorsali humilicula inter ventrales et analem rotundatam opposita, subtrun- cata. D. 10, P. 16, V. 9, A. 11, C. 20. — Lin. lat. sq. 44, ser. 12.7. È somigliantissimo allo Sg. cavedanus, ma il color tanto più scuro e dorato, il capo ‘più grande, le squame tanto maggiori, e le pinne nereggianti non che un poco diversa- “mente situate, lo differenziano abbastanza. La central posizione della pinna in esse due specie porta direttamente ai Scardinti, dei quali però innanzi parlare sarà bene si confron- tino con le nostre specie il Leuciscus souffia e il L. cabeda, Risso, e soprattutto il L. du- latmai, Risso, certamente supposto , e cui lo Schinz senza saperne altro dà il nome di L. rissoi. Si confrontino le nostre specie con le Linneane C. /euciscus, grislagine , idus et idbarus, jeses, dobula, cephalus, rutilus, aphya, con le Agassiziane Leuciscus rodens , majalis, argenleus, prasinus, rostratus, e con quelle di altri moderni, Squalius dolabratus e rutiloides, Selys; Leuciscus lancastriensis, e Scardinius ceruleus, Yarrell, Squalius pigulus, Valence. (a torto tenuto: per il bipunctatus ch'è un Aspius), Sq. jaculus, SJurine, come pure coi Leuciscus saltator, Squalius gardonus, e Sq. cenisophius della Senna, di noi medesimi. Lo Scardinius ci dà solo lo stringatissimo abnorme Sc. heegeri, Bp. appena italiano , estremo ancora sul confine del genere, contrario eccesso nella corpora- tura al dilatatissimo Sc. decipiens dell Elvezia. Unica specie dell’Italia centrale e meridio- nale è lo Sc. scardafa, Bp., giacchè lo Sc. erythropthalmus trovasi solo nei laghi del Piemonte. È completato il genere Scardinius in Europa dal rosso Sc. orfus di Germania, e dal turchino Sc. ceruleus d’ Inghilterra. Abbiam verificato un solo Aspius in Italia, l’Al- bore o Alborella dei laghi lombardi: e, cosa più singolare, non esservi neppure uno del copiosissimo genere Abramis, di cui tuttodì si vanno distinguendo nel resto d'Europa nuove specie. Manchiamo altresì del Pelecus cultratus, Ag., che per la sua particolar forma ne guiderebbe direttamente ai C/lupeidi. Innanzi però di volgerci ad essi, le strettezze del lineare ordinamento ne obbligano fermarci alla Famigliuola dei Pecilidi che veramente sono Ciprini dentati. Fra i Pecilini troviam due pescetti che brulicano in alcuni seni dei nostri mari: la Zebias calaritana ; Bonelli, e la Lebias nigropunctata , Wagler, dalle quali non differiscono l’Aphanius fascia- tus e L'A. nanus del Nardo. Questa Famiglia poi forzosamente ci. manda ai Labridi cui tanto bene ai Cyprinidi rannoda. Il Valenciennes li ha lumeggiati non poco, ma quelli medi- terranei stanno tuttavia in oscurità la quale a sgombrare si apparecchia il Risso con parti- colare Opera, che non potrà mancare di frutto se si avvantaggi bene dei tanti'argomenti possiede per suggettare a nuovo esame la Natura e coglierla nel suo vero. Le specie variopinte dei Labrini quantunque sieno meno di quelle appariscono , parecchie pur se ne contano; Labrus mixtus, Artedi, il L. furdus, L., il L. merula, L., il L. psittacus, Risso (L. limbatus, Val.), il L. lineolatus , Val. (L. ossifragus e tessellatus , Risso ), il L. viridis, L. (L. saxatilis, Valence.) il L. carneus, BI. (L. trimaculatus, Pennant, L. quadrimacu- latus, Risso), il L. nereus, ed il L. festivus, Risso; tutti volgarmente chiamati Lagioni Tordi, Tordi di scoglio, Pappagalli, nei quali per vaghezza signoreggia il Canarello. Anche più numerosa e più disordinata è la schiera dei Crenilabri detti Bulli, Guarraccini, Ca- giotti, dai nostri pescatori: noveriamo senza troppa garanzia una lunga serie: Crenilabrus geoffroyi, cotta, melanocercus, caruleus, melops; chrysophrys, migrescens , boryanus, lit- toralis, roissali, quinquemaculatus , Cinereus, masse, chlorosochrus , ocellaris, guttalus , ALLA CLASSE IV. PESCI arcuatus, del Risso, Cr. brunnichi, Lacép. Cr. mediterraneus, Valence. (Perca mediter- ranea, L.), Cr. pavo, Val. ( Labrus pavo; Brunn. nec L.), Cr. ocellatus, rissoi, tinca, del Valenciennes, Cr. cyanospilotus ed aurantiacus del Cocco. Ottimo divisamento fu quello del Valenciennes distaccare dai Crenilabri, poco felicemente suddivisi dal Swainson , i ben caratterizzati generi Acantholabrus e Ctenolabrus. Ci dà il primo l’Acantholabrus palloni. Il secondo il Crenolabrus marginatus , Val. che appo noi rimpiazza il C. rupestris , Val. del nord; e il grazioso Ct. îris, Val. figurato da esso e da noi. Anche i Labridi hanno pesci a mascelle protrattili, fra’ quali vantiamo il Coricus rostratus, Val. triplice specie secondo il Risso, che non potremmo impugnare con tanta efficacia, con quanta richia- miamo la corriva facilità di moderno compilatore ‘che quattro ne adotta, non avendo per fortuna conosciuto il €. fasciatus, Cocco, nè il C. rosaceus, Risso. Una terza categoria di Labrini che potria dirsi Julini, come la precedente Epibulini, ci dà le graziosissime Zigu- relle o Donzelle (Julis mediterraneus , Risso, poichè non é ben certo sia lo stesso dello J. vulgaris dell’ Oceano, quantunque da noi sotto tal nome figurato), lo J. giofredi, Risso, e forse lu '‘J. speciosus: non ci si è mostrato lo J. donzella di Cocco, solo dei molti Labridi nuovi del Rafinesque ch’ egli sancisca. L’avvenentissimo Maravizzo di scoglio (Ch/o- richthys pavo, Bp. che ad osservazione del Valenciennes è il Labrus pavo di Linneo, se non di altri) tutti li vince in bellezza, e ne conduce ad altro stuolo numerosissimo an- ch’esso nei mari caldi, ma rappresentato appo noi dal solo Pesce pettine (Xyrichthys novacula, Cuv. ). Esso stuolo , che potrebbesi dire XyricAthini, si tocca colla segnalata Sottofamiglia degli Scarini, che non ha più il mare nostro essendo affatto mancato lo Sca- rus cretensis, Cuv. ( Labrus cretensis, L.) portatovi dall’Arcipelago su Romani navigli. Tacendo degli Ophiccephalidi, Pesci cicloidei a branchie labirintiformi smembrati dagli Anabantidi, e degli Amidi, dei Theuthydidi, dei Mormyridi , tutti quanti esotici, ripigliamo i Clupeidi che abbiam visto legarsi ai Cyprinidi. I soli Clupeini sono europei. Siam privi affatto delle nordiche Clupeae, alcune delle quali a torto si confusero con le nostre. Pri- vazione principale n'è la notissima Aringa ( Clupea harengus, L.) supplita miseramente nella domestica economia dalla Sardella (Clupea sardina, Risso, CI. sicula, Sw.) compenso più interessante essendo al naturalista la Clupea argyrochlora, Cocco, e la C..chrysotenia, Cocco, forse la stessa che la CI. aureovittata del Rafinesque: aggiungasi a queste la Renghetta o.papalina e la phalerica, Risso, che le serba il genere C/upanodon. Abbiamo due Lacce, la Laccia comune o Salacca ( Alosa communis, Cuv., Clupea alosa, L.), e la Laccia levantina o Cheppia (A/osa ficta, Cuv., Clupea finta, Lacép.). Seguono l’appetitosa Alice ( Engraulis enchrasicolus, Cuv.), la bella E. desmaresti, e la ributtata E. amara del Risso. Ignoriamo il genere Alpismaris di questo autore non appartenente forse a questa Famiglia, ed è possibile le due specie A. rissoanus e A. marmoratus si trovino sotto altro nome registrate. La ricca Famiglia dei Sa/monidi così distinta per l’adiposa pinna, ci si fa incontro cogli. Scopelini che tanto bene la congiungono ai Clupeidi. Tutti quelli da noi conosciuti . sono figurati in quest’ Opera , la Gonostoma denudata, Raf. (G. acanthurus, Cocco) ; I Ichthyo- coccus ovatus @ l’I. powerie, Bp.; lo Scopeli benoit, lo S. cocco, lo S. risso, del Cocco; il Maurolicus amethystino-punctatus e l’attenuatus, Cocco; il Myctophum rafinesquii, il me- topoclampum , il gemellarii, Cocco, e forse il punctatum, Raf.; il Lampanyctus crocodilus, Bp. ( Scopelus crocodilus, Risso, Nyctophus bonaparti , Cocco ); e finalmente 1° Odontostomus hyalinus, Cocco. Gli Aulopodini, connessi dal Chlorophthalmus agassizi, Bp., ci porgono il Merluzzo imperiale ( Aulopus filamentosus, Cuv.), e la Lucertola o Ussaro ( Saurus lacerta , Risso ). Isoleggia la Sottofamiglia degli Sternopiygini, che però in qualche modo vassi ad altaccare ai Salmonini nel loro genere Gasteropelecus. Abbiamo di essa il mediterraneo Argyropelecus hemigymnus, Cocco, cui vorrebbe il Prof. Cantraine far prevalere il nome INTRODUZIONE Sternoplyx coccoì, che quantunque dedicato allo scuopritore della specie , se conosciuto in tempo malgrado la miglior figura promessane, avremmo messo fra’ sinonimi. Veniamo ai Salmonini, che ben s'imparentano anch’ essi ai Cyprinidi; abbondano confusissimi nel settentrione di Europa, studiati però presentemente dall’Agassiz e dal Jardine; ma le limpide acque della Penisola non danno che la deliziosa Trota ( Salmo fario , L.) mutabile nel colore della pelle e della carne. Manchiamo affatto delle squisite specie che dal mare risalgono i fiumi, ond’è che i gastronomi si contentano del preparato Salmone (Salmo salar, L.), e solo i grandi Laghi d'Italia ci offrono due o tre grosse specie non bastevolmente chiarite (S. umbla, L. — S. frutta? L.), ultima delle quali non è di pregio il Carpione. Non manca in quelle acque il Temolo ( Thymallus vexilliferus, Ag.) e qualche Coregonus, ma privi siamo affatto del delicatissimo marino Osmerus eperlanus, Cuv. delizia prelibata al gusto dei Parigini. Non troppo lontanamente però lo richiama la non abbastanza apprez- zata Argentina (Argentina sphyrena, L.), il cui genere credeasi tutto proprio del Mediter- raneo, prima verificasse il Nilsson viverne una seconda specie nel Mare del Nord. Trapassando due esotiche Sottofamiglie, che forse men lentamente legano le due Fa- miglie, siamo agli Esocidi, primi dei quali gli Esocini ci danno il Pesce volante o Bar- bastello ( Exocetus exsiliens, L.) diverso dall’ E. volitans, L. dell'Oceano. Dagli Esocini abbiamo il Luccio (Esox lucius, L.) terrore agli abitanti delle acque dolci; il raro Alepocephalus rostratus, Risso; la Macrostoma angustidens dello stesso ; le Vipere di mare (Stomias boa, Risso, e St. barbatus, Cuv.), e il Pesce diavolo (Chauliodus setinotus , Schn.) anche. più strano per la dentatura, e stravagantissimo nelle forme, qui figurato. I Be- lonini finalmente, tutti dati in questo Volume, sono l’Acuglia (Belone acus, Risso) cui il color verde compenetra persino le ossa; la Sayris camperi, Bp. (.S. saurus, Yarr.); e il 7ylosurus imperialis, Bp. poichè lo stesso fondatore Cocco ha riconosciuto il suo T. cantrainii essere l'Esox imperialis , Rafin.: sospettiam forte i pretesi Hemiramphi di Eu- ropa altro non sieno che i giovani di tali specie. Convenevolmente è da collocare con Linneo vicino ad esse il Luccio imperiale o Scalmo ( Sphyraena spet, Lacép. ), tipo per noi della Famiglia Sphyrenide e della Sottofamiglia Sphyrenini. Gli affini Paralepidini ci som- ministrano il Paralepis coregonoides, Risso, e il P. sphyrenoides dello stesso autore, pro- babilmente però non differente dal terzo genere della Famiglia, Sudis hyalina, Rafin. Non sapendo ove men male, poniam qui la Famiglia degli Atherinidi di cui una specie americana eretta in genere (Chirostoma, Sw.), pur somiglia le SpAyrene nell’ acu- tezza del muso. Dell’ unico che la costituiva finora abbiamo i quattro Lattarini qui figu- rati, il Chenero dei Genovesi ( Alkerina hepsetus , L.), lo sprezzato Occione dei medesimi (A. boyeri, Risso), la Pascatta (A. mochon, Cuv.) e il singolar per la dimora nostro Lattarino di lago (A. lacustris, Bp.); a queste vorrebbesi aggiungere lA. risso e lA. sar- da, Cuv. e la siciliana di rena (A. hyalosoma, Cocco), per non parlare dell’ A. coroneda e dell'A. lattarina , Rafin., senz’ altro comprese nelle precedenti. I Trachinidi malamente finora appodiati ai Percidi ci dan quattro specie dei temuti Pesci-ragni, Tracine, o Ranga- nelle ( Trachinus draco, L. - Tr. araneus, L. — Tr. radialus, Cuv. - Tr. vipera, Cuv. eguale all’ aureovitatus di Cocco), che appiattati nella rena trafiggono di dolorosa puntura i nudi piedi di chi fa pesca o bagno. Si uniscono ad essi gli Uranoscopini esemplificati dal Pesce prete o Lucerna ( Uranoscopus scaber, L.). Gli Echeneididi fatti dai soli Eche- neidini ci danno due specie della favoleggiata Remora, alle quali possono serbarsi i due nomi Linneani Echeneis remora ed E. naucrates. Avvertasi però non potersi basare le specie sulla varia forma della coda, che muta nello stesso pesce dal cuneiforme al forcuto ; non meno che, dentro certi limiti, mutasi il numero delle lamelle del disco aspirante, riguar- dato sdoppiamento della prima pinna dorsale; onde convien fondarsi sulla sagoma e sul- l'altezza del corpo. L'E. arrosti del Cocco e parecchie altre supposte specie degli stessi ALLA CLASSE IV. PESCI moderni rientrano nelle due suddette. 1 Xiphiadidi ci danno il Pesce spada (X.gladius, L.), il cui giovane, pei cangiamenti che subisce la pinna dorsale, ha dato luogo falsamente ad una specie e persino ad un genere: e l’Aguglia imperiale ( Tetrapterurus belone , Rafin. ). I Gasterosteidi collocati sconciamente coi Triglidi, prendon qui posto essendo Cycloidei ; e perchè han libere spine sul dorso ben si connettono coi Centronotini primi degli Scom- bridi. Gli unici Gasterosteini, mancandoci le ben caratterizzate nordiche specie a molte spine libere sul dorso, non ci forniscono che i più o meno giusti smembramenti Cuvieriani del Gasterosteus aculeatus, L., cioè le parecchie specie, o varietà sebbene distinte da taluni perfino genericamente, dei Spinarelli (G. trachurus, G. leiurus, G. semiarmatus ; G. argyropomus, G. brachycentrus e G. tetracanthus, Cuv.), che formicolano nei nostri laghi e ristagni sotto i nomi di Ciancerica , Spilloncolo , Stracciariglia. Venuti agli Scombridi troviamo i Centronotini, che ne presentano il raro Fanfano ( Naucrates ductor, Cuv.) non condottiere dei Cetacei, ma seguace dei medesimi e delle navi a solo interesse di cibarne gli escrementi. Il Swainson presi a fondamento caratteri, che esistendo veramente in natura sarebbero essenzialissimi, aggiunge una seconda spe- cie mediterranea, o a parlare con giustizia viene a sancire le due già distinte dal Rafinesque sotto gli accettabilissimi nomi di Naucrates ductor (N. cyanophrys, Sw.) e N. fanfanus (N. ductor, Sw.). Vengon poi le tre Lecce, la squisita Ombrina-leccia (Lichia amia, Cuv.), la comune Ombrina-stella (ZL. glaucus, Cuv. , Centronotus glaucus, Risso, C. binotatus, Raf. ) divisa genericamente dal Swainson, e la rara Cerviola o Saltaleone (Lichia vadigo , Cuv.) dalla linea laterale sinuosa. Il Risso ci assicura aver trovato a Nizza un Notacanthus di cui avremmo gradito anche più il ricevimento che l’ onore fattoci della dedica in Notacan- thus bonaparti. Qui registriamo per la grande affinità che ha con le Lecce, quantun- que le spine dorsali non sieno libere, l'’Ombrina-lopes (Micropteryx dumerili, Agassiz, giacchè Seriola è nome impiegato in Botanica). I Carangini oltre Io Schiamuto o Soretto (Caranx trachurus, Guv.) nel quale, elevato a genere Trachurus, Raf., non è ancor deciso essere una o più specie, ci danno il C. suareus del Risso, lo Sfodaro imperiale dei Siciliani (Caranx luna, Cocco se non Geoffroy, Citula banksi? Risso), e il Sauro nero (Caranx melanosaurus, Cocco); alle quali va paragonato, oltre i tre Trachuri di Rafinesque, il Tr. siculus dello Swainson. In questa famiglia entrano pur certamente i Bramini che per solo avere squamate le pinne verticali furono ravvicinati ai Chetodontidi, e il delizioso Rondino (Brama rayi, Cuv.) li raffigura appo noi. Per essi, rammaricando non cono- scere il Lepteris fetula di Rafinesque, passiamo agiatamente agli Stromateini. Abbiamo la magnifica Lampuga ( Stromateus fiatola , L.), dalla quale le pinne ventrali appena visibili non bastano a far separare il similissimo Str. microchirus, Bp., quantunque il Cuvier ne faccia il genere Seserinus. Appena è nostro il bellissimo Lampris guttatus, Retz, del setten- trione, e non lo è affatto lo stremamente boreale Ptericombus brama, Fries; ma ne com- pensano l'Astrodermus elegans, Bp.; il singolar Luvarus imperialis, Rafin., al quale il carattere dell’ ano valvolato fece dare dal Nardo il nome di Proctostegus; e l’Ausonia cuvieri, Risso, che a questo non si deve assolutamente riferire. Anche gli Scombridi hanno negli Zeini, cui tocchiamo saltando i Vomerini, la lor tribù dalla bocca protrattile, come si vede per il Pesce San Pietro o Gallo ( Zeus faber, L.), dal quale non possiam credere diverso il Zeus pungio, Cuv. Pesce non abbastanza tenuto in prezzo appo noi, non avendo sulle mense italiane meno delicatezza di sapore che sulle ricercate Inglesi. Nei Coryphenini abbiamo il Pesce d'Umbra (Schedophilus medusophagus, Cocco), il Pesce paolo (Centro- lophus pompilus, Cuv.) cui è da vedere se debbansi o no riunire il C. morio, Lac. e il C. liparis, Risso ; migliore specie è il Pavolo ’ncoronato (Centrolophus ovalis, Guv. e Val. ) sul quale è stabilito dal Cocco il genere Mupus, non sembrandone diverso il Mupus imperialis di quel siciliano Ittiologo. Le Coryphene vere, dalle quali non sappiam distin- INTRODUZIONE guere i Lampugi del Valenciennes, danno il Pesce Stella (Coryphena hippurus, L.), forse la C. imperialis , Rafin., e certamente la €. pelagica, Bp.(Scomber pelagicus, L.) che ci portan finalmente ai veri Scombrini. Questa Sottofamiglia ne dà il Maccarello o Lanzardo (Scomber scombrus, L.), non che il Lacerto o Strombo (Sc. pneumatophorus , Delar. ) e il Cavallo o Ganzariolo ( Sc. colias, Cuvier se non Rondelet ) ambedue singolarissimi per avere il no- tatoio del quale manca il primo, carattere anatomico veramente notevole, perchè niente avvisato dall’ esterne forme del corpo che sono similissime. Difficilmente crediamo differi- scano ancora da questi lo Sc. macrophthalmus, Raf., lo Sc. undulatus e lo Sc. gracilis del Swainson, che pur quest autore vuole diversi. Perfettamente intermedio ai Maccarelli e ai Tonni è lo Sgommero (‘Auxis bisus , Bp., A. vulgaris, Cuv., A. rocheanus , Risso) di carne scura ed agra, cui aggiunge ora il Risso un Auwis delphinulus a noi ignoto. I Tonni ci forniscono il vero Scomber thynnus, L. (Thynnus vulgaris, Cuv., Th. mediterraneus , Risso) al quale si apprestano reti in assettato punto detto Tonnara con molta faccenda di Pescatori, e riccamente se ne fa commercio come forse miglior pesce del Mediterraneo , e capace più di altro essere in ogni maniera acconciato ; il raro Tonno alicorte (Th. bra- chypterus, Cuv.); l'Alletterato, Sanguinaccio o Tonnessa (Th. thunnina, Cuv., Scomber allitteratus , Raf.) scuro di pelle , rosso di carne, cattivo al gusto; il Tombarello o Tonnessa alicorte ( Th. brevipinnis , Cuv. ) dagli occhi grossi e carne tenuta a vile ; il Tonno alilunghe (Th. alalunga , Guv. già tipo del suo abolito genere Orcynus); e la squisita Palamita ( Pelamis sarda , Cuv.) dal dorso rigato, che non bisogna confondere col Thynnus pelamis, Cuv. a ventre rigato, dell'Oceano. Meglio che al seguito di questi non sappiamo ove mettere il decantato Rovetto (Ruvettus pretiosus, Cocco, R. temmincki, Cantraine , R. acanthoderma ; Cuv.) del quale si richiama il Cantraine essere stato primo nominatore; e 1’ insistere inces- santemente su questo diritto di priorità mostra essere egli convinto che le date sieno in suo favore. Comunquemente quello più rileva si è averne scritta pregevole Memoria, di cui rammarichiamo non aver potuto avvantaggiare il nostro articolo, già stampato quando ‘ ci pervenne; e sia pur che sì voglia del nome specifico ne piace assai veder tutti concordi sul nome generico, abbandonato lodevolmente il posteriore Acanthoderma, impiegato per un pesce fossile. A_poco a poco gli Scombridi, fusiformi i normali, già fattisi compres- sissimi ma dilatatisi quasi orbicularmente nei Zeiniî e nei Vomerini, allungandosi grado grado mostransi nei Trichiurini diventati quasi nastriformi. L’organale parallelismo , ma- nifestato anche in essi, li dispone lungo una canna che porta altissima la cima, per la perfetta organizzazione delle prime specie, mentre la radice scende fino ai compressi Ophididi, a quel modo che i non men perfetti Gadidi si degradano insensibilmente fino ai tereti Murenidi. Onde due diversissime Famiglie si uniformano, come già avviene di quante son le serie degli esseri che nell’ infimo punto di lor gradazione vanno tutte a toccarsi , così pur congiungendosi persino i diversi Regni naturali. Non abbiamo il Trickiu- rus lepturus, L. dell'Oceano, ma bensì il Pesce sciabola o fiamma ( Lepidopus ensiformis, Vandelli, L. argyreus, Cuv.); e non possiam portar giudizio sul nuovo Helminthosomus dallechiaje, Cocco, forse non diverso dal L. pellucidus, Risso. Alcune particolarità permettono d’ isolare dagli Scombridi per farne Famiglia dei Cepo- lidi la Sottofamiglia dei Cepolini, quantunque poco distaccabile dai Trichiurini. Due ca- tegorie, se non due Sottofamiglie, ci danno i Cepolidi, la prima dei Gymnetrini composta da quei pochi pesci, tuttora in confusione, che han suggerito alla fantasia ‘dei Naturalisti non solo i generi Gymmnetrus, Bl., e Trachypterus, Cuv. i soli che modificati ammettia- mo, ma eziandio il Bogmarus, Schneid., il Cephalepis e l'Argyctius, Rafin., il Gymno- gaster, Brunn., l’Epidesmus, Ranzani, il Regalecus, Nardo, e forse il Xiphichthys, Sw. La delicatezza somma di tutto il corpo di essi Pesci, e particolarmente la fragilità delle stranamente prolungate pinne, fa sì che per mutilazione , o sfiguramento di parti assu- ALLA CLASSE IV. PESCI mano aspetto diversissimo. Quindi non vorremmo garantire nel Mediterraneo più altre specie che i Pesci falce ( Yrachypterus spinole, bonellii , e fale, Cuv.), le Fasce d'argento ( Trach. iris, e leiopterus, Cuv.); e la Spada d’argento (Gymmnetrus gladius, Cuv.): non differendo a parer nostro il G. repandus, Metaxà, il 7r. coste, Cocco, e il G. mulleria- nus, Risso. Oltre il Zophotes cepedianus, Giorna (L. siculus? Sw.), forma la seconda categoria il solo genere Cepola, L., del quale finora non si conoscea che la comun Cipolla ( Cepola rubescens, L.): è da vedere quanta ragione debba farsi al Swainson, che sulle condizioni forse traviste della pinna caudale, fonda cotante specie, di cui non men di quattro sarebber nel Mediterraneo, C. novemradiata., C. attenuata, C. truncata , e C. ju- gularis, niuna riferibile a quella nordica cui lascia il nome di Cepola rubescens. | La Famiglia degli Ophididi ci dà negli Ophidini le Galere ( Ophidium barbatum, L. e O. vassallii, Risso); i Verzellini di mare ( Fierasfer imberbe e F. dentatum, Guvier, ad uno dei quali senz’ altro va riferito il F. maculatum, Sw. non che il F. acus, già Notopterus fontanesii, Risso). Degli argentei Ammodytini abbiamo almeno due specie non ancora ben conosciute, cui si riportano i diversi nomi A. lancea, Cuv., A. argenteus , Risso, A. siculus, Sw., A. cicerellus, Raf., senza ben sapersi a quale vada conservato il nome di A. fobianus, L. Curiosissimo pescetto e il Nemotherus erythropterus, Raf., nè molto si discosta il non meno strano Helminctis -punctatus, Cocco. Dimandano eziandio diligenza di studio il Leptocephalus morrisii, Lac. il L. gussonii, ed il L. trichiurus, Cocco, dal quale ultimo non crediamo diverso il Z. flamentosus , Risso, nè dal primo il L. spallan- zanii ed il L. selene dello stesso autore. L’anguiforme Famiglia dei Mur@nidi, non ancora soddisfacentemente ripartita in Sottofamiglie, componesi in Europa quasi tutta di Mur@zini. Due specie di Murene essa ci fornisce, la M. helena, L. e la M. unicolor, Delar. ossia M. cristini, Risso, non accet- tando noi la M. fulva e la M. guttata del Risso. Vuolsi da taluno restringere il sinonimo Murenophis alla ben distinta M. saga, Risso, dalla quale non è abbastanza diversa la sua Murcenophis maculata. Il genere Conger ci dà il C. mystax, Lacép., il C. balearicus, Delar. (€. cassini, Risso), il Grongo o Chiagale (€. myrus, Risso, Murena myrus, L.), il Grongo di scoglio (€. niger, Risso), il Grongo di rena (€. verus, Risso, C. vulgaris, Guv., M. conger, L.) cui piace al Cocco aggiungere il C. macropterus, e il C. nebulosus. Chi mai potrà menar vanto di conoscere le Anguille, se persino la riproduzione n'è tut- tavia misteriosa? La Murena anguilla di Linneo ( Anguilla vulgaris dei moderni) si è scissa per la forma -del muso in A. acutirostris, A. latirostris, A. mediorostris dal Risso, e men vagamente dal Yarrell; ed inoltre con più debol consiglio dal luogo di abitazione in A. ma- rina, A. fluviatilis e A. lacustris. Sarà forse giovevole seguir l’ occhio esercitato dei Pe- scatori, che quattro ne riconosce sotto nomi di Scucchione, Fiumarola, Settembrina e | Chiavicarola, adattando piuttosto alla grandezza quelli di Ceriola, Anguilla e Capitone. A solo oggetto di richiamare le indagini dei Naturalisti, noteremo avere la Scucchiona color verde olivastro tendente al giallo, occhio piccolo , mento prominente, e la punta del muso distare dalle pettorali quanto l’ origine della dorsale dall’ ano. La Fiumarola, color di oliva intenso, ha mediocre l’ occhio, e la punta del muso dista dalle pettorali un decimo meno che la dorsale dall’ ano. La Settembrina, distinta per il labbro inferiore ascendente, ha colore olivognolo tendente al plumbeo, occhio mediocre, e la punta del muso dista dalle pinne un quinto meno che la dorsale dall’ ano. La Chiavicarola finalmente ha color plumbeo cupo, occhio grande, sporgente, e la distanza dal muso alle pinne anche mag- giore che dalla dorsale all’ano. Assai meriterebbe della Ittiologia chi ponesse mano ad esatta Monografia delle nostre Anguille non solo, ma ad universale della Famiglia Mure- nidi, allogando ordinatamente i generi Nettostoma, Dalophis, Echelus del Rafinesque, e la mezza dozzina di pretesi Sphagebranchi che ridurrannosi forse ad un solo legittimo, INTRODUZIONE ALLA CLASSE IV. PESCI Sphagebranchus rostratus , BI.; altri come il cecus riferendosi piuttosto al genere Apteri- chthys, Duméril, alcuni come l’imberbis e l’oculatus altrove. È ben conosciuto il Serpente di mare ( Ophisurus serpens, Lacép.), dal quale non differisce forse l’Oph. pictus, Sw., e l Echelus oxyrhynchus, Raf.: vanno studiate però le Ophisome acuta ed obtusa del Swainson, e il suo Zeplognathus oxyrhynchus di Sicilia. Dai Pesci anguilliformi veniamo benissimo alle Lamprede, più imperfette di tutti i Vertebrati, le quali sregolatamente erano messe dai Naturalisti coi più perfetti dei Pesci. Esse formano a un tempo il decimo ed ultimo Ordine HeLMiNnTHOIDEI, la Sezione dei crcrosrom e la Sottoclasse manrsirosraneHit. La Famiglia dei Petromyzontidi ci dà la marmorata Lampreda di mare ( Pelromyzon marinus, L.) che pur rimonta i fiumi, e le argentee Lamprede di acqua dolce (P. /luviatilis, L. e P. planeri, BI.), dalle quali è certamente diverso il P. macrops, Blainv. Nei laghi principalmente si appicca alle bran- chie degli altri Pesci l’Ammocetus branchialis, Duméril (P. branchialis , L.). Non abbiamo alcun Myxinide, chè soltanto nei mari del nord trovasi copiosamente il Gastrobranco cieco (Myxine glutinosa, L.), molesto anche ai più grossi animali. E così tutta questa Classe estesissima giunge a suo termine segnato dal Branchiostoma lanceolatum , Bp. (Br. lubri- cum, Costa, Amphyoxus lanceolatus, Yarr.), non senza apparenza di ragione collocato dal Pallas fra i Vermi, sotto nome di Limax lunceolatus ; tipo di Sottofamiglia, di Fami- glia e forse di Ordine, di Sezione e perfino di Sottoclasse seppure è più vero sia perfet- tamente asRancHIO che mancante di cervello, come per alcuni è sostenuto. In quanto alla scelta delle 181 specie figsurate, si noterà che abbiam dato talvolta una specie nuova come il Blennius anticolus, o importante come la Strinsia tinca, iso- lata come il Ruvettus pretiosus, o accompagnata come l’Anthias buphthalmus. Abbiamo però creduto maggior pregio dell’ Opera stendere Monografie più o men complete, di generi come per il Mugil, la Trigla , lo Smaris; di Famiglie come per i Pleuronectidi, per i Cyprinidi; di Ordini come per gli Sforioni ; e perfino di Sezione e Sottoclasse come per i°P/agiostomi. Di questi ultimi, anzi di tutta la serie dei PeScI CARTILAGINEI del Cuvier, contrapposta all’ altra degli Osser da noi pure nel piano primitivo che affetta la disposizione di questo Volume , come è divisato dalla Prefazione, diamo in proporzione un numero assai maggiore, anzi quasi tutte le specie. Abbiamo in ciò abbondato, perché quando cominciammo questa Fauna tali importantissimi Pesci si trovavano meno illustrati, e il divisamento del Cuvier era serbarli ultimi nella sua grande Ittiologia. Oggi però i Plagiostomi sono messi in sì viva luce dall’ insigne Monografia di Muller ed Henle, che non si ecclissa a confronto di qualunque più illustrata parte della Scienza. Un amore di particolare studio alla Classe dei Pesci, bella per gl’intricati rapporti che chiamano a filosofiche vedute, non ci terrà del tutto appagati di quanto abbiam potuto fare in essa. Laonde sempre più operosamente intendendovi, speriamo di satisfare finalmente . al vivo desiderio espresso altre volte di pubblicare un ManvaLE p'IrtIoLOGIA ITALIANA. In esso si leggerà di tutti i nostri Pesci tanto quello è trattazione scientifica, quanto ciò si risguarda a conoscenza di comuné portata, come gli usi economici, le variate maniere e gli arnesi con che sogliono essere pescati, spendendo soprattutto ogni attenzione nel dare esattamente raffrontate le differentissime appellazioni volgari per ogni punto délla Penisola. — —_==ij_od => Sini na Lit: BaltisgtoMAPSZ: Carolei Piusjei Romi del 4 Srranas Hipatas do Nothas Sace I ArtbuoDeplifialirio SERRANUS HEPATUS SERRANO SACCHETTO SERRANUS griseo-rubescens, fasciis quinque perpendicularibus saturatioribus; pinna dorsali postice macula nigra notata. D. 10/11. P. 15. 7. 1/5. A. 3/7. C. 15. LABRUS HEPATUS, Linn. Syst. Nat. I p. 476. sp. 4 Gmel. Syst. 1. p. 1283. sp. 4. Schneid. Bloch. i Syst. p. 245. sp. an. Lacep. Hist. Nat. Poiss. III. p. 456. Naccari, Itt. Adr. p. 13. sp. 142. — _LBRUS apRrIATICUS, Brunn. Ichth. Mass. p. 98. sp. 11. Gmel. Syst. I. p. 1297. sp. 66. Schneid:. J Bloch. Syst. p. 282. sp. 84., (nec Naccari Itt. Adr. ex nomine triviali.) HOLOCENTRUS sTRIATUS, Bloch. Ichth. tab. 255. fig. 1. Schneid. Bloch. Syst. p. 314. sp. 3. LUTJANUS ADRIATICUS, Lacep. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 222. Rafin. Ind. Itt. Sic. sp. 80. HOLOCENTRUS TRIACANTHUS, Lacep. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 576. HOLOCENTRUS HEPATUS, Risso, Zehth. Nice p. 292. sp. 4 HOLOCENTRUS sIaGoNOTUS, Laroche in Ann. du Muséum XIII. p. 552. tab. 22. fig. 8. HOLOCENTRUS ADRIATICUS, [Mardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 107. SERRANUS HEPATUS, isso, Hist. Nat. ILI. p.377.sp.295. Cuv. et Val. Hist. Nat. Poiss. LI. Chap. 11. p. 231. LA»RUS mazilla inferiore longiore etc, Arted.Synon. p. 53. sp.2. ® tantum. Id. Genera Pisc. p. 35. sp. 8. SACCHETTUS VENETORUM, /'illugby, Pisc. 1V. Cap. 30. p. 326. Raj. Pisc. p. 139. HEPATUS ou JECORINUS? Belon, Nat. Poiss. p. 259. Gesn. Aquat. IV. p. 411. nec Hepatus Bellonii Aldr.. x ID comunissimo questo piccolo Pesce lungo le spiagge dei mari d’Italia, anzi in tutto il bacino del Mediterraneo. Suol pescarsi in qualche distanza dal lido, perchè dimora sempre nei fondi fangosi, nè segue il costume degli altri due suoi congeneri nostrali Serranus scriba e Serranus cabrilla, che abitano presso gli scogli. La sua piccola mole e la mediocrità della sua carne lo rendono poco stimato. A. Roma vien chiamato Porchetto, in Toscana Castagna o Perchia di fondale, nel Veneziano Sacchetto, a Pa- lermo Perciuda, e nel Genovesato Lucerna, del qual nome gode ivi in comune con la Cerna dei nostri Pescatori, Polyprion cernium, Valenc. Sotto il titolo di Succhettus Venetorum diede per la prima volta una chiara notizia di qnesta specie il Willugby. Artedi, che sicuramente non l’aveva veduta, la pose fra i Labri, accozzando sul conto di essa molte citazioni spettanti altrove, ripartite sotto tre varietà, che sono realmente cose diverse. Da questo ammasso discorde il Linneo, senz’aver osservato neppur esso l’animale in natura, costituì il suo Labrus hepatus, i cui caratteri non concordano poi con quelli del suo stesso genere Labrus, neppure considerato come artifiziale. Altre dimensioni, altro aspetto, altri costumi doveva aver l’Hepatus dei Greci, del quale tante meraviglie si raccontavano, e quindi anche il nome specifico applicato al nostro Pesce si deve ad un’error manifesto. Nè qui riporteremo la storia degli altri equivoci in cui sono caduti gli autori relativamente a quest'essere, perchè trovasi esposta distesamente nell'opera dei celeb. Cuvier e Valen- ciennes. Ciò che ora può stabilirsi di positivo si è, che questo Acantotterigio appartiene. al Percidi normali, e propriamente alla sottofamiglia Percini, genere Serranus del Cuvier, sottogenere Serranus genuino. 10 ne” a SERRANUS HEPATUS. Noi consideriamo come Percidi quei Pesci Acantotterigii che hanno i pezzi opercu- lari col margine dentellato o spinoso, le gote non loricate, le mascelle, il vomere, e quasi sempre anche le ossa palatine armate di denti, il bacino sospeso. alle ossa della spalla; ed escludiamo dalla famiglia dei Percidi, quale dapprima la stabilì il Guvier, non solo i Triglidi dalle gote oi gli Scienidi e gli Sparidi dal palato edentulo, i Mullidi e i Mugilidi dalla bocca anche meno validamente armata degli altri, i Menidi dal muso protrattile, i Lofidi dalle pinne pettorali stipitate, i quali tutti dal Cuvier istesso ne furono eliminati posteriormente, ma altresì gli Sfirenidi che, oltre i pezzi operculari integri e non spinosi ed una fisonomia propria, hanno le pinne ventrali veramente addominali, essendo il lor bacino indipendente dalle ossa della spalla. I Percidi così ristretti hanno tutti il corpo. oblungo più o meno compresso, rivestito di squame per lo più dure, aspre e coi margini dentellati o cigliosi. Le pinne sono. in numero di sette per lo meno, e spesse volte in numero d’otto, essendo doppia la dorsale. Le ventrali qualunque siasi la loro. justa-posizione sono sempre subbrachiane. L'operculo e il preoperculo (o almeno. uno. di essi) portano universalmente dentelli, o spine sui margini. La bocca è grande; le aperture delle branchie sono. ampie. Oltre i denti delle Soa ve ne sono. altri disposti in una linea trasversa innanzi al vomere, e quasi sempre in una fascia longitudinale sull’uno, e sull'altro. palatino, e così pure sulle lacinie delle branchie e sulle ossa faringee. Mancano. senapre le barbette o cirri tanto notabili nei Mullidi ed in alcuni degli Scienidi. Il lor piloro è laterale, con ap- pendici di picciola mole, per lo più in ristretto numero. La loro carne suol essere sana. Nel saggio d'una distribuzione metodica degli Animali vertebrati a sangue freddo abbiamo diviso questa famiglia dei Percidi in quattro sottofamiglie, Percini cioè, Tra- chinini, Uranoscopini, e Polinemini. Ci giova ora aggiungere una quinta, che converrà smembrare da quella da noi precedentemente. detta Percini, nella quale ponevamo tutte le specie che portano le pinne ventrali sotto le pettorali, e che con vocabolo Lin- neano si direbbono toraciche. Chiameremo Molocentrini la nuova sottofamiglia, e con- sidereremo come comprese in essa le specie che portano più di cinque raggi alle pinne ventrali, e più di sette alle membrane branchiosteghe. Resteranno pertanto nella sot- tofamiglia Percini le specie toraciche munite di (oli cinque raggi alle pinne ventrali, e che non ne hanno più di sette alle membrane branchiosteghe. Anche ridotta den- tro questi limiti la sottofamiglia dei Percini rimane tanto ricca, che abbraccia per lo meno 400 specie meritevoli d'essere ripartite in 29 o 30 generi. Per buona sorte in questa numerosa turba s'incontrano caratteri, sui quali senza offendere le naturali affi- nità si possono stabilire altre divisioni inferiori, che furono dal Cuvier istesso accen- nate. Da un lato si possono. schierare quei generi che hanno meno di sette raggi alla membrana branchiostega; dall'altro quelli anche più numerosi che ne hanno sette pre- cisamente, ripartiti poi in due gruppi, il primo dei quali comprenda i Percini di sette raggi con la pinna dorsale divisa in due, l’altro tutti quelli che hanno la pinna dor- sale continua. Queste: due suddivisioni costituiscono, due serie così esattamente paral- lele, giusta l'osservazione del Cuvier, che molti caratteri dell'una si ripetono simme- tricamente ‘ nell'altra. La prima serie. comprende Pesci per lo. più d'acqua dolce, e fra questi è il genere.Perca, tipo della famiglia; nella seconda sono. quasi tutte specie marine, ed in essa figura il Serranus, cui spetta il Pesce argomento del presente: articolo. Se non fosse. la diversità dei denti tal genere ripeterebbe esattamente nella sua. serie tutt’i n SERRANUS HEPATUS. caratteri che presenta la Perca genuina dell'altra. I caratteri essenziali del Serranus sono per noi: denti incurvi frammisti agli altri a scardasso tutti rivolti all'indentro, il preo- perculo dentellato, la parte ossea dell’operculo terminata in una o più punte piatte, la bocca grandissima; niuna squama sulla mascella superiore, le pinne senza prolungamenti: hanno poi il cranio le gote e gli operculi squamosi. Due soli gruppi che comprendono Pesci indigeni sono da considerare come subordinati a questo genere, il Serranzs genuino clie non ha squame apparenti nè all'una nè all'altra mascella, ed il Merow del Cuvier, che con vocabolo latino proporremo di chiamar Cerna, ed in cui la mandibola inferiore è coperta di piccole squame. I tre gruppi esotici più affini a questi sono i generi Cuvie- riani Plectropomus, Diacope, e Mesoprion. Nel primo i dentelli inferiori dell'operculo sono grandi e rivolti all’innanzi: nella Diacope si vede al di sopra dell'angolo dell’oper- culo un’intaccatura profonda, atta a ricevere una tuberosità che siede sull’interoperculo: nel Mesoprion poi l’operculo è terminato da un'angolo smussato, non già spinoso; e per tal carattere questo gruppo merita forse più degli altri d’esser considerato come un ge- nere a parte, tutto che sia evidentissima la sua affinità coi veri Serrani. Quanto al Barbier che il Cuvier tiene come semplice sezione del suo Serrazzs, quantunque non dissimuli che ci sono differenze di qualche importanza anche nello scheletro, pare a noi che debba farsene onninamente un genere a parte da denominarsi Anthias. I Serrani proprj sono sparsi in tutti mari meno i più freddi, e a differenza del nostro sottogenere Cerna, che contiene Pesci assai grossi come il Serranus gigas (Om» brina-cerna del volgo), hanno piccole dimensioni, proporzioni svelte, colori vistosi, e seguono anche in ciò l'analogia con le vere Perchie. Tal'è il Serranus hepatus che passiamo a descrivere partitamente. Giunge appena a pesare un’oncia: di rado ha la lunghezza di quattro pollici, anzi generalmente è molto più piccolo. È compresso, di circoscrizione quasi ovale-ellittica con la schiena molto curva, il contorno del ventre curvo assai più leggermente, il muso piuttosto corto. Il capo comprende una terza parte della lunghezza totale. La maggior altezza del corpo corrisponde un poco al di sopra delle pettorali, ed è con- tenuta tre volte e mezzo nella lunghezza totale; la sua grossezza è circa i due quinti dell'altezza. L'occhio è piuttosto grande: il sottorbitale è squamoso, protratto fino alla punta del muso, e ricuopre in gran parte il mascellare. Il preoperculo è tutto squamoso, coi margini totalmente dentellati con dentelli uguali e minuti. L'angolo del preoperculo è affatto attondato. L'operculo è squamoso e porta tre spine piatte, l’intermedia delle quali è assai più grande uelle laterali; il suo orlo membranoso eccede le dette punte, e termina in angolo attondato. Le narici sono vicinissime all'occhio. La bocca è fessa obliquamente fino al di là del livello del margine anteriore dell'occhio, e quantunque la mascella superiore sia poco protrattile è suscettibile di dilatarsi grandemente. La mascella infe- riore sporge appena al di là della superiore, ed è foracchiata di piccoli pori. Le labbra sono poco carnose. I denti delle mascelle sono piuttosto robusti e curvi all’indentro, gli esterni tutti uguali fra loro, molto più forti degl’interni, e ve ne sono due inter- medii grandetti internamente nella mascella di sopra. I denti del palato, disposti in forma di VV sul vomere sono più deboli di quelli delle mascelle, ma più forti di quelli che sopra due strette fascie armano i palatini. La lingua è libera, acuta, liscia, L'aper- tura delle branchie grande. La linea laterale consiste in piccole lineole oblique in ri- lievo una per ogni squama, e corre parallela al dorso tre volte più vicina alla carena 10% I I del dorso stesso che a quella del ventre. Le squame si succedono in numero. fi qua ranta da un'estremità. all’altra, ed in altezza sono disposte i in ventiquattro ordini: sono sottilmente dentellate, col disco minutissimamente granelloso, troncate alla base; la parte coperta è striata a raggi che partono dal centro, il margine ‘dal lato della a: è erenulato. La pinna dorsale incomincia al di sopra delle pettorali e procede molto al di là del termine dell’anale. De! suoi dieci ‘raggi spinosi il primo è una metà più corto del «secondo, il quarto è poco più alto del secondose» del terzo, e i sei rimanenti decrescono poco sensibilmente; .la parte molle composta d'undici raggi tutti ramosi è più elevata della parte spinosa. n pettorali lunghe quanto tre quarti del capo: contano: quindici raggi, ‘e, sono UD poco attondate nel contorno superiore. Le ventrali sono: trian- golari col raggio spinoso: breve e forte. L'origine dell’anale corrisponde subito dietro all'ano, il quale è situato. un poco più vicino all’ apice della coda che a quello. del muso: il secondo de’ suoi tre raggi spinosi è il più valido; sette .sono:i raggi molli che seguono e sono i più lunghi. La pula caudale è an troncata con quin- dici raggi, senza contarne due o tre più brevi che stanno alla radice di sotto: e di sopra. Il corpo è di color cervino chiaro tendente al roseo-argenteo, .con. cinque fascie verticali di. color cervino più cupo, larghe quasi quanto gl’intervalli. che le separano, l’ultima delle quali forma un anello alla base della coda: la penultima è è un poco più. larga delle altre, ‘ed:è separata ‘dalle vicine per mezzo ‘d’intervalli maggiori;.1 lati dél capo sono ornati di tre striscie d’un bel color giallo, che partendo al di dietro dell’oc- chio probedono radiatamente verso il margine dell’ operculo, e che sono fugacissime. Il ventre è assai più chiaro del. dorso, e sù.di esso appariscono varie. striscie oscuramente segnate di colore tendente al celeste con riflessi dorati, anche più fugaci delle fascie gialle del capo. La pinna dorsale: è del color della schiena con alcuni spruzzi più cupi fra 1 raggi spinosi, e con una macchia nera oblunga molto cospicua collocata sul margine superiore, che si. stende dall’ultimo raggio spinoso al terzo, 0 quarto: raggio molle. Le ventrali sono cinereo-biaricastre ‘con l'apice d'un ‘turchino. fosco: le pettorali sono tinte di giallastro : l’anale è cinereo-biancastra : la caudale è mellea chiara aspersa di punti d’un giallo rossastro che tendono a ordinarsi in fascie verticali. L'anatomia interna nulla presenta. di straordinario: ci contenteremo. di notare che questo: Pesce ha A) vertebre e cinque appendici cecali. Questo: Serrano. è è. soggetto :ad: alcune .varietà di colore che sono rammentate presso gli Autori. CÀ: noi è avvenuto: di. ‘osservare un ‘individuo di tinte senza paragone ‘più TE e più vivaci che ‘non sono le. ordinarie. Esso aveva il fondo di color d’acciajo senza alcuna tendenza al'roseo; ‘e con le fascie nere: e l'anello della base della coda assai distinto. Le spruzzature della pinna caudale erano rosse, e: sulla dorsale se ne scorgevano: celle altre simili ma più leggermente indicate. La macchia nera della dor- sale era: più larga ma meno bene definita, sfaimandosi insensibilmente sulla membrana all'imnanzi e all indietro. Le pettorali erano di color d’ambra, le ventrali d'un:nero più intenso, e la pinna anale, che generalmente: è cinereo- «chiara con un leggiero SOREue di fosco, appariva nera anch'essa. Dobbiamo credere che questa sorte di melanismo:sia TR e la stimiamo assai rara, essendocene capitato alle mani un solo esempio: fra i numerosi individui di questo Pesce che occorrono giornalmente. ANTHIAS SACER ANTIA GANARIO A. compressus aureo-ruber genis luteo fasciatîsz preoperculis denticulatis; pinnae dorsalis radio tertio longe exserto; ventralibus longissimis, acuminatis; cauda bifurca, lobo utro- que in filamentum elongato, inferiore longiore. D. 10/15. P. 17. .V. 1/5. A. 3/7. C.17. LABRUS ANTHIAS, Linn. Syst. Nat. I. p. 474. sp. 5. Gmel. Syst. I. p. 1285. sp. 3. (excl. synon.) LUTJANUS ANTHIAS; Lacep. Hist. Poiss. IV. p. 197- Risso, Ichth. p. 260. sp. 1. ANTHIAS sAGER, Bloch, Ichth. IV. tab. 515. (fig. mala.) Scelineid. BI. Syst. p. 303. sp. 1. AYLOPON ANTHIAS, Rafinesque, Ind. d’Itt. Sicil. sp. 78. Risso, Hist. Nat. III. p. 578. sp. 294. SERRANUS ANTHIAS, Cuv. et Valence. Hist. Poiss. II. chap. 11. p. 250. tab. 31. PERCA PENNANTI, Bloch, in Script. Soc. Nat. Berol. X. tab. 9. f. 1. i ANTHIAE prima species, Rondel. Pisc. I. lib. 6. cap. 11. p. 188. fig. mala, Willugb. p. 325. tab. X. 5. fig. 3. Raj. Pisc. p.138. Jonst. Pisc. II. tab. 16. fig. 1. Gesn. Aquat. IV. lib. 4. p. 59. (ex Rondel.) LABRUS totus rubescens, cauda bifurca, Arted. Syzon. p. 54. sp. 3. LE BARBIER DE LA MEDITERRANEE, Guv. Regn. Anim. 2. ed. II. p. 140. i Fa gli antichi autori d’Ittiologia il solo che mostri d'aver conosciuto questo pesce è il Rondelet. Gli altri che ne parlarono dopo di lui si ristrinsero a ripetere più o meno esattamente le di lui parole. e la figura ch'egli ne diede, non senza introdurre qualche confusione nella notizia d'un essere per se stesso notabilissimo e distintissimo, non tanto a cagione della ricchezza delle tinte, quanto per la singolarità delle forme: e perciò convien credere che da costoro in realtà mai non sia stato osservato. Poca felicemente poi determinarono i Sistematici le naturali sue relazioni. Artedi e Lin- neo lo posero arbitrariamente nel genere Zabrus. Il secondo confessa che gli oper- culi di questo Pesce hanno il margine fatto a sega, e tal circostanza avrebbe dovuto richiamargli alla mente le sue Percae piuttosto che i Zabri, cui egli assegnava uni- versalmente, quantunque a torto, un operculo senza dentelli. Forse si lasciò illudere dall’osservazione dei vivacissimi colori di quest Animale, che dovevano sembrargli dis- simili da quelli ch'era solito veder nelle Perchie. Del pari inesatto fu il Lacépède che lo riferì al Lutjanus, e fa d'uopo confessare che, quando voglia riunirsi ad altri, pei caratteri generali conviene soltanto coi Serrani, fra i quali lo pone il Cuvier. A noi però sembra che sia ancor meglio stabilire per esso e per le specie affini un genere a parte, come abbiamo notato a proposito del Serranus hepatus, ed in questo porremo quei Percini a sette raggi branchiostegi, a pinna dorsale indivisa e a denti incurvi frammisti a quelli a scardasso, che hanno all’ apice della mandibola due denti im- piantati orizzontalmente diretti all'infuori, e così pure alcuni dei canini della mascella superiore, il mascellare fornito di squame assai risentite, la bocca piuttosto piccola, e la pinna caudale (talvolta anche la dorsale e le ventrali) con qualche raggio eccessiva» mente. prolungato: la.lor coda conta due vertebre di più che nei Serrani, e le lacinie 10% ANTHIAS SACER. delle branchie sono più sottili, più lunghe ed in maggior numero. Diciamo poi franca- mente che questo genere è stato stabilito da noi, perchè esso non ha realmente nè i caratteri nè i limiti che fissò il Bloch per quel genere cui diede egli lo stesso nome Anthias, ed il quale è così mal costituito che il principal carattere generico su cui si fonda non s'incontra neppure nell’Anthias sacer, che per lui come per noi è tipo del genere. Quanto all’Anthias d'Aristotile, detto anche Aulopias, cui attribuivasi la qua- lifica di sacer perchè credevano che avesse il singolar privilegio d’allontanare i Pesci voraci, è indubitato ch'esso doveva essere diverso in tutto dal nostro. Nè di questo intesero parlare neppure gli altri autori e Greci e Latini, che sulle proprietà dell’4x- thias accumularono le relazioni più stravaganti, quantunque sembri probabile che tal nome fosse dato a molti Pesci diversi, e forse a tutti quelli di corpo alto e compresso dotati di colori vivaci, e perciò degni d'esser paragonati a quelli dei fiori. Noi però prendiamo il nome Anthias come consecrato dall'uso che ne fece il Linneo, e senza riferirci in nulla al significato che aveva anticamente lo stesso vocabolo: esso ci sembra poi meritevole d'esser preferito al nome 4ylopon usato dal Rafinesque e dal Risso, im- proprio anche più rispetto al significato antico. Nè è vero che il nome Anthias sia stato già impiegato nell'Entomologia come asserì il Rafinesque, che forse lo scambiò con Anthia. L'individuo più grande da noi veduto di questa specie aveva nove pollici, compre- sovi il prolungamento caudale, ed era gigantesco in proporzione, degli altri, che d’or- dinario sono lunghi men di sei pollici. È compresso ed ovale, con la schiena e il profilo assai curvo, e col muso breve. Il suo capo forma meno della quarta parte della lun- ghezza totale, ed è uguale all'altezza del corpo. La maggior altezza, che corrisponde al di sotto del terzo e del quarto raggio spinoso, fa la terza parte della lunghezza del corpo misurato fino alla base della coda. La grossezza è il terzo dell’ li L'occhio è di grandezza mediocre avendo il diametro della terza parte del capo, ed è collo- cato due volte più vicino al muso che all'apertura branchiale. L'intervallo fra gli occhi è poco minore del loro diametro. Le narici sono doppie, grandette, due volte più vicine all'occhio che alla punta del muso. La bocca è fessa fino sotto alla metà dell’ occhio. Il mascellare verso la parte inferiore si dilata notabilmente a cuneo. La mascella infe- riore è più lunga della superiore. I denti sono tenuissimi, conferti, disposti sopra fascie strettissime, frammisti a canini acuti; i due canini posteriori della mascella inferiore più validi e più uncinati. degli altri: i due denti impiantati nell’ apice di essa mascella inferiore e diretti all’innanzi sono conici, brevi; i canini anteriori della mascella di sopra sporgenti all'infuori. sono all'incontro molto sviluppati. La lingua è sottile, corta e liscia. Il preoperculo è dentellato; i dentelli sottili, eccetto quei due o tre che stanno nell'angolo, che sono un poco più forti e acutissimi. Il suboperculo ha poche intacca- ture soltanto. L'operculo è dentellato anch'esso; la sua parte ossea è terminata da tre punte piatte, le due inferiori delle quali sono acutissime; la parte membranosa eccede le dette punte e termina in un angolo smussato. Tutto il capo, con le gote il muso il mascellare e i mandibolari, è coperto di squame ruvide e cigliate. Le squame del corpo sono grandi in numero di trenta dall’operculo alla coda, e in venti serie dall'alto al basso; anteriormente sono cigliate; nella parte scoperta alquanto punteggiate, e nella parte coperta striate a raggio colla base crenulata. La linea laterale è costituita da un solo tubo semplice per squama: essa è assai più curva della carena del dorso, al di là del termine della pinna dorsale si torce, e va ad investire in linea retta il mezzo della coda. . ANTHIAS SACER. La dorsale, che incomincia un poco più all’innanzi delle pettorali e si stende un poco al di là dell’anale, porta dieci raggi spinosi: il primo di essi è brevissimo, il secondo è breve, il terzo si prolunga due o tre volte più dei seguenti, che sono quasi eguali fra loro ed alti meno della metà del corpo; nella lor parte libera hanno una piccola lacinia membranosa rivolta all'indietro: la parte molle ha quindici raggi, i primi dei quali sono quasi uguali agli ultimi spinosi, i seguenti si elevano alquanto di mano in mano in guisa che l'orlo superiore segue una linea ascendente quasi retta; la sua estremità posteriore ha un contorno fra l’attondato e il troncato. Le pettorali sono lunghe quattro quinti dell’al- tezza del corpo, ed hanno diecisette raggi. Le ventrali hanno una forma lanceolato-ovata acuminata; il secondo e soprattutto il terzo raggio sono molto prolungati e superano di due terzi la lunghezza delle pettorali; fra di esse si scorge una squama notabilmente grande linguiforme. 1 tre raggi spinosi dell’anale sono piuttosto validi, e sono seguiti da soli sette raggi molli più lunghi. La caudale composta di diecisette raggi è forcuta, e le sue forche si prolungano in acume, specialmente l’inferiore ch'è quasi il doppio più lunga dell'altra, e giunge ad avere poco meno di tre quarti della lunghezza del resto del corpo. Il colore generale di questo Pesce è un bel rosso vivace di lacca chiara con fulgori metallici, che su i fianchi passa ad una tinta dorata, diviene chiara sul ventre ed emula l'argento. I lati del capo sono ornati di tre fascie d’un bel giallo: l’inferiore incomincia dal lato del muso sotto all'occhio, e dopo aver segnato il preoperculo e l’operculo va ad investire la base della pettorale: la media scorre parallelamente a questa dall’ oc- chio pel mezzo del preoperculo e dell’operculo fino sotto all'angolo di questo: quella di sopra parte dal margine superiore dell'occhio, e in una direzione un poco ascen- dente va a terminare all’estremità superiore del margine dell’operculo, In alcuni indi- vidui si scorgono sulla fronte alcune linee trasverse e irregolari d’un verde bronzino, ed altre macchie dello stesso colore ma sfumate segnano il dorso lungo la base della pinna dorsale; ed una striscia laterale vi esiste pure talvolta d’un colore turchinastro. Le pinne sono gialle, variegate di roseo sulle membrane che connettono i raggi. Le appendici cecali sono quattro soltanto. La carne di questo Pesce è poco buona a mangiare: quindi esso si rende notabile per la sola inutile prerogativa della bellezza dei colori e delle forme. In alcune sta- gioni dell’anno esso è gregario. La femmina depone le uova sul finir della primavera. Quantunque viva in località ristrettissime è noto che trovasi in tutto il bacino del Mediterraneo, e forse oltrepassa di poco spazio soltanto le Colonne d'Ercole. Si trat- tiene sopra gli scogli poco profondi. Fra noi si pesca soltanto d'inverno; ma ciò è da attribuirsi alle consuetudini dei nostri Pescatori, piuttosto che ai costumi dell’Animale. A Roma i pochi che lo conoscono lo chiamano Canario, o Canario largo: in Sicilia lo dicono Monacedda di forte. I Francesi gli danno il nome di Barbier; e nel dialetto di Nizza è detto Sarparansa, nome che ivi è comune ad un altro Pesce di color rosso, cioè l'Apogon ruber. n I spo agri d in Sicilia Umbrina di niuri. Rondelet credè che questo fosse il Corvinus degli antichi; ma a torto, eome ben dimostra il Cuvier. Se il nome latino Umbra fu suggerito dal colore oscuro, e v'è un passo di Varrone che non ne fa dubitare, a questo dovette esser dato in origine, che fra i nostri Sciaenini è il più fosco. Forse fu applicato in seguito. tanto ad esso; quanto al precedente, e il vocabolo Ombrina, che ad evidenza procede da Umbra, ri. mase definitivamente presso di noi a quello dei due, che gode di stima maggiore. UMBRINA CIRRHOSA OMBRINA CORVO UMBRINA supra cinereo-argentea, fascîis obliquis, flexuosis, aureis nigro-marginatis : cor- poris longitudine altitudinem quadruplo et ultra superante : appendicula menti bre- vissima, obiusa : cauda truncato-lunulata. ret ona Dalapod Pari Kia oAsa/re G. 19: sciena cirrosa, Linn. Syst. Nat. I. p. 481.sp.5. Gmel. Syst.Nat.I.p. 1299. sp.5. Bonnat.in Tall. Ene. Ichth. p.121. sp.9. tab.53.fig. 203. Bloch. Hist. Poiss.tab. 300. Naccari, Itt. Adriat. p. 14. sp. 58. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 112. PERCA uMBRA; Lacép. H.N.Poiss.II1.p.16.sp.3. Rafin, Ind. Itt.Sic.p.16.sp.62. Risso,Ichth.N .p.297.sp.1. CHEILODIPTERUS crAnoPTERUS, Lacép. Hist. Nat. Poiss. ILI. p.546. tab. vi. fig.iii.ex Plumerio. JOHNIUS cirrHosus, Schneid. BI. Syst. p. 76.sp. 9. UMBRINA cIRRHOSA, Cuv. Regn. Anim.2.ed. II, p.174. Risso, Hist.Nat.II1.p.409.sp.526. UMBRINA VULGARIS, Cuv.et Valene. Hist. Nat. Poiss. V. p.171. eLAucus, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss.lib. i. p.103. fig.inp 105. Gesn, Aquat.IV.p.390.cum fig.ex Bellon, cHROMIS, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib.i.p.106,fig.in p.107. Gesn. Aquat.IV.p.224.cum fig.ex Bellon. umbra, Rondel. Hist. Pisc, I. lib v. cap. ix. p, 152. cum fig. Gesn. Aquat. IV.p.1030. cum fig. Rondel. ._ Willughb. Ichthyogr, lib.iv. cap.xxii. p. 299. tab.S, 21. coracinus, Salv. Hist. Aquat.p.117. fig. 54. coracinUs, Salviani, 4/drov. Pise.lib.i. cap. xv. p. 72. cum fig. scizNA maxilla superiore longiore, inferiore cirrosa, Artedi, Synon., p. 65. Id. Gener. Pisc. p. 58. corp, Bonrnat. loco citato. PERSEQUE UMBRE, Lacép. loco citato. OMBRINE BARBUE, Cuo. Règn. Anim. IT. p. 297 QMBRINE GOMMUNE; Cuw. et Yalenc. loco citato. A distinguere il genere Umbrina del Cuvier da ogni altro della sua famiglia basterebbe in assenza d’altri caratteri quello dell’appendice carnosa inserita sotto la sinfisi della mandibola. V'hanno fra gli Scienidi esotici altri generi,il cui mento è ornato d’appendici carnose; ma ne han sempre più d’una. Se il Cuvier adottò il nome generico Umbrina fu perchè il pesce di cui siam per trattare, e che egli tenne per tipo vien denominato Ombrine dai Marsigliesi. Del resto si vede da quanto è detto ne’ due articoli precedenti, che tal pesce non può corrispondere all’Umbra dei Romani antichi, e nemmeno è quello cui oggi vien applicato fra noi il nome Ombrina. Ad esso invece deve riferirsi secondo noi il nome Chromis celebre presso i Greci, il quale fuor d’ogni ragione ad altri Pesci è stato applicato dai varj Ittiologi. La configurazione dell’Umbrina cirrhosa è intermedia fra quella della Sciaena umbra, e quella della Corvina nigra, essendo il corpo più alto che nell’una, men che nell'altra. La maggior altezza, che cade al termine del quarto anteriore, resta compresa ben quattro volte nella lunghezza del Pesce intiero. La maggior larghezza, corrisponde al- l'ottava parte di quest'ultima misura, nella quale è contenuta quattro volte e mezzo la lunghezza del capo. Il profilo è tutto convesso superiormente, con una depressione UMBRINA CIRRIOSA. appena sensibile sulla fronte. Il muso è breve, ottusissimo, rigonfio, tutto coperto di scaglie, e porta tre pori considerevoli scolpiti sull’ apice, e quattro piccioli lobi sul margine inferiore. La bocca è infera piuttosto che terminale. I pezzi ossei ma- scellari non. s' allargano gran fatto verso il basso, e chiusa la bocca rimangono oc- cultati dai sottorbitali. Ambedue le mascelle sono fornite d'una fascia larghissima di denti a scardasso, uguali fra loro, assai tenui e fitti. Il palato e la lingua son lisci. La mandibola è piana, e sotto la sua sinfisi evvi un corpicciuolo carnoso, ci- lindrico, non più lungo della quarta parte del diametro dell'occhio: v' han poi due pori a destra, due a sinistra di questa appendice. La larghezza dell'orbita resta com- presa più di quattro volte nella lunghezza del capo. Lo spazio che corre fra l’oc- chio e la punta del muso eccede la misura d'un diametro dell'orbita, ed è uguale alla distanza che passa superiormente fra un'occhio e l'altro. Bislungo e molto obli- quo è il forame posteriore delle narici, e dista superiormente d’un breve tratto dal- l'occhio: l'anteriore, ch'è minore e quasi rotondo, è men lontano dall’occhio stesso che. dall’apice del muso. La membrana branchiostega ha i raggi nel solito numero di sette. TR opercolo termina posteriormente in due punte piatte ed acute. Il preopercolo è or- togono coll’ angolo rotondato : il suo lembo inferiore non ha dentelli; il posteriore è dentellato minutamente finchè il pesce è giovane, ed allora v'han sull'angolo tre o quattro dentelli più grandetti. La pinna dorsale anteriore sorge poco più indietro del termine dell’opercolo, ed è sostenuta da dieci raggi spinosi non molto validi, fra i quali il primo è assai breve, e applicato vicino al secondo : il terzo e il quarto che sono i maggiori hanno in altezza due terzi della porzione sottoposta del tronco; i seguenti decrescono a gradi fino al decimo, ch'è uguale al primo, e che per mezzo d’una membrana si connette con la dorsale posteriore. Questa ha in lunghezza quasi due volte e mezzo la misura dell'altra, ed ha l'altezza minore d’un terzo, porta ante- riormente un sol raggio spinoso poco elevato, e ventiquattro raggi molli d'altezza quasi uniforme, l’ultimo de’ quali è forcuto. Le pinne pettorali sono alquanto più lunghe della dorsale anteriore, composte d'un raggio spinoso e sedici molli. Le ventrali ban la lun- ghezza delle pettorali, e portano un raggio spinoso e cinque molli. L'anale è un sesto iù vicino alla radice della caudale che alla base delle ventrali; ha in altezza quasi il doppio della misura della propria base e dell'altezza della dorsale posteriore. Il suo primo raggio spinoso è brevissimo ; il secondo valido, men però che quello della Cor- vina nigra; gli altri raggi in numero di sette son molli, l’anteriore lungo un terzo più del secondo spinoso, i seguenti di mano in mano più brevi. La pinna caudale composta di diecisette raggi ramosi dista dall anale due volte e mezzo più che dalla seconda dorsale, ha il lembo terminale un poco lunulato, e comprende in lunghezza la settima parte di tutto il Pesce. Le scaglie han la figura di quelle delle due specie recedenti e sono ordinate in circa sessantacinque serie trasversali oblique, e circa vent'otto file longitudinali per parte. Il lor lembo posteriore è sottilmente ciglioso-scabro, l'anteriore appena crenulato, e il disco è striato da dieci solchi disposti a ventaglio. La linea laterale ha lo stesso andamento che nei due Pesci or ora descritti. L'ano è al- trettanto lontano dall’apice del muso quanto da quel della coda. Il colore del fondo del Pesce è un cinereo-argentino, alquanto fosco verso il dorso, chiaro sui fianchi, intensamente scuro sul capo: su questo fondo v'hanno numerose strisce, le quali ascendendo dal ventre al dorso corrono obliquamente all'indietro, sono UMBRINA CIRRHOSA, larghe più degl’ intervalli che le separano, flessuoso-ondeggianti, di tinta cinereo-ocracea dorata, i cui orli vengono costituiti da altrettante linee nerastre, anguste, esse pure flessuose. Il ventre è bianco argentino quasi uniforme. Il margine posteriore dell’oper- colo è tinto di nero. La pinna dorsale e la caudale sono cinereo-scure; le pettorali, le ventrali e l’anale tendono all’ocraceo sordido, più o men frammisto di cinereo. Le ossa del cranio non mancano delle solite cavità interne. Le ossa faringee por- tano anteriormente e posteriormente denti sottili disposti a scardasso ; in tutta la parte ‘di mezzo hanno altri denti brevissimi, cilindrici, rotondati all'apice. Il piloro è cinto esteriormente da dieci appendici cieche non molto estese in paragone di quelle della Sciaena umbra. Il notatojo è grande oltremodo, e porta sui lati tre larghi seni brevi rotondati, in luogo delle appendici ramose La lunghezza ordinaria del Pesce è di circa un piede, ma giunge ad oltrepassare la misura di due e di due e mezzo. Vive assai abbondante la nostra Umbrina cirrhosa su tutte le spiagge del Mediterra- neo, e si diletta dei fonghi fangosi. Incontrasi pure lungo i lidi Europei dell'Oceano, ma alquanto meno comune. Bellezza e bontà, doti spesso disgiunte, si riuniscono fe- licemente in quest’ essere; perchè le fasce dorate le quali ornano il dorso ed i fian- chi gli danno molta vaghezza, e la sua carne, sebbene non abbia la squisitezza di quella della Sciaena umbra, è di tal qualità che si lascia indietro la Corvina nigra, e la massima parte degli altri pesci de’ nostri mari. A Roma chiamasi Corvo 0 Corvetto : in Toscana Crovello, Crivello, Ombrina crivello ; nella Liguria Crovella, Corvello, Pesce corvo ; a Nizza Oumbrina: sui lidi Veneti Corbo, Corbetto: nel Picenio Cordello. Poche altre specie conta il genere Umbrina, le quali sono sparse su varj punti dell'Oceano. Fra queste ve n’ha una, l'Umbrina Alburnus propria delle acque degli Stati Uniti d'America, assai riputata pel sapor della carne e per la bellezza dell'aspetto, il cui notatojo manca del tutto di quelle appendici, che costituiscono uno dei caratteri più universali della famiglia degli Scienidi. Ù (a enna A bf deci (144 GA, DLL} t 74/00) | l 0) CEL CAPA GAI HE, VAZLCIZ) va rato PL ‘O CANTHARUS ORBICULARIS CANTARO ORBICOLARE C. corpore late ovato (altitudine ad longitudinem ::2:5); dentibus exterioris. ordinis validis; suborbitali non emarginato; squamis superscapularibus decem. CANTHARUS orBicuLARIS, Cuv, et Valenc. Hist. Nat. des Poiss. VI. Chap. VIIT. p. 331. cantHaRUS? Aldr. Pise. p. 186. fig. sup. nec inf. Cai nome di Scorzone distinguono i Pescivendoli romani questa grande specie di Cantharus, finora non mai effigiata, la quale si pesca nei nostri mari durante la buona stagione. Senz'essere un mangiare squisitissimo essa può stare a paragone del Sargo e delle Orate, ed è superiore agli altri Pesci del suo genere, il più comune dei quali è il Cantharus vulgaris del Cuvier, chiamato presso di noi Surigo bastardo, in Sicilia Cantaro, e pel resto d'Italia Tenuta, Tanuda, Tanùa. Il Cuvier, che fu il primo a dare precisa notizia di questo Pesce, volle trarre il suo nome dalla forma assai dilatata e quasichè attondata del contorno del corpo, che la di- stingue dal Cantharus vulgaris oltre la dentatura più robusta. Il solo individuo veduto dal Cuvier medesimo era stato raccolto dal Signor Peyraudau sulle coste della Corsica vicino ad Ajaccio: sembra però che questa specie sia sparsa in tutto il Mediterraneo, perchè oltre che si trova lungo le coste dell’Italia, il Cuvier asserisce che in una raccolta inedita di Pesci di Spagna ne esiste una figura piuttosto buona accompagnata dal nome triviale Pafîiosa. Il corpo del nostro Pesce è compresso, di circoscrizione pressochè ovale: l'altezza è contenuta due volte e mezzo soltanto nella lunghezza: la coda non ha in altezza nep- pure la quarta parte di quella del corpo: la grossezza è tre volte minore dell'altezza. La lunghezza del capo non giunge a formare la quarta parte di quella dell'animale; la fronte è larga e alquanto rigonfia: l'occhio è attondato; il suo diametro è circa il quarto della lunghezza del capo. Il muso è corto. e poco acuto: il profilo stà ad angolo quasi retto col mento, e sale in linea retta fino alla nuca, quindi incomincia la curva del dorso la cui maggior convessità cade poco prima dell'origine della pinna dorsale, talchè la maggior altezza del corpo si misura al di sotto del terzo o quarto raggio della inna dorsale: la linea che contorna il petto ed il ventre è curva in un modo molto sensibile, e questa circostanza più d'ogni altra contribuisce a dare al nostro Cantaro | la figura attondata. Il sottorbitale non è molto alto; il primo pezzo di esso è più alto del secondo, ma la loro sproporzione è meno grande in questa specie che nelle congea neri; l’orlo inferiore ha un leggero seno al confine dei due pezzi in luogo dell’intaccatura che porta il Cantharus vulgaris: gli altri pezzi del sottorbitale sono bassi. Il preoperculo è molto largo, col margine posteriore protratto verso il basso, ove piega ad angolo rotondato. 5 CANTHARUS ORBICULARIS. Vi sono sei sole serie di squame sulle gote. L’operculo è anch'esso largo coll'angolo terminato in una punta ossea poco prolungata ed alquanto smussata. Il suboperculo non si distingue dall’operculo, per ragione delle squame che rivestono questi due pezzi. L’interoperculo forma un arco di circolo ed è più alto anteriormente che posterior- mente. Le narici sono piccole; il forame anteriore è tondo e appena visibile, il poste- riore consiste in una fessura ovale, obliqua. Le due mascelle sono di uguale lunghezza; l’inferiore è alquanto rigonfia. Il mascellare è notabilmente libero, poco nascosto sotto il sottorbitale, e la sua carena è assai risentita: l’intermascellare è meno allungato che il mascellare; porta all’ estremità anteriore dieci denti conici, curvi ed aguzzi, più lunghi e più grossi dei rimanenti, i quali sono minuti e addensati in una stretta fascia: i denti della mascella inferiore sono simili a quelli della superiore: i faringei sono pure addensati, e robusti. Le labbra sono grosse. Il di sopra del capo è coperto d’una pelle erta e nuda; quella del sottorbitale e della mascella inferiore è foracchiata di piccoli pori. Il soprascapolare è contrasegnato da una squama notabilmente grande, la cui superficie è sottilmente striata presso il margine, il quale è integro: al di sopra di essa contansi dieci squame grandi, più oscure di quelle del corpo, disposte in una serie a guisa d’arco dietro la nuca; fra il quale arco e la pelle nuda del capo vi sono quattro ‘serie di squame simili a quelle dei lati: la spalla è squamosa. Le squame sono piuttosto alte; quelle che si. veggono al di sopra della pinna pettorale sono debolissi- mamente ciliate; le altre sono liscie: se ne contano circa settanta fra l'apertura bran- chiale e la pinna caudale, e venticinque ordini nell’altezza. La linea laterale è for- mata da tre serie di pori; gl'intermedii sono meno visibili in questa specie di quello che sogliono in altre: nel primo tratto questa linea segue una direzione un poco obli- qua, quindi ascende e percorre una curva parallela a quella del dorso, dalla: quale è discosta d’una terza parte dell'altezza intiera. La pinna dorsale incomincia al di sopra dell'angolo dell’operculo; il sesto raggio è il più lungo; la sua altezza giunge quasi ad un terzo di quella del corpo; il primo ha quasi la metà dell'altezza del sesto: i.raggi ramosi sono alti poco meno degli spinosi: la pinna anale notabilmente ampia, essendo più alta della parte molle della dorsale; i suoi raggi spinosi sono validissimi. La pinna caudale è forcuta: le pettorali sono ampie. I raggi della membrana branchiostega sono in numero di 6; quelli della pinna dorsale 11 spinosi, 12 ramosi; quelli dell’anale 3/10; della caudale 17; delle pettorali 13; delle ventrali 1/5. Il Cantaro orbicolare è d’un colore cinereo-argenteo splendidissimo, anche più vistoso che nelle specie congeneri, ed ha quindici o sedici linee longitudinali più oscure, do- rate, assai vivaci, ma più visibili al di sotto della linea laterale che sul dorso o sul ven- tre: ogni squama porta un largo tratto verticale di color d’oro, ed ha il margine d’ar- gento. Le pinne sono d'un turchinastro violaceo cupo, la dorsale e l’anale più violacee; le pettorali più pallide, le ventrali tendenti al bruno. La femmina è sempre più pallida del maschio. Questo Pesce giunge ad avere quindici pollici di lunghezza e a pesare più di tre libbre. Ora diremo del genere Cantharus e del posto che compete ad esso nel sistema Ittio- logico. Quantunque il Signor Risso avesse già accennato che lo Sparus cantharus di Linneo poteva meritare d'esser considerato come tipo d'un genere da se, questo ge- nere fu stabilito effettivamente la prima volta dal Cuvier. Si distingue pei denti come suol dirsi a scardasso, ossia tutti minuti, conferti intorno alle mascelle, solo quelli CANTHARUS ORBICULARIS. dell'ordine più esterno un poco più grossi e più ricurvi. Il corpo è alto, piuttosto erto; il muso corto; le mascelle non protrattili; la bocca poco fessa. Le pinne ventrali sono attaccate un poco più addietro che nei Pesci affini; la spina accessoria è lunga e gracile. T.raggi della pinna dorsale e-dell’anale sono sempre numerosi; e questa è circostanza de- gna di speciale osservazione, perchè può esser utile a distinguere alla prima i Canthari da certi Dentici coi denti anteriori poco sporgenti. I Canthari hanno uno stomaco me- diocre, quattro appendici: al piloro, e il loro intestino fa solo due pieghe: la vescica aerea è grande e semplice. Il cibo può dirsi animale: pure nello stomaco dello Scor- zone nostro abbiamo rinvenuto frammenti di fuchi in troppo gran copia per poter supporre che sieno stati trangugiati accidentalmente insieme con gli animaletti marini che ci vivono sopra. Frequentano questi Pesci le coste fangose, e perchè sono voracissimi si lasciano prendere facilmente coll’amo. Sembra che gli autori antichi abbiano avuto sott’occhi più specie di Canthari, ma le hanno descritte così imperfettamente che per lungo tempo sono state confuse, e nep- pure adesso se ne può dare un’ esatta sinonimia. Duhamel nel trattato delle Pesche fu il solo a parlare di tre delle Europee, ma anch'egli confusamente. Linneo e Gmelin ne registrarono una sola. La nostra non fu cognita a nessuno; ma quando il Signor Risso parlando del suo Cantharus Tanuda, sola specie ch'egli ammetta, dice ch’essa giunge alla lunghezza di quattordici e quindici pollici, appena possiamo persuaderci ch'egli non abbia avuto per le mani il nostro Scorzone, oltre lo Sparus cantharus di Linneo. Ora il genere Cantharus conta dodici specie descritte accuratamente dai Signori Cuvier e Valenciennes. Tre sono del Mediterraneo, una delle coste Europee dell’ Oceano, due s'incontrano nei mari del Capo di Buona Speranza, e sono strettamente affini a due delle nostrane. Tutte le rimanenti sono proprie dei mari Indiani. Ultimamente nel Saggio che abbiam dato d’una distribuzione metodica dei Verte- brati, del genere Cuvieriano Cantharus noi abbiamo costituito una sottofamiglia deno- minandola dei Cantharini; della qual cosa incontravamo le traccie negli stessi scritti del Cuvier. Ci è sembrato che quella circostanza dei denti numerosi, conferti e tenuissimi tutti, potesse stare a contrasto col carattere dei molari emisferici, che è proprio del nostro gruppo ‘degli Sparini, con quello dei denti conici allungati, ch'è nei Denzicini, e con quell'altro della serie di denti taglienti, per cui si distinguono gli Obladini. La nostra sottofamiglia comprende il solo genere Cantharus, e quindi i caratteri di quella stanno dentro i limiti stessi dei caratteri di questo. La famiglia poi cui spettano tali Pesci è quella degli Sparidi, la quale ha limiti an- che meno estesi, che non erano quelli assegnati da Artedi e da Linneo al solo genere Sparus; poichè noi, oltre quelle specie che costituiscono la famiglia dei Menidi del Cuvier, escludiamo di necessità dagli Sparidi altri Pesci, che i detti autori ponevano poco ragionevolmente a militare sotto quel lor genere. Contuttociò la famiglia degli Sparidi in grazia dei recenti ritrovamenti è già tanto ricca, che comprende almeno cento cinquanta specie ben accertate; mentre le vere specie Linneane di Sparus, fatte le necessarie eliminazioni, non eccederebbero il numero di quindici o sedici. Gli Spa- ridi tutti hanno le squame grandi, una sola dorsale, la quale non è mai squamosa, il piloro costantemente fornito d'appendici: contano al più sei raggi alla membrana bran- chiostega. Differiscono dalle famiglie più affini, e con le quali potrebbe dirsi che for- mano un tutto omogeneo, per caratteri leggeri, ma facili a riconoscersi. Si distinguono / 5* CANTHARUS ORBICULARIS. dai Percidi perchè hanno il palato senza denti, i pezzi operculari onninamente sforniti di spine o dentelli. Quest'ultimo segno gli allontana pure dagli Scienidi, coi quali hanno grandissima relazione per l'anatomia esterna ed interna; ma di più il muso degli Spa- ridi non è rigonfio, nè cavernose sono le ossa del cranio. A differenza dei Menidi won - hanno mai la bocca protrattile. Infine non è possibile confonderli nè con gli Sfireridi, nè coi Mullidi, nè coi Triglidi, famiglie d' aspetto diversissimo ; le due prime delle quali, oltre molti altri caratteri Bon: hanno su be dorsali, e l'ultima porta perfino le gote LOtFesioa A A tro N SMARIS GRACILIS ZERRO SOTTILE SMARIS fusco-argenteus, pinnis subrubescentibus: corporis longitudine altitudinem plus sextuplo superante: capite corporis altitudine valde longiore: pinna dorsali continua, corporis dimidio elatiore, radiis postremis brevioribus. PINE I RO IO Ar 3/9. C. 17. sPARUS smARISs Delaroche, Mem. Poiss. Ivie.in Ann, Mus. Hist, Nat. XIII. p.344.fig.17. Naccari, Itt, Adr. p. 12. sp. 35. Nard. Prodr. Adr. Ichth. sp.127- SPARE PICAREL, LDelaroche, loco citato, dr una piccola circostanza conduce a rintracciare qualche verità investigata invano da molti più assai valenti di chi n'è il trovatore. Zerri i Toscani, Zeroli i Romani chiamano al presente gli Smaridi: e se il Cuvier avesse ciò saputo non sa- rebbe andato vagando in congetture circa quel pesce che gli antichi appellarono Ger- res. Trasferiva egli questa appellazione ad un genere esotico ma però affine al nostro Zerolo, e appartenente come esso alla famiglia de’ Menidi stabilita ragionevolmente da lui stesso per racgogliervi que’ pochi pesci che somigliano agli Sparidi, e che tuttavia se ne distinguono per la bocca protrattile al maggior segno; al che venne forzato il grande naturalista dall'aver osservato che tra gli Sparidi si mescolavano alcuni pesci col palato fornito di denti, ed altri co’ pezzi opercolari dentellati, caratteri del tutto ripugnanti a quella famiglia. Vide poi che questi quasi Sparidi collettizj avevano molte parti simili tra loro, e segnatamente la bocca protrattile: onde fu che gli associò in- sieme sotto il nome di Menidi. Così alcuni caratteri artifiziali servirono di guida alla formazione di una famiglia quanto altra mai naturale; essendochè dall’affinità di quelli Maenidi che hanno denti al palato con quelli che ne sono privi, chiaramente si manife- sta essere molto secondario questo carattere nel gruppo del quale favelliamo. Per la disposizione a protrarre istantaneamente la bocca a foggia di tubo diedesi a’ Menidi, non che ad altri pesci similmente conformati, il nome d’insidiatori, perchè con quell’ ingegno s° impadroniscono del piccolo pesciolino, che mal si confida di passar lungi abbastanza. Questa attitudine a prolungare il muso nasce dall’essere lunghissimi 1 rami salienti degli intermascellari, e dall'avere congiunto a'mascellari il corpo dei loro ossi da una pelle rilassata ed elastica: la quale ossatura essendo di libero giuoco, può l’animale spingere il muso all’innanzi, abbassando a suo piacere la mascella in- feriore; e così la bocca si configura in una specie di tubo più o meno allungato, cui servono di margine anteriore da’lati le labbra distese. Sono in tutti i Menidi denti finissimi a scardasso più o meno rasati alle mascelle, e due o quattro piccoli canini in alcuni. Squammoso è il corpo, bislungo, più o meno compresso, ed attenuato alle 60 SMARIS GRACILIS. estremità, e porta sette pinne, perchè la dorsale non è mai divisa in due; i suoi raggi anteriori sono spinosi, i posteriori ramosi, connessi tutti da sottilissima membrana co- perta di scaglie bensì minutissime: le ventrali sono sempre toraciche cioè poste al di sotto delle pettorali. Sei raggi si contano nella membrana branchiostega. In fine oltre questi ed altri caratteri esterni che han comuni agli Sparidi, co’ quali furono riuniti in un genere solo da Artedi e da Linneo, mostrano essi grande affinità coi medesimi, anco per la conformazione interna. Lo stomaco di fatti è mezzanamente grande, e di pareti liscie: il numero de’ ciechi varia da quattro fino a sette: vasto si è il notatojo, semplice e rotondato al dinnanzi, ma sovente diviso posteriormente in due lunghe corna che penetrano ne’ muscoli della coda da ogni lato degl'interspinosi della pinna anale. La colonna vertebrale suol comporsi di ventiquattro vertebre, nove o dieci delle quali servono a sostenere le costole. i Nel nostro Saggio di una distribuzion metodica dividemmo i Menidi in due sottofa- miglie, la prima cioè di Maenini dalla dorsale senza scaglie, quali sono i generi Maena e Smaris, la seconda di Caesionini dalla dorsale squammosa; i quali perciò formano anello coi Chaetodontidi: ma lungi dal pretendere l'osservanza di cotal divisione an- diamo ora contenti di enumerare i generi dell’intiera famiglia. Che se anzi fossimo co- stretti a suddividerla, ciò faremmo assegnando diversi caratteri alle sezioni diversamente composte. Osservando in fatti il tubo della bocca è da notarsi, che quando i rami della mascella inferiore sono lunghi, quando il mascellare è libero ne' suoi movimenti per la pieghevolezza della membrana che lo congiunge alla faccia, esso tubo emerge oriz- zontalmente come avviene nelle Mendole e negli Smaridi. Se all'incontro le branche della mascella inferiore sono corte, e perciò il mascellare non può che mediocremente uscir fuori della faccia, come accade ne’ Gerres, in tal caso il tubo della bocca si ab- bassa nel prolungarsi, e si dirige all’ ingiù. Cinque in tutto sono i generi della famiglia Maenidae, cioò Maena, Smaris, Gerres, Caesio, Aphareus. Distinguesi da tutti ad un tratto il primo (Maera, Cuv.) pe denti che gli s'impiantano sul vomere, negli altri liscio: il corpo è alto, la bocca grande, molto protrattile, la prima dorsale collocata anteriormente e priva di scaglie. Del secon- do (Smaris, Cuv.) valga per ogni descrizione comparativa il dire che sarebbe Maena se avesse denti al palato: le di lui specie poi sono generalmente più svelte delle Maenae, quantunque alcune le uguaglino in altezza. Gli altri tre generi che restano son iutti eso- tici; ed il Caesio può ravvisarsi per la bocca meno protrattile, per la dorsale che gli si spicca più indietro, quasi cioè al di sopra del mezzo delle pettorali, e per le sottili fra- gili scaglie, ond’essa, dorsale non men che l’anale quasi intieramente gli sì ricuoprono come alle Sciaenae. Il genere Gerres poi tende verso gli Scombridi, e si distingue dagli altri per la bocca di fessura piccola, transversa, depressa, la quale nel gittarsi fuori sl abbassa, perchè il pedicolo dell’intermascellare, come notammo di sopra, è più lungo della mascella inferiore. L'Aphareus finalmente è genere poco noto e d° incerta sede, diversissimo in tutto dagli altri, e soltanto affine in qualche modo al Caesio; dal quale erò differisce per l’opercolo ottuso affatto, per la bocca largamente fessa, e per l'ultimo raggio tanto della dorsale quanto dell’anale più lungo il doppio dei precedenti. Ma noi qui ci ristringiamo al genere Smaris, distinto, come dicemmo, dalle Maenae perchè privo di denti palatini, mentre però ha simili con quelle tutti gli organi interni ed esterni, e perfino i colori e le abitudini. Vive anch'esso sulle coste fangose ed erbose SMARIS GRACILIS. del mare; d'indole gregario va in. amore di Giugno e di Luglio; cibasi di pesciolini di molluschi e di crostacei. Quantunque le varie specie europee siano confinate come le Mendole nel Mediterraneo, tuttavia siccome fanno altri pesci dello stesso mare, se- guono la costiera occidentale dell’Affrica, s'innoltrano nell'Atlantico, mostransi alle Isole Canarie, e perfino sulla rada di Gorea. Le poche specie esotiche conosciute tro- vansi nel mare Indiano e in quello delle Antille, Il capo di tutti gli Smaridi è ben proporzionato, acuto, con la fronte un poco de- pressa e assai inclinata in avanti: la bocca mostrasi obliquamente fessa, con semplici e piccolissime labbra: le mascelle sporgono ugualmente: le branche salienti degl’inter- mascellari che nello stato di riposo rimontano nella fronte al di là degli occhi, due volte più lunghe che le branche orizzontali, si spingono molto innanzi quando il pesce pro- trae la bocca: il mascellare è appena più lungo della branca dentata dell’ interma- scellare; la sua metà inferiore si slarga più che il doppio della superiore: vi ha un tubercolo sporgente all’ estremità anteriore che sorpassa il margine del» sottorbitale, e forma una piccola punta all’estremità laterale del muso. La mascella inferiore può sensibilmente abbassarsi, ed è sottile all'apice, poi si allarga più di tre volte facendo quasi un gradino, sul margine del quale si attacca il labbro inferiore, Ambo le mascelle sono guernite di sottilissimi denti disposti senz’ordine in stretta zona: l’inferiore ne porta all'apice due piccoli canini, impiantati orizzontalmente, diretti all'infuori: il vo- mere è del tutto liscio; il palato piuttosto ristretto presenta sopra delle crespe alcune papille dentiformi, I denti faringei sono a finissimo scardasso rasato. La lingua è libera, breve, liscia, alquanto smussata, Gli occhi sono grandi, laterali, rilevati, colla mem- brana nittitante rilassata. I fori di ciascuna narice prossimi agli occhi disuguali tra loro; più piccolo l'anteriore. L'apertura branchiale laterale, proporzionata, arcuata: il primo arco branchiale porta una serie di pettinazioni piuttosto lunghe dirette all'innanzi: gli altri archi hanno soltanto piccoli gruppi di sottili asperità. Il sottorbitale è allungato, ed anteriormente slargato col lembo inferiore un poco smarginato; chiusa che sia la bocca, cuopre la porzione elevata della mascella inferiore, il mascellare e l’interma- scellare. Il preopercalo è grandetto, e molto attondato l'angolo costituito dai suoi mar- gini verticale e orizzontale; lo spigolo, che ne disegna il lembo, assai rilevato, onde «il piano del lembo è molto inclinato con quello della gota: tutto il lembo poi è privo di scaglie ma coperto di strie parallele e perpendicolari al: detto spigolo: nudi sono egualmente il sottorbitale e la fronte, ma l’opercolo il subopercolo e l'interopercolo sono tutti forniti di scaglie. L'opercolo è mezzanamente grande e riunito intimamente col subopercalo : l'interopercolo ristretto, benchè sia separato, a stento si distingue dagli altri due pezzi. La linea laterale apparentissima, larga, gira in alto quasi parallela. al dorso a un quinto circa dell'altezza del corpo. Le scaglie sono disposte in dieciotto file circa, e se ne contano quasi ottanta per fila, embricate, piuttosto piccole, dure, fortemente aderenti, di figura pentagona mistilinea, striate, ciliate all'apice. L'ano è piccolo situato in mezzo al corpo. La pinna dorsale ha origine circa il terzo anteriore del corpo, è lunga, non molto alta e quasi uniforme. Le pettorali alquanto adimate, piuttosto strette ed acute nascono sotto il termine dell'opercolo, Le ventrali collocate un poco dietro alle pettorali sono più piccole di esse, e portano nella base una squama interiore lanceolata, e due altre esteriori lunghe ed acute. L'anale comincia sotto il terzo circa della dorsale, e si protrae fino al termine di essa: ambedue possono nascondersi in un profondo solco. La caudale è forcuta coi due lobi simmetrici, 00% SMARIS GRACILIS. Di sette specie italiane del genere Smarîs che ci sono giunte a notizia dovendo noi partitamente discorrere, incomincieremo da quella la cui sottigliezza comparativa, che l’allontana più delle altre dalle Mendole, giustifica il nome da noi assegnatole di Smarîs gracilis, ossia Zerro sottile, quando il volgo ed i pescatori non la chiamano mai Zerro, ma sempre, ad esclusione delle altre, Pesce in barile. Questa appellazione in vero do- vrebbe esser comune a tutti i Zerri ed anco ad alcune Mendole, insieme con le quali preso tal pesce e salato stivasi nelle botti, ed è cibo di povera gente a dì nostri non al- trimenti che presso gli antichi, che per venderlo essi pure a poco prezzo non ne faceano buona scelta nè salagione opportuna; onde il proprissimo odor impudicus di Marziale: Fuisse Gerres et inutiles Maenas Odor impudicus urcei fatebatur. La sagoma dello Zerro sottile è rotondetta, allungata; l'altezza maggiore ad un terzo dopo l'estremo del muso è un sesto della totale sua lunghezza; la grossezza poi ha la metà dell’ altezza: la porzione assottigliata del corpo occupa un' ottava parte del pesce. Il capo vien compreso quattro volte e mezzo nella lunghezza totale, e la sua altezza è quasi la metà della lunghezza: il diametro dell'occhio, poco più di un quarto della lunghezza del capo, uguaglia la distanza fra il suo margine anteriore e la punta del muso; il margine posteriore è distante dal termine dell’apercolo poco meno di un diametro e mezzo. Il profilo del dorso è curvilineo, quasi simmetrico intorno la linea d'altezza che lo divide a metà, partendo dal punto sopra l'occhio e terminando poce prima della caudale: si alza sopra la corda che lo sottende per un quarto circa del- l'altezza del corpo, geometricamente parlando: è pur curvilineo ed uniforme il profilo del ventre, se non che la curvatura è minore alcun poco: l'altezza sopra la corda che lo sottende è un sesto circa dell’ altezza del corpo. La linea laterale presenta una dolce curvatura. La pinna dorsale incomincia poco prima di un quarto della lunghezza, e si estende per due quinti; vien sostenuta da ventidue raggi, de' quali i più alti al prin- cipio sono poco meno di due terzi del tronco sottoposto; il primo è assai più breve del secondo, e questo poco più del terzo, dopo il quale gli altri diminuiscono pro- porzionalmente; sicchè la pinna termina con una linea d' uniforme e dolce curvatura. L’anale ha per altezza poco più del diametro dell’occhio, e la sua base contiene due di queste altezze. La pinna caudale è lunga quanto la quinta parte del pesce. Il colore del nostro Smaride è fosco-argenteo sul dorso degradantesi sui fianchi che cangia in lucido argenteo sul ventre: la macchia scura dei lati è grande, ‘e molto distin- ta. La pinna dorsale è leggermente tinta ‘di olivastro chiaro, e nei suoi raggi si scor- gono alcuni punti rossi: la pettorale è scolorata, ma mostra una tinta slavata di pao- nazzetto nel contorno: fa ventrale e l’anale sono biancastre: la caudale slavata e mac- chiata di rosso. Trovasi abbondantissimo per tutto il Mediterraneo dalle coste di Spagna a quelle dell’ Asia, e segnatamente nell'Adriatico Nel Veneziano chiamasi Agon o 4gone d'Istria. La sua. carne è piuttosto buona: e giacchè il Prof. Gené ce Io ha mandato di Sarde- gna sotto il nome di Giarretto femmina, giova riferirgli quanto il Cetti decanta del suo Zerro, Gerre o Smaride, chiamato dai Sardi Giarretto. Secondo il Delaroche questo Smaride costituisce esso solo la metà delle pescagioni dell’ Isola d’ Ivica, ove chiamasi Jarret: Caramel poi vien detto in altre contrade della Spagna. SMARIS INSIDIATOR ZERRO SENZA MACCHIA sMARTS argenteo-rufescens, macula laterali nuila, pinnis rubescentibus: longitudine cor- poris altitudinem ultra quintuplum cum dimidio superante: capite corporis altitudine valde longiore: pinna dorsali sinuata, radiis mediis brevissimis. Pao Persa Zz ih 4. 3a. SMARIS INSIDIATOR, Cuv. et Falene. Hist. Nat. Poiss, VI. p. 414. CENTRACANTHOS CIRRUSÌ? Rafin. Caratt. p. 45. gen, xxxi, sp. 138, Id, Ind. Itt. Sic. p. 19. sp.g1. PICAREL INSIDIATEUR,) Cum et Yalene. loco citato. Borsigaioe del carattere distintivo della famiglia dei Maenidi vedesi in questo pesce, imperocchè il suo muso allungasi all'uopo fuor di misura: oltre a ciò la sua sa- goma più rotonda è più stretta che negli altri Zerri, eselusone il solo gracilis descritto di sopra: la sua mole è suscettibile di accrescimento assai. maggiore: la pinna dor- sale si avvalla circa il mezzo, e sembra quasi divisa in due, perchè ivi degradano som- mamente i raggi spinosi: gli manca la macchia oscura che vedesi d’ambo i lati negli altri tutti del suo genere, come pur nelle Mendole: per le quali particolari note po- trebbe meritare il grado di sottogenere. Ci ha ritenuto però dal conferirglielo il non aver potuto veder questo pesce vivo nè fresco ma stagionato alquanto e serbato nello spirito di vino, mentre da un’altra parte l'opportunità di esporre sette Smaridi per gradi di sottigliezza ci ha consigliato a non isolarlo dagli altri, ponendolo immediata- mente sotto lo Smaris gracilis al posto che in tale serie gli conviene. E qui avvertasi che per agevolare l'esame comparativo delle parti fra le due specie, nel far delineare le figure ci siam serviti di uno de’ più grandi esemplari che esistano della prima, e che della seconda al contrario scegliemmo uno de’ più giovani e più delicati. Il Cu- vier e il Valenciennes, che la ebbero come noi da Sicilia, furono i primi a porla for- malmente nel catalogo legittimo degli esseri naturali: sembra però che il Rafinesque ne avesse stabilito un genere a parte, cioè il suo Centracanthus, chiamandolo C. cir- rus. La somma fragilità in tutti gli Smaridi della membrana che congiunge i raggi della pinna dorsale, cui si aggiunge in questo la gran brevità dei raggi intermedii, può aver fatto credere al Rafinesque, per aver egli trovato la suddetta membrana di- strutta, che il medesimo portasse fra due dorsali alcuni raggi indipendenti e staccati. Di fatti sopra questo carattere fittizio fondasi quel suo preteso nuovo genere, che tuttavia modificato per le buone ragioni sopraesposte potrà adottarsi almeno come sottogenere. Se del nostro Smaris gracilis avesse avuto contezza il Cuvier, con esso e non col suo Sm. vulgaris avrebbe egli paragonato questa seconda specie. Gli si avvicina infatti rispetto alla sottigliezza: la sua massima altezza a due terzi dell’estremità del muso è 9.088 SMARIS INSIDIATOR. contenuta più di cinque volte e mezzo nella totale lunghezza: la grossezza è due terzi dell'altezza: la parte assottigliata del corpo un settimo della lunghezza. Il capo, poco men lungo della quarta parte del pesce, è alto due terzi della propria lunghezza: la fronte è larga: il diametro dell’occhio è compreso sole tre volte nella lunghezza del capo; essendo alquanto più breve di esso la. distanza che passa tra il margine anterio- re dell’orbita e del muso, e alquanto più lunga quella che corre tra il margine poste- riore e il termine dell’ opercolo. Il soitorbitale è alto, e senza arco rientrante al margine inferiore. Le scaglie sono piccole, di forma pentagona con due lati paralleli, altri due che si riuniscono ad angolo ottuso, e il quinto di base, il quale vien ricoperto dalla sca- glia superiore; quelle situate sul soprascapolare sono poco distinte. Il profilo del dorso si compone di curve più o meno depresse; il punto della massima curvatura cade sul quarto anteriore della lunghezza totale: più uniforme è il profilo del ventre fino al termine della pinna anale. La linea laterale corre piuttosto retta. La dorsale comincia poco dopo i due settimi della lunghezza dall’estremità del muso: dei suoi ventidue raggi il terzo è il più alto, ed ha due terzi dell'altezza del pesce: gli altri succedenti a questo vanno decrescendo fino all’undecimo, dopo il quale gli altri fino al decimo settimo crescono di mano in mano, e quindi gli ultimi nuovamente decrescono: per la qual cosa la dorsale è terminata da due curve che si riuniscono ad angolo rientrante nel mezzo di essa, ed essendo quivi gli ultimi raggi spinosi quattro volte più brevi del terzo, la pinna sotto un certo aspetto può sembrar doppia. I raggi delle ventrali dimi- nuiscono più sensibilmente che nelle altre specie. I raggi spinosi della pinna anale sono deboli, posti ad uguale distanza fra loro, e poco più brevi di quelli del secondo ramo della pinna dorsale. La pinna caudale costituisce la quinta parte del pesce. Cresce questo Smaride fino a nove pollici e più. Il suo colore è bruno tendente al rossastro nella schiena, argenteo nel ventre: non vi si scorge macchia scura laterale. Le pinne sono di un rossastro frammiste di giallo, più intenso e tendente al rosso nella caudale. L'anatomia di un pesce così singolare nel suo genere doveva anch'essa offerire qual. che anomalia: diffatti il Cuvier ha osservato uno stomaco più allungato e più cilin- drico; tre ciechi soltanto al piloro; il notatojo semplice e non forcuto alla parte po- steriore. Non si è pescato finora che in Sicilia, ove porta il nome di Cirru a Palermo, di Pesce di umbra a Catania, e di Asineddu in Messina. SMARIS ALCEDO ZERRO CORONATO SOTTILE smaris albido-argenteus, vario-caeruleus, pînnis. caeruleo-guitatis, pectoralibus flavissimis: longitudine corporis altitudinem quintuplo vix ‘superante: capite corporis altitudinem aequante: pinna dorsali continua, corporis dimidio elatiori, radiis postremis ad pinnam caudalem valde elongatis. D. 1x/xr. P.15. V. 15. 4. 3/9. C.17. SPARUS ALCEDO, Risso, Zchth. Nic. p.258. sp. 28. part. smaRIs ALcEDO, Cuy, et Valene. Hist, Nat. Poiss. VI. p, 416.nec Risso, Hist. Nat, SPARUS BILOBATUS? isso, Zehth. Nic. p. 252. sp. 21. nec Lacép. SMARIS ITALICUS® Risso, Hist. Nat, III. p.346.sp. 257. smarIss /Willughb. Iohthiogr. lib.iv. cap. xxiii, p.319. Jaret BLEU? Duham. Tr. Péch, II. Sect. iv. chap, iii. p.45. sp. 4 SPARE ALUYON, tisso, Ichih. loco citato, PICAREL. MARTIN-PEÈCHEUR, Cuv. Règn. Arnim. 2, ed. II. p.157. Î Pescatori Nizzardi chiamano questo pesce Martin-pécheur perchè veste bellis- simi colori come l'uccello di tal nome (.4lcedo Ispida, L.), per la qual circostanza il Risso lo donò dell'elegante nome di Alcedo; nè sappiamo perchè siasi da ciò ricreduto nella seconda edizione del suo libro, in cui lo considerò come il maschio di uno Sma- ris diverso, e trasferì il suo nome ad altra specie assai incerta e priva dei vaghi colori che a questa lo fecero meritare. Se questi colori medesimi non permettono che la presente venga confusa con cin- que delle sue congeneri, la sua sagoma assai più snella e meno alta vieta che si confonda con lo Smaris chryselis, che gli è figurato di sotto nella nostra tavola. Anche per un altro carattere si fa subito riconoscere, e specialmente distinguere dal detto chryselis, per il notabile prolungamento cioè degli ultimi raggi tanto della dorsale quanto dell’anale, che se gli si piegassero addosso al tronco, giungerebbero a toccar la base della caudale. Riguardo eziandio a’ colori, questi due bellissimi Smaridi offrono alcune leggiere modificazioni costanti, ma essendo molto maggiori le comuni ad ambedue non . convien dare soverchia importanza a quelle che si scorgono miniate benchè fedelmen- te nella nostra tavola, scambiandosi sovente l’una con l’altra in natura. L'altezza di questo Smaride è quasi un quinto della lunghezza, la grossezza è la ‘ metà dell’altezza: la porzione assottigliata del corpo è poco meno che una sesta parte di tutta la lunghezza. Il capo dalla punta del muso all'estremità dell'opereolo è lungo quanto l'altezza del pesce, ed è alto due terzi della sua lunghezza: il diametro del- l’occhio è compreso quattro volte e mezzo circa nella lunghezza del capo: il margine anteriore dell'orbita dista dalla punta del muso un diametro e mezzo, ed il posteriore Oo SMARIS ALCEDO. quasi due diametri dal confine dell’opercolo. La linea laterale s'incurva secondo l’an- damento del profilo del dorso che è rilevato con uniformità. La pinna dorsale che ha origine al quarto anteriore della lunghezza totale, e si estende poco meno della metà di essa, vien costituita da ventidue raggi, che tanto più s'inchinano sul dorso quanto più si avvicinano al termine, per modo che dal terzo raggio fino all'ultimo risulta quasi retto il profilo della pinna, più abbassato verso la coda: l'altezza maggiore della pinna è poco più della metà di quella del corpo; l'angolo che fa il suo profilo superiore con l’ultimo. raggio è molto acuto, e spinge il suo vertice quasi sull'origine della caudale. I raggi dell’anale s'inchinano sul dorso come quelli della dorsale, e fanno che la pinna sia terminata con dolce curvatura al suo lembo, e con angolo acuto al suo termine: le sponde dei solchi dentro cui l'una e l’altra si ricovrano sono alcun poco rilevate sui profili del corpo: i lobi della caudale si estendono alquanto più che nelle altre specie, comprendendo essa pinna una sesta parte del corpo. I colori dello Smaris alcedo sono un cinereo-argenteo rossastro pieno di cangianze verdi e dorate, che si degrada in argenteo sui fianchi, e ritorna splendidissimo sul ventre ove predominano i riflessi verdi-aurati. Lungo il corpo veggonsi parecchie mac- chie e strisce interrotte di color ceruleo: tre di queste meglio definite segnano l’oper- colo; la superiore delle quali scorre al di sopra dell'occhio e si estende fino alla punta del muso; un'altra prende la sua direzione sotto l'occhio e termina ugualmente in punta al muso. La macchia dei fianchi è larga ma non molto scura. Si veggono gene- ralmente lungo il tronco tre file di macchie cerulee sotto la linea laterale, una al di sopra di essa linea, e sei file di punti più pallidi sul ventre. Le pinne dorsale, anale, e caudale sono di color giallastro, e portano alcune serie di macchie turchine: la membrana della dorsale è segnata fra il primo e secondo raggio spinoso da una mac- chia fosca grandetta. Le pinne pettorali sono di un bel color giallo: le ventrali sono turchinastre mescolate di rossastro alla base, e gialle sui margini. La presente specie è assai più rara delle altre sul mercato romano, vedendosene appena un individuo per varie centinaja dello Smaris chryselis. Ciò deve attribuirsi al soggiorno che fa nelle maggiori profondità marine; onde quei pochi pescatori che la distinguono dallo Zerolo della corona più comune, la dicono Zerolo di fondale, ed as- ‘seriscono che non si pesca se non quando soffiano i grandi venti che sconvolgono il mare. A Nizza dicesi Gerle blavié. La qualità della sua carne non è di gran pregio. SMARIS CHRYSELIS ZERRO CORONATO LARGO smarrs albido-argenteus vario-coeruleus, pinnis coeruleatis: corporis longitudine altitudi- nem quadruplo superante : capite corporis altitudinem via aequante > pinna dorsali con- tinua corporis dimidio parum elatiori,, radiis postremis subbrevioribus. D, 11/11. P.15. V. 1/9. Ad. 3/9. C. 17. SP&RUS ALCEDO:, isso, Lchtl, Nic. p.258, sp. 28: partim, SMARIS sMARIS mas, Riss. Hist. Nat. ILI. p.545. sp.254. sMARIS CHRYSELIS, Cuv, et Valence. Hist. Nat. Poiss. VI.p. 415. tab. 165. PITRE 0U, GROSSE PICARELLE GRISE? Duham. Tr. Pech, II, Sect. iv. p. 41. sp. 1. tab.viii. fig, iii, PICAREL. CHRYSÈLE, Cuw. et Valence. loco citalo, an pesce che in fatto di splendore poco cede allo stesso Smaris alcedo cui è similissimo. per le tinte, se ne distingue ad un tratto per la maggiore elevazione del suo corpo, e perchè i raggi spinosi della sua pinna dorsale sono più lunghi che in quello riguardo alla rispettiva altezza del corpo; ed al contrario gli ultimi raggi molli non si prolungano a quel punto che denotammo nella specie sopradescritta; ond’è che ri- feriamo il nostro Smaride alla succinta indicazione che diede il Cuvier del suo chryselis. L'altezza del presente Smaride doppia della grossezza è compresa quattro volte nella lunghezza, di cui la parte assottigliata del corpo: forma un settimo. Il capo è lungo poco meno dell'altezza del pesce, ed alto tre quarti della propria lunghezza: il diametro del- l'occhio poco. meno di un terzo della lunghezza del capo : il margine anteriore dell’or- bita dista dalla punta del muso quanto è lango il detto diametro; parimente poco più si diparte il margine: posteriore dall’estremità dell'opercolo. La dorsale s’intesta poco prima del terzo anteriore della lunghezza; si estende quasi una metà di essa, e vien sostenuta da ventidue raggi, che decrescono e s'inchinano sul dorso quanto più proce- dono verso il termine; di maniera che il profilo della pinna ha l'andamento curvo al principio, quasi retto verso. il fine : la maggior altezza di essa pinna è poco più della metà di quella del corpo. La disposizione dei raggi ramosi dell’anale è quasi simile a quella dei raggi ramosi della dorsale; ma son essi alquanto più brevi: i solchi in cui si possono nascondere queste due pinne hanno i loro lembi rilevati sui profili del corpo, La pinna caudale è la quinta parte del pesce. Il dorso si colora di un cinereo-argenteo come nell’alcedo, e il ventre di un argen- teo-giallastro : il corpo ha strisce cerulee longitudinali, come accade in quello, ed al- cune piccole macehie lungo la parte superiore : i fianchi pure hanno somigliante la mac- chia scura. La pinna dorsale è quasi tutta tinta di color celeste, sparsa di macchie ce- rulee più intense disposte a doppio ordine nella parte posteriore: le pettorali sono gial- lastre: le ventrali hanno il fondo giallo fasciato di quattro bande cerulee alquanto in- ie SMARIS CHRYSELIS. terrotte: l’anale ha lo stesso fondo giallo, ed è fasciata anch'essa di tre bande cerulee - la caudale ha lo stesso fondo, rosseggia un poco sulla punta e sui margini, e porta due sole bande cerulee. Poco valore suol darsi alla sua carne. Si pesca comunemente sulla spiaggia Roma- na, ove porta il nome di Zerolo dalla corona, e di Zerolo dalla corona largo. Non ci è stato possibile di rinvenire come era nostro desiderio a quale specie debbasi appro- priare la denominazione Toscana Spigolo, la Genovese Spigo, le Veneziane Pontio, Gavizo, Menola bianca, Maredola, Menolata, le Marcheggiane Amindola lunga o tonda, Marindola etc. le quali voci pure si riferiscono a parecchi in complesso o ad alcuni in particolare di questi pesci. Essendo oramai giunti all'ultima specie della prima tavola de’nostri Smaridi, sti- miamo opportuno prima d'incominciare le illustrazioni della seconda il produrre un esame comparativo di tutte le loro specie. Gonfuse da prima con le Mendole, tanto più proseguono a confondersi fra di loro; e fa d’uopo aver l'occhio sagace d’un natu- ralista per distinguerne i caratteri, i quali sembra che lo stesso Cuvier non abbia con la solita sua diligenza osservati, benchè saviamente avvertisse non essere state descritte comparativamente le specie prima di lui indicate, e perciò riuscire quasi impossibile il rintracciarle negli autori; del che diede prova manifesta coll’ errare nella sola cita- zione che promulgò per certa. Cinque soltanto egli ne conobbe, ma sopra due si rimase così dubbio e timido che noi, postergate le sue indicazioni, potremmo quasi dire averne il medesimo stabilite tre sole. Messo da banda lo Smaris insidiator che per i suoi molti- plici caratteri non si lascia confondere con verun altro, facendo quasi un sottogenere a se, osserviamo che tre delle rimanenti specie normali (gracilis, vulgaris e Maurii) vestono colori scuri, e tre altre chiari, cioè alcedo, chryselis, gagarella: che tre sono sottili (gracilis, Maurii, alcedo) e tre di corportura elevata somigliante a quella delle Mendole, cioè chryselis, gagarella, vulgaris: che due hanno gli ultimi raggi più o meno prolungati (cedo, Maurii), mentre nelle altre (gagarella,. vulgaris, gracilis, chryselis) questi ultimi raggi sono più corti dei precedenti. Accozzando questi caratteri come abbiamo procurato di fare per dar forma alle nostre diagnosi, sarà impossibile di con- fondere d'ora innanzi queste sette specie malgrado la loro reciproca affinità. Quanto poi alla lor sinonimia, andiamo di perfetto consenso col Cuvier, che sia cioè inestrica- bile affatto. ZA OMMIAATZZZZA 7, DIE 4 ) la) A p, ig. i } 9 se; vi A Fota Ly: i CNMGZOAPCI, DD. eAIIEKFLA METE N SADE Rornae Liegi VE AA SMARIS GAGARELLA ZEROLO CHIARETTO smaris albido-argenteus, lituris subcoeruleis vix conspicuis, pinnis deeoloribus : longitudine corporis altitudinem quadruplo superante: capite corporis altitudinem aequante : pinna dorsali continua, corporis dimidio humiliori, radiis postremis brevioribus. Deva. Pig LORA 7 SMARIS GAGARELLA, Cup. eò Valene, Hist. Nat. Poiss. VI. p.420. smaris, Rondel. Pisc. Mar. I.lib.v. cap, zùiii. p. 140. cum fig. MAENA CANDIDA seu smARIS Rondeletit, Gesn, Aquat. IV. p.522. cum fig. elRET BLANC, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. i. p. 222, PITRE 0U PET? PICARELLE BLANCHE® Duhamel, Traité des Péch. II. Sect, iv. chap.i. p.G1.sp.1.tab.vii. fig. 4 PICAREL GAGAREL, Cu, Règn. Anine. 2. ed, II. p. 187. i uando noi riferiamo i sinonimi di queste e di altre specie confuse dagli autori citati, ci fondiamo soltanto sulle congetture: così a cagion di esempio sotto la presente citiamo il Rondelezio consigliati dalle semplici parole motis coeruleis caret . . . candida est etc. il quale avvertimento gradiremmo che non dimenticassero i cortesi nostri lettori. Questo pesce in quanto alle forme potrebbe a prima vista tenersi per un’esemplare sbiadato dello Smaris chryselis, del quale egli è più ancora abbondante sulla nostra costa, ove gli vengono dati i nomi di Zerolo comune, Zerolo chiaro, Zerolo di fango, secondo che si ha in vista la sua frequenza, il colore, o il prediletto soggiorno. Ma quantunque ambedue le specie giungano a somigliare le Mendole riguardo all’altez- za, tuttavia oltre una diversa sembianza che all’occhio esperto dell’ Ittiologo appari- sce issofatto, vi si troverà da ehi bene osservi una differenza non lieve in alcune proporzioni, e sopratutto nell’ elevazione relativa della pinna dorsale. Ci gode l’animo. di poter istabilire sopra solide basi tanto questa specie quanto la suddescritta Smaris ehryselis indicate soltanto e con grande incertezza dal Cuvier, il quale spone cauta- mente i suoi dubbj dichiarando che almeno la presente altro forse non sia che una di- versa forma dello Zerolo coronato, fondatosi sulla saggia osservazione che le propor- zioni relative del corpo sono soggette a variazioni secondo il sesso e la stagione, e che quelle specialmente fra l'altezza e la lunghezza possono dipendere dal diverso stato di plenitudine dei pesci. Noi però sopra centinaja di esemplari abbiamo osservato va- riare sì ma in alcuni determinati limiti le dette proporzioni: e malgrado l'incertezza delle indicazioni del Cuvier, piuttosto che stabilire nuove specie abbiamo preferito di confermare quelle dell’esimio naturalista, invano sconsigliandocene lo spiacevol nome che la presente ha ricevuto. | L'altezza del pesce è un quarto, e talvolta anche più, della sua lunghezza: la gros- sezza poco più che la metà dell'altezza: la parte assottigliata del tronco posta dietro x enne Pe ape E ig SMARIS GAGARELLA. la dorsale conta la settima parte della lunghezza. Il capo è lungo quanto l’altezza mag- giore del ironco, ed è alto due terzi della sua lunghezza : il diametro dell'occhio è poco meno che un terzo del capo: il margine anteriore dell'orbita dista dalla punta del muso un diametro, e il margine posteriore poco più di un diametro dall’angolo del- l’opercolo. Tanto il protilo del dorso quanto quello del ventre sono molto attondati, vanno quasi simmetrici intorno al mezzo. La dorsale s’origina dopo un quarto della a lunghezza del pesce, e si estende per due quinti di essa: i raggi che la sostengono sono ventidue ; i più alti quelli di mezzo; gli spinosi verso la testa decrescono meno che gli altri, onde la dorsale viene a terminarsi con una curva che più si abbassa verso la parte posteriore: la sua maggiore altezza giunge a due quinti dell'altezza del tronco. I raggi ramosi dell’anale sono più brevi di quelli della dorsale. La caudale è meno lunga della sesta parte del corpo. I colori sono assai più chiari che negli altri Smaridi: mostrasi sul dorso un grigio sbiancato che gradatamente passa all’argenteo lucido nel ventre: la macchia de’ fianchi è poco Lio per esser simile alla tinta del dorso: negli esemplari appena pescati si scorge un ombra leggera di tratti longitudinali a color turchino- -perlato : tutte le pinne sono scolorate, cinereo-biancastre. SMARIS VULGARIS ZERRO DEL GUVIER SMARIS fusco-argenteus, pinnis rubescentibus: longitudine corporis altitudinem quadruplo cum dimidio superante: capite corporis altitudinem vix aequante: pinna dorsali con- tinua, corporis dimidio humiliori, radiis postremis brevioribus. Diari. A Party ne A 1/51 48/9 Curi sMmaRIS vuLGaRrIs, Cuv, et Valence. Hist. Nat. Poiss. VI. p. 407. excl. srnon. Delaroche. sparus smaArIS, Linn. Syst. Nat. I. p.468. sp. 5. Gmel. Syst. Nat. I. p.1271. sp. 5. Schneid. BI, Eyst. p. 279. sp. 14. excl. observ. in Brunn. Risso, Ichth. Nic. p.258, sp.6. nec Brunn, nec Bonnat. sMARIS sMaRIS foemina, Riss. Hist. Nat. III. p. 345. sp.254. i Zppaxpes? Aristot. Hist. Anim. lib. viii. cap. xxx. Oppian. lib. i, p. 5. smarIs? Ovid. Halieut. v. 120. Bellon, Aquat. p. 228. fig. in p.229. Gesn, Je. Anim. p. 65. Aldrov. Pisc, lib.ii, cap.xl. p.227. fig. inp. 228. Ray, Syn, Pisc. p.156, sp. 20. cerREs? Plin. Hist. Mundi, lib.xxxii. cap. zi. SMARIS primus, Sonst. Pisc I. lib.i, tit. iii, cap. i. art. xxii. p. 55. tab. xx, fig. 5. sPARUS macula nigra in utroqne latere medio, pinnis pectoralibus caudaque rubris, Arted. Gen. Piso. p. 36. sp.10. Id. Synon.p. 62. sp. 10. spAaRUs argenteus macula laterali fusca pinnis ventris anique rubris, Brunz. Zchih. Mass. p, 42. ciarReT, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss, lib.i. p, 221. fig. in p.225. PICAREL, Daubent. Dict. Ichth. in Enc. Meth. Hist. Nat. ITT. p. 301. JARE 0u JARET BRUN® Duham. Tr. des Péch, II, Sect.iv. chap.iii. p. 43. sp.4.tab. vili. fig.it PICAREL coMMUN, Cuv. Règn. Anim. II.p. 270. Id. Ibid. 2. ed. II.p.187. PICAREL ORDINAIRE, Cuv.et Valence. Hist. Poiss, loco citato. Ao lasciare alla sesta specie dei nostri Zerri rappresentata nella penultima figura il nome di Smaris vulgaris, giacchè ad essa lo imponeva il Cuvier, quantunque erroneamente dicesse che, non sapendo egli badare ad altri autori, distinguea con tal nome quella pubblicata e messa in chiara luce dal Delaroche sotto la denominazione di Sparus Smaris. Noi per opposto erediamo fermamente la figura del Delaroche null’al- tro rappresentare che il nostro Smaris gracilis alquanto scorciato, e che il Cuvier, per fargli corrispondere il suo Smaris vulgaris, attribuisse a questo lunghezza proporzionale poco maggiore del vero, non cioè quattro altezze e mezza, ma cinque. E che certa- mente del nostro Smaris gracilîs favellasse il Delaroche lo prova la lunghezza del capo nel suo animale, la quale notabilmente supera l'altezza del corpo, quando in quello di cui parliamo essa lunghezza è perfino minore: e lo stesso Cuvier così appunto la misu- rava e descriveva mentre applicava il nome eulgaris allo Smaris del Delaroche che mai non dovrebbe aver conosciuto. Fatale ienoranza che ingenera molte dubbiezze e con- fusioni nella mente de’ principianti, che stentano così a riconoscere la specie, alla quale tutte le altre della grand’ opera del naturalista francese si riferiscono. L'altezza maggiore contenuta quattro volte e mezzo nella lunghezza, è doppia della grossezza : la parte assottigliata del corpo un sesto di tutta la lunghezza. La lunghezza SMARIS VULGARIS. del capo è poco meno della maggior altezza del corpo, l'altezza alla nuca due terzi della propria lunghezza: l'occhio collocato alla distanza di un diametro dalla punta del muso uguaglia la terza parte circa della lunghezza del capo. Il profilo del dorso è più ricurvo che quello del ventre, il quale dal cominciamento della pinna ventrale fino al mezzo dell’anale procede quasi retto: la linea laterale ha presso a poco la curvatura stessa del profilo. La pinna dorsale ha origine alla fine del terzo anteriore del corpo, ed è sostenuta da ventidue raggi: più alti sono quelli di mezzo: gli spinosi anteriori de- crescono meno che i ramosi per cui viene la pinna a terminarsi superiormente con una curva che più si abbassa verso la coda: la sua elevazione maggiore non giunge alla metà dell'altezza del corpo. L'anale è alta poco più del diametro dell’ occhio, lunga poco più del doppio della propria altezza; i suoi raggi molli sono alquanto più brevi di quelli della dorsale. La caudale è lunga quanto la sesta parte del pesce. Il colore è un cinereo-argenteo assai cupo, annebbiato di fosco, che sotto alcuni riflessi rifulge con cangiarsi in dorato, degradandosi poi finchè passa al bianco sul ven- tre: la macchia dei fianchi è grande, ben segnata e molto nera. La pinna dorsale è sfu- mata di color olivaceo e porta alcuni punti rossi disposti in serie sui raggi; le pet torali sono d'un ranciato lurido il quale tinge parzialmente le ventrali e l’anale: la caudale foschiccia porta alcune serie di puntini rossastri. La qualità della sua carne è piuttosto pregevole. Al dire del Risso chiamasi a Nizza Gerle l'adulto, e Gavaron il giovane: noi però prendiamo forte sospetto che il nome di Gavaron si debba appropriare invece al nostro Smaris gracilis. Dai pescivendoli ro- mani lo Smaris vulgaris appellasi Zerolo scuro, Zerolo di scoglio; il quale non è per verità tanto raro quanto è meno comune di quella specie decolore effigiatagli al di sopra, che da tal gente viene appellata Zerolo comune, Zerolo di fango, Zerolo chiaro, a cui meglio sarebbe convenuto che a questo la denominazione vulgaris. Ma forse già fummo soverchj nel propalare un abbaglio del Cuvier: non ci soffre l’animo di abolire il nome da lui concesso alla presente specie, che, comunque si voglia, sarà sempre per noi, lo Smaris vulgaris di quel sommo naturalista; e perciò lo diciamo italiana- mente Smaride del Cuvier. SMARIS MAURII ZERRO DEL MAURI smaris fusco-argenteus, pinnis subrubescentibus: longitudine corporis altitudinem plus quintuplo superante: capite corporis altitudine modice longiore: pinna dorsali conti- nua, corporis dimidio elatiore, radiis postremis longioribus. D. 11/12, P.16. V. 1/5. 4.3/9. C.x7. 4 L amicizia che da lunghi anni mi strinse all’esimio signor dottore Ernesto Mauri di ch. me. professore di Botanica pratica in Roma, l'analogia degli studj ad ambedue comuni sulle cose naturali, la gratitudine che gli conservo pe’consigli ed ajuti presta- timi in questa opera ove meno si vegga indegna dell’accoglienza dei filosofi, vogliono che da me diasi publica testimonianza del profondo dolore che la perdita di tant'uo- mo mi lasciò dentro dell'animo. Non dirò della sua vita domestica, scientifica e lette- raria lodatissima in ogni parte, e per soverchia sventura non giunta oltre i nove lustri; non de'suoi viaggi a pro «della scienza, alcuni de’ quali gli riuscirono faticosissimi e superiori alle forze del corpo; non delle opere promulgate in istampa, e delle altre di maggior numero che si vorrebbero vedere in luce quanto prima; non della fortezza ed alacrità di animo, con la quale seppe resistere alla fierezza di una continua malattia di circa sette anni alla quale finalmente gli fu forza il cedere. Imperciocchè le penne assai più adeguate di un Antonio Bertoloni, di un Michele Tenore, e di altri scrittori di merito eziandio hanno già divulgate solennemente le sue virtù. Basti a me il ricordare ch'educato egli ad ogni maniera di buoni studj, non prima fù giovinetto che maturo filologo, in greche iu latine in italiane lettere pienamente versato, e di parecchie lin- gue oltramontane elegantissimo parlatore; co’ quali ornamenti grato oltremodo si fece a dotti forastieri, che principalmente della sua lettura ed esposizione della Divina Com- media il richiedevano e si dilettavano: che dagli ameni studj delle lettere, ne' quali più ordinariamente s’intertenne fin quasi a mezzo il corso della sua breve età, guidato da quegli aurei anelli che a più gravi discipline, giusta la sentenza di Tullio, gli sposa, trasse a'giardini misteriosi di Flora già non sì spesso frequentati fra noi, ed in poco tempo fu scolare, condiscepolo, collega, e divenne, direi perfino, maestra de’ suoi pre- cettori quantunque dottissimi: che meritatasi, mercè di publica severo concorso, la cattedra di Botanica pratica nell'Archiginnasio romano e la direzione dell’ Orto botanico in freschissima gioventù, tenne decorosamente molti anni il doppio ufficio sì per la nota candidezza de’ suoi costumi, civiltà e cortesia di maniere, sì per la dottrina ogni dì più vasta della materia che cresce con l'osservarla; sì per l'ordine lucidissimo del discòrso, e pel fino criterio nè per troppo vigore nè per lassezza diminuito giammai: che spese tutto se stesso a servigio ed aumento della scienza, nell’amore e nel rispetto d’immenso numero di uditori, nella estimazione de’ buoni, nel gradimento del Principato: e che di lontano altresì con l’epistolare corrispondenza, e con le opere publicate, con la pre- SMARIS MAURII. senza eziandio, e con la viva parola, persuase anco i più schivi non essere in Roma altrimenti sì povere d'insegnatori opportuni le scienze naturali. Onde avvenne che di- morando egli una volta in Parigi, fin da Berlino il celebre Kunth mosso dalla fama del suo valore gli dedicasse significato col nome di Mazria un genere di piante nuovo della famiglia delle arboree Terebintacee come a celebratissimo botanico italiano, e solo rimasto (son sue parole) a continuare il Prodromo della Flora romana! Laonde io, non già per gareggiare con l’egregio naturalista prussiano, ma per lasciare in queste carte, dal mio lagrimato amico con molta dottrina soccorse, qualche memoria di lui, modesta- mente gli reco all'ombra della superba pianta la nuova specie di Smaride, che qui ap- presso descrivo. Nè già temo di andar redarguito se d'un piccolo e lurido pesce io lo dono ; conciossiachè gli umani desiderii conviene che si raccorcino ponendo mente a così miserabili sventure; e più degli Apogoni dorati, de' Labraci argentini, delle Perche variopinte, che abbiamo veduto, le squallide spoglie di questo animale si addicono alla mestizia e al cordoglio. Che se non mi piace di attingere ad incerta fonte derivarsi da Smaris il vocabolo smarrimento, che pallido si dipinge in chi è smarrito, quale appunto io mi sono in così triste congiuntura; meglio mi giova il rammemorare che sulle pietre sepolcrali de’ più amorevoli sovente i primitivi Cristiani usarono di scolpire la figura di un pesce, non solo perchè nel pesce fù simboleggiata la innocenza che si riacquista col santo lavacro, e alcuni Dottori della Chiesa chiamarono gli uomini pesci e pescetti di questo mare procelloso della vita, ma principalmente perchè sotto l'emblema del pesce semplicemente delineato significavasi il greco nome IKOYS il quale comprendendo in ciascuna lettera le iniziali delle parole Inovo Kprstoo Os Yioo Zoro teneva nelle epi- grafi mortuarie il luogo del Monogramma Costantiniano. Questa novella specie di Smaride abitatrice degli scogli è piuttosto rara a pescarsi: e se per la forma è uguale al chryselis, distinguesi però da quella ad un tratto pe’ diver- sissimi colori: se ne’ colori somiglia al vulgaris, la sua sagoma è sì snella da non po- tersi confondere con quello: se per la forma e pei colori non è differente dal gracilis, e riceve perciò da’ pescatori lo stesso nome di Pesce in barile, è bensì più alta di quel- lo, nè tanto sottile di corpo, e porta innoltre gli ultimi raggi della dorsale più lunghi de’ precedenti, quando invece nel gracilis, che sempre rimane più piccolo, essi raggi posteriori sono alquanto più brevi. L'altezza maggiore dello Smaris Maurii doppia della grossezza vien compresa cin- que volte nella lunghezza, di cui lo spazio assottigliato dietro la pinna dorsale occupa la settima parte. Il capo è un sesto più lungo di questa altezza, ed è alto due terzi della propria lunghezza: il diametro dell'occhio è quasi eguale allo spazio che corre fra il suo margine anteriore e la punta del muso; ed un diametro e mezzo si conta fra il suo margine posteriore ed il termine dell’opercolo. Il profilo del dorso si presenta con curvatura meno convessa e più uniforme che negli altri pesci del genere: accade il con- trario per il profilo del ventre. L'ano s'apre precisamente alla metà del corpo. La li- nea laterale corre quasi retta Sedici sono le fila delle scaglie, ciascuna delle quali ne contiene ottanta circa. La pinna dorsale si origina ad un quarto della lunghezza come nelle altre specie, ma è lunga quanto la metà di tutto il pesce, alta più della metà del tronco; i suoi raggi sono uguali fra loro, meno il primo spinoso ch'è poco più breve, e gli ultimi tre ramosi che si prolungano un terzo più degli altri: lo stesso s'intenda pe raggi dell’anale: in genere le pinne sono tutte grandi. I colori non dif- feriscono punto da quelli dello Smaris vulgaris. Gli individui maggiori hanno sei pol- lici e mezzo di lunghezza. 1 Agli Labe EI, IVZZ ZA ZZZA } ia Batista lii7, PAPA MUGIL CEPHALUS MUGGINE CEFALO MUGIL capite brevi, lato, anterius semicirculari: labio superiore tenui: maxillari brevi a ‘ suborbitali occultato: spatio gulari operculis interposito obverse lanceolato latiusculo: oculis velo adiposo hyalino tectis: naris utriusque foraminibus dissitis : squama asxil- lari pectoralium elongata carinata. ei aa Dies. oa ALBO: 16: MUGIL cEPHALUS, Cup. Regn. Anim. 2. ed. II. p.231. Rafinesque, Ind. Itt. Sic. p. 53. sp. 241. (excl. var.) Risso, Ichth. Nic. p. 54553. gen. 71. sp. 1. (excl.var. A.) Id. Hist. Nat. ITI. p.388. sp. 303. MuUGIL cEPHALUS, var.A. Delaroche, Mem. Poiss. Ivica in Ann. Mus. XIII. p. 358. tab. 20. fig. h. cepuALus, Rond. Pisc. I. lib. ix. cap. v. p. 260. cum fis. Gesner, Aquat. lib.iv. p. 549. cestREUS, dorso repando et sordide viridi, ventre albo, capite latiore reliquorum capitibus, oculis mucagine lam crassa infectis, ut palpebram dixeris, lineis lateralibus nigris, Klein, Hist. Pisc. Miss.v. fasc. ix. p. 25. sp. 1. MuLET-cABOT, Duhamel, Traité des Péches III. Sect. vi. cap.ii. art. ii. p. 146. sp. 1. MUGE A GROSSE TETE, isso loco citato. CEPHALE, Cur. loco citato. È genere Mugil si distingue fra i Pesci Acantotterigj per un complesso tale di particolarità di struttura, che non si potrebbe aggregare ad alcuna delle famiglie na- turali ammesse universalmente, senza turbare i legami reciproci sui quali esse trovansi stabilite. Sono comuni alle specie di questo genere le condizioni seguenti. Corpo oblungo, as- sottigliato posteriormente, compresso-turgido, coperto di scaglie grandi, embricate, ad- presse, dure, striate, troncate alla base, leggermente cigliose all’ apice che è arcuato. Capo turgido, un poco depresso, largo, coperto superiormente di scaglie grandi lar- ghe poligone irregolari, privo d’appendici. Membrana branchiostega crassa, sostenuta da sei raggi. Opercoli difilli, lisci, grandi, rigonfj, col margine angoloso nel tratto su- periore, intiero e rotondato nel rimanente. Muso breve, ottuso. Occhi laterali, rotondi, con la membrana nictitante anulare. Narici doppie. Bocca piuttosto picciola, tagliata obliquamente: mascelle quasi uguali, la superiore esertile, l’inferiore fornita interna- mente presso l’apice d'uno spigolo o carena prominente, che al chiudersi della bocca, vien ricevuta in un’incavo o solco della mascella di sopra. Lamina cornea del pez- zo sottorbitale dentellata al margine. Labbra orlate di ciglia brevi tenuissime talvolta impercettibili, che tengon luogo di denti. Lingua breve, immobile, carenata, scabra sul margine. Palato armato di scabrosità verso il fondo di qua e di là dal tratto di mezzo. Apparecchio faringeo assai complicato. Dorso convesso, con la carena che segna una linea leggermente curva per tre quarti della lunghezza, quindi per un breve spazio arcuata, finalmente quasi retta nel tratto vicino alla coda. Carena addominale più incurvata della dorsale. Niuna linea laterale propriamente detta, perchè tuite le 30 MUGIL CEPHALUS. scaglie della metà superiore del corpo sono munite d’un poro tubulare, e segnano perciò altrettante linee per lato quanti sono i loro ordini. Pinne in numero d’otto. Due dorsali separate; l'anteriore equilibrata, corta, fornita di quattro raggi spinosi, con due scaglie lanceolate membranacee adpresse disuguali situate di qua e di là lungo la sua base: la dorsale posteriore inserita nel mezzo fra l’anteriore e la coda, disu- gualmente forcuta, col lobo anteriore più alto del posteriore. Pettorali medie, mode- ratamente grandi, con una scaglia ascellare, ossia inserita presso il termine superiore della base, membranacea, grandetta. Ventrali inserite non molto dietro alle pettorali, poco più avanti della dorsale anteriore: alla base di queste dal solo lato esterno due scaglie lanceolate membranacee disuguali, analoghe a quelle che accompagnano la dor- sale anteriore. Pinna anale opposta alla dorsale posteriore, breve, disugualmente for- cuta, coi tre raggi anteriori spinosi, il primo brevissimo, gli altri successivamente più alti. Caudale distinta, biforcuta, col lobo superiore appena più lungo dell’ altro. Sto- maco in forma di trottola, con la parete erta; tubo intestinale lunghissimo, circonvolto, con due picciole appendici nel tratto vicino al piloro. Fegato voluminoso. Peritoneo nero. Tinta della metà superiore di tutto il corpo cinereo-argentea, con tante strisce longitudinali di colore più intenso quanti sono gli ordini delle scaglie; ventre bianco- inargentato. La ristrettezza delle fauci impedisce ai Pesci di questo genere il cibarsi di sostanze compatte, quindi non sono infesti agli altri abitatori delle acque: hanno invece in molti di loro, e specialmente nella Perca Labrax, L. fieri e temuti persecutori. Insieme con l’acqua e con la melma, nella quale si dilettano, ingojano le varie sostanze vegetabili o animali che vi si trovano stemperate, e i piccioli animaluzzi che vi si annidano. Non frequentano i fondi pietrosi e non s' inoltrano nel mare profondo, ma vivono lungo i lidi fangosi e presso la foce dei fiumi. Molti, e forse tutti, al principio della stagione calda sogliono risalire per lunghissimo tratto nelle correnti delle acque dolci. Sono vigorosi ed agili al nuoto, e per difendersi dai loro nemici si slanciano fuori del- l’acqua descrivendo parabole istantanee, ma ricadono tosto, perchè la mediocre di- mensione delle pinne pettorali non concede che fendano l'aria orizontalmente, come avviene ai pesci detti volanti. Paragonando tutte le condizioni fin qui esposte con quelle che caratterizzano le grandi famiglie degli Acantotterig;j non sarà difficile convincersi di quello che da principio abbiamo asserito, cioè ch'è impossibile intrudere in alcuna di quelle il ge- nere Mugil. Sono innegabili le somiglianze che ha con la famiglia dei Percidi, e spe- cialmente con quella sezione in cui è doppia la pinna dorsale: ma se ne allontana per la tenuità somma dei denti, che nei Percidi sono invece assai validi e grandi, e per gli opercoli inermi ed intieri, che mai non sono tali nei Pesci di quella famiglia. S'avvicinano agli Sfirenidi per la struttura degli opercoli, ma quelli hanno denti an- che più validi e grandi dei Percidi, e presentano un'aspetto diverso, e perciò hanno una differente combinazione di parti, sull'esame delle quali ora è superfluo impe- gnarci. Ai Mullidi savvicinerebbe assai più che agli altri, specialmente per la bocca orlata di denti appena sensibili, e per le forme generali; manca però di quei cirrì o barbette pendenti sotto il muso, che costituiscono il carattere più segnalato di quella famiglia. MUGIL CEPHALUS. Il Duméril stabilì i suoi ZLepidopomi sul Mugil e sull’ Exocetus, associando così, dietro le tracce degli antichi, due generi fra i quali corre soltanto una lontana ana- logia. Il Risso riguardò il Mugil come tipo d’una famiglia speciale, cui assegnò il nome Mugiloides: ma poichè comprese in essa oltre i Mullidi alcuni veri Percidi, tal famiglia non si poteva conservare senza modificazioni grandissime. Opporiuna fu dunque la novità introdotta dal Cuvier nella seconda edizione del suo Régne Animal; perchè ivi egli fondò la famiglia Mugiloides sul solo genere Mugil, registrando al seguito d’essa come generi indipendenti Z'etragonurus ed Atherina. Siccome però que- sti due generi sono appunto nella stessa condizione del Mugil quanto al non potersi aggregare assolutamente ad alcuna gran famiglia d'Acantotterigj, e poichè vi sono ca- ratteri comuni che li collegano col Mugil, noi ci siamo indotti a riunirli nella fa- miglia Mugilidae, le divisioni della quale nello stato in cui ora è la scienza vengono costituite dai tre generi mentovati, e si meritano i nomi di Mugilini, Tetragonurini ed Atherinini. La formula esprimente i caratteri essenziali della famiglia Mugilidae sarà la seguente. Operculi intieri: sei raggi alla membrana branchiostega: capo depresso: niun cirro al muso: due pinne dorsali: scaglie grandi. Condizioni poi particolari al gruppo o sotto- famiglia Mugilini saranno; il capo coperto di scaglie poligone: la mascella inferiore carenata nell'interno: i denti tenuissimi appena percettibili: la dorsale anteriore co- stituita da soli quattro raggi spinosi. La sottofamiglia Z'etragonurini, che per ora conta un sol genere ed una sola specie, ed ha essa pure la carena nell’ interno della boc- ca, si distingue perchè offre i denti taglienti ed acuti, la pinna dorsale anteriore bassa e allungata, e per quel carattere della coda fornita di creste, che si ripete nella maggior parte degli Scombridi. L'altra sottofamiglia Atherinini, in cui i denti sono pure minutis- simi, resta caratterizzata dalla bocca assai più protrattile, ma principalmente dalla mancanza della carena nell'interno della bocca e delle scaglie poligone sul capo. Ha poi i raggi spinosi flessibili, in guisa da accennare fino ad un certo punto una relazione con la famiglia dei Gobidi. Gome suole avvenire nei gruppi veramente naturali, le specie del genere Mugi! sono fra loro tanto simili che è necessario un’ attento esame per riconoscere i limiti che le separano. Ascende forse a trenta il numero di quelle che finora sono state raccolte, e di queste sei per lo meno s incontrano nei mari d'Europa, e particolarmente in quelli che bagnano la nostra Italia. Di quattro intese dar notizia il Rondelet, ma le sue descri- zioni e le fisure ne fanno riconoscere con precisione due solamente. Salviano si dif- fuse in erudizioni relative ai nomi degli antichi, e Belon disse in conclusione che tutti Muggini del mediterraneo di cui s'era parlato fino a lui non potevano essere al- tra cosa che stati diversi d’un’'essere medesimo. Il grande Artedi, il primo dei Sistema- tici, descrive una sola specie Europea, e sotto di essa inserisce indistintamente i sino» nimi, che spettano a molte: anzi è cosa degna d'osservazione che spendendo tre pa- gine di scritto nella descrizione del suo Mugi! non sia giunto a farci intendere con pre- | cisione qual fosse il Muggine chè aveva sott'occhi. Il Signor Risso fu il primo fra i mo- derni che dei Muggini europei si occupasse con frutto; ma neppur in ciò ch'egli disse trovasi tal esattezza che resti dileguata qualunque ambiguità sopra ognuna delle sue spe- cie. Solo il Cuvier recò vera luce sulla materia nella seconda edizione del Regne Animal, 30 * MUGIL CEPHALUS. ed appunto seguendo le tracce da lui segnate abbiamo potuto metter in chiaro le vere differenze ch’esistono fra i Muggini nostrali. Popolano questi Pesci in quantità mirabile i nostri mari ed i fiumi, somministrando lucro considerevole ai pescatori, che per farne prede copiose istituiscono speciali modi di pesca. Infatti e la carne e le uova, che conservate si vendono sotto il nome di dot- targa, danno un cibo sostanzioso e gradevole al palato. Varia il pregio di cui godono i Muggini in ragione del luogo e della stagione in cui vengono pescati, perchè è noto che il soggiornare nelle acque dolci li rende insipidi, che acquistano sapore vivendo nei fondi salsi più grassi, che l'estate concilia ad essi un’ odore qualche poco spiacevole ; ma varia ancor più in ragione della diversità delle specie. Quindi è naturale che pon- ganò attenzione mel riconoscerli debitamente e pescatori e pescivendoli e consumatori. Accade però a tutti costoro quel ch'era avvenuto fin qui al massimo numero degli Ittiologi; separano cioè alcune specie più evidentemente diverse, quando pure sono costanti nel separarle, confondono le rimanenti; non hanno in ogni luogo altrettanti nomi vernacoli quante sono le specie che giornalmente passano per le lor mani, nè questi nomi hanno lo stesso senso, nè sono i medesimi anche in regioni contigue. Da ciò viene che riesce difficile stabilire la concordanza delle appellazioni del volgo niente meno che quella degli scienziati. Con grande stento abbiamo potuto determi- nare il significato di molti vocaboli vernacoli; ma ci conviene confessare che restiamo nell’ incertezza relativamente al numero maggiore, nè potremmo asserire che cosa si- gnifichino propriamente presso 1 Toscani Lustro, Capacchiòlo, Bocca-rasullo; nè che valore abbiano fra i Veneti Botolo, Caustello, Topo, Orbeto, Mechiato, Botauro, Magna- giuzzo, Verzellata, Cagaggiola, Pesce-menuo, Pesce Gufo, e in Sicilia Calvinu, Lustru, . Cirinu. Se col nome Kepa)os, che significa capo, e dal quale sono derivati il latino Ce- phalus e l'italiano Cefalo, i Greci ebbero ad indicare una particolare specie di Mug- gine, ragion vuole che si supponga averlo essi applicato a quella delle indigene che più si fa notare per la grossezza del capo. Tal' è il pesce chiamato oggi Cefalo vero dai Romani. Questa corrispondenza di nomi fu già avvertita dal Rondelet, e saviamente operò a nostro eredere il Cuvier, che assunse il nome Cephalus come sistematico, ap- propriandolo al Muggine di cui parliamo. E ben vero che anche Linneo aveva fatto uso del nome stesso, ma siccome egli attribuiva al suo Mugi! Cephalus per solo carat- tere cinque raggi alla pinna dorsale anteriore, numero che non s'incontra in alcun Muggine meno che non sia effetto d’ un’ aberrazione dallo stato ordinario, e poichè si riferiva pei sinonimi all’Artedi, il quale ha stretto in un fascio le citazioni spet- tanti a più specie fra loro diverse, il Cuvier aveva dritto di riguardare il Mugil Ce- phalus di Linneo come non esistente, e poteva disporre liberamente del nome. Il corpo del nostro Pesce è sensibilmente turgido. La sua larghezza è la settima parte della lunghezza. L'altezza maggiore, che cade al dinanzi della dorsale anteriore, entra cinque volte e un quarto nella lunghezza totale, e cinque volte e mezzo vi è contenuta la lunghezza del capo. La coda alla sua origine ha due quinti dell'altezza del corpo. Il capo superiormente è spianato col contorno anteriore curvato a guisa di semicircolo; la sua grossezza eccede notabilmente quella del tronco. L'occhio è assai grande: il diametro dell'orbita uguaglia lo spazio che corre dal suo lembo anteriore MUGIL CEPHALUS. all’apice del muso, ed è situato alla distanza di due diametri e più dal margine dell’ opercolo: fra un’ occhio e l’altro corrono due diametri dell’ orbita. Tutta la re- gione oculare è ricoperta da un grosso strato adiposo trasparente, che lascia scoperta la sola pupilla, e si stende posteriormente fino alla metà dell’ opercolo. I forami di ciascheduna narice sono assai più lontani fra loro che rispettivamente dal lembo delle labbra e da quello dell’orbita. Il labbro superiore è alquanto più erto dell’ inferiore, visibilmente ciglioso al margine; l’inferiore è tenue senza orlo membranaceo spor- gente. Il pezzo mascellare è corto: la sua estremità inferiore non torcendosi all’ in- giù, quando è chiusa la bocca resta totalmente nascosta sotto il pezzo sottorbitale. La lamina cornea del sottorbitale è stretta, oscuramente dentellata all'estremità. Gli opercoli nel tratto inferiore non giungono a chiudere la gola, e si toccano soltanto in un punto, al dinanzi del quale lasciano scoperto uno spazio lanceolato a rovescio, largo quanto la distanza fra la narice posteriore e il lembo dell’ orbita. Le squame del tronco sono in numero di quarantasei in ciascuna fila, e le file dalla carena del dorso a quella del ventre son quindici. Delle dorsali la prima è alta poco più di quello che è lunga, e corrisponde presso che alla metà dell'altezza del corpo: i due primi raggi sono quasi uguali, il terzo è poco più basso di essi, e il quarto assai più del terzo: verso la base posteriore della pinna sorge talvolta un quinto raggio, bre- ve, aderente alla carena dorsale, del che ci è avverfuto vedere un solo esempio fra cin- quanta individui. La pinna dorsale posteriore supera l’elevatezza dell’anteriore, ed è men lunga che alta: i suoi raggi gradatamente diminuiscono dal primo al quinto, i due seguenti sono elevati quanto il quinto, l’ultimo che è bifido ha un altezza poco meno che corrispondente alla metà di quella della pinna intiera. Le pinne pettorali hanno una forma approssimativamente semi-ovata, la loro base è larga poco meno d'un quinto dell'altezza del corpo: l'altezza dei loro raggi maggiori uguaglia l'intervallo che passa fra il lembo posteriore dell’ opercolo e il centro dell'occhio. La scaglia ascel- lare è lanceolata, acuta, carenata, membranacea verso la punta, lunga quanto un terzo della pinna. Le pinne ventrali sono inserite sotto il punto che corrisponde fra la metà e l'apice delle pettorali allorchè queste sono applicate al corpo: la loro altezza è minore della lungezza delle pettorali. La pinna anale nel dinanzi è alta quanto la dor- sale posteriore, nel di dietro è più bassa della metà. La lunghezza della sua base è poco più della metà dell'intervallo che la separa dalla radice della coda: l’altezza dei due primi raggi ramosi eccede d’un sesto la lunghezza della pinna; i raggi seguenti dimi- nuiscono a gradi fino al sesto, al di là del quale la pinna si eleva di nuovo, talchè posteriormente la sua altezza giunge ad uguagliare la metà della lunghezza di tutta la base. La pinna caudale è contenuta cinque volte nella lunghezza di tutto il Pesce, forcuta fino alla metà, col lobo superiore appena sensibilmente più lungo dell’altro. Il sistema generale di coloramento corrisponde a quello di tutti Muggini, perchè la metà superiore del corpo è cinerea tendente al fosco e all’argenteo con alcuni ri- flessi dorati, altri azzurri, e con nove o dieci linee per parte di colore più oscuro, che risultano da macchie segnate per lungo sul mezzo di ciascuna squama: la metà infe- riore è bianco-argentina con qualche leggera traccia di linee longitudinali più scure, analoghe a quelle del dorso. Gli opercoli hanno molti riflessi argentini e dorati. L’iride è dorata. Lo strato adiposo che cuopre la regione oculare volge al color d'ambra. Le pin- ne dorsali sono d'una tinta cinereo-fosca tendente all’ocraceo, e dello stesso colore sono 308% MUGIL CEPHALUS. le pettorali nel tratto compreso fra i raggi più lunghi; nel rimanente sono più chiare, e solo lungo la loro base si veggono segnate da una macchia allungata di color turchino- nerastro, ma poco decisa. Le ventrali sono di tinta cinereo-chiara; l’anale e la caudale hanno generalmente la stessa tinta ma più tendente all’ocraceo, e verso l’apice sono imbrattate di fosco. Il soggiorno che fa questo Pesce nelle acque dolci rende più languidi tutt'i colori; e questa osservazione è applicabile anche alle altre specie del genere. Basterebbero a distinguerlo dai restanti Muggini nostrali la gran distanza che corre fra i due fori di ciascuna narice e lo strato d'adipe trasparente che cuopre gli occhi, caratteri che si ripetono soltanto in alcune specie esotiche. Meritano pure attenzione la forma del capo allargato ed ottuso, le labbra poco carnose, i pezzi mascellari brevi, che, stando chiusa la bocca, vanno a nascondersi sotto i sottorbitali, lo spazio che resta scoperto dagli opercoli sotto la gola, non che la scaglia carenata allungata che giace presso il termine superiore della base delle pettorali. Quasi in niun conto sono da tenere il colore generale più o meno intenso, e le linee longitudinali più o meno di- stinte, perchè dipendono da circostanze estranee, come sarebbero la stagione, le acque salate o dolci, e il fondo su cui l’animale ha fatto soggiorno. Il Mugil Cephalus vive nel Mediterraneo e si stende intorno a tutto il continente Africano: non s'è trovato sulle coste Europee dell’ Atlantico. Sui nostri lidi e nei no- stri fiumi è uno dei Muggini più comuni, e si pesca in tutte le stagioni con le reti, non mai con l'amo, perchè non è capace d’appetir l’esca. Nell’ Adriatico non è al- trettanto abbondante. La sua carne è migliore di quella delle altre specie nostrali, seppure non è vinta da quella del M. auratus. AL solito è lungo meno d’un piede, ma può giungere fino a due, ed allora pesa fino a diecisette libbre. A Roma dicesi Cefalo vero, Cefalo comune, Cefalo mattarello; in Toscana Muggine caparelto ; sui lidi Veneti Zolpina e Volpineto. In Sicilia, per quanto asserisce il Rafi- nesque, è detta Molettu nel Val di Mazara e Lampune nel val di Noto; a Nizza si chia- ma Carida. Le appellazioni volgari Cefalo, Muggine, Muggello, Musano, Cievolo, Cefalu usitate a Roma e a Napoli, in Toscana, nel Piceno, nel Genovesato, sui lidi Veneti, nella Sicilia s' applicano a tutto il genere piuttosto che ad aleuna specie in particolare. MUGIL CHELO MUGGINE CHELONE MUGIL capite mediocri, anterius subtruncato; labio superiore crasso, inferiore vid margi- nato; maxillaris apice declinato infra suborbitalem porrecto: spatio gulari operculis interposito via ullo: pinna dorsali spinosa corporis dimidio altiore. LED ae DATA: muciL curLo, Cuv. Regn. Anim.2. ed. II. p. 252. MUGIL PROVENSALIS, /tisso, Zehth. Nic. p.346. sp. 4. (exclusa var. A.) nec Mist. Nat. MUGIL LarBosus, /tisso, Mist. Nat. III. p. 589. sp.504. MoGIL cEPnALUS, var. B. Delaroche Mém. Poiss. Ivica in Ann. Mus. XIII. p.358. tab. 21. fig. 7. cueLon, Rondel. Pisc. I. lib. ix. cap.v. p. 266. cum fig. Gesner, Aquat. lib. iv.p. 552. Willughb. Hist. Pisc. lib. iv. cap. iv. $. iv. Ray, Syn. Pisc. p. 84. sp. 7. mvuret cnaLuo, Duhamel, Traité des Péeches III. Sect. vi. cap. ii. art. ii. p. 147. sp. 5. MUGE A’ GROSSE LÈVRES, Risso, loco citato. Fi noto al Rondelet che lo chiamò Chelon, riproducendo un nome usato dai Greci. Il primo a descriverlo fra i sistematici fu il Signor Risso. Disgraziatamente per designare la specie egli scelse da prima un vocabolo che non si può conciliare col genio della lingua latina: lo scambiò poi con un'altro che ha per lo meno il difetto d'un significato ambiguo. È sembrata perciò preferibile l’appellazione specifica stabi- lita dal Cuvier, che richiama il nome consecrato originalmente dal Rondelet. Il suo corpo è compresso-turgido. La sua larghezza è contenuta otto volte nella lunghezza totale: l'altezza maggiore è quasi un quinto della detta lunghezza, e poco minore di quella del capo. La coda alla sua origine ha due quinti dell’ altezza del corpo. Il capo è grosso quanto il corpo, leggermente assottigliato a cuneo verso il di- nanzi, superiormente un poco convesso, ed ha il contorno anteriore quasi troncato. Il diametro dell’ orbita uguaglia la distanza che’ passa fra il suo lembo anteriore e il lembo delle labbra, ed è minore della metà dell'intervallo posto fra il suo lembo po- steriore e il termine dell’opercolo. Fra un occhio e l’altro si conta due volte la mi- sura del diametro dell'orbita. L'occhio non è coperto da strato adiposo. I forami delle narici da ciascun lato sono poco men distanti fra loro, che l’anteriore dall’apice del muso e il posteriore dal lembo dell’orbita. Il labbro superiore è turgido, carnoso, ru- gosissimo nella metà di sotto, orlato di ciglia tenuissime fitte brevi. La misura della sua altezza corrisponde alla metà del diametro dell’ orbita. Il labbro inferiore è tenue, e non orlato da margine cospicuo sporgente all'infuori. Il pezzo mascellare assai erto si prolunga oltre al sottorbitale torcendosi all'ingiù, talchè quando la bocca sta chiusa resta scoperta la sua porzione inferiore. La lamina cornea del sottorbitale s'allarga sen- sibilmente scendendo dalla base all’apice, ed è dentellata nella sola metà inferiore. Gli MUGIL CHELO. opercoli nel disotto del capo si toccano per un tratto considerevole, ma non giun- gono a chiudere esattamente la gola, lasciando scoperto anteriormente uno spazio li- neare strettissimo. Quarantasei sono le scaglie del corpo in ciascun’ ordine dal capo fino alla coda, e gli ordini sono quindici. La pinna dorsale anteriore eccede nell’altezza la metà dell’ altezza del corpo, ed ha poco men del doppio della propria lunghezza: i primi due raggi son quasi uguali, il terzo è di poco minore, l’ultimo ha due terzi dell'altezza del primo. La dorsale posteriore è quasi della metà men lunga che alta: il suo primo raggio supera l’altezza della dorsale anteriore, l’ultimo è men alto della metà del primo. Le pinne pettorali sono piuttosto strette, e la lunghezza dei loro raggi maggiori supera la distanza che corre fra il lembo posteriore dell’ opercolo e il lembo anteriore dell’ orbita. La scaglia ascellare è breve, ottusa. I raggi maggiori delle pinne ventrali hanno quattro quinti della lunghezza delle pettorali. La pinna anale anterior- mente ha in altezza una volta e mezzo la propria lunghezza, posteriormente è alta poco più della metà della detta lunghezza. La pinna caudale è contenuta quasi cinque volte nella lunghezza di tutto il Pesce. Nulla offre di speciale il coloramento, affatto analogo a quello del Mugil Cephalus e degli altri. Le pinne pettorali talvolta hanno una macchia nera rotonda alla base, più spesso però ne sono prive: la parte più rugosa del labbro di sopra è biancastra. La condizione del labbro superiore carnoso è comune a più specie di Muggini, ma s'incontra in due sole delle nostrali, cioè in questa e nel Mugil Labeo del Cuvier. Oltre il carattere fornito dal labbro, merita esser considerato in questa specie che l’estre- mità dei pezzi mascellari è grossa, e resta scoperta anche quando è chiusa la bocca, che la gola è quasi tutta chiusa dagli opercoli, i quali si toccano per un buon tratto ma non si soprappongono: tutte queste condizioni si rinvengono più o meno distinte in altri Muggini, ma non riunite. Per separarla dal Zabeo, che pure ha il labbro supe- riore carnoso come s'è detto, basta guardare all'altezza della pinna dorsale anteriore, che s'innalza più che ad una metà dell'altezza del corpo. La sua statura suol essere uguale a quella del Mugi! Cephalus o poco minore. Abita in grande abbondanza tanto nel Mediterraneo e nell'Adriatico, quanto nell'Oceano. La sua carne ha pochissimo pregio. A Roma chiamasi Cefalo Pietra o Cefalo di Pietra, a Firenze Sciorina, sui lidi Veneti Buosega, nella Liguria Ciautta: a Nizza ha nome Zabrà. In Sicilia stando al Rafinesque si direbbe Cefalune. Gli Spagnuoli lo chiamano Lissa. MUGIL LABEO MUGGINE LABBRONE MUGIL capite mediocri, anterius subtruncato; labio superiore valde crasso, inferiore mar- ginato: maxillaris apice declinato infra suborbitalem porrecto: operculis mafgine in- feriore toto contiguis: pinna dorsali antica corporis triente breviore. 1.° D. 4. 2,5 D. 9g. P. 16. V. 1/5. A. 3/x1. C. 16. muciL LABEO, Cuv. Regn. Anim. 2. edit. IT. p. 255. mucIL PRovENSALIS, var. A. Risso, Ichth. Nic. p. 346. sp. 4. Mugi pRovencanis, Risso, Hist. Nat. ITI.p. 591, sp. 308. MUGE PROVENCAL, £isso, Zoco citato. 6: prima notizia di questo Muggine devesi al Signor Risso, che lo riguardò co- me varietà del Mugi! Chelo, Guvier, allorchè descrisse quello nell’Zttiologia di Nizza sotto il nome di M. Provensalis. Poscia nella Storia Naturale delle principali produzioni dell’ Europa meridionale serbò tal nome esclusivamente pel Pesce di cui ora parliamo, ed assegnò all’altro un nome diverso. Tanto almeno fanno congetturare le descrizioni date dall'autore citato. Ad ogni modo però è convenuto abbandonare il nome Pro- vensalis come poco corretto, e adottare l’altro proposto dal Cuvier, e tratto da un vo- cabolo antico, destinato a designare un Muggine, che doveva essere senza meno uno degl’indigeni dalle labbra grosse. Poco rileva il sapere se fosse piuttosto questo che il Mugil Chelo, Cuvier: dall'altro lato sarebbe impossibile venir a capo di risolvere tal questione, perchè gli antichi Ittiologi ci hanno lasciato secondo il solito lunghissime dissertazioni sulle parole, e luce assai scarsa sul loro significato. Qualunque si fossero i Muggini che Giovio intendeva sotto i nomi di Zabeo e di Capito, è curiosa l’erudizione che spaccia sul conto loro, perchè a questi Pesci attribuisce l'origine de’ cognomi dei Capitoni e dei Labeoni, famiglie romane illustri sopratutto in grazia dei sommi giu- reconsulti Attejo ed Antistio. Ma non sarebb'egli ragionevole dire che il capo grande, e le labbra grosse debbono aver procacciato originalmente siffatte denominazioni tanto ai Giureconsulti ovvero ai loro maggiori, quanto ai Muggini, piuttosto che attribuirle a qualche connessione ravvisata fra quei valentuomini e i pesci? | Il Mugil Labeo ha il corpo compresso-turgido, la cui larghezza è contenuta otto volte e mezzo nella lunghezza totale, che è quintupla dell’altezza maggiore. Il capo è compreso cinque volte e mezzo nella mentovata lunghezza, alquanto più largo del corpo posteriormente, turgido, poco ristretto a cuneo dall’ indietro all’innanzi, legger- mente convesso nel di sopra, troncato all'apice. Diametro dell’ orbita maggiore della distanza che passa fra il suo lembo anteriore e l'apice del muso, e corrispondente al doppio dell'intervallo che la separa dal lembo posteriore dell’opercolo. Distanza MUGIL LABEO. fra un occhio e l’altro un poco minore del doppio del diametro dell'orbita. Forami nasali di ciascun lato più vicini del doppio fra loro che rispettivamente all'apice del muso, e al lembo dell’orbita. Labbro superiore carnoso, turgido, ma quasi spianato BE) ruvidetto, oscuramente crenato al margine, orlato di ciglia tenui bre- vissime, l'altezza del quale giunge a misurare tre quinti del diametro dell'orbita. Labbro inferiore con un’orlo membranaceo-carnoso, sporgente infuori. Pezzo mascel- lare grandetto prolungato all’ingiù, in guisa che il sottorbitale cuopre poco più: della metà della sua lunghezza mentre la bocca sta chiusa. Lamina cornea del sottorbitale allargata verso il suo termine, col margine anteriore notabilmente incurvato all’indentro verso la base, orlato di dentelli piuttosto profondi nel solo tratto terminale. Opercoli col lembo inferiore quasi rettilineo, che si combaciano nel disotto del capo, lasciando scoperto verso il muso uno spazio strettissimo di gola appena visibile. Pinna dorsale anteriore che ha in altezza una volta e un quarto la misura della propria lunghez- za, e la terza parte dell'altezza del corpo, col terzo raggio poco più breve del pri- mo, che è alquanto men lungo del secondo. Pinna AR Ie posteriore poco men lunga che alta, coi raggi maggiori che superano d’una metà l’altezza della dorsale anteriore, posteriormente elevata una metà meno che anteriormente. Pinne pettorali di poco più brevi della distanza che corre fra il lembo posteriore dell’opercolo e l’apice del muso. Pinne ventrali il doppio più lunghe che larghe alla base, coi raggi maggiori lunghi quanto quattro quinti delle pettorali. Pinna anale lunga alla base più che non sono Du ghe le ventrali, alta anteriormente un quarto meno della propria lunghezza, posterior- mente men della metà più bassa. Pinna caudale compresa cinque volie e un terzo nella lunghezza totale del corpo, forcuta solo per un terzo della lunghezza propria. Il coloramento del corpo non offre cosa alcuna di singolare, essendo generalmente uguale a quello degli altri e specialmente del JM. Chelo. Appartenendo questa specie alla categoria di quelle col labbro superiore assai tur- gido, con niun' altra delle nostrali si potrebbe confondere fuori che col M. Chelo. Se ne scosta però non tanto perchè ha il labbro superiore notabilmente più erto, quanto pel labbro inferiore cinto d’un margine distinto membranaceo-carnoso sporgente, è per la pinna dorsale anteriore, che ha solo un terzo dell'altezza del corpo. E poi il solo Muggine che porti undici raggi ramosi nella pinna anale. Suol essere di picciola mole, giungendo di rado la sua lunghezza ad otto pollici. Vive nel Mediterraneo, e sembra che preferisca le spiagge arenose. È rarissimo nei lidi Romani e la sua carne è poco pregiata. A Nizza chiamasi Sabounie: non conosciamo altri nomi volgari che sieno in uso nelle rimanenti regioni d’ Italia. Si Battistella, 34. MUGIL CAPITO MUGGINE CALAMITA uUGIL capite mediocri, subattenuato, anterius obtuso: labio superiore non incrassato: maxillaris apice declinato, infra suborbitalem porrecto: operculis margine infero invicem incumbentibus, spatio gulari operculis interposito obverse lanceolato : utriusque naris foraminibus approximatis. tia ne DR 7/5 ACI MmuciIL cAPITO, Cu. Règn. Anim. 2. edit. II. p. 52. MuciL cepmaLos var. À. Itisso, Lehth. Nic. p. 344. sp. 2. muciL nimana, Riss. Mist. Nat. ILI. p. 590. sp. 505. ramapo de Nice, Cup. Zoco citato. muLLet? Penn. Br. Zool. III. p.278. A questo Muggine fu assegnato dal Cuvier il nome Capito, il quale presso gli anti- chi serviva a distinguere una delle specie nostrali, e forse, attesa la maggior grossezza del capo, designava piuttosto il M. Cephalus del Cuvier. Ciò che scrive il Signor Risso del suo Mugil Ramada non basterebbe a far riconoscere in esso la specie presente: ma poichè il Cuvier allega il Ramado di Nizza sotto il suo M. Capito, dobbiamo credere ch'egli abbia avuto campo di verificare l’ identità. È probabile che sia questo stesso il Muggine avuto in vista dall’ Artedi, e chiamato da Linneo Mugil Cephalus, perchè abbonda appunto nelle regioni visitate da quegli au- tori, mentre invece il Mugi! Cephalus del Cuvier non si rinviene sulla sponda Europea dell'Atlantico. La frase però di Linneo pecca d'inesattezza, come abbiamo già fatto rile- vare, la descrizione d'Artedi tuttochè lunga nulla contiene che sia preciso abbastanza, la sinonimia che allega è un complesso di citazioni discordi: bisogna contentarsi per- tanto di lasciare la quistione non risoluta; nè per la scienza è gran danno. Il Mugil Capito ha il corpo compresso-turgido. La sua larghezza è contenuta otto volte nella lunghezza totale, la quale comprende l'altezza maggiore per cinque volte e mezzo. La lunghezza del capo è contenuta cinque volte in quella di tutto il Pesce. La radice della coda ha due quinti dell'altezza del corpo. Il capo largo posteriormente un poco più del corpo, s'assottiglia alquanto verso il dinanzi, che ha il contorno arcuato, 1ma piuttosto tendente all’angoloso che al semicircolare. L’orbita giunge alla misura della metà della distanza che passa fra il suo lembo anteriore e l’apice del muso, ed è compresa quasi tre volte nello spazio che corre fra il suo lembo posteriore e quello dell’opercolo. Fra un’occhio e l’altro passa una distanza uguale a due diametri e due terzi dell'orbita. L'occhio non è ingombrato da stratto adiposo. I forami delle narici’ da ciascun lato sono talmente vicini, che l'intervallo che li disgiunge corrisponde a due quinti della distanza che passa fra l'anteriore e il lembo del labbro di sopra, e fra il posteriore e il lembo dell'orbita. Il labbro superiore è erto mediocremente, misurando dI MUGIL CAPITO. la sua altezza un quarto del diametro dell'orbita, orlato di ciglia tenuissime, e brevi: l’inferiore tenue, senz’ orlo sporgente. Il pezzo mascellare è sottile per tutta la sua lunghezza, si torce all’ingiù verso il termine, e sporge fuori del sottorbitale, quando è chiusa la bocca. La lamina cornea del sottorbitale è breve, non s'allarga gran fatto scendendo dalla base all'apice, ed è orlata di dentelli piuttosto sensibili nella sola metà inferiore. Gli opercoli nel disotto del capo non solo si toccano vicendevolmente, ma il lembo dell’uno si soprappone qualche poco a quello dell'altro: anteriormente lasciano scoperto uno spazio di gola, che ha la figura lanceolata a rovescio, largo quanto la metà del diametro dell'orbita. Quarantasei sono le scaglie del corpo in ciascun’ordine, e gli ordini quindici da ciascun lato. La pinna dorsale anteriore è una volta e mezzo più alta che lunga. Il suo primo raggio giunge alla metà dell’altezza del corpo, il secondo è alquanto più basso, i seguenti sono sempre più brevi. La dorsale posteriore ha in lunghezza tre quarti della propria altezza. Il suo primo raggio supera appena l'altezza del primo della dorsale anteriore, l’ultimo è alto quanto la metà del primo. Le pinne pettorali sono piuttosto strette: la loro base corrisponde ad un quinto dell’ altezza del corpo: la lunghezza dei loro raggi maggiori giunge quasi ad uguagliare la distanza che corre fra il lembo posteriore dell’opercolo e il centro dell'occhio. La scaglia ascellare è breve, ottusa. I raggi maggiori delle ventrali hanno cinque sesti della lunghezza delle pettorali. L'anale anteriormente è appena più bassa dei raggi maggiori delle ventrali, lunga due terzi della propria altezza; il suo lobo posteriore è alto due quinti dell’an- teriore. La caudale è contenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza di tutto il Pesce. Una macchia nerastra di forma quasi rotonda suol mostrarsi in questa specie se- gnata sulle pinne pettorali presso il termine superiore della lor base; ed è quasi sempre molto pronunziata. Fuori di questa particolarità il sistema di coloramento è analogo a quello del Mugil Cephalus, e se vi sono differenze non possono dirsi precise o costanti. Sembra però cosa degna d’ esser notata, che mentre il massimo numero degli esem- plari porta le strisce fosche del dorso sottili, e segnate sopra un fondo di colore decisa- mente chiaro ed uniforme, se ne incontrano altri, in cui tutt'il dorso ha un fondo di colore assai sordido, le strisce più cupe sono poco distinte, i riflessi argentini volgono in gran parte all’azzurro, le pettorali quasi tutte imbrattate di tinta sordida lasciano scor- gere a stento la macchia nerastra alla base. Converrà considerare questo come un sem- plice scherzo versicolore, tanto più che la deviazione dal coloramento ordinario diviene sempre men facile a riconoscersi secondo che il Pesce perde della sua freschezza. Lasciando da parte i caratteri di minor conto, le labbra turgide bastano a separare il Mugil Labeo ed il Chelo dal Capito. Questo s' allontana dal Cephalus perchè ha gli occhi più piccioli non coperti dallo strato adiposo, pei forami nasali vicini, per la macchia delle pettorali rotonda e più decisa, per la squama ascellare breve, pel pezzo mascel- lare non occultato dal sottorbitale. Quest'ultimo carattere è sufficiente altresì per distin- guerlo dal M. auratus, del quale parliamo nel prossimo articola. È senza fallo il Muggine più comune in tutti mari dell'Europa. Lungo i lidi se ne fanno pesche ricchissime, particolarmente con un'apparecchio di reti, detto Muggirara in più luoghi d’Italia. Si prende pure in maggior copia delle altre specie nei fiumi che risale in estate con le reti e cal mezzo del veleno dell’erba-mora o della noce di galla. Giunge alla statura del M. Cephalus o poco meno; ma gli è inferiore nel pregio della carne. A. Roma dicesi volgarmente Cefuto Calamita: in Toscana Acuccotto ; sulle spiagge del Piceno e della Romagna Baldigare o Baldicara; a Venezia Lotregano ; a Nizza Ramada. MUGIL AURATUS MUGGINE ORIFRANGIO MUGIL capite mediocri, subattenuato, antice obtusiusculo: labio superiore vix incrassato: maxillari brevi a suborbitali occultato: operculis margine infero contiguis, spatio gulari operculis interposito lineari-lanceolato : utriusque naris foraminibus approximatis. 14 D; Aa Dog Da 16 AS kÈAn89 a 18. MUGIL AURATUS, Risso, Ichth. Nic. p.544. sp. 22 Id. Hist. Nat. III p. 590. sp. 506. Cue. Regn. Anim. a. edit. ii. p. 252. MUGE DORE, £isso, loca citato. Fi descritto dal Signor Risso e ripetuto dal Cuvier sotto il lodevol nome imposto dallo scopritore, che allude ad una macchia metallica degli opercoli, con la scorta della quale sogliono riconoscere questo Muggine i Pescatori. Ha il corpo compresso-turgido. La sua larghezza sta alla lunghezza come uno a otto e un quarto: l’altezza alla lunghezza come uno a cinque e un quarto; la lunghezza del capo a quella di tutto il pesce come uno a cinque. Capo largo posteriormente poco più del corpo, poco assottigliato verso il dinanzi, piuttosto spianato superiormente e declive, coll’apice ottuso tagliato ad arco. Diametro dell'orbita poco minore della distanza che passa fra il suo lembo anteriore e quello del labbro: la misura d’un diametro e mezzo corre fra il lembo suo posteriore e il termine dell’opercolo. Forami delle narici distanti fra loro due volte meno che il posteriore dal lembo dell’orbita, e tre volte meno che l’an- teriore dall’apice del muso. Labbro superiore alquanto erto, non però affatto turgido, or- lato da ciglia tenui ma ben visibili ad occhio nudo; la sua altezza supera la terza parte del diametro dell'orbita. Pezzo mascellare breve, occultato dal sottorbitale, mentre la bocca sta chiusa. Lamina cornea del sottorbitale leggermente dilatata dalla base all’api- ce, lunghetta, dentellata nella metà di sotto. Opercoli moderatamente rigonfj, che nel di sotto del capo si toccano per un buon tratto, al dinanzi del quale lasciano uno spazio di gola scoperto angusto e breve di forma lineare-lanceolata, largo quanto la quarta parte dell’orbita. Pinna dorsale anteriore alta poco più della propria lunghezza : i due primi raggi uguali, il terzo poco minore, il quarto assai più basso. Pinna dorsale posteriore poco forcuta, elevata quanto l’anteriore, alta un quinto più della propria lunghezza an- teriormente, e un terzo soltanto posteriormente. Pinne pettorali lunghe più della di- stanza che passa fra il lembo posteriore dell'opercolo e il lembo anteriore dell’ orbita. Squama ascellare breve, ottusa. Pinne ventrali lunghe due terzi della lunghezza delle pettorali. Pinna anale alta quanto sono lunghe le ventrali, estesa alla base per tre quarti della propria altezza. Pinna caudale compresa cinque volte nella lunghezza to- tale del Pesce. Ordini di scaglie del corpo quindici: quarantasei scaglie per ordine. 31% dI MUGIL AURATUS, Il coloramento è simile a quello dei Pesci congeneri. Una macchia grandetta splen- dente dorata suol esser segnata distintamente sugli opercoli fra l'occhio e la pinna pet- torale; ma spesso questa è visibile a stento, talvolta è cancellata del tutto. Siccome alcuni esemplari giovani, di corpo più svelto, mancanti della macchia me- tallica, e tinti di colori più chiari potrebbero indurre in errore gli osservatori, come ingannano di continuo i Pescivendoli i quali s'ostinano a tenerli per diversi, abbiamo avuto cura di presentare l’effigie d'uno d’ essi sotto il n.° 3 della nostra tavola. S'avvicina più al M. Capito che alle altre specie fin qui descritte; ma bastano a di- stinguerlo da esso il mascellare coperto in tutto dal sottorbitale, lo spazio di gola sco- perto men ampio, l'assenza della macchià rotonda nerastra alla base delle pettorali. Il suo labbro superiore è un poco più erto che nel M. Cephalus e nel Capito stesso, ma non in guisa da potersi chiamare rigorosamente turgido com'è nel Zabeo e nel Chelo; del rimanente s' allontana da questi ultimi due anche per lo spazio di gola non coperto dagli opercoli, ch’ è assai meno ristretto : dal Cephalus si distingue principalmente per la mancanza dello strato adiposo sulla regione oculare, per le narici approssimate, pel capo più allungato men depresso, per la squama ascellare ottusa e breve. Si pesca piuttosto frequentemente sui lidi d’Italia, e sulle spiagge della Francia meridionale: è però meno abbondante del M. Capito, del M. Cephalus e del Chelo. È men grande del M. Capito: un' esemplare mediocre suol aver circa nove pollici di lunghezza, i maggiori non oltrepassano di molto un piede. La sua carne è di grato sa- pore, forse anche più di quella del Mugi! Cephalus. A Roma chiamasi Cefulo dalla garza d'oro, (e garza o sgarza significa opercolo nel dialetto del volgo): agli esemplari di color dilavato si sente applicar talvolta il nome di Cefalo chiaro, come quello di Cefalo rigato a questo e ad altri Muggini allorchè hanno le strisce scure più decise. In Toscana è detto Muggine orifrangio, nelle Marche Badi- gia d’oro. A Genova Musano dall’oro: a Nizza Daurin. % 4 perla î hd Da QUE MUGIL SALIENS MUGGINE MUSINO i t MUGIL capite mediocri, attenuato, antice acutiusculo: labio superiore vix incrassato: ma= aillaris apice declinato infra suborbitalem porrecto: operculis margine infero contiguis, spatio gulari obverse lanceolato angusto: utriusque naris foraminibus approximatis : pinna dorsali antica corporis dimidio humiliore. 120. aiaiD. tg RA asili 3/0. MOUGIL SALIENS, Risso, Lehth. ie. p. 545. sp. 3. Id. Hist. Nat. III. p.391. sp. 507. CESTREUS capite acutiore, lineis breviorihus? Klein, Mist. Pisc. Miss. V.fasc.IX.p. 21.sp.2. MUGE SAUTEUR, isso, loco citata. Cuv. Reègn. Anim.2. ed. II. p. 252. iste di questo Muggine devesi la notizia al Signor Risso, nè se ne rinviene traccia negli scritti degl’Ittiologi anteriori. Solo può sospettarsi che l’abbia veduto il Rondelet, il quale attribuisce un muso acuto al suo Cestreus, ed appunto più acuto che in ogni altro pesce congenere è il muso del Mugi! saliens. Il sinonimo qui sopra addotto del Klein non è punto più sicuro di quello del Rondelet. i Il corpo di questo Muggine è compresso-turgido e la sua larghezza sta alla tunghezza come uno ad otto, l'altezza come uno a cinque e mezzo. La lunghezza del capo è uguale alla maggior altezza del tronco, Il capo posteriormente è poco più largo della parte con- tigua del corpo, assottigliato verso il dinanzi ed acuto all'apice nel senso verticale, spia- nato superiormente e declive, ottuso e tagliato ad arco nel senso trasversale. Il diametro dell'orbita è poco minore della distanza che passa fra il suo lembo anteriore e quello del labbro di sopra. Fra un'occhio e l’altro corre la misura di due diametri dell’or- bita, e quella di due diametri e un quarto fra il loro lembo posteriore e il termine dell’ opercolo. I forami delle narici sono distanti fra loro due volte meno che il po- steriore dall’ occhio, e tre volte meno che l'anteriore dalla punta del muso. Poco erto è il labbro superiore, essendo la sua altezza un quarto soltanto del diametro dell’ or- bita, non turgido, orlato di ciglia tenuissime, brevi: l’inferiore è tenue ed è contor- nato da un orlo membranoso brevissimo. L'osso mascellare è piuttosto sottile in tutta la sua lunghezza, verso il termine inferiore si torce all’ingiù, e stando chiusa la bocca vien coperto dal sottorbitale per poco più della metà. La lamina del sottorbitale è breve, pochissimo s'allarga scendendo all’ingiù, ha un seno incavato sul margine ante- riore, ed è orlata di dentelli tanto lungo il margine anteriore medesimo, quanto lun- go il tratto terminale. Nel di sotto del capo si toccano vicendevolmente gli operco li, lasciando scoperto uno spazio di gola lanceolato a rovescio, la cui larghezza cor- risponde presso a poco ad una quarta parte del diametro dell’ orbita. La pinna dor- sale anteriore è poco più lunga che alta: ha i due primi raggi uguali, il terzo alquanto 57 MUGIL SALIENS. minore, il quarto assai più basso. L'altezza dei due primi è minore della metà dell’al- tezza maggiore del tronco, e non giunge ad uguagliare neppure la misura che corre fra il lembo posteriore dell'orbita e l'apice del muso. La seconda dorsale è poco forcuta, s'eleva quanto la prima, anteriormente è alta un quinto più della propria lunghezza, e un terzo più posteriormente. Le pinne pettorali hanno in lunghezza la misura che corre fra il lembo posteriore dell’opercolo e il lembo anteriore dell'orbita: la squama ascellare è breve ed ottusa. Le pinne ventrali hanno due terzi della lunghezza delle pettorali. L’anale è alta quanto sono lunghe le ventrali, e si stende alla base per un tratto che uguaglia tre quarti della propria altezza. La pinna caudale resta compresa cinque volte e mezzo nella lunghezza totale del pesce. Le scaglie che vestono il corpo sono ordinate in quindici file, e v'ha circa quarantasei scaglie per fila. | I colori sono i medesimi che nelle specie congeneri. Non v'ha macchia nera alla base delle pinne pettorali. I pezzi opercolari poriano tre macchie dorate. Ha in comune col Mugil Labeo il carattere della pinna dorsale anteriore bassa, s'al- lontana però da quella specie pel labbro superiore senza paragone men erto e men tur- gido. Come il Mugil Capito ha l'osso mascellare scoperto, i forami delle narici approssi- inati; come e più ancora del Mugil auratus ha il corpo svelto e il muso assottigliato nel senso verticale: ma la già detta pinna dorsale anteriore bassa più della metà del tronco basta sola a separarlo e da quello e da questo. Si pesca lungo i lidi di tutta Italia dal Maggio all Ottobre, a differenza degli altri Muggini, che si prendono in qualunque stagione. La sua carne è poco migliore di quella del Mugil Capito. Ordinariamente ha cinque o sei pollici di lunghezza: gli esemplari maggiori superano appena nove pollici. I Toscani lo chiamano Fizetta, i Romani Cefalo musino, i Nizzardi Flaveton, i Ve- neti Zerzellata, nome che trattando del Mugi! Cephalus abbiamo posto fra quelli di si- gnificato per noi oscuro: .e a questo proposito aggiungeremo che il nome Veneto Caustello spetta al Mugil Capito, mentre Lotregano, da noi registrato per errore sotto il Capito, va attribuito esclusivamente al Mugi! auratus. SA Lgla PUMA A Lo Seghe Chigepa?” 7, # deren po >) dd Legia OPA DD ZA . Ù SATA. o i PR a i u= = ì G c 19, LS AA cai DEA : i 76 dae ini (apri SEL. TRIGLA CORAX CAPONE GALLINELLA TRIGLA trunco non striato; squamis minutis integris; linea laterali mutica: dorsi cristis aduncis, laevibus: rostro antice depresso, truncato, modice retuso, utrinque spinoso-den- ticulato: pinnis pectoralibus corporis trientali longitudine. 1e-D coi (al, Do16,, 2. 10/8. 47. 1/9 AÈA1b Co 1 TRIGLA cucuLus, Brunn. Ichth. Mass.p.77. TRIGLA HIRUNDO, £tisso, Lehth. Nic.p.205.sp.5inec Hist. Nat. TRIGLA LUCERNA, /[Vardo, Prodr. Adr. Ichth.sp.76. TRIGLA corves, Risso, Hist. Nat. III. p. 398. sp. 316. nec Rafin. TRIGLA MICROLEPIDOTA? isso, Ibid. p. 599. sp. 517. corax, Rondelet. Pisc. I. lib.x.cap.vii. p.296. cum fig. Gesner; Aquat. IV {p.299. Aldrov. Pisc.lib.II. cap. lvii. p.278. Willughb.Ichth. lib.iv.6.iv. p. 280. Ray, Synops. Pisc. p. 87. sp. 3. corvus, Salv. Hist. Aquat.p.194. fig- 71. Willughb.Ichth. tab. S. 4. HIRUNDO, Aldrov. Pisc. lib.ii.cap.iii. p. 153. fig.in p.155. Willughb.Ichth. lib. iv. $.v. p.280. Ray, Syn. Pisc.p. 88. sp.5. LucERNA Venetorum, Willughb. Ichth. lib.iv. S.vi. p.281. Ray, Synops. Pisc. p. 88. sp. 6. perLon dela Mediterranée, Cuv. et Valenc. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 45. Citta la famiglia dei Triglidi tutti quei Pesci Acantopterigj, che hanno le gote loricate; vale a dire in cui la gran lamina sottorbitale ricuopre la gota, e va ad ar- ticolarsi col preopercolo. La famiglia si divide naturalmente in quattro sottofamiglie, che corrispondono presso a poco ai generi Linneani Zrigla, Scorpena, Cottus e Gasterosteus, e che perciò meritano i nomi di Zriglini, Scorp@nini, Cottini, e Gasterosieini. I Triglini hanno due pinne dorsali, e il capo parallelepipedo. Nei Cottizi, che pure han due dorsali, il capo è rotondato, ovvero depresso. Gli Scorp@nini portano una dor- sale sola. I Gasterosteini si distinguono dall'aver alcuni aculei liberi in luogo della pinna dorsale anteriore. Sul conto dei Zriglini abbiam mentovato il capo parallelepipedo. Tale può dirsi in- fatti perchè piani e orizzontali sono in essi sì il vertice che la gola con la mascella inferiore; i lati sono piani e presso che verticali; il muso è declive dalla fronte all’apice secondo una linea parallela approssimativamente al margine posteriore Jlell’ opercolo. Cinque generi conta la sottofamiglia, e sono Trigla, Prionotus, Peristedion, Dactylo- pterus, Cephalacanthus. Nei primi tre, che sono veramente normali, il capo è assai alto, tutto coperto di scabrosità graniformi; la lamina sottorbitale maggiore cuopre la guancia intiera e va ad articolarsi col preopercolo per mezzo d’ una sutura, la quale impedisce a questi due pezzi ossei il muoversi un senza l’altro. Sonovi poi due altre lamine minori, che si congiungono saldamente colla sottorbitale maggiore e son collocate al di sopra del termine posteriore di questa: la membrana branchiostega ha sette raggi. Le pinne petto- ‘ rali terminano inferiormente con tre soli raggi liberi, articolati, flessibili verso il lato in- 52 TRIGLA CORAX. terno. Del resto il genere Trigla si fa distinguere perchè in esso le mascelle sono armate di denti a scardasso, de’ quali v'ha pure una striscia trasversale impiantata sul vomere, e perchè il tronco è coperto di scaglie. Nel Prionotus oltre i denti a scardasso della mascella ve n'ha una fascia sull’uno e sull’altro osso palatino, e in esso pure il tronco è coperto di scaglie. Il Peristedion poi ha le mascelle e il palato senza denti; il muso forcuto anteriormente e fornito d’appendici ramose; il tronco armato di piastre essago- ne, che vi disegnano sopra altrettante costole longitudinali. Anomali possono dirsi gli altri due generi Dactylopterus e Cephalacanthus, il se- condo dei quali tende verso gli Scombridi. In ambedue il capo è piuttosto depresso; il muso è breve; la lamina sottorbitale maggiore non cuopre tutta la gota, e s'articola col preopercolo senza impedirgli di muoversi da se. I raggi della membrana branchiostega non eccedono il numero di quattro. Fra loro poi differiscono perchè il Daciylopterus ha denti tabuliformi, emisferici, piccioli, disposti in più serie sulle mascelle: quattro raggi alla membrana bianchiostega; numerosi raggi al di sotto delle pinne pettorali, che collegati da membrane costituiscono due pinne sopranumerarie, e queste tanto estese che eccedono la lunghezza del Pesce, e a guisa d'ali possono sostenerlo per qualche tempo nell'aria. Nel Cephalacanthus invece i denti sono picciolissimi, disposti in una sola fila sull’una e sull’altra mascella; i raggi della membrana branchiostega sono ire soltanto; nè v han pinne sopranumerarie o raggi liberi presso le pettorali. Comuni a tutte le specie del genere Trigla sembrano le condizioni seguenti. Capo grande, più alto che largo, col vertice piuttosto piano, la fronte incavata a foggia di ca- nale fra gli occhi, il muso tondeggiante superiormente nel senso trasversale, col profilo molto declive, incavato nel mezzo, depresso verso il termine anteriore che, è troncato e smarginato, oppure tagliato ad angolo rientrante, con parecchi dentelli o spine di quà e di là dal punto medio. Occhi grandetti ellittico-rotondati, collocati in alto di qua e di là dalla fronte, guardanti dai lati. Narici situate sul muso, più vicine all'apice di questo che agli occhi, poco distanti fra loro; l'anteriore di ciascuna coppia rotondata col mar- gine rilevato, l’altra bislunga obliqua. All’eccezione d'un picciol tratto che sovrasta alla smarginatura del muso, e dello spazio in cui s'aprono le narici, tutte le parti superiori e laterali del capo sono coperte di lamine ossee rese scabre da un grandissimo numero di picciole punte rilevate graniformi disposte sopra molte strie pur rilevate, le quali par- tono come raggi da centri diversi. Di questi centri ve n'ha uno sopra ciascuna delle lamine parietali, ed uno nel bel mezzo del declivio del muso. La lamina sottorbitale maggiore ne ha tre, il posteriore de’ quali collocato verticalmente sotto gli occhi, più o men vicino al margine inferiore del sottorbitale stesso; questo è cinto da una rag- giera molto grande e cospicua. Delle strie che partono da esso una piuttosto risentita, che si dirige all’innanzi, prima declina alquanto all ingiù, poi prende la direzione oriz- zontalé e viene a costituire lo spigolo marginale del muso: un’altra stria risentita, che dal medesimo centro si dirige all'indietro, si prolunga sulla lamina del preopercolo, l’attraversa e termina con una punta spinosa, di cui è armato il margine posteriore di esso preopercolo. Gli altri due centri di raggi che porta la lamina sott’orbitale maggiore sono collocati nella parte inferiore e anteriore della medesima, uno innanzi all’ altro presso lo spigolo marginale del muso: i loro raggi occupano spazj assai angusti, Un'al- tro centro di raggi è situato sul preopercolo, ed uno sull'opercolo ; il primo vicino al margine inferiore, il secondo non lontano dal margine superiore. Le lamine sottorbitali TRIGLA CORAX. maggiori sono assai alte e lunghe, inferiormente si dilatano verso il dinanzi, e colle loro estremità costituiscono i due lobi terminali del muso separati dalla smarginatura ed an- teriori al vomere. L'orbita eccede l'altezza della fronte con la parte superiore del suo Jembo, il quale è elevato, scabro e porta uno o più denti spinosi volti all’ indietro tanto ‘nella parte anteriore, quanto nella posteriore; inferiormente cinge l'orbita un solco liscio, che procedendo all'indietro s' allarga e s'appiana. Dietro agli occhi sonovi due elevazioni longitudinali, scabre, da dirsi creste temporali; e dietro a queste sorge la lamina ossea soprascapolare, la quale è connessa saldamente con le ossa del cranio, di ‘ forma lanceolata, dentellata lungo il margine interiore, carenata, spinosa all'apice, sol- cata superiormente e granellosa alla stessa guisa delle lamine che cuoprono il capo. L'opercolo posteriormente è cinto da una membrana larghetta ; la sua parte ossea su- periormente è incisa da un seno rotondato; all’ angolo posteriore e superiore ha, due punte spinose, la prima diretta obliquamente all'indietro e all'insù, breve, al solito tutta involta dalla membrana marginale; la seconda volta orizzontalmente all’ indie- tro ed eccedente la detta membrana. Dal punta in cui è collocata questa spina il mar- gine dell’ opercolo scende all’ingiù in linea quasi retta. Il preopercolo, il quale come s° è detto s’ articola saldamente col margine posteriore della lamina orbitale maggiore, è piatto e s'allarga verso il basso: il suo margine posteriore è rettilineo, verticale, privo di dentelli fino all'angolo che lo congiunge col margine inferiore, nel qual luogo ha due punte spinose; la superiore continua con la stria orizzontale rilevata, che abbiamo descritta parlando della gran raggiera del sott'orbitale ; l’inferiore più picciola. Sotto le due punte ora dette sta nascosto il subopercolo, che è picciolissimo, liscio. Anche Y interopercolo è liscio, nascosto in gran parte sotto il lembo inferiore del preopercolo ed appena scernibile. Il taglio della bocea è infero, parallelo al contorno del muso e poco distante da es- so, parabolico, medioere, non estendendosi più indietro dell’ estremità anteriore del- l'occhio. L'osso mascellare è tenue, alquanto allargato all’ estremità, una sola porzio- ne della quale è visibile all’esterno mentre la bocca sta chiusa; tutto il rimanente si occulta sotto la lamina sottorbitale maggiore. Le labbra sono sottili e lisce, e poi- chè tutta la parte inferiore del capo è piana, il labbro superiore nel chiudersi cir- conda l’inferiore. La membrana branchiostega ha sette raggi, e sotto la gola quella d'un lato s'unisce con quella dell’ altro. I denti sono piccioli, acuti, impiantati fitta- mente sopra ambedue le mascelle, e disposti come suol dirsi a scardasso. Altri denti simili e disposti al modo stesso sono collocati in una striscia trasversale innanzi al vo- mere, ed altri sulle ossa faringee. Liscio è il palato, e liscia la lingua, che inferiormente è tutta aderente. Il tronco all'origine è grosso e largo quanto il capo, o all'incirca, tondeggiante, quindi s’assottiglia piuttosto uniformemente a foggia di cono fino alla radice della pinna caudale, nel qual luogo è alquanto più largo che alto: l’ano s'apre più innanzi della metà della lunghezza totale. La lamina ossea soprascapolare è liscia; la sopraume- rale è triangolare, grandetta terminata da una punta spinosa volta all'indietro, carenata per lungo, striata e granulosa a somiglianza delle lamine ossee del capo. La parte superiore della pinna pettorale collegata dalla membrana è ovata a rovescio, lunga almeno quanto il capo, ed ha dieci o undici raggi tutti articolati, i tre infe- riori de quali sono semplici, gli altri ramosi. La parte inferiore consiste in tre raggi 02° TRIGLA CORAX. liberi, filiformi, articolati, flessibili come le dita d’una mano, carnosetti, il primo de'quali non suol eccedere i raggi più lunghi della parte superiore; gli altri due decrescono di grado in grado. Una striscia membranosa brevissima, piuttosto crassa connette questi tre raggi alla base. Le pinne ventrali hanno origine quasi immediatamente al di sotto della base delle pettorali: la base loro è obliqua, e la loro lunghezza al solito è poco minore di quella del primo dei raggi liberi delle pettorali. Hanno un raggio spinoso semplice, e cinque o sei ramosi; il terzo e il quarto di questi ultimi più lunghi dei rimanenti. La pinna dorsale anteriore ha origine al disopra della metà della base delle ventrali, i suoi raggi sono in numero di nove circa, tutti spinosi, decrescenti verso la parte posteriore; l’ultimo brevissimo. La dorsale posteriore ha origine quasi immediata- mente dietro all'anteriore; è circa un terzo più bassa, e circa due volte più lunga, un poco decrescente verso la parte posteriore, composta di raggi tutti articolati, i due primi semplici, gli altri ramosi: il lor numero varia da 15 a 19, e il primo è sempre inferiore al secondo in altezza. L'anale incomincia subito dopo lano, alquanto più indietro del- l'origine della dorsale posteriore, e termina al di sotto del termine di quella. Ha la forma della detta dorsale posteriore, ma è più bassa ed è composta di 15 o 18 raggi tutti articolati, il primo semplice, gli altri ramosi. Lo spazio privo di pinne anteriore alla ra- dice della caudale corrisponde presso a poco alla decima parte della lunghezza totale del pesce. La caudale è triangolare col margine terminale tagliato a mezza luna. Undici raggi tutti ramosi giungono fino al detto margine terminale, ed havvene inoltre quat- tro o cinque più brevi tanto di sopra quanto di sotto. Tutto il tratto del colmo del dorso occupato dalle due pinne ha un solco longitudinale profondo e largo, dentro il quale chiudendosi vanno a collocarsi i lor raggi. Di qua e di là dal solco evvi una se- rie d'ossicini eretti spinosi, o crestuti, in numero corrispondente presso a poco a quello dei raggi che sostengono le due pinne dorsali. Le scaglie che cuoprono il tronco sono quasi sempre picciolissime e poco aderenti, talora intiere nel margine anteriore, più spesso dentellate o cigliose. Non ve n’ ha punto sulla gola, sul petto, nè alla base delle pinne, eccettuata la caudale. La linea laterale corre parallela al contorno superiore del dorso, ed è formata di scaglie alcune volte poco dissimili da quelle di tutto il corpo, ma rilevate nel mezzo; altre volte si compone di scaglie carenate, crestute, o aculeate. Al termine del tronco essa si biforca, e i suoi due rami continuano a scorrere nella di- rezione delle estremità della coda. Alle condizioni fin qui enumerate parecchie specie aggiungono un gran numero di pieghe parallele, che partendo dalla linea laterale ad angolo retto, corrono verso il dorso e verso l'addome, talchè tutto il tronco rimane striato verticalmente sui fianchi. Il color del dorso, del capo, delle pinne dorsali e della caudale in tutte le Triglae è un rosso tendente alla tinta del minio, più o meno lurido, o vivace, o dilavato. Quello delle parti inferiori quasi sempre è un bianco latteo opaco, che verso i fianchi si cangia in perlato lucente. Le iridi sono d’un giallo dorato assai pallido; le pupille nere o ne- rastre. Il ventricolo di questi Pesci è un sacco rigonfio co’ due orifizj più o men vicini fra loro, e con molte appendici cieche. Tutti hanno il notatojo. Il numero delle loro verte- bre, la forma e la disposizione di molti visceri varia non poco da specie a specie. Si cibano d'altri Pesci, di Molluschi e di Crostacei. Guizzano con grandissima ce- lerità, lanciandosi tratto tratto fuori dell’acqua. È opinione comune che nel bujo rilu- 7 TRIGLA CORAX. cano; ma questo effetto si deve probabilmente agl’innumerevoli animaluzzi che vivono alla superficie del mare, e che sbattuti da quei salti impetuosi tramandano all'istante uno | splendore fosforico. Quindi i nomi di Lucerna, Lanterna e Fanale attribuiti dai pesca- tori a var) de'nostri Caponi. Estratti appena dall'acqua fanno sentire un certo grugnito che fino da’ tempi più antichi è stato paragonato al suono d’una lira 0 al canto del Cuccù: anche oggi in più luoghi piace al volgo riconoscere in esso la voce d'un Organo. Con le paranze se ne fa la pesca in distanza dal lido, e più vicino a terra con le scia- biche. I più grossi si prendono pure con gli ami. La lor carne è bianca, saporita, ma dura e filamentosa, e perciò gode d'un pregio mediocre. I nostri mari alimentano otto specie di Zriglae, tutte o quasi tutte comuni agli altri mari dell' Europa, e generalmente parlando fra loro distintissime. In molte parti d' Italia il volgo le chiama Caponi o Pesci caponi, senza dubbio per ragione della mole e della durezza del capo: nè il nome Zriglia derivato dal Greco Tpryà4 vien mai distratto dal- l'antico significato, ma s'applica unicamente ai Muli dei Romani antichi e degl'Ittiologi. Due sole Zriglae, o Pesci Caponi che dir si vogliano, riferì il Belon; ma le descrisse imperfettamente e ne effigidò una sola. Salviani pure ne diede due, accompagnate da buone tavole. Rondelet fu quello che le conobbe meglio e in maggior numero: infatti ne riferì sei, e le illustrò con figure se non eccellenti, tali almeno da potersi ricono- scere. Fu gran danno per la scienza che Artedi non avesse chiara notizia delle varie specie che enumerò, perchè conoscendole meglio non le avrebbe aggregate, come fece, ad altri Pesci di struttura diversa affatto, e non avrebbe riferito sul conto loro tante cita- zioni discordi. Linneo, il quale per lo meno deve aver veduto quella che inserì nella Fauna Suecica e le altre che registrò nei cataloghi dei Musei, pur ne diede descrizioni difettose; e quanto alle rimanenti si contentò di confermare secondo il solito quello che trovava scritto da Artedi o poco vi aggiunse. Gmelin interpretando a suo modo le cose di Linneo applicò descrizioni nuove ed altri sinonimi, spesso erronei, ai nomi da lui stabiliti. Accrebbero il viluppo altri Ittiologi posteriori col dar fuori sotto i nomi Linneani specie non riferite da Linneo, e sopracaricando intanto di nomi nuovi quelle da lui divulgate. Giacerebbe tuttora nell’ oscurità più profonda la storia delle Triglae Europee, se non avesse preso a trattarne il Cuvier con quella sua magistrale chiarezza, che tanto poco lascia da deciferare a chi intraprende a scrivere dopo di lui della stessa materia. Forse quel sommo scienziato non fu al tutto felice nell’ allegare alcuni sinoni- mi e nello scegliere le appellazioni specifiche delle Triglae d'Europa: anzi sembra che la difficoltà di far concordare tanti nomi adoperati prima di lui con significati diversi lo facesse risolvere ad appoggiarsi principalmente alla nomenclatura Francese. Applicò poi ad ogni specie un appellazione latina qual che si fosse, anche quando era tanto lontano dall’ approvarla, che s'induceva a farne da se stesso la critica, e giunse per- fino a ripetere in più d'un luogo un medesimo nome Linneano originalmente. Ma a noi sembra che quelle leggi, che governano il capital punto della nomenclatura siste- matica non debbano giammai porsi da canto come cosa superflua o importuna; e quindi nel parlare delle Triglae nostrali ci avverrà di dilungarci qualche poco dalle tracce del Cuvier su questo particolare. Riterremo solo i nomi Linneani più certi, rigetteremo i so- verchiamente dubbiosi; ma sopratutto ci asterremo dall’impiegar questi ultimi in un | senso opposto a quello che esprimono apertamente le parole del naturalista Svedese. 593% TRIGLA CORAX. Nella tavola annessa sotto il numero 1 è effigiata la più comune delle nostre Tri- glae, la quale dal Rondelet fu detta Corax. Non è possibile chiarire qual nome le desse Linneo; ma dal non veder citato sotto alcuna delle specie sue e d'Artedì il sinonimo di Rondelet si può arguire che non l’abbia conosciuta. È vero che fra i sinonimi delia sua Trigla hirundo, pesce indigeno de’ mari della Svezia, e perciò verosimilmente a lui famigliare, allegò il Corvus di Salviani, che corrisponde al Corax di Rondelet; ma poichè dichiarò in modo solenne che la linea laterale dell’ hirundo dev'essere aculeata, mentre il nostro Pesce l’ha inerme, non v ha dubbio ch'egli errasse appunto nel col- locamento di quel sinonimo. Ci è dunque sembrato opportuno riprodurre l'antico no- me di Rondelet imponendo alla specie nostra il nome di Zrigla corax. Dopo aver descritto la Trigla dell'Oceano ch'egli chiama con nome Francese Per- lon, ci avverte il Cuvier che ha veduto esemplari d'un Pesce del Mediterraneo somi- gliantissimo a quella, ma pur diverso in certi particolari, che espone accuratamente. Gli esemplari in questione spettano fuor di dubbio alla nostra Zrigla Corax, nella quale vediamo ripetute tutte quelle condizioni, che il Cuvier ha segnalate in essi, spe- cialmente la pinna pettorale assai lunga, perchè resta compresa nella misura di tutto il corpo per tre volte o tre e mezzo al più, laddove nel Perlon forma la quarta parte della misura stessa. Sembra inoltre che nel Perlor il muso sia più breve, l'intervallo posto fra gli occhi più largo, che le scabrosità del capo sieno men prominenti, che la pinna caudale non porti mai presso il mezzo del margine terminale la macchia nera, la quale quasi sempre si vede nel Corax. Aggiungeremo pure che la macchia nera intensa spruzzata di macchiette bianche o cerulee, che è frequentissima sulla faccia posteriore delle pinne pettorali del Corux, non dev'essersi presentata mai al Cuvier nel Perlon, poichè parlando della Trigla paeciloptera dice espressamente non averla riscontrata in alcuna altra Trigla europea, ma solo in qualche specie delle Indie. Ora siccome il Cu- vier non decide se gli esemplari avuti dal Mediterraneo, cioè quelli del nostro Corax, differiscano di specie dal suo Per/on, nemmeno a noi dà l'animo di pronunciare un giu- dizio, a stabilire il quale converrebbe aver sott'occhi esemplari freschi del Perlon e in buon dato. Comunque siasi però al nostro Pesce dovrà restare il nome specifico Corax; e se il Perlon è diverso, come possiam presumere, penserà altri a provederlo d’una nuo- va appellazione sistematica, perchè a cagione della linea laterale inerme non può con- venirgli il nome Linneano Mirundo adottato dal Cuvier. La Trigla Corax ha ordinariamente otto e nove pollici di lunghezza; ma giunge an- che al di là della misura d’un piede. L'altezza del suo capo è contenuta sei volte e un terzo nella lunghezza totale del Pesce; la lunghezza v'è contenuta quattro volte e un sesto; la larghezza è esattamente uguale all’ altezza. Lo spazio compreso fra un occhio e l’altro è alquanto maggiore del diametro trasversale dell’ orbita, ed ha una larghez- za corrispondente alla quarta parte della lunghezza del capo. Il muso è lunghetto, ha un profilo poco declive, sensibilmente incavato nel mezzo: le guance si scostano poco dalla direzione verticale. I granellini che rendono scabra la superficie del capo sono piuttosto grandetti. 11 centro della gran raggiera del sottorbitale maggiore è vicinissimo al lembo inferiore. La carena marginale orizzontale del muso è prominente, e il muso stesso anteriormente porta nel mezzo un’'angolo rientrante non molto profondo, di qua e di là dal quale sorgono sulla carena marginale circa sette dentelli spinosi, brevi, TRIGLA CORAX, disuguali. Il lembo dell’ orbita superiormente porta nel tratto anteriore tre dentelli spinosi, il primo appena scernibile, gli altri due grandetti ed acuti; talvolta però ne porta due soli. Posteriormente lo stesso lembo è pochissimo elevato, e termina con una punta spinosa volta all'indietro, tanto picciola che appena è visibile. Fra il lembo supe- riore dell'orbita e la lamina temporale havvi un sottilissimo solco trasversale. La cresta temporale è seghettata minutamente. La lamina soprascapolare non s'inoltra col suo apice spinoso al di là del termine posteriore dell’opercolo. La seconda delle due spine dell’opercolo eccede di poco il margine membranoso. Il taglio della bocca è grande mediocremente, non giungendo i suoi angoli fin sotto gli occhi. La spina colla quale termina la lamina sopraumerale è erta, seghettata sulla carena, grandetta. La lunghezza delle pinne pettorali è compresa da tre volte a tre volte e mezzo nella lunghezza totale del Pesce: ha 8 raggi ramosi e tre semplici. Il primo dei raggi liberi è un terzo più breve della porzione di pinna collegata da membrane. Le ventrali sono sensibilmente più lunghe del primo raggio libero delle pettorali. La dorsale anteriore ha g raggi tutti lisci, il secondo de’ quali, più lungo del primo, è alto poco meno del tronco nella parte ad esso sottoposta; i susseguenti sono minori di mano in mano. La dorsale posteriore ha 16 o 17 raggi, il terzo de’ quali, maggiore degli altri, ha due terzi dell’ altezza della dorsale anteriore. L'anale ha 15 o 16 raggi. L’ano è un buon terzo più distante dal- l'estremità della caudale che dalla punta del muso. La pinna caudale è compresa cinque volte e mezzo nella lunghezza totale. Le scaglie sono picciolissime, ovate, lisce, intiere : quelle della linea laterale protuberanti nel mezzo, ma inermi. Le creste che fiancheggia- no il solco dorsale sono triangolari con la punta curva, pungente, lisce superiormente, in numero di 25 per parte. Il colore delle parti superiori è un cinereo misto di roseo e di palombino, qua e là più volgente alla tinta rossa di minio. Il capo è maggiormente acceso sulla fronte e in qualche tratto dei lati. Tutta la parte inferiore è d'un color latteo o carneo opaco, e verso i fianchi d'un perlato splendente. Le pinne pettorali nella pagina anteriore hanno i raggi d'un color carneo biancastro o lurido con alcuni tratti rosei, e la membrana frapposta d'un cinereo tendente al fosco, con macchie più scure, disposte quasi regolar- mente a fasce trasversali: nella pagina posteriore sono d'un turchino fosco, oppure ten-, dente al verde di smeraldo, marezzato di nerastro, e spesso han l'orlo estremo d’un bel turchino chiaro. Per lo più scorgesi poi verso il centro una gran macchia nerissima, e su questa varie macchiette rotonde bianche o celesti: con tale coloramento è rappresen- tata una pinna rovesciata presso la fisura del Pesce nella nostra tavola. La sola porzione compresa fra i tre raggi inferiori suol esser carnicina dall’una e dall’altra faccia. Dello stesso colore sono i tre raggi liberi, ma imbrattati qua e là di cinereo. Le dorsali hanno una tinta più sbiadata di quella del dorso, i raggi e qualche tratto della membrana in- terrottamente macchiati d'un colore più roseo, il quale nella dorsale posteriore tende a disegnare due o tre fasce longitudinali. Le ventrali e l’anale sono d’una tinta latteo-car- nicina. La caudale tende più delle dorsali ad un roseo vivace: i raggi di mezzo e quelli collocati immediatamente al di sotto, non che la corrispondente porzione di membrana per lo più hanno l'apice fosco. | È sparsa per tutto il mediterraneo, ed abbondantissima lungo i lidi dell’Italia. La sua carne è piuttosto buona. A Roma dicesi Cappone Panaricolo, in Toscana Gallinella, e nella Liguria Gallinetta. Sui lidi Veneti crediamo che le venga applicato più special- mente il nome di Lucerna; nel Piceno quello di Capomazzo. Ba b,pllali coll pr di — NEL ds PIO i FR de litineta si ip STO 9 Me 8 Î i DO EROE A Pat, Wat AUG SA solite si lenià Ul: sfila ma pe utt î (n) CRI cun Ars a antonino î all CALeto catgl Li rta SITONII N, Eta ki DI eb Via ELE Ri ran "Eb ati a Li bank Pai A Pan ‘el pe n MA sar: “it pae ti (RA ji tti : SELE su Palo e Mor i RR Lal sp fat Aia, a punt A Avia aio | erdst Dir a Ran Fiati 196 dela a “til Bic ui di ; n fall. Pt a, to “Wi 4 pe: varo ipso le 0 pet: Ù e, sit ni pic ed do 003 VAL i eta ì neri ul GUI SIMO IU0R lait È LEPTIZT he i, datozoe porro sica e TRIGLA LYRA CAPONE ORGANO TRIGLA trunco non striato; squamis parvis ciliatis; linea laterali mutica: dorsi cristis vali- dis, aduncis, laevibus; capitis spinis omnibus grandibus: rostro antice depresso furcato : spina utringue unica magna spinulisque minoribus pluribus: pinnis pectoralibus cor- poris guadrantalem longitudinem excedentibus. IDA ao Pro 1/50 A 16. Cit TRIGLA LvRA, Linn. Syst. Nat. I. p. 469. sp. 2. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1342. sp. 2. Bonnat. in Tabl. Enc.Ichth. p.145.sp.3.tab. 60.fig.235. Lacép. H. N. Poiss.V/1.p.30.sp.2. Bloch.Hist.Poiss.tab.350. Schneid. Bl. Syst. p. 14. sp. 8. Rafin. Ind. Itt. Sic. p.28. sp. 196. Risso, Ichth. Nic.p. 203. sp. 1. Id. Hist. Nat. III. p. 393. sp. 309. Nacc, Itt.Adr. p.17. sp.61. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 80 vrra, Rond. Pisc. I. lib.x. cap. ix. p.298. Gesn. Aq.IV.p.516. Jonst. Hist. Pise.I.lib.i.tit.iii.cap.i.art.ìii. cucuLus, Salv. Hist. Aquat. p.190. fig. 70. Willughb. Ichthyogr. tab. S. 2. fis. 2. LYRA prior Rondeletii, A/droy, Pisc. lib. ii. cap. vii. p.146. Willughb. Ichth. lib. iv. S. viii. p. 282. Ray, Synops. Pisc. p.89. sp.8. i TRIGLA rostro longo diacantho, naribus tubulosis, Arted. Syron. p. 74. sp. 9. Id. Genera p. 46. sp.9. cronav, Daubenton, in Enc. Method. Hist. Nat.IIT. p.191. Lvre, Cuv. Règn. Anim. 2.ed. II. p. 159. . Duhamel, Pèch. Sect. V.tab.8.fig. 1. LYRE ou PERLON è grandes épines operculaires et claviculaires, Cuv. et Valence. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 55. piper, Penn. Brit. Zool. III. p. 234. sp. 3. tab. 14. Donovan, Br. Fish. V. tab. 118. Siria osservabili in questa specie il muso forcuto anteriormente col profilo molto declive presso la fronte, il capo grosso armato di spine di straordinaria grandezza; e il tronco alto anche più del capo all'origine, che procedendo all’ indietro prima s’abbassa rapidamente, quindi decresce in modo uniforme fino alla radice della pinna caudale. Per buona sorte gli autori sistematici tutti sono concordi nell’ assegnarle il nome speci- fico Lyra, che le fu applicato da Rondelet. La lunghezza ordinaria di questo Pesce è di circa sette o otto pollici, ma non è raro il vederne esemplari che giungano al di là della misura d'un piede. L'altezza del capo corrisponde alla quinta parte della lunghezza totale, nella qual misura è contenuta tre volte e mezzo la sua lunghezza: la larghezza giunge appena ad uguagliare due terzi dell'altezza. La fronte è angusta, e fra un'occhio e l’altro corre una distanza che non giunge alla settima parte della lunghezza del capo. Gli occhi son grandi, e il diametro trasversale delle orbite è compreso nella già detta lunghezza del capo tre volte e mezzo. Il profilo del muso subito innanzi alla fronte è sommamente declive, quindi s' incurva e si protrae all'innanzi quasi in linea retta. Il contorno orizzontale del capo è fatto a spigolo acuto, che di qua e di là dall’estremità del muso forma due punte triangolari sporgenti all’innanzi per uno spazio uguale alla nona parte della lunghezza del capo. Fra le due punte il margine s'incurva a foggia di mezza luna e porta molti denti spi- mosi, che dall'esterno decrescono verso il punto medio, e sono in numero di cinque 0 # TRIGLA LYRA. sei per parte. Sonovi altrettanti denti spinosi lungo il margine esteriore delle due punte triangolari, e questi decrescono dall’innanzi all'indietro. Le guance sono quasi verti- cali; i solchi e i granellini che rendono scabra tutta la superficie del capo sono piut- tosto elevati. Il centro della gran raggiera della lamina sottorbitale maggiore è collo- cato due volte più lontano dal margine superiore che dall’ inferiore. Il lembo supe- riore dell'orbita porta due spine acute volte all'indietro, una grande anteriormente, l’altra posteriormente alquanto minore. La cresta temporale è prominente, ool taglio scabroso, e termina con due punte volte all’indietro, minori di quelle del lembo supe- riore dell'orbita. La lamina soprascapolare è grande, terminata da una spina erta, pro- tratta all’ indietro quanto la punta posteriore dell’ opercolo. Delle due punte spinose dell’opercolo la seconda ha una spina acutissima sporgente, la cui radice è continua con una stria elevata scabra, che attraversa l’opercolo intiero. Erta e forte è pure la su- periore delle due spine che sorgono fuori dell’ angolo del preopercolo, e la sua radice è continua con una carena scabrosa, che ha origine dal centro della gran raggiera della la- mina sottorbitale. La lamina sopraumerale striata, granulata e carenata per traverso ha la forma d'un triangolo quasi equilatero, protratto in una gran punta spinosa trigona, più lunga del triangolo stesso. Compresa la spina tutta questa lamina è poco men lunga della metà del capo. La lunghezza delle pinne pettorali è compresa tre volte e mezzo in quella di tutto il Pesce. Hanno 8 raggi ramosi e tre semplici insieme collegati, e tre al- tri liberi, il primo de’ quali circa un quarto più breve della pinna stessa. Le ventrali sono lunghe più del primo raggio libero delle pettorali. La pinna dorsale anteriore ha g raggi assai forti, i primi tre seghettati anteriormente; il terzo più elevato del secondo, e corrispondente a tre quarti dell'altezza del tronco nella porzione ad esso sottoposta. La dorsale posteriore porta 16 raggi, ed ha due terzi dell’altezza della dorsale anteriore. L'ana- le ha 16 0 17 raggi. L’ano s'apre un quarto più vicino all'apice del muso che all'estremità della coda. La pinna caudale resta compresa cinque volte nella lunghezza di tutto il Pesce. Le scaglie sono mediocremente grandi, elittiche, cigliose all'apice, ed hanno alla base tre o quattro intaccature. La linea laterale è poco prominente, sottile, inerme; an- teriormente è declive, poi corre parallela al contorno del dorso. Le creste di cui è ar- mato il solco dorsale a destra e a sinistra sono forti, compresse, uncinate, sempre più grandi procedendo dall’ innanzi all'indietro, lisce; solo le due o tre anteriori talvolta sono dentellate superiormente. Ve n’ha ventiquattro per fila. La tinta del dorso è rosea tendente al color di minio, e diviene più dilavata scen- dendo verso i fianchi. Il capo superiormente e dai lati ha una tinta rossa anche più in- tensa. Il di sotto del capo e del tronco è d'un bianco latteo, che volge al carneo sul ventre, e al perlato splendente verso i fianchi. Le pinne pettorali sono rosee; ma la membrana che collega i raggi ramosi è cinereo-fosca dal lato anteriore, turchino nera- stra e spruzzata di latteo dal posteriore. Le dorsali sono roseo-chiare, l'anteriore sfumata di nerastro lungo il margine superiore della membrana. Le ventrali sono d’un roseo-car- neo; l’anale lattea. La caudale è d'un bel rosso nella parte centrale, pallida sul contor- no, ma segnata d'una macchia nera irregolare verso l'apice presso il raggio di mezzo. Per la carne, e per la picciola quantità che ne ha in proporzione della mole, è una delle specie meno pregiate. È comune al Mediterraneo e all'Oceano, e si pesca piut- tosto frequentemente sui lidi di tutta l'Italia. Il suo nome volgare a Roma è Cappone coccio, a Napoli Cuoccio, in Toscana e nella Liguria Organo, sui lidi Veneti Turchello.. TRIGLA MILVUS CAPONE CAVIGLIA TRIGLA trunco non striato; squamis minutis integris; linea laterali aculeata: dorsi cristis prominulis integris unispinosis: rostro antice depresso, truncato, emarginato, spinulis utrinque ternis subaequalibus: pinnis pectoralibus corporis quadrante brevioribus. 1 DAS Dig Poena/3, 01/5. Med, ein Gora. TRIGLA HIRUNDO, Linn? Syse.Nat. Ip. 497. sp, 6. Id? Faun.Suec.p.15.sp.340. Brunn! Ichth.Mass.p.77- TRIGLA cucuLus, Bloch. Hist. Poiss. II. p. 124. sp.2. tab. 59. Schneid. BI. Syst. I. p. 14. sp.10. Risso, Ichth. Nic. p. 208. sp.6.nec Hist. Nat. TRIGLA MILVUS, Lacép. Hist. Nat. Poiss. VI. p.50. sp. 10. Risso, Hist. Nat.III. p. 395. sp.312. TRIGLA RODINOGASTER, Nardo, Prodr. Adriat. Ichth. sp. 77. miLvus, Ztondel. Pisc. I. lib.x. cap. vii. p.297. Aldr. Piso. lib.ii. cap. lviii. p.279- GRONDIN ROUGE, Cuv. Règn. Anim.2.ed. II. p.160. Cuv, et Valence. Hist. Nat. Poiss. IV.p,67. TRIGLE MILAN, Lacép. loco citato. PERLON, Bonnat. in Tabl. Enc.Ichth.tab.60. fig.237. nec pag.146. RED GURNARD, Penn. Brit. Zool. ILI. p.355. sp.2. tab.57.fig. 1. DS linea laterale aculeata non permette che questa specie si confonda con le due precedenti, nè con la seguente, nè col Cuculus di Rondelet, ossia Trigla obscura, L., l’ra le nostrali siffatto caratiere si ripete nella Trigla lineata e nella Trigla gurnardus ; ma la prima ha il tronco accerchiato da strie rilevate, la seconda non porta alcuna mac- chia nera sulla pinna dorsale anteriore, e invece d’aver le creste del dorso elevate li- sce e munite d'una spina, le ha basse e crenate. ‘È cosa poco dubbiosa che a questo nostro Pesce sia riferibile la Trigla Hirundo di Linneo. Pure la descrizione che ha posto questo autore nella Fauna Suecica è troppo imperfetta perchè la cosa si possa asserire con tutta certezza: i sinonimi allegati poi non corrispondono alla descrizione, e chi se ne volesse fidare cadrebbe in errore immanca- bilmente. Meglio è pertanto rigettare quel nome hirundo, e adottare invece quello di Milvus sotto il quale questo Pesce trovasi descritto ed effisiato in Rondelet, tanto più che Hirundo presso gli antichi (come Rondine di mare presso i moderni) suona tuti’ altra cosa. Il Cuvier non s’avvide che al Pesce presente era riferibile il sinonimo or mentovato di Rondelet, e gli applicò il nome Cucwlus, benchè lo avesse già registrato sotto un’al- tra Trigla, cui spetta legittimamente perchè datole da Linneo. fon La lunghezza ordinaria della Trigla milvus è di circa cinque pollici: di rado giunge a sette‘o otto. L'altezza del capo è compresa sei volte e due terzi nella lunghezza totale, e in questa misura entra per ‘quattro volte la sua lunghezza. La larghezza uguaglia due terzi dell’ altezza. La fronte è piuttosto angusta, e la distanza che corre superior- mente fra un'occhio e l’altro è contenuta poco men di cinque volte nella lunghezza del capo. Il diametro trasversale degli occhi ha la misura d'una quarta parte della TRIGLA MILVUS. mentovata lunghezza del capo. Il muso ha un profilo mediocremente declive, e incava- to; è spianato verso l'apice il quale è troncato, appena retuso nel mezzo, ed ha a destra e a sinistra tre punte spinose mediocremente lunghe, dirette all’innanzi, quasi uguali fra loro. Il contorno orizzontale del muso è fatto a spigolo non molto prominente. I lati del capo sono verticali. Le strie in rilievo sono sottili e i granellini picciolissimi, po- co prominenti. Il centro della gran raggiera della lamina sottorbitale maggiore è più vicino al mezzo della guancia che al margine inferiore. Nel tratto anteriore del lembo superiore dell’ orbita sorgono due punte spinose volte all'indietro; il tratto posteriore è scabroso soltanto. La cresta temporale ha il taglio dentellato. La lamina soprascapo- lare termina in una spina alquanto curvata all'insù, che si protrae all’ indietro quasi al pari della punta posteriore dell’opercolo. La seconda delle due spine che armano po- steriormente la. parte ossea dell’opercolo è lunghetta libera. Mediocremente grandi so- no le due spine che porta inferiormente il margine posteriore del preopercolo, e quasi uguali: lungo il margine inferiore di questa lamina sorgono alcuni brevi dentelli volti all’ingiù. La lamina sopraumerale ha la forma d'un triangolo più alto che lungo, ed è attraversata da una carena elevata scabra, che si protrae in una spina lunga un terzo meno della lamina stessa. Le pinne pettorali sono lunghe quattro volte ed un terzo meno del pesce intiero; hanno 8 raggi ramosi e tre semplici nella porzione collegata da membrane. Il primo dei tre raggi liberi è lungo un quarto men della pin- na. Le ventrali sono lunghe quasi quanto il primo raggio libero or mentovato. La pinna dorsale anteriore ha 8 raggi, il primo de’ quali è seghettato anteriormente e non dai lati; gli altri son lisci e il secondo, ch'è il maggiore di tutti, quasi uguaglia l’altezza che ha il tronco nella parte sottoposta. La dorsale posteriore ha 19 raggi; l’anale ne ha 18. L'ano è un buon quarto più distante dall’apice della coda che da quello del muso. La caudale resta contenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza del pesce intiero. Le scaglie sono picciolissime, ellittiche, intiere: quelle che costituiscono la linea la- terale hanno lungo il mezzo una cresta elevata con due o tre punte spinose, disuguali, volte all’ indietro. Le creste che fiancheggiano il solco dorsale sono grandette, dure, triangolari con la punta spinosa volta all'indietro, ed hanno i margini lisci. L'una e l’altra serie ne conta 28. La tinta di tutte le parti superiori è un roseo lurido che volge al colore di minio; solo la linea laterale si fa distinguere per un colore più pallido, e il capo è più scu- retto del dorso. Tutte le parti inferiori sono d’un latteo opaco, che verso i fianchi di- ‘viene perlato splendente. Le pinne pettorali sull’ una e sull'altra faccia sono pallide alla base e lungo i raggi inferiori, nel resto d’un rosso pallido, oppure volgente all’ acceso verso le estremità. Le dorsali sono d'un bianco sudicio oppur rosseggiante, ed han le membrane trasparenti : l'anteriore porta una macchia nera ben decisa fra il terzo e il quinto raggio presso il margine superiore: la posteriore ha una striscia longitudinale poco decisa di color di minio dilavato. Le ventrali sono d’un latteo tendente al car- neo. L’anale è lattea. La caudale è d’un rosso più acceso di quello del dorso, meno che presso i margini e la base, che sono d'un bianco sudicio. Abbonda lungo le spiagge nostre quasi quanto la Trigla corax. La sua carne è di qualità inferiore. A Roma si chiama Cappone vero, Cappone comune, Cappone liscio. I Toscani lo dicono Caviglia, e i Liguri Caussano, I Veneti lo distinguono col nome di Anzoletto piccolo. TRIGLA ASPERA CAPONE CAVIGLIONE TRIGLA trunco non sulcato; squamis latiusculis, obliguis, denticulato-ciliatis; linea laterali inermi: dorsi cristis validiusculis, integris: temporibus pone cristas supra-orbitales pro- .funde excavatis: rostro antice subdepresso, truncato-retuso, utringue spina porrecta unica, denticulisque spinosis pluribus: pinnis pectoralibus corporis quadrante brevio- ribus, RD girate Diesi Pito/3r 5. xd. Cra. TRIGLA CAVILLONE; Lacép. Hist. Nat. Poiss. VI. p. 57. sp. 12. Risso, Hist. Nat, III. p. 3596. sp. 313. TRIGLA AsPERA, Ziviani, Cuv. Règn. Anim.2. ed. II. p. 160. MULLUS ASPER, Rondelet, Pisc.I.lib.z. cap. vi.p.296. Gesner, Aquat.IV.p.568. Aldrov. Pisc.lib.ii cap.ii. p. 155. Willughh.Ichthyogr.lib.iv. cap. vii. $. ii.p.279.tab.S.1. fig.2. Ray, Synops. Pisc. p.87.sp.2. TRIGLE RUDE, cu CAVILLONE, Cuv.et Valenc. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 77. à S: fa distinguere a colpo d'occhio da tutte le altre Triglae nostrali per quell’ in- cavo profondo che porta ai lati del capo fra le tempia e il lembo superiore delle orbite, come pure per le scaglie assai larghe, tagliate in forma di parallelogrammi, oblique e dentellate anteriormente, le quali rendono aspra al tatto l’intiera superficie del tronco. Di questo Pesce non trovasi traccia alcuna in Linneo; pure da Rondelet era stato divulgato sotto il nome di Mullus asper. Al Lacèpéde piacque chiamarlo Trigla cavillone, facendo uso del vocabolo sotto il quale è nota la specie lungo un gran tratto di spiaggia del Mediterraneo. Ma ha tanto poco garbo di latinità quella goffa parola, che a noi è sembrato più lodevole di gran lunga seguitare il Signor Professor Viviani di Genova, il quale, recando in mezzo di bel nuovo l’ottima ed originale appellazione stabilita dal Patriarca degl’ Ittiologi, impose al nostro Pesce il nome sistematico di Trigla aspera. La lunghezza ordinaria della specie presente è di tre in quattro pollici, e di rado ol- trepassa i cinque. In questa misura è compresa per poco più di cinque volte l'altezza del capo, e per quattro la lunghezza del medesimo: la larghezza è un quarto minore dell’ altezza. La fronte è profondamente avvallata, piuttosto larga, e la distanza che passa fra un'occhio e l’altro non è gran fatto minore d’una terza parte della lunghezza del capo. Il diametro maggiore degli occhi entra quattro volte nella lunghezza ora men- tovata. Il muso è piuttosto breve; il suo profilo è assai declive; l’apice è un poco depresso, troncato con un’ angolo rientrante nel mezzo: lo spigolo marginale dentel- lato nel dinanzi e dai lati, col solo dentello che costituisce l'angolo protratto all’in- nanzi e spinoso. I lati del capo sono quasi affatto verticali. I granellini rilevati sparsi sulla superficie delle lamine ossee piuttosto grandi, collocati poco ordinatamente. Il cen- tro della gran raggiera della lamina sottorbitale maggiore cade un poco al di sotto del centro della gota: il lembo superiore dell’orbita porta anteriormente due brevi spine acute volte all'indietro, la seconda maggiore della prima; al suo termine posteriore v' ha TRIGLA ASPERA. una spina grandetta piegata verso l’ esterno, € dopo questa dal lato interiore due o tre altri dentelli spinosi volti all'indietro, i quali unitamente alla già detta spina costi- tuiscono una specie di cresta trasversale inclinata. Dietro la cresta or descritta scor- gesi in ambedue le tempia un profondo incavo trasversale. Le creste temporali hanno superiormente molti dentelli spinosi disuguali. La lamina soprascapolare termina in una spina acuta, che si protrae sensibilmente al di là della punta posteriore dell’ opercolo. La parte ossea dell’opercolo ha superiormente le due solite punte spinose, la seconda delle quali è mediocremente lunga. Le due punte che sorgono presso l’angolo inferiore del preopercolo sono quasi uguali fra loro. Il iaglio della bocca è mediocre. La lamina sopraumerale forma un triangolo quasi equilatero con una carena elevata, che lo per- corre orizzontalmente e dà origine ad una punta spinosa, lunga all'incirca quanto la lamina stessa. La lunghezza delle pinne pettorali è contenuta quattro volte ed un terzo nella lunghezza totale del Pesce. Sonovi in queste pinne 10 raggi collegati e tre liberi, Le ventrali sono un settimo più brevi delle pettorali. La pinna dorsale anteriore ha g raggi; i primi due seghettati anteriormente, gli altri lisci. Il secondo e il terzo che sono i maggiori di tutti, non giungono ad aver l’altezza della porzione del tronco ad esso sotto- posta. La dorsale posteriore è un quarto men alta dell’ anteriore, ed è composta di 15 raggi. L'anale pure ne conta 15. L'ano è collocato un terzo più vicino alla punta del muso che all’ apice della caudale. La pinna caudale è contenuta cinque volte e mezzo nella misura di tutto il Pesce. Le scaglie sono grandi comparativamente a quelle delle specie congeneri, più larghe che lunghe, tagliate a guisa di parallelogrammi, oblique, cigliose lungo il margine anteriore ch'è rettilineo, e portano circa sette intaccature alla base ed altrettanti solchi disposti a ventaglio. La linea laterale è poco prominente, composta di scaglie men regolari delle altre, elevate per lungo presso l'uno o l’altro dei lati. Le creste che fanno ala al solco dorsale sono piuttosto grandi, uncinate con la punta spinosa volta all’ indietro, lisce, con l'eccezione delle due o tre prime, le quali portano alcuni dentelli superiormente. Ve ne ha ventitrè nell’una e nell’altra serie. La tinta del dorso è un roseo-cenerino sfumato qua e là di color di minio, mas- sime verso i fianchi. Il capo ha un fondo alquanto più scuro del dorso. Le parti in- feriori sono d'un latteo opaco, e verso i fianchi d’un perlato splendente. Le pinne pet- torali sono tinte irregolarmente di color di minio alla base, e sulla faccia anteriore hanno i raggi in parte rosei in parte carnei nel mezzo, nerastri all’ estremità: sulla faccia posteriore sono d'un nero turchinastro. Solo la porzione frapposta ai tre raggi semplici è carnea mista di rosso sopra ambedue le facce. Gli stessi colori si ripetono sui raggi liberi. Le dorsali hanno il fondo biancastro tendente al roseo con macchie irregolari d'un roseo più acceso o di color di minio, le quali sulla dorsale posteriore tendono a confluire in una o due fasce longitudinali. Le ventrali sono carnee, oppure d'un roseo pallido. L'anale è lattea. La caudale è carnea sparsa di macchie rosee, ir- regolari, mal definite. È molto comune sui lidi dell’ Italia, e tenuta in dispregio ovunque non solo per la picciolezza della mole, ma anche per la qualità della carne, inferiore a quella d'ogni altra Zrigla nostrale. A Roma è conosciuta sotto il nome di Capone chiodo. I Toscani la chiamano Cavi glione; i Liguri Cavillone, Gaviggione: nel Piceno dicesi Pregnetta; ed in Sicilia Mar- teduzzu. 9 6. GP 9 i ZA SCLF4I RZ] cette OA CA II LIIZAZLINAZLALIÀ DAG 3 A. qu US SA0E MSoiphhh ASI iÉ TRIGLA OBSCURA © CAPONE GAVOTTA TRIGLA trunco non striato; squamis minutis, integris; linea laterali mutica, lati-squamata : dorsi cristis humilibus, integris, posterius unispinulosis: capite modice compresso, Spi- nis omnibus parvis: rostro antice parum depresso, truncato, vix retuso, spinula utrin- que unica porrecta: pinnis pectoralibus corporis triente brevioribus: dorsalis anticae radio secundo elongato. 1.4 D. 10. 2.4 D, 18, P.11/3. V. 1/5. A.17. C.1x. TRIGLA oBscura,-Linn. Mus. Ad, Fred. II. p.94. Schneid. BI, Syst. p. 16. sp. 5. TRIGLA LUCERNA, Brunn. Pisc. Mass, p.76. Bonn. in T. E. Îohth, p.116.sp.6. Riss.Ichth. Nio.p.209.sp.]: TRIGLA cucuLus, Risso, Hist. Nat. III, p. 594. sp. 511, TRIGLA FILARIS, Otto, Conspect. p. 7. et 8. cucuLus, ftondel. Pisc. Mar. I, lib.x. cap.ii. p.287. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p.505. cum fig. Aldr. Pisc. lib. ii. cap. iv. p. 158, fig. in p. 159. morruDE, Cuv. Reégn. Anim. 2. ed, 1I. p. 160, ORGUE, ORGANO (EIr.), MORRUDE etc., ou GRONDIN à première dorsale filamenteuse, Cuv. et/alene. H.N. Pos. IV.p.32- H. molti caratteri proprii, che la distinguono dalle altre specie del suo stesso ge- nere. I più segnalati sono l’aver il secondo raggio della dorsale anteriore allungato fili- forme, e le scaglie della linea laterale larghissime. Linneo la divulgò nel Museo 'd’Adolfo Federigo col nome di Trigla obscura, poi la dimenticò, e il nome obscura ricomparve solo nell’edizione del Block data dallo Schneider. Altri l’han chiamata Trigla cuculus in manifesta contradizione col senso dato da Linneo a quell’appellazione specifica, AI tri ha preteso che fosse la Zrigla lucerna di Linneo, ma questa asserzione non ha al- cun fondamento, perchè la diagnosi della Trigla lucerna è applicabile a qualsivoglia Trigla, e i sinonimi accozzati la Artedi appartengono ad altre specie del genere da non confondersi al certo con quella di cui ora parliamo. La ordinaria lunghezza di questo Capone è di sei in sette pollici. Il capo è com- parativamente più basso che nelle altre specie, comprendendosi l'altezza sua sette volte e più nella lunghezza totale del pesce: il vertice è piano, quasi orizzontale: la fronte poco declive, poco. avvallata, larghetta: la distanza fra un occhio e l’altro è uguale al lor diametro maggiore, che è la quarta parte della lunghezza del capo: il profilo è piuttosto declive, e quasi nulla incavato nel mezzo, depresso anteriormente, troncato all'apice; d'ambe le parti del quale sporge una sola punta spinosa non lunga, cui dal- l'esterno lato è inserito un piccolissimo dentello acuto: la carena marginale del muso vedesi debolmente pronunciata: i lati del capo son piani, non propriamente verticali, ma allargati un poco verso il basso: la superficie del medesimo è granulata e striata leggerissimamente; il centro della gran raggiera delle guance è poco più distante dal- l'occhio, che dal termine inferiore della lamina settore contiguo al margine in- feriore dell'occhio è un solco che appena si vede: il lembo superiore dell'orbita non molto elevato ha nel dinanzi due dentelli spinosi, ambedue piccoli, il secondo però 102 TRIGLA OBSCURA. maggiore del primo, ed al di dietro ne ha un altro anche più piccolo degli anterio- ri: la cresta delle tempia è pochissimo risentita. La lamina soprascapolare è munita di una spina, che quantunque assai tenue e breve, oltrepassa tuttavia il termine del- l’opercolo: ambedue le spine superiori della parte ossea dell'opercolo sono assai corte e sottili; l’inferiore sporge appena fuori del margine membranoso. Le due punte spi- nose del preopercolo son pur esse tenuissime e brevi, l'inferiore appena visibile. La bocca è piccola, non portando il suo taglio fin sotto gli occhi: l’osso mascellare vien fuori del sottorbitale alquanto più che nelle altre specie. La lamina sopraumerale è breve, non giungendo la lunghezza della parte scoperta ad uguagliare la metà dell’al- tezza; e termina in una tenue punta spinosa brevissima, protratta appena più indietro della spina soprascapolare. Le pinne pettorali lunghe quanto il capo constano di 11 raggi collegati, e di 3 liberi più brevi: le ventrali son poco men lunghe delle pettorali, e mi- surano un quarto più del primo raggio libero delle medesime. La dorsale anteriore si compone di ro raggi spinosi sottili; il primo un quinto men alto della sottoposta eleva- zione del tronco, il secondo alto due volte più del primo, il terzo poco più alto del tronco, i seguenti di mano in mano più brevi: la dorsale posteriore conta 17 raggi, il terzo dei quali più alto giunge appena alla metà del terzo della dorsale anteriore: l’ana- le ne ha 17. L’ano dista quasi un terzo più dall’estremità della coda che da quella del muso. La pinna caudale, più distintamente forcuta che nelle specie affini, misura il «quinto di tutto il pesce. Le scaglie ellittiche, troncato-rotondate ed integre anteriormente, hanno quattro intaccature alla base: quelle della rettissima linea laterale in numero di circa 70 sono eccedentemente maggiori, lunghe il doppio delle altre, larghe quasi il doppio della propria lunghezza, troncate, crenulate anteriormente, retuse nel mezzo, ristrette verso la base, aderentissime; e rilevate lungo il mezzo hanno di qua e di là del rilievo molte strie divergenti a largo ventaglio verso il dinanzi: fra una e L'altra di esse scaglie non ne mancano mai due piccole ordinarie poste l'una al di sopra dell’al- tra: nella quale disposizione Cuvier scorge qualche analogia colle strie lamellari delle specie a corpo cerchiato. Il solco dorsale è guernito di 25 creste per parte, poco ele- vate, col margine superiore liscio, terminate posteriormente da una spina brevissima volta all'indietro. ; —_. Il fondo del dorso è un cinereo perlino tutto spruzzato minutamente di rosso livido tendente al rugginoso. Il capo al di sopra è simile al dorso, ma di tinta alquanto più intensa; al di sotto è latteo, come latteo è il disotto del tronco, perlato lungo i fian- chi, che offrono una bella fascia argentea. Le pinne pettorali sono turchine-nerastre coi raggi ramosi lattei, e interrottamente tinti di roseo sulla pagina superiore; il tratto compreso fra i tre raggi semplici è carneo fasciato di roseo: i raggi liberi hanno il colore del dorso, e gli apici biancastri. Le ventrali sono lattee tendenti al carneo. Le due dor- sali hanno il color del dorso, e come quello sono spruzzate di macchie rossastre, ma non tanto minute. L’anale è lattea. La caudale è carnea volgente al color di minio lu- rido, con una macchia nerastra posta sul margine terminale immediatamente al di sotto del punto di mezzo. Come la 77. aspera è propria del Mare mediterraneo: sui lidi romani non è molto frequente; abbonda assai più lungo quelli della Liguria. La qualità della sua carne è buonissima, superiore anche a quella della Tr. cucwlus. I Genovesi la preferiscono a qua- lunque altro pesce per marinarla facendone il principale ingrediente del loro così detto Scabeggio. I Toscani la chiamano Gapottu, i Liguri Barilotto, 1 homani Capone salsiccia. TRIGLA GURNARDUS CAPONE GORNO TRIGLA trunco non striato; squamis minutis, denticulato-ciliatis; linea laterali aculeata: dorsi cristis humillimis, crenulatis, muticis: rostro antice depresso, retuso, spinulis utrinque ternis inaequalibus: pinnis pectoralibus corporis quadrante brevioribus. 1«D.8. 2.4 D. 20. P. 11/3. Kiro: 15420. Gn i TRIGLA, GURNARDUS, Linn. Syst. Nat. I. p. 497. sp.5. Gm.Syst.I. p.1342. sp.3. Bonn. in Tabl, Ene.Ichth. p. 145. sp.4, tab. 60, fig.256. Lacép. Hist. Nat, Poiss.VI.p.45.sp.8. Bloch, Hist, Poiss. II. tab, 58. Schneid. BI. Syst, p.14. sp.9. Risso, Ichth. Nic. p. 207. sp. 8. Id% Hist. Nat. III, p. 397. sp. 315. TRIGLA nIRUNDO, Linn. Faun. Suec. p.120. sp. 540. Id. Syst. Nat. I.p.497. sp. 6. (hic vere, non alibi.) coccyYXx ALTER, Bellon, Aq. lib. 1, p.207. PISCIS CUGULUS, quem GREY GURNARD vocant, Charlet, Onom,p,139. GORNATUS seu GURNARDUS GRISEUS, /7222.Lehth, lib.iv. cap.vii. p.279. tab. S.2.figar, Ray, Synops. Pisc.p.86. sp. TRIGLA varia, rostro diacantho, aculeis geminis ad utrumque oculum, Arted. Gen. Pisc, p.46.sp.8. Id. Syn.p.74.sp.8. CORYSTION gracilis: griseus; pinna ventrali carens; etc. Klein, Hist. Piso, Miss. iv. p.4k6. sp. 5. tab. xiv. fig. 3. TRIGLA dorso ad pinnas carinato scabro: linea laterali aspera etc, Gron,J/us,.L.p.44.sp.101. Id. Zooph.p.84.sp,283, TRIGLA digitis ternis, linea laterali aculeata, Linn. Mus. Ad. Fred.II. p. 93. TRIGLA digilis ternis, linea laterali pinnata, radio dorsali primo antice serrato, etc.? Brunn. Pise. Massil. p.74. sp.90. TRIGLA lateribus nigro alboque punctatis, linea laterali lata aculeataque, Bloch, Fish. Deutschl,II.p.121.sp.1.tab.58, GOURNAULT, Belon, Naè. et Pourtr, Poiss. livr. 1. p. 202. BELLIGANT, TUMBE, Duh, Péch, Sect.v. tab. 9. fig. 1. cronDIN, Daubenton, in Ene. Meth. Hist, Nat, III p., 192. GRONDIN proprement dit, ou GRONDIN GRIS, autrement GORNAUD ou GURNARD, Cuor. et Valene.Hist.Nat, Poiss.IV.p.62. GRONAU, GURNARD 00 GRONDIN proprement dit, Cuv. Règn. Anim.2, ed. II, p, 160. GREY GURNARD, Penn. Br.Zool.IIIp.251.sp.1.t4h.54. Donov.Br. Fish.JI.tab30. Flem.Br.An.p.215.sp.152. I caratteri insiem riuniti del corpo non cerchiato, e della linea laterale aculeata, im- pediscono che questa Trigla si confonda con alcuna altra de’ nostri mari fuorchè con la Tr, Milvus,dalla quale si diversifica costantemente per aver le creste dorsali basse crena- te e mutiche, in luogo di alte integre ed uncinate, come vedemmo all'articolo di quella, Belon fu il primo che ne parlasse: Rondelezio e Salviano ne tacquero senza nostra meraviglia, perchè raramente apparisce nel Mediterraneo, quando al contrario comunissi- ma nei mari del Nord fu distesamente descritta dal Willughby, e più diligentemente fi- gurata dal Klein. I sistematici sembrano concordi nel chiamarla Tr. Gurnardus, perchè | stimano che sia la Tr. Gurnardus di Linneo, mentre potrebbesi tuttavia credere che corrispondesse piuttosto alla di lui TY, kirundo, se l’una e l’altra non fossero una stessa. Giunge a dimensioni assai grandi misurando perfin due piedi. È più allungata di ogni altra Trigla: l'altezza del capo è men di un settimo della lunghezza totale, e la di lui lunghezza n'è un quarto: la larghezza uguaglia due terzi dell’altezza : la fronte è leg- germente curva e paco incavata: la distanza che corre fra un occhio e l’altro è conte- nuta più di cinque volte nella lunghezza del capo: il maggior diametro de' grandissimi occhi eccede il quarto della suddetta misura : il muso ha il profilo poco declive forman- do col cranio un angolo molto aperto ; il suo apice è sensibilmente retuso nel mezzo, e porta a destra ed a sinistra tre o quattro punte spinose dirette all’innanzi, una delle TRIGLA GURNARDUS, quali è molto maggiore: i lati del capo son quasi verticali: le strie di rilievo sono sottili essendo piccolissimi i granellini che le constituiscono: il centro della gran raggiera della lamina sottorbitale maggiore siede quasi in mezzo alla guancia: il lembo dell'orbita è anteriormente armato di due spinette rivolte all'indietro, inerme posteriormente. La la- mina soprascapolare termina in una spina poco sensibile e poco protratta all’ indietro: la seconda delle due spine che difendono posteriormente l’opercolo è robusta, granulare, molto acuta, e ne costituisce la metà: le due che s'impiantano inferiormente sul margi- ne del preopercolo son quasi ugualmente corte: due o tre dentelli seguono la seconda, quindi un seno, e due o tre altri dentelli rivolti all’ingiù: la lamina sopraumerale ovale- triangolare, granellosa, è attraversata da una carena che si continua in una spina robusta ed acuta, granellosa anch'essa, lunga un poco men di quel che resta del pezzo. Le pinne pettorali notabili per la brevità sono la quinta parte del pesce, e più corte del capo: le ventrali son poco più brevi delle pettorali, e portano il raggio spinoso men lungo un terzo del secondo de'ramosi. La dorsale anteriore ha 8 raggi tutti robusti, ma princi- palmente (i tre o quattro primi, che son granellosi, ruvidi quindi in ciascuna faccia, assai meno però nei Gurrardi nostrali che in quelli dell’ Oceano: il secondo raggio maggior di tutti sorpassa in altezza la parte sottopostagli del tronco. La dorsale poste- riore ha 21 raggi: l’anale ne ha 18. L'ano è un buon quarto più distante dall’ apice della coda che da quello del muso. La caudale si contiene sci volte nell'intera lunghez- za del pesce. Piccolissime sono le scaglie, ovali, lisce, ed intiere: quelle che costituisco- no la linea laterale son più larghe, ugualmente attondate, e portano lungo il mezzo una piccola carena munita di dentelli ineguali. Le creste che fiancheggiano il solco dorsale in numero di 28 per lato son molto basse, semiellittiche, prive affatto di punta, e coi margini leggermente seghettati. Color del capo e della parte superiore del tronco suol essere un cinereo-verdogriolo spiccante ad un tratto dal bianco argenteo della gola e delle parti inferiori; separato per lungo da simil bianco della linea laterale, e screziato ordinariamente nella superior porzione da macchiuzze bianche irregolari, piuttosto fitte, polimorfe, talvolta evane- scenti. La dorsale anteriore mostra i colori del dorso, e non ha macchia scura, del qual colore è semplicemente bordeggiata. L'altra dorsale, le ventrali e l’anale sono della stes- sa ma assai più diluita tinta, coi raggi leggermente rigati di fosco. Le pettorali sono più cupe della prima dorsale, spezialmente nella pagina interna, punteggiate di bianco ; sono poi trasparenti verso il margine inferiore, ed hanno i raggi bianchi all’esterno, La ‘ caudale è più scura della pinna dorsale. Questi colori però variano, per dir così, da uno all'altro individuo, talchè due difficilmente se ne rinvengono simili. Mutasi più o meno il color del dorso in verdastro, in olivastro, o in rossastro. Non è raro il vederne cinerei senza macchie, e perfin tutti rossi, i quali, spezialmente se la bordeggiatura fo- .sca di lor pinna dorsale si ristringa in una circoscritta macchia, facilmente si confon- dono da superficiali osservatori con la nostra Tr. milvus. Vive come quell'altro Capone in tutti i mari d'Europa; a differenza però di esso più che nel Mediterraneo abbonda nell’ Oceano, penetrandone le parti settentrionali dall’al- tro non frequentate, ed è assolutamente rara lungo le spiagge d’Italia. Pescasi in copia lungo le Isole Britanniche, fra le Orcadi, nel Baltico e lungo la fredda Norvegia. Portasi in quantità sul mercato di Parigi, ove chiamasi Grondin, perchè grugnisce più delle altre Triglae. A Nizza chiamasi Grugnao: in Sicilia Tizieza. La sua carne è di qualità infe- riore, stopposa. SCARIA AG A i PESO IR RTS, rai 44 VIZIO da da Degli CALPCICA a 4 ae apolidi TRIGLA CUCULUS CAPONE IMPERIALE TRIGLA trunco secus lineam lateralem inermem striîs brevibus notato; squamis minutis ci- liatis: dorsi cristis aduncis, integris: rostro superius modice declivi, antice depresso, truncato, emarginato, utrinque spinoso-denticulato: pinnis pectoralibus corporis qua- drante brevioribus. TENDO 2 ADATTO TO IRENTA ROSA. nor. TRIGLA cucuLus, Linn. Mus. Ad. Fred. II. p. 93. Id. Syst. Nat. I. p. 497. sp. 4. nec Auct. TRIGLA PINI, Block, Hist. Poiss. tab. 355. Lacép. Hist. Nat. Poiss. VI. p. 45. sp. 7. Schneid. BI. Syst. p.34.sp. 7. Risso, Ichth. Nic. p.206.sp.4. TRIGLA HIRUNDO, Risso, Mist. Nat. III.p. 397.sp.314.nec Ichth. Nic. cucuLus, Bellon. Aquat. p. 204. LUCERNA sive cucuLus Belloni, Willught. Ichth. tab. S. 5. TRIGLA tota rubens, rostro parum bicorni, operculis branchiarum striatis, Arted. Gen. Pisc. p. 45. sp. 7. Id. Synon. p.74- sp. 7. (exclusis plur. synon.) RouceT, Belon, Nat. et Pourir. Poiss. lib.i. p.199. fig. in p.201. RoUuGET commun, Cuyv.Règr. Anim.2. ed. II. p. 159. GRONDIN ROUGE, cu BouGET cOoMmUN de Paris, Cuv. et Valence. Hist. Nat. Poiss. IF.p.26. Le: numerose strie verticali rilevate che porta questo pesce sui fianchi, le quali in- tersecano la linea laterale, ma non giungono ad accerchiare il corpo intiero, bastano a distinguerlo da ogni altra specie di Trigla finor conosciuta. Il Belon lo chiamò Cuculus, e nell’applicazione di quel nome fu seguito da Linneo, il quale l’adottò come specifico; cosa che vedesi chiaramente dalla descrizione inserita nel Museo di Adolfo Federigo. Non appartengono però a questa specie nè il Cucwlus di Rondelet, nè quello di Salviano, nè quello di Bloch e del massimo numero degl’Ittiologi sistematici. Ordinariamente ha da sette a nove pollici di lunghezza: ma può giungere ad un piede e mezzo. L'altezza del capo è compresa in questa misura per sei volte e un quar- to, e per quattro e un quarto la lunghezza del medesimo: la larghezza è uguale all’al- tezza. La fronte fra gli occhi è alquanto declive, avvallata, larga un sesto della lun- ghezza del capo. Il diametro trasversale delle orbite entra poco più di tre volte nella misura ora detta. Il profilo non è molto declive, ha il solito incavo nel mezzo, ed è piuttosto depresso all'apice, il quale è troncato trasversalmente, ed ha un picciolo angolo rientrante nel mezzo. A. destra e a sinistra della smarginatura lo spigolo marginale porta circa sei dentelli spinosi, brevi, gl’intermedj di ciascun lato sensibilmente più grandi degli altri. I lati del capo s'allargano dall’ alto scendendo al basso. Tutta la sua super- ficie è segnata molto regolarmente di strie e di scabrosità rilevate. Îl centro della gran raggiera delle guance è poco più distante dall’occhio che dal termine inferiore della la- mina sottorbitale. Il lembo superiore dell’orbita ha anteriormente tre spine acute volte 58 TRIGLA CUCULUS. all'indietro, la prima delle quali minore delle seguenti; posteriormente ha un sol den- tello appena percettibile. La cresta delle tempia è scabrosa, ma si eleva poco sensibil- iente al di sopra delle parti contigue. La Tamina soprascapolare è lanceolata, e termina in una spina, che eccede di poco il termine ‘posteriore dell’opercolo. La seconda delle due punte spinose dell’opercolo sporge per un breve tratto fuori del margine mem- branoso. Il preopercolo ha presso l'angolo inferiore due punte spinose, la prima assai più lunga dell'altra. La lamina sopraumerale ha la forma d’un triangolo, è più alta che lunga, e si protrae in una punta spinosa lunga quanto la metà della lamina stessa. La lunghezza delle pinne pettorali è compresa quattro volte e mezzo in quella del pe- sce intiero. Sette sono i raggi ramosi, e tre i semplici nella parte collegata dalla mem- brana. Il primo dei tre raggi liberi è un quarto più breve della pinna, e un poco più lungo delle ventrali. Assai forti sono i raggi della pinna dorsale anteriore, in numero di nove: il primo di questi è seghettato anteriormente, assai più breve del secondo, che è alto poco meno della porzione del tronco sottostante: al di là di questo i raggi susse- guenti decrescono a gradi. La dorsale posteriore è alta poco più della metà dell’ an- teriore, ed ha 18 raggi: l’anale ne ha 16. L'ano s'apre un terzo più vicino alla punta del muso che all’ estremità della coda. Le scaglie che vestono il corpo sono picciole, el- littiche, più lunghe che larghe, cigliose all'apice, ed hanno quattro o cinque intacca- ture «alla base. La linea laterale è pochissimo elevata, sottile, inerme: la intersecano quasi ad angolo retto numerose strie rilevate parallele equidistanti, che salendo dalla parte superiore cessano prima di giungere a toccare le creste dorsali, e dalla parte inferiore, si estendono per altrettanto spazio, talchè ne restano prive la schiena e la pancia. Fra una stria e l’altra si contano due file trasverse di scaglie. Le creste del dorso sono adunche, spinose, volte all’ indietro, lisce di sopra. Ve n’ ha 26 per lato. Il dorso è d'un color rosso tendente a quello del minio, misto di palombino fra le strie dei fianchi. Il capo superiormente è di tinta più lurida. Il disotto del capo e del tronco è bianco latteo, e il confine dei fianchi è perlato. Le pinne pettorali sono rosse di minio, con la parte centrale della membrana cinereo-lurida sulla faccia anteriore, fosco-turchinastra sulla posteriore. 1 raggi liberi sono rosei. Le dorsali hanno una tinta rosea che volge a quella del minio, ma sparsa con poca uniformità. La posteriore è più smorta verso la base. Le ventrali sono carnee, oppur rosee. La caudale è rossa di minio, con la base pallida. È una delle specie più stimate del genere. Vive in tutt'i mari d'Europa, e si sparge perfino nell’ Atlantico Americano; ma sui nostri lidi è meno frequente che sù quelli dell’ Oceano. Chiamasi a Roma Cappone imperiale, in Toscana Gallinella imperiale, a . Venezia Anzoletto grande. TRIGLA LINEATA CAPONE UBBRIACO TRIGLA trunco toto striis parallelis cincto; squamis minutis ciliatis; linea laterali aculeata : cristis dorsi aduncis, praeter primores integris: rostro superius declivi, antice parce depresso, rotundato, emarginato, utringue minute crenulato : pinnis pectoralibus corpo- ris triente brevioribus. reali: 2441 ePairo/3.eta/pi Aid; Gisy. | TRIGLA LINEATA, Penn. Brit. Zool. III. p. 256. sp. 5. Gmel. Syst. Nat. I. p.1345. sp. 12. Bloch, Hist. Poiss. tab. 554. Schneid. BI. Syst.p. 15.sp. 4- Nardo, Prodr. Adr. Ichth.sp.79. TRIGLA LAsTOVIZA, Brunn. Spol. Mar. Adriat.p.100. Id. Ichth. Massil. p.99. sp. 13. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichih. p:147.sp.11. Lacép. Hist.Nat.Poiss. YI. p. 38. sp. 5. Rafin. Ind. Itt. Sic. p.28. sp. 200. TRIGLA ADRIATICA, Gmel. Syst. Nat. I. p.1546. sp.14. Schneid. BI. Syst. p.15. sp.12. Risso, Ichth. Nic. p:204.sp. 2. Id. Hist. Nat. IT p.594.sp.310. Naccari, It. Adriat. p.17.sp. 64. Martens, Reise nach. Venedig. II. p.450. tab. 11. MULLUS IMBERBIS, Rondel. Pisc. I. lib.x. cap. v. p. 299. cum fig. Gesner, Aquat, IV. p. 567. Aldrov. Pisc.lib.ii. cap.ii. p.151.cum fis. MULLUS IM3ERBIS Rondeletii, potius cucuLI species, Willughd. Iehthyogr. lib.iv. cap. vii. $.1.p.278. tab. S.1. fig.t» Ray, Synops. Pisc.p.87.sp. 1. cUCULUS LINEATUS, Ray, Syrops. Pisc.p.165. sp.11.tab.2.fig.11. GRONDIN TETARD, ou BECARD, Duhamel, Pèch. Sect.v. tab. 8. fig. 5. RoUGET CAMARD, Cu. Règn. Anim.2. ed. II. p. 159. Cuv. et Valene. Hist. Nat. Poiss. IV. p.34. STREAKED GURNARD, Atay, Loco citato. N iuna delle nostre Zriglae ha come questa il tronco tutto accerchiato da strie pa- rallele rilevate, e perciò con niun’ altra si può essa confondere. Artedi e Linneo non la registrarono. Ray l'aveva chiamata Cuculus lincatusz quindi Pennant e Gmelin desun- sero il nome che le diedero di Trigla lineuta. Ad altri Ittiologi deve le appellazioni spe- cifiche lastoviza e adriatica, le quali per buona sorte non furono mai trasferite ad altre specie congeneri. Affatto piana pertanto è la sua sinonimia. Dalla figura e dalla descri- zione che ne diamo si vedrà quanto poco differiscono da quelli dell'Oceano gli esem- plari del nostro mare; cosa sulla quale il Cuvier emise pur qualche dubbio. Ha circa sei o sette pollici di lunghezza, ma talvolta giunge ad oltrepassare un piede, L'altezza del capo è contenuta quasi sei volte in.questa misura, la lunghezza quattro volte e mezzo; la larghezza otto volte. La distanza che passa fra un'occhio e l'altro è minore della quarta parte della lunghezza del capo. Il diametro maggiore delle orbite corrisponde alla misura ora accennata. La fronte è inclinata all’innanzi e il profilo del muso è molto declive, poco incavato, tondeggiante trasversalmente all'apice, il quale è poco depresso, ha nel mezzo un picciolo angolo rientrante, e di qua e di là poche e brevissime intaccature. I lati del capo sono quasi verticali, e non v'ha spigolo marginale prominente. Le strie e le scabrosità graniformi della sua superficie: sono poco elevate, ma regolari, IL centro della gran raggiera delle guance è più vicino all’ occhio che al 50% TRIGLA LINEATA. margine inferiore della lamina sottorbitale. La parte anteriore del lembo superiore del- l’orbita porta tre spine acute volte all’indietro, la prima delle quali è minore delle se- guenti e talvolta appena cospicua: la parte posteriore ha un sol dentello spinoso poco elevato. La cresta temporale superiormente è scabrosa. La lamina soprascapolare è lan- ceolata, e termina in una spina che s' inoltra poco più indietro del termine posteriore dell’ opercolo. La seconda delle punte dell’opercolo emerge per un breve tratto fuori del margine membranoso. Delle due punte del preopercolo la prima è spinosa, la se- conda picciola, appena cospicua. La bocca ha il taglio assai breve. La lamina sopraume- rale è conformata a guisa di triangolo quasi ugualmente alto che lungo, e si protrae in una punta spinosa, un quarto più breve della lamina stessa. La lunghezza delle pinne pettorali è varia, restando compresa nella lunghezza totale del pesce da tre volte a tre volte e mezzo. Ha questa pinna 7 raggi ramosi e tre semplici, oltre i tre liberi, il pri- mo dei quali è un terzo più breve di tutta la pinna, ed è superato appena dalla lun- ghezza delle ventrali. La pinna dorsale anteriore ha 10 raggi, il secondo e il terzo uguali fra loro, alti un quarto meno della porzione di tronco sottostante : di questi raggi il pri- mo è sempre scabro anteriormente, e talvolta anche il secondo. La dorsale posteriore è alta un quarto meno dell’anteriore, ed ha 16 raggi. L'anale ne ha 15. L'ano è un quarto più distante dall’ estremità della coda che da quella del muso. Le scaglie che vestono il tronco sono più lunghe che larghe, rettangolari, cigliose anteriormente, ed hanno circa tre intaccature profonde alla base: quelle della linea laterale sono maggiori del dop- pio, e portano una cresta longitudinale con due o tre brevi punte disuguali acute volte all’indietro. Ad ogni scaglia della linea laterale corrisponde una delle strie rilevate pa- rallele, che partendo da esse ad angolo quasi retto di sopra salgono fino alla cresta dor- sale, di sotto giungono fino alla carena ventrale, talchè accerchiano il tronco intiero. Solo ne è libera la porzione di ventre che cuopre i visceri addominali. Le creste del dorso sono triangolari con le punte spinose volte all'indietro, intiere superiormente, al l'eccezione delle due o tre prime, che sono alquanto scabrose: ve n'ha venticinque per fila. Sul dorso e sulla parie superiore e laterale del capo domina una tinta rossa di mi- nio vivace, qua e là annebbiata di color cinereo, o interrotta da spazj più chiari. La parte inferiore è lattea, ma prende una tinta di minio accesa sotto al muso e ai lati del petto, e un bel color roseo sui fianchi e nel tratto posteriore all’ano: le strie ri- levate spesso sono imbrattate di colore più sordido. Le pinne pettorali sono cinereo-tur- chinastre sulla faccia anteriore, con macchie irregolari rosso brune disposte a fasce; posteriormente sono azzurro-nerastre interrotte da fasce assai larghe, rosso brune. La parte che corrisponde ai tre raggi semplici è tutta rossa, e rossi sono i raggi liberi, ma con alcuni anelli di color chiaro. Le ventrali sono rosse. Le due dorsali sono di color di minio, con molti spazj chiari sparsi irregolarmente sull’anteriore: nella po- steriore il colore intenso forma quasi due strisce longitudinali. L’anale è d’un roseo sbiadato. La caudale è rossa di minio con la base più pallida, e spesso con una striscia verticale nereggiante nel mezzo. Vive nel Mediterraneo ugualmente che nell’ Atlantico Europeo ed Africano: sulle nostre sponde è frequente, e anche più su quelle dell’ Adriatico. La sua carne ha poco pregio. I Toscani chiamano questo pesce Corri-corri, 0 Ubbriaco, senza dubbio per ra- gione del suo color rosso acceso: i Liguri Ubbriagon; i Nizzardi Belugan; i Romani Cappone Corre-corre, 1 Napoletani Curro-curro, i Siciliani Pesce Papa, i Romagnuoli Anzoletto turco, e i Veneti Anzoletto muso-duro. JO en. Abi AZZ eZ dea Dova” I 3 Cei Pmegihosia i | È DIAZ, Urge Here: VAA ESA Rattistolki Aa SII. PLEURONECTES MACROLEPIDOTUS SUACIA COMUNE PLEURONECTES ovato-oblongus griseo-carneus pellucidus, squamis magnis deciduis: dentibus validiusculis: oculis mediocribus, inferiore retroposito: pinnis immaculatis. D. 66. A. 46. P. 10. V. 6. C. 17. PLEURONECTES MACROLEPIDOTUS, Bloch. Hist. Pisce. VÎ.p.25. tab. 190. (pro parte et exclusa patria.) Schneid. Bloch Syst.p.156.sp.25. Lacep. Hist. Poiss. IV. p.656. (exelusa patria.) Bonn. in Tabl. Ene. Ichth. p. 68. sp. 28. tab. g0. fig. 376. Delaroche, Mem. Poiss. Ivio.in Ann. Mus. H. Nat. XITI.p.3553. PLEURONECTES cITHARUS, Spinola in Ann. Mus. H. Nat. X. p. 166. HIPPOGLOSsus MACROLEPIDOTUS, Cuv. Regn, Arnim. II. p. 221. în nota. Id. Ibid. 2. edit. II. p. 340. HIPPogLOSsus citHARUS, Risso, Mist. Nat. III. p. 146. sp. 154. PLEURONECTES SOLEA var. Pataracchia, Vaccari, Ichth. Adr. p. 11. sp. 29. SOLEA cITHARA, Rafin. Ind. Itt, Sic. sp: 49. et Append. sp. 2. cituARus, Rondel. Pisc.I. lib. xi. cap. v. p.514. Gesn. Aquat, lib. iii. p. 127. cum fig, Id. Icon. Aquat. p-97- Aldrov. Pisc. lib. ii. cap.xliv. p. 240. Jonst. Hists Pisc. II. lib. i.tit.1. cap.ii. art. ii. punct. ii. p. 59. tab. 20. fig. 14. pECTEN, Gesn. Ic. Aquat. p. 97. SOLEA, squamis rhomboidalibus magnis, lingua soluta; dentibus serratis, A/cin. Misti Pisc. Miss. IV. fasc. iii. art. xv. p. 32. sp. 6. PLEURONECTE A GRANDES EcàILLES, Delaroche, loco citato. SOLE A GRANDES ECAILLES, Bonrat. loco citato. FLETAN MACROLEPIDOTE; £isso, loco citato. | tutti gli Animali vertebrati que’ Pesci che costituiscono la famiglia detta da noi Pleuronectide, Heterosomi dal Dumeril, e Diprosopa dal Latreille sono i soli la cui conformazione si sottragga alla comune legge della simmetria nel collocamento de- gli organi doppj. Ambedue gli occhi posti dallo stesso lato del capo, la parte destra del corpo tinta d'un colore diverso da quello della sinistra danno a tali esseri una fisonomia propria e strana del tutto. Quanto curiosi per l’aspetto, altrettanto impor- tanti sono questi Pesci per l’uso che si fa universalmente della lor carne, che sommini- stra un'alimento molto sano, e per lo più di sapore squisito. Non poche specie appar- tenenti a questa famiglia popolano i mari d'Italia, e di tutte è nostro proposito offrire le figure e le descrizioni, perchè ci sembra scorgere che su tale argomento regni molta oscurità presso gli autori. I Pleuronectidi spettano all'ordine dei Pesci Osseî Malacopterigii, e restano compresi nella tribù dei Subbrachiani, ognuna delle famiglie dei quali si fa distinguere a colpo d'occhio per un’aspeito particolare. | Il lor capo è picciolo, compresso, scaglioso, la fronte e la nuca sono carenate. Ma- scelle disuguali, non protrattili. Lingua liscia, appena papillosa, strettissima, immobile. Palato angustissimo. Occhi situati ambedue dal lato sinistro, oppure dal lato destro del capo, ellittici, che vengono coperti totalmente dalla membrana nictitante. Aperture 22 PLEURONECTES MACROLEPIDOTUS. branchiali laterali, picciole, arcuate, operculate. Operculi flessibili, scagliosi, formati di tre pezzi, col margine coriaceo, senza dentelli. Membrana branchiostega medio- cre, con raggi il cui numero varia da quattro a sette, per lo più è di sei. Branchie vicine fra loro, quasi uguali, le tre anteriori internamente fornite d’una serie di tu- bercoli. Corpo compresso in guisa che l'altezza supera di gran lunga la grossezza, col dorso e col ventre carenati, arcuati, di color pallido dal lato privo d’occhi. Ano pettorale, picciolo, collocato dietro le ventrali, per lo più sul margine del lato opposto agli occhi. Pinna dorsale che regna senz interruzione lungo tutto il dorso. Pinne pet- torali quasi medie, spesse volte disuguali, picciole, o anche mancanti. Pinne ventrali contigue, toccanti l’ano, picciole, non di rado connate alla base. Pinna anale lon- gitudinale, protratta fino alla coda. Pinna caudale quasi sempre sciolta, ottusa, picciola. Il cranio è composto degli stessi pezzi che costituiscono quello degli altri Pesci, ma disposti fuori di simmetria e disuguali. Il restante dello scheletro partecipa di questa irregolarità, ed è torto notabilmente nel tratto prossimo al capo. Le costole sono brevi oltremodo. Il cervello è picciolissimo. La cavità addominale è angusta, ma si prolunga a guisa di seno nella spessezza dei lati della coda per dar posto a qualche porzione delle viscere, e segnatamente agli organi della generazione. La vescica notatoja manca del tut- to. Il lato colorato e che porta ambedue gli occhi suol essere il sinistro: vi sono specie in cui all'opposto è colorata e fornita d'occhi la parte destra: ma s'incontrano esem- plari dell'una e dell'altra categoria in cui i colori e gli occhi sono distribuiti a rove- scio, e questi meritano d'esser chiamati Pesci travolti. Qualche volta mentre gli occhi stanno dalla parte normale, ambedue i lati sono tinti di colore intenso, e allora suol dirsi che il Pesce è duplicato. Assai più raro è il caso che manchi il colore tanto a destra quanto a sinistra. Del rimanente le tinte ordinarie di questi Pesci si modificano a tenore del luogo in cui vivono anche temporaneamente. Stando sopra un fondo fan- goso sogliono essere più nerastri; quando vivono fra le alghe assumono maechie più o men risentite, e divengono più pallidi se dimorano in acque più chiare. Risalendo i fiumi, come fanno per l'appunto alcune specie im partieclari latitudini, smarriscono i colori, e la lor carne diviene insipida. Sia che rimangano fermi, sia che nuotino, i Pleuronectidi portano il lato più scure di sopra, di sotto il più pallido, e la lor coda si mantiene nella giacitura di quella dei Cetacei. Quindi avviene che ajutati dall’estese pinne dorsale ed anale, in luogo di nuo- tare alla guisa degli altri Pesci guizzano orizontalmente, e percuotendo l’acqua dal- l'alto al basso con la pinna caudale, salgono e scendono con somma rapidità: non possono però volgersi a dritta e a manca con eguale destrezza, poco giovando loro le corte pinne pettorali e ventrali. Il difetto del notatojo gli obbliga a far dimora sul fondo del mare; e perchè ivi la temperatura è presso che uguale, siffatti Pesci so- no sparsi pei lidi delle varie latitudini dal polo fino all'equatore. Strisciano sul fango imprimendovi solchi, e si seppelliscono nell'arena per tendere insidie alle prede o per salvarsi da qualche temuto nemico. Tuttochè abbiano un'apertura di bocca piuttosto angusta sono assai voraci. Si cibano d'altri Pesci più deboli, di Crostacei e d'altri Ani- mali marini. Le specie più grosse giungono perfino a mutilarsi reciprocamente. Di pri- mavera depongono le uova in prossimità della spiaggia. Tutta la famiglia potrà considerarsi come divisa in due categorie. Nella prima, cui si darà il nome di Pleuronectini, saranno compresi tutti Pleuronectidi in cri la mascella PLEURONECTES MACROLEPIDOTUS. più lunga è l'inferiore; la seconda, cui potrà darsi il nome di Soleini, conterrà quelli in cui la più lunga è la superiore. E questi caratteri ne portan seco altri molti. Infatti i Pleuronectini hanno gli occhi grandi; una coppia di narici a destra, l’altra a sinistra: i pezzi operculari distinti: le pinne pettorali bene sviluppate: le scaglie prive di gambo: la linea laterale piegata ad arco nel tratto anteriore. I Soleinî invece hanno gli occhi piccioli; le narici unilaterali: il preoperculo non distinto dall’operculo: le pinne petto- rali poco sviluppate e perfino mancanti: le scaglie prolungate alla base in una lami- netta lineare che fa uffizio di gambo: la linea laterale retta. In sei generi merita a nostro giudizio d'esser ripartita l’intiera famiglia, e questi di- remo Platessa, Hippoglossus, Pleuronectes, Rhombus, Solea, Plagusia; i primi quattro costituiscono i nostri Pleuronectini, i rimanenti formano la sottofamiglia dei Soleini. Da- remo fin d'ora un prospetto compendioso delle condizioni che li caratterizzano. Il genere Platessa ha una serie di denti taglienti ottusi in ambedue le mascelle, e quasi sempre denti emisferici sulle ossa faringee. La pinna dorsale anteriormente s’innol- tra soltanto al di sopra dell'occhio superiore, posteriormente tanto essa dorsale quanto l’anale hanno termine un buon tratto prima dell’inserzione della caudale, e lasciano un’ intervallo nudo sopra e sotto alla radice della coda. La forma di questi Pesci è ovato- romboidea. I L'Hippoglossus ha denti forti ed acuti tanto in ambedue le mascelle quanto sulle ossa faringee. Le pinne si estendono al modo stesso che nel genere Platessa. Il corpo ge- neralmente è di forma alquanto più allungata. Le scaglie sono affatto aderenti al corpo. Il nostro genere Pleuronectes ha i denti mascellari e i faringei tutti acuti. La pinna dorsale ha origine al di sopra degli occhi, oppure più innanzi; tanto essa, quanto l’anale si prolungano fino alla coda. Il corpo è ovato-oblungo quasi scolorato da ambedue i lati, pellucido. Le scaglie grandi, caduche. L'ano s'apre nella carena del venire. Il genere Rhombus porta sulle mascelle e sulle ossa faringee denti minuti, fitti. La pinna dorsale ha origine presso il margine della mascella, ed ugualmente che l’anale scorre fin presso alla caudale. Il corpo è altissimo, d’una circoscrizione ovata quasi or- bicolare, col lato sinistro intensamente colorato: le scaglie sono picciole, pressochè ro- tondate. L'ano per lo più è laterale. Il genere Solea ha la bocca fuori di simmetria, col taglio piegato ad arco all’ingiù, più curvo e più esteso dalla parte opposta agli occhi, e da quel lato soltanto fornita di denti fitti, sottilissimi. La pinna dorsale ha origine al di sopra della bocca: tanto essa quanto l’anale scorrono fino all’ origine della caudale, e talvolta sono con essa continue. La circoscrizione del corpo è ellittico-oblunga, col muso attondato; il lato in cui sono gli occhi è intensamente colorato. Le scaglie sono tenacemente aderenti. La Plagusia finalmente ha il taglio della bocca simmetrico, quasi retto, e ha denti sottilissimi dall'uno e dall’ altro lato. La pinna dorsale e l’anale si congiungono poste- riormente e si continuano con la caudale. Il corpo è molto allungato, poco colorato, pellucido. Le scaglie sono decidue. I Pesci effigiati nella tavola qui unita, e che presso gli autori si trovano dissemi- nati fra gl'Hippoglossi, i Rhombi e perfino fra le Sole@, appartengono al terzo dei generi ‘mentovati. Quantunque da noi novellamente circoscritto ci è giovato applicargli un nome antico, anzi il più solenne che sia stato attribuito dagli autori ai Pesci dell’intiera fami- 22% | , PLEURONECTES MACROLEPIDOTUS. glia. Oltre le già accennate, le condizioni comuni a tutte le specie sono. Capo piuttosto acuto senza tubercoli o cirri, privo di papille piliformi, con la mascella inferiore assai più lunga della superiore, lo che è notabile massimamente mentre la bocca sta aperta. Bocca obliqua, fessa profondamente, ampia. Lingua piuttosto libera. Occhi collocati dal lato sinistro, vicini fra loro, coll’intervallo frapposto rilevato a guisa di carena. Narici grandi; la coppia del lato destro collocata molto più in alto. Preoperculo assai distinto. Scaglie grandi, sottili, trasparenti, lisce, sotto la lente segnate di strie concentriche, quasi rotondate, oscuramente crenate, superficiali, caduche. Linea laterale da ambedue le parti piegata ad arco nel terzo anteriore, nel rimanente retta e media. Pinna anale libera, ro-. tondata. Pinne pettorali bene sviluppate. Ventrali libere, quasi simmetriche, con due pic- ciole spine collocate innanzi all’ano più o meno visibili all’esterno. Questi Pesci si trat- tengono quasi sempre nei cupi fondi fangosi. Le femmine sono notabilmente feconde. Lungi dall’appartenere a diversi generi le nostre tre specie sono talmente simili che difficil cosa riesce il distinguerle. Per trovare 1 caratteri differenziali conviene attendere principalmente alla circoscrizione del corpo, alla grandezza degli occhi, alla loro posi- zione relativa, alle macchie delle pinne, e alla grandezza e direzione delle spine ventrali. Nel Pleuronectes macrolepidotus il corpo è ovale-allungato: il muso piuttosto acuto: gli occhi sono grandetti, l’inferiore posto più indietro del superiore: i denti validi in paragone di quelli delle specie congeneri. Le pinne non hanno macchie; la dorsale ha origine immediatamente al di sopra del lembo anteriore dell’occhio superiore, e tanto essa quanto l’anale lasciano un tratto scoperto alla radice della coda lungo quanto due terzi dei raggi laterali. L'ano s'apre più indietro dell'origine delle pettorali: Je due spine collocate innanzi ad esso sono rivolte all'indietro e poco cospicue. La pinna caudale è cuneato-rotondata. L'altezza è contenuta più di tre volte nella lunghezza del Pesce compresa la coda: il capo è lungo quasi quanto la quarta parte del corpo. La bocca è fessa fino al di sotto degli occhi; il suo taglio corrisponde a un terzo della lunghezza del capo: il mascellare è quasi il doppio più largo all’apice che alla base: il diametro delle orbite è uguale alla distanza fra l’occhio inferiore e la punta della mascella di sopra. Le scaglie tanto in lunghezza quanto in larghezza sono anche maggiori del semidiametro delle orbite. La pettorale sinistra è lunga quanto la distanza fra la sua base e l’occhio inferiore: la petto- rale destra è minore d’un quinto. La ventrale destra situata più indietro è lunga quanto i raggi maggiori della pinna anale e della dorsale, la sinistra è appena più breve. La caudale è contenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza totale. Il colore del lato destro è un cinero-carneo, quello del lato sinistro è un bianco di latte. L'individuo che abbiamo fatto effigiare non è dei grandi. I maggiori giungono quasi alla lunghezza di un piede. Il suo nome volgare a Roma è Suacia 0 Suacia comune, presso i Genovesi Szasa. I Toscani lo dicono Passera. In Sicilia chiamasi Cantina, nel Veneziano Pataracchia. La sua carne è mediocre. Non esitiamo a riconoscere in questo il Citharus e il Pecten degli antichi, che fu omesso dal Linneo. Quantunque il nome sistematico macrolepidotus possa esser contro- verso, seguitiamo il Cuvier nella sua applicazione e lo diamo a questa specie, serban- do l’appellazione di Pleuronectes Aramaca al pesce Brasiliano confuso con questo dal Bloch, perchè esso è appunto l’Aramaca del Marcgrave. PLEURONECTES BOSCII SUACIA FRANCESE PLEURONECTES ovatus griseo-carneus pellucidus,squamis mediocribus deciduîs: dentibus mi- nutissimis: oculis maximis, altero alteri suppostto : pinna dorsali et anali posterius ma- cula gemina nigra. D. 82. A. 68. P. 10. 7. 6. C. 17. PLEURONECTES BOSCII, Risso, Zchth. Nic. p. 319. sp. 16. tab. 7. fig. 33. uIPPOGKOSSUS Boscii, Cuv. Regn. Aniîm. I. p- 221. în nota. Risso, Hist. Nat. III. p. 246. sp. 155. RHOMBUSs Boscii, Cup. Regn. Anim. 2. edit. II. p. 22. in nota. PLEURONECTET BOSCIEN, /tisso, Ichth. loco citato. FLÉTAN DE ROSsC, Risso, Hist. Nat, loco citato. Di: questo Pesce non si trova alcuna traccia presso gli autori antichi. Il Signor Risso che lo fece conoscere pel primo c’insegna, che a Nizza gli vien dato il nome di Pampaloti comune al Plewronectes macrolepidotus. I Pescivendoli di Roma lo sogliono riconoscere sotto il nome di Swacia francese. Pare che i Genovesi lo chiamino Pataccon. La sua carne è leggerissima e piuttosto delicata. Quantunque non sia un pesce nobile, pure non manca di pregio, massimamente se è grosso. Le due macchie nerissime che porta sulla pinna dorsale e sull’anale, gli. occhi stragrandi collocati uno verticalmente al di sopra dell’altro sono i caratteri che di- stinguono a prima vista dalle altre nostrali. questa specie di Plewronectes. Pi tutta la stagione in cui lungo le nostre spiagge pescano le Paranze, cioè durante l'inverno, la Suacia Francese si porta a vendere copiosamente in Roma; non è però al- trettanto comune quanto il Pleuronectes macrolepidotus, nè quanto l’Arnoglossus. L'ab- biamo osservata nella pescheria di Firenze, e ci è stata mandata dalle spiagge del Pice- no. Da Venezia finora non l’abbiamo ottenuta mai, nè ci è riuscito di riconoscerla in alcuno dei Pleuronectidi della Sicilia registrati dal Rafinesque. Il Signor Risso collocò questo Pesce i: gl Hippoglossi forse per non separarlo dal PI. nil aan suo affine, che trovò posto in quel genere. Ma se pei denti piuttosto validi e per la forma allungata il macrolepidotus somiglia agl Hippoglossi, il Boscii in cui mancano siffatti caratteri ha un'analogia più stretta coi Rhombi; e con questi per l'appunto piacque al Cuvier d’associarlo nella seconda edizione del Regne Animal. La circoscrizione del PI. Boscii Pesce è ovale: l'altezza è contenuta men di tre volie nella lunghezza. Il capo è lungo poco più della quarta parte dell'animale e non è molto acuto: il taglio della bocca è men d’un terzo della lunghezza del capo: il mascellare è poco più Maso inferiormente che superiormente ; i denti sono tutti minutissimi. L’'oc- chio inferiore è situato appena un poco più all'indietro del superiore: il diametro delle orbite comprende quattro quinti della distanza che corre fra l'occhio inferiore e l’apice PLEURONECTES BOSCII. della mascella. Tanto in lunghezza quanto. in larghezza le scaglie sono cinque o sei vol- te minori del. diametro delle orbite. La dorsale ha origine un qualche tratto avanti all’oc- chio superiore, e tanto essa quanto l'anale lasciano una porzione scoperta sulla radice della coda estesa quanto i raggi laterali. La pettorale sinistra ripiegata giungerebbe a toc- car l'occhio di sotto: la destra è quasi minore della metà. Le ventrali sono due terzi più brevi dei raggi maggiori della dorsale e dell’anale. Non si vede sporgere alcuna spina innanzi all’ano, il quale s'apre anteriormente all'origine delle pettorali. La cau- dale è leggermente rotondata, ed è contenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza ‘ del corpo. Il lato sinistro è cinereo-carneo, il destro è latteo. Tanto l’anale quanto la dorsale verso la parte posteriore portano due belle macchie nere cangianti, rotondate, ciascuna delle quali occupa lo spazio frapposto a quattro raggi: verso la metà le stesse pinne hanno due altre macchie fosche leggermente accennate, e talvolta appena visibili. PLEURONECTES ARNOGLOSSUS SUACIA CIANCHETTA PLEURONECTES ovatus griseo-carneus pellucidus,squamis maximis deciduis: dentibus minutis: oculis parvis, superiore retroposito: pinnis immaculatis: spina ante anum gemina valida deorsum porrecta. D.98..A4.68. P. 6.7. 10.C.17. PLEURONECTES ARNOGLOssU8, Selreid. Bloch Syst. p. 157. sp. 28. PLEURONECTES LEOTARDI, Risso, Lehth. Nic. p. 318. sp. 14. rRHOMBUS Nupus, Risso, Hist. Nat, IIT. p. 251. sp. 141. Cuv. Regn. Anim.2. edit. II. p. 542. Cloquet in Dict. Sc. Nat. XLIX. p. 119. SOLEA ARNOGLOSsA® Rafin. Ind. Itt. Sic. sp. 51. et App. sp. 8. PLEURONECTES PELLUCIDUS, Nardo, Osserv. Ichth. Adr.in Giorn. Brugnat. Id. Prodr. Adr.Ichth. sp. 134. ARNOGLOSSUs, Rondel. Pisc.I.lib.xi. eap.ziiiip.324. eum fig. Aldrov. Pise. lib. ii. cap. alili. p.237. cum fig. Jonst. Hist. Pisc. II, lib. i. tit. 1. cap. ii. art. ii. punct.i. p. 58 ARNOGLOSssus vel soLrA LEVIS, Gesn. Aquat, lib. iv. p. 668. cum fig. PERPEIRE) Duham. Pech. III. Sect. ix. p. 259. tab. 2. fig 5. TURBOT NU, £tisso, Mist. Nat. loco citata È comune questa specie in tutt'i mari dell’Italia. La turba dei Pescatori Ro- mani suol confonderla con le altre congeneri sotto il nome di Suacia: ma i Pesci- vendoli più esperti la distinguono con l’aggiunto di cianchetta o col particolar vocabolo di Tacchia. Lungo i lidi del Piceno dicesi pure Cianchetta semplicemente, e a Venezia Sanchetto. Il Rafinesque asserisce che in Sicilia ha l’appellazione di Linguata liscia, ma è verosimile che questo nome spetti indistintamente a tutti questi Pleuronetti a squame decidue. La sua carne è molle, e non è punto stimata. Ha i denti minuti, gli occhi piccioli, l'inferiore collocato più all’innanzi del superio- re, le pinne senza macchie, il corpo poco allungato. Tutte queste particolarità sono suf- ficientemente ben indicate nella figura che dà il Rondelet del suo Arnoglossus, e perciò abbiamo creduto necessario riferire quel sinonimo e adottare il nome specifico dello Schneider. E mirabile però che tanto al Rondelet quanto a tutti gli altri autori che hanno descritto questo pesce sia sfuggito un carattere che è più singolare d'ogni altro, quello cioè della spina doppia collocata avanti l’ano assai grande e sporgente all’ ingiù. Linneo non conobbe questa specie e non riferì ad aleuna delle sue V’Arroglossus del Ron- delet. Il Signor Risso e il Cuvier la collocarono nel genere Rhombus e la dissero Rhombus nudus; nome per verità poco opportuno, perchè il corpo non è nudo, ma bensì vestito di scaglie sottili e fugacissime. Questa specie è il Pleuronectes pellucidus del Signor Nardo, ma sospettiamo che sotto quel nome egli abbia confuso altresì il PI, macrolepidotus, che pure abita nel mar di Venezia, e ch'egli non riporta separatamente. Infatti i nomi vol- gari Pataracchia e Sanchetto ch'egli attribuisce al suo pellucidus, secondo le informazioni che ci sono state comunicate da persone espertissime, sono riferibili a due diversi oggetti PREURONECTES ARNOGLOSSUS. presso i pescatori Veneti, tuttochè presi forse talvolta uno per l’altro. Inoltre ci sembra poco probabile che il PI. Arnoglossus acquisti la mole a cui il Signor Nardo dice che può giungere il suo PI. pellucidus, e la quale non sarebbe strana affatto negli esemplari del macrolepidotus oppure in quelli del Bosci. L'individuo da noi effigiato è uno dei più grandi che abbiamo osservati. La circoscrizione del Pleuronectes Arnoglossus è ovata; la sua altezza è contenuta poco più di due volte e mezzo nella lunghezza: il capo occupa la quarta parte di tutto il pesce ed è poco acuto: la bocca è tagliata molto obliquamente, e scorre fino al di sotto del lembo anteriore dell'occhio: il suo taglio è men d'un terzo della lunghezza del capo: il mascellare è quasi lineare: i denti sono sottili, ma non quanto quelli del Pleuronectes Boscii. Gli occhi sono assai piccioli, l’inferiore posto più innanzi del su- periore: il diametro delle orbite comprende tre quarti dello spazio che corre fra l’infe- riore e la punta della mascella. Le scaglie hanno il diametro di circa due terzi delle or- bite. La dorsale ha origine al di sopra del punto medio fra l’occhio superiore e l’apice della mascella, e tanto essa quanto l’anale lasciano un tratto nudo appena sensibile alla radice della coda. La pettorale sinistra è lunga quanto i due terzi della distanza che corre fra la base di essa e l'occhio inferiore; la destra è appena più breve. Le ven- trali hanno due terzi dell'altezza dei raggi maggiori delle pinne verticali; dietro ognuna di esse sorge una spina dura, ossea, compressa, valida, appena quattro volte più breve dei raggi maggiori della ventrale stessa. L'ano s'apre più innanzi dell’origine delle pet- torali. La caudale è fortemente rotondata, ed ha appena la sesta parte della lunghezza del corpo. Il colore è un cinereo-carneo dal lato sinistro, dal destro è un bianco-latteo non dissimile da quello delle altre specie: tutta la porzione corrispondente al ventre è tinta di turchinastro, perchè traspajono le intestina anche più che nei congeneri. Non vi sono macchie sulle pinne. È RU DIA pa ag Ri LE vee (Ga, 7 A Ga LIPLVALIE 2 A Il'MCALI DPI sv. 7A Ci iivia ULI AA PS PLEURONECTES GROHMANNI SUACIA DEL GROHMANN PLEURONECTES Ovatius griseo-fuseescens nebulosus, squamis majusculis deciduis: ore parvo, dentibus minutissimis: oculis mediocribus, superiore retroposito: radio secundo pinnae dorsalis valde elongato. Dago: ai 6 A.C. 19: I color fosco onde il corpo è poco o nulla pellucido, il prolungamento del se- condo raggio della pinna dorsale, e la bocca assai più piccola sono caratteri apparenti e sostanziali, pe’ quali a prima vista si distingue questa dalle altre Suacie ( Pleuronectes, Nob.), e si avvicina ad altri generi della sua famiglia. Noi l'abbiamo dalla sola Sicilia; ed ignorandone qualunque appellazione vernacola, e non trovandola accennata da verun. autore antico o moderno, l'abbiamo dedicata al veramente indefesso e ben conosciuto Signor Francesco Grohmann raccoglitore Boemo, il quale unitamente a molti altri og- getti siculi ce l’ha mandata. Maggiore assai di questo piccolo guiderdone si è il de- bito che abbiam verso di lui per le belle cose onde spesso arricchisce il nostro Museo. La figura del Pesce è quasi perfettamente ovale, molto meno attenuata posterior- mente di quelle dei congeneri, somigliando in ciò a' Rhombi, non meno che nella pic» cola bocca e ne’ denti minuti. La sua maggiore altezza, che trovasi quasi a due quinti della lunghezza totale, si comprende in essa tre volte, e la grossezza misura un set- timo di essa altezza. Il capo poco acuto non giunge alla quarta parte di tutto il pesce: lo squarcio della bocca obliquo e curvilineo arriva appena sotto l'estremità anteriore dell'occhio infimo: la sua lunghezza è men di un terzo di quella del capo: il mascel- lare è quasi lineare: i denti sono spessi tra loro e sottilissimi: la mascella inferiore non molto più lunga dell’altra. Gli occhi s'aprono ellittici, ed il maggior diametro loro vien compreso quattro volte e mezzo nella lunghezza del capo: un diametro corre fra l'apice del muso e l'estremità anteriore dell’occhio più basso, il quale s'innoltra più del su- periore verso la punta quanto è un terzo di se medesimo: un quarto di diametro è l’in- tervallo che passa tra l’uno e l’altro. L'opercolo è leggermente angolato alla sua attac- ‘ catura al tronco; quindi discende rotondato per tutto il suo margine. Le scaglie sono grandi poco più della metà dell’orbita, quasi rotondate, e molto embricate. La linea laterale non differisce da quella delle altre specie. La pinna dorsale ha origine alla metà dello spazio tra l’apice del muso e l'occhio superiore; e tanto essa che l’anale non la- sciano tratto sensibile scoperto alla radice della coda: il secondo suo raggio, lungo il doppio degli altri, e alquanto più grosso, come è il primo, incurvasi al par di esso leg- germente indietro. La pettorale sinistra, quella cioè dal lato degli occhi, un terzo più lunga della destra, è due terzi della lunghezza del capo. Le ventrali sono lunghe due terzi di quella, essendo poco più brevi dei raggi maggiori delle pinne verticali. Sono 97 PLEURONECTES GROHMANNI. poco cospicue le due spine rivolte all'indietro collocate innanzi all’ano, che s'apre avanti all'origine delle pettorali in quel brevissimo spazio che lascian fra loro le ventrali e l’anale. Questa comincia sotto il lembo estremo dell'opercolo, e giunge fino all’intesta- tura della caudale, la quale è fortemente rotondata, e misura un sesto della lunghezza del corpo. Il fondo dalla parte degli occhi è un cinereo-carneo annebbiato di fosco, più den- samente però verso i profili del dorso e del ventre, e tutto marmorato di punteggia- iure e venature nerastre. Dall'altra parte si scorge di un bianco latteo. Le pinne sono egualmente colorate e screziate, ed ugualmente bianche di latte seguendo le due di- verse parti del corpo. L’esemplare che abbiamo descritto, uno dei maggiori da noi rice- vuli, misurava. quattro pollici di lunghezza, ed era alto un pollice e quattro linee. Giuntoci questo piccol pesce dopo che avevamo effigiato i tre suoi congeneri più normali, abbiam creduto bene di porlo i in compagnia di una Platessa, cui trovavasi già destinata una tavola intera. Cotal Plazessa nel Veneziano dicesi Passera e Passarino, a Mantova Pese Passr, nel Piceno Passera della Giuecca, e in altri luoghi lungo l’Adria- tico, ove chiamano Passera appunto una Suacia, vien da alcuni confusa soito il nome di Rombo. E quantunque il vocabolo Passera usurpisi secondo le diverse località per deno- minare differenti specie di Pleuronettidi, non men dai pescivendoli che dai naturalisti, tuttavia ne facciamo peculiar nome di essa nostra Platessa, e ne anticipiam le ragioni. Il Pleuronectes Passer di Artedi e di Linneo non è diverso dal Rhombus maximus: il Pleu- ronectes Passer di Bloch altro non è che un vecchio, PI. Flesus che accidentalmente ha le sue fattezze a sinistra, lo che spessissimo accade. Restava dunque in nostra facoltà il disporre del nome specifico Passer, che, togliendo ad essa quelli usurpati ad altri pesci, ben con piacere le imponiamo come quello che porta nella città regina dell’ Adriatico ove ha sede, e in altre provincie d'Italia che di colà suol visitare per fiume. Ci gode poi l'animo di tornar così facendo al primo significato della parola, essendo che questo pesce non è diverso dal Passer di prima specie del Rondelezio, come principalmente lo prova la figura fattane in Venezia per Gesnero; e perchè pure fu così denominato dagli antichi insiem con altri Pesci piani, del quale forse il ricco Fundanio gustava la. prima volta le interiora nella famosa cena di Nasidieno, Cum Passeris, atque ingustata mihi porrexerit ilia Rhombi, Horat. PLATESSA PASSER PIANUZZA PASSERA PLATESSA capite carina ossea diviso: spinulis ad dorsalis et analis basim in seriem dispositis: linea laterali laevi: spina ani horizontali valida. D.64. P.10. V.6. 4.48. C.19. PLEURONECTES HIPPOGLOSSUS, aecari, Itt. Adriat. p, 11. sp.27. PLEURONECTES HIPPOGLOSssOIDrS ovvero Passerus, /Vardo, Osserw. in Giorn. Brugnat. PLEURONECTES FLESUS var. Nardo, Prodr. Adriat. Ichth. sp, 131, nec Delaroche. passer, Stond. Pisc.Mar. I. lib.xi. cap. vii. p. 516. (fig. inversa ut in cacteris) GesnAg.IP. p.664. fig. origin, PAssER LEVIS, Aldrov. Pisc.lib. ii. cap. xlvii. p. 245. quoad Italic, PASSERO FLUVIATILE, Pollini, Viaggio al lago di Garda, p.22, Mentre l'Oceano Atlantico e maggiormente i mari settentrionali di Europa abbon- dano di molte deliziose specie del genere Platessa, tra le quali primeggia in grandezza la vulgaris, in delicatezza la Zimanda, e in simiglianza a questa nostra la /esus, teniam per certo che costei sia l'unica che abiti il nostro mare mediterraneo, e neppur tutto di se degno lo faccia. Imperocchè è propria dell’Adriatico, e scorrendo le sue lagune non si diparte da quello se non per rimontare a gran distanza ne’ tributarii fiumi, en- tro i quali depone le uova, e viene alle reti in primavera, in estate, in autunno, Uni- colore o macchiato che si ritrovi questo pesce, di maggiore o minor grandezza, sia nei fiumi, sia nel mare, sia negli stagni, egli è sempre lo stesso; conciossiachè quel degli stagni è più scuro, quello delle acque dolci più chiaro, ma più pingue e saporoso si è il primo pel grasso nutrimento di cui gode. Noi ne fignriamo un macchiato, ed altro di un sol colore, quello più piccolo, e questo più grande; non però vogliam dire che il maggiore, ossia più adulto di età, veggasi sempre di un sol colore, nè il più giovane sia sempre al contrario. Unitamente alla Platessa, e al Flesus, di Linneo appartiene esso al primo de’ tre grup- pi, ne quali ci giova partire il senere Plutessa. Primo gruppo è Platessa propriamente detta, che ha denti ottusi e contigui, bocca piccola, labbra sottili, mascella inferiore più lunga, linea laterale retta, scaglie piccolissime, niuna delle quali sulle pinne, una spina orizzontale all’ano. Secondo è Cyricoglossus, Nob. che come il PI. cyroglossus, L. ha la linea laterale retta, la bocca piccola, li denti come quello di sopra, ma le mascelle ugua- li, con labbra turgide, e l’ano senza spina. Vien terzo Zimanda, Nob. che ha denti sub- acuti, isolati, bocca grandicella, labbra sottili, mascella inferiore più lunga, linea late- rale fortemente arcuata in principio, scaglie grandette, aspre, raggi delle pinne scagliosi, come il Pi Zimanda, L. In tutte le vere Platessae il capo è mediocre, poco acuto, armato il suo mezzo di una serie di tubercoli, o di uno spigolo osseo non interrotto, privo di cirri e di papille. Gli occhi son collocati quasi sempre dal lato dritto, vicini fra loro, e separati da una carena. Grandette veggonsi le narici, la coppia sinistra molto più elevata, e i fori an-. teriori valvolati. Il preopercolo è poco distinto. L’ano apresi un poco a sinistra della PLATESSA PASSER. N carena del ventre dietro l'origine delle pettorali. I raggi della pinna dorsale e dell’anale, convergono dalle due estremità ad un punto solo nel mezzo. La pinna anale è libera, rotondata: le pettorali son bene sviluppate: le ventrali libere, quasi perfettamente sim- metriche. Non vi sono prolungamenti ai raggi di alcuna pinna. Il lato in cui son le fat- tezze è di color scuro, spesso screziato di fosco, e vagamente ornato di macchie chiare. Contansi due o tre intestini ciechi. Più ovvii in questo sottogenere trovansi gli esemplari così detti travolti, i duplicati, e gli albini, cioè scolorati in ambedue le facce, onde ampia materia venne somministrata ai facili inventori di specie. Valgano per esempio fra' rari albini le pretese PI. rosea, e PI. carnaria, valga fra i travolti quel comunissimo preteso PI. Passer de’ nordici scrit- tori, che altro non sono che aberrazioni della PI. Flesus. Distinguesi principalmente la nostra Pianuzza dalla FYesus, per avere inerme la li- nea laterale, e assai più basse le pinne dorsale ed anale. La figura del pesce è ovata fino alla parte assottigliata del tronco, che a dritti margini si spicca dal restante del corpo, alta quanto è lunga, cioè la quarta parte della maggior altezza del tronco. Questa che incontrasi a due quinti della lunghezza totale comprendesi in essa due volte e mezzo circa; e la grossezza uguaglia un quarto dell’ altezza. Il capo occupa un poco più della quarta parte di tutta la lunghezza. Obliquo è lo squarcio della bocca, ma sì corto che non giunge al perpendicolo del margine anteriore dell'occhio. Gli occhi sono ellitti- ci; il maggior loro diametro vien compreso sei volte nella lunghezza del capo; la di- stanza tra l'uno e l’altro n'è perfino minore della metà: l’inferiore si trova più avanti dell’ altro per un quarto della propria lunghezza, e uguale ad essa è la distanza tra il suo margine e l’apice del muso. La carena che separa gli occhi si continua per tutto il capo in forma di uno spigolo ondulato riunito alla linea laterale, osseo, dentel- lato, e terminante in una protuberanza più rilevata. Sotto di essa carena l’opercolo è angolato, quindi discende con margine rotondato. Le scaglie quasi circolari son grandi appena un quinto dell'orbita. La linea laterale arcuata appena in avanti vien formata da una serie di scaglie tubulate lungo il mezzo, ma senza il menomo sospetto di aspe- rità. Le basi però delle pinne tanto dorsale che anale sono dal lato colorato armate di una serie di piccole spine a più punte acute, che alternano co’ raggi. La dorsale ha origine sopra l'occhio superiore: il primo dei suoi raggi è lungo un diametro dell’ or- bita; crescono gli altri gradatamente in lunghezza fino a quelli che spiccano dopo la metà del pesce, lunghi quanto la metà del capo; dopo i quali decrescono nella stessa “proporzione ma più rapidamente fino al termine, i cui estremi sono una metà più brevi dei primi: alcuni raggi medii tanto della dorsale che dell’anale son ruvidi per alcune spinuzze a scardasso. La pettorale destra è lunga la metà del capo, la sinistra è un quarto più breve di essa. Lunghe due terzi della pettorale destra son le ventrali, col- locate molto innanzi le pettorali. Ove giungono le ventrali distese spiccia l’anale che simmetrica alla dorsale guarnisce la parte inferiore del pesce. L'ano è medio tra l’ori- gine delle ventrali e quella dell’anale. La caudale vien compresa cinque volte e mezzo nella lunghezza totale. Dal lato destro è di un bruno-olivastro, che qualche volta tende al cinereo, o al castagnino, uniforme generalmente, marmorato spesso di più scuro, e raramente om- brato di macchie rotonde più chiare. Più pallide sono le pinne, macchiate però più so- vente di castagnino cupo. L'altro lato è bianco. L'individuo descritto misurava otto pollici, ed era alto poco più di tre. ATO) vpi n, Ù AA Rohini Phon / DALDIIZI AH Bamigiiiynzz RHOMBUS RHOMBOIDES ROMBO PASSERO zoruus brunneo-virescens maculis rotundatis cerulescentibus: capite aureo-punctato, ante oculum inferum bituberculato: oculis valde remotis: pinnarum. radiis. elongatis nullis. D. go. 4. 66. P. ro. Y. 6. C. 17. PLEURONECTES MANCUS, Risso, Zehth. Nic. p. 317. sp. 13. RHOMBUSs MancuUS, Risso, Hist. Nat. ILI. p. 255. sp. 144. rHOMBOIDES, Rondel: Pisc. I. lib. xi. cap. iii. p. 315. Gesn. Aquat. lib. iv. p. 665. fig. Id. Icon. Aquat. p. 87. Aldr. Pise. lib. ii. cap. xlv. p. 242. Jonst. Pisc. II. lib.i. cap. ii. art. ii. punet. iii. pi 59. nec tab. 20. fig. 16. Willughby,Ichthyogr.p.96.tab.F.8. fig.2. Ray, Syn. Pisc. p. 52.sp.$. RHOMBUs omnium minimus, palmae longitudine, Klein. Hist. Pisc. Miss. iv.fasc.iii, art. xvii. p. 35, sp. 4, TURBOT. MANCHOT;, fisso, Mist. Nat. loco citato. uesto Pesce non è comune sulla nostra spiaggia, e sembra anche più raro in altri lidi d’Italia. Il suo corpo eccessivamente compresso somministra poca carne, e questa è di mediocre qualità. Il Rondelet fu il primo a darne notizia avendolo veduto appunto nella Pescheria di Roma. Lo chiamò Rhombeides e nella figura che diede rappresentò in modo non equi- voco il tubercolo del muso che può servire a distinguerlo. Linneo non lo registrò. Al Lacepède piacque riguardare il Pesce del Rondelet qual varietà del PI. Limanda, che è di gran lunga dissimile, e va riferito al genere Platessa. L'equivoco del Lacepède fu ri- levato dal Rafinesque, il quale relativamente allo stesso sinonimo: cadde in un error nuovo, e chiamò Solea rhomboides un pesce, che ha la coda lunulata. Il Signor De- laroche riferì il Rhomboides di Rondelet ad una specie affine, ch'egli trovò dalle Iso- le Baleari, e che chiamò Pleuronectes Podas. Il Signor Risso ebbe sott'occhi il vero Rhomboides di Rondelet pescato nel mare di Nizza, ma exrò nel crederlo identico col Pleuronectes mancus del Broussonnet. Al Pesce in questione mancava pertanto un pro- prio nome specifico, ed a noi è giovato adottare come tale l'antico e solenne vocabolo Rhomboides. | Tutt'iRhombi oltre le condizioni già notate trattando del Pleuronectes macrolepidotus hanno il capo mediocre, privo di cirri e di papille: denti in ambo le mascelle, minuti, acuti, fitti, disuguali: il preoperculo assai distinto: gli occhi colla pupilla reniforme, col- locati dal lato sinistro, il quale è sempre d’un colore scuro asperso di macchie:le scaglie picciole, rotondate, sottili: la linea laterale piegata ad arco nel tratto anteriore, retta e: media in tutto il rimanente: l’ano che s'apre più innanzi dell’ origine delle pettorali: i raggi della pinna dorsale e dell’anale convergenti. Così come è stato da noi circoscritto il genere Rhombus offre tre gruppi ben se- gnalati. IL primo, cui attribuiremo. il nome Bothwus, ha per caratteri: la bocca assai pic- 23: PI RHOMBUS RHOMBOIDES. ciola: gli occhi slontanati uno dall'altro, coll’intervallo frapposto incavato: l’ano che s’apre a destra della carena ventrale: le scaglie leggermente cigliose. Nel secondo sotto- genere, che «chiameremo più propriamente fhombus, la bocca è fessa profondamente : gli occhi sono approssimati con l'intervallo che li separa convesso: l’ano sta a destra della carena ventrale: le scaglie non sono cigliose. Finalmente il terzo sottogenere,. pel quale adotteremo il nome Scophthalmus, ha la bocca fessa profondamente: gli occhi vicinissimi, separati soltanto da una carena stretta tagliente: l’ano che s'apre sotto la carena ventrale: le scaglie ciliato-aculeate. Al primo degli annoverati sottogeneri, cioè al Bothus, appartiene il nostro Rhombus rhomboides. In tutte le specie di tal gruppo il taglio della bocca è leggermente arcuato, brevissimo, più profondo dalla parte destra che dalla sinistra: la distanza fra un occhio e l’altro supera il diametro delle orbite; quello di sopra è collocato alquanto all’indie- tro, e il lembo superiore del più basso è sensibilmente sporgente; le narici sono quasi incospicue. Il corpo è grandemente compresso, ed essendo molto alto nella parte ante- riore ha la circoscrizione ovata tendente all’orbicolare anche più che nei veri Rhombi. Le scaglie che sono picciolissime piuttosto aderenti si stendono per qualche tratto sui raggi delle pinne verticali: dal lato colorato sono cigliose, dall’altro intiere. La dor- sale e l’anale sono piuttosto basse comparativamente al sottogenere Ithombus genuino, e slargandosi pochissimo verso il mezzo il loro margine serba una curva quasi paral- lela al dorso ed al ventre: le pettorali sono picciole, ma pure oltrepassano l’arco del- la linea laterale, ch'è pochissimo aperto; talvolta la sinistra, e così pure la ventrale dello stesso lato, porta alcuni raggi prolungati: le ventrali. sono appena congiunte alla base ed escono di simmetria, essendo più larga e collocata assai più innanzi la colorata che la pallida: la pinna caudale è rotondata coi raggi dicotomi. Il lato si- nistro suol esser bruno asperso di macchie rotondate turchinastre. I Bothî sono d'un indole tranquilla, essenzialmente socievoli e poco voraci. Nel Rhombus rhomboides la lunghezza del corpo supera appena il doppio dell’al- tezza. L'altezza del capo è assai maggiore della sua lunghezza, la quale è contenuta quasi cinque volte in quella di tutto il Pesce. Dal lato sinistro sorge un tubercolo spi- noso presso la base dell'osso mascellare e un’altro minore al di sopra dell’occhio in- feriore. La distanza fra un'occhio e l’altro giunge quasi ad essere tripla del diametro delle orbite, il quale è maggiore dell'intervallo che passa fra l’occhio inferiore e la punta del muso. La fessura della bocca è lunga quanto il detto intervallo. I raggi più lunghi della pinna dorsale e dell’anale comprendono una volta e mezzo il diametro dell'occhio. La pettorale sinistra è poco più lunga della destra: i raggi maggiori di quella giungono quasi ad uguagliare la lunghezza della caudale. Le ventrali hanno i raggi alti quanto quelli dell’anale. La caudale è contenuta sei volte nella lunghezza del corpo. Il lato sinistro di questo Rombo è di una tinta bruno-olivastra ed è sparso di mae- chie rotonde grandette disuguali numerose d'un color celeste sordido dilavato: sul capo, nel tratto compreso fra gli occhi e il margine anteriore, evvi un numero grande di punti o lineole d'un giallo dorato. Sulla linea laterale più vicino alla coda che al capo scor- gesi una macchia rotonda fosca, grande quasi quanto uno degli occhi; spesso in- nanzi a questa se ne vede accennata una più piccola della stessa tinta. Il lato destro è d'un color latteo che volge al ceruleo. Gl'individui maggiori superano di poco la lunghezza di mezzo piede. RIOMBUS LAVIS ROMBO LISCIO RHomBus late ovatus tuberculis nullis: pinnae dorsalis radiis anterioribus semiliberis multi- fidis, D. 80. A. 62. P. 11. 7. 6. C. 17. PLEURONETES RHOMBUS, Linn. Sysi. Nat. I. p. 458. sp. 12. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1235. sp. 12. Mill. Prodr. Zool. Dan. p.45.sp.378. Brinn. Iehth.Mass.p.35.sp.48. Bloch. Ichth. LI. p.56.sp.2.tab.55. Schneid. Bloch. Syst. p. 152. sp. 20. Lacep. Hist. Poiss. iv. p. 412. Bonnat, in Tabl. Enc. Ichth. p.67.sp.i9. Rissa, Ichth. Nic. p. 515. sp. 10. PLEURONECTES PIGGHVARE, Lt. WWgoth. p. 178. PLEURONECTES ARENARIUS, Stròm. Sandm. Gronov. Mus. I. p. 25.sp.k3. Id. Zooph. p. 74. sp. 255. PLEURONECTES CRISTATUS, Licht. in Schneid. Bloch. Syst. sub PI. maximo p. 153. sp. 21, PLEURONECTES PLATESSA, /Vaccar. Ichth. Adr. p.11. sp. 28. nec Auct. PLEURONECTES LUNATUS, /Vardo, Osserv. Ichth. Adr. in Giorn. Brugn. nec Auct. PLEURONECTES LIODERMA, Nardo, Prodr. Adr. Ichih. sp. 152. RHOMBUS BARBATUS, Cu. Risso, Hist. Nat. III. p. 251. sp. 141. nec PI. barbatus, Auct. RHOMBUS LEVIS, Rondel. Pisc. I. lib. xi. cap. iii. p. 312. Gesn. Aquat. lib. iv. p. 663. Aldroy. Pisc.lib.i1. cap. xlviii. p. 249. fig. Schoney. p.60. Jonst. Pisc. II. lib. i. cap. iii. art. ii. punct. ii. p. 66. tab. xxii. Sig. 15. Willughb. Ichth. p. 96. Ray, Syn. Pisc. p. 52. sp. 7. RHOMBUS ALTER GALLICUS, Belon, Aquat. p. 141. RHOMBUS LEVIS vERUS, Aldrov. Pisc. lib. ii. cap. xlviii. p. 250. fig. RHOMBUS NON ACULEATUS squamosus, /7illughb. Ichth. p. 31. Ray, Syn. Pisc. p. 51. sp.2. PLEURONECTES oculis a sinistris, corpore glabro, Art. Syn. Pisc. p. 51. sp. 5. | PLEURONECTES glaber, oculis a sinistra, corpore glabro, Art. Gen. Pisc. p.18. sp.8. Mus. Ad. Fred. II p. 69: ROMBO vERACE, Cetti, Anfibj e Pesc. Sard.III. p.111. i parBuE, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p. 157. Cuv. Regn. Anim. II. p.541. cARRELET, Bonnat. loco citato. praRL, Penn, Brit. Zool. III. p. 196. sp. 10. & Si questo Pesce al gruppo dei Rombi genuini, e l'abbiamo fatto effigiare presso al Rhomboides in una tavola stessa coll’intendimento d’offerire il confronto fra i sottoge- meri Bothus e Rhombus. La conformazione che distingue quest'ultimo è già stata accen- nata: ma per darne una notizia più compiuta ci conviene aggiungere che il corpo dei Rhombi è lungi dall'esser compresso quanto quello dei Bothi, anzi è fra i meno schiac- ciati di tutta la famiglia dei Plewronectidi. Il profilo della parte superiore del capo e del tratto anteriore del corpo segue una linea ascendente, obliqua più che nei Bothi; quindi la metà anteriore della circoscrizione del corpo tende piuttosto all’ellittico che all’ova- to. Jl taglio della bocca è poco curvo, assai esteso: non v'è risalto alcuno intorno alle orbite: la distanza fra un occhio e l’altro corrisponde poco meno che al diametro d'uno di essi: le narici sono assai grandi, la coppia del lato destro situata assai più in alto; il foro anteriore di ciascuna coppia munito d’una valvula membranosa molto cospicua. Le scaglie s'estendono alquanto sulle pinne e sono poco aderenti. La pinna dorsale e l'anale hanno il margine assai più sollevato verso il mezzo che verso le estre- mità, dal che nasce la sagoma romboidea. Le pinne pettorali sono grandette, eppure il 3 23 RHOMBUS L/EVIS. loro apice non si stende fino al termine dell'arco formato dalla linea laterale, la cui apertura è assal larga. Le ventrali sono congiunte alla base e quasi d'uguale altezza, ma ‘cominciando la pallida un qualche tratto più indietro dell’ origine della colorata, e ter- minando ambedue al punto stesso sono alquanto disuguali in laxgiatnn Non vi sono pro- lungamenti ai raggi d'alcuna pinna. L'esofago è largo, la cale dello stomaco erta, e vi sono due intestini ciechi o appendici al o) Alla diversa struttura corrisponde una differenza non leggera di costumi, perchè i Rhombi son tanto più voraci dei Bothi quanto è maggiore l’apertura delle lor fauci. Nè sì limitano questi Pesci ad usare la forza, ma ricorrono all’astuzia per impadronirsi della preda. Sepolti nel fango in fondo all'Oceano o presso la foce dei fiumi intorbidan l’acqua intorno a se stessi toe di nasconder meglio gli agguati che tendono. Con qualche leg- gier movimento degli estremi raggi delle pinne, che possono rassembrare minuti vermic- ciuoli, attraggono gl’ incauti Pesciolini e li divorano. Sono però tanto schivi nella scelta del cibo che non curano un’esca esanimata o languente, o già addentata da altri Pesci. Il Rhombus laevis è sparso pei mari dell'Europa, e comunissimo nel mediterraneo. Qualche volta risale pei fiumi. A Venezia lo chiamano Soazo, Soato, Soata: per tutto il rimanente d’Italia Rombo, e quando occorra distinguerlo da altra specie lo dicono Rombo liscio o Rombo comune. In Sicilia oltre il nome di Rumbu porta anche quello di Linguata mascula, e a Messina quello di Passera. La sua carne è di buon sapore, ma non giunge ad avere la squisitezza di quella del Rh. maximus. Anche la sua mole è generalmente più picciola. La circoscrizione del Rombo liscio è ellittica, le carene del dorso e del ventre seguen- do due segmenti di circolo. Al di sopra e al di sotto del terzo posteriore del corpo la pinna dorsale e l’anale si sollevano notabilmente, ma il loro margine non forma angolo distinto, quindi il contorno del Pesce non prende la fisura romboidea, ma conserva la sagoma ellittica, La lunghezza comprende due volte e un quarto l’altezza, esclusa la pin- na dorsale e l’anale: il capo lungo quanto alto forma la terza parte del corpo esclusa la pinna caudale, la quale è contenuta quattro volte nel resto della lunghezza: l'occhio di sopra è il maggiore, e il suo diametro è minore della distanza che corre fra il me- desimo e la punta della mascella superiore: la distanza fra un'occhio e l’altro compren- de i tre quarti del diametro dell'occhio inferiore, che è situato alla distanza di tre dia- metri dall'angolo dell’operculo: l'apertura della bocca è lunga il doppio del diametro dell'orbita inferiore. L'osso mascellare è tre volte più largo all'apice che alla base. Il primo raggio della dorsale dalla metà insù è trifido coi rami multifidi, tutta la parte frastagliata è libera dalla membrana che lo connette col secondo: la membrana che connette i seguenti fino al sesto è di mano in mano più alta; tutta la parte libera di essi è bifida coi raggi sempre meno composti. L'altezza dei raggi maggiori della pinna dorsale e dell’anale corrisponde alla distanza che passa fra il lembo posteriore dell’ oc- chio di sotto e la punta del muso: la pettorale sinistra è poco più breve dei raggi mag- giori della dorsale e dell’anale, e comprende la metà della distanza che passa fra la sua base e il margine anteriore dell'occhio di sotto; la destra è minore d’un quinto: le ven- trali hanno l’altezza dei raggi della medesima. Tutto il corpo e il capo di questo Pesce sono lisci, privi di tubercoli, e coperti di scaglie picciole persistenti. Il lato sinistro è d’un color castagno più o meno chiaro, tutto asperso di punti e di macehie di forma rotonda 0 i. ; disuguali, più cupe, che si estendono sulle pinne e che svanisco- no coll’età: il lato Jésusoi è d’un bianco lattea, EL; 1 Miombar Sea ASH Baite AP53, dex RHOMBUS PODAS ROMBO PODA BOTHUS brunneo-purpurascens maculis rotundatis carulescentibus: capite aureo-punctato, tuberculis vix ullis: oculis modice distantibus: pinnarum radiis elongatis nullis. D. 88. 4. 70. P. 9. 7. 6. C. 19. PLEURONECTES PODAS, Delaroche, Mém. Poiss, Ivic. in Ann. Mus. H. Nat. XIII. p, 354. tab. 24. fig. 14. PLEURONECTES ARGUS, Risso, Lchth. Nic. p. 317. sp. 12. nec Auct. RHOMBUS GESNERI, Risso, Hist. Nat. ITI. p. 254. sp. 145. TURBOT DE GESNER; £Risso, Hist. Nat. loco citato. Fu scoperta nelle Isole Baleari dal Signor Delaroche questa specie di Rombo, che è affine al Rhomboides, e che spetta del pari al sottogenere Bothus. Si distingue da quello per la mancanza dei tubercoli del capo, e perchè ha gli occhi meno lontani fra loro. Il Signor Delaroche, che non vide al tempo st€sso l’uno e l’altro Pesce, fu indotto dalla ge- nerale conformità della figura del Rondelet a riferire il Rhomboides di quell’autore come sinonimo del suo Podas. Il solo cui sia avvenuto di conoscere ambedue questi Rhombi fu il Signor Risso, che li trovò nelle acque di Nizza: egli cadde però nell’abbaglio di tener quello che dal Rondelet era stato chiamato Rhomboides come identico col PI man cus del Broussonnet, pesce del mar Pacifico, che si fa distinguere pei prolungamenti delle pinne del lato sinistro: l’altro Rombo che dal Delaroche era stato chiamato Podas fu da lui tenuto in primo luogo pel PI argus degli antichi: poscia riconosciutolo co- me diverso lo chiamò Rkombus Gesneri. Merita però d’esser notato che l’Ittiologo di Nizza riportò il PI. Podus del Delaroche sotto il suo mancus, e citò contemporanea- mente il sinonimo del Rondelet tanto sotto lo stesso marcus, quanto sotto il suo Gesneri. Ecco ciò che potè indurre il Cuvier, che verosimilmente non osservò in natura sif- fatti pesci, a considerare le due specie di Rhombi Bothi indigene del mediterraneo co- me una cosa sola. Trattando del Rombo Passero crediamo aver dimostrato che a quello appartiene esclusivamente il Pesce del Rondelet; errò pertanto il Signor Risso allorchè lo riportò come sinonimo del suo R%. Gesneri. Rispetto al nome specifico Gesneri con- fessiamo di non conoscerne la ragione, dubitiamo però che il Signor Risso abbia creduto doversi attribuire alla sua specie la figura del rhomboides data dal Gesner. Ma la tavola di quell’autore quantunque men chiara per la rozzezza dell’intaglio, e mancante della rappresentazione del tubercolo del muso, altro non è che la ripetizione di quella del Rondelet. Il Rhombus Podas è tanto simile al Rhombwus rhomboides per le forme e pei colori che crediamo inutile stenderne una special descrizione. Basterà notare che i due tu- bercoli del capo in luogo d'essere sporgenti e cospicui sono appena indicati leggermente : n l RHOMBUS PODAS. l'intervallo frapposto agli occhi supera di poco il diametro maggiore delle orbite: il muso è alquanto più acuto. Il capo del Rh. Podas è poco più alto che lungo, e la sua lunghezza corrisponde alla distanza che passa fra il lembo superiore dell'occhio più alto e il lembo inferiore dell’operculo. Abbiamo trovato sempre questo pesce più pic- colo del Rh. rhomboides; gl’individui maggiori da noi veduti superano di poco cinque pollici. Sulle nostre spiagge il RA. Podas è anche men comune del rhomboides. Se ne pescano pochi esemplari adulti, che vengono confusi dai Pescatori romani col detto rhomboides, e sono chiamati anch'essi volgarmente Rombi Passeri. I più piccioli, che sì prendono in maggior numero rasente il lido, si sogliono confondere invece coi Rombi lisci. Nelle Isole Baleari questo Pesce chiamasi Podas dal volgo: ivi è comune e tenuto in dispregio. Oltre le due specie di cui noi abbiamo trattato, sono riferibili al gruppo Bothus il Pleuronectes mancus del Broussonnet, il PI. lunatus di Linneo (dal quale par che non differisca il PI. Argus-di Bloch) e il PI. spinosus di Schneider, ossia pictus di Forster; tutte specie esotiche. Converrà aggiungere a questo novero il Rhombus parvimanus delle Isole Maurizie testè descritto dal Signor Bennett di Londra, che dev'essere molto af- fine al Ah. Podas, e il Rh. heterophthalmus dello stesso autore trovato sulle coste del- l'Atlantico Africano settentrionale, seppure questo differisce dal nostro Rh. rhomboides, del che è da sospettare grandemente. | RHOMBUS MAXIMUS ROMBO CHIODATO ruomeus suborbiculari-rhomboideus, hinc tuberculis osseis conicis exasperatus: pinnae dor- salis radiis multifidis nullis. D. 68. A. 50. P, 11. V. 6. C. 17. PLEURONECTES MAXIMUS, Linn. Syst. Nat. I. p.459. sp. 14. Id. Faun. Suec.p.116. sp. 325. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1236. sp. 14. Mill. Prodr. Zool. Dan. p. 45. sp. 579. Gronov. Mus. II. p. 10. sp. 159. Id. Z'ooph. p.74. sp.254. Briinn.Ichth. Massil. p.35. sp. 49. Lacep. Hist. Poiss. IV .p. 407. Bon- nat. in Tabl. Enc. Iehth.p. 67. sp. 21. Bloch. Ichth. II. p.53. sp. 8. tab. 49. Schneid. Bloch. Syst. p. 155. sp. 21. (excl. var.) Risso, Ichth. Nic. p. 514. sp. 9. Naccari, Ichih. Adr. p. 11. sp. 50. Nardo, Osserv. Itt. Adr. in Giorn. Brugn. PLEURONECTES PASSER, Linn. Syst. Nat. I. p. 459. sp. 15. Gmel? Syst. Nat. I. p. 1237. sp. 15. Bonnat. Tabl. Enc. Ichth. p. 67. sp. 22. nec Bloch. RHOMBUS MAXIMUS, Cuv. Cloquet in Dict. Sc. Nat. XLIX. p. 116. Risso, Hist. Nat. III. p.250.sp. 139. PLEURONECTES RAOMBUS, Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 133. nec Auct. Wyarta, Arist. lib. iv. cap.11. et lib.v.cap. g.et lib.ix. cap.37. FElian.lib.iv. cap. 3. Oppian.lib.1.p.5. rHompus, Plin. Hist.Mund. lib.ix. cap.xv. xx. xlii. Jov. Pisc. Rom. cap. xxv. p.95. Belon, Aquat. p. 159. nHoMBUS AcULEATUS, Rondel. Pisc.I.lib.xi. cap.ii. p. 310. fig. Gesn.Aquat.lib.iv. p.661.fig.etp. 670. Id. Icon. Aquat. p. 95. —Thierb.p.5o. b. Schonev.Ichth.p.60. Charlet. Exercit.p.149. Aldroy. Pisc. lib. it. cap. 48. p. 248. fig. Willughby, Ichihyogr. p. 93. tab. F. 8. fig. 3. Ray, Syn. Pise. p. 52. sp. 6. Jonst. Pisc. II. lib. 1. cap. iii. art. ii. punct. ii. p. 66. tab. xxii. fig. 12. RHOMBUS maximus asper non squamosus, 7721. Ichth. p. 94. tab. F. fig. 2. Ray, Synops. Pisc. p. 31. sp. 1. PLEURONECTES oculis a sinistris, linea laterali utrinque aculeata, Artedi, Syn. p.52. sp. 6. Id. Gen. p.18.sp.20. PLEURONECTES oculis a sinistra, corpore aspero, Arted. Synon. p. 53. sp. 7. Id. Gen.p.18. sp. 9. Mus.Ad. Fred, II. p. 69. i RHOMBUS aculeatus, nigricans, maculis obscuris fuscis in prona parte; in altero latere ex olivaceo et albo coerulescens, Klein, Hist. Pisc. Miss. iv. Fase. ili. art. xvii. p. 54. sp. 1. tab. viii. fig. 1. et tab. ix. fig. 1. RHOMBUS cineritius, aculeis asperrimus, Klein, Hist. Pisc. Miss.iv. Fasc.iii. art. xvii.p.55. sp.2.tab. viii.fig.2. turBoT, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p. 154. Cuv. Regn. Anim. IT. p. 541. PLEURONECTE TURBOT, Lacep. loco citato. PLEURONECTE MOINEAU, Daubent. in Enc. Meth. TURBOT EPINEUX, Risso, loco citato. torgor, Penn. Brit. Zool. III. p. 192. sp. 9. BUTTA, It. Gotl. p. 208. I Rombo delizia delle mense, onorato dagli Epicurei del pomposo titolo di Fa- giano dei Pesci è il Rhombus maximus degl’ Ittiologi. I Classici latini non si saziavano di ripeterne le lodi, e anche oggi per universale consentimento è annoverato fra i cibi. più delicati. Nell’Oceano giunge ad acquistare una mole considerevole, e in Francia e in Inghilterra non è raro che si portino a vendere Rombi del peso di venti o trenta lib- bre: talvolta giungono perfino a quaranta. Rondelet fa menzione d'un Rombo peseato appunto nell’Oceano lungo cinque cubiti e largo un piede. Nel mediterraneo però questa specie suol esser più picciola di molto, anzi è raro il vederla giungere al peso di dieci libbre. Il racconto di quel mirabile Rombo di Domiziano ch'era lungo 66 piedi, e per cui fu convocato il Senato a decidere sul modo di cucinarlo, devesi forse ad una solenne 2 RHOMBUS MAXIMUS. bugia o ad un’error grossolano; che se avesse alcun fondamento di vero sarebbe forza esclamare contro il senso del nostro gran Poeta Certo quando Natura lasciò l’arte Di siffatti animali assai fè .... male! In tutta l'Italia chiamasi Rombo semplicemente, oppure Rombo chiodato per alludere oi tubercoli che sono sparsi sulla faccia sinistra del suo corpo. La lunghezza di questo Pesce è doppia della sua altezza non considerata la pinna dorsale e l’anale: il suo capo egualmente lungo che alto è contenuto poco men di due volte nell’altezza: la pinna caudale comprende la quinta parte della lunghezza di tutto il Pesce. Il diametro dell'occhio di sopra, ch'è molto maggiore dell’ altro, comprende quattro quinti della distanza fra il medesimo occhio e la punta del muso: la distanza fra un'occhio e l’altro comprende tre quarti del diametro dell'orbita inferiore: quattro diametri di questo corrono dal suo lembo all'estremità posteriore dell’operculo: l’aper- tura della bocca è lunga il doppio del diametro dell'orbita inferiore. L’osso mascel- lare è due volte più largo verso l'apice che verso la base. La circoscrizione del corpo è approssimativamente ellittica, segnando due archi di circolo la carena del dorso e quella del ventre: i primi raggi della pinna dorsale sono sciolti dalla membrana per una quarta parte dell'altezza; il loro apice è semplice oppure bifido: al di sopra € al di sotto del terzo osieriohe del corpo tanto la dorsale quanto l’anale si sollevano notabilmente, e il loro margine nei due punti che reciprocamente si corrispondono de- scrive un'angolo ottuso: verso questo punto convergono gli altri raggi di queste due pin- ne: l'altezza "E raggi maggiori di esse corrisponde alla distanza che passa fra il lembo posteriore dell’occhio di sotto e la punta del muso. La pettorale sinistra è poco più bre- ve dei raggi maggiori della dorsale e dell'anale, e comprende la metà della distanza che passa fra la sua base e il lembo anteriore dell’occhio di sotto: la destra è minore d'un quinto: le ventrali hanno l'altezza dei raggi della medesima, La cute apparisce sempre nuda: dal lato sinistro è tutta cospersa ditubercoli ossei conico-compressi, spesse volte umbilicati all'apice, opachi nella parte inferiore, nel resto diafani: quelli del corpo sono grandetti e distanti fra loro: quelli del capo più piccioli, e molto fitti intor- no agli occhi e lungo il margine dei pezzi operculari. Il colore del fondo del corpo dal lato sinistro è un cinereo verdastro più o men cu- po; quello delle pinne è meno scuro, e tende al bajo: tutte le suddette parti portano moltissime macchie tondeggianti disuguali, e molti spruzzi minuti foschi. Il lato destro è di color bianco-latteo, rarissime volte macchiato di fosco. Negl'individui più gio- vani il colore generale del lato sinistro è d'un verde assai più vivace: coll’età le mac- chie fosche invadono quasi tutta la superficie; locchè rende quel lato quasi unicolore. S'incontrano di frequente duplicati i Pesci della presente specie, e questi oltre al- l’essere dell’istesso colore sono anche tubercolosi da ambedue i lati. ‘È A Age a gt NG Patti 433 SOLEA VULGARIS SOGLIOLA VOLGARE sorr4 longitudine altitudinem triplo superante, cinereo-brunnea: pinna pectorali dextera | apice nigra: squamarum ciliis mediocribus. DOIAA 600 PUOI PLEURONECTES soLEA, Linn. Syst. Nat. I. p. 457. sp. 9: Id. Faun. Suec. p. 116. sp. 326. Gmel. Syst: Nat. I. p. 1252. sp. 9. Mill. Prodr.Zool. Dan. p. 45. sp. 576. Brinn. Ichth. Mass. p. 34. sp. 47- Gronov. Mus. I. p. 14. sp. 57. Id. Zooph. p. 74. sp. 251. Bloch. Ichth. II. p. 42. sp. 4. tab. 45. Schneid. Bloch. Syst, p. 146, sp. 8. Lacép. Hist. Poiss. IV. p. 596. Bonnat. in Tabl. Enc. lehth. p. 66. sp. 12. Risso, Ichth. Nic. p. 507. sp. 1. Naccari, Itt. Adr. p. 11. sp. 29. PLEURONECTES TUNGA, Lt. Wgoth. p. 178. SOLEA VULGARIS, Cup. Cloquet in Dict. Sc. Nat. XLIX. p.415. Risso, Hist. Nat. III. p. 247. sp. 156. SOLEA BuGLOSSA, Rafinesque, Ind. Itt. Sic. sp. 45. PLEURONECTES SOLEA var. a. b. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 156. Bsy)wocos, Aihen. lib. vii. p. 288. Oppian. lib. i. p. 5. LINGULACA, /arr. Plaut. soLeA, Ovid. Halieuticon fragm. vers. 124. Plin. Hist. Mund. lib.ix. cap. 16. p. 20. Jov. Pisc. Rom. cap. xxvi. p. 98. .- Belon, Aquat. p. 147. Gesn. Aquat. lib. iv. p. 671. {d. Icon. Aquat. p. 101. Thierb. p. 53. b. 59. Jonst. Pisc. II. lib. i. tit. ili. cap. ii. art. ii. punct, 1. p. 07. tab. xx. fig. 12. 15. Charlet. Exercit. p. 145. Ruysch. Theatr. Anim. p. 57. tab. 20. fig. 13. suGLossus, /Watton, lib. viii. cap. 167. p. 150. Rondel. Pisc. I. lib. xi. cap, xi. p. 520. fig. Schoneveld, Ichth. p. 65. BUGLOSSUS sive soLEA, Gesn. Aquat. lib. iv. p 666. Willughby, Ichth. p.100. tab, F. 7. Ray, Syn. Pisc. p. 53. sp. 22. i BUGLOSsA vel sorta, AZdrov. Pisc. lib. ii. cap. xliii. p. 255. PLEURONECTES ohlongus, maxilla superiore longiore, squamis utrinque asperis, Arted. Gen. Pisc. p. 18. sp. 6. | PLEURONECTES oculis a sinistra, corpore oblongo, mazilla superiore longiore, squamis utrinque asperis, Art. Synon. ‘P'iscWpirs2 spa: ; SOLEA squamis minutis, X/eîn, Hist. Piso. Miss. iv. Fase. iii. art. xv. p. 31. sp. 1. SOLEA tota laevis; vera ac genuina LincuLAca, Klein, Hist. Pisc. Miss. iv. Fasc. iii. art.xv.p.32.sp.2.tab.ii.fig.3. sogLIoLA, Cetti, Anfibi e Pesci Sard. III. p. 112. | sore, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p. 142. fig. in p. 4h. Cuv, Règn. Anim. 2. ed. II. p. 342. PLEURONECTE sOLE, Lacép. Mist. Poiss. loco citato. ‘soLe, Penn. Brit. Zool. ITI. p. 190. sp. 7. È uno dei pochi Plewronectidi che il mediterraneo possiede in comune coll’Ocea- no, e il buon sapore e la salubrità della carne lo rendono molto pregiato lungo i lidi di tutta l'Europa, e dell’Affrica settentrionale. Il nome Solea sotto il quale questo Pesce fu conosciuto dai Romani antichi dev'essere stato suggerito dalla forma del corpo che fu paragonato alle suola dei calzari. Ugualmente antico è il nome Zingulaca datogli per la somiglianza che ha con una lingua. Oggi i Romani lo chiamano Linguattola; dicesi Palaja dai Napoletani, dai Sardi e dai Messinesi; Linguata dagli altri Siciliani; Lingua dai Genovesi; Sogliola dai Toscani; Sfoglia dai Marchegiani; dai Veneti Sfogio, e più specialmente Sfogio nostrano Sfogio gentil. 26 vi SOLEA VULGARIS. Le profondità dei mari sono il teatro delle più atroci violenze, e il non aver mai quiete è la condizione comune dei muti suoi abitatori. Tutti insidiano e sono insidiati a vicenda; sempre il debole, il timido, il semplice subisce l'oppressione dell’astuto, del- l'audace e del forte. Le Sogliole, e con esse tutte le specie di Soleini, fornite come sono di mascelle assai deboli, hanno la disgrazia d’esser temute da pochi e d’eccitare la cupi- digia di molti prepotenti nemici. I Granchi sopratutto e gli altri grossi Crostacei fanno loro una guerra continua e mortale. I Pescatori non cessano d'adoperar ogni arte ai lor danni, ed aguzzano l'ingegno per farne prede copiose con reti, con ami, con uncini scagliati nell'acqua e con altri ordigni. Come gli altri Pleuronectidi durante l'inverno questi Pesci si trattengono nei fondi più cupi, e solo d'estate s'accostano alle spiagge, e talvolta s'inoltrano per qualche tratto nei fiumi, o nei laghi prossimi al mare. La lor carne non si corrompe sollecitamente, anzi nei climi e nei tempi men caldi col divenire alquanto stantìa acquista pregio invece di deteriorare. S'è detto a proposito del Pleuronectes macrolepidotus in che consista la sottofami- glia dei Soleini. In essa i pezzi operculari di ciascun lato sono riuniti insieme, talchè formano una lamina sola. Gli occhi sono piccioli, con la pupilla rotondata. Le narici picciolissime quasi incospicue sono situate a coppie innanzi all'uno e all’altro occhio. Le scaglie sono cigliose anteriormente. La linea laterale è retta. I due generi Solea e Plagusia in cui suddividiamo questa sottofamiglia si distinguo- no principalmente perchè nel primo la bocca è disuguale fornita di denti da un lato solo, la pinna dorsale ha origine molto innanzi agli occhi, le ventrali sono distinte, le scaglie aderenti; laddove nel secondo la bocca è simmetrica con denti impiantati da ambedue i lati, la pinna dorsale ha origine al di sopra degli occhi, le ventrali sono riu- nite in una sola, e le scaglie decidue. Comuni a tutte le Sale@ sono i caratteri seguenti. Corporatura oblunga, talchè la lunghezza eccede anche più di tre volte l'altezza. Il lato destro colorato intensamente, il sinistro bianco. Capo picciolo, anteriormente rotondato, con la mascella superiore più sporgente dell’inferiore: bocca fessa mediocremente, col taglio del lato destro ar- cuato più curvo nella metà anteriore che nella posteriore, quello del lato sinistro più profondo, più curvo nella metà posteriore che nell’anteriore, e con le labbra assai più grosse e più sporgenti: da quella parte la bocca è protrattile lateralmente. Osso mascel- lare tenuissimo, affatto nascosto dalle labbra. Denti sottili, acuti, flessibili, disposti in più ordini tanto nella mascella superiore quanto nell’inferiore dal solo lato più pal- lido, e sopra le ossa contigue alle fauci. Occhi collocati a destra, mediocremente appros- simati e poco sporgenti, il superiore dei quali sta all'altezza della linea laterale, quello di sotto è prossimo alla bocca. Una papilla cirriforme serve di valvula alla prima narice della coppia inferiore. Dal lato opposto agli occhi due verruche (o una sola), oltre un gran numero di papille piliformi, brevi, che rendono lanuginosa la metà anteriore di quella porzione del capo. Linea laterale retta, alquanto più vicina al dorso che al ven- tre. Scaglie tenacemente aderenti alla cute, picciole, col tratto inferiore, che serve di gambo, rettangolare, nel rimanente altrettanto larghe che lunghe, rotondate anterior- mente, e orlate di dentelli acuti. La dorsale ha origine al di sopra del muso molto in- nanzi agli occhi; tanto essa quanto l'anale hanno i raggi indivisi, tutti inclinati all’ in- dietro, e si stendono fino alla coda, ma per lo più sono distinti dalla pinna caudale: am- bedue queste pinne sono rivestite di picciole scaglie alla base dei raggi, e non hanno SOLEA VULGARIS. tubercoli alla radice. Anteriormente all'origine dell’anale evvi una spina incospicua, non acuta. Pinne laterali poco sviluppate: le pettorali talvolta mancanti: le ventrali sciolte o appena congiunte alla base, quasi simmetriche, collocate più innanzi delle pettorali. Ano che s'apre vicino alla gola immediatamente dietro alle pinne ventrali sul margine della carena del ventre dal lato sinistro. Pinna caudale oblunga quasi roton- La coi raggi dicotomi. Canale intestinale lungamente circonvolto. lug ciechi man- canti. Il numero delle vertebre vario secondo le specie. Considereremo questo genere come suddiviso in cinque sottogeneri. Solea più propria- mente potrà dirsi il gruppo in cui ambedue le pinne pettorali sono bene sviluppate, e le pinne ambienti il corpo distinte. Applicheremo il nome Symphurus alle specie in cui le pinne ambienti sono tutte collegate, come nel genere Plagusia. Riuniremo sotto il no- me Microchirus le specie in cui la pinna pettorale sinistra è assai minore della destra, e sostenuta da tre raggi al più. Sotto il Morochirus porremo quelle in cui la pettorale si- nistra manca del tutto; e sotto l’Achirus le specie in cui manca la pettorale sì da un lato che dall'altro. In questi tre ultimi sottogeneri le pinne ambienti il corpo sono fra loro distinte come nel primo. Sarà inutile il far notare che adottiamo il nome Symphurus, come abbiamo fatto di Scophihalmus e di Bothus, in un senso affatto di- verso da quello in cui l’usò il Rafinesque. La Sogliola volgare (Solea vulgaris) appartiene al gruppo Solea propriamente detto. La circoscrizione del suo corpo è linguiforme colla carena del dorso e del ventre curva leggermente in tutta la metà posteriore. L'altezza, esclusa la pinna dorsale e l’anale, è contenuta più di tre volte nella lunghezza. La pinna caudale comprende l’ottava parte della lunghezza del corpo. Il capo è un poco più alto che lungo: la sua lunghezza è poco meno d'un quinto di quella di tutto il Pesce. Il muso è ottusissimo, rotondato. La distanza fra un'occhio e l'altro supera il diametro maggiore d'una delle orbite, e cor- risponde ai due terzi dell'intervallo che corre fra l'occhio di sotto e l’apice del muso, e della distanza che corre fra l'angolo interno della bocca dal lato destro e la punta della mascella di sopra: fra l'occhio inferiore e l’estremità dell’operculo corrono ire diametri dell’orbita. Quasi contigua al labbro al di sopra del punto medio dell’arco della bocca evvi una verruca emisferica forata nel centro, il cui diametro è d’una metà mi- nore di quello degli occhi. Un'altra verruca consimile, ma più picciola e per lo più occultata dalle papille piliformi, siede più indietro e più in alto verso l'origine della linea laterale. Le scaglie hanno una forma fra l’ellittico e il rettangolare; inferiormente sono striate a raggi ed hanno la base crenulata: il tratto anteriore è segnato di punti minuti scuri, e il lembo è ornato d’una serie di dentelli subuliformi mediocremente lunghi, leggerissimamente piegati all’infuori. La pinna dorsale incomincia innanzi al- l'occhio di sopra, e regna fino alla coda egualmente che l’anale. I raggi d’ambedue sono larghi alla base e scagliosi per la massima parte dell'altezza; l’apice è bifido. La cau- dale alla base è disgiunta appena dalle due pinne contigue, posteriormente è rotondata. I suoi raggi superano d'un terzo i raggi maggiori dell’anale, della dorsale e della petto- rale destra, che sono uguali fra loro. La pettorale sinistra è un quinto più breve dell’al- tra. Le ventrali sono libere e distano dall’anale d’uno spazio lunge quanto il diametro d'una delle orbite. La loro lunghezza corrisponde ai due terzi della lunghezza della pettorale sinistra. 26% SOLEA VULGARIS. . - Il lato destro comprese le pinne ambienti è cinereo-bigio tendente più o meno al ca- stagno chiaro, al bruno o all'olivastro, uniformemente colorato o macchiato disordinata- mente di tinta più intensa, secondo i fondi frequentati dall’animale. Se ne veggono esemplari quasi neri. Il lato sinistro è bianco. La pinna pettorale destra porta nna macchia nera nel terzo superiore, la sinisira è bianca, ma vè una varietà in cui an- che l’apice di questa è tinto di nero. La colonna vertebrale conta quarantotto vertebre. Questo Pesce ordinariamente pesa al di sotto d’una libbra da dodici once. Nel me- diterraneo raro è che se ne incontrino esemplari di tre libbre o anche di due. Nel- l'Oceano giungono ad acquistare una mole molto maggiore. Un'individuo del peso di sette once era lungo un piede, SOLEA KLEINII SOGLIOLA TURCA sorr4 longitudine altitudinem triplo cum dimidio superante, castaneo-cinerea, fusco et la- cteo variegata; pinnis corpus ambientibus nigro marginatis; pectorali dextera nigra apice alba: squamarum ciliis brevissimis. D. 80. A. 64. P. 9g. V. 6. C. 19. RHOMBUS KLEINII, Rissa, Hist. Nat. LITI. p. 255. sp. 146, rRuompus PoLus, Risso, Mist. Nat. III. p. 480. tab. xiii. fig. 32. PLEURONECTES SOLEA var. Sfoggio Turco, Nace. Ichth. Adr. p. 11. sp. 29. PLEURONECTES sOLEA var. d. Nardo, Prodr. Ichth. Adr. sp. 156. TURBOT DE KLEIN, isso, loco citato. A Venezia questo Pesce suol chiamarsi Sfogio Turco, Turchetto o Sagretto. Gli esemplari che abbiamo sott'occhi provengono tutti da quella parte dell'Adriatico; ma è verosimile che viva intorno a tutta la Penisola, e che di rado si lasci prendere perchè ha il costume di trattenersi costantemente nei fondi ingombrati dalle alghe. Il Signor Risso scuopritore della specie la rinvenne nel mare di Nizza, e ne pubblicò una figura mediocre nella sua Storia Naturale delle principali produzioni dell’ Europa meridionale. La riferì al genere Rhkombus, e nel testo del suo scritto la chiamò Rhom- bus Kleinii. Nella spiegazione delle tavole però invece di questo inserì il nome Rhom- bus Polus, non già che credesse il suo Pesce identico con la Pole dei Parigini (Pleu- ronectes Pola, Cuvier) ch'è una Plutessa, ma perchè era persuaso che fosse tutt'uno con la Pole del Rondelet, detta latinamente da quell’autore Cyroglossus. Adottiamo il primo dei due nomi specifici recati in mezzo dal Risso, perchè sebbene non conoscia- mo il motivo che l’ha suggerito, non abbiamo objezione da allegar contro di esso. Il secondo all’opposto ci sembra inammissibile sotto tutt’i rispetti, e massime perchè è appoggiato ad un'’errore. Infatti la Pole del Rondelet, ch'è Pesce straniero al mar mediterraneo, s' allontana manifestamente dalla specie di cui stiamo trattando, perchè ha gli occhi situati dal lato opposto. La Sogliola Turca non solo appartiene al genere Solea, ma propriamente al gruppo delle Soleae genuine. Il soggetto che abbiamo fatto effigiare è uno dei mi- nori; se ne incontrano però alcuni grandi quasi quanto gli esemplari ordinarj della Solea vulgaris. Nello stato sotto il quale presentiamo questo Pesce il contrasto dei colori si fa vedere più decisa; secondo che l’animale invecchia svanisce a gradi il nero delle pinne che cingono il corpo, e specialmente dal lato in cui sono gli occhi. Il suo corpo è piuttasta allungato, nel tratto anteriore rotondato, e in tutta la metà posteriore si ristringe a guisa di cuneo. L'altezza è contenuta tre volte e mezzo nella lunghezza, di cui la pinna caudale non giunge ad occupare la decima parte. Il 2 63% ar eric a - us so SOLEA KLEINII. capo è più alto che lungo, ed è contenuto ben cinque volte nella lunghezza totale. Il muso è ottuso e rotondato. Gli occhi sono vicini e grandi, quello di sopra situato molto all’innanzi : la distanza che li separa è minore della metà del diametro d’una delle orbite: dal lembo anteriore dell’occhio di sotto all'apice del muso corre una distanza che corrisponde ad un diametro e mezzo delle orbite; poco minore è la di- stanza che passa fra la punta della mascella e l'angolo della bocca; l'intervallo fra l'occhio di sotto e l’ estremità dell’operculo comprende due volte e mezzo il diame- tro dell'orbita. Le papille piliformi del lato sinistro del capo sono lunghe, abbondanti: le due verruche sono situate come nella Solea vulgaris, e dell’istessa grandezza. Anche la pinna dorsale e l’anale sono conformi a quelle della detta specie: la pinna caudale è rotondata, e i suoi raggi più lunghi eccedono d'un quarto soltanto i raggi maggiori della dorsale, e superano del doppio la pettorale destra, ch'è alquanto mag- giore della sinistra. Le ventrali distano dall’ anale d'uno spazio lungo appena quanto un terzo del diametro dell'orbita: i loro raggi sono un terzo più brevi di quelli della pettorale destra. Le scaglie hanno la forma di quelle della Solea vulgaris, ma sono assai picciole; i dentelli del loro lembo anteriore sono molto brevi, e poco o nulla piegati all'infuori; quindi tutto il Pesce può dirsi liscio in paragone delle altre Soleae. . Il colore del lato destro è un castagno cinericcio sparso di macchie picciolissime, altre oscure, altre lattee. La pinna dorsale, l'anale e la caudale dallo stesso lato destro hanno le tinte del corpo verso la base, e superiormente sono d'un nero quasi mora- to: dal lato sinistro per un terzo dell'altezza i raggi sono latteo-sordidi e la membra- na che li connette è nereggiante; verso l’estremità il nero è intenso più che nell'altro lato. La pettorale destra ha la base del color del corpo, quindi è nero-morata, ed è terminata di bianco; la sinistra è tutta bianca, e tale è il fondo di tutto quel lato. 99 miei e MGM (el VOLA 2 d Tai a Carolus moi No - ShTbonvistell 4335. SOLEA OCULATA SOGLIOLA OCCHIUTA soLe4 longitudine altitudinem triplo superante, cinereo-castanea, maculis quinque nigris margine aureo-punctatis: squamis subsquarrosis, rigide ciliatis. D. go A. 58: Pub 7, 6. C. 17. soLea ocuLata, Rondel. Pisc. I. lib. ii. cap. xii. p. 322. Gesn. Aquat. III. lib. iv. p. 667. fig. in p. 669. Aldrov. Pisc. lib. ii. cap. xliii. p. 235. fig. in p. 256. Willughb. Ichthyogr. p. 100. tab. F. 8. fig. 4. Jonst. Pisc. II.lib.i.tit.ii. cap.ii.art. ii.punct.i. p.57.tab.zx. fig. 11. Risso, Hist. Nat.III.p.248.sp.157, PLEURONECTES PEGUSA, Lacép. Hist. Poiss. iv. p. 659. PLEURONECTES OCELLATUS, Schneid. Bloch, Syst. p. 147. sp. 11. tab. ho. Risso, Ichth. Nic. p. 509. sp. 4. nec Linn. PLEURONECTES RONDELETII, Shaw, Gen. Zool. IX. p. 507. sora PeGUSA, Rafin. Ind. Itt. Sic. sp. 50. SOLEA OCELLATA, Cloquet in Dict. Sc. Nat. XLIX. p. 416. soLEA, maculis rotundatis, oculos referentibus, X/lein, Hist. Pisc. Miss. iv. Fasc. ii. art. xiv. p. 32. sp. 3. ‘PEGOUSE, Rondelet, loco citato. Duhamel, Péches III. Scct. ix. p. 259. tab. 11. fig. 4. SOLE OCELLÉE, Risso, loco citato. Vive intorno a tutta la Penisola Italiana, ma perchè non s’allontana mai dai fondi più cupi viene pescata assai raramente. Le macchie nere orlate d’un’ aureola di punti gialli che porta dal lato destro diedero motivo al Rondelet di dirla Solea oculata. Linneo non la conobbe, ma avendo egli pubblicato sotto il nome di Plew- ronectes ocellatus un Pesce del Surinam ornato di quattro macchie scure ‘coll’orlo bianco, vi furono autori posteriori, che non guardando tanto per la minuta confusero i vocaboli oculata e ocellatus, l'orlo dorato con l’orlo bianco, la stazione del Suri- nam còn quella del Mediterraneo, e di due esseri diversi costituirono una specie sola. Così avvenne che lo Schneider si trovò impacciato, allorchè intento a dar no- tizia del Pleuronectes ocellatus di Linneo, mentre aveva per le mani il pesce del Ron- delet, ebbe a conciliare la diagnosi linneana con l’espressione dei caratteri che ve- deva. Fortunatamente il Signor Risso, che pure viveva nell’abbaglio dello Schneider, quando annoverò per la seconda volta il Pesce Rondeletiano fra quelli del Mar di Nizza scrisse Solea oculata piuttosto che ocellata, e,così venne a stabilire un distinto opportunissimo nome sistematico, identico con l'antica appellazione del Rondelet. Nel- l'altrui errore non era caduto lo Shaw, che per distinguerlo dalla specie Linneana chiamò il nostro Pesce Pleuronectes Rondeletii: ed è probabile che del medesimo essere intendesse parlare il Lacépède quando stabilì il suo Pleuronectes Pegusa, prendendo ad imprestito come nome specifico l’appellazione volgare Pégouse accennata dal Ron- delet. Ma oltrechè la diagnosi del Lacépède non s'accorda di tutto punto col veri caratteri della specie propria del mediterraneo, ciò ch'egli dice d'un pesce delle ac- que di Caen che suppone identico con la sua Solea Pegusa dà qualche argomento di "7 SOLEA OCULATA. dubbio sulla natura dell’oggetto ch'egli ebbe in’ vista. Anche il Rafinesque diede ad un Pesce del Mar di Sicilia il nome di Solea Pegusa, e questo deve corrispondere senza meno alla nostra Solea oculata: quindi il nome Solea Pegusa sarebbe a rigore il più antico dei nomi sistematici. Nulladimeno ci giova rigettarlo come quello che oramai è stato usato in sensi tanto diversi, che diverrebbe sorgente indubitata di con- fusione. Infatti il Risso l'ha usurpato per un’altra specie che noi descriveremo come Solea monochir, ed un'autore Inglese il Signor Yarrell se n'è prevalso per applicarlo ad un pesce dell'Oceano, diverso anch'esso ed ornato di macchiette numerose prive d’aureola, sotto il quale riferisce indistintamente la Pégouse di Rondelet, la Pegusa del Lacépède, e quella del Risso che corrispondono come abbiamo accennato, a due e forse a tre esseri distinti. La circoscrizione di questo Pesce è ovato-linguiforme: l'altezza è contenuta più di tre volte nella lunghezza: la pinna caudale è compresa in questa-sette volte e mezzo. Il capo somiglia a quello della Solea vulgaris: esso è alquanto più alto che lungo, la sua lunghezza è la quinta parte di tutto il Pesce. Le scaglie di tutto il corpo hanno la solita forma, ma sono grandi, e la porzione scoperta è piegata notabilmente all’in- fuori; locchè fa apparire il Pesce molto ruvido, quantunque i dentelli del lembo ante- riore delle scaglie sieno mediocremente lunghi: quelle di sotto sono piuttosto acute e fortemente striate. La pinna dorsale e l’anale giungono fino alla coda, dalla quale rimangono disgiunte: i loro raggi sono molto scagliosi, e l’altezza dei maggiori cor- risponde ai due terzi della lunghezza della pinna caudale. La pinna pettorale destra è lunga quanto la metà della caudale; la sinistra è quasi un terzo più breve dell’altra. Il lato destro della Solea oculata è d’un colore cinereo-cervino che tende al casta- gno e all'olivaceo, variegato di colore più cupo. Verso il mezzo del corpo, ma un poco più vicino al muso che alla coda, è segnata una macchia grande irregolare, ne- rastra orlata di bruno, che nel maggior diametro supera del doppio l’apertura della boc- ca. Altre quattro macchie nere rotondate e più picciole ornano la parte superiore; due collocate presso la carena del dorso, due verso quella del ventre, corrispondendosi reciprocamente una coppia al di sopra dell'altra. Queste macchie sono contornate da un’anello di punti gialli, che le rende oculiformi. Nella metà anteriore, fra la mac- chia grande e il capo scorgonsi due altre macchie meno intense e situate del pari una verso la carena del dorso, l’altra verso quella del ventre al disotto della prima. La piuna dorsale, l’anale e la caudale verso la base portano gli stessi colori del dorso, nel re- sto volgono un poco al nerastro. La pettorale destra è fosca all’apice: la sinistra è lat- tea, come il resto del corpo dal lato medesimo. Il carattere delle macchie della Solea oculata è certamente molto cospicuo; non sembra però sufficiente a distinguerla con sicurezza da certi esemplari della Solea vulgaris macchiati in modo quasi consimile. Assai più degna di nota è la particolar natura delle scaglie della nostra specie, che essendo inflesse all'infuori rendono la superfice di tutto il pesce sommamente aspra, e aderiscono al corpo siffattamente, che per trarle via convien ricorrere all'immersione nell’acqua bollente. Questo è appunto l’opposto di ciò che s'incontra in altri Plewronectedì, le cui scaglie si staccano al me- nomo urto, e di rado o non mai si conservano sulla pelle. SOLEA LASCARIS SO:GLIOLA DAL PORRO sorr4 longitudine latitudinem duplo cum dimidio superante, brunneo-olivacea, viridi pur- pureoque variegata: capitis verruca singulari maxima : pinnae pectoralis dexterae macula centrali nigra. DATORAR0OSE. 045: Coro: PLEURONECTES LASCARIS, Risso, Tchth. Nic. p. 311. sp. 6. tab. vii. fig. 32. SOLEA LASCARIS, Risso, Hist. Nat. III. p. 249. sp. 138. Cloquet în Dict. Sc. Nat. XLIX. p. 411. PLEURONECTES SOLEA var. Sfoggio dal poro, Maccari, Itt. Adr. p. 11. sp. 29. i PLEURONECTES SOLEA, var. €) Nardo Prodr. Adr. Ichth. sp. 156. PLEURONECTES THEOPHILUS® isso, Lehth. Nic. p. 315. sp. 8. juv. RHOMBUS THEOPHILUS? Risso, Hist. Nat. III. p. 256. sp. 148. juv. È piuttosto comune questa Sogliola nelle acque di Venezia, in quelle di Nizza, e lungo i lidi Romani. Fra noi i pescivendoli che hanno appreso a distinguerla dalla Solea vulgaris la chiamano Linguattola di rena, perchè ha per costume di frequentare i fondi arenosi. À questa circostanza si deve il poco pregio in cui è tenuta la sua carne, es- sendo noto che le migliori Sogliole sono quelle che vivono sopra fondi grassi e fan- gosi. I Pescatori Veneti la chiamano Sfogio dal poro desumendo tal nome da un no- tabile carattere anatomico, cioè dalla presenza d’una gran verruca o porro, che si fa scorgere sul lato più pallido del capo di questo Pesce. Appartiene la Solea Lascaris al gruppo delle Soleae genuine. La circoscrizione del suo corpo è meno allungata di quello che suole nelle specie di tal sottogenere. Infat- ti l'altezza non giunge ad esser contenuta tre volte nella lunghezza totale. La pinna caudale costituisce l'ottava parte dell’ indicata lunghezza. Il capo è più alto che lun- go: esso è contenuto cinque volte e mezzo nella lunghezza totale: il muso è roton- dato e sporge notabilmente all'innanzi dell’apice della mascella. Gli occhi sono gran- detti, e l'intervallo, che li disgiunge è minore del diametro d’una delle orbite: fra l’inferiore e la punta del muso corrono circa tre diametri della propria orbita: due di tali diametri si misurano dall’ apice della mascella all'angolo della bocca. La metà anteriore del capo dal lato sinistro è coperta dalle solite papille piliformi molli. Presso la bocca, al di sopra della metà dell'arco ch'essa descrive, sorge una verruca cilin- drica carnosa, assai cospicua, il cui diametro corrisponde all'incirca a quello d’una delle orbite, e che ha l'altezza d’un semidiametro. Superiormente è piana o alquanto ‘concava, spalmata d'umore vischioso, ed ha il disco segnato da solchi disposti a stella; mel centro e lungo l’asse è forata. Niun'altra verruca minore è discernibile nel ri- manente del capo. Le scaglie che cuoprono tutto il corpo sono alquanto maggiori di quelle della Solea vulgaris, ma della stessa forma, e del pari striate a raggi inferior- mente, e crenulate alla base, col lembo anteriore arcuato, orlato di dentelli subuliformi DMS SOLEA LASCARIS. lunghetti leggermente piegati all'infuori. La pinna dorsale ha origine molto innanzi all'occhio di. sopra, e corre ugualmente che l’anale fino alla coda. I raggi d’ambedue sono grossi, larghi alla base, scagliosi per la massima parte dell’altezza, coll’apice sem- plice o bifido; i maggiori sono lunghi quanto la metà dei raggi della caudale. Que- st ultima è rotondata posteriormente. I raggi della pettorale destra hanno due terzi della lunghezza di quelli della caudale. La sinistra è appena più breve. Le ventrali sono disgiunte d'un breve tratto dall’origine dell’anale, libere, e lunghe men della metà delle pettorali. Il colore del lato destro è un cinereo-lionato, variegato di verde e di ferrigno, spruzzato di nero finchè l’animale è giovane. La pinna pettorale destra è di color d'arancio dilavato, ed ha una cospicua macchia nera rotondata situata verso l’apice, che è biancastro: la sinistra è intieramente lattea, al pari di tutto quel lato del corpo. La mole di questo Pesce suol essere minore di quella della Linguattola volgare. Nella tavola che presentiamo si troverà delineato separatamente il porro del capo, quale apparisce sotto la lente. —_ Il Pleuronectes Theophilus del Risso, stando alla descrizione dell'autore, non avrebbe ad esser distinto dal giovane della specie presente, perchè in questo gli spruzzi neri sono assai più numerosi e notabili che nell'adulto, SOLEA MANGILII SOGLIOLA FASCIATA MICROCHIRUS castaneo-cinereus, fasciis obscurioribus : pinna dorsali, anali, corporisque margine nigro-maculatis; caudalis subrotundatae apice nigricante: oculis majusculis, remotiusculis. Di nonArs6! Podeatbssin.t3. Vapo Crab: PLEURONECTES MIcROcHIRUS, Delaroche, Mém. Poiss. Ivic. in Ann. Mus. H. Nat. XITI. p.356. tab.20. fig. 2. PLEURONECTES MANGILI, isso, Zchth. Nic. p. 510. sp. 5. RHOMBUS MANGILI, Risso, Hist. Nat. III. p. 255. sp. 147. PLEURONECTES FasciaTus, Nardo, Ossery. Iti. Adr. in Giorn. Brugn. Id. Prodr. Adr. Ichih. sp. 157. PLEURONECTES TRIcHODACTYLUS?® Lacép. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 641. PLEURONECTES LINGUATULA? Bonnat. Tabl. Enc. Ichth. p. 66. sp. 13. MONOCHIRUS LINGUATULA, C/oquet in Dict. Sc. Nat. XXXII. p. 460. sp. 1. MONOCHIRUS MANGILLI, Id. Ibid. p. 461. sp. 2. SOLEA FARVA sive LINGULA, londel. Pise. I. lib. xi. cap. xv. p. 324. Gesn. Aquat. III. lib. iv. p. 669. Id. Icon. Aquat. p. 403. Aldroy. Pisc. lib. ii. cap. xliii. p. 257. Jonst. Pisc. II. lib.i. tit. ili. cap. ii. art. ii. punct. 1. p. 58. Willughby, Ichth. p.102. tab. F. 8. fig. 1. SOLEA parva; dodrantalem magnitudinem numquam excedens; linea corpus dirimente ex squamis majoribus illis, quae in reliquo corpore conflata, Alein, Hist. Pisc. Miss. IV, Fase. ili. art. xiv. p. 32. sp. 4. PETITE SOLE DE LA MEDITERRANEE, Cloquet, loco citato. PLEURONECTE DE MANGILI, Étisso, loco citato. , Br i lidi di tutta l’Italia è piuttosto frequente questa Sogliola, e così pure sulle coste Spagnuole del mediterraneo e intorno alle sue Isole. La sua mole è picciola, ed è raro il vederla giungere ad avere la lunghezza di cinque pollici e mezzo. A Roma vien detta Lingua di Cane, nel Genovesato Lingua bastarda; i Veneti la chiamano Sfogio pe- loso: tutti questi nomi però sono dati promiscuamente a questa ed alla Solea lutea, di cui fra poco avremo occasione di tener discorso. Il solo degli autori antichi da cui sia stata conosciuta è il Rondelet. Rimase ignota ai Sistematici fino all’epoca in cui il Signor Delaroche la descrisse e l'effigiò negli Annali del Museo di Parigi sotto il nome di Pleuronectes microchirus. Con questo secondo vo- cabolo egli intese ricordare l'estrema picciolezza della pinna pettorale sinistra, che si fa notare in questo pesce. Ma perchè siffatta condizione è comune a parecchie specie, che a noi è sembrato opportuno riunire per costituirne un particolar gruppo subordinato a Solea, abbiamo assunto l’appellazione Microchirus pel gruppo intiero, e come nome spe- cifico della medesima abbiamo ritenuto il vocabolo Mangilii, usato dal Risso che ne trattò quasi contemporaneamente al Delaroche. Il Cuvier comprende le S'oleae del nostro sottogenere Microchirus sotto il suo grup- po Monochir; esse però hanno forse maggiore affinità con le Soleae propriamente dette. Questa considerazione ci ha indotto a separarle, e lasciare il nome Monochirus all’altro SOLEA MANGILII. sottogenere caratterizzato principalmente dalla mancanza assoluta della pinna petto- rale del lato sinistro. Nelle Soleae del sottogenere Microchirus la statura è picciola; il taglio della boc- ca è poco obliquo, e non molto arcuato; i denti sono tanto minuti, che si discernono a mala pena sotto la lente: il corpo è piuttosto largo in paragone delle Soleae genuine: le pinne ventrali sono picciole: le pettorali picciolissime, come già s'è accennato; quella del lato scolorato però è anche minore dell’altra, ed ha tre soli raggi tenui oltremodo. La circoscrizione del corpo della Solea Mangilii è ellittica, segnando il tratto vicino alla coda una ‘curva poco dissimile da quella del tratto anteriore. La carena del ventre è più arcuata di quella del dorso. L'altezza è contenuta tre volte e mezzo nella lun- ghezza totale. In questa stessa lunghezza è compreso cinque volte e mezzo il capo, che è ugualmente alto che lungo. La coda è poco men lunga della sesta parte del corpo. Gli occhi sono grandetti, e l'intervallo che passa fra l'uno e l’altro supera la metà d'un diametro delle orbite. Fra il superiore e l'apice del muso corre la misura d’un’intiero diametro, e quasi tre di queste misure si contano fra l’inferiore e il mar- gine dell’operculo. La distanza fra l’apice della mascella e l'angolo della bocca corri- sponde a poco più d'un diametro delle orbite. La caudale è rotondata, La pinna pettorale destra ha cinque raggi, ed è lunga quanto il taglio della bocca: il raggio maggiore della sinistra è lungo appena quanto la metà della destra. Le ventrali sono di poco più lunghe della pettorale destra e della metà dei raggi più alti della dorsale: questi hanno poco meno della metà della lunghezza del capo e del terzo dell’altezza del corpo. Le scaglie che vestono il corpo ed il capo sono picciole, rotondate anteriormente e striate, col mar- gine orlato di dentelli tenui, mediocri, alquanto piegati all'infuori, locchè rende piut- tosto ruvida la superficie di tutto il Pesce. Tutto il lato destro è d'un color carneo-scuro volgente al cinereo-castagno, ed ha quattro o cinque fasce verticali irregolari più cupe, che dopo la morte dell’ animale svaniscono prontamente. La pinna dorsale e l'anale sono ornate di macchie grandi nere sparse irregolarmente, che si stendono sulle parti contigue del dorso e del ventre; po- steriormente sono orlate di biancastro: la pettorale destra è del color del corpo; le ventrali hanno le tinte della pinna anale e della dorsale. La caudale porta una larga fascia scura verso l'apice. Tutto il lato sinistro è bianco lattea. PLAGUSIA LACTEA PLAGUSIA LATTEA PLAGUSIA carneo-lactea pellucida; oculis sinistris; pinnis corpus ambientibus coherentibus secus basim nigro-maculatis. DICA PO ht I libri d'Ittiologia non fanno alcuna menzione di questo curioso Pesce, che è indigeno del nostro mare, e frequentemente si porta a vendere in Roma insieme con l’altra minutaglia. La sua mole è picciola, e di rado eccede in lunghezza la misura di quaitro pol- lici. Il corpo è compresso-ancipite, con la circoscrizione ovato-allungata, assottigliata a cuneo nel tratto posteriore, e terminata in punta: il contorno della carena del dorso segna una linea alquanto più curva di quella del ventre. L'altezza, esclusa la pinna dorsale e l’anale, è contenuta tre volte e mezzo nella lunghezza totale: di questa il capo comprende circa una quinta parte, la pinna caudale una tredicesima. Il capo è poco più alto che lungo, poco ottuso anteriormente, con la mascella superiore appena più spor- gente dell’inferiore. Gli occhi sono piccioli, situati a sinistra, uno verticalmente al di sotto dell'altro, tanto vicini fra loro che quasi si toccano, distanti dall’apice del muso d'un tratto che corrisponde a due diametri delle loro orbite: dall’inferiore al lembo posteriore dell’operculo si misurano sette di tali diametri. Le mascelle non sono pro- trattili in alcun senso. Il taglio della bocca è lungo quanto due diametri delle orbite, poco obliquo quasi retto nella metà anteriore, posteriormente alquanto curvo all’ingiù, dal lato destro appena sensibilmente più arcuato che dal sinistro. I denti sono sottilissi- mi, acuti, fitti, impiantati in ambedue le mascelle sì a destra che a sinistra. L'osso mascellare è occultato dalle labbra. Il preoperculo è affatto indistinto. L’operculo si protrae notabilmente all'indietro; il suo angolo posteriore resta diviso in due da un seno piuttosto profondo. Dal lato opposto agli occhi il capo è privo di papille piliformi e di verruche. L'origine della pinna dorsale corrisponde al di sopra del lembo anteriore degli occhi: tanto essa quanto l’anale procedendo verso la parte media del corpo s’in- nalzano poco sensibilmente, quindi tornano ad abbassarsi in modo analogo, segnando un’arco col loro margine: posteriormente si congiungono e si continuano con la cau- dale, che termina quasi in punta. L’altezza maggiore dei raggi della dorsale e dell’anale supera d’un terzo quella dei raggi della caudale, e corrisponde poco meno che alla metà della lunghezza del capo. Le pinne pettorali mancano del tutto. Le ventrali sono riu- nite in una sola, e i raggi di questa disposti in un solo ordine hanno l'altezza di quelli della caudale; fra il suo raggio posteriore e l’orisine dell’anale corre un tratio lungo quasi quanto è alto il raggio medesimo. L'ano s'apre presso la carena del ventre dal lato opposto agli occhi. Le scaglie che vestono il corpo ed il capo sono adpresse, sottilis- PLAGUSIA LACTEA. sime, trasparenti, decidue, ellittiche, lunghe all'incirca quanto una delle orbite, striate a raggi nel tratto inferiore, crenulate alla base, cigliose nel margine anteriore, con dentelli tenuissimi, brevi, numerosi, fitti. I raggi delle pinne sono nudi. La linea laterale è ret- ta: fra questa e la carena del dorso è segnato un leggero solco, che parte dal capo e de- scrivendo un arco va a terminare alla coda. Dal lato degli occhi il corpo è d'un color latteo carniccino, dal lato opposto è più chiaro: le pinne che lo cingono sono dello stesso colore del fondo; e verso la base por- tano una serie di macchie nere grandette. La ventrale è scolorata. Spetta questo Pesce alla seconda delle due sottofamiglie in cui abbiamo ripartito i Pleuronectidi, a quella cioè dei Soleini. Le particolarità fin qui esposte però consigliano a separarlo dalle Soleae, dalle quali in vero s'allontana per un numero troppo grande di capi. Ci è sembrato opportuno il riguardarlo come tipo d'un genere da se, e per que- sto abbiamo adottato il nome Plagusia. Il Lacépède trattando dei Pesci che noi comprendiamo nella famiglia dei Pleurone- ctidi li ripartì arbitrariamente in due soli generi, cioè Pleuronectes ed Achirus, mettendo nell’uno le specie fornite di pinne pettorali, nell'altro quelle che ne son prive. Suddivise poi l'Achirus in due sottogeneri ai quali non diede alcun particolar nome, e li distinse dall'essere nel primo la coda disgiunta dalla pinna dorsale e dall’anale, e gli occhi col- locati a destra, e nel secondo la coda congiunta con le due pinne del dorso e dell’ano, e gli occhi collocati a sinistra. Il Cuvier, il quale introdusse ragionevolmente nella famiglia parecchie suddivisioni, ammise fra le altre l'Achirus del Lacépède, e ai due gruppi da lui accennati come subalterni applicò i nomi d'Achirus ‘propriamente detto, e di Plagu- sia, Brown. Anche stando alla distribuzione del Cuvier il nostro Pesce sarebbe pertanto una Plagusia. Ma i principj che hanno guidato noi nello stabilire questo gruppo sono lungi dall'essere i medesimi che avevano guidato il Cuvier, il quale seguitò a dare troppa importanza ai caratteri desunti dalle pinne, che a nostro giudizio hanno un valor me- ramente secondario. Infatti le specie che l'Autore citato pose fra i suoi Achiri propria- mente detti, pel complesso dei caratteri che presentano, a noi sembrano meritevoli di militar fra le Soleae, e di costituire soltanto un gruppo secondario di tal genere. Den- tro i limiti di questo abbiamo osservato in primo luogo che, rimanendo costanti le altre condizioni, si modificano di mano in mano quelle che vengono offerte dalle pinne pet- torali, perchè essendo queste sviluppate mediocremente nei nostri gruppi Solea genuina e Symphurus, sono picciolissime e disuguali nel Microchirus, ed una delle due manca del tutto nel Monochirus; quindi non ripugna l’ammettere che manchi sì l'una che l'al: tra dentro i limiti del genere stesso. Tal’è il carattere, su cui fondiamo la distinzione principale del nostro sottogenere A4chirus, come altrove abbiam detto. Anche la pinna caudale congiunta con la dorsale e con l’anale è carattere che troviamo unito a tutte le condizioni del genere Solea nel sottogenere da noi denominato ymphurus; nè ci par- rebbe cosa strana che la coda riunita alle pinne vicine s’incontrasse in qualche specie di Solea insieme colla condizione delle pinne pettorali mancanti. Nel nostro genere Pla- gusia all’ opposto osserviamo varj caratteri, di cui le Soleae non offrono esempio alcuno, e sono la bocca quasi simmetrica, col taglio poco curvo, fornita di denti tanto a de- stra quanto a sinistra, il capo privo di papille piliformi dal lato senz’occhi, la pinna dorsale non protratta all’innanzi degli occhi, e le pinne ventrali riunite in una sola. Queste riguardiamo per ora come le condizioni essenziali del genere. È verosimile che PLAGUSIA LACTEA. alle medesime abbiano ad aggiungersi il corpo molto allungato, poco colorato, pellucido, le scaglie trasparenti, decidue, gli occhi collocati a sinistra quasi contigui, l'ano aperto presso la carena nel lato destro, e finalmente le pinne pettorali mancanti, e la cau- dale riunita con l’anale e con la dorsale. Prima però di ammettere questi ultimi carat- teri come prineipali converrà aspettare che sia conosciuta più completamente la strut- tura di tutti quei Pleuronectidi, che sembra debbano far parte del genere Plagusia, quali sono il Pleuronectes Plagusiae affinis del Brown il Pleuronectes bilineatus di Bloch, l'Achirus ornatus di Lacépède, il Pleuronectes Arel di Schneider, il PI nigricans del me- desimo e il Pleuronectes Potous di Cuvier. Tutti questi pesci, che da noi non sono stati mai veduti in natura, si trovano descritti tanto imperfettamente presso gli autori, che senza temerità non potremmo proferire sopra di essi giudizio alcuno. Ci è ignoto finora il Pesce Siciliano che fu dato dal Rafinesque come tipo del suo genere Symphurus corrispondente al secondo sottogenere degli Achiri di Lacépède. Probabilmente dovrà riportarsi anch'esso sotto la nostra Plagusia, e quando pure ciò si avveri, poichè il citato autore lo denominò nigrescens, il solo colore del corpo sarà suffi- ciente a distinguerlo dalla nostra Plagusia lactea. i driovino ileqpivaiag inn 4 Paerpi tp Di spo zizi den Ar Pig» tie ni Doge. it, i, li IU . Y, ula 2 7 GATTA, DA Lé pd (2 #7 COCA. 474 1 ARIMA Ad A p, / C UUAZZA UcapiUons MC Pi CL € 6 Cane SOLEA LUTEA SOGLIOLA GIALLA \ MICROCHIRUS cinereo-luteus, fasciis maculisque nullis: pinnae dorsalis analisque radiis ali- quot nigro-cacruleis: cuudalis subtruncatae apice ulbicante: oculis minusculis, appro- ximatis. Dagro: dot Piuleat bisi 3. DV 5 Crab. PLEURONECTES LUTEUS, Risso, Ichth. Nic. p. 512. sp. 7. RHOomBus LuTEUS, Étisso, Hist. Nat. III. p. 257. sp. 149. PLEURONECTES TRICHODACTYLUS, Maccari, Ichih. Adr. p. 11. sp. 26. (ex specim.) PLEURNNECTE JAUNE, £tisso, loco citato. F u scoperto il presente Pesce dal Signor Risso, il quale lo pubblicò nell’Ittio- logia di Nizza sotto il nome di Pleuronectes luteus, e ne ripetè la descrizione nella Storia naturale dei principali prodotti dell’ Europa meridionale chiamandolo Rhombus luteus. Nè egli nè altri autori ne hanno dato mai alcuna figura, anzi il Cuvier trascura perfino di farne menzione allorchè nella nota della pag. 343 della seconda edizione del Regne Animal enumera le specie del gruppo Monochir, cui spetterebbe secondo i suoi principii; mentre. all'opposto vi ammette il Pleuronectes Theophilus del Risso, che spetta altrove come s'è visto. E comune lungo tutia l’Italia, e il volgo suol con- fonderlo con la Solea Mangilii sotto gli stessi nomi vernacoli di Lingua di Cane sulla spiaggia Romana, Lingua bastarda nel Genovese, e Sfogio peloso nel Veneto. Infatti que- sti due Pesci hanno fra loro una strettissima analogia, e vanno riferiti al medesimo gruppo di Soleae, a quello cioè da noi detto Microchirus. Del resto anche lasciando da parte i colori che sono manifestamente diversi, la S. lutea si discosta dalla S. Man- gilii perchè ha gli occhi più piccioli e più vicini fra loro, il corpo meno allungato, più alto anteriormente, più ristretto a cuneo verso la parte posteriore, men ruvido alla superficie, la pinna caudale men rotondata quasi troncata. La mole della Solea lutea suol essere assai picciola, eccedendo di rado la lunghezza di quattro pollici: la figura che ne diamo ha le dimensioni d’uno dei soggetti più gigan- teschi. L'altezza maggiore del corpo è contenuta men di tre volte nella lunghezza to- tale. Il capo che è più alto che lungo forma la quinta parte di questa stessa lunghezza, e la pinna caudale all'incirca la sesta. La fronte è arcuata risentitamente, e la carena del dorso è alquanto più curva di quella del ventre. La distanza fra un'occhio e V’al- tro è minore d'un semidiametro delle orbite: lo spazio che corre fra quello di sopra e l'apice del muso è maggiore d'un diametro, e più di tre di queste stesse misure si con- tano dal lembo dell’inferiore al termine dell’operculo. Il iaglio della bocca eccede d'un terzo la misura d'un diametro. I raggi maggiori della pinna dorsale e dell’anale sono lunghi quanto la metà del capo, e quanto la terza parte dell'altezza del corpo. 20 SOLEA LUTEA. La pettorale destra è lunga quanto il ‘taglio della bocca; la sinistra ha la lunghezza della metà della destra: le ventrali sono lunghe il doppio della pettorale destra. Le sca- glie dal lato degli occhi sono grandette, rotondate anteriormente e striate, coi dentelli marginali brevi e poco inflessi all’ infuori. Il colore del lato destro è un giallo dorato uniforme che tende leggermente al cine- reo; ma dopo la morte dell'animale passa al cinereo-giallastro. La pinna dorsale e l’anale ana il massimo numero dei raggi d’una tinta cineleotei ri ogni tre, quattro, o cin- que di questi se ne osserva uno di color turchino-nerastro. na pinna pettorale di questo lato è fosca. La caudale è scolorata. Tutto il lato sinistro è latteo. SOLEA MONOCHIR SOGLIOLA PELOSA MONOCHIRUS atro-castaneus, maculis nigris in fasciis verticalibus coeuntibus: pinnae pecto- ralis singularis radiis primis longiusculis: squamis squarrosis rigide longeque ciliatis. Opi e Rieti Sani: PLEURONECTES PEGUSA, Risso, Zchth. Nic. p. 510. sp. 5. nec Lacép. moNOCcHIRUS PEGUSA, /tisso, Hist. Nat. [II. p. 257. sp. 150. tab. xii. fig. 3. PLEURONECTES TRICHODACTYLUS, Nardo, Osserg. It, Adr. in Giorn. Brugn. Id. Prodr. Adr. Ichth. sp.158. nee Naccari. A biamo ricevuto questo Pesce da Nizza e da Venezia soltanto. Nel secondo dei due luoghi accennati si porta a vendere insieme con altri pesci di picciola mole sotto il nome di Peloso. Sembra che i Pescatori Veneti usando questo vocabolo solo, intendano sempre accennare il pesce presente, laddove chiamano Sfogio peloso la Solea Mangilii e la lutea, e Peloso da grota il Rhombus unimaculatus. Finora non è stato segnalato in altri lidi d'Italia: forse perchè fa la sua dimora fra le alghe è difficile il pescarlo con gli or- digni usati comunemente per prender le altre Sogliole, le quali sono per la maggior parte pesci di fango o di rena. Il Signor Risso, indotto probabilmente dall’osservazione della tenacità delle scaglie, fu di parere che a questo spettasse il Pleuronectes Pegusa del Lacépède, specie affatto diversa, della quale ci è occorso parlare sotto la Solea oculata. | —Distinguesi il presente Pesce da tutte le altre Soleae nostrali per le scaglie rigide, piegate notabilmente all'infuori, che rendono asprissima tutta la sua superficie, pei raggi delle pinne che contornano il corpo grossi, vestiti di scaglie numerose, per la dorsale e l’anale che s'innalzano verso il tratto posteriore, per la pettorale destra allungata, e fi- nalmente per la mancanza assoluta della pettorale sinistra. Quest ultimo carattere ba- sterà a far riconoscere il sottogenere Monochirus nel quale collochiamo quest'essere, se- parandolo dai nostri Microchiri. Del grado d'importanza che meritano gli altri enume- rati caratteri non possiamo dare fondato giudizio, non avendo cognizione d’altre specie che al sottogenere stesso vadano riferite: quindi non sappiamo dire quali fra essi deb- bano considerarsi come condizioni del sottogenere, quali sieno proprie della specie sol- tanto. Abbiamo fatto rappresentare il nostro Pesce veduto da ambedue i lati in una ta- vola stessa con la Solea lutea, affinchè si scorga meglio la diversità che passa fra i sottogeneri Microchirus e Monochirus. Gli esemplari maggiori della Sogliola pelosa giungono appena alla lunghezza di quattro pollici. La circoscrizione del corpo è ovato-linguiforme poco attenuata posterior- Rate SOLEA MONOCHIR. mente, con la carena del dorso assai più curva.di quella del ventre, La lunghezza totale è tripla della maggior altezza. Il capo assai più breve che alto è contenuto nella lun- ghezza del corpo cinque volte e mezzo; la coda ha appunto la stessa misura. La mascella di sopra sporge leggerissimamente all’innanzi dell’inferiore. Gli occhi sono distanti e fra loro e dall’apice del muso d'un tratto lungo quanto una delle orbite: il superiore è col- locato alquanto più all'imnanzi dell’inferiore, il quale è assolutamente contiguo alla por- zione posteriore del labbro di sopra, e dista dal termine dell'operculo di poco più di due diametri della sua orbita. Lo squarcio della bocca ha la lunghezza d’un diametro e mez- zo, € la valvula della narice anteriore della coppia di sotto è lunga quasi quanto un’in- tiero diametro. La pinna dorsale e l’anale contano un minor numero di raggi che le spe- cie più affini, e questi sono larghi alla base e fittamente scagliosi, assottigliati all’apice: il margine d'ambedue le pinne si solleva a poco a poco verso la parte posteriore, quindi si abbassa quasi d'un sol tratto, formando un angolo poco acuto, il cui apice dista di sette raggi dal termine della pinna rispettiva. Il raggio più alto ha la misura di tre quarti della lunghezza del capo. Alla radice della coda evvi un breve spazio nudo di sopra e di sotto: la pinna caudale è rotondata. La pinna pettorale è piuttosto grande; i suoi due raggi superiori hanno un prolungamento filiforme, e superano in lunghezza i raggi maggiori della dorsale; i raggi rimanenti sono più brevi almeno della metà. Le ven- trali sono lunghe quanto la metà della pettorale. Le scaglie aderiscono alla cute con somma tenacità, sono incurvate risentitamente all'infuori, cigliose, con dentelli nume- rosi, rigidi, gl'intermedj notabilmente lunghi: quelle del lato pallido hanno i dentelli più brevi e men rigidi. Il colore della parte destra è un cinereo-castagno bruno, con macchie nere, che per la massima parte tendono a confluire in fasce irregolari verticali più o meno interrotte. Sì la pinna dorsale che l’anale portano una serie di macchie fosche grandette. La cau- dale è di color castagno pallido sordido con una larga striscia nera alla radice. La pet torale è del color del fondo del corpo, ed ha l'apice dei raggi nerastro. Le ventrali hanno la tinta della dorsale e dell’anale. Il lato sinistro è bianco latteo. A prima vista la nostra Solea Monochir potrebbe confondersi con la Solea Mangilii, con cui ha comune il color generale. Ma oltre le molte particolarità notate più sopra, sarà facile accorgersi che la Solea Mangilii s'allontana da questa perchè ha le macchie diversamente disposte, e la superficie del corpo men’ aspra. RIOMBUS UNIMACULATUS ROMBO DI GROTTA SCOPHTHALMUS, ellipticus,, castaneo-cinereus. fusco-maculatus, posterius macula annulari nigrescente notatus: squamarum ciliis nonnullis: aristeformibus: pinnae pectoralis si- nistrae dorsalisque radio primo producto. D. 78. A. 56. P. 10. 7. 6. C. 15. RROMBUS UNIMACULATUS, fisso, Hist: Nat. TILT: p. 252. sp. 142. tab. xii. fig. 35. RHOMBUS. UNIOCELLATUS,, Vardo,, Osserv. Itt. Adr. in: Giorn.. Brugn. 1d. Prodr. Adr. Ichth. sp. 139. i nesto. Rombo: proprio: del Mar mediterraneo,. ma. piuttosto raro, si pesca nel golfo di Genova, lungo i lidi dell’ Abruzzo. e del Piceno, e specialmente nelle acque dell'Istria. Non. l'abbiamo. mai veduto finora fra i Pesci presi sulla spiaggia Romana; e ciò forse devesi alla diversa natura dei fondi. I Pescatori Veneti, gli danno il nome di Peloso da grota, che allude al suo manto. ispido, e al costume che ha di ricovrare fra i sassi e. nelle cavità sottomarine.. Quasi contemporaneamente s'avvennero. in questo Pesce il Signor Risso e il Signor Nardo, e nel darne: conto. gli applicarono: nomi specifici di significato equivalente. Al Cuvier: parve: che si dovesse riunire col Pleuronectes punctatus del Bloch, pesce dei mari. settentrionali, dal quale sospettò. che differisse soltanto in forza della diver- sità del sesso. Infatti passa fra l'una e l’altra specie un’affinità molto. stretta, e sono analoghe la forma generale del corpo, la. distribuzione. dei colori e la natura delle scaglie; in somma appartengono ad un medesimo. sottogenere: ma v'è diversità nei caratteri che forniscono varie parti e singolarmente le pinne, e il Pesce del setten- trione giunge: ad una mole forse sei volte: maggiore. S'è veduto. nell’articolo. relativo. al Rhombus rhomboides quali sieno i principali caratteri che: distinguono il gruppo cui ci giova applicare il nome Scophthalmus, al quale è riferibile il Rombo di grotta. Nelle specie di questo. sottogeriere, che non giun- gono mai all’ enormi dimensioni dei veri Rombi, la corporatura è allungata, il capo è sporgente, il muso: protrattile,, la bocca fessa profondamente, fornita di denti tè- nuissimi : la distanza che passa fra gli occhi è assai minore del diametro d'uno: d’essi, e li separa una carena angustissima, acuta : le: narici da ambedue i lati sono: prossime alla punta del muso.: le scaglie che vestono il corpo: ed il capo sono aderenti, cigliose, squarrose: quelle del lato. colorato orlate anteriormente di dentelli disuguali lunghi rigidi, che rassembrano ad aculei; laddove quelle del lato. pallido hanno dentelli senza para- gone più brevi. La pinna dorsale e l’anale si slargano notabilmente; il lor punto più alto: e quello verso cui convergono. i raggi è assai vicino alla coda : tanto queste pinne quanto. la caudale sono vestite di scaglie alla base; e le due’ prime hanno i raggi notabilmente larghi: la pettorale sinistra è grandissima ed oltrepassa l'arco della linea a YR8 RHOMBUS UNIMACULATUS. laterale ch'è mediocremente aperto : le ventrali sono congiunte alla base soltanto, quasi simmetriche: l'ano a differenza degli altri gruppi di Pensa S'apre nella carena ven- trale, ed è situato molto all’innanzi, quasi sotto gli occhi. La caudale è rotondata. La lunghezza del Rhombus unimaculatus comprende due volte e mezzo Valtezza. Il capo è più lungo che alto, e forma quasi il terzo della lunghezza totale del corpo. La pinna caudale è contenuta cinque volte in questa stessa lunghezza. La carena. della fronte è curvata ad arco, assai protuberante: prossimo ad essa dal lato sinistro al li-. vello dello spazio frapposto agli occhi sorge un tubercolo osseo conico prominente. Gli occhi sono vicinissimi fra loro, la carena frapposta ad essi è molto elevata ed acuta: sono collocati uno verticalmente sotto all’altro, e il diametro delle loro orbite è mi- nore della distanza che passa fra quello di sotto e la punta della mascella superiore. La distanza fra il lembo posteriore dell'uno e dell’altro e l'angolo dell’operculo su- pera oltre a due volte il diametro delle orbite, ed è maggiore d’un quarto della fes- sura della bocca. Il pezzo mascellare è cuneiforme. La pinna dorsale ha origine al di sopra del punto medio fra gli occhi e il tubercolo della fronte; il suo primo raggio s'allunga in un filamento bifido all'apice, che lo rende tre o quattro volte più lungo dei raggi contigui. ‘Tal prolungamento però essendo fragilissimo scarso è il numero di soggetti in cui si lascia scorgere intiero. Tanto la dorsale quanto l’anale si sten- dono fino alla radice della coda ;-il loro margine si solleva poco sensibilmente proce- dendo verso la parte posteriore, quindi alla dietnzà di circa dieci raggi dal termine si ristringe quasi d’un sol tratto ; talchè di qua e di là dalla coda il contorno del pesce apparisce come troncato. I raggi più lunghi della parte posteriore di queste due. pinne sono minori d’un terzo di quelli della caudale, e verso di essi convergono i rimanenti. La pettorale sinistra è grande, ed essendo ripiegata col secondo e terzo raggio giun- gerebbe a toccar gli occhi; il primo raggio della medesima s'allanga in una setola, che quante volte non sia mutilata gli dà la dimensione della lunghezza del capo. La pettorale destra è priva di qualunque prolungamento, minore dell'altra d'un terzo, e neppur giunge a toccare il termine dell'arco della linea laterale. Le ventrali sono appena disgiunte dall'anale, ed alte quanto i raggi mezzani della medesima: la de- stra talvolta ha il primo raggio alquanto lluicato Le scaglie che vestono il corpo ed il capo si ristringono qualche poco verso l'apice, che è quasi troncato; inferior- mente sono striate a raggi, e crenate. profondamente: quelle del lato colorato verso il mezzo del lembo anteriore portano da due a cinque o sei aculei marginali, spesso alternativamente più lunghi, sempre disuguali, i maggiori dei quali si stendono al- lincirca quanto una metà della scaglia che li porta: in poche di tali scaglie sparse disordinatamente qua e là uno degli aculei s'allunga in un filamento tortile, che ec- cede di tre o quattro volte la misura della scaglia stessa. Dal lato scolorato il lembo anteriore delle scaglie invece degli aculei porta due o tre dentelli sottili brevissimi. Il colore del lato sinistro di questo Pesce è un cinereo-giallastro cangianie in bruno- violaceo, sparso di lineole irregolari, di macchiette e di punti nerastri, che si estendono anche sulle pinne. Sulla linea laterale, ad una distanza due volte maggiore dall’angolo dell’operculo che dall'origine della pinna caudale, è segnata una macchia nera sud grande all'incirca quanto le orbite, il cui centro per Te più è scolorato, o rossastro. Il lato destro è d’un color bianco carneo. Vive questo Rombo negli stessi luoghi in cui trovasi la Solea Monochir, alla quale è analogo per molte Lidi di cali pel manto e pei costumi. UNION od HI di * bi Sio? SZ Sapri oi AI i SEL. n WA Csveliao Pouggii Rome I CALLIONYMUS FESTIVUS CALLIONIMO FESTIVO C. aurantiacus viridi variegatus: radiis universis utriusque dorsalis corpore valde bre- vioribus: calcare pracoperculi bicuspide: cauda subrotundata. Mas. pinnae dorsalis posterioris radio ultimo et caudalis radiis mediis valde elon- gatis. D. 4/g. P. 18. V. 5. A. 8. C. ro. CALLIONYMUS SAGITTA? Risso, Lechth. Nic. p. 105. sp. 5. nec Auct. cALLIONrMus MORISSONII? isso, Hist. Nat. ILI. p. 265. sp. 158. fig. 12. p er ragione dei colori vistosi di cui va adorno questo Pescetto gli abbiamo as- segnato il nome festivus. È proprio del nostro mare, ma poco comune. Lo pubblichia- mo come nuovo, perchè i caratteri attribuiti dagl’Ittiologi ai varj Callionimi finora descritti non si confanno assolutamente con quelli ch’esso presenta. I Callionimi spettano alla famiglia dei Gobidi, che si fa distinguere fra tutte le al- tre dei Pesci Acantopterigii per la gran sottigliezza e flessibilità dei raggi spinosi delle pinne. Quasi tutti sono di picciola mole. L’anatomia interna offre caratteri uniformi nel- l'intiera famiglia; incontrandosi costantemente negli esseri che comprende, uno stomaco sottile non sacciforme, il canale intestinale ampio, uguale, senza intestini ciechi; e man- cando universalmente la vescica natatoja. Alcuni Gobidi sono vivipari, e quasi tutti por- tano presso l’ano un cirro o un tubercolo analogo ai segni masehili dei Rajidi, ma talvol- ta comune ad ambi i sessi, il quale verisimilmente è di qualche uso nell'atto generativo. La strana conformazione rende il genere Callionymus così singolare nella sua stessa famiglia da farcelo considerare qual tipo d'un notabile gruppo secondario, che diciamo dei Callionymini, e che per le ventrali situate sotto la gola, remotissime, più larghe delle pettorali si distingue ad un tratto tanto dai Gobini i quali le portano sotto le petto- rali riunite in un disco incavato, quanto dai Blernini che le hanno avanti le pettorali, separate e didattili. L'apertura branchiale, che suol essere piuttosto picciola nei Gobidi tutti, si riduce ad un semplice foro collocato di quà e di là presso la nuca nei Callionimi. Questa condi. zione di struttura ed alcune altre, fralle quali è la nudità della pelle, fanno sì che nel quadro sistematico venga a schierarsi aecanto a loro, quasi come un ramo collaterale, la singolarissima famiglia dei Lofidi, cui era sembrato così difficile assegnare un posto conveniente, e che Linneo insieme coi Chondropterigii eliminava perfino dalla Classe dei Pesci, Altrettanto stretta è la relazione che passa fra il genere Callionymus e l'Ura- noscopus appartenente alla famiglia dei Percidi. L’analogia che esiste fra le specie di tali generi aveva colpito sì fattamente gli autori antichi, ch’essi non li disgiungevano mai uno: dall'altro, e talvolta li confondevano. Più generalmente però gli antichi chiama- 16 CALLIONYMUS FESTIVUS. rono Callionymi appunto quei Pesci, che da Linneo in poi corrono sotto il nome d'Ura- noscopi. Più remota è la relazione che passa fra il genere Callionymus di Linneo e i Cotti dalle gote veramente loricate, ai quali li riuniva Artedi. I Callionimi hanno il tronco che si restringe uniformemente verso la parte poste- riore, liscio, privo di squame. Il capo oblungo, depresso, posteriormente più largo del tronco, piano, liscio, assottigliato all'innanzi; la fronte declive piuttosto piana: il taglio della bocca breve, alquanto arcuato; il muso un poco convesso: le mascelle picciole con le labbra grosse, la superiore un pochino più breve di quella di sotto: gl’ inter- mascellari protrattili in modo notabile: denti picciolissimi, fitti, uguali, subulati, leg- germente incurvi: lingua brevissima, stretta, ottusa, appena libera: palato largo, pa- pilloso, ristretto verso la fauce: occhi quasi contigui, che guardano all'insù, grandi, oblunghi, protuberanti, con la membrana nictitante annulare: narici poco cospicue, uguali, orbicolari, vicine, marginali. Operculi frenati, lisci; preoperculi prolungati al- l'indietro a guisa di sprone a due o più punte spinose: membrana branchiostega scoperta sotto la gola, per lo più composta di cinque raggi: apertura branchiale picciola, tubu- losa, collocata verso la nuca. Gola spianata. Dorso convesso, superiormente rettilineo, solcato nel mezzo; lati tondeggianti. Linea laterale che scorre in alto, poco cospicua. Radice della coda quasi terete. Ano collocato più vicino al capo che alla coda, picciolo, patente, marginato, presso il quale vedesi un cirro nei soli maschi. Pinne in numero di otto: dorsale anteriore che incomincia dietro la nuca; dorsale posteriore che ha origine verso il punto medio: pettorali medie, grandi, lanceolate: ventrali collocate sotto la gola, lontane fra loro, più larghe delle pettorali, connesse con queste mediante una membrana larghissima, e coi raggi ramosissimi: pinna anale d'altezza quasi uniforme, opposta alla dorsale posteriore: pinna caudale attondata allorchè è distesa, acuminata mentre rimane chiusa, qualche volta fornita d'appendici. Spesso una delle due pinne dorsali, e talvolta anche l’anale, porta qualche raggio allungato a guisa di setola, notabilmente sporgente. Le femmine differiscono dai maschi per la statura assai minore, per l’assenza del cirro anale e perchè hanno le pinne più basse e costantemente sfornite di prolunga- menti filiformi. L'aspetto di questi Pesci è vago: i loro colori sono gai. Hanno un’indole quieta. Vivono nel mare congregati in branchi poco numerosi, ‘Tratti fuori dal loro elemento saltellano vigorosamente, agitano gli sproni preoperculari, e col mezzo di questi s’attac- cano ai corpi vicini. La lor carne è bianca e poco saporita. Dei Callionimi d'Europa due specie sole furono note al Linneo. Propose sotto, il nome di C. Lyra un Pesce di dimensioni piuttosto considerevoli, indigeno dell’ Oceano Settentrionale, e gli attribuì come carattere specifico l'avere alcuni raggi della pinna dorsale anteriore lunghi più del corpo. Denominò C. Dracunculus un'altro Pesce di pic- ciole proporzioni, appartenente al Mar Mediterraneo, il quale si trovava già indicato ed effisiato nell'opera del Rondelet sotto il nome Dracuncwlus; e a questo assegnò per ca- rattere i raggi della dorsale anteriore più brevi del corpo, senza curarsi di far parola della dorsale posteriore, i cui raggi sono allungati, e che così appunto sono rappresentati nella già mentovata figura del Rondelet. Il Gmelin commise errori nel riferire tanto l'una quanto l'altra di queste due specie: perchè registrò. al seguito della prima var) si- nonimi spettanti alla seconda, compreso quello principalissimo del Rondelet; e sotto il nome Linneano della seconda descrisse un'altro: essere, che nulla poteva aver di, co- CALLIONYMUS FESTIVUS. mune col vero Dracunculus. Il Bloch e gli altri Ittiologi posteriori attenendosi: con troppa fiducia alle parole del Gmelin sono incorsi anch'essi nella falsa applicazione del nome Dracunculus, e pare che tutti l'abbiano dato ad un Pesce che vive nell'Oceano Setten- trionale insieme col Call. Lyra, e si discosta da questo perchè manca dei prolungamenti filiformi della dorsale anteriore. Siccome però tutti gli altri caratteri sono precisamente i medesimi, è chiaro che quel loro preteso Dracunculus altro non è che la femmina del C. Lyra di Linneo. Se fu applicato: fuor di luogo il nome Dracunewlus, la stessa sorte toccò al nome Lyra, che fu dato successivamente a più specie diverse. I Signor Risso nella sua Ittiologia di Nizza annoverò tre specie di Callionimi pro- prii del Mediterraneo. Ad una di queste notabile pel raggio prolungato della prima dor- sale applicò a torto il nome di Zyra; ed è la specie di cui avremo occasione di trat- tare nel prossimo articolo: chiamò Dracunculus un'altro Pesce che presenta il prolun- gamento nei raggi della seconda dorsale, e che era appunto il Dracunculus di Rondelet, e perciò il C. Dracunculus di Linneo: descrisse finalmente un Callionimo con ambedue le dorsali basse, e gli applicò il nome Sagitta dato dal Pallas ad un pesce dell'Arcipelago Indiano. In una memoria posteriore aggiunse a queste una quarta specie che disse Callio- nymus Belennus seguendo le traccie segnate dal Rondelet. Il Delaroche nella Memoria sui Pesci delle Isole Baleari pretese creare una specie nuova, che denominò C. pusillus; nè sappiamo comprendere per qual motivo la paragonasse piuttosto al Belennus di Ron- delet, che al Dracunculus di.quell’autore con cui è identica. Nella seconda edizione del- la sua opera sui Pesci il Risso ammise la specie del Delaroche, che rilevò non poter con- venire col Belennus. Al Dracunculus tolse l’antico nome e lo disse C. admirabilis: ed accortosi che il suo Callionimo dalle pinne basse non poteva essere il vero C. Sagitta di Pallas, cambiò il nome del medesimo in quello di C. Morissonii. AL N 1 della tavola qui unita vien rappresentata Ja femmina del nostro Callionymus festivus. Incominceremo pertanto dal descrivere le proporzioni, le forme e i colori di que- sta. Lunghezza totale quattro pollici e tre linee. Lunghezza del capo un pollice e tre li nec. Lunghezza della pinna caudale alquanto meno d'un pollice. La maggior larghezza corrisponde al di dietro degli occhi, ed è di sette linee: l'altezza maggiore che pure cade nel luogo indicato è di mezzo pollice: quindi l'altezza è contenuta cinque volte e più nella lunghezza, e il capo comprende quasi un terzo della misura di tutto il Pesce. Il corpo s'assottiglia uniformemente dal capo verso la coda. Le orbite formano protuberan- ze assai risentite. Occhi stragrandi tanto vicini fra loro che quasi si toccano: il lor dia- metro è molto maggiore dell’intervallo che li separa dalla punta del muso, ed è quasi uguale allo spazio che corre fra il loro margine posteriore e l'estremità della spina del preoperculo. Questa spina è assai prolungata, curvata all'insù e terminata da due sole punte. Il taglio della bocca non giunge neppure sotto il margine anteriore dell’oc- chio. Mascella inferiore appena più sporgente della superiore. Denti tenui e uniformi. L'ano è situaio più verso il mezzo di quel che suole nei Pesci congeneri. Tutti raggi delle due pinne dorsali appena più lunghi dell’altezza del corpo: i tre primi. della dor- sale anteriore sono quasi uguali fra loro, e superano di poco la membrana che li con- nette; il quarto giunge alla metà dell'altezza degli altri, ed è pochissimo distinto: nella dorsale posteriore il primo raggio è quasi uguale ai primi dell’anteriore; l'altezza dei seguenti scema quasi insensibilmente procedendo verso la coda. Le altre pinne sono x6* CALLIONYMUS FESTIVUS. normali; le pettorali hanno dieciotto raggi, e le ventrali cinque. L'anale è composta di soli otto raggi quasi uguali, ed è poco meno alta della seconda dorsale cui corrispon- de. Caudale lunga, leggermente attondata nell' apice. Linea laterale poco cospicua: essa prende origine da un punto molto alto prossimo alla nuca, è dorsale per un breve tratto, quindi procede direttamente verso il punto medio della radice della coda, ma tenendo un’andamento un poco flessuoso. Il color generale di questo Pesce è un rancio rosseggiante vivace, più chiaro sui lati, tutto cosperso di macchiette e di lineole di color verde, che sotto certe incidenze della luce volge ad una tinta violacea: le lineole sono disposte quasi a modo di rete irregolare interrotta, 0 piuttosto imitano una scrittura arabesca. La pancia e tutto il di sotto del Pesce hanno un color bianco argentino senza macchie, il quale si stacca d’un sol tratto dal colore della parte di sopra. Gli ecchi sono argentini, coll’iride nera, e in parte rimangono coperti da una membrana che volge al ceruleo. Le pinne hanno un colore analogo a quello del dorso, ma sono trasparenti ed hanno macchie più re- golari, più rotonde e più circoscritte: nelle dorsali queste macchie sono puntiformi, ordinate in tre serie; la dorsale anteriore ha inoltre una macchia nera allungata posta nella cima della membrana fra il terzo e il quarto raggio: nelle pettorali si fanno scorgere tre serie di punti verdi decisi, ed un'altra di macchiette. più dilavate. Le ventrali portano due serie di punti determinati, ed un’altra leggermente accennata. La pinna caudale ha i punti verdi ordinati in cinque file verticali. L'anale final- mente è priva di punti, e in vece d'essi porta una fascia terminale pure di color verde. Il maschio, del quale daremo la figura in una tavola separata, si discosta dalla fem- mina fin qui descritta per una mole molto maggiore (perchè giunge ad avere una lun- ghezza di cinque pollici e mezzo, di cui la pinna caudale occupa almeno due), pei colori generali senza paragone più chiari, con le macchie assai meno fitte e decise, e finalmente perchè in esso e l'ultimo raggio della pinna dorsale posteriore e l’ultimo dell’anale si prolungano per ben due linee al di là della membrana che li connette. Tutt'i raggi della caudale sono un poco prolungati, e i due di mezzo di nove linee circa. Merita d’esser notato che la forma del Callionymus festivus da noi accennata in se- condo luogo offre quei caratteri appunto che il Signor Risso assegnò come essenziali alla sua specie C. Morissonii. Quindi si può dubitare che il C. festivus sia in realtà la stessa cosa che il C. Morissonii: ma siccome il citato autore ha detto espressamente che la specie sua manca delle appendici alla coda, e noi al contrario le abbiamo trovate sempre assai ben distinte nella forma or era indicata, e poichè egli aggiunge che nel suo Morissonii lo sprone dell’operculo è tricuspide, laddove in tutti gl’individui d’am- bedue le forme del festivus noi gli abbiamo veduti costantemente bieuspidi, a dispet- to di tutt'i nostri dubbj ci è convenuto. prendere il partito di considerare come specie non mai descritta il nostro Callionimo, e darle un nome diverso da quello del Si- gnor isso. CALLIONYMUS MACULATUS CALLIONIMO MACCHIATO C. dilute virescens, utrinque punctis margaritaceis; pinnae dorsalis anterioris radiis qua- ‘tuor: calcare praeoperculi 3-4-cuspide: cauda rotundata. Mas. Pinnae dorsulis utriusque radiis elongatis, priore anterioris longissimo. D. 4Jx0 P. 16. V. 5. A. 10. C. 10. CALLIONYMUS MACULATUS, Rafinesque, Caratt, p. 25. sp. 60. tab. v. fig. 1. Id. Ind. Itt. Sic. sp. 56. CALLIONYMUS LYRA, Risso, Iefth. Nic. p.113. sp. 1. Id. Hist. Nat.III.p.262. sp. 154. Nardo, Osserv. Adr. Ichth. in Giorn. Brugnat. caLLionxmus prAcuNcULUS,, Nardo, Prodri Adr. Ichth. sp. 46.. DL maschio di questo Pescetto proprio del mediterraneo fu tenuto da alcuni pel C. Lyra di Linneo, sebbene sia d’una mole picciolissima ed abbia colori di tutt'altra natura: e quantunque porti i raggi più lunghi nella dorsale anteriore v'è stato un'au- tore recente che l’ha voluto denominare Dracunculus. Non deve confondersi però nè con la Zyra nè col Dracunculus di Linneo, e il solo nome che gli possa competere è quello di C. macwlatus impostogli dal Rafinesque. Pochi altri Pesci sono altrettanto comuni lungo le nostre spiagge, e infatti ogni gior- no si vede esposto alla vendita nel mercato di Roma, ove è conosciuto sotto il nome tri- viale di Strozza-Galline. Dai Veneti è chiamato Zodra, e sembra che in tutto il Mar Adriatico.sia molto frequente. Vive anche nei mari della Liguria, ma non sappiamo fino a qual punto vi abbondi, nè qual nome gli venga dato da quei Pescatori. A. Nizza si chiama Lambert. In Sicilia è raro al dire del Rafinesque, e vien confuso con gli altri Pesci congeneri sotto i nomi di Zellisu e d’Anpiscia imperiali. Essendo poco saporita la sua carne, è uno dei Pesci più dispregiati che fra noi si mangino. Il Callionymus maculatus è lungo quattro pollici: tanto il capo misurato fino all'apice dello sprone preoperculare, quanto la pinna caudale occupano dieci linee. La maggior larghezza, che corrisponde al punto in cui il capo s'innesta al tronco, è di sette linee; x la maggior altezza è di quattro: soltanto: quindi l'altezza è contenuta nella lunghezza dodici volte, e quasi sette volte la larghezza. Il muso è piuttosto. depresso anterior- mente, ottuso. Le orbite sporgono moderatamente: gli occhi hanno il diametro di tre linee. La distanza che passa fra essi e il muso, allorchè non è protratto, corrisponde pu- re a tre linee: quattro ne corrono. fra l'occhio e l'apice dello. sprone, il quale è breve, poco valido, quasi sempre tricuspide, talvolta quadricuspide.. La linea laterale propria- mente detta è rilevata, tenue; incomincia presso il foro della nuca, scende obliqua mente fin al di sotto. del primo raggio dorsale, quindi scorre quasi in linea retta fino al punto medio della radice della coda. Precisamente lungo: il mezzo dei fianchi scorre poi un leggerissimo: solco, che rappresenta una linea laterale accessoria, appena visibile nell’animale vivo. L’ano è situato. quasi due volte più vicino alla punta del muso: CALLIONYMUS MACULATUS, che all'apice della caudale: il suo cirro è lungo oltre una linea. La prima pinna dor- sale è lontana dall’orlo posteriore dell'occhio quanto questo dalla punta del muso, ed è composta di quattro raggi: il primo, lungo poco men di due pollici, essendo colcato giunge quasi all'origine della caudale, il PRATO ed il terzo sono alti la metà del pri- mo, e più del Tppio del quarto, il quale uguaglia l'altezza del corpo, ed eccede del doppio la membrana che lo connette col terzo. Due linee più oltre comincia la seconda dorsale, i cui dieci raggi sono di poco disuguali fra loro, molto più elevati del secondo e terzo raggio della dorsale anteriore, e per l'altezza corrispondono ad una terza parte della Lengza di tutto il Pesce. L'anale ha dieci raggi pressochè uguali, un terzo più brevi di quelli della seconda dorsale, più indietro della quale ha termine. Lo spazio che corre fra la seconda dorsale e la caudale è pari a quello occupato da essa pinna dorsale. Le pettorali e le ventrali sono normali: le prime hanno sedici raggi, e cinque ne contano le seconde. La pinna caudale ha dieci raggi, ed apparisce acuta mentre è piegata, tuttochè in realtà sia rotondata. Il colore di questo Pesce è un bianco verdastro alquanto diafano, che verso la pan- cia passa gradatamente al latteo lucente. La schiena è aspersa di punti picciolissimi ferri- gni che la rendono quasi annebbiata, e confluiscono in quattro fascie trasverse poco di- stinte. I fianchi portano poche macchiette fosche, rotonde, disposte a distanze disuguali lungo due file; oltre queste vi esistono due o quattro serie di macchiette quasi rotonde perlate tendenti al ceruleo, che si stendono anche sui lati del capo: la linea longitudinale frapposta alle serie intermedie delle descritte macchie è d’un color d’oro verdastro, e si dirama sotto e sopra. La gola è perlata. Le pinne hanno il fondo d’un bianco sudicio tendente al grigio. Il raggio più lungo della dorsale anteriore verso la base è macchiato alternativamente di bianco e di fosco: nel tratto di mezzo è nero, e superiormente è bianco. Tutti gli altri raggi delle dorsali sono biancastri. La membrana di ambedue le dorsali è cospersa di punti visibili sotto la lente, fosco-atri, che la rendono nebulosa: questi punti verso il mezzo d'ogni tratto compreso fra due raggi confluiscono in mac- chie quasi ellittiche del diametro d'una linea circa, orlate d’un aureola più chiara: quelle della dorsale anteriore sono in ristretto numero, ed hanno una tinta più cupa: quelle della dorsale posteriore tendono a ordinarsi in quattro file, la più alta delle quali è assai pallida: quelle contigue al dorso volgono al verde smeraldo. Oltre queste macchie oscure tutta la membrana delle dorsali è sparsa di macchie giallo-verdastre e di mac- chiette senza paragone più piccole, quasi rotonde, d’un perlino ceruleo, collocate in serie oblique, più copiose verso la parte inferiore. La pinna anale è ‘biancastra, e porta una larga fascia marginale turchino-fosca. Le pettorali e le ventrali hanno un color bianco dadi) che volge al fosco verso l'estremità, e sono cosperse di minutissimi punti oculi- formi perlati, che nelle pettorali sono ordinati in quattro serie trasversali. La caudale è biancastra aspersa di puntini perlati, e punteggiata d’atro alla base. La lunghezza della femmina è di due pollici e tre quarti: in essa i colori del corpo sono assai più luridi che nel maschio, e le macchie senza paragone meno decise. Le pinne sono scolorate: le dorsali e l'anale molto basse, senza Del raggio prolungato: l’anale inoltre manca della fascia scura del margine. Non bisogna confondere questa femmina ho) C. Belennus, che le somiglia assaissimo, ma porta un raggio di meno nella dorsale anteriore, e sulla medesima una macchia nera cospicua: ha il muso più aguzzo, e lo sprone del preoperculo in proporzione più lungo e più valido. Sa RE iena DaMDa «Mo (apabiaet Dime ADoziZ// 48% CALLIONYMUS BELENNUS CALLIONIMO BELENNO C. luride virescens, subdiaphanus: pinna dorsali anteriore superne nigra, radiis tribus mi- nime productis: calcare praeoperculi tricuspide: cauda rotundata. Mas. Pinnae dorsalis posterioris radio ultimo valde elongato. 1.%D).3.,.,2.4D,g.. P.r6.. 7.5 4.9. Coro CALLIONYMuUS BELENUS. Risso, JZem. 1813. Id. Hist. Nat. III. p.263, sp.155. CALLIONYMus RISSO, Lesueur, Nouv. Bullet. Sc. Soc. Philom. p. 76. sp. 1. tab. 16. CALLIONYMUS SAGITTA, /(Vardo, Osserv. Adr. Itt. in Giorn. Brugnat. nec Auct. caLLionyMus LyRA, Mardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 45. nec Auct. BELENNUS, Rondel. Pisc.I. lib. vii. cap, ix. p. 214. cum fig. BLENNUS vel sELENNus Rondeletii, Gesn. Aquat. lib. ix. p. 125. CSS al Belennus del Rondelet, quindi il Signor Risso opportunamente l’ha chiamato Callionymus belennus. Adottando tal nome sistematico come il solo le- gittimo, noi non intendiamo impegnarci però a sostenere che spetti al pesce presente piuttosto che ad altri il Belennus o Blennus degli scrittori Greci. È comune lungo le nostre spiagge, ma alquanto men abbondante del C. maculatus, insieme col quale si pesca d’ogni stagione con le paranze. I pescatori del nostro paese confondono l'uno con l’altro pesce sotto lo stesso nome volgare Strozza-galline. I Veneti invece serbano il nome Lodra pel solo C. maculatus, e chiamano Lodrin il C. belennus. Parlando del Callionymus maculatus abbiamo notato le differenze generali che pas- sano fra queste due specie. È certo che a prima vista il maschio del C. delennus pre- senta un'aspetto molto simile a quello della femmina del C. maculatus. Ma quand’anche non voglia farsi attenzione al numero dei raggi della dorsale. anteriore e al cirro del- l’ano, che come segno del sesso deve scorgersi in uno e non nell'altra, il C. belennus maschio si distingue per la fascia nera sulla pinna anale e pel prolungamento dell’ul- timo raggio della seconda dorsale, caratteri che non s'incontrano nella femmina del C. maculatus. Per distinguere fra loro le femmine delle due specie in questione è quasi indispensabile ricorrere all’ esame del numero dei raggi; perchè sì nell’una che nell’al- tra mancano i prolungamenti filiformi, e le pinne sono scolorate. Vero è poi che la femmina del C. belennus al solito è minore del doppio, e che in essa la dorsale anteriore quando è chiusa presenta una macchia nera, che non è osservabile nella femmina del C. maculatus. Si noti che, relativamente alle forme, e alle modificazioni le quali accompagnano la diversità del sesso, il C. belennus è analogo al C. festivus, e in pari grado il C. ma- culatus al C. lyra: laddove pel coloramento il C. belennus s'avvicina al C. maculatus, al modo stesso che. il C. festivus s' accosta al C. lyra. 61 CALLIONYMUS BELENNUS.. Un'esemplare maschile del Callionymus belennus è lungo due pollici e tre linee. Il ca- po occupa mezzo pollice, e la pinna caudale cinque: la maggiore altezza è di due linee e mezzo, la larghezza di tre e mezzo. Il muso è piuttosto depresso anteriormente, acu- | to. Le orbite sporgono mediocremente: gli occhi hanno il diametro di una linea e mez- zo: la distanza da essi al muso è di due linee e un quarto, ‘all'apice dello sprone due linee e tre quarti. Lo sprone è piuttosto lungo, valido, tricuspide. La linea laterale pro- pria rilevata, tenue, incomincia presso al foro della nuca, scende obliquamente fino al di sotto del primo raggio dorsale, quindi scorre quasi in linea retta fino al punto medio della radice della caudale. Precisamente lungo il mezzo dei fianchi scorre poi un leggerissimo solco, che simula una linea laterale accessoria. L’ano è situato alla stessa distanza dal muso che dalla radice della pinna caudale. La prima pinna dor- sale è situata più indietro delle pettorali e composta di soli tre raggi; il primo lungo due linee e mezzo; il secondo più breve del primo parte dall’istessa base, e il terzo è molto distante e anche più breve: la seconda dorsale è alta circa due ‘volte più della prima; sono tutti uguali i suoi raggi meno i due ultimi, che si prolungano quasi due volte più degli altri. Il colore del fondo è un bianco-verdastro che volge al rugginoso diafano, tutto co- sperso di macchiette ferrigne, le quali abbondano sui lati del capo: questa tinta passa all’ argenteo sul ventre. La dorsale anteriore ha il fondo del colore del dorso, porta sul margine posteriore e superiore un segno nero, che quando essa è piegata la fa com- parir tutta nera: la dorsale posteriore è diafana, ed ha nella metà inferiore alcune li- nee sottilissime trasversali bianco-perlate, ed una serie di punti foschi situati sui raggi, L’anale è quasi perlata alla base con una larga fascia terminale turchino-fosca: le pet- torali sono del colore del dorso con quattro serie trasversali di punti ferrigno-rossastri: le ventrali sono bianche, nero-turchine all'apice. La caudale è biancastra con tre serie trasversali di punti foschi e l’apice fosco-turchino. i La femmina è circa un quarto più picciola. In essa la macchia nera della dorsale anteriore è assai ampia: la dorsale posteriore, invece d'avere l’ultimo raggio prolun- gato, l’ha più breve degli altri. Il primo è men breve di tutti. Tanto l’'anale e le ven: trali, quanto la caudale mancano della fascia terminale nera. APRLLAA: AAA Pai DIL AIDA «00 ha ARA LOPHIUS PISCATORIUS LOFIO PESCATORE LoPHivs appendicula radîi primì pinnae dorsalis anticae sn dorsali postica duode- cim-radiata. ID. 6, 102.6 D. 19 Pai. PhetA.ig.0 CI8. LoPuivs PiscaTtoRIUs, Linn. Syst. Nat. I. p. 4o2. sp. 1. Id. Faun. Suec. p. 108. sp. 298. Mill. Prodr. Zool. Dan. p. 58. sp. 321. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1479. sp. 133. Lacép. Hist. Poiss. II. p. 140. Bloch, Hist. Poiss.IIL p.82.sp.1. tab. 87. Schneid. BI. Syst.p.159.sp. 1. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 15. sp. 1. tab. 8. fig. 26. Rafin. Ind. Ht. Sic. p. 42. sp. 503. Risso, Ichth. Nie. p.47. sp. 1. Id. Hist. Nat. ITI. p.170.sp. 53. Cuv. Règn. Anim. DI. p.309. Id. Ibid.a. ed.II.ra251, Naccari, Itt..Adr. p.22. sp. 95. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 50. LOPHIUS CORNUBICUS, Shaw, (ex Borlas. Corn. p.265.tab.27. fig. 3. 6.) specim. mancum.. LorzIUsS FeRGUsONn, Lacép. (ex Aet. Angl. 1764. LITI. p.170. tab. 13.) specim. mancum. LoPHIUS BARBATUS, Gmel. Act. Holm. 1779. III. tab. iv. specim. mancum. O aÀtas Berev, Aristot. Hist. Anim. lib.ix. cap. xxx\ii. et lib.ii. cap. xii. et lib.v. cap. v. et lib.v. cap, ziv. Barpayos GA LAS, Aristot. lib. ix. cap. xxxvii. AElian. lib. vii. p. 286. Oppian., lib. 2. p. 53. RANA, Ovid. lib. v.p, 126. Plin. Hist. mundi lib.ix. cap. xxiv. et lib. xxv. cap.x. RANA MARINA, Cicer. Nat. Deor. lib.ii. p.186. Bellon. Aquat. p. 85. Jonst. Pisc. I. lib. i. tit. i. cap. iii. art. ili. punct.ix. p. 36. tab. ii. fig. 8. RANA PIscATRIX, Rondelet, Pisc. Mar. I.lib. xii. cap. xx. p. 365. cum fig. Salvian. Hist. Aquat. p. 139. fig. 47. Gesn. Aquat. IV. p. 813-816. Charlet. Onom. p.199. tab. 201. Willughb.Ichthyogr.p.$5.tab, E.1. Ray, Synops. Pisc. p. 29. RANA PISCATRIX vel MARINA, Schoneveld, p. 59, RANA PISCATRIX VULGARIS, Aldrov. Pisc. lib. iii. cap. lziv. p. 466. LoPHIUS ore cirrhoso, Arted. Synon. Pisc.p.87.sp.1. Id.Gen.p.65.sp, 2a Linn. It. Scan. p.337. Id. Mus. Ad. Fred. p.55. Gronov. Mus. I. p. 57. LoPulus cute alepidota laevi, capite plagioplateo, Gronov. Zooprh. p. 58. BATRACHUS capite rictuque ranae, etc. Alein, Hist. Piso. Miss. III. p.15. sp.1. BATRACHUS altero pinnarum pare ad exortum caudae carens, Klein, Hist. Pise. Miss. III p. 15. sp. 2. LOFIO PESCATORE, /tafin. loco citato. BAuDROYE, Camper, in Act. Paris. extraneor. VI. p.177- ‘GRENOILLE DE MER 0u PESCHEUSE dicte aultrement DIABLE DE MER, BAULDROY et PESCHETEAU. Bellon, Nat. et Pourtr. Poiss. p.76. fig. in p. 77- BAuDROIE (la Grande), Daubent. in Ene. Meth. Hist. Nat. III. p. 50. Bailly, Mem. in Ann. Hist. Nat, 1824. II. p. 325. BAUDROIE COMMUNE, isso, loco citato. BAUDROYE COMMUNE, RAIE PÈCHERESSE) DIABLE DE MER, GALANGA etc. Cuv. Voc. cit. TOAD FISH, FROGFISH, SEADEVIL, /Willughb.loc, citato. FisHina FROG, Penn. Brit. Zool. III. p.95.95. sp.1.2.tab. 94. L corpo tutto flaccido, privo di scaglie, di forma schiaeciata al modo delle Razze e lo scheletro dotato di certo grado di mollezza che presentano i Lofii aveva indotto universalmente gl'Ittiologi a riguardarli come cartilaginei, e a concedere posto vicino ad essi;a pochi altri pesci manifestamente affini, benchè d'aspetto non del tutto con- forme. Il Cuvier fu il primo a dimostrare che questi esseri hanno in realtà la strut- tura de’ veri Pesci ossei acantopterigj, e che nell’ ordinamento metodico non può venir 61% LOPHIUS PISCATORIUS. disgiunto da essi il genere Batrachus del Bloch, che fra gli ossei collocavano pur concor- demente quegli stessi autori, i quali tenevano per cartilaginei i Lofii e loro consorti. Quantunque nella prima edizione del suo Régne Animal il sommo Zoologo francese aggregasse i Lofii fra i Percidi, opportunamente li separò nella seconda, e ne costituì una famiglia a parte, che a noi giova chiamare dei Zofidi, e che collochiamo immedia- tamente appresso a quella dei Gobidi. Questo gruppo si connette infatti coi Gobidi per le strette relazioni che ha con la sezione dei Callionimini, e forma un ramo collaterale, il quale si distacca dalla serie lineare, e va poi a ricongiungersi coi Gadidi, pesci ossei malacopterig]. V'è una condizione di struttura insolita in tutta la Classe de’ Pesci, la quale ottima- mamente distingue i Zofidi, e consiste nelle pinne pettorali sostenute da una specie di gambo, che sporge fuori del tronco, ed ha internamente due ossicini assai bene svi- luppati spettanti al carpo. Le ventrali pure sono sostenute da un gambo, composte di pochissimi raggi, e inserite molto innanzi alle pettorali, appunto sotto la gola al mo- do di quelle dei Gadidi. ; In due sottofamiglie scindiamo i Lofidi. Nella prima, cui potrà darsi nome Lophini (e che comprende le specie aggregate da Linneo sotto il suo Zophius) lo scheletro è fibroso-cartilagineo, il corpo è privo di scaglie, la cavità branchiale dell’ uno e dell’ al- tro lato si protrae molto più indietro delle lamine opercolari, e va ad aprirsi in uno squarcio della pelle dietro l'ascella delle pinne pettorali. Nella seconda, che potrà dirsi Batrachini (e la quale comprende i pesci esotici riuniti dal Bloch sotto il suo Batrachus, e che altri penserà a ripartire secondo il bisogno in più generi) lo scheletro è osseo; la pelle è nuda, fungosa, oppure coperta di scaglie : la cavità branchiale s’ apre imme- diatamente dietro all’opercolo, come nel massimo numero de’ Pesci ossei. La sotto-famiglia Lophini accoglie tre generi, Lophius, Antennarius e Malthe, Il Lo- phius di Cuvier ha tutto il corpo schiacciato, contornato da molte appendici cutanee con- figurate a guisa di picciole pinne : il capo grandissimo, anteriormente rotondato ; la boc- ca supera, larghissima: i denti delle mascelle grandi, acuti, quasi tutti mobili, ordinati in più d'una fila: due pinne dorsali, l'anteriore consistente in sei raggi spinosi liberi o semiliberi, impiantati parte sul capo parte sul tronco, i due primi terminati da un’ ap- pendice membranosa ; ha sei raggi branchiostegi, e manca di notatojo. Nell’ Antennarius di Commerson il corpo é compresso sparso d'aculei e d'appendici pinnuliformi : il ca- po è picciolo; la bocca supera: i denti delle mascelle son tenui: le pinne dorsali son due, l'anteriore composta di pochi raggi spinosi, tutti impiantati sul capo, il primo libero, spesso terminato da un’ appendice membranosa, lacera; la membrana branchio- stega ha quattro raggi: il notatojo esiste. Nel Mulhe di Cuvier il corpo è depresso, sparso di tubercoli acuti e d'appendici pinnuliformi: il capo si protrae anteriormente in un rostro conico: la bocca è infera, protrattile: v'ha una sola pinna dorsale di pochi raggi tutti molli collegati da membrane; i raggi branchiostegi sono in numero di sei o sette: manca il notatojo. Torniamo ora sul proposito del genere Lophius per esporre più minutamente le par- ticolarità della sua struttura singolarissima. Una pelle flaccida, pochissimo aderente, sot- tile, priva di scaglie e d’ aculei ricuopre tuita la superficie esterna dell'animale senza eccettuare gli occhi, le punte spinose del capo, le pinne, e ognuno dei lor raggi liberi LOPHIUS PISCATORIUS. in particolare; si ripiega all’interno dello squarcio esistente sotto le ascelle e riveste l’intiera cavità branchiale. Il corpo, che come già s' è detto è tutto compresso, per circa due terzi della sua lunghezza anteriormente ha una forma ellittica, posteriormente si restringe a guisa di cuneo fino alla radice della caudale, nel qual punto divien più alto che largo. Più della metà della porzione ellittica è occupata dal capo. Gli occhi sono situati superiormente più vicini fra loro che ciascuno di essi al contorno del capo, e guardano obliquamente: la parte superiore del lembo delle orbite è prominente a guisa di cresta con sei denti brevissimi anteriormente, due grandi posteriormente. Lo spazio frapposto agli occhi è tutto avvallato nel senso longitudinale. Molto innanzi agli occhi e prossime al labbro di sopra sorgono le narici, le quali han la forma di due picciole trombe, e sono di sostanza molle carnosa. Lo squarcio della bocca è grande oltremodo, semilunare, prossimo al contorno del muso, incapace di chiudersi esattamente, perchè la mandibola è assai più curva e sporgente della mascella. Il labbro inferiore è grosso carnosetto, il superiore tenue. Tanto le ossa mandibolari, quanto le intermascellari, si connettono anteriormente per mezzo d' un ligamento molle, e ciò fà che nello spalan- carsi della bocca le loro estremità esteriori si ravvicinano e ne diminuiscono il diame- ‘ tro trasversale. Le ossa mascellari sono inermi nel contorno, conformate a guisa di due remi, perchè si dilatano verso la parte inferiore. I denti mandibolari sono grandi, ma disuguali, subuliformi, alquanto incurvi, ordinati in circa tre file, e ad eccezione di quelli della fila anteriore si muovono chinandosi verso l'interno della bocca quando vengono spinti. I denti che ornano le ossa intermascellari verso i lati della bocca sono impiantati solidamente, brevi, distanti fra loro, disposti in una sola serie; quelli che armano la porzione vicina al mezzo forman due file, e sono analoghi ai mandibolari, parte mobili parte no. Il vomere è piatto e anteriormente si dilata in due branche trasver- se, le estremità delle quali sono armate di denti grandetti. Altri denti sorgono sulle con- tigue ossa palatine. Le ossa faringee dell'uno e dell’ altro lato sono pure fornite di denti di forma uncinata, e di questi ve n’ ha due file alle estremità inferiori, e tre alle supe- riori. Nell'interno della bocca subito dietro al labbro di sopra si scorge una fessura tra- sversa, la quale iette in una cavità compresa fra la pagina superiore del vomere, e la volta molle del muso, e che vien sostenuta da due ossicini longitudinali; questi dalla positura che occupano sembrerebbero corrispondenti alle ossa nasali. La lingua è affatto liscia, semilunare, crassa, brevissima, e a guisa d'un semplice orlo cinge anteriormente l'osso ioide, il quale ha la figura d’un grande arco molto prominente nell'interno della bocca. Sui due rami di quest'osso sono impiantati tre archi branchiali per parte, ai qua- li aderiscono altrettante branchie. La cavità branchiale consiste in un gran sacco molle, il quale come s'è già accennato si stende fino dietro alle ascelle, ed è quasi tramezzato e diviso per lungo dallo sporgere che fanno dentro di esso dal lato interiore gran ‘parte del gambo della pinna pettorale e l'osso clavicolare, (o scapolare che voglia dirsi), il quale con esso s' articola, e in forma di falce s' inoltra fin sotto la gola, ove va a collo- carsi col suo compagno fra l’osso ioide e le estremità inferiori delle ossa faringee. Sei grandi raggi branchiostegi sostengono la porzione di membrana che veste inferiormente la cavità branchiale, e questi raggi dall’ osso ioide scorrono all'indietro fino a poca di- stanza dall’ ascella. Superiormente la cavità branchiale stessa è difesa dai pezzi operco- lari, i quali a somiglianza del maggior numero delle ossa del capo si espandono in la- mine membranoso-cartilaginee, ed hanno spigoli prominenti di sostanza più compatta, 618% LOPHIUS PISCATORIUS. sui quali sorgono poche punte acute a base larga, altre erette, altre orizzontali. Il sub- opercolo ha una struttura affatto inusitata, perchè la sua parte più solida ha una forma di T, il cui gambo è applicato sotto al margine anteriore dell’opercolo: sul lembo este- riore poi di quella delle due branche trasverse che guarda all'indietro è impiantata una serie di raggi semplici, pur volti all'indietro in numero di circa 24, i quali scostandosi come le aste d'un ventaglio distendono la membrana che li connette, e servono a dila- tare la porzione sottoposta del sacco branchiale. I più lunghi dei raggi or descritti giun- gono coll’apice a poca distanza dell’ apertura collocata dietro l’ascelle. Le pinne pettorali sono approssimativamente rettangolari, composte di molti raggi tutti molli, e il gambo che rispettivamente le sostiene è alquanto incurvo, lungo quanto la pinna, nascosto in gran parte dentro la cavità branchiale, di cui alternativamente dilata e chiude l’apertura sollevandosi ed abbassandosi. Le pinne ventrali sorgono nella parte inferiore [del capo sotto la gola molto innanzi alle pettorali, vicine fra loro; sono picciole, composte di soli cinque raggi ramosi, i due esteriori alquanto minori, gl’ in- termedj uguali: le ossa con le quali sono articolate si connettono con le clavicolari. La pinna dorsale anteriore conta sei raggi semplici, filiformi, I due primi sono liberi, im- piantati sulla fronte, poco distanti un dall’ altro, e quantunque nello stato di riposo sieno diretti all'indietro, possono volgersi per qualunque verso a volontà dell'animale. Il primo è liscio, e termina con un'appendice membranoso-carnosa lanciforme: tanto l’ap- pendice quanto l’asta che la sostiene han questo di singolare, che invecchiando il pesce s' accrescono fuori di proporzione con l'incremento che acquistano tutti gli altri organi. Il secondo raggio dorsale è scabroso anteriormente, e termina in un'appendice membra- nosa picciolissima. Il terzo raggio è pure libero, minore dei precedenti inserito sull’oc- cipite, privo d’appendici, capace di volgersi all'indietro, ma non dai lati e anterior- mente come fanno i due raggi che lo precedono. In una memoria inserita nel tomo secondo degli Annali di Storia Naturale di Parigi del mese di Luglio 1824 il Dottor Bailly espone con diligenza incomparabile l'apparec- chio che serve al moto dei tre raggi anteriori della dorsale del Zophius fin qui ricordata, e il congegno maraviglioso delle loro rispettive articolazioni. Una laminetta cartilagi- noso-ossea lineare è collocata immediatamente al di sotto dei tegumenti, nel bel mezzo del canale scavato sulla fronte, ed è raccommandata posteriormente alle ossa parietali per mezzo d'una cartilagine molle. L’estremità anteriore della laminetta è conformata a guisa d'anello elevato verticalmente, e nel suo forame, che va da destra a sinistra, rice- ve un'altro anelletto esistente alla base del primo raggio mobile a quel modo stesso che si connettono fra loro due anelli d'una catena. Poco più indietro s’articola con la stessa laminetta verticale il secondo raggio; ma questo in luogo d'aver la base configurata a foggia d’anello, s' allarga in due brevi rami incurvati, le estremità dei quali abbraccia- no una cresta che si solleva verticalmente sul mezzo della laminetta. Il terzo raggio si connette con una cresta sollevata sull’ osso occipitale, ed ha la base conformata come quella del secondo raggio, e l'articolazione affatto analoga. Ventidue muscoli sono stati contati dal Signor Bailly ai quali incombe l'ufficio d’operare tutti 1 varj moti di cui sono capaci i tre raggi. Il lettore desideroso d’acquistare più compiuta notizia di tal mec- canismo consulti lo scritto del Bailly, la tavola che lo accompagna, e la relazione datane all’Accademia delle Scienze di Parigi dal Signor Geoffroy S. Hilaire, la Lg si trova inserita anch'essa nel giornale di sopra citato. LOPHIUS PISCATORIUS. I tre raggi posteriori della dorsale anteriore sono inseriti sopra le prime vertebre dor- ‘sali, decrescono di grado in grado dall’innanzi all'indietro, e li collega alle base una sot- til piega del tegumento comune. La pinna dorsale posteriore ha da otto a dodici raggi ‘molli, inclinati all'indietro, collegati fra loro per tutta l'altezza: questa pinna è inter- media fra la dorsale anteriore e la caudale. L'ano s'apre immediatamente al di sotto del- l'origine della dorsale posteriore, e paco dietro ad esso sorge l’anale, la quale è analoga alla detta dorsale posteriore nella struttura. La caudale ha una forma cuneata a rovescio, ‘ed è sostenuta da otto raggi molli, ramosi. Una serie di numerose appendici cutanee brevi, vermiformi, ma sfrangiate all'apice orna il labbro inferiore e tutto il contorno del corpo fino alla coda; di qua e di là dalla dorsale posteriore vha una o due altre file di appendici consimili sulla porzione attenuata del tronco. Il ventricolo è ampio ed ha poche appendici cieche assai brevi. Il tubo intestinale è poca esteso, Manca il notatojo, come s'è avvertito in principio. I pesci di questo genere sono voraci oltremodo. Ascosi nel fango o fra l’erbe mari- ne vanno agitando le appendici molli che portano all'estremità dei due lunghi raggi anteriori della pinna dorsale, e abbandonano al moto dei flutti quelle di cui è cinto il lor corpo. Gli altri abitatori del mare facilmente vengono attratti da questo genere d’esca, in cui forse credono scorgere pesciolini o vermi viventi, ma di colpo riman- gono afferrati dai denti dell'enorme bocca, che mezzo aperta sta aspettando gl’ in- cauti. A ciò devesi il nome di pescatore o pescatrice, che a siffatta stirpe dà il volgo ‘in molte contrade. i L'ampiezza delle cavità branchiali somministra a questi esseri il mezzo di vivere fuori dell’acqua un tempo non breve, tanto più che a chiudere esattamente gli sboc- chi esteriori di tali cavità e a impedire l'uscita dell’acqua cospirano con maraviglioso artificio non solo i raggi branchiostegi, e 1 pezzi opercolari, ma altresì quei raggi minori che orlano i subopercoli e i vigorosi gambi delle pinne pettorali. Il Signor Geoffroy S.' Hilaire parlando del Lophius in alcune sue considerazioni inserite negli Annali del Museo di Storia Naturale di Parigi Tom. 9. anno 1807 as- serisce che i pesci dei quali ora trattiamo non solo attraggono la preda come il pesca- tore con l’amo (cosa già rilevata dai più antichi filosofi e poeti, anzi dal valgo stesso), ma che l’accolgono in que’ grandi sacchi delle branchie, come si fa da noi con le nasse e altri ordigni consimili. Qualunque sia la spiegazione verso la quale inclina il dottis- simo autore, scorgiamo un fondamento di verità nel paragone allegato, perchè spesso nei Lofii che si portano a vendere abbiamo trovato alcuni pesciolini ancor racchiusi ne detti sacchi, anzi ci è avvenuto veder di quelli che introdottisi dalle fauci fra gli archi branchiali vi erano rimasti inceppati col capo già intruso nelle cavità delle branchie e con la coda ancor sospesa nell'interno della bocca. Convien dire che, quando è già soffocata la preda procacciatasi per questa via, il pesce abbia facoltà d’espellerla insieme coll’acqua, ch'egli tratto tratto va spingendo fuori dall’appertura posteriore del sacco branchiale, per poi divorarla a bell'agio addentandola nuovamente. Il Lophius piscatorius già vecchio eccede due ed anche tre piedi di lunghezza; ma gli esemplari che più comunemente si portano a vendere-al mercato, perchè ancor gio- vani giungono appena ad un piede. La larghezza che ha il capo verso la parte poste- riore è compresa circa due volte e mezzo nella lunghezza totale del pesce: quasi tre LOPHIUS PISCATORIUS. volte resta compresa in tal misura la lunghezza del capo stesso, e la sua altezza do- dici volte. Negli esemplari giovanili il primo raggio libero della dorsale anteriore è sen- sibilmente minore del secondo, e non giunge alla misura che hanno le ossa mascellari : l’appendice membranosa con cui termina corrisponde ad un sesto circa della sua lun- ghezza; ha una figura lanciforme ed è circa quattro volte più lunga che larga. Negli esemplari vecchi però questo stesso raggio è senza paragone più esteso, giungendo la sua asta a superar le ossa mascellari del doppio e del triplo: l’appendice membranosa si dilata e s’ allunga in proporzione. La pinna dorsale posteriore ha 12 raggi, ed es- sendo spiegata è un terzo più alta della porzione di tronco sottoposta. La pinna anale conta nove raggi ed è un quinto men alta della dorsale posteriore. Le vertebre della spina sono in numero di trenta circa. Il colore delle. parti superiori è un cinereo-bajo volgente al sanguigno, marmorato minutamente/di tinta più fosca. Il disotto è d’un latteo-carnicino. La pinna dorsale po- steriore e la caudale hanno il color del dorso ed una striscia fosca lungo il lembo iermi- nale. Le appendici membranose dei primi raggi dorsali sono fosche sulla faccia ante- riore, bianche sulla posteriore. Le pinne pettorali anteriormente hanno il colore del dorso, posteriormente quello del ventre, ma sopra ambedue le facce portano una larga striscia. scura segnata sull’apice. Le ventrali hanno la tinta del ventre, e così pure l’anale, la quale però è imbrattata qualche poco di color cinereo: le appendici pinnuli- formi che cingono il corpo e la mandibola sono fosche: le pupille nerastre, e l'iride dorata pallida. È comunissimo il Zophius piscatorius nelle acque del Mediterraneo e in quelle dell'Atlantico Europeo. Si pesca ogni giorno sui nostri lidi con le paranze. La sua carne ‘è tenuta in pochissimo pregio. A Roma il suo nome volgare è Pescatrice: in Toscana chiamasi Boldrò; nel Ve- neziano Martino pescatore; sull’ Adriatico in più altri luoghi d'Italia lo dicono Rospo, Pesce rospo, Rana marina; a Civitavecchia ed a Genova Giudio; a Nizza Baudroi; in Sicilia Maga, Diavolo di mare, o. Giuranna di mari. LOPHIUS BUDEGASSA LOFIO MARTINO LopÒius appendicula membranacea radii primi pinnae dorsalis anticae lanceolato-subulata : dorsali postica novem-radiata. TDI. a POPOLI A gv 8. LoPHIUS BuDEGASSA, Spinola, in Ann. Mus.1807. p. 376. sp.5. Risso, Hist. Nat. III. p. 170. sp.54. LoPHius PIScATORIUS, var. À. Risso, Lehth. Nic. p.48. sp. 1. LOPHIUS PARVIPINNIS$ Cuv. Regn. Anim.9.ed.ii.p. 251. D i rado si vede giungere alle dimensioni del pesce che precede. Relativamente alle proporzioni del capo solo se ne discosta per una larghezza un poco minore: infatti que- sta misura riman compresa quasi tre volte nella lunghezza del pesce intiero. Il primo raggio libero della pinna dorsale anteriore anche negli esemplari giovanili è più lungo del secondo, sensibilmente più sottile, e supera sempre la lunghezza delle ossa mascel- lari. L'appendice da cui è terminato ha in lunghezza l'ottava parte circa dell'asta, e presenta una figura piuttosto di subbia che di lancia, essendo per lo men dieci volte più lunga che larga. Negli esemplari vecchi tutto questo raggio s'accresce in modo analogo a quel che avviene nel Lophius piscatorius, senza che varii la figura dell’ap- pendice membranosa. La pinna dorsale posteriore ha soli nove raggi, ed essendo spie- gata eccede d’un quinto soltanto l'altezza della porzione di tronco sottoposta. La pinna anale ha essa pure nove raggi, ed è un quinto men alta della dorsale posteriore ora accennata. Le vertebre della spina sono circa vent’ otto. Il colore delle parti superiori nel fondo è un cinereo volgente al roseo lurido, marmorato minutamente di tinta più bruna, distribuita in picciolissime macchie con- tigue rotonde col centro più pallido. Così il dorso del presente pesce tende al ca- stagno-rossastro chiaro, laddove quello del Zophius piscatorius s' avvicina al castagno fosco. Nelle parti restanti il coloramento delle due specie è analogo perfettamente. Vive nel Mediterraneo, e fa soggiorno in que'luoghi stessi in cui s'incontra il Zo- phius piscatorius; ma è meno comune. La sua carne è notabilmente più compatta e di sapore migliore. Ciò fa che i pescivendoli premurosi di distinguere la specie la ri- conoscono con maggior sicurezza che non han fatto finora gli scienziati. L'esistenza d'un Lophius del Mediterraneo diverso dal piscatorius fu annunziata per la prima volta dal Signore Spinola di Genova. Il carattere però indicato da lui per distinguere specie da specie è lontano dall'aver alcun fondamento di vero: quindi a rigore avrebbe potuto riguardarsi come non avvenuta la fondazione del suo budegussa. Pure abbiamo adottato quel nome specifico pel pesce presente, conducendoci dietro all'appellazione vernacola dei Genovesi, che senza meno deve aver eccitato l'attenzione dello Spinola, e deve averlo determinato in favore di quel vocabolo. Bisogna confessare LOPHIUS BUDEGASSA, frattanto che il Signor Risso parlando del suo L. Budegassa è assai più chiaro, accenna approssimativamente le diversità dei colori, parla della qualità migliore della carne, conta a dovere il numero dei raggi della pinna dorsale posteriore, dal quale si de- sume un carattere certo. Se riportiamo come sinonimo il L, parvipinnis del Cuvier, ce lo consiglia sopratutto la convenienza del nome | parvipinnis ; giacchè sul conto delle citazioni del Risso e dello Spinola il Cuvier non si mostra sicuro, Del resto quasi per commentare il nome parvipinnis, egli dice esplicitamente, che la pinna dor- sale è più bassa nella specie nuova che nell'antica, senza far parola della lunghezza: ma appunto la differenza sta nel numero dei raggi al quale va appresso una diversa lunghezza, laddove nell’altezza non v ha discrepanza degna di nota. Finalmente è da dire che il Cuvier attribuisce 25 vertebre al L. parvipinnis suo, e 30 al LZ. piscato- rius: ora noi confermiamo che il L. piscatorius ne ha pel solito un numero maggiore; ma a contarle, in più scheletri di quest'ultimo ne abbiam trovate da 29 a 31, e in quelli del L. dudegassa non più di 30, non meno di 27. Il Lophius budegassa chiamasi a Roma Martino, a Civitavecchia esclusivamente Pe- scatrice, in Toscana Boldrò buono, nella Liguria Budego, a Nizza Gianeli. Oltre le due qui effigiate non ci è nota alcun’altra specie di vero Lofio, fuorchè il L. setigerus di Vahl, pesce della Cina, di cui vedesi una figura negli atti della Società di Storia Naturale di Copenhaguen, e che indebitamente fu detto viviparus nell’ edizione del Bloch data dallo Schneider, ZY D ALI n «etrui Luattscechie ale DA (1 O 7. È Mr AA mod, È, formino. ci er 3) ALII, CAI peo Lpadis e L LA 7 dA A ci pi Di LA Oa Le. Gir Ls Lippi a abs. Dai GL ooetti MO Y/ GBorreoso Lio 4 ppi Ab Shi CALLIONYMUS DRACUNCULUS CALLIONIMO DRAGONCELLO cALLionrmuSs griseo-caerulescens, lateribus punctis, lincisque nigro-limbatis, argenteis: dor- salibus utrisque corpore elatioribus: calcare praeoperculari tricuspide: pinna cau- dali elongata. tei DZ È Lio: Mas pinna dorsali posteriore valde protracta: caudali elongatissima, rhomboidea. cALLIONYMUS DRAcuUNcULUS, Linn, Syst.Nat.I. p.454. sp.2. Risso, Ichth.Nic.p104. sp.2. nec H.Nat.nec Auct. caLLionemus FEsTIVuSs® Pallas, Zoogr. Ross, III. p.146. Eichw. Zool. spec. III. p. 78. sp.2. nec Nob. cALLION:MUS PusinLus, DeLar. in Ann Mus. XIII.p.330. tab. xxv. fig.16. Risso,H.N.III.p.264.sp.157.foem. CALLIONYMUS ADMIRABILIS, Risso, Hist. Nat. ITT.p.264.sp.156. tab. 6. fig.11. CALLIONYMUS LACERTA, Cuv. Règn. Anim. 2. ed. II. p.247. Valence. Hist. Poiss. XII. p.286. pRAcuncuLUS, Rond.Pisc.Mar.I.lib.x, cap.xii.p.do4.cum fig. Aldr.Pise.lib.ii. cap. li. p.262. Jonst.Pise, lib.i. p.61.tab.21, fig.h. Willughb.Ichik, lib.iv. cap.zxv. p.156. tab.H. 6. fig. 3. Ray, Syn. Pise. p.]9- sp.» DRACUNGULUS, Aranei species altera, Gesner, Aquat. IV.p.80. > cottus pinna seeunda dorsi alta (err.alba) Artedî, Synon.p. 77. sp.4. Id. Gen. p, 49; sp. 5. I Rondelezio che questo pesce conobbe chiamollo Dracuncwulus, nome che da Lin- neo gli fu conservato specifico, quando saggiamente lo incluse nel suo genere Calliony- mus. Quindi noi rilegando nell'abisso della sinonimia i molti nomi assegnatigli dai mo- derni Ittiologi glie lo ripristiniamo, non curandoci che il detto nome sia stato dato ad altri Callionimi, e molto meno valutando che i nordici scrittori lo abbian applicato alla femmina del vero Callionymus lyra, la quale malamente fu creduta diversa specie per- chè ha la prima dorsale bassa, quando nel maschio la si vede elevata. L’equivoco di una sola lettera fu sorgente dei numerosi abbagli che si presero circa il Dracunculus di, Ron- delezio: poichè l’Artedi, guida di tutti gl’ Ittiologi fino ai nostri dì, nel registrarlo come un Cottus diede alla seconda sua pinna dorsale l’aggiunto di alta, che lo stampatore di- sgraziatamente mutò in a/ba, cambiando così faccia a tutto il soggetto. Descrivelo bene il Valenciennes, e ne pennelleggia ancor bene il coloramento, ma restiamo maravigliati ch'egli veda in esso il Callionymus festivus di questa Iconografia; meraviglia che a dismisura ci si aceresce, perchè ne loda le nostre figure, e ne ritradu- ‘ce esattamente i colori, senza badar punto alle diversità gigantesche sì nel colorito come nelle grandezze rispettive delle pinne tra quel festivus e il pesce di cui trattiamo. Ingan- nato senz'altro dalla identità del nome credette il dotto naturalista, che il nostro Callio- nymus festivus fosse lo stesso del così detto dal Pallas, ch'egli riferisce al presente Callio- nymus dracunculus tanto diverso dal festivus nostro, e che noi d:nominammo così igno- rando affatto che il Pallas avesse un Callionimo di tal nome. Con buona pace del sig. Va- lenciennes, il nostro festivus è una eccellente specie quantunque non diversa dal Callio- nymus Morissonii, Risso, confuso da lui col nostro Callionymus belenus. È siccome dopo averla pubblicata ci siam sempre più persuasi che le differenze fra queste due supposte 145 CALLIONYMUS DRACUNCULUS. specie non hanno fondamento in natura, ma solo nella descrizione del Risso, così le ri- pristiniamo il nome dovutole per anteriorità, tanto più volontieri che altrimenti ci saria giuocoforza il comporne uno nuovo. Non possiam poi portar giudizio sulle altre quattro pretese specie del mediterraneo, cui lo stesso Valenciennes dà i nomi di Callionymus re- ticulatus, fasciatus, Sueurii, e Rissoi, le quali se non tutte, almen parte, dubitiam forte- mente ch’ esistano in natura. Nel Callionymus dracunculus il profilo superiore ascende obliquo fin sopra l'occhio, quindi corre piano fino alla prima dorsale, d'onde procede leggermente convesso: quello del ventre è più regolare. La maggiore altezza che cade sull’origine delle pettorali non è che la decima parte della totale lunghezza, e minore della maggior larghezza che tro- vasi nel capo cuneiforme, fortemente compresso, dilatato, e costituente la terza parte del corpo. I contigui occhi, poco più di un sesto del capo, hanno il margine inferiore dell’ orbita appena sporgente, e distano dalla punta dell’acuto muso più di un proprio dia- metro. La bocca molto protrattile non si squarcia che per un simil diametro. Lo sprone preopercolare è tricuspide. La linea laterale diretta indentro per breve spazio, e diver- gente quindi in linea quasi retta, vien congiunta con quella del lato opposto mediante un tratto che attraversa la nuca. L'ano apresi circa al quarto anteriore del pesce. La prima pinna dorsale nasce poco dietro il sesto del medesimo, il primo suo raggio, quantun- que il più lungo, non giunge a tre quarti della lunghezza del capo: la seconda, quadrila- tera, spicca poco prima della metà del corpo, ed innalza i lunghissimi raggi quattro volte più, giungendo a misurare oltre la metà dell’intero pesce. Le pettorali ovato-oblunghe, estendonsi poco meno del capo. Le ventrali maggiori delle pettorali, mostransi acumi- nate e leggermente falcate. L'anale, lunga quasi un terzo del corpo, nasce in mezzo tra l'apice del muso e la caudale: i suoi raggi si allungano di grado in grado, di modo che l’ultimo, esteso quanto la base, è più che doppio del primo. La caudale è un terzo di tutto il pesce, e i raggi di mezzo lunghi il doppio degli esterni le dan forma di romboide. Il colore è fosco-violaceo nella metà superiore del corpo, nitidamente perlato dalla gola fino alla caudale. Dall'apice del muso comincia una serie di punti lucidi argentei sparsi qua e là sulle guance, e quindi più regolarmente disposti lungo la linea laterale fino alla coda. Parecchie lineole verticali dello stesso lucido argentino orlate di nera- stro veggonsi di qua e di là sui lati del corpo, cui però non ricingono in giro. Le traspa- renti pinne dorsali, e segnatamente la seconda, sumigliano un velo listato trasversalmente di argento : le altre pinne son tinte più o men di violetto smorto: la base delle pettorali e tutte intiere le ventrali sono sparse di punti argentei: l'anale tinge il margine infe- riore di nerastro: la caudale assume superiormente il colore e le linee della dorsale, in- feriormente ha il margine scuro quasi come l’anale. L'esemplare maschio che abbiamo descritto era lungo cinque pollici. La femmina, che non giunge alla metà, gli è similissima per le forme e quasi per i colori, ma ne sem- bra diversissima perchè la seconda dorsale non si eleva all'innanzi che per un ottavo di quella del maschio, e la caudale semiromboidale soltanto non è che la quinta parte dell’ animale. Seppur trovisi questo bel pescetto in Genova e in Roma, non così certamente vi abbonda come il C. maculatus, il quale dagli autori ciò asseveranti potrebbe essere stato preso per esso: noi non l’avemmo se non dai mari di Sicilia, ove è raro quanto nelle isole Baleari ed a Nizza. BLENNIUS ROUXI BAVOSA DEL ROUX / BLENNIUS compressissimus, subdiaphanus, fascia utrinque longitudinali atra: linea laterali obliterata: mandibulae dente majore utrinque extremo conspicuo, valde recurvo. DISPO zi A 600 sLENNIUS RuxII, Cocco, Lett. Pesci, Mess. in Giorn. Se. Lett. ete. XLII, p.11. sp. tab.gi fig. 1. Mot famiglie già eredute naturali si dovettero scindere per seguire la riforma fondamentale del Sistema Ittiologico secondo l’Agassiziana teoria delle scaglie, così con- sentanea ai principi genetici della creazione. E tralasciando quelle famiglie che ora for- mano l'Ordine dei Ganoidei, gli Anabantidi dovettero spogliarsi degli Ophiocephalidi ; i Theutydidi degli Acanthuridiz i Percidi dei Trachinidi, e degli Sphyraenidi ; i Triglidi dei Gasterosteidi; i Gobidi dei Callionymidi e dei Blennidi; e sirimasero così puri Cte- noidi, mentre quelli, de’ quali si scevrarono, schieraronsi fra i Cyeloidi: come al con- trario 1 ZLabridi si spogliarono dei Chromididi, gli Scombridi dei Caproidini per rima- nersi puri Cycloidi. Così è che le sottofamiglie dei Blennini e dei Callionymini, le quali insieme coi Gobini formavano la famiglia dei Gobidi appo il Cuvier, non meno che in questa Iconografia, ora formano famiglie indipendenti dell'ordine dei Cyprini sotto il nome di Blennidae e di Callionymidae, restandosi i Gobini soli a costituire quella dei Gobidi nell'ordine delle Percae. Ma siccome fra i Gobidi e i Blennidi esiste una reale affinità, che non si verifica punto fra i Percidi e i Trachinidi, fra i Triglidi e i Gastero- steidi etc. così dal buon coordinamento del sistema vuolsi che il passaggio tra l'uno e l’altro Ordine si faccia per mezzo di loro stessi, intervenendo fra i Gobidi (ultimi fra le Percae) e i nostri Blennidi, la sola famiglia dei Cyclopteridi (primi dei Cyprini) che ben meritano di essere più approssimati ai Gobidi per cagione delle loro ventrali anche più strettamente congiunte. I Blennidi poi passano speciosamente nei Gadidi per mezzo de’ Callionymidi e dei Lophidi, senza de' quali vi si riunirebbero forse ancor meglio; e ne sia testimonio Linneo, che poneva nel genere Blennius il Phycis, cioè un Gadide vero. Inutile è dopo l’articolo del C. festivus il replicare i caratteri delle tre famiglie, che già furono riunite insieme dal distintivo dei raggi sottili e flaccidi tanto importante fra gli Acantotterigii, cui però divenuto ora secondario sovrasta quello che si desume dalla forma diversissima delle pinne ventrali. La famiglia dei Blennidi, oltre all’avere le dette pinne jugulari e separate, caratterizzasi ancora da sei raggi nella membrana branchio- stega, e dal corpo allungato, compresso e mucilaginoso. D'appresso più recenti studj in tre sottofamiglie la dividiamo: 1. B/ennini dai denti uniseriali, simili, dal corpo onni- namente privo di scaglie e rivestito abbondantemente di denso muco, coi raggi spinosi della dorsale flessibilissimi, e con le pinne ventrali avanti le pettorali collocate, didat- 145% BLENNIUS ROUSXI. tili, ben sviluppate. — 2. Anarrhichadini dai denti quasi sempre disposti in più serie, dissimili, dal corpo eccessivamente compresso, e sparso di scagliette, coi raggi spinosi della dorsale numerosi e pungenti, colle pinne ventrali avanti le pettorali collocate, di dattili, ma poco sviluppate, anzi spesso monodattili, e ridotte ad un semplice brevissimo filamento, che talvolta manca del tutto. — 3. Opistog gnathini colle ventrali di cinque raggi collocate sotto le pettorali; il cui unico genere è l’Opistognathus, Cuv. esotico, col mascellare stranamente prolungato dietro gli angoli della bocca, ed anomalo al punto, che quasi non entrerebbe tra i Blernidi, accostandosi piuttosto al genere Chirus, Steller, (Zabrax di Pallas ma non di Cuvier). sE Agli Anarrhichadini appartengono otto generi: cioè l'Anarrhichas, L. privo affatto di ventrali, e con denti palatini emisferici; formato dall'unica specie Ararrhichas lupus, L. dei mari settentrionali d'Europa. — Zoarces, Cuv. con le ventrali di un solo raggio bre- vissimo e filiforme, col corpo quasi anguillaceo, coi raggi dorsali molli ed articolati, ce- lebre da tanto tempo come indubitatamente viviparo. — Gunnellus, Cuv. (Muraenoides, Lacép., Pholis, Gronov. Centronotus, Schneid.) colle ventrali non dissimili dall’antece- dente, col corpo teniiforme, coi raggi della dorsale prolungatissimi, e tutti inarticolati! — Cristiceps, Cuv. con la dorsale suddivisa in un lontano lobo piantato sopra l’occipite, coi denti anteriori radi, uncinati, i posteriori a scardasso. — Tripterygion, Risso, diverso da tutti per la dorsale tripartita, ma con denti non dissimili dal precedente; abitatore del. mediterraneo. — Cirribarbus, Cuv. con denti tutti a scardasso, e notabilissimo pei molti tentacoli radicatigli intorno alla bocca. — Clinus, Cuv. coi denti anteriori radi, uncinati, i posteriori a scardasso, e col palato dentato, alcune specie del quale vivono intorno all’ Italia. — Myxodes, Cuv. col palato edentulo, unico degli Anarrhicadini che abbia denti uniseriali in ambedue le mascelle. Venendo finalmente alla sottofamiglia dei Blennini la veggiam composta di sei ge- neri. 1. Blennius, L. dai denti lunghi, immobili, fitti, eguali in ambedue le mascelle; ma spessissimo un dente canino grosso e ricurvo nelle estremità della serie; di capo breve ed ottuso (a differenza dei Clini, e del Tripterygion che, oltre le sue specie, sono i soli Blennidi d’Italia); di fronte verticale munita di uno o due paja di tentacoli diversi nella forma e nel collocamento; di aperture branchiali protratte fin sotto la gola. — 2. Pholis, ‘Cuv. distinto appena dal Blenrius, non diversificando che per la semplice mancanza di ‘tentacolo, che in certi tempi è sì esile in alcuni Bleznii, che facilmente o fugge dall’oc- chio o lo si trova distrutto. — 3. Zcktkyocoris, Nob. che volontieri proponiamo per com- prendere i Blennii crestuti, cioè muniti (almeno i maschi) di una cresta occipitale pin- guedinosa, che inturgidisce nel tempo degli amori. — Blennechis, Cuv. meglio separato per l'apertura dedalo che ben lungi dall’esser fessa fin sotto la gola, riducesi ad una semplice fenditura non protratta dre la base della pettorale, quantunque non sia di- ‘verso nella dentatura. — 5. Chasmodes, Cuv. simile all’ antecedente per l'apertura bran- chiale, ma distintone invece per la dentatura impiantata unicamente sul davanti della bocca più squarciata. — 6. Salarias di Cuvier (non però del Risso che malamente ap- plicavalo a un pesce del mediterraneo ben riconoscibile fra tutti gli altri generi per gl’in- numerevoli sottilissimi denti, mobili tutti singoli come i tasti di un cembalo. Tra i numerosi e non per anco ben conosciuti Blennii italiani, ne abbiam soltanto prescelti cinque, tutto o parte nuovi, che si veggono figurati nell’annessa tavola. E già niuno è che non sappia essere comunissimo nei nostri mari il Blenzius ocellaris, del uti BLENNIUS ROUXI. quale diciam solo che ne possediamo una varietà priva della speciosa rotella nel bel mezzo della pinna dorsale. Così pure sono, conosciutissimi da tutti il gattorugine, ed il palmicornis, che come le specie esotiche pilicornis,, fissicornis, parvicornis, grandicornis, cornutus ed, altri, desume il nome dalla forma dei tentacoli sopraccigliari durante il tempo in cui danno opera alla generazione. Il corpo del Blennius Rouxi è fortemente compresso; il profilo del dorso corre appe- na convesso. dall’occipite all'origine della coda ove incavasi leggermente; e gli corri- sponde nell’ andamento quello del ventre. La maggiore altezza che cade sul mezzo del- le pettorali è inclusa cinque volte nella lunghezza del pesce, toltane la coda; e la mag- gior larghezza non è che il nono di questa misura. Il capo lungo un terzo più che non è largo estendesi per un quinto dell’intiera lunghezza, mostrasi compresso anch'esso spe- Sialhucnto nelle gote, ed è ottuso e rapidamente declive. Gli occhi occupano un quarto del capo, distando un lor diametro. dalla punta del muso, e un terzo appena fra loro, I tentacoli che li sovrastano leggermente palmati nascono sul mezzo del margine su- periore. Due altre appendici più lunghe ma più esili ergonsi di qua e di là sulla fron- te in vicinanza delle narici. L'angusta bocca squarciasi fin sotto la metà dell’occhio; le mascelle, ambedue fornite di labbra carnose, sono eguali; gli esili e folti denti so- no più allungati nel mezzo, e vanno degradando insensibilmente in modo da far vie più rilevare la robustezza dell’ultimo adunco della lor serie, assai più sviluppato nella mandibola che nella mascella. L'opercolo di pezzi rotondati e pochissimo distinti ha il margine superiore leggermente incavato. La linea laterale si oblitera dopo le pettorali, fino alle quali non mostrasi che leggermente. L’'ano apresi avanti la metà del pesce. La pinna dorsale spicca innanzi il termine dell’opercolo, e giunge fin quasi alla radice del- la caudale staccata visibilmente da essa: elevasi oltre due terzi della maggior altezza del corpo, sulla quale leggermente s'abbassa, come pure verso, l'estremità. Le pettorali trian- golari acute son lunghe quanto il capo. Le ventrali estese in modo da giungere verso. la metà delle pettorali, spingono fino all’ano l’interno ossia maggior raggio. L'anale spic- ca sotto la metà delle pettorali dopo il terzo anteriore del pesce, e si protrae quanto la dorsale, di cui è un terzo più bassa. La caudale rotondata occupa un sesto di tutto l’animale. Trasparente come l’ambra, e di colore più o meno carico, è spruzzato per tutto di punti nerastri: una fascia castagno-fosca scorre superiormente lungo i fianchi dall’oc- chio alla coda, sotto la quale il pesce assume un colore argentino : le gote hanno un co- lor di zolfo pallido, e son punteggiate di nero: l’iride è argentina con raggi rosso-ran- ciati; la pupilla è è nera: i tentacoli sopracciliari sono giallognoli, scuri però alla base e alla punta: i piccoli delle narici sono tutti gialli. Le pinne pettorali sono giallognole; le ventrali bianche; le altre rosseggiano alquanto, specialmente in taluni individui che tingeno la caudale in color di aurora; la dorsale, e l’anale massimamente, sono orlate di nerastro. Questo agilissimo pesciolino non è maggiore di due pollici, essendo la grossezza un sol terzo di pollice; Pescasi ma non di frequente nei mari di Sicilia, ove però vedesi in qualche numero nella state. Gode fra’ suoi congeneri del distintivo nome di diunco, chia- mandolo quei marinari Bausa janca. 14538 BLENNIUS TRIGLOIDES BAVOSA CAPONE BLENNIUS fusco-olivaceus, atro-nebulosus; longitudine altitudinem quater superante: capite. ingenti, antice truncato-retuso, corporis altitudinem aequante: cirro supraciliari brevis- simo: pinna dorsali bipartita: caudali rotunda. Di208 Piz, O A oi BLENNIUS TRIGLOIDES, Cuv. et Valene, Hist. Poiss. XI. p.228.- ia: pinna dorsale tanto profondamente intaccata da parer doppia anzichè bifida, ma sopra tutto la grossa testa foggiata precisamente a guisa delle Zviglae di Linneo, cioè di quei pesci chiamati volgarmente Caponi, ben distinguono questa specie essenzial- mente marina da tutti i Blennii fin qui conosciuti. C'incontrammo pereiò, senza nep- pur saperlo, col signor Valenciennes nell’applicargli il nome Trigloides. Questo pesce è molto ingrossato nella metà anteriore, nella posteriore è compresso: il profilo superiore corre orizzontale dall'occhio alla pinna dorsale, quindi incurvasi leg- germente; più convesso è quello del ventre specialmente dalle ventrali alla coda. La maggior altezza sul mezzo delle pettorali è un quarto della totale lunghezza, della quale misura un sesto la grossezza, che a cagione del gonfiamento straordinario delle gote, tro- vasi al termine del capo. Questo dal piano superiore scende bruscamente all’ottusissima estremità del muso incavandosi sotto l'occhio: la sua lunghezza comprendesi quattro vol- te in quella del pesce. L'occhio ampio, rotondo, occupa un quarto del capo, dista più di un proprio diametro dall’apice del muso, mezzo dal compagno: gli acuti margini su- periori delle orbite sono notabilmente sporgenti. La bocca affatto terminale squarciasi fin sotto la metà degli occhj; le mascelle pressochè uguali rivestonsi di labbra carnose; e l’estremo dente isolato di qua e di là è molto breve ma robusto. Le narici collocate in- nanzi al margine anteriore dell'occhio hanno ambo i fori velati da una sottile appendice cutanea fimbriata ne' margini. L'opercolo obliquamente troncato, termina in una punta che richiama anch’ essa le Triglae. La linea laterale discende arcuata fino al mezzo del corpo, ove risale dolcemente per proseguir retta fino al suo termine. L’ano piccolissi- mo, rotondetto, s'apre nel mezzo del corpo. La pinna dorsale fortemente arcuata spicca molto innanzi il termine dell’ opercolo, e giunta alla sua metà scorcia talmente i suoi raggi, che sembra divisa in due di una stessa forma. Le pettorali, carnose alla base, e lunghe quanto il capo, spingono lor punte fino alla metà del pesce: i sei raggi inferiori son più robusti. Le ventrali protraggono il raggio interno al terzo anteriore delle petto- rali. L'anale spicca lungi dall’ano sotto l'intaccatura della dorsale, della cui metà poste- riore ha forma e grandezza. La caudale, che non giunge ad un sesto del pesce, è quasi rotonda. La tinta è cinereo-cupa sparsa tutta di folte macchie nerastre:che assumono sulle gote l'apparenza di triplice fascia: le pinne sono tempestate di macchiuzze rossigne. Dei pochi che avemmo fra le mani, il più grande esemplare, ricevuto di Sicilia, mi- surava tre pollici e mezzo. BLENNIUS LUPULUS BAVOSA LUPETTO BLENNIUS fusco-olivaceus atro-maculatus : longitudine altitudinem vix quinquies ‘superante: capite oblique truncato, subbreviore altitudine corporis: cirro superciliari vix ullo: ano a pinna anali longinquo: cauda rotundata. —D.29. P.13. V.2. 4.18. C. 14. Sta un nome specifico tratto dal volgare di Lupetto, che questo pesciolino divide con altri congeneri nostrali, introduciamo ne’ cataloghi non senza qualche timore un vero Blennio che nella Fiora ed altre correnti tributarie del mediterraneo sui confini Toscani e Romani chiamasi Pesce cane; del qual nome è già noto goder nel Tevere il comune e vago 24. ocellaris. Il profilo del dorso corre intieramente convesso; quello del ventre è convesso anch esso fin al termine delle pettorali, ove salito tostamente, continuasi quasi retto. La mag- gior altezza nel terzo anteriore del pesce è compresa quatiro volte nella sua lunghezza esclusane la coda. Il capo schiacciato nella metà anteriore, alquanto rigonfio nella poste- riore, e breve a segno di agguagliare appena la suddetta altezza, vedesi piano dalla nu- ca alle orbite, ove scende rapido fino alla poco ottusa punta del muso; dalla quale l’oc- chio, che ne occupa un quarto, dista un buon diametro e mezzo, mentre un mezzo dia- metro soltanto divide un occhio dall'altro. Lo squarcio della bocca non giunge sotto la metà di questi. I piccoli denti sono ottusi in punta ma taglienti, quello isolato che ne fiancheggia di qua e di là la serie è breve e poco ricurvo. L'opercolo ha il margine troncato obliquamente. La linea laterale piuttosto superiore, corre ad arco fino al ter- . mine delle pettorali, quindi continuasi retta per lo mezzo del corpo. L’ano apresi in- nanzi la metà del pesce. La pinna dorsale nasce dietro il termine dell’opercolo, va cre- scendo grado grado fin oltre la sua metà, quivi si eleva più sensibilmente, e con la ottu- sa estremità dista dalla base della caudale per un sensibil tratto: la sua maggiore altez- za, che trovasi in quel punto, è la metà della lunghezza del capo. Le pettorali ovate, lar- ghe alla base, son lunghe quanto lo stesso capo; il settimo lor raggio, ch’ è il più lungo, si stende fino all'ottavo della dorsale. Le ventrali, che ripiegate giungono alla punta del muso, hanno il più lungo raggio assai più breve delle pettorali. L’anale spicca elevata alla metà del pesce un buon tratto dietro lano, e termina prima della dorsale: i suoi raggi pressochè uguali fra loro son più brevi che gli ultimi di quella, La caudale lunga un solo sesto del pesce è ‘ovato-rotonda, Il dorso è di un cinereo olivognolo sparso di molte macchie di color cioccolata: il ventre assai più dilavato non ha che sette ad otto di tai macchie sulla metà posteriore. Il capo fin dietro le gote riveste una tinta più cupa delle macchie suddette, e sotto la gola insudiciasi di giallognolo ; una fascia scura corre obliquamente dall'occhio al ter- mine dell’opercolo. Le pinne sono alquanto giallognole, tutte spruzzate di macchiuzze fosche: cinque o sei macchie rugginose formano quasi una fascia alla base delle pettorali. Vedonsene ma raramente esemplari di buoni tre pollici e mezzo. 5BLENNIUS VARUS CAGNOTTA VARO ICHTHYOCORIS fusco-olivaceus, nîgro dense punctulatus, maculis latissimis subfascialibus atris; longitudine altitudinem vîx quinquies superante : capite rotundato, vix longiore altitudine corporis: cirro superciliari mînimo: pinna dorsali elata, caudali truncata connexa. Dito. Pera. Mor Ar (Ci BLENNIUS SUJEFIANUS; Risso, Ichih. Nic. p.151.sp.8. nec Lacép. SALARIAS. vaRUSI Risso, Mist. Nat. III p.257. sp.126. Quando un genere è molto numeroso di specie giova pigliar partito di alcun carat- tere, che sia commune a parecchie, ed in altre manchi; ne sorgono così diverse sezioni, che il più delle volte dopo serie considerazioni si giunge ad elevare al grado di genere. Non esitammo quindi a profittare del bel carattere di una carnosa cutanea cresta che alcuni Blennii hanno sul vertice; e perciò li separammo formandone il nostro genere Ichthyocoris, che ha inoltre la pinna caudale troncata, non già rotondata come quelli; la linea laterale curva, e più chiaramente conspicua; l’ano contiguo alla pinna eui dà nome; ed altre minori distinzioni, che non mancano mai in gruppi veramente naturali. Ne desumiamo il nome dal Galerita degli antichi Ittiologi (AMlauda cristata), vocabolo che non può adoperarsi come generico tra i Pesci, perchè già usato non solo in Botani- ca, ma pur anco in Entomologia. Tipo infatti di questo nostro genere è il Blennius pavo non men vago che ovvio, il cui maschio è la Galerita, ossia Alauda cristata del Rondelet, essendone l'Alauda non cristata evidentemente la femmina, o il giovane. Non conviene però dipartirsi da questo nome di pavo, attesochè quello di galerita fu malamente appli- cato come specifico ad altri Blennii, perfin dal medesimo Linneo. Apparterranno inoltre a questo nostro Zchihyocoris l'ancor più vago BI. basiliscus, Valence. e l'erythrocephalus Risso, ambedue dei nostri mari, il cagnota di Valenciennes, del quale farem parola qui sotto, il frater, Schn. dell'Ebro, e parecchi esotici che non ci occorre di nominare. Ven- gono tuttavia figurati nella nostra tavola sotio il nome di Blennius due Fchthyocoris, cioè il varus, e l'anticolus, perchè già uscita erane dai torchi la stampa quando deter- minammo il genere; nè volemmo correggerla nel testo perchè siam certi che molti na- turalisti, vorran ricever soltanto in sottogenere il gruppo. Somigliano grandemente l’uno e l'altro al BI. cagnota del Valenciennes, e forse si comprendono in esso, che all’inten- dimento di chiunque non sembrerà determinata specie, ma un complesso di parecchie; ond’è che noi chiamammo italianamente Cagnotta il nostro genere Zchihyocoris. Il nostro Blennino ha il profilo del dorso quasi retto fino al mezzo delle pettorali, quindi leggermente convesso: quello del ventre convesso fino alla metà del corpo, ove salito bruscamente procede assai meno incurvato. La maggiore altezza è un quarto del- BLENNIUS VARUS. la lunghezza del pesce, esclusane la coda. Il capo, che occupa un quinto dell intiero animale, è piuttosto rotondo, e presenta superiormente l’appendice adiposa formata da sporgimento della stessa cute, estesa dall’ orbita alla nuca. L'occhio è rotondo, piccolis- simo, non occupando che il settimo del capo: dista due diametri e mezzo dall’estremità del muso, e due diametri dal compagno. L'obliquo squarcio della bocca giunge al mar- gine posteriore dell’occhio. I denti sono acuti, piatti, leggermente ripiegati all’indentro; o isolato che fiancheggia le due estremità della serie è ben conspicuo e acutamente adunco. Le narici sono ovali, distanti dal muso per un diametro e mezzo dell'occhio. L’opercolo ha il margine interamente convesso e piuttosto carnoso. La linea laterale che ne spicca sull'angolo superiore estendesi leggermente arcuata fino al margine del- le pettorali, quindi si abbassa rapidamente e procede retta, L’ano apresi nel mezzo del corpo. La pinna dorsale spiccante sopra il termine dell’opercolo va convessa fino alla sua metà, ove esiste un avvallamento, dopo il quale rimonta per descrivere nuovamente la stessa curva, e congiungersi propriamente alla caudale per mezzo di una sottil mem- brana. Le pettorali, ovate, arrivano, se le ripieghi, all'apice quasi del muso. Innanzi ad esse spiccano le ventrali, di cui l'interno raggio più protratto misura due terzi della lun- ghezza del capo. Lvanale nasce nel mezzo del pesce esclusane la coda, e interamente convessa finisce sotto la dorsale. La caudale, cuneiforme con l’apice troncato, è lunga men di un sesto del pesce. Il colore superiormente fino. alla linea e brunastro, quasi fasciato di larghe macchie fuliginose. Il ventre ha una tinta cinereo lurida; la gola è alquanto più carica: le gote, e la cresta caratteristica del capo, sono Fisibilmonte spruzzate di minutissimi innumerevoli punti nerastri, che non mancano, ma sono invisibili in tutto il resto della parte superiore del corpo. La pinna dorsale e le pettorali sono turchine nereggianti: le ventrali foschicce: la caudale è cinereo lurida, più carica nei raggi. Giunge a buoni quattro pollici di lunghezza. | Abbiam chiamato varus questa specie perchè siam persuasi che sia il Salarias varus, Risso, avendo essa, come osserva benissimo quell’autore, la pinna dorsale congiunta alla caudale per mezzo di una membrana; e ciò appunto la diversifica dall. anticolus figu- rato nella stessa tavola, che ha le dette pinne onninamente divise; e pescasi insiem con l'Atherina lacustris, ne laghi di Nemi e di Bracciano, tenace di Do quanto quella lo è poco. Veggano i Lumibordì se il Bl.vulgaris, Pollini, del lago di Garda, siagli identico, o semplicemente affinissimo, Il Valenciennes lo crede essere il varus, Risso, o per me- glio dire il suo cagnota, cui applica la località ed i costumi di quello. Noi però non ri- ferimmo tra’ sinonimi del nostro il suddetto cagnota del Valenciennes, perchè quantun- que sotto quel nome egli confonda evidentemente questa con altre specie affini, tuttavia descrive il suo pescetto con la pinna caudale assolutamente isolata dalla dorsale: in vi- sta di che lo riferiremmo piuttosto all’ anticolus, ‘che è soltanto lacustre. Il nostro parzs al contrario, è specie marina, la quale rimonta le acque dolci anco de’ minimi ruscelli ; e ciò ch'è più da maravigliare, si moltiplica abbondantemente nelle acque termali di elevata temperatura, come ci fece toccar con mani il ch. Burroni, che cen porse esem- plari pescati in quelle di Caldana presso Campiglia in Toscana. | BLENNIUS ANTICOLUS CAGNOTTA ANTICOLO ICHTHYOCORIS fusco-rufescens, minutissime nigro punctatus, lituris atro-purpureis ; longitu- dine altitudinem quinquies et ultra superante: capite pyramidali, valde longiori altitu- dine corporis: cirro superciliari esili: ano pinnae anali contiguo: dorsali a caudali subtruncata distincta. Des. Piro, Wiz, A 200 0. BLENNIUs vuLcaRIs? Pollini, Lago di Garda, p.20. tab. 1, fig. 1. BLENNIUS ANTIcOLUS, /Vob. in art. Atherin. lacustris. sLennius cacnota? Valence, Hist, Poiss. X1.p. 249. quoad descript? à S. di questo pescetto escludi il capo, conico ancor esso, ti rappresenta la figura di un cono. Il profilo superiore convesso fino all’occipite corre poi quasi retto fino alla co- da: quello del ventre è lievemente convesso. La maggiore altezza, che cade sulla origine delle pettorali, è contenuta quattro volte nella lunghezza del corpo. Il capo grande in modo da non capir che tre volte nella detta misura, meno ottuso, e men verticalmente tagliato che negli altri Blennii, è rigonfio alle gote, dietro le quali v'ha due fossette; un avvallamento poco sensibile vedesi pure sopra la regione orbitale, d’onde ha origine la cresta cutanea protratta fino all'occipite, dietro il quale è uno strozzamento. L'occhio rotondo non occupa che un quinto della lunghezza del capo, distando un diametro e mezzo dalla punta del muso, e quasi un diametro dal compagno. La bocca di labbra molto carnose squarciasi fin sotto la metà dell’ occhio: la mascella è alquanto più lunga della mandibola: i sottili denti sembrano aculei, e il più grande che li fiancheggia è po- co adunco. L’opercolo è leggermente concavo-convesso. La linea laterale che spicca dal suo angolo postico-superiore incede parabolica fino al quarto del suo corso, quindi pie- gasi tosto in basso, e va retta fino alla coda. L'ano s'apre nel mezzo del corpo. La pinna dorsale nasce sopra il termine dell’opercolo, si avvalla leggermente nel mezzo, e termi- na poco innanzi alla caudale senza congiungersi punto con essa: la sua maggiore aliez- za, che trovasi all'estremità, è quasi la metà della lunghezza del capo. Le pettorali son lunghe quanto questo. Le ventrali hanno il raggio più lungo protratto ai due terzi delle medesime. L'anale alquanto più bassa della dorsale nasce umile subito dopo l’ano, e ter- mina poco prima di quella.. La caudale, lunga meno di un quinto di tutto l’animale, è cuneiforme troncata. _ Il colore è superiormente lurido fosco, minutamente punteggiato di nero, e sparso di varie macchiuzze scure, più cariche e più frequenti sul capo; inferiormente è giallognolo leggermente olivastro: in tutte le pinne prevale una tinta brunasira, più densa sul mar- gine dell’ anale. | Gli esemplari più grandi misurano appena tre pollici, ma comunemente sono assai più piccoli. Quello fisurato è affatto privo della cresta pinguedinosa, carattere principale del gruppo cui appartiene, e che al certo ne’ maschj) sviluppasi grandemente in alcune stagioni, 25 ES 7 to Ù ; IERI AI VIA 4 LT : P sa Liv li 7 MORA MEDITERRANEA MORA VERDONA MORA wiolaceo-virens: ore intus nigricanti: oculis maximis: pinna dorsali antica septeni= radiata. ueDin. aaa (Ria 0 Ad kA147% odg Gapus Moro, Liss. Sehth. Nic. p116. sp. 7. MORA MEDITERRANEA, isso, Hist. Nat. III. p. 224. sp.110. La tavola che andiamo ad illustrare contiene tre pesci della famiglia de’ Gadidi, | compresa la Losa 4rgentea, Nob. venutaci dal mare di Sicilia, della quale non ragionia- mo, perchè un bambino è forse ella di altra Lota, la di cui genealogia non ci è aperta. Imperocchè nè la £. elongata del mar Tirreno, che malaproposito dicesi Stoccafissa, nè la stessa ZL. Jodoptera del Cocco, per quanto potemmo giudicare cogli occhi, non hanno. punto alcun che di comune con questa Loticciuola pigmea: nè può mai supporsi che appartenga alla L. vulgaris, che solo vive nelle acque dolci, e pescasi nei laghi superiori d'Italia. Due pesciolini simili della stessa famiglia, ma di altro genere, trovansi nei mari del nord, e registransi nelle Ittiologie settentrionali, ove ad uguali dubbj dier luogo; la Motella glauca del Jenyns cioè, e l’argenteola del Montagu, le quali altri riputarono specie, altri prole di due Motelle diverse, ben conosciute. Le due specie però im- portanti della tavola nostra sono tipi di due veri generi, l’un de’'quai dobbiamo al Rafi- nesque, l’altro al Risso, osservatori talvolta infelici della natura, per la quale ragione v'ha molti che poca fede prestavano a quei loro trovati. Tal quali però da essi ci furono descritti vengono qui figurati a giustificarli: questo ripescato nei mari di Sicilia, ove scoperselo il Rafinesque, quello nel mar Tirreno: rarissimi ambedue non meno che sin- golari; ed ambedue capaci d’interessare ogni Ittiologo moderno più che se fossero nuo- vissimi affatto. i La famiglia loro osservando, benemerita tanto della marina e del commercio, perchè le appartengono i celebri Baccalari, che tanta ricchezza ne arrecano, e tanto gusto di buon mercato alla bocca; notabile assai ci si presenta per le pinne ventrali acuminate poste sotto la gola fin più innanzi delle stesse pettorali. Offreci il corpo allungato, com- presso, vestito di scaglie molli, lisce, per lo più caduche, le aperture branchiali grandi, con sette raggi sostenenti la membrana che le sovrasta, le mascelle e la parie anteriore del vomere armate di denti acuti, ineguali, o piccoli, o non molto grandi, disposti in più serie a guisa di raspa o di scardasso, il baccino sospeso immediatamente alle ossa della spalla, le pinne tutte molli, numerosi gl’ intestini ciechi, lo stomaco robusto, fog- giato a guisa di largo sacco, il canale intestinale piuttosto lungo, il notatojo grande, valido nelle pareti, dentellato sovente sui bordi: carne divisibile a strati, bianca, sana, leggera, piacevole. 120 MORA MEDITERRANEA. Se più altamente la rintracciamo vedremo che nell'antico sistema fin quì seguito, ed in quest opera ancora, facevasi appartenere alla tribù dei Malacotterigii subbracchiani, ossia Sternotterigii, la quale era innaturale più di ogni altra che fondisi sulla relativa posizione delle pinne, giacchè veniva a racchiudere famiglie totalmente dissimili, analo- ghe soltanto fra loro, quelle cioè dei così detti Pesci Jugulari. Nel novello sistema però, posciachè i deboli nostri sforzi, uniti ai potentissimi dell’Agassiz, disgombrarono i pre- giudizj dell’ Artedi cotanto cari al Cuvier, collocasi tra le prime dei Cicloidei, fra i Lo- fidi, e i Ciprinidi, congiungendosi al Batrachus dei primi mediante il suo Raniceps, e all'Anableps e al Cobitis dei secondi mediante le Zote. Questa famiglia per mezzo del genere Phycis mostra ancora notabile affinità coi Blennidi, e per mezzo delle dette Lote perfin colle Angwille. Suddividesi in tre sottofamiglie. Una dei Raricepini, costituita da due sole specie Atlantiche dello stesso unico genere Rariceps, Cuv. di capo larghissimo, oltremodo de- presso, e colla pinna dorsale anteriore sì piccola, che sembra quasi non uscir dalla cute, vergente come si disse ai Zofidi: altra de’ Gadini ossia dei Gadidi più normali: la terza de' Lotini tendenti come si è visto ai Ciprinidi. Fra i Gadini e i Lotini però qual diffe- renza passi è malagevole il significare. I Lotinî corrispondenti in parte al genere Enche- lvopus di Bloch (facies Anguillae) hanno il corpo molto più allungato, lubrico, assai compresso posteriormente, il capo grande, una o due dorsali al più, sempre una sola anale, la caudale intiera e generalmente rotondata: sono forniti di una barbetta, e per lo più di parecchie: il capo loro poi è rivestito sempre di scaglie simili a quelle del tronco. I Gadini veri altronde hanno il corpo più raccorciato, meno compresso; il capo ben proporzionato, due ed anche tre pinne dorsali, due anali per lo più, la caudale spesso forcuta, una sola o niuna barbetta, il capo quasi sempre privo di squame. Cinque generi abbiam di Gadini, cioè: 1. Gadus, Nob. ristretto alla Morrhua, Cuv. distinto per tre pinne dorsali, due anali, caudale dolcemente lunata, ed una barbetta. 2. Merlangus, Cuv. con lo stesso numero di pinne, caudale forcuta, ma privo di bar- betta. 3. Pollachius, Nills. con lo stesso numero parimente di pinne, senza barbetta, ma colla mascella inferiore eccedente dalla superiore. 4. Merluccius, Cuv. con due sole dor- sali ed una sola anale, caudale troncata, senza barbetta. 5. Mora, Risso, avente due dorsali e due anali disuguali, la caudale forcuta, ed una barbetta. Dicemmo i Gadini aver il capo quasi sempre privo di squame; e poichè il genere Mora lo ha vestito di scaglie grandissime come quelle del suo tronco, perciò appunto distinguesi eminentemente tra i Gadini, senza guardare ai denti che più di ogni altro ha minuti. Il Pesce di cui par- liamo è l’unica specie finor conosciuta del suddetto genere Mora. La sua figura è ovale molto allungata con le carene del dorso e del ventre ugualmen- te arcuate e rotondate: l'altezza maggiore che abbia il suo tronco nel punto onde spiccia la seconda dorsale, misura un quinto di tutto l’animale; la grossezza è la metà dell’altez- za: il capo vestito universalmente di scaglie, è di regolar profilo, depresso alquanto nella nuca, lungo un quinto della lunghezza totale, ed alto tre quarti della sua sola: lo spazio assottigliato del tronco, terminante in una vera mezza ellissi circondata dalla sua cau- dale, è la nona parte della totale lunghezza suddetta, ed ha per altezza un ventisettesi- mo della medesima : il muso è breve, rotondato : la bocca molto ampia fendesi fin sotto il terzo anteriore dell’occhio: i pezzi mascellari nudi, angusti, esteriormente si allargano pochissimo, e se la bocca è chiusa, nascosti rimangono da’ sottorbitali: le labra si scor- MORA MEDITERRANEA. gono membranacee, sottili; l’inferior mascella è poco della superiore più lunga; i mar- gini di ambedue sono armati di fitti piccolissimi denti a scardasso in una fascia su’ bor- di, divisa ne’ due apici da intervalli, con la unica differenza che la superiore va dilatan- dosi d'ambo i lati verso il punto suddetto: una fascia ondata di simili denti è sul vo- mere, ed a poca «distanza è munita di due piccoli fascetti di altrettali all'origine de’ pa- latini: ripetonsi uguali denti nelle fauci, su i faringei, ed in più serie di fascetti lungo la base della lingua: di sotto l'estremità del mento esce una corta lesinare barbetta: il diametro delle orbite stragrandi eccede un terzo della lunghezza del capo, e dista un quarto della medesima dalla punta del muso: la distanza tra l'uno e l’altro occhio equi- vale quasi a tre quinti del diametro loro: i due forami nasali sono contigui ad essi, am- bedue oblunghi, il posteriore però otto volte maggiore dell’anteriore: il preopercolo, ed il subopercolo, rivestiti dalla cute squamosa, sono poco distinti, rotondati al par dell'oper- colo, che si eleva poco più che a livello del margine inferiore dell'occhio: la membrana branchiostega è sostenuta da sette raggi: le scaglie assai più grandi del maggior foro na- sale sono di forma poligona irregolare, integerrime ne’ margini, e senza alcuna stria nè in sostanza nè in superficie, profondamente embricate, e disposte in ventidue serie; ot- tantacinque se ne contano in quella di mezzo dall’opercolo all’ estremità del tronco: la linea laterale incavata lungo ciascuna scaglia corre orizzontalmente per un tratto, tre volte più vicina al filo della schiena che alla carena del ventre, inflettesi quindi legger- mente, e rettilinea procede a metà del pesce: l’ano è alla metà del tronco non valutata la pinna caudale: la prima dorsale vien fuori poco innanzi al quarto anteriore, compo- nesi di sette raggi decrescenti in altezza dal primo all'ultimo, e la sua lunghezza è due terzi del primo raggio, ch’ è lungo la metà del capo; l’ultimo è la quarta parte del pri. mo: la seconda dorsale, che immediatamente segue, si estende per tutto il rimanente del dorso sostenuta da quarantaquattro raggi, i più corti de’ quai sono i medii; ed il se- condo, che è il più lungo, misura ire quarti del più elevato fra quei dell’ anteriore: le pettorali uscenti sotto l’opercolo, composte di diciannove raggi, son lunghe il settimo del pesce: le piccole ventrali situate sotto la gola vantano sei raggi poco più lunghi della metà delle pettorali, se ne togli il secondo prolungato assai di più in guisa di fila» mento: la prima anale immediata all’ano consta di sedici raggi, il quarto de’ quali più lungo è uguale al più elevato de’ dorsali; la lunghezza della medesima supera di un quinto il suo raggio più lungo; e la seconda anale nasce dopo un intervallo uguale alla metà della sua lunghezza; la sostengono dieciotto raggi, i primi brevissimi, il sesto più lungo di ogni altro, uguale a’ più alti dell’anteriore, e poco minore di tutta la lun- ghezza della pinna: la caudale finalmente, che è la sesta parte del pesce, sensibilmente forcula, componesi di raggi circa quaranta. Le grandi scaglie, che le rivestono il corpo, sono di un bianco argenteo velato di paonazzo scuro, che cangiasi in torchino metallico sul ventre: il palato è torchino nerastro, come è pure la lingua punteggiata inoltre di nero: argentei son gli occhi, ed hanno l’iride perlina: l’opercolo in cima è marginato di torchino: nera è la dorsale an- teriore, torchina la posteriore, nere le pettorali. Giunge ad un palmo e mezzo di lunghezza; ma perchè molto è panciuta, pesa più che apparisca. Vive ne'più cupi abissi del solo Mediterraneo, accostandosi alla terra unicamente in estate. Da' soli pescatori romani abbiamo udito imporle un nome ver- i 120* <* ii MORA MEDITERRANEA. nacolo in quel di Yerdone. A Nizza però Ja chiamano Moro; e colà è meno rara, forse perchè gli ordigni pescherecci tentano più profondamente il mare. La sua carne piut- tosto insipida, è accompagnata da cattivo odore, La femmina depone uova numerosissi- me come le altre della sua più che feconda famiglia, la quale va comunemente prover- biata di cotal facoltà. STRINSIA TINCA STRINSIA TINCA STRINSIA plumbea : ore intus albo: pinna dorsali antica decemradiata. 1. D.10. 24 D. A. C.r11. P. 22. V., Da sTRINSIA TINCA, Rafinesque, Ind. Itt. Sic. p.12. sp.55. et App.p.51. gen. 2. sp. 4. do sottofamiglia de’Zotini contiene i seguenti generi: 1. Zota, Cuv. (Molva, Nilsson) con due dorsali, una anale, ed una o più barbette: 2. Motella, Cuv. (Onos, Risso) nota» bile per la dorsale anteriore tanto bassa che appena si scorge: 3. Brosmus, Cuv. (Brosme, Nilsson) con una sola pinna dorsale, che si stende fin verso la coda: 4. Brotula, Cuv. in cui non solo la dorsale, ima la anale altresì si uniscono con la caudale acuminata : 5. Strinsia, Rafin. con due dorsali; la seconda delle quali si congiunge all’ anale per mezzo della caudale rotondata: 6. Phycis, Artedi, con due dorsali e una barbetta, dif- ferente dagli altri Gadidi per le ventrali non aventi che un solo raggio sovente forcuto. La Strinsia e la Brotula pertanto ci offrono nella famiglia de’ Gadidi ciò che la Plagiusa (non Plagusia, nome di un Crostaceo) ci offre in quella de’ Pleuronettidi. Ambedue ve- donsi circondate nella parte posteriore da una sola pinna composta dalla riunione delle verticali; esempio che rinnuovasi in pochissimi altri pesci. Il genere Brotula però, fon» dato dal Cuvier sull’unico Enchelyopus barbatus dello Schneider figurato dal Parra nella sua Storia naturale fin dal 1784; proprio delle Antille, fornito di sei barbette al mento, ed anco di quattro al labro, non può assolutamente confondersi con la Strinsia, perchè non ha pinna dorsale anteriore, che in quella sì ben si rileva, e perchè la sua caudale prolungasi in forma di punta. Insigni poi sono i caratteri, pe quai la Strànsia si distingue dagli altri Lotinî. Assai più grandi sono le scaglie che Ja rivestono: ambedue le sue mascelle sono fragli altri denti armate di alcuni anco più robusti di quelli che van- tano i Merlangi, e i Merluccii, nè meno validi di quelli che le Zote hanno sul vomere, e nella sola mandibola. Oltre questi caratteri, che la distinguono dagli altri Zotini, uno altresì la fa differire anco da tutti i Gadidi da noi fin’ ora osservati, il palato cioè privo affatto di denti. Unica specie di questo genere sì è la Strinsia Tinca, che passiamo a de- scrivere tal quale ci fu mandata da Sicilia sotto i nomi già registrati dal Rafinesque di Pesce Moddu, ovvero Tenca di mare. Spatiforme gradatamente dal mezzo in giù, grosseggia nella superiore metà, roton- dandosi verso il capo. La lunghezza è cinque volte e mezzo l'altezza dell'animale, la grossezza quasi due terzi dell’altezza: il capo è più di un quarto di tutto il corpo, alto e largo due terzi della sua lunghezza: il diametro dell'orbita è un quarto della lun- ghezza del capo, lo spazio tra la punta del muso e l’occhio è appena più breve, quanta pure è la distanza tra l'un occhio e l’altro: i fori nasali prossimissimi ad essi son pic- STRINSIA TINCA. coli, rotondati, poco distinti: il muso è grosso: la bocca fendesi fin oltre la metà dell’ occhio: la mascella inferiore è alquanto più breve della superiore, e porta, al dire del Rafinesque, una barbetta, che noi non abbiamo potuto riconoscere nel nostro esem- plare, attesa forse la esiguità quasi impalpabile di tale organo ne’ Gadidi, che innoltre è assai corruttibile e caduco: i pezzi mascellari stretti, piegati all’ingiù agli apici, nascosti interamente dal sottorbitale: piccolissimi denti guerniscono ambedue le mascelle, fra’ quali ne sorgono alcuni grandi, acutissimi, ricurvi all'indietro, posti a spaziosi ineguali intervalli, e talvolta spesseggianti fino a tre, crescenti di mole nella mascella di mano in mano che si scostano dagli angoli della bocca, mentre que’ della mandibola crescono in senso contrario; il palato è intieramente privo di denti; il capo ingrossa nelle gote, scabre generalmente di creste, e di quasi spine ricoperte dalla cute, le quali ricordano la conformazione di alcuni Cottini: i pezzi opercolari si lasciano appena distinguere sotto le integumenta vestite tutte di squame: l’opercolo, che s’innalza oltre il livello dell’ occhio, è marginato ellitticamente, e la membrana branchiostega è sostenuta da sette raggi: ‘le scaglie piccole, rotondate, integre e lisce, sono embricate, e quasi in- numerabili: la linea laterale non apparisce che in un leggerissimo sospetto, lungo il mezzo, verso la coda: la prima pinna dorsale, spiccante poco innanzi il terzo ante- riore del pesce, composta di dieci raggi, il quarto ed il quinto de’ quali sono i più lun- ghi, decrescendo gli altri per gradi dall'una e dall’altra parte, è lunga quanto alta, cioè due quinti della lunghezza del capo: la seconda dorsale intestata vicinissimo alla prima si distende fino alla caudale, e con lei si confonde, componendosi insiem con essa di cinquantaquattro raggi, i più lunghi de’quai sono eguali a' medj della prima dorsale: le pettorali lunghe tre quarti del capo constano di ventidue raggi: le tenui ventrali uscenti sotto la gola ne han sette, il terzo de’ quali prolungasi in modo che sorpassa le pettorali: l’anale, che nasce dopo il terzo anteriore del pesce, corre simmetrica con la seconda dorsale, e si commesce totalmente con essa, mediante la caudale, la cui metà inferiore computando, vedesi la detta anale comporsi di cinquantasette raggi. Il colore di questo pesce è plumbeo; bianco-latte nella bocca, indizio di carne assai buona, Non sarà inutile il ricordare, oltre quanto abbiam detto a suo luogo, come i mari setten- trionali abbondino di Gadidi più assai del mediterraneo, che a quelli invidia le specie più preziose. Spettano esse al genere Gadus, in cui comprendesi la celeberrima Gadus Mor- rhua L. Nè dello stesso genere Gadus il mediterraneo possiede altra sorta fuor del Gadus minutus, conosciuto sotto il nome di Figora a Roma, e di Pesce nudo in Toscana, il quale potria quasi dirsi del genere Merlangus da chi soltanto guardasse il suo colore argentino. Le specie nostrali poi del JZerlangus non sono ancora bastantemente studiate; nè lo sono altrimenti quelle appartenenti al Pollachius. Del genere Merluecius si cibiamo ogni giorno nel Romanesco Merluzzo, ossia Masello de' Toscani; del quale sembraci ravvisar due specie confuse in una, e già distinte da que’ Pescivendoli che segregano il Merluzzo dall'occhio piccolo (Merluccius Microphthalmus, Nob.) da quello dall'occhio grosso (Mer- luccius vulgaris, Cuv.). Due, tre, e forse quattro Motelle vantano 1 nostri mari, che di Brosmius non ha alcuno. Del Phycis ci nuotano due specie, la Ph. Tinca, e la Ph. Blen- noides dello Schneider riprodotie sotto varii nomi da diversi autori; le quali in Roma si chiamano Postenule, e Tinche di mare: e tuttavia crediamo che una terza non manchi. DI A a) (AA DI, 7/3 VAZA a ILS Li SA (dé sd Lo C " to) Li } ELA A si SILLALI a AT Age l 7, A, e SLPLALI *_ I L° 20 Libro 4h SIAT 6: È ALZA CYPRINUS REGINA CIPRINO REGINA crPrinus capite sublongiori altitudine corporis quartam longitudinis partem aeguante: dorsa vix gibboso. Daan PRA cyprINUS, Bellon. Aquat. lib.i. p.275. fig.in p.275. REGINA, Gambini, Lago Trasim. p. 96. carpE, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib.i, p.267. fig. in p.269. Bei sembra che questo pesce fosse chiamato Cyprinus dagli antichi e Regina da'moderni perchè veramente si può dire che sia la Regina degli amori e l'esempio della fecondità. Desidera maggiormente di riprodursi nella bella stagione di Prima- vera, e vanno allora sulle tracce della femmina più maschi per fecondarne le uova, che suol deporre ordinariamente di Maggio o nei primi di Giugno tra i virgulti ac- quatici e tra le giuncaglie. Due o tre soli corteggiani della gravida Regina registrava il Signor de Lacépède, ma Plinio fino a tredici e quattordici ne ascrive con ragione tra' suoi fasti. Aggiungete che quanto più il maschio è invaso di tal cupidigia pare che quasi gli scoppi dalla pelle che suole spargersi di macchie e di protuberanze. E l'uno e l'altro sesso porta infitto sul palato un gherone di tal sostanza nè ossea nè carnea, che ricercato assai dagli epuloni dicono che giovi ancora agli esercizi di Ve- nere. Questo pesce altresi pensarono alcuni poter nascere come la Dea senza il con- corso de’ genitori: la qual fantasia non è dispiaciuta agli scrittori fino al secolo deci- mosettimo, i quali crederono poter ingenerarsi dalle sole acque piovane; sendo che parea loro averle vedute nascere in circoscritti e puri bacini formatisi a caso ed ignari di qualunque altra generazione di pesci. Vero è che in quasi tutti i laghi e fiumi dell’ Europa temperata si trovano, e quantunque amino il caldo, allignano tuttavia fa- cilmente ovunque si pongano, purchè i fondi siano erbosî, e non rapide le correnti. E poichè ne’ paesi freddi si bramano maggiormente sul desco, e son tenacissime della vita, molte carra se ne portarono da’ laghi e fiumi meridionali nelle conserve di Fran- cia, di Germania, d’Inghilterra, di Danimarca, ove le acque morte a’ vivaj destinate divenner fruttifere più di egual misura di terreno coltivabile. Leggiam con piacere che vasti ricettacoli se ne formano artifizialmente di tre sorta con opportune cautele di scoli, dighe, e canali: uno stagno si alluoga alla riproduzione, un'altro all'educazione loro, il terzo all’ingrassamento, seminatavi prima qualche sorta di granaglia, e mes- sevi a germogliare altre piante. Dalle quali conserve i proprietari traendole d’inverno Je vendono a più caro prezzo per la carne assai delicata nè patita dagli amori; estirpa- tone prima dal palato quel boccone più ghiotto che in essa è; di maniera che il ma- nicaretto cui dicono di lingua di Ciprini vien preziosissimo sulle mense degli sponsali, e ne larghi desinari de’ principi. Raffinamento ignoto agli antichi che secondo Aristotile e Plinio, conobbero i Ciprini, quantunque dessero questo nome anche ad alcun pesce di CYPRINUS REGINA. di mare. Dicono che in Olanda usino conservarli vivi circondati di alga continuamente umida, ingrassandoli di pane e latte. Della domestichezza loro per altro non si può dubitare, essendochè si veggon venire fino a'labri delle vasche al suon di un fischio e prender l’esca dalla man del padrone. Che più? ne’ paesi ove l'industria è maggiore si fanno stringer nelle mani, e palpare, e stropicciare le parti generative con droghe e con castoro per dare opera maggiore alla generazione. Per la tanta utilità che se ne tragge, e forse per mantenerle in più caro prezzo, niun di coloro che le han negli stagni le dice naturali del luogo, e tutti si vantano di averle ivi chiamate dalle più famose e più lontane regioni. Da questo pur nacque la gara tra que’ che pretendono averle i primi introdotte; così un Leonardo Mascall gloriavasi di aver portato in Inghilterra le Carpe (tali pur chiamansi dopo Cassiodoro le Regine) nel secolo decimosesto; ma non sappiamo con quanta buona ragione: imperocchè veggiam Carpe in Inghilterra fin dal 1496. Il Mascall conoscendo forse quanto di quel pesce andava goloso il giovine Enrico VIII, non uso ancora alla strage di più amabili regine, talchè la corte solea pro- fondere generose mancie a chi le portasse sul desco reale, fu il primo che per conten- tare ogni giorno la non men potente che discreta bramosìa del monarca, le confidasse alle artifiziali conserve. Così pure in Francia mentre veggiamo in carte del secolo de- cimoquinto che il Sant Uffizio condannò un disgraziato di Tolosa, il quale porse ad un Eretico Carpam unam quam fuerat piscatus, abbiam sicura pruova di abbondanza veramente artifiziale negli statuti del Convento di San Claudio del 1448, ov'è sancito che ad ogni frate cum pittancia C4rRpArum mivistRARI sOLITARUM debbano porsi sul piatto duo aleca, et quatuor nuces PRO QUALIBET DIE. Vivono lungamente fino a ducento anni, ma perdono o incanutiscono invecchiando le scaglie. Della fecondità loro, specialmente ne’ climi caldi, abbiam detto di sopra : ma se alcuni consumarono il tempo ad annoverare fino a settecentomila uova in una femmina di dieci libre, siane tutta la fede appo loro. Delle quali uova certamente ab- bondantissime suol’impastarsi il caviale rosso in cibo degli ebrei, che quello dello Sto» rione, came di pesce senza scaglie, non han. facoltà di mangiare. Liberamente però i Ciprini cibano insetti, vermetti, molli piante d’acqua, granaglie, briccioli di pane. Dicesi che di sei anni pesar sogliano soltanto tre libbre, che prima de’ dieci giungano fino a sei, e possano crescere fino alle venti ed alle quaranta, del che siam testimonj noi stessi. Raro è quell’amo che li afferri, perchè sospettosi e furbi lo evitano con destrezza. Astuzia pure hanno molta per non incappar nelle reti, che vistele si appiat- tano nel fondo, e per aderirvi maggiormente mordono un qualche stelo. Che se tra le maglie vengon tratte, non sono men sallecite allora nè meno agili delle Spigole a zompar fuori e rituffarsi nell'acqua giovandosi di loro oppertuna muscolatura, che per- melte piegarsi in arco e quasi in cerchio, dalla qual positura vibrandosi in allungarsi acquistano forza di leva che le ajuta nel salto. Continuando a parlare delle Regine in genere, delle quali figuriamo nella nostra tavola tre specie, diciamo ora del posto che occupano nel sistema. Appartengono esse alla prima famiglia naturale della seconda divisione artifiziale dei Pesci ossei, qual è l'ordine dei Malacopterygii, a quella cioè dei Cyprinidi, che in un cogli Esocidi, co' Siluridi, co' Salmonidi e co’ Clupeidi forma la prima tribù del detto ordine, chiamata Abdominales ossia Gasteropterygii, perchè i Pesei che racchiude hanno le pinne ventrali inserite dietro le pettorali, e non dipendenti dalle ossa della spalla. Dopo aver però scrupolosamente ponderato l'importanza reciproca dei caratteri, CYPRINUS REGINA. dappresso i quali ordinare le famiglie dei Malacopterygii a scaglie lisce, crediamo più conforme al piano della natura il dire che questa de' Ciprinidi si collega ai Gadidi, ai Siluridi e a' Murenidi per mezzo del suo genere Cobitis da un lato, coll’ altro anche più strettamente ai Clupeidi per mezzo dei generi 4spius e Chela. Se comincisi dunque la serie dei Malacopierygii dai Murenidi, che tanto naturalmente discendono dagli Scom- bridi quantunque Acanthopterygii, passando per i Siluridi e i Gadidi sì grunge a questi nostri Cyprinidi seguiti dai Clupeidi, cui vanno appresso i Salmonidi, e si termina negli Esocidi. Nell’ esemplificare sì naturale catena non permettiamo che venga interrotta dai Pleuronettidi (naturalmente collegantisi coi Chaetodontidi) non potendo noi conside- rarli se non come ramo di un altro ceppo, il quale per le sue scaglie aspre somiglia alla maggior parte degli Acanthopterygii, e insiem con essa forma per l'Agassiz l'ordine dei Ctenoidi; laddove tutte le enumerate famiglie fanno parte dei suoi Cycloidi. Nella famiglia Cyprinidae il corpo è squamoso: non v'ha pinna adiposa, nè inte- stini ciechi: il margine della mascella è costituito intieramente dagl'intermascellari: la bocca è poco fessa: deboli son le mascelle, sprovviste affatto di denti, o al più for- nite talora di tutti o quasi tutti tenuissimi: le ossa faringee fortemente dentate sup- pliscono alle disarmate mascelle: i raggi branchiali sono poco numerosi. Pel corpo squamoso si distinguono questi pesci dai Siluridi privi di scaglie e for- niti per lo più di pinna adiposa. Per la mancanza appunto di questa pinna adiposa si fan riconoscere dai Salmonidi, i quali hannola per carattere principale, e vantano inoltre molti intestini ciechi. L'assenza di questi li allontana dai Clupeidi che hanno altronde i margini della mascella costituiti dai mascellari. Finalmente la tremenda dentatura dei voraci Esocidi non permetterà mai che si confondano co’ nostri inermi animali. Non crediam necessario di porli a confronto con altri. Non curando però la mancanza di raggi spinosi nelle pinne, chiaramente scorgiamo che i Cyprinidi dentati hanno forte analogia e forse anco decisa affinità co’ Labridi, e che gli edentuli la han coi Mugilidi e cogli Atherinidi. Meno carnivora di qualunque altro pesce questa famiglia popola delle sue innu- merevoli prosapie i laghi, i fiumi, i fossi, e le acque dolci di tutto il globo, incontran- dosene appena qualche rara specie nel mare, Variano molto da paese a paese; e la mag- gior parte delle specie sono confinate a peculiari bacini, anzi taluna ad un dato lago: ben diverse in ciò dai Salmonidi, dei quali veggonsi le assai men numerose specie lar- gamente sparse per lunghissimi tratti, e identiche nei diversi bacini. In tre sottofamiglie i Ciprinidi ripartiamo. Anableptini diciamo la prima formata dal solo Anableps, genere singolare che aberra fra tutti i pesci per molte particolarità. Basti il notare ch'è viviparo, onde porta un’ apertura all’ estremità della pinna anale, e che offre due pupille in ciascun occhio. La seconda dei Cyprinini comprende la massa dei Cyprinidi normali che han la pinna anale imperforata, le mascelle edentule, e tre soli raggi branchiostegi. Pecilini finalmente diciamo la terza in cui la pinna anale è imper- forata, più numerosi i raggi branchiostegi, e le mascelle dentate, onde a rigore non do- vrebbe ammettersi nella famiglia. Tutt'i Cyprinini senza eccezione son di acqua dolce, e venivan compresi nei due generi Linneani Cyprinus e Cobitis. Dopo le belle ricerche e gli accurati studj fatti su di essi dall’ ittiologo più famoso de’ nostri giorni, il professore Agassiz, crediam poterli ripartire in dieciasette generi, elevando a questa dignità tutt'i sottogeneri del 92 CYPRINUS REGINA. nostro Saggio, ed introducendone alcuni nuovi dietro le tracce da lui indicate. Soggiun- giamo i nomi e i caratteri diagnostici dei tredici generi europei nell'ordine lor naturale: i due primi de’ quali quasi intermedii agli Anableptini e agli altri del proprio lor gruppo costituiscono la famiglia Cobitoides del Dottor Fitzinger. | 1. Acanthopsis, Agass. (Botia, Gray): Corpo compresso: primo sottorbitale taglientis- simo, forcuto e mobile: una sola serie di denti faringei acutissimi. Esempic ne sono la Cobitis tacnia, L. e le otto prime specie indiane figurate dall’ Hamilton. — 2. Cobitis, L. (guale è limitato dall'Agassiz): Corpo cilindrico: denti faringei tagliati a cuneo: pinna caudale rotondata. Gli appartengono le Cobitis fossilis e barbatula,ed una nuova specie. — 3. Gobio, Cuv. Corpo fusiforme: due serie di denti faringei conici, sottili, debolmente curvi all'apice: pinna caudale forcuta. Appartengono ad esso il C. gobio, L. (Gobio fiuvia- tilis, Ag.) ed il G. uranoscopus, Ag. del fiume Iser. — 4. Barbus, Cuv. Corpo fusiforme, al- lungato: tre serie di denti faringei conici, allungati, ricurvi all'apice: pinna caudale for- cuta. Sono di/questo genere il C. Barbus di Linneo, ora Bardus fluviatilis, Ag., il Barbus caninus, Bon., altre specie nuove italiane già indicate dal Cuvier, il 2. leptopogon, Ag. d'Algeri, ed il 2. lepidotus del Nilo tanto singolare per la mancanza delle barbette e del grosso raggio dentellato. — 5. Cyprinus, Cuv.: Corpo erto, più o meno alto e com- presso : una sola serie di denti faringei a corona piana e solcata: pinna dorsale lunghis- sima: caudale poco forcuta. — 6. Rhodeus, Ag. Corpo alto e compresso: denti foringei tagliati a cuneo: dorsale mediocremente lunga: caudale forcuta. Ha per tipo il Cyprinus amarus, Cuv. ( Rhodeus amarus, Ag.) — 7. Tinca, Cuv.: Corpo tozzo: denti faringei cla- vati: pinna caudale troncata. — 8. Phoxinus, Ag.: Corpo cilindrico: denti faringei acuti: pinna caudale forcuta. Tipo n'è il Cyprinus Phoxinus, L. (Phoxinus laevis, Ag.) cui ag- giungasi il Phoxinus Lumaireul del Bonelli. — 9. Leuciscus, Klein : Corpo fusiforme, più o meno compresso: due serie di denti faringei subconici, alquanto curvi all'apice, più o meno troncati, e perfino dentellati al margine interno: caudale forcuta. — 10. Chondro- stoma, Ag.: Corpo allungato, cilindrico: bocca infera, trasversa: labbra cartilaginee ta- glienti: una sola serie di denti assai compressi, troncati obliquamente al margine inter- no: caudale forcuta. Tipo n'è il Cyprinus nasus ( Chondrostoma nasus, Ag.) cui aggiun- gasi la Ch. Rysela, Ag. — 11. Aspius, Ag.: Corpo compresso: mascella inferiore più lunga dell’altra: due serie di denti faringei allungati e alquanto ricurvi all'apice: pinna anale prolungata: caudale forcuta. — 12. Abramis, Cuv.: Corpo compresso: una sola serie di denti faringei assai compressi, piegati all’ indentro, debolmente curvi, troncati al margine interno. — 13. Chela, Buchan.: Corpo assai compresso, onde il ventre riesce tagliente quasi come nelle Clupee: pinna dorsale opposta alla prolungatissima anale» pettorali lunghissime. Chela cultrata, Agassiz, cioè il Cyprinus cultratus degli autori ne è il tipo. Rondelezio aveva distinto fino ad un certo segno la maggior porzione di quelle forme che il Cuvier ha di bel nuovo fatto rimarcare malgrado la riunione forzatane da Linneo. Ma quegli che ha sparso luce su questa materia, il ripetiamo, è Agassiz, cui devesi il rinvenimento de’ sicuri e comodi caratteri nei denti faringei. À questi tredici generi andranno altri sicuramente aggiunti quando con la stessa cura e con gli stessi principj Agassiziani verranno analizzati i Ciprinidi esotici; pei quali non furono stabiliti finora che i soli Gororhinchus, Gronov. per una specie dell’Affrica me- ridionale con gli opercoli scagliosi; Cirrhinus, Cuv., per alcune barbate dell'Asia; Cuto- CYPRINUS REGINA. stomus, Lesueur, per numerose specie dell'America settentrionale, che hanno la bocca infera; e Zabeo, Cuv. fornito come il precedente di labbra crasse, e spesso frangiate. Venendo in particolare al genere Cyprinus lo vediamo composto di alcune specie ornate di quattro barbette o cirri de quali altre sono affatto prive. Questo carattere, cui Nilsson ha dato soverchia importanza riunendo in virtù esclusivamente sua Bardi, Tin- che, Gobi e Regine, lascia comodamente ripartire il natural nostro genere in due se- zioni o sottogeneri Cyprinus e Cyprinopsis, Fitz. Soverchia importanza dissi, poichè non consiste che in semplici prolungamenti della pelle, non già delle ossa mascellari. Esem- pio del secondo gruppo corrispondente all’imberbe Carassius, Nilss. è il bello e po- limorfo Cyprinus auratus originario della Cina, che a ricrear la vista suol conservarsi in globi di limpido cristallo. Le tre specie da noi effigiate che spettano ai veri Cyprini, e pigliano indistinta» mente oltre quel di Regina in Roma, di Reina in Toscana, di Raina e Gobato nel ve- neziano, il nome pure di Caerpena ne’ laghi dell’Italia settentrionale, ove i più grossi diconsi Bx/beri nel Benaco, hanno tutti in comune i seguenti caratteri: Corpo ovato- oblungo, compresso, coi profili del dorso e del ventre convessi anteriormente, concavi verso la parte assottigliata del tronco, ricoperto di scaglie grandi, e perciò poco nume- rose, leggermente striate, terminate parabolicamente, cigliate, embricate. Capo pirami- dale con la fronte piana discendente. Bocca terminale, piccola, rettamente fessa, con le mascelle ineguali e le labbra carnose: lingua ottusa, breve. Denti faringei grandi, e somiglianti nel logorarsi a que’ della Lepre. Due paja di barbette carnose, l'anteriore pendente quasi dal mezzo della mascella superiore, l’altro più lungo dall’angolo della bocca. Occhio rotondo assai prossimo alla sommità della fronte, avente il diametro uguale ad un quinto della lunghezza del capo, distante dalla punta del muso quanto è un suo diametro e mezzo. Doppi fori nasali ovati, vicinissimi tra loro, forati alli due terzi della distanza fra il labbro e l'occhio; più grande quello prossimo all'occhio, e uguale a un quarto di esso. I tre raggi della membrana branchiostega schiacciati. Oper- colo rotondo-angolato, segnato da strie tubercolate raggianti dal suo margine anteriore: preopercolo arrotondato, liscio. Linea laterale retta, quasi interrotta, scorrente per lo mezzo circa del tronco, distintamente segnata da grossi pori che si sollevano anterior- mente da ciascuna scaglia della seria mediana, la quale ne conta circa trent’ otto, e chiamiam mediana quantunque abbiane sei serie al di sopra e cinque al di sotto. Ano aperto alla metà del pesce escluso il capo, piccolo, alquanto sporgente. Dorsale retro- posta, molto allungata, bassa, ma più alta anteriormente, costituita di ventitre raggi; il primo e il secondo dei quali sono ossei ma cortissimi, il terzo duro e dentellato po- steriormente che la protegge in avanti; il quarto più lungo di tutti e molle come i se- guenti; l'ultimo geminato. Pinne pettorali adimate, impiantate poco al di là dell’ oper- colo, formate di sedici o dieciasette raggi, e di forma ovato-allungata. Pinne ventrali contigue, quasi intermedie alle pettorali ed all’ano, inserite sotto il terzo raggio della dorsale, formate da undici raggi, quadrilatere. L’anale poco discosta dall'ano, difesa anteriormente da grosso raggio dentellato all’ indietro simile a quello della dorsale, con cui termina alla stessa perpendicolare, ha forma trapezoidale, e consta di sei raggi .tamosi, oltre il già detto e due incospicui che lo precedono. Caudale ampia, di venti- quattro raggi ripartiti, ma non in ugual numero, in due lobi simmetrici. I colori di tutte le specie sono un castagno olivastro dorato sul dorso che degrada su g2%% = v s- nr o sei CYPRINUS REGINA. i fianchi ed ingiallisce a mano a mano che il pesce invecchia : assai più scuro sul capo, turchinastro sulla fronte e sulle gote. Giallette sono le labbra: bianco-giallastro il ventre: una serie di piccoli punti nereggia lungo la linea laterale. Dorata è l'iride: ombrate alquanto di pavonazzetto le ventrali e la caudale: di rossastro l’anale. Lo scheletro è composto di trentasette vertebre, e sostenuto da dieciasette paja di costole. Lo stomaco non ha culdisacco, e si continua senza distinzione veruna col resto del canale intestinale sprovvisto di ciechi, e senza alcuna dilatazione o valvola. Le in- testina si ripiegano quattro o cinque volte: la membrana loro mucosa sembra una rete a maglie finissime. Il fegato è voluminoso, profondamente diviso in grandi lobi. Il no- tatojo presenta uno strozzamento pronunziatissimo nel mezzo, e sbocca nell’ esofago per mezzo-di un lungo e gracile condotto. Vorranno alcuni eredere che semplici varietà non già specie distinte sieno i tre no- stri Ciprini per la ragione che molto è soggetto a variare lo stesso Cyprinus Carpio. Noi non vogliam discendere nell'arena in difesa della nostra tesi: osserviamo soltanto che se il Pesce è veramente polimorfo in que’ paesi ove è divenuto domestico, come nel set- tentrione d’ Europa, domestico non si può dire fra noi ove non fa di bisogno l’artifiziale moltiplicazione di lui. In ogni modo il nostro Cyprinus Regina mostrasi a preferenza degli altri due con corpo regolarmente ovato-oblungo, essendo poco dissimili tra loro le curve del dorso e del ventre: ambedue le quali s'inflettono insensibilmente per tutta la parte assottigliata del tronco, che in lunghezza equivale alla metà di quella del capo, ed è ugualmente alta che lunga. L'altezza maggiore del pesce che si trova tra le petto- rali e le ventrali al terzo anteriore della lunghezza, ed è doppia della grossezza, vien compresa quattro volte nella lunghezza totale. Il capo è uguale in lunghezza all'altezza del tronco, e non è più grosso di esso: il profilo quasi retto discende assai più che nelle altre specie, e si unisce alla carena del dorso senza risalto alcuno. La bocca è piccola con apertura presso che orizzontale protratta fino alla metà della distanza tra l'occhio e la punta del muso: la mascella inferiore è più breve dell’altra: le barbette anteriori sono brevissime, sottilissime, Ja metà più corte delle altre, che distese per disotto giungono a combaciarsi con le loro estremità. La linea laterale corre affatto retta lungo il mezzo del corpo. La pinna dorsale si origina ad una distanza dall’ opercolo uguale a due terzi della lunghezza del capo; quivi la sua altezza equivale alla metà di quella del tronco lla parte posteriore è poco più alta della metà: prolungasi poco meno di un terzo della lunghezza del pesce. Le pettorali son lunghe tre quarti del capo. Le ventrali spic- cano là dove terminano le pettorali, e ne hanno quattro quinti di lunghezza. L’anale è intestata in modo che essendo lunga alla base quanto un quarto del capo, cade col suo termine sotto a quello della dorsale: la sua altezza anteriore è quanto la lunghezza delle ventrali, posteriormente n'è meno che la metà. La caudale lunga quasi un quinto ‘del pesce dividesi a mezzo del suo corsa in due lobi acuti all'estremità. La presente specie è di tinta più slavata delle altre, perciò dicesi Regina chiara. Tale è la Regina dell’ Arno, del Tevere, dell’ Aniene, e del lago Trasimeno, non già di quel di Bracciano; quantunque altri pretendano che da questo fosser portate in quell'altro le ventisei Regine che nel 1710 vi furon poste, e che ad onta de’ Lucci for- marono ben tosto la maggior dovizia di quelle acque. Questa è pur quella che vedesi figurata dal Belon solo autore che abbiam potuto citare in proposito di lei, che non crediamo affatto potersi riguardare qual semplice varietà delle altre. CYPRINUS CARPIO CIPRINO CARPA €FPRINUS capite parum breviori altitudine corporis tertiam longitudinis partem vix aequan- te: dorso modice gibboso. D. 23. P.16. V.9. 4.9. C. 24. crprinus carpIO, Linn. Syst. Nat.I.p.525. sp.2. Id. Faun. Suec.p.128.sp.359. Gmel. Syst.I.pa4h11.sp.2. Bonnat. in Enc. Meth. Ichth.p. 190, sp.6. tab. A. Meiding. Icon. Pise, Austr, tab.6, Bloch, Ichth.I. p.92. tab. 16. Schneid. BI. Syst. p.h47. sp. 54. Lacép, Hist. Poiss. V. p. 158. Fitz. Pr. Faun, «Austr. p.355. ilss. Pr. Ichth. Scand. pi 33. sp. 18. : CYPRINUS REX-CYPRINORUM, Schaeff Epist. de stud. Icht. p.24.fig.2. BLIcht.I. p.107.sp.24. tab,17, et III. p.151. Bonn.in Tabl. Ene. Ichth. p. 189. sp.2. tab. 76. fig. 318. CyYPRINUS MacroLEPIDOTUS, Meiding. Icon. Pisc, Austr, tab. zli. CYPRINUS SPECULUM et expRINUS NUDUS, Lacép. Hist. Poiss. V. p.182. CYPRINUS CARPA, Rond. Agassiz, Poiss. d'eau douce, tab. inedita, scheleton, Kurpvos et Kurptavòs, Arist.Hist. Anim. lib. iv. cap. viii.lib.vi. cap. xiv. lib, vii, cap. xx. lib. zi, cap.zili. Athen. Dipnos, lib, vii. p. 309. Oppian. lib. i. etiv. Elian. lib. iv. cap. xxiii, i cyPRinus, Plin.H.Mund.lib.xxzii. cap.11. Rond.Pisc. Lac.IT.cap.iv.p.150.cum fig. Gesn.Aquat.IV.p.309. «Aldrov.Pise. lib.v. cap. xl, p.657. Jonst.Pisc.I.lib.iii.tit.iii, cap.vi. par. tab.29.fig. 3.4.6. Charlet, Onom. p.162. Willughb.Ichth. lib.iv.cap.1.p. 245. tab. Q. 1. fig. 2. Ray, Syn. Pise.p. 115. sp.1. RAXNA, sive BuRBARUS, P.Jov: Pisc. Rom. cap. xxxviii. p. 129, CYPRINUS NOBILIS, CYPRIANUS, CARPA, S'ehoney. Ichth. p.52. crprinus I. Marsil. Danub. IV. cap.iv. p.57. tab, 19. cxprinus II. Zd. Ibid. p. 59. tab. 20. fig. 1. var. CARPIO, Petit, in Act. Paris. 1735. p.274. tab. 15. carPIO , cARPUS, /Wagn. Hist. Nat. Hels. p.215. CXPRINUS cirris quatuor, ossiculo terbio pinnarum dorsi ac ani uncinulis armato, Arted, Gen. Piso. p.hb.sp.S. Id. Synon. p.3. sp. 1. Id. Descript. p.25. sp. 13, Gronov. Mus. Ichih. I. sp. 19. CYPRINUS, cìrrosus; mystacibus duobus juxta angulum superioris labri; etc. ein, Mist. Pisc. Miss. v. p.59-sp.1. CYPRINUS , cirrosus, squamis quadruplo vel plus majoribusete. AZeiz, Hist. Pise. Miss.v. p. 59. sp.2. var. cYPRINUS squamis totus nudus, Lowe, Abh. der hall, Naturf, Ges. I. p. 154 monstr.. cyPRiNos maxillis aequalibus, cirris quatuor, ossiculo tertio. pinnarum dorsi anique uncinatis, Aram, Elench.p.390.sp.1: CxPRINUS ossiculo tertio in pinna dorsi anique serrato, BI. Fisch. Deutschl.I.p.92.sp.19.tab.16.17. CYPRINUS squamis solito quadruplo majoribus dimidia sui parte tectus, altera nuda, BI, Fisch, Deut.I.p.107.t,17. monstr. caRPE, Duham. Tr. Pèch. LI. Sect. ILI. p. 509. tab.16.fig. 1. Daubent. Diet, Ichth, in Enc. Meth, Hist. Nat. III. p.78. Razoum, Hist. Nat. Jor. I.p. 150. sp.359. Cug.Tabl, Elem, p.359. sp. 1. Juri Hist. Poiss. Lém.p.204. sp.11. tab, 9. Pesson-Maisonneuve, Manuel, Péch, Frane. p. 40. di CARPE VULGAIRE, Cuy. Rogn.Anim.II.p.191. Id.Ibid,2.ed.IT.p.271. Clog.in Dict.Se.Nat.V1I. p.135.5p.1. REINE DES CARPES, CARPE A MIROIR, CARPE A CUIR, ele, Cuo. Regn. Anim. II. p. 192. var. carp, Penn. Brit. Zool.III. p.567. tab,81. Donoy.Br.fFish,tab.110, Flem. Br, Anim.p.185. common carp, Yarrell, Hist. Br. Fish. I, p.305. cum fig. de KARPFEN, Martmann, Hele. Ichth, p.174. Hi AI Questa specie vive in molti laghi d’Italia, ed è quella che trovasi per tutta Europa, perocchè ove non posela la Natura la portaron l'industria e la cupidigia degli uomini. I suoi profili sì del dorso come del ventre sono più convessi che nella antecedente, e più conformi che in quella e nella seguente. L'altezza maggiore del pesce cade sulla linea delle intestature della dorsale e delle ventrali, e cape nella lunghezza totale poco più di tre volte: la grossezza non va più oltre de’ due quinti della detta altezza. Il capo è lungo appena quattro quinti dell'altezza del tronco, ed è contenuto tre volte e mezzo CYPRINUS CARPIO. nella di lui lunghezza; la grossezza che assume alle tempia è maggiore di quella del tronco. Il profilo discende retto e meno inclinato che nella precedente specie, ed è pochissimo ‘angolato là dove si unisce colla carena del dorso. Similmente piccola ha la bocca ma più obliquamente fessa e cogli angoli alquanto più prossimi agli occhi che alla punta del muso: quasi di ugual lunghezza sono le mascelle: le barbette posteriori qualora siano distese per di sotto si sovrappongono con le loro estremità. La linea late- rale ricorre alquanto convessa all’ingiù, piegando alcun poco dalla sommità dell’ oper- colo, ed ove è maggiore l’altezza del tronco si trova più vicina al profilo del ventre che a quello del dorso. La pinna dorsale spiccasi distante dall’opercolo per due quinti circa della lunghezza del capo; la sua maggiore altezza non giunge alla metà di quella del tronco, e posteriormente è tre quinti di quella; la sua lunghezza equivale ad un terzo della Lul del pesce. Le pettorali son lunghe tre quarti del capo. Le ventrali pochis- simo più brevi delle pettorali hanno origine dopo il termine di esse, intercorrendo fra questo e l’intestatura loro tre quarti del diametro dell'occhio. L'anale estesa in lun- ghezza per quanto è un terzo di quella del capo corrisponde col suo termine sotto quello della dorsale, e s'innalza anteriormente quanto la parte corrispondente della detta pinna. Assai sviluppata è la caudale giungendo a misurare quasi un quarto della totale lunghezza: i suoi lobi sono forse più acuti che nelle altre specie. CYPRINUS ELATUS CIPRINO GOBBO crPrINUS capite fere duplo breviori altitudine corporis tertiam longitudinis partem sùpe- rante: dorso valde gibboso. Dia3t ERl100 V9I Agi Ve cypRINUS, Salvian. Aquat, hist, xx. p. 92. fig.22. LI N on esitiamo a riconoscere in questa nostra specie, che forse è il Godato de’ ve- neti, il pesce vigesimosecondo del Salviano, avvegnachè nelle relative erudizioni tro- visi colle due altre confuso. Di qual parte lo avesse quel medico ittiologo non ci fe' manifesto contentandosi soltanto di escluderlo dall’ Etruria, e dall’ Umbria sua patria, nelle quali provincie chiaramente dice che non lo ebbe incontrato. Noi all’ opposto abbiam sempre ricevuto questa Regina gobba dal lago di Bracciano, da quello di Vico ossia di Ronciglione, e da' fossi che mettono al lago Trajano. La grande altezza del corpo e la comparativa brevità del capo non permetteranno che mai si confonda con gli altri del genere e molto meno con il nostro Cyprinus Regina. Fortemente convesso, assai più che nelle altre specie, è il profilo del dorso: quello poi del ventre è rimarchevole pel maggior seno cui dà luogo dopo il termine della pinna anale. La parte assottigliata del tronco, alta quanto è lunga, uguaglia la metà della lunghezza del capo. L'altezza maggiore del pesce mostrasi tra le origini della dorsale e delle ventrali, e supera un terzo della totale lunghezza: la maggior grossezza sorpassa appena un terzo dell'altezza. Il capo men lungo dei due terzi dell'altezza del tronco vien compreso quattro volte e mezzo nella totale lunghezza: il suo profilo di- scende retto, ma per breve tratto, imperocchè la convessità del dorso risalta assai ed immediatamente dietro l'occhio. Piccolissima è la bocca, e molto obliqua di taglio: i suoi angoli si approssimano più alla punta del muso che all’ occhio: la mascella in- feriore è più breve dell'altra. Le barbeite posteriori potriano a stento combaciarsi tra loro. La linea laterale è quasi retta abbassandosi appena dalla sommità dell’ opercolo. La dorsale spicca distante dal detto punto quanto due terzi della lunghezza del capo; la sua maggiore altezza nella parte anteriore equivale a tre settimi di quella del tron- co, e nella parte posteriore è più bassa per una metà: la lunghezza poi supera un terzo della totale del pesce. Le pettorali son lunghe due terzi del capo. Le ventrali si allontanano dalla punta delle pettorali per un buon diametro dell'occhio, e son lunghe quanto le suddette. L'anale è un poco più estesa delle ventrali: la sua base uguaglia quasi la metà dell'altezza, e si protrae all’indietro alquanto oltre il termine della dor- sale. La caudale è assai larga, e relativamente più breve, giacchè occupa poco più di un sesto di tutto il pesce: i lobi in cui si divide sogliono essere assai rotondati all’ apice. L'esemplare fin qui descritto aveva dieci pollici di lunghezza. A mano a mano che CYPRINUS ELATUS. la specie cresce di statura diminuisce la convessità del dorso, quindi l'altezza del tronco si attenua egualmente, ed impiccoliscesi il capo. Così un grosso Ciprino del peso di quindici libbre pescato nel lago Sabatino ci offre mentre scriviamo il capo minore di una quinta parte della totale lunghezza, quantunque il tronco sia proporzionalmente meno elevato. Egualmente alle altre specie non sorpassa mai appo noi le quaranta libbre e ben di rado vi giunge: anzi è già straordinario quando segni le venti sulla bilancia. Di manto è assai scura, e porta generalmente sull’opercolo una bella macchia me- tallica, onde ottiene il nome di Regina della garza d'oro dai nostri pescivendoli, che vedendola più carica di colore della Regina del Tevere la dicono generalmente Re- gina scura, e la stiman di carne men buona della Regina chiara. Differenze che me- ritano esser denunciate all'attenzione degl’Ittiologi di ogni parte d’Italia, siano pure di specie o di varietà, indigene ovvero portate dall'uomo. (dic & 0 “ IL Rerus Auatirocihidbl1836 Li TINCAÀ ITALICA TINCA ITALIANA TINCA capite parum breviori altitudine corporis quartam longitudinis partem vie aequante: pinna dorsali capitis longitudine humiliori: radiis pinnarum yentralium graciliusculis. Daron Raso de Zina Aa) eda TINCA, P.Jov. Pisc. Rom. I.cap.,z3xxvi. p.124. Salv, Aq.hist.xix, p.90.tab.89. fig. —Gamb.L.Trasim.p.7]: N È ra' pesci più ignobili è la Tinca. Forse gli antichi romani non la crederono degna di peculiar nome, chè non ci pare che la Merwla loro le corrisponda come al- cuni opinarono. Perciò un solo esempio proveniente forse da lingua teutonica od altra settentrionale abbiam dai lessici latini in quel verso di Ausonio Quis non et virides vulgi solatia Tincas Novit? Ove ogni discreto lettore comprende che se quel nome fosse stato. così comune co- me il pesce, ridonderiano di Tinche i vocabolarj di Stefano, e di Forcellino. Gono- sciamo, ma lodar non sappiamo l’arguzia del nostro Giovio che da questo nome quan- tunque ignoto, pigHasse il suo quel faceto orator piacentino celebrato da Cicerone. Più graziosa st è quella di Lorenzo de’ Medici, il quale per ogni dove grandissimo uomo, quel cavaliere, che una sua grossa Tinca ben condita non cessava di encomiare, ad- dimandò Tirca: e quella fù sì bella proposta che d'allora in poi tutti lo dissero mes- ser Tinca, di sorte che il nome a tutta la famiglia rimase. E sarìa pur vago il sapere se quel cavaliere fosse il medesimo che alla mensa di Leon X, secondo che riferisce lo stesso (Giovio, ‘# A me piace assai più (disse) in fede mia una Tinca del lago Trasimeno 3 che la Triglia, che la Spigola, che il Rombo:” di che tutti. non escluso il Pontefice tanto smascellatamente risero che fuori dagli occhi ne uscivano loro le lagrime. Ma or sì che i Toscani essendo tanto originali e saporiti in applicar nomi alle persone e alle cose, saria quasi da ragionare che di messer Tinea venisse la brutta parola che appunto in que tempi denotò volgarissimamente un certo malanno venuto fresco dal nuovo mondo; chè per verità quel bizzarro spirito fiorentino si meritava subito un marchio del suo gusto depravato e corrotto. Ma giacchè ci siam fatto lecito d’inter- mettere la.gravità della scienza, opineremmo che Tinca ed anche Terca, come dicesi appo noi con alcuna grazia di nobiltà, e dal volgo ordinariamente di Napoli e di Ve- nezia, venga dal Z’enuis de’ latini analogamente ad altri vocaboli eziandio di Pesci che fin'ora abbiam visto; sendochè Tenuis e Tenuitas elegantemente significarono cosa di bassa condizione, cui quadra benissimo quel miseri solatia vulgi di Ausonio, e la stessa angustia della vita» onde tanto bene suonano in Livio quelle parole Erant in Romana 93 TINCA ITALICA. Juventute adolescentes aliquot, nec ii reNvI loco orti, è quella Tenuitas erarii di M. Tullio che sovente si piange. Che se questa etimologia non paresse abbastanza legittima, os- servisi che qualora ripetasi dal diminutivo tenziculus, si riconoscerà più ragionevole e naturale la necessaria corruzione in bocca del popolo tirante al semplice ed al sonoro così nel creare come nell’ adoperar le parole. La pratica che abbiamo degl’ idiotismi popolari non ci permette di abbracciare quella opinione diversa di alcun erudito che pensa discender Tinca da Tincta per l’atro colore che indossa. I Toscani che di sì te- nue frittura di Tinche fanno uso più che altri, e dicono ho fritto quando vogliono intendere non aver più danaro alcuno, quasi costretti a sì misero pasto, sogliono in piazza del pesce non far quistione di contratto, poichè per ciascuna Tinca gittano en- tro il catino del pescivendolo la vil moneta convenuta dall’ uso. Trovansi ora Tinche per iutta Europa: imperocchè nel settentrione, ove non erano, si posero ad allignare per artificio come le Regine. Amano le acque stagnanti, perciò raro pescansi ne’ fiumi, e non mai nelle acque correnti. Lodansi quelle di alcuni laghi quai sono del Fucino e di Monterosi appo noi, men forse dispregevoli di altre che vivono in acque vicine. Nè il colore, come alcuni pretendono, porge indizio di rela- tiva loro bontà; perciocchè le più luride Tinche ed in brutte acque pescate riescono ordinariamente men cattive di quelle che più ti risplendono se le togli dalle acque chiare. Tenacissime sono di vita, resistono anche sotto il ghiaccio essendo capaci di respirare un'aria in cui di gas ossigene sia pressochè nulla, essendosi sperimentato che si contentano di una cinquemillesima parte di aria vitale, quando i pesci soglion go- derne entro l’acqua una centesima ed anco più. Abbondan di uova che il pazientissimo Bloch contò a circa trecentomila in una Tinca di quattro libre, e le depongon piccole, verdognole, a mezzo Giugno ordinariamente, tra piante d'acqua, delle quali preferiscono la Potamogeton natans. È quivi almen due maschi vedi attaccarlesi quasi a’ fianchi per fecondarne il feto con sì profondo studio ed amore, che facil cosa è il pigliar in un sol tratto la bigama e gli amanti, predare così almen tre pesci in un punto. Immobili quasi perfettamente, e sepolte nella melma trapassano l'inverno. Cibano animaletti teneri e vegetabili molli, ma tra gl'insetti prediligono un verminetto, col quale i garzoncelli le adescano all’amo. Giova meglio il prenderle con le nasse o con le reti, dalle quali siccome sogliono spiccar fuori di salto, perciò se ne raddoppiano e triplicano gli ordigni, affinchè fuggendo dall'una ricaggiano nell’ altra, e le buje notti si preferiscono all'impresa. Crescon presto in grossezza, ma raramente giungono al peso di otto o dieci libbre. Voracissime sono, e privano di buoni cibi gli altri pesci che vivo- no seco loro; a tale che ove si volessero fruttuosamente educar le Regine od altri pesci preziosi converria non dare albergo alle Tinche; le quali per avidità di mangiare si lan- ciano spesso fuor dell’acqua facendo caccia de’ volanti animaletti. Bianca è la carne loro ma piena di spine, molle, insipida, difficile a cuocersi, e più a digerirsi; sovente son pure compenetrate di fango, onde conviene per lungo tempo espurgarle. Talvolta le più grosse rinvengonsi vuote di polpa, e i pescatori le proverbiano allora col nome di Scuffione. Per la piccolezza delle scaglie, che tanto contrasta con la grandezza di quelle dei Cy- prini, oltre i caratteri diagnostici già esposti, il genere Zirca si fa distinguere in tutta la sua famiglia. Il corpo è ovato-oblungo, compresso, ma erto e tozzotto: il dorso tondeggia e corre leggermente arcuato: il ventre, rotondato anch'esso, corre quasi simmetricamente al dorso: ambedue questi profili, convessi nel dinnanzi, si fanno concavi verso la coda. TINCA ITALICA. Tutto il tronco è ricoperto di scaglie oblunghe, embricate, rotondate all’apice sì dentro che fuori, e sì minute che se ne contano varie migliaja disposte in quarantanove fila, la vigesima nona delle quali è tagliata in due dalla linea laterale, lungo la quale ve n’ha novantasei: tutte le scaglie sono aderentissime ad una cute erta, scura, e spalmata per ogni dove di viscidume più fitto che in qualunque altro pesce. Il capo è piramidale, acuto-rotondato all'apice, con la fronte ampia, retta, discendente per dritto. La bocca terminale, piccola, obliquamente fessa, con le mascelle sporgenti ugualmente guarnite di labbri carnosi, alquanto protrattili, e specialmente il superiore fornito di una sola barbetta corta e tenuissima nell’ uno e nell'altro angolo. Lingua corta, non libera. De’ due fori delle narici l'anteriore è appena cospicuo; grandetto ed ellittico il poste- riore. Occhio piccolo, quasi circolare, posto presso alla sommità della fronte. Tra le narici e il margine superiore del labbro trovasi una serie di pori secretori del muco, che volgendo all'indietro contorna la parte bassa dell’orbita: un altra serie di questi pori nasce dal margine del labbro inferiore, e si stende lungo l’opercolo, tendendo a riunirsi alla linea laterale. I pezzi opercolari sono tutti nudi di scaglie; son quasi circolari ai margini loro l'opercolo ed il preopercolo. I tre raggi della membrana bran- chiostega sono schiacciati. La linea laterale assai distinta per lo suo forte rilievo di- scende curvata dalla sommità dell’ opercolo al mezzo del tronco, d'onde corre per dritta via al centro della coda. L'ano s'apre poco dopo il mezzo del pesce. La dor- sale spicca alla metà circa del corpo; e breve ed altissima componesi di undici raggi, che quasi posson dirsi ossei, niuno però grosso e dentellato: il primo è la metà del secondo, che oltrepassa di un terzo in altezza la base della pinna e la metà dell'al- tezza del tronco nel punto che le è sottoposto. Le pettorali impiantate assai vicino al profilo del ventre sono larghe e rotondaie, con dieciasette o dieciotto raggi; gli an- teriori de’ quali, escluso il primo, sono i più lunghi. Le ventrali inserite alquanto più innanzi della dorsale son più lunghe delle pettorali cui somigliano; compongonsi di dieci raggi e variano secondo il sesso del pesce, avendole il maschio assai più grandi, più lunghe, e più concave internamente. L’anale comincia dal bel mezzo fra l'origine della ventrale e il termine del tronco: consta di nove raggi, e mostrasi circolare anzi che nò lungo il suo margine inferiore, perchè i suoi raggi anteriori sono più lunghi di molto. La caudale assai ampia, lunga quanto il capo o poco meno, composta di circa venticinque raggi, è indivisa: termina alquanto concava nelle giovani, troncata nelle adulte, convessa, cioè rotondata, nelle vecchie. Trentanove vertebre costituiscono lo scheletro, sostenuto da sedici paja di costole. Il fegato è grande e diviso in tre lobi. Verdissimo ed amarissimo più dell'ordinario il fiele. La milza allungata e di color rosso cupo giace alla sinistra. L'intestino fa due sole ripiegature. Il notatojo diviso in due visciche dal noto strozzamento, come in ogni al- tro Ciprinino, ha quella del dinanzi più piccola. Pei colori passano le Tinche dal più bel giallo-bruno dorato per tutti i possibili verdi al quasi nero sul dorso: il verde suol essere meglio deciso lungo i fianchi, purissimo sulle gote: si degrada in giallo sotto la linea laterale, e termina in quasi bianco. Lurida e sfumata vedesi la membrana delle pinne: l'iride è di un vividissi- mo giallo-ranciato: la pupilla apparisce rivolta sempre all'indietro. Il disotto del corpo però varia non meno del dorso, mostrandosi ora biancastro, ora giallo, ranciato, e perfino violaceo secondo l'età, il sesso, la stagione e l’abitazione: essendo scurissime 93% TINCA ITALICA. le Tinche dei fondi fangosi, giallo-dorate quelle de’ sabbiosi, e solendo i maschj mo- strarsi più chiari. Fuori di quelle effigiate non ci è noto che altre Tinche sieno state osservate o de- nominate: e riguardo alle due nostre medesime si potria pur dubitare che fossero due vere specie: nella quale incertezza abbiamo applicato a questa di cui parliamo un no- me locale che non le si può mai negare. Consideriamo però questa Tinca diversa da quella di tutta Europa per alcune differenze nelle proporzioni fra il capo il corpo e le pinne, prescindendo come di ragione da quelle che sappiamo essere sessuali, ma principalmente perchè scorgiamo in essa molto più gracili i raggi delle pinne, segna- tamente ventrali. Avvertasi poi che la diversa gibbosità tanto rilevante nella nostra ta- vola non dipende che in parte dalla specie, e nel resto dal modo in cui l’animale s'ir- rigidisce morendo: e che pei colori, pe’ costumi, pe’ sapori, le due specie non diffe- riscono tra loro, e soggiacciono alle stesse modificazioni. Il profilo del dorso della T'inca italica si mostra ascendente fino alla dorsale, dopo la quale discende e si fa concavo fino all’ estremità del tronco. Quello del ventre è: regolarmente convesso fin dopo la pinna anale. La maggior altezza del tronco che cade alla metà del pesce, esclusa la caudale, vien compresa quattro volte nella totale lun- ghezza; e la grossezza è poco più di due quinti dell'altezza. Il capo entra quattro volte e mezzo nella lunghezza del pesce: la fronte discende assai ampia e quasi piana fino alla punta del muso; la qual punta si trova superiore all’orizzontale che passa per lo mezzo del corpo. Il diametro dell'occhio misura poco meno di un sesto della lun- ghezza del capo; due diametri quasi ne corrono tra la punta del muso e l'orbita. Gli angoli della bocca si trovano alquanto più prossimi all'occhio che alla punta del muso. La pinna dorsale estesa alla base per due terzi della propria altezza comincia pochissi- mo avanti la metà del pesce, compresa la caudale: i suoi raggi van decrescendo quanto più si allontanano dai primi che sono i più lunghi: l'altezza del secondo vien compresa cinque volte e mezzo nella lunghezza del pesce; il primo è appena più breve del se- condo; l’ultimo è poco più della metà del primo: la pinna è perciò più bassa che non è lungo il capo: i raggi piuttosto sottili in confronto dell'altra specie, sono tutti equidistanti fra loro. Sottilissimi sono i raggi delle pettorali, e i più lunghi misurano due terzi della lunghezza del capo. Le venirali quantunque s' intestino avanti alla dor- sale, pur tuttavia si allontanano dalla punta delle pettorali per una distanza quasi uguale ad un terzo della lunghezza del capo. L’anale si trova distante dall’ano quanto questo dal termine delle ventrali, che uguaglia in lunghezza: la sua base è uguale alla metà dell’altezza: brevissimo n'è il primo raggio; il più lungo si è il quarto, gli altri van decrescendo proporzionatamente quanto più se ne allontanano: l’ultimo sorpassa appena la metà del quarto. La caudale misura la lunghezza del capo. L'abbiam poi ricevuta pochissimo o nulla diversa di forme e proporzioni da tutti 1 punti d'Italia, dal Veneziano cioè fino all'estrema Sicilia, d'onde anzi è il solo che abbiam potuto ottenere de’ Cyprinini che sembrano mancare affatto in quella isola ugualmente che nella Sardegna; ed è quella che in sì gran copia portasi viva al mer- cato di Firenze. TINCA CHRYSITIS TINCA VOLGARE _.TINcA capite multo breviori altitudine corporis quartam longitudinis partem valde supe- rante: pinna dorsali capitis longitudine elatiori: radiis pinnarum ventralium validiusculis. PING a ADI. cyPRiNus TINcA, Linn.Syst. Nat.I.p.526.sp.4. Id. Faun,Suec.p.129.sp.363. MWulf,Ichth. Boruss.p.42.sp55, Mill. Prodr. Zool. Dan. p. 50. sp.428. Gm.Syst.Nat.Lp.1415. sp,4. Bonnat.in Tabl. Ene. Ichih.p.191, sp.10. tab, 77.fig.520. Meiding.Icon,Pisc.Ausir.tab.ziii. Bloch, Ichth,I, tab.14. Schneid. BI.Syst. p. 448. sp. 56. Lacép. Hist, Nat. Poiss. }Y.p.186. Nilss. Prodr. Ichth. Scand. p. 34. sp.20, CYPRINUS TINCA-AURATUS, BI. Ichih. I.tab.15. Bonnat. in Tabl. Ene, Ichth, p.191. sp, 8, tab. 77- fig.321. TINCA VULGARIS, Cuv. Règn. Anim, II, p.275. Cloq.in Dici. Se. Nat, LII. p.185, TINCA CHRYSITIS, Agass. Fitz. Prodr. Faun, Austr. p. 3537. TINCA, Auson,v. 125, Bellon. Aq.lib.i.p.324.fig. in p.525. Rond. Pise. Lac. II. cap.x.p.157.cum fig. Gesn, Aq.IV.p.984. Aldr.Pisc.lib.v.cap.zlv.p.646. Jonst.Pisc.I.lib.ii, tit.iii, cap.x. pih6.tab.29.fig.7- WillIchth.lib.iv. cap. iv.p.251.tab.Q.5,figa. Ray, Syn.p117.sp13. Marsil. Danub,1V.p.47.tab.15. PHYcIs vel meruLA FLUVIATILIS, Schonev. p. 76 Chartet. Onom, p. 162. cyPRINUS pinna ani ossiculis undecim, cauda integra, (Sutare, Lindare, Skomakare, Suecis), Linn... Suec,1,ed.sp.321. CYPRINUS mucosus nigrescens, extremitate caudae aequali, Arted. Gen. Pisc.p.4. sp. 6. Id.Synon, p. 5. sp. 7. Id, Descr. Spec. p.27. sp. 14. Kram,Elench.p.392. sp. 6. Gronov, Mus. I. p. 4. sp.18. BRAMA pinnis circinalis et cauda atris; crassiusculus piscis,colore ex atro flavicante in viridem etc, 1.17, Pisc.Miss.v.p,66. CYPRINUS squamis parvis, pinnis crassis , BZ. Fish, Deutschl, I. p.83. sp.14. cyPRINUS pinnis transparentibus, B/. Fish. Deutschl. I. p.90. sp. 19. var. B, tab. 15. var. TENCHE, Duham.Tr.Pèch.II.Sect,ili. cap.iv.p.906.t4b.26.fig.1. Daub.Dict.Ichth.in Eno.Meth.H,N.III.p.388. TaNcHE, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. i. p.325. fig. in p. 526. Razoum, Hist, Nat.Jorat, I. p, 131, sp.41. Cuv.Tabl. Elem. p,360. sp. 3. Pesson, Man. Pèch. Fr. p.54. TANcHE vuLeaIiRE, Cuo. Règn.An. IT.p.193. Id.Ibid.2. ed.II.p.275. Jurine, H.P.Lém.p.205.sp.12.tab.10. TeNcH, Penn. Br. Zool. III. p. 306. sp. 3. Donov. Br. Fish, tab.113. Flem, Br. Anim. p. 186. sp. 61; Yarrell, Hist. Br. Fish. I. p. 328. cum fig. scaLeune, Martm. Helv. Ichih, p.190, We ciò che in comune si spetta alle due specie di Tirca, che si racchiudono nella sola di cui parlarono gli autori, si è da noi detto nell'articolo precedente della Tinca italica. Resta ora appo noi il nome di Tinca chrysitis a questa che altri vorrian | pur credere sola varietà, distinta però dalla più grande altezza della pinna dorsale e dell’ anale, non che dalla maggior robustezza dei raggi nelle ventrali. Facile è il rav- visare che ottenesse il nome Chrysitis da quel lurido giallo d’oro che la riveste: il che rende sempre più indegno quel distico che in alcuni libri si legge, il quale pretende che il vocabolo Tinca venga da Tincta per le macchie di cui si dipinge; errore non men grossolano di quello che circa il sapore parimente vi si contiene: Tinca vocor, quare? Maculosum respice tergus, Coctaque post Troctam gloria prima feror. TINCA CHRYSITIS. mentre il nome del poeta, più cieco certamente di Omero, e più ottuso il palato di qua- lunque animale, meritò bene di essere per compassione taciuto dal nostro Aldrovandi. Il profilo del dorso di questa Tinca si eleva molto più che nell'altra fino alla dorsa- le, dopo la quale scende quasi retto fin sopra l’anale, e quindi si fa concavo per tutto il resto del tronco: quello del ventre è dolcemente convesso fino all’anale, dopo cui corre quasi retto fino al termine. L'altezza maggiore del tronco entra tre volte e mezzo nella lunghezza, e la sua grossezza è poco più d'un terzo dell'altezza. Il capo vien compreso quattro volte e mezzo nella totale lunghezza: la punta del muso corrisponde all’ orizzontale che passa per i due terzi dell'altezza del tronco dall’ alto al basso. Il diametro dell'occhio entra poco più di cinque volte nella lunghezza del capo. Un diametro e mezzo si trova fra la punta del muso ed il margine anteriore dell'orbita. Gli angoli della bocca non toccano il mezzo della distanza tra la punta del muso e l'occhio. La/pinna dorsale s'intesta poco dopo la metà del pesce, esclusa la caudale: il più lungo dei raggi si è il quarto, gli altri si abbassano quanto più s'allontanano, onde la pinna acquista superiormente un contorno circolare: quel raggio più lungo misura un quinto della totale lunghezza, di poco è più breve il secondo; l’ultimo ed il primo non ne misurano che la metà; tutti i raggi hanno ugual distanza tra loro, fuor del primo e del secondo che sono quasi a contatto, come pure sono gli ultimi due; questi raggi sono piuttosto grossi e molto ramosi; la base della pinna è quasi un terzo dell’ altezza del quarto raggio. Le pettorali si estendono per quattro quinti della lunghezza del capo. Le ventrali si trovano intestate sotto l'origine della dorsale là dove termi- nano le pettorali, ed hanno un distintivo carattere ben rimarchevole, per la robustezza de raggi che le costituiscono, e per la grossa membrana che ricuopre gli anteriori. La lunghezza loro è quasi tanta quanto quella del capo. L'anale si rileva dal profilo del ventre per una protuberanza cutanea rivestita di scaglie: i raggi anteriori escluso il primo brevissimo sono i più lunghi: l'altezza loro misura la lunghezza delle pettorali, l’ultimo appena giunge a un terzo di quest altezza: la base della pinna è due terzi della medesima altezza: essa si trova inserita dove terminano. le ventrali, e con la sua estremità può giungere a toccare l'intestatura della caudale. La lunghezza di questa eccede quella del capo, ed i suoi raggi sono anch'essi più grossi che nell’altra specie. Simile alla descritta Tinca, che in Italia vive nel solo Piemonte, n’abbiam rice- vuta ogni altra da qualunque contrada di Europa. Restaci ora a sapere se colà sotto l’Alpi viva insieme con lei quell’ altra esclusivamente italiana di cui abbiam trattato. di sopra. BARBUS FLUVIATILIS BARBO DEL TEVERE BARBUS capite pyramiduli, breviore altitudine corporis, quintum longitudinis aequante : spatio interoculari duplo majore quam oculo parvo, medio: radio osseo pinnae dorsalis robusto, valde serrato: squamis minimis, subrotundatis, postice concavis. I Diaz. \P.17.0 V.g. 4.8. €. 19. Ein. lat. sqg.6o0. ser. 21. Srl 9 evprINus BARBUS, Linn. Syst. Nat. I. p. 525. sp. 1. Id. Mus, Ad, Fred. II, p.107. Bonnat, in Tabl. Ene., Tchth. p. 139. sp. 4. tab. 76. fig-317. Bloch, Fisch Deuischl. I. p.+09. tab. 18. Meidinger, Icon. Pisc. Austr. tab. 9. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1049. sp. 1. Schneid, Bl. Syst. p. 450. sp. 62. Lacép. Hist. Poiss. V. p. 178. Castel, BI.Hist.Poiss. VII. p.188. Eichw,Zool.Spec. III, p.100. sp.5. evyPRINUS BARBA, Marimann, Hely, Ichth. p. 184. BARBUS VULGARIS, &lem. Brit. Anim. p. 185. sp. 58, BARBUS FLUVIATILIS, Agass. Fitzing. Prodr. Faun. Austr. p, 333. BARBUS, Auson. in Mosell. v. 94. P.Jov. Pisc. Rom. in cap. xvi. p. 79 Rondeli. Pise. Lac. II cap. xix. p.194. cum fig. Salvian, Aquat. Hist.xvii. p.86.fig. 19. Gesn. Aquat. IV. p.124. cum figura Equitis, Aldrov. Pise. lib, v. cap.xvi.p.598. cum fig. Equitist Will. Ichthyogr, lib. iv. cap.xv.p.259.tab.Q.2. fig.1» Ray, Synops. Pisc.p.121. Charlet, Onom..p.156. Jonst. Hist. Pisc. lib, iii tit.i, cap. v. tab. 86. fig.6, W ulf. Telith. Boruss.p. 41. sp. 52. Marsigli, Danub, IV. cap.vi. p.18. tab. 7. fig. 1. mystus, Fluviatilis sARBUS, Bellon. Aguat. lib. +. p. So. BARBUS, BARBO, BARBATULUS, MUGIL BARBATUS, MUGIL FLUVIATILIS nonnullis, Schonev. Tchth. p. 20: BaRBus oblongus olivaceus, cirris quatuor,. mazilla superiore longiore, Leske, Mus. Regn. Anim, Spec. p. 17. MysTus dorsi parum arcuati, sed cultellati, colore dilute olivaceo etc. Klein, Pisc. Miss. V.p. 64. sp. 1. evPrRINUS obloagus mazxilla superiore longiore, cirris 4, piana ani essiculorum 7, Arted. Gen. Pisc, p.4. sp.11. Id. Synon. p. 8. sp.14» Gronov. Zooph. I. p.104. Id, Mus. Ichth, I. p.5. et II. p.5. sp.20. cyPRINus maxilla superiore longiore, cirris quatuor; ossiculo tertio pinnae dorsi tantum uncinato, Kram. Elench, Veget. et Anim. Austr. p.391. sp.2. sArBeAU, Belon, Nat et Pourtr. Poiss. I. p.299, Duham.Pèch. II, p.520, Daubent. Diot. Ichth.inEne. Meth.Hist.Nat,IIT,p.hh. Cuv.Tabl.Elém. p.360. sp.2. Pesson-Maisonneuve, Man.Péch. Frang. p.50. BARBEAU CONMUN, Cuo. Règn. Anim. II p.193. Id. Ibid. 2. ed. II p, 272. sARBEL, Penn. Brit. Zool. LIT. p.472. tab.82. Donov, Brit. Fish.II tab.29, Farrell, Brit. Fish.ILp.321, BARBE, Oder BARBEL, BARBEN oder BARM, Fitzing. Prodr, loco cituto. vcayh, Ross. soLEN’, Pol, Eickhwald, loco citato, Ar il Sistema nostro che ora la famiglia dei Cyprinidî, scevrata dagli Ana- bleptini e dai Paecilini componenti l'odierna famiglia dei Paecilidi, la quale ha denti nelle mascelle, e non tre soli raggi branchiostegi, circoscrivasi a quel gruppo, che allor- quando scrivemmo l'articolo del Cyprinus Regina costituiva la sottofamiglia de'Ciprinini. Maturati e raccolti i semi colà sparsi, ne sorge, che nell’ attuale Titiologico coordina- mento essa formi la 32, famiglia dei Pesci appartenenti all'ordine dei Cycloidi, se- zione dei Teleostomi, sottoclasse dei Pomatobranchii. È questa famiglia dei Cyprinidi in due sottofamiglie si ridivide. La prima è dei Cyprinini, che ha pelle mucosa, scaglie profondamente conficcate e rade, bocca il più delle volte fornita di barbette. La seconda è dei Leuciscini, che non ha mucosa la pelle, veste scaglie superficiali e fitte, ha bocca senza barbette, 129 BARBUS FLUVIATILIS. I generi Cyprinidi sono in numero di 27: diciassette dei quali appartengono ai Cy- prinini, quanti cioè ne vantava l'intiera famiglia secondo l'articolo predetto del Cyprinus Regina. Ma poichè cinque tra i dieci generi accresciuti appartengono ai Zeuciscini; per- ciò mi astengo parlar di quelli, e gli altri cinque registro così: 1. Botia, Gray, diverso dall’ Acanthopsis, e che per dritto di anteriorità dovrebbe essere conservato, benchè nol fosse, proprio però delle Indie orientali: 2. Schizothorax, Heckel, genere nuovissimo, di cui quell’auitore ci descrive e rappresenta in figura dieci specie trovate nelle acque del Cacemir, somiglianti ai Bardi, ma distinte da quelli per una escrescenza squamosa della pelle sulla regione metagastrica : 3. Labeo-Barbdus, Ruppel, notabile pei labbri améndue grossissimi, l’inferiore però più turgido e più proteso assai, cui pende dalla sinfisi un’in- forme gherone carnoso, ed è nel resto alquanto simile al Bardo: 4. Yaricorhinus, Rip- pel, con due sole barbette come il Gobio, ma di muso emisferico, carnoso, tempestato di verruchette cartilaginee : 5. Stomocatus, Nob. genere cui debbonsi ascrivere quei dei Catostomi del Lesueur, che han breve la pinna dorsale. Gl’ indicati generi sono però stranieri all'Europa, e l’ultimo non appartiene affatto all'antico continente. Il genere Barbus,.del quale non giova ripetere i caratteri essenziali già sufficien- temente esposti nel più volte citato articolo, ha condotto da poco tempo sotto i suoi vessilli assai più specie che prima non avea. È queste sono quelle figurateci dal Ruppel nella sua memoria sui Pesci del Nilo, cioè B. Surkis, B. Elongatus, B. Garguari, B. Af- finis, B. Intermedius, B. Perince. Alle quali sei si aggiunga quell’unica 5. Diplochilus, Heckel, che diguazza tra i Schizothorax del Cacemir; e il C. Mursa di Guldenstein del fiume Cyro; e il C. Bulatmai del Gmelin (Chalybatus, Pallas) del mar Caspio; e il C. Binny di Forskal che non differisce dal Lepidotus di Geoffroy S. Hilaire; non altrimenti che il C. Calbasu, il C. Coesa, il C. Daniconius, il C. Kunama, il C. Morula, il C. Gonius e il C. Rahita del Buchanan e del Russel, abitatori del Gange. Oltre poi questo gran numero di specie Asiatiche ed Affricane, altre ne ha perfino l'America non per anco descritte. Specie fossili non si conoscon finora. Ma se autori chiarissimi ci esibirono i Barbi di sì lontane regioni, non ve ne fu pur uno che si occupasse di quelli d’Italia. Quindi nell'attuale mancanza di qualunque fi- gura, descrizione e confronto, noi porgiamo le imagini di quattro, alle quali contrapo- niamo per compimento di tavola la non mai figurata specie Agassiziana Bardus Leptopo- gon di Algeri, ed il mostruoso capo di un de’ nostri, dalla cui stravaganza ci si ram- menta quella di un Ciprino figuratoci dal Rondelezio sotto il nome di Cyprini mira spe- cies. Avvertasi frattanto che dovendo noi denominare le seguenti italiane specie. abbiam fatto uso di nomi già noti, dei quali però non si conoscono i legittimi possessori, quan- tunque ne abbiam perfino interrogato coloro che li han nominati. Per quello poi che risguarda il Barbo di questo Tevere, non abbiam potuto appellarlo che 2. fluviatilis, es- sendochè non ci è riuscito provare che sia diverso da quelli dei fiumi Settentrionali. Tutti i Barbi, ma più particolarmente i quattro nostri, hanno i seguenti caratteri: Corpo oblungo, poco compresso, coi profili del dorso e del ventre lievemente convessi, concavi nella parte assottigliata del tronco ricoperto da scaglie piccole, numerose, pro- fondamente infitte nella cute, leggérissimamente striate, di forma più o meno ellittica, con più seni sul margine esterno, embricate, disposte in serie poco regolari. Il capo, che forma il quinto, o al più il sesto di tutto il pesce, è ovale, più o meno allungato, ot- tusetto all'apice, con la fronte che quasi perfettamente continua la linea del dorso, e di- BARBUS FLUVIATILIS. scende grado grado fino al muso più o men turgido nella regione nasale: bocca piccola orizzontalmente fessa, situata in basso quasi sotto il muso, poichè la mascella sporge alquanto oltre la mandibola: le labbra son crasse, e carnose: il palato è rivestito da membrana muscolare, forte, increspata. I denti faringei impiantati sopra due piastre os- see sono numerosi, cortini, conici, alquanto curvi, fitti e disposti in serie. Due paja di barbette carnose, pendule, l'un pajo presso l’apice della mascella, l’altro più lungo dagli angoli della bocca. Occhio ellittico, vario in grandezza nelle diverse specie, ma sempre mediocre, collocato in prossimità della fronte, Doppi fori nasali vicinissimi tra loro, situati circa ai due terzi della distanza tra il labbro e l’occhio; il posteriore più gran- de ed ellittico, l'anteriore più piccolo quasi rotondo. 1 tre raggi della membrana bran- chiostega laminari. Opercolo rotondo-angolato; preopercolo rotondato. Linea laterale continua, retta o dolcemente ricurva in basso, scorrente per lo mezzo circa del tronco, e formata dai pori rilevati di una serie longitudinale di scaglie in numero di cinquanta o sessanta. ‘no angusto, aperto un quinte più vicino all'apice della coda che alla punta del muso. Pinna dorsale, anteposta alle ventrali, spiccante circa il mezzo del pesce, esclusa la caudale, corta, più alta in avanti, trapezoidale, costiluita di undici raggi, il primo brevissimo, il secondo metà del terzo, e questo più lungo di tutti, osseo, robusto, acutamente seghettato; il quarto, e tutti que’ che lo seguono, molli e ramosi, compreso l'ultimo che è geminato, decrescenti a grado a grado. Pettorali impiantate prossima- mente all’opercolo, più brevi del capo, acute, aventi diecisette raggi. Ventrali spiccan- tisi sotto il quarte raggio della dorsale, più brevi e più larghe delle pettorali, composté di dieci raggi, ed aventi ciascuna nell’ascella una lunga, stretta, acuta scaglia. Anale contigua alano, originata nel punto corrispondente a quello cui posson giungere i raggi della dorsale ripiegati all'indietro, breve, trapezoidale, e formata da otto raggi tutti molli, e tutti, ad eccezion dei due primi, ramosi, il terzo dei quali è il più lungo. Cau- dale biforeata fino oltre la metà con diecinove raggi principali. Il colore in generale, è di un grigio olivastro metallico sul dorso, che degradando nei fianchi si trasmuta in bianco e più o meno splendido argentino o dorato nel ven- îre : superiormente sparso di macchie fosche, prodotte da punti e lineole irregolarmente riavvicinate, che invadono talvolta i fianchi. L’esser poi così più o men vagamente pun- teggiato di nero varia da individuo a individuo piuttosto che da specie a specie, dipen- dendo dalla dimora, che tanto influisee sui colori dei pesci, più che da veruna altra cau- sa; ma dalla età parimente, essendo i bambini molto più argentini, e somigliando in que- sto come nella delicatezza della carne i Zattarini. Le pinne negli adulti sogliono essere pallide alquanto rosseggianti in punta, mostrandosi la caudale più scuriceia delle altre. La spina dorsale si compone di quarantasei o quarantasette vertebre, cui sono at- taccate sedici paja di costole. L'esofago grandemente protratto non è distinto dal ventri- colo, per la insensibile diversità di forma, e per la poca ampiezza che va gradatamente acquistando: cortissimo e gracile è l'intestino. Il fegato e gli altri visceri son piccoli e flaccidi, Il notatojo però è grande, e biloeulare come in tutti i Cyprinidi. I Barbi ricevono presso a poeo da per tutto un nome tratto da’ cirri ecarnesi che pendono loro a foggia di barbe dalla mascella superiore. Si pescano nei grandi fiumi, ne ruscelli, e in qualche lago eziandio. In quanto all’ Europa, abbondano maggiormente nella meridionale; ciò non pertanto anche la Russia ne fornisce in copia, ed il Tamigi ne ha molti, ma gl’Inglesi non li tengono in alcun pregio. Il Bellonio scrisse che quelli | 129% BARBUS FLUVIATILIS. del nostro Tevere sono di ottima qualità: Romae Barbi Tiberini plurimum- laudantur.: Egli però avrà certamente inteso parlare di coloro che venuti dall’Aniene non abbiano oltrepassato i Ponti della città, imperocchè quelli che si pescano al di sotto hanno cat- tivo sapore, per le immondezze e corrotte sostanze che cibano. I predati eniro le chiare e sassose correnti sono delicati e di facile digestione, massime nel Settembre e nel Mag- gio; e più che invecchiano, come Ausonio cantava, si fan sempre più buoni. Tu melior primore aevo, tibi contigit omni Spirantum ex numero non illaudata senectus. Le uova loro però, come quelle di parecchi altri pesci, convien fuggire in. alcu- ne stagioni, lorchè producono tormenti di basso ventre, fino al punto che alcuni opina- rono poter in corpo umano ingenerare il Cholera. Pasconsi di piante acquatiche, di lu- machelle, di piccoli pesci, nè fastidiscono le carni morte. La situazione della bocca piuttosto inferiore fa sì che vadano scavando e rivoltando la terra per lo fondo dei fiumi col fine di procacciarsi cibo: ed è pur questa la cagione che altri pesci para- siti li corteggino. Amano di nuotare contro la corrente, di albergare lungo le ripe, e ricovrare negli ingrottamenti loro. E siccome il freddo li rende languidi e dispossati, essi nell'inverno si radunano e sì tenacemente si appiattano in qualche cavo o fenditura, che patiscono meglio lo strappamento delle squamme che venir tolti allo schermo di questo lor tetto. Se vengano stretti da penuria di cibo si succiano l’un l’altro la coda in maniera che i più grossi giungono di frequente a estenuare e distruggere i più pic- coli. Sogliono fecondare nel terzo o quarto anno di età, e depongono le uova nel co- minciar della estate sopra nude pietre, ove l'acqua corre più velocemente. I figliuo- lini sbuccian dalle uova fra otto o quindici giorni. Il nostro Barho del Tevere, che trovasi ancora ne’vicini fossi e rigagnoli, ha il cor- po rotondetto, poco attenuato: l’altezza maggiore è meno di un quarto della lunghez- za. Il capo molto acuto discende obliquo fino all'apice del muso, ed è il quinto di tutto il pesce. La parte assottigliata del tronco è lunga quanto i tre quarti del capo, ed alta i due terzi di sua lunghezza. Il profilo superiore dell'animale è lievemente con- vesso, l'inferiore allorchè giunge alla pinna anale tostamente ripiega in dentro, e, formato un seno, va risalendo lungo il margine della coda. La bocca non si protrae che fino alla metà della distanza che passa tra l'angolo anteriore dell'occhio e l'apice del muso: le barbette anteriori ripiegate all'indietro oltrepassano sensibilmente l'inserzione delle po- | steriori, che tratte all’innanzi sorpassano alquanto la punta del muso. L'occhio entra cinque volte nella lunghezza del capo, e dista più di due diametri dall’ apice del muso: la distanza che corre fra un occhio e l’altro è di un diametro e mezzo. La linea laterale scorre quasi retta. La pinna dorsale sorge nel mezzo tra l’apice del muso e l'origine della coda, s'innalza per tre quarti della lunghezza del capo, e si estende per poco più della metà di essa lunghezza. Le pettorali sono ovate, lunghe tre quarti del capo: le ventrali poco più piccole, rotondate. L'anale è un quinto minore del capo; la sua base stendesi un terzo meno di quella della dorsale, e il suo lato posteriore è poco più lungo di essa base. I due lobi acuti della caudale son lunghi ciascuno quanto il capo. Può giungere al peso di sette in otto libbre, ma è generalmente assai minore. Due diverse razze riconoscono in questo Barbo i nostri pescivendoli e pescatori, secondo che siano di una sola tinta, ovvero pinticchiati, o screziati in altro modo di nero: carat- teri puramente accidentali che già spiegammo di sopra. P. i Ge Ed BARBUS EQUES. BARBO CAVALIERE s4reus capite subovali supra gibbo, valde longiori altitudîne corporis, parum breviore longitudinis quarto: labiis crassis: spatio interoculari plus duplo majori quam oculo parvo, retroposito : radio osseo pinnae dorsalis modice robusto, serrulato : squamis ma- gnis, subrotundatis, postice convexis. D.,tr, Porgzo ZF. 9g. 4.18. €. 19. Lin. lat. sq. 60..ser. Se O sArpus EQUES, Z/alenc, in Cuy. Regn. Anim.,2.ed.IILg p, 273. cyprinus BARBUS? Nardo, Prodr. Adr. Ichth, sp: 156. Naccari, Itt. Adr. p.21, sp,83. BARBUS, Gesner, fig. sui pictoris. Aquat. IV. p. 124. Da gobba iniernasale e dalla turgidezza delle labbra facile è il riconoscere a prima giunta tra gli altri Barbi questo che è proprio della nostra penisola, e non solo vive in quasi tutta la Italia superiore, ma discende in Toscana eziandio, ed è comune nella stessa Firenze. A determinarne la specie abbiam prescelto un bell’esemplare pe- scato sotto i nostri occhi nell’Arno, e simile in tutto ad altri di Piemonte e di Lombardia. Il profilo superiore di questo Barbo dalla punta del muso all'inserzione della pinna dorsale è quasi un ottavo di cerchio; e da detta RI all'origine della caudale è sen- sibilmente concavo: l'inferiore fino du pinna anale è convesso, da questa alla coda è concavo. La parte assottigliata del tronco misurata nel punto medio è presso che uguale alla distanza che corre dall'angolo anteriore dell'orbita alla punta del muso. La mag- giore altezza è il quinto della lunghezza, mentre la grossezza è quasi la metà dell’ al- tezza. Il muso è assai grosso ed ottuso; una gibbosità notevolmente grande s'innalza tra l’uno e l’altro foro nasale; dal qual punto discende all’ apice in linea molto obli- qua: la bocca collocata molto al di sotto squarciasi orizzontalmente fino al di là delle narici; e le sue labbra sono assai turgide e carnose. Le barbette sono lunghe, grosse ed acute; le due posteriori, ripiegate in avanti, oltrepassano la punta del muso. I fori nasali grandi e rotondati distano dal muso quanto le due orbite tra loro. Gli occhi sono lungamente ellittici, il diametro loro orizzontale entra sei volte nella lunghezza del capo, distando essi quasi tre diametri dalla punta del muso, e più di due liunio dall’al- tro. La linea laterale assolutamente retta «corre per lo mezzo del tronco. Le scaglie sono rotondate. La pinna dorsale, trapezoidale col superior Jato molto più lungo del altri, sorge quasi dal mezzo del pesce, e si stende un quinto meno della propria altezza; il terzo suo raggio è seghettato internamente fino alla metà. Le pinne pettorali sono lunghe un quarto meno del capo: le ventrali inserite poco più lungi dall’inserzione delle pettorali che dall'anale, un terzo meno. Questa somigliante per la forma più ad esse che alla dorsa- le, misura tre quarti della lunghezza del capo. La caudale è un quarto più breve di esso. Il colore tende generalmente più al rossino, e non suol essere pinticchiato di nero. BARBUS PLEBEJUS BARBO PLEBEO BARBUS capite amygdaliformi, parum longiore altitudine corporis, quintum longitudinis aequante: labiis tenuibus: spatio interoculari vix majore quam oculo maximo, antepo- sito: radio ossea pinnae dorsalis modice robusto, serrulato: squamis mediocribus el- lipticis, elongatis, D. jr. ‘P.17. H.g. 4.6. C. 19. Lin. lat. sp. 65, ser ar. 9 RARBUS PLEBEJUS, Walenc. in Cuv, Règn. Anim. 2. ed. IL p. 273. Aa esemplificare la presente specie tolghiamo un Barbo proveniente dal lago dî Como, e simile in tutto a quelli che pur di colà passarono nel Museo di Parigi, ove ricevettero il nome Plebdejus dallo stesso Professor Valenciennes fondatore delle specie Eques e Plebejus; nelle quali avrà certamente osservato caratteri, che tuttavia non veg- giam consegnati agli scritti, onde ci fu d’uopo il rintracciarli in natura. Il corpo di questo Barbo è alquanto compresso, e la sua maggiore altezza, innanzi alle ventrali, è la quinta parte della lunghezza totale. Il profilo superiore, dolcemente convesso dall’apice del muso alla pinna dorsale, và da questa alla caudale quasi retto: l’inferiore è convesso fino a tutta la base della pinna anale, dove incavandosi sensibil- mente procede pressochè parallelo al superiore. Il capo leggermente curvo, colla fronte piuttosto ampla, ed alquanto più grosso del tronco, in figura cioè di mandorla, misura l'altezza del corpo, ch'è quanto dire il quinto di tutto il pesce: lo squarcio della bocca non arriva neppure al pari del foro anteriore delle. narici: le labbra sono sottili: le bar- bette filiformi; e le posteriori ripiegate in avanti pareggiano appena il muso. Glì occhi pressochè circolari occupano la quarta parte del capo: sono essi collocati così in alto che toccano quasi la fronte, e distano dalla punta del muso per un loro diametro e mez- zo, mentre lo spazio tra l'uno e l’altro è poco maggiore di un diametro loro stesso. La linea laterale leggermente inflessa fin sopra alle pinne ventrali, si protrae quasi retta fino alla caudale. L'ano apresi a tre quinti del pesce. Le scaglie sono molto allungate. Ta pinna dorsale elevantesi poco dopo la di lui metà, esclusa la caudale, ha quasi la forma di un trapezio, il terzo raggio acutamente seghettato, e la base distesa per due terzi della sua altezza, che è di un solo sesto minore della lunghezza del capo. Le pet- torali strette, acute, hanno tre quarti della lunghezza suddetta. Le ventrali sono un ter- z0 più brevi. L'anale trapezoidale anch'essa è men langa delle pettorali, ed è situata proprio in mezzo fra la caudale e le ventrali. Questa lunga quanto il capo, è forse più profondamente forcuta che nelle altre specie; i suoi lobi essendo angusti ed acuti. Le tinte sono generalmente più scure, e la maggior parte degli esemplari mostransi screziati come quello effigiato. i no AAA no 2. BARBUS CANINUS RARBO GCANINO BARBUS capite ovato-pyramidali, longiore altitudine corporis, guintum longitudinis vix su- o) > ò perante: spatio interoculari vix aequante oculum maximum, antepositum: radio osseo pinnae dorsalis gracillimo, vix serrulato > squamis magnis, rotundis, D.iu. P.17. Hg. 4.8. C.19. Lin. lat. sq. 5o. ser. 17. LoMa 7 I dotto Prof, Bonelli fu il primo a distinguere dal commune un Barbo che chiamò Caninus, dettandogliene certamente la idea quello che il volgo Piemontese appella Bard canin. Non avendoci egli fornito caratteri, nè avendolo pubblicato, noi crediam lecito l'imporre il nome di Canrinus ad un piccolo Barbo che sotto lo stesso nome ci fu man- dato dal Piemonte, nei cui ruscelli e laghi si ritrova ugualmente. Non possiamo però preterire che sotto la stessissima volgare denominazione ci giunsero dalla regione me- desima esemplari del nostro 8. Egues, cui le grosse labbra come di Can mastino potria- no meritar quel nome, ed esemplari perfino di un Gobio. Che se il 3. meridionalis del Risso fosse realmente diverso dal /luviatilis, non saremmo alieni dal sospettare la sua identità con questa specie che andiamo a descrivere. Il costui corpo è rotandato e svelto: il profilo superiore corre quasi retto dall’occipite alla pinna dorsale, e sensibilmente obliquo da questa all'origine della coda; l’inferiore fino alla pinna anale è convesso, da questa alla caudale insensibilmente concavo. L’al- tezza maggiore è il quinto della lunghezza: la parte assottigliata del tronco, alta la metà della propria lunghezza, estendesi un quarto meno del capo, lungo poco più del quinto di tutto il pesce. Il muso è grosso e rotondato : la bocca situata inferiormente spinge lo squarcio fin sotto le narici : le labbra grandette sono schiacciate piuttosto che turgide, le barbette sono corte e sottili, non giungendo le posteriori all'apice del musa se si rivol gano innanzi. L'occhio ellittico, situato pressa la sommità della fronte, medio fra l'apice del muso e l’intestatura dell’opercolo, occupa la quarta parte del capo, distando un dia- metro e mezzo dal detto apice: la distanza fra un occhio e l’altro è uguale a un diametro dell'occhio. La linea laterale segue l'andamento del profilo del ventre fin sotto l’inser- zione della dorsale, quindi procede rettissima. Le scaglie sono grandi, molto imbricate, e molto rotondate. La pinna dorsale, alta due terzi della lunghezza del capo, ergesi in mezzo al pesce, esclusane la caudale, e si estende per quanto spazio è dall’apice del muso all’ angolo posteriore dell'occhio. Le pettorali sono anguste, acute e poco più brevi del capo. Le ventrali son carte, larghette, ottuse, inserite in mezzo fra l’orbita e la cau- dale. L'anale più estesa di esse, men però delle pettorali, nasce un poco più vicino alla caudale che all’inserzione delle ventrali. La caudale è il quinto del pesce. Tende sensibilmente al violaceo sul dorso, dilavato sui fianchi con passaggi giallognoli e cilestri, bianco nel ventre con un lieve trasparir di violetto: il lustro metallico splende maggiormente in una fascia lungo i fianchi: macchiuzze nerastre veggonsi qua e là più o meno irregolarmente sparse, più frequenti però e più cupe nella dorsale e nella caudale. Sa GOBIO VENATUS GOBIONE VENATO cozio capite parum longiore altitudine corporis, quintum longitudinis vix superante: spatio interoculari aequante oculum, lateralem, grandiculum, antepositum: cirris mediocri- bus: pinna dorsali vix ante ventrales antepositas orta. D. 10. P.16. V.8. A.9. C. 19. Lin. lat. sq. 4o. ser. 11. - : La piccolezza del capo compreso ben cinque volte nella total lunghezza, lad- dove quello del Godio Fluviatilis benchè adulto ne occupa il quarto, e principalmente le pinne ventrali spiccanti assai più innanzi che nel pesce suddetto, sulla stessa linea cioè, in cui finisce la pettorale, ed incomincia la dorsale, carattere che non s'incontra. nella specie Francese, la quale ammette tra l’apice delle pettorali e l'inserzione. delle ventrali un intervallo notabile, nel cui bel mezzo la dorsale s’innalza, ci han consigliato a riguardare come specie nuova questo piccolo Ciprinide. Lo ricevemmo di Piemonte sotio quel comune volgar nome di Bard carir, ed anco sotto quel di Yolà: lo avemmo. altresì dal Bolognese, ove pescasi ne’ freddi rivoli abbondanti di Trote alle falde dei grandi Apennini, e lo dicono Brocciolo, erroneamente, come crediamo: nè si desidera. nel torrente Savena prossimo a Bologna, che lo chiama Zanà. Dal qual vocabolo scor- gendo l'ombra etimologica dell’ epiteto venatus, che può competergli, per le quasi ve- nature della pinna dorsale e della caudale, abbiamo tratta la appellazione che proponia- mo. Ma quanto fummo dolenti di non aver potuto paragonarlo col Temolo del Benaco, Cyprinus Benacensis del Pollini, che a giudicarne dalla descrizione e dalla figura è cer- tamente un Gobio, altrettanto ci siam rallegrati nell’averlo ‘confrontato e rinvenuto si- mile ad altri esemplari che ci pervennero dalla Germania. Gli abbiamo dati a compagni nella tavola un bellissimo Gobio Fluviatilis, trienne almeno di età, pescato nella Senna a Parigi, ed il grazioso Gobio Uranoscopus del fiume Isera in Baviera fattoci conoscere dall’Agassiz, specie tanto notevole per la elevazione dei piccoli suoi occhi, e per lo. spor- gere a guisa di naso la superiore mascella sopra la bocca più inferiore e più piccola; i cui cirri sono ancora più lunghi che negli altri Gobioni: il qual Pesce sembraci già fosse benissimo notato dal Willughby alla pag. 264. della sua Ittiografia sotto il nome di Wapper, ossia Gobius Fluviatilis minor, comune nella città di Augshurgo. Ci gode poi tanto più l'animo nell’introdurre il Bolognese Yanà nella nostra Fauna, in quanto che di Gobioni manca affatto l’Italia meridionale, e segnatamente il Tevere e l'Arno. Gli antichi naturalisti greci e latini non favellarono in alcun modo de' pesci che. im- prendiamo ad illustrare. Ausonio sembra sia stato il primo a farne parola aPplicandezi il nome di Gobio siccome per questi versi si rende palese: Tu quoque flumineas inter memoranda cohortes, Gobio, non major geminis sine pollice palmis; Praepinguis, teres, ovipara congestior alvo, Propexique jubas imitatus Gobio Barbi. GOBIO VENATUS. Questo nome Gobio per altro è stato causa di gravissimi errori, per evitare i quali gioverà tenere in mente che i Gobii marini sono tutt'altra cosa, appartenendo alla fa- miglia di un altro ordine la quale dicesi Godidae; come diversissimo ugualmente, quan- tunque di fiume, è il Cottus Gobio, che è un Triglide. I medici gli eruditi e tutti colo- ro, che all'opposto de’ naturalisti seguono più i nomi che i caratteri, sono caduti in er- rori che non saremo a rilevare in questo luogo. La carne dei veri Gobioni è bianca, di buon sapore e facile a digerirsi; onde si apprestano graditi alle delicate mense, e alle persone di lassa ed infermiccia costituzione. Pasconsi d’insetti acquatici, di vermi, di uova, di avanzi di corpi organizzati. Amano l'acqua pura, siccome quella che scorre placidamente sopra un letto sabbionoso, e non inquinata per mistura di sostanze stra- niere. Sì mostran pure provvidentissimi ad una vita tranquilla, perchè sul cominciare di autunno sogliono ritirarsi dentro quei laghi, cui non sconvolge tempesta, e al primo tepore di primavera riconquistano il fiume, ove depongono le uova ne’ luoghi più solin- ghi ed ombrosi. La durata de'loro amori è di circa un mese: moltiplicano copiosamente, e comechè del continuo sieno pasto agli uccelli e ad altri pesci, ve ne ha purtanto assai abbondanza. Amano il conversar compagnevole, e trovansi congregati a grandi torme, Il numero delle femmine avanza per cinque o sei volte quello de’ maschi. In tutte le specie di Gobio, che rimangon sempre di piccola statura, il corpo vedesi allungato e non dissimile da quello dei Barbi. Il capo è grande più o men conico, al- quanto depresso, trasversalmente incavato al di là di una leggera protuberanza che scor- gesi in punta al muso. Larga è la bocca, con la mascella protrattile, che nello stato di riposo sporge oltre la mandibola, ed è fornita di una sola barbetta a ciascun angolo; ca- rattere che li diversifica da quei Barbi che avendo il terzo raggio della pinna dorsale debole e appena seghettato potrebbero confondersi con essi. Le narici apronsi un poco innanzi agli occhi, che sono o piccoli o mezzani. Tutto il capo è privo di scaglie e liscio. Quelle che rivestono il tronco sono grandette, sottili, fortemente aderenti, semicircolari, raggiate nella porzione libera, ch'è leggermente orlata ne' margini. L’ano apresi nel mez- zo fra le pinne ventrali e l’anale. La dorsale spicca alla metà in circa del pesce, esclusa la caudale, ed ha dieci raggi, otto dei quali sono ramosi e due semplici; il terzo è il più lungo, oltrepassando di poco il secondo. Le pettorali circa un quarto più brevi del capo hanno maggiori degli altri il secondo e terzo dei loro sedici raggi, e tutti fuor del primo sono ramosi: le ventrali composte di otto raggi sono alquanto più brevi ma non dissimili per la forma. L'anale di nove raggi rappresenta in piccolo la dorsale originan- dosi sotto il punto ove giunge quella pinna se la ripieghi all'indietro. La caudale è for- cuta fino alla sua metà, e conta una ventina di raggi non valutati alcuni più brevi sotto e sopra. I colori sogliono essere un bruno olivastro sul dorso e al disopra dei fianchi, mac- chiato di nerastro, argentino su detti fianchi e bianco sul ventre: la pinna dorsale e la caudale sono macchiettate, le altre unicolori. Quattordici paja di costole sostengono in questi pesci la spina dorsale che ha trentadue vertebre. Il canale intestinale si ripiega due volte in se. Oltre le tre specie di Gobioni da noi figurate, che son tutte quelle che conosciamo in Europa, se ne rammentano parecchie esotiche descritte dal Guldestein, dal Pallas, dal Buchanan e dal Ruppel; cioè il C. Capoeta, Gould, dal quale non differisce il C. Fundulus, Pall., il C. Capito, Pallas, del fiume Cyro presso il Mar Caspio ove tro- GOBIO VENATUS. vasi ancora il precedente. I C. Curmuca e C. Bendelisis, Buchanan etc. Il Professore Agassiz ne figura una fossile, di Oeningen, sotto il nome di Gobio analis nella tav. 54. della sua celebre opera sui Pesci petrificati. La più grande altezza del nostro Gobio Yenatus vedesi, come negli altri, all'origine della pinna dorsale, ed uguaglia la quinta parte della lunghezza: la larghezza è la metà dell'altezza. Il capo è grande, depresso superiormente, e misura il quinto della totale lunghezza: le labbra sono sottili: le barbette ripiegate all'insù non oltrepassano l’oc- chio, il quale collocato in alto occupa quasi il quarto di tutto il capo, distando per un suo diametro e mezzo dalla punta del muso, e per quasi due dal margine posteriore dell’ opercolo : fra un occhio e l’altro corre un diametro. Le narici sono grandi, e svi- luppata ne è la membrana : il muso sporge alquanto più che nella specie settentrionale. La linea laterale scorre leggermente concava lungo la metà del tronco: componesi di circa quaranta scaglie, in lunghezza, e se ne contano dieci nell’altezza, cinque sopra e quattro sotto. La dorsale spicca molto innanzi la metà del pesce non compresa la caudale; è alta quasi quanto è lungo il capo, ed ha forma trapezoidale, essendo alla base un terzo più stretta che non è alta. Le pettorali, lunghe più di tre quarti del capo, han forma acuta rotondata, e giungono coi loro apici all’attaccatura delle ven- trali, che spiccano precisamente sotto la dorsale, son più rotondate delle pettorali, mi- surano due soli terzi del capo. L’anale ha [origine poco dopo il punto, sotto il quale può giungere la dorsale, dalla quale non differisce se non per le proporzioni minori di un quarto. La caudale biforcata fino alla sua metà, ha le acute sue punte lunghe precisamente quanto il capo. | Loi Z7 €. È v Vai n 2 LEUCLICUHAI S 7, 4 ZA A o, Dà UIZ ZA IZ IMA HAALAI € 9. CLI 437 E Li Barito PL LE Ae ASSZO GAD o gi z AI. - CASE OO. LEUCISCUS SQUALUS LASCA SQUALO squALius grisco-argenteus, longitudine altitudinem quintuplo superante: capite corporis al- titudini pari: spatio interoculari duplo magnitudine oculi: pinnis parvulis, pallescen- tibus: dorsali ventralibus opposita, ad apicem subrotundata. 8 Dro GP.00, IZ go Agata Ci agi Lin. lat. sq. 4,5. ser. ara squaLuss Yarro, Rust. lib. iii. cap.iii. Columell.lib.viii, cap.xvi. Bellon. Ag. lib.i. p.315. quoad pisc. rom. Salv. Aquat. Hist. XVI. p.84.v. fig. 19. Gesn. Aquat. EV. p. 182. squaLus veterum, A/drov. Pisc, lib. v. cap. xvii. p. 600, Jonst, Pisc., lib. ili. tit. i. cap, vi. art. i, p. 59. cePHALUS FLUVIATILIS; Rondel. Pisc. FI. lib. p. 191. quoad pisc. rom. cyprinus oblongus macrolepidotus,etc. Arted. Gen. Pisc.p. 5. sp.12. Id.Synon, p.7.sp. 10. quoad Squal. veterum. ie indegnamente il padre Tevere, se da molti anni pacificamente godendo di benignissimo ospizio sulle famose sue rive trascurassimo di ricercarne le na- turali dovizie, e decorarne il nostro lavoro. Egli (e lo diciamo con meraviglia ) possiede pesci nuovissimi per la scienza, cioè a dire non per anco esaminati dai sistematici au- tori, pesci che oramai fa d’uopo di pubblicare secondo le dottrine di oggidì, affinchè non dicasi più lungamente che questi nostri studj valgano a rimescolare soltanto i ca- taloghi delle specie oltramontane ad oggetto di riferir loro le nostrali a dispetto sovente della Natura, ed anco degli occhi nostri. Sembra in verità che ci dispaccia il muover l'occhio dalle spiagge di Scandinavia, attratti come la calamita dal chiaro settentrione di Linneo, per attinger luce su quelle cose. ancora ch' egli non vide. Ed è pur vergogna che mentre ci raccommandiamo alle pesche dell’ India e perfino di America, mentre aspettiamo avvisi di flotte armate sotto i poli spedite e nell’Oceanica, per saper quali esseri vivano in quelle lontanissime regioni, trascuriamo d’'interrogare gli elementi no- stri, ne’ quali Natura quanto più dolce, tanto più riccamente lussurieggia ed alletta ; Eaxterna et longinqua dum cupimus propinqua non cCuramuus. Conobbe è vero il Salviano lo Sqgualus romano, dalla perfetta somiglianza però del volgar nome Squale, Squalo, Squaglio, col quale i pescivendoli chiamano un miserabil pesce, piuttosto che da ragionata osservazione. F ilologica tutta fu la dottrina che profuse nella materia il dotto Archiatro Papale: e quanto dice sulla identità dello Squalo col Leuciscus di Galeno e |’ Alburnus di Ausonio, che nell’una e nell’altra lingua suona lo stesso, sembra plausibile a chi non sà: quanto poi aggiunge per dimostrare che ove l’edi- zioni di Plinio dicono in più luoghi Scarus, debba leggersi Squalus, è superiore ad ogni eccezione. Perciò non avendo gl’Ittiologi posteriori, la maggior parte oltramontani, vedu- to il nostro pesce, lo crederono effettivamente l'Alburnus della Mosella cantato da Auso- nio, ch'è tutt'altro animale: consapevole di tanto l’Artedi lo annoyerò fra i sinonimi del 96 LEUCISCUS SQUALUS. suo decimo Ciprino del quale fece Linneo il suo Cyprinus cephalus, cui per verità lo Squalo somiglia assai più che all'alburnus, il quale è un Aspius della moderna nomen- clatura. Noi frattanto elevatolo al rango di specie intendiamo per lo Squalo dei Roma- neschi, ciò che i Reatini chiamano Ziassaro, i Viterbesi Cavenoro, i Toscani Lasca, e che altre genti d’Italia dicono abusivamente Cefulo di lago, per quella superficiale ‘ap- parenza che saltò agli occhj di Galeno, cacterum omnino animal (Leuciscus) animali (Mugili) omnino est simile, nisi quod Leuciscus paulo est candidior, caput habet minus et saporem acidiorem. Riuniti poi gli esposti nomi in un solo, lo diciam Zeuciscus Squa- lus contenti di fare adeguato onore alle due più solenni denominazioni della sempre venerabile antichità. Esempio segnalato dello strano cambiamento che fanno da luogo a luogo i nomi vol- gari, spetta al genere Zeuciscus del Klein ne’termini che fu da noi esemplificato all’ ar- ticolo del Cyprinus Regina, secondo le belle riforme dell’Asassiz non mai abbastanza lodato; al qual genere applichiamo il nome italiano Zasca usurpato in diversi luoghi da parecchie differenti sue specie. In tutti i Zeucisci troviamo il corpo allungato, fusiforme, più o meno compresso, coi profili del dorso e del ventre convessi anteriormente, concavi verso la parte assot- tigliata del tronco, ricoperto di scaglie mediocri, leggermente striate, di fisura poligo- nale-curvilinea, disposte in serie longitudinali e regolarmente embricate. Capo conico- piramidale, compresso. Bocca terminale, piccola, con le mascelle subeguali e le labbra carnose, senza alcuna barbetta. Denti faringei disposti in quattro serie e foggiati a guisa di coni allungati. Occhio rotondo. Circolare il foro esterno delle narici, l’altro in forma di mezza luna. I tre raggi della membrana branchiostega schiacciati. Opercolo rotondo- angolato, perfettamente liscio quanto il preopercolo. Linea laterale convessa verso il profilo del ventre, cui si avvicina più che a quello del dorso, segnata da un tubetto longitudinale per lo mezzo di ciascuna sua scaglia, il quale si estende dal punto em- bricante della sovrapposta fino alla metà della parte scoperta. Ano aperto circa la metà del pesce esclusa la testa, piccolo, alquanto sporgente. Dorsale retroposta, breve, piut- tosto elevata, di forma trapezia, costituita di circa dieci raggi, tutti molli, i più lun- ghi de’ quali son gli anteriori, escluso il primo. Pinne pettorali adimate, impiantate as- sai vicino all’opercolo, curvilinee specialmente dalla parte inferiore, formate di sedici raggi sottili, i superiori de' quali sono i più lunghi, suolendo uguagliare i primi della dorsale. Ventrali contigue, quasi intermedie alle pettorali ed all’ ano, inserite avanti la dorsale, formate da nove raggi, i più lunghi de’ quali son gli anteriori, con margini la- terali rettilinei, rotondate all'apice, munite di un’ acuta scaglia sopra la base. Anale spiccante al di là della dorsale cui somiglia nelle forme, essendo poco estesa e senza valido raggio come quella, composta di una dozzina circa di raggi, gli anteriori dei quali sono i più lunghi. Caudale forcuta, lunga ed ampia, costituita da ventisei o ven- tisette raggi compresi quei minori nei lati. ] Il colore dominante delle specie è quasi di stagno più o meno ombrato di piombi- no o di roseo, ma più scuro sul dorso, ove la luce si riflette ad iride sopra le scaglie, sbiancandosi a gradi a gradi sempre più verso la carena del ventre che è totalmente di un bianco argentino. Le pinne ora son pallide, ora tinte più o meno intensamente di fosco, o di rosso. . Cuvier suddivide questo genere in due sezioni ch'egli tuttavia crede non bastante- LEUCISCUS SQUALUS. mente definite. Pone in una le specie che han la dorsale inserita sopra le ventrali, nel l’altra quelle che la portano collocata sopra lo spazio intermedio alle ventrali e all’anale. Agassiz lo suddivide anch' egli in due sezioni, l’una delle quali si distingue dal ventre rotondato qual'è la maggior parte dei Cyprinini, l’altra dalle scaglie del ventre formanti angolo benchè poco sporgente, dal che mostra vergere alquanto verso il genere Chela, e perciò verso i Clupeidi: carattere tuttavia malagevole a scorgersi. Quindi noi dopo aver esaminato minutamente più di quaranta specie di questo genere raccolte in diverse re- gioni, ed averne formulato le diagnosi per una Monografia che siam per dare alle stam- pe, ci siam decisi a suddividerlo in tre sottogeneri dietro la scorta principalmente dello squarcio della bocca. Diciamo pertanto Lewciscus propriamente quelle specie che hanno il detto squarcio alquanto volto all’ingiù, ed il muso alcun poco sporgente al di sopra di esso, le quali sogliono essere svelte, rotonde di ventre, e con la pinna dorsale opposta alle ventrali. Diciamo Squalius le specie che hanno medio la squarcio suddetto, termi- nale affatto, e di taglio quasi orizzontale, solite a mostrarsi corpacciute, ma non molto alte, rotonde anch'esse di ventre, e con la pinna dorsale quasi sempre opposta alle ven- trali. Diciamo finalmente Scardinius quelle altre specie, in cui lo squarcio più volte detto volge molto obliquamente all'insù, il corpo delle quali è assai alto e compresso, il ventre per lo più carenato, e la pinna dorsale frapposta alle ventrali ed all’ anale. Al primo di questi tre sottogeneri appartengono principalmente il Z. argenteus, il rodens, il rostratus, il majalis, confusi. un tempo sotto il Cyprinus leuciscus di Linneo, separati quindi dall’ Agassiz; che quantunque non li abbia finora pubblicati, tuttavia ci fu cortese di communicarceli unitamente agli altri suoi nuovi Cyprinini, affinchè sem- pre più comparative potessero riuscire le descrizioni de' nostrali. Il pesce di cui ci oc- cupiamo è tipo eccellente del secondo sottogenere, cui s'appartengono ancora il men nor- male LZ. rubilio, figuratogli vicino, e parecchi altri inediti de' quali parleremo in appres- so. Fra le specie già conosciute son meritevoli di special menzione il Z. dobula, che ha la pinna dorsale situata fra le ventrali e l'anale, ed i LZ. jeses, orfus, rutilus, prasinus {scoperto dall’ Agassiz ) che hanno il corpo alto ed il ventre carenato. Il nostro Lewciscus Squalus non si può ragionevolmente riferire ad altra specie Lin- neana, tolto il Cyprinus cephalus, che al Cyprinus leuciscus. È simile al Z. rodens di Agassiz più che ad ogni altro vero Leucisco, ma è ben distinto da quello e dai suoi affini per le scaglie più grandi, per le pinne diversamente conformate, per lo squar- cio finalmente della bocca, che lo fa collocare in un diverso sottogenere. Le varie pro- porzioni del corpo, ‘delle quali ci siamo serviti per istabilire le frasi specifiche, ben lo distinguono dalle numerose specie del proprio sottogenere. Ond'è che senza più te- diare il lettore con altri confronti, passiamo dirittamente a descriverlo a parte a parte. Poco e quasi ugualmente convesse sono le curve del dorso e del venire, che poi tendono al retto nella parte assottigliata del tronco; la quale misura in altezza la metà di sua lunghezza uguale presso che al sesto di tutto il pesce, e quasi doppia dello spa- zio occupato dalla pinna anale. La maggiore altezza del corpo che cade al di sopra delle ventrali vien compresa quasi cinque volte nella totale lunghezza: e la grossezza maggiore presa poco dopo l’opercolo è la metà dell'altezza. Il capo, lungo quanto è alto il tronco, vien compreso quasi cinque volte in tutto l’animale; il suo profilo è a dolce curva qual prolungamento di quello del dorso; la mascella inferiore dolcemente curva anch'essa, serve di continuazione al profilo del ventre: tondeggia la parte superiore di g6* LEUCISCUS: SQUALUS, esso capo: la punta del muso terminata in ellissi trovasi sulla media orizzontale del pe- sce: lo squarcio della bocca appena obliquo giunge sotto il margine anteriore dell’ orbi- ta: la mascella inferiore è alquanto più breve dell’altra, e tutta ricoperta dalla superio- re: la lingua è grossa, ruvida, e aderente. L'occhio ha per diametro men di un quinto della lunghezza del capo, e dista di un diametro e mezzo dalla punta del muso: più di due diametri è la distanza tra un'occhio e l’altro. L’opercolo è marginato ad angolo quasi retto al di sopra, e tondeggia verso il basso. Similmente angolato, ma più infe- riormente, è il preopercolo. La linea laterale tiene una curva quasi parallela al profilo del ventre; e si allontana da esso per due quinti dell'altezza del corpo in quel punto che è più alto. Grandette sono le scaglie disposte in quattordici serie sul tronco, non valutando quella del dorso nè quella del ventre, otto sopra, e cinque sotto la linea la- terale, che ne ha quarantacinque, come vedesi formulato nella diagnosi: la figura loro è quasi ellittica, e sono embricate in modo che soltanto lasciano visibile di loro stesse ‘ una parte minore della metà, ove mostransi raggiate triangolarmente dal centro ; la parte coperta con cui aderiscono alla cute ha centinato il contorno. La pinna dorsale rotondata all'apice si origina avanti Ja metà del pesce a distanza dal termine dell'oper- colo più lunga alquanto del capo, e si estende sul dorso per due terzi dell'altezza del secondo suo raggio, il quale è lungo quanto due terzi del capo, l’ultimo raggio essendo la metà del primo. Le pettorali s' intestano sotto l'angolo dell’opercolo, e son lunghe quanto è alta la dorsale. Le ventrali più brevi un quarto di queste sono inserite poco innanzi il perpendicolo della detta pinna, distano dall’inserzione delle pettorali poco più della lunghezza del capo, e dall’ estremità di esse per una distanza maggiore della loro metà. L’anale spiccia lontano dalla punta delle ‘ventrali quanto è una mezza lun- ghezza loro e si estende lungo il ventre per due terzi dell'altezza del primo suo raggio, che è di un sesto minore del primo della dorsale, l’ultimo suo essendo la metà del pri- mo. La caudale è poco più breve del capo: il suo biforcamento comincia oltre il mezzo. Color del pesce si è un turchinetto assai sbiadato sul dorso e sulla parte superiore del capo, degradante in argentino su i fianchi, ed in perla sul ventre; puramente ar- genteo all’opercolo. Le pinne sono scolorate con un ombra soltanto di carnicino o di ceruleo: la caudale però è foschiccia. L'esemplare che abbiamo descritto misurava sette pollici e quattro linee. Non è raro il pescarne di tre libre, e ne conserviamo un indi- viduo prodigioso che ne pesava fin sette, Fluviatile assai più che lacustre scorre per tutto il Tevere e per l'Arno: trovasi pure in quasi tutti i corsi d'acqua della Toscana, dello Stato romano e del Regno, non però nell'Italia superiore, nè dentro la maggior parte de’ nostri laghi. La sua carne è poco stimata. LEUCISCUS RUBILIO LASCA ROVIGLIONE SQUALIUS fusco-argenteus, longitudine altitudinem quadruplo et ultra superante: capite cor- poris altitudine parum breviori: spatio interoculari subduplo magnitudine oculi: pinnis grandibus fusco-rubescentibus : dorsali ventralibus opposita, oblique truncata. D.10. P.16. YZ. 10. A.11, C. 19. Lin. lat, sq. 40. ser. 12. = Meo di questo Pesce esclusivamente lacustre, e di quello che gli è figurato di sotto vanta il picciol lago di Nemi due specie di più di quel vicino di Albano che sette sole ne pasce quantunque più grande. Lo desidera eziandio il ‘Trasimeno. Lo ha quel di Bracciano, e forse qualche altro lago che non vogliamo garantire sulla fede altrui, sendochè troppo facile è a confondersi con la Rovella da un lato a cagione delle pinne rosseggianti, con la Scardafa dall’ altro, cui somiglia di statura e di oscurità di colore, ma in nulla più. Quindi è da meravigliare che neppur si distinguano sempre dai più esperti pescatori specialmente di Roma, ove è invalsa generalmente l'opinione che Rovi+ glione e Scardafa sieno lo stesso pesce. Non è la sua carne degna di iutto il disprezzo che ne fa la maggior parte, essendo al contrario di buon sapore. Giunge al peso di due e tre libre. | La forma e la proporzione del capo lo distinguono bene dal Z. rubella, unico fra i piccoli Leucisci col quale potria confondersi da giovane. La dorsale collocata assai più verso il capo basti per contradistinguerlo dal L, scardafa che gli sta figurato di sotto. La più erta corporatura poi e il color rosseggiante delle pinne servono a farlo separare a prima giunta non men da quello che dal L. squalus che gli sta sopra, senza dire delle più minute differenze che ciascuno potrà rilevare dalle rispettive descrizioni; come si potrebbe pur fare intorno a quelle specie catalogate dal Risso, e da qualche altro autore, se chiaramente da’ loro scritti apparisse la indubitabile loro fisonomia. Tra le specie co- nosciute ne' libri o da noi vedute le sole che gli si possono paragonare sono il Zeuciscus rutilus simile più per il nome che per le forme e i colori, il Leuciscus dobula e il Leu- ciscus idus: dal primo lo distingue il ventre rotandato, dal secondo la relativa posizione della pinna dorsale, dal terzo l'uno e l'altro di questi caratteri. | La curva del dorso alquanto più convessa di quella del ventre piega insensibilmente dietro la dorsale, locchè pur fa l'altra curva dietro l’anale, concedendo luogo all’ as- sottigliamento del tronco, che ivi è alto due terzi di essa parte assottigliata, lunga ap- pena un settimo di tutto il pesce e poco più della pinna anale. La maggior altezza all'intestatura delle ventrali vien compresa quattro volte nella lunghezza, e la grossezza è poco meno della metà dell'altezza. Il capo, un poco più breve che non è alto il tron- co, vien compreso men di cinque volte nella totale lunghezza: il suo profilo quasi retto LEUCISCUS RUBILIO. discende poco rapidamente, e si unisce colla carena del dorso mediante un risalto: la mascella inferiore si eleva formando un angolo con la carena inferiore: la fronte è leg- germente spianata; il muso rotondato, e la sua estremità trovasi un poco superiore al- la media orizzontale del pesce. Lo squarcio alquanto obliquo della bocca è assai breve, non giungendo i suoi angoli alla metà tra l'apice del muso e l’occhio: le mascelle son quasi lunghe egualmente. Il diametro dell'occhio è un quinto della lunghezza del capo: un diametro e un quarto circa corre tra esso e la punta del muso, un diametro e tre quarti tra un occhio e l’altro. L'opercolo è contornato quasi semicircolarmente ; triango- lare rettangolo il preopercolo. La linea laterale ha un andamento convesso verso il pro- filo del ventre, trovandosi, dove è maggior l'altezza del corpo, due volte più vicina al medesimo che non a quello del dorso. Dodici sono le serie delle scaglie che rivestono ciascun lato del corpo, e quella per cui passa la linea laterale ne comprende quaranta- due. Sono esse scaglie semicircolari in avanti, rettilinee agli ineguali lati, centinate lun- go la parte con cui aderiscono alla cute: la loro superficie è triangolarmente segnata in avanti da molte strie convergenti verso il centro per tutta la parte scoperta, ed in senso opposto è segnata più debolmente dall'altra. La pinna dorsale si origina pochissimo dopo la metà del pesce, non compresa la caudale, e si estende lungo il dorso per due terzi dell'altezza del secondo raggio, il quale s'innalza due terzi dell'altezza del tronco; l’ul- timo è solo la metà di quello, i frapposti decrescono regolarmente in modo che il mar- gine terminale della pinna è molto VLLiLo e piuttosto concavo che convesso. Le petto- rali assai prossime alla carena del ventre s’ intestano quasi di sotto al termine dell’ oper- colo, e son lunghe quanto è alta la dorsale. L'intestatura delle ventrali si trova distante dall’apice delle pettorali un terzo della lunghezza delle medesime; e sono esse un quinto più brevi. L’anale spiccia dopo due terzi della lunghezza delle ventrali contando dalla lor punta; e e si estende lungo il ventre per quanto è è lungo il suo primo raggio, ch’ è quasi due terzi del secondo dorsale; l’ultimo è poco più lungo della metà del primo. La caudale non men breve del capo si biforca a due terzi della sua lunghezza. Il colore del capo superiormente e del dorso è un olivastro cupo che si degrada in argentino sui fianchi e divien sempre più bianco sul ventre: gli opercoli sono sparsi di un lurido argenteo. Rosseggiano le pettorali, le ventrali e l’anale: più fosche ap- pajono la dorsale e la caudale. L'esemplare che abbiamo descritto misurava sei pol. lici e nove linee. LEUCISCUS SCARDAFA LASCA SCARDAFA SCARDINIUS nigro-argenteus, longitudine altitudinem quadruplo via superante: capite quin- tuplo breviori longitudine corporis: spatio interoculari valde majori magnitudine oeuli : pinnis grandibus nigricantibus : dorsali inter ventrales et analem opposita, oblique trun- ial Piro: Po, 0 ATI, Cio. Lin. lat. sq. 40. ser. Nip ) duci Scardafa dei Romani che trovasi ne’ laghi di Nemi, di Ronciglione, di Brac- ciano, di Fogliano ed altri, in tanti rigagnoli, e in tanti fossi, vien detta Scardopa, Scardine, Scarda, Scarbatra, Scardola, ed anco in diversa più o men lontana ma- miera di corruzione, tra le quali porta il vanto la Scarpettaccia dei Fiorentini che così vogliono ben giustamente avvilirla; perchè tra loro è ancora peggior ch’appo noi. A Roma frequentemente chiamasi Roviglione da chi la confonde o per ignoranza o per malizia col pesce suddescritto, cui si conviene tal nome, non a questo che non ha strac- cio di rosso nella sua livrea. Maliziosissimo poi ma pur consecrato specialmente dagli abitatori della romana Suburra è quello di Oria, sotto il quale la gridano i Pesci- vendoli erratici profittando del suo color metallico; ed è meraviglia se, aggiuntovi tal- volta l'epiteto, dicono Orata d'acqua dolce. Fra i Leucisci che qui figuriamo questo è il solo che abbia il corpo sì alto e sì com- presso, il ventre acuto, quantunque leggerissimamente, e la pinna dorsale spiccante da un punto medio alle sottoposte ventrali ed anale, talchè impossibile è il confonderlo con alcun'altro di loro. Appartiene poi al sottogenere Scardinius, cui serve di eccel. lente tipo, e cui spettano ancora il men normale £. scarpata, Nob., del Trasimeno; l'idus, Guv. con l’idbarus, L. sua varietà, che rotondo hanno il ventre, rosse le pinne e minori le scaglie; il decipiens, nuova specie dell’ Agassiz, tanto facile a prendersi per una 4bramis; e l’erythrophthalmus, L. men dissimile forse di ogni altro dal nostro, ma di pinne rosse e con l'iride di egual colore: niuna delle quali specie può confondersi con la nostra scardafa. Giunge questo pesce al peso di tre libre o poco più, ma ben raro è il vederne di tal fatta. Molto convesse sono le curve del dorso e del ventre, fortemente inflesse, e riavvicinate ad un tratto dietro le rispettive pinne dorsale ed anale. La parte assotti- gliata del tronco, alta poco men della propria lunghezza, misura un ottavo di tutto il pesce, e appena quanto l’anale. La maggior altezza sopra le ventrali vien compresa tre volte e tre quarti nella lunghezza totale, e la grossezza è poco men della metà dell’ al- tezza. Il capo assai più breve che non è alto il tronco vien contenuto quasi cinque volte nella lunghezza totale: il suo profilo unito alla carena del dorso mediante un piccolo ab- bassamento discende quasi reito fino all’ estremità del muso: la mascella inferiore for- ma un angolo sotto il margine anteriore dell'occhio; sale quindi piuttosto curva verso LEUCISCUS SCARDAFA. la punta del muso la quale cade superiormente all’orizzontale del corpo, ed è tondeg- giante alcun poco. La fronte è rotondata. La bocca molto obliquamente fessa spinge i suoi angoli fin sotto a due terzi della distanza tra la punta del muso e l'occhio. La ma- scella inferiore è sensibilmente più lunga della superiore. L’ occhio collocato a poco più di un suo diametro dalla punta del muso vien compreso quattro volte e mezzo nella lunghezza del capo: quasi due diametri corrono fra un occhio e l’altro. L’ opercolo è contornato pressochè ellitticamente, e il preopercolo triangolarmente, con l'angolo ret- tangolare alquanto smussato. La linea laterale convessa scende alcun poco al suo prin- cipio, quindi corre parallela al profilo del ventre, due volte più vicino ad esso che a quello del dorso. Undici serie di scaglie contansi in ciascun lato del corpo, sette supe- riori e tre inferiori a quella che vien tagliata dalla linea laterale che ne ha quarantuno: queste scaglie sono grandette, più larghe che lunghe, ellittiche in avanti anzi che circo- lari, poco centinate posteriormente dove aderiscono alla cute: la superficie loro è raggia- ta a ventaglio come quella delle altre specie, ma con minor numero di strie. La dorsale spicca alla metà del pesce compresavi la caudale, e si estende lungo il dorso un quarto meno dell'altezza del secondo raggio, il quale misura cinque settimi della lunghezza del capo: l’ultimo è soltanto la metà di esso, decrescendo gradatamente'i frapposti, sic- chè il margine terminale della pinna mostrasi obliquamente troncato. Le pettorali inte- state sotto l'opercolo sono lunghe quanto la dorsale. Le ventrali poco più brevi delle pettorali distano dall'origine delle medesime quanta è la lunghezza del capo. L’anale s intesta lontana dall’ origine delle ventrali quanto da quella della pinna caudale, cioè quanta è la medesima lunghezza del capo: 1] primo raggio è appena più breve dei primi della dorsale; l’ultimo misura due quinti del primo: la di lei base si estende due terzi della lunghezza del primo raggio. La caudale è alquanto più breve del capo: il suo bi- forcamento comincia anche prima della sua metà. Sul dorso, sulla parte superiore del capo fino in punta, e lungo l’opercolo è di co- lor fosco bruno, che nel discendere su i lati prende a gradi una tinta di acciajo can- giante di ceruleo e d’olivastro con matti colpi di giallo dorato alternanti con altri di color ferrigno. Quella tinta di acciajo schiarisce a poco a poco sul ventre, di modo che alquanto sopra la linea laterale trovasi già mutata in quasi madreperla leggermente opalizzante di roseo, e biancheggiante ancor più nell’accostarsi al profilo del ventre. L’opercolo e il preopercolo son madreperla più schietta, causa la continuità di lor tes- suto, assumenti un iride dorata d'indole metallica. L'iride dell'occhio è color di miele tendente leggermente al dorato. Le pinne sono tutte oscure sulla punta, e impallidisco- no alla base, esclusa la caudale che non si sbiada nè punto nè poco. Queste tinte son ritratte a pennello da un esemplare lungo un palmo architettonico, del peso di otto oncie romane, pescato poche ore prima, i E gte AMOCACLI Igesclias 00, ea SPAMIMPPOECIOL OMMI LEUCISCUS RUBELLA LASCA ROVELLA squaLius fusco-argenteus, long situdine altitudinem quadruplo superante: capite acutiusculo corporis altitudine multo FARO spatio interoculari oculo subduplo majori: pinnis inferioribus mediocribus, rubris: dorsali gentralibus opposita, elata, truncata. D. 10. P.16. Y.10. d4.10. C.19. Lin. lat. sq. 41. ser. 13. ni La maggior parte deî pescì marini suol cambiare ordinariamente di nome da una spiaggia all'altra: quelli di acqua dolce soglion quasi mutarlo in ogni lago, in ogni fiu- me, in ogni vigagnolo : ma che in due parti contigue di una medesima città, se n’ap- pelli uno solo in due differentissime maniere, è cosa rara e forse unica al mondo. Nella romana regione del Trastevere che giace occidentalmente a dritta del fiume, questo Leu- cisco vien detto esclusivamente Pardiglia, e in quella orientale de' Monti che s'innalza alla destra, non assume altra appellazione che di Rovella. Saria pertanto da cercare se la transtiberina denominazione Pardiglia discenda dal primitivo etrusco ch'ivi suonò ne- l gli antichissimi tempi, e se quella di Rovella sia, com'è più probabile, radicalmente la- tina nella regione in cui Roma nacque. Rovella dicono pure a Viterbo questo buon pe- scetto, delizia di quelle mense per mancanza di migliori; così pure lo chiamano nelle Marche: Ruvella nel Regno di Napoli, e nel Perugino Roviglione. A Terni ed a Rieti però, volgarizzando non sappiam se a ragione, il nome rubella, lo dicono Rosciola. Segnalato per lo colore più o men rosseggiante delle pinne in tutte le stagioni, men- tre altre specie congeneri le arrossano solamente di estate, pescasi nel Tevere, e in tutte le nostre marrane, d'onde lo predano in abbondanza gl’insidiatori delle ranocchie: ma in verun lago non sappiamo che siasi ritrovato, e se pure in qualcuno alberga, è raris- simo. Notabile si è per la emissione di alcune spinuzze sul capo e sul dorso del maschio nei mesi che sfoga gli amori, il che dicono comunemente fiorire, tanto più propriamen- te perchè accade di primavera. In talun altro Ciprinino osservarono questo fenomeno i naturalisti fin dal secolo XVI; il primo probabilmente de’ quali si fu il Salviani in quello. del lago. Maggiore e dell'altro di Como, pesce cui dicono Pico o Pigo, noto anche a Plinio quantunque nol nominasse: duo lacus Italiae in radicibus alpium Larius et Ferbanius appellaniur, in quibus pisces omnibus annis vergiliarum ortu existunt, squa- ‘mis conspicuis crebris atque praeacutis clavorum caligarium effigie: nec amplius quam circa eum mensem visuntur. Ove l'erudito lettore non può non intendere che Plinio real- mente credea comparire quel pesce ne suddetti laghi in cotal tempo soltanto, non già le spine nel pesce, com’è pura e semplice verità. Spiegare la periodica espinescenza al di fuori è facile o pur malagevol cosa, a seconda di quanto più in alto voglia salirsi coll’ingegno, Noi crediamo che non altrimenti che crescan le unghie e i capelli negli animali, così possano uscire dalla pelle di questo ed altro pesce le spine per eccesso di 103 LEUCISCUS RUBELLA. vigore, le quali per non avere alimento bastevole a mantenersi în vita sul fior della pel- le, caggion dopo un periodo più o men breve di tempo. Dicemmo che Rosciola è forse un ingiusto volgarizzamento, perchè dall’ emetter le spine che fa la nostra Rovella, può essere così detta dal latino rubus più che da ruder; ma quel nome tuttavia di Rosciola non manca di esser giustificato dal rosso di che tingesi costantemente le pinne. Confuso probabilmente fin qui col Cyprinus Zdus di Linneo, tanto è pure caratteristico da non abbisognare di speciale confronto. Giunge al peso di quattro oncie al più, acqui- stando la lunghezza di sette pollici, ma raro è il vederne di sì grandi, essendo ordina- riamente della statura in cui l'abbiamo effigiato. Il profilo del ventre è più convesso di quello del dorso, e l'uno e l'altro assottigliano dolcemente per gradi, non già con rapido decrescimento, verso la coda. La parte assottigliata del tronco è alta quanto è lunga la pinna anale, e misura in lunghezza una volta e mezzo la sua altezza, vale a dire un se- sto di tutto il pesce; il quale al di sopra del punto da cui spicciano le ventrali vanta la sua maggiore altezza compresa quattro volte nella totale lunghezza. La grossezza è poco meno della metà dell'altezza. Il capo misura un quinto appena di tutto il corpo; la sua forma è presso che trapezoidale, essendo alquanto angolate oltre l’occhio la parte supe- rîore e l’inferiore del muso terminante in punta rotondata, la cui estremità trovasi sull’orizzontale che passa per il terzo superiore del pesce. La bocca è piccola, e poco obliqua di taglio, i cui angoli non giungono che alla metà della distanza tra la punta del muso e l'occhio: la mascella inferiore è un poco più breve dell’ altra. L'occhio dista dall’apice del muso un suo diametro e un quarto, ed è lungo circa una quarta parte del capo: fra l'uno e l’altro occhio corrono quasi due diametri di loro stessi. L’opercolo è angolato rotondato, il preopercolo rettangolarmente angolato. La linea laterale molto curva si approssima assai al profilo del ventre fino a lasciar sopra di se due buoni terzi dell’altezza del pesce, ov’ essa è maggiore. Le scaglie sono erte, molto più larghe che lunghe, poligone, e curvilinee principalmente alle estremità superiore ed inferiore, fitta- mente raggiate dal centro verso le dette estremità: si dispongono esse scaglie in tredicî serie sovra ciascun lato del corpo; otto delle quali sovrastano a quella per cui passa la linea laterale, che ne conta quarantuno. La pinna dorsale spunta alla metà del pesce, esclusa la caudale, e si estende per tre quarti di lunghezza del suo secondo raggio lungo almen quanto il capo; l’ultimo raggio è quasi più breve della metà, e gli altri che si frappongono loro decrescono gradatamente. Le pettorali impiantate sotto l’opercolo sono un quinto men lunghe del capo. Le ventrali spicciano sotto la dorsale, lontane egualmente dall’origine dell’anale e da quella delle pettorali, e più brevi di esse distano dalla punta loro quanto è un mezzo capo. L’anale si allontana dal termine delle ven- trali per un terzo di lor lunghezza, e si estende poco men di esse: il suo primo raggio doppio dell'ultimo è subeguale alla di lei base. La caudale è un poco più lunga del capo, Sul dorso è un verdastro brunognolo, più scuro sul capo, che si diluisce a mano a mano sui lati con forte cangianza di madreperla fino a diventare argenteo sul ventre, L'opercolo è madreperla cuprina con riflessi d’oro e d’argento: l’iride dell’ occhio è do- rata. In mohi esemplari vedesi lungo il mezzo del corpo una larga fascia nerastra che curvasi sopra la linea laterale. La pinna dorsale ha la tinta del dorso ma più pallida: rossine più o men di cinabro sono le pettorali, le ventrali e l'anale: la caudale è giallo» gnola di quel tono che si può dir decolore. La scheletro è composto di 35 vertebre so- stenute da 17 paja di costole. LEUCISCUS MUTICELLUS LASCA MOZZELLA SQUALIUS cinereo-argenteus, longitudine altitudinem vix quintuplo superante: capite obtu- siusculo, altitudine corporis vix breviori: ore subinfero : spatio interoculari oculo ses- quimajori: pinnis decoloribus: pectoralibus ingentibus, macula axillari subaurantia : dorsali ventralibus opposita, subrotundata. D. ro, P.ik. Y.9. A.10, C. 20. Lin. lat. sq. 55. ser. 15.4 Pblicando per nuova questa piccola specie siam compresi da riverente timore; imperocchè l'Agassiz, al cui giudizio ci riferimmo, stimò che fosse identica al Zeuciscus Aphya degli autori. Molto sarebbeci riuscito a grado il poterla confrontare con quello esaminato in natura, perchè avremmo probabilmente avuto ragione di uniformarci alla sentenza del valente uomo; quando che facendone il paragone con le divulgate figure, valutata ben anco l'esagerazione artificiosa de’ già più vivi colori naturalmente assunti nella stagion degli amori, poco ci è sembrata plausibile la supposta identità. Per ragion poi della ben nota discrepanza che questi pesci offrono da luogo a luogo benchè vicinis- simo, è ben difficile a credersi che in Isvezia se ne riproduca un similissimo a questo. Distinguesi fra gli altri congeneri nostrali per la piccolezza delle scaglie, per la fascia nerastra su cui passa la linea laterale, e per una bella macchia ranciata che vedesi alla base delle grandissime sue pettorali. Dall'Aphya nordica poi differisce per la posizione della dorsale, avuto riguardo alla diagnosi di quella specie secondo il Bloch, cui dob- biam molta fede per quel che sguarda i Ciprini. La specie Linneana inoltre ha, come cel conferma lo stesso Nilsson, l'occhio rosso, nove soli raggi nella dorsale e nell’ anale, ed anco nelle altre pinne un minor numero che nella nostra. Pesce si è questo essenzialmente di fossi, e di torrenti che suol rimontare fin verso le origini, nè trovasi affatto ne’ laghi. A Terni lo chiamano Rxglione, a Viterbo, ov è comunissimo, MozzeMla, dalla notevol forma del capo, onde altrove lo dicon Mozzone. Sprezzano i Ranocchiari romani di porgli un nome determinato, e l'antico rimprovero insieme del francese Belon, il quale serisse i pescatori nostrali essere ignorantissimi dei pesci di acqua dolce. Lo dicono Lasca bastarda, Pesce bastardo, Moretta, ed in altre maniere vernacole, sulle quali non persistono e neppur consentono tra di loro. Egli fa d’uopo di confessare però, che di tai differenze, ond’' è ben giusto che si pascano i curiosi della natura, soverchia riuscirebbe la erudizione, e forse ridicola sotto il Por- tico d'Ottavia, e innanzi il Panteon d' Agrippa. I profili del dorso e del ventre sono poco e quasi uniformemente convessi nel di- nanzi, rettilinei verso la parte assottigliata del tronco, alta poco men della metà della elevazione più grande, ugualmente che della propria lunghezza; la quale eccede di molto quella della pinna anale, ed è un quinto di tutto il pesce. La maggior altezza tro- vasi sulle pettorali ed è poca più di una quinta parte di tutta la lunghezza : la grossezza 103% Pull LEUCISCUS MUTICELLUS. poi misura tre quinti di essa altezza. Il capo lungo un quinto dell’ animale ha forma al- quanto triangolare: il suo profilo piuttosto convesso tondeggia lateralmente, essendo molto rotondato di sopra, e si continua senza risalto alcuno dal dorso: dolce altresì è la sua curva inferiore continuante la carena del ventre: sotto il mento poi l'andamento è quasi retto fino alla punta del muso che riesce molto ottuso, e trovasi sotto la me- dia orizzontale del pesce: la bocca è piccolissima, piuttosto inferiore, di taglio quasi retto giungendo cogli angoli suoi poco più che alla metà della distanza tra l'apice del muso e l'occhio: la mascella inferiore è un pocolin più breve della superiore, L'oc- chio col suo diametro misura un quarto della lunghezza del capo: un diametro o poco più corre tra esso e la punta del muso: un buon diametro e mezzo corre fra un occhio e l’altro. Rotondato più che angolato apparisce l’opercolo: il preopercolo è rotondato af- fatto. La linea laterale leggermente convessa in avanti corre poi quasi retta fino al ter- mine, e là ove passa per la maggior altezza si discosta dal profilo del ventre per un ter- zo dell'altezza stessa. Le scaglie sono molto piccole, più lunghe che larghe; con due lati rettilinei paralleli, coll’anterior margine quasi semicircolare, coll’opposto centinato: sono striate triangolarmente tanto dalla parte esterna visibile quanto dall’ altra che vien ricoperta dalla scaglia precedente: se ne contano quindici serie; e lungo quella per cui passa la linea laterale ve ne ha cinquantacinque. La dorsale spicca innanzi la metà del pesce, cioè alla metà giusta, se n’ escludi la caudale: il secondo suo raggio misura tre quarti della lunghezza del capo; l’ultimo eccede poco la metà del secondo ; tre quarti di questo o poco più è lunga la base. Le pettorali inserite sotto l’opercolo sono lunghe quan- to il capo, e giungono con la punta quasi a toccar le ventrali; queste hanno origine un poco innanzi la dorsale in un punto ugualmente lontano dalla base delle pettorali che da quella dell’amale; la lunghezza loro è un quarto minore di quella delle pettorali. L'anale dista dall’apice delle ventrali quanta è la loro metà; il suo primo raggio è poco più breve del primo della dorsale, e un terzo maggiore della base della pinna; l'ultimo è tre quinti del primo: la caudale eccede pochissimo la lunghezza del capo. Per la bocca alquanto infera, e per la minutezza delle scaglie indica questo Squa- lius il passaggio al sottogenere Leuciscus; e tanto più svelto dell’ antecedente L. rubella ne ha quasi gli stessi colori, Quel del suo corpo è di stagno con riflessi di acciajo ti- rante al violetto, plumbeo fosco il dorso, più scuro il capo, madreperla il ventre; ma poichè ha le scaglie tanto più piccole, contentasi di più modesti riflessi, anco per la ra- gione che è cosperso di nera minutissima punteggiatura, che fittissima lungo il mezzo constituisce una angusta fascetta, che di primavera in alcuni maschi par fatta coll’inchio- stro. Ha l’iride dell'occhio argentea spruzzata di nero: l’opercolo e il preopercola riful- gono di madreperla con lumeggiatura d'oro: la pinna dorsale e la caudale tingonsi presso a poco del colore del dorso: le pettorali, le ventrali, e l’anale posson dirsi piuttosto de- colori, che di leggerissimo arancio slavato: tutte però egualmente esse pinne tendono verso la base ad un coloretto più o men ranciato, che sotto le pettorali segna sulla te- nera polpa delle ascelle una ben circoscritta macchia rancio-incarnata, che nella stato di freschezza fa riconoscer la specie a prima vista. Allor che la stagione lo invita alla riproduzione, germoglia anch'esso come il L. rudella, ma solo di alcune lenticchie iner- mi, rade, poco elevate, ed unicamente sul capo. Lo scheletro ha 37 vertebre, e quin: dici paja di costole. Giunge al peso di tre oncie, ma raro è trovarlo anco di due, essendo generalmente minore della Rovella. L’esemplare da noi descritto misurava cinque pollici e mezzo. LEUCISCUS TRASIMENICUS LASCA DEL TRASIMENO squatius virescenti-argenteus, longitudine altitudinem guintuplo paullum superante* capite acutiusculo, corporis altitudine subiongiorî: ore subsupero: spatio interoculari oculo vix majori: pinnis înferioribus decoloribus, nuptiarum tempore rubescentibus> dorsali ventralîbus opposita, humili, subtruncata. Dito, Pio. Pg. A 10,7 C.20. Ein. lat, sq. ho. ser. 14. ci carDonus lacus Perusini, Bellon, Aquot. lib.i. p. 517 Id. Nat. et Pourtr. Poiss. lib. i. p. 317. LascA, Gambini, Lago Trasim. pag. 77. dia trasimenicus quest'altra nuova specîe appelliamo, non tanto perchè si trovi in quell’unico lago, o perchè quel lago non alimenti altro Leucisco che questo, ma sì vero perchè ivi abonda sì fattamente che la sua fruttuosissima pesca è un pro- vento non lieve del nostro fisco, e soggetto di particolare statuto. Di colà sotto il no- me esclusivo di Zasca carreggiasi perfin sulle rive dell’ Adriatico e del Tirreno a facilis- simo mercato. Si desidera per bontà di carne spezialmente in frittura quando la fem- mina è piena delle uova, ed il maschio s’ intende di fecondarle, nel qual tempo però n'è saggiamente proibita la pescagione. Il magistrato municipal di Perugia aveva una volta provveduto che in ogni sabato potessero i poveri cibarsi di Zasca per vilissimo prezzo, e nella vigilia del divin Natale n’avessero la dispensa gratuita; ma questi usi furono cancellati da instituzioni straniere. La pesca se ne fa in diverse fogge, ma più solenne si è quella cui dicono della Maye, che cade appunto ne’ primi mesi d'inverno accompagnata da feste e da tripudio. Son già piantate in parecchie direzioni dalla riva fin sull’alto del lago alcune coppie di ra- stelli di pali distanti tra loro circa due braccia, nel quale intervallo i pescatori gittano minute legna e sarmenti da formar nascondigli. Poscia tendono al di fuori due reti lun- ghe quanto i rastelli suddetti, fermandone un lato ad altri pali discosti circa tre braccia, e sommergendo l’altro sino in fondo dell’acqua, in sì fatta guisa che l’una e l’altra rete così curvate formano quasi il ventre di una nave, cui tien luogo di carena la palafitta di mezzo. Non prima il freddo punge quelle acque, che le Lasche van sollecite a rimpiat- tarsi tralle fascine: e quindi i pescatori montati sugli schifi s' introducono. ne’ rastellì di mezzo vuotandone la stipa; dal che turbate e spaventate le Lasche fuggono per gl’inter- stizj de’ pali dentro le reti, dalle cui maglie non possono uscire; e quelli quando si ac- eorgono di averle tutte cacciate, alzano bel bello fuor d’acqua i fianchi sommersi di esse reti. Formatosi così nel mezzo loro un gran sacco, in cui si raduna la preda, lo tirano a riva con più migliaja di libre in ciascuna tratta, Il profilo del dorso è poco convesso fin quasi .a mezzo tronco, e poscia rettilineo fina al termine: quello del ventre è similmente convesso fino al penultimo raggio dell’ana- le, quindi si avvalla continuando quasi retto fino alla base della caudale. La parte LEUCISCUS TRASIMENICUS. assottigliata del tronco supera un poco in altezza la più elevata del medesimo, ed è quasi doppia in lunghezza, sorpassando di una metà lo spazio occupato dalla pinna ana- le, e costituendo la settima parte dell'animale: La maggior altezza che si trova sopra le ventrali vien compresa quattro volte e tre quarti nella lunghezza totale, e la grossezza avanza di poco la metà dell’altezza. Il capo, un pochin più lungo di quanto è alto il pesce, ha forma presso che triangolare, e tanto la linea superiore quanto la inferiore s'uniscono senza risalto ai rispettivi profili del dorso e del ventre: la prima discende quasi piana, l’altra s' incurva alcun poco, alzandosi verso la punta del muso acuta- «mente rotondato, che trovasi sulla media orizzontale del pesce. La bocca è piccolis- sima; gli angoli del suo squarcio molto obliquo e volto decisamente all’ insù, oltre- passano appena la metà della distanza tra la punta del muso e l'occhio: la mascella inferiore mostrasi alquanto più lunga della superiore. Il diametro dell’ occhio vien con- tenuto sole tre volte e tre quarti nella lunghezza del capo; men di un diametro si trova tra la punta del muso e il margine anteriore dell'orbita, e poco più di uno tra un occhio e l’altro. L’opercolo è marginato triangolarmente con l'angolo molto rotondato ; similmente lo è il preopercolo, ma con l'angolo più in basso e meno smussato, La li- nea laterale segue per buon tratto un andamento convesso, quindi è quasi retta fino al termine del tronco, e là dove interseca la maggior altezza, dista un terzo dal profilo del ventre. Le scaglie sono sottilissime, presso che semicircolari, leggermente convesse nell’estremità che aderisce alla cute, più cospicuamente raggiate che negli affini, e col punto onde partono i raggi retroposto quasi presso alla circonferenza: tredici sono le serie in cui vengono disposte le dette scaglie, sette delle quali al di sopra di quella ‘per cui passa la linea laterale che ne conta quarantadue. Alla metà del pesce, esclusa la caudale, nasce la pinna dorsale, il cui secondo raggio misura quasi tre quarti della lunghezza del capo; l’ultimo giunge solo alla metà del primo: estendesi la di lei base per due terzi dell'altezza del più lungo raggio. Le pettorali s' intestano sotto l’opercolo anteriormente alla di lui estremità, e giungono a tal distanza dalle ventrali quanta è quasi la metà della lunghezza loro: esse ventrali escon sotto la dorsale un terzo più lungi dall’inserzione delle pettorali che da quella dell’anale, e sono un sesto circa più brevi di queste. La distanza dell’anale dalle ventrali è appena un quarto della lunghez- za loro: il primo suo raggio, lungo il doppio dell'ultimo e un poco più della base, misu» ra due terzi del primo raggio della dorsale. La caudale stende pochissimo più del capo. Superiormente è un verdognolo chiaro alquanto più vivace sul capo, e degradante assai rapidamente in argenteo che rifulge meglio sul ventre. Le pinne del dorso e della coda sono quasi del colore del tronco; le pettorali, le ventrali e l’anale sono ordina- riamente decolori, ma inoltrando la primavera tingonsi a gradi a gradi di un delicato . vermiglio, non mai però così intenso come il cinabro del Leuciscus rubella. Filtrando talvolta questo bel colore nelle parti circonvicine le tinge più o meno di se; più rara- imente invade l’intero pesce, d'onde le meravigliose Lasche rosse che di tempo in tempo rallegran Je reti. Lo scheletro componesi di 37 vertebre e 18 paja di costole. L'esemplare descritto misurava quattro pollici e tre linee, che raramente oltrepassa, pesando general- mente un terzo di oncia, quantunque registrinsi individui portentosi di quattr'oncie e più. Depone le uova a mezza primavera tra i raduni di piante secche, nelle quali nascon- desi d'inverno. I Perugini, i quali, toscanamente come in tante altre cose, dicono Zasca del Tevere il nostro L. squalus, il cui giovane è quì figurato per conoscerne le differen- ze, chiaman questo lor pesce Lasca del lago, Laschetta, 2 ) i % (2A ” O ppi da ASCA IA VALLAZA SA CCMAIUI © Lo f $ macteo «U Chef e: 4) POTAAZZI 4 AC. ASZ DA Momac di MH Dates LEUCISCUS FUCINI LASCA DEL FUCINO squaLtus cinereo-argenteus: longitudine altitudinem quintuplo superante: capite acutiusculo altitudine corporis vix breviore: spatio interoculari oculo paullo majori: pinnis inferio- - ribus rubellis: dorsali ventralibus opposita, capite vix humiliori, subiruncata. D.10. P.16. Y.9. A.r0. C.20. Lin. lat. sq. 40. ser. 12. F Pi frutto di esperienza, e perciò con molta ragione, dicono i nostri pescivendoli produrre i diversi laghi diverse specie di Zasca: sotto il qual nome ristringono i soli piccoli Squali lacustri di scaglia gentile. Se paragoniamo infatti questa del lago Fucino e quella del Trasimeno le rinveniamo due specie differenti. Questa è meno svelta di quella, onde maggiormente assomiglia alla Rovella, ed ha più stretto ed acuto il capo. La superior mascella di questa è più lunga dell’inferiore, mentre in quella sono ambe- due perfettamente uguali, seppur la inferiore non eccede. La pinna dorsale finalmente offre un altro carattere distintivo; imperocchè nella presente specie è quasi ianto alta quanto è lungo il capo, ed è inserita onninamente a perpendicolo delle ventrali, laddove nella Trasimenica è assai più breve, e spiccia più indietro. Che poi questa Fucense con- fondasi col ZLexciscus rubella comunissimo de’ nostri fossi, nol permettono la più grossa ed erta corporatura del secondo, nè la qualità delle scaglie, assai più dure e più grandi. Nella specie di cui qui parliamo, i profili del dorso e del ventre sono uniforme- mente arcuati in avanti, rettilinei verso la parte assottigliata del tronco, la quale in altezza misura due terzi della propria lunghezza, che supera di un terzo lo spazio occupato dall’anale, e vien compresa sei volte nella lunghezza totale. Il capo è di forma triangolare col profilo pochissimo convesso, continuante le linee del dorso e del ventre senza risalto alcuno, ed è lungo poco men del quinto dell'intero pesce: porta ottusa la punta del muso che trovasi sull’orizontale che passa per lo mezzo del pesce; piccola ed obliquamente fessa la bocca, con la mascella inferiore poco più breve della superiore, e con gli angoli protratti poco oltre la metà dello spazio tra la punta del muso e l’occhio, il cui diametro è appena compreso quattro volte nella lunghezza del capo. Un diame- tro misura quello spazio tra la punta del muso e l'occhio, e poco più di uno quello che passa tra un occhio e l’altro. Rotondato è l’opereolo, angolato inferiormente il preoper- colo. La maggior altezza del tronco misura poco men della terza parte della lunghezza totale, e la grossezza misura un terzo dell'altezza. Dodiei sono le serie di scaglie che rivestono il tronco, sette sopra, quattro sotto alla linea laterale quasi parallela al profilo del ventre, e distante da quello per due quinti della maggiore altezza del pesce là dove la trapassa. Le scaglie sono quasi circolari, visibili per buona metà, radiate a ventaglio 104 LEUCISCUS FUCINI. in avanti, centinate all'indietro. La dorsale incomincia alla metà del pesce, esclusa la caudale; il secondo suo raggio è poco più breve della lunghezza del capo, l'ultimo è po- co più della metà del primo; la base della pinna è due terzi dell’ altezza del secondo. Le pettorali s'intestano sotto all'estremità dell’opercolo: la lunghezza loro è poco mi- nore del secondo raggio della dorsale: lo spazio che corre tra la lor punta e l’intesta- tura delle ventrali è due terzi della lunghezza delle prime. Le ventrali hanno origine poco avanti la dorsale, più prossime all’intestatura dell’anale che a quella delle pet- torali; e son lunghe poco meno delle medesime. L’anale s'allontana dalla punta delle ventrali suddette per la metà della lunghezza loro; il suo primo raggio è poco più di due terzi del secondo della dorsale; l’ultimo è la metà del primo; la base è poco men dell'altezza del primo raggio. La caudale avanza di poco la lunghezza del capo. Verde olivo con riflessi di argento è sul dorso, il qual colore va scemando verso la linea laterale, ove assume un argentino quasi sporco: la stessa tinta del dorso, ma più atra alquanto, cuopre la sommità del capo, d'onde trapassa in argentino tanto più netto quanto più si avvicina al centro. La pinna dorsale è color di oliva fradicia con l'estremità più scura. La caudale segue le stesse fasi. Le pettorali, le ventrali, l’anale simulano un nastro che abbia una striscia longitudinale rossastra ed altra giallognola. Lo scheletro componesi di 37 vertebre sostenute da 15 paja di costole, quante sono nel L. trasimenicus, ma più sottili. L'esemplare scelto fra i grandicelli ordinarii misurava quattro pollici e mezzo. In alcuni paesi di Toscana, non sappiam con quanta proprietà, udimmo imporre ad. una Zasca affinissima a questa, e forse alla trasimenica, il nome di Boga, che modifi- cato diversamente per tutta Italia spetta ad un ben cognito Sparide marino, cioè al Box boops, Nob. ossia Box vulgaris, Cuv. LEUCISCUS ALBUS LASCA ALBO squaLis albo-virens argenteus, longitudine altitudinem sextuplo superante: capite altitu- dine corporis multo longiori: spatio interoculari fere duplo oculo maximo: ore am» plissimo: pinnis parvulis, subnigricantibus: dorsali ventralibus opposita, subiruncata. D., 10. P.16. V.9. A.1r. C. 19. Lin. lat. squam. 46.ser. 12, + È aLBus Piscis, Salvian. Pisc. Hist. p. 88. fig.20. sub nomine Alburni incur. calcogr Cyprinus: aLpo Italis dictus, Arted: Synon. Pisc.p. 13, sp: 26. ex. Salw, aLso, Gambini , Lago Trasim. p.77» p erchè mai 1’ 4/bo, distinto ottimamente dal Salviano, non si registra ne’ cataloghi della scienza, quantunque il grande Artedi lo accettasse? Fu disgraziato questo pesce appresso Linneo, che non ne fece menzione. Tanto vale l’oblìo di un sì chiaro. Maestro! Proprio si è del lago Trasimeno, nel quale mal supponemmo altra, volta ch’ esistesse una specie peculiare di Scardinius: altro non essendo. la Scarpata di quel lago, detta ivi altresì Sputapane, che il nostro Leuciscus scardafa. Somiglia, è vero, allo Squalo, ma ne differisce assai bene per la dimora esclusivamente lacustre, e pe’ caratteri distintivi che ripetuto dall’ Artedi c'indicò lo stesso Salviano quando in sostanza disselo un poco più svelto e più gobbo dello o di muso più acuto, di più grandi occhi, di pinne più scure, di scaglie più larghe: a’ quali caratteri è d’anteporsi lo squarcio grande e protratto della bocca, non solo maggiore che nello. Squalo, ma in ogni altro Leucisco finor conosciuto. La material descrizione del pesce andiam formando eosì. Poco incurvi sono i profili superiore ed inferiore, mostrandosi alquanto più concavo quello del ventre verso la parte assottigliata del tronco, l'altezza della quale è superata due volte dalla lunghezza, ch'è quasi uguale ad un sesto di tutto il pesce, e doppia dello spazio occupato dalla pinna anale. La maggior altezza del corpo, che cade ira le pettorali e le ventrali, vien compresa poco men di sei volte nella totale lunghezza, e la grossezza è quasi due terzi dell'altezza. Il capo molto più lungo dell’ ona del tronco. è contenuto appena quattro volte e mezzo nella lunghezza del pesce: il suo. profilo è quasi retto con poco risalto da quello del dorso; la mascella inferiore. curva alcun poco, continua il profilo del venire. Fondeggianio discretamente verso i lati è la parte superiore del capo stesso. La punta del muso, ellitticamente contornata, trovasi sull’orizontale che passa sopra la metà dell'altezza del tronco. Lo squarcio della bocca dolcemente obliquo si protrae fin oltre la metà dell'occhio; il cui diametro vien compreso quattro volte e mezzo nella lun- ghezza del capo: un diametro e un quarto misura lo spazio tra esso occhio e la punta 10/4* LEUCISCUS ALBUS. del muso; molto men di due diametri la distanza tra un occhio e l’altro. L' opercolo è pochissimo angolato, tondeggiando piuttosto in tutto il suo contorno: lo stesso è del preopercolo. La linea laterale presenta un andamento quasi parallelo al profilo del ven- tre, da cui'si allontana per due quinti dell'altezza dove essa è maggiore. Grandi sono le scaglie, disposte in dodici serie, quattro sotto e sette sopra alla linea laterale: la figura loro è quasi circolare; e tanto nella visibile quanto nella embricata opposta parte sono raggiate a ventaglio dal centro, centinate da quella che aderisce alla cute. La pinna dorsale piuttosto troncata si origina avanti la metà del pesce ad una distanza dal termi- ne dell’ opercolo poco maggiore della lunghezza del capo, e si estende per due terzi dell’ altezza del secondo suo raggio, il quale è lungo poco più della metà del capo; l’ul- timo raggio è alquanto minore della metà del secondo. Le pettorali s’intestano sotto al margine estremo dell’opercolo, e son poco più lunghe dell'altezza della dorsale. Le ven- trali, più brevi quasi un quarto delle pettorali, sono inserite poco avanti il perpendicolo della dorsale: distano esse dall’inserzione delle pettorali poco men della lunghezza del capo, e dalla punta di esse più di una metà della propria lunghezza. L’anale spicca lun- gi dall’inserzione delle ventrali per una volta e mezza della loro lunghezza, e si protrae lungo il ventre per due terzi dell'altezza del primo suo raggio, che è quasi uguale al secondo della dorsale, l’ultimo essendo la metà del primo. La caudale è quattro quinti della lunghezza del capo: il suo biforcamento comincia alla di lei metà. Il color del dorso, che tinge ancora tutte le pinne, è bianco cinereo leggermente tin- to di verdognolo, e distinto appena dall’argentino dei fianchi, che dà in perla sul ven- tre; onde per la chiarezza generale il pesce prese il nome di 4/%0./| Lo scheletro consta di 42 vertebre sostenute da 17 paja di costole. L'esemplare che abbiamo descritto misu- rava dodici pollici. Giunge al peso generalmente di tre libre, e talun individuo ne pe- sava fin sei. La sua carne insipidissima, e perciò tenuta a vile, non serve che di cibo alla povera gente quando raramente la pigliano in quel lago che molto gode dell’ab- bondante peculiar sua Laschetta, e nulla gli duole la rarità di questo ignobile alunno. LEUCISCUS CAVEDANUS LASCA CAVEDO SQUALIUS. cinereo-argenteus,, longitudine altitudinem quadruplo superante: capite multo bre- viori altitudine corporis : spatio interoculari duplo magnitudine oculi: pinnis parvulis, decoloribus : dorsali inter ventrales et analem opposita, subrotundata. D. 10. P.15. Z.9. A.11. C.20. : Lin.lat. sg:45. ser, 12. + CAVEDANUS,, Aldrov. Pisc, lib. v. în cap. xvii. p. 600. Bellon. Aquat. lib. i. p.315.. OYPRINUS GAPITO,, Scopoli, Delic. Faun. Insubr. p. 73. I n mezzo alla confusione che regna negli scritti degli autori intorno ai Zexcisci per la indigesta accumulazione de’ nomi locali, raramente o. non mai essendosi esaminati i pesci che li portano, non v'è altro filo per uscirne dal labirinto che di studiare e verifi- care nuovamente ogni lago, ogni fosso, e determinarne le produzioni ittiologiche dietro i principii da noi stabiliti. Non risparmiammo perciò la ricerca del Cavedo. de’ Bolo-. gnesi, nel quale non dubitavamo ritrovare il Zewciseus Squalus Nob. tra le cui volgari denominazioni aveva il dotto, bolognese Aldrovandi registrato il nome di Cavedanus. Fummo. però. sorpresi da meraviglia quando in quel Cagedo ritrovammo una specie di Leucisco non solamente diversa, ma caratteristica molto, e nuovissima affatto. Nè con lo. Squalo. propriamente: detto,, nè con. alcun: altro de’nostri Squalii può esso confondersi, perchè porta la pinna dorsale retroposta fra le ventrali e l’anale. Per questo. carattere specifico,, e per la maggiore altezza del corpo. somiglia soltanto: a quello. Scardinio no- strale che abbiam denominato Z. Scardafa; dal quale tuttavia, oltre essere di un altro sottogenere, differisce per lo. colore assai men cupo. Quello. poi fra gli esteri Leucisci cui men dissomiglia, sembraci che: sia il Dobzla ; il quale però è: meno alto, ha il capo men largo e assai più lungo, compreso. cioè quattro. volte sole nel pesce, ha la bocea più profondamente fessa, le pinne pettorali più estese, il colore molto più intenso e più cuprino, le scaglie più piccole e più embriciate. Convesse sono le curve: del dorso e del ventre che tendono. al retto nella parte assot- tigliata del tronco, la quale: in altezza misura due terzi della lunghezza compresa sei volte e mezzo. nella totale del pesce, ed uguaglia una volta e mezzo lo spazio occupato dall'anale: La maggiore altezza del corpo la qual cade poco avanti le ventrali, è il quar- to della totale lunghezza, e la grossezza è la metà dell’altezza. Il capo, che non arriva a misurar l'altezza del tronco, enira quasi cinque volte: nella lunghezza totale; ed ha pro- filo quasi retto, con pochissimo, risalto dalla linea del dorso: la mascella inferiore al- quanto, angolata, si trova in continuazione col profilo. del ventre: piuttosto tondeggiante è la parte superiore del capo. La estremità del muso, terminata circolarmente, risponde: all'orizontale che passa pel mezzo dell’animale. Lo squarcio della bocca, che corre LEUCISCUS CAVEDANUS. quasi la stessa linea, non giunge neppure sotto il margine anteriore dell'orbita; la ma- scella inferiore è sensibilmente più breve dell’altra. L'occhio ha per diametro un sesto della lunghezza del capo, e dista quasi due diametri dalla punta del muso: tre diametri misura la distanza tra un occhio e l’altro. L'opercolo è marginato ad angolo quasi retto, e tondeggia alcun poco nella parte inferiore; il preopercolo similmente è angolato, ma molto più in basso, La linea laterale ha un andamento quasi uniforme al profilo del ventre, e si allontana da esso per due quinti dell'altezza dove essa è maggiore. Gran- dette sono le scaglie, disposte sul tronco in dodici serie, sei sopra, cinque sotto alla linea laterale che ne conta quarantacinque: e scorgonsi di forma ellittica, centinate nella estre- mità posteriore, embriciate per due terzi della loro lunghezza, raggiate a ‘ventaglio nella parte che lascian visibile. La pinna dorsale troncata per dritto si origina quasi al mezzo del corpo lungi dall’ opercolo più di una volta e mezzo della lunghezza del capo, e si estende sul dorso per tre quarti dell'altezza del secondo suo raggio, il quale è lungo due terzi del capo: l’ultimo raggio è poco più della metà del primo. Le pettorali s’' inte- stano poco prima che termini l’opercolo, e sono lunghe quanto è alta la dorsale. Le ven- trali un quinto più brevi sono inserite tra la dorsale e la punta delle pettorali, distan- do dall’inserzione delle ultime poco più della lunghezza del capo, e dall’estremità delle medesime quasi la metà di loro stesse. L'anale comincia lontano dalle ventrali per tre quarti della lunghezza di quelle, e si estende per tre quarti dell'altezza del primo suo raggio, che è un quinto più breve del secondo della dorsale; l’ultimo essendo la metà del primo. La caudale misura tre quarti della lunghezza del capo, il suo biforcamento comincia quasi alla di lei metà. Lo scheletro consta di 41 vertebre sostenute da 21 paja di costole, due cioè di più del L. squalus. Tale si è il Cavedo che i Bolognesi pescano comunemente nel piccol Reno, e che fi- nora non sappiamo se alligni in altri fiumi d’Italia. Possiam però quasi dire che non si ritrovi nella parte meridionale cisappenina della penisola, e che quivi ceda il luogo al L. squalus. Se avesse a giudicarsi da’ volgari nomi per analogia, potrebbesi dire che il Cavian o Cavezzale de’ Veneti sia lo stesso pesce, il quale probabilmente percorra i fiumi del versante superiore d’Italia, ove gioverebbe il sapere sino a qual confine si estenda prima che gli subentrino le ben dichiarate specie Francesi e Tedesche, alcune delle quali si rincontrano identiche nella lontana Dalmazia e non fra noi: come interessereb- be anco più il conoscere in qual parte dell’Italia meridionale venga sostituito dal no- stro L. sgualus. Crediam poter azzardare la ipotesi che i fiumi del Tirreno abbian lo Squalo, que’ dell’ Adria.ico la specie che descriviamo. A questo proposito ci cade in acconcio il ricordare che anco il ZL. squalus in talun paese di qua dall’ Apennino dicesi Gavedo. Al confin di Toscana, nella terra di Canino, avvien di fatti così; ed il Belon dice che a’ suoi tempi così propriamente chiamavasi in Roma lo Squalo giovane; del quale appunto aggiungiam la figura nella tavola stessa che racchiude la Rovella e la Mozzella (Strai de’ Bolognesi). E ciò per la ragione che suolendo egli essere contubernale di quelle, con le quali potria pur confondersi in te- nera età, ed usurpando loro talvolta il nome di Zasca bastarda, ne giovi ora il confronto a ravvisarne le differenze, che oltre le diverse proporzioni registrate nelle rispettive diagnosi consistono nella linea laterale che il detto Squalus ha più elevata, nelle sca- glie a strie più rade e più divaricate, nella pinna dorsale sensibilmente retroposta alle ventrali, e molto più breve del capo. Ta LA ipa (OSL. va do VELA SALI e Gees? A CATA LEUCISCUS ROSEUS LASCA ROSATA LEUCISCUS roseo-argenteuss longitudine vix altitudinis quadrupla: capite acuto, dimidio bre- viori altitudine corporis, sextum longitudinis vix superante: spatio interoculari duplo amplitudine oculi: pinna dorsali vix humiliori longitudine capitis, ventralibus opposita, margine terminali subcavo. 8 D. 12. P/10. V.g9. 4.13. C.24. Lin. lat. sq. 46. ser. Lera Viso grazioso Pesce di lago mandatoci dal Piemonte, e del quale abbiam procu- rato invano il saper di più, quantunque si accosti un poco agli Squali per la grandezza delle scaglie, è tuttavia del sottogenere Zewciscus, ed assomiglia nelle forme e nel colore il Leuciscus Prasinus di Agassiz. Da questo però distinguelo abbastanza la forma tanto più acuta del capo. 11 profilo del dorso rilevante quasi per un gradino al di dietro del capo procede ad arco fino all’intestatura della pinna dorsale, e poi discende quasi retto fino alla caudale: quello del ventre incurvasi alquanto fino. all'intestatura dell’anale, dove maggiormente s'inflette, e da onde procede quasi retto sulla parte assottigliata del tronco alta la metà della propria lunghezza, cioè poco meno di un settimo della totale. La più elevata altezza del pesce è maggiore della quarta parte della lunghezza; la grossezza è due quin ti dell'altezza. Il capo dalla sua punta al margine posteriore dell opercolo cape cinque volte e mezza nella totale lunghezza dell'animale, ha forma triangolare, con andamento rettilineo al di sopra e al di sotto, che dopo la mandibola si Losi alcun poco: la fronte è ampla, alquanio convessa; l'apice del muso è leggermente rotondato: la bocca sta in linea di un quarto dell’altezza del pesce presa dal profilo del ventre, il suo ta- glio è quasi orizzontale, la mascella superiore sensibilmente più lunga. Rotondo è l’oc- chio, il cui diametro vale un quinto della lunghezza del capo; ed un suo diametro e mezzo lo divide dalla punta del muso, mentre due diametri passano tra un occhio e l'altro. Il preopercolo ad angolo retto è smussato, e con un lato quasi orizzontale: l’oper-. colo è curvilineo. La linea laterale conforma la’ sua curva con quella del profilo del ventre; e dove l'altezza è maggiore dista dal detto profilo un terzo e poco più della me- delia formasi la detta linea dalla continuazione dei piccoli tubetti rilevati sopra cia- scuna scaglia che la segna, e di tanto poco interrotti che sembrano congiungersi insieme. Le scaglie quasi circolari, raggiate a grandi intervalli, imbricatissime tra loro e fortemente aderenti, si dispongono in sedici serie sopra ciascun fianco, otto cioè al di sopra, sette al di sotto di quella che forma la linea laterale che ne conta quarantasei. La pinna dor- sale intestata a quasi un sesto innanzi la metà del pesce, consta di dodici raggi ramosi, gli anteriori de’ quali essendo più lunghi corrispondono quasi alla lunghezza del capo, 126 LEUCISCUS ROSEUS. mentre l'ultimo non arriva alla metà dei primi; e la base di essa pinna è tre quarti dell'altezza del secondo raggio. Le pettorali, nascenti a così poca distanza dall'opercolo quanta si forma da un mezzo diametro dell'occhio, compongonsi di sedici raggi, i supe- riori dei quali più lunghi han tre quarti della lunghezza del capo. Le ventrali, intestate poco più al di là del perpendicolo in cui si origina la dorsale, contano nove raggi ramosi, la maggior lunghezza dei quali è poco minore di quella delle pettorali: la metà della detta lunghezza corre tra la di loro punta e l’anale che componesi di tredici raggi, tra i quali il secondo più lungo è un sesto minore delle pettorali, e misura la base di essa pinna. La caudale poco profondamente forcuta vanta ventiquattro raggi. i La sua tinta generale è argentina rosata, color piacente, che suggerivane il nome. L’esemplare che abbiam qui descritto, a più di nove pollici si stende. LEUCISCUS GENEI LASCA DEL GENE LEUCISCUS cinereo-argenteus, macula axillari lutea; longitudine quadruplo cum dimidio altitudinem superante : capite valde breviori altitudine corporis, sextum longitudinis aequante: spatio interoculari duplo amplitwdine oculi : pinnis parvulis ad basim lu- tescentibus; dorsali valde humiliori longitudine capitis, ventralibus opposita, margine terminali subcavo. Daron SE 0 VE) VAI EC, ELIA ESA ORSETNTI RI ue II Desderai da gran tempo dar prova della mia grande estimazione al celebre pro- fessore Géné, degnissimo suecessor del Bonelli nella direzione del Real Museo Torinese d’Istoria Naturale, e Segretario dell'Accademia delle Scienze di quella coltissima città. Ben volentieri a ciò mi porgo in quest'oggi coll’intitolargli la presente normalissima spe; cie di Zeucisco, che vive appunto nel paese che lo chiamò d'altrove a quella cattedra di Zoologia, tanto più ch'egli stesso ce la mandava in compagnia di molti altri de’ laghi di Piemonte. Malgrado ripetute indagini nov abbiam potuto venir in chiaro del nome vol- gare che porti colà, nè di altre notizie che la riguardino. Dobbiam perciò contentarci della figura e della descrizione che segue; le quali speriamo che possano eccitare la cu- riosità degl’Ittiologi, onde saperne di più, e registrarla con sufficiente corredo nei cata- Joghi della scienza. I profili del dorso e del ventre rotondamente s'incurvano fin’ oltre Ja metà dell’ani- male, seguono quindi alquanto più retti, e la parte assottigliata del tronco, lunga un terzo più che non è alta, comprendesi sette volte nella totale lunghezza. La maggior altezza che trovisi tra le pettorali e le ventrali, misura meno di un quarto della lun- ghezza totale, ed ivi la maggior grossezza è la metà dell'altezza. Il capo è lungo poco più di una sesta parte del pesce, va leggermente obliquo al di sopra discendendo mag- giormente verso la punta del muso; la fronte è convessa; il mento non ha angolo che lo rilevi: la mandibola è più corta della mascella; il taglio della bocca è pressochè oriz- zontale, e protendesi quasi fin sotto al margine anteriore degli occhi. L'orbita è circolare, ed il suo diametro è un quinto della lunghezza del capo: corre un diametro e un quarto tra la punta del muso ed il di lei margine anteriore, due ne passano tra un occhio e l’al- tro: il preopercolo è rotondato, l’opercolo leggermente angoloso. La linea laterale segue un andamento quasi retto circa il mezzo. Le scaglie sono poco men lunghe che larghe, rotondate all'esterno e fittamente raggiate: le serie loro giungono a ventidue in ciascun lato, undici cioè di sotto, e dieci di sopra della linea laterale, lungo la quale succedonsi una sessantina di scaglie. La dorsale spicca alla metà del corpo, non valutandovi la cauda- 126* LEUCISCUS GENEI. le; ha i raggi anteriori poco meno lunghi del capo, l'ultimo più breve della metà. Le pet- ict che par nascano dall’ opercolo, son tre quarti della detta lunghezza, e tra Ja punta loro e le ventrali corron tre quarti di quella misura, quanto cioè son lunghe le dette ventrali. Tra la punta poi di queste e l'anale è uno spazio pari alla metà di esse; ed il secondo raggio dell’anale uguaglia in altezza la lunghezza delle ventrali, avendone l’ul- timo ancor minore della metà del primo. La caudale profondamente forcuta è un poco più lunga del capo. Argentino squallido è il color del presente Leucisco Sesia alquanto di scuriccio sul dorso, e cosparso lungo il mezzo di minutissimi puntini scuri, parecchi dei quali ciascuna scaglia s'indossa. "Se abit vano il ripetere che questo, come tutti gli altri con- generi, veste nelle parti inferiori più chiaro e più netto il color ch’è di sopra. Una iraceia più o men giallastra distingue la base di ciascuna pinna; ed una dichiarata macchia di giallo intenso alle ascelle i fa ravvisare a prima vista da quegli altri che più gli so- e Misurava il Pesce descritto sette pollici. LEUCISCUS HEEGERÌ LASCA DELL''HEEGER scArpINIUS ex rubello cinereo-argenteus ; longitudine altitudinis quintupla et ultra : capite subpari altitudini corporis: spatio interoculari sesquiamplitudine oculi: pinnis medio- cribus, sub-rubellis ; dorsali capite parum breviore, opposita inter ventrales et paryu- lam analem, margine terminali subcavo: dentibus hamulatis, interne serrulatis. Dave Lao e/o, b4.10. 0.34. Lin, lati sg. 60. ser. .70, - ; LEUCISCUS HEEGERI, Agass. in Mem. Soc. Hist. Nat. Neufchat. I. p. 38. uesto Zeuciscino, meritevole quasi di formare un genere da se, vien da noi conservato al nostro Scardinius per lo squarcio tanto verticale della sua bocca e per la posizione della sua dorsale. Distinguesi però dagli Scardiniî per una corporatura tanto svelta che lo potreste dire uno sveltissimo Squalio, ed ha il ventre non dissimilmente rotondato. Trovasi nelle acque correnti di qualche parte dell'Istria, e quindi portasi al mercato della prossima Fiume, quantunque la sua carne sia di misero pregio. Il ch. Agas- siz, in quella sua Memoria sui Lewcisci del lago di Neufchatel, ove espone con tanta maestria l'intricatissima famiglia dei Ciprinidi, annoverollo tra le specie rotondate di Lez- cisci, dedicollo al signor Heeger riputato Entomologo Tedesco, e a noi generosamente do- navane la descrizione unitamente all’esemplare che abbiam figurato. Il profilo del dorso è alcun poco incurvato sul dinnanzi fino oltre la pinna dorsale; discende poi quasi retto fino alla caudale: quello del ventre è rettilineo fino all’anale, dove incurvasi fortemente, e quindi procede quasi retto sulla rimanente parte assotti- gliata del tronco: la quale estendesi poco meno di un quinto della totale lunghezza, ed è alta due terzi della sua propria. La maggiore altezza tra le pettorali e le ventrali misura poco più d'un sesto di quanto è lungo il pesce, e la maggior grossezza dopo l'opercolo corrisponde a metà dell'altezza. 1l capo è lungo poco più d’un quinto di tutta la lunghezza: la fronte leggermente convessa discende quasi retta fino all'apice del muso: la mascella inferiore elevandosi forma un angolo colla carena inferiore, ed un altro angolo anche più pronunziato colla superiore: la punta del muso è piuttosto acuta; le mascelle son quasi uguali, lo squarcio della bocca molto obliquo ed assai breve, non giungendo al margine anteriore dell’ occhio. Il diametro della rotondissima orbita vale un quarto della lunghezza del capo; e la misura di un tal diametro corre tra la punta del muso e il margine anteriore di quella; gli occhi distano per un dia- metro e mezzo tra loro. Il preopercolo è rotondato; l’opercolo posteriormente angolato. La linea laterale nasce dall’attaccatura dell’opercolo, s'abbassa leggermente curvandosi, e quindi ai due terzi del pesce si prolunga rettilinea nel mezzo del tronco; colà ove LEUCISCUS HEEGERI. cade la maggior altezza del pesce dista dal ventre due quinti soli della medesima. Le scaglie a lati paralleli, imbricate molto, rotondate nel margine scoperto, e raggiate con- spicuamente, formano sedici serie da ciascun lato, cioè sei al di sotto e nove al di sopra della linea laterale, lungo la quale giungono al numero di sessanta. La pinna dorsale leg- germente incavata nel suo margine terminale spiccasi a due quinti della totale lunghez- za, ha il secondo raggio poco men alto che non è lungo il capo, l’ultimo alquanto mi- nore della metà del secondo, Le pettorali inserite vicino all’opercolo son lunghe poco - più di due terzi del capo, giungendo colla punta loro a toccar la base delle ventrali, che son lunghe un quarto meno di esse, e distano dall'anale poco meno della metà di loro lunghezza: il primo raggio di questa ultima pinna uguaglia in lunghezza le ventra- li, l'ultimo è la metà del primo. La caudale è lunga quanto il capo. Il colore di questo pesce è di un cinereo argentino lievemente ombrato di rossastro che pur si degrada secondo il solito sopra i fianchi, tingendo però più fortemente le pinne inferiori. L'esemplare descritto misurava sei pollici e due linee. “ai È Lai A Pisi Disatrocofti: e4 1439. TELESTES SAVIGNY MOZZETTA DEL SAVIGNY TELESTES cinereo-argenteus, longitudine altitudinem quater superante : capite obtuso, bre- viore altitudine corporis : ore infero; rostro tumido, prominulo : spatio interoculari ses- quimajori diametro oculi: pinnis pectoralibus paryulis: dorsali valde humiliori longitu- dine capitis, pracposita, subtruncata. D. 10. P.14. V.9. A.10. C.25. Lin. lat. Sq. 50, ser. 15, +. LEUcIScUs sAvienwi? Valence. in Mus. Paris. Ì questa Iconografia parlando del Lewciscus squalus contradistinguemmo come sot- togeneri i tre gruppi Lewuciscus, Squalius, e Scardinius: quindi nella Monografia de’ Leu- cisci europei aggiungemmo un quarto sottogenere chiamandolo Telestes: ora innalziamo ugualmente i quattro gruppi suddetti al grado di genere. Dei tre inclusi nella Iconografia sì veggano i caratteri nell’articolo di quel pesce, ora Sqgualius tyberinus; del Telestes li aggiungiam di presente. Corpo terete, piuttosto allungato ; capo breve, di muso roton- dato, sporgente oltre la bocca piccola ed aperta inferiormente: pinna dorsale opposta al- le ventrali, e più o men rotondata: pettorali grandi: squame piccolissime: linea laterale | scorrente lungo il mezzo. I denti faringei poi sono uncinati, e disposti in due serie, sono cinque cioè all'esterno e due all’interno; laddove negli Squali, che gli hanno più acuti e meno incurvi, si dispongono in tre serie, contandosi cinque di essi nell’esterna, tre nella media, e due nell'interna; e nello Scardinius, che li ha pur esso biseriali, non solo son fatti espressamente ad amo, ma son pure dentellati internamente. Tale impor- tante diversità ci ha persuaso l'innalzamento al grado di genere. E già di mano in ma- no che si studia un gruppo ne saltano agli occhi.i particolari: così di un Pesce farai bentosto un Ciprinide; di un Ciprinide un Leucisco ; e di questo più tardi un 7elestes. Ed a noi medesimi sarebbe sembrata enormità da principio il fare un genere dell'an- fico Leuciscus che ora in quattro scindiamo. La corporatura del Telestes, che è la più lontana dalla compressa del Chela, prossimo ai Clupeidi, gli prefigge il primo posto tra ì Leuciscini: tanto più che la piccolezza delle squame ben lo rannoda al Phoxinus, ul- italiane; le quali non possiamo finora credere che siano più di due, il muticellus cioè, e la presente, stimando che alcune diversità osservate secondo i luoghi, non siano 14.6 = © TELESTES SAVIGNY. che semplici modificazioni di questa. Giunge a dimensioni maggiori della comun 2/03- zella, e sembra propria delle parti settentrionali d’ Italia, pescandosi nel lago di Lugano, ed in varii minori del Piemonte. La riconoscemmo nel Museo di Parigi; ed il professor Valenciennes avendoci ivi detto che sariasi compiaciuto di chiamarla col nome di Savi- gny, perciò noi e per deferenza al primo, e pel rispetto che abbiamo al secondo, non men venerando che giudiziosissimo scrittore, glie lo sanciamo publicamente. Passiamo intanto a descriverla facendo riflettere che i principali caratteri, che, oltre la statura mag- giore, la distinguono dal muticellus sono il muso tumido, l'occhio più grande, la dorsale troncata, le pettorali tanto più brevi. LIS Il corpo di questo pesce è fusiforme allungato, piuttosto compresso principalmente nella metà posteriore. Il profilo del dorso è molto convesso dall’occipite al termine della sua pinna, quindi procede concavo sempre più che accosta verso la parte assotti- gliata del tronco. Quello del ventre è del pari assai convesso dalla gola alla origine dell’ anale, ove, salito tostamente, prende lo stesso andamento dell'altro. La maggiore altez- za, che cade sotto la origine della dorsale, cape quattro volte nella totale lunghezza. Il capo conico, leggermente declive fino oltre la regione nasale, ove avvallandosi scende rapidamente obliquo, talchè il muso ne riesce tumido ed ottuso, costituisce una quarta parte del pesce esclusane la coda. L'occhio ampio, rotondo, occupante un quarto del capo, dista un diametro e un quarto dalla punta del muso, e per uguale spazio è diviso dal suo compagno. Angusta è la bocca, situata molto inferiormente, squarciata alquan- to obliqua, ma non al di là del margine anteriore dell'orbita. Le duplici narici distano dall’apice del muso quasi un diametro dell'occhio ; le anteriori sono ovate oblunghe, le posteriori semilunari, Il preopercolo non è molto largo, e va rastremandosi grado grado che ascende. Il subopercolo assai angusto ha il suo margine ascendente quasi nascosto sotto il preopercolo. L'opercolo ha il margine inferiore rotondato, il posteriore troncato, leggermente concavo. Le squame irregolarmente rotonde son quadripartite, e di condizio- ne diversa in ciascuna parte: quella cioè che s'impianta nella cute è vagamente e minu- tissimamente striata a ventaglio; le due laterali sono levigatissime e trasparenti; la più esterna ha del pari le strie, men però visibili perchè ricoperte di una tinta lurida sparsa di frequenti piccolissimi punti rossigni. La linea laterale corre poco più bassa del mezzo del corpo leggermente concava fino alla parte assottigliata del tronco, d'onde procede retta. L'ano ampio e rotondo sta in mezzo fra l'estremità della coda e il margine poste- riore dell'orbita. La pinna dorsale quadrilatera spicca poco innanzi la metà del pesce non valutandovi la caudale, ed è alta un quarto più che non è lunga, cioè un buon terzo meno della lunghezza del capo. Le pettorali oblunghe sono molto :più brevi di esso capo, e con l’acuta punta distano dalle ventrali un terzo della propria lunghezza. Le ventrali quasi triangolari spiccano a perpendicolo della dorsale. L'anale è più gran- de di esse, uguale quasi alla dorsale, ed anco più troncata di quella. La caudale più breve del capo biforcasi oltre la sua metà. Orlato largamente di squallido violetto, che va più diluendosi grado grado verso la linea laterale, è sul dorso. Il ventre argentino è languidamente rosato. Le pinne sono giallognole. | L’esemplare descritto misurava più di sei pollici. SCARDINIUS ERYTHROPHTHALMUS SCARDAFA OCCHIROSSA ScARDINIUS olivaceo-argenteus, valde gibbus, ventre acuto; longitudine altitudinem parun ultra ter superante: capite corporis altitudine tertio breviori : spatio interoculari duplo oculo praegrandi: pinnis grandiculis rubris; dorsali inter ventrales et analem oppo- sita, subtruncata. D. tr. Pirg. Vi g. Acik. €Corg. Linvlat. sq. 42, sen. O CYPRINUS ERYTHROPHTHALMUS, Linn. Syst. Nat. I. p.550. sp.19. Id, Faun. Suec. p.129, sp.366. Gmel. Syst. I. p.1429. sp.19. Bonnat.in Tabl. Enc. Ichihyol. p.199. sp.38. tab.81. fig.557. Ascan.Icon.tab.42. Bloch, Fischw, tab. 1. Schneid. BI. Syst. p. 454. sp.1. Castel, BI. Hist. Poiss. VII. p. 19.sp. 1. Lacép. Hist. Poiss. FI. p. 38. Osbeck, Vet. Acad. Handl.1771. p.152. tab. 4. fig. h. Retz, Faun, Suec.p.358. sp.118. Donndorf, Eur. Faun. VII.p.702. Hartmann, Helv. Ichth.p.221. Donov. Brit.Fish. II.tab.ho. Turt Br. Faun. p.108, Nilsson, Prodr. Ichth. Scand. p.28. sp.5, Ekstrom, Vet. Ac. Handl. 1850, p.162. Eichw. Zool. spee.ITI.p.o01.sp.19. Jenyns,Man.Engl.Vert.p.412.sp.93. Fries et Ekstròm, Skandinav. Fiskar, Haft. IV.p.74. tab. 16. cyPRINUS compPressus, /7o/!b. Gòiheb. N. Handl. V. p. 66. cum fig. junior. LEUCIScUS ERrTROPHTHALMUS, HF/em. Brit. An. p.188. sp. 66. Fitz. Prode, Faun, Austr. p. 337. LEUCISCUS RUBELLIO, (ronne potius enyrarxNuSs? ) Schwenckfeld, Agassiz, Scon. RUBELLUS sive RuTILUS? Marsigt Danub.IV. Sect. ii. cap.i. p.41. tab. 15. fig. 4. RooTaAUG idest ERYTHROFATHALMUS Germanis dictus, Bramis affinis, Y/illughb. Ichthyogr. lib. iv. cap. iv. p.249- tab. Q.5. fig. 1. Ray, Syn. Pisc. p. 116. sp. 6. ruTILUS, Leske, Mus. Règn. Anim. Spec. p. 64. sp. 14. cePRINUS iride, pinnis omnibus, caudaque rubris, sArRv, vel saRF Suecis, Artedi, Desor. spee.p. 9. sp. 2. Id. Synon. p.h. sp.3. Id. Gen, Pisc. p.3. sp.2. cYPRINUS pinna ani radiis quatuordecim, pinnis omnibus rubris, Linn. Maun. Suec.1. ed, p,125. sp.524. Kram. Elench. p.593. sp. 9. Mill. Prodr. Zool. Dan. p.51. sp.4k57. cyPRINUS oblongus, cauda vix lunulata, dorso ‘convexo, etc. Gronav. Zooph. I. p.107. sp. 340, cyPRINUS latus, iride erocea, pinnis ventralibus anali caudaque cinnabarinis, Bloch, Fisch Deutschl.I.p,28. sp.1.tab.1. sarve, Daubent. Diet, Ichth in Enc, Méth. Hist. Nat,.III,p.349. ROTENGLE, Cuv. Règn. Anim, II. p. 276. ROTENGLE, RAUFE;, PLATELLE 0U PLATERON, Jurine, Poiss. Lém. p.209 sp.14, tab. 12. CYPRIN ROTENGLE, Bosc, in Nouv. Dict. H. Nat, IX, p. 74 ABLE SARVE, Bory S.4Vinc.in Dict. Class, I. p. 25. rupD, Penn. Brit.Zool.III.p.363.sp.6.tab.72. Id.ed.1812.III.p.h79 tab.85. Bowd.Brit.fr.wat.Fish.tab.21. RED-EYE, RUDD, ROUD, FINSCALE, SHALLOW, Yarr. Brit, Fish. 1. p. 561. cum. fig» roTHAuGE, Meyer, Thierb. IT. pad. tab. 63. La questo Scardinio di pinne rosse, che in niuna parte d’Italia si trova fuorchè in Piemonte, da' cui laghi lo ricevemmo, non sappiam conoscere differenza alcuna col Cy- prinus erythrophthalmus di Linneo; lo pubblichiamo perciò come tale, non senza mera- viglia tuttavia, nè senza tema di errare, quantunque il corrediamo dell’abbondante sino- mimia degli autori. Schwenckfeld fu il primo che distinse l’erythrophthalmus dal rutilus : il Willughby fu il primo a figurarlo, mentre i compilatori che scrissero nel frattempo lo avevano riconfuso con quello, valutando solo il comune color rosso degli occhi e delle 1/6* SCARDINIUS ERYTHROPHTHALMUS. pinne, nulla la diversa direzione della bocca, nulla la tutt'altra posizione della dorsale. Di tutte poi le figure venute finora in luce, e da noi qui sopra registrate, quella datane dai signori Fries ed Ekstrom è preferibile assai. | La forma tanto elevata, il dorso gibboso, e il color rosso delle pinne son circostanze che riunite insieme lo distinguono immediatamente da’ suoi congeneri anco più affini, compreso il nostro Sc. scardafa, che solo fra gl'Italiani lo rassomiglia, ed aveagli usur- pato per fino il nome per lo poco riguardo che alcuni naturalisti concedono alla natura sul vero. È comune in quasi tutta l'Europa, e principalmente ne'laghi e fiumi della Germa- nia, ove l'Oder ne somministra sovente abbondevol cibo ai majali. Tenacissimo di vita, e quindi facilmente portatile a popolar piscine, preferisce i fondi erbosi e le acque tor- bide, nè però fastidisce quelle del mare, sendochè in alcune stagioni si vede in riva del Baltico. Gregario per nativo istinto, non solo accompagnasi con individui della propria specie, ma sin con altri di quelle affini, e molto più Luone a mangiarsi. Così avviene che gli Svedesi, gente assai pescatrice, indispettiti.di sua presenza per causa della po- vera e spinosa carne, ma non però così trista come potrebbesi crederla, proverbiar so- gliono del nome stesso coloro che più s'intrudono dove men si vorriano. La sua pelle è solita a rigermogliare non altrimenti che quella di altri Zexciscini che ci vivono in- torno. La femmina disgravasi in Aprile o Maggio di così grande quantità di uova, pa- zientemente annoverate da taluno fin quasi a cento mila, ma con qualche breve riposo ira le diverse feture, riparando natura in tal guisa alle stragi, cui la specie è soggetta. Nella Senna gode due nomi: Scaverde cioè dicono il giovane, Rozengle l'adulto, che già non sono di due specie ma di una sola; nè possiam sospettare che que’ due nomi popo- lari ne addimandino altrettanti scientifici da coloro che più profondamente studieranno i pesci di quel celebre fiume, nel quale (dicasi a cagion di esempio) noi stessi così da lunge guardando, lorchè applicammo alla Monografia dei Leuciscini, proponemmo il nome di cerisophius ad un di quelli che diguazzano laddentro non per anco descritti. E poichè dovremo illustrare un’altra tavola di Leuciscini, ove sarà figurato il giova- ne di questo erythrophthalmus, di cui abbiamo adombrato qui sopra le più appariscenti diversità dagli altri, perciò rimettiamo a quel luogo la descrizione della specie. Ma non così vogliam tardare lo aggiungere ai congeneri enumerati nell'articolo dello Sc. scar- dafa, lo Scardinius orfus pregevole ornamento dei fiumi di Germania, che malamente credemmo uno Squalius, nè lo Scardinius caeruleus, Yarrell, proprio dell'Inghilterra. Quest'ultimo, non altrimenti che l’erythrophihalmus e lo scardafa, ha la pinna dorsale corrispondente fra le pettorali e l'anale, carattere che non ricorre in tutti gli Scardinzi. Difatti come havvi alcuni Squali, quai sono il dodula, e (notisi bene) l'idus, i quali ci offrono la pinna dorsale intermedia, nè tuttavia si posson credere Scardinii, così v' ha taluni di questi colla pinna dorsale opposta alle ventrali, quale si è il suddetto orfus, e qual'è parimente lo stesso normalissimo decipiens. Il carattere essenziale (non si può ripetere abbastanza) consiste nel taglio della bocca, e nella forma e disposizione dei denti faringei. CHONDROSTOMA RYSELA CONDROSTOMA SOETTA CHONDROSTOMA cinereo-argentea,, longitudine altitudinem quater superante: capite quintumn longitudinis aequante: spatio interoculari valde majore duplo diametro oculi : squamis grandibus : linea laterali curva. D. 12. P.16. V. 10. 4.13. C.27. Lin. lat. sq. 59. ser. 15. ba, CYPRINUS NASUS,, Naccari, Itt. Adr. p.21. sp. 85. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 160, N on abbiamo altra ragione per dare a questa Chondrostoma il nome di rysela se non quella che due Condrostome europee son registrate dall'Agassiz; e non essendo que- sta la comune Chondrostoma nasus del Settentrione di Europa, così argomentiamo che sia quell’ altra da lui chiamata rysela ( Cyprinus rysela, Genner), della quale però non c’ indicava caratteri, nè alcuna particolarità. Quando fallisse questa nostra supposizione gradiremmo che quel di Soeita, onde la distinguono i Veneti, appo i quali è comune, le venisse subito dato come specifico; ed in tal caso sarebbe essa la terza specie euro- pea. Senza diffonderci sui caratteri del genere, di cui già esponemmo i principali, pas- seremo meglio a descrivere minutamente questa specie, unica per quanto. sappiamo in Italia, e ristrettavi alla regione più settentrionale ne'fiumi di Lombardia, ove il dialetto nativo la dice Savetta. È ovato-oblunga col profilo del dorso fortemente convesso dall’occipite, ove soffre un leggero avvallamento, fino al termine della dorsale, d'onde procede lievemente concavo. Quello del ventre è sensibilmente convesso dalla gola alla origine dell’anale, d’onde con minore convessità raggiunge l'andamento del superiore. La maggiore altezza che cade in- nanzi alla pinna dorsale è un quarto e più della lunghezza del pesce. La maggiore gros- sezza dietro la origine delle pettorali n'è un decimo. Il capo, ch'è un quinto della mede- sima, e piuttosto compresso, declina dolcemente fino alle narici, d'onde scende più obli- quo al suo termine. L'occhio grande rotondo ne occupa una quinta parte, distando dalla punta del muso un diametro e mezzo, mentre più di due ne corrono fra un occhio e l’altro. L'angusta bocca, il cui squarcio non giunge che sotto le narici, quando è chiusa nasconde le commessure delle sue protrattili labbra sotto la volta anteriore del sottorbi- tale: la mascella ha il margine concavo tagliente: la mandibola è piana, ma nella sua estremità presenta lateralmente due apofisi lamellari, rotonde, taglienti, molto rilevate. Le narici apronsi più vicine all’occhio che all'apice del muso, co' fori anteriori ampj ed ovati, co’ posteriori semilunati e chiusi dal lembo degli anteriori. Il preopercolo molto angusto presenta il margine lievemente ondulato: l’opercolo assai robusto lo ha regolar- mente curvo. Le squame quasi rotonde hanno la parte nascosta crenata, e segnata da quattro o cinque strie, convergenti tutte in un punto piuttosto eccentrico, e framezzate CHONDROSTOMA RYSELA. da altre che non vi giungono: la porzione esterna è solcata da strie più minute e più fitte: e tali squame montano al numero di cinquanta lungo la linea laterale, sopra la quale ne corrono otto serie, e sei sotto. La linea suddetta procede sensibilmente con- cava più vicina al profilo del ventre che a quello del dorso. L’ano rotondo, amplo, pro- tuberante, apresi ai due terzi del corpo, esclusane la pinna caudale. La pinna dorsale co' suoi dodici raggi, il primo de' quali è il doppio dell'ultimo, spiccando sul bel mezzo del pesce, non compresa la coda, è quadrilatera col margine superiore troncato, alquan- to concavo. Le pettorali piuttosto larghe, che ripiegate in avanti giungono a cuoprir l’oc- chio, e si stendono verso la origine delle ventrali assai meno che nol mostri la nostra tavola, hanno circa diciotto raggi, gli ultimi de'quali sono esilissimi, delicatissimi. Le ventrali di forma triangolare, più larghe di tutte le altre pinne, spiccano alquanto in- nanzi la dorsale, precisamente tra il termine dell’opercolo e la metà della pinna anale, e risultano /di dieci raggi tutti cospicui, suddivisi oltre la metà in quattro rami a venta- glio. L'anale ugualmente distante dalle ventrali che dalla base della caudale, è quadri- latera troncata, fornita di tredici raggi. La caudale robustissima, forcuta a metà, co’lobi ottusi divaricati per quanta è la loro lunghezza, consta di raggi diciannove tutti grossi e saldi, non che di altri quattro rudimentarii per ciascun lato. Il colore di questo pesce è argenteo sporco di cinericcio sul dorso, che va sfumando verso la metà del corpo, e prende un argentino pallido quasi puro. Il capo si tinge come il dorso nel terzo superiore, il resto è di un lurido color perla. Le labbra sono legger- mente rosate; le pinne languidamente paonazze, salva la caudale che è verdognola. L'esemplare descritto avea quattordici pollici di lunghezza, ed era alto tre e mezzo. La grande elevazione del corpo la distingue ad un tratto dal rasus, ed anco più dall’ altra Chondrostoma scoperta non ha guari nel Nilo dal signor Ruppel, in ambedue le quali la linea laterale è retta, e nella seconda poi sono molto più piccole le scaglie ; perciò non monta il notare altre differenze nelle rispettive parti. Aggiungi che i colori son pur diversissimi, poichè la Ch. nasus col suo argenteo fosco e molto scuro, e la CA. dembeensis col suo verdognolo contrastano con la chiarezza della nostra: Oltre ciò la dorsale della seconda è quadrimaculata, quando quella delle due specie europee non ha macchia alcuna. Finalmente giacchè le suddette specie formano con la nostra il complesso di tutto il genere, il quale non vantane alcuna fossile, ne proponiamo le frasi. 1. Criownprostoma maAsUS, Agassiz, (Bl.tab.3.) Fusco-argentea, longitudine altitudi- nem quinquies superante: capite sextum longitudinis aequante: spatio interoculari vix du- plo majore diametro oculi: squamis mediacribus: linea laterali infera, recta. Ds 13° Poz Wo, Adi Ca bra lago ser Ro Habitat in Europae mediae fluminibus. 9 2. CHonprosToMA DEMBEENSIS, Rupp. (C. niloticus Nilf. III tab. 2. fig.4.) Yiridi-plum- bea, longitudine altitudinem sexies superante: capite sextum longitudinis aequante, infra oblique truncato: squamis minutis: linea laterali media, recta. Habitat in Nilo. N _._r————=zco—e ASPIUS ALBURNUS ASPIO ARBORELLA ASPIUS griseo-argenteus, longitudine altitudinem quintuplo superante: capite pari altitudini corporis: spatio interoculari paulo minori oculo: pinnis grandibus; dorsali ventralibus parum retroposita, margine superiore vix sinuate truncato. DSP ZI 9 TA 10 Ca VLinlattsg 40 tser, 14. È 0% Seriana fortemente che l’Alboro tanto commune nei laghi dell’Italia setten- irionale sia diverso dall’ Aspius alburnus dei paesi oltramontani, e perciò non abbiam compilato sinonimia, che si potrà stabilire soltanto in virtù di minuti confronti, e quin- di decidere se questo pesce italiano dovrà ritenere il Linneano nome specifico che gli abbiamo provisoriamente applicato, ovvero se dovrà assumere anco scientificamente l’ap- pellazione di arborella. Comunque siasi esso è un Aspius certo d’Italia, e circoscrivesi al nord della penisola; che mentre abbonda in ogni sua provincia di tanti e sì varii Leucisci non possiede alcuna. specie dell’affine genere Abramis, tante specie del quale popolano le acque dolci dell’ Europa più settentrionale. Il genere Aspius è già come vedemmo un opportuno smembramento Agassiziano del genere Zeuciscus di Klein come ristretto dal Cuvier. Di corporatura svelta quantun- que compressa e di coda ben forcuta, distinguesi dagli altri Zeuciscini, ed anzi dai Cy- prinidi quasi tutti, per la mandibola più lunga della mascella, onde si accosta ai generi Pelecus e Chela, e per conseguenza ai Clupeidi. La sua pinna anale è più estesa che nel Leuciscus, meno però che nelle specie di Abramis talvolta elevate, tal altra tozzotte, sempre però contradistinte bene dalla lunghezza notabile della pinna anale suddetta: la pinna dorsale nasce sempre in un punto intermedio tra la pinna ventrale e l’anale - e i suoi denti faringei allungati e alquanto ricurvi all'apice si dispongono in due serie, nè diciamo altro di essi. Ma chi può mai vantarsi di aver sufficientemente studiati i denti faringei de’ pesci, organi tanto importanti alla natural classazione di questi esseri, e specialmente in questa famiglia, se le acute indagini di un Agassiz lasciano ancor tanto a desiderare ? | Le specie che sotto 4spius comprendonsi, oltre il C. alburnus di Linneo e l'aspius del medesimo, ora Aspius rapax, Agassiz, sono il dipunctatus vero, non già quello dei francesi, ch'è tutt'altra cosa (Squalius pigulus, Nob.), l’Aspius mento d'Agassiz, A. Heckelii, Fitzinger, non che l’altro del Danubio, stabilito dal detto Fitzinger, sotto il nome di Aspius ochrodon. Due specie vivono nel Nilo descritteci son pochi anni dal navigatore De Joannis, come Z. niloticus, e thebensis; e numerose altre se ne rinvengono tanto nelle Indie orientali quanto nella America. I monumenti antidiluviani ne additano due specie perdute, 4spius gracilis, ed A. brongnartii, Agassiz, figurate ambedue nella 197 | n .ASPIUS ALBURNUS. grande opera dei Pesci fossili. Le specie poi dell'Abramis, oltre quelle già riconosciute per tali dal Cuvier, cioè Abramis brama, blicca (an latus? ), ballerus, vimba, buggenhag- gii, sono le nuove che dobbiamo agli attenti studii dell’indefesso Agassiz, 4. microle- pidotus, balleropsis, argyreus, micropteryx, melaenus, erythropterus, elongatus, non per anco pubblicate, nonchè A4bramis schreibersii, leuckartti, e vetula, Heckel, figurate nei Nuovi Annali del Museo di Vienna. Esistono specie nelle Indie, ma non in America, nè se conosce ancora alcuna fossile. Nella stessa tavola che rappresenta sotto il n. 5. l'Aspius alburnus veggonsi effigiati quattro altri Zeuciscini. Sotto il numero 1. giace un giovane del Leuciscus genei di Pie- monte già illustrato in quest’ opera, nel quale rifulge più viva la macchia ranciata alla base della pettorale, macchia che vedesi ancora nella bella Chondrostoma giovane di quelle acque, i cui pesci raccomandiam sempre più a quel degno Cavaliere, cui la tanto coltivata scienza della natura procacciò di recente ben altri onori che la dedica nostra. Sotto il numero 2. dipingesi un giovane dello Scardinius erythrophthalmus che già suffi- cientemente illustrammo, tanto ben conosciuto oggi giorno, che non staremo a stancare il lettore colla sua descrizione. Esibisce il n. 3. uno Squalius di Lombardia, che credia- mo nuovo, e cui per cagion delle folte tenebre in cui pur troppo giacciono tutti i pesci d'acqua dolce di quelle parti, non abbiam dedicato articolo per mancanza d’informa- zione, limitandoci ad introdurlo nei cataloghi sotto il nome di Squalius elatus, suggeri- toci così dalla elevazione della pinna dorsale come dall'altezza straordinaria del corpo, che sente più dello Scardinius che dello Squalius. Finalmente sotto il numero 4. abbia- mo posto un’ Avola, che sotto i nomi di Aula e di Brussolo spettanti forse con buon dritto a due diversi pescetti, ad un Aspius cioè e ad uno Squalius, abbiam ricevuto dai canali delle provincie Venete, ma non possiam definire se sia identica con la celebre Avola del Lago maggiore. Rinviando i più curiosi lettori alle poco soddisfacenti erudi- zioni degli antichi autori, ed alle scarse notizie dei moderni, ci ristringiamo a deside- rare che al pesce da noi figurato rimanga il nome di Squalius aula. ped È 194 j i VA ga RR + MAr CTENOLABRUS IRIS CTENOLABRO IRIDE crENOLABRUS rubicans, macula nigra retroposita in pinnis dorsali et caudali: rostro depres- so, acutissimo ; dentibus quatuor intermediis uncinatis, caeteris minute granularibus. D. 16/12. Pao VASI A 3/10. GAS: creNoLaBrRus IRIS) Cuv. et Valene. Hist. Poiss. XIII. p.236. tab. 374. Non possiam permettere (e forse ne saremmo rampognati altrimenti) che la nostra Iconografia rimangasi totalmente priva di un sì bell'ornamento del mare, quaîì sono i Labridi ; nè può piacerci il tacerne quando parecchi naturalisti in più parti del mondo ne forman soggetto di grave studio. Il Risso per esempio (volendo dir dei vicini) si ac- cinge a renderne di pubblica ragione una magnifica Monografia, nella quale intende di vendicare il vero sopra coloro che ne avessero sfigurato gli elementi da lui medesimo: somministrati ; e il Danese Kroyer (se vogliam guardar oltre) in una bell’opera che va pubblicando de’ Pesci della sua patria si affatica molto,a districarne le specie. Nell’ an- gustia frattanto sì del tempo come dello spazio in cui ci troviamo, prescegliam quattro pesci di così vaga ed interessante famiglia, due del genere Julis sfolgoreggianti di bel- lezza, gli altri due perchè son tipi di genere. La famiglia de’ Zabridi, che oggidì è per noi la ottava dei Cycloidei ossia trigesima- quinta della università de' Pesci, susseguita dai Mugilidi si approssima molto ai Cyprini- di mediante i Paecilidi, sebbene il pregiudizio dell’ Acantopterismo facessela soverchia- mente avvicinare all'Ordine delle Percae che ora per noi son sinonimo dei Ctenoidi. Da questa famiglia de' Labridi devesi presentemente escludere la intiera già nostra sottofa- miglia de’ Chromidini, così volendo la condizion di loro scaglie e delle parti interne; i quali vanno a costituire una faniglia di Percae intermedia agli Sparidi e agli Sciaenidi, a' quali per migliorare sempre più il sistema, tolghiamo a suggerimento dell’ Heckel di Vienna la sottofamiglia dei Pomacentrini trasferendola in terza di essi Chromididi, di- stinta per una branchia spuria che si desidera nelle altre due, nei Chromidini cioè che hanno una serie di denti conici, e nei Cychlini che li han tenuissimi tutti. Caratterizza- no assai bene la ridetta famiglia dei Labridi le labbra carnose, prominenti, duplicate, dal- le quali l’Artedi desumeva il nome del genere principale, non già da quel pesce placen- tem cauda Labrum mentovato una sol volta nelle stampe di Plinio, in cui probabilmente dovrìa meglio leggersi dappresso Ovidio. nell’Haleutico placentem cauda Melanurum. Le sue specie hanno il corpo oblongo vestito di scaglie, grandi sì ma lisce e tenere, una sola dorsale sostenuta anteriormente da raggi spinosi più brevi de’ molli, al contrario di quel che ne’ Percidi accade, e quasi tutti appendicolati, onde Linneo proferì quella pin- na ramentacea generatrice di sì fatali agglomerazioni. Hanno la becca piccola, e le lab. 196 CTENOLABRUS IRIS. bra che appariscon doppie nella mascella perchè la pelle de’ sottorbitali e de’ nasali ol- trepassa i margini delle dette ossa, e prolungasi in un gherone cutaneo, che serve di tet- toja al vero labro, e sopravvanza dall’apice del muso quando la bocca è chiusa : hanno il palato liscio, privo affatto di denti, due ossi faringei superiori, uno inferiore, armati di denti emisferici: hanno il notatojo, il canale intestinale sprovvisto di ciechi, la pelvi sospesa alle ossa umerali, onde cotai pesci son pettorali, se usar vogliamo il linguaggio di Linneo: hanno splendidissimi i colori, che ben ti rilevano l'eleganza delle forme; il fondo cioè generalmente più o meno verde con fasce turchine rosse e gialle, sicchè quasi direstele i Pappagalli del mare, quali infatti si dicono tra i Labridi gli Scarini che han quasi di Pappagallo anco il becco, riservata ai Zabrini l'antonomasia pressochè universale di Tordi o Merli marini. La famiglia può dirsi che appartenga a' mari caldi, essendone affatto nordica una spe- cie sola, mentre il mediterraneo ne racchiude maggior numero di proprie che di comu- ni con l'oceano europeo, e i mari iropici ne vantano assai più che il mediterraneo stesso, Tutte si cibano di crostacei e di testacei frangendoli di leggeri co’ robusti e conici denti mascellari, e cogli ossi faringei opportunamente, armati. Piccole brigate di una stessa specie van battendo le acque, e nella bella stagione tendono verso le spiagge guizzando tra gli scogli e le madrepore, ove non molestate da’ burrascosi flutti amoreggiano in pa- ce, e danno opera alla fecondazione tra l’erbe marine, gradito ricovero a'figliuoletti che ivi rimangonsi a crescere per qualche tempo. Non acquistano mai gran mole rimanen- dosi ordinariamente piccine. Han solida e bianca la carne, ma quantunque sana discre- tamente apprezzata. Quanti sono i nostri Zabridi comprendonsi ne’ limiti assegnati dall’Artedi al suo ge- nere Labrus assai filosoficamente da lui fondato, da Linneo però adulterato alquanto, e quindi reso inestricabile da' suoi successori, fino a che il Cuvier diffuse lume in questo come in tanti altri gruppi. Passando sotto silenzio le aberrazioni del Gmelin, del Bloch, ed anco del Lacépède ch'eccedette ogni confine, rechiamo soltanto in esempio che que- st ultimo mentre accumulava pesci di più famiglie diverse nel genere Zabrus, e disper- deva molti Zabridi altrove, registrava perfin sette volte ne’ suoi indigesti cataloghi una sola delle più comuni specie di Europa. Occupandoci poi di quanto statuirono autori più recenti ed esatti, bastici il dire che lo stesso Cuvier seguito un tempo da noi mede- simi, v'intrudeva il Chromis tanto più felicemente collocato da Linneo, e così ancora le Cychlae; i quai pesci non ne furono ritolti dal Valenciennes se non dopo i reclami no- stri e dell’ Agassiz comprovatigli dall’ Anatomia. Lo Swainson finalmente, ultimo che. siasi occupato dell'argomento, pecca gravemente, per quanto ci sembra, nel sottomet- tere alla sua poco fortunata famiglia de’ Chaetodontidi gli Scarini e i Labrini, conceden- do a questi due affinissimi gruppi una correlazione non maggiore di quella che imagina esistere fra ciascun di essi e le tre altre sue sottofamiglie Sparini, Sciaenini, e Chaeto- dontini, che sono eccellentissime famiglie di un altro ordine. Nè possiam convenire con lo stesso Ittiologo inglese nel considerare piuttosto Scarini che Labrini lo Xyrichthys e gli affini suoi, locchè ci somministra un argomento maggiore alla riunione delle dette due sottofamiglie in una famiglia. Ma tralasciando le censure sopra i lavori altrui, e vaglian- do piuttosto i già mentovati di recente fatti dal Valenciennes in Francia e dallo Swain- son in Inghilterra all'insaputa tra loro, dividiamo i Zabridi per la diversa indole de’ pro- prii denti in due sottofamiglie; in Labrini cioè che hanno le mascelle ammate di denti CTENOLABRUS IRIS. robusti, taglienti, conici, inegualij ed in Scarini che hanno i denti lamellosi ed imbri- cati. Lasciati gli Scarinî da banda, facciam quattro categorie di Labrini circoscritte sì bene che potrebbero considerarsi altrettante sottofamiglie di veri Labridi se essi Scarini si elevassero al grado di famiglia. La prima categoria comprende i generi più affini a' veri Labri, onde in qualunque ipotesi le si dovrebbe conservare il nome di Zabrini, che si caratterizzano dal capo ve- stito di squame, e cinque raggi branchiostegi. La seconda distinguesi dalla precedente perchè i suoi generi hanno il muso più o men protrattile e prolungato qual è nell'Epi- bulus, onde potriano dirsi £pibulini. La terza componesi de’ pesci affini allo Julis, in cui il capo e gli opercoli son nudi di squame, e la linea laterale corre non interrotta. La quarta consta de' compressissimi Ayrichthini, nudi di squame le gote, la linea late- rale de’ quali è interrotta. Ciascuno de’ tre generi figurati nella nostra tavola appartiene ad una diversa catego- ria delle quattro sunnominate. La prima di esse ascrive i seguenti generi. 1. Zabrus, L. ne'limiti però in cui è presentemente ristretto, che ha gli opercoli inermi ed integri, i denti incisivi anteriori larghi, la linea laterale quasi retta, la pinna dorsale nuda, non falcata, le ventrali piccole, la caudale rotondata; composto di circa venti specie, la mag. gior parte europee, parecchie delle quali italiane. Suo tipo è Labrus vetula figurato dal Bloch nella tavola 293. — 2. Memijulis, Swainson, che ha la dorsale umile in egual grado per ogni dove, con tutti i raggi ramosi e molli, la caudale leggermente semilu- nata, il cui tipo è Labrus guitatus, Bloch, tav. 287. fig. 1. — 3. Cossyphus, Valenciennes, che ha l’opercolo con dentellature più o men pronunziate, i mascellari larghi, fittamen- te muniti di altri dentini rotondi, granulari, dietro la serie de’ denti acuti; le pinne ver- ticali scagliose, le ventrali piccole: ha per tipo il Cossyphus bodianus, Valenciennes, ri- prodotto sotto tanti nomi dagli autori del passato secolo, e vanta una quindicina di spe- cie tutte esotiche. — 4. Crenilabrus, Guvier, quale è filosoficamente circoscritto dal Va- lenciennes, col preopercolo dentellato, denti conici uniseriali, linea laterale non inter- rotta, dorsale libera, nuda. Suo tipo è il Pavo del Salviani (Crerilabrus pavo, Valencien- nes, non però il Zabrus pavo di Linneo), e gode di gran moltitudine di specie nel me- diterraneo che, somministratigli i materiali per districarle, lasciammo in cura al Valen- ciennes, il quale ne registra già trentadue, la maggior parte europee. Notisi poi che lo Swainson, non valutando la dentatura, compone il suo genere Crerilabrus di quelle spe- cie che hanno la coda forcuta o lunata come il Zutianus verres, Bloch, tav. 255., riser- vando il nome di Cynaedus, Swainson, a quelle che han la caudale rotondata al pari delle pettorali, e citando per tipo il Lutianus rupestris, Bloch, tav. 250. fig. 1.; la quale considerazione assai men filosofica di quella del Valenciennes potrà servire appena ad ulteriori suddivisioni. — 5. Ctenolabrus, Valenciennes, col preopercolo dentellato, una fa scia di denti a scardasso dietro i conici anteriori, la pinna dorsale nuda, tre soli raggi spinosi nell’anale; il quale vanta otto o dieci specie, tra cui il rupestris dell'Oceano mal figurato dal Bloch, ma tanto però bene nell'opera sui Pesci della Scandinavia dell’ Ekstrom, ed il soggetto del presente articolo nel Mediterraneo. — 6. Acantholabrus, Va- lenciennes, coll’opercolo dentellato, con una angusta lista di piccoli denti dietro la se- rie degli anteriori conici e grossi, con cinque raggi spinosi all’anale. Può servirgli di ti- po il Labrus exoletus, L. dell'oceano, oltre il quale se ne conoscono quatiro specie, tra cui è ìl Ctenolabrus palloni, Risso, del nostro Mediterraneo. — 6. Lachrolaimus, Cuv., con 156* CTENOLABRUS IRIS: l’opercolo integro, una fitta peluria innanzi i denti faringei superiori, onde gli viene il nome, la dorsale falcata perchè molti de'raggi anteriori si protendono in lunghi fila- menti, locchè accade altresì nell’anale: ha per tipo il Swillus delle Antille primiera- mente figurato dal Catesby, non già però il Labrus suillus di Linneo, che è un vero La- bro europeo; e conta quattro o cinque specie tutte americane. —7.T'halliurus, Swainson, col preopercolo liscio, i denti anteriori lunghi, acuti, taglienti in ambedue le mascelle, i laterali corti, conici, separati, ottusi; la linea laterale interrotta; le pinne scagliose alla base; i raggi dorsali muniti di brevi filamenti; le pettorali e le ventrali uguali ed acute; la caudale lunata. Suo tipo è il preteso Sparus chlorourus, Bloch, tav. 260. — 8. Chei- line, Cuv., diversissimo dall’ assurdo genere, cui Lacépède adoperando un vocabolo del Commerson deite un tal nome, con labbra grossissime, denti conici uniseriali, scaglie grandi anco sugli opercoli, linea laterale interrotta, la pinna dorsale e l’anale nude, la caudale scagliosa. Il Cheilinus trilobatus, Lacépède, è suo tipo, attorno il quale ragione- volmente schierarono il Cuvier ed il Valenciennes oltre venti specie tutte proprie del Mare indico e dell'Oceano, esclusane l’altra imaginaria o diversissima dello stesso Lacé- pède. Tra le specie suddette comprendesi quella che lo Swainson vi pone a buon dritto, cioè il Labrus fasciatus, Bloch, tav. 290 (Cheilinus Blochii, Valenciennes) diversissima dallo Sparus fasciatus Bloch., tav. 257. (Labrus eneacanihus, Lacépède) che avendo la caudale forcuta deve porsi nel genere antecedente. — g. T'autoga, Valenciennes, cogli opercoli integri, quasi totalmente nudi, onde si approssima a Julis, con denti in duplice serie nell’una e nell'altra mascella. Vedesene il tipo nel Tuutoga nigra, Valencienn. (La- brus americanus, Bloch, Labrus tautoga, Mitchill) unica e variabilissima specie america- na, ivi utilissima, mentre le altre cinque o sei specie conosciute abitano il mare delle Indie, fra le quali è il Labrus melapterus, Bloch tav. 285.: non sappiamo però come il Valenciennes possa citare il Labrus fusciatus di Bloch tav. 290, citandolo ancora sotto il genere Cheilinus, ove giustamente lo riceviamo noi. — 10, Malacanthus, Cuv., che dallo Swainson vien posto coi Xyrichthys per la somiglianza che ha con le Coryphaenae, ma che tuttavia deve includersi in questa categoria, per aver l’opercolo scaglioso. Ha il corpo allungatissimo; gli opercoli armati da una spina; i denti uniseriali in ambedue le mascelle, tra'quali ve n’ha degli uncinati e robusti; la pinna dorsale e l’anale assai prolungate co’raggi non solo tutti molli, onde ha il nome, ma tutti altresì ramosi; la caudale semilunata. Non ha che due specie, l'una di America, l’altra indiana, cagioni d’innumerevoli abbagli ben conosciuti dal Cuvier, cui è dedicata la prima, e istorica- mente descritti dal Valenciennes. — 11. Cheilio, Commerson, che troppo dal Lacépède fu slontanato da'Labri, a' quali ingiustamente riunivalo il Cuvier, essendo genere eccellente intermedio ai Zabri, ed ai Juli. Il suo opercolo infatti è scarsamente scaglioso, gl’inter- mascellari son dilatati, e interamente coperti di fitti granelli ; i denti della serie esterna triangolari, compressi, taglienti, e i due di mezzo perfino, uncinati, mentre gl’ interstizj di ciascun dente nella mandibola sono occupati da altri piccoli e conici; i denti della mascella poi, tranne i due di mezzo, son tutti eguali; la linea laterale non è interrotta; tutti i raggi son molli, e sprovisti di qualunque cutanea appendice. Suo tipo è il Cheilio auratus, Commerson, e se ne conoscono otto specie, tutte del mare indiano. — r2. Ma- lapterus, Valenciennes, partecipante dei caratteri de’ due generi precedenti, e perciò ap- punto diverso. I suoi pezzi opercolari non sono tutti scagliosi, gl’intermascellari non di- latati; i denti sono conici, uniseriali, gl’intermedj più lunghi; la dorsale co'raggi tutti CTENOLABRUS IRIS. molli, ma forniti di appendici cutanee. Tipo, ed unica specie n'è il Malapterus reticu- latus, Valenciennes, dell’isola Juan Fernandez. Venendo dunque al soggetto dell’articolo, al Ctenolabrus iris, che abbiam veduto ap- partenere al quinto genere della esposta categoria de’ Zabrini, non possiam tacere che erane più importante la illustrazione allorquando lo facemmo figurare, prima cioè che il Valenciennes ne trattasse a fondo nel decimoterzo tomo della Storia generale de’ Pesci. Dobbiamo a lui la fondazione del genere Cienolabrus, il quale a cagione della diversa dentatura è uno smembramento tanto bello quanto opportuno de’ numerosissimi di quel nome. Questo iris poi distinguesi da tutte le altre specie pel suo depresso acutissimo musetto, che farialo quasi credere un Coricus. La sua forma è una mezza ellissi molto allungata, giacchè il profilo superiore, lascia- to un cavo tra il muso e gli occhi, risale fino alla dorsale, d'onde continua per discendere nuovamente arcuatissimo fino alla poco elevata sottil parte del tronco, mentre il profilo inferiore è quasi retto. La maggior altezza è uguale alla lunghezza del capo, ed è il quin- to della totale. L'acuto e depresso muso è stretto in modo che l’orbita intacca la linea della fronte. La bocca è piccola e poco fessa con la mascella inferiore prolungata un poco oltre la superiore : 1 quattro denti medii sono uncinetti, e dietro di essi havvene una fascetta di granulari, e minori che in qualunque altro congenere. L'occhio misura un quarto della lunghezza del capo, e dista più di un diametro dalla punta del muso: l'intervallo fra un occhio e l’altro è ristretto fino a misurarne appena la metà. Il preo- percolo è rotondato, e sottilmente dentellato: le aperture branchiali grandi: la membra- na branchiostega è sostenuta da cinque raggi. I fori nasali superiormente collocati di- stano l’uno dall’ altro in ambedue le paja : gli anteriori son circondati da una papilla tubulare. Le parti nude del capo, e de' pezzi opercolari sono sparse di pori. Le squame, più lunghe che alte, dispongonsi in regolari serie, quattro o cinque delle quali sono al disopra, ed una dozzina al disotto della linea laterale, che scorre parallela al dorso sul quinto dell'altezza del pesce finchè s'inflette dietro la dorsale, e termina in modo da di- videre in due porzioni eguali la parte assottigliata del tronco. La pinna dorsale spicca ad un terzo di esso tronco, e protendesi sette volte più de'suoi raggi spinosi, che son più bassi de’ molli. Le pettorali inserisconsi sotto l'angolo membranoso dell’ opercolo, son lunghe quanto la metà del capo, e pressochè rotondate. Le ventrali simili nella forma e nella grandezza nascono precisamente sotto le suddette. L’anale originasi oltre la metà dell’intiero animale, e corrisponde alla parte molle della dorsale, avendo i suoi raggi semplici più robusti e più lunghi. La caudale più breve dell'altezza del tronco è squa- mosa fino alla metà, e leggermente rotondata. Il colore è talvolta un bel rosso scarlatto, ma più spesso carnicino, come è la figura. Un tratto fosco assai cospicuo parte dietro l’occhio, ed attraversando l'opercolo svanisce dietro la spalla. Tre cospicue macchie rotondette adornano il piccol pesce, una sulla parte posteriore della pinna dorsale sopra i tre primi suoi raggi molli, essendone spro- vista affaito la parte spinosa, in cui suole posarsi: l’altra è sopra la coda: la terza più oscura poggia sulla base de’ raggi della caudale. Giunge a quattro pollici di lunghezza, ma ordinariamente è la metà più piccolo, e precisamente quale lo abbiamo effigiato; salvochè la bruna macchia della dorsale vedesi nella nostra figura assai più retroposta che nella quasi universalità degl individui, che la portano sui tre primi raggi molli quale esprimevala il Valenciennes, e descriviamo. noi stessi. 1 DR CTENOLABRUS IRIS. Sparso per tutte le coste de’ nostri mari abbonda maggiormente nelle meridionali, e più che altrove nelle acque di Sicilia. Non lo abbiamo udito distinguere con apposito nome volgare da verun pescatore; ed in Roma passa insiem con altri della famiglia sotto quello di Pappagalletto. i I Un altro solo degli otto Ctenolabri registrati e descritti dal Valenciennes sembra do- versi annoverare tra i pesci italiani, cioè il marginatus; imperocchè il cinereus di Pallas confinasi nelle estremità orientali del Mediterraneo, come l’acutus, Valenciennes, nelle occidentali. Questo marginatus, ch’ è senz'altro il cornubicus del Risso, checchè ne sia degli errori di sinonimia, somiglia moltissimo all'altra sola specie europea propria del- l'Oceano, della quale anzi tien luogo nel Mediterraneo; somiglia cioè al rupestris di Linneo, che è/il vero cornubicus degli autori, o per meglio dire una delle due distintis- sime specie, con ambedue le quali fu dallo Gmelin fabricata una complessiva specie sot- to quel nome di cornubicus da rigettarsi con nausea per cagione degli errori accumulati- vi da’ susseguenti autori. Distinguesi poi dal nostro iris il marginatus per lo capo più lungo, per l'occhio più grande, per un raggio di meno nella dorsale e nell'anale, e per- chè queste pinne sono in lui sottilmente marginate di nero, d'onde gli venne tal nome. Infine la macchia nera posta sul dinnanzi della dorsale così nel rupestris come nel mar- ginatus serve a farli distinguere a colpo d'occhio da questo, in cui vedesi cotanto retro- posta. Gli altri Ctenolabri sono esotici, e quasi tutti dell’ America meridionale. CORICUS VIRESCENS SUBIETTO VERDEGGIANTE coricus vel rubescens, vel virescens, vel cinereus, variegatus aureo, vel argenteo, vel luteo mandibula oblique truncata: rostro acuto. D.15/10. P.12. Z.1/5. A4.3/g. C.13. LUTJANUS ROsTRATUS® Bloch, Fischw. tab. 254. fig. 2. LUTJANUS VIRESCENS, Risso, IJehth. Nic. p.280. sp. 25. LUTJANUS' LAMARCKIT, Risso, Jchth: Nic, p.281. sp. 24. tab. ix. fig. 29- LUTRANUS RUBESCENS; Risso., Lelith. Nic. p. 271. sp. 15. coricus virescens, Cuv. Règn. Anim. II. p.265, Id, 2. ed. II.p.260. Risso, Hist. Nat. III p.352.sp.241. cORICUS LAMARCKII, Cuo. Règn. Anim.II.p.263, Id.2.ed.II.p.260. Risso, Hist.Nat. III. p,352. sp, 242 €ORICUS RUBESCENS + Risso, Hist. Nati p. 353. sp. 243. Cuv. Règn. Anim 2. ed. Il. p..260, coricus RostRATUS, Cuv.et Valence. Hist. Poîiss. XIII. sp. 256..tab, 376. LABRUS rostro sursum reflexo, cauda in extremo circulari ?. Arted. Syn, Pise. p.56. sp. 9, (excl. syn.) LUTJAN GROINy Lacép. Hist. Poiss. III. p. 78. cron, Castel, BI. Hist. Poiss, IIT. p.275. suBLET GROIN, /alenc. loc. citat, dh, seconda categoria dei Zabrini, quella cioè degli Epibulini, ossia Labridi a muso protrattile, secondo che dicemmo all'articolo precedente, è alla prima dei veri Zabrini ciò che la famiglia de’ Maenidi è a quella degli Sparidi. Componesi de’ seguenti generi. Coricus, Cuv. che in questa seconda categoria rappresenta i veri Crenilabri della I e non solo ha il preopercolo seghettato di quelli, ma perfino la dentatura, diffe- rendone unicamente per la protrattilità del muso: suo tipo è il soggetto del presente ar- ticolo. — 2. Clepticus, Guv. col muso protrattile, anch'esso cilindrico e breve, coll’oper- colo dentellato, colla linea laterale curva, mon interrotta, ma ben distinto: dall’antece- dente per la piccolezza eccessiva della bocca, appena armata d’insensibili denti, e per le pinne verticali scagliose: sola specie che si conosca finora di questo genere e la Ra- birubia nina dl rarissima opera del Parra sui Pesci di Cuba, Clepticus genizarra,, Cuvier., — 3. Epibulus, Guv. ch'è al Cheiline della prima categoria ciò ch'è-il Coricus al Crenilabrus, avendo come esso la linea laterale interrotta : la bocca eccessivamente protrattile a foggia di tubo, i denti taglienti, le squame grandi, le pinne scagliose : suo tipo è l'Epibulus insidiator figurato dal Pallas. Il nostro pesce fu la prima volta registrato: dal Bloch, seppure l’Artedi non ebbelo in vista quando scrisse la diagnosi. della nona sua specie di Zabro come il Valenciennes ragionevolmente sospetta, benchè il Cuvier attribuiscalo al Risso che descriveane. due varietà in grado di.specie nella Ittiologia di Nizza, e quindi perfino tre registravane nel- la sua opera posteriore. Diciam varietà col Valenciennes, non già spidirogl Risso non contradetto dal Cuvier, perchè veggiam variare anco in ciascuna di quelle ch'egli pre- tende tali il numero: de’ raggi dorsali, mentre ognun sa quanto poco: peso debba darsi ai colori per caratterizzare la specie, massime in questa ua vantasi di variarbi CORICUS VIRESCENS. oltremodo, e fino al punto che lo stesso Risso dovette segnalare parecchie varietà di co- lore in ciascuna delle sue supposte specie, mal collocate inoltre da lui tra i Zutjani in- vece di annoverarle tra i Zabri. Ottimamente poi il genere Coricus fu stabilito dal Cu- vier fin dalla prima edizione del suo Regno animale, presa appunto in considerazione la protrattilità della bocca, che in esso rinvenne come nell’ Epibulus, quantunque in grado tanto minore. La sua dentatura è propriamente simile a quella dei Crenilabri nel senso più ristretto, la quale consiste in soli denti conici disposti in una serie sola: ha per faringei meri granellini rotondi stipati sopra le ossa di tal nome: ha il preopercolo rotondato e dentellato, come i Crenilabri suddetti: ha similmente la linea laterale inte- gra, che lo diversifica dall’ Epibulus in cui vedesi interrotta: ha il tubo intestinale bre- ve senza dilatazione che gli serva di stomaco, e senza appendici cecali tal qual'è in tutti i Zabridi. Il meccanismo onde prolungasi tubularmente la bocca in cotesto genere è presso a poco lo stesso che serve ad un egual uso nello Smaris, e consiste nel bilicare delle ossa mascellari, che all’ abbassarsi della mandibola protendono all’ infuori gl’ in. termascellari muniti di lunghissimi rami. La configurazione di questo pesce è di un ellissi irregolare e quasi parallelogrammi- ca, attesochè il profilo superiore forma un piccolo angolo sopra il termine dell’opercolo, e discende poscia in curva regolare fino alla coda, mentre il profilo inferiore forma un altro piccolo angolo dietro le ventrali, e quindi rimonta regolarmente fin pure alla coda. La maggiore altezza del tronco cape quasi quattro volte nella lunghezza del medesimo, la cui parte assottigliata è appena un terzo di essa altezza. Il capo entra tre volte e mezzo nella totale lunghezza dell'animale: il muso è acutissimo quando la obliquissima e poco fessa bocca chiugga le membranose sottili sue labra: i fori nasali prossimi al profilo apron- si al di sopra dell'occhio: i posteriori sono ovali e più grandi: l'occhio minore della quin- ta parte del capo, dista due diametri dalla punta del muso, e alquanto più dal termine dell’opercolo, essendo posto a qualche distanza sotto il punto della maggior :concavità del profilo, ove il capo è meno alto della metà di sua lunghezza: il sottorbitale è stretto e lungo, intaccato alquanto all’innanzi. Il margine del preopercolo è angusto: la porzione verticale e l'angolo rotondato sono sottilmente dentellati; la parte orizontale è integra: le fessure branchiali sono larghe. Le squame dispongonsi in circa trenta serie lunghesso il tronco, son maggiori di quelle che muniscono i pezzi opercolari, e specialmente di quelle che scarseggiano sulle gote: ciascuna squama è crenulata nel suo margine radi- cale per effetto «della prolungazione dei circa tredici raggi che vi si dispongono a venta- glio; la parte scoperta poi di ogni squama è sottilmente scolpita da strie raggianti dal centro al margine, e incrociate da altre meno sensibili, che circolarmente seguono la fi- gura squamale. La linea laterale constituita da tubetti rilevati va parallela al dorso nel quinto superiore del pesce, ove corre la quarta serie delle squame. La pinna dorsale originasi al perpendicolo dell’ estremità dell’opercolo, ed è lunga sette volte l’altez- za de’ suoi corti e deboli raggi spinosi; essendone più elevata e terminante in punta la sua parte molle. Le pettorali brevi a segno di misurare appena un settimo del pesce s'inseriscono alquanto oblique sotto l'angolo membranoso dell’opercolo, ed hanno i rag- gi così esili, e la membrana talmente sottile, che appena si distingue la pinna quando congiungesi al corpo. Le ventrali brevi al pari di esse pettorali sono inserite alquanto dietro di loro, La anale nasce ad una distanza dalla punta del muso triplice della sua lunghezza, che è quanto la metà della dorsale, ed è perfettamente simmetrica alla di CORICUS VIRESCENS. lei metà posteriore. Innanzi alla detta pinna anale vedesi un appendice carnosa, coni- ca non acuta, e biforata. La caudale rotondata non è più grande della metà del capo, minore cioè del sesto dell’intiero pesce. La colonna spinale in ciascuna varietà consta sempre di trentuna vertebre, tredici delle quali sono addominali: le coste son piccole ma robuste; e due o tre soltanto ‘so- no le orizontali. Il fegato collocato quasi interamente nel sinistro lato dell'addome è grandicello, concavo al di sopra per alluogare l’esogafo e lo stomaco, convesso al di sotto, ed offre superiormente e alla sua dritta un piccolissimo lobulo. La cistifelle è an- gustissima. L’intestino ripiegasi due volte soltanto, e l'ultima circonvoluzione è il dop- pio più lunga della seconda. La milza giace a dritta dell'intestino minima e lenticulare. Le ovaje formano due piccoli corpi triedri, che occupano la metà inferiore dell'addome, riunisconsi per buon tratto alla estremità posteriore, e contengono uova appena visibili. Il notatojo grande, semplice, ovoide, con pareti argentee, robuste, contiene corpi rossi assai voluminosi. I maggiori individui di questa specie misurano quattro pollici e mezzo; ordinaria- mente però son minori, e pressochè della misura che vedesi nella tavola. Abonda in tutto il mediterraneo, non meno sulle coste della Grecia che della Spa- gna, non meno su quelle della Francia e dell'Italia che dell'Affrica. Vive tutte le sta- gioni tralli scogli, ed a poca profondità. La femmina emette le uova in primavera. I colori diversificano tanto da un individuo all’altro, quantunque se ne rincontrino molti uguali, che difficil cosa è darne una idea compiuta. Ora il corpo è di un verde, ora di un altro, e nell’una o nell'altra vicenda è più o men largamente sparso o lineato di giallo: ora è uniforme: ora inerociato nel capo da linee paonazze: ora protendesi fin sul ventre: ora cede luogo al dorato. Talvolta il corpo è cenerino scuro con riflessi aurei ed argentei, segnato di linee e puntini rossi; spesso col dorso di un vivo. oltre- mare, e co’ fianchi rosati sotto un velo di argento sparso di punti carminiati. Incontrasi pure colorato il dorso di rosso più o meno aranciato, più»o men sanguigno, o frammisto di torchino e di fosco sopra un fondo rosato; e negl'individui dominati dal color rosso vedesi ordinariamente una fascia longitudinale roseo-argentea, la base della coda mac- chieitata di nero, e il ventre argenteo-rosato anch'esso. Qualunque poi siane il color principale, vedesi quasi in tutti una gran macchia turchinastra verso l’ano, ed in mol- tissimi scorgonsi punteggiature sul petto, sul ventre, sulla coda, e più abondantemente sul capo, che talvolta si moltiplicano a segno da farlo comparir fosco. Una fascetta pur fosca suol correre dal muso all'occhio, risorgere dietro l’orbita, e percorrendo l’opercolo. terminare alla metà del corpo. Le pinne sono anch'esse non meno del tronco variabili ne'colori: sulla dorsale che spesso è universalmente verde conie tutte le altre, suol vedersi una macchia più o meno nera, che invade tutta quella porzione di membrana che con- giunge i primi tre raggi: sul resto della porzione spinosa sono due serie di punti neri, una presso il margine, altra lungo la base della pinna: la porzione molle è rossastra sul terzo inferiore, è scolorata nel resto: le pettorali tuttavia sono sovente di un rosso più o meno intenso: le ventrali giallognole; l’anale o sente di un debole color di aurora, o gialleggia, o variopingesi di più colori, e spesso è segnata da una serie di punti neri alla base: la caudale finalmente riserbasi il bel colore ranciato negli individui che hanno le pettorali pallide, contentandosi del giallastro in quelli che vantano le pettorali rosse; e coronasi generalmente di un sottil lembo nerastro mostrando alcuni punti più o men. CORICUS VIRESCENS, distinti fra i raggi; ma negli individui rossi la base suol portare uno stigma nero più visibile. In tutte le varietà l’iride dell'occhio è dorata: gli occhi seuntillano quai carbon- chi con raggetti d’argento: Mentre vagavano tanto i naturalisti in allargare il numero delle specie di questo pe- sce, i pescatori non lasciandosi illudere in ciò dalla variabilità de'colori, e quasi per- suasi dalla anatomia che in tutte è la stessa, non gli moltiplicarono i nomi, mantenen- dogli in ogni provincia unicamente il suo. Il nome Cuvieriano Sublet, onde noi facem- mo Subietto, viene da quello di Sublaire in giusto omaggio a’ pescatori Nizzardi. JULIS VULGARIS DONZELLA ZIGURELLA JuLIS supra atro-caeruleus, lateribus argenteis sub fascia plus minus aurantiaca infra su- praque dentata, macula magna elongata utrinque atra: radio secundo pinnae dorsa- lis caeteris valde longiori. TO IRE IE ST O o LABRUS JuLIS, Linn, Syst. Nat.I.p.476. sp.15. Gmel. Syst. I. p.1288, sp.15. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth, p.108, sp.16. tab. 52. fig.199. —Lacép. Hist. Poiss. II. p.467. Bloch, Fischw, pt.viii. tab, 287. fig.1?- Schneid, BI. Syst. p.247. sp.22. Castel, BI. Hist. Poiss. ILI, p. 501, Nacc. Itt. Adr. p.13.sp.43. Nardo, Prodr, Ad. lchih. sp. 98. Donov. Brit. Fish, tub. 96? Risso, Ichth. Nic. p.227. sp.15. Jenyns, Man. Br. Vert. p. 397. sp. 74. JuLis vuLcaris, Clog.inDict. Se,N.XVIIIp.559. F1.Br.An.p.210.sp134. Val.H.P.X1II.p.361.tab.384? JULIS MEDITERRANEA, Risso, Hist. Nat. III, p.309. sp. 209. HT oVLS? Arist. Hist, Anim. lib, ix. cap. 11. Athen. lib. vii. cap. xv. p.5o4. IvAcs? Elian. Nat. Anim. lib. ii. cap. xliv. p. 125. Oppian. Halieut, lib. ì- p.6. et lib. ii. fol. 127. 36. suis, Plin. Hist. mund. lib. xxxii. cap.ix.? Bellon, Aquat. I. p,254. cum fig. in p. 256. Rondel. Pisc, mar.I. lib.vii, cap.vii, p,180. cum fig. 2. mala. Salvian. Aquat. Hist. LXXX. p.219. fig. 85. Gesn. Aquat, IV. p. 464. cum fig. propria. Aldroy. Piso, lib. i. cap. vii. p.37. cum fig. in p. 39. Jonst, Pisc, 1. lib. i, tit, ii. cap. 1. art.v.p.28. tab. 14. fig.3. Charlet. Onom. p.1353. Willughb, Ichthyogr. lib.iv. cap, xxvii. p.d324, tab. x. 4. Ray, Synops, Pisc. p. 138, sp. 3. LABRUS palmaris varius, dentibus 2. majoribus, maxilla superioris, Arted. Gen, p.34. sp.1. Id.Synon.p.53.sp.1, LaBRUS lateribus caerulescentibus: vitta longitudinali fulva utrinque dentata, Linn. Mus. Ad. Fr. IL p,75. LABRUS oblongus nigricans, lateribus linea alba utrinque sinuata varius, cauda indivisa, Gronov,Mus.Ichih, II,sp.184. JuLis ossia zicurRELLA, Cetti, Anf.e Pesci di Sardegn.III.p.122. LABRO JULIDE, Rafin.Ind,Itt.Sic.p.21.sp.118. JULIS; DOUSELLE (quasi Damoiselle) ou zicurELLE, Belon, Mat. et Pourtr. Poiss.I. p.248. cum fig. in p. 249. GIRELLE, Daubent. in Enc.Mèth. Hist. Nat. IIT. p,185. Cuv. T. El. p.358.sp.3. Bory,Diect.CI.IX. p,152. cirELLE de la Mediterranée, Cuv, Régn. Anim.II.p.262. 1d.2, ed. IL p. 257. LABRE GIRELLE» Bose, in Nouv, Dict. Hist. Nat. XVII. p.154. GrrELLE comMmunE? /ulenc. loca cit. RAINBOW WRrASSE, Penn.Brit.Zool.III.p.345. inpeNTED sTRIPED wRrasse? Farrell, Brit. Fisch.I,p.291.cum fig. MEER JUNCKERLEIN;Jonst.Pisc.tab.cit. ALMINDELIGE sunkERGYLTE? Kroyer,Danmarks Fiske,II.p.561.cum fig. DONZELLINA et ZIGURELLA Italis, ponzeLLa Venetis, povera Massiliensibus, ZIGURELLA Liguribus, AFDELLES Cretensibus, mENCHINA DI RE Romanis et Neapolitanis, ziLo Rhodis, Arted. loc. cit, atorà a dare un saggio della terza categoria de’ Labrini, che potria quasi chia- marsi de’Julini, perchè comprende il genere Julis, e i suoi affini. Hanno essi il corpo fu- siforme, tutto il capo, ì pezzi opercolari e le mascelle sprovvisti affatto di squame; la bocca piccolissima, i denti anteriori più lunghi, conici, robusti, e dritti sull’ estremità delle mascelle, dietro i quali ve n'ha de’ tubercolari, che spesso accumulandosi con V’an- dar dell'età occupano spazio maggiore, rendendo le mascelle più o men simili a quelle degli Scari, mentre le ossa loro faringee non differiscono punto per l’armatura da quelle de Labrini; ed hanno la linea laterale curva in un subito e continua, la pinna dorsale munita di raggi spinosi rigidi e pungenti. Riguardo ai lor colori, niuno è che non sap- pia essere vivacissimi e varii, Vivono specialmente ne’ paesi caldi, uno solo innoltrando- sene verso le coste settentrionali d’ Europa, ove forse per eso tion inesatte, e per fi- gure non abbastanza fedeli, è creduto da taluno esser diverso dal mediterraneo. Tre o JULIS VULGARIS. quattro specie ne abitano ne’ mari italiani distendendosi eziandio nell’ Atlantico affrica- no, ove s'incontrano e si meschiano colle tropicali. Appartengono a questa categoria 1. Gomphosis, Lacép. con la protrattile bocca allungata in un sottile tubo, e con la pin- na caudale lunata, il cui tipo è l’ £lops fuscus di Commerson (Aracauna longirostris, Se- bastianof), de' Mari indiani, che ne vantano due altre specie figurate dal Bennett ne'suoi Pesci dell’isola di Ceylan. — 2. Eupemis, Swainson, col capo assai prolungato, ma non tubulare, di bocca grande ed obliqua: col corpo snello ed allungato: colla pinna caudale rotonda; le pettorali e ventrali piccolissime, piuttosto acute. Suo tipo è il Za- brus fusiformis dell’ Atlante abissinico del Ruppel, chè peraltro va forse collocato pres- so alle Cychlae. — 3. Chlorichthys, Swains. col capo grosso di muso corto e rotondato, colla pinna caudale semilunata di corna acute, come nel bifasciatus di Bloch ed in altri molti. — 4. Zchiycollus, Swains. indegno a parer nostro d'esser separato da Julis, colla pinna caudale troncata e rotondata, colla dorsale umile al dinnanzi, qual vedesi nel chloropterus di Bloch ed in altri molti. — 5. Julis, Cuv. qual lo ristringe lo Swainson, colla caudale rotondata, colla dorsale alta al dinnanzi, e quasi falcata, qual'è nel sog- getto di quest'articolo. — 5. Anampses, Cuv. con due soli denti in ciascuna mascella, cioè gl’incisivi anteriori piatti, taglienti, ottusi, e rivolti all'infuori fino a sporgere oltre la bocca, siccome vedesi nel diadematus, e nel caeruleo-punctatus del Ruppel. Non parliamo dell’ Malychoeres dello siesso Ruppel, genere più che dubbio, e cer- tamente mal nominato, poichè a quello del celebre Mammifero ZMalicore, Illiger, somi- glia troppo il nome che gli fu dato pel robusto dente canino sporgente all’infuori dall’ uno e dall'altro lato della mascella superiore, dente soggetto a variazioni bene indicate dal Professor Valenciennes, e cui dava importanza soverchia il celebre viaggiatore af- fricano così nel multicolor come in altre vaghissime specie figurate nell’ opera suddetta. Non parliamo neppure dei generi Mologymnosus e Coris di Lacépède ragionevolmente già condannati dal Cuvier. Nel Coris tuitavia scorgesi in qualche modo il passaggio alla quarta categoria che può dirsi dei Xyrichihini, la qual accostasi più d'ogni altra ai Pap- pagalleschi Scarini, richiama le forme de’ Blennidi, è analoga, non già affine come si volle, alle Coryphaenae, mostrando la corona alta, il profilo verticale ed ottuso. Contiene essa i seguenti generi. 1. Xyrichthys, Cuv. qual'è ristretto dallo Swainson, colla corona del capo altissima, col profilo quasi totalmente verticale, colla dorsale acuta. all’ innanzi: il cui tipo è l’altipinnis, Ruppel, della Fauna abissinica. — 2. Thalassoma, Swains. col muso bruscamente sporgente, colle pinne ventrali più lunghe delle pettorali: il Julis purpureus, Rupp. figurato nell’ Atlante della Zoologia nordica-affricana gli serve di tipo. — 3. Urichthys, Swains. col muso acuto, colle pinne ventrali lunghissime, puntute, la caudale enorme, troncata, e spingente i suoi raggi oltre la membrana, siccome vedesi nel supposto Cheilinus quinquecinctus dell’ Atlante suddetto. — 4. Crassilabrus, Swains, con capo grande, labbra assai carnose, fronte gibbosa, pinna caudale corta e rotondata, co- | me nel Cheilinus undulatus dell'Atlante stesso. — 5. Movacwla, Valence. ( Hemipteronotus, Lacép. nome troppo improprio, e accozzamento di specie troppo informe per essere adottato ) con preopercolo munito di piccole squamette sotto l'occhio, co’ due primi raggi dorsali staccati, e prolungati a filamento, come vedesi nella Cor. pentadaciyla figurata nella tavola 173 del Bloch. Appartiene al genere Julis l’elegantissimo Labride figurato al N. 1 della nostra tavola, proclamato già il più bel figlio del mare dal Belon, cedendo appena diffatti in bellezza tra pesci europei al solo Julis pavo, che attualmente ascrivesi al genere Ch/orichihys, Sw. JULIS VULGARIS. vaticinato dal Risso. Noi con esso Swainson non abbiam ragione di crederlo diverso dall’ Julis degli antichi, quantunque il Cuvier ne abbia mosso alcun dubbio: che seppur non è quello de'sistematici tutti, è probabilmente quel di Linneo, e certamente quello del Risso. Se poi l’anzidetto dell'Oceano figurato dal Bloch e dal Cuvier fosse realmente diverso da questo, e veramente un Zchthycallus dello Swainson, in tal caso, riservato ad esso il nome di vulgaris, dovriasi distinguere il nostro col nome di mediterraneus. Il suo corpo è fusiforme, notabilmente incrassato al dinnanzi: il profilo inferiore è al- quanto più convesso del superiore. La maggior altezza, dietro l’opercolo, è un quinto della lunghezza totale : la parte assottigliata del tronco è due volte e mezzo più bassa. La larghezza è compresa due volte e mezzo nell’altezza. Il capo piuttosto acuto forma più della quarta parte del pesce: l'occhio perfettamente rotondo dista più di un suo diame- tro dalla punta del muso, e quasi tre dal margine posteriore dell’ opercolo: lo spazio in- teroculare turgido e rotondato misura un diametro dell'occhio: la bocca è poco fessa, e appena protrattile: il mascellare è piccolo, e totalmente nascosto sotto il margine del sot- torbitale ch'è appena sensibile a cagione della erta cute che lo ricopre: l'intermascellare è sottile, e di mediocri rami munito: i denti della serie esterna sono semplici e conici; i quattro anteriori allungati e ricurvi rassomigliano altrettanti uncinetti ; gli altri più corti sembrano intaccature dell’ osso, in cui sorgono a guisa di sega: nell’uno e nell’ al- tro angolo della bocca sporge un dente allungato come una vera zanna dalla mascella; e tranne le due zanne suddette la dentatura della. mandibola è uguale a questa della mascella, anco perchè dietro la serie esterna, sono in ambedue alcuni dentini rotondi e granulari. Fascetti di spessi e numerosi peli guerniscono d'alto in basso l'ingresso della faringe, fra i quali la solita piastra triangolare inferiore di denti ottusi ha nella parte posteriore un dente globoso assai maggiore degli altri: le due piastre superiori di detti denti faringei non offrono alcuna particolarità. Le pettinature delle branchie sono me- diocri: le anteriori sono anzi cortissime: le aperture branchiali son poco fesse, perchè le membrane branchiosteghe sostenute da sei raggi si approssimano tra di loro sotto la estensione tutta della gola, e sono intieramente coperte dai sottili e larghissimi interoper- coli, che inferiormente si raggiungono anch'essi. Il margine del preopercolo scende verti- calmente, e segna un angolo rotondato ove uniscesi coll’inferiore, e quello membranaceo dell’opercolo si prolunga in una singolar linguetta libera, carnosa, e rotondata: le squame son piccole, sottilissime, e numerose, contandosene quasi ottanta dall’opercolo alla coda: sembrano all'occhio nudo esser lisce, ma la lente le fa scorgere segnate di granulazio- ni, e di strie divergenti in numero di 15 o 16 raggianti da un punto eccentrico: sono di forma oblunga colla porzione radicale maggiore più che il doppio del resto. La linea la- terale, segnata da una serie di piccioli tubi forati ciascuno da un poro, parte dall’ angolo superiore del soprascapolare, rimonta fin sotto il terzo raggio della pinna dorsale, e dopo una leggera curva scorre dirittamente, e parallela al profilo del dorso lunghesso il settimo dell’ altezza del corpo, finchè giunta sotto il decimo raggio molle della detta pinna in- flettesi bruscamente, e sempre continua discende sul mezzo della parte assottigliata del tronco trapassandola in linea retta ed obliterandosi poco prima della caudale. La pinna dorsale nasce sopra il termine del capo, ed è lunga più della metà dell'intero pesce: il suo secondo raggio lungo una metà più degli altri ha quasi due terzi dell'altezza del tronco, il che forma la differenza di questo J. vulgaris del mediterraneo con le figure di quello dell'oceano, il cui primo raggio vien descritto come più lungo del secondo, e pochissimo più degli altri: li seite altri raggi spinosi sono gracili come gli antecedenti, JULIS VULGARIS. eguali fra loro, ed ai primi de’ dodici molli, gli ultimi de’ quali soltanto decrescono, ma poco sensibilmente. Le pinne pettorali lunghe più della metà del capo sono lanceolate rotondate: le ventrali un quarto più brevi sono piultosto acute: l’anale nasce prima del- la metà del pesce sotto l'undecimo raggio della dorsale, e corre perfettamente simmetri- ca alla medesima; i suoi tre raggi spinosi son deboli, il primo è il più breve di tutti: la caudale poco più lunga della metà del capo è piuttosto troncata che rotondata. I colori, quali noi li facemmo rappresentare sulla spiaggia nel momento che il pesce usciva dalle acque, è paonazzo torchino sopra il quarto superiore del capo e del dorso: rifulge al disotto e con egual corso una bella fascia di vivo arancio dentellata in ambe- due i margini: la metà inferiore di tutto il pesce è argentina: una linea di azzurro ol- tramarino parte dall'angolo della bocca, e leggermente flessuosa innoltrasi sotto la gota fino al di là dell’opercolo tingendogli la linguetta in più cupo: dietro la inserzione ed alquanto più sopra della pinna pettorale, nasce una fascia scura, che forma una co- spicua macchia su’ lati del corpo sotto quella colorata d'arancio, e protendesi fino alla metà del pesce, essendo lunga quanto è l’altezza di esso; da quel punto poi impallidita e ristretta molto, prosegue fino alla caudale soitostando sempre alla aranciata suddetta. La pinna dorsale è di olivo squallido listata orizontalmente di ceruleo: una gran mac- chia torchino-cupa tinge fin quasi a tre quarti i primi tre raggi che son rossi in punta e la membrana loro: le pettorali e le ventrali sono jaline: nell’anale signoreggia un color d’aurora pallido, che inflette a diverse cangianze lineari: la caudale è olivacea. Avver- tasi però che talvolta la fascia dentata è di un bel giallo dorato, tal altra è bianchiccia: spesso tutte le pinne, e principalmente di estate, rosseggiano quale più quale meno. Ha dodici vertebre addominali, e diciannove caudali, il fegato piccolo, il canale in- testinale mediocre, il notatojo grandetto, il peritoneo sottile, e di modesto splendore. Giunge a sette ed anco otto pollici di lunghezza, ma ordinariamente incontrasi di quella misura che nella tavola nostra si rappresenta. I suoi nomi volgari sono Donzella, Donzellina, Donzella di barro presso i veneziani; di Pesce girasol nel Piceno; di Zigurella, di Mincia, e di altro poco onesto nel Geno- vesato: di Girella in Nizza; di Muravizzo in Civitavecchia; di Membro di Re in Roma, d'onde i Toscani più prossimi a' Genovesi gliel danno più turpe, che i Napolitani dimi- nuiscon per vezzo, se pur nonlo dicono Pinto; di Ziola, Vidiola, Pizza di Re in Sicilia. La bianca sua polpa non igrata affatto al palato è facile a digerirsi. Vive per tut- to il Mediterraneo, ed abonda sulle coste di Spagna e di Grecia quanto in quelle di Francia e d’Italia, affezionando precipuamente quelle scogliere che sian meglio ve- stite di alghe marine, delle quali si ciba qual’ora gli manchi il più ordinario nutrimento ne minori pesci: Scopulos quos alluit unda Alga conspersos, et multo murice tectos. Ben così riferiva Oppiano; cui però non fu estraneo il pregiudizio di molti e principal- mente di Eliano, che lo credea solito a mordere col dente avvelenato, quando al con- trario può dirsi che familiarizzi con l'uomo, cui si appaga toccar col dentato musetto le gambe, se lo incontra nel mare, non già come scriveva esso Poeta cartaginese: Ore venenato sic laedunt stigmate parvo, Atque catervatim fusae per membra natantis Circumdant acri morsu, vel dente laborant. JULIS GIOFREDÎ DONZELLA DEL GIOFREDI JULIS supra ruber vel airo-caeruleus, lateribus abrupte argenteis sub linea recta semiaura- ta: macula nigricante ad angulum praeoperculi: radiis pinnae dorsalis omnibus subae- qualibus. D. 9/13. P.14. V. 1/5. A.2/v2. C. 14. LABRUS gIOrREDI, Risso, Lehth. Nic. p.228. sp.16. tab. 9. fig. 25. JuLis crorrREDI, Risso, Mist, Nat.III.p.310. sp210. Cuv. et Valence. Hist, Poiss. XIII, p,372. tab.385. LABRUS JuLIS var. 4? Bonnat. in Tabl, Ene. Ichth. p.108. sp. 16. et Alior.ex Brunnich. GIRELLE GIOFREDI, Risso, Hist. Nat. loc. cit. LABRE GIOFREDI, Bose in N. Dict. H. N. XVII. p. 166. cireLLe ROUGE) Cuv. Règn, Anim.2, ed, II p. 257. Ai Signor Giofredi istoriografo delle Alpi marittime il Risso intitolava codesto La- bride, cui conserviamo tal nome, poichè non ci sembra che fosse distinto specificamente dapprima, quantunque trovisi notato in grado di varietà. Non però il colore rosso della schiena lo distingue abbastanza dall’antecedente Julis vulgaris, ma sibbene la forma più terete del corpo, e la dorsale più umile, e più eguale in tutta la sua lunghezza; atteso- chè in questa specie anco più che in quella variano infinitamente le tinte del dorso, che in alcuni è rosso perfin di corallo, in altri è di paonazzo quasi nero. Che se pur dai co- lori volesse prendersi un contrasegno specifico, guardisi alla fascia dentata che sempre vedesi nel vulgaris, ma in questo non mai, qualunque sia la tinta signoreggiante del dorso. La sagoma generale del pesce è pistilliforme con ambedue i profili regolari, ma più convesso quello del ventre. La maggiore altezza che cade dietro le pettorali è il quinto della lunghezza. Il capo acuto è il quarto della lunghezza stessa: l'occhio perfettamente rotondo è quasi un quarto del capo, distando poco più di un diametro dalla punta del muso, e poco più di due dal margine dell’opercolo: l'intervallo alquanto turgido fra un occhio e l’altro è uguale al diametro dell’occhio. Emerge da queste dimensionie pro- porzioni una quasi perfetta somiglianza di questa specie con la precedente; e siccome i pezzi opercolari, e le altre parti del capo e del tronco sono perfettameute simili in. ambedue, ci asteniamo perciò dal ripeterne la descrizione. La pinna dorsale collocata in questa similmente che in quella, e munita di un egual numero di raggi, ha gli spinosi più robusti, e i primi poco più lunghi di un terzo dell’ altezza del corpo, quando nell’ altra li vedemmo molto maggiori della metà; oltre ciò tende sempre ad elevarsi in que- sta invece di abbassarsi. La anale è forse un poco più rotondata, e nel resto non ha dif- ferenza alcuna, come non la hanno le altre pinne. Il colore della metà superiore del corpo è rosso più o men vivace di ogni maniera, ovvero è fosco ceruleo, sernpre però bruscamente diviso da quello della inferiore, che è sempre bianco argentino. Vedesi nell'angolo dell’opercolo una bella macchia amatistina; JULIS GIOFREDI. e spesso (quando il pesce esce dall'acqua) lo segnano quaitro fascie longitudinali. Una fosco-olivacea parte dall'apice del muso, attraversa l'occhio, e la macchia amatistina suddetta, e poi svanisce sotto il termine della dorsale : altra color turchino sbiadato comincia sulle labra, trapassa le gote, e prende sulla spalla una tinta violacea, che conserva fino alla caudale; sotto la detta fascia ve n’ha una terza gialla, lunga e larga ugualmente: finalmente la quarta corre bianco-turchinastra sul ventre. Niuna ombra di macchia vedesi sulla pinna dorsale, che è giallastra marginata sovente di turchino. Le pettorali rosseggiano mediocremente, seppur non sono affatto pallide; le ventrali spesso | tingonsi di torchino: l'anale è pallida, e talvolta rosseggiante: la caudale è rossastra al- la base, debolmente verdognola in punta. La misura ordinaria del pesce è quella figurata nella tavola, cioè poco più di tre pollici, nè lo vedemmo crescer mai alla statura del precedente. Trovasi sparso al par di quello in tutto il Mediterraneo; ha comuni con quello le abitudini, e perfino i nomi volgari. Il Julis speciosus del Risso ci è totalmente incognito, e confessiamo che difficilmente saremmo per ammetterlo se non ci fosse confermato dal Valenciennes. E delle numero- sissime specie esotiche non è quì luogo a trattare. ME AD, 2 94) L È Psi i VIZZZZA Sagan VAIO, PENDE i i | 0. dba LUL ATHERINA HEPSETUS LATTERINO SARDARO ATHERINA longitudine corporis altitudinem ultra sextuplum superante: capite acutiusculo, corporis altitudine parum longiori: oculo vix aequali spatio anteoculari: pinnis dor- salibus modice remotis, antica fere media supra ventralium exitum nascenti: vertebris quinquagintaquinque. TORTO: RETE Aran Cao. ATHERINA nepsetus, Linn. Syst. Nat, I. p. 519. sp.1, part. Hasselg. Iter. p. 582. Gmel. Syst. Nat. I. p.1596,sp.1. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth, p.178.sp.1. tab. 75. fig.302. Lacép.Hist. Poiss.V/.p.66. Schneid? BI. Syst. p. 110.sp.1. part, excel. tab.29. fig. 2. Rafin® Ind.Itt, Sic. p. 36. sp. 269. Risso, Ichth. Nie.p. 557. sp.1. Id. Hist. Nat. III. p.469. sp.376. Cuv.Régn.An.2, ed, II, p,254. Naccari® Itt. Adr.p.19. sp.73. Nardo? Pr. Adr.Ichih.sp.147. Cuv.et Valence. H.N.Poiss.X. p.423.tab.502.fig. 1. ATHERINA HEPSETUS var. 1. Chuclet aut Pesce Rey, Delaroche, Mém. Pois. Ivic. in Ann, Mus. XIII. p.357. Abeptva, Aristot. Hist. Anim. lib.vi.cap.xvii. lib.ix. cap.ii. Oppian.lib.i.v.108. Athen.lib. vii. p. 1m.285.A. ARISTA vel ArIstuLA, Theod, Gaza, in Aristot. loco citato. ATRERINA, Rond. Hist. Pise.I. lib,vii. cap.xi. p.216.cum fig. Gesn.Aq-IV.p.72. -Aldr.Pise.lib.ii.cap.xxzvi: p.217.cum fig. Willughb.Ichiyogr.lib.iv. cap. xii. pag.210, Ray, Syn. Pise. p. 79. sp.5. Jonston, Pisc. lib.i.art.xviii. p. 52. t.19. fig.13. Linn.Mus.Ad.Fred.II,p.103. Artedi, Syn. Pisc. App. p.116.sp.t LAvaRONUS, Belon, Aquat. lib.i. p.257. Id. Nat. et Pourtr. Poiss, lib, i p. 251. saucLet, Duham., Tr. Péch. II. Sect. vi. tab. iv. fig. 3. JoeL (err.), Daubent. Dict. Ichth. in Enc. Meth. Hist, Nat, III. p: 214, ATHERINE JOEL, (err.) Risso, loco citato. saucLET du Languedoc, ou capassou (err.î) de Provence, Cuy. Zoco citato. Ba diceva il Cuvier che il naturalissimo genere delle 4therinae non può esser associato con alcun altro, perciò lo isolava ponendolo intermedio fra i Mugilidi e i Gobidi: ma noi che simili isolamenti non ammettiamo ne costituimmo la sottofami- glia degli Atherinini, de' quali unitamente ai Mugilini ed ai Tetragonurini compo- nemmo la nostra famiglia dei Mwugilidi, come si può leggere nel Saggio di una distri- buzione etc. e nell’articolo Mugi! cephalus di questa Iconografia. Nonostante però che quella nostra opinione venga corroborata da una autorità grandissima in Ittiologia qual’ è quella del prof. Agassiz, pyre nello stato in cui siamo parci non aver fatto ancora ab- bastanza pel genere in quistione ordinandolo in sottofamiglia, e doverlo quindi innal- zare al grado di famiglia da dirsi Atherinidae. Infatti qualunque sia la sua apparente relazione coi Muggini essa non è di stretta affinità; e posto anche il caso che doves. simo riunirla ad altre famiglie, non la riuniremmo ‘con quella più mai. Siamo dunque ben lontani dal modo di vedere di Pallas che neppur genericamente voleva che le Athe- rinae si separassero dai Muggini, biasimando Linneo che per nota distintiva assegnò al genere una fascia argentea lungo i lati, la quale non potria certamente bastare a co- stituire un genere, se il grande uomo non l'avesse tolta a carattere rappresentativo, di cui poscia abusarono pur troppo i suoi non ben veggenti seguaci, quando riunirono alle Atherinae tanti Pescetti che ne distano le mille miglia. Senza enumerare ad una QI ATHERINA HEPSETUS. ad una tutte le differenze essenziali che passano fra i Mugilidi e questi nostri Athe- rinidi privi di tante e tante particolarità proprie di quelli, diremo soltanto che mentre 1 Mugilidi si rendon notevoli per una tal sorta di grecile, rarissimo nei Pesci, per la lunghezza e per le molte ripiegature del tubo intestinale; le Atherinae al contrario sono singolari per la brevità di questo viscere, e per la semplicità in genere degli organi digestivi. I caratteri della nostra famiglia Atherinidae, ben diversa dal gruppo collettizio cui il Risso impose tal nome, sono i seguenti. Corporatura allungata: capo privo di bar- bette o d'altre appendici, con la mascella superiore assai protrattile, guernita di sì mi- nuti denti che appena si scuoprono con la lente: lingua liscia: i faringei non compli- cati, con piccoli denti conici, fitti: il primo arco branchiale con lunghe pettinazioni gracili, gli altri con semplici tubercoli aspri: sei raggi nella membrana branchiostega : due pinne dorsali, distanti l'una dall'altra, il numero de'raggi delle quali varia sebben di poco nelle diverse specie: ventrali nascenti sotto l'addome più indietro delle pet- torali. In tutte le specie vedonsi i fianchi ornati di una cospicua e larga fascia d’ ar- gento, ed un piccolo tratto nerastro al margine superiore dell’ orbita. Lo stomaco con- siste in un semplice tubo membranaceo, alquanto slargato, senza intestino cieco nè ap- pendici piloriche: il tubo intestinale è poco lungo e poco ripiegato come abbiam detto. Il peritoneo mostrasi generalmente nero all’interno, argenteo alla superficie. Portano tutte un notatojo, spesso prolungato in un condotto formato dalle ultime vertebre ad- dominali che incartocciano le loro apofisi trasverse. Numerosissime sono le vertebre (più del doppio che nei Muggini), e le apofisi di tali ossi e le costole costituiscono le tante spine che s'insinuano nella sostanza di lor carne. In tre generi ripartiamo gli Atherinidi denominandoli Atherina, Membras e Meni- dia, de’ quali trovasi il germe nella grande opera sui Pesci continuata ora dal solo pro- fessor Valenciennes coi materali già da lui abbozzati sotto la disciplina dell’immortal suo maestro. Il primo di questi nostri generi viene caratterizzato dalla pinna dorsale anteriore collocata sopra le ventrali, dalla bocca fessa obliquamente fin sotto l'occhio, ‘armata di denti, quantunque minutissimi anche al palato. Il secondo si fa riconoscere per la prima dorsale collocata sopra l’anale, e per la bocca obliquamente fessa fin sotto l'occhio, senza denti al palato. Il terzo oltre all’avere la pinna dorsale anteriore retro- posta, si distingue eminentemente per la bocca più orizzontale, fessa soltanto fino alla metà del muso, locchè unitamente alla piccolezza dell’ occhio produce una diversa fi- sonomia, e pel palato liscio privo affatto di denti. Le più grandi specie offrono chiara: mente un singolarissimo carattere che per verità le approssima ai Muggini, soli tra i pesci che lo posseggono. Gracilissime hanno le ossa costituenti la mascella; e la parte posteriore del mascellare, invece di slargarsi presso l'angolo della commissura, termina in punta sottile. Tralasciando i generi Membras e Menidia formati di sole specie esotiche, ci ristrin- giamo all’.Atherina, genere cosmopolita, nel quale si comprendono tutte le specie Italia- ne, Anche queste vere Atherinae potriansi a rigore suddividere in due sottogeneri, che ripristinata la nomenclatura Rondeleziana, chiameremmo Mepsetia ed Atherina: impe- rocchè come bene osserva il soprallodato Valenciennes, alcune specie, di cui viene in esempio l'unica europea Atherina Boyeri ( Hepsetus, Rond.), hanno denti visibili tanto alle mascelle quanto sul vomere e sui palatini, il capo d'altronde slargato e piano, l’oc- ATHERINA HEPSETUS. chio grande, la prima dorsale piccola e corrispondente al termine delle ventrali; men- tre le altre, come appunto la nostra A. hepseius dal muso più acuto (.4therina, Rond.), hanno sì piccoli i denti, che si rendono quasi incospicui, la dorsale anteriore grandetta e corrispondente al centro delle pettorali. Non sembra però necessario lo stabilire due sottogeneri per siffatte specie che appena si distinguono dall’ occhio acuto de' Zoologi: nè si potrebbero assolutamente disgiungere se le forme della nostra proposta epsezia non si trovassero esagerate in tipi stranieri. Tuttavolta noi esibiamo in globo quattro specie di 4therinae italiane, sole di cui abbiamo riconosciuto l’esistenza, non potendo ammetterne altre sulla fede altrui. Comuni sono a tutte quatiro, anzi a tutte le specie conosciute di quel genere, come lo abbiamo ristretto, le seguenti particolarità. Corpo di forma allungata, compressa, assottigliato verso l'estremità posteriore, la di cui maggiore altezza cade al di sopra delle ventrali circa il terzo anteriore del pesce, vestito di scaglie embricate e disposte assai regolarmente in circa venti serie, contan- dosene più o men sessanta su quella dei fianchi, piccole, sottili, trasparenti, rotondate al margine anteriore o piuttosto paraboliche per esser più larghe che lunghe, levigate verso l'apice, striate trasversalmente alla base, facili a cadere. Le gote e ciascun pezzo opercolare sono coperti di scaglie, ma il cranio, il muso e le mascelle hanno la pelle nuda e liscia. Capo mediocre, di forma piramidale a quattro facce, la superiore delle quali quasi piana con uno spigolo rilevato longitudinalmente tra gli occhj e per lo mez- zo del muso; le laterali piane, e l’inferiore ricurvata all'insù, semicilindrica verso il mezzo, ellittica per quanto si estende la mascella inferiore sporgente più della supe- riore, onde il muso apparisce rotondato all'apice, La bocca piccola, terminale, squar- ciata obliquamente. Mascella superiore munita agli intermascellari di lunghi peduncoli, perciò assai protrattile. Osso mascellare largo alla base, terminato in punta; visibile soltanto quando la bocca è protratta perchè lo ricuopre il sottorbitale che termina sotto il centro dell'occhio ed è di forma triangolare, integro sui margini, foracchiato di pic- coli pori disposti in varie linee. Il preopercolo quasi rettangolare, con l'angolo alquanto smussato, integro sui margini. L' opercolo integro anch’ esso, alto un terzo più che lungo, è rotondato al margine. L'apertura branchiale fessa fin sotto gli occhj. 11 primo dei sei raggi branchiostegi dilatato alla base, il sesto di esimia sottigliezza, quasi in- cospicuo, Niuna scaglia particolare indica la spalla. Linea laterale quasi reita, parallela al profilo del dorso, e più vicina ad esso che a quello del ventre, segnata da una serie di scaglie sovrapposta l'una all'altra. Ano situato quasi alla metà del corpo. La dorsale anteriore piccola, di figura triangolare a due lati curvilinei, costituita di raggi spinosi, gracili, in numero di sette a nove, ha origine avanti la metà del pesce dopo le pettorali e le ventrali, La dorsale posteriore più lunga della prima, di figura quadrilatera, com- posta di raggi molli ad eccezion del primo piccolissimo, trovasi quasi media fra la pri- ia e la caudale. Le pettorali impiantate dopo l'opercolo circa la metà dell'altezza del tronco sono piuttosto acute col margine inferiore curvilineo, e formansi di quindici o sedici raggi scemanti di lunghezza dopo il quinto. Le ventrali di figura quadrilatera mistilinea sono piccole e nascono fra l’intestatura delle pettorali e della prima dorsale: una scaglia puntuta giace alla base dell'una e dell’ altra ventrale; un'altra simile scaglia si vede tra luna e l’altra pinna. L’anale quadrilatera è sottoposta alla seconda dorsale, cui quasi è simmetrica. In fine la caudale fornita di diecisette raggi è forcuta a due lobi uguali. g1* ATHERINA HEPSETUS. La parte superiore del corpo si vede tinta di un carnicino trasparente punteggiato di nero, disponendosi le punteggiature a fascetti sopra ciascuna scaglia: l’opercolo e il di sopra del capo similmente son punteggiati. Due o tre serie longitudinali di scaglie su i fianchi brillano di lucentissimo argento. Tra il color carneo del dorso e l’argenteo dei fianchi si vede a breve intervallo qualche cangianza di turchinastro. Al di sotto della fascia argentea e sul ventre campeggia il bianco rossastro con pochi riflessi ar- gentei. Le pinne sono tutte diafane. La pupilla dell'occhio turchinastra tende al nero: l’iride è bianchissima. Tutti i mari del globo (aggiungansi alcuni laghi italiani, come sì vedrà nell’arti- colo dell’ Atherina lacustris) pullulano di questi pescetti, ed in alcuni ve n’ ha di sover- chio. A Venezia per esempio ove li dicono Anguele e li gridano per ogni contrada ser- vono in cibo de’ gatti: tanto è il dispregio che nasce dalla gran copia, quantunque siano buonissimi a mangiare, Altrove, saziatine gli uomini e gli animali, gittansi perfino ad ingrassare la terra. Graziosi sono i nomi che godono in alcune spiagge Francesi, di Preti, e Abbatozzi per quel simulacro di stola argentea che scende loro sui fianchi. In Sicilia godono indistintamente i nomi di Coroneda, Curunedda o Corinella aggiuntevi all'uopo le parole marzoja, di sciume, lattarina, secondo le diverse specie. Lavoni li dicono i Na- poletani: Segreti i Sardi: Cheuneri, Pascatte, Occioni i Genovesi: i Marchegiani Aequa- delli: © Triestini Garal: quei dell’ Istria Agorà. Non sapendo con sicurezza come li chiamino i Toscani crediamo che ad essi si riferischino i nomi di Zattaja e Pesce latte che meglio non sapremmo ad altri applicare. Da per tutto si pescano con le reti du- rante l'inverno. Si riuniscono a grandi caterve, partoriscono uova più grosse che le comporti la diminutiva loro statura, malgrado la quale per la bontà della carne sono assai ricercati per cibo, e più grati giungono sul desco in primavera quando i maschj son pieni di latte e le femmine d'uova. La figliuolanza resta per lungo tempo radu- nata in masse strette e compatte d'’innumerevoli individui, che pescati usan friggere, ovvero lessare nel latte. I quali delicatissimi pescetti che in molti luoghi diconsi ron- nati furono origine di molti equivoci di naturalisti, che specie e generi ne han fabbri- cato, e ciò ch'è peggio, vi aggiunsero anche la figliuolanza di altri diversissimi pesci. Si conoscono ne' libri antichi di Storia naturale le diverse generazioni di Aphi@ o Apue, come altri dicono, confuse ancora con l'Hepsetus. Nè si può dubitare nella con- cordia degli scrittori greci ch’ eglino intendessero indistintamente per Agn o Agna que- sti e qualunque minutissimi pescetti appena usciti dall’uovo, ammucchiati ancora tra congeneri ed altri, nè pur anco divisi dal vischio della generazione: cibo vile e di sem- plice cottura che non ammette sorta di condimento, ed opportuno appena a mescolarsi nel garum. Di mano in mano che progredì la scienza zoologica venne ad analizzare per così dire la filologia degli antichi, e bandita la favola, nella quale con meraviglia veggiamo assonnato anco il Gesnero, che l’Aphia vera nascesse dalla spuma del mare come Zenere Afrodite, furono distinte le Zphie o Apue in Phalerica, in Membrade, in Cobite, in Encrasichola secondo che si crederono partorite da diversi pesci, le quali enumera e descrive l’Aldrovandi, che un breve capitolo soggiunge de caeteris Apuis nominandovi quelle de Muggini, delle Triglie, delle Mendole ed altre. Il volgo di Roma, il quale per suo naturale idiotismo suol congiungere l’articole col nome che in altri casi disgiunge con pari facilità, compose dell’ antica 4therina (ignota ai glossarii latini) il vocabolo Latterino col quale chiama indistintamente i nostri ATHERINA HEPSETUS. pescetti, come dice eziandio Zatterini tutte le altre minutissime specie che trovansi frammiste ed anco talor separate, non altrimenti che chiama Latterini le persone deboli, imbecilli, e quasi da niente. Anche i Toscani, facondi autori de vocaboli, non sapendo come distinguere le tanto diverse ma pur somiglianti generazioni di queste congreghe di pescetti da nulla, indistintamente li chiamano Arno dall’ Arno in cui nascono 0 imboccano. Il Latterino vero però de’ Romani, cui per la tenerezza lattea si conviene benissimo tal nome, essendo la 4therina de' Greci antichi, Atherno dei moderni, poco a noi rileva se gli venisse da Adeo, col quale questi dissero tanto le ariste o spine della spica quanto la stessa spica derelitta sul campo da' mietitori, in che si rinverrebbero e la nota distin- tiva del disprezzo in cui tiensi, e delle spine che gli compenetrano la piccola polpa, ovvero da xa che significa piccolezza, e quasi nullità di cosa. Quanto all’aggiunto di hepsetus dato da Linneo d’appresso Rondelezio, che forse ebbe principalmente in vista l’epw de’ Greci, cuocere, gli si conviene per eccellenza, essendochè per la sua picco- lezza e tenerezza il Latterino cuoce più presto di ogni altro pesce, onde l’antico pro- verbio che vidisse oleum satis est. Quantunque due delle tre specie marine, senza parlare elella nostra nuova lacustris, fossero state effigiate e denominate dal Rondelezio, pure gli autori successivi o non vedendole o non sapendo distinguerle, le passarono sotto silenzio. Assorbille così l’Athe- rina hepsetus di Linneo, il quale sotto quel titolo racchiuse i due nomi e le due spe- cie del Rondelezio non che tuite le altre di Europa. Il Delaroche colla scorta dei Pes- catori d'Ivica ritrovò le due specie Rondeleziane e ve ne aggiunse una terza: egli però come fece per i Muggini non le valutò che per semplici varietà. Il Risso cui devesi il vanto di aver saputo apprezzar Rondelezio e studiare profondamenie il suo libro, fece risorgere le due specie del medesimo alla moderna nomenclatura, quantunque non lo citasse in questa occasione. Al Cuvier per altro si rimaneva la gloria di far distinguere solidamente le tre Atherinae mediterranee accennate già dal Delaroche, e di aggiun- gerne un’altra propria dell'Oceano, ove non si rinvengono le nostre. La sola figura meritevole di esser citata del maggiore e primo nostro Latterino ( Atherina hepsetus, Guv.) innanzi che apparisse la recentissima del Signer Valencien- ‘ nes, pubblicata dopo la nostra e giuntaci ora soltanto, erasi quella del Duhamel. I pro- fili tanto del dorso che del ventre sono leggermente convessi. La maggior altezza cade al terzo anteriore del pesce, nella cui lunghezza è compresa sei volte e mezzo: la grossezza poi misura due terzi dell'altezza. La parte assottigliata del tronco, alta un terzo del corpo, giunge appena alla settima parte dell'animale. Il capo è lungo poco meno di un sesto del pesce. Il diametro dell’ occhio è compreso più di tre volte nella lunghezza del capo; ed uguaglia tanto la distanza dell'orbita dalla punta del muso, quanto lo spazio tra un occhio e l'altro. La prima dorsale comincia quasi alla metà del pesce, esclusa la caudale: nove sono i raggi che la compongono; dal primo di essi che è il più alto van gli altri gradatamente diminuendo di altezza in modo che l’ul- limo giunge appena a misurare un terzo del primo, che uguaglia l'altezza del capo: la base di questa pinna è due terzi dell'altezza del primo suo raggio. La seconda dorsale costituita da undici raggi molli, scende alcun poco in addietro, essendo gli anteriori i più alti, ma non quanto nella prima dorsale; dista dalla prima due terzi della lun- ghezza del capo, e si estende quanta è l'altezza dei primi raggi dell'altra. Le pettorali gi 8% ATHERINA HEPSETUS. si trovano al di là dell’opercolo per una distanza uguale al semidiametro dell’ occhio: la loro lunghezza è uguale alla maggiore altezza del pesce. Le ventrali si trovano inte- state più vicino all’ano che al margine dell’opercolo quasi sotto la punta delle petto- rali, e si estendono per tre quarti delle medesime. L'anale un poco più estesa della dorsale posteriore, ed alta quanto essa, ha la sua origine quasi perpendicolare a quella della medesima, distando dall’ ano quant'è la maggior altezza della stessa dorsale: do- dici sono i raggi che la compongono. La caudale bipartita in due lobi fino alla metà posteriore è lunga la settima parte di tutto il pesce. Giunge questa specie a quattro e cinque pollici di lunghezza, Cinquantacinque o cinquantasei sono le sue vertebre: le cinque prime hanno dilatate e contigue le apo- fisi spinose. Tre o quattro dalla trigesimaterza in poi servono a formare quella cavità entro la quale si prolunga in punta il notatojo: le apofisi di queste non sono affatto dilatate. Ben lungi dall’ essere questa Atherina la specie più comune del Mediterraneo, è su tutte le coste d'Italia molto meno frequente dell'A. Boyeri e dell'A. Mochon, nè chiamasi Latterino più delle altre; per distinguerla dalle quali i pescatori esperti la di- cono anzi Latterino sardaro. Sauclet la chiamano in Linguadoca, e nella Spagna Chu- cleto. Sembra sparsa per tutto il Mediterraneo, specialmente nei più reconditi suoi seni, e volge anch'essa per la costa oceanica dell'Affrica facendosi vedere in copia alle isole Canarie, ove la stivano in barili ad uso delle nostre Alici. ATHERINA MOCHON LATTERINO COMUNE ATHERINA corporis longitudine altitudinem vix sextuplo superante: capite obtustusculo, cor- poris altitudine multo longiori: oculo parum majori spatio anteoculari: pinnis dorsalibus subpropinquis, antica fere media supra ventralium exitum nascenti: vertebris quadra- gintasex. Teoria Deriazi Pao Pra A liga Coi ATHERINA HEPSETUS var. 2. Mocho seu Mochon, Delaroche, Mem. Poiss. Ivi. in Ann. Mus. XIII. p.358. ATHERINA MOCHON, Cuo. Règn. Anim.2, ed.II,p.255. WValenc.in Cuv. et Falene. Hist. Nat. Poiss, X.p.4554. mocnon d’ Ivica, Cup, loco citato. àl Sia il nome di Mockon, che al dire del Delaroche porta nell'Isola d’Ivica que- sta sua creduta varietà, il gran Cuvier eresse in seggio di specie il presente comunis- simo nostro Latterino che fino al suo tempo andò confuso con l’hepsetus come tutti Latterini di Europa. Simile è tanto a quello, che appena lo fariano ricevere per specie la statura più piccola, i due raggi di meno nella prima dorsale e il maggior numero de’raggi molli de’ quali si compone la pinna anale, se non fosse il tanto minor numero delle vertebre. Anche nella presente specie i profili del dorso e del ventre sono leggermente con- vessi; e se vogliamo attendere alle più piccole differenze, quello del ventre è alquanto più convesso di quello del dorso. Delle tre del Mediterraneo questa ci offre la più pic- cola corporatura. La di lei maggior altezza prosegue costante quasi dal mezzo delle pettorali fino alla prima dorsale, e vien compresa poco più di sei volte nella lunghezza: la grossezza del tronco, che apparisce più compresso e men turgido che nell’ hepsetus, è la metà dell'altezza. La parte assottigliata del tronco alta poco più di un terzo del- l'altezza del pesce arriva a misurare un sesto della totale lunghezza. Il capo simile per la forma a quello della suddetta specie, ma meno acuto e più turgidetto alle tempia, è contenuto poco più di cinque volte nella lunghezza del pesce: più larghetta è la fron- te quantunque non lo sia quanta nell’A. Boyeri. Il diametro dell'occhio è un terzo della lunghezza del capo: tre quarti di esso si trovano tra la punta del muso ed il margine anteriore dell’orbita: simile misura occorre ira un occhio e l’altro; molto maggiore è per conseguenza lo spazio che passa dal suo termine posteriore al margine dell’ oper- colo. La prima dorsale è inserita circa a'due quinti della lunghezza, ed è composta di sette o otto raggi: il secondo ed il terzo sono i più alti e misurano tre quarti dell’ al- tezza sottoposta: l’ultimo è appena tre quinti de’ più lunghi: la base della pinna si estende quanto è alto quest'ultimo raggio. La seconda dorsale nasce a tal distanza dal l'origine della prima quanta è la quinta parte di tutto il pesce: lo spazio che corre fra l'una e l'altra è perciò minore della metà della lunghezza del capo: viene essa costituita ATHERINA MOCHON. da dodici raggi, il primo de’ quali semplice, gli altri ramosi; cortissimo è il primo, il più lungo è il secondo; e gli altri van gradatamente diminuendo in altezza per modo che l’ultimo è appena Di metà di questo: la di lei base uguaglia l'altezza di esso raggio. Le pettorali si allontanano con la loro intestatura dall’ opercolo quasi per un sesto Tdk lunghezza del capo: la loro lunghezza è alcun poco maggiore dell'altezza del pesce. Le ventrali si trovano intestate più vicino all’ano che all’opercolo poco prima che termi- nino le pettorali: la loro lunghezza arriva a ire quarti delle medesime. L'anale tragge la sua origine precisamente sotto quella della seconda dorsale, e protrae il suo termine alcun poco oltre quello della nominata pinna: dieciotto sono i raggi che la compon- gono, gli anteriori de quali corrispondono in altezza a quelli Sintflmncna anteriori della detta pinna dorsale: gli altri vanno gradatamente scemando d'altezza. La caudale mi- sura quasi un settimo della totale lunghezza: è bipartita in due lobi dopo i tre quinti anteriori della sua propria. La fascia argentea dei lati più stretta è forse più splendida che nelle altre specie; e questa è la sola differenza osservabile nei colori. Lo scheletro ha quarantasei vertebre: e il cartoccetto della base della coda, abbrac- ciato da sole tre vertebre di non dilatate apofisi, incomincia dalla vigesimaquarta. ATHERINA LACUSTRIS LATTERINO DI LAGO 4TBERINA longitudine corporis altitudinem sepiuplo superante: capite acutiusculo, corporis altitudine valde longiori: oculo majori spatio anteoculari: pinnis dorsalibus remotis- simis, antica preposita supra ventralium retropositarum originem nascenti: vertebris quadragintaquatuor. I.D.7.ve08. 2.D.1fi1. P.19. Z.1/5. A.1/12. C.17. N iuno è che non creda similissimi a quelli del mare, d’onde alcuni rimontano le correnti, i Latterini che pur sono nei laghi, quantunque i naturalisti fino ad ora non ve li abbiano sospettati. E sì vero che la gran simiglianza del marino e del lacustre Latte- rino ha distolto fin ora gli Iitiologi, che forse li ebbero talvolta sott'occhio, dall’ insti- tuirne osservazioni parallele e particolari per rilevarne le differenze reali. Si trovarono così d'accordo col volgo, benemerita sempre benchè involontaria scorta delle indagini de'savj: imperocchè con una credenza quasi religiosa ti dice vivere in qualche lago talun pesce marino, e ne fa meraviglioso argomento che que’ bacini corrispondano con l'oceano sotterra, o che inabissati i crateri vulcanici scuoprissero le sottoposte acque marine, Queste ed altre simili fole spacciano prineipalmente i semplici abitatori de’ colli laziali, che tanto dal lago Albano cui dicono di Castel Gandolfo quanto da quello di Nemi, traggono ed imabardiszonià Latterini in nulla creduti diversi da quelli che nelle spiagge d’ Anzio e di Astura vengono tra le reti dei pescatori, Non però tutti i laghi d'Italia contengono questo Latterino, anzî noi non l'abbiamo verificato che in alcuni vulcanici dello Stato Romano. Così ne van privi quelli di Pe- rugia, di Piè di Lugo, di Vico etc. ete. mentre invece ne abbondano quelli di Bolsena, di dia e l’Albano e Nemorense già detti. In quest’ultimo poi quantunque più an- gusto crescono Latterini assai maggiori di mole. Pescansi con nasse e con reti nelle buone stagioni solendo nell'inverno difendersi dalla rigidezza del clima nei profondi meati. Delicati al pari e forse anche più delle specie marine muojono appena usciti dall’ acqua, e appena colti nella rete; nè v'ha pescatore che possa vantarsi di aver visto un Latterino vivo. Il grande slontanamento delle pinne dorsali basta a far riconoscere questa A a colpo d'occhio tra le altre. I due profili del dorso e del ventre leggermente ed ugual- mente convessi si vanno assottigliando insensibilmente verso la coda. L'altezza del corpo che supera di un terzo la oli vien compresa quasi sette volte nella lunghezza. La parte assottigliata del tronco è poco più di un sesto della lunghezza totale. Il “po acuto, rotondato all’apice, misura men di un sesto della detta lunghezza. L'occhio è piuttosto grande, superando il suo diametro un terzo della lunghezza del capo; uno di questi diametri corre tra il margine posteriore e l'estremità dell’opercolo, tre soli ATHERINA LACUSTRIS. quarti tra il margine anteriore e la punta del muso: molto meno di un diametro final- mente misura la distanza tra un occhio e l’altro, essendo strettina la nuca. La bocca è assai protrattile capace di estendersi quasi quanto è lunga la metà del capo. L'ano s'apre un poco più indietro che nelle altre specie, e corrisponde alla metà dello spazio fra le due dorsali. L’anteriore di queste si trova assai prima della metà del tronco a due lunghezze del capo dalla punta del muso, ed è costituita da sette raggi: gli an- teriori più lunghi uguagliano la larghezza del corpo, ed i posteriori ne sono la metà più brevi: questa pinna ha la base uguale in lunghezza all'altezza degli ultimi raggi. La seconda dorsale si origina dopo la prima in sodo che tra l’una e y altra si trovano più di tre quarti della lunghezza del capo: essa vien costituita da undici raggi ramosi: gli anteriori sono i più lunghi, decrescono quindi a mano a mano che vanno verso il termine; la lunghezza de’ più alti è uguale a quella dei raggi anteriori della prima dor- sale: questa seconda si allunga quanto sono alti i suoi primi raggi. Le pettorali s’inte- stano presso l'estremità dell’opercolo ad una distanza eguale quasi ad un terzo del dia- metro dell’occhio, e ad un terzo dell'altezza del corpo partendo dal dorso. Le ventrali equidistanti dall’ano e dall'opercelo cominciano pochissimo più avanti alla prima dor- sale, dopo il termine delle pettorali di cui sono più corte un quarto. L’anale è più lunga della seconda dorsale di un quinto circa, ed è collocata in modo che il suo termine cade sotto quello della dorsale stessa, cui è simmetrica per tutta quella parte che le cor- risponde. La caudale si divide in due lobi alla metà della sua Iunoadeza la quale è un sesto della totale del pesce. Giunge nel lago di Nemi ad oltre tre pollici di statura: rimane assai più piecolo negli altri laghi. Pei colori è forse alquanto più chiaro delle specie marine: la sua fascia argentea strettina è assai ben definita. Sole quarantaquattro sono le vertebre; e il cartoccetto della base della coda, simile a quello della Mochon, è abbracciato come in essa da sole tre vertebre, cioè dalla vigesima quarta, vigesima quinta e vigesima sesta. Non meno nuovi de’ graziosi pescetti de’ quali parliamo son tutti quegli altri pesci che ne’ suddetti laghi suburbicarii si vivono, se ne togli l’Anguilla e lo Spinarello. Nuova è la Tinca che raro o mai vi si desidera, nuovi i Zeucisci, nuovo anche il Blennio (Blen- nius anticolus, Nob:) che sotto il nome di Lupetto, di Anticolo, di Capocaccione, s' ap- presta nello stesso piattello, e con egual condimento de’ Latterini a gentil frittura desti- nati egualmente dalle cucine del popolo e de’ signori. Perciò di tutte queste specie dob- biam trattare nella nostra Iconografia, ed acciocchè l’Atherina novella si distingua su- bito nella scienza ed abbia condegno luogo ne’ cataloghi, la dimandiamo Atherina la- custris ossia Latterino di lago, dalla stazione tutta sua propria. ATHERINA BOYERI LATTERINO CAPOCCIONE ATHERINA corporis longitudine altitudinem quintuplo superante: capite lato, obtusiusculo,, vix longiori corporis altitudine: oculo valde majori spatio anteoculari: pinnis dor- salibus appropinquatis, antica retroposita supra ventralium antepositarum exitum na- scenti: vertebris quadragintaquatuor. eDagae Daraa Porg ai ao AC. ATHERINA HEPSETUS, var. 3. Cabasuda, Delaroche , Mem. Poiss. Ivic. in Ann. Mus. XIII. p.357- ATHERINA BOYERI, Risso, Jehthyolog. Nic. p. 555. sp.2, tab. 10.fig. 38. Id, Hist. Nat. TJII. p. 470. sp. 577: Cuv. Règn, Anim.2. ed. IT. p. 255, Valene, in Cuv. et Val. Hist. Poiss. X, p.452, tab. 502. fig. 2. uepseTus. Rond. Pisc. Mar.I. lib. vii. cap. x. p.215. cum fig. Gesn. Aquat, IV.p.71. LAvaRONUS, Gesn.Aq.IV.p.73. Aldrov. Pisc.lib.ii.cap.xxxvii.p.218.cum fig. Jonst. Pisc. lib.i, art. xix, p.52. Pisciculus ancueLLA Venetiis dictus, /Vi2lughb. Ichth, lib.iv, cap.xi.p. 209. Ray, Synops. p. 79. sp.2. zoeL du Languedoc, cApAssouDA d’ Ivica, Cup. Zoc. cit. \ Li Rondelezio che disse Atherina la nostra Atherina hepsetus addimandò Mepsetus questa diversa specie di Latterino, che in Provenza chiamano Joel, come fin dai suoi tempi la dicevano Juoîl. Modernamente osservolla il Risso, e la disse 4herina Boyeri. Non giunge alla lunghezza dell'A. Hepsetus, ed ha forma tozzotta più di ogni al- tro Latterino. Corre per ogni dove il Mediterraneo, ed è facile a rinvenirsi in qua- lunque costa d’Italia, ove promiscuamente co’ poco dissimili pescetti vien tra le reti. Qualora però i pescivendoli non siano cauti a dividerlo, nè i cuochi ne scevrino la derrata, ben si accusa da se stesso al palato de’ mangiatori di gusto con una carne men buona; locchè accade sovente in Roma ove ne’ mercati non suol badarsi a sì minuta differenza, mentre il Genovese più destro lo distingue perfino col nome di Occion per- chè ha l'occhio più grosso, come per la maggior grossezza del capo in Ispagna lo dicono Cabusuda, che suona Capoccione presso i pescatori di Napoli, di Gaeta e Civitavecchia: onde ci sembra che ad esso piuttosto che all’. hepsetus debba riferirsi il Cabassou di Provenza. E sì vero che per queste esagerate forme, non meno che per la bocca più vertical- mente fessa, porta una diversa fisonomia. Cinque volte è più lungo di quanto è alto, della qual lunghezza il capo largo ed ottuso misura una quarta parte e poco più. Il profilo del dorso è convesso assai più che non quello del ventre; ed ambedue si rav- vicinano sensibilmente ad un tratto al di là della dorsale posteriore e dell’ anale: la parte assottigliata del tronco alta un quarto dell'altezza del pesce equivale ad un sesto della totale lunghezza. Il diametro dell'occhio è un terzo maggiore della distanza che passa tra il suo confine e l'apice del muso: un diametro corre tra il margine posterio- re dell'orbita e l'estremità dell’ opercolo, tre quarti di diametro passano tra un occhio ATHERINA BOYERI. e l'altro quantunque larghissimo sia quest’'intervallo. Men protrattile delle altre specie ha la mascella superiore, ma denti in maggior numero e meglio visibili, i quali nella inferiore ugualmente si dispongono in angusta schiera, ed in altra sul vomere. La sua pinna dorsale anteriore è piccola, nasce alla metà della lunghezza del pesce, esclusa la caudale, ed è costituita da sette soli raggi assai gracili, il secondo de’ quali è il più lungo, il primo tre quarti del secondo, gli altri van gradatamente scemando d'altezza in modo che l’ultimo giunge appena ad un terzo del secondo: la base di questa pinna è la metà della lunghezza del secondo raggio. L'origine della seconda dorsale si allon- tana da quella della prima per un sesto della totale lunghezza, talchè fra l'una e l’altra di queste pinne misurisi molto meno della metà del capo: tredici sono i raggi che la cosìituiseono, de’ quali il primo semplice e corto, gli altri ramosi; più lunghi sono il secondo ed il terzo uguali in lunghezza a tre quinti dell’altezza del pesce: la base di questa pinna si estende quanto s'innalzano i suoi raggi più lunghi. Le pettorali si tro- vano distanti dall'opercolo un terzo del diametro dell'occhio, la loro lunghezza ugua- glia i quattro quinti dell'altezza del pesce. Le ventrali si trovano intestate più vicino all'opercolo che all’ ano sotto i tre quarti della lunghezza delle pettorali, ed uguagliano in lunghezza i medesimi tre quarti. L’anale si trova inserita un poco più avanti della seconda dorsale corrispondendo col suo termine sotto a quello della medesima pinna: vien composta di quattordici raggi, il primo dei quali semplice, gli altri ramosi, il se- condo ed il terzo i più lunghi superando eziandio la lunghezza dei raggi anteriori della seconda dorsale. La caudale entra cinque volte e mezzo nella lunghezza totale, e si divide in due lobi dopo due terzi della propria lunghezza. Ne’ colori è simile alle altre specie: ma de’ neri minuti punti, alquanto in lei più fitti, macchiasi il dorso con più bella regolarità; delle quali macchiuzze accade sovente che se ne vegga una serie lungo il margine inferiore della fascia argentea de’ fianchi, larghissima in essa, e un qualche gruppo ancora sulla parte superiore dell’opercolo. Giunge alla lunghezza di tre pollici e mezzo. Lo scheletro si compone di quaranta- quattro vertebre, venti delle quali spettano alla coda. Le quattro o cinque più prossime al capo hanno apofisi spinose, compresse a guisa di creste quasi membranacee, e con- giungentisi l'una con l’altra. Le quattro più prossime all’ origine della coda hanno le apofisi trasverse dilatate e in circoli riunite, locchè forma dietro l'addome una specie di piccolo imbuto che dà ricetto al notatojo. L’addome è presso che accerchiato da co. stole gracili aventi una piccola appendice verso la base. Le viscere nulla han seco di singolare, salvo che lo stomaco è alquanto più glo- buloso e più largo relativamente alle altre specie, e il notatojo prolungasi maggiormente al di là dell'ano. Il peritoneo non è tanto nero, nè tanto risplendente l’argentea sua superficie. | VILLETTE RE GONOSTOMA DENUDATA GONOSTOMO CODASPINOSA GONOSTOMA fusco-argentea, squamis grandibus, argenteis, deciduis: punctis argenteis serie duplici utringue in abdomine : cauda bifurca spinulis sex infra supraque ante basim. TS Data Da batudi deBiaioa et 6 Ao zh GONOSTOMA DENUDATA, Rafin. Ind. Itt. Sic. p.64. gen. xxviii. sp. 380. GASTEROPELECUS ACANTHURUS, Cocco, in Giorn. Sc. ete. Sic. 1829. Fase. lxxvii. art. ili, p. 145. GoNosToMvs ACANTRURUS, Cocco, Lett. su’ Salmonidi in N. Ann. Se. Nat. Bol. Fasc. ix. p.S.sp.l.tab.1. fig r. GONOSTOMA SPOGLIATA, Rafin. loco citato, GONOSTOMO CODA-SPINOSA, Cocco, Loc. cit. S. poverissima è l'Italia in Salmonidi di acqua dolce, giacchè la centrale e me- ridional sua parte non vantano che la saporita Trota (Salmo Fario, L.) tanto varia- bile nel color del manto e perfin della carne, mentre la settentrionale non vede convi- vere secolei ne’ suoi grandi laghi che poche altre specie congeneri oltre un Thymallus e qualche Coregonus ; altrettanto è ricca in Salmonidi marini, del che fanno fede le tavole abbondantissime di specie nuove che prendiamo ad illustrare. Al piacere di oc- cuparci di loro vien mescolandosi frattanto un timore giustamente riverenziale, impe- rocchè i fluviatili ed i lacustri formano di presente il soggetto delle profonde indagini dell’Agassiz, non meritate ancora da quelli di cui trattiamo, e sarebbeci riuscita meglio la impresa dai suoi lumi ajutata che dal suo confronto atterrita. La grande e natural famiglia dei Salmonidi compresa quasi tutta da Linneo ne’ suoi due generi Salmo e Argentina, era nell’ artificial sistema del Cuvier la quarta dei suoi Pesci malacopterigii abdominali; e nel nostro che sempre più vorremmo armonizzare con la natura, costituisce la quarantunesima famiglia della Classe de' Pesci, decimaquar- ta dell'ordine de' Cicloidei (0 Cyprini che dir si vogliano) collocata fra i Clupeidi e gli Esocidi. Congiungesi alla prima mediante gli Scopelini, con la seconda per mezzo de- gli HYydrocionini. Caratteri della famiglia sono: Il corpo squamoso; le pinne sprovviste di qualunque osseo o spinoso raggio; le ventrali sospese sotto l'addome più indietro delle pettorali, e non attaccate alle ossa della spalla; due dorsali, la di cui seconda è adiposa, vale a dire costituita semplicemente da una borsetta pellicolare ripiena di pinguedine (circostanza ripetuta soltanto in alcuni Siluridi, famiglia di un Ordine di- è verso): gl’intestini ciechi numerosi: l’esistenza del notatojo. La struttura e l'armatura degli organi della masticazione in veruna altra famiglia naturale variasi più che in questa; e perciò la decantata voracità di tutte le sue spe- cie non può fare a meno che in alcune vada soggetta a non leggera modificazione. Esempio solenne che i caratteri tratti dagli stessi organi non serbano in tutti i gruppi la medesima importanza. Poche ugualmente delle altre generalità che abbiam dagli autori potremmo ragionevolmente applicare all’ intiera famiglia. Le specie essenzial- 138 GONOSTOMA DENUDATA, mente marine, per esempio, non può dirsi che rimontino i fiumi, ed abbian così squi- sita la carne; perciò non intrattenendoci più a lungo sul di lei complessivo, passiamo a suddividerla in sei sottofamiglie: Scopelini, ROMOLI Sternoptygini, Salmonini, Mi- letidini, Hydrocyonini. Scopelini chiamiam quelli che più somigliano i Clupeidi vestendone anco i colori argentini: hanno essi la bocca Giddleraro, squarciata, coi margini della mascella in- tieramente formati dalle ossa intermascellari: denti piccolissimi: la lingua, se non il pa- lato, priva affatto di essi: i raggi branchiali in numero minore di dodici: le squame grandi, lisce, caduche: le pinne ventrali retroposte: la seconda dorsale adiposa sì, ma pur costituita da simulacri di raggi. Aulopodini appelliamo quelli, che hanno Ja bocca fessa molto al di là degli occhi, co margini della mascella intieramente formati dalle ossa intermascellari: numerosi acu- tissimi denti non solo nelle mascelle ma sulla lingua eziandio, sulle ossa palatine e sulle faringee: raggi branchiostegi più che dodici : le pinne ventrali impiantate molto all’in- nanzi: la pinna adiposa senza vestigio alcuno di raggi. Il corpo loro è intieramente ve- stito di squame grandi, aderenti, ciliate. Sternopiygini son per noi que’ pescetti stravagantissimi, di corpo compressissimo se- curiforme, col taglio della bocca diretto all'insù, e il margine della mascella formato nei lati dalle ossa mascellari; ì quali appena possono stimarsi Sa/monidi attesochè la pinna adiposa è sostituita in essi da una tenuissima membrana bassa e prolungata. Salmonini diciamo quelli che hanno ampia l'apertura della bocca, e il margine della mascella formato in parte soltanto dalle ossa intermascellari; schiera di pesci che rac- chiude i più potentemente dentati, perchè hanno denti per lo più acuti, disposti in una o due serie, sulle ossa mascellari, sulle intermascellari, sulle palatine, sulle mandibo- lari, sulle faringee, sul vomere e sulla lingua. Le squame loro son piccolette, e inte- gerrime: le pinne ventrali retroposte : la pinna adiposa non ha vestigio di alcun raggio. Appartengono a questi gli squisitissimi dei Salmonidi, tra cui quelli stessi che son di mare rimontano i fiumi per usar la Venere, travalicando le cataratte e i rapidissimi ruscelli delle più alte montagne. Di questi appunto va ora esclusivamente occupan- dosi l’Agassiz, nè può fallire di metter luce nella oscura confusione che li ravvolge. Miletidini han da noi nome quelli, la cui bocca è poco fessa, e il margine della mascella costituito in parte soltanto dalle ossa intermascellari: i denti loro sono ottusa- mente prismatici e coronati di tre punte: privi ne son la lingua ed il palato. Hydrocyonini finalmente diciamo quelli che hanno il margine della mascella costi- tuito come i precedenti, molto però fessa la bocca, e denti conici o acuti, non però sul vomere e sulla lingua che ne son privi: una lamina sottorbitale protegge loro le gote. Queste ultime due sottofamiglie non:si trovano in Europa, Prendendo a dire degli Scopelini Italiani non possiam meglio condurci che ripe- tendo le notizie sparse recentemente dal ch. signor Dottor Cocco di Messina, nome oramai celebre nella Ittiologia, il quale piacquesi dirigerci una sua dotta lettera rela- tiva alle specie Siciliane resa da noi di pubblico diritto. Che se nei seguenti articoli nostri, e nelle relative figure si trovasse alcun che da potersi credere migliore di quanto se ne vide finora, sappiasi che anche di questo gli si apparterrìa tutto il merito, poichè ci fu largo eziandio di privata corrispondenza e di preziosissimi esemplari. Alla sotto- famiglia loro pertanto ascriviamo i seguenti generi, che son tuiti muniti di lunghi eigli spiniformi sulla parte concava degli archi branchiali: carattere che merita l’attenzione GONOSFOMA DENUDATA. degli anatomici, e aveva suggerito al Cocco la non infelice idea di un nuovo ordine de' Ciliobranchii, cui dovessero anco ascriversi gli Sternoptygini. 1. Gonostoma, Rafin, che ha il corpo allungato, vestito totalmente di squame uniformi, grandi, caduche; i denti di maggiore e minor mole, uniseriali; le pinne pettorali inse- rite in basso e molto all’innanzi; la prima dorsale assai retroposta, cioè molto al di là delle ventrali e al perpendicolo dell’anale. — 2. Zehtyococcus, Nob. col corpo raccor- ciato, vestito totalmente di squame uniformi; i denti tutti eguali e piccolissimi, unise- riali; le pinne pettorali spiccanti ad un punto medio; la prima dorsale anteposta, cioè a perpendicolo delle ventrali. — 3. Scopelus, Cuv. il cui corpo svelto rivestesi di grandi squame, fra le quali distinguesi la serie di mezzo, che rende assai conspicua la linea laterale; la cui bocca non oltrepassa con lo squarcio le orbite; i cui denti sottilissimi lungo le mascelle e sul palato si dispongono a fascetti; la cui prima pinna dorsale so- vrasta in mezzo tra le ventrali e l'anale. — 4. Maurolicus, Cocco, di corpo sveltissi- mo inargentato soltanto, o non avendo che alcune poche squame triangolari ai lati del ventre; poco quindi cospicua la linea laterale; la fessura della bocca toccante appena il perpendicolo anteriore delle orbite; la mandibola più sporgente della mascella, ed am- bedue fornite di minutissimi denti: Ja prima pinna dorsale scarsamente relroposta alle ventrali, la seconda esilissima. — 5. Myctophum, Raflin. di corpo ltozzotio, vestito uni- versalmente di grandi squame, fra le quali distinguesi la serie di mezzo: rotondato di muso; squarciato di bocca ben oltre le orbite; I cui sottilissimi denti si dispongono a fa- scetti come nello Scopelus: la sua prima dorsale spicca al perpendicolo delle ventrali: ha brevi le pettorali che appena giungono sotto di quella. — 6. Lampanyetus, Nob. di corpo svelto, coperto per ogni dove di grandi squame, con la serie di mezzo non troppo distinta: acuto di muso, e squarciatissimo di bocca anco più del precedente; dal quale non differisce nei denti, e poco nella collocazione della prima dorsale: ha però lunghis- «sime le pettorali, che si stendono insino al termine della medesima. — 7. Chloroph- thalmus, Nob, di corpo più terete degli altri, di squame uniformi, sulle quali però ri- leva assai bene la linea laterale: di breve squarcio di bocca: di occhio smisurato, el- littico, che lo distingue dagli altri della famiglia, — 0. Odonstomus, Cocco, svelto e fu- sato di corpo, privo di squame e trasparente, seppur non siano piccole e caduche, dissi- mile dagli altri tutti, perchè ha denti grandi, e gli anteriori specialmente che eccedono dalle mascelle. Facendoci ora dal primo, è da sapersi che stabilito sopra fallaci basi dal Rafinesque fu ricostruito dal Cocco, che modificò il primitivo nome in quel di Gorostomus, e gli as- segnò tre specie. Noi tuttavolta lo ristringiamo a quella sola, cui per motivo di anterio- rità dobbiamo conservare il nome specifico Denuduta, quantunque il Cocco le ne so- stituisse uno migliore, Questo pesce ha forma di un pistone molto compresso così nel capo come nel corpo. Il profilo del dorsa corre quasi retta dall’ occipite fin verso la dorsale anteriore, cui pri- ma di giungere si fa in sensibil moda ascendente, poi discende e va dolcemente con- cavo fino alla origine della caudale. Il profilo del ventre procede pur esso alquanto con- vesso fin dove spicca l'anale, quindi si continua con lo stesso andamento del superiore. La maggiore altezza, che supera tre volte e un quarto la grossezza, misurata al termine dell’ opercolo, è un sesto di tutta la lunghezza del pesce. Il capo, lungo poco più della propria altezza, è compreso tre volte nello spazio che corre dal suo termine alla origine della coda, ha ottuso il muso, e dolcemente declive la fronte. L'occhio occupa una sesta 1368” GONOSTOMA DENUDATA. parte della lunghezza della testa, è situato molto superiormente, dista un suo diametro dall’apice del muso, ed uguale è pur la distanza che l’un dall'altro divide. Ampia molto è la bocca che squarciasi fin quasi al termine del preopercolo. La mascella ha il suo margine convesso quasi per tutta la sua lunghezza. La mandibola, larga alla base un quarto circa della propria lunghezza, n'è alquanto più lunga: offre un piccalo tubercolo nella parte inferiore della sua sinfisi; e quando la bocca è chiusa trovasi dalla mascella interamente coperta: rilevasi sotto essa una carena longitudinale formata dal contatto delle due ossa, onde si articola. La dentatura componesi di quattordici o quindici denti per ciascun lato grandetti, acutissimi, e alquanto ricurvi; tra l’uno e l’altro de’ quali ne sorgono cinque o sei molto più piccoli: que’ della mandibola sono alquanto minori. Le duplici narici trovansi lungi dall'apice del muso per quasi un semidiametre dell'occhio: l'anteriore è circa tre volte più piccola della posteriore. Il sottorbitale anteriore, sotto cui la mascella nascondesi in parte, ha forma allungata ; il posteriore l'ha ovale acuta. H preopercolo è molto angusto, e rastremasi più di grado in grado che ascende. L’oper- colo è obliquo, di figura parallelogrammica, la di cui larghezza è la metà meno della lunghezza. La membrana branchiale, breve, ha dieci raggi sottili ed incurvi: le ciglia delle branchie sono lunghe e spinose. Le caduche squame penetrano profondamente nella carne; la forma loro è irregolarmente ellittica; sono notate di strie concentriche, e sovrappongonsi l'una all'altra per metà. La linea laterale, poco visibile, corre dritta in tutta la sua lunghezza. L'ano piuttosto ampio apresi nella metà del pesce. La pinna dorsale anteriore spicca poco al di là del perpendicolo del punto suddetto; ha forma pressochè triangolare, ed è quasi tanto alta che lunga: ha i due raggi anteriori spinifor- mi, il quinto il sesto, e il settimo più lunghi di tutti. La posteriore è piccolissima, trian- golare, e dista dalla prima quanto è la lunghezza di quella. Le pettorali sono oblunghe situate molto in basso, tanto che s'impiantano quasi sul profilo inferiore in mezzo alle ventrali e alla punta del muso. Le ventrali sono flabelliformi, lunghe un terzo meno delle pettorali, e spiccano poco innanzi la metà del corpo. L'anale sta sotto la origine della dorsale anteriore, protrae la sua base fino oltre la posteriore, e va sempre rastre- mandosi, onde il terzo suo raggio, che più degli altri s innalza, è quadruplo dell'ulti- mo; ed il primo de’ due anteriori, semplici, bicgiaì è poco più della metà del se- condo. La caudale è forcuta co’ suoi lobi molto divaricati, ettasi di punta: la sua lun- ghezza è la sesta parte di quella dell’inliero pesce : e d’innanzi la sua base spuntano tanto sopra che sotto cinque o sei spinette acule ed incurve. Risplende il pesce di un bel colore argentino, che dal muso alla coda lungo il dorso, e da questa alla gola lungo il ventre, tingesi di nerastro; di argenteo caldo pure tanti piccoli punti, come capi di pia i quali dall'uno e dall'altro fianco sono dispo- sti in due file, che nascono sotto la gola a diversa altezza, e quindi vanno convergen» do lunghesso il corpo fino alla metà dell anale, ove si riuniscono in una che giunge dalla base UL coda. Le pinne sono bianche trasparenti, eccettuate Ja dorsale anteriore e l'anale sparse di minutissimi punti scuri. Vive nel mar di Sicilia; ed in altre acque non si è veduto finora. Colà tuttavia non se ne fa pescagione di sorta: nè sarebbe venuto a notizia, se i flutti non lo aves- sero gittato sulla riva, come frequentemente accade. Quindi non meritava peculiar, no- me dal volgo, che confondelo nella generica nomenclatura di Pisci diavulo, cui meno im- propriamente danno ai Cyelopteridi. L'individuo da noi fisurato misurava sette pallio! in circa di lunghezza. ICHTHYOCOCCUS OVATUS ITTIOCOCCO OVATO rcaTaFococcus corpore elato: capite rotundato, rostro obtuso, maxilla longiori: pinnis pectoralibus longissimis. 1. D. 13. 2.€ D. 3. rudim. P.8. V.6., 4.16. C.20. conostomus ovatus, Cocco, Lettera su’ Salmonidi etc. p. 9. sp. 3. tab, 1. fig. 3, Date due specie che sottraemmo al Gonostomus del Cocco formiamo un genere,a) parte, che ben giustamente dedichiamo a quell’esimio Naturalista. Qualunque sia la dif. ferenza fra loro, maggiore è quella che intercede tra ciascuna di esse e la Denudata, de- scritta di sopra. Basti osservare i margini delle mascelle tanto diversamente armati, e la respeltiva posizione delle pinne. Il corpo di questa è ovato anteriormente, oblungo ed assottigliato nel suo terzo po- steriore. Il profilo del dorso è assai convesso dall’apice del muso fino al termine della dorsale anteriore, ove fassi leggermente concavo, e si protrae così fino alla coda : l’infe- riore è quasi retto fin dietro le pettorali, va quindi convesso fin dopo l'anale, e poi ra- stremandosi corre rettamente fino alla caudale. La maggiore altezza, innanzi alla prima dorsale, è poco meno di un terzo della lunghezza. Il capo poco più lungo che alto, è ot- tuso, ed uguaglia la stessa misura. Una leggera carena segna il mezzo della fronte che discende dolcemente declive ed alquanto convessa. L'occhio posto assai in alto dista dal muso per un suo diametro, che è un quarto del capo. La bocca squarciasi fin dietro l'occhio. I pezzi opercolari hanno il margine rotondato. La pinna dorsale anteriore spicca innanzi il mezzo del corpo: la sua maggiore altezza è poco minore della lunghezza: gli ultimi raggi sono anche più brevi della metà dei primi. La posteriore esilissima nasce quasi alla estremità del tronco. Le pettorali sono alquanto anguste, e distese lungo il corpo oltrepassano di alcun poco le ventrali. Queste sono corte, rotondette, e nascono sotto il mezzo della prima dorsale, e nel punto medio tra il muso e la coda. L’anale spieca dietro il termine della detta pinna, e si estende per uno spazio eguale a quello che la separa dalle ventrali, raecorciandosi gradatamente in modo che gli ultimi raggi sono il doppio più brevi dei primi. La caudale è forcuta, e costituisce poco più di un settimo del pesce. | Argentino pavoneggiante è nel corpo, cui sul dorso corre una banda fosca pavoneg- giante anch'essa, e sul ventre una larga orlatura nera, sovra cui rilucono d’ambo i lati due serie di argentei punti l’una sopra l’altra, che quasi riunisconsi al termine dell’ana- le. Nella regione delle narici nereggia un punto; in quella degli occhi risplende sotto le orbite altro punto lucido aceerchiato di nero: e su i pezzi opercolari ne spiccano altri tre. Le pinne sono giallognole sbiadate indistintamente. Rarissima, forse perchè la sua estrema esilità non la pose fin ora in cura degli uo- mini, non fu veduta fuor di Sicilia giammai. L’esemplare da noi figurato è un gigante tra i pochi, che siansi potuti osservare. 136% ICHTHYOCOCCUS. POWERL/A TITIOCOCCO DELLA POWER ICHTHYOCOCCUS corpore tenui: capite declivi, rostro acuto sursum verso, mandibula lon- giori: pinnis pectoralibus brevibus. 14 D. 14, 2.4 D.3.rud. P.10. V.6. A.14. C.20, GoNnostomus PowERIE, Coeco, Lettera su’ Salmonidi eto. p.7. sp. 2. alt 2. pi Sco per non moltiplicar generi non innalziamo a tal grado. pur questa specie. Siam però persuasi che le nostre diaguosi consiglieranno altri a farlo: ed in tal caso desideria- mo che il nome Ichthyococcus rimanga all'ovatus; e il generico di Poweria diasi a que- sta, cui sarà facile aggiungere lo specifico di A A Abbondiamo così volontieri nel senso del prof. Cocco, rimeritando una nobil donna che utilmente si applica alla Zoologia. Il profilo superiore del pesce lanceolato ascende per un piano inclinato fino all’oc- cipite, d'onde va convesso fino alla prima dorsale, e quindi retto. Quello inferiore è cur- vo fin oltre le ventrali, quindi procede sempre retto. La maggiore altezza, che cade circa il mezzo del capo, entra cinque volte in tutta la lunghezza, di cui Ja maggior gros- sezza è il settimo appena. Il capo, lungo un terzo del pesce, e più del doppio della pro- pria altezza, ha forma di cuneo; la ot poco incavata nel mezzo, declina fino al muso alquanto poso e prominente. G Gli occhi vicinissimi al profilo, grandi un terzo del ca- po, distano dal suo apice quasi un diametro, e la metà fra loro. ‘L'ampia bocca innoltrasi fin dietro gli occhi; la mascella è molto convessa, la mandibola retta: i denti sono acuti, brevi, piccolissimi; le narici vicinissime agli occhi. Il preopercolo è piuttosto convesso l’opercolo quasi triangolare. Squamoso è il pesce fin sottò la prima pinna dorsale: nudo e semitrasparente nel resto : e le caduche squame sovrapponentesi e confitte nella car- ne, subrotonde, striate. La pinna dorsale anteriore, triangolare, e poco più lunga che alta, nasce alquanto prima della metà del corpo. La posteriore piccolissima spicca poco più lungi dalla anteriore che dall’anale. Le pettorali sono quasi per metà più grandi delle cun le quali spiccano alquanto innanzi la prima dorsale, e stendonsi all’ ano. | L'anale bassa e quadrilatera nasce sotto il termine di essa, dorsale, e tanto dista dalla caudale quanto è la sua lunghezza, uguale allo spazio fra le due dorsali. Forcuta è la caudale poco profondamente fessa, e un sesto del pesce. Fin dove sono squame il colore è argenteo-amarantino: l’intervallo degli occhi, la nuca, il dorso sono nerastri: brilla un punto lucido accerchiato di nero presso le na- rici, un altro sotto l'occhio, due sotto l’opercolo, uno minore nell'apice del preoper- colo: parallele al ventre corrono di qua e di là due serie longitudinali di tai punti, la superiore termina alla anale, la inferiore alla caudale, niostrando ivi più larghe le sue rotelle. La parte nuda del corpo è adorna lungo il mezzo fino alla coda di una serie di punti nerastri che s'insinuano nella sostanza. Ta pinne son tutte bianche trasparenti. Raramente oltrepassa la statura in cui lo abbiam figurato, nè mai giunge ad un pol- lice e mezzo. Rarissimo ne’ Musei è un rifiuto de’ flutti siculi su quelle arene. SCOPELUS BENOITI SCOPELO DEL BENOIT SCOPELUS corpore elongato, castigato, altitudine longitudinis quintum vix aequante: capite valde longiori altitudine corporis : oculo magno vix minore dimidio capitis, eri Data 8dd Pi iz Zip dun. :C. 18. SCOPELUS BENOITI, Cocco, Lett. su’ Salmon. eto. pa. sp.1 tab, ii, fis. 4, GAsTEROPELECUS nUMBOLDTII? Risso, Jehth, Nic. p.558. sp.3. tab. x. fig. 38. scoreLus numBOLDTII È Risso, Hist, Nat. II. p. 467. sp. 575. ue di 7 -v Saba è nome che vien dal greco, e fù dagli antichi attribuito ad un pesce che | resta ancora ignoto ai Naturalisti. Volle usarne il Cuvier, e diello ad un genere di Sal- monidi che avria potuto abbracciare quasi tutti gli Scopelini atiuali, se.fossero stati noti a quel sommo. Noi dappresso.il Cocco lo adottiamo soltanto per quelli di corpo squa- moso, denti a fascetti, e pinna ‘dorsale intermedia fra le ventrali e l’anale, come vedem- mo nell'articolo della Gonostoma denudata. Tre sole specie di questo genere ci son venute sott'occhio, che sono appunto le tre mediterranee che abbiam figurato. Nè ci si oppongano come da noi trascurati quei tre Scopeli che il Risso denomina Crocodilus, Balbo, e Humboldtii ; imperciocchè i due pri- mi appartengono evidentemente adue diversi generi, ed il terzo, unico, che veramente sia Scopelus,non altro è al certo che una delle tre nostre specie, e probabilmente la stes sa di cui qui parliamo, come sospetta il Cocco: cosa che non possiamo verificare a pen- ‘nello, atteso il dubbio in cui ne lascia la descrizione del Risso. Una quarta specie vive nei mari del Settentrione, cioè la celebre Argentina di Pennant, che a differenza delle nostre ha le ventrali equidistanti dalle pettorali e dalla caudale; e fu dal Nilsson appel- lata Scopelus Borealis, ma dagli Inglesi (non sappiam sopra qual fondamento, seppur non sia la nuda supposizione, del Cuvier) vien creduta lo Scopelus Humboldtii. Pèrciò in talè incertezza non abbiamo restituito a questa quel nome, siccome avremmo desiderato, e con piacere gli abbiam conservato quello di Benoitî, che ricorda ai cultori della scienza un assai zelante e colto naturalista, dal quale attendiamo con impazienza una completa Ornitologia Siciliana. Abbenchè questi pesci sian piccoli, son tuttavia forti, coraggiosi, e di tanta voracità, che assalgono ed inghiottono perfino le proprie specie neppur masticandole co’ denti. Rapidissimi ancora ne' muovimenti si slanciano sulla preda con la velocità di una saetta; e nondimeno si piacciono di esser socievoli tra loro, ed unirsi in punte quando. si tratti. assalire un qualche mucchio di Molluschi o di Radiarii, che più abondante e grato cibo lor sono. Amano la vicinità delle sponde, presso le quali sogliono le femmine deporre fra mezzo a pietre calcaree le uova in estate, che numerose e giallastre sbuc- SCOPELUS BENOITI. ciano prestamente dopo alcuni pochi giorni di sole ardente. Muojono appena vengano al contatto dell'aria: nel che, ed in altro ancora tengono molta somiglianza con le Athe- rinae. La carne loro è però flaccida, e di sapore non buono. E tutte queste cose che ab- biam dette degli Scopeli si avverano in tutti gli Scopelini. Il corpo di questa specie è piuttosto lunghetto, e nel terzo posteriore si assottiglia molto, e si comprime più assai. Simili quasi sono i profili del dorso e del ventre, dol- cemente curvi, se non che il secondo presenta un maggior seno dopo il principio della pinna anale. La maggior altezza del pesce è un quinto della sua lunghezza. Il capo al- quanto compresso, grosso poco più della metà di quanto è lungo, cape tre volte e mezzo nell’intiero animale: la fronte scende mediocremente declive, ed ha ben distinta care- na: il muso è ottuso: l'ampia bocca squarciasi obliquamente fin dietro gli occhi: la ma- scella obliqua e lievemente concava allargasi e rotondasi posteriormente: la mandibola alquanto più lunga è obliqua nel senso inverso cioè ascendente; e le sue ossa nel con- giungersi formano posteriormente una carena, e anteriormente prima di toccarsi con la punta si discostano, lasciando fra sè uno spazio ovale. I denti, minutissimi, appena visibili, si dispongono in poco distinte serie: gli occhi distano un terzo del diame- tro loro dal muso, l’un dall'altro la metà di esso diametro compreso due volte nella maggior aliezza del capo. Le narici anteriori sono rotondette, e tengono il mezzo tra il muso e il margine delle orbite; le posteriori sono ovali e alquanto più grandi. Il preo- percolo è diviso dall'occhio per un terzo dello spazio che corre tra questo e il margine posteriore dell’opercolo; il suo margine ascendente è incurvato: l’opercolo è promi- nente e alquanto ottuso, e discende rotondandosi e adossandosi al subopercolo, che ha forma ellittica-allungata. Le squame grandi, caduche, quasi rotonde, concentricamente striate, sono alquanto oblunghe sui fianchi con intaccature nel margine anteriore. La li- nea laterale corre quasi retta. L’ano quasi rotondo apresi più prossimo alla coda che al capo. La prima pinna dorsale spicca innanzi la metà del tronco, ed è più alta che lunga; ha i due primi raggi semplici spiniformi, il quinto più elevato di tutti. La seconda dor- sale oblunga, acuminata, spicca nel punto medio fra la prima e la caudale. Le pettorali rotondate son lunghe quanto la base della prima dorsale. Le ventrali, assai più brevi di esse e ugualmente rotonde, nascono poco dietro la lor base. L’anale lunga quasi il dop- pio della pinna dorsale, nasce sotto la metà di essa, ha forma triangolare, e il quarto raggio più lungo di ogni altro. La caudale, profondamente forcuta in due lobi lunghi quanto le pettorali, è un sesto di tutto il pesce. Argentino in tutto il corpo con riflessi violetti lascia travedere il fonda foschiccio. 1] dorso, la nuca, la fronte, e l'estremità d'ambe le mascelle mostransi più 0 meno fosche; la bocca violetta-nerastra nell'interno; l’iride argentina semicerchiata di nero al di so- pra; la pupilla cenericcia. Veggonsi in tutto il corpo parecchi punti lucidi quasi gem, mati, contornati di nero, disposti in qualche ordine geometrico ma variabile assai, fuor- chè lungo il ventre, ove sogliono assumere un andamento lineare per lo più duplicato, e grandeggiano principalmente sopra l’anale. Giunge il pescetto a due pollici al più. È il più comune della sottofamiglia: i flutti lo sputano sulle spiagge non men del Tirreno che del mar di Sicilia : ed in Nizza vien detto Maire d'Amplova, cioè a dire Madre di Alici. SCOPELUS RISSO SCOPELO DEL RISSO SCoPELUS corpore abbreviato, crasso, altitudine longitudinis tertium fere aequanie: capite acquante altitudinem corporis: oculo maximo grandiori dimidio capitis. i o DI rudi Ra A. 7 C18, scopeLus RIsso, Cocco, in Giorn. Sicil. Fasc. lxxvi. p.144. Id. Lett. su Salmon, ete. pa5.sp,2.tab.ii.fig. 5. uesto pesce comunissimo in Sicilia non può confondersi con alcun altro con- genere per la grande altezza del suo corpo. Esso è perfettamente ovale fino alla seconda pinna dorsale, d'onde assottigliandosi termina cuneiforme. Il profilo superiore è assai ar- cuato fino all’occipite, quivi si avvalla leggermente, dipoi procede convesso fino al ter- mine della dorsale anteriore, d'onde va concavo fino alla coda. L'inferiore è convesso fino al di là della pinna anale, ove prende lo stesso andamento del superiore. La mag- giore altezza, triplice della grossezza, cade sulla origine delle pettorali, ed è contenuta poco più di tre volte in tutta la lunghezza. Il capo piuttosto rotondato è lungo quanto la maggiore altezza del corpo: la carena frontale è molto rilevata. Gli occhi distan po- chissimo dalla punta del muso; e lo spazio che li separa è la metà del loro diametro poco minore della metà del capo. Le narici subrotonde toccano quasi il margine an- teriore di essi oechi. La bocca squarciasi fin dietro loro: il margine della mascella è convesso nella sua metà anteriore, nella posteriore è concavo: la mandibola di forma ellittica n'eccede alcun poco, ed è lunga quasi il doppio di sua larghezza. I denti sono minutissimi, numerosi, acuti, più palesi al tatto che alla vista. Il margine ascendente dell’opercolo è lievemente scabro, e dista dal margine posteriore dell'occhio per un quarto del suo diametro. L'opercolo sale quasi in linea retta, nella parte superiore è ro- tondato. Le squame sono irregolarmente ovato-oblunghe, concentricamente striate. La linea laterale discende dolcemente fin sotto il mezzo della prima dorsale, quindi corre sempre retta. La pinna anteriore del dorso nasce sulla metà del tronco: ha forma trian- golare: in altezza sorpassa di poco la lunghezza : il quinto raggio ed il sesto sono i più lunghi, il primo è più breve di tutti. La dorsale posteriore, piccola, ottusa, spicca poco più innanzi il mezzo tra la anteriore, e la base della caudale. Le pettorali sono subro- tonde, e si protraggono fin quasi alla origine dell'’anale. Le ventrali rotondate nascono sotto la metà delle pettorali. L'anale esce poco innanzi al perpendicolo dell’estremità della prima dorsale, ed estendesi fin oltre quello della seconda, lasciando fra sè e la cau- dale uno spazio eguale a quello che passa fra la sua origine e la base delle ventrali; il terzo, il quarto, e il quinto suo raggio sono i più lunghi. La caudale, forcuta, è un sesto del pesce: i due lobi son lunghi quasi il doppio della base. ha" Non diversifica dall’antecedente ne’ colori così nel fondo, come nelle punteggiature; che tuttavia sono men grandi sovra la pinna anale: e ne' riflessi indorasi alquanto più. — SCOPELUS COCCO SCOPELO DEL COCCO scoPELUS corpore elongato, tenui, altitudine longitudinis quintum vix superante: capite pari corporis altitudini : oculo minimo, vix quintum capitis aequante. 1.: D. 10. 2.: D. 3. rud. P.12. V.6. A.20. C. 18. scopreLUs cocco, Cocco, in Giorn, Lett, Se,ete. Sicil, Fasc. \xxvii. p. 145. scoPELO DI cocco, Cocco, Lett, su’ Salmon, etc. p.18, sp.3. tab.11. fig. 6, La sveltezza del corpo, e la piccolezza dell’ occhio fan distinguere facilmente que- sto Scopelo dagli altri due precedenti, dei quali è assai più raro, Il professor Cocco de- dicavalo alla cara memoria del suo genitore. È fusiforme, assai compresso e fortemente assottigliato nel suo quarto posteriore, Il profilo del dorso è convesso dalla punta del muso fino alla seconda dorsale ; dipoi corre in linea dritta. Quello del ventre ha la stessa andatura. La maggiore altezza, che cade sulla origine delle pettorali, è compresa cinque volte nella intiera lunghezza. Il capo è schiacciato, ottuso, con una leggera carena sul mezzo : la sua lunghezza è il quarto del pesce toltane la coda. Gli occhi sono piccolissimi, fino ad essere la quinta parte del ca- po, siedono molto presso al profilo, distando dall’apice del muso per quanto è il loro diametro, e altrettanto l’uno dall’altro. Le narici sono rotonde. La bocca protraesi dietro gli occhi più che negli altri: la mascella ha il suo margine dolcemente concavo: la mandibola è ovato-oblunga, e la supera di poco: questa e quella son fornite di acuti, fit- ti, piccolissimi denti. L'opercolo è rotondato con una lieve crenatura nel mezzo del suo margine inferiore. I cigli della parte interna degli archi branchiali sono più corti che nelle altre specie. Le squame sono grandi, sovrapposte le une alle altre. La linea la- terale corre totalmente retta. La pinna dorsale anteriore spicca innanzi la metà del pe- sce, è alquanto più lunga che alta, ed il suo raggio maggiore è il doppio dell'ultimo. La posteriore è tanto esile che appena mostra i vestigii de’ raggi, e solo distinguesi per la base. Le pettorali sono strette, ottuse, e giungono distese fino al mezzo delle ventrali. Queste, situate al terzo anteriore del pesce molto innanzi la prima dorsale, sono corte, quadrilatere. L’anale spicca sotto la metà della dorsale anteriore, giunge fino alla paste- riore, dalla sua origine va sempre gradatamente rastremandosi, e dista dalla punta della coda per quanta è la sua lunghezza. La caudale è gentile, e lunga poco più di un set- timo di tutto il pesce, forcuta fino alla metà, co' suoi lobi poco divaricati. Il corpo è argenteo con riflessi dorati ed azzurri, nerastro sul dorso, e sulla nuca. Molti punti gemmati gli rilucono su i fianchi, ed una serie se ne vede lungo il ventre d'ambo i lati fino alla coda, sotto cui ve n’ ha cinque argentini. L'interno della bocca è nerastro, l’iride argentea con la pupilla translucida. Giunge a due pollici di lunghezza. MAUROLICUS AMETHYSTINO=-PUNCTATUS MAUROLICO DALLE CHIAJE mauRoLIcuS corpore crassiculo, altitudine longitudinis quintum subaequante: rostro simo: oculo magno capitis tertium aequante: squamis triangularibus ad latera : pinna dorsali ventralibus fere opposita. 1.° D.1o. 2.4 D.rud? P.9. V.6. A.xn. €.23, MAUROLICUS AMETHYSTINO-PUNCTATUS, Coeco, Lett, su’ Salmon. ete. p. 52. tab. iv. fig. 12. DR genere che passiamo a trattare fu stabilito dal Cocco e segnalato col nome di un celebre letterato siciliano, perchè videlo differente dagli Scopeli avendo il corpo non ve- stito delle grandi squame di quelli, ma di un semplice strato argentino che facilmente si attacca alle dita, essendovene al più alcune poche triangolari ne’ lati del ventre. Mostra inoltre la fronte ristretta, ed ha la bocca protraitile : sopra i nudi fianchi corrono linee sottili, oblique, che metton punta sulla linea laterale: i vestigi dei raggi dell’esilissima seconda dorsale, cioè dell’adiposa, sono appena sensibili: i raggi branchiali sono nove 0. dieci. Giunge il corpicciuolo di questa prima specie, piuttosto commune sulle spiagge Si- cule ad un pollice e mezzo di lunghezza. La sua figura è fusiforme alquanto crassa; il profilo del dorso è quasi retto con amabile declivio dalla nuca fino alla coda: quello del ventre è dolcemente convesso in tutta la sua estensione, ma inarcasi più sensibilmente sopra la pinna anale: la maggiore sua altezza cape cinque volte o poco più nella totale lunghezza. Il capo è poco meno del quarto della misura suddetta: la fronte è inclinata non poco: il muso tende all'insù, e per tal cagione comparisce più acuto di quel che porti la sua vera figura: la bocca non squarciasi che fin sotto alla metà dell’ occhio: ma in compenso è molto protrattile in basso: la mandibola è più lunga della mascella assai dilatata nelle estremità: i denti in ambedue sono sottilissimi : gli occhi perfettamente rotondi occupano, quasi un terzo dell'intero capo distando poco meno di un loro diame- tro dalla punta del muso, e poco più di tal misura dal margine posteriore dell’opercolo ; tra un occhio e l'altro corre meno di mezzo diametro. L'opercolo è perfettamente roton- dato. Alcune squame triangolari coll’ apice rivolto all'insù veggonsi lungo i lati del ven- tre. L'ano apresi molto dietro la metà del pesce. La prima pinna dorsale, di forma trapezoidale, nasce poco innanzi la detta metà, ed è poco più lunga che alta, la sua base estendesi molto meno dell'altezza del tronco: la seconda appena visibile non éopa siste che in una semplice pellicola bassissima, che rileva scarsamente dal dorso in for- ma di iriangolo smussato. Le pettorali si stendono per quanto è lunga la metà del capo lasciando fra la loro punta e le ventrali uno spazio uguale a loro stesse: le ventrali più brevi di esse nascono quasi del pari con la prima dorsale : l’anale spicca sotto il punto ‘ove finisce la suddetta pinna, ed ha estesa la sua base quanto quella: la caudale bifor- cuta misura un sesto dell’ intero pesce. MAUROLICUS ATTENUATUS MAUROLICO DEL TENORE MAUROLICUS corpore tenuiculo, altitudine breviore longitudinis sexto: rostro acuto, recto : oculo parvo capitis quartum aequante : squamis nullis : pinna dorsali media inter ven- trales et analem. VD 22 A D'arud? Rigo@l 0 Aa. MAUROLICUS ATTENUATUS, Cocco, Lettera su’ Salmon. etc, p. 35. tab. iv. fig. 13. Ma comune del precedente, cui molto assomiglia, ha il corpo più allungato ed assottigliato, senza verun indizio di squame; e la pinna dorsale in mezzo le ventrali e l'anale. La sua maggior altezza, che cade immediatamente dietro l’opercolo, non è neppu- re il sesto della lunghezza, mentre il capo n'è il quarto. Il totale della corporatura può dirsi lanceolato col profilo superiore quasi retto, coll’inferiore dolcemente convesso: il muso è retto ed acuto: l’occhio è piccolo non essendo che il quarto del capo, e dista un buon diametro dall’apice del muso, e quasi due dal margine dell’ opercolo: tra un oc- chio e l’altro poi corre soltanto mezzo diametro: l’opercolo è rotondato. Non mostra il pesce vestigio alcuno di squame; e l’ano apresi poco dopo la metà di esso. La prima pinna dorsale spicca innanzi la suddetta metà; la sua lunghezza, assai maggiore dell’ altezza del tronco, è doppia della propria elevazione: la seconda dorsale, appena visi- bile, consiste in una semplice appendice cutanea: le pettorali, lunghe un mezzo ca- po, giungono quasi alle ventrali, che hanno origine molto innanzi la prima dorsale, e sono simili a quelle in forma e grandezza: l’anale nasce poco dietro la metà della detta pinna dorsale, ed ha base lunga quanto quella:la caudale, assai meno robusta che nella precedente specie, è lunga un sesto del pesce. Per quel che concerne i nomi specifici italiani che leggonsi in fronte non men di questa che dell’antecedente specie, avvertiamo che furono essi stessi in origine dati dal Cocco, il quale poi li ritolse, per la ragione forse di non cumulare due denominazioni provenienti da due nomi proprii. Noi li prescegliemmo, affinchè se taluno avesse cono- sciuto i due pesci sotto i titoli suddetti non credesse che questi da noi descritti ne, fos- sero diversi. Più volontieri poi, che la malsonante traduzione de’ nomi datine definiti- vamente dal Cocco, prendiamo dal medesimo per l’uso volgare quelli che ne rammen- tano il celebre Anatomico continuatore del Poli, e il non mai abbastanza encomiato pra- fessor di Botanica, onor di Partenope e vanto d'Italia tutta. MYCTOPHUM RAFINESQUII MITTOFO DEL RAFINESQUE urcropuum altitudine parum minori longitudinis quarto: capite longiori altitudine corpo- ris: spatio interoculari vix majori oculo maximo, cum apparatu lucido verticali cari- nato ad medium: pinna dorsali postposita ventralibus retropositis. 1. D.12. ae D.5.rud. P.9. V.9. 4.13. C.20, nYcTOPHUS RAFINESQUIL, Cocco, Lett. su’ Salmon. etc. p.20. sp. 1. tab. iii, fig. 7. NITTOFO DI RAFINESQUE, Cocco, loco citato. I genere Myctophum fu stabilito dal Rafinesque, ma con caratteri in parte erronei, nel resto non diversi da quelli degli Scopeli. Fu merito del Cocco il distinguerlo da questi restringendolo alle specie che, oltre la squamatura e i denti loro, hanno lo squar- cio della Maul; proteso assai più in là del margine posteriore dell’ orbita, la prima pinna dorsale opposta alle ventrali, un apparato lucido interoculare sulla fronte, e (se vuolsi aggiungere ) i pezzi opercolari molto obliqui, che improntano in essi una fisionomia pro- pria e caratteristica. Noi lo adottiamo in tal senso, e ne eliminiamo innoltre quella spe- cie che formiam tipo del genere Zampanycetus, perchè sembra più coerente che tutti i Mittofi non abbian differenza alcuna tra loro nel muso e nelle pinne. Così in ciascuno de’ nostri il muso è rotondato, e le pinne pettorali sono assai brevi. Quattro sono le specie dei nostri mari, nelle quali si verificano tutti i caratteri sud- detti. Tre di esse furono esattamente e comparativamente descritte dal soprallodato na- turalista, e sono il Rafinesquii, il Metopoclampum, ed il Gemellari; alle quali aggiungia- mo, non senza qualche esitazione, la quarta sotto il nome Rafinesquiano di Myctophum punctatum. La prima, soggetto del presente articolo, fu dedicata dal Cocco all’inventore del genere, perchè credettela appunto il di lui punctatum; e noi le conserviamo quel nome Rafinesquii tanto più volontieri perchè il purctatum, come vedremo, sembra che sia un altro pesce. È comunissima nelle acque Sicule, che prcgueatenicnie la depongono sulle spiagge principalmente esposte al Settentrione, e più ne’ mesi di Febrajo e Marzo, che in altre stagioni, Pistilliforme è il suo corpo, allungato cioè nel tronco, e molto ingrossato verso il capo. ll profilo del dorso è convesso dalla punta del muso fino all'origine della prima dorsale, d'onde corre concavo fino alla coda. Il profilo del ventre, sia poco convesso fino al termine dell'anale, passa subitamente in concavo, ed assottigliando in sensibil modo il tronco procede quasi retto fino alla coda. La maggiore altezza, che cade innan- zi la origine delle ventrali, è un quarto dello spazio che corre dal margine posteriore dell'occhio all'estremità della coda. La maggior grossezza è alquanto minore dell’altezza, 139 - mo MYCTOPHUM RAFINESQUII. Il capo è piuttosto allungato, alto circa due terzi della sua lunghezza, la quale entra quatiro volte in quella del pesce. La fronte è assai declive: l'apparecchio lucido è ver- ticalmente oblungo, integro, simmetrico, e intersecato da una lieve carena che stendesi attorno al margine inferiore dell'orbita. Gli occhi, grandi quasi un terzo del capo, sono divisi dall'estremità del muso per un terzo del proprio diametro, per uno intiero fra loro, per men di due diametri dal margine posteriore dell’opercolo. Lo squarcio della bocca estendesi quanto due diametri dell'occhio, e i suoi angoli distano un diametro da’ medesimi. Il margine della mascella è tenuemente convesso sotto il margine anteriore dell'occhio: la paitivoa eccede alquanto la mascella, e larga meno della metà del- la propria lunghezza offre una concavità corrispondente. I denti mascellari sono esili, gli esterni sono più grandi e incurvati all'apice; i palatini sono minori; quei delle ossa faringee sono più allungati, e rivolti verso la gola; pochissimi e pibtoligimi sono quelli del vomere. ll margine postico-superiore dell’opercolo offre un angolo alquanto ottuso, e sotto di esso una intaccatura rotondata: il subopercolo e l'interopercolo sono subsinua- . Le squame grandi, irregolarmente rotonde, superiormente erenate, concentricamente striate, aderiscono leggermente alla pelle: quelle su cui è segnata la linea laterale, che è quasi retta, sono circa trenta, sovrapponentesi, per metà, e aventi la forma di un rene, la cui concavità sia volta in basso. L'ano apresi poco innanzi i due terzi del pesce. La pinna dorsale anteriore trapezoide dista ugualmente dalla punta del muso che dalla ori- gine della caudale, elevasi quanto è l'altezza del tronco che le sta sotto, ed è più lunga che alta: il suo primo raggio è il più breve di tutti, il terzo, il quarto, il quinto sono i più lunghi. La posteriore è lunga ed acuta, e spicca in mezzo tra la prima e la caudale, distando da questa e da quella per quanto stendesi essa prima. Le pettorali sono ovato- oblunghe, e poco più lunghe della metà del capo non oltrepassano la origine delle ven- trali. Queste cuneiformi col margine rotondato sono un terzo più lunghe delle pettorali e nascono fin quasi innanzi la prima dorsale. L’anale, simile per la forma alla dorsale, ma un quarto minore, comincia sotto il termine della dorsale anteriore, e finisce prima di giungere alla posteriore, distando poco più dalla caudale che dalle ventrali. La cau- dale largamente forcuta è il quinto di tutto il pesce. Il corpo è argentino con riflessi azzurri e bruni. Il dorso e la nuca sono tinti di ne- rastro. Due serie longitudinali di punti lucidi corrono sui lati del ventre; ed altri. po- chi punti simili veggonsi quasi immediatamente al di sotto della linea laterale. Argen- tina è liride, cenerognola la pupilla: l'interno della bocca è castagno-violaceo. Le pinne sono trasparenti, ma luride. | In questo, come in ogni altro Myctopho, chiusa che sia la bocca, l'osso interma- scellare vien quasi intieramente occultato dal sottorbitale, e serbando in tutto il suo: corso una stessa forma giunge fin all'angolo inferiore del preopercolo : l'apertura delle branchie è ampia ed arcuata : le membrane loro congiungonsi perfettamente fino al quarto incirca della rispettiva lunghezza, nel resto appena si toccano co'margini:i raggi che le sostengono sono arcuati, compressi, dilatati, ed alquanto convessi anteriormente alla base, poi si assottigliano, e finiscono in punta: gli archi branehiali, angolati, e con la più lunga branca protesa fin presso all'apice della lingua, hanno sul margine con- cavo una serie di piccole foglioline, ripiegate, citiate all’ apice, ed hanno inoltre nel suo lato interno una serie di punte rare e corte, mentre nel margine convesso sono legger- mente sfrangiati: l'arco esteriore soltanto mette fuori una serie di rigide setole piegate all’innanzi, e fiancheggianti la lingua. MYCTOPHUM METOPOCLAMPUM MITTOFO FRONTELUCIDA mrcropaum altitudine longitudinis quartum vix aegquante: capite breviori altitudine cor- poris: spatio interoculari duplo quam oculo grandiculo, cum apparatu lucido vasto, conspicuo, sub oculos producto: pinna dorsali praeposita supra ventrales antepositas, iSD 150 26 Debian Pag, Kg; <>: C. 20. MYCTOPHUM METOPOCLAMPUM, Cocco, in Giorn. Lett. Sc. etc. Sic, Fasc, lxxvii, art, iii. p.144 NycTorHus METOPOCLAMPUS, Cocco, Lett, su’ Salm, etc. p. 24. sp.2, tab. ili. fig. 8. NITTOFO FRONTELUCIDA) Cocco, loc. cit, Rara e bella questa specie si fa riconoscere ad un tratto per la rotondità del suo capo maestoso fornito di apparecchio lucido più vasto, che gli meritò per eccellenza lo specifico nome di Metopoclampum dal Greco. L'essere più corta e più grossa la diver- sifica altresì a prima vista da'suoi congeneri quantunque raccorciati, e molto più dagli Scopelini spettanti ai generi affini. Giunge ai tre pollici e mezzo di lunghezza, nè altri- menti si trova che balzata talvolta insieme colle altre specie sulle fertili spiag ge di Sicilia. Ha il corpo alquanto terete, accorciato, anteriormente inerassato e rotondato. Il pro- filo del dorso sale sensibilmente arcuato dalla estremità del muso fino alla prima dorsa- le, ove tosto discende, e va così declinando fino alla coda. Quello del ventre è convesso fino alla estremità dell’anale, ivi si fa un poco concavo, e corre in tal modo per tutta la parte assottigliata del tronco. La maggiore altezza, che rinviensi alla origine della prima dorsale, non entra che quattro volte nella totale lunghezza: Ja maggiore grossezza, ce vedesi al termine dell’ opercolo, avvanza di alcun poco la metà dell'altezza. Il capo è grosso, perfettamente semicircolare all’; innanzi, ed entra quattro volte e mezzo in tutto il pesce: la sua altezza è un poco maggiore della propria lunghezza. L'apparecchio lu- cido cuopre tutta la larghezza della fronte, corona i margini anteriori degli occhi, e as- sottigliandosi e rilevandosi dolcemente nel mezzo ne cinge eziandio gl’inferiori, L’oc- chio occupa il terzo della lunghezza del capo, alla cui estremità è vicinissimo: la di- stanza fra l'uno e l’altro è è doppia del loro diametro, e dal fine dell’ opercolo è di un dia- metro e mezzo. La bocca non ha il suo squarcio più lungo del doppio diametro dell’ oc- chio, ed i suoi angoli distano dagli occhi un diametro di essi: il margine della mascella è insensibilmente convesso: la mandibola, alquanto più lunga, è larga un quarto solo della sua lunghezza. I denti sono brevissimi, minuti; (eo ve ne ha posteriormente al lati del vomere. L'angolo postico-superiore dell’ opercolo è è rotondato, ed ha in basso un profondo incavo semicircolare, con al disotto una sensibile prominenza. L'interopercolo è oblungo subrotondo come pure è il subopercolo; ed è a notarsi che il preopercolo è quasi ta- 139* MYCTOPHUM METOPOCLAMPUM. gliato perpendicolarmente. Le squame sono grandi, ed hanno pressochè la forma di un parallelogrammo coi ‘lati rotondetti e undulati. La linea laterale è quasi retta. L'ano apresi poco innanzi alla metà del pesce. La dorsale anteriore quadrilatera spicca sul terzo anteriore; il terzo raggio, che è il doppio dell’ ultimo, è poco più alto che non è lunga la base. La dorsale posteriore è allungata lanceolata, e nasce poco più vicino alla caudale che all'altra. Le pettorali sono brevi, rotondate, e in tutta la lunghezza mantengonsi quasi ugualmente larghe come alla base. Le ventrali spiccano precisamente sotto la prima dorsale, hanno forma di ventaglio, e distese toccano quasi all’anale: il primo raggio loro semplice, spiniforme, è lungo un quarto del secondo. L'anale nasce dietro il perpendicolo della prima dorsale, e stendesi fin sotto la seconda in modo, che il suo principio dista dalle ventrali quanto il suo termine dalla caudale, ed è quasi la metà più lunga che alta: il terzo suo raggio è il doppio del primo. La caudale è forcuta oltre la metà, e le due punte distano fra loro più di quanta è la di lei lunghezza, che costituisce un quinto del pesce. vi n°) Il colore è argentino con riflessi di castagno-bruno. Tre o quattro punti lucidi az- zurri veggonsi lungo la linea laterale, ed una serie longitudinale ve ne ha di qua e di là dai lati del ventre, più fitta e più regolare dopo le ventrali. Le pinne sono biancastre trasparenti, L'iride è argentea, la pupilla cinerea pellucida: la bocca internamente ne- rastra, MYCTOPHUM GEMELLARI MITTOFO DEL GEMELLARO mrcropuum altitudine longitudinis quinium aequante: capite longiori altitudine corporis : spatio interoculari subduplo quam oculo pargulo, cum apparatu lucido ultra oculuns vix producto: pinna dorsali longa, praeposita ante ventrales medias. iiselire apart) orali Poi AG sdirt5. Gaz NYCTOPIUS GEMELLARII,) Cocco, Lett. su’ Salmon. ete, p.26. sp. 5. tab. iii, fig. 9. NITTOFO DI GEMELLARO, Cocco, loco citato. È il più allungato tra i suoi congeneri, dei quali ha minore l'occhio, più proteso lo squarcio della bocca, e più numerosi i raggi della prima dorsale maggiormente estesa che in tutti, Il profilo del dorsa è leggermente convesso fino al termine della prima sud- detta pinna, meno però leggermente dalla punta del muso alla nuca: dopo la dorsale cor- re dolcemente concavo. ll profilo del ventre è più convesso fino all'estremità dell’anale, acquista poi l'andamento del superiore. La maggior altezza, che cade dopo la origine della dorsale anteriore, è un quarto della lunghezza del pesce, esclusane la coda:la mag- gior grossezza, che trovasi al termine del preopercolo, è un poco meno della metà dell’ altezza. Il capo, ottuso e mediocremente compresso, entra quattro volte nella lunghez- za totale; e la sua altezza è due terzi della lunghezza. La fronte discende poco obliqua, e poco rotondata: il suo lucido apparecchio è poco esteso, oltrepassando appena il mar- gine anteriore degli occhi. Ciascun di questi, occupante appena un quarto del capo, dista dalla punta del muso la metà del suo diametro, e quasi tre dal termine dell’ oper- colo: lo spazio che corre tra l'uno e l’altro è quasi doppio del loro diametro. La boc- ca squarciasi per quanto misurano tre diametri dell'occhio, e i suoi angoli distano due diametri dall'uno e dall'altro. Il margine della mascella è dolcemente convesso nel suo terzo anteriore: la mandibola eccede la mascella, ed è lunga il doppio della sua lar- ghezza. I denti sono piccoli, folti, acuti: que’ del vomere sono piuttosio numerosi e be- ne sviluppati. Il preopercolo è tagliato obliquamente : l’opercolo ha l'angolo postico-su- periore allungato, ed il seno sottostante poco profondo. Il subopercolo e l’interopercolo quasi rotondali mostrano superiormente un angolo poco pronunciato. Le squame sono grandi, molto allargate, col margine inferiore concavo-convesso, col superiore fesso fin quasi alla metà, e la superficie insensibilmente striata. La linea laterale è quasi inte- ramente relta. L'ano apresi dopo la metà del pesce. La pinna dorsale anteriore, alquanto più lunga che alta, nasce appena dopo il terzo del pesce, estendesi quanto è lungo il capo, ed ha forma trapezoide, ma col lato posteriore sì corto che sembra quasi trian- golare: l'altezza del suo terzo raggio è quadrupla dell’ ultimo. La dorsale posteriore, piccola e lanceolata, dista poco men dalla prima che dalla caudale. Le pettorali ovato- 1398% MYCTOPHUM GEMELLARI. oblunghe, rotondate all'apice, essendo lunghe due diametri dell'occhio arrivano di- stese all’ origine delle ventrali. Queste, rotondette, dilatate, spiccano alquanto dietro della prima dorsale, e giungono con la punta infino all’ano. L'anale spicca dopo il ter- mine della prima dorsale, è simile ad essa per la forma, ma un terzo più piccola, e di- stendesi in modo che il suo termine corrispondente alla seconda dorsale è più lontano dalla caudale che la sua origine dalle ventrali; il seconde raggio è duplo dell'ultimo. La caudale è forcuta; e ciascuno de’suoi lobi, eguale in lunghezza alla distanza che cor- re fra le estremità loro, è il sesto del pesce. Il colore è argentino con riflessi di castagno. I punti lucidi sono grandetti, e disposti come nelle altre specie, essendone una serie non interrotta da sopra l'origine dell’anale a quella della coda. Le pinne sono grigiastre trasparenti: argentina è l’iride: scura la pupilla: violaceo cupo l'interno della bocca. Questo pescetto rinviensi come gli altri, e cresce anch'esso fino alla statura di tre pollici e mezzo. I Ben meritava il celebre geologo prof. Carlo Gemellaro un tributo anche del mare, e che glie l’offerisse il Cocco in attestato di que’ vincoli d’amicizia che intercedono fra loro come fra le scienze che tanto onorevolmente coltivano, Non ci è dato di potere identificare il Myctophum Punctatum di Rafinesque, perchè la descrizione da lui data ci lascia in dubbio quale specie egli avesse sott'occhio. Segre- gando però quello che evidentemente vi è d'erroneo noi crediamo di riconoscerlo nella specie, che in separato articolo passeremo a descrivere senza molto meravigliarci che sia sfuggita alle diligenti indagini del Cocco, che forse si estesero di più sovra gli Scopelini di Messina. Noi di fatti l'avemmo da Palermo ove abbondantemente si trova, ed ove as- siduamente esplorava il chiaro fondatore dei genere, che probabilmente stabilialo su di essa, che promiscuamente chiamasi Anciovu Impiriali, e Canischeddu da quelle popola- zioni, La pinna anale più prolungata e più retta, e la dorsale più rotondata segnalano tale più piccola e più abbondante specie dalle tre altre ‘così bene stabilite dal Cocco, e da noi già descritte. Potrebbero, è vero, cotai differenze nascere dall’età, e far supporre che fosse un giovane di alcuna delle suddette, e segnatamente della prima, cui, credu- tala appunto il purctatum del Rafinesque, dedicò il Cocco a quel benemerito natura- lista. Al Metopoclampum però non può certamente riferirsi: e di confonderla col Raf- nesquii ci si vieta dalla sua pinna dorsale posta molto più anteriormente; come di unirla al Gemellari ci viene impedito dall'occhio troppo grande, e dalla suddetta pinna dorsale impiantata non già innanzi le ventrali, ma dietro alquanto delle medesime. ° MYCTOPHUM PUNCTATUM MITTOFO COMUNE mrcropuum altitudine longitudinis quintum vix superante : capite longiore altitudine cor- poris: spatio interoculari parum majore oculo grandi, cum apparatu lucido vix con- spicuo : prima dorsi pinna media, rotundata, ventralibus antepositis : anali protracta. robi a:tDio.gud Po. #9. A. 20. C.z0, MYcTOPHUM PUNCTATUM? Rafin, Ind. Itt. Sic. p.55. sp. 258. et App. p.56. gen. 9. sp. 18 tab.ii. fig. 5. MITTOSO PUNTATO? Rafin. loc. cit. MYCTOPHE POINTILLE ? Rafin. loc. cit. È fusiforme, ma piuttosto ingrossato nel suo terzo anteriore. Il profilo del dorso è convesso fino all’origine della prima sua pinna, quindi procede in molle declivio. Il profilo del ventre è convesso dalla punta del muso fin sotto le pettorali, indi corre quasi retto. La maggiore altezza, che cade al termine dell’opercolo, è racchiusa cinque volte nella totale lunghezza: la grossezza maggiore è la metà dell'altezza. Il capo è ar- ratondato ottuso: la sua lunghezza, un quarto maggiore dell'altezza, è la quarta parte di quella del pesce. La fronte è molto declive, avvallata, e con l'apparecchio lucido poco visibile. L'occhio, quasi un terza del capo, dista dal muso meno della metà del suo diametro, e per un diametro e mezzo dal termine dell’ opercolo : lo spazio tra l'uno e l'altro è di un diametro intero. La bocca spinge per due diametri dell’occhio i “suoi angoli, che ne distano per un diametro : la mascella ha il suo margine dolcemen- te convesso: la mandibola corrispondentemente concavo ; le ossa di questa sono circa quattro volte più lunghe che larghe, e nel commettersi lasciano anteriormente un pic- colo spazio ellittico. I denti sono brevissimi, piccolissimi, massime gli anteriori. L’oper- colo è rotondo debolmente sfrangiato. Le squame sono ovato-oblunghe. La linea late- rale è retta. L'ano apresi circa la metà del pesce. La prima pinna dorsale quadrilatera, col margine superiore rotondato, nasce poco dopo il terzo anteriore del pesce, ed esten- desi per uno spazio eguale all'altezza del tranco. La posteriore è angusta, lanceolata, e spicca quasi la metà più presso alla caudale che alla precedente. Le pettorali ovato-lan- ceolate, lunghe quanto la prima dorsale, oltrepassano la origine delle ventrali. Queste nascono sotto quella della prima dorsale, sono più larghe delle pettorali, ma quasi un terzo più brevi, e più rotondate in punta. L'anale nasce prima che termini la prima dorsale, spingesi fin sotto la seconda, occupando così un quarto e più del pesce, e la- sciando fra sè e la caudale uno spazio che non giunge al quarto della sua lunghezza : ha il margine inferiore convesso, co’ primi raggi un quarto più brevi degli ultimi. La caudale è profondamente forcuta, lunga un quinto di tutto l’animale; e tra le sue pun- te corre un terzo e più della detta misura, Il calore è argentino velato di rossigno; il dorso e la nuca sono tinti di olivaceo fo- sco. Una serie longitudinale di punti lucidi, situati molto in basso, adorna i lati del ven- tre. Tutto in genere il corpo è raramente sparso di simili punti. LAMPANYCTUS BONAPARTII LAMPANITTO DEL BONAPARTE rampANYetus altitudine longitudinis sextum parum superante: capite sesquilongiore altitu- dine corporis pinnis LEN ultra anum protractis. A le e) DIAL pe i SAT 4.15. C. 20. NYCTOPHUS BONAPARTII, Cocco, Lett. su’ Salmon. p.29.sp. 4. tab. iii. fig. 10. GASTEROPELEcus crocoDILUS? Risso, Zehth. Nic. p. 557. sp.2. scoreLus crocoDiLusì Risso, Hist, Nat. III. p.466.sp.3753. NITTOFO DI BONAPARTE, Cocco, loco citato. Virisia getterà l'occhio sulla nostra tavola, e paragonerà il presente pesce co veri Myctophi insieme effigiati, non potrà fare a meno che approvi la separazione da noi operatane. La diversa sagoma del capo allungato ed acuto, lo squarcio tanto pro- tratto della bocca, e le pettorali lunghissime, quanto son corte quelle dei Myctophi, ba- sterebbero a giustificarci. Il nome Lampanyctus fu da noi oe oi dal Greco pel genere: e la presente specie, rara in Sicilia eziandio, ove acquista dimensioni maggiori di qua- lunque Myctopho, è la sola che finora lo componga. Questo pesce ha il corpo fusiforme molto allungato, piuttosto assottigliato nel suo terzo posteriore. Il profilo superiore è leggermente convesso dall’apice del muso fino oltre la prima dorsale; da quivi scende bruscamente, e procede in linea gradatamente concava. L’inferiore è convesso leggermente fin sotto le pettorali, dipoi continuasi quasi intieramente retto. La maggiore altezza, quasi doppia della grossezza trovasi all'origine della dorsale anteriore, ed è compresa quasi sei volte in tutta la lunghezza. Il capo, un terzo meno alto che lungo, non vi è contenuto che quaitro voite; la fronte è piana, quasi niente carenata, e sensibilmente declive; il muso è molto acuto. Gli occhi distano men di un lor diametro da questo, poco più l'uno dall'altro, e ciascuno cape cinque volte nella lunghezza della testa; in altezza però toccano quasi tanto il superior profilo, quanto il sottorbitale; di modo che la regione orbitale è notabilmente ristretta. Le na- rici apronsi in prossimità degli occhi; e i doppi rotondi lor fori, il posteriore de’ quali è maggiore, si toccano. La broate squarciasi per tre buoni diametri suddetti, e ciascuno de’ suoi angoli dista quasi due dall'occhio: la mandibola è tre volte più lunga che larga, ed eccede notabilmente la mascella. I denti sono acuti, stipati, piccoli, ma ben distinti, ed impiantati piuttosto lungo i margini esterni delle mascelle. I pezzi oper- colari sono eccessivamente obliqui: il margine ascendente del preopercolo è alquanto incurvo, .e quello postico-inferiore si discosta dall’ occhio due volte il suo diametro. L'opercolo ha poco distinto l'angolo superiore, e poco apparente l'incavo che gli sta sotto, il quale è però molto allungato : l'apertura delle branchie è ampia e quasi trian- golare. Le squame ben aderenti al corpo sono rotondette e leggermente undulate: quelle LAMPANYCTUS BONAPARTIE. dei fianchi, ov'è segnata la linea laterale, che è retta, sono appena diverse dalle altre, L'ano apresi circa la metà del pesce. La pinna dorsale anteriore spicca avanti la me- tà di esso, esclusane anco la caudale: ha forma quadrilatera, ed è tanto alta quanto è lunga alla base, la quale uguaglia in lunghezza la maggior altezza del corpo. La poste- riore è piccola, lanceolata, posta più vicino alla prima che all'origine della coda. Le pettorali sono strette, acuminate, lunghe anco più del capo, e perciò giungono quasi al termine della prima dorsale. Le ventrali escono più avanti della detta pinna, e sono lunghe quanto essa. L'anale nasce sotto i tre quarti della detta dorsale, ed estendesi in modo che occupa uno spazio quasi doppio di ciascuno di quelli che lascia tra le ven- trali e Ja caudale; i suoi raggi più lunghi sono il sesto, il settimo, e l'ottavo. La caudale è contenuta quattro volte e mezzo nell'intero pesce, e le punte della sua biforcazione distano fra loro per quanta è la sua lunghezza. L'argenteo del corpo è tinto di castagno lurido, Alla base delle pettorali si veggo- no tre punti lucidi orlati di nero: uno ve ne ha pure circa il quarto anteriore di esse pinne, un altro verso la metà, e due altri verso il termine: una serie ne parte dalla gola, e va fino alla coda. I pezzi opercolari sono metallici: il dorso, il disotto delle mascelle, ed il ventre nereggiano alquanto: l'interno della bocca è violaceo. scuro. L’iride è ar- gentina, la pupilla giallognola. | Non rimanghiamo senza sospetto che nel deseritto animale possa avverarsi lo Scope- lus Crocodilus del Risso, che da molti estrinseci sembra coincidere con ‘esso, anco per ‘una tal qual somiglianza con quell’Amfibio che gli suggerisse tal nome. Ci siam però astenuti dal restituirglielo; perchè nella dubbiezza in cui siamo ci parve assai meglio il godere del certo onore, del quale volle esserci generoso il diligentissimo. professor Cocco nel dedicarcelo, ODONTOSTOMUS HYALINUS ODONTOSTOMO TRASPARENTE oponrostomus corpore pellucido: dentibus anterioribus longissimis ultra mandibulas: pinna dorsali antica triangulari ventralibus opposita: anali fere ad caudam productissima. 14 DI alb ata DISTA NP: go VW, *ed20 C; 30) oDoNTOSTOMUS HYALINUS, Cocco, Lett, su’ Salmon. etc. p. 52. tab. iv. fig. ii. scopeLus BALBO? Risso, in Mem. Acad. Sc, Taurin. XXV. p.260. Id. Hist. Nat. III. p. 466. sp. 574. È: Sori dal Cocco questo singolar genere, che somiglia i Chauliodes, come egli osserva benissimo, e noi aggiungeremo anche gli Stomias, per i denti anteriori così grandi che chiusa la bocca sembrano sorpassare le mascelle. Questa particolarità glie ne suggeriva il nome generico; e corroborata dalla forma della pinna dorsale, nonchè dalla lunghezza dell'anale, ingerisce in noi qualche sospetto che il presente pesce possa essere lo Scopelus Balbo del Risso, cui sian cadute le piccole, e forse supposte squame. La no- tabil trasparenza appunto del corpo dettava allo stesso Cocco il nome da noi conservato dell’ unica specie, onde si compone il genere, rara nella stessa Sicilia. Ta forma generale del pesce è di magro fuso, allungato e molto assottigliato poste- riormente. I due profili egualmente obliqui non mostrano seno o rigonfiamento alcu- no. La maggiore altezza dietro il capo è la sesta parte della lunghezza; e la parte as- sottigliata del tronco n'è quasi tre volte minore. Il capo, un terzo più lungo che alto, forma la quinta parte del pesce: la fronte è sensibilmente declive: l'occhio è un quinto appena del capo, e dista dalla punta del muso quasi la metà meno che dal termine dell opercolo: lo squarcio della bocca è lungo tre diametri dell'occhio, e ciascuno de’ suoi angoli ne dista due diametri. I denti son tutti robusti, e gli anteriori più lunghi, mas- sime que’ della mandibola, che superano in lunghezza un diametro dell'occhio, in modo che passando in mezzo a que’ della mascella la soverchiano quando è chiusa la bocca, I pezzi opercolari sono rotondati. La linea laterale corre obliquamente retta dall’opercolo fino alla caudale avendo la origine al terzo superiore del corpo, e il suo termine al mez- zo di esso. L’ano apresi poco dopo la metà del pesce. La prima pinna dorsale spicca al terzo anteriore: la sua forma è di triangolo equilatero elevato quanto la parte sottoposta del tronco. La seconda nasce a' due terzi della totale lunghezza, in mezzo cioè all’'ori- gine della prima, ed al termine della caudale; è piccola, ed ha una figura cuneata a rovescio. Le pettorali, grandi, ovate, si estendono quanto il capo. Le ventrali, minori per la metà di quelle, sono acute, e nascono sotto l’origine della dorsale anteriore. L’ anale spicca un buon tratto dietro il termine della prima dorsale, stendesi per un quarto di tutto il pesce fin quasi alla coda, in modo che il suo centro trovasi al perpendicolo della seconda dorsale: i suoi ultimi raggi son minori in altezza della metà de’ primi. La cau- dale lunga quanto l’altezza del tronco, cioè un sesto del pesce, biforcasi fin oltre la me- tà: la distanza che corre tra le due punte è alquanto minore della misura suddetta. Il colore è argentino incarnato. L'esemplare effigiato aveva tre pollici di lunghezza. META gi) F VAI A ZIO LA. Aa "0 Gipi 7) Lord Arechi del SIFI. CHLOROPHTHALMUS AGASSIZI CLOROFTALMO DELL' AGASSIZ cHLOROPHTHALMUS altitudine longitudinis sextum aequante: capite dimidium trunci fere excedente; oculo amplissimo, smaragdino. Lav 1.4 D.12. 2. D.5.rud. P.19. V.t0. 4.9. C.22. scoPELUS AGASSIZI, Mob. in litt. et Mus, Neacom, Atbiam derivato il nome generico di questo pesce dal verdissimo colore dell’ oc- chio, la cui forma ellittica e grandezza smisurata ne porgono la caratteristica principale. Chiunque sia per guardare l’animale si convincerà ben tosto della palpabile differenza che lo segnala ira tutti gli Scopelini; giacchè oltre di aver le squame ciliate somiglia tanto allo stesso 4ulopus figuratogli insieme, che lo riuniremmo alla di lui sottofamiglia, se il palato totalmente inerme, i pezzi opercolari denudati, e i vestigii di raggi esistenti nella pinna adiposa non lo vietassero. Il Ch/orophthalmus pertanto è uno Scopelino confi- nante cogli Aulopodini, caratterizzato dal corpo elegantemente fusato, vestito di scaglie rotondette a margine fimbriato; dal capo lunghissimo, superiormente cisellato, troncato all'apice della mascella, cui Ja mandibola eccede di molto; dai pezzi opercolari roton- dati, scevri totalmente di squame; dagli occhi grandissimi, ovali, e molto vicini tanto al muso quanto fra loro; dalla bocca poco fessa, fornita di tenuissimi denti sulle mascelle soltanto ; e dai raggi branchiostegi in numero di nove. Tipo ed unica specie finor conosciuta del genere è la presente che passiamo a descri- vere, solita a mostrarsi nella buona stagione, e venire alle reti insiem con altri pescetti, che si vendono in mistura, ed in mistura si mangiano: ignobile per la sgraziata flacci- dità di sua carne, nè degnata ancora di alcun nome popolare malgrado le osservabili sue peculiarità. Noi men ghiotti che naturalisti abbiam voluto però nobilitarla dedican- dola a quell’Agassiz, le cui ricerche antidiluviane gli frutteranno un nome più duraturo de secoli: dal qual uomo onorati fummo già troppo, quando l’Istituto delle Scienze di Parigi sublimandosi dall'ordinario suo vanto, cel sovrappose nell'accademica gara, ben però meno di quel ch’ Ei meritasse. . Questo pesce ha forma di un battaglio, la cui parte ingrossata trovasi al disotto della prima pinna dorsale: il profilo superiore è dolcemente convesso dall’apice del muso fino al di là della dorsale posteriore; quello del ventre serba simmetrico andamento. La ‘maggiore altezza è compresa quasi sette volte nella total lunghezza: la larghezza mag- giore, che trovasi dietro gli occhi, è poco più dell’altezza. Il capo piramidale roton- dato, terminante piuttosto in punta, ha in lunghezza un terzo del pesce esclusane la caudale, in altezza la metà della propria lunghezza. L'occhio grandissimo quanto la metà circa della suddetta lunghezza, regolarmente ellittico, dista dall’apice del muso 144 CHLOROPHTHALMUS AGASSIZI. poco più di un mezzo diametro: un quarto di diametro è lo spazio che l’un occhio dall’ altro divide. La fronte che offre una superficie scabrosa, piena di bozze e d’ infossature, ha nel mezzo una lieve carena che va perdendosi nell’innoltrarsi verso la nuca. La bocca molto ampia nel senso verticale squarciasi meno di un diametro dell'occhio: la mascella foggiata in figura di ferro di mulo ricuopre con le sue branche appiattite la base della mandibola; ha i margini retti, incavati soltanto nel punto della sinfisi: la mandibola ec- cedente di molto la mascella ha le branche approssimate soltanto nel punto della sinfisi, lasciando tra loro per tutta la lunghezza uno spazio a forma di cucchiajo, il cui manico è nella metà posteriore; ha il margine concavo fin verso il mezzo anteriore, molto quindi convesso per due sensibili rilevate cartilagini : la punta della mandibola è alquanto acu- ta, quella della mascella può dirsi troncata. I denti sono acuti, esilissimi, brevi, dolce- mente curvati all’ indentro, nè punto esistono sul palato, sull’esofago, e sulla lingua. Le duplici narici sono irregolarmente rotonde, i fori posteriori alquanto più ampii toccano l’anterior margine dell'osso orbitale. Il preopercolo con la punta rotondata ha concavo il margine ascendente, l’inferiore convesso, nè cuopre che la metà dell’opercolo; il quale ha il margine intieramente rotondato, con una profonda incavatura semicircolare nel mezzo, e con la sua estremità dista da quella del muso due diametri dell’ occhio. Le squame piccole, rotonde, sovrapposte per metà, hanno da un lato il margine tronca- to, dall'altro minutamente fimbriato, e facilmente si distaccano dalla pelle. La linea la- terale leggermente declive fin sopra l’anale, d'onde procede retta, formasi da piccolissi- mo rilievo nel mezzo di ciascuna squama, sotto del quale è un forellino come se vi fosse trapassato uno spillo obliquamente diretto da basso in alto. L'ano apresi immediatamente dietro le pinne ventrali. La prima dorsale, rotondata posteriormente, poco più alta che lunga, spicca al terzo anteriore del Pesce, consta di undici raggi alquanto liberi verso la punta, il primo de’quali è quasi la metà più breve del secondo, il quarto è il più lungo di tutti. La dorsale posteriore, nascente alquanto al di là de' due terzi del pesce, ossia nel punto medio fra la estremità della caudale e la metà dell’anteriore, è corta, molto umile, e trifida nel suo margine superiore. Le pettorali sono regolarmente ovato-oblun- ghe, e distese giungono alla metà del pesce. Dalla origine di queste scostansi per un dia-. metro dell'occhio le ventrali più lunghe di essa misura, spiccando sotto la metà del- la prima dorsale, e dispiegandosi i in forma della quarta sezione di un disco, col primo raggio duplo dell'ultimo in altezza. L'anale posta in mezzo alle ventrali e all’ estremità della caudale, poco innanzi la seconda dorsale, di cui è più grande oltre il doppio, ha forma quadrilatera, ed il primo raggio superante appena la metà del secondo. La cau- dale lunga un quinto del pesce, fessa oltre la metà, con lobi molto divaricati, è fiancheg- giata alla base da quattro o cinque raggi rudimentarii, che direste aculei. Il colore del pesce è olivognolo con riflessi argentini, che nei pezzi opercolari pavo- neggiano alquanto, e sul ventre biancheggiano: le pinne son più variate di verdognolo ; la pupilla è nera; l’iride è smeraldina cupa: l'interno della bocca è paonazzo. AULOPUS FILAMENTOSUS AULOPO FILAMENTOSO auLoPus subcastaneus flavo nigroque maculatus, longitudine altitudinem sexies superante : capite sesquilongiore altitudine corporis. 1.2D.16. 2.4D.o. P.12. V.9. A.11. C.24. Mas prima pinna dorsali radiis secundo tertio et quarto longissime filamentosis. sALmo FiLamentosus, Bloch, in Schr. Berlin. X. tab.ix. fig. 2. saLmo tIRUS, Rafin. Caratt. nuov. gen. p.56. sP. 148. Id. Ind. Itt. Sic. p.32. sp. 234, AULOPUS FILAMENTOSUS, Cup. Règn. Anim, II° p.170. Id. 2. ed. II. p.315. i E famiglia degli 4ulopodini offreci due diversissimi tipi esemplificati da’ due ge- meri italiani Saurus ed Aulopus, ambedue del Cuvier, che potriano costituire due sot- tofamiglie, e forse appartengono a due lontane famiglie. Difatti, se vogliasi anco preterir dalle scaglie, il Saurus ha molti denti acutissimi in ambe le mascelle, sugli ossi palati- , su ì faringet e sulla lingua, non però sul vomere; ha gli occhi piccoli; non ha ciglia alle branchie, e per questo si accosta evidentemente ai Salmonini. L’Aulopus al contra- rio, che pe'cigli alle branchie piega invece agli Scopelini, non ha che piccolissimi denti, avendoli però eziandio sul vomere; e gli occhi stragrandi, Il Saurws del resto ha il muso corto; ha scaglioso non solo il corpo, ma le gote anch'esse e gli opercoli: le pinne ven- trali grandi, e la prima dorsale spiccante al di là. Tipo del genere è il Salmo saurus, L. figurato dal Salviani e tanto già conosciuto: molte specie esotiche sì dell'uno che dell’ altro continente si registrano dagli autori sotto i generi Salmo, Osmerus, Esox, e per- fino sotto il Syrnodus e l’Harpodon, le fondamenta de’ quali si riposano sull’ errore. L'Aulopus, ha piccoli denti.non solo sulle mascelle e sulle ossa palatine, ma pur sul margine anteriore del vomere, disposti in angusta fascia, ed a scardasso: sulla lingua poi e sulle planizie del palato non ha che semplice leggera asprezza, della quale onni- namente mancano gl’ ingenti mascellari: ha dodici raggi branchiostegi: non solo il cor- po; ma le gote e gli opercoli, rivestiti di larghe scaglie ciliate, onde unitamente al Chio- rophthalmus vien segnalato fra ogni altro Salmonide, e lo direste uno Crewore: la pri- ma pinna dorsale corrispondente alla prima metà dello spazio che corre fra le ventrali e l’anale: esse ventrali collocate poco dietro le pettorali, munite di grossi raggi esterni semplicemente forcuti, pei quali somiglia i Gadidi, cui sembra non solo analogo ma quasi affine. Perciò l'unica specie dal volgo nostro medesimo distinguesi col nome di Merluzzo imperiale, come di Tiru impiriali in Sicilia. Il nome poi specifico filamentosus esprime a pennello quel singolar prolungamento della pinna dorsale nel maschio. È fusiforme piuttosto ingrossato nella metà anteriore, col profilo del dorso sensibil- mente convesso, e quello del ventre quasi altrettanto. La maggiore altezza, che incon- trasi poco innanzi il mezzo della prima dorsale, è un sesto della total lunghezza, ed è uguale alla maggior grossezza. Il capo poco meno di un quarto di tutto il pesce, ha il muso acuto, e la fronte dolcemente declive. L' orbita, che giunge fino al profilo, è 144% AULOPUS FILAMENTOSUS. più rotonda che ellittica, dista per un suo diametro e mezzo dalla punta del muso, due terzi soltanto l'una dall'altra. La bocca squarciasi fin quasi alla metà dell’occhio: la mascella di robuste branche e molto allargate alla base, ha i margini alquanto convessi per circa un terzo di lor corso, e quindi leggermente concavi: la mandibola che sporgesi notabilmente innanzi, ha il margine concavo che ingrossa molto verso l'apice; e le bran- che inferiormente approssimate per tutta la lunghezza loro, salvo che prima di congiun- gersi si discostano per un breve tratto, lasciando un vuoto ellittico-allungato. I denti ma- scellari acutissimi, ben distinti, piuttosto radi, curvati all’indentro, si dispongono in due serie irregolari; quei del palato sono cospicui alcun poco più. Le duplici rotonde narici distano dall'occhio per un semidiametro di esso: i fori posteriori sono il doppio più grandi degli anteriori. Il preopercolo ha il margine ascendente retto, congiunto ad angolo ottuso con l’inferiore alquanto convesso. L'opercolo protetto alla base da sette ad otto squame grandi sovrapposte per metà, ha i margini intieramente rotondati, e la sua estremità divisa da quella del preopercolo per quanto è un diametro dell’occhio. Le squame molto imbricate, irregolarmente quadrilatere, allungate dal sotto in sù, hanno il margine libero convesso e minutamente dentellato. La linea laterale, fortemente se- gnata, incominciando nell'angolo superiore dell’ opercolo curvasi gradatamente fin quasi al mezzo delle pettorali, e quindi procede rettamente fino alla caudale. La prima pinna dorsale spiccante sul terzo anteriore del pesce compresa la caudale, consta di sedici ro- busti raggi, lontanucci fra loro, ed esorbitanti dalla membrana, il primo de’ quali giunge appena alla metà del quinto, mentre il secondo terzo e quarto decrescendo a gradi lo superano pressochè cinque volte; gli altri decrescono rapidamente fino al medio, quindi si rinnalzano a modo di un flabello, talchè il margine superiore dell’ intera pinna segue un flessuoso andamento. La seconda dorsale perfettamente adiposa, brevissima, e di for- ma quasi ovale, nasce nel punto medio fra il termine della prima e l'origine della cau- dale. Le pettorali, ovate oblunghe, si protraggono oltre la metà della prima dorsale, e compongonsi di dodici raggi trifidi o quadrifidi verso la punta. Le ventrali flabelliformi, larghette alla base, e molto potenti, spiccano nel mezzo fra l’estremità del muso e l’ana- le, constando di nove raggi, il quarto de’ quali è maggiore di ogni altro così nell’altezza come nella grossezza. L'anale spicca lungi dal termine della prima dorsale per quanto è lunga la sua base; ha forma quadrilatera, ed undici raggi poco disuguali in lunghezza, ma dal secondo decrescenti sempre in grossezza. La caudale biforcasi circa la sua metà, poco divaricando i lobi lunghi un quinto di tutto l'animale; e porta venti raggi, oltre due o tre rudimentarii per ciascun lato alla base. Tutta la parte superiore ammantasi di castagnino puro, che impallidisce verso la li- nea laterale, ove si volge nel ceruleo argentino che riveste il rimanente del pesce, si con- solida maggiormente sui pezzi opercolari, e risplende vivacissimo nell'iride: vagano so- pra e sotto la linea laterale suddetta alcune macchie fuliginose o foschiccie di varia for- ima e grandezza. Le pinne dorsali e la caudale spargonsi di macchie gialle più o meno ocracee; e que’ raggi più lunghi della prima suddetta dorsale nereggiano dal primo lor terzo fino alla punta: le pettorali sono sei o seite volte fasciate in color di rosa: le ven- trali sopra un fondo carnicino cingono di zone alternate di giallo e di rossigno, la base il mezzo e la estremità. L'anale è di un cilestro violaceo con una banda gialla nel mezzo. La femmina, che a prima vista sembra quasi tutt'altro pesce, non è diversa in sostan- za che per esser mancante di quell’enorme prolungamento filamentoso de’raggi nella prima dorsale, nel cui luogo spicca viemmaggiormente una semplice macchia nerastra. ARGYROPELECUS HEMIGYMNUS © STERNOTTIDE MEDITERRANEA ARGYROPELECUS parte elata corporis, longiore altitudine sua, tenui parte breviori: dentibus, exorbitante nemine, minimis, subaequalibus: carina sternali lamina triangulari postica unicuspide sui latiore. D. 7. Paro, E Zrse s/e90 CCISG, ARGYROPELECUS HEMIGYMNus, Cocco,in Giorn. Sc. ete. Sic.1829. Fasc. lxxvii. art. iii. p. 146. STERNOPIYX MEDITERRANEA, Cocco, in Giorn.il Faro IV. 1838. Fase. xv. p. 7-fig.2. a. b. Anso ne sembra il porre appresso agli 4ulopodini quel curiosissimo gruppo di Salmonidi, abnorme anch’ esso, in cui vedesi un piccolo sporgimento membranaceo die- tro la prima pinna dorsale tener luogo dell’adiposa, la quale non manca in alcun altro di cotal famiglia. Ma non può farsi certamente a meno di elevarlo al grado di sottofami- glia, come .operammo nell'articolo della Gonostoma denudata, ove chiamatala dei Ster- noptygini ne determinammo i caratteri principali. Ben di ciò giudicava il prof. Cocco al lorquando, descrivendo la prima volta e prima di ogni altro la specie mediterranea di cui ci occupiamo, costituiva con essa una famiglia a parte da collocarsi tra i Salmonidi e i Clupeidi. Corrisponde difatti al genere Sternoptyx, che può dirsi stabilito dal som- mo Cuvier, giacchè l’Hermann, autore del nome, aveane così mal vista una sola specie atlantica, che non solo negava l’esistenza delle pinne ventrali, ma perfino de’ raggi nella membrana branchiostega; sul quale errore il Lacépède e il Duméril ne fecero un ordi- ne particolare. Gli Sternoptygini pertanto, che godiamo di potere in qualche modo an- nodare con gli stessi veri Salmonini per mezzo dei loro generi Gasteropelecus, BI., ed Anostomus, Cuv. hanno come questi due la bocca tagliata d’alto in basso, coi margini costituiti lateralmente dai mascellari, come nei Salmonini tutti si veggono. I loro archi branchiali sono muniti di lunghi cigli nella parte concava, non altrimenti che nei Sco- pelini. Hanno il corpo compressissimo, alto anteriormente, bassissimo posteriormente, po- ligonare, sostenuto dalle coste; una cresta sul dinnanzi formata dagli omerali, tagliente, e terminata in basso da una spinuzza; l'addome acutamente carenato, con escavazioni poco profonde dai lati, così volendo la condizione e il congiungimento delle ossa del baccino; una laminetta di una o due punte nella estremità posteriore della carena: una cresta ossea o membranacea risultante dagli interspinosi anteriori, dietro la quale sorge la prima pinna dorsale: una piccola membranuzza lungo la parte assottigliata del tronco che fa degno il gruppo di prender posto fra i Salmonidi: le pettorali lunghe, elevate : le ventrali nascenti nel margine posteriore dell'addominal carena, piccole a segno da giu- stificare l'Hermann, cui non apparvero alla vista, e il Gmelin che perciò pose la colui specie fra gli 4podi: la caudale lunata. (*) Zn tab. stERNOPTYX MEDITERRANEA. ARGYROPELECUS HEMIGYMNUS. Elevato il gruppo al grado di sottofamiglia, eleviamo a quello di genere le due spe- cie indicate dal Cuvier, che siffatto onore vaticinava già loro, con tanto maggior piacere in quanto che ora ne conosciamo due sì dell’una come dell’ 0 forma. Servendo alle importanti modificazioni ravvisate in esse dal francese Zoologo, e conservando per dritto il nome Sternoptyx, tolto dalla simulata arricciatura dello sterno, a quel genere, cui è tipo quella sola specie dell'Hermann, Sternoptya diaphana, figurata meglio dal Cuvier; lo caratterizziamo appunto dai tenuissimi denti a scardasso, dai soli cinque raggi bran- chiostegi, dalla forma eccessivamente obliqua, dalla bocca affatto verticale, dalla pinna anale prolungatissima. Chiamiamo poi 4rgyropelecus l'altro genere che ha denti gran- detti, uncinati, uniseriali, nove raggi alla membrana branchiostega, il corpo orizzontale foggiato quasi a scure, la bocca obliqua, la pinna anale poco prolungata. Del qual ge- nere è tipo la specie mediterranea di cui trattiamo, dalla quale non si può separare lo Sternoptyx Olfersi del Cuvier, circoscritto secondo lui alle parti più calde dell'oceano atlantico, quale è certamente la specie dell’ Hermann detta da esso Cuvier Sternoptya Hermanni. Nel ripristinare il genere Argyropelecus del Cocco rendiamo giustizia alle primitive sue cure, delle quali ben altro dovea che pentirsi in appresso, siccome fece per eccesso di studio sui libri, di modestia, e di docilità. Tanto egli è vero che meno si erra nell’ osservare le opere della natura che quelle degli uomini, e che gli occhi pro- prii sono i migliori argomenti dei naturalisti. Il nostro Sternoptigino del mediterraneo ha la forma di scure, il cui manico però, ossia parte assoltigliata, ne costituisca più della metà: la parte anteriore molto dilatata è irregolarmente poligonare. Il profilo superiore dal muso alla nuca non è concavo nè con- vesso, ma semplicemente declive, quindi va convesso fino alla prima dorsale, d'onde scende bruscamente, e poi corre quasi retto fino alla caudale. Quello del ventre, for- mato dal tagliente osso della pelvi, scende obliquamente fin sotto al perpendicolo dell’ occhio, quindi procede orizzontale fin sotto la punta delle pettorali, ove sale quasi ver- ticalmente per seguire lo stesso andamento del superiore. La maggiore altezza, che cade sulla dorsale anteriore, cape due volte nella lunghezza, toltane la caudale. Il capo, tanto lungo quanto alto, è la terza parte del pesce. In mezzo della fronte vedesi una carena a che ha nale due estremità una biforcazione. Gli occhi più assai rotondi che ellittici, sporgenti alquanto, ed occupanti una terza parte della lunghezza del capo, di- stano un proprio diametro dalla punta del muso, e l’un dall'altro non sono divisi che dalla poca ertezza della sottil carena. La bocca quasi verticale squarciasi fino al termi. ne dell’opercolo. La mascella nella metà superiore consta dell’intermascellare, il quale va rastremandosi grado grado verso la sinfisi, ove sorgono due apofisi che metton punta nella biforcazione della carena predetta: il mascellare risulta di quattro pezzi. La man- dibola eccede alcun poco la mascella in lunghezza, è concava verso la sua larga base, e le ossa di cui si compone lasciano fra se uno spazio. ellittico, mostrando nel punto della sinfisi un piccolo tubercolo rivolto in basso. I sottilissimi denti sono uniseriali acuti ed incurvi: quei della mandibola più grandetti, specialmente i medii: quei della mascella quasi eguali: la lingua, il vomere e il palato non offrono alcuna scabrosità. Le duplici aprossimate narici trovansi lateralmente alla biforcazione della carena: i fori poste- riori molto accostati all'occhio sono più grandi ed ellittici. Il margine posteriore del preopercolo ascende obliquamente dall'innanzi all’ indietro, e iancola postico-inferiore è armato di due aculei alquanto divergenti: l'opercolo e il su oh sono oblunghi. ARGYROPELECUS HEMIGYMNUS. Spaziosa è l’apertura delle branchie: le occulte membrane branchiosteghe si toccano anteriormente per due terzi della loro lunghezza. Il nudo corpo è armato da grandi oblunghe squame impiantate verticalmente sul profilo inferiore, otto delle quali sono dietro la pettorale; e dopo breve intervallo seguono altre quattro minori; alle quali do- po altro intervallo fan seguito sei altre più piccole e disuguali dietro la pinna anale; ve- nendone per ultime altre quattro presso la radice della caudale, La linea laterale proce- de quasi intieramente retta lungo il mezzo del tronco. L’ano è lineare, ed apresi innanzi la base delle ventrali fra la commissura di due sottili membrane, La pinna dorsale ante- riore triangolare spicca in mezzo fra l'apice del muso e la base della caudale dietro una cresta o apofisi laminare composta di sette raggi spinosi, l’ultimo de’ quali saldato col sesto è il più cospicuo tanto in altezza quanto in grossezza. La membranuzza che rap- presenta la dorsale posteriore è sottilissima, e di sì scarsa elevazione che appena all’oc- chio apparisce. Le pettorali, oblunghe, lanceolate, prolungando maggiormente i raggi superiori, giungono distese alla origine dell’anale, Le ventrali tre volte più piccole delle pettorali, nascono orizzontali nel basso del margine tagliente e verticale della carena sternale. La caudale ha molto divaricati i lobi, larghi, ottusi, e fiancheggiati alla base da quattro o cinque raggi rudimentarii. Il colore del pesce è quasi intieramente argentino dorato: il profilo superiore vedesi largamente orlato di castagno fosco: la ignuda parte assottigliata del tronco è traspa- rente in gran parte; una fascia nera è alla base della caudale. Lo sterno adornasi infe- riormente di una dozzina di punti amatistini in ciascun lato diminuentisi grado grado in grandezza : altri sei consimili punti alquanto minori sono in cima alle squame mag- giori; nè le altre squame minori ne vanno prive del tutto. Turchina è l’iride; bruna la pupilla. Le pinne sono languidamente cilestri, L'ampia faringe è internamente nerastra; qual è il peritoneo, che da un tenue strato argentino è diviso dalle pareti dell'addome. Lo stomaco paragonato nella forma dal Cocco ad una cornamusa, dirigesi in basso nella regione cardiaca, nella pilorica in alto. Quattro sembra che sieno le appendici piloriche, dissimili per la mole e per la giacitura. Il tubo intestinale fa dopo la sua origine una voluta passando sotto lo stomaco, quindi torna a scorrere lunghesso il sinistro lato, e nelle femmine pria di giungere all’ano passa in mezzo alle ovaje che han la figura di una pera, e son collocate nel lato posteriore del tronco. Il fegato di color carnicino ha forma di triangolo irregolare, e dividesi in due lobi; il destro dei quali è maggiore e più ottuso. La milza è allun gata e collocata nella parte sinistra. Il notatojo che si protrae fin dietro l’ano con due ligamenti esili e lunghi, è di figura oblunga, e di color argentino tinto di paonazzetto. Abbonda nelle acque di Sicilia, donde spesso è gettato sulle spiaggie esposte a ira- montana, specialmente nei mesi freddi; raro è che giunga ad un pollice e mezzo di lunghezza, essendo ordinariamente assai minore. Malgrado la sua piccolezza è carnivoro esclusivamente, cibasi di piccoli animaletti o di brani di grandi. Quei pochi fra i pesca- tori che gli badarono lo dicono in dialetto Joro Pesce tariolu, bene appropriatogli forse per la figura di un tagliente a manico breve. sl “SH eni frati 5° dite CH nità i; dé N: ‘AREA | HP | pi si au d ahi gi dleste dt i ‘ogob RI, distri [ ipa: ose: foga sile aste une (CALLE ba : delta n 9 E ITER i TO 2a rauprtala ici uc — lena ni node — = ad eee e i nti % VENI IRON epr / x © ne own BELONE ACUS AGUGLIA COMUNE BELONE viridis, subtus et ad latera argenteus: rostro teretiusculo, recto; mandibula decimo longiore: pinna dorsali punctis terminalibus in anali inclusis: lobis caudalibus subae- qualibus. Disiz: pRIer2ol A 0 453 iii; ESOX BELONE, Linn. Syst. Nat, I. p. 517. sp. 6. Miller Prodr. Zool, Dan. p 49. sp. 420. Briinn. Ichth. Massil. p. 79. sp. 95. Gmel. Syst. Nat. I. p.1591.sp. 6. Bonnat. in Tabl. Ene. Ichth. p.150. sp. ]. tab. 72. fig. 297. Schneid. BI. Syst.p.5g1.sp.2. Rafin. Ind, Itt. Sic. p.54.sp.250. Riss.Ichth. Nic. p.550.sp.1. Nacc.Itt.Adr.p.18.sp.71. Nard, Pr. Adr. Ichih. sp. 145. BELONE Acus, Risso, Mist, Nat. III, p. 4453. sp.355. BELONE vuLgaRIS, /ilss. Prodr.Ichih. Scand. p. 57. Be\ovn, Aristot. Hist. Anim. lib. ii, cap.xv. lib. v. cap, ii. lib. vi, cap, xiii. cap, xvii. lib. ix. cap, xiv: Beioyy 0adattIas, Alian. lib. ix. cap. lx. p. 565. Paots, Oppian. Halieut. lib.i.p.7. Athen.lib. vii. p. 319. Acus sive seLONE, Plin. Hist. Mund. lib. ix. cap. li. lib, xxzii. cap. xi. Aacus, Gaza, în Aristot. loco citato. Jov. Pisc. Rom. cap.zzxii. p.106, Charlet. Onom. Zoic. p. 156. AcuS prima species, Rondel. Pisc. Mar. I. lib. viii, cap. iii, p.257. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p. 9. Acus Piscis, Salvian. Aquat. Hist. vii.p. 68. tab. 68.fig.8. Willughb. Ichthyogr. App.tab.5. fig.2. Ray; Syn. Pisc. p. 109. sp. 2. Acus vulgaris sive Oppiani, Aldroy. Pisc. lib. i. cap. xziii. p.106, fig. in p. 107. Willughb. Ichih. lib, iv. cap.xiv. p.251. tab. P. 2. fig. 4. Ray, Synops. Pisc. p. 109. sp, 1. acus Oppiani, Jonst. Pise. II. lib. i.tit. ii. cap. i. art. xvii.punct.ii. p. 57.tab.15.fig. 16. Esox rostro cuspidato, gracili, subtereti, et spithamali, Arted. Gen. Pisc. p.14. sp.2. Id. Synon. p. 27. sp. 2. esox utraque maxilla subulata, Linn,Faun. Suec.p.126. sp.396. Gron:Mus.I.sp.59. Id.Zooph.p.117.sp.362. MastAccEMBELUS mandibulis longissimis ienuibus, acutissime etc. Alein, Mist. Pisc. Miss.iv.p.21. sp.1. tab. 3. fig.2. Esox rostro subulato, Bloch. Fisch. Deutschl. I, p.236. sp. 2. tab. 33. EcuiLLe ou orPHIEZ,y Londel. Gall. loco citato. i BELONE, Daubent. Dict. Ichth. in Enc. Met. Hist. Nat. ILL. p.54. esoce BeLONE, Lacèp. Hist. Poiss. III. p. 17. orpHIE, Cuo. Tabl. Elem. p. 368. sp. 24 Id. Règn. Anim, II. p, 186, Id. Ibid. a, ed. LI. p. 288. ORPHIE AIGUILLE, Risso, Mist. Nat. loco citato, SEA-PIKe, Penn. Brit. Zool. p.274. sp.2 Î tre Pesci figurati nella tavola che imprendiamo ad illustrare, tipi di tre generi, dai quali non si può allontanare l’esotico Memiramphus, formano nella famiglia dei Lucci da noi detta Esocidae una piccola tribù tanto ben distinta da meritare di per se sola il grado di sottofamiglia col nome di Belorini, quantunque siano stati da noi fin qui considerati come parte integrante della sottofamiglia Esocini. Infatti i Pesci che vogliamo compresi in questa nuova sottofamiglia si fanno immediatamente distinguere per lo prolungamento del sottilissimo muso, e sono simili fra loro nella sagoma, nelle scaglie e similissimi nelle viscere: mentre quei generi che lasciamo tra gli Esocini, benchè per la conformazione essenziale delle accennate viscere non siano molto diversi fra loro nè dai nostri Belonini, aberrano tuttavia nell’esterno a segno tale da sembrar che formino famiglia quasi ognuno da se. 02 BELONE ACUS. Gli Esocidi si distinguono nella tribù dei Pesci Malacopierygiù addominali ossia gas- teropterygii, dal corpo poco scaglioso, dal non avere pinna adiposa, nè intestini ciechi, e dal margine della mascella che formasi dagl'intermascellari soli, che, seppure i mascel- lari concorrono alla sua formazione, sono tuttavia privi di denti e nascosti nella spes- sezza delle labbra. Al contrario i Salmonidi ed i Siluridi hanno adiposa la seconda pinna del dorso; i Ciprinidi ed i Clupeidi hanno il corpo assai più scaglioso, e i margini della mascella ‘diversamente costituiti; e gli ultimi oltre a ciò contano molti intestini ciechi. Gli Esocetini che anch’ essi fan parte della famiglia dei Lucci, si distinguono ad un tratto dagli Esocini e dai Belonini per la somma ampiezza delle pinne pettorali onde ebber nome di Pesci volanti. Sarebbevi anco una quarta sottofamiglia, ma il solo ge- nere Mormyrus che la compone è tanto anomalo, che a ragione non si potrebbe inclu- dere in questa, e molto meno in qualunque altra famiglia. Si distinguono i Mormyrini così detti da esso genere, per le aperture branchiali ridotte ad una semplice fessura ver- ticale, e per aver due intestini ciechi. Del resto gli Esocidi tutti non vanno soltanto privi di ciechi, hanno altresì l' in- testino breve: tutti sono forniti di notatojo: hanno una dorsale sola collocata molto addietro e per lo più opposta all’anale e talvolta perfino dopo di essa: la mascella infe- riore più Innga: i denti, alcuni dei quali acutissimi, in ambedue le mascelle. Gli Esocini hanno il corpo mediocremente allungato, cilindrico, piuttosto alto, co- perto da scaglie fitte e perfino embricate, con una sola linea laterale; l'apertura della bocca grande, le mascelle larghe non rostrate, nella superiore delle quali il margine vien formato anteriormente dal vomere e dagl’ intermascellari piccoli e sottili; e lungo i lati da'mascellari lunghi, edentuli: i denti collocati in più serie sul vomere, sul palato e sulla lingua, ma in una sola sugl’intermascellari e nella mascella inferiore ; i faringei sono acuti: le pinne dorsale ed anale corte e rotondate. Molti di questi pesci, che sono voracissimi, rimontano i fiumi, ed altri sono esclusivamente d’acqua dolce. A differenza di loro i Belonini hanno il corpo molto allungato, gracile, terete-sub- quadrato con due linee laterali, fornito di scaglie piuttosto rade, tenui, poco apparenti, meno una singolar fila longitudinale di scaglie carenate prossima al profilo del ventre in ambo i lati, la quale costituisce la linea laterale inferiore: piccola l'apertura della bocca, le mascelle lunghissime e strette, prolungate a guisa di rostro acuto, e quella superiore formata da’ soli intermascellari: i denti sono ad unica serie in ambedue; nè havvene alcun altro in bocca, lisci essendo il palato e la lingua: quelli faringei sono mammellonari: le pinne dorsale ed anale lunghe e falciformi, Hanno esclusivamente l'abitazione marina. Belone non ha pinnule spurie, nè carena ai lati della coda; i raggi posteriori delle pinne dorsale ed anale sono più brevi degli anteriori. Sayris è fornito di pinnule spu- rie, decomposizione delle pinne dorsale ed anale, senza carena ai lati. Tylosurus ha i lati della coda forniti di carena, e le pinne dorsale ed anale compatte, co’ raggi poste- riori assai più lunghi degli anteriori. Yemiramphus, come lo esprime il nome impostogli dal Cuvier, si distingue da tutti per la mascella superiore cortissima, mentre la sinfisi della inferiore si prolunga in una punta ossia mezzo becco sdentato. La figura generale del Belone acus è quella d'un fuso attenuato in ambe l'estremità, specialmente nell’anteriore. La maggiore altezza è compresa venti volte nella lunghezza totale: la larghezza giunge a ire quarti dell'altezza; in tal guisa il corpo è alquanto BELONE ACUS. compresso. La schiena e il ventre ben lungi dall’esser carenati sono lievemente convessi. ll capo misurato fino al termine posteriore dell’opercolo è compreso tre volte e un terzo nella lunghezza totale: non è distinto dal tronco, ed ha la forma d'una piramide qua- drangolare acutissima, avendo i lati piani un poco convergenti verso il disotto; il pileo pure piano, anzi un poco scavato a canale sulla fronte; la gola scanalata fino a tutta la lunghezza della mandibola. 11 rostro è subuliforme, meno lungo di un decimo della distanza che corre fra gli angoli della bocca e 1’ estremità posteriore dell’opercolo; la mandibola eccede d’un decimo la lunghezza della mascella: e questa e quella sono rette. L'occhio poco più largo che alto, rotondato, occupa circa la metà dell’altezza del capo, ed è situato più verso il vertice che verso la gola, quattro volte più distante dall’ estremità posteriore dell’opercolo, che dall'angolo della bocca. I pezzi opercolari hanno il margine membranoso. L’opercolo ha il lato posteriore che scendendo all’ingiù sincurva verso l’innanzi, ed è senza dentelli; il preopercolo occupa quasi la metà della lunghezza dell’opercolo, ed anch'esso ha i margini intieri quasi ricorrenti paral- Jelamente a quello dell’opercolo; il subopercolo occupa inferiormente uno spazio trian- golare fra l'uno e l’altro, ed ha il margine inferiore rettilineo finamente dentellato. Tra l'occhio e la base superiore del rostro mostransi le aperture delle narici simili a due grandi fosse o buche triangolari ad angoli rotondati, ed intaccano i pezzi sottorbitali 1 quali sono inferiormente semispatulati, e quando è chiusa la bocca occultano l’estre- mità posteriore dei pezzi intermascellari. Il rostro formato superiormente dai soli inter- mascellari, inferiormente dai mandibolari, è di figura subuliforme ; la sua fessura è ret- tlinea. I denti sono subuliformi, acutissimi, grandetti, marginali, collocati in una fila d'ambe le parti tanto di sopra quanto di sotto, isolati. Havvene poi altri più piccoli al- meno sei volte, numerosi, che formano quasi un ciglio fra i denti grandi. Il palato è liscio, fatto a volta; e la lingua spatulata superiormente, incurvata a foggia di canale, inerme, col solo margine libero, sporge di poco all’innanzi degli angoli della bocca. Amplissime sono le fessure branchiali; e nella membrana branchiostega son dodici raggi. La pelle del corpo apparisce quasi nuda, giacchè le sottilissime e rade sue scaglie ca- dono assai facilmente, e prima che cadano non si scorgono. La linea laterale superio- re indicata semplicemente a colore è retta, e corre lungo il terzo superiore del corpo partendo dal punto più alto dell’opercolo e giungendo fino alla pinna caudale: l’in- feriore assai più notabile, collocata molto in basso verso il ventre, ha origine al mar- gine inferiore delle ossa scapolari, e scorre quasi retta presso la base delle ventrali di qua e di là dall’ano, terminando verso il terzo o quarto raggio del lobo inferiore della caudale: la compongono scaglie di forma irregolare, più lunghe che larghe, em- bricate, quasi spatolate, non dentellate, che portano un gran tubo longitudinale, e sotto di questo nella direzione della carena del ventre un’altro tubetto cilindrico che si volge verso la coda. L'ano è quattro volte più distante dall’ apice del rostro che dall’ origine . della caudale. La pinna dorsale è collocata più indietro dell’ ano a tre quarti della totale lunghezza del pesce occupandone la nona parte: e fra il suo termine e l'origine della caudale corre un intervallo tredici volte minore di quello che corre fra la sua pro- pria origine, e la punta del rostro, Spiegasi la detta dorsale in diecisette raggi tutti ramo» si, il primo e secondo brevi, il terzo maggiore di tutti gli altri decrescenti a gradi fino al termine: il maggiore, che come si è detto è il terzo, non si alza fino alla misura della terza parte della base, Le pinne pettorali sono impiantate dietro alle aperture branchiali, 92% BELONE ACUS. e distano dal margine posteriore dell’opercolo un terzo meno che questo dall'occhio: la loro figura è semiovata: i raggi loro sono dodici tutti molli; la lunghezza del primo ch'è il maggiore di tutti è minore d'un settimo della distanza che passa fra l’occhio e il margine posteriore dell'opercolo. Le pinne ventrali sono quattro volte e mezzo più lontane dall'origine delle pettorali che dall’ano, più vicine un terzo alla coda che al muso: scostansi poco fra loro, e sono a figura di cuneo rovescio troncato; hanno sei raggi tutti ramosi, l'anteriore de’ quali ch'è il maggiore è men lungo d’un quinto del raggio più esteso delle pettorali. L'anale ha origine a piccolissimo tratto dietro all’ano, alquanto più innanzi della dorsale, e si estende anche più di questa facendosi all’ in- dietro: la compongono ventuno raggi, i primi molli ma semplici, gli altri ramosi: i due o tre anteriori qualche poco più lunghi dei corrispondenti della pinna dorsale, gli altri decrescenti a gradi fino al nono, gli ultimi poco dissimili dagli estremi della dorsale in quanto all'altezza. La caudale occupa la decima parte circa della totale lunghezza del pesce: è profondamente e quasi simmetricamente forcuta, essendo il lobo inferiore appena più lungo del superiore: i di lei raggi sono in numero di diecinnove. Lo sche- letro ha circa ottanta vertebre. Tutto il pesce è argentino tendente al verdastro specialmente sulla schiena, che ha una mistura di color d’indaco: il vertice del capo ed il rostro hanno il colore del dorso anche più intenso: la nuca è alquanto diafana. Dal capo alla coda il fil della schiena è segnato d'una linea tabacchina, o foscheggiante, angusta, Una leggera traccia longitudinale del medesimo colore si ripete sui fianchi segnandovi la linea laterale superiore dalla base delle pettorali fino al quarto e quinto raggio del lobo superiore della caudale. Tutto il ventre è bianco argentino. La linea laterale inferiore tende un poco al giallo ocraceo. La dorsale e la caudale hanno i raggi del colore del dorso, ma più luridi. Le pettorali bianche turchinastre; le ventrali e l’anale sono bianche. Il nostro Belone acus comune all’ Atlantico e al Mediterraneo giunge alla lunghezza di due piedi, ed è abbondantissimo in tutte le coste d’Italia. Va in amore di Maggio e si accosta d'estate alle sponde in turba. Dilettevolissima è allora la sua pesca per mezzo di un lungo spago, munito di molti ami equidistanti fra loro, e galleggianti a fior d’acqua mediante il sovero, dai quali si giunge appena in tempo a distaccare i pesci, La carne loro è buonissima cotta arrosto, e prelibatissimi sono i gross!, se pur si superi la ripugnanza, in taluni invincibile, del singolarissimo color verde che le sue spine pren- dono con la cottura. Notabilissime sono le ossa pel verde bellissimo che le colora, e che secondo Linneo e taluni altri rifulgono notte tempo di una fosforescenza verdastra. T Siciliani ed i Napoletani dicono questo pesce Aguglia, Aguja, Auguglio. A Nizza chiamasi Agujo, Aguglia ed anche Becassino de mar, nome, che per essere suggerito dal suo becco conformato come quello della Beccaccia, gli danno i faceti di tutti i paesi nei varj loro dialetti come accade anche da noi. Il suo nome legittimo però presso i Pesci- vendoli Romani è Acugella. I Toscani lo appellano anch'essi Aguglia, Acuglia, Aguc- chia: i Genovesi 4gon: quei del Piceno Angosella, Pesce ago: nel Veneziano lo dico- no Anguisigola, Anguisigola bona, Anvisigola. Non poche altre specie di questo genere, alcune delle quali non ancora descritte, popolano i diversi mari: primeggia tra queste il Belone Crocodila di Lesueur, che giun- ge a otto piedi di lunghezza, cui si attribuisce un morso velenoso. SAYRIS CAMPERI SAIRIDE DEL CAMPERI SAYRIS fusco-coerulea, subtus et ad latera argentea: rostro feretiusculo, recurvo: mandibula duodecimo longiore: pinnulis spuriis dorsalibus et analibus quingue: caudalis lobis subae- qualibus. Dov, a SI AR CONO. scomresox camper, Lac. H. Poiss.V,p.253.tab. 6.fig.3. Ichih.Nie.p.334.sp1. Id.H.N. III. p.h44.sp. 356. Esox sauRUs, Schneid. BI. Syst. p.594.sp. 9. tab. 73. fig. 2. sAyRIS HANS, Rafin. Caratt. p. 61. gen. 45. sp. 161.tab. 9. fig. 1. Id. Ind. Itt. Sic. p.34. sp.246. ex autopsia. SAYRIS BIMACULATUS, Rafin. Caratt. p. 62. sp. 162. spec. cum mandibula rupta. SAYRIS MACULATA, Rafin. Ind. Itt. Sic. p.34. sp.248. SAYRIS SERRATA, Rafin. Caratt. p. 61. sp. 159. Id. Ind. Itt, Sic.p.54.sp.247. ex Rondelet. SAYRIS RECURVIROSTRA, Rafin. Curatt. p. 62. sp.163. Id. Ind. Itt. Sic. p.35. sp.245. ex Lacép» ABLENIS, RAPHIS et BELONE Graecorum, Bellon. Aquat.lib.i. p.162. cum fig. saurus, Rondel. Pise. Mar. I. lib. vili. cap.v. p.252. cum fig. acus altera minor Bellonii, Willughb. Ichiyogr. lib. iv. cap. xv. p.252.tab. P.fig. 2. Ray, Syn.Pisc. p.165. sp.17: AGuILLE ou oRPHIE, ‘Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib.i. p. 161. fig. in p.162. SCOMBREÉSOCE CAMPERIEN, Cuv. Regn. Anim.2. ed. II. p. 285. SKIPPER or sAuRY, Penn. Brit. Zool. ILL. p.325. sp. 155. tab. 64. Id. Itin. Scot. 2. ed. p.298. tab. 17. fig. 2- | Price il singolar carattere delle pinnule spurie in cui si decompongono poste- riormente le pinne dorsale ed anale, onde questo genere si fa riconoscere, è proprio degli Scombridi, perciò gli venne imposto il mal formato nome di Scombresox, cam- biato poi con molta ragione dal Rafinesque in Sayris. Noi però non possiamo per- suaderci che quattro siano veramente, siccome il Rafinesque stabiliva, le specie medi- terranee di questo genere; e se aggiungere le si vuole alcun altra, forza è ricorrere a quella rinvenuta morta dal Forster sulle coste della nuova Zelanda, e a quelle de- scritte dall’ottimo Lesueur nel giornale dell’Accademia delle Scienze di Filadelfia co- me proprie dell'America. Nel leggere qualsiasi autore convien sempre distinguere le osservazioni dalle indu- zioni; e questo criterio rendesi affatto indispensabile nel leggere il Rafinesque, poichè oltre all’aver egli descritti, e nuovamente denominati molti pesci che o non trovava af- fatto o mal significati negli autori, ha voluto che il suo catalogo d'Ittiologia Siciliana contenesse tutte le specie degli altri, quantunque non riscontrate da lui: molte delle quali si riferivano appunto a pesci da lui creduti nuovi, siccome ad evidenza lo ma- strano i suoi scritti soverchiamente disprezzati. Ciò che infatti ha descritto per propria conoscenza lascia poco a desiderare: suo fallo è l'aver ciecamente riprodotto gli errori altrui. Così troviamo che la di lui Sairide macchiata vien probabilmente stabilita con esemplare di questa sua Sairide rostraperta, in cui era rotta la mascella inferiore, e per= ciò appariva più corta dell'altra; ma la sua Sairide rostrocurva altro non è che una SAYRIS GAMPERI. compilazione della fallace descrizione del Lacépède; non altro la sua Sairide serrata che la medesima specie ricavata dal Rondelezio. La figura del pesce è quella d'un fuso compresso, ma il profilo del ventre si pre- senta più incurvato di quello del dorso. L'altezza doppia della grossezza vien contenuta undici volte nella lunghezza. Il capo è lungo quasi due settimi di tutta la lunghezza, ed ha la forma di piramide acutissima triangolare, una faccia della quale costituisce la fronte, e le altre due le gote: la sua grossezza all’ intestatura è maggiore di un quarto di quella del tronco; perciò distinguesi bene dal corpo: il rostro assai allungato e sot- tile si estende fino all'angolo di apertura della bocca quanto la metà della lunghezza del capo: la mascella superiore più breve d'un tredicesimo circa dell’ inferiore: ambe- due ricurvate alcun poco in sù. I denti sono sottilissimi, brevissimi, appena visibili, tranne alcuni a guisa di protuberanze marginali nella mascella superiore in prossimità dell’angolo/della bocca, La lingua è spatulata, superiormente solcata, col solo margine libero. L'orbita dell'occhio, che è ellittica, ha il diametro maggiore piu lungo dell’al- tro d'un terzo: il margine anteriore dista dalla punta del rostro per cinque diametri e mezzo, e quasi tre ne corrono tra il margine posteriore e l’estremità dell’opercolo, L'opercolo da ciascun lato scende al suo termine con dolce curvatura fin sotto il ventre. Il preopercolo è quasi parallelo all’opercolo, e si trova ad eguale distanza tra il mar- gine posteriore dell'orbita e l'estremo dell’opercolo: un indizio esterno dell’interopercolo scorgesi vicino al margine dell’opercolo. Le aperture branchiali sono amplissime, e la membrana branchiostega ha dodici raggi. L'ano s'apre tra le ventrali e l'anale. La linea laterale superiore quasi retta, è appena segnata per lo mezzo dei fianchi, l’altra è mar- ginale vicinissima al profilo del ventre, ricoperta di scaglie embricate. La pinna dorsale poco più lunga d'un quinto del capo comincia quasi a due terzi della totale lun- ghezza del pesce: i suoi primi raggi più lunghi misurano appena la metà della sua base. Le pettorali lunghe poco più di un quarto del capo hanno forma di triangolo con uno degli angoli rivolto in sù. Le ventrali di forma trapezoidale collocate poco al di là del mezzo, sono lunghe per sette dodicesimi dell'altezza del pesce. L’anale poco differisce dalla dorsale, se non che ha origine più innanzi ad essa quanto è un terzo della sua base. Tanto tra la dorsale e la caudale quanto tra questa e l’anale si scorgono cinque false pinnule, ciascuna costituita da tre o quaitro raggi ramosi, la cui lunghezza poco differisce da quella degli ultimi raggi della pinna cui succedono. La caudale è | mediocremente forcuta coi raggi tra loro collegati da filamenta visibilissime. I colori sono un fosco-verdastro meschiato d’indaco sul dorso e sulla fronte, un ar- genteo lucente con riflessi metallici sui fianchi e sulle gote. La linea laterale si tinge del colore del dorso. Le pinne sono come nel Belone acus, ma un poco più sbiancate. Comune è questo pesce nel mar di Sicilia; non così nel nostro e nell’adriatico: ma fa passaggio regolare lungo le coste settentrionali d’Italia, dove si prende in gran copia. Non cresce molto in statura, e la sua carne è coriacea. Bellonio lo rappresentò e de- scrisse in luogo dell'Aguglia comune con la quale certamente lo confuse; imperocchè dice avere esso la spina verde, e gli attribuisce i nomi di quella, come fanno i pesci vendoli tutti d'Italia, esclusi i Nizzardi che lo chiamano Gastaudela, e i Siciliani, che lo dicono Testaredda, Cristaredda, Cristardedda, Tristaredda, Ristardedda. = TYLOSURUS CANTRAINII TILOSURO DEL CANTRAINE TrLOsuRUS viridis, subtus et ad latera argenteus: rostro teretiusculo, vix recurvo: mandi- bula sexto longiore: pinnis dorsali et anali sibi invicem respondentibus: lobo caudali inferiore longiore. Dad P.oray SAGA 201 6: Esox IMPERIALIS® Rafin. Caratt. p. 59. sp.157. tab. 9. fig. 2. Id. Ind. 1tt. Sic. p. 54. sp. 251. TYLOSURUS CANTRAINI3 Cocco, Lett. in Giorn. Se. Lett. Sicil, XLII, n. 124. p. 18. tab, 1. fig. 4 SN cine il nuovo genere T’ylosurus benissimo caratterizzato dal valente Ittiologo dottor Cocco nel giornale da lui favoritoci con questo insieme e molti altri pesci, il quale non esitiamo di ammettere nei cataloghi della scienza, sperando che i nostri lettori resteranno obbligati non men di noi allo scienziato di Messina se per di lui buona gra- zia apparisce nell’opera nostra questo interessante animale, Il ch. fondatore del genere non ebbe quel sospetto, che confesseremo aver noi concepito, poter essere questa specie il così detto Esox imperialis del Rafinesque; perchè credutala nuova, la volle dedicare al comune nostro amico signor Francesco Cantraine collettore zoologo in quel tempo al servigio del Re di Olanda, oggi professore di Storia naturale nell’ Università di Gand. Questo nuovo genere è singolarissimo per la dentatura, in cui alternati si veggono denti grandi e piccoli. Singolarissimo è pure per lo grande sviluppo della porzione deretana della pinna dorsale, E non altrimenti che abbiam veduto essere il Sayris un Belonino fornito delle pinnule spurie degli Scombrini, così il Tylosurus (cui perciò il Cocco applicava tal nome) può definirsi un Belonino avente le creste ai lati della coda, che si mostrano in alcuni de' medesimi Scombrini. La forma generale del 7ylosurus Cantrainii allontanasi poco da quella del ZBelone acus, se non che è meno alto, quasi perfettamente rotondo, ed assai allungato. La grossezza sua è due terzi dell'altezza; e questa vien compresa ventidue volte nella lunghezza: i profili del dorso e del ventre procedono quasi retti dall’intestatura del capo fino alla coda. Il capo si vede conformato a guisa di piramide quadrangolare, la cui faccia superiore costituente la fronte molto ampia in proporzione della grossezza del tronco, scende quasi piana, ed alquanto solcata verso la parte ad esso più vicina, men- tre altre due faccie costituiscono le gote: e l’ultima di sotto è strettissima, per lo cui mezzo apresi un canale longitudinale da cima fino al termine della bocca, sopra cui si rilevano i margini inferiori degli opercoli, Il rostro in confronto degli altri generi e della sottigliezza del tronco può dirsi piuttosto grosso: la sua lunghezza fino all'angolo della bocca è due terzi di quella del capo. La mascella inferiore è più lunga un sesto della superiore; quella si ricurva alcun poco all'estremità, questa va quasi retta. Ampie sono le narici, di forma triangolare con un lato sul profilo della fronte: l'occhio è grande, TYLOSURUS CANTRAINIL rispetto alle altre specie ed all'esilità del pesce, con l’orbita quasi circolare, il cui diametro è quasi un decimo della lunghezza del capo: sette di questi diametri cor- rono tra il margine anteriore e la punta del rostro, due tra il posteriore e l’estremo dell’ opercolo. I denti sono acutissimi, marginali; e quelli nel mezzo del rostro sono i più lunghi: tra questi se ne veggono altri in maggior numero, tre volte più brevi, e più acuti. La membrana branchiostega appariscente è composta di quattordici raggi. Delle due linee laterali, la superiore è quasi retta incurvantesi un poco al suo mezzo e rilevata sui fianchi a guisa di cordone, l’altra corre vicino al ventre; ed ambedue si riuniscono in prossimità della caudale. Sul dorso rilevasi un cordone che ne accom- pagna il profilo dal principio del tronco fino all'origine della caudale. L’ano s'apre più vicino alla coda. La dorsale comincia poco dopo i due terzi della lunghezza totale di cui occupa un quinto: sette de'suoi raggi sono ramosi, sedici semplici: i primi de- crescono in altezza andando all'indietro, gli altri tornano a ‘crescere, e quindi verso il termine diminuiscono alcun poco; per la qual cosa il profilo della pinna ci pre- senta due curve concorrenti ad angolo sul settimo raggio, alzandosi assai la seconda sopra il dorso, perchè i suoi raggi, più lunghi degli anteriori oltre il doppio, giungono a misurare un terzo della lunghezza del capo. Le pettorali lunghe quanto lo spazio che corre dall’ occhio al termine dell’ opercolo, s'intestano vicino ad esso, ed hanno forma di triangolo curvilineo, con un angolo volto in su. Le ventrali sono più corte delle pettorali, separate fra loro, e poste più vicino alla coda che al muso per un settimo della lunghezza. A doppia curva simile al profilo della dorsale si mostra quello dell’ anale che le sta di sotto, e dista dalle ventrali per uno spazio uguale alla sua propria lunghezza. I suoi primi sei raggi sono ramosi, più avvicinati tra loro che gli altri semplici. La caudale, analogamente a ciò che osservasi in alcuni Beloni e negli Ewoceti, è forcuta col lobo inferiore più lungo del superiore quasi un terzo: i raggi che la costituiscono, oltre la membrana sottilissima che li riveste, sono tra loro colle- gati per mezzo di filamenti visibilissimi, Il dorso è fosco-azzurrognolo a riflessi verdastri, e lungh’ esso corrono tre linee pa- rallele nerastre fino all'origine della pinna dorsale. I lati sono argentei con cangia- menti di color celeste, di fosco, di dorato, e assumono verso la coda un bel colore rosso di rame assai risplendente; il ventre è puramente argenteo: la nuca è in qualche guisa trasparente. L'iride dell’occhio è lucida a guisa di platino, variata di azzurro, e la pu- pilla nera. Argentini sono gli opercoli, minuiamente punteggiati di fosco. La dorsale è nerastra sulla metà posteriore dei raggi più lunghi; foschiccie le pettorali, bianche le ventrali e l’anale: trasparente la caudale, tinta di nero alla sua base, coi raggi nera» stri, e coi filamenti trasversali foschi. o È proprio questo pesce dei mari di Sicilia benchè non vi sia comune. Prendesi tal- volta in Agosto con gli ami preparati per le Aguglie comuni, colle quali si associa; nuota lentamente ed a fior d'acqua. Asseriscono i pescatori giungere esso al peso di otto e nove libbre. La sua carne vien riputata cibo molto delicato, d’onde il nome di Aguja impiriale, Aguglio reale che gli danno le genti di mare; per la qual circostanza sem- pre più ci confermiamo nella opinione che questo pesce sia l’Esox imperialis del Rafi- nesque, nel quale ci piacerebbe di rimanere fino a che non ci venisse mostrato un Zsox imperialis diverso da questo. Ù be. NE TO mr I PÒ i MCENLICRILIA1II LL Ja) HAAANBAE dl ai Mylielis 2 (lsalicdis Lioiiz 3 Hope Baba STOMIAS BARBATUS STOMIA BARBATO stomras nigricans orbiculis spissis argenteis seriatim dispositis in ventre lateribusque: cirro mandibulari carnoso longissimo: pinnis ventralibus minimis. D.g. P.6. V.6. 4.13. C.19. sromIas BARBATUS Cuoier, Règn. Anim. 2. ed, II. pag. 284. A tpiam già visto nell'articolo del Belore acus che i pesci componenti la sottofa- miglia degli Esocini, ivi da noi caratterizzata al seguito delle generalità degli Esocidi, aberravano assai nelle estrinseche forme loro. Un solo sguardo alle fisure della nostra ta- vola, e poche parole applicate a ciascun genere di essa sottofamiglia basteranno a dimo- strare ciò che dicemmo. L’ Esox infatti ( Lucius, Rafin.), d'onde il nome della famiglia e sottofamiglia, ha il corpo oblungo, vestito di risentite squamette anche sul capo, il muso largo e depresso, la bocca grandissima tempestata di acutissimi dentini, come nel tipo, Esox lucius L. tanto conosciuto per la eccessiva voracità che lo rende il terrore delle ac- que dolci di Europa, come lo sono di quelle dell’ America settentrionale le ‘altre poche specie del genere. —2. Galaxias, Cuvier, col corpo oblungo, le squame obsolete, e la boc- ca piccola, genere americano composto di due specie, Esox truttaceus, Cuvier, e alepido- tus, Forster. — 3. Alepocephalus Risso, col corpo oblungo, squame grandi, niuna però sul capo, bocca piccola, debolmente armata, occhio grandissimo, otto raggi branchiostegi; qual vedesi il suo tipo ed unica specie A. rostratus, Risso, del più profondo del Medi- terraneo. — 4. Microstoma, Cuvier, tanto simile alle Atherinae, ma con le viscere degli Esocini, col corpo allungato, muso corto, mascella inferiore sporgente e debolmente ar- mata, tre soli raggi branchiostegi, pinna dorsale poco retroposta alle ventrali, linea Jate- rale munita di una serie di scaglie forti. Porgesi di tutto ciò l'esempio dall’ unica specie M. angustidens, Risso, del Mediterraneo. — 5. Stomias, Cuvier, col corpo allungatissimo, capo piccolo, denti molto lunghi, la pinna dorsale opposta all’anale, come nel soggetto del presente articolo. — 6. Chazliodus, Schneider, col corpo allungatissimo, capo grande ed ottuso, denti enormemente prolungati, la pinna dorsale anteriore collocata in pros- simità del capo, come nel pesce dell’articolo susseguente. — 7. Salana, Cuvier, col cor- po lunghetto, capo depresso, gli opercoli ripiegati al disotto, quattro raggi branchiali, le mascelle puntute, armate di una serie di denti uncinati: suo tipo ed unica specie è un pesce dell'Atlantico non ancora descritto. Il genere Stomias fu stabilito dal Cuvier nella prima edizione del suo Regno animale per l'Esox boa del Risso, strana specie in vero, e ben degna delle tante meraviglie di quel suo discuopritore. La unica menzione che trovisi poi del soggetto che quì trattiamo leggesi nella seconda edizione del detto Regno animale, ove dicesi comporsi il genere di due specie trovate dal Risso, una senza barbetta, l’altra col cirro pendente dal mento; la quale ci convien dire che fosse mandata privatamente da esso Risso al Zioologo francese, A 158 STOMIAS BARBATUS. poichè traccia non se ne vede in veruno degli scritti di lui, checchè ne dicano i compi- latori posteriori al Cuvier. In ambedue le specie si osservano i seguenti caratteri: il cor- po allungato, stretto, compresso, anguilliforme: capo piccolo rotondetto col muso eccessi- vamente breve, la mandibola molto sporgente dalla mascella, la bocca eccessivamente fessa fin quasi alle aperture branchiali, gli opercoli delle quali riduconsia piccole fogliuz- ze membranacee, le ossa mascellari immobilmente fisse alle gote : pochi denti lunghi ed uncinati sugli intermascellari, su i palatini, e sulle mascelle, ed altri simili ma più pic- coli sulla lingua: le pinne ventrali piccole, eccessivamente retroposte : la dorsale oppo- sta e simmetrica all’anale, ambedue molto prossime alla coda. La figura nostra, rappresentando un individuo che avea nel ventre un intiera Clu- pea, trangugiatala al modo che fanno i Serpenti, non può rendere esattamente la sagoma e le proporzioni che andiamo ad esporre. La forma generale è cilindrico-allungata, svel- ta, molto compressa e molto assottigliata all'indietro. La maggiore altezza non è che la undecima parte della lunghezza. Il picciol capo, alto due terzi di quanto è lungo, com- prendesi nove volte nell'intero pesce: l'occhio grandetto e rotondo dista pochissimo dal- la punta del muso, e quasi tre diametri dal margine posteriore dell’ opercolo; fra un oc- chio e l’altro corre quasi un diametro, e lo spazio intermedio è appianato e marginato a carene: le narici son grandi, e circondate anch’ esse da una ossea carena sporgente: la mascella, alquanto protrattile,armasi di dieci uncinetti l'un dall’altro distanti, e disuguali: la sporgentissima mandibola ricurvasi rotondata all'insù, ed armasi di circa sedici unci- ni, isolati anch'essi, e disuguali, ma meno grandi: sotto l'ampia obliquissima bocca pende un crasso cirro lungo il doppio del capo. Le gote sono obliquamente circoscritte da ta- gliente carena: le branchie sono spinose. Le squame oltre modo sottili, grandi quasi. quanto gli occhi, sono più o meno esagone, e dispongonsi lungo il corpo in serie regolari non imbricate. La linea laterale poco distinta corre diritta, e molto più prossima al dorso che al ventre. La pinna dorsale sorge a quattro quinti del pesce, è lunga quanto è alto il corpo, alta la metà della sua lunghezza, e sostenuta da soli nove raggi, cioè dalla metà del numero che il Risso assegna all’ altra sua specie. Le pinne pettorali sono impiantate molto in basso immediatamente dietro l’opercolo, e sono lunghe quanto è alto il capo. Le ventrali, piccolissime quanto un diametro e mezzo dell'occhio, spiccano poco innanzi all’ ultimo terzo del pesce. L’anale è precisamente simmetrica alla dorsale, ma sostenuta da tre raggi di più. La caudale leggermente forcuta ha la stessa misura della dorsale e dell’anale, essendo la dodicesima parte dell’ intiero pesce. Nerognola è tutta la cute; mia siccome le grandi e ordinate squame sono. propria- mente argentee, perciò il pesce apparisce sempre adorno di una lamellatura metallica divisa in cinque o sei strisce, che rifulgono molto sul ventre, e si obliterano quasi sulla coda. Le pinne sono rosaceo-luride. L'iride dell'occhio è argentea. Giunge a misurar quasi un piede. Abita ordinariamente il fondo del mare, nè mai avvien che si peschi, trovandosi balzaîo soltanto sulle spiagge dopo le tempeste, non al- trimenti che accade di tanti piccoli Salmonidi già da noi descritti. La sua carne è molle e spregevole: locchè aggiunto al suo tetro colore ed allo stravagante aspetto, onde il chiamano Zipera di mare, e Pisci Diavulu, appellazione comune in Sicilia all’altro Sto- mias ed al Chauliodus, jo accusa perfin di veleno; sia che tu vogli cibartene, sia ch'esso ti morda: tal ch'è prudenza il fuggir dal cimento. CHAULIODUS SETINOTUS DICHELLA FILAMENTOSA CHAULIODUS argenteus, ventre nigro punctis argenteis : pinnis ventralibus praelongis. ID 6, 0 Deto: a Para 7 6 Ah. Cdk cuavuionus seminotus? Schneid, Icon, Syst. Bloch, tab. 85. cuauLionus sLoanI? Schreid. BI.Syst. p.450. gen. 89. sp.1»- Cuv. Règn. Anim. II, p.185. Id.,2,ed.1I,p.284. Cloq.in Dict. Se. Nat. VIII. p.24. Esox sromias ? Shaw, Gen, Zool. VI. p.120, tab.111. CHAULIODES SCNHEMERI, Risso, Mist. Nat. LIT. p.h42. sp.3554. fig.37. LePTODES sicuLus, Swains. Nat. Hist, Monoc. Anim. I. p.504. fig.65. et 66. et Il. p. 388. VIPERA MARINA? Catesb. Carol, Suppl. sp. 9. tab, ix. cuaauLione, Bory S.t Vine, N. Dict. H. N.VI. p. 154. VIPER-MOUTHED PIKE? Shaw, Gen, Zool, loc, citato. à ! S. fosse vero che il Chawliodus degli autori non avesse sortito dalla natura che una sola pinna dorsale come gli altri Esocidi, dovrebbe il Pesce di cui trattiamo, ed in cui si veggono due patenti pinne dorsali, formare un distinto genere, pel quale proporremmo il nome di Dichella, per la cancellatura de' denti, caratterizzato appunto dalla presenza di quelle due pinne. Persuasi però dalla similitudine delle altre parti, che gli autori o per semplice abbaglio, o per accidentale mancanza della fragile dorsale posteriore nell’ individuo osservato, lo abbiano descritto e figurato senza di quella, seguendo l’unica figu- ra originale del Catesby, noi non possiamo ammettere due generi, ed all’unico in cui cre- diamo non abbiamo cambiato il nome. Piacquesi lo Swainson di chiamarlo Zeptodes per- chè avvedeasi che. il nome Chauliodes (ma non Chauliodus) era già dato ad un genere d’Insetti reuropteri, nè fece alcuna menzione della suddetta posterior pinna, che non fi- gurò neppure, quantunque avesse certamente sott'occhio il nosiro identifico pesce; pin- na però che fu bene avvertita e figurata dal Risso nella seconda edizione della sua Ittio- logia, pinna per la quale non dubitiamo che il Cuvier sentenziasse sembrargli il Pe- sce di quell’autore non solo di un genere diverso, ma di tutto altro ordine eziandio. Checchè ne sia del duplice genere, ciò che più monta si è che realmente veggasi se vi siano di fatti due specie, studiandole però sulla natura, non sopra figure di tanti abbagli feconde. E qualora si provasse contro la nostra espettativa la esistenza di due specie, sia di uno stesso genere, sia pur anco di due, rimarrà il nome di sloani alla più anticamente conosciuta; alla seconda poi, che inconsideratamente dal Risso fu chiamata schneideri, e recentissimamente dallo Swainson ZL. sicu/us, proponiam che si dia l’espressivo nome di setinotus da noi prescelto, perchè gode della priorità sopra ogni altro nella ipotesi da noi preferita di una specie sola, trovandosi già registrato nella tavola dello Schneider. In qualunque caso poi desideriamo che il nome del nostro Zsocino sia Chauliodus seti- notus, 0 Dichella setinota. 158* CHAULIODUS SETINOTUS. I] suo molle corpo mostrasi Serpentino, e sottilissimo per compressione eccessiva : i profili del dorso e del ventre dal punto in cui lasciano il capo corrono dolcemente obli- qui convergendo sempre, di modo che la parte assottigliata del tronco non è neppure il quarto dell’ altezza maggiore, che cade sotto l'origine della prima dorsale: questa maggio- re altezza misura l'ottava parte dell’intiera lunghezza. Il capo appena più lungo che alto, è pressochè rotondato e assai grande, quantunque non misuri che il settimo dell’in- tiero pesce: il suo profilo, dopo un leggero declivio al di qua della punta del brevissimo muso, si rileva a guisa di elmetto, per poi discendere gradatamente e seguire la linea del dorso. L'occhio situato molto in alto occupa la sesta parte del capo, distando un diame- tro dalla punta del muso, e quasi tre dal termine dell’ opercolo: fra un occhio e l’altro corre men di un diametro. La bocca fendesi grandemente e molto obliquamente; le lab- bra sono membranacee: la mascella, che è immobile, armasi di otto sottilissimi denti, ineguali, uncinati, e molto bene spaziati: se ne vedono poi di assai più piccoli e fitti quai minimi denti di sega sugl’intermascellari, oltre una seconda serie più interna: la mandibola sporge notevolmente al di là della mascella, offre un forte angolo inferiormente, e sinuatasi alquanto, termina con un quasi uncino rivolto all’ insù: componesi la sua armatura di quattordici denti quasi retti; i due medii de’ quali son lunghi oltremodo, e relativamente più che in qualunque altro pesce, sicchè quando la bocca è chiusa sorpas- sano di gran lunga la mascella, mentre i laterali più lunghi in essa mascella singolar- mente uncinati all'infuori, eccedono di poco la mandibola; il palato è affatto privo di denti: e non ultima tra le molte singolarità di quesio pesce è il mancar totalmente di lingua. I pezzi opercolari sono ridotti come negli Stomias a semplici fogliuzze, e così poco distinti tra loro che sembrano formare una piastra sola: sono altresì preceduti co- me in quelli da una carena ossea, che circoscrive triangolarmente le gote nel riunirsi con le estremità degli intermascellari. Le sottilissime squame, che rivestono tutto il cor- po, disuguali, esagone, non imbricate, dispongonsi in serie longitudinali; la media delle tre che occupano i fianchi le ha piccole ed equilatere; la superiore e la inferiore le han- no il doppio più alte che larghe; sul termine però del corpo svaniscono le differenze, e tutte le squame divengono pressochè di misura eguale. La poco apparente linea late- rale scorre alquanto convessa sul terzo superiore del pesce fin quasi alla metà di esso, divide quindi rettamente il tronco in due parti eguali fino al suo termine. La prima pinna dorsale nasce dopo il primo quinto del pesce, e non è più lunga della metà del capo, cioè quanto è alto il terzo suo raggio, il doppio dell'ultimo, e men della quarta parte del primo, che prolungasi in sottil filamento; dopo il secondo, ch'è molto minore della metà del primo, gli altri quattro, ramosi al par del secondo, decrescono rapida- mente a guisa di organo: tutti indistintamente i raggi son carnosi alla base, e come pe- dunculati. La seconda dorsale sorge sull’ ultimo quinto del pesce; estendesi quanto la prima, non avendo però in altezza che un terzo più della propria lunghezza; ed ha i suoi dieci raggi pressochè eguali fra loro: anzi nella femmina, al dire del Risso, que- sta pinna è appena visibile, locchè quando fosse vero spiegherebbe la ragione per cui gli autori dissero che il pesce ha una dorsale sola. Le pettorali, impiantate molto in basso immediatamente sotto l’opercolo, sono lunghe quanto il capo, e di forma ovato-lanceo- lata. Le ventrali nascono dopo il secondo quinto equidistanti dall’apice del muso e dalla , seconda dorsale, più vicine perciò il doppio alla prima; son lunghe più di due volte il capo, e quanto il filamento di essa; sono anguste alla base, ma larghe il quadruplo in CHAULIODUS SETINOTUS. cima, perchè i raggi si divaricano, e gli ultimi oltre ciò si prolungano. La pinna anale, carnosetta alla base quanto la prima dorsale, corre simile alla seconda, e termina al par di essa ad una distanza dalla coda uguale alla metà della propria lunghezza: l’unica dis- simiglianza tra l'una e l’altra è, che l’anale mostra maggior differenza nella lunghezza de' suoi raggi, avendo gli ultimi sensibilmente più brevi dei primi. La caudale legger- mente forcuta è un decimo dell’ intiero animale. I colori, che il Risso descrive per un nero violaceo cosperso di macchie aurate ro- tonde e punteggiate di nero sul dorso, e di grandi tratti argentei romboidei nei lati, ci parve che nel pesce intatto dovessero essere onninamente argentini, come nella no- stra figura si veggono, non così sul ventre che insiem col Risso vediam totalmente nero con quattro serie più o men regolari di nitidi punti argentini. L'iride dell’occhio è d’ar- gento matto. I raggi branchiostegi sono macchiati di turchino. Le pinne son trasparenti, e tutte leggermente verdognole. L’ossatura della pinna dorsale è molle, e quasi cartilaginosa in apparenza. Le bran- chie appariscono quattro per lato. Il fegato è piccolissimo: il pancreas all'incontro va- stissimo al pari che nei Muraeridi: lo stomaco lunghissimo ed angusto: gl’intestini estesi fin quasi alla coda. L'addome trasuda abbondante muco dai punti argentei, che perciò mostrano essere glandole vere. La sua maggior lunghezza dicesi di un piede e mezzo, ma noi nol vedemmo mai più lungo della metà; e quello che abbiam descritto e figurato è ancor più piccolo. Mostrasi di rado, come il precedente, vivendo anch'esso nelle profondità del mare. Risso vidde la femmina in decembre gravida di uova rossastre, ed è ben naturale che gli sembrasse più turgida del maschio. La carne di ambedue i sessi è molle e poco sapo- rosa. I lunghi e perfin mobili duplicati denti, che s'inerocicchiano l’un l’altro, ricorda- no quelli de’ più nocivi serpenti, onde il Risso dimanda se siano o no velenosi. Espone diligentemente il medesimo Risso, che questa differisce dalla specie descrit- ta dallo Schneider, per le dimensioni del corpo, per la forma del capo, pel numero de’ denti, pei colori: espone lo Swainson che differisce per la grandezza e proporzione delle squame che son tutte uguali e piccole in quella detta sloani: alle quali diversità dovriasi aggiungere eziandio la forma e collocazione delle pinne, se meritasse intiera fede la fi- gura del Catesby; ma la questione sta se la natura corrisponda alla immagine. Dei due Pescetti, che l'un sotto l’altro. rappresentar facemmo nella tavola, senza deno- minazione alcuna, quello segnato col numero 4. è forse il giovane di un Zsociro che si accosta moltissimo al genere Galaxias: quello poi che porta il numero 5., seppur non è un Salmonide, cui fosse caduta la fragilissima pinna adiposa, si accosta certamente as- saissimo al Microstoma di questa medesima sottofamiglia degli Esocini. Li avemmo am- bedue di Sicilia: e lasciato da banda qualunque amor proprio, li facciam segno alle disputazioni altrui. 158% inni tr Host ra cafogiò ki i ninni ali DEE sabot» nevi 1 serale » La pbfnzzoni STI n to) alia pls dotati AM MACROURUS C/ARLORHYNCHUS () CODILANZO NAVIMUSO mACROURUS stamneus luridus: rostro exserto, obtusulo, margine subundulato: cirro men- tali : squamis ecarinatis, spinulosis: pinnis dorsalibus remotis; prima valde elongata ; se- cunda humillima radiis simplicibus, supra quintum analis radium exorta: radio ventra- lium primo elongato. Da Da 001 Piz E. Tipi 98: LEPIDOLEPRUS CELORHYNCHUS, Risso, Ichih. Nic, p. 200. sp. 2. tab. vii. fig. 22, vilissima, Id. Hist, Nat.III. p.244. sp.1355. Cuv.Règn,Anim.II.p.218. Id.Ibid.2.ed.II. p.557. OXYCEPHAS CELORHINCHUS, Swairs.[NVat.Hist.Monoc, Anim.II. p.261. nec oxyGEPHAS, Raf. qui TRAcHYRAYNCHUS, Troisième Poisson d’espèce nouvelle formant un nouveau genre, Giorra, in Mém,Acad. Turin 1805-1808. xvi, p.18. tab.1, fig. 3. 4. (cELOREYNcHUS apud Rissum ut supra.) ib più antica traccia di un pesce che appartenga alla stranissima odierna famiglia dei Macrouridi sorta dal genere Macrourus, Bloch, del quale parleremo in appresso, è quella che vediamo in una imperfetta figura dell’Aldrovandi alla pag. 342 del trattato dei Pesci sotto il nome di Mysticetus authoris, cui però non corrispondono affatto le erudizioni annesse. Noi ingannati dalle pessime figure fin quì pubblicate di siffatti pesci, e soverchiamente desiderosi di rimontare al più antico nome in mezzo alla confusione dei moderni, imponemmo nella nostra tavola quel nome di mysticetus come specifico. del pesce che rappresenta, senza badare che la figura dell'Aldrovandi esprime il Zepi- doleprus trachyrhynchus del Risso, non già questo suo caelorhynchus, siccome ce ne con- vincono l’acuta prolungazione del muso e la bassezza della prima pinna dorsale; ond’è che ben volontieri sostituiamo quel nome al pesce di cui c’incombe trattare. Scuopri- tore suo vero fù il piemontese Giorna, il quale descrisse e figurò la prima volta, ma di- sgraziatamente dal secco, i due Macrouridi del Mediterraneo, non solo come specie nuove, ma bensì come due generi distinti, ai quali non vediamo che desse alcun nome, quantunque il Risso c'insegni che quegli specifici di Trackyrkynchus e Caelorhynchus da lui applicati alle sue due specie, erano appunto quelli che il piemontese osservatore avea ad essi generi alluogati. La fondazione però del genere Macrourus devesi al Bloch, il quale felicemente lo. stabilì sopra una specie {della Groenlandia per lo men similissima alla presente, e mal collocata per l’innanzi sotto illegittimi vessilli. E quando il Risso creò il nuovo suo ge- re Lepidoleprus nella prima edizione della sua Ittiologia, ciò fece perchè quantunque si avvedesse bene della simiglianza, non però si avvide della identità di esso col Macrowrus ; alla quale identità poi non volle badare nella seconda edizione, in cui elevò il detto ge- nere in famiglia dei Zepidolepridi, sebbene il Cuvier avesse già dichiarato questa iden- (*) Zr tab. MAGROURUS MYSTICETUS, MACROURUS CELORHYNCHUS. tità, che forse non spinse troppo oltre allorquando proclamava essere una sola specie il Macrourus rupestris d'Islanda ed il Lepidoleprus caelorhynchus del Mediterraneo. Vicende consimili a quelle della specie, su cui fondavalo il Bloch, soffriva il genere Macrourus, ponendolo alcuni al seguito de’ Gadidi, altri avvicinandolo ai Triglidi, fin- chè noi sulle tracce del Risso, vedendo che non conveniva ad alcuna delle stabilite fa- miglie, ne statuimmo una definitivamente per lui. Essa è la quattordicesima del nostro sistema, quinta ed ultima dell'Ordine de’ Ganoidei, o Siluri, cioè di quei Pesci Pomaro- srancuii Terrosromr che hanno vitree le squame; e caratterizzasi dall’aspra durezza delle medesime, dalla bocca infera, dalle pinne ventrali poste sotto la gola ed acumi- nate, e dall'avere tutti molli i raggi delle pinne. È diversissima perciò dai Tetragonu- ridi, che han la dorsale anteriore spinosa, dai Zepidosteidi che hanno le squame lapidee, dai Siluridi che hanno il corpo nudo, e dai Loricaridi che lo ricoprono di scudi ossei. Non contiene che una sola sottofamiglia, cioè Ja nostra trentottesima de’ Pesci, caratte- rizzata dal corpo allungato, anteriormente rotondetto, compresso ed attenuato posterior- mente, munito di due pinne dorsali, la seconda delle quali elongatissima congiungen- dosi con la pur lunghissima anale tiene insiem con essa luogo della caudale. In questa sottofamiglia ammettiam noi con lo Swainson due generi, ma sotto nomi diversi. Quello di Macrourus (chiaminlo poi Caelorhynchus coloro cui Macrourus non piace) ristringiamo al genere cui lo Swainson applica l’inopportuno Rafinesquiano Oxy- cephas, perchè lo veggiamo contenere la specie su cui lo fondò il Bloch, caratterizzato dal muso mediocremente sporgente sopra la bocca, dalla prima dorsale elevata, dalla se- conda non tanto prolungata quanto l’anale, dalle ventrali toraciche. Suo tipo è la Cory- phaena rupestris del Muller, del Fabricio e dello Gmelin, cioè quella specie appunto che il suddetto Bloch figura nella tav. 177 della sua grande opera, e vedesi ripetuta nel- Ja 26 del suo Sistema postumo, nonchè dai compilatori; la quale non deve confondersi con un’altra specie di Scandinavia (Zepidoleprus norwegicus, Nilss.) ch'è il vero Ber- glax, Coryphaenoides rupestris del Gunner figurato alla tavola 3. figura 1. degli Atti dell’ Accademia di Drontheim, e che manca del cirro mentale tanto cospicuo nella no- stra e nella islandica, che sono anco nel resto tanto simili tra loro da far dubitare che, a malgrado della lontananza dei paesi onde provengono, non dipendano che dalla ine- sattezza della figura le poche differenze che ci offrono. ' Ma sarebbe forse impossibile che il Bloch credendo figurar la nordica effigiasse piuttosto quella del Mediterraneo? Il secondo genere poi è per noi Lepidoleprus, Risso, che ristringiamo in modo da non comprendere che il LZ. trachyrhynchus, e un altra specie affinissima ma del Giap- pone figurata nell'Atlante del Krusenstern tab. rx. fig. 8. e g. Caratterizzasi dal muso molto prolungato in punta triangolare assai sporgente oltre la bocca, ch'è grande e for- nita di più serie di finissimi denti ricurvi e taglienti; dalle pinne dorsali approssimate e basse ambedue, la seconda essendo più prolungata dell’anale; dalle ventrali giugulari. A questo (che sarebbe il Mysticetus di Aldrovandi, e il Trachyrhynchus di Giorna) ri- feriamo col Cuvier, e non già all’altro collo Swainson, l'Oxycephas scabrus di Rafines- que (Caratt. gen. xxrIt. sp. 79. tab. 1. fig. 2.) che non crediam differire dalla prima ‘specie di questo genere. È da tutto ciò che abbiam detto ognun vede che ammettiamo al più cinque specie di Macrourini. Vivono tutte a grandi profondità, talchè è impossibile l'osservarne i costumi. Pescansi DI soltanto d'estate, e quando il mare è tranquillissimo, che quasi godono di agitarsi d' in- MACROURUS.CALORHYNCHUS. torno battendolo con la superba coda di che donolli natura. Hanno la facoltà di gonfiar- si, e se ne valgono quando son colti all'amo. Rendono un suono simile a quello che producono i Zriglidi allorquando si estraggono dal liquido elemento. Cibansi unicamen- te di animaletti marini: la carne loro è bianca e saporita. I Nizzardi li chiamano Gra- nadie paragonando al berretto dei Granatieri, come crede Risso, il lor muso. I pesca- tori siciliani dicono Pizzone il trachyrhynchus, e sprezzano con ragione ambedue le specie che sono magre di carne, e tutte loricate di dure squame spinose. All'incontro i Groenlandesi mangiano volontieri il Macrourus rupestris, che pescano con linee ab- bastanza lunghe per giungere ai cupi loro abituri. Si riproducono anche in fine dell’ au- tunno, nè ciò è da meravigliare essendo colaggiù la temperatura pressochè uguale in ogni stagione. Le femmine si approssimano agli scogli allorquando sentono il bisogno di sgravarsi, e depongono un gran numero di uova di color carnicino e giallognolo. La sagoma di questo Caelorhynchus è fusiforme, incrassata molto è rotondata anterior- mente, compressa poi più nel ventre che nel dorso a guisa di lama di coltello dal terzo in giù, diminuendosi a gradi in acuta e prolungata punta: i profili del dorso e del ventre dopo aver corso rispettivamente una linea concava e convessa fin dietro la prima dor- sale e fino all’ anale, proseguono convergenti e retti fino all'apice della coda. La mag- giore altezza, che cade dietro il termine degli opercoli, è poco più del settimo dell’in- tiera lunghezza: la maggior grossezza più de'tre quarti della suddetta altezza: alla metà però del pesce non ne è che la sesta parte. Il grande capo, alto tre quinti della sua propria lunghezza, entra quattro volte e mezzo in tutto il pesce, è alquanto depresso, e può dirsi onninamente osseo per le grandi piastre munite di numerose creste che lo difendono: il muso, che al pari di quanto vedesi in ogni altro Macrourino, è prodotto dalla riunione de' sottorbitali fra loro e colle ossa nasali, sporge per un sol quarto della lunghezza del capo dall’ampia semiellittica bocca, la quale ad onta della connessione delle soprastanti ossa suddette conserva abbastanza di mobilità, mercè principalmente della protrattilità della mascella: la mandibola che può abbassarsi nel modo rappresen- tato nella tavola, porta sotto la sinfisi una barbetta carnosa lunga la metà del diametro verticale dell'occhio: e questo singolar muso, angolare, trilobo in punta, mostra supe- riormente una protuberanza munita di spinuzze la quale divide in due un profondo avvallamento longitudinale esistente fra gli occhi, mentre gli sporgenti orli laterali pro- lungati fin quasi al termine degli opercoli sono sinuosi, e spinosi anch’ essi. I fori delle narici collocati quasi un sopra l'altro, e divisi soltanto da una stretia sottil pellicola, so- no ambedue rotondi, e le paja distano fra loro quanto dalla punta del muso: il foro in- feriore è più grande, e le fosse nasali sono vaste, assai complicate, e circondate da uno spazio nudo di squame. Gli occhi ad esse contigui sono grandi, ovali, collocati superior- mente, e quasi velati da una cute trasparente, colle orbite un terzo più lunghe che alte occupanti più della terza parte del capo, distando poco meno di un loro diametro oriz- zontale dall'apice del muso, ed altrettanto dal termine dell’opercolo, e divise luna dal- l'altra per un lor diametro verticale. Le mascelle non hanno che brevissimi e sottilissimi denti ricurvi. La lingua e il palato sono inermi: la laringe è tubercolata: le ossa farin- gee portano fitte punterelle, che veggonsi altresì sulle branchie, ma rade: la membrana branchiostega non ha che cinque raggi piatti: le aperture branchiali sono quasi semilu- nate, e sopra ciascuna vedesi un foro, che potria dirsi spiraglio: l’opercolo è triangola- re, e gli altri pezzi opercolari son poco distinti da esso ch' è scaglioso al par di loro: il MACROURUS CELORHYNCHUS. subopercolo ha il margine sottilmente dentellato. Tutto l’animale armasi d’imbricate squame, romboidee di sei facce, zigrinate di tubercoli nel mezzo, e ruvide di brevi spi- nuzze in quasi tutta la parte scoperta. La linea laterale originasi di sopra gli opercoli, e corre leggermente curva lungo il terzo superiore del tronco fino alla metà del pesce, quindi si fa retta, e taglia in due parti eguali la porzione ensiforme del corpo. L'ano apresi un terzo più vicino al muso che sl termine della coda. Impiantansi come in un solco del dorso e del ventre le pinne verticali. La prima dorsale alta men della parte sot- tostante del tronco, ma più dell'altezza che il detto tronco misura nel mezzo, spicca die- tro il quarto anteriore del pesce, ed estesa alla base per metà della propria altezza ha quasi la figura di una piccola arpa, attesochè i suoi quattro primi raggi alquanto più rigidi e robusti, il secondo de'quali è il più lungo, sono poco disuguali fra loro, mentre dal quinto/in poi decrescono così rapidamente che l'ultimo non è che la sesta parte del secondo. La seconda pinna dorsale spicca molto innanzi la metà del pesce, distante dalla prima quanto è lungo il di lei sesto raggio, e più di quanto corre dall’occhio all'apice del muso: i suoi cinquantotto raggi sono tutti brevissimi; e i primi al par degli ultimi si elevano appena dal tronco, quei del mezzo prolungandosi per gradi fino quasi al dop- pio di essi. Le pettorali impiantansi dietro l’opercolo alla metà dell'altezza del tronco, e si prolungano quanto la metà del capo, cioè quanto la prima dorsale, cui sono per- fettamente simili, salvo il modo in cui giacciono. Le ventrali metà più piccole delle sud- dette spiccano sotto il perpendicolo delle pettorali, ed il primo lor raggio prolungasi in un filamento lungo il doppio della pinna. L'anale sostenuta da settantadue raggi nasce sotto il punto medio tra le due dorsali, in modo che il suo quinto o sesto raggio corri- sponde al primo della seconda, e corre simmetrica ad essa fino al congiungersi che am- bedue fanno in luogo di coda: è però il doppio più alta là ove sviluppansi maggiormente i suoi raggi, cioè verso la metà del pesce. La caudale, come abbiam detto, non esiste se- paratamente dalle due suddescritte pinne, che ne formano una sola acuta come in tutte le specie di Macrourini, non essendo che un effetto di accidentale rottura la pretesa emarginazione tanto decantata dal Rafinesque nel suo Oxicephas. Il colore è un cinereo lurido con deboli riflessi violacei volgente in argentino su i fianchi, e in turchinastro sul ventre. Le pinne sono jaline, più o men marginate di ne- rastro, che sull’anale è più esteso e più intenso; la base delle pettorali è nerastra, e il filamento loro è bianchiccio. L’interno della bocca è turchino nerastro. Gli occhi sono argentei scintillanti di rubino: l’iride è dorata: la pupilla è turchina. Il suo fegato è assai voluminoso. Numerosissimi ciechi ha nel ventre: il notatojo di un argento perlino. Nol vedemmo giammai giungere ad un piede di lunghezza, tenendosi ordinaria- mente alla misura di quello espresso nella tavola. In Roma, ove non ci fu mai concesso di trovare un solo esemplare del Zepidoleprus trachirhynchus tanto più comune di que- sto Macrourus caelorhynchus sì nella Liguria come nella Sicilia, che li chiama ambedue Pisci sorici, non è raro il vederlo in estate quando si pesca negli ordinarii suoi fondi. Insozzasi abitualmente di un sottil fango così aderente e pertinace a quelle tante spi- nuzze, che nè lavanda nè stropicciamento gliel toglie. AS sà ne ti SUDIS HYALINA ASTICCIUOLA VITREA supis versicolor, hyalina : pinna dorsali antica valde et ultra ventrales retroposita: anali vi- gintiquatuor-radiata. TaeD. arto. \p2-#1D 90 ridi UD: oe IZ. 1a A hl: 17. supis HYALINA, Rafin. Caratt. nuov. gen. p. 60. sp. 158. Id. Ind. Itt. Sic. p.54. sp. 252. PARALEPIS HYALINUS, Cuv. et Valence. Hist. Poiss. III. p. 361. SUDIA JALINA, Rafin. loco citato. SUDIS TRANSPARENT; Pafin. loc. cit. PARALEPIS TRANSPARENTs Cuv. et Yalenc. loc. cit. Ci confermiamo ogni giorno nella nostra sentenza che le scoperte del Rafinesque relativamente a quei pesci che vide e descrisse, quantunque troppo succintamente, so- pra freschi esemplari, sono reali, nè affatto degne di essere trascurate, come altri vorreb- bero, e come forse procacciava egli stesso col troppo facile sottoscrivere agli errori dei suoi predecessori, credendo meno agli occhi proprii che a quelli, e specialmente confi- dando più dell’uopo nel Lacépède, che prima di lui nel modo stesso peccava. Nuova ed eclatante prova ne porge questo rarissimo pesce, ch'è l’ 4dduzza impiriali della maggior parte dei Siciliani, ossia il Zozzo reale dei Catanesi. Lo ricevemmo appunto dalla Sici- lia, ampio teatro degli studj del Rafinesque, e lo troviamo conforme a quanto egli ne scrisse, meritevole quindi di essere distinto dallo stesso genere Paralepis, cui quantun- ‘que di posterior fondazione, lo riuniva il Cuvier, che mai nol vide, e tuttavia diceva, che se la Sudis di quel naturalista mancasse di denti alla mascella superiore, o per lo meno al palatini, dovrebbe essere conservata come genere. Noi la conserviamo difatti in tal grado, senza curarci che questo nome Swdis dato dagli antichi ad un pesce mediter- raneo più o meno simile (quale si è questo ) alla Sphyraena, sia stato attribuito dipoi dallo stesso Cuvier ad un genere americano tutto diverso ed intermedio all’Amia, L. ed all'Osteoglossum, Vandelli. Così vuole il sacro dritto della priorità tanto spesso calpestato a danno del Rafinesque da coloro stessi che con tanto zelo il rivendicano per sè o per i loro connazionali. Da questo Swdis adunque riceve ora un legittimo accrescimento la famiglia degli Sphyraenidi stabilita da noi nell’anno 1631 ne’ due generi Sphyraena e Paralepis, la quale riconoscono tutti, dandole però diverso valore e diversissimo collocamento. Rifal- ge nel di lei tipo l'acuta vista di Linneo, che lo registrò come un Zsox, cui certamen- te è più affine che ai Percidi, ai quali il Cuvier accoda gli Sphyraenidi, benchè ne ve- desse le intricate correlazioni, e ne rendesse conto da suo pari. Sempre però l’autorità dell'Artedi viene infelicemente invocata; imperocchè quell’ittiologo insigne dichiarava che la Sphyraena è affinissima agli Scombri, la qual sentenza rafferma invece la no- stra presente opinione. Inceppati ancora dal pregiudizio dell’acanzotterisno, e per una 152 SUDIS HYALINA. qualche deferenza al Cuvier, noi stessi allorquando trattammo del Serranus hepatus in uno dei primi articoli di questa Iconologia, collocammo pure in prossimità dei Percidi gli Sphyraenidi separatine con tanto buon dritto; ed ora nella riforma generale del siste- ma Ittiologico gli collochiamo fra gli Esocidi e gli Scombridi innanti precisamente i Zra- chinidi a costituire la quadragesimaterza famiglia de’ Pesci, quindicesima dei Cycloidei, Caratteri della famiglia sono i seguenti: Corpo allungato: il margine della mascella superiore formato intieramente dagl'intermascellari: denti soltanto nelle mascelle e su- gli ossi palatini; parecchi canini acutissimi: i pezzi opercolari integri: il baccino non sospeso alle ossa della spalla: due pinne dorsali ben distanti una dall’ altra; parecchi raggi dorsali ed anali, ed uno solo alle ventrali, spinosi : più intestini ciechi. A soddisfare la squisita fame che del continuo li tormenta provvedono opportuna- mente gli Sfirenidi con robusta ed acuta dentatura, con agilità ne'ravvolgimenti, con ce- lerità di corso: dappresso alle quali notizie non è difficile il tesser loro opportune insi- die. Si riuniscono in torme numerose perseguitando ciascuno la sua vittima tolta di mira entro le schiere che pongono in fuga. Guai se a tanta voracità congiungessero mole e forza proporzionata: chè come i Lucci (ai quali anche il volgo li riconosce affini chia- mandoli Lucci di mare) spopolano le acque dolci, sariano essi il più potente flagello degli abitatori delle acque salse. Buono è però che miglior di quelli, perchè sgombra di spine, ci diano delicata carne a mangiare, non insalubre affatto, grata anche all'occhio per la sua bianchezza. Li ripartiamo in due sottofamiglie, cioè nella nonagesimanona e nella centesima de’ Pesci; e diciamo Sphyraenini quelli che hanno la pinna dorsale posteriore ben com- plessa al pari dell’anteriore, e di raggi ben manifesti: diciamo Paralepidini quelli che l'hanno piccolissima, e per così dire adiposa. Il solo genere Sphyraena, che giudiziosa- mente il Lacépède divise dai Zucci sulle tracce dell’ Artedi, appartiene alla prima. I ge- neri Paralepis, Cuv, con denti tereti fornitone anco il palato, e Sudis, Rafinesque, con denti piatti, sprovvedutone il palato, che è semplicemente seghettato, costituiscono la seconda. Di quell’ unico Sphiraenino che vanta oggidì una dozzina di specie, tolte le simulate o false, rappresentiamo quella unica europea, cui viene il nome di Sphyraena spet, Lac. in un giovanissimo esemplare, che ben tale si mostra per la statura e pel manto maculato; e ciò facciamo al solo oggetto che possa paragonarsi co’ suoi configurati, ai quali ci affrettiamo di passare, essendo essa già notissima a tutti. Il genere Sudis non gode che della sola presente specie, ed è ben caratterizzato dalle estesissime mascelle diversissimamente dentate, avendo la inferiore armata di denti tali che quantunque pochi sono orribili a vedersi, piatti, uncinati, acutissimi; e la superiore fornita di moltissimi, ma tanto esili e deboli che quasi invisibili giustificherebbero il Ra- finesque che disse il pesce aver denti soltanto nella mascella inferiore, se non se ne rin- venissero ben quattro sufficientemente grandi ed acuti nascosti dietro la sua estremità: il palato n’è privo affatto compensandosi con due carene di acuto taglio e largamente se- ghettato, che distanti tra loro e parallele ai margini della mascella lo percorrono in tutta la sua lunghezza. Nel resto non è dissimile dagli altri due generi che compongono la fa- miglia, avendone il corpo allungato, sebben conico alquanto e quasi cilindrico; .il capo grande con immane apertura di bocca, colla mascella inferiore più lunga, curva interna- mente, angolata al di fuori presso l’estremità, ove oltre i descritti siedono quattro piccoli denti: la membrana branchiale con sette raggi: la prima dorsale spiccante circa il mez- zo tra le ventrali e l’anale, SUDIS HYALINA. Passiamo a descrivere minutamente la specie. Cilindrica quasi dal termine del capo alla pinna dorsale, si attenua nel resto in forma di fuso. La maggiore altezza che cade sopra le pettorali è compresa undici volte nella totale lunghezza, nella quale il capo, quasi conico allungato e poco acuto in punta, entra appena tre volte e mezzo. L'occhio pressochè rotondo situato in prossimità del profilo superiore del capo, in modo che lo spa- zio che l'un dall'altro divide è la sola metà di un diametro, è molto retroposto distando tre diametri e mezzo dalla punta del muso, ed uno e mezzo soltanto dal margine dell’ opercolo. Questo è intieramente membranaceo col margine superiormente rotondato e leggermente crenato, posteriormente troncato, inferiormente quasi retto. Le narici ovato- oblunghe apronsi in linea del margine superiore dell’ occhio a una distanza eguale tra di essa e la punta del muso. La curva mascella ha tutto l’assottigliato suo margine mi- nutissimamente dentato a foggia di una finissima sega: le ossa palatine assai sporgenti hanno gli acuti margini largamente seghettati ad intervalli però gradatamente minori sul dinnanzi, e verso la estremità loro che coincide quasi con quella della mascella si divaricano per formare una, protuberanza, sulla quale sorgono tre o quattro denti per ciascun lato acutissimi e sottili, piegati all'indentro. La mandibola obliquamente troncata e ricurva in punta, ove siedono quattro dentini, i due anteriori esilissimi appena visibili, i posteriori grandetti e robusti, ha dopo largo intervallo i concavi suoi margini armati di doppia serie di compressissimi acutissimi ricurvi denti co' margini taglienti, diafani, minutamente seghettati; i quali disposti in doppia serie, cinque o sei per ciascuna, de- crescono a gradi in altezza dal primo all'ultimo, in modo che questo è due terzi più breve di quello, la cui lunghezza è poco men di tre quarti del diametro dell'occhio. I denti della serie esterna s'impiantano verticalmente ed hanno l’acutissima punta rivolta all'innanzi; quei dell’interna che nascono negl'intervalli degli esteriori si colcano l’un sull'altro rivolgendo le punte verso le fauci; ed a questi si addossano internamente altri molli denti evidentemente sussidiarii, per indurirsi quindi e sostituirsi ai vecchi che ca- dessero, siccome veggiam negli Squalidi. La linea laterale sopra il terzo superiore dell’ altezza del corpo scorre sempre retta e parallela al profilo del dorso : le squame che la segnano sono irregolarmente ovate e strettamente aderenti, ben diverse anche in ciò dalle altre che sono caducissime. La pinna dorsale anteriore sorge circa il terzo posteriore del pesce, ed ha forma di trapezio col secondo raggio quadruplo dell’ ultimo. La posteriore poco più alta del penultimo raggio della precedente nasce ad una distanza della mede- sima tripla della di lei estenzione, ed è breve, e curva all'indietro con la punta ottusa, anteriormente crenata per effetto de’ raggi più o meno rudimentarii. Le pettorali, lunghe quanto la metà del capo col margine posteriore rotondato, spiccano sotto il mezzo del pesce alquanto dietro l’opercolo. Le ventrali strette alla base e lunghe la metà di quelle nascono ben oltre la metà del pesce, ed un buon tratto innanzi alla prima dorsale. L’a- nale è retroposta alla medesima per quanta è la di lei lunghezza, ed estendesi il doppio di essa fino a giungere di sotto alla seconda dorsale; la sua forma nella metà anteriore è precisamente quella della prima dorsale, quindi i suoi raggi abbreviati conservano tutti la stessa altezza. La caudale che misura appena l'ottava parte del corpo è forcuta fino alla metà, divaricando i rotondati suoi lobi per quanto è la loro lunghezza. Il colore è un carnicino argenteo molto trasparente specialmente nell’addome, ove lascia travedere le viscere : le pinne sono carnicino-luride. Il più grande dei nostri esemplari misurava un piede e poche linee. 1928 PARALEPIS COREGONOIDES ALTIVAGA DEL RISSO PARALEPIS corpore extenso: maxilla breviore quam mandibula: pinna dorsali ventralibus opposita: anali radiis viginti-duobus. 1.° D. 10. 2.4 D. 6. rud. P. 13. V.1/8. A.3/20. C.17. COREGONUS MARENULA, Risso, Ichth. Nic, p.328. sp. 1, nec Auct. COREGONUS PARALEPIS, Risso, Ms. Cuv. Règn. Anim. a, p.290. PARALEPIS COREGONOIDES, Riss», H.IV.III.p.472.sp.3579. Cuv.et ValePoiss, III. p.357.tab,67.necVII.p.510. PARALEPIS spHyRENOIDES, Cuv. et Valence. Hist. Poiss, VII. p.510. PARALEPIS de la Mediterranée, Cuv. Règn. Anim. 2. ed. II p, 156, ) L altro genere Paralepidino, quello da cui abbiam forse ingiustamente tratto il nome della sottofamiglia, fu stabilito dal Cuvier sopra due specie scoperte nei mari di Nizza dal Risso. Il quale ad onta del volgo di quelle parti che le chiama Zussion aveale poste fra i Salmonidi, una cioè nel genere Coregonus, l’altra nell’ Osmerus, perchè pa- reagli di vedere onninamente adiposa la seconda lor pinna dorsale, che tale sembra dif- fatti per la sua grande tenuità e pochezza di raggi; ma non tardò ad accettare la giusta sentenza del Cuvier, adottando il genere Paralepis già da lui presentito dapprima. Suoi caratteri sono: Corpo allungato e compresso, rivestito di sottili scaglie poco aderenti alla cute: muso piuttosto prolungato: denti tereti, acuti, ineguali, ed eziandio sul pa- lato grandetti : ambedue le pinne dorsali assai retroposte: la caudale forcuta. L'anatomia ci scuopre un lunghissimo stomaco nerastro che termina in punta oltre l’ano: il piloro molto all’innanzi, poco dietro al diaframma: vedesi anteriormente al suo ramo ascen- dente un I cieco, la cui estremità imperforata nascondesi tra i lobi dello scarso fegato, il destro dei quali occulta la piccolissima cistifella simulante un altro cieco: il dutto coledoco imbocca sotto l’unico vero cieco: l’intestino senza ravvolgimento alcuno corre dritto fino all’ano: non v'ha notatojo: la sostanza spermatica, volgarmente detta latte,spicca candidissima in figura di sottile allungata lista sul negro fondo del peritoneo. Una sola delle due predette specie abbiam potuto rinvenire, quella cioè che porta la prima pinna dorsale opposta alle ventrali, e corrisponde in ciò alla P. coregonoides del Risso; onde noi così la chiamiamo senza dar peso al numero, se non variabile almeno difficilissimo a definirsi, dei raggi anali: mentre l’altra ossia la sphyraenoides dovrebbe aver la prima dorsale retroposta alle ventrali, come abbiam veduto accadere nella Sudis, della quale anzi inchiniamo a credere che possa essere il giovane. Che se tale non fosse, dolentissimi di non possederla per effigiarla nella nostra tavola, dovremmo ammetterla nel sistema caratterizzandola così: PARALEPIS corpore subextenso : maxillis aequalibus : pinna dorsali ventralibus posipo- sita: anali radiis triginta. 1 D. 10. 2. D. 3? rud. P.9. V. 1/8. 4.30. C. 18. | PARALEPIS COREGONOIDES. Desumiamo altresì dal Risso che questo pesce trattiensi tutto l'anno sulle spiagge are- nose della Liguria, e che somministra un cibo assai buono, La specie che ci conviene trattare pescasi, benchè raramente, e solo in principio di primavera, lungo tutte le coste occidentali d'Italia ove siano fondi argillosi, non che in quelle della Sicilia, amando meglio nel resto dell’anno di rimanersi nell'alto mare a dar caccia alle torme di pesci più miti, onde cibasi disputandoli agli uccelli ittiofagi, dei quali riman vittima ella stessa. È di carne molto inferiore alle Sphyraene, e alle Su- die, siccome ben lo annunzia il tetro colore che le intonaca la cavità del ventre. Il suo corpo cultriforme, posteriormente assottigliato, è talmente allungato che mi- sura quattordici volte la sua altezza maggiore, che cade al terminar dell’opercolo; e tal- mente è compresso nei lati che la grossezza è appena un terzo di tale altezza. Il capo ancor più compresso costituisce un quarto dell’ intiero pesce; ha il profilo dolcemente obliquo fino all'apice della protratta mascella con un’avvallamento nel mezzo: la man- dibola più angusta e similmente acuta è alquanto ricurva e più sporgente: la bocca fen- desi poco oltre la metà dello spazio che corre fra l'apice del muso e l'occhio: il mascel- lare, dal quale non formasi alcuna parte dei margini della mascella che son costituiti dagl'intermascellari, come accade in tutti i pesci della famiglia, curvasi alquanto in basso posteriormente : sovra i margini predetti v ha denti numerosi e fitti, ma così piccoli che appena son visibili con la lente qual simulacro di leggerissima sega; sulle ossa palatino poi ve n’ha di ben manifesti, grandetti, aculeati, volti all'indentro: nella mandibola sono pur denti anco più grandicelli, ugualmente tereti ed aculeati, verticali, radi, tra i quali nascono altri più piccoli quasi ricolchi, che volgono le punte verso la gola: il vomere è liscio; la lingua semplicemente aspra. L'occhio grande un quinto del capo occupa la metà superiore del medesimo, dista per tre suoi diametri dalla punta del muso, ed ap- pena mezzo diametro dal suo compagno. Il primo sottorbitale scorre dall’ occhio fin presso all'apice del muso seguendo col margine inferiore la curva del mascellare. I fori anteriori delle narici apronsi rotondi e poco sporgenti presso il margine del sottorbitale suddetto, e sul terzo posteriore di sua lunghezza ; i posteriori son quasi impercettibili e vicinissimi agli occhi. Il preopercolo col suo largo lembo quasi membranaceo, integro, obliquamente troncato, occulta l’interopercolo quasi tutto: ma l’opercolo rotondato nel margine posteriore, leggermente scavato sull’ alto, e il subopercolo, pressochè membrana- cei ambedue, si appalesano bene, ed occupano circa un quinto del capo. Le membrane branchiosteghe sostenute ciascuna da sette raggi e profondamente fesse, s’ incrociano al- quanto fra loro. La linea laterale segnata da scaglie più grandi, ben distinte e bene ade- renti, ove le altre sono caducissime, corre retta e parallela al rotondato dorso sul terzo superiore del corpo. L’ano apresi dopo il terzo posteriore del pesce esclusa la caudale. La prima pinna dorsale nasce dopo i i due terzi, poco cioè innanzi l’ano, ha forma quasi triangolare; i suoi dieci raggi spinosi decrescono rapidamente. La grondo dorsale esilis- sima e con semplici rudimenti di raggi appena visibili ergesi all’ estremità del corpo. Le pettorali nascenti dietro l'opercolo, piccole, puntute, formano appena l’'undecima parte del pesce. Le ventrali, anco più piccole di quelle per metà, nascono così retroposte che sottostanno alla prima dorsale, L'anale esce al quinto posteriore dell’intiero pesce un buon tratto dietro la prima dorsale, e spinge i numerosi gradatamente decrescenti suoi raggi fin’oltre la seconda. La caudale forcuta fino alla metà è un dodicesimo del pesce, ha i lobi ovato-oblunghi, che si divaricano meno dalla propria lunghezza. PARALEPIS COREGONOIDES. Il colore è argenteo leggermente ceruleo sul dorso, nerastro sul ventre per la traspa- renza del nerissimo peritoneo : lungo la linea laterale veggonsi alcuni puntini neri. L'iri- de è argentea; la pupilla nero-azzurra. Sotto spirito il pesce spogliandosi delle sottilis- sime e lucide scaglie piglia un carnicino giallognolo. L’esemplare qui descritto era lungo cinque pollici, oltre la qual misura non molto cresce la specie. Chi la paragonerà con quella che il Cuvier nel terzo volume della sua grande opera dei Pesci descrisse e figurò per la coregonoides del Risso, vedrà che si corrispondono pienamente, e non accadere altrettanto se la si confronti con quella che il sommo naturalista nel settimo volume della medesima opera mutando sentenza di- chiarava essere la Coregonoides vera, non senza desiderare che a quell’altra si sostituisse il nome di sphyraenoides. Noi che abbiam già detto in principio le ragioni per non chia- mare con tal nome l’oggetto del presente articolo, nel caso che vedessimo un pesce qual descrivelo il Cuvier, segnatamente riguardo ai denti, siccome non potremmo ammetterlo mai per coregonoides perciò proporremmo dirlo Paralepis Cuvieri, sia che si riconosca distinto dai due Paralepis del Risso, sia (lo che è meno probabile) che lo si ritrovasse essere una delle due di lui specie. In anticipazione poi di meno equivoca nomenclatura, col nome dello stesso Risso abbiamo italianamente chiamato questa che il Cuvier penti- vasi di aver detta coregonoides, e che gioverebbe chiamare P. Risso anche nel linguag- gio scientifico, se pentito si fosse a buon dritto il più volte lodato Zoologo di Montbeliard. DD AASUPOILMPEAMAI A. ALUPOGIIMAPELLI è GIEAE 4A GEO CIA 7 STROMATEUS FIATOLA LAMPUGA DORATA srromateus ovalis, pinnis verticalibus modice elevatis; corpore plumbeo-argenteo, maculis longitudinalibus auratis vario. Di 5287 VOTA 0 STROMATEUS FIATOLA, Linn. Syst. Nat. I. p.k32. sp. 1. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1142. sp. 1. Lacép. Hist. Nat, Poiss. II. p.516. Schneid. Bloch. Syst. p. 492. sp. 5. Bonnat. in Tabl. Ene. Ichth.p. 42. sp.1. Cuv. Tabl. Hist.Nat.p.553. sp.1. . Id. Règn. Anim. II. p. 542. Ia.2. ed. IT. p. 215. Rafin. Ind. Itt. Sic. p. 59. sp. 289. Risso, Ichth. Nic. p.100. sp. 1. Naccari, Itt. Adriat.p. 6. sp. 4. Nardo, Prodr. Air. Ichth.sp.41. Cuv. et Valence. Hist. Nat. Poiss. IX. p. 375. cHRYSOsTROMA FiaToLOIDES, Lacép. Hist. Nat. Poiss. IV. p. 697. stromatEUs, Rondel. Pise. I. lib.v.cap.xxiv. p.157. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p. 925. cum fig. Aldrov. Pise. lib. ii. cup. xxii. p.192. cum fig. Willughb. lehthyogr. lib. iv. cap. vili. p. 156. Ray, Sy. Pisc. p. 50. Jonst. Hist. Pisc. II. lib. i. tit. ili. cap. 1. art.12. p. 48. tab.19. fig. 7. riatoLa, Rondel. Pisc. I. lib. vii. cap. xzi. p. 257. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p. 925. cum fig. Aldrov. Pisc. lib. ii. cap. xxiv. p. 192, cum fig. in p.195. et in p. 194. Jonst. Hist. Pisc. II. lib.i. tit. iii. cap. i. art. xili, p. 49. tab. 19. fig.'8. caLLicutrs, Bellon. Aquat. et Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p. 149. fig. in pag. 150. Aldroy, Pisc. lib. ii. cap. xxiv. p. 195. cum fig. stromaTEUS, Artedi, Synon. p.33. sp. 1. Id. Gen. Pisc.p.19. sp. 1. FIATOLE, Daubent. in Ene. Meth. Hist. Nat.III. p. 167. €, < ID proprio del Mediterraneo, e quantunque poco frequente s'incontra lungo tutti suoi lidi. Per la qualità della carne ha un pregio mediocre. Quasi tutte mal certe sono le concordanze che altri ha preteso stabilire fra gli anti- chi nomi dei Pesci, e le odierne loro appellazioni triviali e scientifiche. In forza d’indu- zioni leggere, anzi poco probabili, il Rondelet credè poter applicare a questo special- mente il nome Stromateus, che davano i Greci d' Egitto ad un pesce variopinto nativo dell’Eritreo e somigliante alla Salpa, Non erano gran fatto più solide le ragioni che avevano indotto il Belon a riguardarlo come identico col Callicihys dei Greci dell’Arci- pelago. Stando a quello che hanno scritto gli autori, a Roma dovrebbe chiamarsi vol- garmente Fiatola: a noi non è noto, forse però è vero, che in altri luoghi così venga denominato, e il Rafinesque dice positivamente che il suo nome in Sicilia è Fetula im- periale o Fiatulu; ma a Roma e lungo i lidi occidentali della penisola l'abbiamo sentito chiamare costantemente Zampuga, vocabolo ch'è stato usurpato in molti sensi diversi e dal volgo e dai dotti. Nel Veneziano e nel Piceno sembra che dicasi Figa e Pesce Figa. Quello poi che non ammette dubbio si è che Linneo ha imposto a questo pesce il nome sistematico Stromateus Fiatola, nè la poca validità delle origini assegnate a tali voci sarebbe ragione sufficiente perchè ora si soslituissero alle medesime nomi migliori. Manca di pinne ventrali, e nel luogo in cui queste dovrebbero mostrarsi si scorgono soltanto due minute callosità. Quegli scrittori che hanno voluto seguire scrupolosa- mente un sistema artifiziale fondato principalmente sulle condizioni delle pinne, per 48 STROMATEUS FIATOLA. tal considerazione l'hanno rilegato fra i così detti Apodi, e l’hanno collocato perciò vi- cino alle stesse Anguille. Il complesso de’ suoi caratteri dimostra abbastanza che non può venir separato dalla famiglia degli Scombridi, e più particolarmente da quella divi- sione che noi abbiamo detta Coryphaenini. I caratteri della sottofamiglia or citata consistono nell’ esser il vertice del capo fatto a spigolo acuto, la bocca poco protrattile, il corpo compresso, una sola pinna dorsale che dal termine del capo o dalla metà anteriore del corpo si stende quasi fino alla ra- dice della caudale, e i cui raggi spinosi sogliono essere molli al pari degli articolati; l’anale molto estesa e poco dissimile dalla dorsale. Non è possibile confondere con le altre divisioni degli Scombridi i Pesci compresi in questa sottofamiglia. Dagii Scombrini, dai Carancini, e dai Vomerini differiscono di primo tratto per aver una sola pinna dorsale, laddove essi ne hanno due, e per altri ti- toli che ora è inutile far rilevare. Se ne scostano i Trichiurini pel corpo eccessiva- mente lungo, e perchè in vece d’una gran parte de’ raggi dell’anale portano altrettante minute spine libere. Non hanno il muso ensiforme come gli Xiphiadini, nè gli aculei liberi che tengon luogo di prima dorsale nei Centronotini. Ne restano separati final- mente gli Zeini, perchè han la bocca molto protrattile. È facile riconoscere due categorie nella sottofamiglia dei Coryphaenini. I generi Coryphaena, Caranxomorus, Centrolophus, Astrodermus e Pteraclis hanno il corpo cilin- drico-compresso e lungo, con la pinna dorsale estesa per tutto il dorso; mentre all’ op- posto i generi Stromateus, Peprilus, Luvarus, Kurtus hanno il corpo compresso come i Zeini, e la pinna dorsale che sorge assai più indietro delle pettorali. Tali differenze giu- stificherebbero forse chi proponesse di smembrare dalla massa dei Coryphaenini il grup- po che abbiamo indicato in secondo luogo, per costituirne una sottofamiglia propria da dirsi Stromateini. Se ciò si operasse è manifesto che converrebbe lasciare esclusiva- mente il nome Coryphaenini al gruppo cui serve di tipo il normal genere Coryphaena. Le condizioni proprie del genere Stromateus sono: Il capo breve, ottuso. Il taglio della bocca picciolo, obliquo, leggermente curvo. Denti picciolissimi, acuti, taglienti, sottili, retti, disposti in una serie sola sull’una e sull’altra mascella. Palato e lingua senza denti. Le labbra crasse. L’esofago armato di spine, che aderiscono alla membrana villosa per mezzo di radici disposte a raggi. La linea laterale propriamente detta curva, e sotto di questa una stria rettilinea che corre lungo la parte media dei fianchi. Corpo ovale. Ano collocato molto più indietro delle pettorali, vicino all'origine della pinna anale. Le pinne verticali molto lunghe, coperte di squame alla base: la dorsale con po- chi raggi spinosi che si nascondono nel margine anteriore, estesa pei due terzi posteriori del tronco; l’anale estesa per Ja metà posteriore del medesimo. In alcune specie que- ste pinne sono mediocremente elevate, in altre molto. Le ventrali incospicue, ovvero picciolissime. Coda biforcata coi lobi separati per mezzo d'una tacca profonda. Come generi affini a Stromateus e spettanti allo stesso gruppo abbiamo accennato Peprilus, Luvarus, Kurtus. Il Peprilus, Cuv. (Rhombus, Valenciennes) in luogo di ven- tri ha innanzi all’ano una lamina tagliente acuta, ed il corpo romboidale. Il Luparus, Rafin. si fa notare per la pinna dorsale e l'anale più brevi della metà del tronco: ha un rudimento di pinne ventrali che fa uffizio d’'operculo dell'ano, il quale è collocato al di sotto delle pinne pettorali, ed una carena di qua e di là dalla radice della caudale. Finalmente il Kurtus del Bloch, poco normale benchè affine al Peprilus, differisce dallo STROMATEUS FIATOLA. Stromateus perchè ha le pinne verticali nude, la dorsale breve, e avanti ad essa al- cune lamine taglienti ed un’aculeo diretto all’ innanzi. : Tre sottogeneri ammettiamo nel genere Stromateus. Le specie che non hanno pinne ventrali nè lamine taglienti innanzi ai raggi della pinna dorsale e dell’anale sono da noi riguardate come spettanti al gruppo Stromateus genuino. Diamo il nome di Pampus al secondo sottogenere in cui accogliamo quelle specie che non hanno pinne ventrali, e portano innanzi ai raggi della dorsale e dell’anale parecchie spine terminate supe- riormente da una lamina tagliente. Adottiamo finalmente il nome Seserinus pel terzo sottogenere, in cui esistono due ventrali picciolissime ma bene sviluppate, e non so- novi lamine taglienti innanzi alle pinne verticali. Abbiamo già detto che nello Stromateus Fiatola si verifica il difetto delle pinne ven- trali; non vi sono neppure lamine taglienti innanzi alla dorsale e all’anale: quindi è manifesto che il suo posto è fra gli Stromatei genuini, dalla maggior parte dei quali lo distingue la mediocre altezza delle pinne verticali. Il suo corpo è compresso di forma ovale: la maggior altezza, non contando la pinna dorsale e l'anale, cade poco innanzi alla metà del tronco, ed è compresa poco più di tre volte nella lunghezza totale misurata dall’apice del muso a quello del lobo supe- riore della pinna caudale, che occupa poco più della quarta parte della detta lunghezza di tutt'il Pesce. La larghezza corrisponde a poco men d'un terzo dell’altezza. La carena superiore del capo e del tronco è acutissima: il suo contorno segna una linea arcuata dal muso fino alla metà della schiena, poi scende verso la coda seguendo una curva alquanto men risentita. La carena del ventre è acuta del pari, e il suo contorno s'in- curva in modo analogo a quello della schiena; solo ha un leggero risalto angolare verso la metà, precisamente innanzi all’ origine della pinna anale. Il capo è più com- presso superiormente che inferiormente, appena più alto. che lungo, ed è compreso cinque volte ed un terzo nella lunghezza di tutt il Pesce. Posteriormente la sua lar- ghezza non differisce da quella del tronco. Il muso è ottuso e quasi troncato vertical- mente. L'occhio è collocato alla metà dell’ altezza del capo, una volta e due terzi più lontano dall’estremità posteriore dell’ opercolo che dall’apice del muso. 11 suo diametro corrisponde ad una quinta parte della lunghezza del capo. Il taglio della bocca è breve poichè non giunge fin sotto al lembo anteriore dell’occhio, e scendendo all’ingiù s' in- curva leggermente. La mascella inferiore sporge un poco più della superiore. Le lab- bra sono grosse. I denti formano una serie sola lungo l'una e l’altra mascella, e sono brevi, sottili, visibili a stento ad occhio nudo. Le narici dall’ uno e dall’altro lato sono collocate innanzi agli occhi ed al loro stesso livello, più lontano da essi che dall’ apice del muso. Il forame anteriore è rotondato, il posteriore ovale. L’opercolo ha il mar- gine intiero con un’angolo sporgente poco acuto che guarda il termine superiore della base delle pinne pettorali, e al di sopra di questo un'altro angolo anche più ottu- so. La membrana branchiostega porta sei raggi, l’ultimo dei quali si scorge a stento. L'ano è picciolo, e s'apre sulla carena ventrale una volta e mezzo più lontano dalla radice della caudale che dalla punta del muso. Una lamina breve triangolare ottusa sorge al di sopra dell’ascella. Le pinne pettorali sono semi-ovate: la loro lunghezza ec- cede appena la settima parte della total lunghezza del pesce: de' loro ventotto raggi il sesto e il settimo sono i più lunghi. Al di sotto delle loro basi di qua e di là dalla ca- rena ventrale si mostrano due callosità depresse bislunghe contigue, che come abbiam già accennato occupano il posto delle pinne ventrali. La pinna dorsale ha origine al 48% STROMATEUS FIATOLA. di sopra della metà delle pettorali volte all'indietro, ed una volta e mezzo più lon- tano dalla radice della caudale che dall’apice del muso; è molto crassa specialmente verso la base, e tutt'i suoi raggi sono inclinati all’indietro: il suo margine anteriormente si solleva a gradi seguendo una linea che conserva la direzione della parte anteriore della carena dorsale; alquanto più indietro della metà del tronco s’inflette tutt'ad un tratto, e declina gradatamente fino al termine, che è distante dall’origine della caudale d'uno spazio uguale alla trigesima parte della lunghezza totale del pesce. I raggi spinosi, difficili a scernersi, sembrano cinque soltanto, e quarantasei gli articolati, i più lunghi dei quali sono l’ottavo ed il nono. Nel punto in cui è più elevata questa pinna ha un’al- tezza che non giunge al terzo dell'altezza maggiore del tronco: l’ultimo raggio è un terzo minore dello spazio che corre fra la sua base e l'origine della caudale. La pinna anale è crassa al pari della dorsale, ed ha essa pure tutt'i raggi inclinati all'indietro: la sua origine cade un brevissimo tratto più innanzi del punto di mezzo fra l’apice del muso e l'origine della caudale, e ad una distanza dall’ano che corrisponde ad un quin- dicesimo della lunghezza totale del Pesce: nel tratto anteriore il suo margine è rettili- neo e diverge alquanto dalla direzione della parte contigua della carena del ventre: ad un terzo dello spazio che corre fra la sua origine e quella della caudale s’inflette all'insù formando un'angolo alquanto ottuso, e procedendo all'indietro s'avvicina a gradi verso la propria base: il suo termine corrisponde al di sotto del termine della dorsale: ha tre raggi semplici e trentatrè articolati, e la sua maggior altezza uguaglia tre quarti dell’al- tezza maggiore della dorsale; l’ultimo raggio è lungo un terzo meno dello spazio frap- posto al termine della pinna e all'origine della caudale. Questo tratto sfornito di pinne è un terzo men lungo che alto, e non ha vestigio alcuno di carena dai lati. La pinna caudale è crassa, valida, forcuta per circa due terzi della sua lunghezza coi lobi acuti, il superiore un quinto più lungo dell'inferiore: internamente fra la base dell’uno e del- l'altro lobo havvi un'incisione bislunga. Oltre i dieciassette raggi completi che costitui- scono questa pinna, se ne contano sette o otto per parte gradatamente più brevi proce- dendo dall'interno all'esterno. La linea laterale propriamente detta è cospicua, legger- mente arcuata, e scorre due volte più lontana dalla carena del dorso che dal solco se- gnato in linea retta lungo la parte media de’ fianchi. La pelle è liscia e splendente. Le scaglie sono picciole, tenui, poco tenacemente aderenti alla pelle, irregolarmente poligo- no-rotondate, segnate da sottilissimi solchi concentrici: quelle della linea laterale sono un poco maggiori delle altre, ed hanno superiormente un poro tubuliforme longitudinale. La schiena è d'una tinta d'acciajo volgente al turchino, che verso i fianchi si cangia insensibilmente in un color plumbeo, e sulla pancia passa all’argenteo. Il disopra del capo è del colore della schiena; le guance e la coda sono argentee. Lungo la base della dorsale sonovi due o tre serie irregolari di pieciole macchie dorate, e più sotto ve ne sono altre maggiori ed ovali, il cui color d’oro sotto varie incidenze della luce si can- gia in tinta d'ardesia. Altre macchie segnate lungo i fianchi sono allungate e confluendo in parte vengono quasi a costituire strisce longitudinali: queste pure sono dorate ed hanno i margini di colore d'ardesia. Le parti inferiori portano macchie dorate ancor più vivaci, fra le quali quelle prossime ai fianchi sono allungate, le più vicine alla carena del ventre ovali e rotonde. La pinna dorsale, l’anale e le pettorali sono cineree con qual- che mistura di tinta ocracea. La caudale è d’un ocraceo pallido volgente al cinereo e all’argenteo verso la punta, e circondata da un lembo nerastro. L'iride è dorata. La lunghezza degli esemplari maggiori giunge appena a dodici pollici. STROMATEUS MICROCHIRUS LAMPUGA FASCIATA SESERINUS coeruleo-argenteus, fasciis verticalibus plumbeo-nigricantibus, Di 50. P. 25: 7; 1/5. A..35. C. 30. CENTROLOPHUs MIcRocHIRUS, Bonelli, in Mem. Acad. Sc. Torin. FIATOLA FASCIATA, Risso, Hist. Nat. III. p.289. sp. 187. SESERINUS RONDELETI, Cuv. Regn. Anim.2. ed.II p.214. sESERINUS MIicrocHnIRus, Cuv. et Valence. Hist: Nat. Poiss. IX. p. 416. sesERINUS? Rondelet, Pisc. I. lib. viii. cap. xx. p.257. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p. 867. cum fig. SESERIN AUX PETITES VENTRALES, Cuv. et alenc. loco citato. FIATOLE FASCIÉE, isso, loco citato. p el Cuvier questo è il tipo o piuttosto l’unico esempio del suo genere Seserinus. Paragonando la figura del pesce presente con quella dello Stromateus fiatola sarà facile il ravvisare la grande somiglianza che passa fra questi esseri, e l’assoluta necessità di riunirli in un genere solo. Abbiamo detto nell'articolo precedente che a noi giova ri- guardare il Seserinus come un semplice sottogenere subordinato a Stromateus, e distinto dagli Stromatei più propriamente detti per quel solo carattere della presenza di due picciole ventrali. | | Lasciando da parte: questa condizione che offre un’ eccellente segno differenziale, si scosta dallo Stromateus fiatola per la pinna dorsale meno elevata al di sopra della parte media del tronco, per l'anale più alta della dorsale, per l’ano collocato in prossimità del- l'origine della pinna anale, e per le fasce verticali di color oscuro che porta sul dorso. Il Cuvier non si mostra persuaso del tutto che appartenga alla specie presente la Fiatola fusciata del Signor Risso: a noi però sembra che bastino ad allontanare qualun- que incertezza la menzione che fa questo autore delle pinne ventrali, e lo stesso nome fasciata ch' egli propone. Qualche dubbio potrebbe nutrirsi invece sull’ identità di quest'essere col Seserinus del Rondelet, che francamente ammise il Cuvier, e che gli fece adottare quel nome Seserinus come generico ;. perchè sebbene il testo del Rondelet possa fare supporre l’esistenza delle pinne ventrali, la figura ch'egli dà non mostra ve- runa traccia di siffatti organi. Impossibile poi è il pronunziare se questo stesso pesce sia il Seserinus d’Aristotile, perchè in quel passo del filosofo Greco conservatosi dall’ Ateneo in cui se ne fa parola viene enunciata una sola particolarità poco concludente, cioè che il Seserinus porta due sole strisce sul corpo, a differenza della Salpa che ne ha parec- chie. Il nostro Bonelli che pel primo fra i sistematici diede conto di questa specie, giu- dicando forse sopra esemplari alterati dal diseccamento, credette doverla inserire nel genere Centrolophus. Il presente pesce non acquista mai la mole dello Stromateus fiatolu. Abita lungo i STROMATEUS MICROCHIRUS. lidi di tutta l’ Italia e della Francia meridionale, ma è piuttosto raro: pure in uno dei primi giorni del mese di marzo ce ne furono recati insieme cinquantadue individui dal mercato di Roma. Si diletta di luoghi arenosi, e secondo il Signor Risso s'avvicina alle rive in Marzo, in Maggio e in Settembre. La femmina depone le uova nel principio di primavera. La sua carne è di mediocre sapore. Le forme generali di questo pesce sono le medesime che nello Stromateus fiatola. 11 tronco è due volte e un terzo più lungo che alto, non tenendo conto della pinna dorsale e dell’anale: è poi molto compresso, talchè la sua larghezza corrisponde ad una quarta parte dell’ altezza o poco più. Il capo è alquanto più lungo che alto, e resta compreso cinque volte nella lunghezza totale del pesce, della qual lunghezza la coda occupa due settimi. Il muso, gli occhi, il taglio della bocca, le labbra, i denti, le narici, l’opercolo e la membrana branchiostega non differiscono dalle parti corrispondenti dello Stromateus fiatola. L'ano s'apre una volia e un terzo più lontano dalla radice della caudale, che dalla punta del muso. Le pinne pettorali sono semi-lanceolate, lunghe quanto la sesta parte di tutto il pesce. Poco innanzi al punto della loro inserzione sorgono sulla carena dell'addome le pinne ventrali, le quali sono tanto picciole che la loro lunghezza è mi- nore della sessantesima parte di tuito il corpo, ed a stento si ravvisa il loro raggio spi- noso. La pinna dorsale somiglia a quella dello Siromateus fiatola: ha origine immedia- tamente dietro al terzo anteriore del corpo, non contando la caudale : la sua maggior altezza è un poco minore della quarta parte dell'altezza del tronco, ed il suo termine posteriore dista dall’ origine della caudale d'uno spazio corrispondente alla 22.° parte della lunghezza totale del pesce: l'ultimo raggio s'estende poco più della metà dello spazio ora accennato. La pinna anale ha origine un terzo più lontano dall’ origine della caudale che dall’apice del muso, e tanto vicino all’ano, che l'intervallo frapposto ha la misura della trigesima parte della lunghezza totale del pesce. L'altezza maggiore di questa pinna supera sensibilmente quella della dorsale, e cade un settimo più lontano dalla punta del muso, che dall’apice della caudale. Il suo termine posteriore corrispon- de al di sotto di quello della dorsale, e il suo ultimo raggio è lungo quanto quello della medesima. La porzione posteriore del tronco sprovvista di pinne è ugualmente lunga che alta, nè ha vestigio alcuno di carena laterale. Come nello Stromateus fiatola è conformata e disposta la pinna caudale. Simili sono pure la linea laterale, e le scaglie. Il color generale è plumbeo-argentino. Otto o nove fasce plumbeo-scure scendono verticalmente dal dorso sui fianchi, e sono tre volte più strette degl’intervalli che le se- parano. Sono sparsi su tutto il corpo in grandissimo numero minuti punti nerastri, i quali divenendo più fitti sulla dorsale e sull'anale danno a queste pinne una tinta più scura del resto. La punta delle pinne pettorali, e la caudale sono di color cinereo ten- dente all’ ocraceo. Gli esemplari mediocri hanno circa tre pollici di lunghezza; i maggiori giungono a mezzo piede. EE n 4,9 CORYPH/ANA HIPPURUS CORIFENA CAVALLINA CORYPHENA griseo-argentea maculis parvis fuscis seriatim sparsa: capite obtuse elliptico, operculo truncato : corpore stricte fs iformi: pinna dorsali radiis sexaginta : anali si- muata. I D. 60. EROI ATE È; 26. C. 24. coryeHena HIppurus, Linn, Syst. Nat. I. p. 446. sp. 1. Gmel. Syst. I.p.1190, sp.1. Bonnat.in Tabl. Enc. Ichth. p. 59. sp.1. tab. 53. fig. 125. —Lacép. Hist. Poiss. VII. p.110. partim — Schneid. BI. Syst. Pisc. p.295.sp.2. Rafin. Ind.Itt. Sic, p.29.sp.21r1. Riss.Ichth, Nic.p.178. sp.1. Id. H. N.III.p.359. Cuv.et Valence. Hist. Poiss. IX.p.278. tab. 266. 1 LEPIMPHIs HippuroIiDEs,y Rafin. Caratt. Nuov. gen. p. 34. sp. 86. corRvyPRENA HPPuro1pes, Rafin. Ind. Itt. Sic. p.29. sp.212. Innvpos, Arist. Hist. Anim. lib. viii. cap. xv. Opp. Halieut. lib. i. p.8. Athen. Deipnosoph. lib. vii. p. 304. EQUISELE et EQUISETIS, Gaza, Arist., lib.iv. cap. x, et lib. viii. cap. xv. nppurus, Ovid. Haleut. v.95? Plin. Hist. mund. lib. ix. cap. svi, et lib. xxxii. cap. ii. Rondel. Pisc. mar. I. lib. viii. cap.xix. p.255. cum fig. Gesn. Aquat.iv. p. 423. Id. Icon. Anim. p. 75. Aldrov.Pisc, lib.iii. cap. xvii. p. 306. cum fig. Rond. Jonst. Pisc. lib. 1.tit, i. cap.i. art, vi. p.4. tab.i. fig.12. Charlet. Onom, p.124. Willughb.Ichihyogr. lib.iv.cap.i. p.215.tab. O.1, fig.5. Ray, Pisc.p.100.sp.1.nec Belon, peLPHINUS Belgis, Willughb. Ichth. tab. O. 2. fig. 1? coryPHENA cauda bifida, radiis dorsalibus lg? Loe/l. Epist. Osbeck, Itin. p.307. coryPHENA cauda bifurca, Arted. Gen. Pisc. xii. p.15. sp.15. Id. Synon.p,28. sp.1. CORYPHENA pinna ani radiis vigintiquinque ? Bloch, Ausl. Fisch. II. p.145. nec tab. 174. HIPPURUS pinnis branchialibus deauratis brevibus sed latis etc. Klein, Mist. Pisc. Miss.v. p.55. sp. 1.2. HrpPurus alius dorso maculatus, Cupan. Panph. Sic, III. tab. 127. porin, Daubent. Dict. Ichth. in Enc. Meth. H. N, IIT. p. 134. porape, Castel, Hist. Poiss. BI. II. p. 55. partim. Cloquet, in Dict. Sc. Nat. X. p. 589. corvPRÈNE HIPPURUS, Bose,in Nouv. Dict, H. Nat. VIII. p. 144, partim. uipPuRE, Bory S.t Vincent in Diet, CI. H. Nat. 1. p. 528. part. CORYPHÈNE DE LA MEDITERRANEE, Cuv. Regn, An.2. ed. IT.p.215. nec 1. ed. nec Tabl. daica Nat. cranpe corvenÈnE de la Mediterranée, Cuv, et Yalene, loc. citat. I altri articoli di questa Fauna trattiamo della famiglia degli Scombridi, alla quale niuna altra modificazione od avvertimento rimane a farsi fuor che di presente essa è per noi la quadragesima nona dei Pesci, vigesima seconda ‘dei Cycloidei, quantunque Acan- totterigia, passando per mezzo dei suoi Trichiwrini alle ultime famiglie della Classe, cioè ai Cepolidi, agli Ophididi, ai Muraenidi. La sesta delle sue dieci sottofamiglie, ossia la cen- settesima di tutti i Pesci, quella cioè dei Coryphaenini, della quale eziandio facciam pa- rola più volte, distinguesi per avere una sola pinna dorsale, lunghissima per quanto di- stendesi il dorso, e sovente composta di raggi spinosi molli: per lo corpo più o men fusiforme, compresso talvolta, ma non mai moltissimo : per le squame piccolissime: per lo capo carenato e tagliente. È sufficiente quasi quest’ultimo carattere a distinguerla da- gli Stromateini, che le son tanto affini, ma rotondetto hanno il vertice. Tutte le altre sottofamiglie ne diversificano tanto, ed ognuna di esse ha tal sua propria caratteristica, che sarebbe forse più ragionevole il considerarle altrettante famiglie, valutando i gruppi 153 CORYPH/AENA HIPPURUS. degli Scombridi quanto quelli più o meno affini ai Percidi, che famiglie abbiam chia- mati a buon dritto, quantunque differiscano fra loro poco più che le suddette nostre sot- tofamiglie fra di esse. I Coriphaenini pertanto si restringono ai seguenti generi. — 1, Coryphaena,L.: il cui corpo è allungato, il capo grande, gli occhi prossimî agli angoli della bocca, il palato dentato, la pinna dorsale spiccante molto innanzi alle pettorali, che sono piccolette e falcate, le ventrali bene sviluppate, la caudale profondamente forcuta. — 2. Centrolo- phus, Lacép. di corpo più raccorciato, colla linea laterale prominente, col palato edentu- lo, la pinna dorsale spiccante al perpendicolo delle pettorali, non più lunga dell’anale, le ventrali piccolissime. — 3. Astrodermus, Bonell. (Diana, Risso) di corpo ovale-al- lungato, sparso di squame stellate, con pinne ventrali lunghissime, fragilissime, il cui primo raggio è solido e seghettato. — 4. Schedophilus, Cocco, di corpo elevato, molto compresso, e posteriormente assai rastremato, fornito di aculei rudimentali che precedono la pinna dorsale con gli opercoli (a differenza di ogni altro) spinosi insieme e dentellati. Il genere Coryphaena, del quale parliamo, e il cui nome dal greco può significare insieme la pinna che gli nasce sul vertice del capo, ovvero Muotatore a fior d'acqua, tol- tene quelle specie che gli si ascrivevano solo per consimile bellezza di colore, ne com- prende tuttavia più di dodici molto simili fra loro, difficilissime a determinarsi, massime che non furono mai sottoposte ad esatti studii. Sparse nel Mare mediterraneo, nell’Atlan- tico e nel Pacifico, sempre però dentro le tiepide o torride zone, ove maggiormente ri- lucono e brillano agli occhi dei marinari, furono comprese tutte nell’antonomasia di Dorado celebrata dai navigatori della mezzana età. Sono agilissime nelle loro mosse, audacissime, voracissime, e quindi sogliono anco a torme assalire e mordere i rottami dei bastimenti, ed approssimarsi pur molto alle navi in corso; perciò spesso si trovano entro le intestina loro corpi duri non digeriti e chiodi perfino di ferro. Della quale tanta voracità portano condegna pena dagli ami dei navigatori che agognano a fresca vivanda, e in tal guisa facilmente le prendono. Comprendiamo in questo genere il Lampugus di Valenciennes perchè ha la stessa dentatura, e perchè quei caratteri desunti dalla forma più o meno obliqua del capo non sono generici ma semplicemente sessuali, siccome san- no da gran tempo i marinari, che riconoscono i maschi in quelle Corifene cui chiamano coronate; mentre quegli altri caratteri, che alcuni più recenti autori tolsero dalle relati- ve proporzioni delle pinne, non hanno importanza che tanto si meriti. Questa specie poi cui viene il nome d’ /Zippurus, sia identica o no con quella ch’ eb- belo presso gli antichi, sia pure che lo traesse dalla sua figura, in cui parve ad alcuni di vedere quasi una coda di cavallo, è soggetta ad essere confusa non solo con le sue affi- ni, ma con molti altri Pesci eziandio, e perfino con qualche Cetaceo, sì per cagione dello splendido nome di Dorado, sì per quello di Dolphin usato dai navigatori inglesi, il quale contribuiva ancora a farla talvolta rappresentare in luogo del Delfino. Che se meno bel. la si è di altre specie più abbaglianti, che si trovano sotto i tropici, persecutrici insigni dei Pesci volanti, è però non cattiva a mangiarsi, nè sospetta di veleno come si dice di quelle. Abita non altrimenti che i suoi congeneri tutti nell'alto mare. Avviene però che la si vegga approssimarsi alle coste nella calda stagione, ove non isdegna di deporre le uova. I suoi feti un sol mese dalla nascita misurano tre pollici e più; ed Aristotile ave- va già notato a suoi tempi che il crescere di questo pesce, il quale suol giungere a quat- tro piedi nella sua maturità, è rapidissimo e sproporzionato a quello di qualunque altro ‘ CORYPH/ENA HIPPURUS. abitatore delle acque. La figura nostra (e ciò vuolsi espressamente notare) trovasi ri- dotta alla quarta parte soltanto della più ordinaria corporatura, quando quell'altra di as- sai minor pesce è più grande, perchè fu condotta della stessa misura dell'animale. Il suo corpo ha forma di uno stretto fuso rastremato assai nella parte posteriore, in- grossato al dinanzi. La maggiore altezza che coincide ove spiccano le pinne pettorali è compresa sei volte nella totale lunghezza, e diminuisce grado grado sì fatiamente che la parte più assottigliata ossia la estrema del tronco è appena il quarto di essa: la maggior grossezza, che nello stesso punto si avvera, è un terzo circa della detta maggiore al- tezza. Il capo essendo lungo un sol nono più della propria altezza, forma la sesta parte di tutto il pesce; ed il suo profilo quasi tagliente nella sommità, ingrossa nel discen- dere che rapidamente e quasi ad arco fa verso la bocca. L'occhio ha tal collocamento che il suo margine posteriore segna il mezzo della lunghezza del capo, e il margine inferiore siede alla metà dell’ altezza del medesimo. Lo squarcio della bocca giunge obliquamente fin sotto il margine anteriore dell'occhio, e il poco erto mascellare: ne arriva fin sotto il centro: ambedue le mascelle capaci di spalancamento maggiore di quanto ne impromettano, sono armate all’esterno di una serie di denti uncinati, dietro la quale esiste una larga fascia di altri denti a scardasso, che nella mascella superiore poco protrattile occupa il solo terzo anteriore, e nella inferiore alquanto più sporta pro- tendesi fin quasi alla commissura rastremandosi verso le estremità: e di tai denti a scar- dasso ve n'ha pure una fascia longitudinale sopra i due palatini, ed un fascetto sul din- nanzi del vomere; come altresì ve n’ha pure, ma di più piccoli, disposti in larga piastra sopra la dilatata, ottusa lingua, che è molto libera ne'sottili suoi margini; più piccoli ancora e più sottili ne siedono altri sulle basi degli archi branchiali; que’ de’ faringei poi son più grossetti. I fori quasi contigui delle narici separati da leggero sporgimento mem- branaceo apronsi alla metà dello spazio che corre fra l'occhio e l'apice del muso, vici- nissimo al margine della mascella superiore, ovali tutti, 1 posteriori più grandi. Il preo- percolo ha il margine quasi membranaceo, sottilmente striato e crenato, dolcemente obliquo all'indietro, scarsamente convesso al di sotto. L'opercolo, alto il doppio della sua larghezza, è leggermente intaccato al di sopra, e termina in oitusa punta : l’intero- percolo va parallelo col suo margine inferiore a quello del preopercolo, ed è sottile e crenato ugualmente, qual'è altresì il subopercolo che compie il sistema opercolare for- mando un angolo rotondato : tuiti questi pezzi, non meno che il muso, e l’estesissimo, cranio, son nudi e levigati, veggendosi appena qualche strietta raggiante sulla sommità dell’opercolo. L’apertura branchiale estendesi fin sotto l'occhio, e lascia quasi intiera- mente scoperte le membrane incrocicchiate all’innanzi fra loro, e munite ciascuna di sette raggi spianati, il superiore de’ quali si allontana dagli altri per seguire l'andamento dell’ interopercolo. Innumerevoli, piccolissime, sottili, oblunghe scaglie, trilobe nella ra- dice, rotondate all’esterno, sopra le quali puoi scoprire con acuta lente alcune strie concentriche, rivestono tutto .il tronco non meno che le gote, ed una piccola porzione delle tempie, non senza invadere la pinna caudale. La linea laterale manifestasi per una serie di minori scaglie, nasce dal punto più anteriore dell’ opercolo, ed elevandosi tosto a formare un. angolo ottuso ricade sollecitamente, per seguire lunghesso il mezzo del tronco il suo corso retto fino alla coda. La pinna dorsale trae la sua origine da un punto che sovrasta al margine posteriore dell’ occhio, e percorre tutto il dorso lasciando soltanto scoperto uno spazio non più lungo di due diametri di quello: ha il primo rag- TOO. CORYPH/JENA HIPPURUS. gio brevissimo, crescendo gli altri gradatamente fino al decimo più lungo di tutti, che spicca poco dietro l'opercolo, e giunge a sorpassare la metà dell’altezza del tronco: gli altri raggi fino a compire il numero totale di sessanta van decrescendo, ma più sensibil- mente in principio che in fine. Le pettorali acutamente falciformi, sopra le quali vedesi un'area nuda triangolare verso la base, spiccano poco sotto la metà del pesce, e misura- no poco più di un decimo dell'intera sua lunghezza. Le ventrali nascono a perpendicolo delle pettorali, e son quasi un terzo maggiori di esse; il gracile raggio loro spinoso è lungo la metà del primo raggio molle, al quale perfettamente aderisce: il quarto e il quinto decrescono rapidamente, e questo ultimo si attacca quasi intieramente al ventre da una membrana, che congiungesi all’ altra opposta, di maniera che le due pinne ven- trali sembrano collegate fra loro. La pinna anale esce immediatamente dietro l’ano alla metà del pesce, esclusa la caudale, sotto il trigesimosesto raggio della dorsale, per termi- nare allo stesso punto di quella; il suo primo raggio è brevissimo; il terzo è più lungo di ogni altro quantunque non ecceda la ierza parte dell'altezza sovrastantegli del tron- co, quelli che seguono decrescono pochissimo: perciò la pinna segna anteriormente un angolo caratteristico della specie. La pinna caudale divisa profondamente in due lobi stretti e puntuti, misura un quinto dell’ intero animale. Lorchè il pesce è vivo, massime quando guizza in acque calde sotto l'ardente sole, brilla di così splendidi e varii colori che non si potrebbero con parole esprimere se non invocando i nomi delle semme più preziose e più rare, cui non adegua la virtù del pennello; ma quando è morto di fresco, qual'è quello da noi figurato, ne riman subito impoverito. In tale stato mostra la parte superiore, compresa la dorsale e la caudale, tinta di un azzurrognolo argentino con riflessi dorati, che nel discender sui fianchi piglia del citrino argenteo: e per ogni dove è stellato di macchiuzze fosche, che son più cupe ove il fondo è men chiaro. Le pinne pettorali sono giallognole alla base, piombine nel resto. Le ventrali sono nerastre all’esterno, giallognole nell'interno. L’anale è giallognola con una fascia piombina lungo il margine. L’iride dell’ occhio è dorata. Giova infine accennare alcun che dell'anatomia del Pesce nelle parti più interessanti. La milza vienci la prima sotto l’occhio nera e scoperta qual’ ella è, di forma ovale, ed attaccata al margine dell'intestino retto più basso delle appendici cecali, che innumere- voli e capillari circondano il piloro formandovi quasi un grappolo di massa amigdaloide. Il larghissimo esofago continuasi in un lunghissimo stomaco cilindrico, che occupa tutta l'estensione dell'addome. Il dilatato fegato giace trasversalmente sotto l’esofago, ha il lobo destro largo e rotondo, il sinistro protratio in punta. Piccola è la vescichetta del fiele. I reni sono stragrandi, e quasi riuniti totalmente insieme. All’inconiro è piccolissima la vescica urinaria, e non vi è notatojo affatto. L’intestino retto di mezzana robustezza e lunghezza ripiegasi due volte ad intervalli disuguali prima di rendersi all’ano. In Sicilia, ove pescasi in abbondanza quando la visita in torme numerose tra la state e l'autunno, chiamasi Capone imperiale. 1 Nizzardi lo dicono Pera. Non registriamo al. tri nomi volgari d'Italia perchè ci sembra che non ne abbia di propri. Così per esem- pio i pescivendoli romani, che raramente l’ottengono, diconlo Ombrina stella, nome che spetta alla Zychia glauca, ovvero lo chiamano Ombrina lopès ch'è della Seriola Dume- rili, o meglio dicasi della Micropteryx Dumerili, giacchè il vocabolo generico «Seriola trovandosi già in Botanica alluogato, converrà sostituirgli il suddetto di Micropterya proposto dall’ Agassiz. CORYPH/ENA PELAGICA CORIFENA PELAGICA CORYPHENA cinereo-argentea serie macularum ingentium nîgricantium pone dorsum : capite acute elliptico, operculo rotundato: corpore late fusiformi: pinna dorsali radiis quin- quaginta-quatuor : anali recta. PIO AMRITA scomser PeLAGICUS,s Linn. Syst. Nat. I. p.490. sp. 10. Gmel. Syst. I. p. 15336. sp.10. Gronov, Zooph. sp. 306. excel. synon. nec Gunner. carRANxomorus PELAGICUS, Lacép. Hist. Poiss. VII. p. 26. Cuv. Règn, An. 2, ed. II. p. 216. crcuua PeLacica, Schneid, BI. Syst. p.541. sp. 20. exel. synon. CORYPHENA IMPERIALIS È Rafin. Car. N. gen.p. 55. sp.84. Id. Ind. Itt. Sic.p.29.sp.210. coryPHaNA EquiseTIs? Risso, Ichih. Nic. p.179. sp.2. nec Auct. coryPHENA PELAGICA; Risso, Hist. Nat. ILT. p.340, sp. 249. LAMPUGUS PELAGICUS? Zalenc. Hist, Poiss. IX. p.518. LAmPucus sicuLus, Valence. Hist. Poiss. IX. p. 323. ramPugus NEaPoLITANUS ® Valence. Hist. Poiss, IX. p.325. quoad exempl. pict. Neapol. scoMBER pinna dorsali unica, Linn. Mus, Ad. Fred.I, p.72. tab. So. fig, 3. CORYPHENE PÉLAGIQUE et DORADON, isso, Loc, cit. coryPHENE plus commune dans la mediterranée, Cuv. Régn. An, 1. ed. II p. 529. in nota. LAMPUGE PELAGIQUE; Le DE SICILE et L: DE NAPLES, Zalenc, loc. cit. (A quest'altra Corifena, seconda ed ultima che conosciamo del Mediterraneo, rav- visiamo il tipo del genere Lampugus di Valenciennes; nè dubitiamo che quanti osserve- ranno la nostra tavola, approveranno la eliminazione di quello, e del più riprovevole Caranxomorus del Lacépède, fabricato esso ancora sopra la presente. La sinonimia di- mostra a quante stravaganze desse luogo l’infelice collocamento che Linneo ne fece nel genere Scomber; e ci avverte ancora quanto bene il Risso nella seconda opera de’ Pesci di Nizza la determinasse sotto quel binomio appunto che leggesi in fronte di questo ar- ticolo. Indebitamente dunque il Signor Valenciennes fa risorgere la Coryphaena equise- tis della prima opera del Risso, e ne critica il nostro benemerito Ittiologo, il quale col non averla riprodotta fa ben conoscere che niun’ altra ne ammette oltre le due che noi figuriamo. Riman fermo pertanto che il Risso, noi, ed il Valenciennes non conosciamo altra Corifena mediterranea nel senso di costui fuor di quella descritta nel precedente articolo; dalla cui sinonimia si può rilevare esser noi più che persuasi che l’hippuroides del Rafinesque non è altro pesce che quello. La Coryphaera imperialis poi di esso Ra- finesque potrebbe essere una specie a noi ignota. Vogliamo anzi notare, che mentre po- niam sotto il torchio il presente articolo ci giunge lettera del diligentissimo Dottor Cocco di Messina più volte lodato in queste carte, il quale ci annunzia la scoperta di una bella e grande Coryphaena, di cui si accinge a pubblicare una descrizione. La nostra C. pelagica copiosa in tutto il Mediterraneo raramente lascia il fondo delle acque, e riserbasi in soli pochi giorni della state lo approssimarsi alla spiaggia, CORYPH/ENA PELAGICA. precedendo la femmina, secondo che ne scrive il Risso, il quale attribuiscele il nome volgare di Pei Fouran. È fusiforme allargata col profilo del dorso leggermente convesso, con quello del ven- tre più fortemente. La maggiore altezza, che cade al termine delle pettorali, cape cin- que volte e mezzo nella totale lunghezza. La grossezza entra due volte e mezzo nella detta altezza. Il capo un buon quarto più lungo che alto è poco men di un quinto del pesce, ed offre superiormente una carena, che dall’ occipite va perdendosi verso il ro- tondato muso segnando fino all’ottusa punta di esso un profilo poco sporgente e poco declive. L'occhio è un quinto del capo, e siede nel mezzo della sua altezza alla distan- za di un diametro e mezzo dall’apice. La bocca squarciasi fin sotto la metà dell’ occhio; la protrattile mascella non isporge più della mandibola: questa e quella sono fino alla commissura armate di brevi, adunchi e radi denti a scardasso, più stipati e sottili nella parte anteriore di ambedue, rivolti tutti verso le fauci, e decrescenti di mano in mano che si avvicinano a queste: la estremità della mascella è coronata inoltre di sette ed anco otto più cospicui denti verticali. Sopra la lingua ve n'ha un minutissimo adunamento di figura ovata ed oblunga che si distingue assai bene; e lungo la di lei base veggonsene due fascetti assai più piccoli, irregolarmente rotondi: il palato ha denti simili a quei della lingua, ma addensatissimi e disposti in figura quasi di ferro di mulo interrotta lateral- mente presso la curva. Le duplici narici distano dalla punta del muso per un diametro dell’ occhio : la posteriore è il doppio più grande dell’ anteriore, ed ambedue son quasi contigue al margine della mascella. Il preopercolo è quasi troncato rotondandosi però dolcemente nella sua metà finferiore, e minutamente seghettato del pari che |’ interoper- colo: l’opercolo è rotondato. La membrana branchiostega ha sette raggi, simili così per la disposizione come per la forma a quella della specie antecedente. Le squame che ri- vestono tutto il tronco, le gote, e la regione temporale, sono piccolissime e molli, quasi quadrangolari, aderentissime alla cute. La linea laterale ben conspicua sale bruscamen- te, discende tosto, va poi dolcemente sinuandosi per due o tre volte fin’ oltre la metà del corpo, d'onde piglia un andamento retto. L’ano apresi nel mezzo del pesce esclusa la coda. La pinna dorsale nasce poco dietro il perpendicolo del margine posteriore dell’ occhio, ascende obliqua fino ad un quarto circa di sua lunghezza, e dolcemente declive giunge fin presso l'origine della caudale conservando per ogni dove quasi la stessa al- tezza, che a mezzo del suo corso è circa un terzo di quella del corpo. Le pettorali lar- gamente falcate spiccano poco sotto la metà del pesce, e ripiegate innanzi toccano fino all'occhio. Le ventrali più grandi e flabelliformi si originano sotto la base delle petto- rali. L'anale alquanto più bassa della dorsale le nasce precisamente sotto la metà, e ter- mina al paro di essa, ed in suo corso lievemente convessa, priva di alcun angolo e di al- cun seno, decresce per gradi così che il secondo suo raggio è lungo il doppio dell’ ulti- mo. La caudale è profondamente forcuta fino alla base, e i suoi lobi si divaricano tanto quanto son lunghi. | La parte superiore, compresa la pinna dorsale, ch'è ancor più cupa, colorasi di un turchino-violetto framezzato lunghesso il dorso da una semplice serie orizzontale di gran- di macchie scure, e sfumasi fin a perdersi intieramente lungo la linea laterale. La parte inferiore è tutta lurida di un giallognolo carnicino argenteo. I riflessi argentini signo- reggiano maggiormente sulle guancie. L'iride è delicatamente dorata. Le pinne pettorali sono piombine: le ventrali internamente giallastre sono turchino-nere all’esterno: l'anale CORYPH/ENA PELAGICA. DI turchiniccia è segnata da una quasi fascia giallognola longitudinale presso la base : la caudale di color cenerino argenteo ombrato di giallo alla base ha macchiata di turchino la doppia sua punta. Lo scheletro ha trentuna vertebre; e le cinque o sei ultime delle quattordici addomi- nali sostengono le brevi sottilissime costole mediante apofisi discendenti, le quali si riu- niscono al anello nelle due o tre ultime. L'esofago lungo ed angusto continuasi in un ampio canale impervio che occupa tutto l'addome oltre l’ano. Le appendici cecali for- mano una massa glanduliforme pressochè inestricabile. L'intestino è corto, e ripiegasi due volte sole a breve intervallo pria di sboccare nell’ano. Il fegato scarso di volume, e tinto di giallo assai carico, dividesi in due lobi ugualmente allungati, il sinistro dei quali è più stretto. La milza è piccola, ovale, nerastra. I reni non formano che un lobo solo nascosto in un solco al di sotto della colonna vertebrale. Descrive il Valenciennes sei specie di Zampugus, tre delle quali alluoga essenzial- mente all'Italia, la pelagica, la sicula e la neapolitana, le quali noi crediamo riferirsi, per quanto spetti all'Italia, ad una sola in varietà di sessi e di età. Dalla descrizione ch'egli ne porge facilmente comprendesi che la sua sicula è fuor d'ogni dubbio la no- stra pelagica. Ma la pelagica sua, qualor non sia questa stessa, qual pesce potrà esser mai se non la giovane femmina della C. hippurus? Vengane in testimonio il gran numero dei raggi della dorsale. La sua eapolitana poi del Museo di Berlino, speciosissima pei quarantaquattro raggi della dorsale, chi sa da qual parte di mondo vi andasse, giacchè sembra evidente ch'egli donassele gratuitamente i colori di un esemplare della presente pescato a Napoli. pro Tae edita hi È n SR: CÈ “siti “Ma 1 Î “Roli SORTE ea DITZA DES, si dt dda um, R LA iui LL no Mieti; ao te) 45 19) 09) p. 7 7 CASA I 2. esiece DOSE TÀ gi 4 LO A AGRA org e, DIA e Si IOZIIZZZA 4, iS Santarelli 7, DI AA e ACE Chedipficiica Ah lodbisspagni Dro Duni ee MELAIZI, ASTRODERMUS ELEGANS ASTRODERMO DEL VALENCIENNES ASTRODERMUS argenteus nigro-guttatus: pinnis rubro:flavis; dorsali elata analique caerulo- nigricantibus. DI 2 RI 2/5 eÉAi o Cia. CORYPHAENA ELEGANS, £tisso, Mem. present. all’ Instit. di Francia 7. Marzo 1814. ASTRODERMUS GUTTATUS, Bonelli, Cuo. Règn. Anim. 2. ed, II. p.216. ASTRODERMUS CORYPHAENOIDES, Bonelli, Cuv. et Valence. Hist. Gen, Poiss. tab, 270. fig. mala. DIANA SEMILUNATA, Risso, Hist, Nat. III. p.267. tub. vii. fig.4. DIANA VALENCIENNESI, Cocco, Lett. su di un Nuovo Pesce in Giorn. Sc. Lett. Art. Sic. F., 153. cum fig. optima. ASTRODERME ELEGANT, Cup. et Valene. Hist. Gen. Poiss. 1X. p.355. A denotare questo genere Coryphaenino usiamo il nome di Astrodermus conferi- togli dal Bonelli perchè concilia l’anteriorità ed una rapida pittura del pesce, cui con- serviamo lo specifico Elegans che ricevè la prima volta dal Risso, il quale faceane una Coryphaena pria che istituisse per esso il nuovo inutil genere Diana. Partecipa delle Co- riphaenae, degli Scombri e degli Zei, come osserva benissimo il Cuvier, ed ha per ca- ratteri il vertice rilevato e tagliente, la bocca poco fessa, quattro soli raggi branchiostegi, le pinne ventrali sottilissime e caduche, e sopra tutto le scaglie raggianti in ogni lato ossia astriformi;*e consiste finora in una specie sola. La figura infatti che noi esibiamo non è a nostro credere che un giovane di quel medesimo pesce tanto bene descritto dai suddetti Cuvier e Valenciennes, al quale erano senz'altro caduti per vecchiezza o rotti per qualche accidentalità i lunghi filamenti che formano le sue pinne ventrali, non rimanendone che i semplici vestigi. Ne dobbiamo l'occasione al ch. signor Professor Cocco di Messina, il quale avendo rinvenuto il raris- simo pesce nei mari Siciliani fornito di tai lunghissime ventrali credettelo e spacciollo per una specie nuova non senza apparenza di ragione, perchè celebri naturalisti lo de- scrivono monco come abbiam visto di ‘sopra. In vantaggio di chi volesse sostenere che debba attribuirsi all'età, non ad accidental rottura, la gran differenza delle dette ven- trali, non manca l'analogia de’ cambiamenti cui soggiacciono in altri Scombridi le pinne. E se il più delle volte la Iconografia nostra piacquesi di figurar nuove specie, siamo ben contenti che talora si adoperi a scemarne il novero, a prezzo dell'’amor proprio che deve cedere alla verità. i posteriormente, ov'è men compresso che nel resto assai schiacciato del corpo, è lungo tre volte e mezzo la propria maggiore altezza che incontrasi avanti il perpendicolo delle pinne ventrali, e undici volte la maggior grossezza che si ravvisa nella regione posterio- re all'occhio. ll profilo superiore è leggermente incavato in mezzo allo spazio che so- vrasta tra l'occhio e la bocca; e nel pendio più esterno forma quasi un angolo, dopo il 132 Questo» pesce ellittico-allungato, molto rotando e largo anteriormente, molto stretto ASTRODERMUS ELEGANS. quale discende quasi verticale; l'inferiore mostra un leggerissimo seno di sotto l'occhio. La parte assottigliata del tronco leggermente carenata ne'lati, e lunga poco più che alta, non giunge ad avere la decima parte dell'altezza maggiore. Il capo uguaglia in lunghez- za la medesima altezza, perciò apparisce stragrande, avendo innoltre il muso molto tron- cato. L'occhio rotondo entra circa cinque volte nella lunghezza del capo, e dista poco più di un suo diametro dal profilo superiore, quasi altrettanto dall’inferiore, uno e tre quarti dall’ estremità del muso, e più di due dal margine dell’opercolo. I fori nasali contigui l'un l’altro, l'anteriore ovale grandetto, il posteriore a guisa di puntura d’ago, schiudonsi più vicini che l'occhio al profilo superiore, sul mezzo in circa del mascellare. La bocca apresi all'estremità del muso al quarto inferiore del capo, e il suo squarcio non è mag- giore del diametro dell’ occhio ; lo stesso mascellare non giunge che alla metà della di- stanza esistente tra l'occhio e il muso: il quale osso largo e quasi semicircolare nascondesi presso che tutto sotto una ripiegatura della pelle sostenuta da un gracile sottorbitale stra- ordinariamente anteriore: gl’intermascellari sono sottili e segnati di leggere strie, oblique all’innanzi. Non v'ha denti che ne’ soli mascellari, e sono brevi, separati, piliformi, uni- seriali, fragilissimi, e volontariamente caduchi. Il palato oltre l'ordinario velo situato no- tabilmente in alto ne offre un secondo bilobo attaccato sul davanti del vomere. La lin- gua lunga sottile e liberissima è larghetta all'apice. Le aperture branchiali sono grandi, ma non permettono perciò che si veggano le membrane branchiosteghe, che han piatti ed arcuati i lor quattro raggi: tubercoli distanti tra loro veggonsi lungo la parte con- cava degli archi branchiali, sottili sfrangiature nella parte convessa. L'opercolo, men alto che lungo, ha il margine inferiore arrotondato, il superiore retto: il preopercolo è se- micircolare, integerrimo ne' margini; l'interopercolo è molto allungato; e tutti i pezzi opercolari mostransi più o meno radiati, massime quando la pelle è diseccata. Sul tron- co e sul capo, non già sopra il mascellare, nè sopra veruna parte delle pinne, risplendo- no infinite minute scaglie pedunculate, fitte, ma non sovrapposte l'una all'altra, radiate in superficie a figura di stelle, e disposte anco in modo da formare altre stelle con l'ag- gregazione loro, che non può fare a meno di rendere scabrosissima al tatto la cute, ed impedire che ben si vegga la linea laterale; la quale corre parallela al dorso sul terzo superiore del tronco fin dietro il mezzo, da onde dopo breve interrompimento continua il suo corso retto sopra la metà del medesimo. L’ano apresi poco al di là del terzo an- teriore del pesce. La dorsale spicca sopra una verticale lontana dall'orbita quanto il diametro della medesima, e distendesi con la sua base in prossimità della caudale, che ne dista appena un diametro dell'occhio; consta di 23 raggi tutti gracilissimi ben di- stanti l’un dall'altro, e congiunti da fragilissima membrana, che sorpassan col vertice crescendo per gradi fino al quindicesimo, e decrescendo quindi ugualmente in modo che la detta pinna prende figura di un mezzo rene, e compensa con la parte più elevata, che è poco minore della maggiore altezza del tronco, la sottostante assottigliata di esso. Le pettorali piuttosto acute, lunghe poco men di un quarto dell'intero pesce, nascono ad un piccol tratto dietro l’opercolo sulla orizzontale del margine inferiore dell’occhio: dei loro dieciotto raggi, biforcati quasi tutti oltre il mezzo, il primo è brevissimo, il secondo, terzo e quarto sono i più estesi. Le ventrali lesiniformi e lunghe quasi una metà del pesce spiccano vicinissime l'una all'altra sotto l'intervallo tra l'opercolo e le pettorali: i loro due primi raggi, spinosi, brevi a segno di non aver un quinto dell'altezza del tron- co, sono robusti e fatti a sega, gli altri cinque che seguono sono molli sottilissimi e faci- ASTRODERMUS ELEGANS. lissimi a rompersi, congiunti fra loro e con gli antecedenti per mezzo di una corta membrana. L'anale nasce ad un diametro dell'occhio in distanza delle ventrali, e termi- na simmetrica alla dorsale, cui è similissima in tutto, fuorchè i suoi raggi son diecis- sette soli, e nella sua metà verso l'origine sale più lentamente, quantunque. il nono, sia il più lungo di tutti: l'altezza sua è tre quarti circa di quella della dorsale: preso il complesso di queste pinne e del tronco intermedio, si ha una altezza uguale alla metà dell'intera lunghezza. La caudale abbraccia un quinto della, misura stessa, ed ha forma semilunare con le corna puntute estese per un quarto della medesima, ed altrettanto di- stanti tra loro: i suoi raggi sono sottilissimamente dentellati dalla metà alla base lungo il margine interno; ed oltre i 17 principali se ne contano 7 in 8 piccoli di qua e di là, Ecco quali ci si descrivono dal signor Cocco, che li vidde sul vivo, i colori dell’Astro- dermo. “Il colore del corpo, TÀ parte posteriore del capo, e per qualche spa- s, zio al di sotto. del margine inferiore dell’occhio, è di colore di acciajo lucido a riflessi s, dorati, in tutto simile al solfuro di ferro. Tutto. il resto del capo, il muso, la gola, e s, lo spazio incavato al disopra dell'occhio sono argentini. La membrana dell'ala dor- ,» sale, ed anale è del color dell’ indago tendente al nerastro con alcuni riflessi azzurro- », chiari, massime verso la base. Il margine superiore dell'ala dorsale è tinto di giallo, ,; € quello dell'anale di bianchiccio semitrasparente. Le ale pettorali sono gialle, tra- ss sparenti, in modo da far trasparire le macchie rotonde, nerastre, disposte circolarmen- ,3 te in tutto il corpo, di guisa che una macchia della circonferenza di un circolo divie- ,, ne successivamente centro di un’altra. Le ale jugolari son gialle co’ due primi raggi ,, rossicci. La codale è giallo-rancia nel centro, irasparente nel margine posteriore, di s» color paglino ne’lati, ed ha alla base una macchia semilunata nera di cui la concavità sì Tisguarda il capo. La membrana branchiostega è argentina.,, Il fegato non è molto voluminoso, piccola è la cistifellea. Il canale gastro-enterico però è uno dei più lunghi che venga fatto di riscontrare. Ampio è l’esofago, il quale en- trato che sia nella cavità addominale produce un leggiero rigonfiamento, cui potrebbesi concedere il nome di stomaco. Giunto fino al terzo dell'addome si ristringe alquanto, dipoi incurvasi e risale alla volta del diaframma. Le sue pareti hanno varia spessezza e superficie; poichè nel tratto discendente sono, consistenti, e rendute scabrose per al- cune coniche papille, acutamente rilevate. All’opposito, esse pareti sono sottili, traspa- renti, quasi levigate nel tratto ascendente, il quale pervenuto alla regione diaframma- tica slarg gasi alquanto, ma tostamente costringesi a formare l'angusto forame. pilorico. Questo è provveduto di cinque appendici Cr grosse, brevi, rivolte verso il diafram- ma. Il rimanente del tubo intestinale fa innumerevoli circonvoluzioni, le quali trovansi raggruppate in due masse, una cioè per ciascun lato dell'esofago. Il retto collocato nella parte destra dell" addome. mette : foce. nell'ano, il quale apresi alcun poco all’ indietro della distanza a cui risponde il piloro. i L'esemplare descritto dall'encomiato Ittiologo di Sicilia, cioè il più grande da lui veduto, era lungo sette pollici e due terzi; noi preferiamo fisurarne un esemplare assai piccolo di quattro soli pollici, come vedesi nella nostra tavola di grandezza naturale, affinchè si conosca il grazioso, pesce in tutte le dimensioni, mentre quello-datone. dal Cuvier avea quindici pollici di lunghezza. La sua rarità nol fece ancora»soggetto alle velgari nomenclature dei pescatori: la sua carne quantunque bianca, è molle e poco saporita. 132* CENTROLOPHUS POMPILUS CENTROLOFO. POMPILO cENTROLOPHUS stamneus, doî:so obscuriore, quadruplo longior quam altus: pinnis dorsali ac anali ter et amplius humilioribus corpore. D. 39. Pian V..11/5: A, 25. Gio corvpeHaENA PompiLus? Linn. Syst. Nat. I.p.447. sp.d. Gmel. Syst.I. p1193. sp.5. Lacép, Hist. Nat. Poiss. III. p.198. Schneid. BI. Syst. p.296. sp.6. Bonnat.in Tabl, Enc. Ichth, p.60. sp.$.tab.34,.fig.150. Rafin, Ind. Itt. Sic, p.29. sp.213. Risso, Ichth. Nic. p.180. sp.3. PERcA NIGRA, Gmel. Syst. Nat.I. p.1321. sp.53. moLOcENTRUM NIGRUM, Lacép. Hist. Poiss.IV.p.550. et DOTI centroLoPuUs MORIO, Lacép. Hist. Poiss. IV.p.4h1.tab, 10. fig.2. Cu. et Valence. Hist.Poiss.I X.p.342. Jenyns, Man. Vert. p.370. sp.44. cENTROLOPHUS PommitLus, Cuv. Règn.Anim.II. p.523, Id.2.ed.II.p.216. Risso, Hist.Nat.III.p.336.sp.248. Cuv. et Valence. Hist. Poiss. IX. p.534« CENTROLOPHUS NIGER, Lacép. loc. cit. Cloq.in Dict. Sc.Nat. II. p.389. i centroLoPHUS LIPARIS3 Lisso, Hist. Nat. III p.337. sp.246. Cuv. et Val.Hist Poiss.IX. p.345. aceNTROLOPHUS macuLosus, [Vardo, Prodr. Ichih. Adr. sp. 62. romPiLus, Rondel. Pise. Mar. I. lib. vii. cap. xiv. p.250. Gesn. Aquat, IV. p.755. Aldrov.Pise.lib. ii. cap. xix. p525. cum fig. Rond. Jonst., H. Pisc. I. lib.1. tit1.cap.2,art.2.p, 6. tab.5. fig.5. Charlet. Onom. p.124. Willughby, Ichth. lib.iv. cap.iii.p.215. sp.1. fig.6. Ray, Syn.Pisc.p101.sp.4. corvPuaeNna cauda aequali; linea laterali curva, Arted. Gen. Pisc. p.16. sp.3. Id. Synon.p.29. sp.3. pIscis unicolor plumbeus-obscurus, Naccari, Carteggio Tit. Adriat. in Giorn. Prov. Venet. N.55.p.4. LAmPuGe, Daubent, Dict.Ichth. in Enc.Meth, Hist, Nat.ILI. p.224. MERLE cu sERRAN de Provence, Dulham, Péch. II- Sect.IV,p.67. tab.6.f.2. coryPHENE PomPILE) Lacép. loc. cit. Bory S.Vine. in Dict. Cl. H. Nat.IV. p.527. CENTROLOPHE NEGRE, Lacép. loc. citato. Bose, in N.Dict.Hist.Nat.V. p.4h82. tab. B fig.1. CENTROLOPHE POMPILE; NÈGRE et LIPARIS) Yalenc. loco citato. sLaca risa, Borlas. Nat. Hist. Cornw. p.271. tab. 26. fig.8. Yarr. Brit. Fish. I, p.158, cum fig. pessima. BLACK RUrre, Penn. Brit. Zool. IIT. p.260. sp.4. BLACK PERCH, Id. Ibid. ed, 1812.III. p.391, Ì Centrolofi sono Coriphaenini di corpo men fusato e più ovale delle Coryphaenae, colla pinna dorsale spiccante molto più indietro e quasi al suo terzo, col capo oblungo e poco elevato, coll’ occhio medio, col palato privo di denti. Cotal nome Centrolophus è figlio di un errore di Lacépède, il quale, visto un cadavere diseccato e mal concio di questo pesce, in cui venian fuori dalla pelle rilievi spinosi, credetteli distintivi del genere, e gliel compose del Greco. Ottimo d'altronde essendo questo genere, prescin- dendo dal. carattere mentito ed espresso dal nome, che con ribrezzo gli conserviamo, deve aver luogo nel sistema, col corteggio altresì delle specie che gli appartengono, le quali si trovano capricciosamente ripartite sotto var) generi, secondochè gli autori che ne parlarono le videro in natura o nei libri, o perfette o guaste. Non appartenevano a diverse specie i varj Centrolofi da noi veduti, sia che fossero o grandissimi o piccolissimi, plumbeo-argentei o quasi neri, wnicolori ovver pezzati; e delle cinque annoverate nel CENTROLOPHUS POMPILUS primo volume pubblicato dal Valenciennes dopo la morte del Cuvier stabilite o sopra singoli individui, o ciò ch'è peggio sopra descrizioni imperfette altrui, noi crediamo che la Morio e la Liparis, delle quali dubita fortemente egli stesso, non siano che questa medesima specie, e perciò le abbiam poste nella sua sinonimia, riportandoci per le al- tre due, Ovalis e Crassus, dell'autore suddetto, alle verificazioni che si faranno. La specie di cui parliamo è il Pompilus di Rondelezio e de’ suoi seguaci, ma non il Sacro Pompilo celebrato dagli antichi, che forse può riconoscersi nel Maucrates Du- ctor, cui bene confacendosi quel nome dal Greco che significa pompa e corteggio, spet- tano egualmente bene i versi di Ovidio Tuque comes ratium, traetique per aequora sulci, Qui semper spumas sequeris, Pompile, nitentes, E fino ai nostri giorni tutti gli autori niente altro dissero del nostro pesce oltre ciò che ne scrisse quel fondatore della Ittiologia. Troppo lungo ed altrettanto inutile sarebbe l’esporre l’uso e l’abuso che i dotti ed il volgo fecero di questo nome di Pompilo e suoi derivati, non meno che di quel di Lamprga, applicandoli a diversissimi Scombridi: basti il dire che lo stesso Linneo aggiunge alla sua Coryphaena Pompilus alcune osservazioni ehe ben fanno credere aver egli avuto sott'occhio un tutt'altro Pesce. Ha il corpo oblungo, compresso, piuttosto pingue nella metà anteriore, alquanto at- tenuato nella posteriore. I profili superiore ed inferiore tengono presso a poco lo stesso andamento. La maggior altezza del pesce è compresa quattro volte appena nella totale lunghezza, e la sua grossezza è quasi un terzo di detta altezza. La parte assoltigliala del tronco alta metà della propria lunghezza e dilatata alquanto versa la base della caudale, occupa poco men di un sesto di tutto l’animale. ll capo di muso, rotondato inturgidisce nei lati, deprimesi alquanto nella fronte, la cresta del cranio scorrendo leg- germente tagliente in linea retta fin quasi sul dorso: cape cinque volte nell’ intiero pesce, è alto tre quarti della sua lunghezza. L'occhio alquanto superiore dista men dalla punta del muso che dal margine posteriore dell’opercolo, ha per diametro quasi un quarto della lunghezza del capo, e vedesi munito di un semicircolo di pori che si es- tendono al di sotto e al di dietro. Gli organi dell'olfatto più vicini al muso che all’oc- chio sono approssimati fra loro, e consistono in un foro rotondo anteriormente, ed in una piccola fessura verticale posteriormente. La bocca piuttosto bassa squarciasi fin sotto il mezzo dell'occhio: il mascellare stretto termina sotto il margine anteriore di quello, e quando poggia sul mandibolare vien ricoperto in gran parte dal sottorbitale, il cui margine leggermente convesso rastremasi in addietro. Le mascelle sono provvedute di una semplice serie di denti isolati, corti e sottilissimi: la lingua larga, ottusa, con mar- gini sottili e liberi, è inerme come il palato. Il preopercolo rotondasi nel margine espan- so, quasi membranaceo, e sottilmenie merlato, come pur moslransi in parte il suboperco- lo e l’interopercolo inferiormente : l’opercolo più solidamente osseo termina in angolo molto ottuso. Tutto il corpo rivestesi di piccolissime rotonde scaglie segnate di sette o otto strie concentriche non visibili ad occhio nudo; quelle però del capo sono così mi- nime che degradandosi ancora verso il muso si nascondono sotto la cute; e quelle che invadono fino alla metà le pinne dispari sono più piccole ancora. La linea laterale ben eospicua per una serie di scaglie più spesse va leggermente curva fino alla metà del CENTROLOPHUS POMPILUS. pesce formando un piccolo arco sopra la pinna pettorale, quindi corre dritta fino alla coda. L’ano apresi alla metà del pesce esclusa la caudale. La pinna dorsale alta poco più d'un quarto del tronco nasce un poco avanti il terzo anteriore, ed è lunga la metà del pesce esclusa la pinna suddetta, poco prima della quale termina in punta: i quatiro primi de’ suoi trentotto raggi son brevissimi, e raggiungono a gradi gli ‘altri che son tutti uguali. Le pettorali nascono poco sotto la linea dell'occhio, son più brevi della. metà dell'altezza del pesce, ed han forma ovale. Le ventrali sensibilmente più brevi spiccano alquanto innanzi delle suddette, ed hanno il raggio spinoso debole, e un terzo più breve del primo dei molli. L'anale comincia un poco innanzi la metà della dorsale, e.termina simmetricamente con lei: ed i raggi spinosi di questa e di quella sono così difficili a di- stinguersi dai molli, che acuti osservatori non seppero persuadersi essere questo pesce un Acantotteriggio. La caudale crassa e robusta misura un quinto dell'intera lunghezza, e biforcasi fino ad un suo terzo. Color del pesce è di stagno ceruleggiante con riflessi quasi argentini; quel. della cute che ricuopre crassamente le pinne è ceruleo più determinato e più cupo. Diver- sificano i giovani da’ vecchi nell'aver quelli assai più chiaro, brillante e variopinto il manto, questi più smorto, uniforme e volgente in bruno. Concorrono a tai cambia- menti la natura delle acque e la qualità delle sponde. Componesi di venticinque vertebre lo scheletro, undici delle quali addominali e quattordici caudali, tutte di poca solidità e consistenza. Le costole e le apofisi loro sono gracili anch'esse. Il fegato consta di unico lobo schiacciato, triangolare, non ol- trepassante il terzo dell'ipocondrio sinistro. Lo stomaco poco largo ma esteso per tutto l'addome, di pareti sottili e internamente lisce, pende da un brevissimo esofago, ed. è fiancheggiato a dritta dall'esilissima vescichetta del fiele che ha forma tubulare, e. si protrae per alcun poco oltre il fegato. Il dutto coledoco è breve, e sgorga superior- mente presso il primo degl’intestini ciechi, che sono in numero di nove: il primo dei quali risale verso il diafragma, gli altri si allungano gradatamente fino al sesto, che è quasi lungo quanto lo stomaco, decrescono quindi rapidamente, talchè il nono non è che un terzo del più lungo. Il tubo intestinale distendesi tanto che dopo aver rimon- tato fin quasi il diaframma ripiegasi una ed un'altra volta sopra se, stesso, per la lun. ghezza sempre dell'intero addome. I reni grandi, rigonfi superiormente, riunisconsi ‘posteriormente in un lobo solo che discende quasi fino all'ano. Non manca una vescica urinaria piccola, oblunga. Il notatojo angustissimo e breve siede al terzo della lunghez- za dell'addome. Singolarissima poi è in questo pesce la potente armatura della faringe, in cui veggonsi lateralmente profonde scanalature ossee e dentate prodotte da parec- chie appendici allungate, fornite di denti a scardasso, e situate sopra l'osso superiore del quarto arco, fra i superiori ed inferiori faringei, che sono anch’ essi in egual maniera. dentati, In estate ci si porge ma raramente questo pesce a vedersi, e per lo più alle foci dei fiumi: rarissimo e quasi accidentale incontrasi nell’ Oceano, e sembra specie meridio- nale. Ha rapidissimo il corso, robustissimo il cozzo: cibasi di Molluschi e di Ascidie, Depone le uova d'autunno: pescasi ne’ siti fangosi: ha carne flacida e men buona, portandone sopra di se fino oltre a quindici libre. L'esemplare più grande da noi ve- duto misurava quasi tre piedi. Pesce Paolo lo chiamano a Roma, .e quando sia de’ più belli diconlo Paolo incoronato. A Nizza secondo il Risso dicesi Fanfre e Fanfre d'Ame- rico. SCHEDOPHILUS MEDUSOPHAGUS SCHEDOFILO MANGIA-MEDUSE scuaEDoPHILUS ter fere longior quam altus, fusco-olivaceus, nigricanti-varius: pinnis con- coloribus ; caudali ad basim rotunda, apice emarginata. DAR Zi 4028, 16.20, cenTROLOPHUS MEDUSOPHAGUSI Cocco, in Giorn. Innom. Mess, Ann, 1IL n.7, p. 57. SCHEDOPHILUS MEDUSOPHAGUS) Cocco, loco citato, A tbiam veduto nell’articolo precedente come un carattere artifiziale facesse chiama- re Centrolophus quel pesce Coryphaenino da cui ci siamo accommiatati, ora veggiamo un pesce che possiede naturalmente quei tai processi spinosi innanzi alla dorsale, pei quali bene gli converrebbe quel nome. Scoprialo non ha guari l'infaticabile Professor Cocco. nelle acque di Messina, e contentavasi descriverlo qual nuovo Centrolophus in umili carte, ove con miglior consiglio ne proponea con la modestia propria dei saggi e pru- denti uomini un nuovo genere, che noi ci affrettiamo di adottare come segnalatissimo, col figurare il più bello degli esemplari da lui mandatici. Riconosciamo in questo nuovo genere una corporatura più elevata e più compressa che negli altri Coriphaenini approssimantesi a quella degli Stromateini, e colla parte as- sottigliata del tronco assai stretta; sovra il qual punto le pinne dorsale ed anale prolun- gano invece di raccorciare i raggi loro. La mandibola sporge oltre la mascella; e i denti in ambedue sono sottili, acuti, distinti, uniseriali: sette raggi ben decisi hanno le mem; brane branchiosteghe. Ma ciò che lo diversifica assaissimo dai generi affini e da tutti gli altri Scombridi, è l’esistenza di punte spinose e di dentelli nei margini dei pezzi Oper- colari: la qual circostanza segna una parziale analogia colle Percae e massime coi Che- todontidi, avendo al par di essi le pinne vestite di squame; al tempo stesso che nei limiti della propria famiglia quel carattere lo avvicina ai Bramini, e que’ rudimenti d' Scu ch’esso porta avanti la pinna dorsale, ai Centronotini. La specie di cui parliamo è ovale, sottile, coi profili del dorso e del ventre ambedue simmetrici, fuor di un semplice incavo sulla verticale del lembo posteriore dell'occhio: la sua lunghezza è più di due volte e mezzo della propria altezza: la parie assotti- gliata del tronco alta quanto lunga è un dodicesimo di quella: il capo poco più al- to che lungo n'è poco meno di un quarto. Gli occhi rotondi stanno due volte più. vi- cini al Du superiore che all’ inferiore, e distano un lor diametro e mezzo dall’ apice del muso, due e mezzo e più dall'angolo posteriore dell’opercolo, men di uno fra loro. Il preopercolo emette dall’inferior suo margine una dozzina di lunghi acutissimi dentelli: l'opercolo inferiormente rotondato, e superiormente alquanto concavo, riceve al paro dell'occhio un profondo incavo, e perciò può dirsi che abbia due lobi, il superiore dei SCHEDOPHILUS MEDUSOPHAGUS. quali è assai più piccolo, e di figura di un triangolo acuto: scorrono orizzontali tutto l’opercolo due leggere carene che terminano nei centri dell'uno e dell’aliro lobo. La linea laterale curva sopra le pinne pettorali, corre dopo averle evitate una via retta che divide il corpo a metà. L'ano apresi un poco avanti il mezzo del pesce. Le minutissime scaglie son quasi rotonde. Tre o quattro subcutanee punte appariscono al principio del dorso poco innanzi la sua pinna; e questa come l'anale, che nasce quasi alla di lei me- tà, porta raggi brevi in principio, che crescono per gradi fino al suo termine, ove son lunghi la metà del capo, tutti curvati all'indietro, e densamente vestiti di squame verso la base. Le pettorali rotondate, e lunghe due terzi del capo, hanno origine sotto la ver- ticale dell'angolo meno sporgente dell’opercolo. Le ventrali protese quanto le suddette spiccano innanzi ad esse a piombo dell’ estremo seno dell’opercolo stesso. La caudale oc- cupa più della quinta parte della lunghezza, è rotondata alla base col margine inferiore più grande del superiore, e biforcasi all'apice in angolo pressochè retto. 1} colore è fosco leggermente tinto d'olivaceo, assai più scuro sul dorso, traversato tutto fuorchè nel capo da lunghe serie di macchie nerastre varie di forma e concate- nate fra loro. Il capo mostra qualche riflesso metallico sulla base dello stesso colore oli- vaceo, e sui margini dei pezzi opercolari pavoneggia lievemente di violaceo scuro. L'iride è argentina lurida, la pupilla nera. La pinna dorsale e l’anale non diversificano dal corpo sì pe colori come per le macchie, solo vedesi parallelamente ai profili e verso la metà delle medesime una fascetta biancastra che le percorre in tutta la lunghezza. Le pettorali sono alquanto più olivacee: le ventrali più chiare sulla membrana hanno i raggi orlati di piombino. La caudale è più foschiccia macchiata come il corpo ma in tinta più scura, e mostra i raggi esteriori bianchicci. L'esemplare effigiato avea sei pollici di lunghezza: il maggiore veduto dal signor Cocco aveane otto e quattro linee, ed era alto tre e quasi un terzo. Venne a notizia dal signor Cocco questo pesce fin dal 1834 mentre aggiravasi attorno una quantità di Meduse che da qualche anno invasero i paraggi di Messina con grave noja di chi rinfrescasi in quelle acque. Non fu però esaminato che molto tempo dopo dal Professore suddetto, il quale ravvisatolo nuovo dettegli ben drittamente il nome spe- cifico di Medusophagus per l’avidità di cibarsi dei tentacoli filiformi di quelle Ortiche di Mare, sotto il generico di Schedophilus che significa amatore dell'Ombra quale infatti egli è; onde alcuni pescatori Siculi lo chiamano Pisci d'Umbra, meglio di quelli che gli applicano il nome di Pisci Purou più conveniente ad altri Pesci, che di Porco han la pinguedine o il grifo, n Ù î | O ZA UL GLIE RUVETTUS PRETIOSUS ROVETTO PREZIOSO RUVETTUS castaneo-olivaceus, subtus albidus: scutellis postice biaculeatis: squamis minimis: pinnula spuria utraque biradiata. Di: Ze 6:8 Bo iena DiaidiaSa 0450: RUVETTUS PRETIOSUS, Cocco, in Oss. Pelor. n. xii, Apr. 1835, Id. in Giorn.Sc, Lett. Sicil.xlii. n.124. p.21. Id. in Spett. Zancleo n. vii. Febbr. 1834. Id, in Nuov. Giorn. Lett. Pisa fasc. \xziii. P. se. p. 52. ROVETTUS (dehinc ACANTHODERMA) TeMmINCKI1, Cantraine, Lett.in Nuov, Giorn. Leti. Pisafasc.lxviii, P.Sc.p.176. ROVETUS ACANTHODERMA® Zalenc. in Cuv. et Valenc, Hist. Poiss. X. avert. p. x, N on sarà forse discaro ai nostri lettori il vedere con diligenza delineato nella serie degli animali da noi trascelti quel pesce che per la somma squisitezza delle sue carni primeggia facilmente tra quante delizie offre il mare ai banchetti degli abitanti di Sicilia, e con ragione può dirsi che racchiuda in se tutto il sapore delle sicule dapi decantate da Orazio, onde giustamente meritavasi il nome di pretiosus. Molto più prossimo al Tonno, nulla affatto ha di comune con lo Storione, a cui lo riferì il Rafines- que quantunque larghissimo dispensatore di nuovi nomi generici e specifici agli ani- mali da lui considerati. Forza è dunque supporre non aver esso veduto codesto pes- ce:coi propr} occhi, ma, forse gustatolo soltanto a mensa, aver creduto che col no- me di Ruvettu si distinguesse in Messina l’Acipenser Sturio di Linneo, perchè altrimenti non gli sarebbero potute fuggire le patentissime differenze fra pesci di diverse sotto- classi. Bensì al chiarissimo dottore Anastasio Cocco indefesso ittiologo di Messina dob- biamo la primitiva notizia scientifica di questo invidiabile abitatore delle onde tri- nacrie quale specie da tutte altre distinta: ed un suo cenno fu bastevole a consigliarci l'adozione del genere Ruoettus come proprio e caratteristico. Ora però che veggiamo coronata quella prima invenzione da una di lui lettera sull’argomento medesimo al Segretario dell'Accademia peloritana, nulla crediamo che resti in proposito a desiderarsi. Ma quando il Cocco si applicava al discuoprimento ne mostrò la figura dell’oggetto al signor Cantraine de’ Paesi Bassi, il quale viaggiava la Sicilia per acquistare cose naturali al Museo di Leyden; e fu appunta allora che l’ ottimo Belga invaghì soverchiamente del prezioso Rovetto, e procacciatoselo, gli venne in fantasia d’intitolarlo come cosa nuova al celeberrimo signor Temminck, appellandolo Ruvettus Femminckii, indotto dalla riconoscenza ad offerirgli il più bel pesce di quel mare che avea sotto gli auspicj di tal maestro e fautore con buon successo esplorato. Rendasi però a ciascuno il suo, e resti al nuovo pesce il nome di Ruvettus pretiosus impostogli dal primo vero ritrovatore. Fra le famiglie dei pesci che sono fornite di qualità più pregevoli e rare per l'umano nutrimento degnissima di principale onore è quella degli Scombridi. Lo squisita sapore 01. RUVETTUS PRETIOSUS. delle loro carni, la grandezza della mole, e sopratutto la copia maravigliosa della gene- razione, onde ogni anno ritornano a popolare i mari in cui godono di far passaggio, facilmente allettano la cupidigia dei pescatori che con ordigni grandiosi, con edifizj di Tonnare ed altri ingegni li predano abondantemente, li conciano e conservano, poten- do arricchire per tali salagioni poco men che per quelle delle Aringhe e dei Merluzzi. A questa famiglia, e più specialmente alla sua prima sottofamiglia degli Scombrini ap- partiene il Ruvettus del quale veniamo a parlare. Caratteri dell’intiera famiglia sono i pezzi opercolari integri, il corpo liscio, le scaglie lisce similmente e piccole, roton- date, adpresse, poste senz’ordine, infitte nella pelle: le pinne verticali quasi sempre nude di scaglie: robusta la coda, e specialmente la pinna caudale. La sottofamiglia poi si distingue dalle altre otto degli Scombridi per i raggi staccati che formano pinnule spurie simmetricamente poste in corrispondenza dopo la seconda dorsale e l’anale. Il corpo in essi non è rotondato e accorciato giammai, nè smoderatamente allungato, quale si vede in Scombridi delle altre sottofamiglie, ma sempre lanceolato o fusiforme. Lo Scomber, l'Auxis e il Thynnus di Cuvier, il Palamita nostro, il Cybium, il Thyr- sites ed il Gempylus di Cuvier sono tutti i generi da noi finora compresi fra gli Scom- brini: ma da tutti questi differisce il nostro perchè ha una sola pinnula spuria dietro le pinne verticali, e perchè riveste la cute di punte che rendono impossibile il lisciarla con la mano dalla coda inverso il capo, onde ebbe tanto il nome di Ruvettus quanto quello d'Acanthoderma. Il suo corpo allungato e compresso è privo di corsaletto, e di carene o creste sui lati della coda, armato di piccole piastruccule dure, piane, insinuate nella cute da quel lato che riguarda il capo, libere nel lato opposto che termina con due aculei acuti, ineguali, disposte in ordine quincunciale per tutta la superficie, e ricoperte di nume- rose scagliuzze lisce, rotondate. Il capo è mediocre con fronte alquanto declive, la bocca terminale obliqua, ampia, poco arcuata: le mascelle ottuse in punta, dissimili, essendo più lunga la inferiore: gl'intermascellari due volte più larghi anteriormente che posteriormente: i mascellari all’incontro, slargati e fatti a cuneo rotondato all’ in- dietro, levigati come sono i primi: le labbra semplici: la lingua ovata, libera, breve, larga, liscia, rotondata all’apice. I denti robusti, acuti, incurvi, spaziati, uniseriali alle mascelle, disposti ad arco lungo le ossa palatine, ed osservabili anche sul vomere: le fauci con tubercoli sparsi di denti piccoli, molto vicini tra loro ed acuti. Occhi laterali, quasi medii, prossimi al muso, grandi, rotondi, poco sporgenti, forniti di membrana nit- titante annulare. Il doppio foro delle narici disuguale, maggiore essendo il posteriore. L'apertura branchiale laterale, arcuata, ben proporzionata: le branchie approssimate, dissimili, e quelle esterne tubercolate e pettinate internamente: la membrana branchio- stega con sette raggi. Gli opercoli integri, rotondi coi quattro lor pezzi nascosti sotto gl'integumenti comuni, onde appariscono difilli. La linea laterale è appena visibile. L’ano è quasi medio. Otto sono le pinne: due dorsali dissimili; l'anteriore bassissima, estesa in lunghezza, giungendo a toccar quasi la posteriore ch'è molto più elevata; 1 raggi della prima spinosi, quelli della seconda ramosi: le pinne pettorali medie, me- diocri, leggermente falcate: le ventrali toraciche, piccole, subcontigue: l’anale simme- trica con la dorsale posteriore, ma meno estesa all’innanzi: una semplice pinnula spuria formata da due soli raggi congiunti da membrana dietra la seconda dorsale e l’anale: la pinna caudale forcuta. RUVETTUS PRETIOSUS. L'altezza del Ruvettus pretiosus tre volte maggiore della grossezza vien compresa cinque volte nella lunghezza. Il capo è lungo quasi un quarto della totale lunghezza. Tre infossamenti, de'quali quel di mezzo più grande, coperti di una pelle levigata, sono sul vertice e ai lati di essa: l'apertura della bocca giunge fino alla metà del capo. Nell’or- dine di denti che ricorre intorno intorno tanto all'una che all'altra mascella, più lunghi sono gli anteriori; quelli della inferiore ascendono al numero di dieciotto per parte: più spessi sono quelli della superiore, in cui si vedono eziandio quattro denti ricurvi disposti in quadrato nell’interno dell’apice, due dei quali più grandi. I denti dell’altro ordine che ricorre sulle ossa palatine son più piccoli di quelli delle mascelle, ma forti: due un poco più grandi ne porta il vomere. Il diametro dell’ occhio è poco più di un sesto della lunghezza del capo; il suo centro si è a perpendicolo degli angoli della bocca, e n'è di- stante quasi un diametro e mezzo. Il foro più piccolo e anteriore delle narici è di forma ellittica poco lontano dal profilo della fronte, e ad ugual distanza tra la punta del muso ed il centro dell'occhio; tra esso foro e l'occhio si apre l’altro foro più ampio di figura triangolare curvilinea, e più discosto dal profilo della fronte: la distanza tra l'uno e l’al- tro è quasi un semidiametro dell'orbita. L'ano si apre a tre quinti dalla punta del ca- po. La prima dorsale si dirama sopra il margine dell’ opercolo al quarto anteriore del pesce, e si estende per due settimi della lunghezza totale: vien costituita da quattor- dici raggi spinosi, a grande e uniforme distanza fra loro, dei quali gl’intermedii sono più alti e non contano tuttavia che un sesto dell’ altezza soltoposta del corpo, onde supe- riormente è contornata da una linea convessa. Quasi a contatto di essa si alza la dorsale posteriore erta e falcata, la di cui base è due terzi dell'altra: il terzo de’suoi sedici raggi ch'è il più alto vien compreso tre volte nell’ altezza del pesce: dopo di esso fino al nono decrescono rapidamente, e quindi gli altri conservano un'altezza uniforme; per la qual cosa il profilo superiore della pinna si presenta prima con un angolo saliente, e poscia con altro angolo rientrante: la distanza tra un raggio e l’aliro va crescendo sempre con l'andare verso la coda; i primi tre sono quasi a contatto tra loro. Le pet- torali impiantate presso all’opereolo a tre quinti dell’ altezza dal dorso; lunghe quasi due terzi dell'altezza del pesce, han forma di un triangolo ottuso. Le ventrali collo- cate poco dieiro le pettorali sono corte, e vengon comprese tre volte nell’altezza mag- giore del tronco. A tre quinti della lunghezza si trova l’anale, la cui base è tre quarti di quella della seconda dorsale; il suo termine cade a perpendicola sotto quello della nominata pinna: i suoi quindici raggi sono disposti a distanza tra loro eguale, alquanto però minore di quella che è tra i raggi della seconda dorsale. L'altezza della parte as- sottigliata del tronco è appena un quinto della lunghezza del capo. La caudale sì di- vide in due lobi simmetrici, i cui raggi più lunghi, che sono quelli disposti per lo mezzo di ciascun lobo, sono quasi tre quarti dell'altezza del corpo. I colori del pesce sona un castagno verdognolo che tende al fosco sul dorso, con alcune cangianze violette sui fianchi, e viene sbiancandosi di mano in mano che scende sul ventre, ove si volge in biancastro sudicio. L'iride è scura sù di un fondo argen- tino, e la pupilla grande bianco-cenericcia. Le pinne sono del color del dorso, con qualche sfumatura di giallastro, ma principalmente le dorsali tendono al nerastro sul margine superiore. Il fegato mediocremente grande di questo pesce vien separato in due lobi: il si- nistro ha un volume più che doppio del destro, ch'è indiviso, l’altro termina in due RUVETTUS. PRETIOSUS. lobuli, essendo l'interno poco più lungo dell'esterno; la cistifellea grandetta, larga poco meno del lobo minore onde spiccasi, si mostra a figura piriforme. La milza più breve del più piccolo tra gl’ intestinuli, ad uno de’ quali si attacca, ha forma cilindrica al- lungata. Dopo un breve e largo esofago viene lo stomaco a pareti molto grosse e ro- buste, con pieghe interne longitudinali assai pronunziate, comuni anche all’esofago ; esso viene intieramente formato dal sacco stomacale conico, la cui lunghezza uguaglia i tre quinti di quella delle intestina; ha però un'ampiezza molto maggiore, anche verso le sue estremità. Il piloro è di ogni altra parte più robusto, avendo grosse e quasi cartilaginee le sue pareti. Intorno ad esso si trovano dieci intestinuli ciechi, quasi eguali fra loro, e di una lunghezza poco meno di un quarto di quella delle intestina. Cin- que altri collocati a poca distanza l'uno dall’ altro sono lungo la porzione del duodeno: il primo è poco diverso da quelli descritti; gli altri vanno decrescendo in lunghezza fino all’ ultimo: le loro pareti sono grosse, molli; la mucosa interna è in tutti fimamente reticolata: poco ne differisce la mucosa delle intestina, poco ampie, a pareti mediocri ed uniformi: la struttura irregolare interna si rende meno sensibile quanto più si pro- cede verso il retto, il quale incomincia dopo un leggero stringimento. Il retto è due settimi di tutta la lunghezza delle intestina; si distingue per l'ampiezza alcun poco maggiore, per la più grande robustezza delle pareti, e per la struttura reticolare inter- na, più larga e più marcata. Esisiono le due glandoie laterali, di grandezza considere- vole, e di lunghezza eguale a quella del sacco stomacale. Il bell’esemplare che abbiamo sott'occhio ci fù mandato dall’ egregio Signor Benoist giovine Ornitologo di grandi speranze, al quale professiamo molte obbligazioni, e che speriamo poter invogliare dello studio dei Pesci, cui tanto ci sembra disposto. La lunghezza assoluta di questo è di piedi tre, pollici otto: la misura delle inte- stina calcolate dall'ultima appendice pilorica di piede uno, pollici nove. Gl’intestinuli ciechi più lunghi giungono a pollici cinque e mezzo. Il sacco stomacale è lungo pollici tredici. Il lobo maggiore del fegato largo pollici cinque e mezzo, è lungo poco più di quattro pollici, comprendendovi l'estensione dei lobuli: quello minore largo nella sua maggior ampiezza due pollici e tre linee, lungo pollici quattro. Lunga la milza due pollici e sette linee, larga meno di quattro linee. La cistifellea lunga tre pollici e nove linee; larga un pollice e due linee nello stato vuoto. La natura che donò al Rovetto sì buon sapore, lo tien riposto ordinariamente nelle più cupe profondità del pelago, ove suole nascondersi tra gli scogli: perciò rarissime volte si piglia con lunghi e grandi ami nell’acque di Messina di cento e talvolta più libre, in ogni stagione, e forse più nell'inverno tra le gare de' nobili conviti, Altra ra- gione che il titolo di prezioso ottimamente gli si convenga, Leon ne AALII/ Pd Ris: 905 gi ACIPENSER STURIO STORIONE COMUNE srurio: labio, superius stricto, incisura nulla: cirriîs reclinatis ab oris margine distantibus: centris scutorum temporalium minus quam parietalium a rostri elongati apice remo- tis: scuto priori dorsali ab occipitali vix remoto. È i pr AT DI ZO MI 10 00 ZAINI C 11/75. Adult. Rostro. pyramidato, lato, acuminato: cirris rostri apici quam ori vix propiori- bus: scutis dorsalibus a se invicem subremotis. Junior. Rostro subulato, recurvo: cirris ori quam rostri apici valde propioribus: scutis dorsalibus subcontiguis. ACIPENSER stURIO, Linn, Syst. Nat. I. p. 103. sp. 1. Id. Faun. Suec.p.108. sp. 299. Miller, Prodr. Zool. Dan.p. 31. sp.522. Bloch, Oecon. Naturg. Fisch. Deutschl. III.p.8g.tab. 88. Gmel. Syst. Nat. I. p, 1485. sp. 1. Schneid, BI. Syst. p.547. sp. 1. Risso, Ichth. NNic.p.56. sp. Id. Hist. Nat..III.p.166.sp.1. Nardo, Prodr, Adr.Ichth.sp,35. Faber, Nat. Fisch, Island.p.4h6, Nills. Prodr, Ichth. Scand. p. 109. Fitz. et Heck. Monogr. Acip. p..507. tab, xxvii, fig. 8. tab. xxvili, fig. 5. 4. ACIPENSER EUROPRUS, Linn. Mus, Ad, Fred. I. p.54.tab. 18. fig. 2. ACIPENSER LICHTENSSEINII, Schn. BI. Sysò, p. 348. sp. 4. tab. 69. monsix.. STURIO VULGARIS, Rafin. Ind. Itt. Sic, p.h1. sp. 298. ACIPENSER RUTHENUS, (Vaccari, Itt. Adr.p. 23. sp. 94. "Ovonos, Aristot. Hist. Anim. Aihenaeus, lib. viii. p. 315. ACIPENSER,, Plim. Hist,Mund.Ll.ixz, c.xwii.l.xxxzii. o. xi. Qvid.Halieut.wuli. Rondel. P.M.I.l.ziv.c.iz. p.h10, storIo, Jov. Pisc. Rom. cap.iv. p. 18. Bellon. Aquat. I. p.100. cum fig. stuRIO sive sILuRus, Salvian. Aquat. Hist xxx. p. +13. tab. 112. fig. 32. STURIO primus et secundus ,, Gesn. Aquat. 1V. p. 93. cum fig. ct p. 931. STURIONIS duo genera, ijuorum prius, Venetis moronA vocatur, Aldr. Pisc, lib.iv. cap.ix, p.526.cum fig.ex Gesn, ACIPENSER verus a Martino Foxio Medico Cracov. missus, Aldrov. Pisc. lib. iv. cap. ix. p. 527. stuRIO , Rondeletio AcipENSER, Salviano siLurus, /Wi27, Iehth.l.iv. cap.xxii. p.239.t.P.7. fig.3. Ray,S.P.p.112.sp.2. &CIPENSER seu sTURIO, Jonst. Pisc. EL. lib. ii. tit.i. cap. vi pi 74. tab. uziii. fig. 8. xuso parvus. ex Pado, Marsil. Danub. Panon.-Mys. vi, tab, xvii, ACIPENSER corpore tuberculis spinosis aspero, Artedi, Gen. Pisc. p. 65.sp. 1. Ig, Synon, p. 91. sp. L. ACIPENSER cute asperrima, quasi lessellata, seriebus tuberculorum sigidorum, A/ein, Hist, Pisc. Miss. iv, p.12. sp. ti ACIPENSER cute. et tuberculis: laewioribus praecedenti, capite graciliori, A/ein., Hist. Pisc. Miss. iv. p.153, sp. 2. junior ACIPENSER citris quatuor, corpore etc. rostro subacuto, Gronov. Mus. I, p.60.sp.131. Id. Zooph.p.39, sp.149». ESTURGEON et PORCELLETTE ,, Belon. Nat. et Pourir. Poiss, I. p.89. et 91. cum fig. in p. 9I. ACIPENSERE EsturGEON, Laccp. Hist.Nat.Poiss.I.p.411. Duham,Tr.Péch.II, Seot.viii.p,221.tab.1. fig.3.. EsTURGEON commun, Dict. Class. Hist. Nat,VI.p,5:5, Daub.Dict. Ichth. in Ene.Meth.Hist.Nat. III p.159;. ESTURGEON DE LICHTENSTEIN, Dict. Class. Hist. Nat. VI. p,519. monstr. ESTURGEON ORDINAIRE, Cuv, Tabl. Elem. p. 519. Id. Règn. Anim. LI. p. 142. Id. Ibid.2. ed. IT. p. 579; STURGEON , Penn, Brit. Zool. IIT.p.124. tab. 19. junior, Shaw, Gen. Zool. K..p.370. tab. 159,. GEMEINER sTOR, Brandt et Ratzeburg, Med. Zoolog. II. 1. p.17.tah, 5. fig.r» stòRRE oder stORIE, Pontoppid. Nat. Hist. Norw, LI. p. 288. Î Pescì con denti non impiantati nelle mascelle, ma solo aderenti superficialmente: alla cute e mobili con essa, con branchie pettiniformi, con ischeletro a periosto gra» 07 | ACIPENSER STURIO. nuloso, privi di scaglie dermiche, o chiaminsi Chondropterygii coll’ Artedi, o Cartila- ginei col Cuvier, o Zchtioderi col Latreille, o Dermodonti col Blainville, o Placoidi con l’Agassiz; formano certamente una Sezione assai naturale. Convien però distaccarne i Cyclostomi, volgarmente detti Lamprede, perchè sono di gran lunga inferiori nella scala degli esseri animali, anzi i meno perfetti di tutti i Vertebrati, quantunque l’universa- lità degl’ Ittiologi, non eccettuati noi stessi, indotti da un semplice carattere negativo abbianli a torto fino a questo giorno riuniti artifizialmente coi medesimi. Che se per la poca solidità dello scheletro e per lo modo in cui siedono i lor denti, le Lamprede si ravvicinano ai Chondropterygii, tuttavia per la forma del corpo e per alire circostanze che non giova quì numerare, si rannodano con le Anguille, al tempo stesso che, per avere le branchie bursiformi, e, bene osservando, anche per la natura dello scheletro, differiscono moltissimo da tutti i Pesci, e più che le due serie dei Cartilaginei e de- gli Ossei non differiscono l’una dall’ altra, Non è questione facile a decidere se nella gerarchia sistematica il complesso dei Cartilaginei sia inferiore o superiore a quello degli Ossei, cioè dei Gnathodonti del Blainville, stando per l'una e per l’altra opinione ragioni di ugual valore e numero. Lo sviluppo più grande del sistema sensorio e sopratutto uditivo, la complicazione degli organi generatori, e il simulacro d'accoppiamento che n’è conseguenza, farebbon pre- ponderare i Cartilaginei: ma la mollezza e l’imperfezione dello scheletro, e specialmente il non apparir distinte le ossa del cranio, la superficialità dei denti, la minor compli- cazione degli organi respiratori sono motivi che li fanno posporre agli Ossei. Nei Chon- dropterygii, che sono quasi tutti marini, niuno esclusivamente d’acqua dolce, lo schele- tro non solo è cartilaginoso, ma ciò che più monta, non è formato da fibre ossee, per- chè la materia calcarea vi si depone non già a filamenti, ma a piccoli granelli e sulla superficie sola; perciò accade che il cranio formato di un sol pezzo manchi di suture, scorgendovisi unicamente per mezzo di sporti, di avvallamenti, e di fori quelle ossa che sono distinte nel capo degli altri pesci; nè tutte vi si veggano quelle articolazioni che nei rimanenti si trovano: mancano eziandio le ossa mascellari, e intermascellari, esistendone semplici vestigi nascosti sotto la cute, e facendone le veci le ossa analoghe alle palatine, e talvolta anche il vomere. Si separin poi come è dovere le Lamprede dai Condrotterigii, o si continui a comprendervele artifizialmente, resta sempre fermo che la detta sottoclasse dei Cartilaginei si possa dividere in due Sezioni, La prima di ‘ queste formasi di Chismopnei cioè Unibranchiaperturi del Blainville, i quali hanno le branchie libere o in tutto o almeno in parte, con una sola apertura esterna da ciascun lato fornita di opercolo più o meno sviluppato. La seconda contiene i Trematopnei cioè Pluribranchiaperturi del Blainville, distinguibili per le branchie che hanno attaccate alla pelle nel margine esterno, aperte in due serie di fessure non opercolate. Lasciando ora da banda quest'ultima sezione, che esser dovrebbe la prima se si desse precedenza di grado ai Selacei, dei quali soli si compone, escluse le Lamprede; veggiamo quella dei Chismopnei, che collega i detti Selacei coi pesci Ossei, racchiudere due ordini; l’uno de- gli Storioni, detto Eleutheropomi dall’opercolo libero più o meno, come nei pesci nor- mali; l’altro delle Chimere, detto degli Acanthorrhini, perchè i maschi portano alcuni pungiglioni sul naso, Nei primi le branchie sono libere con un solo foro anche all'in- terno, manifesto l'opercolo, e la mascella formata dal palatino saldato coi mascellari, Nei secondi le branchie sono aderenti mediante la maggior parte de'loro margini, con ACIPENSER STURIO. cinque fori interni al fondo dell'apertura comune; l’opercolo rudimentale nascondesi sotto la cute; la mascella consiste nel solo vomere. I Due famiglie comprende l'ordine degli Storioni. La prima vien costituita da quelli detti Polyodontidi, nei quali il corpo è privo di scudi, il muso si allunga moltissimo, ed ha i margini slargati a guisa di foglia; l’opercolo completo, soverchiamente pro- lungato in una punta membranosa; la bocca guernita di molti e piccoli denti, molto fessa, sostenuta da un peduncolo a doppia articolazione. L'altra poi comprende gli Acipenseridi, nei quali il corpo è armato di scudi ossei, nè il muso nè l'opercolo, ch’ è incompleto, sono stranamente prolungati, e priva di denti è Ja bocca mediocremente fessa, sostenuta da un peduncolo a triplice articolazione. In ambedue le famiglie però la sagoma generale Squalina, il numero, la forma e la posizione delle pinne si veg- gono le stesse. Parecchie parti solide del capo, e tutte quelle della spalla sono in am- bedue totalmente indurite ; cioè quasi ossee alla superficie, ma non già fibrose: il muso altresì viene costituito dalla riunione della cartilagine nasale con 1’ etmoide, e sosie- nuto dal vomere sporto al di sotto che lo divide longitudinalmente in due parti: la colonna dorsale è formata di vertebre decisamente distinte che sono inoltre provviste di costole spinali sviluppate e grandette, come nei pesci ossei; la sostanza gelatinosa però che suole riempire gl’intervalli delle vertebre e comunicare dall'una all'altra per un'angusta cruna, forma, come negl’imperfettissimi Cyclostomi, una corda che senza cambiar mai diametro le infila tutte quante. Il notatojo, che manca negli altri Chon- dropterygii, è grande, e comunica mediante un largo foro coll'esofago: nell'interno del tubo intestinale verso l’estremità inferiore trovasi una lamina spirale, simile total. mente a quella degli Squali; il pancreas è come in questi compatto glandulare, ma il corpo spugnoso, analogo alle appendici piloriche degli Ossei, che prima delle belle scoperte del professore Alessandrini di Bologna solevasi erroneamente scambiare con quello, incomincia a suddividersi in intestinuli ciechi, Nello stato presente dell’Ittiologia la famiglia degli Acipenseridi ci offre due ge- neri: il primo Scaphiorhynchus, Heckel, di cui non conosciamo i caratteri, ma che senz'altro ha per tipo un Acipenseride da noi raccolto in America, che può meritare tal distinzione per lo muso grande, assai dilatato, quasi marginato da cartilagini, i maschi del quale poriano in cima al rostro pungiglioni analoghi a quelli delle Chimere; il se- condo Acipenser, del quale seguono i principali caratteri, Corpo allungato, armato di scudi ossei collocati in cinque serie longitudinali; capo loricato col muso allungato, acuminato, fornito inferiormente di quattro cirri, e con la bocca al di là di essi, retrattile, edeniula: spiragli dietro le tempia: aperture bran- chiali grandissime, munite di opercolo, ma senza raggi branchiostegi: pinna dorsale unica, vicinissima alla coda, ed opposta all’anale; caudale semilunare cingente l’estre- ma parte assottigliata del tronco. Prima però d'inoltrarci più a fondo nel soggetto che c’incombe trattare, rammen- tiamo che la gran divisione dei Chondropterygii, quale l’adottiamo noi, differisce dalle divisioni di altri autori già recate in mezzo come sinonime in principio di questo ar- ticolo, perchè non solo ne rimangono escluse le Lamprede, ma eziandio altri pesci in- trusi ad arbitrio, mentre al contrario comprende pesci che altri non vi ammettono, tra' quali è appunto il nostro genere. Infatti per Latreille, che costituisce coì suoi affini DI la così detta Classe degli Zctioderi, lo Storione non è un Zctiodera ma sibbene il primo 97% ACIPENSER STURIO. dei Pesci: Agassiz poi, il quale avendo preso a norma esclusiva gl’integumenti della pelle d'altro non s'interessa riguardo alle divisioni primarie, non lo considera un Pla- coido, come'i Selacei e i Cyclostomi, ma insieme coi Plectognathi coi Syngnathî e con cinquanta generi che egli rifabricava di avanzi antidiluviani ne costituisce l’ordine dei Ganoidi il quale, sia detto incidentalmente, non possiam credere naturale. Poco ci duole di non aver esaminato abbastanza nè aver tutti osservati i lavori fatti sopra codesto genere dai Signori Guldenstaedt, Pallas, Lepechin, Rafinesque, Lovetzky, Brandt e Ratzeburg, perchè la recentissima monografia pubblicata dall’ egregio Signor Fitzinger in compagnia del Signor Heckel, la quale non prima d'ora ci giunse da Vienna quando già i torchi premevano queste carte, ha riempiuto ogni nostro desiderio, e fu bastante a scorgerci per una via che finora intricatissima non avrebbe potuto mostrarci la intiera dottrina che li Storioni riguarda. Diffondendaci dunque dietro le di lui tracce sui caratteri descrittivi di questo importantissimo genere, e dettagliandoli minutamente, il tronco ci si presenta a forma piramidale di cinque facce, una delle quali costituisce la parte inferiore, due laterali parallele, ed altre due concorrenti sul dorso: il profila di questo è curvilineo, e tutti gli spigoli formati dalle facce sono ricoperti di scudi ossei, perciò disposti in cinque serie. Piramidale può dirsi pure la forma del capo con quattro facce, una delle quali è la continuazione della parte inferiore del pesce, due laterali che costituiscono le gote, e l’ultima superiore inclinata in avanti che forma la fronte. La sommità del capo è guernita di piastre, che indicano le varie ossa del cranio. Inferiormente più o meno vicino alla bocca e innanzi ad essa trovasi una car- tilagine di durezza ossea, alla quale si attaccano quattro fili carnosi che diciamo cirri o barbette. Molti pori destinati alla secrezione del muco si vedono in questa parte non che nella superiore; la di cui disposizione variata nelle diverse specie potrebbe of- frire un'ottimo carattere per distinguerle. La bocca s'apre trasversalmente di sotto in una specie di avvallamento ora dietro gli occhi, ed ora sotto di loro: essa è me- diocremente grande, del tutto priva di denti, e sostenuta da un peduncolo cartilagineo a tre articoli, onde rimane sciolta, ed acquista attitudine a protrarsi: il palatino sal- dato ai mascellari costituisce la mascella superiore, e si trovano vestigia degl’ inter- mascellari nella spessezza delle labra: la mascella inferiore trovasi costituita dai soli mandibolari: le labra sono più o meno carnose. Gli occhi, spesso di grandezza disu- guale, sono collocati sui lati del capo. Le narici, vicine agli occhi, anch'esse laterali, si aprono in doppio foro, il più profondo ed allungato de'quali è quello prossimo all'oc- chio; l’altro più elevato e più rotondo. L’una e l’altra apertura branchiale sono larga- mente fesse: l’opercolo rotondato inerme, quantunque grandetto ed accresciuto da una sostanza carnosa che lo cinge intorno, non giunge a chiuderle intieramente. Dietro le tempia, presso il margine superiore dell’opercolo, e quasi ad ugual distanza tra gli occhi e l’attaccatura di esso opercolo scorgesi un piccolo spiraglio che comunica con le aperture branchiali, preso ben a torto da taluni per un foro uditorio, L'ano s'apre poco dopo le ventrali, e molto lontano dall’anale. Due grandi scudi posti dietro l'oper- colo denotano la clavicola: gli scudi del dorso impiantati fortemente nella pelle sona duri, striati, a due facce rotondate, acuminati nell'incontro di esse, dentellati più o meno sui margini, contigui, e perfino embricati nei giovani; più grandi sono quelli di mezzo, e decrescono quanto più si approssimano alle estremità; la serie loro ha principio dall’intestatura del capo col ironco, e termina dove principia la pinna dor- ACIPENSER STURIO. sale: quelli che rivestono gli spigoli laterali sono più spessi e più piccoli; hanno le facce meno inclinate, più allungate, e l’uncino più depresso; disposti alquanto obli- quamente principiano dietro l’opercolo progredendo fino alla coda. Irregolari sono quegli scudi che fiancheggiano il ventre e nella disposizione non differiscono gran fatto da quelli dei lati; le due file da loro costituite si protraggono fino all’anale, in- contrandovisi ambedue senza soffrire altra interruzione fuori di quella che si produce dalla interposizione delle ventrali. Non saprebbesi determinare con verità il numero degli scudi in ciascuna fila, variabile anche negl’ individui della stessa specie col cangiar dell'età, ma non andremo lungi dal vero dicendo essere incirca una dozzina quelli del dorso, tre dozzine i laterali, una o poco più quelli di ciascuna delle due serie ventrali. La pelle negl’intervalli tra questi scudi è seminata di squame cornee di grandezza varia tra loro e di piccoli scudetti isolati, variati anch'essi nella forma e nella grandezza; nella parte però assoltigliata del tronco, che insinuatasi nella cau- dale .si prolunga all'insù, vedesi tutta rivestita da squame affatto diverse da quelle del resto del corpo, ora quadrilatere, ora trapezoidali, unite una all'altra a quadrelli co- me.le maglie di una rete. Sette pinne si vontano: una dorsale, due pettorali, due ventrali, ed infine la caudale, tutte grosse e con raggi numerosi e fitti: variano tuite nelle dimensioni e nella collocazione relativa, non solo tra una specie e l’altra, ma eziandio nei varj esemplari di una stessa specie a tenor dell'età. Del resto la dorsale è sempre assai retroposta, originata più al di là delle ventrali, e dalla metà in poi corrisponde con l’anale. Le pettorali di figura ovale, o tendenti piuttosto alla triango- lare. curvilinea, portano nel dinnanzi un grosso e duro raggio, e parecchi molli ra- mosi piantati all’intorno di una sostanza carnosa. Le ventrali sono situate tra le pet- torali e la dorsale, ma più assai vicine a questa, originandosi quasi ai tre quinti dell’in- tiera lunghezza del pesce; la loro base è due terzi di quella delle pettorali; la loro forma è trapezoidale, e constano di molti raggi ramosi. L’anale si trova centrale fra l’ano e la caudale, e poco differisce dalle ventrali. La caudale vien costituita da due lobi, uno assai stretto superiore all'estremità assottigliata del tronco, l’altro inferiore più alto specialmente nella parte anteriore onde si presenta falcato a forma di mezza luna, Le femmine sono più corpacciute dei maschi. I giovani si distinguono dai vecchi per molti caratteri, ma principalmente per lo muso più affilato ed acuto, leggermente ricurvo all'insù; per gli scudi ossei del dorso più prossimi fra loro, muniti di uncino più pronunziato; e pe raggi semplici delle pinne più numerosi. Sogliono abbandonare i fiumi nell'inverno riproducendosi di primavera ne' letti e nelle foci loro, non meno che nelle vicine sinuosità de’mari. Giungono frattanto a smisurate grandezze quanto più pascono nelle acque dolci de’ fiumi o nelle putrescenti de' brevi golfi marini, vivendo vita vagabonda e poltrona, talchè si dice che il peso di alcune specie monti perfino a tremila libre. Vero si è che fuori dell’ Acipenser stel- latus e del ruthenus, i quali rimangono piccoli, gli altri Storioni passano generalmente ‘i sei piedi di lunghezza, l'Acipenser Guldenstaedti giunge a dodici, e l’Acipenser Huso, gigante del genere, monta perfino a venticinque. Mangioni e divoratori al più alto gra- do spopolano i fiumi come gli Squali il mare, e si cibano di molluschi, di vermi, di pesci, che adescano con le barbette, e di ucelli acquatici, che ingojano intieri; ma più che ogni cibo appetiscono le uova di altri pesci, per le quali bisogna che penetrino col, duro ed acuto rostro non meno i fondi limacciosi che le folte piante palustri vi- g758 ACIPENSER STURIO. cino alle spiaggie. Se con gli esposti costumi volesse alcuno giustificare certe denomi- nazioni soltanto volgari e generatrici di confusione per l'identità de’ medesimi in al- tri pesci, non però affatto erronee, di Zupo cioè dalla voracità, di Porco dal pia- cere d’imbrattarsi, di Asello dalla poltroneria (Orisco di Aristotile) etc. applicate allo Storione, chi sà che non isvanissero tante anomalie, e meglio si ravvisassero le idee degli antichi riguardo a sì famoso abitatore delle acque. Vogliono alcuni che sienvi Storioni ermafroditi; ma noi non sappiamo fomentare, nè bandire il sospetto altrui, Benchè però abbiano moltissima somiglianza co’ Selacei, depongono essi le uova, e in tal numero, che talvolta se ne contarono da’ curiosi fino a trecentomila, se vogliasi pre- star fede a chi lo narra: ma certo si è che numerosissime hanno le ovaje, e quindi non è calcolabile la riproduzione loro. Nè a ciò vogliasi opporre la rarità, perchè scar- seggiano dove sono avventizj, ma nelle proprie lor sedi compongono popolazioni senza numero, e quivi le prede sono straricche di maniera che in un sol punto a Saliana sopra il Kour tra le genti che adorano i fuochi perpetui, si racconta che l'appaltatore della pesca ne prenda fino a ventimila in un giorno e guadagni mezzo milione, onde l'acqua più che il fuoco saria men brutto che si adorasse da quelle. La maggior parte delle specie (non però le Americane) hanno la carne buona, ma tra tutte porta il vanto l'Acipenser ruthenus, il famoso Streletto, pretiosus Elops di Ovidio, il quale appena incappa la prima volta della stagione nei pescatori del mar Nero vola al desco del potentissimo Czar con la celerità dei più rapidi Cosacchi anelanti al generoso regala di Pietroburgo. Delle uova loro s' impasta il Caviale, e quello dello Streletto è riser- vato alla corte rutena. Dal notatojo, segnatamente dell’ Acipenser huso perciò deito Ictiocolla, si estrae la colla di Pesce tanto impiegata nelle arti, Per quel che riguarda la suddivisione del genere lascieremo da banda gli studj poco felici del Rafinesque, e quelli di altri autori più o meno lontani dalla perfezione, parendoci miglior consiglio lo attenerci alla monografia del soprallodato Fitzinger no- stro principal duca e maestro in questo articolo. Perciò ne consideriamo sei sottoge- neri, cioè Zeoniscus, Acipenser, Helops, Antaccus, Sturio, Huso, a’ quali appartengo- no diciassette specie; undici dell’antico continente (sei delle quali vivono nel Danu- bio) e sei del nuovo. I tre primi, Leoniscus, Acipenser, Helops, hanno gli scudi unci- nati del dorso pendenti soltanto allo innanzi a guisa di acuta tettoja col punto cul- minante al di dietro. 1 tre altri sottogeneri poi Antaceus, Sturio, Huso, hanno gli scudi a doppia tettoja, cioè declivi all’innanzi e all'indietro col punto culminante sul mezzo. Il primo (Zeoniscus ) il quale non ha che una sola specie, mostra la cute co- perta solo da piccole scaglie ossee pettiniformi, e le barbette sfrangiate: distinguesi poi da tutti per l’inferior labro che gli corre uguale dall'uno all’altro angolo della boc- ca, e che negli altri unicamente consiste in un bordo di qua e di là interrotto nel mezzo. Il secondo (Acipenser) di sei specie, oltre avere, a differenza del primo, il labro inferiore interrotto, veste come quello la cute coperta solo da piccole scaglie ossee pettiniformi, e porta sfrangiate le barbette. Il terzo (Z/elops) di una specie sola, ha le barbette semplici come le hanno i due seguenti, e la pelle munita di scaglie ossee, pettiniformi, varie di grandezza, e di scudetti stellati. Il quarto (Antaceus) di due specie, ha sulla pelle scudetti ossei grandetti, ed altri minori stellati. Il quinto (Sturio) anch'esso di due specie, porta una cute zigrinata, aspra cioè e granulosa per le scagliette ossee ottusamente angolate. Il sesto (uso), che si presenta di ben cinque ACIPENSER STURIO. specie, indossa pelle punteggiata grossolanamente di scaglie ossee puntute, e porta bar- bette compresse a guisa di tenie velate, Il secondo ed il sesto dei suddetti sottoge- neri vagano nell’uno e nell’altro mondo, gli altri quattro privilegiano l'antico; ma l'America, che non ha sottogeneri propri, è largamente compensata dai due altri generi dell'ordine degli Storioni, Scaphiorhynchus e Polyadon, che non si trovano nel nostro emisfero. | | Le varie specie dunque del genere 4cipenser spaziano per grandissimo tratto del vecchio e del nuovo mondo ma nel solo emisfero boreale dal trentacinquesimo al cin- quantesimo grado di latitudine, mentre però fino al settantesimo inoltrano alcuni indi- vidui erranti di esse, Il Mar nero, quello di Azov, il Caspio, i fiumi che in essi versano, e i laghi di Tartaria che, come quello di Aral, una volta facevano parte del Caspio, sono la patria e la cuna principale degli Acipenseri che di colà, per via de’ congiunti mari e de' fiumi che vi mettono foce, si dilatano periodicamente nelle accennate con- trade, Così dal Mar nero s'introducono nel Nieper e nel Danubio, rimontando eziandio gli affluenti loro; così dalla Meotide li riceve il Don, come al Caspio li deve il Wolga e qualche altro fiume: e DEppur li desiderano mercè di simili veicoli nè la Cina, nè gli ultimi mari d' Quigato; nè la inaccessibile Siberia; anzi è osservazione certa che i pesci di questo genere più volentieri e più eno spargonsi verso levante, Anche gli Acipenseri Dhe sono del continente di America s'insinuano da quei mari per le bocche de’ grandi fiumi, e soggiornano ne’ vasti laghi di quelle contrade, uno minore de' quali ebbesi il nome di Zago Storione. La proporzione poi della relativa quantità sì delle specie e sì degl'individui valutasi più grande nel vecchio che nel nuovo emisfero, e di questo eziandio più nella plaga orientale, che nell’occidentale, nel cui estremo tut- tavolta si veggono le specie ad esso proprie peregrinare fin presso le isole Aleuti, ove tendono a riunirsi colle più orientali d'Europa, Il Mediterraneo, il Baltico, l'Atlantico e i fiumi che ad essi tributano non vantano che sole due specie ambedue Italiane: riman- dando perciò all’opera del Signor Fitzinger chi volesse distintamente conoscere tutti gli Acipenseri giunti finora a notizia dei naturalisti, ci limitiamo a parlare di quelle. Compongona esse il sottogenere Sturio quale vedesi ristretto dal detto Fitzinger ed hanno comuni i seguenti caratteri, la maggior parte de'quali però non potrebbero forse verificarsi in altre specie che si scoprissero di questo gruppo; conciossiachè variabili si. riconoscono negli altri sottogeneri. Il diametro del capo uguale a quello del tronco: la di lui sommità ricoperta da sette grandi piastre molto ben distinte tra loro, dure, zi- grinate, con raggiature appena segnate; e da piccole piastruccole intermedie lisce, molto suddivise, le quali si accumulano le une sopra le altre e non lasciano che piccolissimi intervalli riempiti di glandule mucose: la porzione superiore del muso vestita di pia- struccole dure più piccole, che s' intersecano fra loro simili per la forma alle altre, ma del tutto raggiate, e irregolari. Le due piastre parietali, quelle cioè che occupano. il centro del capo e che toccano lateralmente le mastoidee, sono le più grandi ed insie- me le più lunghe. Gli occhi grandi, uguali, I centri degli scudi che ricuoprono le cla- vicole meno lontani di quelli degli scudi frontali anteriori. Grandi gli scudi del ventre. La cute cuopresi quà e là di squame varie ma non mai frammiste a più grandi che assumano la forma di stellette, siccome accade in altri moltissimi Acipenseri. La parte inferiore del muso (eccettuato il tramezzo corneo), la regione degli occhi e quella delle narici, gli spazi fra gli spiragli e le aperture branchiali, e quelli che corrono fra gli Pizia ACIPENSER STURIO. scudi del dorso dei lati e del ventre, del tutto nudi. Le pinne pettorali ventrali ed anali più lunghe che larghe. Lunga la caudale quasi un quarto della lunghezza del pesce: la maggior altezza del lobo inferiore quasi un terzo della base. i fscndooi poi alla comune, cioè a quella fra le due specie che ha più esteso soggiorno, diremo doversi ad essa conservare il nome di Acipenser Sturio, L. che er- roneamente fu applicato a varie altre specie. Non sarebbe qui luogo a discutere il nome che presso gli antichi godeva questo pesce, poichè destiniamo i nostri scritti a ragionare di quelle cose soltanto che cadono sotto i sensi; mare sì vasto che non per- mette deviazione alcuna in quello ancor più largo delle filologiche disquisizioni: tutta- via per non aver taccia di rigidezza soverchia, o d’inimicizia verso quegli studj che tanto ne piacciono, vogliamo in difesa della sinonimia posta in fronte dell’ articolo, sog- giungere ragioni opportune a richiamare ad onore l'opinione che vi registriamo, sban- dita a dì nostri, quantunque la più naturale, cioè lo Storione romano esser l’Acipenser degli antichi. Per quanto abbiamo letto negli eruditi scrittori del secolo decimosesto, Paolo Giovio, Bellonio, Salviano, Rondelezio, Gesnero, Aldrovandi, non che negli al- tri più moderni, ne sembra che l'ostracismo del latino Acipenser sia derivato da im- matura e gretta interpretazione dell'ultimo verso dei frammenti Aleutici d’ Ovidio Tuque peregrinis Acipenser nobilis undis ‘ove la maggior parte si affrettarono a dire I’ Aciperser non poter esser Pesce delle nostre acque, ma sibbene di assai lontane. Noi però riflettiamo non potersi considerar compiuta la poetica evocazione, perchè la semplice frase nobilis undis peregrinis, con la quale si pretende significato un pesce che mai non passasse nelle nostre acque, troppo ci sembra laconica e niente proporzionata alla grandiloquenza Ovidiana. Per- ciò crediamo di non andar errati col supporre, che a quell’ ultimo verso de’ fram- menti seguisse in compimento della sentenza la frase Advecte în Tyberim, o qualunque altra che non lo negasse a' mari ed a’ fiumi nostrali. Chi crederebbe di fatti che lo Acipenser non fosse. pesce romano, quando gli scrittori antichi abondantemente ne parlano, quando ha latino il nome, del quale, se ne togli un miserabile tentativo del Gesnero, niuno sognò finora un origine peregrina? Raro, egli è vero, si predica, squisito boccone di pochi, vivanda imperiale, ma straniero non mai. È quella rarità, e quella privilegiata squisitezza non si ravvisano eziandio nello Storione moderno, che raro sì, ma pur si piglia ne' fiumi e ne’ mari nostri, ove alligna? Le indagini di ogni sorta ci hanno fatto conoscere che in carte del medio evo lo Storione si riferisce serbato alla mensa de’ Sovrani d'Inghilterra, di Scania, e di altre nazioni. Così negli Statuti di Brettagna leggiamo de Sturione vero ita observatur, quod rex idem habebit integrum propter suum privilesium; ed in quelli delle provincie scandinaviche, omnes pisces occupantibus conceduntur praeter Sturionem qui jurì regio, a quocumque reper- tus fuerit, cedit: e da contemporanei documenti veniamo a sapere altresì che i signori de luoghi lo eccettuavano dalla concessione delle pesche privilegiandone il desco loro. Lo Storione de'moderni, e de'tempi mezzani, soggiungono tuttavia, non è l’Acipenser degli antichi; ma bensì o il Silzro, o l’Attilo, mentre vogliono che l’Acipenser sia l'Elope, cioè lo Streletto de’ russi, ma non mai lo Storione romano. Noi i discuteremo brevemente queste diverse opinioni, ll ACIPENSER STURIO. Coloro che pretendono lo Storione fosse il Siluro si appoggiano a’magnifici versi di Ausonio nell’idillio della Mosella, ne’ quali pare ad essi dipinto non altro pesce che quello: \ Nunc pecus aequoreum celebrabere, magne Silure, Primo fu Paolo Giovio che sostenne questa opinione; quindi Ippolito Salviano con un fiume di erudizione porse mille armi in mano a coloro che il pesce famosissimo ci contrastano. Ma il Siluro, noi rispondiamo, non è dell’acque italiane che punto non lo invidiano alla Mosella: il Siluro non solo è indegno di esser cantato come cibo di lusso e di ottimo sapore, ma pur nei luoghi lontani dove pescasi in copia, è un mangiar dozzinale e spregiato; tagliasi perciò a pezzi, e stivasi in botti di salamoja per venderlo al basso popolo, onde abbiam fino da Marziale Vendere municipes fracta mercede Siluros, Ausonio di fatti non canta il Siluro qual pesce di ricca e ben preparata mensa; neppur lo pone tra’ pesci mangiarecci, come non avrebbe altrimenti tralasciato di fare: lo celebra soltanto per la smisurata sua mole: nè i colori, de’ quali poeticamente lo dipinge, potriano allo Storione convenire. Che se gli oppositori riassumessero doversi necessariamente intendere lo Storione per la ragione che vivendo realmente nel Reno e nella Mosella dovea meritare a preferenza di qualunque altro la celebrità de’ carmi, e tuttavia, se gli si tolgano que’ del Siluro, neppure vi si ricorda, sapendosi al con- trario che Simmaco in una lettera al Poeta si maravigliava aver lui nobilitato quel fiu- me di tanti pesci che non avea mai gustati colà in Treveri ne’ lauti suoi desinari; a questi che certamente non sarebbero lievi argomenti, risponderemmo che Ausonio can- tar volle de' Pesci soltanto. propri della Mosella, non di quelli, che vi penetravano dal mare, così volendo Nettuno, Sed neque tot species, obliquatosque natatus, Quaeque per adversum succedunt agmina flumen, Nominaque, et cunctos generosae stirpis alumnos Edere fas. Non ille sinit, cui cura secundae Sortis, et aequorei cessit tutela tridentis. Per la qual solennissima sentenza niuno è che non vegga il Siluro di Ausonio non poter essere lo Storione, che come dal Tirreno nel Tevere, così dal Mare del Nord trapassa nella Mosella. Quegli altri che vogliono il nostro Storione essere l'Attilo di Plinio, non l’Acipen- sere, ragionano così “Lo Storione è grosso pesce che vive nel Pò: Plinio mentova », l’Attilo come pesce grossissimo di quel fiume, nè disse mai che l’Acipensere sia ss di quelle contrade; dunque: lo Storione famoso de' Romani non è che l’Attilo di ss quello scrittore.” Ma futilissimo è questo ragionare, perchè nel Pò convivono due pesci, che molto si rassomigliano, e sono di fatto due Storioni, tuttavia diversi tra loro; l'uno de’ quali è il romano buonissimo a mangiare, che colà chiamano parimenti Sto- ° rion, l’altro si è quello che ira’ rimasugli dell’antico vocabolo Attilus dicesi Adano, 07 TETTE ACIPENSER STURIO. o Zadano, cibo non tanto squisito, nè così cerco alle mense: delle quali discrepanze parleremo più di proposito nell'articolo seguente che all'Attilo si riferisce. Fa dunque ancor di bisogno il rinvenire l’altro Storione del Pò, cioè il romano, nello Acipensere. Cade per se del pari la opinione di coloro che dimenticando essere stato l’ Elops ce- lebrato come espressamente prezioso per la squisitezza delle sue carni, trasferiscono cotal nome di E/ops allo Scherg de'tedeschi 4cipenser stellatus, pretendono ravvisare l’Aci- penser de' latini nello Streletto de' Russi, ossia Acipenser ruthenus. Coloro infine che con buone ragioni rivendicando il nome antico di Elope al pre- zioso Streletto del Mar nero e del Mar caspio vogliono anco appropriargli il nome Aci- penser togliendolo al nostro Storione, errano da questo lato assai maggiormente; im- perocchè l’Elope per testimonianza dello stesso Ovidio, che il primo lo fece conoscere a’ latini, non veniva, come tuttora non viene, nelle nostre acque: At pretiosus Elops nostris incognitus undis. quando al contrario l’ Acipenser ci viveva, e ci vive, come abbiamo veduto fin quì, Il qual verso del Sulmonese ne insegna ancora che l’Elope è un altro pesce diverso dall’Acipensere; imperocchè se questo voleasi in quello indicare niun bisogno era di soggiungere dopo molti versi quell'altro che abbiam riferito di sopra Tuque peregrinis, Acipenser, nobilis undis Della quale patentissima diversità se tuttavia rimanesse alcun dubio, chiameremmo in soccorso le seguenti parole di Plinio. Nunc adjiciemus apud Ovidium posita nomina, quae apud neminem alium reperiuntur ..... Helopem quoque dicit EssE NoSTRIS IN- COGNITUM UNDIS: ex quo apparet falli eos, qui eumdem Acipenserem existimaverunt. Non si può dunque negare a noi l’Acipensere, e molto meno arrogarne all’Elope il nome, da chi non voglia essere in perfetta contradizione col Sulmonese, nè si com- piaccia di trovarsi confutato da Plinio prima di emettere la invidiosa proposta; nel qual caso non meriterebbe di andare annoverato fra gli autori di una plausibile ipo- tesi seguita con somma nostra meraviglia dall’ esimio Cuvier. Condotta però a tal punto la questione, viene più che in altra guisa giustificato l’esclusivo nome di Aci- penser allo Storione romano; imperocchè se potea darsi che l’ Acipenser e l’Elops si confondessero nelle menti di chi si rimane alla superficie di queste materie, se Plinio argomentò appunto l’abbaglio loro dalle parole di Ovidio nostris incognitus undis; forza è concludere che cognito era l’Acipensere alle nostre acque, vale a dire nostrale, come ora non è altrimenti; e siccome lo Storione è l’unico pesce romano, che all’ Elops ras- somiglia, così abbiamo novella prova che altro non sia che l’Acipenser, poichè per confondere l'Acipenser con l’Elops facea duopo che grande rassomiglianza si conosces- se in ambedue. Non dee d'altronde recar maraviglia se dopo tanti secoli veggasi una tanta differenza di opinioni, ove poser le mani anco i semplici filologi: imperocchè fu- ‘rono pure discordi intorno ad esso gli antichi Romani ed i Greci, tra’ quali non mancò un Apione grammatico che sostenne l’Acipenser e l’Elops fossero un pesce solo; ma ri- peteremo con Plinio, dopo tanti secoli falli eos qui eumdem Acipenserem existimaverunt. Venendo ora ai particolari caratteri specifici dello Storione comune; negli adulti ACIPENSER STURIO. l'altezza del corpo, che avanza di un terzo la larghezza, vien compresa otto volte nella lunghezza: il capo non molto slargato è contenuto quattro volte e mezzo in tut- ta la lunghezza; la fronte turgidetta risale risentitamente verso il dorso; il muso poco erto è poco largo, quasi retto, molto allungato ed acuto, la cui misura è di due dia- metri e mezzo della bocca. Le grandi piastre che rivestono il capo sono rilevate nel centro, e gl'intervalli occupati dai pori escretori del muco assai ristretti. Le piastruc- cole del muso sono decisamente radiate. Le lunghe piastre parietali sono strette, con le branche posteriori rotondate circondanti la piastra occipitale che ha forma di ala- barda, giungendo sino alla metà di essa senza però raggiungerne il centro; mentre con le anteriori acute abbracciano la piastra etmoidea piccola rotondata, e quindi s' in- sinuano fra le piastre frontali sino alla metà della lunghezza loro, e giungono al paro dei centri. I punti centrali di quelle parietali sono ravvicinati; e la distanza rispet- tiva loro è minore per metà di quella del margine esterno delle piastre mastoidee. I centri di queste distano assai più che quelli delle parietali, e la distanza loro da questi è un terzo maggiore di quella che passa fra i centri delle parietali. Le pia-, stre frontali posteriori che vengono del tutto separate dalle branche anteriori delle pa- rietali, sono lunghe e larghette; hanno i centri molto rilevati che distano fra loro più di quelli delle parietali, con le quali formano in mezzo alla sommità del Capo' un largo avvallamento assai manifesto. La piastra soprascapolare è ovale, rigonfia, e non molto dissimile dalle piastre del capo: quella scapolare è foggiata a forma di trian- golo allungato con una punta ricurva. Il tramezzo corneo della parte inferiore del muso vien coperto da nove o dieci piccoli scudetti ruvidi. Le barbette piuttosto cor- te, e tutte uguali fra loro, semplici, ruvidette, leggermente compresse, e terminate in sottilissima punta, s'impiantano tanto più vicino all'apice del muso che alla bocca quanto è un sesto della lunghezza di esso: la distanza che corre fra le anteriori e le posteriori è doppia di quella che corre fra le laterali; e se ripiegandole si distendano parallele al muso, non arrivano al margine anteriore della bocca. Questa è di giusta «grandezza, e regolarmente disposta; il suo margine molle e membranoso ha i labri sottili, lisci, poco carnosi, dritto quel di sopra, intiero di margine, e non frastagliato. Grandi sono gli occhi e di forma ovale, collocati in modo che il margine posteriore Joro viene a cadere dietro la perpendicolare che si elevasse dal margine anteriore della bocca: distano quasi quattro diametri l'uno dall'altro. I fori inferiori delle na- rici sono ovali, ed il loro diametro stà a quello degli occhi come tre a cinque ;. i fori superiori più piccoli più rotondati, e forniti di un piccolo margine carnoso a diffe- renza degli altri. Gli scudi che armano il corpo sono assai robusti, piuttosto lontani gli uni dagli altri; e negl’intervalli si veggono squame cornee rilevate, egualmente grandi fuor di quelle verso il capo che sono maggiori; ruvide tutte, ma non radiate. Circa dodici sono gli scudi della serie dorsale; quasi lisci gli anteriori; i medii s' in- nulzano a guisa di acuta e doppia tettoja la quale però si abbassa gradatamente quanto più progrediscono verso la pinna dorsale: i primi hanno la base rotondata, gli altri l’han cuoriforme, curvata all'infuori ed acutissima all’ indietro: V’anteriore s'impianta nella cute quasi a contatto dell'ultima piastra del capo, ed è il più largo, giungendo la sua larghezza a superar quasi la lunghezza; gli altri s'allungano un poco più; il secondo è il più piccolo; il quinto ed il sesto che sono sulla parte culminante del ‘dorso hanno la stessa larghezza del primo; tutti sono zigrinati ed aspri, perchè coperti di ACIPENSER STURIO. piccole punte, e soltanto verso il margine lievemente raggiati. Circa trenta sono gli scudi degli spigoli laterali, grandi, più ancora verso il mezzo, e foggiati a guisa di rom- boide, con un appendice superiore lesiniforme diretta versa il capo, e nascosta nella cute sotto lo scudo che precede. La somma prossimità loro, anche negli esemplari più vec- chi, distingue ad un tratto questa specie da tutte le altre, come benissimo osserva il dotto Fitzinger: ma non inutile crediamo l’accennare che i giovani di varie altre spe- cie e segnatamente dello Streletto gli hanno anch'essi approssimati assai, e che il nostro Acipenser Naccarii in tutti gli esemplari anche grandetti da noi osservati ne li ha mo- strati anche più contigui da sembrare che l’uno all’altro si soprapponga. Quelli della specie che andiam descrivendo sono inoltre provisti di uno spigolo tagliente che au- menta in elevazione sempre più approssimandosi alla coda. Gli scudi delle serie ven- trali sono circa dieci non' dissimili a quelli del dorso, quasi cuoriformi: i due anteriori sono i più piccoli: quelli delle medesime serie che dopo l'interruzione delle pinne ven- trali mostransi fra l’ano e la sua pinna sono quattro o sei, irregolari tanto per la for- ma che pel numero, uno de'quali più grandi cela il cominciamento delle pinne. Nei vecchi esemplari scorgonsi quattro scudetti ineguali fra la pinna anale e la caudale; e fra la dorsale e l’anale se ne scorgono sei: la pinna dorsale in essi vien coperta da uno scudo più grande: quello che d'ambo i lati ricuopre la clavicola ha la forma di mezzo romboide, debolmente carenato, ruvido senza essere raggiato. La distanza fra i lor punti centrali molto più breve della metà del lor diametro maggiore è minore di quella dei centri delle piastre frontali anteriori cui perfettamente rassomigliano. La pinna dorsale molto erta, ha la forma di un trapezio col lato superiore assai ricurvo, col posteriore assai breve ed è alta due quinti meno che non è lunga: le pettorali assai più brevi dell’altezza del corpo hanno il raggio duro in avanti che raggiunge tre quarti della loro lunghezza: le ventrali notevoli per la piccolezza, sono assai più brevi dello spazio che corre dalla punta del muso al margine anteriore della bocca. L’anale si origina al perpendicolo della metà della dorsale, ed è lunga quanto la distanza che passa fra essa e la caudale. Molto erta è la caudale divisa in due lobi, il superiore de’ quali è basso, lungo ed acuto, l’altro ha l'estremità falciforme al disotto, e la sua parte sottoposta alla mezza luna è quasi tre volte più breve, sette volte più estesa in altezza. Il colore dello Storione comune sul dorso fino agli scudi laterali è fascastro, e nel rimanente del corpo di un bianco argenteo splendente; nel totale però sembra smaltato in acciajo: gli scudi assumono un color corneo: l’iride dell'occhio è gialla. Negli individui di circa due piedi di lunghezza (che può dirsi la media statura) l'altezza è compresa poco più di sette volte nella lunghezza totale, ed il capo vien compreso quattro volte e mezzo nella medesima: la fronte è fortemente rigonfia alla base, ed il muso più lungo ed acuto; le branche anteriori delle piastre parietali non si estendono fino al centro delle piastre frontali: la distanza che corre fra i punti centrali delle piastre parietali, è quasi uguale a quella dei centri delle temporali: scarso numero di piastruccole ricuoprono superiormente il muso: il pezzo corneo che lo divide inferiormente sembra interrotto innanzi alle barbette, ed è nudo di scudetti. Gli scudi del dorso si avvicinano tra loro assai più che negli adulti; e quelli che si trovano al principio della serie sono taglienti, ma dopo il settimo circa cominciano a mostrare sulla groppa un uncino assai acuto e ricurvo all'indietro: le punte che li fan ruvidi sono disposte a guisa di raggi. ACIPENSER STURIO. Nelle più piccole Porcellette, come quella effigiata, ed in quelle che non oltrepas- sano un piede o poco più, l'altezza è appena il settimo della lunghezza ; il capo è con- tenuto men di quattro volte nella lunghezza del pesce: il muso è ancor più allungato, molle, ruvido, subuliforme e alquanto ricurvo: la piastra occipitale giunge fino al punto centrale delle piastre parietali: in vece della piastra frontale di mezzo si trova una spe- cie di fontanella. Gli scudi dorsali sono assai rilevati ed acutamente carenati, e gli an- teriori cominciano assai prima a mostrare la punta uncinata; tutti quelli dei lati ter- minano in un uncino acuto che si fa più grande nei prossimi alla coda, dentellato în tutti al di dietro: anche quelli del ventre sono similmente conformati, e gli anteriori sono a proporzione più grandi che nei vecchi. La pinna anale è tagliata obliquamente ed ha il lobo inferiore assai meno sporgente nella punta inferiore, I giovani, per quanto abbiamo osservato, sono più scuri dei vecchi; e dai nostri pescivendoli ci sono stati recati come varietà interessante alcuni esemplari piccolis- simi quasi affatto neri sotto il nome di Porcelletta mora. l'Acipenser Sturio non invade il dominio delle specie orientali, nè quelle ven- gono nel suo all’occidente d’ Europa, della quale soltanto è proprio, checchè alcuni abbiano detto altrimenti: tien per limite lo spazio compreso tra il primo ed il cin- quantesimo grado di longitudine dall'Isola del ferro, e il trentacinquesimo e il sessa- gesimo quinto di latitudine. Godendo pertanto di estesissimi confini trovasi nell'Adria- tico, nel Mediterraneo, nell’ Atlantico, nel Baltico, nei fiumi che in essi metton foce e ne' loro confluenti. È cosa poi degna d’annotazione che nel Pò, come accennammo, vive in compagnia della specie che nella nostra tavola gli è figurata di sotto, mentre nel Tevere trovasi solo, Par che non visiti i paraggi della Sardegna mentre abbonda piuttosto in altre parti del Mediterraneo, sulle coste atlantiche di Francia e d’Inghil- terra, e si estende quantunque raro lungo quelle di Scandinavia avventurandosi tal- volta perfino all'acque d'Islanda. Simile fa il passo a quello degli altri Storioni, ma non si unisce come quelli a numerose schiere, piacendosi di andar solo o a piccole brigate; depone le uova in principio «i primavera, e sgravato entra i fiumi in cui si piglia di Maggio e di Giu- gno, come si pratica sovente nel Tevere con le reti a bilancia impernate nelle pile dei ponti che pel continuo ravvolgersi tutto il giorno diconsi Giornelli ; alla qual semplice machina pensano i nostri pescatori aggiungere miglioramento facendo sì che la notte non cessi l'una rete d'immergersi, l’altra di venir fuori, porgendo però un segnale quando abbia estratto la preda dall'acqua. Il peso più comune degli Storioni è di circa cento libre, e talvolta del triplo quando siano cresciuti in proporzione. Avvi chi scrive che la loro lunghezza giunga perfino a dieciotto piedi, ma noi non possiamo far fede di una taglia sì grande. Ottima carne in vero, ma forse più decantata che la non me- riti; sembrando più di Vitello che di pesce. A' lauti desinari non deve mancare quando è stagione, sotto pena degli Anatemi di Apicio; e al pranzo degli Apostoli in Parasceve ne vengono da Ferrara in tributo; che se non bastano alla corte ed ai servienti, se ne riempiono d'altre polpe le spoglie. Ad palatinas Acipensem mittito mensas, Ambrosias ornent munera rara dapes. Martial. ACIPENSER STURIO. Ma in Roma antica un così lussurioso mangiare sembra che fosse introdotto dal bandi- tore Gallonio diffamato da Orazio nella satira seconda del secondo libro. - «+ « + Nec dum omnis abacta Pauperies epulis regum .... . « + + Haud ita pridem Galloni praeconis erat Acipensere mensa Infamis. ‘Come venisse a nausea ai tempi di Plinio nullo nunc in honore est quod quidem mi- ror, cum sit rarus inventu; e come poi risorgesse in tanta stima da meritare accompa- gnamento di tibie quando portavasi sulla mensa da incoronati ministri, non può spie- garsi che con la storia arcana degli umani capricci. Merita però di essere a questo luogo ricordata la' legge di Numa riferita da Cassio Emina, e riportata da Plinio, con la qua- le vietavasi per la maggiore parsimonia de’ riti che pesci senza scaglie s'imbandissero ne’ sacri pulvinari: Numa constituit, ut pisces qui squamosi non essent, ni pollucerent; Parsimonis commentus etc. dal che lice congetturare ch’ essendo stato tolto l’Acipenser a cagione del suo gran prezzo dalle oblazioni a’ numi, i Romani religiosamente da prin- cipio e poi di tanto in tanto se ne astenessero, ma che poi la gola vincesse la coscienza, e rilassati vieppiù i costumi il volessero per le cene con le sinfonie stesse, e quasi con lo stesso rito de' saerifici, Dis te minorem quod geris, imperas: Huc omne principium, huc refer exitum. Dì multa neglecti dedere Hesperiae mala luctuosae. A Roma chiamasi Storione, i cui piccoli si dicono Porcellette più assai stimati; e i veneti a seconda dell'età lo dicono Sturione, Speardo, Porcella, Porcelletta. I Siciliani i Napolitani i Marchegiani e i Nizzardi storpiano ad arbitrio de’loro dialetti il voca- bolo toscano Storione, il quale se venga dallo Stoer de' Tedeschi o dallo Zruprov dei Greci per lo muso rostriforme, sel veggano gli etimologisti che finora parteggiano di- versamente. Che se a noi fosse lecito di porci in gara coi valenti in sì fatte dottrine, cercheremmo di rintracciare l’etimologia del vocabolo latino Acipenser ora che lo ab- biamo rivendicato allo Storione nostro. Acipenser, altrimenti Acipensis degli antichi si disse anche Aguipenser da’ più vecchi, come vien registrato da Festo; e noi vi rav- visiamo tutti gli elementi dell’ Aqwipenser che giusta l’arcaica ortografia, dalla quale lo Acifolium erba di acuta foglia si disse Aquifolium, verrebbe a significare acuto esplo- ratore, quale si è realmente lo Storione per lo rostro lungo ed acuto del muso, e per le barbette altresì che gli servono ad organo del tatto; ovvero esploratore dell’acqua quasi Aguipensor come aquilex ed aquimensor: a meno che non piacesse $corgervi piuttosto l’Aguae pensior, che in comparativo dell’antico pensus equivalente a pretiosus, (leggiamo di fatti in Aulo Gellio nil quicquam esset carius pensiusque nobis quam nos- metipsi) verrebbe a comporre un adiettivo assai conveniente al più prezioso de’ pesci che viveva nelle acque romane prima che Tiberio le popolasse di Scari. Gli Scari si ritornarono alle acque native, perchè a forza furono trascinati tra noi; ma l'Acipenser ci venne naturalmente; e perciò malgrado la smania di torcelo, che affaticò la mag. gior parte degli ittiologi, ci lusinghiamo di non lo perder più mai. ” ACIPENSER NACCARII STORIONE DEL NACCARI STURIO labio superius sinuato, incisura diviso: cîrrîs reclinatis oris margini appropin- quantibus: centris scutorum temporalium paulo magis quam parietalium a rostri bre- viati apice remotis: scuto priore dorsali ab occipitali remoto. D. 8/25. P. 1/33. V.rofih. A. 10/18, C.4_ 14/79. Adult. Rostro pyramidato, lato, obtuso: cirris rostri apici quam orî propioribus: scutis dorsalibus a se invîicem subremotis. Junior. Rostro triangulari, acuto-rotundato: cirris ori quam rostri apici subpropioribus: scutîs dorsalibus SROCOnI Gu AcIPENSER Huso, (Vaccari, Itt. Adr. p.23. sp. 95. Nardo, Prodr. Adr. Ichth.sp. 36, nec Linn ACIPENSER HECKELII, Fitzing. et Heckel, Monogr, Acip. p. 305. tab, xxvi. fig. 4. tab. zxix. fig. 11-12. atTILOS, Prin. Hist. Mund.lib.ix, cap. xv. Rondel.Pisc,FIl.II.p.175.cum fig. Gesner, Aquat.I}.p.1091 ATTILUS Piscis Eridano peculiaris, Bellon. Aquat. lib. I. p.102. excl. fig. aTTILUS verus ex Pado, Aldrov. Pisc. lib.v. cap..i, p.563. cum fi. Jonst. Pisc.I.lib.iii.p. gg.tab.xxviii.fig.4, atTILUS Rondeletii, Wi2/.Iehth. lib.iv, cap. sxiii. p.241.tab. P.7. fig.2.ic.ex Rondell —Ray,Syna Pisc.p.113.sp.3. avano, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. I, p.93, exel. fig. in p. 94. In nome del magnifico signor cavaliere Fortunato Luigi Naccari non è nuovo nei fasti delle scienze naturali. Professore, Bibliotecario, Podestà insieme di Chioggia, ed ivi Console per S. M. Siciliana, riunisce all'amore sviscerato per questi non lievi studi mol- ta bontà di cuore, e cura ardentissima della publica salute, come principalmente addi- mostrava nel repentino e feroce assalto del Colera asiatico su quella industre popola- zione, Abbiamo di lui a stampa, oltre una Flora veneta, l’Algologia adriatica lavoro singolare nel quale non sarà sì tosto per essere emulato, ed una Ittiologia adriatica, che quando anche non fosse che una semplice enumerazione de’ pesci che vengono al mercato della sua città, principal foro piscario del golfo veneto, niuno potrà contra- stargli il merito di aver fatto il primo passo in siffatta carriera. Da questo personaggio rispettabilissimo solendo noi ricevere belli esemplari adriatici diligentemente accompa- gnati di nomi volgari, ottenemmo pure un egregio Storione del Po diverso dal qui so- pra descritto. Egli fu il primo a registrarlo nei cataloghi della scienza sotto il nome di Acipenser Huso, e noi per privilegiarne l’autore lo denominammo già son parecchi anni Acipenser Naccarii, communicandone in pari tempo per lettere sotto quella denomi» nazione le peculiari notizie a molti naturalisti, fra quali al celeberrimo erpetologo signor dottore Fitzinger di Vienna, cui, sapendo che molto oecupavasi della Monografia degli Storioni già da noi debitamente encomiata, ne mandammo pure un disegno, ma di giovine esemplare. Quel dotto scrittore però, come apparisce dalla sua sinonimia, troppo ACIPENSER NACCARII. leggermente credè aver noi imposto il nome Acipenser Naccarii alla sola Porcelletta in- viatagli per saggio della nuova specie Naccariana, e non al pesce grande e maturo, che piuttosto gli piacque chiamare Acipenser Heckelit dal nome del suo collaboratore nella detta Monografia. Che se questa ci pervenne in tempo per trarne profitto nel no- stro articolo, ci duole maggiormente di non aver potuto sostituire una tal denomina- zione alla nostra già pubblicata nella tavola, pel doppio motivo di conservare a sì bel pesce un nome italiano, e di mantenerne in possesso il Professore di Chioggia renden- dogli questo piccolo contracambio delle moltissime cortesie da lui ricevute. Questo Storione quando è adulto ha l'altezza uguale alla larghezza compresa nove volte nella lunghezza ch'è sestupla di quella del capo. La fronte piuttosto piana di- scende leggermente uniforme verso il muso che è molto più breve e più grosso di quello dello Storione comune, largo assai, rotondato e otiuso al suo termine, la cui lun- ghezza misurata dagli angoli della bocca è perfino minore di quella dello squarcio della bocca stessa. Le grandi piastre che rivestono il capo sono pochissimo rilevate nel centro; gl'intervalli seminati di pori escretori del muco. piuttosto estesi; le piastruc- cole del muso quasi lisce: le lunghe piastre parietali sono larghe, rotondate nelle bran- che posteriori con le quali abbracciano per due terzi della propria lunghezza la piastra occipitale che ha forma di alabarda, sorpassando i di lei punti centrali di un terzo; circondano poi con le branche anteriori acute la piastra etmoidea piccola, e bislunga, e quindi s'insinuano fra le piastre frontali fino alla metà della loro lunghezza, senza però arrivare alla linea dei loro punti centrali, I punti centrali delle dette piastre pa- rietali sono piuttosto lontani l'uno dall’ altro, passando tra loro quella distanza stessa che si trova tra ciascuno dei medesimi punti e il margine esterno delle piastre tem- piali, le quali sono più corte, ed hanno i loro centri poco più addietro di quelli delle parietali: la distanza dei centri di queste e quelle piastre è molto minore di quella che passa tra i centri delle parietali. Le piastre frontali lunghe e piuttosto larghe; che vengono separate dalle branehe anteriori delle parietali, hanno i punti centrali di po- chissimo rilievo, molto più lontani di quelli delle parietali, con le quali formano nel mezzo del vertice del capo un avvallamento poco pronunziato. La piastra soprasca- polare è di forma rotondata: quella scapolare somiglia ad un triangolo allungato, ed è doppiamente più grande degli scudi laterali. Le barbette lunghe, un poco compresse e ruvidette, distano dalla punta del muso, cui sono più vicine che alla bocca, un terzo della lunghezza del muso; le interne, più brevi quasi un quarto delle esterne, pendono un poco più prossime alla bocca, e la distanza fra loro è quasi doppia di quella che passa fra ciascuna di essa e l'esterna dalla medesima parte: adagiandole sulla superficie giungono tutte a lambire il margine anteriore della bocca: questa è grande, regolare, ed ha cartilaginoso e tagliente il margine; i labri piuttosto erti e carnosi, il superiore rigonfio e fesso in due parti per lo suo mezzo. Grandi son gli occhi, piuttosto rotondati, e collocati in modo che il loro margine posteriore viene a cadere dietro una perpendicolare che si elevasse dal margine anteriore della bocca: la distanza fra loro è quintupla del diametro dell’orbita. I fori delle narici sono aper- tissimi ed ovali, gl’inferiori un quarto più grandi degli occhi; i superiori più piccoli ma similmente foggiati. Ne’ vecchi gli scudi dorsali sono piuttosto lontani gli uni da- gli altri: la cute fra i di loro interstizj è splendida, liscia, caspersa di numerose squa- mette per lo più piccolissime, angolate, che si congregano verso il capo e dietro le ACIPENSER NACCARII. pettorali a formarvi quasi scudetti disordinati, Del resto gli scudi dorsali più o meno rotondati e cuoriformi alla base sono molto spianati; il primo che è il più largo ed il più spianato si trova a ragguardevole distanza dall'ultima piastra cefalica: quelli che sono tra il terzo ed il decimo vanno provvisti di acuto taglio senza punta sul loro ver- tice, e gli ultimi più bassi si appianano gradatamente del tutto: il quarto si mostra più elevato: tutti sono zigrinati, appena raggiati; quelli anteriori sono larghi quanto lunghi; gli altri che succedono si ristringono, e guadagnano in lunghezza, Gli scudi laterali han forma di romboidi, e son leggermente carenati nel mezzo seguendo il senso trasversale: negl’'interstizj loro scorgesi la linea laterale in forma di arco scaglioso, locchè secondo l'osservazione del Fitzinger è proprio soltanto di questa nostra specie. Poco carenati del pari e senza uncini sono gli scudi del ventre rotondati e robusti. Due soltanto, uno grandetto, e l’altro piccolo, ambedue però rotondi, piani, ed iner- mi, si mostrano dietro le ventrali: quattro piccoli irregolari se ne vedono fra la pinna dorsale e la caudale, Gli scudi clavicolari sono foggiati a mezzo romboide, larghissimi, piani, a superficie leggermente raggiata. La distanza tra’ loro punti centrali, minore di quella che passa fra i centri delle piastre frontali anteriori, uguaglia la metà del maggior diametro di essi, L’ano s'apre a quattro settimi della lunghezza del corpo, La pinna dorsale lunga quanto lo spazio che corre tra il muso e la bocca è poco erta, alta un quinto meno che non è lunga. Le pettorali sono lunghe cinque sesti dell'altezza del cor- po, col raggio duro non molto robusto, lungo soltanto la metà della pinna. Le ventrali comparativamente più corte e più larghe che in qualunque altra specie, sono ugnali in lunghezza alla distanza che corre fra la punta del muso e l’occhio. L’anale impian- tata sotto il punto corrispondente alla perpendicolare che cadesse dal mezzo della dor- sale è lunga quanto lo spazio che corre fra il suo margine posteriore e la caudale; questa è piuttosto erta, col lobo superiore lungo, sottile ed acuto, e coll’inferiore avente la parte di sotto larga ed acuta, più corto quasi il doppio dell’altro, Sopra il dorso fino alla serie laterale degli scudi questo pesce si mostra di color cenerino d’acciajo, sotto di essi è bianco argentino: gli scudi sono di color corneo: l’iride dell’ occhio è gialla. Negli esemplari meno avvanzati in età, e precisamente in quelli lunghi due piedi, la maggior altezza del corpo è compresa nove volte nella lunghezza: il profilo del muso, che in tale stadio supera di un quarto in lunghezza il diametro della bocca, offre la forma di triangolo coi lati esterni leggermente curvi, e alquanto smussato all'apice; le | piastre parietali sono prossime le une alle altre, e più depresse; quella occipitale a forma di mazza, è acuta, e si avvanza sopra il mezzo delle piastre parietali: tra le frontali esiste una specie di fontanella che poi ricuoprono le stesse piastre con l’an- dar dell'età: le piastruccole della parte superiore del muso occupano uno spazio as- sai maggiore di quello della fontanella, fra le narici e la punta del muso; si estendono lungh’esso su i due lati fin sotto gli occhi, e si mostrano quasi di un sol pezzo per- chè saldansi le une con le altre; esso è di superficie reticolare, e tra le commessure scorgonsi numerosi pori mucosi, Le barbette sono più prossime alla bocca che alla punta del muso per due noni della lunghezza del medesimo. Non molto elevati ma più spessi sono gli scudi dorsali; al primo ne tengon dietro tre con taglio piuttosto acuto; il sesto ed il settimo che sono i più alti portano, siccome gli altri che seguono, una punta rivolta all'insù. Gli scudi dei Jati fortemente carenati e spessi vanno armati di si» mil punta; quelli del ventre (ad eccezione degli anteriori quasi embricati) sono an» ACITPENSER NACCARIE. che più solidamente armati, e la base dei loro uncini incomincia molto avanti i loro margini. Gl'individui anche più piccoli e perfino quelli di un piede e un pollice sono simili per lo muso al sopradescritto, che combina perfettamente coll’ esemplare minore degli espostici dal Fitzinger; ma le più piccole Porcellette, come quella da noi rappresen- tata, e anche quelle di un piede, hanno il muso di forma e dimensioni diverse, non di profilo triangolare come nei mezzani, ma rotondato all'apice, sicchè assai meglio rasso- miglierebbe a quello dell'adulto se non fosse assai più lungo e più stretto. Mentre infatti il muso del vecchia è più breve dello squarcio della bocca, e quello del giovane sol- tanto un quarto, più lungo; in queste nostre Porcellette bambine lo spazio fra la punta del muso e la bocca è più che doppio del diametro di questa; le barbette sono im- piantate assai più vicino alla punta del rostro che alla bocca, in guisa che ripiegandole verso il muso ne lambiscono l'estremità, quando invece verso la bocea disterebbero Ja metà della propria lunghezza dal di lei margine anteriore. Sorprende in vero sì rapida variazione di proporzione, e potrebbe far credere l’Acipenser Heckelii specifica- mente diverso dal nostro Acipenser Naccarii. Del resto nello. stato della prima gioventù, in cui lo figuriamo, l'altezza è contenuta poco meno di sette volte nella lunghezza, che ripete il capo più di quattro volte e mezzo. I colori in questo stato sono più scuri. Altri esemplari, quantunque poco maggiori, in cui l'altezza vien compresa cinque volte nella lunghezza, si vedono più chiari ed hanno, il muso a forma triangolare come il giovane. Questo Storione noto sotto il nome volgare di Zadano e Copese è proprio dell’ Euro» pa meridionale, ove sembra ristretto al Mare adriatico e al Re de’ fiumi suo tributario, l’Eridano, entro il quale convive con la specie precedente: trapassa altresì nella Brenia, nell'Adige, nella Piave, e qualche. volta nella Livenza, nel Bacchiglione e nel Taglia» mento. Trovasi, è vero, e noi l’abbiam visto, sul mercato di Firenze, ove chiamasi Storione Cobice, o soltanto Cobice; ma chi è che non sappia venire in Valdarno molti pesci che si traggono dal Pò, e da’ paraggi dell’Adria? Quando il Cuvier ricorda che l’Acipenser Huso rimonta il Pò prende senz'altro il nostro Acipensere per quello. Di colori è alquanto più bello dell’ Acipenser Stio, ma tanto ad esso è inferiore nella bontà delle carni che da gran tempo invalse colà un dettato per denotare differenze grandi tra cosa e cosa, correre cioè tanta diversità quanta fra il Ladano e lo Storione come fin dal tempo di Paolo Giovio. narrava in corte del Papa l'Ambasciador di Ferrara, Noi crediamo questo Acipensere l’Atti/o. assegnato da Plinio all’ Eridano, quantunque non possa il detto Attilo andar contento di una statura di sette o otto piedi, cui soltanto dicono che il Zadano ascenda quando è maturo; imperocchè quel Poligrafo ascrive l’At- tilo frai più grossi pesci che si conoscessero allora, parla degli ami a catena di ferro senza i quali riusciano vane le insidie, dice che se ne prendevano di mille libre, e che facea d’uopo de’ bovi aggiogati per esporlo sulla riva. ea n CHIMARA MONSTROSA RE DI ARINGHE NORDICO CHIMERA argentea maculis continuis fuscis, punctulis minutissimis abdomine nigris. CHIMERA monstROsA, Linn, Syst. Nat. I. p. hox. sp. 1. Miller, Prodr, Zool. Dan. p.38, sp. 120. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1483, sp. 1. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 13. sp.1. tab. 8. fig. 25. Schneid, BI. Syst. p.347. sp.1. Riss. Ichth. Nic. p.55: sp. 1. Nilss, Prodr. Ichth. Scandin, p.112. CHIMERA MEDITERRANEA, isso, Hist. Nat. ITI.p. 168. sp. 52. GALEI genus, Clus, Exot. p.136. tab, 137. Jonst, Pisec. II. tab. 45. fig. 2. SIMIA MARINA; Gesn. Aquat. TV. p. 877. cum fig. Id. Icon. Anim. p. 155. Jonst, Pisc. II. tit. i. cap.iii, art. ii, punct, vii, p.16, tab.vii. fig. 6. nec Bellon. CENTRINA prima autoris, Aldrov. Pisc, lib. ii. cap. xli. fig. in p. 402. ceNIRINA vera Casteletti; altera autoris, A/drov. Pisc. lib. iii. cap. xli. fig. in p. 403. SIMIA MARINA DANICA, Aldrov. Pise, lib. iii. cap. xlii. fig. in p. 405, GALEUS acANnTHIAS Clusii exoticus, /7i21, Zeht. lib.iii. cap. xi. p. 57. tab. B.9. fig.6. Ray, Syn.Pisc.p. 25.sp. 15. cuimera, Linn. Mus. Ad. Fred. I. p. 53, tab. 15. Ascan. Icon. rer. nat, tab. 15. cmimzena rostro subtus plicis pertusis, Linn. Faun. Suec. p.107. sp.294. Gunn. Act. Nidros, II, p,270. tab.5. 6. cHIMERA cauda filiformi, Bloch, Ausl. Fisch, I. p. 61. sp. 1, tab. 124. ROI DES HARENGS DU NoRD, Daub. Dict, Ichth. inEne. Meih.H,N, III. p.334. Cuv,Tabl, Elem.p.317.sp.1. cHIMÈRE ARCTIQUE, Lacep. Hist, Poiss. I. p.592.tab.19.fig. 1 Cuv.Régn. An.II, p.1450. 1d,2. ed.ii, p.382. Spa sogliam dire più che le immagini corporee che non sono secondo na- tura, quelle puramente ideali che trascendono l’umana ragione, senza ricordare da lungi la favola di quel mostro, del quale Esiodo nella Teogonia Huic tria erant capita, ac primum fuit acre Leonis, Ast aliud Caprae, atque aliud caput inde Chelydri. Non è pertanto da meravigliare se a questo pesce sia stato imposto il nome di Chi- mera, non già perchè esso abbia somiglianza con la sognata belva di Licia, ma per la mostruosa mistura di forme affatto insolite e stravaganti. A ciò si aggiunga che nei Musei solevasi talvolta dare alle spoglie di questo animale una artifiziale e ridicola sembianza con mille e diverse invenzioni di fantasia, onde può aver Linneo voluto significare con quell’epiteto monstrosa il pesce con le cui spoglie si confezionavano i mostri. Fantasticarono tuttavia meno quegli altri che lo appellarono Simia marina: imperocchè l'agilità e stravaganza de’ suoi movimenti, lo sferzar della coda lunga e sottile, il digrignare i denti, e lo spesso contorcere le flessibili muscolature del muso rendono tolerabile una similitudine, che il volgo autore fecondo di soprannomi suol carpire all'istante. Nell’ Enciclopedia metodica usò il Daubenton invece de’ sud- detti nomi quello di Re di 4ringhe, appellazione che tien del vero per l'impero ti- rannico che esercita sopra questi pesci, dei quali a suo arbitrio ingordamente si pasce. Dalla favola e dagli artifizj passando alla nuda scienza, potrebbe altresì monstrosa 88 CHIM/ERA MONSTROSA. appellarsi questa così detta Chimaera in quanto alle singolarità prodigiose ch’essa rap- presenta nel sistema degli esseri animati. Artica, ed intermedia tra gli Storioni ed i Selacei costituisce famiglia ed ordine a parte insieme con l’altra specie antartica da Linneo considerata congenere. Imperocchè se le sue branchie non sono totalmente fis- se, come consta in tutti i Selacei, non sono però interamente libere come negli Sto- rioni: se in essa scorgesi come in questi un solo foro esterno, cinque aperture esterne però vi si contano, quante sono le esterne di quelli. Ma l'apertura branchiale operco- lata che ha come gli Storioni e la maggior parte degli altri pesci a differenza dei Sela- cei, determinavaci a collegarlo coi suddetti, quantunque il suo opereolo sia semplice- mente rudimentale e nascosto sotto la cute, e il pesce innoltre porti seco aitra notabile diversità, dico la mascella costituita dal solo vomere, e la dentatura che consiste in piastre indivise e dure, quattro al di sopra, due al di sotto. Pe’ quali caratteri al bell’ uo- po partitamente assegnati costituimmo l'ordine degli 4carthorrhini e la famiglia delle Chimaeridae uguali fra loro, e soltanto ammessi distintamente in grazia di regolarità nella gerarchia sistematica, stante che non vi si contengono che le due Chimere (‘artica ed antartica) ciascuna delle quali è divenuta ora tipo di genere diverso. Nel genere Chimaera de' moderni il muso è semplicemente conico: la seconda pinna dorsale si origina immediatamente dietro la prima, e si estende fino al termine della anale. Il tronco prolungasi a guisa di lungo filamento al di là della pinna caudale. Nel genere Callorhynchus, instituito da Gronovio per ricevere la Chimera antartica, il muso vien terminato da un gherone carnoso a forma di marra: la seconda pinna dorsale staccata dalla prima ha origine sopra le ventrali, e termina dirimpetto il cominciamento dell’anale: il prolungamento assottigliato del tronco non oltrepassa la pinna caudale. Del resto in ambedue il corpo è simile ad una massa schiacciata, che si allunga e si assottiglia dall’ano verso la coda, texmina in un prolungamento filiforme, ed è liscio, privo cioè di scaglie o scudetti. Capo grande, conico; muso sporgente, tutto inferior- mente foracchiato di grandi pori disposti in serie regolari. Bocca infera: mascelle ar- mate di lamine ossee dure striate che tengon vece di denti. Occhi laterali, grandi. Apertura branchiale solitaria, di qua e di là piccola. Otto pinne: la dorsale anteriore collocata sulle pettorali, elevata, armata all’innanzi di una robusta spina; la posteriore bassa, lunghissima: le pettorali assai grandi: le ventrali cingenti l’ano: ambo queste paja di pinne sorgenti sopra un disco carnoso: l’anale piccolissima, appena visibile. I maschi sono eminentemente distinti dal portar sulla fronte un fiocchetto carnoso terminato da piccoli pungiglioni, ed oltre al differire dalle femmine per le appendici ossee delle ventrali (quei tai cilindretti cioè da noi chiamati segni maschili che altri cre- dettero peni) avanti la base delle dette pinne ventrali portano due altre piccole appen- dici in forma di lamine spinose, con le quali nell'atto della copula tengon ferma vie maggiormente la femmina, che al bell'uopo (cosa singolarissima!) ha un poco dietro l'ano due proporzionati sporgenti astucci, uno per parte, membranosi e dilatabili. Onde è che non solo le Chimere s'aecoppiano come i Selacei, non solo come in essi le uova sono fecondate nel corpo della femmina, e si schiudono prima di esser deposte, ma l’ac- coppiamento, quantunque sempre simulato, è più reale che in quelli, poichè vi è intima riunione dei sessi e vera intromissione di parti sebbene non generative, ma copulative soltanto. Si noti poi che i segni maschili introducibili sono divisi in tre rami: e che le uova sono assai grandi, coriacee, coi margini depressi e villosi. Corto e dritto è il loro CHIMERA. MONSTROSA. intestino, ma vi si scorge internamente una valvula spirale simile a quella degli Squali. Le narici sembra che non appariscano all’ esterno, Le Chimeridae sono essenzialmente marine, anzi abitatrici dell'alto mare, e delle cu- pe sue profondità, che mai non lasciano per approssimarsi al lido, se non qualche volta per desiderio di caccia dei pesci migratori, o nel tempo degli amori. Vengono alla su- perficie soltanto di notte: male potendo i loro grandi occhi sensibilissimi alla luce sop- portare lo splendore del giorno moltiplicato per le riflessioni dei ghiacci polari. È cosa mirabile che la immensità de’ mari disgiunga entrambe le specie affini, rilegate sotto le due estreme zone del mondo; ove si godono delle montagne di ghiaccio, e delle orri- bili procelle che accompagnano lo scioglimento delle acque in quelle latitudini. La forma generale della Chimera nordica si può paragonare dall’ano fino alla coda ad un mezzo fuso molto allungato e schiacciato; dall’ano poi fino all’attaccatura del capo ad un cilindro similmente schiacciato. La sua altezza, che è circa il doppio della srossez- za, quasi uniforme dal principio delle pettorali fino al termine delle ventrali, è compresa presso a poco otto volte nella totale lunghezza: dopo l’ano, per un risalto che fa il profilo del ventre, l'altezza si riduce a poco più della metà; e la lunghezza della porzione as- sottigliata del tronco è tre quinti della totale. Il capo che è grande, assai compresso, co-. nico, smussato in punta, vien compreso sei volte nella lunghezza del pesce; la sua al- tezza maggiore poco differisce da quella del tronco: la parte anteriore del muso vien ri- coperta da un tegumento molle, flessibile, ragoso per buon tratto della parte di sotto, foracchiato da molti grandi pori rotondati che tramandano mucosità, e trapunto in modo da sembrare un ricamo. L'orbita dell'occhio è grande, e di forma allungata; il diame- tro maggiore uguale ad un terzo circa della lunghezza del capo; ed il minore due terzi del maggiore: corrono dal suo margine anteriore alla punta del muso due grandi dia- metri di questa orbita, e poco più di uno se ne conta tra il margine posteriore e il ter- mine del capo. La bocca s'apre disotto quasi alla metà della lunghezza del capo, la sua apertura è molto breve, uguagliando solo i due terzi del diametro dell'orbita: l’una e l’altra mascella sono armate di lamine ossee assai dure e striate in modo da somigliare denti incisivi quasi distinguibili l'uno dall’ altro: veggonsi altresì al palato due denti schiacciati e triangolari. L'apertura branchiale in forma di ellisse molto allungata è lunga poco più della metà del diametro maggiore dell’ occhio. L'ano si apre per lo mezzo del- le ventrali a una distanza dall’estremità del muso che è quasi due quinti della totale lunghezza. La linea laterale corre a quattro quinti dell’ altezza sopra il ventre quasi retta fino alla caudale, dove s'inflette e si confonde cel profilo del ventre: quasi vicino all'occhio essa sviluppasi in rami più o meno sinuosi, uno de’ quali: si alza sulla cer- vice dove raggiunge il ramo analogo dell’ altra laterale corrispoudente: altri due rami circondano l'occhio e si rincontrano di là dal suo margine anteriore: un quarto scende fino all'angolo della bocca; e finalmente un quinto serpeggia per la gota e s’ incontra sotto il capo con l’altro simile della parte opposta. Tutti questi rami appariscono come filamenti o cordoni rilevati sulla cute del capo. La pinna dorsale anteriore comincia al sesto anteriore della lunghezza : è foggiata a guisa di triangolo, il cui lato posteriore forma angolo quasi retto con la base, che è poco più lunga della sua metà; ed è difesa in avanti e sorpassata da una robusta e grossa spina falciforme alta quanto il corpo, triedra e dentellata posteriormente, cui tenacemente aderisce. I suoi raggi, che sono molti e riuniti a fascetti, si piantano sopra un prolungamento cutaneo che si erge CHIM/ERA MONSTROSA. sopra il dorso, e diminuendo sempre in altezza si avanza fino al principio della seconda dorsale, che nasce dopo il termine della prima ad una distanza uguale alla metà circa dell’altezza del pesce. Essa dopo di essersi elevata sul dorso con una dolce curvatura per una lunghezza uguale a quella della prima dorsale, procede quindi con altezza quasi uniforme ed uguale ad un sesto di quella del corpo fino al suo termine, il quale si trova dopo tre altezze del pesce, a contare dall'origine di questa pinna. Le pettorali s'intestano precisamente al confine del capo, sotto due terzi circa dell'altezza che ivi ha il pesce, in guisa che la linea di unione cade con l’altro estremo sul profilo del ventre. I moltissimi raggi, onde viene costituita, si vedono disposti intorno ad una so- stanza carnosa che si allunga quasi il doppio della base, ed è contornata ellitticamente: la lunghezza della pinna è compresa poco meno di cinque volte nella totale lunghezza del pesce: la maggior altezza di lei è due terzi circa di quella del corpo: il suo con- torno è composto di due linee curve che si congiungono al vertice; la superiore è più dolce ed uniforme, l’inferiore s'inflette assai verso la base. Le ventrali non per altro sono dissimili dalle pettorali se non per le dimensioni che hanno minori, e per la dispo- sizione, giacchè mentre le prime sono rivolte a coltello verso il corpo, le altre sono volte all’ingiù. L’anale bassissima e difficile a distinguersi, termina al punto corrispon- dente al fine della dorsale posteriore: la sua lunghezza è poco più della metà dell’ al- tezza del tronco. La caudale è divisa in due lobi uno di sopra, l’altro di sotto al tron- co; il quale sottilissimo segue ad estendersi anche oltre la pinna per un tratto uguale alla di lei lunghezza: ambedue i lobi sono conformati a guisa di segmenti ellittici assai allungati, simmetrici, che si estendono quasi un settimo della totale lunghezza del pesce, e si elevano quasi un decimo della propria lunghezza, l'origine del superiore, corrispondente a quella dell'altro, si trova assai prossima al termine della seconda dorsa- le, anzi si connette con questa, come accade dell’inferiore con l’anale. La cute è soffice, molle, liscia, come coperta da una polvere argentea, onde tutto il corpo risplende viva- mente. Alcune striscie continue di macchie brune fanno maggiormente risaltare il me- tallico del fondo, che sotto il ventre è tutto spruzzato di minutissime punteggiature fosche. Tutte le pinne sono di un color nerastro, più intenso sulla seconda dorsale e sulla caudale, variato di giallognolo sulla dorsale anteriore. Questo stravagantissimo animale vive in mezzo all'Oceano settentrionale: e soltanto pellegrino comparendo nel Mediterraneo, pescasi assai raramente sulle spiaggie italiane. ‘Il suo cibo consueto consiste in molluschi e crostacet; ma non è raro vederlo dar cac- cia alle innumerevoli falangi di Aringhe, delle quali abonda periodicamente il mare del Nord, e pascersene a suo bell’agio. La sua carne bianca ma viscida è di sapore ingrato, non comestibile; i Norvegi si cibano soltanto delle di lui uova e del voluminoso suo fegato, il quale è stimato rimedio potentissimo nelle artritidi e nelle lussazioni: ed an- che n'estraggono un olio limpido che arde con vivissima luce ma con pessimo odore. A Nizza dicesi Cat, Del resto, innominato dai pescatori italiani, e perfino incognito al maggior numero degli Ittiologi dei nostri mari, ci pervenne di Sicilia nel bellissimo esemplare di sesso femminile lungo due piedi, che abbiamo fatto ritrarre. SLalo ra cola rst RIRS009 0 00 dl4 one SCYLLIUM CANICULA SCILLIO GATTUCCIO serLLiuM cinereo-rufescens; maculis parvis crebris fuscis: pinnis ventralibus oblique trun- catis: valvula narium postica angusta, lineari. squaLus canicuLA, Linn. Syst. Nat. I. p. 599. sp.8. (excl. synon. Salvian. ) Gmel. Syst. Nat. I. p. 1490. sp. 8. foem. Lacép. Hist. Nat. Poiss. I. p. 222. tab. 10. fig. 1. Schneid. Bloch. Syst. p. 126. sp. 1. nec Bloch, tab.112. Bonnat. în Tabli Ene. Ichth. p. 6. sp. 2. tab. 6. fig. 18. nec 17. squaLus catuLUs, Linn. Syst. Nat I. p. 400. sp. 10. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1490. sp. 9. mas. Miller, Prodr. Zool: Dan. p. 38. sp. 514. Bloch, Hist. Nat. Poiss. I. p. 21. sp.5. tab. 114. Schneid. Bloch Syst. p. 127. sp. 2. Risso, Ichth. Nie p: 29. sp. 6. (exclusa foemina). Nardo, Osserv. sul? Itt. Adr. in Giorn. Brugnatelli. Id. Prodr. Adr. Ichth. sp. 16. squaLus conpuctus, Osbeck. It. p. 79. GALEUs catuLUs, Rafin. Ind. Itt. Sic. p.46. sp. 342. SCYLLIUM CANICULA, Cuv. Règn. Anim.II.p.124. Id.2.ed.IL.p.586. CloquetinDict.Se.Nat.XLVI.p.349. scyLLIUM cANIcuLUS, Risso, Hist. Nat. III. p. 116. sp. 3. squaLus (sevLLiorzINUS) catuLUs, Blainv. in Faun. Fr. Poiss.I. p.69. sp. 9. tab. 17. fig- 1. Zxudeoy, Aristot. lib. vi. cap. 10. 12. Zxvpuvss, Athen. lib. vii. p.a94. Opp.lib.i.p.115.4. canicuLA Aristotelis, Rondet. Pise. I. lib. xiii. cap. vii. p. 580. Gesn. Aquat. IV. p. 168. catuLus minor, Salv. Hist. Aquat. p. 158. fig. 46. —Aldrov. Pisc. lib. iii. cap. xxxiv. p. 591. fig. in pag. 5go. (icon. ex Salv.) Willughby, Ichthyogr. lib. iii. cap. xvii. p. 64. tab. B. 4. fig. 2. (icon. ex Salv.) Jonst. Hist. Pisc. II. lib. i.tit. i. cap. ii. art. ii. punct.ii. p. 14. tab. 8. fig. 2. GALEUS STELLARIS MAJOR, Bellon. Aquat. lib.i. p. 73. cum fig. CATULUS MAJOR vuLGARIS, Willughby, Ichthyogr. lib. iii. cap. xv. p. 62. (excl. Syn. et fig. e Salv.) Ray, Syn. Pisc. p. 22. sp. 12. (excl. syn. Salv.) CATULUS MINOR vuLGARIS, Ray, Syn. Pise. p. 22. sp. 13. sQuaLUS ex rufo varius, pinna ani medio inter anum et caudam pinnatam, Artedi, Gen. Pisco. p. 68. sp.10. Id. Synon. p.97. sp. 10. squaLus dorso vario, pinnis ventralibus concretis, Artedi, Gen. Pisc. p. 69. sp. 11. Id. Synon.p.97.sp.11.mas. GALEUS capite rostroque brevissimis,ex rufoet cinereo maculisnigrisvarius, Klein, Hist. Pise. Miss.iii. p.10.gen.ii.sp.4. GALEUs dorso pulverulento, tantillum rubente, maculis inordinatis, exiguis fuscis albidisque varius, KZein, Mist. Pisc. Miss. iii. p. 10. sp. 6. squatus dorso vario inermi, pinnîs ventralibus concretis, dorsalibus caudae proximis, Grorov. Mus. IZ. p. 199. Id. Zaaph. sp. 44. mas. GALEO GATTO, Rafin. loco citato. roussetTE; Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. p. 64. cum fig. Brousson. in Aet. Paris. 1750. p. 649 sp. 2. Daubent. in Ene. Meth. Hist. Nat. III. p. 559. GRANDE RoussetTe, Duham. Hist. Péch. ILL sect. ix. p.504. tab. 22. Cuv. loco citato. SQUALE ROUSSETTE, Lacép. loco citato. GREATER DOGFISH, Penn. Brit. Zool. ILI. p. 88. sp. 8.foem. LESSER SPOTTED DOGFISH, Penn. Brit. Zool. III. p. 101. tab. Iv. | | rea dei Plagiostomi ossieno Selacj, accoglie tutti que’ Pesei cartilaginei con branchie fisse sostenute da costole e aperte all’esterno in due serie di forami non difesi da opercoli, in cui le branchie sono pettiniformi, le aperture branchiali lineari trasverse, la bocca tagliata essa pure trasversalmente è clausibile, i denti sono impiantati sulle ossa, 39 SCYLLIUM CANICULA. o per dir meglio le cartilagini, palatine e postmandibolari, essendovi delle ossa delle ma- scelle un vestigio soltanto. In molti di questi esseri s' aprono esternamente presso gli oc- chi due condotti che comunicano all’interno colle fauci, e vengono denominati spiragli: in niuno mancano le pinne pettorali e le ventrali, e queste ultime sono collocate sem- pre dietro l'addome, vicino ai lati dell'ano. All’opposto di ciò che avviene negli altri Pesci, le uova dei Plagiostomi sono poco numerose, e restano fecondate nel ventre della madre. Al tempo propizio il maschio s'accosta alla femmina, pone a contatto la faccia inferiore del proprio corpo con quella del corpo di lei, la preme per un tempo più o men lungo, e non l’abbandona se non dopo d'aver injettato nella cloaca l'umore generativo. Per tenerla afferrata durante que- sta specie d'accoppiamento fa uso di due corpi fusiformi, mobili, di cui sempre è mu- nito, che sono inseriti accanto alla base delle pinne ventrali dai lati dell'ano, e che negl'individui pronti alla generazione prendono un'incremento straordinario. Gli ac- coppiamenti si ripetono più volte all'anno; ma solo il caso può ricondurre lo stesso maschio presso la femmina alla quale s' era unito da prima; perchè gli amori di questi esseri sono scompagnati da qualunque senso di preferenza o legame d'affetto. Delle due sole famiglie Squalidae e Rajidae si compone l'Ordine intiero. Il corpo dei Pesci compresi nella prima è sempre coperto di tubercoli minuti, che assumono tal- volta l'apparenza di scaglie, è più o meno terete, e s’assottiglia a gradi fino all'inserzione della pinna caudale, che sempre è cospicua : le pettorali sono distinte dal capo e lon- tane dalle ventrali: mai non manca la dorsale, anzi ve ne sono quasi sempre due: l’anale manca talvolta: le aperture delle branchie in numero di cinque, raramente di sei o sette paja, sono collocate di qua e di là dalla base del capo: gli occhi pure sono laterali: gli spiragli angusti o mancanti. Il corpo dei Rajidi raramente è tuberco- loso, quasi sempre nudo, depresso, più o meno disciforme, orlato dalle ‘pinne petto- rali che sono larghissime, abbracciano il capo, e toccano le ventrali, assottigliato tutt'ad un tratto al di là dell’ inserzione delle ventrali in una coda distinta: le pinne dorsali e la caudale o mancano o son picciolissime: l’anale manca costantemente; le aperture delle branchie sempre in numero di cinque paja sono collocate al di sotto del capo; gli occhi al di sopra: gli spiragli sono sempre cospicui, per lo più ampj. Negli Squalidi le femmine sono più grandi dei maschi. Le loro uova hanno una for- ma di borsa schiacciata per lo più quadrilatera, con gli angoli terminati da filamenti lunghissimi: la sostanza del loro inviluppo è cornea, trasparente, giallastra, In ogni accoppiamento restano fecondate due tre o quattro soltanto delle uova più vicine al- l'uscita, e queste si schiudono poi nel ventre della madre, la quale partorisce i pic- cini vivi: è men comune ch'essa si sgravi delle uova fecondate ancora intatte, ed al- lora le depone fra l’erbe marine e fra i Zoofiti, cui restano attaccate mediante i lunghi lor filamenti, per aprirsi poi a tempo debito col favore della stagione. | Gli esseri compresi in questa famiglia sono i più voraci e i più fieri di tutt'i Pesci; anzi quelli di gran mole vengono riguardati con ragione come il terrore dei mari. Gli adulti s'accostano ai lidi all’epoca degli amori, o allorchè vi sono strascinati persegui- tando numerose torme d’animali più deboli: fuori di questi casi preferiscono rima- nersi nell’ alto pelago. I giovani si trattengono più di frequente in prossimità della terra. La carne del maggior numero è cibo duro e poco gradito. Una diversità grandissima di forme esteriori separa al certo gli Squalidi più normali SCYLLIUM CANICULA. dai più normali fra i Rajidi. Ma come vi sono fra i secondi alcuni generi che par- tecipano qualche poco della struttura dei primi, così evvi fra gli Squalidi un genere che s’accosta in più rispetti alla conformazione dei Rajidi. Può riguardarsi pertanto co- me divisa in due sottofamiglie l’intiera massa degli Squalidi. La maggiore da denomi- narsi Squalini, e destinata a comprendere tutti gli Squalidi normali, resta caratteriz- zata dall'avere le aperture branchiali onninamente laterali; gli occhi essi pur laterali; il corpo terete o compresso-terete ; il capo declive poco distinto dal tronco; la bocca fessa nel di sotto del capo; le pinne pettorali mediocri. L'altra sottofamiglia da dirsi Squatinini, è costituita dal solo genere anomalo Squatina, ha per carattere le aperture branchiali non laterali precisamente, ma piuttosto collocate fra i lati e il disotto del capo; gli occhi situati nel disopra più propriamente che ai lati; il corpo depresso, al- largato ; il capo piatto, assai distinto dal tronco; la bocca terminale; le pinne pettorali assai grandi. Dodici generi meritano d'esser compresi nella sottofamiglia degli Squalini, e sono Scyllium, Mustelus, Galeus, Squalus, Lamna, Notidanus, Selache, Cestracion, Spinax, Centrina, Scymnus e Sphyrna. Nello Scylium, Cuv. il capo è mediocremente allungato al dinanzi dell’ apertura della bocca. I denti sono piccioli, quasi uguali, tricuspidi, col lobo intermedio più alto dei laterali, non inclinati da lato. Gli occhi oblunghi. Le narici grandi, collocate innanzi alla bocca, fornite d’ una o due valvule membranacee al loro orifizio, e d’ un’ appendice rivolta verso l'interno del tubo nasale. Gli spiragli esistono in tutte le specie. L’ano è più lontano dall’ estremità posteriore che dall’ anteriore. Due pinne dorsali troncate prive di spine ; l'anteriore collocata più indietro delle ventrali. Nelle femmine le basi delle ventrali posteriormente restano separate, nei maschi si congiungono. L’anale esiste sempre. La caudale è formata di due lobi opposti, poco espansi in altezza, l'inferiore dei quali non giunge all'estremità attenuata del corpo, il superiore la oltrepassa, la cinge di sopra e di sotto, ed è troncato nell’ apice. I tubercoli che rivestono il corpo, le pinne e la parte posteriore del capo hanno la forma di scaglie laminari tricuspidi rivolte all'indietro. Delle condizioni proprie a ciascuno dei rimanenti generi di Squalini noteremo ora quelle che servono a stabilir chiaramente la lor distinzione dallo Scyllium. Nel Muste- lus, Guv. i denti sono brevissimi ottusi, colla base ellittica, disposti in ordine quincun- ciale, contigui. Nel Galeus, Cuv. i denti sono grandetti, piatti, taglienti, inclinati ‘verso il prossimo angolo della bocca, tricuspidi col lobo interno assai più lungo degli altri due: le narici portano all’esterno una valvula brevissima appena cospicua: il lobo inferiore della pinna caudale è forcuto. Nello Squalus, Guv. i denti sono grandi, piatti trian- golari, taglienti, quasi sempre seghettati nel contorno, talvolta inclinati verso l'angolo della bocca: mancano gli spiragli, le narici sono prive di valvule: la pinna caudale è falciforme coi lobi assai disuguali. Nella Zamna, Cuv.i denti sono grandi, piatti, asti= formi, seghettati nel contorno: mancano gli spiragli: le narici sono prive di valvule: il tronco è fusiforme, assai turgido nel mezzo, carenato dai lati verso la coda: le pinne pet- torali sono situate dietro all'ultima delle aperture branchiali: la pinna caudale è semi- lunare coi lobi quasi uguali. Nel otidanus, Cuv. i denti della mascella di sotto sono piatti larghissimi pettiniformi, quelli della superiore falciformi, con tutte le punte incli- nate verso l'angolo della bocca: le narici portano una picciolissima valvula esteriore ; le 39* ma SCYLLIUM CANICULA. aperture branchiali eccedono il numero di cinque per parte: evvi una sola pinna dor- sale. Nel Selache, Cuv. i denti sono piccioli, conici, le aperture fesse tanto a lungo che cingono gran parte della base del capo. Nel Cestracion, Cuv. (non Klein) i denti sono congiunti come i pezzi d'un lastrico, quelli di mezzo piccioli acuti, i laterali larghis- simi: le mascelle sporgono all’innanzi quasi al pari del muso: ambedue le pinne dor- sali sono munite anteriormente d'una spina. Nello Spinax, Cuv. i denti sono mediocri, piatti, taglienti, con tre dentelli nel margine che guarda l'angolo della bocca, il supe- riore acuto, l’intermedio troncato, l'inferiore ottuso prolungato al di sotto della base del dente stesso: le dorsali sono fornite di spina: manca la pinna anale. Nella Centrina, Cuv. i denti di sopra sono triangolari lesiniformi ordinati in più serie, quelli di sotto triango- lari a base larga disposti in una o due serie sole: le narici fornite d’ una valvula; ambe- due le dorsali sono fornite di spina, la posteriore inserita al di sopra delle ventrali: il tronco molto grosso, quasi trisono in tutto il tratto anteriore all’ano, che è più vicino all'estremità della caudale che a quella del muso. Nello Scymnus, Cuv. i denti sono come nella Cenirina; le pinne dorsali inserite esse pure come quelle della Centrina, ma inermi. Nella Sphyrna, Rafin. ( Cestracion, Klein) finalmente il capo è schiaccia- to, troncato, e dilatato anteriormente in due branche trasverse, che gli danno il garbo d'un martello: gli occhi sono collocati all’ estremità di tali branche; le marici nel margine anteriore delle medesime: mancano gli spiragli. Del rimanente tutt'i generi fin qui enumerati s'allontanano dallo Scyllium per la pinna dorsale anteriore inserita molto innanzi alle ventrali, e per la figura della mede- sima più o meno forcuta. I tubercoli che cuoprono la pelle soglion essere inoltre ovali o lanceolati, indivisi in tutti coll’eccezione del Motidanus e dello Spinax, che gli hanno tricuspidi come lo ScyMlium, della Centrina e dello Scymnus, in cui sono tri-quinque- cuspidi con le branche divergenti. Le specie del genere Scy/lium sono sparse per tutt'i mari: esse sono fra le men gran- di, e perciò le men nocive di tutta la famiglia. Il lor manto suol aver un fondo di tinta cinerea segnato di macchie o strisce più scure. Se ne conoscono venti all'incirca, e pos- sono ripartirsi in tre gruppi subalterni o sottogeneri, che distingueremo coi nomi Ore- ctolobus, Scyllium, Pristiurus. Nell’Orectolobus, Nob. (le cui specie sono tutte esotiche ) il muso è breve, la boc- ca prossima all’ estremità di quello: il margine delle narici è fornito all’esterno d’una valvula assai lunga, rivolta all'indietro: le aperture branchiali sono picciole, le due posteriori dell’ uno e dell’ altro lato vicine fra loro e quasi confuse in una: la pinna anale è collocata dietro la seconda dorsale. Questa divisione, che trovasi già accennata nelle opere del Cuvier e del Blainville comprende lo Squalus barbatus, Gmel. (puncta- tus, Schneid.), lo Squalus fasciatus, Bloch (tigrinus e longicaudus, Gm.) e lo Squalus lo- batus, Schneid. Nello Scyllium propriamente detto il muso è corto: le narici stanno più lontane dal suo apice che dalla bocca, e sono munite di due valvule piatte, la maggior delle quali è impiantata sul lor lembo anteriore e dirigendosi all'indietro cuopre la mas- sima parte dell’orifizio nasale, la minore si spicca dal lembo posteriore, è ripiegata essa pure all'indietro, ed occultata quasi in tutto dall'altra: le aperture branchiali sono quasi equidistanti fra loro: la pinna anale è situata innanzi alla dorsale posteriore, re- mota dalla caudale. Nel sottogenere Pristiurus, Nob. le narici sono collocate presso SCYLLIUM CANICULA. il margine del capo, a distanza uguale dalla bocca e dall’ estremità del muso ch' è alquanto allungato, munite d'una valvula sola rivolta all'indietro inserita sul lor lembo anteriore: le aperture branchiali sono quasi equidistanti; la pinna anale si spicca innanzi alla seconda dorsale; il margine superiore della caudale dalla sua origine e per lungo tratto è armato di dentelli acuti, disposti in più serie, rivolti all’ indietro, che lo fanno somigliare all’ orlo d'una lima. Sono comuni nel mare Mediterraneo due specie di Scillii genuini, che si distin- guono facilmente a colpo d'occhio per le macchie scure rotondette che portano sul dor- so, in una numerosissime picciole, nell'altra più scarse più grandi, per non dire ora di varie condizioni di struttura proprie esclusivamente di ciascuna delle due. In modo più o men chiaro ne parlarono gl’Ittiologi antichi presso che tutti. Artedi le conobbe, le pose nel genere Sqgualus, ma registrò due volte quella dalle macchie più piccio- le, collocando porzione de’ sinonimi al seguito d'una delle sue diagnosi, porzione al seguito dell’ altra, come se si fosse trattato di pesci diversi. Linneo imitò Artedì fa- cendo tre specie delle due che sono in questione ; chiamò Squalus canicula e Squalus catulus quell’unico pesce dalle macchie picciole; impose il nome di Squalus stellaris a quello dalle macchie grandi. Ciò si rileva dai sinonimi che allega, i quali in realtà sono per la massima parte quei medesimi dell’Artedi, e sono tutti esattamente collocati all’eccezione d’un solo. Le diagnosi Linneane però non lasciano veder la cosa con al- trettanta chiarezza. Infatti la frase che accompagna lo Squalus canicula nulla accenna che non sia comune ad ambedue i nostri Scillii; quella che Linneo applica allo Squa- lus stellaris indica uno Scillio di sesso femmineo e nulla più; quella finalmente apposta allo Squalus catulus (che accenna un'individuo maschile) fa menzione di macchie ocellari, cioè chiare nel centro: ora siffatto carattere non s'incontra già nello Scillio dalle macchie picciole, ed all'opposto è ovvio in quell'altro dalle macchie grandi, che per ragione dei sinonimi riferiti dall’ autore stesso abbiamo già detto doversi riguar- dare come il suo Squalus stellaris. Quindi se lo Squalus caitulus di Linneo in un ri- spetto è da tenersi identico col suo Squalus canicula, nell'altro si va a confondere forse collo stellaris. Gmelin ammise i tre nomi specifici di Linneo, e ripetè le sinoni- mie colle stesse norme, ma avendo riformato le diagnosi, dietro le tracce di Brous- sonnet, diede a vedere in modo non equivoco ch' applicava egli pure il nome stellaris alla specie dalle macchie grandi, mentre chiamava carnicula la femmina, catulus il maschio del pesce dalle macchie picciole. Quest'ultimo nome fu adottato per tale spe- cie dal Signor Blainville nella Fauna Francese: all’opposto il Cuvier adottò casuius come nome specifico dello stellaris di Linneo e di Gmelin, forse perchè pose mente a quel cenno dato da Linneo delle macchie ocellate nella frase del cazzls, e serbò l'ap- pellazione caricula per la specie che Gmelin aveva chiamato e canicula e catulus. Ma il nome Linneano meritevole d’essere escluso onninamente sembra a noi che sia catulus, e volendo conservare le appellazioni legittime chiamiamo i due esseri di cui si tratta Scyllium canicula e Scyllium stellare. Col fin qui detto non intendiamo già di negare che oltre questi due possano essersi rinvenuti nel mediterraneo altri Scillij genuini. Anzi apparterrebbero allo stesso gruppo per l'appunto lo Squalus elegans del Mardi, ed uno Scyllium accennato dal Cuvier nel suo Régre Animal, ma non distinto da particolar nome specifico. Quanto al primo, 3g 8* SCYLLIUM CANICULA. osserviamo che lo stesso Signor Blainville sospetta che possa essere identico col suo Squalus catulus, che sarebbe quanto dire con lo Scyllium canicula del Cuvier. Quindi è specie tuttora ravvolta nel dubbio. L'altro sembra vicino di molto, e probabilmente è identico col vero Squalus stellaris di Linneo e di Gmelin, ed avremo nuoya occasione di parlarne nel prossimo articolo. I Lo Scyllium canicula guardato di profilo ha il contorno disugualmente fusiforme, veduto di sopra è lanceolato allungato. Il punto della maggior larghezza è nòve volte più distante dall’ estremità posteriore che dall’ anteriore, e tre volte soltanto il punto della maggior altezza. Il capo ha la base più larga del corpo e men alta del medesimo; procedendo all’ innanzi è assai declive, poco s’'assottiglia nel senso della larghezza e ter- mina con un contorno arcuato: il tratto compreso fra gli occhi e l'apice del muso è notabilmente incavato. La distanza fra quest apice e la prima apertura branchiale è contenuta sette volte e mezzo nella lunghezza di tutto il pesce; la maggior larghezza, che corrisponde innanzi alle due aperture branchiali anteriori, è compresa nella detta lunghezza totale dieci wdlte e mezzo. Gli occhi sono alquanto più vicini all'estremità del muso che alla prima apertura branchiale: la larghezza delle loro orbite supera il doppio dell’ altezza, e corrisponde alla metà della distanza che separa gli occhi fra loro, e alla metà di quella che passa fra il lor angolo posteriore e la prima apertura branchiale. Le narici hanno l'apertura bislunga, contratta nel mezzo, e sono situate obliquamente nella faccia inferiore del capo fra il contorno del medesimo e il labbro anteriore. Il loro maggior diametro è un terzo minore del diametro maggiore delle or- bite. Il solo tratto più vicino al contorno del muso resta scoperto; tutta la porzione rimanente vien chiusa da una valvula membranacea scabra, triangolare ad apice ro- tondato che spiccandosi dal lembo anteriore si stende all’indietro fin alla bocca, senza che la base della valvula destra si congiunga con quella della valvula sinistra, tuttochè le rimanga vicinissima : il tratto anteriore del lembo delle narici non ha orlo prominente; solo nel punto più vicino alla bocca è fornito d'una seconda valvula membranosa li- neare, dieci volte più piccola della valvula esteriore, dalla quale vien occultata quasi totalmente, tre volte più lunga che larga, ripiegata all'indietro: verso il mezzo di questo lembo posteriore evvi inoltre un'appendice triangolare alquanto erta quasi in- cavata a forma di canale diretta verso l'interno del tubo nasale. Il taglio della bocca è incurvato ad arco verso il dinanzi, e prossimo alle narici: la sua larghezza eccede la distanza che disgiunge i due punti esteriori di queste. I denti sono piccioli, tricuspidi, acuti, disposti in tre o quattro file di sopra e di sotto. Le aperture branchiali sono si- tuate dai lati dietro la base del capo, e fra la prima e la quinta corre quasi la distanza medesima che fra la prima e l'angolo posteriore dell'occhio. Gli spiragli hanno l’orifizio strettissimo situato dietro all'uno e all’ altr'occhio, tre volte più lontano dalla prima apertura branchiale che dall’ occhio stesso. Il di sotto del capo è segnato da molti pori puntiformi. Il tronco nella porzione prossima al capo è quasi terete, perchè la sua altezza supera la larghezza solo d'una quarta parte ; si restringe però superiormente al- quanto più che inferiormente; procedendo verso la coda s'assottiglia a cuneo, e diviene sempre più compresso, talchè alla radice della pinna caudale l'altezza è il doppio della larghezza. L'ano s'apre poco più vicino alla base della pinna caudale che al- l'estremità del muso. Le pinne pettorali sono quadrilatere con gli angoli rotondati, SCYLLIUM GANICULA, quasi il doppio più lunghe nel lobo anteriore che nel posteriore, poco più strette in- feriormente che superiormente: la loro base corre nel senso orizzontale, ed ha origine da un punto situato immediatamente al di sotto della quarta apertura branchiale : la loro lunghezza maggiore corrisponde alla distanza che passa fra ognuna d'esse e l’an- golo anteriore dell’ SI Le pinne ventrali hanno principio in un punto del ventre distante ugualmente dall’apice del muso e dalla radice della caudale. Le loro basi hanno la stessa misura del lato posteriore delle pettorali, convergono verso il punto po- steriore della fessura anale, nel quale reciprocamente si toccano. La loro figura è qua- drilatera; il lato anteriore si spicca dal ventre ad angolo molto ottuso, ed è circa un terzo più lungo del posteriore che gli è quasi pasallclà; e circa un quarto più breve della base; il lato terminale è SONE l'angolo anteriore è rotondato, il posteriore. acuto. La pinna dorsale anteriore è CA più indietro del punto che corrisponde al di sopra dell’ano ; l'estremità anteriore della sua base è più distante dall’ apice del muso che da quello (I pinna caudale: la sua posizione è obliqua; il lato anteriore su- pera il doppio del posteriore e corrisponde a due terzi della lunghezza delle pinne petto- rali; il lato terminale è troncato, alquanto più largo che la pio la quale ha la misura del lato posteriore. La seconda pinna dorsale è un quinto più vicina alla radice della pinna caudale che alla dorsale anteriore; ha l'inclinazione e la figura di quest'ultima, ma è un qnarto più picciola. La pinna caudale orla l'estremità assottigliata del corpo con sette ottavi della propria lunghezza, la quale è contenuta cinque volte e tre quarti in quella di tutto il pesce. Il suo lobo inferiore ha principio un poco innanzi al punto che corrisponde all'origine del superiore, ed ha termine innanzi al termine delle vertebre; la sua figura è approssimativamente quella d’ un triangolo, la cui base supera più di quat- tro volte l’ altezza, e il cui apice è rotondato. ll lobo superiore della caudale s’innalza poco sensibilmente dall'origine procedendo verso l’ apice ch'è troncato obliquamente, cinge il termine delle vertebre di sopra e di sotto, prendendo la figura di cuneo a ro- vescio nel breve tratto libero, al confine del quale si congiunge coll’ altro lobo e forma col medesimo un’'angolo rientrante. L'altezza che ha l'apice di questa pinna non giunge ad uguagliare la quarta parte della sua lunghezza. Tutta la superficie del pesce è Ca al tatto allorchè si striscia con la mano dall’ innanzi all'indietro, asprissima allorchè la mano si muove in senso contrario, pers, chè le tenaci e picciole scaglie che lo ricuoprono sono rivolte all'indietro, fitte, du- rette, terminate da tre punte acutissime, l’intermedia delle quali suol essere notabil- mente più lunga delle altre. Le appendici maschili inferiormente sono rivestite di squa- me consimili, ma assai picciole e rivolte all’innanzi. La parte superiore del muso è ri- vestita di tubercoletti ovali piuttosto che di scaglie laminari. | Il fondo del dorso è d’una tinta cinereo-rosseggiante, più scura nella parte anteriore e sul capo, ed è tutto cosperso di macchie a o nere, molto fitte rotandette, disu- guali, tutte però picciole, talchè il diametro delle più considerevoli giunge appena ad uguagliar la metà del diametro dell'orbita. In alcuni individui si mostrano parecchie macchiette cineree sparse fra le macchie scure. Le pinne dorsali e la caudale hanno lo stesso colore del dorso, ma alquanto più dilavato, e portano alcune macchie brune poco decise: lo stesso ha luogo nella faccia superiore delle pettorali e delle ventrali; in queste però e verso le estremità di quelle le macchie sono presso che scancellate, e il fondo è più chiaro. La parte di sotto del capo, del tronco, e la faccia inferiore delle pettorali e Zg*#% SCYLLIUM CANICULA. delle ventrali sono d’un bianco sudicio uniforme. L’interno della bocca e delle aperture branchiali è bianco latteo. La pupilla è nereggiante, l’iride cinereo-verdastra. Gli esemplari mediocremente grandi di questo Scillio hanno la lunghezza d'un pie- de: i maggiori oltrepassano di poco un piede e mezzo. È comune nel Mediterraneo e lungo le sponde Europee dell’ Atlantico. Vive nel fango e fralle alghe, vicino ai lidi, quindi resta preso di frequente dalle reti de'pescatori. Si ciba di Pesci piccioli, di Crostacei, e di Molluschi, massimamente di Seppie. Pro- duce da dieci a quindici figli per portata. La sua carne ha un fastidioso odore di mu- schio, è dura e di sapore cattivo : pure in grazia del tenue prezzo a cui si vende vien mangiata dalla gente povera, che affine di renderla più sopportabile ha l’uso di farla macerare per qualche tempo nell'acqua. La sua pelle è aspra e tanto resistente, che s' impiega per pulimentare il legno e l’avorio, e per foderare astucci, guaine di coltelli o di spade, e cose simili. In Toscana, e lungo i lidi Romani e Napoletani questo Pesce chiamasi Gattuccio, in Sicilia Gattucciu, a Venezia Gatta nostrana, Cagnetto, nelle Marche Cagnòlo, Gattina, nel Genovesato Gattusso, a Nizza Pintou roussou. SCYLLIUM STELLARE SCILLIO GATTO-PARDO ScYLLium cinereum; maculis magnis rariusculis nigro-violaceis subrotundis, saepe centro pallidis: pinnis ventralibus recta truncatis: valvula narium postica latissima. squaLus stELLARIS, Linn. Syst. Nat. I. p.599. sp. 9g. foem. Gmel. Syst. Nat. I. p.1491. sp. 9. foem. Lacép. è Hist. Nat. Poiss. I. p. 233. tab. 9g. fig. 2. Schneid. Bloch. Syst. p.127. sp. 5. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 7. sp. 5. tab. 6. fig. 17. nec 18. Risso, Ichth. Nic. p. 31. sp. 7. GALEUS STELLARIS, Rafin. Ind. Itt. Sic. p. 46. sp. 545. scyLLium catuLus, Cup. Règn. Anim. II. p. 124. Id. 2. ed. II. p. 386. Cloquet in Diet. Sc. Nat. XLVI. p. 551. i squaLus caNICULA, [Vardo, Osserv. Itt. Adr.in Giorn. Brugnat. Id. Prodr. Adr. Ichth. sp.15. SQUALUS (scYLLIORHINUS) stELLARIS, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I.p.71. tab. 17. fig. 2. scyLLuium stELLARIS, Risso, Hist. Nat. III. p.116. sp.2. CANICULA sAXATILIS, Rondel. Pisc. I. lib. xiii. cap. viii. p. 383. Gesn. Aquat. IV. p.169. catuLus MAJOR, Salvian. Hist. Aquat. p. 153. fig. 45. Aldroy. Pisc. lib. iii. cap.zxxiv.p. 591. fig. in pag.390. (icon. e Salv.) Jonst. Hist. Pisc.II.lib.i. tit.i. cap. iii. art. ii. punct. ii.p. 14.tab. 8. fig. 1, W illughb. Ichthyogr. tab. B. 4. fig. 1. (icon. tantum e Saly.) GALEUS STELLARIS MINOR, Bellon. Aquat. lib.i. p. 74. cum fig. catuLus MAXIMUS, /illughb. Iehth. lib. iii. cap. xvi. p. 63. Ray, Synops. Pisc. p. 22. sp. 14. sQuUALUS cinereus, pinnis ventralibus discretis, Arted. Gen. Pisc. p. 69. sp. 12. Id. Synon. p.97. sp. 12. foem. GALEUS cinereus, maculis nigris rarioribus sed majoribus, quam in praecedente, Alein. Hist. Pisc. Miss. iii. p.10. gen. ii, sp. 5. GALEO STELLATO, /afin. loco citato. ROUSSETTE COMMUNE, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. p. 65. cum fig. cHaT-ROCHIER, Broussonet, in Act. Paris, 1780. p. 651. sp. 3. Daubent. in Enc. Meth. Hist. Nat. ILL p. 88. SQUALE ROCHIER, Lacép. loco citato. PETITE ROUSSETTE cu CHAT-ROCHIER, Duham. Hist. Pèch. II. sect. iz. p. 304. tab. 22. ( fig. mala ) Cuv. loco citato. SQUALE CHAT-ROCHIER, Blainp. loco citato. GREATER SPOTTED DOGFISH, Penn. Brit. Zool. III. p. 99. tab. xv. Pi quanto altri voglia dir questo Pesce simile al precedente, è innegabile la di- versità che deriva dall'essere il color del suo fondo meno rossastro, le macchie più rade, men numerose e più grandi, il tronco men allungato, le pinne ventrali e l’anale troncate meno obliquamente, la caudale più alta, le due valvule superiori delle narici più distanti fra loro, e fornite d'uno spigolo, le due inferiori quadrilatere, assai più lar- ghe che lunghe. A. tali segni ben riconosce il volgo dei pescatori una specie dall’ altra, e in ogni paese in cui promiscuamente sl pescano o si espongono in vendita ha per esse due separati nomi. Parecchie delle diversità accennate colpirono qual più qual meno gl'Ittiologi antichi; molti di loro però attesero più che non bisognava alla grandezza relativa degli esemplari da loro osservati, e a certi leggeri accidenti di coloramento; ‘a SCYLLIUM STELLARE. tutti sembra che sfuggisse la notizia delle condizioni che accompagnano immancabil- mente la differenza del sesso, quali sono, oltre l’esistenza o il difetto delle appendici maschili, l’esser le pinne ventrali congiunte o separate, e la statura costantemente minore o maggiore. A quest'ultima circostanza è da attribuire l’abbaglio del sistematico Artedi e di Linneo suo imitatore, che fecero tre specie di due esseri soli, come abbiamo già detto parlando dello Sc. canicula: il qual abbaglio fu mantenuto, anzi accresciuto poscia da altri scrittori ossequiosi anche troppo verso l'autorità di quei sommi maestri e spesso poco felici nell’ interpetrarli. In qual guisa siasi andata complicando di mano in mano la confusione una volta introdotta si scorgerà da chiunque avrà la pazienza di ri- scontrare le liste di sinonimi, che abbiamo riportate sotto dell’ una e dell’ altra specie. La forma generale dello Scylium stellare s'accosta a quella dello Sc. canicula, ma è alquanto men allungata. Infatti il punto della maggior larghezza, che cade in ambedue all’innanzi delle prime aperture branchiali, è nove volte più distante dall’ estremità po- steriore che dall’anteriore nella canicula, e nello stellare è sette sole volte più distante da quella che questa. La lunghezza totale dello stellare contiene cinque volte la lun- ghezza del capo, e nove volte la sua larghezza. Il diametro maggiore delle orbite cor- risponde alla metà dell’ intervallo che disgiunge un' occhio dall’ altro, e a due terzi di quello che li separa tanto dall’ estremità del muso quanto dalla prima apertura bran- chiale. Le narici sono oblunghe, contratte nel mezzo, situate obliquamente fra la bocca e il contorno anteriore del capo. Il lor diametro maggiore è un terzo minore del diame- tro maggiore delle orbite. Restano scoperte nel solo tratto più vicino al contorno del capo: in tutta la porzione rimanente ognuna d’essa è coperta all’esterno da una valvula membranosa, scabra, impiantata sul suo lembo anteriore, di forma quadrilatera, coi tre lati liberi incurvati all’indentro e con uno spigolo carnoso che dalla lor base scorre fino all'angolo più interno del margine : questa valvula si stende all’ indietro verso il labbro anteriore, non giunge però a toccarlo. Tra quella della narice destra e l’altra della sinistra corre un’ intervallo uguale alla metà del diametro maggiore di ciascuna delle narici. In quel tratto del lembo posteriore dell’orifizio nasale che più s'avvicina alla bocca sorge una seconda valvula minore, coperta dalla prima, di forma essa pur quadrilatera, la cui lunghezza è superata quattro volte dalla larghezza della propria base, e che volgendosi all’indietro corre nel senso della maggiore. Lungo lo stesso lembo posteriore verso il mezzo è situata un’ appendice triangolare erta incavata a guisa di ca- nale, che si dirige verso l’interno del condotto nasale. Il taglio della bocca è curvato ad arco all’innanzi come nello Sc. caricula, ma alquanto men prossimo alle narici: i denti sono conformi. Fra la prima e l’ultima apertura branchiale di ciascun lato corrono tre quarti della distanza che separa la prima dall’ angolo posteriore dell occhio. Gli spiragli sono in tutto come nello Sc. canicula. Il tronco anteriormente è quasi terete, perchè la sua altezza supera la larghezza solo d’un quinto, posteriormente è compresso in guisa che al punto dell'inserzione della pinna caudale è due volte più largo che alto. Tra l’ano e la pinna caudale corrono quattro quinti della distanza che separa il primo dal- l'estremità del muso. Le pinne pettorali sono conformate e disposte come nello Sc. ca- nicula. Il termine anteriore della base delle ventrali è un sesto più lontano dall’ apice del muso che dall’ inserzione della caudale. La loro figura è quadrilatera, col lato este- riore circa due volte e mezzo più lungo del posteriore, che gli è quasi parallelo, e che ha la misura stessa della base : il lato terminale è rettilineo; l'angolo anteriore e il po- SCYLLIUM STELLARE. steriore sono quasi retti, il primo però è rotondato, il secondo aguzzo. Tali pinne re- stano disgiunte affatto nella femmina, si congiungono fra loro posteriormente nel ma- schio, e fra esse e l'ano sono impiantate le due appendici maschili; locchè ha luogo in tutte le specie di Scillii. Le pinne dorsali sono situate come nello Sc. canicula, e poco 0 nulla differiscono nella forma. Anche la pinna caudale somiglia a quella della citata specie: ma la sua lunghezza è contenuta solo quattro volte e mezzo nella lunghezza di tutto il Pesce, ed il lobo inferiore è più espanso, avendo la forma d’un triangolo, con la base che supera tre volte e mezzo l'altezza, e con l'apice appena smussato, Le scaglie che cuoprono il corpo e la parte posteriore del capo sono aguzze ed aspre anche più di quelle dello Sc. canicula. | Il colore del dorso è un cinereo-bruno poco o nulla tendente al rossastro, più cupo sul tratto anteriore e sul capo, assai più dilavato sui fianchi al di sotto della linea late- rale, che si rende perciò assai visibile in questa specie. Su tutto il fondo sono sparse molte macchie erandette, fosche o violaceo-nerastre, assai decise, di forma rotonda o el- littica, il maggior diametro d’alcune delle quali giunge ad uguagliare quello delle or- bite. Spesso altre macchie cinereo-biancastre men decise, men numerose e men grandi sono disseminate fra le fosche: talvolta il centro delle fosche è pallido o biancastro, tal- chè potrebbero dirsi ocellari. Le pinne dorsali e la caudale hanno i colori e le macchie quali sono nelle parti del dorso ad esse contigue. L'anale, le ventrali e le pettorali nella faccia superiore hanno il fondo del colore dei fianchi e le macchie segnate come sono in quelli. D'un bianco sudicio uniforme sono il ventre e la parte inferiore del capo; solo la base dello spigolo che accompagna la valvula maggiore dell’una e dell'altra na- rice suol esser tinta di scuro. Biancastro è il di sotto delle pinne pettorali e delle ven- trali, imbrattato di cinereo verso i margini, e con qualche traccia di macchie scurette nel centro. La pupilla è nereggiante : l'iride cinereo-verdastra. L’interno delle aperture branchiali è cinereo, h Gli esemplari di grandezza mediocre sono lunghi un piede e mezzo o due piedi; ma i femminei oltrepassano talvolta due piedi e mezzo. Lo Scyllium stellare è proprio del Mediterraneo. Vive piuttosto sui fondi sassosi e nelle acque chiare che in mezzo al fango, e perciò quantunque abbondi lungo i lidi dell’Italia si pesca più raramente dello Sc. canicula. La sua carne è men cattiva di quella del pesce or ora accennato, ma anch' essa è vilissima. Le sue uova sono più tur- gide ; nel Febbrajo e nel Marzo la femmina ne porta fino a quaranta o cinquanta, e le va a deporre a piè degli scogli. La pelle serve agli stessi usi che quella della specie precedente. Lungo i lidi Romani e Napoletani, in Toscana e nella Liguria ha il nome di Gatto- pardo. I Veneti lo dicono Gatta-Schiuva, Gatta d'aspreo, i Piceni Gatta, i Siciliani Gattu- pardu. A Nizza si chiama Gatta d' arga. Molti autori nel dar la figura di questa specie hanno preferito rappresentarla con le macchie scure oculiformi: a noi è giovato scegliere per modello un’esemplare a mac- chie scure unicolori con altre macchiette bianche sparse fra queste, perchè ci sembra che tale sia il caso più comune. Ripeteremo qui nondimeno, che non è raro il veder le macchie biancastre poco distinte o mancanti del tutto, e le scure di figura ocellare. Il Cuvier oltre lo Sc. caricula, e lo Sc. stellare accenna come proprio del Mediterraneo un terzo Scyllium a macchie bianche e nere, cui non s'avventura d’ applicare alcun SCYLLIUM STELLARE. particolar nome specifico, ma che dietro il cenno da lui dato altri hanno denominato Sc. albo-maculatum. Sospettiamo grandemente che il Pesce avuto in vista dal Zoologo francese altro non sia che lo Sc. stellare osservato nel suo stato più ovvio. Ma poichè dalle macchie in fuori niun carattere di distinzione fu dato dall'autore, e poichè anche lo Sc. canicula porta alle volte poche macchiette chiare frammiste alle scure, bisogna che ci contentiamo di lasciare la quistione indecisa. SCYLLIUM MELANOSTOMUM SCILLIO BOCCANERA PRISTIURUS rufo-cinereus; maculis magnis obscurioribus oblongis: pinnis ventralibus obli- que truncatis: ore intus nigro-ceruleo. GALEUS MELASTOMUS, Rafin. Caratt. p. 15. gen. viii. sp. 32. Id. Ind. Itt. Sic. p. 46. sp. 346. squaLus catuLuUs, Risso, Ichth. Nic. p. 50. sp. 6. ( quoad foeminam) SCYLLIUM ARTEDI, Risso, in Journ. de Phys. XII. p.242. Id. Hist. Nat. III p. 117. sp. 4. SQUALUS PRIONURUS, Otto. SQUALUS (sCYLLIORHINUS) DeLAROCHIANUS, Blainy, in Faun. Fr. Poiss. I. p. 74. sp. 10 SQUALUS (scyLLIORHINUS) meLAstOMUus, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I. p. 75. sp. 11 TRICORI Os INFERNI vulgo, Cupan. Panphit. Sic. III. tab. 31. GALEO BOCCANERA, Éafin. loco citato. SQUALE DE DELAROCHE, Blainy. loco citato. SQUALE MELASTOME, Blainv. loco citato. ROUSSETTE D’ARTEDI, £isso, Zoco citato. hi altri tempi fu trovato dal Cupani nei Mari della Sicilia, e fu poi riprodotto dal Rafinesque, che lo chiamò Galeus melastomus. Aveva suggerito l’appellazione specifica il color nero di cui è tinto tutto l’interno della bocca di questo Pesce, ed a noi è sembra- to benfatto adottarla dopo averla sottoposta ad una leggera mutazione ortografica. Quan- to al genere è inutile rammentare che il Rafinesque poneva sotto il Galeus tutti gli Squa- lini muniti di spiragli, di due pinne dorsali e di pinna anale; e perciò dovette riguardare anche questo come uno de’ suoi Galei. Degli autori che ne parlarono dopo di lui il Si- gnor Otto e il Signor Risso furono i soli colpiti dal carattere che presenta il margine superiore della coda, armato di tubercoli acuti grandetti rivolti all’ indietro, del quale si vede un cenno poco apparente anche nello Squalus Mustelus di Linneo. L’ Otto collocò la nostra specie sotto lo Sqgualus, il Risso sotto lo ScyMium. Il Blainville la inserì egli pure nel genere Squalus, ma nella sezione Scylliorhinus che appunto equivale allo Scy/- lium del Cuvier. Forse non andrebbe gran fatto lontano dal vero chi dicesse che questo essere sta di mezzo fra i generi Scyllium e Mustelus: perchè il suo muso è allungato ‘e tutto il capo ha il garbo di quello del Mustelus; se gli avvicina anche per le narici for- nite d'una sola valvula esterna, e pel carattere già accennato del margine della cau- dale seghettato superiormente; mentre tutte le altre principali condizioni di struttura sono appunto le medesime che presenta lo ScyMizm, segnatamente i denti, la posizio- ne e la forma delle pinne, non che la figura dei tubercoli squamiformi che rivestono tutto il corpo. Per queste considerazioni, tuttochè non ci sia sembrato necessario rimuo- vere la specie dal genere Scyllium, ci è giovato fondare su della medesima un parti- colare sottogenere, cui abbiamo imposto il nome Pristiurus, e del quale abbiamo già avuto occasione di parlare trattando dello ScyMium canicula. SCYLLIUM MELANOSTOMUM. Lo Scyllium melanostomum ha il corpo disugualmente fusiforme se vien osservato di profilo, lanceolato-allungato se si guarda di sopra. Il punto della maggior larghezza è sel volte. più vicino all'estremità del muso che a quella della pinna caudale, e circa tre volte il punto della maggior altezza. Il capo ha la base più larga del corpo, e si va restringendo dall’ indietro all’ innanzi, talchè il suo contorno segue la curva d’un arco acuto: la sua altezza è minore di quella del tronco fin dalla base, e si va abbassando a gradi fino all'estremità. La lunghezza misurata dall’ apice alla prima apertura bran- chiale è un terzo maggiore della larghezza, ed è contenuta sei volte e un terzo nella lunghezza totale del Pesce. Il diametro maggiore delle orbite è due volte minore della distanza che corre fra l'occhio e la punta del muso, minore d’un quarto dello spazio che passa fra l'occhio e la prima apertura branchiale, ed eccede di poco l'intervallo frapposto alla prima e all'ultima apertura branchiale. Lo spiraglio è picciolissimo, e s'apre dietro all’ occhio tre volte più vicino a questo che all'apertura branchiale anterio- re. Il taglio della bocca è arcuato ; e corre la stessa distanza fra il suo punto medio e l'apice del muso, che fra l’uno e l’altro de’ suoi angoli. I denti sono piccioli retti tricu- spidi. Le narici s'aprono obliquamente presso il margine del capo, e sono due volte più distanti dall’ apice del muso che dal margine della bocca. Il lor forame è di forma bis- lunga, contratto nel mezzo del lembo anteriore e del posteriore, nell’uno e nell'altro dei quali punti è impiantata un’ appendice triangolare erta, rivolta verso l’ interno del condotto nasale. Una valvula membranacea è poi inserita sul lembo anteriore nel tratto men lontano dalla bocca la cui forma è triangolare ottusetta quasi tre volte più larga alla base che lunga, la quale stendendosi obliquamente all'indietro occulta una por- zione dell’ orifizio nasale, lasciando scoperte le sue estremità. Lungo il lembo posteriore delle narici in luogo dell’altra valvula si scorge appena una sottil piega marginale. Tutta la superficie inferiore del muso è cospersa di pori puntiformi numerosissimi. Il tronco anteriormente è quasi terete ; la sua altezza maggiore è contenuta undici volte e mezzo nella lunghezza totale del Pesce: posteriormente è sempre più compresso, e all'origine della pinna caudale quasi due volte più alto che largo. Le pinne pettorali sono piuttosto ampie, troncate: la lor base anteriormente ha origine sotto alla penul- ‘ tima apertura branchiale, ed ha la misura dell'intervallo che disgiunge l’occhio dall’api- ce del muso: il lor lato anteriore eccede di tre quarti questa misura, il lato posteriore d'un quinto, il terminale d'un quarto. La base delle pinne ventrali ha la misura della larghezza delle pettorali: la loro figura è quadrilatera coll’angolo anteriore ottusissimo e rotondato, il posteriore acutissimo ed acuminato: la loro larghezza misurata dalla base all'angolo anteriore corrisponde a due quinti della misura della base, e alla metà di quella del lato terminale. La pinna dorsale anteriore ha principio al di sopra del ter- mine della fessura anale: si spicca obliquamente, ha i lati quasi paralleli, l'apice tron- cato, con l'angolo anteriore acuto, il posteriore ottuso: il lato posteriore ha circa due quinti della misura dell’anteriore, ed una metà di quella della base. La pinna dorsale posteriore è in tutto conforme all'anteriore, appena sensibilmente più picciola, ed è più vicina del doppio all'origine della caudale che al termine della dorsale anteriore. Quasi altrettanto distante dalla caudale è il termine dell’anale, la quale è assai estesa e sta di mezzo fra le ventrali e la caudale. La sua base ha una lunghezza poco minore di quella ‘del capo: la figura è trapeziforme coll’ angolo anteriore poco ottuso e rotondato, il po- steriore acutissimo : il lato esteriore è lungo quanto la metà della base; il terminale ha SCYLLIUM MELANOSTOMUM. la misura d’ un quarto, il posteriore quella d’un quinto della medesima. La pinna cau- dale occupa più della quarta parte della lunghezza di tutto il Pesce. Il lobo superiore si solleva di poco dalla carena del dorso; il margine per tre quarti della sua esten- sione a contare dall’ origine è occupato da quattro o più serie di tubercoletti fitti, ovati, aguzzi, rivolti all'indietro, e queste serie riunite costituiscono una specie di cordone scaberrimo e somigliante al margine d’ una lima: l’ ultimo sesto del lobo superiore è cu- neiforme troncato obliquamente, ed abbraccia il termine delle vertebre. Il lobo infe- riore, che al suo termine si congiunge col lobo superiore, e forma con esso un’ angolo rientrante, ha la figura d'un triangolo coi lati alquanto curvi all’ indentro, il posteriore una volta e mezza più lungo dell’anteriore: la misura della sua altezza corrisponde alla quinta parte di quella della base. La parte posteriore del capo, il tronco e le pinne sono lucide, essendo coperte da tubercoli squamiformi, aderenti tenacemente alla pelle, rivolti all’ indietro, più minuti di quelli dello Sc. canicula e dello Sc. stellare, e trifidi come quelli. Strisciando colla mano dall’ innanzi all’ indietro tutta la superficie sembra rasata, e scabra se si muove la mano dall’ indietro all’ innanzi. La tinta della parte superiore del capo è cinereo-bigia, interrotta da una striscia di colore alquanto più chiaro, poco distinta, che corre dagli occhi alla punta del muso, pa- rallela e prossima al margine del medesimo. Il tronco dalla carena dorsale alla linea la- terale porta di qua e di là due larghe strisce longitudinali dello stesso colore cinereo- bigio segnate poco distintamente sopra un fondo cinereo-chiaro tendente al ferrigno. La superiore di tali strisce è continua, l’inferiore è interrotta, talchè costituisce una serie di macchie bislunghe. Immediatamente al di sotto della linea laterale domina il fondo cinereo-chiaro e su questo sono segnate due strisce larghette cinereo-bigie nel tratto posto fra il capo e il mezzo delle due pettorali: da questo punto fino a quello che corrispon- de sopra al termine delle ventrali si scorgono tre serie di macchiette cinereo-bige bis- lunghe, le maggiori delle quali sono quelle della serie inferiore. La faccia superiore delle pinne pettorali e delle ventrali, ambedue le facce delle dorsali, dell’ anale e della caudale sono di color cinereo-bigio dilavato con qualche cenno poco distinto di mac- chie più scure. Il disotto del capo, del ventre, delle pinne pettorali e delle ventrali è cinereo-chiaro. Tutto l’interno della bocca, comprese le labbra e la lingua è turchino- nerastro: dello stesso colore apparisce pure l'interno delle fessure branchiali. Gli occhi hanno la pupilla fosca, e l’iride cinerea, cinta da un cerchio scuro. La femmina sempre più grande del maschio giunge tutto al più ad aver dieciotto pollici di lunghezza. In essa le pinne ventrali sono più brevi, e affatto separate; nei maschi sono congiunte posteriormente appunto come abbiam detto avvenire in tutti gli Scillit: fra le dette ventrali e l’ano sono inserite le appendici maschili. L' esemplare rappresentato nella nostra tavola era di sesso maschile, munito d'appendici nello stato di maggiore sviluppo. Separatamente abbiamo fatto effigiare presso il capo a destra la forma dei denti, a sinistra quella delle squame che rivestono il corpo. Pare che questa specie sia propria del Mediterraneo. Si pesca di frequente sui lidi Napoletani e Romani, ed è nota al volgo sotto il vocabolo Napoletano di Pesce-impiso. A Catania la chiamano Palumba Passanita, in altri luoghi della Sicilia Bocca d'inferno. A Nizza Lambardà. La sua carne è fetida e di sapore acido, nè si troverebbe forse chi la comprasse, se i Pescivendoli non facessero passare per Guttuccio l’animale già scorticato. cis 6 Eri «li 7 Mora ela pro tI ì, A pa va * Ù 1 ef DG H Toh ri = 19, MISE di MCISILI D ld sepolto e MUSTELUS PLEBEJUS PALOMBO COMUNE MUSPELUS dorso cinerascente, albo-maculato vel unicolore: rostro breviusculo, anterius ro- tundato: oculis majusculis: pinnis pectoralibus sexquilongioribus quam latis. squaLus MusTELUS, Linn. Syst. Nat. I. p. 4oo. sp. 13. Gmel. Syst. Nat. I. p.1490.-sp.13. Lacép. Hist. Nat. Poiss. I. p. 242. Schneid. Bloch. Syst. p. 128. sp. 7. Bonnat.in Tabl, Ene.Ichth. p. m. sp. 5. tab. q.fig.21. (isso, Ichth. Nic. p.35. sp.9. specim. macul.) GALEUs MuUSTELUS, /tafin. Ind. Itt. Sic. p. 46. sp. 545, MusteLus PoncTULATUS® Riss. Mist. Nat. III. p. 128. sp. 15. MUSTELUS LAVIS, Risso, în Journ. Phys. Id. Hist. Nat. III. p. 127. sp. 14. specim. imm. MUSTELUS STELLATUS, /tisso, Mist. Nat. III. p. 126. sp. 153. specim, macul. SQUALUS (GALEORHINUS) ininnuLus, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. Lp. 83.sp. 15. specim. macul, SQUALI S (GALEORHINUS) LEVIS, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I. p. 84. sp.16. specim.imm. Tales \etos, Arist. lb. vi. cap. 10. Athen. lib. vii.p.294. Oppian. lib. i. p.113. specim. imm. Tadeos Aot:0108, Arist. lib. v. cap. 10. et lib. vi. cap. 11. Oppian. lib. i. p. 113. «dihen. lib. vii. p.147. specimen maculosum. | GaLEUS LEVIS, Rondel. Pisc. I. lib.zxiii. cap. iii. p. 375. cum fig. Gesn. Aquat. IV.p.608. cum icon. ex Rondel. et p. 616. cum icon. propr. specim. immac. i cALEUS ASsTERIAS, fiondel. Pisc. I. lib. xiii. cap. iv.p. 376. cum fig. Gesn. Aquat. IV .p.608. Aldrov. Pisc. lib. ii. p.393.cum fig.ex Rond. Klein, Hist. Pisc. Miss. III. p.9. sp. 2. tab. 1. fig. 1. specim. macul. GALEUs HINNuLUS, Bellon. Aquat. lib.i. p. 71. cum fig. specim. macul. musreLus LEvIS, Salv. Hist. Aquat. p. 157. fig. 44. specim. imm, MUSTELUS STELLARIS, sive varius, Salv. Hist. Aquat. p.159. specim. maculatum. MUSTELUS LEVIS et ASTERIAS, Jonst. Hist. Pisc. Il. lib. i. tit. i. GR ili. art. ii. punct. ili. p. 15. tab. 8. fig. 6.81. GALEUS STELLARIS, Gesn. Aquat. IV. p. 616. GALEUS sive MUSTELUS LEVIS, Aldrov. Pisc. lib. iii. p. 3593. cum fig. (icon. ex Gesn.) MUSTELUS LEVis PRIMUS, WWillughb. Ichthyogr. lib. iii. cap. xiii. p. 60. tab. B.5. fig. 2. (icon. ex Salv.) squaLus dentibus obtusis seu granulosis, Art. Gen. Pisc. p. 66. sp. 2. Id. Synon. p. 95. sp. 2. squaLus rostro subacuto, corpore subrotundo, dorso unicolore fusco, pinnis pectoralibus curtis, Grornov. Zooph.p.142. GALEO MUSTELLO, Rafin. loco citato. nissoLe, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. p. 65. cum fig. i EMISsOLE, Brousson. in Act. Paris. 1780. p.655. sp. 5. Daubent. in Enc. Meth. Hist. Nat. ILI. p. 147. SQUALE ‘EMIssoLE, Lacép. loco citato. SQUALE LENTILLAT, Blainv. loco citato specim. maculos. SQUALE GLABRE, Blainv. loco citato. specim. imm. EMISSOLE COMMUNE, Cuy. Règn. Anim. 2. ed. p.590. specim. imm. : EMISSOLE TACHETÉE DE BLANC OU LENTILLAT, Cuy. Règn, Anim.2. ed. p. 390. specim. imm. smooTH HouND, Penn. Brit. Zool. III p.91.sp.10. i e conto dei varj generi componenti la sottofamiglia degli Squalini abbiamo fatto menzione del Mustelus, ed indicato la forma de'suoi denti come la particolarità per cui differisce principalmente dal genere ScyMium. Basterebbe questo carattere per ista- bilire altresì la separazione del Mustelus da tutt'i restanti generi della sottofamiglia : non è però la sola considerazione degna di nota che presenti la struttura delle specie in esso comprese. In tutte il capo è deetito e ristretto verso il dinanzi, il tronco attenuato uniforme- 43 MUSTELUS PLEBEJUS. mente all'indietro, tondeggiante, leggermente compresso. Gli spiragli hanno l'apertura piccioletta bislunga obliqua, e sono situati in prossimità dell'occhio. Le narici hanno l'orifizio quasi semilunare, e portano sul lembo anteriore una valvula triangolare-lingui- forme rivolta orizzontalmente all'indietro, e presso questa un'appendice tenue, breve, lar- ga, concava, rivolta verso l'interno: sul lembo posteriore è impiantata un'altra appendice rivolta verso l'interno, ma angusta, erta e scavata longitudinalmente a modo di canale. La bocca è Siena hole, tagliata ad arco acuto: presso l'uno e l’altro de’ suoi angoli è visibile una piega di figura gal, il cui ramo esteriore è più lungo e corre nel senso dell'asse del pesce, l’altro è parallelo al taglio della bocca: fra l’este- riore e l'angolo della bocca stessa havvi un'appendice linguiforme breve rivolta all’in- dietro, I denti sono simili a tubercoli rotondati di base ellittica, piccioli, fitti, disposti in ordine quincunciale, in circa otto serie. Talvolta s ‘elevano nel mezzo in una pic- ciola punta, e questo ha luogo principalmente nella mascella di sopra. L’ ano è collo- cato innanzi alla metà del corpo, più nei maschi che nelle femmine, condizione che si ripete più o meno distintamente negli altri Squalini. Tutte le pinne, eccettuata la cau- dale hanno la solita figura cuneiforme a rovescio, e son troncate obliquamente col margine terminale più o meno incavato. Due sono le pinne dorsali, inermi, assai crasse presso la base. Le pettorali hanno origine al di sotto della quarta apertura branchiale. Le ventrali sono collocate dietro la dorsale. anteriore. L'anale è quasi opposta alla po- steriore. La caudale ha due lobi distinti, il superiore basso col tratto terminale cunei- forme a rovescio, troncato obliquamente; l'inferiore orecchiuto. Il corpo è coperto di tu- bercoli picciolissimi triangolari unicuspidi, meno acuti nella parte superiore del muso. I Pesci spettanti a questo genere sono d'indole tranquilla, gregarii, e come quelli che han la bocca debolmente armata di denti si contentano di far preda d'altri pesci in- capaci d'opporre difesa, e di molluschi. Tutti sono vivipari. Abitano in prossimità dei lidi in siti fangosi. Hanno proporzioni maggiori di quelle degli Scillîî, ma non giun- gono mai a moli gigantesche. Il Cuvier fu il primo che circoscrisse il Mwusfelus, riguardandolo come sottogenere. Dal Rafinesque questo gruppo veniva confuso sotto il genere Galeus, dal Blainville era riunito a' suoi Squali Galeorhini, essendo questo il nome ch’ egli diede a tutti gli Squalini forniti di spiragli, d'anale, e di due dorsali, la prima delle quali collocata innanzi alle ventrali. Vivono nei nostri mari due specie di Musteli somiglianti fra iagaso in sommo grado, ed è verosimile che tanto l'una quanto l’altra o ancora gli altri mari d'Europa. In ambedue s'incontra il dorso di color uniforme, oppure cosperso di macchie bian- che di varia figura. Assai diversa è la qualità delle lor carni; quindi accade che i pe- scatori ed i pescivendoli premurosi di non confonderle riescono in questo assai me- glio che non han fatto fino ad oggi gli uomini della scienza. È ben vero che in pa- recchie opere moderne d’ paiono: si fa menzione di due (ed anche tre) diversi Mw- steli europei, ma da pertutto si trovano trascurate le principali considerazioni che ser- virebbero a stabilire la separazione, e vien proposto come principal segno differenziale l’esser il dorso d’un color solo, oppure macchiato. Ora per quel che abbiamo detto qui sopra niun carattere potrebb' essere più fallace di questo. Quindi è che il chiarire qual delle specie ciascuno di tali autori abbia dato sotto uno de'suoi nomi, qual sotto l’altro, riesce ugualmente difficile che il fissare la concordanza degli scrittori i quali hanno registrato una specie sola. MUSTELUS PLEBEJUS. In mezzo a tanta incertezza ci conviene descrivere siffatti pesci quali noi gli abbia- mo osservati senza curarci delle appellazioni specifiche usate prima d’ora dai sistema- tici. Plebejus chiamiamo quello dalla carne men buona, e diamo il nome d’ equestris all’altro. Sotto il primo (perchè è il più diffuso, piuttosto che per ragioni fondate) alle- ghiamo la massa dei sinonimi quasi intiera: al secondo riportiamo una sola citazione del Blainville. Infatti sembra che sotto i nomi Squalus hinnulus e Squalus mustelus quest'au- tore abbia dato le stesse nostre due specie. Ciò che può indurre a crederlo si è la di- versa proporzione ch'egli fissa allo spazio che corre fra gli occhi e la punta del muso di tali pesci. Il resto delle sue descrizioni però è lungi dal dissipare ogni dubbio. La configurazione del corpo del Mustelus plebejus di sopra apparisce lanceolato-allun- gata, disugualmente fusiforme-allungata di profilo. La sua maggior larghezza è compresa dieci volte nella lunghezza totale, ed il punto in cui cade è sei volte più distante dal- l'estremità posteriore che dall’anteriore. La maggior altezza corrisponde essa pure alla decima parte della lunghezza di tutto il pesce, e cade in un punto due volte e mezzo più distante dall'apice della coda che da quello del muso. Il capo è lungo quanto la set- tima parte del corpo intiero: il suo contorno si restringe moderatamente verso il dinanzi, ‘e nel tratto terminale è tagliato ad arco di circolo. Gli occhi stanno appunto di mezzo fra la prima apertura branchiale e l'apice del muso: l'orbita è grandetta, ed ha il dia- metro trasversale due volte più esteso del verticale, e pari alla metà dell’ intervallo che passa fra l'angolo anteriore dell’ occhio e l'apice del muso. Quest ultima distanza è la inisura esatta dello spazio che corre superiormente fra l’angolo anteriore dell'uno e quello dell’ altr'occhio. La pupilla varia di molto in grandezza, ma al solito è larga quanto un terzo dell’orbita. Gli spiragli sono situati dietro all’uno e all’altro occhio al di sotto della linea che forma il prolungamento dell’ asse dell’ orbita, e alla distanza d'una quarta parte del diametro maggiore della medesima. Le narici s'aprono assai vi- cino al contorno del capo, a distanza due volie maggiore dall’ apice del muso che dalla bocca: il diametro del loro orifizio è alquanto minore dell’ intervallo che le separa. La bocca è situata di mezzo fra la punta del muso e la prima apertura branchiale: il suo diametro è un quarto minore dell’ intervallo che corre fra.il suo punto anteriore e l'estremità del muso. Il tronco porta un solco longitudinale profondo nella parte infe- riore dall’ ano fino alla pinna caudale, e alla radice di questa è appena più alto che lar- go. L'ano s'apre innanzi alla metà del corpo, essendo la porzione anteriore un quarto men lunga della posteriore ne’ maschi, circa un sesto nelle femmine. La prima pinna dorsale sta oltre a due volte più lontana dall’estremità posteriore che dall’anteriore. La sua base è lunga poco meno dell'intervallo frapposto allo spiraglio e all’ apice del muso: l'angolo anteriore è rotondato, il posteriore acutissimo. La seconda dorsale sorge un sesto più vicino alla prima che all’ apice della caudale; è un terzo men’alta e più sensibilmente forcuta dell'altra. Le pinne pettorali sono grandi, troneate molto obli- quamente, col lobo terminale appena inarcato all’indentro, e coi due angoli liberi smus- sati. Il lato anteriore supera tre volte la lunghezza della base, il posteriore la supera due volte, il terminale due volte e mezzo: la maggior lunghezza della pinna giunge ad aver due terzi della lunghezza del lato anteriore. Le pinne ventrali hanno il lato ante- riore e il terminale un sesto più lunghi del posteriore e della base; l'angolo anteriore è quasi retto, il posteriore acuto. La pinna anale ha origine sotto la metà della seconda dorsale, e corrisponde ad essa per la figura, solo è un terzo minore, più obliqua, ed ha 435 MUSTELUS PLEBEJUS. l'angolo posteriore più acuto. La lunghezza della caudale è contenuta più di quattro volte e mezzo nella lunghezza di tutto il pesce: il suo lobo superiore ha origine al- quanto più indietro dell'altro, s'eleva pochissimo al di sopra della carena del tronco, ed ha il lato terminale alto circa un terzo del lato superiore. Il lobo inferiore è orecchiuto, essendo fortemente inarcato e rientrante il suo lato posteriore, che incontrandosi coll’an- teriore forma un angolo moderatamente acuto: la misura della sua altezza corrisponde ad un terzo della lunghezza della sua base. La tinta del dorso è un cinereo più o meno intenso, spesso volgente al color dell’ar- desia, e in certi esemplari al bigio chiarissimo. Su questo fondo sono sparse molte macchie biancastre più o men grandi, più o men numerose, ora rotonde, ora angolose, or d’altra figura: le inferiori spesso tendono ad ordinarsi in una serie presso la linea laterale Sogliono svanire queste macchie coll’età, ma s'incontrano pure esemplari gio- vani, in cui mancan del tutto. Il colore stesso del fondo del dorso domina sulla metà anteriore dei fianchi, sulle pinne dorsali, sulla caudale e sulla faccia superiore delle pet- torali e delle ventrali. Il di sotto del capo, del tronco, la parte posteriore dei fianchi, la faccia inferiore delle pettorali e delle ventrali sono di color latteo: l’anale è d'un bianco tendente al cinereo. La lingua, l'interno della bocca, quello delle aperture bran- chiali e il peritoneo sono di color latteo, tendente al carneo. La pupilla è nerastra, l'iri- de d'un giallo pallido tendente al verde. La superficie di tutto il pesce è lucida ed assai dolce al tatto se si muove la mano dall'innanzi all'indietro, scabretta se si palpa pel verso opposto. I tubercoli che rive- stono la pelle son minutissimi, fitti, acuminati. Gli esemplari mezzani «hanno la Inn- ghezza d'un piede e mezzo, i maggiori oltrepassano i tre piedi e mezzo, e pesano oltre a trenta libbre da dodici once. : Vive in tutt'i mari dell’ Europa temperata. Si pesca abbondantemente lungo i lidi dell’Italia, ed è uno dei pesci più comuni nei mercati della nostra città, ove non essen- do stimato gran fatto per la qualità della carne si vende a prezzo piuttosto vile. Quasi da pertutto il suo nome volgare è Palombo, voce che i Siciliani cangiano in Palumbu, i Nizzardi in Pallouna. 1 Veneti lo chiamano Car senza denti, Cagnetto. Allorchè è mac- chiato i Toscani lo dicono più specialmente Pulombo stellato, i Veneti Can macchià, Can pontizà. MUSTELUS EQUESTRIS PALOMBO NOCCIOLO MUSTELUS dorso griseo-cinnamomeo, unicolore vel albo-maculato : rostro anterius attenuato, rotundato, longiusculo: oculis parvis : pinnis pectoralibus duplo longioribus quam latis. SQUALUS (GALEORHINus) musrELUS® Blainv. in Faun. Fr. Poiss, I. p. 81. sp. 34. pP iù spesso del precedente è privo di macchie, e costantemente ha il dorso di color cinereo assai chiaro volgente al cannellino. Il suo muso è alquanto più lungo e si restringe in modo più distinto verso il dinanzi; il suo apice però è rotondato del pari. Gli occhi sono più piccioli, e fra il lor angolo anteriore e la punta del muso corre maggior distanza che fra l'angolo anteriore del destro e quel del sinistro. Meglio d'ogni altro segno serve poi a distinguere specie da specie la figura e la proporzione delle. pinne pettorali, perchè nel pesce presente sono men grandi, troncate meno obliqua- mente, larghe la metà meno che lunghe; laddove nel Mustelus plebejus la larghezza è superata solo d'un terzo dalla lunghezza del lato anteriore. Vive nei mari d’Italia, ed è verosimile che non manchi nell'Oceano Atlantico, ove forse sarà stato confuso col precedente. Fra noi si pesca più di rado che quello, e la sua carne è stimata migliore di molto. A Roma vien denominato dal volgo Palombo del taglio fino. I Toscani, serbando per l’altra specie esclusivamente il nome Palombo, lo chiaman /occiòlo, e se è macchiato, secondo la forma e la disposizione delle mac- chie, gli danno i nomi di Mocciòlo stellato, pallato, rigato, cordonato. Nel Piceno è detto Nizza: nella Liguria Missola. Forse è questo appunto il Pesce che i Veneti chiamano più propriamente Can bianco. Le forme generali e le proporzioni quasi tutte sono come nel precedente. Il capo è lungo qualche poco più della settima parte del corpo intiero, e come s'è detto si re- stringe in modo sensibile verso il dinanzi. Gli occhi sono alquanto più vicini alla pri- ma apertura branchiale che all’ estremità del muso. L’orbita ha il diametro trasversale due terzi più lungo del verticale, tre volte più breve della distanza frapposta all’ an- golo anteriore dell'occhio e all'apice del muso. Fra l'angolo anteriore dell'uno e del- l altr occhio corre un’ intervallo un quarto minore di quello che li disgiunge dall’ apice del muso. La pupilla suol essere picciolissima, giungendo di rado ad eccedere la quarta parte della larghezza dell’orbita. Gli spiragli s'aprono nella direzione dell’ asse dell’ or- bita e distano dalla medesima d’una metà della sua larghezza. Conformi a quelle del Mustelus plebejus sono le narici e la bocca: il diametro però della seconda è solo un ter- zo minore dell'intervallo frapposto al suo punto anteriore e all'apice del muso. L'ano nei maschi è collocato un quarto più vicino all’ estremità del muso che a quella della 435% MUSTELUS EQUESTRIS. pinna caudale, e circa un'ottavo nelle femmine. Le pinne dorsali sono collocate come nel Mustelus plebejus, ed hanno la stessa figura; solo l'angolo posteriore dell'una e dell'altra è alquanto men acuto. Le pettorali sono note grandi, troncate non molto obliquamente, col lato terminale incurvato all'indentro, e i due angoli smus- sati: il lato anteriore supera due volte e mezzo la lunghezza della base, il posteriore e il terminale la superano due volte soltanto: la maggior larghezza non eccede la mi. sura della metà del lato anteriore. Le pinne ventrali hanno il lato anteriore un quinto maggiore dei restanti, il terminale inarcato all’ indentro, l'angolo anteriore quasi retto, il posteriore mediocremente acuto. L'anale e la caudale sono simili alle dre COITi- .spondenti del Mustelus plebejus. E: La tinta delle parti superiori di tutto il pesce, come s' è è detto, è cinereo-chiara vol- gente al bigio chiaro ed al roseo. In pochi esemplari sono segnate su questo fondo le macchie biancastre di varia forma e grandezza, che abbiamo descritto come ovvie nel Mustelus plebejus. I fianchi nella metà anteriore, le pinne dorsali, la caudale e le facce superiori delle pettorali e delle ventrali hanno il colore stesso del dorso. Tutte le parti inferiori sono d’un bianco latteo. La pinna anale è d’un bianco sudicio volgente al can- nellino. L’interno della bocca, delle aperture branchiali e dell’ addome è latieo.. La pupilla nera, l’iride d'un giallo di paglia tendente al verdastro. Lucida e rasata apparisce la superficie di tutto il pesce, ed è anche meno scabra di quella del Mustelus plebejus quando si tocca movendo la mano dall’'indietro all’ innan- zi; lo che avviene perchè più minuti, più fitti e men duri sono i tubercoli della pelle. Gli esemplari ordinarj hanno la stessa statura di quelli della specie precedente. I maggiori olirepassano i ire piedi, e giungono al peso di venticinque libbre da do- dici once. Presso la figura sì di questa specie che della precedente abbiamo fatto ritrarre ia parte anteriore dl capo veduta di sotto, per mostrar la disposizione dei denti, non che le differenze finor notate nei rispettivi contorni del muso. GALEUS CANIS GALEO CANE GALEUS fusco-cinereus maculis destitutus, subtus albidus: rostro anterius attenuato, obtuso. squaLus GALEUS, Linn. Syst. Nat. I p. 599. sp. 7. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1492. sp. 7. Lacép. Hist. Nut. Poiss. I. p. 227. Bloch. Hist. Nat Poiss.I.tab. 118. Schneid. Bloch. Syst. p. 128. sp.6. Bonnat. in Tabl. Ene. Ichth. p. 7. sp. 4. tab. 6. fig. 16. Risso, Ichth. Nie.p. 52. sp. 8. Naccari, Itt. Adr. p. 23. sp. 98. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 17. SQUALUS (GALEUS) GALEUS, Cuv. Règn. Anim. JI p. 128. Id- 2. ed. p. 389. SQUALUS (GALEORHINUS) GALEUs, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I. p- 85. sp. 17. tab. 21. fig.1. CARCHARIAS GALEUS, Risso, Zist. Nat. III. p. 121. sp. 8. TaAeos Kuowv, Aristot. Hist. Anim. lib. vi. cap.ii. —Oppian. lib.xlivp.44. canicura, Plin. Hist.mundi lib. ix. cap. xlvi. et lib. xxxil. cap. ii. cALEUS cANIS, fondel. Pisc.cap.v. p. xiiî. L. lib.577. Willughb. Ichthyogr.libJiii. cap.iv.p.51.tab.B. 6.fig.1,. Ray, Syn. Pise. p.20. sp.5. GALEUS CANIS vel caNIcuLA Plinii, Gesr. Aquat. IV .p.167. GALEUS MUSTELUS LEVIS, Bellon. Aquat. lib. i. p. 71. cinis GALEUS, Sulv. Hist. Aquat. p. 150. fis. 41. Aldrov. Pisec. lib. iii. cap. xxziii.p.387.fig.in p. 388. cALEUS Aristotelis, Jonston, Hist. Pisc. II. lib.i. tit. i. cap.iii. art. ii. punct.ii.p.14.tab.8. fig.4. squaLus naribus ori vicinis, foraminibus exiguis ad oculos, Arted. Gen. Pisc.p.68. sp. 9. Id. Synon. p.97- sp. 9- GALEUS rostri extima parte pellucida dentibus acutis, in tres ordines dispositis, Klein, Hist. Pisc. Miss.iii. p. 9. sp. 3- canosa, Salviani loco citato. paLomB, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss.p. 62. MILANDRE, Brousson. in Act. Paris. 1780. p. 655. sp. 4. Duhamel, Hist. Péch. III. sect. ix. p. 299. tab.xx. fig. 1. et 2. Daubent. in Enc. Méth. Hist. Nat. III. p. 255. i SQUALE MILANDRE, Lacép. loco citato. REQUIN MILANDRE; Risso loco citato. tore, Penn. Brit. Zool. III. p. 98. sp. 45. S; (0 è genere perfettamente intermedio fra Mustelus e Squalus. Da ambedue ed in particolare dal primo lo distingue abbastanza la special forma dei denti ; dal secondo differisce altresì per la presenza degli spiragli, e per la forma della coda. Dagli altri Squalini s allontana per un numero di caratteri assai maggiore. . Proprie del genere sono le condizioni seguenti : Corpo fusiforme, mediocremente al- lungato. Capo grande, sporgente in un muso depresso lunghetto. Occhi grandi, più vicini alle aperture branchiali che alla punta del muso. Fessure degli spiragli picciole orizzon- tali bislunghe collocate dietro agli occhi. Narici anguste quasi lineari poste presso il con- torno del capo: poco distanti dalla bocca, con una picciola valvula rivolta orizzontalmente all'indietro inserita sul lembo anteriore, e presso questa un'appendice tenue larga breve concava quasi rettangolare rivolta verso l'interno; il lembo posteriore quasi uniformemen- te incurvato verso l'interno. Bocca tagliata ad arco acuto, ampia, collocata di mezzo fra le aperture branchiali e l'apice del muso, con una piega di figura parabolica presso l'uno e l'altro de’suoi angoli, e fra l'angolo e il ramo esteriore della piega una traccia d'appendice linguiforme orizzontale rivolta all'indietro. Denti disposti in due o più file piatti, trian- GALEUS CANIS. golari, con la punta acuta inclinata verso l'angolo della bocca, immediatamente al di sotto della qual punta evvi sul margine di quel lato un angolo rientrante piuttosto pro- fondo, e tutto il tratto inferiore a questo è occupato da una serie di dentelli acuti, de- crescenti a gradi dall'alto al basso: il margine esteriore è privo affatto di dentelli. Dente di mezzo dell’ una e dell’ altra mascella retto, unicuspide, con due lobi ottusi un di quà un di là verso la base. I denti prossimi a questo men grandi dei laterali e con le punte men inclinate, oscuramente lobati alla base del solo margine esteriore. Ano che s’apre alla metà del corpo o poco dietro, in ispecie nelle femmine. Pinne, eccettuata la cau- dale, piuttosto picciole, cuneiformi a rovescio, troncate obliquamente. Le pettorali han- no origine al di sotto della quarta apertura branchiale. Dorsali inermi, crasse presso la base, alternanti con le pettorali e le ventrali. L’anale opposta alla seconda dorsale. Caudale con due lobi distinti, il superiore basso col tratto terminale cuneiforme a rove- scio troncato obliquamente, l’inferiore orecchiuto tanto risentitamente che può dirsi bi- forcato. Tubercoli che ricuoprono la pelle fittissimi, ovati, depressi, unicuspidi. Come per le forme così pei costumi i Galei tengono un posto di mezzo fra i Mu- steli e gli Squali. Assai più crudeli dei primi, cedono ai secondi nella voracità e nella ferocia; vivono piuttosto in siti fangosi, che presso gli scogli. Sono gregar) e vivipari. Questo gruppo fu isolato dal Cuvier. Se il Rafinesque avesse fatto parola del nostro pesce, l'avrebbe aggregato senza meno al Galews suo, che includeva anche i Musteli e gli Scilli. Il Blainville lo colloca fra i suoi Squali Galeorhini insieme col Mustelus. Il Risso non lo disgiunge dai veri Squali, ch'egli chiama Carcharias. La sola specie europea di questo genere che sia conosciuta è quella effigiata nella no- stra tavola. Nei Musei d'Europa e d'America se ne conservano poche altre tutte esotiche, non per anco descritte. Come nome specifico del nostro pesce abbiamo scelto il vocabolo Canis, che troviamo usato da varj autori antichi. È buono avvertire frattanto che la pit- tura spaventevole che fanno alcuni della forza e della ferocia di questo animale può far sospettare che ne abbiano scambiato le abitudini con quelle del vero Squalus carcharias o d'altra specie dello stesso genere. Quanto alle mascelle e ai denti che fece effigiare il Lacépède, e che attribuì ad un esemplare di questa specie lungo dodici piedi, ha già av- vertito il Cuvier che a questa non appartiene, nè è credibile ch’essa possa mai giungere a tanta mole. Veduto superiormente il corpo è lanceolato-allungato, di profilo disugualmente fusi- forme-acuto. Il punto della maggior larghezza è quattro volte e mezzo più distante dal- l'estremità posteriore che dall’ anteriore, e circa due volte e mezzo il punto della mag- gior altezza. Il capo comprende circa la sesta parte della lunghezza del pesce iniero; po- steriormente è alto poco meno della parte contigua del tronco, s'abbassa verso il dinanzi, e si restringe in un muso tagliato ad arco, quasi piatto, incavato superiormente. Gli oc- chi sono più vicini d'un settimo alla prima delle fessure branchiali che all'apice del mu- so. Le orbite hanno il diametro trasversale quasi due volte maggiore del verticale, corri- spondente a quattro quinti della distanza che corre fra un'occhio e l’altro superiormente, e a poco più d'un terzo dell intervallo frapposto al lor angolo anteriore ed all’ estremità del muso. La pupilla è larga circa un quarto dell'orbita. Le isso degli spiragli sono col- locate dietro agli occhi al di sotto del livello dell'asse dell'orbita, quattro volte più lontano dalla prima apertura branchiale del lato rispettivo, che dall'occhio. Le narici stanno due volte e mezzo più lontano dall'apice del muso che dalla bocca, Il lor diametro maggiore GALEUS CANIS. è uguale alla metà di quello dell'orbita. La valvula marginale del lato anteriore giunge appena ad uguagliare con la sua lunghezza la quinta parte del diametro maggiore della narice. Il diametro della bocca eccede la misura della distanza che corre fra il punto anteriore della sua curva e l'apice del muso. Il tronco è assottigliato uniformemente verso l'estremità posteriore, quasi terete, alla radice della caudale un quarto più alto che largo. Dalla seconda pinna dorsale e dall’ano partono due solchi longitudinali poco pro- fondi che giungono fino alla pinna caudale: l’ano s'apre un breve tratto dietro alla metà del corpo intiero. La pinna dorsale anteriore è collocata quasi due volte più vicino all'apice del muso che a quello della caudale. La sua base ha una misura corrispon- dente alla distanza che passa fra l'occhio e la prima apertura branchiale: il lato termi- nale è incurvato all’ indentro, poco minore di questa misura; l'anteriore la supera d’un breve tratto ; il posteriore uguaglia la metà della medesima: l'angolo anteriore è roton- dato, il posteriore acuto. La seconda dorsale è collocata un settimo più vicino alla prima che all'estremità della caudale: ha la stessa figura della prima, ma è più picciola, e il suo angolo posteriore è più acuto. Le pettorali hanno la base lunga poco meno di quella della prima dorsale, uguale a due terzi del lato terminale, meno estesa della metà del lato anteriore: il lato posteriore supera appena tre quarti della lunghezza della base: leggermente incavato è il margine terminale, gli angoli sono smussati. Le pinne ventrali sono disgiunte tanto nel maschio quanto nella femmina: hanno la base un quarto men lunga di quella della dorsale anteriore : il lato terminale un quinto minore della base, il posteriore un terzo, l'anteriore un quarto: l'angolo anteriore è smussato, il posteriore piuttosto acuto. La pinna anale ha origine al di sotto del terzo anteriore della seconda dorsale, e sta un terzo più vicino all'origine della caudale che alle ventrali: ha la figura stessa della seconda dorsale, ma è sensibilmente più picciola. La pinna caudale occupa quasi la quinta parte della lunghezza totale del pesce: il suo lobo superiore con due quinti della propria lunghezza cinge sopra e sotto l'estremità attenuata del tronco ; l’in- feriore ha origine poco più innanzi del superiore: la sua base occupa due terzi della lunghezza del lobo superiore; l'altezza corrisponde alla misura della metà della base; il margine posteriore è incavato fortemente, e colla sua estremità va a congiungersi col lobo superiore ad angolo rientrante. Il colore del dorso e del capo è un cinereo d’ardesia uniforme: la stessa tinta hanno le pinne dorsali, la caudale, le facce superiori delle pettorali, e la metà anteriore dei fianchi. La metà posteriore di questi, la faccia superiore delle ventrali e l’anale sono d'un cinereo più chiaro : il disotto del capo, il ventre, le facce inferiori delle petto- rali e delle ventrali hanno un color bianco sudicio. La pupilla è nerastra, l’iride ci- nereo-giallastra. L'interno della bocca, delle aperture branchiali e il peritoneo sono lattei. È comune nei nostri mari, ove talvolta acquista una lunghezza di cinque piedi: ordi- nariamente ne ha due o tre soltanto. La femmina produce da trenta a quaranta figli due volte all'anno. Si pesca in tutte le stagioni, ma in maggior copia alla fin dell'autunno. Per la carne è inferiore al Mustelus plebejus, superiore di molto allo Squulus carcharius. Assai acconcio è il nome Palombo-canesca, con cui lo distinguono i pescatori Romani, perchè ricorda per l'appunto le relazioni che collegano quest essere co’ due pesci or mentovati. I Toscani lo dicono Lamia: i Nizzardi Palloun; i Veneti Can, Can da denti, e al dire del Signor Nardo Moretta e Can negro. Nell'annessa tavola presso il pesce veduto di profilo è ritratta la figura dei denti late- rali dell'una e dell'altra mascella, e quella del contorno del capo veduto dal lato inferiore. F. RE s ig a * Kat ripe riti di ‘ aront Toe dat PE: "i pr annie di dti rel he ibi ‘edo? è batt È) lg 948 warp affare sr «irogenoly nd 1 ainooiiba 4 ‘iaftsnto titoli mia itato le ila bot: E° oto il dittongo Psi ie fi fre cia pri sta cita POPE ae pg E eat COLI Sit ra abb Shel Ù Rini des ih Great buon spunti | lg ovsratidiai dalai. ta ‘Ramada Sig deh Bre N i sibgrirgo vada: anco ii otto SA nebr id rprsettoni #3 atisob i ii ori TILT ‘figo it Rao rrtefivabe sitio fritto soda ctte, H suit 4 "i MVE TRO SIAE mq MAETCILIVUA.TO ua vidi DELA “ole l bia Ret vd ‘stà ; “ caz mb: bla: *“ Vpbepora Va dateci Da È sari o. muli costati dae cem Ù LATCSRITRE o pie les usernpeit fa ge fato sr NETIITECI tant; Shito siii sit diga. ‘rane “nisseno bo albanp ib diga? dual niro! 60 aorradi sfata bot da ‘ife pago veri. fi ba pv, vactlacoretata dig scri a0b* Ar Astesnidie, pri i 1 ‘Dev Alretala iii dii hurt cato nni sq eimbapi f ° “Arg SROI ati MESFRZIO I nigi vapl: L: gitponrp aio ii ro Ianiftge Lei d| Lo Astigprto ni nil i usci sno stasi a cnc f segua! adet deh ; ("VE OVSRRRIYATUI ti ESA Asia suda tall tr - srt SSTIRVA tO) ot sui è apri. sla + aa d'un! L statista citongrae facmoio ETA x inno dbiiy pù stre b LEVE sato PERE È pad bb. % ag vali i sraloo î dtt ® eros "i bat: ito MRERETIOA, alati: pl oi ectnalisa i Heat vga dine hi Ip vili a rvinnanp Afoare: n da LL ba st »aapiasio Rot) bolero Ls omiitito dî “desi dica ata “atto ud td grin vergine dts gironi Ratio too) vasi ricamnzabe vet int + pretiri i ; fitti % asl ie ente 089 cubani Basse veto AI gip gini Vimeo: prenda RD Fo iso e vite riot tazioni pia Val SQUALUS GLAUCUS SQUALO VERDESCA souazus caeruleo-ardesiacus, subtus albidus: corpore gracili: pinnis pectoralibus longis- simis, acutissimis: dentibus superioribus curvo-pyramidatis ad oris angulos flexsis, infe- rioribus rectioribus, omnibus serratis. squarus cLaucus, Linz, Syst. Nat. I. p.4o1, sp.14. Gmel. Syst. Nat, I. p. 1496. sp, 14. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichih. p.9g.sp.15.tab.7.fig.22, Bloch, Fischwerck.tab.86. Schneid. Bl.Syst.p,151, sp.18. Shaw, Gen, Zool.tab.151. Risso, Ichth. Nic. p.26. sp.3. Naccar. Itt. Adr. p.24. sp.104. Nard. Prodr. Adr. Lchth, sp. 25. Flem. Brit, Anim.p.167. sp.15.nec Lacép. CARCHARIAS GLAUCUS, Cuv. Règn.Anim. II. p.126. Id. 2.ed. II. p.388. Rafin, Ind.Itt. Sic. p.45.sp.525. CARCHARIAS RONDELETII? Risso, List. Nat. III. p.120. sp.7. SQUALUS (CARCHARHINUS) cagroLeus, Blaino. in Faun. Fr. Poiss. p.g0. sp.21. SQUALUS (GARCHARHINUS) GLAUCUS, Blainv. in Faun. Fr. Poiss.p.92. sp.22.tab.xziil. cARGHARIAS (PRIONoDON) GLAucus, J7ull. et Henle, Plagiostom. IT. p.56. sp.10. cum fig. GALEUS GLAUCUS, Rond. Pise. Mar. I. lib. xii. cap.vi. p.578. cum fig. Gesn. Aquat. IV. p.609. Wilttughb. Ichthyogr. lib.iii. cap. ii.p.49.tab. B. 8. Ray, Pisc.p.20. cLaucus Aeliani, Aldroy. Pise. lib. iii. cap. xxvii. p. 594. cum fig. ex Rondelet. Jonst, Pisc. I.lib.i, tit.i. cap. iii. art. ii. punct. iv. p.15.tab. vili. fig.7- squaLus fossula triangulari in extremo dorso, foraminibus nullis ad oculos, Arted. Gen.p.69. 5 13. crnocepHALUs GLaucus, Alein, Pise. Miss. LII. p- 6. sp.2. SQUALUS absque foraminibus ad aculos, Bloch, Fiseh Deutsehl. {LUI p- 73. Sp. da CARCARIA GLAUCO, ltafin, loco citato. Le cravque, Brousson.in Act. Paris. 1780. p.669. sp. 15. cnen pe mer BLEU, Daub. Dict. Ichth. in Enc. Meth. Hist. Nat. ITI. p. 59. BLUET Où GRAND CHIEN BLEU, Duham. Pèch. III. Sect.ix. p.298. tab. 19. fig. 6. cacnort cLavque, Castel, Hist. Nat. Poiss. Bloch FIII. p.217. reQUIN pLEU, Cuv. Regn. Anim. IT. p.126. 1d. 2. ed. II. p. 388. CARCHARIAS BLEU, Cloquet,in Dict. Sc. Nat. VII. p. 68. SQUALE GLAUQUE, Bose, in Nouv. Dict. Hist. Nat. XXXII. p. 74 BLUE SHARK, Watson, in Philos. Frans. LXFIII. p-789. tab. xiù. Penn. Brit. Zool. III. p.95. sp. 45. Jenyns, Man. Brit. Vertebr. p. 499. sp.188. Yarrel, Brit. Fish. II. p.581. cum fig. mala, et dentium in p. 570. ad luevam. Id.Syn.p.98.sp. Tol dea sottofamiglia degli Squalini, che allorquando scrivemmo l'articolo dello Scyl- lium Canicula comprendeva appo noi gli Squalidi normali, cioè tutti gli Squalidi, esclusi unicamente gli Squatinini, restringesi ora da noi stessi ai Carcharii ed ai Galei di altri scrittori, siccome vedesi nella Selachorum Tabula Analytica da noi già data alle stampe. Ella è così la sedicesima sottofamiglia della Classe dei Pesci, l’ottava degli Squalidi, ov- vero la quinta de’ medesimi, se vogliasi seguire l'andamento inverso che osserviamo in quest’ opera. Sono caratteri suoi il capo schiacciato con muso più o meno piramidale; le narici fornite superiormente di una valvola triangolare; gli occhi con la membrana nittitante; il taglio della bocca molto incurvo, e scarsa la piega cutanea che ne oltre- passa gli angoli: i denti triangolari, piatti, co’ margini taglienti, talvolta equilateri, tal altra nò, tallvalta seghettati, tal altra interi: gli spiragli o piccolissimi, O più spesso man- 140 SQUALUS GLAUCUS. canti del tutto: l’ultima fessura branchiale, e il più delle volte la penultima eziandio, collocate sopra la pinna pettorale: la cute liscia, con piccoli tubercoli squamiformi; due pinne dorsali, la prima situata fra le pettorali e le ventrali, la seconda a perpendicolo dell’anale, o poco innanzi della medesima: la caudale biloba con la porzione inferiore più breve assai della superiore, la quale è verso l'apice obliquamente o curvamente troncata, ed ha una intacca ivi prossima sopra il margine inferiore ; una fossetta triango- lare ordinariamente tanto sopra che sotto alla radice di essa caudale: la valvola intesti- nale quasi sempre ripiegata sulla sua lunghezza. Rileviamo perciò che i peculiari denti opportunissimi alla spaventevole sua voracità la diversificano dagli altri Squalidi pressochè tuiti, ma specialmente dai Mustelini che si può dir non abbiano denti, e dai Zricenodontini che gli hanno acuti e con punte più basse dai lati; mentre rileviamo altresì che la presenza della membrana nittitante li di- stingue da tutti gli altri, e segnatamente dai ZLamnini e dagli Alopiadini che sono ad essi più affini, quantunque i Lamnini sieno ancor diversi per la collocazione delle fessure branchiali anteposte tutte alle pinne pettorali. Ammetteva la sottofamiglia suddetta otto generi secondo la nostra Tavola analitica: il primo de' quali, rimontando dai Mustelini è Galeus, che è loro affine, avuto riguardo eziandio alla valvola intestinale ravvolta a spira invece di ripiegarsi sulla sua lunghezza; l’ultimo è lo Sphyrna, la cui stravagantissima conformazione del capo gli meriterebbe il grado quasi di famiglia. Ed i sei generi intermedii han più simiglianza tra loro che coi due estremi suddetti, e tale e tanta che i signori Mùller et Henle preferiscono ri- guardarne alcuni come sottogeneri soltanto di quello ch'essi chiaman Carcharias col Cuvier invece di Squalus. La dottissima opera però dei sullodati Professori di Berlino sopra i Plagiostomi (di cui non avevam prima d'ora che il Prodromo) ci consiglia ad ag- giungere tre altri generi a questa sottofamiglia, che sono fra i più vicini al genere Squa- lus: e questo è il primo beneficio che ci ridonda dall’eccellente libro, che avremmo vo- luto volontieri in iscorta fin dal principio de’ nostri lavori sopra gli Squalidi. Operiamo il detto accrescimento coll’ elevare a tal grado tutti i sottogeneri del loro Carcharias, che unitamente al solo Sphyrna forma appo i medesimi la Famiglia dei Carcharii, attesochè eglino rilegano fra i Galei que’ generi che hanno spiragli, ma nondimeno a parer nostro tengono dello Squalo più che nol faccia lo Sphyrna. È vero che i diversi gradi di rela- zione che hanno fra di loro i varii generi dei nostri Squalini si potriano rappresentare mediante ulteriori suddivisioni, dicendo Sphyrrini le sole Sphyrnae, cioè quelli di capo abnorme, Squalini i rimanenti Carcharii di Henle, cioè quelli di capo normale senza spi- ragli, e Galeini quelli che li hanno quantunque piccoli: ma in tal caso moltiplichereb- bersi troppo le divisioni, nè si rimedierebbe mai all' inconveniente di porre al paro gruppi che avranno pur sempre una differenza più o men grande tra loro, inconve- niente che ad ogni passo incontrasi nella Storia Naturale, come se ci è pur lecito di trapassare dal fisico al morale, veggiamo ugualmente accadere nell’umana società. Con tai premesse enumeriamo i generi dei nostri Squalini incominciando da quelli che sono forniti di spiragli. 1. Galeus, Cuv. con denti compressi, triangolari, volti verso i lati, seghettati nel margine esterno, con la pinna caudale non incavata nella base, il cui lobulo su- periore è allungato e intaccato. Al qual genere appartengono due specie, quella cioè che vedesi figurata in quest'opera, ed una del Giappone. — 2. Galeocerdo, Mull. ed SQUALUS GLAUCUS. Henle, con denti compressi, triangolari, profondamente seghettati sul margine esterno, leggermente nell’ interno, con la pinna caudale incavata nella base, il cui lobo supe- riore allungato è doppiamente intaccato. Il Galeocerdo Arcticus dei mari polari, ed il T'igrinus delle Indie sono le due sole sue specie, — 3. Zoxodon, Muùll. ed Henle, con denti compressi, triangolari, non seghettati, con la pinna caudale senza incavo nella base, il cui lobo superiore è allungato ed intaccato. L'unica specie di questo genere è Loxodon Macrorhinus dei suddetti autori, la patria del quale è ignota, — 4. Thalas- sorhinus, Valenc. (nome da noi così dato) con denti compressi, triangolari ed acuti, tutti seghettati, con la pinna caudale intaccata nell’apice del superior lobo allungato, incavata nella base. Unica sua specie certa è quella che col Valenciennes converrà chia- mare Z'ulpecula quantevolte non sia la stessa con lo Squalus Platyrhynchus di Walbaum, alla quale i sigg. Miùller ed Henle danno per sinonimo il Carcharias Rondeletii del Risso, su di che noi non possiamo portar sentenza non altrimenti che sulla patria che dicesi estendersi al Mediterraneo, Passando a quelli che son privi affatto dî spiraglia veggiamo» — 5. Scaliodon, Mill. ed Henle, con denti compressi, triangolari, acuti, simili in ambedue le mascelle, vol- genti la punta verso l'angolo della bocca, interi nei lati, muniti di un tubercalo sulla base esterna, uno impari tagliente ed integro nel mezzo della sola mascella, con la se- conda pinna dorsale a perpendicolo dell’ anale, e la caudale intaccata nell’apice del su- perior lobo allungato, fortemente incavata nella base, con piccoli tubercoli tricarenati; il funicolo embrionale peloso. Il Laticaudus, VAcutus e il Lalandii dei sigg. Muller ed Henle sono le tre specie tutte esotiche che lo compongono. — 6. Physodon, Valenc., con denti compressi, triangolari, acuti, volgenti la punta verso l’angolo della bocca, integerri- mi ne'lati, i quattro mandibolari anteriori turgidi o rotondati nella base; la prima pinna dorsale retroposta quasi al paro delle ventrali, con la seconda al di là dell’anale, con la caudale intaccata nell’apice del superior lobo allungato, incavata nella base. Unica sua specie è il Carcharias Mulleriî, Valenc. del Bengala. — 7. dprion, Mùll. ed Henle, con denti integerrimi nei lati, sottili di stelo sopra una base assai larga, tutti retti, o i ma- scellari al più volgenti alquanto all'infuori. Annovera tre specie esotiche, il Brevipinna, Mill., l’Zsodon, Val., e l'Acutidens, Rupp. MA E O scellari seghettati lungo l'esterno lato, della base, e talvolta d'ambo i lati, o fortemente încavati, co'mandibolari integerrimi. Lo compongono due specie esotiche, il Iucloti, Mull. et l'Memiodon, Valence. — 9. Squalus, Nob. (Prionodon, Mùll. ed H.) co’ denti mascellari e talvolta coi mandibolari ancora sottilmente seghettati lungo i due lati, e sì questi come quelli o inclinati all'infuori o retti, triangolari, o di stelo sottile sopra larga base: ordinariamente un dente impari nel mezzo della mandibola; il funicolo embrio- nale liscio, e senza peli. | Questo ultimo genere è quello, cui sosteniamo doversi conservare il nome Linneano di Squalus, piuttosto che dargli quello di Carcharias che alluoghiamo ad una delle sue specie, e molto meno quello di Prionodon, quantunque porti seco. il significato della struttura dei denti, E benchè siasì da noi ristretto in determinati caratteri, tuttavia com- prende non meno di venti specie distribuite per tutti i mari. Fra le quali distinguesi, per la prima pinna dorsale situata più vicina alle ventrali che'alle pettorali, quella che forma il soggetto del presente articolo, unica da noi osservata nel Mediterraneo, quan- tunque i signori Muller ed Henle ascrivano allo stessa mare due altre specie ira quelle 140* SQUALUS GLAUCUS. che hanno la prima pinna dorsale poco posteriore alle pettorali, cioè il loro Prionodon Lamia (Squalus Carcharias, Nob.) e il Carcharias Milberti, Val. (Squalus Milberti, Nob.) Lo Squalus Glaucus ha il tronco fusiforme compresso colla coda ascendente: la sua maggior altezza è compresa otto volte e mezzo nella lunghezza totale, e incontrasi poco prima del terzo anteriore del Pesce: la sua maggior larghezza si verifica al termine po- steriore del capo, ed è minore di un decimo della lunghezza totale. Il capo ch'è poco meno della settima parte di tutto il corpo, è conico, depresso, terminato da muso acuto, assai piatto, leggermente curvato all'insù. Le orbite sono ellittiche, un quarto più larghe che alte, collocate dai Jati del capo ad ugual distanza fra l’apice del muso e la prima apertura branchiale; e fra un occhio e l’altro corrono cinque sesti della distanza che li divide dall’apice del muso, la quale è quattro volte maggiore del. diametro trasversale dell'orbita, il cui orlo è tenue. La membrana nittitante consiste in una pellicola sca- ‘brosa collocata fra le parti esteriori e il globo dell'occhio, opportuna ad occultarlo a vo- lontà dell'animale facendo veci di una palpebra che sorga dal basso all'alto: la pupilla orbicolare confondesi quasi con l’iride, ed ha per diametro la metà di quello dell’ orbita. Vedesi da ciascun lato un foro puntiforme, che può esser creduto spiraglio, nella parte superiore del capo, assai dietro all'occhio, e più lontano quasi il doppio dalla prima apertura branchiale che dal lembo superiore dell'orbita: e fra l’uno e l’altro foro corre una distanza minore un quinto del diametro maggiore della medesima. Le narici stanno al di sotto del capo, e presso il di lui contorno, un terzo più distanti dall’apice del muso che dall'occhio, e poco più dal primo che dalla bocca: distano fra loro poco più che dall’ occhio: hanno bislungo obliquo l’orificio, lungo un terzo meno del diametro dell’or- bita; ed il loro lembo anteriore ha verso l’estremità interna una valvola triangolare acu- ta piccola rivolta all’ indietro, dalla cui base all’ estremità esteriore della narice lungo lo stesso lembo anteriore distendesi un'appendice piatta rivolta verso l'interno del tubo na- sale, più larga che lunga, tenue, rettangolare, cava, mentre il lembo posteriore ha un appendice triangolare erta, rivolta verso l'interno, larga, breve, scanalata. Il taglio della bocca è arcuato,‘e fra l’uno e l’altro de’ suoi angoli corrono tre quarti dell'intervallo che passa fra il punto anteriore e l'apice del muso. Le mascelle sono armate di varie file di denti piatti, unicuspidi, inclinait verso l'angolo della bocca del rispettivo lato: i supe- riori, pari di numero, essendo 28 o 30, sono triangolari-falciformi allargati alla base, seghettati in tutti i margini; e gl’inferiori, dispari di numero, essendo 29 o 31, sono an gusti, triangolari-lesiniformi, allargati alla base, taglienti e scabri ne’ margini, ma appena seghettati; ne’ giovanissimi però non sono seghettati affatto, ed hanno il margine ester- no della base profondamente e più volte intaccato. La lingua è molto erta, verrucosa e scabra nel mezzo, quale è il palato. Le cinque aperture branchiali siedono in basso nella parte anteriore del tronco, le ultime due convergono leggermente verso la base; e fra la prima e la quinta corre la metà della distanza che separa la prima dal lembo an- teriore dell'occhio. Il tronco si attenua verso il tratto posteriore più in altezza che in larghezza, ed ove spiccia la pinna caudale è ugualmente largo che alto, mostrandovi una fossetta trasversa semilunare: lungo poi tutto il corso della detta caudale è molto compresso. L'ano apresi ad un punto due volte e un terzo più distante dall’apice del muso che dalla radice della caudale. La pinna dorsale anteriore sorge un ottavo più lontana dalla punta del muso che dalla radice della caudale, più prossima alle ventrali che alle pettorali, ed ha forma quadrilatera, il lato terminale fortemente incavato, l'an- SQUALUS GLAUCUS. golo anteriore ottusetto, il posteriore acuto; l'anterior suo lato incurvasi all'indietro, pro- lungasi un quinto più della base, oltre una metà del terminale, due volte e mezzo più del posteriore. La seconda dorsale è più distante il doppio dalla prima che dalla radice della caudale; e tre volte più piccola di quella non discostasi molto dalle di lei forme, avendo soltanto l’angolo posteriore più allungato e più acuto: il suo margine posteriore è assai crasso come è in quella, Le pinne pettorali hanno origine immediatamente al di sotto della quarta apertura branchiale: sono grandette, triangolari-falciformi, con la punta incurvata all'indietro, rotondata, e con una piccola orecchietta ottusa presso l'estremità posteriore della base; hanno, il lato anteriore quasi qualtro volte più esteso della base, il posteriore circa tre volte, e l'altezza dell’orecchietta è uguale alla metà della detta base, Le pinne ventrali spiccano fra la prima e la seconda dorsale poco più vicino a quella che a questa; son di figura quadrilatera col lato terminale leggerissima- mente incavato, e steso quanto la base; hanno il lato anteriore incurvato all'indietro, appena più lungo della base, il posteriore retto, e un quarto più breve dell’anteriore. La pinna anale situata in mezzo alle ventrali e alla caudale, ha la metà della sua base sottoposta alla seconda dorsale, è cuneiforme a rovescio, forcuta quasi per la metà della sua altezza, ha il lobo anteriore ottusetto all’apice, il posteriore acuto, la base uguale a quella della seconda dorsale, il lato anteriore incurvo all'indietro, un sesto maggiore della base, il posteriore retto, un sesto minore della base stessa. La caudale, lunga poco meno della quarta parte della lunghezza dell'animale, se la osservi nel tratto superio- re, segue l’andamento di tutta quella parte di tronco che ascende e forma il ceppo della coda; poco si eleva, e quando ha percorso due terzi della sua lunghezza ergesi più in alto; e così maggiormente convessa discende poi in punta, d'onde obliquamente si di- stende per uno spazio quasi eguale all'altezza di essa maggiore convessità; e quindi de- scrive una curva pressochè semicircolare, atteso l'accrescimento della sua membrana, il quale nell’estremità posteriore di esso semigerchio è alto quanto la linea obliqua sud- detta; ed infine ripigliando una linea obliquamente ascendente congiungesi ad angolo rientrante col tratto inferiore, che troncato rotondata in tal punto corre poscia obli- quamente parallelo al ceppo per uno spazio ch'è doppio della distanza che passa tra l’angolo suddetto e la punta superiore; quindi descrivendo un'obliqua linea volge in punta ottusa; ed obliquamente ancora seguendo suo corso giunge sotto la fossetta del tronco, e forma così un'orecchietta triangolare, la cui altezza è quasi uguale alla metà della base di tutto il lobo inferiore. Il colore della parte superiore del capo e del tronco è un azzurro piuttosto carico tendente al livido in alcuna parte più in altra meno, e più disteso sui lati nel terzo an- teriore del pesce. Tutto il disotto è di color bianco sordido. Le pinne dorsali e la cau- dale sono d’ un turchina cinereo tendente al fosco. La faccia superiore delle pettorali è turchina nerastra, quella delle ventrali cinerea tendente al turchino sordido: la infe- riore di queste e di quelle è bianco-cinerea. L’anale è bianco sordida imbrattata di tur- chino verso il margine anteriore. L’interno della bocca, e delle aperture branchiali, la lingua, e il peritoneo sono bianco-lattei. I tubercoli della pelle sono minutissimi, grani- formi, quasi irifidi. Tutto il di sotto del capo e il disopra del muso sono tempestati di pori puntiformi. Gli occhi hanno la pupilla nera, l'iride nerastra. Per tai colori vicinissimi a quelli dell’acqua marina, onde ebbe nome di G/aucws, riesce più insidioso, e più destro alle stragi. Flagella il Mediterraneo al pari dell’ Ocea- 1/0*9 SQUALUS GLAUCUS. no, e stendesi forse fino all'altro continente, seppur non gli è diverso il quantunque si- milissimo pesce americano che dal Valenciennes dicesi Carcharias Hirundinaceus perchè videgli la coda diversa dal qui descritto, col lobo inferiore cioè più prolungato e più sottile. Vien pescato frequentemente per venderlo in cibo al popolo, cui non è disgra- devole nè pernicioso, ma duro. Zerdesca è il nome che in Roma gli danno, e quando ha più del color marino lo dicono /erdesca acquarola. I diversi dialetti d'Italia st con- formano più o meno a denotare le sue tinte: e perciò i Genovesi lo chiamano /erdon, Verdoun i Nizzardi, Verdescu i Siciliani. Giunge a grande statura, ma raramente a sei piedi o non mai. SPHYERNA ZYGANA SFIRNA MARTELLO SPHYRNA capite malleiformi, latitudine plus quam triplo longitudinem superante; margine anteriori quasi recto, hinc inde emarginato ad nares subapicales prope oculos. squarus zyGaenas Linn. Syst. Nat. I. p.599. sp.5. Gmel. Syst.I. p.1494. sp.5. Forsk.Descript. Anim.Cat. Pisc.Melit. p.xviii. Bonn.in Tabl. Enc. Ichih. p.9. sp.11.tab.6. fig. 15. Brunn. Ichth. Massil. p. 4. sp.8. Lacép. Hist. Poiss. I. p.2571. Bloch., Ausl. Fisch. I. p.29. sp.8. Schneid. BI. Syst.p.151, sp. 16. Castel, BI. Hist. Poiss. VIII. p.246. Risso, Ichth. Nic.p.54. sp.10. Nace. Itt.Adr. p. 24. sp. 100. Nardo, Prodr. Adr. Ichth sp.21. SPHYRNA ZYGAENA, Rafin. Ind.Itt. Sic.p.46.sp.549. App. gen. xix. Mill, et Henle, Plagiost. I.p.51.sp.1. sPHYRNA TIBURO? Rafin. Ind. Itt. Sic. p.46.sp.550. i ZYGAENA MaLLeus, Yalene. in Mem. Mus, IX. p.223. sp.1.tab. xi. fig.1. a. Db. Cuy. Règn. Anim, II. p,127. Id. 2. ed. II, p. 595. Riss. Hist. Nat. III.p.125. sp.11. Yarr. Brit. Fish.II.p.406. cum fig. mala. Agass. Poiss. Foss.tab. E, fig. 7. dentes. Jenyns, Man. Vert. Anim. p.507. sp.196. ZYGAENA VuLGARIS, Cloquet, in Dict. Sc. Nat. LX. p.621. Eichw. Zool. Spec. ILL. p.113. sp.1. ZYGAENA LEWisit, Griff. Anim.Kingd, tab. 50. Lvyava, Aristot. Anim. lib. 2. cap. xv. Alian. Anim, lib.9. cap. xlix. Oppian. lib.1. ph. LIBELLA, Bellon. Aquat. lib.1.p.61. cum fig. Salvian. Aquat. Hist, xxxviii. p. 129. tab: 40. zroaena, Rondel. Pisce. Mar. I. lib. xiii. cap.xi. p. 389. cum fig. Gesn, Aq. IV. p.1050. cum fig. ex Rond. Id. Icon Anim.p.150. Aldrov. Pisc.lib.iii cap.xliii. p.407. cum fig. ex Salv. Willoughb.Ichth. lib.iii. cap. vii. p.55. tab. B. 1. Ray, Syn. Pise. p.20, sp.7. Jonst. Pisc.lib. 1. tit.1. cap.iii. art. viii. punct.vii. p.29. tab. 7. fig. 8. 9. Ruysch. Theatr, Anim. tab.7. fig. 8. Mus. Besler.tab.xv. fig.1. SQUALUS capile latissimo, transverso, mallei instar, Arted. Gen. Pisc. p. 67. sp. 7- Id. Synon. p.96, sp.7. Gronov. Mus. I. p. 165, sp.159. Id. Zooph. sp. 146. ZYGAENA seu LIBELLA; Jacob. Mus.p.16 tab.vii. fig. 5» cestracioN fronte arcus forma, Klein, Pisc, Miss. III. p.13.sp.1. PISCIS LIBELLA , Bonnan. Mus. Kirch.tab.xxxvii. fig.20. SPHYRAENA GILLI, Mus, Besler. p.55. tab.25. squarus N. 4. capite transverso mallei instar, Browne, Jam. p. 458. SQUALUS capìle latissimo transverso malleiformi, Linn. Mus. Ad. Fred. I. p. 52. staMPELLA, Scilla, Corp. mar. lapid.tab.2$. fig. 2. SFIRNA ZIGENA, Rafin. loco citato. cornuDA , Parra, Descripe. Lam. p. 352. MARTILLO DE MaR, Bru de Ramon. I- p.51, CAGNOLE, JUIF, BARATELLE) ALBALESTRE, ZIGENA, LIBELLA, Belon, (Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p.54. cum fig. zyeÈène, Dutertr, Hist.Nat.IT. p. 207. REQUIN;, H'ermin, Turin, 2. p.248. pantoUFrLIER; Lebat. Amer. IV. p. 501. Le martEAU, Brouss. Chiens de mer,in Act.Paris.1780.p.661.sp11. Duham.Pech.II Sect.ix. p.303. tab.zzi, fig. 5-38. Daub. Dict. Ichth, in Enc. Méih. Hist. Nat. IL I. p.248 © Cuv. Tabl. Elem. p.316. squaLe manteAU, Lacép.Hist. Poiss. I. p.257. Bose, in Nouv. Diet. Hist. Nat. XXXII. p.85. SQUALE PANTOUFLIER, Lacép, I. p.260. tab. vii. fig. 3. ‘ZYGÈNE MARTEAU; ou porsson sur, Cloquet in Dict. Sc. Nat. LX. p.621. BALANCE-FISH, /Yillughb. loco citato. HAMMER-HEADED SHARK, Shaw, Gen. Zool. p.354.tab.154. C.etJ. Paget, Nat. Hist. Yarm.p.17. socurisca, Valentini, Mus. Muscor. tab. xxxii. fig. 5. roma sonna, Russel, Descript. et fig. Ind, Fishes tab. xii. | L. testa del presente Animale va tanto lungi dalla forma ordinaria che se ad essa unicamente si ponesse attenzione converrebbe isolarlo da ogni altro Pesce; il resto però SPHYRNA ZYGJENA. della sua struttura lo assegna alla sottofamiglia degli Squalini, tra i quali potriasi dire una figura anomala, e meglio un mostro. Osservata non meno dai naturalisti che dal volo suggerì quella iesta i diversi nomi registrati nella sinonimia eccitanti la idea di un capo a martello, la cui impugnatura consista nel tronco dell'animale. Esso tutta- via non fu considerato qual genere da verun altro pria di Rafinesque, il quale impose- gli l'elegante nome di Sphyrra, preferito da noi a quello di Zygaena attribuitogli dal Cuvier, cui non essendo noto il lavoro di quell'Ittiologo piacque così appellarlo, neppur badando che un genere di Lepidotteri già lo aveva ottenuto. Della ragione poi che non ci consiglia ad inalzare al grado di sottofamiglia lo Sphyrna, grado però che ad esso competerebbe più che ai Galei, abbiam discorso abbastanza nell’articolo precedente so- pra lo Squalus Glaucus. Descriviamo i caratteri del genere. Capo grosso, trasversalmente allargato, superior- mente piatto) cogli occhi situati all'estremità dei margini laterali, e le narici nel margine anteriore; le valvole delle quali constano di un lobuletto triangolare spiccante dal lor margine interno, Niuno spiraglio. Cartilagini labiali tenui. Denti uniformi così della mandibola come della mascella, e di ugual numero dispari, essendone uno medio tanto in quella che in questa; piramidali, ma piatti e inclinati verso gli angoli rispettivi della bocca; e o siano lisci oppur seghettati, mostranti sempre dalla faccia esterna una ben pronunciata intacca sopra la base mammellonare. La prima pinna dorsale prossima più alle pettorali che alle ventrali; la seconda, minore della prima, corrispondente all’ana- le. La caudale preceduta immediatamente da ben profonda fossetta, tagliata obliqua- mente in due lobi disuguali, il superior de’ quali è intaccato. Il funicolo embrionale ve- stito di barbette, invece di esser liscio o semplicemente peloso come nei generi più si- mili allo Squalus: le cisti delle uova staccate dalle pareti uterine, non già aderenti ad esse per mezzo di una specie di placenta, come accade in quelli. Siccome la generica mostruosa configurazione del capo si modifica in cinque diverse maniere, così di questo genere Sphyrna sì enumerano, di presente altrettante specie che da Linneo si racchiusero in due, in Zygaena cioè ed in Tiburo, frammischiate quindi e confuse tra loro prima che il Valenciennes ne dichiarasse quattro in quella sua dotta Memoria da opportune figure accompagnata negli Atti del Museo Parigino di Storia Na- turale per l’anno 1822; sulle cui tracce dal Ruppel fu caratterizzata la quinta. È sono: 1. Lo Sphyrna, materia di quest’ articolo, che il Valenciennes chiama Zygaena Mal- Ieus. — 2, Il suo Tudes che ha il capo men dilatato, più curvo anteriormente, e senza intaccature verso le narici, non estraneo come dicesi al Mediterraneo, quantunque nol crediamo che i supposti Z'udes di questo mare non sieno che la medesima nostra specie in diversa età. — 3. Il Tiburo, L. col capo rotondato in figura presso a poco di cuore, col margine anteriore privo d'intaccature, abitatore del mare Brasiliano. — 4. ll Blochiî, così detto dal Cuvier per la figura ch'egli credette datane accidentalmente dal Bloch, col capo larghissimo, ma coi due lati inclinati verso il corpo, e le narici collocate nel mezzo rispettivo di essi: ignoto di patria allo stesso Valenciennes ed a noi, — 5. Il Mo- karran di Rùppel col capo quasi rettilineo nel margine superiore, senza rilievi innanzi gli occhi, nè traccia veruna di solco neppure nel prolungamento delle narici, siccome vedesi nella opera di esso Rippel sopra i Pesci del Mar Rosso (tab. xvil. fic.3.) Il nostro Sphyrna Zygaena ha il capo men depresso nel mezzo che nelle branche assai schiacciate, configurato propriamente a martello, le cui estremità laterali quasi pa- SPHYRNA ZYGJ/ENA. rallele distano tra loro tre o quattro volte più della propria altezza riapprossimandosi in ragione dell'età; il margine anteriore appena undulato è piuttosto retto, incavato sopra le narici, e sporgente un poco nel mezzo; il posteriore non è dissimile nel pro- filo, ma più sottile assai, non avendo altra grossezza che la cute: i suoi occhi roton- detti collocati alle estremità superiori occupano quasi un terzo de' rispettivi lati: le na- rici apronsi sopra il margine esterno del lato anteriore più vicine alle estremità che al centro, e si prolungano in un solco obliquo tendente verso il centro stesso: la bocca squarciasi in figura di mezza luna, i cui angoli distano dall’attaccatura del capo per uno spazio eguale al maggior diametro dell’ occhio, ed ammettono tra loro un intervallo uguale a quello che passa ira il punto più culminante di essa bocca al più sporgente del capo: i denti si dispongono in varie fila, volgono molto obliquamente verso gli angoli della bocca la punta elevata sopra una base assai più larga, che le serve quasi di barba- cane; quelli della mandibola son più sottili, e i suoi mediani più retti. Le cinque aper- ture branchiali sono equidistanti fra loro; la prima è lontana dall’ ultima quanto lo è dal capo; la quarta e la quinta son fiancheggiate dalle pinne pettorali. Il tronco è fu- siforme assottigliato molto all'indietro, ove non giunge alla terza parte della maggior grossezza che vedesi al paro della prima apertura branchiale, cui supera di tre volte la crociata del capo; e la maggiore altezza del pesce, che incontrasi sotto la prima pinna dorsale, è compresa nove volte nella intiera lunghezza. Tutta la pelle è seminata di iminutissimi fitti tubercoletti che sembra la spargano di arena: e lungo i lati anteriore e posteriore del capo veggonsi fila irregolari di piccolissimi pori, abbondanti assai più nella inferior superficie universalmente foracchiata da essi, che con qualche parzial simmetria contornano gli occhi, le narici, e la bocca. La prima pinna dorsale spicca al quarto anteriore di tutio l'animale, è più alta che lunga, ed il suo lato posteriore forma un seno tra l'angolo superiore rotondato, e l’inferiore acuto: la seconda dorsale quat- tro volte minore dell'altra nasce molto vicino alla coda, distando dalla prima più che quella dal muso; ha forma quadrilatera coll’angolo anteriore rotondato, col posterio- re prolungatissimo ed acuto, ammettendo un seno poco sensibile tra questo e quello. Le pettorali che terminano al paro della origine della prima dorsale, sono grandi quasi quanto essa, ed hanno forma di triangolo alquanto smarginato posteriormente. Le ven- trali situate nel mezzo sì delle due dorsali, come delle pettorali e della caudale, son poco più grandi della seconda dorsale, poco più lunghe che larghe, e di forma trape- zoidale. L'anale è sottoposta alla seconda dorsale, la rassomiglia in forma ed in gran- dezza, non essendo che un pochino più lunga, ed alquanto più incavata. La caudale quantunque lunga più di un quarto del pesce è tuttavia più breve della larghezza del capo: la sua forma è di una falce coll’ estremo margine inferiore curvato a guisa di sci- mitarra al di là della intacca: il suo inferior lobo, lungo poco più di un quarto del su- periore, gli forma base, e spicca in foggia di cuneo semirotondato con l’intermedio di un angolo retto che lo divide dal lobo maggiore. Il colore è lavagnino al disopra, più carico assai nel terzo anteriore, bianco latte al di sotto, d'onde monta ad orlargli elegantemente il profilo del capo da tutti i lati. Le pinne dorsali, specialmente la seconda e la caudale sono con pari eleganza contornate di nero nel margine superiore; e tanto esse che le altre pinne tengono quella stessa al- ternativa di colore che è sopra e sotto del pesce; ma osservabile nella caudale si è il margine inferiore cinto e merlato di lavagnino, n SPHAYRNA ZYG/ENA. L’esemplare da noi ristretto ne’ confini ordinarii della tavola non giungeva a due piedi di lunghezza: l’animale però può vantarne fino a dodici, e pesar cinquecento li- bre: non cede allora in fierezza ad altri tiranni del pelago quantunque più opportuna- mente conformati alla voracità, talchè i naviganti presso che tutti sogliono raccontar fatti assai lagrimevoli del Pesce Martello. Ingordo di carne umana estingue sovente la spaventevole sua fame sopra le Raje, delle quali può dirsi il distruttor principale. Per- corre quasi tutti i mari, e prediligge i men freddi: fugge dalle spiagge arenose, e dalle scogliere, appiattandosi volontieri ne’ fondi fangosi: partorisce dieci o dodici figli alla volta. I pescatori romani lo chiamano Pesce Stampella, e talvolta Giannetta: i l'oscani \Ribello : i Veneziani Baile, e Martello promiscuamente, ed anco Pesce Pantofolo: i Pi- ceni Pesce Martello: i Napolitani Magnosa, e Capo de chiuovo: i Siciliani Testone, Pe- sce Giudeo, Magnosa, e Crozza: i Nizzardi Marteu. Ha carne dura, coriacea, di cattivo sapore, quindi spregiata, non però da’barbari in riva del Mar rosso, che afrodisiaca la credono, e l’amano. Molto olio si estrae dal suo fegato: della sua pelle cotanto sottil- mente granulosa servonsi i forbitori di avoria. ?, LAALASLIICOOA | ) DOPAPOCDA (Gale ALOPIAS VULPES ALOPIA VOLPE DI MARE ALoPIAS ardesiacus, subtus lacteus: caudae semihastatac segmento superiore reliqui cor- poris longitudinem superante. squaLus vuLpes, Gmel. Syst. Nat. I, p. 1496. sp. 23. Lacép. Hist, Nat. Poiss. I. p. 267. Schneid. BI. Syst. p.127-sp.3. Risso, Ichth. Nic. p.56. sp. 12. Naccari, Itt, Adriat. p.24. sp. 103. Nard, Prodr. Adriat. Ichth. sp. 20. squaLus vuLpinus, Bornat. in Tabl. Enc, Ichth. p.9. sp. 14. tab. 85. fig. 349. ALOPIAS MACcROURUS, Rafin. Caratt. p. 12.sp. 31- Id. Ind. Itt. Sic. p.45.sp. 328. CARCHARIAS vuLPes, Cuv. Règn. Anim, II. p.126. Id, Ibid, 2. ed. II. p. 388. Risso, Hist. Nat. III. p.120. sp. 6. SQUALUS (cARCHARHINUS) vuLpes, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I. p. 94. sp. 22.tab. 14.fig.1. vuLpes, Rondel. Pisc. I.lib.xiii. cap. x. p. 587. cum fig. SIMIA MARINA, Bellon. Pisc, lib. i. p.97. VULPES MARINA; Gesn. Aquat. IV. p.1045. cum fig. ex Rondel. Willughb. Ichthyogr. lib. iii. cap.vi.p. 54. tab. B. 5. fig.2. Icon. ex Salviano. vuLPECULA, Salv. Aquat. p. 134. fig. 42. VULPECULA MARINA, A/drov. Pisc. lib. iii. cap. xxzix. p. 395. cumfig. in p. 396. Jonst. Hist. Pisc. Il. lib. i. tit.i. cap.iii. art. ii, punci. v. p. 15. tab.vii, fig. 3. squaLus cauda longiore quam ipsum corpus, Arted. Syn. p. 96. sp. 8. Id. Gen.p. 68. sp. 3. ALOPIA CODALUNGA, Rafin. loco citato. SINGE DE MER, Belon, Nat. et Pourtr, Poiss. lib, i. p.88. RENARD DE MER, Duhamel, Péch. III. Sect.ix. p. 302, tab.21, fig, 1.2. | RENARD MARIN, Mémoires de Acad, III. 1. p.117.tab.15,16. Broussonet,in Aet. Paris. Da p. 664. sp.14. SQUALE RENARD, Lacép, loco citato. FAUX cu RENARD, Cup. loco citato, seA Fox, Penn. Brit. Zool. ITI. p.86. sp. 6. tab. 4. LONG-TAILED SHARK, Pern. Brit. Zool, III. p. 97. sp. 4h. tab. 14. uesto pesce comune al Mediterraneo e all'Oceano fu conosciuto fino dai tempi più antichi, ed ebbe dai greci il nome d'Alopias, dai latini quello di Zpes. Anche oggi per molti luoghi d'Europa vien detto in varj idiomi Zolpe di mare; nè fa me- raviglia che la sua smisurata coda l’abbia fatto paragonare alla Z'olpe, quando la fie- rezza e la forza de’ maggiori Squalini gli han fatti chiamare Cani di mare, e i mi- nori sono stati denominati più od Aramente Gatti o Musteli. Quella grande e poderosa coda, adoperata a guisa di remo, di timone, o di mazza serve mirabilmente al nostro pesce per nuotare con impeto, schifare i nemici più ga- gliardi, abbattere di prima giunta le vittime del suo vorace appetito. È certo altresì che questo animale gode d’un'odorato finissimo, ma quando leggiamo ciò che riferi- scono gli scrittori delle sue tante astuzie non dissimili da quelle della Volpe terrestre, dubitiamo che il quadro non sia esagerato, anzi ci sembra vedere che il nome abbia suggerito i costumi, invece d’essere stato suggerito da essi. È piuttosto raro lungo le nostre spiagge, e quantunque non sia da contare fra gli 66 ALOPIAS VULPES. Squalini più giganteschi, la sua mole al solito è più che mezzana, e dicesi che possa giungere alla lunghezza di dodici piedi. La carne è mediocremente buona, nè ha. odore volpino, come da taluni è stato asserito. A Roma il suo nome triviale è Pesce sorcio, Pesce pavone : in Toscana Pesce bandiera, che i Napoletani corrottamente pro- nunciano Pesce bdannera ; in Sicilia dicesi Pesce surciu; a Nizza Peis ratou; a Venezia Volpe de mar, Pesce volpe, Pesce spada. | Artedi, il primo degl'’ittiologi sistematici, riconobbe in questo una distinta specie del suo genere Squalus. Linneo, deposta qui fuor di proposito la solita sua osservan- za verso di Artedi, rimandò la di lui citazione e i sinonimi sotto la Chimaera mon- strosa, essere di conformazione diversa affatto. Ristabilì lo Gmelin la specie d’Artedì, e le assegnò il nome specifico vulpes; ma non s'astenne per questo dal registrare la ci- tazione di quell’autore anche sotto la Chimaera monstrosa, come aveva fatto Linneo. Sui caratteri che presenta questa specie il Rafinesque stabili il suo nuovo genere Alopias. Quantunque noi dapprima abbiamo avuto in pensiero di considerarlo come una semplice suddivisione del vero Squalus, vale a dire del Carcharias di Cuvier, ora siamo convinti, che non v'è ragione di mantenerlo sotto quest ultimo genere ogni qual volta, come noi abbiam già fatto, da esso si disgiunga la Zamna di Cuvier, che pure è nel numero degli Squalini mancanti degli spiragli. In fatti intimamente affini fra loro sono l’Alopias di Rafinesque e la Zamna, e dallo Squalus vero si discostano sì l'uno che l'altra per titoli uguali. In ambedue i denti sono piatti, triangolari, angusti con la base assai allargata e col margine tagliente non seghettato; in ambedue gli occhi mancano di piega palpebriforme, la seconda pinna dorsale e l’anale sono picciole oltre modo: lad- dove nello Squalus i denti della mascella di sopra sono triangolari con la base di poco allargata e col margine seghettato, gli occhi sono cinti da una piega palpebriforme, la seconda pinna dorsale e l’anale non sono notevoli per la picciolezza. Ciò che ha poi di particolare il genere Alopias si è la coda semiastata, angusta, ascendente, rettilinea superiormente, lunga per lo meno quanto tutto il restante del corpo, al che può aggiun- gersi la limitata estensione dello squarcio della bocca, e delle aperture branchiali, non che la figura ellittica delle orbite, più alte che larghe, e quella delle pinne ventrali ta- gliate a guisa di cuneo e forcute, col lato anteriore assai più esteso del posteriore. In fine, mentre nello Squalus le pinne pettorali sorgono sotto al termine inferiore della quarta apertura branchiale, e nella Lamna dietro alla quinta, nell’Alopias hanno ori- gine da un punto verso il quale convergono la quarta e la quinta, che quasi si con- fondono con le estremità loro inferiori. L’ Alopias vulpes ha il corpo fusiforme-turgido, alquanto compresso, con la coda lunghissima ed ascendente. La maggior altezza è compresa dieci volte e mezzo nella lunghezza totale, e cade circa sette volte più lontano dalla estremità posteriore che dall’anteriore, e nel punto stesso cade la larghezza maggiore, la quale è compresa nella lunghezza totale dodici volte e mezzo. Il capo forma la decimaterza parte di tutto il corpo, è turgido posteriormente, conico-depresso, e termina in un muso tagliato ad arco acuto: le orbite sono presso che rotonde, circa un quinto più alte che lunghe, collocate dai lati del capo, e distano due volte più dalla prima apertura branchiale che dall’ apice del muso. Superiormente fra un occhio e l’altro v'è un quarto più di distan- za che fra essi e l'apice del muso. Quest’ ultima distanza uguaglia il doppio dell'altezza ALOPIAS VULPES. dell’ orbita. L'orlo dell’orbita è tenue, e fra le parti esteriori e il globo dell’ occhio non havvi alcuna traccia di piega palpebriforme. La pupilla è allungata verticalmente, alta due volte più che larga, col diametro maggiore uguale ad un terzo di quello dell'orbita. Non vi sono spiragli. Le narici sono situate nel disotto del capo un piccolissimo tratto più innanzi degli occhi, e fra l'una e l’altra corre la stessa distanza che fra ciascuna e l'occhio del lato rispettivo. La loro distanza dalla bocca è due volie minore di quella che le disgiunge dalla punta del muso. Il loro orifizio è bislungo, obliquo: il lembo an- teriore verso l'estremità interna è fornito d'una valvula triangolare acuta picciola rivolta all'indietro; dalla base di questa all'estremità esteriore della narice lungo lo stesso lembo anteriore havvi un'appendice piatta rivolta verso l’interno del tubo nasale, più larga che lunga, tenue, rettangolare, cava: il lato posteriore ha un'appendice trian- golare erta, rivolta verso l'interno, larga, breve, scavata a foggia di canale. Il taglio della bocca è arcuato, e fra l'uno e l’altro de’ suoi angoli corre un terzo più che fra il punto anteriore e l'apice del' muso. Le mascelle sono poco dilatabili a paragone di quelle degli altri Squalini nostrali. Portano tre file di denti piuttosto piccioli, piatti, trian- golari, a base dilatata, non seghettati al margine, con la punta alquanto inclinata verso l’angolo della bocca e col taglio acuto. Il palato e il mezzo della lingua sono ver- rucosi: il contorno della lingua stessa è mediocremente erto. Le aperture branchiali sono cinque, situate nella parte anteriore del tronco verso il basso, brevi, tutte parallele, all’eccezione dell’ultima che converge all’ingiù verso l’estremità della quarta. Fra la prima e la quinta corre superiormente la metà della distanza che passa fra la prima e l'occhio. Il tronco si restringe in larghezza verso il terzo posteriore; alla radice della caudale è due volte più alto che largo, e superiormente porta una fossetta trasversa se- milunare. Lungo tutto il tratto orlato dalla caudale è compresso-ensiforme, e presso il termine è quattro volte più alto che largo. L'ano è tre volte più lontano dalla punta del muso che dalla radice della pinna caudale, due volte più vicino a quello che all’apice della caudale stessa. La pinna dorsale anteriore è un quarto più lontana dall’apice del muso che dalla radice della caudale: è quadrilatera col margine terminale e il posteriore fortemente incavati, questo secondo brevissimo: il lato anteriore è curvo all'indietro un sesto più lungo della base, un terzo più del terminale, sette volte più del posteriore. La seconda dorsale sta oltre a due volte più vicina alla radice della caudale che alla dorsa- le anteriore: è picciolissima, quadrilatera: la base è otto volte minore di quella dell'an- teriore ; l'angolo anteriore rotondato, il posteriore acuminato con la punta volta all’insù; il margine posteriore è assai crasso. Le pinne pettorali hanno origine sotto al punto in- termedio alle estremità della quarta e della quinta apertura branchiale: sono grandetie, triangolari-falciformi, colla punta incurvata all'indietro, rotondata, e con un’ orecchietta acuta sporgente presso l’ estremità posteriore della base, Il lato anteriore supera la base di due volte e un quarto, il posteriore la supera della metà; l'altezza dell’orecchietta è poco minore d’una terza parte della misura della base medesima. Le pinne ventrali non sono congiunte neppur nei maschi, stan situate in mezzo al tratto frapposto alle due dorsali, e sono mediocremente grandi, quadrilatere, col margine terminale fortemente incavato, esteso quanto la base e il lato anteriore, ch'è curvo all'indietro: il lato poste- riore è poco più lungo d'una terza parte della base. La pinna anale è picciolissima, con- formata come la seconda dorsale, ma alquanto più angusta, situata più indietro della medesima, e due volte più vicina alla radice della caudale che alle ventrali, La pinna 66% ALOPIAS VULPES. caudale comprende cinque delle nove parti della lunghezza totale del pesce. Il loho , superiore ha il margine rettilineo, appena sollevato sulla parte attenuata del tron- co, e termina con un picciolissimo tratto cuneiforme a rovescio, troncato assai obliqua- mente. Il lobo inferiore sorge alquanto innanzi al superiore; immediatamente dietro alla sua origine si dilata in un'orecchietta triangolare, il cui lato anteriore s'incurva al- l’indietro, il posteriore è quasi rettilineo e verticale all'asse della coda, e la cui altezza è poco minore dell'altezza che ha il tronco nel punto che gli sovrasta: al termine po- steriore dell’orecchietta il lobo inferiore della caudale ha un terzo dell'altezza della orecchietta medesima; da quel punto fino al confine del lobo superiore va restringen- dosi a poco a poco. Il color del dorso e della parte superiore del capo è una tinta d’ardesia turchi- nastra uniforme. Al disotto della linea laterale, ch'è molto visibile, i fianchi sono d’una tinta analoga/a quella del dorso, ma più tendente al cinereo-chiaro; il ventre e la parte inferiore del capo sono latteo-carnicini: questo colore si stende sulla metà in- feriore dei fianchi, i quali però presso l'inserzione delle pinne laterali sono sfumate irregolarmente del colore del dorso. La pinna dorsale anteriore è di color cenerino scuro ai margini, bianco sordida nella parte centrale, presso la base, e alla punta: la dorsale posteriore e la caudale sono cinereo-scure. Di color fosco sono le pinne pet- torali sopra ambedue le facce, con la punta pallida, e con la base biancastra nel mezzo, specialmente dalla faccia inferiore : le pettorali superiormente sono cinereo-scure nella metà anteriore, con la punta pallida, e la parte posteriore carnicina; la faccia inferio- re è carnicino-sordida col margine anteriore nerastro. L’anale è del colore del ventre. Gli occhi hanno l’iride nerastra, e la pupilla nerissima. La lingua, le fauci, l'interno delle aperture branchiali e il peritoneo sono lattei. La figura di questo pesce data dal Rondelet sotto il nome di Z/pes, quantunque rozza, rappresenta a dovere la direzione della coda : lo che non può dirsi d’altre figure e antiche e recenti, le quali sembrano ritratte da esemplari deformati pel diseccamento, e forse in parte sono state copiate una dall’altra. LAMNA CORNUBICA LAMNA SMERIGLIO LAMNA ardesiaca subtus alba : rostro pyramidato, acutiusculo, ascendente : caudae lunulatae segmento superiore duplo longiore. SquaLus cornusicus, Gmel. Syst. Nat. I. p. 1497. sp.25. Schneid. BI. Syst. p. 132. sp. 21; Risso, Iehth. Nic. p.29. sp. 5. i SQUALUS NASUS, Bonnat.in Tabl. Enc. Ichth. p. 10. sp. 26, tab. 85. fig. 550. IsuRUs oxvRINcHUS, ftafin. Caratt. p. 12. gen.iv.sp.29. tab.xiii. fig.1. Id. Ind. Itt.Sic.p.45.sp.329. (ISURUS SPALLANZANI, Rafin. Ind, Itt. Sic. p. 45. sp. 330, et Append. sp. 27. SQUALUS ( CARCHARHINtS) LaMIA, Blaino. in Faun. Franc. Poiss. p 88. sp. 19. SQUALUS ( CARCHARHINUS ) corNuBIcus, Blainv. in Faun. Franc. Poiss. p.-96. sp.23.tab. ziv. fig. 2. LAMIA coORNUBICUS, Risso, Mist. Nat. III. p.124. sp.10. ramiA, Rondel. Hist. Pisc. I.lib.xiii. cap.zxii. p-390, CANIS CARCHARIAS, seu LAMIA Rondelet. Gesn Aquat. IV. p. 173. cum fig. caNis carcnarias, Aldrov. Piso. lib. iii, cap. xxxil.p.379-fig.in p. 382.383. 388. CANE DI MARE di Messina, Spallanzani, Viaggio alle due Sicilie III. cap.XXxxi, p. 92. TovILLE sorvr, Duhamel, Péch. ITI, Sect.ix. cap.iv.art.i.p.297.tab.19.fig. 4. SQUALE NEZ, Broussonet in Act. Paris. 1780, p. 567. sp. 16. Cuo. Règn, Anim. II. p.127. Id. Ibid. 2. ed. II. p. 589. SQUALE LONG-NEZ, Lacep. Hist. Nat. Poiss. I. tab 2. fig.3. LAMIE LONG-NEZ, Risso, loco citato. PORBEAGLE, Borlas. Nat. Hist. of Cornw.p.265.1a6.26, fig. Penn. Brit.Zool. III.p.103.sp.31. Di tutt'i pesci Squalini di maggior mole, che accoglie il Mediterraneo, questo è il più comune. Rondelet lo descrisse con la solita sua esattezza, e lo chiamò Lamia, perchè credette che questo fosse il formidabile Cane di mare che così denominarono ‘ gli antichi, e che poi da Linneo è stato detto Squalus carcharias. Gl’Ittiologi del se- colo scorso di ciò non s’avviddero, e concordemente riposero la Lamia di Rondelet fra i sinonimi del già detto Carcharias, pesce assai meno frequente nelle acque del nostro mare e forse non mai osservato dall’ autore francese. Dopo Rondelet, per questa guisa lasciato da banda, il primo a dar conto dello stesso pesce e a divulgarne la figura si fu il Borlasio, il quale lo rinvenne sulle spiaggie di Cornovaglia, e lo chia- mò con vocabolo inglese Porbeagle. Suecessivamente ne parlarono Duhamel e Brous- sonet, quello sotto l’appellazione francese di Towille boeuf, questo sotto il nome di Mez suggeritogli dalla curiosa forma del muso. I compilatori Gmelin e Bonnaterre quasi contemporaneamente arrogarono poi a se medesimi l’erezione della specie con appli- care ad ‘essa nomi sistematici latini. Gmelin la disse Squalus cornubicus dalla provin- cia d'Inghilterra sulle cui sponde l’aveva osservato Borlasio, senza avvertire che il soggiorno del pesce si estende ben più largamente che a quei soli mari. Bonnaterre si contentò di volgere latinamente il vocabolo proposto da Broussonet, e recò in mezzo il nome specifico nasus. LAMNA CORNUBICA. Allorchè il Cuvier ripartì in più sottogeneri lo Squalus linneano assegnò il nome Lamna alla divisione di cui tenne per tipo il nostro pesce, e che ora noi consideria- mo come generica. Nell'articolo che precede abbiamo accennato quali sieno i caratteri per cui dallo Squalus vero s'allontanano ambedue i generi Alopias e Lamna, i quali sono i soli che convengono con esso nel difetto degli spiragli. Diciamo ora quali condizioni sieno proprie della Zamna in modo esclusivo. Il muso è angusto, confor- mato a foggia di piramide, ascendente, con le narici collocate al di sotto della sua base verso i lati. Il tronco è rigonfio anteriormente, assottigliato assaissimo verso la radice della pinna caudale, ed ivi fornito lateralmente di due spigoli risentiti, che corrono dall’innanzi all’indietro: le quali cose danno al genere un'aspetto del tutto singolare. La coda poi ha una figura di mezza luna, col segmento superiore più lungo, non però di grandissimo tratto. Finalmente, a differenza di ciò che ha luogo nell’Alopias, è grandissima nella Lamna l'apertura della bocca, e lunghe sono le fes- sure delle branchie ; le pinne pettorali sono inserite dietro l’ultima di queste, un poco al di sopra della sua estremità inferiore; le pinne ventrali sono picciolette ed hanno il lato anteriore di poco più esteso del posteriore; le orbite sono grandi e per- fettamente rotonde. Il corpo della Lamna cornubica è turgido-fusiforme veduto da lato, lanceolato- oblungo veduto di sopra. La maggior altezza è contenuta oltre a sei volte nella lun- ghezza totale, ed il punto in cui cade è distante un terzo meno dall’apice del muso che dall’ estremità della coda. La maggior larghezza è contenuta nella lunghezza totale oltre a sette volte, e cade al termine posteriore del capo, la cui lunghezza è contenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza di tutt'il pesce. La forma del capo è conica, ap- pena depressa sulla fronte, ed il muso è inflesso un poco all'insù, piramidale, acuto col- l'estremo apice rotondato. Le orbite sono rotonde, collocate ai lati del capo, un quarto più distanti dalla prima apertura branchiale che dall’apice del muso. Superiormente fra un'occhio e l’altro corre un quinto meno che dal lor lembo anteriore all'apice del muso. Quest ultima distanza comprende oltre a tre volte il diametro dell’orbita, che è mediocre. L'orlo dell’ orbita è tenue, e fra le parti esteriori e il globo dell’ occhio non havvi alcuna piega palpebriforme. La pupilla è rotonda, larga men d'un terzo del dia- metro dell'orbita. Non vi sono spiragli. Le narici sono situate nel disotto del capo presso il contorno di questo, oltre a due volte più lontano dall’apice del muso che dal lembo degli occhi. La loro apertura è bislunga trasversale, e non giunge ad avere la lunghezza della metà del diametro dell’ orbita. Il lembo anteriore non porta valvula orizzontale, ma solo un breve angolo che sporgendo all'indietro mostra un leggero vestigio di tale organo: dal lato più esteriore il lembo medesimo porta un'appendice piatta rivolta al- l'’indentro, alquanto concava: il lembo posteriore è fornito nel mezzo d'un appendice erta triangolare, alquanto scanalata, rivolta essa pure verso l'interno del tubo nasale. Il taglio della bocca è ampio, arcuato con una piega di qua e di là da'suoi angoli, che ne prolunga d’alquanto la curva. Fra un angolo e l’altro corre la stessa distanza che dal punto anteriore all’ apice del muso. I denti della mascella superiore sono ordinati in tre o quattro file, piatti, triangolari, acutissimi, taglienti al margine che suol essere sca- bretto, allargati alla base, leggermente inclinati verso l'angolo della bocca, e portano inferiormente una leggerissima intaccatura di qua una di là. I denti della mascella | LAMNA CORNUBICA, di sotto non sono sensibilmente inclinati da lato, sono men lunghi, ed hanno inferior- mente le due intaccature più profonde, del resto somigliano ai superiori : come quelli sono ordinati in circa quattro file, l'anteriore verticale; le seguenti coricate più o meno e sepolte nella sostanza della gengiva. La lingua è molto libera, coll’orlo poco erto. Le cinque aperture branchiali sono situate dietro la base del capo dai lati del tronco, gran- di, col taglio un poco curvo, rilassato, quello della prima quasi uguale alla distanza che passa fra gli occhi e il muso, quello della quinta un quarto più breve: di mano in mano procedendo dall’ innanzi all'indietro divengono reciprocamente più vicine. Il tronco nella metà anteriore è più alto che largo, posteriormente s’ attenua e diviene sempre più depresso, talchè nel quarto posteriore è depresso-ancipite, con una carena di qua una di là assai risentita ed acuta, la quale si stende in linea retta oltre l'origine . della pinna caudale per la quarta parte anteriore della lunghezza di questa. In iutta la porzione compresa fra la seconda dorsale e la caudale l'altezza del tronco è compresa nella larghezza due volte ed un quarto: al punto dell'inserzione della caudale è im- pressa di sopra e di sotto una profonda fossetta semilunare. L’ano è collocato un bre- vissimo tratto più indietro del punto medio della lunghezza totale del pesce. La pinna . dorsale anteriore è collocata appunto in mezzo fra la punta del muso e l'origine della . caudale, e dista quasi un terzo di più dall’estremità posteriore dell’animale che dall’an- teriore. La sua figura è approssimativamente quella d’un quadrante, con una orecchietta acuta sporgente verso il basso del lato posteriore, ch'è di poco meno esteso della base di tutta la pinna: la lunghezza dell’orecchietta è presso a poco uguale alla terza parte del detto lato posteriore. La seconda pinna dorsale è quasi tre volte più vicina alla ra- dice della caudale, che alla prima dorsale: è inclinata fortemente all'indietro, cuneifor- me a rovescio, forcuta all'apice, col lobo anteriore rotondato, il posteriore allungato. acuto: la base ha la settima parte della lunghezza della base della prima dorsale, e non giunge alla metà della misura del lato posteriore: il lato anteriore è poco minore di questa ultima misura. Le pinne pettorali hanno origine poco al di sopra del termine inferiore della quinta apertura branchiale: sono piuttosto grandi, triangolari-falciformi, rotondate all'apice, con un’ orecchieita larga, breve, ottusa all’ origine del lato posterio- re, la quale eccede alquanto la base. La misura della base stessa è appena minore del- l'intervallo posto fra gli occhi e la punta del muso, e corrisponde alla metà della lun- ghezza di tutta la pinna: l'orecchietta ha in lunghezza un terzo della misura della base della pinna stessa. Le pinne ventrali hanno origine poco innanzi al punto intermedio fra le due dorsali. Sono quadrilatere picciole, con la base un quinto più breve di quella delle pettorali, il margine terminale poco incavato e steso quanto la base, l'anteriore un ottavo più breve, il posteriore più breve della metà. La pinna anale è situata al di sotto della seconda dorsale, simile ad essa per la figura e appena maggiore nelle proporzioni. La pinna caudale nel complesso ha una forma disugualmente semilunare con la branca inferiore estesa quasi una metà meno della superiore, e le due punte ottuseite. Seguendo però il lobo superiore della caudale propriamente detto si vede, ch’esso si solleva di poco al disopra della carena del tronco, il quale in tutta la parte orlata dalla pinna corre all'insù e va incurvandosi sempre più dall’innanzi all'indietro: un picciolissimo tratto al di là del termine delle vertebre il detto lobo superiore della caudale è tron- cato molto obliquamente all’ ingiù col margine tenwissimo membranaceo, e fra il suo termine e il tratto terminale del lobo inferiore della pinna havvi una intaccatura, i LAMNA CORNUBICA. ossia un’arigole rientrante acuto. La lunghezza di tutta questa pinna è compresa poco più di quattro volte nella lunghezza di tutto il pesce. La maggior altezza della porzione in- divisa corrisponde a circa tre quarti della lunghezza della pinna: la distanza fra l’uno e l’altro apice delle sue branche corrisponde a quattro quinti della detta lunghezza. _ La parte superiore e laterale del capo, il dorso, e la metà anteriore dei fianchi sono d'un color d’ardesia nerastro. La stessa tinta hanno le dorsali, la caudale e le facce superiori delle pettorali, esclusi i loro lembi posteriori che sono d’un bianco sudicio. Le ventrali superiormente sono cineree con qualche mistura di color d’ardesia. Le facce inferiori delle pettorali sono d’un bianco cinereo con gli orli color d’ardesia. Il disotto del capo, il ventre, la metà posteriore dei fianchi, la faccia inferiore delle ventrali e l'anale sono d'un bianco sudicio. Lo stesso colore hanno nel loro interno le aperture branchiali, ma i lembi han la tinta del dorso. La lingua, le fauci, il peritoneo sono d’un bianco carneo. La pupilla è nerastra, l’iride nera. Il capo è cosperso di pori pun- tiformi, frequenti specialmente ai lati del muso. Ve ne ha due più visibili sul colmo della fronte, posti poco più indietro degli occhi, vicini fra loro, che potrebbero ras- sembrare spiragli, ma certamente non hanno comunicazione coll’interno delle fauci. I tubercoli de’ quali è rivestita Ja pelle sono depresso-squamiformi, brevi, solcati, ter- minati da tre, quattro o cinque punte brevi poco disuguali. L'esemplare da noi fatto effigiare era nato di fresco e non giungeva alla lun- ghezza di tre piedi: ma il pesce ne acquista col tempo dodici, venti, o ventiquat- tro. Allora è mostro veramente formidabile, perchè alla più ardita ferocia accoppia una forza corrispondente alla vastità della mole. Si narrano purtroppo i tristi casi d’uomini mutilati, e di fanciulli ingojati vivi dallo Smeriglio, mentre piacevolmente si bagnavano nelle acque del mare in prossimità delle sponde. Quantunque ne sia pericolosa la pesca, v'è chi la intraprende nella stagione calda servendosi d’'ami so- spesi a catene di ferro, perchè la sua carne è bianca, tenera, di sapore non ingrato, e quasi può dirsi delicata trattandosi di uno Squalino. Smeriglio dicesi il nostro pesce a Napoli, a Roma, in Toscana e in altri luoghi d’Italia, A Nizza lo chiamano Melan- toun, in Sicilia Pesce tundu. Spallanzani descrive lo Smeriglio sotto il nome di Cane di mare di Messina, e si studia di mostrare ch'è fornito di fori alle tempie, ossia di spiragli. È facile avvedersi però che come tali egli segnala i forami delle narici: quindi ebbe ragione il Rafinesque nel riferirlo al suo genere Zsurus, che corrisponde alla Lamna di Cuvier; ma a torto ne fece una specie distinta. Converrebbe dire che esistesse nei mari Britannici un'altra specie di Zamna distinta dalla cornubica pel muso ottuso e pei denti più lunghi, se potessero credersi esatte le descrizioni che abbiamo del Beaumaris Shark di Pennant, Squalus monensis, Shaw; ma di ciò appunto è da dubitar grandemente. A. noi non è stato concesso aver sott' occhio esemplari dell’ Oceano per paragonarli fra loro e farne il confronto con quelli nostrali. Sarebbe possibile che due fossero in realtà le specie di Zamnae d'Europa: una dell’ Oceano di picciola mole, alla quale dovessero riferirsi indistintamente i nomi cornubica, nasus e monensis, perchè infatti Borlasio, Broussonet, Pennant ed altri parlano ad una voce di pesci lunghi men di tre piedi: l’altra del Mediterraneo grande quale è ovvio il vederla nei nostri lidi, e a questa non npotrebbesi assegnare nome più acconcio che quello di Lamna Rondeletii. 9 HAL CARCHARODON LAMIA CARCARODONTE LAMIA e4ncuaronon plumbeo-fuscus, subtus albidus: rostro pyramidato, acuto, recto: plica oris nulla : spiraculis exiguis: caudae lunulatae segmento superiore parum longiore. SQUALUS €ARCHARIAS, Risso, Ichth. Nic. p.25. sp. 2. CARCHARIAS LAMIA, Risso,. Hist. Nat. III. p.119.sp.3 SQUALUS (CARCHARHINUS) LAMIA, Blainw. Faun. Franco. Poiss. 83. sp..19. CARCHARODON . . ... Smith, Proc. Zaoli Soc..et Ill. South-Afric. Zool. inedi CARCHARODON. sMITHI, Mull.et Henl. Nob.Selach. Tab. Anal.in.Mén. Soc. H. Nat. Neufehdtel.IE p.9.gewsa. CARCHARIAS CANIS seu LAMIA? Athen, lib. vii. p. 306, 510, Ì LAMIA, Rondel. Hist. Pisc. I. lib. xiii. cap.xii. p.399. cum fig» GANIS cARCHARIAS seu LamMIA Rondeletii, Gesn, Aquat. IV. p. 173. cum figg Id. Icon, Anim. p. 151. cum fig. W'illughb. Ichthyogr, lib. ziii. cap. +. p.47. tab. B. 7. fig. 1. CANIS GARCHARIAS, Aldrov. Pisc. lib. iii. cap. xxxii, fig. in p. 385.. PESCE CANE; IMBESTINU 0 LAMIA? Rafinesgue, Ind, Itt. Sic. p.iAh- sp. 524, TOUILLE-BOEUF, Daliam. Péch.LII. Sect.ix, cap.iv, art.1.p.297.tab.19:fig +4 SQUALE REQUIN, ftisso, Zehth. loco citato. REQUIN LAMIE, isso, Hist. INat. loco citata». SQUALE LAMIE, Blainy. loco citato. ic. difficoltà grande di possedere gl’immani, i tremendi, i voracissimi fra gli Squa- fidi, perchè ben raro vengono ad esser colti, e più raramente son tratti a riva, nè quasi mai nelle colte città, fu cagione che finora con molta incertezza si definissero. Oltre- chè non potendosi istituir paragoni fra le specie diverse, accadde che i pochi venuti sotto l'occhio de Naturalisti fossero. per comodo riferiti al Regwin de’ Francesi, al Pesce-cane degl’Italiani, ossia allo Squalus Carcharias di Linneo: il quale anzi che un essere deter- minato può dirsi una indigesta riunione di varj pesci della F amiglia, ciascun de’quali se rivendicasse le parti sue, non rimarrebbe del tremendo. animale che Pombra di un gran nome. Perciò, lasciando stare che il celebre Cuvier pronunciasse unica a rappresentare adeguatamente il suo Carcharias Requiem la figura del Belon; e ponendo. dall'altra parte in obblio le mostruose immagini eccedenti ogni tipo naturale, delle quali largheggiarono gli autori de’ secoli scorsi; se andremo ad osservare quello figurato dal Lacépède, ravvi- seremo in esso una minore specie di vero Carcharias, cioè lo Squalus ustus di Duméril (Squalus Commersoni, Blainv.); se quello rappresentatoci dal Bloch, non altro in lui ve- dremo che uno Scimnino; e se guardisi l’efligiato dal Gunner nelle Memorie di Dron- theim, dichiaratoci poi dal Fabricius nella sua una Groenlandica, uno Scimnino parimente si riconosce, tipo dell'odierno genere Laemargus. Questi errori non isfug- girono al soprallodato Cuvier, il quale altresì ne insegnava con ottime ragioni, che la Eamia di Rondelezio, posta anch'essa fra i sinonimi del Carcharias, tale affatto non era. Troppo si avventurò tuttavia quando riputavala non diversa dallo Squalus asus, ossia 126 CARCHARODON LAMIA. Lamna Cornubica; cui perciò appunto presceglieva il nome generico di Lamna, es- sendo già quel di Lamia preoccupato. Troppo, diciamo, si avventurò: imperocchè la Lamia del Rondelet è un enorme Squalide, dissomigliante così dalla Lamna come dal Carcharias del Cuvier, e intermedio fra loro fino a potersi dire una Zamna con denti di Carcharias. In considerazione di tutto ciò crediamo opportuno il ripristinare il nome specifico Lamia al pesce di cui andiamo a parlare, ricevendo in generico quello conve- nientissimo di Carcharodon impostogli dallo Smith, che ritrovollo presso le coste d’Afri- ca. Siam poi contenti che, non potendosi negare esser questo feroce abitator del mare un tipo normale della nostra sottofamiglia de’ Zammnini, ci sia dato di conservare alla me- desima quella denominazione; e, soddisfatti col nome specifico i diritti dell’ anteriori» tà, mantener quello di Lamna al genere costituito dal Cuvier, il cui tipo è la Zamna cornubica di questa Iconografia. Ci duole però di dover lasciare da banda il nome di Carcharodon Smithi, proposto dai sigg. Muller ed Henle, come vedesi nella nostra Ta- vola de'Selachii, poichè invece di dedicarlo allo Smith potriasi con più ragione intito- larlo al Rondelet. l Ma non avremmo potuto inoltrarci tanto in siffatte cognizioni, fino al punto di emen- dare un Cuvier, cui ciecamente seguimmo nell'articolo della Zamna cornubica, se la vera Lamia non avessimo avuto la inaspettata fortuna di osservare. Imperocchè nelle acque dell’ Adriatico, tra il porto di Ancona e quello di Fermo, incappò nelle reti di paranza su i primi giorni del corrente Febbrajo cotal pesce: del quale fra lo sbilanciar.del navi- glio, lo scoppiar delle reti, e il fragor delle onde sferzate, non seppero i pescatori dire se rimanessero meravigliati più che atterriti. Portarono in Roma questo gigante facen- dogli valicar l'Apennino nel cuor dell'inverno; il che saputosi dalla Santità di Nostro Signore, promotor generosissimo delle utili scienze, volle, dopo vedutolo, farne dono all'insigne Museo di questa Università. Allargandosi ogni giorno i confini della scienza, che sempre levasi a maggior perfe- zione; e misurandone quinci poi, quanto possiamo, i progressi, ci siamo avveduti che principalmente ne' Plagiostomi facea d’uopo l’allontanarsi da quanto erasi determinato da prima. I tre loro generi a’ tempi di Linneo, distinti da quel sommo co' nomi di Squalus, Raja, e Chimaera, costituiscono oggidì altrettante famiglie, componenti una intera delle quattro grandi sottoclassi de Pesci. Le due prime delle tre famiglie suddette, cioè. Raji- dae e Squalidae, formanti l’ordine de’ Selachii, si ripartiscono in venti sottofamiglie, otto delle quali appartengono a’ Rajidi, e dodici agli Squalidi, ed in ben settanta generi da noi caratterizzati nell’ apposito opuscolo intitolato Selachorum Tabula Analytica, pub- blicato non ha guari con le stampe, trentotto de’ quali appartengono agli Squalidi. Nel trattare delle generalità della famiglia loro nell'articolo dello Scyllium Canicula, enume- rammo soli dodici generi, quindi un altro ne aggiungemmo nel corso dell’opera ; e dieci de tredici son già saliti al grado di sottofamiglia, cui gli altri tre non ambirebbero in- degnamente. Le due sottofamiglie poi oltre le dieci suddette, cioè quelle de’ Zriglochidini e Triaenodontini, non erano da noi conosciute sotto aspetto veruno. Chi fosse vago di sapere i caratteri di queste dodici sottofamiglie potrà ricorrere alla Tavola suddetta de'Selachii; perchè in questo luogo ci ristringiamo a dire di quella de’ Lamnini racchiudente il subbietto del presente articolo, la quale è la sesta sottofami- glia degli Squalidi, se discendasi dalle Rajae, o la settima, se rovesciata la serie, partasi dagli ovipari ScyMlini. Caratteri de'Lamnini sono: niuna membrana niltitante: spiragli esì- CARCHARODON LAMIA. lissimi: fessure delle branchie grandissime, tutte collocate innanzi alle pettorali: due pinne dorsali inermi, la seconda delle quali piccolissima al par dell’anale: caudale lunata, incavata superiormente, e munita di carena di qua e di là: denti per lo più acuti; val- vola intestinale ravvolta a spira. La presenza della pinna anale non permetterà giammai che i componenti di questa sottofamiglia si confondano cogli Squatinini, cogli Spinacini o cogli Scymnini; le due dorsali e le sole cinque aperture branchiali li distinguono dai /Vo- tidanini ; la piccolezza della pinna dorsale posteriore e dell’anale da’ Triglochidini; la lun- ghezza e la situazione delle fessure branchiali dagli A/opiadini e dagli Squalini legittimi, forniti altronde di membrana nittitante ; ta valida dentatura ben li diversifica dai Muste- lini ; le pinne dorsali inermi, per non dire di altri caratteri, dai Cestraciontini ; la situa- zione delle fessure branchiali e la privazione di membrana nittitante dai Trigenodonzini : il modo finalmente in cui son collocate le dorsali li distingue dagli ScyIliini, In quattro generi ridividesi la sottofamiglia de' Lammnini ; il primo de'quali Selache di Cuvier è anomalo a segno da meritar quasi di formare una sottofamiglia da se. L' esage- razione però del carattere Zamzrino nelle fessure branchiali, che sono oltre ogni. misura squarciate, ci ha consigliato a comprendervelo. Del resta il suo muso è corto, i suoi denti piccoli, conici, e numerosi, la sua pinna dorsale anteriore è situata in mezzo al dorso. Suo tipo è lo Squalus Maximus di Linneo, che non vive nel Mediterraneo, ma nell’Ailan- tico settentrionale americano, Gli altri tre generi tutti del Mediterraneo, sono perfetta- mente normali, aventi il muso conico allungato. Distinguonsi però l’uno dall'altro per la dentatura dissimile. La Zamna, Cuvier, ha i denti lunghi, acuti, con due dentelli laterali. L'Oxyrrhina, Agassiz, li ha lunghi, crassi, unguiformi, senza dentelli; gli an- teriori volti all'indietro. Il Carcharodon, Smith, gli ha compressi, triangolari, acuti, se» ghettati ne' margini, Del quale ultimo genere è specie unica il nostro Carcarodonte La» mia, che partitamente veniamo a descrivere, Il suo corpo, alquanto turgido, è fusiforme al vederlo di fianco, lanceolato oblungo se si riguardi da sopra. La maggiore altezza, avanti l'origine della prima dorsale, è conte- nuta poco men di sei volte nella lunghezza totale: la maggior larghezza dietro il capo è compresa più di sette volte nella lunghezza suddetta. La testa di forma conica, mani- festamente depressa sulla fronte, misura un quinto dell’intero pesce; il muso diritto, pi- ramidale, ma poco allungantesi è poco acuto: le orbite sono ellittiche, superiormente collocate ai lati del capo, distanti più assai del doppio dalla prima apertura branchiale che dall’ apice del muso; fra un occhio e l’altro corre un buon quarto più che dal lem- bo loro anteriore alla punta del muso stesso ; la quale ultima distanza comprende appena sei volte il diametro dell'occhio, che, se guardisi alla mole del mostro, è piccolissimo: l'orlo dell’ orbita è tenue, e fra le parti esterne e il gloho dell’occhio non vedesi alcuna piega palpebriforme: tonda è la pupilla, il cui diametro è minore di un quarto di quello dell'orbita; spiragli indubitabili, quantunque piccolissimi, rotondi, coperti dal proprio lembo, che non lascia apparire se non che un angusto foro, e forse non si discernono affatto in altri men grandi esemplari, apronsi al livello dell'asse dell'orbita; e distano fra loro due volte più che dal margine posteriore delle orbite, alquanto meno di quel che si. slontanino dall’ estremità del muso, e un terzo più che dalla prima apertura branchiale. Sono allogate le narici nel di sotto del capo pressa il suo contorno, un terzo più lungi dall’apice del muso che dal lemho degli occhi; l'apertura loro è bislunga, trasversa, e molto maggiore della terza parte del diametro dell'orbita; il lembo anteriore ha una 126* CARCHARODON LA MIA, minuta valvola orizzontale lunga un quarto della narice; dal più esterno lato il lembo me- desimo porta un'appendice piana rivolta all’indentro, ed alquanto concava; il lembo po- steriore è nel mezzo fornito di altra appendice erta, triangolare, ottusa, rivolta all’infuori. Il taglio della bocca è lunghissimo, arcato, senza alcun vestigio di piega che ne prolunghi quinci e quindi la curva: fra un angolo e l'altro corre distanza più lunga un terzo che quella interposta dal punto anteriore all'apice del muso. I denti della mascella superio- re, ordinati in varie file, spaziati, piatti, triangolari, acuti, taglienti al margine, che è profondamente seghettato, piani al di fuori, concavi al di dentro, slargati alla base, di- ritti, e senza alcuna intaccatura di qua e di là, decrescono con rapida proporzione a mano a mano che più s'internano verso gli angoli della bocca. I denti della mascella in- feriore somigliano per la forma, collocamento e direzione quelli della superiore, e sol- tanto ne differiscono per esserne di molto più stretti. L'anteriore delle dette file in am- bedue le mascelle è verticale, mentre quelle destinate a succederle rimangono coricate, e sepolte più o meno secondo lor rango nella sostanza della gengiva. La lingua è libera per buon tratto, coll'orlo non guari erto. Le cinque aperture branchiali veggonsi dietro la base del capo ai lati del tronco, tutte innanzi alle pettorali; sono lunghe, pressochè parallele, poco disuguali, e quasi equidistanti, molto rilassate e sovrapponentisi abbon- dantemente l'una all’altra: il taglio loro è appena curvo; quello della prima doppiamente più lungo della distanza che si frappone dall’occhio alla punta del muso; quello della quinta un quarto più breve: procedendo poi di mano in mano dall’innanzi all'indietro esse fannosi reciprocamente più vicine. Il tronco nella metà anteriore è più erto che lar- go, posteriormente sì attenua, e divien sempre più depresso, a tale che nel quarto po- steriore lo potreste dir fatto a doppio taglio, con una carena di qua e di là poco risentita ed ottusa, la quale protendesi in linea retta oltre l'origine della pinna caudale: la detta larghezza in tutta la parte, che si comprende fra la seconda dorsale e la caudale, è quasi doppia dell'altezza; ed ove inseriscesi la caudale vedesi un superficiale avvallamento che ricorda la profonda fossetta ch'ivi sogliono avere le specie più affini. L’ano è un buon terzo più vicino all'estremità della coda che a quella del muso. La pinna dorsale ante- riore, posta brevissimo tratto più innanzi del punto medio fra l'apice del muso e l’ori- gine della caudale, distante un terzo più dall’estremo posteriore dell'animale che dal- l'anteriore, è di figura trapezoidale, con un’ orecchietta acutissima spiccante dalla base del lato posteriore, lunga quanto la metà di esso, che è poco più corto della base di tutta la pinna. La seconda dorsale, molto inclinata all'indietro, sorge assai più vicino alla ra- dice della caudale che alla prima dorsale; ed ha la forma di parallelogrammo allungato col margine superiore lievemente intaccato, e con l’uno e l'altro lembo pressochè retti- linei: la sua base è appena un settimo di quella della prima dorsale, e non giange a mi- surare la metà del lato posteriore. Le pinne pettorali inserite poco più su del termine della quinta apertura branchiale, ottusette all'apice, sono grandissime, e quasi cuorifor- mi; aventi cioè il margine anteriore assai curvato, che mostra un risalto bene spiccato ai due terzi di sua lunghezza; il posteriore incavatissimo, assai dilatato presso il punto ove nasce, assumendo figura emisferica, ed eccedendo di gran lunga la base: la dimen- sione della base stessa adegua l'intervallo che è tra gli occhi e la punta del muso, e cor- risponde a poco meno del quarto della lunghezza di tutta la pinna. Le ventrali hanno origine poco indietro al punto medio fra le due dorsali: son quadrilatere, piccole, colla base un terzo più breve di quella delle pettorali, col margine terminale poco incavato,. CARCHARODON LAMIA. esteso più della base; l'anteriore è più breve d’un quarto, il posteriore più breve della metà. La pinna anale si spicca alquanto più indietro della seconda dorsale, e somiglia ad essa di figura, essendone poco maggiore in dimensione. La pinna caudale, la di cui lun- ghezza comprendesi quattro volte e mezza in quella dell’intero pesce, è configurata quasi in forma semilunare, col corna inferiore proteso un buon quarto meno, e colle due punte ottusette, distanti fra loro per uno spazio maggiore di quanto è lunga la pinna stessa. Color di ardesia nerastro è la metà superiore del pesce, disteso inoltre su i lati per quel solo tratto, che sovrasta le pettorali e racchiude le aperture branchiali: di egual co- lore si tingono le dorsali, la caudale, e le intere facce esterne delle pettorali, che interna- mente biancheggiano cogli apici però nereggianti: le ventrali sono colorate di cinereo con qualche mistura del nereggiar che è sul dorso. La metà inferiore di tutto il pesce, la faccia interna delle ventrali, e l’anale sono biancastre: la lingua, le fauci, il peritoneo dimostrano un bianco carniccino: la pupilla è negricante, l’iride nera. Il capo è forac- chiato d'innumerevoli pori puntiformi, più densi ai lati del muso, i quali emanano ab- bondevolmente un umor vischioso. I tubercoli, onde si riveste la pelle, son minutissimi, depresso-squamiformi, insolcati come quelli della Lamna cornubica, ma con sole tre punte più brevi ancora che in quella, e quai nella tavola li rappresentiamo ingranditi dieci volte sotto la lente, a confronto di quelli di natural grandezza. Il formidabile individuo da noi descritto, il quale si conobbe del peso di circa 4000 libbre, misurava quasi diciotto piedi in lunghezza, tre e mezzo de’ quali appartenevano al capo: le orbite avean 2 pollici di diametro, distavano fra loro 17 pollici, 12 dalla punta del muso, e due piedi 4 pollici e 4 linee dalla prima apertura branchiale: le na- rici lunghe 3 pollici si discostavano per 4 pollici e 5 linee dal margine delle orbite, per 7 pollici dall’estremità del muso: gli spiragli, locati a due piedi l’un dall’altro, ad un piede dal margine posteriore dell'orbita, a due piedi e una linea dal muso, a un piede e 4 pollici dalla prima apertura branchiale, non aveano che una ventesima parte appena dell'orbita. Dalla prima alla seconda apertura branchiale s'interponevano 5 pollici, dalla seconda alla terza 3 pollici e 6 linee, dalla terza alla quarta un pollice e 10 linee, dalla quarta alla quinta un pollice e 7 linee. Lo squarcio della bocca misurato in linea retta da un angolo all'altro comprendea 18 pollici, e da ciascun angolo al muso eorreano due pie- di, mentre dal punto anteriore all'apice del muso non erano che 13 pollici. I maggiori denti son lunghi un pollice e 7 linee, larghi un pollice e 8 linee alla base, e ciascun lato ha un pollice e 10 linee, come può verificarsi in quello che di grandezza naturale abbiam fatto figurare nella tavola per esibire una tal quale idea della smisurata mole del pesce. Quando noi minutamente descrivemmo in questa Iconografia lo Smeriglio, dicemmo poter esso giungere fino a ventiquattro piedi; ma ciò si fu perchè confondevamo con quello la presente specie da noi non prima veduta, la quale manca di un nome volgare presso i nostri pescatori, seppure non vogliasi sostenere che le spetti quel di Canesca. I Nizzardi sembra che dicanla Lameo o Lamea. La sua carne, tuttochè biancastra, spira cattivo odore, ed è sgradevole al palato. La maggior parte delle carnificine, che si rac- contano operate da grandi pesci lungo la spiaggia del Mediterraneo, si deggiono ripetere dalla voracità di costui. La sua bocca certamente, la sua gola, i suoi denti sono oltre- modo opportuni a lacerare qualunque corpo assai duro, ad inghiottire un uomo anco in- tero: di che non mancano lagrimevoli esempi, tra’ quai si narra che gli estraessero dallo stomaca talun corpo umano con tutte le vestimenta, come lo avea trangugiato. sei nily PANI lat pote sà i LEN ale “Reentì : Pt piaz i wr fe co pai, SILA 4 i Alpe: Ù La 1 Sero,in tal caso sarìa giuoco forza dire che la nostra sottofamiglia dei Zi ‘pongasi di due generi, ciascuno di una sola specie ; al primo de'quali che avrà per tipo ODONTASPIS FEROX ODONTASPE FEROCE ODONTASPIS fusco-rubens, nigro-maculatus 3 subtus grisco-rufescens: linea laterali conspi- cua : dentibus quinguecuspidatis. squaLus FEROX, isso, Zehth, Nic. p.58. sp. 14. CARCHARIAs FEROX, isso, Mist. Nat. III.p.122. sp.9. SQUALUS (cALEOnHINUS) reRox, Blainv.in Faun, Fr. Poiss. I. p. 87. sp. 18. tab.a1. fig.2. opontAsPIS FEROx, Agass. Poiss. Foss. ITI. p.87. tab. G. fig. 1. dentes. TRIGLOCHIS FEROX , Muller et Henle, Cart. Fish.in Charlesworth®s Mag. Nat. H. II. p.88. art. vii. Nob. Selach. Tab. Anal. p. 9. gen. 40. REQUIN FEROCE, Risso, loco citato. SQUALE FEROCE, Blainy. loco citato. N on citiamo fra' sinonimi del nostro pesce il Carcharias Taurus del Rafinesque che, seppure non fosse dello stesso genere, è certamente della stessa limitatissima fami- glia. La ragione si è che veniamo assicurati essere i suoi denti soltanto tricuspidi, non quinquecuspidi come gli ha il nostro Ferox, Questa differenza in vero non sarebbe suf- ficiente a fondare una diversità di genere; ma se altri caratteri peculiari l’accompagnas- glochidini com- il F'erox, dovrà conservarsi il nome Agassiziano Odontaspis, ed al secondo si apparter- rà quello di Triglochis, Muller et Henle, il cui tipo sarà il Carcharias Taurus, Rafines- que. Fino a più certe osservazioni però noi proseguiremo a riguardare Odontaspis e Tri- glochis sinonimi; e perciò quel genere unico, dal quale costituiscesi una delle grandi suddivisioni degli Squalidi) racchiude appo noi li due nomi Feroa e Taurus, sia che si riportino a due diversi Triglochidini, ovvero ad un solo. I Triglochidini, ossia Odontaspidini per servire al principio dell’anteriorità, formano nel nostro lavoro sui Selachi la decimaterza sottofamiglia di quell’ordine, e la quinta degli Squalidi collocata fra i Notidanini e i Lamnini. Lor caratteri sono la mancanza di membrana nittitante, gli spiragli esili, le fessure branchiali lunghe collocate tuite avanti le pinne pettorali, la seconda pinna dorsale e l’anale grandi, la caudale col lobo supe- riore allungato, e senza verun’incavo superiore, i denti lunghi, acuti, fiancheggiati da uno o due dentini, Differiscono dunque essenzialmente dagli Squatinini, dagli Spinacini e dagli Scymnini, perchè hanno la pinna anale: dai Motidanini perchè hanno cinque. fessure branchiali soltanto come tutti gli altri Squalidi. La forma e grandezza dei denti non permetterà giammai che si.avvicinino ai Mustelini nè ai Cestraciontini,i quali ultimi hanno ancora per differenza maggiore l'aver munite di pungolo le dorsali come gli Spi- nacini. La prima dorsale tanto anteposta alle ventrali li diversifica dagli Scyllnî, cui forse somiglierebbero pei denti quantunque li abbiano assai più robusti. La mancanza di membrana nittitante, e la collocazione di iutte le fessure branchiali avanti le pinne pet- ODONTASPIS FEROX. orali li distinguono dai Triaenodontini, che sarebbero somiglianti per la situazione delle dorsali, ed anco un poco pei denti. Ambedue i caratteri suddetti non li confondono con gli Squalini: il secondo carattere, cioè la collocazione delle fessure branchiali, li allon- tana dagli Alopiadini, i quali inoltre le han piccole, e i denti semplici. Finalmente la grandezza della seconda pinna dorsale e dell’anale, e il prolungamento della caudale non preceduta da incavo nè fornita lateralmente di carena li segregano dai Lamnini, che han comuni l'ampiezza e la situazione delle fessure branchiali, la piccolezza degli spi- ragli, e la privazione di membrana nittitante. | Discendendo al genere Triglochis; 0 meglio Odontaspis, possiamo aggiungere per ca- ratteri suoi proprii la prima dorsale collocata innanzi le ventrali, la seconda fra le ven- trali e l’anale; le narici con una valvola triangolare esterna; la bocca senza piega late- rale che apparentemente la prolunghi; la gola trasversalmente pieghettata; i tubercoli squamiformi con tre carene uscenti in punte; e la notabile dentatura sulla quale c'in- tratteniamo alquanto. Imperocchè tutti i denti, e principalmente gli anteriori sono molto esili, più ancora nella mandibola che nella mascella, e muniti di piccole punterelle la- terali ugualmente acute e taglienti: i due medii così di sopra come di sotto son più pic- coli di quei che succedono, e che sono i più grandi di tutti: notisi poi che, que’ della mandibola diminuiscono insensibilmente, mentre que’ della mascella dal quarto al set- timo eccedono appena dal primo, e que’ che seguono il settimo ingrandiscono, per im- piccolir quindi nuovamente come i mandibolari. | L'Odontaspis Ferox è fusiforme-sottile con la coda protratta all'insù. La maggiore altezza, che incontrasi all'origine della prima dorsale, cape otto volle e mezzo nell'intie- ra lunghezza. Il capo è amigdaliforme, lievemente gibboso nella regione orbitale, col muso corto, ottuso, schiacciato, cribrato da pori, e forma poco più della nona parte di tutto l’animale. Le narici distano dal muso quasi il doppio che dall’ occhio. I piccolis- simi spiragli sono arrotondati. Retto è lo squarcio della bocca e non molto protratto ol- tre l'occhio: le mascelle sono arcuate, armate di cinque ordini di denti lunghi, acuti, pressochè subulati, leggermente reclinati, e muniti lateralmente alla base di due den- telli per parte, l’esterno dei quali è il più breve; il palato è ricoperto di tubercoli. Le cinque aperture branchiali son quasi parallele e poco disuguali tra loro. La linea late- rale, molto-conspicua e quasi formante un solco. L’ano apresi dietro la metà del corpo. La prima pinna dorsale trapezoide è lunga quanto il capo, ergesi alla metà del tronco: la seconda poco dissimile ha più incavato il margine terminale, ed è quasi due volte più prossima alla coda. Le pettorali, mediocri e piuttosto rotondate, spiccano sotto l’ul- tima fessura branchiale, le ventrali trapezoidi fra le due dorsali, l’anale dietro la se- conda cui somiglia perfettamente. La caudale poco men di un terzo di tutto il pesce ha la forma di una pialla rovesciata, con la prima orecchia maggiore assai della seconda, che incurvasi verso la punta terminata a foggia di alabarda. Il dorso dà in rossastro lurido tempestato di grandi macchie nere, che stendonsi pure sui fianchi: gli occhi piccoli, negri, vivaci, hanno la pupilla verde: le parti inferiori sono di un grigio vinoso al par delle carni ingrate al palato. | Di questo Squalo veramente feroce, assai raro, e solito a flagellare le acque più alte, vedemmo con molto piacere un magnifico esemplare nell'I. R. museo fisico di Firenze, lungo più di sei di quelle braccia fiorentine, i cui denti, rappresentati al vero nella ta- vola nostra, eran lunghi tre quarti di pollice. OXYRRHINA SPALLANZANII OSSIRINO DELLO SPALLANZANI OXYRRHINA fusco-cinerascens, subtus albicans : rostro lanceolari, recto, acuto: linea late- rali inconspicua : prima pinna dorsalium elata, anteposita: caudae lunulatae segmento superiore parum longiore. ISURUS OxYRHINCHUS? /afin, Caratt. p. 12. gen. ìv. sp.29. tab. xiii. fig. 1. Id. Ind. Itt. Sic. p. 45. sp. 529. ISURUS SPALLANZANI, Rafin. Ind. Itt. Sic. p.45. sp.530. et App. p. 60. sp. 27. LAMNA OxYRHINA, Cuo. et Valence. MS. teste Agassizio. oxYRHINA, Agass. Poiss. Foss. III. p.86.tab. G. fig.2. dentes. Miller et Henl.in Mag. N. H.II.p.56. CANIS CARCHARIAS alius suo ante loco refer., A/dr. Pisc. lib. zii. cap.xzxiii. p. 588. fig.altera et 582. tab. dentium. canicuLa, Scilla, Corp. Lapid. Ind. Tabul. p.85. tab. 1. fig. inf. dentes. canE DI MARE di Messina, Spallanzani, Viaggio alle due Sicilie, III. cap. zzzi. p. 92. N on rado avviene che volendosi applicare ad animali noti taluna descrizione data da qualche naturalista, stimisi aver colui errato in alcuna parte; onde ne sorge la cre- "duta necessità di correggerlo confidando meglio nelle osservazioni proprie. Che se tal- volta riesce bene la impresa, accade pure tal’altra, che ritrovatosi appunto l’animale qual'era prima descritto, fia d’uopo confessare che tal descrizione non apparteneva ad alcun altro che a quello non prima incontrato o non riconosciuto. Il Cane di Mare di Messina descrittoci qual nuova specie dal celebre Spallanzani andò soggetto a siffatte vicende. Senza dire ciò che altri ne opinarono, non possiam tacere che noi ravvisando in esso i caratteri Zamnini, e non avendolo mai veduto in natura, lo riferimmo alla Za- mna Cornubica, non altrimente che facemmo della Lamia del Rondelezio ossia Carcha- rodon, mentre coloro tra i moderni ch’ ebbero la fortuna di osservarlo prima di noi non seppero che fosse il Pesce dello Spallanzani. Questo Lamnino dunque, tipo del genere Oxyrhina, Agassiz, i caratteri del quale son già brevemente esposti nell’ articolo del Carcharodon, e cui un’altra sola specie appartiene, Oxyrrhina Glauca, Miller et Henle, di Giava, questo Lamnino dissi non essendo ancora in possesso di peculiar nome speci- fico, giusto è che venga a far mostra di se nei cataloghi della scienza col nome di Oxyr- rhina Spallanzanii, che così legittimamente gli compete. Ha il corpo fusiforme, appianato leggermente sul dorso, e notabilmente turgido dietro le pinne pettorali, ove offre la maggiore altezza, la quale si comprende sette volte nel- la intiera lunghezza del pesce. Il capo di forma piramidale, senza gibbosità veruna, va sensibilmente assottigliandosi verso il muso terminante in punta, e forma la sesta parte di tutto il pesce. Le orbite collocate ai lati del capo sono piuttosto grandi, più lunghe che alte, e distano tra loro un terzo dello spazio che corre dai rispettivi centri alla punta del muso, dalla quale dividele un tratto minore della metà di quello che le separa dalla più prossima apertura branchiale. Le narici collocate al doppio della di- stanza dalla punta del muso che dal lembo dell'occhio, sono di forma bislunga e gran- 134. OXYRRHINA SPALLANZANI. di la terza parte appena delle orbite. La bocca leggermente arcuata all'insotto del muso ha il suo squarcio eguale allo spazio che corre dagli angoli suoi alla seconda fessura branchiale : la mascella eccede notabilmente dalla mandibola: questa e quella tondeg- giano nel mezzo: la seconda però più della prima. I denti non contigui, anzi disposti in gruppi separali diretti trasversalmente dal di fuori al di dentro, lasciato un largo spazio vuoto nel mezzo sì dell'una come dell'altra mascella, sono crassi, unguiformi- allungati, piani al dinnanzi, convessi al di dietro, privi affatto di laterali dentelli, lisci ne’ margini, acuti, taglientissimi, doppiamente e profondamente radicati, ricurvi, piegati cioè verso la gola; gli anteriori sono lunghissimi, ma scemano gradatamente’ più che si accostano agli angoli della bocca fino ad assumere la forma di un semplice triangolo isoscele: quei della mascella sono quasi eretti, e quattro soltanto in ogni gruppo: quelli della mandibola, de’ quali lo Spallanzani ne annoverò sessantaquattro nel suo esempla- re, hanno una sola differenza, cioè che i due loro gruppi più vicini allo spazio vuo- to di mezzo son composti di cinque ordini, non di soli quattro come i rimanenti, e che l'ordine esterno è verticale mentre tutti gli altri sono orizzontali. Considerata poi la relativa proporzione di essi denti, il terzo della mascella è più piccolo degli altri, il primo e il secondo da ciascun lato dello spazio intermedio sono grandissimi, e dopo il terzo piccolissimo, come abbiam detto, ricrescono, e quindi diminuiscono di bel nuovo: nella mandibola poi decrescono tostamente a partir dal primo. Le cinque aperture bran- chiali si accorciano per gradi, e si approssimano tanto più tra loro quanto più si allon- tanano dal capo: la distanza che passa tra l'ultima e la prima è il quarto dello spazio che corre tra questa e l'apice del muso. L'ano apresi dietro la metà del Pesce. La pri- ma pinna dorsale spicca dopo il terzo anteriore; la sua maggiore altezza cape otto volte nell'intera lunghezza dell’ animale; la sua forma è quasi di un quadrante, verso la cui base posteriore vedesi un'orecchietta acuta. La seconda dorsale molto inclinata all’ in- dietro, cuneiforme, emarginata all’apice, con l'estremità posteriore molto prolungata ed acuta è quattro volte più stretta alla base, e altrettanto più bassa che l'anteriore, e ne di- sta più del doppio di quel che corre tra questa e l'origine della coda. Le pettorali, larghe di base e lunghe quasi la quinta parte dell'intero pesce, triangolari-falciformi coll’apice smussato, nascono immediatamente dietro l'ultima fessura branchiale, e un poco al di sopra dell’estremità inferiore di essa, Le ventrali trapezoidi, piccole, e col margine ter- minale notabilmente incavato, hanno origine oltre la metà del pesce. L'anale nasce alcun poco al di là della seconda dorsale, e ne ha presso a poco la forma e la gran- dezza. La caudale è quasi regolarmente semilunare, col segmento superiore poco mag- giore dell’inferiore ; la distanza tra le due punte, maggiore alquanto della stessa pinna, misura un quinto di tutto il Pesce. Colore dell'animale è un cenerino quasi di ardesia nella parte superiore del tronco, ne fianchi, nelle dorsali, nella caudale e nelle facce esterne delle pettorali: nel rima- nente è di un biancastro sudicio. Il classico esemplare descrittoci dallo Spallanzani era lungo otto piedi e nove pol- lici: la sua maggior grossezza era di cinque piedi: le pinne pettorali erano lunghe due piedi, larghe uno: la caudale misurava ventidue pollici: lo squarcio trasversale della bocca era di sette pollici e mezzo, e poteva aprirsi all'altezza di seite: i minori denti eran lunghi quattro linee, larghi tre e mezzo alla base; i più grandi quindici linee so- pra sette e mezzo di larghezza. Uno venutone or ora, mentre scriviamo, in Pescherìa di Roma col nome di Smeriglio, misura più di nove piedi e pesa circa quattrocento libre. o SAITTA PENTRZZO SEP. YZ PAGS IA SI, ia cs Li NOTIDANUS GRISEUS NOTIDANO CAPO-PIATTO NN. branchiarum fissuris utrinque senis: capite anicrius convexo, rotundato: dentibus man- dibulae pectinatis, cuspide prima caeteris longiore: dorso unicolore. sQquaLus cRIseus, Gmel. Syst. Nat. I. p. 1495. sp. 22. Lacép. Hist. Poiss. I. p. 220. Schneid. BI. Syst. p.129. sp. 12. Bonnat. în Tabl. Enc, Ichth. p. 9. sp. 15. Risso, Ichth. Nic. p. 37.sp. 13. Nardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 19. squaLus vacca, Schneid. BI. Syst. p 13. sp. f. HEXANCHUS GRISEUS, Rafin. Ind. Itt. Sic. p. 47. sp. 351. NOTIDANUS GRISEUS, Cuv. Règn. Anim. IL p. 128. Id. 92. ed. IT. p. 590. SQUALUS (MONOPTERHINUS) GRISEUS, Blainw. in Faun. Frane. Poiss.p. 77-sp. 12. NOTIDANUS MONGE, Éisso, Hist. Nat. III. p. 129. sp. 16. coLomBina sive vacca, Scilla, de Corp. mar, lapid. p. 20. tab. 28. fig. 1, tab. 27, tab, 1, fig. 1—8. dentes. SQUALO grossissimo di specie ancora incognita, Spallanz.Viagg. alle due Sicilie ILI. cap, xxxi. p.109.tab. 2, dentes, SQUALE GRISET, Broussonet, in Act. Paris, 1780. p. 663, sp. 13. GRISET, Cuv, loca citata. S: il pesce presente, che l’altro effigiato presso al medesimo nella nostra tavola erano sfuggiti agl’Ittiologi antichi a dispetto della strana conformazione e della vasta lor mole. Anche oggi si trovano descritti in modo imperfetto. Spettano al Notidanus del Guvier, il quale corrisponde alla sezione degli Squali detti Monopterhini dal Blain- ville. Nell'articolo relativo allo Scyllium canicula abbiamo avuto occasione di mento- vare alcuni dei caratteri di questo gruppo per noi generico. Ora gli esporremo in un quadro più compiuto. Tronco fusiforme, disugualmente allungato, compresso, quasi due volte più alto che largo. Capo superiormente spianato, inferiormente ascendente, e di forma navico- lare. Forami degli spiragli picciolissimi, bislunghi, verticali. Narici bislunghe, oblique, collocate nel disotto del capo presso al contorno del medesimo, con due picciole val- vule triangolari cutanee, che s'inflettono verso l'interno del tubo nasale una accanto all’ altra incrociandosi nella lor direzione, quella inserita sul lembo anteriore collocata più verso il contorno del capo, l’altra inserita verso la metà del lembo posteriore. Bocca grandissima collocata nel disotto del capo, con lo squarcio arcuato, e con un lungo. solco di qua e di là da'suoi angoli, il quale solco andando all'indietro segue la direzione dello squarcio, Denti della mascella superiore di tre forme. Gl’interme- dj, cioè 1 più prossimi alla sinfisi della mascella, adunchi, acutissimi, allargati al- quanto verso la base, intieri nel margine, ordinati in due o tre file, tutti incurvati verso le fauci, massime quelli della fila posteriore; i seguenti da ambedue i lati piatti, larghi alla base, con una sola punta nel tratto anteriore elevata, acutissima, triangolare, e. appresso a questa da una a cinque altre punte assai minori che rimangono quasi im- merse nella sostanza della gengiva: tutte tali punte sono intiere al margine ed inclinate 62 NOTIDANUS GRISEUS. verso l'angolo della bocca. Dei denti di questa forma ve n’ha una sola fila eretta, e dietro ad essa due o tre o quattro altre file coricate e sepolte nella sostanza della gengiva. Finalmente i denti più prossimi all'angolo della bocca sono piccioli, lenti- formi, privi di punte, quasi totalmente immersi. I denti della mascella di sotto sono in numero di sei o sette per parte, larghissimi, piatti, quasi rettangolari, intagliati a foggia di pettine con le numerose punte tutte inclinate verso l'angolo della bocca e de- crescenti in altezza. Una sola fila di denti di questa mascella è eretta e sporgente; ma come accade nel maggior numero dei denti della mascella di sopra, sonovi po- steriormente tre o quattro file supplementarie coricate, anzi capovolte, immerse in tutto o in parte nella sostanza della gengiva. Il dente inserito sulla sinfisi è più angusto degli altri, e si discosta dalla forma comune perchè ha in mezzo una punta eretta, e dai lati di questa tre o quattro altre punte minori divergenti. La lingua è erta, af- fatto adnata. Le aperture delle branchie hanno il taglio assai lungo, curvo, e sona in numero di sei o sette per parte, decrescenti notabilmente dalla prima all’ ultima. Le pinne pettorali sono inserite subito dietro all'ultima apertura branchiale. Le ventrali sono disgiunte sì nei maschi che nelle femmine, collocate di quà e di là dall’'ano, il quale s'apre innanzi alla metà del pesce intiero. Havvi una sola pinna dorsale in- serita presso alla metà del corpo, sfornita di spina, picciola, quadrilatera, appena forcuta. La pinna anale ha la forma delle ventrali ed è inserita al disotto della dor- sale, ma più indietro della sua origine. La caudale ha il lobo superiore poca solle- vato al di sopra della carena dorsale, che ascende leggermente: la porzione che ec- cede il lobo inferiore è cuneiforme a rovescio, e l'apice troncato ‘obliquamente col margine un po’ incavato: il lobo inferiore è orecchiuto presso l'origine, con l’orec- chietta triangolare; al di dietro di questa diviene men alto, e il suo margine corre pa- rallelo e vicino al contorno del tronco, finalmente va a ricongiungersi ad angolo rien- trante col lobo superiore. La linea laterale è media e retta per tutta la lunghezza del tronco, poco al di là dell’ origine della pinna caudale s'inflette all’ ingiù tutt ad un tratto, e va a scorrere quasi contigua alla base del lobo inferiore della caudale mede- sima. I tubercoli che rivestono il corpo sono depresso-squamiformi, ovati inferiormente, terminati da una punta sola assai lunga ed acuta. Quelli che cuoprono la parte supe- riore del muso sono schiacciati, di figura quasi quadrata, non embricati. Le due specie Italiane di Notidani, che sono appunto le sole Europee conosciute, ‘distinguonsi pel diverso numero delle aperture branchiali, e per la configurazione di- versa del capo. Quella che ha sei sole aperture branchiali ha il capo breve, ottuso, tutto convesso, ed erto presso il margine del muso. L'altra fornita di sette aperture branchiali ha il capo assai più lungo, assottigliato anteriormente ed acuto, col mar- gine del muso assai men erto, quasi piatto. Se queste diversità s'incontrassero in un genere più ricco di specie somministrerebbero comodi caratteri per ripartirlo in due sottogeneri, che imitando i nomi imposti dal Rafinesque potrebbero dirsi Mexanchus ed MHeptranchias. Nel Notidanus griseus, ch’ è la specie dalle sei aperture branchiali, il punto del tronco nel quale cade la maggior larghezza è otto volte più lontano dall’apice della pinna caudale che da quello del muso; il punto della maggior altezza oltre a quattro volte. La maggior larghezza è compresa sette volte nella lunghezza totale, e nove volte NOTIDANUS GRISEUS. la maggior altezza. L’ano s'apre, nei maschi, una nona parte della lunghezza intiera del pesce più innanzi del punto mediano. La linea laterale è pochissimo cospi- cua. Il capo ha in lunghezza l'ottava parte del pesce, è rotondato anteriormente, ha il contorno erto ed ottuso, e superiormente porta un leggero incavo longitudinale, fatto a foggia di canale. Gli occhi sono ellittici, una volta e un quarto più larghi che alti, collocati nel di sopra del capo presso al contorno, distanti per due volte e tre quarti della misura del loro maggior diametro dalla punta del muso, tre volte e mezzo dalla prima apertura branchiale, e quattro volte uno dall’altro. La pupilla è rotonda ed occupa più della metà dell’ orbita. Gli spiragli s'aprono in due fenditure verticali, la cui misura corrisponde ad un quarto di quella del diametro maggiore dell'orbita, e che sono distanti fra loro quanto un'occhio dall'altro; un quarto poi più lontani dall'occhio del lato rispettivo che dalla prima apertura branchiale. Le narici collocate nel disotto del capo stanno precisamente di mezzo fra gli occhi e la punta del muso; hanno l'estremità esteriore rotondata, il tratto rimanente angusto, bislungo. Da un angolo all’altro della bocca corre quasi il doppio della distanza che passa fra ognuno di essi angoli e il punto anteriore dello squarcio, e fra questo punto e l'apice del muso. Il solco incavato presso gli angoli della bocca, mentre sta chiusa, è una metà men lungo della branca di mascella del lato rispettivo. I denti pettinifor- mi della mascella inferiore hanno circa otto o nove punte per ciascuno, l'anteriore assai più grande ed alta delle altre, le seguenti di mano in mano più brevi. La prima apertura branchiale è lontana dall’occhio oltre a tre volte il diametro dell'orbita, ed ha il taglio lungo quasi quanto quattro di tali diametri. Quasi due misure di questi diametri stessi si contano fra la prima: e la sesta; il taglio della quarta è circa una metà minore di quello della prima. Le pinne pettorali hanno i due angoli smussati. La loro base è lunga quanto il lato terminale, circa un terzo meno dell'anteriore, e un terzo più del posteriore. Le ventrali han la base poco più estesa di quella delle pettorali, il lato ter- minale alquanto incavato, quasi una volta e mezzo più lungo della base, il lato po- steriore quasi uguale alla base stessa, l'anteriore un quarto più breve: l'angolo ante- riore quasi ortogono, e smussato, il posteriore acutissimo. La dorsale ha origine alla metà del corpo; il suo lato anteriore è lungo quanto la base, il terminale un terzo, il poste- riore una metà più breve della base stessa. L'anale ha principio innanzi al punto sol- toposto al termine della dorsale, ed è un quarto più lontana dalle ventrali che dalla caudale; somiglia alle ventrali, ma ha l’angolo posteriore assai men prolungato. La cau- dale è contenuta meno di tre volte nella lunghezza totale del pesce. L'orecchietta che costituisce la porzione anteriore del lobo inferiore occupa quasi la quinta parte della lunghezza di tutta la pinna, ed è alta un decimo di questa stessa lunghezza. La tinta del dorso e della pinna dorsale è un fosco-cinereo che volge al rossastro, e si stende lungo la metà anteriore dei fianchi, sulla pinna caudale, sull’ anale, e sulla faccia superiore delle pettorali e delle ventrali. Il capo superiormente è di colore più intenso, la parte posteriore dei fianchi all'opposto è più dilavata, Tutte le parti ‘inferiori sono cineree. L'interno della bocca è d'un bianco lattea, e d'un bianco tendente al ro- seo sono il peritoneo, e l'interno della cavità branchiale. La carne è bianca. La pupilla è fosco-cinerea; l’iride cinereo-chiara tendente al verdastro. Giunge ‘ad aver oltre a dodici piedi di lunghezza questo terribile abitatore del no- stro mare: l'esemplare maschile qui effigiato ne aveva cinque e mezzo. La femmina 62° NOTIDANUS GRISEUS. partorisce i figli vivi più volte all’ anno, ripetendosi gli accoppiamenti dalla primavera all'autunno. Vive nelle acque più profonde, e suol pescarsi con un grosso amo sostenuto da una catena. metallica, adoperando per esca la carne di cavallo. Il fegato che è assai voluminoso dà un olio leggero e buono: la carne ha poco sapore. È sparso in tutto il Mediterraneo. Di rado si porta a vendere nella pescheria di Roma, ove si denomina volgarmente Capo-piatto, oppure con vocabolo Napolitano Capo-chiatto. 1 Veneti lo dicono Pesce manzo: i Toscani chiamano Pesce bove e Pesce manzo ambe- due le specie di Notidani; i Nizzardi le chiamano Mounge. Lo Scilla scrittore Siciliano del secolo decimosettimo fu il primo ad osservar questo pesce, e sotto i nomi di Colombina e Vacca ne pubblicò la figura per valersene a dimostra- re l'analogia che hanno i suoi con alcuni denti fossili rinvenuti nell’ isola di Malta. Nel capitolo xxx1 del Viaggio alle due Sicilie di Spallanzani a proposito della pesca del così detto Pesce cane di Messina, troviamo fatta menzione delle mandibole «d'un grossis- simo Squalo di specie ancora ignota” che si conserva nel Museo di Pavia, e le quali dalla figura aggiuntavi e dalla descrizione della dentatura si riconoscono di leggeri come spettanti al /otidanus griseus, se non che la mascella di sotto vien data per superiore, e viceversa. Curiosa cosa è che lo Spallanzani asserisce esser giunto quell’esemplare al Museo insieme con molti pesci esotici dall'Olanda. Niuno però, per quanto sappiamo, ha mai rinvenuto il Motidanus griseus in altri mari fuori che nel nostro: è verosimile adunque che l'esemplare in questione sia stato mandato originalmente dalle sponde del Mediterraneo in Olanda, e che di là sia ritornato fra noi con la qualifica di pellegrino acquistatasi col lungo viaggiare. Nella nostra tavola, oltre il pesce veduto di profilo, abbiamo introdotto la rappresen- tazione del contorno del capo veduto per di sopra, e quella d'una porzione dell’una e dell'altra mascella, la superiore delle quali è collocata a sinistra, l’ inferiore a destra. NOTIDANUS CINEREUS NOTIDANO ANCIOLO N. branchiarum fissuris utrinque septenis: capite anterius depresso, acutiusculo : dentibus mandibulae pectinatis, cuspide secunda caeteris longiore : dorso unicolore. squatus cineREUS, Gmel. Syst, Nat. I.p. 1497. sp.26. Lacép. Hist. Poiss. I. p. 195. Schneid, BI, Syst. p. 153. sp. 22. Risso, Iehth, Nic. p.24. sp. 1. squaLus PERLO,, Bonnat, in Tabl, Enc, Ichth, p. 10; sp. 17. SQUALUS PLATYCEPHALUS, Tenore, Mem. sopra una Specie di Squadro. p. 17. HEPTRA\CH!AS CINEREUS, Rafin. Ind, Itt. Sic. p. 45. sp. 327. NOTIDANUS CINEREUS, Cue: Règn. Anim, 2. ed, II. p. 390. SQUALUS (MonoPTERBINU:) cinerEUs, Blainv. in Faun. Frang.. Poiss. p..80.. sp. 13. SQUADRO, TESTA-BIATTA, Tenore, loco citato. SQUALE PERLON, Broussonet, in: det, Paris, 1780. p. 668. sp. 17.. PERLON, Cuv, loco. citato, # Distinguesi dal precedente pel numero delle fessure branchiali, ch'è di sette per parte, pel muso allungato acuto, col margine assai men erto, pei denti della mascella in- feriore, ne’ quali la seconda punta è più elevata della prima e di tutte quelle che ven- gono dopo, per gli occhi più grandi, per la linea laterale assai meglio distinta, pel colore del dorso più chiaro, e finalmente per la qualità della carne di gran lunga migliore. Se fosse espediente adottare la suddivisione del genere in Zexanchus ed Heptranchias, spet- terebbe al secondo di tali gruppi. Il primo Ittielogo che ne abbia parlato è il Broussonet, ma non ne ha dato un rag- guaglio esatto abbastanza. Gmelin, Bonnaterre, Lacépède, Shaw, il Risso, e il Blainville altro non han fatto che ripetere in tutto o in parte quel che dal Broussonet era già stato detto. Tutti negano l’esistenza degli spiragli. Il Professor Tenore di Napoli nega perfino quella della pinna anale, e riguarda il pesce come una nuova specie di Squadro. Egli però non tralascia d’avvertire che ha avuto sott'occhio un'esemplar mutilato: del resto la descrizione che dà è tanto chiara da non ammettere dubbio. Fu male ispirato lo Gmelin allorchè destinò a questa specie il nome griseus e chia- mò cinereus la precedente. Que’ due vocaboli messi a contrasto tendono a segnalare una differenza di colori, che sta appunto a rovescio, di quel che s'osserva in natura. Nel MNotidanus cinereus il punto della maggior larghezza del tronco cade sei volte e mezzo più lontano dall’apice della coda che da quello del muso, e tre: volte e mezzo più da quello che da questo è distante il punto della maggiore: altezza. La larghezza maggiore è compresa dodici volte e più nella lunghezza totale del pesce, e nove volte e mezzo, la maggior altezza. L’ano. s'apre nelle femmine un quinto della lunghezza totale innanzi al punto mediano. La linea laterale è rilevata in modo evidente. Il capo è lungo poco meno della settima parte del pesce intiero, ha il muso. ristretto verso il dinanzi ed. 627% NOTIDANUS CINEREUS. acuto, incavato a foggia di canale superiormente, e il ‘contorno depresso. Gli occhi sono assai grandi, ellittici, collocati alla distanza di due diametri e un quarto della loro orbita dalla prima apertura branchiale, e a quella di un diametro e tre quarti dalla punta del muso: l'intervallo che li disgiunge supera la misura d’un diametro e mezzo: la pupilla occupa la metà circa della larghezza dell'orbita. Le fessure degli spi- ragli sono alte men della decima parte del diametro trasversale dell'orbita, e stanno di mezzo fra l'estremità superiore della prima apertura branchiale di ciascun lato e la parte superiore dell'occhio. Le narici sono come quelle del Mozidanus griseus. Lo squar- cio della bocca è parabolico, e dall'uno all’altro angolo corre la stessa distanza che fra ognuno d’essi e il punto medio della mandibola, un quarto più che da questo punto me- dio all'apice del muso. I denti sono analoghi a quelli del Motidanus griseus: solo quelli pettiniformi che sorgono sui lati della mandibola hanno la prima delle loro punte, a contar dal dinanzi, piuttosto picciola, la seconda assai più lunga ed elevata, le seguenti di grado in/grado più brevi. La prima delle sette aperture branchiali dista dall’ angolo posteriore dell'occhio due volte la misura del diametro trasversale dell'orbita, ed ha il taglio lungo quanto due diametri e tre quarti. Dalla prima alla settima corre la misura d'un diametro ed un terzo: il taglio della settima corrisponde in lunghezza ad un dia- metro. Le pinne non si scostano gran fatto dalla struttura di quella del [Votidanus gri- seus. Le pettorali hanno l'angolo posteriore più acuto, le ventrali all’ opposto. La dorsale e l’anale sono collocate in modo analogo una a riscontro dell'altra, ma distano dall’ ori- gine della caudale assai più che nel /otidanus griseus. Difatti l’anale cade innanzi alla metà dell'intervallo che disgiunge le ventrali dalla caudale. Quest'ultima è proporzio- nalmente più breve, essendo contenuta circa tre volte e mezzo nella lunghezza totale del pesce. La sua orecchietta è maggiore, occupando una quarta parte della lunghezza di tutta la pinna, ed avendo in altezza circa il sesto di questa lunghezza stessa. Il colore del dorso e della parte superiore del capo è un cinereo volgenie al pa- lombino, il quale si stende lungo la metà anteriore dei fianchi, sulla pinna caudale e sulla faccia superiore delle pettorali e delle ventrali. La parte posteriore dei fianchi e la pinna anale sono d'un cinereo-palombino assai più dilavato. Il disotto del capo e del ventre fino all'ano, e così pure la faccia inferiore delle pettorali e delle ventrali sono d’un bianco-carneo sordido. Le parti interne sono come nel Motidanus grises. Vanno di pari anche il colore degli occhi, e le forme dei tubercoli che vestono il corpo ed il muso. Giunge alle dimensioni della specie precedente; vive in luogi analoghi, e si pesca coi medesimi ordigni. E pesce proprio del Mediterraneo, e nel mercato di Roma si porta a vendere alquanto più spesso del MVotidanzs griseus. Il suo nome volgare è Anciòlo o Pesce Anciòlo, che i Napoletani dicono Pesce Angiò, e i Siciliani Pesce Anciove. Per la bontà della carne è riputato superiore a tutti gli altri Squalini; anzi, se non fosse il pregiudizio invalso contro tutta la famiglia, potrebbe figurare con decoro sulle mense più ricercate. Nell'Oceano pacifico è stata scoperta una specie di Motidanus fornita come questa di sette aperture branchiali, che si fa distinguere pel dorso tutto macchiato di nero. ati PA EMNIZO IRON n AI mn, ei ECHINORHINUS SPINOSUS RONCO SPINOSO EcHINORHINUS plumbeo-violaceus, maculis saturatioribus adspersus, tuberculis spinosis al- bicantibus armatus. squacvs sPinosus, Gmel. Syst. Nat, I. p. 1500, sp. 27. Lacép. Hist. Nat. Poiss, I. p. 30. tab, 3, fig. 2. Schneid. Bloch. Syst. p. 156. sp. 51. Risso, Ichth. Nic. p. 42. sp. 18» squaLus BRUCUS, Bonnat. in Tabl. Enc, Ichth. p. 11. sp. 22. ‘ scYMNUS sPINOSUS, Cuv. Risso, Hist. Nat. III. p. 156. sp. 21. squaLus (ecHINORHINUS) sPinosus, Blainv. in Faun Fr. Poiss. p. 66. sp. 6. squaLe BoucLé, Broussonet, in Act. Paris.1780. pi 672. sp. 22. Cuv. Règn. Anim.ILp, 331, Id. Ibid. 2. ed. II. p. 595. LICHE BOUCLEE, isso, Hist. Nat. loco citato, Di questo raro e curioso pesce mai non è stata pubblicata una figura lodevole, nè alcuno scrittore ha dato un conto esatto della sua conformazione, quasi nulla avendo aggiunto i più recenti a quel poco che ne avevan detto da prima il Duhamel e il Brous- sonet. Dallo Gmelin fu riferito sotto il nome di Squalus spinosus, e dal Bonnaterre sotto quello di Squalus brucus. Ragionevolmente il Blainville lo considerò come tipo d'un | gruppo particolare, che disse Echinorhinus, e che noi adottiamo come generico, dolen- doci che per inavvertenza abbiamo omesso di mentovarlo nella enumerazione dei generi degli Squalini, che abbiam data nel testo di questa Iconografia all'articolo dello Scyt- lium canicula. Il posto da assegnarsi al genere nella serie dovrebb'essere subito dopo Notidanus, perchè con questo ha la maggiore affinità, e non già con lo Scymnus sotto il quale si mostrava inclinato a porlo il Cuvier. I più notevoli caratteri generici dell’Echinorhinus vengono somministrati dai denti e dai tubercoli della pelle : i denti essendo piatti, quasi rettangolari, più larghi che alti, inermi lungo il margine terminale, dentellati sull’uno e sull'altro margine laterale, ed essendo i tubercoli della pelle sparsi senz’ ordine su tutto il tronco e sulle pinne, con- formati a guisa d’aculei, eretti, colla base allargata, disciforme. Del resto, come nel Notidanus, nell Echinorhinus la lingua è adnata: come nello Scymnus, nello Spinax e nella Centrina, manca la pinna anale: le pinne dorsali sono troncate, non fornite di spina, la prima collocata al di sopra delle ventrali; quindi tali pinne sono retroposte poco meno che nello Scyllim: esistono gli spiragli; le narici sono fortemente contratte nel mezzo, e hanno sul lembo anteriore dell’orifizio una picciola valvula cutanea volta verso l'interno : la pinna caudale è di forma falcata coi due lobi indistinti. Il corpo dell’Echinorhinus spinosus è disugualmente fusiforme, col tronco che s'as- sottiglia uniformemente e diviene sempre più compresso verso la parte posteriore. Il punto della maggior larghezza è cinque volte e mezzo più lontano dall'apice della 67 ECHINORHINUS SPINOSUS. coda che dalla punta del muso, e il punto della maggior altezza due volte. La mag- gior larghezza è compresa più di sei volte nella misura della lunghezza totale, e nove volte vi resta compresa la maggiore altezza. Il capo è breve, grosso, schiacciato, un po’ incavato per lungo superiormente, ‘di sotto ascendente, quasi navicolare, piatto nel contorno, ottuso, pressochè troncato all'apice. La sua lunghezza ha la misura di poco men d'un sesto della lunghezza totale. Gli occhi sono privi affatto di pieghe palpe- briformi, bislunghi, and, una volta e mezzo più larghi che alti, collocati molto da lato, alla distanza di tre diametri e più della loro orbita dalla punta del muso, e di quattro dalla prima apertura branchiale. L'intervallo che passa superiormente fra un’oc- chio e l’altro ha la misura di quattro diametri. La pupilla è rotonda, ‘circa tre volte più picciola dell’ orbita. Le aperture degli spiragli consistono in due forami piccioli, bislunghi, orizzontali, il cui diametro maggiore ha la misura d’un dodicesimo di quello delle orbite; fra essi e gli occhi corre poco più della misura del diametro medesimo dell'orbita. Le narici sono collocate obliquamente nel disotto del capo di mezzo fra la punta del muso e l'angolo della bocca del lato rispettivo, a picciola distanza dal contorno del capo. Il ko orifizio è bislungo, ampio, essendo il diametro maggiore quasi uguale a quello dell’orbita, l’altro circa un terzo minore. Verso il mezzo dell’ori- fizio il lembo anteriore e il posteriore s'avvicinano fra loro, ed ivi sull’uno e sull’altro sorge un'appendice cartilaginosa, compressa, volta verso l'interno del tubo nasale. Sul margine anteriore v'ha di più una espansione cutanea breve, che fa l'uffizio di val- vula, e questa è impiantata fra l’appendice cartilaginosa, e l'estremità interna, ed è inflessa all’indentro. La bocca è grande con lo squarcio arcuato: l’uno e l’altro de’ suoi angoli è fiancheggiato da un solco profondo di figura parabolica, e fra essi angoli corre una distanza un sesto minore di quella che passa fra il punto anteriore della bocca e l'estremità del muso, e un terzo maggiore di quella che si misura fra ognuno di loro e il già detto punto anteriore della bocca. I denti della mascella di sopra sono in numero di ventisei circa nella serie anteriore verticale, contigui alla base, disgiunti da brevi intervalli nella parte libera, piatti, larghi, piuttosto bassi, quasi rettangolari, col taglio superiore privo di dentelli, quasi rettilineo, un poco discendente dall’angolo interno all’esterno: lungo il margine interno hanno due dentelli poco risentiti, e due o tre maggiori ne ha il margine esterno, l’ultimo de’ quali è anche più lunghetto de- gli altri e un po’ curvato all'ingiù. I denti della mascella di sotto ‘hanno una struttura conforme, ma sono più larghi. Oltre la fila descritta di denti verticali l’una e l’altra mascella ha una o due file posteriori di denti supplementarii consimili agli anteriori, co- ricati o piuttosto capovolti, e più o meno immersi nella sostanza della gengiva. La lingua è grossissima, del tutto aderente alla mandibola. Le aperture branchiali, nel solito nu- mero di cinque per parte, non sono gran fatto ampie; hanno il taglio alquanto obli- quo, poco curvo. L'ano è collocato molto indietro, correndo fra esso e la punta del muso una misura quattro volte maggiore di quella che passa fra esso e la radice della pinna caudale. Le pinne pettorali sorgono immediatamente dietro all'ultima apertura branchiale, sono cuneiformi a rovescio, troncate obliquamente con ambedue gli angoli liberi smussati, e col lato anteriore due volte più esteso della base. Le ventrali sono grandi, collocate di qua e di là dall’ano, quadrilatere, con la base lunga anche più del lato anteriore delle pettorali, il lato anteriore esteso un quinto men della base, l'angolo libero anteriore quasi ortogono, smussato, il posteriore acuto. Le due pinne ECHINORHINUS SPINOSUS. dorsali son picciole e tanto vicine fra loro, che lo spazio che occupano riunite non eccede la lunghezza della base delle ventrali. La prima ha origine al di sopra del mezzo delle ventrali stesse. Ambedue sono inclinate all'indietro, cuneiformi a rovescio, poco disuguali nella misura del lato anteriore, troncate all'apice, la seconda più obli- quamente della prima. La parte attenuata del tronco cinta dalla pinna caudale è molto compressa, ascendente, e resta compresa per tre volte e un terzo nella lunghezza tota- le del pesce. Il lobo superiore e l’inferiore della caudale hanno origine alla distanza d'un tredicesimo della lunghezza totale rispettivamente dalla dorsale posteriore e dalle ventrali; posteriormente sono affatto indistinti fra loro, e nel complesso presentano una figura triangolare falciforme con l'apice ottusetto. Il superiore si solleva pochis- simo dalla parte sottoposta del tronco, a cui corre parallelo il suo margine; l’infe- riore si espande in un'orecchietta triangolare la cui altezza ha la misura di circa un sesto della lunghezza di tutta la pinna. La linea laterale è segnata al di sopra della parte media de' fianchi, retta fino al punto dell’inserzione della pinna caudale, rile- vata a foggia di cordone sovrapposto alla pelle. Tutto il pesce è d'un color bigio scuro tendente al violaceo, meno intenso nella parte inferiore del capo, del tronco e delle pinne pettorali e ventrali, spruzzato di macchiette irregolari d'una tinta più intensa. L’intiera superficie, comprese le pinne, è sparsa di tubercoli isolati bianco-sudici, duri, aguzzi, disuguali, collocati senz’ordi- ne, con la base larghetta, conformata a foggia di disco, solcata a raggi, e con la punta centrale, eretta, dritta o curvata all'indietro. In un'esemplare di cinque piedi di lun- ghezza totale i maggiori di questi tubercoli hanno la base larga più di tre linee, e superano di poco l'altezza d’una linea: i minori hanno appena il diametro d’un quar- to di linea alla base, e sono alti a proporzione. La pupilla è fosca, l’iride cinereo-gial- lastra con l’orlo dorato. L'interno della bocca, la lingua e il peritoneo sono lattei. La carne è bianca. La lunghezza suol esser di cinque o sei piedi, ma dicesi che tavolta giunga ad una misura molto maggiore. Vive nel Mediterraneo e nell’ Oceano a mediocri profondità. Non si congrega a torme, come gli Scimni. Si pesca d'estate ma tanto di rado, che la sua comparsa nei mercati delle nostre città eccita sempre la meraviglia. È vorace, ma sembra meno animoso del maggior numero dei pesci della sua famiglia. Mediocre è il sapore della sua carne. A Roma non ha nome volgare conosciuto : a Livorno l'abbiamo sentito chiamare Ronco: a Nizza vien detto Mounge clavelat. vi bili 10) si a i Li ta) MURA ta tr jd i hi (45 * orti. aisi dt ha 45. p pie Y Val vi lacoprei gg di Tdi Ag a Fa EE ap dp Sr DE. EI? por "ul ; i Ml Mi ae ona Ab cui iii } IRE Re : al È È SIA DI) dei 17500 J Ì stero a til. dr i Sa PRTPRO: } oi 7 n é i va (BEE SA Ad N sa ta ‘è a 5 Ù i FLO ' : La HLA ;# È RETE E NOI pi De FALSTTI He È MA PP O { fi sa i Mer: “gia Ri RIE RE Rd 00 Dati Sd OE 0 î 2 RSM 6) E -s RMATESZE, e: GRCLEITOO RITI, (ELI RTRT osopeedile vcotalee Neli! ORE ZILO ip annilove dat a ducato Puro ottati Maty VPZZZZI ZZZ a” SPINAX ACANTHIAS SPINAROLO IMPERIALE ACANTHIAS cinereo-rufescens guitis lacteis bi-quadriserialibus, subtus albidus : spinis dorsi brevibus; postica pinna sua humiliore: pinnis ventralibus dorsali paullo proximioribus quam primae: ano postmediano. sQquaLos ACANTHIAS, Linn. Syst. Nat. I.p.597.sp.1. Id. Faun: Suec, p.107. sp.295. Mill. Prodr. Zool. Dan.p. 57.sp.311. Fabric. Faun. Groenl. p,126.sp.88. Gniel. Syst. Nat. I.p.1500. sp.1. Bloch, Hist. Nat. Poiss. ILI. p. 7/. sp. 1. tab. 85. Schneid. Bloch. Syst. p. 155. sp.27. Lacép.Hist. Nat. Poiss.I. p.570. tab. 10. fig.2. Bonnat.inTabl. Enc. Ichth. p.11. sp.25. tab. 5. fig. 12. Rafin. Ind. Itt. Sic. p.45.sp.335. SQUALUS (SPINAX) ACANTHIAS, Cuv. Règn. Anim. TI. p. 150. Id.2.ed, II. p. 592. SPINAX ACANTHIAS, Cloquet in Dict. Sc. Nat. I. p. 91. sp. 1. SQUALUS (ACANTHORHINUS) AcANTHIAS, Blainy. in Faun. Fr. Poiss. I.p.57.sp. 1. sQuaLUS pinna ani nulla, corpore subrotundo, Arted. Gen. Pisc. p. 66. sp. 3. Id. Syn.p.94 sp. 3. Id, Deser. Sp. p.102. squaLus rostro subacuto, pinnis dorsalibus uniradiato-spinosis, anali nulla, Gronov. Mus. Lchih.1. p.61.sp. 134. Id. Zooph. p. 149. SQUALO ACCANTIA, Rafinesque loco citato. aicuiLLat, Daubenton, in Enc. Meth. Hist.Nat. III.p.7. Duham. Hist. Pèch. II sect.ix. p.299. $.4. tab. 20. fig. 5. 6, Broussonet, in Act. Paris.1780. p.673. sp. 22. SQUALE AIGUILLAT, Lacép. loco citato. PICcKED DOGFISH, Penn. Brit. Zool, III. p. 88. sp.2. tab. 5. fig. 2. è Edwards, Glean.tab. 283. + PIA le specie del genere Spinax, offrono le condizioni seguenti: Capo declive : muso allungato notabilmente, col contorno arcuato piuttosto acuto. Occhi grandi, bislun- ghi. Orifizj} degli spiragli grandetti, semilunari. Narici mediocremente grandi, con una valvula triangolare rivolta all'indietro, inserita sul lembo anteriore, ed un’ appendice carnosa rivolta verso l'interno del tubo nasale, la quale ha origine sul lembo poste- riore. Bocca tagliata a foggia di mezza luna con una piega profonda obliqua presso l’uno e l’altro de'suoi angoli dal lato esterno, il tratto posteriore della qual piega, stando chiusa la bocca, sembra una continuazione della curva della medesima. Denti ordinati in una due o più file secondo l’età, piatti; quelli della mascella di sotto col taglio orizzontale e rettilineo, senza dentelli lungo il lato che guarda verso il mezzo della bocca, con una. punta grandetta acuta dal lato opposto, al di sotto della quale il margine è intiero. Tronco attenuato uniformemente all’ indietro, oscuramente trigono. Ano collocato alla metà del corpo, o poco dietro. Due pinne dorsali: l'anteriore situata molto. innanzi alle ventrali; l’una e l'altra armata d'un aculeo o spina d'una sostanza analoga a quella delle unghie degli uccelli, impiantata verso il dinanzi della pinna stessa, libera supe- riormente, incurvata all'indietro. Pinne pettorali inserite immediatamente dietro l’ul- tima apertura branchiale. Ventrali collocate innanzi alla seconda dorsale, separate fra loro tanto nel maschio quanto nella femmina. Pinna anale mancante. Caudale ‘col lobo inferiore orecchiuto. 44 SPINAX ACANTHIAS. Fiero è l'istinto degli animali di questo genere; nondimeno sogliono esser gregarj. La loro statura non giunge mai a dimensioni stragrandi. Le uova sono poco numerose, e si schiudono nel ventre stesso della madre, In niun’altro degli Squalini s'incontra la forma dei denti dello s pinax. Prescindendo da questa considerazione il massimo numero dei generi s'allontana da esso per la man- canza delle spine del dorso. I soli che ne sieno armati sono il Cestracion e la Centrina; in quello però non manca la pinna anale; in questa il tronco si restringe tutt'ad un tratto dietro alle pinne ventrali, che sono opposte alla seconda dorsale, le spine sono immerse quasi del tutto nelle pinne rispettive, e l'anteriore è volta all’innanzi. Il nostro genere Spinax corrisponde esattamente al sottogenere di questo nome del Cuvier, cangiato in 4canihias dal Risso, allo Squalus riformato del Rafinesque, e resta compreso fra gli Squali Acanthorhini del Blainville. Poche sono le specie di questo genere: se ne conoscono quattro del Mediterraneo e sono lo Squalus Acanthias L., V Acanthias Blainville Risso, lo Squalus Uyatus Rafi- nesque, lo Squalus Spinax L. Tutte hanno dato materia a gran confusione nei libri degl Ittiologi, ed abbisognano di nuova illustrazione. Congiungiamo le prime due in un sottogenere che denominiamo Acanthias, e che si fa distinguere pei denti superiori analoghi agl'inferiori; le spine del dorso, non solcate dai lati; le pinne ventrali col- locate di mezzo fra le due dorsali; i lobi della caudale non distinti; i tubercoli che ve- stono il corpo trifidi; la lingua, le fauci e la carne bianca. Ad un altro sottogenere che più particolarmente diciamo Spinax riportiamo le due ‘ultime delle specie ora indicate. Caratteri di questo gruppo sono: i denti della mascella superiore con una punta lun- ghetta acuta incurvata all’ingiù, oppure affatto verticale; le spine del dorso scavate a . destra e a sinistra da un solco profondo; le pinne ventrali collocate vicino alla seconda dorsale ; i lobi della caudale distinti; i tubercoli che vestono il corpo unicuspidi; la lin- gua e le fauci nerastre; la carne scura. ‘ Serbiamo il nome specifico A4canthias allo Squalus Acanthias di Linneo, tuttochè non ci sembri affatto probabile che ad essa precisamente spetti l'Acanthias d'Aristotele e degli autori antichi che hanno scritto dei pesci del Mediterraneo. È Il corpo veduto per di sopra è lanceolato-allungato, di profilo disugualmente fasifor: me- allungato. La larghezza maggiore è contenuta dieci volte nella lunghezza totale, ed il punto in cui cade è sei volie e mezzo più lontano dall'estremità posteriore che dal- l’anteriore. La maggior altezza cade circa tre volte più vicino alla punta del muso che all'apice della pinna caudale, e corrisponde alla misura d’una decima parte della to- tal lunghezza. Il capo ha la base più larga della parte contigua del tronco, e men alta della medesima, s'attenua di sopra e di sotto procedendo verso il muso, si restringe pure nel senso della larghezza, e termina con un contorno curvo ad arco acuto: superior- mente il muso è incavato in modo notabile. Oltre a sei volte è compresa nella lun- ghezza totale del pesce la distanza frapposta all'estremità anteriore e alla prima apertura branchiale. Gli occhi sono poco men distanti da quella che da questa. La larghezza delle orbite non giunge ‘al doppio della loro altezza, ed è minore della metà della distanza che passa superiormente fra un'occhio e l'altro, come pure di quella che li disgiunge dalla punta del muso. Gli spiragli hanno l’orifizio un poco più grande di quello delle narici, sono collocati più in alto della linea che forma l'asse dell'orbita, e distano dal- SPINAX ACANTHIAS. l'angolo posteriore dell'occhio d’uno spazio uguale alla metà d'un diametro dell’ orbita stessa. Le narici sono bislunghe, poste obliquamente nel disotto del capo presso il suo contorno, distanti un quinto meno dall’ apice del muso che dalla bocca. Il loro maggior diametro è minore della quarta parte di quello dell’ orbita. La valvula impiantata sul lembo anteriore è triangolare acuta, tanto breve che oltrepassa appena il lembo op- posto: lungo questo secondo si scorge una sottil piega membranacea rivolta all'indietro; che potrebbe considerarsi come un rudimento di valvula di quel lato : l’appendice car- nosa rivolta verso l'interno del tubo nasale, impiantata sullo stesso lembo posteriore non è scanalata, ed ha l'apice tronco. Il diametro della bocca è un quinto minore dell’ inter- vallo che corre fra il punto anteriore della medesima e l’apice del muso. I denti della mascella di sopra sono di forma quasi quadrata, il lor lato terminale è rettilineo quasi orizzontale tagliente: privo di dentelli è il margine che guarda verso il mezzo della bocca, e l'angolo ch'esso forma col lato terminale è rotondato. Il margine opposto ha superiormente una punta acuta: al di sotto di questa sorgono sulla lamina del dente due lobi rilevati fuori della gengiva, uno orizzontale, largo, troncato, men lungo della punta soprastante, l’altro verticale, angusto, ottuso. I denti della mascella di sotto sono mag- ‘ giori, hanno essi pure i due lobi prominenti al di sopra della gengiva, l’orizzontale largo e smarginato, il verticale angusto, retto, lunghetto. Di canto agli angoli della bocca, fra essi e il tratto anteriore della piega obliqua che ivi è scavata, si scorge a stento un cenno d’appendice linguiforme orizzontale. Le cinque aperture branchiali sono collo- cate dietro alla base del capo verso il basso, e fra la prima e l'ultima corre il doppio della distanza che disgiunge quella dall'occhio. Il tronco porta un solco longitudinale segnato sul dorso, ed un altro sul ventre al di dietro della prima dorsale e dell’ ano: alla base del lobo superiore della caudale è impressa una fossetta trasversa semilunare. L'ano s'apre circa un quinto più indietro della metà della lunghezza totale nei maschi, e più indietro ancora nelle femmine. La pinna dorsale anteriore’ ha origine dietro al termine del terzo anteriore di tutto il pesce. La sua figura è leggermente cuneiforme a rovescio, troncata, col margine terminale appena sensibilmente incavato: la base ha la misura della distanza che passa fra gli occhi e la punta del muso; il lato posteriore ha la misura della base; l'anteriore e il terminale sono una metà più lunghi. Presso il termine anteriore di questa pinna sorge una spina cornea trasparente, acuta, subuli- forme, incurvata, profondamente scanalata* di dietro ma non dai lati, alta’ quanto ua terzo della pinna, immersa per metà nella sostanza della medesima: La dorsale poste- riore un terzo più piccola dell’anteriore è collocata di mezzo fra questa e l’apice della caudale: la sua figura è cuneiforme a rovescio, col margine terminale fortemente in- cavato, e l'angolo posteriore acutissimo: la spina di cui è armata è un quarto più bassa del suo lato anteriore, conformata come quella della prima dorsale, più incurva, im- mersa nella sostanza della pinna quasi per la metà della sua altezza. Le pinne pettorali sono cuneiformi a rovescio, troncate assai obliquamente, col margine terminale pochis- simo incavato : il lato anteriore è lungo più del doppio della base, un terzo più del posteriore e del terminale. Le ventrali hanno origine dietro al punto intermedio fra le due dorsali, e presentano quasi la figura d'un parallelogramma: la loro base è lunga quasi quanto quella delle pettorali, gli altri tre lati hanno approssimativamente la stessa misura: l'angolo anteriore è ottuso, il posteriore acuto. La pinna caudale è compresa cinque volte ed un terzo nella lunghezza di tutto il pesce, e cinge la porzione termi- 44° SPINAX ACANTHIAS. nale del tronco con circa due terzi della lunghezza propria. I due lobi che la compon- gono hanno origine ad una distanza medesima dalla dorsale posteriore, e i loro orli divergono sotto angoli di poco dissimili: posteriormente si congiungono senz’ angolo rientrante che segni il confine, e poichè il superiore ha l’apice linguiforme e l’inferiore è forcuto, il lor complesso presenta la figura d'una mezz’ asta : l’orecchietta ha l'angolo smussato, e s'estende in altezza quanto un quarto della lunghezza di tutta la pinna. I tubercoli che rivestono la pelle sono depresso-squamiformi, rivolti all'indietro, tri- lobi, col lobo intermedio acuminato, più lungo dei laterali, che sono piuttosto ottusi. Quelli della parte superiore del capo sono brevi, ottusi. Tutto il capo di sopra e di sotto è sparso di pori puntiformi. Il color del dorso è un einereo tendente al bigio-chiaro. La stessa tinta domina sui fianchi per tutta la metà anteriore. Su questo fondo sono segnate poche macchiette ro- tonde, lattee, separate da intervalli quasi uguali, disposte in una o due file per parte sul dorso dal capo alla coda, e in una o due altre sui fianchi al di sotto della linea laterale dal capo fino al punto dell'inserzione delle pinne ventrali. Le pinne dorsali, ia caudale e la faccia superiore delle pettorali e delle ventrali hanno un colore analogo a quello del dorso, ma più pallido. Il disotto del capo, il ventre, i fianchi dalla regione del- l’ano fino alla coda, la faccia inferiore delle pettorali e quella delle ventrali sono d'un latteo sudicio. La pupilla è nera: l’iride d'un giallo di paglia dilavato e volgente al verde. La lingua, tuito l'interno della bocca, quello delle aperture branchiali, e il pe- ritoneo sono latteo-carnicini. Infuso il pesce nell’alcool le macchie del dorso svaniscono facilmente. Gli esemplari mediocri hanno la lunghezza di due piedi. I maggiori giungono fino a tre piedi e mezzo. Ha una carne bianchissima, di sapor buono, stimata più di quella d'ogni altra spe- cie di Spinax, e almeno quanto quella del Mustelus nobilis. Sebbene non sia uno de pesci più comuni, non è neppur dei più rari lungo i lidi dell’Italia. Nell'Oceano sembra che sia più frequente. I pescatori Romani e Napoletani lo chiamano Palombo pintic- chiato 0 impiltricchiato, i quali aggiunti in lor linguaggio vagliono quanto cosperso di macchie. I Siciliani lo dicono Ujatu Lmpiriali. i Oltre il capo veduto di sotto la nostra tavola rappresenta a destra la forma d'uno dei tubercoli della pelle, a sinistra i denti intermedj della mascella di sopra e quelli della ‘ mascella di sotto nella rispettiva lor positura. VESS GPL RE L SPINAX BLAINVILLII SPINAROLO COMUNE AcANTHIAS cinereo-rufescens, subtus albidus: spinis dorsi longiusculis, postica pinnam suam excedente : pinnis ventralibus inter dorsales mediis: ano mediano. ACANTHIAS BLAINVILLE, Risso, Hist. Nat. ITI.p.133. sp 19. tab. iii. fig. 6. Tadics Axavbas, Arist. Hist. Anim. lib. vi. cap. 10. Oppian.lib.1.p.113. Athen. lib. vii. p. 147. GALEUS AcanTHIAS, Rondel. Pisc.I.lib. xii. cap. 1. p. 375. cum fig. Gesn. Aquat. IV. lib. iv. p. 607. cum fig. Jonst. Hist. Pisc. II lib. 1. tit.1. cap.iiì. art.ii. punct.v. p. 16. tab.8.fig.5. MusTELUS sPINAXx, Bellon. Aquat.p.69.cum fig. Salv. Hist. Aquat. p.156. fig. 43. Gesn, Aquat.IV. p. 612. GALEUS ACANTHIAS sive SPINAX, A/drop. Pisc. lib. iii. cap. xl. p. 599. cum fig. Willughb. Ichthyogr. lib. iii. cap.ix.p.56.tab. B.9, fig. 1.(icon.ex Salv)) Ray, Synops. Pisc.p.21.sp. 9. Klein. Hist. Pisc.Miss.iii. p.:8. sp.1. tab. 1. fig. 5.6. esGUILLATS, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. i. p. 61. fig. in p. 62. AIGUILLAT BLAINVILLE, Risso loco citato. Cuv. Règn. Anim. 2. ed. ii. p.392. L ungo le spiagge della nostra penisola è assai più abbondante dello Spinax Acan- thias, e perchè ha una carne dura e filamentosa gli è molto inferiore nel pregio. In To- scana e nella Liguria più orientale gli danno il nome di Spinaròlo, a Genova lo dicono Aguseo, a Venezia Aziao, Azià, Arguillà, nelle Marche Arguillano, Arquillato; non è ben certo però che sotto queste appellazioni non si comprenda pure il vero Spinax Acan- thias. A Roma ha un distinto nome triviale, quello cioè di Palombo dello spino; a Nizza per quanto intendiamo dal Risso chiamasi Mungir. Vagliono a distinguerlo dallo Spinax Acanthias, che gli somiglia assaissimo, il dorso senza macchie, le spine più alte, talchè la posteriore uguaglia ed oltrepassa perfino la pinna cui appartiene, le ventrali collocate più innanzi, ed appunto di mezzo fra l'una e l’altra dorsale. 3 Molti Ittiologi antichi e moderni, intendendo parlare sotto varj nomi della specie che Linneo ha detta Squalus Acanthias, hanno designato un pesce talvolta privo di macchie. Non è possibile il riconoscere se questi abbiano avuto sott’occhi il pesce presente, op- pure esemplari del vero Acanthias mancanti di macchie perchè mal conservati. Certo è che a coloro che si sono occupati in modo speciale dei pesci del mediterraneo dev'essere venuto alle mani più facilmente questo che l’altro, assai meno frequente nelle acque del nostro mare. Il Signor Risso è il-primo autore sistematico che distintamente l’abbia de- scritto. Qualunque siasi la ragione che gli ha ispirato il nome sotto il quale l’ha divul- gato, crediamo nostro debito conservare l’appellazione specifica originale: solo faremo no- tare che il Signor Risso medesimo non ha dato conto del vero Spinax Acanthius nelle sue opere avendo tenuto per tale il nostro Spinax Uyatus, anzi sembra che abbia dato il no- me Blainville alla specie di cui ora trattiamo perchè ha creduto riconoscere in essa lo Squalus infernus del Signor Blainville, che appunto è la cosa stessa che l'’Uyatus già detto. 49 SPINAX BLAINVILLII. Simile a quella dello Spinax Acanthias è la forma generale del corpo dello Spinax Blainvillii, ma in questo è men aguzzo il contorno del muso, ed il tronco è meno compresso. La distanza fra la prima apertura branchiale e l'estremità anteriore è con- tenuta meno di sei volte nella totale lunghezza del pesce. Gli occhi sono qualche poco più vicini alla punta del muso che alla prima apertura branchiale. Le orbite sono due volte più larghe che alte. Fra un'occhio e l’altro corre una distanza ‘un poco maggiore del doppio del diametro dell’ orbita; un poco minore di questa stessa misura è lo spazio frapposto agli occhi e alla punta del muso. Gli spiragli hanno l’orifizio ugualmente largo che quello delle narici: sono collocati poco al di sopra del livello dell’asse dell'orbita, ed un solco quasi orizzontale che parte dall’ angolo posteriore dell’ occhio va ad inve- stire il lor lembo inferiore: dall’ occhio distano poco più della quarta parte del diame- tro dell’orbita. Le narici sono collocate come nello Spinax 4canthias, ed hanno le pro- porzioni stesse: la valvula inserita sul loro lembo anteriore è triangolare ottusa, ed ha un lobetto accessorio presso la base dal lato interno: il lembo posteriore ha la piega marginale e l'appendice rivolta verso l’interno come nello Spinax Acanthias. Simili del pari sono per la posizione e le forme la bocca, i denti e le aperture branchiali. Il tronco presso l'inserzione della pinna caudale è ugualmente largo..che alto, e porta superior- mente la fossetta trasversa semilunare. L’ano s'apre alla metà della totale lunghezza, anzi un brevissimo tratto più avanti nei maschi, nelle femmine un brevissimo tratto più addietro. Dalla seconda pinna dorsale e dall’ ano fino alla pinna caudale sono segnati sul tronco i due solchi longitudinali come nello Spinax A4canthias. La pinna dorsale an- teriore ha origine innanzi al termine del terzo anteriore di tuito il pesce: per la figura e le proporzioni corrisponde a quella dello Spinax Acanthias: ma la spina di cui è ar- mata è alta quanto tre quarti del lato anteriore della pinna stessa; ‘e resta immersa nella sostanza della. medesima per un terzo della propria altezza: come nello Spinax Acan- thias è acuta, scanalata profondamente di dietro e non dai lati. La pinna dorsale po- steriore è collocata un quinto più vicino all’anteriore che all apice della caudale ; è si- mile alla pinna COLESPORESnTe dello Spinax Acanthias; ma più foreuta : la spina che porta è alta quanto è è lungo il suo lato anteriore o poco più, molto incurva, priva di sol- chi profondi dai lati, immersa nella sostanza della pinna per un sesto della propria. al- tezza. Le pettorali sono situate come quelle dello Spinax ‘Acanthias; e conformi ad esse. Le ventrali stanno esattamente in mezzo fra le due dorsali, e.per la forma corrispondo- no a quelle dello Spinax Acanthias. La pinna caudale è compresa quattro volte e due terzi nella lunghezza di tutto il pesce, e cinge la porzione ‘terminale del tronco contre quinti della propria lunghezza: per la figura non si discosta «dalla caudale dello Spinax Acanthias, solo ha l'iva qualche poco men otiuso, e l'altezza dell’orecchietta del lobo inferiore quasi quattro volte minore della lunghezza di tutta la pinna. I tubercoli della pelle sono conformi a quelli dello Spinax Acanthias. Il colore del dorso è un cinereo tendente ‘al bigio-ferrigno, e questo si stende alle dorsali, alla caudale, alle facce superiori delle patorat e delle ventrali, e alla metà an- teriore dei fianchi: la metà posteriore di questi è di tinta cinereo- -chiara. Le parti infe- riori del capo, del tronco, le dorsali, la faccia inferiore delle pettorali: e delle ventrali sono d'un bianco sudicio. La lingua, le fauci, l'interno delle aperture branchiali e il peritoneo sono latteo-carnicini. La pupilla è nerastra; l'iride cinereo-verdastra. Per la statura non differisce sensibilmente dallo Spinax Acanthias. Gli esemplari mezzanamente grandi hanno circa due piedi di lunghezza. SPINAX UYATUS SAGRI’ COMUNE SPINAX cinereo-rufescens subtus albidus; tuberculis corporis ovatis, obtusiusculis, squaLus vuvatus, Refin. Caratt. p. 15. sp. 33. tab. xiv. fig.2. ld. Ind. Itt. Sic. p.45.sp.3535. SQUALUS ACANTHIAS, Risso, Ichth. Nic. p. 40. sp. 15. SQUALUS (ACANTHORHINUS) InFERNUS, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. I. p. 59. sp. 2. ACANTHIAS VULGARIS, isso, Hist. Nat. IIT.p.131. sp.17. SQUALO UJATO, Rafin. loco citato. SQUALE D’ENFER, Blainp. loco citato. L primo a descrivere ed effigiare questo pesce fu il Rafinesque, e fa meraviglia che, avendo egli notato il singolar carattere della bocca nera nel suo Galeus melasto- mus, non siasi avveduto che la stessa condizione si ripeteva nella specie presente. Tal particolarità non isfuggì al Signor Blainville che riprodusse lo stesso pesce sotto il nome di Squalus infernus. Il Risso, come abbiamo accennato altrove, lo credè identico collo Squalus Acanthias di Linneo, e nella seconda edizione della sua opera gl’impose perciò il nome d'Acanthias vulgaris. È pesce vilissimo perchè ha un sapore acido, ingrato niente meno di quello dello Scyllium melanostomum. Il color nero, che domina sulle parti interne di questi Squa- lini forse è condizione accompagnata sempre da pessima qualità della carne. Non è noto che siasi rinvenuto finora fuori del mediterraneo. Sulle spiagge Romane non è affatto raro, e i pescatoni lo chiamano Palombo zigrino ; a Firenze ed a Genova lo di- cono Sagrì: sembra però che in quest ultimo iui il nome Sagrì, sia comune tanto a questo quanto allo Spinax niger. A Catania, per quanto avverte il Rafinesque, il nome volgare dello Spinax uyatus è Pisci mazzi, a Palermo chiamasi Ujatu. La circoscrizione del capo e del tronco della presente specie non si discosta da quella dello Spinax Acanthiasz solo il muso è alquanto più ottuso. La distanza che passa fra la prima apertura branchiale e l’estremità anteriore del capo è contenuta poco più di cinque volte nella lunghezza totale. Gli occhi sono grandissimi, e il dia- metro maggiore delle loro orbite è quasi uguale alla distanza che corre fra essi e la punta del muso, e fra essi e la prima apertura branchiale del Jato rispettivo. Gli spiragli sono situati più in alto degli occhi, nè havvi alcun solco che dall’ angolo posteriore di questi corra verso la loro estremità inferiore. La lor distanza dalla pri- ma apertura branchiale è quattro volte maggiore di quella che li disgiunge dall’ oc- chio, e corrisponde alla misura del diametro maggiore dell’orbita. Le narici hanno l'orifizio grandetto, bislungo, situato obliquamente nel disotto del capo presso il con- torno, un quarto più distante dalla bocca che dalla punta del muso. Il lor lembo anteriore porta la solita valvula triangolare rivolta all'indietro, fornita d'un lobetto 49% SPINAX UYATUS. accessorio all'estremità interna della base. L’'appendice collocata sul lembo posteriore e rivolta verso l'interno è piccioletta. Il taglio della bocca è leggerissimamente inar- cato, ed il suo diametro è un quinto minore dell’ intervallo che corre fra il suo punto anteriore e l’apice del muso. Di quà e di là dagli angoli della bocca evvi come nello Spinax Acanthias una profonda piega rettilinea obliqua. I denti sono conformati alquanto diversamente da quelli dello Spinax Acanthias e del Blainoillii. I superiori più alti che larghi, hanno il lato terminale non già orizzontale, ma più o meno risentitamente incurvato all’ingiù dall’ angolo interno all'esterno; la punta acuta del lato esterno è perciò adunca e sporgente: le prominenze lineari-ottuse del corpo di ciascun dente rilevate al di fuori della gengiva e dirette una orizzontal- mente verso l'angolo della bocca, l’altra verticalmente verso la mascella sono an- guste sì l'una /che l’altra. I denti della mascella di sotto sono assai più grandi dei superiori, e differiscono essi pure dai corrispondenti dello Spinax Acanthias, per la prominenza orizzontale e la verticale ambedue strette, e perchè la seconda è alquan- to ricurva. Le aperture branchiali sono collocate come nello Spinax Acanthias, e tutto il tronco ha la stessa configurazione; solo verso la radice della pinna caudale è alquanto più alto che largo in luogo d'esser depresso, ed è privo della fossetta trasversa semilunare, notata nella detta specie. La prima pinna dorsale è men di due volte più vicina all’ apice del muso che a quello della caudale: la sua base è un quinto più lunga della distanza che passa fra l'occhio e l'apice del muso: il lato an- teriore ha una misura maggiore della base stessa: il terminale e il posteriore sono un terzo minori: l'angolo anteriore è rotondato, il posteriore acuminato. La spina im- piantata sul dinanzi della pinna è un terzo più breve della medesima, alquanto com- pressa, scanalata posteriormente; ha a destra e a sinistra un solco longitudinale pro- fondo vicino al suo dorso, ed è immersa nella sostanza della pinna per più della metà della propria altezza. La seconda dorsale è circa una metà più pieciola della prima, ed è un sesto più vicina ad essa che all'apice della coda; la spina che porta è con- forme all’ altra, leggermente curvata all'indietro, giunge con la punta a tre quarti dell’ altezza della pinna stessa, e per un terzo dell’ altezza propria è immersa nella sua sostanza. Le pinne pettorali hanno una figura disugualmente forcuta; il lato po- steriore supera la lunghezza dell’anteriore; rotondato è l'angolo anteriore, acutissimo il posteriore. L'ano è collocato oltre ad una volta e mezzo più lontano dall’ estre- mità del muso che da quella della caudale, e perciò le pinne ventrali che gli stanno da’lati sono assai più vicine alla seconda dorsale che alla prima, e il lor apice cor- risponde al di sotto dell’inserzione della spina posteriore: la lor figura è quadrilatera, con la base larga quanto il lato posteriore, e quanto tre quarti dell’ anteriore e del ter- minale: l'angolo anteriore è rotondato, il posteriore acuminato. La lunghezza della caudale è compresa quattro volte e mezzo nella lunghezza di tutto il pesce: il lobo superiore ha origine un buon tratto più indietro dell’ origine dell’ inferiore; il suo margine di sopra è rettilineo, il tratto terminale cuneiforme a rovescio e l'apice tron- cato; un angolo rientrante segna il confine fra esso e il lobo inferiore: quest'ultimo è assai più espanso in altezza del primo; la sua forma è quasi triangolare; ha il lato an- teriore rettilineo, il posteriore inarcato fortemente all'indentro. I tubercoli che rivestono il corpo sono ovali, depressi, non molto acuti, segnati dal lato esteriore da due leggeri solchi per parte. SPINAX. UYATUS, Il colore del dorso e del capo è un cinereo tendente al fosco più che al ferrigno: si- mile è la tinta delle pinne superiori: i fianchi per tutta la lunghezza del tronco sono cinereo-chiari: il ventre e le facce inferiori delle pinne pettorali e ventrali sono d’ un bianco sordido. La pupilla è grande, cinereo-nerastra; l’iride cinereo-chiara tendente al color di verde-rame. La lingua, tutto l’interno della Hiovcas delle aperture branchiali e il peritoneo sono d'un turchino-nerastro più o meno intenso; la carne scura. Gli esemplari mediocri hanno la lunghezza di circa due iiedi Come nel precedente così in questo, presso l'immagine del pesce veduto di ronio abbiamo fatto rappresentare da un lato i denti Lioni d'ambedue le mascelle, dal- l’altro uno dei tubercoli che rivestono il corpo. Lo Spinax niger: ( Squalus Spinax, L. Squalus niger, Gunner) spetta esso pure al sottogenere Spinax genuino. I Liguri lo confondono con l’Uyatus sotto lo stesso nome volgare Sagrì, ed il Cuvier ha mostrato dubitare che tali Pesci non costituissero specie distinte. Vi sono però differenze notabilissime fra l'uno e l’altro, le quali consistono prin- cipalmente nell’ essere lo \Squalus niger tutto fosco, col ventre colorato anche ‘più inten- samente del dorso, nell'aver il muso meno acuto, le narici affatto marginali, gli spiragli più amp) e collocati. in maggior distanza dagli occhi, i denti della mascella di sopra forniti di cinque punte, l’intermedia delle quali lunga e verticale, le spine del dorso men valide, le pinne pettorali coll’ angolo posteriore assai men acuto, e finalmente i tu- bercoli della pelle terminati da una punta filiforme, lo che fa urne il pesce tutto coperto di peli. anda î | 4° LI PAPALE tipi Po EÙLA Rini feriiooriita — IO ae A $ DOLLIEYLLI € Cr SPINAX NIGER SAGRÌ MORETTO SPINAX grisco-fuscus, subtus niger: tuberculis corporis setosis. squaLus spiNax, Linn. Syst.Nat. I. p. 59S. sp. 5. Id. Faun, Suec. p. 107. sp. 296. Gmel, Syst. Nat, I. p.1501.sp.3. Bonnat. in Tabl.Enc.Ichth, p.12.sp.24. Lacèp. Hist. Nat. Poiss,I.p.374. Schneid. Bloch. Syst. p.155. sp.28. Risso, Ichth, Nic.p.41.sp. 16. Nills.Prodr,Ichth, Scandin, p.118.sp.9. squaLus NIGER, Gunner, Act. Nidros. II. p. 213. tab. 7-8. SQUALUS (sPinAx) spinax, Cuv. Regn. Anim, IT. p. 150. Id. Ibid. II. p. 392. SQUALUS (ACANTHORHINUS) spinAx, Blaiînv! in Faun. Fr. Poiss. I. p. 60. sp. 3. ACANTHIAS SPINAX, Risso, Hist. Nat. ITI. p. 152. sp.18. SPINAX NIGER, Cloquet, in Dict, Sc. Nat. I. SPINAX BROUSSONETII, Aliquorum. ETMOPTERUS AcuLEATUS? Rafin. Carate. p. 14. gen.x. sp.34. Id. Ind, Itt. Sic. p. 46. sp. 540. GALEUS ACANTHIAS seu sPINAX Fuscus, /7illugb. Ichiyogr. lib. iii. cap. x. p. 57. Ray, Synops.Pisc.p.21. MUSTELUS seu sPINAX, Edw. Glean. tab. 289. squaLus pinna anali nulla, dorsalibus spinosis, naribus terminalibus, Linn. Mus. Ad. Fred. II p. 49. sQUALUS pinna ani carens, naribus in extremo rostro, Arted. Synon. p.95. sp. 4. Id. Gen. Pisc. p. 67. sp. 4. sagre, Broussonet, in Act. Paris. 1780. p. 675. sp.23. Daubent. in Enc. Meth, Hist. Nat, III, p. 554. SQUALE SAGRE, Lacép. loco citato. AIGUILLAT SAGRE, Risso, loco citato. BLAATASKE vel sARTHAA Norvegis, Ascan, Icon, tab, xzxvili. p roduciamo ora una figura dello Spinax niger, il minimo degli Squalini, diligen- emente tolta dal vero, e accompagnata di particolar descrizione, quantunque sotto il ti- tolo dello Spinax uyatus ne abbiamo quasi detto abbastanza. Come il nominato Spinax ryatus congiunge il nostro sottogenere Acanthias col sottogenere Spinax, così la specie di cui trattiamo collega lo stesso sottogenere Spinax con la Centrina, cui somiglia nella pelle armata di tubercoli acuti, nei denti della mascella superiore e perfino nei colori. Aggiungasi, che molti scrittori dubitarono dell’esistenza di questa nostra specie; che al- cuni i quali presero a parlarne, registrarono soltanto le erudizioni datene dal Willughby, da cui fu scoperta a Genova; che altri la descrissero con poca o niuna verità; che il Risso, trattando de’ Pesci del mar di Nizza, ne ragionava con mediocre esattezza; che il Cuvier la confuse con l’uyatus; e che finalmente il Blainville, per tacere di altri, so- spettò non essere alcuna differenza tra il medesimo e lo Spinax acanthias. Dopo tutto ciò chi vorrà dubitare che agli Ittiologi non giunga opportuna la figura e la descri- zione di questo animale ? Lo Spinax niger assai più delle altre specie congeneri si scosta dallo Spinax Acan- thias, da noi tolto come ad esemplare, ma peraltro conserva spianata la rotondità del dorso. La sua maggiore altezza poco superiore alla larghezza scorgesi nella fine della lerza parte anteriore, e corrisponde alla misura di una ottava porzione della lunghezza totale. Lo spazio del corpo che assottigliasi dietro alla seconda dorsale si estende 84 SPINAX NIGER quanto è lungo lo spazio contenuto fra l'apice del muso e l'angolo della bocca, ed ha in altezza il doppio della propria larghezza. Il capo poco men lungo dell'altezza del pesce è largo alla base la metà della sua lunghezza, e spianato al di sopra si va assottigliando verso il muso tanto nella parte superiore quanto nella inferiore, restrin- gendosi pochissimo di larghezza, e terminando con un contorno ad arco molto ottu- so: la distanza che da esso corre alla prima apertura branchiale è compresa oltre a sei volte nella lunghezza totale del pesce. Gli occhi sono grandissimi e due volte più prossimi agli spiragli che alla estremità del muso, da cui distano la metà meno che dalla prima apertura branchiale: la lunghezza delle’ orbite è doppia della loro altezza, ed uguale alla distanza che superiormente si mantiene fra loro, ed a quella che da esse stendesi alla estremità del muso, come d'altronde è doppia quella che le separa dalla seconda apertura branchiale. La distanza degli spiragli dalla prima apertura branchiale è soltanto doppia di quella che li disgiunge dall'occhio, corrispondendo precisamente alla misura del diametro di questo. Gli spiragli più ampj che nelle altre specie, e collocati in maggior lontananza dagli occhi, hanno l’orifizio grande quanto un terzo della lunghezza di un'orbita, appariscono più in alto della linea che forma l’asse del l'orbita stessa, e distano da essa d'uno spazio eguale alla di lei altezza. Le narici sono del tutto marginali, bislunghe, e poste alquanto obliquamente al di sotto del capo assai presso all'apice del muso, da cui distano tre volte meno che dalla bocca; il loro maggior diametro è minore della terza parte di quello dell’ orbita. La valvula inserita sul loro lembo anteriore è triangolare acuta, e giunge a cuoprire il lembo opposto. L'appendice carnosa rivolta verso l’interno del tubo nasale inserita sullo stesso lembo posteriore è di forma quadrata e scanalata nel mezzo. La bocca, il cui taglio è leggermente inarcato,. ha un diametro eguale alla distanza che passa fra i suoi angoli e le narici. I denti della mascella superiore sono forniti di cinque punte, le intermedie delle quali sono verticali, e la centrale maggiore. I denti della mascella inferiore sono più grandi, e di forma quasi quadrata con una punta diretta orizzontalmente all’ infuori, che lascia una larga intaccatura. Le cinque aperture branchiali sono collocate dietro alla base del capo verso l’ingiù, e fra l’ultima e la prima corre la stessa distanza che si mantiene tra questa e l'occhio. Il dorso è piuttosto piano, e tra la seconda pinna dorsale e la caudale è se- gnato da un solco longitudinale: un solco meno profondo scorgesi fra la stessa pinna e l’ano. L'ano poi apresi la metà più dappresso alla coda che al muso, onde le pinne ventrali che sorgono ai suoi lati sono più vicine alla seconda dorsale che alla prima. La pinna dorsale anteriore ha origine dietro il termine della terza parte anteriore del pesce; la sua forma è d'un parallelogramma composto di due triangoli isosceli, e l'altezza è mi- nore della metà del lato anteriore, il quale può agguagliarsi alla metà dell'altezza del corpo: la base della pinna è lunga quanto la misura della distanza che passa fra gli oc- chi e la estremità del muso: il lato posteriore ha la misura della base, mentre l’anteriore è una metà più lungo, e il terminale quasi una metà più breve: la spina cornea sor- gente al termine anteriore di questa pinna è alta quanto la metà della medesima, e nel- la sostanza di essa per un terzo si radica, ed è poco robusta, grandemente depressa, acuta, poco incurvata, profondamente scanalata al di dietro ed in ambedue i lati. La pinna dorsale posteriore è più grande dell’anteriore, e collocasi di mezzo fra questa, e l'apice della caudale; la sua figura è quella di un parallelogramma colle parti laterali curvilinee, e l'angolo posteriore prolungato ed acuto: essa armasi di una spina poco SPINAX NIGER. più breve del suo lato anteriore, conformata come quella dell'altra dorsale ma molto più incurva ed acuta. Le pinne pettorali aventi l'angolo posteriore assai poco acuto, sono ovato-itroncate, e lunghe quanto lo spazio che passa tra l’angolo della bocca e le narici, Le pinne ventrali hanno origine in un punto assai più lontano dalla prima dorsale che dalla seconda, e presentano una forma trapezoidale coll’angolo posteriore molto acuto. La pinna caudale è compresa poco più di quattro volte nella lunghezza del pesce, e cinge la porzione terminale del tronco con due terzi della propria lunghez- za: il lobo inferiore comincia prima del superiore, e spandesi in altezza più di quello, presentando una forma triangolare; il confine tra i due lobi della coda non è segnato da verun’angolo rientrante: il margine del lobo superiore è quasi curvilineo, ed il tratto terminale è cuneiforme a rovescio coll’apice poco troncato. I tubercoli della pelle sono terminati da una punta filiforme, onde il pesce acquista un’apparenza lanosa: questi tubercoli si fanno ancor più grandi sotto il ventre. Il colore del dorso è un cinereo tendente al nerastro, che diffondesi ne’ fianchi, e per fino nel ventre, ed anzi che diluirsi sotto la pancia diviene ancora più intenso. La lingua, tutto l’interno della bocca, quello delle aperture branchiali, ed il peritoneo cuopronsi di un colore nero. L'esemplare descritto molto più grande di quanti ne ab- biam veduti, giunge a quindici pollici di lunghezza. Vive nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico; le acque però all’intorno della Sici- lia ne abbondano più delle altre d’Italia; nè si desidera da quelle del Settentrione di Europa copiose di Squali: che anzi sotto il nome di Squalus spinax, L. vien esso consi- derato come uno de tre Squali della Fauna Suecica cresciuti ora a nove mercè di re- , centi osservazioni, come non prima d’ora veggiamo notarsi nel Prodromo della Ittio- logia Scandinavica. Ama il profondo del mare, e perciò si pesca assai rado: solo si prende fortuitamente quando resta appiccato agli ami destinati per altri pesci migliori. La sua carne coriacea non è per nulla da mangiare. Se il pescatore lo pone sulla riva, le punte dei suoi tubercoli splendono semidiafane. La femmina partorisce da dieci a quindici figli, i quali giunti a maturità sogliono appena avere la lunghezza di un piede. In Sicilia dicesi Diavulicchio de mare; il qual nome ci dà prova manifesta che so- pra un esemplare secco di esso Spinax (quale lo stimò riguardo al genere il Cuvier) stabilisse il Rafinesque il suo Etmopterus aculeatus, non discuoprendovi che tre soli ori- fiz} branchiali in luogo di cinque. Quanto poi allo Squalus spinax dello stesso autore, nulla esso ha che fare col nostro, anzi la volgare appellazione di Ujatu imperiali, che gli aggiunge, ci persuade a credere ch'egli abbia così chiamato lo Spinax più pregevo- le per le mense, cioè il nostro Spinax acanthias. Negli atti della Società Zoologica di Londra in una memoria letta sul finire del 1833 d'un tal Reverendo Signor Lowe re- lativa ad alcuni pesci creduti nuovi, da lui medesimo raccolti intorno all'isola di Ma- dera, vediamo brevissimo cenno di una pretesa nuova Centrina ( Centrina nigra, Lowe). Se non fosse ingiuria il supporre che al dotto consesso fosse potuto sembrare Centrina uno Spinax, quantunque avente grandi somiglianze con quel genere, e se d'altronde il fondatore della specie non aggiungesse avere quel suo preteso nuovo pesce i denti da Centrina (il che però quasi si verifica in quanto a’ superiori nel pesce di cui trattia- mo) e il corpo affatto liscio, noi convinti dalle asserzioni che sia esso intermedio ai generi Centrina e Spinax, e persuasi dalla piccola statura, che gli viene attribuita, ma 04* SPINAX NIGER. sopratutto dalla forma del corpo, dalla retroposizione della seconda dorsale, e più an- cora dal color nero della stessa superficie inferiore, non esiteremmo punto a ricono- scere in essa specie il nostro Sagrì Moretto. Dal Sagrì de’ Liguri che il Willughby scrisse con ortografia inglese Sagree per dargli egual suono nella sua favella, i Francesi inge- nuamente fecero Sagre. Ora il vocabolo Sagrì applicato tanto a questo Spirax, quanto allo Sp. uyatus vale presso i Liguri lo stesso che Zigrino presso altri Italiani, lo stesso che Chagrin presso i Francesi. Sagrino, Zigrino e Peau de chagrin dicesi ancora quella pelle aridissima di altro pesce Squalide che si adopera in molti usi e specialmente per formare astucci e legature di libri. CENTRINA SALVIANI CENTRINA PORCO CENTRINA nigricans, subtus spurco-albida; tuberculis poliedris, trifidis. squaLus cENTRINA, Linn, Syst. Nat, I.p. 398. sp.2. Gmel. Syst. Nat, Ip. 1502, sp. 2. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 12. sp. 26. tab. 5. fig. 13. Schneid. BI. Syst. p. 134. sp. 26. Risso, Ichth. Nic, p. 42. sp. 17. Naccari, Itti. Adr.p.24. sp. 107. Nardo, Prodr, Adr. Ichth. sp, 15. squaLus squamosus? Gm. S.IV.I.p.1502.sp.28. Bonn.in T,Ene.Ichih, p.12.sp.259. Schn.Bl.Syst,p.126.sp.52. OXYNOTUS CENTRINA, Rafin. Ind. Itt. Sic. p. 455, sp. 336. SQUALUS (ACANTHORHINUS) CENTRINA, Blainv, in Faun. Fr. p. 61. sp, 4.tab. 15. fig. 1. CENTRINA SALVIANI, Risso, Hist. Nat. III, p. 135.sp. 20. Keytpitn, Alian, Anim. lib. i. cap. iv. p. 59. et lib.ii. cap.viii, Kevtpwvn » Athen. lib. vii, p. 294. Oppian, lib. i. p.15. vuLpECULA, Bellon. Aquat. p. 62, fig. in p. 64. Gesn. Aquat, IV. p.6153. GENTRINA, Rondel. Pisc.Mar.I. lib. xii, cap.x. p.384. Salvian. Aquat. hist. liii. p.157. fig.56. 57. Gesn, Aquat. IV. p.609. fig. in p.610. Id.Ie. Anim,p.146. Aldrov.Pisc.lib.iii. cap. xli. p. 490. fig. in 401. VULPES MARINA, Gesner, Aquat. IY. p.1045. fig.in p. 1047. cENTRINE, Jonst. Piso. I. lib. i, tit. iii. art. ii. punct. vi. p.28. tab. 7. fig. 4. 5. Willughb. Ichthyogr. lib, iii. cap.zii, p.58, tab. R. 1. et 2. Ray, Synops. Pisc. p.21. sp. 10. SQUALUS pinna ani carens; ambitu corporis triangulato, Arted. Gen. Pisc. p.67. sp. 5. Id. Synon. p. 95. sp. 5. GALEUS brevis crassus, pinnis dorsalibus spinosis , ano caudae proximo, Klein, Hist. Pisc. Miss, iii. p. 10. sp. 7- sQuALus unica serie dentium incisorum in maxilla inferiore, Bloch, Ausl. Fisch. I. p.25.sp.6. tab. 115, recnarD DE MER, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. i. p. 55. cum fig. in pag. 56. 57. HUMANTIN, Broussonet, in Act. Paris. 1780. p. 676. sp. 25. Daubent, Dict. Ichth. in Enc. Meth. Hist. Nat. III, p. 208. Cuv. Règn. Anim.2. p. 150. Id. 2. ed. II. p.392. ECAILLEUX? Brouss, in Act. Paris. 1780, p. 675. sp. 24. SQUALE BUMANTIN, Lacép. Hist, Poiss.I. p. 213. tab, 9g. SQUALE ECAILLEUX® Lacép. Hist. Poiss. I, p.218. E No libri che ci sono rimasi del sommo Aristotile non vien fatta menzione della Centrina; nondimeno il grammatico Ateneo vissuto due secoli dopo, quando ancora si leggeano intere e forse non ancor guaste le opere dello Stagirita, ci ha tramandato un tratto di quel maestro che lo ripone tra’ Galei, cioè fra i nostri Squalini. Eliano quindi ed Oppiano tra’ Greci o al pesce di cui prendiamo a discorrere, o ad uno Spinax diedero il nome di Certrina, sù di che non rileva silloggizzare. Plinio mostra di non aver avuto contezza di questo nome Greco che deriva dagli aculei o pungoli onde il pesce è armato (Kevtonvs aculeatus); tuttavia fece ricordanza di un Pesce porco, e delle ferite avvelenate delle sue punte. La quale proprietà, siccome l'opinione comune anche a nostri tempi ravvisa nella Centrina, cui volgarmente il nome di Porco vien dato in Italia, e specialmente in Roma, così non sarà vietato il credere che il non inutile compilatore della Storia Naturale a] tempo di Vespasiano parlasse appunto, ma sulle altrui relazioni, di quello stesso pesce che in Grecia si chiamava Centrina; i cui pungoli da Oppiano si dissero negri per quella fisura dei poeti che negre dipinge le cose avverse, candide le propizie; onde abbiamo nella versione del Lippio << Pugnaces inter pisces CenTRINA vocatur Altera, quod stimulis credatur noxia nigris.” CENTRINA SALVIANI. Se però gli conviene assai bene per cagione dei pungoli il nome di Centrina tra' Greci; se quello di Porco presso i Romani, sia per lo tristo odore che tramanda dall’unta e sudicia sua pelle, sia perchè si piace di ravvolgersi nel fango, sia perchè una cresta o ciuffo ha sul capo, cui Aristotile secondo che si riferisce nei Deipnosofisti disse doo, come distinguesi in greco quello del Porco, sia finalmente perchè seco porti un color lurido ed altre porcine forme sul grifo; pure non comprendiamo egualmente qual ca- rattere gli procacciasse il nome di Zolpe (Renard) presso i Francesi, se non fu la cieca servitù verso il loro Belon ch’erroneamente gliel porse; ond’è che noi gli conserviamo a nome specifico dell'uso il volgare, ma pure antico e ragionevole distintivo di Porco che gli appartiene per eccellenza, sebbene applicato dal volgo anco ad altri pesci. Scientificamente parlando però gli diamo il nome generico di Centrina sanzionatogli dal Cuvier, e preferito, per le ragioni etimologiche già dette, a quello di Oxynotus del Ra- finesque, il quale per dir vero fu il primo a definire questo naturalissimo gruppo, che alle spine, agli spiragli e alla mancanza di anale degli Spinax aggiunge l'aver situata la seconda dorsale sopra le ventrali, e una conformazione triangolare di corpo meno al- lungata degli altri Squalini. I caratteri naturali del genere Centrina possono descriversi nel modo seguente. Corpo corto, grosso, risonfio nel mezzo ed attenuato nelle estremità, di forma pri- smatica, col dorso fortemente carenato, e lo spazio sottile del tronco dietro alla seconda dorsale brevissimo. Capo assai piccolo: muso corto ed ottuso: bocca piccolissima, apren- tesi molto innanzi al di sotto del capo con taglio curvilineo, ed un solco prolungato di qua e di là all'indietro; la sua forma è semicircolare ; le mascelle sono piccole. I denti assai bene ordinati; gl’inferiori taglienti e disposti in una sola fila; i superiori acuti ed in più serie. Lingua carnosa, e libera al margine. Occhi grandi, bislunghi, maggiori in lunghezza che in altezza, senza piega palpebrale. Narici collocate molto avanti, grandi fuor di misura, con due appendici inserite l'una sul margine anteriore, l’altra sul poste- riore. Spiragli grandi, di forma ovale rotondata, molto prossimi agli occhi. Cinque aper- ture branchiali assai piccole, e di lunghezza quasi uguale. Ano collocato molto più in- dietro della metà del corpo. Due pinne dorsali grandi, assai crasse, alte più del pesce, l’anteriore inserita molto avanti, la posteriore sopra le ventrali: ambedue sostenute da un grosso aculeo compreso nella stessa ertezza della pinna, e diretto all’innanzi nell’an- teriore. Pinne pettorali assai grandi anch'esse, poste dietro le aperture branchiali molto in basso: niuna pinna anale: pinna caudale triangolare, obliqua, perfettamente uniloba. Linea laterale retta, appena sensibile. Cute erta e ruvida per essere vestita di grossi tubercoli. eguali, poliedri, acuti, trifidi. Una sola specie di Centrina crediamo ch'esista nel Mediterraneo. Niuno almeno de’ molti esemplari che ci vennero fra le mani offriva differenze specifiche dagli altri; nè crediamo che ne differisca lo Squalus sguamosus di quegli autori che dettero tal nome ad una Centrina. Se però si dovesse prestar fede alle tavole del Belon, due spe- cie sarebbero abitatrici del nostro mare, l'una col pungolo della dorsale anteriore ri- volto all’innanzi, l’altra col pungolo rivolto all'indietro, diverse negl’ integumenti, e mo- stranti pure altri caratteri differenziali che non crediamo esistere in natura, soltanto prodotti dall’inesattezza di coloro che le disegnarono. Ma dato pure che due siano le specie, sempre la nostra sarebbe quella stessa figurata dal Salviani, e rappresentata nella seconda figura di esso Belon, quando al contrario la prima del medesimo è più CENTRINA SALVIANI. simile a quella pubblicata dal Rondelet. Ottima dunque è la scelta fatta dal Risso del mome distintivo di Centrina Salviani. Il punto della maggiore altezza di questo pesce cade dietro il terzo anteriore, ed è uguale alla settima parte della lunghezza, poco minore essendone la larghezza misu- rata sotto la pancia, poichè i tre lati del prisma costituenti la forma del pesce si egua- gliano fra di loro, e sono rilevati da una grossa piega cutanea alla foggia di un cor- done: lo spazio assottigliato del tronco dietro la dorsale è doppio appena in lunghezza che in altezza, la quale altezza è doppia della sua larghezza. Il capo, largo alla base la metà della sua lunghezza, è quasi il sesto della lunghezza del pesce, ed è superiormente spianato, e scanalato lungo il mezzo. Il muso attenuantesi egualmente così nel di sotto come nel di sopra mostrasi ottuso a chi superiormente lo guarda. L’ orbita è bislunga, e il suo diametro trasversale, che supera d'oltre il doppio l'altezza, eguaglia quasi la distanza che passa tra il suo angolo anteriore, e la estremità del muso: tra un’ occhio e l’altro corre poco più di questo diametro, come pure d'un sol quarto più ne dista la prima apertura branchiale. Gli spiragli lontani fra loro quasi altrettanto che dalla inser- zione di ciascuno di essi alla terza apertura branchiale, son posti immediatamente die- tro gli occhi, dai quali non li separa che la quarta parte al più del diametro dell’oc- chio: lo squarcio della loro apertura triangolare-rotondato vince di metà il diametro dell'orbita. Le enormi narici poste sotto il muso distano egualmente dalla estremità di esso, dall'occhio, e dalla bocca, ed occupano più della metà dello spazio fra loro racchiuso, lasciando visibilissime le peitinazioni della membrana olfattoria che ta- gliano perpendicolarmente il suo asse: una valvula grande, di forma quadrata diversa- mente ripiegata, tutta vestita di tubercoli simili a quelli della pelle parte dal lembo anteriore delle narici, e dirigesi verso il posteriore, il quale rimanda verso il medesimo un'appendice più piccola. Lo squarcio della bocca non oltrepassa il diametro dell’or- bita, ed è uguale all'intervallo che mostrasi fra il suo angolo, e la rispettiva narice. Il punto anteriore di essa bocca cade sotto l’angolo anteriore dell'occhio; ed osservasi nella medesima una lieve protraitilità. I denti sono fittissimi; quelli della mascella supe- riore disposti in più file, triangolari, lesiniformi, con le punte alquanto ricurve; quelli della inferiore ordinati in una fila sola, contigui, piatti, conformati a foggia di triangolo acutissimo, leggermente inclinati verso la bocca. Le aperture branchiali brevi da non uguagliare la quarta parte di un'orbita, sono eguali e fra loro equidistanti: corre fra la prima e l'occhio un diametro ed un terzo dell’orhita, e non più d'un diametro fra la | prima e l'ultima. L'ano scostasi una volta e mezza più dal muso che dall’apice della coda. La pinna dorsale anteriore, o per dir meglio la sua spina (giacchè per essere detta pinna immedesimata col corpo, non se ne può distinguere l'origine) è inserita sul terzo anteriore del pesce ad egual distanza dall’apice del muso e dal termine della seconda dorsale: la sua altezza eguaglia la distanza che passa fra l'estremo del muso e la inserzione delle pettorali: la forma è quella di un trapezio col lato della base e l'anteriore lunghissimi: il lato posteriore è molto breve; il superiore quasi verticale, lungo tre volte quanto l’ultimo detto, forma coll’anteriore un'angolo assai prolungato ed acuto, alquanto ricurvo all'indietro. La spina inserita a una distanza dal termine della pinna eguale al piccolo lato posteriore è lunga quanto l'altezza del corpo, due terzi meno della pinna, dalla quale non emerge se non di una decima parte della propria lunghezza minore della larghezza che ha nella robustissima base: la dire- CENTRINA SALVIANI. zione di essa spina è quasi retta pendente in avanti, ma leggermente ricurva all’indie- tro. La pinna dorsale posteriore situata due volte più vicino all'anteriore che all'apice. della caudale è similissima per la forma alla prima, solo di un sesto più piccola in tutte le sue proporzioni: la sua spina similissima anch'essa a quella della prima, ol- tre all'essere ricurva, pende decisivamente all'indietro. Le pettorali inserite dietro alla quinta apertura branchiale verso il suo termine inferiore hanno una figura ovato-lan- ceolata. Sono lunghe quanto è alta la dorsale, e larghe un terzo della i lunghezza. Le ventrali poste di qua e di là dall'ano distano un quarto meno dalle pentirai che dall’apice della caudale ; il termine posteriore della loro base cade nel punto corrispon- dente alla metà fra la spina, e il termine della seconda dorsale: la lor figura è ova- le, un po troncata all'apice; la lunghezza è doppia della larghezza, ed eguaglia di due terzi quella delle pettorali. La pinna caudale è lunga più di un quarto del pesce, e la parte che attiensi al tronco porta con se due terzi della propria lunghezza. Il lobo superiore cuneiforme rotondato si origina alcun poco più addietro dell'inferiore, e si protrae al di là della sua estremità inferiore; il suo margine va gradatamente elevan- dosi sulla linea che segna la estremità del tronco. La parte terminale eccede di più d'un quarto il lobo inferiore, ma tra l'uno e l’altro di questi lobi è assai poco sensi- bile la divisione; talchè la pinna intera raffigura un triangolo inequilatero. Il lobo in- feriore ha un'altezza più che doppia del superiore, compresa quasi tre volte nella pro- pria lunghezza, e se il togli dall'intera pinna, presenta anch'esso un triangolo inequi- latero. I tubercoli della pelle, i quali cuoprendo egualmente le pinne servono anch'essi a non farle distinguere dal corpo, sono fitti, pol: acuminati, e trifidi colle punte alquanto inclinate all’ indietro. Il colore è un bigio nerastro uniforme, più languido e trasparente verso il lembo delle pinne, che decina lungo i fianchi si muta in un biancastro sudicio sotto la pancia. Il colore dell’iride è verdognolo. L’esemplare qui descritto ha dieciotto pollici di lunghezza. Del solo Mediterraneo abitatrice si è la Centrina Salviani. Carnivora, ma tutt altro che feroce, solitaria, e, come la maggior parte degli Squalini, partorente i figli vivi, di rado si approssima al lido; e la rete non le si getta per farne acquisto, eSsetoghà la sua carne, anzi che somigliare alla porcina, è sommamente nemica del dente, del pa- lato, ed anco delle narici, per esser tutta di nervo e di cotenna durissima da pessimo odore accompagnata: abbondante è vero di olio principalmente nel fegato, dal quale talvolta se ne trasse niente men di sei libre. Trovasi di lunghezza di tre piedi ed anco di quattro, del peso perfin di cento libre al dire di taluno, ma ordinariamente di molto minor mole. Delle virtù medicinali, che forse da quell’untume si ripetevano una volta, non sapremmo discorrere senza tema di essere riputati empirici. Non si vuol negare però che il suo olio s'adoperi con vantaggio a medicare le scottature: perciò 1 Pescatori gliel traggono dal fegato, e rigettano la inutil mole nelle acque. Abbiam già detto che in Roma vien chiamata Porco di mare e Pesce Porco. Anche i Veneti, come quasi tutt'i rimanenti Italiani, la distinguono con lo stesso nome legger- mente modificato a tenore del proprio dialetto. Così i Napoletani la dicono obliquamente Puerco: i Nizzardi Pourc-marin etc. 1 Siciliani soltanto la chiamano Marzapani o Pesce Mazzapani, nome suggerito senz'altro dalla forma in cui si foggiano le note paste di quel nome. CE SICU ? REA o a; Yjlr 4A) ù 17) > die (È 4 i 9 MIGUIN PT cli, > SCYMNUS LICHIA SCINNO LECCIA scrunus undique fuligineo-nîger, tubereulis poliedris acutis obsitus; rostro brevi, obtuso. squarus amerIcAnUs, Gmel. Syst. Nat, I. p.1503. sp. 30. squaLus LIGRA, Bonnat, in Tabl. Enc, Ichth.p.1t2. sp. 27. SQUALUS NICEENSIS, Risso, Ichth. Nic. p.45, sp.19. tab. iv. fig. 6, scrmNus NIC&ENSIS, Risso, Hist, Nat. III. p, 157 sp. 22, tab. ii. fig. 4. sQuUALUS (AcANTHORRINUS!) AmeRrICANUS, Blainv, in Faun, Frano. Poiss. I. p, 63. sp, 5. tab, xv. né. 9, prorcus Salviani . .. sequioris sexus? Steno, Elem. Myolog. Spec. p. 111. LicHE et GATTE a Briarritz, d’ après Borda, Duham., Péch, Sect. ix. p. 328. LEICHE ou LICHE, Brouss, in Aet. Par.1780.p.677. sp.26. Cuv. Régn. An, IT. p.150. Id.Ib.2.ed.ii. p.393: square Licne, Lacép. Hist, Nat. Poiss.. I. p.279. sp. 3. nec tab, x. fig. 3. i Aa uno strano errore deve il presente pesce europeo l’appellazione che altri gli ha data d’americanus. Non tenendo conto dello Stenone che può averlo segnalato come la femmina della Centrina Salviani, il primo a descriverlo fu Broussonet, che lo disse nativo del Cap Breton, intendendo di quello che è poco discosto da Bajonna. Gmelin però e Lacépède al leggere quel nome credettero che si trattasse del Promontorio che porta lo stesso nome nell'isola americana di Terra Nuova e che in fatto di pesca è di celebrità assai maggiore. Dal Risso fu rinvenuto nelle acque di Nizza, ed è verosimile ch'egli lo tenesse per una specie nuova, sopratutto perchè non era facile a persuadersi che un pesce americano vivesse nel nostro mediterraneo. Il nome che gli diede è quello di Nic@ensis, il quale almeno non im plica contradizione : noi l’avremmo adottato, se non ve ne fosse un'altro che già leggesi in Bonnaterre e che ricorda l’appellazione triviale sotto di cui questo essere è noto in alcune provincie francesi. Può considerarsi come tipo d'un particolar genere di Squalini, a cui fuor di dubbio si dee conservare il nome scientifico Seymnus applicatogli dal Cuvier: ma bisogna guar darsi dall’aggregar con esso l’Echinorhinus, come fece quest ultimo autore. Lo Scymnus è abbastanza distinto da ogni altro genere della sua famiglia per un buon numero di condizioni sue proprie. Con la Centrina ha un grado d'affinità più manifesto che con tutti i restanti, comune essendo all'uno e all’ altro la forma dei denti, la positura respet- tiva delle pinne e perfino il coloramento; ma quando pur non vi fossero altre diversità basterebbe a separarli quel carattere della spina inserita nella sostanza d'ambedue le pinne dorsali, che vedesi nella Centrina, e di cui non è traccia alcuna nello Scymnus. Pel Signor de Blainville questo genere fa parte degli Acanthorhini, appunto perchè egli accumula sotto quel nome tutti quegli Squalini che mancando di pinna anale sono fon niti di due dorsali e di spiragli grandi, qualunque siasi la figura dei denti. 5) SCYMNUS LICHIA. Il quadro esprimente»i caratteri del genere Scymnus potrà così concepirsi. Corpo disugualmente fusiforme e quasi terete. Capo picciolo. Bocca che s’apre nel disotto del capo, col taglio arcuato, il cui disegno si continua in un solco profondo ten- dente all'indietro. Lingua libera al margine. Denti ad. orlo liscio, inclinati verso gli an- goli della bocca; quelli della mascella di sopra lesiniformi, ordinati in più file; quelli della mascella di sotto piatti, triangolari, contigui, disposti in una fila sola. Occhi bis- lunghi, più larghi che alti, senza piega palpebrale. Narici trasversali, bislunghe, con- tratte nel mezzo, sfornite di valvule cutanee, munite di due appendici carnose pian- tate una sul margine anteriore, l’altra sul posteriore, Spiragli di figura semilunare. Cin- que aperture branchiali di lunghezza quasi uguale. Ano collocato più indietro della metà del corpo. Due pinne dorsali. picciole, prive di spine; l'anteriore piantata in- nanzi alla metà della lunghezza del corpo; la posteriore situata più indietro dell’ ano, sopra la metà delle ventrali. Pinne pettorali poste dietro le aperture branchiali. Niuna pinna anale. Pinna caudale col lobo inferiore triangolare non orecchiuto, non estesa di là dal termine del tronco, e col lobo superiore cuneiforme-troncato, protratto al- quanto di là dall’estremità del lobo inferiore. Linea laterale retta, alquanto superiore. Tubercoli, che rivestono fittamente la pelle, piramidali, acuti, inclinati all’ indietro. La circoscrizione del corpo dello Scymnus Lichia è fusiforme allungata. Il punto della maggior altezza è una volta e quattro quinti più distante dall’ estremità posteriore che dall’anteriore, e quattro volte scarse il punto della maggior larghezza. La maggior altezza entra nella lunghezza totale nove volte e mezzo, e la maggior larghezza sette volte e mezzo. Il capo, la cui lunghezza sta a quella del corpo come uno a nove, veduto per di sopra è ottuso all'apice, veduto da lato s'attenua ugualmente al di sopra e al di sotto. L'orbita è bislunga, e il suo diametro trasversale, che supera d'oltre il dop- pio l'altezza, uguaglia la distanza che passa fra l'occhio e la punta del muso. Fra un occhio e, l’altro corre superiormente la misura d'un diametro e mezzo dell’ orbita, Gli occhi non hanno piega palpebrale. Gli spiragli sono semilunari con la convessità volta all’innanzi, posti dietro agli occhi alla distanza di mezzo diametro trasversale dell’orbite, distanti fra loro quanto un'occhio dall'altro: lo squarcio della loro aper- tura è un poco maggiore della terza parte del diametro dell’ orbita. Le narici sono collocate appunto sotto il contorno del capo, di mezzo fra l'occhio e la punta del muso, il loro squarcio è trasversale lungo quanto quello dello spiraglio, bislungo, contratto nel mezzo, perchè alla metà del lembo anteriore e del posteriore v'ha un'appendice triangolare, volta verso quella del lato opposto, e alquanto fincurvata verso l’interno del tubo nasale, erta, rivestita di tubercoli ugualmente che tutta la pelle del pesce: non vha alcuna valvula membranacea alle narici. Lo squarcio della bocca è tagliato ad arco: da un'angolo all’ altro, stando chiusa la bocca, corre la stessa distanza che dal ‘punto anteriore della bocca alla punta del muso. Il detto punto anteriore cade sotto il mezzo dell’ occhio. Sebbene la bocca non sia molto ampia, nondimeno è un poco pro- trattile. Le labbra sono erte e molli, specialmente l'inferiore. La lingua è carnosa, col ‘margine libero. I denti di sopra lesiniformi acutissimi hanno le punte incurvate verso le fauci, sono inclinati un poco verso gli angoli della bocca, distanti fra loro, distribuiti alternativamente in tre o quattro file, delle quali verso il mezzo della bocca se ne conta una di più che verso i lati. Quelli della mascella di sotto ordinati in una fila sola, sono SCYMNUS LICHIA. ‘contigui, piatti, conformati a guisa di triangolo acutissimo, leggermente inclinati verso l'angolo della bocca. Le aperture branchiali sono poco estese; la quarta e la quinta stan- no vicine fra loro: fra la prima e l'occhio corre la misura di due diametri e due terzi dell’ orbita: la prima è estesa quanto la metà del diametro dell'orbita. L'ano è una volta e quattro quinti più distante dalla punta del muso che dall'estremità della coda. La pinna dorsale anteriore è una volta e un terzo più distante dall'apice della coda che dalla punta del muso, ugualmente distante dall’apice del muso che dalla radice della caudale: la sua figura è cuneiforme a rovescio, obovata, superiormente: la sua base s'estende per la metà dell'altezza che ha il tronco nella parte sottoposta: l’altez- za della pinna è una volta e due terzi maggiore della misura della base. La seconda dorsale è due volte e mezza più lontana dalla prima che dalla radice della caudale: la sua base è un poco maggiore di quella della prima: la figura è cuneiforme a rovescio, col lato terminale forcuto leggermente, l'angolo anteriore smussato, il posteriore acuto : il lato posteriore è di poco più esteso della base; il lato anteriore è più esteso del doppio. Le pettorali, piantate dietro alla quinta apertura branchiale verso il suo termine inferiore, hanno una figura obovata cuneiforme: la base si stende quanto quella della prima dorsale; la lunghezza comprende due volte e mezza la misura della base. Le ventrali situate di quà e di là dall’ano distano tre volte più dalle pettorali che dalla caudale: il termine posteriore della loro base cade di sotto dalla metà della dorsale posteriore. La lor figura è quadrilatera rombiforme: la base si stende un terzo più di quella della dorsale anteriore: il loro lato anteriore è uguale alla base, il poste- riore minore, il terminale maggiore, l'angolo libero anteriore è ottuso, il posteriore acuto. La pinna caudale è lunga quasi quanto la quarta parte di tutto il pesce, ed accompagna la porzione attenuata del tronco con tre quarti della propria lunghezza: il lobo superiore ha origine qualche poco più indietro dell'inferiore; il suo margine si eleva di mano in mano sulla linea che segna l'estremità del tronco, la quale è un pochino ascendente ed ha un andamento quasi retto fino al suo termine che è tron- cato obliquamente, e che eccede d'un qualche tratto il lobo inferiore; talchè fra l'uno e l’altro v'è un sensibile gradino: la misura del lato terminale resta compresa quat- tro volte e mezza in quella del lobo intiero. Il lobo inferiore è triangolare inequilatero: la sua altezza è compresa tre volte e tre quarti nella sua lunghezza. I tubercoli della pelle sono fitti, piramidali, poliedri, acuminati, con la punta inclinata all'indietro, quelli del disopra del capo schiacciati. Il colore è bigio nerastro unifarme, meno che più pallido verso il lembo delle pinne. L'interno della bocca è bianchissimo, e così pure il peritoneo. L'interno delle fessure branchiali nerastro. L'iride nera e la pupilla nero-verdastra. Giunge questo pesce ad aver la lunghezza di tre piedi. L’esemplare qui sopra de- scritto era lungo piedi due sei pollici e sei linee, Al dire del Signor Risso vive in picciole brigate che si scostano ben di rado dalle profondità sassose, compiacendosi forse di quella uniforme temperatura. Il maschio s'av- vicina alla femmina fin dal febbrajo, e circa tre mesi dopo questa partorisce da dieci a sedici figliuolini vivi, i quali si schiudono dalle uova a qualche giorno d'intervallo uno dall'altro. Si pesca raramente, ma in qualunque stagione dell’anno su tutta la costa d'Italia da Nizza alla Sicilia. Sebben vorace, pure non fa alcuna difesa quando vien SCYMNUS LICHIA. preso, come sogliono gli Squalini più ardimentosi. La carne è piuttosto buona, benchè alquanto pesante : la pelle ottima per l'uso che ne fanno gli ebanisti, anzi s' adopera pei lavori più fini. A Nizza porta il nome di Gatta causiniera, e sa Sicilia ci è stato mandato sotto quello di Pesce notte, attribuito dal Rafinesque al suo Dulatias nocturnus. La gran rarità di questo essere ha fatto sì che sulle altre spiaggie non gli è stato dato nome volgare. Altre specie del genere Scymnus popolano i diversi mari del globo. Vero è che nulla possiamo determinare dello Scymnus rostratus del Risso, ma stando a ciò che ne riferisce l’autore, siffatto pesce indigeno del mediterraneo sarebbe poco dissimile dal no- stro Scymnus Lichia, e distinto, più che in altro, nel corpo quasi liscio, nel muso due volte più lungo, e nella direzione dei denti alquanto diversa. I mari del Settentrione d’ Europa accolgono anch’ essi una specie di questo genere audace e fiera non meno dello Squalus Carcharias di Linneo, la quale fu dal Gunner creduta essere appunto il vero Carcharias, servì in parte al Bloch per la sua ideal figura della tavola :19, ed è forse lo Squalus microcephalus nell’ edizione dello Schneider: fu chiamato di poi Squalus Norvegianus dal Blainville, nè crediamo che differisca da esso lo Squalus arcti- cus dello Scoresby. Nelle acque dell'Oceano Indiano i Signori Quoy e Gaymard rin- vennero altresì uno Scinno che denominarono Scymnus Laborde, notabile per la piccio- leaza della pinna dorsale anteriore. Incliniamo a credere che Scymnus pur anche sia lo Squalino detto dal Lesueur Somniosus brevipinnis, ma non possiamo darne giudizio definitivo per non avercene egli descritta la forma dei denti. Il Cuvier annovera fra gli Scymni anche lo Squalus squamosus, Broussonet, 0, diciamo piuttosto per evitare ogni errore, quella specie che il Lacépède figura invece del pesce che è stato l’argomento del presente articolo; ma guardando sottilmente si troverà non essere lo Squalus squa- mosus nè di Broussonet nè dei suoi compilatori Bonnaterre, Lacépède, Gmelin etc.; poi- chè lo stesso Cuvier il colloca fra gli Scymni, i quali com’ egli confessa, si distinguono appunto dalle Centrinae per la mancanza delle spine alle pinne dorsali. Ora tutti gli autori concordano nell'attribuir tali spine al loro Squalus squamosus. Convien dunque credere che di vero quel pesce sia una Centrina; e ragionevole sarà per avventura l'opinione del Blainville che neppure specificamente il vuole asserire diverso dallo Squa- lus Centrina di Linneo. Ma siccome tanto -il Blainville quanto il Cuvier, sembrano aver veduto il pesce in natura, fa d'uopo conchiudere che parlino di due esseri in tutto differenti, Il Cuvier poi senza fallo avrà veduto uno Scymnus (e perchè non lo Scymnus rostratus del Risso?), ma certo non fu savio avviso il riferirlo, com'egli fece, allo Squa- lus squamosus, che dee portare le pinne dorsali spinose. Finalmente al genere Scymnus apparterrà il Mangia-Luvari ossia Dalatias sparophagus del Rafinesque, abitatore delle acque di Sicilia, ma non potrà in verun modo immaginarsi identico con la specie qui sopra descritta, giacchè l’autore chiaramente afferma aver esso il ventre bianco e la pinna dorsale posteriore quasi adiposa. Comunque sia quel genere Dalatias è fondato sopra un carattere falso : la seconda specie sarà senza meno uno Spinax e con maggior probabilità il nostro Spinax Blainvillii. MIA Ù pi xi se L c K CAI VOTO CULZA VASAVA CZ og : È IO ; SQUATINA ANGELUS SQUADROLINO PELLENERA SQUATINA cinereo-olivacea fusco irrorata, maculis subrotundis nigricantibus in pinnis pecto- ralibus et in trunco nullis: oculis minimis, remotis, a capitis margine plus proprio dia- metro distantibus. squaLus squatina, Linn. Syst. Nat. I. p.398. sp4. Gmel. Syst. I.p.1503. sp.4. Brunn. Ichth. Mass.p.5.sp.12. Bonnat.in Tabl. Enc. Ichth. p.12. sp.28. tab.v.figalh. ex Bloch. Bloch, Fischwerk,iab.116. Schneid. BI. Syst. p.157. Castel, BI.Poiss.VIII.p.240. Donov. Brit. Fish.I.tab.17. Cuv.Tabl, Elem.p.316.sp.1. Turton, Brit: Faun.p.114. SQUATINA LAVIS, Cuv. Régn.Anim. II. p.151. SQUATINA ANGELUS, Dum. Zool. Anal. p. 102. gen.4. Blainv.in Faun. Franc. Poiss. p. 53. tab. 15. fig. 1.2. Risso, Hist. Nat. III. p.139. Cuv. Règn.Anim.2, ed.1I. p.594. Jenyns, Man. Br. Vert, p.507. sp,197. RHINA SQUATINA, Rafin. Caratt. p.14. gen. zi, Id, Ind. Itt. Sic.p.45. sp. 537. SQUATINA LEWIS; Couch, in Linn.Trans. XIV. p.90. Jenyns, Man. Br. Vert. p. 508. sp. dub. 41. SQUATINA VULGARIS, Risso, Ichth. INic. p.45. sp. 1. Flem. Brit. Anim. p. 169. sp. 16. Mill, et Henle, Plagiost. I. p.99. sp. 1. Peyn » Arist. Hist. Anim. lib.ii. cap.xv.lib.v.cap. v.x. xi. lib. ix. cap.xxxvii, Athen.Deipnosoph.lib.ii. cap. xv. Oppian. Halieut, lib. i. p. 15. SQUATINA, Plin. Hist. Mund.lib.ix. cap. zii. xxiv. xlii. li. lib. xxxii. cap. ix. Jov. Pisc. Rom, cap. xxix. p.10. Bellon. Aquat.lib.1.p.77. cum fig. Rondel. Pisc. Mar. I. lib.xii. cap. xxi. p.367. Salvian. Aquat. Hist. 50. p.152. fig.55. Gesn. Aquat. IV. p.$99. et 902. Id.Ic. Anim. p.39-40. Thierb.p.165.b.166. Willughb. Ichthyogr. lib. iii. cap. xix. p. 79. tab. D. 3. fig ex Salo. Ray, Syn. Pisc. p. 26. sp. 6. Aldrov. Pisc. lib.iii. cap.Ixvi.p.471. cum fig. ex Rondel. Jonst. Pisc.lib.1.tit.1.cap. iii. art.iii. punct.x. p.25. tab.11. fig.7. ex Salv. Ruysch, Theatr. Anim. tab.xi. fig.7. ex Salv. Charlet. Onom. p.131. Mascardo, p. 225. sQUALUS pinna anali nulla, caudae duabus, ore terminali, naribus cirrosis, Arted. Gen. p. 67. sp, 6. Id. Synon. p.95.sp.6. Linn. Mus. Ad. Fred, IT. p. 49. RHINA sive sQuATINA auctorum, A/cin. Pisc. Miss. III p.14. sp.1. tab. 2. fig, 5, 6, SQUALUS capite plagioplateo lato, ore in apice capitis, naribus cirrosis, Grornoy, Zooph. p. 151. Id. Act. Ups.IN.5. Id. Mus. Ichth. I. p. 65. sp. 157. squaLus corpore depresso, Bloch, Ausl. Fisch. I. p.25. sp. 7.tab.116. SQUALUS pinnis pectoralibus maximis anterius emarginatis, Gmel. Syst. loco citat. squapbRo, Cetti, Descr. Sard. III. Pesci p. 65. ANGELO Òò PEJE ANGEL, Cornide Hist. Pec. Galic. p.129. ANGE ou ANcELOT, Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. lib. 1. p.68. cum fig. squatINE, Duham. Pech. Scct. IX. tab. 14. fig. 1. 4. ANGE, Brousson. Mem. Chiens de Mer, in Act. Paris. 1780. p. 678. sp.27. ance, Daubent. Dict. Ichth.in Enc. Méth. Hist. Nat. III p.17. SQUALE ANGE, Lacép. Poiss. I. p.295.tab.xii. fig. 1. SQUATINE ANGELOT ou ANGE DE MER, Cloquet, in Dict. Sc. Nat. L, p. 359. MONK or ANGEL-FISH, /Willoughb. loc. citato. ANGELFISH, Borlase, Cornw.p. 265. tab.xxvi. fig.9. Penn, Brit. Zool.III.p.74.sp.1.tab.zii. Id. (ed.1812.) III. p,150.tab.15. Id. Nat. Hist. Yarmooth,p.17. Yarrell, Brit. Fish. IT. p. 4og. ANGEL sHARK, Shaw, Nat. Miscell. XXI, tab. 906. Id. Gen. Zool.p. 356. tab. 155. fig. ex Lacép. MEERANGEL, Germanorum, i \ ivono dentro il Mare mediterraneo due specie di Squatina, una delle quali vien da noi pubblicata come nuova. Due in verità ve ne posero il Duméril e il Cuvier, 147 SQUATINA ANGELUS. cioè la laevis-e l'aculeata distinguendole pei caratteri enunciati nei rispettivi nomi: ma tanta autorità non ci basta a dimettere la novità della nostra, imperocchè le due specie che noi veggiamo son levigate od aculeate secondo gli stati loro diversi. Di ciò si avviddero i chiarissimi signori Mùller ed Henle, i quali crederono determinar meglio la differenza tra le due specie ammessevi da essi pure dalla semplice o doppia sfrangia- tura delle barbette; in conseguenza di che riconoscono in questo mare la vulgaris e la fimbriata, anzichè la laevis e l’aculeata. Noi però non sappiamo neppur confidare in cotal segnale specifico; perchè avendo ogni Squatina mediterranea da noi veduta sì dell'una che dell’ altra specie le barbette similmente sfrangiate, non rimanghiam senza sospetto che la sfrangiatura maggiore indicata da quei professori possa essere una esa- gerazione facile a concepirsi sopra una tal qual turgidezza di quei piccoli organi in un dato esemplare. Ma siccome veggiamo due specie mediterranee assolutamente diverse per caratteri indubitabili e perenni, e dall’ altra parte non abbiamo incontrato mai alcu- na Squatina, cui segnalasse l'abnorme sfrangiatura suddetta; così ci è giuoco forza il concludere, che tanto gl’Ittiologi francesi quanto i prussiani dicessero il vero circa il numero delle specie, e ne trattassero anzi con mani due diverse; le quali tuttavia non sapessero confortare di ragion valida, e molto meno esplicare in quei modi che superi- no qualunque difficoltà. Di esse due specie andiamo a trattare premettendo le genera- lità della sottofamiglia Squatinini, che formasi unicamente dal genere Squatina, ed appar- tenendo agli Sqralidi è quella che più di ogni altra si approssima ai Rajidi, dei quali assume la depressa corporatura; come i Rhinobatini e i Pristidini, che sono Rajidi, assu- mono il corpo terete degli Squalidi. Egli è perciò che gli Squatinini posson dirsi Squalidi anomali a distinzione delle undici altre sottofamiglie, che sono Squalidi veri, nè posson dirsi altrimenti. Gli Squatinini hanno il corpo depresso dall’una all'altra estremità, convesso alquanto al di sopra, perfettamente piano al di sotto; la bocca sull'orlo anteriore del muso; gli occhi, privi di membrana nittitante, nel di sopra del capo; dietro essi gli spiragli, gran- di; le cinque aperture branchiali contigue tra loro, frappostavi solo una semplice vescica membranosa, e collocate entro una fenditura esistente negli orli di qua e di là del tron- co in quella parte che distaccasi dal superior lobo delle pinne pettorali: queste superior- mente sinuose nel margine interno, che da un punto posteriore alla quinta branchia ri- monta parallelo al ben diviso capo: due pinne dorsali: niuna anale: la valvola intesti- nale ravvolta a spira. Caratteri meno importanti, e che solo perciò consideriamo generici, sono il capo gran- de, rotondato, più largo del tronco, e quindi susseguito quasi da un collo: gli spiragli molto più grandi degli occhi, dai quali distano quanto quelli dal confine del muso, figu- rati a mezza-luna, la cui convessità è sul dinnanzi: la bocca pienamente organizzata; le mascelle poco arcuate, ambedue protrattili, quasi ugualmente sporgenti, ma l’inferiore più larga; il labbro superiore rigonfio: le narici collocate in fondo a due seni formati da due membrane frastagliate in appendice del muso, sovrastanti alla bocca, e le .stesse narici fornite di due valvole ramificate molto eccedenti dal profilo del muso: una an- gusta membrana sul profilo suddetto, sinuosa, ed estesa dalle narici fino al punto in cui l’apice delle pettorali si approssima al capo: gli occhi quasi rotondi, allineati con le na- rici e cogli spiragli in senso obliquo: i denti larghi di base, stretti di punta, e perciò apparentemente radi fra loro, conici, ricurvi, poco taglienti; i mandibolari più numerosi SQUATINA ANGELUS. dei mascellari e di serie interrotta nel mezzo; i mascellari senza il medio impari: negli angoli della bocca due cartilagini al di sopra, una considerevole al disotto, e sovrastante ad esse un profondissimo ricettacolo sotto la volta carnosa: tubercoli squamiformi di- stanti fra loro, terminanti in punta: le due dorsali poco dissimili l'una dall’altra, assai retroposte, collocate cioè sulla parte assottigliata del tronco, Ja quale, più larga che alta, ‘passa di mano in mano dalla forma piatta alla terete verso la estremità, e cinge una ca- rena membranacea lungo i lati: le ventrali grandi, quantunque minori delle pettorali, con l'appendice maschile piccola e floscia: la. caudale leggermente forcuta coi due lobi non intaccati, l’inferiore de’ quali è alquanto più lungo del superiore. Giungono le Squazine ad otto piedi perfino di lunghezza, montando al prodigioso peso di cento sessanta libre. È così grosse narrasi che assalissero i pescatori, quandochè all’or- dinario l’ingordigia loro contentar devesi di Raje minori ed altri pesci piatti, che per simi- le conformazione vivon com'esse nel fango, del quale assumono le più volte il vario colo- re. Si riuniscono talora in piccole punte, che sono probabilmente della stessa generazio- ne. Le femmine partoriscono una dozzina di figli alla volta; i quali al minimo timor del periglio si rifugian sotto le ali della madre, onde taluni favoleggiarono che le cerchino in bocca l’asilo. Sono di carne coriacea, generalmente spregiata, di cattivo sapore sì, ma non quanto da uno Squalide si aspetta. Le uova diseccate si usano da’ marinari per istringere il flusso del ventre; e Plinio racconta che a’ tempi suoi le donne applicavanle sulle mammelle per indurirle e non permettere insieme che s' aumentassero fuor di giu- sta misura. La pelle loro, come di altri Squalidi, è utilmente adoperata in fodere di astucci e di guaine, ma più spesso a levigare legnami, avorj, ed altre dure sostanze; al qual uopo gli artefici romani se ne servono esclusivamente ad ogni altra, e la dicono per antonomasia Pelle di pesce. Che il nome volgare di Squadrolino in Roma, di Squa- dru in Sicilia, di Squadro e Squatrolino in Toscana ripeta la sua origine dal latino Squa- tina niuno è che non vegga: nel qual nome convengono tutti gli autori della rinata let- teratura, ed i sistematici tutti di oggidì. Il solo Rafinesque dà al genere l’appellazione Rhina prendendola da quella che i Greci dettero a questi pesci, trasferita però dai mo- derni scrittori ad un altro. Il vocabolo Angelo introdotto modernamente presso molte nazioni può bene arguirsi che venga dalla grandiosa forma delle pinne pettorali. Descriviamo ora minutamente la specie, cui applichiamo il bel nome suddetto Ange- lus. Se le togli le pinne pettorali e le ventrali offreti la forma di un violino, il.cui mani- co venga costituito dalla parte assottigliata del tronco, che sembra esser coda, ed è lunga quasi un terzo di tutto l'animale. La di lui maggior larghezza, che trovasi nel terzo an- teriore, presa nel maggior dilatamento delle pettorali, uguaglia i due terzi della total mi- sura suddetta: la maggiore altezza cape sette volte nella detta larghezza. Il capo più largo del tronco è discoideo con una leggera smussatura nel segmenio anteriore; presso la quale offre superiormente una sensibile escavazione rotonda, ai cui lati si originano due rilievi longitudinali convergenti fino al livello degli spiragli; ond’è che vedesi nella fronte un escavamento, cui seguono due piccole fossette rotonde poco distanti fra loro. Gli occhi ellittici, allungati, distano il triplo del loro diametro dal profilo del muso, e il quadruplo l’uno dall'altro: gli spiragli si allontanano da quelli per quanto è un proprio diametro e più del triplo l'uno dall’altro; hanno integri i margini, il superiore con- cavo, l’inferiore sensibilmente convesso nel mezzo; la figura loro è qual di un fagiuo- lo. La bocca che da un angolo all’altro misura io stesso spazio che corre tra gli angoli 147% SQUATINA ANGELUS. esterni dei due spiragli, se vuoi aprirla ti spalanca una apertura circolare, il cui diame- tro è un sesto della larghezza del pesce, e ti mostra acuti, robusti, ma brevi denti diretti dal fuori al dentro, impiantati con larga base in due labbra carnose, e disposti in tre serie assai propinque fra loro, sì che paja la base di uno esser comune a quella di un altro: la lingua è larga, tenue, liscia, acuta. Le narici forate presso l'orlo del muso sono rotondette e distanti tra loro quanto sono gli occhi tra di essi; ed hanno l'appendice in- terna suddivisa in tre lobi, il medio dei quali è una membranuzza quadrilatera con dentelli frapposti, l’esterno che può dirsi un suo incremeato è ugualmente sottile ma lungo il doppio, e con una rampollatura dentellata anch'essa alla base, mentre l’inter- no isolato da una intaccatura è presso che simile all’ altro, ma bifido in punta: hanno inoltre la valvola esterna larga, sottile e leggermente dentellata. La prima apertura bran- chiale dista dalla punta del muso quanto questa dall’estremità superiore delle pettorali, e dall'ultima apertura la metà dello spazio che corre tra l'una e l’altra serie delle me- desime. Grande ed ellittico apresi l’ano poco innanzi alla metà del pesce. La cute al di sopra è molto aspra, massime se la sì strisci dalla coda verso il capo: brevi, robusti aculei disposti senz’ ordine, armano la fronte, il margine anteriore degli occhi, e il po- steriore anco più, come talvolta ve n'ha una serie longitudinale sul filo del dorso: armi però che caggiono invecchiando: al di sotto poi la cute è levigata fuorchè lungo i mar- gini esterni delle pinne, e verso la base della caudale ove è aspra, ma non quanto al di sopra. Le pinne pettorali quasi un terzo più lunghe che larghe, cioè il terzo del pesce misurato fino all’ origine della caudale, sono quadrilatere con l'angolo superiore acuto, l'esterno quasi retto; hanno il margine superiore molto concavo, seguendo il profilo dei lati posteriori del capo, l'esterno quasi retto, l’inferiore concavo nel terzo superiore, ro- tondato quindi e rientrante verso i lati del tronco fino alla base. Le ventrali spiccano lungi da queste per una metà della loro lunghezza, che è quasi il triplo della larghezza, ed uguale allo spazio che corre tra la pinna dorsale e la caudale; sono anch'esse quadri- latere, ma l’angolo acuto è il più basso, e l'anteriore è rotondato. La prima dorsale rom- boidale, col margine superiore convesso, l’inferiore concavo, ergesi quanto distano gli spiragli l’uno dall'altro, e siede in mezzo tra la dorsale posteriore e l’attaccatura delle ventrali: l’altra dorsale poco men lunga, e della forma stessa, tiene il mezzo tra quella e la caudale. Questa è leggermente forcuta col lobo inferiore più lungo del superiore ch’ è più stretto e finisce in angolo acuto; tra l’uno e l’altro lobo è una distanza eguale alla lunghezza del superiore; l’intera caudale misura quasi un sesto di tutto il pesce. Il colore è di oliva fradicia con macchiuzze e punti sanguigno-bruni più visibili so- pra le pinne le quali sono orlate leggermente di nero. Il disotto del capo, del ventre, e della metà della parte sottile del tronco è bianco argentino come nelle pinne, le quali però passano grado a grado in violaceo scuro verso la periferia : gli occhi hanno l’iride giallognola, la pupilla color d’acqua di mare. SQUATINA OCULATA SQUADROLINO PELLEROSSA SQUATINA squallido-rufescens sacpius albo-maculata, maculis quatuor subrotundis nigrican- tibus in pinnis pectoralibus, sex in trunco post ventrales: oculis grandiculis, proximu- lis, a capitis margine minus proprio diametro distantibus. SQUATINA ACULEATA ? Duméril. Cuv, Règn. Anim.2. ed. II. p.394. SQUATINA FIMBRIATA? /Zull. et Henle, Plagiost. I. p. 101. sp.2. ) IL, altra specie di Squazina, che speriamo finalmente stabilire sopra solide basi, vien da noi detta oculata sì per le dieci macchie nere oculiformi che stabilmente l’adornano, e sì per la grandezza degli occhi, carattere in vero più essenziale del primo. Siedono le macchie suddette due in ciascuna delle pinne pettorali; le superiori son prossime al margine interno, ugualmente distanti dal tronco che dal capo; le inferiori sono almeno il doppio più grandi, ed occupano il lobo posteriore delle dette pinne : le altre sei uguali fra loro, ma più piccole di tutte, si ripartiscono a tre per lato nel tronco; cioè due immediatamente dopo l’attaccatura delle pinne ventrali, due a livello della prima dorsale, due altre a livello della seconda. Tranne poi il color generale del pesce, che è d'un carniccio sporco, meno spruzzato di punti scuricci, e tempestato il più delle volte da rotelle nere col centro bianco, non sapremmo indicare differenza alcuna con la Squatina precedente, cui è similissima nelle forme e nelle proporzioni. Le barbette spe- cialmente non sono in questa più frastagliate che in quella: solo una tal qual maggiore turgidezza delle medesime potrebbe far sospettare che, esageratasi alla vista dei signori Muller et Henle, abbia rappresentato ad essi la specie fimbriata, seppure non avessero osservato una Squatina di tutt'altro mare. Comunque sia, per lo grande rispetto che pro- fessiamo a quegli egregi naturalisti, non abbiam voluto privare del tutto la Fauna Italica dell'immagine di una specie da essi proposta; e perciò abbiamo aggiunto alla nostra tavola il profilo anteriore del capo di essa fimbriata preso fedelmente dall’ opera loro. Saremo però ben contenti se mercè di codesti indizj si rinvenisse nel nostro mare una Squatina, cui concorressero segnalati caratteri a stabilire in terza specie; ma fino a che ciò non si avveri non ci rimoveremo dal credere che la fimbriata loro, quando non sia specie esotica, sia la stessa che la nostra oculata. La sola Squatina esotica che si conosca finora è quella dell’ America settentrionale, descritta e figurata dal Lesueur negli Atti dell’Accademia delle scienze di Filadelfia, e da lui dedicata al fondator del genere signor Professor Duméril; la quale i signori Mùl- ler et Henle non riguardano affatto diversa dall’ Europea, quantunque il Lesueur la di- chiarasse totalmente dissimile. La Squatina Lewis finalmente delle coste di Cornovaglia essere un mero sogno del signor Couch si crede ogni giorno più dagli stessi Ittiologi d’ Inghilterra. Ù SOLCO son % ga mera dal Ns tal sl dlemob HI BIT% (FIPLÙI ELFI IDO 1 EE TAART A a osta i09 su vita: tali o stat i sà iavii vati "A ran 0A saltano presi 64 w ALATI METE TOTO Ti Da: TO sa da rase Aaa ani De BRatdistalilypzs. RAJA MARGINATA RAZZA MARGINATA LAEVIRAJA rostro longiusculo triangulari; disco late rhomboideo cervino, maculis obscu- rioribus destituto, subtus albo; alis supra et infra nisro-marginatis: cauda valde depressa. RAJA MARGINATA, Lacép. Hist. Nat. Poiss, V.p. 665. tab. 20. fig. 2. Riss. Hist. Nat. III p. 148. sp. 34. Blainville in Faun. Fr. Poiss. p. 19. sp. 6. tab. 3. fig. 2. RAJA ROSTELLATA, Risso, Ichih. p. 8. sp.8. fig. 1. 2. RAJA LAEVIS, Rondel. Pisc. I. lib. xii. cap. iii. p. 344. cum fig. Gesner, Aquat, lib.iv. p. 790. Jonst. Pisc. lib. i. tit. i. cap. 5. art. 3. punct. 5. p. 21. excl. fig. “ai RAIE BORDEE, Lacép. Hist. Nat. Poiss. loco citato. Sia la famiglia de’ Rajidi alla Sottoclasse dei Pesci cartilaginei, sezione dei Trematopnei, e all'ordine de’ Plagiostomi. Laddove negli Squalidi, che fanno parte del- l'ordine medesimo, le aperture branchiali sono situate ai lati del capo e il tronco ha una forma più o meno terete, le aperture branchiali dei Rajidi al numero di cinque paja si veggono sempre al di sotto del capo, e il lor tronco che è molto depresso prende l'aspetto d'un disco, perchè è orlato dalle pinne pettorali larghissime e car- nose che si connettono anteriormente fra loro ovvero col muso, e si stendono all’ in- dietro fino alla base delle ventrali. Gli occhi occupano la faccia superiore del capo, ma guardano a destra e a sinistra. Gli spiragli esistono in tutti, son sempre grandi e s'aprono essi pure nel di sopra del capo. La bocca invece e le narici sono collocate sulla faccia inferiore, insieme con le aperture branchiali. Le mascelle sogliono avere una mobilità assai limitata, e sono armate di denti numerosi. La pinna dorsale, quando esiste, quasi sempre è doppia ed inserita sulla coda, che più propriamente dovrebbe tenersi per una parte del tronco assottigliata tutto ad un tratto e prolungata al di là dell'ano. La pinna anale manca costantemente; la caudale o manca del tutto, o se ne vede un vestigio soltanto. I Pesci di questa famiglia sono Animali marini, notturni, voracissimi, che .si ci- bano di Pesci, di Molluschi e di Crostacei. Se pei costumi gli Squalidi mostrano grande analogia con gli Uccelli di rapina diurni, i Aajidi possono essere paragonati assai giustamente agli Uccelli di rapina notturni. I loro amori hanno luogo nella pri- mavera e per tutta l'estate: durante l'accoppiamento il maschio stringe la sua com- pagna con le appendici fusiformi che porta di qua e di Jà dall’ano, e l’uno e l’altra s'avvinghiano a ‘vicenda con la coda. Non tutte le uova già formate nel corpo del- la femmina restano fecondate in ogni accoppiamento, ma solo due o tre delle più sviluppate. Quando sono perfette hanno la forma d’una borsa schiacchiata; per lo più quadrilatera, con gli angoli acuminati, più o meno allungati; la loro sostanza è 32 RAJA MARGINATA. mucoso-cornea. Essendo vicine ad aprirsi sono deposte di mano in mano dalla femmina nel fondo del mare; più di rado saprono nel ventre stesso della madre, donde escono i piccini traendo seco il lacero avanzo dell’inviluppo che prima li racchiudeva. La carne dei Rajidi è mangiabile, ma dura, fetida e poco stimata: solo col lungo stare s'intenerisce e depone in parte l’odor nauseoso. Si pescano con certe reti tese verticalmente in qualche distanza dal lido, e con altri ordigni chiamati dal volgo Sciabiche e Tratte. Otto sono i generi che crediamo doversi comprendere in questa famiglia, cioè Pristis, Rhinobatus, Torpedo, Raja, Trygon, Anacanthus, Myliobatis, e Cephaloptera. Non sarà fuor di proposito l’accennare i caratteri che li distinguono. I due primi per la forma generale del corpo rassomigliano non poco agli Squalidi. Nel Pristis il capo si prolunga in un lungo rostro depresso coi lati dentellati. Il capo del Rhinobatus si assottiglia in un rostro semi-libero acuto; la coda è molto grossa, appena distinta dal tronco. La Torpedo ha il corpo orbicolare, la coda corta e grossa, terminata da una pinna obliqua. La Raja è rostrata anteriormente, ha il disco romboidale, le ventrali bilobe, la coda distinta, ornata di due picciole pinne dorsali. La 77ygor ha il corpo romboidale ; la coda distinta, gracile, priva di pinna dorsale, armata d'un aculeo den- tellato; le pinne ventrali picciole, indivise; i denti minuti. L’Anacanthus si discosta dalla Trygon solo perchè la sua coda non è punto armata d’aculeo. Nella Myliobatis i lati si stendono in ale più o meno falciformi; il capo è libero; occhi laterali; denti tabuliformi; pinne ventrali rotonde indivise; coda sottile, munita d'una pinna dorsale e d'un aculeo. La Cephaloptera finalmente ha il capo troncato, e le pettorali prolun- gate all’innanzi di qua e di là dal medesimo; denti piccioli minutissimi, Il genere Raja, del quale ora dobbiamo trattare più particolarmente, oltre i ca- ratteri accennati or ora come comparativi, offre le seguenti condizioni. Corpo depresso larghissimo. Circoscrizione del disco romboidale a cagione delle pinne pettorali stese a guisa d’ale triangolari. Capo più o meno compreso nel prolungamento anteriore delle pettorali, spesso rostrato per lo sporgere che fa il vomere. Denti labiali, minuti, fitti, impiantati sulle mascelle in ordine quincunciale. Pinne ventrali bifide: il lobo anteriore più angusto, intiero nel margine esterno, crenato-inciso nell'interno, il poste- riore all'opposto crenato nel margine esterno, intiero nell’interno. Coda distinta dal tronco, sottile, munita di due picciole dorsali verso la punta, e per lo più d'una pic- ciola pinna caudale all’ estremità. I Pesci di questo genere sono sempre armati d'aculei più o men numerosi: questi non mancano mai sulla coda, nel qual luogo sono ordinati in serie longitudinali, e presso gli occhi; altri ve ne sono sulle pinne pettorali; ma nei maschi occupano la, parte esteriore delle ali, laddove nelle femmine sono impiantate sulla parte posteriore. Alcuni di questi Pesci portano sul dorso una membrana sollevata a guisa di vela: questa condizione di struttura che a prima vista deve parere stranissima è però meramente accidentale, ed hanno errato gli autori che, hanno preteso stabilire sopra di esso specie particolari. Qualche maggior considerazione meritano le macchie in forma d'occhio che si mostrano frequentemente sul dorso delle Raje; ma non bisogna dare neppure à queste una fiducia pienissima, impiegandole come caratteri di distinzione, perchè, se in alcune specie sono costanti, in altre durano solo per la prima età d'ogni individuo, ed in altre sono soggette ad obliterarsi senza che sia possibile assegnarne la ragione. RAJA MARGINATA. Certamente questa variabilità di forme e di coloramento rende molto difficile il definire con precisione le specie tutte del genere. Sembra che i caratteri più sicuri si debbano desumere dalla configurazione e dalla circoscrizione del disco, dalla forma e proporzione della coda, non che dalla disposizione e dal numero delle pinnule di cui essa è armata, e dalla forma e grandezza relativa delle pinne ventrali. Sono pure da tenersi in qualche conto i denti, il numero e la disposizione degli aculei, il color generale e le macchie, ma l’importanza troppo grande e quasi esclusiva che hanno dato a tutti questi ultimi caratteri molti Ittiologi, fa che le loro descrizioni non diano adequata notizia delle specie, e ravvolge in dubbj senza fine la sinonimia di tutto il. genere. L’intiera massa di questo può considerarsi come divisa in due categorie, che meritano a mala pena nome di sottogeneri. Alla prima, da dirsi Zaeviraja, sono da riferire tutte le specie che, prescindendo dai soliti aculei, hanno tutta la superficie del disco liscia: alla seconda, da dirsi Dasybatis, possono riportarsi le altre col disco tutto ruvido e scabroso superiormente. Nel Saggio d’una distribuzione metodica dei Vertebrati per una inavvertenza denominammo questi due gruppi Zeiobatus, Blainville, e Dasybatus, Blainville. Ma il secondo di questi nomi corrisponde esattamente pel suo valore al nostro nome generico Raja, il primo appartiene ad un gruppo che esce af- fatto da questo genere, e che dovrà essere tenuto per una suddivisione del prossimo genere Zrygon, caratterizzata dalla presenza dell’aculeo e della pinna caudale. Il Leiobatus del Rafinesque corrispondeva in origine a quello del Blainville, ma poscia egli vi unì le Miliobati: quanto al Leiobatus degli antichi esso conteneva tutti i Rajidi di pelle liscia, e faje, e Trigoni e Miliobati. Quello del nostro Saggio so- praccennato corrisponde al vocabolo /tazza dei pescatori romani, i quali sogliono re- stringere il significato del nome Arzilla a quelle specie che hanno la cute scabrosa. La Raja marginata del Lacépède è nel numero delle Zaeviraje, cioè di quelle che a Roma diconsi Razze più propriamente. Si riconosce facilmente al colore del disco tutto cervino senza macchie oscure, e al margine delle ali tinto d'un nero-verdastro di sopra e di sotto. La sua carne è piuttosto buona. Non è fra le più abbondanti lungo i lidi Romani: sembra sparsa però in tutto il Mediterraneo, lungo le spiagge europee dell'Atlantico, e nella Manica. È verosimile che non giunga mai ad una sta- tura considerevole, ed infatti tutti gli esemplari da noi raccolti erano piccioli a segno da farci sospettare, che potesse cangiare d’aspetto col crescere. L'esemplare però che fu misurato dal Blainville aveva la lunghezza di due piedi. È difficile il comprendere come sia accaduto, che gli autori non abbiano ricono- sciuto in questo Pesce la Raja luevis descritta ed effigiata con sufficiente chiarezza dal Rondelet. Il Guvier, che in una nota accenna di volo la Raja marginata, V’ac- compagna con la citazione d'una figura del Salviano che rappresenta un Pesce asso- lutamente diverso, e realmente somigliante alla R. Oxyrhynchus, cui egli la paragona; ma la vera A. marginata è troppo diversa dalla R. Oxyrhynchus perchè possano pren- dersi una per l’altra. La circoscrizione della R. marginata è romboidea, col diametro trasversale che su- pera d'un terzo la distanza fra la punta del rostro e l’ano. Il lato anteriore delle ali sincurva alquanto all’indentro verso la sua metà. Il rostro è triangolare, più lungo che largo, acuto, coperto nella faccia inferiore di picciole scabrosità che stendendosi 32” RAJA MARGINATA. sul tratto vicino giungono fino alla bocca. Superiormente due aculei adunchi sol- tanto sono impiantati in prossimità degli angoli dell’uno e dell'altro occhio. Del rima- nente tutta la pelle del disco è liscia e di sopra e di sotto. I denti sono quadrilateri alla base, acuti, numerosi. Il lobo anteriore delle pinne ventrali è d’una metà men lungo e men grande del lobo posteriore. Le appendici maschili in tutti gli esem- plari da noi veduti erano più brevi del lobo contiguo delle ventrali. Coda poco più lunga del corpo, assai schiacciata, armata quasi fin dalla radice di tre serie d’aculei validi, adunchi, rivolti all'indietro, più numerosi nella serie dorsale che nelle late- rali. Le due pinne dorsali, separate da un’ intervallo brevissimo, sono inserite verso l'estremità della coda, la quale termina in una pinna caudale assai picciola ed angusta. Il colore della faccia superiore di tutto il Pesce è un cervino dilavato simile a quello della Camozza, ch'è però più intenso e sordido verso la parte centrale del disco. Verso la base delle ali dall’uno e dall’ altro lato nella direzione del diametro trasversale sogliono mostrarsi due macchiette rotonde perlate sordide. Spesso due altre macchiette dello stesso colore sono segnate di quà e di là dal seno che divide la base della pinna ventrale dalla pettorale da ambedue i lati. Sono però molto variabili il numero, la gran- dezza e la disposizione di queste macchie. Lungo il margine esteriore le ali sono cinte d'una fascia fosca un poco tendente al verdastro, assai più larga verso il mezzo che verso il capo e la coda. Il capo dagli occhi fino all’ apice del rostro è diafano, e la sua tinta è grigio-chiara che volge al roseo e al ceruleo. La faccia inferiore dell’ani- male è d’un latteo che passa al roseo, col margine delle ali cinto d'una fascia nera- stra assai larga, che si restringe un poco irregolarmente verso il capo e la coda, ed ha una tinta più intensa verso l'esterno, più sfumata verso il centro. Anche i lobi delle pinne ventrali sono imbrattati di fosco verso le estremità. La coda è cervino- nerastra lungo il suo dorso e in tutta la parte inferiore, cervino-chiara dai lati: di quest ultima tinta sono pure le pinne di cui è fornita la coda stessa. La lunghezza totale dell'esemplare effigiato era d’undici pollici e quattro linee; la larghezza d'otto pollici e tre linee. I due lati anteriori del disco compreso il ro- stro erano lunghi cinque pollici e mezzo, i posteriori misurati fino all'origine della pinna ventrale tre pollici e cinque linee. Le ventrali avevano un pollice e sette linee di lunghezza, e sei pollici e tre linee si contavano dalla punta del rostro all’ apice della medesima. Le appendici maschili erano lunghe sette in otto linee. Correvano cinque pollici e nove linee dall’ano all’ estremità della coda. Il rostro sporgeva fuori del disco sette linee circa, ed era largo alla base men di mezzo pollice. Dall’ apice del rostro all'angolo anteriore dell'occhio si contavano ventidue linee, e nove linee fra un occhio e l’altro. Dalla prima apertura branchiale all’apice del rostro v'era la distanza di due pollici e nove linee, e quella di tre pollici una linea dall’apice stesso agli angoli della bocca, la quale era larga poco più d’un pollice. aretiig Rug: Ronde!” LA Batiigiton23 RAJA MIRALETUS RAZZA BARACCOLA LEVIRAJA rostro brevi triangulari, sordide cinnamomeo-lutescens, guttis fusco-rubentibus adspersa: ala utraque uniocellata: aculeis super alas et ad rostri latera via ullis: maschilibus pinna ventrali brevioribus. RAJA MIRALETUS, Linn, Syst. INat. 1. p. 596. sp. 4. Gmel. Syst. 1. p.1507. sp. 4. Bonnat. Ichth.in Tabl. Ene. p. 5. sp. 4. Schneid. Bloch. Syst. p. 567. sp. 7. Brunn. Ichth. Mass. p. 2. Lacep. Hist. Nut. Poiss. III. p. 132. Cloquet in Dict. Sc. Nat. XLIV. p. 585. Blainv. in Faun. Frane. Livr. xiii. xiv. p. 27. sp. 11. tab. v. fig. 1. nec tab. iv. fig. 1. Risso, Ichth. Nic. p. 4. sp. 5. Id. Hist, Nat. III. p. 149. sp. 36. Naccari, Itt. Adriat. p. 25. sp. 112. Nardo, Prodr. Adriat. Ichth. sp. 8. (quoad foeminam.) Rafinesque, Ind. Itt. Sic. sp. 353. BASA OCULATA ET LEVIS, Rondelr-lib. xii. cap. 9. p. 349. fig. foem. senese. Gesner, Aquat. lib. iii. p.795. Aldrov. Pisc. lib. III. cap.51.p.455. RAJA LEVIS OCULATA? iSchonev. p. 58. W illugb. Ichthyog gr. p. 72. cap. X. Ray, Syn. Pisc. p.27. sp. 10. RAJA OCULATA? Jonston, Pisc.lib.I.tit.i.cap.3.art.3.punct.S.tab. 10. fig.4. Charlet. Exercit.Pise.p.11.sp.3. PASTINACA MARINA PRIMA RONDELETII (sic!) /Willugb. Ichthyogr. tab. C.1. fig. 4. RAJA dorso ventreque glabris, aculeis ad oculos, ternoque eorum ordine in cauda, Artedi, Synops. p. 101. sp. 7 Id. Gen. p. 72. sp. 7. Linn. Mus. Ad. Fred. II. p. 50. RAJA dorso dipterygio, aculeorum ordine solitario, cauda gracili pinnata, ordine aculeorum terno, rostro subaculeato, Gronov. Zooph. p. 155. Dasrpatus in utroque dorsi latere macula magna oculo simili; rostri supina parte aspera; in cauda quinque spi- narum ordines, pinnae duae, Klein, Hist. Pisc. Miss. III. p. 55. sp. 2. RAYE POLIE dicle FLossADE ou MIRALET? Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. p. di. MIRAILLET, Daubent. Dict. Poiss. in Enc. Meth. RAIE MIRALET; Lacep. loco citato. Li complesso dei caratteri che presenta la nostra Baraccola non ci permette di du- bitare che sia questa appunto la Raja Miraletus del Linneo, quantunque tal nome sia stato dato dagl’Iitiologi a più specie diverse. È comune in tutto il mare Mediterraneo, nè giunge mai alle dimensioni gigantesche di molti Pesci della sua famiglia. La sua carne è inferiore a quella delle altre Razze. I nostri Pescatori chiamano Baraccole le Razze fornite di macchie oculiformi. Per distinguere questa fanno uso d’un’aggiunto, e la dicono Baraccola vera, o Baraccola liscia. A Venezia è chiamata Quattrocchi e da tal uno Scarparo, in Sicilia Pigara Quat- trocchi, a Nizza Miraillet, e questa denominazione si sente ripetere lungo tutt’i lidi della vicina Provenza. Per quanto vistose possano piibisn le macchie oculiformi di cui sono ornate pa recchie Razze, bisogna guardarsi dal credere che somministrino caratteri da potervi ri- posar sopra con fiducia assoluta. Infatti s'incontrano specie in cui altri individui ne sono forniti, altri no; ve ne sono di quelle in cui si mostrano soltanto negl’'individui più giovani; ed altre finalmente in cui sono più costanti, come accade nella specie presente, ma pure sono soggette ad obliterarsi senza che sia possibile assegnarnela causa. 7 kE4E È» RAJA MIRALETUS. La circoscrizione del corpo della Raja Miraletus è romboidea, assai più estesa in largo che in lungo, col margine anteriore di ciascun dei due lati più esteso, ma meno d’un terzo, del posteriore il quale s'incurva ad arco di cerchio verso l’inserzione delle ventrali. Rostro breve, triangolare, piuttosto acuto. Pelle affatto liscia tanto di sotto quanto di sopra. Pochissimi piccioli aculei o piuttosto semplici scabrosità si veggono so- pra il rostro. Tre aculei maggiori son posti presso il margine anteriore degli occhi, e tre presso il posteriore; pochi altri (che spesso si riducono a "o segnano la linea dorsale, e talvolta ve ne sono due accessorii di qua e di lì da questa verso la parte centrale del dorso. Gli aculei delle ali soliti trovarsi verso l'angolo nei maschi di questo genere mancano affatto: nella femmina, soltanto quando è vecchia, se ne veggono pochissimi piccioli, curvati all'indietro, nella solita situazione. La coda è lunga quanto il corpo comprese le pinne ventrali, depressa, molto distinta dal tronco, e porta due picciole pinne dorsali vicino all’apice, separate fra loro da un breve intervallo, e nell’ apice stesso una pinna caudale obliqua molto piccola ed angusta; è armata inoltre di mol- tissimi aculei validi, curvati all'indietro, distinti, disposti in tre o cinque serie, che al solito incominciano un poco al di quà dalla base di essa coda. Il lobo anteriore delle pinne ventrali è men della metà più breve del posteriore col margine esterno integro, l'interno crenato-inciso; il lobo posteriore al contrario è crenato dal lato esterno, integro dall’interno. Fra questo e la coda sono collocate nei soli maschi le appendici dette per- ciò maschili, la lunghezza delle quali non giunge ad uguagliare quella del lobo con- tiguo delle ventrali. Tutta la parte superiore di questo Pesce è d'un colore cinereo-cannellino che tende al verde, ed è aspersa di macchiette rotonde bruno-ferrigne, la cui tinta varia d’intensità a tenore del sesso, dell’età e delle stagioni; verso la parte posteriore queste macchiette sogliono essere più cupe e più fitte. Da ambedue i lati alla base delle pinne pettorali, e poco al disotto del punto medio si vede uma macchia cospicua orbicolare o ellittica, il cui diametro supera quello delle orbite, di colore turchino rosseggiante, cinta da un'anello atro circoscritto da un’aureola bianco-giallastra. Il di sotto tanto del corpo quanto della coda è bianco, che volge al giallo ed ci ferrigno verso i margini posteriori. La lunghezza totale d'uno degl’individui femminei maggiori s'è trovata di diecisette pollici; la ieri di dieci riali I due lati anteriori del disco erano lunghi sei pol- lici e mezzo, i posteriori quattro pollici e otto linee. Le pinne ventrali avevano due pollici e cinque linee di lunghezza, e dalla punta del rostro al loro apice v'era la di- stanza di nove pollici e nove linee. La coda misurata partendo dall’ ano era lunga nove pollici e quattro linee. Gli occhi erano distanti dalla punta del rostro due pollici e due linee, e fra l’uno e l’altro occhio si misuravano sei linee. Dalla punta del rostro agli spi- ragli correvano due pollici e sette linee: dalla medesima alle narici un pollice e nove linee. La bocca era larga un pollice e due linee, e i suoi angoli erano lontani dalla punta del rostro due pollici e quattro linee. Dalla stessa punta del rostro all'ano v'era la distanza di sette pollici e sei linee. ASSI. RAJA QUADRIMACULATA RAZZA QUATTROCCHI Laviraza rostro brevi triangulari, vivide cinnamomeo-lutescens, guitis nigricantibus adsper- sa: ala utraque uni-(bi?)-ocellata: aculeîs super alas et ad rostri latera numerosis: maschilibus pinna ventrali longioribus. RAJA QUADRIMACULATA, Risso, Mist. Nat. III. p. 150. sp. 37. RAJA miraLetus, Mardo, Osservi Itt. Adr. in Giorn. Brugnat. Id. Prcdr, Adr. Ichth. sp.8. (quoad marem) RAJA OCULATA ET ASPERA, liondel. Pisc. lib. xii. cap. 11. p. 551. fig. Gesn, Aq. lib. iii. p.794. Aldr. Pisc. lib. iii. cap. 56. p. 458. Willugb.Ichth.p.75.cap.xii.tab.D.5.fig.5. Ray, Syn.Pisc. p.27.sp.10. DAsypatus in alis lateribus capitis et in dorso aculeatus, in cauda spinis majotibus et frequentioribus, duabus ma- culis ut in praecedenti, Xleîn, Mist. Pisc. Miss. iii. p. 55. sp. 3. uesta è assai più bella e più rara della precedente. Si pesca nei nostri mari, e dal volgo vien detta Baraccola chiodata, o Baraccola spinosa. Ci duole esser costretti d'adottare come nome specifico quello di Quadrimaculata assegnatole dal Signor Risso che l’ha descritta pel primo fra i sistematici, perchè le quattro macchie oculiformi di cui parla quest'autore noi non le abbiamo incontrate giammai. Non dubitiamo che que- ste macchie giungano al numero di quattro in qualche caso, ma non possiamo ammet- tere ciò che ha preteso stabilire il Signor Risso, allorquando ha asserito che il maschio ne porta quattro e la femmina due soltanto; perchè due macchie abbiamo vedute e nel- l'uno e nell’ altro sesso, e due ne portava appunto. l'esemplare maschile che qui si vede effgiato. Convien dire che le due macchie accessorie le abbia in ragione dell’età o d’al- tre cause, che nella ignoranza in cui siamo chiameremo accidentali. Qualunque siasi il numero delle macchie oculiformi in questo Pesce, esso non può confondersi certamente con la Raja Miraletus. In primo luogo è notabile la diversità della circoserizione del disco, che nella specie della quale ora parliamo è proporzional- mente più lungo e più stretto. Le seabrosità del rostro sono molto più sensibili, e si estendono alla parte inferiore non che lungo tutto il margine anteriore delle ali, anzi per un tratto si convertono in veri aculei. Laddove solo in qualche esemplare fem- mineo più vecchio della Raja Miraletus s'incontrano pochi aculei piccoli ed eretti, im questa ve ne sono molti, affatto decumbenti, grandi, che non mancano nei maschi e variano solo per la situazione da un sesso all’altro. Ma la differenza più cospicua con- siste nella grandezza relativa dei lobi delle pinne ventrali e dei segni maschili: per- chè nella specie di eui stiamo trattando i maschili, eccedono d’un tratto considere- vole l'apice del lobo. posteriore delle ventrali. Al numero degli aculei dei quali è ar- mata superiormente la coda, e a quello delle serie in cui essi sono ordinati non si può, attendere, perchè non solo non è costante nella specie, ma varia negl’ individui e del- l'uno e dell'altro sesso, e par che s'accresca in ragione dell’ età. 19 RAJA QUADRIMACULATA, Tuttochè nella figura della Raja oculata et aspera del Rondelet ripetuta servilmente dagli altri autori posteriori, non sieno rappresentati affatto i maschili, noi non esitiamo a riconoscere in essa il maschio della Buraccola chiodata dei nostri pescatori, e vivia- mo nella persuasione che sotto il vocabolo aspera il Rondelet non intendesse già scabra ma aculeata. A nostro giudizio pertanto non vi sarebbe necessità di ricorrere alla suppo- sizione del Cuvier, il quale credeva potesse riferirsi la figura suddetta ad una varietà delle Raja rubus, nè ci conformiamo all'opinione del Signor Blainville, che credette ri- conoscere in essa il maschio adulto della Raja Miraletus. È verosimile che questi due Zoologi non abbiano avuto mai per le mani la specie nostra. Altrettanto non può dirsi del critico dell’Ittiologia Adriatica, il quale sicuramente ne ha avuto dinanzi un’ indivi duo maschio, e le poche parole ch'egli ne dice lo dimostrano abbastanza: non sappiamo poi che cosa dire della Raja oculata del Risso, cui quest autore assegna il corpo scabro, e sotto la quale trae nonostante tanto il sinonimo di sopra mentovato del Rondelet, quanto la Raja Miraletus del Blainville spettante senz'alcun dubbio alla vera R. Miraletus di Lin- neo. Se fosse possibile che l’Ittiologo di Nizza avesse fondato la sua Raja oculata sulla sola citazione del Rondelet interpretando aspera per scabra, resterebbe chiarito che le due specie da lui registrate valessero per una sola, e a questa potrebbe darsi senza scru- polo il nome specifico d’oculuta. Il corpo di questa Raja ha la circoscrizione del disco romboidea che tende piuttosto all’ovale, coi lati anteriori oltre un terzo più lunghi dei posteriori. Rostro mediocremente prolungato, triangolare, piuttosto acuto, coperto sotto e sopra di piccole scabrosità, che sulla faccia dorsale si stendono lungo i margini fin verso l’angolo delle ali. Lungo i lati del capo queste scabrosità assumono la forma e la validità di aculei adunchi disposti in circa cinque serie. Tre aculei sono collocati presso il margine anteriore degli occhi, tre presso il posteriore, e alcuni (due nell’individuo effigiato) lungo la linea media del dorso. Dieci o dodici aculei colchi e quasi immedesimati nella cute, disposti in una doppia fila scorgonsi nei maschi verso l'angolo esteriore, nelle femmine presso l'angolo posteriore delle ali: del resto il fondo della cute è affatto liscio. La coda non differisce da quella della precedente se non perchè è proporzionalmente un poco più lunga: essa è parimente depressa, ugualmente fornita delle tre pinne e di tre o cinque serie di aculei adunchi. Il lobo anteriore delle pinne ventrali è la metà più breve del poste- riore, il quale oltrepassa di poco la metà dei maschili, che sono enormi. Il fondo di tutta la parte superiore di questa Raja è d’un bel cannellino carneo che non volse al sordido, asperso di macchiette nerastre rotonde. Da ambedue i lati del dorso alla base delle pinne pettorali si trova una gran macchia orbicolare oculiforme, il disco della quale è d'un turchino rosseggiante cinto d'un anello atro, con un’aureola gialla- stra intorno. La parte inferiore è biancastra, alquanto sordida verso i margini posteriori. La lunghezza totale dell'individuo qui rappresentato era quindici pollici e mezzo: la larghezza nove. I due lati anteriori del disco erano lunghi sei pollici e due linee, i posteriori tre pollici e nove linee: le pinne ventrali tre pollici; dalla punta del rostro al loro apice si contavano nove pollici. La lunghezza della coda era parimenti di nove pollici. La punta del rostro era distante dagli spiragli due pollici e mezzo, dagli occhi due pollici: la distanza fra un'occhio e l’altro era di cinque linee. Dalle narici alla punta del rostro correva un pollice e mezzo, e da questa agli angoli della bocca due pollici. La bocca era larga sedici linee. Sei pollici e mezzo correvano dalla punta del rostro al- l’ano, e tre e mezzo da questo all'estremità dei maschili. CRAJA RADULA = RAZZA SCUFFINA DasrBATUS rostro brevissimo, obtuso; disco subquadrato, antice truncato-retuso, cinereo- ferrugineo fusco vario; ala utraque uniocellata. BAJA RADULA, Delaroche, Mem, Poiss, Ivic. in Ann. Mus. Hist. Nat. XIII. p.321. Risso, Hist. Nat. III p. 151. sp. 58. RaIe RAPE, Delaroche, loco citato, RAIB RATISSOIRE, Blainv. in Faun. Franc. Poiss. p. 25. sp. g. var. A. Rajae fullonicae. Le scoperta di questa specie di Razza devesi al Signor Delaroche, il quale la rinvenne comune nelle acque dell'Isola d'Ivica. S'incontra pure in qualche abbondan- za sulle sponde della Sicilia, e all'opposto si pesca assai di rado in quelle dell’Italia continentale e del mezzodì della Francia. Non sappiamo che abbia nome volgare a se proprio, ma poichè la sua carne è di poco buon sapore e la statura sempre è piccio- lissima, non fa meraviglia che dai pescatori non venga curata. Pel coloramento generale e per le macchie oculiformi somiglia qualche poco alle Razze miraletus e quadrimaculata; ma laddove quelle hanno la pelle liscia, questa l'ha tutta coperta superiormente d’'aculei; la qual cosa le ha meritato il nome specifico radula: quindi va riferita ad una divisione diversa, a quella cioè detta Dasybatus. Fuor di proposito alcuni autori sonosi sforzati di riferire la specie a qualcheduna delle più note Razze aculeate, perchè in vero non ve n'ha alcuna che, come questa, presenti un seno rientrante nel tratto anteriore del disco, e che abbia il rostro altrettanto breve. Può dubitarsi che dal massimo numero dei Zoologi non sia stata mai ben conosciuta; ed in fatti non se ne vede la figura in alcun’opera d’Ittiologia; e il Rondelet, che pure ha dato tante belle notizie sulle Razze del Mediterraneo, di questa non fa parola. La circoscrizione del disco s’accosta in qualche modo alla figura d’un quadrato, coi due angoli laterali leggermente smussati: ma il diametro longitudinale è sensibil- mente più breve del trasversale, perchè in luogo dell'angolo terminale v'ha un seno che rientra leggermente all’indentro. In fondo al seno sorge il rostro ottusissimo, e tanto poco risentito che appena sporge fuori dalla profondità del seno stesso. Le pinne ventrali non sì stendono gran fatto al di là della circoscrizione rozzamente quadrata del disco; l’esteriore dei due lobi che le compongono è men lungo e men largo dell’in- teriore. La coda è lunghetta, e subito innanzi alla pinna terminale porta superior- mente due pinne dorsali mediocri, disgiunte da brevissimo intervallo. La seconda ha un cenno di due lobi, il posteriore dei quali è più picciolo. Gli spiragli sono bislun- ghi col lembo anteriore sottilmente dentellato. La bocca è arcuata, coi due lobi del labbro superiore qualche poco sfrangiati: le mascelle sono armate di più file di denti i 68 RAJA RADULA. ottusetti, volti all'indietro. Superiormente tutta la pelle dell'animale, è resa asprissima da un gran numero di piccioli aculei curvati all'indietro, tanto più sottili e più fitti quanto più s' avvicinano alla periferia. Lungo il fil della schiena v'ha poi un’ordine d'altri aculei più grandetti, e tre o cinque ordini d'aculei più grandi ancora e più curvi si contano nella parte superiore della coda. La faccia inferiore del pesce è liscia verso i lati e presso l’ano, scabretta sulla regione centrale del petto e dell'addome. Il colore del fondo è un grigio chiaro che volge al rugginoso, sul quale appari- scono molte strisce trasversali irregolarmente flessuose cinereo-fosche. Parecchie mac- chiette rotonde, bianco-perlate, pochissimo decise sono distribuite irregolarmente sui lati del disco. Di qua e di là dal centro v'ha inoltre una macchia più grande rotonda fosca, orlata d'una fascia cinerea pallida. La faccia inferiore dell'animale è tutta d’un bianco latteo. La lunghezza di tutto il pesce di rado eccede la misura d’un piede, ed è general- mente minore di molto. L'esemplare maschile effigiato vien di Sicilia, ed ha otto pol- lici e otto linee di lunghezza totale: la sua larghezza è di cinque pollici e otto linee. La distanza dalla punta del rostro all’ano è di quattro pollici; così quattro pollici e otto linee si contano dall’ano alla punta della coda. La distanza dall’apice del rostro ad uno degli angoli esteriori è di tre pollici e nove linee, e da uno di questi angoli all'origine della ventrale corrono due pollici e nove linee. La lunghezza delle Sion è di un pollice e mezzo, e cinque pollici si contano dalla punta del rostro all’estre- mità delle medesime. Le appendici maschili hanno otto linee di lunghezza. Dall’api- ce del rostro all'occhio corrono tredici linee, e poco più di sei da un'occhio all’al- tro. Dalla prima apertura branchiale all'apice del rostro si misura la distanza d’un pollice e nove linee, e quella d'un pollice e tre linee dall’apice stesso agli angoli della bocca, la quale è larga poco meno di nove linee. RS SI Gros Lunitroohii ddil1839, Roman Lit: WiiiAMartobti Li: RAJA FALSAVELA RAZZA FALSAVELA raJA rostro brevi, obtusiculo, definito, aspero: corpore rhomboideo-orbiculari, supra’ irideo-cinereo, subtus albido: orbitis, dorso, cauda, aculeatis. RAJA UNDULATA sive cIiNEREA? Rordel. Pisc. Mar. I. lib. xii. cap. vi. p.346. eum fig. Gesner, Aquat. IV. p. 791. fig. ex Rondel. È distinguere le specie di Raja è difficilissima cosa, e noi sappiamo forse me- glio di ogni altro che lo stabilirne di nuove è perigliosissima impresa; tuttavolta vo- gliam correre una lancia in sì dubbia arena, e presentare al pubblico questa Razza qual nuova. Non possiamo tacere però che attentamente studiando le opere quasi tutte degli Ittiologi per cautelarci in punto di cotale novità, sospettammo che la Raja undu- lata sive cinerea del Rondelezio potesse esser questa della quale favelliamo, che d’alironde ci rendemmo certi non essere affatto verun’ altra delle tante Raje bene o male offerteci sotto qualsivoglia nome dai susseguenti autori, benchè taluno a quella medesima si ri- ferisse. Se guardiamo alla sagoma peculiare del nostro Pesce, in nessun Rajide la ritro- viamo, quandochè sensibilmente la ravvisiamo nella grossolana figura data da quel fa- moso Ittiologo che tanto bene la dichiarava nel testo. Dall'altra parte il nostro pesce medesimo non è undulato, ossia mareggiato al disotto, come quello descrittoci dal Ron- delezio. Comunque sia, poichè la sagoma già mentovata non si rincontra in alcuno dei Rajini introdotti nei cataloghi della moderna scienza, perciò nel caso eziandio che la specie non voglia credersi nuova rimpetto al patriarca della Ittiologia, non le si potrà nondimeno negar mai questo vanto tra quelle posteriormente osservate. Qual meraviglia poi che quel rispettabile autore, del quale non cesserem giammai di ripetere che meglio finora di ogni altro conoscesse le Raje, fosse giunto a ben distinguere una specie non ravvisata quindi da men profondi osservatori? Concediamo che una stessa Raja possa assumere diversa pelle ed altre condizioni che a torto furono credute specifiche ; ma non concederemo giammai che variar possa nella sua general configurazione. Per di- stinguere le specie che hanno la solita figura romboidale sarìa pur bello il ricorrere alla rispettiva distribuzione, direm quasi geografica, dei canali mucipari, al qual’ uopo ben si userebbe un delicato istromento d’injezione, onde si rilevassero le tubulature di sì minuti canaletti con esperienze non ancora ideate. Ciò non fa di bisogno nella nostra Raja, la quale è molto più ovale delle congeneri, siccome potrà conoscersi a prima vi- sta da chi paragoni con le altre la sua dipinta figura. Aggiungasi che non è tenue argo- mento di patente diversità lo aver meritato dal volgo un nome particolare: e questo di Falsagela, che le danno al mercato di Roma le poche volte che vi è portata, fu da noi ricevuto per distinguerla in qualche modo dalle altre con l'autorità degl’inventori 135 RAJA FALSAVELA. delle parole, che probabilmente lo tolsero dalla pochezza delle pinne pettorali che la circondano; tanto più che in quella cui dicono Altavela le dette pinne si veggono molto più larghe. Gi siamo in ciò trattenuti per far manifesto che il detto nome non è desunto già, come polria taluno credere, da quel carattere che in parecchie Raje si vede acci- dentalmente, una membrana cioè rilevata nel mezzo del disco, la quale potria quasi dirsi una vela, come fu da noi accennato nell'articolo della Raja marginata. Il suo disco ha la forma di un cuore molto allargato nel mezzo: i lati anteriori sono un quarto più lunghi dei posteriori, e pochissimo convessi a paragone di quelli. Il rostro è brevissimo, conico, strangolato alla base, scabrosissimo tutto superiormente, e con tre o quattro pungiglioni sull’apice. Gli occhi grandi ed ellittici hanno una mezza luna composta di sei o sette aculei lungo i margini interni, che si stende da un angolo all’altro: il diametro delle orbite è contenuto una volta fra l'un occhio e l’altro, e tre fra ciascuno e la punta del muso. Ampio è lo squarcio della bocca, armata di acutissimi denti disposti in più serie trasversali, spesse, parallele: e la distanza che corre dall’ uno all’altro angolo di essa è un terzo più breve di quella che corre tra ciascuno di loro alla punta del muso. La superficie superiore è intieramente scabrosa, la inferiore la è sola- mente lungo il mezzo, dal rostro fino all'origine delle ventrali, e molto più lunghesso i margini dei lati anteriori. Al principio del dorso è una lieve concavità scabra anch’ essa di brevi aculei disposti pressochè in cinque file; ed il resto è disseminato di punte senza ‘ordine alcuno. La coda alquanto più breve del rimanente del corpo è depresso-rotonda- ta: dalla sua base alla punta ha quattro serie longitudinali di spessi adunchi aculei, ed è fiancheggiata in tutta la sua lunghezza da altri aculei brevi, sottili, robusti. La prima dorsale spicca ad un quarto della lunghezza della coda misurata dall’apice, e per mezzo di un dolce declivio lungo quanto la sua metà, il quale talvolta ammette uno o più degli aculei marginali, congiungesi alla seconda, il cui vertice dista dalla punta della coda uno spazio uguale alla propria altezza: ed ambedue sono di ugual grandezza, e di figura ellittica. Le pinne ventrali profondamente divise in due lobi, in maniera che tra l’uno e l’altro corre un angolo poco acuto, hanno l'anteriore stretto, acuminato, per la metà circa più corto del posteriore, il quale è largo alla base, e descrive una figura semicircolare all’esterno. Il colore al di sopra è un cinereo-metallico volgente in violaceo più slavato verso la circonferenza pigliando grado grado una tinta quasi piombina; al di sotto è bianco latte. L’esemplare figurato avea ventidue pollici e mezzo di sua totale lunghezza. I lati an- teriori giravano nove pollici e mezzo, i posteriori sei e mezzo: le pinne ventrali erano lunghe tre pollici e otto linee, e le punte loro distavano quattordici pollici da quella del rostro. Undici pollici era lunga la coda. Dalla punta del rostro agli spiragli correan quattro pollici. Lo spazio tra gli occhi era dieci linee. La bocca squarciavasi per due pollici. Il diametro longitudinale del disco era di undici pollici, il trasversale di quat- tordici., In compagnia della descritta R. Lalsapela vedesi fisurata nella tavola stessa un’al- tra Razza venutaci di Sicilia; la quale potremmo credere anch'essa nuova, se non ci sembrasse l’adulto di quella specie affine alla Raja Miraletus, L. cui forse troppo correntemente applicammo il nome di Quadrimaculata preso dal Risso. Noi siam per- suasi che i cambiamenti di colore ed alcuni parziali nelle forme sien prodotti soltanto dalla età; e tra quelli assunti dall'individuo visibilmente vecchio, del quale parliamo, RAJA FALSAVELA. non fa d'uopo di una vista lincea per riconoscere i segnali veri, e perfin gli occelli, quantunque obliterati, della elegante specie suddetta. Non vogliam tuttavia trascurar- ne la descrizione. Il suo corpo ha la solita forma romboidale; il diametro trasversale un terzo più lungo del longitudinale; i lati anteriori quasi retti fuor di un leggero avvallamento sull'asse della regione oculare, i posteriori sensibilmente convessi; il rostro non di- stinto da costrinsimento veruno, ottuso, più largo che lungo, inferiormente scabroso, e superiormente armato di brevi aculei senza alcun ordine disposti, e continuati lungo due prominenze, che partono dallo stesso ceppo verso la punta del rostro, e divarican- dosi innoltrano fin quasi agli occhi: i quali sono ellittici allungati, e distano dalla punta del rostro un terzo della lunghezza del lato anteriore, e son divisi tra loro da un avval- lamento largo il doppio della propria lunghezza, come altresì sono armati di tre ro- busti uncini tanto nell'angolo superiore quanto nell’inferiore. La bocca dista dall’apice del rostro due settimi della lunghezza del lato anteriore. I denti sono. spessi, di forma quasi triangolare, smussati all'apice. La superficie superiore del disco è liscia di pelle, quantunque armata di pungiglioni e di aculei, che rendono scabro il dorso posterior- mente, e s' impianlano in duplice serie verso i margini esterni con la punta ricolca e quasi incarnita, siccome accade ne’ maschi. La superficie inferiore fino ad un terzo di lunghezza dal rostro ha guerniti i lati anteriori di punte spesse ed acute occupanti uno stretto spazio. La coda è di un ottavo più lunga del rimanente del Pesce; ed a partire dall'asse delle ventrali è superiormente armata di una serie di grossi aculei, che in nu- mero di circa quaranta vanno fino alle sue dorsali, spiccandone uno tra questa e quella; come altresì fiancheggiasi di altre due serie di aculei, non oltre però la sua metà. Le due dorsali suddette, simili ed uguali ambedue, sono semiellittiche, e si elevano il doppio di quanto corre fra loro. Il lobo anteriore delle ventrali stretto, sfrangiato, è lungo la metà del posteriore, ch'è di forma ellittica allungata, il cui maggior asse è uguale allo spazio che corre tra l'occhio e il muso. Color castagnino cupo affuocato è l’animale al di sopra, sparsevi molte rotelle nere che gli fanno il manto tigrato. Nel mezzo del disco alla base delle pinne pettorali vedesi di qua e di là un leggero ocello di color poco diverso, grande quanto l’occhio del pesce. Il di sotto è bianco. Sedici pollici e cinque linee era la intiera lunghezza dell'originale da noi figurato. I due lati anteriori compresa la punta del rostro toccavano otto, pollici e mezzo: i posteriori fino all’ origine delle pinne ventrali sei pollici. Le dette pinne ventrali ne aveano ire ed altrettante linee: e dalle punte loro al rostro correan undici pollici e mezzo. Dall’ano all'estremità della coda misuravansi dieci pollici meno ire linee. L'an- golo anteriore dell'occhio distava dall’apice del rostro due pollici e undici linee: e que- sto era lontano dalla prima apertura branchiale quattro pollici e quattro linee. Tre pol- lici finalmente dividevano il detto apice del rostro dagli angoli della bocca. stori sh. nà Ma to xii SSR À ik MERI sii ° RE MENGE Ig c AR TL ALA RAJA BATIS RAZZA MACCHIETTATA rA4sa4 rostro brevi, obtuso, definito, aspero ; corpore late rhomboideo lateribus posterioribus rotundatis, supra cinereo maculis fuscis rotundis crebris, subtus albo: centro lateribus- que capitis, dorso, pinnis pectoralibus, caudaque aculeatis. RAJA BaTIS? Linn. S. Nat.I. p.395. sp.2? Gm.Syst.I. p.1505. sp.2? Risso, Ichth, Nic. p3. sp.1. nec Auct. RAJA (pAsyBatis) macuLata? Blainv. in Faun, Fr. Poiss. p.15. sp.3. nec Anglorum. RAJA FLossapa? Riss. Hist. Nat. III, p.145. sp. 30. Ò Baros mas t, Bars foem. Arist. Hist, Anim. lib, I. cap. v. lib. il, cap.xiii. lib, v, cap.v. lib.vi. cap.x. xi. lib. viii. cap.xv. et lib.ix, cap. xxxvii.î Alian. Anim. lib, xvi. cap, zii. pg21î Oppian. Halieutlib.1, p.5. 6. et lib.ii. p, 60? Athen. Deipnos. lib. vii. p. 296? Bio come altrove accenniamo, e qui giova più solennemente dichiarare, così malamente determinate le specie di Razze, furono anzi, possiamo pur dirlo, così confu- samente conosciute dai vari loro scrittori, ch'è quasi impossibile il decidere se quelle che ritrovansi in natura riferiscansi o no ad una data registrata specie. Parecchie diffatti tra le Razze ricevute nei cataloghi della scienza possono dirsi esseri di ragione piutto- sto che veri enti, stabilite essendo sopra un indigesto cumulo di eterogenee cilazioni ri- feribili a diversissimi Rajidi, e determinate con caratteri non solo variabili, ma proprii ancora di specie diverse, a seconda delle loro circostanze. Da ciò accade che i giovani di questa, di quella, ed anche più specie sono sovente raunati a costituirne una sola nomi- nale, e lo stesso avviene degli adulti e dei vecchi costretti a militare sotto non propria bandiera; talmente che i genitori stessi vengono distaccati perfino dalla propria figliuo- lanza. Al contrario pertanto di quel che accade in altri gruppi, si diminuisce in que- sto di cui parliamo il numero delle specie mano mano che più addentro si studiano. Così quel naturalista, cui sia stato concesso di esaminare maggior copia d’individui di tai malaugurati Rajini, sarà senza dubbio l’eliminatore più felice di un maggior numero di mentite specie, perchè nell'arena dei paragoni gli salteranno facilmente agli occhi le specifiche identità attraverso le moltiplici variazioni che la scherzevole natura profuse in questi animali. Nell'argomento della variabilità de' caratteri noi (lo ripeterem sempre volontieri) intendiamo principalmente porre 1 denti ora acuti ora ottusi che si ritrovano in una medesima specie, sebben Linneo seguito fino ad oggi fondasse per la considera- zione di tal varietà due principalissime sezioni di tutt'i Rajidi: poniamvi ancora le se- rie di aculei della coda, che non solo variano per sesso e per età, ma da individuo ad individuo: poniamvi altresì la ruvidezza più o men sensibile della pelle, e la disposi- zione delle sue cuspidi, per non dire delle notissime maculazioni e colorimenti, nè della insignificante proporzione dei maschili, cui demmo noi stessi altra volta cotanto grave importanza. In tale stato di cose, che la presente specie sia veramente diversa da tutte 154. RAJA BATIS le altre denominate nella nostra Fauna, noi possiamo asserirlo con certezza: che però le si convenga assolutamente il nome di datis da noi presceltole, non è sicuro altret- tanto. Che se illustrando i pesci del mediterraneo abbiam voluto applicare ad un suò Rajino quel classico nome adoperato collettiziamente fin da Aristotele, dobbiamo con doppia solennità. dichiarare, che nulla esso ha che fare con quella specie dell’ Oceano, così frequente nei mercati di Parigi e di Londra (Raje blanche ou cendrée del Cuvier, Skate degl'Inglesi), figurata dal Bloch con tal nome il quale forse a buon dritto le viene imposto dagl'Ittiologi settentrionali. Essa appunto è la specie effigiata dal Willoughby colla denominazione di Raja laevis undulata seu cinerea alla tav. C. 5. diversissima però da quella così chiamata dal Rondelet (. falsavela, Nob.) il quale non conobbe, secondo che a noi pare, nè la presente nè quella dell'Oceano. Chi poi volesse assolutamente con- servare lo specifico nome datis a questa ultima, peschi pure per la presente un altro no- me nel pozzo oscuro delle sinonimie poco da noi sommosso, per non attingere torbidezza soverchia, pria che si arrischi a fabbricarlene un nuovo, di che avemmo ribrezzo prefe- rendo chiamarla batis sì perchè si può sostenere che signoreggia in mezzo a quell’in- felice Linneano accozzamento peggiorato dai susseguenti scrittori, e sì perchè la ravvi- siamo con minor dubbiezza nella Raja datis del Risso, trasformata quindi in Raja flos- sada nella seconda edizione della sua opera ittiologica. Comunque sia, mostrasi un terzo più larga che lunga, non valutata la coda che ec- cede notabilmente il disco: i lati anteriori sono molto convessi in prossimità del ben di- stinto ottusetto rostro, quindi s'incavano, poi van quasi retti; i posteriori, un quarto più brevi, sono rotondati massime posteriormente. Gli occhi distano fra loro due diametri delle orbite, e cinque dalla punta del muso. La bocca armata di smussati fittissimi denti disposti in più serie trasversali squarciasi quasi quanto è lo spazio tra i suoi angoli e lo stringimento del rostro. Questo al di sopra è ruvido di brevi spinerelle poco distanti tra loro, al di sotto ne ha delle più rade e più ottuse, nei margini poi n’ è fornito di molto più fitte e più sottili che si estendono per qualche tratto sui lati anteriori. Tre o quattro forti aculei obliqui all'indentro sorgono sopra gli occhi. Il disco è liscio, salve le ricolche spine indicatrici del sesso, e salve le piccole punte che lo arruvidiscono nello spazio interoculare e lunghesso il mezzo del dorso, invadendo tutta la rotondato-depressa coda. Innanzi all'origine della medesima spunta una serie di robusti aculei che in numero di circa trenta giungono fino alla prima dorsale assai retroposta, ai tre quarti cioè della lunghezza della coda; mentre la seconda un poco minore, ma ellittico-allungata al par di quella, se ne divide per breve spazio, nel quale risorge taluno aculeo in mezzo a brevi e rigidissime punte. Le ventrali, hanno il lobo anteriore più stretto, ma più larga- mente sfrangiato al margine inferiore, e un terzo più breve del posteriore, ch'è largo alla base, ed ha il margine esterno sensibilmente rotondato. Il colore è un cenerino carneo più o men lurido, tutto dipinto di eleganti macchie nere; al di sotto è bianco candido. L'esemplare descritto era lungo venti pollici in tutto: il diametro longitudinale del disco era di nove pollici, il trasversale di tredici: i lati anteriori si estendeano per otto, i posteriori per cinque e mezzo. Le pinne ventrali, lunghe tre pollici, distavano con le punte undici pollici e mezzo dal rostro. La coda era dieci pollici e mezzo. Correan quattro pollici dalla punta del rostro agli spiragli. Lo spazio interoculare avea dieci li- nee. La bocca squarciavasi per due pollici. DASYBATIS ASTERIAS ARZILLA ROSSINA DASYBATIS corpore aeque rhomboideo lateribus posterioribus vix undulatis, supra fulve: scente spinulis stelliformibus aspero, maculisque albidis subrotundis nigro annulatis eva- nidis depicto ; subtus albo, sacpius laevissimo: capite, dorso, cauda aculeatis. RAJA ASTERIAS3 Delaroche, Mém. Poiss. Ivie, in Ann. Mus. Hist. Nat. XIII. p.322. tab.20. fig.r. Risso, Hist. Nat. IIT. p.155.sp.41. Clog. in Diet. Se. Nat. XLIV, p. 387. RAJA RuBUS, Risso, Jchth, Nic.p.7.sp.6? Id. Hist. Nat. III. p.147.sp.33? Donovan. Brit. Fish. I.tab.20. Turt. Br. Faun. p.109. Flem Brit. Anim. p. 110. RAJA MacULATA? /Montag. in Act. Wern, II. p.hk26. Jenyns, Man. Brit. Vert, p.514. sp.2035. RAJA MIRALETUS, Donov. Brit. Fish. V. tab. 103. Turton, Brit. Faun.p.111. RAJA ocuLatA, Risso, Hist. Nat. III. p.1/9. sp. 35. Flem Brit. Anim. p. 172. sp. 26. exempl. ocellis donat. RAJA { pasvsATIS) specurum, Blainv. în Faun Fr. Poiss.p.29. sp.12. tab. 4. fig. 1. mala vt Miraleto adsimilaret. RAJA (pAsYBATIS) asteRTAS, Blainv. in Faun. Fr. Poiss. p.25. sp.10. confuse. Ì ASTERIAS sive STELLATA RAJA, Bellon, Aquat. lib.1. p.85. quoad Arzillam nec quoad Rometam et fig. quae Laevi- raja macrorhynchus. a RAJA AsTERIAS ASPERA, Rondel. Pisc. Mar, I- lib. xii. cap, xii. p. 352, cum fig. Gesn. Aquat. IV. p. 794. cum fig. Willughb. Icht. lib.iti cap.ziii. p.75. tab. D. 5. fig. 4. ex Rond. RAJA sTELLARIS, Salvian. Aquat. Hist. \xix. p. 150. tab.51, Willughb. Ichth.lib.iii.tab, D.1. RAJA ASPERA STELLARIS, Aldrov. Pisc. lib. ziii. cap.lv. p. 457. cum fig. Rond. Jonst. Pisc. lib.i.tit.i. cap.iii. art.iii. P.vii.p. 22. tab. ii. fig. 7. RAYE ESTELÉE dite AstERIAS? Belon, Nat. et Pourtr. Poiss. p.74. nec fig. RAJE ETOILEE, isso, loc. citat. FULLER RAY? Penn, Br. Zool. III, p.86. Id. Ibid. ed. 1812. III. p.116. excl, syn. sporteD RAY? Jenyns, loc. citat. ROUGH et MIRROR RAY, F/em./oc, citat. HOMELYN RAY, HOME, SAND RAY et spoTTED RAY, Yarr. Brit. Fish. TI. p.429. confuse cum Raja Miralet. prout ex asserta cute laevi et praecipue ex figura patet. à, S. i più antichi scrittori delle Razze disserne alcune stellate, non fu già per le asprezze stelliformi della cute, ma perchè le semplici macchie onde si dipingono sul corpo han figura di stelle. Così la intese il Rondelet, il quale trattando di due Raje Aste- rie, l’una liscia l’altra aspera, chiaramente scrisse che ambedue erano soltanto dipinte a stelle, ma la prima ornarsene sopra un fondo liscio, Ja seconda sopra un fondo ispido. Dappresso cotai ragguagli noi riconosciamo in quella una nostra Raja, se non anzi una Laeviraja come vedremo in appresso; nella seconda una Dasybatis, quella cioè appun- to di cui andiamo a trattare. Le specie oscuramente descritte possono meglio identificarsi da chi le considera sulla faccia del luogo, ove ogni minima circostanza contribuisce a ri- solvere i dubbj che di lontano mal si potrebbero eliminare: e crediamo non manchici il dritto di proclamare con sicurezza per 4sterias aspera di Rondelet questa communis- sima Arzilla nostrale. Se ad essa poi diamo esclusivamente il nome specifico di Aste- rias piuttosto che alla di lui semplice Asterias, la ragione si è che ravvisiamo nel no- 194” DASYBATIS CLAVATA. luppati, e quando l'età dell'animale abbialo fatto crescere a circa un palmo di diametro, formano alla base loro quelle tanto caratteristiche e decantate pietre, onde a questo Raji- no viene l’antonomasia pressochè commune in Italia di chiodata, di Arzilla pietrosa in Roma, di Ruza, o Pigara pietrosa in Napoli e Sicilia, di Ztazza di scoglio in Toscana, o di altra equipollente nei diversi idiomi. Godiamo che queste nostre osservazioni coincida- no con quelle del chiarissimo Henle, il quale speriamo che le publicherà più diffuse nel suo trattato particolare dei Rajidi. In quello stadio di vita che quest'Arzilla non sia per- anco divenuta pietrosa, riconoscesi la Raja aspera del Risso, checchenesia dell'aspera di altri autori. Noi sotto il nome di Dasybatis aspera nella figura terza della nostra tavola di lato ad un maschio ben pietroso, quantunque abbia i maschili poco sviluppati, ab- biam figurato un Arzilla che potrebbesi quasi credere un altra specie a cagione della sua grande statura, e del molto maggiore sviluppo de’ maschili, quantunque non abbia prin- cipio alcuno di pietrosità. La Raja rubus della maggior parte dei sistematici è anch’ essa identica colla presente Ruja clavata , siccome avea già sospettato lo Schneider, ed è oggimai riconosciuto da tutti. Unica dunque Arzilla del mediterraneo, che divenga pie- trosa, si è questa, la quale vive pur nell'Oceano in un con altra ugualmente pietrosa, ma a noi straniera del tutto, e diversa altresì per la molto più raccolta sua configurazione, siccome può vedersi nelle opere Inglesi dei signori Donovan e Yarrel, che tanto bene la fisgurarono sotto il nome di Raja radiata impostole per li scogli radiati. Abbonda questa D. clavata nei nostri mari non meno che in quelli del settentrione. Abita la maggior parte dell’anno nelle acque profonde, solo accostandosi verso terra nel- la stagione degli amori, ed allora ne sovrabbondano i mercati. È però di miglior carne quando è più rara, cioè nell’inverno, ma sempre è da preferirsi a qualunque altro Aa- jide, tanto più che le solide sue polpe naturalmente saporose acquistano una perfetta sa- lagione, e possono dar cibo non dispregievole in difetto di altra vivanda. È suscettibile di gran mole, che alcuni autori fanno mirabilmente ascendere fino a dodici piedi. Il suo disco ha forma romboidale, allargata in modo che il diametro trasversale è un terzo maggiore del longitudinale. I lati anteriori largamente ondulati sono un quarto più lunghi dei posteriori leggermente rotondati. ll rostro è breve, piuttosto acuto, supe- riormente e inferiormente fornito tutto all’intorno di stipate punterelle aculeiformi, che lo rendono asprissimo al tatto. Tre forti aculei uncinati, uno internamente al margine su- periore, gli altri nell’inferiore presso alli spiragli, veggonsi intorno agli occhi, che dista- no l’uno dall'altro quasi tre diametri, e sei diametri dalla punta del muso. La bocca, il cui squarcio è due terzi dello spazio che corre da essa alla estremità del rostro, armasi di brevissimi ottusi denti robusti, parallelamente disposti in sette od otto ben distinte serie trasversali. Questi denti nelle femmine rimangono larghi e piatti per tutto il tempo che vivono; ma ne' maschi di mano in mano che invecchiano mutano forma, incomin- ciando quelli che sono più centrali, col mettere sull'angolo loro interno una puntarella rivolta verso la gola; locchè non sapendo il Blainville insisteva sulla specifica differenza del suo rubus, e della sua clavata. La superficie superiore del pesce è intieramente sca- bra di piccole ma visibili punte stelliformi alla base, le quali sulle pinne pettorali sem- brano disporsi in serie longitudinali lasciando tratto tratto qualche lista levigata. Prima della metà del rilevato dorso comincia una serie in linea retta di circa trenta robustis- simi aculei a diversi intervalli, e diversi di mole, l'ultimo de’ quali trovasi fra le due dorsali. La coda anch’ essa è armata in ciascun lato di alcuni aculei, che formano ordi- DASYBATIS CLAVATA. nariamente due brevi serie parallele a quella di mezzo, terminanti più o men presto. Simili aculei sono lungo i margini de’lati anteriori del muso. Nella generale scabrosità del pesce signoreggiano più o meno chiodi o tubercoli ossei più grandi degli occhi, ir- regolarmente sparsi, ordinariamente però corrisposti da altrettanti simili in modo sim- metrico, sopra ciascun de'quali sorge dalla sostanza stessa un aculeo che rivolge la pun- ta indietro: e i detti chiodi van soggetti a cadere per rinnovellarsi ivi presso a periodi non per anco determinati. La superficie inferiore è meno aspra della superiore, com- pensata però da un maggior numero degli ossei chiodi suddetti. La coda, che spesso ne porta anch’ essa, è tutta coperta delle dette punte stelliformi alla base, ma più cospicue di quelle del corpo: depressa notabilmente, è un quinto più lunga del disco, perchè l’ano di figura ovale s’apre un quinto più vicino al muso che all'apice di essa. I due lobi delle ventrali sono profondamente disgiunti; l'anteriore è stretto rotondato, depresso erenato, e quasi digitato in punta; il posteriore la metà più lungo è triangolare acuto, crenato esso pure ma più minutamente. La prima pinna dorsale nasce al terzo posterio- re della coda, ed è di forma ovato-oblunga, estesa per quanto è lo spazio che divide gli occhi. Perfettamente simile, tranne che un poco più piccola, è la dorsale posteriore. La caudale congiungesi alla detta ultima dorsale, ed è lineare per ogni dove. Il colore al di sopra è cenerino volgente più o meno al turchinastro talvolta, o al verdastro, e raramente al giallognolo, più o men fittamente sparso di piccole macchie nerastre, e non privo d'areole biancastre succedute a’ chiodi che caddero; nè manca qualche rarissimo esemplare, in cui veggonsi tracce di quei due ocelli, di qua e di là dal tronco, onde sogliono ornarsi tanto volontieri le Raje: al di sotto è bianco-argenteo. Uno degli esemplari che abbiamo sott'occhio, maschio, lungo in tutto ventisette pol- lici, ha il diametro longitudinale di dodici, il trasversale di diciassette; i lati anteriori estesi ciascuno dodici e mezzo, i posteriori otto. Le pinne ventrali ne misurano quat- tro; le punte loro ne distano quindici da quella del rostro, dieci ed otto linee dagli spiragli. La coda è lunga quattordici pollici. Lo spazio tra gli occhi è quattordici linee. La bocca squarciasi due pollici. Mio: È; apt pe 9 A; L' i d * PAT 4 N è sto Burri du nce » (Gad atitamal tatti. gray, MAE Ne dfato si di ‘ilen cÙi po IXeuE Mani i Psi ì “ alri primer DASYBATIS FULLONICA ARZILLA SCARDASSO pasrBaris corpore rhomboideo lateribus posticis rotundatis undique horride aculeato, su- pra flavo-cinereo, immaculato, subtus albido. Junior subius luevigatus, gradatim aculeos induens. RAJA FULLONICA, Rondel. Pisc. Mar. I. lib, xii. cap. xvii. p.356. Gesn. Aquat. IV. p. 797. Aldrov. Pisc. lib. iii, cap. lxi. p.462, cum fig. Rond. —Jonst. Pisc.lib.i.tit.i. cap.iii. art.iii, p. vili, p.22. tab.ii. fig.4. Linn. Syst. Nat.I. p.396. sp. 5, excl.syn. Willughb. et Rayi, quae ad Dasybatim in oceano viventem spinulis tantum rigentem (Raja aspera, Blainv.) spectant, Gm. Syst, I. p.1507. sp.5. Bonn. in Tabl. Enec.Ichth. p-35. sp.5. confusa cum specie Willughb, —Lacép. Hist. Poiss. II. p.6. confusa cum eadem, nec Oh. Fabric. Faun, Groenland. ad illam referenda. —£afinesque, Ind. Itt. Sic. p.47.sp. 3554. (ex nominibus vulgaribus Picara magnusa, Ruveto.) Risso,Ichth.INic.p.6. sp. 5? ex nomine Cardairo, nec Hist.Nat,ITI.p.152.sp.59- nec Schneid, BI. Syst. p. 567. sp.26. nec Cuv. nec Nilss. Prodr. Ichth. Scand. quae species undique laevis, scilicet Raja spinosa, Rondel. perperam oxyrhkynchus Anglorum, nisi potius Laeviraja macrorhynchus, Nob. nAJA AsperrIMA, Rond. Pisc. Mar, I. lib. xii, cap. xviii. p.557. Gesn. Aquat., IV. p.797. Aldrov. Pisc. lib. iii. cap.lxii. p. 462. cum fig. Rond. Jonst. Pisc. lib.i. tit.i, cap.iii, art. iii, p.viii. p.22.tab,10.fig.6. Willughb, Ichthyogr. tab. D. 2. fig. 2. ex Rondel. Ray, Syn. Pise, p.27. sp.8.nec Schneid. BI. Syst. species indica distinctissima. RAJSA (DAsYBATIS) FuLLONICA, Blainv. in Faun. Fr. Poiss, p.23. sp.9. tab.v. fig.1. excl. var. A. Raja radula, Delaroche, optima species, et var. D. Raja eglanteria, Bosc, species americana. RAJA toto dorso aculeato, duplici ordine aculeorum in cauda, simplicique ad oculos, Artedi, Synon. (nec. Gener. P. 72.) p.101. sp. 6. var. b. exclus. var, X. cum synon. Willughb. et Rayi, quae Raja aspera, Blainv. cuarnon, Daubent, Dict. Ichth. in Enc. Méth. Hist. Nat. III. sp. 87. exclus. synonimis speciei Oceagi, nai APRE? Duham, Pèch. II. Sect, ix, tab. 8. et 9. fig. 7? RAIE CHARDON ou R. À FOULON, Lacép. loci citat. nec Cloquet, Dict. Hist. Nat. XLIV, p. 384. Bice la Raja fullonica di Rondelet, dalla quale non differisce che per la età la sua Raja asperrima, checchè ne dica in contrario egli stesso. Chiunque la guardi si av- vedrà che quanto giustamente s'appartiene a costei tal nome, per esser tutta densamente coperta di grandi, numerosi, ricurvi aculei, altrettanto lo usurpano ingiustamente le altre che nella sinonimia accennammo quì sopra. Essa è propria del Mare mediterra- neo, e coloro che credettero di averla rinvenuta nell'Oceano altre invece ne colsero to- talmente diverse. I disgraziati equivoci avvennero dall’aver Linneo sotto la vera Raja fullonica citata la Raja aspera nostras, ossia White horse del Willughby, il quale, vista in essa una tal quale presenza di spine più lunghe che in qualunque altra da lui co- nosciuta, avea mosso il dubbio che non ne differisse la Raja fullonica del Rondelezio. Da quindi gli autori, cui non fu nota questa nostra specie mediterranea, vollero a dis- petto degli occhi chiamar fullonica la specie oceanica del Willughby. Che direm poi di coloro che giungono a dar questo nome ad un pesce perfettamente levigato? Tre Raji- ni pertanto, seppur quattro non sono, furono chiamati così; 1. la Dasybatis soggetto del presente articolo, cui legittimamente spetta il nome, cioè la fullonica del Rondelezio, del Gmelin, del Blainville, e in parte altresì di Linneo malgrado l’errore di sinonimia. 159 DASYBATIS FULLONICA. — 2. La Raja fullonica di Fabricio, ch'è appunto il //hite-horse del Willughby, la Da- sybatis cioè che col Blainville (unico dei moderni a ben distinguere la vera fullonica) dovria chiamarsi aspera, se questo nome non fosse stato adoperato in tanti altri signifi- cati, e dallo stesso Rondelet, come senza profittarne si avvidde il Blainville, e dal Risso che così chiamò il giovane della clavata, e dal Fleming che diello a tutt'altro pesce. — 3. la Raja che ad onta della pelle liscia è chiamata fullonica da molti, fra i quali con grande stupore veggiamo il Cuvier ed il Nilsson, e che è la nostra Laeviraja macrorhyn- chus (.R. intermedia dell’Yarrell.) — 4. la Raja spinosa, Rond. ‘ch'è la R. oxyrhynchus - degli Inglesi, non già quella degli antichi, Laeviraja oxyrhynchus, Nob. nè quella di Bloch, che noi dopo ulteriori confronti riferiamo ora alla precedente. Quella di cui trattiamo ha forma romboidale: la sua coda è poco più lunga del dia- metro longitudinale del disco, il quale è un buon quinto più breve del trasversale: i lati anteriori leggermente e largamente sinuati, più lunghi quasi un terzo dei posteriori ro- tondati, congiungonsi anteriormente in un rostro sufficientemente acuto ma breve, nè distinto da costringimento alcuno. Gli occhi distano poco men di due diametri l'uno | dall’altro, e cinque dalla punta del muso. La bocca squarciasi per una metà di quanto corre da’ suoi angoli alla punta suddetta: i denti sono tutti smussati. La intiera superfi- cie della cute è irta di molti cospicui, robusti e ricurvi aculei fittamente disposti in campo già ben aspro per innumerevoli più piccole punte: quelli dei lati posteriori sono più sottili, più umili, diretti in varj sensi; gli altri rivolgono la punta all'indietro: quelli che armano il mezzo del dorso e tutta-la coda son più altieri degli altri: semplici pun- terelle sono fra gli occhi e il muso: la superficie inferiore dapprima levigata, veste a mano a mano con la età certe asprezze che presto divengono aculei incominciando dal mezzo del pesce all'in giù. Le pinne ventrali sporgono di un terzo oltre il disco; il lobo interiore leggermente crenato è doppio dell’ esterno, ch'è sfrangiato e quasi digitato. Le dorsali, la seconda delle quali è quasi più grande della prima che nasce a’ due terzi della coda, ove impiantasi obliqua al par dell'altra, sono ambedue ovali, poco distanti Tuna dall'altra, ed anche meno che dall’apice della coda, che è molto acuta in punta, ove è marginata da una membrana lineare. Il colore universale al di sopra è un cenerino-giallastro senza macchia alcuna, infe- riormente è bianchiccio. L'esemplare figurato era lungo ventisette pollici, largo sedici e mezzo: i lati ante- riori si stendeano per otto e mezzo, i posteriori per sei. Gli occhi distavano tre pollici dalla punta del muso: lo squarcio della bocca era un pollice e mezzo; e ne correano tre da’ suoi angoli al muso. Le pinne ventrali erano lunghe tre pollici e quattro linee; gli aculei due buone linee. La coda misurava dieci pollici dalla punta all’ano. Prima di accommiatarci dai Rajidi siam lieti di annunciare che il chiarissimo Risso mostrava non ha guari ad una dotta assemblea una raccolta veramente aurea de’ suoi pe- sci di Nizza perfettamente effigiati, che valse a purgarlo da macchie troppo leggermente appostegli sull'argomento. Vedemmo ivi sotto il nome di Raja undata la nostra Raja fal- savela tanto riconoscibile dalla sagoma, perchè forse ravvisavala al par di noi nella Raja undulata del Rondelezio, nome che sempre ci spiacque fosse già preoccupato, perchè altrimenti lo avremmo prescelto. Sembraci pur vedere la stessa o altra poco diversa Razza figurata nell’appendice dell’ Yarrell ai suoi pesci d’ Inghilterra sotto l’indebito no- DASYBATIS FULLONICA. me di Raja radula, Delaroche, cui per soverchio dell’ erronea misura si aggiunge il sino- nimo di Razza scuffina di quest'opera, pesce remotissimo affatto, Dobbiamo aggiungere ancora che la Raja marginata, cui già dedicammo un articolo, non si rimane sempre di piccola statura, ma giustificando i pescatori che la chiamano Razza crescente cresce fino ad ampiezza stragrande cangiando aspetto, come fin d’allor sospettammo, ed assumendo un color cinereo scuro invece dell’ elegante cervino mar- ginato nero di sua gioventù, qualmente potemmo verificare sopra molti esemplari nel porto di Civitavecchia l’Agosto del 1835. Dopo ciò non veggiamo improbabile che i tanto prodigati nomi specifici datis e oxyrhynchus si applicassero da taluni anco a que- sta Razza in sua matura età, obliterato quel carattere appunto che somministrale il no- me. La conformazione generale però, il singolar prolungamento del muso, la peculiare curva descritta dai lati del rombo, e la molta compressione di quella parte assottigliata del tronco che impropriamente dicesi coda, la faranno sempre distinguere e riconoscere. Lo stesso accade (come già in parlando della R. falsavela esponemmo) in quella detta quadrimaculata, di cui fedelmente figurammo l'esemplare siciliano cogli ocelli obliterati, e che tanto più potrebbe credersi una Raja miîraletus, in quanto che noi distinguemmo le due specie mediante in gran parte caratteri ad ambedue per avventura communi in certe date circostanze. Annotiamo in fine, come il nome di Pterocephalini, che lo Swainson vorrebbe sosti- tuire a quello della nostra sottofamiglia dei Cephalopterini desunto dal genere Cephalo- piera del Duméril, non è preferibile in conto alcuno; essendo che il Geoffroy non ado- perava il nome Cephalopterus in ornitologia prima che il Duméril alluogasselo in ittio- logia, come suppone il zoologo britanno. Che se nel conflitto delle anteriorità fosse pru- ‘denza il mutarlo, sopravverrebbe con piena giustizia il bel nome Dicerobatis del Blain- ville a toglier di mezzo qualunque nuova denominazione, che in ogni più dannata ipo. tesi non dovrebbe esser mai quella di Pterocephalus occupata in botanica assai dapprima. 159 Ruta ai BAI ha #0 snc se me i Hal a va loci gratia; sito nba; di mein anti VITTI bd Ri sia 4 vige sad hs maia | LAGOCEPHALUS PENNANTI CAPOLEPRE BICOLORE LAGOCEPHALUS ardesiacus immaculatus, elongatus, laevissimus; abdomine argenteo, muri- cuto aculeis quater-radiatis ad basim: pinnis pectoralibus acutulis, inferne abrupte al- bis 5 dorsali praeposita anali simillima. Dl Pa Vos FA Cad: TETRAODON LEVvIGATUS, Penn, Brit. Zool. III. p. 152, tab.20. Cuv.Règn. Anim.2. ed.II. p. 369. nec Linn, TETRAODON stELLATUS, Dorov.Brit.Fish.III.tab.64. Turt. Br. Faun.p.116. Flem. Br,Anim.p.174.sp.51. Proceed. Zool. Soc, 1833, p. 115. Jenyns, Man. Brit. Vert. p.489. sp. 178. nec Schneid. ( T.stellaris, Lac.) nec Swains. ( Lagocephalus Blochi, Nob. ) TETRAODON LAGOCEPHALUS, Penn. Br. Zool.1812. III. p.174. tab.25. nec Bl., nec Bonn. quamvis Linn, pro p. TETRAODON PENNANTII, Yarrell, Brit. Fish, II. p.347. cum fig. LAGOCEPHALUS PENNANTI1, Swairs. Monocard. Anim. II. p.528. TETRAODON BIcoLOR, Durazzo, negli Atti della sec. riun. scient. ital. in Torino, orzIs LaGocePHALUS, Grew, Mus. p.108.tab.7.fig.5. Willughb. Ichthyogr. tab.J.2. Ray, Syn.Pisc.p.43.sp.5. oRBIs cauda productiore, dorso laevi, ventre spinoso, Willughb. Ichthyogr. lib.iv. cap.i. p. 144. ostrAcION cathetoplateo-oblongus, ventre tantum aculeato et subrotundo, Arted, Syn. p.86. sp.16. STELLATED GLOBE-FISH, Dozov. Loc. cit. GLOBE DIODON, Penn.loc. citat. GLOBE TETRODON, Pern. 1812. loc. citat, PENNANT's GLOBE-FIsH, Yarr. loc. citat. o quanto dicemmo dei Pesci Chondropterygii nell'articolo dell’ Aci- penser Sturio, se non che ci conviene osservare che oltre gl'imperfettissimi Cyclostomi deggionsene distrarre gli Storioni anch'essi. La ragione si è che questi si accostano molto più ai Pesci Ossei, coi quali pienamente convengono al pari dei Plectognathi in ciò che riguarda la conformazione e libertà delle branchie; ed è inoltre a notarsi che lo stesso loro scheletro va rivestendosi di un periostio continuo fibroso-osseo, laddove lo schele- tro veramente cartilaginoso dei Selachi è suscettibile soltanto di un’ ossea tessellatura, siccome ne insegnano le belle osservazioni del veneto Dottor Nardo. Gli Storioni per- tanto, disgiunti non solo dai Selachî ma dalle Chimaerae ancora, che sono certamente della stessa sezione dei Plagiostomi, formano da per se soli quella cui dall’ Eichwald demmo il nome di Micrognathi. Veggasi quindi nel quarto Specchio dei Vertebrati come dopo la universal riforma del sistema Ittiologico ripartiamo i Pesci in dieci Ordini subor- dinati a sei Sezioni di quattro grandi Sottoclassi fondate sulle diversità delle branchie; essendochè questo carattere ci è parso molto più rilevante di quelli in cui si appoggia- vano il Cuvier, il Blainville, e l’Agassiz; il quale ultimo argomentava le sue distin- zioni dai tegumenti cutanei, che tanto bene famuleggiano quel piano da noi creduto essere della natura, siccome ci provammo già di mostrare in parecchie fuggitive scrit- ture prima che tanto noi quanto l’egregio Professore di Neufchatel ampliassimo le rispet- tive proposte. | LAGOCEPHALUS PENNANTI. I Plectognathi che formano la terza sezione di tal nostro sistema non vantano ne’ mari d’Italia pesci che abitualmente ci vivano, eccettuati alcuni spettanti alla famiglia delle Mole ossia degli Orthragoriscidi, ed a quella dei Balistidi. Tuttavolta ne appajono accidentalmente stranissime specie, e forse ne potranno apparire altre col tempo, sia che sorgano dall’imo fondo del pelago, sia che seguano da lontanissime acque le navi. Certo si è che essendo comparso questo singolar Z'etraodontino nel mare di Genova, mentre ci porge l'occasione di arricchirne la nostra Fauna, giustifica al tempo stesso la possibiltà che si mostrassero ugualmente nel Mediterraneo il Z'etraodon hispidus, L. ed il Diodon echinus, Rafinesque, compresi da quest'ultimo nell’Indice d’Ittiologia siciliana sotto i no- mi volgari di Meringianu e Pesce rizzu, non meno che i registrati dal Risso e tanto dis- putati Ostracion nasus, Risso, (cubicus della prima sua edizione ) e Ostracion trigonus, L. Carattere principale della singolarissima sezione dei Plectognathi sono le ossa ma- scellari saldate con le intermascellari, e queste e quelle riunite all’ arco: palatino. Lo scheletro loro è fibroso-cartilagineo : gli opercoli latenti sotto la cute non lasciano che una piccola fissura branchiale di qua e di là. Comprende questa sezione due Ordini cioè il quarto e il quinto de' Pesci, ossia gli Sclerodermi e i Gymnodonti. I primi costi- tuiscono una famiglia sola chiamata Balistidi, che hanno denti separati e distinti, e ri- parlisconsi nella sottofamiglia dei compressi e squamosi Balistini, e nell'altra dei poliedri e loricati Ostraciontini. I Gymnodonti poi, che invece di denti hanno un becco laminoso corneo, si ripartono in due famiglie, cioè nei Tetraodontidi dal corpo enfiabile, più o meno spinoso, e negli Orthragoriscidi di corpo nè enfiabile nè spinoso. Sì quella come questa famiglia in due sottofamiglie si scindono. Gli Orthragoriscini di scheletro total- mente cartilaginoso, colle pinne coperte da una cute simile a quella del corpo, e i Mo- lini di scheletro quasi osseo colle pinne coperte da una cute diversa, compongono la se- conda. I Diodontini armati di lunghi aculei, con ambedue le mascelle continue ed in- tiere, ed i Z'etraodontini mupviti di brevi aculei, con la mascella almeno bipartita e den- tellata, formano la prima. La sottofamiglia dei Tetraodontini composta finora dei soli generi Tetraodon e Trio- don, può contarne oggidì fino a sei, se a tal grado si elevino i cinque sottogeneri, nei quali recentissimamente sulle tracce del Cuvier viene il primo ripartito dallo Swainson, che pone il Zriodon fra i Diodontini. Duolci che l’opera Ittiologica dell’ esimio natura- lista Inglese, degna della celebrità da lui già acquistata nel trattare di altre Classi di Animali, ci giungesse troppo tardi per profittarne pria d'ora; e duolci altresì ch’ egli non vedesse punto di questa Fauna, che non direm luce, ma notizie sì certo gli avria som- ministrato ai lavori suoi; nè ci spiace meno che nell’ abituale sua campestre solitudine ignorasse i nostri ultimi opuscoli sistematici, imperfetti naturalmente assai meno di quel primo che pubblicammo son già dieci anni, e ch'egli onora della ristampa. I sei generi prenunciati sono: 1. Z'etraodon, L. breve di capo, coperto di spine, qual'è il lineatus di Bloch. — 2. Leiosomus, Sw. breve di capo, privo di spine, qual'è il laevissimus di Schnei- der. — 3. Lagocephalus, Sw. liscio il dorso, spinoso il ventre, qual è il 7. lagocephalus di Linneo. — 4. Cirrisomus, Sw. coi lati del corpo ricciuti, qual è lo Sprengleri di Bloch: — 5. Psilonotus, Sw. prolungato e stretto di muso, col dorso carenato e il ven- tre spinoso, qual'è il rostratus dello stesso Bloch: — 6. Triodon, Cuv. unico della sot- tofamiglia che abbia la mandibola integra, e più di tutti dilatabile il ventre; genere che riguardo ai denti può dirsi intermedio alle due famiglie, mentre la brevità delle spine LAGOCEPHALUS PENNANTI. lo assegna alla prima. Suo tipo e sola specie è il Triodon bursarius, Reinward, del Mare indico, di cui veder puossi l'interessante figura sotto il nome di 7. macropterus, Lesson, nella tavola quarta dei Pesci del Viaggio di Duperrey. Al terzo dei mentovati sei generi appartiene il soggetto di cui trattiamo. Fu certa- mente compreso nel Z'etraodon lagocephalus di Linneo, il quale, come evidentemente rilevasi dal Systema naturae ove cita l’Artedi, lo desumeva dall’ Orbis lagocephalus degli antichi autori. I più recenti però applicarono questo nome di lagocephalus ad un altro T'etraodontino cui lo aveva effigiandolo sancito il Bloch, ben diverso dal nostro, sì pei colori, essendo fasciato di giallo e nero, come per la forma e disposizione degli aculei di base non quadrifida ma trifida soltanto. Il primo fra’ moderni che facesse conoscere la nostra specie fu il Pennant, il quale vedendola diversa dal falso lagocephalus descris- sela assai bene, ed assai bene la figurò sotto il nome di laevigatus: poscia il Donovan, persuaso forse dal Bloch che non. potea riferirsi al laevigatus di Linneo, la figurò an- ch' esso sotto il nome di stellatus senza avvedersi che già con quell’ epiteto si distingueva un diverso Tetraodonte delle Indie. Quantunque ial nome stellatus, invece di stellaris impostogli dal Lacépède, trovisi presso il solo Schneider (che senza ragione alcuna con- siderava il pesce una varietà del suo lagocephalus) e potria pur credersi un errore di stampa, tuttavia in vista del nome così affine, e dell’equivoco che facilmente può rin- novarsi, deve essere onninamente tolto alla nostra specie, massime dopo che lo Swain- son adottò quel di lei nome di stellatus per il Lagocephalus figurato dal Bloch. Lasciando noi tutto il merito della distinzione al lodato Donovan, cui seguirono universalmente gl'Inglesi fino allo stesso Jenyns, adottiamo con tanto minore esitazione il nome di Tetrao- don Pennanti, impostogli dall’ Yarrell per rimediare all'enunciata irregolarità, in quanto che il Linneano nome specifico di lagocephalus è divenuto generico. In tanta confusione ed oscurità il Marchese Carlo Durazzo non sapendo alluogarlo nella specie suddetta di- stinguevalo col nome di dicolor, e lo caratterizzava così bene, che prescindendo dal so- verchio nome contribuì moltissimo allo sviluppo che abbiam qui fatto delle antecedenti aberrazioni. Unico esemplare, che per quanto sappiamo ne apparisse nel Mediterraneo, è appunto quello che fu mostrato al Durazzo, malconcio però, consunto, e appena vivo. Tre soli altri esempj in tutta Europa se n’'ebbero nelle acque di Cornovaglia. Perciò in così grande rarità non potendo noi rintracciarne la vera patria, che solo arguiamo poter es- sere nei mari orientali, ne’ quali abbondano i T'etraodontidi, passiamo tosto a descriverlo. La sua forma generale allorchè trovasi nello stato ordinario è di una ellissi cui man- chi la curva superiore, essendo quasi retto il profilo del dorso. La sua lunghezza è quasi quadrupla dell'altezza; ma quando gonfiasi, come spesso e volentieri si piace, l’addo- me si dilata così fattamente, che in un esemplare grande al par del nostro, lungo cioè un piede e mezzo, la pancia sovrabbondava per più di un piede oltre lo stato naturale, formando l’intero pesce una circonferenza di due piedi e mezzo. Il capo occupa la quar- ta parte della lunghezza. L'occhio siede nel suo mezzo distando tre diametri così dalla punta del muso come dalle aperture branchiali, e quasi due dal profilo superiore. I fori delle narici contigui fra loro s’aprono superiormente poco più distanti dall’ occhio che dal muso. La bocca-squarciasi per due volte l'occhio, alquanto più dell'apertura bran- chiale, ed ha le mascelle ugualmente sporgenti. I piccoli opercoli e i cinque raggi bran- *chiostegi sono profondamente nascosti sotto la cute. La sostanza eburnea che circonda LAGOCEPHALUS PENNANTI. le mascelle, e simula i quattro denti (onde il nome di Tetraodonti) è lamellosa come negli altri della famiglia. Tutta la superficie del pesce è levigata ; il ventre però è ar- mato di piccole spine taglienti ed acute, erette sopra una base stellata di quattro raggi, poste in ordine quincunciale di sette in otto fila, ognuna delle quali ne conta quindici in circa da sotto il termine della bocca fino all’ano. L'unica pinna dorsale che nasce dopo i tre quinti dell’intero pesce, elevandosi quasi il doppio della propria lunghezza, due terzi di quella del capo, è cuneiforme con l'interno lato più breve ed incavato al- quanto. Le pettorali spiceanti dietro le aperture branchiali a metà dell’altezza del corpo son lunghe la metà del capo. La pinna anale similissima in tutto alla dorsale, nasce dietro il termine di quella, talmente che mentre la dorsale dista dalla caudale per due volte e mezzo la sua base, l’anale se ne allontana una volta e mezzo soltanto. La cau- dale lunga più di un quinto di tutto il pesce è semilunata, e nell’esemplare che descri- viamo ha il corno inferiore più lungo del superiore. 1l colore è di ardesia turchinastro sulla schiena fino alla metà dell’altezza senza veruna macchia o fascia: sul ventre e nei lati è bianco-argenteo, nè vha passaggio tra questo e quel colore. Simile alternativa ma più appariscente si vede sulle pinne perso rali. Le altre tre pinne sono scuricce. L'iride dell'occhio è argentea. I Tetraodontini hanno la proprietà di enfiarsi smisuratamente ingojando l'atmosfera, e così divenuti leggeri globi idrostatici galleggiano col ventre in aria in balìa dei flutti ma non dei nemici, contro i quali in tale stato e postura irrigidiscono viemmaggior- mente le spine, che li difendono dai morsi. Se in quel mentre li traggi a terra, odi un sordo gorgoglìio che tramandano dalla gola forse per lo sprigionamento dell’aria. Pa- sconsi ordinariamente di Crostacei e di T'estacei, che facilmente frangono colla potente dentatura. Son di carne sì trista che gli uomini non se ne giovano, anzi talune. specie son sospette di veleno. Uno di essi appartenente al genere Psilonotus è di quei po- chissimi pesci che godono di elettriche facoltà. Ve n’ ha un altro famoso fin d’antichissi- mo tempo nel Nilo, e così vi sovrabbonda che il fiume ne’ suoi allagamenti ne depone tanta copia sul suolo che provvidamente lo ingrassa, e porge anche materia di gioja e di trastullo ai bambini che ben si guardano dal cibarsene, e sanno schivare le perico- lose punture degli aculei. I Giapponesi al contrario van ghiotti di un altro che prepa- ratolo in belle maniere e privatolo delle intestina velenose reputano assai delicato; ma siccome non furon rari gli esempj che se ne abusasse da taluni, e quindi se ne produ- cessero indigestioni assai pervicaci, e perfin la morte, perciò se ne proibiva severamen- te il mercato. e, D WTA SOTA ay li PAZZI bg CALI di pri LAVIRAJA OXYRHYNCHUS RAZZA MONACA xeyir4Ts rostro acuto ob oculos quater et ultra longîori, quam inter eosdem intervallo : disco parum latiore quam longo, cinereo levissime plumbeo, subtus albido lurido, sae- pius scabro, poris muciparis nigricantibus: orbitis muticis: cauda aculeata, valde bre- vrore quam corpore. RAJA oxvRmncHus, Linn. Syst. Nat. I. p. 595. sp. 3. Naccari, Itt. Adriat, p.25. sp,111, nec Gmel. nee Bonnat. nec Bloch. nec Lacép. RAJA ROSTRATA » Étisso, Ichth. Nic.p.7.sp.7. Id. Hist. Nat, Eur. mer. p. 156. sp. 45. RAJA (pasyBatis) rostratA; Blainv. in Faun. Frane. Poiss. p, 30.sp.15. tab. 5, a. fig. 2. RAJA mucosissima, /Vardo, Prodr. Ichih, Adr. sp.9. ALIA RAJA "0Evpv yy os), Rondel. Pisc. Mar, I. lib. xii cap. viiì, p. 348. cum fig. mala. BAEVIRAJA, Salvian, Aquat, Hist, ilix. p. 149. tab, 52. RAJA oxyRayncHus major, Gesn. Aquat. IV.p.792. cum fig.in. p.802. Willughb. Ichthyogr, lib.iii, cap. ix. p. 71. tab. C. 4, ex Salv. Ray, Syn. Ptsc.p. 26. . Jonst. Hist. Pisc. lib. i, Tit,i. cap.iii. art. ili. punct. vi. p.21. tab. x. fig. 8.ex Rond. et tab. xi. fig. 1. ex Gesn. fig. 6. ex Salv. RAJA OxYRHYNCHUS minor, A/drov. Pisc. lib. iii. cap.liii. p. 455. cum fig. in p.456, RAJA varia tuberculis decem aculeatis iu medio dorsi? Arted. Gen. Pisc. p..72. sp. 8. Id. Synon. p. 101. sp. 8. xonG-NOsED sKAaTEL Farrell, Brit. Fishes IL p.414, cum fig» ‘uei progressi della scienza che si ravvisano negli Squalidîi, e furon da noi re- gistrati nella Tavola Analitica dei Selachii, ricorrono altresì nei Rajidi, come nella stessa tavola si può egualmente vedere. Gli otto lor generi appunto annoverati da noi, quando ‘parlammo della Raja Marginata, salirono al grado di sottofamiglie, ognuna delle quali si ridivide in più generi. Quella che è detta de’ Rajirzi, quinta se partasi dal genere Ce- phaloptera andando verso gli Squalidi, e quarta se da questi si discenda, fu men forse delle altre diligentemente osservata. I suoi caratteri sono gli stessi che in quest’Opera as- segnammo al genere Raja, e possono determinarsi così: Capo attorniato da ample pinne pettorali; corporatura romboidale; coda sottile, allungata, fornita di due pinne dorsali: denti esili, numerosi, polimorfi, disposti a file incrociate. Le specie che la compongono son lungi ancora dall’esser ben dichiarate, non escluse quelle de’'mari Europei. Gli stessi naturalisti Berlinesi Mùller ed Henle, che colsero tanto frutto nell’intendere alla cogni- zione dei Selachi, la dividono in soli tre generi, Uraptera, Sympterygia, e Raja: ai quali ci piace di aggiungere tre altri, che sono Zaeviraja, Dasybatus e Batis, che noi stessi fi- nora non considerammo se non come sottogeneri di Raja; i quali però dopo più maturo esame eleviamo al grado di genere. Ed avverrà che altri ancora se ne aggiungano a que- sti, quando con più attento studio saran conosciute le forme de’ Rajini stranieri. Infrat- tanto poichè il genere Propterygia di Otth debbe rimoversi dal Sistema per esser fon- dato sopra una difformità, noi ammettiamo que’ soli sei generi, de’ quali così notiamo i caratteri: 1. Urapiera, Muller et Henle : pinne pettorali non protese oltre il mezzo del 130 LAEVIRAJA OXHYRHYNCHUS. rostro, nè congiunte l'una coll'altra; le ventrali bilobe ; senza caudale: del qual genere è tipo una nuova specie del Mar Pacifico. 2. Sympterygia, Mùller et Henle; pinne pet- torali distese più che al mezzo del rostro, e toccantisi ambedue col margine interno; ventrali unilobe; pinna caudale: il qual genere pure è fondato sopra una nuova spe- cie del Mar Pacifico. 3. Laeviraja, Nob. pinne pettorali non dilungate oltre il mezzo del rostro, nè toccantisi fra loro; ventrali bilobe; pinna caudale; corpo levigata o spi- noso; rostro lunghissimo: il cui tipo è la Raja Oxyrhynchus di Linneo, della quale scriviamo il presente articolo. 4. Raja, Linn. Somiglievole in tutto all’antecedente, di corpo liscio, ma di rostro breve: di cui sono esempi la Raja Miraletus, la Quadrimacu- lata, la Marginata, tutte già figurate in quest'opera. 5. Dasybatus, Nob. Simile alla Raja anche pel rostro, ma di corpo scabro: il cui tipo può vedersi nella Raja Clavata di Lin- neo, mentre molte altre specie poco finora illustrate gli appartengono. 6. Batis, Nob. Assomigliante al suddetto, anche pel corpo scabro, ma senza rostro affatto: al qual ge- nere può servir di tipo la Raja Radula di questa Iconografia. Qualunque sia l'abuso che dopo la pubblicazione del Systema Naturae abbiano i diversi naturalisti fatto del nome di Raja Oxyrkynchus, L., noi ne ravvisiamo il le- gittimo possessore in quel Rajide figurato dal Salviani soito il nome di Laeviraja, e che appunto scegliamo in tipo del nostro genere di quel nome. Parecchie specie, è vero, gli si dovrebbero ascrivere se realmente sussistessero quelle diversità di caratteri, che dagli autori furono fino ad ora assegnati alle Razze lisce con muso eccessivamente allungato, significateci da essi sotto diverse appellazioni. Ma siccome noi abbiamo in mille aspetti e circostanze osservato che quei caratteri supposti specifici, o non esistono, o son proprii soltanto del sesso, dell'età, della stagione; abbiam perciò ristretto a due sole le specie mediterranee, figurate nella tavola stessa che illustriamo. Esse crediamo sian quelle medesime che il Rondelezio, conoscitor profondo dei Pecci del nostro ma- re, ci particolarizzava tanto bene, quantunque infelicemente le figurasse, sotto i nomi di R. Oxyrhynchos e di alia R. Oxyrhynchos, sopra cui costruirono i compilatori del secolo seguente l’OxyrAynchus major ed il minor, fantasticando largamente intorno al primo, e confondendo insieme le due specie vere. Ora tra i molti preesistenti nomi ab- biam prescelto quelli di Oxyrhynchus e di Macrorhynchus non già perchè crediamo che a queste due identifiche specie fossero dati bene dapprima, ma perchè meglio ci giova il seguire lo stile nostro di adoperar nomi già consueti, quando vengaci dato di stabilire talune specie sopra sicure basi, anzichè coniarne de’ nuovi, quantevolte non li richiegga la prepotente necessità. Collocati nella libertà della scelta preferiamo quel di Oxyrhyn chus alla specie del muso più acuto seguendo il significato della parola, e l’autorità di Linneo che attribuivalo appunto a questa, ch'è la seconda R. Oxyrhynchus del Ron- delezio, quantunque tutti gli autori moderni par si piacciano di conferirlo alla prima, cui ben si conviene il nome di Macrorkynchus per la figura del rostro, lunga ma non acuta, sia che il Rafinesque lo desse esclusivamente proprio a lei, sia in comune all’al- tra, come è probabile ancor più. La nostra Laeviraja Oxyrhynchus, romboidale come le altre, ha il diametro trasver- sale poco più lungo della distanza che è fra la punta del rostro e l’ano: i margini ante- riori del disco assai più lunghi de’posteriori s'incurvano notabilmente, e la maggior con- cavità loro si trova verso la metà. Il rostro lunghissimo, ed acutissimo è inferiormente ruvido per sottilissime ma robuste punte disposte in figura di stelle raggianti che s'in- LAVIRAJA OXYRHYNCHUS. noltrano fino alla bocca, e discendendo lungo i margini anteriori in forma non più stel- lata ma semplice, si assottigliano a gradi, e scompariscono quasi affatto nel punto della maggior concavità. La distanza fra la punta del rostro e l'apertura della bocca è un se- sto minore di quella che passa dalla bocca all’ano; e l'apertura suddetta è circa il terzo di quel che corre da essa alla suddetta punta. I denti sono più o meno rotondi. L’'or- bita dell'occhio offre una ellisse allungata, il cui maggior diametro misura quasi un terzo dell'apertura della bocca. La coda, che è un sesto men lunga del rimanente del corpo, è subcilindrica, schiacciata alcun poco verso la base, e armata superiormente di una dozzina di robusti aculei che volgon la punta all'indietro, posti ad inegual distanza lungo una stessa linea, e fiancheggiati di altre minute asprezze, che non mancano in tutta la superficie inferiore del Peo Le due pinne dorsali separate da brevissimo in- tervallo ergonsi verso l'estremità della coda; originandosi la prima ai due terzi della lunghezza, # occupando due quinti dello spazio tra la sua attaccatura e la punta della medesima: la seconda si distende quanto la prima : la caudale, che le succede imme- diatamente, è la metà più corta di esse: le ventrali divise ciascuna in due lobi hanno meno ampio ma più lungo l'anteriore. Negli individui [olo inoltrati in età veggiamo in ambo i sessi venire anco al di so- pra del rostro quelle asprezze della cute che vedemmo al di sotto del medesimo ; ed obliterate le punte che spiccano dal dorso della coda sorgerne invece altre sla sopra ambedue i margini laterali ripiegati verso il Juddetio dorso. Facile è il ravvisare in Laevirajae così adulte la Raja Chagrinea che gl’ Inglesi suppongon diversa. Il colore al di sopra è cenerino plumbeo leggermente sfumato di violaceo e sparso irregolarmente di appena visibili rotelle di tinta più chiara: al di sotto è un bianchic- cio sudicio più o men tendente al color suddetto, e quasi sempre fittamente punteggiato di nerastro per i molti pori secretori del muco, La lunghezza totale dell'esemplare descritto, maschio adulto, com'è quello rappre- sentato TENETE in un quarto del vero, e lussureggiante de’ maschili così ben dichia- rati, è di 2 piedi e 1 pollice: la larghezza è di 1 piede e 7 pollici: i lati anteriori piede 1, pollice 1: i posteriori fino all'attaccatura delle pinne ventrali pollici 8.3: la co- da pollici 11, linee 4. Il rostro, sporgente dal disco pollici 3, linee 4, largo alla base pollici 2, da colla punta dall’angolo anteriore dell'occhio pollici 5, linee 10: l’inter- vallo da un occhio all’altro è pollice 1, linee 10: Lio pol- lici 6, linee g: e la larghezza di essa bocca è di un pollice e 3 linee. In un altro esemplare lungo 1 piede e 11 pollici, la larghezza era di 1 piede, 1 pol- lice e 4 linee: i margini anteriori 10 pollici, i posteriori 8: la coda stendeasi pollici 10 e linee 4: distanza dalla punta del rostro all'angolo anteriore dell'occhio 5 pollici e 6 linee; da un occhio all’altro linee 10: dalla punta del rostro alla bocca pollici 6: larghezza di essa bocca 1 pollice e 8 linee. | Giunge a dimensioni grandissime nonchè al peso di parecchie decine. La sua carne specialmente allora è competente a mangiarsi, A Roma è conosciuta sotto il nome di Arzilla Monaca: in Toscana sotto quello di Moro mora: a Nizza sotto quello di Fumà. I Liguri la dicono Capucina, Raza Capucina e Raza a becco: i Veneti Baosa, Baoso, Fottacchio, Baosa dal Fottacchio; 1 Marcheggiani Moccosa; i Napoletani Raja Mona- ca; i Siciliani Pigara Scapucina. 130* Rrho atte sai Ne na a LAVIRAJA MACRORHYNCHUS RAZZA CAPPUCCINA LEVIRAJA rostro obtuso ob oculos vix ter longiori, quam inter eosdem intervallo : disco valde latiore quam longo, cinereo leviter plumbeo, subtus fusco-cinereo, laeviculo, poris muciparis nigricantibus: orbitis aculeatis: cauda aculeata longiore quam corpore, RAJA MacroRHyNcHus? Rafin. Caratt, Nuov. Gen. p.15, sp. 38. Id. Ind. Sic. sp. 358. RAJA OxYRHYNcHUS, isso, Ichth, Nic.p.4.sp.2. Id, Hist. Nat, Eur. m. III. p. 156 sp, 44. RAJA (pasy5atis) oxvruyncuuss Blaino, in Faun, Frane. Poiss.p. 18.sp. 5. tab. 3. fig. 1, RAJA BATIS) (Vaccari, Itt. Adr.p. 25. sp. 110, RAJA moruLA, Nardo, Prodr. Ichth. Adr. sp. 9. RAJA "OEvpdyyos, Rond, Pise. Mar. I. lib. xii. cap, vii, p.347. cum fig. mala. RAJA OxyvRHyNcHus minor, Gesn, Aquat. IV. p. 792. cum fig. WPiillughb. Ichth. lib.iii, cap. ix, p.72. ex Rond, Jonst. Hist. Pisc. lib. i, tit.i. cap, ili, art, ili, punct, vi, p.21, tab. x. fis. ex Rondel, Il, nome di Macrorhynchus che il Rafinesque diede ad una Laeviraja delle acque Sicule da lui creduta nuova, lasciandoci in dubbio se realmente guardasse piuttosto a questa di cui parliamo, ovvero all’antecedente, conferiam volontieri alla presente, per- chè siam certi per la prattica che abbiamo delle opere sue, che egli così la chiamasse, sia che la distinguesse dall’ altra, sia, nell’ ipotesi più probabile, che la confondesse con la medesima; poichè la sua R. Oxyrhynchus, guardato l'ordine con cui egli dispo- ne le Raje, non che i sinonimi volgari, nulla ha di comune con questa nè con quel- la, come nulla ne ha la rappresentata dal Bloch. Accennammo già non essere affatto specifiche le differenze notate dagli scrittori per distinguere le varie o supposte specie di Laeviraje: ora ne diam la ragione. I denti, per esempio, sono ora stretti ed acuti, ora larghetti e spianati in una stessissima specie, il che dipende dalla maggiore o mi- nore età: gli aculei della coda, lasciando a parte le asprezze che in altre parti s' incon- trano nei soli maschi, spiccano in uno o in tre ordini, giusta parimente la età: nè Je modificazioni della pelle al di sotto, sì pel colore sì pel maggior liscio ch’ ella abbia, meritano punto, come già le tante volte osservammo, di esser prese in considerazione caratteristica. Perciò non soltanto il Risso, ma il Blainville altresì, sostenitore gravissimo della gerarchia dei caratteri, non ci prosciolsero verun dubbio quando dai suddetti vol- lero contrasegnate le loro Rajae Bicolor, Oxyrhynchus, e Rostrata. Nel nostro Pesce il diametro trasversale supera di un quinto la distanza che è tra la punta del rostro e l’ano: i margini anteriori del disco sono notevolmente incavati e più estesi dei posteriori convessi in tutta la loro estensione: il rostro è triangolare ot- tuso armato lunghesso i margini esterni della superficie inferiore di acute puntarelle disposte in duplice serie, che diventan più spesse verso l’apice: lo spazio tra esso apice. e la mascella superiore misura tre quarti di quello che corre tra la medesima mascella e l’ano: l'apertura della bocca è poco meno della metà che corre tra la punta del ro- LIEVIRAJA MACRORHYNCHUS. stro e la mascella. L'orbita dell'occhio in forma di ellissi allungata ha in diametro lon- gitudinale quasi un quinto dell'apertura della bocca. Superiormente all'occhio stesso spiccasi dalla parte interna un robusto aculeo rivolto in basso. La coda è più lunga un sesto del rimanente del corpo, ottusamente tetragona, ed è armata superiormente lun- go il mezzo di una quindicina di aculei regolarmente spaziati. La prima delle due dor- sali comincia a due quinti della coda contando dalla sua estremità, e si estende per- due settimi della medesima: lo spazio tra la prima e la seconda è la metà della lun- ghezza della prima, e vi si scorge un aculeo poco innanzi l’intestatura della seconda, la di cui lunghezza è uguale a quella della prima: le ventrali sono composte di due lobi di cui l'anteriore è più lungo, ma men largo. La lunghezza dell'esemplare descritto è di un piede e quattro linee: la larghezza di sette pollici e sei linee: i lati anteriori del disco fino alla punta del rostro misurano cia- scuno sei pollici, i posteriori fino alle ventrali tre pollici e quattro linee. La lunghezza delle ventrali è un pollice ed una linea: il rostro sporge oltre il disco un pollice e tre linee: dal suo apice all'angolo dell'occhio corrono due pollici e cinque linee; alla pri- ma apertura branchiale due pollici ed una linea; gli angoli della bocca due pollici e sette linee: lo squarcio di quest'ultima è di un pollice e due linee. Pei colori non è affatto dissimile dalla precedente, generalmente però vedesi di tinta più carica al di sotto. Non giunge a dimensioni tanto grandi, e la sua carne è gradita ancor meno. Le si danno promiscuamente i nomi volgari di quella. A Nizza perà più “propriamente quello di Pissova, e nel Veneziano quello di Aforo. e e ii Lecce esi od nn ———————_ T_T usi veor prog) gg SLPIPPRAPIPLOH: Zi 3 RIINOBATUS COLUMNE SQUATINO-RAJA DEL COLONNA RHINOBATUS pinna dorsali anteriore ventralibus valde postposita: corpore subgranoso, fusco-olivaceo, subius albido, unico tantum aculeorum ordine in medio dorsi. rAJA RHINOBATUS, Linn. Syst, Nat. I.p. 397. sp.-9- Gmel. Syst. Nat. I. p.1510, sp.9. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 5. sp. 13. RHINOBATUS RHINOBATUS, Schreid. BI. Syst. p.353. sp. 1, LEIOBATUS PANDURATUS® Rafin. Caratt, p. 16. gen. xii. sp, 39. Id. Ind. Itt. Sic. p. 48. sp.361. RHINOBATIS DUBAMELI® Blainv, in Faun. Fr, Poiss, I. p. 48. sp.20. excel. tab. Duhamel, Tr, des Pèch, Pivoffatos, Aristot. lib. vi. cap. ii. SQUATINO-RAJA, Gaza, in dAristot, loc, cit. Aldrov. Pise. lib. iii. cap. ]xvii. p. 475. fig. în p.477. 478. Charlet. Onom. p. 1531. Jonst. Piso, I. lib.i.tit. i. cap. iii. art.iii. punct.zi. p.24.tab.xii. fig. 6, SQUATO-RAJA seu RHINOBATOS, Bellon. Aquat. p. 73. Gesn. Aquat. IV. p. 905. RHINOBATUS sive SQUATINO-RAJA, Columna, in Phytob. Pise. Hist. pror.tab.xxvii. Salv. Aquat. Hist.li. p.1553, Gesn. Aquat. IV. p.902. Willughb, Ichthyogr. lib. iii. cap.xviii, p. 79. tab. D. 5. fig. 1. icon ex Columna. Ray, Synops, Pisc. p.23. Klein, Hist. Pisc. Miss.iii.p.52. gen.ii. sp.1. RAJA oblonga, unico tantum aculeorum ordine in medio dorso, Arted, Gen. Pisc. p.70. sp.1, Id. Synon. p. 99. sp.1. Linn. Mus. Ad, Fr, IT. p. 52. RAJA dorso dipterygio, aculeorum ordine solitario, cauda lata pinnata inermi, rostro trigono productiore, Gronoy. Zooph. p. 156. rBINoBATE, Daubenton, Dict. Ichth. in Enc. Meth. Hist. Nat. 1II. p. 5553. nec Lacép. nec Duhamel. RAJE THOUIN? Lacép. Hist. Nat. Poiss, I. p.69. rRunopatE de la Mediterranée, Cuv. Règn, Anim. II. p, 153. Id.2, ed. II, p.396. N on credeva Aristotile che pesci di razza diversa si fecondassero tra loro, ma dall’averne veduto uno che riuniva le forme della Squatina (Pin) e della Raja (Batos), della prima cioè le posteriori, della seconda le anteriori, dubitò che la regola soffrisse una eccezione, e che dal congiungimento di que’ due nascesse un pesce bastardo, cui dette il nome di Rhinobatos, che in latino fu tradotto Squatinoraja. Plinio che in que- sta, egualmente che in altre mille erudizioni, fu l’eco in Roma di quel sapientissimo, ripetendo disse, che dallo strano congiungimento della Squatina e della Raja parea nascesse quel pesce che riunisce il nome .greco dell'uno e dell'altro. Dopo molti secoli il Rondelet cercava codesto animale, e non trovandolo accagionava Aristotile e Plinio di troppa credulità: anzi non distinguendo la probabilità dell’esistenza dalla narrazione degl’illegittimi natali, dicea non potersi dare sì fatto pesce in natura. Ma Fabio Co- lonna Linceo poco tempo dopo si accorse che si confaceva con la descrizione degli scrittori antichi, e riuniva realmente le forme della Squatina e della Raja quel pesce, al quale i pescatori napolitani davano volgarmente il nome di Cetola, perchè guardato all'ingrosso ti presenta la figura di una chitarra (cithara): e perciò nel suo Phyto- basanos impiegò alcune pagine ad illustrare la cosa, ove rivendicato Aristotile e Plinio saviamente dichiarò che, sebbene non prodotto dall’accoppiamento della Squatina e 86 RHINOBATUS COLUMNZE. della Raja, pure per le somiglianze che porta di ambedue doveasi riconoscere in lui il Rhinobatus di Aristotile e di Plinio. Linneo quindi registrò il pesce chiamandolo Raja Rhinobatus. Dacchè le Raje sono state ripartite in più generi da’ naturalisti, il nome dato alla presente divenne quello di un genere, di cui furono scoperte più specie; ed a talento di chiunque se ne riputò trovatore furono ad esse applicate le denominazioni specifiche. Lo Schneider però si contentava di chiamare la nostra specie Rhinobatus Rhinobatus, sconcezza da non potersi conservare. Il Blainville nella Fauna Francese nominò la sua Rhinobatis Duhameli, perchè nel Trattato delle pescagioni del Duhamel trovava il solo esempio che lo autorizzasse a registrare una fthinobate come pesce di Francia: noi per altro che abbiamo sott occhio la Squatino-Raja del mediterraneo, quella appunto de- scritta dal Colonna, e la ravvisiamo assai diversa dalla specie figurata dal Duhamel, sia o non sia la stessa che il Blainville chiamò col nome del medesimo Duhamel, ci crediamo in debito di nominarla Rhinobatus Columnae in ricordo ed in riverenza di Fabio Golonna, che ci dette per il primo l’autentica figura e storia di questo pesce, ed uomo veramente nobilissimo procacciò tanta gloria all'Italia nostra con molte opere di ogni filosofia. Ora questo genere Rhinobatus si è quello dei Rajidi che, prescindendo dal genere Pristis, più si accosta agli Squalidi per la configurazione del corpo; imperocchè sì questi come quelli, oltre all'essere più allungati delle Raje, hanno le pinne poco al- largate, e la coda assai grossa e carnosa, meno perciò spiccante dal disco di quello che vedesi negli altri Rajidi, fornita altresì di due pinne sul dorso oltre la caudale, tutte tre distintissime. Come perciò la Squatina è il pesce meno Squaliforme della sua famiglia, così il Rhinobatus ed il Pristis sono della loro i meno Rajiformi; e in tal guisa congiungono le due famiglie de' Rajidi e degli Squalidi tanto dissimili in appa- renza, se guardisi alle specie loro normali, ma si bene affini in realtà, e mirabilmente collegati dagli anelli aberranti qui sopra nominati, Questo genere che da un lato ha qualche affinità con la Pristis, dall'altro con la T’or- pedo, presenta il corpo (relativamente alla sua Famiglia) non molto depresso nè molto al- largato: la circoscrizione del disco ha forma di un cuore rovescio per le pinne pettorali poco estese a guisa di ale rotondate. Il capo semilibero dal prolungamento anteriore delle pettorali si assottiglia in un rostro ottuso rotondato, I denti labiali minuti e fitti, posti sulle mascelle in ordine quincunciale. Le pinne ventrali indivise, acuminate, in- tegre in ambedue i margini. La coda poco distinta dal tronco, grossa, priva di aculeo, fornita di due pinne dorsali poste molto innanzi alla punta, e di una pinna caudale alla estremità, tutte tre assai bene sviluppate. La Rhina dello Schneider non ci è nota abbastanza per darne un giudizio definitivo: provvisoriamente ci. piace tenerla come un sottogenere subordinato ad esso, perchè a buon conto differirà soltanto dal Rhinobatus normale per la figura del muso breve e ro- tondato, differenza che scorgesi ancora fra le une e le altre Raje. Prescindendo da essa, il Rhinobatus ristretto alle specie che hanno il muso prolungato ed acuto può ripartirsi in due sezioni già segnalate dal Cuvier, e distinte dal diverso punto d’inserzione delle pinne dorsali. Nella prima di tali sezioni la pinna dorsale anteriore sorge in quella parte del tronco cui fanno ala le pinne ventrali; nell'altra sezione la stessa pinna è inserita assai più indietro delle ventrali sulla parte attenuata del tronco, che seguendo RHINOBATUS COLUMNE. l'uso invalso saremmo costretti a chiamar coda. L'’ affinità cogli Squalidi è perciò an- che più evidente nella prima sezione che nella seconda. A quella spetta il RAinobatus laevis dello Schneider, al quale si accostano, seppure non si riferiscono del tutto, le ta- vole del Duhamel e del Lacépède; a questa il pesce del presente articolo, oltre parec- chie altre specie straniere, fra le quali è da notarsi il Ahinobatus electricus di Schneider, scoperto nel Brasile da Marcgravio, cui si vorrebbe, ma senza buon fondamento, attri- buire le proprietà della Torpedine da quel nome specifico indicate. Ecco poi le fattezze e i caratteri del nostro Ahinobatus Columnae. La maggiore larghezza, cioè il punto dove più si estendono le pettorali, cade avanti il terzo anteriore di tutto il pesce, ed è compresa quasi tre volte nella sua lunghezza: questo diametro trasversale è superato meno di un quarto dalla distanza fra l'estremo del muso e l’ano. La maggiore altezza è contenuta circa cinque volte nella larghezza. La parte assottigliata del corpo, che chiamasi volgarmente coda, forma circa i due terzi del pesce: la sua larghezza misurata nel punto ove cessa l'aderenza delle pinne petto- rali è di un terzo della maggior larghezza del pesce. Il rostro è triangolare-acuto, roton- dato all’apice, lungo quanto è largo alla base. L'occhio è situato ad una distanza, che dalla estremità del muso è quadrupla della lunghezza del suo diametro; e fra ‘un'oc- chio e l’altro corre un diametro e mezzo dell’ orbita, mentre due ne corrono dal punto più prossimo delle parti laterali. Gli spiragli posti immediatamente dietro agli occhi, divisi da essi per un semplice tramezzo sono grandi quanto gli occhi stessi, e formano insieme con essi quasi tutta una cavità: integerrimi sono i loro margini, e nell’inferiore rilevansi due piegature cutanee a modo di appendici. La bocca presenta un diametro due volte e mezzo grande quanto quello dell'orbita dell'occhio; ciascuno de’ suoi an- goli è distante dal punto più vicino del margine esterno del pesce quanta è l'apertura della medesima, dalla punta del rostro quanto sono due aperture e mezza, e dal punto rientrante delle pettorali quanto sono tre di esse aperture. Le narici straordinariamente grandi consistono in una fessura trasversale lunga quanto i due terzi del diametro della bocca: il loro punto esteriore scostasi dall’ angolo della medesima più di uno de’ pro- prii diametri, e tre dall’apice del muso: il punto loro più interno e più basso dista dalla bocca un mezzo diametro soltanto, e fra i punti più ravvicinati di esse narici havvi pre- cisamente un mezzo diametro della bocca; la quale distanza è pur quella che man- tiensi fra ciascun angolo della bocca e il loro punto più interno: la conformazione di esse è oltremodo complicata, lasciando assai visibile nella loro parte interiore la mem- brana pituitaria con le sue pettinazioni disposte verticalmente in tanti filamenti distinti a quattro a quattro, lungo l’asse della medesima, mentre il margine anteriore offre una valvula linguiforme orecchiuta alla base, che originandosi al lembo anteriore si ripiega fin verso il posteriore, e divide in modo la narice, che lascia all’esterno un foro ellittico, all'interno un lungo canale: il lembo inferiore è munito di una grande appendice mem- branosa diversamente frastagliata e ripiegata, due lobi della quale semi-rotondi si ripie- gano all'indietro, e un terzo lungo e stretto si ricurva all’indentro. La prima apertura branchiale è lontana tanto dall'angolo della bocca quanto dalla periferia del pesce d’un diametro della medesima, e più di tre e mezzo di questi scostasi dalla estremità del muso: fra la prima e l’ultima dell’una o dell'altra fila corre la metà della distanza che si mantiene fra le ultime, e siccome fra le due prime questa distanza è tripla, così viene ad acquistarsi un'idea della linea che descrive ciascuna serie delle aperture bran- RHINOBATUS COLUMN. chiali: esse sono equidistanti fra loro, ed hanno la fessura eguale alla distanza che le separa l’una dall'altra. L’ano è lungo poco più di una di queste fessure: si apre longi- tudinalmente a tal distanza dalla prima apertura branchiale, qual’è quella che da essa corre fino all'apice del muso, da cui dista una volta meno che dall’apice della coda. Le pinne pettorali larghe quanto la metà del tronco cui fanno contorno, terminano all’ester- no in un angolo assai rotondato, e il loro angolo interno rientra quanto un diametro del- l’orbita. Le ventrali, lunghe poco meno dello spazio che corre dalla bocca al muso, han- nola forma diun irapezoide con l'angolo esterno rotondato e col terminale prolungato ed acuto. La loro base è larga quanto lo spazio occupato dalle fessure branchiali, il lato op- posto ne è un terzo più lungo, l’esteriore è doppio della base, l’interiore un quarto più lungo. La dorsale anteriore alta quanto tre diametri dell’orbita, ha origine sopra un punto che dista superiormente dall’ano di quattro lunghezze della propria base; essendo mezza volta più lontana dall’apice del muso che da quello della caudale: la sua forma è trape- zoidale con due lati paralleli, di cui l'anteriore è doppio della base, il posteriore metà più breve della medesima, ed il lato terminale opposto alla base fa con l'anteriore un angolo acuto, rotondato. La seconda dorsale spiccasi a tre lunghezze della propria base dalla prima, e a due dalla pinna caudale: è simile nelle dimensioni, e nella forma all'anteriore; essendo soltanto più giacente all'indietro, e coi lati alquanto più ricurvi. Similmente trapezoidale è la forma della pinna caudale, lunga nel maggior lato poco più che la distanza dal suo cominciamento alla seconda dorsale, e cingente la parte as- sottigliata del tronco per tre quarti della sua lunghezza ; il suo lobo superiore è doppio in altezza, ed un quarto più esteso in lunghezza dell’inferiore: gli angoli ed i lati di essi lobi sono alquanto tondeggianti. La cute è ruvida al tatto; ma solo per chi la striscia dalla coda verso la testa, per essere tutta rivestita di piccoli tubercoletti fitti e uguali. Lungo il mezzo del dorso regna una semplice fila di aculei smussati posti ad una di- stanza tra loro presso che eguale alla lunghezza delle fessure branchiali: altri simili aculei si vedono lungo il margine anteriore e interno delle orbite, e due di qua due di là dalla serie dorsale sulla linea che marca la maggior larghezza del corpo. Il colore del nostro pesce è grigiastro tra il giallo-bronzino e il cenerino superior- mente, inferiormente poi ha un color sudicio di perla. L'esemplare qui descritto aveva oltre due piedi di lunghezza. Sembra proprio delle parti meridionali del nostro Mediterraneo; certo è che non l'abbiamo osservato nelle parti settentrionali, nè lungo le coste dello stato Romano: niu- no dei pescatori Veneti, Genovesi, Toscani o Romani, ai quali l'abbiamo mostrato, lo conosceva. Abbonda intorno alla Sicilia, ove la sua figura ha suggerito il nome di Pesce violino, nè sappiamo che al presente goda di altra volgare appellazione. STI } SECOLI \ CNMMALZI Li Bai ZA4 447 TA I44 - di alt (Gre Le } IZIERZZA a nei DI S TORPEDO NARCE TORPEDINE OCCHIATELLA rorPEDo cervino-brunnea, maculis rotundatis nigris oculiformibus numero vario (1—7), saepius quinque in pentagoni figura dispositis: capite cum pinnis pectoralibus continuo: spiraculis rotundis vix fimbriatis. RASA Torpeno, Gmel. Syst. Nat. I. p.1504. sp. 1. Bonnat. in Tabl. Enc. Ichth. p. 2. sp, 1. tab. 2, fig. 5. Bloch, Ausl. Fisch.I. p.44.sp.7.tab. 122, Id,Ichth,1V. po. tab.22. Schneid. BI. Syst.p.358.sp.1, Blumemb. Naturf. Gegenst, VI. tab,57. Naccari, Itt, Adr. p.23, sp. 109. partim, RAJA NARCE, /Vardo, Prodr. Adr. Ichth. sp. 4. RAJA (NaRrcoBATIS) rorpeDo, Blainv, in Faun. Frane, Poiss. p.44. sp. 19. partim. TORPEDO NARKE; fisso, /chth.Nie.p.18.sp.1. 1d. Hist.Nat.IIl.p.142.sp.26. Cuv.Règn. An.2, ed. II p.397. Clog. in Dict.Sc.N.LIV.p.544. Eichw: Zool. Spec.ITI.p.115. sp.1. Schinz. Eur. Faun.II. p.486. TORPEDO UNIMACULATA, Risso, Lehth. Nic. p.19. sp.2. tab. iii, fig.3. Id. Hist, Nat, III. p.145.sp.27-fig.8. Clog. in Diet, Sc. Nat, LIV. p.583. Schinz, Eur. Faun.ITIgp. 487. TORPEDO OcELLATA, Rafin.Ind. Itt.Sic p.h8.sp.363. et Append, gen.20.sp.29. Rudolphi, Physiol, Bd, no 199» v. Olfers, Nat, et Antiq. Bezieh, Torped p. 9. tab. 1. fig.3. Henle, Narcin. p.30. TORPEDO MACULATA, Rafin. Ind, Itt. Sic. p.48. sp.381. TORPEDO vaRIEGATA, Rafin, Ind. Itt. Sic. p.48. sp. 382. H' Napa, Aristot. Hist. Anim, lib, ii. cap. xii. xv. lib.v. cap.v. xi. lib. vi. cap. x. xi. lib. ix. cap, xxxvii. | lib.iv.cap.xii. Mlian. Nat, Anim.lib.i, cap. xxxvi. lib,v. cap.xxxvii. lib.ix, cap.xiv. Athen.lib.vii. p.514. Oppian. Halieut. lib.1, p. 5. v. 104. lib. ii. p. 32. ToRPEDO, Plin. Hist. mund. lib.ix, cap.xvi.xxiv.xlii. li, et lZib.xxxii. cap.ix.xi. Plutare. Clearcus. Hicesius, Apicius, Coquin. lib.x.cap.ii. Diphilus Laodic. Theophrast.Anim.ven. Heron.Alexandr. Claudian. Scribonius JLargus p.162. Dioscor. Comm. lib. ii. cap. xvi. Isid. Cub. lib. iii, cap. xlì. p. 91. db. Jov.Pisc,Rom.cap.xxviii.p.100. Salv. Pisc. Hist.zlvi p.142.fig.48. Aldrov. Pisc.I.lib.iii.cap.xlv.p.415. Charlet. Exercitat. Pisces. p.9. art. 1. Id. Onomast. Zoic.p.129. Jonst. Pisc,1.lib.i.tit.i. cap.iit. art.ili. punct.i.p.5o, tab.9. fig.3.4. MWotton. Matthiolus, Comment. p.189. Besler. Fasc.varior.tabwi, Id.Museum,tab.xvi. Ruysch, Theatr.An.I.lib.i. tit.i. capii. arti. p.1,tab.ix. fig.3.ex Rond, fig.4. ex Salv. Blasius, Anat. Anim. cap.zxxiv. p.5305. Ray, Synops. Pisc. p.28. sp.1. narcasy Cub. lib, iii. cap.Ixii p. 85. ra®mas, Jorath, Auctoris obscuri, Cuba, lib. iii. cap.lxxiv. p.87. db. torpEDO oculata, Bellon. Aquat.lib.1.p.93. Gesner, Aquat IV.p.988. . H. Davy, Research.I.p.78. Id.Ace. Exper.in Philos. Tr. Ray. Soc.1829. cxix. P.i. art. iii, p.15. J.. Davy, Epranse et Obs.in Philos, Trans. a l'oyal Soc\1852, CXXII. P. ii. art, xii, p.259. ronPEDO Prima et Secunda, Rondel. Pisc. Mar. I. lib. xii. cap. xix. fig. in p.358. var. cum'ocellis pupillatis fig. în p.562. var, cum ocellis caecis. ToRrPEDO oculata vel maculosa, Gesner, Aquat.IV.p.988. cum fig.in p.989. etgg1. Zd.Icon. An. Marin,p,124. torPEDO Salviani maculosa, Aldrov. Pisc. fig. in p.417. torpeDO; Graecis Non, Will.Ichih.lib.iii. cap.xxi. p.81. tab. D. 4.fig.ex Salv. Ray, Synops.Pisc.p.28.sp.1, RAJA tota laevis, Aried. Synon, Pisc. p.102, sp.10, Id. Gesner. p. 75. sp. 10. partim. NARCACION dempta cauda sinuose circularis. Torpedo omnium autorum; primus Rondeletii; in supina parte quinque maculis albis nigrisque circulis, in pentagonum dispositis. Batti-potta, Genuenses. Occhiatella, Romanis; the Crampfish, Angl. Raja tota laevis, Arted. Alein, Hist. Pise, Miss. ILI. p.24. gen. xxiv. sp.1. NARCACION maculis simplicibus nigris, Torpedo secundus, Rondeletii, Klein, Hist, Pisc. Miss. ILI. p.32. sp. 2. TORPEDO maculis pentagonice positis nigris, Shaw, Trav. Append. p. 51. sp. 35. TORPEDINE; TREMOLA, TORPIGLIA, Redi, Esp.p.47-54. Stenone. Borelli. Lorenzini, Osserv. Anat.tab.1. fig.1. Spallanz. Epist. ad Lucchesini Pav. 1783. Id. Opusc.scelt. VI.p.g0. Mich. Girardi Osserv. Anat. in Mem. Veron. 1786. IIL. p. 120. i i TORPEDINE OccHIUTÀ, Cetti, Anf. e Pesc, Sardegn. III. p. 56. TORPILLA OCCHIATA (Tremola séacchiata o vecchiuta, Sicul.) Rafin, loc, cit. 160 TORPEDO NARCE. YREMOLA A MACCHIE NERE, /Vardo, loc. cit. rorPILLE, Pluche, Spect. dela Nat.III. p.220. tab, ad p.221.fig. D. Castel, BI. Hist.Poiss.IX, p.42, cum fig. RAJE roRPILLE, Daub. Dict. Ichth. in Enc. Meth. H. N. ITI.p.597. Lacép. H. P. I. p.82. excl. var. et fig. sed figa. tab.4. ed. Sonnini Ann. xi. Geoffr.S.t Hilaire,Mém., ete. in Ann.Mus,I.,p,592.tab,26.fig.1. TORPILLE A° TACHES OEILLÉES; Cuv. loc. cit. TORPILLE VULGAIRE; (Tremoulina, Nic.) Risso , loc. cit. TORPILLE A° unE TACHE; (Dourmigliona, Nic.) Risso, Loc. cit. Blainv, in Faun. Fr. tab, 10, fig.1. voRPILLE A° cinq Tacnes, Blainv. in Faun, Fr.tab.0. fig. 2. TORPILLE ORDINAIRE, Cloquet, loc. cit, Pouchet, Zool. Class, I. p. 684. TORPILLE unIMACULEE) Cloquet in Dict. Sc. Nat. loco citat. tab. zzi, fig.1. rremueLGa, Cornide, Ess. Hist. Pec. p. 123 cerLEcreR zItTERFISCH; Kolbe, It. Cap. p.579. tab. vili. fig. 6. 7. GEMEINE ZITTERROCHE, Schinz, Loc.cit. z:rteRROcuE, Dierbach, Arznegm. Alterth. in Isis von Oken 1841. Heft, iii. p. 254. tHIOCh Ross. preTwA Pol. Eichwald loc. citat. Gui antichi bene avvisarono l’affinità delle Torpedini con le Raie, ma non pensa- rono mai farne specie di queste, e fu Linneo il primo che l'unica a lui conosciuta, per tale considerò. Al Dumèril dobbiamo l'istituzione pei Rajidi elettrici del distintissi- mo genere Torpedo, adottato dal Risso e dal Rafinesque e sancito dal Cuvier. Non è però da tacere che dal 1740 era stato formato sotto il nome di Marcacion dal Klein. Giustizia vorrebbe per legge di priorità che così si appellasse tuttora, siccome piacque in certo modo al Biagivinà che lo chiamò MNarcobatis riguardandolo come semplice suddivisione di Raja, in cui non disdegnava d'includere specie prive del meraviglioso elettrico pote- re. Ma la solennità del nome latino sembra aver assorbito la grecità di costoro, i quali ebbero troppa volontà d’innovare. Il ch. Henl: di Berlino valutando forse un po’ troppo l’importanza dell'apparecchio elettrico di esso gruppo, lo innalzò a grado di famiglia, che disse delle Torpedini. Per noi non è più quistione qual rango debba darglisi dacchè non ha guari classificammo nuovamente i Rajdi in otto sottofamiglie: Pristidini, Rhino- batini, Torpedinini, Rajni, Trygonini, Anacanthini, Myliobatini, e Cephalopterini, corri- spondenti agli otto generi che leggonsi caratterizzati all’ articolo della Raja marginata, e complessivi de’ ben trenta, ai quali appartengono le cento venti specie circa, oggi gior- no conosciute. Dieci o dodici al più tra tutte quante le specie godono della elettrica potenza, e costituiscono appunto la sottofamiglia dei Z’orpedinini; di cui pasianag a dare i caratteri: Disco rotondato, perfettamente liscio, entro la cui circonferenza resta compreso in- teramente il capo confuso con le pinne pettorali racchiudenti il tronco, fi quale prolun- gasi mediocremente al di là del disco in coda carnosa, somigliante perciò quella degli Squalidi, depressa alla base, rotondata verso la pinna, e quasi carenata in ambedue i lati da una membrana più o men protratta: valvole nasali annesse ad un gherone qua- drangolare di margine libero che soltanto lascia scoperta la porzione esterna delle na- rici, ed è congiunto mediante un frenulo col labbro superiore: denti minuti, per lo più acuti: pinne ventrali addossate alle pettorali: o due, o una, o niuna dorsale sulla parte assottigliata del tronco, che dicesi coda : caudale troncata all'apice, e formante due an- goli acuti col ceppo di essa coda. Apparecchio elettrico occupante lo spazio fra il cra- nio, le branchie e il margine interno delle pinne pettorali, formato da più centinaia di tubetti, i di cui orifizii traspaiono attraverso la cute, destinato alla scarica intor- mentiva che ha renduto celebri questi Pesci per molte penne, e suggerite per ogni dove le varie denominazioni. TORPEDO NARCE. L'importanza di quest’ organo merita esatta descrizione, e siccome niuna delle già date per autori quantunque prestantissimi, dal Redi e dal Lorenzini al Davy e al Tie- demann, raggiunge la perfezione della recentissima del Savi, con che ha sì ben rivendi- cato l’onore della scuola italiana, noi la riporteremo qual ce la scrisse correntemente alla fattane dimanda. Nè possiamo abbreviarne parola perchè tutta cose, cui debbesi star- sene veramente fidati siccome di acuto maestro che avendo insegnato il tenersi da otti- che illusioni guardingo, difficilmente s' illude; onde più che a’ propri occhi non è ser- vile credere agli esercitatissimi di lui: e ciò per esempio valga a fissar come vera la esi- stenza dei diaframmi orizzontali tramezzatori di ogni cilindro, scoperti dall’ Hunter, ma poi con asseveranza negati da altri, fra i quali un Davy. Asd » 39 ‘L'organo elettrico della Torpedine si compone nelle prime epoche della vita del- l’animale di tanti cilindri verticali (relativamente alla situazione dell'animale) i quali da prima piccoli e radi, appena si toccano. S'aumentano in seguito in numero come in volume, perciò venendosi a comprimere reciprocamente acquistano la forma di prismi a più facce. Ogni prisma per quanto io credo è poi formato da tante cellule in prima sferiche, l’una all'altra sovrapposte formate da una sottil tunica sierosa, e nell'interno di sierosità ripiene: aumentando il numero di queste cellule esse, son compresse, da prima acquistano forma di lenti, poi le loro pareti vengon quasi a per- fetto contatto, ed allora costituiscono quei numerosissimi diaframmi a segmenti tras- versali, che riempiono tutto l'interno de’ prismi; diaframmi separati sempre da siero- sità, e che sono il sostegno de’ vasi sanguigni e specialmente delle numerosissime di- ramazioni nervose, le quali possonsi considerare come uno degli essenziali elementi dell'organo elettrico. I nervi che vanno all'organo son quelli dell’ottavo pajo, e parte di quelli del quinto. Essi al solito hanno origine dalla midolla allungata, e da quella parte di tal porzione dell’ Encefalo che formando i margini rigonfi del seno romboi- dale è a contatto, e ricoperta dal così detto quarto lobo 0 lobo elettrico 0 lobo paglie- rino, come è stato dai vari Zootomisti chjamato. Questo lobo ho veduto esser formato per la massima parte di sostanza cinerea, la quale è una espansione di quella che sta racchiusa entro la materia midollare da cui si forma esternamente la midolla allun- gata. Non il nominato lobo resulta di una sola massa, bensì di due approssimate l’una all'altra longitudinalmente. Nella parte anteriore va a nascondersi un poco sotto il cervelletto. Nella prima epoca della vita delle Forpedini questo quarto lobo può dirsi che non esista, giacchè il seno romboidale è incavato, e solo sul suo fondo appariscono due listerelle rilevate, longitudinali, e parallele, le quali probabilmente sono il rudi- mento delle due masse di materia cinerea, da cui in seguito il quarto lobo si compo- ne. Queste osservazioni sono state fatte sopra feti completi sì, ma per anche non giunti all'epoca da esser partoriti. I sopraindicati nervi del quinto ed ottavo pajo, traver- sato il cranio e le branchie vanno a spandersi nell’organo elettrico, penetrando e scor- rendo fra, prisma e prisma mentre si dividono e danno tenui rametti a ciascuno dei prismi stessi. Questi tenui rametti penetrati ne’ prismi e nuovamente dividendosi vanno a distribuirsi sopra i diaframmi formandovi delle maglie poligone, in modo che l’ultima distribuzione nervosa sui diaframmi presenta l'aspetto d'una specie di rete. Le maglie di questa nella parte periferiale sono formate da cordoncini di più fibrille, o tubi elementari nervosi insieme raccolti, 1 quali dividendosi per originare le maglie contigue, giungono nella parte mediana o centrale del diaframma ridotti ad 160* 99 99 99 99) 39 99 99 TORPEDO NARCE una sola fibrilla nervosa: la quale colà biforcasi per dare origine ad altre maglie e per connetterle con quelle dell’opposta parte. La disposizione delle maglie d' un diafram-. ma coincide con quella dei diaframmi soprapposti e sottoposti, cosicchè vengon tutte a projettarsi l’una sull'altra. Io ho tante volte ripetute queste osservazioni da non aver più alcun dubbio della verità di questi due ultimi fatti riportati e singolari, cioè della coincidenza delle maglie de’ vari diaframmi, e della biforcazione delle fibrille ele- mentari nervose sui diaframmi stessi.” ,s Oltre gli organi mucipari, scoperti dal Lorenzini, che ho studiati, de’quali parlan- do al Congresso scientifico di Firenze manifestai dubitativamente l’idea che tanto nella Torpedine come negli altri Plagiostomi e nei Ciclostomi potessero costituire un sensorio particolare e forse .destinato a riconoscere l’elettrico, ho veduto ancora poi nella Torpedine un'apparecchio follicoJare e nervoso posto attorno attorno alla par- te anteriore dell'apparato elettrico, e sotto il muso dell’ animale. Questo apparecchio che sembrami non essere stato da altri precedentemente osservato, resulta da fol- licoli membranosi inseriti ad egual distanza l'uno dall’ altro su d’un nastro tendino- so, e racchiusi poi tutti entro un tenuissimo inviluppo comune membranoso, diafano, ripieno di mucosità. Esaminati anche con piccolo ingrandimento si vedono questi fol. licoli resultare da una sottile membrana che a guisa di sacchetto racchiude un umo. re ialino, e fra esso ed il nastro tendineo vi è una masserella subovale composta da una congerie di globetti microscopici di color rosso-gialliccio. Ciascuno poi di questi organi riceve alla base, per mezzo d’un forellino aperto nel nastro tendineo, un fila- mento nerveo proveniente dal quinto pajo, il qual filamento passando al disotto di quella massa subovale, n’esce dal lato opposto decomponendosi in una quantità gran- dissima di lunghe fibrille elementari le quali si connettono ed intralciano con quelle dell'organo prossimo, nuotando nell’umor mucoso che involge l’intero apparato. La disposizione di tale apparato è la seguente. Incomincia da ciaschedun lato verso la metà del margine laterale delle masse elettriche, e sull’arcata cartilaginea aderisce il nastro tendineo che sorregge gli organi follicolari; quasi aderendo poi all’arcata stes- sa procede il nastro verso la testa, e va ad attaccarsi a un punto del suo margine la- terale. Ma non solo su questo nastro sta l'apparato follicolare : estendesi anche in varie e complicate serie sulla faccia inferiore del muso, s’estende dai lati della bocca, ed una di queste gira un poco verso la parte superiore del muso stesso. Non son io punto certo della natura del descritto apparecchio: potendosi sospettare sia una con- gerie d'organi secretori. Ma forti ragioni sonovi ancora per considerarlo come un ap- parato ganglionare, e per questa ultima ipotesi più che per ogni altra propenderei. Forse presiede alla secrezione e nutrizione dell'organo, alle sue funzioni vitali cioè ? oppure ha rapporto con l’elettrico ? Non trascurai fare alcune sperienze per chiarirmi su quest'ultimo punto, ma per adesso non mi hanno dato niun risultato importante.” L'organo descritto distingue da tutti gli altri Raidi la sottofamiglia di cui trattiamo, alla quale apparterrebbe eziandìo la pretesa Rhinodatus electricus degli autori ( Puraque, Marcgr. Torpedo americana, Ray ) sella fosse veramente elettrica; ma poichè non è tale appartiene ai Rhinobatini, e la facciam tipo di nuovo genere sotto nome di Gluucostegus undulatus, Nob. Altronde sono da rigettare affatto i dubbî del Blainville, se tutte le T'or- pedini sieno elettriche: e quand’anche esistessero Pesci torpediniformi non elettrici, per noi non sarebbero Torpedinini. Del resto anche pei caratteri esterni distinguesi questa TORPEDO NARCE. sottofamiglia dalle altre sette, giacchè nessuna com' essa ha il corpo discoideo, liscio, e coda grossa e carnosa; questa sua corporatura non lascerà mai confonderla nè cogli. al- lungati Pristidini e Rhinobatini, soli Raidi che abbian com'essi la coda carnosa, nè coi dilatatissimi Myliobatini e Cephalopterini che hanno inoltre distinto .il capo e sottilissima la coda, ancor più degli altri tutti che ci restano a paragonare. Le asprezze poi della cute basteranno a separarne a prima giunta qualunque Rziro che di Torpedine mo- strasse la sagoma, e molto più ogni Aracanthino; e a distinguere i Trygonini, che han pur liscia la pelle, basterà l’aculeo serrato onde armasi la coda, non altrimenti dei sun- nominati Myliobatini e Cephalopterini. La flaccidità del molle affatto inerme corpo, non fortificato mai delle asprezze che il sesso e l’età avanzata suol pur concedere ad altri Raidi lisci, anche non for- niti del formidabile aculeo della Trygor, e la piccolezza degli stessi denti, nom li pro- vedono di alcun ordinario mezzo a difendersi nè ad assalire. Largo compenso però è dato loro nella singolar potenza di fulminare la preda che lasciano morta o intor- mentita, e di rintuzzare l’assalto dei più forti nemici, cui sempre spaventano quando non danneggiano. Appiattate nel fango, rispingono e tendono insidie. Partoriscono figli vivi e sviluppatissimi, portandone quattro o cinque dozzine, avvolto ciascuno in sua peculiar membrana. La carne, insipida seppur non sa di fango, è insalubre: medici pe- 10 greci ed arabi la stimarono utile in varie malattie, ed Ippocrate stesso se ne valse contro l’idropisia. Galeno la vanta oltremodo paragonandola ai più squisiti Pesci, e de- cantandola tenera, saporitissima, facile a digerire. Ateneo dice simpatizzare con lo sto- maco umano il solo boccone del capo, e le giovani semplicemente bollite preferirsi da’ ghiotti. Icesio però a stento le fa grazia di non essere ributtante. Plinio esagera la deli- catezza del fegato. Apicio due modi insegna di apprestarla in vivanda. Dioscoride a gua- rire dolori inveterati del capo e diarree le Torpedini adoperava. Scribonio Largo le rac comandava in contravyeleno. ; I Torpedinini nello stato attuale della scienza ripartisconsi in quattro ben distinti generi. — 1. Torpedo, Dum. come ristretto dai moderni: Disco rotondo, troncato o leg- germente curvo sul dinnanzi: due pinne dorsali sulla coda, l'anteriore un poco più grande: apertura della bocca non protrattile, ampia, semilunare: denti paralleli al mar- gine della mascella, da cui non eccedono: frenulo delle valvole nasali originato sul mezzo del margine del labbro superiore: occhi slontanati dalli spiragli, che in questo sol genere vedonsi in qualche specie sfrangiati. — 2. Marcine, Henle, Disco subroton- dato nel totale, talvolta ellittico, talvolta angolare, non mai troncato sul davanti, spesso anzi leggermente protratto, sempre largamente carenato: coda più lunga del disco: due pinne dorsali, ma l’anteriore più piccola: bocca angusta, protrattile, fornita di cartila- gini labiali: denti disposti a rombo fuori del margine della mascella: frenulo delle valvo- le nasali originato sopra la piega cutanea che contorna la bocca : valvola labiale interna nella sola mascella: occhi prossimi alli spiragli. Suo tipo è la Torpedo Brasiliensis, Olfers, (7. Bancroftii, Grift.) e vanta altre tre specie, americane come quella. — 3. Astrape, Muller e Henle, corrispondente alla già sezione B della Marcine di quest'ultimo: Disco subrotondo, curvo al dinnanzi, niente protratto, privo di carena: una sola pinna dor- sale: bocca angusta, protrattile: denti appena eccedenti il margine della mascella: il frenulo delle valvole nasali originato sopra una cartilagine cilindrica: valvola labiale in- terna nell’una e nell'altra mandibola: gli occhi vicini alli spiragli. Le Raj@ capensis e 160** TORPEDO NARCE. dipterygia dello Schneider, quella dell’ Atlantico, questa del Pacifico, sono le sole sue specie. — 4. Temera, Gray, Disco subrotondo, curvo anteriormente, niente protratto, privo di carena: coda assai breve e senza pinna dorsale: bocca angusta, protrattile: denti smussati, appena eccedenti il margine della mascella: valvola labiale interna in ambedue le mandibole: occhi vicinissimi alli spiragli. Suo tipo ed unica specie è la Z'e- mera hardwickii, Gray, del Mare Indico, figurata nella Zoologia Indiana. Noterem poi di avere osservato in varì Musei, e ultimamente in quello di Lione così bene ordinato dal celebre Prof. Jourdan, un Torpedinino ivi chiamato Syrraxis indica, ma senza sa- pere da chi e perchè, il quale ci parve non differente dalla MNarcine indica di Henle per la specie, nè dalle altre pel genere. Appartengono al genere Torpedo propriamente detto tre specie italiane, una delle quali nuovissima effigiata isolatamente sotto nome di Torpedo nobiliana, fa già sei anni, con separato articolo che questo appunto doveva conseguitare. Al qual nostro lavoro da sì lungo tempo pubblicato crediam quivi opportuno aggiungere non esser poi tanto. rara nel Mediterraneo, vivere pur nell’ Oceano e fin sulle coste delle Isole Britanniche: la ravvisiamo infatti nella Raja hebetans della Sinopsis dei Pesci dell'Isola di Madeira stam- pato dal Lowe nelle Transazioni della Società Zoologica di Londra il 1839. tom. IT. p. 195. ed è più certamente ancora Ja creduta scoperta del Britanno signor Federico M* Coy, il quale trovatala sulle coste d'Irlanda chiamolla coll’espressivo nome di Torpedo emar- ginata. È forse a dolere un nome cotanto significativo abbia a sommergersi nel pelago delle sinonimie, perchè la singolar forma del disco intaccato di qua e di là dal capo, or- mai verificato in parecchi esemplari, è tra i migliori caratteri di questa nostra nobiliana; onde noi che primamente lo descrivemmo e figurammo accuratamente, senza includerlo nella frase specifica per solo timore potesse essere accidentale, proponiamo ora quella nostra frase, modellata sulle altre due, si modifichi come segue. rorPepo atro-rubens, unicolor: capite a pinnis pectoralibus crenula distincto : spiracu- lis reniformibus, integerrimis. La Torpedine nera cui gli antichi e soprattutto Scribonio Largo decantano dotata di più efficaci virtù, è probabilmente questa nobiliana. Prende accrescimento assai maggiore delle altre due specie, quattro o cinque piedi cioè di lunghezza e peso di oltre libbre cento; e abbiam visto alcune femmine portar'più di sessanta sviluppatissimi feti nel ventre, maggiori delle piccole Torpedini già nate delle altre specie. Crediamo le Torpe- dini gigantesche discorse da taluni autori, nell’ Oceano particolarmente, doversi riferire a questa nuova specie esclusivamente. Come dubitare infatti non appartengano ad essa quelle Torpedini «di colore scuro con riflessi porporini punto screziate” della cui pesca- gione sulle coste d’ Inghilterra si compiaceva Walsh in una lettera inserita nelle Transa- zioni Filosofiche pel 1774 (2x7. P.u7. art. xLr1. p.464.) e di cui Le Roy scriveva al Ro- zier (Osserv. Fisiche iv. p.205.). È da notare la più ‘grossa appunto di queste Torpedìni fosse anatomizzata dall' Hunter, quantunque le figure che accompagnano i suoi lavori rappresentino la 7°. galvani. Oltre le tre europee non conoscesi altra vera Torpedine, seppur non debbasi ammettere come quarta specie la Torpedo panthera di Ehrenberg, di Olfers, e di Ruppel (Atl. Chondrost. p. 8. tab. 19.fig.r.) affinissima alla 7. galvanii, ma | probabilmente diversa pel numero e collocazione dei denti: giacchè la A. torpedo del Mitchill (New York Trans. I. p.476.) non si sa neppure se sia del genere Torpedo 0 Nar- cine, sul che invochiamo l’attenzione degli. Americani: e gli altri sei o sette T'orpedinini TORPEDO NARCE. conosciuti appartengono ai generi affini, de’ quali abbiam bastevolmente parlato in que- sta Opera destinata ad illustrare le specie italiane. Venendo dunque alle due prima di noi conosciute rappresentate sotto vario manto nel- la tavola che andiamo illustrando, le veggiamo offrire tante e sì grandi anatomiche par- ticolarità che a ciò solo attendendo si sarebbe indotti a crederle due generi; onde non poco è da maravigliare sieno state confuse in una specie sola da quelli che serupolosa- mente osservando, bene a ragione distrussero le nominali specie che superficiali osser- vatori fondarono sulla varietà molta dei loro colori. Quantunque il Belon, nè gli si taccia questo merito, le avesse bene illustrate per due, chiamandole Torpedo semplice- mente e Torpedo oculata, tuttavia il Rondelet innoltrossi a farne quattro specie lascian- dosi guidare dalle sole macchie, sulla cui forma accidentale ne stabilì tre, la quarta sulla totale mancanza. L'Artedi e il Linneo riguardarono come semplici varietà le quattro spe- cie Rondeleziane, e vennero seguìti dal Bloch, dal Lacépède, e da altri. Il Rafinesque fu il primo tra sistematici che ripartisse in specie la Raja torpedo, L. e ne contò tre, ocel- lata, immaculata, e punctata seguendo il Rondelezio, ma riunendo con buona ragione la seconda di questo alla prima, perchè le diversifica appena la sola mancanza del chiaro cerchio alle macchie oculiformi. Il Risso contemporaneamente al Rafinesque ammet- tevane quattro specie, narce, unimaculata, marmorata e galvanii, aggiungendo al fallace criterio degli altri quello anche più biasimevole di apprezzare il numero delle mac- chie. Il Professore de Blainville riconobbe le pretese specie del naturalista Nizzardo, e le dichiarò varietà di una sola, ma in sì poco chiaro e deciso modo ne trattò da sparge- re scarsa luce sulla materia. Videro questi autori il bel carattere delli spiragli sfrangiati in alcune, quasi integri in altre, ma non seppero vantaggiarne la scienza. Riconosciute da noi le due indubitabili specie bene appunto caratterizzate dalli spiragli, dalla lar- ghezza del disco, dalla lunghezza della coda, dalla forma della pinna caudale, e sopra- tutto dai caratteri anatomici, avevamo ragionatamente destinato loro, prima si pubbli- cassero i dotti lavori dell’Henle, due denominazioni del Risso, 7. narce e T. galvanii, tolte alla confusione di quell’autore. Infatti la narke e la unimaculata di lui ci danno la Torpedo narce del Cuvier e nostra, e le sue marmorata e galvanii costituiscono la odierna Torpedo galvanii; in modo che le due specie di quest’ Opera corrispondono alle Torpedo ocellata e marmorata, Henle. Spontanea ci viene la debita lode’ all’Ittio- logo veneto Dottor Nardo che distrigatosi dalla confusione dei libri, presa unicamente per guida la natura, distinse le due specie in Raja narce e R. torpedo. Ci giova altresì le nostre due specie sieno anche distinte coi nomi di Occhiatella e di Tremola dai pe- scatori romani, e con simiglievoli appellazioni in altre parti d’Italia, Le macchie oculiformi turchine più o men fosche, spessissimo circoscritte da un cer- chio giallognolo sfumante in cinereo, veggonsi sempre nella Torpedo narce, non mai nel- la galvanii, la quale sovente mostrasi invece screziata di nero 0 castagnino cupo, il che non è nella prima; le sole macchiuzze bianche rotondette essendo communi ad ambe- due le specie in alcuni individui. Ciononostante troppo valore non si deve dare ad esse macchie oculiformi perchè soggette ad obliterarsi or una or più, e perciò tanto a cambia- re il numero, che par normale di cinque e variabile da 1 a 7, quanto la collocazione loro pentagona, che mutasi in tante figure quanti sono i casi delle obliterazioni rispetti- ve. Può dunque talvolta avvenire sieno quattro le macchie, mancando quella di mezzo, più spesso tre, mancando le superiori, le inferiori o le laterali, ora sien due, ora una sola, 1608458 TORPEDO NARCE. ma sempre conservando la simmetrica collocazione, nè sarà azzardato il dire, che rima- nendone talvolta .una sola, nè sempre la stessa, possa incontrarsi caso manchino tutte, simulando così a prima vista la 7. galvaniîi. Se in quella non si può negare essere lo stato normale con cinque macchie oculiformi disposte a pentagono, è impossibile al- tronde decidere se in questa sia' normale l'uniforme color, pallido o cupo, col margine nerastro 0 senza, ovvero l’esser tutta nebulosa e marmorata di scuro. Noi nel n.° 1. della tavola abbiam fatto effigiare una femmina della rarce col numero, la forma, e il colora- mento più ovvì delle macchie, e sotto il n.° 2. un maschio con tre sole macchie supe- riori e più piccole. Il n.° 3. presenta una femmina unicolore dell’altra specie, in quello stato appunto che il Rafinesque chiamolla 7. immaculata, il isso galvani : vedesi nel n.° 4. un’altro esemplare di ugual sesso tutto screziato come allora che nominolla marmo- rata il Risso e punotata il Rafinesque: il n.° 5. finalmente figura il rovescio di un maschio con poco sviluppati maschili, il quale abbiam prescelto per far conoscere il disotto delle Torpedini in genere, attesochè nella sua specie (7. galvaniî ) trasparisce più visibilmente l'apparecchio elettrico. Sopra un fondo castagno più o meno chiaro sono il più sovente irregolarmente sparse delle macchiuzze bianche e rotondate: il disotto dell'animale è sempre bianco latteo, più o men ombrato del color del dorso attorno i margini del disco: le pinne dorsali e la caudale volgono alquanto al cenerino. Il disco della 7°. narce anteriormente alquanto troncato, ma senza aleuna tacca che distingua il capo dalle pinne, è poco più largo che lungo, essendochè il suo diametro trasverso supera il longitudinale di un decimo o poco più; anzi più lunga che no del suddetto disco è la parte assottigliata del tronco, 0 coda se vuolsi, cui fiancheggiano per un terzo le pinne ventrali, alquanto angolari. Gli occhi distano due propri dia- metri e mezzo dal termine del capo, e quasi uno e mezzo tra loro : li spiragli offrono in gioventù rudimenti di quelle sfrangiature tanto caratteristiche della 7°. galvaniî, 1 quali però vanno obliterandosi col crescere dell'età. La bocca squarciasi di tal manie- ra che gli angoli di essa distano l'un dall'altro quanto è lo spazio che corre dal suo «mezzo al termine del capo, e quanto da ciascuno alla prima apertura branchiale; da questa alla quarta, come dalla seconda alla quinta passa una distanza eguale allo squar- cio della bocca, essendo tutte le aperture equidistanti fra loro. L'ano apresi poco al di là della metà del Pesce. La prima pinna dorsale, alta poco più del doppio della propria lunghezza e quanto lo spazio dalli spiragli al termine del capo, nasce a livello del pun- to in cui la coda separasi dalle ventrali, e termina con esse; la sua forma è ovato-trian- golare col lato anteriore curvo e il posteriore quasi retto: la seconda dorsale simile alla prima, ma alquanto più piccola, sta in mezzo fra la suddetta e la caudale: questa pren- de più di un terzo della coda, un sesto dell’intiero pesce, è più lunga che larga, e fog- giata quasi a triangolo. In un esemplare lungo poco più di un piede, la parte assottigliata del tronco misu- rava sei pollici: il disco era largo oltre sette, avendone sei e un quarto di lunghezza: un pollice correva dalla bocca al termine del capo, e da qui all’ano sei pollici e ire quarli. Il Mediterraneo abbonda della 7. narce che suol pescarvisi per ogni parte nella buo- nua stagione: crediam però ne sia sprovveduto l'Oceano al setteatrione della sempre sconvolta baia di Biscaglia, quantunque in assai più remote latitudini trovinsi le due altre specie più o men raramente secondo località. È ciò possiamo asserire con qualche cer- TORPETO NARCE. tezza per i molti studì fatti nel compilare le estesissime sinonimie di ambedue le specie sui diversi autori, nei quali non abbiam potuto discoprir cenno dell’ Occhiatella nell’ O- ceano. Chiaramente anzi risulta ogni qualvolta parlasi di ocelli, e giungesi perfino ad ornarne le figure di Z'orpedini settentrionali, ciò sempre si fa per asserzione altrui; sic- come ce ne dà esempio la figura del Donovan, la quale rappresenta evidentemente una Torpedo galvanii con cinque macchie incertamente dipintevi a dispetto della natura dal- la ripugnante mano dell’ artefice. Strabone ed Ateneo dicono trovarsi nel Nilo, ma con- cederlo non possiamo perchè la Torpedine è sol pesce di mare, e meglio crediamo che coloro intendesser parlare del Silurus electricus abitatore di quelle acque, il quale figu- ravasi forse in cotal geroglifico, di cui parlano Oro Apolline e Pierio Valeriano, signifi- cante un uomo che molti suoi simili avesse salvato. Scrisse Varrone, il dottissimo de’ Romani, che alcuni animali ebber nome da talu- na lor propria virtù, tra’ quali enumera la Torpedine: alia a vi quadam, ut lupus, ca- nicula, torpedo. Cui consuona Marco Tullio che nel libro della natura degl’ Iddii toc- cando de'mezzi o istrumenti difensivi dati agli animali riconobbe la stessa efficacia: atra- mento sepiae, torpore torpedines. Onde Isidoro suggellò ne’ libri delle Origini: Torpedo vocata co quod corpus torpescere faciat, si cam quisquam viventem tangat. Niun dubbio è pertanto andasse così denominato tra noi questo pesce dal torpore fu conosciuto indur- re negli altri animali. Aveanlo per la stessa ragione i Greci appellato Napxn che suona eguale al latino Torpedo; di che abbiam testimonio in quel famigerato luogo de' dialo- ghi di Platone, ov'è detto da Menone a Socrate: m'hai tanto col tuo stitico dubbiare reso stupido quanto quello schiacciato pesce marino, la Torpedine, cui pur somigli, stupidisce coloro che la toccano: al qual Narce de’ Greci corrisponde ancora l’ebraico vocabolo Harada. Molte perciò delle viventi lingue accordatesi al medesimo tema lo dimanda- no Torpille come in alcune provincie di Francia, o Dormilieuse come in altre, perchè addormentare vale intorpidire ; ovvero lo dicono Sgramfo, come i Veneti e i Bolognesi per corruzione di crampo o granchio. I nomi poi di Tremble generalmente datogli in Francia, di Tremiella in Ispagna, di Tremola e Tremoriza in Italia, uscenti tutti dall'idea del tremore, appellano piuttosto a quel palpitare che visibilmente fa l’animale per un continuo ed affrettato tremolio della pelle. Ma che tutto il pesce o alcuna parte soltanto sia capace d’ intormentire, variamente opinarono que' pochi tra gli antichi che ne cercarono; tra’ quai lo Scoliaste di Nicandro, al riferir di Ateneo, tenne in genere la seconda sentenza: non totum hoc animal, sed par- tem ejus quamdam torpefacere. Qual poi specificamente ella fosse ci venne insegnato bel- lamente da Oppiano, siccome giova leggere nella sciolta versione latina di Adriano Tur- nebo, meglio che in quella metrica usata dagl’Ittiologi del secolo decimosesto, e da co- loro li seguirono: Mollis enim (dice il greco Scrittore ) et infrrma .... in subsidium imbecillitatis, puos in lateribus rRADIOS habet, qui contacti statim omnes membrorum vires extingunt : il perchè un secol dopo non attingea ad altro fonte Claudiano, allorchè, me- glio intendendo il turpe veneficium della metrica versione suddetta, scrisse con più for- tunate parole Sed latus armavit gelido natura veneno. Imperocchè adoperavasi tanto ben da’latini venenum per significare quelle forze, direm magiche, onde si nuoce inesplicabilmente, il fascino per esempio, ed alcuni contagi: nè include affatto la velenosità del morso e della carne. 1 6o#H% TORPEDO NARCE. ‘Tuttavia a tempi molto meno lontani piacque al Salviano di concludere tutto il Pesce avesse virtù di scaricare la forza intormentiva. Il Redi però, uno dei padri delle italiane sperienze, da una sola Torpedine esposta al cimento trasse forte sospetto in due corpi falcati, quelli appunto dei quali Oppiano parla, ma cui primo egli descrisse, rise- desse la virtà dolorifica, il che non volle per dotta prudenza affermare. E questo suo andare cautissimo nell’affermazione del vero, nol facendo mai ligio di rispetto all’ auto- rità nè dei viventi nè degli antichi, lo ritenne pure dal certificare con sicurezza, perchè non venutagli da risultamento di proprie sperienze, potesse la Torpedine operar da lon- tano, quantunque i pescatori tutti gliel dicessero, e molti autori, tra i quali Plutarco più solennemente, ne avessero scritto, e il divino Platone con sì evidenti parole lo proclamasse : si quis interea manibus agitet aquam, vim ad manus remeare, et tactum stupefacientem penetrare: e poco dopo insidiatorem circumiens , tamquam spicula vim suam tacite interim mittens, primum aquas, mox ipsum per aquas animal inficit etc. Il degno discepolo del Redi, Stefano Lorenzini, pubblicando in Firenze nell’ an- no 1678. le sue Osservazioni intorno alle Torpedini diede il primo completa descrizione anatomica dell’ animale, e particolareggiata di quei corpi fulcati del Redi, ossia raggi di Oppiano, nei quali soltanto confermava risedere la virtù stupefattiva. Fortunato però nel rassodare tale giusta opinione del suo maestro, fu più di lui disgraziato nel pronun- ziare sull'azione della Torpedine da lontano o mediatamente, poichè mentre il Redi si mostrò saviamente inchinevole a questo incontrastabile fatto, egli solennemente lo sen- tenziò d' immaginato e chimerico. Insegnatosi dal Lorenzini che a produrre informicola- mento è necessario si contraggano le fibre di quei corpi falcati senza di che non v'ha ef- fetto, innoltrava a congetturare che nell'atto della contrazione scappassero violentemente vibrati molti corpicelli, che a seconda della quantità loro e della qualità della parte pe- netrata, se tendine o muscolo, inducevano maggiore o minore molestia. “ L’ intormenti- mento e il dolore (dice) rappresenta in un certo modo il dolore e l'intormentimento che si soffre quando si batte la punta del gomito a qualche corpo duro, ed è talmente nojoso che si rende in un certo modo insopportabile, durando per qualche piccolo spazio di tempo, dopo il quale senza lasciare alterazione veruna, nè nella mano, nè nel braccio, svanisce.” Della quale comparazione abbiamo noi stessi come tanti altri sperimentato la giustezza. Sembrandoci per verità ragionevole riferire Je sentenze degli autori allo stato della scienza nei tempi che scrissero, troviamo ingeguosa questa conghiettura, ravvisan- do di presente nella generica idea dei corpicelli vibrati e penetranti quel fluido impon- derabile, argomento il più bello, il più arduo delle fisiche e chimiche perserutazioni. Ma Plinio raccontando gli stravaganti miracoli della Torpedine ne avea già dato men mate- rialmente l’idea di tal guisa: “ guod si necesse habeamus fateri hoc esemplo, esse vim ali- quam, quae ODORE TANTUM, Ci QUADAM XURA SUI CORPORIS afficiut membra, quid non de ‘remediorum omnium momentis sperandum est?” ond' è chiaro ch' egli bene avvisa- va operar la Torpedine con la emanazione di un principio peculiare non ponderabile come gli effluvì odorosi e svolto com’essi in aura sottile e penetrante. E quest aura quaedam di Plinio non è quella appunto che vediam prender nome significativo e su- stanzievole nel magnetico e nell’elettrico; tosto che la fisica stupendamente si consacrò alla discussione di questi principî! E ne sia lecito maravigliare ch'egli fin d'allora pre- parasse al suo concetto quel diritto di lode, di che si rese indegno un Borelli quando con retrograda opinione volle riguardare l'intormentimento qual semplice effetto dell'urto TORPEDO NAREE. meccanico dell'animale. Assai però più dannabile è la pur meccanica ipotesi del fran- cese Réaumur con la quale intende combattere il Lorenzini, e i ragionamenti di che l'appoggia sono veramente sconvenevoli al dotto Accademico, al tempo e al luogo in che li manifestava. Onde si può affermare che se gli antichi, ottimi osservatori, conob- bero al par d'ogni altro gli effetti della Torpedine, investigandone le cagioni (come che non potessero conoscere la vera) furono più ingegnosi di costoro: chè la vis aliqua, 0 l’Aur4 quaeDAM, e lo stesso gelidum venenum dei vetusti Sapienti sono teorie che men oltraggiano il vero di quelle dettate dal fanatismo meccanico. Come infatti poter ripe- tere da leggero colpo meccanico così potentissimo effetto, e per più assurdità in onta della sperimentata azione mediata anche a riguardevole distanza? Ecco però appena l'osservazione e l’esperienza si cimentarono nella scienza elet- trica, che subito quell’ indeterminato principio attivo si disvelò nel prodigioso fluido, che forpedinico potrebhesi dire meglio che elettrico, se è più toglier da’ sensi ed ucci- dere un animale, come può far la Torpedine, che lo attrarre lievi corpuscoli come lo stroppicciato E/ettron di Talete, o Ambra. E non prima fur conosciuti gli effeiti della Bottiglia di Leyden, che facile fu il ravvisare la scossa di tali scariche esser simile a quella dalla Torpedine si produce. Balenò la verità negli scritti di Kempfer, il quale figuratamente lo paragona al lampo: ne sospettò l’analogia il medico Bancroft; e ben tosto, alzatane principal voce il celebre Musschenbroeck si gridò dall’ un capo all’altro del mondo l’ Elettricismo di questo nostro pesce non che di due stranieri, (tutti nudi e muccosi) l'Affricano Siurus electricus che dopo il Geoffroy vien trattato ora dal Va- lenciennes sotto il genere Malapterurus, e l'americano Gymnotus electricus soggetto delle più luminose sperienze. Ma il vanto di stabilire queste induzioni e analogie in verità di fatto serbavasi ben meritatamente all’operosissimo inglese Walsh, che scuoprì il diverso stato elettrico del dorso e del petto; il non sentirsi la scossa attraverso corpi isolanti; succedersi le scos- sette come in continuata batteria; communicarsi rapidissimamente per più persone for- manti catena; e propagarsi lontanamente per corpi conduttori; onde quell’asserto di Plinio altre volte deriso “etiam procul et e longinquo, vel si hasta virgaque attingatur, quamvis praevalidos lacertos torpescere” ciò che già detto avea Platone son quasi ven- tiquattro secoli, si avverò. Il giustamente premiato fisico Inglese come in corollario di sue belle sperienze chiamò i Pesci elettrici bottiglie animate ; 1a in pienissima luce mise poi la sua gloria e la identità del principio agente della Torpedine e del fluido elet- trico coll’essenziale fenomeno della ricercatissima scintilla, che finalmente nel 1774 al Ginnoto rapì. Queste scoperte di lui sono di tal peso che leggerissime dovranno rite- nersi quelle fatte d’appresso, e quelle che per avventura si faranno. E per dire della scin- tilla, qual progresso ha poi recato nella dottrina dell’elettricità l’averla ottenuta anche dalla Torpedine? chè la perfetta simiglianza tra gli effetti del Ginnoto e di essa non as- sicurava forse esistere in ambedue lo stesso principio produttore degli stessi fenomeni? AL sorgere le dotte contese del Volta e del Galvani, non ancora composte, bene a di- ritto doveva pure agitarsi la quistione sul fenomeno della Torpedine. Il primo di essi infatti patagonò alla sua famosa batterìa l'organo elettrico facendo dei sovrapposti dischi o pellicole o diaframmi di ciascun tubo, tanti elettrofori o condensatori. Onde per il Volta è l'organo elettrico la sola ed immediata sorgente dell'elettricità. Tra quei rispet- tabili sperimentatori e cattedratici che parteggiarono a questa opinione vagheggiando 1 GoRia TORPEDO NARCE. nell'anatomica struttura de'tubi la costruzione delle colonne voltaiche, sono da ricordare l'Hunter, che ne suggerì molto anticipatamente l’idea con la scoperta dei detti diafram- mi, il Lacépède, il celeberrimo Geoffroy S.* Hilaire, che pubblicando in modo compa- rativo l'anatomia dei tre principali Pesci elettrici, francamente chiama batterìe elettriche gli organi; il Cuvier che qui si nomina ad onore soltanto ; ed il Cloquet cui devesi l’ac- datato errore che il Galvani vedesse nella Torpedine la n 1... Nè di questo solo errore è biasimevole la storia dei Pesci elettrici; chè fa meraviglia come autori di prima sfera, per tacer la pedissequa turba dei compilatori, abbiano sfigurato le opinioni dei pre- decessori e stravoltone il senso delle parole. Lode dunque al Pringle, e soprattutto al bo- lognese Gherardi, che tanta esattezza spesero nella distesa trattazione delle progressive conoscenze sul soggetto; quegli nel celebre discorso letto nella solenne Seduta anniver- saria della Società Reale di Londra del 1774; questi in un opuscolo non mai bastevol- mente encomiato, stampato in Bologna nel 1838, e del quale un succoso estratto arric- chito da osservazioni proprie ci fu dato dal ch. Padre Pianciani. Fra i seguaci del Volta è pur degno di particolar lode il suo amico e successore Configliachi, di cui riportia- mo una lettera scritta a colta dama li 3. Settembre del 1827. ,, Illustre donna di fino in- ;; tendimento. nelle Arti belle e nelle Scienze, cui sempre cara è la ricordanza di Ca- ,, nova, di Monti, e del mio Volta, aggradite in contrassegno di mia devozione, è qual s, piccolo frutto di mie fisiche ricerche, il sapere la prima che quei Pesci elettrici, abi- s, tatori anche delle acque che bagnano il lido fortunato di vostra culla (Trieste), se sì non animano col maraviglioso loro potere d’insoliti moti le Calamite, nondimeno ,» le alterano coi loro colpi ripetuti in ciò che celebre rese Gioja di Amalfi; e come il ,, fulmine fanno magnete il ferro.” Queste parole vennero ad avvalorare le sperienze sul ferro calamitato fatte fin dal 1772 dallo Schilling e dal Van Swinden, il quale con- cluse che “ vi era probabilmente tra la Torpedine e la Calamita una particolare affinità.” Il Galvani però con positive e negative sperienze dimostrò che troncata totalmente la communicazione del cervello per via de'nervi con gli organi elettrici questi perdono affatto della loro virtù, quantunque l’animale resti vivace. Onde per il Galvani il cer- vello è indubitamente l'immediato fonte elaboratore del fluido elettrico, e gli organi elet- trici non altro che cumulatori di esso. Librate le opinioni dei due illustri Italiani fecero traboccar la bilancia dal lato del Galvani le ripetute concludentissime sperienze dello Spallanzani, che confermò spegnersi là potenza di lanciare la scarica quando sia leso il cervello, o recisi i nervi che vanno agli organi elettrici; quelle analoghe del Todd; e quelle dei due Davy, Onofrio e Giovanni, Fisici britanni reputatissimi. Il primo però, pre- giando forse soverchiamente alcuna differenza negli effetti ottenuti dalla elettricità torpe- dinica con quelli della elettricità voltaica e della commune, si spinse a riguardarla come una varietà di queste due; e facendo eco alla ipotesi del Cavendish suppose che l’elet- trico potere se eccitato sia dalla macchina ordinaria, o dalla voltaica batteria, o dalla Torpedine, non è un semplice potere, ma una combinazione di poteri diversamente con- sociati e produttori delle varietà di elettricità. Nè meglio si appose il superstite fratello circa le anatomiche investigazioni, quando niegò la esistenza non più dubitabile dei tra- mezzi orizzontali o diaframmi, cui disse upddfcanto di osservatore, o produzioni di coagulo seguite allo stanziare dell'animale nell’alcoole. Condoie oramai fino a noi le opinioni promulgate dai principali Fisici intorno al fe- nomeno dei Pesci elettrici; e non persone l'autorità nostra sancire, e molto meno oppu- TORPEDO NARCE. gnare con efficacia, come avremmo voluto, il concepimento dell’autorevolissimo Inglese, interrogammo il giudizio del Prof. Leopoldo Nobili; uomo di quella chiarissima riputa- zione in fatto di scienza fisica, e di elettriche dottrine segnatamente, che tutti sanno. Parecchie e preziosissime categoriche lettere possediamo di quel Sommo rapito troppo presto agli studî tanto da lui illustrati, che bene aspettavano dall'esimio suo magistero nelle sperienze, non che dal raro suo modo di ragionare, un conforto tanto opportuno quanto necessario. ‘Desidero da gran tempo (egli scriveaci) di fare esperienze sulle Torpedini... In tutti i fenomeni prodotti dall’elettricità ordinaria, dalla voltaica, dall’ atmosferica ec. non veggo in giuoco che un sol agente. Le differenze che si riscontrano in certi ef- fetti, si spiegano soddisfacentemente distinguendo, come si usa, le correnti in conti- nue, discontinue, ed istantanee. Non è da questo lato che la Scienza sia molto in di- fetto, LO È ASSAI PIU’ RELATIVAMENTE A’ MODI co'Quari sr eccITA LA ELETTRICITÀ ! La ordi- naria si sviluppa col fregamento, la voltaica col mezzo di certe combinazioni di con- duttori differenti; ma quali siano i modi di eccitamento nell'atmosfera, quaLi stano NEGLI ANIMALI, Questo è ciò che non si può dire per mancanza di cognizioni positive. Rispetto grandemente le opinioni di Davy; ma l’azione de’ nervi ha sì poco sin quì di comune con quella de’ fluidi così detti imponderabili, che non si deve (a mio av- viso) nel caso specialissimo de’ Pesci elettrici assegnare a’ nervi l’uffizio straordina- rio di elettromotore prima di avere escluse le combinazioni fisiche capaci di pro- durne l’effetto. Esplorai nel 1825 tutti i sistemi nervosi, e non ebbi mai alcun in- dizio di correnti elettriche. Feci le esperienze con cura e col migliore de’ Galvano- metri che possedessi. Pochissimi sono gli animali elettrici, e questi hanno un orga- no particolare, che da Volta in poi si suppone fatto a foggia delle pile @ colonna. Ma l'interna struttura di quegli organi differisce di troppo, com’ Ella osserva benis- simo, dall’ architettura dell’ apparato Voltaico per riposare tranquilli sull’ opinione. lo divido i suoi dubbj; ma se l’organo della Torpedine non si può ragionevolmente assomigliare ad una pila a colonna, non potrebbe esso costituire una pila di tutta altra forma composta di fili di diversa natura convenientemente intrecciati ? E per- chè non uscire fuori del cerchio delle combinazioni voltaiche ? Abbiamo nella scien- za un altra specie di pile, le termo-elettriche; e potrebbe darsi che l'organo in que- stione costituisse una pila o meglio un sistema di pile di questa ultima specie fatte a zigzag, a raggi, od altrimenti.,, ... Io non le dirò come si abbia nell’ organo della Torpedine da vedere una pila od un sistema di pile termo-elettriche, e come l'animale possa caricarle e scaricarle a volontà. Posto anche che la cosa fosse così, si potrebbero immaginare mille edifizj senza colpire nel vero . . . Per quanto io sò, la Torpedine non dà la scossa che facendo arco con se stessa: arco che si forma ordinariamente toccando con un dito il dorso dell'animale, dopo esserci messi in comunicazione colla pancia del medesimo. La pila, e la boccia di Leida non si comportano diversamente. Chè se dalla Torpedine si hanno scosse successive senza distaccare il dito dalla ‘schiena, ciò non vorrà dire altro che l’animale carica, scarica, e ricarica il suo apparato con grande celerità. La pila del Volta è sempre carica; che se fosse un momento carica, il mo- mento dopo scarica, il terzo carica di nuovo, e così via discorrendo, sentiremmo ad ogni istante una nuova commozione. ” “ Ho potuto esaminare (scrivevaci posteriormente) l'organo elettrico sopra due in- TORPEDO NARCE. dividui della specie detta marmorata. Le mie osservazioni combinano con le sue; e bastano, io credo, a provare evidentemente, che l'artificio di tutti que’ prismi, di tutti quegli alveoli non ha nulla di comune colle nostre pile di qualunque specie e for- ma esse siano. Se prima escludevo dal confronto le sole pile voltaiche, ora estendo l'esclusione anche alle termo-elettriche per motivi che mi sembrano di egual peso nella bilancia .... Ovunque mi volgo trovo delle larghe lagune da riempire. In questo stato di cose, il miglior partito sarebbe di non azzardare alcuna ipotesi, e so- speso il giudizio, aspettare a pronunziarsi che l’esperienza avesse parlato più chia- ramente. Ad ogni modo le dirò l’idea che vagheggio di più, e che sarà la prima che io sottoporrò all'esperimento .... Ella sà che il calore elettrizza molti cristalli, fra cui le turmaline si polarizzano positivamente da un lato, e negativamente dall’ al- tro. Or bene, dirò io, ciascun prisma, ciascun alveolo, si elettrizza come una tur- malina in grazia del calore che sviluppa in essi il sistema nervoso. Ma la turmali- na è un corpo elettrizzato, ed il paragone non regge se non s’introduce nella sostan- za degli alveoli una condizione di simmetria, una condizione analoga a quella de’ si- stemi cristallizzati. Bisogna osservar bene quelle espansioni membranose che partono a guisa di raggi dall’involucro esterno, e si perdono nella cellulare, prima di arriva- re al centro degli alveoli. Oltre que’ fili visibili all'occhio disarmato, ve ne saranno sicuramente di molto più fini, che si scopriranno coll’ajuto delle lenti microscopiche. Non è possibile che tali diramazioni siano del tutto disordinate entro la cellulare: vi saranno invece distribuite con tutta quella regolarità ch'è propria de’ tessuti organi- ci: viensi così a verificare là dentro una condizione di simmetria da contrapporre plausibilimente a quelle de’ corpi cristallizzati. E poi chi sa che la medesima sostanza mucosa non abbia in sè un principio di cristallizzazione, carattere da esplorarsi coi criteri ottici? .. . Non è probabile che la Torpedine faccia un dispendio inutile delle sue forze. Quando abbia bisogno di fulminare dal lato superiore, a che le gioverebbe di caricare il suo apparato dall’opposto ? Gli sbilanci piroelettrici sono appunto della natura che conviene: le estremità delle turmaline si elettrizzano infatto indipenden- temente l'una dall'altra. L'animale si gonfia prima di dare la scossa, inspirando dalle nari. Sarà questo il momento in cui ricarica l'organo a forza del calore che gli viene eccitato dal sistema nervoso. In quest’atto medesimo la membrana generale che copre le teste degli alveoli, si scosterà io suppongo, un tantino dalla pelle per isolarsi di più. L'animale si deprime, e parte la scarica al momento che la pelle tocca e preme viva- mente la membrana dell'organo. Ma basta così; chè ho spaziato anche troppo ne’cam- pi senza fine delle conghietture. ” Fin quì, come vede il Lettore, non aveva il Nobili sperimentato da se stesso l’ani- male, e solo riferendosi a'ragguagli nostri ed altrui procurava di sciogliere da senno le difficoltà che gli si paravano d’innanzi. Passati quindi alcuni mesi ci soggiungeva così: ‘‘ Feci una scorsa a Livorno .... ed in tre settimane circa non mi riuscì di avere che 39 99 99 » 9 39 39 una sola Torpedine, vivace sì, ma piccolissima. Pesava tutto al più sei oncie. Feci dunque pochissimo; quanto basta per altro per assicurarmi di alcuni degli effetti principali. Le scosse che dava il nostro piccolo pesce erano debolissime, arrivavano appena al terzo nodo delle dita. Ad onta di ciò vi fu modo di avere a un tratto da quel meschinissimo individuo i tre effetti, scossa al dito, deviazione al galvanometro, calamitazione di piccoli aghi di ferro e di acciajo. Ecco come si replicò più volte que- TORPEDO :NARCE. ‘sta esperienza. — La Torpedine era dentro un vaso di terra a fondo piano, ad orlo piuttosto basso, pieno d'acqua di mare sino all'altezza conveniente, perchè l'animale ne rimanesse tutto coperto. Due larghe striscie di stagnuola erano collocate, l’una al di sopra della schiena del pesce, l’altra sotto la pancia. Tali striscie comunicavano coll’ estremità. di uno de’ miei galvanometri a due aghi, allungati per mezzo di appen- dici avvolte a spirale destinate a contener dentro di sè gli aghi da calamitarsi. L'acqua di mare attacca d’ordinario in modo disuguale le due liste di stagnuola. Di qui ne ve- niva una corrente elettrica, che si manifestava all’ istrumento con una deviazione, la quale aveva una certa stabilità. Osservato questo effetto, clie non ha nulla che fare coll’ elettricità dell’ animale, si stuzzicava questo individuo all’ oggetto che desse una qualche scossa. A tal punto dell'esperienza si richieggono almeno due persone, l’una che osservi il galvanometro, l’altra che stimoli colle dita la Torpedine ed avverta del momento in cui riceve una scossa. Non così tosto il pesce opera una scarica, che l’ago del galvanometro parte bruscamente dal posto in cui si trovava, e fa sei, otto, dieci giri intorno al proprio asse prima di tornare indietro. L’effetto non può essere più de- ciso. Si osservano dopo gli aghi delle spirali, e si trovano tutti sensibilmente calami- , tati. La direzione della corrente va dentro gli organi elettrici dalla parte inferiore al- la superiore: assomigliato dunque ad una pila, si dirà positiva la lor parte superiore, negativa l'inferiore. Non cangia questa direzione col rovesciare la Torpedine dentro l'acqua: si tenga pure colla pancia all'in sé, e la corrente esce sempre dalla schiena. ss Si aveva qualche motivo di credere (Becquerel Traité de 1° Electricité I. p. 329.) che per l’effetto di cui si parla fosse per lo meno necessario un Galvanometro. costrui- to con un filo isolato con taffettà alla maniera di Colladon. Io. aveva meco anche un | istromento di questa specie, ma non ebbi bisogno di ricorrere ad esso. Il Galvanome- tro di tela basta all'uopo. Non v'ha dubbio: l’Elettricità della Torpedine dee possede- re una forte tensione: ciò nullameno non è necessario di usar per essa le precauzioni che s'usano per Ì’ Elettricità della boccia di Leida, e delle batterie, allorchè: voglionsi ottenere i segni di corrente. L’elettricità che si avvicina di più alla natura di quella. della Torpedine mi sembra quella che svolgesi dal magnetismo, la quale ad una forte tensione unisce la particolarità di agire a dirittura su i Galvanometri ordinarii. L'appa- rato, cui ho dato il nome di calamite elettriche conjugate (v.le mie memorie) porta . un’ancora magneto-elettrica di ferro dolce del peso di sole dodici oncie: or bene ba- sta questa armatura a dare delle scosse che intorpidiscono le braccia al pari di una Torpedine vigorosa.” « Non dubito punto (seriveaci in seguito) che la Torpedine possa sott'acqua dare la scossa ad uno che la tocchi in un punto solo: penso anzi che non sia nemmeno neces- sario il contatto, perchè suppongo ch' essa fulmini gli altri pesci a distanza. Così penso, ‘ma in pari tempo inclino a credere, che l’organo di quell’ animale sia essenzialmente positivo da una parte e negativo dall’altra, e che un corpo qualunque non possa es- sere colpito dalla scarica, se non entra nel circuito di quella specie di pila o di boc- cia di Leida. Io tocco con un dito la schiena di una Torpedine che si trova immersa nell'acqua, ed il mio dito resta intorpidito per la scossa che riceve, In tal caso ho bensì toccato l’animale in un solo punto, ma il circuito fu compiuto dall’acqua circo- stante. Dubito assai clie siensi avute vere scosse in altre condizioni. Non mancherò alla prima occasione di assicurarmi bene del fatto, ma forse Ella potrà verificare la TORPEDO NARCE. ,, cosa prima di me.” Fin qui l’egregio Nobili, disgraziatamente poi toltoci nel più bello, Ora, siccome delle cose che andiam ragionando, ne piace essere ogni volta possiamo in- dagatori di fatto, riferiamo due proprie sperienze alle quali ci fu il Nobili di ricambiato eccitamento. Facile ne fu il profittare della dottrina del ch. Barlocei professore di Fisica sperimentale in questa Romana Università, perchè ha cortesia pari alla scienza che in sommo grado possiede. In sua compagnia ci recammo al porto di Civitavecchia, ove in- stituimmo esperienze soddisfacentissime. E pregato di ripeterle ed ampliarle tornò a ma- re coi ch. professori Pietro Carpi, e Pietro Peretti, questi di Farmacia e preparatore di esperimenti fisici, quegli di Mineralogia nella stessa Università. Nella rada di Fiumicino che giace al sud-ovest di Roma sul Mediterraneo, il dì 8. Giugno 1835 si pescarono Torpedini, due delle quali lunghe quasi un palmo romano, larghe oltre la metà, furono poste al cimento. La temperatura loro segnava il £7 del T.di Réaumur, e toccatele contemporaneamente sul dorso e sul ventre con ambe le mani, fu sentita durar la scossa quanto il contaito, e rassembrare una rapida continuazione di pul- sazioni non molto dissimili da quelle che si hanno dalla Colonna voltaica. Tratto Vani- male fuor d'acqua, e toccato soltanto al di sotto con sola una mano, dette altresì la scos- sa, e fu osservato che in tal frangente si agita si contorce incurva il dorso fa sguizza- re la coda. L'Elettrometro condensatore non dette indizio apparente di elettricità : il Galvanometro denotò una elettricità circolante nel,momento della scossa: l'ago magnetico declinò circa quindici gradi al primo cimento, ma poi si ristrinse a dieci, e finalmente: a cinque gradi soltanto : l’acetato di piombo lasciò aderente qualche parte della sua base ad uno dei due fili di platino che si toccavano quasi colle punte dentro un tubo di ve- tro: la stessa elettricità che svolgeasi dal pesce magnetizzò debolmente alcuni aghi di acciaio dentro sottili eliche di rame. Quindi sottoposte all’esperienza due altre Torpedini maggiori il doppio, se n’ebbero assai più gagliarde scosse quantunque si toccasse il pesce con una sola mano, postagli la palma di sotto al ventre in sollevandolo dall'acqua. Messa poi l’altra mano sul dorso, allora la scossa intormentiva ambedue le braccia estenden- dosi fino a' gomiti; e nel Galvanometro deviò l’ago fino al ventesimo grado. Non però, avemmo noi baglior di scintilla più che il Beccaria col suo occhiale elettrico, e i Davy l’ottenessero. Ma dessa manifestavasi sul cadere di Marzo 1836 al Professor Linari delle Scuole Pie col mezzo di un apparecchio di cui stampò il Matteucci avergli communi. cato la invenzione e col quale pochi giorni dopo osservò egli pure la scintilla in Cesena- tico sull’ Adriatica riva. Se il Linari debba o no al Matteucci l'apparecchio, o se ne do- vesse almeno il perfezionamento a un modesto, tacito, e conosciutissimo sapiente, non è questione da interessare direttamente il progresso della scienza. E perchè appunto tra gli scrittori viventi che dentro e fuor d’Italia vennero in maggior nome sull'argomento della Torpedine è plauditissimo il Matteucci, ci siam diretti a lui stesso per un sunto. di sue opinioni e scoperte; e qui riportiamo letteralmente la risposta che sollecita ne favorì. “Le cose che mi chiedete sopra la Torpedine non possono essere che l'estratto di ss quelle più importanti che ho in varie epoche pubblicato sopra questo soggetto. Ve le »» Scrivo quali.mi vengono alla mente in questo momento. ‘ La scarica della Torpedine ha tutte le proprietà della scarica elettrica ordinaria ss ed ha caratteri comuni a quelli della corrente e a quelli della scarica della bottiglia ; ,; scintilla, azione chimica, magnetizzazione, riscaldamento etc. ;» Questa scarica è indipendente dalla integrità del sistema circolatorio dell'animale, 23 39 99 È) » 99 TORPEDO NARCE. da quella di tutte le parti del sistema muscolare membraniforme, osseo, che circonda- no l'organo elettrico. Sussiste anche dopo aver maltrattato, tagliato in più sensi, spel- lato l'organo. ... È indipendente dalla integrità dell'organo cerebrale. Una sola parte di quest’ organo è indispensabile. È il lobo che ho chiamato elettrico, e che Flourens mi diceva doversi considerare come un renflement de la moélle allongta Pare che Savi e Zantedeschi confermino tale osservazione. Checchè ne sia del nome anatomi- camente spettante a questa parte, sia quarto lobo cerebrale, sia midolla allungata, è certo che da essa direttamente partono i tronchi nervosi che vanno nell’organo elet- trico ; ed è la sola che toccata dia la scarica; siccome poi ha due metà, toccando l’una, la dritta, si scarica l'organo a dritta, e la sinistra a sinistra. — Finchè c’è que- sta parte del cervello la scarica ci può essere, anche tolte le altre parti, purchè venga irritata. La scarica che dà la Torpedine ordinariamente irritandola sugli occhi o al. trove, è quella che in Germania si direbbe per azione reflessa: cioè l’irritazione ester- na pei nervi è trasmessa alla parte del cervello che ho detto e che si chiama lobo elettrico: e infatti tagliando i nervi che vanno al lobo e che si distribuiscono alla parte irritata, l’irritazione non è più seguìta dalla scarica. — Tutto ciò che attiva la re- spirazione e la circolazione, produce maggior attività di scaricare nell’animale vivo. — L'irritazione dei soli nervi che vanno nell’organo, distaccati dal cervello, basta a dar la scarica. — Quando ‘ad animale molto indebolito si ferisce il lobo. elettrico al- lora si hanno ancora alcune scariche, che cessano d’essere costantemente dirette dalla schiena alla pancia nell'arco esterno. — Tutti i punti della schiena sono positivi, tutti quelli della pancia sono negativi: decresce però l'intensità di questi stati. I maggior- mente positivi sono quelli che sono sul dorso e che corrispondono ai punti dell’ or- gano più vicini al cervello; così è dei punti negativi della pancia. — Per ottenere la scarica della Torpedine è sempre necessario di fare arco con due punti diversi del suo corpo. — Quando la Torpedine si scarica, nei nervi che vanno dal lobo all’or- gano non v'è o non si può scorgere coi nostri mezzi, traccia di corrente elettrica. — La sostanza dell'organo, coagulata col calore, cessa di dar la scarica. — La cor- rente elettrica agendo o sul lobo elettrico, o sui nervi suoi, è capace di far dare la scarica solita, anche sopra una Torpedine indebolita affatto, e persino sopra l'organo separato dall’ animale. In questo caso la corrente elettrica agisce come uno stimolo sopra i nervi che vanno ai muscoli. In quest ultimo caso è la contrazione che si sve- glia; agendo sulla Torpedine si ha la scarica. Non abbiamo alcun apparecchio fisico che possa darci un'analogia per intendere quello con cui la Torpedine agisce: nell’ organo della Torpedine non può vedersi nè una pila nè una batteria, nè una spirale, o più, elettro-dinamica. — L'analisi della sostanza dell'organo, mostra che ha questa una qualche analogia con la composizione della materia cerebrale e nervosa. , Ecco le cose più importanti che ho irovato ne’ miei studî sulla Torpedine, e di cui mi ricordo in questo momento. Ve le mando quali sono e quali mi è permesso di scrivere oppresso come sono in quest anno dal servizio delle due Cattedre di Fisica e Chimica. ” Questo scritto del Matteucci può risguardarsi principalmente qual sentenzioso com- pendio di una sua lunga Memoria intitolata © Essai sur Zes phénomènes électriques des animaux” , e di altre inserite poscia nella Bibliotheque Universelle, delle quali dando rapporto l’Istituto di Francia e votandone l’iriserzione nelle Memorie dei Savants étrangers TORPEDO NARCE. invitò i Fisici a ripeterne le sperienze. Il Prof. Zantedeschi vi assenti e la sua dimora in Venezia, gli fornì opportunità di suggettare circa quaranta Torpedini (7. galvani) a iterato sperimento del cui lodevole risultato ci fu cortese per un sunto, che qui trascri- viamo come ultimo de' fisici lavori sulla materia. s ja IV): D é 1. ip 3 pg» VOSZIZZAZN) Ron Giors He 74 Lit, e Malti ASFE. MYLIOBATIS NOCTULA MILIOBATE NOTTOLA MYLIOBATIS minime fasciata; rostro arcuato, parum porrecto: dentibus lateralibus supra rhom- beo-quadrangulis utrinque triserialibus; intermediis latissimis rectangularibus unica serie. aquira? Jonst. Pisc. tab. 9. fig. 8. uesto Pesce cartilagineo è molto affine alla Myliobatis Aquila, ed è verosimile che i Naturalisti Italiani l'abbiano confuso con quella. I Pescatori della spiaggia Romana però ad esso danno esclusivamenté il nome di Nottola che a noi è giovato imitare, e serbano per la Myliobatis Aquila degl’Ittiologi l’appellazione volgare d’Aquila. Il genere cui spettano ambedue questi Selacj dal Dumeril ebbe il nome di Mylio- batis, ch'è quanto dire Razza a macina; e suggerì tal nome la strana conformazione dei lor denti, che li distingue dal prossimo genere Trygor e da tutt'i Rajidi rimanenti. Siffatti denti sono grandi, accozzati strettamente fra loro come gli smalti d'un musaico, o come i mattoni d'un pavimento senza lasciar intervallo frammezzo, e siccome sono affatto spianati di sopra vengono a costituire due grandi corpi ossei levigati, i quali uno di sopra l’altro di sotto armano tutto l'interno della bocca, e per l'aspetto e per l’uso che hanno destano l’idea di due macine: anzi dovendo stritolare i cibi si muo- vono uno sull’altro a guisa delle macine a mano che servono a preparare i colori nelle officine. In fatti il pezzo inferiore è quasi piano; il superiore invece è convesso risen- titamente, incurvandosi la sua superficie dall’innanzi all'indietro. La forma poi dei denti considerati individualmente è varia nelle varie specie. Le altre caratteristiche co- muni a tutto il genere sono: un capo sporgente fuori del disco formato dalle pinne pettorali; gli occhi protuberanti; le pinne pettorali molto estese nel senso trasversale; la coda lunghissima, terete, gracile fino dall'origine, munita d’un aculeo simile a quello delle Trigoni, ed inoltre fornita verso la base d’una pinna dorsale piccola, ma assai ben visibile. La pelle di questi Animali è coriacea, erta, spalmata di muco, affatto liscia senza scabrosità o spine sia sul corpo, sia sulla coda. Le specie si possono ripartire in due sottogeneri. Il primo cui spettano quelle: dei nostri mari, è segnalato da un muso intiero, più o meno allungato, col contorno parabolico o ai A questo sottogenere applichiamo più specialmente il nome di Myliobatis. Nell’altro che fu no- minato RAkinoptera dal ch. Kuhl, il muso è diviso in due lobi brevi che possono dirsi duplicati, perchè al di sotto dî essi se ne veggono due aliri. Un'individuo della nostra M. Moctwla che pesava circa cinque libbre ci ila pre- sentato le seguenti dimensioni. Lunghezza dalla punta del muso all’apice delle ventrali un piede. Larghezza un piede e mezzo. Altezza ventotto linee. Lunghezza delle pinne ventrali trentadue linee, larchezza due pollici. Lunghezza della coda misurata dal- EI MYLIOBATIS NOCTULA. l’ano ventun pollice e sei linee, dalla pinna dorsale diecisette pollici e mezzo. Ciascuno dei lati del Pesce aveva otto pollici e due linee. Il capo aggettava due pollici ed era largo tre e mezzo. Occhi distanti un dall’altro due pollici: altrettanta distanza si mi- surava dalla punta del muso all'angolo anteriore dell’orbita. Bocca larga ventuna linea, vicinissima alle narici, distanti fra loro dieciotto linee, ed altrettanto dalla punta del muso; quindi muso brevissimo. La circoscrizione del corpo di questo Pesce è quasi romboidale, con le due linee che formano i lati anteriori leggermente curve all'infuori, le due che corrispondono ai posteriori alquanto più risentitamente curve all’indentro. La parte delle pinne pet- torali che si prolunga in punta è perciò leggermente piegata all'indietro, non però fal- ciforme; il suo apice è attondato. Il contorno di quella porzione del capo che oltre- passa le pinne pettorali corrisponde approssimativamente ad un semicircolo. Corpo piatto, ma convesso lungo tutto il dorso, perfettamente liscio da ogni parte. Capo proclive, con un’ incavo di sopra; occhi laterali, alquanto meno sporgenti che nella M. Aquila; pupille nere; iridi giallastre. Spiracoli grandi. Il lobo carnoso, che sovrasta anteriormente alla bocca (e che per qualche analogia della sua positura si potrebbe chiamare punta del naso) esteso a segno di coprire totalmente la bocca stessa, dentellato nel margine, troncato, anzi un poco rientrante nel mezzo. Bocca ampia, munita di denti tabuliformi. Tanto di sopra quanto di sotto i denti di mezzo formano una sola serie dall’innanzi all'indietro, e sono di figura rettangolare estesa nel senso trasverso; da ciascun lato di questi sono altre tre serie di denti di figura fra il rombeo e l’essagono, perchè gli apici dei rombi appariscono alquanto smussati. Il corpo osseo che risulta dalla riunione dei denti inferiori è quasi piano con un leggero incavo verso il mezzo; l’altro che sta superiormente è convesso e quasi semicilindrico. Coda lunga poco meno del doppio del corpo, sottilissima, acutissima. Pinna dorsale triangolare retusa. Aculeo dentellato a rovescio. Ventrali larghe troncate, con ventiquattro raggi. Appendici anali del maschio piccole. La tinta generale della parte superiore è un cinereo verdastro o bronzino con riflessi gialli o porporini. Il di sotto è d’un bianco latteo sordido, fosco-rosseggiante verso l'estremità delle pinne. La coda è quasi tutta nera. Nella tavola qui unita abbiamo fatto rappresentare separatamente il sistema dei denti di questo animale. Presso la figura superiore si veggono ì denti della mascella di so- pra, ed affinchè meglio apparissero sono stati ridotti ad un piano quasi orizzontale; ma una linea ch'è posta da lato indica la curva sotto la quale essi stanno disposti. Presso la figura inferiore poi si dà la rappresentazione dei denti della mascella di sotto. La principal differenza fra questa nostra specie e l'affine M. Aquila consiste nella forma del muso, ch'è assai più attondato, ed assai meno sporgente, e così pure in quella delle pinne pettorali, che sono meno acute, e non s'incurvano a modo di falce. Tutta la parte superiore è d'un colore più uniforme e non segnato da fascie trasverse. La Ioctula inoltre è al solito più piccola, e s'incontra non di rado delle dimensioni ristrette sotto le quali l'abbiamo fatta effisiare; la qual cosa non suol aver luogo nell’Agzila. Anche la nostra può crescere a dimensioni molto considerevoli; ma non pare che acqui sti mai quelle gigantesche della detta 4qzi/a, nè che ecceda il peso di 60 libbre nostrali. La sua carne è molto molle e mucosa, tanto poco grata al palato, che v'è appena chi s'induca a cibarsene, Il fegato però è oleoso e mangiabile al pari di quello degli. altri Selucii. Abita lungo le spiaggie di tutta l’Italia; anzi nelle nostre ed in quelle del- la Liguria l'abbiamo osservata più frequente della M. Aquila. Vo7i VA È Porn TA &, ALLE «—_—‘’MVLIOBATIS AQUILA MILIOBATE AQUILA MYLIOBATIS transverse fasciata; rostro porrecto angustato parabolico: dentibus lateralibus supra rhombeo-quadrangulis triserialibus, intermedtis latissimis rectangularibus unisa serie. nasa aquiLA, Linn. Syst. Nat. I. p. 596. sp. 6. Gmel. Syst. Nat. I. p. 1508. sp. 6. Bonat. Ichih. in Enc. p. S.tab.4. fig.20. Schneid. BI. Syst. p. 560. sp. 5. nec Bloch. fig. 81. Risso, Ichth. p.9. sp. 9 MYLIOBATIS AQUILA, Dumer. Cuv. Regn. An. 2. ed. II. p. hot. Riss. Hist. Nat. Eur. Mer. LIT, p. 162. AETOBATUS AQUILA, Blainy. LeI0BATUS AQUILA, Rafin. Ind. d’Itt. Sic. sp. 562. Aetos, Arist. Hist. An. Lib.V. Cap. 5. Ath. Lib. VII. p.143. Cap.52. —Oppian. Lib. I.p.117.Cap.27. aquiLa, Plin. Hist. mundi Lib. IX. Cap. 24. P. Gili. Cap. 52. Salviani, Aquat. p. 147. Hist. 58. tab. 50. Raj. Pisc. p. 23. Willugby, Pisc. Lib. ITI. Cap. 1. p. 64. tab. G. 2. (figura e Salviano ) Aldrov. Pise. p. 434. Jonst. Pisc. p. 19. tab. IX. fig. 9. AQUILA MARINA, Belon, Nat. Poiss.p.85.cum fig. mala. Gesn. Aquat, IV.p.75. Icon. Anim.p.121. LEIOBATUS capite exserto etc. Klein. Miss. Pisc. ILT. p. 555. sp. 4. PASTINAGA marina laevis altera oxypterides AquILONE dieta, Column. in Ecphras.I. Aquat. p.111. tab. 11. fig. sup. RAJA corpore glabro, aculeo longo, serrato in cauda pinnata, Arted. Gen. p. 72. Synon. p. 100. sp. 3. Mus. Ad. Fred. II. p. 51. RAIE MOURINE, Daubenton, Enc. Meth; Juss. in Mem. Acad. Se. 1721. p.524.tab. 17. (dentes) . Duham. Péches II. Sect. 9. tab. 10. i PASTENAGUE (lroisiéme espèce), ou AIGLE-POISsoN, Valmont-Bomare, Dict. Hist. Nat. LA RAIE AIGLE, Lacep, Hist. Nat. Poiss. I. p. 141. tab. VI. fig. 2. Dare numerose citazioni qui allegate si raccoglie che il Pesce di cui diamo la figura lungi dall'esser mal noto trovasi descritto ed effigiato presso molti autori e conosciuto fino dalla più remota antichità. Ci determiniamo a ripeterne la rappresen-. tazione affinchè apparisca meglio la differenza che corre fra la nostra Myliobatis Noctula ed esso. Del resto non sarà inutile accennare che i soli libri moderni le cui figure meritino d’esser consultate sul proposito di questa specie sono il Duhamel e l'Enci- clopedia. La tavola in cui volle darci ad intendere il Bloch d’averla rappresentata, offre evidentemente le forme d’una Trygon Pastinaca, alla quale fu data in prestito una pinna sulla coda per farla corrispondere alla diagnosi della M. Aquila. Fra gli antichi basterebbe citare il Salviani, perchè è pur troppo scarso il lume che potrebbe trarsi da tutti gli altri anteriori ad Artedi ed a Linneo. Fedeli secondo il solito a quel lor sistema di studiar la natura su i libri, essi si affaticarono sopratutto a contendere su i nomi, a congetturare il senso da darsi alle parole d’altri autori più vecchi e più oscuri, si diffusero nel racconto d’'un’infinità d’opinioni puerili, superstiziose, incre-. dibili relativamente alle virtù ed agli usi degli esseri da loro trattati, e nuotando in un mare d’erudizioni assai spesso perdettero di vista il punto essenziale, la notizia precisa cioè degli oggetti in discorso. Una delle poche eccezioni alla regola, bisogna Ti cl 12 MYLIOBATIS AQUILA. 4 pur dirlo, è il Rondelet vero Patriarca dell'Ittiologia. La conosciuta esattezza delle figure di quest autore ci vieta appunto di ravvisare la nostra Myliobatis Aquila nella di lui Pastinaca altera che alcuni vollero qui riferire. Quanto alla Pastinaca oxypteri- des del Colonna è fuor di dubbio, ch’essa spetta all'Aquila. In un’individuo di questa specie del pesa di circa quattro libbre le dimensioni erano le seguenti. Lunghezza undici pollici. Larghezza dieciotto. Altezza due pollici. Lun- ghezza delle pinne ventrali due pollici. Lunghezza della coda dall’ano ventidue pollici, dalla pinna dorsale vent'uno. I due lati anteriori lunghi ciascuno nove pollici; i poste- riori otto e mezzo soltanto, prendendo le misure in linea retta. Il capo sporgeva due pol- dici e mezzo ed era largo trentatre linee alla hase della parte libera. Occhi distanti un dall'altro venti linee, e ventuna dalla punta del muso. Bocca larga quindici linee. Narici lontane fra loro un pollice, cioè due terzi della distanza che corre fra la punta del muso ed esse. Il corpo presenta una figura romboidale allargata; i due lati anteriori sono pochis- simo curvi all'infuori, i posteriori sono molto inarcati all'indentro specialmente verso l'apice; quindi le ali sono un poco falciformi: la loro punta è acuta. Il contorno della parte libera del capo è fra il triangolare e il parabolico, essendo i lati quasi rettilinei verso la base, e l'apice essendo attondato. Tutto il resto è precisamente come nella Myliobatis Noctula, meno che la coda è alquanto più lunga. Anche la tinta generale è simile, ma sul dorso di questa specie appariscono sette o otto fascie trasverse d'un colore alquanto più fosco, due volte più strette degl’intervalli che le separano. Giunge questo Pesce ad acquistare il peso di 300 libbre, ed è raro che non passi le dieci. È comune nel Mediterraneo, e si pesca con le Paranze in tutte le stagioni. La sua carne è poco grata al palato, e poco buona a mangiare. Il suo aspetto ch'esce dall’ordinaria figura dei Pesci ha suggerito a varj popoli immagini diverse secondo la maggiore o minore elevatezza delle lor fantasie. I Greci per quelle sue larghe ali lo paragonarono all’Uccello di Giove, e lo dissero Aetos (Aquila). Questa poetica ap- pellazione fu adottata dai Latini, e si conservò presso i dotti. Anche fra noi ed in Sicilia i nomi volgari di questo Pesce sono Aquila o Aquila di mare. A Napoli sogliono chia- marlo Aquilone: nei lidi veneti Colombo. Per l'aculeo o ferro di cui è armato i Toscani lo dicono Ferraccia, ed i Liguri parimente F'erraccia o Ferrasson. La sua coda lunga e sottile ha destato in altri OE, l'immagine d'un Sorce, e l'hanno detto Pesce- Ratto. Altri l'hanno chiamato Civetta, Rospo e Bue. In alcuni lidi della Francia meridionale finalmente le vien dato anche il nome di Ratepenade, ch'è quanto dir Pipistrello, o Nottola. Non sarebbe inverisimile che in qualche parte della stessa Italia venisse dato il nome di Nottola a questa egualmente che alla nostra.M. Noctua. Di ciò non abbiamo po- tuto venir in chiaro; certo è però che i Pescatori Romani, che sanno distinguere benis- simo l’uno dall'altro Animale, non s'ingannano nel darei nomi che abbiamo adottato noi. Gioverà far notare che questi nostri Pescatori pretendono-conoscere due varietà del Selacio di cui qui parliamo, ad una delle quali danno il nome di Aquila vera, mentre chiamano l’altra Aquila lunga. Asseriscono poi che vi sia una qualche differenza nella qualità della carne, e così pure credono scorgere nella lunghezza e sottigliezza del muso una diversità, che a noi non è riuscito di poter apprezzare, e che crediamo semplicemente individuale. di Lio, G i mate % na h' Ha Y più - v i . È x dr n I uh ti LR a ma, 4 + i i i I è i STE ra GLi é e “ ; x x | | = n 4 5a i v ì < È È ‘ f SE 3 - : I ' !